Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> autore_s:"Ginzburg Natalia"
Ragioni d'orgoglio ( Ginzburg Natalia , 1975 )
StampaQuotidiana ,
Nei movimenti femminili , ciò che mi sembra sommamente sbagliato è lo spirito di competizione con il sesso opposto , e lo spirito d ' orgoglio . Le parole « donna è bello » non hanno nessun senso . In verità essere una donna non è né bello né brutto , oppure è tutt ' e due , lo stesso come essere un uomo . Ne sbagliato scoprire delle ragioni d ' orgoglio , o delle ragioni d ' avvilimento , nella propria nascita o origine , o nella propria condizione umana . Riguardo all ' essere ebrei , è sbagliato esserne avviliti , sbagliato gloriarsene . Riguardo all ' essere omosessuali , è sbagliato esserne umiliati , sbagliato esserne orgogliosi . L ' atteggiamento giusto è sentire , nei confronti della propria condizione umana , una totale indifferenza . Una fra le cose che oggi avvelenano il mondo , è la retorica costruita sopra delle semplici condizioni umane . Si suole dire che l ' orgoglio ideologico , nei movimenti femminili per esempio , è generato da secoli di umiliazioni e persecuzioni , ed è perciò giustificabile e comprensibile . Questo significa che bisogna accordare loro indulgenza , se assumono atteggiamenti sbagliati , se commettono errori . Ma l ' indulgenza va accordata agli errori delle persone singole , non agli errori delle idee . Alle idee si chiede che siano vere e giuste , subito e in assoluto . Non credo che gli esseri umani abbiano , in quanto esseri umani , nessuna giusta ragione d ' orgoglio . Non credo che sia una giusta ragione d ' orgoglio né essere una donna , né essere un uomo , né essere un omosessuale . Non credo che sia una ragione d ' orgoglio né l ' essere madre , né l ' essere padre , né il non esserlo . Meno ancora credo che una di queste condizioni umane sia una ragione d ' umiliazione . Allo stesso modo , non credo che sia una ragione d ' orgoglio appartenere alla schiera dei giovani , né credo che appartenere alla schiera dei vecchi sia umiliante . Simili condizioni umane , in se stesse , non sono evidentemente né un merito , né una colpa . Portarle come dei meriti , o delle colpe , è un ' attitudine di assoluta stolidità e irrealtà . Tutto questo appare ovvio , ma è accaduto che nel mondo presente , si siano riempite le strade di fiumane d ' orgoglio e d ' umiliazione e che tali fiumane siano di qualità sessuale , o razziale , o generazionale . I meriti e le colpe sono cosa strettamente individuale , inscindibile dalla coscienza di ogni essere singolo . Ciascuno di noi conosce le proprie colpe e i propria meriti , e se ne gloria o se ne avvilisce dentro di sé . Riguardo all ' orgoglio , esso è legittimo in una persona , per un ' azione singola che questa stessa persona ha compiuto . E però legittimo e tollerabile se non dura più d ' un istante . Quando lo sentiamo protrarsi nel tempo , ne sentiamo la stolidità e l ' irrealtà . Quando diventa un ' attitudine dello spirito , non è più tollerabile . Non lo tollerano gli altri in noi , e non lo tolleriamo noi in noi stessi , se guardiamo in noi stessi con un giusto sguardo . L ' orgoglio riveste la nostra stessa immagine , dentro di noi , di uniformi e di insegne , che la separano dalle comunità . Riguardo all ' avvilimento , è anch ' esso legittimo soltanto se episodico e momentaneo . Ma quando diventa un ' attitudine dello spirito , a sua volta veste allora la nostra stessa immagine di un ' uniforme , la copre di grigi grembiali e la induce a scivolare via a testa bassa . Si tratta un ' attitudine dello spirito forse meno intollerabile dell ' orgoglio , perché più disarmata e più mite , e perché i negletti grembiali sono ben meglio delle insegne dei capitani . è però un ' attitudine dello spirito sbagliata e viziata non meno dell ' orgoglio , quando ricopre e schiaccia l ' intiera nostra esistenza , nel passato , nel presente e nel futuro . Anche il grigiore dell ' avvilimento è un modo di pensare la nostra immagine separata dalle comunità . Ora noi possiamo sentirci , in mezzo alle comunità , soli e diversi , ma il desiderio di rassomigliare ai nostri simili e il desiderio di condividere il più possibile il destino comune è qualcosa che dobbiamo custodire nel corso della nostra esistenza e che se si spegne è male . Di diversità e solitudine , e di desiderio di essere come tutti , è fatta la nostra infelicità e tuttavia sentiamo che tale infelicità forma la sostanza migliore della nostra persona ed è qualcosa che non dovremmo perdere mai . Ragioni di scoprirci diversi in mezzo alle comunità , noi ne abbiamo infinite , e ciascuno trova prontamente le proprie , o le ha trovate e coltivate fin dalla più lontana infanzia . Tutti o quasi tutti siamo o donne , o ebrei , o omosessuali , oppure siamo diversi semplicemente per inclinazione alla diversità , per malinconia , per timidezza , per nevrosi , per silenzio . Siamo tutti « diversi » . L ' essenziale è portare giustamente la propria diversità , l ' essenziale è non farne né un ' insegna né un ' uniforme , e mescolarla silenziosamente nelle infinite diversità degli altri , in quelle che noi riteniamo le comunità dei non diversi e normali . Comunque , l ' orgoglio e l ' avvilimento sono i nostri stati d ' animo abituali , e noi usiamo passare dall ' uno all ' altro come dalla notte al mattino . Finché sono i nostri sentimenti individuali , e finché sono volubili e momentanei , non sono di qualità scadente . Diventano però di qualità deteriore e scadente se diventano il fondamento di un ' idea . A muovere le idee e a portarle avanti dovrebbero essere dei sentimenti di qualità superiore e nobile , e fatti per essere innalzati su un piano universale . Sono di questa qualità e natura l ' impegno civile , la solidarietà umana , il senso della giustizia , il coraggio . La parola « valori » è una parola che oggi adoperiamo e leggiamo con diffidenza , perché è stata adoperata troppo e male , si è scolorita e sembra non significare più nulla . Tuttavia è forse proprio questa parola che è necessario adoperare per mettere in chiaro ciò che può essere innalzato su un piano universale . L ' orgoglio non è un valore e non ha qualità universale . L ' orgoglio ideologico , noi lo detestiamo e ci fa orrore , quando prende forma di orgoglio di patria . Lo riconosciamo allora in tutta la sua turpitudine . Nesso è orribile perché irreale . E orribile anche e soprattutto perché è una sorgente di odio , perché cerca intorno a sé delle armi per uccidere i propri nemici , quelli che pensa come propri nemici , e separa un paese dalla folla dei paesi , lo separa colmandolo di ideologiche vanità e irrealtà . L ' orgoglio di sesso nei movimenti femminili è però assai simile all ' orgoglio di patria , poiché ne assume le fattezze , ne assume gli aspetti aggressivi e faziosi , la grottesca e irreale combattività . Essere donne , essere ebrei , essere o diventare omosessuali , è come essere nati in un paese o in un altro . La persona adulta è tenuta a trarre , dalle origini che le ha assegnato il caso , i massimi beni possibili , e la massima quantità possibile di conoscenza della propria terra . Ma alle umiliazioni e oppressioni e persecuzioni che la società ha inflitto o infligge alle donne , o agli omosessuali , o agli ebrei , donne e omosessuali e ebrei sono tenuti a rispondere come se umiliazioni e oppressioni e persecuzioni non offendessero soltanto loro ma l ' intiera collettività degli uomini . Nessi sono tenuti a rispondere non con le miserabili combattività dell ' orgoglio ingiuriato ma con l ' indifferenza ai propri fatti personali e territoriali che contraddistingue la vera e adulta libertà . Ne invalso oggi il costume di radunare alcuni gruppi umani in sorte di eserciti , che si propongono di imitare i partiti politici , o anzi dichiarano di muoversi al seguito di insegne o bandiere . Ma i partiti politici nascono da scelte politiche , ideologiche , morali . I migliori fra i partiti politici sono fondati su idee vere , su un vero e reale e possibile disegno del mondo , e le loro idee , partendo da valori universali , sono nel loro contenuto migliore libere da ogni specie di orgoglio ideologico , quindi chiare e secche . Le separazioni che si creano fra la gente , per motivi politici , hanno un senso . Le separazioni che si creano fra la gente , quando non perseguono un chiaro disegno del mondo , non hanno nessun senso . Le separazioni che si delineano fra i gruppi umani , le alleanze fra donne , o fra omosessuali , o fra ebrei , non hanno nessun senso perché non ubbidiscono a una scelta politica , ma si basano su un lontano fatto d ' origine , legato all ' ora della nascita , o magari , come è forse nel caso degli omosessuali , legato a una lontana decisione infantile . Identificare le condizioni umane con i partiti politici è perciò irreale . Non esiste , fra le condizioni umane e i partiti politici , nessuna specie di affinità . Una condizione umana non è frutto di scelta , ma discende dal destino e dal caso . I movimenti femminili non saranno mai un partito politico , perché mentre è ben possibile immaginare un mondo governato dalle forze d ' una determinata e nuova classe sociale , immaginare un mondo composto esclusivamente di donne e dominato da loro è impossibile , irreale e mortale .
