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> categoria_s:"StampaQuotidiana" > anno_i:[1940 TO 1970} > autore_s:"Caputo Massimo"
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Charleroi , 23 agosto , notte - Sono tutti morti . Queste tre parole campeggiavano sulla prima pagina dei giornali di Charleroi usciti di buon mattino in edizione straordinaria , listati a lutto . Sono tutti morti . Le tre parole che la gente ripeteva costernata per le strade , sonavano come tre funebri rintocchi sull ' ultimo atto della tragedia di Marcinelle , all ' alba del diciassettesimo giorno dal suo principio . Chi mai ancora credeva negli ultimi tempi alla salvezza di almeno uno dei sepolti ? Ben pochi , e anche quelli la vedevano come un miracolo , il miracolo di cui tante volte ho parlato e che non è avvenuto . Eppure , ieri , quando si ebbe la certezza che ormai la terribile galleria a quota 1035 , la galleria dei 130 sepolti , era serrata da presso , era sul punto di essere conquistata come si conquista una fortezza dopo un lungo assedio , la speranza di trovarci dei vivi era subitamente risorta , in molti che ancora un ' ora prima scotevano il capo , rassegnati all ' ultimo ferale annuncio . Facevano i conti dei giorni trascorsi , ricordavano che in altre catastrofi minerarie erano tornati a rivedere il sole , dopo venti e più giorni , uomini dati per spacciati . Perché non doveva essere così , anche questa volta ? Quando , ancora pochi giorni fa , un illustre tecnico straniero , l ' ingegnere francese Bertiaux , non aveva escluso questa possibilità , nessuno gli aveva creduto . Ieri , invece , le parole di Bertiaux erano ricordate e citate , riscotevano il credito che non avevano riscosso prima . Quella galleria a oltre un chilometro di profondità , considerata ormai come una gigantesca bara , ora che stava per essere aperta e scoperchiata , assumeva nella fantasia della folla in attesa , dentro e fuori i cancelli del Casier , un altro aspetto . Sì , erano risorte le speranze , mai come ieri ho capito come abbia ragione Max Nordau a dire che l ' uomo è fondamentalmente ottimista . La ragazza bolognese , che il giorno prima ripeteva di non avere più ombra di illusione sulla sorte del padre sepolto nella galleria a quota 1035 , aveva un altro volto , altri occhi , le uscirono di bocca queste parole : « Domani lo rivedrò , voglio assisterlo e curarlo io sola » . Qualcosa di simile udii dalla madre di un belga di 24 anni , anche lui giù a quota 1035 . La fede nel miracolo l ' avvertii in un giovane sacerdote italiano per un suo zio , che gli aveva fatto da padre . E io avevo ascoltato questi infelici senza avere né il coraggio di confortarli a credere , né quello di esortarli a rassegnarsi a quanto , fin dal principio , mi era sembrato l ' ineluttabile . Veramente , la giornata di ieri è stata la più penosa , la più straziante , proprio per questo riaccendersi di spente speranze , come d ' improvviso guizza di nuovo da un ceppo arso una breve fiamma . Più penosa e straziante dalle sere in cui la folla dei familiari premeva esasperata ai cancelli del Casier e minacciava di abbatterli , di travolgere la polizia , di andare a vedere coi propri occhi che cosa succedeva là intorno ai pozzi , a scoprire quei morti o quei vivi . Per di più si era saputo ieri sera che nel pozzo si erano calati dei medici , con le loro cassette di soccorso , e si ragionava che la direzione della miniera aveva le sue buone ragioni per farli scendere , certo essa riteneva , o addirittura già sapeva , che c ' erano dei vivi . Qualcuno degli uomini delle squadre di salvataggio aveva raccontato le istruzioni impartite dai medici se avessero trovato dei sopravvissuti . Dovevano bendare loro gli occhi , perché dopo diciassette giorni di totale oscurità , anche la luce delle lampade li avrebbe feriti . E non dovevano dar loro nulla , neppure una goccia d ' acqua . Li lasciassero pure lamentare e imprecare come volevano . Una cosa sola c ' era da fare : riportarli al più presto alla superficie , con qualunque mezzo , a qualunque costo , col massimo possibile riguardo . Poi , al ritorno dei primi quattro uomini calatisi ieri sera a quota 1035 , la voce presto diffusasi che essi avevano trovato la galleria invasa dall ' acqua aveva suscitato una nuova ondata di disperazione . Ecco , si sono salvati dal fuoco e dai gas , e li hanno fatti morire annegati , si sentiva dire . Poco dopo , altra ondata di speranza : l ' acqua era bassa , non più di ottanta centimetri , gli scampati avevano potuto benissimo rifugiarsi su qualche punto più alto , ce n ' erano molti e comodi . Alle ventitré , una squadra di dodici uomini si calò nel pozzo per una ricognizione a fondo . Avevano alti stivali di gomma , le maschere ad ossigeno , potenti lampade elettriche . Tutta la galleria , nei limiti dell ' umanamente possibile , doveva essere perlustrata . Scomparsi i sauveteurs nel pozzo , le cinque o seicento persone fuori dei cancelli sedettero sulle panche , in gran silenzio . Pareva perfino che qualcuno dormisse , invece teneva soltanto gli occhi chiusi , immerso nei suoi pensieri . Verso l ' una , intorno al pozzo , c ' erano tre o quattro poliziotti che andavano su e giù , due dirigenti della miniera , pochissimi giornalisti ammessi con uno speciale permesso fin là . Il tempo passava lentamente , e anche lì nessuno parlava . Fuori la folla cominciò a diradarsi , rimasero solo i familiari delle vittime con pochi amici , forse un centinaio di persone . Cominciava ad albeggiare quando , non si sa né come né da chi , la verità venne annunciata : sono tutti morti . Il racconto più chiaro , più preciso , più drammatico della discesa negli inferi me l ' ha fatto un italiano in termini pacati , con parole comuni . Ne ho sempre taciuto il nome perché , si sa , gli uomini delle squadre avevano l ' ordine di non parlare di quello che avevano fatto e visto . Ora non c ' è più ragione di tacerlo . Si chiama Ettore Bettinato , è di Vicenza , ha sposato una belga , lavora quassù da molti anni , in una miniera modernissima della regione di Limburgo , era venuto qui tra i primi dei sauveteurs accorsi da tutte le parti del Belgio e da fuori . Bettinato è alto , forte , massiccio fin troppo per calarsi lungo lo stretto passaggio in pendenza che dal fondo del pozzo scende alla galleria 1035 . Nello sforzo di assottigliarsi , gli dolevano ancora i muscoli delle gambe , delle braccia , del torace , si era anche fatta qualche spellatura , roba da poco . Cercherò di riferire con la massima fedeltà quel che mi ha detto . Sorvolò sulla lenta discesa un gradino dopo l ' altro , lungo i quarantacinque metri della scala di alluminio montata ieri . Disse soltanto : « Siamo andati giù uno alla volta , pian piano , avevamo accesa la lampadina elettrica sull ' elmo , tre compagni mi avevano preceduto , vidi ad un certo punto che agitavano verso di me , come per fare un segnale , le loro lampade a torcia . Quando toccai il fondo , uno premette il tasto di una soneria elettrica di fortuna collocata sopra nell ' ascensore . Era il segnale che poteva scendere un altro » . Stette un poco in silenzio come se volesse raccogliere i ricordi e le idee e continuò : « Sa , mai ho passato ore così terribili in questi giorni come stanotte . Quando fummo tutti giù , due rimasero in fondo al pozzo , e in dieci , noi , uno dietro l ' altro , i più svelti e i più smilzi avanti per fare strada , ci ficcammo nel cunicolo . No , non era il gran piano inclinato per il quale si accedeva normalmente alla galleria 1035 , era un passaggio antico , il primo scavato nel carbone per andare fin giù , intitolato a Leopoldo II . Non so perché , tutti i passaggi hanno un loro nome . Quello ho calcolato che