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UNA GIORNATA NEL CAUCASO ( Calvino Italo , 1952 )
StampaPeriodica ,
Siamo scesi dal treno a una piccola stazione dell ' Azerbaigian , Cacmas , tra le prime alture del Caucaso . Alla stazione , nuova gentile invasione floreale del nostro vagone , già carico di mazzi di fiori dalla partenza da Baku . Prendiamo posto in un autopullman che ci porterà a visitare un sovkos e un colcos dell ' interno . Al paese di Kuba , le ragazze vestite coi costumi di tutte le repubbliche sovietiche ci risommergono di mazzi di fiori . Nel teatro , le orfane di guerra hanno preparato uno spettacolo per noi . A fatica ci strappiamo dalla calorosa ospitalità degli abitanti che vorrebbero farci passare con loro la giornata . Kuba è un paese di 10 mila abitanti , con diverse piccole fabbriche sparse intorno : industrie di conserve di frutta . Ha una scuola di 10 classi ( cioè corrispondenti alle nostre cinque elementari e cinque di ginnasio ) che visitiamo ; l ' insegnamento è in lingua azerbaigiana ; nelle ultime classi si studia il russo ; ci sono 200 allievi che studiano lingue estere : inglese o tedesco o francese . Lasciate le bianche fabbriche di Kuba , il nostro autopullman procede per strade deserte tra i campi , semi - invase dal fango : è una delle prime belle mattine dopo quaranta giorni di pioggia . Gli incontri sono rari : cosacchi a cavallo , tutti pelo , tra quello della barba e quello del colbacco ; pastori con lunghe bisacce ricamate appese alle spalle guidano greggi di pecore bianche e nere . Mi dico : « E poco più d ' un ' ora che abbiamo lasciato l ' ultimo paese , e qui sembra che il socialismo sia una realtà lontanissima , sembra d ' essere fuori del tempo ... » . Quand ' ecco , ai lati della strada , cominciano ad allinearsi fitti filari di meli : i frutteti curati come giardini s ' estendono a perdita d ' occhio intorno a noi . Il pullman imbocca il cancello del sovkos « Baghirov » . In un giardino tutto verde e fiori c ' è la casetta della direzione , e Efendiev , il direttore , un omaccione coi baffi neri e il colbacco , ci aspetta sulla soglia . Nell ' ufficio del direttore sembra d ' essere ancora in giardino , con tutto quel verde alle finestre , uno scaffale pieno di mele rosse , grossissime , messe in mostra , e negli angoli zucche grandi come mappamondi , verdi e gialle , posate su treppiedi . Poi carte geografiche di tutti i colori , che Efendiev indica , parlando ; e tre telefoni sulla sua scrivania ai quali egli continuamente è chiamato o chiama , interrompendo il suo discorso . Cominciò a darci il benvenuto , parlò dell ' Italia , di Togliatti , e prese a raccontarci la storia del suo sovkos . Vent ' anni fa qua erano paludi , dove cresceva solo il riso . Poi , nel 1931 , è stato fondato il sovkos , cioè l ' azienda agricola statale , che dipende dal trust delle conserve di frutta dell ' Azerbaigian . Hanno asciugato le paludi per 2300 ettari , hanno coltivato la terra con le macchine , hanno piantato i frutteti . Il direttore s ' avvicina a un grafico appeso alla parete , incorniciato con fregi di frutta , e ci illustra gli aumenti di produzione : 84 tonnellate di frutta nel '38; nel '41 erano già arrivati a 317 , nel '42 a 494; nel '43 molti degli uomini sono al fronte e la produzione comincia a scendere : 334 tonnellate ; e cala fino a 150 tonnellate nel 1945 . ( Così dappertutto in U.R.S.S. mostrano il male che ha fatto la guerra , il male che farebbe se tornasse ) . Ma poi , nel '46 , un gran balzo : 1183 tonnellate , poi 2700 , 3900 , 6500 e quest ' anno sono già quasi arrivati a 8000 . Tra cinque anni gli alberi daranno 22 mila tonnellate di frutta . Ma il compagno Baghirov ( il segretario del P.C. azerbaigiano , al cui nome è dedicato il colcos ) , esaminati i piani , ha proposto che arrivassero fino a 25 mila . Era una cifra un po ' grossa , i tecnici si sono riuniti per vedere se potevano arrivarci . Risultato : hanno deciso d ' impegnarsi per 30 mila tonnellate , su iniziativa dei giovani comunisti . Confesso che , prima , io non riuscivo mai a interessarmi molto degli elenchi di cifre , non riuscivo a entrare nello spirito di quei numeri . In Unione Sovietica , dovunque si vada , sono cifre che saltano fuori ; oramai ci ho preso gusto e non posso fare a meno di appassionarmici . I lavoratori hanno le loro case nel sovkos , - case di loro proprietà , in gran parte - e sono pagati a cottimo ( circa 40-60 rubli al giorno ) e chi sorpassa il premio annuale ha dei premi anche di 8-10 mila rubli oltre ai premi in natura . Siccome una mucca costa 1000 rubli , mi sto già domandando , se con questo sistema dei premi non possa rinascere il capitalismo , quando il direttore ci enumera ciò che ogni lavoratore sia dei colcos sia dei sovkos di quella regione può possedere come proprietà privata : un quarto d ' ettaro di terreno , una mucca con vitello , due maiali e cinque pecore . Mentre Efendiev parla , una donna con uno scialle attorno al capo ci porta vassoi pieni di mele , grosse mele rosse , e salviette di carta con sopra impresso l ' emblema del sovkos : una gran mela rossa . In questo sovkos ci sono le scuole obbligatorie di sette classi , le scuole serali per chi lavora , una scuola agronomica e una scuola zootecnica . Palestra , foot - ball , palla a volo , e scuderie per il gighit , lo sport equestre del Caucaso . Della nostra delegazione fa parte una dirigente dei pionieri di Bologna , che dovunque si vada , domanda sempre particolari sull ' organizzazione dei pionieri . E Efendiev le racconta un episodio sui pionieri naturalisti di questo sovkos . Durante la guerra i frutteti erano infestati da un insetto nocivo detto zlatabuska ( ce ne fa scrivere anche il nome latino : Euprochtis crysorrea ) che può essere ucciso solo alla nascita . I piccoli naturalisti giurarono di dar battaglia alla zlatabuska e di sterminarla . Si sguinzagliarono mattina e sera per i frutteti ; d ' allora in poi , l ' insetto è scomparso dalla zona . Nel reparto d ' imballaggio della frutta , ci accomiatiamo dal direttore perché siamo attesi al colcos « Orgionikize » . Efendiev ci regala ancora mele , tovagliette di carta diverse dalle altre perché hanno l ' emblema stampato in verde , e prima di lasciarci partire vuole che gli assicuriamo che , appena tornati in Italia , andremo a salutare Togliatti a nome suo personale . Lasciato il sovkos « Baghirov » , la strada scende ancora per colline e colline , guada fiumi , finché arriviamo a un villaggio di linde casette : il colcos « Orgionikize » . Nella piazzetta ci sono i colcosiani che ci aspettano , i bambini delle scuole con i fiori , e un ' orchestrina formata da un tamburo , da un flauto e da una specie di trombetta , che suona striduli motivi in nostro onore . Giriamo per il villaggio coi tre suonatori e tutto il paese dietro . Nel teatrino del colcos , dove siamo accolti , adorno d ' arazzi multicolori coi ritratti di Stalin e di Baghirov , un giovanotto bruno e smilzo , coi baffettini neri , si mette a ballare una di quelle loro danze snodate , di tipo arabo . Invita a ballare una delle nostre ragazze , e la scelta cade su una piccola compagna napoletana , nera nera anche lei , che per tutta l ' Unione Sovietica trova ricciuti ufficiali che le danno la loro fotografia con dedica e pallidi studenti che vogliono scriverle a Napoli . Poi ci portano a vedere le opere pubbliche . Prima tra tutte , la doccia : una casetta con dentro una doccia . Bisogna sapere che qui prima non c ' era neppure una tubatura d ' acqua . Avere l ' acqua è per loro una grande conquista , e certo un paese che ha conosciuto insieme l ' acqua potabile , la luce elettrica , l ' alfabeto , gli autocarri , le scuole , i trattori , il telefono , la radio , il cinema , tutto nel giro di pochi anni , deve avere delle prospettive storiche tutte sue . Perciò l ' acqua potabile è ancora qualcosa di prodigioso : difatti , passando per la piazza vedo un vecchietto col colbacco avvicinarsi alla fontana , aprire il rubinetto e indicarci il getto . In questa regione - ci dicono - prima della collettivizzazione una catena interminabile di vendette e faide familiari dissanguava i paesi , per cui i giovani non riuscivano ad arrivare adulti prima che la schioppettata di una famiglia nemica non piombasse loro addosso . Ora il sangue delle faide sembra antico di secoli ; nel colcos vivono 240 famiglie ognuna nella sua casetta , e ogni anno coi guadagni collettivi si costruiscono qualcosa : la scuola , il club , la centrale idroelettrica . Perfino il telefono , in tutte le case , e addirittura una piccola stazione radio della direzione del colcos . Così si può osservare , nel microcosmo del colcos , il processo che , in grande , si verifica