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SCHIAVI O PADRONI? ( FERRERO GUGLIELMO , 1921 )
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Dalla Sicilia all ' Alaska , dagli Urali allo stretto di Magellano il popolo si grida schiavo dei ricchi . A loro volta i ricchi si dicono vittime della insopportabile tirannia del popolo , ormai potente e prepotente per le sue irresistibili pretese . " Io sono schiavo del Capitale " grida il Lavoro , " Il Lavoro è il tiranno più insolente , che sia apparso nella storia " risponde il Capitale . Tutti e due si sentono in catena , e ciascuno maledice l ' altro come il suo carceriere . Chi ha ragione e chi ha torto ? Tutti e due . Ambedue sono incatenati . Né l ' uno né l ' altro si lamentano a torto . Ma nessuno dei due ha ragione di maledire l ' altro come carceriere e aguzzino , perché tutti e due sono schiavi di un terzo tiranno ; degli strumenti che il Lavoro e il Capitale hanno creati insieme , sperando che sarebbero servi docili e ubbidienti . La storia di questo immenso errore è strana e recondita . Nessuno la conosce . Dal principio dei secoli l ' uomo aveva fabbricato gli oggetti che gli occorrevano con le sue mani , facendosi aiutare nella sua casa da pochi servi modesti e docili , il Bue , il Cavallo , l ' Asino , l ' Acqua , il Vento , il Fuoco . Il Fuoco era tra questi servi domestici il più modesto e il più docile . Rannicchiato in un cantuccio della casa , quel vecchio schiavo riscaldava l ' inverno il suo padrone e gli cuoceva ogni giorno il desinare e la cena ; qualche volta usciva con lui , lo accompagnava alla guerra , e lo aiutava a bruciare le messi e le città dei nemici . In compagnia di questi servi , l ' uomo aveva vissuto per secoli , guadagnando il pane con il sudore della fronte , espiando con il lavoro il peccato dell ' Eden . Aveva vissuto poveramente , ma non inutilmente . Poiché in quei secoli ha costruito il Partenone e Nôtre Dame ; ha scritto i Dialoghi di Platone , il Vangelo e la Divina Commedia ; ha scolpito la Vittoria di Samotracia e dipinto la Primavera del Botticelli ; ha fondato l ' Impero Romano , cristianizzato l ' Europa , scoperto l ' America . Ma un giorno l ' uomo fece una meravigliosa scoperta . Quel modesto schiavo che da tanti secoli si rincantucciava sotto la cappa del camino , che gli cuoceva le vivande e lo riscaldava l ' inverno , era un Demone travestito . Sapeva animare e far muovere certi portentosi giganti di ferro , ciechi , sordi , senza cervello , ma capaci , come uomini senzienti e intelligenti , di filare , di tessere , di camminare , di martellare , di tagliare , di cucire , di seminare , di falciare , di scavare la terra ; e quanto più veloci degli uomini ! Infaticabili addirittura . Quei giganti avevano la meravigliosa virtù di scorciare il tempo , facendo in un ' ora l ' opera di un giorno , in un giorno l ' opera di una settimana , in una settimana , l ' opera di un mese . E per di più , essendo di ferro , ciechi , sordi e senza cervello , non conoscevano capricci ! Quando il Fuoco ordinava , subito si muovevano ; e via di corsa , notte e giorno , finché il Fuoco , stanco , dicesse " basta ! " addormentandosi sul suo letto di ceneri . L ' uomo fu inebriato dalla scoperta . Se il Fuoco era l ' animatore di questi giganti di ferro , non era egli padrone del Fuoco ? Se in groppa a quei giganti poteva correre , senza muoversi e senza ansare , la terra ed i mari , aspettando addirittura di salire in aria con gli uccelli e di nuotare sott ' acqua con i pesci , quale dei tesori nascosti sotto la terra potrebbe sfuggire alla sua cupidigia ? Lo spazio , il gran nemico che da tanti secoli opponeva la sua immensità inerte alla irrequieta fantasia degli uomini mal servita da troppe piccole gambe , non era debellato ? Se lo spazio era debellato e se quei giganti erano capaci di fare in un ' ora il lavoro di un giorno , l ' uomo non potrebbe