StampaQuotidiana ,
Le
guerre
postmoderne
appaiono
cambiatissime
,
perché
si
combattono
tra
le
funzioni
avanzate
nelle
tecnologie
delle
armi
contro
quelle
dei
media
.
Però
la
gente
in
gran
parte
cambia
poco
,
e
dunque
i
danni
psicologici
e
spirituali
rimangono
più
o
meno
gli
stessi
.
Come
ai
tempi
delle
baionette
del
Duce
e
dei
cinegiornali
Luce
.
Mentre
la
Storia
si
rivela
una
maestra
sempre
più
inutile
,
per
chi
non
ha
memoria
.
Malgrado
quei
fantasmi
che
poi
ritornano
intatti
,
come
nella
psicoanalisi
da
film
di
Hitchcock
.
Basta
un
po
'
di
povere
rimembranze
infantili
.
Come
si
vive
,
cosa
si
prova
e
si
pensa
,
sotto
le
bombe
in
testa
?
Chi
ci
ha
passato
mesi
e
anni
,
piccolo
pseudo
-
vincitore
e
poi
disgraziato
sconfitto
,
improvvisamente
ricorda
tutto
.
Poveri
bambini
in
cantina
,
fra
le
esplosioni
,
ridacchiando
come
coglioncini
su
"
Re
Giorgetto
d
'
Inghilterra
/
per
paura
della
guerra
/
chiede
aiuto
e
protezione
/
al
ministro
Ciurcillone
"
.
MENTRE
gli
studenti
più
grandi
e
alla
moda
saltavano
le
lezioni
e
sfilavano
in
corteo
applauditi
dalle
ragazze
più
moderne
quando
scandivano
:
"
Nizza
,
Savoia
,
Corsica
fatal
,
Malta
baluardo
di
romanità
!
"
.
E
poi
gli
"
eia
,
eia
,
alalà
!
"
in
aggregazione
e
coinvolgimento
,
con
gli
inni
dei
sommergibili
rapidi
ed
invincibili
(
o
forse
invisibili
)
,
e
tutte
le
Canzoni
del
Tempo
di
guerra
trasmesse
ogni
sera
dopo
il
Giornale
Radio
.
Un
immenso
successo
tra
i
giovani
:
ci
si
passavano
i
fascicoli
con
parole
tipo
"
colpir
,
e
seppellir
,
ogni
nemico
che
si
incontra
sul
cammino
"
.
Mentre
i
più
"
sophisticated
"
mondani
,
sotto
le
bombe
di
Roosevelt
,
invocavano
la
"
Blue
Moon
"
e
le
stelle
d
'
America
,
in
italiano
:
"
Ma
tu
,
pallida
luna
perché
...
In
questa
polvere
di
stelle
vedo
te
"
...
(
Ma
solo
i
più
ammirati
gagà
sussurravano
che
quella
star
dust
era
cocaina
:
"
un
leggendario
lusso
per
nababbi
!
"
)
.
Tutte
le
casalinghe
si
ripetevano
,
nelle
portinerie
:
"
Siamo
nelle
mani
di
una
manica
di
...
Bocca
mia
taci
!
Chissà
se
quelli
ci
pensano
,
a
quello
che
fanno
.
Qui
ci
vanno
di
mezzo
i
bambini
.
E
i
figli
sono
figli
.
E
chi
muore
giace
.
Signora
mia
,
se
tutti
i
grandi
della
terra
si
potessero
riunire
una
volta
nel
mio
tinello
,
gustando
il
mio
famoso
sformato
si
metterebbero
d
'
accordo
in
quattro
e
quattr
'
otto
"
.
(
E
le
nonne
:
brave
,
arrivano
loro
)
.
La
radio
lodava
sempre
la
buona
tenuta
del
Fronte
Interno
,
attentissima
nell
'
assegnazione
di
aggettivi
-
chiave
come
glorioso
,
fraterno
,
miserabile
,
immancabile
,
immutabile
,
immarcescibile
;
e
si
abbandonava
a
continue
mazurche
,
popolari
e
autarchiche
,
e
a
ritornelli
sulla
fortuna
di
vincere
al
Lotto
.
Dicevano
gli
spiritosi
da
caffè
:
"
Ottimo
,
disse
il
presentatore
assaggiando
il
surrogato
.
Indi
vomitò
e
svenne
"
.
Gli
intellettuali
si
dividevano
da
sé
in
caratteristiche
categorie
d
'
epoca
:
strateghi
da
tavolino
,
mormoratori
disfattisti
,
fautori
del
regime
,
panciafichisti
,
pericolosi
estremisti
,
pseudo
-
idealisti
,
ascoltatori
di
radio
nemiche
(
cioè
alleate
)
.
I
giornali
erano
pieni
di
"
calorose
adesioni
"
.
Quanto
si
aderiva
.
Soprattutto
a
"
radiose
giornate
"
con
sfilate
di
camerati
,
legionari
,
squadristi
,
militi
,
massaie
rurali
,
cappellani
militari
,
vedove
di
guerra
,
ciechi
di
guerra
,
squadre
di
"
baldi
giovani
"
desiderosi
di
"
menare
le
mani
"
sotto
i
labari
e
i
fasci
e
i
gagliardetti
e
le
aquile
dei
prodi
battaglioni
universitari
e
dei
brillanti
ingegni
littoriali
.
E
giù
bombe
,
intanto
.
Le
discussioni
nel
"
fronte
interno
"
erano
accanitissime
.
Ben
vengano
le
bombe
alleate
perfino
su
Montecassino
e
sulla
Scala
(
perdite
rimediabili
)
pur
di
liberare
la
Patria
dall
'
infausto
regime
e
consegnarla
ai
sei
partiti
democratici
.
Gli
italiani
sono
remissivi
e
buoni
,
bisogna
aiutarli
a
liberarsi
di
quel
buffone
,
anche
a
costo
di
distruggere
il
Paese
.
I
tedeschi
no
,
sono
tutti
complici
di
Hitler
,
dunque
si
meritano
la
distruzione
totale
.
Frattanto
,
andando
e
tornando
da
scuola
in
bicicletta
,
si
incappava
sempre
nei
rastrellamenti
e
mitragliamenti
tedeschi
lungo
le
strade
,
nelle
sparatorie
alleate
dai
caccia
in
picchiata
(
col
tipico
sibilo
,
seguito
dal
ta
-
ta
-
ta
e
dal
rimbalzo
dei
bossoli
)
e
nelle
vendette
porta
a
porta
dei
fascisti
locali
.
Dunque
si
andava
a
lezione
d
'
inglese
,
ci
si
chiedeva
se
i
cugini
irlandesi
(
che
avevano
sempre
mandato
gli
auguri
di
Natale
)
abitassero
ancora
a
Londra
dopo
il
blitz
,
e
se
per
i
prossimi
corsi
d
'
inglese
sul
posto
le
pensioni
più
convenienti
sarebbero
ancora
a
Notting
Hill
Gate
;
e
per
non
portarsi
dietro
i
soldi
,
se
non
sarebbe
stato
il
caso
di
combinare
dei
cambi
"
au
pair
"
con
i
primi
conoscenti
inglesi
in
arrivo
dopo
la
guerra
.