in tutta l 'U.R.S.S.: i cittadini vedono che il lavoro collettivo migliora continuamente le loro condizioni di vita , e s ' appassionano sempre di più ad esso e alla vita socialista . In questo colcos solo l ' anno scorso sono state costruite 50 nuove case private . Un colcosiano di questa regione guadagna al giorno : 8 chili di grano , 9 chili di mele , 18 rubli , e poi altri prodotti : patate , latticini . Stando alle notizie che raccolgo , la prima cosa che un colcosiano cerca di fare coi suoi guadagni è costruirsi una casa di sua proprietà , dopo cerca di comprare una mucca , e poi un ' automobile « Moskovic » . Andiamo a visitare qualche casa di colcosiani : case in muratura , a due piani , sempre con una loggia di legno al primo piano . Basta che alla loggia s ' affacci una donna imbacuccata di veli bianchi , perché le casette prendano subito un aspetto orientale , ma con insieme qualcosa di nordico , tetti di lamiera rossa con una fila di galletti sulla cimasa . Da una veranda dove noto un grosso e moderno apparecchio radio , entriamo in una stanza da letto , con cinque bei tappeti ( qui è il paese dei tappeti ! ) e con bassorilievo di gesso sul soffitto che rappresenta un pavone . Il colcosiano Merikov , l ' anno scorso , coi centomila rubli dei suoi guadagni familiari ( solo in denaro ; poi c ' erano quelli in natura ) s ' è costruito questa casetta di sei stanze . La casa coi galletti sul tetto rosso è di Alì Mamedov , un ometto col giaccone di cuoio che l ' anno scorso , di rubli ( in famiglia sono in quattro che lavorano ) , ne ha guadagnati 128 mila . Dice d ' essere in grado d ' ospitare per un anno una delegazione italiana a far niente , tutto a sue spese , e s ' offre di farlo . Quasi quasi lo prendiamo in parola . Per la strada , due vecchi dall ' aria arzilla stanno a guardare il viavai , sorridendo sopra le bianche barbe a punta e con gli occhi ammiccanti sotto il colbacco . Uno ha 125 anni , - sento dire - l ' altro 120 . Avevo già sentito parlare della longevità dei contadini caucasici , e non voglio mettere in dubbio l ' informazione . A ogni modo , ci viene detto : « E inutile che chiediate a loro ; rispondono sempre d ' avere diciassette o diciotto anni » . Pranziamo nel colcos , a una gran tavolata in mezzo a contadini e contadine . Mahmud Kuliev , un ometto scuro e atticciato , presidente del colcos , ci parla attraverso due interpreti , perché sa solo l ' azerbaigiano . Ci viene servito riso con uva passa , gli immancabili cetrioli , pere secche , cipolle crude senz ' olio , e alfine un magnifico , enorme montone bollito , che , siccome non ci sono coltelli in tavola , dobbiamo impugnare con le mani e sbranare a morsi come antichi guerrieri . I tre suonatori e il giovinotto ballerino accompagnano il banchetto con musiche e danze , e i colcosiani cantano in coro le loro canzoni dalla melodia vibrata e dissonante . Sono canzoni orientali che si direbbe appartengano al folklore più tradizionale : ma le parole si richiamano a nuove città fondate , a eroine del lavoro , a Stalin . Ce n ' è una che ci piace moltissimo : Azerbaigian - dan ! e ci uniamo al coro sostituendo le parole con dei tarararà , e va benissimo . Tutti , colcosiani e delegati , a uno a uno , dobbiamo esibirci nella danza azerbaigiana , accompagnati dal ritmico batter di mani di tutti gli altri , e incitati dai dirigenti del colcos che hanno per primi dato l ' esempio . Intanto continuano a comparire vassoi con nuovi pezzi di montone ; e quando un robusto cantore intona verso dopo verso un antico poema interminabile che racconta le gesta di leggendari eroi , l ' atmosfera non potrebb ' essere più omerica . Ci vengono pure offerti vassoi con piramidi di mele rosse , ma oramai , dopo tutte quelle che ci ha convinto a mangiare stamattina il direttore Efendiev , di mele siam già sovrasaturi . Viene sera . E stata la più bella giornata del nostro viaggio . L ' esperienza che abbiamo avuto della campagna sovietica , nei semplici e purtroppo rapidi contatti con questa gente , vale più di volumi di dati e statistiche . Ci accomiatiamo , e il capo delegazione offre i nostri doni ai colcosiani . ( Sono molto contento che tocchi a loro la scatola di gianduiotti che mi sono portato da Torino ) . Il presidente del colcos e gli altri compagni si guardano un momento , un po ' soprappensiero . Il presidente dà un breve ordine . Un colcosiano esce e ritorna con un tappeto , che consegna al capo - delegazione . È un bel dono e pensavamo che tutto finisse così . Invece , tornando in pullman per le colline brulle e fangose , vediamo un camion che ci segue . È carico di mele ; il presidente del colcos ha voluto regalare una cassetta di mele a ciascuno di noi . Per tutto il resto del viaggio , fino a Mosca , navighiamo tra queste mele .
Se questo è un uomo ( Calvino Italo , 1948 )
StampaQuotidiana ,
C ' era un sogno , racconta Primo Levi , che tornava spesso ad angustiare le notti dei prigionieri dei campi di annientamento : il sogno di esser tornati a casa e di cercar di raccontare ai famigliari e agli amici le sofferenze passate , ed accorgersi con un senso di pena desolata ch ' essi non ascoltano , che non capiscono nulla di quello che loro si dice . Io credo che tutti gli scampati che abbiano provato a scrivere le proprie memorie su quella terribile esperienza , si siano sentiti prendere da quella pena desolata : d ' aver vissuto un ' esperienza che passa i limiti del dicibile e dell ' umano , una esperienza che non potranno mai comunicare in tutto il suo orrore a nessuno , e il cui ricordo continuerà a perseguitarli col tormento della sua incomunicabilità , come un prolungamento della pena . Per fatti come i campi d ' annientamento sembra che qualsiasi libro debba essere troppo da meno della realtà per poterli reggere . Pure , Primo Levi ci ha dato su questo argomento un magnifico libro ( Se questo è un uomo , Ed . De Silva , 1948 ) che non è solo una testimonianza efficacissima , ma ha delle pagine di autentica potenza narrativa , che rimarranno nella nostra memoria tra le più belle della letteratura sulla Seconda guerra mondiale . Primo Levi fu deportato ad Auschwitz al principio del '44 insieme col contingente d ' ebrei italiani del campo di concentramento di Fossoli . Il libro si apre appunto colla scena della partenza da Fossoli , scena d ' una apertura biblica ( vedi l ' episodio del vecchio Gattegno ) e in cui già si sente quel peso di rassegnazione di popolo ramingo sulla terra da secoli e secoli che peserà su tutto il libro . Poi , il viaggio , l ' arrivo ad Auschwitz , e , altra scena di struggente potenza , la separazione degli uomini dalle donne e dai bambini , di cui mai più sapranno nulla . Poi la vita del campo : Levi non si limita a lasciare parlare i fatti , li commenta senza forzar mai la voce e pure senza accenti di studiata freddezza . Studia con una pacatezza accorata cosa resta di umano in chi è sottoposto a una prova che di umano non ha nulla . Null - Achtzen , « zero - diciotto » , il suo compagno di lavoro che ormai è come un automa che non reagisce più e marcia senza ribellarsi verso la morte , è il tipo umano cui i più si modellano , in quel lento processo d ' annientamento morale e fisico che porta inevitabilmente alle camere a gas . Suo termine antitetico è il « Prominenten » , il privilegiato , l ' uomo che si « organizza » che riesce a trovare il modo di aumentare il suo cibo quotidiano di quel tanto che basta per non esser eliminato , che riesce ad acquistare una posizione di predominio sugli altri e a vivere sulla rovina altrui ; tutte le sue facoltà sono tese a uno scopo elementare e supremo : sopravvivere . Le figure che Levi ci disegna sono dei veri e propri personaggi con una compiuta psicologia : l ' ingegner Alfred L . che continua a mantenere tra i compagni di sofferenze la posizione di predominio che ha sempre tenuto nella vita sociale , e quell ' assurdo Elias , che sembra nato dal fango del Lager e che è impossibile immaginare come uomo libero , e quell ' agghiacciante personaggio del dottor Pannwitz , personificazione del fanatismo scientifico del germanesimo . Certe scene raccontate dal Levi ci ricostruiscono tutta un ' atmosfera e un mondo : il suono della banda musicale che accompagna ogni mattina i forzati al lavoro , fantomatico simbolo di quella geometrica follia ; e le notti angosciose nella stretta cuccetta , coi piedi del compagno vicino al volto ; e la terribile scena della scelta degli uomini da mandare alle camere a gas , e quella dell ' impiccagione di chi , in quell ' inferno di rassegnazione e di annientamento , trova ancora il coraggio di cospirare e di resistere , con quel grido sulla forca : « Kamaraden , ich bin der Letzte ! » . Compagni , io sono l ' ultimo !