finalmente riscattare la condanna pronunciata nell ' Eden In sudore vultus tui vesceris pane ? Godersi un ' abbondanza crescente a prezzo di un lavoro accorciato ? Insieme con le macchine mosse dal vapore e dall ' elettricità è apparsa nella civiltà occidentale una doppia aspirazione : dominare la terra e la natura ; liberarsi dalla schiavitù del lavoro senza ricascare nelle catene della penuria . Ma questo doppio sogno si è avverato soltanto a mezzo . L ' uomo è oggi il signore della terra e della natura . Ha vinto lo spazio , costretto il pianeta a consegnargli tutti i suoi tesori , anche quelli che aveva riposti nei nascondigli più segreti , spezzato perfino le catene della gravità , levandosi a volo . Ma non è riuscito a spezzare quelle del lavoro : anzi più arricchiva e cresceva di potenza , più affannosamente ha dovuto lavorare . - Con le macchine mosse dal vapore e dall ' elettricità incomincia l ' insonnia del mondo . Qual ' è il tormento comune di tutti , poveri e ricchi , nella civiltà occidentale ? L ' inumana fatica a cui siamo tutti condannati . Noi viviamo nelle comodità e negli svaghi , abbastanza sicuri a paragone dei nostri padri , liberi da molti vincoli e nodi , che una volta parevano inseparabili da ogni esistenza bene ordinata : ma dobbiamo lavorare , lavorare , lavorare ; e non possiamo interrompere l ' opera nostra neppure un minuto per ripigliar fiato . Non solo ognuno di noi deve produrre , ma deve anche consumare , quanto più può , ossia sforzarsi e affaticarsi ancora , fino all ' estrema misura delle sue forze . Chi corre il mondo d ' uno in altro albergo , chi legge , chi va al teatro , al ballo o ad un banchetto sontuoso , chi gioca di braccia e di gambe , chi muta abito in ossequio ad una legge di fastose eleganze , compie uno sforzo che , pur mirando a procurare un divertimento o una soddisfazione , richiede tempo e costa fatica , quanto il produrre ricchezza . La parte del giorno in cui non siamo condannati a produrre ricchezze , siamo condannati a consumare quelle prodotte dagli altri divertendoci , ci piaccia o non ci piaccia . Non siamo quasi mai liberi di vivere a nostro gusto , divertendoci quando ci talenta e riposandoci quando ci garba meglio . Quando ritorniamo a casa , dopo aver compiuto il nostro compito quotidiano , quando usciamo dall ' ergastolo del lavoro a cui ci ha condannati il destino , noi ricuperiamo la libertà . Incomincia allora un altro e non meno imperioso dovere : dar lavoro agli altri , consumando quel che essi producono , con i divertimenti , i giochi , i lussi , le occupazioni intellettuali o artistiche , talora anche con i vizi , le orgie e le disoccupazioni imposte dal costume , dalla voga , dall ' imitazione , dalla vanità , dal rango o dall ' autosuggestione . Quanti si sono alla fine persuasi di doversi disperare per la privazione che li renderebbe invece felici , se fossero liberi ! a quanti i sollazzi e i piaceri sono tormenti imposti ! L ' uomo moderno non è nemmeno più libero di riposarsi quanto dovrebbe per non ammalare . Deve lavorare e divertirsi a prezzo della salute e della vita . " Muori , ma produci e consuma " - gli gridano i tempi . Lavoro e divertimento rubano a poco a poco anche le ore del sonno all ' uomo , che non ha ancora inventato la macchina per allungare il tempo . Come è accaduto questo scambio singolare ? Perché l ' uomo è più schiavo che mai del lavoro , oggi che tanti milioni di schiavi infaticabili , dal corpo di metallo e dall ' anima di fuoco , lavorano per lui ? Perché non ha più neppure il tempo di dormire quando fa in un ' ora quel che i padri in un mese ? Perché il tempo gli scarseggia quanto più dovrebbe abbondargli ? Questa è stata appunto la beffa atroce di quei giganti di ferro . Sebbene ciechi , sordi e senza cervello , quanto furono più furbi del : loro incauto creatore ! Sono riusciti a fare schiavo l ' uomo che li aveva creati per essere