Scarse
le
differenze
con
l
'
oggi
.
Hitler
lo
si
vedeva
nei
cinegiornali
,
anche
più
spesso
di
Mao
negli
anni
sessanta
,
ogni
volta
che
si
andava
a
un
film
con
Alida
Valli
o
Amedeo
Nazzari
o
Totò
;
e
non
veniva
in
mente
di
paragonarlo
a
nessun
altro
.
L
'
Eiar
faceva
in
pratica
da
sé
un
blob
fra
guerra
e
varietà
e
canzoncine
pubblicitarie
,
come
in
ogni
zapping
attuale
.
Mancavano
i
complessini
musicali
che
invocano
la
pace
sotto
sigle
tipo
"
Attack
"
o
"
Kombat
"
.
E
gli
intellettuali
dell
'
ancorché
e
del
benché
non
facevano
la
fila
per
sottoscrivere
i
loro
sebbene
e
quantunque
.
Anzi
,
la
cacciata
del
Duce
da
parte
del
Gran
Consiglio
(
allora
liquidata
dalle
brave
nonne
con
"
finalmente
un
briciolo
di
buon
senso
,
santa
Madonna
"
)
diventerà
un
gesto
fra
i
più
coraggiosi
del
Novecento
italiano
,
fra
giganti
della
disobbedienza
civile
come
Eduardo
(
"
nun
me
piace
o
'
presepe
"
)
e
Montale
(
"
ciò
che
non
siamo
,
ciò
che
non
vogliamo
"
)
.
StampaQuotidiana ,
I
rapporti
fra
letteratura
e
industria
sono
un
argomento
di
viva
e
stimolante
attualità
,
se
non
da
quando
esiste
la
letteratura
,
per
lo
meno
da
quando
esiste
l
'
industria
.
Perciò
fa
bene
Elio
Vittorini
a
lamentare
con
doloroso
sbigottimento
l
'
arretratezza
della
letteratura
industriale
prodotta
da
tanti
suoi
amici
e
colleghi
,
e
i
loro
impacci
,
e
i
loro
«
squarci
pateticamente
(
e
pittorescamente
)
descrittivi
che
risultano
di
sostanza
naturalistica
»
:
insomma
,
la
loro
mancanza
di
fiato
davanti
alle
novità
del
secolo
.
Non
per
nulla
infatti
un
dibattito
come
quello
in
corso
dal
«
Menabò
»
alle
altre
riviste
che
si
accodano
al
pesce
-
pilota
è
una
esercitazione
soltanto
precettistica
:
incapace
di
produrre
opere
creative
dà
origine
soprattutto
a
norme
didattiche
in
favore
del
«
tema
unico
»
,
a
esortazioni
retoriche
tipo
quelle
altre
«
ai
campi
!
»
,
«
alla
battaglia
del
grano
!
»
,
«
alle
colonie
!
»
,
«
al
posto
al
sole
!
»
,
«
all
'
Arcadia
!
»
,
«
al
sonetto
!
»
,
«
all
'
ottava
!
»
,
«
alla
sestina
!
»
.
Diventa
così
chiaro
agli
occhi
di
tutti
come
il
vero
problema
non
sia
stato
identificato
con
esattezza
.
Non
sarà
cioè
quello
dei
rapporti
fra
letteratura
e
industria
,
vecchia
solfa
,
ma
un
altro
molto
più
scottante
nella
nostra
cultura
attuale
:
come
mai
un
numeroso
gruppo
di
letterati
indecisi
si
abbandoni
quest
'
anno
e
tutti
insieme
a
una
tornata
accademica
esclusivamente
teorizzante
,
e
rinunciando
alla
narrativa
e
alla
saggistica
si
restringa
invece
alla
pedagogia
e
all
'
ammonimento
.
Naturalmente
non
si
deploreranno
mai
abbastanza
l
'
isolamento
e
il
provincialismo
e
l
'
ignoranza
e
l
'
inciviltà
dei
vent
'
anni
fascisti
,
l
'
arresto
e
lo
smarrimento
della
patria
cultura
.
Ma
perché
-
ci
si
chiede
-
oggi
noi
che
non
ne
abbiamo
nessuna
colpa
dobbiamo
ancora
star
male
e
soffrir
sempre
pene
gravissime
in
conseguenza
del
fatto
che
un
gruppetto
di
letterati
autodidatti
negli
anni
Trenta
invece
di
studiarsi
qualche
grammatica
straniera
e
di
fare
qualche
gita
a
Chiasso
a
comprarsi
un
po
'
di
libri
importanti
(
tradotti
e
discussi
da
noi
solo
adesso
,
ma
già
pubblicati
e
ben
noti
fin
da
allora
)
abbia
buttato
via
i
trent
'
anni
migliori
della
vita
umana
lamentandosi
a
vuoto
e
perdendo
del
tempo
a
inventare
la
ruota
o
a
scoprire
il
piano
inclinato
mentre
altrove
già
si
marciava
in
treno
e
in
dirigibile
,
o
almeno
si
lavorava
utilmente
in
vista
dei
decenni
futuri
?
Bastava
arrivare
fino
alla
stanga
della
dogana
di
Ponte
Chiasso
,
due
ore
di
bicicletta
da
Milano
,
e
pregare
un
qualche
contrabbandiere
di
fare
un
salto
alla
più
vicina
drogheria
Bernasconi
e
acquistare
,
insieme
a
un
Toblerone
e
a
un
paio
di
pacchetti
di
Muratti
col
filtro
,
anche
i
Manoscritti
economico
filosofici
di
Marx
(
1844
)
,
il
Tractatus
logico
-
philosophicus
di
Wittgenstein
(
1921
)
,
Civiltà
di
massa
e
cultura
di
minoranza
del
Dottor
Leavis
(
1930
)
,
le
Idee
per
una
fenomenologia
di
Husserl
(
1931
)
,
e
magari
I
principii
della
critica
letteraria
di
I.A.
Richards
(
1928
)
,
Cultura
e
ambiente
di
Leavis
e
Thompson
(
1933
)
,
L
'
uomo
del
risentimento
di
Max
Scheler
(
1933
)
,
L
'
Africa
fantasma
di
Michel
Leiris
(
1934
)
,
Linguaggio
,
verità
e
logica
di
A.J.
Ayer
(
1936
)
,
Axel
'
s
Castle
di
Edmund
Wilson
(
1931
)
,
Enemies
of
promise
di
Cyril
Connolly
(
1938
)
,
La
formazione
dello
spirito
scientifico
di
Gaston
Bachelard
(
1938
)
,
Sette
tipi
d
'
ambiguità
di
William
Empson
(
1930
)
,
Capire
la
poesia
di
Cleanth
Brooks
e
R
.
Penn
Warren
(
1938
)
,
Mariti
e
mogli
di
Ivy
Compton
-
Burnett
(
1931
)
,
un
po
'
di
Blanchot
e
Bataille
assortiti
,
nonché
di
Henry
Green
e
Anthony
Powell
,
e
il
meglio
di
Forster
,
dai
romanzi
intorno
al1910
ai
saggi
del
1936
,
passando
per
il
Passaggio
in
India
che
è
del
1924
.