sia lungo una cinquantina di metri , forse qualcosa di più . Sboccammo in una specie di caverna , ci trovammo davanti ad una porta di ferro , era sprangata dall ' interno , bisognò forzarla . Ed ecco subito lì , a destra , quasi uno addosso all ' altro , quattro corpi . Chi era supino , chi disteso su un fianco , avevano tutti gli occhi sbarrati verso il soffitto . Erano distesi su un tratto asciutto della galleria , le nostre lampade si puntarono su quei volti e su quei corpi . Ah , quelli non sono morti fulminati dall ' ossido di carbonio , quelli , glielo dico io , il veleno l ' hanno respirato a poco a poco , a mano a mano che filtrava fra le fessure della porta o da chi sa dove . Molti si tenevano ancora il fazzoletto compresso dalla mano sulla bocca » . Adesso , sembrava che Bettinato il racconto lo facesse a se stesso , aveva i suoi chiari occhi fissi dinanzi a sé , nel vuoto , la macabra scena in quella galleria , al chiarore delle lampade , gli tornava alla mente in tutti i suoi raccapriccianti particolari . « Su ragazzi , disse il caposquadra , muoviamoci , andiamo avanti . Quasi subito sentii uno sciacquio , come di qualcuno che cammina nell ' acqua . L ' acqua era lì , infatti . Il peggio aveva ancora da venire . Tutti e dieci puntammo le lampade avanti a noi , e allora , non me ne dimenticherò mai , sull ' acqua cheta , raccolta sul fondo della galleria , nera come l ' inchiostro , vedemmo un primo corpo galleggiare , e poi un altro e un altro ancora . I fasci di luce delle nostre lampade a torcia andavano di qua e di là su quell ' acqua nera , ma arrivavano solo fino ad una certa distanza , e allora entrammo dentro , adagio adagio , l ' acqua saliva fin quasi all ' orlo degli stivaloni , alle volte lo passava , ma avevamo le gambe bene protette da altra gomma . Attenzione ragazzi , diceva il caposquadra , camminate piano , dividiamoci in tre file , una a sinistra , l ' altra al centro , l ' altra a destra , così possiamo fare un lavoro ordinato , un conto giusto . Ora guazzavamo tutti nell ' acqua , puntavamo la lampada su un corpo o sull ' altro . I volti affioravano appena , si vedevano occhi sbarrati attraverso un velo d ' acqua . Ce n ' erano a diecine . E anche quelli hanno patito , povere creature , come gli altri accanto alla porta , hanno avuto la morte lenta . L ' acqua venne sicuramente dopo , nei giorni seguenti , quando gli idranti la gettavano ad ettolitri su ettolitri nel pozzo . Deve essere cresciuta poco per volta , quando fu abbastanza alta i corpi cominciarono a galleggiare . » Ed ecco un ' altra agghiacciante scoperta . La fece un belga . Ad un certo punto , volgendo intorno la lampada , scorse una scritta su una trave , una delle poche travi della galleria , chiamò i compagni a raccolta . Era una scritta tracciata con un pezzo di carbone sul legno grigiastro , a grandi caratteri , da una mano ferma , la mano di un uomo ancora vivissimo , che voleva vivere . Diceva : « È l ' una e trenta , siamo in cinquanta e fuggiamo verso la Quattro palme » . « Quattro palme » ( si intende il palmo della mano ) è il nome dato a diversi tratti di galleria del Casier ; ma la scritta si riferiva sicuramente a uno situato alla stessa quota 1035 . Era chiaro . Mentre una parte dei 130 minatori sepolti aveva ritenuto che il miglior partito fosse di rimanere dove erano , nella solida galleria di cemento armato , protetta da porte ferrate , altri , un gruppo minore , s ' erano persuasi invece che la galleria fosse una trappola . Molto probabilmente , qualcuno aveva cominciato ad avvertire i primi malesseri determinati dalle infiltrazioni dell ' ossido di carbonio . Questo gas estremamente tossico , già letale quando nell ' atmosfera ce n ' è la modestissima percentuale dello 0,02 si insinuava attraverso le fessure . L ' ossido di carbonio agisce sui globuli rossi , tronca , a seconda