da loro servito come un semidio ; e in che modo ? Accendendo in lui desideri e speranze illimitate . L ' uomo può godere dell ' abbondanza in due modi : o contentandosi di meno di ciò che ha , o procurandosi più di quello che desidera ; o riducendo i suoi bisogni , o accrescendo la sua ricchezza . Tutte le civiltà che furono prima della rivoluzione francese si attennero al primo modo ; la civiltà occidentale , da un secolo in qua , al secondo . Inebriata dalla potenza dei nuovi strumenti , la civiltà occidentale è stata presa da una smania insaziabile di nuove maggiori ricchezze . Produrre , produrre , produrre : le parve felicità e gloria supreme . Ma a che gioverebbe produrre tante ricchezze se non si consumassero ? Onde l ' universale schiavitù del produrre e del consumare : del produrre per poter consumare ; del consumare per poter produrre . Oggi la plebe accusa i ricchi di essere insaziabili . È vero : ma sei ricchi non fossero tormentati da questa pazzia di arricchire , risparmierebbero ogni anno una parte delle loro entrate per fabbricare e mettere in movimento nuove macchine ? E se , invece di risparmiarla per fabbricare nuovi giganti di ferro senza cervello . la spendessero in piacere e in lussi , le industrie , l ' agricoltura e il commercio prospererebbero così largamente ? E donde scaturisce l ' agiatezza della plebe moderna , ignota ai secoli precedenti , se non da questa universale prosperità ? I ricchi accusano spesso la plebe di essere incontentabile , di aver sete quanto più beve , di aspirare ormai a tutti i comodi e a tutti i lussi dei ricchi . Ma se le moltitudini si contentassero di vivere ancora all ' antica , povere e semplici , con quali clienti le industrie e i commerci prospererebbero ? Quanti capitali dei ricchi , colpiti da improvvisa sterilità , non darebbero più frutto ? Invano ricchi e poveri si accusano a vicenda di essere tiranni . Oggi non c ' è nella civiltà occidentale che un solo tiranno , ma spietato : quel popolo innumere di giganti di metallo animati dal fuoco , che ci costringono tutti a lavorare e a far baldoria , senza tregua , ci piaccia o non ci piaccia : perché se i poveri o i ricchi , i grandi , la condizione media , o la plebe , volessero vivere più semplicemente , la gran macchina del mondo si fermerebbe . Non le macchine lavorano oggi per soddisfare i nostri bisogni ; ma noi dobbiamo imporre noi stessi , anche quando ci piacerebbe di vivere semplicemente , tutti i bisogni che son necessari , affinché le macchine che noi abbiamo create possano continuare a creare un ' abbondanza che ci tormenta . Tutti soffrono sotto questi tiranni ; nessuno può liberarsene ; e perciò ciascuno accusa l ' altro . Il grande impegno che toglie il sonno alla civiltà occidentale è proprio questo . Non distruggere , come nemici del genere umano , questi giganti di ferro animati dal fuoco , ma neppur moltiplicarli ciecamente , facendo del mondo la loro preda e il loro schiavo . Rifarli servi dell ' uomo che li ha creati , docili al suo cenno . Rompere la catena della loro tirannia . Schiavi dei nostri schiavi o padroni ? Questo è il dilemma . Questa è la prova . Questo è il cimento . Per vincerlo è necessario non dimenticare che la civiltà occidentale è stata incatenata da questi suoi schiavi di ferro e di fuoco , perché prima ha aspirato a una ricchezza e a una potenza illimitate .