Ci
si
sarebbero
risparmiati
alcune
decine
d
'
anni
di
penose
indecisioni
intorno
a
illusioni
senza
avvenire
,
come
primo
vantaggio
,
e
soprattutto
la
scomodità
dell
'
apprendistato
coi
capelli
bianchi
.
I
dolori
della
nostra
cultura
derivano
dal
fatto
che
una
numerosa
«
classe
unica
»
di
letterati
degli
anni
Trenta
non
si
è
ancora
messa
al
passo
con
le
idee
dei
loro
coetanei
del
resto
del
mondo
,
e
affronta
in
ogni
nuovo
anno
scolastico
un
programma
di
studi
estremamente
limitato
.
Di
qui
il
bizzarro
spettacolo
di
maestri
di
scuola
che
fanno
ripetere
la
lezione
a
tutta
la
classe
insieme
,
e
la
classe
docilmente
impara
ogni
anno
una
nuova
canzone
,
la
esegue
in
coro
,
tutti
passandosi
la
stessa
parola
d
'
ordine
nello
stesso
momento
-
«
cultura
di
massa
»
,
«
Spitzer
»
,
«
Wittgenstein
»
,
«
fenomenologia
»
,
«
alienazione
»
-
succhiandola
come
una
caramella
e
sputandola
fuori
di
colpo
appena
ne
spunta
una
nuova
:
veramente
dimenticandosela
,
come
se
non
fosse
mai
esistita
.
Come
non
dovrebbe
capitare
nella
cultura
,
che
è
coesistenza
di
idee
,
e
invece
succede
normalmente
nella
moda
,
dove
per
decreto
di
sarte
la
gonna
è
più
lunga
o
la
manica
è
più
corta
per
una
stagione
sola
e
mai
di
più
.
Perciò
l
'
immagine
che
si
è
venuta
formando
dei
nostri
sofisti
attuali
non
può
essere
che
quella
di
un
gruppo
di
mediocri
signori
anziani
di
scarsa
cultura
e
di
formazione
tardiva
,
volonterosi
e
patetici
come
Jaufré
Rudel
in
vista
delle
rive
del
Libano
,
che
vengono
avanti
passo
passo
pretendendo
dopo
tanti
faux
pas
di
far
scoperte
e
d
'
impartir
lezioncine
in
base
alle
traduzioni
recenti
di
autori
che
conoscevamo
fin
dai
tempi
quando
loro
bamboleggiavano
ancora
con
Pian
della
Tortilla
(
mentre
noi
leggevamo
Forster
)
o
ricadevano
nella
Antologia
di
Spoon
River
(
mentre
studiavamo
Auden
)
.
Com
'
è
goffo
vedere
per
esempio
cominciare
a
spuntare
adesso
i
nomi
di
Trilling
o
di
Ayer
,
o
affiorare
addirittura
Bachelard
,
morto
l
'
anno
scorso
a
ottant
'
anni
.
Mi
fa
lo
stesso
effetto
di
quando
si
scoprono
Firbank
o
Rolfe
con
quarant
'
anni
di
ritardo
(
per
tacere
naturalmente
i
casi
di
Forster
,
della
Compton
-
Burnett
e
dell
'
Ulysses
)
;
ma
un
caso
addirittura
tipico
è
quello
di
Salinger
,
di
cui
si
scopre
con
entusiasmo
il
bel
libro
di
quindici
anni
fa
contemporaneamente
al
disastro
totale
in
America
del
suo
ultimo
che
è
una
sciocchezza
.
E
volendo
si
potrebbe
star
già
pregustando
le
prossime
scoperte
di
William
Empson
e
di
Ivor
Winters
,
di
Klossowski
e
di
Starobinski
,
dei
versi
di
Thom
Gunn
e
di
Yves
Bonnefoy
;
e
magari
del
Dottor
Leavis
(
andato
in
pensione
dall
'
Università
di
Cambridge
l
'
anno
scorso
per
limiti
d
'
età
)
;
e
magari
di
Henri
Focillon
,
di
cui
si
celebra
quest
'
anno
il
ventennale
della
morte
.
C
'
è
poi
l
'
obiezione
formale
.
Da
quando
in
qua
si
scrive
in
quel
modo
?
Si
è
abituati
a
leggere
,
generalmente
si
capisce
quello
che
scrivono
Edmund
Wilson
o
Roland
Barthes
,
Philip
Toynbee
o
Claude
Lévi
-
Strauss
;
non
vedo
allora
perché
dovrei
far
degli
sforzi
per
decifrare
gli
eccessi
di
auto
-
indulgenza
di
alcuni
vanesii
minori
che
si
abbandonano
alla
incomunicabilità
della
«
prima
stesura
»
per
non
far
la
fatica
di
chiarire
il
proprio
pensiero
neanche
a
se
stessi
,
senza
preoccuparsi
se
la
confusione
stilistica
è
il
segno
più
certo
di
confusione
nella
testa
,
e
senza
un
minimo
di
riguardo
per
il
lettore
,
trattato
come
un
cliente
costretto
ad
acquistare
la
paccottiglia
di
un
negozio
sfornito
.
No
.
Non
ci
sto
.
Come
cliente
vado
a
spendere
i
miei
soldi
in
negozi
più
in
ordine
,
se
non
vedo
bene
e
non
mi
si
fa
capire
l
'
articolo
che
mi
si
tenta
di
vendere
.
Voglio
chiarezza
,
lucidità
,
ragioni
critiche
;
pretendo
concisione
,
possibilità
di
sommari
e
compendi
,
dal
momento
che
,
lo
si
sa
,
non
esiste
opera
di
pensiero
veramente
significativa
che
non
si
possa
riassumere
in
poche
proposizioni
.
Altrimenti
non
compro
(
e
peggio
per
i
venditori
,
non
per
me
)
,
così
come
al
ristorante
non
accetto
una
minestra
in
mano
,
la
voglio
sul
piatto
,
e
non
faccio
entrare
in
casa
chi
mi
si
presenta
alla
porta
in
mutande
.
Del
resto
si
può
fare
una
prova
.
Dietro
le
giuste
malinconie
di
Umberto
Eco
sul
«
Menabò
»
stesso
per
l
'
inadeguatezza
dei
mezzi
espressivi
a
disposizione
di
molti
letterati
per
affrontare
i
nuovi
aspetti
della
realtà
,
basta
prelevare
qualche
campioncino
di
prosa
da
queste
medesime
riviste
per
analizzare
gli
strumenti
linguistici
adoperati
nel
trattarne
.
Basta
aprire
a
caso
:
quante
volte
la
struttura
sintattica
di
base
è
ancora
quella
oratoria
del
Seicento
,
intorbidita
dagli
urti
e
dalle
pressioni
di
sistemi
filosofici
rivali
e
incompatibili
,
mai
d
'
accordo
sull
'
uso
da
fare
e
sul
senso
da
dare
ai
termini
,
tanto
più
equivoci
e
indiscriminati
in
quanto
perdono
col
tempo
le
virgolette
che
indicano
ammicco
.
E
dovremmo
contentarci
di
intuizioni
impressionistiche
,
motti
sibillini
,
lampeggiamenti
baluginanti
,
vagiti
...
Ma
soprattutto
un
narcisismo
incredibile
molto
curioso
per
due
ragioni
.
