Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> autore_s:"BALDINI ANTONIO"
GIOTTO E CIMABUE IN UN'OSTERIA DI MUGELLO ( BALDINI ANTONIO , 1919 )
StampaPeriodica ,
Pergolato d ' uva in un luogo alto . Il sole è tramontato , ma l ' aperta concavalle è ancora piena di luce . - Mi sai dire , Giotto , dove tu guardi e ridi ? - Guardo laggiù quel brav ' uomo lungo Muccione che sta facendo prova di tirare sulla strada il ciuco andato nel fosso , e senza riuscire gli séguita a tenere le braccia intorno al collo , fermi tutti e due che si potrebbero dipingere . Lo vedi ? l ' hai visti ? - Io non riesco , Giotto , a capire come tu fai ad avere sempre gli occhi da per tutto . Però veggo con dispiacere che con te non è possibile fare un discorso come che sia concettoso e continuato . Qualunque cosa ti capiti sotto questi occhiacci tondi e vagabondi basta a fuorviarti dagli argomenti che pure dovrebbero tenerti legato con più forza l ' intelletto . Eppure tu sai quanto sia divenuta difficile ai nostri giorni la pratica dell ' arte nostra ; tu sai che abbiamo su di noi gli occhi e il malanimo di tutti , giovani e vecchi , che non chiederebbero di meglio che di vederci ricadere per disperati nei vecchi espedienti e trucchi bizantini , tanto per concludere che la maniera nova di dipingere era pure la sciocca e povera maniera ; e tu ti vai a perdere dietro i ciuchi di queste strade di monte , e a tutto mostri di fare attenzione tranne a quello che ti dico io . Ti parlerò francamente : mi pare d ' averne qualche diritto ; infine , parlo per il tuo bene . Se davvero in te dura il proposito d ' avvantaggiarti in quest ' arte della pittura per la quale da principio hai dato a vedere una così sicura e bella inclinazione , allora figliol mio bisognerà che tu ti decida a considerare molto seriamente la strada che percorri , e che comunque ti guardi dai passi cattivi , dalle distrazioni , dalle frivole occupazioni e veda di cambiare radicalmente sistema di vita , di studio e di lavoro . Io non t ' ho mai nascosto che l ' arte fosse una pratica , a volerla condurre bene , di gran rischio e fatica ; ma sempre insieme ti dicevo che la sua eccellenza e il grandissimo onore che può tornare a chi v ' attende sono appunto a prezzo di queste difficoltà . Tu sai per contro il bene che t ' ho voluto e che ti voglio ; tu hai visto dal giorno che t ' ho preso a bottega che vita è stata la mia , il fegato che mi ci son mangiato , per sostenere l ' arte toscana all ' altezza dei tempi : e sai quanto mi sorrideva la speranza che un giorno Giotto , avend ' io chiuso per sempre gli occhi alla bella pittura , potesse lui essere il vero erede e depositario dei buoni principi di quest ' arte . T ' ho fatto vedere in che mani era andata a finire , e che pratica noiosa , inerte e fredda gli altri pittori n ' avevano fatta , al punto in cui , da solo , dandomi anima e corpo , e lavorandoci intorno come il cane all ' osso , io mi son messo all ' opera , cercando con ogni studio d ' accordare il vecchio latino col volgare , il divino coll ' umano . Nei primi tempi tu stesso mi dicevi con giovanile entusiasmo che quest ' arte malandata io ero riuscito una buona volta a metterla sopra solide fondamenta , e non c ' era insegnamento dell ' arte di cui tu non t ' appropriassi con poca lezione . Ora m ' avveggo che se non ci fossi qui io a rimettertele in capo una per una tu dimenticheresti ogni buona norma ; e così accade che sempre ci dobbiamo rifare da capo e sprecare tempo e parole , chi sa poi con quale frutto . Che se poi considero l ' impiego frettoloso e intemperante che adesso nelle tue pitture fai d ' alcuni tra i miei precetti , senza curare di richiamarti anche a quegli altri che insieme t ' avevo impartito , davvero m ' entra la paura che , a lasciarti fare , tu riaffonderesti l ' arte proprio nel momento che stava sorgendo . Tu concedi a te stesso , al piacere dei tuoi sensi e all ' immaginazione dei profani , troppo più di quel che sia consentito all ' umile pittura . In quello che tu disegni e colorisci ci riman sempre qualche cosa che poi divaga l ' anima , invece di guidarla al senso che hai voluto figurare ; e qualche volta questo senso nemmeno più lo si scopre , sopraffatto com ' è da questo qualche cosa di estraneo , di troppo personale , di troppo domestico e confidenziale , un soprappiù , direi , di come fatto in casa , che , figliol mio , assolutamente non va , e non può andare . Guastare la pittura ti par forse poco , che anche cerchi di smontare la devozione della gente ? Non che ricondurre alla Fede qualche cuore torbido e stanco , vorrai anche rubare al cielo le preghiere delle anime semplici ? Vorrai forse credere che l ' intelligenza dell ' Arte ci sia data da Dio solo per piacer nostro ? Il ciuco di verso Muccione , e quella faccia che facevi di volertelo mangiare cogli occhi , a me facevan paura proprio per questo : che già vedevo spuntare il giorno che tu non ci penserai due volte a dipingere quel ciuco bardato e il boscaiolo che gli teneva le braccia al collo ; magari in chiesa , magari sopra una tavola d ' altare . Vorrei poi che mi dicessi se credi veramente degno fine dell ' arte perdere il tempo come tu fai a dipingere una per una le pieghe dei mantelli , i travicelli dei soffitti , i gangheri delle porte , i ciuffi d ' erba tra le rocce , i tegami e le fiscelle sulle mense , e se credi di giovare all ' arte cacciando in mezzo alle sacre rappresentazioni , come ho visto che ti studi di fare , tutta una gente intrusa e senza nome , che ciascuno tira a sé per suo conto l ' attenzione dei cristiani , quale per i colori del vestiario , quale per la foggia della berretta , quale perché gli sei andato senz ' altro a ritrattare il viso del sagrestano o del campanaro , che tutti quassù a bella prima s ' accorgerebbero di riconoscere e griderebbero guarda Maso e guarda Boge . Tu così non ti fai scrupolo di ridurre i Santi Vangeli a novellette di brigata , i tuoi Angioli sono spalluti come uomini di fatica e con certe facce guanciute che sembrano ingrassati nella stia . La pittura è fatta sì per gli occhi , che son le porte dell ' anima , ma tu con quelle tue figure che paiono venire fuori dalle pareti lasci in tutti gli altri sensi di chi li guarda uno stimolo inquieto e confuso , principalmente al tatto , che delle porte del corpo sai bene essere la più carnale . Se i tuoi Paradisi son pieni di ciccia , dei tuoi Conventi non ne parliamo . Ma io vorrei che tu immaginassi un momento , per analogia , che domani un Filosofo o un Poeta volesse descrivere l ' oltre tomba , Inferno , Paradiso e Purgatorio , col proposito d ' ammonire i peccatori e ritrarli dalla via della perdizione ; credi tu che questi otterrebbe il suo scopo se s ' indugiasse a parlarci dei fatti di casa sua , dei suoi amori , delle sue corna , dei campanari della sua contrada ? Tanto sarebbe valso allora lasciar la filosofia a dormire nei libri dei pagani e la poesia a cantare sugli angoli di piazza per bocca d ' uomini ignorantissimi d ' ogni scienza e d ' ogni arte , no ? Bada a quel che ti dice il vecchio Cimabue . Questa nostra cortesia , che pure ha parti degne e di buona ragione , di voler volgarizzare la Sapienza Divina , non varchi il segno : per noi sta tutta qui la difficoltà e il merito . Un antico Filosofo ebbe una volta in sogno la visione delle idee della Scienza che in guisa di belle donne si stavano al bordello . Il Filosofo spaventato disse : che è questo ? Non siete voi le idee della Scienza ? Risposero che eran desse . E siete al bordello ? Risposero : e sei precisamente tu che qui ci fai stare . Allora il Filosofo intese che volgarizzare la Scienza vuol dire menomare la divinità . A quanto mi pare , anche tu , Giotto , vorresti tradire la pittura e menarla diritta al bordello . Un po ' di silenzio , tanto che la sera s ' imbruna . Poi Giotto dice : - Io , Cimabue , non vorrei tradire nessuno e nessuno menare al bordello . Solamente , non posso tenere questi miei occhi che non riguardino , e certo con quell ' insistenza di cui mi fai una colpa , le cose di questo mondo così ben fatto , per un vivo e continuo desiderio che ne hanno : di modo che appena una di queste tante cose me se li prende , ogni altra voglia , ogni altro proposito cade . È più forte di me . Ostinarmi non varrebbe a nulla ; mentre a lasciarmi andare tutto il cuore dolcemente consente ; ma l ' animo mio , t ' avessi a dire , tutt ' altro che protestare , nella sua ragione tranquillamente s ' applaude , come se una buona volta si sentisse perfettamente a posto , appoggiato e difeso da tutto un mondo . In te la fede , la dottrina , la volontà . In me tutte queste belle cose a un certo momento cedono senza combattere , ed è la Memoria che trionfa , è la Memoria che si serve di me per rimettere in campo tutto ciò che le si è offerto , lasciandomi solo la libertà di disporre i particolari come meglio mi può piacere ; ma che non vuol disfare le tende se non dopo ch ' io le ho dato la misura di quanto so fare nell ' arte mia . Ho capito che il ciuco di Muccione tu me lo vuoi fare scontare . Peccato che io non ti possa far capire l ' amicizia che in questo momento tutta la mia fantasia sente per quel povero ciuchino . Hai colto nel segno : domani , o quando che sia , io non potrò fare a meno di disegnarlo e di colorirlo quale ancora lo vedo : perché s ' io torno a guardare in quella direzione , benché la campagna sia già buia e il ciuco a quest ' ora chi sa dov ' è arrivato , il mio occhio ritrova ancora fermi e vivi i colori di quella scena senz ' altro mutamento , forse , che d ' una luce ancor più chiara di prima . Io ho bisogno di accompagnare le cose fino al fondo . intanto i precetti me li dimentico , e non serve nemmeno che l ' oggetto che m ' ha invaghito mi sia sottratto alla vista , perché tanto continuo a vederlo lo stesso e anche allo scuro sento che mi viene incontro . Sempre poi che tu mi parli dell ' avvenire nostro , e dell ' arte , siamo sinceri , oggi stiam qui all ' osteria , domani tutti e due sotto l ' erba fiorita , come vuoi che il futuro ci tocchi ? Io sento piuttosto una grande avversione per quelli che seguiteranno a vedere il sole quando noi avremo gli occhi pieni di nero e niente più . L ' anima , ciascuno se la salvi come può . Quanto a me , la pittura intendo di servirla alla mia maniera , e solo nella misura ch ' ella serve a me , per le ore belle che a prezzo d ' una piacevole fatica mi sa dare . E quanto ai sogni dei filosofi , a proposito , Cimabue ! ho da raccontarti anch ' io un sogno , e di donne , sul genere di quello del tuo filosofo , ma non da bordello , e con tutt ' un ' altra conclusione . Le oneste giovani donne del mio sogno erano dunque a banchettare : avevan tutte un viso ridente , una persona grande , riposata e come fluente . Io nel sogno stringevo con questa mano la vita della più bella fra tutte , e invitandola a bere nel mio bicchiere la richiedevo del suo nome . Non ti sei accorto , mi rispondeva , amor mio , che son la Pittura ? Io ritraevo subito atterrito , proprio come il tuo filosofo , la mano e il bicchiere ; ma la Pittura , donnescamente ridendo , mi diceva : caro , non ti scostare dal mio bel fianco : tienci la mano : dammi ancora da bere di quel buon vino : non fare che mi passi l ' età , ché la mia vita è di piacerti a questo modo . Vecchio Cimabue , favola per favola , che ne dici del mio sogno ? S ' è fatta notte buia e tra il pergolato brillano le stelle . Si sente Cimabue che risponde : - Favola per favola , alla malora i sogni e qualunque altra ispirazione della notte , bue d ' un Cimabue che altro non sono ! Vanamente contenderei con un incaponito che si difende a colpi di luna . Se questo sogno birbante tu l ' abbia poi fatto a occhi chiusi ovvero a occhi aperti , non posso dire d ' averlo ben inteso . Però d ' una cosa son certo : d ' avertelo letto in faccia non più tardi della mattina che l ' hai strologato : ah sì ! da quel giorno in poi c ' è sempre rimasta qualche nuvola in aria , fra noi due . Come discepolo affezionato tu cercavi di ritardare più che potevi il colpo ed hai voluto aspettare che la prima botta la dessi io ; la sai lunga , giovanotto . E per questo in fondo mi piaci ; e tra che siamo al buio ti voglio anche dire che se io credessi ai sogni questo tuo mi ti farebbe invidiare più che il Papa per la sua infallibilità e il Re di Francia per le sue ricchezze . Ma di pittura non voglio discutere : tu m ' hai fatto pensare che non è il caso . Del resto la Fortuna è così vigliacca che potrebbe darsi benissimo che , come tu credi , una bella mattina il più ignaro di tutti i dormienti possa essersi svegliato e aver trovato la chiave che apre tutte le porte sotto il cuscino . Nel qual caso , io avrei davvero curato bene i miei interessi ! In rotta col passato , mi sarei tolto di grazia anche all ' avvenire ... Ma che ci vorresti fare ? son cose che succedono ... Oste ! ei di casa ! oste ! un ' altra caraffa di vino ! paga il vecchio Cimabue , questo vecchio lavativo di Cimabue : e un lume ! che possa vederlo in viso il giovine manigoldo che m ' ha da sotterrare . Una ragazza entra col lume sotto il pergolato e non si vedono più le stelle dietro i pampani illuminati . Intorno al lume danzano farfalle grandi e piccine . Cimabue versa da bere .