Sulle sponde del Tigrai ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Pochissime sono le cose che mi rallegrano in questo inizio dell ' anno : mi rallegra però il fatto che Paolo Poli canti e reciti in un teatro della città . Sono stata a vederlo già due volte e vi potrei sempre tornare ; qualunque giornata disordinata e confusa , del tutto priva di senso , può avere al suo termine alcune ore in quel teatro ; e anche se io non ci vado , sono contenta che si avveri per altri ogni sera , non molto lontano da casa mia , il miracolo del divertimento . Se dovessi descrivere Paolo Poli a qualcuno che non l ' avesse mai visto , direi di lui che la sua figura è quella di un giovinetto esile : ignoro la sua età , ma ho l ' idea che comunque resterà sempre come un esile giovinetto ; che il suo linguaggio è un puro toscano ; che i suoi spettacoli sono , in genere , parodie di romanzi o di commedie dell ' Ottocento , o del primo Novecento , inframmezzate da canzoni ; che quando canta alza nell ' aria le sue lunghe braccia snodate e le mani fini e soavi , assomigliando a una bella ragazza , o a un cigno , o a un fiore dall ' altissimo stelo ; che suscita ilarità con la grazia , in un tempo in cui la comicità sembra poter nascere soltanto su note stridenti e odiose , da volti e gesti scomposti e ripugnanti . Lui è comico restando se stesso , conservando i suoi tratti lindi e gentili . Non c ' è tuttavia nulla di lezioso o vezzoso nella sua grazia : non c ' è in lui nessuna civetteria , e nessuna timidezza , nei confronti della realtà . La sua grazia sembra rispondere a un ' armonia intima , sembra sprigionarsi da un ' intima e lucidissima intelligenza . Fra i suoi molteplici volti nascosti , c ' è essenzialmente quello d ' un soave , ben educato e diabolico genio del male : è un lupo in pelli di agnello , e nelle sue farse sono parodiati insieme gli agnelli e i lupi , la crudeltà efferata e la casta e savia innocenza . Usa essere circondato , nei suoi spettacoli , da ragazzi vestiti da donna , e da donne vestite da uomo : ha pochi attori , e li traveste in un modo o nell ' altro a seconda delle esigenze della storia . I suoi attori hanno le voci chiocce o stridule , i costumi mal cuciti e infilati in fretta d ' una recita di collegio ; i costumi hanno l ' aria di coprire a malapena altri panni , come maglioni o calzettoni di lana : in verità questi maglioni forse non appaiono , ma vien fatto di pensarci e di riderne come se si intravedessero . I suoi attori evidentemente sono bravissimi , perché non li vorremmo diversi nemmeno di un ' unghia ; eppure le loro voci chiocce o in falsetto hanno l ' esatta intonazione di chi è chiamato a recitare per la prima volta . Quanto a lui , i suoi travestimenti ( da zingara , o da monaca , o da frate , o da diavolo , o da aviatore , o da signora ) sono sempre meravigliosi ; ha il dono di cambiare costume in un lampo , e quando appare in un nuovo travestimento , nel teatro corre un brivido di gioia e di emozione , esplodono applausi , e la sua alta persona volteggia sulla scena e nella sala svolazzando con ventagli , tuniche o piume . Fra i suoi spettacoli riusciti e felici , vanno ricordati La nemica di Nicodemi , il suo presente spettacolo che è una serie di romanzi di Carolina Invernizio , e La vita di Santa Rita da Cascia che era stupendo , e che fu sequestrato come blasfemo : in verità non so come si potesse definirlo blasfemo ; è un grande peccato che non si dia più , e darei non so cosa per vederlo ancora una volta . M ' è accaduto di assistere a suoi spettacoli non del tutto riusciti ; non che fossero mai sciocchi o freddi , ma avevano qualcosa di slegato e frammentario ; mi dispiaceva per lui , non per me , perché io mi divertivo ugualmente , quasi senza ombra di delusione ; un momento di suprema bellezza c ' era sempre : e per un fedele spettatore di Paolo Poli , come io sono , non importa molto la riuscita dello spettacolo , basta qualche attimo della sua presenza sulla scena , basta un attimo d ' una sua canzone ; per sentirgli cantare Sulle sponde del Tigrai penso che farei chilometri . Dell ' esito felice d ' un suo spettacolo , mi rallegro sempre , come della fortuna d ' un amico o d ' un parente ; in verità non sono che uno spettatore , e lui di persona lo conosco appena , per essere andata a salutarlo a volte nel suo camerino . Come persona , per quel poco che so di lui mi sembra estremamente civile , gentile e umile ; si sa cosa può fare il successo con le persone , come può deformarle e involgarirle ; pure mi sembra che sopra di lui il successo dovrebbe passare senza toccargli un capello . Inoltre la sua fortuna fra la gente è una fortuna di qualità particolare , è qualcosa che sembra rifiorire ogni sera dal nulla e come per caso , senza alcun legame né con lo snobismo , né con la pubblicità , né con la moda . Benché egli abbia tra la gente grande fortuna , benché il suo teatro sia ogni sera pieno , pure non mi sembra che lui sia diventato di moda : e spero che una cosa tossica , aberrante e pericolosa come la moda non riesca a giocare con la sua persona . E del resto forse ogni essere ha la fortuna che il suo spirito chiede ; e quando uno viene deturpato e involgarito dal successo , è ergermi della volgarità erano in lui preesistenti , e si potevano scorgere nel suo spirito anche quando era solo e oscuro . A pensarci bene , il segreto del fascino di Paolo Poli è proprio nella maniera nobile , civile e intelligente con cui tocca , esamina ed esprime la volgarità rimanendone pienamente immune . Poiché non c ' è ombra di volgarità in lui , le volgarità e i luoghi comuni che estrae dal passato egli li illumina con un totale distacco , non in una caricatura deformante e grottesca ma in un disegno penetrante e limpido . Dell ' Ottocento , del primo Novecento , altri avevano fatto parodie prima di lui . Di luoghi comuni e di trivialità del passato , esisteva una raccolta di parodie e farse che erano diventate non altro che luoghi comuni e trivialità nuovi . Paolo Poli ha buttato via dalla sua strada tutte le farse antiche ; ci ha restituito un mondo fantastico che ai nostri occhi ha l ' incanto delle cose ancor vive e dissepolte . L ' ilarità in noi nasce dalla meraviglia , dalla grande felicità di poter toccare età remote con mani e sguardi totalmente nuovi . Nel suo presente spettacolo , in mezzo a danze di zingare , neonati partoriti in cantina , spose tradite e sepolte vive , lui a un tratto prende a cantare Giovinezza . Canta questa canzone com ' era prima che diventasse l ' inno delle camicie nere , la restituisce in tutta la soavità floreale che aveva nella sua origine . E un momento meraviglioso . Questa « Giovinezza » di cui nessuno può dimenticare il destino e che sorge ad un tratto sopra una fantasia ottocentesca , mescolando le memorie e le età , ha il potere di riportare ai nostri piedi non soltanto la nostra infanzia , ma il mondo , le memorie e le illusioni della generazione che ci ha preceduto , cioè l ' epoca dei nostri padri . Su tali illusioni e memorie , non è proiettata alcuna sorta di rimpianto crepuscolare , ma le inchioda un giudizio inesorabile ; melodie floreali e spoglie innocenti e soavi , nascondono futuri fatti di sangue , il lupo si nasconde dietro ai bianchi riccioli dell ' agnello . E solo lui può cantare Giovinezza in un teatro senza che riappaia né l ' immagine di Mussolini , né l ' ironia ormai vecchia e involgarita che si è usata su questa immagine . Solo lui può farlo , essendo lui l ' esatto contrario del fascismo , essendo tutto quello che il fascismo ha voluto bandire dalla terra . Q meglio , a Mussolini quando lui canta Giovinezza pensano tutti , ma per misurare e giudicare le distanze che ci separano sia dall ' epoca in cui Mussolini viveva e operava , sia dall ' epoca in cui l ' abbiamo irriso . E in fondo appare chiaro che a Paolo Poli l ' unica cosa che stia a cuore nelle sue parodie è questa , lo scoprire nella goffaggine , nella apparente innocenza e nel candore delle età perdute , i veleni e gli orrori delle future abbiezioni .
Cuore ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Giorni fa ho letto che è morta a Torino la vedova di un figlio di De Amicis , Ugo , morto nel '63 . Questo Ugo doveva essere il bambino « Enrico » , eroe del libro Cuore . I giornali riportavano una fotografia di lui con la moglie . I fantasmi della nostra infanzia sono indistruttibili , e non sanno invecchiare ; così mi sono stupita nell ' apprendere che « Enrico » aveva avuto una professione , una moglie , e a un certo punto una faccia rugosa e dei capelli bianchi . Io , da bambina , gli avevo dato un grembiale , un cestino per la merenda e dei riccioli ; e con quei riccioli e con quel cestino lo vedevo procedere sulla sua strada per sempre . Ho scoperto poi con meraviglia che il libro Cuore è stato pubblicato nel 1886 : perciò quando io da piccola lo leggevo , quel libro , e il famoso « Enrico » , erano già vecchi di quarant ' anni . A me non sembrava , leggendolo nell ' infanzia , un libro che appartenesse ad un ' altra età . Il mondo che vi compariva era simile , nelle sue linee essenziali , non al mondo nel quale io vivevo , ma a quello che mi veniva abitualmente offerto nei libri di lettura : era evidentemente il mondo che allora si pensava dovesse essere somministrato all ' infanzia . Confrontando però oggi Cuore con la nostra epoca attuale , mi sembra invece un libro antichissimo : precipitato in un ' età remota , esso non fa che illustrare cose che non esistono più , un mondo caduto in cenere . Ai libri che abbiamo amato nell ' infanzia , restiamo in qualche modo fedeli , nell ' affetto , per tutta la vita . Cuore io lo amavo . Sfogliandolo oggi , scopro però che lo amavo per i molti vizi che sono in esso e che erano , allora , in me . A parte l ' affetto , giudicando oggi Cuore trovo che non ì per niente un bel libro . E abile e falso . E furbissimo , e illustra con efficacia retorica un mondo che , in verità , nella sua sostanza , non è mai esistito se non nei libri . I suoi personaggi non hanno nessuna vita ; definiti all ' inizio , percorrono fino alla fine il cammino e compiono i gesti che fin dall ' inizio ci eravamo aspettati . Garrone è sempre giusto e generoso ; Franti è sempre perfido ; il muratorino fa sempre il muso di lepre . Vi sono , è vero , alcuni ravvedimenti ; il padre di Precossi , fabbro ferraio che era spesso « briaco » , e batteva il figlio , commosso perché il figlio ha preso la medaglia si pente e smette di bere . Ma simili trasformazioni sono in qualche modo prevedibili : la virtù vince il male , il cuore trionfa , la scuola intesa come fucina di buoni sentimenti irradia un fuoco benefico , istruisce al bene . Chi non si ravvede mai , per fortuna , è il perfido Franti . Dico per fortuna , perché ricordo d ' avere assai temuto nella mia infanzia che potesse nel corso del libro diventare buono ; la sua malvagità mi affascinava , e spiavo dietro di lui peccati che non riuscivo a immaginare , ma che mi figuravo anche più sinistri e più foschi di quelli che venivano enumerati . In verità i suoi peccati non mi apparivano mai abbastanza tremendi . Ecco cosa faceva : « ... Non teme nulla , ride in faccia al maestro , ruba quando può , si porta a scuola degli spilloni per tormentare i vicini , si strappa i bottoni dalla giacchetta , e li strappa agli altri , e li gioca , e ha cartella , quaderni , libri , tutto sgualcito , stracciato , sporco , la riga dentellata , la penna mangiata , i vestiti pieni di frittelle e di strappi che si fa nelle risse » . Non riuscendo forse a rappresentare con abbastanza neri colori la sua cattiveria , a un certo momento lo scrittore ci porta davanti sua madre : « affannata , coi capelli grigi arruffati , tutta fradicia di neve ... raccogliendo lo scialle che strascicava , pallida , incurvata , con la testa tremante , e la sentimmo ancor tossire giù per le scale ... Il direttore guardò fisso Franti in mezzo al silenzio della classe , e gli disse con un accento da far tremare : Franti , tu uccidi tua madre » . Dopo avere strappato bottoni e usato spilloni e riso quando gli altri piangevano , Franti a un certo punto tira le trecce a una sorella di Stardi , si azzuffa con Stardi , qualcuno gli vede in mano un coltello : per cui finisce « all ' ergastolo » : immagino che si trattasse di un riformatorio . Comunque sparisce dalla scena per sempre : cosa che a me dispiacque moltissimo , perché era mio grande godimento contemplare la sua figura malvagia . « Franti , tu uccidi tua madre » , e « Uno solo poteva ridere mentre Derossi diceva dei funerali del re : e Franti rise » , sono frasi che nell ' infanzia mi hanno deliziato ; come pure « Non sono degno di baciarti le mani » , parole scritte da Enrico in risposta a una lettera della sorella , la quale si duole di un suo sgarbo , e gli ricorda le ore passate presso la sua culla quando era piccolo , « invece di divertirmi con le compagne » . Usavo quasi sempre saltare le lettere , perché le trovavo noiosissime : ne mietevo però qualche frase , che recitavo tra me a voce alta con insaziabile commozione . Come mai in quella famiglia si scrivessero tante lettere , ogni sera , pur abitando tutti sotto lo stesso tetto , non me lo sapevo spiegare ; mi sembrava però una cosa piena di seduzione , e mi rammaricavo che in casa mia non vi fosse questa abitudine . In verità quello che mi affascinava in Cuore era il trovarvi un mondo più ordinato , e in fondo per me più rassicurante , del mondo nel quale vivevo . Che fosse quello di Cuore un mondo falso , libresco e inesistente nella realtà , io allora non lo capivo ; i bambini spesso sono attratti dalla falsità ; spesso essi preferiscono lo splendore delle sete artificiali , il luccichio delle perle false , alle vere perle e alla vera seta . E io ero , da bambina , retorica , conformista , e con ideali piccolo - borghesi . Trovavo in Cuore tutto quello che nella mia esistenza mancava . Avrei voluto un padre saggio e sereno ; il mio urlava , sbatteva le porte , le sue norme educative erano urla e fragori di tuono . Avrei voluto una madre che la sera cucisse sotto la lampada . La mia non cuciva , o troppo poco per i miei gusti . Avrei voluto sentir parlare della patria . In casa mia non la nominavano mai . Avrei voluto che si parlasse del re . Usavano dargli dell ' imbecille . A scuola non mi mandavano ; mi facevano studiare in casa , per paura dei microbi . Avrei voluto che si mettesse fuori al balcone , i giorni delle feste patriottiche , la bandiera . Non avevamo bandiera . Alle sfilate militari , alle processioni , non mi portavano , sempre per paura dei microbi . Avrei voluto che mi insegnassero a venerare mia nonna . Invece su mia nonna in casa mia sbuffavano ; perché era , a dir vero , insopportabile . Il mondo di Cuore mi sembrava l ' unico mondo nel quale era bello e nobile vivere . Era un mondo dove tutto appariva al suo posto : il cielo pieno di eroi e di martiri ; le carceri piene di malfattori ; i soldati coperti di sangue sui campi di battaglia ; i genitori e i maestri laboriosamente intenti a soccorrere i poveri e a educare i bambini . Era un mondo che trovavo ben costruito e nel quale mi sentivo sicura e protetta . Lo consideravo indistruttibile ; e tuttavia siccome in casa mia , in qualche modo che mi era oscuro , un simile mondo veniva messo in dubbio e deriso , sorgeva a volte in me il sospetto che vi fosse in esso una crepa segreta , un errore nascosto ed essenziale . Soffocavo però subito quel sospetto : innalzavo intorno a me le mura solide che mi piacevano . Plasmavo il mio proprio mondo a immagine e somiglianza di quel mondo confortevole e immobile : rendevo i miei genitori miti e modesti , rimpicciolivo la mia casa e la facevo rassettata e umile ; abolivo la donna di servizio , facevo di mia madre una specie di formica operosa ; inoltre mi dissanguavo nella fantasia in mille sacrifici sublimi , mi battevo contro i ladri e gli austriaci , mi vedevo la notte in piedi a copiare gli scritti di mio padre , pallida di fatica e incompresa . Incompresa , ma solo per poco : perché in quel mondo così nobile e degno le sofferenze , gli eroismi e la morte venivano a un certo punto sempre salutati e celebrati , trovavano posto in un cielo di gloria , li accompagnavano funerali e bandiere . A volte , agli austriaci e ai ladri sostituivo i fascisti , sembrandomi i soli veri nemici di cui potevo disporre . Ma era questo l ' unico mutamento che portavo su un quadro dai colori indelebili e ben definiti . Oggi , un libro come Cuore io credo che non lo possiamo più leggere ; e certo non lo potremmo pi su scrivere . Esso appartiene a un tempo in cui sull ' onestà , sul sacrificio , sull ' onore , sul coraggio , si scrivevano cose false . Questo voleva dire che c ' erano stati o c ' erano , a un passo di distanza , quegli stessi sentimenti , ma veri . Voleva dire che le parole per esprimerli , vere e false , esistevano . Il falso non è che un ' imitazione , falsa e morta , del vivo e del vero . Oggi l ' onestà , l ' onore , il sacrificio , ci sembrano così lontani da noi , così estranei al nostro mondo che non riusciamo a farne parola ; e siamo completamente ammutoliti , avendo , in questo nostro tempo , orrore della menzogna . Così aspettiamo , in assoluto silenzio , di trovare per le cose che amiamo parole nuove e vere .