Una
,
che
la
oscurità
risulta
grottesca
perché
non
è
una
scelta
deliberata
ma
un
faute
de
mieux
;
e
civettare
sul
«
volere
e
non
potere
»
è
per
lo
meno
uggioso
e
triste
.
L
'
altra
che
questo
narcisismo
mostra
fini
paradossalmente
moraleggianti
:
«
le
cose
per
noi
non
van
bene
,
quindi
(
a
fin
di
bene
)
rientriamo
nelle
catacombe
dell
'
ermetismo
»
,
detto
poi
da
parte
di
chi
dall
'
ermetismo
non
era
mai
riuscito
a
venir
fuori
...
Ma
questa
attrattiva
del
linguaggio
mandarino
,
la
frequente
nostalgia
dell
'
allusività
per
iniziati
,
da
clan
privilegiato
o
da
élite
scostante
,
mi
sembra
l
'
atteggiamento
più
reazionario
che
si
possa
immaginare
oggi
,
col
suo
doppio
registro
:
complice
-
cifrato
con
gli
addetti
ai
lavori
,
e
altezzoso
-
paternalistico
(
«
perché
so
meglio
dite
quel
che
deve
andar
bene
per
te
...
»
)
quando
si
rivolge
alla
massa
operaia
non
su
un
giornale
proletario
in
una
colonna
e
mezzo
di
limpida
prosa
comprensibile
almeno
alla
metà
dei
lettori
,
ma
in
formule
schifiltose
su
riviste
esoteriche
che
non
costano
mai
meno
di
mille
lire
.
Mi
pare
in
sostanza
che
ornamenti
retorici
e
compiacenze
ermetiche
finiscano
per
risultare
i
perfetti
equivalenti
degli
arazzi
e
dei
trumeaux
in
mezzo
ai
quali
i
«
baronetti
rossi
»
tradizionalmente
proclamano
la
loro
solidarietà
con
la
classe
lavoratrice
(
rappresentata
poi
dal
solito
benzinaro
che
viene
a
far
quattro
salti
in
casa
)
.
Cioè
tipicamente
la
politica
di
Maria
Antonietta
,
con
le
sue
brioches
e
tutto
.
E
come
si
fa
allora
a
non
pensare
che
l
'
ideale
ultimo
sia
a
questo
punto
lo
stesso
:
far
dei
giochini
sconsiderati
e
irresponsabili
alle
spalle
del
proletariato
,
considerandolo
di
volta
in
volta
banco
di
prova
e
massa
di
manovra
,
cavia
per
ricerche
sociologiche
e
spedizioni
emozionanti
e
analisi
di
mercato
,
sempre
come
oggetto
comunque
,
con
l
'
assoluzione
morale
della
sinistra
e
prendendo
intanto
anche
un
po
'
di
soldi
dagli
industriali
«
buoni
»
.
E
cinismo
per
cinismo
è
chiaro
che
questa
specie
di
socialismo
per
le
dame
vale
né
più
né
meno
che
il
francescanesimo
coi
venti
stipendi
.
Meglio
ancora
una
coltivazione
dell
'
orto
di
Candide
,
per
così
poco
,
o
un
traino
del
carretto
di
Madre
Coraggio
per
sentieri
defilati
.
Lo
so
bene
che
il
tango
moralistico
sulla
ricchezza
oggi
è
altrettanto
frivolo
che
invocare
la
miseria
di
ieri
come
alibi
,
quando
si
parla
di
affari
culturali
,
e
con
un
bel
rictus
di
nevrastenia
in
più
.
Però
,
oltre
i
temi
che
ci
vengono
suggeriti
quest
'
anno
per
le
nostre
penitenze
,
vorrei
limitarmi
a
ricordare
la
fame
di
Orwell
e
la
malattia
di
Lawrence
,
le
stanzette
di
St
.
Germain
des
Prés
dove
gelano
come
la
piccola
fiammiferaia
i
collaboratori
di
«
Les
temps
modernes
»
e
l
'
assegno
per
le
collaborazioni
al
«
New
Statesman
»
non
certo
più
cospicuo
della
retribuzione
del
piccolo
scrivano
fiorentino
:
miserie
certo
non
meno
dolorose
di
quelle
di
casa
nostra
degli
anni
Trenta
,
ma
anche
un
certo
ritegno
nel
non
dire
troppi
sì
per
amore
del
soldo
o
per
vanità
di
farsi
vedere
più
à
la
page
degli
altri
;
una
certa
ostinazione
nel
leggere
comunque
i
libri
che
contano
,
invece
di
sedersi
lì
esclamando
«
non
si
può
,
pazienza
»
;
e
in
più
una
certa
precisione
nel
mettere
in
chiaro
da
che
parte
si
sta
.
Non
però
scegliendo
Cromwell
o
Robespierre
,
Lincoln
o
Licurgo
:
ma
in
base
alle
forze
politiche
effettivamente
esistenti
.
StampaQuotidiana ,
Credo
che
siamo
parecchi
(
e
da
qualche
tempo
siamo
anche
aumentati
)
a
dichiarare
rifacendo
Eckermann
che
«
l
'
Ingegnere
Carlo
Emilio
Gadda
è
tra
i
nostri
Autori
quello
cui
si
è
sempre
rivolto
lo
sguardo
come
a
una
stella
polare
:
i
suoi
detti
sono
in
perfetta
armonia
col
nostro
modo
di
pensare
,
e
ci
scoprono
continuamente
sempre
più
alti
punti
di
vista
.
Perciò
ci
si
studia
di
penetrare
sempre
di
più
nella
struttura
della
sua
arte
,
e
il
nostro
intimo
amore
e
l
'
ammirazione
per
l
'
Ingegnere
hanno
in
sé
qualche
cosa
di
passionale
...
»
.
Nulla
risulta
però
difficile
come
tributare
un
giusto
omaggio
al
suo
riserbo
e
alla
sua
ritrosia
,
evitando
che
qualche
connotato
di
natura
pittoresca
inquini
il
rigore
della
testimonianza
.
Proprio
perché
è
quasi
impossibile
restituire
l
'
affascinante
mélange
di
contraddizioni
che
è
la
figura
stessa
dell
'
Ingegnere
,
un
Pietro
Micca
in
abito
di
Quintino
Sella
,
l
'
orgogliosa
modestia
e
l
'
ironia
dolorosa
e
la
verecondia
esplosiva
di
questo
grande
scrittore
rivoluzionario
travestito
da
professionista
borghese
conservatore
in
costante
reverenza
davanti
alle
Istituzioni
(
dal
Castello
Sforzesco
alla
Stazione
Nord
,
dalle
Società
Anonime
alle
Banche
all
'
idioma
italo
-
fiorentino
)
nell
'
atto
stesso
in
cui
mobilita
per
dilapidarle
strepitose
risorse
etiche
e
stilistiche
,
di
psicologia
e
di
humour
.
Traboccano
le
tentazioni
...
