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> categoria_s:"StampaQuotidiana" > autore_s:"Viola Sandro"
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Sarà stata l ' euforia , certo è che avant ' ieri , all ' annuncio degli accordi di Belgrado , i governanti europei sembravano aver perso la memoria . Solo Gerhard Schroeder s ' è infatti ricordato che quegli accordi erano il frutto di una mediazione , e che a mediare erano stati i russi : " Il merito è di Eltsin " , ha detto il Cancelliere tedesco , " senza il quale sarebbe stato impossibile giungere a questo risultato " . Riconoscere l ' utilità della missione che il 15 aprile Eltsin affidò a Cernomyrdin , era in effetti , da parte dell ' Europa , un atto dovuto . Perché è vero che la guerra balcanica sarebbe comunque - a un certo punto - finita , con l ' esaurirsi delle capacità di resistenza dei serbi : ma quando e come si sarebbe arrivati a quel " certo punto " : tra un mese , due , tre , oppure soltanto con l ' intervento delle truppe di terra ? A questo servono , nel quadro d ' un conflitto , le mediazioni . Ad accorciare lo scontro armato , a limitarne i danni . La missione Cernomyrdin è stata quindi , da questo punto di vista , un successo . Specie se pensiamo agli ostacoli che ha incontrato . Prima il terremoto moscovita di metà maggio ( il licenziamento di Evghenij Primakov , la procedura di " impeachment " nei confronti di Eltsin , l ' ennesima sbandata delle istituzioni russe ) , che sembrava dover azzoppare il mediatore . Bruciarne la credibilità . Poi le bombe sull ' ambasciata cinese a Belgrado , che avevano inceppato per vari giorni i congegni della trattativa . Infine la posizione presa dagli anglo - americani , nelle ultime due settimane sempre più marcata , che mirava non tanto a un cedimento di Milosevic quanto alla sua uscita di scena . quest ' ultimo ostacolo ha rischiato di vanificare gli sforzi di Viktor Cernomyrdin : perché il compito del mediatore era di far raggiungere alle parti in conflitto un compromesso , e non certo quello di portare su un piatto d ' argento , al comando Nato di Bruxelles , la testa di Slobodan Milosevic . E fortuna che a trattare con Cernomyrdin ci fosse il sottosegretario di Stato Strobe Talbott , un uomo che conosce molto bene la situazione russa e si rendeva conto dei vantaggi che non soltanto Eltsin , ma anche l ' Occidente , avrebbero ricavato da un successo d ' immagine della povera Russia . Perché la pretesa di continuare le operazioni belliche sinché Milosevic non fosse , in un modo o nell ' altro , caduto , minacciava di far durare la guerra chi sa quanto ancora . Se la mediazione russa ha potuto superare tanti e difficili intralci , è perché era l ' unica disponibile . Cernomyrdin sarà stato certamente all ' altezza del compito , e molto hanno contato anche l ' aiuto di Talbott e l ' esperienza del presidente finlandese . Ma le ragioni sostanziali della riuscita stanno nel fatto che sul tappeto della crisi balcanica non c ' era altro se non il tentativo russo . Ed è nella cornice di quel tentativo che s ' inserivano da un mese e mezzo tutte le attese , le richieste , le pressioni dei governi europei più preoccupati della brutta piega che la guerra aveva preso : vale a dire i governi di Germania , Italia , Francia . Non ci fosse stata una mediazione russa da incoraggiare e sostenere di fronte allo scetticismo di Washington e Londra , le inquietudini degli europei si sarebbero scaricate all ' interno dell ' Alleanza , e forse ne avrebbero danneggiato la compattezza . Si capisce così che il significato del successo russo oltrepassa di molto la cornice della guerra balcanica . Esso s ' avvertirà infatti su altri due versanti : sulla scena politica russa , e nei rapporti tra Russia e Occidente . Per quel che riguarda quest ' ultimo versante , la prima cosa da dire è che Mosca è stata più vicina agli occidentali che all ' alleato storico , la Serbia slava e ortodossa . Se all ' inizio , infatti , s ' era potuto pensare che Cernomyrdin si sarebbe posto a metà strada tra i contendenti , lavorando ad un compromesso di tipo classico - tale cioè da non scontentare nessuno - , più tardi s ' è visto che egli ha lavorato per giungere alla resa di Slobodan Milosevic . È la resa di Milosevic , infatti , il risultato della mediazione russa . Il risultato cioè che serviva alla Nato , all ' Occidente . Che i russi avessero una maggiore comprensione delle ragioni europee ed americane che non delle ragioni di Milosevic , fu chiaro alla riunione del G8 a Bonn . Lo schema d ' accordo elaborato quel 6 maggio riprendeva quasi totalmente ( anche se restava