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> categoria_s:"StampaQuotidiana" > autore_s:"Sofri Adriano"
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La pace ha un passo zoppo e congedato . Niente fanfare . Era abusivo il nome di guerra , per questa devastazione condotta dall ' alto in basso . Né vera azione di polizia , com ' era necessario , né vera guerra . Un temporale in cui l ' impotenza e l ' onnipotenza si sono date la mano . Dunque si potrà chiamare col nome di pace la sua conclusione , oggi finalmente annunciata ? Le guerre hanno smesso da tanto di essere cavalleresche , tant ' è vero che a morirne sono i civili . Ma finché erano guerre ammettevano anche lo scoppio della pace . Una notizia che correva da uno all ' altro , soldati che risorgevano dal grembo macabro delle trincee buttando via il moschetto e correndo ad abbracciarsi , folla assiepata ai bordi delle strade a sventolare fazzoletti e bandierine , balli e baci regalati dalle belle ragazze . Non so se questa volta ci sarà un momento per dichiarare la pace , e farle festa . Temo di no . Le belle ragazze sono ora le vittime predilette , e le scampate sono le più riluttanti a tornare . Qualcuno firmerà fogli in televisione : spero che non ci sia Milosevic , e che almeno manchi la corrente , ai televisori dei profughi . Guerre e paci moderne sono travestite e ambigue . Non fanno festa , né fraternizzazioni . La pace perde anche lei la sua maiuscola . E stenta , dubbia , amara : si chiede perché la pazzia sia appena avvenuta , e se un ' altra pazzia non sia in agguato . Niente balli nelle strade : tuttavia è la pace . E la fine degli agguati , degli stupri , delle botte , delle fughe , degli sputi . Il ritorno dei cacciati . Lo sgombero delle macerie . Il pellegrinaggio alla ricerca degli scomparsi , delle fosse . I cimiteri ricomposti . Le rovine frugate a trovare le reliquie del mondo di prima , una fotografia , un cucchiaio , un giocattolo . Qualcuno ci sarà che , per orrore e offesa , non vorrà più tornare . Sarà questo , la pace . Lo stupore per un vicino dell ' altra nazione che , a differenza dagli altri , non va via , e l ' incertezza fra l ' odio e il saluto restituito a occhi bassi . L ' incontro con qualche vecchio animale inselvatichito e scampato alla tempesta , una gallina , una gatta restata fedele alla rovina . L ' abitudine da fare a blindati e jeep e persone straniere a serbi e albanesi , arroganti nella carrozzeria intatta e nelle uniformi stirate e nella corsa perpetua , come se stessero precipitandosi a un salvataggio fatale , e invece girano rapidi e a vuoto , come ogni truppa di occupazione , anche la più benvenuta . La voglia di raccontare ciascuno la propria odissea , in cambio di una piccola pazienza per ascoltare il racconto degli altri . La coda a uno sportello di fortuna che restituisca una carta d ' identità . La pace . Non il tempo nuovo , la rinascita , il fervore : semplicemente , la fine , cauta , della paura e dell ' orrore . Non è poco . Vidi l ' arrivo della pace a Sarajevo . Non arrivò . Niente feste . Anzi , dopo crebbero di colpo i suicidi . Però era finita . Finita con le granate , coi cecchini , con le deportazioni , con le taniche d ' acqua trascinate dai vecchi fino all ' ultimo piano , con le candele di falsa cera , col freddo . Si è insieme sollevati , e più offesi , quando è finita . Avranno fatto festa , ieri , a Kukes , o nei boschi intorno a Pec , o a Kragujevac e nella Novi Sad vedova di ponti ? Tutti quegli uomini maschi che abbiamo visto piangere senza controllo , da due mesi . Forse hanno pianto , ancora più che gli altri giorni , ma in un modo diverso . Solo la fine , speriamo non effimera , della " guerra " . Non è poco . Cambieranno cielo e terra . Il cielo era stato confiscato da una migrazione quotidiana di macchine magnifiche e lontane , gloria in excelsis : apparecchi da castigo , con gli occhi bendati . E la terra . E pace in terra . La guerra ormai è affare dei cieli , la terra è invasa dagli assalitori razzisti , scavata di fosse comuni , corsa dai fuggiaschi . La pace riguarda la terra . Dobbiamo avere a cuore le creature umane , uccise , violate , sofferenti . Bisognava soccorrerle , in Kosovo , e bisogna altrove . Il loro ritorno protetto non risarcirà la tempesta furibonda dei due mesi trascorsi , ma almeno non l ' avrà resa solo un ' inutile esibizione . Un popolo destituito , spinto a coprirsi sotto un telo di plastica , vergognandosi di sé ai nostri occhi di spettatori commossi o cinici , si ricostruirà un tetto rosso di tegole : i suoi bambini si riabitueranno un po ' alla volta a disegnare case col fumo che esce dal comignolo , invece che dal rogo dei ripulitori . l ' inverno non li farà tremare . La pace è fatta per gli umani , e poi per le loro case : è domestica . Ma è fatta anche per la terra . Mi piace l ' espressione : torneranno alle loro case - benché bruciate e profanate . Ma non vorrei dire : alla loro terra . La terra merita di essere di tutti - no , neanche : anche in questo c ' è un ' usurpazione . La terra merita di essere di nessuno . Non so per quale inversione di senso , in latino si diceva res nullius , cosa di nessuno , per designare ciò che fosse a disposizione di tutti : come la selvaggina cacciabile . Il punto estremo cui sapevamo arrivare era di dichiarare qualcosa senza padrone - in modo che chiunque di noi umani ne fosse padrone . Con la stessa formula , terra di nessuno , no man ' s land , abbiamo chiamato quelle strisce disboscate che come cicatrici commemorano le nostre guerre e separano le nostre risse : luogo scelto dagli innamorati senza etnia e senza segnaletica , come i due ragazzi di Sarajevo che vi si avviarono mano nella mano . Terra di nessuno , dunque libera ? No : è il punto in cui vi sparano addosso da tutti i lati , con un ' autorizzazione universale . Come sui ponti , e su tutto ciò che congiunge e traduce e traghetta . ( I disgraziati che hanno assassinato d ' Antona non hanno trovato di meglio , per spiegare la loro impresa , che definirlo come una cerniera fra qualcosa e qualcos ' altro ) . La terra non dovrebbe essere di nessuno , neanche di tutti noi , se non reciprocamente . In questi due mesi sarebbe sembrato un lusso e uno scandalo protestare per conto della terra colpita e ferita , con tanto dolore umano : tuttavia bisogna farlo , e augurare pace alla terra . Non dico degli avvelenamenti di terre e acque , che la guerra moderna moltiplica ma la pace provoca anche lei . Dico proprio delle ferite alla terra : della semina di mine , dei crateri di bombe e di schegge , delle sepolture occultate , dei campi e dei boschi distrutti . Fuori dalle città , a sminare la Bosnia provvedono , a vanvera , animali selvatici sopravvissuti o capre slegate . Gli uomini colpiscono la terra e la rendono sterile e inabitabile . Bestemmiano . E anche quando hanno una ragione migliore dalla propria parte , non sanno trovare un modo migliore per