Un
saggista
di
scuola
francese
incline
a
trattare
della
letteratura
«
come
di
qualcos
'
altro
»
(
vita
,
sogno
,
tauromachia
)
e
dello
scrittore
«
in
quanto
qualche
cosa
»
(
magari
«
traître
»
,
o
«coupable»...)
potrebbe
lasciarsi
sedurre
dall
'
ipotesi
di
un
Trattato
sull
'
Ingegnere
«
in
quanto
reduce
»
:
le
fissazioni
traumatiche
sulle
sofferenze
della
guerra
e
del
dopoguerra
;
il
sentimento
di
provvisorietà
che
affligge
il
ritorno
a
una
vita
civile
sentita
come
precaria
,
estranea
,
instabile
;
i
bauli
non
disfatti
;
il
rovello
per
gli
anni
smarriti
in
una
giovinezza
murata
e
irrecuperabile
...
Qualche
amico
,
invece
,
di
fronte
all
'
originalità
quasi
raccapricciante
delle
sue
osservazioni
,
dell
'
arrivare
comunque
alla
verità
sulle
cose
,
impressionante
da
parte
di
qualcuno
che
vive
così
palesemente
fuori
delle
cose
,
è
stato
afferrato
da
un
dubbio
:
è
vero
?
non
è
vero
?
o
è
possibile
che
appena
voltato
l
'
angolo
,
appena
al
sicuro
in
casa
,
l
'
Ingegnere
nella
sua
«
logicità
»
sapiente
e
folle
si
tolga
la
maschera
con
cui
si
mostra
a
noi
-
e
che
mai
toglierà
in
nostra
presenza
-
e
rida
divertito
delle
nostre
sciocchezze
?
Sarebbe
però
un
torto
cedere
a
una
tentazione
da
Eckermann
contemporaneo
e
descriverlo
nell
'
atto
di
emettere
giudizi
a
sorpresa
in
una
serie
di
quadretti
tipo
«
l
'
Ingegnere
al
ristorante
»
,
«
d
'
Ingegnere
e
D
'
Annunzio
»
,
«
l
'
Ingegnere
e
il
twist
»
,
«
d
'
Ingegnere
nella
tomba
etrusca
»
.
D
'
altra
parte
irripetibilità
e
pudore
cospirano
a
rendere
difficilmente
descrivibile
l
'
esperienza
della
presenza
eccitante
e
consolatrice
dell
'
intelletto
.
Perciò
mi
è
parso
più
riguardoso
interrogarlo
con
la
sua
approvazione
su
un
argomento
fondamentale
:
la
sua
formazione
,
l
'
«
iter
»
spirituale
attraverso
cui
si
è
venuta
componendo
una
personalità
culturale
e
umana
per
cui
Contini
ha
parlato
di
«
eminente
dignità
riflessiva
»
.
«
I
successivi
miei
choc
di
carattere
riguardanti
la
tematica
conoscitiva
sono
stati
saltuari
e
sporadici
,
non
per
mia
malavoglia
o
poltroneria
,
ma
perché
sono
stato
boicottato
negli
anni
giovanili
»
dice
l
'
Ingegnere
;
e
accusa
il
tempo
,
la
stanchezza
,
la
«
estrema
povertà
»
:
e
,
prima
ancora
i
genitori
che
hanno
«
sabotato
»
la
sua
vocazione
letteraria
,
l
'
ingegneria
«
non
alta
,
ma
faticosa
»
;
e
la
mancanza
di
libri
e
di
esperienze
di
viaggio
;
la
scarsa
esperienza
della
vita
,
«
l
'
esperienza
non
sempre
lieta
che
avevo
fatto
degli
esseri
umani
»
.
«
Mi
sono
mancate
allora
,
come
a
un
prigioniero
,
eccitazioni
,
fermenti
,
suggerimenti
intellettuali
,
eccitazioni
alla
ricerca
...
»
E
negli
anni
successivi
l
'
estrema
fatica
:
«
costretto
agli
studi
d
'
ingegneria
,
a
Milano
,
non
mi
hanno
lasciato
tempo
e
molte
volte
neppure
la
voglia
,
le
possibilità
fisiche
di
ricerche
"
curiose
"
»
.
«
Ulteriori
gravi
traumi
sono
stati
quelli
derivanti
dalle
guerre
che
la
mia
generazione
ha
attraversato
:
alla
prima
delle
quali
ho
partecipato
con
una
"
passione
"
positiva
,
mentre
ho
subìto
come
"
civile
"
la
seconda
con
una
orrenda
e
lunga
sofferenza
,
anche
fisica
.
»
Formazione
perciò
lacunosa
,
«
a
macchie
,
a
chiazze
»
.
Negli
anni
dell
'
adolescenza
sono
prevalsi
interessi
letterari
,
prevalentemente
italiani
e
latini
,
con
qualche
puntata
su
autori
greci
(
Omero
)
.
Poi
Dante
,
Ariosto
.
«
Negli
anni
ulteriori
dopo
il
liceo
ci
sono
stati
momenti
di
cultura
,
ricerca
,
e
di
"
eccitazione
"
derivanti
da
indirizzi
logico
-
matematici
della
eccitazione
stessa
(
Einstein
,
la
teoria
della
relatività
,
più
tardi
la
teoria
dei
"
quanti
"
,
De
Broglie
).»
«
Dopo
i
contatti
letterari
di
Firenze
,
tutto
il
grosso
repertorio
di
idee
che
si
può
brevemente
designare
col
nome
-
se
non
di
psicopatologia
-
di
psicanalisi
.
»
Negli
anni
Trenta
l
'
Ingegnere
si
interessa
soprattutto
di
fenomeni
«
proibitissimi
dal
fascismo
...
venuti
dal
di
fuori
...
"
esterofilo
"
:
parola
cara
al
duce
,
carica
di
condanna
...
»
.
Studia
per
esempio
(
«
per
quanto
senza
possibilità
di
approfondire
...
costretto
dal
lavoro
...
»
)
la
matematica
di
Einstein
,
appunto
,
e
la
psicanalisi
:
«
Quando
molti
ritenevano
l
'
idea
volgare
che
Freud
fosse
un
pervertito
...
e
neanche
a
parlare
di
Breuer
,
Charcot
...
»
.
Rivolge
cioè
la
sua
attenzione
ad
alcune
fondamentali
discipline
scientifiche
moderne
ignorate
o
trascurate
dalla
maggior
parte
dei
letterati
dell
'
epoca
,
e
praticamente
mai
integrate
sul
serio
alla
nostra
cultura
:
ecco
un
'
altra
ragione
seria
dell
'
importanza
dell
'
Ingegnere
per
noi
.
«
Avevo
già
frequentato
a
Milano
come
socio
di
una
biblioteca
molto
bene
-
e
milanesemente
-
organizzata
(
il
Circolo
Filologico
)
i
precursori
:
appunto
Charcot
,
Breuer
...
molti
altri
...
e
anche
gli
psicologi
positivisti
;
ricordo
L
'
intelligenza
nel
regno
animale
di
Tito
Vignoli
,
psicologo
lombardo
.
Si
tenga
presente
che
l
'
impegno
degli
studi
d
'
ingegneria
comportava
otto
ore
di
attività
giornaliera
,
compreso
il
disegno
;
e
a
certe
esercitazioni
,
per
esempio
di
mineralogia
,
occorreva
presentarsi
alle
sette
della
mattina
.