vago su alcuni punti sostanziali ) le richieste degli alleati . Da quel momento , la Russia aveva già fatto le sue scelte . Aveva capito che la Nato non poteva perdere la partita , e che il mediatore doveva soltanto provarsi a rendere meno severa , disastrosa , la resa dei serbi . Ma nell ' avvicinamento alle posizioni dell ' Alleanza , non c ' era soltanto il desiderio di condurre in porto un ' iniziativa capace di ridare un qualche prestigio alla Russia . C ' era , ormai , una scelta di campo . Su questo conviene essere chiari . Cernomyrdin , e con lui Boris Eltsin , prendevano dei rischi . Sapevano perfettamente che a Mosca la canea dei nazionalcomunisti si sarebbe scatenata contro il " tradimento " ai danni della Serbia , contro Cernomyrdin " lacchè degli americani " , puntando ad elettrizzare gli umori anti - occidentali che pervadono la Russia della crisi permanente . Di questo erano consapevoli , e tuttavia sono sempre rimasti - dopo la scelta compiuta a Bonn - dalla parte degli europei e degli americani . Né avrebbe senso ipotizzare che la linea Eltsin - Cernomyrdin sia venuta soltanto dal bisogno di procurarsi , in cambio d ' una mediazione così sbilanciata , così favorevole agli occidentali , i prestiti del Fondo monetario . Questo ha contato , certo , ma la scelta aveva poi altri significati : non rompere con l ' Occidente , mantenere la Russia all ' interno degli interessi europei , contrastare il nazionalismo isolazionista e rancoroso di tanta parte della società russa . E qui va rammentata l ' atmosfera in cui la Russia ha vissuto l ' inizio dell ' offensiva aerea della Nato . Davvero , come dice Evtushenko , sembrava che " lo scheletro della guerra fredda " fosse uscito dalla tomba . Perché l ' attacco contro la Federazione jugoslava aveva aggravato le frustrazioni della potenza decaduta , rianimato i rottami della tradizione panslavista , messo a fuoco la debolezza e marginalità del ruolo russo in Europa e nel mondo . E se non ci fosse stato Eltsin , il suo tentativo di mantenere l ' aggancio con l ' Occidente così da salvare il salvabile dei suoi ondeggianti , accidentali e spesso disastrosi anni di governo , il gioco era fatto . La lacerazione tra Russia ed Europa si sarebbe compiuta . Le due campagne elettorali che s ' avvicinano ( legislative in dicembre , presidenziali a giugno dell ' anno venturo ) , avrebbero avuto come tema dominante lo spettro d ' una Russia umiliata dall ' Occidente , assediata , in pericolo . Beninteso , il successo della mediazione Cernomyrdin non eviterà che per qualche giorno , dai banchi della Duma , i nazionalcomunisti facciano un gran chiasso contro " il servizio reso all ' imperialismo americano " . Ma quando il polverone si sarà dissolto , i russi che hanno occhi per vedere s ' accorgeranno che la conclusione della guerra balcanica ha consentito al paese un ritorno insperato sulla grande scena internazionale . Ha mostrato che la Russia non è , in ambito politico e diplomatico , il cadavere che tante volte negli ultimi mesi era sembrato . E ha posto le premesse per un rilancio di quell ' integrazione russa con i paesi occidentali , che è la sola strada da percorrere per poter ancora sperare in una rinascita della nazione . Dinanzi a questo tornante dei rapporti tra Russia e Occidente , l ' Europa e l ' America non dovranno permettersi distrazioni . Più volte , nell ' ultimo anno , il disastro russo era parso così ampio e irrimediabile da indurre molti uomini di governo occidentali a pensare che non ci fosse altra soluzione se non tenersi a debita distanza da Mosca . Distanza politica , distanza economica . Ma oggi quest ' atteggiamento non avrebbe senso . Nella più difficile congiuntura che l ' Europa abbia conosciuto dalla fine della Seconda guerra mondiale , il ruolo della Russia è risultato decisivo . E di questo bisognerà tener conto , evitando sinché è possibile che si producano nuove e pericolose divaricazioni tra gli interessi russi e quelli occidentali . La guerra contro Milosevic è costata non poco a Mosca . Essa vedrà nei prossimi giorni forze armate degli Stati Uniti nel cuore dei Balcani , una regione che era stata un tempo d ' influenza russa , poi " grigia " , ma mai marcata da una presenza americana . Essa sa che Bulgaria e Romania , concedendo alla Nato una serie di facilitazioni durante i due mesi di guerra , si sono già molto avvicinate al loro ingresso nell ' Alleanza : ciò che porterà ancora più a ridosso delle frontiere russe un ' organizzazione politico - militare di cui la Russia non fa parte . Nonostante abbiano dovuto pagare questo prezzo , i russi che credono all ' importanza dei legami con l ' Occidente hanno operato perché la guerra finisse con la resa jugoslava . Dimenticarlo sarebbe non solo ingeneroso , ma anche imprudente .