LE RAGAZZE DI LVOV ( Calvino Italo , 1952 )
StampaQuotidiana ,
Sabato , ore 10,30 Siamo da mezz ' ora in territorio sovietico , a Cop , stazione di confine . Prendiamo posto nel treno che ci porterà a Mosca . Il sole è pallido . Erano le 8 e mezzo ma qui cambia fuso orario . Infreddolito e assonnato , mi rallegro delle cuccette , del caldo , dell ' aria casalinga degli scompartimenti , con l ' abat - jour sul tavolino e le tendine bianche . Nel binario vicino , su un vagone merci , vedo due ragazze - forse contadine che caricano sacchi - col fazzoletto in testa , i giacconi imbottiti e gli stivali . Guardano e ridono . Sono le prime ragazze sovietiche che incontro ; il buon giorno si vede dal mattino . Ore 16 I compagni che vogliono già capire il socialismo dai finestrini del treno ( « Un trattore ! Là un silos ! Una casetta con le bandiere e i quadri di Lenin e Stalin ! » ) sono troppo impazienti . Siamo ancora nelle terre da poco ricongiunte all 'U.R.S.S . Quel che m ' interessa di vedere è il socialismo adulto , il socialismo che sta per compiere trentaquattr ' anni . Ma questo paesaggio che ci scorre monotono sotto gli occhi - da quando abbiamo lasciato le zone di fitti boschi e solo una stretta cintura d ' alberi accompagna il terrapieno sabbioso del treno - è pure un elemento importante , da non dimenticare mai di fronte alle cose che vedremo poi ; la distesa sterminata della campagna , questa nuda immensità di terra in cui la civiltà russa affonda le radici . Ore 21 Il treno si rivela il terreno di scoperte più interessante . Al nostro vagone sono addetti una ferroviera e un ferroviere . La donna ci prepara il tè . Il samovar è in fondo al corridoio ; non ha nulla in comune con l ' immagine che mi ero fatta di un samovar : è una specie di scaldabagno a carbone . Per passare al vagone ristorante dobbiamo attraversare alcuni altri vagoni . Ce n ' è di quelli uguali al nostro , e di quelli senza una vera e propria divisione in scompartimenti , ma pure a cuccette . Molti dei viaggiatori hanno l ' aria di contadini , sia in prima che in seconda ; e in entrambe le classi si può incontrare sia ufficiali che soldati . Certo , la seconda m ' attrae di più , con quell ' aria più movimentata , pacchi e fagotti e ceste , vecchiette e bambini e barbe bianche , gente che dorme con gli stivali di feltro che sporgono nel corridoio , gente che mangia , gente che canta , gente che legge ( pochi giornali , molti libri : il contrario che da noi ) . È il primo tuffo nell ' umanità sovietica ; mi par di riconoscere qualcosa che già sapevo , ritrovo quel sapore di vecchia Russia imparato sui libri ; perfino l ' odore dolciastro dei cibi mi sembra subito inconfondibile , ed è la prima volta che lo sento . Sarà quel caldo senso d ' umanità che abbiamo scoperto leggendo Tolstoj e Dostojevskij , che ora misi ripresenta con la stessa immagine : il popolo russo ? Ma questi probabilmente sono colcosiani che vanno nella città vicina per affari della loro azienda : di quanto saranno diversi dal popolo russo d ' una volta ? Non posso ancora dirlo . Certo , a quei tempi viaggiavano di meno ; e non c ' era tanta gente che leggeva libri in treno ; e forse anche quel sorriso d ' intesa che ci fanno , vedendoci stranieri , è un fatto nuovo . Bisognerebbe chiederlo a quei due vecchietti , marito e moglie , che con calma e diligenza stanno spolpando un ' oca . Ore 23 Il primo benvenuto della gioventù sovietica l ' abbiamo avuto alla stazione di Lvov ( l ' antica Leopoli ) . Un centinaio di ragazze del Komsomol erano sulla banchina ad aspettarci . Il vagone s ' è riempito di mazzi di fiori . Ragazze semplici , non dipinte , allegre . Confermano le impressioni sulle ragazze sovietiche che già avevo sentito da altri , ma non c ' è per nulla un tipo di ragazza standardizzato . Una parla spagnolo , e un po ' possiamo capirci . Ma lei ne chiama un ' altra che parla pure lo spagnolo , e un ' altra ancora . C ' è pieno di ragazze che parlano spagnolo , a Lvov ; ora da questa piccola folla sorridente si leva un brusio di desinenze sibilanti . All ' Istituto di Filologia di Lvov c ' è un corso di spagnolo che dev ' essere di gran voga tra le ragazze . Ed ecco che nel gruppo si fa largo il professore : uno spagnolino sui 35 anni , dall ' ossuto e ruvido viso iberico ; è un ex combattente della Repubblica , rifugiato qua , tra queste ragazze con le trecce castane e i manicotti di pelliccia . Ma anche qualche parola in italiano affiora sulle labbra delle ragazze : parole di canzoni . Ecco che si mettono a cantare Sul mare luccica ... in italiano . Facciamo coro , ma alla seconda strofa non possiamo più tener loro dietro ; nessuno di noi sa tutte le parole di Santa Lucia . Loro sì : continuano a cantare , in italiano , fino alla fine . Domenica , ore 10 Ormai posso dire di conoscere la fisionomia della piccola città sovietica . È da ieri che il treno continua a passarne in rassegna . La stazioncina con gli striscioni rossi dove c ' è la parola Mir : pace , il giardinetto con un bianco monumento a Stalin , le case basse , a un piano , in muratura o di legno , che spuntano tra il verde . Ricordo quel bel libro di Ilf e Petrov , un viaggio di due sovietici in America ; il titolo russo era : America a un piano . Capisco ora che il senso del libro era cercare nell ' America provinciale gli aspetti più familiari ai russi : le piccole città sovietiche e quelle americane hanno in comune quest ' amore per le piccole case a un piano , ciascuna col giardinetto intorno e lo steccato . Ore 14 La donna che dirige il vagone ristorante è un bel tipo di russa . Alta , castana , con una faccia bella e fiera , un corpo in cui il petto grande e i fianchi stretti accentuano l ' aria risoluta . Veste un lungo golf di lana come fosse in casa . Lancia occhiate severe : ieri , quando ha visto che nessuno di noi riusciva a mangiare la rossa zuppa ucraina , pareva allarmata . Oggi che facciamo festa ai piatti tutti più o meno di nostro gusto , l ' ho vista sorridere per la prima volta . Ho idea che qui siano le donne a comandare tutto . Nel nostro vagone , è la ferroviera , quella donnetta nera , che comanda ; il ferroviere ha solo mansioni subalterne . Ore 16,20 Abbiamo lasciato Kiev , la prima grande città sovietica incontrata sul nostro percorso . Bella , piena di verde , Kiev si estende su una gobba di collina con grandi palazzi nuovi e antichi . E ora abbiamo passato il Dnieper e i cantieri che ricostruiscono i ponti distrutti dalla guerra . È difficile vedere ancora tracce della guerra , tranne che ai fiumi , dove accanto al ponte nuovo affiorano i resti dei vecchi piloni . Dopo il Dnieper , in uno di questi villaggi di casette a un piano e orticelli , vedo un ballo all ' aperto , in un recinto zeppo di donne nere con fazzoletti gialli e rossi che saltano . Forse è una « balera » campagnola , forse è una festa di nozze nel giardinetto d ' una casa privata . Continuiamo a traversare corsi d ' acqua , braccia del Dnieper , o affluenti , ove í pescatori affondano le lenze . Stamane ho visto diversi cacciatori . Ora entriamo in una zona industriale , tra cumuli di carbone e grandi gru . Ore 22 Le nostre traversate per arrivare al vagone ristorante non sono prive di pericoli . Bisogna tirar dritto e non fermarsi mai , soprattutto vicino ai posti dei marinai . I marinai appena riescono a scambiar qualche saluto con uno di noi , quello non se n ' è ancora accorto e ha già la bocca piena di lardo , una forchetta con un salsicciotto in una mano e un bicchiere di vodka nell ' altra . E lì bisogna tracannare d ' un fiato . Cominciano i brindisi : a Stalin , a Togliatti ; come si può non brindare ? I marinai calcolano tutto sul loro metro ; ma per noi è una sbornia sicura . Quindi , appena vedi un berretto di marinaio : « Sdradstvo , tovàric » e passa al largo . Lunedì Ci svegliamo nella Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa . Dietro un trattore la terra verde diventa bruna . Uno sciame d ' uccelli segue il trattore e si butta sulla terra appena smossa . Ore 9,30 Finalmente a Mosca ! Il grattacielo della nuova Università , quasi finito , ci dà il benvenuto . Pomeriggio Dal settimo piano dell ' Hôtel Mosca , guardiamo le guglie del Cremlino , la torre dell ' orologio , e laggiù le cupole del duomo di Basilio . Victor Stepanovic , un compagno sovietico che accompagnerà la nostra delegazione , ci indica dall ' alto i vari monumenti . Giù nel cortile dell ' albergo passa un gatto . « I gatti devono essere uguali anche da voi » , dice Victor Stepanovic . Penso che diventeremo amici .
PRIMI PASSI PER MOSCA ( Calvino Italo , 1952 )
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« Mosca non è bella , Kiev sì che è bella » , ci aveva detto un sovietico , in treno . Naturalmente , era uno di Kiev . Non so ancora dire se Mosca mi piaccia o no , - sono arrivato da poche ore , - ma so , da questo momento , che di Piazza Rossa ce ne può essere una sola . È una gran piazza lunghissima , un po ' in salita , A destra , dietro le alte mura rossicce , c ' è il Cremlino giallo , e sotto le mura il mausoleo di Lenin rosso cupo . Il fondale della piazza e San Basilio , l ' edificio più fantasioso e colorato e asimmetrico che mai si sia visto , una specie di carciofo di torri e cupole tutte diverse per altezza , forma e colore , eppure inspiegabilmente perfetto . Vicino c ' è un palco tondo e basso , si direbbe un chiostro per la banda musicale , invece è il palco dove gli zar facevano decapitare i condannati . Tutto il resto , - il grande palazzo grigio a portici dirimpetto al Cremlino , i due edifici rossi che fanti no da quinte d ' entrata alla piazza , quello del museo Lenin e quello assai bello del museo Storico - è tardo Ottocento ma d ' un angoloso stile russo per nulla ottocentesco . I viaggiatori che hanno qualche ora da passare a Mosca tra un treno e l ' altro , vengono sulla Piazza Rossa accompagnati da ciceroni . Questi ciceroni sono quasi sempre donne , specializzate nell ' organizzare comitive di viaggiatori alla stazione , guidarli in un veloce giro per Mosca , e riportarli al loro treno . Nei capannelli fermi sulla Piazza Rossa , intorno alla signora che fa la sua