Questi
milanesi
col
loro
"
lavurà
"
mi
hanno
dato
una
bella
mazzata
sulla
testa
...
E
Roma
?
Ne
sono
amareggiato
,
stanco
;
se
potessi
me
ne
andrei
subito
;
se
avessi
forza
,
denaro
...
Ah
,
il
romanesimo
...
A
proposito
di
psicanalisi
devo
dire
che
mi
sono
avvicinato
ad
essa
negli
anni
fiorentini
dal
'26
al
'40
quando
l
'
insieme
delle
dottrine
e
delle
ricerche
di
questa
grande
componente
della
cultura
moderna
era
visto
popolarmente
come
operazione
diabolica
e
quasi
infame
,
per
la
crassa
opaca
ignoranza
di
molti
grossi
tromboni
della
moraloneria
e
della
cultura
ufficiale
dell
'epoca.»
Ma
perché
è
andato
a
Firenze
?
«
Manzonianamente
...
e
anche
un
po
'
come
un
inglese
(
senza
quattrini
)
del
'700
...
Per
imparare
la
lingua
e
frequentare
le
biblioteche
fiorentine
(
e
pensare
che
poi
non
ne
ho
avuto
quasi
mai
il
tempo
!
)
.
Il
Vieusseux
e
la
Marucelliana
hanno
sostituito
nel
mio
positivismo
illuministico
la
vecchia
organizzatissima
biblioteca
milanese
»
.
Trovo
straordinario
andare
a
Firenze
per
sciacquar
panni
lombardi
in
Arno
,
e
come
risultato
distruggere
il
fiorentino
con
l
'
esplosiva
operazione
linguistica
del
Pasticciaccio
;
ma
l
'
Ingegnere
sorride
,
non
vuol
dir
niente
.
Alla
psicanalisi
mi
sono
avvicinato
e
ne
ho
largamente
attinto
idee
e
moventi
conoscitivi
con
una
intenzione
e
in
una
consapevolezza
nettamente
scientifico
-
positivistica
,
cioè
per
estrarre
da
precise
conoscenze
dottrinali
e
sperimentali
un
soprappiù
moderno
della
vecchia
etica
,
della
vecchia
psicologia
,
e
della
cultura
che
potremmo
chiamare
parruccona
e
polverosa
di
certo
tardo
illuminismo
lombardo
.
Col
comprendere
la
fenomenologia
dell
'
inconscio
mi
è
sembrato
di
fare
un
passo
avanti
nella
mia
struttura
di
apprenti
sorcier
.
E
devo
dire
che
ho
incontrato
negli
studi
di
filosofia
fatti
presso
l
'
Università
di
Milano
(
nel
'25
,
nel
'28
,
nel
'30
,
allora
si
chiamava
ancora
Accademia
scientifica
e
letteraria
,
però
conferiva
lauree
regolari
)
un
docente
di
psicologia
,
Casimiro
Doniselli
,
che
mi
ha
condotto
alla
possibilità
di
pensare
a
una
specie
di
traduzione
in
termini
psicologici
di
molte
posizioni
di
filosofia
teoretica
:
alcune
posizioni
teoretiche
kantiane
potrebbero
essere
oggi
registrate
in
chiave
psicologica
,
per
esempio
.
»
E
fra
le
esercitazioni
fatte
in
questo
periodo
l
'
Ingegnere
ne
ricorda
soprattutto
una
sull
'
apparecchio
dell
'
udito
,
in
cui
la
coclea
(
che
ha
la
forma
della
spirale
di
Cartesio
)
funziona
come
estrattore
di
logaritmi
delle
scale
sonore
.
Molto
hanno
impressionato
la
mia
giovane
e
ancora
inesperta
ricerca
formativa
quei
necessariamente
limitati
avvicinamenti
,
o
approssimazioni
,
ai
maestri
della
filosofia
moderna
...
Ho
letto
Spinoza
,
Leibniz
,
Kant
...
La
lettura
dei
Nuovi
saggi
di
Leibniz
(
tradotti
da
Cecchi
)
e
della
Teodicea
stessa
,
si
può
dire
che
siano
stati
nettamente
formativi
per
il
mio
sviluppo
e
i
miei
interessi
logico
-
teoretici
posteriori
...
Ancora
oggi
sento
di
dover
molto
a
Leibniz
e
di
riviverne
oscuramente
i
suggerimenti
e
i
pensieri
nella
ormai
declinante
vita
intellettuale
,
avviata
alla
chiusura
...
A
questo
proposito
sarebbe
mio
estremo
desiderio
di
poter
lasciare
almeno
una
affrettata
e
sintetica
"
operetta
"
di
esegesi
da
un
lato
e
di
"
apology
"
(
nel
senso
di
"
giustificazione
"
)
dei
miei
momenti
di
pensiero
e
degli
inevitabili
errori
(
od
eccessi
)
a
cui
la
mia
affaticata
ricerca
è
andata
incontro
,
come
ogni
ricerca
...
per
successivi
"
tâtonnements
"
,
come
ognuno
di
noi
...
forse
anche
la
natura
stessa
...
si
avvicina
alle
sue
"
idee
"
per
"
tâtonnements
"
...
e
incontrando
la
dolorosa
esperienza
di
inevitabili
"impasses"...»
Ma
la
sezione
forse
più
larga
della
sua
libreria
è
affollata
di
volumi
di
storia
.
«
L
'
interesse
per
gli
studi
storici
può
dirsi
innato
in
me
;
o
se
no
,
ha
ricevuto
eccitazioni
che
chiamerò
ginnasiali
con
grande
amore
e
rispetto
per
gli
studi
ginnasiali
che
ho
potuto
seguire
(
Cesare
,
Tacito
,
non
molto
Erodoto
)
,
i
minori
latini
,
più
tardi
Svetonio
...
e
perché
ho
avuto
da
taluni
di
questi
storici
latini
(
Tacito
,
Svetonio
)
e
dai
poeti
...
la
sensazione
che
ci
sia
stato
un
grande
momento
della
conoscenza
umana
in
cui
la
storiografia
non
è
stata
una
menzogna
...
senza
compromessi
,
né
reticenze
...
La
stessa
sensazione
mi
è
stata
data
più
tardi
dagli
storici
francesi
e
inglesi
...
da
Macaulay
a
Strachey
,
come
specimen
...
Lavisse
,
Michelet
,
Lefebvre
,
Bainville
...
e
da
memorialisti
altrettanto
validi
annotatori
della
realtà
e
della
verità
...
Saint
-
Simon
,
Retz
...
da
epistolari
,
lettere
...
mi
hanno
condotto
a
interessarmi
ai
fatti
della
grande
storia
francese
...
»
E
il
Rinascimento
?
«
Sì
,
ho
avuto
interessi
culturali
e
letterari
e
di
giudizio
storiografico
...
per
gli
storici
letterati
...
la
potenza
d
'
espressione
,
il
senso
della
verità
...
Guicciardini
,
Machiavelli
,
Jacopo
Nardi
...
Però
non
credo
a
un
Rinascimento
politico
...
non
credo
che
possa
aver
dato
all
'
Italia
quello
che
il
valore
delle
armi
e
della
nobiltà
francese
ha
dato
alla
Francia
...
sempre
in
esercizio
nell
'
incontrare
la
morte
...
magari
in
duello
,
quando
non
v
'
erano
guerre
...