Vita collettiva ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Se devo dire la verità , il mio tempo non mi ispira che odio e noia . Se è perché sono diventata vecchia e retrograda , annoiata e ipocondriaca , o se invece quello che provo è un giusto odio , non lo so . Penso che molti della mia generazione si pongano questa mia stessa domanda . Ho l ' impressione che l ' odio e la noia siano cominciati in me in un momento determinato . Non so precisare un simile momento nel tempo : so però che tutto è successo di colpo , e non a poco a poco . E stato alcuni anni fa : forse cinque o sei anni fa . Prima , tutto quello che i miei contemporanei inseguivano e amavano non mi era mai né odioso , né estraneo ; tutto quello che incuriosiva , seduceva e trascinava le persone intorno a me , incuriosiva , seduceva e trascinava me pure . Invece a un tratto ho sentito che non era più così ; che io continuavo a perseguire in me stessa cose di cui la gente intorno a me s ' infischiava : e il contrario . E quello che deliziava i miei simili , a me non ispirava che repulsione . Se dovessi tradurre quello che mi è accaduto in un ' immagine , direi che ho la sensazione che il mondo a un tratto si sia coperto di funghi e a me non interessano questi funghi . Vorrei capire però se è un fatto che devo spiegare con la mia vecchiaia , personale e privata , o se invece di colpo abbia preso coscienza in me un giusto odio . Un simile atteggiamento di indifferenza o di repulsione per le curiosità , le inclinazioni e i costumi che ruotano intorno a noi nel presente , mi sembra in se stesso quanto mai melenso e riprovevole . Il rifiutarsi al presente , l ' isolarsi nel rimpianto d ' un passato defunto , vuol dire rifiutarsi di pensare . Mi sembra però ancora più melenso , e ancora più colpevole , l ' atteggiamento inverso : cioè il costringere noi stessi ad amare e inseguire tutto quanto di nuovo compare intorno a noi . Questa è ancor più un ' offesa contro il vero . Vuoi dire aver paura di mostrarci come siamo , cioè stanchi , amari , ormai immobili e vecchi . Vuoi dire aver terrore d ' essere lasciati in disparte ; aver terrore di trovarci respinti , con i nostri inutili rimpianti , nei nostri regni in rovina . Che i nostri rimpianti per un mondo defunto siano inutili , è indubitato . Difatti quel mondo , così com ' era , non potrà risorgere mai . è inoltre assai dubbio se fosse davvero da rimpiangere . Nel fatto che noi siamo portati a rimpiangerlo , essendo stato il mondo che ospitava la nostra giovinezza , non va osservata che un ' inclinazione sentimentale , una debolezza del nostro spirito . Detto questo però va anche detto che è totalmente impossibile all ' uomo stabilire cosa gli sia utile e cosa gli sia inutile . L ' uomo non lo sa . Penso che essenzialmente quello che detesto nel mio tempo , è proprio una falsa concezione dell ' utile e dell ' inutile . Utile viene oggi decretata la scienza , la tecnica , la sociologia , la psicanalisi , la liberazione dai tabù del sesso . Tutto questo è reputato utile , e circondato di venerazione . Il resto è disprezzato come inutile . Nel resto però c ' è un mondo di cose . Esse vanno evidentemente chiamate inutili , non portando con sé per i destini dell ' umanità nessun vantaggio sensibile . Enumerarle sarebbe difficile , essendo esse infinite . Fra esse c ' è il giudizio morale individuale , la responsabilità individuale , il comportamento morale individuale . Fra esse c ' è l ' attesa della morte . Tutto quello che costituisce la vita dell ' individuo . Fra esse c ' è il pensiero solitario , la fantasia e la memoria , i rimpianti per le età perdute , la malinconia . Tutto quello che forma la vita della poesia . Una simile parola , negletta , schernita e umiliata , appare oggi così antica e intrisa di vecchie lagrime e polvere , quasi fosse lo spettro stesso dell ' inutilità , che uno si vergogna perfino di pronunciarla . Essendo dunque negletto e mortificato tutto quello che forma la vita dell ' individuo , essendo venerati e santificati gli dei dell ' esistenza collettiva , avviene che non è più tenuto in nessun conto il solitario pensiero . E stato decretato che non serve a nulla , che non ha potere alcuno , che non incide in nulla sulla vita dell ' universo . Sembrando l ' umanità ammalata , utili sono chiamate soltanto quelle che si stimano essere medicine per curarla . Il pensiero solitario non appare se non come un malinconico e sterile frutto di solitudine e di fatica ; e due cose sono oggi con prepotenza odiate e ripudiate , la fatica e la solitudine . Si cerca di combatterle e di annientarle ovunque se ne scorga una pallida impronta . Ci si raduna in gruppo , per difendersi dall ' oscurità e dal silenzio , dalla presenza faticosa e stremante del proprio essere singolo ; ci si raduna in gruppo per viaggiare , per esistere , per suonare e cantare , per creare opere . Ci si raduna in gruppo anche per fare l ' amore : sembrando faticoso e stremante , e troppo imparentato con la solitudine , il famoso antichissimo rapporto di una sola donna con un solo uomo . Il desiderio di difendersi con ogni mezzo dalla solitudine e dalla fatica , appare chiaro soprattutto in due espressioni della vita attuale : nelle opere creative , e nei rapporti fra donne e uomini . Fra le età dell ' uomo , quella che oggi è preferita e amata è l ' adolescenza : essendo insieme l ' età in cui ci si sveglia ai piaceri della vita adulta , e in cui la fatica degli adulti ci è risparmiata . Essa è anche l ' età in cui le colpe ci vengono perdonate . Così , il mondo di oggi appare come il regno degli adolescenti ; donne e uomini si travestono da adolescenti , qualunque sia l ' età che hanno toccata . In questo sogno d ' adolescenza , uomini e donne si rassomigliano e si identificano , sembrando voler apparire la medesima cosa : il medesimo essere ambiguo , languido , randagio e soave , indifeso e tenero , con panni colorati e laceri e chiome fluenti ; immerso in un eterno abbandono , perduto in un eterno pellegrinaggio , senza propositi e senza tempo . Qualcosa fra una vergine , un profugo , un monaco , una principessa . Volendo apparire insieme uomo e donna , questo essere vuole anche apparire insieme ricchissimo e poverissimo , e mescolare su di sé e condividere molteplici destini : né per lui esistono stagioni , mescolandosi nelle sue vesti l ' estate e l ' inverno . Nell ' unirsi in gruppo per far l ' amore , nel rifiutare il segreto del rapporto a due , c ' è ancora un sogno d ' adolescenza . Possiamo leggervi il desiderio che il rapporto più drammatico fra quelli esistenti , il rapporto fra uomo e donna , perda la sua drammaticità e si trasformi in qualcosa di innocente , che assomigli il più possibile a un gioco di ragazzi , senza propositi , senza durata e senza fatica , leggero , transitorio e incruento . Quanto alle opere creative , esse esprimono ugualmente un desiderio di non - fatica , non - travaglio , non - dolore , non - spargimento di sangue ; i romanzi e i versi aridi e confusi che oggi vengono scritti , dicono chiaro come non sia stata spesa per scriverli un ' ombra di fatica reale , e chi li ha scritti si è limitato a specchiarsi nella sua aridità e confusione ; le opere d ' arte che si vedono nelle gallerie e nei musei , composte di veri manici di scopa e di veri secchi di plastica , i quadri fatti di un semplice strato di colore , non hanno richiesto nulla di più d ' una veloce ricerca in cucina o d ' una rapida pennellata simile a quella di chi vernicia una stanza . Portando così di peso nell ' arte la realtà più transitoria e più vile , l ' uomo di oggi intende esprimere il vuoto e la sfiducia che lo circonda , vuoto da cui non trae che una scopa , una palla di vetro o una macchia di vernice ; ma esprime anche la sua volontà di risparmiare a se stesso il sangue , il travaglio , lo strazio e la solitudine della creazione . In verità , fatica e solitudine appaiono come i più temibili nemici del vivere , perché l ' umanità intiera è oppressa da fatica e solitudine . L ' uomo di ieri non lo sapeva ; poteva vivere ignorando le sventure della sua specie . L ' uomo di oggi non ignora più nulla di quanto accade ai suoi simili sotto il sole ; così non può più sopportare la convivenza con se stesso , odia la propria immagine , e sente sulle sue membra pesare una consapevolezza universale e intollerabile . La sua liberazione è sopprimere dal suo spirito ogni inclinazione al dolore e alla fatica ; e con essi ogni senso di colpa , ogni solitario terrore . La sua liberazione è rifugiarsi in uno stato di adolescenza eterna , di estrema irresponsabilità e libertà ; far buio sui propri complessi , sulle proprie inibizioni , sulle proprie nevrosi ; avendoli a lungo esplorati , sbarazzarsene , come di ombre o di incubi ; definirli inutili , e definire inutile con loro tutto il mondo dello spirito . L ' essersi così sbarazzato di complessi e inibizioni , non lo rende fiero né lo rallegra , perché l ' uomo di oggi non ha dentro di sé un luogo dove rallegrarsi o andar fiero . Inoltre sa che il mondo delle angosce e degli incubi non si è dissolto , ma è stato semplicemente chiuso fuori e si affolla sulla sua soglia . Gli strumenti per difendersi da queste presenze nascoste gli sono stati insegnati , ed egli li adopera . Essi sono la droga , la collettività , il rumore , il sesso . Sono le espressioni molteplici della sua libertà . Non fiera e non allegra , e nemmeno disperata perché non ha memoria d ' aver mai sperato nulla , priva di passato e di futuro perché non ha né propositi né ricordi , questa libertà dell ' uomo di oggi cerca nel presente non una fragile felicità , che non saprebbe come usare non possedendo né fantasia né memoria , ma invece una fulminea sensazione di sopravvivenza e di scelta . Bandito lo spirito , l ' uomo di oggi non ha a sua disposizione nulla se non questa scelta imperiosa , occasionale e fulminea . Quello che essa coglie nel presente è come il manico di scopa o le bacinelle delle attuali opere d ' arte : un oggetto , in verità assai banale e volgare , ma comunque un oggetto , scelto e acchiappato a volo nel vuoto ; un segno che una scelta è ancora possibile , che un oggetto può ancora essere chiamato unico , essendo stato scelto non si sa perché fra i milioni di oggetti identici che ruotano nei vortici dello spazio .