perseguirla . La nostra parte , che aveva dalla sua la ragione , è sembrata accanirsi a colpire la terra : come il satrapo persiano che , per superbia , ordinò di fustigare il mare indocile . La terra è docile , accogliente , materna : purché non la recintiamo di filo spinato e non la innaffiamo di sangue . Noi ci stiamo disaffezionando alla terra , dopo averla tanto maltrattata e imbruttita . La bruciamo , le togliamo l ' aria . Lo facciamo alla leggera , in tempo e luogo di pace ; o anche con furia , guerrescamente , con mine a forma di farfalla e proiettili all ' uranio impoverito . Guerra è la storia , pace è la terra . La terra del Kosovo è ancora antica , e antichi gli odii e le vendette di sangue che sembra imporre ai suoi abitatori : campo dei merli , campi di teschi dissepolti . Lì la nostra schiacciante modernità è stata convocata , e ha fatto figura un po ' di cavaliere un po ' di maramaldo . Intanto si rifiniva la costruzione della piattaforma spaziale permanente , grande come uno stadio di calcio , che segnerà una tappa essenziale nel nostro trasloco da un pianeta esaurito . Piattaforme orbitanti , gommoni rattoppati da Valona : è il nostro mondo . Uno dei bambini che hanno già visto Prizren e Blace e Comiso e Narvik forse ora potrà completare gli studi alla Libera università di Pristina , e poi si imbarcherà per Marte . C ' è stato , di nuovo come da dieci anni , l ' orrore di una " pulizia etnica " in Europa : sembrava impensabile . C ' è stato , finalmente , l ' impiego di una forza internazionale a difesa delle vittime e del diritto . un ' azione di polizia internazionale . Dopo la prima sera , il nostro capo del governo pensava che potesse bastare . Non aveva capito , né lui , né noi , né i generali della Nato . è continuato , per suo conto , per inerzia . Poteva davvero venirne una guerra mondiale , forse un impiego dell ' atomica . In fondo , di tutte le grandi conquiste dell ' Uomo , l ' atomica è l ' unica che , usata una volta - a Hiroshima e Nagasaki - è stata tenuta in magazzino . A noi piace usare le nostre scoperte . Ora lo faremo con la genetica : a giocare con le atomiche resteranno i poveracci rifatti , l ' India e il Pakistan . Poteva andare malissimo . Invece , pare , è arrivata la pace . Messaggeri un uomo d ' affari russo , un po ' tozzo , che dice " il diavolo si annida nei dettagli " , e i cronisti pensano che sia un ' idea sua , e un uomo di stato finlandese , vistosamente zoppicante . Va bene così . Era ora che quel bel paese del nord si riscattasse dall ' immeritata categoria che gli era stata cucita addosso : finlandizzazione . Magari ci finlandizzassimo : e invece ci balcanizziamo . Quanto al passo zoppo , sia benedetto , dopo tanto gorgheggiare pro e contro l ' intervento di terra : è così , con quel passo zoppo e congedato , che arriva la pace .
Mai più la guerra. Mai più Auschwitz ( Sofri Adriano , 1999 )
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Con la " guerra " per il Kosovo viene al pettine il nodo irrisolto del 1945 : fra la lezione che suona " mai più la guerra " e quella che suona " mai più Auschwitz " . Quei due fili si ingarbugliarono e oggi , quando è diventato urgente ridipanarli , ce ne troviamo in mano uno solo alla volta . D ' altro canto , la " guerra " fa appello al " nuovo diritto internazionale " , mettendone alla prova insieme la concezione ispiratrice , e i modi di attuazione . La differenza fra i modi è offuscata , finché l ' attenzione continua a fissarsi su pretese linee di principio , pacifismo o interventismo : e invece è decisiva , come mostra giorno dopo giorno la strategia dei raid aerei . Quest ' ultima ha una storia e un carico simbolico , che non mi sembra meno importante di quello strettamente militare . Menzionando la promessa " Mai più Auschwitz " , non intendo né paragonare la deportazione e gli eccidi in Kosovo alla Shoah , né Milosevic a Hitler - che può essere solo un generico , e allora meritato , insulto . Inoltre , nel " Mai più Auschwitz " , è contenuto il " Mai più Gulag " , benché questa connessione abbia tardato molto a farsi riconoscere . I giudici di Norimberga , e le potenze vincitrici che li avevano insediati , affrontarono due questioni maggiori : la prima , la preservazione futura della pace , e dunque i " crimini contro la pace " ; e l ' altra , i " crimini contro l ' umanità " , incunabolo dell ' odierno diritto all ' ingerenza . Fu la prima a prevalere , al punto che buona parte dell ' accusa si improntò alla nozione ( giuridicamente dubbia ) di " cospirazione " per provocare e attuare la guerra d ' aggressione . I crimini contro l ' umanità , " l ' assassinio , lo sterminio , la schiavizzazione , la deportazione , e ogni atto inumano commesso contro tutte le popolazioni civili , o le persecuzioni per motivi politici , razziali o religiosi ... " furono largamente assorbiti dai " crimini di guerra " , i quali erano invece codificati nel diritto internazionale dall ' inizio del secolo . Lo stesso sterminio degli ebrei , cuore della nuova figura di crimine contro l ' umanità , venne inizialmente trattato come parte del piano per la guerra aggressiva , e della sua esecuzione . Il processo finì nell ' ottobre del 1946 , e tuttavia il peso cruciale di Auschwitz - almeno un milione e 100.000 uccisi , più del 90 per cento ebrei - non vi fu sentito . Quanto alla parola genocidio , coniata da Raphael Lemkin solo nel 1944 , non comparve agli atti del Tribunale militare di Norimberga , e dovette attendere il processo a Eichmann , 1960 , per occupare il centro dell ' accusa . L ' attenzione soverchiante al tema della guerra e della pace nei confronti di quello dei diritti umani , manifesta nell ' orientamento giuridico di Norimberga , ha una faccia civile drammatica e nota , benché mai abbastanza . Vi ricordate del sogno - l ' incubo - del superstite di Auschwitz , raccontato in " Se questo è un uomo " , di tornare e non essere creduto . Di non essere neanche ascoltato . ( Bisogna ricordarsene ora , ascoltando con cautela i racconti di Kukes ) . Comprensibile , no ? In fondo tutti sono usciti da una tragedia , come è stata la guerra , e non hanno orecchie per il racconto altrui , e oltretutto vogliono dimenticare e ricominciare a vivere . A un tale sentimento appartenne anche l ' amara difficoltà di " Se questo è un uomo " a farsi pubblicare , e riconoscere . Ma che spazio trovasse , alla lettera , la Shoah nell ' Europa liberata , lo mostrarono i campi cintati di filo spinato e vigilati con le armi in cui le migliaia di ebrei superstiti vennero rinchiusi , " displaced persons " , gente fuori luogo , dagli Alleati , col generale Patton in testa , prima che Eisenhower lo destituisse . " Fuori posto " , in Europa . Fra i due impegni - mai più guerra , mai più Auschwitz - l ' Europa delle autorità e quella della gente comune non ebbero dubbi , ammesso che intuissero il problema . All ' altro capo della sconfitta , in Giappone , si