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... Da un pezzo il Croce giudica poeti e storici , romanzieri e filosofi , e non alla spicciolata , ma per secoli e generazioni , sicut potestatem habens . Quali siano i suoi titoli a giudicare i poeti , tutti gli intenditori e le persone di gusto sanno ormai . Non sarà inutile verificare una volta tanto anche i suoi titoli - scienza e coscienza - a giudicare gli storici . Si aggiunga una ragione personale . Alcuni anni fa dimostrai che l ' etestica del Croce è un guazzabuglio di contradizioni e di paralogismi , in cui ogni pagina smentisce la precedente ed è smentita dalla seguente ; che in tutta la filosofia non si trova un libro così mal ragionato ; e che solo chi non abbia capito nulla , può illudersi di avere imparato qualche cosa leggendolo . La dimostrazione era così definitiva , che il Croce non ha osato replicare parola , in quattro anni . Non voglio che egli possa illudersi di avere almeno potuto a sua volta ridurre me al silenzio . Quando apparve la traduzione francese dei due primi volumi di Roma alcuni giornalisti d ' oltralpe , uomini d ' ingegno ma un po ' precipitosi nel giudicare , come è spesso quella professione , scrissero , e con sincera intenzione di elogio , che l ' autore aveva studiato Carlo Marx . Imbattutisi per la prima volta in una storia antica che raccontava di commerci , di dissesti , di fallimenti , di usure , e di altre cose consimili , reputate da molti invenzioni moderne ; avendo sentito dire che Carlo Marx aveva fatto della storia del mondo un tessuto di interessi economici , s ' erano messi in mente di far onore all ' opera , ascrivendola ad una famiglia così moderna e così illustre . Senonché l ' opera mia è costretta a tacciar di falso questo certificato di stato civile , perché essa è parente del marxismo quando del confucianesimo o del mitraismo . Ed ecco , a sua volta il Croce dà principio al giudizio , copiando di peso questo sproposito : " Nel Ferrero - egli scrive - sono tutte le formule ( ! ) della scuola ( ! ) , tutti i derivati ( ! ) del materialismo storico " . Che cosa il Croce intenda per formule e per derivati del materialismo storico , non so . Il materialismo storico non è una scuola , perché una scuola suppone maestri e discepoli , e qui i discepoli almeno mancano ; è una pura dottrina , campata nei cieli della speculazione , un po ' confusa e nebulosa , come tutto ciò che è uscito dalla mente frammentaria di Carlo Marx . Nessuno storico di forte torace l ' ha ancora applicata in nessuna opera di polso . Ma come dottrina si presenta negli scritti del suo autore e dei suoi discepoli e commentatori in due vesti : più generale la prima , più particolare la seconda . La dottrina più generale vuole che i fenomeni della storia , la religione , la politica , il diritto , l ' arte e via dicendo , siano una specie di drappeggiamento sontuoso , sotto cui si nasconde la greggia ed unica realtà degli interessi economici . Ma del materialismo inteso così io penso che sia una dottrina puerile , da non poter essere presa sul serio ; immaginarsi se si potranno trovare le sue " formule " e i suoi " derivati " nell ' opera mia ! Che ogni istituzione o associazione umana di qualsiasi natura , politica , religiosa o intellettuale , debba tenere un libro di conti ; che tutte le relazioni tra gli uomini di ogni specie , dalla famiglia allo Stato e alla Chiesa , siano regolate anche da una ragione di dare e avere , non vuoi dire , che l ' anima di quelle associazioni e istituzioni viva nel libro dei conti ; vuoi dire soltanto che , qualunque cosa gli uomini facciano , pensino o vogliano , hanno bisogno innanzi tutto di nutrirsi e di vestirsi ; che il prete deve vivere dell ' altare , come il pittore del pennello , e il matematico delle formule . Più seria è la dottrina particolare e ristretta , che assume la trasformazione degli istrumenti del lavoro a motore occulto della storia . Inteso così , il materialismo storico potrebbe essere una dottrina feconda e fare scuola , il giorno che raccogliesse intorno a sé discepoli valorosi , purché circoscritta alla storia dell ' Europa negli ultimi due secoli , che sola può comportarne l ' applicazione . Negli ultimi due secoli la storia dell ' Europa è veramente condotta da due demiurghi : le dottrine razionali della società e dello Stato , che minano sotto sotto Dio ; le macchine mosse dal vapore e dall ' elettricità , che minano sotto sotto tutti gli