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> categoria_s:"StampaQuotidiana" > anno_i:[1940 TO 1970} > autore_s:"Fortini Franco"
Pavese si è ucciso ( Fortini Franco , 1950 )
StampaQuotidiana ,
Pavese si è ucciso in un albergo di Torino . Ci hanno insegnato che la vita non testimonia della letteratura . Che cosa può contare questa saggezza , queste distinzioni , quando noi siamo vivi , faccia a faccia col medesimo mondo e con le medesime ragioni che l ' hanno fatto morire ; e quando la presenza o la sparizione di un viso amico può essere decisiva per resistere , per non perdersi ? La gente si domanderà perché , e non terrà conto del suo amorevole e ironico ammonimento : « Non fate troppi pettegolezzi » . Conosceva la gente e il pettegolezzo , il ricamo , lo svago della « gente che si lava tutti i giorni » , com ' ebbe a scrivere . Non ci sono mai definitivi « perché » , quando un uomo si uccide ; ma quando si tratta di uno scrittore come Pavese è impossibile che a ciascuno di noi quel gesto non appaia come una conclusione razionale ; e vien tanto di dirci che , sì , lo sappiamo da tanto , è da tanto che le cose ci hanno logorati e uccisi dentro , e lui non ha fatto che essere più coerente . Ma , si dirà dai mercanti di ottimismo e di quelle speranze « onde consola / sé coi fanciulli il mondo » , ma Pavese aveva una fede in cui credere , il suo comunismo ; aveva il successo ; aveva riuscita una espressione di sé . Ma , diranno coloro che sono preoccupati sempre del lieto fine , ma ... E allora diciamo chiaro che , per noi , Pavese è il primo caduto della nuova guerra ; ne aveva vista venire una , sapeva che cos ' era . Avete letto La casa in collina ? O credete davvero che lo scrittore sia quella maschera di cinismo che si pone per poter resistere a vivere ? Io ricordo che , intorno al 1938 , molti giovani si uccisero - a Firenze - per quello che sentivano venire . E noi scrittori , che pensiamo di sapere con maggiore delicatezza degli altri uomini che cosa sia la morte , dobbiamo riconoscere un segno dei tempi , non solo o non appena un evento personale , nel corpo dello scrittore piemontese , in un albergo della sua Torino ; come Toller nell ' albergo di Nuova York , come Majakovskij . ( Ho sul tavolo una lettera per lui , già chiusa , da spedire . E pochi giorni fa avevo mandato una replica al suo scritto sul « mito » che apriva il 1° numero di « Cultura e Realtà ».) Solo negli ultimi tempi ci si era avveduti di come il passo tranquillo , campagnolo , di Pavese avesse una sicurezza più grande di quello di nomi più noti del suo . Aveva lavorato con una ostinazione , una caparbietà eccezionali ; e raccoglieva i frutti del suo lavoro . Ci si era avveduti che Pavese non era più ai secondi posti . I neo - populisti , che credono di averlo scoperto loro il proletariato , avevano ancora tutto da imparare da Lavorare stanca . E di quale anno lontano è Paesi tuoi ? Erano venuti poi Feria d ' Agosto e , dopo l ' intervallo della guerra e il lavoro di traduzione che ci aveva dato Melville e Joyce , De Foe e Faulkner , il Compagno , i Dialoghi con Leucò , i due racconti di Prima che il gallo canti , í tre romanzi brevi di La Bella Estate e , ultimo , quel La Luna e i falò che per noi è il suo più bel libro , un libro che abbiamo letto con una commozione inaspettata , noi avvezzi al Pavese scontroso e irto degli altri scritti ; un libro la cui prima metà almeno possiamo contare già consegnata alla storia della nostra letteratura in questo secolo . I fanatici della salute a ogni costo , che avevano rimproverato a Pavese di essersi compiaciuto a descrivere il mondo di perversione e di corruzione de La Bella Estate - ed era invece , scrivevo mesi fa , solo l ' immagine di « una vita irreale , culturalistica , alienata ; dalla quale si sfugge solo col cinismo o coi barbiturici » - leggano questo libro puro e forte . Pochi mesi fa , quando gli dissi che cosa ne pensavo , Pavese mi ascoltò sogghignando , come faceva , contento di « avercela fatta » ; e con una specie di furbo sarcasmo verso la critica di amici e avversari che « avrebbero visto » finalmente , dopo avergli fatta fare una così lunga anticamera di riserve . Ma non ora e qui posso parlare da critico del suo lavoro . Di tutta la letteratura di sinistra di questo dopoguerra , di quella letteratura che aveva sentito dilemmaticamente la durezza della lotta di classe e la speranza di una umanità diversa , antifascista , il compagno comunista Pavese ( la cosa che odiava di più al mondo , scrisse una volta per sue note biografiche , era la Spagna di Franco ) è stato il più conseguente scrittore , quello che non ha mai sacrificato all ' improvvisazione e alla commozione , che ha voluto tagliar sodo e in fondo . Il Piemonte e la Torino che egli ci ha dato sono ormai una provincia dell ' anima , un luogo morale . E dobbiamo , oggi , ricordare anche l ' uomo di cultura , quel suo modo umano e antico di alternare una bevuta fuori porta con una lettura di Omero nel testo , la curiosità scientifica e la passione che avevano fatto di lui un degno continuatore di Ginzburg presso l ' editore Einaudi . Voleva , lui così silenzioso e asciutto , che fosse possibile parlare e discutere per non tradire « prima che il gallo canti » ; che gli uomini , i compagni operai e intellettuali , non fossero inchiodati ai dogmi . Non so se li avesse letti , questi versi recenti di Eluard : né so se li amasse , lui che un sospetto di eloquenza doveva ammutolire : « Camarades mineurs je vous le dis ici / Mon chant n ' a pas de sens si vous n ' avez raison . / Si l ' homme doit mourir avant d ' avoir son heure / Il faut que les poètes meurent les premiers » ; bisogna che i poeti muoiano per i primi se gli uomini debbono morire prima di aver avuto la loro ora umana . Facciamo in modo che i compagni di Pavese , gli operai di Torino e i vignaioli di Santo Stefano Belbo , dov ' era nato quarantadue anni fa , « abbiano ragione » , perché la sua poesia , per loro e per noi , abbia sempre più senso , parli sempre più percettibili verità .