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Tel Aviv , 9 . Menacem Begin sta progettando una risistemazione della carta geografica ( e degli equilibri politici ) del Medio Oriente ? È questo l ' interrogativo suscitato stasera dalle notizie che giungono dai fronti libanesi . L ' operazione « pace in Galilea » , che stando alle dichiarazioni del governo israeliano avrebbe dovuto limitarsi a ricacciare i palestinesi verso le zone centrali del Libano , sta infatti diventando una guerra con più protagonisti , né più né meno che il quinto conflitto arabo - israeliano . Un comunicato del ministro della Difesa Ariel Sharon ha reso noto , nella tarda serata , che le forze israeliane hanno attaccato il corpo di spedizione siriano in Libano . Non più gli scambi di artiglieria degli ultimi due giorni ma un colpo tremendo - e forse decisivo - al potenziale bellico e al prestigio politico del regime di Damasco . Tutte le batterie di missili terra - aria Sam 6 che i siriani avevano disposto nella valle della Bekaa , sono state distrutte . E negli scontri aerei che hanno preceduto e seguito il « raid » contro le postazioni missilistiche , gli israeliani hanno abbattuto 20 Mig siriani . Ma la spinta contro le forze di Damasco non si è fermata a questo . Calate lunedì , con una spettacolare azione aviotrasportata , sui bordi della strada Beirut - Damasco , le truppe di Israele hanno stasera preso il controllo di questa arteria da cui passano la gran parte dei rifornimenti per il corpo di spedizione siriano e per le milizie dell ' OLP . Il controllo della Beirut - Damasco significa per il capo di stato maggiore israeliano , generale Eytan , il raggiungimento di due fondamentali risultati . Non solo i siriani si trovano ora preclusa la loro maggiore via di ritirata , ma essi sono da stasera divisi in due monconi . La parte più grossa del contingente nella valle della Bekaa , e una parte più ridotta - dunque alla totale mercé delle avanguardie di Israele - dislocata attorno a Beirut . Ma ci sono altri e concreti segni che dimostrano come l ' invasione del Libano avesse obiettivi assai più estesi e ambiziosi di quanto il governo di Gerusalemme non avesse detto . Come si ricorderà , l ' operazione « pace in Galilea » era stata presentata come un tentativo di « bonificare » il sud del Libano dalla presenza delle milizie dell ' OLP . Per realizzare un tale obiettivo , il governo israeliano aveva detto che le sue truppe sarebbero avanzate di circa quaranta chilometri dalla frontiera tra Israele e il Libano . Ma tra ieri pomeriggio e stasera , è divenuto chiaro che le intenzioni di Begin non erano così limitate . Gli israeliani sono infatti nelle immediate vicinanze di Beirut . Stasera è caduta , dopo un ' accanita resistenza opposta dai palestinesi , la città di Damur , a quindici chilometri dalla capitale . Damur era il maggiore caposaldo dell ' OLP sulla strada per Beirut , ed il più vasto deposito di armi e materiali della struttura militare palestinese . Intanto la periferia di Beirut viene bombardata dal mare , e continuano le incursioni aeree israeliane . Così , un ' impressione che ancora ieri sera si affacciava vaga alla mente degli osservatori , s ' è fatta in queste ore assai più nitida . Begin e il suo esercito stanno puntando ad annientare il comando politico - militare dell ' OLP , e per riuscirvi potrebbero anche decidere un attacco finale contro Beirut . Secondo una delle radio libanesi , Yasser Arafat è stato ferito gravemente , oggi pomeriggio , da una bomba caduta sull ' edificio dello stato maggiore dell ' OLP . La notizia è incerta , probabilmente non vera . Ma è sicuro che a questo punto il leader palestinese starà studiando - e non è facile - come mettersi in salvo . Se infatti gli israeliani continuano la loro avanzata , e si congiungono con le milizie falangiste cristiane di Bechir Gemayel , le loro azioni successive saranno queste : 1 ) neutralizzare le truppe siriane attorno a Beirut ; 2 ) iniziare la caccia ai capi palestinesi . E poiché l ' aeroporto di Beirut è chiuso , gli israeliani non esiteranno a sparare contro qualsiasi aereo si levasse in volo , pensando che a bordo potrebbe esserci Arafat . Ora , quali sono le intenzioni di Eytan e del ministro della difesa Sharon ? L ' « Haaretz » , il quotidiano laburista , s ' era posto stamane questa ed altre domande . Se , cioè , i piani dello stato maggiore e del governo di Israele fossero cambiati negli ultimi due giorni , e se davvero la