Due comunisti ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Nei giorni intorno allo scorso Natale mi telefonò una persona . Mi disse che aveva da propormi un lavoro . Venne . Era uno che non avevo mai visto prima ; lo trovai molto simpatico . Parlammo a lungo e di varie cose . Di lui non so e non potrei dire nulla , se non che è molto simpatico e che lavora alla televisione . Mi chiese se volevo fare , per la televisione , un ' inchiesta sulla donna in Italia . Risposi che non sapevo fare le inchieste e che non mi piaceva per niente pensare « alla donna » , cioè pensare ai problemi delle donne isolati da quelli degli uomini . Gli dissi inoltre che non mi piaceva viaggiare . Non avrei avuto nessuna voglia di viaggiare per l ' Italia con dei fotografi . Gli dissi che l ' unica cosa che amavo al mondo era scrivere , sul divano di casa mia , tutto quello che mi passava per la testa . Mi disse che non avrei dovuto viaggiare perché altri avrebbero viaggiato per me . Io potevo restare a casa mia . Mi disse che in questo lavoro non sarei stata sola , perché un sociologo avrebbe lavorato con me . L ' idea di lavorare con un sociologo mi spaventò moltissimo e rifiutai . Non saprei parlare con un sociologo ; la sociologia è troppo lontana da me . Mi disse allora il nome del sociologo a cui avevano pensato e a cui si proponevano di scrivere per sapere se acconsentiva . Era Ardigò . Ardigò io lo conosco poco ; lo conosco però da molti anni . Ne ho stima . Mi ispira simpatia . Ho in comune con lui la memoria d ' un amico . Questo amico è Felice Balbo , morto nel '64 . Mi venne a un tratto il desiderio di vedere Ardigò che non vedo mai . Felice Balbo aveva molti amici , persone diverse fra loro e che non avevano fra loro niente in comune , se non l ' abitudine di discutere con lui fino a tarda notte . Si discuteva con lui di solito in piedi , perché lui usava stare in piedi , e la discussione diventava particolarmente appassionata sul pianerottolo al momento di salutarsi . Pensai che Balbo sarebbe forse stato contento se io e Ardigò , due suoi amici , avessimo lavorato insieme a un ' inchiesta sulla donna in Italia . Quella persona simpatica , nell ' andarsene , mi disse che m ' avrebbe fatto sapere se Ardigò accettava . Quando se ne fu andato mi accorsi che non avevo mai saputo , fino a quel momento , che Ardigò era un sociologo . In verità non mi ero mai chiesta cosa fosse Ardigò . Per me era un amico di Balbo e basta . Non tutti i suoi amici mi piacevano . Ardigò mi piaceva . La mia simpatia per lui si basava su impressioni fuggevoli , ma precise . Enumerai le cose che sapevo su Ardigò . Era simpatico . Viveva a Bologna . Aveva una sorella bionda che avevo conosciuto in montagna . Pensai che le mie nozioni sulle persone erano spesso assai rozze , limitate e confuse . E pensai che da questa mia limitazione , da questa mia miseria di nozioni , mi veniva un senso di malinconia , di miseria e di confusione . Mi veniva come una sensazione di muovermi nel vuoto . Pensai che ero l ' ultima persona al mondo che poteva fare un ' inchiesta in compagnia d ' un sociologo . Muovendomi io così spesso nel vuoto e nella nebbia , non potevo scambiar parola né con dei politici né con dei sociologi , persone che certo avevano sulla realtà uno sguardo sempre lucido , esatto , completo e puntuale . Pensai che Ardigò mi avrebbe subito disprezzato . Oppure poteva succedere anche di peggio , che cioè lui cadesse in un equivoco e mi supponesse dotata di qualità di cultura e di penetrazione sociale che io in verità non possiedo affatto . Pensai che è molto difficile essere capiti . Essere capiti vuol dire essere presi e accettati per quello che siamo . Il pericolo più triste che noi corriamo con le persone , non è tanto che non vedano o non amino le nostre qualità , ma che invece suppongano che le nostre qualità reali abbiano proliferato in noi numerose altre qualità che sono in noi assolutamente inesistenti . E pensai che la cosa più bella che aveva Felice Balbo , nel suo stare con le persone , era non travisarle mai e non guarnirle di doni che esse non possedevano , ma cercare invece nel prossimo che aveva davanti a sé il suo nucleo più vitale e profondo , scegliere e liberare il meglio che l ' altro aveva dentro di sé e quello solo , senza mai un ' ombra di sorpresa , di disprezzo o di scherno , dinanzi alle limitazioni e alle povertà dell ' altro . Egli infatti viveva con il suo prossimo nell ' unico luogo dove l ' intelligenza del suo prossimo poteva seguirlo senza limitazioni . Non usava mai cercare nel prossimo la propria immagine , essendo , quando stava con gli altri , totalmente immemore di sé . Era la persona meno narcisista che ho mai conosciuto . Indifferente a se stesso , non si sceglieva mai degli amici perché gli rassomigliavano , o perché erano il suo contrario , o perché potevano arricchirlo di nozioni o penetrazioni che lui non aveva . Semplicemente stava con persone con cui gli era possibile una qualche sorta di colloquio . Quando stava con una persona , non era mai in posizione di superiorità , né in posizione di inferiorità , era con l ' altro sempre un eguale . Conservai davanti a me nel futuro , d ' altronde assai vaga , la prospettiva di quell ' inchiesta , prospettiva in cui mi rallegrava , e insieme mi preoccupava , il nome di Ardigò , e in cui mi rallegrava il ricordo della persona molto simpatica che era venuta a casa mia quel giorno . Passò del tempo e non seppi più nulla di quel lavoro . Pensai che era sfumato come sfumano tante proposte . Però l ' altro giorno è uscita sull ' « Unità » una fotocopia d ' un foglio dattiloscritto della televisione , con una serie di proposte fra cui quella dell ' inchiesta sulla donna . C ' era il mio nome e il nome di Ardigò . Accanto , era scritta a penna un ' osservazione che esprimeva perplessità . Era scritto a penna : « Due comunisti » . La cosa mi precipitò in uno stupore profondo . Ero anche molto contenta . Perché fossi così contenta , non lo so . Dal commento dell ' « Unità » appresi che Ardigò è consigliere nazionale della Dc . A dire il vero non sapevo di lui neanche questo . Mi sono chiesta allora cosa sapevo con precisione su di me . Per quanto riguarda la politica , devo dire che non so su di me niente di preciso . L ' unica cosa che so con assoluta certezza , è che di politica io non ne capisco niente . Nella mia vita , sono stata iscritta a partiti per due volte . Una volta era il partito d ' azione . Un ' altra volta era il partito comunista . L ' una e l ' altra volta , era un errore . Siccome non capisco niente di politica , era stupido che fingessi di capirne qualcosa , che andassi alle riunioni , che avessi in mano la tessera d ' un partito . E ' bene che , finché vivo , io non appartenga mai a nessun partito . Se mi chiedessero come vorrei che fosse governato un paese , in coscienza non saprei rispondere . I miei pensieri politici sono quanto mai rozzi , imbrogliati , elementari , confusi . Per questo fatto , mi sento spesso disprezzata da persone che amo . Esse pensano che la mia povertà di pensiero , nei confronti della politica , è frivolezza , mancanza di serietà , assenteismo colpevole . Lo pensano in silenzio . Ma il peso del loro disprezzo è per me oppressivo . Se cercassi di giustificarmi in presenza di quel severo silenzio , non troverei che parole di una grottesca goffaggine e futilità . Eppure son sicura che ci deve essere un posto al mondo anche per quelli che , come me , non capiscono la politica , che se parlassero di politica direbbero solo banalità e imbecillità , perciò la cosa migliore che possono fare è non esprimere quasi mai nessuna opinione . Quasi mai . A volte , dire di sì o di no è indispensabile . Vorrei però limitarmi a dire o di sì o di no , E poiché ho parlato di Felice Balbo , dirò che gli sono grata per non avermi mai disprezzato , per non essersi mai stupito né sdegnato della mia ignoranza politica , gli sono immensamente grata per avermi sempre accettato per quello che ero e capito . Lo seguii prima nel partito comunista , poi fuori , feci tutto quello che lui faceva pensando che lui capiva la politica e io no . Pure non ebbi mai , con lui , la sensazione di sottostare a una sua superiorità , di subire una personalità più forte . Fra noi era inteso che lui capiva e sapeva un gran numero di cose , io no . Ma non aveva importanza , eravamo eguali . Nei ricordi degli anni che ho passato nel partito comunista , nei ricordi di riunioni e comizi , la sua figura è sempre presente . Forse per questo , se mi dicono comunista , sono contenta . Perché mi ricordo degli anni che io e Balbo eravamo là . Per quanto riguarda i due partiti a cui ho appartenuto , uno dei quali da tempo ha cessato di esistere , mi sembra di avere conservato con essi dei legami viscerali , oscuri e sotterranei , che non saprei chiarire con parole , che non trovano alcun fondamento nella ragione , che non hanno nessun rapporto con le scelte della ragione ma sgorgano dal profondo come gli affetti . Vorrei ancora dire che se un giorno ci fosse una rivoluzione e io dovessi fare una scelta politica , preferirei molto essere ammazzata piuttosto che ammazzare qualcuno . E questo è uno dei pochissimi pensieri politici che la mia mente possa mai formulare .
