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> categoria_s:"StampaQuotidiana" > anno_i:[1940 TO 1970} > autore_s:"Lilli Virgilio"
Hiroshima angoscia del mondo ( Lilli Virgilio , 1948 )
StampaQuotidiana ,
Hiroshima , dicembre . - Sono a Hiroshima . Respiro l ' aria di Hiroshima . Vedo le strade di Hiroshima , l ' anello di monti che circonda Hiroshima . Questi bambini che passano a gruppi , silenziosi , sono nati a Hiroshima . Questo vecchio che siede su una pietra all ' ombra d ' una baracca è un vecchio di Hiroshima . Ed ecco alcune ragazze sui vent ' anni : sono ragazze di Hiroshima . Tranvai di colore bleu sudicio vanno barcollando su rotaie sgangherate : sono i tranvai di Hiroshima . Al mio arrivo , quando il treno si è fermato sotto la pensilina , e io ho letto il cartello in caratteri giapponesi e in caratteri latini « Hiroshima » , ho registrato in me una vaga sensazione di sogno . S ' udiva la voce stridula e lunga d ' un ferroviere cantare alla maniera giapponese , con una certa melodiosa precipitazione : « Hiroshima ! ... Hiroshima ! ... Hiroshima !...» . Uscito dalla stazione - la stazione ricostruita , beninteso , poiché quella vecchia fu spazzata via a suo tempo dallo scoppio - , ho guardato il cielo : era il cielo di Hiroshima , quello stesso al centro del quale tre anni fa brillò l ' apocalittica luce sprigionata dalla disintegrazione dell ' atomo , quello stesso nel quale si svolse il primo capitolo della nuova Era dell ' umanità , l ' Era atomica . Sono a Hiroshima , nella città più popolare del mondo , davanti a miserabili rovine più popolari delle rovine egizie , delle rovine greche , delle rovine romane . Lascio viaggiare l ' occhio attorno con una certa avidità , così come fanno i turisti quando si trovano finalmente davanti alle Piramidi , davanti al Santo Sepolcro , davanti al Partenone , eccetera . Attendo da uomini e cose di Hiroshima un segno , un messaggio che mi diano la misura del luogo eccezionale al quale mi ha condotto il mestiere . Mi ronzano all ' orecchio domande pressanti , quasi irritate , nelle quali riconosco le voci di mia madre , di mio padre , dei miei amici , dei lettori del mio giornale : « Davvero sei a Hiroshima ? ... Che cosa si vede a Hiroshima ? ... Com ' è fatta Hiroshima ? ... Ci sono ancora uomini vivi a Hiroshima ? » . Passa un venditore ambulante , passa un vecchio tassì a gassogeno , passa una donna con un fardello sotto il braccio . Sono cose di Hiroshima , gente di Hiroshima , aspetti della vita come se ne incontrano in tutte le città del mondo . Vorrei fermare quella gente , domandare : « Eravate a Hiroshima il giorno dell ' avvenimento ? Come vi siete salvati dall ' avvenimento ? Che colore aveva il lampo dell ' esplosione ? E la vostra casa ? E i vostri parenti ? » . Il venditore ambulante va , il vecchio tassì a gassogeno scompare a una curva , la donna impicciolisce nella prospettiva della strada col suo fardello . È sbalorditivo che a Hiroshima avvengano di questi fatti banali , normali . Mi fa una certa tal quale impressione essere a Hiroshima , una impressione che mi impedisce di scrivere subito freddamente , obbiettivamente , i miei articoli informativi : « La bomba scoppiò alla tale ora eccetera eccetera » . È necessario che prenda tempo , che dia libero corso all ' emozione prima di passare all ' informazione . È necessario che prima mi dica : Ecco , fra qualche secolo Hiroshima sarà per i nostri posteri quel che oggi è per noi Cartagine , o forse Troia ; sarà una leggenda remota e grandiosa . L ' energia atomica trasferirà gli uomini da stella a stella , la materia sarà il polveroso ricordo d ' un passato che farà sorridere perfino i ragazzi , ma si dirà : " Durante una certa guerra dei tempi antichi , nel secolo Ventesimo , la prima applicazione dell ' energia atomica avvenne a Hiroshima ... " . Gli scolari interrogati agli esami a proposito dei gloriosi inizi dell ' energia atomica , risponderanno ai maestri una sola parola : Hiroshima . Ed io sono a Hiroshima , tre anni dopo l ' avvenimento davanti alle rovine dell ' avvenimento , in mezzo ai sopravvissuti dell ' avvenimento ; sono dentro questo nucleo pregnante di storia e di favola . E mi dico : " Hiroshima è l ' angoscia del mondo attuale ; da Mosca a Washington , dal più sperduto paese d ' Arabia alle foreste del Brasile , una parola fa tremare il mondo : Hiroshima " . ( Io sono un vecchio viaggiatore , uno di quei viaggiatori che di paesi e contrade ne han visti fin troppi , un osservatore smaliziato , sazio , pel quale l ' atlante geografico ha ormai magra attrattiva . Ma come potrei gelidamente parlare di Hiroshima senza avere prima confessato che l ' essere a Hiroshima mi dà un poco di vertigine ? ) Ed ecco cammino per Hiroshima . La città , quel che noi si dice città , non mi riesce di vederla . Vedo