StampaQuotidiana ,
Hiroshima
,
dicembre
.
-
Sono
a
Hiroshima
.
Respiro
l
'
aria
di
Hiroshima
.
Vedo
le
strade
di
Hiroshima
,
l
'
anello
di
monti
che
circonda
Hiroshima
.
Questi
bambini
che
passano
a
gruppi
,
silenziosi
,
sono
nati
a
Hiroshima
.
Questo
vecchio
che
siede
su
una
pietra
all
'
ombra
d
'
una
baracca
è
un
vecchio
di
Hiroshima
.
Ed
ecco
alcune
ragazze
sui
vent
'
anni
:
sono
ragazze
di
Hiroshima
.
Tranvai
di
colore
bleu
sudicio
vanno
barcollando
su
rotaie
sgangherate
:
sono
i
tranvai
di
Hiroshima
.
Al
mio
arrivo
,
quando
il
treno
si
è
fermato
sotto
la
pensilina
,
e
io
ho
letto
il
cartello
in
caratteri
giapponesi
e
in
caratteri
latini
«
Hiroshima
»
,
ho
registrato
in
me
una
vaga
sensazione
di
sogno
.
S
'
udiva
la
voce
stridula
e
lunga
d
'
un
ferroviere
cantare
alla
maniera
giapponese
,
con
una
certa
melodiosa
precipitazione
:
«
Hiroshima
!
...
Hiroshima
!
...
Hiroshima
!...»
.
Uscito
dalla
stazione
-
la
stazione
ricostruita
,
beninteso
,
poiché
quella
vecchia
fu
spazzata
via
a
suo
tempo
dallo
scoppio
-
,
ho
guardato
il
cielo
:
era
il
cielo
di
Hiroshima
,
quello
stesso
al
centro
del
quale
tre
anni
fa
brillò
l
'
apocalittica
luce
sprigionata
dalla
disintegrazione
dell
'
atomo
,
quello
stesso
nel
quale
si
svolse
il
primo
capitolo
della
nuova
Era
dell
'
umanità
,
l
'
Era
atomica
.
Sono
a
Hiroshima
,
nella
città
più
popolare
del
mondo
,
davanti
a
miserabili
rovine
più
popolari
delle
rovine
egizie
,
delle
rovine
greche
,
delle
rovine
romane
.
Lascio
viaggiare
l
'
occhio
attorno
con
una
certa
avidità
,
così
come
fanno
i
turisti
quando
si
trovano
finalmente
davanti
alle
Piramidi
,
davanti
al
Santo
Sepolcro
,
davanti
al
Partenone
,
eccetera
.
Attendo
da
uomini
e
cose
di
Hiroshima
un
segno
,
un
messaggio
che
mi
diano
la
misura
del
luogo
eccezionale
al
quale
mi
ha
condotto
il
mestiere
.
Mi
ronzano
all
'
orecchio
domande
pressanti
,
quasi
irritate
,
nelle
quali
riconosco
le
voci
di
mia
madre
,
di
mio
padre
,
dei
miei
amici
,
dei
lettori
del
mio
giornale
:
«
Davvero
sei
a
Hiroshima
?
...
Che
cosa
si
vede
a
Hiroshima
?
...
Com
'
è
fatta
Hiroshima
?
...
Ci
sono
ancora
uomini
vivi
a
Hiroshima
?
»
.
Passa
un
venditore
ambulante
,
passa
un
vecchio
tassì
a
gassogeno
,
passa
una
donna
con
un
fardello
sotto
il
braccio
.
Sono
cose
di
Hiroshima
,
gente
di
Hiroshima
,
aspetti
della
vita
come
se
ne
incontrano
in
tutte
le
città
del
mondo
.
Vorrei
fermare
quella
gente
,
domandare
:
«
Eravate
a
Hiroshima
il
giorno
dell
'
avvenimento
?
Come
vi
siete
salvati
dall
'
avvenimento
?
Che
colore
aveva
il
lampo
dell
'
esplosione
?
E
la
vostra
casa
?
E
i
vostri
parenti
?
»
.
Il
venditore
ambulante
va
,
il
vecchio
tassì
a
gassogeno
scompare
a
una
curva
,
la
donna
impicciolisce
nella
prospettiva
della
strada
col
suo
fardello
.
È
sbalorditivo
che
a
Hiroshima
avvengano
di
questi
fatti
banali
,
normali
.
Mi
fa
una
certa
tal
quale
impressione
essere
a
Hiroshima
,
una
impressione
che
mi
impedisce
di
scrivere
subito
freddamente
,
obbiettivamente
,
i
miei
articoli
informativi
:
«
La
bomba
scoppiò
alla
tale
ora
eccetera
eccetera
»
.
È
necessario
che
prenda
tempo
,
che
dia
libero
corso
all
'
emozione
prima
di
passare
all
'
informazione
.