TASTIERA 1 ( BALDINI ANTONIO , 1940 )
StampaQuotidiana ,
Un pomeriggio di sabato passavano in bicicletta frotte chiassose di ragazzi e ragazze avviate fuori porta . Era con me un vecchio compagno d ' università e stavamo rivangando i giorni di prima dell ' altra guerra . Quale mancanza d ' iniziative ! quante mai ore fermi a discutere sulla porta della Biblioteca Nazionale ! E il discorso cadde sulle ragazze d ' allora . Ai nostri tempi , ricordi ? , era un gran passeggiare sotto le finestre . E qualche volta quelle brave figliuole abitavano agli ultimi piani ! Anche maturotte , non uscivano di casa se non accompagnate dalla mamma o dal fratello . E seppure si riusciva a fermarne una , a sola , per la strada , quanta fretta ! Subito parlare con papà e mammà . Altrimenti niente ( o pochissimo ) da fare . Ancora c ' era un sacrosanto orrore per gl ' impieghi femminili : Roma fu una delle ultime città ad arrendersi , e si arrese , si può dire , per fame . Studenti torinesi e bolognesi , o ci raccontavano delle fandonie , o effettivamente dovevano durare assai meno fatica di noi a far breccia nelle coetanee . Davamo la colpa al papa . E tutte queste bionde , di dove son venute fuori ? Ai nostri tempi , ricordi ? , non se ne vedeva una , o non erano romane . Con questa bella novità il panorama della città è profondamente alterato . Roma portava ancora integro il vanto delle belle more , come per il passato , quando tutte le Memorie dei viaggiatori erano piene delle lodi della chioma corvina delle donne romane . Ma tu fa caso come in effetti sia stonata la bionda aureola intorno al grugnettaccio risentito di quella carbonaretta di Trastevere che attraversa adesso in strada ... Ai nostri tempi ! Un momento . Tutt ' altro che nostro , quel tempo . Roma è stata sempre una città piuttosto matrimoniale . La galanteria vi attacca poco . Lo sanno gl ' intraprendenti fastidiosi che cosa possa uscire da quelle rosee labbra ... È nota la uscita della bella trasteverina alla quale lo scultore Dupré , nuovo di Roma , ronzava troppo accosto per meglio ammirarla . Gli si fece addosso con lo spillone tolto ai capelli chiedendo : Sor paino , che ve puzza ' l campà ? Fiera e pudibonda la ragazza romana s ' era mantenuta fino a quei nostri tempi : e per difesa della sua pudibonderia , magari anche un po ' sguaiata . « Ecco mi sorrida , e mi dica una soave ingiuria in romanesco » : con tali parole il Carducci ( che nuove ricerche e nuovi documenti ci mostrano assai più ardito e concludente in approcci femminili che prima non si supponesse ) stuzzicava una bella romana : l ' Adele Bergamini . Il matrimonio , dicevo , a Roma si succhia nell ' aria . Ne fece assaggio Gustavo Flaubert , scapolo scapolorum , di passaggio per Roma la Settimana Santa del 1851 , quando un chiaro pomeriggio d ' aprile nella basilica di San Paolo gli apparve una bella convalescente languidamente appoggiata al braccio d ' una accompagnatrice : con le chiome corvine divise in due bande e acconciate con una sciarpa rossa , con un corsaletto rosso e lunghi guanti di pelle verde ( modella o amica di qualche pittore ? ) . Bastò che la bella romana girasse un momento i suoi occhi nerissimi e sfolgoranti sul forastiero perché il normanno si sentisse trapassare core e coratella ( anzi scrive : une rage subite m ' est descendue comme la foudre dans le ventre ) e venire senz ' altro la voglia di andarla a chiedere in isposa al padre ( ! ) . « Se avessi saputo l ' italiano , seguita , avrei ben trovato io il modo d ' attaccare conversazione » . ( Romanziere ! l ' impaccio della lingua è una scusa . Garibaldi che dall ' alto del cassero dell ' Itaparica vede col binocolo Anita apparire alla finestra di una casa sulla collina di faccia e si precipita a incontrarla , si fa capire a meraviglia « tu devi essere mia » senza bisogno d ' interprete ) . Rentré conclude Flaubert à l ' hôtel à 4 heures , déjà ses traits s ' effacent dans ma mémoire . Va e fidati dei romanzieri ! Flaubert aveva trent ' anni . Qualche anno prima , sui suoi quaranta , era passato da Roma Teofilo Gautier e le donne romane , outrageusement belles , l ' avevano colpito per la loro venustà piena e compatta . Vingt enfants tiendraient à la fois dans leurs flancs robustes ; e fantasticava che occorressero busti rinforzati di ferro per tenere a posto quei loro petti orgogliosi . Il grandioso portamento delle donne romane glie le fece sembrare tante statue discese dai piedistalli . E qualche vent ' anni prima , Stendhal scriveva : « Che cosa non darei per poter fare comprendere che cosa sia l ' aspetto impassibile d ' una bella romana . Essa considera la faccia dell ' uomo che la guarda ammirato , come voi guardereste di mattina , in campagna , una montagna . Ed è siffatta impassibilità che poi rende così affascinante un minimo segno d ' interessamento da parte loro » . La gravità e l ' indifferenza delle ragazze romane fecero effetto anche a Leopardi , il quale si meravigliava che girando per le strade « in compagnia di giovani molto belli e ben vestiti » nessuna alzasse loro gli occhi in viso . ( Al contino non venne il sospetto che le ragazze cittadine potessero veder tutto anche senza sollevare le ciglia ... ) . Benedette ragazze . Un uomo di cinquant ' anni ha una figlia di diciassette anni . Gli piacciono ancora le donne come gli sono sempre piaciute e per consuetudine se le rimira con quella compiacenza affettuosa , condita di una punta di desiderio , con la quale un uomo di buon sangue considera naturalmente una donna nel suo fiore . Altro alle donne non chiede , il mio cinquantenne , se non che si lascino guardare senza tirar fuori lo spillone dai capelli . Ora gli accade questo : che fino ai suoi quarantasette , fino a quando cioè la figliuola ne contava quattordici , egli si beava a guardare anche le ragazze sui diciassette . Ma quando la figlia ebbe toccati i sedici ecco che papà cominciò a farsi un certo scrupolo d ' appoggiare lo sguardo su quante s ' accostassero ai diciotto . Quando la figlia ne avrà diciotto la cosa dunque si farà grave . Perché , come si fa a non posare volentieri lo sguardo su una bella ragazza di vent ' anni ? , È vero altresì che disturba maledettamente il nostro cinquantenne quel dover pensare , quel dover ammettere che altri , cinquantenne o meno , possa poi posare sopra sua figlia lo stesso sguardo col quale egli considera la diciottenne figlia di chicchessia . Potrebbe , provvisoriamente , in via d ' accomodamento , farsi una legge di sbirciarle oramai solo dai ventuno in su : ma il tempo fa presto a passare , e di questo passo andrebbe a finire che un giorno dovrebbe limitarsi a godere in pace solo la vista e la compagnia delle patronesse del Lyceum . Meglio il chiostro , ragiona quel cinquantenne . Un santo eremita aveva per uso , ogni volta che gli accadeva di scorgere nella polvere della strada un ' impronta di piede femminile , di cancellarla perché altri non vi dovesse inciampare . Santo eremita , facci strada tu ... Un mio amico – il più brav ' uomo del mondo – era stato per oltre mezzo secolo un imperterrito amatore . Passata la settantina e calate le forze , cominciò a pensare all ' aldilà e piegava un poco a bacchettone . Ma le donne seguitavano a piacergli , sempre , molto , troppo . In istrada si faceva forza di non voltarsi a guardarle , anche per pietà dei propri capelli tutti bianchi : ma era più forte di lui . Un giorno ( andava oramai pei settantaquattro ) eravamo fermi sul marciapiede di Aragno e c ' era un passaggio , come succede certi giorni a certe ore , d ' una dopo l ' altra , una più bella dell ' altra e non una da buttar via . In fine ne passò una che dette al mio amico il colpo di grazia : trionfante , raggiante e , a dire il vero , abbracciabilissima . Si girò sulla vita indolorita a vederla allontanare , e poi sospirava e mi guardava al disopra degli occhiali . Due volte aperse bocca per parlare e poi la richiuse . Coraggio gli feci ridendo . Mi afferrò allora per un braccio . Non ridere e dimmi tu come può stare , come può essere vero che anche solo a desiderarle sia peccato mortale . – E lo disse come uno che si sentisse in corrente fra due porte , una aperta sul Paradiso e l ' altra sull ' Inferno e vedesse la prima chiudersi lenta lenta e spalancarsi lenta lenta quell ' altra . L ' accento mi fece fremere . Morì l ' anno appresso : e la notte vedeva i diavoli che venivano a portarselo via e chiamava atterrito i famigliari che salissero a tenergli compagnia . Santo eremita , prega per il mio amico . Da giovani sembrano cose da ridere , e nessuno ci aveva riso più del mio amico . ( Santo eremita , comincio a preoccuparmi anch ' io ) . Giovane era e ci rideva di gusto Carlo Bini , quando scrisse quel suo bellissimo contrasto con lo spione Innocenzio Tienlistretti al Forte della Stella . Innocenzio : Dunque voi avete desiderato la donna degli altri ? Carlo : Confesso la mia debolezza ; io l ' ho desiderata e la desidero tuttavia . Ne ho desiderate molte ; non quante voi , perché avete più anni , ma molte davvero : tante , che se mi fossero venute tutte ne avrei rimandate via la metà . Eppoi venne il giorno che una bella castigamatti , l ' Adele Witt , gli tolse grado a grado la voglia di scherzare , e a lungo lo tenne in corrente fra la porta della Beatitudine e quella della Disperazione . Sarà pur bello che uomo e donna , pur piacendosi a perdifiato , riescano a stare insieme in vicinanza coraggiosa e monda . È un verso dell ' Aleardi , non bello , anzi gaetanesco : ma dipinge una situazione tipicamente aleardiana : due innamorati che stanno sempre vicini e non si toccano mai . ( Spiego il gaetanesco . Aleardo Aleardi non si chiamava Aleardo : si chiamava , una bella differenza ! , Gaetano . E , a ben considerarla , la sua poesia ha doppia tempra : in alcuni versi si sente la mano sfiorante di Aleardo , in altri la mano pesante di Gaetano . Più forte è la stonatura dove un sentimento da vero Aleardo viene calato , come è il caso di sopra , in versi da vero Gaetano ) . Sarà pur bello ... ( Santo eremita , ora pro me ) .