Villaggi ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Sono andata a vedere , a Palazzo Braschi , la mostra dei grandi naifs jugoslavi . I naifs jugoslavi sono pittori contadini . Dipingono su vetro . Fanno parte d ' una scuola che si chiama « Zemlja » , cioè terra . Il caposcuola , che si chiama Generalovic , non ha mandato i suoi quadri alla mostra perché uno dei pittori invitati , cioè Lackovic , non gli andava . Così dicevano nelle sale della galleria e non so se sia vero o se sia una chiacchiera . Non ho mai visto i quadri di Generalovic . Fino a poco prima di visitare la mostra , non sapevo nulla né della scuola « Zemlja » , né di Lackovic , né di Generalovic . Questo per mia ignoranza , perché a quanto ho saputo i naifs jugoslavi sono famosissimi . Se ho voluto visitare questa mostra non è stato per amore della pittura , ma perché avendo io saputo che erano pittori - contadini , pensavo che avrei visto dei villaggi . Tutta la vita ho sempre sentito grande curiosità di vedere villaggi , ovunque , nella realtà e nei quadri . Quando sono in treno , guardo e scelgo nella campagna villaggi dove forse vorrei vivere . Nello stesso tempo , mentre penso la mia vita perduta in mezzo a prati o rocce o abbarbicata sull ' alto d ' una collina , mi prende una sensazione pungente di vertigine e malinconia . Perché unito al desiderio di abitare in campagna , vive in me non meno forte e profondo il sospetto che vivendo in campagna mi struggerei di noia e solitudine . Ma nelle pieghe di quella noia si nasconde per me un incanto segreto . Questi sono i miei pensieri abituali mentre vado in treno , pensieri totalmente oziosi perché non mi propongo e forse nemmeno desidero veramente di lasciare la città in cui vivo da molti anni . In un ' epoca ormai lontana della mia vita , abitai in campagna per alcuni anni . Quel villaggio io non l ' avevo scelto ma altri l ' avevano scelto per me . Difatti era un confino di polizia . Pure avendo preso a poco a poco ad amarlo , non dimenticai mai , nel tempo che dovetti soggiornarvi , che non l ' avevo scelto e non smisi mai di sognare altri e più remoti villaggi . Quel villaggio non era per nulla sperduto nella campagna ma invece stava schierato su una strada larga , polverosa e piena di biciclette e carretti . La casa dove abitavo era sopra la farmacia . Avendo io allora bambini piccoli trovavo la presenza di quella farmacia assai comoda e rassicurante . Tuttavia essa distruggeva in me ogni sensazione di stare in campagna . Le nostre finestre non guardavano sulla campagna ma su tetti e vicoli . Sulla porta della farmacia sedeva la farmacista . Di lei dicevano che « parlava col diavolo » . Perché e quando mai parlasse col diavolo quella grassa e gentile farmacista in vestaglia e ciabatte , non lo so . Ma l ' idea che le aleggiasse intorno questo sospetto mi rallegrava facendomi sembrare il paese strano e primitivo . Perché in verità quel paese era assai poco strano e in fondo anche assai poco primitivo benché sporco e povero . Alzando gli occhi vedevo le colline . Sulle colline erano villaggi e casali dove avrei amato vivere . Ma soprattutto c ' era , non molto lontana dal paese , una frazione chiamata Cavallari , cinque o sei case sparse in mezzo a un acquitrino , e io usavo figurarmi la mia vita là . Certo era un gioco ozioso della mia frivola immaginazione . Camminando nei prati per arrivare a Cavallari si affondava nel fango fino al ginocchio e nei vicoli fra quelle case nere e diroccate si affondava nel letame . Cavallari , dagli abitanti del paese dove io stavo , era chiamato « Piccolo Parigi » per dileggio . Credo che se mi fosse accaduto di vivere per più di un giorno nel Piccolo Parigi sarei impazzita . Vi andavo a volte per qualche ora e conobbi là alcuni contadini . Essi erano tutt ' altro che lieti di vivere in quel fango e li soccorreva soltanto una secolare abitudine . Non avevano né acqua né luce e per comprare una candela o una cartina d ' aghi dovevano fare chilometri . Avendo io le idee quanto mai confuse progettavo di battermi nei miei anni futuri per strappare quei contadini a quel miserevole luogo ma nello stesso tempo accarezzavo il sogno di passare la mia vita futura in una di quelle nere cucine soffocate nel fumo e nel letame e affacciarmi la sera a guardare il tramonto su quel desolato acquitrino . Se avevo all ' origine un ' immagine di villaggi idilliaca e pastorale , con ruscelli bisbiglianti e tenera erba , essa certo andò distrutta per sempre nel fango del Piccolo Parigi e nei vicoli del paese in cui vissi . Non che non vi fossero là tenera erba e pecore , ma il fango , il fumo e la noia regnavano incontrastati in quei luoghi e ne formavano la realtà essenziale . Conobbi varie frazioni e sobborghi in quella vallata e cercai di pensarvi la mia vita con acuta curiosità , con desolazione e desiderio . Del paese in cui stavo conoscevo ormai le minime pieghe , i minimi buchi e i vicoli , e la mia noia d ' averlo davanti agli occhi era sterminata . Andavo a vedere altre frazioni e sobborghi come uno si gira e si rigira in un letto per cercare punti più freschi . Mi avrei dato non so cosa per aprire gli occhi un mattino sui balconi di una città . Eppure vissi felice in quei luoghi . Perché non è vero che la noia escluda la felicità . Esse possono sussistere insieme e unirsi in un viluppo inestricabile . Ricordando la noia di quegli anni conservo in me la persuasione assoluta che la vita in un paese in campagna sarebbe quella che io sceglierei se l ' uomo potesse scegliere il suo destino . Per tornare alla mostra di Palazzo Braschi , ci sono andata dunque per vedere dei villaggi . Ne sono uscita con una nostalgia di villaggi profonda e pungente . Desideravo essere una persona precisa , e cioè desideravo essere il pittore contadino Ivan Vecenaj . I grandi naifs jugoslavi che hanno esposto quadri in questa mostra sono essenzialmente quattro : Vecenaj , Rabuzin , Lackovic e Kovacic . Dirò subito che non mi piace Rabuzin . Dal catalogo ho saputo che non è un contadino ma un imbianchino . Questo spiega di lui molte cose . Evidentemente imbiancando muri avrà addensato dentro di sé molto bianco . Nei suoi quadri c ' è una costante luce bianca . Per i cieli rosa e celeste viaggiano nuvole che sembrano palle di neve , al suolo giacciono immensi palloni verdi come immensi meloni o limoni e sono foglie . Cerchi lontani di piccole case non testimoniano vita umana essendo i suoi villaggi , orti e campi sigillati in una geometria immota . I paesaggi di Rabuzin sembrano paradisi luminosi e gelidi , non destinati agli uomini ma alle nuvole , ai meloni e ai limoni , e chiusi per sempre in una vitrea e nivea primavera . Essi mi hanno affascinato ma li ho trovati agghiaccianti . Lackovic mi ispira maggiore simpatia . Lackovic fa degli uomini piccolissimi seguiti da cani piccolissimi che sembrano volpi . Fa delle pianure invernali e delle lune rosse e rotonde , dei villaggi armoniosamente composti in un delicato intrico di arbusti . Dipinge come un bambino vivace , spiritoso e ciarliero . Tuttavia i suoi orizzonti non sono infiniti , né sono mai sterminate le sue distese di campi . Ogni suo paesaggio è raccolto nella vivacità e nella grazia . In questa mostra i due pittori che amo sono Kovacic e Vecenaj . Kovacic ha paludi d ' un verde grigiastro , autunni fiammeggianti e villaggi invernali dipinti con attenzione intensa e intensa tristezza . Perché l ' orizzonte nei quadri di Lackovic non sia infinito , e sia invece infinito nei paesaggi di Kovacic e di Vecenaj , non lo so , ma penso che tutto il segreto della pittura stia in questo punto . I quadri di Ivan Vecenaj sono nella prima stanza . Dopo aver visto gli altri sono ritornata da lui e penso che lo preferisco a tutti . I suoi paesaggi sono dipinti con estrema minuzia nei minimi e più lontani particolari e l ' orizzonte sopra di essi è fosco e solenne . Nel mezzo del paesaggio campeggia a volte un evento drammatico : brucia una casa ; san Giovanni è seduto con la sua aquila ; un vaso di fiori azzurri è stato posato su una distesa di neve ; una donna insegue le sue oche ; hanno crocifisso Gesù . I colori di Vecenaj sono crudeli e violenti . Le sue figure umane sono tozze e stupefatte . Hanno larghi volti legnosi , larghe mani ossute e nodose , stanchissime e forti . I suoi animali sono irsuti e aspri , pieni di penne e di peli . Ogni quadro dice l ' aspra fatica del vivere e la desolata solitudine dell ' uomo nella campagna . Ogni quadro dice come sia sterminata e senza risposta la natura intorno alle opere degli uomini , intorno ai villaggi . Dal catalogo ho appreso che Vecenaj vive sempre nel suo villaggio e fa il contadino . Questo mi ha dato gran gioia , perché avrei trovato tristissimo doverlo pensare in un anonimo appartamento d ' una qualche città , col telefono e l ' ascensore . Quando sono uscita dalla mostra era il crepuscolo . C ' era folla , traffico e rumore . Gli occhi non riuscivano a fermarsi su niente , non c ' era che disordine , le strade non erano più strade ma solo gente e automobili , i suoni laceravano le orecchie . Mi consolava il pensiero che tutto questo fosse risparmiato a Vecenaj . Era , in quel grigio crepuscolo , l ' unico pensiero che mi consolava . Per me stessa , desideravo due cose , ed erano tutt ' e due impossibili : desideravo essere Vecenaj , e desideravo di stare per sempre in uno dei villaggi che lui ha dipinto . Stare là come la guardiana di oche , o come l ' aquila , o san Giovanni , o Gesù . Avere ai miei piedi quella campagna . Avere sulla mia testa quel cielo .
Il bambino che ha visto gli orsi ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Tre anni fa sono andata in America per la prima volta nella mia vita . Un mio figlio vi soggiornava da un anno ed era nato là un mio nipote . Mio figlio , sua moglie e il bambino dovevano rimanere là un anno ancora . Quel bambino aveva ormai qualche mese e io non l ' avevo visto che in fotografia . Così conobbi insieme l ' America e mio nipote Simone . Non posso dire d ' aver capito e visto molto dell ' America essendo io tarda nei riflessi e poco dotata per capire velocemente luoghi ignoti . Del viaggio ho questo ricordo : per moltissime ore era pomeriggio , l ' aereo ronzava in apparenza immobile in un cielo d ' un azzurro intenso e su candide groppe di nuvole dove il sole non si sognava di tramontare ; poi di colpo fu pioggia e notte . L ' istante in cui quel pomeriggio immobile e glorioso si trasformò in una bufera notturna , dovette essere rapidissimo perché non ne ho memoria . Quando scendemmo infuriava il vento e nel campo dell ' aeroporto erano state installate passerelle con tettoie di zinco su cui la pioggia scrosciava . Le mie prime immagini furono vie battute dal temporale e lunghi sottopassaggi illuminati a giorno e rombanti . La città era Boston . Avevo letto nella mia vita moltissimi libri che parlavano di Boston ma non so perché il solo che mi venne in mente allora fu un romanzo chiamato Il lampionaio che avevo letto e amato all ' età di nove anni . Si svolgeva a Boston e c ' era una bambina di nome Gertrude , assai povera , maltrattata e selvaggia , che veniva raccolta e adottata da un buonissimo vecchio , lampionaio di professione . Mi rallegrai a un tratto con me stessa di trovarmi nella città di Gertrude . Non c ' era però intorno a me traccia di lampioni e mi era difficile riconoscere in quei rombanti sottopassaggi le calme e vuote immagini che avevo costruito intorno al nome di Boston nella mia remota infanzia . Tuttavia la memoria del Lampionaio rimase in me per tutto il tempo che fui a Boston e in fondo dopo un attento esame scopersi che quella città non era molto dissimile da quella che era sorta dissepolta fra le ceneri della mia immaginazione infantile . Di Gertrude , ricordavo che quando era così povera usava nutrirsi di spazzatura . Così osservavo con attenzione per le strade di Boston i grandi bidoni di spazzatura che si trovavano davanti alle case . Per la spazzatura mio figlio mi spiegò al mattino che c ' erano due bidoni , uno destinato all ' organico e l ' altro all ' inorganico . Perciò ogni volta che dovevo buttar via qualcosa mi fermavo a pensare se andava nel bidone dell ' organico o nel bidone dell ' inorganico . Più tardi tornata in Italia riflettevo ancora sull ' organico e sull ' inorganico pur gettando poi tutto in un unico secchio come usiamo fare qui . Tornando alla sera del mio arrivo , mio figlio e sua moglie parlarono subito del lungo viaggio che si preparavano a fare in automobile , col bambino , nelle « Rocky Mountains » . Sapevo di questo loro progetto da tempo ma in quella bufera di vento e pioggia l ' idea mi parve insensata e dissi che il bambino avrebbe patito il freddo . Mi fecero osservare che eravamo nel mese di maggio , il viaggio sarebbe avvenuto d ' estate e quindi se mai il rischio era la calura estiva . Dissero che però erano andati dal pediatra con la carta geografica , gli avevano mostrato l ' itinerario del loro viaggio e il pediatra aveva approvato . Questo pediatra usava farsi chiamare « Jerry » dai suoi clienti . Quando accordava una visita , lasciava nella cassetta della posta un cartoncino con scritto : « Jerry sarà felice di incontrarsi con Simone martedì alle tre » . Tuttavia se Simone avesse avuto la febbre a quaranta , Jerry non si sarebbe spostato di un millimetro perché non faceva visite a casa . Era questa la regola e non vi contravveniva in America nessun pediatra . Sul conto di Jerry appresi ancora che trovava Simone in buona salute , ma un po ' troppo grasso . Jerry voleva che i bambini fossero magri . Trovai che infatti l ' America era un paese di bambini magri . I bambini inoltre mi sembravano poco vestiti e con mani paonazze dal freddo perché non portavano guanti . Quando lo vidi per la prima volta , la sera del mio arrivo , Simone era nel