È
necessario
che
prima
mi
dica
:
Ecco
,
fra
qualche
secolo
Hiroshima
sarà
per
i
nostri
posteri
quel
che
oggi
è
per
noi
Cartagine
,
o
forse
Troia
;
sarà
una
leggenda
remota
e
grandiosa
.
L
'
energia
atomica
trasferirà
gli
uomini
da
stella
a
stella
,
la
materia
sarà
il
polveroso
ricordo
d
'
un
passato
che
farà
sorridere
perfino
i
ragazzi
,
ma
si
dirà
:
"
Durante
una
certa
guerra
dei
tempi
antichi
,
nel
secolo
Ventesimo
,
la
prima
applicazione
dell
'
energia
atomica
avvenne
a
Hiroshima
...
"
.
Gli
scolari
interrogati
agli
esami
a
proposito
dei
gloriosi
inizi
dell
'
energia
atomica
,
risponderanno
ai
maestri
una
sola
parola
:
Hiroshima
.
Ed
io
sono
a
Hiroshima
,
tre
anni
dopo
l
'
avvenimento
davanti
alle
rovine
dell
'
avvenimento
,
in
mezzo
ai
sopravvissuti
dell
'
avvenimento
;
sono
dentro
questo
nucleo
pregnante
di
storia
e
di
favola
.
E
mi
dico
:
"
Hiroshima
è
l
'
angoscia
del
mondo
attuale
;
da
Mosca
a
Washington
,
dal
più
sperduto
paese
d
'
Arabia
alle
foreste
del
Brasile
,
una
parola
fa
tremare
il
mondo
:
Hiroshima
"
.
(
Io
sono
un
vecchio
viaggiatore
,
uno
di
quei
viaggiatori
che
di
paesi
e
contrade
ne
han
visti
fin
troppi
,
un
osservatore
smaliziato
,
sazio
,
pel
quale
l
'
atlante
geografico
ha
ormai
magra
attrattiva
.
Ma
come
potrei
gelidamente
parlare
di
Hiroshima
senza
avere
prima
confessato
che
l
'
essere
a
Hiroshima
mi
dà
un
poco
di
vertigine
?
)
Ed
ecco
cammino
per
Hiroshima
.
La
città
,
quel
che
noi
si
dice
città
,
non
mi
riesce
di
vederla
.
Vedo
strade
polverose
,
dai
selciati
sconnessi
,
o
addirittura
sterrate
,
vedo
baracche
di
legno
,
casupole
di
legno
,
botteghe
di
legno
;
e
qua
e
là
travi
di
legno
,
come
in
un
cantiere
,
e
come
in
un
cantiere
odo
per
l
'
aria
un
palpito
di
martelli
al
lavoro
.
E
mi
dico
:
"
Lavorano
,
rifabbricano
,
dopo
tre
anni
"
.
Scopro
tratto
tratto
dall
'
apertura
d
'
una
strada
una
brughiera
a
perdita
d
'
occhio
,
cosparsa
di
un
melanconico
tritume
di
macerie
,
non
le
macerie
concrete
e
pesanti
delle
nostre
città
bombardate
,
bensì
macerie
in
briciole
,
miserande
,
una
semina
squallida
di
detriti
fra
i
quali
verdeggia
talvolta
la
foglia
dell
'
insalata
e
del
cavolo
:
è
Hiroshima
.
Registro
un
'
atmosfera
piuttosto
di
catastrofe
celeste
che
non
di
guasto
di
guerra
,
qualcosa
come
dopo
un
fortunale
,
dopo
un
tifone
,
quando
ci
si
avvede
che
i
danni
non
sono
isolati
,
non
si
possono
numerare
uno
a
uno
,
non
si
possono
catalogare
poiché
sono
dovunque
,
uniformi
,
poiché
ogni
cosa
ha
avuto
il
suo
,
l
'
albero
,
la
casa
,
la
strada
,
la
fabbrica
,
la
terra
.
Guardo
Hiroshima
e
ricordo
certe
zone
della
periferia
delle
grandi
metropoli
,
dove
la
nota
dominante
è
appunto
costituita
dai
detriti
,
dalle
scorie
della
città
,
barattoli
di
latta
,
pezzi
di
casse
di
legno
,
ferraglia
minima
,
mattoni
frantumati
,
mazzi
di
fiori
marci
e
altro
.
Una
rovina
spicciola
e
petulante
,
non
proporzionale
alla
maestà
della
folgorante
deflagrazione
.
Non
un
cratere
,
non
una
buca
,
non
una
voragine
,
non
una
frana
.
Al
contrario
,
un
corrompimento
,
un
senso
di
andato
a
male
.
