CUORE ( DE_AMICIS EDMONDO , 1886 )
Narrativa ,
ÿþQuesto
libro
è
particolarmente
dedicato
ai
ragazzi
delle
scuole
elementari
,
i
quali
sono
tra
i
nove
e
i
tredici
anni
,
e
si
potrebbe
intitolare
:
Storia
d
'
un
anno
scolastico
,
scritta
da
un
alunno
di
terza
d
'
una
scuola
municipale
d
'
Italia
.
-
Dicendo
scritta
da
un
alunno
di
terza
,
non
voglio
dire
che
l
'
abbia
scritta
propriamente
lui
,
tal
qual
è
stampata
.
Egli
notava
man
mano
in
un
quaderno
,
come
sapeva
,
quello
che
aveva
visto
,
sentito
,
pensato
,
nella
scuola
e
fuori
;
e
suo
padre
,
in
fin
d
'
anno
,
scrisse
queste
pagine
su
quelle
note
,
studiandosi
di
non
alterare
il
pensiero
,
e
di
conservare
,
quanto
fosse
possibile
,
le
parole
del
figliuolo
.
Il
quale
poi
,
quattro
anni
dopo
,
essendo
già
nel
Ginnasio
,
rilesse
il
manoscritto
e
v
'
aggiunse
qualcosa
di
suo
,
valendosi
della
memoria
ancor
fresca
delle
persone
e
delle
cose
.
Ora
leggete
questo
libro
,
ragazzi
:
io
spero
che
ne
sarete
contenti
e
che
vi
farà
del
bene
.
OTTOBRE
Il
primo
giorno
di
scuola
17
,
lunedì
Oggi
primo
giorno
di
scuola
.
Passarono
come
un
sogno
quei
tre
mesi
di
vacanza
in
campagna
!
Mia
madre
mi
condusse
questa
mattina
alla
Sezione
Baretti
a
farmi
inscrivere
per
la
terza
elementare
:
io
pensavo
alla
campagna
e
andavo
di
mala
voglia
.
Tutte
le
strade
brulicavano
di
ragazzi
;
le
due
botteghe
di
libraio
erano
affollate
di
padri
e
di
madri
che
compravano
zaini
,
cartelle
e
quaderni
,
e
davanti
alla
scuola
s
'
accalcava
tanta
gente
che
il
bidello
e
la
guardia
civica
duravan
fatica
a
tenere
sgombra
la
porta
.
Vicino
alla
porta
,
mi
sentii
toccare
una
spalla
:
era
il
mio
maestro
della
seconda
,
sempre
allegro
,
coi
suoi
capelli
rossi
arruffati
,
che
mi
disse
:
-
Dunque
,
Enrico
,
siamo
separati
per
sempre
?
-
Io
lo
sapevo
bene
;
eppure
mi
fecero
pena
quelle
parole
.
Entrammo
a
stento
.
Signore
,
signori
,
donne
del
popolo
,
operai
,
ufficiali
,
nonne
,
serve
,
tutti
coi
ragazzi
per
una
mano
e
i
libretti
di
promozione
nell
'
altra
,
empivan
la
stanza
d
'
entrata
e
le
scale
,
facendo
un
ronzio
che
pareva
d
'
entrare
in
un
teatro
.
Lo
rividi
con
piacere
quel
grande
camerone
a
terreno
,
con
le
porte
delle
sette
classi
,
dove
passai
per
tre
anni
quasi
tutti
i
giorni
.
C
'
era
folla
,
le
maestre
andavano
e
venivano
.
La
mia
maestra
della
prima
superiore
mi
salutò
di
sulla
porta
della
classe
e
mi
disse
:
-
Enrico
,
tu
vai
al
piano
di
sopra
,
quest
'
anno
;
non
ti
vedrò
nemmen
più
passare
!
-
e
mi
guardò
con
tristezza
.
Il
Direttore
aveva
intorno
delle
donne
tutte
affannate
perché
non
c
'
era
più
posto
per
i
loro
figliuoli
,
e
mi
parve
ch
'
egli
avesse
la
barba
un
poco
più
bianca
che
l
'
anno
passato
.
Trovai
dei
ragazzi
cresciuti
,
ingrassati
.
Al
pian
terreno
,
dove
s
'
eran
già
fatte
le
ripartizioni
,
c
'
erano
dei
bambini
delle
prime
inferiori
che
non
volevano
entrare
nella
classe
e
s
'
impuntavano
come
somarelli
,
bisognava
che
li
tirassero
dentro
a
forza
;
e
alcuni
scappavano
dai
banchi
;
altri
,
al
veder
andar
via
i
parenti
,
si
mettevano
a
piangere
,
e
questi
dovevan
tornare
indietro
a
consolarli
o
a
ripigliarseli
,
e
le
maestre
si
disperavano
.
Il
mio
piccolo
fratello
fu
messo
nella
classe
della
maestra
Delcati
;
io
dal
maestro
Perboni
,
su
al
primo
piano
.
Alle
dieci
eravamo
tutti
in
classe
:
cinquantaquattro
:
appena
quindici
o
sedici
dei
miei
compagni
della
seconda
,
fra
i
quali
Derossi
,
quello
che
ha
sempre
il
primo
premio
.
Mi
parve
così
piccola
e
triste
la
scuola
pensando
ai
boschi
,
alle
montagne
dove
passai
l
'
estate
!
Anche
ripensavo
al
mio
maestro
di
seconda
,
così
buono
,
che
rideva
sempre
con
noi
,
e
piccolo
,
che
pareva
un
nostro
compagno
,
e
mi
rincresceva
di
non
vederlo
più
là
,
coi
suoi
capelli
rossi
arruffati
.
Il
nostro
maestro
è
alto
,
senza
barba
coi
capelli
grigi
e
lunghi
,
e
ha
una
ruga
diritta
sulla
fronte
;
ha
la
voce
grossa
,
e
ci
guarda
tutti
fisso
,
l
'
un
dopo
l
'
altro
,
come
per
leggerci
dentro
;
e
non
ride
mai
.
Io
dicevo
tra
me
:
-
Ecco
il
primo
giorno
.
Ancora
nove
mesi
.
Quanti
lavori
,
quanti
esami
mensili
,
quante
fatiche
!
-
Avevo
proprio
bisogno
di
trovar
mia
madre
all
'
uscita
e
corsi
a
baciarle
la
mano
.
Essa
mi
disse
:
-
Coraggio
Enrico
!
Studieremo
insieme
.
-
E
tornai
a
casa
contento
.
Ma
non
ho
più
il
mio
maestro
,
con
quel
sorriso
buono
e
allegro
,
e
non
mi
par
più
bella
come
prima
la
scuola
.
Il
nostro
maestro
18
,
martedì
Anche
il
mio
nuovo
maestro
mi
piace
,
dopo
questa
mattina
.
Durante
l
'
entrata
,
mentre
egli
era
già
seduto
al
suo
posto
,
s
'
affacciava
di
tanto
in
tanto
alla
porta
della
classe
qualcuno
dei
suoi
scolari
dell
'
anno
scorso
,
per
salutarlo
;
s
'
affacciavano
,
passando
,
e
lo
salutavano
:
-
Buongiorno
,
signor
maestro
.
-
Buon
giorno
,
signor
Perboni
;
-
alcuni
entravano
,
gli
toccavan
la
mano
e
scappavano
.
Si
vedeva
che
gli
volevan
bene
e
che
avrebbero
voluto
tornare
con
lui
.
Egli
rispondeva
:
-
Buon
giorno
,
-
stringeva
le
mani
che
gli
porgevano
;
ma
non
guardava
nessuno
,
ad
ogni
saluto
rimaneva
serio
,
con
la
sua
ruga
diritta
sulla
fronte
,
voltato
verso
la
finestra
,
e
guardava
il
tetto
della
casa
di
faccia
,
e
invece
di
rallegrarsi
di
quei
saluti
,
pareva
che
ne
soffrisse
.
Poi
guardava
noi
,
l
'
uno
dopo
l
'
altro
,
attento
.
Dettando
,
discese
a
passeggiare
in
mezzo
ai
banchi
,
e
visto
un
ragazzo
che
aveva
il
viso
tutto
rosso
di
bollicine
,
smise
di
dettare
,
gli
prese
il
viso
fra
le
mani
e
lo
guardò
;
poi
gli
domandò
che
cos
'
aveva
e
gli
posò
una
mano
sulla
fronte
per
sentir
s
'
era
calda
.
In
quel
mentre
,
un
ragazzo
dietro
di
lui
si
rizzò
sul
banco
e
si
mise
a
fare
la
marionetta
.
Egli
si
voltò
tutt
'
a
un
tratto
;
il
ragazzo
risedette
d
'
un
colpo
,
e
restò
lì
,
col
capo
basso
,
ad
aspettare
il
castigo
.
Il
maestro
gli
pose
una
mano
sul
capo
e
gli
disse
:
-
Non
lo
far
più
.
-
Nient
'
altro
.
Tornò
al
tavolino
e
finì
di
dettare
.
Finito
di
dettare
,
ci
guardò
un
momento
in
silenzio
;
poi
disse
adagio
adagio
,
con
la
sua
voce
grossa
,
ma
buona
:
-
Sentite
.
Abbiamo
un
anno
da
passare
insieme
.
Vediamo
di
passarlo
bene
.
Studiate
e
siate
buoni
.
Io
non
ho
famiglia
.
La
mia
famiglia
siete
voi
.
Avevo
ancora
mia
madre
l
'
anno
scorso
:
mi
è
morta
.
Son
rimasto
solo
.
Non
ho
più
che
voi
al
mondo
,
non
ho
più
altro
affetto
,
altro
pensiero
che
voi
.
Voi
dovete
essere
i
miei
figliuoli
.
Io
vi
voglio
bene
,
bisogna
che
vogliate
bene
a
me
.
Non
voglio
aver
da
punire
nessuno
.
Mostratemi
che
siete
ragazzi
di
cuore
;
la
nostra
scuola
sarà
una
famiglia
e
voi
sarete
la
mia
consolazione
e
la
mia
alterezza
.
Non
vi
domando
una
promessa
a
parole
;
son
certo
che
,
nel
vostro
cuore
,
m
'
avete
già
detto
di
sì
.
E
vi
ringrazio
.
-
In
quel
punto
entrò
il
bidello
a
dare
il
finis
.
Uscimmo
tutti
dai
banchi
zitti
zitti
.
Il
ragazzo
che
s
'
era
rizzato
sul
banco
s
'
accostò
al
maestro
,
e
gli
disse
con
voce
tremante
:
-
Signor
maestro
,
mi
perdoni
.
-
Il
maestro
lo
baciò
in
fronte
e
gli
disse
:
-
Va
'
,
figliuol
mio
.
Una
disgrazia
21
,
venerdì
L
'
anno
è
cominciato
con
una
disgrazia
.
Andando
alla
scuola
,
questa
mattina
,
io
ripetevo
a
mio
padre
quelle
parole
del
maestro
,
quando
vedemmo
la
strada
piena
di
gente
,
che
si
serrava
davanti
alla
porta
della
Sezione
.
Mio
padre
disse
subito
:
-
Una
disgrazia
!
L
'
anno
comincia
male
!
-
Entrammo
a
gran
fatica
.
Il
grande
camerone
era
affollato
di
parenti
e
di
ragazzi
,
che
i
maestri
non
riuscivano
a
tirar
nelle
classi
,
e
tutti
eran
rivolti
verso
la
stanza
del
Direttore
,
e
s
'
udiva
dire
:
-
Povero
ragazzo
!
Povero
Robetti
!
-
Al
disopra
delle
teste
,
in
fondo
alla
stanza
piena
di
gente
,
si
vedeva
l
'
elmetto
d
'
una
guardia
civica
e
la
testa
calva
del
Direttore
:
poi
entrò
un
signore
col
cappello
alto
,
e
tutti
dissero
:
-
È
il
medico
.
-
Mio
padre
domandò
a
un
maestro
:
-
Cos
'
è
stato
?
-
Gli
è
passata
la
ruota
sul
piede
,
-
rispose
.
-
Gli
ha
rotto
il
piede
,
-
disse
un
altro
.
Era
un
ragazzo
della
seconda
,
che
venendo
a
scuola
per
via
Dora
Grossa
e
vedendo
un
bimbo
della
prima
inferiore
,
sfuggito
a
sua
madre
,
cadere
in
mezzo
alla
strada
,
a
pochi
passi
da
un
omnibus
che
gli
veniva
addosso
,
era
accorso
arditamente
,
l
'
aveva
afferrato
e
messo
in
salvo
;
ma
non
essendo
stato
lesto
a
ritirare
il
piede
,
la
ruota
dell
'
omnibus
gli
era
passata
su
.
È
figliuolo
d
'
un
capitano
d
'
artiglieria
.
Mentre
ci
raccontavano
questo
,
una
signora
entrò
nel
camerone
come
una
pazza
,
rompendo
la
folla
:
era
la
madre
di
Robetti
,
che
avevan
mandato
a
chiamare
;
un
'
altra
signora
le
corse
incontro
,
e
le
gettò
le
braccia
al
collo
,
singhiozzando
:
era
la
madre
del
bambino
salvato
.
Tutt
'
e
due
si
slanciarono
nella
stanza
,
e
s
'
udì
un
grido
disperato
:
-
Oh
Giulio
mio
!
Bambino
mio
!
-
In
quel
momento
si
fermò
una
carrozza
davanti
alla
porta
,
e
poco
dopo
comparve
il
Direttore
col
ragazzo
in
braccio
,
che
appoggiava
il
capo
sulla
sua
spalla
,
col
viso
bianco
e
gli
occhi
chiusi
.
Tutti
stettero
zitti
:
si
sentivano
i
singhiozzi
della
madre
.
Il
Direttore
si
arrestò
un
momento
,
pallido
,
e
sollevò
un
poco
il
ragazzo
con
tutt
'
e
due
le
braccia
per
mostrarlo
alla
gente
.
E
allora
maestri
,
maestre
,
parenti
,
ragazzi
,
mormorarono
tutti
insieme
:
-
Bravo
,
Robetti
!
-
Bravo
,
povero
bambino
!
-
e
gli
mandavano
dei
baci
;
le
maestre
e
i
ragazzi
che
gli
erano
intorno
,
gli
baciaron
le
mani
e
le
braccia
.
Egli
aperse
gli
occhi
,
e
disse
:
-
La
mia
cartella
!
-
La
madre
del
piccino
salvato
gliela
mostrò
piangendo
e
gli
disse
:
-
Te
la
porto
io
,
caro
angiolo
,
te
la
porto
io
.
-
E
intanto
sorreggeva
la
madre
del
ferito
,
che
si
copriva
il
viso
con
le
mani
.
Uscirono
,
adagiarono
il
ragazzo
nella
carrozza
,
la
carrozza
partì
.
E
allora
rientrammo
tutti
nella
scuola
,
in
silenzio
.
Il
ragazzo
calabrese
22
,
sabato
Ieri
sera
,
mentre
il
maestro
ci
dava
notizie
del
povero
Robetti
,
che
dovrà
camminare
con
le
stampelle
,
entrò
il
Direttore
con
un
nuovo
iscritto
,
un
ragazzo
di
viso
molto
bruno
,
coi
capelli
neri
,
con
gli
occhi
grandi
e
neri
,
con
le
sopracciglia
folte
e
raggiunte
sulla
fronte
,
tutto
vestito
di
scuro
,
con
una
cintura
di
marocchino
nero
intorno
alla
vita
.
Il
Direttore
,
dopo
aver
parlato
nell
'
orecchio
al
maestro
,
se
ne
uscì
,
lasciandogli
accanto
il
ragazzo
,
che
guardava
noi
con
quegli
occhioni
neri
,
come
spaurito
.
Allora
il
maestro
gli
prese
una
mano
,
e
disse
alla
classe
:
-
Voi
dovete
essere
contenti
.
Oggi
entra
nella
scuola
un
piccolo
italiano
nato
a
Reggio
di
Calabria
,
a
più
di
cinquecento
miglia
di
qua
.
Vogliate
bene
al
vostro
fratello
venuto
di
lontano
.
Egli
è
nato
in
una
terra
gloriosa
,
che
diede
all
'
Italia
degli
uomini
illustri
,
e
le
dà
dei
forti
lavoratori
e
dei
bravi
soldati
;
in
una
delle
più
belle
terre
della
nostra
patria
,
dove
son
grandi
foreste
e
grandi
montagne
,
abitate
da
un
popolo
pieno
d
'
ingegno
,
di
coraggio
.
Vogliategli
bene
,
in
maniera
che
non
s
'
accorga
di
esser
lontano
dalla
città
dove
è
nato
;
fategli
vedere
che
un
ragazzo
italiano
,
in
qualunque
scuola
italiana
metta
il
piede
,
ci
trova
dei
fratelli
.
Detto
questo
s
'
alzò
e
segnò
sulla
carta
murale
d
'
Italia
il
punto
dov
'
è
Reggio
di
Calabria
.
Poi
chiamò
forte
:
-
Ernesto
Derossi
!
-
quello
che
ha
sempre
il
primo
premio
.
Derossi
s
'
alzò
.
-
Vieni
qua
,
-
disse
il
maestro
.
Derossi
uscì
dal
banco
e
s
'
andò
a
mettere
accanto
al
tavolino
,
in
faccia
al
calabrese
.
-
Come
primo
della
scuola
,
-
gli
disse
il
maestro
,
-
dà
l
'
abbraccio
del
benvenuto
,
in
nome
di
tutta
la
classe
,
al
nuovo
compagno
;
l
'
abbraccio
dei
figliuoli
del
Piemonte
al
figliuolo
della
Calabria
.
-
Derossi
abbracciò
il
calabrese
,
dicendo
con
la
sua
voce
chiara
:
-
Benvenuto
!
-
e
questi
baciò
lui
sulle
due
guancie
,
con
impeto
.
Tutti
batterono
le
mani
.
-
Silenzio
!
-
gridò
il
maestro
,
-
non
si
batton
le
mani
in
iscuola
!
-
Ma
si
vedeva
che
era
contento
.
Anche
il
calabrese
era
contento
.
Il
maestro
gli
assegnò
il
posto
e
lo
accompagnò
al
banco
.
Poi
disse
ancora
:
-
Ricordatevi
bene
di
quello
che
vi
dico
.
Perché
questo
fatto
potesse
accadere
,
che
un
ragazzo
calabrese
fosse
come
in
casa
sua
a
Torino
e
che
un
ragazzo
di
Torino
fosse
come
a
casa
propria
a
Reggio
di
Calabria
,
il
nostro
paese
lottò
per
cinquant
'
anni
e
trentamila
italiani
morirono
.
Voi
dovete
rispettarvi
,
amarvi
tutti
fra
voi
;
ma
chi
di
voi
offendesse
questo
compagno
perché
non
è
nato
nella
nostra
provincia
,
si
renderebbe
indegno
di
alzare
mai
più
gli
occhi
da
terra
quando
passa
una
bandiera
tricolore
.
-
Appena
il
calabrese
fu
seduto
al
posto
,
i
suoi
vicini
gli
regalarono
delle
penne
e
una
stampa
,
e
un
altro
ragazzo
,
dall
'
ultimo
banco
,
gli
mandò
un
francobollo
di
Svezia
.
I
miei
compagni
25
,
martedì
Il
ragazzo
che
mandò
il
francobollo
al
calabrese
è
quello
che
mi
piace
più
di
tutti
,
si
chiama
Garrone
,
è
il
più
grande
della
classe
ha
quasi
quattordici
anni
,
la
testa
grossa
,
le
spalle
larghe
;
è
buono
,
si
vede
quando
sorride
;
ma
pare
che
pensi
sempre
,
come
un
uomo
.
Ora
ne
conosco
già
molti
dei
miei
compagni
.
Un
altro
mi
piace
pure
,
che
ha
nome
Coretti
,
e
porta
una
maglia
color
cioccolata
e
un
berretto
di
pelo
di
gatto
:
sempre
allegro
,
figliuolo
d
'
un
rivenditore
di
legna
,
che
è
stato
soldato
nella
guerra
del
66
,
nel
quadrato
del
principe
Umberto
,
e
dicono
che
ha
tre
medaglie
.
C
'
è
il
piccolo
Nelli
,
un
povero
gobbino
,
gracile
e
col
viso
smunto
.
C
'
è
uno
molto
ben
vestito
,
che
si
leva
sempre
i
peluzzi
dai
panni
,
e
si
chiama
Votini
.
Nel
banco
davanti
al
mio
c
'
è
un
ragazzo
che
chiamano
il
muratorino
,
perché
suo
padre
è
muratore
;
una
faccia
tonda
come
una
mela
con
un
naso
a
pallottola
:
egli
ha
un
'
abilità
particolare
,
sa
fare
il
muso
di
lepre
,
e
tutti
gli
fanno
fare
il
muso
di
lepre
,
e
ridono
;
porta
un
piccolo
cappello
a
cencio
che
tiene
appallottolato
in
tasca
come
un
fazzoletto
.
Accanto
al
muratorino
c
'
è
Garoffi
,
un
coso
lungo
e
magro
col
naso
a
becco
di
civetta
e
gli
occhi
molto
piccoli
,
che
traffica
sempre
con
pennini
,
immagini
e
scatole
di
fiammiferi
,
e
si
scrive
la
lezione
sulle
unghie
,
per
leggerla
di
nascosto
.
C
'
è
poi
un
signorino
,
Carlo
Nobis
,
che
sembra
molto
superbo
,
ed
è
in
mezzo
a
due
ragazzi
che
mi
son
simpatici
:
il
figliuolo
d
'
un
fabbro
ferraio
,
insaccato
in
una
giacchetta
che
gli
arriva
al
ginocchio
,
pallido
che
par
malato
e
ha
sempre
l
'
aria
spaventata
e
non
ride
mai
;
e
uno
coi
capelli
rossi
,
che
ha
un
braccio
morto
,
e
lo
porta
appeso
al
collo
:
suo
padre
è
andato
in
America
e
sua
madre
va
attorno
a
vendere
erbaggi
.
È
anche
un
tipo
curioso
il
mio
vicino
di
sinistra
,
-
Stardi
,
-
piccolo
e
tozzo
,
senza
collo
,
un
grugnone
che
non
parla
con
nessuno
,
e
pare
che
capisca
poco
,
ma
sta
attento
al
maestro
senza
batter
palpebra
,
con
la
fronte
corrugata
e
coi
denti
stretti
:
e
se
lo
interrogano
quando
il
maestro
parla
,
la
prima
e
la
seconda
volta
non
risponde
,
la
terza
volta
tira
un
calcio
.
E
ha
daccanto
una
faccia
tosta
e
trista
,
uno
che
si
chiama
Franti
,
che
fu
già
espulso
da
un
'
altra
Sezione
.
Ci
sono
anche
due
fratelli
,
vestiti
eguali
,
che
si
somigliano
a
pennello
,
e
portano
tutti
e
due
un
cappello
alla
calabrese
,
con
una
penna
di
fagiano
.
Ma
il
più
bello
di
tutti
,
quello
che
ha
più
ingegno
,
che
sarà
il
primo
di
sicuro
anche
quest
'
anno
,
è
Derossi
;
e
il
maestro
,
che
l
'
ha
già
capito
lo
interroga
sempre
.
Io
però
voglio
bene
a
Precossi
,
il
figliuolo
del
fabbro
ferraio
,
quello
della
giacchetta
lunga
,
che
pare
un
malatino
;
dicono
che
suo
padre
lo
batte
;
è
molto
timido
,
e
ogni
volta
che
interroga
o
tocca
qualcuno
dice
:
-
Scusami
,
-
e
guarda
con
gli
occhi
buoni
e
tristi
.
Ma
Garrone
è
il
più
grande
e
il
più
buono
.
Un
tratto
generoso
26
,
mercoledì
E
si
diede
a
conoscere
appunto
questa
mattina
,
Garrone
.
Quando
entrai
nella
scuola
,
-
un
poco
tardi
,
ché
m
'
avea
fermato
la
maestra
di
prima
superiore
per
domandarmi
a
che
ora
poteva
venir
a
casa
a
trovarci
,
-
il
maestro
non
c
'
era
ancora
,
e
tre
o
quattro
ragazzi
tormentavano
il
povero
Crossi
,
quello
coi
capelli
rossi
,
che
ha
un
braccio
morto
,
e
sua
madre
vende
erbaggi
.
Lo
stuzzicavano
colle
righe
,
gli
buttavano
in
faccia
delle
scorze
di
castagne
,
e
gli
davan
dello
storpio
e
del
mostro
,
contraffacendolo
,
col
suo
braccio
al
collo
.
Ed
egli
tutto
solo
in
fondo
al
banco
,
smorto
,
stava
a
sentire
,
guardando
ora
l
'
uno
ora
l
'
altro
con
gli
occhi
supplichevoli
,
perché
lo
lasciassero
stare
.
Ma
gli
altri
sempre
più
lo
sbeffavano
,
ed
egli
cominciò
a
tremare
e
a
farsi
rosso
dalla
rabbia
.
A
un
tratto
Franti
,
quella
brutta
faccia
,
salì
sur
un
banco
,
e
facendo
mostra
di
portar
due
cesti
sulle
braccia
,
scimmiottò
la
mamma
di
Crossi
,
quando
veniva
a
aspettare
il
figliuolo
alla
porta
,
perché
ora
è
malata
.
Molti
si
misero
a
ridere
forte
.
Allora
Crossi
perse
la
testa
e
afferrato
un
calamaio
glie
lo
scaraventò
al
capo
di
tutta
forza
,
ma
Franti
fece
civetta
,
e
il
calamaio
andò
a
colpire
nel
petto
il
maestro
che
entrava
.
Tutti
scapparono
al
posto
,
e
fecero
silenzio
,
impauriti
.
Il
maestro
,
pallido
,
salì
al
tavolino
,
e
con
voce
alterata
domandò
:
-
Chi
è
stato
?
Nessuno
rispose
.
Il
maestro
gridò
un
'
altra
volta
,
alzando
ancora
la
voce
:
-
Chi
è
?
Allora
Garrone
,
mosso
a
pietà
del
povero
Crossi
,
si
alzò
di
scatto
,
e
disse
risolutamente
:
-
Son
io
.
Il
maestro
lo
guardò
,
guardò
gli
scolari
stupiti
;
poi
disse
con
voce
tranquilla
:
-
Non
sei
tu
.
E
dopo
un
momento
:
-
Il
colpevole
non
sarà
punito
.
S
'
alzi
!
Il
Crossi
s
'
alzò
,
e
disse
piangendo
:
-
Mi
picchiavano
e
m
'
insultavano
,
io
ho
perso
la
testa
,
ho
tirato
...
-
Siedi
,
-
disse
il
maestro
.
-
S
'
alzino
quelli
che
lo
han
provocato
.
Quattro
s
'
alzarono
col
capo
chino
.
-
Voi
,
-
disse
il
maestro
,
-
avete
insultato
un
compagno
che
non
vi
provocava
,
schernito
un
disgraziato
,
percosso
un
debole
che
non
si
può
difendere
.
Avete
commesso
una
delle
azioni
più
basse
,
più
vergognose
di
cui
si
possa
macchiare
una
creatura
umana
.
Vigliacchi
!
Detto
questo
,
scese
tra
i
banchi
,
mise
una
mano
sotto
il
mento
a
Garrone
,
che
stava
col
viso
basso
,
e
fattogli
alzare
il
viso
,
lo
fissò
negli
occhi
,
e
gli
disse
:
-
Tu
sei
un
'
anima
nobile
.
Garrone
,
colto
il
momento
,
mormorò
non
so
che
parole
nell
'
orecchio
al
maestro
,
e
questi
,
voltatosi
verso
i
quattro
colpevoli
,
disse
bruscamente
:
-
Vi
perdono
.
La
mia
maestra
di
prima
superiore
27
,
giovedì
La
mia
maestra
ha
mantenuto
la
promessa
,
è
venuta
oggi
a
casa
,
nel
momento
che
stavo
per
uscire
con
mia
madre
,
per
portar
biancheria
a
una
donna
povera
,
raccomandata
dalla
Gazzetta
.
Era
un
anno
che
non
l
'
avevamo
più
vista
in
casa
nostra
.
Tutti
le
abbiamo
fatto
festa
.
È
sempre
quella
,
piccola
,
col
suo
velo
verde
intorno
al
cappello
,
vestita
alla
buona
e
pettinata
male
,
ché
non
ha
tempo
di
rilisciarsi
;
ma
un
poco
più
scolorita
che
l
'
anno
passato
,
con
qualche
capello
bianco
,
e
tosse
sempre
.
Mia
madre
glie
l
'
ha
detto
:
-
E
la
salute
,
cara
maestra
?
Lei
non
si
riguarda
abbastanza
!
-
Eh
,
non
importa
,
-
ha
risposto
,
col
suo
sorriso
allegro
insieme
e
malinconico
.
-
Lei
parla
troppo
forte
,
-
ha
soggiunto
mia
madre
,
-
si
affanna
troppo
coi
suoi
ragazzi
.
-
È
vero
;
si
sente
sempre
la
sua
voce
,
mi
ricordo
di
quando
andavo
a
scuola
da
lei
:
parla
sempre
,
parla
perché
i
ragazzi
non
si
distraggano
,
e
non
sta
un
momento
seduta
.
N
'
ero
ben
sicuro
che
sarebbe
venuta
,
perché
non
si
scorda
mai
dei
suoi
scolari
;
ne
rammenta
i
nomi
per
anni
;
i
giorni
d
'
esame
mensile
,
corre
a
domandar
al
Direttore
che
punti
hanno
avuto
;
li
aspetta
all
'
uscita
,
e
si
fa
mostrar
le
composizioni
per
vedere
se
hanno
fatto
progressi
;
e
molti
vengono
ancora
a
trovarla
dal
Ginnasio
,
che
han
già
i
calzoni
lunghi
e
l
'
orologio
.
Quest
'
oggi
tornava
tutta
affannata
dalla
Pinacoteca
,
dove
aveva
condotto
i
suoi
ragazzi
come
gli
anni
passati
,
che
ogni
giovedì
li
conduceva
tutti
a
un
museo
,
e
spiegava
ogni
cosa
.
Povera
maestra
,
è
ancora
dimagrita
.
Ma
è
sempre
viva
,
s
'
accalora
sempre
quando
parla
della
sua
scuola
.
Ha
voluto
rivedere
il
letto
dove
mi
vide
molto
malato
due
anni
fa
,
e
che
ora
è
di
mio
fratello
,
lo
ha
guardato
un
pezzo
e
non
poteva
parlare
.
Ha
dovuto
scappar
presto
per
andar
a
visitare
un
ragazzo
della
sua
classe
,
figliuolo
d
'
un
sellaio
,
malato
di
rosolia
;
e
aveva
per
di
più
un
pacco
di
pagine
da
correggere
,
tutta
la
serata
da
lavorare
,
e
doveva
ancor
dare
una
lezione
privata
d
'
aritmetica
a
una
bottegaia
,
prima
di
notte
.
-
Ebbene
,
Enrico
,
-
m
'
ha
detto
,
andandosene
,
-
vuoi
ancora
bene
alla
tua
maestra
ora
che
risolvi
i
problemi
difficili
e
fai
le
composizioni
lunghe
?
-
M
'
ha
baciato
,
m
'
ha
ancora
detto
d
'
in
fondo
alla
scala
:
-
Non
mi
scordare
,
sai
,
Enrico
!
-
O
mia
buona
maestra
,
mai
,
mai
non
ti
scorderò
.
Anche
quando
sarò
grande
,
mi
ricorderò
ancora
di
te
e
andrò
a
trovarti
fra
i
tuoi
ragazzi
;
e
ogni
volta
che
passerò
vicino
a
una
scuola
e
sentirò
la
voce
d
'
una
maestra
,
mi
parrà
di
sentir
la
tua
voce
,
e
ripenserò
ai
due
anni
che
passai
nella
scuola
tua
,
dove
imparai
tante
cose
,
dove
ti
vidi
tante
volte
malata
e
stanca
,
ma
sempre
premurosa
,
sempre
indulgente
disperata
quando
uno
pigliava
un
mal
vezzo
delle
dita
a
scrivere
,
tremante
quando
gli
ispettori
c
'
interrogavano
,
felice
quando
facevamo
buona
figura
,
buona
sempre
e
amorosa
come
una
madre
.
Mai
,
mai
non
mi
scorderò
di
te
,
maestra
mia
.
In
una
soffitta
28
,
venerdì
Ieri
sera
con
mia
madre
e
con
mia
sorella
Silvia
andammo
a
portar
la
biancheria
alla
donna
povera
raccomandata
dal
giornale
:
io
portai
il
pacco
,
Silvia
aveva
il
giornale
,
con
le
iniziali
del
nome
e
l
'
indirizzo
.
Salimmo
fin
sotto
il
tetto
d
'
una
casa
alta
,
in
un
corridoio
lungo
,
dov
'
erano
molti
usci
.
Mi
madre
picchiò
all
'
ultimo
:
ci
aperse
una
donna
ancora
giovane
,
bionda
e
macilenta
,
che
subito
mi
parve
d
'
aver
già
visto
altre
volte
,
con
quel
medesimo
fazzoletto
turchino
che
aveva
in
capo
.
-
Siete
voi
quella
del
giornale
,
così
e
così
?
-
domandò
mia
madre
.
-
Sì
,
signora
,
son
io
.
-
Ebbene
,
v
'
abbiamo
portato
un
poco
di
biancheria
.
-
E
quella
a
ringraziare
e
a
benedire
,
che
non
finiva
più
.
Io
intanto
vidi
in
un
angolo
della
stanza
nuda
e
scura
un
ragazzo
inginocchiato
davanti
a
una
seggiola
,
con
la
schiena
volta
verso
di
noi
,
che
parea
che
scrivesse
:
e
proprio
scriveva
,
con
la
carta
sopra
la
seggiola
,
e
aveva
il
calamaio
sul
pavimento
.
Come
faceva
a
scrivere
così
al
buio
?
Mentre
dicevo
questo
tra
me
,
ecco
a
un
tratto
che
riconosco
i
capelli
rossi
e
la
giacchetta
di
frustagno
di
Crossi
,
il
figliuolo
dell
'
erbivendolo
,
quello
del
braccio
morto
.
Io
lo
dissi
piano
a
mia
madre
,
mentre
la
donna
riponeva
la
roba
.
-
Zitto
!
-
rispose
mia
madre
,
-
può
esser
che
si
vergogni
a
vederti
,
che
fai
la
carità
alla
sua
mamma
,
non
lo
chiamare
-
.
Ma
in
quel
momento
Crossi
si
voltò
,
io
rimasi
imbarazzato
,
egli
sorrise
,
e
allora
mia
madre
mi
diede
una
spinta
perché
corressi
a
abbracciarlo
.
Io
l
'
abbracciai
,
egli
s
'
alzò
e
mi
prese
per
mano
.
-
Eccomi
qui
,
-
diceva
in
quel
mentre
sua
madre
alla
mia
,
-
sola
con
questo
ragazzo
,
il
marito
in
America
da
sei
anni
,
ed
io
per
giunta
malata
,
che
non
posso
più
andare
in
giro
con
la
verdura
a
guadagnare
quei
pochi
soldi
.
Non
ci
è
rimasto
nemmeno
un
tavolino
per
il
mio
povero
Luigino
,
da
farci
il
lavoro
.
Quando
ci
avevo
il
banco
giù
nel
portone
,
almeno
poteva
scrivere
sul
banco
;
ora
me
l
'
han
levato
.
Nemmeno
un
poco
di
lume
da
studiare
senza
rovinarsi
gli
occhi
.
È
grazia
se
lo
posso
mandar
a
scuola
,
ché
il
municipio
gli
dà
i
libri
e
i
quaderni
.
Povero
Luigino
,
che
studierebbe
tanto
volentieri
!
Povera
donna
che
sono
!
-
Mia
madre
le
diede
tutto
quello
che
aveva
nella
borsa
,
baciò
il
ragazzo
,
e
quasi
piangeva
,
quando
uscimmo
.
E
aveva
ben
ragione
di
dirmi
:
-
Guarda
quel
povero
ragazzo
,
com
'
è
costretto
a
lavorare
,
tu
che
hai
tutti
i
tuoi
comodi
,
e
pure
ti
par
duro
lo
studio
!
Ah
!
Enrico
mio
,
c
'
è
più
merito
nel
suo
lavoro
d
'
un
giorno
che
nel
tuo
lavoro
d
'
un
anno
.
A
quelli
lì
dovrebbero
dare
i
primi
premi
!
La
scuola
28
,
venerdì
Sì
,
caro
Enrico
,
lo
studio
ti
è
duro
,
come
ti
dice
tua
madre
,
non
ti
vedo
ancora
andare
alla
scuola
con
quell
'
animo
risoluto
e
con
quel
viso
ridente
,
ch
'
io
vorrei
.
Tu
fai
ancora
il
restìo
.
Ma
senti
:
pensa
un
po
'
che
misera
,
spregevole
cosa
sarebbe
la
tua
giornata
se
tu
non
andassi
a
scuola
!
A
mani
giunte
,
a
capo
a
una
settimana
,
domanderesti
di
ritornarci
,
roso
dalla
noia
e
dalla
vergogna
,
stomacato
dei
tuoi
trastulli
e
della
tua
esistenza
.
Tutti
,
tutti
studiano
ora
,
Enrico
mio
.
Pensa
agli
operai
che
vanno
a
scuola
la
sera
dopo
aver
faticato
tutta
la
giornata
,
alle
donne
,
alle
ragazze
del
popolo
che
vanno
a
scuola
la
domenica
,
dopo
aver
lavorato
tutta
la
settimana
,
ai
soldati
che
metton
mano
ai
libri
e
ai
quaderni
quando
tornano
spossati
dagli
esercizi
,
pensa
ai
ragazzi
muti
e
ciechi
,
che
pure
studiano
,
e
fino
ai
prigionieri
,
che
anch
'
essi
imparano
a
leggere
e
a
scrivere
.
Pensa
,
la
mattina
quando
esci
;
che
in
quello
stesso
momento
,
nella
tua
stessa
città
,
altri
trentamila
ragazzi
vanno
come
te
a
chiudersi
per
tre
ore
in
una
stanza
a
studiare
.
Ma
che
!
Pensa
agli
innumerevoli
ragazzi
che
presso
a
poco
a
quell
'
ora
vanno
a
scuola
in
tutti
i
paesi
,
vedili
con
l
'
immaginazione
,
che
vanno
,
vanno
,
per
i
vicoli
dei
villaggi
quieti
,
per
le
strade
delle
città
rumorose
,
lungo
le
rive
dei
mari
e
dei
laghi
,
dove
sotto
un
sole
ardente
,
dove
tra
le
nebbie
,
in
barca
nei
paesi
intersecati
da
canali
,
a
cavallo
per
le
grandi
pianure
,
in
slitta
sopra
le
nevi
,
per
valli
e
per
colline
,
a
traverso
a
boschi
e
a
torrenti
,
su
per
sentier
solitari
delle
montagne
,
soli
,
a
coppie
,
a
gruppi
,
a
lunghe
file
,
tutti
coi
libri
sotto
il
braccio
,
vestiti
in
mille
modi
,
parlanti
in
mille
lingue
,
dalle
ultime
scuole
della
Russia
quasi
perdute
fra
i
ghiacci
alle
ultime
scuole
dell
'
Arabia
ombreggiate
dalle
palme
,
milioni
e
milioni
,
tutti
a
imparare
in
cento
forme
diverse
le
medesime
cose
,
immagina
questo
vastissimo
formicolìo
di
ragazzi
di
cento
popoli
,
questo
movimento
immenso
di
cui
fai
parte
,
e
pensa
:
-
Se
questo
movimento
cessasse
,
l
'
umanità
ricadrebbe
nella
barbarie
,
questo
movimento
è
il
progresso
,
la
speranza
,
la
gloria
del
mondo
.
-
Coraggio
dunque
,
piccolo
soldato
dell
'
immenso
esercito
.
I
tuoi
libri
son
le
tue
armi
,
la
tua
classe
è
la
tua
squadra
,
il
campo
di
battaglia
è
la
terra
intera
,
e
la
vittoria
è
la
civiltà
umana
.
Non
essere
un
soldato
codardo
,
Enrico
mio
.
TUO
PADRE
Il
piccolo
patriotta
padovano
Racconto
mensile
29
,
sabato
Non
sarò
un
soldato
codardo
,
no
;
ma
ci
andrei
molto
più
volentieri
alla
scuola
,
se
il
maestro
ci
facesse
ogni
giorno
un
racconto
come
quello
di
questa
mattina
.
Ogni
mese
,
disse
,
ce
ne
farà
uno
,
ce
lo
darà
scritto
,
e
sarà
sempre
il
racconto
d
'
un
atto
bello
e
vero
,
compiuto
da
un
ragazzo
.
Il
piccolo
patriotta
padovano
s
'
intitola
questo
.
Ecco
il
fatto
.
Un
piroscafo
francese
partì
da
Barcellona
,
città
della
Spagna
,
per
Genova
,
e
c
'
erano
a
bordo
francesi
,
italiani
,
spagnuoli
,
svizzeri
.
C
'
era
,
fra
gli
altri
,
un
ragazzo
di
undici
anni
,
mal
vestito
,
solo
,
che
se
ne
stava
sempre
in
disparte
,
come
un
animale
selvatico
,
guardando
tutti
con
l
'
occhio
torvo
.
E
aveva
ben
ragione
di
guardare
tutti
con
l
'
occhio
torvo
.
Due
anni
prima
,
suo
padre
e
sua
madre
,
contadini
nei
dintorni
di
Padova
,
l
'
avevano
venduto
al
capo
d
'
una
compagnia
di
saltimbanchi
;
il
quale
,
dopo
avergli
insegnato
a
fare
i
giochi
a
furia
di
pugni
,
di
calci
e
di
digiuni
,
se
l
'
era
portato
a
traverso
alla
Francia
e
alla
Spagna
,
picchiandolo
sempre
e
non
sfamandolo
mai
.
Arrivato
a
Barcellona
,
non
potendo
più
reggere
alle
percosse
e
alla
fame
,
ridotto
in
uno
stato
da
far
pietà
,
era
fuggito
dal
suo
aguzzino
,
e
corso
a
chieder
protezione
al
Console
d
'
Italia
,
il
quale
,
impietosito
,
l
'
aveva
imbarcato
su
quel
piroscafo
,
dandogli
una
lettera
per
il
Questore
di
Genova
,
che
doveva
rimandarlo
ai
suoi
parenti
;
ai
parenti
che
l
'
avevan
venduto
come
una
bestia
.
Il
povero
ragazzo
era
lacero
e
malaticcio
.
Gli
avevan
dato
una
cabina
nella
seconda
classe
.
Tutti
lo
guardavano
;
qualcuno
lo
interrogava
:
ma
egli
non
rispondeva
,
e
pareva
che
odiasse
e
disprezzasse
tutti
,
tanto
l
'
avevano
inasprito
e
intristito
le
privazioni
e
le
busse
.
Tre
viaggiatori
,
non
di
meno
,
a
forza
d
'
insistere
con
le
domande
,
riuscirono
a
fargli
snodare
la
lingua
,
e
in
poche
parole
rozze
,
miste
di
veneto
,
di
spagnuolo
e
di
francese
,
egli
raccontò
la
sua
storia
.
Non
erano
italiani
quei
tre
viaggiatori
;
ma
capirono
,
e
un
poco
per
compassione
,
un
poco
perché
eccitati
dal
vino
,
gli
diedero
dei
soldi
,
celiando
e
stuzzicandolo
perché
raccontasse
altre
cose
;
ed
essendo
entrate
nella
sala
,
in
quel
momento
,
alcune
signore
,
tutti
e
tre
per
farsi
vedere
,
gli
diedero
ancora
del
denaro
,
gridando
:
-
Piglia
questo
!
-
Piglia
quest
'
altro
!
-
e
facendo
sonar
le
monete
sulla
tavola
.
Il
ragazzo
intascò
ogni
cosa
,
ringraziando
a
mezza
voce
,
col
suo
fare
burbero
,
ma
con
uno
sguardo
per
la
prima
volta
sorridente
e
affettuoso
.
Poi
s
'
arrampicò
nella
sua
cabina
,
tirò
la
tenda
,
e
stette
queto
,
pensando
ai
fatti
suoi
.
Con
quei
danari
poteva
assaggiare
qualche
buon
boccone
a
bordo
,
dopo
due
anni
che
stentava
il
pane
;
poteva
comprarsi
una
giacchetta
,
appena
sbarcato
a
Genova
,
dopo
due
anni
che
andava
vestito
di
cenci
;
e
poteva
anche
,
portandoli
a
casa
,
farsi
accogliere
da
suo
padre
e
da
sua
madre
un
poco
più
umanamente
che
non
l
'
avrebbero
accolto
se
fosse
arrivato
con
le
tasche
vuote
.
Erano
una
piccola
fortuna
per
lui
quei
denari
.
E
a
questo
egli
pensava
,
racconsolato
,
dietro
la
tenda
della
sua
cabina
,
mentre
i
tre
viaggiatori
discorrevano
,
seduti
alla
tavola
da
pranzo
,
in
mezzo
alla
sala
della
seconda
classe
.
Bevevano
e
discorrevano
dei
loro
viaggi
e
dei
paesi
che
avevan
veduti
,
e
di
discorso
in
discorso
,
vennero
a
ragionare
dell
'
Italia
.
Cominciò
uno
a
lagnarsi
degli
alberghi
,
un
altro
delle
strade
ferrate
,
e
poi
tutti
insieme
,
infervorandosi
,
presero
a
dir
male
d
'
ogni
cosa
.
Uno
avrebbe
preferito
di
viaggiare
in
Lapponia
;
un
altro
diceva
di
non
aver
trovato
in
Italia
che
truffatori
e
briganti
;
il
terzo
,
che
gl
'
impiegati
italiani
non
sanno
leggere
.
-
Un
popolo
ignorante
,
-
ripete
il
primo
.
-
Sudicio
,
-
aggiunse
il
secondo
.
-
La
...
-
esclamò
il
terzo
;
e
voleva
dir
ladro
,
ma
non
poté
finir
la
parola
:
una
tempesta
di
soldi
e
di
mezze
lire
si
rovesciò
sulle
loro
teste
e
sulle
loro
spalle
,
e
saltellò
sul
tavolo
e
sull
'
impiantito
con
un
fracasso
d
'
inferno
.
Tutti
e
tre
s
'
alzarono
furiosi
,
guardando
all
'
in
su
,
e
ricevettero
ancora
una
manata
di
soldi
in
faccia
.
-
Ripigliatevi
i
vostri
soldi
,
-
disse
con
disprezzo
il
ragazzo
,
affacciato
fuor
della
tenda
della
cuccetta
;
-
io
non
accetto
l
'
elemosina
da
chi
insulta
il
mio
paese
.
NOVEMBRE
Lo
spazzacamino
1
,
martedì
Ieri
sera
andai
alla
Sezione
femminile
,
accanto
alla
nostra
,
per
dare
il
racconto
del
ragazzo
padovano
alla
maestra
di
Silvia
,
che
lo
voleva
leggere
.
Settecento
ragazze
ci
sono
!
Quando
arrivai
cominciavano
a
uscire
,
tutte
allegre
per
le
vacanze
d
'
Ognissanti
e
dei
morti
;
ed
ecco
una
bella
cosa
che
vidi
.
Di
fronte
alla
porta
della
scuola
,
dall
'
altra
parte
della
via
,
stava
con
un
braccio
appoggiato
al
muro
e
colla
fronte
contro
il
braccio
,
uno
spazzacamino
,
molto
piccolo
,
tutto
nero
in
viso
,
col
suo
sacco
e
il
suo
raschiatoio
,
e
piangeva
dirottamente
,
singhiozzando
.
Due
o
tre
ragazze
della
seconda
gli
s
'
avvicinarono
e
gli
dissero
:
-
Che
hai
che
piangi
a
quella
maniera
?
-
Ma
egli
non
rispose
,
e
continuava
a
piangere
.
-
Ma
di
'
che
cos
'
hai
,
perché
piangi
?
-
gli
ripeterono
le
ragazze
.
E
allora
egli
levò
il
viso
dal
braccio
,
-
un
viso
di
bambino
,
-
e
disse
piangendo
che
era
stato
in
varie
case
a
spazzare
,
dove
s
'
era
guadagnato
trenta
soldi
,
e
li
aveva
persi
,
gli
erano
scappati
per
la
sdrucitura
d
'
una
tasca
,
-
e
faceva
veder
la
sdrucitura
,
-
e
non
osava
più
tornare
a
casa
senza
i
soldi
.
-
Il
padrone
mi
bastona
,
-
disse
singhiozzando
,
e
riabbandonò
il
capo
sul
braccio
,
come
un
disperato
.
Le
bambine
stettero
a
guardarlo
,
tutte
serie
.
Intanto
s
'
erano
avvicinate
altre
ragazze
grandi
e
piccole
,
povere
e
signorine
,
con
le
loro
cartelle
sotto
il
braccio
,
e
una
grande
,
che
aveva
una
penna
azzurra
sul
cappello
,
cavò
di
tasca
due
soldi
,
e
disse
:
-
Io
non
ho
che
due
soldi
:
facciamo
la
colletta
.
-
Anch
'
io
ho
due
soldi
,
-
disse
un
'
altra
vestita
di
rosso
;
-
ne
troveremo
ben
trenta
fra
tutte
.
-
E
allora
cominciarono
a
chiamarsi
:
-
Amalia
!
-
Luigia
!
-
Annina
!
-
Un
soldo
.
-
Chi
ha
dei
soldi
?
-
Qua
i
soldi
!
-
Parecchie
avevan
dei
soldi
per
comprarsi
fiori
o
quaderni
,
e
li
portarono
,
alcune
più
piccole
diedero
dei
centesimi
;
quella
della
penna
azzurra
raccoglieva
tutto
,
e
contava
a
voce
alta
:
-
Otto
,
dieci
,
quindici
!
-
Ma
ci
voleva
altro
.
Allora
comparve
una
più
grande
di
tutte
,
che
pareva
quasi
una
maestrina
,
e
diede
mezza
lira
,
e
tutte
a
farle
festa
.
Mancavano
ancora
cinque
soldi
.
-
Ora
vengono
quelle
della
quarta
che
ne
hanno
,
-
disse
una
.
Quelle
della
quarta
vennero
e
i
soldi
fioccarono
.
Tutte
s
'
affollavano
.
Ed
era
bello
a
vedere
quel
povero
spazzacamino
in
mezzo
a
tutte
quelle
vestine
di
tanti
colori
,
a
tutto
quel
rigirìo
di
penne
,
di
nastrini
,
di
riccioli
.
I
trenta
soldi
c
'
erano
già
,
e
ne
venivano
ancora
,
e
le
più
piccine
che
non
avevan
denaro
,
si
facevan
largo
tra
le
grandi
porgendo
i
loro
mazzetti
di
fiori
,
tanto
per
dar
qualche
cosa
.
Tutt
'
a
un
tratto
arrivò
la
portinaia
gridando
:
-
La
signora
Direttrice
!
-
Le
ragazze
scapparono
da
tutte
le
parti
come
uno
stormo
di
passeri
.
E
allora
si
vide
il
piccolo
spazzacamino
,
solo
in
mezzo
alla
via
,
che
s
'
asciugava
gli
occhi
,
tutto
contento
,
con
le
mani
piene
di
denari
,
e
aveva
nell
'
abbottonatura
della
giacchetta
,
nelle
tasche
,
nel
cappello
tanti
mazzetti
di
fiori
,
e
c
'
erano
anche
dei
fiori
per
terra
,
ai
suoi
piedi
.
Il
giorno
dei
morti
2
,
mercoledì
Questo
giorno
è
consacrato
alla
commemorazione
dei
morti
.
Sai
,
Enrico
,
a
quali
morti
dovreste
tutti
dedicare
un
pensiero
in
questo
giorno
,
voi
altri
ragazzi
?
A
quelli
che
morirono
per
voi
,
per
i
ragazzi
,
per
i
bambini
.
Quanti
ne
morirono
,
e
quanti
ne
muoiono
di
continuo
!
Pensasti
mai
a
quanti
padri
si
logoraron
la
vita
al
lavoro
,
a
quante
madri
discesero
nella
fossa
innanzi
tempo
,
consumate
dalle
privazioni
a
cui
si
condannarono
per
sostentare
i
loro
figliuoli
?
Sai
quanti
uomini
si
piantarono
un
coltello
nel
cuore
per
la
disperazione
di
vedere
i
propri
ragazzi
nella
miseria
,
e
quante
donne
s
'
annegarono
o
moriron
di
dolore
o
impazzirono
per
aver
perduto
un
bambino
?
Pensa
a
tutti
quei
morti
,
in
questo
giorno
,
Enrico
.
Pensa
alle
tante
maestre
che
son
morte
giovani
,
intisichite
dalle
fatiche
della
scuola
,
per
amore
dei
bambini
,
da
cui
non
ebbero
cuore
di
separarsi
,
pensa
ai
medici
che
morirono
di
malattie
attaccaticcie
,
sfidate
coraggiosamente
per
curar
dei
fanciulli
;
pensa
a
tutti
coloro
che
nei
naufragi
,
negli
incendi
,
nelle
carestie
,
in
un
momento
di
supremo
pericolo
,
cedettero
all
'
infanzia
l
'
ultimo
tozzo
di
pane
,
l
'
ultima
tavola
di
salvamento
,
l
'
ultima
fune
per
scampare
alle
fiamme
,
e
spirarono
contenti
del
loro
sacrificio
,
che
serbava
in
vita
un
piccolo
innocente
.
Sono
innumerevoli
,
Enrico
,
questi
morti
;
ogni
cimitero
ne
racchiude
centinaia
di
queste
sante
creature
,
che
se
potessero
levarsi
un
momento
dalla
fossa
griderebbero
il
nome
d
'
un
fanciullo
,
al
quale
sacrificarono
i
piaceri
della
gioventù
,
la
pace
della
vecchiaia
,
gli
affetti
,
l
'
intelligenza
,
la
vita
:
spose
di
vent
'
anni
,
uomini
nel
fior
delle
forze
,
vecchie
ottuagenarie
,
giovinetti
,
-
martiri
eroici
e
oscuri
dell
'
infanzia
,
-
così
grandi
e
così
gentili
,
che
non
fa
tanti
fiori
la
terra
,
quanti
ne
dovremmo
dare
ai
loro
sepolcri
.
Tanto
siete
amati
,
o
fanciulli
!
Pensa
oggi
a
quei
morti
con
gratitudine
,
e
sarai
più
buono
e
più
affettuoso
con
tutti
quelli
che
ti
voglion
bene
e
che
fatican
per
te
,
caro
figliuol
mio
fortunato
,
che
nel
giorno
dei
morti
non
hai
ancora
da
piangere
nessuno
!
TUA
MADRE
Il
mio
amico
Garrone
4
,
venerdì
Non
furon
che
due
giorni
di
vacanza
e
mi
parve
di
star
tanto
tempo
senza
rivedere
Garrone
.
Quanto
più
lo
conosco
,
tanto
più
gli
voglio
bene
,
e
così
segue
a
tutti
gli
altri
,
fuorché
ai
prepotenti
,
che
con
lui
non
se
la
dicono
,
perché
egli
non
lascia
far
prepotenze
.
Ogni
volta
che
uno
grande
alza
la
mano
su
di
uno
piccolo
,
il
piccolo
grida
:
-
Garrone
!
-
e
il
grande
non
picchia
più
.
Suo
padre
è
macchinista
della
strada
ferrata
;
egli
cominciò
tardi
le
scuole
perché
fu
malato
due
anni
.
È
il
più
alto
e
il
più
forte
della
classe
,
alza
un
banco
con
una
mano
,
mangia
sempre
,
è
buono
.
Qualunque
cosa
gli
domandino
,
matita
,
gomma
,
carta
,
temperino
,
impresta
o
dà
tutto
;
e
non
parla
e
non
ride
in
iscuola
:
se
ne
sta
sempre
immobile
nel
banco
troppo
stretto
per
lui
,
con
la
schiena
arrotondata
e
il
testone
dentro
le
spalle
;
e
quando
lo
guardo
,
mi
fa
un
sorriso
con
gli
occhi
socchiusi
come
per
dirmi
:
-
Ebbene
,
Enrico
,
siamo
amici
?
-
Ma
fa
ridere
,
grande
e
grosso
com
'
è
,
che
ha
giacchetta
,
calzoni
,
maniche
,
tutto
troppo
stretto
e
troppo
corto
,
un
cappello
che
non
gli
sta
in
capo
,
il
capo
rapato
,
le
scarpe
grosse
,
e
una
cravatta
sempre
attorcigliata
come
una
corda
.
Caro
Garrone
,
basta
guardarlo
in
viso
una
volta
per
prendergli
affetto
.
Tutti
i
più
piccoli
gli
vorrebbero
essere
vicini
di
banco
.
Sa
bene
l
'
aritmetica
.
Porta
i
libri
a
castellina
,
legati
con
una
cigna
di
cuoio
rosso
.
Ha
un
coltello
col
manico
di
madreperla
che
trovò
l
'
anno
passato
in
piazza
d
'
armi
,
e
un
giorno
si
tagliò
un
dito
fino
all
'
osso
,
ma
nessuno
in
iscuola
se
n
'
avvide
,
e
a
casa
non
rifiatò
per
non
spaventare
i
parenti
.
Qualunque
cosa
si
lascia
dire
per
celia
e
mai
non
se
n
'
ha
per
male
;
ma
guai
se
gli
dicono
:
-
Non
è
vero
,
-
quando
afferma
una
cosa
:
getta
fuoco
dagli
occhi
allora
,
e
martella
pugni
da
spaccare
il
banco
.
Sabato
mattina
diede
un
soldo
a
uno
della
prima
superiore
,
che
piangeva
in
mezzo
alla
strada
,
perché
gli
avevan
preso
il
suo
,
e
non
poteva
più
comprare
il
quaderno
.
Ora
sono
tre
giorni
che
sta
lavorando
attorno
a
una
lettera
di
otto
pagine
con
ornati
a
penna
nei
margini
per
l
'
onomastico
di
sua
madre
,
che
spesso
viene
a
prenderlo
,
ed
è
alta
e
grossa
come
lui
,
e
simpatica
.
Il
maestro
lo
guarda
sempre
,
e
ogni
volta
che
gli
passa
accanto
gli
batte
la
mano
sul
collo
come
a
un
buon
torello
tranquillo
.
Io
gli
voglio
bene
.
Son
contento
quando
stringo
nella
mia
la
sua
grossa
mano
,
che
par
la
mano
d
'
un
uomo
.
Sono
così
certo
che
rischierebbe
la
vita
per
salvare
un
compagno
,
che
si
farebbe
anche
ammazzare
per
difenderlo
,
si
vede
così
chiaro
nei
suoi
occhi
;
e
benché
paia
sempre
che
brontoli
con
quel
vocione
,
è
una
voce
che
viene
da
un
cor
gentile
,
si
sente
.
Il
carbonaio
e
il
signore
7
,
lunedì
Non
l
'
avrebbe
mai
detta
Garrone
,
sicuramente
,
quella
parola
che
disse
ieri
mattina
Carlo
Nobis
a
Betti
.
Carlo
Nobis
è
superbo
perché
suo
padre
è
un
gran
signore
:
un
signore
alto
,
con
tutta
la
barba
nera
,
molto
serio
,
che
viene
quasi
ogni
giorno
ad
accompagnare
il
figliuolo
.
Ieri
mattina
Nobis
si
bisticciò
con
Betti
,
uno
dei
più
piccoli
,
figliuolo
d
'
un
carbonaio
,
e
non
sapendo
più
che
rispondergli
,
perché
aveva
torto
,
gli
disse
forte
:
-
Tuo
padre
è
uno
straccione
.
-
Betti
arrossì
fino
ai
capelli
,
e
non
disse
nulla
,
ma
gli
vennero
le
lacrime
agli
occhi
,
e
tornato
a
casa
ripeté
la
parola
a
suo
padre
;
ed
ecco
il
carbonaio
,
un
piccolo
uomo
tutto
nero
,
che
compare
alla
lezione
del
dopopranzo
col
ragazzo
per
mano
,
a
fare
le
lagnanze
al
maestro
.
Mentre
faceva
le
sue
lagnanze
al
maestro
,
e
tutti
tacevano
,
il
padre
di
Nobis
,
che
levava
il
mantello
al
figliuolo
,
come
al
solito
,
sulla
soglia
dell
'
uscio
,
udendo
pronunciare
il
suo
nome
,
entrò
,
e
domandò
spiegazione
.
-
È
quest
'
operaio
,
-
rispose
il
maestro
,
-
che
è
venuto
a
lagnarsi
perché
il
suo
figliuolo
Carlo
disse
al
suo
ragazzo
:
Tuo
padre
è
uno
straccione
.
Il
padre
di
Nobis
corrugò
la
fronte
e
arrossì
leggermente
.
Poi
domandò
al
figliuolo
:
-
Hai
detto
quella
parola
?
Il
figliuolo
,
-
ritto
in
mezzo
alla
scuola
,
col
capo
basso
,
davanti
al
piccolo
Betti
,
-
non
rispose
.
Allora
il
padre
lo
prese
per
un
braccio
e
lo
spinse
più
avanti
in
faccia
a
Betti
,
che
quasi
si
toccavano
,
e
gli
disse
:
-
Domandagli
scusa
.
Il
carbonaio
volle
interporsi
,
dicendo
:
-
No
,
no
.
-
Ma
il
signore
non
gli
badò
,
e
ripeté
al
figliuolo
:
-
Domandagli
scusa
.
Ripeti
le
mie
parole
.
Io
ti
domando
scusa
della
parola
ingiuriosa
,
insensata
,
ignobile
che
dissi
contro
tuo
padre
,
al
quale
il
mio
...
si
tiene
onorato
di
stringere
la
mano
.
Il
carbonaio
fece
un
gesto
risoluto
,
come
a
dire
:
Non
voglio
.
Il
signore
non
gli
diè
retta
,
e
il
suo
figliuolo
disse
lentamente
,
con
un
fil
di
voce
,
senza
alzar
gli
occhi
da
terra
:
-
Io
ti
domando
scusa
...
della
parola
ingiuriosa
...
insensata
...
ignobile
,
che
dissi
contro
tuo
padre
,
al
quale
il
mio
...
si
tiene
onorato
di
stringer
la
mano
.
Allora
il
signore
porse
la
mano
al
carbonaio
,
il
quale
gliela
strinse
con
forza
,
e
poi
subito
con
una
spinta
gettò
il
suo
ragazzo
fra
le
braccia
di
Carlo
Nobis
.
-
Mi
faccia
il
favore
di
metterli
vicini
,
-
disse
il
signore
al
maestro
.
-
Il
maestro
mise
Betti
nel
banco
di
Nobis
.
Quando
furono
al
posto
,
il
padre
di
Nobis
fece
un
saluto
ed
uscì
.
Il
carbonaio
rimase
qualche
momento
sopra
pensiero
,
guardando
i
due
ragazzi
vicini
;
poi
s
'
avvicinò
al
banco
,
e
fissò
Nobis
,
con
espressione
d
'
affetto
e
di
rammarico
,
come
se
volesse
dirgli
qualcosa
;
ma
non
disse
nulla
;
allungò
la
mano
per
fargli
una
carezza
,
ma
neppure
osò
,
e
gli
strisciò
soltanto
la
fronte
con
le
sue
grosse
dita
.
Poi
s
'
avviò
all
'
uscio
,
e
voltatosi
ancora
una
volta
a
guardarlo
,
sparì
.
-
Ricordatevi
bene
di
quel
che
avete
visto
,
ragazzi
,
-
disse
il
maestro
,
-
questa
è
la
più
bella
lezione
dell
'
anno
.
La
maestra
di
mio
fratello
10
,
giovedì
Il
figliuolo
del
carbonaio
fu
scolaro
della
maestra
Delcati
che
è
venuta
oggi
a
trovar
mio
fratello
malaticcio
,
e
ci
ha
fatto
ridere
a
raccontarci
che
la
mamma
di
quel
ragazzo
,
due
anni
fa
,
le
portò
a
casa
una
grande
grembialata
di
carbone
,
per
ringraziarla
,
che
aveva
dato
la
medaglia
al
figliuolo
;
e
s
'
ostinava
,
povera
donna
,
non
voleva
riportarsi
il
carbone
a
casa
,
e
piangeva
quasi
,
quando
dovette
tornarsene
col
grembiale
pieno
.
Anche
d
'
un
'
altra
buona
donna
,
ci
ha
detto
,
che
le
portò
un
mazzetto
di
fiori
molto
pesante
,
e
c
'
era
dentro
un
gruzzoletto
di
soldi
.
Ci
siamo
molto
divertiti
a
sentirla
,
e
così
mio
fratello
trangugiò
la
medicina
,
che
prima
non
voleva
.
Quanta
pazienza
debbono
avere
con
quei
ragazzi
della
prima
inferiore
,
tutti
sdentati
come
vecchietti
,
che
non
pronunziano
l
'
erre
e
l
'
esse
,
e
uno
tosse
,
l
'
altro
fila
sangue
dal
naso
,
chi
perde
gli
zoccoli
sotto
il
banco
,
e
chi
bela
perché
s
'
è
punto
con
la
penna
,
e
chi
piange
perché
ha
comprato
un
quaderno
numero
due
invece
di
numero
uno
.
Cinquanta
in
una
classe
,
che
non
san
nulla
,
con
quei
manini
di
burro
,
e
dover
insegnare
a
scrivere
a
tutti
!
Essi
portano
in
tasca
dei
pezzi
di
regolizia
,
dei
bottoni
,
dei
turaccioli
di
boccetta
,
del
mattone
tritato
,
ogni
specie
di
cose
minuscole
,
e
bisogna
che
la
maestra
li
frughi
;
ma
nascondon
gli
oggetti
fin
nelle
scarpe
.
E
non
stanno
attenti
:
un
moscone
che
entra
per
la
finestra
,
mette
tutti
sottosopra
,
e
l
'
estate
portano
in
iscuola
dell
'
erba
e
dei
maggiolini
,
che
volano
in
giro
o
cascano
nei
calamai
e
poi
rigano
i
quaderni
d
'
inchiostro
.
La
maestra
deve
far
la
mamma
con
loro
,
aiutarli
a
vestirsi
,
fasciare
le
dita
punte
,
raccattare
i
berretti
che
cascano
,
badare
che
non
si
scambino
i
cappotti
,
se
no
poi
gnaulano
e
strillano
.
Povere
maestre
!
E
ancora
vengono
le
mamme
a
lagnarsi
:
come
va
,
signorina
,
che
il
mio
bambino
ha
perso
la
penna
?
com
'
è
che
il
mio
non
impara
niente
?
perché
non
dà
la
menzione
al
mio
,
che
sa
tanto
?
perché
non
fa
levar
quel
chiodo
dal
banco
che
ha
stracciato
i
calzoni
al
mio
Piero
?
Qualche
volta
s
'
arrabbia
coi
ragazzi
la
maestra
di
mio
fratello
,
e
quando
non
ne
può
più
,
si
morde
un
dito
,
per
non
lasciar
andare
una
pacca
;
perde
la
pazienza
,
ma
poi
si
pente
,
e
carezza
il
bimbo
che
ha
sgridato
;
scaccia
un
monello
di
scuola
,
ma
si
ribeve
le
lacrime
,
e
va
in
collera
coi
parenti
che
fan
digiunare
i
bimbi
per
castigo
.
È
giovane
e
grande
la
maestra
Delcati
,
e
vestita
bene
,
bruna
e
irrequieta
,
che
fa
tutto
a
scatto
di
molla
,
e
per
un
nulla
si
commove
,
e
allora
parla
con
grande
tenerezza
.
-
Ma
almeno
i
bimbi
le
si
affezionano
?
-
le
ha
detto
mia
madre
.
-
Molti
sì
,
-
ha
risposto
,
-
ma
poi
,
finito
l
'
anno
,
la
maggior
parte
non
ci
guardan
più
.
Quando
sono
coi
maestri
,
si
vergognano
quasi
d
'
essere
stati
da
noi
,
da
una
maestra
.
Dopo
due
anni
di
cure
,
dopo
che
s
'
è
amato
tanto
un
bambino
,
ci
fa
tristezza
separarci
da
lui
,
ma
si
dice
:
-
Oh
di
quello
lì
son
sicura
;
quello
lì
mi
vorrà
bene
.
-
Ma
passano
le
vacanze
,
si
rientra
alla
scuola
,
gli
corriamo
incontro
:
-
O
bambino
,
bambino
mio
!
-
E
lui
volta
il
capo
da
un
'
altra
parte
.
-
Qui
la
maestra
s
'
è
interrotta
.
-
Ma
tu
non
farai
così
piccino
?
-
ha
detto
poi
,
alzandosi
con
gli
occhi
umidi
,
e
baciando
mio
fratello
,
-
tu
non
la
volterai
la
testa
dall
'
altra
parte
,
non
è
vero
?
non
la
rinnegherai
la
tua
povera
amica
.
Mia
madre
10
,
giovedì
In
presenza
della
maestra
di
tuo
fratello
tu
mancasti
di
rispetto
a
tua
madre
!
Che
questo
non
avvenga
mai
più
,
Enrico
,
mai
più
!
La
tua
parola
irriverente
m
'
è
entrata
nel
cuore
come
una
punta
d
'
acciaio
.
Io
pensai
a
tua
madre
quando
,
anni
sono
,
stette
chinata
tutta
una
notte
sul
tuo
piccolo
letto
,
a
misurare
il
tuo
respiro
,
piangendo
sangue
dall
'
angoscia
e
battendo
i
denti
dal
terrore
,
ché
credeva
di
perderti
,
ed
io
temevo
che
smarrisse
la
ragione
;
e
a
quel
pensiero
provai
un
senso
di
ribrezzo
per
te
.
Tu
,
offender
tua
madre
!
tua
madre
che
darebbe
un
anno
di
felicità
per
risparmiarti
un
'
ora
di
dolore
,
che
mendicherebbe
per
te
,
che
si
farebbe
uccidere
per
salvarti
la
vita
!
Senti
,
Enrico
.
Fissati
bene
in
mente
questo
pensiero
.
Immagina
pure
che
ti
siano
destinati
nella
vita
molti
giorni
terribili
;
il
più
terribile
di
tutti
sarà
il
giorno
in
cui
perderai
tua
madre
.
Mille
volte
,
Enrico
,
quando
già
sarai
uomo
,
forte
,
provato
a
tutte
le
lotte
,
tu
la
invocherai
,
oppresso
da
un
desiderio
immenso
di
risentire
un
momento
la
sua
voce
e
di
rivedere
le
sue
braccia
aperte
per
gettarviti
singhiozzando
,
come
un
povero
fanciullo
senza
protezione
e
senza
conforto
.
Come
ti
ricorderai
allora
d
'
ogni
amarezza
che
le
avrai
cagionato
,
e
con
che
rimorsi
le
sconterai
tutte
,
infelice
!
Non
sperar
serenità
nella
tua
vita
,
se
avrai
contristato
tua
madre
.
Tu
sarai
pentito
,
le
domanderai
perdono
,
venererai
la
sua
memoria
;
-
inutilmente
,
-
la
coscienza
non
ti
darà
pace
,
quella
immagine
dolce
e
buona
avrà
sempre
per
te
un
'
espressione
di
tristezza
e
di
rimprovero
che
ti
metterà
l
'
anima
alla
tortura
.
O
Enrico
,
bada
:
questo
è
il
più
sacro
degli
affetti
umani
,
disgraziato
chi
lo
calpesta
.
L
'
assassino
che
rispetta
sua
madre
ha
ancora
qualcosa
di
onesto
e
di
gentile
nel
cuore
,
il
più
glorioso
degli
uomini
,
che
l
'
addolori
e
l
'
offenda
,
non
è
che
una
vile
creatura
.
Che
non
t
'
esca
mai
più
dalla
bocca
una
dura
parola
per
colei
che
ti
diede
la
vita
.
E
se
una
ancora
te
ne
sfuggisse
,
non
sia
il
timore
di
tuo
padre
,
sia
l
'
impulso
dell
'
anima
che
ti
getti
ai
suoi
piedi
,
a
supplicarla
che
col
bacio
del
perdono
ti
cancelli
dalla
fronte
il
marchio
dell
'
ingratitudine
.
Io
t
'
amo
,
figliuol
mio
,
tu
sei
la
speranza
più
cara
della
mia
vita
;
ma
vorrei
piuttosto
vederti
morto
che
ingrato
a
tua
madre
.
Va
'
,
e
per
un
po
'
di
tempo
non
portarmi
più
la
tua
carezza
;
non
te
la
potrei
ricambiare
col
cuore
.
TUO
PADRE
Il
mio
compagno
Coretti
13
,
domenica
Mio
padre
mi
perdonò
;
ma
io
rimasi
un
poco
triste
,
e
allora
mia
madre
mi
mandò
col
figliuolo
grande
del
portinaio
a
fare
una
passeggiata
sul
corso
.
A
metà
circa
del
corso
,
passando
vicino
a
un
carro
fermo
davanti
a
una
bottega
,
mi
sento
chiamare
per
nome
,
mi
volto
:
era
Coretti
,
il
mio
compagno
di
scuola
,
con
la
sua
maglia
color
cioccolata
e
il
suo
berretto
di
pelo
di
gatto
tutto
sudato
e
allegro
,
che
aveva
un
gran
carico
di
legna
sulle
spalle
.
Un
uomo
ritto
sul
carro
gli
porgeva
una
bracciata
di
legna
per
volta
,
egli
le
pigliava
e
le
portava
nella
bottega
di
suo
padre
,
dove
in
fretta
e
in
furia
le
accatastava
.
-
Che
fai
,
Coretti
?
-
gli
domandai
.
-
Non
vedi
?
-
rispose
,
tendendo
le
braccia
per
pigliare
il
carico
,
-
ripasso
la
lezione
.
Io
risi
.
Ma
egli
parlava
sul
serio
,
e
presa
la
bracciata
di
legna
,
cominciò
a
dire
correndo
:
-
Chiamansi
accidenti
del
verbo
...
le
sue
variazioni
secondo
il
numero
...
secondo
il
numero
e
la
persona
...
E
poi
,
buttando
giù
la
legna
e
accatastandola
:
-
secondo
il
tempo
...
secondo
il
tempo
a
cui
si
riferisce
l
'
azione
...
E
tornando
verso
il
carro
a
prendere
un
'
altra
bracciata
:
-
secondo
il
modo
in
cui
l
'
azione
è
enunciata
.
Era
la
nostra
lezione
di
grammatica
per
il
giorno
dopo
.
-
Che
vuoi
,
-
mi
disse
,
-
metto
il
tempo
a
profitto
.
Mio
padre
è
andato
via
col
garzone
per
una
faccenda
.
Mia
madre
è
malata
.
Tocca
a
me
a
scaricare
.
Intanto
ripasso
la
grammatica
.
È
una
lezione
difficile
oggi
.
Non
riesco
a
pestarmela
nella
testa
.
Mio
padre
ha
detto
che
sarà
qui
alle
sette
per
darvi
i
soldi
,
-
disse
poi
all
'
uomo
del
carro
.
Il
carro
partì
.
-
Vieni
un
momento
in
bottega
,
-
mi
disse
Coretti
.
Entrai
:
era
uno
stanzone
pieno
di
cataste
di
legna
e
di
fascine
,
con
una
stadera
da
una
parte
.
-
Oggi
è
giorno
di
sgobbo
,
te
lo
accerto
io
,
-
ripigliò
Coretti
;
-
debbo
fare
il
lavoro
a
pezzi
e
a
bocconi
.
Stavo
scrivendo
le
proposizioni
,
è
venuta
gente
a
comprare
.
Mi
son
rimesso
a
scrivere
,
eccoti
il
carro
.
Questa
mattina
ho
già
fatto
due
corse
al
mercato
delle
legna
in
piazza
Venezia
.
Non
mi
sento
più
le
gambe
e
ho
le
mani
gonfie
.
Starei
fresco
se
avessi
il
lavoro
di
disegno
!
-
E
intanto
dava
un
colpo
di
scopa
alle
foglie
secche
e
ai
fuscelli
che
coprivano
l
'
ammattonato
.
-
Ma
dove
lo
fai
il
lavoro
,
Coretti
?
-
gli
domandai
.
-
Non
qui
di
certo
,
-
riprese
;
-
vieni
a
vedere
;
-
e
mi
condusse
in
uno
stanzino
dietro
la
bottega
,
che
serve
da
cucina
e
da
stanza
da
mangiare
,
con
un
tavolo
in
un
canto
,
dove
ci
aveva
i
libri
e
i
quaderni
,
e
il
lavoro
incominciato
.
-
Giusto
appunto
,
disse
,
-
ho
lasciato
la
seconda
risposta
per
aria
:
col
cuoio
si
fanno
le
calzature
,
le
cinghie
...
Ora
ci
aggiungo
le
valigie
.
-
E
presa
la
penna
,
si
mise
a
scrivere
con
la
sua
bella
calligrafia
.
-
C
'
è
nessuno
?
-
s
'
udì
gridare
in
quel
momento
dalla
bottega
.
Era
una
donna
che
veniva
a
comprar
fascinotti
.
-
Eccomi
,
-
rispose
Coretti
;
e
saltò
di
là
,
pesò
i
fascinotti
,
prese
i
soldi
,
corse
in
un
angolo
a
segnar
la
vendita
in
uno
scartafaccio
e
ritornò
al
suo
lavoro
,
dicendo
:
-
Vediamo
un
po
'
se
mi
riesce
di
finire
il
periodo
.
-
E
scrisse
:
le
borse
da
viaggio
,
gli
zaini
per
i
soldati
.
-
Ah
il
mio
povero
caffè
che
scappa
via
!
-
gridò
all
'
improvviso
e
corse
al
fornello
a
levare
la
caffettiera
dal
fuoco
.
-
È
il
caffè
per
la
mamma
,
-
disse
;
-
bisognò
bene
che
imparassi
a
farlo
.
Aspetta
un
po
'
che
glie
lo
portiamo
;
così
ti
vedrà
,
le
farà
piacere
.
Son
sette
giorni
che
è
a
letto
...
Accidenti
del
verbo
!
Mi
scotto
sempre
le
dita
con
questa
caffettiera
.
Che
cosa
ho
da
aggiungere
dopo
gli
zaini
per
i
soldati
?
Ci
vuole
qualche
altra
cosa
e
non
la
trovo
.
Vieni
dalla
mamma
.
Aperse
un
uscio
,
entrammo
in
un
'
altra
camera
piccola
:
c
'
era
la
mamma
di
Coretti
in
un
letto
grande
,
con
un
fazzoletto
bianco
intorno
al
capo
.
-
Ecco
il
caffè
,
mamma
,
-
disse
Coretti
porgendo
la
tazza
;
-
questo
è
un
mio
compagno
di
scuola
.
-
Ah
!
bravo
il
signorino
,
-
mi
disse
la
donna
;
-
viene
a
far
visita
ai
malati
,
non
è
vero
?
Intanto
Coretti
accomodava
i
guanciali
dietro
alle
spalle
di
sua
madre
,
raggiustava
le
coperte
del
letto
,
riattizzava
il
fuoco
,
cacciava
il
gatto
dal
cassettone
.
-
Vi
occorre
altro
,
mamma
?
-
domandò
poi
,
ripigliando
la
tazza
.
-
Li
avete
presi
i
due
cucchiaini
di
siroppo
?
Quando
non
ce
ne
sarà
più
darò
una
scappata
dallo
speziale
.
Le
legna
sono
scaricate
.
Alle
quattro
metterò
la
carne
al
fuoco
,
come
avete
detto
,
e
quando
passerà
la
donna
del
burro
le
darò
quegli
otto
soldi
.
Tutto
andrà
bene
,
non
vi
date
pensiero
.
-
Grazie
,
figliuolo
,
-
rispose
la
donna
;
-
povero
figliuolo
,
va
'
!
Egli
pensa
a
tutto
.
Volle
che
pigliassi
un
pezzo
di
zucchero
,
e
poi
Coretti
mi
mostrò
un
quadretto
,
il
ritratto
in
fotografia
di
suo
padre
,
vestito
da
soldato
,
con
la
medaglia
al
valore
,
che
guadagnò
nel
'66
,
nel
quadrato
del
principe
Umberto
;
lo
stesso
viso
del
figliuolo
,
con
quegli
occhi
vivi
e
quel
sorriso
così
allegro
.
Tornammo
nella
cucina
.
-
Ho
trovato
la
cosa
,
-
disse
Coretti
,
e
aggiunse
sul
quaderno
:
si
fanno
anche
i
finimenti
dei
cavalli
.
-
Il
resto
lo
farò
stasera
,
starò
levato
fino
a
più
tardi
.
Felice
te
che
hai
tutto
il
tempo
per
studiare
e
puoi
ancora
andare
a
passeggio
!
E
sempre
gaio
e
lesto
,
rientrato
in
bottega
,
cominciò
a
mettere
dei
pezzi
di
legno
sul
cavalletto
e
a
segarli
per
mezzo
,
e
diceva
:
-
Questa
è
ginnastica
!
Altro
che
la
spinta
delle
braccia
avanti
.
Voglio
che
mio
padre
trovi
tutte
queste
legna
segate
quando
torna
a
casa
:
sarà
contento
.
Il
male
è
che
dopo
aver
segato
faccio
dei
t
e
degli
l
,
che
paion
serpenti
,
come
dice
il
maestro
.
Che
ci
ho
da
fare
?
Gli
dirò
che
ho
dovuto
menar
le
braccia
.
Quello
che
importa
è
che
la
mamma
guarisca
presto
,
questo
sì
.
Oggi
sta
meglio
,
grazie
al
cielo
.
La
grammatica
la
studierò
domattina
al
canto
del
gallo
.
Oh
!
ecco
la
carretta
coi
ceppi
!
Al
lavoro
.
Una
carretta
carica
di
ceppi
si
fermò
davanti
alla
bottega
.
Coretti
corse
fuori
a
parlar
con
l
'
uomo
poi
tornò
.
-
Ora
non
posso
più
tenerti
compagnia
,
-
mi
disse
;
-
a
rivederci
domani
.
Hai
fatto
bene
a
venirmi
a
trovare
.
Buona
passeggiata
!
Felice
te
.
E
strettami
la
mano
,
corse
a
pigliar
il
primo
ceppo
,
e
ricominciò
a
trottare
fra
il
carro
e
la
bottega
,
col
viso
fresco
come
una
rosa
sotto
al
suo
berretto
di
pel
di
gatto
,
e
vispo
che
metteva
allegrezza
a
vederlo
Felice
te
!
egli
mi
disse
.
Ah
no
,
Coretti
,
no
:
sei
tu
il
più
felice
,
tu
perché
studi
e
lavori
di
più
,
perché
sei
più
utile
a
tuo
padre
e
a
tua
madre
,
perché
sei
più
buono
,
cento
volte
più
buono
e
più
bravo
di
me
,
caro
compagno
mio
.
Il
Direttore
18
,
venerdì
Coretti
era
contento
questa
mattina
perché
è
venuto
ad
assistere
al
lavoro
d
'
esame
mensile
il
suo
maestro
di
seconda
,
Coatti
,
un
omone
con
una
grande
capigliatura
crespa
,
una
gran
barba
nera
,
due
grandi
occhi
scuri
,
e
una
voce
da
bombarda
;
il
quale
minaccia
sempre
i
ragazzi
di
farli
a
pezzi
e
di
portarli
per
il
collo
in
Questura
,
e
fa
ogni
specie
di
facce
spaventevoli
;
ma
non
castiga
mai
nessuno
,
anzi
sorride
sempre
dentro
la
barba
,
senza
farsi
scorgere
.
Otto
sono
,
con
Coatti
,
i
maestri
,
compreso
un
supplente
piccolo
e
senza
barba
,
che
pare
un
giovinetto
.
C
'
è
un
maestro
di
quarta
,
zoppo
,
imbacuccato
in
una
grande
cravatta
di
lana
,
sempre
tutto
pieno
di
dolori
,
e
si
prese
quei
dolori
quando
era
maestro
rurale
,
in
una
scuola
umida
dove
i
muri
gocciolavano
.
Un
altro
maestro
di
quarta
è
vecchio
e
tutto
bianco
ed
è
stato
maestro
dei
ciechi
.
Ce
n
'
è
uno
ben
vestito
,
con
gli
occhiali
,
e
due
baffetti
biondi
,
che
chiamavano
l
'
avvocatino
,
perché
facendo
il
maestro
studiò
da
avvocato
e
prese
la
laurea
,
e
fece
anche
un
libro
per
insegnare
a
scriver
le
lettere
.
Invece
quello
che
c
'
insegna
la
ginnastica
è
un
tipo
di
soldato
,
è
stato
con
Garibaldi
,
e
ha
sul
collo
la
cicatrice
d
'
una
ferita
di
sciabola
toccata
alla
battaglia
di
Milazzo
.
Poi
c
'
è
il
Direttore
,
alto
,
calvo
con
gli
occhiali
d
'
oro
,
con
la
barba
grigia
che
gli
vien
sul
petto
,
tutto
vestito
di
nero
e
sempre
abbottonato
fin
sotto
il
mento
;
così
buono
coi
ragazzi
,
che
quando
entrano
tutti
tremanti
in
Direzione
,
chiamati
per
un
rimprovero
,
non
li
sgrida
,
ma
li
piglia
per
le
mani
,
e
dice
tante
ragioni
,
che
non
dovevan
far
così
,
e
che
bisogna
che
si
pentano
,
e
che
promettano
d
'
esser
buoni
,
e
parla
con
tanta
buona
maniera
e
con
una
voce
così
dolce
che
tutti
escono
con
gli
occhi
rossi
,
più
confusi
che
se
li
avesse
puniti
.
Povero
Direttore
,
egli
è
sempre
il
primo
al
suo
posto
,
la
mattina
,
a
aspettare
gli
scolari
e
a
dar
retta
ai
parenti
,
e
quando
i
maestri
son
già
avviati
verso
casa
,
gira
ancora
intorno
alla
scuola
a
vedere
che
i
ragazzi
non
si
caccino
sotto
le
carrozze
,
o
non
si
trattengan
per
le
strade
a
far
querciola
,
o
a
empir
gli
zaini
di
sabbia
o
di
sassi
;
e
ogni
volta
che
appare
a
una
cantonata
,
così
alto
e
nero
,
stormi
di
ragazzi
scappano
da
tutte
le
parti
,
piantando
lì
il
giuoco
dei
pennini
e
delle
biglie
,
ed
egli
li
minaccia
con
l
'
indice
da
lontano
,
con
la
sua
aria
amorevole
e
triste
.
Nessuno
l
'
ha
più
visto
ridere
,
dice
mia
madre
,
dopo
che
gli
è
morto
il
figliuolo
ch
'
era
volontario
nell
'
esercito
;
ed
egli
ha
sempre
il
suo
ritratto
davanti
agli
occhi
,
sul
tavolino
della
Direzione
.
E
se
ne
voleva
andare
dopo
quella
disgrazia
;
aveva
già
fatto
la
sua
domanda
di
riposo
al
Municipio
,
e
la
teneva
sempre
sul
tavolino
,
aspettando
di
giorno
in
giorno
a
mandarla
,
perché
gli
rincresceva
di
lasciare
i
fanciulli
.
Ma
l
'
altro
giorno
pareva
deciso
,
e
mio
padre
ch
'
era
con
lui
nella
Direzione
,
gli
diceva
:
-
Che
peccato
che
se
ne
vada
,
signor
Direttore
!
-
quando
entrò
un
uomo
a
fare
iscrivere
un
ragazzo
,
che
passava
da
un
'
altra
sezione
alla
nostra
perché
aveva
cambiato
di
casa
.
A
veder
quel
ragazzo
il
Direttore
fece
un
atto
di
meraviglia
,
-
lo
guardò
un
pezzo
,
guardò
il
ritratto
che
tien
sul
tavolino
e
tornò
a
guardare
il
ragazzo
,
tirandoselo
fra
le
ginocchia
e
facendogli
alzare
il
viso
.
Quel
ragazzo
somigliava
tutto
al
suo
figliuolo
morto
.
Il
Direttore
disse
:
-
Va
bene
;
-
fece
l
'
iscrizione
,
congedò
padre
e
figlio
,
e
restò
pensieroso
.
-
Che
peccato
che
se
ne
vada
!
-
ripeté
mio
padre
.
E
allora
il
Direttore
prese
la
sua
domanda
di
riposo
,
la
fece
in
due
pezzi
e
disse
:
-
Rimango
.
I
soldati
22
,
martedì
Il
suo
figliuolo
era
volontario
nell
'
esercito
quando
morì
:
per
questo
il
Direttore
va
sempre
sul
corso
a
veder
passare
i
soldati
,
quando
usciamo
dalla
scuola
.
Ieri
passava
un
reggimento
di
fanteria
,
e
cinquanta
ragazzi
si
misero
a
saltellare
intorno
alla
banda
musicale
,
cantando
e
battendo
il
tempo
colle
righe
sugli
zaini
e
sulle
cartelle
.
Noi
stavamo
in
un
gruppo
,
sul
marciapiede
a
guardare
:
Garrone
,
strizzato
nei
suoi
vestiti
troppo
stretti
,
che
addentava
un
gran
pezzo
di
pane
;
Votini
,
quello
ben
vestito
,
che
si
leva
sempre
i
peluzzi
dai
panni
;
Precossi
,
il
figliuolo
del
fabbro
,
con
la
giacchetta
di
suo
padre
,
e
il
calabrese
,
e
il
muratorino
,
e
Crossi
con
la
sua
testa
rossa
,
e
Franti
con
la
sua
faccia
tosta
,
e
anche
Robetti
,
il
figliuolo
del
capitano
d
'
artiglieria
,
quello
che
salvò
un
bambino
dall
'
omnibus
,
e
che
ora
cammina
con
le
stampelle
.
Franti
fece
una
risata
in
faccia
a
un
soldato
che
zoppicava
.
Ma
subito
si
sentì
la
mano
d
'
un
uomo
sulla
spalla
:
si
voltò
:
era
il
Direttore
.
-
Bada
,
-
gli
disse
il
Direttore
;
-
schernire
un
soldato
quand
'
è
nelle
file
,
che
non
può
né
vendicarsi
né
rispondere
,
è
come
insultare
un
uomo
legato
:
è
una
viltà
.
-
Franti
scomparve
.
I
soldati
passavano
a
quattro
a
quattro
,
sudati
e
coperti
di
polvere
,
e
i
fucili
scintillavano
al
sole
.
Il
Direttore
disse
:
-
Voi
dovete
voler
bene
ai
soldati
,
ragazzi
.
Sono
i
nostri
difensori
,
quelli
che
andrebbero
a
farsi
uccidere
per
noi
,
se
domani
un
esercito
straniero
minacciasse
il
nostro
paese
.
Sono
ragazzi
anch
'
essi
,
hanno
pochi
anni
più
di
voi
;
e
anch
'
essi
vanno
a
scuola
;
e
ci
sono
poveri
e
signori
,
fra
loro
,
come
fra
voi
,
e
vengono
da
tutte
le
parti
d
'
Italia
.
Vedete
,
si
posson
quasi
riconoscere
al
viso
:
passano
dei
Siciliani
,
dei
Sardi
,
dei
Napoletani
,
dei
Lombardi
.
Questo
poi
è
un
reggimento
vecchio
,
di
quelli
che
hanno
combattuto
nel
1848
.
I
soldati
non
son
più
quelli
,
ma
la
bandiera
è
sempre
la
stessa
.
Quanti
erano
già
morti
per
il
nostro
paese
intorno
a
quella
bandiera
venti
anni
prima
che
voi
nasceste
!
-
Eccola
qui
,
-
disse
Garrone
.
E
infatti
si
vedeva
poco
lontano
la
bandiera
,
che
veniva
innanzi
,
al
di
sopra
delle
teste
dei
soldati
.
-
Fate
una
cosa
,
figliuoli
,
-
disse
il
Direttore
,
-
fate
il
vostro
saluto
di
scolari
,
con
la
mano
alla
fronte
,
quando
passano
i
tre
colori
.
-
La
bandiera
,
portata
da
un
ufficiale
,
ci
passò
davanti
,
tutta
lacera
e
stinta
,
con
le
medaglie
appese
all
'
asta
.
Noi
mettemmo
la
mano
alla
fronte
,
tutt
'
insieme
.
L
'
ufficiale
ci
guardò
,
sorridendo
,
e
ci
restituì
il
saluto
con
la
mano
.
-
Bravi
,
ragazzi
,
-
disse
uno
dietro
di
noi
.
Ci
voltammo
a
guardare
:
era
un
vecchio
che
aveva
all
'
occhiello
del
vestito
il
nastrino
azzurro
della
campagna
di
Crimea
:
un
ufficiale
pensionato
.
-
Bravi
,
-
disse
,
-
avete
fatto
una
cosa
bella
.
-
Intanto
la
banda
del
reggimento
svoltava
in
fondo
al
corso
,
circondata
da
una
turba
di
ragazzi
,
e
cento
grida
allegre
accompagnavan
gli
squilli
delle
trombe
come
un
canto
di
guerra
.
-
Bravi
,
-
ripeté
il
vecchio
ufficiale
,
guardandoci
;
-
chi
rispetta
la
bandiera
da
piccolo
la
saprà
difender
da
grande
.
Il
protettore
di
Nelli
23
,
mercoledì
Anche
Nelli
,
ieri
,
guardava
i
soldati
,
povero
gobbino
,
ma
con
un
'
aria
così
,
come
se
pensasse
:
-
Io
non
potrò
esser
mai
un
soldato
!
-
Egli
è
buono
,
studia
;
ma
è
così
magrino
e
smorto
,
e
respira
a
fatica
.
Porta
sempre
un
lungo
grembiale
di
tela
nera
lucida
.
Sua
madre
è
una
signora
piccola
a
bionda
,
vestita
di
nero
,
e
vien
sempre
a
prenderlo
al
finis
,
perché
non
esca
nella
confusione
,
con
gli
altri
;
e
lo
accarezza
.
I
primi
giorni
,
perché
ha
quella
disgrazia
d
'
esser
gobbo
,
molti
ragazzi
lo
beffavano
e
gli
picchiavan
sulla
schiena
con
gli
zaini
;
ma
egli
non
si
rivoltava
mai
,
e
non
diceva
mai
nulla
a
sua
madre
,
per
non
darle
quel
dolore
di
sapere
che
suo
figlio
era
lo
zimbello
dei
compagni
;
lo
schernivano
,
ed
egli
piangeva
e
taceva
,
appoggiando
la
fronte
sul
banco
.
Ma
una
mattina
saltò
su
Garrone
e
disse
:
-
Il
primo
che
tocca
Nelli
gli
do
uno
scapaccione
che
gli
faccio
far
tre
giravolte
!
-
Franti
non
gli
badò
,
lo
scapaccione
partì
,
l
'
amico
fece
le
tre
giravolte
,
e
dopo
d
'
allora
nessuno
toccò
più
Nelli
.
Il
maestro
gli
mise
Garrone
vicino
,
nello
stesso
banco
.
Si
sono
fatti
amici
.
Nelli
s
'
è
affezionato
molto
a
Garrone
.
Appena
entra
nella
scuola
,
cerca
subito
se
c
'
è
Garrone
.
Non
va
mai
via
senza
dire
:
-
Addio
,
Garrone
.
-
E
così
fa
Garrone
con
lui
.
Quando
Nelli
lascia
cascar
la
penna
o
un
libro
sotto
il
banco
,
subito
,
perché
non
faccia
fatica
a
chinarsi
,
Garrone
si
china
e
gli
porge
il
libro
o
la
penna
;
e
poi
l
'
aiuta
a
rimetter
la
roba
nello
zaino
,
e
a
infilarsi
il
cappotto
.
Per
questo
Nelli
gli
vuol
bene
,
e
lo
guarda
sempre
,
e
quando
il
maestro
lo
loda
è
contento
,
come
se
lodasse
lui
.
Ora
bisogna
che
Nelli
,
finalmente
,
abbia
detto
tutto
a
sua
madre
,
e
degli
scherni
dei
primi
giorni
e
di
quello
che
gli
facevan
patire
,
e
poi
del
compagno
che
lo
difese
e
che
gli
ha
posto
affetto
,
perché
,
ecco
quello
che
accadde
questa
mattina
.
Il
maestro
mi
mandò
a
portare
al
Direttore
il
programma
della
lezione
,
mezz
'
ora
prima
del
finis
,
ed
io
ero
nell
'
ufficio
quando
entrò
una
signora
bionda
e
vestita
di
nero
,
la
mamma
di
Nelli
,
la
quale
disse
:
-
Signor
Direttore
,
c
'
è
nella
classe
del
mio
figliuolo
un
ragazzo
che
si
chiama
Garrone
?
-
C
'
è
,
-
rispose
il
Direttore
.
-
Vuol
aver
la
bontà
di
farlo
venire
un
momento
qui
,
che
gli
ho
da
dire
una
parola
?
-
Il
Direttore
chiamò
il
bidello
e
lo
mandò
in
iscuola
,
e
dopo
un
minuto
ecco
lì
Garrone
sull
'
uscio
con
la
sua
testa
grossa
e
rapata
,
tutto
stupito
.
Appena
lo
vide
,
la
signora
gli
corse
incontro
,
gli
gettò
le
mani
sulle
spalle
e
gli
diede
tanti
baci
sulla
testa
dicendo
:
-
Sei
tu
,
Garrone
,
l
'
amico
del
mio
figliuolo
,
il
protettore
del
mio
povero
bambino
,
sei
tu
,
caro
,
bravo
ragazzo
,
sei
tu
!
-
Poi
frugò
in
furia
nelle
tasche
e
nella
borsa
,
e
non
trovando
nulla
,
si
staccò
dal
collo
una
catenella
con
una
crocina
,
e
la
mise
al
collo
di
Garrone
,
sotto
la
cravatta
,
e
gli
disse
:
-
Prendila
,
portala
per
mia
memoria
,
caro
ragazzo
,
per
memoria
della
mamma
di
Nelli
,
che
ti
ringrazia
e
ti
benedice
.
Il
primo
della
classe
25
,
venerdì
Garrone
s
'
attira
l
'
affetto
di
tutti
;
Derossi
,
l
'
ammirazione
.
Ha
preso
la
prima
medaglia
,
sarà
sempre
il
primo
anche
quest
'
anno
,
nessuno
può
competer
con
lui
,
tutti
riconoscono
la
sua
superiorità
in
tutte
le
materie
.
È
il
primo
in
aritmetica
,
in
grammatica
,
in
composizione
,
in
disegno
,
capisce
ogni
cosa
al
volo
,
ha
una
memoria
meravigliosa
,
riesce
in
tutto
senza
sforzo
,
pare
che
lo
studio
sia
un
gioco
per
lui
...
Il
maestro
gli
disse
ieri
:
-
Hai
avuto
dei
grandi
doni
da
Dio
,
non
hai
altro
da
fare
che
non
sciuparli
.
-
E
per
di
più
è
grande
,
bello
,
con
una
gran
corona
di
riccioli
biondi
,
lesto
che
salta
un
banco
appoggiandovi
una
mano
su
;
e
sa
già
tirare
di
scherma
.
Ha
dodici
anni
,
è
figliuolo
d
'
un
negoziante
,
va
sempre
vestito
di
turchino
con
dei
bottoni
dorati
,
sempre
vivo
,
allegro
,
grazioso
con
tutti
,
e
aiuta
quanti
può
all
'
esame
,
e
nessuno
ha
mai
osato
fargli
uno
sgarbo
o
dirgli
una
brutta
parola
.
Nobis
e
Franti
soltanto
lo
guardano
per
traverso
e
Votini
schizza
invidia
dagli
occhi
;
ma
egli
non
se
n
'
accorge
neppure
.
Tutti
gli
sorridono
e
lo
pigliano
per
una
mano
o
per
un
braccio
quando
va
attorno
a
raccogliere
i
lavori
,
con
quella
sua
maniera
graziosa
.
Egli
regala
dei
giornali
illustrati
,
dei
disegni
,
tutto
quello
che
a
casa
regalano
a
lui
,
ha
fatto
per
il
calabrese
una
piccola
carta
geografica
delle
Calabrie
;
e
dà
tutto
ridendo
,
senza
badarci
,
come
un
gran
signore
,
senza
predilezioni
per
alcuno
.
È
impossibile
non
invidiarlo
,
non
sentirsi
da
meno
di
lui
in
ogni
cosa
.
Ah
!
io
pure
,
come
Votini
,
l
'
invidio
.
E
provo
un
'
amarezza
,
quasi
un
certo
dispetto
contro
di
lui
,
qualche
volta
,
quando
stento
a
fare
il
lavoro
a
casa
,
e
penso
che
a
quell
'
ora
egli
l
'
ha
già
fatto
,
benissimo
e
senza
fatica
.
Ma
poi
,
quando
torno
alla
scuola
,
a
vederlo
così
bello
,
ridente
,
trionfante
,
a
sentir
come
risponde
alle
interrogazioni
del
maestro
franco
e
sicuro
,
e
com
'
è
cortese
e
come
tutti
gli
voglion
bene
,
allora
ogni
amarezza
,
ogni
dispetto
mi
va
via
dal
cuore
,
e
mi
vergogno
d
'
aver
provato
quei
sentimenti
.
Vorrei
essergli
sempre
vicino
allora
;
vorrei
poter
fare
tutte
le
scuole
con
lui
;
la
sua
presenza
,
la
sua
voce
mi
mette
coraggio
,
voglia
di
lavorare
,
allegrezza
,
piacere
.
Il
maestro
gli
ha
dato
da
copiare
il
racconto
mensile
che
leggerà
domani
:
La
piccola
vedetta
lombarda
;
egli
lo
copiava
questa
mattina
,
ed
era
commosso
da
quel
fatto
eroico
,
tutto
acceso
nel
viso
,
cogli
occhi
umidi
e
con
la
bocca
tremante
;
e
io
lo
guardavo
,
com
'
era
bello
e
nobile
!
Con
che
piacere
gli
avrei
detto
sul
viso
,
francamente
:
-
Derossi
,
tu
vali
in
tutto
più
di
me
!
Tu
sei
un
uomo
a
confronto
mio
!
Io
ti
rispetto
e
ti
ammiro
!
La
piccola
vedetta
lombarda
Racconto
mensile
26
,
sabato
Nel
1859
,
durante
la
guerra
per
la
liberazione
della
Lombardia
,
pochi
giorni
dopo
la
battaglia
di
Solferino
e
San
Martino
,
vinta
dai
Francesi
e
dagli
Italiani
contro
gli
Austriaci
,
in
una
bella
mattinata
del
mese
di
giugno
,
un
piccolo
drappello
di
cavalleggieri
di
Saluzzo
andava
di
lento
passo
,
per
un
sentiero
solitario
,
verso
il
nemico
,
esplorando
attentamente
la
campagna
.
Guidavano
il
drappello
un
ufficiale
e
un
sergente
,
e
tutti
guardavano
lontano
,
davanti
a
sé
,
con
occhio
fisso
,
muti
,
preparati
a
veder
da
un
momento
all
'
altro
biancheggiare
fra
gli
alberi
le
divise
degli
avamposti
nemici
.
Arrivarono
così
a
una
casetta
rustica
,
circondata
di
frassini
,
davanti
alla
quale
se
ne
stava
tutto
solo
un
ragazzo
d
'
una
dozzina
d
'
anni
,
che
scortecciava
un
piccolo
ramo
con
un
coltello
,
per
farsene
un
bastoncino
;
da
una
finestra
della
casa
spenzolava
una
larga
bandiera
tricolore
;
dentro
non
c
'
era
nessuno
:
i
contadini
,
messa
fuori
la
bandiera
,
erano
scappati
,
per
paura
degli
Austriaci
.
Appena
visti
i
cavalleggieri
,
il
ragazzo
buttò
via
il
bastone
e
si
levò
il
berretto
.
Era
un
bel
ragazzo
,
di
viso
ardito
,
con
gli
occhi
grandi
e
celesti
,
coi
capelli
biondi
e
lunghi
;
era
in
maniche
di
camicia
,
e
mostrava
il
petto
nudo
.
-
Che
fai
qui
?
-
gli
domandò
l
'
ufficiale
,
fermando
il
cavallo
.
-
Perché
non
sei
fuggito
con
la
tua
famiglia
?
-
Io
non
ho
famiglia
,
-
rispose
il
ragazzo
.
-
Sono
un
trovatello
.
Lavoro
un
po
'
per
tutti
.
Son
rimasto
qui
per
veder
la
guerra
.
-
Hai
visto
passare
degli
Austriaci
?
-
No
,
da
tre
giorni
.
L
'
ufficiale
stette
un
poco
pensando
;
poi
saltò
giù
da
cavallo
,
e
lasciati
i
soldati
lì
,
rivolti
verso
il
nemico
,
entrò
nella
casa
e
salì
sul
tetto
...
La
casa
era
bassa
;
dal
tetto
non
si
vedeva
che
un
piccolo
tratto
di
campagna
.
-
Bisogna
salir
sugli
alberi
,
-
disse
l
'
ufficiale
,
e
discese
.
Proprio
davanti
all
'
aia
si
drizzava
un
frassino
altissimo
e
sottile
,
che
dondolava
la
vetta
nell
'
azzurro
.
L
'
ufficiale
rimase
un
po
'
sopra
pensiero
,
guardando
ora
l
'
albero
ora
i
soldati
;
poi
tutt
'
a
un
tratto
domandò
al
ragazzo
:
-
Hai
buona
vista
,
tu
,
monello
?
-
Io
?
-
rispose
il
ragazzo
.
-
Io
vedo
un
passerotto
lontano
un
miglio
.
-
Saresti
buono
a
salire
in
cima
a
quell
'
albero
?
-
In
cima
a
quell
'
albero
?
io
?
In
mezzo
minuto
ci
salgo
.
-
E
sapresti
dirmi
quello
che
vedi
di
lassù
,
se
c
'
è
soldati
austriaci
da
quella
parte
,
nuvoli
di
polvere
,
fucili
che
luccicano
,
cavalli
?
-
Sicuro
che
saprei
.
-
Che
cosa
vuoi
per
farmi
questo
servizio
?
-
Che
cosa
voglio
?
-
disse
il
ragazzo
sorridendo
.
-
Niente
.
Bella
cosa
!
E
poi
...
se
fosse
per
i
tedeschi
,
a
nessun
patto
;
ma
per
i
nostri
!
Io
sono
lombardo
.
-
Bene
.
Va
su
dunque
.
-
Un
momento
,
che
mi
levi
le
scarpe
.
Si
levò
le
scarpe
,
si
strinse
la
cinghia
dei
calzoni
,
buttò
nell
'
erba
il
berretto
e
abbracciò
il
tronco
del
frassino
-
Ma
bada
...
-
esclamò
l
'
ufficiale
,
facendo
l
'
atto
di
trattenerlo
,
come
preso
da
un
timore
improvviso
.
Il
ragazzo
si
voltò
a
guardarlo
,
coi
suoi
begli
occhi
celesti
,
in
atto
interrogativo
.
-
Niente
,
-
disse
l
'
ufficiale
;
-
va
su
.
Il
ragazzo
andò
su
,
come
un
gatto
.
-
Guardate
davanti
a
voi
,
-
gridò
l
'
ufficiale
ai
soldati
.
In
pochi
momenti
il
ragazzo
fu
sulla
cima
dell
'
albero
,
avviticchiato
al
fusto
,
con
le
gambe
fra
le
foglie
,
ma
col
busto
scoperto
,
e
il
sole
gli
batteva
sul
capo
biondo
,
che
pareva
d
'
oro
.
L
'
ufficiale
lo
vedeva
appena
,
tanto
era
piccino
lassù
.
-
Guarda
dritto
e
lontano
,
-
gridò
l
'
ufficiale
.
Il
ragazzo
,
per
veder
meglio
,
staccò
la
mano
destra
dall
'
albero
e
se
la
mise
alla
fronte
.
-
Che
cosa
vedi
?
-
domandò
l
'
ufficiale
.
Il
ragazzo
chinò
il
viso
verso
di
lui
,
e
facendosi
portavoce
della
mano
,
rispose
:
-
Due
uomini
a
cavallo
,
sulla
strada
bianca
.
-
A
che
distanza
di
qui
?
-
Mezzo
miglio
.
-
Movono
?
-
Son
fermi
.
-
Che
altro
vedi
?
-
domandò
l
'
ufficiale
,
dopo
un
momento
di
silenzio
.
-
Guarda
a
destra
.
Il
ragazzo
guardò
a
destra
.
Poi
disse
:
-
Vicino
al
cimitero
,
tra
gli
alberi
,
c
'
è
qualche
cosa
che
luccica
.
Paiono
baionette
.
-
Vedi
gente
?
-
No
.
Saran
nascosti
nel
grano
.
In
quel
momento
un
fischio
di
palla
acutissimo
passò
alto
per
l
'
aria
e
andò
a
morire
lontano
dietro
alla
casa
.
-
Scendi
,
ragazzo
!
-
gridò
l
'
ufficiale
.
-
T
'
han
visto
.
Non
voglio
altro
.
Vien
giù
.
-
Io
non
ho
paura
,
-
rispose
il
ragazzo
.
-
Scendi
...
-
ripeté
l
'
ufficiale
,
-
che
altro
vedi
,
a
sinistra
?
-
A
sinistra
?
-
Sì
,
a
sinistra
Il
ragazzo
sporse
il
capo
a
sinistra
;
in
quel
punto
un
altro
fischio
più
acuto
e
più
basso
del
primo
tagliò
l
'
aria
.
Il
ragazzo
si
riscosse
tutto
.
-
Accidenti
!
-
esclamò
.
-
L
'
hanno
proprio
con
me
!
-
La
palla
gli
era
passata
poco
lontano
.
-
Scendi
!
-
gridò
l
'
ufficiale
,
imperioso
e
irritato
.
-
Scendo
subito
,
-
rispose
il
ragazzo
.
-
Ma
l
'
albero
mi
ripara
,
non
dubiti
.
A
sinistra
,
vuole
sapere
?
-
A
sinistra
,
-
rispose
l
'
ufficiale
;
-
ma
scendi
.
-
A
sinistra
,
-
gridò
il
ragazzo
,
sporgendo
il
busto
da
quella
parte
,
-
dove
c
'
è
una
cappella
,
mi
par
di
veder
...
Un
terzo
fischio
rabbioso
passò
in
alto
,
e
quasi
ad
un
punto
si
vide
il
ragazzo
venir
giù
,
trattenendosi
per
un
tratto
al
fusto
ed
ai
rami
,
e
poi
precipitando
a
capo
fitto
colle
braccia
aperte
.
-
Maledizione
!
