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> categoria_s:"StampaQuotidiana" > autore_s:"Guzzanti Paolo"
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Roma . Poiché è finita male , della storia di Alfredo nel pozzo restano angoscia e rabbia . Passi per le immagini della più terribile trasmissione televisiva . Passi per la tensione che in certi momenti ha stremato gli italiani . Quello che è difficile perdonare ( forse in nome soltanto delle emozioni e non della ragione ) è la voce del bambino che tutti abbiamo troppo bene udito e chiuso nella memoria . Molti di noi fuggivano udendo quel pianto amplificato , quelle invocazioni : il bambino Alfredo , struggente e cardiopatico di sei anni , aveva fiducia in Nando , il vigile del fuoco che era tutti noi al quale chiedeva uno yogurt col cucchiaino di ferro . Si dirà e scriverà molto su questa tragedia . E sulla trasmissione . E su Pertini , caparbio e stupendo vecchio che rappresentava tutti gli italiani . E sugli italiani bravissima gente che hanno fatto le cinque , le sei , le sette del mattino davanti alla televisione , piangendo , menando pugni , urlando di speranza , abbattendosi nella disillusione . Grande pasto per i tecnici e gli studiosi delle comunicazioni di massa , gli psico - psicologi e i socio - sociologi scatenati . È stato anche il festival della proiezione : tutti eravamo Alfredo nel pozzo , tutti eravamo la sua forte madre ( donna pratica e incredula ) , tutti eravamo Pertini che abbandona la crisi del governo , ma , più d ' ogni altro personaggio , tutti eravamo i vigili del fuoco , quei meravigliosi , generosi , audaci , pacifici , buoni vigili che scavavano , parlavano , agivano come forti giganti . Erano gli stessi vigili del fuoco , come razza , del Friuli e dell ' Irpinia : facce senza retorica , braccia dure . Quel povero Pastorelli , loro comandante , forse era poco « proiettivo » : chi voleva essere lui , nel cuor della notte , a non sapere che fare , quale decisione prendere , quale santo chiamare in soccorso ? Ma , meno di tutti , gli italiani si sono identificati nel ministro degli Interni , Virginio Rognoni , il quale stava lì immobile davanti alle telecamere , elegante e compunto , invece di stare al Viminale a fare il suo mestiere . E crediamo che il suo mestiere sarebbe stato , durante la terribile notte fra venerdì e sabato , quello di far squillare tutti i telefoni e le radio di ogni gruppo speciale , di ogni scuola ginnastica di polizia , di sommozzatori , alpini , uomini ragno ; di far squillare i telefoni di tutt ' Europa alla ricerca di una dozzina di esseri umani piccoli , resistenti e abili da mandare giù nel foro . Rognoni , se tutti noi fossimo stati lui , avrebbe fatto partire elicotteri e jet per portare sul posto speleologhi americani , russi , tedeschi , di ogni patria . Molti hanno detto e pensano : quanto chiasso per una triste singola tragedia infantile , mentre tante sciagure si consumano . A cominciare da quella siciliana in cui due bambini sono affogati proprio in un pozzo . Storia finita in una breve notizia sulle colonne dei giornali . È vero , e ragione vorrebbe che si mantenesse il senso delle proporzioni . Ma l ' emotività ( che è una cosa seria non meno della ragione ) altera la razionalità . È un dato di fatto . Sicché a dispetto apparente della ragione , la triste storia di Alfredo nel pozzo ha sconvolto la nostra vita : volevamo salvarlo tutti e tutti avremmo dato una parte di noi stessi per averlo vivo , perché eravamo lui e non lo sapevamo . Per questo ci sono sembrate enormità , forse bestialità , certe « sfortunate coincidenze » ( come le ha benevolmente qualificate la cronaca