suo letto , sveglio , vestito d ' una tuta bianca di cotone , e giocava con un gatto piatto di tela cerata rossa . Aveva una testa completamente nuda di capelli e occhi neri ironici , acutissimi e penetranti . Guardando con molta attenzione , si poteva scorgere su quella sua testa nuda una finissima peluria bionda . Gli occhi erano stretti e allungati verso le tempie . Trovai che assomigliava a Gengis - Kan . Dopo alcuni giorni di bufera , esplose a un tratto un ' estate torrida . Dissi allora che un viaggio con quel caldo era pericoloso . Avrei dato non so cosa per portare il bambino con Te in Italia , in campagna , all ' ombra di frondosi alberi . Ma i suoi genitori erano irremovibili . Pensavano che nelle « Rocky Mountains » si sarebbe divertito di più . Io replicavo che un bambino di pochi mesi non avrebbe visto differenze fra le « Rocky Mountains » e una conigliera . Prediche , querimonie e contumelie furono nel mio soggiorno in America le mie manifestazioni essenziali . Soprattutto non mi davo pace che per tre mesi quel tenero e ignaro bambino non avrebbe avuto una casa . Infatti mio figlio e sua moglie avevano subaffittato la loro casa fino al mese di ottobre . Simone avrebbe dormito in automobile , o nei motel , o sotto la tenda , tenda che era già stata comperata e che mio figlio montava per esercizio nel prato d ' un amico . Fino ai primi di ottobre , Simone non avrebbe avuto sulla sua testa il soffitto di casa sua . Avrebbe però avuto sempre mi dissero il suo letto . Quel letto era infatti smontabile e poteva essere rimpicciolito e sistemato dentro l ' automobile . Anche di questo furono fatte molteplici prove . Non so se fosse imperizia di mio figlio ma l ' operazione della sistemazione del letto nell ' automobile era lentissima e laboriosa non meno dell ' installazione della tenda sul prato . Assistetti a quei preparativi di viaggio con crescente paura . Mio figlio e sua moglie tornavano ogni giorno a casa con oggetti destinati al viaggio , bottiglioni di plastica per l ' acqua e polveri contro i morsi degli scorpioni . Comprarono anche una enorme sacca di plastica e vi cacciarono dentro tutti i giocattoli del bambino . Osservai che era un ingombro inutile , ma loro avevano letto nel libro del dottor Spock che un bambino deve viaggiare in compagnia di tutti i suoi giocattoli . Infatti non potendo sempre interrogare Jerry , essi spesso cercavano risposte e conforto nel libro del dottor Spock . Ignaro di essere minacciato dalle « Rocky Mountains » il bambino viveva nella casa come se fosse stata sua fino alla fine dei secoli . Stava in carrozzina nella loggia di legno davanti a casa , agitava il suo gatto rosso e squadrava il mondo con i suoi occhi da Gengis - Kan . Era un bel bambino grasso e forte , troppo grasso anzi per i gusti di Jerry , e mandava giù con gioia bottiglie di latte ma si batteva ferocemente contro ogni altra specie di cibo . Avanzai la proposta di fargli il famoso brodo vegetale , In Italia si svezzano i bambini con il brodo vegetale . Ma mio figlio e sua moglie ebbero contro il brodo vegetale espressioni di forte disprezzo . D ' altronde capivo anch ' io che era inutile abituare il bambino al brodo vegetale , che doveva bollire ore e non era possibile preparare nel corso d ' un viaggio in automobile . Tornata in Italia fui per tutta l ' estate inquieta nonostante arrivassero cartoline dalle « Rocky Mountains » e rassicuranti fotografie del bambino nudo e abbronzato sulle spalle dei genitori . Alla fine dell ' estate e quando loro erano ormai tornati a casa ricevetti una lettera di mio figlio dove mi raccontava del viaggio e diceva fra l ' altro che una notte si erano trovati in un campeggio dove erano arrivati degli orsi probabilmente attratti dall ' odore di una bottiglia di sciroppo che si era rotta sul tetto della loro automobile . Acquattati nella tenda col bambino in collo avevano spiato gli orsi che armeggiavano intorno all ' automobile e infuriavano contro una ghiacciaia . Non si trattava affatto di graziosi orsacchiotti , ma di brutti animali alti e grossi , e per scacciarli avevano dovuto sbattere dei coperchi di pentole . All ' alba erano andati all ' azienda - turismo e avevano chiesto che gli venisse indicato un campeggio dove gli orsi non mettessero mai piede . Quelle notizie paurose benché superate da tempo mi sconvolsero e scrissi lettere di prediche e contumelie . Tornarono in Italia dopo un altro inverno e un ' altra estate nella quale fecero ancora un viaggio , questa volta nel « deeper South » , luogo che sapevo caldo e pericoloso . Accolsi il bambino con la sensazione che fosse scampato da viaggi pericolosi . Il bambino ora camminava e parlava . Sulla sua testa lunga e delicata erano cresciuti fini e tenerissimi capelli biondi . Aveva alcune manie . Non voleva saperne di frutta fresca ed esigeva sughi di pera in bottiglia . Non voleva saperne di golf di lana perché « avevano il pelo » . L ' unico indumento che accettava di indossare col freddo , era una sua vecchia giacca a vento scolorita . Pensai che nella sua ripugnanza « per il pelo » c ' era magari una ripugnanza o paura per quegli orsi che aveva visto . Ma forse è una mia deduzione insensata , essendo e l allora troppo piccolo per spaventarsi . A poco a poco , lo persuademmo che « il pelo » dai golf poteva sparire strofinandone con forza una manica . Tuttavia la giacca a vento è rimasta il suo indumento preferito . Un pomeriggio , doveva venire a casa mia . Lo aspettavo alla finestra . Lo vidi attraversare la strada con suo padre . Camminava serio , per mano a suo padre e tuttavia assorto in se stesso e come in solitudine , portando una borsa di nylon in cui aveva cacciato la sua giacca a vento . In quei giorni gli era nata una sorella , cosa che forse lo rendeva serio . Il suo passo , la sua lunga testa fiera e delicata , il suo sguardo buio e profondo , mi fecero a un tratto scorgere in lui qualcosa di ebraico che non avevo mai visto . Mi parve anche un piccolo emigrante . Quando sedeva sulla loggia a Boston , sembrava regnare da sovrano nel mondo che aveva intorno . Sembrava Gengis - Kan . Ora non era più Gengis - Kan , il mondo gli si era rivelato mutevole e instabile , nella sua persona era sorta forse una precoce consapevolezza che le cose erano minacciose e sfuggenti e che un essere umano deve bastare a se stesso . Pareva sapere che nulla gli apparteneva , salvo quella scolorita borsa di nylon contenente quattro figurine , due matite mangiate e una scolorita giacca a vento . Piccolo ebreo senza terra , con la sua borsa attraversava la strada .
Film ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Ho visto , in un cineclub , un film scritto da Beckett , recitato da Buster Keaton , e chiamato Film . Dura forse meno di mezz ' ora ed è privo di parole . Un uomo , in una stanza , mette fine alla sua vita . Non lo vediamo né morire , né uccidersi ; ma è chiaro che di là da quei momenti , non vi sarà mai più nulla per lui . Nella stanza c ' è un letto , una coperta , uno specchio , un seggiolone a dondolo , un gatto e un cane in un cestello , un pesce in una vasca , un pappagallo in gabbia . Nonostante questi mobili e questi animali , la stanza appare nuda e vuota . L ' istante in cui quell ' uomo ha portato là quel letto e quello specchio , quel cestino , quella vasca e quella gabbia , appare lontanissimo e perduto in un tempo senza memoria . Con gesti ansiosi e pieni di terrore , come inseguito da persecutori invisibili , l ' uomo copre con un panno lo specchio , fa uscire il cane e il gatto , richiude la porta , copre la vasca e la gabbia . Poi si siede sul seggiolone e si dondola , in mezzo alla stanza . A tratti si tasta il polso , con quell ' ansia per le proprie pulsazioni , quella sollecitudine per se stesso che sente chi non ha nessuno sulla terra salvo se stesso , con quella paura della morte che sente chi non vuole più nulla fuor che la morte . Da una cartella di cuoio , egli trae e osserva alcune fotografie . Sono antiche immagini di un essere che è stato lui stesso . L ' infanzia , il volto materno , le feste scolastiche , le gare sportive , il matrimonio , una donna , un bambino . Sono le immagini di una vita respirabile , tiepida , abitata da affetti . Una vita ormai remota da quella stanza , da quelle suppellettili desolate . Egli accarezza un attimo , con il pollice , la fotografia del bambino . Strappa una per una , a metà , tutte le fotografie . Le strappa a metà una per una , senza esitazione e questa volta senza ansia , attentamente , scrupolosamente . Le lascia cadere a terra . Finora non abbiamo visto il suo viso , ma sempre solo le sue mani , le sue spalle , la sua sciarpa , le crepe nel muro , le pieghe della coperta . Infine vediamo il suo viso : un viso devastato , scavato , un occhio coperto da una benda nera . Per un attimo : perché egli subito chiude quel viso tra le mani devastate . Unico e ultimo gesto di pietà per se stesso ; unico e ultimo tentativo di nascondere a se stesso la sua stessa immagine , di smarrirsi al di là della ragione e delle memorie ; unico e ultimo implorare il buio , il nulla e la morte . Questo racconto rapido e muto , lo poteva recitare solo l ' attore Buster Keaton . Impossibile pensare un essere diverso , là in quella stanza . Egli non recita : egli è quell ' uomo . Della vita di Buster Keaton io non so molto , salvo quello che sanno forse tutti . E morto solo e povero , alcuni anni fa . Probabilmente i suoi ultimi giorni furono assai simili alle ore di quell ' uomo in quella stanza . Ebbe un destino crudele . Fu un attore comico famosissimo ai tempi del muto ; con l ' avvento del sonoro , non lo cercarono più e fu presto dimenticato . Era del resto impensabile che dalla sua bocca uscissero mai parole . Il suo viso magro e arido , le sue labbra sigillate e negate al sorriso , le mascelle irrigidite e contratte , erano la maschera stessa del silenzio . Era stato un grande attore , un grande attore comico . La comicità nasceva dalle sue mosse rapide , dal suo silenzio , dalla sua fissità . Apparvero sui giornali , a volte , sue fotografie . Un viso su cui gli anni e l ' ombra avevano scavato ombre e solchi . Un viso coperto di una rete di rughe fittissime , come una carta geografica . Le labbra sempre strette e sigillate . Dovette chiudersi nel suo silenzio , da vivo , come in un sepolcro . Ebbe solo qualche piccola parte , breve e secondaria . Fu il pianista in Luci della ribalta . Film dovette essere uno dei suoi ultimi film se non l ' ultimo ; e non ebbe , credo , alcuna diffusione . A Chaplin toccò una sorte diversa . Erano stati , credo , compagni di giovinezza . Chaplin ebbe a profusione tutto quello che lui , dopo una certa epoca , non ebbe più . Chaplin , dopo gli anni amari d ' una infanzia orfana e povera , ebbe gloria , denaro e onori e li avrà per tutta la durata della sua vita . La sua gloria è , da tempo , indistruttibile . Era , senza dubbio , un più grande attore . I ricordi della sua infanzia , i tristi vicoli popolati di poveri , divennero presto per lui un mondo remoto . Per moltissimi anni , trasse la sua ispirazione da quelle buie memorie . Inventò la figura immortale che ben conosciamo . La figura zoppicante e rapida , con i riccioli neri intorno al volto pallido , con il sorriso luminoso e mite . Era anch ' essa priva di parola . Conosceva bene anch ' essa l ' inadeguatezza e la miseria della parola umana . In vecchiaia , Chaplin si trasformò in una persona che è in qualche modo il contrario di quella figura randagia , zoppicante e fuggevole . Divenne un vecchio canuto e florido , ottimista e miliardario . Vive in una villa in Svizzera , con uno sciame di figli . Se per caso si incontrassero , l ' antica figura zoppicante e randagia e questo furbo e florido vecchio signore , non avrebbero niente da dirsi . In vecchiaia , Chaplin scrisse e parlò . Scrisse perfino un libro di memorie . Quando ci accade di vedere sullo schermo l ' antica figura che amiamo , dobbiamo isolarla dal ricordo della persona che l ' ha creata e che ne è diventata così diversa . Dobbiamo scacciare il ricordo dei pensieri che ha espresso nel suo libro , delle sue affermazioni ottimistiche , della sua vanità per nulla ingenua , della sua solida e robusta persona da cui è totalmente scomparso ogni istinto di fuga . Da cui è scomparso anche ogni istinto di libertà . Chaplin ha fatto , in vecchiaia alcuni brutti film . Essi hanno avuto successo . Certo l ' idea d ' aver fatto dei brutti film non l ' ha nemmeno sfiorato , essendo egli ormai troppo compiaciuto di sé per dire a se stesso parole vere . D ' altronde la cosa in sé non avrebbe importanza e i suoi brutti film non scalfiscono il suo genio . Quando vediamo sullo schermo la figura immortale da lui un tempo creata , non pensiamo ai suoi ultimi brutti film . Pensiamo invece alla sua persona attuale che si trova , rispetto alla sua persona antica , sull ' altra sponda . Non possiamo fargli rimprovero di essere diventato , in vecchiaia , ricco e furbo . Penso che uno possa essere ricchissimo e furbissimo , restando in qualche modo libero e randagio . Penso che sia difficile , ma possibile . Quello che rattrista in lui oggi è forse proprio l ' ottimismo . Le parole che ha scritto e pensato . Il suo miserevole e squallido ottimismo di ottuagenario a cui tutto è andato così bene . Buster Keaton non ha lasciato , che io sappia , libri di memorie . Il silenzio in lui , e il silenzio che lo circondava , dev ' essere stato immenso . La vecchiaia è infuriata su di lui devastando il suo corpo , il suo viso arido , nudo e indifeso . Egli però rimasto se stesso , sigillato nel suo silenzio , fedele alla sua sconfinata disperazione che non poteva avere parole essendo la parola umana così inadeguata e miserevole , fedele per sempre alla sua sconfinata libertà di non sillabare mai una sola parola .