lezione , vedo vecchi contadini , e kirghisi col berrettino bianco e nero , e gialli soldati dell ' Estremo Oriente sovietico . Dal ponte sulla Moscova , guardo un grattacielo in costruzione profilarsi nella fredda bruma della sera . Stanno costruendo grattacieli dappertutto , a Mosca . L ' interprete Vitalij dice : « Non grattacielo . Case - a - molti - piani . Noi le chiamiamo case - a - molti - piani » . Il paradosso americano a contrasto con l ' assennata tranquillità dei sovietici . Forse d ' ora innanzi , ogni volta che sentirò dire : Cremlino , penserò a questo lungo fiume alberato , sotto le mura turrite , ai campanili dalle rotonde cuspidi verdi e dorate che fanno capolino sopra i merli . Il più bravo dei nostri tre interpreti è una ragazza , T.G. , studentessa d ' italiano all ' Istituto di Filologia . Le piacciono Verga e Fogazzaro . Le dico che a me Fogazzaro non piace . Risponde : « Per la lingua . Mi piace per la lingua » . Ha letto anche Carlo Levi . È stata anni fa a Firenze , Roma e Napoli in viaggio di piacere coi genitori . « Ma queste facce le conosciamo » , diciamo , vedendo i cartelloni dei cinema . Difatti il film che danno è intitolato Sotto il cielo di Sicilia , e dopo una sommaria indagine scopriamo che è il nostro In nome della legge . È il primo giorno che lo danno e non sappiamo ancora cosa ne dicono i sovietici . È appena finito il festival del film cinese ; fino a ieri i principali cinema sovietici hanno presentato tutti i film cinesi più recenti . Da oggi il circuito dei cinema di prima visione dà In nome della legge . A ogni cinema vediamo enormi cartelloni con Girotti , Charles Vanel , la Salinas ; a ogni cantone c ' è un manifesto di Girotti col cappello calato sugli occhi . Giriamo a piedi per via Gorki piena di gente . È l ' ora in cui la gente esce dal lavoro e affolla i negozi del centro . È una sera d ' ottobre qualsiasi e sembra Natale : i grandi magazzini dai lampioni luccicanti , i « Gastronom » dalle fastose decorazioni di pesci e bovi , inghiottono nere file di gente che va e viene per le scalee dalle marmoree balaustre ; la gente è incappottata , cortese e in gran daffare come sotto le feste . Ma cos ' ha questa gente di così diverso dall ' altra gente che stasera passa per le vie del centro di Milano , di Vienna o di Parigi ? Alla prima occhiata , capisco subito che qui c ' è una società diversa , sento la presenza d ' un elemento nuovo : l ' uguaglianza . Non l ' uniformità , sono tipi molto diversi uno dall ' altro ; ma l ' uguaglianza : non siamo nella « via dei ricchi » né nella « via dei poveri » , non posso fare i conti in tasca alla gente vedendola passare , e di queste rosee ragazze col cappotto bordato di pelliccia che passano a tre , a quattro , a braccetto , e di questi giovanotti tutti col cappello in testa , vestiti di scuro , posso scoprire , a un ' occhiata , se sono intelligenti , se son buoni , - il loro valore umano , insomma - ma non in che cosa son nati e che posto occuperanno nella loro società . In piazza Puskin alcuni passanti , vedendoci stranieri , si fermano per salutarci e domandarci donde veniamo , pieni di voglia di far quattro chiacchiere , pur con l ' impedimento delle diverse lingue . L ' internazionalismo è una caratteristica ormai naturale e spontanea del costume sovietico e lo vediamo saltar fuori a ogni momento ; è un ' amicizia istintiva che non ha niente a che fare con l ' attrazione per l ' esotico o l ' eccentrico , ma tende a ritrovare nella gente più diversa il fondo comune , a riconoscere la comune matrice popolare sotto le infinite forme in cui s ' esprime nelle varie nazionalità . Mosca , da questo punto di vista , è un buon punto d ' osservazione , col suo andirivieni di delegazioni da tutto il mondo . Da agosto di quest ' anno c ' è un continuo incrociarsi di delegazioni di giovani dei paesi più lontani , dal Brasile all ' Australia , che , venute in Europa per il Festival di Berlino , hanno prolungato il viaggio , invitate dalle democrazie popolari e dall ' Unione Sovietica . Per via Gorki c ' imbattiamo in un gruppo di indiani . Ci guardiamo con un ammicco d ' intesa come tra compatrioti . Ma la gran stazione di smistamento delle delegazioni , è l ' Hôtel Mosca . Per i corridoi , gli ascensori , nella gran sala da pranzo , passano a ondate cinesi , cechi , vietnamiti , svedesi , coreani , passano gruppi di sovietici dell ' Est dai socchiusi occhi orientali e dalle bianche camicie bordate di ricami rossi .
DALLA COLLINA DEI PASSERI ( Calvino Italo , 1952 )
StampaQuotidiana ,
È notte . Dalla finestra della mia camera d ' albergo si vedono le stelle rosse illuminate del Cremlino . Apro l ' altoparlante che c ' è in ogni camera ; la spina può essere innestata in tre prese che corrispondono a tre stazioni . Guardo le finestre illuminate nelle case ; giù nel cortile una fila di carretti dei gelati che attendono d ' uscire l ' indomani . Sono a Mosca da dodici ore ; ci ho capito ancora poco . Case di legno vicino ai grattacieli , gente nerovestita che con questo freddo mangia gelati per le strade , vie piene di librerie e di farmacie , i negozi d ' alimentari con la roba finta in vetrina , case di otto piani che per allargar la strada vengono spostate la notte mentre gli abitanti dormono ... Ci capisco ancora poco . Martedì mattina Le grandi vie di Mosca piene d ' automobili d ' ogni forma e dimensione , dai Moskovic agli « Zis » , di autobus gialli e rossi , di camioncini dei panettieri e dei lattai , di tassì grigi con la striscia a scacchi bianchi e neri . Le auto di proprietà privata si distinguono dalla targa ; perché dopo 1'«M» ( Mosca ) hanno una « I » ( individuale ) . Le auto sovietiche non hanno nulla da invidiare alle americane , in quanto a lusso e modernità di linea . Ma direi che hanno l ' aria meno tronfia . Forse è che in queste strade il vero padrone è il pedone , non l ' automobilista . Le regole di circolazione - mi spiegano - sono molto severe per le auto . Per i pedoni no , mi sembra , visto che attraversano col semaforo rosso e le auto si guardano bene dall ' andar loro addosso . Mi spiegano che qui aver la patente è una faccenda seria . L ' esame è severissimo ; e quando uno l ' ha ottenuta deve stare attento a non perderla . La patente ha tre fogli ; se uno ha un incidente gli ritirano il primo ; se ha un altro incidente il secondo , al terzo perde la patente . In mezzo alla via c ' è sempre un corridoio delimitato da strisce bianche che le auto non possono attraversare . In autobus , ci sembra di esser partiti da un bel po ' , quando ci ritroviamo di fronte all ' albergo ; per passare dall ' altra parte della via , abbiamo dovuto fare tutto un giro . Ogni mattina passa un ' autospazzolatrice a spolverare con lo spazzolone rotante i segnali bianchi sull ' asfalto . Ore 12,30 Sono sui monti Lenin ( la collina dei Passeri , di napoleonica memoria ) . È una bella giornata ; a Mosca pare non ci sia quasi mai nebbia , la vista è appena appannata in lontananza dall ' aria umida autunnale . Già vedo la Moscova color d ' acciaio e al di là , estendersi Mosca . I quartieri più vicini sono di legno , a un piano , casette , baracche , piccole officine ( segherie , autorimesse ) e , proprio accanto quartieri di grandi palazzi nuovi , dall ' aspetto sontuoso e lustro ; e così è tutta la città sterminata ; una scacchiera di vecchio e nuovo , d ' alto e di basso , di zone in costruzione e di zone in demolizione . In mezzo a tutto spuntano le ciminiere delle fabbriche , e , smisuratamente alti , i grattacieli . A star qui penso si possa vedere Mosca trasformarsi sotto gli occhi . Anno per anno aree sterminate di casette a un piano scompaiono , e gli abitanti passano nei grandi isolati in muratura che hanno visto spuntare giorno per giorno lì vicino . Comincio a capire come va guardata l 'U.R.S.S.: come un mondo che non sta mai fermo e di cui non puoi mai dire : « è così » , perché sempre vedi insieme com ' era e come sta diventando e come diventerà . Dietro di noi , solo solo , lì sui colli , il grattacielo più grande di tutti - 32 piani - quello dell ' Università , che , cominciato a costruire l ' anno scorso , sta già per essere finito . Con la sua bianchezza quasi d ' avorio , ( io ricordo le città del duemila nelle figure dei libri da ragazzo ) , ha un ' aria un po ' irreale e fuori del tempo , come un anticipo di età ancora da venire . Invece è già tutto fissato nel piano di ricostruzione : attorno all ' Università , su questi colli , sorgerà un nuovo quartiere di Mosca , tutto marmoreo e verde . Sempre sui monti Lenin . Due ragazzetti se ne scendono per un sentiero con gli sci sulle spalle . Vanno a sciare sull ' erba . Mi sento tutt ' a un tratto molto allegro . Queste casette di legno non sono mica brutte , però . Ci sono tra loro anche molte villette civettuole , con la veranda davanti , con cornici di legno traforato alle finestre . Sul davanzale , tra i doppi vetri - ma questo quasi sempre , in tutte - piante da fiore in vaso . Qualcosa tra lo châlet e il cottage ; dello châlet hanno l ' aria nordica e nevosa , mentre il giardinetto intorno , cintato da un basso steccato , accentua il ricordo anglosassone . Ma ecco che a poco a poco mi vengono in mente riferimenti di vecchia Russia , specie nei punti di Mosca più rustici e paesani : una suggestione di atmosfere alla Gorki . Ed è pure da tetti di casette come queste che prendono il volo gli evasivi folletti di Chagall . Sorprendo in me stesso un nostalgico attaccamento alle casette di legno . Ecco che mi scopro reazionario ; ecco che preferisco il vecchio al nuovo , ecco in me stesso i peggiori vizi del turista che cerca solo il « pittoresco » ; ecco che mi dispiace che le casette a un piano scompaiano e cedano il posto ai palazzi in muratura . Ritrovo un punto d ' equilibrio pensando all ' amore dei sovietici per tutto quello che è tradizione russa popolare ; se c ' è un paese « conservatore » in senso positivo , cioè non insensatamente distruggitore , è questo . Certo gli orgogliosi palazzi di ferro e di cemento armato non segneranno la fine della sommessa , familiare gaiezza della Russia dalle finestrelle traforate e dai fori sul davanzale .