TASTIERA 2 ( BALDINI ANTONIO , 1941 )
StampaQuotidiana ,
L ' antipatia , quello che mi fa soffrire ! Per vincerla , mi sono sottoposto a cure eroiche . Niente . Ha vinto l ' antipatia . Due fratelli imbestialiti per un contrasto di successione si andavano cercando armati per tutta la città . Si incontrano alla fine nell ' atrio di un grande albergo e si sparano dodici colpi fracassando vetri e specchi senza colpirsi : dopodiché si buttano le braccia al collo scoppiando in lagrime uno sulla spalla dell ' altro . Come li capisco ! Ho amici coi quali da tempo c ' è un malinteso che mi fa soffrire , e forse cruccia anche loro , perché non s ' è trovato ancora il modo di fracassare insieme un po ' di porcellane e cristallerie . Ma c ' è degli altri ( mica tanti : tre o quattro , sopra il milione di abitanti della città dove vivo , e due o tre dispersi , fra Catania e Torino ) per i quali un ' intera Boemia di cristalli frantumata a colpi di cannone non saprebbe determinare la catarsi d ' una piena pacificazione . Anche perché , a questi sei o sette , io non ho mai dichiarato guerra . Mi sono semplicemente antipatici . Viva la faccia dell ' odio , sentimento che occupa fortemente tutto l ' animo , eccitazione violenta che nutre e corròbora , quando invece l ' antipatia è una scròfola senza altro sfogo che di piccoli sgarbi , dispetti , calunnie , che finiscono con avvilire e rimordere chi li fa senza intaccare la salute del destinatario . Potessi cambiare in doppie d ' odio sonante tutti i palanconi d ' antipatia che m ' appesantiscono il cammino , già mi parrebbe d ' aver fatto il buon guadagno ! Ma dall ' antipatia all ' odio non c ' è possibilità di conversione , né c ' è speranza mai di promozione . Sotto le bandiere dell ' odio si combattono anche le belle battaglie . L ' odio è padre della satira , dell ' invettiva , della commedia . Ma le antipatie , oltreché siano assolutamente infeconde , è mortificante anche solo darle a conoscere , anche parlarne . Bisogna curàrsele di nascosto : e non c ' è cura che valga . Viva la faccia anche dell ' invidia , sentimento tanto più confessabile e sociale : ché è possibile portare invidia anche a persona che ci resti straordinariamente simpatica . E tanto dell ' odio quanto dell ' invidia si guarisce e può nascerne come niente un grande amore : la favola della Fonte di Ardenna , alla quale si beveva in ugual misura avversione ed amore , significa ben questo . L ' antipatia è invece una pappa fredda che non cava né la fame né la sete . Consuma la pazienza , ruba tempo , sciupa la digestione . Non cresce né cala . In ogni sua fase è insalubre e insopportabile . Né a guarirne giova la distanza . Anzi la distanza l ' aggredisce d ' ombre , e di tutti i rimedi sperimentati per renderla meno fastidiosa il migliore ( caro costa ! ) resta pur sempre la frequentazione della persona antipatica . Se metto in fila le persone che tali mi sono , hanno tutte in comune due tratti : una faccia verde e soddisfatta , ignoranza e sprezzo del buon dritto altrui . Consideriamo un caso tipico : quello di Demetrio Sufficienti . Che cosa è che mi mette di malumore al solo pensiero ch ' egli viva in questa città ? Che si creda troppo da più di quanto pesa e vedere come tale convinzione lo situi in un atteggiamento gratuito e stonato di fronte al prossimo . Tra ' l quale prossimo ci sono anch ' io . Sarebbe dunque l ' antipatia un moto e un modo istintivi di difesa collettiva ? Me lo farebbe credere il fatto che per solito chi è antipatico a me lo è anche per molti altri , se non proprio tutti tutti ( con l ' eccezione solo di persone o troppo ingenue o troppo distratte e indifferenti ; non certo con l ' eccezione d ' altri colleghi in antipatia , giacché , se Dio vuole , è buona regola che antipatico con antipatico si facciano sempre pessima grinta ) ; ma non è che da questa solidarietà col prossimo la mia rancura possa trarre qualche consolazione . Il fatto di sapermi condiviso non mènoma affatto il mio malessere . Mi sforzo di immaginare Demetrio battuto , scornato , vilipeso , sbandito e magari sotterrato . La mia antipatia non disarma per questo : antipatico mi resta né riesco a vederlo sotto altra luce che non sia quella dell ' antipatia . Cerco di farmi una ragione . Dico : Demetrio si crede un granché . E con questo ? ; non è detto che cerchi il male di qualcuno ; anche il tenore Isidoro si crede più bravo di tutti i tenori , il calzolaio Crispino più bravo di tutti i calzolai : non ci vedo motivo perché tu perda la bella pace dell ' anima per Demetrio . Altro aspetto del « problema » : c ' è tanti superbiosi e vanesii coi quali vado benissimo d ' accordo ; c ' è dei prepotentoni vicino ai quali sento anzi uno speciale calore di protezione che mi piace moltissimo ; e c ' è dei tipi veramente ingombranti dai quali pure mi lascio portar via quasi volentieri parte del mio « spazio vitale » . Che cosa c ' è dunque in Demetrio che non mi è possibile perdonargli ? Intanto , è proprio la soddisfazione di sé che leggo nei suoi occhi e in ogni sua parola . Sicuramente la mia antipatia non va al suo potere e al suo successo effettivi , di quattrini , di autorità , di nominanza , di donne : Creso , Cesare , don Giovanni non hanno mai turbato i miei sonni , eppoi bene spesso quegli che mi procura tant ' uggia è un povero diavolo scansato e maltrattato dall ' universale ; ma va , la mia antipatia , proprio a quello che lui si ostina a credere di sé nel suo cervellaccio e che non stinge per nessun acquazzone di contrarietà e grandinata di botte . Ma è caritatevole ciò da parte mia ? Certo che no , se le cose stessero tutte e semplicemente a questo modo . Ma ci dev ' essere altro , e me n ' assicura il fatto che , insieme con me , a non poter soffrire Demetrio , siamo in tanti , e fra i tanti ci sono persone infinitamente più giuste e longanimi di me ... Demetrio della malora , se tu sapessi nascondere un po ' meglio quella tua terribile contentezza di te stesso , se tu sapessi essere soltanto un po ' ipocrita , vedi quanta noia potresti risparmiare a me e a tant ' altre brave persone ... E in fondo quanta vergogna . Perché , in fondo , proprio questo noi ti rinfacciamo : di non saperci nascondere la tua innocua soperchieria mentale , la tua troppo ingenua arroganza . Dice : Non ci pensare . E una parola ! Antipatia è implicitamente riconoscimento di personalità , come quando camminando al buio abbiamo l ' impressione di star sempre per urtare in qualcuno . Se odiare significa sentir la voglia di acchiappare Demetrio per il petto , sbatterlo contro il muro , piantargli un palmo di lama nel costato , è certo ch ' io non ho mai odiato Demetrio . Se odiare , più modestamente , vuol dire vagheggiare nel pensiero che Demetrio venga a trovarsi in una situazione ridicola e tremenda , accompagnato a suon di fischi e a furia di torsoli fuori delle porte della città , neanche a questo punto ho mai odiato Demetrio . Ma se per odiare bastasse desiderare che Demetrio non fosse mai venuto al mondo e capitato fra i piedi , allora sono ottimo odiatore anch ' io . Mi spiego : non è ch ' io gli voglia specificatamente del male ; ma la sola idea che ora monto sul treno e potrei trovarlo dentro lo scompartimento , che vado a rispondere al telefono e posso sentire la sua voce , mi rende smanioso . Peggio , mi rende antipatico a me stesso . Cattiveria da parte mia non è , ché in conclusione il solo a soffrirne , dei due , sono io . Male che la vada , lui si bea . Dirò l ' ultima : l ' idea che Demetrio possa intervenire al mio funerale già mi sciupa il riposo della fossa .
TASTIERA 3 ( BALDINI ANTONIO , 1941 )
StampaQuotidiana ,
La vedova Mondella , avendo confidato Lucia alle mura del convento di Monza , se ne torna in baroccio ai suoi monti . Si fa smontare al convento di Pescarenico e chiede del padre Cristoforo . Chi cercate , buona donna ? Il padre Cristoforo . Non c ' è . Starà molto a tornare ? Mah ! Dov ' è andato ? A Palermo . Eh la Peppa ! Ma così si legge nella primitiva redazione del romanzo , quando ancora s ' intitolava Fermo e Lucia . Nei Promessi Sposi il dialogo acquista in mimica e verisimiglianza . In tanto , chi viene ad aprire è una cara conoscenza : fra Galdino delle noci . Oh la mia donna , che vento v ' ha portato ? Vengo a cercare il padre Cristoforo . Il padre Cristoforo ? Non c ' è . Oh , starà molto a tornare ? Ma ... ? disse il frate , alzando le spalle e ritirando nel cappuccio la testa rasa . Dov ' è andato ? A Rimini . Cominciamo a ragionare : l ' autore ammette che già l ' « andare a piedi da Pescarenico a Rimini è una bella passeggiata » ( qualche cosa come quattrocento chilometri ) ; fino a Palermo , poi ! A tenere insieme presenti il testo di Fermo e Lucia ( 1821-1823 ) e quello delle due edizioni dei Promessi Sposi ( 1827-1840 ) è come andare lungo la spiaggia quando il mare ha il respiro più corto e ancora si scorgono i segni e i detriti che le onde lunghe avevano impresso e portato sulla sabbia . Onda lunga : il frate a Palermo ; onda corta : il frate a Rimini . Onda lunga : il fattaccio di Gertrude spiegato per filo e per segno ; onda corta : « la sventurata rispose » . Onda lunga , la fine in frenesia di don Rodrigo sul cavallo scavezzato ; onda corta , la sua agonia sulla paglia nella capanna del lazzaretto ; e lo stesso dicasi per tutto quanto nel romanzo da principio era eccessivo , feroce , sguaiato , stonato anche nella santimònia come nella scena del « banchetto » di pane e acqua recitata dal cardinale Federigo in conspetto alla turba acclamante dei fedeli , o di meno accettabile quale appunto la trottata di più che mille miglia sul cavallo di San Francesco , dalla Brianza alla Conca d ' oro , d ' un povero cappuccino . Ciò è molto istruttivo . A tanta disciplina discrezione dolcezza il Manzoni prosatore non poteva arrivare alla prima e gli convenne lasciarsi andare giù per la china d ' una impetuosa improvvisazione , per poi risalire l ' erta « pensandoci su » , lentamente , cautamente , per anni e anni . Voglio dire che se il povero frate non fosse partito col foglio di via dell ' « obbedienza » per oltrestretto , con molta probabilità non sarebbe arrivato neanche sulle rive del Marecchia . Resta poi da dire che se il romanziere fosse rimasto incastrato a Fermo e Lucia , – dove pure il romanzo , in quanto romanzo , c ' era già tutto , – d ' un Manzoni prosatore , a un secolo di distanza , appena si pispiglierebbe . ( Che lezione , per i « contenutisti » che si sentono vocati a consegnare alla carta quanto più consistenti partite di vita sia loro possibile accaparrare ! ) . Com ' è parimente vero che il Manzoni non sarebbe riuscito quel prodigioso tessitore ch ' egli è se in un primo tempo non avesse steso un po ' alla carlona , con la mano ancora pesante , la malatrama di quell ' affrettato canovaccio . ( Che lezione , per i « calligrafi » che si fanno scrupolo di offendere il candore della pagina con una parola di troppo ! ) . Tutti ricordano il ritratto che di Margherita di Savoia fa il Carducci in Eterno femminino regale : Ella sorgeva con una rara purezza di linee e di pose nell ' atteggiamento e con una eleganza semplice e veramente superiore sì dell ' adornamento gemmato sì del vestito ( color tortora , parrai ) largamente cadente . In tutti gli atti , e nei cenni , e nel mover raro dei passi e della persona , e nel piegar della testa , nelle inflessioni della voce e nelle parole , mostrava una bontà dignitosa ; ma non rideva né sorrideva mai . Riguardava a lungo , cogli occhi modestamente quieti , ma fissi ; e la bionda dolcezza del sangue sassone pareva temperare non so che , non dirò rigido , e non vorrei dire imperioso ... « Questo è schietto e puro Manzoni » , assevera Giulio Bertoni ( Lingua e poesia , Firenze 1937 , pag . 205 ) , che aveva probabilmente nell ' orecchio le descrizioni della Signora di Monza e della madre di Cecilia . Senonché , a proposito del medesimo passo carducciano Mario Praz ( La carne , la morte e il diavolo nella letteratura romantica , Milano 1930 , pag . 