svolse una vicenda parallela , con due o tre differenze capitali . Intanto , i giapponesi avevano commesso atrocità enormi nel corso delle loro lunga guerra ( fin dalla Manciuria 1931 ) , ma senza un equivalente dell ' antisemitismo e della Shoah . Inoltre il Giappone non fu occupato da un gruppo di potenze vincitrici , come la Germania , bensì dai soli Stati Uniti e anzi da un plenipotenziario assoluto , fino al 1952 , Mac Arthur . Soprattutto , sul Giappone erano state sganciate le bombe atomiche . Hiroshima e Nagasaki furono sentite da ciascuno come un passaggio epocale , benché i bombardamenti convenzionali della Seconda Guerra , la " tempesta incendiaria " su Amburgo o Berlino , o Dresda ( luglio '43 , decine di migliaia di morti nel giro di 14 ore ) , o a Tokyo (84.000 morti in una notte ) avessero causato un numero maggiore di vittime . Il B29 su Hiroshima ne uccise 71.379 . Ma a Hiroshima l ' onnipotenza di una scienza che si rivaleva sulla creazione divina con la distruzione nel nulla , fece strage di persone e cose , ma più ancora rovesciò l ' orizzonte simbolico del mondo . Molti degli stessi giapponesi vollero sentirvi , più che il colpo schiacciante del nemico americano , una specie di vampata sacrificale , nella quale rimuovere le proprie colpe , ed espiare per l ' intero genere umano , tramutando la disfatta in una missione di testimonianza antimilitarista e pacifista . Nel Tribunale militare di Tokyo , gemello di quello di Norimberga , si condannò la cospirazione della cricca militarista e le atrocità ( gli eccidi , gli stupri di massa , le schiavizzazioni delle popolazioni asiatiche conquistate , le sevizie ai prigionieri ) : i " crimini contro l ' umanità " furono assimilati del tutto ai crimini di guerra . La posta dichiarata era la capacità di prevenire la guerra . A Norimberga era stato vietato alle difese dei gerarchi nazisti di rinfacciare i crimini alleati , e soprattutto i bombardamenti delle città ; così a Tokyo per Hiroshima . ( Benché il giudice indiano , Pal , considerasse l ' atomica come il vero crimine contro l ' umanità ) . Ma non influì solo il drastico divieto americano . È stupefacente , di quel Giappone , scoprire come da un giorno all ' altro - i giorni di Hiroshima e dell ' inaudito discorso di resa di Hirohito - un mondo di mentalità e abitudini che sembravano ferree crolli e si capovolga in un ' adesione al modo di vita del vincitore . Il quale portò , con l ' " arrogante idealismo " ( o , in un ' altra definizione , l ' " imperialismo sentimentale " ) che gli era ed è proprio , non solo la manifestazione della sua superpotenza economica a un paese agonizzante di fame , ma anche una radicale riforma democratica della vita associata ( diritti delle donne , liberazione dei prigionieri politici , essenzialmente di sinistra , regole elettorali ecc . ) . Questo complesso di innovazioni fu chiamato , e largamente applaudito , come " rivoluzione dall ' alto " . ( Ho appena letto John W . Dower , " Embracing Defeat . Japan in the Wake of World War II " , New York 1999 , cavandone scoperte forti quanto la mia ignoranza ) . Non è sconvolgente che nel paese di Hiroshima venga adottata l ' immagine di un " alto " da cui arriva il bene ? L ' esplosione riuscita ad Alamogordo è del luglio . Hiroshima del 6 agosto . Tempo a parte , avrebbero gli americani sganciato l ' atomica sulla Germania , in Europa ? I giudizi più affidabili riconoscono una vena di disprezzo razziale nella scelta del Giappone . Quel colpo ebbe comunque una serie di ripercussioni decisive su tutto il mondo . In primo luogo , associò definitivamente ( e , in larga misura , abusivamente ) gli americani all ' idea di un egoismo così cinico da far scegliere un olocausto atomico di civili , militarmente superfluo , per non mettere a repentaglio vite americane . Inoltre , eclissò ogni altro giuramento ( " mai più Auschwitz " ) figurando , da allora in poi , una distruttività totale della guerra , che ne esigeva la trasformazione in un tabù , e della pace in un imperativo senza alternativa . Il mondo si sarebbe spartito d ' ora in poi in un prima e un dopo la bomba . Qualcuno sentiva che il mondo si era diviso in un prima e un dopo Auschwitz . ( E le stesse parole si evocavano per Auschwitz e Hiroshima : impensabile , indicibile ... ) . Ma come arrestarsi davanti alla fine di un mondo , quando si annunciava la fine del mondo ? L ' atomica - tanto più nel colpo raddoppiato di Nagasaki - era stata impiegata anche per avvertire l ' Urss , la quale si gettò al recupero del ritardo , e in pubblico levava la bandiera della difesa della pace contro la potenza aggressiva dell ' America . Il pacifismo apparso universalmente come la lezione da tirare dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale , sarebbe stato segnato dall ' ipoteca sovietica . Più in generale , Hiroshima sarebbe diventata , per un grande e sincero numero di intellettuali e persone comuni in tutto il mondo , l ' argomento da opporre in pubblico all ' anticomunismo , e da mormorarsi in cuor proprio per giustificare le nefandezze dell ' Urss . * * * Nel momento dell ' amministrazione congiunta della vittoria , America e Urss preparavano il terreno della futura sfida . Nella quale un altro fattore era destinato a giocare una parte simbolica rilevante . Alla fine , la Seconda Guerra Mondiale era stata vinta soprattutto da due forze complementari ( così appariva ) : la superiorità economica e tecnologica degli Stati Uniti , e la resistenza umana del popolo russo . La seconda portava il nome glorioso di Stalingrado , la prima il nome terribile di Hiroshima . Una aveva l ' aspetto dell ' aviatore , potente di una potenza distante , che colpiva dall ' alto ; l ' altra le fattezze antiche del fante Ivan , del contadino russo attaccato alla terra , e inestirpabile fino alla morte . ( L ' armata degli Ivan nella sua controffensiva fino al centro di Berlino commise , incitata , un numero incomparabile di stupri : questo si seppe meno , o si " capì " ) . Un tocco peculiare si aggiunge alle immagini opposte , e dà loro il suggello che può dare un libro quando diventa lo schermo attraverso cui riconosciamo il mondo : è il Tolstoj di Guerra e Pace . Sulla sua filigrana si imprime l ' epopea di Stalingrado . ( E vi si ricalca " Vita e destino " , la grande opera di Vasilij Grossman su Stalingrado , gloria di un popolo e insieme del suo tiranno , e anche sugli inferni paralleli di Auschwitz e dei campi " di lavoro " russi ) . Sui suoi personaggi gli intellettuali e i lettori comuni di tanta parte del mondo leggono i nuovi personaggi : Napoleone e Hitler , Kutuzov e i marescialli di Stalin , il soldato contadino Platon Karatajev e le donne e gli uomini difensori del Volga . ( Anche il recente " Stalingrado " dello storico militare Antony Beevor , Rizzoli , viene pubblicizzato col richiamo a Guerra e Pace ) . Primo Levi , cui non sfuggiva la " vergogna del Gulag " , vive e racconta la