televisiva ) che hanno ucciso sia il vero Alfredo Rampi , sia il bambino che ognuno porta in sé . La tavoletta gettata in modo idiota nel pozzo , così da ostruirlo per sempre senza poter più utilizzare la sua apertura . La galleria laterale che si è fermata moltissimi metri più in alto del luogo in cui si supponeva che Alfredo fosse ( ed a prescindere dal fatto che il povero bambino nel frattempo fosse precipitato molto più in basso ) . E poi quella storia del pertugio da trenta centimetri che ha costretto alla caccia al nano ci è sembrata poco credibile : non siamo tecnici , ma roccia o no , in tante ore una banale raspa , una lima avrebbe potuto far guadagnare i centimetri bastanti per consentire il passaggio , se non di un granatiere almeno di un normale ragioniere . Invece nessuno ha allargato quel buco e nessuno ha provveduto a chiedere personale adatto in Italia e all ' estero . Quando un megafono ha gridato : « Si cerca una persona veramente magra per scendere giù » ( era passata mezzanotte da poco ) abbiamo capito che Alfredo sarebbe morto . E lo abbiamo capito ancora di più , ma con quanta rabbiosa disperazione , quando è stato annunciato il turno del « tappezziere di Acilia » . In quel momento il dramma , già aperto alla tragedia , è diventato un grottesco , un incubo . Piangi , piangi bambino Alfredo negli amplificatori gentilmente prestati dalla RAI : non avrai né il tuo yogurt col cucchiaino di ferro , né la coperta calda e neppure Mazinga che il buon Nando ( Nando che ha la faccia dei papà che vogliono bene a tutti i bambini ) ti ha promesso . Alfredo è morto e il magistrato di turno dirà se è omicidio colposo ; i tecnici diranno se si poteva fare di più e di meglio . Ma quel bambino è morto annegato nelle bugie perché nessuno era in grado di salvarlo . Adesso sappiamo che un sistema semplicissimo per salvare Alfredo sarebbe stato quello usato dai petrolieri quando vogliono chiudere un pozzo . Fanno così : mandano giù nel profondo un cannello collegato a una bombola . La bombola contiene polistirolo liquido e il pozzo si riempie di polistirolo espanso , che sarebbe quella morbida e leggera plastica bianca degli imballaggi . Bastava mandare il cannello sotto Alfredo ( nelle prime ore ) e non sarebbe mai più caduto di sotto . Oppure il pallone : bastava mandare un pallone speciale sgonfio e legato a un tubo sotto Alfredo e poi gonfiarlo . Il bambino sarebbe stato protetto . Forse così avrebbero fatto nell ' Oregon o nell ' Ohio . O a Stoccolma o a Bonn . Non sappiamo . Forse invece Alfredo sarebbe morto egualmente , ma ci piace pensare che quel bambino poteva essere salvato : ce lo dice l ' istinto e l ' istinto non è sempre da buttar via . Alle 22.30 Alfredo piangeva . Che insopportabile pianto quel pianto . Anche Pertini ( che nel pomeriggio lo aveva udito in cuffia ) ha avuto un sobbalzo : « Fate silenzio lì » ha gridato . Ed è stato l ' unico moto del presidente . È rimasto in piedi , immobile , monumento alla partecipazione per ore e ore . E tuttavia non si può tacere sul fatto che l ' arrivo non tanto di Pertini quanto del suo seguito è stato , nel pomeriggio , invadente : una marcia inattesa sul teatro delle operazioni che ha frantumato la tensione , ha fatto sbandare la folla che da silenziosa e composta si è fatta vociante ( « viva Pertini , viva il Presidente » ) e capricciosa : ha solleticato la vanità di chi ha preferito deconcentrarsi e andare a riverire il seguito presidenziale . La piana di Vermicino in cui la tragedia di Alfredo si è consumata , ha conosciuto nelle ore una lenta e orribile metamorfosi : si è trasformata in un circo equestre e in un sepolcro . La richiesta di « un nano » ( e subito comparve , per fallire se ricordate , il nano Claudio ) ha solleticato le fantasie . Ieri mattina intorno al sepolcro in cui Alfredo si era spento era radunata una corte dei miracoli : giovani di colore , nani gibbosi , relitti umani spiritati e vocianti , ciascuno accompagnato dal suo manager , si sono messi in fila per fare l ' esperimento . Ognuno si aspettava di poter vincere ; e brandivano strumenti artigiani fabbricati nella notte , cappiole e laccioli , cinghie e bracciali a cremagliera . A tutti , e brutalmente , è stato detto di no . Per la verità abbiamo avuto la sensazione che alle sette di ieri mattina fosse stata decretata la morte di Alfredo , grazie alla testimonianza dell ' ultimo soccorritore che alle 6.36 aveva potuto toccare il braccio della vittima trovandolo irrigidito e freddo . A quel punto , tornato lo speleologo alla superficie , il grande gioco per salvare Alfredo è finito : la madre ha potuto finalmente crollare e seguitare a morire nelle lacrime ; tutti noi abbiamo potuto spegnere il televisore , portatore di lutti e di rovinate speranze . La RAI ha trasmesso la più lunga diretta della sua storia : 18 ore consecutive . Indice d ' ascolto prossimo alla totalità . Si dava la morte in diretta che ( come il sesso e il denaro ) ottiene gradimenti altissimi . Ma non c ' era soltanto la RAI o le private : la catena americana ABC ha capito subito l ' importanza della storia e si è piazzata per prima . Le altre sono arrivate di carriera . Reporter americani e italiani si sono insultati mentre Alfredo agonizzava . Nella notte , la prima , si sono avute grandi cazzottature . Nella notte , la seconda , gruppi di ubriachi hanno sciamato fra le poche case di Vermicino arrecando tormento alla famiglia della vittima . Ma la grande Italia generosa e strappacore , sicuramente un po ' kitsch , quella che vede Portobello e si entusiasma , l ' Italia che ha le semplici e solide tradizioni della piccola borghesia era ( ed ancora è , in queste ore ) solidale con Alfredo , parla di Alfredo , non discute d ' altro . Ognuno , se andate nei bar e nei ristoranti , ha la sua formula sicura per assicurare la corda al braccino infangato del bambino che non grida più . Tutti si proclamano certi che fu commessa una grandissima ingiustizia , un sopruso tremendo . Un volontario con la testa poco a posto ieri gridava che « questo è lo schifo della società dei nostri giorni » . Gli ha risposto qualche cenno di assenso . Tutti si sono commossi quando si è presentato , erano le 3.10 di ieri mattina , il ragazzo Pietro Molino , napoletano di 16 anni che essendo emaciato e gracile ne dimostra nove . Caro ragazzo napoletano , Pertini ti aveva già abbracciato quando un giudice guastafeste ha bloccato tutto per mancanza del consenso paterno . Il giudice ha certamente commesso l ' errore di far conoscere il suo divieto ( mentre si doveva volare contro le ore , i minuti e i secondi ) dopo un ' ora di inutili imbragamenti e istruzioni . Commozione per l ' intrepido adolescente napoletano , indignazione popolare contro il magistrato . Commozione e risa e vergogna , quando si annuncia al microfono , come se fosse un teatro in piazza , il tentativo di « Er microbo der Tufello » , tal Luciano accompagnato dal padre . Fallisce il primo , fallisce il secondo : l ' impressione è che i soccorsi siano allo sbando ; che i dirigenti manchino di fantasia ( stremati come sono ) , che gli uomini alla macchina , alle funi e nella terra siano sfiniti . Alfredo , anche se non lo sappiamo con certezza , muore con lo spuntare dell ' aurora . Ha avuto sempre più freddo , ha pianto sempre più sommessamente , si è rannicchiato in una