-
gridò
l
'
ufficiale
,
accorrendo
.
Il
ragazzo
batté
la
schiena
per
terra
e
restò
disteso
con
le
braccia
larghe
,
supino
;
un
rigagnolo
di
sangue
gli
sgorgava
dal
petto
,
a
sinistra
.
Il
sergente
e
due
soldati
saltaron
giù
da
cavallo
;
l
'
ufficiale
si
chinò
e
gli
aprì
la
camicia
:
la
palla
gli
era
entrata
nel
polmone
sinistro
.
-
È
morto
!
-
esclamò
l
'
ufficiale
.
-
No
,
vive
!
-
rispose
il
sergente
.
-
Ah
!
povero
ragazzo
!
bravo
ragazzo
!
-
gridò
l
'
ufficiale
;
-
coraggio
!
coraggio
!
-
Ma
mentre
gli
diceva
coraggio
e
gli
premeva
il
fazzoletto
sulla
ferita
,
il
ragazzo
stralunò
gli
occhi
e
abbandonò
il
capo
:
era
morto
.
L
'
ufficiale
impallidì
,
e
lo
guardò
fisso
per
un
momento
;
poi
lo
adagiò
col
capo
sull
'
erba
;
s
'
alzò
,
e
stette
a
guardarlo
;
anche
il
sergente
e
i
due
soldati
,
immobili
,
lo
guardavano
:
gli
altri
stavan
rivolti
verso
il
nemico
.
-
Povero
ragazzo
!
-
ripeté
tristemente
l
'
ufficiale
.
-
Povero
e
bravo
ragazzo
!
Poi
s
'
avvicinò
alla
casa
,
levò
dalla
finestra
la
bandiera
tricolore
,
e
la
distese
come
un
drappo
funebre
sul
piccolo
morto
,
lasciandogli
il
viso
scoperto
.
Il
sergente
raccolse
a
fianco
del
morto
le
scarpe
,
il
berretto
,
il
bastoncino
e
il
coltello
.
Stettero
ancora
un
momento
silenziosi
;
poi
l
'
ufficiale
si
rivolse
al
sergente
e
gli
disse
:
-
Lo
manderemo
a
pigliare
dall
'
ambulanza
;
è
morto
da
soldato
:
lo
seppelliranno
i
soldati
.
-
Detto
questo
mandò
un
bacio
al
morto
con
un
atto
della
mano
,
e
gridò
:
-
A
cavallo
.
-
Tutti
balzarono
in
sella
,
il
drappello
si
riunì
e
riprese
il
suo
cammino
.
E
poche
ore
dopo
il
piccolo
morto
ebbe
i
suoi
onori
di
guerra
.
Al
tramontar
del
sole
,
tutta
la
linea
degli
avamposti
italiani
s
'
avanzava
verso
il
nemico
,
e
per
lo
stesso
cammino
percorso
la
mattina
dal
drappello
di
cavalleria
,
procedeva
su
due
file
un
grosso
battaglione
di
bersaglieri
,
il
quale
,
pochi
giorni
innanzi
,
aveva
valorosamente
rigato
di
sangue
il
colle
di
San
Martino
.
La
notizia
della
morte
del
ragazzo
era
già
corsa
fra
quei
soldati
prima
che
lasciassero
gli
accampamenti
.
Il
sentiero
,
fiancheggiato
da
un
rigagnolo
,
passava
a
pochi
passi
di
distanza
dalla
casa
.
Quando
i
primi
ufficiali
del
battaglione
videro
il
piccolo
cadavere
disteso
ai
piedi
del
frassino
e
coperto
dalla
bandiera
tricolore
,
lo
salutarono
con
la
sciabola
;
e
uno
di
essi
si
chinò
sopra
la
sponda
del
rigagnolo
,
ch
'
era
tutta
fiorita
,
strappò
due
fiori
e
glieli
gettò
.
Allora
tutti
i
bersaglieri
,
via
via
che
passavano
,
strapparono
dei
fiori
e
li
gettarono
al
morto
.
In
pochi
minuti
il
ragazzo
fu
coperto
di
fiori
,
e
ufficiali
e
soldati
gli
mandavan
tutti
un
saluto
passando
:
-
Bravo
,
piccolo
lombardo
!
-
Addio
,
ragazzo
!
-
A
te
,
biondino
!
-
Evviva
!
-
Gloria
!
-
Addio
!
-
Un
ufficiale
gli
gettò
la
sua
medaglia
al
valore
,
un
altro
andò
a
baciargli
la
fronte
.
E
i
fiori
continuavano
a
piovergli
sui
piedi
nudi
,
sul
petto
insanguinato
,
sul
capo
biondo
.
Ed
egli
se
ne
dormiva
là
nell
'
erba
,
ravvolto
nella
sua
bandiera
,
col
viso
bianco
e
quasi
sorridente
,
povero
ragazzo
,
come
se
sentisse
quei
saluti
,
e
fosse
contento
d
'
aver
dato
la
vita
per
la
sua
Lombardia
.
I
poveri
29
,
martedì
Dare
la
vita
per
il
proprio
paese
,
come
il
ragazzo
lombardo
,
è
una
grande
virtù
,
ma
tu
non
trascurare
le
virtù
piccole
,
figliuolo
.
Questa
mattina
,
camminando
davanti
a
me
quando
tornavamo
dalla
scuola
,
passasti
accanto
a
una
povera
,
che
teneva
fra
le
ginocchia
un
bambino
stentito
e
smorto
,
e
che
ti
domandò
l
'
elemosina
.
Tu
la
guardasti
e
non
le
desti
nulla
,
e
pure
ci
avevi
dei
soldi
in
tasca
.
Senti
,
figliuolo
.
Non
abituarti
a
passare
indifferente
davanti
alla
miseria
che
tende
la
mano
,
e
tanto
meno
davanti
a
una
madre
che
chiede
un
soldo
per
il
suo
bambino
.
Pensa
che
forse
quel
bambino
aveva
fame
!
pensa
allo
strazio
di
quella
povera
donna
.
Te
lo
immagini
il
singhiozzo
disperato
di
tua
madre
,
quando
un
giorno
ti
dovesse
dire
.
-
Enrico
,
oggi
non
posso
darti
nemmen
del
pane
?
-
Quand
'
io
do
un
soldo
a
un
mendico
,
ed
egli
mi
dice
.
-
Dio
conservi
la
salute
a
lei
e
alle
sue
creature
!
-
tu
non
puoi
comprendere
la
dolcezza
che
mi
danno
al
cuore
quelle
parole
,
la
gratitudine
che
sento
per
quel
povero
.
Mi
par
davvero
che
quel
buon
augurio
debba
conservarsi
in
buona
salute
per
molto
tempo
,
e
ritorno
a
casa
contento
.
e
penso
:
Oh
!
quel
povero
m
'
ha
reso
assai
più
di
quanto
gli
ho
dato
!
Ebbene
,
fa
ch
'
io
senta
qualche
volta
quel
buon
augurio
provocato
,
meritato
da
te
,
togli
tratto
tratto
un
soldo
dalla
tua
piccola
borsa
per
lasciarlo
cadere
nella
mano
d
'
un
vecchio
senza
sostegno
,
d
'
una
madre
senza
pane
,
d
'
un
bimbo
senza
madre
.
I
poveri
amano
l
'
elemosina
dei
ragazzi
perché
non
li
umilia
,
e
perché
i
ragazzi
,
che
han
bisogno
di
tutti
,
somigliano
a
loro
.
vedi
che
ce
n
'
è
sempre
intorno
alle
scuole
,
dei
poveri
.
L
'
elemosina
d
'
un
uomo
è
un
atto
di
carità
,
ma
quella
d
'
un
fanciullo
è
insieme
un
atto
di
carità
e
una
carezza
,
capisci
?
È
come
se
dalla
sua
mano
cadessero
insieme
un
soldo
e
un
fiore
.
Pensa
che
a
te
non
manca
nulla
,
ma
che
a
loro
manca
tutto
;
che
mentre
tu
vuoi
esser
felice
,
a
loro
basta
di
non
morire
.
Pensa
che
è
un
orrore
che
in
mezzo
a
tanti
palazzi
,
per
le
vie
dove
passan
carrozze
e
bambini
vestiti
di
velluto
,
ci
siano
delle
donne
,
dei
bimbi
che
non
hanno
da
mangiare
.
Non
aver
da
mangiare
,
Dio
mio
!
Dei
ragazzi
come
te
,
buoni
come
te
,
intelligenti
come
te
,
che
in
mezzo
a
una
grande
città
non
han
da
mangiare
,
come
belve
perdute
in
un
deserto
!
Oh
mai
più
,
Enrico
,
non
passare
mai
più
davanti
a
una
madre
che
méndica
senza
metterle
un
soldo
nella
mano
!
TUA
MADRE
DICEMBRE
Il
trafficante
1
,
giovedì
Mio
padre
vuole
che
ogni
giorno
di
vacanza
io
mi
faccia
venire
a
casa
uno
de
'
miei
compagni
,
o
che
vada
a
trovarlo
,
per
farmi
a
poco
a
poco
amico
di
tutti
.
Domenica
andrò
a
passeggiare
con
Votini
,
quello
ben
vestito
,
che
si
liscia
sempre
,
e
che
ha
tanta
invidia
di
Derossi
.
Oggi
intanto
è
venuto
a
casa
Garoffi
,
quello
lungo
e
magro
,
col
naso
a
becco
di
civetta
e
gli
occhi
piccoli
e
furbi
,
che
par
che
frughino
per
tutto
.
È
figliuolo
d
'
un
droghiere
.
È
un
bell
'
originale
.
Egli
conta
sempre
i
soldi
che
ha
in
tasca
,
conta
sulle
dita
lesto
lesto
,
e
fa
qualunque
moltiplicazione
senza
tavola
pitagorica
.
E
rammucchia
,
ha
già
un
libretto
della
Cassa
scolastica
di
risparmio
.
Sfido
,
non
spende
mai
un
soldo
,
e
se
gli
casca
un
centesimo
sotto
i
banchi
,
è
capace
di
cercarlo
per
una
settimana
.
Fa
come
le
gazze
,
dice
Derossi
.
Tutto
quello
che
trova
,
penne
logore
,
francobolli
usati
,
spilli
,
colaticci
di
candele
,
tutto
raccatta
.
Son
già
più
di
due
anni
che
raccoglie
francobolli
,
e
n
'
ha
già
delle
centinaia
d
'
ogni
paese
,
in
un
grande
album
,
che
venderà
poi
al
libraio
,
quando
sarà
tutto
pieno
.
Intanto
il
libraio
gli
dà
i
quaderni
gratis
perché
egli
conduce
molti
ragazzi
alla
sua
bottega
.
In
iscuola
traffica
sempre
,
fa
ogni
giorno
vendite
d
'
oggetti
,
lotterie
,
baratti
;
poi
si
pente
del
baratto
e
rivuole
la
sua
roba
;
compra
per
due
e
smercia
per
quattro
;
gioca
ai
pennini
e
non
perde
mai
;
rivende
giornali
vecchi
al
tabaccaio
,
e
ha
un
quadernino
dove
nota
i
suoi
affari
,
tutto
pieno
di
somme
e
di
sottrazioni
.
Alla
scuola
non
studia
che
l
'
aritmetica
,
e
se
desidera
la
medaglia
non
è
che
per
aver
l
'
entrata
gratis
al
teatro
delle
marionette
.
A
me
piace
,
mi
diverte
.
Abbiamo
giocato
a
fare
il
mercato
,
coi
pesi
e
le
bilancie
:
egli
sa
il
prezzo
giusto
di
tutte
le
cose
,
conosce
i
pesi
e
fa
dei
bei
cartocci
spedito
,
come
i
bottegai
.
Dice
che
appena
finite
le
scuole
metterà
su
un
negozio
,
un
commercio
nuovo
,
che
ha
inventato
lui
.
È
stato
tutto
contento
ché
gli
ho
dato
dei
francobolli
esteri
,
e
m
'
ha
detto
appuntino
quando
si
rivende
ciascuno
per
le
collezioni
.
Mio
padre
,
fingendo
di
legger
la
gazzetta
,
lo
stava
a
sentire
,
e
si
divertiva
.
Egli
ha
sempre
le
tasche
gonfie
delle
sue
piccole
mercanzie
,
che
ricopre
con
un
lungo
mantello
nero
,
e
par
continuamente
sopra
pensiero
e
affaccendato
,
come
un
negoziante
.
Ma
quello
che
gli
sta
più
a
cuore
è
la
sua
collezione
di
francobolli
:
questa
è
il
suo
tesoro
,
e
ne
parla
sempre
,
come
se
dovesse
cavarne
una
fortuna
.
I
compagni
gli
danno
dell
'
avaraccio
,
dell
'
usuraio
.
Io
non
so
.
Gli
voglio
bene
,
m
'
insegna
molte
cose
,
mi
sembra
un
uomo
.
Coretti
,
il
figliuolo
del
rivenditore
di
legna
,
dice
ch
'
egli
non
darebbe
i
suoi
francobolli
neanche
per
salvar
la
vita
a
sua
madre
.
Mio
padre
non
lo
crede
.
-
Aspetta
ancora
a
giudicarlo
,
-
m
'
ha
detto
;
-
egli
ha
quella
passione
;
ma
ha
cuore
.
Vanità
5
,
lunedì
Ieri
andai
a
far
la
passeggiata
per
il
viale
di
Rivoli
con
Votini
e
suo
padre
.
Passando
per
via
Dora
Grossa
,
vedemmo
Stardi
,
quello
che
tira
calci
ai
disturbatori
,
fermo
impalato
davanti
a
una
vetrina
di
librario
,
cogli
occhi
fissi
sopra
una
carta
geografica
;
e
chi
sa
da
quanto
tempo
era
là
,
perché
egli
studia
anche
per
la
strada
:
ci
rese
a
mala
pena
il
saluto
,
quel
rusticone
.
Votini
era
vestito
bene
,
anche
troppo
:
aveva
gli
stivali
di
marocchino
trapunti
di
rosso
,
un
vestito
con
ricami
e
nappine
di
seta
,
un
cappello
di
castoro
bianco
e
l
'
orologio
.
E
si
pavoneggiava
.
Ma
la
sua
vanità
doveva
capitar
male
questa
volta
.
Dopo
aver
corso
un
bel
pezzo
su
per
il
viale
,
lasciandoci
molto
addietro
suo
padre
,
che
andava
adagio
,
ci
fermammo
a
un
sedile
di
pietra
,
accanto
a
un
ragazzo
vestito
modestamente
,
che
pareva
stanco
,
e
pensava
,
col
capo
basso
.
Un
uomo
,
che
doveva
essere
suo
padre
,
andava
e
veniva
sotto
gli
alberi
,
leggendo
la
gazzetta
.
Ci
sedemmo
.
Votini
si
mise
tra
me
e
il
ragazzo
.
E
subito
si
ricordò
d
'
essere
vestito
bene
,
e
volle
farsi
ammirare
e
invidiare
dal
suo
vicino
.
Alzò
un
piede
e
mi
disse
:
-
Hai
visto
i
miei
stivali
da
ufficiale
?
-
Lo
disse
per
farli
guardar
da
quell
'
altro
.
Ma
quegli
non
gli
badò
.
Allora
abbassò
il
piede
,
e
mi
mostrò
le
sue
nappine
di
seta
,
e
mi
disse
,
guardando
di
sott
'
occhio
il
ragazzo
,
che
quelle
nappine
di
seta
non
gli
piacevano
,
e
che
le
volea
far
cambiare
in
bottoni
d
'
argento
.
Ma
il
ragazzo
non
guardò
neppure
le
nappine
.
Votini
allora
si
mise
a
far
girare
sulla
punta
dell
'
indice
il
suo
bellissimo
cappello
di
castoro
bianco
.
Ma
il
ragazzo
,
pareva
che
lo
facesse
per
punto
,
non
degnò
d
'
uno
sguardo
nemmeno
il
cappello
.
Votini
,
che
si
cominciava
a
stizzire
,
tirò
fuori
l
'
orologio
l
'
aperse
,
mi
fece
veder
le
rote
.
Ma
quegli
non
voltò
la
testa
.
-
È
d
'
argento
dorato
?
-
gli
domandai
.
-
No
,
-
rispose
,
-
è
d
'
oro
.
-
Ma
non
sarà
tutto
d
'
oro
,
-
dissi
,
-
ci
sarà
anche
dell
'
argento
.
-
Ma
no
!
-
egli
ribatté
;
-
e
per
costringere
il
ragazzo
a
guardare
gli
mise
l
'
orologio
davanti
al
viso
e
gli
disse
:
-
Di
'
tu
,
guarda
,
non
è
vero
che
è
tutto
d
'
oro
?
Il
ragazzo
rispose
secco
:
-
Non
lo
so
.
-
Oh
!
oh
!
-
esclamò
Votini
,
pien
di
rabbia
,
-
che
superbia
!
Mentre
diceva
questo
,
sopraggiunse
suo
padre
,
che
sentì
:
guardò
un
momento
fisso
quel
ragazzo
,
poi
disse
bruscamente
al
figliuolo
:
-
Taci
;
-
e
chinatosi
al
suo
orecchio
soggiunse
:
-
È
cieco
.
Votini
balzò
in
piedi
,
con
un
fremito
,
e
guardò
il
ragazzo
nel
viso
.
Aveva
le
pupille
vitree
,
senza
espressione
,
senza
sguardo
.
Votini
rimase
avvilito
,
senza
parola
,
con
gli
occhi
a
terra
.
Poi
balbettò
:
-
Mi
rincresce
...
non
lo
sapevo
.
Ma
il
cieco
,
che
aveva
capito
tutto
,
disse
con
un
sorriso
buono
e
malinconico
:
-
Oh
!
non
fa
nulla
.
Ebbene
,
è
vano
;
ma
non
ha
mica
cattivo
cuore
Votini
.
Per
tutta
la
passeggiata
non
rise
più
.
La
prima
nevicata
10
,
sabato
Addio
passeggiate
a
Rivoli
.
Ecco
la
bella
amica
dei
ragazzi
!
Ecco
la
prima
neve
!
Fin
da
ieri
sera
vien
giù
a
fiocchi
fitti
e
larghi
come
fiori
di
gelsomino
.
Era
un
piacere
questa
mattina
alla
scuola
vederla
venire
contro
le
vetrate
e
ammontarsi
sui
davanzali
;
anche
il
maestro
guardava
e
si
fregava
le
mani
,
e
tutti
eran
contenti
pensando
a
fare
alle
palle
,
e
al
ghiaccio
che
verrà
dopo
,
e
al
focolino
di
casa
.
Non
c
'
era
che
Stardi
che
non
ci
badasse
,
tutto
assorto
nella
lezione
,
coi
pugni
stretti
alle
tempie
.
Che
bellezza
,
che
festa
fu
all
'
uscita
!
tutti
a
scavallar
per
la
strada
,
gridando
e
sbracciando
,
e
a
pigliar
manate
di
neve
e
a
zampettarci
dentro
come
cagnolini
nell
'
acqua
.
I
parenti
che
aspettavan
fuori
avevano
gli
ombrelli
bianchi
,
la
guardia
civica
aveva
l
'
elmetto
bianco
,
tutti
i
nostri
zaini
in
pochi
momenti
furon
bianchi
.
Tutti
parevan
fuor
di
sé
dall
'
allegrezza
,
perfino
Precossi
,
il
figliuolo
del
fabbro
,
quello
pallidino
che
non
ride
mai
,
e
Robetti
,
quello
che
salvò
il
bimbo
dall
'
omnibus
,
poverino
,
che
saltellava
con
le
sue
stampelle
.
Il
calabrese
,
che
non
aveva
mai
toccato
neve
,
se
ne
fece
una
pallottola
e
si
mise
a
mangiarla
come
una
pesca
;
Crossi
,
il
figliuolo
dell
'
erbivendola
,
se
n
'
empì
lo
zaino
;
e
il
muratorino
ci
fece
scoppiar
da
ridere
,
quando
mio
padre
lo
invitò
a
venir
domani
a
casa
nostra
:
egli
aveva
la
bocca
piena
di
neve
,
e
non
osando
né
sputarla
né
mandarla
giù
,
stava
lì
ingozzato
a
guardarci
,
e
non
rispondeva
.
Anche
le
maestre
uscivan
dalla
scuola
di
corsa
,
ridendo
;
anche
la
mia
maestra
di
prima
superiore
,
poveretta
,
correva
a
traverso
al
nevischio
,
riparandosi
il
viso
col
suo
velo
verde
,
e
tossiva
.
E
intanto
centinaia
di
ragazze
della
sezione
vicina
passavano
strillando
e
galoppando
su
quel
tappeto
candido
,
e
i
maestri
e
i
bidelli
e
la
guardia
gridavano
:
-
A
casa
!
A
casa
!
-
ingoiando
fiocchi
di
neve
e
imbiancandosi
i
baffi
e
la
barba
.
Ma
anch
'
essi
ridevano
di
quella
baldoria
di
scolari
che
festeggiavan
l
'
inverno
...
-
Voi
festeggiate
l
'
inverno
...
Ma
ci
son
dei
ragazzi
che
non
hanno
né
panni
,
né
scarpe
,
né
fuoco
.
Ce
ne
son
migliaia
i
quali
scendono
ai
villaggi
,
con
un
lungo
cammino
,
portando
nelle
mani
sanguinanti
dai
geloni
un
pezzo
di
legno
per
riscaldare
la
scuola
.
Ci
sono
centinaia
di
scuole
quasi
sepolte
fra
la
neve
,
nude
e
tetre
come
spelonche
,
dove
i
ragazzi
soffocano
dal
fumo
o
battono
i
denti
dal
freddo
,
guardando
con
terrore
i
fiocchi
bianchi
che
scendono
senza
fine
,
che
s
'
ammucchiano
senza
posa
sulle
loro
capanne
lontane
,
minacciate
dalle
valanghe
.
Voi
festeggiate
l
'
inverno
,
ragazzi
.
Pensate
alle
migliaia
di
creature
a
cui
l
'
inverno
porta
la
miseria
e
la
morte
.
TUO
PADRE
Il
muratorino
11
,
domenica
Il
«
muratorino
»
è
venuto
oggi
,
in
cacciatora
,
tutto
vestito
di
roba
smessa
di
suo
padre
,
ancora
bianca
di
calcina
e
di
gesso
.
Mio
padre
lo
desiderava
anche
più
di
me
che
venisse
.
Come
ci
fece
piacere
!
Appena
entrato
,
si
levò
il
cappello
a
cencio
ch
'
era
tutto
bagnato
di
neve
e
se
lo
ficcò
in
un
taschino
;
poi
venne
innanzi
,
con
quella
sua
andatura
trascurata
d
'
operaio
stanco
,
rivolgendo
qua
e
là
il
visetto
tondo
come
una
mela
,
col
suo
naso
a
pallottola
;
e
quando
fu
nella
sala
da
desinare
,
data
un
'
occhiata
in
giro
ai
mobili
,
e
fissati
gli
occhi
sur
un
quadretto
che
rappresenta
Rigoletto
,
un
buffone
gobbo
,
fece
il
«
muso
di
lepre
»
.
È
impossibile
trattenersi
dal
ridere
a
vedergli
fare
il
muso
di
lepre
.
Ci
mettemmo
a
giocare
coi
legnetti
:
egli
ha
un
'
abilità
straordinaria
a
far
torri
e
ponti
,
che
par
che
stian
su
per
miracolo
,
e
ci
lavora
tutto
serio
,
con
la
pazienza
di
un
uomo
.
Fra
una
torre
e
l
'
altra
,
mi
disse
della
sua
famiglia
:
stanno
in
una
soffitta
,
suo
padre
va
alle
scuole
serali
a
imparar
a
leggere
,
sua
madre
è
biellese
.
E
gli
debbono
voler
bene
,
si
capisce
,
perché
è
vestito
così
da
povero
figliuolo
,
ma
ben
riparato
dal
freddo
,
coi
panni
ben
rammendati
,
con
la
cravatta
annodata
bene
dalla
mano
di
sua
madre
.
Suo
padre
,
mi
disse
,
è
un
pezzo
d
'
uomo
,
un
gigante
,
che
stenta
a
passar
per
le
porte
;
ma
buono
,
e
chiama
sempre
il
figliuolo
«
muso
di
lepre
»
;
il
figliuolo
,
invece
,
è
piccolino
.
Alle
quattro
si
fece
merenda
insieme
con
pane
e
zebibbo
,
seduti
sul
sofà
,
e
quando
ci
alzammo
,
non
so
perché
,
mio
padre
non
volle
che
ripulissi
la
spalliera
che
il
muratorino
aveva
macchiata
di
bianco
con
la
sua
giacchetta
:
mi
trattenne
la
mano
e
ripulì
poi
lui
,
di
nascosto
.
Giocando
,
il
muratorino
perdette
un
bottone
della
cacciatora
,
e
mia
madre
glie
l
'
attaccò
,
ed
egli
si
fece
rosso
e
stette
a
vederla
cucire
tutto
meravigliato
e
confuso
,
trattenendo
il
respiro
.
Poi
gli
diedi
a
vedere
degli
album
di
caricature
ed
egli
,
senz
'
avvedersene
,
imitava
le
smorfie
di
quelle
facce
,
così
bene
,
che
anche
mio
padre
rideva
.
Era
tanto
contento
quando
andò
via
,
che
dimenticò
di
rimettersi
in
capo
il
berretto
a
cencio
,
e
arrivato
sul
pianerottolo
,
per
mostrarmi
la
sua
gratitudine
mi
fece
ancora
una
volta
il
muso
di
lepre
.
Egli
si
chiama
Antonio
Rabucco
,
e
ha
otto
anni
e
otto
mesi
...
-
Lo
sai
,
figliuolo
,
perché
non
volli
che
ripulissi
il
sofà
?
Perché
ripulirlo
,
mentre
il
tuo
compagno
vedeva
,
era
quasi
un
fargli
rimprovero
d
'
averlo
insudiciato
.
E
questo
non
stava
bene
,
prima
perché
non
l
'
aveva
fatto
apposta
,
e
poi
perché
l
'
aveva
fatto
coi
panni
di
suo
padre
,
il
quale
se
li
è
ingessati
lavorando
;
e
quello
che
si
fa
lavorando
non
è
sudiciume
:
è
polvere
,
è
calce
,
è
vernice
,
è
tutto
quello
che
vuoi
,
ma
non
sudiciume
.
Il
lavoro
non
insudicia
.
Non
dir
mai
d
'
un
operaio
che
vien
dal
lavoro
:
-
È
sporco
.
-
Devi
dire
:
-
Ha
sui
panni
i
segni
,
le
tracce
del
suo
lavoro
.
Ricordatene
.
E
vogli
bene
al
muratorino
,
prima
perché
è
tuo
compagno
,
poi
perché
è
figliuolo
d
'
un
operaio
.
TUO
PADRE
Una
palla
di
neve
16
,
venerdì
E
sempre
nevica
,
nevica
.
Seguì
un
brutto
caso
,
questa
mattina
,
con
la
neve
,
all
'
uscir
dalla
scuola
.
Un
branco
di
ragazzi
,
appena
sboccati
sul
Corso
,
si
misero
a
tirar
palle
,
con
quella
neve
acquosa
,
che
fa
le
palle
sode
e
pesanti
come
pietre
.
Molta
gente
passava
sul
marciapiedi
.
Un
signore
gridò
:
-
Smettete
,
monelli
!
-
e
proprio
in
quel
punto
si
udì
un
grido
acuto
dall
'
altra
parte
della
strada
,
e
si
vide
un
vecchio
che
aveva
perduto
il
cappello
e
barcollava
,
coprendosi
il
viso
con
le
mani
,
e
accanto
a
lui
un
ragazzo
che
gridava
:
-
Aiuto
!
Aiuto
!
-
Subito
accorse
gente
da
ogni
parte
.
Era
stato
colpito
da
una
palla
in
un
occhio
.
Tutti
i
ragazzi
si
sbandarono
fuggendo
come
saette
.
Io
stavo
davanti
alla
bottega
del
libraio
,
dov
'
era
entrato
mio
padre
,
e
vidi
arrivar
di
corsa
parecchi
miei
compagni
che
si
mescolarono
fra
gli
altri
vicini
a
me
,
e
finsero
di
guardar
le
vetrine
:
c
'
era
Garrone
,
con
la
sua
solita
pagnotta
in
tasca
,
Coretti
,
il
muratorino
,
e
Garoffi
,
quello
dei
francobolli
.
Intanto
s
'
era
fatta
folla
intorno
al
vecchio
,
e
una
guardia
ed
altri
correvano
qua
e
là
minacciando
e
domandando
:
-
Chi
è
?
chi
è
stato
?
Sei
tu
?
Dite
chi
è
stato
!
-
e
guardavan
le
mani
ai
ragazzi
,
se
le
avevan
bagnate
di
neve
.
Garoffi
era
accanto
a
me
:
m
'
accorsi
che
tremava
tutto
,
e
che
avea
il
viso
bianco
come
un
morto
.
-
Chi
è
?
Chi
è
stato
?
-
continuava
a
gridare
la
gente
.
-
Allora
intesi
Garrone
che
disse
piano
a
Garoffi
:
-
Su
,
vatti
a
presentare
;
sarebbe
una
vigliaccheria
lasciar
agguantare
qualcun
altro
.
-
Ma
io
non
l
'
ho
fatto
apposta
!
-
rispose
Garoffi
,
tremando
come
una
foglia
.
-
Non
importa
fa
il
tuo
dovere
,
-
ripeté
Garrone
.
-
Ma
io
non
ho
coraggio
!
-
Fatti
coraggio
,
t
'
accompagno
io
.
-
E
la
guardia
e
gli
altri
gridavan
sempre
più
forte
:
-
Chi
è
?
Chi
è
stato
?
Un
occhiale
in
un
occhio
gli
han
fatto
entrare
!
L
'
hanno
accecato
!
Briganti
!
-
Io
credetti
che
Garoffi
cascasse
in
terra
.
-
Vieni
,
-
gli
disse
risolutamente
Garrone
,
-
io
ti
difendo
,
-
e
afferratolo
per
un
braccio
lo
spinse
avanti
,
sostenendolo
,
come
un
malato
.
La
gente
vide
e
capì
subito
,
e
parecchi
accorsero
coi
pugni
alzati
.
Ma
Garrone
si
fece
in
mezzo
,
gridando
:
-
Vi
mettete
in
dieci
uomini
contro
un
ragazzo
?
-
Allora
quelli
ristettero
,
e
una
guardia
civica
pigliò
Garoffi
per
mano
e
lo
condusse
,
aprendo
la
folla
,
a
una
bottega
di
pastaio
,
dove
avevano
ricoverato
il
ferito
.
Vedendolo
,
riconobbi
subito
il
vecchio
impiegato
,
che
sta
al
quarto
piano
di
casa
nostra
,
col
suo
nipotino
.
Era
adagiato
sur
una
seggiola
,
con
un
fazzoletto
sugli
occhi
.
-
Non
l
'
ho
fatto
apposta
!
-
diceva
singhiozzando
Garoffi
,
mezzo
morto
dalla
paura
,
-
non
l
'
ho
fatto
apposta
!
-
Due
o
tre
persone
lo
spinsero
violentemente
nella
bottega
,
gridando
:
-
La
fronte
a
terra
!
Domanda
perdono
!
-
e
lo
gettarono
a
terra
.
Ma
subito
due
braccia
vigorose
lo
rimisero
in
piedi
e
una
voce
risoluta
disse
:
-
No
,
signori
!
-
Era
il
nostro
Direttore
,
che
avea
visto
tutto
.
-
Poiché
ha
avuto
il
coraggio
di
presentarsi
,
-
soggiunse
-
nessuno
ha
il
diritto
di
avvilirlo
.
Tutti
stettero
zitti
.
-
Domanda
perdono
,
-
disse
il
Direttore
a
Garoffi
.
Garoffi
,
scoppiando
in
pianto
,
abbracciò
le
ginocchia
del
vecchio
,
e
questi
,
cercata
con
la
mano
la
testa
di
lui
,
gli
carezzò
i
capelli
.
Allora
tutti
dissero
:
-
Va
'
,
ragazzo
,
va
'
,
torna
a
casa
!
-
E
mio
padre
mi
tirò
fuori
della
folla
e
mi
disse
strada
facendo
:
-
Enrico
,
in
un
caso
simile
,
avresti
il
coraggio
di
fare
il
tuo
dovere
,
di
andar
a
confessare
la
tua
colpa
?
-
Io
gli
risposi
di
sì
.
Ed
egli
:
-
Dammi
la
tua
parola
di
ragazzo
di
cuore
e
d
'
onore
che
lo
faresti
.
-
Ti
do
la
mia
parola
,
padre
mio
!
Le
maestre
17
,
sabato
Garoffi
stava
tutto
pauroso
,
quest
'
oggi
,
ad
aspettare
una
grande
risciacquata
del
maestro
;
ma
il
maestro
non
è
comparso
,
e
poiché
mancava
anche
il
supplente
,
è
venuta
a
far
scuola
la
signora
Cromi
,
la
più
attempata
delle
maestre
,
che
ha
due
figliuoli
grandi
e
ha
insegnato
a
leggere
e
a
scrivere
a
parecchie
signore
che
ora
vengono
ad
accompagnare
i
loro
ragazzi
alla
Sezione
Baretti
.
Era
triste
,
oggi
,
perché
ha
un
figliuolo
malato
.
Appena
che
la
videro
,
cominciarono
a
fare
il
chiasso
.
Ma
essa
con
voce
lenta
e
tranquilla
disse
:
-
Rispettate
i
miei
capelli
bianchi
:
io
non
sono
soltanto
una
maestra
,
sono
una
madre
;
-
e
allora
nessuno
osò
più
di
parlare
,
neanche
quella
faccia
di
bronzo
di
Franti
,
che
si
contentò
di
farle
le
beffe
di
nascosto
.
Nella
classe
della
Cromi
fu
mandata
la
Delcati
,
maestra
di
mio
fratello
,
e
al
posto
della
Delcati
,
quella
che
chiamano
«
la
monachina
»
,
perché
è
sempre
vestita
di
scuro
,
con
un
grembiale
nero
,
e
ha
un
viso
piccolo
e
bianco
,
i
capelli
sempre
lisci
gli
occhi
chiari
chiari
,
e
una
voce
sottile
,
che
par
sempre
che
mormori
preghiere
.
E
non
si
capisce
,
dice
mia
madre
:
è
così
mite
e
timida
,
con
quel
filo
di
voce
sempre
eguale
,
che
appena
si
sente
,
e
non
grida
,
non
s
'
adira
mai
:
eppure
tiene
i
ragazzi
quieti
che
non
si
sentono
,
i
più
monelli
chinano
il
capo
solo
che
li
ammonisca
col
dito
,
pare
una
chiesa
la
sua
scuola
,
e
per
questo
anche
chiamano
lei
la
monachina
.
Ma
ce
n
'
è
un
'
altra
che
mi
piace
pure
:
la
maestrina
della
prima
inferiore
numero
3
,
quella
giovane
col
viso
color
di
rosa
,
che
ha
due
belle
pozzette
nelle
guancie
,
e
porta
una
gran
penna
rossa
sul
cappellino
e
una
crocetta
di
vetro
giallo
appesa
al
collo
.
È
sempre
allegra
,
tien
la
classe
allegra
,
sorride
sempre
,
grida
sempre
con
la
sua
voce
argentina
che
par
che
canti
,
picchiando
la
bacchetta
sul
tavolino
e
battendo
le
mani
per
impor
silenzio
;
poi
quando
escono
,
corre
come
una
bambina
dietro
all
'
uno
e
all
'
altro
,
per
rimetterli
in
fila
;
e
a
questo
tira
su
il
bavero
,
a
quell
'
altro
abbottona
il
cappotto
perché
non
infreddino
,
li
segue
fin
nella
strada
perché
non
s
'
accapiglino
,
supplica
i
parenti
che
non
li
castighino
a
casa
,
porta
delle
pastiglie
a
quei
che
han
la
tosse
,
impresta
il
suo
manicotto
a
quelli
che
han
freddo
;
ed
è
tormentata
continuamente
dai
più
piccoli
che
le
fanno
carezze
e
le
chiedon
dei
baci
tirandola
pel
velo
e
per
la
mantiglia
;
ma
essa
li
lascia
fare
e
li
bacia
tutti
,
ridendo
,
e
ogni
giorno
ritorna
a
casa
arruffata
e
sgolata
,
tutta
ansante
e
tutta
contenta
,
con
le
sue
belle
pozzette
e
la
sua
penna
rossa
.
È
anche
maestra
di
disegno
delle
ragazze
,
e
mantiene
col
proprio
lavoro
sua
madre
e
suo
fratello
.
In
casa
del
ferito
18
,
domenica
È
con
la
maestra
dalla
penna
rossa
il
nipotino
del
vecchio
impiegato
che
fu
colpito
all
'
occhio
dalla
palla
di
neve
di
Garoffi
:
lo
abbiamo
visto
oggi
,
in
casa
di
suo
zio
,
che
lo
tiene
come
un
figliuolo
.
Io
avevo
terminato
di
scrivere
il
racconto
mensile
per
la
settimana
ventura
,
Il
piccolo
scrivano
fiorentino
,
che
il
maestro
mi
diede
a
copiare
;
e
mio
padre
mi
ha
detto
:
-
Andiamo
su
al
quarto
piano
,
a
veder
come
sta
dell
'
occhio
quel
signore
.
-
Siamo
entrati
in
una
camera
quasi
buia
,
dov
'
era
il
vecchio
a
letto
,
seduto
,
con
molti
cuscini
dietro
le
spalle
;
accanto
al
capezzale
sedeva
sua
moglie
,
e
c
'
era
in
un
canto
il
nipotino
che
si
baloccava
.
Il
vecchio
aveva
l
'
occhio
bendato
.
È
stato
molto
contento
di
veder
mio
padre
,
ci
ha
fatto
sedere
e
ha
detto
che
stava
meglio
,
che
l
'
occhio
non
era
perduto
,
non
solo
,
ma
che
a
capo
di
pochi
giorni
sarebbe
guarito
.
-
Fu
una
disgrazia
,
-
ha
soggiunto
;
-
mi
duole
dello
spavento
che
deve
aver
avuto
quel
povero
ragazzo
.
-
Poi
ci
ha
parlato
del
medico
,
che
doveva
venir
a
quell
'
ora
,
a
curarlo
.
Proprio
in
quel
punto
,
suona
il
campanello
.
-
È
il
medico
,
-
dice
la
signora
.
La
porta
s
'
apre
...
E
chi
vedo
?
Garoffi
col
suo
mantello
lungo
,
ritto
sulla
soglia
,
col
capo
chino
,
che
non
aveva
coraggio
di
entrare
.
-
Chi
è
?
-
domanda
il
malato
.
-
È
il
ragazzo
che
tirò
la
palla
,
-
dice
mio
padre
.
-
E
il
vecchio
allora
:
-
O
povero
ragazzo
!
vieni
avanti
;
sei
venuto
a
domandar
notizie
del
ferito
,
non
è
vero
?
Ma
va
meglio
,
sta
tranquillo
,
va
meglio
,
son
quasi
guarito
.
Vieni
qua
.
-
Garoffi
,
confuso
che
non
ci
vedeva
più
,
s
'
è
avvicinato
al
letto
,
forzandosi
per
non
piangere
,
e
il
vecchio
l
'
ha
carezzato
,
ma
egli
non
poteva
parlare
.
-
Grazie
,
ha
detto
il
vecchio
,
-
va
pure
a
dire
a
tuo
padre
e
a
tua
madre
che
tutto
va
bene
,
che
non
si
dian
più
pensiero
.
-
Ma
Garoffi
non
si
moveva
,
pareva
che
avesse
qualcosa
da
dire
,
ma
non
osava
.
-
Che
mi
hai
da
dire
?
che
cosa
vuoi
dire
?
-
Io
...
nulla
.
-
Ebbene
,
addio
,
a
rivederci
,
ragazzo
;
vattene
pure
col
cuore
in
pace
.
Garoffi
è
andato
fino
alla
porta
,
ma
là
s
'
è
fermato
,
e
s
'
è
volto
indietro
verso
il
nipotino
,
che
lo
seguitava
,
e
lo
guardava
curiosamente
.
Tutt
'
a
un
tratto
,
cavato
di
sotto
al
mantello
un
oggetto
,
lo
mette
in
mano
al
ragazzo
,
dicendogli
in
fretta
:
-
È
per
te
,
-
e
via
come
un
lampo
.
Il
ragazzo
porta
l
'
oggetto
allo
zio
;
vedono
che
c
'
è
scritto
su
:
Ti
regalo
questo
;
guardan
dentro
,
e
fanno
un
'
esclamazione
di
stupore
.
Era
l
'
album
famoso
,
con
la
sua
collezione
di
francobolli
,
che
il
povero
Garoffi
aveva
portato
,
la
collezione
di
cui
parlava
sempre
,
su
cui
aveva
fondato
tante
speranze
,
e
che
gli
era
costata
tante
fatiche
;
era
il
suo
tesoro
,
povero
ragazzo
,
era
metà
del
suo
sangue
,
che
in
cambio
del
perdono
egli
regalava
!
Il
piccolo
scrivano
fiorentino
Racconto
mensile
Faceva
la
quarta
elementare
.
Era
un
grazioso
fiorentino
di
dodici
anni
,
nero
di
capelli
e
bianco
di
viso
,
figliuolo
maggiore
d
'
un
impiegato
delle
strade
ferrate
,
il
quale
,
avendo
molta
famiglia
e
poco
stipendio
,
viveva
nelle
strettezze
.
Suo
padre
lo
amava
ed
era
assai
buono
e
indulgente
con
lui
:
indulgente
in
tutto
fuorché
in
quello
che
toccava
la
scuola
:
in
questo
pretendeva
molto
e
si
mostrava
severo
perché
il
figliuolo
doveva
mettersi
in
grado
di
ottener
presto
un
impiego
per
aiutar
la
famiglia
;
e
per
valer
presto
qualche
cosa
gli
bisognava
faticar
molto
in
poco
tempo
.
E
benché
il
ragazzo
studiasse
,
il
padre
lo
esortava
sempre
a
studiare
.
Era
già
avanzato
negli
anni
,
il
padre
,
e
il
troppo
lavoro
l
'
aveva
anche
invecchiato
prima
del
tempo
.
Non
di
meno
,
per
provvedere
ai
bisogni
della
famiglia
,
oltre
al
molto
lavoro
che
gl
'
imponeva
il
suo
impiego
,
pigliava
ancora
qua
e
là
dei
lavori
straordinari
di
copista
,
e
passava
una
buona
parte
della
notte
a
tavolino
.
Da
ultimo
aveva
preso
da
una
Casa
editrice
,
che
pubblicava
giornali
e
libri
a
dispense
,
l
'
incarico
di
scriver
sulle
fasce
il
nome
e
l
'
indirizzo
degli
abbonati
e
guadagnava
tre
lire
per
ogni
cinquecento
di
quelle
strisciole
di
carta
,
scritte
in
caratteri
grandi
e
regolari
.
Ma
questo
lavoro
lo
stancava
,
ed
egli
se
ne
lagnava
spesso
con
la
famiglia
,
a
desinare
.
-
I
miei
occhi
se
ne
vanno
,
-
diceva
,
-
questo
lavoro
di
notte
mi
finisce
.
-
Il
figliuolo
gli
disse
un
giorno
:
-
Babbo
,
fammi
lavorare
in
vece
tua
;
tu
sai
che
scrivo
come
te
,
tale
e
quale
.
-
Ma
il
padre
gli
rispose
:
-
No
figliuolo
;
tu
devi
studiare
;
la
tua
scuola
è
una
cosa
molto
più
importante
delle
mie
fasce
;
avrei
rimorsi
di
rubarti
un
'
ora
;
ti
ringrazio
,
ma
non
voglio
,
e
non
parlarmene
più
.
Il
figliuolo
sapeva
che
con
suo
padre
,
in
quelle
cose
,
era
inutile
insistere
,
e
non
insistette
.
Ma
ecco
che
cosa
fece
.
Egli
sapeva
che
a
mezzanotte
in
punto
suo
padre
smetteva
di
scrivere
,
e
usciva
dal
suo
stanzino
da
lavoro
per
andare
nella
camera
da
letto
.
Qualche
volta
l
'
aveva
sentito
:
scoccati
i
dodici
colpi
al
pendolo
,
aveva
sentito
immediatamente
il
rumore
della
seggiola
smossa
e
il
passo
lento
di
suo
padre
.
Una
notte
aspettò
ch
'
egli
fosse
a
letto
,
si
vestì
piano
piano
,
andò
a
tentoni
nello
stanzino
,
riaccese
il
lume
a
petrolio
,
sedette
alla
scrivania
,
dov
'
era
un
mucchio
di
fasce
bianche
e
l
'
elenco
degli
indirizzi
,
e
cominciò
a
scrivere
,
rifacendo
appuntino
la
scrittura
di
suo
padre
.
E
scriveva
di
buona
voglia
,
contento
,
con
un
po
'
di
paura
,
e
le
fasce
s
'
ammontavano
,
e
tratto
tratto
egli
smetteva
la
penna
per
fregarsi
le
mani
,
e
poi
ricominciava
con
più
alacrità
,
tendendo
l
'
orecchio
,
e
sorrideva
.
Centosessanta
ne
scrisse
:
una
lira
!
Allora
si
fermò
,
rimise
la
penna
dove
l
'
aveva
presa
,
spense
il
lume
,
e
tornò
a
letto
,
in
punta
di
piedi
.
Quel
giorno
,
a
mezzodì
,
il
padre
sedette
a
tavola
di
buon
umore
.
Non
s
'
era
accorto
di
nulla
.
Faceva
quel
lavoro
meccanicamente
,
misurandolo
a
ore
e
pensando
ad
altro
,
e
non
contava
le
fasce
scritte
che
il
giorno
dopo
.
Sedette
a
tavola
di
buonumore
,
e
battendo
una
mano
sulla
spalla
al
figliuolo
:
-
Eh
,
Giulio
,
-
disse
,
-
è
ancora
un
buon
lavoratore
tuo
padre
,
che
tu
credessi
!
In
due
ore
ho
fatto
un
buon
terzo
di
lavoro
più
del
solito
,
ieri
sera
.
La
mano
è
ancora
lesta
,
e
gli
occhi
fanno
ancora
il
loro
dovere
.
-
E
Giulio
,
contento
,
muto
,
diceva
tra
sé
:
«
Povero
babbo
,
oltre
al
guadagno
,
io
gli
dò
ancora
questa
soddisfazione
,
di
credersi
ringiovanito
.
Ebbene
,
coraggio
»
.
Incoraggiato
dalla
buona
riuscita
,
la
notte
appresso
,
battute
le
dodici
,
su
un
'
altra
volta
,
e
al
lavoro
.
E
così
fece
per
varie
notti
.
E
suo
padre
non
s
'
accorgeva
di
nulla
.
Solo
una
volta
,
a
cena
,
uscì
in
quest
'
esclamazione
:
-
È
strano
,
quanto
petrolio
va
in
questa
casa
da
un
po
'
di
tempo
!
Giulio
ebbe
una
scossa
;
ma
il
discorso
si
fermò
lì
.
E
il
lavoro
notturno
andò
innanzi
.
Senonché
,
a
rompersi
così
il
sonno
ogni
notte
,
Giulio
non
riposava
abbastanza
,
la
mattina
si
levava
stanco
,
e
la
sera
,
facendo
il
lavoro
di
scuola
,
stentava
a
tener
gli
occhi
aperti
.
Una
sera
,
-
per
la
prima
volta
in
vita
sua
,
-
s
'
addormentò
sul
quaderno
.
-
Animo
!
animo
!
-
gli
gridò
suo
padre
,
battendo
le
mani
,
-
al
lavoro
!
-
Egli
si
riscosse
e
si
rimise
al
lavoro
.
Ma
la
sera
dopo
,
e
i
giorni
seguenti
,
fu
la
cosa
medesima
,
e
peggio
:
sonnecchiava
sui
libri
,
si
levava
più
tardi
del
solito
,
studiava
la
lezione
alla
stracca
,
pareva
svogliato
dello
studio
.
Suo
padre
cominciò
a
osservarlo
,
poi
a
impensierirsi
,
e
in
fine
a
fargli
dei
rimproveri
.
Non
glie
ne
aveva
mai
dovuto
fare
!
-
Giulio
,
-
gli
disse
una
mattina
,
-
tu
mi
ciurli
nel
manico
,
tu
non
sei
più
quel
d
'
una
volta
.
Non
mi
va
questo
.
Bada
,
tutte
le
speranze
della
famiglia
riposano
su
di
te
.
Io
son
malcontento
,
capisci
!
-
A
questo
rimprovero
,
il
primo
veramente
severo
ch
'
ei
ricevesse
,
il
ragazzo
si
turbò
.
E
«
sì
,
-
disse
tra
sé
,
-
è
vero
;
così
non
si
può
continuare
;
bisogna
che
l
'
inganno
finisca
»
.
Ma
la
sera
di
quello
stesso
giorno
,
a
desinare
,
suo
padre
uscì
a
dire
con
molta
allegrezza
:
-
Sapete
che
in
questo
mese
ho
guadagnato
trentadue
lire
di
più
che
nel
mese
scorso
,
a
far
fasce
!
-
e
dicendo
questo
,
tirò
di
sotto
alla
tavola
un
cartoccio
di
dolci
,
che
aveva
comprati
per
festeggiare
coi
suoi
figliuoli
il
guadagno
straordinario
,
e
che
tutti
accolsero
battendo
le
mani
.
E
allora
Giulio
riprese
animo
,
e
disse
in
cuor
suo
:
«
No
,
povero
babbo
,
io
non
cesserò
d
'
ingannarti
;
io
farò
degli
sforzi
più
grandi
per
studiar
lungo
il
giorno
;
ma
continuerò
a
lavorare
di
notte
per
te
e
per
tutti
gli
altri
»
.
E
il
padre
soggiunse
:
-
Trentadue
lire
di
più
!
Son
contento
...
Ma
è
quello
là
,
-
e
indicò
Giulio
,
-
che
mi
dà
dei
dispiaceri
.
-
E
Giulio
ricevé
il
rimprovero
in
silenzio
,
ricacciando
dentro
due
lagrime
che
volevano
uscire
;
ma
sentendo
ad
un
tempo
nel
cuore
una
grande
dolcezza
.
E
seguitò
a
lavorare
di
forza
.
Ma
la
fatica
accumulandosi
alla
fatica
,
gli
riusciva
sempre
più
difficile
di
resistervi
.
La
cosa
durava
da
due
mesi
.
Il
padre
continuava
a
rimbrottare
il
figliuolo
e
a
guardarlo
con
occhio
sempre
più
corrucciato
.
Un
giorno
andò
a
chiedere
informazioni
al
maestro
,
e
il
maestro
gli
chiese
:
-
Sì
,
fa
,
fa
,
perché
ha
intelligenza
.
Ma
non
ha
più
la
voglia
di
prima
.
Sonnecchia
,
sbadiglia
,
è
distratto
.
Fa
delle
composizioni
corte
,
buttate
giù
in
fretta
,
in
cattivo
carattere
.
Oh
!
potrebbe
far
molto
,
ma
molto
di
più
.
-
Quella
sera
il
padre
prese
il
ragazzo
in
disparte
e
gli
disse
parole
più
gravi
di
quante
ei
ne
avesse
mai
intese
.
-
Giulio
,
tu
vedi
ch
'
io
lavoro
,
ch
'
io
mi
logoro
la
vita
per
la
famiglia
.
Tu
non
mi
assecondi
.
Tu
non
hai
cuore
per
me
,
né
per
i
tuoi
fratelli
,
né
per
tua
madre
!
-
Ah
no
!
non
lo
dire
,
babbo
!
-
gridò
il
figliuolo
scoppiando
in
pianto
,
e
aprì
la
bocca
per
confessare
ogni
cosa
.
Ma
suo
padre
l
'
interruppe
,
dicendo
:
-
Tu
conosci
le
condizioni
della
famiglia
;
sai
se
c
'
è
bisogno
di
buon
volere
e
di
sacrifici
da
parte
di
tutti
.
Io
stesso
,
vedi
,
dovrei
raddoppiare
il
mio
lavoro
.
Io
contavo
questo
mese
sopra
una
gratificazione
di
cento
lire
alle
strade
ferrate
,
e
ho
saputo
stamani
che
non
avrò
nulla
!
-
A
quella
notizia
,
Giulio
ricacciò
dentro
subito
la
confessione
che
gli
stava
per
fuggire
dall
'
anima
,
e
ripeté
risolutamente
a
sé
stesso
:
«
No
,
babbo
,
io
non
ti
dirò
nulla
;
io
custodirò
il
segreto
per
poter
lavorare
per
te
;
del
dolore
di
cui
ti
son
cagione
,
ti
compenso
altrimenti
;
per
la
scuola
studierò
sempre
abbastanza
da
esser
promosso
;
quello
che
importa
è
di
aiutarti
a
guadagnar
la
vita
,
e
di
alleggerirti
la
fatica
che
t
'
uccide
»
.
E
tirò
avanti
,
e
furono
altri
due
mesi
di
lavoro
di
notte
e
di
spossatezza
di
giorno
,
di
sforzi
disperati
del
figliuolo
e
di
rimproveri
amari
del
padre
.
Ma
il
peggio
era
che
questi
s
'
andava
via
via
raffreddando
col
ragazzo
,
non
gli
parlava
più
che
di
rado
,
come
se
fosse
un
figliuolo
intristito
,
da
cui
non
restasse
più
nulla
a
sperare
,
e
sfuggiva
quasi
d
'
incontrare
il
suo
sguardo
.
E
Giulio
se
n
'
avvedeva
,
e
ne
soffriva
,
e
quando
suo
padre
voltava
le
spalle
,
gli
mandava
un
bacio
furtivamente
,
sporgendo
il
viso
,
con
un
sentimento
di
tenerezza
pietosa
e
triste
;
e
tra
per
il
dolore
e
per
la
fatica
,
dimagrava
e
scoloriva
,
e
sempre
più
era
costretto
a
trasandare
i
suoi
studi
.
E
capiva
bene
che
avrebbe
dovuto
finirla
un
giorno
,
e
ogni
sera
si
diceva
:
-
Questa
notte
non
mi
leverò
più
;
-
ma
allo
scoccare
delle
dodici
,
nel
momento
in
cui
avrebbe
dovuto
riaffermare
vigorosamente
il
suo
proposito
,
provava
un
rimorso
,
gli
pareva
,
rimanendo
a
letto
,
di
mancare
a
un
dovere
,
di
rubare
una
lira
a
suo
padre
e
alla
sua
famiglia
.
E
si
levava
,
pensando
che
una
qualche
notte
suo
padre
si
sarebbe
svegliato
e
l
'
avrebbe
sorpreso
,
o
che
pure
si
sarebbe
accorto
dell
'
inganno
per
caso
,
contando
le
fasce
due
volte
;
e
allora
tutto
sarebbe
finito
naturalmente
,
senza
un
atto
della
sua
volontà
,
ch
'
egli
non
si
sentiva
il
coraggio
di
compiere
.
E
così
continuava
.
Ma
una
sera
,
a
desinare
,
il
padre
pronunciò
una
parola
che
fu
decisiva
per
lui
.
Sua
madre
lo
guardò
,
e
parendole
di
vederlo
più
malandato
e
più
smorto
del
solito
,
gli
disse
:
-
Giulio
,
tu
sei
malato
.
-
E
poi
,
voltandosi
al
padre
,
ansiosamente
:
-
Giulio
è
malato
.
Guarda
com
'
è
pallido
!
Giulio
mio
,
cosa
ti
senti
?
-
Il
padre
gli
diede
uno
sguardo
di
sfuggita
,
e
disse
:
-
È
la
cattiva
coscienza
che
fa
la
cattiva
salute
.
Egli
non
era
così
quando
era
uno
scolaro
studioso
e
un
figliuolo
di
cuore
.
-
Ma
egli
sta
male
!
-
esclamò
la
mamma
.
-
Non
me
ne
importa
più
!
-
rispose
il
padre
.
Quella
parola
fu
una
coltellata
al
cuore
per
il
povero
ragazzo
.
Ah
!
non
glie
ne
importava
più
.
Suo
padre
che
tremava
,
una
volta
,
solamente
a
sentirlo
tossire
!
Non
l
'
amava
più
dunque
,
non
c
'
era
più
dubbio
ora
,
egli
era
morto
nel
cuore
di
suo
padre
...
«
Ah
!
no
,
padre
mio
,
-
disse
tra
sé
il
ragazzo
,
col
cuore
stretto
dall
'
angoscia
,
-
ora
è
finita
davvero
,
io
senza
il
tuo
affetto
non
posso
vivere
,
lo
rivoglio
intero
,
ti
dirò
tutto
,
non
t
'
ingannerò
più
,
studierò
come
prima
;
nasca
quel
che
nasca
,
purché
tu
torni
a
volermi
bene
,
povero
padre
mio
!
Oh
questa
volta
son
ben
sicuro
della
mia
risoluzione
!
»
Ciò
non
di
meno
,
quella
notte
si
levò
ancora
,
per
forza
d
'
abitudine
,
più
che
per
altro
;
e
quando
fu
levato
,
volle
andare
a
salutare
,
a
riveder
per
qualche
minuto
,
nella
quiete
della
notte
,
per
l
'
ultima
volta
,
quello
stanzino
dove
aveva
tanto
lavorato
segretamente
,
col
cuore
pieno
di
soddisfazione
e
di
tenerezza
.
E
quando
si
ritrovò
al
tavolino
,
col
lume
acceso
,
e
vide
quelle
fasce
bianche
,
su
cui
non
avrebbe
scritto
mai
più
quei
nomi
di
città
e
di
persone
che
oramai
sapeva
a
memoria
,
fu
preso
da
una
grande
tristezza
,
e
con
un
atto
impetuoso
ripigliò
la
penna
,
per
ricominciare
il
lavoro
consueto
.
Ma
nello
stender
la
mano
urtò
un
libro
,
e
il
libro
cadde
.
Il
sangue
gli
diede
un
tuffo
.
Se
suo
padre
si
svegliava
!
Certo
non
l
'
avrebbe
sorpreso
a
commettere
una
cattiva
azione
,
egli
stesso
aveva
ben
deciso
di
dirgli
tutto
;
eppure
...
il
sentir
quel
passo
avvicinarsi
,
nell
'
oscurità
;
-
l
'
esser
sorpreso
a
quell
'
ora
,
in
quel
silenzio
;
-
sua
madre
che
si
sarebbe
svegliata
e
spaventata
,
-
e
il
pensar
per
la
prima
volta
che
suo
padre
avrebbe
forse
provato
un
'
umiliazione
in
faccia
sua
,
scoprendo
ogni
cosa
...
tutto
questo
lo
atterriva
,
quasi
.
-
Egli
tese
l
'
orecchio
,
col
respiro
sospeso
...
Non
sentì
rumore
.
Origliò
alla
serratura
dell
'
uscio
che
aveva
alle
spalle
:
nulla
.
Tutta
la
casa
dormiva
.
Suo
padre
non
aveva
inteso
.
Si
tranquillò
.
E
ricominciò
a
scrivere
.
E
le
fasce
s
'
ammontavano
sulle
fasce
.
Egli
sentì
il
passo
cadenzato
delle
guardie
civiche
giù
nella
strada
deserta
;
poi
un
rumore
di
carrozza
che
cessò
tutt
'
a
un
tratto
;
poi
,
dopo
un
pezzo
,
lo
strepito
d
'
una
fila
di
carri
che
passavano
lentamente
;
poi
un
silenzio
profondo
,
rotto
a
quando
a
quando
dal
latrato
lontano
d
'
un
cane
.
E
scriveva
,
scriveva
.
E
intanto
suo
padre
era
dietro
di
lui
:
egli
s
'
era
levato
udendo
cadere
il
libro
,
ed
era
rimasto
aspettando
il
buon
punto
;
lo
strepito
dei
carri
aveva
coperto
il
fruscio
dei
suoi
passi
e
il
cigolio
leggiero
delle
imposte
dell
'
uscio
;
ed
era
là
,
-
con
la
sua
testa
bianca
sopra
la
testina
nera
di
Giulio
,
-
e
aveva
visto
correr
la
penna
sulle
fasce
,
-
e
in
un
momento
aveva
tutto
indovinato
,
tutto
ricordato
,
tutto
compreso
,
e
un
pentimento
disperato
,
una
tenerezza
immensa
,
gli
aveva
invaso
l
'
anima
,
e
lo
teneva
inchiodato
,
soffocato
là
,
dietro
al
suo
bimbo
.
All
'
improvviso
,
Giulio
diè
un
grido
acuto
,
-
due
braccia
convulse
gli
avevan
serrata
la
testa
.
-
O
babbo
!
babbo
,
perdonami
!
perdonami
!
-
gridò
,
riconoscendo
suo
padre
al
pianto
.
-
Tu
,
perdonami
!
-
rispose
il
padre
,
singhiozzando
e
coprendogli
la
fronte
di
baci
,
-
ho
capito
tutto
,
so
tutto
,
son
io
,
son
io
che
ti
domando
perdono
,
santa
creatura
mia
,
vieni
,
vieni
con
me
!
-
E
lo
sospinse
,
o
piuttosto
se
lo
portò
al
letto
di
sua
madre
,
svegliata
,
e
glielo
gettò
tra
le
braccia
e
le
disse
:
-
Bacia
quest
'
angiolo
di
figliuolo
che
da
tre
mesi
non
dorme
e
lavora
per
me
,
e
io
gli
contristo
il
cuore
,
a
lui
che
ci
guadagna
il
pane
!
-
La
madre
se
lo
strinse
e
se
lo
tenne
sul
petto
,
senza
poter
raccoglier
la
voce
;
poi
disse
:
-
A
dormire
,
subito
,
bambino
mio
,
va
'
a
dormire
,
a
riposare
!
Portalo
a
letto
!
-
Il
padre
lo
pigliò
fra
le
braccia
,
lo
portò
nella
sua
camera
,
lo
mise
a
letto
,
sempre
ansando
e
carezzandolo
,
e
gli
accomodò
i
cuscini
e
le
coperte
.
-
Grazie
,
babbo
,
-
andava
ripetendo
il
figliuolo
,
-
grazie
;
ma
va
'
a
letto
tu
ora
;
io
sono
contento
;
va
'
a
letto
,
babbo
.
-
Ma
suo
padre
voleva
vederlo
addormentato
,
sedette
accanto
al
letto
,
gli
prese
la
mano
e
gli
disse
:
-
Dormi
,
dormi
figliuol
mio
!
-
E
Giulio
,
spossato
,
s
'
addormentò
finalmente
,
e
dormì
molte
ore
,
godendo
per
la
prima
volta
,
dopo
vari
mesi
,
d
'
un
sonno
tranquillo
,
rallegrato
da
sogni
ridenti
;
e
quando
aprì
gli
occhi
,
che
splendeva
già
il
sole
da
un
pezzo
,
sentì
prima
,
e
poi
si
vide
accosto
al
petto
,
appoggiata
sulla
sponda
del
letticciolo
,
la
testa
bianca
del
padre
,
che
aveva
passata
la
notte
così
,
e
dormiva
ancora
,
con
la
fronte
contro
il
suo
cuore
.
La
volontà
28
,
mercoledì
C
'
è
Stardi
,
nella
mia
classe
,
che
avrebbe
la
forza
di
fare
quello
che
fece
il
piccolo
fiorentino
.
Questa
mattina
ci
furono
due
avvenimenti
alla
scuola
:
Garoffi
,
matto
dalla
contentezza
,
perché
gli
han
restituito
il
suo
album
,
con
l
'
aggiunta
di
tre
francobolli
della
repubblica
di
Guatemala
,
ch
'
egli
cercava
da
tre
mesi
;
e
Stardi
che
ebbe
la
seconda
medaglia
.
Stardi
,
primo
della
classe
dopo
Derossi
!
Tutti
ne
rimasero
meravigliati
.
Chi
l
'
avrebbe
mai
detto
,
in
ottobre
,
quando
suo
padre
lo
condusse
a
scuola
rinfagottato
in
quel
cappottone
verde
,
e
disse
al
maestro
,
in
faccia
a
tutti
:
-
Ci
abbia
molta
pazienza
perché
è
molto
duro
di
comprendonio
!
-
Tutti
gli
davan
della
testa
di
legno
da
principio
.
Ma
egli
disse
:
-
O
schiatto
,
o
riesco
,
-
e
si
mise
per
morto
a
studiare
,
di
giorno
,
di
notte
,
a
casa
,
in
iscuola
,
a
passeggio
,
coi
denti
stretti
e
coi
pugni
chiusi
,
paziente
come
un
bove
,
ostinato
come
un
mulo
,
e
così
,
a
furia
di
pestare
,
non
curando
le
canzonature
e
tirando
calci
ai
disturbatori
,
è
passato
innanzi
agli
altri
,
quel
testone
.
Non
capiva
un
'
acca
di
aritmetica
,
empiva
di
spropositi
la
composizione
,
non
riesciva
a
tener
a
mente
un
periodo
,
e
ora
risolve
i
problemi
,
scrive
corretto
e
canta
la
lezione
come
un
artista
.
E
s
'
indovina
la
sua
volontà
di
ferro
a
veder
com
'
è
fatto
,
così
tozzo
,
col
capo
quadro
e
senza
collo
,
con
le
mani
corte
e
grosse
e
con
quella
voce
rozza
.
Egli
studia
perfin
nei
brani
di
giornale
e
negli
avvisi
dei
teatri
,
e
ogni
volta
che
ha
dieci
soldi
si
compera
un
libro
:
s
'
è
già
messo
insieme
una
piccola
biblioteca
,
e
in
un
momento
di
buon
umore
si
lasciò
scappar
di
bocca
che
mi
condurrà
a
casa
a
vederla
.
Non
parla
a
nessuno
,
non
gioca
con
nessuno
,
è
sempre
lì
al
banco
coi
pugni
alle
tempie
,
fermo
come
un
masso
,
a
sentire
il
maestro
.
Quanto
deve
aver
faticato
,
povero
Stardi
!
Il
maestro
glielo
disse
questa
mattina
,
benché
fosse
impaziente
e
di
malumore
,
quando
diede
le
medaglie
:
-
Bravo
Stardi
;
chi
la
dura
la
vince
.
-
Ma
egli
non
parve
affatto
inorgoglito
,
non
sorrise
,
e
appena
tornato
al
banco
con
la
sua
medaglia
,
ripiantò
i
due
pugni
alle
tempie
e
stette
più
immobile
e
più
attento
di
prima
.
Ma
il
più
bello
fu
all
'
uscita
,
che
c
'
era
a
aspettarlo
suo
padre
,
-
un
flebotomo
,
-
grosso
e
tozzo
come
lui
,
con
un
faccione
e
un
vocione
.
Egli
non
se
l
'
aspettava
quella
medaglia
,
e
non
ci
voleva
credere
,
bisognò
che
il
maestro
lo
assicurasse
,
e
allora
si
mise
a
ridere
di
gusto
,
e
diede
una
manata
sulla
nuca
al
figliuolo
,
dicendo
forte
:
-
Ma
bravo
,
ma
bene
,
caro
zuccone
mio
,
va
'
!
-
e
lo
guardava
stupito
,
sorridendo
.
E
tutti
i
ragazzi
intorno
sorridevano
,
eccettuato
Stardi
.
Egli
ruminava
già
nella
cappadoccia
la
lezione
di
domani
mattina
.
Gratitudine
31
,
sabato
Il
tuo
compagno
Stardi
non
si
lamenta
mai
del
suo
maestro
,
ne
son
certo
.
-
Il
maestro
era
di
malumore
,
era
impaziente
;
-
tu
lo
dici
in
tono
di
risentimento
.
Pensa
un
po
'
quante
volte
fai
degli
atti
d
'
impazienza
tu
,
e
con
chi
?
con
tuo
padre
e
con
tua
madre
,
coi
quali
la
tua
impazienza
è
un
delitto
.
Ha
ben
ragione
il
tuo
maestro
di
essere
qualche
volta
impaziente
!
Pensa
che
da
tanti
anni
fatica
per
i
ragazzi
;
e
che
se
n
'
ebbe
molti
affettuosi
e
gentili
,
ne
trovò
pure
moltissimi
ingrati
,
i
quali
abusarono
della
sua
bontà
,
e
disconobbero
le
sue
fatiche
;
e
che
pur
troppo
,
fra
tutti
,
gli
date
più
amarezze
che
soddisfazioni
.
Pensa
che
il
più
santo
uomo
della
terra
,
messo
al
suo
posto
,
si
lascerebbe
vincere
qualche
volta
dall
'
ira
.
E
poi
,
se
sapessi
quante
volte
il
maestro
va
a
far
lezione
malato
,
solo
perché
non
ha
un
male
grave
abbastanza
da
farsi
dispensar
dalla
scuola
,
ed
è
impaziente
perché
soffre
,
e
gli
è
un
grande
dolore
il
vedere
che
voi
altri
non
ve
n
'
accorgete
o
ne
abusate
!
Rispetta
,
ama
il
tuo
maestro
,
figliuolo
.
Amalo
perché
tuo
padre
lo
ama
e
lo
rispetta
;
perché
egli
consacra
la
vita
al
bene
di
tanti
ragazzi
che
lo
dimenticheranno
,
amalo
perché
ti
apre
e
t
'
illumina
l
'
intelligenza
e
ti
educa
l
'
animo
;
perché
un
giorno
,
quando
sarai
uomo
,
e
non
saremo
più
al
mondo
né
io
né
lui
,
la
sua
immagine
ti
si
presenterà
spesso
alla
mente
accanto
alla
mia
,
e
allora
,
vedi
,
certe
espressioni
di
dolore
e
di
stanchezza
del
suo
buon
viso
di
galantuomo
,
alle
quali
ora
non
badi
,
te
le
ricorderai
,
e
ti
faranno
pena
,
anche
dopo
trent
'
anni
;
e
ti
vergognerai
,
proverai
tristezza
di
non
avergli
voluto
bene
,
d
'
esserti
portato
male
con
lui
.
Ama
il
tuo
maestro
,
perché
appartiene
a
quella
grande
famiglia
di
cinquantamila
insegnanti
elementari
,
sparsi
per
tutta
Italia
,
i
quali
sono
come
i
padri
intellettuali
dei
milioni
di
ragazzi
che
crescon
con
te
,
i
lavoratori
mal
riconosciuti
e
mal
ricompensati
,
che
preparano
al
nostro
paese
un
popolo
migliore
del
presente
.
Io
non
son
contento
dell
'
affetto
che
hai
per
me
,
se
non
ne
hai
pure
per
tutti
coloro
che
ti
fanno
del
bene
,
e
fra
questi
il
tuo
maestro
è
il
primo
,
dopo
i
tuoi
parenti
.
Amalo
come
ameresti
un
mio
fratello
,
amalo
quando
ti
accarezza
e
quando
ti
rimprovera
,
quando
è
giusto
e
quando
ti
par
che
sia
ingiusto
,
amalo
quando
è
allegro
e
affabile
,
e
amalo
anche
di
più
quando
lo
vedi
triste
.
Amalo
sempre
.
E
pronuncia
sempre
con
riverenza
questo
nome
-
maestro
-
che
dopo
quello
di
padre
,
è
il
più
nobile
,
il
più
dolce
nome
che
possa
dare
un
uomo
a
un
altro
uomo
.
TUO
PADRE
GENNAIO
Il
maestro
supplente
4
,
mercoledì
Aveva
ragione
mio
padre
:
il
maestro
era
di
malumore
perché
non
stava
bene
,
e
da
tre
giorni
,
infatti
,
viene
in
sua
vece
il
supplente
,
quello
piccolo
e
senza
barba
,
che
pare
un
giovinetto
.
Una
brutta
cosa
accadde
questa
mattina
.
Già
il
primo
e
il
secondo
giorno
avevan
fatto
chiasso
nella
scuola
,
perché
il
supplente
ha
una
gran
pazienza
,
e
non
fa
che
dire
:
-
State
zitti
,
state
zitti
,
vi
prego
.
-
Ma
questa
mattina
si
passò
la
misura
.
Si
faceva
un
ronzìo
che
non
si
sentivan
più
le
sue
parole
,
ed
egli
ammoniva
,
pregava
:
ma
era
fiato
sprecato
.
Due
volte
il
Direttore
s
'
affacciò
all
'
uscio
e
guardò
.
Ma
via
lui
,
il
sussurro
cresceva
,
come
in
un
mercato
.
Avevano
un
bel
voltarsi
Garrone
e
Derossi
a
far
dei
cenni
ai
compagni
che
stessero
buoni
,
che
era
una
vergogna
.
Nessuno
ci
badava
.
Non
c
'
era
che
Stardi
che
stesse
quieto
,
coi
gomiti
sul
banco
e
i
pugni
alle
tempie
,
pensando
forse
alla
sua
famosa
libreria
,
e
Garoffi
,
quello
del
naso
a
uncino
e
dei
francobolli
,
che
era
tutto
occupato
a
far
l
'
elenco
dei
sottoscrittori
a
due
centesimi
per
la
lotteria
d
'
un
calamaio
da
tasca
.
Gli
altri
cicalavano
e
ridevano
,
sonavano
con
punte
di
pennini
piantate
nei
banchi
e
si
tiravano
dei
biascicotti
di
carta
con
gli
elastici
delle
calze
.
Il
supplente
afferrava
per
un
braccio
ora
l
'
uno
ora
l
'
altro
,
e
li
scrollava
,
e
ne
mise
uno
contro
il
muro
:
tempo
perso
.
Non
sapeva
più
a
che
santo
votarsi
,
pregava
:
-
Ma
perché
fate
in
codesto
modo
?
volete
farmi
rimproverare
per
forza
?
-
Poi
batteva
il
pugno
sul
tavolino
,
e
gridava
con
voce
di
rabbia
e
di
pianto
:
-
Silenzio
!
Silenzio
!
Silenzio
!
-
Faceva
pena
a
sentirlo
.
Ma
il
rumore
cresceva
sempre
.
Franti
gli
tirò
una
frecciuola
di
carta
,
alcuni
facevan
la
voce
del
gatto
,
altri
si
scappellottavano
;
era
un
sottosopra
da
non
descriversi
;
quando
improvvisamente
entrò
il
bidello
e
disse
:
-
Signor
maestro
,
il
Direttore
la
chiama
.
-
Il
maestro
s
'
alzò
e
uscì
in
fretta
,
facendo
un
atto
disperato
.
Allora
il
baccano
ricominciò
più
forte
.
Ma
tutt
'
a
un
tratto
Garrone
saltò
su
col
viso
stravolto
e
coi
pugni
stretti
,
e
gridò
con
la
voce
strozzata
dall
'
ira
:
-
Finitela
.
Siete
bestie
.
Abusate
perché
è
buono
.
Se
vi
pestasse
le
ossa
stareste
mogi
come
cani
.
Siete
un
branco
di
vigliacchi
.
Il
primo
che
gli
fa
ancora
uno
scherno
lo
aspetto
fuori
e
gli
rompo
i
denti
,
lo
giuro
,
anche
sotto
gli
occhi
di
suo
padre
!
-
Tutti
tacquero
.
Ah
!
Com
'
era
bello
a
vedere
,
Garrone
,
con
gli
occhi
che
mandavan
fiamme
!
Un
leoncello
furioso
,
pareva
.
Guardò
uno
per
uno
i
più
arditi
,
e
tutti
chinaron
la
testa
.
Quando
il
supplente
rientrò
,
con
gli
occhi
rossi
,
non
si
sentiva
più
un
alito
.
-
Egli
rimase
stupito
.
Ma
poi
,
vedendo
Garrone
ancora
tutto
acceso
e
fremente
,
capì
,
e
gli
disse
con
l
'
accento
d
'
un
grande
affetto
,
come
avrebbe
detto
a
un
fratello
:
-
Ti
ringrazio
,
Garrone
.
La
libreria
di
Stardi
Sono
andato
da
Stardi
,
che
sta
di
casa
in
faccia
alla
scuola
,
e
ho
provato
invidia
davvero
a
veder
la
sua
libreria
.
Non
è
mica
ricco
,
non
può
comprar
molti
libri
;
ma
egli
conserva
con
gran
cura
i
suoi
libri
di
scuola
,
e
quelli
che
gli
regalano
i
parenti
,
e
tutti
i
soldi
che
gli
danno
,
li
mette
da
parte
e
li
spende
dal
libraio
:
in
questo
modo
s
'
è
già
messo
insieme
una
piccola
biblioteca
,
e
quando
suo
padre
s
'
è
accorto
che
aveva
quella
passione
,
gli
ha
comperato
un
bello
scaffale
di
noce
con
la
tendina
verde
,
e
gli
ha
fatto
legare
quasi
tutti
i
volumi
coi
colori
che
piacevano
a
lui
.
Così
ora
egli
tira
un
cordoncino
,
la
tenda
verde
scorre
via
e
si
vedono
tre
file
di
libri
d
'
ogni
colore
,
tutti
in
ordine
,
lucidi
,
coi
titoli
dorati
sulle
coste
;
dei
libri
di
racconti
,
di
viaggi
e
di
poesie
;
e
anche
illustrati
.
Ed
egli
sa
combinar
bene
i
colori
,
mette
i
volumi
bianchi
accanto
ai
rossi
,
i
gialli
accanto
ai
neri
,
gli
azzurri
accanto
ai
bianchi
,
in
maniera
che
si
vedan
di
lontano
e
facciano
bella
figura
;
e
si
diverte
poi
a
variare
le
combinazioni
.
S
'
è
fatto
il
suo
catalogo
.
È
come
un
bibliotecario
.
Sempre
sta
attorno
ai
suoi
libri
,
a
spolverarli
,
a
sfogliarli
,
a
esaminare
le
legature
;
bisogna
vedere
con
che
cura
gli
apre
,
con
quelle
sue
mani
corte
e
grosse
,
soffiando
tra
le
pagine
:
paiono
ancora
tutti
nuovi
.
Io
che
ho
sciupato
tutti
i
miei
!
Per
lui
,
ad
ogni
nuovo
libro
che
compera
,
è
una
festa
a
lisciarlo
,
a
metterlo
al
posto
e
a
riprenderlo
per
guardarlo
per
tutti
i
versi
e
a
covarselo
come
un
tesoro
.
Non
m
'
ha
fatto
veder
altro
in
un
'
ora
.
Aveva
male
agli
occhi
dal
gran
leggere
.
A
un
certo
momento
passò
nella
stanza
suo
padre
,
che
è
grosso
e
tozzo
come
lui
,
con
un
testone
come
il
suo
,
e
gli
diede
due
o
tre
manate
sulla
nuca
,
dicendomi
con
quel
vocione
:
-
Che
ne
dici
,
eh
,
di
questa
testaccia
di
bronzo
?
E
una
testaccia
che
riuscirà
a
qualcosa
,
te
lo
assicuro
io
!
-
E
Stardi
socchiudeva
gli
occhi
sotto
quelle
ruvide
carezze
come
un
grosso
cane
da
caccia
.
Io
non
so
;
non
osavo
scherzare
con
lui
;
non
mi
pareva
vero
che
avesse
solamente
un
anno
più
di
me
,
e
quando
mi
disse
-
A
rivederci
-
sull
'
uscio
,
con
quella
faccia
che
par
sempre
imbronciata
,
poco
mancò
che
gli
rispondessi
:
-
La
riverisco
-
come
a
un
uomo
.
Io
lo
dissi
poi
a
mio
padre
,
a
casa
:
-
Non
capisco
,
Stardi
non
ha
ingegno
,
non
ha
belle
maniere
,
è
una
figura
quasi
buffa
;
eppure
mi
mette
soggezione
.
-
E
mio
padre
rispose
:
-
È
perché
ha
carattere
.
-
Ed
io
soggiunsi
:
-
In
un
'
ora
che
son
stato
con
lui
non
ha
pronunciato
cinquanta
parole
,
non
m
'
ha
mostrato
un
giocattolo
,
non
ha
riso
una
volta
;
eppure
ci
son
stato
volentieri
.
-
E
mio
padre
rispose
:
-
È
perché
lo
stimi
.
Il
figliuolo
del
fabbro
ferraio
Sì
,
ma
anche
Precossi
io
stimo
,
ed
è
troppo
poco
il
dire
che
lo
stimo
.
Precossi
,
il
figliuolo
del
fabbro
ferraio
,
quello
piccolo
,
smorto
,
che
ha
gli
occhi
buoni
e
tristi
,
e
un
'
aria
di
spaventato
così
timido
,
che
dice
a
tutti
:
scusami
;
sempre
malaticcio
,
e
che
pure
studia
tanto
.
Suo
padre
rientra
in
casa
ubriaco
d
'
acquavite
,
e
lo
batte
senza
un
perché
al
mondo
,
gli
butta
in
aria
i
libri
e
i
quaderni
con
un
rovescione
;
ed
egli
viene
a
scuola
coi
lividi
sul
viso
,
qualche
volta
col
viso
tutto
gonfio
e
gli
occhi
infiammati
dal
gran
piangere
.
Ma
mai
,
mai
che
gli
si
possa
far
dire
che
suo
padre
l
'
ha
battuto
.
-
È
tuo
padre
che
t
'
ha
battuto
!
-
gli
dicono
i
compagni
.
Ed
egli
grida
subito
:
-
Non
è
vero
!
Non
è
vero
!
-
per
non
far
disonore
a
suo
padre
.
-
Questo
foglio
non
l
'
hai
bruciato
tu
,
-
gli
dice
il
maestro
,
mostrandogli
il
lavoro
mezzo
bruciato
.
-
Sì
,
-
risponde
lui
,
con
la
voce
tremante
;
-
son
io
che
l
'
ho
lasciato
cadere
sul
fuoco
.
-
Eppure
noi
lo
sappiamo
bene
che
è
suo
padre
briaco
che
ha
rovesciato
tavolo
e
lume
con
una
pedata
,
mentr
'
egli
faceva
il
suo
lavoro
.
Egli
sta
in
una
soffitta
della
nostra
casa
,
dall
'
altra
scala
,
la
portinaia
racconta
tutto
a
mia
madre
;
mia
sorella
Silvia
lo
sentì
gridare
dal
terrazzo
un
giorno
che
suo
padre
gli
fece
far
la
scala
a
capitomboli
perché
gli
aveva
chiesto
dei
soldi
da
comperare
la
Grammatica
.
Suo
padre
beve
,
non
lavora
,
e
la
famiglia
patisce
la
fame
.
Quante
volte
il
povero
Precossi
viene
a
scuola
digiuno
,
e
rosicchia
di
nascosto
un
panino
che
gli
dà
Garrone
,
o
una
mela
che
gli
porta
la
maestrina
della
penna
rossa
,
che
fu
sua
maestra
di
prima
inferiore
!
Ma
mai
ch
'
egli
dica
:
-
Ho
fame
,
mio
padre
non
mi
dà
da
mangiare
.
-
Suo
padre
vien
qualche
volta
a
prenderlo
,
quando
passa
per
caso
davanti
alla
scuola
,
pallido
,
malfermo
sulle
gambe
,
con
la
faccia
torva
,
coi
capelli
sugli
occhi
e
il
berretto
per
traverso
;
e
il
povero
ragazzo
trema
tutto
quando
lo
vede
nella
strada
;
ma
tanto
gli
corre
incontro
sorridendo
,
e
suo
padre
par
che
non
lo
veda
e
pensi
ad
altro
.
Povero
Precossi
!
Egli
si
ricuce
i
quaderni
stracciati
,
si
fa
imprestare
i
libri
per
studiare
la
lezione
,
si
riattacca
i
brindelli
della
camicia
con
degli
spilli
,
ed
è
una
pietà
a
vederlo
far
la
ginnastica
con
quelli
scarponi
che
ci
sguazza
dentro
,
con
quei
calzoni
che
strascicano
,
e
quel
giacchettone
troppo
lungo
,
con
le
maniche
rimboccate
sino
ai
gomiti
.
E
studia
,
s
'
impegna
;
sarebbe
uno
dei
primi
se
potesse
lavorare
a
casa
tranquillo
.
Questa
mattina
è
venuto
alla
scuola
col
segno
d
'
un
'
unghiata
sopra
una
gota
,
e
tutti
a
dirgli
:
-
È
stato
tuo
padre
,
non
lo
puoi
negare
sta
volta
,
è
tuo
padre
che
t
'
ha
fatto
quello
.
Dillo
al
Direttore
,
che
lo
faccia
chiamare
in
questura
.
-
Ma
egli
s
'
alzò
tutto
rosso
con
la
voce
che
tremava
dallo
sdegno
:
-
Non
è
vero
!
Non
è
vero
!
Mio
padre
non
mi
batte
mai
!
-
Ma
poi
,
durante
la
lezione
,
gli
cascavan
le
lacrime
sul
banco
,
e
quando
qualcuno
lo
guardava
,
si
sforzava
di
sorridere
,
per
non
parere
.
Povero
Precossi
!
Domani
verranno
a
casa
mia
Derossi
,
Coretti
e
Nelli
;
lo
voglio
dire
anche
a
lui
,
che
venga
.
E
voglio
fargli
far
merenda
con
me
,
regalargli
dei
libri
,
metter
sossopra
la
casa
per
divertirlo
e
empirgli
le
tasche
di
frutte
,
per
vederlo
una
volta
contento
,
povero
Precossi
,
che
è
tanto
buono
e
ha
tanto
coraggio
!
Una
bella
visita
12
,
giovedì
Ecco
uno
dei
giovedì
più
belli
dell
'
anno
,
per
me
.
Alle
due
in
punto
vennero
a
casa
Derossi
e
Coretti
,
con
Nelli
,
il
gobbino
;
Precossi
,
suo
padre
non
lo
lasciò
venire
.
Derossi
e
Coretti
ridevano
ancora
ché
avevano
incontrato
per
strada
Crossi
,
il
figliuolo
dell
'
erbivendola
,
-
quello
del
braccio
morto
e
dei
capelli
rossi
,
-
che
portava
a
vendere
un
grossissimo
cavolo
,
e
col
soldo
del
cavolo
doveva
poi
andar
a
comperare
una
penna
;
ed
era
tutto
contento
perché
suo
padre
ha
scritto
dall
'
America
che
lo
aspettassero
di
giorno
in
giorno
.
Oh
le
belle
due
ore
che
abbiamo
passate
insieme
!
Sono
i
due
più
allegri
della
classe
Derossi
e
Coretti
;
mio
padre
ne
rimase
innamorato
.
Coretti
aveva
la
sua
maglia
color
cioccolata
e
il
suo
berretto
di
pel
di
gatto
.
È
un
diavolo
,
che
sempre
vorrebbe
fare
,
rimestare
,
sfaccendare
.
Aveva
già
portato
sulle
spalle
una
mezza
carrata
di
legna
,
la
mattina
presto
;
eppure
galoppò
per
tutta
la
casa
,
osservando
tutto
e
parlando
sempre
,
arzillo
e
lesto
come
uno
scoiattolo
,
e
passando
in
cucina
domandò
alla
cuoca
quanto
ci
fanno
pagare
le
legna
il
miriagramma
,
ché
suo
padre
le
dà
a
quarantacinque
centesimi
.
Sempre
parla
di
suo
padre
,
di
quando
fu
soldato
nel
49°
reggimento
,
alla
battaglia
di
Custoza
,
dove
si
trovò
nel
quadrato
del
principe
Umberto
;
ed
è
così
gentile
di
maniere
!
Non
importa
che
sia
nato
e
cresciuto
fra
le
legna
:
egli
l
'
ha
nel
sangue
,
nel
cuore
la
gentilezza
,
come
dice
mio
padre
.
E
Derossi
ci
divertì
molto
:
egli
sa
la
geografia
come
un
maestro
:
chiudeva
gli
occhi
e
diceva
:
-
Ecco
,
io
vedo
tutta
l
'
Italia
,
gli
Appennini
che
s
'
allungano
sino
al
Mar
Jonio
,
i
fiumi
che
corrono
di
qua
e
di
là
,
le
città
bianche
,
i
golfi
,
i
seni
azzurri
,
le
isole
verdi
;
-
e
diceva
i
nomi
giusti
,
per
ordine
,
rapidissimamente
,
come
se
leggesse
sulla
carta
;
e
a
vederlo
così
con
quella
testa
alta
,
tutta
riccioli
biondi
,
con
gli
occhi
chiusi
,
tutto
vestito
di
turchino
coi
bottoni
dorati
,
diritto
e
bello
come
una
statua
,
tutti
stavamo
in
ammirazione
.
In
un
'
ora
egli
aveva
imparato
a
mente
quasi
tre
pagine
che
deve
recitare
dopo
domani
,
per
l
'
anniversario
dei
funerali
di
re
Vittorio
.
E
anche
Nelli
lo
guardava
con
meraviglia
e
con
affetto
,
stropicciando
la
falda
del
suo
grembialone
di
tela
nero
,
e
sorridendo
con
quegli
occhi
chiari
e
melanconici
.
Mi
fece
un
grande
piacere
quella
visita
,
mi
lasciò
qualche
cosa
,
come
delle
scintille
,
nella
mente
e
nel
cuore
.
E
anche
mi
piacque
,
quando
se
n
'
andarono
,
vedere
il
povero
Nelli
in
mezzo
agli
altri
due
,
grandi
e
forti
,
che
lo
portavano
a
casa
a
braccetto
,
facendolo
ridere
come
non
l
'
ho
visto
ridere
mai
.
Rientrando
nella
stanza
da
mangiare
,
m
'
accorsi
che
non
c
'
era
più
il
quadro
che
rappresenta
Rigoletto
,
il
buffone
gobbo
.
L
'
aveva
levato
mio
padre
perché
Nelli
non
lo
vedesse
.
I
funerali
di
Vittorio
Emanuele
17
,
martedì
Quest
'
oggi
alle
due
,
appena
entrato
nella
scuola
,
il
maestro
chiamò
Derossi
,
il
quale
s
'
andò
a
mettere
accanto
al
tavolino
,
in
faccia
a
noi
,
e
cominciò
a
dire
col
suo
accento
vibrato
,
alzando
via
via
la
voce
limpida
e
colorandosi
in
viso
:
-
Quattro
anni
sono
,
in
questo
giorno
,
a
quest
'
ora
,
giungeva
davanti
al
Pantheon
,
a
Roma
,
il
carro
funebre
che
portava
il
cadavere
di
Vittorio
Emanuele
II
,
primo
re
d
'
Italia
,
morto
dopo
ventinove
anni
di
regno
,
durante
i
quali
la
grande
patria
italiana
,
spezzata
in
sette
Stati
e
oppressa
da
stranieri
e
da
tiranni
,
era
risorta
in
uno
Stato
solo
,
indipendente
e
libero
,
dopo
un
regno
di
ventinove
anni
,
ch
'
egli
aveva
fatto
illustre
e
benefico
col
valore
,
con
la
lealtà
,
con
l
'
ardimento
nei
pericoli
,
con
la
saggezza
nei
trionfi
,
con
la
costanza
nelle
sventure
.
Giungeva
il
carro
funebre
,
carico
di
corone
,
dopo
aver
percorso
Roma
sotto
una
pioggia
di
fiori
,
tra
il
silenzio
di
una
immensa
moltitudine
addolorata
,
accorsa
da
ogni
parte
d
'
Italia
,
preceduto
da
una
legione
di
generali
e
da
una
folla
di
ministri
e
di
principi
,
seguito
da
un
corteo
di
mutilati
,
da
una
selva
di
bandiere
,
dagli
inviati
di
trecento
città
,
da
tutto
ciò
che
rappresenta
la
potenza
e
la
gloria
d
'
un
popolo
,
giungeva
dinanzi
al
tempio
augusto
dove
l
'
aspettava
la
tomba
.
In
questo
momento
dodici
corazzieri
levavano
il
feretro
dal
carro
.
In
questo
momento
l
'
Italia
dava
l
'
ultimo
addio
al
suo
re
morto
,
al
suo
vecchio
re
,
che
l
'
aveva
tanto
amata
,
l
'
ultimo
addio
al
suo
soldato
,
al
padre
suo
,
ai
ventinove
anni
più
fortunati
e
più
benedetti
della
sua
storia
.
Fu
un
momento
grande
e
solenne
.
Lo
sguardo
,
l
'
anima
di
tutti
trepidava
tra
il
feretro
e
le
bandiere
abbrunate
degli
ottanta
reggimenti
dell
'
esercito
d
'
Italia
,
portate
da
ottanta
ufficiali
,
schierati
sul
suo
passaggio
;
poiché
l
'
Italia
era
là
,
in
quegli
ottanta
segnacoli
,
che
ricordavano
le
migliaia
di
morti
,
i
torrenti
di
sangue
,
le
nostre
più
sacre
glorie
,
i
nostri
più
santi
sacrifici
,
i
nostri
più
tremendi
dolori
.
Il
feretro
,
portato
dai
corazzieri
,
passò
,
e
allora
si
chinarono
tutte
insieme
in
atto
di
saluto
,
le
bandiere
dei
nuovi
reggimenti
,
le
vecchie
bandiere
lacere
di
Goito
,
di
Pastrengo
,
di
Santa
Lucia
,
di
Novara
,
di
Crimea
,
di
Palestro
,
di
San
Martino
,
di
Castelfidardo
,
ottanta
veli
neri
caddero
,
cento
medaglie
urtarono
contro
la
cassa
,
e
quello
strepito
sonoro
e
confuso
,
che
rimescolò
il
sangue
di
tutti
,
fu
come
il
suono
di
mille
voci
umane
che
dicessero
tutte
insieme
:
-
Addio
,
buon
re
,
prode
re
,
leale
re
!
Tu
vivrai
nel
cuore
del
tuo
popolo
finché
splenderà
il
sole
sopra
l
'
Italia
.
-
Dopo
di
che
le
bandiere
si
rialzarono
alteramente
verso
il
cielo
,
e
re
Vittorio
entrò
nella
gloria
immortale
della
tomba
.
Franti
,
cacciato
dalla
scuola
21
,
sabato
Uno
solo
poteva
ridere
mentre
Derossi
diceva
dei
funerali
del
Re
,
e
Franti
rise
.
Io
detesto
costui
.
È
malvagio
.
Quando
viene
un
padre
nella
scuola
a
fare
una
partaccia
al
figliuolo
,
egli
ne
gode
;
quando
uno
piange
,
egli
ride
.
Trema
davanti
a
Garrone
,
e
picchia
il
muratorino
perché
è
piccolo
;
tormenta
Crossi
perché
ha
il
braccio
morto
;
schernisce
Precossi
,
che
tutti
rispettano
;
burla
perfino
Robetti
,
quello
della
seconda
,
che
cammina
con
le
stampelle
per
aver
salvato
un
bambino
.
Provoca
tutti
i
più
deboli
di
lui
,
e
quando
fa
a
pugni
,
s
'
inferocisce
e
tira
a
far
male
.
Ci
ha
qualcosa
che
mette
ribrezzo
su
quella
fronte
bassa
,
in
quegli
occhi
torbidi
,
che
tien
quasi
nascosti
sotto
la
visiera
del
suo
berrettino
di
tela
cerata
.
Non
teme
nulla
,
ride
in
faccia
al
maestro
,
ruba
quando
può
,
nega
con
una
faccia
invetriata
,
è
sempre
in
lite
con
qualcheduno
,
si
porta
a
scuola
degli
spilloni
per
punzecchiare
i
vicini
,
si
strappa
i
bottoni
dalla
giacchetta
,
e
ne
strappa
agli
altri
,
e
li
gioca
,
e
ha
cartella
,
quaderni
,
libro
,
tutto
sgualcito
,
stracciato
,
sporco
,
la
riga
dentellata
,
la
penna
mangiata
,
le
unghie
rose
,
i
vestiti
pieni
di
frittelle
e
di
strappi
che
si
fa
nelle
risse
.
Dicono
che
sua
madre
è
malata
dagli
affanni
ch
'
egli
le
dà
,
e
che
suo
padre
lo
cacciò
di
casa
tre
volte
;
sua
madre
viene
ogni
tanto
a
chiedere
informazioni
e
se
ne
va
sempre
piangendo
.
Egli
odia
la
scuola
,
odia
i
compagni
odia
il
maestro
.
Il
maestro
finge
qualche
volta
di
non
vedere
le
sue
birbonate
,
ed
egli
fa
peggio
.
Provò
a
pigliarlo
con
le
buone
,
ed
egli
se
ne
fece
beffe
.
Gli
disse
delle
parole
terribili
,
ed
egli
si
coprì
il
viso
con
le
mani
,
come
se
piangesse
,
e
rideva
.
Fu
sospeso
dalla
scuola
per
tre
giorni
,
e
tornò
più
tristo
e
più
insolente
di
prima
.
Derossi
gli
disse
un
giorno
:
-
Ma
finiscila
,
vedi
che
il
maestro
ci
soffre
troppo
,
-
ed
egli
lo
minacciò
di
piantargli
un
chiodo
nel
ventre
.
Ma
questa
mattina
,
finalmente
,
si
fece
scacciare
come
un
cane
.
Mentre
il
maestro
dava
a
Garrone
la
brutta
copia
del
Tamburino
sardo
,
il
racconto
mensile
di
gennaio
,
da
trascrivere
,
egli
gittò
sul
pavimento
un
petardo
che
scoppiò
facendo
rintronar
la
scuola
come
una
fucilata
.
Tutta
la
classe
ebbe
un
riscossone
.
Il
maestro
balzò
in
piedi
e
gridò
:
-
Franti
!
fuori
di
scuola
!
-
Egli
rispose
:
-
Non
son
io
!
-
Ma
rideva
.
Il
maestro
ripeté
:
-
Va
'
fuori
!
-
Non
mi
muovo
,
-
rispose
.
Allora
il
maestro
perdette
i
lumi
,
gli
si
lanciò
addosso
,
lo
afferrò
per
le
braccia
,
lo
strappò
dal
banco
.
Egli
si
dibatteva
,
digrignava
i
denti
;
si
fece
trascinar
fuori
di
viva
forza
.
Il
maestro
lo
portò
quasi
di
peso
dal
Direttore
,
e
poi
tornò
in
classe
solo
e
sedette
al
tavolino
,
pigliandosi
il
capo
fra
le
mani
,
affannato
,
con
un
'
espressione
così
stanca
e
afflitta
,
che
faceva
male
a
vederlo
.
-
Dopo
trent
'
anni
che
faccio
scuola
!
-
esclamò
tristamente
,
crollando
il
capo
.
Nessuno
fiatava
.
Le
mani
gli
tremavano
dall
'
ira
,
e
la
ruga
diritta
che
ha
in
mezzo
alla
fronte
,
era
così
profonda
,
che
pareva
una
ferita
.
Povero
maestro
!
Tutti
ne
pativano
.
Derossi
s
'
alzò
e
disse
:
-
Signor
maestro
,
non
si
affligga
.
Noi
le
vogliamo
bene
.
-
E
allora
egli
si
rasserenò
un
poco
e
disse
:
-
Riprendiamo
la
lezione
,
ragazzi
.
Il
tamburino
sardo
Racconto
mensile
Nella
prima
giornata
della
battaglia
di
Custoza
,
il
24
luglio
del
1848
,
una
sessantina
di
soldati
d
'
un
reggimento
di
fanteria
del
nostro
esercito
,
mandati
sopra
un
'
altura
a
occupare
una
casa
solitaria
,
si
trovarono
improvvisamente
assaliti
da
due
compagnie
di
soldati
austriaci
,
che
tempestandoli
di
fucilate
da
varie
parti
,
appena
diedero
loro
il
tempo
di
rifugiarsi
nella
casa
e
di
sbarrare
precipitosamente
le
porte
,
dopo
aver
lasciato
alcuni
morti
e
feriti
pei
campi
.
Sbarrate
le
porte
,
i
nostri
accorsero
a
furia
alle
finestre
del
pian
terreno
e
del
primo
piano
,
e
cominciarono
a
fare
un
fuoco
fitto
sopra
gli
assalitori
,
i
quali
,
avvicinandosi
a
grado
a
grado
,
disposti
in
forma
di
semicerchio
,
rispondevano
vigorosamente
.
Ai
sessanta
soldati
italiani
comandavano
due
ufficiali
subalterni
e
un
capitano
,
un
vecchio
alto
,
secco
e
austero
,
coi
capelli
e
i
baffi
bianchi
;
e
c
'
era
con
essi
un
tamburino
sardo
,
un
ragazzo
di
poco
più
di
quattordici
anni
,
che
ne
dimostrava
dodici
scarsi
,
piccolo
,
di
viso
bruno
olivastro
,
con
due
occhietti
neri
e
profondi
,
che
scintillavano
.
Il
capitano
,
da
una
stanza
del
primo
piano
,
dirigeva
la
difesa
,
lanciando
dei
comandi
che
parean
colpi
di
pistola
,
e
non
si
vedeva
sulla
sua
faccia
ferrea
nessun
segno
di
commozione
.
Il
tamburino
,
un
po
'
pallido
,
ma
saldo
sulle
gambe
,
salito
sopra
un
tavolino
,
allungava
il
collo
,
trattenendosi
alla
parete
,
per
guardar
fuori
dalle
finestre
;
e
vedeva
a
traverso
al
fumo
,
pei
campi
,
le
divise
bianche
degli
Austriaci
,
che
venivano
avanti
lentamente
.
La
casa
era
posta
sulla
sommità
d
'
una
china
ripida
,
e
non
aveva
dalla
parte
della
china
che
un
solo
finestrino
alto
,
rispondente
in
una
stanza
a
tetto
;
perciò
gli
Austriaci
non
minacciavan
la
casa
da
quella
parte
,
e
la
china
era
sgombra
:
il
fuoco
non
batteva
che
la
facciata
e
i
due
fianchi
.
Ma
era
un
fuoco
d
'
inferno
,
una
grandine
di
palle
di
piombo
che
di
fuori
screpolava
i
muri
e
sbriciolava
i
tegoli
,
e
dentro
fracassava
soffitti
,
mobili
,
imposte
,
battenti
,
buttando
per
aria
schegge
di
legno
e
nuvoli
di
calcinacci
e
frantumi
di
stoviglie
e
di
vetri
,
sibilando
,
rimbalzando
,
schiantando
ogni
cosa
con
un
fragore
da
fendere
il
cranio
.
Di
tratto
in
tratto
uno
dei
soldati
che
tiravan
dalle
finestre
stramazzava
indietro
sul
pavimento
ed
era
trascinato
in
disparte
.
Alcuni
barcollavano
di
stanza
in
stanza
,
premendosi
le
mani
sopra
le
ferite
.
Nella
cucina
c
'
era
già
un
morto
,
con
la
fronte
spaccata
.
Il
semicerchio
dei
nemici
si
stringeva
.
A
un
certo
punto
fu
visto
il
capitano
,
fino
allora
impassibile
,
fare
un
segno
d
'
inquietudine
,
e
uscir
a
grandi
passi
dalla
stanza
,
seguito
da
un
sergente
.
Dopo
tre
minuti
ritornò
di
corsa
il
sergente
e
chiamò
il
tamburino
,
facendogli
cenno
che
lo
seguisse
.
Il
ragazzo
lo
seguì
correndo
su
per
una
scala
di
legno
ed
entrò
con
lui
in
una
soffitta
nuda
,
dove
vide
il
capitano
,
che
scriveva
con
una
matita
sopra
un
foglio
,
appoggiandosi
al
finestrino
,
e
ai
suoi
piedi
,
sul
pavimento
,
c
'
era
una
corda
da
pozzo
.
Il
capitano
ripiegò
il
foglio
e
disse
bruscamente
,
fissando
negli
occhi
al
ragazzo
le
sue
pupille
grigie
e
fredde
,
davanti
a
cui
tutti
i
soldati
tremavano
:
-
Tamburino
!
Il
tamburino
si
mise
la
mano
alla
visiera
.
Il
capitano
disse
:
-
Tu
hai
del
fegato
Gli
occhi
del
ragazzo
lampeggiarono
.
-
Sì
,
signor
capitano
,
-
rispose
.
-
Guarda
laggiù
,
-
disse
il
capitano
,
spingendolo
al
finestrino
,
-
nel
piano
,
vicino
alle
case
di
Villafranca
,
dove
c
'
è
un
luccichìo
di
baionette
.
Là
ci
sono
i
nostri
,
immobili
.
Tu
prendi
questo
biglietto
,
t
'
afferri
alla
corda
,
scendi
dal
finestrino
,
divori
la
china
,
pigli
pei
campi
,
arrivi
fra
i
nostri
,
e
dai
il
biglietto
al
primo
ufficiale
che
vedi
.
Butta
via
il
cinturino
e
lo
zaino
.
Il
tamburino
si
levò
il
cinturino
e
lo
zaino
,
e
si
mise
il
biglietto
nella
tasca
del
petto
;
il
sergente
gettò
la
corda
e
ne
tenne
afferrato
con
due
mani
l
'
uno
dei
capi
;
il
capitano
aiutò
il
ragazzo
a
passare
per
il
finestrino
,
con
la
schiena
rivolta
verso
la
campagna
.
-
Bada
,
-
gli
disse
,
-
la
salvezza
del
distaccamento
è
nel
tuo
coraggio
e
nelle
tue
gambe
.
-
Si
fidi
di
me
,
signor
capitano
-
rispose
il
tamburino
,
spenzolandosi
fuori
.
-
Cùrvati
nella
discesa
,
-
disse
ancora
il
capitano
,
afferrando
la
corda
insieme
al
sergente
-
Non
dubiti
.
-
Dio
t
'
aiuti
.
In
pochi
momenti
il
tamburino
fu
a
terra
;
il
sergente
tirò
su
la
corda
e
disparve
;
il
capitano
s
'
affacciò
impetuosamente
al
finestrino
,
e
vide
il
ragazzo
che
volava
giù
per
la
china
.
Sperava
già
che
fosse
riuscito
a
fuggire
inosservato
quando
cinque
o
sei
piccoli
nuvoli
di
polvere
che
si
sollevarono
da
terra
davanti
e
dietro
al
ragazzo
,
l
'
avvertirono
che
era
stato
visto
dagli
Austriaci
,
i
quali
gli
tiravano
addosso
dalla
sommità
dell
'
altura
:
quei
piccoli
nuvoli
eran
terra
buttata
in
aria
dalle
palle
.
Ma
il
tamburino
continuava
a
correre
a
rompicollo
.
A
un
tratto
,
stramazzò
.
-
Ucciso
!
-
ruggì
il
capitano
,
addentandosi
il
pugno
.
Ma
non
aveva
anche
detto
la
parola
,
che
vide
il
tamburino
rialzarsi
.
-
Ah
!
una
caduta
soltanto
!
-
disse
tra
sé
,
e
respirò
.
Il
tamburino
,
infatti
,
riprese
a
correre
di
tutta
forza
;
ma
zoppicava
.
-
Un
torcipiede
,
-
pensò
il
capitano
.
Qualche
nuvoletto
di
polvere
si
levò
ancora
qua
e
là
intorno
al
ragazzo
,
ma
sempre
più
lontano
.
Egli
era
in
salvo
.
Il
capitano
mise
un
'
esclamazione
di
trionfo
.
Ma
seguitò
ad
accompagnarlo
con
gli
occhi
,
trepidando
,
perché
era
un
affar
di
minuti
:
se
non
arrivava
laggiù
il
più
presto
possibile
col
biglietto
che
chiedeva
immediato
soccorso
,
o
tutti
i
suoi
soldati
cadevano
uccisi
,
o
egli
doveva
arrendersi
e
darsi
prigioniero
con
loro
.
Il
ragazzo
correva
rapido
un
tratto
,
poi
rallentava
il
passo
zoppicando
,
poi
ripigliava
la
corsa
,
ma
sempre
più
affaticato
,
e
ogni
tanto
incespicava
,
si
soffermava
.
-
Lo
ha
forse
colto
una
palla
di
striscio
,
pensò
il
capitano
,
e
notava
tutti
i
suoi
movimenti
,
fremendo
,
e
lo
eccitava
,
gli
parlava
,
come
se
quegli
avesse
potuto
sentirlo
;
misurava
senza
posa
,
con
l
'
occhio
ardente
,
lo
spazio
interposto
fra
il
ragazzo
fuggente
e
quel
luccichìo
d
'
armi
che
vedeva
laggiù
nella
pianura
in
mezzo
ai
campi
di
frumento
dorati
dal
sole
.
E
intanto
sentiva
i
sibili
e
il
fracasso
delle
palle
nelle
stanze
di
sotto
,
le
grida
imperiose
e
rabbiose
degli
ufficiali
e
dei
sergenti
,
i
lamenti
acuti
dei
feriti
,
il
rovinìo
dei
mobili
e
dei
calcinacci
.
-
Su
!
Coraggio
!
-
gridava
,
seguitando
con
lo
sguardo
il
tamburino
lontano
,
-
avanti
!
corri
!
Si
ferma
,
maledetto
!
Ah
!
riprende
la
corsa
.
-
Un
ufficiale
venne
a
dirgli
ansando
che
i
nemici
,
senza
interrompere
il
fuoco
,
sventolavano
un
panno
bianco
per
intimare
la
resa
.
-
Non
si
risponda
!
-
egli
gridò
,
senza
staccar
lo
sguardo
dal
ragazzo
,
che
già
era
nel
piano
,
ma
che
più
non
correva
,
e
parea
che
si
trascinasse
stentatamente
.
-
Ma
va
'
!
ma
corri
!
-
diceva
il
capitano
stringendo
i
denti
e
i
pugni
;
-
ammazzati
,
muori
,
scellerato
,
ma
va
'
!
-
Poi
gettò
un
'
orribile
imprecazione
.
-
Ah
!
l
'
infame
poltrone
,
s
'
è
seduto
!
-
Il
ragazzo
,
infatti
,
di
cui
fino
allora
egli
aveva
visto
sporgere
il
capo
al
disopra
d
'
un
campo
di
frumento
,
era
scomparso
,
come
se
fosse
caduto
.
Ma
dopo
un
momento
,
la
sua
testa
venne
fuori
daccapo
;
infine
si
perdette
dietro
alle
siepi
,
e
il
capitano
non
lo
vide
più
.
Allora
discese
impetuosamente
;
le
palle
tempestavano
;
le
stanze
erano
ingombre
di
feriti
,
alcuni
dei
quali
giravano
su
sé
stessi
come
briachi
,
aggrappandosi
ai
mobili
;
le
pareti
e
il
pavimento
erano
chiazzati
di
sangue
;
dei
cadaveri
giacevano
a
traverso
alle
porte
;
il
luogotenente
aveva
il
braccio
destro
spezzato
da
una
palla
;
il
fumo
e
il
polverio
avvolgevano
ogni
cosa
.
-
Coraggio
!
Arrivan
soccorsi
!