propria storia attraverso quel filtro . " ... i buoni soldati dell ' Armata Rossa , gli uomini valenti della Russia vecchia e nuova , miti in pace e atroci in guerra ... " . E l ' incontro con il maresciallo Timosenko : " Semjon Konstantinovic Timosenko , l ' eroe della rivoluzione bolscevica , della Carelia e di Stalingrado ... Si intrattenne alla buona con noi italiani , simile al rozzo Kutuzov di Guerra e pace , sul prato , in mezzo alle pentole col pesce in cottura e alla biancheria stesa ... " ( È " La tregua " ) . Su questa idea non posso fermarmi qui : se non per concludere provvisoriamente che vi si trova un ' altra spiegazione dell ' ostinato e dannato attaccamento di tanti a Stalin stesso , e comunque all ' Urss - alla Russia - e alla resistenza invincibile del suo popolo contro l ' invasore . Non era stato Tolstoj , del resto , a " rendere poetica l ' idea della guerra del popolo " ( Grossman ) ? Nella Seconda Guerra , al tempo delle incursioni angloamericane ( la Raf tenne allora il primo posto ) sulle città tedesche , la propaganda nazista non aveva tardato a sfruttare l ' argomento . ( Che ora Bossi è andato a ripetere a memoria ad Aviano ) . Nel 1943 Goebbels aveva parlato del " terrorismo aereo ... prodotto dalle menti malate dei plutocratici distruttori del mondo " . Gli americani furono a lungo riluttanti . Il primo gennaio 1945 il generale Eaker disse : " Non dobbiamo permettere che la storia ci accusi di aver gettato il bombardiere strategico contro l ' uomo della strada " . Più tardi , quell ' anno , un deputato laburista inglese osservò polemicamente che i russi facevano bombardamenti " tattici " e non a " tappeto " , e che ciò li avrebbe autorizzati un giorno ad accusare l ' Occidente capitalistico di macchiarsi di quella viltà . Dal '45 in poi , questo stereotipo ( che è tale nonostante sia parzialmente fondato ) si è confermato , sul versante americano : sprofondato com ' è il versante opposto . Gli americani hanno combattuto altre guerre lontane : per tenere i confini dell ' impero , o per difendere una fede civile . La stessa distanza - malvista dagli altri come il privilegio di chi non subisce la guerra a casa propria , o ammirata come una generosità che li porta a morire lontano da casa - appare come una conferma della loro prepotenza : americani , quasi marziani . Arrivano dall ' alto , bombardano : come in Corea ( benché ne siano morti 35.000 ) , come in Vietnam (58.000), come , teatralmente , in Iraq , come , provvidenzialmente , in Bosnia . In Vietnam , erano i B52 del napalm e le falcidie degli elicotteri . ( Un giorno il generale Westmoreland , informato della presenza di Giap in una località nordvietnamita , le aveva fatto sganciare sopra mille tonnellate di bombe . Per un uomo piccolo come Giap ... Non è un caso che in questi giorni i vietnamiti abbiamo mandato ai serbi messaggi e auguri in cui si identificano con loro . Su questa immagine - la bomba in alto , il piccolo combattente in basso - si modellò il terzomondismo ) . L ' evoluzione della tecnologia ( gli aerei " invisibili " , culmine di questa simbolica sottrazione possente e codarda al corpo a corpo ) e dello spirito pubblico , non ha fatto che accentuare la distanza dal campo di battaglia . In Iraq la sproporzione è stata madornale : però , dove doveva valere a proteggere le vite stesse del nemico , approdò a una carneficina , benché a cifre differite . Ma le stesse ragioni che spingono in questo senso - il progresso scientifico , il valore assegnato alla vita dei singoli " nostri " - esigono anche di radicalizzare la differenza fra una guerra che si vuole " giusta " , o piuttosto inevitabile , e una ingiusta . Differenza che non può esaurirsi nel movente , né nel fine : ma sta altrettanto nel modo in cui viene condotta . Se no , la generazione " del Vietnam " nei governi rischia di ridursi alla novità di una sinistra che firma ora lei le cose di destra . Ogni scelta militare è contemporaneamente una comunicazione rivolta a chi la sostiene , e a maggior ragione a chi la subisce , cui dichiara per quale idea , per quale convivenza si sta combattendo . Non sono capace di valutare i termini militari di un problema . Al tempo stesso sento che non posso eluderlo : non si può restare alla convenzione per cui , una volta accettata la necessità della guerra , tutto passa nelle mani dei militari . Con tutta la timidezza , i termini militari della " guerra " iniziata il 24 marzo , sembrano anche a me , convinto della necessità dell ' impiego della forza per il Kosovo , amaramente insoddisfacenti . La guerra , una volta intrapresa , esige il prossimo passo con la ineluttabilità del fatto compiuto . Contati i morti e la devastazione nel campo " nostro " e " nemico " , e tanto più il disastro vergognoso dei deportati e fuggiaschi : chi di noi , il primo giorno , vi avrebbe acconsentito ? Non io : neanche , credo , il generale Clark . Ora il punto è questo , e duro , perché non si tratta di non perdere la faccia - fra i privilegi invidiabili della libertà e della democrazia c ' è la disponibilità a perdere la faccia , persino volentieri - ma di ratificare il deserto del Kosovo , le vittime di cui è seminato , i cacciati , e l ' impunità della gang di Belgrado . In termini nient ' affatto militari , io penso che né gli americani , né noi , possiamo sottovalutare il costo dello stereotipo della guerra asettica ( per chi la conduce ) , dei raid e dei bombardamenti aerei , senza faccia e senza nome , salvo qualche incidente sacrilego , come l ' abbattimento dello Stealth , e la danza tribale sulla sua carcassa della razza di chi rimane a terra . C ' è un solo punto in cui le due promesse ( " mai più guerra " , e " mai più Auschwitz " ) possono ricongiungersi : e sta nel modo in cui il mondo del " nuovo diritto " sceglie di battersi . Il mondo libero non seppe e non volle bombardare Oswiecim , e non potrà esserne perdonato . Quanto alla legittimità , " quando la casa brucia , non è il caso di chiedere la legittimità dei pompieri " ( Günther Anders ) . Ma non è detto che debba ora ridursi all ' intransigenza del bombardamento celeste . Ha scritto , ferocemente , Pierre Vidal - Naquet : " Fare la guerra senza prendersi i propri rischi , vuol dire aggravare il fossato fra il mondo dei ricchi e quello dei poveri ; non è combattere , è praticare una specie di tortura aerea : parla , o ti colpisco ... " . Joschka Fischer , sul quale pesa la prova più delicata della nuova classe dirigente europea , ha detto : " Noi siamo la generazione che si è promessa " Mai più guerra " e " Mai più Auschwitz " " . Così dovrebbe essere , ma è un po ' più complicato . Nelle mani dei pacifisti , sinceri o abusivi , rischia di restare solo il filo del NO alla guerra , a costo dell ' omissione di soccorso . Nelle nostre mani , l ' urgenza del soccorso rischia di delegare per intero il problema ai pompieri , che a volte , per deformazione professionale , sono incendiari .