"
Amburgo
"
penso
"
può
essere
paragonata
a
un
uomo
che
abbia
subìto
grandiose
mutilazioni
,
braccia
,
gambe
,
occhi
;
Hiroshima
può
essere
paragonata
a
un
uomo
coperto
da
una
risipola
;
o
da
un
eczema
"
.
Cammino
,
cammino
per
Hiroshima
,
scavalco
ponti
dietro
ponti
.
"
Quanti
fiumi
a
Hiroshima
!
"
mi
dico
.
"
Non
ho
mai
visto
una
città
così
piena
di
fiumi
"
.
Sette
fiumi
bagnano
Hiroshima
,
fiumi
larghi
,
tranquilli
,
dall
'
acqua
verde
brillante
,
un
'
acqua
marina
piuttosto
che
un
'
acqua
fluviale
,
sono
i
sette
bracci
del
delta
del
fiume
Ota
,
e
dividono
la
città
in
sei
isole
.
"
Ecco
"
mi
dico
,
"
i
ponti
non
sono
saltati
all
'
aria
come
nelle
nostre
città
,
si
sono
solo
tremendamente
ingobbiti
,
distorti
,
ammaccati
.
"
La
solita
rovina
di
bassa
estrazione
,
deformante
,
come
per
una
terribile
artrite
,
che
li
ha
resi
inutilizzabili
sia
ai
veicoli
che
agli
uomini
.
Vedo
la
miseria
dei
ponti
ricostruiti
,
sui
quali
transitano
con
tetra
cautela
i
tranvai
:
non
ci
sono
se
non
le
rotaie
appoggiate
sullo
scheletro
delle
traverse
,
quasi
come
scale
a
pioli
messe
orizzontalmente
da
una
sponda
all
'
altra
,
la
pancia
delle
vetture
si
rispecchia
nella
corrente
.
Penso
:
"
Non
hanno
soldi
,
non
possono
ricostruire
,
rabberciano
"
.
I
selciati
,
i
marciapiedi
,
le
rare
mura
a
fondamenta
delle
pareti
delle
case
meno
piccine
,
sono
rabberciati
,
tutto
appare
rabberciato
,
a
Hiroshima
,
rammendato
,
riappiccicato
con
lo
sputo
.
"
Quando
sarà
completamente
ricostruita
"
penso
,
"
Hiroshima
apparirà
ancora
più
rovinata
.
"
Mi
avvedo
che
dove
è
passata
l
'
energia
atomica
rimane
qualcosa
di
profondamente
disgraziato
;
come
negli
uomini
guariti
dal
vaiolo
,
í
quali
restano
poi
butterati
al
pari
della
superficie
dei
ditali
.
Sono
a
Hiroshima
,
assaporo
le
prime
impressioni
,
esse
hanno
un
sapore
amaro
il
quale
mi
umilia
e
non
riesce
a
svegliarmi
nel
petto
neanche
il
senso
della
pietà
,
così
come
avviene
talora
davanti
a
certi
malati
sgradevoli
,
o
infetti
.
Mi
fermo
,
contemplo
senza
amore
la
città
che
ha
la
forma
di
un
piatto
rotondo
,
o
meglio
del
fondo
di
un
catino
i
cui
bordi
rialzati
sono
costituiti
dalla
catena
di
monti
che
la
coronano
torno
torno
.
Le
casette
di
legno
a
un
piano
non
prendono
rilievo
,
non
costituiscono
paesaggio
edilizio
;
la
città
appare
,
nonostante
quella
marea
di
casette
,
piallata
,
quasi
scopata
da
una
formidabile
raffica
di
vento
o
d
'
acqua
,
spianata
con
un
ferro
da
stiro
rovente
,
come
una
giacca
che
poi
sia
rimasta
bruciacchiata
.
Sulla
mortificata
planimetria
,
simili
a
massicce
carcasse
di
navi
a
galla
di
una
piatta
distesa
d
'
acque
,
vedo
improvvisamente
campeggiare
edifici
tarchiati
,
sgraziati
,
uno
qua
uno
là
,
solitari
,
inutili
,
e
dominare
la
paccottiglia
delle
casupole
e
dei
rottami
.
Sono
i
buildings
,
gli
edifici
di
cemento
armato
di
Hiroshima
,
gli
edifici
i
cui
muri
hanno
resistito
alla
bomba
atomica
,
smozzicati
,
sventrati
dalle
fiamme
e
dal
calore
,
ma
tuttavia
ben
piantati
al
suolo
.
Penso
:
"
Non
abbatte
gli
edifici
di
cemento
,
la
bomba
atomica
;
li
spella
,
li
corrode
,
li
biscotta
,
ma
non
riesce
a
buttarli
giù
come
la
bomba
dirompente
"
.
Quegli
edifici
spettrali
ritti
sul
tavoliere
di
triti
rottami
aumentano
la
sensazione
d
'
una
catastrofe
simile
a
una
peste
.