Ancora
un
po
'
di
coraggio
!
-
Gli
Austriaci
s
'
erano
avvicinati
ancora
;
si
vedevano
giù
tra
il
fumo
i
loro
visi
stravolti
,
si
sentiva
tra
lo
strepito
delle
fucilate
le
loro
grida
selvagge
,
che
insultavano
,
intimavan
la
resa
,
minacciavan
l
'
eccidio
.
Qualche
soldato
,
impaurito
,
si
ritraeva
dalle
finestre
;
i
sergenti
lo
ricacciavano
avanti
.
Ma
il
fuoco
della
difesa
infiacchiva
,
lo
scoraggiamento
appariva
su
tutti
i
visi
,
non
era
più
possibile
protrarre
la
resistenza
.
A
un
dato
momento
,
i
colpi
degli
Austriaci
rallentarono
,
e
una
voce
tonante
gridò
prima
in
tedesco
,
poi
in
italiano
:
-
Arrendetevi
!
-
No
!
-
urlò
il
capitano
da
una
finestra
.
E
il
fuoco
ricominciò
più
fitto
e
più
rabbioso
dalle
due
parti
.
Altri
soldati
caddero
.
Già
più
d
'
una
finestra
era
senza
difensori
.
Il
momento
fatale
era
imminente
.
Il
capitano
gridava
con
voce
smozzicata
fra
i
denti
:
-
Non
vengono
!
Non
vengono
!
-
e
correva
intorno
furioso
,
torcendo
la
sciabola
con
la
mano
convulsa
,
risoluto
a
morire
.
Quando
un
sergente
,
scendendo
dalla
soffitta
,
gettò
un
grido
altissimo
:
-
Arrivano
!
-
Arrivano
!
-
ripeté
con
un
grido
di
gioia
il
capitano
.
-
A
quel
grido
tutti
,
sani
,
feriti
,
sergenti
,
ufficiali
si
slanciarono
alle
finestre
,
e
la
resistenza
inferocì
un
'
altra
volta
.
Di
lì
a
pochi
momenti
,
si
notò
come
un
'
incertezza
e
un
principio
di
disordine
fra
i
nemici
.
Subito
,
in
furia
,
il
capitano
radunò
un
drappello
nella
stanza
a
terreno
,
per
far
impeto
fuori
,
con
le
baionette
inastate
.
-
Poi
rivolò
di
sopra
.
Era
appena
arrivato
,
che
sentirono
uno
scalpitìo
precipitoso
,
accompagnato
da
un
urrà
formidabile
,
e
videro
dalle
finestre
venir
innanzi
tra
il
fumo
i
cappelli
a
due
punte
dei
carabinieri
italiani
,
uno
squadrone
lanciato
ventre
a
terra
,
e
un
balenìo
fulmineo
di
lame
mulinate
per
aria
,
calate
sui
capi
,
sulle
spalle
,
sui
dorsi
;
-
allora
il
drappello
irruppe
a
baionette
basse
fuor
della
porta
;
-
i
nemici
vacillarono
,
si
scompigliarono
,
diedero
di
volta
,
il
terreno
rimase
sgombro
,
la
casa
fu
libera
,
e
poco
dopo
due
battaglioni
di
fanteria
italiana
e
due
cannoni
occupavan
l
'
altura
.
Il
capitano
,
coi
soldati
che
gli
rimanevano
,
si
ricongiunse
al
suo
reggimento
,
combatté
ancora
,
e
fu
leggermente
ferito
alla
mano
sinistra
da
una
palla
rimbalzante
,
nell
'
ultimo
assalto
alla
baionetta
.
La
giornata
finì
con
la
vittoria
dei
nostri
.
Ma
il
giorno
dopo
,
essendosi
ricominciato
a
combattere
,
gli
italiani
furono
oppressi
,
malgrado
la
valorosa
resistenza
,
dal
numero
soverchiante
degli
Austriaci
,
e
la
mattina
del
ventisei
dovettero
prender
tristamente
la
via
della
ritirata
,
verso
il
Mincio
.
Il
capitano
,
benché
ferito
,
fece
il
cammino
a
piedi
coi
suoi
soldati
,
stanchi
e
silenziosi
,
e
arrivato
sul
cader
del
giorno
a
Goito
,
sul
Mincio
,
cercò
subito
del
suo
luogotenente
,
che
era
stato
raccolto
col
braccio
spezzato
dalla
nostra
Ambulanza
,
e
doveva
esser
giunto
là
prima
di
lui
.
Gli
fu
indicata
una
chiesa
,
dov
'
era
stato
installato
affrettatamente
un
ospedale
da
campo
.
Egli
v
'
andò
.
La
chiesa
era
piena
di
feriti
,
adagiati
su
due
file
di
letti
e
di
materassi
distesi
sul
pavimento
;
due
medici
e
vari
inservienti
andavano
e
venivano
,
affannati
;
e
s
'
udivan
delle
grida
soffocate
e
dei
gemiti
.
Appena
entrato
,
il
capitano
si
fermò
,
e
girò
lo
sguardo
all
'
intorno
,
in
cerca
del
suo
ufficiale
.
In
quel
punto
si
sentì
chiamare
da
una
voce
fioca
,
vicinissima
:
-
Signor
capitano
!
Si
voltò
:
era
il
tamburino
Era
disteso
sopra
un
letto
a
cavalletti
,
-
coperto
fino
al
petto
da
una
rozza
tenda
da
finestra
,
a
quadretti
rossi
e
bianchi
,
-
con
le
braccia
fuori
;
pallido
e
smagrito
,
ma
sempre
coi
suoi
occhi
scintillanti
,
come
due
gemme
nere
.
-
Sei
qui
,
tu
?
-
gli
domandò
il
capitano
,
stupito
ma
brusco
.
-
Bravo
.
Hai
fatto
il
tuo
dovere
.
-
Ho
fatto
il
mio
possibile
,
-
rispose
il
tamburino
.
-
Sei
stato
ferito
,
-
disse
il
capitano
,
cercando
con
gli
occhi
il
suo
ufficiale
nei
letti
vicini
.
-
Che
vuole
!
-
disse
il
ragazzo
,
a
cui
dava
coraggio
a
parlare
la
compiacenza
altiera
d
'
esser
per
la
prima
volta
ferito
,
senza
di
che
non
avrebbe
osato
d
'
aprir
bocca
in
faccia
a
quel
capitano
;
-
ho
avuto
un
bel
correre
gobbo
,
m
'
han
visto
subito
.
Arrivavo
venti
minuti
prima
se
non
mi
coglievano
.
Per
fortuna
che
ho
trovato
subito
un
capitano
di
Stato
Maggiore
da
consegnargli
il
biglietto
.
Ma
è
stato
un
brutto
discendere
dopo
quella
carezza
!
Morivo
dalla
sete
,
temevo
di
non
arrivare
più
,
piangevo
dalla
rabbia
a
pensare
che
ad
ogni
minuto
di
ritardo
se
n
'
andava
uno
all
'
altro
mondo
,
lassù
.
Basta
,
ho
fatto
quello
che
ho
potuto
.
Son
contento
.
Ma
guardi
lei
,
con
licenza
,
signor
capitano
,
che
perde
sangue
.
Infatti
dalla
palma
mal
fasciata
del
capitano
colava
giù
per
le
dita
qualche
goccia
di
sangue
.
-
Vuol
che
le
dia
una
stretta
io
alla
fascia
,
signor
capitano
?
Porga
un
momento
.
Il
capitano
porse
la
mano
sinistra
,
e
allungò
la
destra
per
aiutare
il
ragazzo
a
sciogliere
il
nodo
e
a
rifarlo
;
ma
il
ragazzo
,
sollevatosi
appena
dal
cuscino
,
impallidì
,
e
dovette
riappoggiare
la
testa
.
-
Basta
,
basta
,
-
disse
il
capitano
,
guardandolo
,
e
ritirando
la
mano
fasciata
,
che
quegli
volea
ritenere
:
-
bada
ai
fatti
tuoi
,
invece
di
pensare
agli
altri
,
ché
anche
le
cose
leggiere
,
a
trascurarle
,
possono
farsi
gravi
.
Il
tamburino
scosse
il
capo
.
-
Ma
tu
,
-
gli
disse
il
capitano
,
guardandolo
attentamente
,
-
devi
aver
perso
molto
sangue
,
tu
,
per
esser
debole
a
quel
modo
.
-
Perso
molto
sangue
?
-
rispose
il
ragazzo
,
con
un
sorriso
.
-
Altro
che
sangue
.
Guardi
.
E
tirò
via
d
'
un
colpo
la
coperta
.
Il
capitano
diè
un
passo
indietro
,
inorridito
.
Il
ragazzo
non
aveva
più
che
una
gamba
:
la
gamba
sinistra
gli
era
stata
amputata
al
di
sopra
del
ginocchio
:
il
troncone
era
fasciato
di
panni
insanguinati
.
In
quel
momento
passò
un
medico
militare
,
piccolo
e
grasso
,
in
maniche
di
camicia
.
-
Ah
!
signor
capitano
,
disse
rapidamente
,
accennandogli
il
tamburino
,
-
ecco
un
caso
disgraziato
;
una
gamba
che
si
sarebbe
salvata
con
niente
s
'
egli
non
l
'
avesse
forzata
in
quella
pazza
maniera
;
un
'
infiammazione
maledetta
;
bisognò
tagliar
lì
per
lì
.
Oh
,
ma
...
un
bravo
ragazzo
,
gliel
'
assicuro
io
;
non
ha
dato
una
lacrima
,
non
un
grido
!
Ero
superbo
che
fosse
un
ragazzo
italiano
,
mentre
l
'
operavo
,
in
parola
d
'
onore
.
Quello
è
di
buona
razza
,
perdio
!
E
se
n
'
andò
di
corsa
.
Il
capitano
corrugò
le
grandi
sopracciglia
bianche
,
e
guardò
fisso
il
tamburino
,
ristendendogli
addosso
la
coperta
;
poi
,
lentamente
,
quasi
non
avvedendosene
,
e
fissandolo
sempre
,
alzò
la
mano
al
capo
e
si
levò
il
cheppì
.
-
Signor
capitano
!
-
esclamò
il
ragazzo
meravigliato
.
-
Cosa
fa
,
signor
capitano
?
Per
me
!
E
allora
quel
rozzo
soldato
che
non
aveva
mai
detto
una
parola
mite
ad
un
suo
inferiore
,
rispose
con
una
voce
indicibilmente
affettuosa
e
dolce
:
-
Io
non
sono
che
un
capitano
;
tu
sei
un
eroe
.
Poi
si
gettò
con
le
braccia
aperte
sul
tamburino
,
e
lo
baciò
tre
volte
sul
cuore
.
L
'
amor
di
patria
24
,
martedì
Poiché
il
racconto
del
Tamburino
t
'
ha
scosso
il
cuore
ti
doveva
esser
facile
,
questa
mattina
,
far
bene
il
componimento
d
'
esame
:
-
Perché
amate
l
'
Italia
.
Perché
amo
l
'
Italia
?
Non
ti
si
son
presentate
subito
cento
risposte
?
Io
amo
l
'
Italia
perché
mia
madre
è
italiana
,
perché
il
sangue
che
mi
scorre
nelle
vene
è
italiano
perché
è
italiana
la
terra
dove
son
sepolti
i
morti
che
mia
madre
piange
e
che
mio
padre
venera
,
perché
la
città
dove
son
nato
,
la
lingua
che
parlo
,
i
libri
che
m
'
educano
,
perché
mio
fratello
,
mia
sorella
,
i
miei
compagni
,
e
il
grande
popolo
in
mezzo
a
cui
vivo
,
e
la
bella
natura
che
mi
circonda
,
e
tutto
ciò
che
vedo
,
che
amo
,
che
studio
,
che
ammiro
,
è
italiano
.
Oh
tu
non
puoi
ancora
sentirlo
intero
quest
'
affetto
.
Lo
sentirai
quando
sarai
un
uomo
,
quando
ritornando
da
un
viaggio
lungo
,
dopo
una
lunga
assenza
,
e
affacciandoti
una
mattina
al
parapetto
del
bastimento
,
vedrai
all
'
orizzonte
le
grandi
montagne
azzurre
del
tuo
paese
;
lo
sentirai
allora
nell
'
onda
impetuosa
di
tenerezza
che
t
'
empirà
gli
occhi
di
lagrime
e
ti
strapperà
un
grido
dal
cuore
.
Lo
sentirai
in
qualche
grande
città
lontana
,
nell
'
impulso
dell
'
anima
che
ti
spingerà
fra
la
folla
sconosciuta
verso
un
operaio
sconosciuto
dal
quale
avrai
inteso
passandogli
accanto
,
una
parola
della
tua
lingua
.
Lo
sentirai
nello
sdegno
doloroso
e
superbo
che
ti
getterà
il
sangue
alla
fronte
,
quando
udrai
ingiuriare
il
tuo
paese
dalla
bocca
d
'
uno
straniero
.
Lo
sentirai
più
violento
e
più
altero
il
giorno
in
cui
la
minaccia
d
'
un
popolo
nemico
solleverà
una
tempesta
di
fuoco
sulla
tua
patria
,
e
vedrai
fremere
armi
d
'
ogni
parte
,
i
giovani
accorrere
a
legioni
,
i
padri
baciare
i
figli
,
dicendo
:
-
Coraggio
!
-
e
le
madri
dire
addio
ai
giovinetti
,
gridando
:
-
Vincete
!
-
Lo
sentirai
come
una
gioia
divina
se
avrai
la
fortuna
di
veder
rientrare
nella
tua
città
i
reggimenti
diradati
,
stanchi
,
cenciosi
,
terribili
,
con
lo
splendore
della
vittoria
negli
occhi
e
le
bandiere
lacerate
dalle
palle
,
seguiti
da
un
convoglio
sterminato
di
valorosi
che
leveranno
in
alto
le
teste
bendate
e
i
moncherini
,
in
mezzo
a
una
folla
pazza
che
li
coprirà
di
fiori
,
di
benedizioni
e
di
baci
.
Tu
comprenderai
allora
l
'
amor
di
patria
,
sentirai
la
patria
allora
,
Enrico
.
Ella
è
una
così
grande
e
sacra
cosa
,
che
se
un
giorno
io
vedessi
te
tornar
salvo
da
una
battaglia
combattuta
per
essa
,
salvo
te
,
che
sei
la
carne
e
l
'
anima
mia
,
e
sapessi
che
hai
conservato
la
vita
perché
ti
sei
nascosto
alla
morte
,
io
tuo
padre
,
che
t
'
accolgo
con
un
grido
di
gioia
quando
torni
dalla
scuola
,
io
t
'
accoglierei
con
un
singhiozzo
d
'
angoscia
,
e
non
potrei
amarti
mai
più
,
e
morirei
con
quel
pugnale
nel
cuore
.
TUO
PADRE
Invidia
25
,
mercoledì
Anche
il
componimento
sulla
patria
chi
l
'
ha
fatto
meglio
di
tutti
è
Derossi
.
E
Votini
che
si
teneva
sicuro
della
prima
medaglia
!
Io
gli
vorrei
bene
a
Votini
,
benché
sia
un
po
'
vanesio
e
si
rilisci
troppo
;
ma
mi
fa
dispetto
,
ora
che
gli
son
vicino
di
banco
,
veder
com
'
è
invidioso
di
Derossi
.
E
vorrebbe
gareggiare
con
lui
,
studia
;
ma
non
ce
ne
può
,
in
nessuna
maniera
,
ché
l
'
altro
lo
rivende
dieci
volte
in
tutte
le
materie
;
e
Votini
si
morde
le
dita
.
Anche
Carlo
Nobis
lo
invidia
;
ma
ha
tanta
superbia
in
corpo
che
,
appunto
per
superbia
,
non
si
fa
scorgere
.
Votini
invece
si
tradisce
,
si
lamenta
dei
punti
a
casa
sua
,
e
dice
che
il
maestro
fa
delle
ingiustizie
;
e
quando
Derossi
risponde
alle
interrogazioni
così
pronto
e
bene
,
come
fa
sempre
,
egli
si
rannuvola
,
china
la
testa
,
finge
di
non
sentire
,
o
si
sforza
di
ridere
,
ma
ride
verde
.
E
siccome
tutti
lo
sanno
,
così
quando
il
maestro
loda
Derossi
tutti
si
voltano
a
guardar
Votini
,
che
mastica
veleno
,
e
il
muratorino
gli
fa
il
muso
di
lepre
.
Stamani
,
per
esempio
,
l
'
ha
fatta
bigia
.
Il
maestro
entra
nella
scuola
e
annunzia
il
risultato
dell
'
esame
:
-
Derossi
,
dieci
decimi
e
la
prima
medaglia
.
-
Votini
fece
un
grande
starnuto
.
Il
maestro
lo
guardò
:
ci
voleva
poco
a
capire
.
-
Votini
,
-
gli
disse
,
-
non
vi
lasciate
entrare
in
corpo
il
serpe
dell
'
invidia
:
è
un
serpe
che
rode
il
cervello
e
corrompe
il
cuore
.
-
Tutti
lo
guardarono
,
fuorché
Derossi
;
Votini
volle
rispondere
,
non
poté
;
restò
come
impietrato
,
col
viso
bianco
.
Poi
,
mentre
il
maestro
faceva
lezione
,
si
mise
a
scrivere
a
grossi
caratteri
sopra
un
foglietto
:
-
Io
non
sono
invidioso
di
quelli
che
guadagnano
la
prima
medaglia
con
le
protezioni
e
le
ingiustizie
.
-
Era
un
biglietto
che
voleva
mandare
a
Derossi
.
Ma
intanto
vedevo
che
i
vicini
di
Derossi
macchinavano
fra
loro
,
parlandosi
all
'
orecchio
,
e
uno
ritagliava
col
temperino
una
gran
medaglia
di
carta
,
su
cui
avevan
disegnato
un
serpe
nero
.
E
Votini
pure
se
ne
accorse
.
Il
maestro
uscì
per
pochi
minuti
.
Subito
i
vicini
di
Derossi
s
'
alzarono
per
uscir
dal
banco
e
venire
a
presentar
solennemente
la
medaglia
di
carta
a
Votini
.
Tutta
la
classe
si
preparava
a
una
scenata
.
Votini
tremava
già
tutto
.
Derossi
gridò
:
-
Datela
a
me
!
-
Sì
,
meglio
,
-
quelli
risposero
,
-
sei
tu
che
gliela
devi
portare
.
Derossi
pigliò
la
medaglia
e
la
fece
in
tanti
pezzetti
.
In
quel
punto
il
maestro
rientrò
,
e
riprese
la
lezione
.
Io
tenni
d
'
occhio
Votini
;
-
era
diventato
rosso
di
bragia
;
-
prese
il
foglietto
adagio
adagio
,
come
se
facesse
per
distrazione
,
lo
appallottolò
di
nascosto
,
se
lo
mise
in
bocca
,
lo
masticò
per
un
poco
,
e
poi
lo
sputò
sotto
il
banco
...
Nell
'
uscir
dalla
scuola
passando
davanti
a
Derossi
,
Votini
ch
'
era
un
po
'
confuso
,
lasciò
cascar
la
carta
asciugante
.
Derossi
,
gentile
,
la
raccattò
e
gliela
mise
nello
zaino
e
l
'
aiutò
ad
agganciare
la
cinghia
.
Votini
non
osò
alzare
la
fronte
.
La
madre
di
Franti
28
,
sabato
Ma
Votini
è
incorreggibile
.
Ieri
,
alla
lezione
di
religione
,
in
presenza
del
Direttore
,
il
maestro
domandò
a
Derossi
se
sapeva
a
mente
quelle
due
strofette
del
libro
di
lettura
:
Dovunque
il
guardo
io
giro
,
immenso
Iddio
ti
vedo
.
-
Derossi
rispose
di
no
,
e
Votini
subito
:
-
Io
le
so
!
-
con
un
sorriso
come
per
fare
una
picca
a
Derossi
.
Ma
fu
piccato
lui
,
invece
,
che
non
poté
recitare
la
poesia
,
perché
entrò
tutt
'
a
un
tratto
nella
scuola
la
madre
di
Franti
,
affannata
,
coi
capelli
grigi
arruffati
,
tutta
fradicia
di
neve
,
spingendo
avanti
il
figliuolo
che
è
stato
sospeso
dalla
scuola
per
otto
giorni
.
Che
triste
scena
ci
toccò
di
vedere
!
La
povera
donna
si
gettò
quasi
in
ginocchio
davanti
al
Direttore
giungendo
le
mani
,
e
supplicando
:
-
Oh
signor
Direttore
,
mi
faccia
la
grazia
,
riammetta
il
ragazzo
alla
scuola
!
Son
tre
giorni
che
è
a
casa
,
l
'
ho
tenuto
nascosto
,
ma
Dio
ne
guardi
se
suo
padre
scopre
la
cosa
,
lo
ammazza
;
abbia
pietà
,
che
non
so
più
come
fare
!
mi
raccomando
con
tutta
l
'
anima
mia
!
-
Il
Direttore
cercò
di
condurla
fuori
;
ma
essa
resistette
,
sempre
pregando
e
piangendo
.
-
Oh
!
se
sapesse
le
pene
che
m
'
ha
dato
questo
figliuolo
avrebbe
compassione
!
Mi
faccia
la
grazia
!
Io
spero
che
cambierà
.
Io
già
non
vivrò
più
un
pezzo
,
signor
Direttore
,
ho
la
morte
qui
,
ma
vorrei
vederlo
cambiato
prima
di
morire
perché
...
-
e
diede
in
uno
scoppio
di
pianto
,
-
è
il
mio
figliuolo
,
gli
voglio
bene
,
morirei
disperata
;
me
lo
riprenda
ancora
una
volta
,
signor
Direttore
,
perché
non
segua
una
disgrazia
in
famiglia
,
lo
faccia
per
pietà
d
'
una
povera
donna
!
-
E
si
coperse
il
viso
con
le
mani
singhiozzando
.
Franti
teneva
il
viso
basso
,
impassibile
.
Il
Direttore
lo
guardò
,
stette
un
po
'
pensando
,
poi
disse
:
-
Franti
,
va
'
al
tuo
posto
.
-
Allora
la
donna
levò
le
mani
dal
viso
,
tutta
racconsolata
,
e
cominciò
a
dir
grazie
,
grazie
,
senza
lasciar
parlare
il
Direttore
,
e
s
'
avviò
verso
l
'
uscio
,
asciugandosi
gli
occhi
,
e
dicendo
affollatamente
:
-
Figliuol
mio
,
mi
raccomando
.
Abbiano
pazienza
tutti
.
Grazie
,
signor
Direttore
,
che
ha
fatto
un
'
opera
di
carità
.
Buono
,
sai
figliuolo
.
Buon
giorno
,
ragazzi
.
Grazie
,
a
rivederlo
,
signor
maestro
.
E
scusino
tanto
,
una
povera
mamma
.
-
E
data
ancora
di
sull
'
uscio
un
'
occhiata
supplichevole
a
suo
figlio
,
se
n
'
andò
,
raccogliendo
lo
scialle
che
strascicava
,
pallida
,
incurvata
,
con
la
testa
tremante
,
e
la
sentimmo
ancor
tossire
giù
per
le
scale
.
Il
Direttore
guardò
fisso
Franti
,
in
mezzo
al
silenzio
della
classe
,
e
gli
disse
con
un
accento
da
far
tremare
:
-
Franti
,
tu
uccidi
tua
madre
!
-
Tutti
si
voltarono
a
guardar
Franti
.
E
quell
'
infame
sorrise
.
Speranza
29
,
domenica
Bello
Enrico
lo
slancio
con
cui
ti
sei
gettato
sul
cuore
di
tua
madre
tornando
dalla
scuola
di
religione
.
Si
,
t
'
ha
detto
delle
cose
grandi
e
consolanti
il
maestro
.
Dio
che
ci
ha
gettati
l
'
uno
nelle
braccia
dell
'
altro
,
non
ci
separerà
per
sempre
;
quando
io
morirò
,
quando
tuo
padre
morrà
,
non
ce
le
diremo
quelle
tremende
e
disperate
parole
:
-
mamma
,
babbo
,
Enrico
,
non
ti
vedrò
mai
più
!
-
Noi
ci
rivedremo
in
un
'
altra
vita
,
dove
chi
ha
molto
sofferto
in
questa
sarà
compensato
,
dove
chi
ha
molto
amato
sulla
terra
ritroverà
le
anime
che
ha
amate
,
in
un
mondo
senza
colpe
,
senza
pianto
e
senza
morte
.
Ma
dobbiamo
rendercene
degni
,
tutti
,
di
quell
'
altra
vita
.
Senti
,
figliuolo
:
ogni
tua
azione
buona
,
ogni
tuo
moto
d
'
affetto
per
coloro
che
ti
amano
,
ogni
tuo
atto
cortese
per
i
tuoi
compagni
,
ogni
tuo
pensiero
gentile
è
come
uno
slancio
in
alto
verso
quel
mondo
.
E
anche
ti
solleva
verso
quel
mondo
ogni
disgrazia
,
ogni
dolore
,
perché
ogni
dolore
è
l
'
espiazione
d
'
una
colpa
,
ogni
lacrima
cancella
una
macchia
.
Proponiti
oggi
giorno
di
essere
più
buono
e
più
amoroso
che
il
giorno
innanzi
.
Di
'
ogni
mattina
:
oggi
voglio
far
qualche
cosa
di
cui
la
coscienza
mi
lodi
e
mio
padre
sia
contento
;
qualche
cosa
che
mi
faccia
voler
bene
da
questo
o
da
quel
compagno
,
dal
maestro
,
da
mio
fratello
,
o
da
altri
.
E
domanda
a
Dio
che
ti
dia
la
forza
di
mettere
in
atto
il
tuo
proposito
.
Signore
,
io
voglio
essere
buono
,
nobile
,
coraggioso
gentile
,
sincero
,
aiutatemi
,
fate
che
ogni
sera
,
quando
mia
madre
mi
dà
l
'
ultimo
saluto
,
io
possa
dirle
.
Tu
baci
questa
sera
un
fanciullo
più
onesto
e
più
degno
di
quello
che
baciasti
ieri
.
Abbi
sempre
nel
tuo
pensiero
quell
'
altro
Enrico
sovrumano
e
felice
,
che
tu
potrai
essere
dopo
questa
vita
.
E
prega
.
Tu
non
puoi
immaginare
che
dolcezza
provi
,
quanto
si
senta
migliore
una
madre
quando
vede
il
suo
fanciullo
con
le
mani
giunte
.
Quando
io
vedo
te
che
preghi
mi
pare
impossibile
che
non
ci
sia
nessuno
che
ti
guardi
e
ti
ascolti
.
Io
credo
allora
più
fermamente
che
c
'
è
una
bontà
suprema
e
una
pietà
infinita
,
io
t
'
amo
di
più
,
lavoro
con
più
ardore
,
soffro
con
più
forza
,
perdono
con
tutta
l
'
anima
e
penso
alla
morte
serenamente
.
Oh
Dio
grande
e
buono
!
Risentir
dopo
morte
la
voce
di
mia
madre
,
ritrovare
i
miei
bambini
,
rivedere
il
mio
Enrico
,
il
mio
Enrico
benedetto
e
immortale
,
e
stringerlo
in
un
abbraccio
che
non
si
scioglierà
mai
più
,
mai
più
in
eterno
!
Oh
prega
,
preghiamo
,
amiamoci
,
siamo
buoni
,
portiamo
quella
celeste
speranza
nell
'
anima
,
adorato
fanciullo
mio
.
TUA
MADRE
FEBBRAIO
Una
medaglia
ben
data
4
,
sabato
Questa
mattina
venne
a
dar
le
medaglie
il
Sovrintendente
scolastico
,
un
signore
con
la
barba
bianca
,
vestito
di
nero
.
Entrò
col
Direttore
,
poco
prima
del
finis
,
e
sedette
accanto
al
maestro
.
Interrogò
parecchi
,
poi
diede
la
prima
medaglia
a
Derossi
,
e
prima
di
dar
la
seconda
,
stette
qualche
momento
a
sentire
il
maestro
e
il
Direttore
,
che
gli
parlavano
a
voce
bassa
.
Tutti
domandavano
:
-
A
chi
darà
la
seconda
?
-
Il
Sovrintendente
disse
a
voce
alta
:
-
La
seconda
medaglia
l
'
ha
meritata
questa
settimana
l
'
alunno
Pietro
Precossi
:
meritata
per
i
lavori
di
casa
,
per
le
lezioni
,
per
la
calligrafia
,
per
la
condotta
,
per
tutto
.
-
Tutti
si
voltarono
a
guardar
Precossi
,
si
vedeva
che
ci
avevan
tutti
piacere
.
Precossi
s
'
alzò
,
confuso
che
non
sapeva
più
dove
fosse
.
-
Vieni
qua
,
-
disse
il
Sovrintendente
.
Precossi
saltò
giù
dal
banco
e
andò
accanto
al
tavolino
del
maestro
.
Il
sovrintendente
guardò
con
attenzione
quel
visino
color
di
cera
,
quel
piccolo
corpo
insaccato
in
quei
panni
rimboccati
e
disadatti
,
quegli
occhi
buoni
e
tristi
,
che
sfuggivano
i
suoi
,
ma
che
lasciavano
indovinare
una
storia
di
patimenti
,
poi
gli
disse
con
voce
piena
di
affetto
,
attaccandogli
la
medaglia
alla
spalla
:
-
Precossi
,
ti
dò
la
medaglia
.
Nessuno
è
più
degno
di
te
di
portarla
.
Non
la
dò
soltanto
alla
tua
intelligenza
e
al
tuo
buon
volere
,
la
dò
al
tuo
cuore
,
la
dò
al
tuo
coraggio
,
al
tuo
carattere
di
bravo
e
buon
figliuolo
.
Non
è
vero
,
-
soggiunse
,
voltandosi
verso
la
classe
,
-
che
egli
la
merita
anche
per
questo
?
-
Sì
,
sì
,
-
risposero
tutti
a
una
voce
.
Precossi
fece
un
movimento
del
collo
come
per
inghiottire
qualche
cosa
,
e
girò
sui
banchi
uno
sguardo
dolcissimo
,
che
esprimeva
una
gratitudine
immensa
.
-
Va
'
,
dunque
,
gli
disse
il
Sovrintendente
,
-
caro
ragazzo
!
E
Dio
ti
protegga
!
-
Era
l
'
ora
d
'
uscire
.
La
nostra
classe
uscì
avanti
le
altre
.
Appena
siamo
fuori
dell
'
uscio
...
chi
vediamo
lì
nel
camerone
,
proprio
sull
'
entrata
?
Il
padre
di
Precossi
,
il
fabbro
ferraio
,
pallido
,
come
al
solito
,
col
viso
torvo
,
coi
capelli
negli
occhi
,
col
berretto
per
traverso
,
malfermo
sulle
gambe
.
Il
maestro
lo
vide
subito
e
parlò
nell
'
orecchio
al
Sovrintendente
;
questi
cercò
Precossi
in
fretta
e
,
presolo
per
mano
,
lo
condusse
da
suo
padre
.
Il
ragazzo
tremava
.
Anche
il
maestro
e
il
Direttore
s
'
avvicinarono
,
molti
ragazzi
si
fecero
intorno
.
-
Lei
è
il
padre
di
questo
ragazzo
,
è
vero
?
-
domandò
il
Sovrintendente
al
fabbro
,
con
fare
allegro
,
come
se
fossero
amici
.
E
senz
'
aspettar
la
risposta
:
-
Mi
rallegro
con
lei
.
Guardi
:
egli
ha
guadagnato
la
seconda
medaglia
,
sopra
cinquantaquattro
compagni
;
l
'
ha
meritata
nella
composizione
,
nell
'
aritmetica
,
in
tutto
.
È
un
ragazzo
pieno
d
'
intelligenza
e
di
buona
volontà
,
che
farà
molto
cammino
:
un
bravo
ragazzo
,
che
ha
l
'
affezione
e
la
stima
di
tutti
;
lei
ne
può
andar
superbo
,
gliel
'
assicuro
.
-
Il
fabbro
,
che
era
stato
a
sentire
con
la
bocca
aperta
,
guardò
fisso
il
Sovrintendente
e
il
Direttore
,
e
poi
fissò
il
suo
figliuolo
,
che
gli
stava
davanti
,
con
gli
occhi
bassi
,
tremando
;
e
come
se
ricordasse
e
capisse
allora
per
la
prima
volta
tutto
quello
che
aveva
fatto
soffrire
a
quel
povero
piccino
,
e
tutta
la
bontà
,
tutta
la
costanza
eroica
con
cui
egli
aveva
sofferto
,
mostrò
a
un
tratto
nel
viso
una
certa
meraviglia
stupida
,
poi
un
dolore
accigliato
,
infine
una
tenerezza
violenta
e
triste
,
e
con
un
rapido
gesto
afferrò
il
ragazzo
per
il
capo
e
se
lo
strinse
sul
petto
.
Noi
gli
passammo
tutti
davanti
;
io
l
'
invitai
a
venir
a
casa
giovedì
,
con
Garrone
e
Crossi
;
altri
lo
salutarono
;
chi
gli
faceva
una
carezza
,
chi
gli
toccava
la
medaglia
,
tutti
gli
dissero
qualche
cosa
.
E
il
padre
guardava
stupito
,
tenendosi
sempre
serrato
al
petto
il
capo
del
figliuolo
,
che
singhiozzava
.
Buoni
propositi
5
,
domenica
M
'
ha
destato
un
rimorso
quella
medaglia
data
a
Precossi
.
Io
che
non
ne
ho
ancora
guadagnata
una
!
Io
da
un
po
'
di
tempo
non
studio
,
e
sono
scontento
di
me
,
e
il
maestro
,
mio
padre
e
mia
madre
sono
scontenti
.
Non
provo
più
neppure
il
piacere
di
prima
a
divertirmi
,
quando
lavoravo
di
voglia
,
e
poi
saltavo
su
dal
tavolino
e
correvo
ai
miei
giochi
pieno
d
'
allegrezza
,
come
se
non
avessi
più
giocato
da
un
mese
.
Neanche
a
tavola
coi
miei
non
mi
siedo
più
con
la
contentezza
d
'
una
volta
.
Sempre
ho
come
un
'
ombra
nell
'
animo
,
una
voce
dentro
che
mi
dice
continuamente
:
-
non
va
,
non
va
.
-
Vedo
la
sera
passar
per
la
piazza
tanti
ragazzi
che
tornan
dal
lavoro
,
in
mezzo
a
gruppi
d
'
operai
tutti
stanchi
ma
allegri
,
che
allungano
il
passo
,
impazienti
di
arrivar
a
casa
a
mangiare
,
e
parlano
forte
,
ridendo
,
e
battendosi
sulle
spalle
le
mani
nere
di
carbone
o
bianche
di
calce
,
e
penso
che
hanno
lavorato
dallo
spuntar
dell
'
alba
fino
a
quell
'
ora
;
e
con
quelli
tanti
altri
anche
più
piccoli
,
che
tutto
il
giorno
son
stati
sulle
cime
dei
tetti
,
davanti
alle
fornaci
,
in
mezzo
alle
macchine
,
e
dentro
all
'
acqua
,
e
sotto
terra
,
non
mangiando
che
un
po
'
di
pane
;
e
provo
quasi
vergogna
,
io
che
in
tutto
quel
tempo
non
ho
fatto
che
scarabocchiare
di
mala
voglia
quattro
paginuccie
.
Ah
sono
scontento
,
scontento
!
Io
vedo
bene
che
mio
padre
è
di
malumore
,
e
vorrebbe
dirmelo
,
ma
gli
rincresce
,
e
aspetta
ancora
;
caro
padre
mio
,
che
lavori
tanto
!
Tutto
è
tuo
,
tutto
quello
che
mi
vedo
intorno
in
casa
,
tutto
quello
che
tocco
,
tutto
quello
che
mi
veste
e
che
mi
ciba
,
tutto
quello
che
mi
ammaestra
e
mi
diverte
,
tutto
è
frutto
del
tuo
lavoro
,
ed
io
non
lavoro
,
tutto
t
'
è
costato
pensieri
,
privazioni
,
dispiaceri
,
fatiche
,
e
io
non
fatico
!
Ah
no
,
è
troppo
ingiusto
e
mi
fa
troppa
pena
.
Io
voglio
cominciare
da
oggi
,
voglio
mettermi
a
studiare
,
come
Stardi
,
coi
pugni
serrati
e
coi
denti
stretti
,
mettermici
con
tutte
le
forze
della
mia
volontà
e
del
mio
cuore
;
voglio
vincere
il
sonno
la
sera
,
saltar
giù
presto
la
mattina
,
martellarmi
il
cervello
senza
riposo
,
sferzare
la
pigrizia
senza
pietà
,
faticare
,
soffrire
anche
,
ammalarmi
;
ma
finire
una
volta
di
trascinare
questa
vitaccia
fiacca
e
svogliata
che
avvilisce
me
e
rattrista
gli
altri
.
Animo
,
al
lavoro
!
Al
lavoro
con
tutta
l
'
anima
e
con
tutti
i
nervi
!
Al
lavoro
che
mi
renderà
il
riposo
dolce
,
i
giochi
piacevoli
,
il
desinare
allegro
;
al
lavoro
che
mi
ridarà
il
buon
sorriso
del
mio
maestro
e
il
bacio
benedetto
di
mio
padre
.
Il
vaporino
10
,
venerdì
Precossi
venne
a
casa
ieri
,
con
Garrone
.
Io
credo
che
se
fossero
stati
due
figliuoli
di
principi
non
sarebbero
stati
accolti
con
più
festa
.
Garrone
era
la
prima
volta
che
veniva
,
perché
è
un
po
'
orso
,
e
poi
si
vergogna
di
lasciarsi
vedere
,
che
è
così
grande
e
fa
ancora
la
terza
.
Andammo
tutti
ad
aprir
la
porta
,
quando
suonarono
.
Crossi
non
venne
perché
gli
è
finalmente
arrivato
il
padre
dall
'
America
,
dopo
sei
anni
.
Mia
madre
baciò
subito
Precossi
mio
padre
le
presentò
Garrone
,
dicendo
:
-
Ecco
qui
;
questo
non
è
solamente
un
buon
ragazzo
;
questo
è
un
galantuomo
e
un
gentiluomo
.
-
Ed
egli
abbassò
la
sua
grossa
testa
rapata
,
sorridendo
di
nascosto
con
me
.
Precossi
aveva
la
sua
medaglia
,
ed
era
contento
perché
suo
padre
s
'
è
rimesso
a
lavorare
,
e
son
cinque
giorni
che
non
beve
più
,
lo
vuol
sempre
nell
'
officina
a
tenergli
compagnia
,
e
pare
un
altro
.
Ci
mettemmo
a
giocare
,
io
tirai
fuori
tutte
le
cose
mie
;
Precossi
rimase
incantato
davanti
al
treno
della
strada
ferrata
,
con
la
macchina
che
va
da
sé
,
a
darle
la
corda
;
non
n
'
aveva
visto
mai
;
divorava
con
gli
occhi
quei
vagoncini
rossi
e
gialli
.
Io
gli
diedi
la
chiavetta
perché
giocasse
,
egli
s
'
inginocchiò
a
giocare
,
e
non
levò
più
la
testa
.
Non
l
'
avevo
mai
visto
contento
così
.
Sempre
diceva
:
-
Scusami
,
scusami
,
-
a
ogni
proposito
,
facendoci
in
là
con
le
mani
,
perché
non
fermassimo
la
macchina
,
e
poi
pigliava
e
rimetteva
i
vagoncini
con
mille
riguardi
,
come
se
fossero
di
vetro
,
aveva
paura
di
appannarli
col
fiato
,
e
li
ripuliva
,
guardandoli
di
sotto
e
di
sopra
,
e
sorridendo
da
sé
.
Noi
,
tutti
in
piedi
,
lo
guardavamo
;
guardavamo
quel
collo
sottile
,
quelle
povere
orecchine
che
un
giorno
io
avevo
visto
sanguinare
,
quel
giacchettone
con
le
maniche
rimboccate
,
da
cui
uscivano
due
braccini
di
malato
,
che
s
'
erano
alzati
tante
volte
per
difendere
il
viso
dalle
percosse
...
Oh
!
in
quel
momento
io
gli
avrei
gettato
ai
piedi
tutti
i
miei
giocattoli
e
tutti
i
miei
libri
,
mi
sarei
strappato
di
bocca
l
'
ultimo
pezzo
di
pane
per
darlo
a
lui
,
mi
sarei
spogliato
per
vestirlo
,
mi
sarei
buttato
in
ginocchio
per
baciargli
le
mani
-
Almeno
il
treno
glielo
voglio
dare
,
-
pensai
;
ma
bisognava
chiedere
il
permesso
a
mio
padre
.
In
quel
momento
mi
sentii
mettere
un
pezzetto
di
carta
in
una
mano
;
guardai
:
era
scritto
da
mio
padre
col
lapis
;
diceva
:
-
A
Precossi
piace
il
tuo
treno
.
Egli
non
ha
giocattoli
.
Non
ti
suggerisce
nulla
il
tuo
cuore
?
-
Subito
io
afferrai
a
due
mani
la
macchina
e
i
vagoni
e
gli
misi
ogni
cosa
sulle
braccia
dicendogli
:
-
Prendilo
,
è
tuo
.
-
Egli
mi
guardò
,
non
capiva
.
-
È
tuo
,
-
dissi
,
-
te
lo
regalo
.
-
Allora
egli
guardò
mio
padre
e
mia
madre
,
ancora
più
stupito
,
e
mi
domandò
:
-
Ma
perché
?
-
Mio
padre
gli
disse
:
-
Te
lo
regala
Enrico
perché
è
tuo
amico
,
perché
ti
vuol
bene
...
per
festeggiare
la
tua
medaglia
.
-
Precossi
domandò
timidamente
:
-
Debbo
portarlo
via
...
a
casa
?
-
Ma
sicuro
!
-
rispondemmo
tutti
.
Era
già
sull
'
uscio
,
e
non
osava
ancora
andarsene
.
Era
felice
!
Domandava
scusa
,
con
la
bocca
che
tremava
e
rideva
.
Garrone
lo
aiutò
a
rinvoltare
il
treno
nel
fazzoletto
,
e
chinandosi
,
fece
crocchiare
i
grissini
che
gli
empivan
le
tasche
.
-
Un
giorno
,
-
mi
disse
Precossi
,
-
verrai
all
'
officina
a
veder
mio
padre
a
lavorare
.
Ti
darò
dei
chiodi
.
-
Mia
madre
mise
un
mazzettino
nell
'
occhiello
della
giacchetta
a
Garrone
perché
lo
portasse
alla
mamma
in
nome
suo
.
Garrone
le
disse
col
suo
vocione
:
-
Grazie
,
-
senza
alzare
il
mento
dal
petto
.
Ma
gli
splendeva
tutta
negli
occhi
l
'
anima
nobile
e
buona
.
Superbia
11
,
sabato
E
dire
che
Carlo
Nobis
si
pulisce
la
manica
con
affettazione
quando
Precossi
lo
tocca
,
passando
!
Costui
è
la
superbia
incarnata
perché
suo
padre
è
un
riccone
.
Ma
anche
il
padre
di
Derossi
è
ricco
!
Egli
vorrebbe
avere
un
banco
per
sé
solo
,
ha
paura
che
tutti
lo
insudicino
,
guarda
tutti
dall
'
alto
al
basso
,
ha
sempre
un
sorriso
sprezzante
sulle
labbra
:
guai
a
urtargli
un
piede
quando
s
'
esce
in
fila
a
due
a
due
!
Per
un
nulla
butta
in
viso
una
parola
ingiuriosa
o
minaccia
di
far
venire
alla
scuola
suo
padre
.
E
sì
che
suo
padre
gli
ha
dato
la
sua
brava
polpetta
quando
trattò
da
straccione
il
figliuolo
del
carbonaio
!
Io
non
ho
mai
visto
una
muffa
compagna
!
Nessuno
gli
parla
,
nessuno
gli
dice
addio
quando
s
'
esce
,
non
c
'
è
un
cane
che
gli
suggerisce
quando
non
sa
la
lezione
.
E
lui
non
può
patir
nessuno
,
e
finge
di
disprezzar
sopra
tutti
Derossi
,
perché
è
il
primo
,
e
Garrone
perché
tutti
gli
voglion
bene
.
Ma
Derossi
non
lo
guarda
neppure
quant
'
è
lungo
,
e
Garrone
,
quando
gli
riportarono
che
Nobis
sparlava
di
lui
,
rispose
:
-
Ha
una
superbia
così
stupida
che
non
merita
nemmeno
i
miei
scapaccioni
.
-
Coretti
pure
,
un
giorno
ch
'
egli
sorrideva
con
disprezzo
del
suo
berretto
di
pel
di
gatto
,
gli
disse
:
-
Va
'
un
poco
da
Derossi
a
imparare
a
far
il
signore
!
-
Ieri
si
lamentò
col
maestro
perché
il
calabrese
gli
toccò
una
gamba
col
piede
.
Il
maestro
domandò
al
calabrese
:
-
L
'
hai
fatto
apposta
?
-
No
,
signore
,
-
rispose
franco
.
E
il
maestro
:
-
Siete
troppo
permaloso
,
Nobis
.
-
E
Nobis
,
con
quella
sua
aria
:
-
Lo
dirò
a
mio
padre
.
-
Allora
il
maestro
andò
in
collera
:
-
Vostro
padre
vi
darà
torto
,
come
fece
altre
volte
.
E
poi
non
c
'
è
che
il
maestro
,
in
iscuola
,
che
giudichi
e
punisca
.
-
Poi
soggiunse
con
dolcezza
:
-
Andiamo
,
Nobis
,
cambiate
modi
,
siate
buono
e
cortese
coi
vostri
compagni
.
Vedete
,
ci
sono
dei
figliuoli
d
'
operai
e
di
signori
,
dei
ricchi
e
dei
poveri
,
e
tutti
si
voglion
bene
,
si
trattan
da
fratelli
,
come
sono
.
Perché
non
fate
anche
voi
come
gli
altri
?
Vi
costerebbe
così
poco
farvi
benvolere
da
tutti
,
e
sareste
tanto
più
contento
voi
pure
!
...
Ebbene
,
non
avete
nulla
da
rispondermi
?
-
Nobis
,
ch
'
era
stato
a
sentire
col
suo
solito
sorriso
sprezzante
,
rispose
freddamente
:
-
No
,
signore
.
-
Sedete
,
-
gli
disse
il
maestro
.
-
Vi
compiango
.
Siete
un
ragazzo
senza
cuore
.
-
Tutto
pareva
finito
così
;
ma
il
muratorino
,
che
è
nel
primo
banco
,
voltò
la
sua
faccia
tonda
verso
Nobis
,
che
è
nell
'
ultimo
,
e
gli
fece
un
muso
di
lepre
così
bello
e
così
buffo
,
che
tutta
la
classe
diede
in
una
sonora
risata
.
Il
maestro
lo
sgridò
;
ma
fu
costretto
a
mettersi
una
mano
sulla
bocca
per
nascondere
il
riso
.
E
Nobis
pure
fece
un
riso
;
ma
di
quello
che
non
si
cuoce
.
I
feriti
del
lavoro
13
,
lunedì
Nobis
può
fare
il
paio
con
Franti
:
non
si
commossero
né
l
'
uno
né
l
'
altro
,
questa
mattina
,
davanti
allo
spettacolo
terribile
che
ci
passò
sotto
gli
occhi
.
Uscito
dalla
scuola
,
stavo
con
mio
padre
a
guardar
certi
birbaccioni
della
seconda
,
che
si
buttavan
ginocchioni
per
terra
a
strofinare
il
ghiaccio
con
le
mantelline
e
con
le
berrette
,
per
far
gli
sdruccioloni
più
lesti
,
quando
vedemmo
venir
d
'
in
fondo
alla
strada
una
folla
di
gente
,
a
passo
affrettato
,
tutti
seri
e
come
spaventati
,
che
parlavano
a
voce
bassa
.
Nel
mezzo
c
'
erano
tre
guardie
municipali
,
dietro
alle
guardie
,
due
uomini
che
portavano
una
barella
.
I
ragazzi
accorsero
da
ogni
parte
.
La
folla
s
'
avanzava
verso
di
noi
.
Sulla
barella
c
'
era
disteso
un
uomo
,
bianco
come
un
cadavere
,
con
la
testa
ripiegata
sopra
una
spalla
,
coi
capelli
arruffati
e
insanguinati
,
che
perdeva
sangue
dalla
bocca
e
dalle
orecchie
;
e
accanto
alla
barella
camminava
una
donna
con
un
bimbo
in
braccio
che
pareva
pazza
e
gridava
di
tratto
in
tratto
:
-
È
morto
!
È
morto
!
È
morto
!
-
Dietro
alla
donna
veniva
un
ragazzo
,
che
aveva
la
cartella
sotto
il
braccio
,
e
singhiozzava
.
-
Cos
'
è
stato
?
-
domandò
mio
padre
.
Un
vicino
rispose
che
era
un
muratore
,
caduto
da
un
quarto
piano
,
mentre
lavorava
.
I
portatori
della
barella
si
soffermarono
un
momento
.
Molti
torsero
il
viso
inorriditi
.
Vidi
la
maestrina
della
penna
rossa
che
sorreggeva
la
mia
maestra
di
prima
superiore
quasi
svenuta
.
Nello
stesso
tempo
mi
sentii
urtare
nel
gomito
:
era
il
muratorino
,
pallido
,
che
tremava
da
capo
a
piedi
.
Egli
pensava
a
suo
padre
,
certo
.
Anch
'
io
ci
pensai
.
Io
sto
con
l
'
animo
in
pace
,
almeno
,
quando
sono
a
scuola
,
io
so
che
mio
padre
è
a
casa
,
seduto
a
tavolino
,
lontano
da
ogni
pericolo
;
ma
quanti
miei
compagni
pensano
che
i
loro
padri
lavorano
sopra
un
ponte
altissimo
o
vicino
alle
ruote
d
'
una
macchina
,
e
che
un
gesto
,
un
passo
falso
può
costar
loro
la
vita
!
Sono
come
tanti
figliuoli
di
soldati
,
che
abbiano
i
loro
padri
in
battaglia
.
Il
muratorino
guardava
,
guardava
,
e
tremava
sempre
più
forte
,
e
mio
padre
se
n
'
accorse
e
gli
disse
:
-
Vattene
a
casa
,
ragazzo
,
va
subito
da
tuo
padre
,
che
lo
troverai
sano
e
tranquillo
;
va
'
!
-
Il
muratorino
se
n
'
andò
voltandosi
indietro
a
ogni
passo
.
E
intanto
la
folla
si
rimise
in
moto
,
e
la
donna
gridava
,
da
straziar
l
'
anima
:
-
È
morto
!
È
morto
!
È
morto
!
-
No
,
no
,
non
è
morto
,
-
le
dicevan
da
tutte
la
parti
.
Ma
essa
non
ci
badava
e
si
strappava
i
capelli
.
Quando
sentii
una
voce
sdegnata
che
disse
:
-
Tu
ridi
!
-
e
vidi
nello
stesso
tempo
un
uomo
barbuto
che
guardava
in
faccia
Franti
,
il
quale
sorrideva
ancora
.
Allora
l
'
uomo
gli
cacciò
in
terra
il
berretto
con
un
ceffone
,
dicendo
:
-
Scopriti
il
capo
,
malnato
,
quando
passa
un
ferito
del
lavoro
!
-
La
folla
era
già
passata
tutta
,
e
si
vedeva
in
mezzo
alla
strada
una
lunga
striscia
di
sangue
.
Il
prigioniero
17
,
venerdì
Ah
!
questo
è
certamente
il
caso
più
strano
di
tutto
l
'
anno
!
Mio
padre
mi
condusse
ieri
mattina
nei
dintorni
di
Moncalieri
,
a
vedere
una
villa
da
prendere
a
pigione
per
l
'
estate
prossima
,
perché
quest
'
anno
non
andiamo
più
a
Chieri
;
e
si
trovò
che
chi
aveva
le
chiavi
era
un
maestro
,
il
quale
fa
da
segretario
al
padrone
.
Egli
ci
fece
vedere
la
casa
,
e
poi
ci
condusse
nella
sua
camera
,
dove
ci
diede
da
bere
.
C
'
era
sul
tavolino
,
in
mezzo
ai
bicchieri
,
un
calamaio
di
legno
,
di
forma
conica
,
scolpito
in
una
maniera
singolare
.
Vedendo
che
mio
padre
lo
guardava
,
il
maestro
gli
disse
:
-
Quel
calamaio
lì
mi
è
prezioso
:
se
sapesse
,
signore
,
la
storia
di
quel
calamaio
!
-
E
la
raccontò
:
Anni
sono
,
egli
era
maestro
a
Torino
,
e
andò
per
tutto
un
inverno
a
far
lezione
ai
prigionieri
,
nelle
Carceri
giudiziarie
.
Faceva
lezione
nella
chiesa
delle
carceri
,
che
è
un
edificio
rotondo
,
e
tutt
'
intorno
,
nel
muri
alti
e
nudi
,
ci
son
tanti
finestrini
quadrati
,
chiusi
da
due
sbarre
di
ferro
incrociate
,
a
ciascuno
dei
quali
corrisponde
di
dentro
una
piccolissima
cella
.
Egli
faceva
lezione
passeggiando
per
la
chiesa
fredda
e
buia
,
e
i
suoi
scolari
stavano
affacciati
a
quelle
buche
,
coi
quaderni
contro
le
inferriate
,
non
mostrando
altro
che
i
visi
nell
'
ombra
,
dei
visi
sparuti
e
accigliati
,
delle
barbe
arruffate
e
grigie
,
degli
occhi
fissi
d
'
omicidi
e
di
ladri
.
Ce
n
'
era
uno
,
fra
gli
altri
,
al
numero
78
,
che
stava
più
attento
di
tutti
,
e
studiava
molto
,
e
guardava
il
maestro
con
gli
occhi
pieni
di
rispetto
e
di
gratitudine
.
Era
un
giovane
con
la
barba
nera
,
più
disgraziato
che
malvagio
,
un
ebanista
,
il
quale
,
in
un
impeto
di
collera
,
aveva
scagliato
una
pialla
contro
il
suo
padrone
,
che
da
un
pezzo
lo
perseguitava
,
e
l
'
aveva
ferito
mortalmente
al
capo
;
e
per
questo
era
stato
condannato
a
vari
anni
di
reclusione
.
In
tre
mesi
egli
aveva
imparato
a
leggere
e
a
scrivere
,
e
leggeva
continuamente
,
e
quanto
più
imparava
,
tanto
più
pareva
che
diventasse
buono
e
che
fosse
pentito
del
suo
delitto
.
Un
giorno
,
sul
finire
della
lezione
,
egli
fece
cenno
al
maestro
che
s
'
avvicinasse
al
finestrino
,
e
gli
annunziò
,
con
tristezza
,
che
la
mattina
dopo
sarebbe
partito
da
Torino
,
per
andare
a
scontare
la
sua
pena
nelle
carceri
di
Venezia
;
e
dettogli
addio
,
lo
pregò
con
voce
umile
e
commossa
che
si
lasciasse
toccare
la
mano
.
Il
maestro
ritirò
la
mano
:
era
bagnata
di
lacrime
.
Dopo
d
'
allora
non
lo
vide
più
.
Passarono
sei
anni
.
-
«
Io
pensavo
a
tutt
'
altro
che
a
quel
disgraziato
,
-
disse
il
maestro
,
-
quando
ieri
l
'
altro
mattina
mi
vedo
capitare
a
casa
uno
sconosciuto
,
con
una
gran
barba
nera
,
già
un
po
'
brizzolata
,
vestito
malamente
;
il
quale
mi
dice
:
-
È
lei
signore
,
il
maestro
tale
dei
tali
?
-
Chi
siete
?
-
gli
domando
io
-
Sono
il
carcerato
del
numero
78
,
-
mi
riponde
;
-
m
'
ha
insegnato
lei
a
leggere
e
a
scrivere
,
sei
anni
fa
:
se
si
rammenta
,
all
'
ultima
lezione
m
'
ha
dato
la
mano
:
ora
ho
scontato
la
mia
pena
e
son
qui
...
a
pregarla
che
mi
faccia
la
grazia
d
'
accettare
un
mio
ricordo
,
una
cosuccia
che
ho
lavorato
in
prigione
.
La
vuol
accettare
per
mia
memoria
,
signor
maestro
?
-
Io
rimasi
lì
,
senza
parola
.
Egli
credette
che
non
volessi
accettare
,
e
mi
guardò
,
come
per
dire
:
-
Sei
anni
di
patimenti
non
sono
dunque
bastati
a
purgarmi
le
mani
!
-
ma
con
espressione
così
viva
di
dolore
mi
guardò
,
che
tesi
subito
la
mano
e
presi
l
'
oggetto
.
Eccolo
qui
.
»
Guardammo
attentamente
il
calamaio
:
pareva
stato
lavorato
con
la
punta
d
'
un
chiodo
,
con
lunghissima
pazienza
;
c
'
era
su
scolpita
una
penna
a
traverso
a
un
quaderno
,
e
scritto
intorno
:
«
Al
mio
maestro
.
-
Ricordo
del
numero
78
-
Sei
anni
»
-
E
sotto
,
in
piccoli
caratteri
:
-
«
Studio
e
speranza
...
»
.
Il
maestro
non
disse
altro
;
ce
n
'
andammo
.
Ma
per
tutto
il
tragitto
da
Moncalieri
a
Torino
,
io
non
potei
più
levarmi
dal
capo
quel
prigionero
affacciato
al
finestrino
,
quell
'
addio
al
maestro
,
quel
povero
calamaio
lavorato
in
carcere
,
che
diceva
tante
cose
,
e
lo
sognai
la
notte
,
e
ci
pensavo
ancora
questa
mattina
...
quanto
lontano
dall
'
immaginare
la
sorpresa
che
m
'
aspettava
alla
scuola
!
Entrato
appena
nel
mio
nuovo
banco
,
accanto
a
Derossi
,
e
scritto
il
problema
d
'
aritmetica
dell
'
esame
mensile
,
raccontai
al
mio
compagno
tutta
la
storia
del
prigioniero
e
del
calamaio
e
come
il
calamaio
era
fatto
,
con
la
penna
a
traverso
al
quaderno
,
e
quell
'
iscrizione
intorno
:
-
Sei
anni
!
-
Derossi
scattò
a
quelle
parole
,
e
cominciò
a
guardare
ora
me
ora
Crossi
,
il
figliuolo
dell
'
erbivendola
,
che
era
nel
banco
davanti
,
con
la
schiena
rivolta
a
noi
,
tutto
assorto
nel
suo
problema
.
-
Zitto
!
-
disse
poi
,
a
bassa
voce
,
pigliandomi
per
un
braccio
.
-
Non
sai
?
Crossi
mi
disse
avant
'
ieri
d
'
aver
visto
di
sfuggita
un
calamaio
di
legno
tra
le
mani
di
suo
padre
ritornato
dall
'
America
:
un
calamaio
conico
,
lavorato
a
mano
,
con
un
quaderno
e
una
penna
:
-
è
quello
;
-
sei
anni
!
-
egli
diceva
che
suo
padre
era
in
America
:
-
era
invece
in
prigione
;
-
Crossi
era
piccolo
al
tempo
del
delitto
,
non
si
ricorda
,
sua
madre
lo
ingannò
,
egli
non
sa
nulla
;
non
ci
sfugga
una
sillaba
di
questo
!
-
Io
rimasi
senza
parola
,
con
gli
occhi
fissi
su
Crossi
.
E
allora
Derossi
risolvette
il
problema
e
lo
passò
sotto
il
banco
a
Crossi
;
gli
diede
un
foglio
di
carta
;
gli
levò
di
mano
L
'
Infermiere
di
Tata
,
il
racconto
mensile
,
che
il
maestro
gli
aveva
dato
a
ricopiare
,
per
ricopiarlo
lui
in
sua
vece
;
gli
regalò
dei
pennini
,
gli
accarezzò
la
spalla
,
mi
fece
promettere
sul
mio
onore
che
non
avrei
detto
nulla
a
nessuno
;
e
quando
uscimmo
dalla
scuola
mi
disse
in
fretta
:
-
Ieri
suo
padre
è
venuto
a
prenderlo
,
ci
sarà
anche
questa
mattina
:
fa
come
faccio
io
.
Uscimmo
nella
strada
,
il
padre
di
Crossi
era
là
,
un
po
'
in
disparte
:
un
uomo
con
la
barba
nera
,
già
un
po
'
brizzolata
,
vestito
malamente
,
con
un
viso
scolorito
e
pensieroso
.
Derossi
strinse
la
mano
a
Crossi
;
in
modo
da
farsi
vedere
,
e
gli
disse
forte
:
-
A
riverderci
,
Crossi
,
-
e
gli
passò
la
mano
sotto
mento
,
io
feci
lo
stesso
.
Ma
facendo
quello
,
Derossi
diventò
color
di
porpora
,
io
pure
;
e
il
padre
di
Crossi
ci
guardò
attentamente
,
con
uno
sguardo
benevolo
;
ma
in
cui
traluceva
un
'
espressione
d
'
inquietudine
e
di
sospetto
,
che
ci
mise
freddo
nel
cuore
.
L
'
infermiere
di
Tata
Racconto
mensile
La
mattina
d
'
un
giorno
piovoso
di
marzo
,
un
ragazzo
vestito
da
campagnuolo
,
tutto
inzuppato
d
'
acqua
e
infangato
,
con
un
involto
di
panni
sotto
il
braccio
,
si
presentava
al
portinaio
dell
'
Ospedale
maggiore
di
Napoli
e
domandava
di
suo
padre
,
presentando
una
lettera
.
Aveva
un
bel
viso
ovale
d
'
un
bruno
pallido
,
gli
occhi
pensierosi
e
due
grosse
labbra
semiaperte
,
che
lasciavan
vedere
i
denti
bianchissimi
.
Veniva
da
un
villaggio
dei
dintorni
di
Napoli
.
Suo
padre
,
partito
di
casa
l
'
anno
addietro
per
andare
a
cercar
lavoro
in
Francia
,
era
tornato
in
Italia
e
sbarcato
pochi
dì
prima
a
Napoli
,
dove
,
ammalatosi
improvvisamente
,
aveva
appena
fatto
in
tempo
a
scrivere
un
rigo
alla
famiglia
per
annunziarle
il
suo
arrivo
e
dirle
che
entrava
all
'
ospedale
.
Sua
moglie
,
desolata
di
quella
notizia
,
non
potendo
moversi
di
casa
perché
aveva
una
bimba
inferma
e
un
'
altra
al
seno
,
aveva
mandato
a
Napoli
il
figliuolo
maggiore
,
con
qualche
soldo
,
ad
assistere
suo
padre
,
il
suo
Tata
,
come
là
si
dice
;
il
ragazzo
aveva
fatto
dieci
miglia
di
cammino
.
Il
portinaio
,
data
un
'
occhiata
alla
lettera
,
chiamò
un
infermiere
e
gli
disse
che
conducesse
il
ragazzo
dal
padre
.
-
Che
padre
?
-
domandò
l
'
infermiere
.
Il
ragazzo
,
tremante
per
il
timore
d
'
una
trista
notizia
,
disse
il
nome
.
L
'
infermiere
non
si
rammentava
quel
nome
.
-
Un
vecchio
operaio
venuto
di
fuori
?
-
domandò
.
-
Operaio
sì
,
-
rispose
il
ragazzo
,
sempre
più
ansioso
;
non
tanto
vecchio
.
Venuto
di
fuori
,
sì
.
-
Entrato
all
'
ospedale
quando
?
-
domandò
l
'
infermiere
.
Il
ragazzo
diede
uno
sguardo
alla
lettera
.
-
Cinque
giorni
fa
,
credo
.
L
'
infermiere
stette
un
po
'
pensando
;
poi
,
come
ricordandosi
a
un
tratto
:
-
Ah
!
-
disse
,
-
il
quarto
camerone
,
il
letto
in
fondo
.
-
È
malato
molto
?
Come
sta
?
-
domandò
affannosamente
il
ragazzo
.
L
'
infermiere
lo
guardò
,
senza
rispondere
.
Poi
disse
:
-
Vieni
con
me
.
Salirono
due
branche
di
scale
,
andarono
in
fondo
a
un
largo
corridoio
e
si
trovarono
in
faccia
alla
porta
aperta
d
'
un
camerone
,
dove
s
'
allungavano
due
file
di
letti
.
-
Vieni
,
-
ripeté
l
'
infermiere
,
entrando
.
Il
ragazzo
si
fece
animo
e
lo
seguitò
,
gettando
sguardi
paurosi
a
destra
e
a
sinistra
,
sui
visi
bianchi
e
smunti
dei
malati
,
alcuni
dei
quali
avevan
gli
occhi
chiusi
,
e
parevano
morti
,
altri
guardavan
per
aria
con
gli
occhi
grandi
e
fissi
,
come
spaventati
.
Parecchi
gemevano
,
come
bambini
.
Il
camerone
era
oscuro
,
l
'
aria
impregnata
d
'
un
odore
acuto
di
medicinali
.
Due
suore
di
carità
andavano
attorno
con
delle
boccette
in
mano
.
Arrivato
in
fondo
al
camerone
,
l
'
infermiere
si
fermò
al
capezzale
d
'
un
letto
,
aperse
le
tendine
e
disse
:
-
Ecco
tuo
padre
.
Il
ragazzo
diede
in
uno
scoppio
di
pianto
,
e
lasciato
cadere
l
'
involto
,
abbandonò
la
testa
sulla
spalla
del
malato
,
afferrandogli
con
una
mano
il
braccio
che
teneva
disteso
immobile
sopra
la
coperta
.
Il
malato
non
si
scosse
.
Il
ragazzo
si
rialzò
e
guardò
il
padre
,
e
ruppe
in
pianto
un
'
altra
volta
.
Allora
il
malato
gli
rivolse
uno
sguardo
lungo
e
parve
che
lo
riconoscesse
.
Ma
le
sue
labbra
non
si
muovevano
.
Povero
Tata
,
quanto
era
mutato
!
Il
figliuolo
non
l
'
avrebbe
mai
riconosciuto
.
Gli
s
'
erano
imbiancati
i
capelli
,
gli
era
cresciuta
la
barba
,
aveva
il
viso
gonfio
,
d
'
un
color
rosso
carico
,
con
la
pelle
tesa
e
luccicante
,
gli
occhi
rimpiccioliti
,
le
labbra
ingrossate
,
la
fisionomia
tutta
alterata
:
non
aveva
più
di
suo
che
la
fronte
e
l
'
arco
delle
sopracciglia
.
Respirava
con
affanno
.
-
Tata
,
tata
mio
!
-
disse
il
ragazzo
.
-
Son
io
,
non
mi
riconoscete
?
Sono
Cicillo
,
il
vostro
Cicillo
,
venuto
dal
paese
,
che
m
'
ha
mandato
la
mamma
.
Guardatemi
bene
,
non
mi
riconoscete
?
Ditemi
una
parola
.
Ma
il
malato
,
dopo
averlo
guardato
attentamente
,
chiuse
gli
occhi
.
-
Tata
!
Tata
!
che
avete
?
Sono
il
vostro
figliuolo
,
Cicillo
vostro
.
Il
malato
non
si
mosse
più
,
e
continuò
a
respirare
affannosamente
.
Allora
,
piangendo
,
il
ragazzo
prese
una
seggiola
,
sedette
e
stette
aspettando
,
senza
levar
gli
occhi
dal
viso
di
suo
padre
.
-
Un
medico
passerà
bene
a
far
la
visita
,
-
pensava
.
-
Egli
mi
dirà
qualche
cosa
.
-
E
s
'
immerse
ne
'
suoi
pensieri
tristi
,
ricordando
tante
cose
del
suo
buon
padre
,
il
giorno
della
partenza
,
quando
gli
aveva
dato
l
'
ultimo
addio
sul
bastimento
,
le
speranze
che
aveva
fondato
la
famiglia
su
quel
suo
viaggio
,
la
desolazione
di
sua
madre
all
'
arrivo
della
lettera
;
e
pensò
alla
morte
,
vide
suo
padre
morto
,
sua
madre
vestita
di
nero
,
la
famiglia
nella
miseria
.
E
stette
molto
tempo
così
.
Quando
una
mano
leggiera
gli
toccò
una
spalla
,
ed
ei
si
riscosse
:
era
una
monaca
.
-
Che
cos
'
ha
mio
padre
?
-
le
domandò
subito
.
-
È
tuo
padre
?
-
disse
la
suora
,
dolcemente
.
-
Sì
,
è
mio
padre
,
son
venuto
.
Che
cos
'
ha
?
-
Coraggio
,
ragazzo
,
-
rispose
la
suora
;
-
ora
verrà
il
medico
.
-
E
s
'
allontanò
,
senza
dir
altro
.
Dopo
mezz
'
ora
,
sentì
il
tocco
d
'
una
campanella
,
e
vide
entrare
in
fondo
al
camerone
il
medico
,
accompagnato
da
un
assistente
;
la
suora
e
un
infermiere
li
seguivano
.
Cominciaron
la
visita
,
fermandosi
a
ogni
letto
.
Quell
'
aspettazione
pareva
eterna
al
ragazzo
,
e
ad
ogni
passo
del
medico
gli
cresceva
l
'
affanno
.
Finalmente
arrivò
al
letto
vicino
.
Il
medico
era
un
vecchio
alto
e
curvo
,
col
viso
grave
.
Prima
ch
'
egli
si
staccasse
dal
letto
vicino
,
il
ragazzo
si
levò
in
piedi
,
e
quando
gli
s
'
avvicinò
,
si
mise
a
piangere
.
Il
medico
lo
guardò
.
-
È
il
figliuolo
del
malato
-
disse
la
suora
;
-
è
arrivato
questa
mattina
dal
suo
paese
.
Il
medico
gli
posò
una
mano
sulla
spalla
,
poi
si
chinò
sul
malato
,
gli
tastò
il
polso
,
gli
toccò
la
fronte
,
e
fece
qualche
domanda
alla
suora
,
la
quale
rispose
:
-
nulla
di
nuovo
.
Rimase
un
po
'
pensieroso
,
poi
disse
:
-
Continuate
come
prima
.
Allora
il
ragazzo
si
fece
coraggio
e
domandò
con
voce
di
pianto
:
-
Che
cos
'
ha
mio
padre
?
-
Fatti
animo
,
figliuolo
,
-
rispose
il
medico
,
rimettendogli
una
mano
sulla
spalla
.
-
Ha
una
risipola
facciale
.
È
grave
,
ma
c
'
è
ancora
speranza
.
Assistilo
.
La
tua
presenza
gli
può
far
del
bene
.
-
Ma
non
mi
riconosce
!
-
esclamò
il
ragazzo
in
tuono
desolato
.
-
Ti
riconoscerà
...
domani
,
forse
.
Speriamo
bene
,
fatti
coraggio
.
Il
ragazzo
avrebbe
voluto
domandar
altro
;
ma
non
osò
.
Il
medico
passò
oltre
.
E
allora
egli
cominciò
la
sua
vita
d
'
infermiere
.
Non
potendo
far
altro
accomodava
le
coperte
al
malato
,
gli
toccava
ogni
tanto
la
mano
,
gli
cacciava
i
moscerini
,
si
chinava
su
di
lui
ad
ogni
gemito
,
e
quando
la
suora
portava
da
bere
,
le
levava
di
mano
il
bicchiere
o
il
cucchiaio
,
e
lo
porgeva
in
sua
vece
.
Il
malato
lo
guardava
qualche
volta
;
ma
non
dava
segno
di
riconoscerlo
.
Senonché
il
suo
sguardo
si
arrestava
sempre
più
a
lungo
sopra
di
lui
,
specialmente
quando
si
metteva
agli
occhi
il
fazzoletto
.
E
così
passò
il
primo
giorno
.
La
notte
il
ragazzo
dormì
sopra
due
seggiole
,
in
un
angolo
del
camerone
,
e
la
mattina
riprese
il
suo
ufficio
pietoso
.
Quel
giorno
parve
che
gli
occhi
del
malato
rivelassero
un
principio
di
coscienza
.
Alla
voce
carezzevole
del
ragazzo
pareva
che
un
'
espressione
vaga
di
gratitudine
gli
brillasse
un
momento
nelle
pupille
,
e
una
volta
mosse
un
poco
le
labbra
come
se
volesse
dir
qualche
cosa
.
Dopo
ogni
breve
assopimento
,
riaprendo
gli
occhi
,
sembrava
che
cercasse
il
suo
piccolo
infermiere
.
Il
medico
,
ripassato
due
volte
,
notò
un
poco
di
miglioramento
.
Verso
sera
,
avvicinandogli
il
bicchiere
alle
labbra
,
il
ragazzo
credette
di
veder
guizzare
sulle
sue
labbra
gonfie
un
leggerissimo
sorriso
.
E
allora
cominciò
a
riconfortarsi
,
a
sperare
.
E
con
la
speranza
d
'
essere
inteso
,
almeno
confusamente
,
gli
parlava
,
gli
parlava
a
lungo
,
della
mamma
,
delle
sorelle
piccole
,
del
ritorno
a
casa
,
e
lo
esortava
a
farsi
animo
,
con
parole
calde
e
amorose
.
E
benché
dubitasse
sovente
di
non
esser
capito
,
pure
parlava
,
perché
gli
pareva
che
,
anche
non
comprendendo
,
il
malato
ascoltasse
con
un
certo
piacere
la
sua
voce
,
quell
'
intonazione
insolita
di
affetto
e
di
tristezza
.
E
in
quella
maniera
passò
il
secondo
giorno
,
e
il
terzo
,
e
il
quarto
,
in
una
vicenda
di
miglioramenti
leggieri
e
di
peggioramenti
improvvisi
;
e
il
ragazzo
era
così
tutto
assorto
nelle
sue
cure
,
che
appena
sbocconcellava
due
volte
al
giorno
un
po
'
di
pane
e
un
po
'
di
formaggio
,
che
gli
portava
la
suora
,
e
non
vedeva
quasi
quel
che
seguiva
intorno
a
lui
,
i
malati
moribondi
,
l
'
accorrere
improvviso
delle
suore
di
notte
,
i
pianti
e
gli
atti
di
desolazione
dei
visitatori
che
uscivano
senza
speranza
,
tutte
quelle
scene
dolorose
e
lugubri
della
vita
d
'
un
ospedale
,
che
in
qualunque
altra
occasione
l
'
avrebbero
sbalordito
e
atterrito
.
Le
ore
,
i
giorni
passavano
,
ed
egli
era
sempre
là
col
suo
Tata
,
attento
,
premuroso
,
palpitante
ad
ogni
suo
sospiro
e
ad
ogni
suo
sguardo
,
agitato
senza
riposo
tra
una
speranza
che
gli
allargava
l
'
anima
e
uno
sconforto
che
gli
agghiacciava
il
cuore
.
Il
quinto
giorno
,
improvvisamente
,
il
malato
peggiorò
.
Il
medico
,
interrogato
,
scrollò
il
capo
,
come
per
dire
che
era
finita
,
e
il
ragazzo
s
'
abbandonò
sulla
seggiola
,
rompendo
in
singhiozzi
.
Eppure
una
cosa
lo
consolava
.
Malgrado
che
peggiorasse
,
a
lui
sembrava
che
il
malato
andasse
riacquistando
lentamente
un
poco
d
'
intelligenza
.
Egli
guardava
il
ragazzo
sempre
più
fissamente
e
con
un
'
espressione
crescente
di
dolcezza
,
non
voleva
più
prender
bevanda
o
medicina
che
da
lui
,
e
sempre
più
spesso
faceva
quel
movimento
forzato
delle
labbra
,
come
se
volesse
pronunciare
una
parola
;
e
lo
faceva
così
spiccato
qualche
volta
,
che
il
figliuolo
gli
afferrava
il
braccio
con
violenza
,
sollevato
da
una
speranza
improvvisa
,
e
gli
diceva
con
accento
quasi
di
gioia
:
-
Coraggio
,
coraggio
,
Tata
,
guarirai
,
ce
n
'
andremo
,
torneremo
a
casa
con
la
mamma
,
ancora
un
po
'
di
coraggio
!
Erano
le
quattro
della
sera
,
e
allora
appunto
il
ragazzo
s
'
era
abbandonato
a
uno
di
quegli
impeti
di
tenerezza
e
di
speranza
,
quando
di
là
dalla
porta
più
vicina
del
camerone
udì
un
rumore
di
passi
,
e
poi
una
voce
forte
,
due
sole
parole
:
-
Arrivederci
,
suora
!
-
che
lo
fecero
balzare
in
piedi
,
con
un
grido
strozzato
nella
gola
.
Nello
stesso
momento
entrò
nel
camerone
un
uomo
,
con
un
grosso
involto
alla
mano
,
seguito
da
una
suora
.
Il
ragazzo
gettò
un
grido
acuto
e
rimase
inchiodato
al
suo
posto
.
L
'
uomo
si
voltò
,
lo
guardò
un
momento
,
gittò
un
grido
anch
'
egli
:
-
Cicillo
!
-
e
si
slanciò
verso
di
lui
.
Il
ragazzo
cadde
fra
le
braccia
di
suo
padre
,
soffocato
.
Le
suore
,
gl
'
infermieri
,
l
'
assistente
accorsero
,
e
rimasero
lì
,
pieni
di
stupore
.
Il
ragazzo
non
poteva
raccogliere
la
voce
.
-
Oh
Cicillo
mio
!
-
esclamò
il
padre
,
dopo
aver
fissato
uno
sguardo
attento
sul
malato
,
baciando
e
ribaciando
il
ragazzo
.
-
Cicillo
,
figliuol
mio
,
come
va
questo
?
T
'
hanno
condotto
al
letto
d
'
un
altro
.
E
io
che
mi
disperavo
di
non
vederti
,
dopo
che
mamma
scrisse
:
l
'
ho
mandato
.
Povero
Cicillo
!
Da
quanti
giorni
sei
qui
?
Com
'
è
andato
questo
imbroglio
?
Io
me
la
son
cavata
con
poco
.
Sto
bene
in
gamba
,
sai
!
E
la
mamma
?
E
Concettella
?
E
'
u
nennillo
,
come
vanno
?
Io
me
n
'
esco
dall
'
ospedale
.
Andiamo
dunque
.
O
signore
Iddio
!
Chi
l
'
avrebbe
mai
detto
!
Il
ragazzo
stentò
a
spiccicar
quattro
parole
per
dar
notizie
della
famiglia
.
-
Oh
come
sono
contento
!
-
balbettò
.
-
Come
sono
contento
!
Che
brutti
giorni
ho
passati
!
E
non
rifiniva
di
baciar
suo
padre
.
Ma
non
si
muoveva
.
-
Vieni
dunque
-
gli
disse
il
padre
.
-
Arriveremo
ancora
a
casa
stasera
.
Andiamo
.
-
E
lo
tirò
a
sé
.
Il
ragazzo
si
voltò
a
guardare
il
suo
malato
.
-
Ma
...
vieni
o
non
vieni
?
-
gli
domandò
il
padre
,
stupito
.
Il
ragazzo
diede
ancora
uno
sguardo
al
malato
,
il
quale
,
in
quel
momento
,
aperse
gli
occhi
e
lo
guardò
fissamente
.
Allora
gli
sgorgò
dall
'
anima
un
torrente
di
parole
.
-
No
,
Tata
,
aspetta
...
ecco
...
non
posso
.
C
'
è
quel
vecchio
.
Da
cinque
giorni
son
qui
.
Mi
guarda
sempre
.
Credevo
che
fossi
tu
.
Gli
volevo
bene
.
Mi
guarda
,
io
gli
do
da
bere
,
mi
vuol
sempre
accanto
,
ora
sta
molto
male
,
abbi
pazienza
,
non
ho
coraggio
,
non
so
,
mi
fa
troppo
pena
,
tornerò
a
casa
domani
,
lasciami
star
qui
un
altro
po
'
,
non
va
mica
bene
che
lo
lasci
,
vedi
in
che
maniera
mi
guarda
,
io
non
so
chi
sia
,
ma
mi
vuole
,
morirebbe
solo
,
lasciami
star
qui
,
caro
Tata
!
-
Bravo
,
piccerello
!
-
gridò
l
'
assistente
.
Il
padre
rimase
perplesso
,
guardando
il
ragazzo
;
poi
guardò
il
malato
.
-
Chi
è
?
-
domandò
.
-
Un
contadino
come
voi
-
rispose
l
'
assistente
,
-
venuto
di
fuori
,
entrato
all
'
ospedale
lo
stesso
giorno
che
c
'
entraste
voi
.
Lo
portaron
qui
ch
'
era
fuor
di
senso
,
e
non
poté
dir
nulla
.
Forse
ha
una
famiglia
lontana
,
dei
figliuoli
.
Crederà
che
sia
un
dei
suoi
,
il
vostro
.
Il
malato
guardava
sempre
il
ragazzo
.
Il
padre
disse
a
Cicillo
:
-
Resta
.
-
Non
ha
più
da
restar
che
per
poco
,
-
mormorò
l
'
assistente
.
-
Resta
-
,
ripeté
il
padre
.
-
Tu
hai
cuore
.
Io
vado
subito
a
casa
a
levar
di
pena
la
mamma
.
Ecco
uno
scudo
pei
tuoi
bisogni
.
Addio
,
bravo
figliuolo
mio
.
A
rivederci
.
Lo
abbracciò
,
lo
guardò
fisso
,
lo
ribaciò
in
fronte
,
e
partì
.
Il
ragazzo
tornò
accanto
al
letto
,
e
l
'
infermo
parve
racconsolato
.
E
Cicillo
ricominciò
a
far
l
'
infermiere
,
non
piangendo
più
,
ma
con
la
stessa
premura
,
con
la
stessa
pazienza
di
prima
;
ricominciò
a
dargli
da
bere
,
ad
accomodargli
le
coperte
,
a
carezzargli
la
mano
,
a
parlargli
dolcemente
,
per
fargli
coraggio
.
Lo
assistette
tutto
quel
giorno
,
lo
assistette
tutta
la
notte
,
gli
restò
ancora
accanto
il
giorno
seguente
.
Ma
il
malato
s
'
andava
sempre
aggravando
;
il
suo
viso
diventava
color
violaceo
,
il
suo
respiro
ingrossava
,
gli
cresceva
l
'
agitazione
,
gli
sfuggivan
dalla
bocca
delle
grida
inarticolate
,
l
'
enfiagione
si
faceva
mostruosa
.
Alla
visita
della
sera
,
il
medico
disse
che
non
avrebbe
passata
la
notte
.
E
allora
Cicillo
raddoppiò
le
sue
cure
e
non
lo
perdette
più
d
'
occhio
un
minuto
.
E
il
malato
lo
guardava
,
lo
guardava
,
e
muoveva
ancora
le
labbra
,
tratto
tratto
,
con
un
grande
sforzo
,
come
se
volesse
dir
qualche
cosa
,
e
un
'
espressione
di
dolcezza
straordinaria
passava
a
quando
a
quando
nei
suoi
occhi
,
che
sempre
più
si
rimpiccolivano
e
s
'
andavano
velando
.
E
quella
notte
il
ragazzo
lo
vegliò
fin
che
vide
biancheggiare
alle
finestre
il
primo
barlume
di
giorno
,
e
comparire
la
suora
.
La
suora
s
'
avvicinò
al
letto
,
diede
un
'
occhiata
al
malato
e
andò
via
a
rapidi
passi
.
Pochi
momenti
dopo
ricomparve
col
medico
assistente
e
con
un
infermiere
,
che
portava
una
lanterna
.
-
È
all
'
ultimo
momento
,
-
disse
il
medico
.
Il
ragazzo
afferrò
la
mano
del
malato
.
Questi
aprì
gli
occhi
,
lo
fissò
,
e
li
richiuse
.
In
quel
punto
parve
al
ragazzo
di
sentirsi
stringere
la
mano
.
-
M
'
ha
stretta
la
mano
!
-
esclamò
.
Il
medico
rimase
un
momento
chino
sul
malato
,
poi
s
'
alzò
.
La
suora
staccò
un
crocifisso
dalla
parte
.
-
E
morto
!
-
gridò
il
ragazzo
.
-
Va
'
,
figliuolo
,
-
disse
il
medico
.
-
La
tua
santa
opera
è
compiuta
.
Va
'
e
abbi
fortuna
,
che
la
meriti
.
Dio
ti
proteggerà
.
Addio
.
La
suora
che
s
'
era
allontanata
un
momento
,
tornò
con
un
mazzettino
di
viole
,
tolte
da
un
bicchiere
sulla
finestra
,
e
lo
porse
al
ragazzo
,
dicendo
:
-
Non
ho
altro
da
darti
.
Tieni
questo
per
memoria
dell
'
ospedale
.
-
Grazie
,
-
rispose
il
ragazzo
,
-
pigliando
il
mazzetto
con
una
mano
e
asciugandosi
gli
occhi
con
l
'
altra
;
-
ma
ho
tanta
strada
da
fare
a
piedi
...
lo
sciuperei
.
-
E
sciolto
il
mazzolino
sparpagliò
le
viole
sul
letto
,
dicendo
:
-
Le
lascio
per
ricordo
al
mio
povero
morto
.
Grazie
,
sorella
.
Grazie
,
signor
dottore
.
-
Poi
,
rivolgendosi
al
morto
:
-
Addio
...
-
E
mentre
cercava
un
nome
da
dargli
,
gli
rivenne
dal
cuore
alle
labbra
il
dolce
nome
che
gli
aveva
dato
per
cinque
giorni
:
-
Addio
,
povero
Tata
!
Detto
questo
,
si
mise
sotto
il
braccio
il
suo
involtino
di
panni
,
e
a
lenti
passi
,
rotto
dalla
stanchezza
,
se
n
'
andò
.
L
'
alba
spuntava
.
L
'
officina
18
,
sabato
Precossi
venne
ieri
sera
a
rammentarmi
che
andassi
a
vedere
la
sua
officina
,
che
è
sotto
nella
strada
,
e
questa
mattina
,
uscendo
con
mio
padre
,
mi
ci
feci
condurre
un
momento
.
Mentre
noi
ci
avvicinavamo
all
'
officina
,
ne
usciva
di
corsa
Garoffi
,
con
un
pacco
in
mano
,
facendo
svolazzare
il
suo
gran
mantello
,
che
copre
le
mercanzie
.
Ah
!
ora
lo
so
dove
va
a
raspare
la
limatura
di
ferro
,
che
vende
per
dei
giornali
vecchi
,
quel
trafficone
di
Garoffi
!
Affacciandoci
alla
porta
,
vedemmo
Precossi
,
seduto
sur
una
torricella
di
mattoni
,
che
studiava
la
lezione
,
col
libro
sulle
ginocchia
.
S
'
alzò
subito
e
ci
fece
entrare
:
era
uno
stanzone
pien
di
polvere
di
carbone
,
colle
pareti
tutte
irte
di
martelli
,
di
tanaglie
,
di
spranghe
,
di
ferracci
d
'
ogni
forma
,
e
in
un
angolo
ardeva
il
fuoco
d
'
un
fornello
,
in
cui
soffiava
un
mantice
,
tirato
da
un
ragazzo
.
Precossi
padre
era
vicino
all
'
incudine
,
e
un
garzone
teneva
una
spranga
di
ferro
nel
fuoco
.
-
Ah
!
eccolo
qui
,
-
disse
il
fabbro
appena
ci
vide
,
levandosi
la
berretta
,
-
il
bravo
ragazzo
che
regala
i
treni
delle
strade
ferrate
!
È
venuto
a
vedere
un
po
'
lavorare
,
non
è
vero
?
Eccolo
servito
sul
momento
.
-
E
dicendo
questo
sorrideva
,
non
aveva
più
quella
faccia
torva
,
quegli
occhi
biechi
dell
'
altre
volte
.
Il
garzone
gli
porse
una
lunga
spranga
di
ferro
arroventata
da
un
capo
,
e
il
fabbro
l
'
appoggiò
sull
'
incudine
.
Faceva
una
di
quelle
spranghe
a
voluta
per
le
ringhiere
a
gabbia
dei
terrazzini
.
Alzò
un
grosso
martello
e
cominciò
a
picchiare
,
spingendo
la
parte
rovente
ora
di
qua
ora
di
là
tra
una
punta
dell
'
incudine
e
il
mezzo
,
e
rigirandola
in
vari
modi
,
ed
era
una
meraviglia
a
vedere
come
sotto
ai
colpi
rapidi
e
precisi
del
martello
il
ferro
s
'
incurvava
,
s
'
attorceva
,
pigliava
via
via
la
forma
graziosa
della
foglia
arricciata
d
'
un
fiore
,
come
un
cannello
di
pasta
,
ch
'
egli
avesse
modellato
con
le
mani
.
E
intanto
il
suo
figliuolo
ci
guardava
,
con
una
cert
'
aria
altera
,
come
per
dire
:
-
Vedete
come
lavora
mio
padre
!
-
Ha
visto
come
si
fa
,
il
signorino
?
-
mi
domandò
il
fabbro
,
quand
'
ebbe
finito
,
mettendomi
davanti
la
spranga
,
che
pareva
il
pastorale
d
'
un
vescovo
.
Poi
la
mise
in
disparte
e
ne
ficcò
un
'
altra
nel
fuoco
.
-
Ben
fatto
davvero
,
-
gli
disse
mio
padre
.
E
soggiunse
:
-
Dunque
...
si
lavora
,
eh
?
La
buona
voglia
è
tornata
.
-
È
tornata
,
sì
-
rispose
l
'
operaio
,
asciugandosi
il
sudore
,
e
arrossendo
un
poco
.
-
E
sa
chi
me
l
'
ha
fatta
tornare
?
-
Mio
padre
finse
di
non
capire
.
-
Quel
bravo
ragazzo
,
-
disse
il
fabbro
,
accennando
il
figliuolo
col
dito
,
-
quel
bravo
figliuolo
là
,
che
studiava
e
faceva
onore
a
suo
padre
mentre
suo
padre
...
faceva
baldoria
e
lo
trattava
come
una
bestia
.
Quando
ho
visto
quella
medaglia
...
Ah
!
il
piccinetto
mio
,
alto
come
un
soldo
di
cacio
,
vieni
un
po
'
qua
che
ti
guardi
bene
nel
muso
!
-
Il
ragazzo
corse
subito
,
il
fabbro
lo
prese
e
lo
mise
diritto
sull
'
incudine
,
tenendolo
sotto
le
ascelle
,
e
gli
disse
:
-
Pulite
un
poco
il
frontespizio
a
questo
bestione
di
babbo
.
-
E
allora
Precossi
coprì
di
baci
il
viso
nero
di
suo
padre
fin
che
fu
anche
lui
tutto
nero
.
-
Così
va
bene
,
-
disse
il
fabbro
,
e
lo
rimise
in
terra
.
-
Così
va
bene
davvero
,
Precossi
!
-
esclamò
mio
padre
,
contento
.
E
detto
a
rivederci
al
fabbro
e
al
figliuolo
,
mi
condusse
fuori
.
Mentre
uscivo
,
Precossino
mi
disse
:
-
Scusami
,
-
e
mi
cacciò
in
tasca
un
pacchetto
di
chiodi
;
io
l
'
invitai
a
venir
a
vedere
il
carnevale
da
casa
mia
.
-
Tu
gli
hai
regalato
il
tuo
treno
di
strada
ferrata
,
-
mi
disse
mio
padre
per
la
strada
;
-
ma
se
fosse
stato
d
'
oro
e
pieno
di
perle
,
sarebbe
stato
ancora
un
piccolo
regalo
per
quel
santo
figliuolo
che
ha
rifatto
il
cuore
a
suo
padre
.
Il
piccolo
pagliaccio
20
,
lunedì
Tutta
la
città
è
in
ribollimento
per
il
carnevale
,
che
è
sul
finire
,
in
ogni
piazza
si
rizzan
baracche
di
saltimbanchi
e
giostre
,
e
noi
abbiamo
sotto
le
finestre
un
circo
di
tela
,
dove
dà
spettacolo
una
piccola
compagnia
veneziana
,
con
cinque
cavalli
.
Il
circo
è
nel
mezzo
della
piazza
,
e
in
un
angolo
ci
son
tre
carrozzoni
grandi
,
dove
i
saltimbanchi
dormono
e
si
travestono
;
tre
casette
con
le
ruote
,
coi
loro
finestrini
e
un
caminetto
ciascuna
,
che
fuma
sempre
;
e
tra
finestrino
e
finestrino
sono
stese
delle
fasce
da
bambini
.
C
'
è
una
donna
che
allatta
un
putto
,
fa
da
mangiare
e
balla
sulla
corda
.
Povera
gente
!
Si
dice
saltimbanco
come
un
'
ingiuria
;
eppure
si
guadagnano
il
pane
onestamente
,
divertendo
tutti
;
e
come
faticano
!
Tutto
il
giorno
corrono
tra
il
circo
e
i
carrozzoni
,
in
maglia
,
con
questi
freddi
;
mangian
due
bocconi
a
scappa
e
fuggi
,
in
piedi
,
tra
una
rappresentazione
e
l
'
altra
,
e
a
volte
,
quando
hanno
già
il
circo
affollato
,
si
leva
un
vento
che
strappa
le
tele
e
spegne
i
lumi
,
e
addio
spettacolo
!
debbon
rendere
i
denari
e
lavorar
tutta
la
sera
a
rimetter
su
la
baracca
.
Ci
hanno
due
ragazzi
che
lavorano
;
e
mio
padre
riconobbe
il
più
piccolo
mentre
attraversava
la
piazza
:
è
il
figliuolo
del
padrone
lo
stesso
che
vedemmo
fare
i
giochi
a
cavallo
l
'
anno
passato
,
in
un
circo
di
piazza
Vittorio
Emanuele
.
È
cresciuto
,
avrà
otto
anni
,
è
un
bel
ragazzo
,
un
bel
visetto
rotondo
e
bruno
di
monello
,
con
tanti
riccioli
neri
che
gli
scappan
fuori
dal
cappello
a
cono
.
È
vestito
da
pagliaccio
,
ficcato
dentro
a
una
specie
di
saccone
con
le
maniche
,
bianco
ricamato
di
nero
,
e
ha
le
scarpette
di
tela
.
È
un
diavoletto
.
Piace
a
tutti
.
Fa
di
tutto
.
Lo
vediamo
ravvolto
in
uno
scialle
,
la
mattina
presto
,
che
porta
il
latte
alla
sua
casetta
di
legno
;
poi
va
a
prendere
i
cavalli
alla
rimessa
di
via
Bertola
;
tiene
in
braccio
il
bimbo
piccolo
;
trasporta
cerchi
cavalletti
,
sbarre
,
corde
;
pulisce
i
carrozzoni
,
accende
il
fuoco
,
e
nei
momenti
di
riposo
è
sempre
appiccicato
a
sua
madre
.
Mio
padre
lo
guarda
sempre
dalla
finestra
,
e
non
fa
che
parlar
di
lui
e
dei
suoi
,
che
han
l
'
aria
di
buona
gente
,
e
di
voler
bene
ai
figliuoli
.
Una
sera
ci
siamo
andati
,
al
circo
;
faceva
freddo
,
non
c
'
era
quasi
nessuno
;
ma
tanto
il
pagliaccino
si
dava
un
gran
moto
per
tener
allegra
quella
po
'
di
gente
:
faceva
dei
salti
mortali
,
s
'
attaccava
alla
coda
dei
cavalli
,
camminava
con
le
gambe
per
aria
,
tutto
solo
,
e
cantava
,
sempre
sorridente
,
col
suo
visetto
bello
e
bruno
;
e
suo
padre
che
aveva
un
vestito
rosso
e
i
calzoni
bianchi
,
con
gli
stivali
alti
e
la
frusta
in
mano
,
lo
guardava
;
ma
era
triste
.
Mio
padre
n
'
ebbe
compassione
,
e
ne
parlò
il
dì
dopo
col
pittore
Delis
,
che
venne
a
trovarci
.
Quella
povera
gente
s
'
ammazza
a
lavorare
e
fa
così
cattivi
affari
!
Quel
ragazzino
gli
piaceva
tanto
!
Che
cosa
si
poteva
fare
per
loro
?
Il
pittore
ebbe
un
'
idea
.
-
Scrivi
un
bell
'
articolo
sulla
Gazzetta
,
-
gli
disse
,
-
tu
che
sai
scrivere
:
tu
racconti
i
miracoli
del
piccolo
pagliaccio
e
io
faccio
il
suo
ritratto
;
la
Gazzetta
la
leggon
tutti
,
e
almeno
per
una
volta
accorrerà
gente
.
-
E
così
fecero
.
Mio
padre
scrisse
un
articolo
,
bello
e
pieno
di
scherzi
,
che
diceva
tutto
quello
che
noi
vediamo
dalla
finestra
,
e
metteva
voglia
di
conoscere
e
di
carezzare
il
piccolo
artista
;
e
il
pittore
schizzò
un
ritrattino
somigliante
e
grazioso
,
che
fu
pubblicato
sabato
sera
.
Ed
ecco
,
alla
rappresentazione
di
domenica
,
una
gran
folla
che
accorre
al
circo
.
Era
annunziato
:
Rappresentazione
a
beneficio
del
pagliaccino
;
del
pagliaccino
,
com
'
era
chiamato
nella
Gazzetta
.
Mio
padre
mi
condusse
nei
primi
posti
.
Accanto
all
'
entrata
avevano
affisso
la
Gazzetta
.
Il
circo
era
stipato
;
molti
spettatori
avevano
la
Gazzetta
in
mano
,
e
la
mostravano
al
pagliaccino
,
che
rideva
e
correva
or
dall
'
uno
or
dall
'
altro
,
tutto
felice
.
Anche
il
padrone
era
contento
.
Figurarsi
!
Nessun
giornale
gli
aveva
mai
fatto
tanto
onore
,
e
la
cassetta
dei
soldi
era
piena
.
Mi
padre
sedette
accanto
a
me
.
Tra
gli
spettatori
trovammo
delle
persone
di
conoscenza
.
C
'
era
vicino
all
'
entrata
dei
cavalli
,
in
piedi
,
il
maestro
di
Ginnastica
,
quello
che
è
stato
con
Garibaldi
;
e
in
faccia
a
noi
,
nei
secondi
posti
,
il
muratorino
,
col
suo
visetto
tondo
,
seduto
accanto
a
quel
gigante
di
suo
padre
...
e
appena
mi
vide
,
mi
fece
il
muso
di
lepre
.
Un
po
'
più
in
là
vidi
Garoffi
,
che
contava
gli
spettatori
,
calcolando
sulle
dita
quanto
potesse
aver
incassato
la
Compagnia
.
C
'
era
anche
nelle
seggiole
dei
primi
posti
,
poco
lontano
da
noi
,
il
povero
Robetti
,
quello
che
salvò
il
bimbo
dall
'
omnibus
,
con
le
sue
stampelle
fra
le
ginocchia
,
stretto
al
fianco
di
suo
padre
,
capitano
d
'
artiglieria
,
che
gli
teneva
una
mano
sulla
spalla
.
La
rappresentazione
cominciò
.
Il
pagliaccino
fece
meraviglie
sul
cavallo
,
sul
trapezio
e
sulla
corda
,
e
ogni
volta
che
saltava
giù
,
tutti
gli
battevan
le
mani
e
molti
gli
tiravano
i
riccioli
.
Poi
fecero
gli
esercizi
vari
altri
,
funamboli
,
giocolieri
e
cavallerizzi
,
vestiti
di
cenci
e
scintillanti
d
'
argento
.
Ma
quando
non
c
'
era
il
ragazzo
,
pareva
che
la
gente
si
seccasse
.
A
un
certo
punto
vidi
il
maestro
di
ginnastica
,
fermo
all
'
entrata
dei
cavalli
,
che
parlò
nell
'
orecchio
del
padrone
del
circo
,
e
questi
subito
girò
lo
sguardo
sugli
spettatori
,
come
se
cercasse
qualcuno
.
Il
suo
sguardo
si
fermò
su
di
noi
.
Mio
padre
se
ne
accorse
,
capì
che
il
maestro
aveva
detto
ch
'
era
lui
l
'
autor
dell
'
articolo
,
e
per
non
esser
ringraziato
se
ne
scappò
via
,
dicendomi
:
-
Resta
,
Enrico
;
io
t
'
aspetto
fuori
.
-
Il
pagliaccino
,
dopo
aver
scambiato
qualche
parola
col
suo
babbo
,
fece
ancora
un
esercizio
:
ritto
sul
cavallo
che
galoppava
,
si
travestì
quattro
volte
,
da
pellegrino
,
da
marinaio
,
da
soldato
,
da
acrobata
,
e
ogni
volta
che
mi
passava
vicino
,
mi
guardava
.
Poi
,
quando
scese
,
cominciò
a
fare
il
giro
del
circo
col
cappello
da
pagliaccio
tra
le
mani
,
e
tutti
ci
gettavan
dentro
soldi
e
confetti
.
Io
tenni
pronti
due
soldi
;
ma
quando
fu
in
faccia
a
me
,
invece
di
porgere
il
cappello
,
lo
tirò
indietro
,
mi
guardò
e
passò
avanti
.
Rimasi
mortificato
.
Perché
m
'
aveva
fatto
quello
sgarbo
?
La
rappresentazione
terminò
,
il
padrone
ringraziò
il
pubblico
,
e
tutta
la
gente
s
'
alzò
,
affollandosi
verso
l
'
uscita
.
Io
ero
confuso
tra
la
folla
,
e
stavo
già
per
uscire
,
quando
mi
sentii
toccare
una
mano
.
Mi
voltai
:
era
il
pagliaccino
,
col
suo
bel
visetto
bruno
e
i
suoi
riccioli
neri
,
che
mi
sorrideva
:
aveva
le
mani
piene
di
confetti
.
Allora
capii
.
-
Voresistu
-
mi
disse
-
agradir
sti
confeti
del
pagiazzeto
?
-
Io
accennai
di
sì
,
e
ne
presi
tre
o
quattro
.
-
Alora
,
-
soggiunse
-
ciapa
anca
un
baso
.
-
Dammene
due
-
,
risposi
,
e
gli
porsi
il
viso
.
Egli
si
pulì
con
la
manica
la
faccia
infarinata
,
mi
pose
un
braccio
intorno
al
collo
,
e
mi
stampò
due
baci
sulle
guance
,
dicendomi
:
-
Tò
,
e
portighene
uno
a
to
pare
.
L
'
ultimo
giorno
di
carnevale
21
,
martedì
Che
triste
scena
vedemmo
oggi
al
corso
delle
maschere
!
Finì
bene
;
ma
poteva
seguire
una
grande
disgrazia
.
In
piazza
San
Carlo
,
tutta
decorata
di
festoni
gialli
,
rossi
e
bianchi
,
s
'
accalcava
una
grande
moltitudine
;
giravan
maschere
d
'
ogni
colore
;
passavano
carri
dorati
e
imbandierati
,
della
forma
di
padiglioni
di
teatrini
e
di
barche
,
pieni
d
'
arlecchini
e
di
guerrieri
,
di
cuochi
,
di
marinai
e
di
pastorelle
;
era
una
confusione
da
non
saper
dove
guardare
;
un
frastuono
di
trombette
,
di
corni
e
di
piatti
turchi
che
lacerava
le
orecchie
;
e
le
maschere
dei
carri
trincavano
e
cantavano
,
apostrofando
la
gente
a
piedi
e
la
gente
alle
finestre
,
che
rispondevano
a
squarciagola
,
e
si
tiravano
a
furia
arancie
e
confetti
;
e
al
di
sopra
delle
carrozze
e
della
calca
,
fin
dove
arrivava
l
'
occhio
,
si
vedevano
sventolar
bandierine
,
scintillar
caschi
,
tremolare
pennacchi
,
agitarsi
testoni
di
cartapesta
,
gigantesche
cuffie
,
tube
enormi
,
armi
stravaganti
,
tamburelli
,
crotali
,
berrettini
rossi
e
bottiglie
:
parevan
tutti
pazzi
.
Quando
la
nostra
carrozza
entrò
nella
piazza
,
andava
dinanzi
a
noi
un
carro
magnifico
,
tirato
da
quattro
cavalli
coperti
di
gualdrappe
ricamate
d
'
oro
,
e
tutto
inghirlandato
di
rose
finte
,
sul
quale
c
'
erano
quattordici
o
quindici
signori
,
mascherati
da
gentiluomini
della
corte
di
Francia
,
tutti
luccicanti
di
seta
,
col
parruccone
bianco
,
un
cappello
piumato
sotto
il
braccio
e
lo
spadino
,
e
un
arruffio
di
nastri
e
di
trine
sul
petto
:
bellissimi
.
Cantavano
tutti
insieme
una
canzonetta
francese
,
e
gettavan
dolci
alla
gente
,
e
la
gente
batteva
le
mani
e
gridava
.
Quando
a
un
tratto
,
sulla
nostra
sinistra
,
vedemmo
un
uomo
sollevare
sopra
le
teste
della
folla
una
bambina
di
cinque
o
sei
anni
,
una
poverella
che
piangeva
disperatamente
,
agitando
le
braccia
,
come
presa
dalle
convulsioni
.
L
'
uomo
si
fece
largo
verso
il
carro
dei
signori
,
uno
di
questi
si
chinò
,
e
quell
'
altro
disse
forte
:
-
Prenda
questa
bimba
,
ha
perduto
sua
madre
nella
folla
,
la
tenga
in
braccio
;
la
madre
non
può
essere
lontana
,
e
la
vedrà
,
non
c
'
è
altra
maniera
.
-
Il
signore
prese
la
bimba
in
braccio
;
tutti
gli
altri
cessarono
di
cantare
,
la
bimba
urlava
e
si
dibatteva
,
il
signore
si
tolse
la
maschera
;
il
carro
continuò
a
andare
lentamente
.
In
quel
mentre
,
come
ci
fu
detto
poi
,
all
'
estremità
opposta
della
piazza
,
una
povera
donna
mezzo
impazzita
rompeva
la
calca
a
gomitate
e
a
spintoni
,
urlando
:
-
Maria
!
Maria
!
Maria
!
Ho
perduto
la
mia
figliuola
!
Me
l
'
hanno
rubata
!
Mi
hanno
soffocato
la
mia
bambina
!
-
E
da
un
quarto
d
'
ora
smaniava
,
si
disperava
a
quel
modo
,
andando
un
po
'
di
qua
e
un
po
'
di
là
,
oppressa
dalla
folla
,
che
stentava
ad
aprirle
il
passo
.
Il
signore
del
carro
,
intanto
,
si
teneva
la
bimba
stretta
contro
i
nastri
e
le
trine
del
petto
,
girando
lo
sguardo
per
la
piazza
,
e
cercando
di
quietare
la
povera
creatura
,
che
si
copriva
il
viso
con
le
mani
,
non
sapendo
dove
fosse
,
e
singhiozzava
da
schiantarsi
il
cuore
.
Il
signore
era
commosso
,
si
vedeva
che
quelle
grida
gli
andavano
all
'
anima
;
tutti
gli
altri
offrivano
alla
bimba
arancie
e
confetti
;
ma
quella
respingeva
tutto
,
sempre
più
spaventata
e
convulsa
.
-
Cercate
la
madre
!
gridava
il
signore
alla
folla
,
-
cercate
la
madre
!
-
E
tutti
si
voltavano
a
destra
e
a
sinistra
;
ma
la
madre
non
si
trovava
.
Finalmente
,
a
pochi
passi
dall
'
imboccatura
di
via
Roma
,
si
vide
una
donna
slanciarsi
verso
il
carro
...
Ah
!
mai
più
la
dimenticherò
!
Non
pareva
più
una
creatura
umana
,
aveva
i
capelli
sciolti
,
la
faccia
sformata
,
le
vesti
lacere
,
si
slanciò
avanti
mettendo
un
rantolo
che
non
si
capì
se
fosse
di
gioia
,
d
'
angoscia
o
di
rabbia
,
e
avventò
le
mani
come
due
artigli
per
afferrar
la
figliuola
.
Il
carro
si
fermò
.
-
Eccola
qui
-
,
disse
il
signore
,
porgendo
la
bimba
,
dopo
averla
baciata
,
e
la
mise
tra
le
braccia
di
sua
madre
,
che
se
la
strinse
al
seno
come
una
furia
...
Ma
una
delle
due
manine
restò
un
minuto
secondo
tra
le
mani
del
signore
,
e
questi
strappatosi
dalla
destra
un
anello
d
'
oro
con
un
grosso
diamante
,
e
infilatolo
con
un
rapido
movimento
in
un
dito
della
piccina
:
-
Prendi
,
-
le
disse
,
-
sarà
la
tua
dote
di
sposa
.
-
La
madre
restò
lì
come
incantata
,
la
folla
proruppe
in
applausi
,
il
signore
si
rimise
la
maschera
,
i
suoi
compagni
ripresero
il
canto
,
e
il
carro
ripartì
lentamente
in
mezzo
a
una
tempesta
di
battimani
e
d
'
evviva
.
I
ragazzi
ciechi
23
,
giovedì
Il
maestro
è
molto
malato
e
mandarono
in
vece
sua
quello
della
quarta
,
che
è
stato
maestro
nell
'
Istituto
dei
ciechi
;
il
più
vecchio
di
tutti
,
così
bianco
che
par
che
abbia
in
capo
una
parrucca
di
cotone
,
e
parla
in
un
certo
modo
,
come
se
cantasse
una
canzone
malinconica
;
ma
bene
,
e
sa
molto
.
Appena
entrato
nella
scuola
,
vedendo
un
ragazzo
con
un
occhio
bendato
,
s
'
avvicinò
al
banco
e
gli
domandò
che
cos
'
aveva
.
-
Bada
agli
occhi
,
ragazzo
,
-
gli
disse
.
-
E
allora
Derossi
gli
domandò
:
-
È
vero
,
signor
maestro
,
che
è
stato
maestro
dei
ciechi
?
-
Sì
,
per
vari
anni
,
-
rispose
.
E
Derossi
disse
a
mezza
voce
:
-
Ci
dica
qualche
cosa
.
Il
maestro
s
'
andò
a
sedere
a
tavolino
.
Coretti
disse
forte
:
-
L
'
istituto
dei
ciechi
è
in
via
Nizza
.
-
Voi
dite
ciechi
,
ciechi
,
-
disse
il
maestro
,
-
così
,
come
direste
malati
e
poveri
o
che
so
io
.
Ma
capite
bene
il
significato
di
quella
parola
?
Pensateci
un
poco
.
Ciechi
!
Non
veder
nulla
,
mai
!