Il
mio
giudizio
necessariamente
generico
per
la
storia
dei
Comuni
e
delle
Signorie
non
ha
insomma
un
carattere
idolatra
né
per
gli
uni
né
per
le
altre
,
pure
ammettendo
il
carattere
di
indipendenza
eroica
del
Comune
borghese
e
tessile
rispetto
all
'
ancoraggio
dell
'
idea
imperiale
»
.
E
la
filologia
?
Qui
l
'
Ingegnere
raccomanda
di
tenere
un
tono
modesto
e
serio
per
riguardo
agli
studiosi
specializzati
.
«
...
Uno
dei
momenti
tormentosi
della
mia
modesta
e
frantumata
carriera
di
scrittore
...
Contini
per
il
caso
mio
molto
giustamente
parla
di
"
letteratura
perduta
"
,
rifacendosi
a
Proust
...
e
di
un
sentimento
di
frustrazione
che
starebbe
e
sta
di
fatto
alla
base
del
mio
lavoro
e
del
giudizio
che
faccio
di
me
stesso
...
un
fine
non
raggiunto
...
»
Ma
perché
?
Ma
come
?
L
'
Ingegnere
scuote
la
testa
,
parla
di
brogliaccio
,
di
macchie
d
'
inchiostro
,
di
minute
confuse
e
indecifrabili
,
tossisce
,
batte
le
mani
sulla
tavola
,
mormora
«
avevo
in
mente
un
programma
...
e
invece
...
solo
un
avvicinamento
a
quello
che
speravo
...
tarda
riparazione
...
citazioni
imprecise
...
mancato
adempimento
del
compito
...
È
la
questione
dell
'
espressione
...
come
un
bambino
che
si
preoccupa
esclusivamente
di
far
bene
il
suo
compito
,
mi
sono
sempre
preoccupato
di
raggiungere
non
tanto
l
'
optimum
formale
"
routinier
"
(
i
plurali
giusti
,
le
camicie
scritte
con
la
"i"...)
quanto
l
'
optimum
espressivo
...
È
chiaro
questo
,
no
?
...
È
stata
infatti
usata
per
me
talora
come
tono
d
'
accusa
o
rimprovero
la
qualifica
di
espressionista
...
Ma
io
credo
che
il
dovere
di
un
optimum
espressionistico
incomba
a
ogni
artigiano
se
non
a
ogni
artista
...
al
pittore
,
al
sarto
,
al
compositore
,
e
in
primis
allo
scrittore
,
che
maneggia
uno
strumento
assai
difficile
a
possedere
e
ad
usare
e
cioè
l
'
idioma
...
Ma
io
ho
sentito
che
in
ogni
idioma
...
lingua
o
dialetto
...
la
lingua
,
che
ha
dietro
di
sé
una
cultura
,
una
scuola
,
una
formazione
,
un
'
accademia
,
una
provenienza
da
altra
lingua
madre
...
e
il
dialetto
talora
con
egual
provenienza
da
una
lingua
madre
,
come
il
latino
per
il
dialetto
lombardo
...
ciò
che
interessa
è
la
potenza
,
la
tensione
espressiva
,
il
voltaggio
espressivo
...
e
indipendentemente
dal
perbenismo
accademizzante
a
cui
si
possa
essere
più
o
meno
vicini
...
Non
importa
se
si
è
prossimi
al
Rigutini
,
importa
la
potenza
espressiva
!
Quel
che
accade
al
dialetto
lombardo
o
alla
parlata
napoletana
rispetto
al
latino
...
e
"
facite
'
a
faccia
feroce
"
"
è
"
latino
...
da
cui
entrambi
derivano
la
loro
tematica
...
gli
etimi
...
accade
anche
ad
alcune
lingue
neolatine
,
le
più
vive
e
stupende
,
il
francese
e
lo
spagnolo
...
lasciamo
il
provenzale
,
che
m
'
interessa
meno
...
anche
se
,
vero
,
per
alcuni
argomenti
,
certi
discorsi
,
è
ovvio
che
solo
una
lingua
colta
(
il
francese
,
lo
spagnolo
)
potrà
essere
usata
,
anziché
un
dialetto
...
I
Nuovi
saggi
di
Leibniz
non
possono
essere
scritti
in
dialetto
...
Colloco
il
dialetto
a
una
stessa
possibilità
espressiva
...
o
voltaggio
,
o
altezza
...
della
lingua
,
limitatamente
agli
argomenti
di
sua
pertinenza
:
il
linguaggio
di
Ruzante
o
Goldoni
non
potrebbe
essere
adatto
per
un
'
opera
filosofica
...
E
mi
permetta
di
chiudere
con
una
piccola
chicca
...
per
usare
il
suo
elegante
e
italianissimo
termine
:
per
dire
"
vino
"
,
i
successivi
etimi
sono
stati
nell
'
ordine
"
oinos
"
,
"
vinum
"
,
"
vino
"
,
"
vin
"
(
milanese
)
,
"
vi
"
(
bresciano
)
...
mentre
si
dice
in
bergamasco
semplicemente
"
i
"
,
spaventosa
erosione
della
matrice
"
vinum
"
,
operata
dall
'
abominevole
dialetto
bergamasco
,
secondo
i
tromboni
moraloni
accademici
della
moralità
linguistica
...
Senonché
nella
gloriosa
e
stupenda
lingua
del
grande
La
Fontaine
e
anche
di
quel
Saint
-
Simon
che
come
dice
Sainte
-
Beuve
"
écrit
à
la
diable
pour
l
'
éternité
"
,
per
dire
"
agosto
"
attraverso
le
successive
erosioni
di
"
augustus
mensis
"
si
passa
da
"
aoust
"
a
"
août
"
;
e
finalmente
alla
fonazione
"
u
"
che
come
erosione
fonetica
equivale
alla
"
i
"
dell
'
"
abominevole
"
bergamasco
...
»
.
StampaQuotidiana ,
Diversi
anni
fa
una
poverina
,
che
si
firmava
«
Zagara
sicula
»
,
chiese
a
una
rubrica
femminile
come
farsi
il
suo
paltoncino
nuovo
.
«
Nessun
dubbio
,
secondo
l
'
ultimo
Harper
'
s
Bazaar
-
rispose
feroce
Irene
Brin
-
:
Viola
,
e
con
le
frange
d
'
oro
!
»
.
E
qualche
mese
fa
,
a
Ferragosto
,
il
direttore
di
un
rotocalco
romano
,
rimasto
in
città
a
lavorare
,
incontrava
in
piazza
del
Popolo
un
letterato
fra
i
nostri
più
fini
,
che
gli
gridava
desolato
:
«
Abbiamo
sbagliato
!
Sono
'
tutti
'
in
Sardegna
!
»
.
In
quel
momento
,
chi
aveva
lanciato
la
Costa
Smeralda
affollata
di
facoltosi
dopolavoristi
,
stava
probabilmente
facendo
i
suoi
bagni
in
un
'
isoletta
greca
solitaria
;
mentre
le
modiste
che
impongono
«
allunga
!
»
o
«
stringi
!