tesi di Sharon avesse trionfato sulle esitazioni di Begin . La tesi del ministro della Difesa è nota . Sharon pensa da tempo ad un Libano « libero » , controllato dai cristiani falangisti , svuotato dei palestinesi e protetto da Israele . Ebbene , stasera ( anche se l ' incalzare degli eventi impedisce analisi sufficientemente precise ) molti segni inducono a pensare che il piano del Governo israeliano sia proprio questo . Annientare fisicamente l ' OLP , ribaltare i rapporti di forza in Libano , rifare la faccia politica della regione . In ogni caso , è ormai chiaro che l ' operazione « pace in Galilea » non si concluderà in pochi giorni . Durerà molte settimane , se non molti mesi . E se nel Governo di Gerusalemme prevarranno davvero le tendenze più radicali ( appunto la visione di Ariel Sharon ) , allora questa guerra del Libano che era iniziata come una delle crisi « minori » del Medio Oriente ( minore rispetto alle guerre del passato ) , si rivelerà come una delle più esplosive e più cariche di rischi per la pace mondiale . Quel che sta avvenendo in Libano può sembrare allettante per i dirigenti di Israele . Ma quanto lo è per gli altri : per l ' Europa , per l ' Egitto post - sadattiano , per l ' Unione Sovietica ? Il sommovimento di questa regione si presenta stasera , insomma , più profondo e grave di quel che era sembrato appena tre giorni fa . Tra l ' altro , esso è stato scatenato sulla spinta d ' un ragionamento politico assurdo . Begin e i suoi hanno creduto infatti , ancora una volta , di poter eliminare l ' OLP come avversario ed interlocutore . Ma essi hanno dimostrato di avere la memoria corta , di non ricordare che tentativi del genere , dal Settembre nero di dodici anni fa sino all ' ultima operazione in Libano dell ' anno scorso , ne erano già stati fatti . È che ogni volta l ' organizzazione palestinese è riaffiorata dal buio delle sconfitte più solida e combattiva di prima . D ' altra parte basta scorrere i giornali di Israele , che cominciano a riempirsi degli annunci mortuari dei soldati caduti nella guerra del Libano , per capire che gli anni passano e che le cose non sono più identiche a prima . « Partecipiamo al dolore della famiglia R . per la morte del figlio M . » . « Le nostre condoglianze per la morte del capitano G . , caduto nell ' adempimento del suo dovere » . Gli annunci di questo tipo sono già numerosi , e intanto ai cimiteri di Tel Aviv e Gerusalemme è un seguito di commosse cerimonie funebri . Israele s ' accorge che l ' operazione « pace in Galilea » è già molto costosa . Sino a stasera , le cifre delle perdite subite ( aggiornate a martedì sera ) sono di trentasei morti e centocinquanta feriti . E dunque assai più alte ( tre o quattro volte più alte ) che in quell ' altra guerra del Libano che fu 1'«operazione Litani » nel '78 : infatti i morti furono allora , in un ' intera settimana , soltanto diciotto . L ' esercito israeliano ha avanzato come sempre , fulmineo e terribile , e ormai tiene sotto controllo oltre la metà del territorio libanese . Ma questa volta ha incontrato da parte dei palestinesi una resistenza molto più dura e coraggiosa delle altre volte . I portavoce militari lasciano capire chiaramente che è questa « la vera sorpresa » dei tre giorni di operazioni in Libano . E la radio ha trasmesso varie interviste con soldati sul fronte , in cui i giovani israeliani hanno parlato dei fedayn dell ' OLP come di « validi e coraggiosi » combattenti . Ancora stasera , la situazione sul terreno dimostra che sgominare l ' avversario non è più facile come un tempo . Circondata da quarantott ' ore , colpita dal mare e dall ' aria , Sidone non è ancora caduta . Certo , portando le vittime civili da centinaia e centinaia a migliaia e migliaia , gli israeliani potrebbero occuparla in mezza giornata ; ma questo è un prezzo che Begin vorrebbe non pagare , ed ecco che Sidone resiste . Roma . « La Santa Sede continuerà ad operare , per quanto possibile , affinché questa dura prova sia abbreviata e le armi cedano il posto alla tregua e al negoziato » ha dichiarato ieri papa Wojtyla a proposito del conflitto in atto nel Libano in un vibrato appello per la cessazione del fuoco . Dopo avere espresso « profonda pena » per le « centinaia di vittime » e per quanti « innocentemente soffrono la violenza e sono costretti , in preda al terrore , ad abbandonare le loro case » , Wojtyla ha denunciato i rischi di un allargamento del conflitto all ' intera area mediorientale : « La stessa pace mondiale » ha aggiunto « potrebbe esserne minacciata » . Ha auspicato infine che l ' appello dell ' ONU per un cessate il fuoco venga accolto .