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> categoria_s:"StampaPeriodica" > autore_s:"CHIARINI GIUSEPPE"
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Un arguto e gentile scrittore di questo giornale due settimane fa mi domandava : « Fa il piacere , lei , d ' insegnarmi che cosa è un poeta porco ? di darmi i segni caratteristici , o , alla maniera che dicono gli impiegati di polizia , i connotati del poeta porco ? » E soggiungeva : « Se si parla del Casti o del Batacchi , quell ' aggettivo viene spontaneo sulle labbra anche a me ; ma quando siamo in presenza di un artista , il quale crede mostrare serenamente le qualità del suo ingegno , del suo gusto e del suo stile , quando stiamo a sentire un periodo o una strofa magnifica di proprietà , di fantasimi e di armonia , ecc . , ecc . , come faremo e in che modo dovremo fare per sapere quando comincia la porcheria ? » ecc . , ecc . Poi , più giù , detto come il poeta da me chiamato porco era Gabriele D ' Annunzio , e il libro pel quale io lo avevo chiamato porco l ' Intermezzo di rime , assicurava i lettori di aver cercato pagina per pagina , da verso a verso , entro l ' elegante volumetto , e di non aver trovato nulla , proprio nulla , né di porco né di sporco . Queste parole io me le sono dovute rileggere più volte per convincermi che c ' era proprio scritto quello che ci leggevo . E quando mi sono convinto , ho detto fra me : Che giova dare al mio egregio contradittore le spiegazioni ch ' egli mi chiede ? che giova cercare di fargli intendere che cosa sono la decenza e la moralità nell ' arte ? che giova dargli i segni caratteristici del poeta porco ; se , quando io glie li avrò dati , lui , facendomi una risata sul viso , mi risponderà : « To ' , ma questo è il poeta che io chiamo verecondo ? » Posta in questi , che sono i veri suoi termini , la questione è bell ' e finita . Non resta che citare i versi pei quali io chiamo inverecondo il poeta che al mio contradittore pare verecondo , e rimettersi al giudizio delle poche persone culte e serie che , come il mio contradittore dice , sono tuttavia in Italia . Apriamo dunque l ' Intermezzo di rime , apriamolo , non precisamente dove l ' aprì il mio contradittore , e citiamo : Noi ci fermammo . A noi sovra il capo il fulgore piovea placido e fresco ; ne le carni un languore novo metteane , quasi penetrasse la cute ammollendo le vene . Ora un desìo di acute voluttà mi pungeva , innanzi a quella bianca vergine inconsapevole Io sono tanto stanca ella disse , piegando ne la persona ... Oh come si scoperse la gola tra l ' onda de le chiome e le iridi si persero , fiori ne ' l latte , in fondo a ' l cerchio de le pàlpebre ! Oh come il sen rotondo sgorgò fuor de la tunica ! Io mi sentii su li occhi scendere un denso velo ; e le caddi ai ginocchi Adagio a ' ma ' passi . Certi dibattimenti nei tribunali si fanno a porte chiuse ; e qui non c ' è porte da chiudere ; qui siamo in piazza . No , io non andrò innanzi nella citazione ; io debbo rispetto ai miei lettori ed a me ; io non debbo contaminare di citazioni immonde l ' onesta mia prosa . Ma a tutto c ' è il suo rimedio : sèguiti la citazione il mio contradittore ; lui , al quale paiono verecondi versi ch ' io debbo per verecondia tacere , non può averci difficoltà ; séguiti dunque a citare fino a tutta la pagina 34; citi , se non gli basta , qualche ottava della Venere d ' acqua dolce , fermandosi specialmente alla pagina 65 : e , terminate le citazioni , ripeta in cospetto delle poche persone culte e serie che ci sono tuttavia in Italia la sua affermazione , che cioè entro l ' elegante volumetto egli non ha trovato niente né di porco né di sporco ; la ripeta , e ripeta poi la domanda : « Che sia io il poco pulito animale ? » Quando le poche persone culte e serie che sono tuttavia in Italia gli avranno risposto , mi faccia poi sapere la risposta ; con la quale rimarrà completamente esaurita e risolta , senza disputa nessuna , la nostra questione . Ma no , veda , mio bravo signor Lodi , nei versi del D ' Annunzio che io ho stigmatizzati non è questione di nudità , com ' Ella sembrò credere , o volle forse far credere . Il sonetto che Ella riporta , come uno dei più nudi e dei meno belli ( anche a me piace assai poco ) , non mi dà molta noia : ciò che nei versi del D ' Annunzio mi dà noia , ciò che fece traboccare il mio sdegno , ora , dopo quelle citazioni , lo avrà , spero , capito anche Lei : caso mai non lo avesse capito bene , ci torneremo sopra . Il nudo , quando è fuso in bronzo , o scolpito in marmo , mi dà tanto poca noia , che io non solo non pensai a scandalizzarmi , com ' Ella nota , davanti al Nettuno del Giambologna , ma non ci pensai nemmeno nelle gallerie di Firenze e di Roma , e nel museo di Napoli , dove del nudo , come Lei sa , ce n ' è da cavarsene la voglia . Veda , però , proprio al museo di Napoli , che ebbi la fortuna di visitare parecchi anni sono in compagnia di un illustre personaggio , il senatore Fiorelli che ci accompagnava , dopo che avemmo veduto tutto , trasse fuori da una stanza , chiusa al pubblico , un piccolo gruppo , dinanzi al quale io restai meravigliato : poche opere d ' arte avevo vedute di tanta perfezione . « Oh perché dirà Lei se quel gruppo è tanto bello , lo tengono chiuso ? » E veda , rispondo io , quel gruppo è molto meno nudo delle altre statue , perché rappresenta una capra , che , come Lei sa , non ha bisogno , per vestirsi , d ' incomodare la sarta , e un satiro , che per buona parte del corpo è vestito anche lui , vestito di un abito non confezionato a Parigi , ma insomma vestito . E veda ancora : né il satiro né la capra non mostrano nessuna di quelle parti per le quali fu inventata la foglia di fico . « Oh dunque ? » Ecco : il satiro però e la capra stanno fra loro in una certa posizione , fanno fra loro una certa faccenda , naturali l ' una e l ' altra fra maschio e femmina , ma che tuttavia le leggi e le usanze della nostra civiltà non vogliono , per molte buone ragioni , che sieno esposte né fatte , vuoi realmente , vuoi per rappresentazione artistica , sotto gli occhi del pubblico . Qui , vede , proprio qui , mio