Aguzzini sotto le bombe ( Sofri Adriano , 1999 )
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Ci sono porte destinate a non aprirsi . Scantinati senza finestre . Luoghi riservati . Letti di contenzione , sedie per slogare . È raro che vengano alla luce : per un terremoto , per un ' eruzione vulcanica . È raro che se ne parli : gli ospitati non ne escono vivi . È più facile che ne parlino i gestori : si resiste difficilmente alle vanterie , anche quando possono costare . Nel Kosovo riaperto si sapeva - purché lo si volesse sapere - che si sarebbero trovati forni e fosse comuni . Non era facile immaginare lo scantinato della tortura . Gira in questi anni una - detestabile - mostra sugli strumenti di tortura : la vergine di Norimberga , le ruote dentate , genere che ha i suoi amatori . Il repertorio interrato che da Pristina è arrivato sui nostri teleschermi è tecnologicamente grossolano , ma moralmente scelto : i pugni di ferro , i coltellacci , i mazzi di preservativi , il bastone spaccato in due ( ne sarà stato orgoglioso , o seccato , quello che ha dato il colpo ? ) , la rinfusa di documenti personali dei torturati e dei giornaletti zozzi dei torturatori . Eloquente repertorio : museo già pronto per le scolaresche . Resistono stupidi pregiudizi sul conto della tortura , di cui i torturatori sarebbero i primi a farsi beffe . Che serva a qualcosa , a far parlare ... Ma no . La tortura è un ' arte , è un piacere , è gratuita . Deve far male dentro il corpo dell ' altro , dell ' altra . Quello scantinato è altra cosa dall ' assassinio di strada e dallo stupro compiuto a cielo aperto , al caso dell ' agguato e della furia improvvisa . Quello scantinato è la sala operatoria di una chirurgia d ' eccezione , in cui la potenza dell ' odio si è presa un ufficio , e lavora con metodo . Il paziente è di preferenza una giovane donna , e se no un uomo su cui si compiano atti di effeminazione oltraggiosa . Il torturatore è un uomo : lo diventa davvero lì dentro . È un luogo di iniziazione completa : dal giornaletto porno alla precauzione del preservativo , dal corpo spogliato e legato alla carne incisa , alle ossa frantumate , al sangue scolato in un recipiente lurido . Nella camera della tortura ogni movente mostra la propria fuorviante superfluità . Non importa più la divergenza nazionale e religiosa , neanche quella spinta all ' assassinio di massa o allo stupro di massa . C ' è il rapporto di potere nella sua essenza : il corpo a corpo fra il gruppo di armati e l ' inerme denudato . Sempre la tortura prende la mano ai suoi apprendisti , dovunque , nelle caserme di polizia , nelle celle di punizione , nelle stanze private in cui uomini piccoli e impazziti si vendicano della propria paura . Succede molto , molto largamente . Ieri era anche uscito il benemerito rapporto annuale di Amnesty , impressionante : eppure succede ancora più largamente . L ' omertà e la paura tengono ancora chiuse molte cantine . Possiamo fingere di non saperlo . La mia generazione ebbe fra le prime letture civili il saggio sulla tortura di Henri Alleg : era il 1958 , l ' Algeria . A nessuna generazione è mancato il suo addestramento . Ora i bambini vedono al telegiornale - i bambini vedono tutto , infatti - quel pavimento disseminato di ferri e mazze , in uno strano disordine ; ci si aspetterebbe una cura diversa , da uomini d ' ordine per eccellenza come sono i torturatori . Non so se si solleveranno dubbi , sull ' " autenticità " di questo scantinato . Se le cose stanno così - mi pare di sì - vorrà forse dire che gli aguzzini si sono lasciati prendere di sorpresa ; ma anche che è costato loro caro staccarsi da quel laboratorio professionale . Si dice che un ' antica dama implorasse graziosamente : " Ancora un minuto , signor boia " . Qui , forse , era il boia a chiedere per sè ancora un minuto . Chi ha percorso in questi anni la Jugoslavia conosce la scena infinita delle Pompei dei vivi , delle case abbandonate senza il tempo di afferrare un oggetto , di dare un ' ultima occhiata . A Spalato un soldato appena reduce dalla " pulizia " della Krajna di Knin , bevendo birra un po ' per festeggiare un po ' per tristezza , mi disse : " Si entra nelle case e si trova la vita normale , due bicchieri di plastica colorata da bambini , ho visto un orsacchiotto posato sullo schienale di un divano esattamente come ce n ' è uno a casa mia ... Questa è la cosa più dolorosa . Poi ho finito anch ' io col prendermi una targa d ' auto , come hanno fatto tutti " . Un altro mi volle regalare una bomba a mano serba , declinai , e accettai una banconota datata Knin 1992 . Neanche i soldi avevano fatto in tempo a portarsi via . Nella cantina di Pristina non hanno fatto in tempo a raccogliere i machete , né i preservativi . Bisogna tener ferme le distinzioni . Riconoscere , dietro la fisionomia comune della violenza fisica , della violazione corporale , della tortura , i tratti speciali di ogni nuova impresa . Pristina è Pristina : non solo un altro nome da aggiungere alla mappa della tortura nel mondo . A Pristina la " polizia " serbista ha dovuto fuggire all ' improvviso , questo ci dicono le immagini dell ' ispezione imprevista . Ma ci dicono anche che avevano avuto molto tempo . Per 78 giorni lo scantinato è stato un quieto riparo antiaereo , nel quale fare il lavoro . Per 78 giorni noi abbiamo fissato un buco nero che si chiamava Kosovo , senza vederne se non i bordi , persone schizzate fuori a suon di minacce botte sparatorie e bombe . Abbiamo gremito il cielo , e perso di vista la terra . Ci siamo chiesti che cosa stesse succedendo , per terra , sotto la terra . Si lavorava , nella cantina di Pristina . È doloroso , oggi , guardare il corteo vilipeso o esasperato di serbi che abbandonano a loro volta il Kosovo : era diventato fatale . Ma è commovente vedere il corteo di ritorno dei kosovari albanesi cacciati fuori dai confini . Mai , che mi ricordi , una popolazione deportata ha fatto ritorno alle sue case - alle sue macerie : si possono amare le proprie macerie - per effetto del soccorso dei potenti . Non certo dopo la Seconda guerra , e tanto meno per i suoi scampati ebrei . Bisogna esultare per questo rientro , ed esserne grati . Bisogna dire che l ' incriminazione di Milosevic e i suoi all ' Aia non ha affatto dilazionato la resa , ma l ' ha accelerata : e sarebbe stata comunque giusta . Bisogna riconoscere in sé il rischio orribile del negazionismo e della minimizzazione di fronte alla misura e alla profondità di una persecuzione , in nome di diffidenze e di partiti presi . Bisogna congratularsi che la nostra parte di mondo , a differenza che per la Bosnia , non si sia lasciata piegare dall ' antipatia per l ' anagrafe musulmana della maggioranza della gente kosovaro - albanese . Tuttavia , si deve tornare all ' inizio della questione . Perché una ottusità politica indusse a chiedersi se si dovesse o no intervenire a difesa dei kosovari , piuttosto che come intervenire . Anche dopo l ' inizio dell ' intervento , quando le milizie serbiste hanno risposto con l ' inaudita deportazione di centinaia di migliaia di persone , e nessuno avrebbe dovuto più esitare ad affrontare quella tragedia , qualunque giudizio si desse sulla sua origine . Oggi ci si congratula dello scampato maggior pericolo , e si rischia di barattare la " vittoria " - com ' era possibile che una " vittoria " non arrivasse ? - con la rassegnazione al modo in cui è stata ottenuta . Credo che non dovrebbe succedere . Né per questa volta , né per le prossime , che purtroppo ci saranno . Non si può lasciare per tanto tempo una gente indifesa in balia degli scannatori . Non si può tenersi il cielo , e abbandonare loro il suolo e gli scantinati . Risparmiare le " nostre " vite è un proposito lodevole , purché non manchi il soccorso . Non è con quel proposito che agiscono le forze di polizia , o i vigili del