Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> categoria_s:"StampaQuotidiana" > anno_i:[1910 TO 1940} > autore_s:"VAINA_DE_PAVA EUGENIO"
SETTE MORTI ( VAINA_DE_PAVA EUGENIO , 1923 )
StampaQuotidiana ,
Otto anni or sono , nello scorcio del torrido luglio , cadeva sopra un ' anonima quota del massiccio del Monte Nero il nostro Eugenio Vaina de Pava , sottotenente negli Alpini del Val Toce . Il caduto era un interventista e un intervenuto della primissima ora ed al servizio della Patria sacrificava con la vita i più dolci e santi affetti , le promesse del fervidissimo ingegno e della vasta cultura , il vanto di un nome onorato ed illustre . Nei giorni che precedettero la sua morte eroica , egli veniva scrivendo in un taccuino il diario delle sue vibranti esperienze di guerra : la pagina che qui sotto riproduciamo fa parte di quel taccuino , da cui gli amici devotamente staccarono e pubblicarono le più belle cose . Qui il giovane eroe fissa e precisa con quale spirito di amore e di ascetismo crociato i giovani volontari cristiani si votarono al sacrificio supremo per la nostra Italia . Ed è opportuno che questa parola torni ad ammonire oggi d ' oltre tomba , specie per coloro che van falsificando nello spirito pubblico , con concezioni mitiche o nazionalistiche , il significato profondamente umano della guerra che per noi fu specialmente espiazione . Il monito supremo dei nostri eroici caduti risuona tutt ' ora sulla nostra dilacerata umanità come un grido di misericordia e di perdono.Sono rimasti nel nostro primo attacco all ' imboccatura del canalone , fulminati dalla mitraglia . L ' attacco passò oltre rombando , rompendosi , ondeggiando , piantandoci fino a sera in una improvvisata trincea . Io ebbi l ' ordine di trattenermi , con un stormo di feriti che solo la notte si sarebbero potuti sgombrare , sotto rocce arroventate dal sole , contro rocce scheggiate dallo shrapnel senza posa , all ' imboccatura del canalone della morte . I feriti tacevano serrando le labbra ; tante tante ore ; eravamo veramente soli , io e loro , i sette morti del nostro primo attacco . Mi chinai strisciando per l ' ultimo dovere di capo , li palpai ansante , sollevai l ' orribile peso , l ' orribile rigidità , staccai la piastrina di riconoscimento dalle giubbe , ritirai le cartucce , l ' armi , il portafoglio , l ' orologio , le carte personali . Attorno ai morti aleggiava un mondo invisibile del quale soltanto ora io raccoglievo la voce . Diceva una mamma fra i suoi cari spropositi di vecchia contadina : " Mi piace di sentire che sei così aperto e leale e ti vanti di essere alpino e vuoi andare avanti finché puoi , perché vincano gli Italiani . Ricordati però di non arrabbiarti mai e di non bestemmiare , di dire ogni sera un ' Ave Maria e di portare questa medaglina che madre vecchia ti affida " . Narrava una moglie tutti i fatterelli di casa e del vicinato , i piccoli dolori , gli incidenti , le gioie , consolava e benediceva , poi cedeva la penna al figliuolo grandicello e questi scarabocchiava al babbo un lungo racconto di gita presso i nonni , di giornata chiassosa trascorsa con altri cuginetti sulle rive del Lago Maggiore . Dietro la terza di quelle ombre era un piccolo mistero , forse una tragedia ignorata . La donna si scusa quasi di essersi recata dai suoi parenti e di aver loro lasciato per qualche tempo la bambina : " ma io son troppo fiera , sai , - soggiungeva - son troppo piena di rivolta e alla prima parola amara non avrei risposto nulla e sarei venuta via . Ma son diventati molto buoni ora , e parlan di te con gran gentilezza " . Tutte le penombre della vita risaltavano più spiccate attorno a quei cadaveri cui già circondava un ronzio crescente di mosconi d ' oro . Io non potevo più seppellire quei cadaveri , come non potevo sfuggire al quesito personale che m ' inchiodava