Non
distinguere
il
giorno
dalla
notte
,
non
veder
né
il
cielo
né
il
sole
né
i
propri
parenti
,
nulla
di
tutto
quello
che
s
'
ha
intorno
e
che
si
tocca
;
essere
immersi
in
una
oscurità
perpetua
,
e
come
sepolti
nelle
viscere
della
terra
!
Provate
un
poco
a
chiudere
gli
occhi
e
a
pensare
di
dover
rimanere
per
sempre
così
:
subito
vi
prende
un
affanno
,
un
terrore
,
vi
pare
che
vi
sarebbe
impossibile
di
resistere
,
che
vi
mettereste
a
gridare
,
che
impazzireste
o
morireste
.
Eppure
...
poveri
ragazzi
,
quando
s
'
entra
per
la
prima
volta
nell
'
Istituto
dei
ciechi
,
durante
la
ricreazione
,
a
sentirli
suonar
violini
e
flauti
da
tutte
le
parti
,
e
parlar
forte
e
ridere
,
salendo
e
scendendo
le
scale
a
passi
lesti
,
e
girando
liberamente
per
i
corridoi
e
pei
dormitori
,
non
si
direbbe
mai
che
son
quegli
sventurati
che
sono
.
Bisogna
osservarli
bene
.
C
'
è
dei
giovani
di
sedici
o
diciott
'
anni
,
robusti
e
allegri
,
che
portano
la
cecità
con
una
certa
disinvoltura
,
con
una
certa
baldanza
quasi
;
ma
si
capisce
dall
'
espressione
risentita
e
fiera
dei
visi
,
che
debbono
aver
sofferto
tremendamente
prima
di
rassegnarsi
a
quella
sventura
.
Ce
n
'
è
altri
,
dei
visi
pallidi
e
dolci
,
in
cui
si
vede
una
grande
rassegnazione
;
ma
triste
,
e
si
capisce
che
qualche
volta
,
in
segreto
,
debbono
piangere
ancora
.
Ah
!
figliuoli
miei
.
Pensate
che
alcuni
di
essi
hanno
perduto
la
vista
in
pochi
giorni
,
che
altri
l
'
han
perduta
dopo
anni
di
martirio
,
e
molte
operazioni
chirurgiche
terribili
,
e
che
molti
son
nati
così
,
nati
in
una
notte
che
non
ebbe
mai
alba
per
loro
,
entrati
nel
mondo
come
in
una
tomba
immensa
,
e
che
non
sanno
come
sia
fatto
il
volto
umano
!
Immaginate
quanto
debbono
aver
sofferto
e
quanto
debbono
soffrire
quando
pensano
così
,
confusamente
,
alla
differenza
tremenda
che
passa
fra
loro
e
quelli
che
ci
vedono
,
e
domandano
a
sé
medesimi
:
-
Perché
questa
differenza
se
non
abbiamo
alcuna
colpa
?
-
Io
che
son
stato
vari
anni
fra
loro
,
quando
mi
ricordo
quella
classe
,
tutti
quegli
occhi
suggellati
per
sempre
,
tutte
quelle
pupille
senza
sguardo
e
senza
vita
,
e
poi
guardo
voi
altri
...
mi
pare
impossibile
che
non
siate
tutti
felici
.
Pensate
:
ci
sono
circa
ventisei
mila
ciechi
in
Italia
!
Ventisei
mila
persone
che
non
vedono
luce
,
capite
;
un
esercito
che
c
'
impiegherebbe
quattro
ore
a
sfilare
sotto
le
nostre
finestre
!
Il
maestro
tacque
;
non
si
sentiva
un
alito
nella
scuola
.
Derossi
domandò
se
era
vero
che
i
ciechi
hanno
il
tatto
più
fino
di
noi
.
Il
maestro
disse
:
-
È
vero
.
Tutti
gli
altri
sensi
si
raffinano
in
loro
,
appunto
perché
,
dovendo
supplire
fra
tutti
a
quello
della
vista
,
sono
più
e
meglio
esercitati
di
quello
che
non
siano
da
chi
ci
vede
.
La
mattina
,
nei
dormitori
,
l
'
uno
domanda
all
'
altro
:
-
C
'
è
il
sole
?
-
e
chi
è
più
lesto
a
vestirsi
scappa
subito
nel
cortile
ad
agitar
le
mani
per
aria
,
per
sentire
se
c
'
è
il
tepore
del
sole
,
e
corre
a
dar
la
buona
notizia
:
-
C
'
è
il
sole
!
-
Dalla
voce
d
'
una
persona
si
fanno
un
'
idea
della
statura
;
noi
giudichiamo
l
'
animo
d
'
un
uomo
dall
'
occhio
,
essi
dalla
voce
;
ricordano
le
intonazioni
e
gli
accenti
per
anni
.
S
'
accorgono
se
in
una
stanza
c
'
è
più
d
'
una
persona
,
anche
se
una
sola
parla
,
e
le
altre
restano
immobili
.
Al
tatto
s
'
accorgono
se
un
cucchiaio
è
poco
o
molto
pulito
.
Le
bimbe
distinguono
la
lana
tinta
da
quella
di
color
naturale
.
Passando
a
due
a
due
per
le
strade
,
riconoscono
quasi
tutte
le
botteghe
all
'
odore
,
anche
quelle
in
cui
noi
non
sentiamo
odori
.
Tirano
la
trottola
,
e
a
sentire
il
ronzìo
che
fa
girando
,
vanno
diritti
a
pigliarla
senza
sbagliare
.
Fanno
correre
il
cerchio
,
giocano
ai
birilli
,
saltano
con
la
funicella
,
fabbricano
casette
coi
sassi
,
colgono
le
viole
come
se
le
vedessero
,
fanno
stuoie
e
canestrini
intrecciando
paglia
di
vari
colori
,
speditamente
e
bene
;
tanto
hanno
il
tatto
esercitato
!
Il
tatto
è
la
loro
vista
,
è
uno
dei
più
grandi
piaceri
per
loro
quello
di
toccare
,
di
stringere
,
d
'
indovinare
la
forma
delle
cose
tastandole
.
È
commovente
vederli
,
quando
li
conducono
al
museo
industriale
,
dove
li
lascian
toccare
quello
che
vogliono
,
veder
con
che
festa
si
gettano
sui
corpi
geometrici
,
sui
modellini
di
case
,
sugli
strumenti
,
con
che
gioia
palpano
,
stropicciano
,
rivoltano
fra
le
mani
tutte
le
cose
,
per
vedere
come
son
fatte
.
Essi
dicono
vedere
!
Garoffi
interruppe
il
maestro
per
domandargli
se
era
vero
che
i
ragazzi
ciechi
imparano
a
far
di
conto
meglio
degli
altri
.
Il
maestro
rispose
:
-
È
vero
.
Imparano
a
far
di
conto
e
a
leggere
.
Hanno
dei
libri
fatti
apposta
,
coi
caratteri
rilevati
;
ci
passano
le
dita
sopra
,
riconoscon
le
lettere
,
e
dicon
le
parole
;
leggono
corrente
.
E
bisogna
vedere
,
poveretti
,
come
arrossiscono
quando
commettono
uno
sbaglio
.
E
scrivono
pure
,
senza
inchiostro
.
Scrivono
sur
una
carta
spessa
e
dura
con
un
punteruolo
di
metallo
che
fa
tanti
punticini
incavati
e
aggrappati
secondo
un
alfabeto
speciale
;
i
quali
punticini
riescono
in
rilievo
sul
rovescio
della
carta
per
modo
che
voltando
il
foglio
e
strisciando
le
dita
su
quei
rilievi
,
essi
possono
leggere
quello
che
hanno
scritto
,
ed
anche
la
scrittura
d
'
altri
,
e
così
fanno
delle
composizioni
,
e
si
scrivono
delle
lettere
fra
loro
.
Nella
stessa
maniera
scrivono
i
numeri
e
fanno
i
calcoli
.
E
calcolano
a
mente
con
una
facilità
incredibile
,
non
essendo
divagati
dalla
vista
delle
cose
,
come
siamo
noi
.
E
se
vedeste
come
sono
appassionati
per
sentir
leggere
,
come
stanno
attenti
,
come
ricordano
tutto
,
come
discutono
fra
loro
,
anche
i
piccoli
,
di
cose
di
storia
e
di
lingua
,
seduti
quattro
o
cinque
sulla
stessa
panca
,
senza
voltarsi
l
'
un
verso
l
'
altro
,
e
conversando
il
primo
col
terzo
,
il
secondo
col
quarto
,
ad
alta
voce
e
tutti
insieme
,
senza
perdere
una
sola
parola
,
da
tanto
che
han
l
'
orecchio
acuto
e
pronto
!
E
danno
più
importanza
di
voi
altri
agli
esami
,
ve
lo
assicuro
,
e
s
'
affezionano
di
più
ai
loro
maestri
.
Riconoscono
il
maestro
al
passo
e
all
'
odore
;
s
'
accorgono
se
è
di
buono
o
cattivo
umore
,
se
sta
bene
o
male
,
nient
'
altro
che
dal
suono
d
'
una
sua
parola
;
vogliono
che
il
maestro
li
tocchi
,
quando
gli
incoraggia
e
li
loda
,
e
gli
palpan
le
mani
e
le
braccia
per
esprimergli
la
loro
gratitudine
.
E
si
voglion
bene
anche
fra
loro
,
sono
buoni
compagni
.
Nel
tempo
della
ricreazione
sono
quasi
sempre
insieme
quei
soliti
.
Nella
sezione
delle
ragazze
,
per
esempio
,
formano
tanti
gruppi
,
secondo
lo
strumento
che
suonano
,
le
violiniste
,
le
pianiste
,
le
suonatrici
di
flauto
,
e
non
si
scompagnano
mai
.
Quando
hanno
posto
affetto
a
uno
,
è
difficile
che
se
ne
stacchino
.
Trovano
un
gran
conforto
nell
'
amicizia
.
Si
giudicano
rettamente
,
fra
loro
.
Hanno
un
concetto
chiaro
e
profondo
del
bene
e
del
male
.
Nessuno
s
'
esalta
come
loro
al
racconto
d
'
un
'
azione
generosa
o
d
'
un
fatto
grande
.
Votini
domandò
se
suonano
bene
.
-
Amano
la
musica
ardentemente
,
-
rispose
il
maestro
.
-
È
la
loro
gioia
,
è
la
loro
vita
la
musica
.
Dei
ciechi
bambini
,
appena
entrati
nell
'
Istituto
,
son
capaci
di
star
tre
ore
immobili
in
piedi
a
sentir
sonare
.
Imparano
facilmente
,
suonano
con
passione
.
Quando
il
maestro
dice
a
uno
che
non
ha
disposizione
alla
musica
,
quegli
ne
prova
un
grande
dolore
,
ma
si
mette
a
studiare
disperatamente
.
Ah
!
se
udiste
la
musica
là
dentro
se
li
vedeste
quando
suonano
colla
fronte
alta
col
sorriso
sulle
labbra
,
accesi
nel
viso
,
tremanti
dalla
commozione
,
estatici
quasi
ad
ascoltar
quell
'
armonia
che
rispandono
nell
'
oscurità
infinita
che
li
circonda
,
come
sentireste
che
è
una
consolazione
divina
la
musica
!
E
giubilano
,
brillano
di
felicità
quando
un
maestro
dice
loro
:
-
Tu
diventerai
un
artista
.
-
Per
essi
il
primo
nella
musica
,
quello
che
riesce
meglio
di
tutti
al
pianoforte
o
al
violino
,
è
come
un
re
;
lo
amano
,
lo
venerano
.
Se
nasce
un
litigio
fra
due
di
loro
,
vanno
da
lui
;
se
due
amici
si
guastano
,
è
lui
che
li
riconcilia
.
I
più
piccini
,
a
cui
egli
insegna
a
sonare
,
lo
tengono
come
un
padre
.
Prima
d
'
andare
a
dormire
,
vanno
tutti
a
dargli
la
buona
notte
.
E
parlano
continuamente
di
musica
.
Sono
già
a
letto
,
la
sera
tardi
,
quasi
tutti
stanchi
dallo
studio
e
dal
lavoro
,
e
mezzo
insonniti
;
e
ancora
discorrono
a
bassa
voce
di
opere
,
di
maestri
,
di
strumenti
,
d
'
orchestre
.
Ed
è
un
castigo
così
grande
per
essi
l
'
esser
privati
della
lettura
o
della
lezione
di
musica
,
ne
soffrono
tanto
dolore
,
che
non
s
'
ha
quasi
mai
il
coraggio
di
castigarli
in
quel
modo
.
Quello
che
la
luce
è
per
i
nostri
occhi
,
la
musica
è
per
il
loro
cuore
.
Derossi
domandò
se
non
si
poteva
andarli
a
vedere
.
-
Si
può
,
-
rispose
il
maestro
;
-
ma
voi
,
ragazzi
,
non
ci
dovete
andare
per
ora
.
Ci
andrete
più
tardi
,
quando
sarete
in
grado
di
capire
tutta
la
grandezza
di
quella
sventura
,
e
di
sentire
tutta
la
pietà
che
essa
merita
.
È
uno
spettacolo
triste
,
figliuoli
.
Voi
vedete
là
qualche
volta
dei
ragazzi
seduti
di
contro
a
una
finestra
spalancata
,
a
godere
l
'
aria
fresca
,
col
viso
immobile
,
che
par
che
guardino
la
grande
pianura
verde
e
le
belle
montagne
azzurre
che
vedete
voi
...
;
e
a
pensare
che
non
vedon
nulla
,
che
non
vedranno
mai
nulla
di
tutta
quella
immensa
bellezza
,
vi
si
stringe
l
'
anima
come
se
fossero
diventati
ciechi
in
quel
punto
.
E
ancora
i
ciechi
nati
,
che
non
avendo
mai
visto
il
mondo
,
non
rimpiangono
nulla
,
perché
hanno
l
'
immagine
d
'
alcuna
cosa
,
fanno
meno
compassione
.
Ma
c
'
è
dei
ragazzi
ciechi
da
pochi
mesi
,
che
si
ricordano
ancora
di
tutto
,
che
comprendono
bene
tutto
quello
che
han
perduto
,
e
questi
hanno
di
più
il
dolore
di
sentirsi
oscurare
nella
mente
,
un
poco
ogni
giorno
,
le
immagini
più
care
,
di
sentirsi
come
morire
nella
memoria
le
persone
più
amate
.
Uno
di
questi
ragazzi
mi
diceva
un
giorno
con
una
tristezza
inesprimibile
:
-
Vorrei
ancora
aver
la
vista
d
'
una
volta
,
appena
un
momento
,
per
rivedere
il
viso
della
mamma
,
che
non
lo
ricordo
più
-
E
quando
la
mamma
va
a
trovarli
,
le
mettono
le
mani
sul
viso
,
la
toccano
bene
dalla
fronte
al
mento
e
alle
orecchie
,
per
sentir
com
'
è
fatta
,
e
quasi
non
si
persuadono
di
non
poterla
vedere
,
e
la
chiamano
per
nome
molte
volte
come
per
pregarla
che
si
lasci
,
che
si
faccia
vedere
una
volta
.
Quanti
escono
di
là
piangendo
,
anche
uomini
di
cuor
duro
!
E
quando
s
'
esce
,
ci
pare
un
'
eccezione
la
nostra
,
un
privilegio
quasi
non
meritato
di
veder
la
gente
,
le
case
,
il
cielo
.
Oh
!
non
c
'
è
nessuno
di
voi
,
ne
son
certo
,
che
uscendo
di
là
non
sarebbe
disposto
a
privarsi
d
'
un
po
'
della
propria
vista
per
darne
un
barlume
almeno
a
tutti
quei
poveri
fanciulli
,
per
i
quali
il
sole
non
ha
luce
e
la
madre
non
ha
viso
!
Il
maestro
malato
25
,
sabato
Ieri
sera
,
uscendo
dalla
scuola
,
andai
a
visitare
il
mio
maestro
malato
.
Dal
troppo
lavorare
s
'
è
ammalato
.
Cinque
ore
di
lezione
al
giorno
,
poi
un
'
ora
di
ginnastica
,
poi
altre
due
ore
di
scuola
serale
,
che
vuol
dire
dormir
poco
,
mangiare
di
scappata
e
sfiatarsi
dalla
mattina
alla
sera
:
s
'
è
rovinata
la
salute
.
Così
dice
mia
madre
.
Mia
madre
m
'
aspettò
sotto
il
portone
,
io
salii
solo
,
e
incontrai
per
le
scale
il
maestro
della
barbaccia
nera
,
-
Coatti
,
-
quello
che
spaventa
tutti
e
non
punisce
nessuno
,
egli
mi
guardò
con
gli
occhi
larghi
e
fece
la
voce
del
leone
,
per
celia
,
ma
senza
ridere
.
Io
ridevo
ancora
tirando
il
campanello
,
al
quarto
piano
;
ma
rimasi
male
subito
,
quando
la
serva
mi
fece
entrare
in
una
povera
camera
,
mezz
'
oscura
,
dove
era
coricato
il
mio
maestro
.
Era
in
un
piccolo
letto
di
ferro
,
aveva
la
barba
lunga
.
Si
mise
una
mano
alla
fronte
,
per
vederci
meglio
,
ed
esclamò
con
la
sua
voce
affettuosa
:
-
Oh
Enrico
!
-
Io
m
'
avvicinai
al
letto
,
egli
mi
pose
una
mano
sulla
spalla
,
e
disse
:
-
Bravo
,
figliuolo
.
Hai
fatto
bene
a
venir
a
trovare
il
tuo
povero
maestro
.
Son
ridotto
a
mal
partito
,
come
vedi
,
caro
il
mio
Enrico
.
E
come
va
la
scuola
?
come
vanno
i
compagni
?
Tutto
bene
,
eh
?
anche
senza
di
me
.
Ne
fate
di
meno
benissimo
,
è
vero
?
del
vostro
vecchio
maestro
.
-
Io
volevo
dir
di
no
;
egli
m
'
interruppe
:
-
Via
,
via
,
lo
so
che
non
mi
volete
male
.
-
E
mise
un
sospiro
.
Io
guardavo
certe
fotografie
attaccate
alla
parete
.
-
Vedi
?
-
egli
mi
disse
.
-
Son
tutti
ragazzi
che
m
'
han
dato
i
loro
ritratti
,
da
più
di
vent
'
anni
in
qua
.
Dei
buoni
ragazzi
,
son
le
mie
memorie
quelle
.
Quando
morirò
,
l
'
ultima
occhiata
la
darò
lì
,
a
tutti
quei
monelli
,
fra
cui
ho
passata
la
vita
.
Mi
darai
il
ritratto
tu
pure
,
non
è
vero
,
quando
avrai
finito
le
elementari
?
Poi
prese
un
'
arancia
sul
tavolino
da
notte
e
me
la
mise
in
mano
.
-
Non
ho
altro
da
darti
,
-
disse
,
-
è
un
regalo
da
malato
.
-
Io
lo
guardavo
e
avevo
il
cuor
triste
,
non
so
perché
.
-
Bada
eh
...
-
riprese
a
dire
-
io
spero
di
cavarmela
;
ma
se
non
guarissi
più
...
vedi
di
fortificarti
nell
'
aritmetica
,
che
è
il
tuo
debole
;
fa
'
uno
sforzo
!
non
si
tratta
che
d
'
un
primo
sforzo
perché
,
alle
volte
,
non
è
mancanza
di
attitudine
,
è
un
preconcetto
,
è
come
chi
dicesse
una
fissazione
.
-
Ma
intanto
respirava
forte
,
si
vedeva
che
soffriva
.
-
Ho
una
febbraccia
,
-
sospirò
,
-
son
mezz
'
andato
.
Mi
raccomando
,
dunque
.
Battere
sull
'
aritmetica
,
sui
problemi
.
Non
riesce
alla
prima
?
Si
riposa
un
po
'
e
poi
si
ritenta
.
Non
riesce
ancora
?
Un
altro
po
'
di
riposo
e
poi
daccapo
.
E
avanti
,
ma
tranquillamente
,
senza
affannarsi
,
senza
montarsi
la
testa
.
Va
'
.
Saluta
la
mamma
.
E
non
rifar
più
le
scale
,
ci
rivedremo
alla
scuola
.
E
se
non
ci
rivedremo
,
ricordati
qualche
volta
del
tuo
maestro
di
terza
,
che
t
'
ha
voluto
bene
.
-
A
quelle
parole
mi
venne
da
piangere
.
-
China
la
testa
,
-
egli
mi
disse
.
Io
chinai
la
testa
sul
cappezzale
;
egli
mi
baciò
sui
capelli
.
Poi
mi
disse
:
-
Va
'
,
-
e
voltò
il
viso
verso
il
muro
.
E
io
volai
giù
per
le
scale
perché
avevo
bisogno
d
'
abbracciar
mia
madre
.
La
strada
25
,
sabato
Io
t
'
osservavo
dalla
finestra
,
questa
sera
,
quando
tornavi
da
casa
del
maestro
,
tu
hai
urtato
una
donna
.
Bada
meglio
a
come
cammini
per
la
strada
.
Anche
lì
ci
sono
dei
doveri
.
Se
misuri
i
tuoi
passi
e
i
tuoi
gesti
in
una
casa
privata
,
perché
non
dovresti
far
lo
stesso
nella
strada
,
che
è
la
casa
di
tutti
?
Ricordati
,
Enrico
.
Tutte
le
volte
che
incontri
un
vecchio
cadente
,
un
povero
,
un
donna
con
un
bimbo
in
braccio
,
uno
storpio
con
le
stampelle
,
un
uomo
curvo
sotto
un
carico
,
una
famiglia
vestita
a
lutto
,
cedile
il
passo
con
rispetto
:
noi
dobbiamo
rispettare
la
vecchiaia
,
la
miseria
,
l
'
amor
materno
,
l
'
infermità
,
la
fatica
,
la
morte
.
Ogni
volta
che
vedi
una
persona
a
cui
arriva
addosso
una
carrozza
,
tiralo
via
,
se
è
un
fanciullo
,
avvertilo
,
se
è
un
uomo
;
domanda
sempre
che
cos
'
ha
al
bambino
che
piange
,
raccogli
il
bastone
al
vecchio
che
l
'
ha
lasciato
cadere
.
Se
due
fanciulli
rissano
,
dividili
,
se
son
due
uomini
allontànati
,
non
assistere
allo
spettacolo
della
violenza
brutale
,
che
offende
e
indurisce
il
cuore
.
E
quando
passa
un
uomo
legato
fra
due
guardie
,
non
aggiungere
la
tua
alla
curiosità
crudele
della
folla
:
egli
può
essere
un
innocente
.
Cessa
di
parlar
col
tuo
compagno
e
di
sorridere
quando
incontri
una
lettiga
d
'
ospedale
,
che
porta
forse
un
moribondo
,
o
un
convoglio
mortuario
,
ché
ne
potrebbe
uscir
uno
domani
di
casa
tua
.
Guarda
con
riverenza
tutti
quei
ragazzi
degli
istituti
che
passano
a
due
a
due
:
i
cechi
,
i
muti
,
i
rachitici
,
gli
orfani
,
i
fanciulli
abbandonati
:
pensa
che
è
la
sventura
e
la
carità
umana
che
passa
.
Fingi
sempre
di
non
vedere
chi
ha
una
deformità
ripugnante
o
ridicola
.
Spegni
sempre
ogni
fiammifero
acceso
che
tu
trovi
sui
tuoi
passi
,
che
potrebbe
costar
la
vita
a
qualcuno
.
Rispondi
sempre
con
gentilezza
al
passeggiero
che
ti
domanda
la
via
.
Non
guardar
nessuno
ridendo
,
non
correre
senza
bisogno
,
non
gridare
.
Rispetta
la
strada
.
L
'
educazione
d
'
un
popolo
si
giudica
innanzi
tutto
dal
contegno
ch
'
egli
tien
per
la
strada
.
Dove
troverai
la
villania
per
le
strade
,
troverai
la
villania
nelle
case
.
E
studiale
,
le
strade
,
studia
la
città
dove
vivi
;
se
domani
tu
ne
fossi
sbalestrato
lontano
,
saresti
lieto
d
'
averla
presente
bene
alla
memoria
,
di
poterla
ripercorrere
tutta
col
pensiero
,
-
la
tua
città
,
la
tua
piccola
patria
,
-
quella
che
è
stata
per
tanti
anni
il
tuo
mondo
,
-
dove
hai
fatto
i
primi
passi
al
fianco
di
tua
madre
,
provato
le
prime
commozioni
,
aperto
la
mente
alle
prime
idee
,
trovato
i
primi
amici
.
Essa
è
stata
una
madre
per
te
:
t
'
ha
istruito
,
dilettato
,
protetto
.
Studiala
nelle
sue
strade
e
nella
sua
gente
,
-
ed
amala
,
-
e
quando
la
senti
ingiuriare
,
difendila
.
TUO
PADRE
MARZO
Le
scuole
serali
2
,
giovedì
Mio
padre
mi
condusse
ieri
a
vedere
le
scuole
serali
della
nostra
sezione
Baretti
,
che
eran
già
tutte
illuminate
,
e
gli
operai
cominciavano
ad
entrare
.
Arrivando
,
trovammo
il
Direttore
e
i
maestri
in
gran
collera
perché
poco
prima
era
stato
rotto
da
una
sassata
il
vetro
d
'
una
finestra
:
il
bidello
,
saltato
fuori
,
aveva
acciuffato
un
ragazzo
che
passava
;
ma
allora
s
'
era
presentato
Stardi
,
che
sta
di
casa
in
faccia
alla
scuola
,
e
aveva
detto
:
-
Non
è
costui
,
ho
visto
coi
miei
occhi
:
è
Franti
che
ha
tirato
,
e
m
'
ha
detto
:
-
Guai
se
tu
parli
!
-
ma
io
non
ho
paura
.
E
il
Direttore
disse
che
Franti
sarà
scacciato
per
sempre
.
Intanto
badava
agli
operai
che
entravano
a
due
a
tre
insieme
,
e
n
'
eran
già
entrati
più
di
duecento
.
Non
avevo
mai
visto
come
è
bella
una
scuola
serale
!
C
'
eran
dei
ragazzi
da
dodici
anni
in
su
,
e
degli
uomini
con
la
barba
,
che
tornavano
dal
lavoro
,
portando
libri
e
quaderni
;
c
'
eran
dei
falegnami
,
dei
fochisti
con
la
faccia
nera
,
dei
muratori
con
le
mani
bianche
di
calcina
,
dei
garzoni
fornai
coi
capelli
infarinati
e
si
sentiva
odor
di
vernice
,
di
coiami
,
di
pece
,
d
'
olio
,
odori
di
tutti
i
mestieri
.
Entrò
anche
una
squadra
d
'
operai
d
'
artiglieria
vestiti
da
soldati
,
condotti
da
un
caporale
.
S
'
infilavano
tutti
lesti
nei
banchi
,
levavan
l
'
assicella
di
sotto
,
dove
noi
mettiamo
i
piedi
,
e
subito
chinavan
la
testa
sul
lavoro
.
Alcuni
andavan
dai
maestri
a
chieder
spiegazioni
coi
quaderni
aperti
.
Vidi
quel
maestro
giovane
e
ben
vestito
-
«
l
'
avvocatino
»
-
che
aveva
tre
o
quattro
operai
intorno
al
tavolino
,
e
faceva
delle
correzioni
con
la
penna
;
e
anche
quello
zoppo
,
il
quale
rideva
con
un
tintore
che
gli
aveva
portato
un
quaderno
tutto
conciato
di
tintura
rossa
e
turchina
.
C
'
era
pure
il
mio
maestro
,
guarito
,
che
domani
tornerà
alla
scuola
.
Le
porte
delle
classi
erano
aperte
.
Rimasi
meravigliato
,
quando
cominciarono
le
lezioni
,
a
vedere
come
tutti
stavano
attenti
,
con
gli
occhi
fissi
.
Eppure
la
più
parte
,
diceva
il
Direttore
,
per
non
arrivar
troppo
tardi
,
non
eran
nemmeno
passati
a
casa
a
mangiare
un
boccone
di
cena
,
e
avevano
fame
.
I
piccoli
,
però
,
dopo
mezz
'
ora
di
scuola
cascavan
dal
sonno
,
qualcuno
anche
s
'
addormentava
col
capo
sul
banco
;
e
il
maestro
lo
svegliava
,
stuzzicandogli
un
orecchio
con
la
penna
.
Ma
i
grandi
no
,
stavano
svegli
,
con
la
bocca
aperta
,
a
sentir
la
lezione
,
senza
batter
palpebra
;
e
mi
faceva
specie
veder
nei
nostri
banchi
tutti
quei
barboni
.
Salimmo
anche
al
piano
di
sopra
,
e
io
corsi
alla
porta
della
mia
classe
,
e
vidi
al
mio
posto
un
uomo
con
due
grandi
baffi
e
una
mano
fasciata
,
che
forse
s
'
era
fatto
male
attorno
a
una
macchina
;
eppure
s
'
ingegnava
di
scrivere
,
adagio
adagio
.
Ma
quel
che
mi
piacque
di
più
fu
di
vedere
al
posto
del
muratorino
,
proprio
nello
stesso
banco
e
nello
stesso
cantuccio
,
suo
padre
,
quel
muratore
grande
come
un
gigante
,
che
se
ne
stava
là
stretto
aggomitolato
,
col
mento
sui
pugni
e
gli
occhi
sul
libro
,
attento
che
non
rifiatava
.
E
non
fu
mica
un
caso
,
è
lui
proprio
che
la
prima
sera
che
venne
alla
scuola
disse
al
Direttore
:
-
Signor
Direttore
,
mi
faccia
il
piacere
di
mettermi
al
posto
del
mio
muso
di
lepre
;
-
perché
sempre
chiama
il
suo
figliuolo
a
quel
modo
...
Mio
padre
mi
trattenne
là
fino
alla
fine
,
e
vedemmo
nella
strada
molte
donne
coi
bambini
in
collo
che
aspettavano
i
mariti
,
e
all
'
uscita
facevano
il
cambio
:
gli
operai
pigliavano
in
braccio
i
bambini
,
le
donne
si
facevan
dare
i
libri
e
i
quaderni
,
e
andavano
a
casa
così
.
La
strada
fu
per
qualche
momento
piena
di
gente
e
di
rumore
.
Poi
tutto
tacque
e
non
vedemmo
più
che
la
figura
lunga
e
stanca
del
Direttore
che
s
'
allontanava
.
La
lotta
5
,
domenica
Era
da
aspettarsela
:
Franti
,
cacciato
dal
Direttore
volle
vendicarsi
,
e
aspettò
Stardi
a
una
cantonata
,
dopo
l
'
uscita
della
scuola
,
quand
'
egli
passa
con
sua
sorella
,
che
va
a
prendere
ogni
giorno
a
un
istituto
di
via
Dora
Grossa
.
Mia
sorella
Silvia
,
uscendo
dalla
sua
sezione
,
vide
tutto
e
tornò
a
casa
piena
di
spavento
.
Ecco
quello
che
accadde
.
Franti
,
col
suo
berretto
di
tela
cerata
schiacciato
sur
un
orecchio
,
corse
in
punta
di
piedi
dietro
di
Stardi
,
e
per
provocarlo
,
diede
una
strappata
alla
treccia
di
sua
sorella
,
una
strappata
così
forte
che
quasi
la
gittò
in
terra
riversa
.
La
ragazzina
mise
un
grido
,
suo
fratello
si
voltò
.
Franti
,
che
è
molto
più
alto
e
più
forte
di
Stardi
pensava
:
-
O
non
rifiaterà
,
o
gli
darò
le
croste
.
-
Ma
Stardi
non
stette
a
pensare
,
e
così
piccolo
e
tozzo
com
'
è
,
si
lanciò
d
'
un
salto
su
quel
grandiglione
,
e
cominciò
a
mescergli
fior
di
pugni
.
Non
ce
ne
poteva
però
,
e
ne
toccava
più
di
quel
che
ne
desse
.
Nella
strada
non
c
'
eran
che
ragazze
,
nessuno
poteva
separarli
.
Franti
lo
buttò
in
terra
;
ma
quegli
su
subito
,
e
addosso
daccapo
,
e
Franti
picchia
come
sur
un
uscio
:
in
un
momento
gli
strappò
mezz
'
orecchia
,
gli
ammaccò
un
occhio
,
gli
fece
uscir
sangue
dal
naso
.
Ma
Stardi
duro
;
ruggiva
:
-
M
'
ammazzerai
,
ma
te
la
fò
pagare
.
-
E
Franti
giù
,
calci
e
ceffoni
,
e
Stardi
sotto
,
a
capate
e
a
pedate
.
Una
donna
gridò
dalla
finestra
:
-
Bravo
il
piccolo
!
-
Altre
dicevano
:
-
È
un
ragazzo
che
difende
sua
sorella
.
-
Coraggio
!
Dagliele
sode
.
-
E
gridavano
a
Franti
:
-
Prepotente
,
vigliaccone
.
-
Ma
Franti
pure
s
'
era
inferocito
,
fece
gambetta
,
Stardi
cadde
,
ed
egli
addosso
:
-
Arrenditi
!
-
No
!
-
Arrenditi
!
-
No
!
-
e
d
'
un
guizzo
Stardi
si
rimise
in
piedi
,
avvinghiò
Franti
alla
vita
e
con
uno
sforzo
furioso
lo
stramazzò
sul
selciato
e
gli
cascò
con
un
ginocchio
sul
petto
.
-
Ah
!
l
'
infame
che
ha
il
coltello
!
-
gridò
un
uomo
accorrendo
per
disarmare
Franti
.
Ma
già
Stardi
,
fuori
di
sé
,
gli
aveva
afferrato
il
braccio
con
due
mani
e
dato
al
pugno
un
tal
morso
,
che
il
coltello
gli
era
cascato
,
e
la
mano
gli
sanguinava
.
Altri
intanto
erano
accorsi
,
li
divisero
,
li
rialzarono
;
Franti
se
la
dette
a
gambe
,
malconcio
;
e
Stardi
rimase
là
,
graffiato
in
viso
,
con
l
'
occhio
pesto
,
-
ma
vincitore
,
-
accanto
alla
sorella
che
piangeva
,
mentre
alcune
ragazze
raccoglievano
i
libri
e
i
quaderni
sparpagliati
per
la
strada
.
-
Bravo
il
piccolo
,
-
dicevano
intorno
,
-
che
ha
difeso
sua
sorella
!
-
Ma
Stardi
,
che
si
dava
più
pensiero
del
suo
zaino
che
della
sua
vittoria
,
si
mise
subito
a
esaminare
uno
per
uno
i
libri
e
i
quaderni
,
se
non
c
'
era
nulla
di
mancante
o
di
guasto
,
li
ripulì
con
la
manica
,
guardò
il
pennino
,
rimise
a
posto
ogni
cosa
,
e
poi
,
tranquillo
e
serio
come
sempre
,
disse
a
sua
sorella
:
-
Andiamo
presto
,
che
ci
ho
un
problema
di
quattro
operazioni
.
I
parenti
dei
ragazzi
Lunedì
,
6
Questa
mattina
c
'
era
il
grosso
Stardi
padre
a
aspettare
il
figliuolo
,
per
paura
che
incontrasse
Franti
un
'
altra
volta
,
ma
Franti
dicono
che
non
verrà
più
perché
lo
metteranno
all
'
Ergastolo
.
C
'
eran
molti
parenti
questa
mattina
.
C
'
era
fra
gli
altri
il
rivenditore
di
legna
,
il
padre
di
Coretti
,
tutto
il
ritratto
del
suo
figliuolo
,
svelto
,
allegro
,
coi
suoi
baffetti
aguzzi
e
un
nastrino
di
due
colori
all
'
occhiello
della
giacchetta
.
Io
li
conosco
già
quasi
tutti
i
parenti
dei
ragazzi
,
a
vederli
sempre
lì
.
C
'
è
una
nonna
curva
,
con
la
cuffia
bianca
,
che
piova
o
nevichi
o
tempesti
,
viene
quattro
volte
al
giorno
a
accompagnare
e
a
prendere
un
suo
nipotino
di
prima
superiore
,
e
gli
leva
il
cappotto
,
glie
lo
infila
,
gli
accomoda
la
cravatta
,
lo
spolvera
,
lo
riliscia
,
gli
guarda
i
quaderni
:
si
capisce
che
non
ha
altro
pensiero
,
che
non
vede
nulla
di
più
bello
al
mondo
.
Anche
viene
spesso
il
capitano
d
'
artiglieria
,
padre
di
Robetti
,
quello
delle
stampelle
,
che
salvò
un
bimbo
dall
'
omnibus
;
e
siccome
tutti
i
compagni
del
suo
figliuolo
,
passandogli
davanti
,
gli
fanno
una
carezza
,
egli
a
tutti
rende
la
carezza
o
il
saluto
,
non
c
'
è
caso
che
ne
scordi
uno
,
su
tutti
si
china
,
e
quanto
più
son
poveri
e
vestiti
male
,
e
più
pare
contento
,
e
li
ringrazia
.
Alle
volte
,
pure
,
si
vedono
delle
cose
tristi
:
un
signore
che
non
veniva
più
da
un
mese
perché
gli
era
morto
un
figliuolo
,
e
mandava
a
prender
l
'
altro
dalla
fantesca
,
tornando
ieri
per
la
prima
volta
,
e
rivedendo
la
classe
,
i
compagni
del
suo
piccino
morto
,
andò
in
un
canto
e
ruppe
in
singhiozzi
con
tutt
'
e
due
le
mani
sul
viso
,
e
il
Direttore
lo
pigliò
per
un
braccio
e
lo
condusse
nel
suo
ufficio
.
Ci
son
dei
padri
e
delle
madri
che
conoscono
per
nome
tutti
i
compagni
dei
loro
figliuoli
.
Ci
son
delle
ragazze
della
scuola
vicina
,
degli
scolari
del
ginnasio
che
vengono
a
aspettare
i
fratelli
.
C
'
è
un
signore
vecchio
,
che
era
colonnello
,
e
che
quando
un
ragazzo
lascia
cascare
un
quaderno
o
una
penna
in
mezzo
alla
strada
,
glie
la
raccoglie
.
Si
vedono
anche
delle
signore
ben
vestite
che
discorrono
delle
cose
della
scuola
con
le
altre
,
che
hanno
il
fazzoletto
in
capo
e
la
cesta
al
braccio
,
e
dicono
:
-
Ah
!
è
stato
terribile
questa
volta
il
problema
!
-
C
'
era
una
lezione
di
grammatica
che
non
finiva
più
questa
mattina
!
-
E
quando
c
'
è
un
malato
in
una
classe
,
tutte
lo
sanno
;
quando
un
malato
sta
meglio
,
tutte
si
rallegrano
.
E
appunto
questa
mattina
c
'
erano
otto
o
dieci
,
signore
e
operai
,
che
stavano
attorno
alla
madre
di
Crossi
,
l
'
erbivendola
,
a
domandarle
notizie
d
'
un
povero
bimbo
della
classe
di
mio
fratello
,
che
sta
di
casa
nel
suo
cortile
,
ed
è
in
pericolo
di
vita
.
Pare
che
li
faccia
tutti
eguali
e
tutti
amici
la
scuola
.
Il
numero
78
8
,
mercoledì
Vidi
una
scena
commovente
ieri
sera
.
Eran
vari
giorni
che
l
'
erbivendola
,
ogni
volta
che
passava
accanto
a
Derossi
,
lo
guardava
,
lo
guardava
con
una
espressione
di
grande
affetto
;
perché
Derossi
,
dopo
che
ha
fatto
quella
scoperta
del
calamaio
e
del
prigioniero
numero
78
,
ha
preso
a
benvolere
il
suo
figliuolo
Crossi
,
quello
dei
capelli
rossi
e
del
braccio
morto
,
e
l
'
aiuta
a
fare
il
lavoro
in
iscuola
,
gli
suggerisce
le
risposte
,
gli
dà
carta
pennini
,
lapis
:
insomma
,
gli
fa
come
a
un
fratello
,
quasi
per
compensarlo
di
quella
disgrazia
di
suo
padre
,
che
gli
è
toccata
,
e
ch
'
egli
non
sa
.
Eran
vari
giorni
che
l
'
erbivendola
guardava
Derossi
,
e
pareva
gli
volesse
lasciar
gli
occhi
addosso
,
perché
è
una
buona
donna
,
che
vive
tutta
per
il
suo
ragazzo
;
e
Derossi
che
glie
l
'
aiuta
e
gli
fa
far
bella
figura
,
Derossi
che
è
un
signore
e
il
primo
della
scuola
,
le
pare
un
re
,
un
santo
a
lei
.
Lo
guardava
sempre
e
pareva
che
volesse
dirgli
qualcosa
,
e
si
vergognasse
.
Ma
ieri
mattina
,
finalmente
,
si
fece
coraggio
e
lo
fermò
davanti
a
un
portone
e
gli
disse
:
-
Scusi
tanto
lei
,
signorino
,
che
è
così
buono
,
che
vuol
tanto
bene
al
mio
figlio
,
mi
faccia
la
grazia
d
'
accettare
questo
piccolo
ricordo
d
'
una
povera
mamma
;
-
e
tirò
fuori
dalla
cesta
degli
erbaggi
una
scatoletta
di
cartoncino
bianco
e
dorato
.
Derossi
arrossì
tutto
,
e
rifiutò
,
dicendo
risolutamente
:
-
La
dia
al
suo
figliuolo
;
io
non
accetto
nulla
.
-
La
donna
rimase
mortificata
e
domandò
scusa
,
balbettando
:
-
Non
pensavo
mica
d
'
offenderlo
...
non
sono
che
caramelle
.
-
Ma
Derossi
ridisse
di
no
,
scrollando
il
capo
.
-
E
allora
,
timidamente
,
essa
levò
dalla
cesta
un
mazzetto
di
ravanelli
,
e
disse
:
-
Accetti
almeno
questi
che
son
freschi
,
da
portarli
alla
sua
mamma
.
-
Derossi
sorrise
,
e
rispose
:
-
No
,
grazie
,
non
voglio
nulla
;
farò
sempre
quello
che
posso
per
Crossi
,
ma
non
posso
accettar
nulla
;
grazie
lo
stesso
.
-
Ma
non
è
mica
offeso
?
-
domandò
la
donna
,
ansiosamente
.
Derossi
le
disse
no
,
no
,
sorridendo
,
e
se
ne
andò
,
mentre
essa
esclamava
tutta
contenta
:
-
Oh
che
buon
ragazzo
!
Non
ho
mai
visto
un
bravo
e
bel
ragazzo
così
!
-
E
pareva
finita
.
Ma
eccoti
la
sera
alle
quattro
,
che
invece
della
mamma
di
Crossi
,
s
'
avvicina
il
padre
,
con
quel
viso
smorto
e
malinconico
.
Fermò
Derossi
,
e
dal
modo
come
lo
guardò
capii
subito
ch
'
egli
sospettava
che
Derossi
conoscesse
il
suo
segreto
;
lo
guardò
fisso
e
gli
disse
con
voce
triste
e
affettuosa
:
-
Lei
vuol
bene
al
mio
figliuolo
...
Perché
gli
vuole
così
bene
?
-
Derossi
si
fece
color
di
fuoco
nel
viso
.
Egli
avrebbe
voluto
rispondere
:
-
Gli
voglio
bene
perché
è
stato
disgraziato
;
perché
anche
voi
,
suo
padre
,
siete
stato
più
disgraziato
che
colpevole
,
e
avete
espiato
nobilmente
il
vostro
delitto
,
e
siete
un
uomo
di
cuore
.
-
Ma
gli
mancò
l
'
animo
di
dirlo
perché
,
in
fondo
,
egli
provava
ancora
timore
,
e
quasi
ribrezzo
davanti
a
quell
'
uomo
che
aveva
sparso
il
sangue
d
'
un
altro
,
ed
era
stato
sei
anni
in
prigione
.
Ma
quegli
indovinò
tutto
,
e
abbassando
la
voce
,
disse
nell
'
orecchio
a
Derossi
,
quasi
tremando
:
-
Vuoi
bene
al
figliuolo
;
ma
non
vuoi
mica
male
...
non
disprezzi
mica
il
padre
,
non
è
vero
?
-
Ah
no
!
no
!
Tutto
al
contrario
!
-
esclamò
Derossi
Con
uno
slancio
dell
'
anima
.
E
allora
l
'
uomo
fece
un
atto
impetuoso
come
per
mettergli
un
braccio
intorno
al
collo
;
ma
non
osò
,
e
invece
gli
prese
con
due
dita
uno
dei
riccioli
biondi
,
lo
allungò
e
lo
lasciò
andare
;
poi
si
mise
la
mano
sulla
bocca
e
si
baciò
la
palma
guardando
Derossi
con
gli
occhi
umidi
,
come
per
dirgli
che
quel
bacio
era
per
lui
.
Poi
prese
il
figliuolo
per
mano
e
se
n
'
andò
a
passi
lesti
.
Un
piccolo
morto
13
,
lunedì
Il
bimbo
che
sta
nel
cortile
dell
'
erbivendola
,
quello
della
prima
superiore
,
compagno
di
mio
fratello
,
è
morto
.
La
maestra
Delcati
venne
sabato
sera
,
tutta
afflitta
,
a
dar
la
notizia
al
maestro
;
e
subito
Garrone
e
Coretti
si
offersero
di
aiutare
a
portar
la
cassa
.
Era
un
bravo
ragazzino
,
aveva
guadagnato
la
medaglia
la
settimana
scorsa
;
voleva
bene
a
mio
fratello
,
e
gli
aveva
regalato
un
salvadanaio
rotto
,
mia
madre
lo
carezzava
sempre
,
quando
lo
incontrava
.
Portava
un
berretto
con
due
strisce
di
panno
rosso
.
Suo
padre
è
facchino
alla
strada
ferrata
.
Ieri
sera
,
domenica
,
alle
quattro
e
mezzo
siano
andati
a
casa
sua
,
per
far
l
'
accompagnamento
alla
chiesa
.
Stanno
al
pian
terreno
.
Nel
cortile
c
'
eran
già
molti
ragazzi
della
prima
superiore
,
con
le
loro
madri
,
e
con
le
candele
;
cinque
o
sei
maestre
,
alcuni
vicini
.
La
maestra
della
penna
rossa
e
la
Delcati
erano
entrate
dietro
,
e
le
vedevamo
da
una
finestra
aperta
,
che
piangevano
:
si
sentiva
la
mamma
del
bimbo
che
singhiozzava
forte
.
Due
signore
,
madri
di
due
compagni
di
scuola
del
morto
,
avevano
portato
due
ghirlande
di
fiori
.
Alle
cinque
in
punto
ci
mettemmo
in
cammino
.
Andava
innanzi
un
ragazzo
che
portava
la
croce
,
poi
un
prete
,
poi
la
cassa
,
una
cassa
piccola
piccola
,
povero
bimbo
!
coperta
d
'
un
panno
nero
,
e
c
'
erano
strette
intorno
le
ghirlande
di
fiori
delle
due
signore
.
Al
panno
nero
,
da
una
parte
,
ci
avevano
attaccato
la
medaglia
,
e
tre
menzioni
onorevoli
,
che
il
ragazzino
s
'
era
guadagnate
lungo
l
'
anno
.
Portavan
la
cassa
Garrone
,
Coretti
e
due
ragazzi
del
cortile
.
Dietro
la
cassa
veniva
prima
la
Delcati
,
che
piangeva
come
se
il
morticino
fosse
suo
;
dietro
di
lei
le
altre
maestre
;
e
dietro
alle
maestre
,
i
ragazzi
,
alcuni
fra
i
quali
molto
piccoli
,
che
avevan
dei
mazzetti
di
viole
in
una
mano
,
e
guardavano
il
feretro
,
stupiti
,
dando
l
'
altra
mano
alle
madri
,
che
portavan
le
candele
per
loro
.
Sentii
uno
che
diceva
:
-
E
adesso
non
verrà
più
alla
scuola
?
-
Quando
la
cassa
uscì
dal
cortile
,
si
sentì
un
grido
disperato
dalla
finestra
:
era
la
mamma
del
bimbo
,
ma
subito
la
fecero
rientrar
nelle
stanze
.
Arrivati
nella
strada
,
incontrammo
i
ragazzi
d
'
un
collegio
,
che
passavano
in
doppia
fila
,
e
visto
il
feretro
con
la
medaglia
e
le
maestre
,
si
levaron
tutti
il
berretto
.
Povero
piccino
,
egli
se
n
'
andò
a
dormire
per
sempre
con
la
sua
medaglia
.
Non
lo
vedremo
mai
più
il
suo
berrettino
rosso
.
Stava
bene
;
in
quattro
giorni
morì
.
L
'
ultimo
si
sforzò
ancora
di
levarsi
per
fare
il
suo
lavorino
di
nomenclatura
,
e
volle
tener
la
sua
medaglia
sul
letto
,
per
paura
che
glie
la
pigliassero
.
Nessuno
te
la
piglierà
più
,
povero
ragazzo
!
Addio
,
addio
.
Ci
ricorderemo
sempre
di
te
alla
Sezione
Baretti
.
Dormi
in
pace
,
bambino
.
La
vigilia
del
14
marzo
Oggi
è
stata
una
giornata
più
allegra
di
ieri
.
Tredici
marzo
!
Vigilia
della
distribuzione
dei
premi
al
teatro
Vittorio
Emanuele
,
la
festa
grande
e
bella
di
tutti
gli
anni
.
Ma
questa
volta
non
sono
più
presi
a
caso
i
ragazzi
che
debbono
andar
sul
palcoscenico
a
presentar
gli
attestati
dei
premi
ai
signori
che
li
distribuiscono
.
Il
Direttore
venne
questa
mattina
al
finis
,
e
disse
:
-
Ragazzi
,
una
bella
notizia
.
-
Poi
chiamò
:
-
Coraci
!
-
il
calabrese
.
Il
calabrese
s
'
alzò
.
-
Vuoi
essere
di
quelli
che
portano
gli
attestati
dei
premi
alle
Autorità
,
domani
al
teatro
?
-
Il
calabrese
rispose
di
sì
.
-
Sta
bene
,
-
disse
il
Direttore
;
-
così
ci
sarà
anche
un
rappresentante
della
Calabria
.
E
sarà
una
bella
cosa
.
Il
municipio
,
quest
'
anno
,
ha
voluto
che
i
dieci
o
dodici
ragazzi
che
porgono
i
premi
siano
ragazzi
di
tutte
le
parti
d
'
Italia
,
presi
nelle
varie
sezioni
delle
scuole
pubbliche
.
Abbiamo
venti
sezioni
con
cinque
succursali
:
settemila
alunni
:
in
un
numero
così
grande
non
si
stentò
a
trovare
un
ragazzo
per
ciascuna
regione
italiana
.
Si
trovarono
nella
sezione
Torquato
Tasso
due
rappresentanti
delle
isole
:
un
sardo
e
un
siciliano
,
la
scuola
Boncompagni
diede
un
piccolo
fiorentino
,
figliuolo
d
'
uno
scultore
in
legno
;
c
'
era
un
romano
,
nativo
di
Roma
,
nella
sezione
Tommaseo
,
veneti
,
lombardi
,
romagnoli
se
ne
trovarono
parecchi
;
un
napoletano
ce
lo
dà
la
sezione
Monviso
,
figliuolo
d
'
un
ufficiale
;
noi
diamo
un
genovese
e
un
calabrese
,
te
,
Coraci
.
Col
piemontese
,
saranno
dodici
.
È
bello
,
non
vi
pare
?
Saranno
i
vostri
fratelli
di
tutte
le
parti
d
'
Italia
che
vi
daranno
i
premi
.
Badate
:
compariranno
sul
palcoscenico
tutti
e
dodici
insieme
.
Accoglieteli
con
un
grande
applauso
.
Sono
ragazzi
;
ma
rappresentano
il
paese
come
se
fossero
uomini
:
una
piccola
bandiera
tricolore
è
simbolo
dell
'
Italia
altrettanto
che
una
grande
bandiera
,
non
è
vero
?
Applauditeli
calorosamente
,
dunque
.
Fate
vedere
che
anche
i
vostri
piccoli
cuori
s
'
accendono
,
che
anche
le
vostre
anime
di
dieci
anni
s
'
esaltano
dinanzi
alla
santa
immagine
della
patria
.
-
Ciò
detto
,
se
n
'
andò
,
e
il
maestro
disse
sorridendo
:
-
Dunque
,
Coraci
,
tu
sei
il
deputato
della
Calabria
.
-
E
allora
tutti
batterono
le
mani
,
ridendo
,
e
quando
fummo
nella
strada
,
circondarono
Coraci
,
lo
presero
per
le
gambe
,
lo
levaron
su
,
e
cominciarono
a
portarlo
in
trionfo
,
gridando
:
-
Viva
il
deputato
della
Calabria
!
-
così
,
per
chiasso
,
s
'
intende
,
ma
non
mica
per
ischerno
,
tutt
'
altro
,
anzi
per
fargli
festa
,
di
cuore
,
ché
è
un
ragazzo
che
piace
a
tutti
;
ed
egli
sorrideva
.
E
lo
portaron
così
fino
alla
cantonata
dove
s
'
imbatterono
in
un
signore
con
la
barba
nera
,
che
si
mise
a
ridere
.
Il
calabrese
disse
:
-
È
mio
padre
.
-
E
allora
i
ragazzi
gli
misero
il
figliuolo
tra
le
braccia
e
scapparono
da
tutte
le
parti
.
La
distribuzione
dei
premi
14
,
marzo
Verso
le
due
il
teatro
grandissimo
era
affollato
;
platea
,
galleria
,
palchetti
,
palcoscenico
,
tutto
pieno
gremito
,
migliaia
di
visi
,
ragazzi
,
signore
,
maestri
,
operai
,
donne
del
popolo
,
bambini
era
un
agitarsi
di
teste
e
di
mani
,
un
tremolio
di
penne
,
di
nastri
e
di
riccioli
,
un
mormorio
fitto
e
festoso
,
che
metteva
allegrezza
.
Il
teatro
era
tutto
addobbato
a
festoni
di
panno
rosso
,
bianco
e
verde
.
Nella
platea
avevan
fatto
due
scalette
:
una
a
destra
,
per
la
quale
i
premiati
dovevan
salire
sul
palcoscenico
;
l
'
altra
a
sinistra
,
per
cui
dovevan
discendere
,
dopo
aver
ricevuto
il
premio
.
Sul
davanti
del
palco
c
'
era
una
fila
di
seggioloni
rossi
,
e
dalla
spalliera
di
quel
di
mezzo
pendevano
due
coroncine
d
'
alloro
;
in
fondo
al
palco
,
un
trofeo
di
bandiere
;
da
una
parte
un
tavolino
verde
,
con
su
tutti
gli
attestati
di
premio
legati
coi
nastrini
tricolori
.
La
banda
musicale
stava
in
platea
,
sotto
il
palco
;
i
maestri
e
le
maestre
riempivano
tutta
una
metà
della
prima
galleria
,
che
era
stata
riservata
a
loro
;
i
banchi
e
le
corsie
della
platea
erano
stipati
di
centinaia
di
ragazzi
,
che
dovevan
cantare
,
e
avevan
la
musica
scritta
tra
le
mani
.
In
fondo
e
tutto
intorno
si
vedevano
andare
e
venire
maestri
e
maestre
che
mettevano
in
fila
i
premiati
,
e
c
'
era
pieno
di
parenti
che
davan
loro
l
'
ultima
ravviata
ai
capelli
e
l
'
ultimo
tocco
alle
cravattine
.
Appena
entrato
coi
miei
nel
palchetto
,
vidi
in
un
palchetto
di
fronte
la
maestrina
della
penna
rossa
,
che
rideva
,
con
le
sue
belle
pozzette
nelle
guancie
,
e
con
lei
la
maestra
di
mio
fratello
,
e
la
«
monachina
»
tutta
vestita
di
nero
,
e
la
mia
buona
maestra
di
prima
superiore
;
ma
così
pallida
,
poveretta
e
tossiva
così
forte
,
che
si
sentiva
da
una
parte
all
'
altra
del
teatro
.
In
platea
trovai
subito
quel
caro
faccione
di
Garrone
e
il
piccolo
capo
biondo
di
Nelli
,
che
stava
stretto
contro
la
sua
spalla
.
Un
po
'
più
in
là
vidi
Garoffi
,
col
suo
naso
a
becco
di
civetta
,
che
si
dava
un
gran
moto
per
raccogliere
gli
elenchi
stampati
dei
premiandi
,
e
n
'
aveva
già
un
grosso
fascio
,
per
farne
qualche
suo
traffico
...
che
sapremo
domani
.
Vicino
alla
porta
c
'
era
il
venditor
di
legna
con
sua
moglie
,
vestiti
a
festa
,
insieme
al
loro
ragazzo
,
che
ha
un
terzo
premio
di
seconda
:
rimasi
stupito
a
non
vedergli
più
il
berretto
di
pel
di
gatto
e
la
maglia
color
cioccolata
:
questa
volta
era
vestito
come
un
signorino
.
In
una
galleria
vidi
per
un
momento
Votini
,
con
un
gran
colletto
di
trina
;
poi
disparve
.
C
'
era
in
un
palchetto
del
proscenio
,
pieno
di
gente
,
il
capitano
d
'
artiglieria
,
il
padre
di
Robetti
,
quello
delle
stampelle
,
che
salvò
un
bambino
dall
'
omnibus
.
Allo
scoccar
delle
due
la
banda
sonò
,
e
salirono
nello
stesso
tempo
per
la
scaletta
di
destra
il
sindaco
,
il
prefetto
,
l
'
assessore
,
il
provveditore
,
e
molti
altri
signori
,
tutti
vestiti
di
nero
,
che
s
'
andarono
a
sedere
sui
seggioloni
rossi
,
sul
davanti
del
palcoscenico
.
La
banda
cessò
di
suonare
.
S
'
avanzò
il
Direttore
delle
scuole
di
canto
con
una
bacchetta
in
mano
.
A
un
suo
cenno
,
tutti
i
ragazzi
della
platea
s
'
alzarono
in
piedi
;
a
un
altro
cenno
,
cominciarono
a
cantare
.
Erano
settecento
che
cantavano
una
canzone
bellissima
,
settecento
voci
di
ragazzi
che
cantano
insieme
,
com
'
è
bello
!
Tutti
ascoltavano
,
immobili
:
era
un
canto
dolce
,
limpido
,
lento
,
che
pareva
un
canto
di
chiesa
.
Quando
tacquero
,
tutti
applaudirono
:
poi
tutti
zitti
.
La
distribuzione
dei
premi
stava
per
cominciare
.
Già
s
'
era
fatto
innanzi
sul
palco
il
mio
piccolo
maestro
di
seconda
,
col
suo
capo
rosso
e
i
suoi
occhi
vispi
,
che
doveva
leggere
i
nomi
dei
premiati
.
S
'
aspettava
che
entrassero
i
dodici
ragazzi
per
porgere
gli
attestati
.
I
giornali
l
'
avevan
già
detto
che
sarebbero
stati
ragazzi
di
tutte
le
provincie
d
'
Italia
.
Tutti
lo
sapevano
e
li
aspettavano
,
guardando
curiosamente
dalla
parte
donde
dovevano
entrare
,
anche
il
sindaco
,
e
gli
altri
signori
,
e
il
teatro
intero
taceva
...
Tutt
'
a
un
tratto
arrivarono
di
corsa
fin
sul
proscenio
,
e
rimasero
schierati
lì
,
tutti
e
dodici
,
sorridenti
.
Tutto
il
teatro
,
tremila
persone
,
saltaron
su
,
d
'
un
colpo
,
prorompendo
in
un
applauso
che
parve
uno
scoppio
di
tuono
.
I
ragazzi
restarono
un
momento
come
sconcertati
.
-
Ecco
l
'
Italia
!
-
disse
una
voce
sul
palco
.
Riconobbi
subito
Coraci
,
il
calabrese
,
vestito
di
nero
,
come
sempre
.
Un
signore
del
municipio
,
ch
'
era
con
noi
,
e
li
conosceva
tutti
,
li
indicava
a
mia
madre
:
-
Quel
piccolo
biondo
è
il
rappresentante
di
Venezia
.
Il
romano
è
quello
alto
e
ricciuto
.
-
Ce
n
'
eran
due
o
tre
vestiti
da
signori
;
gli
altri
eran
figliuoli
d
'
operai
,
ma
tutti
messi
bene
e
puliti
.
Il
fiorentino
,
ch
'
era
il
più
piccolo
,
aveva
una
sciarpa
azzurra
intorno
alla
vita
.
Passarono
tutti
davanti
al
sindaco
,
che
li
baciò
in
fronte
uno
per
uno
,
mentre
un
signore
accanto
a
lui
gli
diceva
piano
e
sorridendo
i
nomi
delle
città
:
-
Firenze
,
Napoli
,
Bologna
,
Palermo
...
-
e
a
ognuno
che
passava
,
tutto
il
teatro
batteva
le
mani
.
Poi
corsero
tutti
al
tavolino
verde
a
pigliar
gli
attestati
,
il
maestro
cominciò
a
leggere
l
'
elenco
,
dicendo
le
sezioni
,
le
classi
e
i
nomi
,
e
i
premiandi
principiarono
a
salire
e
a
sfilare
.
Erano
appena
saliti
i
primi
,
quando
si
sentì
di
dietro
alle
scene
una
musica
leggiera
leggiera
di
violini
,
che
non
cessò
più
per
tutta
la
durata
dello
sfilamento
,
un
'
aria
gentile
e
sempre
eguale
,
che
pareva
un
mormorìo
di
molte
voci
sommesse
,
le
voci
di
tutte
le
madri
e
di
tutti
i
maestri
e
le
maestre
,
che
tutti
insieme
dessero
dei
consigli
e
pregassero
e
facessero
dei
rimproveri
amorevoli
.
E
intanto
i
premiati
passavano
l
'
un
dopo
l
'
altro
davanti
a
quei
signori
seduti
,
che
porgevano
gli
attestati
,
e
a
ciascuno
dicevano
una
parola
o
facevano
una
carezza
.
Dalla
platea
e
dalle
gallerie
i
ragazzi
applaudivano
ogni
volta
che
passava
uno
molto
piccolo
,
o
uno
che
dai
vestiti
paresse
povero
,
e
anche
quelli
che
avevano
delle
gran
capigliature
ricciolute
o
eran
vestiti
di
rosso
o
di
bianco
.
Ne
passavano
di
quelli
di
prima
superiore
che
arrivati
là
,
si
confondevano
e
non
sapevano
più
dove
voltarsi
,
e
tutto
il
teatro
rideva
.
Ne
passò
uno
alto
tre
palmi
,
con
un
gran
nodo
di
nastro
rosa
sulla
schiena
,
che
a
mala
pena
camminava
,
e
incespicò
nel
tappeto
,
cadde
,
il
Prefetto
lo
rimise
in
piedi
,
e
tutti
risero
e
batteron
le
mani
.
Un
altro
ruzzolò
giù
per
la
scaletta
,
ridiscendendo
in
platea
;
si
sentiron
delle
grida
;
ma
non
s
'
era
fatto
male
.
Ne
passaron
d
'
ogni
sorta
,
dei
visi
di
birichini
,
dei
visi
di
spaventati
,
di
quelli
rossi
in
viso
come
ciliegie
,
dei
piccini
buffi
,
che
ridevano
in
faccia
a
tutti
quanti
,
e
appena
ridiscesi
in
platea
erano
acchiappati
dai
babbi
e
dalle
mamme
che
se
li
portavano
via
.
Quando
venne
la
volta
della
nostra
sezione
,
allora
sì
che
mi
divertii
!
Passarono
molti
che
conoscevo
.
Passò
Coretti
,
vestito
di
nuovo
da
capo
a
piedi
,
col
suo
bel
sorriso
allegro
,
che
mostrava
tutti
i
denti
bianchi
:
eppure
chi
sa
quanti
miriagrammi
di
legna
aveva
già
portati
la
mattina
!
Il
sindaco
,
nel
dargli
l
'
attestato
,
gli
domandò
che
cos
'
era
un
segno
rosso
che
aveva
sulla
fronte
,
e
intanto
gli
teneva
una
mano
sopra
una
spalla
:
io
cercai
in
platea
suo
padre
e
sua
madre
,
e
vidi
che
ridevano
,
coprendosi
la
bocca
con
una
mano
.
Poi
passò
Derossi
,
tutto
vestito
di
turchino
,
coi
bottoni
luccicanti
,
con
tutti
quei
riccioli
d
'
oro
,
svelto
,
disinvolto
,
con
la
fronte
alta
,
così
bello
,
così
simpatico
,
che
gli
avrei
mandato
un
bacio
,
e
tutti
quei
signori
gli
vollero
parlare
e
stringer
le
mani
.
Poi
il
maestro
gridò
:
-
Giulio
Robetti
!
-
e
si
vide
venire
innanzi
il
figliuolo
del
capitano
d
'
artiglieria
,
con
le
stampelle
.
Centinaia
di
ragazzi
sapevano
il
fatto
,
la
voce
si
sparse
in
un
attimo
scoppiò
una
salva
d
'
applausi
e
di
grida
che
fece
tremare
il
teatro
,
gli
uomini
s
'
alzarono
in
piedi
,
le
signore
si
misero
a
sventolare
i
fazzoletti
,
e
il
povero
ragazzo
si
fermò
in
mezzo
al
palcoscenico
,
sbalordito
e
tremante
...
Il
Sindaco
lo
tirò
a
sé
,
gli
diede
il
premio
e
un
bacio
,
e
staccata
dalla
spalliera
del
seggiolone
la
coroncina
d
'
alloro
che
v
'
era
appesa
,
glie
la
infilò
nella
traversina
d
'
una
stampella
...
Poi
lo
accompagnò
fino
al
palchetto
del
proscenio
,
dov
'
era
il
capitano
suo
padre
,
e
questi
lo
sollevò
di
peso
e
lo
mise
dentro
,
in
mezzo
a
un
gridìo
di
bravo
e
d
'
evviva
.
E
intanto
continuava
quella
musica
leggiera
e
gentile
di
violini
,
e
i
ragazzi
seguitavano
a
passare
:
quelli
della
Sezione
della
Consolata
,
quasi
tutti
figli
di
mercatini
;
quelli
della
Sezione
di
Vanchiglia
,
figliuoli
d
'
operai
;
quelli
della
Sezione
Boncompagni
,
di
cui
molti
son
figliuoli
di
contadini
;
quelli
della
scuola
Raineri
,
che
fu
l
'
ultima
.
Appena
finito
,
i
settecento
ragazzi
della
platea
cantarono
un
'
altra
canzone
bellissima
,
poi
parlò
il
Sindaco
,
e
dopo
di
lui
l
'
assessore
,
che
terminò
il
suo
discorso
dicendo
ai
ragazzi
:
-
...
Ma
non
uscite
di
qui
senza
mandare
un
saluto
a
quelli
che
faticano
tanto
per
voi
,
che
hanno
consacrato
a
voi
tutte
le
forze
della
loro
intelligenza
e
del
loro
cuore
,
che
vivono
e
muoiono
per
voi
.
Eccoli
là
!
-
E
segnò
la
galleria
dei
maestri
.
E
allora
dalle
gallerie
,
dai
palchi
,
dalla
platea
tutti
i
ragazzi
s
'
alzarono
e
tesero
le
braccia
gridando
verso
le
maestre
e
i
maestri
,
i
quali
risposero
agitando
le
mani
,
i
cappelli
,
i
fazzoletti
,
tutti
ritti
in
piedi
e
commossi
.
Dopo
di
che
la
banda
sonò
ancora
una
volta
e
il
pubblico
mandò
un
ultimo
saluto
fragoroso
ai
dodici
ragazzi
di
tutte
le
provincie
d
'
Italia
,
che
si
presentarono
al
proscenio
schierati
,
con
le
mani
intrecciate
,
sotto
una
pioggia
di
mazzetti
di
fiori
.
Litigio
20
,
lunedì
Eppure
,
no
,
non
fu
per
invidia
ch
'
egli
abbia
avuto
il
premio
ed
io
no
,
che
mi
bisticciai
con
Coretti
questa
mattina
.
Non
fu
per
invidia
.
Ma
ebbi
torto
.
Il
maestro
l
'
aveva
messo
accanto
a
me
,
io
scrivevo
sul
mio
quaderno
di
calligrafia
:
egli
mi
urtò
col
gomito
e
mi
fece
fare
uno
sgorbio
e
macchiare
anche
il
racconto
mensile
,
Sangue
romagnolo
,
che
dovevo
copiare
per
il
«
muratorino
»
che
è
malato
.
Io
m
'
arrabbiai
e
gli
dissi
una
parolaccia
.
Egli
mi
rispose
sorridendo
:
-
Non
l
'
ho
fatto
apposta
.
-
Avrei
dovuto
credergli
perché
lo
conosco
;
ma
mi
spiacque
che
sorridesse
,
e
pensai
:
-
Oh
!
adesso
che
ha
avuto
il
premio
,
sarà
montato
in
superbia
!
-
e
poco
dopo
,
per
vendicarmi
,
gli
diedi
un
urtone
che
gli
fece
sciupare
la
pagina
.
Allora
,
tutto
rosso
dalla
rabbia
:
-
Tu
sì
che
l
'
hai
fatto
apposta
!
-
mi
disse
,
e
alzò
la
mano
,
-
il
maestro
vide
,
-
la
ritirò
.
Ma
soggiunse
:
-
T
'
aspetto
fuori
!
-
Io
rimasi
male
,
la
rabbia
mi
sbollì
,
mi
pentii
.
No
,
Coretti
non
poteva
averlo
fatto
apposta
.
È
buono
,
pensai
.
Mi
ricordai
di
quando
l
'
avevo
visto
in
casa
sua
,
come
lavorava
,
come
assisteva
sua
madre
malata
,
e
poi
che
festa
gli
avevo
fatto
in
casa
mia
,
e
come
era
piaciuto
a
mio
padre
.
Quanto
avrei
dato
per
non
avergli
detto
quella
parola
,
per
non
avergli
fatto
quella
villania
!
E
pensavo
al
consiglio
che
m
'
avrebbe
dato
mio
padre
.
-
Hai
torto
?
-
Sì
.
-
E
allora
domandagli
scusa
.
-
Ma
questo
io
non
osavo
di
farlo
,
avevo
vergogna
d
'
umiliarmi
.
Lo
guardavo
di
sott
'
occhio
,
vedevo
la
sua
maglia
scucita
alla
spalla
,
forse
perché
aveva
portato
troppe
legna
,
e
sentivo
che
gli
volevo
bene
,
e
mi
dicevo
:
-
Coraggio
!
-
ma
la
parola
-
scusami
-
mi
restava
nella
gola
.
Egli
mi
guardava
di
traverso
,
di
tanto
in
tanto
,
e
mi
pareva
più
addolorato
che
arrabbiato
.
Ma
allora
anch
'
io
lo
guardavo
bieco
,
per
mostrargli
che
non
avevo
paura
.
Egli
mi
ripeté
:
-
Ci
rivedremo
fuori
!
-
Ed
io
:
-
Ci
rivedremo
fuori
!
-
Ma
pensavo
a
quello
che
mio
padre
m
'
aveva
detto
una
volta
:
-
Se
hai
torto
difenditi
;
ma
non
battere
!
-
Ed
io
dicevo
tra
me
:
-
mi
difenderò
,
ma
non
batterò
.
-
Ma
ero
scontento
,
triste
,
non
sentivo
più
il
maestro
.
Infine
,
arrivò
il
momento
d
'
uscire
.
Quando
fui
solo
nella
strada
,
vidi
ch
'
egli
mi
seguitava
.
Mi
fermai
,
e
lo
aspettai
con
la
riga
in
mano
.
Egli
s
'
avvicinò
,
io
alzai
la
riga
.
-
No
,
Enrico
,
-
disse
egli
,
col
suo
buon
sorriso
,
facendo
in
là
la
riga
con
la
mano
,
-
torniamo
amici
come
prima
.
-
Io
rimasi
stupito
un
momento
,
e
poi
sentii
come
una
mano
che
mi
desse
uno
spintone
nelle
spalle
,
e
mi
trovai
tra
le
sue
braccia
.
Egli
mi
baciò
e
disse
:
-
Mai
più
baruffe
tra
di
noi
,
non
è
vero
?
-
Mai
più
!
mai
più
!
-
risposi
.
E
ci
separammo
,
contenti
.
Ma
quando
arrivai
a
casa
e
raccontai
tutto
a
mio
padre
,
credendo
di
fargli
piacere
,
egli
si
rabbruscò
e
disse
:
-
Dovevi
esser
tu
il
primo
a
tendergli
la
mano
,
poiché
avevi
torto
.
-
Poi
soggiunse
:
-
Non
dovevi
alzar
la
riga
sopra
un
compagno
migliore
di
te
,
sopra
il
figliuolo
d
'
un
soldato
!
-
E
strappatami
la
riga
di
mano
,
la
fece
in
due
pezzi
e
la
sbatté
nel
muro
.
Mia
sorella
24
,
venerdì
Perché
,
Enrico
,
dopo
che
nostro
padre
t
'
aveva
già
rimproverato
d
'
esserti
portato
male
con
Coretti
,
hai
fatto
ancora
quello
sgarbo
a
me
?
Tu
non
immagini
la
pena
che
n
'
ho
provata
.
Non
sai
che
quand
'
eri
bambino
ti
stavo
per
ore
e
ore
accanto
alla
culla
,
invece
di
divertirmi
con
le
mie
compagne
,
e
che
quand
'
eri
malato
scendevo
da
letto
ogni
notte
per
sentire
se
ti
bruciava
la
fronte
?
Non
lo
sai
,
tu
che
offendi
tua
sorella
,
che
se
una
sventura
tremenda
ci
colpisse
,
ti
farei
da
madre
io
,
e
ti
vorrei
bene
come
a
un
figliuolo
?
Non
sai
che
quando
nostro
padre
e
nostra
madre
non
ai
saranno
più
,
sarò
io
la
tua
migliore
amica
,
la
sola
con
cui
potrai
parlare
dei
nostri
morti
e
della
tua
infanzia
,
e
che
se
ci
fosse
bisogno
lavorerei
per
te
,
Enrico
,
per
guadagnarti
il
pane
e
farti
studiare
,
e
che
ti
amerò
sempre
quando
sarai
grande
,
che
ti
seguirò
col
mio
pensiero
quando
andrai
lontano
,
sempre
,
perché
siamo
cresciuti
insieme
e
abbiamo
lo
stesso
sangue
?
O
Enrico
,
stanne
pur
sicuro
,
quando
sarai
un
uomo
,
se
t
'
accadrà
una
disgrazia
,
se
sarai
solo
,
sta
pur
sicuro
che
mi
cercherai
,
che
verrai
da
me
a
dirmi
:
-
Silvia
,
sorella
,
lasciami
stare
con
te
,
parliamo
di
quando
eravamo
felici
,
ti
ricordi
?
parliamo
di
nostra
madre
,
della
nostra
casa
,
di
quei
bei
giorni
tanto
lontani
.
-
O
Enrico
,
tu
troverai
sempre
tua
sorella
con
le
braccia
aperte
.
Sì
,
caro
Enrico
,
e
perdonami
anche
il
rimprovero
che
ti
faccio
ora
.
Io
non
mi
ricorderò
di
alcun
torto
tuo
,
e
se
anche
tu
mi
dessi
altri
dispiaceri
,
che
m
'
importa
?
Tu
sarai
sempre
mio
fratello
lo
stesso
,
io
non
mi
ricorderò
mai
d
'
altro
che
d
'
averti
tenuto
in
braccio
bambino
,
d
'
aver
amato
padre
e
madre
con
te
,
d
'
averti
visto
crescere
,
d
'
essere
stata
per
tanti
anni
la
tua
più
fida
compagna
.
Ma
tu
scrivimi
una
buona
parola
sopra
questo
stesso
quaderno
e
io
ripasserò
a
leggerla
prima
di
sera
.
Intanto
,
per
mostrarti
che
non
sono
in
collera
con
te
,
vedendo
che
eri
stanco
,
ho
copiato
per
te
il
racconto
mensile
Sangue
romagnolo
,
che
tu
dovevi
copiare
per
il
muratorino
malato
:
cercalo
nel
cassetto
di
sinistra
del
tuo
tavolino
.
L
'
ho
scritto
tutto
questa
notte
mentre
dormivi
.
Scrivimi
una
buona
parola
,
Enrico
,
te
ne
prego
.
TUA
SORELLA
SILVIA
Non
sono
degno
di
baciarti
le
mani
.
ENRICO
Sangue
romagnolo
Racconto
mensile
Quella
sera
la
casa
di
Ferruccio
era
più
quieta
del
solito
.
Il
padre
,
che
teneva
una
piccola
bottega
di
merciaiolo
,
era
andato
a
Forlì
a
far
delle
compere
,
e
sua
moglie
l
'
aveva
accompagnato
con
Luigina
,
una
bimba
,
per
portarla
da
un
medico
,
che
doveva
operarle
un
occhio
malato
;
e
non
dovevano
ritornare
che
la
mattina
dopo
.
Mancava
poco
alla
mezzanotte
.
La
donna
che
veniva
a
far
dei
servizi
di
giorno
se
n
'
era
andata
sull
'
imbrunire
.
In
casa
non
rimaneva
che
la
nonna
,
paralitica
delle
gambe
,
e
Ferruccio
,
un
ragazzo
di
tredici
anni
.
Era
una
casetta
col
solo
piano
terreno
,
posta
sullo
stradone
,
a
un
tiro
di
fucile
da
un
villaggio
,
poco
lontano
da
Forlì
,
città
di
Romagna
;
e
non
aveva
accanto
che
una
casa
disabitata
,
rovinata
due
mesi
innanzi
da
un
incendio
,
sulla
quale
si
vedeva
ancora
l
'
insegna
d
'
un
'
osteria
.
Dietro
la
casetta
c
'
era
un
piccolo
orto
circondato
da
una
siepe
,
sul
quale
dava
una
porticina
rustica
;
la
porta
della
bottega
,
che
serviva
anche
da
porta
di
casa
,
s
'
apriva
sullo
stradone
.
Tutt
'
intorno
si
stendeva
la
campagna
solitaria
,
vasti
campi
lavorati
,
piantati
di
gelsi
.
Mancava
poco
alla
mezzanotte
,
pioveva
,
tirava
vento
.
Ferruccio
e
la
nonna
,
ancora
levati
,
stavano
nella
stanza
da
mangiare
,
tra
la
quale
e
l
'
orto
c
'
era
uno
stanzino
ingombro
di
mobili
vecchi
.
Ferruccio
non
era
rientrato
in
casa
che
alle
undici
,
dopo
una
scappata
di
molte
ore
,
e
la
nonna
l
'
aveva
aspettato
a
occhi
aperti
,
piena
d
'
ansietà
,
inchiodata
sopra
un
largo
seggiolone
a
bracciuoli
,
sul
quale
soleva
passar
tutta
la
giornata
,
e
spesso
anche
l
'
intera
notte
,
poiché
un
'
oppressione
di
respiro
non
la
lasciava
star
coricata
.
Pioveva
e
il
vento
sbatteva
la
pioggia
contro
le
vetrate
:
la
notte
era
oscurissima
.
Ferruccio
era
rientrato
stanco
,
infangato
,
con
la
giacchetta
lacera
,
e
col
livido
d
'
una
sassata
sulla
fronte
;
aveva
fatto
la
sassaiola
coi
compagni
,
eran
venuti
alle
mani
,
secondo
il
solito
;
e
per
giunta
aveva
giocato
e
perduto
tutti
i
suoi
soldi
,
e
lasciato
il
berretto
in
un
fosso
.
Benché
la
cucina
non
fosse
rischiarata
che
da
una
piccola
lucerna
a
olio
,
posta
sull
'
angolo
d
'
un
tavolo
,
accanto
al
seggiolone
,
pure
la
povera
nonna
aveva
visto
subito
in
che
stato
miserando
si
trovava
il
nipote
,
e
in
parte
aveva
indovinato
,
in
parte
gli
aveva
fatto
confessare
le
sue
scapestrerie
.
Essa
amava
con
tutta
l
'
anima
quel
ragazzo
.
Quando
seppe
ogni
cosa
,
si
mise
a
piangere
.
-
Ah
!
no
,
-
disse
poi
,
dopo
un
lungo
silenzio
;
-
tu
non
hai
cuore
per
la
tua
povera
nonna
.
Non
hai
cuore
a
profittare
in
codesto
modo
dell
'
assenza
di
tuo
padre
e
di
tua
madre
per
darmi
dei
dolori
.
Tutto
il
giorno
m
'
hai
lasciata
sola
!
Non
hai
avuto
un
po
'
di
compassione
.
Bada
,
Ferruccio
!
Tu
ti
metti
per
una
cattiva
strada
che
ti
condurrà
a
una
triste
fine
.
Ne
ho
visti
degli
altri
cominciar
come
te
e
andar
a
finir
male
.
Si
comincia
a
scappar
di
casa
,
a
attaccar
lite
cogli
altri
ragazzi
,
a
perdere
i
soldi
;
poi
,
a
poco
a
poco
,
dalle
sassate
si
passa
alle
coltellate
,
dal
gioco
agli
altri
vizi
,
e
dai
vizi
...
al
furto
.
Ferruccio
stava
a
ascoltare
,
ritto
a
tre
passi
di
distanza
,
appoggiato
a
una
dispensa
,
col
mento
sul
petto
,
con
le
sopracciglia
aggrottate
,
ancora
tutto
caldo
dell
'
ira
della
rissa
.
Aveva
una
ciocca
di
bei
capelli
castagni
a
traverso
alla
fronte
e
gli
occhi
azzurri
immobili
.
-
Dal
gioco
al
furto
,
-
ripeté
la
nonna
,
continuando
a
piangere
.
-
Pensaci
,
Ferruccio
.
Pensa
a
quel
malanno
qui
del
paese
,
a
quel
Vito
Mozzoni
,
che
ora
è
in
città
a
fare
il
vagabondo
;
che
a
ventiquattr
'
anni
è
stato
due
volte
in
prigione
,
e
ha
fatto
morir
di
crepacuore
quella
povera
donna
di
sua
madre
,
che
io
conoscevo
,
e
suo
padre
è
fuggito
in
Svizzera
per
disperazione
.
Pensa
a
quel
tristo
soggetto
,
che
tuo
padre
si
vergogna
di
rendergli
il
saluto
,
sempre
in
giro
con
dei
scellerati
peggio
di
lui
,
fino
al
giorno
che
cascherà
in
galera
.
Ebbene
,
io
l
'
ho
conosciuto
ragazzo
,
ha
cominciato
come
te
.
Pensa
che
ridurrai
tuo
padre
e
tua
madre
a
far
la
stessa
fine
dei
suoi
.
Ferruccio
taceva
.
Egli
non
era
mica
tristo
di
cuore
,
tutt
'
altro
;
la
sua
scapestrataggine
derivava
piuttosto
da
sovrabbondanza
di
vita
e
d
'
audacia
che
da
mal
animo
;
e
suo
padre
l
'
aveva
avvezzato
male
appunto
per
questo
,
che
ritenendolo
capace
,
in
fondo
,
dei
sentimenti
più
belli
,
ed
anche
,
messo
a
una
prova
,
d
'
un
'
azione
forte
e
generosa
gli
lasciava
la
briglia
sul
collo
e
aspettava
che
mettesse
giudizio
da
sé
.
Buono
era
,
piuttosto
che
tristo
;
ma
caparbio
,
e
difficile
molto
,
anche
quando
aveva
il
cuore
stretto
dal
pentimento
,
a
lasciarsi
sfuggire
dalla
bocca
quelle
buone
parole
che
ci
fanno
perdonare
:
-
Sì
,
ho
torto
,
non
lo
farò
più
,
te
lo
prometto
,
perdonami
.
-
Aveva
l
'
anima
piena
di
tenerezza
alle
volte
;
ma
l
'
orgoglio
non
la
lasciava
uscire
.
-
Ah
Ferruccio
!
-
continuò
la
nonna
,
vedendolo
così
muto
.
-
Non
una
parola
di
pentimento
mi
dici
!
Tu
vedi
in
che
stato
mi
trovo
ridotta
,
che
mi
potrebbero
sotterrare
.
Non
dovresti
aver
cuore
di
farmi
soffrire
,
di
far
piangere
la
mamma
della
tua
mamma
,
così
vecchia
,
vicina
al
suo
ultimo
giorno
;
la
tua
povera
nonna
,
che
t
'
ha
sempre
voluto
tanto
bene
;
che
ti
cullava
per
notti
e
notti
intere
quand
'
eri
bimbo
di
pochi
mesi
,
e
che
non
mangiava
per
baloccarti
,
tu
non
lo
sai
!
Io
dicevo
sempre
:
-
Questo
sarà
la
mia
consolazione
!
-
E
ora
tu
mi
fai
morire
!
Io
darei
volentieri
questo
po
'
di
vita
che
mi
resta
,
per
vederti
tornar
buono
,
obbediente
come
a
quei
giorni
...
quando
ti
conducevo
al
Santuario
,
ti
ricordi
,
Ferruccio
?
che
mi
empivi
le
tasche
di
sassolini
e
d
'
erbe
,
e
io
ti
riportavo
a
casa
in
braccio
,
addormentato
?
Allora
volevi
bene
alla
tua
povera
nonna
.
E
ora
che
sono
paralitica
e
che
avrei
bisogno
della
tua
affezione
come
dell
'
aria
per
respirare
,
perché
non
ho
più
altro
al
mondo
,
povera
donna
mezza
morta
che
sono
,
Dio
mio
!
...
Ferruccio
stava
per
lanciarsi
verso
la
nonna
,
vinto
dalla
commozione
,
quando
gli
parve
di
sentire
un
rumor
leggiero
,
uno
scricchiolìo
nello
stanzino
accanto
,
quello
che
dava
sull
'
orto
.
Ma
non
capì
se
fossero
le
imposte
scosse
dal
vento
,
o
altro
.
Tese
l
'
orecchio
.
La
pioggia
scrosciava
.
Il
rumore
si
ripeté
.
La
nonna
lo
sentì
pure
.
-
Cos
'
è
?
-
domandò
la
nonna
dopo
un
momento
,
turbata
.
-
La
pioggia
,
-
mormorò
il
ragazzo
.
-
Dunque
,
Ferruccio
,
-
disse
la
vecchia
,
asciugandosi
gli
occhi
,
-
me
lo
prometti
che
sarai
buono
,
che
non
farai
mai
più
piangere
la
tua
povera
nonna
...
Un
nuovo
rumor
leggiero
la
interruppe
.
-
Ma
non
mi
pare
la
pioggia
!
-
esclamò
,
impallidendo
-
...
va
'
a
vedere
!
Ma
soggiunse
subito
:
-
No
,
resta
qui
!
-
e
afferrò
Ferruccio
per
la
mano
.
Rimasero
tutti
e
due
col
respiro
sospeso
.
Non
sentivan
che
il
rumore
dell
'
acqua
.
Poi
tutti
e
due
ebbero
un
brivido
.
All
'
uno
e
all
'
altra
era
parso
di
sentire
uno
stropiccìo
di
piedi
nello
stanzino
.
-
Chi
c
'
è
?
-
domandò
il
ragazzo
,
raccogliendo
il
fiato
a
fatica
.
Nessuno
rispose
.
-
Chi
c
'
è
?
-
ridomandò
Ferruccio
,
agghiacciato
dalla
paura
.
Ma
aveva
appena
pronunciato
quelle
parole
,
che
tutt
'
e
due
gettarono
un
grido
di
terrore
.
Due
uomini
erano
balzati
nella
stanza
;
l
'
uno
afferrò
il
ragazzo
e
gli
cacciò
una
mano
sulla
bocca
;
l
'
altro
strinse
la
vecchia
alla
gola
;
il
primo
disse
:
-
Zitto
,
se
non
vuoi
morire
!
-
il
secondo
:
-
Taci
!
-
e
levò
un
coltello
.
L
'
uno
e
l
'
altro
avevano
una
pezzuola
scura
sul
viso
,
con
due
buchi
davanti
agli
occhi
.
Per
un
momento
non
si
sentì
altro
che
il
respiro
affannoso
di
tutti
e
quattro
e
lo
scrosciar
della
pioggia
;
la
vecchia
metteva
dei
rantoli
fitti
,
e
aveva
gli
occhi
fuor
del
capo
.
Quello
che
teneva
il
ragazzo
,
gli
disse
nell
'
orecchio
:
-
Dove
tiene
i
danari
tuo
padre
?
Il
ragazzo
rispose
con
un
fil
di
voce
,
battendo
i
denti
:
-
Di
là
...
nell
'
armadio
.
-
Vieni
con
me
,
-
disse
l
'
uomo
.
E
lo
trascinò
nello
stanzino
,
tenendolo
stretto
alla
gola
.
Là
c
'
era
una
lanterna
cieca
,
sul
pavimento
.
-
Dov
'
è
l
'
armadio
?
-
domandò
.
Il
ragazzo
,
soffocato
,
accennò
l
'
armadio
.
Allora
,
per
esser
sicuro
del
ragazzo
,
l
'
uomo
lo
gittò
in
ginocchio
,
davanti
all
'
armadio
,
e
serrandogli
forte
il
collo
fra
le
proprie
gambe
,
in
modo
da
poterlo
strozzare
se
urlava
,
e
tenendo
il
coltello
fra
i
denti
e
la
lanterna
da
una
mano
,
cavò
di
tasca
con
l
'
altra
un
ferro
acuminato
,
lo
ficcò
nella
serratura
,
frugò
,
ruppe
,
spalancò
i
battenti
,
rimescolò
in
furia
ogni
cosa
,
s
'
empì
le
tasche
,
richiuse
,
tornò
ad
aprire
,
rifrugò
:
poi
riafferrò
il
ragazzo
alla
strozza
,
e
lo
risospinse
di
là
,
dove
l
'
altro
teneva
ancora
agguantata
la
vecchia
,
convulsa
,
col
capo
arrovesciato
e
la
bocca
aperta
.
Costui
domandò
a
bassa
voce
:
-
Trovato
?
Il
compagno
rispose
:
-
Trovato
.
E
soggiunse
:
-
Guarda
all
'
uscio
.
Quello
che
teneva
la
vecchia
corse
alla
porta
dell
'
orto
a
vedere
se
c
'
era
nessuno
,
e
disse
dallo
stanzino
,
con
una
voce
che
parve
un
fischio
:
-
Vieni
.
Quello
che
era
rimasto
,
e
che
teneva
ancora
Ferruccio
mostrò
il
coltello
al
ragazzo
e
alla
vecchia
che
riapriva
gli
occhi
,
e
disse
:
-
Non
una
voce
,
o
torno
indietro
e
vi
sgozzo
!
E
li
fisso
un
momento
tutti
e
due
.
In
quel
punto
si
sentì
lontano
,
per
lo
stradone
,
un
canto
di
molte
voci
.
Il
ladro
voltò
rapidamente
il
capo
verso
l
'
uscio
,
e
in
quel
moto
violento
gli
cadde
la
pezzuola
dal
viso
.
La
vecchia
gettò
un
urlo
:
-
Mozzoni
!
-
Maledetta
!
-
ruggì
il
ladro
,
riconosciuto
.
-
Devi
morire
!
E
si
avventò
a
coltello
alzato
contro
la
vecchia
,
che
svenne
sull
'
atto
.
L
'
assassino
menò
il
colpo
.
Ma
con
un
movimento
rapidissimo
,
gettando
un
grido
disperato
,
Ferruccio
s
'
era
lanciato
sulla
nonna
,
e
l
'
aveva
coperta
col
proprio
corpo
.
L
'
assassino
fuggì
urtando
il
tavolo
e
rovesciando
il
lume
,
che
si
spense
.
Il
ragazzo
scivolò
lentamente
di
sopra
alla
nonna
,
e
cadde
in
ginocchio
,
e
rimase
in
quell
'
atteggiamento
,
con
le
braccia
intorno
alla
vita
di
lei
e
il
capo
sul
suo
seno
.
Qualche
momento
passò
;
era
buio
fitto
;
il
canto
dei
contadini
s
'
andava
allontanando
per
la
campagna
.
La
vecchia
rinvenne
.
-
Ferruccio
!
-
chiamò
con
voce
appena
intelligibile
,
battendo
i
denti
.
-
Nonna
,
-
rispose
il
ragazzo
.
La
vecchia
fece
uno
sforzo
per
parlare
;
ma
il
terrore
le
paralizzava
la
lingua
.
Stette
un
pezzo
in
silenzio
,
tremando
violentemente
.
Poi
riuscì
a
domandare
:
-
Non
ci
son
più
?
-
No
.
-
Non
m
'
hanno
uccisa
,
-
mormorò
la
vecchia
con
voce
soffocata
.
-
No
...
siete
salva
,
-
disse
Ferruccio
,
con
voce
fioca
.
-
Siete
salva
,
cara
nonna
.
Hanno
portato
via
dei
denari
.
Ma
il
babbo
...
aveva
preso
quasi
tutto
con
sé
.
La
nonna
mise
un
respiro
.
-
Nonna
,
-
disse
Ferruccio
,
sempre
in
ginocchio
,
stringendola
alla
vita
,
-
cara
nonna
...
mi
volete
bene
,
non
è
vero
?
-
Oh
Ferruccio
!
povero
figliuol
mio
!
-
rispose
quella
,
mettendogli
le
mani
sul
capo
,
-
che
spavento
devi
aver
avuto
!
Oh
Signore
Iddio
misericordioso
!
Accendi
un
po
'
di
lume
...
No
,
restiamo
al
buio
,
ho
ancora
paura
.
-
Nonna
,
-
riprese
il
ragazzo
,
-
io
v
'
ho
sempre
dato
dei
dispiaceri
...
-
No
,
Ferruccio
,
non
dir
queste
cose
;
io
non
ci
penso
più
,
ho
scordato
tutto
,
ti
voglio
tanto
bene
!
-
V
'
ho
sempre
dato
dei
dispiaceri
,
-
continuò
Ferruccio
,
a
stento
,
con
la
voce
tremola
;
-
ma
...
vi
ho
sempre
voluto
bene
.
Mi
perdonate
?
...
Perdonatemi
,
nonna
-
Sì
,
figliuolo
,
ti
perdono
,
ti
perdono
con
tutto
il
cuore
.
Pensa
un
po
'
se
non
ti
perdono
.
Levati
d
'
in
ginocchio
,
bambino
mio
.
Non
ti
sgriderò
mai
più
.
Sei
buono
,
sei
tanto
buono
!
Accendiamo
il
lume
.
Facciamoci
un
po
'
di
coraggio
.
Alzati
,
Ferruccio
.
-
Grazie
,
nonna
,
-
disse
il
ragazzo
,
con
la
voce
sempre
più
debole
.
-
Ora
...
sono
contento
.
Vi
ricorderete
di
me
,
nonna
...
non
è
vero
?
vi
ricorderete
sempre
di
me
...
del
vostro
Ferruccio
.
-
Ferruccio
mio
!
-
esclamò
la
nonna
,
stupita
e
inquieta
,
mettendogli
le
mani
sulle
spalle
e
chinando
il
capo
,
come
per
guardarlo
nel
viso
.
-
Ricordatevi
di
me
,
-
mormorò
ancora
il
ragazzo
con
una
voce
che
pareva
un
soffio
.
-
Date
un
bacio
a
mia
madre
...
a
mio
padre
...
a
Luigina
...
Addio
,
nonna
...
-
In
nome
del
cielo
,
cos
'
hai
!
-
gridò
la
vecchia
palpando
affannosamente
il
capo
del
ragazzo
che
le
si
era
abbandonato
sulle
ginocchia
;
e
poi
con
quanta
voce
avea
in
gola
disperatamente
:
-
Ferruccio
!
Ferruccio
!
Ferruccio
!
Bambino
mio
!
Amor
mio
!
Angeli
del
paradiso
,
aiutatemi
!
Ma
Ferruccio
non
rispose
più
.
Il
piccolo
eroe
,
il
salvatore
della
madre
di
sua
madre
,
colpito
d
'
una
coltellata
nel
dorso
,
aveva
reso
la
bella
e
ardita
anima
a
Dio
.
Il
muratorino
moribondo
18
,
martedì
Il
povero
muratorino
è
malato
grave
;
il
maestro
ci
disse
d
'
andarlo
a
vedere
,
e
combinammo
d
'
andarci
insieme
Garrone
,
Derossi
ed
io
.
Stardi
pure
sarebbe
venuto
,
ma
siccome
il
maestro
ci
diede
per
lavoro
la
descrizione
del
Monumento
a
Cavour
,
egli
ci
disse
che
doveva
andar
a
vedere
il
monumento
,
per
far
la
descrizione
più
esatta
.
Così
per
prova
invitammo
anche
quel
gonfionaccio
di
Nobis
,
che
ci
rispose
:
-
No
,
-
senz
'
altro
.
Votini
pure
si
scusò
,
forse
per
paura
di
macchiarsi
il
vestito
di
calcina
.
Ci
andammo
all
'
uscita
delle
quattro
.
Pioveva
a
catinelle
.
Per
la
strada
Garrone
si
fermò
e
disse
con
la
bocca
piena
di
pane
:
-
Cosa
si
compera
?
-
e
faceva
sonare
due
soldi
nella
tasca
.
Mettemmo
due
soldi
ciascuno
e
comperammo
tre
arancie
grosse
.
Salimmo
alla
soffitta
.
Davanti
all
'
uscio
Derossi
si
levò
la
medaglia
e
se
la
mise
in
tasca
:
gli
domandai
perché
:
-
Non
so
,
rispose
,
-
per
non
aver
l
'
aria
...
mi
par
più
delicato
entrare
senza
medaglia
.
-
Picchiammo
,
ci
aperse
il
padre
,
quell
'
omone
che
pare
un
gigante
:
aveva
la
faccia
stravolta
che
pareva
spaventato
.
-
Chi
siete
?
-
domandò
.
-
Garrone
rispose
:
-
Siamo
compagni
di
scuola
d
'
Antonio
,
che
gli
portiamo
tre
arancie
.
-
Ah
!
povero
Tonino
,
-
esclamò
il
muratore
scotendo
il
capo
,
-
ho
paura
che
non
le
mangerà
più
le
vostre
arancie
!
-
e
si
asciugò
gli
occhi
col
rovescio
della
mano
.
Ci
fece
andar
avanti
:
entrammo
in
una
camera
a
tetto
,
dove
vedemmo
il
«
muratorino
»
che
dormiva
in
un
piccolo
letto
di
ferro
:
sua
madre
stava
abbandonata
sul
letto
col
viso
nelle
mani
,
e
si
voltò
appena
a
guardarci
:
da
una
parte
pendevan
dei
pennelli
,
un
piccone
e
un
crivello
da
calcina
;
sui
piedi
del
malato
era
distesa
la
giacchetta
del
muratore
,
bianca
di
gesso
.
Il
povero
ragazzo
era
smagrito
,
bianco
bianco
,
col
naso
affilato
,
e
respirava
corto
.
O
caro
Tonino
,
tanto
buono
e
allegro
,
piccolo
compagno
mio
,
come
mi
fece
pena
,
quanto
avrei
dato
per
rivedergli
fare
il
muso
di
lepre
,
povero
muratorino
!
Garrone
gli
mise
un
'
arancia
sul
cuscino
,
accanto
al
viso
:
l
'
odore
lo
svegliò
,
la
pigliò
subito
,
ma
poi
la
lasciò
andare
,
e
guardò
fisso
Garrone
.
-
Son
io
,
-
disse
questi
,
-
Garrone
:
mi
conosci
?
-
Egli
fece
un
sorriso
che
si
vide
appena
,
e
levò
a
stento
dal
letto
la
sua
mano
corta
e
la
porse
a
Garrone
,
che
la
prese
fra
le
sue
e
vi
appoggiò
sopra
la
guancia
dicendo
:
-
Coraggio
,
coraggio
,
muratorino
;
tu
guarirai
presto
e
tornerai
alla
scuola
e
il
maestro
ti
metterà
vicino
a
me
,
sei
contento
?
-
Ma
il
muratorino
non
rispose
.
La
madre
scoppiò
in
singhiozzi
:
-
Oh
il
mio
povero
Tonino
!
il
mio
povero
Tonino
!
Così
bravo
e
buono
,
e
Dio
che
ce
lo
vuol
prendere
!
-
Chétati
!
-
le
gridò
il
muratore
,
disperato
,
-
chetati
per
amor
di
Dio
,
o
perdo
la
testa
!
-
Poi
disse
a
noi
affannosamente
:
-
Andate
,
andate
,
ragazzi
;
grazie
;
andate
;
che
volete
far
qui
?
Grazie
;
andatevene
a
casa
.
-
Il
ragazzo
aveva
richiuso
gli
occhi
e
pareva
morto
.
-
Ha
bisogno
di
qualche
servizio
?
-
domandò
Garrone
.
-
No
,
buon
figliuolo
,
grazie
,
rispose
il
muratore
;
-
andatevene
a
casa
.
-
E
così
dicendo
ci
spinse
sul
pianerottolo
e
richiuse
l
'
uscio
.
Ma
non
eravamo
a
metà
delle
scale
,
che
lo
sentimmo
gridare
:
-
Garrone
!
Garrone
!
-
Risalimmo
in
fretta
tutti
e
tre
.
-
Garrone
!
-
gridò
il
muratore
col
viso
mutato
,
-
t
'
ha
chiamato
per
nome
,
due
giorni
che
non
parlava
,
t
'
ha
chiamato
due
volte
,
vuole
te
,
vieni
subito
.
Ah
santo
Iddio
,
se
fosse
un
buon
segno
!
-
A
rivederci
,
-
disse
Garrone
a
noi
,
-
io
rimango
,
-
e
si
lanciò
in
casa
col
padre
.
Derossi
aveva
gli
occhi
pieni
di
lacrime
.
Io
gli
dissi
:
-
Piangi
per
il
muratorino
?
Egli
ha
parlato
,
guarirà
.
-
Lo
credo
,
-
rispose
Derossi
;
-
ma
non
pensavo
a
lui
...
Pensavo
com
'
è
buono
,
che
anima
bella
è
Garrone
!
Il
conte
Cavour
29
,
mercoledì
È
la
descrizione
del
monumento
al
conte
Cavour
che
tu
devi
fare
.
Puoi
farla
.
Ma
chi
sia
stato
il
conte
Cavour
non
lo
puoi
capire
per
ora
.
Per
ora
sappi
questo
soltanto
.
egli
fu
per
molti
anni
il
primo
ministro
del
Piemonte
,
è
lui
che
mandò
l
'
esercito
piemontese
in
Crimea
a
rialzare
con
la
vittoria
della
Cernaia
la
nostra
gloria
militare
caduta
con
la
sconfitta
di
Novara
;
è
lui
che
fece
calare
dalle
Alpi
centocinquantamila
Francesi
a
cacciar
gli
Austriaci
dalla
Lombardia
,
è
lui
che
governò
l
'
Italia
nel
periodo
più
solenne
della
nostra
rivoluzione
,
che
diede
in
quegli
anni
il
più
potente
impulso
alla
santa
impresa
dell
'
unificazione
della
patria
,
lui
con
l
'
ingegno
luminoso
,
con
la
costanza
invincibile
,
con
l
'
operosità
più
che
umana
.
Molti
generali
passarono
ore
terribili
sul
campo
di
battaglia
;
ma
egli
ne
passò
di
più
terribili
nel
suo
gabinetto
quando
l
'
enorme
opera
sua
poteva
rovinare
di
momento
in
momento
come
un
fragile
edifizio
a
un
crollo
di
terremoto
,
ore
,
notti
di
lotta
e
d
'
angoscia
passò
,
da
uscirne
con
la
ragione
stravolta
o
con
la
morte
nel
cuore
.
E
fu
questo
gigantesco
e
tempestoso
lavoro
che
gli
accorciò
di
vent
'
anni
la
vita
.
Eppure
,
divorato
dalla
febbre
che
lo
doveva
gettar
nella
fossa
,
egli
lottava
ancora
disperatamente
con
la
malattia
,
per
far
qualche
cosa
per
il
suo
paese
.
-
È
strano
,
diceva
con
dolore
dal
suo
letto
di
morte
,
-
non
so
più
leggere
,
non
posso
più
leggere
.
-
Mentre
gli
cavavan
sangue
e
la
febbre
aumentava
,
pensava
alla
sua
patria
,
diceva
imperiosamente
:
-
Guaritemi
,
la
mia
mente
s
'
oscura
,
ho
bisogno
di
tutte
le
mie
facoltà
per
trattare
dei
gravi
affari
.
-
Quando
era
già
ridotto
agli
estremi
,
e
tutta
la
città
s
'
agitava
,
e
il
Re
stava
al
suo
capezzale
,
egli
diceva
con
affanno
.
-
Ho
molte
cose
da
dirvi
,
Sire
,
molte
cose
da
farvi
vedere
;
ma
son
malato
,
non
posso
,
non
posso
;
-
e
si
desolava
.
E
sempre
il
suo
pensiero
febbrile
rivolava
allo
Stato
,
alle
nuove
provincie
italiane
che
s
'
erano
unite
a
noi
;
alle
tante
cose
che
rimanevan
da
farsi
.
Quando
lo
prese
il
delirio
.
-
Educate
l
'
infanzia
,
-
esclamava
fra
gli
aneliti
,
-
educate
l
'
infanzia
e
la
gioventù
...
governate
con
la
libertà
.
-
Il
delirio
cresceva
,
la
morte
gli
era
sopra
,
ed
egli
invocava
con
parole
ardenti
il
generale
Garibaldi
,
col
quale
aveva
avuto
dei
dissensi
,
e
Venezia
e
Roma
che
non
erano
ancor
libere
,
aveva
delle
vaste
visioni
dell
'
avvenire
d
'
Italia
e
d
'
Europa
,
sognava
un
'
invasione
straniera
,
domandava
dove
fossero
i
corpi
dell
'
esercito
e
i
generali
,
trepidava
ancora
per
noi
,
per
il
suo
popolo
.
Il
suo
grande
dolore
,
capisci
,
non
era
di
sentirsi
mancare
la
vita
,
era
di
vedersi
sfuggire
la
patria
,
che
aveva
ancora
bisogno
di
lui
,
e
per
la
quale
aveva
logorato
in
pochi
anni
le
forze
smisurate
del
suo
miracoloso
organismo
.
Morì
col
grido
della
battaglia
nella
gola
,
e
la
sua
morte
fu
grande
come
la
sua
vita
.
Ora
pensa
un
poco
,
Enrico
,
che
cosa
è
il
nostro
lavoro
,
che
pure
ci
pesa
tanto
,
che
cosa
sono
i
nostri
dolori
,
la
nostra
morte
stessa
,
a
confronto
delle
fatiche
,
degli
affanni
formidabili
,
delle
agonie
tremende
di
quegli
uomini
;
a
cui
pesa
un
mondo
sul
cuore
!
Pensa
a
questo
,
figliuolo
,
quando
passi
davanti
a
quell
'
immagine
di
marmo
,
e
dille
:
-
Gloria
!
-
in
cuor
tuo
.
TUO
PADRE
APRILE
Primavera
1
,
sabato
Primo
d
'
aprile
!
Tre
soli
mesi
ancora
.
Questa
è
stata
una
delle
più
belle
mattinate
dell
'
anno
.
Io
ero
contento
,
nella
scuola
,
perché
Coretti
m
'
aveva
detto
d
'
andar
dopo
domani
a
veder
arrivare
il
Re
,
insieme
con
suo
padre
che
lo
conosce
;
e
perché
mia
madre
m
'
avea
promesso
di
condurmi
lo
stesso
giorno
a
visitar
l
'
Asilo
infantile
di
Corso
Valdocco
.
Anche
ero
contento
perché
il
«
muratorino
»
sta
meglio
,
e
perché
ieri
sera
,
passando
,
il
maestro
disse
a
mio
padre
:
-
Va
bene
,
va
bene
.
-
E
poi
era
una
bella
mattinata
di
primavera
.
Dalle
finestre
della
scuola
si
vedeva
il
cielo
azzurro
,
gli
alberi
del
giardino
tutti
coperti
di
germogli
,
e
le
finestre
delle
case
spalancate
,
colle
cassette
e
i
vasi
già
verdeggianti
.
Il
maestro
non
rideva
,
perché
non
ride
mai
,
ma
era
di
buon
umore
,
tanto
che
non
gli
appariva
quasi
più
quella
ruga
diritta
in
mezzo
alla
fronte
;
e
spiegava
un
problema
sulla
lavagna
,
celiando
.
E
si
vedeva
che
provava
piacere
a
respirar
l
'
aria
del
giardino
che
veniva
per
le
finestre
aperte
,
piena
d
'
un
buon
odor
fresco
di
terra
e
di
foglie
,
che
faceva
pensare
alle
passeggiate
in
campagna
.
Mentre
egli
spiegava
,
si
sentiva
in
una
strada
vicina
un
fabbro
ferraio
che
batteva
sull
'
incudine
,
e
nella
casa
di
faccia
una
donna
che
cantava
per
addormentare
il
bambino
:
lontano
,
nella
caserma
della
Cernaia
,
suonavano
le
trombe
.
Tutti
parevano
contenti
,
persino
Stardi
.
A
un
certo
momento
il
fabbro
si
mise
a
picchiar
più
forte
,
la
donna
a
cantar
più
alto
.
Il
maestro
s
'
interruppe
e
prestò
l
'
orecchio
.
Poi
disse
lentamente
guardando
per
la
finestra
:
-
Il
cielo
che
sorride
,
una
madre
che
canta
,
un
galantuomo
che
lavora
,
dei
ragazzi
che
studiano
...
ecco
delle
cose
belle
.
-
Quando
uscimmo
dalla
classe
,
vedemmo
che
anche
tutti
gli
altri
erano
allegri
;
tutti
camminavano
in
fila
pestando
i
piedi
forte
e
canticchiando
,
come
alla
vigilia
d
'
una
vacanza
di
quattro
giorni
;
le
maestre
scherzavano
;
quella
della
penna
rossa
saltellava
dietro
i
suoi
bimbi
come
una
scolaretta
;
i
parenti
dei
ragazzi
discorrevano
fra
loro
ridendo
,
e
la
madre
di
Crossi
,
l
'
erbaiola
,
ci
aveva
nelle
ceste
tanti
mazzi
di
violette
,
che
empivano
di
profumo
tutto
il
camerone
.
Io
non
sentii
mai
tanta
contentezza
come
questa
mattina
a
veder
mia
madre
che
mi
aspettava
nella
strada
.
E
glielo
dissi
andandole
incontro
:
-
Sono
contento
:
cos
'
è
mai
che
mi
fa
così
contento
questa
mattina
?
-
E
mia
madre
mi
rispose
sorridendo
che
era
la
bella
stagione
e
la
buona
coscienza
.