fuoco : perché dev ' essere altrimenti per la strapotenza militare del soccorso internazionale ? Qualunque conclusione si raggiunga sull ' efficacia di interventi militari nel corso della seconda guerra mondiale , resta imperdonabile l ' omissione , vile o rassegnata , di qualunque tentativo per anni , mentre si sapeva dello sterminio , dei suoi modi , dei suoi luoghi . Altri paragoni troppo ravvicinati sono impropri , ma questo confronto è difficile da eludere . Chi di noi non ha ceduto al sarcasmo nei confronti delle armi " intelligenti " , e degli imbecilli che le hanno chiamate così ? Ma è un fatto che una delle obiezioni - non la peggiore - all ' invocazione di bombardare Auschwitz - Birkenau durante la guerra riguardava l ' imprecisione delle armi . L ' obiezione principale fu che nessuna energia andava distolta dalla vittoria nella guerra , e che quella sarebbe coincisa con il salvataggio delle vittime . Col Kosovo , non poteva essere ripetuta . Bisognava soccorrere le vittime , non " vincere la guerra " . Mi dispiace del fraintendimento che mi procurerò , ma voglio fare un altro paragone . I nazisti si servirono della guerra , che aveva i suoi propri fini , per spingersi alla soluzione finale del problema ebraico - per sterminare gli ebrei . Anche per questo la posizione degli Alleati - vincere la guerra per salvare le vittime dello sterminio - era fuori luogo . In un certo senso , questo spostamento si è ripetuto nella vicenda del Kosovo : la Nato ha trattato come una guerra il suo intervento , e ha affidato alla ripetizione della strategia aerea la " vittoria " . Il regime serbo ha usato della " guerra " come dell ' occasione per liquidare il problema kosovaro : cioè decimare con gli assassinii la popolazione maschile , deportare quanta più gente possibile , e ridurre un popolo in gran maggioranza numerica e in forte crescita demografica a una proporzione " accettabile " : la metà . I deportati che non torneranno , gli uccisi che riempiono le fosse comuni o i pozzi di miniera , sono un risultato acquisito . L ' intervento della Nato non l ' ha impedito , l ' ha in parte involontariamente favorito . E la scoperta del sotterraneo della tortura ha divaricato fino al paradosso la distanza fra il pilota cui era interdetto scendere sotto i 5000 metri , e il perseguitato nel sottosuolo . La camera della tortura di Pristina è un di più , un lusso che la pulizia etnica si è regalata , nei suoi attori più scelti . Come ogni impresa gratuita , ha rivelato a perfezione il fondo della contesa . L ' attaccamento all ' odio , al potere , al sangue versato , all ' abiezione inflitta in gruppo a ciascuno degli altri . La morte del nemico , nella tortura , diventa un ' appendice , un effetto finale , se non addirittura un infortunio : la cosa sta nella sottomissione e nell ' agonia protratta , nel dolore distillato , nello spettacolo offerto dal suppliziato al macellaio . Le vittime sono comunque inermi : alla tortura ci si addestra tormentando una lucertola , sbatacchiando furiosamente un neonato che piange . Alla vista del locale e dei suoi utensili abbandonati , non riesco a vedere né a sentire le vittime , perché non voglio . Da quella cantina non si sentiva il rombo dei bombardieri della Nato : figurarsi se si potessero sentire dal nostro cielo le urla e i gemiti dei tormentati . Mute , le vittime . Quella camera improvvisamente spalancata non deve mostrar loro , né farle immaginare con paura o con raccapriccio . Deve far vedere gli aguzzini , il loro spalleggiarsi , le loro risate ubriache , i loro giornaletti e le loro tre dita levate . Restituire i jingle politici - la nazione serba , la battaglia sacra di Lazar , i monasteri magnifici e la fraternità panslava - alla loro dimensione personale , alla libertà senza confini di mettere alla prova se stessi sul corpo dell ' altro . Sono scappati a gambe levate , quegli artigiani efferati : lungo la strada avranno alzato le tre dita , incrociando i carri russi , o le telecamere di ogni parte . A Belgrado , o in un ' altra loro città , in un ' osteria o in una caserma , non resisteranno al piacere di raccontare che cos ' hanno fatto a Pristina . Troveranno altri come loro cui le cose si possono dire . Il bello di essere poliziotti - o paramilitari , è lo stesso , anzi meglio : parastatali della brutalità - in tempo di guerra patriottica è che si può fare tutto per una causa superiore . Sarebbe la dimostrazione finale del fatto che il male è più forte del bene , fra gli animali umani , se non si ricevesse ogni volta di nuovo la prova che resta nei torturatori e nei massacratori il fondo di una paura e una vergogna , la foga di cancellare le tracce . Qualcuno di noi l ' aveva temuto : i serbisti tiravano per le lunghe solo per avere il tempo di cancellare le tracce . La stessa cosa era successa ai nazisti . Quando lo sterminio passò dalle fucilazioni di massa alle camere a gas , fu anche per smaltire le scorie nei forni . I nazisti ( e tanti altri ) seppellirono e riesumarono tante loro vittime per riseppellirle o bruciarle : come hanno appena fatto bande serbe . Dicevano , gli altruisti carnefici nazisti : il mondo non è ancora preparato a capire . Non si può lavorare alla luce del sole . Anche i serbisti devono aver pensato così . Il mondo non è ancora preparato , e anzi ha incaricato un tribunale di occuparsene : benché non lo prenda ancora abbastanza sul serio .
Caro Dario ( Sofri Adriano , 1997 )
StampaQuotidiana ,
Caro Dario , le regole di questa clausura mi mettono sempre in ritardo . Dunque l ' andamento - come al solito - travolgente dei tuoi movimenti ha accumulato nella mia cella una quantità di pensieri , che cerco di smaltire in parte . Comincio dal dirvi grazie ( mi rivolgo sempre ad ambedue , Franca e te ) . Che siate generosi , si sa . Ma che arrivaste a buttare fino i primi momenti della vostra gioia di qua dai nostri muri ( e di quelli , tanto più brutali , delle galere turche o algerine ) è un segno di vera prodigalità . Non ero stato tanto sorpreso - un po ' sì , come te - dal premio che ti è toccato . Grazie a Dio ho girato un po ' per il mondo , e soprattutto ho frequentato molto la Norvegia , e lì non c ' è nessuno che possa reagire alla notizia del tuo Nobel simulando di non sapere chi sei . Mi è anche difficile ammettere che si possa , qui da noi , dolersi del Nobel a te , perché si desiderava che andasse ad altri . Io per esempio ammiro la poesia di Luzi e ho simpatia per lui . Sono stato molto contento che la campagna contro le mine sia stata premiata , all ' indomani della grave posizione tenuta a Oslo anche dal governo degli Usa . Doppiamente contento , perché c ' è un versante italiano peculiare della campagna . Noi siamo gran produttori e trafficanti di questi giocattoli , e abbiamo fatto tesoro della nostra eredità umanistica per battezzarli con questa parola atroce : " antiuomo " . Altri paesi hanno trovato degli eufemismi , per un residuo di vergogna : noi ce ne freghiamo perfino della estrema ipocrisia del lessico . In compenso la partecipazione italiana alla campagna , da parte di associazioni come l ' Emergency del dottor Gino Strada , di comunicatori come Costanzo , di politici come Occhetto , e dello stesso governo , è stata importante . Insomma mi sono rallegrato per questo premio ( mondanità compresa : ce ne fossero di Audrey Hepburn e di Lady Diana ) , benché sperassi molto che venisse premiato l ' intellettuale cinese Wej Jingsheng , imprigionato da anni , e , dalla sua prigionia , lucido e impavido denunciatore dei despoti del suo paese . Quando leggerete le sue lettere - le conosco grazie a mio fratello Gianni - ne sarete commossi e ammirati , e avrete voglia di fare qualcosa . Questa specie di scarso patriottismo , diciamo così ( te lo posso dire dopo che hai dovuto raccogliere dalla polvere l ' elmo di Scipio ) , dell ' accoglienza fatta