bravo signor Lodi , sta il punto delicato e culminante della questione : qui , proprio qui , comincia , anzi è cominciata , e ci siamo proprio in mezzo , la porcheria dell ' artista che crede mostrare serenamente le qualità del suo ingegno , del suo gusto e del suo stile ; qui , proprio qui , io potrei cominciare a darle ( se oramai non fosse inutile ) i connotati del poeta porco . Io non sono mica un impiegato di polizia , che non sappia il suo mestiere : lo so almeno tanto bene , quanto sanno il loro gl ' impiegati , diremo così , di pornografia . Mi permetta , mio bravo signor Lodi , Lei che ha fatto tante domande a me , che ne faccia una io a Lei . Ecco : dica , Le piacerebbe , Le parrebbe innocuo , decente , morale , che quel mirabile gruppo della capra e del satiro , riprodotto in terra cotta od in bronzo , stèsse esposto nelle vetrine del Janetti , a Roma , a Torino , a Firenze , dove fanciulli , giovinetti e ragazze potessero liberamente ammirarlo ? Mi risponda schietto e franco , dimenticando , se è possibile , la cattiva causa e il cattivo poeta che ha preso a difendere ; mi risponda come farebbe a caso vergine , dopo avere interrogato soltanto la sua educazione e i suoi sentimenti di cittadino onesto , che desidera alla patria una generazione d ' uomini sani e forti di corpo e di mente , non isfiaccolati e stupiditi dalla venere terrena e solitaria . Se Lei mi risponde , come credo , di no ( e me lo fanno credere i nobili sensi e il forte amor patrio pei quali mi piacquero parecchi suoi articoli del Don Chisciotte ) , Lei deve anche , per inesorabile necessità di logica , convenire che è tutt ' altro che innocua , decente e morale la esposizione che il D ' Annunzio ha fatto de ' suoi erotismi nell ' Intermezzo di rime . Andiamo , via : descrivere tutte le particolarità più lascive che precedono accompagnano e seguono il congresso amoroso di un giovinotto con una signorina che gentilmente si presta , questo Lei lo chiama malinconie profonde , amori ardenti e nudità candide , nobilmente umane , che non hanno mai offeso la verecondia di alcuno ? Andiamo , via ; queste cose non si dicono nemmeno per ridere : se non sapessi che Lei è uno scrittore onesto e gentile , quasi quasi crederei che , scrivendole , avesse voluto farsi beffe de ' suoi lettori e di me . Lei finge di non capire la cagione del mio sdegno per il richiamo a Virgilio . Ma come ! Sentirsi nelle membra i fremiti della libidine per il ricordo di una avventura amorosa , prendere cotesti fremiti per ispirazione poetica , e apostrofare il gentile poeta mantovano : olà , dammi tu la tua arte , sì ch ' io racconti ai bravi giovinetti italiani , ammiratori dei miei versi e frequentatori dei postriboli , come qualmente io mi presi diletto della bianca vergine inconsapevole ( fra parentesi le raccomando quella po ' po ' d ' inconsapevolezza … .. come ! far questo non è per Lei un profanare l ' arte e Virgilio ? Mi scusi , ma non Le credo : e da Lei difensore di una causa spallata m ' appello a Lei scrivente senza nessuna causa da difendere . « Ma se il grande Mantovano , dice Lei , invitava sotto l ' ombre compiacenti dei faggi i giovanetti pastori , perché non potrà il D ' Annunzio chiamare nel silenzio odoroso d ' un bosco una fanciulla innamorata ? » Non confondiamo : io non ho mai negato al D ' Annunzio il diritto di chiamare nel silenzio odoroso dei boschi quante fanciulle gli pare ; gli ho solamente negato ( che è cosa molto diversa ) il diritto di raccontare in poesia quel che va a fare con loro , quando va a far cose che non si ridicono fra la gente per bene . Certi amori , abbominevoli per noi , non avevano niente di turpe per gli antichi greci e romani . Anche di ciò va tenuto conto . Tuttavia io non mi ricordo che nelle ecloghe di Virgilio ci sia nulla che faccia arrossire una persona beneducata . Veda : se il D ' Annunzio , invece di descrivere i carnosi fiori del petto di Yella , drizzantisi al lascivo tentare delle sue dita , si fosse contentato , come il pastore Coridone apostrofante il formoso Alessi , di sfogare gli ardori suoi parlando di pecore e di capretti , di noci e di corbezzole , di latte e di cacio fresco ; o se , magari , si fosse messo a sedere sull ' erba , lui da una parte e la sua Yella dall ' altra , e lì , Arcades ambo Et cantare pares et respondere parati , avessero intonato un duetto a uso Coridone e Tirsi ( il D ' Annunzio , secondo me , sarebbe stato meglio in carattere ) ; io , veda , invece di rinfrescare queste che Lei chiama anticaglie polemiche , e mettere Lei nell ' impaccio di domandarmi i connotati del poeta porco , sarei stato zitto zitto a sentire , facendo molto volentieri la parte di Melibeo . Mi spiego ? La questione non è del fatto amoroso , ma della parte di esso che si racconta , e del modo come si racconta . Pare a Lei che in ciò siavi nessun punto di contatto fra le ecloghe di Virgilio e il Peccato di maggio e la Venere d ' acqua dolce ? Chiedo perdono agli ammiratori del poeta latino della sacrilega domanda a cui la discussione m ' ha condotto . Io diceva dunque che nei versi del D ' Annunzio non è questione di nudità , e che della nudità sola io non sono molto facile a scandalizzarmi . Mi pare d ' aver dimostrato e chiarito tanto quanto quel ch ' io diceva : tuttavia , se il signor Lodi permette , mi proverò a chiarirlo anche meglio . Aggiungo che , quando la rappresentazione del modo non è fatta a sfogo ed eccitamento di sensualità ( che subito si conosce ) , io non me ne scandalizzo niente affatto ; come non mi scandalizzo niente affatto se prosatori e poeti nominano a tempo e luogo , senza reticenze vigliacche , senza impiastricciamenti ipocriti di circonlocuzioni e di metafore , cose e parole che fanno arricciare il naso alle schifiltose damine . Quando il Carducci mandò al Fanfulla della Domenica la poesia A proposito del processo Fadda , una certa strofe diceva : Poi se un puttin di bronzo avvien che mostri Un po ' di pipi al sole , Protesterete con furor d ' inchiostri , Con fulmin di parole . Il Martini , allora direttore del giornale , pregò con un telegramma il Carducci di levare quel pipi , che