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VIALE DEL TRAMONTO ( Palazzeschi Aldo , 1951 )
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Questo film mi ricorda certe scatole cinesi di porcellana , avorio o lacca , che sono una dentro l ' altra a scala : il cinematografo nel cinematografo nel cinematografo ... Dicono che è l ' autobiografia di Gloria Swanson : neanche per idea . E qualcosa di più vasto , è il dramma di Hollywood essenzialmente hollywoodiano e visto con l ' occhio spietato degli europei del secolo nostro . Che succede di queste figure che per dieci o vent ' anni riempiono il mondo del loro nome e del loro fascino ? Dopo la luce accecante dei riflettori , scompaiono nell ' oscurità : dove sono ? che fanno ? Billy Wilder e Charles Brackett hanno svelato il mistero creando questa Norma Desmond che promette d ' essere il personaggio più scottante dell ' annata . L ' ambiente , macabro , e l ' atmosfera nella quale fanno sopravvivere la ex diva tra il rimpianto del passato e la frenesia di un avvenire puramente illusorio , costituiscono lo stupendo segreto del film . Facendoci poi capitare , per un caso leggermente diabolico , il bello e giovane scenarista fallito e squattrinato col quale la ex diva crede di riafferrare la sua vita di donna e d ' artista al tempo stesso , più che di satira si dovrebbe parlare di beffa sanguinosa . Le scene si susseguono di una progressiva , gelida tristezza , fino al crimine , fino alla follia . E qui , pur nel suo eccesso di colore , dalla cerchia ristretta di Hollywood diviene dramma dell ' umanità intera . Attenti , perché da questo viale bisogna passarci tutti , senza far tanto strepito , s ' intende , non siamo né divi né dive , e sappiamo nascondere il dolore nel segreto delle nostre anime , dolore per ciò più grande . E sulla cinquantina , di regola , che ne imbocchiamo il cammino , e non abbiamo troppa fretta a cantar vittoria , attenti all ' ultima cantonata : ce n ' è sempre un ' altra . Gloria Swanson non ci ha dato con questo film l ' autobiografia ma ci fa , al contrario , assistere al miracolo : da quell ' ombra si può anche uscire e in modo magnifico : non le conoscevamo ancora tanta originalità e profondità . In certi momenti mi ricordava la Duse , l ' ultima Duse , quella di Ibsen ' e delle sue donne pazze di poesia , che con la più grande disinvoltura si potevano suicidare come potevano sfasciare una famiglia . Anche lei era pazza di poesia , era quello che la poneva al disopra di tutte le attrici del suo tempo , anche lei aveva vissuto questo dramma nel massimo riserbo , e quando ne uscì coi capelli bianchi , fu per correre incontro alla morte . Malgrado i 52 anni e 4 mariti , Gloria Swanson è ancora una bella donna , e dopo vent ' anni di silenzio si riafferma con questo interessante film quale attrice di primo piano .
DOMANI È UN ALTRO GIORNO ( Palazzeschi Aldo , 1951 )
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« Se questo film riuscirà a salvare una sola vita umana , lo scopo del suo autore sarà raggiunto » . Con queste parole Léonide Moguy chiude il suo film su quello che è il problema più triste della vita sociale : il suicidio . Noi diremo di più , se anche questo film non riuscisse a salvare una sola vita umana quest ' opera sarebbe degna di encomio ugualmente . Non è certo in queste cronache che possiamo abbordare un tema di tanta delicatezza e complessità . Le difficoltà e avversità a un certo punto paralizzano nell ' individuo la forza di resistenza , di reagire , fanno tacere in lui la voce del più sicuro amico : la speranza . Ragione per cui , pensa Moguy , se questa forza si estingue nell ' interno dobbiamo tentare tutti i mezzi per infonderla dall ' esterno . E la più bella frase la dice il giornalista Sorrentino per incuorare la fanciulla smarrita : « ricordati che i buoni sono più numerosi dei cattivi » . Secondo Moguy causa preponderante sarebbe la solitudine che spinge una persona alla disperazione e all ' errore ; i casi trattati rivestono tutti questo carattere : la giovane sposa infedele che ha perduto il marito e l ' amante , la fanciulla rimasta sola e caduta in mano di un turpe sfruttatore , la vedova cui viene