Re
Umberto
3
,
lunedì
Alle
dieci
in
punto
mio
padre
vide
dalla
finestra
Coretti
,
il
rivenditore
di
legna
,
e
il
figliuolo
,
che
m
'
aspettavano
sulla
piazza
,
e
mi
disse
:
-
Eccoli
,
Enrico
;
va
'
a
vedere
il
tuo
re
.
Io
andai
giù
lesto
come
un
razzo
.
Padre
e
figliuolo
erano
anche
più
vispi
del
solito
e
non
mi
parve
mai
che
si
somigliassero
tanto
l
'
uno
all
'
altro
come
questa
mattina
:
il
padre
aveva
alla
giacchetta
la
medaglia
al
valore
in
mezzo
alle
due
commemorative
,
e
i
baffetti
arricciati
e
aguzzi
come
due
spilli
.
Ci
mettemmo
subito
in
cammino
verso
la
stazione
della
strada
ferrata
,
dove
il
re
doveva
arrivare
alle
dieci
e
mezzo
.
Coretti
padre
fumava
la
pipa
e
si
fregava
le
mani
.
-
Sapete
,
-
diceva
-
che
non
l
'
ho
più
visto
dalla
guerra
del
sessantasei
?
La
bagatella
di
quindici
anni
e
sei
mesi
.
Prima
tre
anni
in
Francia
,
poi
a
Mondovì
;
e
qui
che
l
'
avrei
potuto
vedere
,
non
s
'
è
mai
dato
il
maledetto
caso
che
mi
trovassi
in
città
quando
egli
veniva
.
Quando
si
dice
le
combinazioni
.
Egli
chiamava
il
re
:
-
Umberto
-
come
un
camerata
.
-
Umberto
comandava
la
16a
divisione
,
Umberto
aveva
ventidue
anni
e
tanti
giorni
,
Umberto
montava
a
cavallo
così
e
così
.
-
Quindici
anni
!
-
diceva
forte
,
allungando
il
passo
.
-
Ho
proprio
desiderio
di
rivederlo
.
L
'
ho
lasciato
principe
,
lo
rivedo
re
.
E
anch
'
io
ho
cambiato
:
son
passato
da
soldato
a
rivenditor
di
legna
.
-
E
rideva
.
Il
figliuolo
gli
domandò
:
-
Se
vi
vedesse
,
vi
riconoscerebbe
?
Egli
si
mise
a
ridere
.
-
Tu
sei
matto
,
-
rispose
.
-
Ci
vorrebbe
altro
.
Lui
,
Umberto
,
era
uno
solo
;
noi
eravamo
come
le
mosche
.
E
poi
sì
che
ci
stette
a
guardare
uno
per
uno
.
Sboccammo
sul
corso
Vittorio
Emanuele
;
c
'
era
molta
gente
che
s
'
avviava
alla
stazione
.
Passava
una
compagnia
d
'
Alpini
,
con
le
trombe
.
Passarono
due
carabinieri
a
cavallo
,
di
galoppo
.
Era
un
sereno
che
smagliava
.
-
Sì
!
-
esclamò
Coretti
padre
,
animandosi
;
-
mi
fa
proprio
piacere
di
rivederlo
,
il
mio
generale
di
divisione
.
Ah
!
come
sono
invecchiato
presto
!
Mi
pare
l
'
altro
giorno
che
avevo
lo
zaino
sulle
spalle
e
il
fucile
tra
le
mani
in
mezzo
a
quel
tramestio
,
la
mattina
del
24
giugno
,
quando
s
'
era
per
venire
ai
ferri
.
Umberto
andava
e
veniva
coi
suoi
ufficiali
,
mentre
tonava
il
cannone
,
lontano
;
e
tutti
lo
guardavano
e
dicevano
:
-
Purché
non
ci
sia
una
palla
anche
per
lui
!
-
Ero
a
mille
miglia
dal
pensare
che
di
lì
a
poco
me
gli
sarei
trovato
tanto
vicino
,
davanti
alle
lance
degli
ulani
austriaci
;
ma
proprio
a
quattro
passi
l
'
un
dall
'
altro
,
figliuoli
.
Era
una
bella
giornata
,
il
cielo
come
uno
specchio
,
ma
un
caldo
!
Vediamo
se
si
può
entrare
.
Eravamo
arrivati
alla
stazione
;
c
'
era
una
gran
folla
,
carrozze
,
guardie
,
carabinieri
,
società
con
bandiere
.
La
banda
d
'
un
reggimento
suonava
.
Coretti
padre
tentò
di
entrare
sotto
il
porticato
;
ma
gli
fu
impedito
.
Allora
pensò
di
cacciarsi
in
prima
fila
nella
folla
che
facea
ala
all
'
uscita
,
e
aprendosi
il
passo
coi
gomiti
,
riuscì
a
spingere
innanzi
anche
noi
.
Ma
la
folla
,
ondeggiando
,
ci
sbalzava
un
po
'
di
qua
e
un
po
'
di
là
.
Il
venditor
di
legna
adocchiava
il
primo
pilastro
del
porticato
,
dove
le
guardie
non
lasciavano
stare
nessuno
.
-
Venite
con
me
,
-
disse
a
un
tratto
,
e
tirandoci
per
le
mani
,
attraversò
in
due
salti
lo
spazio
vuoto
e
s
'
andò
a
piantar
là
,
con
le
spalle
al
muro
.
Accorse
subito
un
brigadiere
di
Polizia
e
gli
disse
:
-
Qui
non
si
può
stare
.
-
Son
del
quarto
battaglione
del
'49
,
-
rispose
Coretti
,
toccandosi
la
medaglia
.
Il
brigadiere
lo
guardò
e
disse
:
-
Restate
.
-
Ma
se
lo
dico
io
!
-
esclamò
Coretti
trionfante
;
-
è
una
parola
magica
quel
quarto
del
quarantanove
!
Non
ho
diritto
di
vederlo
un
po
'
a
mio
comodo
il
mio
generale
,
io
che
son
stato
nel
quadrato
!
Se
l
'
ho
visto
da
vicino
allora
,
mi
par
giusto
di
vederlo
da
vicino
adesso
.
E
dico
generale
!
È
stato
mio
comandante
di
battaglione
,
per
una
buona
mezz
'
ora
,
perché
in
quei
momenti
lo
comandava
lui
il
battaglione
,
mentre
c
'
era
in
mezzo
,
e
non
il
maggiore
Ubrich
,
sagrestia
!
Intanto
si
vedeva
nel
salone
dell
'
arrivo
e
fuori
un
gran
rimescolio
di
signori
e
d
'
ufficiali
,
e
davanti
alla
porta
si
schieravano
le
carrozze
,
coi
servitori
vestiti
di
rosso
.
Coretti
domandò
a
suo
padre
se
il
principe
Umberto
aveva
la
sciabola
in
mano
quand
'
era
nel
quadrato
.
-
Avrà
ben
avuto
la
sciabola
in
mano
,
-
rispose
,
-
per
parare
una
lanciata
,
che
poteva
toccare
a
lui
come
a
un
altro
.
Ah
!
i
demoni
scatenati
!
Ci
vennero
addosso
come
l
'
ira
di
Dio
,
ci
vennero
.
Giravano
tra
i
gruppi
,
i
quadrati
,
i
cannoni
,
che
parevan
mulinati
da
un
uragano
,
sfondando
ogni
cosa
.
Era
una
confusione
di
cavalleggeri
d
'
Alessandria
,
di
lancieri
di
Foggia
,
di
fanteria
,
di
ulani
,
di
bersaglieri
,
un
inferno
che
non
se
ne
capiva
più
niente
.
Io
intesi
gridare
:
-
Altezza
!
Altezza
!
-
vidi
venir
le
lancie
calate
,
scaricammo
i
fucili
,
un
nuvolo
di
polvere
nascose
tutto
...
Poi
la
polvere
si
diradò
...
La
terra
era
coperta
di
cavalli
e
di
ulani
feriti
e
morti
.
Io
mi
voltai
indietro
,
e
vidi
in
mezzo
a
noi
Umberto
,
a
cavallo
,
che
guardava
intorno
,
tranquillo
,
con
l
'
aria
di
domandare
:
-
C
'
è
nessuno
graffiato
dei
miei
ragazzi
?
-
E
noi
gli
gridammo
:
-
Evviva
!
-
sulla
faccia
,
come
matti
.
Sacro
Dio
che
momento
!
...
Ecco
il
treno
che
arriva
.
La
banda
suonò
,
gli
ufficiali
accorsero
,
la
folla
s
'
alzò
in
punta
di
piedi
.
-
Eh
,
non
esce
mica
subito
,
-
disse
una
guardia
;
-
ora
gli
fanno
un
discorso
.
Coretti
padre
non
stava
più
nella
pelle
.
-
Ah
!
quando
ci
penso
,
-
disse
,
-
io
lo
vedo
sempre
là
.
Sta
bene
tra
i
colerosi
e
i
terremoti
e
che
so
altro
:
anche
là
è
stato
bravo
;
ma
io
l
'
ho
sempre
in
mente
come
l
'
ho
visto
allora
,
in
mezzo
a
noi
,
con
quella
faccia
tranquilla
.
E
son
sicuro
che
se
ne
ricorda
anche
lui
del
quarto
del
'49
,
anche
adesso
che
è
re
,
e
che
gli
farebbe
piacere
di
averci
una
volta
a
tavola
tutti
insieme
,
quelli
che
s
'
è
visto
intorno
in
quei
momenti
.
Adesso
ci
ha
generali
e
signoroni
e
galloni
;
allora
non
ci
aveva
che
dei
poveri
soldati
.
Se
ci
potessi
un
po
'
barattare
quattro
parole
,
a
quattr
'
occhi
!
Il
nostro
generale
di
ventidue
anni
,
il
nostro
principe
,
che
era
affidato
alle
nostre
baionette
...
Quindici
anni
che
non
lo
vedo
...
Il
nostro
Umberto
,
va
'
.
Ah
!
questa
musica
mi
rimescola
il
sangue
,
parola
d
'
onore
.
Uno
scoppio
di
grida
l
'
interruppe
,
migliaia
di
cappelli
s
'
alzarono
in
aria
,
quattro
signori
vestiti
di
nero
salirono
nella
prima
carrozza
-
È
lui
!
-
gridò
Coretti
,
e
rimase
come
incantato
.
Poi
disse
piano
:
-
Madonna
mia
,
come
s
'
è
fatto
grigio
!
-
Tutti
e
tre
ci
scoprimmo
il
capo
:
la
carrozza
veniva
innanzi
lentamente
,
in
mezzo
alla
folla
che
gridava
e
agitava
i
cappelli
.
Io
guardai
Coretti
padre
.
Mi
parve
un
altro
:
pareva
diventato
più
alto
,
serio
,
un
po
'
pallido
,
ritto
appiccicato
contro
il
pilastro
.
La
carrozza
arrivò
davanti
a
noi
,
a
un
passo
dal
pilastro
.
-
Evviva
!
-
gridarono
molte
voci
.
-
Evviva
!
-
gridò
Coretti
,
dopo
gli
altri
.
Il
re
lo
guardò
in
viso
e
arrestò
un
momento
lo
sguardo
sulle
tre
medaglie
.
Allora
Coretti
perdé
la
testa
e
urlò
:
-
Quarto
battaglione
del
quarantanove
!
Il
re
,
che
s
'
era
già
voltato
da
un
'
altra
parte
,
si
rivoltò
verso
di
noi
,
e
fissando
Coretti
negli
occhi
,
stese
la
mano
fuor
della
carrozza
.
Coretti
fece
un
salto
avanti
e
gliela
strinse
.
La
carrozza
passò
,
la
folla
irruppe
e
ci
divise
,
perdemmo
di
vista
Coretti
padre
.
Ma
fu
un
momento
.
Subito
lo
ritrovammo
,
ansante
,
con
gli
occhi
umidi
,
che
chiamava
per
nome
il
figliuolo
,
tenendo
la
mano
in
alto
.
Il
figliuolo
si
slanciò
verso
di
lui
,
ed
egli
gridò
:
-
Qua
,
piccino
,
che
ho
ancora
calda
la
mano
!
-
e
gli
passò
la
mano
intorno
al
viso
,
dicendo
:
-
Questa
è
una
carezza
del
re
.
E
rimase
lì
come
trasognato
,
con
gli
occhi
fissi
sulla
carrozza
lontana
,
sorridendo
,
con
la
pipa
tra
le
mani
,
in
mezzo
a
un
gruppo
di
curiosi
che
lo
guardavano
.
-
È
uno
del
quadrato
del
'49
,
-
dicevano
.
-
È
un
soldato
che
conosce
il
re
.
-
È
il
re
che
l
'
ha
riconosciuto
.
-
È
lui
che
gli
ha
teso
la
mano
.
-
Ha
dato
una
supplica
al
re
,
-
disse
uno
più
forte
.
-
No
,
-
rispose
Coretti
,
voltandosi
bruscamente
;
-
non
gli
ho
dato
nessuna
supplica
,
io
.
Un
'
altra
cosa
gli
darei
,
se
me
la
domandasse
...
Tutti
lo
guardarono
.
Ed
egli
disse
semplicemente
:
-
Il
mio
sangue
.
L
'
asilo
infantile
4
,
martedì
Mia
madre
,
come
m
'
aveva
promesso
,
mi
condusse
ieri
dopo
colazione
all
'
asilo
infantile
di
Corso
Valdocco
,
per
raccomandare
alla
direttrice
una
sorella
piccola
di
Precossi
.
Io
non
avevo
mai
visto
un
asilo
.
Quanto
mi
divertirono
!
Duecento
c
'
erano
tra
bimbi
e
bimbe
,
così
piccoli
,
che
i
nostri
della
prima
inferiore
sono
uomini
appetto
a
quelli
.
Arrivammo
appunto
che
entravano
in
fila
nel
refettorio
,
dove
erano
due
tavole
lunghissime
con
tante
buche
rotonde
,
e
in
ogni
buca
una
scodella
nera
,
piena
di
riso
e
fagioli
,
e
un
cucchiaio
di
stagno
accanto
.
Entrando
alcuni
piantavano
un
melo
,
e
restavan
lì
sul
pavimento
,
fin
che
accorrevan
le
maestre
a
tirarli
su
.
Molti
si
fermavano
davanti
a
una
scodella
,
credendo
che
fosse
quello
il
loro
posto
,
e
ingollavano
subito
una
cucchiaiata
,
quando
arrivava
una
maestra
e
diceva
:
-
Avanti
!
-
e
quelli
avanti
tre
o
quattro
passi
e
giù
un
'
altra
cucchiaiata
,
e
avanti
ancora
,
fin
che
arrivavano
al
proprio
posto
,
dopo
aver
beccato
a
scrocco
una
mezza
minestrina
.
Finalmente
,
a
furia
di
spingere
,
di
gridare
:
-
Sbrigatevi
!
Sbrigatevi
!
-
li
misero
in
ordine
tutti
,
e
cominciarono
la
preghiera
.
Ma
tutti
quelli
delle
file
di
dentro
,
i
quali
per
pregare
dovevan
voltar
la
schiena
alla
scodella
,
torcevano
il
capo
indietro
per
tenerla
d
'
occhio
,
che
nessuno
ci
pescasse
,
e
poi
pregavano
così
,
con
le
mani
giunte
e
con
gli
occhi
al
cielo
,
ma
col
cuore
alla
pappa
.
Poi
si
misero
a
mangiare
.
Ah
che
ameno
spettacolo
!
Uno
mangiava
con
due
cucchiai
,
l
'
altro
s
'
ingozzava
con
le
mani
,
molti
levavano
i
fagioli
un
per
uno
e
se
li
ficcavano
in
tasca
;
altri
invece
li
rinvoltavano
stretti
nel
grembiulino
e
ci
picchiavan
su
,
per
far
la
pasta
.
Ce
n
'
erano
anche
che
non
mangiavano
per
veder
volar
le
mosche
,
e
alcuni
tossivano
e
spandevano
una
pioggia
di
riso
tutto
intorno
.
Un
pollaio
,
pareva
.
Ma
era
grazioso
.
Facevano
una
bella
figura
le
due
file
delle
bambine
,
tutte
coi
capelli
legati
sul
cocuzzolo
con
tanti
nastrini
rossi
,
verdi
,
azzurri
.
Una
maestra
domandò
a
una
fila
di
otto
bambine
:
-
Dove
nasce
il
riso
?
Tutte
otto
spalancaron
la
bocca
piena
di
minestra
,
e
risposero
tutte
insieme
cantando
:
-
Na
-
sce
nel
-
l
'
ac
-
qua
,
-
Poi
la
maestra
comandò
:
-
Le
mani
in
alto
!
-
E
allora
fu
bello
vedere
scattar
su
tutti
quei
braccini
,
che
mesi
fa
erano
ancor
nelle
fascie
,
e
agitarsi
tutte
quelle
mani
piccole
,
che
parevan
tante
farfalle
bianche
e
rosate
.
Poi
andarono
alla
ricreazione
;
ma
prima
presero
tutti
i
loro
panierini
con
dentro
la
colazione
,
che
erano
appesi
ai
muri
.
Uscirono
nel
giardino
e
si
sparpagliarono
,
tirando
fuori
le
loro
provvigioni
:
pane
,
prune
cotte
,
un
pezzettino
di
formaggio
,
un
ovo
sodo
,
delle
mele
piccole
,
una
pugnata
di
ceci
lessi
,
un
'
ala
di
pollo
.
In
un
momento
tutto
il
giardino
fu
coperto
di
bricioline
come
se
ci
avessero
sparso
del
becchime
per
uno
stormo
d
'
uccelli
.
Mangiavano
in
tutte
le
più
strane
maniere
,
come
i
conigli
,
i
topi
,
i
gatti
,
rosicchiando
,
leccando
,
succhiando
.
C
'
era
un
bimbo
che
si
teneva
appuntato
un
grissino
sul
petto
e
lo
andava
ungendo
con
una
nespola
,
come
se
lustrasse
una
sciabola
.
Delle
bambine
spiaccicavano
nel
pugno
delle
formaggiole
molli
,
che
colavano
fra
le
dita
,
come
latte
,
e
filavan
giù
dentro
alle
maniche
;
ed
esse
non
se
n
'
accorgevano
mica
.
Correvano
e
s
'
inseguivano
con
le
mele
e
i
panini
attaccati
ai
denti
,
come
i
cani
.
Ne
vidi
tre
che
scavavano
con
un
fuscello
dentro
a
un
ovo
sodo
credendo
di
scoprirvi
dei
tesori
,
e
lo
spandean
mezzo
per
terra
,
e
poi
lo
raccoglievano
briciolo
per
briciolo
,
con
grande
pazienza
,
come
se
fossero
perle
.
E
a
quelli
che
avevan
qualcosa
di
straordinario
,
c
'
erano
intorno
otto
o
dieci
col
capo
chino
a
guardar
nel
paniere
,
come
avrebber
guardato
la
luna
nel
pozzo
.
Ci
saranno
stati
venti
intorno
a
un
batuffoletto
alto
così
,
che
aveva
in
mano
un
cartoccino
di
zucchero
,
tutti
a
fargli
cerimonie
per
aver
il
permesso
d
'
intingere
il
pane
,
e
lui
a
certi
lo
dava
,
ed
ad
altri
,
pregato
bene
,
non
imprestava
che
il
dito
da
succhiare
.
Intanto
mia
madre
era
venuta
nel
giardino
e
accarezzava
ora
l
'
uno
ora
l
'
altro
.
Molti
le
andavano
intorno
,
anzi
addosso
,
a
chiederle
un
bacio
col
viso
in
su
,
come
se
guardassero
a
un
terzo
piano
,
aprendo
e
chiudendo
la
bocca
,
come
per
domandare
la
cioccia
.
Uno
le
offerse
uno
spicchio
d
'
arancia
morsicchiato
,
un
altro
una
crostina
di
pane
,
una
bimba
le
diede
una
foglia
;
un
'
altra
bimba
le
mostrò
con
grande
serietà
la
punta
dell
'
indice
dove
,
a
guardar
bene
,
si
vedeva
un
gonfiettino
microscopico
,
che
s
'
era
fatto
il
giorno
prima
toccando
la
fiammella
della
candela
.
Le
mettevan
sotto
gli
occhi
,
come
grandi
meraviglie
,
degl
'
insetti
piccolissimi
,
che
non
so
come
facessero
a
vederli
e
a
raccoglierli
,
dei
mezzi
tappi
di
sughero
,
dei
bottoncini
di
camicia
,
dei
fiorellini
strappati
dai
vasi
.
Un
bambino
con
la
testa
fasciata
,
che
voleva
esser
sentito
a
ogni
costo
,
le
tartagliò
non
so
che
storia
d
'
un
capitombolo
,
che
non
se
ne
capì
una
parola
;
-
un
altro
volle
che
mia
madre
si
chinasse
,
e
le
disse
nell
'
orecchio
:
-
Mio
padre
fa
le
spazzole
.
-
E
in
quel
frattempo
accadevano
qua
e
là
mille
disgrazie
,
che
facevano
accorrere
le
maestre
:
bambine
che
piangevano
perché
non
potevano
disfare
un
nodo
del
fazzoletto
,
altre
che
si
disputavano
a
unghiate
e
a
strilli
due
semi
di
mela
,
un
bimbo
che
era
caduto
bocconi
sopra
un
panchettino
rovesciato
,
e
singhiozzava
su
quella
rovina
,
senza
potersi
rialzare
.
Prima
d
'
andar
via
,
mia
madre
ne
prese
in
braccio
tre
o
quattro
,
e
allora
accorsero
da
tutte
le
parti
per
farsi
pigliare
,
coi
visi
tinti
di
torlo
d
'
ovo
e
di
sugo
d
'
arancia
,
e
chi
a
afferrarle
le
mani
,
chi
a
prenderle
un
dito
per
veder
l
'
anello
,
l
'
uno
a
tirarle
la
catenella
dell
'
orologio
,
l
'
altro
a
volerla
acchiappare
per
le
trecce
.
-
Badi
,
-
dicevano
le
maestre
,
-
che
le
sciupan
tutto
il
vestito
.
-
Ma
a
mia
madre
non
importava
nulla
del
vestito
,
e
continuò
a
baciarli
,
e
quelli
sempre
più
a
serrarlesi
addosso
,
i
primi
con
le
braccia
tese
come
se
volessero
arrampicarsi
,
i
lontani
cercando
di
farsi
innanzi
tra
la
calca
,
e
tutti
gridando
:
-
Addio
!
Addio
!
Addio
!
-
infine
le
riuscì
di
scappar
dal
giardino
.
E
allora
corsero
tutti
a
mettere
il
viso
tra
i
ferri
della
cancellata
,
per
vederla
passare
,
e
a
cacciar
le
braccia
fuori
per
salutarla
,
offrendo
ancora
tozzi
di
pane
,
bocconcini
di
nespola
e
croste
di
formaggio
,
e
gridando
tutti
insieme
:
-
Addio
!
Addio
!
Addio
!
Ritorna
domani
!
Vieni
un
'
altra
volta
!
-
Mia
madre
,
scappando
,
fece
ancora
scorrere
una
mano
su
quelle
cento
manine
tese
,
come
sopra
una
ghirlanda
di
rose
vive
,
e
finalmente
riuscì
in
salvo
sulla
strada
,
tutta
coperta
di
briciole
e
di
macchie
,
sgualcita
e
scarmigliata
,
con
una
mano
piena
di
fiori
e
gli
occhi
gonfi
di
lacrime
,
contenta
,
come
se
fosse
uscita
da
una
festa
.
E
si
sentiva
ancora
il
vocìo
di
dentro
,
come
un
gran
pispigliare
d
'
uccelli
,
che
dicevano
:
-
Addio
!
Addio
!
Vieni
un
'
altra
volta
,
madama
!
Alla
ginnastica
5
,
mercoledì
Il
tempo
continuando
bellissimo
,
ci
hanno
fatto
passare
dalla
ginnastica
del
camerone
a
quella
degli
attrezzi
,
in
giardino
.
Garrone
era
ieri
nell
'
ufficio
del
Direttore
quando
venne
la
madre
di
Nelli
,
quella
signora
bionda
e
vestita
di
nero
,
per
far
dispensare
il
figliuolo
dai
nuovi
esercizi
.
Ogni
parola
le
costava
uno
sforzo
,
e
parlava
tenendo
una
mano
sul
capo
del
suo
ragazzo
.
-
Egli
non
può
...
-
disse
al
Direttore
.
Ma
Nelli
si
mostrò
così
addolorato
di
essere
escluso
dagli
attrezzi
,
d
'
aver
quella
umiliazione
di
più
...
-
Vedrai
,
mamma
,
-
diceva
,
-
che
farò
come
gli
altri
.
-
Sua
madre
lo
guardava
,
in
silenzio
,
con
un
'
aria
di
pietà
e
di
affetto
.
Poi
osservò
con
esitazione
:
-
Temo
dei
suoi
compagni
.
-
Voleva
dire
:
-
Temo
che
lo
burlino
.
-
Ma
Nelli
rispose
:
-
Non
mi
fa
nulla
...
e
poi
c
'
è
Garrone
.
Mi
basta
che
ci
sia
lui
che
non
rida
.
-
E
allora
lo
lasciaron
venire
.
Il
maestro
,
quello
della
ferita
al
collo
,
che
è
stato
con
Garibaldi
,
ci
condusse
subito
alle
sbarre
verticali
,
che
sono
alte
molto
,
e
bisognava
arrampicarsi
fino
in
cima
,
e
mettersi
ritti
sull
'
asse
trasversale
.
Derossi
e
Coretti
andaron
su
come
due
bertucce
;
anche
il
piccolo
Precossi
salì
svelto
,
benché
impacciato
da
quel
giacchettone
che
gli
dà
alle
ginocchia
,
e
per
farlo
ridere
,
mentre
saliva
tutti
gli
ripeteano
il
suo
intercalare
:
-
Scusami
,
scusami
!
-
Stardi
sbuffava
,
diventava
rosso
come
un
tacchino
,
stringeva
i
denti
che
pareva
un
cane
arrabbiato
;
ma
anche
a
costo
di
scoppiare
sarebbe
arrivato
in
cima
,
e
ci
arrivò
infatti
;
e
Nobis
pure
,
e
quando
fu
lassù
prese
un
'
impostatura
da
imperatore
,
ma
Votini
sdrucciolò
due
volte
,
nonostante
il
suo
bel
vestito
nuovo
a
righette
azzurre
,
fatto
apposta
per
la
ginnastica
.
Per
salir
più
facile
s
'
eran
tutti
impiastrati
le
mani
di
pece
greca
,
colofonia
,
come
la
chiamano
;
e
si
sa
che
è
quel
trafficone
di
Garoffi
che
la
provvede
a
tutti
,
in
polvere
,
vendendola
un
soldo
al
cartoccio
e
guadagnandoci
un
tanto
.
Poi
toccò
a
Garrone
,
che
salì
masticando
pane
,
come
se
niente
fosse
,
e
credo
che
sarebbe
stato
capace
di
portar
su
un
di
noi
sulle
spalle
,
da
tanto
ch
'
è
tarchiato
e
forte
,
quel
toretto
.
Dopo
Garrone
,
ecco
Nelli
.
Appena
lo
videro
attaccarsi
alla
sbarra
con
quelle
mani
lunghe
e
sottili
molti
cominciarono
a
ridere
e
a
canzonare
;
ma
Garrone
incrociò
le
sue
grosse
braccia
sul
petto
,
e
saettò
intorno
un
'
occhiata
così
espressiva
,
fece
intender
così
chiaro
che
avrebbe
allungato
subito
quattro
briscole
anche
in
presenza
del
maestro
,
che
tutti
smisero
di
ridere
sul
momento
.
Nelli
cominciò
a
arrampicarsi
stentava
,
poverino
,
faceva
il
viso
pavonazzo
,
respirava
forte
,
gli
colava
il
sudore
dalla
fronte
.
Il
maestro
disse
:
-
Vieni
giù
.
-
Ma
egli
no
,
si
sforzava
,
s
'
ostinava
:
io
m
'
aspettavo
da
un
momento
all
'
altro
di
vederlo
ruzzolar
giù
mezzo
morto
.
Povero
Nelli
!
Pensavo
se
fossi
stato
come
lui
e
m
'
avesse
visto
mia
madre
,
come
n
'
avrebbe
sofferto
,
povera
mia
madre
,
e
pensando
a
questo
,
gli
volevo
così
bene
a
Nelli
,
avrei
dato
non
so
che
perché
riuscisse
a
salire
,
per
poterlo
sospinger
io
per
di
sotto
,
senz
'
esser
veduto
.
Intanto
Garrone
,
Derossi
,
Coretti
dicevano
:
-
Su
,
su
,
Nelli
,
forza
,
ancora
un
tratto
,
coraggio
!
-
E
Nelli
fece
ancora
uno
sforzo
violento
,
mettendo
un
gemito
,
e
si
trovò
a
due
palmi
dall
'
asse
.
-
Bravo
!
-
gridarono
gli
altri
.
-
Coraggio
!
Ancora
una
spinta
!
-
Ed
ecco
Nelli
afferrato
all
'
asse
.
Tutti
batteron
le
mani
.
-
Bravo
!
-
disse
il
maestro
,
-
ma
ora
basta
;
scendi
pure
.
-
Ma
Nelli
volle
salir
fino
in
cima
come
gli
altri
,
e
dopo
un
po
'
di
stento
riuscì
a
mettere
i
gomiti
sull
'
asse
,
poi
le
ginocchia
,
poi
i
piedi
:
infine
si
levò
ritto
,
e
ansando
e
sorridendo
,
ci
guardò
.
Noi
tornammo
a
batter
le
mani
,
e
allora
egli
guardò
nella
strada
.
Io
mi
voltai
da
quella
parte
,
e
a
traverso
alle
piante
che
copron
la
cancellata
del
giardino
,
vidi
sua
madre
che
passeggiava
sul
marciapiede
,
senz
'
osar
di
guardare
.
Nelli
discese
e
tutti
gli
fecero
festa
:
era
eccitato
,
roseo
,
gli
splendevan
gli
occhi
,
non
pareva
più
quello
.
Poi
,
all
'
uscita
,
quando
sua
madre
gli
venne
incontro
e
gli
domandò
un
po
'
inquieta
,
abbracciandolo
:
-
Ebbene
,
povero
figliuolo
,
com
'
è
andata
?
com
'
è
andata
?
-
tutti
i
compagni
risposero
insieme
:
-
Ha
fatto
bene
!
-
È
salito
come
noi
.
-
È
forte
,
sa
.
-
È
lesto
.
-
Fa
tale
e
quale
come
gli
altri
.
-
Bisognò
vederla
,
allora
,
la
gioia
di
quella
signora
!
Ci
volle
ringraziare
e
non
poté
,
strinse
la
mano
a
tre
o
quattro
,
fece
una
carezza
a
Garrone
,
si
portò
via
il
figliuolo
,
e
li
vedemmo
per
un
pezzo
camminare
in
fretta
,
discorrendo
e
gestendo
fra
loro
,
tutti
e
due
contenti
,
come
non
li
avea
mai
visti
nessuno
.
Il
maestro
di
mio
padre
11
,
martedì
Che
bella
gita
feci
ieri
con
mio
padre
!
Ecco
come
.
Ieri
l
'
altro
,
a
desinare
,
leggendo
il
giornale
,
mio
padre
uscì
tutt
'
a
un
tratto
in
una
esclamazione
di
meraviglia
.
Poi
disse
:
-
E
io
che
lo
credevo
morto
da
vent
'
anni
!
Sapete
che
è
ancora
vivo
il
mio
primo
maestro
elementare
,
Vincenzo
Crosetti
,
che
ha
ottantaquattro
anni
?
Vedo
qui
che
il
Ministero
gli
ha
dato
la
medaglia
di
benemerenza
per
sessant
'
anni
d
'
insegnamento
.
Ses
-
san
-
t
'
an
-
ni
,
capite
?
E
non
son
che
due
anni
che
ha
smesso
di
far
scuola
.
Povero
Crosetti
!
Sta
a
un
'
ora
di
strada
ferrata
di
qui
,
a
Condove
,
nel
paese
della
nostra
antica
giardiniera
della
villa
di
Chieri
.
-
E
soggiunse
:
-
Enrico
,
noi
andremo
a
vederlo
.
-
E
per
tutta
la
sera
non
parlò
più
che
di
lui
.
Il
nome
del
suo
maestro
elementare
gli
richiamava
alla
memoria
mille
cose
di
quand
'
era
ragazzo
,
dei
suoi
primi
compagni
,
della
sua
mamma
morta
.
-
Crosetti
!
-
esclamava
.
-
Aveva
quarant
'
anni
quando
ero
con
lui
.
Mi
pare
ancor
di
vederlo
.
Un
ometto
già
un
po
'
curvo
,
cogli
occhi
chiari
,
col
viso
sempre
sbarbato
.
Severo
,
ma
di
buone
maniere
,
che
ci
voleva
bene
come
un
padre
e
non
ce
ne
perdonava
una
.
Era
venuto
su
da
contadino
,
a
furia
di
studio
e
di
privazioni
.
Un
galantuomo
.
Mia
madre
gli
era
affezionata
e
mio
padre
lo
trattava
come
un
amico
.
Com
'
è
andato
a
finire
a
Condove
,
da
Torino
?
Non
mi
riconoscerà
più
,
certamente
.
Non
importa
,
io
riconoscerò
lui
.
Quarantaquattro
anni
son
passati
.
Quarantaquattro
anni
,
Enrico
,
andremo
a
vederlo
domani
.
E
ieri
mattina
alle
nove
eravamo
alla
stazione
della
strada
ferrata
di
Susa
.
Io
avrei
voluto
che
venisse
anche
Garrone
;
ma
egli
non
poté
perché
ha
la
mamma
malata
.
Era
una
bella
giornata
di
primavera
.
Il
treno
correva
fra
i
prati
verdi
e
le
siepi
in
fiore
,
e
si
sentiva
un
'
aria
odorosa
.
Mio
padre
era
contento
,
e
ogni
tanto
mi
metteva
un
braccio
intorno
al
collo
,
e
mi
parlava
come
a
un
amico
,
guardando
la
campagna
.
-
Povero
Crosetti
!
-
diceva
.
-
È
lui
il
primo
uomo
che
mi
volle
bene
e
che
mi
fece
del
bene
dopo
mio
padre
.
Non
li
ho
mai
più
dimenticati
certi
suoi
buoni
consigli
,
e
anche
certi
rimproveri
secchi
,
che
mi
facevan
tornare
a
casa
con
la
gola
stretta
.
Aveva
certe
mani
grosse
e
corte
.
Lo
vedo
ancora
quando
entrava
nella
scuola
,
che
metteva
la
canna
in
un
canto
e
appendeva
il
mantello
all
'
attaccapanni
,
sempre
con
quello
stesso
gesto
.
E
tutti
i
giorni
il
medesimo
umore
,
sempre
coscienzioso
,
pieno
di
buon
volere
e
attento
,
come
se
ogni
giorno
facesse
scuola
per
la
prima
volta
.
Lo
ricordo
come
lo
sentissi
adesso
quando
mi
gridava
:
-
Bottini
,
eh
,
Bottini
!
L
'
indice
e
il
medio
su
quella
penna
!
-
Sarà
molto
cambiato
,
dopo
quarantaquattro
anni
.
Appena
arrivati
a
Condove
,
andammo
a
cercare
la
nostra
antica
giardiniera
di
Chieri
,
che
ha
una
botteguccia
,
in
un
vicolo
.
La
trovammo
coi
suoi
ragazzi
,
ci
fece
molta
festa
,
ci
diede
notizie
di
suo
marito
,
che
deve
tornare
dalla
Grecia
,
dov
'
è
a
lavorare
da
tre
anni
,
e
della
sua
prima
figliuola
,
che
è
nell
'
Istituto
dei
sordomuti
a
Torino
.
Poi
c
'
insegnò
la
strada
per
andar
dal
maestro
,
che
è
conosciuto
da
tutti
.
Uscimmo
dal
paese
,
e
pigliammo
per
una
viottola
in
salita
,
fiancheggiata
di
siepi
fiorite
.
Mio
padre
non
parlava
più
,
pareva
tutto
assorto
nei
suoi
ricordi
,
e
ogni
tanto
sorrideva
e
poi
scoteva
la
testa
.
All
'
improvviso
si
fermò
,
e
disse
:
-
Eccolo
.
Scommetto
che
è
lui
.
Veniva
giù
verso
di
noi
,
per
la
viottola
,
un
vecchio
piccolo
,
con
la
barba
bianca
,
con
un
cappello
largo
,
appoggiandosi
a
un
bastone
:
strascicava
i
piedi
e
gli
tremavan
le
mani
.
-
È
lui
,
-
ripeté
mio
padre
,
affrettando
il
passo
.
Quando
gli
fummo
vicini
,
ci
fermammo
.
Il
vecchio
pure
si
fermò
,
e
guardò
mio
padre
.
Aveva
il
viso
ancora
fresco
,
e
gli
occhi
chiari
e
vivi
.
-
È
lei
-
domandò
mio
padre
,
levandosi
il
cappello
,
-
il
maestro
Vincenzo
Crosetti
?
Il
vecchio
pure
si
levò
il
cappello
e
rispose
:
-
Son
io
,
-
con
una
voce
un
po
'
tremola
,
ma
piena
.
-
Ebbene
,
-
disse
mio
padre
,
pigliandogli
una
mano
,
-
permetta
a
un
suo
antico
scolaro
di
stringerle
la
mano
e
di
domandarle
come
sta
.
Io
son
venuto
da
Torino
per
vederla
.
Il
vecchio
lo
guardò
stupito
.
Poi
disse
:
-
Mi
fa
troppo
onore
...
non
so
...
Quando
,
mio
scolaro
?
mi
scusi
.
Il
suo
nome
,
per
piacere
.
Mio
padre
disse
il
suo
nome
,
Alberto
Bottini
,
e
l
'
anno
che
era
stato
a
scuola
da
lui
,
e
dove
;
e
soggiunse
:
-
Lei
non
si
ricorderà
di
me
,
è
naturale
.
Ma
io
riconosco
lei
così
bene
!
Il
maestro
chinò
il
capo
e
guardò
in
terra
,
pensando
,
e
mormorò
due
o
tre
volte
il
nome
di
mio
padre
;
il
quale
,
intanto
,
lo
guardava
con
gli
occhi
fissi
e
sorridenti
.
A
un
tratto
il
vecchio
alzò
il
viso
,
con
gli
occhi
spalancati
,
e
disse
lentamente
:
-
Alberto
Bottini
?
il
figliuolo
dell
'
ingegnere
Bottini
?
quello
che
stava
in
piazza
della
Consolata
?
-
Quello
,
-
rispose
mio
padre
,
tendendo
le
mani
.
-
Allora
...
-
disse
il
vecchio
,
-
mi
permetta
,
caro
signore
,
mi
permetta
,
-
e
fattosi
innanzi
,
abbracciò
mio
padre
:
la
sua
testa
bianca
gli
arrivava
appena
alla
spalla
.
Mio
padre
appoggiò
la
guancia
sulla
sua
fronte
.
-
Abbiate
la
bontà
di
venir
con
me
,
-
disse
il
maestro
.
E
senza
parlare
,
si
voltò
e
riprese
il
cammino
verso
casa
sua
.
In
pochi
minuti
arrivammo
a
un
'
aia
,
davanti
a
una
piccola
casa
con
due
usci
,
intorno
a
uno
dei
quali
c
'
era
un
po
'
di
muro
imbiancato
.
Il
maestro
aperse
il
secondo
,
e
ci
fece
entrare
in
una
stanza
.
Eran
quattro
pareti
bianche
:
in
un
canto
un
letto
a
cavalletti
con
una
coperta
a
quadretti
bianchi
e
turchini
,
in
un
altro
un
tavolino
con
una
piccola
libreria
;
quattro
seggiole
e
una
vecchia
carta
geografica
inchiodata
a
una
parete
:
si
sentiva
un
buon
odore
di
mele
.
Sedemmo
tutti
e
tre
.
Mio
padre
e
il
maestro
si
guardarono
per
qualche
momento
,
in
silenzio
.
-
Bottini
!
-
esclamò
poi
il
maestro
,
fissando
gli
occhi
sul
pavimento
a
mattoni
,
dove
il
sole
faceva
uno
scacchiere
.
-
Oh
!
mi
ricordo
bene
.
La
sua
signora
madre
era
una
così
buona
signora
!
Lei
,
il
primo
anno
,
è
stato
per
un
pezzo
nel
primo
banco
a
sinistra
,
vicino
alla
finestra
.
Guardi
un
po
'
se
mi
ricordo
.
Vedo
ancora
la
sua
testa
ricciuta
.
-
Poi
stette
un
po
'
pensando
.
-
Era
un
ragazzo
vivo
,
eh
?
molto
.
Il
secondo
anno
è
stato
malato
di
crup
.
Mi
ricordo
quando
lo
riportarono
alla
scuola
,
dimagrato
,
ravvolto
in
uno
scialle
.
Son
passati
quarant
'
anni
,
non
è
vero
?
È
stato
buono
tanto
a
ricordarsi
del
suo
povero
maestro
.
E
ne
vennero
degli
altri
,
sa
,
gli
anni
addietro
,
a
trovarmi
qui
,
dei
miei
antichi
scolari
:
un
colonnello
,
dei
sacerdoti
,
vari
signori
.
-
Domandò
a
mio
padre
qual
'
era
la
sua
professione
.
Poi
disse
:
-
Mi
rallegro
,
mi
rallegro
di
cuore
.
La
ringrazio
.
Ora
poi
era
un
pezzo
che
non
vedevo
più
nessuno
.
E
ho
ben
paura
che
lei
sia
l
'
ultimo
,
caro
signore
.
-
Che
dice
mai
!
-
esclamò
mio
padre
.
-
Lei
sta
bene
,
è
ancora
vegeto
.
Non
deve
dir
questo
.
-
Eh
no
,
-
rispose
il
maestro
,
-
vede
questo
tremito
?
-
e
mostrò
le
mani
.
-
Questo
è
un
cattivo
segno
.
Mi
prese
tre
anni
fa
,
quando
facevo
ancora
scuola
.
Da
principio
non
ci
badai
;
credevo
che
sarebbe
passato
.
Ma
invece
restò
,
e
andò
crescendo
.
Venne
un
giorno
che
non
potei
più
scrivere
.
Ah
!
quel
giorno
,
quella
prima
volta
che
feci
uno
sgorbio
sul
quaderno
d
'
un
mio
scolaro
,
fu
un
colpo
al
cuore
per
me
,
caro
signore
.
Tirai
bene
ancora
avanti
per
un
po
'
di
tempo
;
ma
poi
non
potei
più
.
Dopo
sessant
'
anni
d
'
insegnamento
dovetti
dare
un
addio
alla
scuola
,
agli
scolari
,
al
lavoro
.
E
fu
dura
,
sa
,
fu
dura
.
L
'
ultima
volta
che
feci
lezione
mi
accompagnarono
tutti
a
casa
,
mi
fecero
festa
;
ma
io
ero
triste
,
capivo
che
la
mia
vita
era
finita
.
Già
l
'
anno
prima
avevo
perso
mia
moglie
e
il
mio
figliuolo
unico
.
Non
restai
che
con
due
nipoti
contadini
.
Ora
vivo
di
qualche
centinaio
di
lire
di
pensione
.
Non
faccio
più
nulla
;
le
giornate
mi
par
che
non
finiscano
mai
.
La
mia
sola
occupazione
,
vede
,
è
di
sfogliare
i
miei
vecchi
libri
di
scuola
,
delle
raccolte
di
giornali
scolastici
,
qualche
libro
che
mi
hanno
regalato
.
Ecco
lì
,
-
disse
accennando
la
piccola
libreria
;
-
lì
ci
sono
i
miei
ricordi
,
tutto
il
mio
passato
...
Non
mi
resta
altro
al
mondo
.
Poi
in
tono
improvvisamente
allegro
:
-
Io
le
voglio
fare
una
sorpresa
,
caro
signor
Bottini
.
S
'
alzò
,
e
avvicinatosi
al
tavolino
,
aperse
un
cassetto
lungo
che
conteneva
molti
piccoli
pacchi
tutti
legati
con
un
cordoncino
,
e
su
ciascuno
c
'
era
scritta
una
data
di
quattro
cifre
.
Dopo
aver
cercato
un
poco
.
ne
aperse
uno
,
sfogliò
molte
carte
,
tirò
fuori
un
foglio
ingiallito
e
lo
porse
a
mio
padre
.
Era
un
suo
lavoro
di
scuola
di
quarant
'
anni
fa
!
C
'
era
scritto
in
testa
:
Alberto
Bottini
.
Dettato
.
3
Aprile
1838
.
Mio
padre
riconobbe
subito
la
sua
grossa
scrittura
di
ragazzo
,
e
si
mise
a
leggere
,
sorridendo
.
Ma
a
un
tratto
gli
si
inumidirono
gli
occhi
.
Io
m
'
alzai
,
domandandogli
che
cos
'
aveva
.
Egli
mi
passò
un
braccio
intorno
alla
vita
e
stringendomi
al
suo
fianco
mi
disse
:
-
Guarda
questo
foglio
.
Vedi
?
Queste
sono
le
correzioni
della
mia
povera
madre
.
Essa
mi
rinforzava
sempre
gli
elle
e
i
ti
.
E
le
ultime
righe
son
tutte
sue
.
Aveva
imparato
a
imitare
i
miei
caratteri
,
e
quando
io
ero
stanco
e
avevo
sonno
,
terminava
il
lavoro
per
me
.
Santa
madre
mia
!
E
baciò
la
pagina
.
-
Ecco
,
-
disse
il
maestro
,
mostrando
gli
altri
pacchi
,
-
le
mie
memorie
.
Ogni
anno
io
ho
messo
da
parte
un
lavoro
di
ciascuno
dei
miei
scolari
,
e
son
tutti
qui
ordinati
e
numerati
.
Alle
volte
li
sfoglio
,
così
,
e
leggo
una
riga
qua
e
una
là
,
e
mi
tornano
in
mente
mille
cose
,
mi
par
di
rivivere
nel
tempo
andato
.
Quanti
ne
son
passati
,
caro
signore
!
Io
chiudo
gli
occhi
,
e
vedo
visi
dietro
visi
,
classi
dietro
classi
,
centinaia
e
centinaia
di
ragazzi
,
che
chi
sa
quanti
sono
già
morti
.
Di
molti
mi
ricordo
bene
.
Mi
ricordo
bene
dei
più
buoni
e
dei
più
cattivi
,
di
quelli
che
m
'
han
dato
molte
soddisfazioni
e
di
quelli
che
m
'
han
fatto
passare
dei
momenti
tristi
;
perché
ci
ho
avuto
anche
dei
serpenti
,
si
sa
,
in
un
così
gran
numero
!
Ma
oramai
,
lei
capisce
è
come
se
fossi
già
nel
mondo
di
là
,
e
voglio
bene
a
tutti
egualmente
.
Si
rimise
a
sedere
e
prese
una
delle
mie
mani
fra
le
sue
.
-
E
di
me
,
-
domandò
mio
padre
sorridendo
,
-
non
si
ricorda
nessuna
monelleria
?
-
Di
lei
,
signore
?
-
rispose
il
vecchio
,
sorridendo
pure
.
-
No
,
per
il
momento
.
Ma
questo
non
vuol
mica
dire
che
non
me
n
'
abbia
fatte
.
Lei
però
aveva
giudizio
,
era
serio
per
l
'
età
sua
.
Mi
ricordo
la
grande
affezione
che
le
aveva
la
sua
signora
madre
...
Ma
è
stato
ben
buono
,
ben
gentile
a
venirmi
a
trovare
!
Come
ha
potuto
lasciare
le
sue
occupazioni
per
venire
da
un
povero
vecchio
maestro
?
-
Senta
,
signor
Crosetti
,
-
rispose
mio
padre
,
vivamente
.
-
Io
mi
ricordo
la
prima
volta
che
la
mia
povera
madre
m
'
accompagnò
alla
sua
scuola
.
Era
la
prima
volta
che
doveva
separarsi
da
me
per
due
ore
,
e
lasciarmi
fuori
di
casa
,
in
altre
mani
che
quelle
di
mio
padre
;
nelle
mani
d
'
una
persona
sconosciuta
,
insomma
.
Per
quella
buona
creatura
la
mia
entrata
nella
scuola
era
come
l
'
entrata
nel
mondo
,
la
prima
di
una
lunga
serie
di
separazioni
necessarie
e
dolorose
:
era
la
società
che
le
strappava
per
la
prima
volta
il
figliuolo
,
per
non
renderglielo
mai
più
tutto
intero
.
Era
commossa
,
ed
io
pure
.
Mi
raccomandò
a
lei
con
la
voce
che
le
tremava
,
e
poi
,
andandosene
,
mi
salutò
ancora
per
lo
spiraglio
dell
'
uscio
,
con
gli
occhi
pieni
di
lacrime
.
E
proprio
in
quel
punto
lei
fece
un
atto
con
una
mano
,
mettendosi
l
'
altra
sul
petto
come
per
dirle
:
«
Signora
,
si
fidi
di
me
.
»
Ebbene
,
quel
suo
atto
,
quel
suo
sguardo
,
da
cui
mi
accorsi
che
lei
aveva
capito
tutti
i
sentimenti
,
tutti
i
pensieri
di
mia
madre
,
quello
sguardo
che
voleva
dire
:
«
Coraggio
!
»
quell
'
atto
che
era
un
'
onesta
promessa
di
protezione
,
d
'
affetto
,
d
'
indulgenza
,
io
non
l
'
ho
mai
scordato
m
'
è
rimasto
scolpito
nel
cuore
per
sempre
;
ed
è
quel
ricordo
che
m
'
ha
fatto
partir
da
Torino
.
Ed
eccomi
qui
,
dopo
quarantaquattro
anni
,
a
dirle
:
Grazie
,
caro
maestro
.
Il
maestro
non
rispose
:
mi
accarezzava
i
capelli
con
la
mano
,
e
la
sua
mano
tremava
,
tremava
,
mi
saltava
dai
capelli
sulla
fronte
,
dalla
fronte
sulla
spalla
.
Intanto
mio
padre
guardava
quei
muri
nudi
,
quel
povero
letto
,
un
pezzo
di
pane
e
un
'
ampollina
d
'
olio
ch
'
eran
sulla
finestra
,
e
pareva
che
volesse
dire
:
-
Povero
maestro
,
dopo
sessant
'
anni
di
lavoro
,
è
questo
tutto
il
tuo
premio
?
Ma
il
buon
vecchio
era
contento
e
ricominciò
a
parlare
con
vivacità
della
nostra
famiglia
,
di
altri
maestri
di
quegli
anni
,
e
dei
compagni
di
scuola
di
mio
padre
;
il
quale
di
alcuni
si
ricordava
e
di
altri
no
,
e
l
'
uno
dava
all
'
altro
delle
notizie
di
questo
e
di
quello
;
quando
mio
padre
ruppe
la
conversazione
per
pregare
il
maestro
di
scendere
in
paese
a
far
colazione
con
noi
.
Egli
rispose
con
espansione
:
-
La
ringrazio
,
la
ringrazio
;
-
ma
pareva
incerto
.
Mio
padre
gli
prese
tutt
'
e
due
le
mani
e
lo
ripregò
.
-
Ma
come
farò
a
mangiare
,
-
disse
il
maestro
-
con
queste
povere
mani
che
ballano
in
questa
maniera
?
È
una
penitenza
anche
per
gli
altri
!
-
Noi
l
'
aiuteremo
,
maestro
-
disse
mio
padre
.
E
allora
accettò
,
tentennando
il
capo
e
sorridendo
.
-
Una
bella
giornata
questa
,
-
disse
chiudendo
l
'
uscio
di
fuori
,
-
una
bella
giornata
,
caro
signor
Bottini
!
Le
accerto
che
me
ne
ricorderò
fin
che
avrò
vita
.
Mio
padre
diede
il
braccio
al
maestro
,
questi
prese
per
mano
me
,
e
discendemmo
per
la
viottola
.
Incontrammo
due
ragazzine
scalze
che
conducevan
le
vacche
,
e
un
ragazzo
che
passò
correndo
,
con
un
gran
carico
di
paglia
sulle
spalle
.
Il
maestro
ci
disse
che
eran
due
scolare
e
uno
scolaro
di
seconda
,
che
la
mattina
menavan
le
bestie
a
pasturare
e
lavoravan
nei
campi
a
piedi
nudi
,
e
la
sera
si
mettevano
le
scarpe
e
andavano
a
scuola
.
Era
quasi
mezzogiorno
.
Non
incontrammo
nessun
altro
.
In
pochi
minuti
arrivammo
all
'
albergo
,
ci
sedemmo
a
una
gran
tavola
,
mettendo
in
mezzo
il
maestro
,
e
cominciammo
subito
a
far
colazione
.
L
'
albergo
era
silenzioso
come
un
convento
.
Il
maestro
era
molto
allegro
,
e
la
commozione
gli
accresceva
il
tremito
;
non
poteva
quasi
mangiare
.
Ma
mio
padre
gli
tagliava
la
carne
,
gli
rompeva
il
pane
,
gli
metteva
il
sale
nel
tondo
.
Per
bere
bisognava
che
tenesse
il
bicchiere
con
due
mani
,
e
ancora
gli
batteva
nei
denti
.
Ma
discorreva
fitto
,
con
calore
,
dei
libri
di
lettura
di
quando
era
giovane
,
degli
orari
d
'
allora
,
degli
elogi
che
gli
avevan
fatto
i
superiori
,
dei
regolamenti
di
quest
'
ultimi
anni
,
sempre
con
quel
viso
sereno
,
un
poco
più
rosso
di
prima
,
e
con
una
voce
gaia
,
e
il
riso
quasi
d
'
un
giovane
.
E
mio
padre
lo
guardava
,
lo
guardava
,
con
la
stessa
espressione
con
cui
lo
sorprendo
qualche
volta
a
guardar
me
,
in
casa
,
quando
pensa
e
sorride
da
sé
,
col
viso
inclinato
da
una
parte
.
Il
maestro
si
lasciò
andar
del
vino
sul
petto
;
mio
padre
s
'
alzò
e
lo
ripulì
col
tovagliolo
.
-
Ma
no
,
signore
,
non
permetto
!
-
egli
disse
,
e
rideva
.
Diceva
delle
parole
in
latino
.
E
in
fine
alzò
il
bicchiere
,
che
gli
ballava
in
mano
,
e
disse
serio
serio
:
-
Alla
sua
salute
,
dunque
,
caro
signor
ingegnere
,
ai
suoi
figliuoli
,
alla
memoria
della
sua
buona
madre
!
-
Alla
vostra
,
mio
buon
maestro
!
-
rispose
mio
padre
,
stringendogli
la
mano
.
E
in
fondo
alla
stanza
c
'
era
l
'
albergatore
ed
altri
,
che
guardavano
,
e
sorridevano
in
una
maniera
,
come
se
fossero
contenti
di
quella
festa
che
si
faceva
al
maestro
del
loro
paese
.
Alle
due
passate
uscimmo
e
il
maestro
ci
volle
accompagnare
alla
stazione
.
Mio
padre
gli
diede
di
nuovo
il
braccio
ed
egli
mi
riprese
per
la
mano
:
io
gli
portai
il
bastone
.
La
gente
si
soffermava
a
guardare
,
perché
tutti
lo
conoscevano
,
alcuni
lo
salutavano
.
A
un
certo
punto
della
strada
sentimmo
da
una
finestra
molte
voci
di
ragazzi
,
che
leggevano
insieme
,
compitando
.
Il
vecchio
si
fermò
e
parve
che
si
rattristasse
.
-
Ecco
,
caro
signor
Bottini
,
-
disse
,
-
quello
che
mi
fa
pena
.
È
sentir
la
voce
dei
ragazzi
nella
scuola
,
e
non
esserci
più
,
pensare
che
c
'
è
un
altro
.
L
'
ho
sentita
per
sessant
'
anni
questa
musica
,
e
ci
avevo
fatto
il
cuore
...
Ora
son
senza
famiglia
.
Non
ho
più
figliuoli
.
-
No
,
maestro
,
-
gli
disse
mio
padre
,
ripigliando
il
cammino
,
-
lei
ce
n
'
ha
ancora
molti
figliuoli
,
sparsi
per
il
mondo
,
che
si
ricordano
di
lei
,
come
io
me
ne
son
sempre
ricordato
.
-
No
,
no
,
-
rispose
il
maestro
,
con
tristezza
,
-
non
ho
più
scuola
,
non
ho
più
figliuoli
.
E
senza
figliuoli
non
vivrò
più
un
pezzo
.
Ha
da
sonar
presto
la
mia
ora
.
-
Non
lo
dica
,
maestro
,
non
lo
pensi
,
-
disse
mio
padre
.
-
In
ogni
modo
,
lei
ha
fatto
tanto
bene
!
Ha
impiegato
la
vita
così
nobilmente
!
Il
vecchio
maestro
inclinò
un
momento
la
testa
bianca
sopra
la
spalla
di
mio
padre
,
e
mi
diede
una
stretta
alla
mano
.
Eravamo
entrati
nella
stazione
.
Il
treno
stava
per
partire
.
-
Addio
,
maestro
!
-
disse
mio
padre
,
baciandolo
sulle
due
guancie
.
-
Addio
,
grazie
,
addio
,
-
rispose
il
maestro
,
prendendo
con
le
sue
mani
tremanti
una
mano
di
mio
padre
,
e
stringendosela
sul
cuore
.
Poi
lo
baciai
io
,
e
gli
sentii
il
viso
bagnato
.
Mio
padre
mi
spinse
nel
vagone
,
e
al
momento
di
salire
levò
rapidamente
il
rozzo
bastone
di
mano
al
maestro
,
e
gli
mise
invece
la
sua
bella
canna
col
pomo
d
'
argento
e
le
sue
iniziali
,
dicendogli
:
-
La
conservi
per
mia
memoria
.
Il
vecchio
tentò
di
renderla
e
di
riprender
la
sua
;
ma
mio
padre
era
già
dentro
,
e
aveva
richiuso
lo
sportello
.
-
Addio
,
mio
buon
maestro
!
-
Addio
,
figliuolo
,
-
rispose
il
maestro
,
mentre
il
treno
si
moveva
,
-
e
Dio
la
benedica
per
la
consolazione
che
ha
portato
a
un
povero
vecchio
.
-
A
rivederci
!
-
gridò
mio
padre
,
con
voce
commossa
.
Ma
il
maestro
crollò
il
capo
come
per
dire
:
-
Non
ci
rivedremo
più
.
-
Sì
,
sì
,
-
ripeté
mio
padre
,
-
a
rivederci
.
E
quegli
rispose
alzando
la
mano
tremola
al
cielo
:
-
Lassù
.
E
disparve
al
nostro
sguardo
così
,
con
la
mano
in
alto
.
Convalescenza
20
,
giovedì
Chi
m
'
avrebbe
detto
quando
tornavo
così
allegro
da
quella
bella
gita
con
mio
padre
che
per
dieci
giorni
non
avrei
più
visto
né
campagna
né
cielo
!
Son
stato
molto
malato
,
in
pericolo
di
vita
.
Ho
sentito
mia
madre
singhiozzare
,
ho
visto
mio
padre
pallido
pallido
,
che
mi
guardava
fisso
,
e
mia
sorella
Silvia
e
mio
fratello
che
discorrevano
a
bassa
voce
,
e
il
medico
,
con
gli
occhiali
,
che
era
ogni
momento
lì
,
e
mi
diceva
delle
cose
che
non
capivo
.
Proprio
,
son
stato
a
un
punto
dal
dare
un
addio
a
tutti
.
Ah
povera
mia
madre
!
Son
passati
almeno
tre
o
quattro
giorni
di
cui
non
mi
ricordo
quasi
nulla
,
come
se
avessi
fatto
un
sogno
imbrogliato
e
oscuro
.
Mi
sembra
d
'
aver
visto
accanto
al
mio
letto
la
mia
buona
maestra
di
prima
superiore
che
si
sforzava
di
soffocar
la
tosse
col
fazzoletto
,
per
non
disturbarmi
;
ricordo
così
in
confuso
il
mio
maestro
che
si
chinò
a
baciarmi
e
mi
punse
un
poco
il
viso
con
la
barba
;
e
ho
visto
passare
come
in
una
nebbia
la
testa
rossa
di
Crossi
,
i
riccioli
biondi
di
Derossi
,
il
calabrese
vestito
di
nero
,
e
Garrone
che
mi
portò
un
mandarino
con
le
foglie
e
scappò
subito
perché
sua
madre
stava
male
.
Poi
mi
destai
come
da
un
sonno
lunghissimo
,
e
capii
che
stavo
meglio
vedendo
mio
padre
e
mia
madre
che
sorridevano
,
e
sentendo
Silvia
che
canterellava
.
Oh
che
triste
sogno
è
stato
!
Poi
ho
cominciato
a
migliorare
ogni
giorno
.
È
venuto
il
«
muratorino
»
che
m
'
ha
rifatto
ridere
per
la
prima
volta
col
suo
muso
lepre
;
e
come
lo
fa
bene
ora
che
gli
s
'
è
allungato
un
po
'
il
viso
per
la
malattia
,
poveretto
!
È
venuto
Coretti
,
è
venuto
Garoffi
a
regalarmi
due
biglietti
della
sua
nuova
lotteria
per
«
un
temperino
a
cinque
sorprese
»
che
comprò
da
un
rigattiere
di
via
Bertola
.
Ieri
poi
,
mentre
dormivo
,
è
venuto
Precossi
,
e
ha
messo
la
guancia
sopra
la
mia
mano
,
senza
svegliarmi
,
e
come
veniva
dall
'
officina
di
suo
padre
col
viso
impolverato
di
carbone
,
mi
lasciò
l
'
impronta
nera
sulla
manica
,
che
mi
ha
fatto
un
gran
piacere
a
vederla
,
quando
mi
sono
svegliato
.
Come
son
diventati
verdi
gli
alberi
in
questi
pochi
giorni
!
E
che
invidia
mi
fanno
i
ragazzi
che
vedo
correre
alla
scuola
coi
loro
libri
,
quando
mio
padre
mi
porta
alla
finestra
!
Ma
fra
poco
ci
tornerò
io
pure
.
Sono
tanto
impaziente
di
rivedere
tutti
quei
ragazzi
,
il
mio
banco
,
il
giardino
,
quelle
strade
;
di
sapere
tutto
quello
che
è
accaduto
in
questo
tempo
;
di
rimettermi
ai
miei
libri
e
ai
miei
quaderni
,
che
mi
pare
un
anno
che
non
li
vedo
più
!
Povera
mia
madre
,
com
'
è
dimagrata
e
impallidita
.
Povero
padre
mio
,
come
ha
l
'
aria
stanca
.
E
i
miei
buoni
compagni
,
che
son
venuti
a
trovarmi
e
camminavano
in
punta
di
piedi
e
mi
baciavano
in
fronte
!
Mi
fa
tristezza
ora
a
pensare
che
un
giorno
ci
separeremo
.
Con
Derossi
,
con
qualche
altro
,
continueremo
a
far
gli
studi
insieme
,
forse
;
ma
tutti
gli
altri
?
Una
volta
finita
la
quarta
,
addio
;
non
ci
vedremo
più
;
non
li
vedrò
più
accanto
al
mio
letto
quando
sarò
malato
;
Garrone
,
Precossi
,
Coretti
,
tanti
bravi
ragazzi
,
tanti
buoni
e
cari
compagni
,
mai
più
!
Gli
amici
operai
20
,
giovedì
Perché
,
Enrico
,
mai
più
?
Questo
dipenderà
da
te
.
Finita
la
quarta
,
tu
andrai
al
Ginnasio
ed
essi
faranno
gli
operai
,
ma
rimarrete
nella
stessa
città
,
forse
per
molti
anni
.
E
perché
,
allora
,
non
v
'
avrete
più
a
rivedere
?
Quando
tu
sarai
all
'
Università
o
al
Liceo
,
li
andrai
a
cercare
nelle
loro
botteghe
o
nelle
loro
officine
,
e
ti
sarà
un
grande
piacere
il
ritrovare
i
tuoi
compagni
d
'
infanzia
,
-
uomini
,
-
al
lavoro
.
Vorrei
vedere
che
tu
non
andassi
a
cercar
Coretti
e
Precossi
;
dovunque
fossero
.
Tu
ci
andrai
,
e
passerai
delle
ore
in
loro
compagnia
,
e
vedrai
,
studiando
la
vita
e
il
mondo
,
quante
cose
potrai
imparare
da
loro
,
che
nessun
altri
ti
saprà
insegnare
,
e
sulle
loro
arti
e
sulla
loro
società
e
sul
tuo
paese
.
E
bada
che
se
non
conserverai
queste
amicizie
,
sarà
ben
difficile
che
tu
ne
acquisti
altre
simili
in
avvenire
,
delle
amicizie
,
voglio
dire
,
fuori
della
classe
a
cui
appartieni
;
e
così
vivrai
in
una
classe
sola
,
e
l
'
uomo
che
pratica
una
sola
classe
sociale
,
è
come
lo
studioso
che
non
legge
altro
che
un
libro
.
Proponiti
quindi
fin
d
'
ora
di
conservarti
quei
buoni
amici
anche
dopo
che
sarete
divisi
;
e
coltivali
fin
d
'
ora
di
preferenza
,
appunto
perché
son
figliuoli
d
'
operai
.
Vedi
:
gli
uomini
delle
classi
superiori
sono
gli
ufficiali
,
e
gli
operai
sono
i
soldati
del
lavoro
,
ma
così
nella
società
come
nell
'
esercito
,
non
solo
il
soldato
non
è
men
nobile
dell
'
ufficiale
,
perché
la
nobiltà
sta
nel
lavoro
e
non
nel
guadagno
,
nel
valore
e
non
nel
grado
,
ma
se
c
'
è
una
superiorità
di
merito
è
dalla
parte
del
soldato
,
dell
'
operaio
,
i
quali
ricavan
dall
'
opera
propria
minor
profitto
.
Ama
dunque
,
rispetta
sopra
tutti
,
fra
i
tuoi
compagni
,
i
figliuoli
dei
soldati
del
lavoro
;
onora
in
essi
le
fatiche
e
i
sacrifici
dei
loro
parenti
;
disprezza
le
differenze
di
fortuna
e
di
classe
,
sulle
quali
i
vili
soltanto
regolano
i
sentimenti
e
la
cortesia
;
pensa
che
uscì
quasi
tutto
dalle
vene
dei
lavoratori
delle
officine
e
dei
campi
il
sangue
benedetto
che
ci
ha
redento
la
patria
,
ama
Garrone
,
ama
Precossi
,
ama
Coretti
,
ama
il
tuo
«
muratorino
»
che
nei
loro
petti
di
piccoli
operai
chiudono
dei
cuori
di
principi
,
e
giura
a
te
medesimo
che
nessun
cangiamento
di
fortuna
potrà
mai
strappare
queste
sante
amicizie
infantili
dall
'
anima
tua
.
Giura
che
se
fra
quarant
'
anni
;
passando
in
una
stazione
di
strada
ferrata
,
riconoscerai
nei
panni
d
'
un
macchinista
il
tuo
vecchio
Garrone
col
viso
nero
...
ah
,
non
m
'
occorre
che
tu
lo
giuri
:
son
sicuro
che
salterai
sulla
macchina
e
che
gli
getterai
le
braccia
al
collo
,
fossi
anche
Senatore
del
Regno
.
TUO
PADRE
La
madre
di
Garrone
29
,
sabato
Tornato
alla
scuola
,
subito
una
triste
notizia
.
Da
vari
giorni
Garrone
non
veniva
più
perché
sua
madre
era
malata
grave
.
Sabato
sera
è
morta
.
Ieri
mattina
,
appena
entrato
nella
scuola
,
il
maestro
ci
disse
:
-
Al
povero
Garrone
è
toccata
la
più
grande
disgrazia
che
possa
colpire
un
fanciullo
.
Gli
è
morta
la
madre
.
Domani
egli
ritornerà
in
classe
.
Vi
prego
fin
d
'
ora
,
ragazzi
:
rispettate
il
terribile
dolore
che
gli
strazia
l
'
anima
.
Quando
entrerà
,
salutatelo
con
affetto
,
e
seri
:
nessuno
scherzi
,
nessuno
rida
con
lui
,
mi
raccomando
.
-
E
questa
mattina
,
un
po
'
più
tardi
degli
altri
,
entrò
il
povero
Garrone
.
Mi
sentii
un
colpo
al
cuore
a
vederlo
.
Era
smorto
in
viso
,
aveva
gli
occhi
rossi
,
e
si
reggeva
male
sulle
gambe
:
pareva
che
fosse
stato
un
mese
malato
:
quasi
non
si
riconosceva
più
:
era
vestito
tutto
di
nero
:
faceva
compassione
.
Nessuno
fiatò
;
tutti
lo
guardarono
.
Appena
entrato
,
al
primo
riveder
quella
scuola
,
dove
sua
madre
era
venuta
a
prenderlo
quasi
ogni
giorno
,
quel
banco
sul
quale
s
'
era
tante
volte
chinata
i
giorni
d
'
esame
a
fargli
l
'
ultima
raccomandazione
,
e
dove
egli
aveva
tante
volte
pensato
a
lei
,
impaziente
d
'
uscire
per
correrle
incontro
,
diede
in
uno
scoppio
di
pianto
disperato
.
Il
maestro
lo
tirò
vicino
a
sé
,
se
lo
strinse
al
petto
e
gli
disse
:
-
Piangi
,
piangi
pure
,
povero
ragazzo
;
ma
fatti
coraggio
.
Tua
madre
non
è
più
qua
,
ma
ti
vede
,
t
'
ama
ancora
,
vive
ancora
accanto
a
te
,
e
un
giorno
tu
la
rivedrai
,
perché
sei
un
'
anima
buona
e
onesta
come
lei
.
Fatti
coraggio
.
-
Detto
questo
,
l
'
accompagnò
al
banco
,
vicino
a
me
.
Io
non
osavo
di
guardarlo
.
Egli
tirò
fuori
i
suoi
quaderni
e
i
suoi
libri
che
non
aveva
aperti
da
molti
giorni
;
e
aprendo
il
libro
di
lettura
dove
c
'
è
una
vignetta
che
rappresenta
una
madre
col
figliuolo
per
mano
,
scoppiò
in
pianto
un
'
altra
volta
,
e
chinò
la
testa
sul
banco
.
Il
maestro
ci
fece
segno
di
lasciarlo
stare
così
,
e
cominciò
la
lezione
.
Io
avrei
voluto
dirgli
qualche
cosa
,
ma
non
sapevo
.
Gli
misi
una
mano
sul
braccio
e
gli
dissi
all
'
orecchio
:
-
Non
piangere
,
Garrone
.
-
Egli
non
rispose
,
e
senz
'
alzar
la
testa
dal
banco
,
mise
la
sua
mano
nella
mia
e
ve
la
tenne
un
pezzo
.
All
'
uscita
nessuno
gli
parlò
tutti
gli
girarono
intorno
,
con
rispetto
,
e
in
silenzio
.
Io
vidi
mia
madre
che
m
'
aspettava
e
corsi
ad
abbracciarla
,
ma
essa
mi
respinse
,
e
guardava
Garrone
.
Subito
non
capii
perché
,
ma
poi
m
'
accorsi
che
Garrone
,
solo
in
disparte
,
guardava
me
;
e
mi
guardava
con
uno
sguardo
d
'
inesprimibile
tristezza
,
che
voleva
dire
:
-
Tu
abbracci
tua
madre
,
e
io
non
l
'
abbraccerò
più
!
Tu
hai
ancora
tua
madre
,
e
la
mia
è
morta
!
-
E
allora
capii
perché
mia
madre
m
'
aveva
respinto
e
uscii
senza
darle
la
mano
.
Giuseppe
Mazzini
29
,
sabato
Anche
questa
mattina
Garrone
venne
alla
scuola
pallido
e
con
gli
occhi
gonfi
di
pianto
;
e
diede
appena
un
'
occhiata
ai
piccoli
regali
che
gli
avevamo
messi
sul
banco
per
consolarlo
.
Ma
il
maestro
aveva
portato
una
pagina
d
'
un
libro
,
da
leggergli
,
per
fargli
animo
.
Prima
ci
avvertì
che
andassimo
tutti
domani
al
tocco
al
Municipio
a
veder
dare
la
medaglia
del
valor
civile
a
un
ragazzo
che
ha
salvato
un
bambino
dal
Po
,
e
che
lunedì
egli
ci
avrebbe
dettato
la
descrizione
della
festa
,
in
luogo
del
racconto
mensile
.
Poi
,
rivoltosi
a
Garrone
,
che
stava
col
capo
basso
,
gli
disse
:
-
Garrone
,
fa
uno
sforzo
,
e
scrivi
anche
tu
quello
che
io
detto
.
-
Tutti
pigliammo
la
penna
.
Il
maestro
dettò
.
«
Giuseppe
Mazzini
,
nato
a
Genova
nel
1805
,
morto
a
Pisa
nel
1872
,
grande
anima
di
patriotta
,
grande
ingegno
di
scrittore
,
ispiratore
ed
apostolo
primo
della
rivoluzione
italiana
;
il
quale
per
amore
della
patria
visse
quarant
'
anni
povero
,
esule
,
perseguitato
,
ramingo
,
eroicamente
immobile
nei
suoi
principii
e
nei
suoi
propositi
;
Giuseppe
Mazzini
che
adorava
sua
madre
,
e
che
aveva
attinto
da
lei
quanto
nella
sua
anima
fortissima
e
gentile
v
'
era
di
più
alto
e
di
più
puro
,
così
scriveva
a
un
suo
fedele
amico
,
per
consolarlo
della
più
grande
delle
sventure
.
Son
presso
a
poco
le
sue
parole
:
"
Amico
,
tu
non
vedrai
mai
più
tua
madre
su
questa
terra
.
Questa
è
la
tremenda
verità
.
Io
non
mi
reco
a
vederti
,
perché
il
tuo
è
uno
di
quei
dolori
solenni
e
santi
che
bisogna
soffrire
e
vincere
da
sé
soli
.
Comprendi
ciò
che
voglio
dire
con
queste
parole
:
-
Bisogna
vincere
il
dolore
?
-
Vincere
quello
che
il
dolore
ha
di
meno
santo
,
di
meno
purificatore
;
quello
che
,
invece
di
migliorare
l
'
anima
,
la
indebolisce
e
l
'
abbassa
.
Ma
l
'
altra
parte
del
dolore
,
la
parte
nobile
,
quella
che
ingrandisce
e
innalza
l
'
anima
,
quella
deve
rimanere
con
te
,
non
lasciarti
più
mai
.
Quaggiù
nulla
si
sostituisce
a
una
buona
madre
.
Nei
dolori
,
nelle
consolazioni
che
la
vita
può
darti
ancora
,
tu
non
la
dimenticherai
mai
più
.
Ma
tu
devi
ricordarla
,
amarla
,
rattristarti
della
sua
morte
in
un
modo
degno
di
lei
.
O
amico
,
ascoltami
.
La
morte
non
esiste
,
non
è
nulla
.
Non
si
può
nemmeno
comprendere
.
La
vita
è
vita
,
e
segue
la
legge
della
vita
:
il
progresso
.
Tu
avevi
ieri
una
madre
in
terra
:
oggi
hai
un
angelo
altrove
.
Tutto
ciò
che
è
bene
sopravvive
,
cresciuto
di
potenza
,
alla
vita
terrena
.
Quindi
anche
l
'
amore
di
tua
madre
.
Essa
t
'
ama
ora
più
che
mai
.
E
tu
sei
responsabile
delle
tue
azioni
a
Lei
più
di
prima
.
Dipende
da
te
,
dalle
opere
tue
d
'
incontrarla
,
di
rivederla
in
un
'
altra
esistenza
.
Tu
devi
dunque
,
per
amore
e
riverenza
a
tua
madre
,
diventar
migliore
e
darle
gioia
di
te
.
Tu
dovrai
d
'
ora
innanzi
,
ad
ogni
atto
tuo
,
dire
a
te
stesso
:
-
Lo
approverebbe
mia
madre
?
-
La
sua
trasformazione
ha
messo
per
te
nel
mondo
un
angelo
custode
al
quale
devi
riferire
ogni
cosa
tua
.
Sii
forte
e
buono
;
resisti
al
dolore
disperato
e
volgare
;
abbi
la
tranquillità
dei
grandi
patimenti
nelle
grandi
anime
:
è
ciò
che
essa
vuole
.
»
-
Garrone
!
-
soggiunse
il
maestro
:
-
sii
forte
e
tranquillo
,
è
ciò
che
essa
vuole
.
Intendi
?
Garrone
accennò
di
sì
col
capo
,
e
intanto
gli
cadevan
delle
lacrime
grosse
e
fitte
sulle
mani
,
sul
quaderno
,
sul
banco
.
Valor
civile
Racconto
mensile
Al
tocco
eravamo
col
maestro
davanti
al
Palazzo
di
città
per
veder
dare
la
medaglia
del
valor
civile
al
ragazzo
che
salvò
il
suo
compagno
dal
Po
.
Sul
terrazzo
della
facciata
sventolava
una
grande
bandiera
tricolore
.
Entrammo
nel
cortile
del
Palazzo
.
Era
già
pieno
di
gente
.
Si
vedeva
in
fondo
un
tavolo
col
tappeto
rosso
,
e
delle
carte
sopra
,
e
dietro
una
fila
di
seggioloni
dorati
per
il
Sindaco
e
per
la
Giunta
:
c
'
erano
gli
uscieri
del
Municipio
con
la
sottoveste
azzurra
e
le
calze
bianche
.
A
destra
del
cortile
stava
schierato
un
drappello
di
guardie
civiche
,
che
avevano
molte
medaglie
,
e
accanto
a
loro
un
drappello
di
guardie
daziarie
;
dall
'
altra
parte
i
pompieri
,
in
divisa
festiva
,
e
molti
soldati
senz
'
ordine
,
venuti
là
per
vedere
:
soldati
di
cavalleria
,
bersaglieri
,
artiglieri
.
Poi
tutt
'
intorno
dei
signori
,
dei
popolani
,
alcuni
ufficiali
,
e
donne
e
ragazzi
,
che
si
accalcavano
.
Noi
ci
stringemmo
in
un
angolo
dov
'
erano
già
affollati
molti
alunni
d
'
altre
sezioni
,
coi
loro
maestri
,
e
c
'
era
vicino
a
noi
un
gruppo
di
ragazzi
del
popolo
,
tra
i
dieci
e
i
diciott
'
anni
,
che
ridevano
e
parlavan
forte
,
e
si
capiva
ch
'
erano
tutti
di
Borgo
Po
,
compagni
o
conoscenti
di
quello
che
doveva
aver
la
medaglia
.
Su
,
a
tutte
le
finestre
,
c
'
erano
affacciati
degli
impiegati
del
Municipio
;
la
loggia
della
biblioteca
pure
era
piena
di
gente
,
che
si
premeva
contro
la
balaustrata
;
e
in
quella
del
lato
opposto
,
che
è
sopra
il
portone
d
'
entrata
,
stavano
pigiate
un
gran
numero
di
ragazze
delle
scuole
pubbliche
,
e
molte
ragazze
militari
,
coi
loro
bei
veli
celesti
.
Pareva
un
teatro
.
Tutti
discorrevano
allegri
,
guardando
a
ogni
tratto
dalla
parte
del
tavolo
rosso
,
se
comparisse
nessuno
.
La
banda
musicale
suonava
piano
in
fondo
al
portico
.
Sui
muri
alti
batteva
il
sole
.
Era
bello
.
All
'
improvviso
tutti
si
misero
a
batter
le
mani
dal
cortile
,
dalle
logge
,
dalle
finestre
.
Io
m
'
alzai
in
punta
di
piedi
per
vedere
.
La
folla
che
stava
dietro
al
tavolo
rosso
s
'
era
aperta
,
ed
eran
venuti
avanti
un
uomo
e
una
donna
.
L
'
uomo
teneva
per
mano
un
ragazzo
.
Era
quello
che
aveva
salvato
il
compagno
.
L
'
uomo
era
suo
padre
,
un
muratore
,
vestito
a
festa
.
La
donna
,
-
sua
madre
,
-
piccola
e
bionda
,
aveva
una
veste
nera
.
Il
ragazzo
,
anche
biondo
e
piccolo
,
aveva
una
giacchetta
grigia
.
A
veder
tutta
quella
gente
e
a
sentir
quello
strepito
d
'
applausi
,
rimasero
lì
tutti
e
tre
,
che
non
osavano
più
né
guardare
né
muoversi
.
Un
usciere
municipale
li
spinse
accanto
al
tavolo
,
a
destra
.
Tutti
stettero
zitti
un
momento
,
e
poi
un
'
altra
volta
scoppiarono
gli
applausi
da
tutte
le
parti
.
Il
ragazzo
guardò
su
alle
finestre
e
poi
alla
loggia
delle
Figlie
dei
militari
;
teneva
il
cappello
fra
le
mani
,
sembrava
che
non
capisse
bene
dove
fosse
.
Mi
parve
che
somigliasse
un
poco
a
Coretti
,
nel
viso
;
ma
più
rosso
.
Suo
padre
e
sua
madre
tenevan
gli
occhi
fissi
sul
tavolo
.
Intanto
tutti
i
ragazzi
di
borgo
Po
,
che
eran
vicini
a
noi
,
si
sporgevano
avanti
,
facevano
dei
gesti
verso
il
loro
compagno
per
farsi
vedere
,
chiamandolo
a
voce
bassa
:
-
Pin
!
Pin
!
Pinot
!
-
A
furia
di
chiamarlo
si
fecero
sentire
.
Il
ragazzo
li
guardò
,
e
nascose
il
sorriso
dietro
il
cappello
.
A
un
dato
punto
tutte
le
guardie
si
misero
sull
'
attenti
.
Entrò
il
Sindaco
,
accompagnato
da
molti
signori
.
Il
Sindaco
,
tutto
bianco
,
con
una
gran
sciarpa
tricolore
,
si
mise
al
tavolino
,
in
piedi
;
tutti
gli
altri
dietro
e
dai
lati
.
La
banda
cessò
di
suonare
,
il
Sindaco
fece
un
cenno
,
tutti
tacquero
.
Cominciò
a
parlare
.
Le
prime
parole
non
le
intesi
bene
;
ma
capii
che
raccontava
il
fatto
del
ragazzo
.
Poi
la
sua
voce
s
'
alzò
,
e
si
sparse
così
chiara
e
sonora
per
tutto
il
cortile
,
che
non
perdetti
più
una
parola
.
-
...
Quando
vide
dalla
sponda
il
compagno
che
si
dibatteva
nel
fiume
,
già
preso
dal
terrore
della
morte
,
egli
si
strappò
i
panni
di
dosso
e
accorse
senza
titubare
un
momento
.
Gli
gridarono
:
-
T
'
anneghi
!
,
-
non
rispose
;
lo
afferrarono
,
si
svincolò
;
lo
chiamaron
per
nome
,
era
già
nell
'
acqua
.
Il
fiume
era
gonfio
,
il
rischio
terribile
,
anche
per
un
uomo
.
Ma
egli
si
slanciò
contro
la
morte
con
tutta
la
forza
del
suo
piccolo
corpo
e
del
suo
grande
cuore
;
raggiunse
e
afferrò
in
tempo
il
disgraziato
,
che
già
era
sott
'
acqua
,
e
lo
tirò
a
galla
;
lottò
furiosamente
con
l
'
onda
che
li
volea
travolgere
,
col
compagno
che
tentava
d
'
avvinghiarlo
;
e
più
volte
sparì
sotto
e
rivenne
fuori
con
uno
sforzo
disperato
;
ostinato
,
invitto
nel
suo
santo
proposito
,
non
come
un
ragazzo
che
voglia
salvare
un
altro
ragazzo
,
ma
come
un
uomo
,
come
un
padre
che
lotti
per
salvare
un
figliuolo
,
che
è
la
sua
speranza
e
la
sua
vita
.
Infine
,
Dio
non
permise
che
una
così
generosa
prodezza
fosse
inutile
.
Il
nuotatore
fanciullo
strappò
la
vittima
al
fiume
gigante
,
e
la
recò
a
terra
,
e
le
diè
ancora
,
con
altri
,
i
primi
conforti
;
dopo
di
che
se
ne
tornò
a
casa
solo
e
tranquillo
,
a
raccontare
ingenuamente
l
'
atto
suo
.
Signori
!
Bello
,
venerabile
è
l
'
eroismo
nell
'
uomo
.
Ma
nel
fanciullo
,
in
cui
nessuna
mira
d
'
ambizione
o
d
'
altro
interesse
è
ancor
possibile
;
nel
fanciullo
che
tanto
deve
aver
più
d
'
ardimento
quanto
ha
meno
di
forza
;
nel
fanciullo
a
cui
nulla
domandiamo
,
che
a
nulla
è
tenuto
,
che
ci
pare
già
tanto
nobile
e
amabile
,
non
quando
compia
,
ma
solo
quando
comprenda
e
riconosca
il
sacrificio
altrui
;
l
'
eroismo
nel
fanciullo
è
divino
.
Non
dirò
altro
,
signori
.
Non
voglio
ornar
di
lodi
superflue
una
così
semplice
grandezza
.
Eccolo
qui
davanti
a
voi
il
salvatore
valoroso
e
gentile
.
Soldati
,
salutatelo
come
un
fratello
;
madri
,
beneditelo
come
un
figliuolo
;
fanciulli
,
ricordatevi
il
suo
nome
,
stampatevi
nella
mente
il
suo
viso
,
ch
'
egli
non
si
cancelli
mai
più
dalla
vostra
memoria
e
dal
vostro
cuore
.
Avvicinati
,
ragazzo
.
In
nome
del
Re
d
'
Italia
,
io
ti
do
la
medaglia
al
valor
civile
.
Un
evviva
altissimo
,
lanciato
insieme
da
molte
voci
,
fece
echeggiare
il
palazzo
.
Il
Sindaco
prese
sul
tavolo
la
medaglia
e
l
'
attaccò
al
petto
del
ragazzo
.
Poi
lo
abbracciò
e
lo
baciò
.
La
madre
si
mise
una
mano
sugli
occhi
,
il
padre
teneva
il
mento
sul
petto
.
Il
Sindaco
strinse
la
mano
a
tutti
e
due
,
e
preso
il
decreto
della
decorazione
,
legato
con
un
nastro
,
lo
porse
alla
donna
.
Poi
si
rivolse
al
ragazzo
e
disse
:
-
Che
il
ricordo
di
questo
giorno
così
glorioso
per
te
,
così
felice
per
tuo
padre
e
per
tua
madre
,
ti
mantenga
per
tutta
la
vita
sulla
via
della
virtù
e
dell
'
onore
.
Addio
!
Il
Sindaco
uscì
,
la
banda
sonò
e
tutto
parea
finito
,
quando
il
drappello
dei
pompieri
s
'
aperse
,
e
un
ragazzo
di
otto
o
nove
anni
,
spinto
innanzi
da
una
donna
che
subito
si
nascose
,
si
slanciò
verso
il
decorato
e
gli
cascò
fra
le
braccia
.
Un
altro
scoppio
d
'
evviva
e
d
'
applausi
fece
rintronare
il
cortile
;
tutti
avevan
capito
alla
prima
:
quello
era
il
ragazzo
stato
salvato
dal
Po
,
che
veniva
a
ringraziare
il
suo
salvatore
.
Dopo
averlo
baciato
,
gli
si
attaccò
a
un
braccio
per
accompagnarlo
fuori
.
Essi
due
primi
,
e
il
padre
e
la
madre
dietro
,
s
'
avviarono
verso
l
'
uscita
,
passando
a
stento
fra
la
gente
che
faceva
ala
al
loro
passaggio
,
guardie
,
ragazzi
,
soldati
,
donne
,
alla
rinfusa
.
Tutti
si
spingevano
avanti
e
s
'
alzavano
in
punta
di
piedi
per
vedere
il
ragazzo
.
Quelli
che
eran
sul
passaggio
gli
toccavan
la
mano
.
Quando
passò
davanti
ai
ragazzi
delle
scuole
,
tutti
agitarono
i
berretti
per
aria
.
Quelli
di
borgo
Po
fecero
un
grande
schiamazzo
,
tirandolo
per
le
braccia
e
per
la
giacchetta
,
e
gridando
:
-
Pin
,
viva
Pin
!
Bravo
Pinot
!
-
Io
lo
vidi
passar
proprio
vicino
.
Era
tutto
acceso
nel
viso
,
contento
:
la
medaglia
aveva
il
nastro
bianco
,
rosso
e
verde
.
Sua
madre
piangeva
e
rideva
;
suo
padre
si
torceva
un
baffo
con
una
mano
,
che
gli
tremava
forte
,
come
se
avesse
la
febbre
.
E
su
dalle
finestre
e
dalle
logge
seguitavano
a
sporgersi
fuori
e
ad
applaudire
.
Tutt
'
a
un
tratto
,
quando
furono
per
entrar
sotto
il
portico
,
venne
giù
dalla
loggia
delle
Figlie
dei
militari
una
vera
pioggia
di
pensieri
,
di
mazzettini
di
viole
e
di
margherite
,
che
caddero
sulla
testa
del
ragazzo
,
del
padre
,
della
madre
,
e
si
sparsero
in
terra
.
Molti
si
misero
a
raccoglierli
in
fretta
e
li
porgevano
alla
madre
.
E
la
banda
in
fondo
al
cortile
sonava
piano
piano
un
'
aria
bellissima
,
che
pareva
il
canto
di
tante
voci
argentine
che
s
'
allontanassero
lente
giù
per
le
rive
d
'
un
fiume
.
MAGGIO
I
bambini
rachitici
5
,
venerdì
Oggi
ho
fatto
vacanza
perché
non
stavo
bene
,
e
mia
madre
m
'
ha
condotto
con
sé
all
'
istituto
dei
ragazzi
rachitici
,
dov
'
è
andata
a
raccomandare
una
bimba
del
portinaio
;
ma
non
mi
ha
lasciato
entrar
nella
scuola
...
Non
hai
capito
perché
,
Enrico
,
non
ti
lasciai
entrare
?
Per
non
mettere
davanti
a
quei
disgraziati
,
lì
nel
mezzo
della
scuola
,
quasi
come
in
mostra
,
un
ragazzo
sano
e
robusto
:
troppe
occasioni
hanno
già
di
trovarsi
a
dei
paragoni
dolorosi
.
Che
triste
cosa
!
Mi
venne
su
il
pianto
dal
cuore
a
entrar
là
dentro
.
Erano
una
sessantina
,
tra
bambini
e
bambine
...
Povere
ossa
torturate
!
Povere
mani
,
poveri
piedini
rattrappiti
e
scontorti
!
Poveri
corpicini
contraffatti
!
Subito
osservai
molti
visi
graziosi
;
degli
occhi
pieni
d
'
intelligenza
e
di
affetto
:
c
'
era
un
visetto
di
bimba
,
col
naso
affilato
e
il
mento
aguzzo
,
che
pareva
una
vecchietta
,
ma
aveva
un
sorriso
d
'
una
soavità
celeste
.
Alcuni
,
visti
davanti
,
son
belli
,
e
paion
senza
difetti
,
ma
si
voltano
...
e
vi
danno
una
stretta
all
'
anima
.
C
'
era
il
medico
,
che
li
visitava
.
Li
metteva
ritti
sui
banchi
,
e
alzava
i
vestitini
per
toccare
i
ventri
enfiati
e
le
giunture
grosse
,
ma
non
si
vergognavano
punto
,
povere
creature
;
si
vedeva
ch
'
eran
bambini
assuefatti
a
essere
svestiti
,
esaminati
,
rivoltati
per
tutti
i
versi
.
E
pensare
che
ora
son
nel
periodo
migliore
della
loro
malattia
,
ché
quasi
non
soffron
più
.
Ma
chi
può
dire
quello
che
soffrirono
durante
il
primo
deformarsi
del
corpo
,
quando
col
crescere
della
loro
infermità
,
vedevano
diminuire
l
'
affetto
intorno
a
sé
,
poveri
bambini
,
lasciati
soli
per
ore
ed
ore
nell
'
angolo
d
'
una
stanza
o
d
'
un
cortile
,
mal
nutriti
,
e
a
volte
anche
scherniti
,
o
tormentati
per
mesi
da
bendaggi
e
da
apparecchi
ortopedici
inutili
!
Ora
però
,
grazie
alle
cure
,
alla
buona
alimentazione
e
alla
ginnastica
,
molti
migliorano
.
La
maestra
fece
fare
la
ginnastica
.
Era
una
pietà
,
a
certi
comandi
,
vederli
distender
sotto
i
banchi
tutte
quelle
gambe
fasciate
,
strette
fra
le
stecche
,
nocchierute
,
sformate
,
delle
gambe
che
si
sarebbero
coperte
di
baci
!
Parecchi
non
potevano
alzarsi
dal
banco
,
e
rimanevan
lì
,
col
capo
ripiegato
sul
braccio
,
accarezzando
le
stampelle
con
la
mano
;
altri
,
facendo
la
spinta
delle
braccia
,
si
sentivan
mancare
il
respiro
,
e
ricascavano
a
sedere
,
pallidi
,
ma
sorridevano
,
per
dissimulare
l
'
affanno
.
Ah
!
Enrico
,
voi
altri
che
non
pregiate
la
salute
,
e
vi
sembra
così
poca
cosa
lo
star
bene
!
Io
pensavo
ai
bei
ragazzi
forti
e
fiorenti
,
che
le
madri
portano
in
giro
come
in
trionfo
,
superbe
della
loro
bellezza
,
e
mi
sarei
prese
tutte
quelle
povere
teste
,
me
le
sarei
strette
tutte
sul
cuore
,
disperatamente
,
avrei
detto
,
se
fossi
stata
sola
:
non
mi
movo
più
di
qui
;
voglio
consacrare
la
vita
a
voi
,
servirvi
,
farvi
da
madre
a
tutti
fino
al
mio
ultimo
giorno
...
E
intanto
cantavano
,
cantavano
con
certe
vocine
esili
,
dolci
,
tristi
,
che
andavano
all
'
anima
,
e
la
maestra
avendoli
lodati
,
si
mostraron
contenti
;
e
mentre
passava
tra
i
banchi
,
le
baciavano
le
mani
e
le
braccia
,
perché
senton
tanta
gratitudine
per
chi
li
benefica
,
e
sono
molto
affettuosi
.
E
anche
hanno
ingegno
,
quegli
angioletti
;
e
studiano
,
mi
disse
la
maestra
.
Una
maestra
giovane
e
gentile
,
che
ha
sul
viso
pieno
di
bontà
una
certa
espressione
di
mestizia
,
come
un
riflesso
delle
sventure
che
essa
accarezza
e
consola
.
Cara
ragazza
!
Fra
tutte
le
creature
umane
che
si
guadagnan
la
vita
col
lavoro
,
non
ce
n
'
è
una
che
se
la
guadagni
più
santamente
di
te
,
figliuola
mia
.
TUA
MADRE
Sacrificio
.
9
,
martedì
Mia
madre
è
buona
,
e
mia
sorella
Silvia
è
come
lei
,
ha
lo
stesso
cuore
grande
e
gentile
.
Io
stavo
copiando
ieri
sera
una
parte
del
racconto
mensile
Dagli
Appennini
alle
Ande
,
che
il
maestro
ci
ha
dato
a
copiare
un
poco
a
tutti
,
tanto
è
lungo
;
quando
Silvia
entrò
in
punta
di
piedi
e
mi
disse
in
fretta
e
piano
:
-
Vieni
con
me
dalla
mamma
.
Li
ho
sentiti
stamani
che
discorrevano
:
al
babbo
è
andato
male
un
affare
,
era
addolorato
,
la
mamma
gli
faceva
coraggio
;
siamo
nelle
strettezze
,
capisci
?
non
ci
sono
più
denari
.
Il
babbo
diceva
che
bisognerà
fare
dei
sacrifici
per
rimettersi
.
Ora
bisogna
che
ne
facciamo
anche
noi
dei
sacrifici
,
non
è
vero
?
Sei
pronto
?
Bene
,
parlo
alla
mamma
,
e
tu
accenna
di
sì
e
promettile
sul
tuo
onore
che
farai
tutto
quello
che
dirò
io
.
Detto
questo
,
mi
prese
per
mano
,
e
mi
condusse
da
nostra
madre
,
che
stava
cucendo
,
tutta
pensierosa
;
io
sedetti
da
una
parte
del
sofà
,
Silvia
sedette
dall
'
altra
,
e
subito
disse
:
-
Senti
,
mamma
,
ho
da
parlarti
.
Abbiamo
da
parlarti
tutti
e
due
.
-
La
mamma
ci
guardò
meravigliata
.
E
Silvia
cominciò
:
-
Il
babbo
è
senza
denari
,
è
vero
?
-
Che
dici
?
-
rispose
la
mamma
arrossendo
,
-
Non
è
vero
!
Che
ne
sai
tu
?
Chi
te
l
'
ha
detto
?
-
Lo
so
,
disse
Silvia
,
risoluta
.
-
Ebbene
,
senti
,
mamma
;
dobbiamo
fare
dei
sacrifici
anche
noi
.
Tu
m
'
avevi
promesso
un
ventaglio
per
la
fin
di
maggio
,
e
Enrico
aspettava
la
sua
scatola
di
colori
;
non
vogliamo
più
nulla
;
non
vogliamo
che
si
sprechino
i
soldi
;
saremo
contenti
lo
stesso
,
hai
capito
?
-
La
mamma
tentò
di
parlare
,
ma
Silvia
disse
:
-
No
,
sarà
così
.
Abbiamo
deciso
.
E
fin
che
il
babbo
non
avrà
dei
denari
,
non
vogliamo
più
né
frutta
né
altre
cose
;
ci
basterà
la
minestra
,
e
la
mattina
a
colazione
mangeremo
del
pane
;
così
si
spenderà
meno
a
tavola
,
ché
già
spendiamo
troppo
,
e
noi
ti
promettiamo
che
ci
vedrai
sempre
contenti
ad
un
modo
.
Non
è
vero
,
Enrico
?
-
Io
risposi
di
sì
.
-
Sempre
contenti
ad
un
modo
,
-
ripeté
Silvia
,
chiudendo
la
bocca
alla
mamma
con
una
mano
;
-
e
se
c
'
è
altri
sacrifici
da
fare
,
o
nel
vestire
,
o
in
altro
,
noi
li
faremo
volentieri
,
e
vendiamo
anche
i
nostri
regali
:
io
do
tutte
le
mie
cose
,
ti
servo
io
di
cameriera
,
non
daremo
più
nulla
a
fare
fuor
di
casa
,
lavorerò
con
te
tutto
il
giorno
,
farò
tutto
quello
che
vorrai
,
sono
disposta
a
tutto
!
A
tutto
!
-
esclamò
gettando
le
braccia
al
collo
a
mia
madre
;
-
pur
che
il
babbo
e
la
mamma
non
abbian
più
dispiaceri
,
pur
ch
'
io
torni
a
vedervi
tutti
e
due
tranquilli
,
di
buon
umore
come
prima
,
in
mezzo
alla
vostra
Silvia
e
al
vostro
Enrico
,
che
vi
vogliono
tanto
bene
,
che
darebbero
la
loro
vita
per
voi
!
-
Ah
!
io
non
vidi
mai
mia
madre
così
contenta
come
a
sentir
quelle
parole
;
non
ci
baciò
mai
in
fronte
a
quel
modo
,
piangendo
e
ridendo
,
senza
poter
parlare
.
E
poi
assicurò
Silvia
che
aveva
capito
male
,
che
non
eravamo
mica
ridotti
come
essa
credeva
,
per
fortuna
,
e
cento
volte
ci
disse
grazie
,
e
fu
allegra
tutta
la
sera
,
fin
che
rientrò
mio
padre
,
a
cui
disse
tutto
.
Egli
non
aperse
bocca
,
povero
padre
mio
!
Ma
questa
mattina
sedendo
a
tavola
...
provai
insieme
un
gran
piacere
e
una
gran
tristezza
:
io
trovai
sotto
il
tovagliolo
la
mia
scatola
,
e
Silvia
ci
trovò
il
suo
ventaglio
.
L
'
incendio
11
,
giovedì
Questa
mattina
io
avevo
finito
di
copiare
la
mia
parte
del
racconto
Dagli
Appennini
alle
Ande
,
e
stavo
cercando
un
tema
per
la
composizione
libera
che
ci
diede
da
fare
il
maestro
,
quando
udii
un
vocìo
insolito
per
le
scale
,
e
poco
dopo
entrarono
in
casa
due
pompieri
,
i
quali
domandarono
a
mio
padre
il
permesso
di
visitar
le
stufe
e
i
camini
,
perché
bruciava
un
fumaiolo
sui
tetti
,
e
non
si
capiva
di
chi
fosse
.
Mio
padre
disse
:
-
Facciano
pure
,
-
e
benché
non
avessimo
fuoco
acceso
da
nessuna
parte
,
essi
cominciarono
a
girar
per
le
stanze
e
a
metter
l
'
orecchio
alle
pareti
,
per
sentire
se
rumoreggiasse
il
foco
dentro
alle
gole
che
vanno
su
agli
altri
piani
della
casa
.
E
mio
padre
mi
disse
,
mentre
giravan
per
le
stanze
:
-
Enrico
,
ecco
un
tema
per
la
tua
composizione
:
i
pompieri
.
Provati
un
po
'
a
scrivere
quello
che
ti
racconto
.
Io
li
vidi
all
'
opera
due
anni
fa
,
una
sera
che
uscivo
dal
teatro
Balbo
,
a
notte
avanzata
.
Entrando
in
via
Roma
,
vidi
una
luce
insolita
,
e
un
'
onda
di
gente
che
accorreva
:
una
casa
era
in
fuoco
:
lingue
di
fiamma
e
nuvoli
di
fumo
rompevan
dalle
finestre
e
dal
tetto
;
uomini
e
donne
apparivano
ai
davanzali
e
sparivano
,
gettando
grida
disperate
,
c
'
era
gran
tumulto
davanti
al
portone
;
la
folla
gridava
:
-
Brucian
vivi
!
Soccorso
!
I
pompieri
!
-
Arrivò
in
quel
punto
una
carrozza
,
ne
saltaron
fuori
quattro
pompieri
,
i
primi
che
s
'
eran
trovati
al
Municipio
,
e
si
slanciarono
dentro
alla
casa
.
Erano
appena
entrati
,
che
si
vide
una
cosa
orrenda
:
una
donna
s
'
affacciò
urlando
a
una
finestra
del
terzo
piano
,
s
'
afferrò
alla
ringhiera
,
la
scavalcò
,
e
rimase
afferrata
così
,
quasi
sospesa
nel
vuoto
,
con
la
schiena
in
fuori
,
curva
sotto
il
fumo
e
le
fiamme
che
fuggendo
dalla
stanza
le
lambivan
quasi
la
testa
.
La
folla
gettò
un
grido
di
raccapriccio
.
I
pompieri
,
arrestati
per
isbaglio
al
secondo
piano
dagli
inquilini
atterriti
,
avevan
già
sfondato
un
muro
e
s
'
eran
precipitati
in
una
camera
;
quando
cento
grida
li
avvertirono
:
-
Al
terzo
piano
!
Al
terzo
piano
!
-
Volarono
al
terzo
piano
.
Qui
era
un
rovinio
d
'
inferno
,
travi
di
tetto
che
crollavano
,
corridoi
pieni
di
fiamme
,
un
fumo
che
soffocava
.
Per
arrivare
alle
stanze
dov
'
eran
gl
'
inquilini
rinchiusi
,
non
restava
altra
via
che
passar
pel
tetto
.
Si
lanciaron
subito
su
,
e
un
minuto
dopo
si
vide
come
un
fantasma
nero
saltar
sui
coppi
,
tra
il
fumo
.
Era
il
caporale
,
arrivato
il
primo
.
Ma
per
andare
dalla
parte
del
tetto
che
corrispondeva
al
quartierino
chiuso
dal
fuoco
,
gli
bisognava
passare
sopra
un
ristrettissimo
spazio
compreso
tra
un
abbaino
e
la
grondaia
;
tutto
il
resto
fiammeggiava
,
e
quel
piccolo
tratto
era
coperto
di
neve
e
di
ghiaccio
,
e
non
c
'
era
dove
aggrapparsi
.
-
È
impossibile
che
passi
!
-
gridava
la
folla
di
sotto
.
Il
caporale
s
'
avanzò
sull
'
orlo
del
tetto
:
-
tutti
rabbrividirono
,
e
stettero
a
guardar
col
respiro
sospeso
:
-
passò
:
-
un
immenso
evviva
salì
al
cielo
.
Il
caporale
riprese
la
corsa
,
e
arrivato
al
punto
minacciato
,
cominciò
a
spezzare
furiosamente
a
colpi
d
'
accetta
coppi
,
travi
,
correntini
,
per
aprirsi
una
buca
da
scender
dentro
.
Intanto
la
donna
era
sempre
sospesa
fuor
della
finestra
,
il
fuoco
le
infuriava
sul
capo
,
un
minuto
ancora
,
e
sarebbe
precipitata
nella
via
.
La
buca
fu
aperta
:
si
vide
il
caporale
levarsi
la
tracolla
e
calarsi
giù
;
gli
altri
pompieri
,
sopraggiunti
,
lo
seguirono
.
Nello
stesso
momento
un
'
altissima
scala
Porta
,
arrivata
allora
,
s
'
appoggiò
al
cornicione
della
casa
,
davanti
alle
finestre
da
cui
uscivano
fiamme
e
urli
da
pazzi
.
Ma
si
credeva
che
fosse
tardi
.
-
Nessuno
si
salva
più
,
-
gridavano
.
-
I
pompieri
bruciano
.
-
È
finita
.
-
Son
morti
.
-
All
'
improvviso
si
vide
apparire
alla
finestra
della
ringhiera
la
figura
nera
del
caporale
,
illuminata
di
sopra
in
giù
dalle
fiamme
,
-
la
donna
gli
si
avvinghiò
al
collo
;
-
egli
l
'
afferrò
alla
vita
con
tutt
'
e
due
le
braccia
,
la
tirò
su
,
la
depose
dentro
alla
stanza
.
La
folla
mise
un
grido
di
mille
voci
,
che
coprì
il
fracasso
dell
'
incendio
.
Ma
e
gli
altri
?
e
discendere
?
La
scala
,
appoggiata
al
tetto
davanti
a
un
'
altra
finestra
,
distava
dal
davanzale
un
buon
tratto
.
Come
avrebbero
potuto
attaccarvisi
?
Mentre
questo
si
diceva
,
uno
dei
pompieri
si
fece
fuori
della
finestra
,
mise
il
piede
destro
sul
davanzale
e
il
sinistro
sulla
scala
,
e
così
ritto
per
aria
,
abbracciati
ad
uno
ad
uno
gli
inquilini
,
che
gli
altri
gli
porgevan
di
dentro
,
li
porse
a
un
compagno
,
ch
'
era
salito
su
dalla
via
,
e
che
,
attaccatili
bene
ai
pioli
,
li
fece
scendere
,
l
'
un
dopo
l
'
altro
,
aiutati
da
altri
pompieri
di
sotto
.
Passò
prima
la
donna
della
ringhiera
,
poi
una
bimba
,
un
'
altra
donna
,
un
vecchio
.
Tutti
eran
salvi
.
Dopo
il
vecchio
,
scesero
i
pompieri
rimasti
dentro
;
ultimo
a
scendere
fu
il
caporale
,
che
era
stato
il
primo
ad
accorrere
.
La
folla
li
accolse
tutti
con
uno
scoppio
d
'
applausi
;
ma
quando
comparve
l
'
ultimo
,
l
'
avanguardia
dei
salvatori
,
quello
che
aveva
affrontato
innanzi
agli
altri
l
'
abisso
,
quello
che
sarebbe
morto
,
se
uno
avesse
dovuto
morire
,
la
folla
lo
salutò
come
un
trionfatore
,
gridando
e
stendendo
le
braccia
con
uno
slancio
affettuoso
d
'
ammirazione
e
di
gratitudine
,
e
in
pochi
momenti
il
suo
nome
oscuro
-
Giuseppe
Robbino
-
suonò
su
mille
bocche
...
Hai
capito
?
Quello
è
coraggio
,
il
coraggio
del
cuore
,
che
non
ragiona
,
che
non
vacilla
,
che
va
diritto
cieco
fulmineo
dove
sente
il
grido
di
chi
muore
.
Io
ti
condurrò
un
giorno
agli
esercizi
dei
pompieri
,
e
ti
farò
vedere
il
caporale
Robbino
;
perché
saresti
molto
contento
di
conoscerlo
,
non
è
vero
?
Risposi
di
sì
.
-
Eccolo
qua
,
-
disse
mio
padre
.
Io
mi
voltai
di
scatto
.
I
due
pompieri
,
terminata
la
visita
,
attraversavan
la
stanza
per
uscire
.
Mio
padre
m
'
accennò
il
più
piccolo
,
che
aveva
i
galloni
,
e
mi
disse
:
-
Stringi
la
mano
al
caporale
Robbino
.
Il
caporale
si
fermò
e
mi
porse
la
mano
,
sorridendo
:
io
gliela
strinsi
;
egli
mi
fece
un
saluto
ed
uscì
.
-
E
ricordatene
bene
,
-
disse
mio
padre
,
-
perché
delle
migliaia
di
mani
che
stringerai
nella
vita
,
non
ce
ne
saranno
forse
dieci
che
valgono
la
sua
.
Dagli
Appennini
alle
Ande
Racconto
mensile
Molti
anni
fa
un
ragazzo
genovese
di
tredici
anni
,
figliuolo
d
'
un
operaio
,
andò
da
Genova
in
America
,
da
solo
,
per
cercare
sua
madre
.
Sua
madre
era
andata
due
anni
prima
a
Buenos
Aires
,
città
capitale
della
Repubblica
Argentina
,
per
mettersi
al
servizio
di
qualche
casa
ricca
,
e
guadagnar
così
in
poco
tempo
tanto
da
rialzare
la
famiglia
,
la
quale
,
per
effetto
di
varie
disgrazie
,
era
caduta
nella
povertà
e
nei
debiti
.
Non
sono
poche
le
donne
coraggiose
che
fanno
un
così
lungo
viaggio
per
quello
scopo
,
e
che
grazie
alle
grandi
paghe
che
trova
laggiù
la
gente
di
servizio
,
ritornano
in
patria
a
capo
di
pochi
anni
con
qualche
migliaio
di
lire
.