avrebbe , si capiva , offeso la verecondia delle schifiltose damine , le quali , si può giurare , non si offendono oggi , e non si sarebbero offese allora , delle nudità candide nobilmente umane , come dice Lei , del D ' Annunzio . Io son fatto d ' una pasta molto diversa , e molto più rozza , s ' intende ; io non mi scandalizzai niente affatto di quel pipi ; e al Carducci che me ne domandava , risposi : oh lascialo stare ! Ma il Carducci lo levò , perché non metteva il conto di scontentare per così poco il Martini , il quale dal suo punto di vista aveva centomila ragioni . Intende Lei , signor Lodi , perché io , che non mi scandalizzai di quel pipi , che , senza turarmi il naso , leggo in Dante la parola merda , che non mi scandalizzo al resupina jacens , con quel che segue , di Giovenale , chiamo , peggio che indecenti , oscene e corruttrici certe poesie del D ' Annunzio ? Se non lo intende ancora , cercherò di farglielo intendere con un esempio . E giacché ho nominato Giovenale , pigliamo l ' esempio da lui . Giovenale dunque e il D ' Annunzio ( chieggo perdono di mettere accanto questi due nomi ) descrivono entrambi il petto ignudo d ' una donna . Tunc nuda papillis prostitit auratis , dice con le parole proprie il grande poeta latino , parlando di Messalina : il piccolo poeta italiano , parlando di Yella , dice , come vedemmo , con una similitudine barocca , che le punte del suo petto si dirizzavano , come carnosi fiori , ecc . La rappresentazione del poeta latino per me è moralissima ; quella dell ' italiano è immorale : per le damine , la cui verecondia sarebbe stata offesa da quel po ' di pipi del puttino di bronzo , deve , io credo , essere perfettamente il contrario . Lei , signor Lodi , dica , da qual parte si mette ? Da qualunque parte si metta , non Le farò il torto di spiegarle la differenza che passa fra il fatto del poeta latino e quello dell ' italiano . A Lei parve di cogliermi in contradizione perché io , denunziante al procuratore del re e della questura la poesia del D ' Annunzio , non denunziai anche quella di altri poeti ai quali dissi mancare il senso della verecondia . Anzi , nota Lei « ch ' io promisi di tradurre le Odi amatorie d ' Orazio » ; e noto che io tradussi parecchie poesie del Heine , poeti ambedue non verecondi . Scrissi anche , è vero , com ' Ella ricorda , che « la verecondia non entra per nulla nel merito artistico di un poeta e dell ' opera sua ; che il difetto della verecondia nel Byron , nel De Musset , nel Heine , fu parte della loro sincerità ; e che perciò essi rimangono grandi poeti , e la storia del loro cuore c ' interessa . » Dalle quali mie parole Ella si fa strada a domandare : « Se interessa ai critici di ricercare come i poeti morti sentirono l ' amore , perché sarà negato ai poeti vivi di raccontarcelo essi stessi ? » Adagio un po ' . Qui bisogna distinguere : i poeti morti son morti , e i vivi son vivi : i morti non si può fare che non sieno stati ciò che furono : ai vivi , se non ci pare che siano quel che vorremmo , abbiamo il diritto , e in certi casi il dovere , di dirlo . La sincerità è una bella cosa ; l ' amo anch ' io , non solo nei poeti , come fu notato da Lei , ma in tutti gli uomini ; sotto certe condizioni però . Se io , puta caso , conoscessi un giovinetto dedito all ' ubriachezza , o al rubare , o allo scrivere cose oscene ( io qui considero lo scrivere non come opera d ' arte , ma come un ' altra azione umana qualunque , onesta o disonesta ) , io non mi sentirei mica di dirgli : figliuolo mio , bisogna esser sinceri , fa ' quello a che ti porta la tua natura , cioè séguita ad ubriacarti , o a rubare , o a scrivere cose oscene , gli direi piuttosto : quel che tu fai è male , cerca di correggerti . Io , critico , studio tutti i fatti e i sentimenti umani rappresentati dalla parola , così la magnanimità di Dante e del Petrarca come le infamie dell ' Aretino ; ma io , uomo , desidero ai tempi miei ( poiché desiderarlo ai passati non giova ) dei poeti che si rassomiglino piuttosto agli amanti di Beatrice e di Laura che all ' autore dei sonetti illustranti le tavole di Giulio Romano . Ho detto che bisogna distinguere : e distinguo anche ( oh come distinguo ! ) fra i grandi poeti che dissi mancare di verecondia e il D ' Annunzio . E noto che , quando accennai questo difetto in essi della verecondia , lo chiamai difetto , non pregio . In Orazio , nel Heine e nel Byron , quel che c ' è di men verecondo sono quasi sempre accenni fugaci , cui spesso scusa od attenua lo scherzo o la satira ; e non hanno perciò nel lettore anche giovane alcuna trista , efficacia : in ogni modo quelli accenni rimangono come piccole macchie in grandi opere , i cui intendimenti sono spesso nobili ed alti , non mai corruttori ; mentre nelle poesie del D ' Annunzio di cui ci occupiamo , l ' argomento principale , lo scopo unico di tutta l ' arte , di tutto il lavoro dello scrittore , è la pittura della sensualità nelle sue manifestazioni più basse . Tutto quel che c ' è nel Peccato di maggio , è preparazione , è frangia e cornice della descrizione dal fatto erotico ; son pennellate di colori accesi messe nei fondo del quadro per dare risalto agli sdilinquimenti afrodisiaci della coppia in amore . Quanto al De Musset , non l ' ho nominato con gli altri , perché lui ha veramente la gran colpa di essere un po ' il babbo di tutta questa poesia del senso , che , oltre farci schifo e dispetto , ci secca maledettamente con la monotonia dei suoi fantasmi , dei suoi suoni , dei suoi colori . Il linguaggio di essa sta tutto in dieci paginette del vocabolario ; il cielo nel quale spazia servirebbe egregiamente di sfondo al palcoscenico di un teatrino di marionette . Ma almeno nel De Musset , oltre i fremiti e gli spasimi del senso , c ' è anche il sentimento ed il pensiero , che mancano affatto nei nostri poetini sensualisti . E ' mi fanno l ' effetto di giovani scostumati che , avendo qualche suono musicale negli orecchi , e qualche diecina di aggettivi luccicanti nella memoria , ma niente nel cervello e nel cuore , mettono in versi le loro porcherie e credono fare della poesia . Io inchino molto a credere