antichi ideali di perfezione . Nessuno scrittore capirà il secolo XIX , sinché non riesca a scoprire questi due demiurghi , discesi da due cieli differenti della storia , all ' opera insieme e senza saper l ' uno dell ' altro . Il materialismo storico potrebbe studiarne con profitto uno ; e quindi scoprire una parte della verità . Senonché questa dottrina non ha posto né ufficio nella storia antica , dalla quale il secondo demiurgo è assente ; ed è addirittura infantile il supporre che abbia potuto applicarla proprio l ' autore , che ha indicato nel secolo XIX nel trapasso della civiltà qualitativa alla quantitativa , dall ' ideale di perfezione all ' ideale di potenza , il maggior rivolgimento della storia universale . Solo questo rivolgimento ha chiamato in terra , un paio di secoli fa , il demiurgo , che il materialismo vorrebbe presente in tutti i luoghi e in tutte le epoche ; e le cui formidabili spinte e audacie e crudeltà gli uomini non conobbero , sicché la civiltà fu per sua natura qualitativa . Intorno alla tecnica dei Greci e dei Romani ci somministrano numerose , per quanto slegate e frammentarie notizie , gli scrittori , le leggi , i rottami di attrezzi e di macchine - aratri , mulini , telai , forni , stampi e via dicendo - raccolti negli scavi , e i disegni scolpiti nei bassorilievi . Ma da secolo a secolo , da paese a paese , non si riesce a scoprire differenze visibili e quindi progresso , come l ' intendiamo noi , fuorché nelle macchine di guerra . Gli strumenti della industria e della , agricoltura non mutano , a distanza di secoli ; le forze motrici sono sempre i muscoli umani , alcuni animali , il vento e l ' acqua ; il vapore è un giocattolo . In tutta la letteratura antica ho trovato una sola pagina , in cui l ' ammirazione del progresso , oggi così fervida , sia presentita : la prefazione del libro diciannovesimo della Historia naturalis , in cui Plinio il vecchio , raccontando che il Mediterraneo ai suoi tempi è solcato in ogni verso non più da navi a remo ma da navi a vela , dopoché l ' abbondanza del lino coltivato in Occidente ha fatto della tela un oggetto di consumo corrente , vanta la velocità delle navi spinte dal vento , i viaggi affrettati , lo spazio vinto , con parole , che un moderno potrebbe ripetere , ritoccandole appena , del vapore . Ma se gli strumenti non mutavano , mutavano , e molto , i manufatti da epoca ad epoca ; secondo che la mano di una generazione e di un popolo era più abile o meno , più arduo o più facile il modello di perfezione a cui i differenti secoli e le diverse nazioni guardavano , più fino e più rozzo il gusto che commetteva i lavori e li giudicava . Imaginare una storia " materialistica " di Roma sarebbe come voler scrivere una storia cattolica o protestante dei Faraoni . Ma come è nato allora questo svarione di critici orecchiuti e orecchianti , nel quale è incappato anche il frettoloso Minosse che siede giudicando a piè del Vesuvio ? Nella storia degli ultimi due secoli della repubblica c ' è un . paradosso apparente : più Roma e l ' Italia arricchiscono e più sono rovinate ; più si ingrandiscono fuori , e più si indeboliscono dentro . L ' aristocrazia romana si trova padrona di un immenso impero , quando non è più capace di amministrare una città ! Massime nell ' ultimo secolo della repubblica ogni vittoria è una catastrofe . Parecchi storici avevano visto o intravisto , tra le cause di questo singolare dissolversi per troppo vincere , gli influssi della cultura greca - arti , filosofie , industrie , religioni , costumi , lussi , piaceri - sull ' antica società latina , aristocratica , tradizionalista , bigotta e puritana . Ma questa causa non è la sola , ed è , per dir così , una causa seconda , derivata da un ' altra , meno visibile e più profonda : l ' oro delle conquiste . Fenomeno economico ? Per chi cerca nella natura umana la ragione profonda della storia , questa azione