433 ) esce a dire : « Chi non sente che il movimento della prosa aulica di Stelio [ leggi : D ' Annunzio ] nel Fuoco , prende origine di qui ? » . Concediamo pure che qualche parte di vero sia nel rilievo dell ' uno e l ' altro insigne filologo a quei tre periodi carducciani ( io forse ci ritroverei anche qualche pennellata del Tommaseo ritrattista di belle donne ) e togliamo un momento idealmente di mezzo la pagina da essi citata al doppio confronto , per il gusto raro di vedere una volta stare a fronte l ' autore del Piacere e quello della Morale cattolica , come chi dicesse il diavolo e l ' acqua santa . Che si dicono , che fanno ? Disagio e meraviglia sono reciproci . Avesse dovuto riempire lui la trama dei Promessi , da che verso D ' Annunzio l ' avrebbe tirata ? Potreste garantire ch ' egli non avrebbe assunto il punto di vista di don Rodrigo e del conte Attilio piuttosto che quello del padre Cristoforo ? Magari dopo vinta la tentazione di fare del cappuccino un personaggio sul tipo di quel fra ' Lucerta di Terra vergine che muore di emorragia cerebrale per la rientrata voglia d ' una bella villana ? ( « Ohibò , ohibò , le ragazze non istanno bene coi cappuccini » era del resto anche l ' opinione d ' uno degli scherani d ' Egidio che avean dato mano al ratto della povera giovane in Fermo e Lucia ) . Dico che è quasi più facile immaginarsi un Manzoni che lavori al Piacere che non un D ' Annunzio che attenda sul serio ai Promessi Sposi ... Tornando al punto : D ' Annunzio che riecheggia inconsciamente Carducci che riecheggia involontariamente Manzoni ... Caro Ugo , caro Massimo , ( Vedi Corriere della Sera del 14 e del 21 ottobre ) , caro Giulio e caro Mario , caro Gabriele e carissimo don Lisander , sarebbe questa , per caso , la Tradizione ? Avversarsi , sconoscersi , vilipendersi ; peggio , ignorarsi ; peggio ancora , esser convinti d ' aver trovato il proprio bene precisamente nelle letterature più remote dallo spirito della letteratura materna , e non cessare per questo d ' appartenere in pieno alla stessa grande famiglia , non è forse questa la Tradizione ? L ' esemplificazione porterebbe lontano . Si potrebbero rifilare alla Feroniade di nascosto certi versi d ' Alcione e nessuno s ' accorgerebbe del tassello ; neanche il Monti . Laus vitae e Il Giorno : D ' Annunzio e l ' abate Parini : si possono pensare opere e uomini più distanti ? Eppure talune rigirate perifrasi nel primo , e per maggiore singolarità nei passi dove più il poeta ambiva investire liricamente aspetti della vita contemporanea , m ' hanno fatto tornare a mente certi arguti artifizi del poemetto settecentesco . Quel « carro elettrico » ( che poi sarebbe il tranvai elettrico : Maia , verso 5537 ) il quale corre tra la ferrea fune sospesa e il duplice ferro seguace , e più ancora quel telefono ( ibid . v . 2681 ) per il quale la voce sonora formata dal labro spirante in cavo artificio s ' ingolfa , di sillaba in sillaba vibra tacitamente lontana , ravvivasi come in profonda búccina e favellare l ' ascolta l ' orecchio inclinato , m ' hanno indotto a ricercare nel Giorno la pagina dove si parla dell ' inventore del microscopio e quella ( Notte , v . 287 ) dove si cantano le laudi del canapè . Vero è che il « cavo artificio » e la « profonda bùccina » levano ogni voglia di telefonare , mentre quel canapè « di tavole contesto e molli cigne » , col « pàtulo appoggio » per il dorso e i flessuosi bracciuoli per i gomiti , « mal repugnante e mal cedente insieme Sotto ai mobili fianchi » , fa già voglia di sbottonarsi il colletto e lasciarvisi cadere . Ma è che la peregrinità circonlocutoria pariniana è ricomperata appieno dall ' ironia che vi serpeggia per entro a ludibrio di quella società manierosa della quale l ' Abate scopre perfidamente gli altarini , mentre l ' annunciatore della Decima Musa arrotonda il suo indovinello coll ' ozioso impegno di chi proprio sul serio chiamasse la barba « onor del mento » . D ' Annunzio , voi dite , non sta tutto lì ; ( rispondo : ci mancherebbe altro ! ) e pensate anche : Se la Tradizione è l ' onor del mento , benefà Bontempelli a raccomandarci di infischiarcene . Ma , della Tradizione , il cavo ordigno e l ' onor del mento sono , come altri innumerevoli spezzati di magniloquenza o di ardua criptoloquenza , i ferrivecchi ; la cui secolare giacenza nei magazzini della Tradizione poetica italiana denuncia per altro un attaccamento , che non può esser fortuito , ai modi più nobili . Muse straccione non hanno mai fatto fortuna in Italia . Viene poi il momento che una ispirazione verace riconforta coonesta ed abbella anche i ferrivecchi . Quando Leopardi ode « augelli far festa » nessuno si sogna di arricciare il naso perché il poeta non ha scritto uccelli , passeri o cardelli . Quando è verso di Ungaretti iniziale di più d ' una sua poesia : uno di quei suoi versi fatti d ' una sola parola lungamente vibrata e sospesa che hanno fatto tanto ridere gli sciocchi . Quando mi morirà questa notte e come un altro potrò guardarla ... Ma centomila poesie italiane , di sommi e di mediocri , auliche o popolari , oziose o concitate , allegre o sentimentali , cominciano con « quando » . Basta riandare con la memoria le poesie imparate a scuola . « Quando Orion dal cielo ... » , « Quando Giason dal Pelio ... » e tante altre rimasteci impresse dalle prime letture autonome ; basta scorrere gl ' « indici dei capoversi » in fondo alle raccolte di tanti poeti antichi e moderni ( e quanto più sono poeti di corda lenta ; ma Stecchetti esagera ! ) : tutto il Parnaso italiano è uno scampanio di « quando » , da Petrarca a Parzanese , da Carducci a Ungaretti . ( Specie i sonetti . « Quando » in vista , sonetto in pista . Contro quattordici sonetti di Petrarca aperti in « quando » , sta una sua sola canzone . Ma è il più bel « quando » della lirica italiana : « Quando il soave mio fido conforto ... » ) . Esiste , per finire , anche una poesia , unica del suo genere , che con un « quando » termina : un « quando » paurosamente isolato e interrogativo . È l ' ode alla Guerra di Carducci , scritta giusto di questi giorni cinquant ' anni or sono , in occasione del terzo Congresso internazionale per la Pace , solennemente inaugurato in Campidoglio il 2 novembre 1891 : jettata Pace , il giorno dei Morti ! I congressisti , con molti battimani e qualche battibecco , portarono a termine i loro lavori e trascorsero bellissime giornate romane fra luminarie ricevimenti e serate di gala . Trionfava nei ritrovi la bella baronessa Suttner , che aveva pubblicato da poco un romanzo intitolato Abbasso le armi . Il 3 novembre Carducci prese la penna . Dopo aver ragionato in venti strofe qualcuna stupenda le fatali , buone e cattive , ragioni della guerra , chiudeva dicendo pace è vocabolo mal certo . Dal sangue la Pace solleva candide l ' àli . Quando ? La risposta era implicita nell ' ode stessa : mai . Ancora me ne dispiace per la bella baronessa !
TASTIERA 4 ( BALDINI ANTONIO , 1941 )
StampaQuotidiana ,
Ho conosciuto anni fa in una città di provincia un uomo di pasta così dolce che non sapeva che cosa fosse dire no . Una volta , sotto le feste di carnevale , gli fecero fare da suggeritore in certe recite di beneficenza . Or bene , si investiva talmente delle parti che veniva suggerendo , che anche alla seconda e terza replica tornava , come la prima sera , a commuoversi nelle scene dolorose in modo da non riuscire a leggere il copione per le lagrime che gli facevano velo . E mentre si ripuliva gli occhiali la recitazione tremolava tutta come i riflessi d ' un tempietto nelle acque d ' un lago attraversato da una flottiglia di cigni neri . In proposito resti quello del Metastasio : « Sarebbe un picciol cuoco ed inetto quello che non sapesse far sentire gli effetti della sua magistrale esperienza se non agli altri cuochi suoi pari » . Oh via , ciascuno serva e segua come può meglio il proprio talento . La riuscita peggiore sempre la farebbero gli aridi che volessero fingere una dolcezza che in cuore non hanno e i paciocconi che per farsi credere al corrente ( ce n ' è , ce n ' è ) si mettessero anche loro a fare i difficilini . ( Una cosa m ' auguro : che all ' inferno gli annoiatori di professione stiano in una bolgia a sé , senza comunicazione con le altre ) . Faccio ogni tanto delle scommesse con me stesso . Leggendo le Lettere al marchese Hercolani sopra alcune particolarità della Baviera ( 1762 ) di Gianlodovico Bianconi , personaggio serissimo , erudito imparruccatissimo , Consigliere di Corte presso Augusto III duca di Sassonia e re di Polonia , avevo scommesso d ' arrivare in fondo al volume . Stavo lì lì per perdere la scommessa , quando mi arriva sott ' occhio un periodo il quale ricàrica di colpo tutta la mia attenzione : Ci sono dei critici bonaccioni che si comportano press ' a poco come quel suggeritore di provincia . Sul più bello della lettura ( che a farlo apposta coincide quasi sempre col più brutto ) lagrimano dalla consolazione d ' aver trovato quello che cercavano . Critici da ridere . Eppure , non si sa se siano peggio di quei critici che entrano nei libri nuovi schioccando la frusta del domatore e non sono contenti fino a quando non si siano messi libro e autore sotto i piedi . E se quello che per soverchia arrendevolezza d ' animo deve togliersi gli occhiali per asciugar le lagrime è critico da ridere , quest ' altro che si fa un obbligo d ' avere gli occhi sempre asciutti e adopera in conformità un cifrario talmente risecchito che poi se lo capiscono , o fanno finta di capirselo , solo gli ascritti alla setta degli Impassibili , è critico da piangere . Da piangere , non da compiangere : ché non ho mai conosciuto gente più soddisfatta e piena di sé che tipi siffatti . Vedersi poco o punto intesi è per essi già un diploma di eccezionale superiorità . E buon pro gli faccia ; per quanto il nostro modesto parere Voi avrete osservato che la maggior parte delle contadine Tedesche portano le gonne assai corte , come portàvanle , al dir d ' Euripide , le fanciulle spartane , chiamate perciò da ' Greci mostratrici di coscie . Immaginatevi adunque qual allegria regni ne ' loro balli , e quale orgasmo . Ben detto , consigliere Parruccone . Orgasmo viene dal greco e significa agitazione di sangue . E adesso mi toccherà di leggere anche Euripide ... Contadinella nostrana assai più composta vive nelle strofette della Villanella tutta - Natura dell ' abate Aurelio Bertòla , in Arcadia Ticofilo Cimmerio : Le gambe , ove col breve Piè svelto hanno corfin , Careggia lieve lieve Un grigio gonnellin . Il zefiro alcun poco Increspando lo va : Amor gode a quel gioco , Ed ella ancor no ' l sa . Ha sedici anni , occhi celesti , gote di mela rosa , veste un corsetto porporino sopra una camiciola bianca come la neve . Fa d ' un ' azzurra maglia A l ' auree trecce un fren E un cappellin di paglia In su l ' orecchio tien . Miniatura , dove c ' è tutta la grazia e il colore del festevole Settecento . ( Quella retina di colore a chiudere i capelli sarà come quella tornata ieri di moda ? ) Figurina , direte , troppo elegante per una villanella di Torre del Greco e che pare venir fuori da una copertina di rivista di mode . Ma la puzza di piedi e le croste al ginocchio non hanno cittadinanza nella buona letteratura italiana , e tanto meno nella nostra poesia pastorale . Per certo « villanella » , al pari di « forosetta » e come , in fondo , anche la « donzelletta » e il « garzoncello » del Sabato del villaggio , e tutte le « pastorale » e le « ninfe » che popolano tre secoli abbondanti della nostra letteratura , sono parole oramai troppo sbiadite all ' occhio e all ' orecchio . Ma dovremmo per questo , per una paroletta sbiadita , per un ' espressione ammanierata , buttare a mare secoli di poesia ? So anch ' io che basta la parola « ninfa » a rendere sospetta e stucchevole tutta la pagina : ma provate a sostituirla con un nome a voi caro , oppure metteteci bella guagliona , bella tosa , bella mula , bella maschietta : a volte questo basterà perché tutto il quadro si riànimi . È quel che accade per la parola « fiera » o « fera » , che da Petrarca in poi ha empito le carte di Parnaso ; ma non c ' è affatto bisogno che tutte le volte che vi c ' imbattete andiate proprio a pensare ai clamori e ai fetori dello Zoo : le più volte si tratta d ' un cagnolino , d ' un canarino , d ' uno scoiattolo . Si arriva fino a Carducci e al famoso tramonto della Chiesa di Polenta : taccion le fiere e gli uomini e le cose : ora , che fiere volete voi che si trovassero all ' ora di cena per quei dolci colli fra Cesena e Bertinoro ? Buoi , cani , somarelli , galline . Fiere che facevano coccodè . Tempo già fu che la faccia verde