che questa brutta fioritura di poesia sensualistica sia indizio , non solo di decadenza morale e letteraria come fu sempre , ma fisica . Un medico e scienziato amico mio mi faceva osservare che uno dei segni più certi e costanti di rammollimento cerebrale negli infelici che ne sono minacciati è il mostrare le parti pudende . Parlando della poesia sensualistica del D ' Annunzio , io non ho voluto affatto entrare nel merito letterario di essa e nella questione dell ' arte ; io l ' ho , come dissi , considerata semplicemente come un ' azione umana , secondo i criteri dell ' onesto e del disonesto . Ciò deve apparire evidente in questa mia chiacchierata ; ma mi piace dichiararlo esplicitamente e richiamarci sopra l ' attenzione del mio gentile contradittore ; perché , caso mai gli saltasse in testa di rispondermi , e ' dovrebbe non uscire dal campo morale , e sforzarsi di mostrarmi , solamente in quello , non dico l ' onestà , ma la non disonestà del Peccato di maggio e della Venere d ' acqua dolce . Quanto al merito letterario di queste e delle altre poesie del D ' Annunzio , i lettori si saranno accorti ch ' io sono molte miglia lontano dagli apprezzamenti e dal giudizio del mio bravo signor Lodi : ma , quando anche lui avesse ragione ed io torto , ciò non farebbe nulla alla presente questione . Le due poesie del D ' Annunzio potrebbero , come opera d ' arte , essere perfette quanto il gruppo della capra e del satiro ; resterebbero sempre , secondo me , due azioni disoneste . L ' arte e la poesia furono sempre uno dei più costanti affetti , una delle più care consolazioni della mia vita ; ma se dovessero condurmi ad amare , o anche solamente a scusare e tollerare la disonestà , preferirei diventare analfabeta .
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Nel dicembre del 1826 il Foscolo scriveva a Liverpool ad un amico , il quale s ' era proposto d ' andare a Londra a fargli una visita : « Il mio consiglio sarebbe che non veniste a trovarmi , perché sono in molto misero stato , e la mia vista vi affliggerebbe » . Egli era davvero in molto misero stato , tanto misero , che senza il soccorso di un generoso amico sarebbe forse , come egli stesso dice in una di queste lettere , morto qualche mese innanzi . Morì invece nel settembre dell ' anno di poi ; e le privazioni e i dolori degli ultimi quattro anni affrettarono probabilmente , se non produssero , la morte . Accade non di rado che intorno agli uomini straordinari d ' animo e d ' ingegno si formino come due partiti opposti , il partito degli ammiratori ad ogni costo , e quello di coloro che , con la scusa di manifestare la verità , nascosta o travisata dagli altri , insistono con una specie di compiacenza sulle debolezze e gli errori . Oggimai tutti quelli che studiano senza secondi fini sono d ' accordo in ciò , che la verità si deve sempre a tutti ed in tutto , e che la vita degli uomini grandi , se s ' ha da scriverla , s ' ha da scriverla quale dallo studio diligente e spassionato dei fatti risulta che fu . L ' idea che gli uomini , ai quali toccò in sorte una particella maggiore di divinità , non abbiano da avere con sé niente di quel d ' Adamo , o che almeno giovi rappresentarli come se tali fossero stati , è una idea che non cammina più : la realtà ha finito di roderle in questi ultimi anni le gambe . Se non ci scandalizziamo troppo di tanti vizi di tanta gente volgare , o che la ricchezza soltanto distingue dal volgo , perché vorremo meravigliarci o sdegnarci degli errori di coloro che compensano con molte nobili qualità le loro debolezze ? E queste debolezze hanno spesso così profonda radice nell ' animo di chi le possiede , sono così intimamente connesse con tutte le facoltà di lui , che , tacendone , non si spiegherebbe interamente l ' uomo . Si può dunque , e si deve , parlare ; ma con reverente indulgenza : parlarne altrimenti è indizio d ' animo gretto o maligno . Gli uomini grandi , tanto non sono esenti dalle debolezze della natura umana , che il più delle volte si cercano invano in essi alcune di quelle umili virtù , che molti uomini anche volgari possiedono , e che sono la guida più sicura alla tranquilla felicità della vita . Perciò forse principalmente è vera quella sentenza del Leopardi , che alla grandezza dell ' ingegno va spesso congiunta la infelicità ; benché egli la sostenesse con intendimenti diversi e per diverse ragioni . Al Foscolo mancò , fra le altre , la virtù di sottomettere ai consigli della prudenza il sodisfacimento dei propri desidèri . Quel savio dettato popolare : « Bisogna fare il passo secondo la gamba » , che ha fatto e fa la contentezza di tanta buona gente , si direbbe che fu da lui perfettamente ignorato . Se lo conobbe , e si provò a metterlo in pratica , non gli riuscì : la volontà , per quanto forte , non bastò a vincere l ' inclinazione naturale . Egli , che in tempo di guerra avea saputo sopportare con sereno animo le fatiche e privazioni più dure della milizia , non sapeva , ridottosi nella pacifica vita di letterato e di professore a Milano e a Pavia , adattarsi a vivere in quella modesta condizione che i suoi guadagni gli consentivano : egli , che esulando nella Svizzera , con una salute già mezzo rovinata , s ' era messo tranquillamente a pericolo di patire la fame ed il freddo , avea nei tempi ordinari bisogno delle sue stufe , de ' suoi tappeti , delle sue elegantissime tazze di porcellana , della sua cara e fida teiera nera , senza la quale gli pareva di non poter fare colazione . Arrivato a Londra con pochi denari , bisognoso di guadagnare per vivere , e sempre incerto della domani , non sapeva , passando davanti al negozio di un orefice o di un ebanista , resistere alla tentazione di comprare un oggetto d ' arte o un bel mobile . In un gran fascio di conti , ricevute , cambiali , e altre carte d ' interessi privati , ch ' io mi son preso la cura di esaminare a una a una ( e mentre le sfogliavo , esse mi venìan raccontando una lunga storia di piaceri e di dolori , di sodisfazioni e d ' umiliazioni , di speranze e di disinganni , di propositi fatti e non mantenuti , d ' ansie , di paure , di pentimenti , che