della moneta è un altro esempio della padronanza e tirannia che tanti oggetti creati dall ' uomo a servirlo esercitano sul loro autore . Che cosa è la moneta ? Non è la ricchezza , ma una ricchezza ; ossia uno dei tanti beni desiderati dall ' uomo , ma in sé e per sé non dei più necessari , perché i metalli preziosi , tanto pregiati per la loro bellezza e rarità , non servono a nulla fuorché ad ornare , se non esistono gli altri beni necessari alla vita , che il denaro acquista . Ad un uomo perduto nel Sahara un pane ed un otre d ' acqua sarebbero più preziosi , che un sacco di monete d ' oro ... Ed ecco spiegato l ' errore del Croce . Il Croce ha visto , in questa visione della storia di Roma le formule e i derivati ( ! ) di un materialismo storico di sua fantasia , perché la moneta vi compare come il principale agente del disordine di una grande epoca . Ma l ' errore è pietoso , perché questa visione non è parente del cosiddetto materialismo storico neppure in decimo grado . Vero è invece che la visione è mia ; e che io posso sfidare con animo tranquillo il Croce a dimostrare che è falsa o che deriva da altro autore . Senza dubbio questo spaventoso e meraviglioso fenomeno non è stato da me capito con quella pienezza e rappresentato con quella forza , di cui , dopo sette anni di guerra mondiale , mi sentirei oggi capace ; e che spero di trasfondere un giorno in una edizione definitiva . Ho concepito questa parte dell ' opera una ventina di anni fa , perduto in una pace così universale e profonda , che la memoria e la nozione stessa del terribile fenomeno si erano perdute ; l ' ho concepita , quasi direi , dal nulla e in piena solitudine , perché nessuno dei predecessori aveva neppur presentito queste oscure verità e poteva quindi prestarmi aiuto . Non ostante un intensissimo sforzo di riflessione e di imaginazione , che ha durato anni , non ho veduto il fenomeno nella sua pienezza e in tutti i suoi particolari , così lucidamente come lo vedo ora ; e qualche volta l ' ho confuso un po ' con un altro fenomeno , che appartiene alla stessa famiglia ma è diverso : con la perturbazione che genera l ' incremento della ricchezza , quando è figlia del lavoro . L ' opera ha quindi bisogno di qualche ritocco . Ma sarò io giudicato vittima di un vano orgoglio , se dirò apertamente che , a mio giudizio , un critico equo e competente , invece di dottrineggiare fuori di tempo e luogo sul materialismo storico , avrebbe potuto , e forse dovuto , riconoscere un po ' di merito all ' autore , che primo aveva avuto la visione di un fenomeno di cui si era perduta la memoria , venti secoli dopo che era avvenuto , venti anni innanzi , che , ripetendosi in un intero continente , si rivelasse di nuovo alla obliviosa noncuranza degli uomini ? Che se il Croce appartiene a quella famiglia di critici , i quali si arrogano il diritto di giustiziare ogni opera che non sia perfettissima , perché ogni minimo difetto sembra loro degno della pena capitale , avrebbe potuto , invece di far merito all ' autore di questa sua nuova visione , rimproverargli i punti in cui la visione è un po ' incerta ed esitante . Non sarebbe stato difficile di trovarli qua e là , a un critico ostile ma acuto , intelligente , e che , intendendosi davvero di storia , avesse riconosciuto nell ' universale disordine della repubblica di Mario , di Silla , di Cesare e di Pompeo lo stesso disordine che travaglia i nostri tempi da sette anni in qua . Questo critico avrebbe condannato l ' autore con la scienza attinta da lui ; ma insomma non avrebbe vaneggiato . Il Croce invece non ha capito nulla , non ha visto nulla , non si è accorto di nulla ; e , posto innanzi alla vasta pittura di quel tempo , che non è perfetta , ma che nasce dalla vita - ed oggi questo merito è più manifesto a chi ha occhi e vede , che dieci anni fa - , l ' ha scambiata per un drammaccio da cinematografo . Leggete , o lettori , questo