sacca del cunicolo e lì si è spento . Lo raggiunge l ' ultimo volontario che non riesce ad ammanettarlo ( ormai il sole sfolgora ) e che rinuncia . Siamo morti tutti ieri mattina alle 6.36 mentre gli speakers dei canali televisivi si rimandavano banalità di circostanza e si gratificavano reciprocamente dicendosi « esatto » , fino a trenta volte in un quarto d ' ora . Sono passati su questa scena il contorsionista francese , il sardo Angelo Cossu e un nano di una TV privata . Passeggia , inosservato , Agostino Greggi , missino ex democristiano . Il terreno è cosparso di lerciume : c ' è aria di stadio , di Lourdes , di festa campestre . I curiosi hanno calpestato tutto , si sono sparsi ovunque , hanno tenuto sotto pressione con il loro alito i vigili del fuoco . Al mattino , quando tutto è finito , le forze dell ' ordine diventano di colpo severe e superciliose : di qui non si passa , favorisca i documenti . C ' è un tubo dal diametro di trenta centimetri ; al primo sole del mattino i saltimbanchi che aspirano cimentarsi nel cunicolo in cui giace Alfredo , tentano di entrare nel tubo : è un test , come la scarpa di Cenerentola . Ma è inutile . Vola una polvere rossastra che acceca e la canicola è temperata dal vento . Sta per arrivare la nuova trivella .
Così lo ha salutato la sua Italia ( Guzzanti Paolo , 1984 )
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Roma . Quanti ? Ce lo domanderemo per un pezzo . Più che per i funerali di Togliatti , questo è certo . Più che per chiunque nell ' età repubblicana è probabile . Chi ha visto le immagini in televisione si sarà fatta un ' idea : Roma si è dilatata fra le sue mura e i suoi Fori per accogliere questo popolo comunista che sembrava una nazione e che sotto un sole tardivo ma implacabile è andata a dire addio a Berlinguer . Ce lo diranno meglio ancora le immagini che su dal cielo andavano filmando Ettore Scola e Francesco Maselli , dall ' elicottero che ronzava e sibilava , planava e si arrestava come una creatura degli stagni . Forse erano un milione e mezzo . Un milione è certamente un numero per difetto , considerato che soltanto fra le Botteghe Oscure e San Giovanni , prima dei cortei periferici e senza calcolare la piazza già gremita , erano almeno ottocentomila . Davanti al rosso palazzo di Botteghe Oscure , chiusa la camera ardente , la folla era stipata fino al collasso , fitta nelle zone d ' ombra fino a sembrare un muro respirante e stravolto nell ' attesa . Alle 14.45 è uscita la bara chiara con il corpo di Berlinguer . Fino ad un attimo prima era silenzio . Volti molto affaticati . Occhi di pianto . Poi l ' applauso come un uragano . I bambini in braccio , sulle spalle . Urlano « Enrico » . Lo ritmano . Lo ripetono a triplette - « Enrico - Enrico - Enrico » - sempre più veloci . Si levano i pugni . Partono sei o sette tentativi di intonare Bandiera rossa che si sommergono l ' un l ' altro su diverse tonalità . Perentoria si impone la marcia funebre di Chopin numero uno , diretta dallo stesso maestro Franco Castellani che la suonò vent ' anni fa per i funerali di Togliatti . Chissà se si farà un altro quadro gigantesco per questi funerali . Proviamo a immaginarlo , dipinto così come lo abbiamo visto oggi vivo : in prima fila , dietro il disadorno furgone nero , i familiari di Enrico Berlinguer , di cui non si cesserà di lodare la compostezza e quella impensabile misura di partecipazione e separazione dal lutto pubblico , di partito , politico , corale . Non sarà facile dipingerli senza forzarne i tratti . E poi , a qualche metro , Nilde Jotti con un foulard celeste per ripararsi dal sole che arde i capelli di tutti , Giancarlo Pajetta e Napolitano