L'attore ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Conobbi Soldati un mucchio di anni fa . Allora era più vecchio di me . Oggi no , oggi siamo vecchi uguali . Era magro come un fiammifero , e sulla sua fronte fiammeggiava un ciuffetto nero . Lo conobbi in casa di mia sorella , a Torino . C ' erano varie persone che non ricordo , era un pranzo . Nel corso di quel pranzo , lui s ' arrabbiò con qualcuno e si mise a urlare . Disse allora una frase , che ricordai sempre . La frase era : « Gli amici non si scelgono » . Non avevo seguito il resto del discorso , ero stata fino a quel momento distratta . Al vederlo a un tratto così infuriato , restai stupita e forse mi spaventai . Urlava con voce roca , e il suo erre francese rotolava pieno di collera . Era scattato in piedi e il ciuffo nero sventolava in disordine sul suo pallore . Finito il pranzo , crollò a sedere e disse ancora una volta con voce roca e stanca , con un viso disfatto e desolato : « Non si scelgono . Gli amici non si scelgono » . Poi la sua collera di colpo svanì . Chiese a un certo punto chi ero . Lo stupì di sapere che ero la sorella della persona che l ' aveva invitato a pranzo . Disse che m ' aveva preso per una suivante . La parola suivante , che io non avevo mai sentito prima d ' allora , mi umiliò . Pensai che dovevo essere vestita male . Mi chiese cosa facevo . Gli dissi che facevo il liceo . Qualcuno disse che scrivevo racconti . Chiese di leggerli . Avevo con me quei racconti , in un quaderno , dentro la mia cartella nell ' ingresso . La cartella l ' avevo con me perché ero venuta là direttamente da scuola . Il quaderno l ' avevo sempre con me . Credo che me lo portavo sempre dietro nella speranza che qualcuno mi chiedesse di leggerlo . Lui partiva , e promise di leggere il mio quaderno in viaggio . Qualche giorno dopo , mi mandò un telegramma . I miei racconti gli sembravano belli . Ne fui felice . Ancora oggi gli sono grata per avermi mandato un telegramma . Quel telegramma per molto tempo lo conservai , sgualcito , in una scatola , fra altri oggetti che stimavo preziosi . Era il primo telegramma che avessi mai ricevuto ; e per molti anni ancora rimase l ' unico . La suivante , il telegramma , e la frase « gli amici non si scelgono » , sono tre cose per me inseparabili dall ' immagine di Soldati . La suivante e il telegramma non riguardano tanto Soldati , quanto me stessa e la mia vanità . La frase « gli amici non si scelgono » riguarda sia Soldati che la verità . Ricordo di aver pensato , quella sera , a tutti i miei amici , e di essermi chiesta se li avevo scelti o trovati per caso . Ancora oggi mi chiedo se gli amici si scelgono . Credo che , per quanto riguarda gli amici dell ' infanzia e della giovinezza , non si scelgono affatto ma ci vengono buttati ai piedi dalla nostra sorte . Gli amici dell ' età adulta , in qualche modo si scelgono . E ' vero però che nelle nostre scelte , giocano sempre tre elementi essenziali : in parte scegliamo noi stessi , in parte veniamo scelti , e in parte il caso sceglie per noi . D ' altronde l ' atto della nostra scelta non ha grande valore . Scegliendo i nostri amici , noi ubbidiamo a un criterio di valutazione assai rozzo , superficiale e confuso . Quello che conta non è l ' atto della nostra scelta , ma i vincoli che sorgono in noi dall ' affetto e che sono sempre ciechi , imperiosi e senza spiegazione . L ' affetto non sceglie nulla , o meglio la sua scelta è così rapida che siamo subito immemori di averla compiuta . Tornando a Soldati , nel ricordare più tardi le sue furie di quella sera compresi che egli non era per nulla infuriato . Recitava . Recitava la parte dell ' uomo in collera . Quello che io credevo il fuoco della collera , era in verità il fuoco della recitazione . Compresi più tardi che egli recita sovente , per divertire gli altri e se stesso . Mi colpì più tardi , leggendo i suoi romanzi , il fatto che nei suoi romanzi non c ' è mai traccia né di simulazione né di sovreccitazione . Scrive in una prosa pacata , chiara , austera e paziente . E una prosa invisibile come l ' acqua o il vetro . Penso che i suoi romanzi provengano dalla parte più calma e più seria della sua persona . Il gioco magico , nei suoi romanzi , è in genere quello di insinuare in una trasparenza di vetro o d ' acqua , entro una realtà abitabile , respirabile e chiara , un ' incrinatura obliqua , un lampo verde e sinistro , che sembra provenire da altri mondi e indicarne la realtà non respirabile , non abitabile , notturna e priva di stelle . I suoi romanzi sono , sempre o quasi sempre , storie d ' incontri col male . Nei suoi romanzi , sempre o quasi sempre , ci sono due personaggi essenziali . Un narratore , uno che dice « io » , persona da cui sembra scorrere la prosa stessa della narrazione , pacata , nitida , non mai rotta da singhiozzi , immune da incubi o nevrosi ; persona che non parla della sua vita o ne parla appena , come non meritasse di parlarne , trattandosi di una vita risolta e libera , una vita che scorre nella piena luce del giorno ; e a un tratto , su un angolo di strada , o davanti a un chiosco di giornali , o in una botteguccia polverosa , o nella hall d ' un albergo vecchiotto con paralumi e tappeti , si profila al suo sguardo un secondo essere , qualcuno a cui egli si accosta con sentimenti usuali e pacati , senza allarme , come ci si inoltra su quieti sentieri erbosi per una passeggiata tranquilla . Questo secondo essere , sia esso un amico della sua giovinezza , o una donna incontrata in passato , o semplicemente uno sconosciuto che desta la sua attenzione o pietà , lo conduce lentamente fuori dal suo chiarore giornaliero e verso una notte ignota , fredda e tortuosa come una plaga d ' inferno . Allora comprendiamo che il chiosco dei giornali , la hall immersa nella rosea penombra , la botteguccia dalle merci addormentate , erano le porte dell ' inferno . Ci accorgiamo che infatti su quei luoghi pesava una strana paura . La realtà ignota nella quale il narratore si inoltra , sui passi di quel secondo essere che gli ispira insieme pietà , repulsione e un ' acuta curiosità , è una realtà dove non ci sono esseri liberi , perché ciascuno è servo d ' una macchinazione tetra e ineluttabile ; una trama sottile e tortuosa di denaro e di ossessioni sessuali governa e opera in questo mondo notturno , muove gli umani e li avviluppa ai piedi d ' una potenza ambigua , fredda come la morte e indecifrabile . E in questo mondo notturno , pesa il sospetto che il male non si trovi situato là dove i fatti sembrano individuarlo e situarlo , nei volti beffardi e servili di coloro che in noi chiamiamo i malvagi ; ma ancora altrove , in uh punto molto più lontano , dove non ne avvertiamo che gli echi e i lampi ; o forse invece molto vicino : forse nelle pieghe segrete della nostra stessa anima . Il narratore si sente a un tratto coinvolto in una sorta di sinistra complicità . La presenza del male in un mondo così prossimo al nostro , ci rende spie e complici del male ; essendo noi amici e testimoni del male , forse siamo il male stesso . Quel volto insieme domestico e misterioso che si è avvicinato al nostro , quella mano che ci ha condotto sulla plaga infernale , sono forse la nostra stessa mano e il nostro stesso volto . Nell ' ultimo romanzo di Soldati , L ' attore , il narratore , avendo incontrato un amico di giovinezza e avendo saputo di sue difficoltà finanziarie causategli dalla moglie , che ha il vizio del gioco , va a trovare questa moglie nella sua villa di Bordighera . L ' aspetto abbandonato della villa , lo sfacelo e il silenzio in cui giace il luogo , acuiscono il senso di angoscia con cui siamo arrivati là . Nelle difficoltà finanziarie che l ' amico attore ha raccontato , abbiamo sospettato menzogne e macchinazioni . In questa coppia di coniugi , uno dei due è vittima dell ' altro , ma ignoriamo quale sia la vittima e quale il persecutore . Ma quando appare la moglie , col suo fresco dialetto triestino e la sua persona generosa , cordiale e ilare , l ' angoscia è dissipata . Ci sentiamo sollevati e rassicurati . In questa donna , il vizio del gioco appare una mania innocente , in qualche modo ilare e limpida , una cosa di cui si può chiacchierare a voce alta , nella piena luce del giorno , in dialetto triestino . Il suo affetto per il marito è pieno di pietà e ironia . Il marito , « pòvaro mona d ' un vecio » , usa innamorarsi delle serve . Tale debolezza è in sé anch ' essa innocente , forse solo un poco pericolosa . Tuttavia ogni vago senso d ' allarme svapora tra le risate cordiali della donna , argentine , generose di tenerezza . Il narratore sta per andarsene sollevato . In quel momento si sente la voce della serva . La serva si rivolge alla donna con accenti di prepotenza intima e brutale . Torna l ' angoscia , e il sospetto di qualche fosco potere . Spiando dalle finestre , il narratore vede la serva . I suoi tratti sono volgari e leggiadri , la persona è insieme banale e misteriosa , di una giovinezza caparbia e fragile , forse costretta senza voglia a una parte crudele . L ' angoscia sorge dal non sapere dove è il male , da quale punto provengano gli agguati e le macchinazioni del male . La ragazza sarà trovata morta , vittima predestinata e incauta d ' una macchinazione . Tra la donna , la ragazza e l ' uomo , vediamo lentamente che si è stesa una trama ingegnosa e industriosa , avviluppandoli e trascinandoli alla deriva . Essa è nata dalle profondità d ' un sentimento amoroso insieme tortuoso e semplice , che si alza sopra le congetture e le insidie con una sorta di fosca innocenza . Forse il male non è situato fra questi esseri , ma ancora altrove , nella figura dal volto « duro e frivolo » che appare e scompare alle loro spalle e che sembra vincere . Tuttavia il dubbio permane che anche il volto « duro e frivolo » non sia nulla , che non sia lui il vero artefice di agguati e disgrazie , che non sia una vipera ma un povero topo di siepe . Forse il suo trionfo è volgare e casuale , forse non è che il nuoto cieco e immemore d ' una grigia anguilla , il canto di una rana in una palude . Le trame del male sono profondamente immerse nella notte . La sola liberazione possibile è per gli esseri umani rincorrerne sulla terra le ombre sfuggenti , spiare e interrogare all ' infinito le orme del vero , portare alla luce del giorno i pochi indizi rubati nel cuore d ' una notte impenetrabile .