UNA SERA MOSCOVITA ( Calvino Italo , 1952 )
StampaQuotidiana ,
Ore 18 . Un giro al metrò . Vedremo solo quattro o cinque stazioni d ' una linea , perché adesso comincia allo stadio una partita importante ( qui giocano anche i giorni feriali , di pomeriggio tardi sul campo illuminato ) , e nelle stazioni ci sarà troppa ressa per compiere una visita di delegazione . Nella pianta del metrò sono tracciate non solo le varie linee in funzione , ma anche , in colore diverso , le linee che saranno terminate di qui a un anno o cinque anni . I sovietici vivono sempre proiettati per metà nel futuro ; ognuno oltre a quello che ha , dispone di beni - pubblici o privati - ancora da costruire , ma che sa certamente che verranno . Un tapis - roulant lunghissimo ci trasporta in luminosi abissi sotterranei . ( Accanto a noi , sull ' altro tapis - roulant che sale , c ' è molta gente che legge , anche libri ) . Sto entrando nella città del duemila ? Alle composite e luccicanti architetture che mi si parano dinanzi , direi piuttosto d ' essere a Ninive , a Babilonia , a Atlantide . Fuori dal tempo , certo . Perciò mi è difficile dare un giudizio , abituato come sono alla classificazione storicistica degli stili , dei gusti , delle mode . E non è fuori del tempo anche lo squallido e amichevole metrò di Parigi ? Ma con quello trovo subito il rapporto ironico e affettuoso che si ha con le vecchie cose pratiche e fin troppo familiari : qui , attraverso queste stazioni ognuna diversa dall ' altra , in questo spiegamento di opulenza , di materiali e di varietà di gusti , mi aggiro spaesato . Al teatro Bolsciòi . Ivan Susanin di Glinka . Questa , da noi , si direbbe un ' opera statica , senza azione , con poca « scena » . Qui , proprio come spettacolo , è una cosa da starla a guardare a bocca aperta da principio alla fine , e si vorrebbe avere dieci occhi per non perdere nessun particolare . Il secondo atto è un ballo a corte : tutto un ' invenzione , sulla trama musicale , di movimenti e figure di balletto , di caratterizzazioni di personaggi , di caricatura e di dramma . Il balletto non è un ornamento per il teatro lirico russo , ma è il fondamento stesso dello spettacolo . Messinscena e costumi sono ricchi e curatissimi , con una attenzione speciale - mi sembra - alla precisione della ricostruzione storica , più che allo « stile » . Ma nell ' epilogo , alla musica tutta metallica e vibrata corrisponde la coreografia tutta brevi lampeggiamenti e scintillii di corazze e di elmi . Gli italiani come me che non capiscono niente di musica non dovrebbero mai andare all ' estero , pena il far brutte figure tutti i momenti . V . Stepanovic è appassionatissimo di musica , invece , e vorrebbe discutere ; io non posso che trincerarmi dietro la mia ignoranza . V . mi parla di certi giovani compositori sovietici a parer suo interessantissimi . I pareri di V . sulla musica classica e moderna sono dissimili da quelli più noti della critica sovietica , ma lui è sempre caloroso e vivace . V . è studioso di storia e diritto internazionale , e parla un ottimo francese . Sua moglie è una violoncellista assai nota e ora è in Georgia per una serie di concerti . Unità della cultura russa . L ' Ivan Susanin di Glinka è un ' opera dell ' Ottocento d ' ispirazione fondamentalmente politica e popolare . Rientra perpetuamente nei criteri dell ' arte sovietica d ' oggi . Tra lo spirito di Glinka e quello degli artisti sovietici non c ' è un salto : rientrano entrambi in una stessa linea . L ' ispirazione politica è uno dei principali filoni della tradizione culturale russa . Per quanto lo spettacolo mi attragga moltissimo , alle volte mi sorprendo con lo sguardo rivolto al pubblico . È un pubblico ben diverso da tutti gli altri , come la gente per le strade ; e difficile da definire sinteticamente , perché è fatto di centomila tipi . Forse chi dà il tono sono queste ragazze non dipinte , molte con le trecce , con le camicette di seta artificiale bianche o a fiorellini , coi vestitucci di lana ; ma questo è ancora dir niente perché si potrebbe pensare che abbiano un ' aria bigotta , o puritana , o noiosa , o provinciale : invece sono tipi svegli e attentissimi , sguardi trepidi e pur semplici ; un ' aria da studentesse d ' altri tempi ; un ' aria insieme intellettuale e campagnola ; e , naturalmente , un ' aria russa . Questo tipo tra l ' intellettuale e il campagnolo si ritrova anche tra i giovanotti , - in molti degli operai - in certi tipi biondi dalle spalle spesse , con un loro modo di pettinarsi , di portare la giacca a doppio petto , il colletto della camicia ; spesso ineleganti ma tutti misura e compostezza . Mica che tutti siano così , però : tutt ' altro . Di classici tipi dell ' « intellighenzia » russa se ne vedono parecchi , specie tra le donne , altere e occhialute . Nella stessa fila di poltrone puoi vedere una signora vestita con cura e distinzione e semplice buon gusto , un uomo col giubbotto con le cerniere lampo che certo è uscito di fabbrica mezz ' ora fa , una donnona dipinta con l ' abito da sera e i gioielli ( che però non ha affatto l ' aria di appartenere a una nuova borghesia , come dicono certi giornalisti , ma l ' aspetto d ' una brava lavoratrice dalle ambizioni un po ' ingenue ) , un vecchietto alla Cecov in colletto duro e con una decorazione all ' occhiello . Nessuno - questo è il punto - ha l ' aria di sentirsi a disagio rispetto agli altri ; né perché è vestito troppo male né perché è vestito troppo bene . Ecco che vengo precisando quell ' impressione di « uguaglianza » che ho avvertito ieri : « uguaglianza » vuol dire sentirsi sempre a proprio agio , di fronte a chicchessia . Incontrandosi , prendendo posto nella propria poltrona , si trattano con cordialità e cortesia , pur non conoscendosi ; e sempre si rivolgono l ' un l ' altro - uomini e donne - col tovàric ( compagno ) .
BAMBINE E CONIGLI ( Calvino Italo , 1952 )
StampaQuotidiana ,
Mosca , mercoledì mattina - Un grande tappeto dell ' Azerbaigian ci dà il benvenuto nella mostra dei doni a Stalin per il suo 70° compleanno . Il vederlo mi rallegra perché 1'Azerbaigian è la repubblica sovietica extra - europea che la nostra delegazione ha in programma di visitare , e il tappeto mi schiude un mondo orientale ricco e fascinoso . Nel tappeto i tradizionali disegni arabescati incorniciano scenette colorate sull ' attività rivoluzionaria di Stalin nel Caucaso , e vedute dell ' Azerbaigian . I quadretti sono 70 , i colori sono 70 , il tappeto è stato tessuto da 70 artigiani , non so più cosa ancora sono 70 , per ricordare il 70° compleanno . I doni giunti da tutto il mondo sono raccolti in questo museo di Mosca ; e a chi si reca in U.R.S.S. per la prima volta consiglio di dedicargli una delle prime visite , particolarmente alle molte sale dei doni sovietici . Perché si tratta di un museo d ' artigianato di tutte le Repubbliche dell ' Unione , con gli oggetti più vari , pittoreschi e preziosi di ogni paese , e mi sembra che possa servire da chiave per rendersi conto del terreno popolare e artigiano in cui la cultura sovietica , l ' arte , il gusto dei sovietici affondano le radici ; e per scoprire il legame con la tradizione e il folklore , del loro amore per tutto ciò che è ricco ed esuberante . Molti di questi oggetti di minuta e doviziosa oreficeria , di queste ornatissime ceramiche , di questi sfavillanti arazzi , vengono da lontani colcos , dove pazienti artigiani sono mantenuti a spese della collettività perché abbelliscano con le loro opere le case e perpetuino antiche tradizioni . Le forze stilistiche locali sono predominanti ; ma pure l ' intrusione di componenti stilistiche diverse , come il realismo fotografico delle effigi di Stalin ( che talvolta , invece , sono più felicemente assimilate allo stile nazionale ) , non è che un nuovo elemento di quel gusto per il composito , lo straricco che caratterizza questa produzione . Il piacere dell ' abilità artigiana , della tecnica minuziosa , del « bel lavoro » , domina questi regali ; prove di bravura in onore di Stalin , piene d ' orgoglio personale e regionale , fieri omaggi al proprio capo . E , insieme , c ' è l ' amore per i bei materiali , i metalli preziosi , più fini , le belle pietre , i bei legni , una gioia tutta naturale e terrestre a provare le proprie capacità di lavoro sul materiale migliore , a confrontare le virtù umane sulle virtù delle cose . ( Ecco , che questa sia la via per avvicinarmi a intendere lo spirito delle architetture del metrò ? ) Questo amore per il contatto manuale con le cose della natura si nota anche nel gran numero di ritratti di Stalin , fatti nei colcos delle varie repubbliche coi materiali più strani : di stoffa , di seta , di cotone , di grani di tabacco , di cereali di varietà diverse , di semi di diverse piante , di pezzi di legno rosso , e perfino di foglie secche e di penne d ' uccelli . Ricordo , tra le tante sale dei paesi stranieri , quella della Cina . Raffigurato sulle sete , sui paramenti , sulle porcellane , c ' è sempre la figura di un vegliardo dall ' aria astuta , basso , calvo , con una lunga barba bianca e una bozza in fronte . È un personaggio popolare cinese , e simboleggia la longevità ; la prominenza sulla fronte è simbolo di saggezza . Pomeriggio Visita alla stazione sperimentale dei piccoli naturalisti . Siamo alla periferia di Mosca , tra il verde . Nella casetta della direzione , tra piante in vaso e animali impagliati , ci riceve la direttrice Macorina . I ragazzi delle scuole di questa parte di Mosca , iscritti al circolo dei pionieri naturalisti , frequentano la stazione nei pomeriggi liberi . Si aggregano ai vari laboratori : di frutticoltura , di cerealicoltura , di giardinaggio , di botanica , di zoologia , di zootecnica . I temi degli esperimenti li propone la direzione , ma anche alle volte l ' Orto Botanico dell ' Università o l ' Accademia delle Scienze . Lysenko in persona ha assegnato degli esperimenti ai pionieri . I piccoli naturalisti hanno le loro feste tradizionali ; il giorno degli uccelli , la settimana dei giardini , ogni anno le feste del raccolto , e pure d ' estate le feste dei fiori . Ogni estate fanno un viaggio di esplorazione : quest ' anno sono stati al monte Altai . Giriamo per il campo . In fondo a un ' aiuola , tra i fiori , c ' è un busto di Miciurin , questo favoloso nonnino con la barbetta e il cappellone . Intervistiamo un ragazzetto , caposquadra dei frutticoltori ; ci parla del metodo della loro piantagione , peri e ciliegi alternati in ogni filare , tra due filari una fila di cespugli di rubus . Ha l ' aria di chi sa il fatto suo ; è appena appena intimidito dalla presenza di venti forestieri che lo stanno a sentire ; si sente in lui una punta