La
povera
madre
aveva
pianto
lacrime
di
sangue
al
separarsi
dai
suoi
figliuoli
,
l
'
uno
di
diciott
'
anni
e
l
'
altro
di
undici
;
ma
era
partita
con
coraggio
,
e
piena
di
speranza
.
Il
viaggio
era
stato
felice
:
arrivata
appena
a
Buenos
Aires
,
aveva
trovato
subito
,
per
mezzo
d
'
un
bottegaio
genovese
,
cugino
di
suo
marito
,
stabilito
là
da
molto
tempo
,
una
buona
famiglia
argentina
,
che
la
pagava
molto
e
la
trattava
bene
.
E
per
un
po
'
di
tempo
aveva
mantenuto
coi
suoi
una
corrispondenza
regolare
.
Com
'
era
stato
convenuto
fra
loro
,
il
marito
dirigeva
le
lettere
al
cugino
,
che
le
recapitava
alla
donna
,
e
questa
rimetteva
le
risposte
a
lui
,
che
le
spediva
a
Genova
,
aggiungendovi
qualche
riga
di
suo
.
Guadagnando
ottanta
lire
al
mese
e
non
spendendo
nulla
per
sé
,
mandava
a
casa
ogni
tre
mesi
una
bella
somma
,
con
la
quale
il
marito
,
che
era
galantuomo
,
andava
pagando
via
via
i
debiti
più
urgenti
,
e
riguadagnando
così
la
sua
buona
reputazione
.
E
intanto
lavorava
ed
era
contento
dei
fatti
suoi
,
anche
per
la
speranza
che
la
moglie
sarebbe
ritornata
fra
non
molto
tempo
,
perché
la
casa
pareva
vuota
senza
di
lei
,
e
il
figliuolo
minore
in
special
modo
,
che
amava
moltissimo
sua
madre
,
si
rattristava
,
non
si
poteva
rassegnare
alla
sua
lontananza
.
Ma
trascorso
un
anno
dalla
partenza
,
dopo
una
lettera
breve
nella
quale
essa
diceva
di
star
poco
bene
di
salute
,
non
ne
ricevettero
più
.
Scrissero
due
volte
al
cugino
;
il
cugino
non
rispose
.
Scrissero
alla
famiglia
argentina
,
dove
la
donna
era
a
servire
;
ma
non
essendo
forse
arrivata
la
lettera
perché
avean
storpiato
il
nome
sull
'
indirizzo
,
non
ebbero
risposta
.
Temendo
d
'
una
disgrazia
,
scrissero
al
Consolato
italiano
di
Buenos
Aires
,
che
facesse
fare
delle
ricerche
;
e
dopo
tre
mesi
fu
risposto
loro
dal
Console
che
,
nonostante
l
'
avviso
fatto
pubblicare
dai
giornali
,
nessuno
s
'
era
presentato
,
neppure
a
dare
notizie
.
E
non
poteva
accadere
altrimenti
,
oltre
che
per
altre
ragioni
,
anche
per
questa
:
Che
con
l
'
idea
di
salvare
il
decoro
dei
suoi
,
ché
le
pareva
di
macchiarlo
a
far
la
serva
,
la
buona
donna
non
aveva
dato
alla
famiglia
argentina
il
suo
vero
nome
.
Altri
mesi
passarono
,
nessuna
notizia
.
Padre
e
figliuolo
erano
costernati
;
il
più
piccolo
,
oppresso
da
una
tristezza
che
non
poteva
vincere
.
Che
fare
?
A
chi
ricorrere
?
La
prima
idea
del
padre
era
stata
di
partire
,
d
'
andare
a
cercare
sua
moglie
in
America
.
Ma
e
il
lavoro
?
Chi
avrebbe
mantenuto
i
suoi
figliuoli
?
E
neppure
avrebbe
potuto
partire
il
figliuol
maggiore
,
che
cominciava
appunto
allora
a
guadagnar
qualche
cosa
,
ed
era
necessario
alla
famiglia
.
E
in
questo
affanno
vivevano
,
ripetendo
ogni
giorno
gli
stessi
discorsi
dolorosi
,
o
guardandosi
l
'
un
l
'
altro
,
in
silenzio
.
Quando
una
sera
Marco
,
il
più
piccolo
,
uscì
a
dire
risolutamente
:
-
Ci
vado
io
in
America
a
cercar
mia
madre
.
-
Il
padre
crollò
il
capo
,
con
tristezza
,
e
non
rispose
.
Era
un
pensiero
affettuoso
,
ma
una
cosa
impossibile
.
A
tredici
anni
,
solo
,
fare
un
viaggio
in
America
,
che
ci
voleva
un
mese
per
andarci
!
Ma
il
ragazzi
insistette
,
pazientemente
.
Insistette
quel
giorno
,
il
giorno
dopo
,
tutti
i
giorni
con
una
grande
pacatezza
,
ragionando
col
buon
senso
d
'
un
uomo
.
-
Altri
ci
sono
andati
,
-
diceva
-
e
più
piccoli
di
me
.
Una
volta
che
son
sul
bastimento
,
arrivo
là
come
un
altro
.
Arrivato
là
,
non
ho
che
a
cercare
la
bottega
del
cugino
.
Ci
sono
tanti
italiani
,
qualcheduno
m
'
insegnerà
la
strada
.
Trovato
il
cugino
,
e
trovata
mia
madre
,
se
non
trovo
lui
vado
dal
Console
,
cercherò
la
famiglia
argentina
.
Qualunque
cosa
accada
,
laggiù
c
'
è
del
lavoro
per
tutti
;
troverò
del
lavoro
anch
'
io
,
almeno
per
guadagnar
tanto
da
ritornare
a
casa
.
-
E
così
,
a
poco
a
poco
,
riuscì
quasi
a
persuadere
suo
padre
.
Suo
padre
lo
stimava
,
sapeva
che
aveva
giudizio
e
coraggio
,
che
era
assuefatto
alle
privazioni
e
ai
sacrifici
,
e
che
tutte
queste
buone
qualità
avrebbero
preso
doppia
forza
nel
suo
cuore
per
quel
santo
scopo
di
trovar
sua
madre
,
ch
'
egli
adorava
.
Si
aggiunse
pure
che
un
Comandante
di
piroscafo
,
amico
d
'
un
suo
conoscente
,
avendo
inteso
parlar
della
cosa
,
s
'
impegnò
di
fargli
aver
gratis
un
biglietto
di
terza
classe
per
l
'
Argentina
.
E
allora
,
dopo
un
altro
po
'
di
esitazione
,
il
padre
acconsentì
,
il
viaggio
fu
deciso
.
Gli
empirono
una
sacca
di
panni
,
gli
misero
in
tasca
qualche
scudo
,
gli
diedero
l
'
indirizzo
del
cugino
,
e
una
bella
sera
del
mese
di
aprile
lo
imbarcarono
.
-
Figliuolo
,
Marco
mio
,
-
gli
disse
il
padre
dandogli
l
'
ultimo
bacio
,
con
le
lacrime
agli
occhi
,
sopra
la
scala
del
piroscafo
che
stava
per
partire
:
-
fatti
coraggio
.
Parti
per
un
santo
fine
e
Dio
t
'
aiuterà
.
Povero
Marco
!
Egli
aveva
il
cuor
forte
e
preparato
alle
più
dure
prove
per
quel
viaggio
;
ma
quando
vide
sparire
all
'
orizzonte
la
sua
bella
Genova
,
e
si
trovò
in
alto
mare
,
su
quel
grande
piroscafo
affollato
di
contadini
emigranti
,
solo
,
non
conosciuto
da
alcuno
,
con
quella
piccola
sacca
che
racchiudeva
tutta
la
sua
fortuna
,
un
improvviso
scoraggiamento
lo
assalì
.
Per
due
giorni
stette
accucciato
come
un
cane
a
prua
,
non
mangiando
quasi
,
oppresso
da
un
gran
bisogno
di
piangere
.
Ogni
sorta
di
tristi
pensieri
gli
passava
per
la
mente
,
e
il
più
triste
,
il
più
terribile
era
il
più
ostinato
a
tornare
:
il
pensiero
che
sua
madre
fosse
morta
.
Nei
suoi
sogni
rotti
e
pensosi
egli
vedeva
sempre
la
faccia
d
'
uno
sconosciuto
che
lo
guardava
in
aria
di
compassione
e
poi
gli
diceva
all
'
orecchio
:
-
Tua
madre
è
morta
.
-
E
allora
si
svegliava
soffocando
un
grido
.
Nondimeno
,
passato
lo
stretto
di
Gibilterra
,
alla
prima
vista
dell
'
Oceano
Atlantico
,
riprese
un
poco
d
'
animo
e
di
speranza
.
Ma
fu
un
breve
sollievo
.
Quell
'
immenso
mare
sempre
eguale
,
il
calore
crescente
,
la
tristezza
di
tutta
quella
povera
gente
che
lo
circondava
,
il
sentimento
della
propria
solitudine
tornarono
a
buttarlo
giù
.
I
giorni
,
che
si
succedevano
vuoti
e
monotoni
,
gli
si
confondevano
nella
memoria
,
come
accade
ai
malati
.
Gli
parve
d
'
esser
in
mare
da
un
anno
.
E
ogni
mattina
,
svegliandosi
,
provava
un
nuovo
stupore
di
esser
là
solo
,
in
mezzo
a
quell
'
immensità
d
'
acqua
,
in
viaggio
per
l
'
America
.
I
bei
pesci
volanti
che
venivano
ogni
tanto
a
cascare
sul
bastimento
,
quei
meravigliosi
tramonti
dei
tropici
,
con
quelle
enormi
nuvole
color
di
bragia
e
di
sangue
,
e
quelle
fosforescenze
notturne
che
fanno
parer
l
'
Oceano
tutto
acceso
come
un
mare
di
lava
,
non
gli
facevan
l
'
effetto
di
cose
reali
,
ma
di
prodigi
veduti
in
sogno
.
Ebbe
delle
giornate
di
cattivo
tempo
,
durante
le
quali
restò
chiuso
continuamente
nel
dormitorio
,
dove
tutto
ballava
e
rovinava
,
in
mezzo
a
un
coro
spaventevole
di
lamenti
e
d
'
imprecazioni
;
e
credette
che
fosse
giunta
la
sua
ultima
ora
.
Ebbe
altre
giornate
di
mare
quieto
e
giallastro
,
di
caldura
insopportabile
,
di
noia
infinita
;
ore
interminabili
e
sinistre
,
durante
le
quali
i
passeggeri
spossati
,
distesi
immobili
sulle
tavole
,
parevan
tutti
morti
.
E
il
viaggio
non
finiva
mai
:
mare
e
cielo
,
cielo
e
mare
,
oggi
come
ieri
,
domani
come
oggi
,
-
ancora
,
-
sempre
,
eternamente
.
Ed
egli
per
lunghe
ore
stava
appoggiato
al
parapetto
a
guardar
quel
mare
senza
fine
,
sbalordito
,
pensando
vagamente
a
sua
madre
,
fin
che
gli
occhi
gli
si
chiudevano
e
il
capo
gli
cascava
dal
sonno
;
e
allora
rivedeva
quella
faccia
sconosciuta
che
lo
guardava
in
aria
di
pietà
,
e
gli
ripeteva
all
'
orecchio
:
-
Tua
madre
è
morta
!
-
e
a
quella
voce
si
risvegliava
in
sussulto
,
per
ricominciare
a
sognare
a
occhi
aperti
e
a
guardar
l
'
orizzonte
immutato
.
Ventisette
giorni
durò
il
viaggio
!
Ma
gli
ultimi
furono
i
migliori
.
Il
tempo
era
bello
e
l
'
aria
fresca
.
Egli
aveva
fatto
conoscenza
con
un
buon
vecchio
lombardo
,
che
andava
in
America
a
trovare
il
figliuolo
,
coltivatore
di
terra
vicino
alla
città
di
Rosario
;
gli
aveva
detto
tutto
di
casa
sua
,
e
il
vecchio
gli
ripeteva
ogni
tanto
,
battendogli
una
mano
sulla
nuca
:
-
Coraggio
,
bagai
,
tu
troverai
tua
madre
sana
e
contenta
.
-
Quella
compagnia
lo
riconfortava
,
i
suoi
presentimenti
s
'
erano
fatti
di
tristi
lieti
.
Seduto
a
prua
,
accanto
al
vecchio
contadino
che
fumava
la
pipa
,
sotto
un
bel
cielo
stellato
,
in
mezzo
a
gruppi
d
'
emigranti
che
cantavano
,
egli
si
rappresentava
cento
volte
al
pensiero
il
suo
arrivo
a
Buenos
Aires
,
si
vedeva
in
quella
certa
strada
,
trovava
la
bottega
,
si
lanciava
incontro
al
cugino
:
-
Come
sta
mia
madre
?
Dov
'
è
?
Andiamo
subito
!
-
Andiamo
subito
;
-
correvano
insieme
,
salivano
una
scala
,
s
'
apriva
una
porta
...
E
qui
il
suo
soliloquio
muto
s
'
arrestava
,
la
sua
immaginazione
si
perdeva
in
un
sentimento
d
'
inesprimibile
tenerezza
,
che
gli
faceva
tirar
fuori
di
nascosto
una
piccola
medaglia
che
portava
al
collo
,
e
mormorare
,
baciandola
,
le
sue
orazioni
.
Il
ventisettesimo
giorno
dopo
quello
della
partenza
,
arrivarono
.
Era
una
bella
aurora
rossa
di
maggio
quando
il
piroscafo
gittava
l
'
àncora
nell
'
immenso
fiume
della
Plata
,
sopra
una
riva
del
quale
si
stende
la
vasta
città
di
Buenos
Aires
,
capitale
della
Repubblica
Argentina
.
Quel
tempo
splendido
gli
parve
di
buon
augurio
.
Era
fuor
di
sé
dalla
gioia
e
dall
'
impazienza
.
Sua
madre
era
a
poche
miglia
di
distanza
da
lui
!
Tra
poche
ore
l
'
avrebbe
veduta
!
Ed
egli
si
trovava
in
America
,
nel
nuovo
mondo
,
e
aveva
avuto
l
'
ardimento
di
venirci
so
]
o
!
Tutto
quel
lunghissimo
viaggio
gli
pareva
allora
che
fosse
passato
in
un
nulla
.
Gli
pareva
d
'
aver
volato
,
sognando
,
e
di
essersi
svegliato
in
quel
punto
.
Ed
era
così
felice
,
che
quasi
non
si
stupì
né
si
afflisse
,
quando
si
frugò
nelle
tasche
,
e
non
ci
trovò
più
uno
dei
due
gruzzoli
in
cui
aveva
diviso
il
suo
piccolo
tesoro
,
per
esser
più
sicuro
di
non
perdere
tutto
.
Gliel
'
avevan
rubato
,
non
gli
restavan
più
che
poche
lire
;
ma
che
gli
importava
,
ora
ch
'
era
vicino
a
sua
madre
.
Con
la
sua
sacca
alla
mano
scese
insieme
a
molti
altri
italiani
in
un
vaporino
che
li
portò
fino
a
poca
distanza
dalla
riva
,
calò
dal
vaporino
in
una
barca
che
portava
il
nome
di
Andrea
Doria
,
fu
sbarcato
al
molo
,
salutò
il
suo
vecchio
amico
lombardo
,
e
s
'
avviò
a
lunghi
passi
verso
la
città
.
Arrivato
all
'
imboccatura
della
prima
via
fermò
un
uomo
che
passava
e
lo
pregò
di
indicargli
da
che
parte
dovesse
prendere
per
andar
in
via
de
los
Artes
.
Aveva
fermato
per
l
'
appunto
un
operaio
italiano
.
Questi
lo
guardò
con
curiosità
e
gli
domandò
se
sapeva
leggere
.
Il
ragazzo
accennò
di
sì
.
-
Ebbene
,
-
gli
disse
l
'
operaio
,
indicandogli
la
via
da
cui
egli
usciva
;
-
va
su
sempre
diritto
,
leggendo
i
nomi
delle
vie
a
tutte
le
cantonate
;
finirai
con
trovare
la
tua
.
-
Il
ragazzo
lo
ringraziò
e
infilò
la
via
che
gli
s
'
apriva
davanti
.
Era
una
via
diritta
e
sterminata
,
ma
stretta
;
fiancheggiata
da
case
basse
e
bianche
,
che
pareva
tanti
villini
;
piena
di
gente
,
di
carrozze
,
di
grandi
carri
,
che
facevano
uno
strepito
assordante
;
e
qua
e
là
spenzolavano
enormi
bandiere
di
vari
colori
,
con
su
scritto
a
grossi
caratteri
l
'
annunzio
di
partenze
di
piroscafi
per
città
sconosciute
.
A
ogni
tratto
di
cammino
,
voltandosi
a
destra
e
a
sinistra
,
egli
vedeva
due
altre
vie
che
fuggivano
diritte
a
perdita
d
'
occhio
,
fiancheggiate
pure
da
case
basse
e
bianche
,
e
piene
di
gente
e
di
carri
,
e
tagliate
in
fondo
dalla
linea
diritta
della
sconfinata
pianura
americana
,
simile
all
'
orizzonte
del
mare
.
La
città
gli
pareva
infinita
;
gli
pareva
che
si
potesse
camminar
per
giornate
e
per
settimane
vedendo
sempre
di
qua
e
di
là
altre
vie
come
quelle
,
e
che
tutta
l
'
America
ne
dovesse
esser
coperta
.
Guardava
attentamente
i
nomi
delle
vie
:
dei
nomi
strani
che
stentava
a
leggere
.
A
ogni
nuova
via
,
si
sentiva
battere
il
cuore
,
pensando
che
fosse
la
sua
.
Guardava
tutte
le
donne
con
l
'
idea
di
incontrare
sua
madre
.
Ne
vide
una
davanti
a
sé
,
che
gli
diede
una
scossa
al
sangue
:
la
raggiunse
,
la
guardò
:
era
una
negra
.
E
andava
,
andava
,
affrettando
il
passo
.
Arrivò
a
un
crocicchio
,
lesse
,
e
restò
come
inchiodato
sul
marciapiede
Era
la
vita
delle
Arti
.
Svoltò
,
vide
il
numero
117
dovette
fermarsi
per
riprender
respiro
.
E
disse
tra
sé
:
-
O
madre
mia
!
madre
mia
!
È
proprio
vero
che
ti
vedrò
a
momenti
!
-
Corse
innanzi
,
arrivò
a
una
piccola
bottega
di
merciaio
.
Era
quella
.
S
'
affacciò
.
Vide
una
donna
coi
capelli
grigi
e
gli
occhiali
.
-
Che
volete
,
ragazzo
?
-
gli
domandò
quella
,
in
spagnuolo
.
-
Non
è
questa
,
-
disse
,
stentando
a
metter
fuori
la
voce
,
-
la
bottega
di
Francesco
Merelli
?
-
Francesco
Merelli
è
morto
,
-
rispose
la
donna
in
italiano
.
Il
ragazzo
ebbe
l
'
impressione
d
'
una
percossa
nel
petto
.
-
Quando
morto
?
-
Eh
,
da
un
pezzo
,
-
rispose
la
donna
;
-
da
mesi
.
Fece
cattivi
affari
,
scappò
.
Dicono
che
sia
andato
a
Bahia
Blanca
,
molto
lontano
di
qui
.
E
morì
appena
arrivato
.
La
bottega
è
mia
.
Il
ragazzo
impallidì
.
Poi
disse
rapidamente
:
-
Merelli
conosceva
mia
madre
,
mia
madre
era
qua
a
servire
dal
signor
Mequinez
.
Egli
solo
poteva
dirmi
dov
'
era
.
Io
sono
venuto
in
America
a
cercar
mia
madre
.
Merelli
le
mandava
le
lettere
.
Io
ho
bisogno
di
trovar
mia
madre
.
-
Povero
figliuolo
,
-
rispose
la
donna
,
-
io
non
so
.
Posso
domandare
al
ragazzo
del
cortile
.
Egli
conosceva
il
giovane
che
faceva
commissioni
per
Merelli
.
Può
darsi
che
sappia
dir
qualche
cosa
.
Andò
in
fondo
alla
bottega
e
chiamò
il
ragazzo
,
che
venne
subito
.
-
Dimmi
un
poco
,
-
gli
domandò
la
bottegaia
;
-
ti
ricordi
che
il
giovane
di
Merelli
andasse
qualche
volta
a
portar
delle
lettere
a
una
donna
di
servizio
,
in
casa
di
figli
del
paese
?
-
Dal
signor
Mequinez
,
-
rispose
il
ragazzo
,
sì
signora
,
qualche
volta
.
In
fondo
a
via
delle
Arti
.
-
Ah
,
signora
,
grazie
!
-
gridò
Marco
.
-
Mi
dica
il
numero
...
non
lo
sa
?
Mi
faccia
accompagnare
,
-
accompagnami
tu
subito
,
ragazzo
;
-
io
ho
ancora
dei
soldi
.
E
disse
questo
con
tanto
calore
,
che
senz
'
aspettar
la
preghiera
della
donna
,
il
ragazzo
rispose
:
-
andiamo
;
-
e
uscì
pel
primo
a
passi
lesti
.
Quasi
correndo
,
senza
dire
una
parola
,
andarono
fino
in
fondo
alla
via
lunghissima
,
infilarono
l
'
andito
d
'
entrata
d
'
una
piccola
casa
bianca
,
e
si
fermarono
davanti
a
un
bel
cancello
di
ferro
,
da
cui
si
vedeva
un
cortiletto
,
pieno
di
vasi
di
fiori
.
Marco
diede
una
strappata
al
campanello
.
Comparve
una
signorina
.
-
Qui
sta
la
famiglia
Mequinez
,
non
è
vero
?
-
domandò
ansiosamente
il
ragazzo
.
-
Ci
stava
,
-
rispose
la
signorina
,
pronunziando
l
'
italiano
alla
spagnuola
.
-
Ora
ci
stiamo
noi
,
Zeballos
.
-
E
dove
sono
andati
i
Mequinez
?
-
domandò
Marco
,
col
batticuore
.
-
Sono
andati
a
Cordova
.
-
Cordova
!
-
esclamò
Marco
.
-
Dov
'
è
Cordova
?
E
la
persona
di
servizio
che
avevano
?
la
donna
,
mia
madre
!
La
donna
di
servizio
era
mia
madre
!
Hanno
condotto
via
anche
mia
madre
?
La
signorina
lo
guardò
e
disse
:
-
Non
so
.
Lo
saprà
forse
mio
padre
,
che
li
ha
conosciuti
quando
partirono
.
Aspettate
un
momento
.
Scappò
e
tornò
poco
dopo
con
suo
padre
,
un
signore
alto
,
con
la
barba
grigia
.
Questi
guardò
fisso
un
momento
quel
tipo
simpatico
di
piccolo
marinaio
genovese
,
coi
capelli
biondi
e
il
naso
aquilino
,
e
gli
domandò
in
cattivo
italiano
:
-
Tua
madre
è
genovese
?
Marco
rispose
di
sì
.
-
Ebbene
la
donna
di
servizio
genovese
è
andata
con
loro
,
lo
so
di
certo
.
-
Dove
sono
andati
?
-
A
Cordova
,
una
città
.
Il
ragazzo
mise
un
sospiro
;
poi
disse
con
rassegnazione
:
-
Allora
...
andrò
a
Cordova
.
-
Ah
pobre
Niño
!
-
esclamò
il
signore
,
guardandolo
in
aria
di
pietà
.
-
Povero
ragazzo
!
È
a
centinaia
di
miglia
di
qua
,
Cordova
.
Marco
diventò
pallido
come
un
morto
,
e
s
'
appoggiò
con
una
mano
alla
cancellata
.
-
Vediamo
,
vediamo
,
-
disse
allora
il
signore
,
mosso
a
compassione
,
aprendo
la
porta
,
-
vieni
dentro
un
momento
,
vediamo
un
po
'
se
si
può
far
qualche
cosa
.
-
Sedette
,
gli
diè
da
sedere
,
gli
fece
raccontar
la
sua
storia
,
lo
stette
a
sentire
molto
attento
,
rimase
un
pezzo
pensieroso
;
poi
gli
disse
risolutamente
:
-
Tu
non
hai
denari
,
non
è
vero
?
-
Ho
ancora
...
poco
,
-
rispose
Marco
.
Il
signore
pensò
altri
cinque
minuti
,
poi
si
mise
a
un
tavolino
,
scrisse
una
lettera
,
la
chiuse
,
e
porgendola
al
ragazzo
,
gli
disse
:
-
Senti
,
italianito
.
Va
'
con
questa
lettera
alla
Boca
.
È
una
piccola
città
mezza
genovese
,
a
due
ore
di
strada
di
qua
.
Tutti
ti
sapranno
indicare
il
cammino
.
Va
'
là
e
cerca
di
questo
signore
,
a
cui
è
diretta
la
lettera
,
e
che
è
conosciuto
da
tutti
.
Portagli
questa
lettera
.
Egli
ti
farà
partire
domani
per
la
città
di
Rosario
,
e
ti
raccomanderà
a
qualcuno
lassù
,
che
penserà
a
farti
proseguire
il
viaggio
fino
a
Cordova
,
dove
troverai
la
famiglia
Mequinez
e
tua
madre
.
Intanto
,
piglia
questo
.
-
E
gli
mise
in
mano
qualche
lira
.
-
Va
'
,
e
fatti
coraggio
;
qui
hai
da
per
tutto
dei
compaesani
,
non
rimarrai
abbandonato
.
Adios
.
Il
ragazzo
gli
disse
:
-
Grazie
,
-
senza
trovar
altre
parole
,
uscì
con
la
sua
sacca
,
e
congedatosi
dalla
sua
piccola
guida
,
si
mise
lentamente
in
cammino
verso
la
Boca
,
pieno
di
tristezza
e
di
stupore
,
a
traverso
alla
grande
città
rumorosa
.
Tutto
quello
che
gli
accadde
da
quel
momento
fino
alla
sera
del
giorno
appresso
gli
rimase
poi
nella
memoria
confuso
ed
incerto
come
una
fantasticheria
di
febbricitante
,
tanto
egli
era
stanco
,
sconturbato
,
avvilito
.
E
il
giorno
appresso
,
all
'
imbrunire
,
dopo
aver
dormito
la
notte
in
una
stanzuccia
d
'
una
casa
della
Boca
,
accanto
a
un
facchino
del
porto
,
-
dopo
aver
passata
quasi
tutta
la
giornata
,
seduto
sopra
un
mucchio
di
travi
,
e
come
trasognato
,
in
faccia
a
migliaia
di
bastimenti
,
di
barconi
e
di
vaporini
,
-
si
trovava
a
poppa
d
'
una
grossa
barca
a
vela
,
carica
di
frutte
,
che
partiva
per
la
città
di
Rosario
,
condotta
da
tre
robusti
genovesi
abbronzati
dal
sole
;
la
voce
dei
quali
,
e
il
dialetto
amato
che
parlavano
gli
rimise
un
po
'
di
conforto
nel
cuore
.
Partirono
,
e
il
viaggio
durò
tre
giorni
e
quattro
notti
,
e
fu
uno
stupore
continuo
per
il
piccolo
viaggiatore
.
Tre
giorni
e
quattro
notti
su
per
quel
meraviglioso
fiume
Paranà
,
rispetto
al
quale
il
nostro
grande
Po
non
è
che
un
rigagnolo
,
e
la
lunghezza
dell
'
Italia
,
quadruplicata
,
non
raggiunge
quella
del
suo
corso
.
Il
barcone
andava
lentamente
a
ritroso
di
quella
massa
d
'
acqua
smisurata
.
Passava
in
mezzo
a
lunghe
isole
,
già
nidi
di
serpenti
e
di
tigri
,
coperte
d
'
aranci
e
di
salici
,
simili
a
boschi
galleggianti
;
e
ora
infilava
stretti
canali
,
da
cui
pareva
che
non
potesse
più
uscire
;
ora
sboccava
in
vaste
distese
d
'
acque
,
dell
'
aspetto
di
grandi
laghi
tranquilli
;
poi
daccapo
fra
le
isole
,
per
i
canali
intricati
d
'
un
arcipelago
,
in
mezzo
a
mucchi
enormi
di
vegetazione
.
Regnava
un
silenzio
profondo
.
Per
lunghi
tratti
,
le
rive
e
le
acque
solitarie
e
vastissime
davan
l
'
immagine
d
'
un
fiume
sconosciuto
,
in
cui
quella
povera
vela
fosse
la
prima
al
mondo
ad
avventurarsi
.
Quanto
più
s
'
avanzavano
,
e
tanto
più
quel
mostruoso
fiume
lo
sgomentava
.
Egli
immaginava
che
sua
madre
si
trovasse
alle
sorgenti
,
e
che
la
navigazione
dovesse
durare
degli
anni
.
Due
volte
al
giorno
mangiava
un
po
'
di
pane
e
di
carne
salata
coi
barcaioli
,
i
quali
,
vedendolo
triste
,
non
gli
rivolgevan
mai
la
parola
.
La
notte
dormiva
sopra
coperta
,
e
si
svegliava
ogni
tanto
,
bruscamente
,
stupito
della
luce
limpidissima
della
luna
che
imbiancava
le
acque
immense
e
le
rive
lontane
;
e
allora
il
cuore
gli
si
serrava
.
-
Cordova
!
-
Egli
ripeteva
quel
nome
:
-
Cordova
!
-
come
il
nome
d
'
una
di
quelle
città
misteriose
,
delle
quali
aveva
inteso
parlare
nelle
favole
.
Ma
poi
pensava
:
-
Mia
madre
è
passata
di
qui
,
ha
visto
queste
isole
,
quelle
rive
,
-
e
allora
non
gli
parevan
più
tanto
strani
e
solitari
quei
luoghi
in
cui
lo
sguardo
di
sua
madre
s
'
era
posato
...
La
notte
,
uno
dei
barcaiuoli
cantava
.
Quella
voce
gli
rammentava
le
canzoni
di
sua
madre
,
quando
l
'
addormentava
bambino
.
L
'
ultima
notte
,
all
'
udir
quel
canto
,
singhiozzò
.
Il
barcaiuolo
s
'
interruppe
.
Poi
gli
gridò
:
-
Animo
,
animo
,
figioeu
!
Che
diavolo
!
Un
genovese
che
piange
perché
è
lontano
da
casa
!
I
genovesi
girano
il
mondo
gloriosi
e
trionfanti
!
-
E
a
quelle
parole
egli
si
riscosse
,
sentì
la
voce
del
sangue
genovese
,
e
rialzò
la
fronte
con
alterezza
,
battendo
il
pugno
sul
timone
.
-
Ebbene
,
si
-
disse
tra
sé
,
-
dovessi
anch
'
io
girare
tutto
il
mondo
,
viaggiare
ancora
per
anni
e
anni
,
e
fare
delle
centinaia
di
miglia
a
piedi
,
io
andrò
avanti
,
fin
che
troverò
mia
madre
.
Dovessi
arrivare
moribondo
,
e
cascar
morto
ai
suoi
piedi
!
Pur
che
io
la
riveda
una
volta
!
Coraggio
!
-
E
con
quest
'
animo
arrivò
allo
spuntar
d
'
un
mattino
rosato
e
freddo
di
fronte
alla
città
di
Rosario
,
posta
sulla
riva
alta
del
Paranà
,
dove
si
specchiavan
nelle
acque
le
antenne
imbandierate
di
cento
bastimenti
d
'
ogni
paese
.
Poco
dopo
sbarcato
,
salì
alla
città
,
con
la
sua
sacca
alla
mano
,
a
cercare
un
signore
argentino
per
cui
il
suo
protettore
della
Boca
gli
aveva
rimesso
un
biglietto
di
visita
con
qualche
parola
di
raccomandazione
.
Entrando
in
Rosario
gli
parve
d
'
entrare
in
una
città
già
conosciuta
.
Erano
quelle
vie
interminabili
,
diritte
,
fiancheggiate
di
case
basse
e
bianche
,
attraversate
in
tutte
le
direzioni
,
al
disopra
dei
tetti
,
da
grandi
fasci
di
fili
telegrafici
e
telefonici
,
che
parevano
enormi
ragnateli
;
e
un
gran
trepestio
di
gente
,
di
cavalli
,
di
carri
.
La
testa
gli
si
confondeva
:
credette
quasi
di
rientrare
a
Buenos
Aires
,
e
di
dover
cercare
un
'
altra
volta
il
cugino
.
Andò
attorno
per
quasi
un
'
ora
,
svoltando
e
risvoltando
,
e
sembrandogli
sempre
di
tornar
nella
medesima
via
;
e
a
furia
di
domandare
,
trovò
la
casa
del
suo
nuovo
protettore
.
Tirò
il
campanello
.
S
'
affacciò
alla
porta
un
grosso
uomo
biondo
,
arcigno
,
che
aveva
l
'
aria
d
'
un
fattore
,
e
che
gli
domandò
sgarbatamente
,
con
pronunzia
straniera
:
-
Che
vuoi
?
Il
ragazzo
disse
il
nome
del
padrone
.
-
Il
padrone
,
-
rispose
il
fattore
,
-
è
partito
ieri
sera
per
Buenos
Aires
con
tutta
la
sua
famiglia
.
Il
ragazzo
restò
senza
parola
.
Poi
balbettò
:
-
Ma
io
...
non
ho
nessuno
qui
!
Sono
solo
!
-
E
porse
il
biglietto
.
Il
fattore
lo
prese
,
lo
lesse
e
disse
burberamente
:
-
Non
so
che
farci
.
Glielo
darò
fra
un
mese
,
quando
ritornerà
.
-
Ma
io
,
io
son
solo
!
io
ho
bisogno
!
-
esclamò
il
ragazzo
,
con
voce
di
preghiera
.
-
Eh
!
andiamo
,
-
disse
l
'
altro
;
-
non
ce
n
'
è
ancora
abbastanza
della
gramigna
del
tuo
paese
a
Rosario
!
Vattene
un
po
'
a
mendicare
in
Italia
.
-
E
gli
chiuse
il
cancello
sulla
faccia
.
Il
ragazzo
restò
là
come
impietrato
.
Poi
riprese
lentamente
la
sua
sacca
,
ed
uscì
,
col
cuore
angosciato
,
con
la
mente
in
tumulto
,
assalito
a
un
tratto
da
mille
pensieri
affannosi
.
Che
fare
?
dove
andare
?
Da
Rosario
a
Cordova
c
'
era
una
giornata
di
strada
ferrata
.
Egli
non
aveva
più
che
poche
lire
.
Levato
quello
che
gli
occorreva
di
spendere
quel
giorno
,
non
gli
sarebbe
rimasto
quasi
nulla
.
Dove
trovare
i
denari
per
pagarsi
il
viaggio
?
Poteva
lavorare
.
Ma
come
,
a
chi
domandar
lavoro
?
Chieder
l
'
elemosina
!
Ah
!
no
,
essere
respinto
,
insultato
,
umiliato
come
poc
'
anzi
,
no
,
mai
,
mai
più
,
piuttosto
morire
!
-
E
a
quell
'
idea
,
e
al
riveder
davanti
a
sé
la
lunghissima
via
che
si
perdeva
lontano
nella
pianura
sconfinata
,
si
sentì
fuggire
un
'
altra
volta
il
coraggio
,
gettò
la
sacca
sul
marciapiede
,
vi
sedette
su
con
le
spalle
al
muro
,
e
chinò
il
viso
tra
le
mani
,
senza
pianto
,
in
un
atteggiamento
desolato
.
La
gente
l
'
urtava
coi
piedi
passando
;
i
carri
empivan
la
via
di
rumore
;
alcuni
ragazzi
si
fermarono
a
guardarlo
.
Egli
rimase
un
pezzo
così
.
Quando
fu
scosso
da
una
voce
che
gli
disse
tra
in
italiano
e
in
lombardo
:
-
Che
cos
'
hai
,
ragazzetto
?
Alzò
il
viso
a
quelle
parole
,
e
subito
balzò
in
piedi
gettando
un
'
esclamazione
di
meraviglia
:
-
Voi
qui
!
Era
il
vecchio
contadino
lombardo
,
col
quale
aveva
fatto
amicizia
nel
viaggio
.
La
meraviglia
del
contadino
non
fu
minore
della
sua
.
Ma
il
ragazzo
non
gli
lasciò
il
tempo
d
'
interrogarlo
,
e
gli
raccontò
rapidamente
i
casi
suoi
.
-
Ora
son
senza
soldi
,
ecco
;
bisogna
che
lavori
;
trovatemi
voi
del
lavoro
da
poter
mettere
insieme
qualche
lira
;
io
faccio
qualunque
cosa
;
porto
roba
,
spazzo
le
strade
,
posso
far
commissioni
,
anche
lavorare
in
campagna
;
mi
contento
di
campare
di
pan
nero
;
ma
che
possa
partir
presto
,
che
possa
trovare
una
volta
mia
madre
,
fatemi
questa
carità
,
del
lavoro
,
trovatemi
voi
del
lavoro
,
per
amor
di
Dio
,
che
non
ne
posso
più
!
-
Diamine
,
diamine
,
-
disse
il
contadino
,
guardandosi
attorno
e
grattandosi
il
mento
.
-
Che
storia
è
questa
!
...
Lavorare
...
è
presto
detto
.
Vediamo
un
po
'
.
Che
non
ci
sia
mezzo
di
trovar
trenta
lire
fra
tanti
patriotti
?
Il
ragazzo
lo
guardava
,
confortato
da
un
raggio
di
speranza
.
-
Vieni
con
me
,
-
gli
disse
il
contadino
.
-
Dove
?
-
domandò
il
ragazzo
,
ripigliando
la
sacca
.
-
Vieni
con
me
.
Il
contadino
si
mosse
,
Marco
lo
seguì
,
fecero
un
lungo
tratto
di
strada
insieme
,
senza
parlare
.
Il
contadino
si
fermò
alla
porta
d
'
un
'
osteria
che
aveva
per
insegna
una
stella
e
scritto
sotto
:
-
La
estrella
de
Italia
;
-
mise
il
viso
dentro
e
voltandosi
verso
il
ragazzo
disse
allegramente
:
-
Arriviamo
in
buon
punto
.
-
Entrarono
in
uno
stanzone
,
dov
'
eran
varie
tavole
,
e
molti
uomini
seduti
,
che
bevevano
,
parlando
forte
.
Il
vecchio
lombardo
s
'
avvicinò
alla
prima
tavola
,
e
dal
modo
come
salutò
i
sei
avventori
che
ci
stavano
intorno
,
si
capiva
ch
'
era
stato
in
loro
compagnia
fino
a
poco
innanzi
.
Erano
rossi
in
viso
e
facevan
sonare
bicchieri
,
vociando
e
ridendo
.
-
Camerati
,
-
disse
senz
'
altro
il
lombardo
,
restando
in
piedi
,
e
presentando
Marco
;
-
c
'
è
qui
un
povero
ragazzo
nostro
patriotta
,
che
è
venuto
solo
da
Genova
a
Buenos
Aires
a
cercare
sua
madre
.
A
Buenos
Aires
gli
dissero
:
-
Qui
non
c
'
è
,
è
a
Cordova
.
-
Viene
in
barca
a
Rosario
,
tre
dì
e
tre
notti
,
con
due
righe
di
raccomandazione
;
presenta
la
carta
:
gli
fanno
una
figuraccia
.
Non
ha
la
croce
d
'
un
centesimo
.
È
qui
solo
come
un
disperato
.
È
un
bagai
pieno
di
cuore
.
Vediamo
un
poco
.
Non
ha
da
trovar
tanto
da
pagare
il
biglietto
per
andare
a
Cordova
a
trovar
sua
madre
?
L
'
abbiamo
da
lasciar
qui
come
un
cane
?
-
Mai
al
mondo
,
perdio
!
-
Mai
non
sarà
detto
questo
!
-
gridarono
tutti
insieme
,
battendo
il
pugno
sul
tavolo
.
-
Un
patriotta
nostro
!
-
Vieni
qua
,
piccolino
.
-
Ci
siamo
noi
,
gli
emigranti
!
-
Guarda
che
bel
monello
.
-
Fuori
dei
quattrini
,
camerati
.
-
Bravo
!
Venuto
solo
!
Hai
del
fegato
!
-
Bevi
un
sorso
,
patriotta
.
-
Ti
manderemo
da
tua
madre
,
non
pensare
.
-
E
uno
gli
dava
un
pizzicotto
alla
guancia
,
un
altro
gli
batteva
la
mano
sulla
spalla
,
un
terzo
lo
liberava
dalla
sacca
;
altri
emigranti
s
'
alzarono
dalle
tavole
vicine
e
s
'
avvicinarono
;
la
storia
del
ragazzo
fece
il
giro
dell
'
osteria
;
accorsero
dalla
stanza
accanto
tre
avventori
argentini
;
e
in
meno
di
dieci
minuti
il
contadino
lombardo
che
porgeva
il
cappello
,
ci
ebbe
dentro
quarantadue
lire
.
-
Hai
Visto
,
-
disse
allora
,
voltandosi
verso
il
ragazzo
,
-
come
si
fa
presto
in
America
?
-
Bevi
-
gli
gridò
un
altro
,
porgendogli
un
bicchiere
di
vino
:
-
Alla
salute
di
tua
madre
!
-
Tutti
alzarono
i
bicchieri
.
-
E
Marco
ripeté
:
-
Alla
salute
di
mia
...
-
Ma
un
singhiozzo
di
gioia
gli
chiuse
la
gola
,
e
rimesso
il
bicchiere
sulla
tavola
,
si
gettò
al
collo
del
suo
vecchio
.
La
mattina
seguente
,
allo
spuntare
del
giorno
,
egli
era
già
partito
per
Cordova
,
ardito
e
ridente
,
pieno
di
presentimenti
felici
.
Ma
non
c
'
è
allegrezza
che
regga
a
lungo
davanti
a
certi
aspetti
sinistri
della
natura
.
Il
tempo
era
chiuso
e
grigio
;
il
treno
,
presso
che
vuoto
,
correva
a
traverso
a
un
'
immensa
pianura
priva
d
'
ogni
segno
d
'
abitazione
.
Egli
si
trovava
solo
in
un
vagone
lunghissimo
,
che
somigliava
a
quelli
dei
treni
per
i
feriti
.
Guardava
a
destra
,
guardava
a
sinistra
,
e
non
vedeva
che
una
solitudine
senza
fine
,
sparsa
di
piccoli
alberi
deformi
,
dai
tronchi
e
dai
rami
scontorti
,
in
atteggiamenti
non
mai
veduti
,
quasi
d
'
ira
e
d
'
angoscia
;
una
vegetazione
scura
,
rada
e
triste
,
che
dava
alla
pianura
l
'
apparenza
d
'
uno
sterminato
cimitero
.
Sonnecchiava
mezz
'
ora
,
tornava
a
guardare
:
era
sempre
lo
stesso
spettacolo
.
Le
stazioni
della
strada
ferrata
eran
solitarie
,
come
case
di
eremiti
;
e
quando
il
treno
si
fermava
,
non
si
sentiva
una
voce
;
gli
pareva
di
trovarsi
solo
in
un
treno
,
perduto
,
abbandonato
in
mezzo
a
un
deserto
.
Gli
sembrava
che
ogni
stazione
dovesse
essere
l
'
ultima
,
e
che
s
'
entrasse
dopo
quella
nelle
terre
misteriose
e
spaurevoli
dei
selvaggi
.
Una
brezza
gelata
gli
mordeva
il
viso
.
Imbarcandolo
a
Genova
sul
finir
d
'
aprile
,
i
suoi
non
avevan
pensato
che
in
America
egli
avrebbe
trovato
l
'
inverno
,
e
l
'
avevan
vestito
da
estate
.
Dopo
alcune
ore
,
incominciò
a
soffrire
il
freddo
,
e
col
freddo
,
la
stanchezza
dei
giorni
passati
,
pieni
di
commozioni
violente
,
e
delle
notti
insonni
e
travagliate
.
Si
addormentò
,
dormì
lungo
tempo
,
si
svegliò
intirizzito
;
si
sentiva
male
.
E
allora
gli
prese
un
vago
terrore
di
cader
malato
e
di
morir
per
viaggio
,
e
d
'
esser
buttato
là
in
mezzo
a
quella
pianura
desolata
,
dove
il
suo
cadavere
sarebbe
stato
dilaniato
dai
cani
e
dagli
uccelli
di
rapina
,
come
certi
corpi
di
cavalli
e
di
vacche
che
vedeva
tratto
tratto
accanto
alla
strada
,
e
da
cui
torceva
lo
sguardo
con
ribrezzo
.
In
quel
malessere
inquieto
,
in
mezzo
a
quel
silenzio
tetro
della
natura
,
la
sua
immaginazione
s
'
eccitava
e
volgeva
al
nero
.
Era
poi
ben
sicuro
di
trovarla
,
a
Cordova
,
sua
madre
?
E
se
non
ci
fosse
stata
?
Se
quel
signore
di
via
delle
Arti
avesse
sbagliato
?
E
se
fosse
morta
?
In
questi
pensieri
si
riaddormentò
,
sognò
d
'
essere
a
Cordova
di
notte
,
e
di
sentirsi
gridare
da
tutte
le
porte
e
da
tutte
le
finestre
:
-
Non
c
'
è
!
Non
c
'
è
!
Non
c
'
è
!
-
si
risvegliò
di
sobbalzo
,
atterrito
,
e
vide
in
fondo
al
vagone
tre
uomini
barbuti
,
ravvolti
in
scialli
di
vari
colori
,
che
lo
guardavano
,
parlando
basso
tra
di
loro
;
e
gli
balenò
il
sospetto
che
fossero
assassini
e
lo
volessero
uccidere
,
per
rubargli
la
sacca
.
Al
freddo
,
al
malessere
gli
s
'
aggiunse
la
paura
;
la
fantasia
già
turbata
gli
si
stravolse
;
-
i
tre
uomini
lo
fissavano
sempre
,
-
uno
di
essi
mosse
verso
di
lui
;
-
allora
egli
smarrì
la
ragione
,
e
correndogli
incontro
con
le
braccia
aperte
,
gridò
:
-
Non
ho
nulla
.
Sono
un
povero
ragazzo
.
Vengo
dall
'
Italia
vo
a
cercar
mia
madre
,
son
solo
;
non
mi
fate
del
male
!
-
Quelli
capirono
subito
,
n
'
ebbero
pietà
,
lo
carezzarono
e
lo
racquetarono
,
dicendogli
molte
parole
che
non
intendeva
;
e
vedendo
che
batteva
i
denti
dal
freddo
,
gli
misero
addosso
uno
dei
loro
scialli
,
e
lo
fecero
risedere
perché
dormisse
.
E
si
riaddormentò
,
che
imbruniva
.
Quando
lo
svegliarono
,
era
a
Cordova
.
Ah
!
che
buon
respiro
tirò
,
e
con
che
impeto
si
cacciò
fuori
del
vagone
!
Domandò
a
un
impiegato
della
stazione
dove
stesse
di
casa
l
'
ingegner
Mequinez
:
quegli
disse
il
nome
d
'
una
chiesa
:
-
la
casa
era
accanto
alla
chiesa
;
-
il
ragazzo
scappò
via
.
Era
notte
.
Entrò
in
città
.
E
gli
parve
d
'
entrare
in
Rosario
un
'
altra
volta
,
al
veder
quelle
strade
diritte
,
fiancheggiate
di
piccole
case
bianche
,
e
tagliate
da
altre
strade
diritte
e
lunghissime
.
Ma
c
'
era
poca
gente
,
e
al
chiarore
dei
rari
lampioni
incontrava
delle
facce
strane
,
d
'
un
colore
sconosciuto
,
tra
nerastro
e
verdognolo
,
e
alzando
il
viso
a
quando
a
quando
,
vedeva
delle
chiese
d
'
architettura
bizzarra
che
si
disegnavano
enormi
e
nere
sul
firmamento
.
La
città
era
oscura
e
silenziosa
;
ma
dopo
aver
attraversato
quell
'
immenso
deserto
,
gli
pareva
allegra
.
Interrogò
un
prete
,
trovò
presto
la
chiesa
e
la
casa
,
tirò
il
campanello
con
una
mano
tremante
,
e
si
premette
l
'
altra
sul
petto
per
comprimere
i
battiti
del
cuore
,
che
gli
saltava
alla
gola
.
Una
vecchia
venne
ad
aprire
,
con
un
lume
in
mano
.
Il
ragazzo
non
poté
parlar
subito
.
-
Chi
cerchi
?
-
domandò
quella
,
in
spagnuolo
.
-
L
'
ingegnere
Mequinez
,
-
disse
Marco
.
La
vecchia
fece
l
'
atto
d
'
incrociar
le
braccia
sul
seno
,
e
rispose
dondolando
il
capo
.
-
Anche
tu
,
dunque
,
l
'
hai
con
l
'
ingegnere
Mequinez
!
E
mi
pare
che
sarebbe
tempo
di
finirla
.
Son
tre
mesi
oramai
,
che
ci
seccano
.
Non
basta
che
l
'
abbiano
detto
i
giornali
.
Bisognerà
farlo
stampare
sulle
cantonate
che
il
signor
Mequinez
è
andato
a
stare
a
Tucuman
!
Il
ragazzo
fece
un
gesto
di
disperazione
.
Poi
diede
in
uno
scoppio
di
rabbia
.
-
È
una
maledizione
dunque
!
Io
dovrò
morire
per
la
strada
senza
trovare
mia
madre
!
Io
divento
matto
,
m
'
ammazzo
!
Dio
mio
!
Come
si
chiama
quel
paese
?
Dov
'
è
?
A
che
distanza
è
?
-
Eh
,
povero
ragazzo
,
-
rispose
la
vecchia
,
impietosita
,
-
una
bagattella
!
Saranno
quattrocento
o
cinquecento
miglia
,
a
metter
poco
.
Il
ragazzo
si
coprì
il
viso
con
le
mani
;
poi
domandò
con
un
singhiozzo
:
-
E
ora
...
come
faccio
?
-
Che
vuoi
che
ti
dica
,
povero
figliuolo
,
-
rispose
la
donna
;
-
io
non
so
.
Ma
subito
le
balenò
un
'
idea
e
soggiunse
in
fretta
:
-
Senti
,
ora
che
ci
penso
.
Fa
una
cosa
.
Svolta
a
destra
per
la
via
,
troverai
alla
terza
parte
un
cortile
;
c
'
è
un
capataz
,
un
commerciante
,
che
parte
domattina
per
Tucuman
con
le
sue
carretas
e
i
suoi
bovi
;
va
a
vedere
se
ti
vuol
prendere
,
offrendogli
i
tuoi
servizi
;
ti
darà
forse
un
posto
sur
un
carro
;
va
'
subito
.
Il
ragazzo
afferrò
la
sacca
,
ringraziò
scappando
,
e
dopo
due
minuti
si
trovò
in
un
vasto
cortile
rischiarato
da
lanterne
,
dove
vari
uomini
lavoravano
a
caricar
sacchi
di
frumento
sopra
certi
carri
enormi
,
simili
a
case
mobili
di
saltimbanchi
,
col
tetto
rotondo
e
le
ruote
altissime
;
ed
un
uomo
alto
e
baffuto
,
ravvolto
in
una
specie
di
mantello
a
quadretti
bianchi
e
neri
,
con
due
grandi
stivali
,
dirigeva
il
lavoro
.
Il
ragazzo
s
'
avvicinò
a
questo
,
e
gli
fece
timidamente
la
sua
domanda
,
dicendo
che
veniva
dall
'
Italia
e
che
andava
a
cercare
sua
madre
.
Il
capataz
,
che
vuol
dir
capo
(
il
capo
conduttore
di
quel
convoglio
di
carri
)
,
gli
diede
un
'
occhiata
da
capo
a
piedi
,
e
rispose
seccamente
:
-
Non
ci
ho
posto
.
-
Io
ho
quindici
lire
,
-
rispose
il
ragazzo
,
supplichevole
,
-
do
le
mie
quindici
lire
.
Per
viaggio
lavorerò
.
Andrò
a
pigliar
l
'
acqua
e
la
biada
per
le
bestie
,
farò
tutti
i
servizi
.
Un
poco
di
pane
mi
basta
.
Mi
faccia
un
po
'
di
posto
,
signore
!
Il
capataz
tornò
a
guardarlo
,
e
rispose
con
miglior
garbo
:
-
Non
c
'
è
posto
...
e
poi
...
noi
non
andiamo
a
Tucuman
,
andiamo
a
un
'
altra
città
,
Santiago
dell
'
Estero
.
A
un
certo
punto
ti
dovremmo
lasciare
,
e
avresti
ancora
un
gran
tratto
da
far
a
piedi
.
-
Ah
!
io
ne
farei
il
doppio
!
-
esclamò
Marco
;
-
io
camminerò
,
non
ci
pensi
;
arriverò
in
ogni
maniera
,
mi
faccia
un
po
'
di
posto
,
signore
,
per
carità
,
per
carità
non
mi
lasci
qui
solo
!
-
Bada
che
è
un
viaggio
di
venti
giorni
!
-
Non
importa
.
-
È
un
viaggio
duro
!
-
Sopporterò
tutto
-
Dovrai
viaggiar
solo
!
-
Non
ho
paura
di
nulla
.
Purché
ritrovi
mia
madre
.
Abbia
compassione
!
Il
capataz
gli
accostò
al
viso
una
lanterna
e
lo
guardò
.
Poi
disse
:
-
Sta
bene
.
Il
ragazzo
gli
baciò
la
mano
.
-
Stanotte
dormirai
in
un
carro
,
-
soggiunse
il
capataz
,
lasciandolo
;
-
domattina
alle
quattro
ti
sveglierò
.
Buenas
noches
.
La
mattina
alle
quattro
,
al
lume
delle
stelle
,
la
lunga
fila
dei
carri
Si
mise
in
movimento
con
grande
strepitio
:
ciascun
carro
tirato
da
sei
bovi
,
seguiti
tutti
da
un
gran
numero
di
animali
di
ricambio
.
Il
ragazzo
,
svegliato
e
messo
dentro
a
un
dei
carri
,
sui
sacchi
,
si
raddormentò
subito
,
profondamente
.
Quando
si
svegliò
,
il
convoglio
era
fermo
in
un
luogo
solitario
,
sotto
il
sole
,
e
tutti
gli
uomini
-
i
peones
-
stavan
seduti
in
cerchio
intorno
a
un
quarto
di
vitello
,
che
arrostiva
all
'
aria
aperta
,
infilato
in
una
specie
di
spadone
piantato
in
terra
,
accanto
a
un
gran
foco
agitato
dal
vento
.
Mangiarono
tutti
insieme
,
dormirono
e
poi
ripartirono
;
e
così
il
viaggio
continuò
,
regolato
come
una
marcia
di
soldati
.
Ogni
mattina
si
mettevano
in
cammino
alle
cinque
,
si
fermavano
alle
nove
,
ripartivano
alle
cinque
della
sera
,
tornavano
a
fermarsi
alle
dieci
.
I
peones
andavano
a
cavallo
e
stimolavano
i
buoi
con
lunghe
canne
.
Il
ragazzo
accendeva
il
fuoco
per
l
'
arrosto
,
dava
da
mangiare
alle
bestie
,
ripuliva
le
lanterne
,
portava
l
'
acqua
da
bere
.
Il
paese
gli
passava
davanti
come
una
visione
indistinta
:
vasti
boschi
di
piccoli
alberi
bruni
;
villaggi
di
poche
case
sparse
,
con
le
facciate
rosse
e
merlate
;
vastissimi
spazi
,
forse
antichi
letti
di
grandi
laghi
salati
,
biancheggianti
di
sale
fin
dove
arrivava
la
vista
;
e
da
ogni
parte
e
sempre
,
pianura
,
solitudine
,
silenzio
.
Rarissimamente
incontravano
due
o
tre
viaggiatori
a
cavallo
,
seguiti
da
un
branco
di
cavalli
sciolti
,
che
passavano
di
galoppo
,
come
un
turbine
.
I
giorni
eran
tutti
eguali
,
come
sul
mare
;
uggiosi
e
interminabili
.
Ma
il
tempo
era
bello
.
Senonché
i
peones
,
come
se
il
ragazzo
fosse
stato
il
loro
servitore
obbligato
,
diventavano
di
giorno
in
giorno
più
esigenti
:
alcuni
lo
trattavano
brutalmente
,
con
minacce
;
tutti
si
facevan
servire
senza
riguardi
;
gli
facevan
portare
carichi
enormi
di
foraggi
;
lo
mandavan
a
pigliar
acqua
a
grandi
distanze
;
ed
egli
,
rotto
dalla
fatica
,
non
poteva
neanche
dormire
la
notte
,
scosso
continuamente
dai
sobbalzi
violenti
del
carro
e
dallo
scricchiolìo
assordante
delle
ruote
e
delle
sale
di
legno
.
E
per
giunta
,
essendosi
levato
il
vento
,
una
terra
fina
,
rossiccia
e
grassa
,
che
avvolgeva
ogni
cosa
,
penetrava
nel
carro
,
gli
entrava
sotto
i
panni
,
gli
empiva
gli
occhi
e
la
bocca
,
gli
toglieva
la
vista
e
il
respiro
,
continua
,
opprimente
,
insopportabile
.
Sfinito
dalle
fatiche
e
dall
'
insonnia
,
ridotto
lacero
e
sudicio
,
rimbrottato
e
malmenato
dalla
mattina
alla
sera
,
il
povero
ragazzo
s
'
avviliva
ogni
giorno
di
più
,
e
si
sarebbe
perduto
d
'
animo
affatto
se
il
capataz
non
gli
avesse
rivolto
di
tratto
in
tratto
qualche
buona
parola
.
Spesso
,
in
un
cantuccio
del
carro
,
non
veduto
,
piangeva
col
viso
contro
la
sua
sacca
,
la
quale
non
conteneva
più
che
dei
cenci
.
Ogni
mattina
si
levava
più
debole
e
più
scoraggiato
,
e
guardando
la
campagna
,
vedendo
sempre
quella
pianura
sconfinata
e
implacabile
,
come
un
oceano
di
terra
,
diceva
tra
sé
:
-
Oh
!
fino
a
questa
sera
non
arrivo
,
fino
a
questa
sera
non
arrivo
!
Quest
'
oggi
muoio
per
la
strada
!
-
E
le
fatiche
crescevano
,
i
mali
trattamenti
raddoppiavano
.
Una
mattina
,
perché
aveva
tardato
a
portar
l
'
acqua
,
in
assenza
del
capataz
,
uno
degli
uomini
lo
percosse
.
E
allora
cominciarono
a
farlo
per
vezzo
,
quando
gli
davano
un
ordine
,
a
misurargli
uno
scapaccione
,
dicendo
:
-
Insacca
questo
,
vagabondo
!
-
Porta
questo
a
tua
madre
!
-
Il
cuore
gli
scoppiava
;
ammalò
;
-
stette
tre
giorni
nel
carro
,
con
una
coperta
addosso
,
battendo
la
febbre
,
e
non
vedendo
nessuno
,
fuori
che
il
capataz
,
che
veniva
a
dargli
da
bere
e
a
toccargli
il
polso
.
E
allora
Si
credette
perduto
,
e
invocava
disperatamente
sua
madre
,
chiamandola
cento
volte
per
nome
:
-
Oh
mia
madre
!
madre
mia
!
Aiutami
!
Vienmi
incontro
che
muoio
!
Oh
povera
madre
mia
,
che
non
ti
vedrò
mai
più
!
Povera
madre
mia
,
che
mi
troverai
morto
per
la
strada
!
-
E
giungeva
le
mani
sul
petto
e
pregava
.
Poi
miglioro
,
grazie
alle
cure
del
capataz
,
e
guarì
;
ma
con
la
guarigione
sopraggiunse
il
giorno
più
terribile
del
suo
viaggio
,
il
giorno
in
cui
doveva
rimaner
solo
.
Da
più
di
due
settimane
erano
in
cammino
.
Quando
arrivarono
al
punto
dove
dalla
strada
di
Tucuman
si
stacca
quella
che
va
a
Santiago
dell
'
Estero
,
il
capataz
gli
annunciò
che
dovevano
separarsi
.
Gli
diede
qualche
indicazione
intorno
al
cammino
,
gli
legò
la
sacca
sulle
spalle
in
modo
che
non
gli
desse
noia
a
camminare
,
e
tagliando
corto
,
come
se
temesse
di
commuoversi
,
lo
salutò
.
Il
ragazzo
fece
appena
in
tempo
a
baciargli
un
braccio
.
Anche
gli
altri
uomini
,
che
lo
avevano
maltrattato
così
duramente
,
parve
che
provassero
un
po
'
di
pietà
a
vederlo
rimaner
così
solo
,
e
gli
fecero
un
cenno
d
'
addio
,
allontanandosi
.
Ed
egli
restituì
il
saluto
con
la
mano
,
stette
a
guardar
il
convoglio
fin
che
si
perdette
nel
polverìo
rosso
della
campagna
,
e
poi
si
mise
in
cammino
,
tristamente
.
Una
cosa
,
per
altro
,
lo
riconfortò
un
poco
,
fin
da
principio
.
Dopo
tanti
giorni
di
viaggio
a
traverso
a
quella
pianura
sterminata
e
sempre
eguale
egli
vedeva
davanti
a
sé
una
catena
di
montagne
altissime
,
azzurre
,
con
le
cime
bianche
,
che
gli
rammentavano
le
Alpi
,
e
gli
davan
come
un
senso
di
ravvicinamento
al
suo
paese
.
Erano
le
Ande
,
la
spina
dorsale
del
continente
Americano
,
la
catena
immensa
che
si
stende
dalla
Terra
del
fuoco
fino
al
mare
glaciale
del
polo
artico
per
cento
e
dieci
gradi
di
latitudine
.
Ed
anche
lo
confortava
il
sentire
che
l
'
aria
si
veniva
facendo
sempre
più
calda
;
e
questo
avveniva
perché
,
risalendo
verso
settentrione
,
egli
si
andava
avvicinando
alle
regioni
tropicali
.
A
grandi
distanze
trovava
dei
piccoli
gruppi
di
case
,
con
una
botteguccia
;
e
comprava
qualche
cosa
da
mangiare
.
Incontrava
degli
uomini
a
cavallo
;
vedeva
ogni
tanto
delle
donne
e
dei
ragazzi
seduti
in
terra
,
immobili
e
gravi
,
delle
faccie
nuove
affatto
per
lui
,
color
di
terra
,
con
gli
occhi
obbliqui
,
con
l
'
ossa
delle
guance
sporgenti
;
i
quali
lo
guardavano
fisso
,
e
lo
accompagnavano
con
lo
sguardo
,
girando
il
capo
lentamente
,
come
automi
.
Erano
Indiani
.
Il
primo
giorno
camminò
fin
che
gli
ressero
le
forze
,
e
dormì
sotto
un
albero
.
Il
secondo
giorno
camminò
assai
meno
,
e
con
minor
animo
.
Aveva
le
scarpe
rotte
,
i
piedi
spellati
,
lo
stomaco
indebolito
dalla
cattiva
nutrizione
.
Verso
sera
s
'
incominciava
a
impaurire
.
Aveva
inteso
dire
in
Italia
che
in
quei
paesi
c
'
eran
dei
serpenti
:
credeva
di
sentirli
strisciare
,
s
'
arrestava
,
pigliava
la
corsa
,
gli
correvan
dei
brividi
nelle
ossa
.
A
volte
lo
prendeva
una
grande
compassione
di
sé
,
e
piangeva
in
silenzio
,
camminando
.
Poi
pensava
:
-
Oh
quanto
soffrirebbe
mia
madre
se
sapesse
che
ho
tanta
paura
!
-
e
questo
pensiero
gli
ridava
coraggio
.
Poi
,
per
distrarsi
dalla
paura
,
pensava
a
tante
cose
di
lei
,
si
richiamava
alla
mente
le
sue
parole
di
quand
'
era
partita
da
Genova
,
e
l
'
atto
con
cui
soleva
accomodargli
le
coperte
sotto
il
mento
,
quando
era
a
letto
,
e
quando
era
bambino
,
che
alle
volte
se
lo
pigliava
fra
le
braccia
,
dicendogli
:
-
Sta
'
un
po
'
qui
con
me
,
-
e
stava
così
molto
tempo
,
col
capo
appoggiato
sul
suo
,
pensando
,
pensando
.
E
le
diceva
tra
sé
:
-
Ti
rivedrò
un
giorno
,
cara
madre
?
Arriverò
alla
fine
del
mio
viaggio
,
madre
mia
?
-
E
camminava
,
camminava
,
in
mezzo
ad
alberi
sconosciuti
,
a
vaste
piantagioni
di
canne
da
zucchero
,
a
praterie
senza
fine
,
sempre
con
quelle
grandi
montagne
azzurre
davanti
,
che
tagliavano
il
cielo
sereno
coi
loro
altissimi
coni
.
Quattro
giorni
-
cinque
-
una
settimana
passò
.
Le
forze
gli
andavan
rapidamente
scemando
,
i
piedi
gli
sanguinavano
.
Finalmente
,
una
sera
al
cader
del
sole
,
gli
dissero
:
-
Tucuman
è
a
cinque
miglia
di
qui
.
-
Egli
gittò
un
grido
di
gioia
,
e
affrettò
il
passo
,
come
se
avesse
riacquistato
in
un
punto
tutto
il
vigore
perduto
.
Ma
fu
una
breve
illusione
.
Le
forze
lo
abbandonarono
a
un
tratto
,
e
cadde
sull
'
orlo
d
'
un
fosso
,
sfinito
.
Ma
il
cuore
gli
batteva
dalla
contentezza
.
Il
cielo
,
fitto
di
stelle
splendidissime
,
non
gli
era
mai
parso
così
bello
.
Egli
le
contemplava
,
adagiato
sull
'
erba
per
dormire
,
e
pensava
che
forse
nello
stesso
tempo
anche
sua
madre
le
guardava
.
E
diceva
:
-
O
madre
mia
,
dove
sei
?
che
cosa
fai
in
questo
momento
?
Pensi
al
tuo
figliuolo
?
Pensi
al
tuo
Marco
,
che
ti
è
tanto
vicino
?
Povero
Marco
,
s
'
egli
avesse
potuto
vedere
in
quale
stato
si
trovava
sua
madre
in
quel
punto
,
avrebbe
fatto
uno
sforzo
sovrumano
per
camminare
ancora
,
e
arrivar
da
lei
qualche
ora
prima
.
Era
malata
,
a
letto
,
in
una
camera
a
terreno
d
'
una
casetta
signorile
,
dove
abitava
tutta
la
famiglia
Mequinez
;
la
quale
le
aveva
posto
molto
affetto
e
le
faceva
grande
assistenza
.
La
povera
donna
era
già
malaticcia
quando
l
'
ingegnere
Mequinez
aveva
dovuto
partire
improvvisamente
da
Buenos
Aires
,
e
non
s
'
era
punto
rimessa
colla
buon
'
aria
di
Cordova
.
Ma
poi
,
il
non
aver
più
ricevuto
risposta
alle
sue
lettere
né
dal
marito
né
dal
cugino
,
il
presentimento
sempre
vivo
di
qualche
grande
disgrazia
,
l
'
ansietà
continua
in
cui
era
vissuta
,
incerta
tra
il
partire
e
il
restare
,
aspettando
ogni
giorno
una
notizia
funesta
,
l
'
avevano
fatta
peggiorare
fuor
di
modo
.
Da
ultimo
,
le
s
'
era
manifestata
una
malattia
gravissima
:
un
'
ernia
intestinale
strozzata
.
Da
quindici
giorni
non
s
'
alzava
da
letto
.
Era
necessaria
un
'
operazione
chirurgica
per
salvarle
la
vita
.
E
in
quel
momento
appunto
,
mentre
il
suo
Marco
la
invocava
,
stavano
accanto
al
suo
letto
il
padrone
e
la
padrona
di
casa
,
a
ragionarla
con
molta
dolcezza
perché
si
lasciasse
operare
,
ed
essa
persisteva
nel
rifiuto
,
piangendo
.
Un
bravo
medico
di
Tucuman
era
già
venuto
la
settimana
prima
,
inutilmente
.
-
No
,
cari
signori
-
essa
diceva
,
-
non
mette
conto
;
non
ho
più
forza
di
resistere
;
morirei
sotto
i
ferri
del
chirurgo
.
È
meglio
che
mi
lascino
morir
così
.
Non
ci
tengo
più
alla
vita
oramai
.
Tutto
è
finito
per
me
.
È
meglio
che
muoia
prima
di
sapere
cos
'
è
accaduto
alla
mia
famiglia
.
-
E
i
padroni
a
dirle
di
no
,
che
si
facesse
coraggio
,
che
alle
ultime
lettere
mandate
a
Genova
direttamente
avrebbe
ricevuto
risposta
,
che
si
lasciasse
operare
,
che
lo
facesse
per
i
suoi
figliuoli
.
Ma
quel
pensiero
dei
suoi
figliuoli
non
faceva
che
aggravare
di
maggior
ansia
lo
scoraggiamento
profondo
che
la
prostrava
da
lungo
tempo
.
A
quelle
parole
scoppiava
in
un
pianto
.
-
Oh
,
i
miei
figliuoli
!
i
miei
figliuoli
!
-
esclamava
,
giungendo
le
mani
;
-
forse
non
ci
sono
più
!
È
meglio
che
muoia
anch
'
io
.
Li
ringrazio
,
buoni
signori
,
li
ringrazio
di
cuore
.
Ma
è
meglio
che
muoia
.
Tanto
non
guarirei
neanche
con
l
'
operazione
,
ne
sono
sicura
.
Grazie
di
tante
cure
,
buoni
signori
.
È
inutile
che
dopo
domani
torni
il
medico
.
Voglio
morire
.
È
destino
ch
'
io
muoia
qui
.
Ho
deciso
.
-
E
quelli
ancora
a
consolarla
,
a
ripeterle
:
-
No
,
non
dite
questo
;
-
e
a
pigliarla
per
le
mani
e
a
pregarla
.
Ma
essa
allora
chiudeva
gli
occhi
,
sfinita
,
e
cadeva
in
un
assopimento
,
che
pareva
morta
.
E
i
padroni
restavano
lì
un
po
'
di
tempo
,
alla
luce
fioca
d
'
un
lumicino
,
a
guardare
con
grande
pietà
quella
madre
ammirabile
,
che
per
salvare
la
sua
famiglia
era
venuta
a
morire
a
sei
mila
miglia
dalla
sua
patria
,
a
morire
dopo
aver
tanto
penato
,
povera
donna
,
così
onesta
,
così
buona
,
così
sventurata
.
Il
giorno
dopo
,
di
buon
mattino
,
con
la
sua
sacca
sulle
spalle
,
curvo
e
zoppicante
,
ma
pieno
d
'
animo
,
Marco
entrava
nella
città
di
Tucuman
,
una
delle
più
giovani
e
delle
più
floride
città
della
Repubblica
Argentina
.
Gli
parve
di
rivedere
Cordova
,
Rosario
,
Buenos
Aires
:
erano
quelle
stesse
vie
diritte
e
lunghissime
,
e
quelle
case
basse
e
bianche
;
ma
da
ogni
parte
una
vegetazione
nuova
e
magnifica
,
un
'
aria
profumata
,
una
luce
meravigliosa
,
un
cielo
limpido
e
profondo
,
come
egli
non
l
'
aveva
mai
visto
,
neppure
in
Italia
.
Andando
innanzi
per
le
vie
,
riprovò
l
'
agitazione
febbrile
che
lo
aveva
preso
a
Buenos
Aires
;
guardava
le
finestre
e
le
porte
di
tutte
le
case
;
guardava
tutte
le
donne
che
passavano
,
con
una
speranza
affannosa
di
incontrar
sua
madre
;
avrebbe
voluto
interrogar
tutti
,
e
non
osava
fermar
nessuno
.
Tutti
di
sugli
usci
,
si
voltavano
a
guardar
quel
povero
ragazzo
stracciato
e
polveroso
,
che
mostrava
di
venir
di
tanto
lontano
.
Ed
egli
cercava
fra
la
gente
un
viso
che
gl
'
ispirasse
fiducia
,
per
rivolgergli
quella
tremenda
domanda
,
quando
gli
caddero
gli
occhi
sopra
un
insegna
di
bottega
,
su
cui
era
scritto
un
nome
italiano
.
C
'
era
dentro
un
uomo
con
gli
occhiali
e
due
donne
.
Egli
s
'
avvicinò
lentamente
alla
porta
,
e
fatto
un
animo
risoluto
,
domandò
:
-
Mi
saprebbe
dire
,
signore
,
dove
sta
la
famiglia
Mequinez
?
-
Dell
'
ingeniero
Mequinez
?
-
domandò
il
bottegaio
alla
sua
volta
.
-
Dell
'
ingegnere
Mequinez
,
-
rispose
il
ragazzo
,
con
un
fil
di
voce
.
-
La
famiglia
Mequinez
,
-
disse
il
bottegaio
,
-
non
è
a
Tucuman
.
Un
grido
di
disperato
dolore
,
come
d
'
una
persona
pugnalata
,
fece
eco
a
quelle
parole
.
Il
bottegaio
e
le
donne
s
'
alzarono
,
alcuni
vicini
accorsero
.
-
Che
c
'
è
?
che
hai
,
ragazzo
?
-
disse
il
bottegaio
,
tirandolo
nella
bottega
e
facendolo
sedere
;
-
non
c
'
è
da
disperarsi
,
che
diavolo
!
I
Mequinez
non
sono
qui
,
ma
poco
lontano
,
a
poche
ore
da
Tucuman
!
-
Dove
?
dove
?
-
gridò
Marco
,
saltando
su
come
un
resuscitato
.
-
A
una
quindicina
di
miglia
di
qua
,
-
continuò
l
'
uomo
,
-
in
riva
al
Saladillo
,
in
un
luogo
dove
stanno
costruendo
una
grande
fabbrica
da
zucchero
,
un
gruppo
di
case
,
c
'
è
la
casa
del
signor
Mequinez
,
tutti
lo
sanno
,
ci
arriverai
in
poche
ore
.
-
Ci
son
stato
io
un
mese
fa
,
-
disse
un
giovane
che
era
accorso
al
grido
.
Marco
lo
guardò
con
gli
occhi
grandi
e
gli
domandò
precipitosamente
,
impallidendo
:
-
Avete
visto
la
donna
di
servizio
del
signor
Mequinez
,
l
'
italiana
?
-
La
jenovesa
?
L
'
ho
vista
.
Marco
ruppe
in
un
singhiozzo
convulso
,
tra
di
riso
e
di
pianto
.
Poi
con
un
impeto
di
risoluzione
violenta
:
-
Dove
si
passa
,
presto
,
la
strada
,
parto
subito
,
insegnatemi
la
strada
!
-
Ma
c
'
è
una
giornata
di
marcia
,
-
gli
dissero
tutti
insieme
,
-
sei
stanco
,
devi
riposare
,
partirai
domattina
.
-
Impossibile
!
Impossibile
!
-
rispose
il
ragazzo
.
-
Ditemi
dove
si
passa
,
non
aspetto
più
un
momento
,
parto
subito
,
dovessi
morire
per
via
!
Vistolo
irremovibile
,
non
s
'
opposero
più
.
-
Dio
t
'
accompagni
,
-
gli
dissero
.
-
Bada
alla
via
per
la
foresta
.
-
Buon
viaggio
,
italianito
.
-
Un
uomo
l
'
accompagnò
fuori
di
città
,
gli
indicò
il
cammino
,
gli
diede
qualche
consiglio
e
stette
a
vederlo
partire
.
In
capo
a
pochi
minuti
,
il
ragazzo
scomparve
,
zoppicando
,
con
la
sua
sacca
sulle
spalle
,
dietro
agli
alberi
folti
che
fiancheggiavan
la
strada
.
Quella
notte
fu
tremenda
per
la
povera
inferma
.
Essa
aveva
dei
dolori
atroci
che
le
strappavan
degli
urli
da
rompersi
le
vene
,
e
le
davan
dei
momenti
di
delirio
.
Le
donne
che
l
'
assistevano
,
perdevan
la
testa
.
La
padrona
accorreva
di
tratto
in
tratto
,
sgomentata
.
Tutti
cominciarono
a
temere
che
,
se
anche
si
fosse
decisa
a
lasciarsi
operare
,
il
medico
che
doveva
venire
la
mattina
dopo
,
sarebbe
arrivato
troppo
tardi
.
Nei
momenti
che
non
delirava
,
però
,
si
capiva
che
il
suo
più
terribile
strazio
non
erano
i
dolori
del
corpo
,
ma
il
pensiero
della
famiglia
lontana
.
Smorta
,
disfatta
,
col
viso
mutato
,
si
cacciava
le
mani
nei
capelli
con
un
atto
di
disperazione
che
passava
l
'
anima
,
e
gridava
:
-
Dio
mio
!
Dio
mio
!
Morire
tanto
lontana
,
morire
senza
rivederli
!
I
miei
poveri
figliuoli
,
che
rimangono
senza
madre
,
le
mie
creature
,
il
povero
sangue
mio
!
Il
mio
Marco
,
che
è
ancora
così
piccolo
,
alto
così
,
tanto
buono
e
affettuoso
!
Voi
non
sapete
che
ragazzo
era
!
Signora
,
se
sapesse
!
Non
me
lo
potevo
staccare
dal
collo
quando
son
partita
,
singhiozzava
da
far
compassione
,
singhiozzava
;
pareva
che
lo
sapesse
che
non
avrebbe
mai
più
rivisto
sua
madre
,
povero
Marco
,
povero
bambino
mio
!
Credevo
che
mi
scoppiasse
il
cuore
!
Ah
se
fossi
morta
allora
,
morta
mentre
mi
diceva
addio
!
morta
fulminata
fossi
!
Senza
madre
,
povero
bambino
,
lui
che
m
'
amava
tanto
,
che
aveva
tanto
bisogno
di
me
,
senza
madre
,
nella
miseria
,
dovrà
andare
accattando
,
lui
,
Marco
,
Marco
mio
,
che
tenderà
la
mano
,
affamato
!
Oh
!
Dio
eterno
!
No
!
Non
voglio
morire
!
Il
medico
!
Chiamatelo
subito
!
Venga
,
mi
tagli
,
mi
squarci
il
seno
,
mi
faccia
impazzire
,
ma
mi
salvi
la
vita
!
Voglio
guarire
,
voglio
vivere
,
partire
,
fuggire
,
domani
,
subito
!
Il
medico
!
Aiuto
!
Aiuto
!
-
E
le
donne
le
afferavan
le
mani
,
la
palpavano
,
pregando
,
la
facevano
tornare
in
sé
a
poco
a
poco
,
e
le
parlavan
di
Dio
e
di
speranza
.
E
allora
essa
ricadeva
in
un
abbattimento
mortale
,
piangeva
,
con
le
mani
nei
capelli
grigi
,
gemeva
come
una
bambina
,
mettendo
un
lamento
prolungato
,
e
mormorando
di
tratto
in
tratto
:
-
Oh
la
mia
Genova
!
La
mia
casa
!
Tutto
quel
mare
!
...
Oh
Marco
mio
,
il
mio
povero
Marco
!
Dove
sarà
ora
,
la
povera
creatura
mia
!
Era
mezzanotte
;
e
il
suo
povero
Marco
,
dopo
aver
passato
molte
ore
sulla
sponda
d
'
un
fosso
,
stremato
di
forze
,
camminava
allora
attraverso
a
una
foresta
vastissima
di
alberi
giganteschi
,
mostri
della
vegetazione
,
dai
fusti
smisurati
,
simili
a
pilastri
di
cattedrali
,
che
intrecciavano
a
un
'
altezza
meravigliosa
le
loro
enormi
chiome
inargentate
dalla
luna
.
Vagamente
,
in
quella
mezza
oscurità
,
egli
vedeva
miriadi
di
tronchi
di
tutte
le
forme
,
ritti
,
inclinati
,
scontorti
,
incrociati
in
atteggiamenti
strani
di
minaccia
e
di
lotta
;
alcuni
rovesciati
a
terra
,
come
torri
cadute
tutte
d
'
un
pezzo
,
e
coperti
d
'
una
vegetazione
fitta
e
confusa
,
che
pareva
una
folla
furente
che
se
li
disputasse
a
palmo
a
palmo
;
altri
raccolti
in
grandi
gruppi
,
verticali
e
serrati
come
fasci
di
lancie
titaniche
,
di
cui
la
punta
toccasse
le
nubi
;
una
grandezza
superba
,
un
disordine
prodigioso
di
forme
colossali
,
lo
spettacolo
più
maestosamente
terribile
che
gli
avesse
mai
offerto
la
natura
vegetale
.
A
momenti
lo
prendeva
un
grande
stupore
.
Ma
subito
l
'
anima
sua
si
rilanciava
verso
sua
madre
.
Ed
era
sfinito
,
coi
piedi
che
facevan
sangue
,
solo
in
mezzo
a
quella
formidabile
foresta
,
dove
non
vedeva
che
a
lunghi
intervalli
delle
piccole
abitazioni
umane
,
che
ai
piedi
di
quegli
alberi
parevan
nidi
di
formiche
,
e
qualche
bufalo
addormentato
lungo
la
via
;
era
sfinito
,
ma
non
sentiva
la
stanchezza
;
era
solo
,
e
non
aveva
paura
.
La
grandezza
della
foresta
ingrandiva
l
'
anima
sua
;
la
vicinanza
di
sua
madre
gli
dava
la
forza
e
la
baldanza
d
'
un
uomo
;
la
ricordanza
dell
'
oceano
,
degli
sgomenti
,
dei
dolori
sofferti
e
vinti
,
delle
fatiche
durate
,
della
ferrea
costanza
spiegata
,
gli
facea
,
alzare
la
fronte
;
tutto
il
suo
forte
e
nobile
sangue
genovese
gli
rifluiva
al
cuore
in
un
'
onda
ardente
d
'
alterezza
e
d
'
audacia
.
E
una
cosa
nuova
seguiva
in
lui
:
che
mentre
fino
allora
aveva
portata
nella
mente
un
'
immagine
della
madre
oscurata
e
sbiadita
un
poco
da
quei
due
anni
di
lontananza
,
in
quei
momenti
quell
'
immagine
gli
si
chiariva
;
egli
rivedeva
il
suo
viso
intero
e
netto
come
da
lungo
tempo
non
l
'
aveva
visto
più
;
lo
rivedeva
vicino
,
illuminato
,
parlante
;
rivedeva
i
movimenti
più
sfuggevoli
dei
suoi
occhi
e
delle
sue
labbra
,
tutti
i
suoi
atteggiamenti
,
tutti
i
suoi
gesti
,
tutte
le
ombre
dei
suoi
pensieri
;
e
sospinto
da
quei
ricordi
incalzanti
,
affrettava
il
passo
;
e
un
nuovo
affetto
,
una
tenerezza
indicibile
gli
cresceva
,
gli
cresceva
nel
cuore
,
facendogli
correre
giù
pel
viso
delle
lacrime
dolci
e
quiete
;
e
andando
avanti
nelle
tenebre
,
le
parlava
,
le
diceva
le
parole
che
le
avrebbe
mormorate
all
'
orecchio
tra
poco
:
-
Son
qui
,
madre
mia
,
eccomi
qui
,
non
ti
lascerò
mai
più
;
torneremo
a
casa
insieme
,
e
io
ti
starò
sempre
accanto
sul
bastimento
,
stretto
a
te
,
e
nessuno
mi
staccherà
mai
più
da
te
,
nessuno
,
mai
più
,
fin
che
avrai
vita
!
-
E
non
s
'
accorgeva
intanto
che
sulle
cime
degli
alberi
giganteschi
andava
morendo
la
luce
argentina
della
luna
nella
bianchezza
delicata
dell
'
alba
.
Alle
otto
di
quella
mattina
il
medico
di
Tucuman
,
-
un
giovane
argentino
-
era
già
al
letto
della
malata
,
in
compagnia
d
'
un
assistente
,
a
tentare
per
l
'
ultima
volta
di
persuaderla
a
lasciarsi
operare
;
e
con
lui
ripetevano
le
più
calde
istanze
l
'
ingegnere
Mequinez
e
la
sua
signora
.
Ma
tutto
era
inutile
.
La
donna
,
sentendosi
esausta
di
forze
,
non
aveva
più
fede
nell
'
operazione
;
essa
era
certissima
o
di
morire
sull
'
atto
o
di
non
sopravvivere
che
poche
ore
,
dopo
d
'
aver
sofferto
invano
dei
dolori
più
atroci
di
quelli
che
la
dovevano
uccidere
naturalmente
.
Il
medico
badava
a
ridirle
:
-
Ma
l
'
operazione
è
sicura
,
ma
la
vostra
salvezza
è
certa
,
purché
ci
mettiate
un
po
'
di
coraggio
!
Ed
è
egualmente
certa
la
vostra
morte
se
vi
rifiutate
!
-
Eran
parole
buttate
via
.
-
No
,
-
essa
rispondeva
,
con
la
voce
fioca
,
-
ho
ancora
coraggio
per
morire
;
ma
non
ne
ho
più
per
soffrire
inutilmente
.
Grazie
,
signor
dottore
.
È
destinato
così
.
Mi
lasci
morir
tranquilla
.
-
Il
medico
,
scoraggiato
,
desistette
.
Nessuno
parlò
più
.
Allora
la
donna
voltò
il
viso
verso
la
padrona
,
e
le
fece
con
voce
di
moribonda
le
sue
ultime
preghiere
.
-
Cara
,
buona
signora
,
-
disse
a
gran
fatica
,
singhiozzando
,
-
lei
manderà
quei
pochi
denari
e
le
mie
povere
robe
alla
mia
famiglia
...
per
mezzo
del
signor
Console
.
Io
spero
che
sian
tutti
vivi
.
Il
cuore
mi
predice
bene
in
questi
ultimi
momenti
.
Mi
farà
la
grazia
di
scrivere
...
che
ho
sempre
pensato
a
loro
,
che
ho
sempre
lavorato
per
loro
...
per
i
miei
figliuoli
...
e
che
il
mio
solo
dolore
fu
di
non
rivederli
più
...
ma
che
son
morta
con
coraggio
...
rassegnata
...
benedicendoli
;
e
che
raccomando
a
mio
marito
...
e
al
mio
figliuolo
maggiore
...
il
più
piccolo
,
il
mio
povero
Marco
...
che
l
'
ho
avuto
in
cuore
fino
all
'
ultimo
momento
...
-
Ed
esaltandosi
tutt
'
a
un
tratto
,
gridò
giungendo
le
mani
:
-
Il
mio
Marco
!
Il
mio
bambino
!
La
vita
mia
!
...
-
Ma
girando
gli
occhi
pieni
di
pianto
,
vide
che
la
padrona
non
c
'
era
più
:
eran
venuti
a
chiamarla
furtivamente
.
Cercò
il
padrone
:
era
sparito
.
Non
restavan
più
che
le
due
infermiere
e
l
'
assistente
.
Si
sentiva
nella
stanza
vicina
un
rumore
affrettato
di
passi
,
un
mormorio
di
voci
rapide
e
sommesse
,
e
d
'
esclamazioni
rattenute
.
La
malata
fissò
sull
'
uscio
gli
occhi
velati
,
aspettando
.
Dopo
alcuni
minuti
vide
comparire
il
medico
,
con
un
viso
insolito
;
poi
la
padrona
e
il
padrone
,
anch
'
essi
col
viso
alterato
.
Tutti
e
tre
la
guardarono
con
un
'
espressione
singolare
,
e
si
scambiarono
alcune
parole
a
bassa
voce
.
Le
parve
che
il
medico
dicesse
alla
signora
:
-
Meglio
subito
.
-
La
malata
non
capiva
.
-
Josefa
,
-
le
disse
la
padrona
con
la
voce
tremante
.
-
Ho
una
buona
notizia
da
darvi
.
Preparate
il
cuore
a
una
buona
notizia
.
La
donna
la
guardò
attentamente
.
-
Una
notizia
,
-
continuò
la
signora
,
sempre
più
agitata
,
-
che
vi
darà
una
grande
gioia
.
La
malata
dilatò
gli
occhi
.
-
Preparatevi
,
-
proseguì
la
padrona
,
-
a
vedere
una
persona
...
a
cui
volete
molto
bene
.
La
donna
alzò
il
capo
con
un
scatto
vigoroso
,
e
cominciò
a
guardare
rapidamente
ora
la
signora
ora
l
'
uscio
,
con
gli
occhi
sfolgoranti
.
-
Una
persona
,
-
soggiunse
la
signora
,
impallidendo
,
-
arrivata
or
ora
...
inaspettatamente
.
-
Chi
è
?
-
gridò
la
donna
con
una
voce
strozzata
e
strana
,
come
di
persona
spaventata
.
Un
istante
dopo
gittò
un
grido
altissimo
,
balzando
a
sedere
sul
letto
,
e
rimase
immobile
,
con
gli
occhi
spalancati
e
con
le
mani
alle
tempie
,
come
davanti
a
un
'
apparizione
sovrumana
.
Marco
,
lacero
e
polveroso
,
era
là
ritto
sulla
soglia
,
trattenuto
per
un
braccio
dal
dottore
.
La
donna
urlò
tre
volte
:
-
Dio
!
Dio
!
Dio
mio
!
Marco
si
slanciò
avanti
,
essa
protese
le
braccia
scarne
,
e
serrandolo
al
seno
con
la
forza
d
'
una
tigre
,
scoppiò
in
un
riso
violento
,
rotto
da
profondi
singhiozzi
senza
lagrime
,
che
la
fecero
ricader
soffocata
sul
cuscino
.
Ma
si
riprese
subito
e
gridò
pazza
di
gioia
,
tempestandogli
il
capo
di
baci
:
-
Come
sei
qui
?
Perché
?
Sei
tu
?
Come
sei
cresciuto
!
Chi
t
'
ha
condotto
?
Sei
solo
?
Non
sei
malato
?
Sei
tu
,
Marco
!
Non
è
un
sogno
!
Dio
mio
!
Parlami
!
-
Poi
cambiando
tono
improvvisamente
:
-
No
!
Taci
!
Aspetta
!
-
E
voltandosi
verso
il
medico
,
a
precipizio
:
-
Presto
,
subito
,
dottore
.
Voglio
guarire
.
Son
pronta
.
Non
perda
un
momento
.
Conducete
via
Marco
che
non
senta
.
Marco
mio
,
non
è
nulla
.
Mi
racconterai
.
Ancora
un
bacio
.
Va
.
Eccomi
qui
,
dottore
.
Marco
fu
portato
via
.
I
padroni
e
le
donne
uscirono
in
fretta
;
rimasero
il
chirurgo
e
l
'
assistente
,
che
chiusero
la
porta
.
Il
signor
Mequinez
tentò
di
tirar
Marco
in
una
stanza
lontana
;
ma
fu
impossibile
;
egli
parea
inchiodato
al
pavimento
.
-
Cosa
c
'
è
?
-
domandò
.
-
Cos
'
ha
mia
madre
?
Cosa
le
fanno
?
E
allora
il
Mequinez
,
piano
,
tentando
sempre
di
condurlo
via
:
-
Ecco
.
Senti
.
Ora
ti
dirò
.
Tua
madre
è
malata
,
bisogna
farle
una
piccola
operazione
,
ti
spiegherò
tutto
,
vieni
con
me
.
-
No
,
-
rispose
il
ragazzo
,
impuntandosi
,
-
voglio
star
qui
.
Mi
spieghi
qui
.
L
'
ingegnere
ammontava
parole
su
parole
,
tirandolo
:
il
ragazzo
cominciava
a
spaventarsi
e
a
tremare
.
A
un
tratto
un
grido
acutissimo
,
come
il
grido
d
'
un
ferito
a
morte
,
risonò
in
tutta
la
casa
.
Il
ragazzo
rispose
con
un
altro
grido
disperato
:
-
Mia
madre
è
morta
!
Il
medico
comparve
sull
'
uscio
e
disse
:
-
Tua
madre
è
salva
.
Il
ragazzo
lo
guardò
un
momento
e
poi
si
gettò
ai
suoi
piedi
singhiozzando
:
-
Grazie
dottore
!
Ma
il
dottore
lo
rialzò
d
'
un
gesto
,
dicendo
:
-
Levati
!
...
Sei
tu
,
eroico
fanciullo
,
che
hai
salvato
tua
madre
.
Estate
24
,
mercoledì
Marco
il
genovese
è
il
penultimo
piccolo
eroe
di
cui
facciamo
conoscenza
quest
'
anno
:
non
ne
resta
che
uno
per
il
mese
di
giugno
.
Non
ci
son
più
che
due
esami
mensili
,
ventisei
giorni
di
lezione
,
sei
giovedì
e
cinque
domeniche
.
Si
sente
già
l
'
aria
della
fine
dell
'
anno
.
Gli
alberi
del
giardino
,
fronzuti
e
fioriti
,
fanno
una
bell
'
ombra
sugli
attrezzi
della
ginnastica
.
Gli
scolari
son
già
vestiti
da
estate
.
È
bello
ora
veder
l
'
uscita
delle
classi
,
com
'
è
tutto
diverso
dai
mesi
scorsi
.
Le
capigliature
che
toccavan
le
spalle
sono
andate
giù
:
tutte
le
teste
sono
rapate
;
si
vedono
gambe
nude
e
colli
nudi
;
cappellini
di
paglia
d
'
ogni
forma
,
con
dei
nastri
che
scendon
fin
sulle
schiene
;
camicie
e
cravattine
di
tutti
i
colori
;
tutti
i
più
piccoli
con
qualche
cosa
addosso
di
rosso
o
d
'
azzurro
,
una
mostra
,
un
orlo
,
una
nappina
,
un
cencino
di
color
vivo
appiccicato
pur
che
sia
dalla
mamma
,
perché
faccia
figura
,
anche
i
più
poveri
,
e
molti
vengono
alla
scuola
senza
cappello
,
come
scappati
di
casa
.
Alcuni
portano
il
vestito
bianco
della
ginnastica
.
C
'
è
un
ragazzo
della
maestra
Delcati
che
è
tutto
rosso
da
capo
a
piedi
,
come
un
gambero
cotto
.
Parecchi
sono
vestiti
da
marinai
.
Ma
il
più
bello
è
il
muratorino
che
ha
messo
su
un
cappellone
di
paglia
,
che
gli
dà
l
'
aria
d
'
una
mezza
candela
col
paralume
;
ed
è
un
ridere
a
vedergli
fare
il
muso
di
lepre
là
sotto
.
Coretti
anche
ha
smesso
il
suo
berretto
di
pel
di
gatto
e
porta
un
vecchio
berretto
di
seta
grigia
da
viaggiatore
.
Votini
ha
una
specie
di
vestimento
alla
scozzese
,
tutto
attillato
;
Crossi
mostra
il
petto
nudo
;
Precossi
sguazza
dentro
a
un
camiciotto
turchino
da
fabbro
ferraio
.
E
Garoffi
?
Ora
che
ha
dovuto
lasciare
il
mantellone
,
che
nascondeva
il
suo
commercio
,
gli
rimangono
scoperte
bene
tutte
le
tasche
gonfie
d
'
ogni
sorta
di
carabattole
da
rigattiere
,
e
gli
spuntan
fuori
le
liste
delle
lotterie
.
Ora
tutti
lascian
vedere
quello
che
portano
:
dei
ventagli
fatti
con
mezza
gazzetta
,
dei
bocciuoli
di
canna
,
delle
freccie
da
tirare
agli
uccelli
,
dell
'
erba
,
dei
maggiolini
che
sbucano
fuor
delle
tasche
e
vanno
su
pian
piano
per
le
giacchette
.
Molti
di
quei
piccoli
portano
dei
mazzetti
di
fiori
alle
maestre
.
Anche
le
maestre
son
tutte
vestite
da
estate
,
di
colori
allegri
;
fuorché
la
«
monachina
»
che
è
sempre
nera
,
e
la
maestrina
della
penna
rossa
ha
sempre
la
sua
penna
rossa
,
e
un
nodo
di
nastri
rosa
al
collo
,
tutti
sgualciti
dalle
zampette
dei
suoi
scolari
,
che
la
fanno
sempre
ridere
e
correre
.
È
la
stagione
delle
ciliegie
,
delle
farfalle
,
delle
musiche
sui
viali
e
delle
passeggiate
in
campagna
;
molti
di
quarta
scappano
già
a
bagnarsi
nel
Po
;
tutti
hanno
già
il
cuore
alle
vacanze
;
ogni
giorno
si
esce
dalla
scuola
più
impazienti
e
contenti
del
giorno
innanzi
.
Soltanto
mi
fa
pena
di
veder
Garrone
col
lutto
,
e
la
mia
povera
maestra
di
prima
che
è
sempre
più
smunta
e
più
bianca
e
tosse
sempre
più
forte
.
Cammina
curva
ora
,
e
mi
fa
un
saluto
così
triste
!
Poesia
26
,
venerdì
Tu
cominci
a
comprendere
la
poesia
della
scuola
,
Enrico
;
ma
la
scuola
,
per
ora
,
non
la
vedi
che
di
dentro
:
ti
parrà
molto
più
bella
e
più
poetica
fra
trent
'
anni
,
quando
ci
verrai
a
accompagnare
i
tuoi
figliuoli
,
e
la
vedrai
di
fuori
,
come
io
la
vedo
.
Aspettando
l
'
uscita
,
io
giro
per
le
strade
silenziose
,
intorno
all
'
edifizio
,
e
porgo
l
'
orecchio
alle
finestre
del
pian
terreno
,
chiuse
dalle
persiane
.
Da
una
finestra
sento
la
voce
d
'
una
maestra
che
dice
-
Ah
!
quel
taglio
di
t
!
Non
va
,
figliuol
mio
.
Che
ne
direbbe
tuo
padre
?
...
-
Alla
finestra
vicina
è
la
grossa
voce
d
'
un
maestro
che
detta
lentamente
.
-
Comperò
cinquanta
metri
di
stoffa
...
a
lire
quattro
e
cinquanta
il
metro
...
li
rivendette
...
-
Più
in
là
è
la
maestrina
della
penna
rossa
che
legge
ad
alta
voce
:
-
Allora
Pietro
Micca
con
la
miccia
accesa
...
-
Dalla
classe
vicina
esce
come
un
cinguettio
di
cento
uccelli
,
che
vuol
dir
che
il
maestro
è
andato
fuori
un
momento
.
Vo
innanzi
,
e
alla
svoltata
del
canto
sento
uno
scolaro
che
piange
,
e
la
voce
della
maestra
che
lo
rimprovera
o
lo
consola
.
Da
altre
finestre
vengono
fuori
dei
versi
,
dei
nomi
d
'
uomini
grandi
e
buoni
,
dei
frammenti
di
sentenze
che
consiglian
la
virtù
,
l
'
amor
di
patria
,
il
coraggio
.
Poi
seguono
dei
momenti
di
silenzio
,
in
cui
si
direbbe
che
l
'
edifizio
è
vuoto
,
e
non
par
possibile
che
ci
sian
dentro
settecento
ragazzi
,
poi
si
senton
degli
scoppi
rumorosi
d
'
ilarità
,
provocati
dallo
scherzo
d
'
un
maestro
di
buon
umore
...
E
la
gente
che
passa
si
sofferma
a
ascoltare
,
e
tutti
rivolgono
uno
sguardo
di
simpatia
a
quell
'
edificio
gentile
,
che
racchiude
tanta
giovinezza
e
tante
speranze
.
Poi
si
ode
un
improvviso
strepito
sordo
,
un
batter
di
libri
e
di
cartelle
,
uno
stropiccio
di
piedi
,
un
ronzìo
che
si
propaga
di
classe
in
classe
e
dal
basso
all
'
alto
,
come
al
diffondersi
improvviso
d
'
una
buona
notizia
:
è
il
bidello
che
gira
ad
annunziare
il
finis
.
E
a
quel
rumore
una
folla
di
donne
,
d
'
uomini
,
di
ragazze
e
di
giovanetti
,
si
stringono
di
qua
e
di
là
dalla
porta
,
a
aspettare
i
figliuoli
,
i
fratelli
,
i
nipotino
,
mentre
dagli
usci
delle
classi
schizzan
fuori
come
zampillando
nel
camerone
i
ragazzi
piccoli
,
a
pigliar
cappottini
e
cappelli
,
facendone
un
arruffìo
sul
pavimento
,
e
ballettando
tutt
'
in
giro
,
fin
che
il
bidello
li
ricaccia
dentro
a
uno
a
uno
.
E
finalmente
escono
,
in
lunghe
file
,
battendo
i
piedi
.
E
allora
da
tutti
i
parenti
comincia
la
pioggia
delle
domande
:
-
Hai
saputo
la
lezione
?
Quanto
t
'
ha
dato
del
lavoro
?
Che
cos
'
avete
per
domani
?
Quand
'
è
l
'
esame
mensile
?
-
E
anche
le
povere
madri
che
non
sanno
leggere
,
aprono
i
quaderni
,
guardano
i
problemi
,
domandano
i
punti
:
-
Solamente
otto
?
-
Dieci
con
lode
?
-
Nove
di
lezione
?
-
E
s
'
inquietano
e
si
rallegrano
e
interrogano
i
maestri
e
parlan
di
programmi
e
d
'
esami
.
Com
'
è
bello
tutto
questo
,
com
'
è
grande
,
e
che
immensa
promessa
è
pel
mondo
!
TUO
PADRE
La
sordomuta
28
,
domenica
Non
potevo
finirlo
meglio
che
con
la
visita
di
questa
mattina
il
mese
di
maggio
.
Udiamo
una
scampanellata
,
corriamo
tutti
.
Sento
mio
padre
che
dice
in
tuono
di
meraviglia
:
-
Voi
qui
,
Giorgio
?
-
Era
Giorgio
,
il
nostro
giardiniere
di
Chieri
,
che
ora
ha
la
famiglia
a
Condove
,
arrivato
allora
allora
da
Genova
,
dov
'
era
sbarcato
il
giorno
avanti
,
di
ritorno
dalla
Grecia
,
dopo
tre
anni
che
lavorava
alle
strade
ferrate
.
Aveva
un
grosso
fagotto
fra
le
braccia
.
È
un
po
'
invecchiato
,
ma
sempre
rosso
in
viso
e
gioviale
.
Mio
padre
voleva
che
entrasse
;
ma
egli
disse
di
no
,
e
domandò
subito
,
facendo
il
viso
serio
:
-
Come
va
la
mia
famiglia
?
Come
sta
Gigia
?
-
Bene
fino
a
pochi
giorni
fa
,
-
rispose
mia
madre
.
Giorgio
tirò
un
gran
sospiro
:
-
Oh
!
Sia
lodato
Iddio
!
Non
avevo
il
coraggio
di
presentarmi
ai
Sordomuti
senz
'
aver
notizie
da
lei
.
Io
lascio
qui
il
fagotto
e
scappo
a
pigliarla
.
Tre
anni
che
non
la
vedo
la
mia
povera
figliuola
!
Tre
anni
che
non
vedo
nessuno
dei
miei
!
Mio
padre
mi
disse
:
-
Accompagnalo
.
-
Ancora
una
parola
,
mi
scusi
,
-
disse
il
giardiniere
sul
pianerottolo
.
Ma
mio
padre
l
'
interruppe
:
-
E
gli
affari
?
-
Bene
,
-
rispose
,
-
grazie
a
Dio
.
Qualche
soldo
l
'
ho
portato
.
Ma
volevo
domandare
.
Come
va
l
'
istruzione
della
mutina
,
dica
un
po
'
.
Io
l
'
ho
lasciata
che
era
come
un
povero
animaletto
,
povera
creatura
.
Io
ci
credo
poco
,
già
,
a
questi
collegi
.
Ha
imparato
a
fare
i
segni
?
Mia
moglie
mi
scriveva
bene
:
-
Impara
a
parlare
,
fa
progressi
.
-
Ma
,
dicevo
io
,
che
cosa
vale
che
impari
a
parlare
lei
se
io
i
segni
non
li
so
fare
?
Come
faremo
a
intenderci
,
povera
piccina
?
Quello
è
buono
per
capirsi
fra
loro
,
un
disgraziato
con
l
'
altro
.
Come
va
,
dunque
?
Come
va
?
Mio
padre
sorrise
,
e
rispose
:
-
Non
vi
dico
nulla
;
vedrete
voi
;
andate
,
andate
;
non
le
rubate
un
minuto
di
più
.
Uscimmo
;
l
'
istituto
è
vicino
.
Strada
facendo
,
a
grandi
passi
,
il
giardiniere
mi
parlava
,
rattristandosi
.
-
Ah
!
la
mia
povera
Gigia
!
Nascere
con
quella
disgrazia
!
Dire
che
non
mi
son
mai
sentito
chiamar
padre
da
lei
,
che
lei
non
s
'
è
mai
sentita
chiamar
figliuola
da
me
,
che
mai
non
ha
detto
né
inteso
una
parola
al
mondo
!
E
grazia
che
s
'
è
trovato
un
signore
caritatevole
che
ha
fatto
le
spese
dell
'
istituto
.
Ma
tanto
...
prima
degli
otto
anni
non
c
'
è
potuta
andare
.
Son
tre
anni
che
non
è
in
casa
.
Va
per
gli
undici
,
adesso
.
È
cresciuta
,
mi
dica
un
po
'
,
è
cresciuta
?
È
di
buon
umore
?
-
Ora
vedrete
,
ora
vedrete
,
-
gli
risposi
affrettando
il
passo
.
-
Ma
dov
'
è
quest
'
istituto
?
-
domandò
.
-
Mia
moglie
ce
l
'
accompagnò
ch
'
ero
già
partito
.
Mi
pare
che
debba
essere
da
queste
parti
.
Eravamo
appunto
arrivati
.
Entrammo
subito
nel
parlatorio
.
Ci
venne
incontro
un
custode
.
-
Sono
il
padre
di
Gigia
Voggi
,
disse
il
giardiniere
;
-
la
mia
figliuola
subito
subito
.
-
Sono
in
ricreazione
,
-
rispose
il
custode
,
-
vado
a
avvertir
la
maestra
.
-
E
scappò
.
Il
giardiniere
non
poteva
più
né
parlare
,
né
star
fermo
;
guardava
i
quadri
alle
pareti
,
senza
veder
nulla
.
La
porta
s
'
aperse
:
entrò
una
maestra
,
vestita
di
nero
,
con
una
ragazza
per
mano
.
Padre
e
figliuola
si
guardarono
un
momento
e
poi
si
slanciarono
l
'
uno
nelle
braccia
dell
'
altro
,
mettendo
un
grido
.
La
ragazza
era
vestita
di
rigatino
bianco
e
rossiccio
,
con
un
grembiale
grigio
.
È
più
alta
di
me
.
Piangeva
e
teneva
suo
padre
stretto
al
collo
con
tutt
'
e
due
le
braccia
.
Suo
padre
si
svincolò
,
e
si
mise
a
guardarla
da
capo
a
piedi
,
coi
lucciconi
agli
occhi
,
ansando
come
se
avesse
fatto
una
gran
corsa
;
e
sclamò
:
-
Ah
!
com
'
è
cresciuta
!
come
s
'
è
fatta
bella
!
Oh
la
mia
cara
,
la
mia
povera
Gigia
!
La
mia
povera
mutina
!
È
lei
,
signora
,
la
maestra
?
Le
dica
un
po
'
che
mi
faccia
pure
i
suoi
segni
,
che
qualche
cosa
capirò
,
e
poi
imparerò
a
poco
a
poco
.
Le
dica
che
mi
faccia
capire
qualche
cosa
,
coi
gesti
.
La
maestra
sorrise
e
disse
a
bassa
voce
alla
ragazza
:
-
Chi
è
quest
'
uomo
che
t
'
è
venuto
a
trovare
?
E
la
ragazza
,
con
una
voce
grossa
,
strana
,
stuonata
come
quella
d
'
un
selvaggio
che
parlasse
per
la
prima
volta
la
nostra
lingua
,
ma
pronunciando
chiaro
,
e
sorridendo
,
rispose
:
-
È
mi
-
o
pa
-
dre
.
Il
giardiniere
diede
un
passo
indietro
e
gridò
come
un
matto
:
-
Parla
!
Ma
è
possibile
!
Ma
è
possibile
!
Parla
?
Ma
tu
parli
,
bambina
mia
,
parli
?
dimmi
un
poco
:
parli
?
-
E
di
nuovo
l
'
abbracciò
e
la
baciò
sulla
fronte
tre
volte
.
-
Ma
non
è
coi
gesti
che
parlano
,
signora
maestra
,
non
è
con
le
dita
,
così
?
Ma
cosa
è
questo
?
-
No
,
signor
Voggi
,
-
rispose
la
maestra
,
-
non
è
coi
gesti
.
Quello
era
il
metodo
antico
.
Qui
s
'
insegna
col
metodo
nuovo
,
col
metodo
orale
.
Come
non
lo
sapevate
?
-
Ma
io
non
sapevo
niente
!
-
rispose
il
giardiniere
,
trasecolato
.
-
Tre
anni
che
son
fuori
!
O
me
l
'
avranno
scritto
e
non
l
'
ho
capito
.
Sono
una
testa
di
legno
,
io
.
O
figliuola
mia
,
tu
mi
capisci
,
dunque
?
Senti
la
mia
voce
?
Rispondi
un
poco
:
mi
senti
?
Senti
quello
che
ti
dico
?
-
Ma
no
,
buon
uomo
,
-
disse
la
maestra
,
-
la
voce
non
la
sente
,
perché
è
sorda
.
Essa
capisce
dai
movimenti
della
vostra
bocca
quali
sono
le
parole
che
voi
dite
;
ecco
la
cosa
;
ma
non
sente
le
vostre
parole
e
neppure
quello
che
essa
dice
a
voi
;
le
pronuncia
perché
le
abbiamo
insegnato
,
lettera
per
lettera
,
come
deve
atteggiar
le
labbra
e
muover
la
lingua
,
e
che
sforzo
deve
far
col
petto
e
con
la
gola
,
per
metter
fuori
la
voce
.
Il
giardiniere
non
capì
,
e
stette
a
bocca
aperta
.
Non
ci
credeva
ancora
.
-
Dimmi
,
Gigia
,
-
domandò
alla
figliuola
,
parlandole
all
'
orecchio
,
-
sei
contenta
che
tuo
padre
sia
ritornato
?
-
E
rialzato
il
viso
,
stette
a
aspettar
la
risposta
.
La
ragazza
lo
guardò
,
pensierosa
,
e
non
disse
nulla
.
Il
padre
rimase
turbato
.
La
maestra
rise
.
Poi
disse
:
-
Buon
uomo
,
non
vi
risponde
perché
non
ha
visto
i
movimenti
delle
vostre
labbra
:
le
avete
parlato
all
'
orecchio
!
Ripetete
la
domanda
tenendo
bene
il
vostro
viso
davanti
al
suo
.