giudizio che ricopio testualmente , perché davvero una perla così preziosa merita di essere deposta con religiosa cautela nel tesoro della moderna critica italiana . " Ma la Ragione e la Provvidenza compiono , nel Ferrero , prodigi assai maggiori che non presso quei due filosofi ( Vico ed Hegel ) , perché quelli operavano con personaggi , con forze spirituali , e il Ferrero opera con esseri nevrastenici ( ! ) , immorali , amorali , cupidi di denaro , fradici di lussuria ( ! ) , incommossi ( ! ) al sangue e alle stragi ; un quissimile ( ! ) dei veneti primitivi , rappresentati dal D ' Annunzio nella Nave ( ! ! ! ) , accozzaglia di gente atta , non già a fondare , come si crede , grandezze di città , ma piuttosto a popolare manicomi e bagni criminali , affatto diversi dai bestioni vichiani ( ! ! ) , che erano severi ed austeri ! " . Ma un critico il quale , neppure avendo sotto gli occhi il commento perpetuo e vivente del disordine in cui si agita oggi l ' Europa , è riuscito a capire questa parte della storia di Roma ; un critico , il quale innanzi alla pittura di uno dei disordini morali più terribili che possano affliggere il genere umano , ripensa oggi - nel 1921 - alle marionette declamanti della Nave e va in cerca di non so quali bestioni ; quale libro di storia potrà mai capire , che si innanzi un poco al di sopra dei manuali per il ginnasio inferiore ? Lasciamolo dunque scambiare le rozze compilazioni del Ranke per modelli di squisita ( ! ! ) storiografia ! Chi si contenta , gode . Dopo aver visto quale è la scienza del Croce , passiamo alla coscienza . Sentenzia il Croce che il sottoscritto non avrebbe " saputo ... tener saldo e stretto il legame tra storiografia e filologia ; non già perché non asserisca questo legame in teoria e non procuri nel fatto di leggere testi e consultare la letteratura dell ' argomento e porre a piè di pagina le citazioni , ma perché egli ha un ben curioso concetto della costruzione storica , e crede che in essa si debba , con l ' immaginazione , o , come dice , con la congettura integrare le fonti , laddove il senso critico vieta coteste integrazioni e nega che possano mai fornire storia e storia reale . Al che il Ferrero , e con lui i suoi difensori , obiettano che , senza le congetture e le immaginazioni , molta parte della storia rimarrebbe arida esposizione e compilazione di fonti . E tal sia e rimanga , quando non può essere altro ossia quando mancano le condizioni soggettive ed oggettive perché sorga storia vera e propria ; meglio allora una rassegna di fonti , che un sogno sulle fonti ... " . E più oltre : " Nella fertile imaginativa del Ferrero , nel saper sempre per filo e per segno la politica orientale di Antonio , e la politica egiziana di Cleopatra , e i riposti motivi dello strano andamento della battaglia di Azio , nella sua professata conoscenza dei dietroscena , e nelle sue arie di persona bene informata e molto esperta , che sorride della visione e dei giudizi tradizionali e prepara sempre qualche sorpresa ai lettori , in questo vizio della sua mente sta un ' altra delle cagioni della fortuna incontrata dall ' opera sua " . A questo straordinario giudizio , oppongo il passo di un autore , a cui il Croce fa certamente più credito che non gliene faccia io . Dice questo autore : " La fantasia è indispensabile allo storico ; la critica vuota , la narrazione vuota , il concetto senza intuizione e fantasia , sono affatto sterili ; e ciò si è detto e ridetto in queste pagine col richiedere la viva esperienza degli accadimenti di cui si prende a narrare la storia , il che importa insieme l ' elaborazione di essi come intuizione e fantasia ; senza questa ricostruzione e integrazione fantastica , non è dato né leggerla né intenderla " . Queste cose si leggono a carte 29 e 30 della Teoria e storia della Storiografia di Benedetto Croce . Noi sorprendiamo qui il critico in flagrante rovesciamento