col berretto in testa , Pietro Ingrao , Reichlin , Occhetto che in questi giorni ha retto il peso organizzativo del presidio di Botteghe Oscure , Tortorella , Pecchioli sempre più diafano ed eretto nel suo dolore personale , il sindaco di Roma Vetere , Novelli . Poi c ' era un cordone d ' ordine terribile , che sgomitava e chiudeva senza pietà . Un servizio di contenimento della folla efficiente , duro , concitato , sicuramente necessario , ma che faceva singolare contrasto con la mestizia , la folla che si trascinava su un asfalto pastoso , appiccicoso nel quale non soltanto le suole delle scarpe lasciavano l ' impronta , ma in cui garofani , gladioli e rose si incorporavano come fossili istantanei . Il corteo funebre si muove lentamente . Pochi metri e si ferma . Davanti si incolonnano centinaia di corone : sono i fiori delle sezioni , delle federazioni , e più avanti quelle dei consigli di fabbrica , della FGCI e quelle tricolori del presidente della Repubblica , della Camera dei deputati , del Senato e dei presidenti del Parlamento . Elenchiamo intanto le poche cifre note . I pullman che sono arrivati a Roma sono stati più di cinquemila . I treni speciali venticinque . Le persone arrivate a piazza San Giovanni per conto loro , senza far parte di nessuno dei tre cortei collaterali o di quello centrale , erano più di trentamila . Alle 10.30 il centro storico era chiuso e bloccato . A quell ' ora , soltanto fra via del Teatro di Marcello e piazza Venezia , per un chilometro e mezzo di strada , erano già stipate trentamila persone . Il Comune di Roma ha impiegato per il governo del traffico mille e duecento vigili urbani . Davanti a Botteghe Oscure , nei giardini adiacenti a piazza Venezia , sui prati e sui marciapiedi hanno dormito migliaia di comunisti arrivati durante la notte . Alle 4 del mattino si è dovuta riaprire la camera ardente perché la folla premeva . Fino alle 14 , quando è stata chiusa , i visitatori che sono riusciti a passare davanti a quella bara sono stati almeno centoventicinquemila . Gli ultimi a fare il picchetto d ' onore sono stati gli attori , i registi , la gente di spettacolo . C ' erano Monica Vitti , Giovanna Ralli , Ettore Scola , Carla Gravina , Carla Tatò , Giuliano Montaldo , Mariangela Melato , Felice Laudadio . È stato visto Alberto Sordi , che comunista non è , passare e fermarsi un istante , commosso . Fra gli ultimi politici sono passati il democristiano Mario Segni e Aldo Aniasi , socialista . E poi i rappresentanti della comunità israelitica che sono stati ricevuti da Pietro Ingrao , con cui si sono fermati a parlare della « straordinaria umanità » del segretario del PCI scomparso . Così , quando la città - Roma si è svegliata , già era in piedi e quasi stremata un ' altra città che l ' aveva invasa sovrapponendosi : almeno mezzo milione di persone erano a mezzogiorno su via delle Botteghe Oscure e qualcuno già sveniva . Abbiamo visto diverse persone accasciarsi per il caldo e sono state soccorse con molto affetto . Una è morta per malore . Le ambulanze sono state chiamate in qualche caso . I siciliani che sono arrivati stremati dopo venti ore di treno hanno trovato latte e yogurt offerto gratis dai dipendenti della Centrale del Latte che si sono autotassati . Il Comune di Roma ha predisposto numerose autobotti che hanno fornito acqua fresca alle migliaia di assetati . A piazza San Giovanni già alle 13 era impossibile entrare . E per tutto il tempo dei comizi , dei discorsi ufficiali , folla e folla ha seguitato a premere sulla piazza , a riempire tutte le vie adiacenti , come un liquido palpitante e colorato , sul quale spiccavano le bandiere rosse . E anche piazza