e gli occhi d ' antracite della Belgioioso calamitarono i miei sogni . Ma oggi mi toccano più a fondo le gote di mela rosa della villanella del Bertòla . Il poeta romantico coi capelli e la cravatta al vento , che dall ' alto d ' una rupe a picco sul mare grida alle onde frementi le sue estasi ed urla al vento le sue pene , è molto bello . Ma oggi agli occhi miei è molto più bello Metastasio che ogni giorno , racconta il Bertòla nelle sue Osservazioni sopra Metastasio ( 1784 ) , tornava a chiudersi in casa , a ora fissa , « preparandosi così ad accogliere il momento dell ' estro » . Ispirazione a domicilio . E l ' abate romagnolo commenta : « Un sì fatto aspettare a sangue freddo non è nel vero da tutti ; e vi si richiede principalmente un fondo di sofferenza [ nel significato di : pazienza ] che non è gran fatto familiare ai poeti » . Ma anche ai giovani di sangue caldo che andavano a trovarlo Metastasio garantiva l ' efficacia del proprio metodo : « Se oggi non si fa nulla , non importa : la fantasia intanto va riscaldandosi sull ' argomento che vi siete proposto : farete dimani ; ma non lasciate di pensarvi seriamente ogni giorno » . Sono parole , credete , di uno che se n ' intende . E anche diceva , il Cantore di Nice , in altra occasione : « Non è affatto vero , come si crede , che coteste fanciulle [ le Muse ] siano state meco e facili e cortesi . Per farle fare a mio modo ho dovuto sempre sudar moltissimo ed affannarmi » . Farle fare a proprio modo , qui è il punto : e qui il divario con la concezione romantica dell ' ispirazione che tuona dalla nube e monta dal mare . Da giovane , chi non s ' è fatta una religione di quella rupe , di quel vento , di quel mare e di quell ' omìno lassù con la cravatta svolazzante ? Ma oggi non so che darei per essere stato un confidente e copista del Metastasio che avesse qualche volta occasione d ' accompagnare il poeta di Corte , ci - devant figlio del pizzicagnolo di via dei Cappellari , verso casa , per l ' ora di quella visita , sempre incerta e sempre possibile , di Madama Poesia . Salendo le scale doveva pensare : « Sarà per oggi , forse » con la dolce emozione d ' un amante non ancora guastato da troppe fortune né amareggiato da gravi insuccessi . Aspettava un po ' : e : « Sarà per domani , forse » . Il conte Alfieri Antimetastasio per definizione poetava a cavallo e controvento , e più tempaccio faceva , e più intorno il paesaggio gli s ' infoschiva di pioggia o illividiva di neve , e più pare che l ' estro gli sfavillasse : dico l ' Alfieri delle Rime , non delle Tragedie . Di un interesse particolarissimo sono le indicazioni di tempo , stagione , luogo , occasione , annotate ogni volta in fondo agli autografi delle Rime , dalle quali indicazioni ricaviamo quanti dei suoi trecento , o poco meno , sonetti fossero pensati e composti a cavallo , e attraverso quali monti e torrenti , o per le selve d ' abeti di Germania , o sotto le mura e sui ponti delle chiare città di Toscana , e quanti in vettura per le strade acciottolate di Francia , e quanti a piedi passeggiando sui ventosi « baloardi » di Parigi : quali sotto « pioggia dirotta » , quali tra « nebbia orrenda » , « nevicando » , con « vento del diavolo » e simili . Ma sono quasi altrettanto , se Dio vuole , i sonetti che l ' Alfieri scrisse a letto : e anche per quelli specificava : « in letto , gran neve » , « in letto , su l ' alba » , « in letto , spirando tramontana » e via dicendo . Anche Carducci segnava le date e spesso anche l ' ora precisa in cui aveva staccato la penna dal foglio . A cavallo non andava . Qualche poesia la scrisse in treno . E almeno d ' una si sa che anche lui la scrisse in letto : un sonetto : il IX del Ça ira : quello , fate caso , che comincia : Oh non mai re di Francia al suo levare . Tale di salutanti ebbe un drappello ! Mossa d ' inizio tanto impetuosa e festosa quanto poi il componimento volge al cupo e al raccapricciante con quella testa mozza della Lamballe che picchia alla finestra del Tempio , dov ' è prigioniera la Famiglia reale . Tu sorprendi il poeta repubblicano che non s ' è neanche fidato di scendere e vestirsi per non dar tempo alla ispirazione di freddarsi , e , sollevato sul fianco nel suo lettuccio di ferro tutto circondato da palchetti di libri , butta giù a matita i primi versi sul rovescio d ' una busta o sui margini bianchi della Domenica del Fracassa . Stando dunque in letto il poeta s ' immedesima col re di Francia nella rievocazione dei petits e dei grands levers nella raggiante Versaglia , cui assisteva , per gran privilegio , la folla chiassosa dei cortigiani . ( Questa del petit lever di Versaglia stava nel gozzo al Carducci già da un pezzo , da quando nella Consulta araldica aveva inveito contro quelli che porgevano la camicia di bucato al dormiglioso re ) . E nessuno mi leva dalla testa che anche i primi bellissimi versi dell ' Idillio maremmano Co ' l raggio de l ' april nuovo che inonda . Roseo la stanza tu sorridi ancora Improvvisa al mio cuore , o Maria binda ; Giosue non li vedesse primamente come impressi , aprendo gli occhi nel suo letto , sulle pareti di carta fiorata , in quel beato mattino d ' aprile del 1867 .
TASTIERA 5 ( BALDINI ANTONIO , 1942 )
StampaQuotidiana ,
Ausonio , poeta latino della Garonna , quando gli nacque il primo figlio aveva il padre ancora in gamba , di giovanile prestanza . Il nuovo sentimento che si destò nel suo petto gl ' inspirò una poesiola di straordinaria delicatezza . Traduco liberamente , ma il concetto è tale . Ecco , babbo , che questo mio piccino ti ha fatto nonno : per suo merito èccoci papà tutti e due : hoc nato nos sumus ambo patres . A fàrmiti voler bene , adesso non è più solo il mio cuore di figlio : dal giorno che sei babbo due volte , anche il bene ch ' io ti portavo s ' è raddoppiato . E mi pare d ' aver un più grave motivo d ' amarti ora che mi tocca mostrare a questo marmocchio come s ' abbia da voler bene al proprio babbo . Si dà poi quest ' altra magnifica novità : che , da poi che il nostro piccolo mi ha insignito dell ' Ordine di Padre , io mi trovo ad essere in un certo senso tuo parigrado . Mi sono scordato gli anni che hai , mi pare quasi d ' esserti fratello . I primi giorni che mio figlio andò soldato non potevo incontrare un po ' di salita senza sentirmi pesare anch ' io sulle spalle il suo zaino , né veder piovere senza sentirmi arrivare la pioggia nelle ossa . E se poi mi accadeva di sentire per la strada una fanfara militare raddrizzavo le vecchie schiene come un cavallo da corsa . Tra me e mio figlio corre lo stesso divario d ' età che correva tra me e mio padre . Il giorno che andai a trovarlo soldato lontano da casa provai una viva emozione nel vedermi da lui guardato con la stessa intenzione giocosamente incoraggiante con la quale io consideravo mio padre quando venne a trovarmi soldato , anch ' io la prima volta lontano da casa . Mai come quel giorno , riaccompagnando mio figlio in caserma mentre suonava la tromba della ritirata , mi sono sentito accanto l ' Ombra premurosa e lieta di mio padre : con l ' orgoglio e la soddisfazione che anch ' Essa vedesse bravo Ausonio ! che figlio in gamba avevamo . E mentre rimiravo mio figlio anche coi Suoi occhi di nonno , mi sentivo alleggerito , insolitamente , pur di quel poco di severità che è naturalmente nel fondo dell ' amore paterno . Come si fa , di fatti , a sgridare un figlio in arme , anche appena soldato di fanteria ? ( La mamma , alla prima licenza , c ' è ancora riuscita , con sollazzo di tutti , figlio compreso ) . E come non mi riesce più di sgridarlo , èccomi dunque diventato anch ' io nonno . Dica chi l ' ha provato , se a sentirsi chiamar papà da un figlio in grigioverde non si sveglia un ' eco in qualche parte che raddoppia quelle sillabe , come muro ai colpi del tamburello . Ricordo quando mio padre ebbe dalle superiori autorità il permesso di venirmi a trovare in zona d ' operazioni , soldato anch ' io di fanteria , sull ' Isonzo . Ebbi qualche ora di permesso e con un biroccino , tenendo io il fucile e papà l ' ombrello fra le gambe , andammo a far colazione in una piccola osteria di Medeuzza . Erano mesi che non mangiavo seduto a una tavola apparecchiata . Ma nella memoria m ' è rimasto , chiaro e pungente , solo il momento del distacco . Avevo anche ottenuto di accompagnar mio padre per un tratto di strada fuori dell ' accampamento . Non era nemmeno una strada , ma una specie di tratturo fangoso , pesticciato da truppa e carreggio . Calava la sera d ' autunno : di minuto in minuto tuonava stanco il cannone , nelle pause facendo più profondo il silenzio della campagna deserta . Presto venne il momento di separarci . Io rimasi a vederlo allontanare . Aveva un pastranello di mezza stagione e il cappello duro , e faceva un curioso effetto vedere un borghese da quelle parti . Il mio papà ! Ogni tanto si voltava e io rinnovavo il cenno d ' addio . Dei ricordi che a un quarto di secolo di distanza la guerra m ' ha lasciato , uno dei più vivi e cocenti è questo . di quel padre fatto sempre più piccolo dalla lontananza sotto uno spicchio di luna settembrina , sperduto per una strada senza limite di fosso o di siepe , ansioso del figlio , che lasciava sullo sfondo brontolante di quelle cannonate . ` Rifatti un momento avanti , Ausonio di Burdigala e dicci anche quell ' altra poesia che facesti da vecchio per tua moglie Attusia : quella che dice : Et teneamus nomina quae primo sumpsimus in thalamo ... Che bellezza , vecchierella mia , esser andati sempre così d ' accordo e poterci ancora dare i nomi che ci vennero sulle labbra la prima notte ... Il tempo che passa non ci tanga , come non fosse affar nostro : io per te , tu per me , seguitiamo ad essere i ragazzi che allora fummo . E il fianco antico scaldami dormendo La moglie vecchierella ... Quel poeta dell ' uggia e dello stento , quel marito pocodibuono e padre solo extratàlamo che fu Giulio Perticari trovò modo di essere , almeno una volta in vita sua , poeta brioso e delicato e , almeno in intenzione , caro marito padre nonno e bisnonno , nella persona del vecchio Menicone Frufolo di quel suo poemetto rusticano ( Cantilena per Nozze ) degno per vero d ' un premio demografico « ( Si fa la casa un covo di conigli ; s ' adunan tutti , e mi ballano a canto sino i figli de ' figli de ' miei figli ) » , popolato e festoso come un quadro di Jan Steen o di van Ostade . Nel quale poemetto il nobile marchigiano squaderna le delizie d ' un matrimonio « tutto fiorito e senza spino alcuno » . « ( vo ' del matrimonio i cari doni , il mèle , l ' oro , le soavità , le gentilezze , le consolazioni mostrarti ... ) » ch ' era esattamente il contrario di quel suo , che riuscì tutto spinoso e senza fiore alcuno , pur avendo tolto in moglie la bella delle belle : Costanza Monti . Ma fu colpa sua , e dei suoi parenti - serpenti , come racconta persuasivamente Maria Borgese nel bel libro edito dal Sansoni . Rivalse dei poeti : quel che non ebbe e non seppe meritarsi nelle sue case gentilizie di Pesaro e di Savignano , la beata concordia e i « cari doni » del matrimonio , il conte Giulio se l ' era finti nell ' abituro affumicato di Menicone e della sua vecchierella , tra suoni canti balli e strepiti del più cordiale dei parentadi , tra rumor di telai , smiagolìo di gatti , abbaiar di cani , vocio di marmocchi , e fuori il canto della serenata di qualche spasimante d ' una nipote ancora da marito . In casa del poeta , tutto il contrario : musi lunghi , calunnie sorde , disgusti d ' ogni sorta , insinuazioni da coltello , malintesi atroci e non un solo bambino da far saltare sui ginocchi . Il ritratto che di Costanza fece il pittore romano Agricola , famoso più che altro pel sonetto del Monti , dà una ben pallida idea della conclamata bellezza di quella mamma mancata ( ebbe una sola gravidanza e andò male ) : una specie di Fornarina cresciuta all ' ombra invece che al sole : petto pieno e morbido , mani affusolate , bocca da bambina , capelli biondi e sottili ; ma occhi bovini e faccia troppo larga . Senza paragone più lieto e parlante è il sonetto : Più la contemplo , più vaneggio in quella : Mirabil tela ... Più sotto dice che , al paragone di quella , ogni altra « tela » vien meno . Curioso : manco a farlo apposta il ritratto è dipinto su tavola ! Grande poeta il Monti , ma che , bene bene , non ne imbroccava mai una .
