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> categoria_s:"StampaQuotidiana" > anno_i:[1940 TO 1970} > autore_s:"Pier Paolo Pasolini"
«LO RIPETO: IO SONO IN PIENA RICERCA» ( Pier Paolo Pasolini , 1965 )
StampaQuotidiana ,
Nell ' impubertà , avevo due spaventi mitologici : quello di essere sepolto vivo , e quello di essere accusato innocente . La seconda cosa mi è tanto accaduta che è successo l ' incredibile : mi ci sono abituato . Ora sono accusato innocente su questioni linguistiche . Per fortuna ho un alibi , come si dice , di ferro : la pubblicazione delle « Nuove questioni linguistiche » per intero , sulla rivista « Rinascita » ( sabato 26 dicembre 1964 ) . Del resto ho anche testimoni che mi hanno sentito elogiare con fermezza il sublime riassuntino di quella mia conferenza , sul « Corriere della Sera » . Enrico Emanuelli - che , dalle colonne del « Corriere della Sera » , mi « accusa innocente » - poteva fidarsi più di quel sublime riassuntino che dell ' intervista sul « Giorno » nel corso della quale , con impeto e toni colloquiali , ho sfiorato tanti altri problemi oltre a quelli linguistici . Lo stesso Arbasino , quel caro pazzo , mi ha capito male . Sì , capito male , capito male : proprio come un ascoltatore che ascolta un conferenziere noioso . ( Ma se avesse dato un ' occhiata ai testi di Marx e Lenin almeno una volta nella sua vita , forse mi avrebbe capito meglio : non sarebbe ora che Arbasino citasse almeno un pezzettino di Marx ? Magari anche quello del centro - sinistra , non chiedo molto . Manca a Arbasino la « dimensione classista » del mondo , e questo infatti appiattisce il suo ultimo libro « Certi romanzi » fino a renderlo una specie di centone medioevale : in cui tutti trovano posto , isofoni , isoglotti , isocefali nella grande piramide gerarchica dei valori di un solo mondo : quello della borghesia . ) Io , nella mia conferenza , avevo , certo scoperto un uovo di Colombo : lo ammetto . Ma non ammetto , con Emanuelli , che quest ' uovo di Colombo sia stato scoperto prima . Egli cita la mia amica , e cara amica , la Corti . Ma quello che dice la Corti a proposito della possibile e in parte attuata nazionalizzazione della lingua italiana - e che Emanuelli cita a distruzione di ogni mia novità - io l ' avevo già detto e scritto ( certo con minor competenza ) cinque o sei anni fa ! Tutti allora - e anche prima - in piena cultura neorealistica e impegnata , credevamo che la nazionalizzazione dell ' italiano sarebbe avvenuta attraverso quella cultura , e lungo la lenta e sicura via nazional - burocratica , con Roma capitale televisiva d ' Italia ! C ' è stato un momento di ottimismo , in quegli anni , che ora arriva con un certo ritardo nelle Università : l ' ottimismo dell ' impegno , della scoperta della « vera » Italia , la floridezza letteraria e cinematografica , il Terzo Programma ecc. ecc. Spero molto che la Corti - e gli altri filologi che Emanuelli dice al lavoro per smentirmi - prendano in esame il reale documento del mio atto battesimale dell ' « italiano nazionale » e non si accontentino di referti ( come quello veramente celestiale di una certa Berlinzoni o Berlinghieri del « Paese - Sera » , in cui risulta che io « auspico » - sic - una nuova lingua ) . Ma il lettore ha diritto di sapere meglio come stanno le cose . Non ho la sublime capacità sinottica del cronista del « Corriere della Sera » , ma proverò a riassumere la mia conferenza . L ' italiano medio non è una lingua « nazionale » , ma è sempre stato , finora , la lingua della borghesia italiana . Essa l ' ha formato « adattando » alla vita statale una lingua puramente letteraria . Ora la borghesia italiana è sempre stata una classe « dominante » retrograda ( tanto è vero che ha dato il fascismo ) : non ha mai saputo « identificarsi » con l ' intera nazione . Quindi il suo potere , la sua cultura e la sua lingua ( che sono