più della mitraglia e del sole all ' imboccatura del canalone della morte : Non son essi un poco le mie vittime ? Non li venivo io , per il mio vacuo sogno , lentamente assassinando da dieci mesi ? Non sono stato io a spezzare colle mie mani , col mio pensiero , con tutto il mio sforzo di questi ultimi tempi tante soavi trame di vita , a disseccare tante fonti di attività umile e buona per non so che manìa morbosa di grandezza ? La mia opera mi stava davanti imponendomi il mio supremo esame di coscienza : ho passato anch ' io , è ben vero , la loro medesima tempesta ; ho sfidato anch ' io , con animo forse più cosciente del loro , la morte che passava ; potevo bene io essere al posto di costui che si è aggrappato al mio piede ad un tratto , ha detto ahi . . . ahi . . . come per una piccola puntura di spillo , quasi sotto voce , ha cominciato a scivolare , ha rotolato , è rimasto colla bocca aperta , la testa all ' ingiù , le braccia in croce . Ho cercato di pagar di persona , quanto era possibile , le mie affermazioni , questo era pur vero ; ma era ancor poco davanti a quella conclusione enormemente muta , davanti ai quattordici occhi sbarrati , alle sette bocche aperte , dove vi entravano le formiche . Morire ? Volevo allora sinceramente morire ? E sarebbe bastato ? O vivere ancora ed agire ? Passava in me un pallido riflesso di quella divina agonia che solamente un Dio poté sopportare , in una notte mortale , sopra una montagna terrestre , gravato di tutto l ' affanno umano . Il sole disparve dietro i calcari roventi di monte Kozliak e di Pleca : tremò la stella polare sull ' anonima quota di duemilacinquantadue , sbrecciato baluardo dell ' Austria ; sbocciò Cassiopea la sua M simbolica entro il canalone della morte sul fosco violaceo Rudeci Rob , sull ' aguzzo profilo del Moznik , contro cui avevamo gettato l ' onda dei battaglioni alpini che vi si era rappresa , aggrappata disperatamente a mezza costa , in attesa dell ' ultimo slancio . Il timo odorava acutissimo in mezzo a quel nero , sparso di tenui sospiri : la neve s ' adeguava alle rocce , in una sola sfumatura indistinta . Che pace nelle cose , che stanchezza mortale nelle nostre ginocchia ! Uno strido di allocco insistente . Qualche grillo , trepidando , arrischiava a filare la sua esile nota . Vedevo e non vedevo i sette cadaveri . Ero nelle loro case adesso : bocche bramose attorno una gran tavola , fronti chine sul rosario ; fatti e pensieri semplici come l ' eternità . Anche la loro morte rientrava in un ritmo infinito . Qualche cosa di più grande di me , di loro , del mondo stesso la riassorbiva con una grande serenità . Io ero giustificato ; la mia vita sullo stesso piano della morte , come domani , la mia morte per altre vite , per il trionfo di altri ideali , sopra uno stesso piano provvidenzialmente ascendente . Sovratutto io sentivo il legame che unisce le universe cose nel cuore dei cuori , onde la vita fluisce sempre più abbondante : " Ell ' è ne l ' umanità piena infinita , e trasfigurerà anche la morte " . Mortificato e pieno della mia superbia , nella mia tenerezza , nella parte caduca , nel mio stesso sogno , accettavo la parola del Profeta : " La guerra è penitenza . Chi l ' ha meritata deve a qualunque costo soffrirla , suggendone l ' amaro sino alla feccia " . Dal male , almeno nell ' intimo nostro , la nostra e ( quel che sembra più arduo ) anche quella degli altri , colla confidente sommessione ad una divina necessità . I sette morti erano composti in pace ; l ' iride tricolore apertasi la sera innanzi sulla montagna nemica era forse l ' arco del loro trionfale ingresso nella Pace . Iride tricolore di Italia , sotto cui vogliamo abbracciare tutte le giustizie , avviarci per una strada terrena alla Città senza tempo , tu benedicesti per sempre il Vallone della morte coi tuoi santi presagii .