TASTIERA 6 ( BALDINI ANTONIO , 1942 )
StampaQuotidiana ,
Il tiro forse più birbone che amico m ' abbia mai fatto fu quello giocatomi dal poeta ticinese Giuseppe Zoppi il giorno che mi fece salire a tradimento sulla cattedra d ' un ' aula gremita di giovanotti e giovanotte , e sulla cattedra stava aperto a pagina tale un mio libro , con invito a darne io lettura e commento . La scuola era il Politecnico di Zurigo e la cattedra quella resa illustre fra il cinquantacinque e il sessanta da Francesco De Sanctis , e oggi egregiamente tenuta dallo Zoppi ; il quale , a parte il tradimento perpetrato ai miei danni , bisogna riconoscere che si è reso simpaticamente benemerito della nostra letteratura per avere avviati nel modo più cordiale i suoi discepoli alla conoscenza degli scrittori italiani , anche viventi . Rifiutarmi , dopo molte gentilezze ricevute in quella cara città , non potevo : sarebbe stata una scortesia imperdonabile . Celando il mio disappunto , lessi e commentai . ( Mi lessi e mi commentai . Fui al tempo stesso Dante e Scartazzini : Dante in quanto italiano e Scartazzini in quanto svizzero ) . Pur condita d ' amaro , fu esperienza istruttiva . Di fronte a un pubblico da conferenze , costituito per solito dalla grigia milizia volontaria di zitelle e di pensionati che non sanno trovare modo più allegro d ' impiegare le ore del pomeriggio , non sarebbe stato il caso d ' aver tanti scrupoli ; anzi , lécito scodellare loro qualsiasi minestra : e se la minestra è sciocca e il ragguaglio inadeguato , tanto peggio pei volontari dell ' uggia . Ma un ' aula di scuola è un ' altra cosa , ai giovani son dovuti altra considerazione e altro rispetto . Per quanto al mio tempo io sia stato sui banchi tutt ' altro che uno scolaro esemplare , nei venti minuti che durarono la mia lettura e il mio splanamento più d ' una volta ebbi , antipaticissimo , il senso di star profanando , dall ' alto della stessa sedia episcopale , un tempio venerando . Una tacita rampogna saliva a me dalla pagina del mio libro , che alla lettura da cattedra mi si veniva empiendo idealmente , sui margini e tra le righe , di una quantità di freghi blu e di segnacci rossi , accusanti la debole tessitura dello insieme e le approssimazioni le improprietà le sconvenienze delle singole espressioni . Parca dirmi , la povera mia pagina oramai ingiallita dal tempo : bella figura mi stai facendo fare , e anche tu fai . ( Curioso : nei punti dove mi pareva che la pagina resistesse meglio alla lettura avevo l ' impressione di stare commentando un morto , mentre nei punti dove la pagina aveva i più forti cedimenti mi ci ritrovavo fin troppo vivo ) . E levando dalla pagina gli occhi in viso a quelle giovanotte così attente e sorridenti mi veniva una fiera voglia di dire : fate bene a essere così contente , ma ohi ! , si spera che tutto questo non torni a scàpito del buon concetto che vi stavate facendo della letteratura del mio Paese . La verità è , avrei voluto anche dire , che nessuno sa , nessuno oggi può affermare , sia di questa che m ' hanno messa a tradimento sotto gli occhi che delle tante che , in tanti , siamo andati scrivendo gli ultimi anni in Italia , fino a che punto , in un domani più o meno lontano , venuti cioè al punto d ' una idonea e sufficiente prospettiva , possano essere giudicate meritevoli di commento in una scuola . Mentre una cosa terrei per certa : che da una cattedra , da qualsiasi cattedra , sia quella di Francesco De Sanctis sia quella di Coso Cosi , oggi e sempre debbano impartirsi e onorarsi conquiste assodate di scienza o di stile e non ipotesi più o meno generose ; e che in iscuola , a conoscenza dei giovani debbano esser portati solo forme e concetti collaudati da una sufficiente stagionatura . Ogni acquisizione di scuola dovrebbe avere un suo crisma di durabilità e inalterabilità . La Messa è buona cantata in buon latino e non improvvisata o stornellata in vernacolo . Per la spesa in ispiccioli del giorno basta la Radio . Ma in iscuola , sarebbe desiderabile che il maestro mettesse la sua gloria piuttosto nell ' indirizzare i giovani alla comprensione e al gusto di quelle letture meno ligie al costume dell ' ora che volge , che da soli non sarebbero in grado d ' intendere alla bella prima , e che sole invece potranno un giorno servir loro di pietra di paragone del bello e del brutto , del vero e del falso . E facciamo pure l ' ipotesi , generosa affé , che anche questa pagina che lo Zoppi mi ha fatto ritrovare aperta sulla cattedra , si scopra un giorno che avesse qualche numero buono anche per gli scolari di domani : voi capite , care le mie giovanotte , in quale increscevole situazione adesso mi venga a trovare : d ' essere cioè , io intruso cattedrante occasionale , di parere assolutamente contrario a quello del titolare a venire d ' una cattedra così gloriosa . Io affermo che la coerenza d ' un insegnamento va salvaguardata con una consonanza di giudizi attraverso almeno tre generazioni . Le mura della scuola , come dei monasteri , dovrebbero essere a prova di ciclone e di terremoto , e maestri e priori sapersi tenere con intenzione allo scuro delle mode e delle contromode . Caro Zoppi , tu ci aiuteresti a zoppicare ... Quarant ' anni fa , uno studente d ' una nostra facoltà di lettere che si fosse messo a esplorare un autore più vicino a noi che non fossero Ruggerone da Palermo o Cenne de la Chitarra era tenuto in gran sospetto dal docente . Esagerazioni ! Oggi , dalle medesime cattedre , si ammettono , quando non proprio si suggeriscano , esercitazioni e tesi su Marinetti , Ungaretti , Quasimodo . Parte lo esploratore armato di tutto punto e si ferma dal tabaccaio . Eh no , troppo facile e troppo comodo ! Tutte le volte che ho parlato davanti a quel pubblico che dicevo , di zitelle e di pensionati , mi sono trovato di fronte il penoso dilemma se chiudere o no il mio sermone col pistolotto . ( A buon conto lo preparavo , salvo saltarlo all ' ultimo momento ) . Platealissimo espediente , il « pistolotto » , e indegno di persona bennata , ma che offre il grande vantaggio di rendere accorto l ' uditorio che il sermone è arrivato alla fine e ch ' è venuto il momento di batter le mani : giacché un discorso senza battimano alla chiusa , sia pure di sole quattro mani , è cosa da piangere : e quella frazione di tempo che il pubblico alle volte mette ad accorgersi che il divertimento è finito , per poco che si protragga , è cosa , credete a chi n ' ha fatto esperimento , è cosa da languire ... Un disagio dello stesso genere è quello che si prova quando per distrazione del macchinista il sipario indugia qualche secondo a calare sul finale del dramma : e sapevano certo quello che si facevano , i vecchi commediografi , quando mettevano in bocca a un attore quattro parole di commiato con le quali questi , rivolto agli spettatori , chiedeva insieme compatimento e battimano . « Fàteci con lieto plauso o spettatori intendere che non vi sia spiaciuta questa favola » . Un pistolotto , sia pure molto bene mascherato , ci vuole . Così da bambino , se non sentivo « stretta la foglia larga la via » , mi pareva che la favola non fosse ancora veramente finita . Anche l ' ultimo periodo dei Promessi Sposi , col suo « vogliate bene a chi l ' ha scritto e anche un pochino a chi l ' ha raccomodato » è nel tono della captatio benevolentiae d ' un finale di commedia . Ma un libro almeno si vede , quand ' è finito : e quella captatio il Manzoni se la sarebbe potuta risparmiare ; come , d ' altronde , se l ' era risparmiata nella primitiva stesura di Fermo e Lucia che faceva punto al periodo precedente , nel quale , dalle parole di Fermo , il Manzoni aveva cavato il « costrutto morale di tutti gli avvenimenti » : ( nei Promessi dirà , più alla buona : « il sugo di tutta la storia » ) . E non è detto che il suo romanzo non potesse , e sempre con bellissimi effetti , fermarsi anche qualche periodo prima : se non che l ' autore ci tenne a chiudere la partitura con un pianissimo , arrivando a toccare col mignolo proprio l ' ultimo tasto del pianoforte . Ad esempio , sarebbe andato benissimo anche se avesse staccato la penna una dozzina di righe più sopra , al punto dove Lucia , « soavemente sorridendo » ( finalmente , dopo settecento pagine , si ricorda di sorridere ! ) , chiude la bocca a Renzo , in vena di filosofare sulla propria storia , con le parole : « quando non voleste dire che il mio sproposito sia stato quello di volervi bene , e di promettermi a voi » , dove quel promettersi all ' ultima riga sarebbe stato un felice richiamo al titolo dell ' opera . Altro finale indovinato , e plausibilissimo , poteva darsi venticinque righe più sopra , dove dice : « fu una bambina ; e potete credere che le fu messo nome Maria » . Immagino che Marino Moretti , se i Promessi l ' avesse scritti lui , a quella bambina si sarebbe fermato . Quant ' a me , non ho ancora ben deciso se troncare dodici righe prima o sei righe dopo Moretti : o , cioè , dove dice : « e fu , da quel punto in poi , una vita delle più tranquille , delle più facili , delle più invidiabili ; di maniera che , se ve l ' avessi a raccontare , vi seccherebbe a morte » ; oppure dove fa parola dei figli che vennero dopo la piccola Maria , « e Renzo volle che imparassero tutti a leggere e scrivere , dicendo che , giacché la c ' era questa birberia , dovevano almeno profittarne anche loro » . E sulle bozze avrei espunto il la prima di c ' era ...