una cosa sola ) non si sono mai identificati con l ' Italia . In Francia , per esempio , ci sono stati due momenti realmente « egemonici » ( unità di potere politico , cultura e lingua ) : la monarchia e la borghesia rivoluzionaria e industrializzatrice . Ecco perché il francese è una lingua realmente nazionale . Ecco perché il francese è una lingua profondamente « comunicativa » . Dopo il fascismo , l ' italiano ha risentito una prima ondata di democraticità . La Resistenza è stata un moto popolare : ed è stata l ' Italia popolare , dialettale , periferica che è entrata in scena . Il cinema e la letteratura se ne sono impadroniti : ed è cominciata quella cultura neorealistica e ottimistica che dicevo prima . Essa era certa di una lenta modifica della lingua italiana attraverso mezzi puramente culturali e letterari : era certa dell ' unificazione della lingua attraverso un democratico arricchimento linguistico , ottenuto con contributi paritetici da tutti i livelli culturali , religiosi e classisti . Pia illusione ( che ora si perpetua nelle Università ) . Con il « boom » le cose sono violentemente cambiate . Alla vecchia borghesia italiana paleocapitalistica e priva di ogni tradizione rivoluzionaria , si è sostituita di colpo ( al seguito di un generale avanzamento del capitalismo europeo in questo senso ) una nuova borghesia che , almeno in nuce , è neocapitalistica e tecnocratica . L ' Italia del Nord si è posta a livello decisamente europeo : è entrata in una fase di completa industrializzazione , e ne sono nati problemi completamente nuovi per l ' Italia . Col Sud ( l ' arcaico Sud , partecipe anche esso nel dopoguerra all ' integrazione dialettale ) si è instaurato un rapporto , che anziché colonialistico è ... neocolonialistico . La nuova borghesia delle città del Nord non è più la vecchia classe dominante che ha imposto stupidamente dall ' alto l ' unificazione politica , culturale e linguistica dell ' Italia : ma è una nuova classe dominante il cui reale potere economico le consente realmente , per la prima volta nella storia italiana , di porsi come egemonica . E quindi irradiatrice , simultaneamente , di potere , di cultura e di lingua . Un esame attento dei vari sottolinguaggi che formano una lingua , dimostra che l ' italiano sta infatti subendo una profonda modificazione ( anche se non siamo che ai primi vagiti di un neonato ) : ossia : essendo una lingua fondamentalmente letteraria , l ' italiano è sempre stato nella sua storia « conservatore » e « espressivo » . Ogni volta che succedeva qualcosa nella società o nella cultura italiana che modificasse la lingua , le nuove stratificazioni linguistiche così nate venivano « ammassate » con le precedenti , conservate , e usate poi in funzione espressiva . Ecco perché l ' italiano è tanto più ricco di « forme » di ogni altra lingua . Ma ora succede che un nuovo « spirito » ( a sostituzione dunque di quello letterario umanistico ) investe dal profondo la nostra lingua . È lo spirito della nuova classe egemonica tecnocratica : lo spirito tecnico . Esso tende a rendere la lingua « moderna » ( a far cadere cioè le forme e le stratificazioni concorrenti , a « omologare » le varietà ) e « comunicativa » . È un fenomeno che succede per la prima volta nella storia italiana , anche se ancora timidamente , perché per la prima volta nella storia italiana si può parlare di una classe egemonica ( in cui il tecnico parla come il tecnocrate , e le aziende sostituiscono i monasteri , i municipi , le corti e le università come centri elaboratori di lingua ) . In tutto questo non c ' è nulla di anormale : è così - e non nel modo previsto ovviamente alcuni anni fa - che l ' Italia tende a diventare una nazione moderna ed europea . E mentre l ' avvento della tecnologia e del suo linguaggio brutalmente funzionale , nelle altre nazioni avanzate , non è che una evoluzione , in Italia è