San Giovanni non ricordiamo di averla mai vista arredata con un palco di quelle dimensioni e di quella funzionale architettura . Rivedremo quel palco di 320 metri quadrati nei filmati e nelle foto , costruito in gran fretta da sessanta carpentieri di attrezzature metalliche e falegnami e sormontato da quella grande foto di Berlinguer mite e duro , forse timido ma anche ironico , alta quattro metri e mezzo e larga tre . Una coreografia , paradossalmente trattandosi di un funerale , assai viva : ideata per contenere cinquecento invitati fra europei , asiatici , africani ed americani . Anche in questo senso ci sembra di poter dire che non si era mai vista una cosa del genere . La gente . Giovani tantissimi , con i loro jeans ( e due copie dell ' « Unità » ficcate una per tasca ) , e le loro magliette , il loro modo di parlare che trascende ormai i dialetti in un esperanto adolescente e militante . Ma tanti , tantissimi i vecchi , la gente d ' età , i capelli bianchi . Le barbe e le pinguedini dei quarantenni . E i romani , in maggioranza subito seguiti dai milanesi , che quando sono comunisti si ritrovano anche in un loro linguaggio , popolare ma affettuosamente brusco . Così quando la folla trascina e si cade travolti , i mariti proteggono le mogli : « Bianca ! Acchiappate ar braccio mio » . E i fotografi impostano i loro servizi : « Avvisa tutti : tirate fuori 1' " Unità " e fateci un cappelluccio . Ma che si veda la parola " addio " davanti . Poi mettetevi lì che faccio il gruppo » . I giovani toccano , ti toccano , palpano , è una folla carezzevole e confidenziale . E quando l ' emozione passa in un grido , in uno slogan , l ' alito contamina tutti : « Non ti dimenticheremo » , « Enrico » , « Vivrai per sempre » . Togliatti morì in agosto . Berlinguer di giugno . E soltanto oggi si può dire che è estate : « Fa lo stesso caldo di quando morì Palmiro » dice un vecchio operaio . Il furgone avanza e il vento generosamente ingrossa le bandiere che si dispiegano con maestà : quella grande del Comitato centrale , frangiata e abbrunata , e il tricolore della Repubblica . E poi quella strana bandiera ibrida : verde e bianca in parti uguali e poi la sezione rossa di dimensioni triple . Il furgone va avanti e l ' asfalto fonde . Cantano Bandiera rossa e la banda procede a passi lillipuziani , con imprevisti schianti dei piatti . Ai lati del corteo le transenne . Oltre , c ' è altro popolo che si stringe e soffoca e piange . Si direbbe che un sottile velo di lacrime renda tremula questa immagine . O forse il miraggio dell ' alito rovente dall ' asfalto . Un urlo verso i Fori imperiali : « Viva il grande Partito comunista di Gramsci , Togliatti e Berlinguer » . Folla bianca e rossa sui giardini . Arriva la limousine nera del presidente della Repubblica : riceverà un applauso grande come un boato allo stadio , a piazza San Giovanni . Qui lo vedono in pochi e lo chiamano . I capi del servizio d ' ordine sono implacabili . E bravi . « Forza , forza co ' sto cordone , su , su , sbrigarsi » . Quando passa Berlinguer tutti levano in alto il giornale del partito nell ' edizione straordinaria che dice grande « Addio » in rosso . Inatteso un grande cartello declama : « Genitori , non crescete i vostri figli come schiavi , i figli non si picchiano » . Una vecchia signora genovese filosovietica si è messa ai lati del corteo con un cartello : « Oggi non c ' è scelta , o amici dell ' URSS , o servi di Reagan » . Distribuisce a pacchi la rivista « Realtà sovietica » . Grida : « Siete dei criminali , venduti all ' America » . Qualcuno , con rapida intolleranza , le fa a pezzi il cartello . Resta lì , patetica e testarda . Avanzano i