TASTIERA 7 ( BALDINI ANTONIO , 1942 )
StampaQuotidiana ,
Se , vinta questa guerra , la vita ci accorderà tanto margine di tempo da poterci riassuefare all ' idea e alla pratica della pace , quale effetto ci faranno i vent ' anni intercorsi fra le due « mondiali » ? A quella guisa che le cime di due aspre montagne viste di lontano qualche volta sembrano far parte d ' uno stesso crinale e poi qualcuno ci spiega come qualmente in mezzo vi si adagi una comoda valle , allegra di campanili e di agevoli strade , già d ' ora mi pare di capire che lo spazio frapposto all ' uno e all ' altro conflitto ( « conflagrazione » ! si diceva l ' altra volta ) ci sembrerà incredibilmente accorciato . Ebbi di ciò il senso nettissimo la prima notte di questa guerra agli urli della sirena che mi svegliarono nel bel mezzo del sonno . La mia mano corse a incontrare quella della sposa e rimanemmo qualche minuto immoti , senza scambiare parola , in ascolto delle artiglierie antiaeree e del ritmo leggermente affannato del nostro respiro . Fulmineo e concorde il pensiero ci era corso al primo allarme inteso insieme a Padova io già vecchio soldato e lei nuovissima a quella scena . nel diciotto , sposini da una settimana . Allora eravamo balzati dal letto e , vestiti alla meglio , eravamo scesi in cantina . Questa volta , più vecchi di vent ' anni , siamo rimasti immobili , con la mano nella mano , e nello stesso momento rivenne a entrambi sulle labbra la frase della nostra padrona di casa padovana in quei frangenti : I xe qua . Ringiovaniti di colpo ! Se non che , dopo un momento , ci entrarono in camera con due candele i figli già grandi ( il maschio , di leva ) , leggermente esaltati per la grande novità della cosa . La novità della cosa ... L ' ammiraglio « Canossa » ( il nome , naturalmente , è di mio cònio ) commentando alla Radio i « fatti del giorno » ha la debolezza di volerci far sapere che tutti gli strepitosi avvenimenti che da qualche anno a questa parte vanno succedendo nel mondo egli li aveva già previsti , scritti e stampati dieci , quindici , vent ' anni prima . E ogni tanto èccotelo che riapre nel discorso due virgolette e comincia a sillabare con particolare espressione questo o quel passaggio di certi suoi vecchi libri , riviste e giornali . Se ci fosse la televisione , sono sicuro che a quei passi ci guarderebbe da sopra gli occhiali come Azzeccagarbugli guarda Renzo mentre gli va leggendo la grida del 15 ottobre dell ' anno prima e ci strizzerebbe l ' occhio . In breve , il nostro ammiraglio tratta la Storia come una scolaretta famosa per la sua distrazione , e la richiama , e l ' ammonisce : Impara mo ' , ci sei venuta , carina , a Canossa , hai dovuto convincerti , cocciutella , che avevo ragione io ? Curiose fisime , malinconiche soddisfazioni : credere che tutta quest ' iradiddio sia capitata a bella posta per dare ragione a lui , all ' ammiraglio « Canossa » ! Tutte le volte che lo sento avvicinarsi a quei punti previsti a me pare di vedergli sorgere lenta alle spalle , come nel fondo verdecupo d ' un ritratto « metafisico » di De Chirico , una grandiosa testona di marmo : è Cronos , che dondola i riccioloni di marmo e sotto i suoi baffoni se la ride delle uscite del cronista . Infrarossi dovevano essere i raggi della immaginazione d ' Omero , per rompere , come fanno , lo spessore dell ' aria svelando la faccia abbagliante degl ' iddei dietro le terga degli eroi duramente impegnati nell ' azione . Sdegnato contro Agamènnone , Achille ha già tirato fuori più che mezza dal fodero la grande spada e Pallade Atena gli sorge alle spalle trattenendolo pei rossi capelli : l ' eroe si volge esterrefatto e allo splendore tremendo di quelle pupille riconosce la dea , fatta a lui solo visibile . Ieri sera , alla Radio , c ' era un tale dei « trenta minuti nel mondo » che diceva le Fonti del Clitunno in un modo così stonato e sguaiato che a un certo momento ho creduto di vedergli spuntare dietro le spalle l ' ombra corrucciata di Giosue con un tortóre in mano ; ma quegli seguitò a urlare i 4 lascia e i 5 corri delle due strofe centrali dell ' ode famosa senza un sospetto al mondo del tortóre imminente . Più tardi . quattro interpreti dei « dieci minuti Mondadori » entrarono a recitare dei brani delle Vergini delle rocce . Claudio Cantelmo tornava in biroccino al castello avito col solito cloc cloc cloc della cavallina a sonagli ( ma nel romanzo si trattava , se ben ricordo , d ' una borbonica carrozza a due cavalli ) , e , mentre l ' orchestra accennava un tema della Quinta sinfonia ; ( ma che trovate ! ) , si cominciavano a sentire in lontananza cantilenare le voci delle tre « sorelle prigioniere » in un modo così svenevole che questa volta , su quel « fondo verdecupo » , ho visto la fronte marmorea di Gabriele lui che non seppe mai vergogna diventare rossa come un peperone ... Il tono di voce di ... ( non starò a far nomi , ma dev ' esser pisano ) mi pare , di tutti , il più appropriato ai « commenti » che dicevamo : né da cattedra né da pulpito , né troppo drammatico né troppo chiacchieratico , con quel tanto d ' affabile sostenutezza che basti a cattivare e fermare l ' attenzione dei radioascoltatori . Altri , a dire il vero , strafà , si agita troppo , sembra che parli sempre da una barricata o dal ponte d ' una caravella conquassata dalla tempesta ; altri pare che detti il compito a una scuola serale scarsamente illuminata e poco frequentata , con lo scaldino fra i piedi e il gatto sulle ginocchia ; altri ha sempre quell ' ùzzolo di fare un contradittorio d ' alto stile coi grandi reggitori di popolo ; altri infine ci tratta , tutti quanti siamo , come tanti Pierini in calzoni corti sprovveduti di ogni memoria del passato e d ' ogni comprensione del presente . Con l ' aiuto della Radio è da pensare che nascerà ( ma già sta nascendo ) una nuova forma d ' oratoria , più normativa che esornativa , più persuasiva che provocante ; un ' oratoria , che non sarà né da chiesa , né da politeama , né da piazza ; che non potrà più contare sulle teatrali risorse del gesto né sulla suggestione contagiosa di trovarsi insieme a comizio ; una oratoria che arrivi spedita e franca di suggestioni a domicilio , alla famiglia , alla persona , il babbo che fuma la pipa , la mamma che rammenda , la ragazza che stira , il nonno in pantofole , il ragazzo che si rode le unghie , la serva al fornello : un ambiente assolutamente refrattario , dove i paroloni non darebbero rimbombo , le volate non hanno corso , gli effetti preparati cascano nel vuoto , le preziosità fanno ridere e i pistolotti fanno cecca . Ci s ' arriverà ; ci si sta arrivando . Bella tra le belle la grande orazione dannunziana della Sagra dei Mille , pronunciata in faccia al mare garibaldino , in mezzo alle bandiere ondeggianti ; ma pensate all ' effetto che v ' avrebbe fatto se vi fosse arrivata in casa all ' ora di cena : « la Notte di Michelangelo s ' è desta , l ' Aurora di Michelangelo , pontando sul sasso il piede e il cubito » ecc . ecc . ; i radioascoltatori in pantofole avrebbero detto : Ma dove le va trovando , Gabriele ... L ' immaginazione del poeta lavorò sempre in grande e nel peregrino . La prima volta che aveva parlato in pubblico fu al liceo « Benedetto Marcello » di Venezia nel novembre del '95 . Riscosse un bellissimo successo mondano e la serata si chiuse con un banchetto di cinquanta coperti ( Ojetti se ne deve ricordare ) . Aveva pronunziato l ' orazione detta dell ' Allegoria dell ' Autunno , quella stessa che poi inserì nella prima parte del Fuoco , mettendola in bocca al protagonista . Ma come se la fece fruttare , nel romanzo ! Cominciamo col dire che Stelio Effrena la pronuncia all ' augusta presenza ( immaginaria ) di Margherita di Savoia e nientemeno che nel Palazzo Ducale e nientemeno che nella Sala del Maggior Consiglio , sotto la portentosa Apoteosi di Venezia dipinta nel soffitto dal Veronese , sullo sfondo dello spettacolosissimo Paradiso dipinto dal Tintoretto , coi ritratti in giro di ben settantadue dogi che lo stavano a rimirare ... Quel benedetto uomo aveva bisogno di parlare sempre sopra le righe e di gittare le parole oltre il segno . Una platea di belle signore gli diventava una platea di regine . Ed ai contadini d ' Ortonammare parlava come a una folla d ' Ateniesi . « Meditando sul fato della stirpe io ho veduto talvolta nella confusa massa umana e terrestre disegnarsi una figura ideale che mi pareva avere io medesimo scolpita con le mie mani caduche , come quello statuario che scolpì nello smisurato monte la figura eroica di Alessandro cui dalla destra sorgeva una città e dalla sinistra scaturiva un fiume » ( discorso elettorale , agosto '97 ) . Pare di vederli , a bocc ' aperta , tutti quegli Aligi e Domenicantoni ... Qualche volta mi dico : quando l ' ultimo residuo del persistente dannunzianesimo sarà scomparso , e tutti , borghesi e militari , saran tornati a dire le cose alla spiccia e alla buona , e in questo anche la Radio avrà avuto la sua parte oh come ci parrà bello e ci sarà caro e come a cuore libero e animo tranquillo ci sarà dato finalmente d ' amarlo il nostro Gabriele !
TASTIERA 8 ( BALDINI ANTONIO , 1942 )
StampaQuotidiana ,
Per quel viziaccio di « rugare » , tutta la vita di Rugantino è un continuo infortunio sul lavoro . ( « Rugante » esprime qualche cosa che sta fra bravante arrogante e brontolante ) . Alla resa dei conti ne busca sempre e di quelle dure ; ma questo non basta a guarirlo della sua ruganza , dato ch ' egli vive nella beata persuasione che la partita si chiuda sempre a suo favore : « me n ' hanno date , ma je n ' ho dette ! » . Anzi , è proprio sotto le botte che quella cucuzza dalla grinta feroce sprigiona le scintille più luminose . Come « personaggio » , Rugantino consiste solo in una vaga tradizione di popolano che protesta e ne busca . Il momento in cui la sua figura prese più determinata parvenza fu ai giorni e per merito d ' un burattinaio romano vissuto a cavallo del Sette e dell ' Ottocento , Gaetano Santangelo , detto « Gaetanaccio » . Andava costui per i larghi e le piazze di Roma col suo casotto sulle spalle per metterlo in piedi non appena s ' avesse raccolto intorno un numero sufficiente di spettatori . Primo attore e principale richiamo della sua « compagnia » era per appunto Rugantino . Le trovate di Gaetanaccio erano di quelle che facevano andare in visibilio il popolo minuto . Una delle più belle fu questa . Nel 1823 i Francesi , andati in Ispagna per rimettere sul trono Ferdinando VII , si affrettarono ad annunciare dal primo momento una strepitosa vittoria . Subito poi si sparse voce che erano invece state botte da orbi . Gaetanaccio coglie in aria la notizia e corre col suo trabaccolo a piazza di Spagna sotto le finestre dell ' Ambasciata . La gente gli fa mucchio intorno . Rugantino , quel giorno , ha una serva chiamata – guarda combinazione – Vittoria . Entra a diverbio con Pulcinella , il quale sfodera subito l ' asso di bastoni e comincia a farlo rimbalzare sulla zucca del « primo attore » . Sotto la gragnuola Rugantino inferocito fa il giro della scena chiamando : Vittoria ! Vittoria ! Entusiasmo del pubblico , e facce verdi dietro i vetri dell ' Ambasciata . A prenderle da Rugantino , poveretta , non c ' è che la moglie . Nell ' atto , entra il Diavolo a fargli paura . Rugantino gli si rivolta come una tigre : Che v ' impicciate de li fatti mii ? Ciavete moje voi ? Brum brum fa il Diavolo crollando la testa . Sete vedovo ? Brum brum . Nun ce l ' avete ? ... ma quela lì nun è testa da scapolo . Che lingua avran parlato all ' inferno Pluto e Nembrotte ? Dante la sapeva lunga : per tenere obbligata all ' infinito la curiosità dei lettori capì che niente sarebbe servito meglio che farli scervellare su dei quesiti propriamente insolubili , e con aria di niente ci ficcò il piè fermo , il veltro , pape satan , raphel may amech et similia . Altro bel quesito : in quale lingua Cacciaguida rivolge la parola al suo trisnipote ? Accetto le conclusioni , acutissime , di Manfredi Porena in un suo saggio recente : non la sola terzina iniziale ( 0 sanguis meus , Paradiso XV ) , ma tutte le novantanove terzine del suo discorso nonno Cacciaguida le discorre in latino . Sarà contento Galassi Paluzzi . Dante , bontà sua , ce le traduce . ( Mi dispiace per Galassi Paluzzi ) . Quella che Carlo Galassi Paluzzi , fondatore e presidente dell ' Istituto di Studi romani , va combattendo da molti anni , col mezzo di riviste bollettini repertori conferenze e congressi nazionali e internazionali , per far rifiorire a nuova vita l ' uso scritto e parlato della lingua latina si può veramente – a dirla con l ' anonimo dei Promessi Sposi – « deffinire una guerra illustre contro il Tempo » . Tutto lascia credere che sarà una guerra dura , lunga , forse disperata . Si fa già così fatica a discorrere in italiano ... Il mezzo più sicuro per imparare il latino lo aveva probabilmente escogitato quello scrittore indiavolato che fu Girolamo Gigli . Galassi Paluzzi dovrebbe riprendere l ' idea del settecentista . Non credo che esista libro di più curioso e ozioso spasso del ( il titolo è un po ' lungo ) Collegio Petroniano delle Balie Latine e solenne suo aprimento in quest ' anno 1719 in Siena per dote e istituto del Cardinale Riccardo Petroni a benefizio di tutta la Nazione Italiana ad effetto di rendere naturale la Lingua Latina quale fu presso i Romani , col vero metodo degli Studi per la Gioventù dell ' uno e dell ' altro Sesso nel medesimo Collegio stabiliti , del Dottor Salvatore Toraci , primo medico di detto Collegio . È una pensata in tutto e per tutto degna di quell ' amaro allegorista che fu Gionata Swift , quello della mostruosa Modesta proposta per impedire ai figli dei poveri d ' Irlanda d ' esser a carico dei loro genitori e del loro Paese e per renderli giovevoli al pubblico ( 1729 : di dieci anni posteriore alle Balie Latine e la proposta era di cibarsi della carne dei bambini in età d ' un anno ) ; ma resa festevole dalla fantasia d ' un Aldo Palazzeschi ( quello del Codice di Perelà ) o d ' un Ramón Gomez de la Serna ( quello del libro su I seni ) ; con l ' accompagnamento d ' una marcia trionfale come nei Maestri cantori , ma accomodata alla burlesca da uno Stravinski ( quello della Storia d ' un soldato ) ; perché tutta la prima parte del libro delle Balie Latine è presa dalla descrizione d ' una immaginaria processione sfilata sotto archi trionfali per le vie di Siena , dal Palazzo della Signoria all ' inaugurando Collegio , verso il tramonto d ' un giorno di febbraio . Precedono con trombe e tamburi ( siamo nella città del Palio ) i gonfaloni della Signoria , e i rappresentanti di tutti gli Ordini della città , delle Arti , delle Accademie , degli Studii , i Censori , i Confessori , i Cerusici , gli Speziali , i quali aprono solennemente il corteo delle trentotto Balie latine 24 oltramontane e 14 senesi : vestite di scarlatto le nutrici dei bambini nobili e di turchino le altre ciascuna portando al petto quando uno e quando due poppanti e avendo ai lati due Nobili gentildonne Moderatrici - Assistenti coronate d ' alloro , ciascuna delle quali servita da un Gentiluomo , dell ' Accademia degl ' Intronati , recante la impresa della Dama , e a ' fianchi vanno i Braccieri e gli Staffieri delle signore e dei nobili Lattanti . Seguono i mariti delle Balie , le carrozze delle Dame , i cavalcanti delle Contrade e gran turba di popolo . Per dare un saggio della regia , insaporita di tutta l ' onomastica e araldica toscana , prendo a caso una coppia di Balie oltramontane : Donna Vespasia Maria Ethingia di Pomerania , lattante il Signor felicissimo Massimo Antonio de ' Conti Fede di Pistoia di mesi tre e il signor Frediano Ferroni dei Signori di Bella Quadra di giorni 48 , allo stesso petto ; e Donna Amelia Pleutnitz di Pretervaradino , lattante il signor Sardino Sardini di Lucca di giorni 74; in mezzo alla signora Maura Dei ne ' Signori del Cotono ed alla signora Laura Pinocci ne ' Tancredi degli Antichi Signori di Terra Rossa , e queste erano servite dal Signor Affricano Dei e dal signor Polibio Petrucci . E una coppia di Balie senesi : Donna Orsola Penni Buzzichelli , tenente al petto Giovan Pilogio Romei di giorni 37 e Gaetano Torrenti di giorni 22 , Alunni ; e Donna Elisabetta Bidellini ne ' Bindi che sostenea le due Alunne Diomira Buginelli de ' Celli de ' Cecchi di giorni 63 e Luigia Funel di Mercante francese stanziato in Siena nata di giorni 9 , in mezzo alla signora Calidonia Guglielmi Guidini e Lucia Orlandini Cosatti : allato alle quali i signori Capitan Domenico Borghesi e Francesco Chigi . L ' idea geniale del Gigli è questa : che il latino , per saperlo veramente , vada succhiato col latte d ' una balia talmente impratichita , con lunga scuola e conveniente appartatura dal mondo , nella lingua di Cicerone da quasi aver messa in oblio la natia favella . L ' infante passa immediatamente dal ventre materno alla mammella latina ; i primi suoni che colpiscono le sue orecchie son tutti latini : i quadri che vede sulle pareti del Collegio son tutti di Storia Antica ; vedrà solo spettacoli latini e batterà le manine in latino , mangerà la pappa in latino , chiederà di fare pipì e popò in latino , invece di bambole bionde avrà pupazzi dell ' Eneide e della Tebaide ... Bollettini repertorii conferenze , tutto bene ; ma il giorno che Galassi Paluzzi , con quella sua barba di buon brigante , riuscisse a mettersi per le vie di Roma in testa a una processione come quella fantasticata dallo scanzonato senese nelle duecento pagine in 80 del Collegio Petroniano , solo quel giorno la sua battaglia contro il Tempo potrebbe dirsi bene avviata . Repertorii conferenze bollettini ... La pratica va ripresa da molto più indietro .