travagliarono i primi sei anni , pur i meno infelici , della vita del Foscolo in Inghilterra ) , in cotesto fascio di carte , dove fra le note del carbonaio e del barbiere , della stiratrice e del calzolaio , stanno il catalogo dei libri e l ' inventario dei mobili del Digamma cottage venduti all ' incanto , c ' è una fattura del gioielliere Wells in data del 20 giugno 1818 , quietanzata , per un servizio da tavola in argento del valore di lire 1600; c ' è una ricevuta , in data dello stesso giorno , di un negoziante di mobili , per lire 550 , prezzo di una tavola e di tre sedie ; ci sono due ricevute , una dello stesso giorno , una di tre giorni avanti , per oltre seicento lire di biancheria ; c ' è una fattura del 4 giugno per una sedia da viaggio , del prezzo di lire cinquecento . Il Foscolo faceva tutte queste spese per una villetta che aveva presa in affitto a Moulsey , in una incantevole posizione , tanto incantevole che gli permetteva il lusso di regalare a ' suoi amici l ' uva colta da una vite che adornava le muraglie esterne della casa . Le sole spese accennate da me , fatte tutte nello stesso mese di giugno , anzi quasi tutte nello stesso giorno , superano le tremila lire , e lasciano facilmente indovinare che dovettero essere accompagnate e seguìte da molte altre . Naturalmente , comprata la carrozza , ci volle il cavallo ; comprato il cavallo , ci volle il cocchiere ; de ' quali Ugo aveva veramente bisogno , perché , ritiratosi in campagna per aver più quiete e agio da lavorare , gli occorreva recarsi spesso in città , dove lo chiamavano gli amici e gli affari , e dove aveva perciò seguitato a tener un quartierino mobiliato in Woodstock street . Non più che tre mesi innanzi dal tempo di quelle spese per la villa , nel marzo del 1818 , egli terminava una lettera alla Quirina Magiotti con queste parole : « Le forze mancano : il tempo passa ; e s ' io non provvedo , la miseria può condurmi da un ' ora all ' altra all ' infamia » . E quasi tutte le lettere che dopo il suo arrivo in Inghilterra avea scritte fino allora in Italia erano piene del racconto delle sue miserie . Qual radicale cambiamento era nello spazio di soli tre mesi avvenuto nella sua condizione ? Tutto il cambiamento era questo : l ' Edinburgh Review avea pubblicato un suo articolo , e glie lo avea pagato profumatamente , 32 lire sterline per ogni sedici pagine , invece delle 15 lire che usava pagare agli altri . L ' articolo era stato lodatissimo . Oltre ciò egli avea fissato alcun lavori con l ' Hobhouse , il quale gli avea anticipato , un po ' in conto di quei lavori , un po ' a titolo di prestito , qualche somma , e gli avea dato speranza di altre simili anticipazioni . Questa , dico , tutta la realtà del cambiamento : ma questa povera realtà si strascicava dietro una coda di aurei sogni infinita . Ecco la coda . Giacché le Riviste lo pagavano sì bene , egli stabilì , cioè s ' immaginò , che avrebbe dato all ' Edinburgh e alla Quarterly Review otto articoli l ' anno , i quali gli avrebbero portato un guadagno sicuro di quattrocento sterline nette , quanto gli ci voleva appunto per vivere . Provveduto al vivere quotidiano , bisognava pensare alle eventualità del futuro . Egli però ( ecco il séguito della coda ) avea proposto ad alcuni librai il disegno di pubblicare in trentasei volumetti alcuni classici italiani illustrati da lui ; e i librai lo aveano assicurato che , trovandosi , come pareva probabile , un migliaio di compratori , avrebbe ritratto dal suo lavoro , nei quattro o cinque anni che ci volevano per compierlo , un capitale almeno di diecimila sterline . L ' uomo , se anche per natura incredulo e dubitante , è sempre disposto a credere le cose che gli fa piacere e bisogno che avvengano ; salvo poi , se non avvengono , a disperarsi e pigliarsela con gli uomini e col destino . Quei calcoli di guadagno si disegnavano alla bella prima nella mente del Foscolo come tanto matematicamente esatti e sicuri , ch ' egli non dubitava di annunziare agli amici e ai parenti la sua mutata fortuna , e credeva , in bonissima fede , io avviso , di potere spendere anticipatamente senza nessun pericolo una parte di quel guadagno . Non già che prima e dopo questo brevissimo sogno dorato egli conducesse in Inghilterra una vita molto economica ; ma , prima almeno , non spendeva , credo , con tanto allegra sicurezza . Le notizie della sua poco economica vita arrivavano fino dai primi tempi in Italia , esagerate forse , come accade , e forse contrastanti col racconto delle miserie portato dalle sue lettere . Giulio , il suo buon fratello , che gli avea procacciato il danaro col quale condursi a Londra e mantenercisi qualche tempo , che vedea passare i mesi senza che Ugo paresse rammentarsi degl ' impegni lasciati in Italia , Giulio , che lo conoscea troppo bene , che avea veduto co ' propri occhi a Milano e a Pavia la vita di lui , gli scrisse nel giugno del 1817 : « Da molte persone ti sento a Londra e onorato e con molti mezzi da far danaro . Da te non so né liete , né tristi nuove ; però ne scrivesti di lacrimevoli a Firenze . A settembre finisce l ' affitto della casa , pagato fino ad ora dal signor Spiridione Naranzi , il quale si mostrò e nell ' occasione della malattia e per le spese del funerale buon amico e affezionato parente . Penso che la sorella potrà ristringersi in due stanze , e la spesa della pigione sarà assai minore ; e penso che anche per la pensione tu potrai in parte essere alleggerito , a meno che la fortuna tua , e più che la fortuna il tuo sistema di vita ti permetta di far pagare i dieciotto napoleoni al mese . Per conto mio ho mandato e manderò finché potrò la stessa pensione , sebbene mi sia di sommo peso , e tale da obbligarmi a privazioni dolorosissime ; ma mi sostiene il conforto di non avermi nulla a rimproverare , e trovo nello stesso sacrifizio molta dolcezza . Se le letture letterarie che tu farai , se la ristampa delle tue opere , o la pubblicazione di qualche nuova , ti mettono in istato di possedere qualche somma , non trascurare per carità , fratel mio , di spedire del danaro a Visconti . Non ti nasconderò che siffatto pensiero