ucciso l ' ultimo compagno : il cane , la ragazza di famiglia ricca e trascurata dalla madre donna del gran mondo e che , avida di tenerezza , cade col primo ragazzaccio che le fa intravedere l ' amore . Esempi di esseri particolarmente deboli , ragione per cui ci sarebbe piaciuto in mezzo un caso maschile , uno che tutte le apparenze ci facevano ritenere forte e che per tale atto ci ha dimostrato la sua estrema debolezza . Fatti presi dalla realtà quotidiana , e anche questo conta poco , un fatto avvenuto realmente può diventare convenzionale nell ' arte , e uno insensato apparire della più scottante realtà . Realtà non accettata con freddezza e tanto meno con compiacimento da un uomo che ha ancora piena fiducia nei propri simili e in una vita migliore . Il pericolo di questo genere è la retorica , e che il film degeneri in una lagna , pericolo che Moguy è riuscito a schivare . Vediamo con soddisfazione che ha saputo circondarsi di ottimi collaboratori per la stesura italiana , quali Domenico Meccoli e Giorgio Prosperi ' . Bravi gli attori : Lamberti Sorrentino e Aldo Silvani nelle loro vesti paterne e Arnoldo Foà in quella del lenone . Fra le donne incontriamo due aurore e un tramonto : Anna Maria Pierangeli e Anna Maria Ferrero , e Rina de Liguoro che lasciammo bella e bruna Messalina e che oggi ritroviamo , ahinoi ! , vedova inconsolabile , coi capelli bianchi .
MIRACOLO A MILANO ( Palazzeschi Aldo , 1951 )
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Se Vittorio De Sica si fosse limitato a darci , con questi giullari del tempo nostro , il senso poetico della povertà , l ' intima gioia che è nel povero , la sua superiorità davanti al ricco , e invece di mostrarcelo così incerto e sottomesso ce lo avesse mostrato sicuro e fiero di sé , fiero di quella libertà di spirito che forma la sua conquista e che per la sua stessa condizione al ricco viene negata , e fiero di quella fantasia che lo porterà a cavalcioni di un manico di granata a volare in cielo , Miracolo a Milano sarebbe senz ' altro un capolavoro , un messaggio , assolverebbe senza volerlo un compito sociale . Dove trapela , attraverso la caricatura , un presupposto sociale , il film perde quota , immiserisce , perché tace la poesia . E proprio lo spirito borghese ad inquinarlo . La caricatura è bella quando è fine a se stessa come nella scena dei dottori che contano le pulsazioni al letto della moribonda . Il film si muove con un primo bamboleggiamento di sapore deamicisiano finché Totò , questo « clown » della bontà e volontario della miseria , non uscirà dall ' orfanotrofio per entrare nel consorzio umano dove riunirà i mendicanti coi quali costruirà una città fatta di assi tarlate , rami d ' albero e latte mangiate dalla ruggine , e per la quale riuscirà a scovare anche una statua da porsi sulla piazza centrale ; colonia felice che con scoppi di gioia verrà inaugurata e percorsa da un capo all ' altro , e non appena un temporale l ' avrà sconvolta tutti si daranno senza indugio a ricostruirla : qui è la forza . Per tutto il primo tempo le scene incalzano una più bella dell ' altra . Nella seconda parte , allorché prende il sopravvento l ' elemento surrealistico , e questo film con grande soddisfazione surrealista possiamo classificare , via via decade . Sui prodigi della colomba si insiste troppo e al finale soltanto Totò con Edvige fra lo stupore di tutti dovrebbero volare in cielo , essi che hanno avuto fede nella bontà . La regia di Vittorio De Síca è di prim ' ordine e dal punto di vista strettamente cinematografico , per due buoni terzi il film riesce a mantenere un ritmo degno di incondizionata ammirazione . Secondo me manca quel raggio che alla fine ce lo faccia vedere nella sua interezza , uscendo lo si pensa ancora nei particolari di cui è straricco . Le masse sono manovrate magistralmente , il regista è nella sua piena maturità . Anche dell ' efficacia e spontaneità degli attori dobbiamo rendere a lui il principale merito , e aggiungeremo a questo proposito : quando si prendono attori occasionali sarebbe meglio lo fossero tutti , dal primo all ' ultimo , quei rari di professione che vi si mescolano sono proprio quelli che fanno brutta figura .