d ' orgoglio d ' avere degli argomenti in cui la sa più lunga di tutti i profani . Comincia a far buio ; tra le aiuole e i vivai passa una squadra di ragazzette ; sono quelle che coltivano il rubus ; ora hanno finito il loro lavoro e se ne vanno . Qualcuna ha il fazzoletto rosso dei pionieri attorno al collo ; molte hanno le trecce , le calze lunghe di lana . Ci guardano coi loro grandi e chiari occhi russi , curiose ma solo un poco , allegre , attente e imperturbabili . Sento come non mai di trovarmi in un mondo che va avanti con un suo ritmo naturale , lontanissimo dal nostro mondo inquieto . Passiamo in rassegna le serre , il laboratorio d ' orticoltura in cui ci mostrano pomodori di tutte le forme : a cuore , a cubo , a piramide , a biglia . Ci dicono che « la coltivazione più amata è il pomodoro » e il mio cuore di ligure gioisce . La serra delle piante ornamentali mi riporta una ventata di sensazioni della mia infanzia rivierasca ; ma là non riuscivo a collegare quei quieti e tranquilli paradisi vegetali e scientifici col resto del mondo intorno ; qui invece le stesse cose sono all ' apice di tutta una società , una civiltà . Fiancheggiamo un piccolo zoo di ragazzi con volpi e lontre , ed eccoci tra gli allevamenti dei conigli . Le piccole allevatrici ci si fanno attorno : sono scolarette di otto o nove anni . La direttrice apre qualche gabbia , per farci vedere le bestie . Una bambina corre via , apre una gabbia , ritorna con un coniglio dal lungo pelo bianco tra le braccia . Un ' altra la imita e torna anche lei con un coniglio pezzato , grosso che quasi non ce la fa a portarlo . Continuano ad arrivarci intorno bambine che ci porgono conigli sempre più grossi da carezzare ; è quasi buio , la sera d ' ottobre non è fredda , la periferia moscovita ha odore di campagna , sui rumori smorzati si alza il sibilo dei treni , e questo vialetto che fiancheggia le piccole gabbie è pieno di bambine e di conigli . Si chiude la giornata col cinema in rilievo . I film stereoscopici vengono proiettati in sale speciali , e d ' essi c ' è ormai una produzione regolare , sebbene il procedimento sia ancora considerato dai sovietici alla fase sperimentale . Siccome nei cinema moscoviti si entra solo all ' inizio di ogni spettacolo , attendiamo nel ridotto del cinema . Molti sovietici aspettano come noi , seduti intorno , e tutti leggono . C ' è un tavolo con giornali e riviste a disposizione degli spettatori in attesa . Gli spettacoli cinematografici a Mosca durano tutta la giornata ; il primo comincia il mattino alle 9,30; l ' ultimo alle 21,30 . Il cinema stereoscopico sovietico non richiede l ' uso di occhiali rossi e verdi come il tentativo americano di circa quindici anni fa . Bisogna trovare l ' inclinazione giusta con cui puntare lo sguardo sullo schermo multiplo , e non muoversi : e si vede il film a tre dimensioni . Il film ( a colori ) è Il sole nella steppa , tratto da un racconto di Pavlenko che avevo letto tempo fa su « Littérature sovietique » . La storia di un camionista che viene lasciato solo per una giornata in un colcos durante la trebbiatura . Il film punta molto sugli effetti stereoscopici ; getti di grano dalle trebbiatrici che sembra ti arrivino addosso , mannelli di spighe che volano nell ' immaginaria profondità dello schermo . Ma è un film che mi sembra riesca , per una via tutta sua , a creare un ' atmosfera , un colore generale da tanti colori disparati , una sua gioia poetica , o meglio prima naturale che poetica , al di fuori d ' ogni nostra suggestione stilistica . Questi colori di frutta , queste mele sulle quali con tanto piacere indugia la macchina da presa ( e la stereoscopia fa sì che i rami dei meli s ' allunghino , s ' allunghino nella sala , a portare í frutti quasi in bocca allo spettatore ) , ci introduce in un mondo che ha l ' ottimismo e l ' allegria dei cataloghi colorati delle ditte orticole . Ed il rilievo si dimostra già capace di nuovi risultati artistici , d ' una nuova poetica cinematografica tridimensionale , con tutti i possibili rapporti di prospettive e di risalto dei piani . Ne ho avuto la sensazione vedendo una scena di un bambino e una bambina che s ' incontrano muovendosi un po ' a zig - zag su diversi piani , tra rami di melo che incorniciano l ' inquadratura con successivi festoni . Dopo il film c ' è un documentario , pure in rilievo e a colori , sulla scuola degli artisti del circo sovietico . La scuola è in un giardino . Il film è tutto giochi e scherzi d ' acrobati , funamboli , giocolieri , animali ammaestrati , su fondali verdi fioriti di rosso . La stereoscopia ha da sbizzarrirsi quanto vuole ; ma a parte la novità tecnica , nel film c ' è uno spirito libero e allegro d ' amore perla destrezza fisica e per l ' aria aperta che mi trova molto consenziente . In conclusione quella d ' oggi è stata una giornata bellissima , tutta colori e natura . Doni a Stalin , pionieri naturalisti e film in rilievo : tre esperienze che si sono seguite in crescendo , completandosi l ' una con l ' altra in un unico quadro . Qui l ' amore per la natura non è un mito esaltato e confuso ( né un mito d ' evasione , né un mito di religione paganeggiante , né un mito astrattamente scientifico ) , è un amore nitido , minuto , quasi da pari a pari , e pur goduto in tutta la sua multiforme pienezza . La natura s ' apre come il campo d ' ogni azione umana , come l ' integrazione dell ' uomo , il suo specchio ideale . E l ' immagine della natura non ci raggiunge attraverso le trasfigurazioni stilistiche a noi consuete , ma per una via che forse ha più dell ' entusiasmo scientifico ( nel cinema , nel nuovo folklore dei pionieri ) , o attraverso ( nei doni ) la laboriosa soddisfazione artigiana . Tutti i colori visti oggi , vegetali e minerali , s ' integrano in una per me nuova immagine dell 'U.R.S.S., in una chiave per comprendere il paese che sto visitando .
IL MISTERO DELLE CODE ( Calvino Italo , 1952 )
StampaQuotidiana ,
Mosca , giovedì mattina - Andando per le vie del centro vedo una coda di gente ferma sui marciapiedi , davanti a un negozio . Più in là un ' altra . Un ' altra ancora . Chiedo spiegazioni agli interpreti . « Aspettano l ' apertura dei negozi - mi dicono . - Sempre così alla mattina , prima delle 11» . « Ah , capisco » , dico io , ma continuo a pensarci sopra e non sono soddisfatto . Già l ' avevo sentito dire in Italia , di code ai negozi di Mosca , ma pensavo alle solite bugie . Perché hanno bisogno di fare la coda ? Non manca mica la roba ... Non c ' è mica tesseramento ... E i negozi aprono alle 11 ? E perché questa gente delle code ha quest ' aria diversa , più rozza nel vestire , le donne col fazzoletto in testa ... ? Che cosa c ' è sotto ? Bisognerà che mi faccia spiegare meglio . Al Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Russa il vice - ministro Nicei ci spiega l ' ordinamento scolastico sovietico . L ' istruzione è il più importante fondamento della società sovietica e su questo argomento già molta documentazione è stata pubblicata in Italia ; quindi tralascio tutte le informazioni che abbiamo avuto ( e così farò per quelle di tutte le conferenze cui assisteremo ) perché questo taccuino è destinato ad annotazioni spicciole e individuali . Un particolare però voglio riferire : l ' insegnamento nelle scuole elementari inizia sempre con la lingua materna ( nella sola Repubblica Russa ci sono 48 lingue diverse ) ; dopo qualche anno , appresa bene la lingua materna , si impara la lingua nazionale . Dopo ancora ( per le repubbliche non russe ) la lingua russa . Ogni popolo adotta un diverso metodo di studio della lingua russa per facilitarlo in rapporto alla lingua madre . La conferenza si è svolta attorno a un tavolo imbandito di fruttiere con mele ed uva , e bevande d ' estratti di frutta . La sera al circo . Prima di andare leggo sull ' ultimo numero di « Littérature sovietique » un articolo di M . Doskoi sul circo sovietico . L ' articolo parla del circo come scuola di destrezza e di coraggio e non come divertimento a vedere gente che gioca con la propria vita . Difatti gli esercizi acrobatici vengono eseguiti sempre con le reti di sicurezza o ad altezze non considerevoli . Assisto molto volentieri allo spettacolo di stasera sebbene mi dicano che non è dei più grandiosi . I numeri asiatici sono tra i più attraenti : giocolieri mongoli , un prestigiatore cinese , una indovina coreana . È nelle tradizioni di destrezza delle Repubbliche e dei popoli amici che il circo sovietico attinge le sue forze migliori . Mi dicono che spesso nei circhi operano équipes di bravissimi cavalieri cosacchi . Tempo fa è stato a Mosca un gran circo cinese riscuotendo grande successo . ( E ho visto in giro manifesti di un film programmato adesso nei cinema di seconda visione , intitolato Circo cinese ) . Lo spettacolo è stato aperto da una poesia sulla pace e da una sfilata della pace di ragazze nei costumi di tutte le Repubbliche . L ' indovina coreana , bella ragazza , risolve con un trucco che non riesco a capire indovinelli culturali e finisce il numero recitando versi di Maiakovski e esaltando la pace . I clowns fanno la satira degli americani . Il pubblico è interessante : un po ' diverso da quello dell ' opera , più vario , ( una differenza insomma non sociale ma culturale ) : noto donne dipinte e un po ' civette , vecchietti dell ' Usbechistan con in testa la papalina bianca e nera , ragazzini , famigliole , donnette anziane con strani cappelli . Venerdì mattina Questa faccenda d ' uscire al mattino e di vedere la gente che aspetta fuori dai negozi non mi va giù . Mi rivolgo a V . Stepanovic che parla francese . « Dites - moi , V . Stepanovic , da noi in Italia le code vogliono dire guerra e miseria . Mi dovete spiegare come è possibile che ci siano code in Unione Sovietica » . « Nulla di più facile , » dice V . Stepanovic . « Alors , la maggior parte dei negozi e i grandi magazzini s ' aprono alle 11» . « Perché ? » « Perché devono restare aperti fino alle 20» . « Perché ? » « Perché la gente esce dal lavoro alle 19-19,30 e deve avere tempo di far le compere . Per stare aperti fino alle 20 i negozi devono aprire alle 11 , perché i commessi , come tutti i lavoratori sovietici , non possono lavorare più di otto ore al giorno . ( 11 più 8 più un ' ora di intervallo per mangiare fanno 20 ) » . « Allora perché i moscoviti hanno bisogno di far la coda davanti ai negozi chiusi ? » « Perché non sono moscoviti ! Li vedete ? Sono colcosiani . Non troverete mai un moscovita che vada a far compere a quest ' ora » . « E perché i moscoviti no e i colcosiani sì ? » « Alors , ogni mattino migliaia e migliaia di colcosiani vengono a Mosca a vendere i prodotti del colcos e i loro prodotti privati . In ognuno dei 26 rioni di Mosca c ' è un mercato colcosiano , aperto ogni mattino dalle 7 alle 9 . Dopo le nove , i colcosiani hanno venduto la loro roba , hanno i soldi in tasca e non gli resta che riprendere il treno per il loro colcos . Ma non tutti hanno il treno subito ; se il treno parte verso mezzogiorno hanno tempo di fare un giro e comprare qualcosa nei grandi magazzini del centro , vicino alle stazioni del metrò donde possono raggiungere subito la stazione ferroviaria , quand ' è l ' ora . Siccome vogliono sbrigarsi per prendere il treno , si mettono in coda per entrare nel negozio appena si apre . Alle undici i negozi s ' aprono e per mezz ' ora sono pieni di gente , e non vi consiglierei mai di fare le vostre compere a quell ' ora . Verso le undici e mezzo cominciano a vuotarsi ; i colcosiani carichi di pacchetti spariscono inghiottiti dalle stazioni del metrò . Nei negozi i moscoviti cominciano a farsi vedere verso mezzogiorno . C ' è di nuovo un po ' di ressa verso le due o le tre , quando gli uffici e le fabbriche interrompono il lavoro per il pranzo . Poi , verso le sei , le sette , di nuovo gran folla . La domenica folla tutto il giorno . I negozi stanno chiusi il lunedì , tranne i " Gastronom " e i tabacchini . Compris ? » « Io la organizzerei diversamente . Nei maggiori negozi , il personale dovrebbe avvicendarsi in due turni , in modo da stare aperti più a lungo » . « Già fatto . I grandi " Gastronom " , con due turni , stanno aperti fino alle 22 . Qui si usa molto fare la spesa alla sera , per l ' indomani » . « Un ' altra proposta . Fare dei negozi apposta per i colcosiani , aperti alla mattina » . « Già fatto . Intorno ai mercati ci sono i negozi apposta . Ma a loro piace sempre fare qualche compera nel centro , nei grandi magazzini , anche per utilizzare il tempo in cui aspettano il treno . C ' est clair ? » Chiarissimo . Cercavo di trovare una disorganizzazione , una magagna , invece tutto è semplice e naturale . Comincio a orizzontarmi nell ' orario quotidiano della vita sovietica , a riconoscere l ' aspetto della città nelle varie ore , ad avvicinarmi al loro ritmo .
BALLERINE PER TELEVISIONE ( Calvino Italo , 1952 )
StampaQuotidiana ,
Mosca , giovedì mattina - Visita alla « Giovane guardia » , casa editrice per la gioventù . Attorno a un tavolo coperto di libri e riviste dalle copertine colorate , il direttore ci illustra la produzione , gli intenti e l ' organizzazione della casa . Tra le riviste ce n ' è una che ho visto spesso nelle mani dei cittadini sovietici : « Intorno al mondo » , mensile di volgarizzazione scientifica e geografica fondato nel 1871; ora tira 105 mila esemplari . La copertina è incorniciata con l ' antico cliché della testata , che con quell ' aria alla Giulio Verne ben s ' addice al limpido entusiasmo scientifico dei sovietici . Ci sono delle riviste per la gioventù della campagna : « Il giovane colcosiano » ( che ogni anno regala ai suoi abbonati le opere complete di un poeta in edizione rilegata : Puskin , Lermontov , quest ' anno Maiakovski in sei volumi ) , « Bambini amici » , mensile per gli scolari di villaggio . Tra le edizioni sportive ci sono anche libri e opuscoli per gli sportivi colcosiani . Tra i libri per i « pionieri » c ' è il Libro per le vacanze in città perché mentre i « pionieri » delle città vanno a passare le vacanze fuori , per i ragazzi dei colcos vengono organizzati d ' estate soggiorni nelle città , perché prendano contatto con la realtà cittadina . Vedo diverse riviste tecnico - scientifiche per giovani e ragazzi : « Tecnica della gioventù » , mensile , che tira 150 mila copie ; « Inventore di giochi » , per i giochi tecnici . Tra le collane di libri , noto i lindi volumetti della collana di biografie di uomini illustri fondata da Gorki nel 1935 . Gli ultimi volumi riguardano Cechov , il chimico Mendelejev e Petofi . Ci fu un Garibaldi , prima della guerra , che tirò 50 mila copie e ora è in ristampa ; tra poco uscirà un Dante e un Goldoni . È noto l ' amore dei sovietici per Goldoni , di cui sono tradotte le opere complete e che viene rappresentato più spesso che in Italia . Vedo una delle ultime edizioni ( 1949 ) di commedie scelte di Goldoni ; comprende dieci lavori tradotti dal decano dei goldonisti sovietici : A.K. Givelegov . Sono quasi tutte commedie tra le più famose ( con in testa l ' Arlecchino servo di due padroni , che i russi amano molto e recitano spessissimo ) , e c ' è pure un titolo meno noto da noi , Il feudatario . Il libro italiano più letto in Unione Sovietica è un romanzo dell ' Ottocento : Spartaco , di Raffaele Giovagnoli ; qui è un libro di gran lettura popolare , tradotto in tutte le lingue . Tra i libri più recenti , L ' Agnese va a morire , di Renata Viganò ( intitolato qui Tovàric Agnese ) , è pubblicato da diverse case e tradotto in diverse lingue . « Moskovic » vuol dire moscovita , ed è il nome dell ' automobile utilitaria , molto diffusa in tutta l 'U.R.S.S . tra gli ingegneri , i professori , i medici , i tecnici e anche tra i colcosiani e gli operai migliori ( costa circa cinque volte il guadagno mensile di un operaio ) . È a sei posti , più lunga della nostra «1100» . Visitiamo la fabbrica delle « Moskovic » , uno stabilimento di ottomila operai . Ci riceve il direttore Jakovliev , un tipo grande e grosso , figlio di operai , ex scaricatore che ha studiato fino a diventare ingegnere . Nel cortile della fabbrica ci sono aiuole verdi , e tra una pianta e l ' altra , portaritratti in ferro con le fotografie degli stakanovisti . Parliamo con una stakanovista , una ragazza di ventun anni , Julia Skobileva . È una che aveva studiato per sarta , poi non le piaceva più farla sarta ed era venuta a lavorare in questa fabbrica . ( Nella gioventù sovietica spesso si nota questa volontà quasi ostentata di saper decidere del proprio avvenire , scegliere una vocazione e portarla a compimento , o migliorarla , o cambiarla ) . Era entrata in fabbrica senza qualifica , aveva cominciato da apprendista , poi aveva fatto vari corsi da stakanovista ed ora lavora con una squadra che applica i metodi tecnici più perfezionati e supera il piano del 250% . La sera va a scuola e vuol continuare a studiare . Nei reparti , il grigiore degli ambienti è fiorito di tabelloni , di giornali murali , di scritte in cui domina il rosso : diagrammi di successi nella produzione , cartelloni che insegnano a curare le macchine , fotografie , caricature . Pomeriggio alla Galleria Tretiakoff , il maggior museo di pittura russa . Un guardaroba che sembra un grande magazzino , già in parte pieno zeppo . Le sale sono affollatissime , e non solo di scolaresche , ma di fiumi di gente qualsiasi , sparse o a gruppi col cicerone ( che è quasi sempre una donna ) . Alla Tretiakoff L ' Ottocento russo meriterebbe d ' essere più conosciuto da noi . È in gran parte pittura « narrativa » , ma con personalità di pittori tutt ' altro che trascurabili ; è una pittura che visse di rincalzo alla grande letteratura russa , e spesso nei contenuti vi si richiama esplicitamente . I sovietici amano attribuire al loro Ottocento pittorico l ' importanza classica e normativa che ha il loro Ottocento letterario ; da ciò la differenza delle loro valutazioni artistiche dalle nostre , che son modellate su di una prospettiva di secoli e di scuole più estesa . Con V . Stepanovic non riesco a far collimare mai i nostri gusti , e ci accaniamo in discussioni e confronti . Alla sera , balletto al Bolsciòi : La fiamma di Parigi , di Boris Asafiev , compositore sovietico morto anni fa . È un balletto sulla Rivoluzione francese , di gran presa drammatica sul pubblico , costruito con gran slancio d ' azione e di massa , ed eseguito pure con questo slancio , che può nascere solo a contatto di un pubblico popolare e nutrito di passione rivoluzionaria , per il quale il fervore romantico ottocentesco , come nell ' Italia di Verdi , sia ancora realtà . La messinscena , quanto mai ricca e curata nei particolari , tende all ' affresco storico . La protagonista è una tra le più giovani tra le stelle di prima grandezza della danza sovietica , Raìssa Strutchova , premio Stalin . Ma nel pubblico sono molti i fedeli di Marina Simeonova ( premio Stalin anch ' essa , più che quarantenne ) , e quando danzando sulla punta dei piedi appare , come comprimaria in una parte tutta virtuosismo , le fanno acclamazioni trionfali . Una macchina da presa della televisione trasmette lo spettacolo agli apparecchi di Mosca e dintorni . La televisione è già molto diffusa nelle città sovietiche , anche nelle famiglie . Ci sono apparecchi di televisione che costano meno degli apparecchi radio . Domenica mattina Visita al museo Lenin . In ogni sala s ' incrocia un via vai di comitive , soprattutto bambine delle scuole e soldati : bambine con le trecce e soldati rapati . I musei hanno in U.R.S.S. una funzione di primo piano nella cultura di massa : sono come libri che hanno per pagine lunghe distese di pareti , davanti alle quali sfilano milioni di lettori ; e le cognizioni s ' imprimono nella mente meglio che coi libri , perché i musei sono intesi non in mera funzione di raccolta di documenti e cimeli , ma in funzione didattica . Seguiamo la vita e l ' opera di Lenin attraverso fotografie , autografi , giornali , libri , frasi dai suoi scritti , ritratti , modelli delle sue abitazioni cospirative , dei suoi nascondigli , attraverso i suoi appunti delle sedute di battaglia contro i menscevichi , attraverso gli orari delle sue intensissime giornate di governo , i mobili del suo studiolo al Cremlino con l ' étager per i libri disegnato da lui ( è il mobile più semplice e pratico che ho visto finora in Unione Sovietica ) . C ' è in questa cura affettuosa e precisa a serbare e a valorizzare tutto ciò che di lui si possiede , un ' eco dello sgomento senza fine al pensiero che una testa come quella di Lenin abbia cessato di esistere . E mai popolo ha tributato a un suo intellettuale , a un suo capo un omaggio come questo , che non ha nulla della venerazione religiosa , ma è tutto determinato , storico , attento al procedimento del pensiero , all ' esempio pratico di lavoro . Non posso far a meno di pensare che se , per esempio , in Francia si fosse mai fatto qualcosa di simile per Rousseau , per Voltaire , il pensiero dell ' Occidente e la sua storia stessa avrebbero avuto un corso diverso , si sarebbero meglio difesi da tante involuzioni . Ma il segreto di questo attaccamento non sta soltanto nella coscienza storica del valore di Lenin ; sta anche nel fondo sentimentale , affettuoso del popolo russo : ho visto due vecchi contadini , arrivati alla sala dedicata alla morte di Lenin , tirar fuori il fazzoletto e asciugarsi le lacrime .