della quantità che se ne ispira , fulmineamente o anche lentissimamente , l ' ossigenazione del sangue . Si muore , come si dice in linguaggio tecnico , per soffocazione interna . Se l ' azione è fulminea non si soffre , e non si soffre neppure se è lenta . Ore 1.30 . Dal principio della catastrofe al momento in cui la ferma mano del minatore aveva tracciato la scritta , erano passate esattamente cinque ore e mezzo . Erano vivi i sepolti , erano tutti in forze , avrebbero potuto essere salvati . Effettivamente la galleria di cemento li aveva per lunghe ore protetti . I 130 nell ' imo fondo del Casier non erano stati falciati di colpo , come i loro compagni delle gallerie superiori , specie quelli a quota 835 , rinvenuti in gran parte nell ' atteggiamento di chi attende al lavoro e resta fulminato . La loro sorte fu ben più atroce , la morte li ghermì a poco a poco , chi sa in quante ore , se dopo cinque e mezzo essi si sentivano ancora in grado di mettersi in cammino verso le gallerie superiori , nella speranza di tornare a rivedere il sole . Quelli che si avventurarono nella marcia attraverso i cunicoli in salita , perirono certo prima degli altri che avevano deciso di rimanere dove si trovavano . Ieri , come ho raccontato , Langer e Galvan ne trovarono due , in un punto intermedio fra la galleria a quota 1035 e la superiore a quota 975 . Avevano percorso , quei due , sì e no cinquecento metri . I loro compagni saranno sicuramente ritrovati in altri cunicoli , su per giù alla stessa quota . Del resto , non ne mancano più molti all ' appello , già stamane verso mezzogiorno ne erano stati contati 92 , stasera alle otto eravamo a circa cento . Non c ' è dubbio , la fine peggiore , risoltasi in una agonia che può essere durata anche ventiquattro ore , la fecero gli uomini rimasti fra le pareti di cemento armato della galleria a quota 1035 . La prima notizia dell ' ultima tragedia la diffusero gli uomini della squadra dei dodici quando alcuni di essi , verso le 4 del mattino , ritornarono alla superficie . Secondo le disposizioni , non avrebbero dovuto parlare . Ma nessuno li tenne . Erano troppo commossi , in preda a una ben comprensibile agitazione . Non ero più in quel momento al Casier . Mi hanno riferito che due della squadra sembravano fuori di sé , infilavano una parola dietro l ' altra disordinatamente , come avviene quando l ' animo è esagitato da una troppo violenta impressione . E subito la notizia trapelò fuori del recinto , giunse alle 70-80 persone , quasi tutti familiari delle vittime , che avevano deciso di passare la notte lì , sulle panche o sotto le tende , sostenute sempre dalla speranza del miracolo . Ma subitamente , alla speranza si sostituì la rassegnazione , cui già si erano piegati negli ultimi giorni . Come gli uomini di quota 1035 ebbero il destino più duro , anche i loro parenti avevano dovuto passare dall ' angoscia dell ' incertezza dei primi giorni all ' accettazione del fatto compiuto , dal rinnovarsi della fede nel miracolo all ' ultima delusione . Alle 6 arrivò il ministro Troclet . Lì , nel recinto del Casier , disse queste parole : « Anche il barlume di speranza che avevamo conservato è stato distrutto . Le squadre di salvataggio cui avevamo affidato il compito di esplorare tutti i luoghi e i recessi della miniera dove potessero esservi dei sopravvissuti , hanno trovato soltanto dei morti » . Pallidissimo , chinò la testa , né aggiunse altro . Ogni parola di più , in quel luogo e in quel momento , sarebbe stata inopportuna . Fuori , alcuni sacerdoti e altre persone caritatevoli si accostarono ai familiari , lí presero uno ad uno sotto braccio , li accompagnarono alle loro case . È toccato al ministro dell ' Economia Rey di prendere la parola alla radio . « Compio il doloroso dovere » ha esordito « di annunciare ufficialmente che la tragedia di Marcinelle è giunta alla