Il
padre
,
guardandola
bene
in
faccia
,
ripeté
:
-
Sei
contenta
che
tuo
padre
sia
ritornato
?
che
non
se
ne
vada
più
via
?
La
ragazza
,
che
gli
aveva
guardato
attenta
le
labbra
,
cercando
anche
di
vedergli
dentro
alla
bocca
,
rispose
francamente
:
-
Sì
,
so
-
no
contenta
,
che
sei
tor
-
na
-
to
,
che
non
vai
via
...
mai
più
.
Il
padre
l
'
abbracciò
impetuosamente
,
e
poi
in
fretta
e
in
furia
,
per
accertarsi
meglio
,
la
affollò
di
domande
.
-
Come
si
chiama
la
mamma
?
-
An
-
tonia
.
-
Come
si
chiama
la
tua
sorella
piccola
?
-
A
-
de
-
laide
.
-
Come
si
chiama
questo
collegio
?
-
Dei
sor
-
do
-
muti
.
-
Quanto
fa
due
volte
dieci
?
-
Venti
.
Mentre
credevamo
che
ridesse
di
gioia
,
tutt
'
a
un
tratto
si
mise
a
piangere
.
Ma
era
gioia
anche
quella
.
-
Animo
,
-
gli
disse
la
maestra
,
-
avete
motivo
di
rallegrarvi
,
non
di
piangere
.
Vedete
che
fate
piangere
anche
la
vostra
figliuola
.
Siete
contento
,
dunque
?
Il
giardiniere
afferrò
la
mano
alla
maestra
e
gliela
baciò
due
o
tre
volte
dicendo
:
-
Grazie
,
grazie
,
cento
volte
grazie
,
mille
volte
grazie
,
cara
signora
maestra
!
E
mi
perdoni
che
non
le
so
dir
altro
!
-
Ma
non
solo
parla
,
-
gli
disse
la
maestra
;
-
la
vostra
figliuola
sa
scrivere
.
Sa
far
di
conto
.
Conosce
il
nome
di
tutti
gli
oggetti
usuali
.
Sa
un
poco
di
storia
e
di
geografia
.
Ora
è
nella
classe
normale
.
Quando
avrà
fatte
le
altre
due
classi
,
saprà
molto
,
molto
di
più
.
Uscirà
di
qui
che
sarà
in
grado
di
prendere
una
professione
.
Ci
abbiamo
già
dei
sordomuti
che
stanno
nelle
botteghe
a
servir
gli
avventori
,
e
fanno
i
loro
affari
come
gli
altri
.
Il
giardiniere
rimase
stupito
daccapo
.
Pareva
che
gli
si
confondessero
le
idee
un
'
altra
volta
.
Guardò
la
figliuola
e
si
grattò
la
fronte
.
Il
suo
viso
domandava
ancora
una
spiegazione
.
Allora
la
maestra
si
voltò
al
custode
e
gli
disse
:
-
Chiamatemi
una
bimba
della
classe
preparatoria
.
Il
custode
tornò
poco
dopo
con
una
sordomuta
di
otto
o
nove
anni
,
entrata
da
pochi
giorni
nell
'
istituto
.
-
Questa
,
-
disse
la
maestra
,
-
è
una
di
quelle
a
cui
insegniamo
i
primi
elementi
.
Ecco
come
si
fa
.
Voglio
farle
dire
e
.
State
attento
.
-
La
maestra
aperse
la
bocca
,
come
si
apre
per
pronunciare
la
vocale
e
,
e
accennò
alla
bimba
che
aprisse
la
bocca
nella
stessa
maniera
.
La
bimba
obbedì
.
Allora
la
maestra
le
fece
cenno
che
mettesse
fuori
la
voce
.
Quella
mise
fuori
la
voce
,
ma
invece
di
e
,
pronunziò
o
.
-
No
,
-
disse
la
maestra
,
-
non
è
questo
.
-
E
pigliate
le
due
mani
della
bimba
,
se
ne
mise
una
aperta
sulla
gola
e
l
'
altra
sul
petto
,
e
ripeté
:
-
e
.
-
La
bimba
,
sentito
con
le
mani
il
movimento
della
gola
e
del
petto
della
maestra
,
riaperse
la
bocca
come
prima
,
e
pronunziò
benissimo
:
-
e
.
-
Nello
stesso
modo
la
maestra
le
fece
dire
c
e
d
,
sempre
tenendosi
le
due
piccole
mani
sul
petto
e
sulla
gola
.
-
Avete
capito
ora
?
-
domandò
.
Il
padre
aveva
capito
;
ma
pareva
più
meravigliato
di
quando
non
capiva
.
-
E
insegnano
a
parlare
in
quella
maniera
?
-
domandò
,
dopo
un
minuto
di
riflessione
,
guardando
la
maestra
.
-
Hanno
la
pazienza
d
'
insegnare
a
parlare
a
quella
maniera
,
a
poco
a
poco
,
a
tutti
quanti
?
a
uno
a
uno
?
...
per
anni
e
anni
?
...
Ma
loro
sono
santi
,
sono
!
Ma
loro
sono
angeli
del
paradiso
!
Ma
non
c
'
è
al
mondo
una
ricompensa
,
per
loro
!
Che
cosa
ho
da
dire
?
...
Ah
!
mi
lascino
un
poco
con
la
mia
figliuola
,
ora
.
Me
la
lascino
cinque
minuti
per
me
solo
.
E
tiratala
a
sedere
in
disparte
cominciò
a
interrogarla
,
e
quella
a
rispondere
,
ed
egli
rideva
con
gli
occhi
lustri
,
battendosi
i
pugni
sulle
ginocchia
,
e
pigliava
la
figliuola
con
le
mani
,
guardandola
,
fuor
di
sé
dalla
contentezza
a
sentirla
,
come
se
fosse
una
voce
che
venisse
dal
cielo
;
poi
domandò
alla
maestra
:
-
Il
signor
Direttore
,
sarebbe
permesso
di
ringraziarlo
?
-
Il
Direttore
non
c
'
è
,
-
rispose
la
maestra
.
-
Ma
c
'
è
un
'
altra
persona
che
dovreste
ringraziare
.
Qui
ogni
ragazza
piccola
è
data
in
cura
a
una
compagna
più
grande
,
che
le
fa
da
sorella
,
da
madre
.
La
vostra
è
affidata
a
una
sordomuta
di
diciassette
anni
,
figliuola
d
'
un
fornaio
,
che
è
buona
e
le
vuol
bene
molto
:
da
due
anni
va
a
aiutarla
a
vestirsi
ogni
mattina
,
la
pettina
,
le
insegna
a
cucire
,
le
accomoda
la
roba
,
le
tien
buona
compagnia
.
Luigia
,
come
si
chiama
la
tua
mamma
dell
'
istituto
?
La
ragazza
sorrise
e
rispose
:
-
Cate
-
rina
Gior
-
dano
.
-
Poi
disse
a
suo
padre
:
-
Mol
-
to
,
mol
-
to
buona
.
Il
custode
,
uscito
a
un
cenno
della
maestra
,
ritornò
quasi
subito
con
una
sordomuta
bionda
,
robusta
di
viso
allegro
,
vestita
anch
'
essa
di
rigatino
rossiccio
col
grembiale
grigio
;
la
quale
si
arrestò
sull
'
uscio
e
arrossì
;
poi
chinò
la
testa
,
ridendo
.
Aveva
il
corpo
d
'
una
donna
,
e
pareva
una
bambina
.
La
figliuola
di
Giorgio
le
corse
subito
incontro
,
la
prese
per
un
braccio
come
una
bimba
e
la
tirò
davanti
a
suo
padre
,
dicendo
con
la
sua
grossa
voce
:
-
Ca
-
te
-
rina
Gior
-
dano
.
-
Ah
!
la
brava
ragazza
!
-
esclamò
il
padre
,
e
allungò
la
mano
per
carezzarla
,
ma
la
tirò
indietro
,
e
ripeté
:
-
Ah
!
la
buona
ragazza
,
che
Dio
la
benedica
,
che
le
dia
tutte
le
fortune
,
tutte
le
consolazioni
,
che
la
faccia
sempre
felice
lei
e
tutti
i
suoi
,
una
buona
ragazza
così
,
povera
la
mia
Gigia
,
è
un
onesto
operaio
,
un
povero
padre
di
famiglia
che
glielo
augura
di
tutto
cuore
!
La
ragazza
grande
accarezzava
la
piccola
,
sempre
tenendo
il
viso
basso
e
sorridendo
;
e
il
giardiniere
continuava
a
guardarla
,
come
una
madonna
.
-
Oggi
vi
potete
pigliar
con
voi
la
vostra
figliuola
,
-
disse
la
maestra
.
-
Se
me
la
piglio
!
-
rispose
il
giardiniere
.
-
Me
la
conduco
a
Condove
e
la
riporto
domani
mattina
.
Si
figuri
un
po
'
se
non
me
la
piglio
!
-
La
figliuola
scappò
a
vestirsi
.
-
Dopo
tre
anni
che
non
la
vedo
!
-
riprese
il
giardiniere
.
-
Ora
che
parla
!
A
Condove
subito
me
la
porto
.
Ma
prima
voglio
far
un
giro
per
Torino
con
la
mia
mutina
a
braccetto
,
che
tutti
la
vedano
,
e
condurla
dalle
mie
quattro
conoscenze
,
che
la
sentano
!
Ah
!
la
bella
giornata
!
Questa
si
chiama
una
consolazione
.
!
Qua
il
braccio
a
tuo
padre
,
Gigia
mia
!
-
La
ragazza
,
ch
'
era
tornata
con
una
mantellina
e
una
cuffietta
,
gli
diede
il
braccio
.
-
E
grazie
a
tutti
!
-
disse
il
padre
di
sull
'
uscio
.
-
Grazie
a
tutti
con
tutta
l
'
anima
mia
!
Tornerò
ancora
una
volta
a
ringraziar
tutti
!
Rimase
un
momento
sopra
pensiero
,
poi
si
staccò
bruscamente
dalla
ragazza
,
tornò
indietro
frugandosi
con
una
mano
nella
sottoveste
,
e
gridò
come
un
furioso
:
-
Ebbene
,
sono
un
povero
diavolo
,
ma
ecco
qui
,
lascio
venti
lire
per
l
'
istituto
,
un
marengo
d
'
oro
bell
'
e
nuovo
.
E
dando
un
gran
colpo
sul
tavolino
,
vi
lasciò
il
marengo
.
-
No
,
no
,
brav
'
uomo
,
-
disse
la
maestra
commossa
.
-
Ripigliatevi
il
vostro
denaro
.
Io
non
lo
posso
accettare
.
Ripigliatevelo
.
Non
tocca
a
me
.
Verrete
quando
ci
sarà
il
Direttore
.
Ma
non
accetterà
nemmeno
lui
,
statene
sicuro
.
Avete
faticato
troppo
per
guadagnarveli
,
pover
'
uomo
.
Vi
saremo
tutti
grati
lo
stesso
.
-
No
,
io
lo
lascio
,
-
rispose
il
giardiniere
,
intestato
;
-
e
poi
...
si
vedrà
.
Ma
la
maestra
gli
rimise
la
moneta
in
tasca
senza
lasciargli
il
tempo
di
respingerla
.
E
allora
egli
si
rassegnò
,
crollando
il
capo
;
e
poi
,
rapidamente
,
mandato
un
bacio
con
la
mano
alla
maestra
e
alla
ragazza
grande
,
e
ripreso
il
braccio
della
sua
figliuola
,
si
slanciò
con
lei
fuor
della
porta
dicendo
:
-
Vieni
,
vieni
,
figliuola
mia
,
povera
mutina
mia
,
mio
tesoro
!
E
la
figliuola
esclamò
con
la
sua
voce
grossa
:
-
Oh
-
che
-
bel
-
sole
!
GIUGNO
Garibaldi
3
,
sabato
.
Domani
è
la
festa
nazionale
Oggi
è
un
lutto
nazionale
.
Ieri
sera
è
morto
Garibaldi
.
Sai
chi
era
?
È
quello
che
affrancò
dieci
milioni
d
'
Italiani
dalla
tirannia
dei
Borboni
.
È
morto
a
settantacinque
anni
.
Era
nato
a
Nizza
,
figliuolo
d
'
un
capitano
di
bastimento
.
A
otto
anni
salvò
la
vita
a
una
donna
,
a
tredici
,
tirò
a
salvamento
una
barca
piena
di
compagni
che
naufragavano
,
a
ventisette
,
trasse
dall
'
acque
di
Marsiglia
un
giovanetto
che
s
'
annegava
,
a
quarant
'
uno
scampò
un
bastimento
dall
'
incendio
sull
'
Oceano
.
Egli
combatté
dieci
anni
in
America
per
la
libertà
d
'
un
popolo
straniero
,
combatté
in
tre
guerre
contro
gli
Austriaci
per
la
liberazione
della
Lombardia
e
del
Trentino
difese
Roma
dai
Francesi
nel
1849
,
liberò
Palermo
e
Napoli
nel
1860
,
ricombatté
per
Roma
nel
'67
,
lottò
nel
1870
contro
i
Tedeschi
in
difesa
della
Francia
.
Egli
aveva
la
fiamma
dell
'
eroismo
e
il
genio
della
guerra
.
Combatté
in
quaranta
combattimenti
e
ne
vinse
trentasette
.
Quando
non
combatté
,
lavorò
per
vivere
o
si
chiuse
in
un
'
isola
solitaria
a
coltivare
la
terra
.
Egli
fu
maestro
marinaio
,
operaio
,
negoziante
,
soldato
,
generale
,
dittatore
.
Era
grande
,
semplice
e
buono
.
Odiava
tutti
gli
oppressori
;
amava
tutti
i
popoli
;
proteggeva
tutti
i
deboli
;
non
aveva
altra
aspirazione
che
il
bene
,
rifiutava
gli
onori
;
disprezzava
la
morte
,
adorava
l
'
Italia
.
Quando
gettava
un
grido
di
guerra
,
legioni
di
valorosi
accorrevano
a
lui
da
ogni
parte
.
signori
lasciavano
i
palazzi
;
operai
le
officine
,
giovanetti
le
scuole
per
andar
a
combattere
al
sole
della
sua
gloria
.
In
guerra
portava
una
camicia
rossa
.
Era
forte
,
biondo
,
bello
.
Sui
campi
di
battaglia
era
un
fulmine
,
negli
affetti
un
fanciullo
,
nei
dolori
un
santo
.
Mille
Italiani
son
morti
per
la
patria
,
felici
morendo
di
vederlo
passar
di
lontano
vittorioso
migliaia
si
sarebbero
fatti
uccidere
per
lui
;
milioni
lo
benedissero
e
lo
benediranno
.
È
morto
.
Il
mondo
intero
lo
piange
.
Tu
non
lo
comprendi
per
ora
.
Ma
leggerai
le
sue
gesta
,
udrai
parlar
di
lui
continuamente
nella
vita
;
e
via
via
che
crescerai
,
la
sua
immagine
crescerà
pure
davanti
a
te
;
quando
sarai
un
uomo
,
lo
vedrai
gigante
,
e
quando
non
sarai
più
al
mondo
tu
,
quando
non
vivranno
più
i
figli
dei
tuoi
figli
,
e
quelli
che
saran
nati
da
loro
,
ancora
le
generazioni
vedranno
in
alto
la
sua
testa
luminosa
di
rendentore
di
popoli
coronata
dai
nomi
delle
sue
vittorie
come
da
un
cerchio
di
stelle
,
e
ad
ogni
italiano
risplenderà
la
fronte
e
l
'
anima
pronunziando
il
suo
nome
.
TUO
PADRE
L
'
esercito
11
,
domenica
.
Festa
nazionale
.
Ritardata
di
sette
giorni
per
la
morte
di
Garibaldi
Siamo
andati
in
piazza
Castello
a
veder
la
rassegna
dei
soldati
,
che
sfilarono
davanti
al
Comandante
del
Corpo
d
'
esercito
,
in
mezzo
a
due
grandi
ali
di
popolo
.
Via
via
che
sfilavano
,
al
suono
delle
fanfare
e
delle
bande
,
mio
padre
mi
accennava
i
Corpi
e
le
glorie
delle
bandiere
.
Primi
gli
allievi
dell
'
Accademia
,
quelli
che
saranno
ufficiali
del
Genio
e
dell
'
Artiglieria
,
circa
trecento
,
vestiti
di
nero
,
passarono
,
con
una
eleganza
ardita
e
sciolta
di
soldati
e
di
studenti
.
Dopo
di
loro
sfilò
la
fanteria
:
la
brigata
Aosta
che
combatté
a
Goito
e
a
San
Martino
,
e
la
brigata
Bergamo
che
combatté
a
Castelfidardo
,
quattro
reggimenti
,
compagnie
dietro
compagnie
,
migliaia
di
nappine
rosse
,
che
parevan
tante
doppie
ghirlande
lunghissime
di
fiori
color
di
sangue
,
tese
e
scosse
pei
due
capi
,
e
portate
a
traverso
alla
folla
.
Dopo
la
fanteria
s
'
avanzarono
i
soldati
del
Genio
,
gli
operai
della
guerra
,
coi
pennacchi
di
crini
neri
e
i
galloni
cremisini
;
e
mentre
questi
sfilavano
,
si
vedevano
venire
innanzi
dietro
di
loro
centinaia
di
lunghe
penne
diritte
,
che
sorpassavano
le
teste
degli
spettatori
:
erano
gli
alpini
,
i
difensori
delle
porte
d
'
Italia
,
tutti
alti
,
rosei
e
forti
,
coi
capelli
alla
calabrese
e
le
mostre
di
un
bel
verde
vivo
,
color
dell
'
erba
delle
loro
montagne
.
Sfilavano
ancor
gli
alpini
,
che
corse
un
fremito
nella
folla
,
e
i
bersaglieri
,
l
'
antico
dodicesimo
battaglione
,
i
primi
che
entrarono
in
Roma
per
la
breccia
di
Porta
Pia
,
bruni
,
lesti
,
vivi
,
coi
pennacchi
sventolanti
,
passarono
come
un
'
ondata
d
'
un
torrente
nero
,
facendo
echeggiare
la
piazza
di
squilli
acuti
di
tromba
che
sembravan
grida
d
'
allegrezza
.
Ma
la
loro
fanfara
fu
coperta
da
uno
strepito
rotto
e
cupo
che
annunziò
l
'
artiglieria
di
campagna
;
e
allora
passarono
superbamente
,
seduti
sugli
alti
cassoni
,
tirati
da
trecento
coppie
di
cavalli
impetuosi
i
bei
soldati
dai
cordoni
gialli
e
i
lunghi
cannoni
di
bronzo
e
d
'
acciaio
,
scintillanti
sugli
affusti
leggieri
,
che
saltavano
e
risonavano
,
e
ne
tremava
la
terra
.
E
poi
venne
su
lenta
,
grave
,
bella
nella
sua
apparenza
faticosa
e
rude
,
coi
suoi
grandi
soldati
,
coi
suoi
muli
potenti
,
l
'
artiglieria
di
montagna
,
che
porta
lo
sgomento
e
la
morte
fin
dove
sale
il
piede
dell
'
uomo
.
E
infine
passò
di
galoppo
,
con
gli
elmi
al
sole
con
le
lancie
erette
,
con
le
bandiere
al
vento
,
sfavillando
d
'
argento
e
d
'
oro
,
empiendo
l
'
aria
di
tintinni
e
di
nitriti
,
il
bel
reggimento
Genova
cavalleria
,
che
turbinò
su
dieci
campi
di
battaglia
,
da
Santa
Lucia
a
Villafranca
.
-
Come
è
bello
!
-
io
esclamai
.
Ma
mio
padre
mi
fece
quasi
un
rimprovero
di
quella
parola
,
e
mi
disse
:
-
Non
considerare
l
'
esercito
come
un
bello
spettacolo
.
Tutti
questi
giovani
pieni
di
forza
e
di
speranze
possono
da
un
giorno
all
'
altro
esser
chiamati
a
difendere
il
nostro
paese
,
e
in
poche
ore
cader
sfracellati
tutti
dalle
palle
e
dalla
mitraglia
.
Ogni
volta
che
senti
gridare
in
una
festa
:
Viva
l
'
esercito
,
viva
l
'
Italia
,
raffigurati
,
di
là
dai
reggimenti
che
passano
,
una
campagna
coperta
di
cadaveri
e
allagata
di
sangue
,
e
allora
l
'
evviva
all
'
esercito
t
'
escirà
più
dal
profondo
del
cuore
,
e
l
'
immagine
dell
'
Italia
t
'
apparirà
più
severa
e
più
grande
.
Italia
14
,
martedì
Salutala
così
la
patria
,
nei
giorni
delle
sue
feste
:
-
Italia
,
patria
mia
,
nobile
e
cara
terra
,
dove
mio
padre
e
mia
madre
nacquero
e
saranno
sepolti
,
dove
io
spero
di
vivere
e
di
morire
,
dove
i
miei
figli
cresceranno
e
morranno
;
bella
Italia
,
grande
e
gloriosa
da
molti
secoli
;
unita
e
libera
da
pochi
anni
;
che
spargesti
tanta
luce
d
'
intelletti
divini
sul
mondo
,
e
per
cui
tanti
valorosi
moriron
sui
campi
e
tanti
eroi
sui
patiboli
;
madre
augusta
di
trecento
città
e
di
trenta
milioni
di
figli
,
io
,
fanciullo
,
che
ancora
non
ti
comprendo
e
non
ti
conosco
intera
,
io
ti
venero
e
t
'
amo
con
tutta
l
'
anima
mia
,
e
sono
altero
d
'
esser
nato
da
te
,
e
di
chiamarmi
figliuol
tuo
.
Amo
i
tuoi
mari
splendidi
e
le
tue
Alpi
sublimi
,
amo
i
tuoi
monumenti
solenni
e
le
tue
memorie
immortali
;
amo
la
tua
gloria
e
la
tua
bellezza
;
t
'
amo
e
ti
venero
tutta
come
quella
parte
diletta
di
te
,
dove
per
la
prima
volta
vidi
il
sole
e
intesi
il
tuo
nome
.
V
'
amo
tutte
di
un
solo
affetto
e
con
pari
gratitudine
,
Torino
valorosa
,
Genova
superba
,
dotta
Bologna
,
Venezia
incantevole
,
Milano
possente
;
v
'
amo
con
egual
reverenza
di
figlio
,
Firenze
gentile
e
Palermo
terribile
.
Napoli
immensa
e
bella
,
Roma
meravigliosa
ed
eterna
.
T
'
amo
,
patria
sacra
!
E
ti
giuro
che
amerò
tutti
i
figli
tuoi
come
fratelli
;
che
onorerò
sempre
in
cuor
mio
i
tuoi
grandi
vivi
e
i
tuoi
grandi
morti
;
che
sarò
un
cittadino
operoso
ed
onesto
,
inteso
costantemente
a
nobilitarmi
,
per
rendermi
degno
di
te
,
per
giovare
con
le
mie
minime
forze
a
far
sì
che
spariscano
un
giorno
dalla
tua
faccia
la
miseria
,
l
'
ignoranza
,
l
'
ingiustizia
,
il
delitto
,
e
che
tu
possa
vivere
ed
espanderti
tranquilla
nella
maestà
del
tuo
diritto
e
della
tua
forza
.
Giuro
che
ti
servirò
,
come
mi
sarà
concesso
,
con
l
'
ingegno
,
col
braccio
,
col
cuore
,
umilmente
e
arditamente
;
e
che
se
verrà
giorno
in
cui
dovrò
dare
per
te
il
mio
sangue
e
la
mia
vita
,
darò
il
mio
sangue
e
morrò
,
gridando
al
cielo
il
tuo
santo
nome
e
mandando
l
'
ultimo
mio
bacio
alla
tua
bandiera
benedetta
.
TUO
PADRE
32
gradi
Venerdì
,
16
In
cinque
giorni
che
passarono
dalla
festa
nazionale
il
caldo
è
cresciuto
di
tre
gradi
.
Ora
siamo
in
piena
estate
,
tutti
cominciano
a
essere
stanchi
,
hanno
tutti
perduto
i
bei
colori
rosati
della
primavera
;
i
colli
e
le
gambe
s
'
assottigliano
,
le
teste
ciondolano
e
gli
occhi
si
chiudono
.
Il
povero
Nelli
,
che
patisce
molto
il
caldo
e
ha
fatto
un
viso
di
cera
,
s
'
addormenta
qualche
volta
profondamente
,
col
capo
sul
quaderno
;
ma
Garrone
sta
sempre
attento
a
mettergli
davanti
un
libro
aperto
e
ritto
perché
il
maestro
non
lo
veda
.
Crossi
appoggia
la
sua
zucca
rossa
sul
banco
in
un
certo
modo
,
che
par
distaccata
dal
busto
e
messa
lì
.
Nobis
si
lamenta
che
ci
siamo
troppi
e
che
gli
guastiamo
l
'
aria
.
Ah
!
che
forza
bisogna
farsi
ora
per
istudiare
!
Io
guardo
dalle
finestre
di
casa
quei
begli
alberi
che
fanno
un
'
ombra
così
scura
,
dove
andrei
a
correre
tanto
volentieri
,
e
mi
vien
tristezza
e
rabbia
di
dovermi
andar
a
chiudere
tra
i
banchi
.
Ma
poi
mi
fo
animo
a
veder
la
mia
buona
madre
che
mi
guarda
sempre
,
quando
esco
dalla
scuola
per
veder
se
son
pallido
;
e
mi
dice
a
ogni
pagina
di
lavoro
:
-
Ti
senti
ancora
?
-
e
ogni
mattina
alle
sei
,
svegliandomi
per
la
lezione
:
-
Coraggio
!
Non
ci
son
più
che
tanti
giorni
:
poi
sarai
libero
e
riposerai
,
andrai
all
'
ombra
dei
viali
.
-
Sì
,
essa
ha
ben
ragione
a
rammentarmi
i
ragazzi
che
lavoran
nei
campi
sotto
la
sferza
del
sole
,
o
tra
le
ghiaie
bianche
dei
fiumi
,
che
accecano
e
scottano
,
e
quelli
delle
fabbriche
di
vetro
,
che
stanno
tutto
il
giorno
immobili
,
col
viso
chinato
sopra
una
fiamma
di
gas
;
e
si
levan
tutti
più
presto
di
noi
,
e
non
hanno
vacanze
.
Coraggio
,
dunque
!
E
anche
in
questo
è
il
primo
di
tutti
Derossi
,
che
non
soffre
né
caldo
né
sonno
,
vivo
sempre
,
allegro
coi
suoi
riccioli
biondi
,
com
'
era
d
'
inverno
,
e
studia
senza
fatica
,
e
tien
desti
tutti
intorno
a
sé
,
come
se
rinfrescasse
l
'
aria
con
la
sua
voce
.
E
ci
sono
due
altri
pure
,
sempre
svegli
e
attenti
:
quel
cocciuto
di
Stardi
,
che
si
punge
il
muso
per
non
addormentarsi
,
e
quanto
più
è
stanco
e
fa
caldo
,
e
tanto
più
stringe
i
denti
e
spalanca
gli
occhi
,
che
par
che
si
voglia
mangiare
il
maestro
;
e
quel
trafficone
di
Garoffi
tutto
affaccendato
a
fabbricare
ventagli
di
carta
rossa
ornati
con
figurine
di
scatole
di
fiammiferi
,
che
vende
a
due
centesimi
l
'
uno
.
Ma
il
più
bravo
è
Coretti
;
povero
Coretti
che
si
leva
alle
cinque
per
aiutare
suo
padre
a
portar
legna
!
Alle
undici
,
nella
scuola
,
non
può
più
tenere
gli
occhi
aperti
,
e
gli
casca
il
capo
sul
petto
.
E
nondimeno
si
riscuote
,
si
dà
delle
manate
nella
nuca
,
domanda
il
permesso
d
'
uscire
per
lavarsi
il
viso
,
si
fa
scrollare
e
pizzicottare
dai
vicini
.
Ma
tanto
questa
mattina
non
poté
reggere
e
s
'
addormentò
d
'
un
sonno
di
piombo
.
Il
maestro
lo
chiamò
forte
:
-
Coretti
!
-
Egli
non
sentì
.
Il
maestro
,
irritato
,
ripeté
:
-
Coretti
!
-
Allora
il
figliuolo
del
carbonaio
che
gli
sta
accanto
di
casa
,
s
'
alzò
e
disse
:
-
Ha
lavorato
dalle
cinque
alle
sette
a
portar
fascine
.
-
Il
maestro
lo
lasciò
dormire
,
e
continuò
a
far
lezione
per
una
mezz
'
ora
.
Poi
andò
al
banco
da
Coretti
e
piano
piano
,
soffiandogli
nel
viso
,
lo
svegliò
.
A
vedersi
davanti
il
maestro
,
si
fece
indietro
impaurito
.
Ma
il
maestro
gli
prese
il
capo
fra
le
mani
e
gli
disse
baciandolo
sui
capelli
:
-
Non
ti
rimprovero
,
figliuol
mio
.
Non
è
mica
il
sonno
della
pigrizia
il
tuo
;
è
il
sonno
della
fatica
.
Mio
padre
Sabato
,
17
Non
certo
il
tuo
compagno
Coretti
,
né
Garrone
,
risponderebbero
mai
al
loro
padre
come
tu
hai
risposto
al
tuo
questa
sera
.
Enrico
!
Come
è
possibile
?
Tu
mi
devi
giurare
che
questo
non
accadrà
mai
più
,
fin
ch
'
io
viva
.
Ogni
volta
che
a
un
rimprovero
di
tuo
padre
ti
correrà
una
cattiva
risposta
alle
labbra
,
pensa
a
quel
giorno
,
che
verrà
immancabilmente
,
quando
egli
ti
chiamerà
al
suo
letto
per
dirti
-
Enrico
,
io
ti
lascio
.
-
O
figliuol
mio
,
quando
sentirai
la
sua
voce
per
l
'
ultima
volta
,
e
anche
molto
tempo
dopo
,
quando
piangerai
solo
nella
sua
stanza
abbandonata
,
in
mezzo
a
quei
libri
ch
'
egli
non
aprirà
mai
più
,
allora
,
ricordandoti
d
'
avergli
mancato
qualche
volta
di
rispetto
,
ti
domanderai
tu
pure
:
-
Com
'
è
possibile
?
-
Allora
capirai
che
egli
è
sempre
stato
il
tuo
migliore
amico
,
che
quando
era
costretto
a
punirti
,
ne
soffriva
più
di
te
,
e
che
non
t
'
ha
mai
fatto
piangere
che
per
farti
del
bene
;
e
allora
ti
pentirai
,
e
bacierai
piangendo
quel
tavolino
su
cui
ha
tanto
lavorato
,
su
cui
s
'
è
logorata
la
vita
per
i
suoi
figliuoli
.
Ora
non
capisci
:
egli
ti
nasconde
tutto
di
sé
fuorché
la
sua
bontà
e
il
suo
amore
.
Tu
non
lo
sai
che
qualche
volta
egli
è
così
affranto
dalla
fatica
che
crede
di
non
aver
più
che
pochi
giorni
da
vivere
,
e
che
in
quei
momenti
non
parla
che
di
te
,
non
ha
altro
affanno
in
cuore
che
quello
di
lasciarti
povero
e
senza
protezione
!
E
quante
volte
,
pensando
a
questo
,
entra
nella
tua
camera
mentre
dormi
;
e
sta
là
col
lume
in
mano
a
guardarti
,
e
poi
fa
uno
sforzo
,
e
stanco
e
triste
com
'
è
,
torna
al
lavoro
!
E
neppure
sai
che
spesso
egli
ti
cerca
e
sta
con
te
,
perché
ha
un
'
amarezza
nel
cuore
,
dei
dispiaceri
che
a
tutti
gli
uomini
toccano
nel
mondo
,
e
cerca
te
come
un
amico
,
per
confortarsi
e
dimenticare
,
e
ha
bisogno
di
rifugiarsi
nel
tuo
affetto
,
per
ritrovare
la
serenità
e
il
coraggio
.
Pensa
dunque
che
dolore
dev
'
esser
per
lui
quando
invece
di
trovar
affetto
in
te
,
trova
freddezza
e
irriverenza
!
Non
macchiarti
mai
più
di
questa
orribile
ingratitudine
!
Pensa
che
se
anche
fossi
buono
come
un
santo
,
non
potresti
mai
compensarlo
abbastanza
di
quello
che
ha
fatto
e
fa
continuamente
per
te
.
E
pensa
anche
:
sulla
vita
non
si
può
contare
:
una
disgrazia
ti
potrebbe
toglier
tuo
padre
mentre
sei
ancora
ragazzo
,
fra
due
anni
,
fra
tre
mesi
;
domani
.
Ah
!
povero
Enrico
mio
,
come
vedresti
cambiar
tutto
intorno
a
te
,
allora
,
come
ti
parrebbe
vuota
,
desolata
la
casa
,
con
la
tua
povera
madre
vestita
di
nero
!
Va
'
,
figliuolo
;
va
'
da
tuo
padre
:
egli
è
nella
sua
stanza
che
lavora
:
va
'
in
punta
di
piedi
,
che
non
ti
senta
entrare
,
va
'
a
metter
la
fronte
sulle
sue
ginocchia
e
a
dirgli
che
ti
perdoni
e
ti
benedica
.
TUA
MADRE
In
campagna
19
,
lunedì
Il
mio
buon
padre
mi
perdonò
,
anche
questa
volta
,
e
mi
lasciò
andare
alla
scampagnata
che
si
era
combinata
mercoledì
col
padre
di
Coretti
,
il
rivenditor
di
legna
.
Ne
avevamo
tutti
bisogno
d
'
una
boccata
d
'
aria
di
collina
.
Fu
una
festa
.
Ci
trovammo
ieri
alle
due
in
piazza
dello
Statuto
,
Derossi
,
Garrone
,
Garoffi
,
Precossi
,
padre
e
figlio
Coretti
,
ed
io
,
con
le
nostre
provviste
di
frutte
,
di
salsicciotti
e
d
'
ova
sode
:
avevamo
anche
delle
barchette
di
cuoio
e
dei
bicchieri
di
latta
:
Garrone
portava
una
zucca
con
dentro
del
vino
bianco
;
Coretti
,
la
fiaschetta
da
soldato
di
suo
padre
,
piena
di
vino
nero
;
e
il
piccolo
Precossi
,
col
suo
camiciotto
di
fabbro
ferraio
,
teneva
sotto
il
braccio
una
pagnotta
di
due
chilogrammi
.
S
'
andò
in
omnibus
fino
alla
Gran
Madre
di
Dio
,
e
poi
su
,
alla
lesta
,
per
i
colli
.
C
'
era
un
verde
,
un
'
ombra
,
un
fresco
!
Andavamo
rivoltoloni
nell
'
erba
,
mettevamo
il
viso
nei
rigagnoli
,
saltavamo
a
traverso
alle
siepi
.
Coretti
padre
ci
seguitava
di
lontano
,
con
la
giacchetta
sulle
spalle
,
fumando
con
la
sua
pipa
di
gesso
,
e
di
tanto
in
tanto
ci
minacciava
con
la
mano
,
che
non
ci
facessimo
delle
buche
nei
calzoni
.
Precossi
zufolava
,
non
l
'
avevo
mai
sentito
zufolare
.
Coretti
figlio
faceva
di
tutto
,
strada
facendo
;
sa
far
di
tutto
,
quell
'
ometto
lì
,
col
suo
coltelluccio
a
cricco
,
lungo
un
dito
:
delle
rotine
da
mulino
,
delle
forchette
,
degli
schizzatoi
;
e
voleva
portar
la
roba
degli
altri
,
era
carico
che
grondava
sudore
;
ma
sempre
svelto
come
un
capriolo
.
Derossi
si
fermava
ogni
momento
a
dirci
i
nomi
delle
piante
e
degli
insetti
:
io
non
so
come
faccia
a
saper
tante
cose
.
E
Garrone
mangiava
del
pane
,
in
silenzio
;
ma
non
ci
attacca
mica
più
quei
morsi
allegri
d
'
una
volta
,
povero
Garrone
,
dopo
che
ha
perduto
sua
madre
.
È
sempre
lui
,
però
,
buono
come
il
pane
:
quando
uno
di
noi
pigliava
la
rincorsa
per
saltare
un
fosso
,
egli
correva
dall
'
altra
parte
e
tendergli
le
mani
;
e
perché
Precossi
aveva
paura
delle
vacche
,
ché
da
piccolo
è
stato
cozzato
,
ogni
volta
che
ne
passava
una
,
Garrone
gli
si
parava
davanti
.
Andammo
su
fino
a
Santa
Margherita
,
e
poi
giù
per
le
chine
a
salti
,
a
rotoloni
,
a
scortica
...
mele
.
Precossi
,
inciampando
in
un
cespuglio
,
si
fece
uno
strappo
al
camiciotto
,
e
restò
lì
vergognoso
col
suo
brindello
ciondoloni
;
ma
Garoffi
che
ha
sempre
degli
spilli
nella
giacchetta
,
glielo
appuntò
che
non
si
vedeva
,
mentre
quegli
badava
a
dirgli
:
-
Scusami
,
scusami
;
-
e
poi
ricominciò
a
correre
.
Garoffi
non
perdeva
il
suo
tempo
,
per
via
:
coglieva
delle
erbe
da
insalata
,
delle
lumache
,
e
ogni
pietra
che
luccicasse
un
po
'
,
se
la
metteva
in
tasca
,
pensando
che
ci
fosse
dentro
dell
'
oro
o
dell
'
argento
.
E
avanti
a
correre
,
a
ruzzolare
,
a
rampicarsi
,
all
'
ombra
e
al
sole
,
su
e
giù
per
tutti
i
rialti
e
le
scorciatoie
,
fin
che
arrivammo
scalmanati
e
sfiatati
sulla
cima
d
'
una
collina
,
dove
ci
sedemmo
a
far
merenda
,
sull
'
erba
.
Si
vedeva
una
pianura
immensa
,
e
tutte
le
Alpi
azzurre
con
le
cime
bianche
.
Morivamo
tutti
di
fame
,
il
pane
pareva
che
fondesse
.
Coretti
padre
ci
porgeva
le
porzioni
di
salsicciotto
su
delle
foglie
di
zucca
.
E
allora
cominciammo
a
parlare
tutti
insieme
,
dei
maestri
,
dei
compagni
che
non
avevan
potuto
venire
,
e
degli
esami
.
Precossi
si
vergognava
un
poco
a
mangiare
e
Garrone
gli
ficcava
in
bocca
il
meglio
della
sua
parte
,
di
viva
forza
.
Coretti
era
seduto
accanto
a
suo
padre
,
con
le
gambe
incrociate
:
parevan
piuttosto
due
fratelli
,
che
padre
e
figlio
,
a
vederli
così
vicini
,
tutti
e
due
rossi
e
sorridenti
,
con
quei
denti
bianchi
.
Il
padre
trincava
con
gusto
,
vuotava
anche
le
barchette
e
i
bicchieri
che
noi
lasciavamo
ammezzati
,
e
diceva
:
-
A
voi
altri
che
studiate
,
il
vino
vi
fa
male
;
sono
i
rivenditori
di
legna
che
n
'
han
bisogno
!
-
Poi
pigliava
e
scoteva
per
il
naso
il
figliuolo
,
dicendoci
:
-
Ragazzi
,
vogliate
bene
a
questo
qui
,
che
è
un
fior
di
galantuomo
,
son
io
che
ve
lo
dico
!
-
E
tutti
ridevano
,
fuorché
Garrone
.
Ed
egli
seguitava
,
trincando
:
-
Peccato
,
eh
!
Ora
siete
tutti
insieme
,
da
bravi
camerati
;
e
fra
qualche
anno
,
chi
sa
,
Enrico
e
Derossi
saranno
avvocati
e
professori
,
o
che
so
io
,
e
voi
altri
quattro
in
bottega
o
a
un
mestiere
,
o
chi
sa
diavolo
dove
.
E
allora
buona
notte
,
camerati
.
-
Che
!
-
rispose
Derossi
,
-
per
me
,
Garrone
sarà
sempre
Garrone
,
Precossi
sarà
sempre
Precossi
,
e
gli
altri
lo
stesso
,
diventassi
imperatore
delle
Russie
;
dove
saranno
loro
,
andrò
io
.
-
Benedetto
!
-
esclamò
Coretti
padre
,
alzando
la
fiaschetta
;
-
così
si
parla
,
sagrestia
!
Toccate
qua
!
Viva
i
bravi
compagni
,
e
viva
anche
la
scuola
,
che
vi
fa
una
sola
famiglia
,
quelli
che
ne
hanno
e
quelli
che
non
ne
hanno
!
Noi
toccammo
tutti
la
sua
fiaschetta
con
le
barchette
e
i
bicchieri
,
e
bevemmo
l
'
ultima
volta
.
E
lui
:
-
Viva
il
quadrato
del
'49
!
gridò
,
levandosi
in
piedi
,
e
cacciando
giù
l
'
ultimo
sorso
;
-
e
se
avrete
da
far
dei
quadrati
anche
voi
,
badate
di
tener
duro
come
noi
altri
,
ragazzi
!
-
Era
già
tardi
:
scendemmo
correndo
e
cantando
,
e
camminando
per
lunghi
tratti
tutti
a
braccetto
,
e
arrivammo
sul
Po
che
imbruniva
,
e
volavano
migliaia
di
lucciole
.
E
non
ci
separammo
che
in
piazza
dello
Statuto
,
dopo
aver
combinato
di
trovarci
tutti
insieme
domenica
per
andare
al
Vittorio
Emanuele
,
a
veder
la
distribuzione
dei
premi
agli
alunni
delle
scuole
serali
.
Che
bella
giornata
!
Come
sarei
rientrato
in
casa
contento
se
non
avessi
incontrato
la
mia
povera
maestra
!
La
incontrai
che
scendeva
le
scale
di
casa
nostra
,
quasi
al
buio
,
e
appena
mi
riconobbe
mi
prese
per
tutt
'
e
due
le
mani
e
mi
disse
all
'
orecchio
:
-
Addio
,
Enrico
,
ricordati
di
me
!
-
M
'
accorsi
che
piangeva
.
Salii
,
e
lo
dissi
a
mia
madre
:
-
Ho
incontrato
la
mia
maestra
.
Andava
a
mettersi
a
letto
,
-
rispose
mia
madre
,
che
avea
gli
occhi
rossi
.
E
poi
soggiunse
con
grande
tristezza
,
guardandomi
fisso
:
-
La
tua
povera
maestra
...
sta
molto
male
.
La
distribuzione
dei
premi
agli
operai
25
,
domenica
Come
avevano
convenuto
,
andammo
tutti
insieme
al
Teatro
Vittorio
Emanuele
,
a
veder
la
distribuzione
dei
premi
agli
operai
.
Il
teatro
era
addobbato
come
il
14
marzo
,
e
affollato
,
ma
quasi
tutto
di
famiglie
d
'
operai
,
e
la
platea
occupata
dagli
allievi
e
dalle
allieve
della
scuola
di
canto
corale
;
i
quali
cantarono
un
inno
ai
soldati
morti
in
Crimea
,
così
bello
,
che
quando
fu
finito
tutti
s
'
alzarono
battendo
le
mani
e
gridando
,
e
lo
dovettero
cantare
da
capo
.
E
subito
dopo
cominciarono
a
sfilare
i
premiati
davanti
al
sindaco
,
al
prefetto
e
a
molti
altri
,
che
davano
libri
libretti
della
cassa
di
risparmio
,
diplomi
e
medaglie
.
In
un
canto
della
platea
vidi
il
muratorino
,
seduto
accanto
a
sua
madre
,
e
da
un
'
altra
parte
c
'
era
il
Direttore
,
e
dietro
di
lui
la
testa
rossa
del
mio
maestro
di
seconda
.
Sfilarono
pei
primi
gli
alunni
delle
scuole
serali
di
disegno
,
orefici
,
scalpellini
,
litografi
,
e
anche
dei
falegnami
e
dei
muratori
;
poi
quelli
della
scuola
di
commercio
;
poi
quelli
del
Liceo
musicale
,
fra
cui
parecchie
ragazze
,
delle
operaie
,
tutte
vestite
in
gala
,
che
furono
salutate
con
un
grande
applauso
,
e
ridevano
.
Infine
vennero
gli
alunni
delle
scuole
serali
elementari
,
e
allora
cominciò
a
esser
bello
a
vedere
.
Di
tutte
le
età
ne
passavano
,
di
tutti
i
mestieri
,
e
vestiti
in
tutti
i
modi
;
uomini
coi
capelli
grigi
,
ragazzi
degli
opifici
,
operai
con
grandi
barbe
nere
.
I
piccoli
eran
disinvolti
,
gli
uomini
un
po
'
imbarazzati
;
la
gente
batteva
le
mani
ai
più
vecchi
e
ai
più
giovani
.
Ma
nessuno
rideva
tra
gli
spettatori
,
come
facevano
alla
nostra
festa
:
si
vedevano
tutti
i
visi
attenti
e
seri
.
Molti
dei
premiati
avevan
la
moglie
e
i
figliuoli
in
platea
,
e
c
'
eran
dei
bambini
che
quando
vedevan
passare
il
padre
sul
palco
scenico
,
lo
chiamavan
per
nome
ad
alta
voce
e
lo
segnavan
con
la
mano
,
ridendo
forte
.
Passarono
dei
contadini
,
dei
facchini
:
questi
erano
della
scuola
Buoncompagni
.
Della
scuola
della
Cittadella
,
passò
un
lustrascarpe
,
che
mio
padre
conosce
,
e
il
Prefetto
gli
diede
un
diploma
.
Dopo
di
lui
vedo
venire
un
uomo
grande
come
un
gigante
,
che
mi
pareva
d
'
aver
già
veduto
altre
volte
...
Era
il
padre
del
muratorino
,
che
prendeva
il
secondo
premio
!
Mi
ricordai
di
quando
l
'
avevo
visto
nella
soffitta
,
al
letto
del
figliuolo
malato
,
e
cercai
subito
il
figliuolo
in
platea
:
povero
muratorino
!
Egli
guardava
sua
padre
cogli
occhi
luccicanti
,
e
per
nasconder
la
commozione
,
faceva
il
muso
di
lepre
.
In
quel
momento
sentii
uno
scoppio
d
'
applausi
,
guardai
sul
palco
:
c
'
era
un
piccolo
spazzacamino
,
col
viso
lavato
,
ma
coi
suoi
panni
da
lavoro
,
e
il
Sindaco
gli
parlava
tenendolo
per
una
mano
.
Dopo
lo
spazzacamino
venne
un
cuoco
.
Poi
passò
a
prender
la
medaglia
uno
spazzino
municipale
,
della
scuola
Raineri
.
Io
mi
sentivo
non
so
che
cosa
nel
cuore
,
come
un
grande
affetto
e
un
grande
rispetto
,
a
pensare
quanto
eran
costati
quei
premi
a
tutti
quei
lavoratori
,
padri
di
famiglia
,
pieni
di
pensieri
,
quante
fatiche
aggiunte
alle
loro
fatiche
,
quante
ore
tolte
al
sonno
,
di
cui
hanno
tanto
bisogno
,
e
anche
quanti
sforzi
dell
'
intelligenza
non
abituata
allo
studio
e
delle
mani
grosse
,
intozzite
dal
lavoro
!
Passò
un
ragazzo
d
'
officina
,
a
cui
si
vedeva
che
suo
padre
aveva
imprestata
la
giacchetta
per
quell
'
occasione
,
e
gli
spenzolavan
le
maniche
,
tanto
che
se
le
dovette
rimboccare
lì
sul
palco
per
poter
prendere
il
suo
premio
;
e
molti
risero
;
ma
il
riso
fu
subito
soffocato
dai
battimani
.
Dopo
venne
un
vecchio
con
la
testa
calva
e
la
barba
bianca
.
Passarono
dei
soldati
d
'
artiglieria
,
di
quelli
che
venivano
alla
scuola
serale
nella
nostra
Sezione
;
poi
delle
guardie
daziarie
,
delle
guardie
municipali
,
di
quelle
che
fan
la
guardia
alle
nostre
scuole
.
Infine
gli
allievi
della
scuola
serale
cantarono
ancora
l
'
inno
ai
morti
in
Crimea
,
ma
con
tanto
slancio
,
questa
volta
,
con
una
forza
d
'
affetto
che
veniva
così
schietta
dal
cuore
,
che
la
gente
non
applaudì
quasi
più
,
e
usciron
tutti
commossi
,
lentamente
e
senza
far
chiasso
.
In
pochi
momenti
tutta
la
via
fu
affollata
.
Davanti
alla
porta
del
Teatro
c
'
era
lo
spazzacamino
,
col
suo
libro
di
premio
legato
in
rosso
,
e
tutt
'
intorno
dei
signori
che
gli
parlavano
.
Molti
si
salutavano
da
una
parte
all
'
altra
della
strada
,
operai
,
ragazzi
,
guardie
,
maestri
.
Il
mio
maestro
di
seconda
uscì
in
mezzo
a
due
soldati
d
'
artiglieria
.
E
si
vedevano
delle
mogli
d
'
operai
coi
bambini
in
braccio
,
i
quali
tenevano
nelle
manine
il
diploma
del
padre
,
e
lo
mostravano
alla
gente
,
superbi
.
La
mia
maestra
morta
Martedì
,
27
Mentre
noi
eravamo
al
Teatro
Vittorio
Emanuele
,
la
mia
povera
maestra
moriva
.
È
morta
alle
due
,
sette
giorni
dopo
ch
'
era
stata
a
trovar
mia
madre
.
Il
Direttore
venne
ieri
mattina
a
darcene
l
'
annunzio
nella
scuola
.
E
disse
:
-
Quelli
di
voi
che
furono
suoi
alunni
,
sanno
quanto
era
buona
,
come
voleva
bene
ai
ragazzi
:
era
una
madre
,
per
loro
.
Ora
non
c
'
è
più
.
Una
malattia
terribile
la
consumava
da
molto
tempo
.
Se
non
avesse
avuto
da
lavorare
per
guadagnarsi
il
pane
,
avrebbe
potuto
curarsi
,
e
forse
guarire
;
si
sarebbe
almeno
prolungata
la
vita
di
qualche
mese
,
se
avesse
preso
un
congedo
.
Ma
essa
volle
stare
fra
i
suoi
ragazzi
fino
all
'
ultimo
giorno
.
La
sera
di
sabato
,
17
,
s
'
accomiatò
da
loro
,
con
la
certezza
di
non
rivederli
più
,
diede
ancora
dei
buoni
consigli
,
li
baciò
tutti
,
e
se
n
'
andò
singhiozzando
.
Ora
nessuno
la
rivedrà
mai
più
.
Ricordatevi
di
lei
,
figliuoli
.
-
Il
piccolo
Precossi
,
che
era
stato
suo
scolaro
nella
prima
superiore
,
chinò
la
testa
sul
banco
e
si
mise
a
piangere
.
Ieri
sera
,
dopo
la
scuola
,
andammo
tutti
insieme
alla
casa
della
morta
,
per
accompagnarla
alla
chiesa
.
C
'
era
già
nella
strada
un
carro
mortuario
con
due
cavalli
,
e
molta
gente
che
aspettava
,
parlando
a
bassa
voce
.
C
'
era
il
Direttore
,
tutti
i
maestri
e
le
maestre
della
nostra
scuola
,
e
anche
d
'
altre
sezioni
,
dove
essa
aveva
insegnato
anni
addietro
;
c
'
erano
quasi
tutti
i
bambini
della
sua
classe
,
condotti
per
mano
dalle
madri
,
che
portavan
le
torcie
;
e
moltissimi
d
'
altre
classi
,
e
una
cinquantina
d
'
alunne
della
sezione
Baretti
,
chi
con
corone
in
mano
,
chi
con
mazzetti
di
rose
.
Molti
mazzi
di
fiori
li
avevan
già
messi
sul
carro
,
al
quale
era
appesa
una
corona
grande
di
gaggìe
con
su
scritto
in
caratteri
neri
:
-
Alla
loro
maestra
le
antiche
alunne
di
quarta
.
E
sotto
la
corona
grande
,
ce
n
'
era
appesa
una
piccola
,
che
avevan
portata
i
suoi
bambini
.
Si
vedevano
tra
la
folla
molte
donne
di
servizio
,
mandate
dalle
padrone
,
con
le
candele
,
e
anche
due
servitori
in
livrea
,
con
una
torcia
accesa
;
e
un
signore
ricco
,
padre
d
'
uno
scolaro
della
maestra
,
aveva
fatto
venire
la
sua
carrozza
,
foderata
di
seta
azzurra
.
Tutti
s
'
accalcavano
davanti
alla
porta
.
C
'
eran
parecchie
ragazze
che
s
'
asciugavan
le
lacrime
.
Aspettammo
un
pezzo
,
in
silenzio
.
Finalmente
portaron
giù
la
cassa
.
Quando
videro
infilar
la
cassa
dentro
al
carro
,
alcuni
bambini
si
misero
a
pianger
forte
,
e
uno
cominciò
a
gridare
,
come
se
capisse
soltanto
allora
che
la
sua
maestra
era
morta
,
e
gli
prese
un
singhiozzo
così
convulso
,
che
dovettero
portarlo
via
.
La
processione
si
mise
in
ordine
lentamente
,
e
si
mosse
.
Andavan
prime
le
figlie
del
Ritiro
della
Concezione
,
vestite
di
verde
;
poi
le
figlie
di
Maria
,
tutte
bianche
,
con
un
nastro
azzurro
poi
i
preti
;
e
dietro
al
carro
i
maestri
e
le
maestre
,
gli
scolaretti
della
la
superiore
,
e
tutti
gli
altri
,
e
in
fine
la
folla
.
La
gente
s
'
affacciava
alle
finestre
e
sugli
usci
,
e
a
vedere
tutti
quei
ragazzi
e
la
corona
,
dicevano
:
-
È
una
maestra
.
-
Anche
delle
signore
che
accompagnavano
i
più
piccoli
,
ce
n
'
erano
alcune
che
piangevano
.
Arrivati
che
furono
alla
chiesa
,
levaron
la
cassa
dal
carro
e
la
portarono
in
mezzo
alla
navata
,
davanti
all
'
altar
maggiore
:
le
maestre
ci
misero
su
le
corone
,
i
bambini
la
copersero
di
fiori
,
e
la
gente
tutt
'
intorno
,
con
le
candele
accese
,
cominciò
a
cantare
le
preghiere
,
nella
chiesa
grande
e
oscura
.
Poi
,
tutt
'
a
un
tratto
quando
il
prete
disse
l
'
ultimo
Amen
,
le
candele
si
spensero
e
tutti
uscirono
in
fretta
e
la
maestra
rimase
sola
.
Povera
maestra
,
tanto
buona
con
me
,
che
aveva
tanta
pazienza
,
che
aveva
faticato
per
tanti
anni
!
Essa
ha
lasciato
i
suoi
pochi
libri
ai
suoi
scolari
,
a
uno
un
calamaio
,
a
un
altro
un
quadernetto
,
tutto
quello
che
possedeva
;
e
due
giorni
prima
di
morire
disse
al
Direttore
che
non
ci
lasciasse
andare
i
più
piccoli
al
suo
accompagnamento
,
perché
non
voleva
che
piangessero
.
Ha
fatto
del
bene
,
ha
sofferto
,
è
morta
.
Povera
maestra
,
rimasta
sola
nella
chiesa
oscura
!
Addio
!
Addio
per
sempre
,
mia
buona
amica
,
dolce
e
triste
ricordo
della
mia
infanzia
!
Grazie
28
,
mercoledì
Ha
voluto
finire
il
suo
anno
di
scuola
la
mia
povera
maestra
:
se
n
'
è
andata
tre
soli
giorni
prima
che
terminassero
le
lezioni
.
Dopo
domani
andremo
ancora
una
volta
in
classe
a
sentir
leggere
l
'
ultimo
racconto
mensile
:
Naufragio
,
e
poi
...
finito
.
Sabato
,
primo
di
luglio
,
gli
esami
.
Un
altro
anno
dunque
,
il
quarto
,
è
passato
!
E
se
non
fosse
morta
la
mia
maestra
,
sarebbe
passato
bene
.
-
Io
ripenso
a
quello
che
sapevo
l
'
ottobre
scorso
,
e
mi
par
di
sapere
assai
di
più
:
ci
ho
tante
cose
nuove
nella
mente
;
riesco
a
dire
e
a
scrivere
meglio
d
'
allora
quello
che
penso
;
potrei
anche
fare
di
conto
per
molti
grandi
che
non
sanno
,
e
aiutarli
nei
loro
affari
:
e
capisco
molto
di
più
,
capisco
quasi
tutto
quello
che
leggo
.
Sono
contento
...
Ma
quanti
m
'
hanno
spinto
e
aiutato
a
imparare
,
chi
in
un
modo
chi
in
un
altro
,
a
casa
,
alla
scuola
,
per
la
strada
,
da
per
tutto
dove
sono
andato
e
dove
ho
visto
qualche
cosa
!
Ed
io
ringrazio
tutti
ora
.
Ringrazio
te
per
il
primo
,
mio
buon
maestro
,
che
sei
stato
così
indulgente
e
affettuoso
con
me
,
e
per
cui
fu
una
fatica
ogni
cognizione
nuova
di
cui
ora
mi
rallegro
e
mi
vanto
.
Ringrazio
te
,
Derossi
,
mio
ammirabile
compagno
,
che
con
le
tue
spiegazioni
pronte
e
gentili
m
'
hai
fatto
capire
tante
volte
delle
cose
difficili
e
superare
degli
intoppi
agli
esami
;
e
te
pure
Stardi
,
bravo
e
forte
,
che
m
'
hai
mostrato
come
una
volontà
di
ferro
riesca
a
tutto
,
e
te
,
Garrone
,
buono
e
generoso
,
che
fai
generosi
e
buoni
tutti
quelli
che
ti
conoscono
e
anche
voi
Precossi
e
Coretti
,
che
m
'
avete
sempre
dato
l
'
esempio
del
coraggio
nei
pentimenti
e
della
serenità
nel
lavoro
;
dico
grazie
a
voi
,
dico
grazie
a
tutti
gli
altri
.
Ma
sopra
tutti
ringrazio
te
,
padre
mio
,
te
mio
primo
maestro
,
mio
primo
amico
,
che
m
'
hai
dato
tanti
buoni
consigli
e
insegnato
tante
cose
,
mentre
lavoravi
per
me
,
nascondendomi
sempre
le
tue
tristezze
,
e
cercando
in
tutte
le
maniere
di
rendermi
lo
studio
facile
e
la
vita
bella
;
e
te
,
dolce
madre
mia
,
angelo
custode
amato
e
benedetto
,
che
hai
goduto
di
tutte
le
mie
gioie
e
sofferto
di
tutte
le
mie
amarezze
,
che
hai
studiato
,
faticato
,
pianto
con
me
,
carezzandomi
con
una
mano
la
fronte
e
coll
'
altra
indicandomi
il
cielo
.
Io
m
'
inginocchio
davanti
a
voi
,
come
quando
ero
bambino
,
e
vi
ringrazio
,
vi
ringrazio
con
tutta
la
tenerezza
che
mi
avete
messo
nell
'
anima
in
dodici
anni
di
sacrificio
e
d
'
amore
.
Naufragio
Ultimo
racconto
mensile
Parecchi
anni
or
sono
,
una
mattina
del
mese
di
dicembre
,
salpava
dal
porto
di
Liverpool
un
grande
bastimento
a
vapore
,
che
portava
a
bordo
più
di
duecento
persone
,
fra
le
quali
settanta
uomini
d
'
equipaggio
.
Il
capitano
e
quasi
tutti
i
marinai
erano
inglesi
.
Fra
i
passeggeri
si
trovavano
vari
italiani
:
tre
signore
,
un
prete
,
una
compagnia
di
suonatori
.
Il
bastimento
doveva
andare
all
'
isola
di
Malta
.
Il
tempo
era
oscuro
.
In
mezzo
ai
viaggiatori
della
terza
classe
,
a
prua
,
c
'
era
un
ragazzo
italiano
d
'
una
dozzina
d
'
anni
,
piccolo
per
l
'
età
sua
,
ma
robusto
;
un
bel
viso
ardimentoso
e
severo
di
siciliano
.
Se
ne
stava
solo
vicino
all
'
albero
di
trinchetto
,
seduto
sopra
un
mucchio
di
corde
,
accanto
a
una
valigia
logora
,
che
conteneva
la
sua
roba
,
e
su
cui
teneva
una
mano
.
Aveva
il
viso
bruno
e
i
capelli
neri
e
ondulati
che
gli
scendevan
quasi
sulle
spalle
.
Era
vestito
meschinamente
,
con
una
coperta
lacera
sopra
le
spalle
e
una
vecchia
borsa
di
cuoio
a
tracolla
.
Guardava
intorno
a
sé
,
pensieroso
,
i
passeggieri
,
il
bastimento
,
i
marinai
che
passavan
correndo
,
e
il
mare
inquieto
.
Avea
l
'
aspetto
d
'
un
ragazzo
uscito
di
fresco
da
una
grande
disgrazia
di
famiglia
:
il
viso
d
'
un
fanciullo
,
l
'
espressione
d
'
un
uomo
.
Poco
dopo
la
partenza
,
uno
dei
marinai
del
bastimento
,
un
italiano
,
coi
capelli
grigi
,
comparve
a
prua
conducendo
per
mano
una
ragazzina
,
e
fermatosi
davanti
al
piccolo
siciliano
,
gli
disse
:
-
Eccoti
una
compagna
di
viaggio
,
Mario
.
Poi
se
n
'
andò
.
La
ragazza
sedette
sul
mucchio
di
corde
,
accanto
al
ragazzo
.
Si
guardarono
.
-
Dove
vai
?
-
le
domandò
il
siciliano
.
La
ragazza
rispose
:
-
A
Malta
,
per
Napoli
.
Poi
soggiunse
:
-
Vado
a
ritrovar
mio
padre
e
mia
madre
,
che
m
'
aspettano
.
Io
mi
chiamo
Giulietta
Faggiani
.
Il
ragazzo
non
disse
nulla
.
Dopo
alcuni
minuti
tirò
fuori
dalla
borsa
del
pane
e
delle
frutte
secche
;
la
ragazza
aveva
dei
biscotti
;
mangiarono
-
Allegri
!
-
gridò
il
marinaio
italiano
passando
rapidamente
.
-
Ora
si
comincia
un
balletto
!
Il
vento
andava
crescendo
,
il
bastimento
rullava
fortemente
.
Ma
i
due
ragazzi
,
che
non
pativano
il
mal
di
mare
,
non
ci
badavano
.
La
ragazzina
sorrideva
.
Aveva
presso
a
poco
l
'
età
del
suo
compagno
,
ma
era
assai
più
alta
:
bruna
di
viso
,
sottile
,
un
po
'
patita
,
e
vestita
più
che
modestamente
.
Aveva
i
capelli
tagliati
corti
e
ricciuti
,
un
fazzoletto
rosso
intorno
al
capo
e
due
cerchiolini
d
'
argento
alle
orecchie
.
Mangiando
,
si
raccontarono
i
fatti
loro
.
Il
ragazzo
non
aveva
più
né
padre
né
madre
.
Il
padre
,
operaio
,
gli
era
morto
a
Liverpool
pochi
dì
prima
,
lasciandolo
solo
,
e
il
console
italiano
aveva
rimandato
lui
al
suo
paese
,
a
Palermo
,
dove
gli
restavan
dei
parenti
lontani
.
La
ragazzina
era
stata
condotta
a
Londra
,
l
'
anno
avanti
,
da
una
zia
vedova
,
che
l
'
amava
molto
,
e
a
cui
i
suoi
parenti
,
-
poveri
,
-
l
'
avevan
concessa
per
qualche
tempo
,
fidando
nella
promessa
d
'
un
'
eredità
;
ma
pochi
mesi
dopo
la
zia
era
morta
schiacciata
da
un
omnibus
,
senza
lasciare
un
centesimo
;
e
allora
anch
'
essa
era
ricorsa
al
Console
,
che
l
'
aveva
imbarcata
per
l
'
Italia
.
Tutti
e
due
erano
stati
raccomandati
al
marinaio
italiano
.
-
Così
,
-
concluse
la
bambina
,
-
mio
padre
e
mia
madre
credevano
che
ritornassi
ricca
,
e
invece
ritorno
povera
.
Ma
tanto
mi
voglion
bene
lo
stesso
.
E
i
miei
fratelli
pure
.
Quattro
ne
ho
,
tutti
piccoli
.
Io
son
la
prima
di
casa
.
Li
vesto
.
Faranno
molta
festa
a
vedermi
.
Entrerò
in
punta
di
piedi
...
Il
mare
è
brutto
.
Poi
domandò
al
ragazzo
:
-
E
tu
vai
a
stare
coi
tuoi
parenti
?
-
Sì
...
se
mi
vorranno
,
-
rispose
.
-
Non
ti
vogliono
bene
?
-
Non
lo
so
.
-
Io
compisco
tredici
anni
a
Natale
,
-
disse
la
ragazza
.
Dopo
cominciarono
a
discorrere
del
mare
e
della
gente
che
avevano
intorno
.
Per
tutta
la
giornata
stettero
vicini
,
barattando
tratto
tratto
qualche
parola
.
I
passeggieri
,
li
credevano
fratello
e
sorella
.
La
bambina
faceva
la
calza
,
il
ragazzo
pensava
,
il
mare
andava
sempre
ingrossando
.
La
sera
,
al
momento
di
separarsi
per
andar
a
dormire
,
la
bambina
disse
a
Mario
:
-
Dormi
bene
.
-
Nessuno
dormirà
bene
,
poveri
figliuoli
-
esclamò
il
marinaio
italiano
passando
di
corsa
,
chiamando
il
capitano
.
Il
ragazzo
stava
per
rispondere
alla
sua
amica
:
-
Buona
notte
,
-
quando
uno
spruzzo
d
'
acqua
inaspettato
lo
investì
con
violenza
e
lo
sbatté
contro
un
sedile
.
-
Mamma
mia
,
che
fa
sangue
!
-
gridò
la
ragazza
gettandosi
sopra
di
lui
.
I
passeggieri
che
scappavano
sotto
,
non
ci
badarono
.
La
bimba
s
'
inginocchiò
accanto
a
Mario
,
ch
'
era
rimasto
sbalordito
dal
colpo
,
gli
pulì
la
fronte
che
sanguinava
,
e
levatosi
il
fazzoletto
rosso
dai
capelli
glie
lo
girò
intorno
al
capo
,
poi
si
strinse
il
capo
sul
petto
per
annodare
le
cocche
,
e
così
si
fece
una
macchia
di
sangue
sul
vestito
giallo
,
sopra
la
cintura
.
Mario
si
riscosse
,
si
rialzò
.
-
Ti
senti
meglio
?
-
domandò
la
ragazza
.
-
Non
ho
più
nulla
,
-
rispose
.
-
Dormi
bene
,
disse
Giulietta
.
-
Buona
notte
-
rispose
Mario
.
-
E
discesero
per
due
scalette
vicine
nei
loro
dormitori
.
Il
marinaio
aveva
predetto
giusto
.
Non
erano
ancora
addormentati
,
che
si
scatenò
una
tempesta
spaventosa
.
Fu
come
un
assalto
improvviso
di
cavalloni
furiosi
che
in
pochi
momenti
spezzarono
un
albero
,
e
portaron
via
come
foglie
tre
delle
barche
sospese
alle
gru
e
quattro
bovi
ch
'
erano
a
prua
.
Nell
'
interno
del
bastimento
nacque
una
confusione
e
uno
spavento
,
un
rovinìo
,
un
frastuono
di
grida
,
di
pianti
e
di
preghiere
,
da
far
rizzare
i
capelli
.
La
tempesta
andò
crescendo
di
furia
tutta
la
notte
.
Allo
spuntar
del
giorno
crebbe
ancora
.
Le
onde
formidabili
,
flagellando
il
piroscafo
per
traverso
,
irrompevano
sopra
coperta
,
e
sfracellavano
,
spazzavano
,
travolgevano
nel
mare
ogni
cosa
.
La
piattaforma
che
copriva
la
macchina
fu
sfondata
,
e
l
'
acqua
precipitò
dentro
con
un
fracasso
terribile
,
i
fuochi
si
spensero
,
i
macchinisti
fuggirono
;
grossi
rigagnoli
impetuosi
penetrarono
da
ogni
parte
.
Una
voce
tonante
gridò
:
-
Alle
pompe
!
-
Era
la
voce
del
capitano
.
I
marinai
si
slanciarono
alle
pompe
.
Ma
un
colpo
di
mare
subitaneo
,
percotendo
il
bastimento
per
di
dietro
,
sfasciò
parapetti
e
portelli
,
e
cacciò
dentro
un
torrente
.
Tutti
i
passeggieri
,
più
morti
che
vivi
,
s
'
erano
rifugiati
nella
sala
grande
.
A
un
certo
punto
comparve
il
capitano
.
-
Capitano
!
Capitano
!
-
gridarono
tutti
insieme
.
-
Che
si
fa
?
Come
stiamo
?
C
'
è
speranza
?
Ci
salvi
!
Il
capitano
aspettò
che
tutti
tacessero
,
e
disse
freddamente
:
-
Rassegniamoci
.
Una
sola
donna
gettò
un
grido
:
-
Pietà
!
-
Nessun
altro
poté
metter
fuori
la
voce
.
Il
terrore
li
aveva
agghiacciati
tutti
.
Molto
tempo
passò
così
,
in
un
silenzio
di
sepolcro
.
Tutti
si
guardavano
,
coi
visi
bianchi
.
Il
mare
infuriava
sempre
,
orrendo
.
Il
bastimento
rullava
pesantemente
.
A
un
dato
momento
il
capitano
tentò
di
lanciare
in
mare
una
barca
di
salvamento
:
cinque
marinai
v
'
entrarono
,
la
barca
calò
;
ma
l
'
onda
la
travolse
,
e
due
dei
marinai
s
'
annegarono
,
fra
i
quali
l
'
italiano
:
gli
altri
a
stento
riuscirono
a
riafferrarsi
alle
corde
e
a
risalire
.
Dopo
questo
i
marinai
medesimi
perdettero
ogni
coraggio
.
Due
ore
dopo
,
il
bastimento
era
già
immerso
nell
'
acqua
fino
all
'
altezza
dei
parasartie
.
Uno
spettacolo
tremendo
si
presentava
intanto
sopra
coperta
.
Le
madri
si
stringevano
disperatamente
al
seno
i
figliuoli
,
gli
amici
si
abbracciavano
e
si
dicevano
addio
:
alcuni
scendevan
sotto
nelle
cabine
,
per
morire
senza
vedere
il
mare
.
Un
viaggiatore
si
tirò
un
colpo
di
pistola
al
capo
,
e
stramazzò
bocconi
sulla
scala
del
dormitorio
,
dove
spirò
.
Molti
s
'
avvinghiavano
freneticamente
gli
uni
agli
altri
,
delle
donne
si
scontorcevano
in
convulsioni
orrende
.
Parecchi
stavano
inginocchiati
intorno
al
prete
.
S
'
udiva
un
coro
di
singhiozzi
,
di
lamenti
infantili
,
di
voci
acute
e
strane
,
e
si
vedevan
qua
e
là
delle
persone
immobili
come
statue
,
istupidite
,
con
gli
occhi
dilatati
e
senza
sguardo
,
delle
facce
di
cadaveri
e
di
pazzi
.
I
due
ragazzi
,
Mario
e
Giulietta
,
avviticchiati
a
un
albero
del
bastimento
,
guardavano
il
mare
con
gli
occhi
fissi
,
come
insensati
.
Il
mare
s
'
era
quetato
un
poco
;
ma
il
bastimento
continuava
a
affondare
,
lentamente
.
Non
rimanevan
più
che
pochi
minuti
.
-
La
scialuppa
a
mare
!
-
gridò
il
capitano
.
Una
scialuppa
,
l
'
ultima
che
restava
,
fu
gettata
all
'
acqua
,
e
quattordici
marinai
,
con
tre
passeggieri
,
vi
scesero
.
Il
capitano
rimase
a
bordo
.
-
Discenda
con
noi
!
-
gridarono
di
sotto
.
-
Io
debbo
morire
al
mio
posto
,
-
rispose
il
capitano
.
-
Incontreremo
un
bastimento
,
-
gli
gridarono
i
marinai
,
-
ci
salveremo
.
Discenda
.
Lei
è
perduto
.
-
Io
rimango
.
-
C
'
è
ancora
un
posto
!
-
gridarono
allora
i
marinai
,
rivolgendosi
agli
altri
passeggieri
.
-
Una
donna
!
Una
donna
s
'
avanzò
,
sorretta
dal
capitano
;
ma
vista
la
distanza
a
cui
si
trovava
la
scialuppa
,
non
si
sentì
il
coraggio
di
spiccare
il
salto
,
e
ricadde
sopra
coperta
.
Le
altre
donne
eran
quasi
tutte
già
svenute
e
come
moribonde
.
-
Un
ragazzo
!
-
gridarono
i
marinai
.
A
quel
grido
,
il
ragazzo
siciliano
e
la
sua
compagna
,
ch
'
eran
rimasti
fino
allora
come
pietrificati
da
uno
stupore
sovrumano
,
ridestati
improvvisamente
dal
violento
istinto
della
vita
,
si
staccarono
a
un
punto
solo
dall
'
albero
e
si
slanciarono
all
'
orlo
del
bastimento
,
urlando
a
una
voce
:
-
A
me
!
-
e
cercando
di
cacciarsi
indietro
a
vicenda
,
come
due
belve
furiose
.
-
Il
più
piccolo
!
-
gridarono
i
marinai
.
-
La
barca
è
sopraccarica
!
Il
più
piccolo
!
All
'
udir
quella
parola
,
la
ragazza
,
come
fulminata
,
lasciò
cascare
le
braccia
,
e
rimase
immobile
,
guardando
Mario
con
gli
occhi
morti
.
Mario
guardò
lei
un
momento
,
-
le
vide
la
macchia
di
sangue
sul
petto
,
-
si
ricordò
,
-
il
lampo
di
un
'
idea
divina
gli
passò
sul
viso
.
-
Il
più
piccolo
!
-
gridarono
in
coro
i
marinai
,
con
imperiosa
impazienza
.
-
Noi
partiamo
!
E
allora
Mario
,
con
una
voce
che
non
parea
più
la
sua
,
gridò
:
-
Lei
è
più
leggiera
.
A
te
,
Giulietta
!
Tu
hai
padre
e
madre
!
Io
son
solo
!
Ti
do
il
mio
posto
!
Va
giù
!
-
Gettala
in
mare
!
-
gridarono
i
marinai
.
Mario
afferrò
Giulietta
alla
vita
e
la
gettò
in
mare
.
La
ragazza
mise
un
grido
e
fece
un
tonfo
;
un
marinaio
l
'
afferrò
per
un
braccio
e
la
tirò
su
nella
barca
.
Il
ragazzo
rimase
ritto
sull
'
orlo
del
bastimento
,
con
la
fronte
alta
,
coi
capelli
al
vento
,
immobile
,
tranquillo
,
sublime
.
La
barca
si
mosse
,
e
fece
appena
in
tempo
a
scampare
dal
movimento
vorticoso
delle
acque
prodotto
dal
bastimento
che
andava
sotto
,
e
che
minacciò
di
travolgerla
.
Allora
la
ragazza
,
rimasta
fino
a
quel
momento
quasi
fuori
di
senso
,
alzò
gli
occhi
verso
il
fanciullo
e
diede
in
uno
scroscio
di
pianto
.
-
Addio
,
Mario
!
-
gli
gridò
fra
i
singhiozzi
,
con
le
braccia
tese
verso
di
lui
.
-
Addio
!
Addio
!
Addio
!
-
Addio
!
-
rispose
il
ragazzo
,
levando
la
mano
in
alto
.
La
barca
s
'
allontanava
velocemente
sopra
il
mare
agitato
,
sotto
il
cielo
tetro
.
Nessuno
gridava
più
sul
bastimento
.
L
'
acqua
lambiva
già
gli
orli
della
coperta
.
A
un
tratto
il
ragazzo
cadde
in
ginocchio
con
le
mani
giunte
e
cogli
occhi
al
cielo
.
La
ragazza
si
coperse
il
viso
.
Quando
rialzò
il
capo
,
girò
uno
sguardo
sul
mare
:
il
bastimento
non
c
'
era
più
.
LUGLIO
L
'
ultima
pagina
di
mia
madre
1
,
sabato
L
'
anno
è
finito
dunque
,
Enrico
,
ed
è
bello
che
ti
rimanga
come
ricordo
dell
'
ultimo
giorno
l
'
immagine
del
fanciullo
sublime
,
che
diede
la
vita
per
la
sua
amica
.
Ora
tu
stai
per
separarti
dai
tuoi
maestri
e
dai
tuoi
compagni
;
e
io
debbo
darti
una
notizia
triste
.
La
separazione
non
durerà
soltanto
tre
mesi
,
ma
sempre
.
Tuo
padre
,
per
ragioni
della
sua
professione
,
deve
andar
via
da
Torino
,
e
noi
tutti
con
lui
.
Ce
n
'
andremo
il
prossimo
autunno
.
Dovrai
entrare
in
una
scuola
nuova
.
Questo
ti
rincresce
,
non
è
vero
?
perché
son
certa
che
tu
l
'
ami
la
tua
vecchia
scuola
,
dove
per
quattro
anni
;
due
volte
al
giorno
,
hai
provato
la
gioia
d
'
aver
lavorato
,
dove
hai
visto
per
tanto
tempo
,
a
quelle
date
ore
,
gli
stessi
ragazzi
;
gli
stessi
maestri
,
gli
stessi
parenti
,
e
tuo
padre
o
tua
madre
che
t
'
aspettavano
sorridendo
,
la
tua
vecchia
scuola
,
dove
ti
s
'
è
aperto
l
'
ingegno
,
dove
hai
trovato
tanti
buoni
compagni
,
dove
ogni
parola
che
hai
inteso
dire
aveva
per
iscopo
il
tuo
bene
,
e
non
hai
provato
un
dispiacere
che
non
ti
sia
stato
utile
!
Porta
dunque
quest
'
affetto
con
te
,
e
dà
un
addio
dal
cuore
a
tutti
quei
ragazzi
.
Alcuni
avranno
delle
disgrazie
,
perderanno
presto
il
padre
e
la
madre
;
altri
moriranno
giovani
;
altri
forse
verseranno
nobilmente
il
loro
sangue
nelle
battaglie
,
molti
saranno
bravi
e
onesti
operai
,
padri
di
famiglie
operose
e
oneste
come
loro
,
e
chi
sa
che
non
ce
ne
sia
qualcuno
pure
,
che
renderà
dei
grandi
servigi
al
suo
paese
e
farà
il
suo
nome
glorioso
.
Separati
dunque
da
loro
affettuosamente
:
lasciaci
un
poco
dell
'
anima
tua
in
quella
grande
famiglia
,
nella
quale
sei
entrato
bambino
,
e
da
cui
esci
giovinetto
,
e
che
tuo
padre
e
tua
madre
amano
tanto
perché
tu
ci
fosti
tanto
amato
.
La
scuola
è
una
madre
,
Enrico
mio
:
essa
ti
levò
dalle
mie
braccia
che
parlavi
appena
,
e
ora
mi
ti
rende
grande
,
forte
,
buono
,
studioso
:
sia
benedetta
,
e
tu
non
dimenticarla
mai
più
,
figliuolo
.
Oh
!
è
impossibile
che
tu
la
dimentichi
.
Ti
farai
uomo
,
girerai
il
mondo
,
vedrai
delle
città
immense
e
dei
monumenti
maravigliosi
;
e
ti
scorderai
anche
di
molti
fra
questi
;
ma
quel
modesto
edifizio
bianco
,
con
quelle
persiane
chiuse
,
e
quel
piccolo
giardino
,
dove
sbocciò
il
primo
fiore
della
tua
intelligenza
,
tu
lo
vedrai
fino
all
'
ultimo
giorno
della
tua
vita
come
io
vedrò
la
casa
in
cui
sentii
la
tua
voce
per
la
prima
volta
.
TUA
MADRE
Gli
esami
4
,
martedì
Eccoci
finalmente
agli
esami
.
Per
le
vie
intorno
alla
scuola
non
si
sente
parlar
d
'
altro
,
da
ragazzi
,
da
padri
,
da
madri
,
perfino
dalle
governanti
:
esami
,
punti
,
tema
,
media
,
rimandato
,
promosso
tutti
dicono
le
stesse
parole
.
Ieri
mattina
ci
fu
la
composizione
,
questa
mattina
l
'
aritmetica
.
Era
commovente
veder
tutti
i
parenti
che
conducevano
i
ragazzi
alla
scuola
,
dando
gli
ultimi
consigli
per
la
strada
,
e
molte
madri
che
accompagnavano
i
figliuoli
fin
nei
banchi
,
per
guardare
se
c
'
era
inchiostro
nel
calamaio
e
per
provare
la
penna
,
e
si
voltavano
ancora
di
sull
'
uscio
a
dire
:
-
Coraggio
!
Attenzione
!
Mi
raccomando
!
-
Il
nostro
maestro
assistente
era
Coatti
,
quello
con
la
barbaccia
nera
,
che
fa
la
voce
del
leone
,
e
non
castiga
mai
nessuno
.
C
'
erano
dei
ragazzi
bianchi
dalla
paura
.
Quando
il
maestro
dissuggellò
la
lettera
del
Municipio
,
e
tirò
fuori
il
problema
,
non
si
sentiva
un
respiro
.
Dettò
il
problema
forte
,
guardandoci
ora
l
'
uno
ora
l
'
altro
con
certi
occhi
terribili
;
ma
si
capiva
che
se
avesse
potuto
dettare
anche
la
soluzione
,
per
farci
promovere
tutti
,
ci
avrebbe
avuto
un
grande
piacere
.
Dopo
un
'
ora
di
lavoro
,
molti
cominciavano
a
affannarsi
perché
il
problema
era
difficile
.
Uno
piangeva
.
Crossi
si
dava
dei
pugni
nel
capo
.
E
non
ci
hanno
mica
colpa
molti
,
di
non
sapere
,
poveri
ragazzi
,
che
non
hanno
avuto
molto
tempo
da
studiare
,
e
son
stati
trascurati
dai
parenti
.
Ma
c
'
era
la
provvidenza
.
Bisognava
vedere
Derossi
che
moto
si
dava
per
aiutarli
,
come
s
'
ingegnava
per
far
passare
una
cifra
e
per
suggerire
un
'
operazione
,
senza
farsi
scorgere
,
premuroso
per
tutti
,
che
pareva
lui
il
nostro
maestro
.
Anche
Garrone
,
che
è
forte
in
aritmetica
,
aiutava
chi
poteva
,
e
aiutò
perfin
Nobis
,
che
trovandosi
negli
imbrogli
,
era
tutto
gentile
.
Stardi
stette
per
più
d
'
un
'
ora
immobile
,
con
gli
occhi
sul
problema
e
coi
pugni
alle
tempie
,
e
poi
fece
tutto
in
cinque
minuti
.
Il
maestro
girava
tra
i
banchi
dicendo
:
-
Calma
!
Calma
!
Vi
raccomando
la
calma
!
-
E
quando
vedeva
qualcuno
scoraggiato
,
per
farlo
ridere
,
e
mettergli
animo
spalancava
la
bocca
come
per
divorarlo
,
imitando
il
leone
.
Verso
le
undici
,
guardando
giù
a
traverso
alle
persiane
,
vidi
molti
parenti
che
andavano
e
venivano
per
la
strada
,
impazienti
;
c
'
era
il
padre
di
Precossi
,
col
suo
camiciotto
turchino
,
scappato
allora
dall
'
officina
,
ancora
tutto
nero
nel
viso
.
C
'
era
la
madre
di
Crossi
,
l
'
erbaiola
;
la
madre
di
Nelli
,
vestita
di
nero
,
che
non
poteva
star
ferma
.
Poco
prima
di
mezzogiorno
arrivò
mio
padre
e
alzò
gli
occhi
alla
mia
finestra
:
caro
padre
mio
!
A
mezzo
giorno
tutti
avevamo
finito
.
E
fu
uno
spettacolo
all
'
uscita
.
Tutti
incontro
ai
ragazzi
a
domandare
,
a
sfogliare
i
quaderni
,
a
confrontare
coi
lavori
dei
compagni
.
-
Quante
operazioni
?
-
Cos
'
è
il
totale
?
-
E
la
sottrazione
?
-
E
la
risposta
?
-
E
la
virgola
dei
decimali
?
-
Tutti
i
maestri
andavano
qua
e
là
,
chiamati
da
cento
parti
.
Mio
padre
mi
levò
di
mano
subito
la
brutta
copia
,
guardò
e
disse
:
-
Va
bene
.
-
Accanto
a
noi
c
'
era
il
fabbro
Precossi
che
guardava
pure
il
lavoro
del
suo
figliuolo
,
un
po
'
inquieto
,
e
non
si
raccapezzava
.
Si
rivolse
a
mio
padre
:
-
Mi
vorrebbe
favorire
il
totale
?
Mio
padre
lesse
la
cifra
.
Quegli
guardò
:
combinava
.
-
Bravo
,
piccino
!
-
esclamò
,
tutto
contento
;
e
mio
padre
e
lui
si
guardarono
un
momento
,
con
un
buon
sorriso
,
come
due
amici
;
mio
padre
gli
tese
la
mano
,
egli
la
strinse
.
E
si
separarono
dicendo
:
-
Al
verbale
.
-
Al
verbale
.
-
Fatti
pochi
passi
,
udimmo
una
voce
in
falsetto
che
ci
fece
voltare
il
capo
:
era
il
fabbro
ferraio
che
cantava
.
L
'
ultimo
esame
7
,
venerdì
Questa
mattina
ci
diedero
gli
esami
verbali
.
Alle
otto
eravamo
tutti
in
classe
,
e
alle
otto
e
un
quarto
cominciarono
a
chiamarci
quattro
alla
volta
nel
camerone
,
dove
c
'
era
un
gran
tavolo
coperto
d
'
un
tappeto
verde
,
e
intorno
il
Direttore
e
quattro
maestri
,
fra
i
quali
il
nostro
.
Io
fui
uno
dei
primi
chiamati
.
Povero
maestro
!
Come
m
'
accorsi
che
ci
vuol
bene
davvero
,
questa
mattina
.
Mentre
c
'
interrogavano
gli
altri
,
egli
non
aveva
occhi
che
per
noi
;
Si
turbava
quando
eravamo
incerti
a
rispondere
,
si
rasserenava
quando
davamo
una
bella
risposta
,
sentiva
tutto
,
e
ci
faceva
mille
cenni
con
le
mani
e
col
capo
per
dire
:
-
bene
,
-
no
,
-
sta
attento
,
-
più
adagio
,
-
coraggio
.
-
Ci
avrebbe
suggerito
ogni
cosa
se
avesse
potuto
parlare
.
Se
al
posto
suo
ci
fossero
stati
l
'
un
dopo
l
'
altro
i
padri
di
tutti
gli
alunni
,
non
avrebbero
fatto
di
più
.
Gli
avrei
gridato
:
-
Grazie
!
-
dieci
volte
,
in
faccia
a
tutti
.
E
quando
gli
altri
maestri
mi
dissero
:
-
Sta
bene
;
va
pure
,
-
gli
scintillarono
gli
occhi
dalla
contentezza
.
Io
tornai
subito
in
classe
ad
aspettare
mio
padre
.
C
'
erano
ancora
quasi
tutti
.
Mi
sedetti
accanto
a
Garrone
.
Non
ero
allegro
,
punto
.
Pensavo
che
era
l
'
ultima
volta
che
stavamo
un
'
ora
vicini
!
Non
glielo
avevo
ancor
detto
a
Garrone
che
non
avrei
più
fatta
la
quarta
con
lui
,
che
dovevo
andar
via
da
Torino
con
mio
padre
:
egli
non
sapeva
nulla
.
E
se
ne
stava
lì
piegato
in
due
,
con
la
sua
grossa
testa
china
sul
banco
,
a
fare
degli
ornati
intorno
a
una
fotografia
di
suo
padre
,
vestito
da
macchinista
,
che
è
un
uomo
grande
e
grosso
,
con
un
collo
di
toro
,
e
ha
un
'
aria
seria
e
onesta
,
come
lui
.
E
mentre
stava
così
curvo
,
con
la
camicia
un
poco
aperta
davanti
,
io
gli
vedevo
sul
petto
nudo
e
robusto
la
crocina
d
'
oro
che
gli
regalò
la
madre
di
Nelli
,
quando
seppe
che
proteggeva
il
suo
figliuolo
.
Ma
bisognava
pure
che
glielo
dicessi
una
volta
che
dovevo
andar
via
.
Glielo
dissi
:
-
Garrone
,
quest
'
autunno
mio
padre
andrà
via
da
Torino
,
per
sempre
.
-
Egli
mi
domandò
se
andavo
via
anch
'
io
;
gli
risposi
di
sì
.
-
Non
farai
più
la
quarta
con
noi
?
-
mi
disse
.
Risposi
di
no
.
E
allora
egli
stette
un
po
'
senza
parlare
,
continuando
il
suo
disegno
.
Poi
domandò
senz
'
alzare
il
capo
:
-
Ti
ricorderai
poi
dei
tuoi
compagni
di
terza
?
-
Sì
,
-
gli
dissi
,
-
di
tutti
;
ma
di
te
...
più
che
di
tutti
.
Chi
si
può
scordare
di
te
?
-
Egli
mi
guardò
fisso
e
serio
con
uno
sguardo
che
diceva
mille
cose
;
e
non
disse
nulla
,
solo
mi
porse
la
mano
sinistra
,
fingendo
di
continuare
a
disegnare
con
l
'
altra
,
ed
io
la
strinsi
tra
le
mie
,
quella
mano
forte
e
leale
.
In
quel
momento
entrò
in
fretta
il
maestro
col
viso
rosso
,
e
disse
a
bassa
voce
e
presto
,
con
la
voce
allegra
:
-
Bravi
,
finora
va
tutto
bene
,
tirino
avanti
così
quelli
che
restano
;
bravi
,
ragazzi
!
Coraggio
!
Sono
molto
contento
.
-
E
per
mostrarci
la
sua
contentezza
ed
esilararci
,
uscendo
in
fretta
,
fece
mostra
d
'
inciampare
e
di
trattenersi
al
muro
per
non
cadere
:
lui
,
che
non
l
'
avevamo
mai
visto
ridere
!
La
cosa
parve
così
strana
,
che
invece
di
ridere
,
tutti
rimasero
stupiti
;
tutti
sorrisero
,
nessuno
rise
.
Ebbene
,
non
so
,
mi
fece
pena
e
tenerezza
insieme
quell
'
atto
di
allegrezza
da
fanciullo
.
Era
tutto
il
suo
premio
quel
momento
d
'
allegrezza
,
era
il
compenso
di
nove
mesi
di
bontà
,
di
pazienza
ed
anche
di
dispiaceri
!
Per
quello
aveva
faticato
tanto
tempo
,
ed
era
venuto
tante
volte
a
far
lezione
malato
,
povero
maestro
!
Quello
,
e
non
altro
,
egli
domandava
a
noi
in
ricambio
di
tanto
affetto
e
di
tante
cure
!
E
ora
mi
pare
che
lo
rivedrò
sempre
così
in
quell
'
atto
,
quando
mi
ricorderò
di
lui
,
per
molti
anni
;
e
se
quando
sarò
un
uomo
,
egli
vivrà
ancora
,
e
c
'
incontreremo
,
glielo
dirò
,
di
quell
'
atto
che
mi
toccò
il
cuore
;
e
gli
darò
un
bacio
sulla
testa
.
Addio
10
,
lunedì
Al
tocco
ci
ritrovammo
tutti
per
l
'
ultima
volta
alla
scuola
a
sentire
i
risultati
degli
esami
e
a
pigliare
i
libretti
di
promozione
.
La
strada
era
affollata
di
parenti
,
che
avevano
invaso
anche
il
camerone
,
e
molti
erano
entrati
nelle
classi
,
pigiandosi
fino
accanto
al
tavolino
del
maestro
:
nella
nostra
riempivano
tutto
lo
spazio
fra
il
muro
e
i
primi
banchi
.
C
'
era
il
padre
di
Garrone
,
la
madre
di
Derossi
,
il
fabbro
Precossi
,
Coretti
,
la
signora
Nelli
,
l
'
erbaiola
,
il
padre
del
muratorino
,
il
padre
di
Stardi
,
molti
altri
che
non
avevo
mai
visti
;
e
si
sentiva
da
tutte
le
parti
un
bisbiglio
,
un
brulichìo
,
che
pareva
d
'
essere
in
una
piazza
.
Entrò
il
maestro
:
si
fece
un
grande
silenzio
.
Aveva
in
mano
l
'
elenco
,
e
cominciò
a
leggere
subito
.
-
Abatucci
,
promosso
,
sessanta
settantesimi
,
Archini
,
promosso
,
cinquantacinque
settantesimi
.
Il
muratorino
promosso
,
Crossi
promosso
.
Poi
lesse
forte
:
-
Derossi
Ernesto
promosso
,
settanta
settantesimi
,
e
il
primo
premio
.
-
Tutti
i
parenti
ch
'
eran
lì
,
che
lo
conoscevan
tutti
,
dissero
:
-
Bravo
,
bravo
,
Derossi
!
-
ed
egli
diede
una
scrollata
ai
suoi
riccioli
biondi
,
col
suo
sorriso
disinvolto
e
bello
,
guardando
sua
madre
,
che
gli
fece
un
saluto
con
la
mano
.
Garoffi
,
Garrone
,
il
calabrese
,
promossi
.
Poi
tre
o
quattro
di
seguito
rimandati
,
e
uno
si
mise
a
piangere
perché
suo
padre
ch
'
era
sull
'
uscio
,
gli
fece
un
gesto
di
minaccia
.
Ma
il
maestro
disse
al
padre
:
-
No
,
signore
,
mi
scusi
;
non
è
sempre
colpa
,
è
sfortuna
molte
volte
.
E
questo
è
il
caso
.
-
Poi
lesse
:
-
Nelli
,
promosso
,
sessantadue
settantesimi
.
-
Sua
madre
gli
mandò
un
bacio
col
ventaglio
.
Stardi
promosso
con
sessantasette
settantesimi
;
ma
a
sentire
quel
bel
voto
,
egli
non
sorrise
neppure
,
e
non
staccò
i
pugni
dalle
tempie
.
L
'
ultimo
fu
Votini
,
che
era
venuto
tutto
ben
vestito
e
pettinato
:
promosso
.
Letto
l
'
ultimo
,
il
maestro
si
alzò
e
disse
:
-
Ragazzi
,
questa
è
l
'
ultima
volta
che
ci
troviamo
riuniti
.
Siamo
stati
insieme
un
anno
,
e
ora
ci
lasciamo
buoni
amici
,
non
è
vero
?
Mi
rincresce
di
separarmi
da
voi
,
cari
figliuoli
.
-
S
'
interruppe
;
poi
ripigliò
:
-
Se
qualche
volta
m
'
è
scappata
la
pazienza
,
se
qualche
volta
,
senza
volerlo
,
sono
stato
ingiusto
,
troppo
severo
,
scusatemi
.
-
No
,
no
,
-
dissero
i
parenti
e
molti
scolari
,
-
no
,
signor
maestro
,
mai
.
-
Scusatemi
,
-
ripeté
il
maestro
,
-
e
vogliatemi
bene
.
L
'
anno
venturo
non
sarete
più
con
me
,
ma
vi
rivedrò
,
e
rimarrete
sempre
nel
mio
cuore
.
A
rivederci
,
ragazzi
!
-
Detto
questo
,
venne
avanti
in
mezzo
a
noi
,
e
tutti
gli
tesero
le
mani
,
rizzandosi
sui
banchi
,
lo
presero
per
le
braccia
e
per
le
falde
del
vestito
;
molti
lo
baciarono
,
cinquanta
voci
insieme
dissero
:
-
A
rivederlo
,
maestro
!
-
Grazie
,
signor
maestro
!
-
Stia
bene
!
-
Si
ricordi
di
noi
!
-
Quando
uscì
,
pareva
oppresso
dalla
commozione
.
Uscimmo
tutti
,
alla
rinfusa
.
Da
tutte
le
altre
classi
uscivan
pure
.
Era
un
rimescolamento
,
un
gran
chiasso
di
ragazzi
e
di
parenti
che
dicevano
addio
ai
maestri
e
alle
maestre
e
si
salutavan
fra
loro
.
La
maestra
della
penna
rossa
aveva
quattro
o
cinque
bambini
addosso
e
una
ventina
attorno
,
che
le
legavano
il
fiato
;
e
alla
«
monachina
»
avevan
mezzo
strappato
il
cappello
,
e
ficcato
una
dozzina
di
mazzetti
tra
i
bottoni
del
vestito
nero
e
nelle
tasche
.
Molti
facevano
festa
a
Robetti
che
proprio
quel
giorno
aveva
smesso
per
la
prima
volta
le
stampelle
.
Si
sentiva
dire
da
tutte
le
parti
.
-
Al
nuovo
anno
!
-
Ai
venti
d
'
ottobre
!
-
A
rivederci
ai
Santi
!
-
Noi
pure
ci
salutammo
.
Ah
!
come
si
dimenticavano
tutti
i
dissapori
in
quel
momento
!
Votini
,
che
era
sempre
stato
così
geloso
di
Derossi
,
fu
il
primo
a
gettarglisi
incontro
con
le
braccia
aperte
.
Io
salutai
il
muratorino
e
lo
baciai
proprio
nel
momento
che
mi
faceva
il
suo
ultimo
muso
di
lepre
,
caro
ragazzo
!
Salutai
Precossi
,
salutai
Garoffi
,
che
mi
annunziò
la
vincita
alla
sua
ultima
lotteria
e
mi
diede
un
piccolo
calcafogli
di
maiolica
,
rotto
da
un
canto
,
dissi
addio
a
tutti
gli
altri
.
Fu
bello
vedere
il
povero
Nelli
,
come
s
'
avviticchiò
a
Garrone
,
che
non
lo
potevan
più
staccare
.
Tutti
s
'
affollarono
intorno
a
Garrone
,
e
addio
Garrone
,
addio
,
a
rivederci
,
e
lì
a
toccarlo
,
a
stringerlo
,
a
fargli
festa
,
a
quel
bravo
,
santo
ragazzo
;
e
c
'
era
suo
padre
tutto
meravigliato
,
che
guardava
e
sorrideva
.
Garrone
fu
l
'
ultimo
che
abbracciai
,
nella
strada
,
e
soffocai
un
singhiozzo
contro
il
suo
petto
:
egli
mi
baciò
sulla
fronte
.
Poi
corsi
da
mio
padre
e
da
mia
madre
.
Mio
padre
mi
domandò
:
-
Hai
salutati
tutti
i
tuoi
compagni
?
-
Dissi
di
sì
.
-
Se
c
'
è
qualcuno
a
cui
tu
abbia
fatto
un
torto
,
vagli
a
dire
che
ti
perdoni
e
che
lo
dimentichi
.
C
'
è
nessuno
?
-
Nessuno
,
-
risposi
.
-
E
allora
addio
!
-
disse
mio
padre
,
con
la
voce
commossa
,
dando
un
ultimo
sguardo
alla
scuola
.
E
mia
madre
ripeté
:
-
addio
!
-
E
io
non
potei
dir
nulla
.
Saggistica ,
AI
MIEI
CARI
AMICI
DI
PERA
ENRICO
SANTORO
GIOVANNI
ROSSASCO
E
FAUSTO
ALBERI
Amigos
,
es
este
mi
último
libro
de
viaje
;
desde
adelante
no
escucharé
mas
que
las
inspiraciones
del
corazón
.
Luis
de
Guevara
,
Viaje
en
Egypto
.
L
'
ARRIVO
L
'
emozione
che
provai
entrando
in
Costantinopoli
mi
fece
quasi
dimenticare
tutto
quello
che
vidi
in
dieci
giorni
di
navigazione
dallo
stretto
di
Messina
all
'
imboccatura
del
Bosforo
.
Il
mar
Jonio
azzurro
e
immobile
come
un
lago
,
i
monti
lontani
della
Morea
tinti
di
rosa
dai
primi
raggi
del
sole
,
l
'
Arcipelago
dorato
dal
tramonto
,
le
rovine
d
'
Atene
,
il
golfo
di
Salonicco
,
Lemno
,
Tenedo
,
i
Dardanelli
,
e
molti
personaggi
e
casi
che
mi
divertirono
durante
il
viaggio
,
si
sbiadirono
per
modo
nella
mente
,
dopo
visto
il
Corno
d
'
oro
,
che
se
ora
li
volessi
descrivere
,
dovrei
lavorare
più
d
'
immaginazione
che
di
memoria
.
Perché
la
prima
pagina
del
mio
libro
m
'
esca
viva
e
calda
dall
'
anima
,
debbo
cominciare
dall
'
ultima
notte
del
viaggio
,
in
mezzo
al
mare
di
Marmara
,
nel
punto
che
il
capitano
del
bastimento
s
'
avvicinò
a
me
e
al
mio
amico
Yunk
,
e
mettendoci
le
mani
sulle
spalle
,
disse
col
suo
schietto
accento
palermitano
:
-
Signori
!
Domattina
all
'
alba
vedremo
i
primi
minareti
di
Stambul
.
Ah
!
ella
sorride
,
mio
buon
lettore
,
pieno
di
quattrini
e
di
noia
;
ella
che
,
anni
sono
,
quando
le
saltò
il
ticchio
d
'
andare
a
Costantinopoli
,
in
ventiquattr
'
ore
rifornì
la
borsa
e
fece
le
valigie
,
e
partì
tranquillamente
come
per
una
gita
in
campagna
,
incerto
fino
all
'
ultimo
momento
se
non
fosse
meglio
prendere
invece
la
via
di
Baden
-
Baden
!
Se
il
capitano
del
bastimento
ha
detto
anche
a
lei
:
-
Domani
mattina
vedremo
Stambul
-
lei
avrà
risposto
flemmaticamente
:
-
Ne
ho
piacere
.
-
Ma
bisogna
aver
covato
quel
desiderio
per
dieci
anni
,
aver
passato
molte
sere
d
'
inverno
guardando
melanconicamente
la
carta
d
'
Oriente
,
essersi
rinfocolata
l
'
immaginazione
colla
lettura
di
cento
volumi
,
aver
girato
mezza
l
'
Europa
soltanto
per
consolarsi
di
non
poter
vedere
quell
'
altra
mezza
,
essere
stati
inchiodati
un
anno
a
tavolino
con
quell
'
unico
scopo
,
aver
fatto
mille
piccoli
sacrifizi
,
e
conti
su
conti
,
e
castelli
su
castelli
,
e
battagliole
in
casa
;
bisogna
infine
aver
passato
nove
notti
insonni
sul
mare
,
con
quell
'
immagine
immensa
e
luminosa
davanti
agli
occhi
,
felici
tanto
da
provar
quasi
un
sentimento
di
rimorso
pensando
alle
persone
care
che
si
sono
lasciate
a
casa
;
e
allora
si
capisce
che
cosa
voglion
dire
quelle
parole
:
-
Domani
all
'
alba
vedremo
i
primi
minareti
di
Stambul
;
-
e
invece
di
rispondere
flemmaticamente
:
-
ne
ho
piacere
-
si
picchia
un
pugno
formidabile
sul
parapetto
del
bastimento
.
Un
gran
piacere
per
me
e
per
il
mio
amico
era
la
profonda
certezza
che
la
nostra
immensa
aspettazione
non
sarebbe
stata
delusa
.
Su
Costantinopoli
infatti
non
ci
son
dubbi
;
anche
il
viaggiatore
più
diffidente
ci
va
sicuro
del
fatto
suo
;
nessuno
ci
ha
mai
provato
un
disinganno
.
E
non
c
'
entra
il
fascino
delle
grandi
memorie
e
la
consuetudine
dell
'
ammirazione
.
È
una
bellezza
universale
e
sovrana
,
dinanzi
alla
quale
il
poeta
e
l
'
archeologo
,
l
'
ambasciatore
e
il
negoziante
,
la
principessa
e
il
marinaio
,
il
figlio
del
settentrione
e
il
figlio
del
mezzogiorno
,
tutti
hanno
messo
un
grido
di
maraviglia
.
È
il
più
bel
luogo
della
terra
a
giudizio
di
tutta
la
terra
.
Gli
scrittori
di
viaggi
,
arrivati
là
,
perdono
il
capo
.
Il
Perthusier
balbetta
,
il
Tournefort
dice
che
la
lingua
umana
è
impotente
,
il
Pouqueville
crede
d
'
esser
rapito
in
un
altro
mondo
,
il
La
Croix
è
innebriato
,
il
visconte
di
Marcellus
rimane
estatico
,
il
Lamartine
ringrazia
Iddio
,
il
Gautier
dubita
della
realtà
di
quello
che
vede
;
e
tutti
accumulano
immagini
sopra
immagini
,
fanno
scintillare
lo
stile
e
si
tormentano
invano
per
trovare
un
'
espressione
che
non
riesca
miseramente
al
disotto
del
proprio
pensiero
.
Il
solo
Chateaubriand
descrive
la
sua
entrata
in
Costantinopoli
con
un
'
apparenza
di
tranquillità
d
'
animo
che
reca
stupore
;
ma
non
tralascia
di
dire
che
è
il
più
bello
spettacolo
dell
'
universo
;
e
se
la
celebre
Lady
Montague
,
pronunziando
la
stessa
sentenza
,
ci
premette
un
forse
,
è
da
credersi
che
l
'
abbia
fatto
per
lasciare
tacitamente
il
primo
posto
alla
propria
bellezza
,
della
quale
si
dava
molto
pensiero
.
C
'
è
persino
un
freddo
tedesco
il
quale
dice
che
le
più
belle
illusioni
della
gioventù
e
i
sogni
stessi
del
primo
amore
sono
pallide
immagini
in
confronto
del
senso
di
dolcezza
che
invade
l
'
anima
alla
vista
di
quei
luoghi
fatati
;
e
un
dotto
francese
afferma
che
la
prima
impressione
che
fa
Costantinopoli
è
lo
spavento
.
Immagini
chi
legge
il
ribollimento
che
dovevano
produrre
tutte
queste
parole
di
foco
,
cento
volte
ripetute
,
nel
cervello
d
'
un
bravo
pittore
di
ventiquattr
'
anni
,
e
in
quello
d
'
un
cattivo
poeta
di
vent
'
otto
!
Ma
nemmeno
queste
lodi
illustri
di
Costantinopoli
ci
bastavano
,
e
cercavamo
le
testimonianze
dei
marinai
.
E
anch
'
essi
,
povera
gente
rozza
,
per
dare
un
'
idea
di
quella
bellezza
,
sentivano
il
bisogno
d
'
esprimersi
con
qualche
similitudine
o
parola
straordinaria
,
e
la
cercavano
volgendo
gli
occhi
qua
e
là
e
stropicciando
le
dita
,
e
facevano
dei
tentativi
di
descrizione
con
quel
suono
di
voce
che
par
che
venga
di
lontano
e
quei
gesti
larghi
e
lenti
con
cui
la
gente
del
popolo
esprime
la
meraviglia
quando
non
le
bastano
le
parole
.
-
Entrare
con
una
bella
mattinata
in
Costantinopoli
-
,
ci
disse
il
capo
dei
timonieri
-
,
credete
a
me
,
signori
:
è
un
bel
momento
nella
vita
d
'
un
uomo
.
Anche
il
tempo
ci
sorrideva
;
era
una
notte
serena
e
tepida
;
il
mare
accarezzava
con
un
mormorìo
leggerissimo
i
fianchi
del
bastimento
;
gli
alberi
e
i
più
minuti
cordami
si
disegnavano
netti
ed
immobili
sul
cielo
coperto
di
stelle
;
non
pareva
nemmeno
che
si
navigasse
.
A
prora
v
'
era
una
folla
di
turchi
sdraiati
che
fumavano
beatamente
il
loro
narghilè
col
viso
rivolto
alla
luna
,
la
quale
faceva
un
contorno
d
'
argento
ai
loro
turbanti
bianchi
;
a
poppa
un
visibilio
di
gente
d
'
ogni
paese
,
fra
cui
una
compagnia
famelica
di
commedianti
greci
che
s
'
erano
imbarcati
al
Pireo
.
Vedo
ancora
,
in
mezzo
a
una
nidiata
di
bambine
russe
che
vanno
a
Odessa
colla
madre
,
il
visetto
della
piccola
Olga
,
tutta
meravigliata
ch
'
io
non
capisca
la
sua
lingua
e
indispettita
d
'
avermi
fatto
tre
volte
la
medesima
domanda
senza
ottenere
una
risposta
intelligibile
.
Ho
da
una
parte
un
grosso
e
sucido
prete
greco
,
col
cappello
a
staio
rovesciato
,
che
cerca
col
canocchiale
l
'
arcipelago
di
Marmara
;
dall
'
altra
un
ministro
evangelico
inglese
,
rigido
e
freddo
come
una
statua
,
che
in
tre
giorni
non
ha
ancora
detto
una
parola
nè
guardato
in
faccia
anima
viva
;
davanti
,
due
belle
signorine
ateniesi
colla
berrettina
rossa
e
le
treccie
giù
per
le
spalle
,
che
appena
uno
le
guarda
,
si
voltano
tutte
due
insieme
verso
il
mare
per
farsi
vedere
di
profilo
;
un
po
'
più
in
là
un
negoziante
armeno
che
fa
scorrere
tra
le
dita
le
pallottoline
del
rosario
orientale
,
un
gruppo
d
'
ebrei
vestiti
del
costume
antico
,
degli
albanesi
colle
sottanine
bianche
,
un
'
istitutrice
francese
che
fa
la
malinconica
,
qualcuno
di
quei
soliti
viaggiatori
di
nessuna
tinta
,
che
non
si
capisce
di
che
paese
siano
nè
che
mestiere
facciano
;
e
in
mezzo
a
questa
gente
,
una
piccola
famiglia
turca
composta
d
'
un
babbo
in
fez
,
d
'
una
mamma
velata
e
di
due
bambine
coi
calzoncini
,
tutti
e
quattro
accovacciati
sotto
una
tenda
,
a
traverso
un
mucchio
di
materasse
e
di
cuscinetti
variopinti
,
in
mezzo
a
una
corona
di
carabattole
d
'
ogni
forma
e
d
'
ogni
colore
.
Come
si
sentiva
la
vicinanza
di
Costantinopoli
!
C
'
era
una
vivacità
insolita
.
Quasi
tutti
i
visi
che
s
'
intravvedevano
al
lume
delle
lanterne
,
erano
visi
allegri
.