IL CONCERTO DELLE MARIONETTE ( Calvino Italo , 1952 )
StampaQuotidiana ,
Mosca , sabato - Oggi la « Isvestia » pubblica la nota tripartita all 'U.R.S.S . sul trattato di pace con l ' Italia , e la risposta sovietica . Entrambi i documenti sono integrali , riportati con scrupolo protocollare , uno dopo l ' altro , senza alcun commento . I giornali sovietici amano il documento ufficiale nudo e crudo , sia per la politica estera , sia per i risultati e gli impegni della produzione , sia per i discorsi politici ( anche di personalità estere : quelli di Togliatti , quelli di Nenni al Comitato della Pace ) che vengono riportati da principio alla fine in una fitta pagina . Visita all ' Istituto Superiore d ' Architettura . Studenti simpatici , allegri , mai stonati . Alcune ragazze veramente belle ( una robusta , castana , in maglione rosso , con le trecce intorno alla testa , ma l ' incomprensione delle lingue ci separa ) . Tra professori e studenti rapporti alla mano e perfettamente disinvolti . La sera al teatro delle marionette . Già nell ' atrio una esposizione di manifesti , tutti di gusto e di stile , mi dà subito l ' impressione che questo teatro di marionette sia su un livello artistico elevato . Siccome non è ancora l ' ora dello spettacolo , andiamo a fare un giro al museo del teatro . ( Comincio a capire che qui non c ' è istituzione , arte o attività che non abbia il suo museo ) . Il direttore del museo , un lindo vecchietto , ci guida tra figurine giavanesi del teatro delle ombre , marionette religiose indiane , cinesi , persiane , mascheroni indi del Canadà , dell ' isola di Ceylon , dei « nó » giapponesi ; poi marionette e burattini europei d ' ogni epoca e paese . ( La rappresentanza italiana è un po ' scarsa rispetto all ' importanza della nostra tradizione in materia ; si potrebbe consigliare una delle nostre future delegazioni di portare un bel dono di marionette e burattini italiani a questo museo ) . Poi la storia dei burattini russi ; sono ricordati tre grandi burattinai : Sedom del secolo XIX , Zaizef che morì nel '36 , e Odrassov , vivente e premio Stalin . Entriamo in sala ; cerco di fiutare subito il pubblico , di cercare differenze tra quello di un teatro e quello di un altro . Come il pubblico del circo m ' era sembrato un po ' più « popolano » , così questo , inaspettatamente mi sembra più fine ed elegante . Scorgo una giovane donna di singolare bellezza ed eleganza : è la prima « Anna Karenina » che vedo . ( Il tipo di ragazza sovietica più diffuso , per restare nelle caratterizzazioni tolstojane , si può avvicinare di più al personaggio di Kitty ) . Il teatro delle marionette di Mosca dà due spettacoli al giorno : uno al pomeriggio per bambini , con un repertorio di fiabe antiche e moderne ; e uno alla sera per gli adulti , dedicato alla satira . L ' idea dello spettacolo serale è venuta vedendo l ' entusiasmo con cui i grandi , con la scusa d ' accompagnare i bambini , seguivano gli spettacoli del pomeriggio : così si spiega un sobrio e disinvolto presentatore . Lo spettacolo di stasera - aggiunge - è intitolato Kukol konzert : concerto di marionette ; consisterà in una serie di caricature di numeri di concerto e di locale notturno , di quelli del tempo andato che ormai non si vedono più in U.R.S.S. , e di quelli che si vedono ancora spesso ma sono residui di un gusto superato . I fantocci di Mosca sono qualcosa d ' intermedio tra i burattini e le marionette italiani . Come í nostri burattini , sono comandati dal di sotto , ma non direttamente con la mano , bensì con fili e bacchette rigide , e in questo , come nelle loro dimensioni e nella minuta articolazione ( certuni muovono anche palpebre e labbra ) sono più simili alle marionette . Le gambe di solito restano nascoste ma ogni tanto possono alzare un piede e metterlo sulla ribalta . È una serie di numeri comicissimi d ' una caricatura finissima e spietata . C ' è il violoncellista romantico , il vecchio tenore sfiatato , la soprano tutta gorgheggi ( accompagnati da un ineffabile pianista miope , nella cui sintetica fisionomia c ' è mezzo secolo di letteratura russa , con tutte le idealizzazioni e le ironie sulla vecchia « intellighenzia » ) , c ' è ( tra « le cose che non vedrete mai più » ) un coro di zingare da caffè - concerto in un quadro di un grottesco gogolíano , pieno di semplicissime e inaspettate invenzioni mimiche , ci sono due enfatici ballerini di tango , ci sono un gruppo di cantanti sincopati all ' americana ( tipi anzianotti , ritinti , molto « attore russo » , molto cecoviani , con sgargianti giacche all ' americana e mimica tonta ) , c ' è la « domatrice di animali domestici » che alle bestie parla solo in francese , e c ' è pure la caricatura del poeta « d ' avanguardia » ( ma allora ce n ' è ancora ? ) : un giovanottone con la sciarpa attorno al collo e i capelli a spazzola che vuol leggere un suo poema epico - sociale , tutto incomprensibile . Ci sono perfino le marionette dei facchini del teatro , che portano avanti e indietro il pianoforte borbottando : due figure appena accennate , ma con una gran sapienza letteraria e umana dietro . Tutti questi pupazzi hanno facce caricaturali , di grande finezza psicologica , di gran gusto e gran stile . Più realisticamente caratterizzati dei pupazzi cecoslovacchi di Trnka che conoscevo attraverso il cinema , ma di sapore modernissimo come quelli . ( Qui siamo del tutto fuori del gusto ottocentesco ) . La tecnica con cui gesticolano e ballano e perfino muovono il viso è abilissima e di grande effetto comico . Dopo ogni numero i burattinai si presentano alla ribalta , ognuno con in mano il proprio fantoccio ; sono tutti tipi simpatici , anche le donne , in pantaloni blu e camicetta bianca , prosperose ed entusiaste . Mi sembra che questi delle marionette siano proprio i tipi d ' artista che ho sempre sperato d ' incontrare in U.R.S.S. Uomini di punta politicamente , con la loro satira di costume che non è una trasposizione meccanica delle polemiche anticosmopolite pubblicate sui giornali sovietici , ma studia ed esprime con sottile capacità di penetrazione aspetti di cattivo gusto , di stonature coi tempi , di povertà umana . Uomini di punta come abilità tecnica , sempre sostenuta da una calda passione per il proprio lavoro , per il proprio mezzo d ' espressione . Di punta artisticamente , perché hanno raggiunto una forma popolare e tradizionale senza ricalcare modelli del passato . E poi , soprattutto , sono gente simpatica e soddisfatta : dal presentatore alle prosperose burattinaie , al vecchio del museo . La sera , specialmente sabato e domenica , all ' Hôtel Mosca c ' è pieno di moscoviti che cenano . Vengono a cena dalle dieci in poi , e anche più tardi , dopo gli spettacoli ( perché a Mosca tutto l ' orario è spostato verso il tardi , si va in fabbrica o in ufficio alle nove e mezzo - dieci del mattino , l ' intervallo per il pranzo è dalle tre alle quattro , si esce dal lavoro alle sei e mezzo - sette ) . Nella gran sala da pranzo del « Mosca » dalle colonne di marmo , suona una orchestrina e le coppie ballano . C ' è al solito gente di tutti i generi , sposini , famigliole , gruppi d ' amici nerovestiti dall ' aspetto di operai , ufficiali con donnone dall ' aria campagnola in vestito da sera . Stasera c ' è una nuova cantante molto graziosa , una soffice bionda , dall ' espressione semplice e sorridente , con una civetteria appena accennata che è un calcolo sopraffino o è il segno di un ' anima bella . Il ballo preferito dai sovietici è il valzer , e il programma dell ' orchestrina è costituito di valzer circa per metà , poi tanghi , fox , ma mai cose troppo spinte . C ' è un ambiente molto alla buona , pur nello sfarzo dell ' ambiente , dell ' illuminazione e delle copiosissime vivande ; e anche i ballerini meno abili si cimentano come fossero in famiglia . Basta poi che l ' orchestrina attacchi una polka o qualche vecchia danza russa , perché nasca una spontaneità e un ' allegria generale , cessi ogni impaccio , tutti i ballerini si trovino più a loro agio che mai e rivelino la loro vera essenza : la natura popolare e sempre legata alla terra della gente sovietica .