strade polverose , dai selciati sconnessi , o addirittura sterrate , vedo baracche di legno , casupole di legno , botteghe di legno ; e qua e là travi di legno , come in un cantiere , e come in un cantiere odo per l ' aria un palpito di martelli al lavoro . E mi dico : " Lavorano , rifabbricano , dopo tre anni " . Scopro tratto tratto dall ' apertura d ' una strada una brughiera a perdita d ' occhio , cosparsa di un melanconico tritume di macerie , non le macerie concrete e pesanti delle nostre città bombardate , bensì macerie in briciole , miserande , una semina squallida di detriti fra i quali verdeggia talvolta la foglia dell ' insalata e del cavolo : è Hiroshima . Registro un ' atmosfera piuttosto di catastrofe celeste che non di guasto di guerra , qualcosa come dopo un fortunale , dopo un tifone , quando ci si avvede che i danni non sono isolati , non si possono numerare uno a uno , non si possono catalogare poiché sono dovunque , uniformi , poiché ogni cosa ha avuto il suo , l ' albero , la casa , la strada , la fabbrica , la terra . Guardo Hiroshima e ricordo certe zone della periferia delle grandi metropoli , dove la nota dominante è appunto costituita dai detriti , dalle scorie della città , barattoli di latta , pezzi di casse di legno , ferraglia minima , mattoni frantumati , mazzi di fiori marci e altro . Una rovina spicciola e petulante , non proporzionale alla maestà della folgorante deflagrazione . Non un cratere , non una buca , non una voragine , non una frana . Al contrario , un corrompimento , un senso di andato a male . " Amburgo " penso " può essere paragonata a un uomo che abbia subìto grandiose mutilazioni , braccia , gambe , occhi ; Hiroshima può essere paragonata a un uomo coperto da una risipola ; o da un eczema " . Cammino , cammino per Hiroshima , scavalco ponti dietro ponti . " Quanti fiumi a Hiroshima ! " mi dico . " Non ho mai visto una città così piena di fiumi " . Sette fiumi bagnano Hiroshima , fiumi larghi , tranquilli , dall ' acqua verde brillante , un ' acqua marina piuttosto che un ' acqua fluviale , sono i sette bracci del delta del fiume Ota , e dividono la città in sei isole . " Ecco " mi dico , " i ponti non sono saltati all ' aria come nelle nostre città , si sono solo tremendamente ingobbiti , distorti , ammaccati . " La solita rovina di bassa estrazione , deformante , come per una terribile artrite , che li ha resi inutilizzabili sia ai veicoli che agli uomini . Vedo la miseria dei ponti ricostruiti , sui quali transitano con tetra cautela i tranvai : non ci sono se non le rotaie appoggiate sullo scheletro delle traverse , quasi come scale a pioli messe orizzontalmente da una sponda all ' altra , la pancia delle vetture si rispecchia nella corrente . Penso : " Non hanno soldi , non possono ricostruire , rabberciano " . I selciati , i marciapiedi , le rare mura a fondamenta delle pareti delle case meno piccine , sono rabberciati , tutto appare rabberciato , a Hiroshima , rammendato , riappiccicato con lo sputo . " Quando sarà completamente ricostruita " penso , " Hiroshima apparirà ancora più rovinata . " Mi avvedo che dove è passata l ' energia atomica rimane qualcosa di profondamente disgraziato ; come negli uomini guariti dal vaiolo , í quali restano poi butterati al pari della superficie dei ditali . Sono a Hiroshima , assaporo le prime impressioni , esse hanno un sapore amaro il quale mi umilia e non riesce a svegliarmi nel petto neanche il senso della pietà , così come avviene talora davanti a certi malati sgradevoli , o infetti . Mi fermo , contemplo senza amore la città che ha la forma di un piatto rotondo , o meglio del fondo di un catino i cui bordi rialzati sono costituiti dalla catena di monti che la coronano torno torno . Le casette di legno a un piano non prendono rilievo , non costituiscono paesaggio edilizio ; la città appare , nonostante quella marea di casette , piallata , quasi scopata da una formidabile raffica di vento o d ' acqua , spianata con un ferro da stiro rovente , come una giacca che poi sia rimasta bruciacchiata . Sulla mortificata planimetria , simili a massicce carcasse di navi a galla di una piatta distesa d ' acque , vedo improvvisamente campeggiare edifici tarchiati , sgraziati , uno qua uno là , solitari , inutili , e dominare la paccottiglia delle casupole e dei rottami . Sono i buildings , gli edifici di cemento armato di Hiroshima , gli edifici i cui muri hanno resistito alla bomba atomica , smozzicati , sventrati dalle fiamme e dal calore , ma tuttavia ben piantati al suolo . Penso : " Non abbatte gli edifici di cemento , la bomba atomica ; li spella , li corrode , li biscotta , ma non riesce a buttarli giù come la bomba dirompente " . Quegli edifici spettrali ritti sul tavoliere di triti rottami aumentano la sensazione d ' una catastrofe simile a una peste .