Ricordo di Carlo Levi ( Ginzburg Natalia , 1970 )
StampaQuotidiana ,
Non mi è facile scrivere di Carlo Levi , avendolo avuto caro come un fratello . La sua persona è per me strettamente legata a eventi , persone e anni della mia giovinezza . La sera che ho saputo che stava male , e moriva , ho radunato insieme , dentro di me , tanti ricordi sparsi . Non credo di riuscire a parlare distesamente di lui come pittore , né come scrittore , né come uomo politico . Posso unicamente allineare ricordi . Negli ultimi anni , lo vedevo di rado . Quando lo incontravo , mi sembrava di incontrare una folla di esseri amati e perduti . Questo , e la grande serenità che spirava dalla sua persona , mi facevano sentire , ogni volta che lo incontravo , commossa e felice . In verità non so perché non cercassi di vederlo di più . Noi abbiamo , con la nostra giovinezza e con le persone che la abitavano , rapporti complicati , tortuosi e pesanti . I nostri movimenti ne sono spesso impediti . Pure quando incontravo Carlo Levi , sentivo dissolversi ogni tortuosità e complicazione e il suo viso grande e roseo mi rallegrava . Negli era una persona con la quale i rapporti erano diretti e leggeri . I primi ricordi che ho di lui , risalgono al tempo della mia adolescenza , a Torino , sua e mia città . Nera più vecchio di me di quattordici anni . Quattordici anni mi sembravano allora moltissimi . Apparteneva al mondo degli adulti , mondo nel quale io anelavo di entrare con una ansia che aveva tutte le caratteristiche dello snobismo , come si anela di raggiungere una più alta e nobile sfera sociale . Nero però timida , e questa ansia restava nascosta . Egli mi intimidiva , così che in sua presenza trovano difficile sillabare parola . Non so come , gli era capitato fra le mani un mio quaderno di poesie , e ogni volta che mi vedeva citava un pezzetto di una mia poesia sul mattino , che io avevo scritto a dieci anni : « Ogni fronte si copre di sudore I ogni cuore si riempie d ' amore I lavoratori , il ciel vi benedica ! » Questi versi io li trovano orribili , e mi sembrava di averne scritti , in seguito , di migliori . Ma a lui il verso dei lavoratori dava grande allegria . Lo ripeteva guardandosi intorno con il suo solare sorriso . Non era molto alto ma era grande , riempiva lo spazio con la sua persona così che intorno a lui tutti sembravano striminziti . Sembrava colorato , e grigi gli altri . Aveva un viso grande , largo , roseo , circondato da una corona di riccioli . Aveva un cappotto chiaro , quasi bianco , largo e corto , sempre sbottonato e di una lana moscia e pelosa . Aveva giacche di velluto a coste che allora nessuno portava , bottoni dorati e istoriati , cravatte arabescate , mosce e con un largo nodo . Era amico dei miei fratelli . Aveva studiato medicina , e quando qualcuno era malato , dava consigli medici , che in casa mia dicevano molto acuti . Ma aveva lasciato la medicina . Era un pittore . Io pensavo « un grande pittore » , forse perché mi sembrava che in lui nulla potesse esservi di mediocre o piccolo , e non mi sono mai chiesta , in verità nemmeno in seguito , quale fosse la reale importanza della sua pittura . A me sembrava che nei quadri degli altri , a lui contemporanei , vi fosse squallore e grigio , e nei suoi quadri , un festoso tumulto di colore . I paesaggi , nei suoi quadri , mi sembravano bellissimi : perché frustati dal vento . Era un vento senza né polvere né bufera , un vento che spazzava e scompigliava la natura per accartocciarla e illimpidirla . Anche le figure umane erano frustate dal medesimo vento forte e tumultuoso , che soffiava nelle giacche e nelle cravatte e nei capelli e li tingeva di rosa , di viola e di verde , non per offenderli o mortificarli o renderli grotteschi ma per festeggiarne la prepotenza , la complessità e la gloria . Orecchie e riccioli , così accartocciati diventavano conchiglie . Il mondo , nei suoi quadri , mi sembrava spesso simile a una spiaggia immensa , dove regnava una luce bianca e dove tutto era nuvole , vento e conchiglie . Queste non sono altro che delle rozze impressioni infantili . Egli era l ' unico pittore che mi fosse mai accaduto di conoscere bene di persona e mi capitò anche di vederlo dipingere con il sigaro fra le labbra , gli occhi socchiusi , un piede sollevato sulla punta , i gesti lentissimi , pigri e leggeri . Il suo studio , in piazza Vittorio , all ' ultimo piano , con le finestre che guardavano sulla piazza , e la sua casa di via Bezzecca , con il giardino e alcune piante di nespolo , mi sembravano tra i luoghi più allegri che esistessero al mondo . Scopersi che si occupava di politica e che anzi era , fra le persone che io frequentavo quotidianamente , un ' autorità politica , un capo . Mi sembrò stupendo che egli fosse , insieme , un capo della politica clandestina e un grande pittore . Venne arrestato , in quegli anni , due volte , una volta nel '34 , una volta nel '35 . Quando fu arrestato , quei luoghi allegri e chiari che erano il suo studio e la sua casa mi sembrarono affondare nelle tenebre . Quando fu arrestato nel '35 , mandò dal carcere , a una amica , un foglietto con dei versi che egli aveva scritto in carcere , e che io ho sempre ricordato e che mi accade ancora oggi , ogni tanto , di canticchiare . L ' amica gli aveva spedito lettere con nome falsi , e poi , da Londra , una cartolina con una riproduzione di Monet , firmata con il vero nome . I versi dicevano : « Quant ' aria questi pioppi I mi portan snelli e grigi ! I non per i toni zoppi I del flebile Monet i ma perché i nomi doppi I lasciasti nel Tamigi I e son finiti i troppi I giorni senza di te » . A me questi versi sembravano molto belli , e mi sembrava inoltre molto bello che egli riuscisse a scrivere , in carcere , delle piccole strofe liete , mentre tutti noi , da fuori , vedevamo il carcere drammaticamente . Le parole « Quant ' aria questi pioppi » mi sembravano spinte da un impeto libero e lieto , e restarono nella mia memoria indissolubili dalla sua persona , così com ' erano indissolubili dalla sua persona la luce e il vento dei suoi quadri , e nel pensarlo mentre era in carcere mi sembrava che tutta la sua persona fosse spinta dal vento e dall ' aria e scompigliata come erano scompigliate nei suoi quadri le fluttuanti chiome degli alberi e le acque dei fiumi . Quando lo rividi dopo molti anni che non lo vedevo , a Firenze , dopo la liberazione , non sentivo più fra lui e me una grande distanza , sia perché ero cresciuta di anni sia perché , ero stata colpita da sventure . Inoltre lui stesso mi sembrava disceso da quelle altezze e profondità in cui l ' avevo sempre scorto . Mi accorsi allora , in quei giorni a Firenze , che egli in passato sembrava dimorare o su vette di montagne , o negli abissi marini . Era stato lontano e diverso dalla gente che camminava per strada . Adesso , sembrava mescolarsi alla gente . Al suo desiderio di stravaganza , era venuto ad accoppiarsi un desiderio di rassomigliare a tutti . / Non avrei dovuto stupirmene , dito che le sventure e la guerra avevano operato trasformazioni in ognuno . Non so se ne fui stupita ma lo notai . Aveva un cappotto color tabacco dal bavero liso e logoro , una cravatta logora e una magrezza nel viso e nel collo che mi faceva pensare a mio padre . Egli ora mi sembrava umile . In passato , c ' era l ' abitudine , fra gli amici , di ridere di lui e canzonarlo per la sua trionfante sicurezza di sé , per la sua vanità . Era , e rimase sempre , placidamente sicuro , placidamente fiero e con una alta e magnifica idea di se stesso . A Firenze , in quei giorni , scopersi che nella sua vanità poteva esistere anche l ' umiltà . Scopersi che egli era uno di quei rari esseri in cui la vanità non era un difetto ma una qualità . La vanità era , nella sua persona , un sentimento generoso e limpido , frutto di gentilezza , di bontà e di gioia . Come la luce del sole , la sua vanità risplendeva e prodigava a lui stesso e agli altri un ' eguale , calda e chiara luce . Nella vanità , è presente di solito il disprezzo per gli altri e l ' invidia . Ma in lui non c ' era una sola stilla d ' invidia , né una sola stilla di disprezzo per anima vivente . Nera , a Firenze , direttore della « Nazione » . Pubblicava , sulla « Nazione » , delle sue vignette accompagnate da rime . Una di queste vignette rappresentava i ponti distrutti , e sotto c ' era una strofetta che diceva : « Ministro Ivanoè I giudice Coppedè I ricostruiremo i ponti I col gusto dei geronti » . Nera stato al confino in Lucania , e aveva scritto , mi disse , un libro su quegli anni di confino , che pensava di pubblicare . Penso di essere stata fra le prime persone che hanno letto Cristo si è fermato a Eboli . Mi sembrò bellissimo . Anche lui lo trovava bellissimo . A Roma , qualche mese dopo , Einaudi mandò quel manoscritto in tipografia , e poiché ora io lavoravo in quella casa editrice , corressi le bozze . Le tipografie romane erano scadenti e quelle bozze erano , disse Carlo , « grigie e pelose » . Disse che quel suo libro avrebbe avuto una risonanza immensa , che ne sarebbero state vendute migliaia e migliaia di copie , e che sarebbe stato tradotto in tutti i paesi del mondo . Io non gli credetti . Invece tutto questo avvenne . Ho riletto , in tempi recenti , Cristo si è fermato a Eboli . E un grande libro . Avevo avuto la sensazione , leggendolo la prima volta , che lui scrivendo non raccontasse , ma invece dipingesse e cantasse . Questa sensazione era , io credo , giusta , ed è miracoloso come queste pagine tutte cantate e dipinte formino una realtà storica , umana e civile che nessuno aveva mai scoperto . Il prodigio di Cristo si è fermato a Eboli è di aver congiunto insieme l ' arte e l ' impegno civile , l ' ozio fantastico e lo studio della realtà , e l ' Italia del Nord e del Sud in una visione armoniosa , dove appare remota ogni ombra di superiorità o alterigia di cultura e dove hanno eguale spazio l ' immota contemplazione e l ' impeto rivoluzionario . Regna ovunque nel libro una luce bianca , e non sappiamo se questa bianca luce provenga dalle mura delle case divorate dal sole o se provenga dalla chiarezza dell ' intelligenza che le ha contemplate . La verità , umanità e grandezza di Cristo vanno oltre le sensazioni di meraviglia che suscitò quando fu stampato , meraviglia che nasceva dal fatto che nulla di simile era stato scritto mai . La sua verità e grandezza sono oggi intatte , anche se quella visione armoniosa è oggi lontana dal nostro mondo , affaticato e rotto da infinite delusioni e incapace di chiarezze . Carlo Levi fu , per sua natura , una persona in cui l ' armonia era indistruttibile e indispensabile , come è indistruttibile e indispensabile per il sole la propria stessa luce . Il mondo deve essergli apparso , negli ultimi anni , disarmonico e faticoso , ma egli lo amava ugualmente e certo lo perdonava , per sua generosità e bontà e umiltà , così come forse perdonava agli amici indifferenze e tradimenti , passando oltre non rapido ma lentissimo essendo egli incapace di atti ruvidi , rapidi e brutali . « Quant ' aria questi pioppi I mi portan snelli e grigi ! I non per i toni zoppi I del flebile Monet ... » Questi suoi versi antichi , quante volte li ho canticchiati dentro di me . Non gliel ' ho mai detto . Non gli ho mai detto che li conoscevo . Lui probabilmente non si ricordava di averli scritti , a Torino , in carcere , quarant ' anni fa . L ' estate scorsa mi telefonò e cenammo insieme in una trattoria del centro . Non lo vedevo da tempo . Non lo trovavo invecchiato , se non per i capelli ora tutti bianchi , leggeri come piume , e per una magrezza rosea nel viso e nel collo , che di nuovo mi ricordò mio padre . Avevo sempre pensato che c ' era in lui una vaga rassomiglianza con i miei , forse perché gli ebrei hanno spesso delle rassomiglianze , e sua madre aveva avuto i capelli rossi e c ' erano capelli rossi anche nella mia famiglia , e lentiggini , e questo mi sembrava stabilisse fra noi e lui una sorta di cuginanza . Non eravamo parenti , benché io abbia , di nascita , il suo stesso cognome . Fu quella l ' ultima volta che io lo vidi . Come sempre quando m ' incontrava , citò il mio verso « Lavoratori » , con un sorriso solare , e un largo gesto di benedizione . Lasciammo la trattoria , e lo vidi ancora una volta camminare nella notte romana , come tanti anni fa , al tempo di Cristo , con il suo passo ozioso , randagio e leggero . Credo che allora di nuovo , come nei giorni della liberazione a Firenze , pensai alla sua grande umiltà . Nel ricordarlo , è molto bello ricordare insieme la sua umiltà e la sua sicurezza trionfante . E bello ricordare insieme il suo immenso ozio e il suo impegno civile , la sua placida felicità e la sua solidarietà con ogni umana sventura , le contraddizioni che vivevano in armonia nel suo temperamento , il tempo sconfinato che avevano le sue giornate , il suo cappotto sempre sbottonato , il sigaro , il passo leggero .