TASTIERA 9 ( BALDINI ANTONIO , 1942 )
StampaQuotidiana ,
Una ragazza siede al telaio e facendo « su la panchetta » un po ' di posto a Giovannino Pascoli gli mormora : Mio dolce amore ... ( La tessitrice , nei Canti di Castelvecchio ) ; ma la ragazza è morta da un gran pezzo e l ' incontro avviene solo nell ' affettuosa fantasia . Il poeta Giulio Orsini si strugge per Iacovella : Iacovella , è vespro e siamo soli : viene a sedermiti allato ... Ma Iacovella è morta da quattrocent ' anni . E con questo ? Vivi e morti , a noi che importa ? Sino a te lungo i secoli arrivo . Una bella giovane abbandona in quelle scarnite di Giacomo Leopardi una morbida mano che il contino ventunenne va coprendo di baci e si stringe al petto ( Il sogno , nei Canti ) ; ma anch ' essa è morta « or son più lune » e il sogno s ' interrompe sul più bello : e nell ' incerto raggio del Sol vederla io mi credeva ancora . ( Quattr ' anni più tardi scriverà la canzone Alla sua donna , che , per dichiarazione dell ' autore , è propriamente « la donna che non si trova » ) . Il Sannazaro ( canzone XII delle Rime ) stava sognando di tenere anche lui stretta fra le sue la tenera mano della Bella . Acciò il felice inganno si prolunghi , accòrtosi che il sonno è sul rompersi , lungo spazio non volli gli occhi aprire . Ma dalla bianca mano , che si stretta tenea , sentia lasciarme . Questo è proprio dei sogni , in sul mattino . Molto bello e poeticamente detto . Se la poesia italiana è piena di donne vagheggiate in sogno a occhi aperti o ad occhi chiusi , a distanza di luogo e a distanza di tempo , quando non addirittura divenute mummie da quattrocent ' anni , la colpa va fatta rimontare in gran parte al Sospiroso di Laura , che aveva finito col trovare un amaro piacere anche , e forse sopra tutto , nella non conclusione del suo amore . Proprio vero , che chi si contenta gode . Un giorno l ' imperatore d ' Oriente aveva mandato a regalare al Petrarca , che non sapeva di greco , un codice d ' Omero . « Vederlo scrive il poeta ( Lettere familiari XVIII , 2 ) a un amico è già per me una gioia straordinaria . Ogni tanto me lo stringo al seno e dico sospirando : oh quanto è d ' ascoltarti in me il desio ! » . Petrarca che amorosamente si stringe al seno un codice che non è in grado di sfogliare e di leggere , è tutto un programma . Prender coraggio a scrivere una dichiarazione d ' amore a una giovinetta straniera in una lingua ch ' ella non può intendere e unicamente per il fatto che non la possa intendere , anche questa è una situazione squisitamente petrarchesca e ci si trovò il gentile Pindemonte . La ragazza era una inglesina di Londra , Agnese H * * * alla quale il poeta aveva cercato d ' insegnare qualche po ' di italiano , ma l ' estatica zucconcella non aveva saputo trarre profitto di sorta da quelle preziose lezioni . Mancando pochi giorni al suo ritorno in patria , il marchese Ippolito sfogò sulla carta una canzone ( « O giovinetta che la dubbia via » ) che , quanto al sentimento , è tra le più delicate della nostra lirica amorosa . Canzone , a lei davante tu non andrai : ché né tua voce intende , né andarti lascerei , se l ' intendesse ... Ché se or ti parlo , e grido la fiamma di cui pieno il cor trabocca , farlo nella natia lingua mi lice , che non è ancor felice . si che uscir possa di tua rosea bocca . Gli basta e avanza di volerle bene nel suo segreto , di vederla e sentirla in quelle rare amabili occasioni , e altro per sé non domanda . Il men di che può donna esser cortese ver ' chi l ' ha di sé stesso assai più cara da te , Vergine pura , io non vorrei ... Sommo scrupolo e affettuoso terrore egli ha di poter turbare in qualche modo l ' incanto di quella innocenza , la rosea serenità di quei sogni verginali . Né volentier torrei di spargerti nel sen foco amoroso , ché quanto è a me più noto il fiero ardore delitto far maggiore mi parria , s ' io turbassi il tuo riposo . Maestro io primo ti sarò d ' affanno ? Non sia mai ! Ma neanche , diviso com ' è fra invidia desiderio curiosità gelosia , egli sopporta in pace il pensiero che ci possa essere un fortunato che abbia core di staccar quel fiore dalla pianta . Ma che fatto avrà mai di bello e strano chi vorrà la tua mano ? Non so sì grande e sì leggiadra cosa per cui degno un uom sia d ' averti sposa . Vieto il frasario madrigalesco e girato con qualche stento il periodo , ma il sentimento è genuino . Il poeta dunque partirà lasciando mezzo il suo cuore a Londra , e altra consolazione non ispera alle sue pene che di ricevere di quando in quando lettere , non già di Miss Agnese , ma di Lady Madre , che facilmente troverà modo di dargli qualche notizia della graziosa figliuola . Consolerà i miei pianti foglio che a me dalla tua madre viene , su cui ( deh spesso ! ) ella tuo nome segna . Avete mai incontrato un « patito » sui trentacinque anni di più trepido cuore e semplice contentatura del poeta delle Campestri ? Sentimenti squisiti per certo : specie se poi pensiamo ad Ugo , il grande amico d ' Ippolito , che non si faceva scrupolo di far girare la testa e sconvolgere l ' animo a quante belle giovani gli venissero incontrate . Insegni il caso della Cecchina dei conti Giovio , con la quale l ' invasato autore dell ' Ortis fece il cascamorto nello stesso periodo di tempo in cui portava avanti per lo meno altre quattro operazioni amorose . Aveva cacciato sé e la ragazza in una situazione alla lunga insostenibile e , quando la poverina fu per bene inciuccata , se la cavò con una lettera . Io vi amerò sempre , ve lo giuro dal profondo del cuore , vi amerò fino all ' estremo sospiro , e giuro sull ' onor mio [ che cosa mai le vorrà giurare con tanta solennità ? ] di non ammogliarmi finché voi non sarete d ' altri . Se l ' infermità , se gli anni , se gli accidenti vi rapiranno la beltà e gli agi , se sarete disgraziata , [ bei discorsi da toccar ferro , veramente bei discorsi da farsi a una povera ragazza innamorata e di cui ci si dice innamorati ! ] se vi mancasse nel mondo un marito , un amico , io volerò da voi : io vi sarò marito [ ohé ] , padre [ toh ] , amico [ ahi ] , fratello . Parole : e anche fredde , anche brutte parole . Nella guerra d ' amor vince chi fugge . Ma è una gran brutta vittoria . Una meschina vittoria . Non per questo dipingeremo Foscolo tutto rosso come il Diavolo , né Pindemonte tutto azzurro come un Serafino . Nobili , non v ' ha dubbio , i sentimenti del marchese ; ma che forse non a bastanza nascondono il suo desiderio di non vedersi togliere la bella libertà della quale fu sempre gelosissimo guardiano . Curioso tipo , il marchese Ippolito . Gli amici , e più ancora le amiche , si lamentarono di « possederlo poco » . Aveva un modo tutto suo , praticato ben prima del viaggio a Londra , di squagliarsi all ' inglese . Ma sapeva poi così bene indorare di cortesia l ' indifferenza , e l ' uggia di gentilezza , che amici ed amiche finivano col mandargliela buona , così che visse ben voluto da tutti e senza farsi dei nemici . Mentre Foscolo ! Nessuno , meglio del Pindemonte , sapeva , al momento opportuno , fare il distratto , il trasognato , il « poeta » , ed eclissarsi lasciando i restanti nella rispettosa credenza d ' una urgente chiamata delle Muse . Al promesso sposo della Malinconia non occorrevano pretesti per isolarsi , quando sentisse il richiamo della « Ninfa gentile » . « Una tal sicurezza acqueta ; quando parte si dice : nol perdo del tutto , egli va a dipingersi , lo rivedrò fra non molto » : così spiegava la cosa con affettuosa malizia , nel suo vivace Ritratto d ' Ippolito , la spiritosa Isabella Teotochi Albrizzi , che in un certo momento aveva anche sperato d ' accomodarsi marchesa Pindemonte . Mi piaci così tanto , pare che il Pindemonte in fondo voglia dire anche alla bionda vergine del Tamigi , e posso volerti tanto bene appunto perché , lasciandoti io così tua , posso restare così mio . Non ho fatto un passo per possederti , perché tu nel tuo entusiasmo giovanile non facessi quell ' altro mezzo che sarebbe bastato a farmiti prigione . Estatica zucconcella , il tuo poco poco - maestro d ' italiano per questo si fidò di consegnarti il segreto del suo cuore solo nell ' ornato scrigno d ' una lingua che tu non saresti riuscita ad aprire . In una parola , e secondo il suo costume , ti si dette in modo che tu non lo potessi acchiappare . Non è detto che nel Terzo cielo , nel ciel di Venere , il disastroso Ugo non sia sistemato un grado più alto dell ' inincatenabile Ippolito .