gonfaloni delle città . Sono centinaia , forse migliaia , con i nomi dei paesi dell ' Umbria , delle Marche , del Lazio , della Calabria , della Toscana . E ne arrivano sempre più , sempre più , con i loro vigili urbani nelle uniformi fantasiose e diverse , tutte sull ' azzurrino . E arriva , preceduto dal rullo dei tamburi , il corteo torinese dai grandi cartelli e gli striscioni rossi . E i sardi del Sulcis che hanno montato la guardia al feretro col casco dei minatori e la lampada accesa , avanzando lentamente dietro il loro striscione . Sulla colonna Traiana , imbragata nell ' impalcatura del restauro , un lungo cartello verticale : « Vivrai sempre » . Le bandiere rosse sono vecchie e nuove . Le nuove sembrano di plastica , di questo nailon luccicante che si arroventa e non stinge . Quelle vecchie sono gloriose e slavate , falci e martelli ricamati a mano , all ' ingiù , come si usava all ' inizio del secolo . Tre i cortei che sono confluiti man mano su quello principale , fino alla piazza . Uno è partito dalla stazione Tiburtina , uno dall ' Ostiense e l ' ultimo da Cinecittà . Del primo facevano parte i comunisti padovani , trattati con riguardo perché la loro città è stata affettuosa e vicina al dramma di Berlinguer . Si radunavano lì i comunisti di Mantova , di Varese , di Bologna , del Friuli , di Verona . E poi i petrolchimici di Marghera , di Milano . Fischiano Bella ciao nel caldo . Lacrime e sudore . Si muovono al canto di Bandiera rossa . Pugni chiusi . Pugni chiusi , ma molti di quelli che riusciranno ad arrivare fino alla camera ardente renderanno omaggio a Berlinguer prima con íl segno di croce e poi col pugno : pietas cattolica e militanza . Se c ' era chi gridava : « Enrico , vivi in tutti noi » , non è mancato chi amaramente inalberava un cartello che dichiarava « Enrico , sei morto insieme a noi » , riecheggiando la battuta addolorata di Benigni che ha scritto più o meno : adesso andremo tutti indietro . I comunisti piemontesi sono arrivati all ' Ostiense . E anche quelli liguri , i toscani e gli umbri , con le loro bande musicali e i gonfaloni . A mezzogiorno intorno alla Piramide erano più di sessantamila , con i ragazzi della FGCI in prima linea , seguiti dagli operai della FIAT Lingotto , di Rivalta , Mirafiori , tutti con i cappelli di carta , con i berretti di tela , i golf della notte annodati alla vita , í fazzoletti sui capelli . Cartelli grandi e affettuosi : « Enrico , sei stato grande » , « Enrico , ti prometto un mondo più bello , ti voglio bene , Dalia » . Bisogna dire che l ' eco del titolo del film di Benigni ha fatto scuola : « Ti voglio bene » era dovunque . E deve avere influenzato anche quel confidenziale , personale « ciao Enrico » dell ' « Unità » , così nuovo in un giornale che fu paludato fino alla tristezza . Molti cartelli del tenore « Grazie Enrico per quello che ci hai insegnato » e drammatico quello che promette : « Senza di te , senza perderti » . I cortei si sono mossi ininterrottamente , come fluidi continui . Al Circo Massimo í primi malori . I « compagni medici » intervengono spesso . Ed ecco í portuali di Genova , di Riva Trigoso , gli stessi che udirono il comizio del giorno prima di Padova . A Cinecittà si raduna il popolo del Sud . Centinaia di pullman che vengono da Bari , Brindisi , Matera , Napoli , Potenza . Una folla eterogenea che ha usato pullman di gran turismo con TV e toilette , oppure vecchie corriere degli anni Cinquanta . C ' è stato chi si è preoccupato di raccogliere le cartacce e molte donne hanno aperto fagotti di viveri . Anche da Cinecittà sono partiti a migliaia diretti verso piazza San Giovanni , attraverso una città trasfigurata .