sua conclusione e che abbiamo perduto ogni speranza di ritrovare superstiti nel fondo della miniera . » Rey ha soggiunto che nel corso della prima ricognizione si erano rinvenuti í corpi di una novantina di minatori . Ai rimanenti , non ancora rintracciati , non può essere toccata diversa sorte . Ora si lavora intensamente per ricuperare le salme , ma occorreranno almeno due o tre giorni , prima di ricondurre alla superficie le prime . Rey ha definito il disastro del Casier la più grave sciagura mineraria abbattutasi sul Paese . Domani , il Consiglio dei ministri deciderà di tutti i provvedimenti intesi a soccorrere le famiglie delle vittime , ad accertare le cause della catastrofe e le relative eventuali responsabilità . « Oggi » ha detto ancora , « vorrei semplicemente salutare con dolorosa commozione i minatori di Marcinelle , belgi , italiani e di altre nazionalità , caduti nel compimento del proprio dovere . Vorrei esprimere la nostra profonda simpatia a tutte le famiglie così crudelmente provate , cui non possiamo più rivolgere parole di speranza . Si levi reverente verso di loro la pietà dell ' intera Nazione . » Infine , il ministro ha reso un non meno commosso omaggio e ringraziamento agli uomini delle squadre di salvataggio , prodigatisi tutti con slancio e spirito di sacrificio esemplari , nella dura , pericolosa opera di questi giorni non ancora terminata . « Domani » ha concluso « nuovi doveri attendono noi tutti , governanti , corpo delle miniere , capi di imprese , ingegneri e lavoratori , perché da questa tragedia nasca una nuova era per la sorte dei minatori , per la loro sicurezza , per la nostra industria carbonifera . Questo è il voto , questa è la volontà della Nazione . » Nobilissime , toccanti parole , e auguriamoci che il fosco dramma del Casier abbia davvero ad aprire la nuova era auspicata dal ministro . Non esiste altra riparazione per i morti di Marcinelle . Un altro severo richiamo alla realtà è venuto proprio stamane , da un nuovo incendio scoppiato in una miniera di questa zona , a Martigny - sur - Sambre , per fortuna senza mietere altre vittime , grazie al pronto segnale d ' allarme . Al Casier , nelle prime ore del pomeriggio , è venuta Elisabetta , la regina madre , accompagnata anche dall ' ambasciatore d ' Italia Scammacca Del Murgo e dal console d ' Italia a Charleroi , Gulli , che ogni giorno abbiamo visto trascorrere lunghe ore nel recinto della miniera . L ' augusta signora si è intrattenuta a lungo con alcuni uomini delle squadre di salvataggio , coi tecnici belgi e stranieri , tra i quali i tedeschi , guidati dall ' ing. Carlo Von Hoff , capo della centrale di salvataggio della Ruhr , sono stati particolarmente alacri e hanno dato un grande contributo , grazie alla loro vasta esperienza , all ' opera di salvataggio . La regina Elisabetta è poi salita al cimitero di Martinelle , raccogliendosi in preghiera dinanzi alle tombe delle vittime che riposano tra le zolle di quella terra dove erano nati , o dove erano venuti a guadagnarsi , con duro lavoro , il pane quotidiano per sé e per le proprie famiglie . L ' Italia ha perduto al Casier centotrentacinque suoi figli , la metà del totale delle vittime . Il suo è stato il sacrificio maggiore ed è ora suo compito preciso che i solenni impegni assunti dal Belgio vengano mantenuti , come certo lo vogliono i suoi governanti e il Paese , frustrando ogni manovra intesa ad occultare la verità e le eventuali responsabilità . I diciassette giorni trascorsi dalla mattina dell'8 ad oggi 23 agosto sono stati diciassette giorni di passione , vissuti con eguale intensità da tutti i popoli europei , accomunati anche nella generosa , se pur vana opera di salvataggio . Il destino ha voluto che il sipario calasse sulla tragedia del Casier come cala su una tragedia di Shakespeare : nessuno dei suoi eroi è sfuggito alla morte .