è un chiodo ognor fitto nel cuore ; sì perché conosco la situazione dell ' amico , e sì anche perché un poco d ' amor proprio mi lacera , che gli stranieri faccian tanto per mantenere la nostra famiglia » . Non era questa la prima volta che Giulio scriveva in tono di amorevole rimprovero ad Ugo . Il primo febbraio dell ' anno stesso gli avea scritto una lettera di lamento molto più amaro . « T ' incalzi , gli diceva , l ' idea degli obblighi tuoi verso Visconti , come mi tien sollecito il timore ch ' ei resti scoperto in una somma consacrata con tanta generosità e con tanti sacrifizi per la migliore delle azioni . E sai tu perch ' io tremo ? Non è perch ' io dubiti che ti manchi volontà , o danaro , ma bensì perché ti manca economia e quell ' assieme d ' idee indispensabili per avanzarti i mezzi necessari e pòrti la calma nel seno col disimpegno de ' tuoi doveri . Non ti adirare con queste verità ; è il fratel tuo che ti parla , che ti ama più di sé stesso e che ti difende costantemente contro tutti quelli che tentano intaccare la tua delicatezza ; ma io come tuo verace amico devo scoprirti con verità i difetti tuoi , se parmi che tu ne abbia , e tu devi correggerti , se trovi le mie ragioni giuste » . Chi conosce l ' animo altiero d ' Ugo , chi sa come egli amava la famiglia , s ' immagina facilmente che queste lettere del fratello dovettero essergli peggio che coltellate . Le punte di quei rimproveri dovettero penetrargli tanto più a fondo nel cuore , quanto i rimproveri erano più amorevoli , e , in parte almeno , meritati . Ugo passò dei giorni ben tristi , e credo non ebbe pace finché non riuscì a trovare e mandare il denaro che dovea . Egli era allora in cattivissime condizioni economiche ; ma non gli mancò l ' aiuto degli ammiratori ed amici . Lord Guilford gli scriveva il 7 di giugno , inviandogli una somma di danaro , e pregandolo di rivolgersi a lui nei suoi bisogni . « La tenuità dell ' acchiusa somma , diceva , Le proverà che non voglio abusare della sua confidenza » . Il 22 settembre Lady Westmoreland lo pregava molto delicatamente e cortesemente di accettarla come banchiera per la piccola somma di cinquanta lire sterline : « C ' est possible egli scriveva que même la petite somme de 50 L . pourra vous être utile et vous débarrasser de quelques personnes aux arrangements qui pourraiet entraîner plus de dépense . Pardonnez donc la liberté que je prends et attribuez - la à ma franchise naturelle » . Nello stesso mese un amico , che firmava con le sole iniziali R.U. , lo avvertiva che i banchieri Hoskins avevano accettato di negoziare una sua cambiale , e chiudeva la lettera facendogli coraggio : « Chassez le chagrin : luttez avec plus d ' énergie pour vaincre la mauvaise fortune . Tu ne cede malis Je m ' occuperai de votre affaire , mais en même temps fiez - vous à vous - même » . Quando Ugo fosse in grado di mandare in Italia i denari pei quali Giulio lo sollecitava , non saprei dire ; ma che li mandò non più tardi della prima metà del 1818 si capisce da una lettera di Giulio stesso dell ' agosto di quell ' anno , con la quale si rallegrava col fratello della sua buona fortuna . Sopra che fragili fondamenta questa buona fortuna posasse lo abbiam veduto ; e il Foscolo non tardò molto ad accorgersi che aveva sognato . In una lettera alla Quirina Magiotti in data del 20 settembre , posteriore cioè di soli quattro mesi all ' annunzio che avea dato anche a lei delle sue mutate condizioni economiche , si comincia a sentire già lo sconforto . « Il mio stato apparente , le scrive , è quale gli amici miei vorrebbero che fosse in sostanza ; ed ho dovuto assumerlo , perché qui l ' aspetto e il sospetto di povertà basta a farti bandire da ogni commercio sociale e mercantile . E se i librai che hanno fatto meco il contratto dei Classici italiani avessero mai pensato che io non lavoro che per bisogno , mi avrebbero offerto pochissimo ; o piuttosto non avrebbero voluto aver che fare con me . Il segreto del vantaggiosissimo contratto fatto sta tutto nella certezza in cui i librai sono , che , vivendomi io co ' ricchi , ed in case di grandi ricchi , i ricchi e i grandi compreranno e faranno comprare le cose stampate col nome mio … Dacché ho dovuto essere in commercio coi librai ( alcuni de ' quali , e specialmente uno col quale ho più che fare , vivono alla Rinuccini e alla Corsini ) , mi è convenuto fare l ' estremo del mio potere , ed anche del mio non - potere , perché essi vedano e possano affermare come trattano con un autore gentiluomo … Or io , parte per saldare alcuni debiti fatti , e parte per l ' avvenire , sto angosciandomi dì e notte col cuore , temendo di non potere far presto , e travagliando con la mente e la penna » . Il Foscolo sentiva il bisogno di giustificarsi agli altri , e più che agli altri a sé stesso , del lusso col quale viveva ; ma l ' idea che quel lusso fosse necessario per trovar lavoro e guadagno era , se non interamente falsa , per lo meno esagerata . Bisognerebbe conoscere poco la natura umana in generale , e quella del Foscolo in particolare , per non accogliere almeno il dubbio che cotesta falsa idea , dalla quale derivarono tutti i guai e le miserie ultime , veramente grandi , del povero Ugo , non gli fosse , direi quasi , suggerita dalla inclinazione sua , che lo portava ad amare la compagnia , le usanze e la vita dei grandi . E vivendo coi ricchi e coi grandi il suo carattere altiero lo portava naturalmente a non voler parere da meno di loro . Questa era una debolezza ; ma chi può fargliene rimprovero , quando si pensa che egli solo ne portò la pena ( e qual pena ! ) , e che senza la fonte di quella debolezza , egli forse non avrebbe compiuto tante altre azioni belle e magnanime ? Alla fine dell ' anno 1818 il sogno di miglior fortuna sognato dal Foscolo era compiutamente dileguato . Fidando troppo sull ' aiuto dell ' Hobhouse e sui guadagni che sperava fare lavorando per lui , egli aveva ( scrive alla Magiotti ) tralasciato di fare articoli per le riviste , e avea sospeso l ' edizione del primo volume dei classici ( benché non risulta che avesse trovato gli associati che ci voleano per cominciarla ) ; e quando l ' Hobhouse , impigliatosi nelle gravi spese di una elezione politica , si trovò costretto a diminuire le somministrazioni di denaro che gli faceva e a modificare le sue prime proposte circa il lavoro da compiere insieme , il povero Ugo si trovò in grande imbarazzo , e dové , fra le altre cose , abbandonare la sua villetta di Moulsey . « Lasciai , scrive alla Quirina , la mia casetta di campagna , di cui per altro pago tuttavia la pigione ; ma non ho spese domestiche , né necessità di calessetto e cavallo , né imposte . Vivo alla meglio in due stanzette mobiliate in Woodstock street , e che dianzi non mi serviranno che per dormire quando ci veniva … Oramai il mio carattere fa perdonare anche dagl ' lnglesi alla mia povertà » . Il povero Foscolo ( diciamo le cose crudamente come sono ) non avea proprio testa per il governo di una famiglia , fosse pure la più semplice possibile , composta cioè , come la sua , di un solo individuo . C ' è d ' altra parte tante brave persone che hanno testa da ciò , ma non sanno scrivere un solo verso come quello dei Sepolcri , che sarebbe ingiusto pigliarsela troppo con la natura perché non sempre riesce a fate che i buoni poeti sieno buoni amministratori : ad ogni modo chi avrebbe ragione di pigliarsela sarebbero i poeti stessi , sopra i quali ricade tutto il danno del non possedere quella qualità . Il Foscolo dunque era uno di questi infelici . A considerare le corbellerie che faceva , e i guai che si tirava addosso , si prova quasi un senso di compassione . Scriveva , come abbiamo visto , che per mantenersi a Londra gli bastavano diecimila lire l ' anno ( le quali , se non eran molto , non erano neanche pochissimo ) ; e , pagando la pigione di un quartiere mobiliato in città , spendeva duemila cento lire per l ' affitto di una villa , spendeva in pochi giorni più di tremila lire per alcuni oggetti di arredamento . Credeva e diceva , ciò non ostante , di essersi ritirato in campagna anche per economia ; e poi per economia tornava , come abbiam visto , dalla campagna in città : tornava in città per risparmiare , fra le altre , la spesa di mantenimento del cavallo , e comprava un cavallo proprio alla vigilia di lasciare la campagna . S ' era fatto costruire una rimessa , avea comprato il calesse ; e dal 4 giugno al 1° dicembre spendeva 350 lire per nolo di vetture . Un savio e grasso borghese , la cui amministrazione vada , per sua fortuna , come un orologio , e che , per sua fortuna , non abbia mai letto i Sepolcri né udito pronunziare il nome di Ugo Foscolo , a sentir queste cose proromperebbe : Ma che razza d ' imbecille era costui ? Ecco uno dei benefizi dell ' essere poeti . Le ultime parole da me riferite nella lettera alla Magiotti lascerebbero supporre che il Foscolo , tornando in città , avesse introdotto un radicale cambiamento nel suo sistema di vita . Pur troppo non era così . Glie ne sarà forse balenata l ' intenzione , si sarà forse anche provato a metterla in atto ; ma la volontà non gli bastò . E l ' occasione non si porgeva davvero troppo favorevole . Era quello il tempo che avea cominciato a frequentare assiduamente la famiglia Russell e ad innamorarsi di Carolina . Alla naturale inclinazione , rafforzata dalla consuetudine si aggiungeva quindi una ragione di più per non ritirarsi dalla società in mezzo alla quale avea fino allora vissuto . E il rimanere in cotesta società voleva dire mantenersi nella necessità di menare una vita superiore alle sue entrate . Le lettere d ' Inglesi a Foscolo inedite e i documenti concernenti gl ' interessi privati confermano queste induzioni . E disgraziatamente le confermano i fatti . Anzi , il Foscolo non era ancora arrivato al punto culminante delle spese eccessive e inconsiderate . Ci arrivò , come è noto , nel 1822 , quando gli venne l ' idea di fabbricare . La incapacità negli affari , la passione per ciò che chiamasi confortabile , e il gusto dell ' artista congiurarono in ciò alla sua totale rovina . È singolare , incredibile quasi , la tranquilla sicurezza con la quale egli parla a Lady Dacre del contratto da lui conchiuso per la costruzione della sua casa . Il Foscolo pare un uomo seduto sopra un barile di polvere , al quale appicca tranquillamente il fuoco da sé . Quella casa di cui aveva fatto egli stesso il disegno , che adornava e mobiliava con la eleganza di un artista , quella casa che doveva essere e fu l ' amor suo , che doveva essere e non fu l ' asilo della sua vecchiezza , quella casa egli non doveva abitarla tranquillamente neppure un anno : che dico ? neppure un mese . Chiunque altri avrebbe saputo ciò avanti di far gittare la prima pietra , e si sarebbe quindi astenuto dal farla gittare . La casa non era , si può dire , finita , il Foscolo non avea cominciato ad abitarla , che i creditori gli furono addosso . La lettera con la quale parla a Lady Dacre del contratto è del marzo 1822; e nel dicembre egli si trovava già in tali angustie per la impossibilità di far fronte a ' suoi impegni , che pensò di aprirsene a quella egregia donna e al marito di lei , chiedendo loro consiglio sui vari modi che stava escogitando per far quattrini . Fra cotesti modi c ' era quello di mettersi a dare lezioni private . Quando in cospetto di un uomo disgraziato ( altri dica pure , disgraziato per colpa sua : e chi , a questo mondo , non è , un po ' più o un po ' meno , l ' artefice della propria disgrazia ? ) , quando in cospetto di un uomo disgraziato si vede un ' anima generosa , che mostra di saperlo intendere e compatire , che sa consolarlo con nobili parole , le quali in certi casi valgono meglio d ' ogni moneta , quelle poche volte che ciò accade , un galantuomo si sente allargare il cuore , e prova una certa compiacenza di appartenere al genere umano . Di questa compiacenza noi andiamo debitori a Lady Dacre , e ci è largo compenso al disgusto che proviamo ripensando la crudele leggerezza e la severità ingenerosa con la quale parlarono del Foscolo il Pecchio ed il Tommaseo . Poiché la contemplazione delle nobili idee fa bene al cuore , rileggiamo qualche passo della lettera che quella gentil donna rispondeva al povero Ugo . « Povero Foscolo ! Votre lettre me fait beaucoup de peine . On pourrait blâmer votre imprudence , mais cela ne guérirait pas le mal . Lord Dacre , qui a étudié la loi dans sa jeunesse , aurait pu vous donner de meilleurs conseils ; le génie ne vaut rien pour les affaires de ce bas - monde . Du reste ne croyez pas que le parti que vous voulez prendre ( quello di dare lezioni ) puisse vous rabaisser dans l ' estime de ceux dont l ' estime vaille quelque chose Vous serez toujours Ugo Foscolo quand on vous trouverait labourant la terre , ou raccommodant vos souliers . . Nous autres femmelettes qui sommes composées de gazes et de rubans , et dont les titres sont des voitures et de jolis meubles , si nous perdons tout cela , nous sommes anéanties . Il n ' est pas ainsi des hommes qui se sont distingués [ … ] Mon pauvre Foscolo , ne perdez pas courage , mais ne bâtissez plus de maisons … Le malheur est que pour vivre il faut écrire pour les ignorants et les frivoles ; pour se survivre il faut écrire pour les savants et les sérieux ; c ' est - à - dire que pour se survivre il faut mourir de faim » . Chi non avrebbe baciata volentieri la mano che vergò queste nobili parole ? E quanti altri , non dico solamente donne , ma uomini , sono capaci di sentire e di esprimere così schiettamente e altamente , senza nessuna smorfia , senza nessun falso sentimentalismo , la compassione e il rispetto che ispirano le sciagure e le debolezze di un animo grande ? Alle generose parole seguirono i fatti . Lady Dacre suggerì , com ' è noto , al Foscolo di dare un corso di lezioni di letteratura italiana , e si adoperò a trovar soscrittori . Il corso fruttò , al dire del Foscolo stesso , un migliaio circa di lire sterline ; le quali , secondo lui , avrebbero dovuto bastare a sanar le sue piaghe ; ma non bastarono . Egli aveva detto a Lord Dacre che i suoi debiti ascendevano a lire 600; forse non pensando che ai più vicini ed urgenti , e parendogli che il termine dei più lontani non dovesse arrivar mai . O forse la sua inesperienza e la sua passione lo trascinavano e l ' accecavano ; e , pagati quei debiti , ne fece degli altri , fidando al solito sopra entrate e guadagni che poi mancarono . Il 26 marzo 1823 scriveva ad un amico : « Ho avuto due giorni fa la soddisfazione di aggiustare i miei conti col signor G . , e , grazie al cielo , il banchiere è pagato . Ier sera mi riuscì di sistemare definitivamente il livello delle due case ; così finalmente si chiude il lungo capitolo de ' guai che per più mesi mi tennero in uno stato di continua ansietà » . Ahimè ! il capitolo non era chiuso : cioè , era chiuso ; ma stava per aprirsene un altro , ben più doloroso e terribile , il quale non doveva chiudersi che con la morte . Ugo seguitò ad abitare la sua casa , e a fare la solita vita , adducendo sempre le solite ragioni . « La mia vita , scriveva il 6 agosto 1823 alla Magiotti , è tale quale l ' ha veduto qui il marchese ( Gino Capponi , ch ' era stato a Londra nel 1819 ) : affaticata , servile in fatto a ' librai ed a ' divoratori di libri , benché in apparenza io mi studi di farla parere vita di libero uomo gentile . E guai se siffatte apparenze non illudessero i librai e i lettori ! perché qui nessuno vuole aver che fare con chi è , o si professa , o par povero » . Il Pecchio che , tornando di Spagna , andò a visitare il Foscolo appunto nell ' agosto del 1823 , scrive che lo trovò « alloggiato nel nuovo casino , con tutto il lusso d ' un fermiere arricchito , passeggiando su ' più bei tappeti di Fiandra , coi mobili de ' legnami più rari , con statue nell ' atrio della casa , con una stufa ripiena di fiori esotici e i più costosi » . Anche Lady Dacre , che fino all ' agosto del 1823 non avea , pare , veduto la casa e il giardino del Foscolo , quando li vide ne rimase meravigliata ; e glie lo scrisse , aggiungendo riprensioni e consigli intorno alle spese non necessarie ch ' egli faceva . E il Foscolo rispose ringraziando . « I vostri consigli non solo non hanno bisogno di scusa , ma sono così saggi , e dettati da tanto interesse per la mia felicità , che più crescerebbe ancora la mia premura di ringraziarvene , se maggiore fosse stata la vostra severità nel riprendermi … « Alle vostre osservazioni sul mio giardino , e sui fiori , e sul tempo e il danaro che spendo in queste dilettevoli miserie , non ho che opporre . In altri tempi io mi deliziava assai più delle soavi sensazioni che mi venivano dai giardini , dagli alberi , dai prati , senza che ne prendessi cura veruna . Il mio spirito era allora più vigoroso , più attivo , e sopra tutto più tranquillo . Gli anni , le sventure e l ' esilio , ma sovra ogni altra cosa la solitudine , mi hanno fatto credere che dando un pensiero ai fiori , involerei qualche ora alle dolorose meditazioni , alle quali fui sempre per natura inclinato , ed ai noiosi lavori cui ora son condannato dalla fortuna » . Aggiungeva d ' aver preso la savia risoluzione di affittare o di vendere il suo povero Digamma , e che non ci sarebbe rimasto se non fino al momento che trovasse un buono acquirente . Ma non ebbe tempo di trovarlo , perché di lì a qualche mese , ai primi del 1824 , alcuni creditori lanciarono contro di lui un mandato d ' arresto ; ed egli , per sottrarsi alle loro persecuzioni , dové abbandonare nascostamente la propria casa e andare errando dall ' uno all ' altro dei più poveri quartieri della città . Quale fosse d ' allora in poi la sua vita , negli ultimi non interi quattro anni ch ' essa durò , l ' accennarono in genere i suoi biografi : meglio apparisce dalle lettere , specialmente da quelle a Hudson Gurney , a Dionisio Bulzo e al Capponi , nel terzo volume dell ' epistolario : ma i dolorosi particolari che in esse si leggono non sono ancora tutta la storia delle privazioni , delle umiliazioni , dei patimenti , a prezzo dei quali il Foscolo espiò i suoi errori e le sue debolezze . Da questa storia , quando potrà scriversi intera , apparirà , credo , che se gli errori furon grandi , fu anche grande l ' espiazione ; e , diciamolo ad intero onore del Foscolo , fu compiuta con una forza d ' animo veramente ammirabile .