sofistico : slealtà , che dovrebbe squalificare uno scrittore , come la codardia squalifica un soldato . L ' integrazione fantastica , che nel libro è la ragione stessa della storia , diventa nella critica la sua negazione : la fertile imaginativa , che per il filosofo è la prima virtù dello storico , si converte in un vizio della mia mente , non appena il critico vuole screditare tra gli ignoranti un ' opera che non gli piace , perché ne odia l ' autore . Ma nella fretta il Croce ha corroborato il sofisma con un nuovo errore , citando come esempio della mia fertile imaginativa il " saper spiegare per filo e per segno la politica orientale di Antonio , e la politica egiziana di Cleopatra , e i riposti motivi dello strano andamento della battaglia di Azio ... " . Anche il Croce , come molti giornalisti , ha creduto che la mia fertile fantasia abbia rifatto a quel modo la storia di Antonio e di Cleopatra . L ' ha rifatta invece la paziente erudizione di un secolo . Incominciò il Letronne , un prudentissimo , eruditissimo e punto imaginoso epigrafista , dimostrando verso il 1840 , con il sussidio di monete , che Antonio aveva sposato Cleopatra nel 36 a . C . , e spiegando con quelle luminosamente certi passi oscuri di scrittori antichi . Seguì l ' ammiraglio Giurie de la Graviate che sottopose ad un ' acuta critica le tradizioni antiche della battaglia di Aio . Ultimo il Cromare , il quale , in alcune monografie pubblicate nell ' Herpes , riprese gli studi del Lettone e del Jurien de la Graviate , li illustrò , li amplificò , li integrò , li confermò e li corresse . Io ho soltanto incastrato nella storia del tempo , e ritoccandogli qua e là , gli studi e le conclusioni di questi predecessori . Non la mia immaginazione , ma i miei occhi hanno lavorato : a leggere i loro lavori . Se in questi tempi non fosse peccato sprecare carta e inchiostro a dimostrare quello che è ormai già manifesto , potrei continuare per un pezzo . Risparmio perciò i miei lettori ; e abbandono senz ' altro il Croce al giudizio degli imparziali con tutto quel che resta della sua critica . Aggiungerò solo tre brevissime osservazioni . Paragonandomi ad altri storici , con i quali egli mi ha ascritto ad una scuola che esiste soltanto nella sua imaginazione , il Croce dice che io sono " meno ammaliziato nel mestiere storico " . Sarà . Io non sapevo che la storia fosse un mestiere , il quale richieda malizia , come il commercio dei cavalli o la tratta delle schiave bianche . Credevo che fosse un ' arte , per riuscir nella quale occorresse imaginazione , studio , analisi e sintesi , esperienza della vita , acume e vigore dialettico ! Egli mi accusa di illudermi di aver " inventato un nuovo metodo d ' esporre la storia col dividerla non per epoche ma per categorie di fenomeni , che è per l ' appunto l ' astratto e inconcludente metodo sociologico ... " . Niente affatto . Non ho inventato , ma ho proposto questo metodo , non già di esporre o raccontare ma di insegnare a voce nelle scuole pubbliche la storia ; e questo metodo non solo non è astratto e inconcludente , ma è il solo che possa conchiudere qualche cosa , quando si ragioni di insegnamento orale . Il Croce vede una prova della mia inclinazione per il sociologismo ( che cosa sarà mai ? ) nella mia ammirazione per le concezioni storiche di Auguste Comte . Se il Croce abbia letto il Comte non so ; e molti indizi mi fanno credere che anche questo filosofo egli conosca di seconda mano . Io l ' ho letto ; e dichiaro che ho trovato nei tre ultimi volumi del suo famoso quanto ignorato Cours de philosophie positive , le vedute più profonde della storia che siano state pensate nel secolo XIX . L ' Europa darà segno di incominciare ad emergere davvero dalle barbarie in cui è caduta , il giorno in cui questa grande voce vincerà il vano cicaleccio di tanti filosofastri , che oggi la soffoca . Ma di ciò potremo forse ragionare altra volta .