al tuo Nobel mi ha fatto ripensare - non so se altri l ' abbiano già detto - che tu sei il vero contraltare delle sciocchezze separatiste lombarde . A parte il lombardo scritto , Porta o Gadda o Testori , il lombardo ascoltato mi arrivò , tanto tempo fa , dalle tue canzoni e poi dai tuoi spettacoli , compresa la stessa parola " padano " , come nel tuo ( genovese però ) Johan Padân , in commedie che usavano dialetti e grammelot per farsi capire da tutti e far divertire tutti . Ora che hai il Nobel , dovrai provarci tu a riacchiap pare dalla coda questa pazzia padanista , se non è già troppo tardi . E poi c ' è il mio affare , naturalmente . Non dirò niente sui meriti del pool contro la corruzione politica . Non c ' entra . Ecco invece un sommario promemoria sugli inizi del mio caso . La Procura milanese aveva seguito per moltissimi anni la tesi che l ' omicidio Calabresi fosse stato compiuto da persone in qualche modo legate a Lotta Continua , al suo servizio d ' ordine , " frange militariste " , eccetera . Ogni tanto si avventurò fino a indicare nomi e cognomi , cedendo a vociferazioni e illazioni incontrollate , per amor di tesi . Quando lo fece , commise un doppio arbitrio , accusando persone del tutto estranee ( e presto dimostrate tali ) e facendole finire sui giornali prima di avvisarle : così nel 1981 nel caso di Marco F . , indicato in fotografia come l ' assassino . Non credo che , al momento dell ' attentato , e ancora per molti anni , quei magistrati , pur così affezionati alla loro tesi , potessero prendere sul serio l ' idea che un omicidio fosse stato deciso dal " vertice " di Lotta Continua , da una delibera presa a voto di maggioranza nel suo Esecutivo , e altre follie del genere ( oggi sancite dalle sentenze ) . Quell ' idea era allora inconciliabile col senso comune , che poi il tempo avrebbe deformato . Ne ho una conferma indiretta nel fatto che , nel corso degli anni , da qualcuno di questi magistrati mi venne inviata per interposta persona la richiesta di aiutarli alle loro indagini con quello che sapessi : richiesta del tutto fuori luogo . Era abitudine di qualcuno di quei magistrati - per esempio del sostituto Armando Spataro , che è ripetutamente intervenuto , in aula e fuori , per sostenere l ' accusa contro di noi , e che ho appena reinvitato a discutere con me le prove che ritiene raggiunte a nostro carico - di chiedere , spesso fuori verbale , agli indagati della " lotta armata " se avessero sentito qualcosa circa Lotta continua e l ' omicidio Calabresi . Poiché l ' appetito viene mangiando , da un qualche momento a quegli interrogati furono fatti anche il mio nome e quello di altri fra i più noti dirigenti dell ' antica Lotta continua . Dunque quando nell ' estate 1988 scoppia , come un ' impresa militare , la nostra cattura e incriminazione , non si tratta affatto dell ' improvvisa e imprevedibile rivelazione di un pentito che venne da nulla , bensì dell ' inveramento di un ' idea a lungo perseguita ed elaborata . Fino a che punto , lo mostra un episodio documentato negli atti del processo , e ancora oggetto di uno strascico giudiziario derivato : un anno prima , nel luglio 1987 , Marco Boato mi telefonò da Trento per farmi gli auguri di compleanno , e per dirmi , a metà tr a l ' ilarità e lo sdegno , la seguente storia . Un imputato veneto di reati di banda armata , interrogato anche lui fuori verbale sull ' omicidio Calabresi da un giudice istruttore a Milano , ne aveva ricavato la notizia che lo stesso Boato e io , Sofri , saremmo stati arrestati quella notte come responsabili dell ' omicidio . ( A parte me , pensare Boato corresponsabile di un omicidio è una pazzia grottesca ) . Mi disse Boato : " Che cosa pensi di fare ? " . " Di cenare e andarmene a dormire " , risposi . Dormimmo bene e non se ne parlò più : fino all ' estate successiva . Questo prova fin dove arrivasse il peccato di gola di qualche investigatore milanese , ufficialmente un anno prima che Leonardo Marino andasse a riversare il suo pentimento in una caserma dell ' Arma ; o , se si preferisce , nel tempo stesso in cui la coppia Marino - Bistolfi inaugurava i suoi colloqui con avvocati e notabili politici sul tema.Siamo nell ' estate 1988 . Pubblico ministero è Ferdinando Pomarici . Del quale non importa se fosse di sinistra o di destra , e quanto : era il Pm che aveva deriso gli scettici garantendo di aver " scarnificato mattonella per mattonella " il " covo " Br di via Monte Nevoso , salvo lasciarvi un arsenale di armi e carte in una intercapedine protetta da " quattro chiodini " . Pomarici aveva l ' aria di volersi sbrigare : la prima e unica volta che mi interrogarono , lui e il Giudice istruttore Lombardi , mi disse : " Guardi , tanto è tutto prescritto , abbiamo amici in comune , lei confessa e spiega anche il contesto storico e politico , nessuno lo farebbe meglio di lei " . E ' durato nove anni , il nostro maledetto processo . Lui avrebbe risolto tutto in un ' oretta . Poche persone hanno detto tante bugie , dimostrate tali , di cui nessuno ha mai chiesto conto . Per un anno e mezzo Pomarici dichiarò di non aver mai saputo dei rapporti prolungati e occultati fra Marino e i carabinieri : poi un giorno , quasi con fastidio , disse di averlo sempre saputo . Quando Marino passava nottate con l ' allora colonnello ( oggi generale , con un incarico altissimo nei servizi d ' informazione ) Bonaventura , Pomarici stava conducendo con lui un ' indagine su un episodio milanese : inoltre aveva lavorato con lui nel corso degli anni nell ' inchiesta Calabresi . Eppure , lui Pm del caso , ebbe l ' ardire di sostenere di non aver avuto il minimo sentore del fatto che quel colonnello Bonaventura , che passava i giorni con lui a Milano , passasse le notti con Marino a Sarzana a proposito dell ' omicidio Calabresi . A sua volta , Pomarici ritardò inspiegabilmente il momento di investire dell ' inchiesta il Gi Lombardi , che ne era da anni il titolare . Come sia stata condotta quell ' istruttoria , nascondendo alla difesa ogni circostanza dell ' accusa , rattoppando costantemente , fino alla manipolazione , gli svarioni , le contraddizioni e le smentite di Marino , non si può ridire qui . Voglio solo ricordare una questione recente circa il Gi Antonio Lombardi . Nel 1993 un ufficiale del Ros dei carabinieri di Trapani consegnò agli atti dell ' indagine trapanese sull ' assassinio di Mauro Rostagno un rapporto su carta intestata e con tanto di firma . L ' ufficiale riferiva di essersi incontrato a Milano col Gi Lombardi , che gli aveva detto che Rostagno era stato assassinato in connessione col processo Calabresi , per impedirgli di denunciare , come era intenzionato a fare , i suoi compagni di un tempo . Queste e altre infamie simili - non solo infami , ma ridicolizzate da ogni genere di prova , a cominciare dalla voce stessa di Mauro che parlava del nostro arresto e di me nella sua televisione - giacquero , coperte dal segreto , fra le carte dell ' inchiesta trapanese , finché potei leggerle nel luglio del 1996 , e denunciare quel documento calunnioso e scandaloso . Il Gi Lombardi smentì con veemenza , a mezzo agenzia , di aver mai detto quelle cose : non mi risulta che abbia denunciato l ' ufficiale , autore di un così smaccato falso . Io denunciai ambedue , e aspetto ancora di ricevere la minima notizia sull ' itinerario della mia denuncia . Non c ' è male , no ? Ogni volta che cose particolarmente insopportabili sono successe nel corso dei nostri processi - alla rinfusa : la descrizione della via di fuga dall ' attentato madornalmente sbagliata da Marino , e lodata per iscritto per la sua " esattezza " da Pomarici e poi da Lombardi ; la accidentale ( accidentale sul serio , Dario ) rivelazione dei rapporti occultati fra Marino e i carabinieri ; la distruzione sistematica dei corpi di reato , dopo il nostro arresto e incriminazione ; la stesura di una sentenza " suicida " per rovesciare un verdetto di assoluzione ; il pregiudizio dimostrato di un presidente di corte di assise d ' appello , e così via - ogni volta , non una voce della procura milanese si è alzata a criticare , o anche solo a manifestare dubbio o rammarico . Al contrario , molte voci , a partire dalla più autorevole , quella di Borrelli , si sono alzate a sostenere l ' accusa contro di noi , durante e dopo i processi , a criticare la sentenza di annullamento pronunciata dalle Sezioni unite della Cassazione ( cosa che D ' Ambrosio ha appena rifatto , sui giornali , addebitandole di essere entrata " nel merito " ) , a criticare la sentenza di assoluzione del secondo processo di appello , e così via . Ripeterò , non avendo mai avuto il minimo cenno di ricevuta , un esempio clamoroso , che non poteva non interessare i pareri altrimenti così pronti dei magistrati della procura . I due giudici togati del nostro primo processo si chiamano Manlio Minale , che presiedeva la Corte di Appello ( come ti è stato appena ricordato ) e Galileo Proietto , giudice a latere . Ebbene , Minale era al suo ultimo processo da giudice , essendo già stato designato , prima dell ' apertura stessa del dibattimento , procuratore aggiunto , dunque collega , subalterno di Borrelli , e superiore in grado di Pomarici , dei magistrati di quella procura che con tanto impegno e spirito di " squadra " , aveva sostenuto l ' accusa in istruttoria , e l ' avrebbe sostenuta in dibattimento . Tu hai notato forse come in tutti questi anni io abbia cercato di tenere un equilibrio , di non farmi risucchiare dentro schieramenti costituiti , di non prendere posizione su questioni generali ( comprese le più spinose , come l ' uso e l ' abuso dei " pentiti " ) attraverso il filtro esclusivo della mia personale vicissitudine . Questo valeva dunque anche per un tema come la separazione delle carriere fra magistrati dell ' accusa e del giudizio , sul quale conservo un preoccupato dubbio . Esemplificando i paradossi cui può portare la carriera unica , si è spesso evocata la possibilità che un magistrato finisca col giudicar e gli stessi imputati di cui è stato lui , da Pm , a costruire l ' accusa . Bene : nel mio caso si è compiuto il paradosso opposto , col giudice chiamato a sconfessare l ' operato , particolarmente esposto e discusso , dei suoi colleghi in pectore . Per completezza di paradosso , aggiungo che anche il giudice a latere , ed estensore della motivazione della sentenza , Proietto , è passato alla procura . Ho invano aspettato che qualcuno , Borrelli , D ' Ambrosio , Spataro , un altro a piacere , dicessero una parola sulla singolarità del caso . Tanto più che si trattava di un processo , non dirò importante ( tutti i processi , avendo in palio il diritto e il destino delle persone , dovrebbero essere importanti ) ma costellato di delicati colpi di scena , come la ricordata accidentale scoperta della convivenza notturna taciuta e negata fra Marino e i carabinieri , venuta fuori per l ' ingenuità di un curato di paese , e trattata con ineffabili riguardi dalla procura ( Pomarici che dichiarava di aver telefonato a Borrelli per avvertirlo della venuta dei carabinieri a testimoniare ) e dal Presidente , che pure era stato il primo menato per il naso dall ' originaria versione sul pentimento spontaneo e repentino . E visto che ci siamo , e che D ' Ambrosio ti ha invitato a portare elementi nuovi per la revisione del nostro processo , se ne hai ( chissà perché tu , a volte l ' ironia di certe battute mi sfugge ; siamo noi a cercare di farlo , com ' è noto ) terrei a chiedergli se abbia mai pensato , nei ventidue anni che ci separano dalla sentenza del 1975 sul " malore attivo " di Pinelli , alla revisione , o alla riapertura , di quel processo . E ' ancora oggi contento , o rassegnato , Gerardo D ' Ambrosio , a quel Pinelli che si piroetta oltre la ringhiera per il malore attivo , o si chiede ogni tanto come sia andata davvero ? Non sto barattando il processo Pinelli con quello Calabresi ( non l ' ho mai fatto , l ' hanno fatto i miei nemici , pretendendo di fare della nostra condanna la condizione per la " riabilitazione " del commissario ) , né facendo una battuta politica o un commento morale : la mia è un ' osservazione , per così dire , strettamente tecnica o giudiziaria.Calabresi fu ucciso , ma ci sono parecchie persone che si trovavano nella stanza da cui un interrogato fermato illegalmente e innocente uscì a capofitto dalla finestra , e nessuna di quelle persone , che allora mentirono tutte - come il dottor D ' Ambrosio appurò - ha più aperto bocca . Io sono in galera - ma non commiserarmi troppo : ne abbiamo viste di peggio - secondo i procuratori e alcuni giudici , perché Lotta continua aveva una specie di struttura illegale che " non può non essere stata " , come dice Marino , l ' autrice dell ' omicidio Calabresi , di cui io " non posso non essere stato " a conoscenza . Oppure : sono in galera perché il 13 maggio del 1972 alla fine di un mio comizio Pietrostefani e io avvicinammo Marino per comunicargli un mandato a uccidere , però Pietrostefani non c ' era ; perché alla fine del comizio andai con Brogi e Marini in un bar e di lì uscii in strada per dare a Marino un mandato a uccidere , ma Brogi e Marino erano uno a Genova e l ' altro a casa , e nessuno andò al bar , e la gente si sparpagliò perché pioveva forte , ma Marino si è dimenticato che piovesse ; ricevuto il mandato a uccidere , Marino mi salutò e tornò a Torino , però invece si fermò a Pisa e anzi la sera tardi venne con tanti altri a casa mia . E così via . Sono in galera per questo , e così i miei amici . Sono in galera anche perché dopo che Pomarici , Lombardi e una quantità di altri hanno tuonato che io , potente e amico di potenti ( caro Dario , amico mio ) , non sarei mai stato toccato , mentre il solo povero Marino avrebbe pagato per tutti . Con un piccolo cambio di ausiliare - aver pagato , essere pagato - è andata proprio così , e Marino , intervistato , ci concede benignamente la grazia . Carnevali , mondi a testa in giù : ma che aspettiamo a battergli le mani . Non ho alzato la voce verso quel disgraziato di Marino , in questi anni , né avrei parlato all ' ingrosso della procura di Milano se tu , nel tuo modo travolgente , non avessi fatto venire giù il loggione . E ' vero , l ' ultima sentenza milanese si imperniò sul fatto che il pentimento ( no : la crisi " mistica " ) di Marino sono autentici perché da ragazzo era passato dai Salesiani . Bestemmia che mi dispiace tanto più , perché ho simpatia e stima per molti Salesiani . Non mi auguro affatto che tu - né altri - modifichi la tua stima per la magistratura milanese per solidarietà con me . Mi dispiacerebbe perfino . Vorrei che , tenendosi al mio processo , di ogni cosa detta a carico o a difesa , si verificasse , per quanto è possibile ( molto ! ) la fondatezza e la lealtà . Il 17 maggio 1972 Luigi Calabresi fu assassinato . Gli attentatori arrivarono e e fuggirono a bordo di una 125 blu rubata . Tutti i testimoni in grado di distinguere riferirono che alla guida c ' era una donna . Nell ' auto abbandonata , furono ritrovati sul cruscotto , al posto di guida , degli occhiali neri da donna che i proprietari dell ' auto non avevano mai visto . Quando venne sospettato il neofascista Nardi , fu arrestata una giovane donna tedesca , Gudrun Kiess , accusata di essere stata la guidatrice dell ' auto . La Kiess restò in carcere a lungo , benché non avesse mai preso la patente . Nel luglio del 1988 gli inquirenti dichiararono che la donna al volante dell ' auto dell ' attentato era Leonardo Marino . Anch ' io non ho mai preso la patente . Sono qui che cammino avanti e indietro e mi fanno male i piedi . La lampadina è un micidiale doppio tubo al neon e non riesce a somigliare alla luna . Grazie , ciao .