»
da
una
stagione
all
'
altra
,
si
vestono
poi
come
vogliono
,
in
tutt
'
altri
modi
:
un
po
'
come
il
pastore
maligno
che
indica
il
sentiero
sbagliato
,
come
la
cuoca
malvagia
che
consiglia
:
«
per
far
bene
il
sufflé
?
dentro
la
farina
di
colpo
mentre
s
'
alza
!
»
.
In
letteratura
si
vede
lo
stesso
:
mode
che
si
succedono
con
rapidità
sconcertanti
,
precetti
capovolti
ogni
stagione
.
E
anche
qui
,
da
un
lato
,
personaggi
definibili
(
all
'
americana
)
«
indicatori
di
strade
»
,
cioè
iniziatori
di
voghe
.
Dall
'
altro
,
anime
candide
o
snob
che
li
seguono
,
come
una
tale
signora
inglese
tanto
sfortunata
da
incontrare
in
via
Cimarosa
un
gentiluomo
palermitano
famoso
per
i
suoi
brutti
scherzi
;
e
gli
ha
chiesto
dove
fosse
via
Pergolesi
.
«
Dentro
questo
portone
,
su
quattro
rampe
,
e
giù
in
fondo
-
le
risponde
lui
-
,
sembra
complicato
ma
è
una
scorciatoia
»
.
Lei
si
fida
,
e
si
trova
in
un
appartamento
dove
lui
è
già
lì
pronto
e
la
bastona
,
per
di
più
svillaneggiandola
:
«
brutta
sciocca
,
e
tu
vatti
a
fidare
di
chi
ti
dice
che
per
andare
da
una
via
all
'
altra
bisogna
salire
quattro
rampe
di
scale
!
»
.
Non
bisogna
dunque
dar
retta
agli
agenti
provocatori
?
Sì
,
invece
,
in
un
'
accademia
stagnante
come
la
nostra
società
letteraria
!
Viva
,
sempre
,
i
sobillatori
di
coscienze
!
Come
Pasolini
:
basta
stare
attenti
a
non
cadere
in
tutte
le
imboscate
dove
ci
trascinano
,
e
ce
ne
vorrebbero
cinquanta
come
lui
,
da
accompagnare
nelle
loro
avventure
...
Una
larga
sezione
della
nostra
cultura
gli
ha
deferito
questo
incarico
di
rischiare
,
a
nome
di
tutti
:
perché
è
vero
che
-
soprattutto
letterariamente
-
chi
scandalizza
i
puri
di
cuore
va
sacrificato
a
nome
della
collettività
(
che
è
rimasta
a
casa
,
a
godere
e
soffrire
)
;
però
è
pur
sempre
giusto
(
«
oportet
»
)
che
gli
scandali
avvengano
.
E
come
potremmo
non
entusiasmarci
per
l
'
efferato
virtuosismo
di
un
finto
capro
espiatorio
che
detta
di
anno
in
anno
il
«
compito
a
casa
»
ai
suoi
adepti
-
persecutori
,
li
costringe
all
'
idioma
romanesco
,
li
obbliga
ai
Vangeli
,
li
incatena
a
Freud
oppure
agli
studi
linguistici
,
se
li
tira
dietro
dove
vuole
,
e
finisce
dopo
tutto
canonizzato
in
apoteosi
?
Non
sempre
però
si
cadrà
senza
strillare
in
fondo
alla
trappola
aperta
.
Ultimamente
,
per
esempio
,
Pasolini
ha
dichiarato
in
un
'
intervista
al
«
Giorno
»
e
in
una
conferenza
dell
'
ACI
di
rinnegare
certe
sue
convinzioni
di
ieri
.
Ritiene
«
ancora
possibile
»
il
romanzo
;
non
lo
trova
più
«
esaurito
come
genere
»
;
soprattutto
constatando
l
'
esistenza
di
una
lingua
italiana
media
«
unificata
»
(
e
fino
a
ieri
mancante
)
.
Una
lingua
nazionale
e
non
pseudonazionale
:
basata
non
più
su
riferimenti
al
latino
,
ma
al
linguaggio
tecnologico
dei
politici
e
degli
industriali
;
e
prodotta
non
più
fra
Roma
e
Firenze
,
ma
fra
Milano
e
Torino
.
Parecchi
commentatori
si
sono
già
lamentati
:
che
«
scoperta
»
è
mai
questa
?
«
Ci
troviamo
impegolati
in
un
bel
pasticcio
»
,
scrive
Emanuelli
,
osservando
che
sarà
giusto
abbandonare
«
l
'
italiano
borghese
e
burocratico
»
.
Ma
non
sarà
uno
'
stratagemma
'
questo
«
abbandonare
anche
l
'
italiano
d
'
oggi
scoperto
poco
prima
come
'
lingua
'
nazionale
e
buttarsi
nelle
braccia
del
'
linguaggio
'
tecnologico
?...»
.
Cercando
di
non
franare
nell
'
autobiografia
,
come
lombardo
vorrei
osservare
qui
che
non
mi
sembra
d
'
essermi
mai
sentito
privo
di
uno
strumento
abbastanza
moderno
e
abbastanza
duttile
per
ogni
esigenza
,
che
non
deve
nulla
ai
dialetti
e
può
fare
a
meno
quando
vuole
d
'
ogni
parola
straniera
.
Questa
lingua
esisteva
.
E
forse
si
ha
torto
di
prendere
per
una
constatazione
di
carattere
generale
,
valevole
«
erga
omnes
»
,
quella
che
probabilmente
è
una
esperienza
privata
di
Pasolini
,
simile
alla
«
trouvaille
»
di
chi
arrivando
in
Piemonte
«
scopra
»
l
'
esistenza
del
barolo
e
del
barbera
.
Parlando
da
lettore
di
Saussure
,
poi
,
si
potrebbe
«
lavorare
»
secondo
le
leggi
della
linguistica
il
concetto
di
Emanuelli
:
sostituendo
al
suo
termine
di
«
linguaggio
»
quello
saussuriano
di
«
parola
»
,
per
sottolineare
il
carattere
«
individuale
e
momentaneo
»
della
terminologia
tecnologica
rispetto
alla
«
lingua
»
che
è
per
definizione
un
fatto
«
sociale
nella
sua
essenza
e
indipendente
dall
'
individuo
»
.
Come
lettore
di
Carlo
Dossi
,
infine
,
vorrei
suggerire
che
nelle
«
Note
azzurre
»
esiste
già
perfetta
e
incantevole
la
lingua
«
nazionale
»
secondo
«
questa
nuova
angolazione
linguistica
»
vagamente
nordista
sognata
da
Pasolini
.
Manca
qualche
stilema
olivettiano
o
moroteo
,
pazienza
.
Ma
è
uno
strumento
affascinante
ai
fini
della
narrativa
più
«
moderna
»
di
oggi
:
quella
delle
«
Note
azzurre
»
stesse
.
Cioè
un
romanzo
che
vede
la
realtà
per
elenchi
e
la
cultura
per
analogie
,
fa
i
suoi
usi
giusti
sia
dell
'
ironia
sia
dell
'
Inghilterra
,
sia
del
plurilinguismo
,
ed
è
talmente
aperto
che
si
può
cominciare
a
leggere
in
ogni
pagina
.