invece una « rivoluzione » linguistica : « perché l ' avvento della tecnologia e la costituzione di una classe potenzialmente egemonica coincidono » . Come il lettore vede bene , queste non sono che constatazioni . E può darsi che siano constatazioni sbagliate ( schematiche certamente , in questo riassuntino ) : e allora si polemizzi contro le mie constatazioni , non mi si « accusi innocente » di desiderare i fenomeni che constato . Perché al contrario - umanista elegiaco come sono - , io trovo orrendo un futuro tecnologico : ma non posso nemmeno , però , fare come gli struzzi : cioè chiudere gli occhi davanti a questa realtà . Il futuro non si configura come una lotta tra « comunicatività » ed « espressività » : ma come ? in che termini ? con che mezzi ? È questa la serie di problemi che dobbiamo affrontare , altro che tirar fuori Cattaneo , come fa Emanuelli , o Dossi , come fa Arbasino . Essi credono che la letteratura conti qualcosa , come se non sapessero che infine non ha mai contato se non come guida spirituale , o pretesto , o paradigma di libertà interiore ( che è molto , molto : ma non è nulla contro il fatale costituirsi ed evolversi di una società ) : e meno ancora conterà nel futuro , quando l ' industria culturale farà ciò che vorrà della letteratura ( e già comincia : dei brutti romanzi sono lanciati come prodotti e fatti passare come prodotti autentici ) . Quando io parlo di spostamento linguistico dall ' asse Roma - Firenze all ' asse Torino - Milano , ne parlo con dolore . Perché non si tratta di recuperare tradizioni regionali ( che Dio sa quanto io amo ) , ma si tratta di stabilire una nuova configurazione dello spirito nazionale italiano . Insomma , il mito della tecnologia , l ' hanno le avanguardie . Non io . Sono loro che da qualche anno hanno cominciato a mimare il « parlato » dell ' « homo technologicus » . Pazzi . Lo sanno che il loro mito tecnologico è la loro distruzione . Ma vogliono distruggere ed essere distrutti . Questa è la situazione pura dell ' ideologia ideologica delle avanguardie . E questo loro inserimento in un momento « distruttivo e autodistruttivo » , in un momento « zero » , è la loro autenticità , oggi . Sono infatti inattaccabili : e ricordi Emanuelli la penosa tavola rotonda cui egli ha partecipato all ' « Espresso » . La realtà è che un borghese non può attaccarli , se non identificandoli con certi movimenti d ' avanguardia del passato , e così rimuovendoli . Una nuova mano di nero sulla coscienza . Quanto a me , ripeto , sono in piena ricerca . Non rinnego affatto il mio lavoro degli Anni Cinquanta , e non accetto le critiche moralistiche che in nome del « marxista perfetto » mi muovevano gli stalinisti di allora . Sento tuttavia superata , oggi , quell ' operazione di scavo in materiali sub - linguistici che è stata poi l ' operazione principe della letteratura impegnata . Occorrono evidentemente altri strumenti conoscitivi : ma quali ? Nell ' intervista citata da Emanuelli parlavo con Barberis , l ' intervistatore , del linguaggio tecnologico come allettante , è vero : ma semplicemente in questo senso . Ho in mente un « remake » dell ' Inferno dantesco . Si tratta di un ' opera pamphlettistica , e quindi ironica in più direzioni : e , siccome del Paradiso in costruzione , esistono due progetti , uno marxista e uno neocapitalistico , pensavo di esporre il progetto neocapitalistico in una lingua italiana futura : puramente comunicativa , col suo principio unificatore e omologatore tecnologico . Tutto qui . È poco , lo so . Siamo ancora a Charlot che porta l ' antico uomo « umano » dentro la fabbrica disumana . Ma finché - invece di collaborare insieme a « capire » il nostro futuro - ci rinchiuderemo nelle nostre competenze coi nostri Cattaneo o i nostri Dossi , non saremo capaci di immaginare altro che sotto il segno di un umanesimo con la bombetta e con le pezze sul sedere .