Le
bambine
russe
saltellavano
intorno
alla
madre
gridando
l
'
antico
nome
russo
di
Stambul
:
-
Zavegorod
!
Zavegorod
!
-
Passando
accanto
ai
crocchi
,
si
udivano
qua
e
là
i
nomi
di
Galata
,
di
Pera
,
di
Scutari
,
di
Bujukderé
,
di
Terapia
,
che
luccicavano
alla
mia
fantasia
come
le
prime
scintille
d
'
un
grande
foco
d
'
artifizio
sul
punto
d
'
accendersi
.
Anche
i
marinai
erano
contenti
d
'
avvicinarsi
a
quel
luogo
dove
,
com
'
essi
dicevano
,
si
dimenticano
almeno
per
un
'
ora
tutte
le
noie
della
vita
.
Persino
a
prora
,
in
mezzo
a
quel
biancume
di
turbanti
,
c
'
era
un
movimento
straordinario
:
anche
quei
mussulmani
pigri
e
impassibili
vedevano
già
cogli
occhi
della
immaginazione
ondulare
all
'
orizzonte
i
fantastici
contorni
di
Ummelunià
,
la
madre
del
mondo
,
"
la
città
"
,
come
dice
il
Corano
,
"
di
cui
un
lato
guarda
la
terra
e
due
guardano
il
mare
.
"
Pareva
che
il
bastimento
,
anche
senza
la
forza
motrice
del
vapore
,
avrebbe
dovuto
andare
innanzi
da
sè
,
spinto
dall
'
impeto
dei
desiderii
e
delle
impazienze
che
fremevano
sulle
sue
tavole
.
Di
tratto
in
tratto
mi
appoggiavo
al
parapetto
per
guardare
in
mare
,
e
mi
pareva
che
cento
voci
confuse
mi
parlassero
col
mormorìo
delle
acque
.
Erano
tutte
le
persone
che
mi
amano
,
che
dicevano
:
Va
,
va
,
figliuolo
,
fratello
,
amico
,
va
;
va
a
goderti
la
tua
Costantinopoli
;
te
la
sei
guadagnata
,
sii
felice
,
e
Dio
t
'
accompagni
.
Soltanto
verso
la
mezzanotte
i
viaggiatori
cominciarono
a
scendere
sotto
coperta
.
Il
mio
amico
ed
io
scendemmo
gli
ultimi
e
a
passo
di
formica
,
perché
ci
ripugnava
d
'
andare
a
chiudere
fra
quattro
pareti
un
'
allegrezza
a
cui
pareva
angusto
il
circuito
della
Propontide
.
Quando
fummo
a
metà
della
scaletta
sentimmo
la
voce
del
capitano
che
c
'
invitava
a
salire
la
mattina
seguente
sul
ponte
riserbato
al
comando
.
-
Siano
su
prima
del
levar
del
sole
,
-
gridò
affacciandosi
alla
botola
-
;
faccio
buttare
in
mare
chi
ritarda
.
Una
minaccia
più
superflua
non
è
mai
stata
fatta
dopo
che
mondo
è
mondo
.
Io
non
chiusi
occhio
.
Credo
che
il
giovane
Maometto
II
,
in
quella
famosa
notte
di
Adrianopoli
,
in
cui
disfece
il
letto
a
furia
di
voltarsi
e
di
rivoltarsi
,
agitato
dalla
visione
della
città
di
Costantino
,
non
abbia
fatto
tanti
rivoltoloni
quanti
ne
feci
io
nella
mia
cuccetta
in
quelle
quattr
'
ore
d
'
aspettazione
.
Per
dominare
i
miei
nervi
,
provai
a
contare
fino
a
mille
,
a
tener
l
'
occhio
fisso
sulle
ghirlande
bianche
che
l
'
acqua
rotta
dal
bastimento
sollevava
intorno
all
'
occhio
del
mio
camerino
,
a
canterellare
delle
ariette
cadenzate
sul
rumore
monotono
della
macchina
a
vapore
;
ma
era
inutile
.
Avevo
la
febbre
,
mi
sentivo
mancare
il
respiro
e
la
notte
mi
pareva
eterna
.
Appena
vidi
un
barlume
di
giorno
,
saltai
giù
;
Yunk
era
già
in
piedi
;
ci
vestimmo
in
furia
,
e
salimmo
in
tre
salti
sopra
coperta
.
Maledizione
!
C
'
era
la
nebbia
.
Una
nebbia
fitta
copriva
l
'
orizzonte
da
tutte
le
parti
;
pareva
imminente
la
pioggia
;
il
grande
spettacolo
dell
'
entrata
in
Costantinopoli
era
perduto
;
il
nostro
più
ardente
desiderio
,
deluso
;
il
viaggio
in
una
parola
,
sciupato
!
Io
rimasi
annichilito
.
In
quel
punto
comparve
il
capitano
col
suo
solito
sorrisetto
sulle
labbra
.
Non
ci
fu
bisogno
di
parlare
;
appena
ci
vide
,
capì
,
e
battendoci
una
mano
sulla
spalla
,
disse
in
tuono
di
consolazione
:
-
Niente
,
niente
.
Non
si
sgomentino
,
signori
.
Benedicano
anzi
questa
nebbia
.
In
grazia
della
nebbia
loro
faranno
la
più
bella
entrata
in
Costantinopoli
che
abbiano
mai
potuto
desiderare
.
Fra
due
ore
avremo
un
sereno
meraviglioso
.
Riposino
sulla
mia
parola
.
Mi
sentii
tornare
la
vita
.
Salimmo
sul
ponte
del
Comando
.
A
prora
tutti
i
turchi
erano
già
seduti
a
gambe
incrociate
sui
loro
tappeti
,
col
viso
rivolto
verso
Costantinopoli
.
In
pochi
minuti
tutti
gli
altri
viaggiatori
usciron
fuori
,
armati
di
canocchiali
d
'
ogni
forma
,
e
si
appoggiarono
,
stesi
in
una
lunga
fila
,
al
parapetto
di
sinistra
,
come
alla
balaustrata
d
'
una
galleria
di
teatro
.
Tirava
un
'
arietta
fresca
;
nessuno
parlava
.
Tutti
gli
occhi
e
tutti
i
canocchiali
si
rivolsero
a
poco
a
poco
verso
la
riva
settentrionale
del
mare
di
Marmara
.
Ma
non
si
vedeva
ancor
nulla
.
La
nebbia
però
non
formava
che
una
fascia
biancastra
all
'
orizzonte
,
sopra
la
quale
splendeva
il
cielo
sereno
e
dorato
.
Diritto
dinanzi
a
noi
,
nella
direzione
della
prora
,
appariva
confusamente
il
piccolo
arcipelago
delle
nove
Isole
dei
Principi
,
le
Demonesi
degli
antichi
,
luogo
di
piaceri
della
Corte
al
tempo
del
Basso
Impero
,
ed
ora
luogo
di
ritrovo
e
di
festa
degli
abitanti
di
Costantinopoli
.
Le
due
rive
del
mar
di
Marmara
erano
ancora
completamente
nascoste
.
Soltanto
dopo
un
'
ora
che
s
'
era
sul
ponte
si
vide
...
Ma
è
impossibile
intender
bene
la
descrizione
dell
'
entrata
in
Costantinopoli
,
se
non
si
ha
chiara
nella
mente
la
configurazione
della
città
.
Supponga
il
lettore
d
'
aver
davanti
a
sè
l
'
imboccatura
del
Bosforo
,
il
braccio
di
mare
che
separa
l
'
Asia
dall
'
Europa
e
congiunge
il
mar
di
Marmara
col
mar
Nero
.
Stando
così
s
'
ha
la
riva
asiatica
a
destra
e
la
riva
europea
a
sinistra
;
di
qui
l
'
antica
Tracia
,
di
là
l
'
antica
Anatolia
.
Andando
innanzi
,
infilando
cioè
il
braccio
di
mare
,
si
trova
a
sinistra
,
appena
oltrepassata
l
'
imboccatura
,
un
golfo
,
una
rada
strettissima
,
la
quale
forma
col
Bosforo
un
angolo
quasi
retto
,
e
si
sprofonda
per
parecchie
miglia
nella
terra
europea
,
incurvandosi
a
modo
di
un
corno
di
bue
;
donde
il
nome
di
Corno
d
'
oro
,
ossia
corno
dell
'
abbondanza
,
perché
v
'
affluivano
,
quand
'
era
porto
di
Bisanzio
,
le
ricchezze
di
tre
continenti
.
Nell
'
angolo
di
terra
europea
,
che
da
una
parte
è
bagnato
dal
mar
di
Marmara
e
dall
'
altra
dal
Corno
d
'
oro
,
dov
'
era
l
'
antica
Bisanzio
,
s
'
innalza
,
sopra
sette
colline
,
Stambul
,
la
città
turca
.
Nell
'
altro
angolo
,
bagnato
dal
Corno
d
'
oro
e
dal
Bosforo
,
s
'
innalzano
Galata
e
Pera
,
le
città
franche
.
In
faccia
all
'
apertura
del
Corno
d
'
oro
,
sopra
le
colline
della
riva
asiatica
,
sorge
la
città
di
Scutari
.
Quella
dunque
,
che
si
chiama
Costantinopoli
,
è
formata
da
tre
grandi
città
divise
dal
mare
,
ma
poste
l
'
una
in
faccia
all
'
altra
,
e
la
terza
in
faccia
alle
due
prime
,
e
tanto
vicine
tra
loro
,
che
da
ciascuna
delle
tre
rive
si
vedono
distintamente
gli
edifizii
delle
altre
due
,
presso
a
poco
come
da
una
parte
all
'
altra
della
Senna
e
del
Tamigi
nei
punti
dove
sono
più
larghi
a
Parigi
e
a
Londra
.
La
punta
del
triangolo
su
cui
s
'
innalza
Stambul
,
ritorta
verso
il
Corno
d
'
oro
,
è
quel
famoso
Capo
del
Serraglio
,
il
quale
nasconde
fino
all
'
ultimo
momento
,
agli
occhi
di
chi
viene
dal
mar
di
Marmara
,
la
vista
delle
due
rive
del
Corno
,
ossia
la
parte
più
grande
e
più
bella
di
Costantinopoli
.
Fu
il
Capitano
del
bastimento
,
che
col
suo
occhio
di
marinaio
scoperse
per
il
primo
il
primo
barlume
di
Stambul
.
Le
due
signore
ateniesi
,
la
famiglia
russa
,
il
ministro
inglese
,
Yunk
,
io
ed
altri
,
che
andavamo
tutti
a
Costantinopoli
per
la
prima
volta
,
stavamo
intorno
a
lui
stretti
in
un
gruppo
,
silenziosi
,
stancandoci
gli
occhi
inutilmente
sopra
la
nebbia
,
quand
'
egli
stese
il
braccio
a
sinistra
,
verso
la
riva
europea
,
e
gridò
:
-
Signori
,
ecco
il
primo
spiraglio
.
Era
un
punto
bianco
,
la
sommità
d
'
un
minareto
altissimo
,
di
cui
la
parte
di
sotto
rimaneva
ancora
nascosta
.
Tutti
vi
appuntarono
su
i
canocchiali
e
si
misero
a
frugare
cogli
occhi
in
quel
piccolo
squarcio
della
nebbia
come
per
farlo
più
largo
.
Il
bastimento
filava
rapidamente
.
Dopo
pochi
minuti
si
vide
accanto
al
minareto
una
macchia
incerta
,
poi
due
,
poi
tre
,
poi
molte
che
a
poco
a
poco
prendevano
il
contorno
di
case
,
e
la
fila
s
'
allungava
,
s
'
allungava
.
Dinanzi
a
noi
e
sulla
nostra
destra
,
tutto
era
ancora
coperto
dalla
nebbia
.
Quella
che
s
'
andava
scoprendo
allora
,
era
la
parte
di
Stambul
che
s
'
allunga
,
formando
un
arco
di
circa
quattro
miglia
italiane
,
sulla
riva
settentrionale
del
mar
di
Marmara
,
fra
il
Capo
del
Serraglio
e
il
Castello
delle
Sette
Torri
.
Ma
tutta
la
collina
del
Serraglio
era
ancora
velata
.
Dietro
le
case
spuntavano
l
'
un
dopo
l
'
altro
i
minareti
,
altissimi
e
bianchi
,
e
le
loro
sommità
,
illuminate
dal
sole
,
erano
color
di
rosa
.
Sotto
le
case
cominciavano
a
scoprirsi
le
vecchie
mura
merlate
,
di
color
fosco
,
rafforzate
,
a
distanze
eguali
,
da
grosse
torri
,
che
formano
intorno
a
tutta
la
città
una
cintura
non
interrotta
,
contro
la
quale
si
rompono
le
onde
del
mare
.
In
poco
tempo
rimase
scoperto
un
tratto
di
città
lungo
due
miglia
;
ma
,
dico
il
vero
,
lo
spettacolo
non
corrispondeva
alla
mia
aspettazione
.
Eravamo
nel
punto
in
cui
il
Lamartine
domandò
a
sè
stesso
:
-
È
questa
Costantinopoli
?
-
e
gridò
:
-
Che
delusione
!
-
Le
colline
erano
ancora
nascoste
,
non
si
vedeva
che
la
riva
,
le
case
formavano
una
sola
fila
lunghissima
,
la
città
pareva
tutta
piana
.
-
Capitano
!
-
esclamai
anch
'
io
-
;
è
questa
Costantinopoli
?
-
Il
capitano
m
'
afferrò
per
un
braccio
,
e
accennando
colla
mano
dinanzi
a
sè
:
-
Uomo
di
poca
fede
!
-
gridò
-
;
guardi
lassù
.
-
Guardai
!
e
mi
fuggì
un
'
esclamazione
di
stupore
.
Un
'
ombra
enorme
,
una
mole
altissima
e
leggiera
,
ancora
coperta
da
un
velo
vaporoso
,
si
sollevava
al
cielo
dalla
sommità
d
'
un
'
altura
,
e
rotondeggiava
gloriosamente
nell
'
aria
,
in
mezzo
a
quattro
minareti
smisurati
e
snelli
,
di
cui
le
punte
inargentate
scintillavano
ai
primi
raggi
del
sole
.
-
Santa
Sofia
!
-
gridò
un
marinaio
;
e
una
delle
due
signore
ateniesi
disse
a
bassa
voce
:
-
Hagia
Sofia
!
(
La
santa
sapienza
)
.
I
turchi
a
prora
s
'
alzarono
in
piedi
.
Ma
già
dinanzi
e
accanto
alla
grande
basilica
,
si
sbozzavano
a
traverso
la
nebbia
altre
cupole
enormi
,
e
minareti
fitti
e
confusi
come
una
foresta
di
gigantesche
palme
senza
rami
-
La
moschea
del
Sultano
Ahmed
!
-
gridava
il
capitano
,
accennando
-
;
la
moschea
di
Bajazet
,
la
moschea
d
'
Osman
,
la
moschea
di
Laleli
,
la
moschea
di
Solimano
.
Ma
nessuno
lo
sentiva
più
.
Il
velo
si
squarciava
rapidamente
,
e
da
ogni
parte
balzavan
fuori
moschee
,
torri
,
mucchi
di
verzura
,
case
su
case
;
e
più
andavamo
innanzi
,
più
la
città
s
'
alzava
e
mostrava
più
distinti
i
suoi
grandi
contorni
rotti
,
capricciosi
,
bianchi
,
verdi
,
rosati
,
scintillanti
;
e
la
collina
del
serraglio
disegnava
già
intera
la
sua
forma
gentile
sopra
il
fondo
grigio
della
nebbia
lontana
.
Quattro
miglia
di
città
,
tutta
la
parte
di
Stambul
che
guarda
il
mare
di
Marmara
,
si
stendeva
dinanzi
a
noi
,
e
le
sue
mura
fosche
e
le
sue
case
di
mille
colori
si
riflettevano
nell
'
acqua
terse
e
nitide
come
in
uno
specchio
.
A
un
tratto
il
bastimento
si
fermò
.
Tutti
s
'
affollarono
intorno
al
capitano
domandando
perchè
.
Egli
ci
spiegò
che
per
andare
innanzi
bisognava
aspettare
che
svanisse
la
nebbia
.
La
nebbia
infatti
nascondeva
ancora
l
'
imboccatura
del
Bosforo
come
una
fitta
cortina
.
Ma
dopo
meno
d
'
un
minuto
,
si
poté
proseguire
,
andando
però
cautissimamente
.
Ci
avvicinavamo
alla
collina
dell
'
antico
serraglio
.
Qui
la
curiosità
mia
e
di
tutti
diventò
febbrile
.
-
Si
volti
in
là
-
,
mi
disse
il
capitano
-
e
aspetti
a
guardare
quando
tutta
la
collina
ci
sia
davanti
.
Mi
voltai
e
fissai
gli
occhi
sopra
uno
sgabello
che
mi
pareva
che
ballasse
.
-
Eccoci
!
-
esclamò
il
Capitano
dopo
qualche
momento
.
Mi
voltai
.
Il
bastimento
s
'
era
fermato
.
Eravamo
in
faccia
alla
collina
,
vicinissimi
.
È
una
grande
collina
tutta
vestita
di
cipressi
,
di
terebinti
,
d
'
abeti
e
di
platani
giganteschi
,
che
spingono
i
rami
fuori
delle
mura
merlate
fino
a
far
ombra
sul
mare
;
e
in
mezzo
a
questo
mucchio
di
verzura
s
'
alzano
disordinatamente
,
separati
e
a
gruppi
,
come
sparsi
a
caso
,
cime
di
chioschi
,
padiglioncini
coronati
di
gallerie
,
cupolette
inargentate
,
piccoli
edifizii
di
forme
gentili
e
strane
,
colle
finestre
ingraticolate
e
le
porte
a
rabeschi
;
tutto
bianco
,
piccino
,
mezzo
nascosto
,
che
lascia
indovinare
un
labirinto
di
giardini
,
di
corridoi
,
di
cortili
,
di
recessi
;
un
'
intera
città
chiusa
in
un
bosco
;
separata
dal
mondo
,
piena
di
mistero
e
di
tristezza
.
In
quel
momento
vi
batteva
su
il
sole
,
ma
la
ricopriva
ancora
un
velo
leggerissimo
.
Non
vi
si
vedeva
nessuno
,
non
vi
si
sentiva
il
più
leggiero
rumore
.
Tutti
i
viaggiatori
stavano
là
cogli
occhi
fissi
su
quel
colle
coronato
dalle
memorie
di
quattro
secoli
di
gloria
,
di
piaceri
,
d
'
amori
,
di
congiure
e
di
sangue
;
reggia
,
cittadella
e
tomba
della
grande
monarchia
ottomana
;
e
nessuno
parlava
,
nessuno
si
moveva
.
Quando
a
un
tratto
il
secondo
del
bastimento
gridò
:
-
Signori
,
si
vede
Scutari
!
Ci
voltammo
tutti
verso
la
riva
asiatica
.
Scutari
,
la
Città
d
'
oro
,
era
là
sparsa
a
perdita
d
'
occhi
sulle
sommità
e
per
i
fianchi
delle
sue
grandi
colline
,
velata
dai
vapori
luminosi
del
mattino
,
ridente
,
fresca
come
una
città
sorta
allora
al
tocco
d
'
una
verga
fatata
.
Chi
può
descrivere
quello
spettacolo
?
Il
linguaggio
con
cui
descriviamo
le
città
nostre
non
serve
a
dare
una
idea
di
quella
immensa
varietà
di
colori
e
di
prospetti
,
di
quella
meravigliosa
confusione
di
città
e
di
paesaggio
,
di
gaio
e
d
'
austero
,
d
'
europeo
,
d
'
orientale
,
di
bizzarro
,
di
gentile
,
di
grande
!
S
'
immagini
una
città
composta
di
diecimila
villette
gialle
e
purpuree
,
e
di
diecimila
giardini
lussureggianti
di
verde
,
in
mezzo
a
cui
s
'
alzano
cento
moschee
candide
come
la
neve
;
di
sopra
,
una
foresta
di
cipressi
enormi
:
il
più
grande
cimitero
dell
'
Oriente
;
alle
estremità
,
smisurate
caserme
bianche
,
gruppi
di
case
e
di
cipressi
,
villaggetti
raccolti
sui
poggi
,
dietro
ai
quali
ne
spuntano
altri
mezzo
nascosti
fra
la
verzura
;
e
per
tutto
cime
di
minareti
e
sommità
di
cupole
biancheggianti
fino
a
mezzo
il
dorso
d
'
una
montagna
che
chiude
come
una
gran
cortina
l
'
orizzonte
;
una
grande
città
sparpagliata
in
un
immenso
giardino
,
sopra
una
riva
qui
rotta
da
burroni
a
picco
,
vestiti
di
sicomori
,
là
digradante
in
piani
verdi
,
aperta
in
piccoli
seni
pieni
d
'
ombra
e
di
fiori
;
e
lo
specchio
azzurro
del
Bosforo
che
riflette
tutta
questa
bellezza
.
Mentre
stavo
guardando
Scutari
,
il
mio
amico
mi
toccò
col
gomito
per
annunziarmi
che
aveva
scoperto
un
'
altra
città
.
E
vidi
infatti
,
voltandomi
verso
il
mar
di
Marmara
,
sulla
stessa
riva
asiatica
,
al
di
là
di
Scutari
,
una
lunghissima
fila
di
case
,
di
moschee
e
di
giardini
dinanzi
a
cui
era
passato
il
bastimento
,
e
che
fino
allora
eran
rimasti
nascosti
dalla
nebbia
.
Col
canocchiale
si
discernevano
benissimo
i
caffè
,
i
bazar
,
le
case
all
'
europea
,
gli
scali
,
i
muri
di
cinta
degli
orti
,
le
barchette
sparse
lungo
la
riva
.
Era
Kadi
-
Kioi
,
il
villaggio
dei
giudici
,
posto
sulle
rovine
dell
'
antica
Calcedonia
,
già
rivale
di
Bisanzio
;
quella
Calcedonia
fondata
seicento
ottantacinque
anni
prima
di
Cristo
dai
Megaresi
,
ai
quali
fu
dato
dall
'
oracolo
di
Delfo
il
soprannome
di
ciechi
per
avere
scelto
quel
sito
invece
della
riva
opposta
dove
sorge
Stambul
.
-
E
tre
città
-
ci
disse
il
Capitano
-
;
le
contino
sulle
dita
perché
a
momenti
ne
salteranno
fuori
delle
altre
.
Il
bastimento
era
sempre
immobile
fra
Scutari
e
la
collina
del
Serraglio
.
La
nebbia
nascondeva
affatto
il
Bosforo
da
Scutari
in
là
,
e
tutta
Galata
e
tutta
Pera
che
stavano
dinanzi
a
noi
.
Ci
passavano
accanto
dei
barconi
,
dei
vaporini
,
dei
caicchi
,
dei
piccoli
legni
a
vela
;
ma
nessuno
li
guardava
.
Tutti
gli
occhi
erano
fissi
sulla
cortina
grigia
che
copriva
la
città
franca
.
Io
fremevo
d
'
impazienza
e
di
piacere
.
Ancora
pochi
momenti
,
e
lo
spettacolo
meraviglioso
,
che
strappa
un
grido
dall
'
anima
!
Appena
potevo
tener
fermo
agli
occhi
il
canocchiale
,
tanto
mi
tremava
la
mano
.
Il
capitano
mi
guardava
,
pover
'
uomo
,
e
godeva
della
mia
emozione
,
e
fregandosi
le
mani
esclamava
:
-
Ci
siamo
!
ci
siamo
!
Finalmente
incominciarono
ad
apparire
dietro
al
velo
prima
delle
macchie
bianchiccie
,
poi
il
contorno
vago
d
'
una
grande
altura
,
poi
uno
sparso
e
vivissimo
luccichio
di
vetrate
percosse
dal
sole
,
e
infine
Galata
e
Pera
in
piena
luce
,
un
monte
,
una
miriade
di
casette
di
tutti
i
colori
,
le
une
sulle
altre
;
una
città
altissima
coronata
di
minareti
,
di
cupole
e
di
cipressi
;
sulla
sommità
i
palazzi
monumentali
delle
Ambasciate
,
e
la
gran
torre
di
Galata
;
ai
piedi
il
vasto
arsenale
di
Tophanè
e
una
foresta
di
bastimenti
;
e
diradando
sempre
la
nebbia
,
la
città
s
'
allungava
rapidamente
dalla
parte
del
Bosforo
,
e
balzavano
fuori
borghi
dietro
borghi
,
distesi
dall
'
alto
dei
colli
fino
al
mare
,
vasti
,
fitti
,
picchiettati
di
bianco
dalle
moschee
;
file
di
bastimenti
,
piccoli
porti
,
palazzi
a
fior
d
'
acqua
,
padiglioni
,
giardini
,
chioschi
,
boschetti
;
e
confusi
nella
nebbia
lontana
,
altri
borghi
di
cui
si
vedevano
soltanto
le
sommità
dorate
dal
sole
;
uno
sbarbaglio
di
colori
,
un
rigoglio
di
verde
,
una
fuga
di
vedute
,
una
grandezza
,
una
delizia
,
una
grazia
da
far
prorompere
in
esclamazioni
insensate
.
Sul
bastimento
tutti
erano
a
bocca
aperta
:
viaggiatori
,
marinai
,
turchi
,
europei
,
bambini
.
Non
si
sentiva
uno
zitto
.
Non
si
sapeva
più
da
che
parte
guardare
.
Avevamo
da
una
parte
Scutari
e
Kadi
-
Kioi
;
dall
'
altra
la
collina
del
Serraglio
;
in
faccia
Galata
,
Pera
,
il
Bosforo
.
Per
vedere
ogni
cosa
,
bisognava
girare
sopra
sè
stessi
;
e
giravano
,
lanciando
da
tutte
le
parti
degli
sguardi
fiammeggianti
,
e
ridendo
e
gesticolando
senza
parlare
,
con
un
piacere
che
ci
soffocava
.
Che
bei
momenti
,
Dio
eterno
!
Eppure
il
più
grande
e
il
più
bello
rimaneva
da
vedere
.
Noi
eravamo
ancora
immobili
al
di
qua
della
punta
del
Serraglio
;
senza
oltrepassare
la
quale
non
si
può
vedere
il
Corno
d
'
oro
,
e
la
più
meravigliosa
veduta
di
Costantinopoli
è
sul
Corno
d
'
oro
.
-
Signori
,
stiano
attenti
-
esclamò
il
capitano
prima
di
dar
l
'
ordine
d
'
andare
avanti
;
-
ora
viene
il
momento
critico
.
In
tre
minuti
siamo
in
faccia
a
Costantinopoli
!
Provai
un
senso
di
freddo
.
Si
aspettò
qualche
altro
momento
.
Ah
!
come
mi
saltava
il
cuore
!
Con
che
febbre
nell
'
anima
aspettavo
quella
benedetta
parola
:
-
Avanti
!
-
Avanti
!
-
gridò
il
capitano
.
Il
bastimento
si
mosse
.
Andiamo
!
Re
,
principi
,
Cresi
,
potenti
e
fortunati
della
terra
,
in
quel
momento
io
ebbi
compassione
di
voi
;
il
mio
posto
sul
bastimento
valeva
tutti
i
vostri
tesori
,
e
non
avrei
venduto
un
mio
sguardo
per
un
impero
.
Un
minuto
-
un
altro
minuto
-
si
passa
la
punta
del
Serraglio
-
intravvedo
un
enorme
spazio
pieno
di
luce
e
un
'
immensità
di
cose
e
di
colori
-
la
punta
è
passata
...
Ecco
Costantinopoli
!
Costantinopoli
sterminata
,
superba
,
sublime
!
Gloria
alla
creazione
ed
all
'
uomo
!
Io
non
avevo
sognato
questa
bellezza
!
Ed
ora
descrivi
,
miserabile
!
profana
colla
tua
parola
questa
visione
divina
!
Chi
osa
descrivere
Costantinopoli
?
Chateaubriand
,
Lamartine
,
Gautier
,
che
cosa
avete
balbettato
?
Eppure
le
immagini
e
le
parole
s
'
affollano
alla
mente
e
fuggono
dalla
penna
.
Vedo
,
parlo
,
scrivo
,
tutto
ad
un
tempo
,
senza
speranza
,
ma
con
una
voluttà
che
m
'
innebria
.
Vediamo
dunque
.
Il
Corno
d
'
oro
,
diritto
dinanzi
a
noi
,
come
un
largo
fiume
;
e
sulle
due
rive
,
due
catene
d
'
alture
su
cui
s
'
innalzano
e
s
'
allungano
due
catene
parallele
di
città
,
che
abbracciano
otto
miglia
di
colli
,
di
vallette
,
di
seni
,
di
promontorii
;
cento
anfiteatri
di
monumenti
e
di
giardini
;
una
doppia
immensa
gradinata
di
case
,
di
moschee
,
di
bazar
,
di
serragli
,
di
bagni
,
di
chioschi
,
svariati
di
colori
infiniti
;
in
mezzo
ai
quali
migliaia
di
minareti
dalla
punta
lucente
s
'
alzano
al
cielo
come
smisurate
colonne
d
'
avorio
;
e
sporgono
boschi
di
cipressi
che
discendono
in
striscie
cupe
dalle
alture
al
mare
,
inghirlandando
sobborghi
e
forti
;
e
una
possente
vegetazione
sparsa
si
rizza
e
ribocca
da
ogni
parte
,
impennacchia
le
cime
,
serpeggia
fra
i
tetti
e
si
curva
sulle
sponde
.
A
destra
,
Galata
con
dinanzi
una
selva
di
antenne
e
di
bandiere
;
sopra
Galata
,
Pera
che
disegna
sul
cielo
i
possenti
contorni
dei
suoi
palazzi
europei
;
dinanzi
,
un
ponte
che
unisce
le
due
rive
,
corso
da
due
opposte
folle
variopinte
;
a
sinistra
,
Stambul
,
distesa
sulle
sue
larghe
colline
,
ognuna
delle
quali
sorregge
una
moschea
gigantesca
dalla
cupola
di
piombo
e
dalle
guglie
d
'
oro
:
Santa
Sofia
,
bianca
e
rosata
;
Sultano
Ahmed
,
fiancheggiata
da
sei
minareti
;
Solimano
il
Grande
,
coronata
di
dieci
cupole
;
Sultana
Validè
,
che
si
specchia
nelle
acque
;
sulla
quarta
collina
,
la
moschea
di
Maometto
II
;
sulla
quinta
,
la
moschea
di
Selim
;
sulla
sesta
,
il
serraglio
di
Tekyr
;
e
al
disopra
di
tutte
le
altezze
,
la
torre
bianca
del
Seraschiere
che
domina
le
rive
dei
due
continenti
dai
Dardanelli
al
mar
Nero
.
Di
là
dalla
sesta
collina
di
Stambul
e
di
là
da
Galata
non
si
vedono
più
che
profili
vaghi
,
punte
di
città
e
di
sobborghi
,
scorci
di
porti
,
di
flotte
e
di
boschi
,
quasi
svaniti
in
una
atmosfera
azzurrina
,
che
non
paiono
più
cose
reali
,
ma
inganni
dell
'
aria
e
della
luce
.
Come
afferrare
i
particolari
di
questo
quadro
prodigioso
?
Lo
sguardo
si
fissa
per
qualche
momento
sulle
rive
vicine
,
sopra
una
casetta
turca
o
sopra
un
minareto
dorato
;
ma
subito
si
rilancia
in
quella
profondità
luminosa
e
spazia
a
caso
fra
quelle
due
fughe
di
città
fantastiche
,
seguito
a
stento
dalla
mente
sbalordita
.
Una
maestà
infinitamente
serena
è
diffusa
su
tutta
quella
bellezza
:
un
non
so
che
di
giovanile
e
d
'
amoroso
,
che
risveglia
mille
rimembranze
di
racconti
di
fate
e
di
sogni
primaverili
;
un
che
d
'
aereo
,
d
'
arcano
e
di
grande
,
che
rapisce
la
fantasia
fuori
del
vero
.
Il
cielo
,
sfumato
a
finissime
tinte
opaline
ed
argentee
,
contorna
con
una
nettezza
meravigliosa
tutte
le
cose
;
il
mare
,
color
di
zaffiro
,
tutto
picchiettato
di
gavitelli
porporini
,
fa
tremolare
i
lunghi
riflessi
bianchi
dei
minareti
;
le
cupole
scintillano
;
tutta
quella
immensa
vegetazione
s
'
agita
e
freme
all
'
aria
della
mattina
;
nuvoli
di
colombi
svolazzano
intorno
alle
moschee
;
migliaia
di
caicchi
dipinti
e
dorati
guizzano
sulle
acque
;
il
venticello
del
Mar
Nero
porta
i
profumi
di
dieci
miglia
di
giardini
;
e
quando
inebriati
da
questo
paradiso
,
e
già
dimentichi
d
'
ogni
altra
cosa
,
ci
si
volta
indietro
,
si
vede
con
un
sentimento
nuovo
di
meraviglia
la
riva
dell
'
Asia
che
chiude
il
panorama
colla
bellezza
pomposa
di
Scutari
e
colle
cime
nevose
dell
'
Olimpo
di
Bitinia
;
il
mar
di
Marmara
sparso
d
'
isolette
e
biancheggiante
di
vele
;
e
il
Bosforo
coperto
di
navi
,
che
serpeggia
fra
due
file
interminabili
di
chioschi
,
di
palazzi
e
di
ville
,
e
si
perde
misteriosamente
in
mezzo
alle
più
ridenti
colline
dell
'
Oriente
.
Ah
sì
!
Questo
è
il
più
bello
spettacolo
della
terra
;
chi
lo
nega
è
ingrato
a
Dio
e
ingiuria
la
creazione
;
una
più
grande
bellezza
soverchierebbe
i
sensi
dell
'
uomo
!
Passata
la
prima
emozione
,
guardai
i
viaggiatori
:
tutte
le
faccie
erano
mutate
.
Le
due
signore
ateniesi
avevano
gli
occhi
inumiditi
;
la
signora
russa
,
nel
momento
solenne
,
s
'
era
stretta
sul
cuore
la
piccola
Olga
;
persino
il
freddo
prete
inglese
faceva
sentire
per
la
prima
volta
la
sua
voce
,
esclamando
di
tratto
in
tratto
:
-
wonderful
!
wonderful
!
-
(
stupendo
stupendo
!
)
.
Il
bastimento
s
'
era
fermato
poco
lontano
dal
ponte
;
in
pochi
minuti
vi
si
radunò
intorno
un
visibilio
di
barchette
e
irruppe
sopra
coperta
una
folla
di
facchini
turchi
,
greci
,
armeni
ed
ebrei
,
che
bestemmiando
un
italiano
dell
'
altro
mondo
,
s
'
impadronirono
delle
nostre
robe
e
delle
nostre
persone
.
Dopo
un
tentativo
inutile
di
resistenza
,
diedi
un
abbraccio
al
capitano
,
un
bacio
a
Olga
,
un
addio
a
tutti
e
scesi
col
mio
amico
in
un
caicco
a
quattro
remi
,
che
ci
condusse
alla
dogana
,
di
dove
ci
arrampicammo
per
un
labirinto
di
stradicciuole
fino
all
'
albergo
di
Bisanzio
,
sulla
sommità
della
collina
di
Pera
.
CINQUE
ORE
DOPO
La
visione
di
stamattina
è
svanita
.
Quella
Costantinopoli
tutta
luce
e
tutta
bellezza
è
una
città
mostruosa
,
sparpagliata
per
un
saliscendi
infinito
di
colline
e
di
valli
;
è
un
labirinto
di
formicai
umani
,
di
cimiteri
,
di
rovine
,
di
solitudini
;
una
confusione
non
mai
veduta
di
civiltà
e
di
barbarie
,
che
presenta
un
'
immagine
di
tutte
le
città
della
terra
e
raccoglie
in
sè
tutti
gli
aspetti
della
vita
umana
.
Non
ha
veramente
di
una
grande
città
che
lo
scheletro
,
che
è
la
piccola
parte
in
muratura
;
il
resto
è
un
enorme
agglomeramento
di
baracche
,
uno
sterminato
accampamento
asiatico
,
in
cui
brulica
una
popolazione
che
non
fu
mai
numerata
,
di
gente
d
'
ogni
razza
e
d
'
ogni
religione
.
È
una
grande
città
in
trasformazione
,
composta
di
città
vecchie
che
si
sfasciano
,
di
città
nuove
sorte
ieri
,
d
'
altre
città
che
stanno
sorgendo
.
Tutto
v
'
è
sossopra
;
da
ogni
parte
si
vedono
le
traccie
d
'
un
gigantesco
lavoro
:
monti
traforati
,
colli
sfiancati
,
borghi
rasi
al
suolo
,
grandi
strade
disegnate
;
un
immenso
sparpagliamento
di
macerie
e
d
'
avanzi
d
'
incendi
sopra
un
terreno
perpetuamente
tormentato
dalla
mano
dell
'
uomo
.
È
un
disordine
,
una
confusione
d
'
aspetti
disparati
,
un
succedersi
continuo
di
vedute
imprevedibili
e
strane
,
che
dà
il
capogiro
.
Andate
in
fondo
a
una
strada
signorile
,
è
chiusa
da
un
burrone
;
uscite
dal
teatro
,
vi
trovate
in
mezzo
alle
tombe
;
giungete
sulla
sommità
d
'
una
collina
,
vi
vedete
un
bosco
sotto
i
piedi
,
e
un
'
altra
città
sulla
collina
in
faccia
;
il
borgo
che
avete
attraversato
poc
'
anzi
,
lo
vedete
,
voltandovi
improvvisamente
,
in
fondo
a
una
valle
profonda
,
mezzo
nascosto
dagli
alberi
;
svoltate
intorno
a
una
casa
,
ecco
un
porto
;
scendete
per
una
strada
,
addio
città
!
siete
in
una
gola
deserta
,
da
cui
non
si
vede
altro
che
cielo
;
le
città
spuntano
,
si
nascondono
,
balzan
fuori
continuamente
sul
vostro
capo
,
ai
vostri
piedi
,
alle
vostre
spalle
,
vicine
e
lontane
,
al
sole
,
nell
'
ombra
,
fra
i
boschi
,
sul
mare
;
fate
un
passo
avanti
,
vedete
un
panorama
immenso
;
fate
un
passo
indietro
,
non
vedete
più
nulla
;
alzate
il
capo
,
mille
punte
di
minareti
;
scendete
d
'
un
palmo
,
spariscon
tutti
e
mille
.
Le
strade
,
infinitamente
reticolate
,
serpeggiano
fra
i
poggi
,
corrono
su
terrapieni
,
rasentano
precipizi
,
passano
sotto
gli
acquedotti
,
si
rompono
in
vicoli
,
discendono
in
gradinate
,
in
mezzo
ai
cespugli
,
alle
roccie
,
alle
rovine
,
alle
sabbie
.
Di
tratto
in
tratto
,
la
gran
città
piglia
come
un
respiro
nella
solitudine
della
campagna
,
e
poi
ricomincia
più
fitta
,
più
colorita
,
più
allegra
;
qui
pianeggia
,
là
s
'
arrampica
,
più
in
là
precipita
,
si
disperde
e
poi
si
riaffolla
;
in
un
luogo
fuma
e
strepita
,
in
un
altro
dorme
;
in
una
parte
rosseggia
tutta
,
in
un
'
altra
parte
è
tutta
bianca
,
in
una
terza
vi
domina
il
color
d
'
oro
,
una
quarta
presenta
l
'
aspetto
d
'
un
monte
di
fiori
.
La
città
elegante
,
il
villaggio
,
la
campagna
,
il
giardino
,
il
porto
,
il
deserto
,
il
mercato
,
la
necropoli
,
si
alternano
senza
fine
innalzandosi
l
'
uno
sull
'
altro
,
a
scaglioni
,
in
modo
che
da
certe
alture
si
abbracciano
con
uno
sguardo
solo
,
sopra
una
sola
china
,
tutte
le
varietà
d
'
una
provincia
.
Un
'
infinità
di
contorni
bizzarri
si
disegna
da
ogni
parte
sul
cielo
e
sulle
acque
,
così
fitti
,
così
pazzamente
spezzettati
e
dentellati
dalla
meravigliosa
varietà
delle
architetture
,
che
si
confondono
agli
occhi
come
se
tremolassero
e
s
'
intricassero
gli
uni
cogli
altri
.
In
mezzo
alle
casette
turche
si
alza
il
palazzo
europeo
;
dietro
il
minareto
,
il
campanile
;
sopra
la
terrazza
,
la
cupola
;
dietro
la
cupola
,
il
muro
merlato
;
i
tetti
alla
chinese
dei
chioschi
sopra
i
frontoni
dei
teatri
,
i
balconi
ingraticolati
degli
arem
di
rimpetto
ai
finestroni
a
vetrate
,
le
finestrine
moresche
in
faccia
ai
terrazzi
a
balaustri
,
le
nicchie
delle
madonne
sotto
gli
archetti
arabi
,
i
sepolcri
nei
cortili
,
le
torri
fra
i
tugurii
;
le
moschee
,
le
sinagoghe
,
le
chiese
greche
,
le
cattoliche
,
le
armene
,
le
une
sulle
altre
,
come
se
facessero
a
soverchiarsi
,
e
in
tutti
i
vani
,
cipressi
,
pini
a
ombrello
,
fichi
e
platani
che
stendono
i
rami
sopra
i
tetti
.
Una
indescrivibile
architettura
di
ripiego
asseconda
gli
infiniti
capricci
del
terreno
con
un
tritume
di
case
tagliate
a
spicchi
,
in
forma
di
torri
triangolari
,
di
piramidi
diritte
e
rovesciate
,
circondate
di
ponti
,
di
puntelli
e
di
fossi
,
ammucchiate
alla
rinfusa
,
come
massi
franati
da
una
montagna
.
A
ogni
cento
passi
tutto
muta
.
Qui
siete
in
una
strada
d
'
un
sobborgo
di
Marsiglia
;
svoltate
:
è
un
villaggio
asiatico
;
tornate
a
svoltare
:
è
un
quartiere
greco
;
svoltate
ancora
:
è
un
sobborgo
di
Trebisonda
.
Alla
lingua
,
ai
visi
,
all
'
aspetto
delle
case
riconoscete
di
aver
cangiato
di
stato
;
sono
spicchi
di
Francia
,
striscie
d
'
Italia
,
screziature
d
'
Inghilterra
,
innesti
di
Russia
.
Sulla
immensa
faccia
della
città
si
vede
rappresentata
ad
architetture
e
a
colori
la
grande
lotta
che
si
combatte
fra
la
famiglia
cristiana
che
riconquista
e
la
famiglia
islamitica
che
difende
colle
ultime
sue
forze
la
terra
sacra
.
Stambul
,
una
volta
tutta
turca
,
è
assalita
da
ogni
parte
da
quartieri
cristiani
,
che
la
rodono
lentamente
lungo
la
sponda
del
Corno
d
'
oro
e
del
Mar
di
Marmara
;
dall
'
altra
parte
la
conquista
procede
in
furia
:
le
chiese
,
i
palazzi
,
gli
ospedali
,
i
giardini
pubblici
,
gli
opifici
,
le
scuole
squarciano
i
quartieri
musulmani
,
soverchiano
i
cimiteri
,
si
avanzano
di
collina
in
collina
,
e
già
disegnano
vagamente
sul
terreno
sconvolto
la
forma
d
'
una
grande
città
che
un
giorno
coprirà
la
riva
europea
del
Bosforo
come
quella
d
'
ora
copre
le
rive
del
Corno
d
'
oro
.
Ma
da
queste
osservazioni
generali
distraggono
ad
ogni
passo
mille
cose
nuove
:
in
una
via
il
convento
dei
dervis
,
in
un
'
altra
la
caserma
di
stile
moresco
,
il
caffè
turco
,
il
bazar
,
la
fontana
,
l
'
acquedotto
.
In
un
quarto
d
'
ora
bisogna
cangiar
dieci
volte
d
'
andatura
:
scendere
,
arrampicarsi
,
saltellar
giù
per
una
china
,
salire
per
una
scalinata
di
macigni
,
affondar
nella
mota
e
scansar
mille
ostacoli
,
aprendosi
la
via
ora
tra
la
folla
,
ora
tra
gli
arbusti
,
ora
tra
i
cenci
appesi
,
ora
turandosi
il
naso
,
ora
aspirando
ondate
d
'
aria
odorosa
.
Dalla
gran
luce
d
'
un
sito
aperto
,
donde
si
vede
il
Bosforo
,
l
'
Asia
e
un
cielo
infinito
,
si
cala
con
pochi
passi
nell
'
oscurità
triste
d
'
una
rete
di
vicoli
fiancheggiati
da
case
cadenti
ed
irti
di
sassi
come
letti
di
ruscelli
;
da
un
verde
fresco
e
ombroso
,
in
un
polverio
soffocante
,
saettato
dal
sole
;
da
crocicchi
pieni
di
rumore
e
di
colori
,
in
recessi
sepolcrali
,
dove
non
è
mai
sonata
una
voce
umana
;
dal
divino
Oriente
dei
nostri
sogni
,
in
un
altro
Oriente
lugubre
,
immondo
,
decrepito
che
supera
ogni
più
nera
immaginazione
.
Dopo
un
giro
di
poche
ore
non
si
sa
più
dove
s
'
abbia
la
testa
.
A
chi
ci
domandasse
improvvisamente
che
cos
'
è
Costantinopoli
,
non
si
saprebbe
rispondere
che
mettendosi
una
mano
sulla
fronte
per
quetare
la
tempesta
dei
pensieri
.
Costantinopoli
è
una
Babilonia
,
un
mondo
,
un
caos
.
È
bella
?
Prodigiosa
.
È
brutta
?
Orrenda
.
Vi
piace
?
Ubbriaca
.
Ci
stareste
?
Chi
lo
sa
!
Chi
può
dire
che
starebbe
in
un
altro
astro
?
Si
ritorna
a
casa
pieni
d
'
entusiasmo
e
di
disinganni
,
rapiti
,
stomacati
,
abbarbagliati
,
storditi
,
con
un
disordine
nella
mente
che
somiglia
al
principio
d
'
una
congestione
cerebrale
,
e
che
si
queta
poi
a
poco
a
poco
in
una
prostrazione
profonda
e
in
un
tedio
mortale
.
Si
son
vissuti
parecchi
anni
in
fretta
,
e
ci
si
sente
invecchiati
.
E
la
popolazione
di
questa
città
mostruosa
?
IL
PONTE
Per
vedere
la
popolazione
di
Costantinopoli
bisogna
andare
sul
ponte
galleggiante
,
lungo
circa
un
quarto
di
miglio
,
che
si
stende
dalla
punta
più
avanzata
di
Galata
fino
alla
riva
opposta
del
Corno
d
'
oro
,
in
faccia
alla
grande
moschea
della
sultana
Validè
.
L
'
una
e
l
'
altra
riva
sono
terra
europea
;
ma
si
può
dire
che
il
ponte
unisce
l
'
Europa
all
'
Asia
,
perché
in
Stambul
non
v
'
è
d
'
europeo
che
la
terra
,
ed
hanno
colore
e
carattere
asiatico
anche
i
pochi
sobborghi
cristiani
che
le
fanno
corona
.
Il
Corno
d
'
Oro
,
che
ha
l
'
aspetto
d
'
un
fiume
,
separa
,
come
un
oceano
,
due
mondi
.
Le
notizie
degli
avvenimenti
d
'
Europa
,
che
circolano
per
Galata
e
per
Pera
,
vive
,
chiare
,
minute
,
commentate
,
non
giungono
all
'
altra
riva
che
monche
e
confuse
come
un
eco
lontano
;
la
fama
degli
uomini
e
delle
cose
più
grandi
dell
'
Occidente
,
s
'
arresta
dinanzi
a
quella
poc
'
acqua
,
come
dinanzi
a
un
baluardo
insuperabile
;
e
su
quel
ponte
dove
passano
centomila
persone
al
giorno
,
non
passa
ogni
dieci
anni
un
'
idea
.
Stando
là
,
si
vede
sfilare
in
un
'
ora
tutta
Costantinopoli
.
Sono
due
correnti
umane
inesauribili
,
che
s
'
incontrano
e
si
confondono
senza
posa
dal
levar
del
sole
al
tramonto
,
presentando
uno
spettacolo
del
quale
non
sono
certamente
che
una
pallida
immagine
i
mercati
delle
Indie
,
le
fiere
di
Niinj
-
Norgorod
e
le
feste
di
Pekino
.
Per
veder
qualche
cosa
bisogna
fissarsi
un
piccolo
tratto
del
ponte
e
non
guardare
che
lì
;
se
si
vaga
cogli
occhi
,
la
vista
s
'
abbarbaglia
e
la
testa
si
confonde
.
La
folla
passa
a
grandi
ondate
,
ognuna
delle
quali
offre
mille
colori
,
ed
ogni
gruppo
di
persone
rappresenta
un
gruppo
di
popoli
.
S
'
immagini
pure
qualunque
più
stravagante
accozzo
di
tipi
,
di
costumi
e
di
classi
sociali
;
non
si
giungerà
mai
ad
avere
un
'
idea
della
favolosa
confusione
che
si
vede
là
nello
spazio
di
venti
passi
e
nel
giro
di
dieci
minuti
.
Dietro
una
frotta
di
facchini
turchi
,
che
passano
correndo
,
curvi
sotto
pesi
enormi
,
s
'
avanza
una
portantina
intarsiata
di
madreperla
e
d
'
avorio
,
a
cui
fa
capolino
una
signora
armena
;
e
ai
due
lati
un
beduino
ravvolto
in
un
mantello
bianco
e
un
vecchio
turco
col
turbante
di
mussolina
e
il
caffettano
color
celeste
,
accanto
al
quale
cavalca
un
giovane
greco
seguito
dal
suo
dracomanno
colla
zuavina
ricamata
,
e
un
dervis
col
gran
cappello
conico
e
la
tonaca
di
pelo
di
cammello
,
che
si
scansa
per
lasciar
passare
la
carrozza
d
'
un
ambasciatore
europeo
,
preceduta
da
un
battistrada
gallonato
.
Tutto
questo
non
si
vede
,
s
'
intravvede
.
Prima
che
vi
siate
voltati
indietro
,
vi
trovate
in
mezzo
a
una
brigata
di
Persiani
col
berrettone
piramidale
d
'
astrakan
,
passati
i
quali
vi
vedete
dinanzi
un
ebreo
insaccato
in
un
lungo
vestito
giallo
aperto
sui
fianchi
;
una
zingara
scapigliata
,
che
porta
un
bambino
in
un
sacco
appeso
alla
schiena
;
un
prete
cattolico
,
con
bastone
e
breviario
;
mentre
in
mezzo
a
una
folla
confusa
di
greci
,
di
turchi
e
d
'
armeni
,
s
'
avanza
gridando
:
-
Largo
!
-
un
grosso
eunuco
a
cavallo
che
precede
una
carrozza
turca
,
dipinta
a
fiori
e
ad
uccelli
,
con
dentro
le
donne
d
'
un
arem
,
vestite
di
violetto
e
di
verde
,
e
ravvolte
in
grandi
veli
bianchi
;
e
dietro
,
una
suora
di
carità
d
'
uno
spedale
di
Pera
,
seguita
da
uno
schiavo
africano
che
porta
una
scimmia
,
e
da
un
raccontatore
di
storie
in
abito
di
negromante
.
E
,
cosa
naturale
,
ma
che
par
strana
al
nuovo
venuto
,
tutta
questa
gente
così
diversa
s
'
incontra
e
passa
oltre
senza
guardarsi
,
come
la
folla
di
Londra
;
nessuno
si
ferma
;
tutti
vanno
a
passo
affrettato
,
e
su
cento
visi
,
non
se
ne
vede
uno
che
sorrida
.
L
'
albanese
colle
sottanine
bianche
e
i
pistoloni
alla
cintura
,
passa
accanto
al
tartaro
vestito
di
pelle
di
montone
;
il
turco
a
cavallo
a
un
asino
bardato
con
gran
pompa
,
guizza
fra
due
file
di
cammelli
;
dietro
all
'
aiutante
di
campo
dodicenne
d
'
un
principino
imperiale
,
piantato
sopra
un
corsiero
arabo
,
barcolla
un
carro
carico
delle
masserizie
bizzarre
d
'
una
casa
turca
;
la
mussulmana
a
piedi
,
la
schiava
velata
,
la
greca
colla
berrettina
rossa
e
le
treccie
giù
per
le
spalle
,
la
maltese
incapucciata
nella
faldetta
nera
,
l
'
ebrea
vestita
dell
'
antichissimo
costume
della
Giudea
,
la
negra
ravvolta
in
uno
scialle
variopinto
del
Cairo
,
l
'
armena
di
Trebisonda
tutta
nera
e
velata
come
un
'
apparizione
funebre
,
si
trovano
qualche
volta
in
una
sola
fila
,
come
se
vi
si
fossero
messe
apposta
,
per
prender
risalto
l
'
una
dall
'
altra
.
È
un
musaico
cangiante
di
razze
e
di
religioni
che
si
compone
e
si
scompone
continuamente
con
una
rapidità
che
si
può
appena
seguire
collo
sguardo
.
È
bello
tener
gli
occhi
fissi
sul
tavolato
del
ponte
,
non
guardando
altro
che
i
piedi
:
passano
tutte
le
calzature
della
terra
,
da
quella
d
'
Adamo
agli
stivaletti
all
'
ultima
moda
di
Parigi
:
babbuccie
gialle
di
turchi
,
rosse
di
armeni
,
turchine
di
greci
,
nere
d
'
israeliti
;
sandali
,
stivaloni
del
Turkestan
,
ghette
albanesi
,
scarpette
scollate
,
gambass
di
mille
colori
dei
cavallari
dell
'
Asia
minore
,
pantofole
ricamate
d
'
oro
,
alpargatas
alla
spagnuola
,
calzature
di
raso
,
di
corda
,
di
cenci
,
di
legno
,
fitte
in
maniera
che
mentre
se
ne
guarda
una
,
se
ne
intravvedono
cento
.
A
non
badarci
bene
,
c
'
è
da
essere
rovesciati
a
ogni
passo
.
Ora
è
un
portatore
d
'
acqua
con
un
otre
colossale
sul
dorso
,
ora
una
signora
russa
a
cavallo
,
ora
un
drappello
di
soldati
imperiali
,
vestiti
alla
zuava
,
che
par
che
vadano
all
'
assalto
,
ora
una
squadra
di
facchini
armeni
che
passano
reggendo
sulle
spalle
,
a
due
a
due
,
delle
lunghissime
sbarre
,
a
cui
sono
sospese
delle
balle
smisurate
di
mercanzia
;
ora
delle
frotte
di
turchi
che
si
lanciano
a
destra
e
a
sinistra
del
ponte
per
imbarcarsi
sui
piroscafi
.
È
uno
scalpiccio
,
un
fruscio
,
un
sonare
di
voci
esotiche
,
di
note
gutturali
,
d
'
aspirazioni
,
d
'
interjezioni
incomprensibili
,
in
mezzo
a
cui
le
poche
parole
francesi
o
italiane
che
arrivano
agli
orecchi
di
tratto
in
tratto
,
fanno
l
'
effetto
di
punti
luminosi
in
una
tenebra
fitta
.
Le
figure
che
dan
più
nell
'
occhio
in
quella
folla
,
sono
i
Circassi
,
che
vanno
per
lo
più
a
tre
,
a
cinque
insieme
,
a
passo
lento
;
pezzi
d
'
uomini
barbuti
,
dalla
faccia
terribile
,
che
portano
un
grosso
berrettone
di
pelo
alla
foggia
dell
'
antica
guardia
napoleonica
,
un
lungo
caffettano
nero
,
un
pugnale
alla
cintura
e
un
cartucciere
d
'
argento
sul
petto
;
vere
figure
di
briganti
,
ognuno
dei
quali
pare
che
sia
venuto
a
Costantinopoli
per
vendere
una
figliuola
o
una
sorella
,
e
debba
avere
le
mani
intrise
di
sangue
russo
.
Poi
i
siriani
col
loro
vestito
in
forma
di
dalmatica
bizantina
e
il
capo
ravvolto
in
un
fazzoletto
rigato
d
'
oro
;
i
bulgari
,
vestiti
d
'
un
saio
grossolano
,
con
un
berretto
incoronato
di
pelliccia
;
i
giorgiani
con
un
caschetto
di
cuoio
verniciato
e
la
tunica
stretta
alla
vita
da
un
cerchio
metallico
;
i
greci
dell
'
arcipelago
coperti
da
capo
a
piedi
di
ricami
,
di
nappine
e
di
bottoncini
luccicanti
.
La
folla
di
tanto
in
tanto
radeggia
un
poco
;
ma
subito
s
'
avanzano
altre
frotte
serrate
,
ondate
di
papaline
rosse
e
di
turbanti
bianchi
,
in
mezzo
ai
quali
spuntano
cappelli
cilindrici
,
ombrelle
e
pettinature
piramidali
di
signore
europee
,
che
par
che
galleggino
portate
via
da
quel
torrente
musulmano
.
C
'
è
da
stupire
soltanto
a
notare
la
varietà
della
gente
di
religione
.
Qui
luccica
il
cucuzzolo
d
'
un
padre
cappuccino
,
là
torreggia
il
turbante
alla
giannizzera
d
'
un
ulema
,
più
in
là
ondeggia
il
velo
nero
d
'
un
prete
armeno
.
Passano
degli
iman
colla
tunica
bianca
,
delle
monache
stimmatine
,
dei
cappellani
dell
'
esercito
turco
,
vestiti
di
verde
,
colla
sciabola
al
fianco
,
dei
frati
domenicani
,
dei
pellegrini
reduci
dalla
Mecca
con
un
talismano
appeso
al
collo
,
dei
gesuiti
,
dei
dervis
,
-
e
questo
è
strano
davvero
-
dei
dervis
che
nelle
moschee
si
straziano
le
carni
in
espiazione
dei
peccati
,
e
passando
il
ponte
si
riparano
dal
sole
coll
'
ombrellino
.
A
starci
bene
attenti
,
seguono
in
quella
confusione
mille
piccoli
accidenti
amenissimi
.
È
un
eunuco
che
mostra
il
bianco
dell
'
occhio
a
un
zerbinotto
cristiano
,
il
quale
ha
guardato
troppo
curiosamente
dentro
alla
carrozza
della
sua
padrona
;
è
una
cocotte
francese
,
vestita
coll
'
ultimo
figurino
,
che
pedina
il
figliuolo
d
'
un
pascià
ingioiellato
e
inguantato
;
è
una
signora
di
Stambul
che
finge
di
aggiustarsi
il
velo
per
sbirciar
lo
strascico
d
'
una
signora
di
Pera
;
è
un
sergente
di
cavalleria
in
uniforme
di
gala
,
che
si
ferma
nel
bel
mezzo
del
ponte
,
si
stringe
il
naso
con
due
dita
e
slancia
nello
spazio
un
guai
a
chi
tocca
,
da
mettere
i
brividi
;
è
un
ciurmadore
che
,
preso
un
soldo
da
un
povero
diavolo
,
gli
fa
sul
viso
un
gesto
cabalistico
,
che
lo
deve
guarire
del
mal
d
'
occhi
;
è
una
famiglia
di
viaggiatori
grandi
e
piccini
,
arrivata
quel
giorno
stesso
,
che
s
'
è
smarrita
in
mezzo
a
una
turba
di
canaglia
asiatica
,
e
la
madre
cerca
i
bimbi
che
strillano
,
e
gli
uomini
si
fanno
largo
a
spintoni
.
I
cammelli
,
i
cavalli
,
le
portantine
,
le
carrozze
,
i
buoi
,
le
carrette
,
le
botti
rotolate
,
gli
asini
sanguinolenti
,
i
cani
spelacchiati
,
formano
delle
lunghe
file
,
che
dividono
per
mezzo
la
folla
.
Qualche
volta
passa
un
grosso
pascià
di
tre
code
,
sdraiato
in
una
carrozza
splendida
,
seguito
a
piedi
dal
suo
portapipa
,
dalla
sua
guardia
e
da
un
nero
,
e
allora
tutti
i
turchi
salutano
toccandosi
la
fronte
e
il
petto
,
e
le
mendicanti
musulmane
,
orribili
megere
,
col
volto
imbaccucato
e
il
seno
nudo
,
si
slanciano
agli
sportelli
chiedendo
l
'
elemosina
.
Gli
eunuchi
fuor
di
servizio
,
passano
a
due
,
a
tre
,
a
cinque
insieme
,
colla
sigaretta
in
bocca
;
e
si
riconoscono
alla
molle
corpulenza
,
alle
lunghe
braccia
,
ai
grandi
abiti
neri
.
Le
belle
bambine
turche
,
vestite
da
maschietti
,
con
calzoncini
verdi
e
panciottini
rosati
o
gialli
,
corrono
e
saltellano
con
un
'
agilità
felina
,
facendosi
largo
colle
piccole
mani
tinte
di
color
di
porpora
.
I
lustrascarpe
colla
cassetta
dorata
,
i
barbieri
ambulanti
colla
seggiola
e
la
catinella
in
mano
,
i
venditori
d
'
acqua
e
di
dolci
,
fendono
la
calca
in
tutte
le
direzioni
,
urlando
in
greco
ed
in
turco
.
A
ogni
passo
si
vede
luccicare
una
divisa
militare
:
uffiziali
in
fez
e
calzoni
scarlatti
,
col
petto
costellato
di
decorazioni
;
palafrenieri
del
serraglio
,
che
paiono
generali
d
'
armata
;
gendarmi
con
un
arsenale
alla
cintura
;
zeibek
,
o
soldati
liberi
,
con
quegli
enormi
calzoni
a
borsa
deretana
,
che
danno
loro
il
profilo
della
venere
ottentotta
;
guardie
imperiali
,
con
un
lungo
pennacchio
bianco
sul
casco
e
il
petto
coperto
di
galloni
;
guardie
di
città
che
girano
colle
manette
fra
le
mani
;
guardie
di
città
a
Costantinopoli
!
È
come
chi
dicesse
:
gente
incaricata
di
tener
a
segno
l
'
oceano
Atlantico
.
È
bizzarro
il
contrasto
di
tutto
quell
'
oro
e
di
tutti
quei
cenci
,
della
gente
sovraccarica
di
roba
,
che
paion
bazar
ambulanti
,
e
della
gente
quasi
nuda
.
Il
solo
spettacolo
della
nudità
è
una
meraviglia
.
Si
vedono
tutte
le
sfumature
della
pelle
umana
,
dal
bianco
latteo
dell
'
Albania
al
nero
corvino
dell
'
Africa
centrale
e
al
nero
azzurrognolo
del
Darfur
;
dei
petti
che
,
a
picchiarli
,
par
che
debbano
risonare
come
vasi
di
bronzo
,
o
sgretolarsi
come
forme
di
terra
secca
;
schiene
oleose
,
petrose
,
lignee
,
irsute
come
dorsi
di
cinghiale
;
braccia
rabescate
di
rosso
e
di
blù
,
con
disegni
di
rami
e
di
fiori
,
e
iscrizioni
del
Corano
e
immagini
grossolane
di
battelli
,
e
di
cuori
attraversati
da
freccie
.
Ma
in
una
prima
passeggiata
,
per
il
ponte
,
non
c
'
è
nè
tempo
nè
modo
d
'
osservare
tutti
questi
particolari
.
Mentre
guardate
i
rabeschi
d
'
un
braccio
,
il
vostro
cicerone
vi
avverte
che
è
passato
un
serbo
,
un
montenegrino
,
un
valacco
,
un
cosacco
dell
'
Ukrania
,
un
cosacco
del
Don
,
un
egiziano
,
un
tunisino
,
un
principe
d
'
Imerezia
.
C
'
è
appena
tempo
a
tener
d
'
occhio
le
nazioni
.
Pare
che
Costantinopoli
sia
sempre
quella
che
fu
:
la
capitale
di
tre
continenti
e
la
regina
di
venti
vicereami
.
Ma
nemmeno
quest
'
idea
risponde
alla
grandezza
di
quello
spettacolo
,
e
si
fantastica
un
incrociamento
d
'
emigrazioni
,
prodotto
da
qualche
enorme
cataclisma
che
abbia
sconvolto
l
'
antico
continente
.
Un
occhio
esperto
discerne
ancora
in
quel
mare
magno
i
volti
e
i
costumi
della
Caramania
e
dell
'
Anatolia
,
quei
di
Cipro
e
di
Candia
,
quei
di
Damasco
e
di
Gerusalemme
,
il
druso
,
il
curdo
,
il
maronita
,
il
talemano
,
il
pumacco
,
il
croato
,
ed
altre
innumerevoli
varietà
dell
'
innumerevole
confederazione
d
'
anarchie
che
si
stende
dal
Nilo
al
Danubio
e
dall
'
Eufrate
all
'
Adriatico
.
Chi
cerca
il
bello
e
chi
cerca
l
'
orrido
,
trovano
qui
egualmente
superati
i
loro
più
audaci
desiderii
:
Raffaello
rimarrebbe
estatico
e
il
Rembrandt
si
caccierebbe
le
mani
nei
capelli
.
La
più
pura
bellezza
della
Grecia
e
delle
razze
caucasee
,
è
mescolata
coi
nasi
camusi
e
colle
teste
schiacciate
;
vi
passano
accanto
figure
di
regine
e
faccie
di
furie
;
visi
imbellettati
e
visi
sformati
dai
morbi
e
dalle
ferite
,
piedoni
colossali
e
piedini
circassi
lunghi
come
la
mano
,
facchini
giganteschi
,
enormi
pinguedini
di
turchi
,
e
neri
stecchiti
come
scheletri
,
larve
d
'
uomini
che
mettono
pietà
e
raccapriccio
;
tutti
gli
aspetti
più
strani
in
cui
si
possano
presentare
al
mondo
la
vita
ascetica
,
l
'
abuso
della
voluttà
,
le
fatiche
estreme
,
l
'
opulenza
che
impera
e
la
miseria
che
muore
.
E
nondimeno
la
varietà
di
vestimenti
è
senza
confronto
più
meravigliosa
della
varietà
delle
persone
.
Chi
sente
i
colori
,
ci
ha
da
ammattire
.
Non
ci
son
due
persone
vestite
eguali
.
Sono
scialli
attorcigliati
intorno
al
capo
,
bendature
di
selvaggi
,
corone
di
cenci
,
camicie
e
sottovesti
rigate
e
quadrettate
come
il
vestito
d
'
arlecchino
,
cinture
irte
di
coltellacci
che
salgono
dai
fianchi
alle
ascelle
,
calzoni
alla
mammalucca
,
mezze
mutande
,
gonnellini
,
toghe
,
lenzuoli
che
strascicano
,
abiti
ornati
d
'
ermellino
,
panciotti
che
sembrano
corazze
d
'
oro
,
maniche
a
gozzo
e
a
sgonfietti
,
vestiti
monacali
e
spudorati
,
uomini
abbigliati
da
donna
,
donne
che
sembran
uomini
,
pezzenti
che
sembran
principi
,
un
'
eleganza
di
stracci
,
una
follìa
di
colori
,
una
profusione
di
frangie
,
di
gale
,
di
frappe
,
di
svolazzi
,
d
'
ornamenti
teatrali
e
bambineschi
,
che
dà
l
'
immagine
d
'
un
veglione
dentro
a
un
immenso
manicomio
,
in
cui
abbiano
vuotate
le
loro
casse
tutti
i
rigattieri
dell
'
universo
.
Sopra
il
mormorìo
sordo
,
che
esce
da
questa
moltitudine
,
si
sentono
gli
strilli
acuti
dei
ragazzi
greci
,
carichi
di
giornali
d
'
ogni
lingua
;
le
grida
stentoree
dei
facchini
,
le
risa
sgangherate
delle
donne
turche
,
le
voci
infantili
degli
eunuchi
,
i
trilli
in
falsetto
dei
ciechi
che
cantano
versetti
del
Corano
,
il
rumor
cupo
del
ponte
che
ondeggia
,
i
fischi
e
le
campanelle
di
cento
piroscafi
,
di
cui
il
vento
abbatte
tratto
tratto
il
fumo
denso
sopra
la
folla
,
in
modo
che
per
qualche
minuto
non
si
vede
più
nulla
.
Questa
mascherata
di
popoli
scende
nei
vaporini
che
partono
ogni
momento
per
Scutari
,
per
il
villaggio
del
Bosforo
e
per
i
sobborghi
del
Corno
d
'
oro
;
si
spande
per
Stambul
,
nei
bazar
,
nelle
moschee
,
nei
borghi
di
Fanar
e
di
Balata
,
fino
ai
quartieri
più
lontani
del
mar
di
Marmara
;
irrompe
sulla
riva
franca
,
a
destra
verso
i
palazzi
del
Sultano
,
a
sinistra
verso
gli
alti
quartieri
di
Pera
,
di
dove
poi
ricasca
sul
ponte
per
le
innumerevoli
stradicciuole
che
serpeggiano
lungo
i
fianchi
delle
colline
;
e
allaccia
così
l
'
Asia
e
l
'
Europa
,
dieci
città
e
cento
sobborghi
,
in
una
rete
di
faccende
,
d
'
intrighi
e
di
misteri
,
dinanzi
a
cui
l
'
immaginazione
si
sgomenta
.
Pare
che
questo
spettacolo
debba
mettere
allegrezza
.
E
non
è
vero
.
Passata
la
prima
meraviglia
,
i
colori
festosi
si
sbiadiscono
:
non
è
più
una
grande
processione
carnevalesca
che
ci
passa
dinanzi
;
è
l
'
umanità
intera
che
sfila
con
tutte
le
sue
miserie
,
con
tutte
le
sue
follìe
,
coll
'
infinita
discordia
delle
sue
credenze
e
delle
sue
leggi
;
è
un
pellegrinaggio
di
popoli
decaduti
e
di
razze
avvilite
;
una
immensità
di
sventure
da
soccorrere
,
di
vergogne
da
lavare
,
di
catene
da
rompere
;
un
cumulo
di
tremendi
problemi
scritti
a
caratteri
di
sangue
,
e
che
non
si
scioglieranno
che
con
torrenti
di
sangue
;
e
questo
immenso
disordine
rattrista
.
E
poi
il
senso
della
curiosità
è
prima
rintuzzato
che
soddisfatto
da
questa
sterminata
varietà
di
cose
strane
.
Che
misteriosi
rivolgimenti
accadono
nell
'
anima
umana
!
Non
era
passato
un
quarto
d
'
ora
dal
mio
arrivo
sul
ponte
,
che
stavo
appoggiato
alle
spallette
,
rabescando
sbadatamente
un
pezzo
di
trave
colla
matita
,
e
dicendo
a
me
stesso
,
tra
uno
sbadiglio
e
l
'
altro
,
che
c
'
è
qualchecosa
di
vero
in
quella
famosa
sentenza
della
Stael
,
che
il
viaggiare
è
il
più
triste
dei
piaceri
.
STAMBUL
Per
riaversi
da
questo
sbalordimento
,
non
c
'
è
che
infilare
una
delle
mille
stradicciuole
che
serpeggiano
su
per
i
fianchi
delle
colline
di
Stambul
.
Qui
regna
una
pace
profonda
,
e
si
può
contemplare
tranquillamente
in
tutti
i
suoi
aspetti
quell
'
Oriente
misterioso
e
geloso
,
che
sull
'
altra
riva
del
Corno
d
'
oro
non
si
vede
che
a
tratti
fuggitivi
in
mezzo
alla
confusione
rumorosa
della
vita
europea
.
Qui
tutto
è
schiettamente
orientale
.
Dopo
un
quarto
d
'
ora
di
cammino
non
si
vede
più
nessuno
e
non
si
sente
più
alcun
rumore
.
Di
qua
e
di
là
son
tutte
casette
di
legno
,
dipinte
di
mille
colori
,
nelle
quali
il
primo
piano
sporge
sopra
il
piano
terreno
,
e
il
secondo
sul
primo
;
e
le
finestre
hanno
dinanzi
una
specie
di
tribune
,
invetriate
da
ogni
parte
,
e
chiuse
da
grate
di
legno
a
piccolissimi
fori
,
che
paiono
altrettante
casette
appese
alle
case
principali
,
e
danno
alle
strade
un
aspetto
singolarissimo
di
tristezza
e
di
mistero
.
In
alcuni
luoghi
le
strade
sono
così
strette
,
che
le
parti
sporgenti
delle
case
opposte
quasi
si
toccano
,
e
così
si
cammina
per
lunghi
tratti
all
'
ombra
di
quelle
gabbie
umane
,
proprio
sotto
i
piedi
delle
donne
turche
che
vi
passano
una
gran
parte
della
giornata
,
non
vedendo
che
una
striscia
sottilissima
di
cielo
.
Le
porte
son
tutte
chiuse
;
le
finestre
del
pian
terreno
,
ingraticolate
;
tutto
spira
diffidenza
e
gelosia
;
par
di
attraversare
una
città
di
monasteri
.
Tratto
tratto
sentite
uno
scoppio
di
risa
,
e
alzando
il
capo
,
vedete
per
qualche
spiraglio
un
nodo
di
treccie
o
un
occhietto
scintillante
che
subito
sparisce
.
In
alcuni
punti
sorprendete
una
conversazione
vivace
e
sommessa
da
una
parte
all
'
altra
della
strada
;
ma
cessa
improvvisamente
al
rumore
del
vostro
passo
.
Passando
,
scompigliate
per
un
momento
chi
sa
che
rete
di
pettegolezzi
e
d
'
intrighi
.
Non
vedete
nessuno
e
mille
occhi
vi
vedono
;
siete
soli
,
e
vi
sentite
come
in
mezzo
a
una
folla
;
vorreste
passare
inosservati
,
aleggerite
il
passo
,
camminate
composti
,
misurate
lo
sguardo
.
Una
porta
che
s
'
apra
o
una
finestra
che
si
chiuda
,
vi
riscuote
bruscamente
come
un
grande
rumore
.
Pare
che
queste
strade
debbano
riuscire
uggiose
.
Ma
è
tutt
'
altro
.
Una
macchia
verde
in
fondo
da
cui
esce
un
minareto
bianco
;
un
turco
vestito
di
rosso
che
scende
verso
di
voi
;
una
serva
nera
ferma
dinanzi
a
una
porta
,
un
tappeto
persiano
appeso
a
una
finestra
,
bastano
a
formare
un
quadretto
così
pieno
di
vita
e
d
'
armonia
,
che
stareste
un
'
ora
a
contemplarlo
.
Della
poca
gente
che
vi
passa
accanto
,
nessuno
vi
guarda
.
Soltanto
qualche
volta
sentite
gridare
alle
vostre
spalle
:
-
Giaur
!
(
Infedele
)
;
-
e
voltandovi
,
vedete
sparire
dietro
un
'
imposta
la
testa
d
'
un
ragazzo
.
Altre
volte
s
'
apre
la
porticina
d
'
una
di
quelle
casette
:
vi
soffermate
aspettando
l
'
apparizione
della
bella
d
'
un
arem
,
e
n
'
esce
invece
una
signora
europea
,
con
cappellotto
e
strascico
,
che
mormora
un
adieu
o
un
au
revoir
,
e
s
'
allontana
rapidamente
,
lasciandovi
colla
bocca
aperta
.
In
un
'
altra
strada
,
tutta
turca
e
tutta
silenziosa
,
sentite
a
un
tratto
uno
squillo
di
corno
e
uno
scalpitio
di
cavalli
:
vi
voltate
,
che
cos
'
è
?
Appena
credete
ai
vostri
occhi
.
È
un
grande
omnibus
,
che
viene
innanzi
su
due
rotaie
che
non
avevate
vedute
,
pieno
di
turchi
e
di
franchi
,
col
suo
usciere
in
uniforme
e
coi
suoi
cartelli
delle
tariffe
,
come
un
tramway
di
Vienna
o
di
Parigi
.
La
stonatura
che
fa
quest
'
apparizione
in
una
di
queste
strade
,
non
si
può
esprimere
con
parole
:
vi
pare
una
burla
o
uno
sbaglio
,
e
vi
vien
da
ridere
,
e
guardate
quel
veicolo
stupiti
come
se
non
ne
aveste
mai
visti
.
Passato
l
'
omnibus
,
par
che
sia
passata
l
'
immagine
viva
dell
'
Europa
,
e
vi
ritrovate
in
Asia
come
al
cangiar
di
scena
in
un
teatro
.
Da
queste
strade
solitarie
riuscite
in
piazzette
aperte
,
quasi
interamente
ombreggiate
da
un
platano
gigantesco
.
Da
una
parte
c
'
è
una
fontana
,
dove
bevono
dei
cammelli
;
dall
'
altra
un
caffè
,
con
una
fila
di
materasse
distese
dinanzi
alla
porta
,
e
qualche
turco
sdraiato
,
che
fuma
;
e
accanto
alla
porta
un
gran
fico
,
abbracciato
da
una
vite
,
i
cui
pampini
spenzolano
fino
a
terra
,
lasciando
vedere
tra
foglia
e
foglia
l
'
azzurro
lontano
del
mar
di
Marmara
,
e
qualche
veletta
bianca
.
Una
luce
bianchissima
e
un
silenzio
mortale
danno
a
tutti
questi
luoghi
un
carattere
così
tra
solenne
e
melanconico
,
che
li
rende
indimenticabili
,
anche
a
vederli
una
volta
sola
.
Si
va
innanzi
,
innanzi
,
quasi
attirati
da
quella
quiete
arcana
,
che
entra
a
poco
a
poco
nell
'
anima
come
una
leggera
sonnolenza
,
e
dopo
breve
tempo
si
perde
ogni
sentimento
della
distanza
e
dell
'
ora
.
Si
trovano
dei
vasti
spazi
colle
traccie
d
'
un
grande
incendio
recente
;
chine
dove
non
sono
che
poche
case
sparpagliate
,
fra
le
quali
cresce
l
'
erba
,
e
serpeggiano
dei
sentieri
da
capre
;
punti
elevati
,
da
cui
si
abbracciano
collo
sguardo
strade
,
vicoletti
,
giardini
,
centinaia
di
case
,
e
non
si
vede
da
nessuna
parte
nè
una
creatura
umana
,
nè
un
nuvolo
di
fumo
,
nè
una
porta
aperta
,
nè
il
menomo
indizio
d
'
abitazione
e
di
vita
;
tanto
che
si
potrebbe
credere
d
'
essere
soli
in
quell
'
immensa
città
,
e
a
pensarci
un
momento
,
s
'
è
quasi
presi
dalla
paura
.
Ma
scendete
la
china
,
arrivate
in
fondo
a
una
di
quelle
stradette
:
tutto
è
cangiato
.
Siete
in
una
delle
grandi
vie
di
Stambul
,
fiancheggiata
da
monumenti
,
dove
non
bastano
più
gli
occhi
all
'
ammirazione
.
Camminate
in
mezzo
alle
moschee
,
ai
chioschi
,
ai
minareti
,
alle
gallerie
arcate
,
alle
fontane
di
marmo
e
di
lapislazzuli
,
ai
mausolei
dei
sultani
splendenti
di
rabeschi
e
d
'
iscrizioni
d
'
oro
,
ai
muri
coperti
di
musaici
,
sotto
le
tettoie
di
cedro
intarsiato
,
all
'
ombra
d
'
una
vegetazione
pomposa
che
supera
i
muri
di
cinta
e
i
cancelli
dorati
dei
giardini
,
e
riempie
la
via
di
profumi
.
Per
queste
vie
s
'
incontrano
a
ogni
passo
carrozze
di
pascià
,
ufficiali
,
impiegati
,
aiutanti
di
campo
,
eunuchi
di
grandi
case
,
una
processione
di
servitori
e
di
parassiti
,
che
vanno
e
vengono
fra
i
ministeri
.
Qui
si
riconosce
la
metropoli
del
grande
impero
,
e
s
'
ammira
in
tutta
la
sua
magnificenza
.
È
per
tutto
una
bianchezza
,
una
grazia
d
'
architetture
,
un
gorgoglio
d
'
acque
,
una
freschezza
d
'
ombre
,
che
accarezza
i
sensi
come
una
musica
sommessa
,
e
riempie
la
mente
d
'
immagini
ridenti
.
Per
queste
vie
s
'
arriva
alle
grandi
piazze
dove
s
'
innalzano
le
moschee
imperiali
,
e
dinanzi
a
queste
moli
si
rimane
sgomenti
.
Ognuna
di
esse
forma
come
il
nodo
d
'
una
piccola
città
di
collegi
,
di
spedali
,
di
scuole
,
di
biblioteche
,
di
magazzini
,
di
bagni
,
che
quasi
non
si
avvertono
,
schiacciati
come
sono
dalla
cupola
enorme
a
cui
fanno
corona
.
L
'
architettura
,
che
s
'
immaginava
semplicissima
,
presenta
invece
una
varietà
di
particolari
,
che
tira
gli
sguardi
da
mille
parti
.
Sono
cupolette
rivestite
di
piombo
,
tetti
di
forme
bizzarre
che
s
'
alzano
l
'
uno
sull
'
altro
,
gallerie
aeree
,
grandi
portici
,
finestre
a
colonnine
,
archi
a
festoni
,
minareti
accannellati
,
cinti
di
terrazzini
lavorati
a
giorno
,
con
capitelli
a
stalattiti
;
porte
e
fontane
monumentali
,
che
sembrano
rivestite
di
trina
;
muri
picchiettati
d
'
oro
e
di
mille
colori
;
tutto
ricamato
,
cesellato
,
leggero
,
ardito
,
ombreggiato
da
quercie
,
da
cipressi
e
da
salici
,
da
cui
escono
nuvoli
d
'
uccelli
che
vagano
a
lenti
giri
intorno
alle
cupole
e
riempiono
d
'
armonia
tutti
i
recessi
dell
'
immenso
edifizio
.
Qui
si
comincia
a
provar
qualchecosa
che
è
più
profondo
e
più
forte
del
sentimento
della
bellezza
.
Quei
monumenti
che
sono
come
una
colossale
affermazione
marmorea
d
'
un
ordine
d
'
idee
e
di
sentimenti
diverso
da
quello
in
cui
siamo
nati
e
cresciuti
,
che
sono
quasi
l
'
ossatura
d
'
una
razza
e
d
'
una
fede
ostile
,
che
ci
raccontano
con
un
linguaggio
muto
di
linee
superbe
e
di
altezze
temerarie
le
glorie
d
'
un
Dio
che
non
è
nostro
e
d
'
un
popolo
che
ha
fatto
tremare
i
nostri
padri
,
incutono
un
rispetto
misto
di
diffidenza
e
di
timore
,
che
sulle
prime
vince
la
curiosità
,
e
ce
ne
trattiene
lontani
.
Si
vedono
,
dentro
ai
cortili
ombrosi
,
turchi
che
fanno
le
abluzioni
alle
fontane
,
pezzenti
accovacciati
ai
piedi
dei
pilastri
,
donne
velate
che
passeggiano
lentamente
sotto
le
arcate
;
tutto
quieto
,
e
come
adombrato
d
'
una
tinta
di
mestizia
e
di
voluttà
,
che
non
si
capisce
bene
d
'
onde
derivi
,
e
su
cui
la
mente
si
ferma
e
lavora
come
sopra
un
enimma
.
Galata
,
Pera
,
quanto
sono
lontane
!
Voi
vi
sentite
soli
in
un
altro
mondo
e
in
un
altro
tempo
,
nella
Stambul
di
Solimano
il
Grande
e
di
Baiazet
secondo
,
e
provate
un
vivo
sentimento
di
stupore
quando
,
usciti
da
quella
piazza
,
e
perduto
d
'
occhio
quel
monumento
smisurato
della
potenza
degli
Osmanli
,
vi
ritrovate
in
mezzo
alla
Costantinopoli
di
legno
,
meschina
,
cadente
,
piena
di
sudiciume
e
di
miseria
.
Via
via
che
andate
innanzi
le
case
si
scoloriscono
,
i
pergolati
si
sfasciano
,
le
vasche
delle
fontane
si
coprono
di
muschio
;
trovate
delle
moschee
nane
,
coi
muri
screpolati
e
i
minareti
di
legno
,
circondate
di
rovi
e
d
'
ortiche
;
dei
mausolei
in
rovina
,
delle
scale
infrante
,
dei
passaggi
coperti
ingombri
di
macerie
,
dei
quartieri
decrepiti
d
'
una
tristezza
infinita
,
dove
non
si
sente
altro
rumore
che
il
frullo
dell
'
ali
degli
sparvieri
e
delle
cicogne
,
o
la
voce
gutturale
d
'
un
muezzin
solitario
,
che
grida
la
parola
di
Dio
dall
'
alto
d
'
un
minareto
nascosto
.
Nessuna
città
rappresenta
meglio
di
Stambul
la
natura
e
la
filosofia
del
suo
popolo
.
Tutto
ciò
che
v
'
è
di
grande
e
di
bello
è
di
Dio
o
del
sultano
,
immagine
di
Dio
sulla
terra
;
tutto
il
rimanente
è
passeggiero
e
porta
l
'
impronta
d
'
una
profonda
trascuranza
delle
cose
mondane
.
La
tribù
dei
pastori
è
diventata
nazione
;
ma
il
suo
amore
istintivo
della
natura
campestre
,
della
contemplazione
e
dell
'
ozio
,
ha
conservato
alla
metropoli
l
'
aspetto
dell
'
accampamento
.
Stambul
non
è
una
città
,
non
lavora
,
non
pensa
,
non
crea
;
la
civiltà
sfonda
le
sue
porte
e
assalta
le
sue
vie
;
essa
sonnecchia
e
fantastica
all
'
ombra
delle
moschee
,
e
lascia
fare
.
È
una
città
slegata
,
dispersa
,
deforme
,
che
rappresenta
piuttosto
,
la
sosta
d
'
una
razza
pellegrinante
,
che
la
potenza
d
'
uno
Stato
immobile
;
un
immenso
abbozzo
di
metropoli
;
un
grande
spettacolo
piuttosto
che
una
grande
città
.
E
non
se
ne
può
avere
una
giusta
immagine
,
se
non
si
percorre
intera
.
Bisogna
partire
dalla
prima
collina
,
quella
che
forma
la
punta
del
triangolo
,
ed
è
bagnata
dal
mar
di
Marmora
.
Qui
è
per
così
dire
la
testa
di
Stambul
;
un
quartiere
monumentale
,
pieno
di
memorie
,
di
maestà
e
di
luce
.
Qui
l
'
antico
serraglio
,
dove
sorgeva
prima
Bisanzio
colla
sua
acropoli
e
il
tempio
di
Giove
,
e
poi
il
palazzo
dell
'
imperatrice
Placidia
e
le
terme
d
'
Arcadio
;
qui
la
moschea
di
Santa
Sofia
e
la
moschea
d
'
Ahmed
,
e
l
'
At
-
meidan
che
occupa
lo
spazio
dell
'
Ippodromo
antico
,
dove
in
mezzo
a
un
Olimpo
di
bronzo
e
di
marmo
,
tra
le
grida
d
'
una
folla
vestita
di
seta
e
di
porpora
,
volavano
le
quadrighe
d
'
oro
al
cospetto
degl
'
imperatori
sfolgoranti
di
perle
.
Da
questa
collina
si
scende
in
una
valle
poco
profonda
,
dove
si
stendono
le
mura
occidentali
del
serraglio
,
che
segnano
il
confine
della
Bisanzio
antica
,
e
s
'
alza
la
Sublime
Porta
,
per
la
quale
s
'
entra
nel
palazzo
del
gran
vizir
e
nel
Ministero
degli
esteri
:
quartiere
austero
e
silenzioso
,
in
cui
sembra
raccolta
tutta
la
tristezza
delle
sorti
dell
'
impero
.
Da
questa
valle
si
sale
sulla
seconda
collina
,
dove
sorge
la
moschea
marmorea
di
Nuri
-
Osmanié
,
luce
d
'
Osmano
,
e
la
colonna
bruciata
di
Costantino
,
che
sosteneva
un
Apollo
di
bronzo
colla
testa
del
grande
Imperatore
,
ed
era
nel
bel
mezzo
dell
'
antico
foro
,
circondato
di
portici
,
d
'
archi
di
trionfo
e
di
statue
.
Al
di
là
di
questa
collina
si
apre
la
valle
dei
bazar
,
che
dalla
moschea
di
Bajazet
va
fino
a
quella
della
sultana
Validè
,
ed
abbraccia
un
labirinto
immenso
di
strade
coperte
,
piene
di
gente
e
di
rumore
,
da
cui
s
'
esce
colla
vista
annebbiata
e
colle
orecchie
stordite
.
Sulla
terza
collina
,
che
domina
ad
un
tempo
il
mar
di
Marmara
e
il
Corno
d
'
oro
,
giganteggia
la
moschea
di
Solimano
,
rivale
di
Santa
Sofia
,
gioia
e
splendore
di
Stambul
,
come
dicono
i
poeti
turchi
,
e
la
torre
meravigliosa
del
Ministero
della
guerra
,
il
quale
s
'
alza
sulle
rovine
degli
antichi
palazzi
dei
Costantini
,
abitati
un
tempo
da
Maometto
il
conquistatore
,
poi
convertiti
in
serraglio
delle
vecchie
sultane
.
Fra
la
terza
e
la
quarta
altura
si
stende
come
un
ponte
aereo
l
'
enorme
acquedotto
dell
'
imperatore
Valente
,
formato
da
due
ordini
d
'
archi
leggerissimi
,
vestiti
di
verzura
,
che
spenzola
a
ghirlande
sopra
la
valle
popolata
di
case
.
Si
passa
sotto
l
'
acquedotto
,
si
sale
sulla
quarta
collina
.
Qui
,
sulle
rovine
della
chiesa
famosa
dei
Santi
Apostoli
,
fondata
dall
'
imperatrice
Elena
e
rifabbricata
da
Teodora
,
s
'
eleva
la
moschea
di
Maometto
II
,
circondata
di
scuole
,
d
'
ospedali
e
d
'
alberghi
da
carovane
;
accanto
alla
moschea
,
il
bazar
degli
schiavi
,
i
bagni
di
Maometto
e
la
colonna
granitica
di
Marciano
,
che
porta
ancora
il
suo
cippo
di
marmo
ornato
delle
aquile
imperiali
;
e
vicino
alla
colonna
il
luogo
dove
era
la
piazza
dell
'
Et
-
Meidan
,
in
cui
fu
consumata
la
strage
famosa
dei
Giannizzeri
.
S
'
attraversa
un
'
altra
valle
,
coperta
da
un
'
altra
città
,
e
si
sale
alla
quinta
collina
,
sulla
quale
è
posta
la
moschea
di
Selim
,
presso
all
'
antica
cisterna
di
San
Pietro
,
convertita
in
giardino
.
Sotto
,
lungo
il
Corno
d
'
oro
,
si
stende
il
Fanar
,
quartiere
greco
,
sede
del
patriarca
,
in
cui
s
'
è
rifugiata
l
'
antica
Bisanzio
,
coi
discendenti
dei
Paleologhi
e
dei
Comneni
,
e
dove
seguirono
le
orrende
carnificine
del
1821
.
Si
scende
in
una
quinta
valle
,
si
sale
sopra
la
sesta
collina
.
Qui
s
'
è
già
sul
terreno
che
occupavano
le
otto
coorti
dei
quarantamila
Goti
di
Costantino
,
fuori
della
cerchia
delle
prime
mura
,
le
quali
non
abbracciavano
che
la
quarta
collina
;
e
appunto
nello
spazio
occupato
dalla
coorte
settima
,
che
ha
lasciato
al
luogo
il
nome
di
Hebdomon
.
Sulla
sesta
collina
,
rimangono
le
mura
del
palazzo
di
Costantino
Porfirogenete
,
dove
si
coronavano
gl
'
imperatori
,
chiamato
ora
dai
turchi
Tekir
-
Serai
,
palazzo
dei
principi
.
Ai
piedi
della
collina
,
Balata
,
il
ghetto
di
Costantinopoli
,
quartiere
immondo
,
che
s
'
allunga
sulla
riva
del
Corno
fino
alle
mura
della
città
,
e
al
di
qua
di
Balata
,
il
sobborgo
antico
delle
Blacherne
,
una
volta
ornato
di
palazzi
dai
tetti
dorati
,
soggiorno
prediletto
degl
'
imperatori
,
famoso
per
la
gran
chiesa
dell
'
imperatrice
Pulcheria
e
per
il
santuario
delle
reliquie
;
ora
pieno
di
rovine
e
tristezza
.
Alle
Blacherne
cominciano
le
mura
merlate
che
dal
Corno
d
'
oro
corrono
fino
al
mar
di
Marmara
,
abbracciando
la
settima
collina
,
dov
'
era
il
foro
boario
,
e
c
'
è
ancora
il
piedestallo
della
colonna
d
'
Arcadio
:
la
collina
più
orientale
e
più
grande
di
Stambul
,
fra
la
quale
e
le
altre
sei
scorre
il
piccolo
fiume
Lykus
,
che
entra
nella
città
presso
la
porta
di
Carisio
e
si
va
a
gettar
nel
mare
vicino
all
'
antico
porto
di
Teodosio
.
Dalle
mura
delle
Blacherne
,
si
vede
ancora
il
sobborgo
d
'
Ortaksiler
,
che
scende
dolcemente
verso
la
rada
,
incoronato
di
giardini
;
al
di
là
d
'
Ortaksiler
il
sobborgo
d
'
Eyub
,
terra
santa
degli
Osmanli
,
colla
sua
moschea
gentile
,
e
il
suo
vasto
cimitero
ombreggiato
da
un
bosco
di
cipressi
e
biancheggiante
di
mausolei
e
di
tombe
;
dietro
Eyub
,
l
'
altopiano
dell
'
antico
campo
militare
,
dove
le
legioni
levavan
sugli
scudi
i
nuovi
imperatori
;
e
di
là
dall
'
altopiano
,
altri
villaggi
i
cui
vivi
colori
ridono
vagamente
in
mezzo
al
verde
dei
boschetti
bagnati
dalle
ultime
acque
del
Corno
d
'
oro
.
Ecco
Stambul
.
È
divina
.
Ma
il
cuore
si
sgomenta
a
pensare
che
questo
sterminato
villaggio
asiatico
si
stende
sulle
rovine
di
quella
seconda
Roma
,
di
quell
'
immenso
museo
di
tesori
rapiti
all
'
Italia
,
alla
Grecia
,
all
'
Egitto
,
all
'
Asia
minore
,
di
cui
il
solo
ricordo
abbaglia
la
mente
come
un
sogno
divino
.
Dove
sono
i
grandi
portici
che
attraversavano
la
città
dal
mare
alle
mura
,
le
cupole
dorate
,
i
colossi
equestri
che
s
'
innalzavano
sui
pilastri
titanici
dinanzi
agli
anfiteatri
e
alle
terme
,
le
sfingi
di
bronzo
sedute
sui
piedestalli
di
porfido
,
i
templi
e
i
palazzi
che
innalzavano
i
frontoni
di
granito
in
mezzo
a
un
popolo
aereo
di
numi
di
marmo
e
d
'
imperatori
d
'
argento
?
Tutto
è
sparito
o
trasformato
.
Le
statue
equestri
di
bronzo
son
state
fuse
in
cannoni
;
le
rivestiture
di
rame
degli
obelischi
,
ridotte
in
monete
;
i
sarcofagi
delle
imperatrici
,
cangiati
in
fontane
;
la
chiesa
di
Santa
Irene
è
un
arsenale
,
la
cisterna
di
Costantino
un
'
officina
,
il
piedestallo
della
colonna
d
'
Arcadio
una
bottega
di
maniscalco
,
l
'
Ippodromo
un
mercato
di
cavalli
;
l
'
edera
e
le
macerie
coprono
le
fondamenta
delle
reggie
,
sul
suolo
degli
anfiteatri
cresce
l
'
erba
dei
cimiteri
,
e
poche
iscrizioni
calcinate
dagli
incendi
o
mutilate
dalle
scimitarre
degl
'
invasori
rammentano
che
su
quei
colli
vi
fu
la
metropoli
meravigliosa
dell
'
impero
d
'
Oriente
.
Su
questa
immane
rovina
siede
Stambul
,
come
un
'
odalisca
sopra
un
sepolcro
,
aspettando
la
sua
ora
.
ALL
'
ALBERGO
Ed
ora
i
lettori
vengano
con
me
all
'
albergo
a
prendere
un
po
'
di
respiro
.
Una
gran
parte
di
quello
che
ho
descritto
fin
qui
,
il
mio
amico
ed
io
lo
vedemmo
il
giorno
stesso
dell
'
arrivo
:
immagini
chi
legge
come
dovessimo
aver
la
testa
ritornando
all
'
albergo
sul
far
della
notte
.
Per
strada
non
si
disse
una
parola
,
e
appena
entrati
nella
camera
,
ci
lasciammo
cadere
sul
sofà
guardandoci
in
viso
e
domandandoci
tutt
'
e
due
insieme
:
-
Che
te
ne
pare
?
-
Che
cosa
ne
dici
?
-
E
pensare
ch
'
io
son
venuto
qui
per
dipingere
!
-
Ed
io
per
scrivere
!
E
ci
ridemmo
sul
viso
in
atto
di
fraterno
compatimento
.
Quella
sera
,
in
fatti
,
ed
anche
per
varii
giorni
dopo
,
sua
maestà
Abdul
-
Aziz
m
'
avrebbe
potuto
offrire
in
premio
una
provincia
dell
'
Asia
Minore
,
che
non
sarei
riuscito
a
metter
insieme
dieci
righe
intorno
alla
capitale
dei
suoi
Stati
,
tanto
è
vero
che
per
descrivere
le
grandi
cose
bisogna
farsi
di
lontano
,
e
per
ricordarsene
bene
,
averle
un
po
'
dimenticate
.
E
poi
come
avrei
potuto
scrivere
in
una
camera
da
cui
si
vedeva
il
Bosforo
,
Scutari
e
la
cima
dell
'
Olimpo
?
L
'
albergo
stesso
era
uno
spettacolo
.
A
tutte
le
ore
del
giorno
,
per
le
scale
e
pei
corridoi
,
andava
e
veniva
gente
d
'
ogni
paese
.
Alla
tavola
rotonda
sedevano
ogni
giorno
venti
nazioni
.
Desinando
,
non
mi
potevo
levar
dalla
testa
d
'
essere
un
delegato
del
governo
italiano
,
e
di
dover
prendere
la
parola
alle
frutta
su
qualche
grande
questione
internazionale
.
C
'
erano
visi
rosei
di
lady
,
teste
scapigliate
d
'
artisti
,
grinte
d
'
avventurieri
da
batterci
moneta
sopra
,
testine
di
vergini
bizantine
a
cui
non
mancava
che
il
nimbo
d
'
oro
,
faccie
bizzarre
e
sinistre
;
e
ogni
giorno
cangiavano
.
Alle
frutta
,
quando
tutti
parlavano
,
pareva
d
'
essere
nella
torre
di
Babele
.
Vi
conobbi
fin
dal
primo
giorno
parecchi
russi
infatuati
di
Costantinopoli
.
Ogni
sera
ci
ritrovavamo
là
,
di
ritorno
dai
punti
estremi
della
città
,
e
ognuno
aveva
un
viaggio
da
raccontare
.
Chi
era
salito
in
cima
alla
torre
del
Seraschiere
,
chi
aveva
visitato
i
cimiteri
di
Eyub
,
chi
veniva
da
Scutari
,
chi
aveva
fatto
una
corsa
sul
Bosforo
;
la
conversazione
era
tutta
ordita
di
descrizioni
piene
di
colori
e
di
luce
;
e
quando
mancava
la
parola
,
i
vini
dolci
e
profumati
dell
'
Arcipelago
facevano
da
suggeritori
.
C
'
erano
pure
alcuni
miei
concittadini
,
bellimbusti
danarosi
,
che
mi
fecero
divorar
molta
stizza
,
perché
dalla
minestra
alle
frutta
non
facevano
che
dire
ira
d
'
Iddio
di
Costantinopoli
:
e
che
non
c
'
eran
marciapiedi
,
e
che
i
teatri
erano
oscuri
,
e
che
non
si
sapeva
come
passar
la
sera
.
Erano
venuti
a
Costantinopoli
per
passar
la
sera
.
Uno
di
costoro
aveva
fatto
il
viaggio
sul
Danubio
.
Gli
domandai
se
gli
era
piaciuto
il
gran
fiume
.
Mi
rispose
che
in
nessuna
parte
del
mondo
si
cucinava
lo
storione
come
sui
piroscafi
della
reale
e
imperiale
Compagnia
austriaca
.
Un
altro
era
un
tipo
amenissimo
di
viaggiatore
amoroso
;
uno
di
coloro
che
viaggiano
per
sedurre
,
col
taccuino
delle
conquiste
.
Era
un
contino
lungo
e
biondo
,
largamente
dotato
dell
'
ottavo
dono
dello
Spirito
Santo
,
che
quando
il
discorso
cadeva
sulle
donne
turche
,
chinava
la
testa
con
un
sorriso
misterioso
,
e
non
pigliava
parte
alla
conversazione
se
non
con
mezze
parole
troncate
sempre
artificialmente
da
una
sorsata
di
vino
.
Arrivava
tutti
i
giorni
a
desinare
un
po
'
più
tardi
degli
altri
,
tutto
ansante
,
coll
'
aria
d
'
averla
fatta
al
Sultano
un
quarto
d
'
ora
prima
,
e
tra
un
piatto
e
l
'
altro
faceva
passare
di
tasca
in
tasca
,
con
molta
cautela
,
dei
bigliettini
piegati
,
che
dovevano
parere
lettere
d
'
odalische
,
ed
erano
sicurissimamente
note
d
'
albergo
.
Ma
i
soggetti
che
s
'
inciampano
in
questi
alberghi
di
città
cosmopolite
!
Bisogna
esserci
stati
per
crederci
.
V
'
era
un
giovane
ungherese
,
sulla
trentina
,
alto
,
nervoso
,
con
due
occhi
diabolici
e
una
parlantina
febbrile
,
il
quale
,
dopo
aver
fatto
il
segretario
d
'
un
ricco
signore
a
Parigi
,
era
andato
ad
arruolarsi
fra
gli
zuavi
francesi
in
Algeria
,
era
stato
ferito
e
preso
prigioniero
dagli
Arabi
,
poi
scappato
nel
Marocco
,
poi
ritornato
in
Europa
e
corso
all
'
Aja
a
chiedere
il
grado
d
'
ufficiale
per
andare
a
combattere
contro
gli
Accinesi
;
respinto
all
'
Aja
,
aveva
deciso
d
'
arrolarsi
nell
'
esercito
turco
;
ma
passando
a
Vienna
per
venire
a
Costantinopoli
,
s
'
era
preso
una
palla
di
pistola
nel
collo
,
in
un
duello
per
una
donna
,
e
faceva
vedere
la
cicatrice
;
respinto
anche
a
Costantinopoli
,
-
cos
'
ho
da
fare
?
-
diceva
-
je
suis
enfant
de
l
'
aventure
;
bisogna
bene
ch
'
io
mi
batta
;
ho
già
trovato
chi
mi
conduce
alle
Indie
,
-
e
mostrava
il
biglietto
d
'
imbarco
-
;
mi
farò
soldato
inglese
;
nell
'
interno
c
'
è
sempre
qualcosa
da
fare
;
io
non
cerco
che
di
battermi
;
che
cosa
m
'
importa
di
morire
?
Tanto
ho
un
polmone
rovinato
.
-
Un
altro
bell
'
originale
era
un
francese
,
la
cui
vita
pareva
non
fosse
altro
che
una
perpetua
guerra
colla
posta
:
aveva
una
quistione
pendente
con
la
posta
austriaca
,
colla
francese
,
coll
'
inglese
;
mandava
articoli
di
protesta
alla
Neue
Freie
Presse
;
lanciava
impertinenze
telegrafiche
a
tutte
le
stazioni
postali
del
continente
,
aveva
ogni
giorno
un
diverbio
a
qualche
finestrino
di
posta
,
non
riceveva
una
lettera
a
tempo
,
non
ne
scriveva
una
che
arrivasse
dov
'
era
mandata
,
e
raccontava
a
tavola
tutte
le
sue
disgrazie
e
tutte
le
sue
baruffe
,
concludendo
sempre
coll
'
assicurarci
che
la
Posta
gli
avrebbe
accorciata
la
vita
.
Mi
ricordo
pure
d
'
una
signora
greca
,
un
viso
di
spiritata
,
vestita
bizzarramente
,
e
sempre
sola
,
che
ogni
sera
si
alzava
da
tavola
a
metà
del
desinare
,
e
se
n
'
andava
dopo
aver
fatto
sul
piatto
un
segno
cabalistico
di
cui
nessuno
riuscì
mai
a
capire
il
significato
.
Non
ho
più
dimenticata
nemmeno
una
coppia
valacca
,
un
bel
giovane
sui
venticinque
anni
e
una
giovanetta
sul
primo
sboccio
,
comparsi
una
sera
sola
,
che
erano
indubitatamente
due
fuggiaschi
;
lui
rapitore
,
lei
complice
;
perché
bastava
fissarli
un
momento
per
farli
arrossire
,
e
ogni
volta
che
s
'
apriva
la
porta
,
scattavano
come
due
molle
.
Di
chi
altri
mi
ricordo
?
di
cento
altri
,
se
ci
pensassi
.
Era
una
lanterna
magica
.
Ci
divertivamo
,
il
mio
amico
ed
io
,
i
giorni
dell
'
arrivo
d
'
un
piroscafo
,
a
veder
entrare
la
gente
per
la
porta
di
strada
:
tutti
stanchi
,
sbalorditi
,
qualcuno
ancora
commosso
dallo
spettacolo
della
prima
entrata
;
faccie
che
dicevano
:
-
Che
mondo
è
questo
?
Dove
siamo
venuti
a
cascare
?
-
Un
giorno
entrò
un
giovinetto
,
arrivato
allora
,
che
pareva
matto
dalla
contentezza
di
essere
finalmente
a
Costantinopoli
,
sogno
della
sua
infanzia
,
e
stringeva
con
tutt
'
e
due
le
mani
la
mano
di
suo
padre
;
e
suo
padre
gli
diceva
con
voce
commossa
:
-
Je
suis
heureux
de
te
voir
heureux
,
mon
cher
enfant
.
-
Poi
passavamo
le
ore
calde
alla
finestra
a
guardare
la
Torre
della
fanciulla
,
che
s
'
alza
,
bianca
come
la
neve
,
sopra
uno
scoglio
solitario
del
Bosforo
,
in
faccia
a
Scutari
;
e
mentre
fantasticavamo
sulla
leggenda
del
principe
di
Persia
che
va
a
succhiare
il
veleno
dal
braccio
della
bella
sultana
,
morsicata
dall
'
aspide
,
da
una
finestra
della
casa
in
faccia
,
ogni
giorno
alla
stess
'
ora
,
un
ragazzo
di
cinque
anni
ci
faceva
le
corna
.
Tutto
era
curioso
in
quell
'
albergo
.
Fra
le
altre
cose
,
dinanzi
alla
porta
,
trovavamo
ogni
sera
uno
o
due
soggetti
di
faccia
equivoca
,
che
dovevano
essere
provveditori
di
modelle
per
i
pittori
,
e
che
pigliando
tutti
per
pittori
,
a
tutti
domandavano
a
bassa
voce
:
-
Una
turca
?
una
greca
?
un
'
armena
?
un
'
ebrea
?
una
nera
?
COSTANTINOPOLI
Ma
torniamo
a
Costantinopoli
,
e
spaziamovi
come
gli
uccelli
nel
cielo
.
Qui
ci
si
può
levare
tutti
i
capricci
.
Si
può
accendere
il
sigaro
in
Europa
e
andare
a
buttar
la
cenere
in
Asia
.
La
mattina
,
levandoci
,
possiamo
domandarci
:
-
Che
parte
del
mondo
vedrò
quest
'
oggi
?
-
Si
può
scegliere
fra
due
continenti
e
due
mari
.
S
'
ha
a
nostra
disposizione
dei
cavalli
sellati
in
ogni
piazzetta
,
delle
barchette
a
vela
in
ogni
seno
,
dei
piroscafi
a
cento
scali
;
il
caicco
che
guizza
,
la
talika
che
vola
,
e
un
esercito
di
ciceroni
che
parlano
tutte
le
lingue
d
'
Europa
.
Volete
sentir
la
commedia
italiana
?
veder
ballare
i
dervis
?
sentir
le
buffonate
di
Caragheuz
,
il
pulcinella
turco
?
udire
le
canzonette
licenziose
dei
teatrini
di
Parigi
?
assistere
alle
rappresentazioni
ginnastiche
degli
zingari
?
farvi
raccontare
una
leggenda
araba
da
un
rapsodo
?
andare
al
teatro
greco
?
sentir
predicare
un
iman
?
veder
passare
il
Sultano
?
Chiedete
e
domandate
.
Tutte
le
nazioni
sono
al
vostro
servizio
:
l
'
armeno
per
farvi
la
barba
,
l
'
ebreo
per
lustrarvi
le
scarpe
,
il
turco
per
condurvi
in
barca
,
il
nero
per
strofinarvi
nel
bagno
,
il
greco
per
porgervi
il
caffè
,
e
tutti
quanti
per
truffarvi
.
Per
dissetarvi
,
passeggiando
,
trovate
dei
gelati
fatti
colla
neve
dell
'
Olimpo
;
se
siete
golosi
,
potete
bere
dell
'
acqua
del
Nilo
,
come
il
Sultano
;
se
siete
deboli
di
stomaco
,
acqua
dell
'
Eufrate
;
se
siete
nervosi
,
acqua
del
Danubio
.
Potete
desinare
come
l
'
arabo
nel
deserto
o
come
l
'
epulone
alla
Maison
dorée
.
Per
far
la
siesta
,
avete
i
cimiteri
;
per
stordirvi
,
il
ponte
della
Sultana
Validè
;
per
sognare
,
il
Bosforo
;
per
passar
la
domenica
,
l
'
Arcipelago
dei
Principi
;
per
veder
l
'
Asia
Minore
,
il
monte
di
Bulgurlù
;
per
vedere
il
Corno
d
'
Oro
,
la
torre
di
Galata
;
per
veder
ogni
cosa
,
la
torre
del
Seraschiere
.
Ma
è
una
città
ancora
più
strana
che
bella
.
Le
cose
che
non
si
presentarono
mai
insieme
alla
nostra
mente
,
là
si
presentano
insieme
al
nostro
sguardo
.
Da
Scutari
parte
la
carovana
per
la
Mecca
e
parte
il
treno
diretto
per
Brussa
,
l
'
antica
metropoli
;
fra
le
mura
misteriose
del
vecchio
serraglio
,
passa
la
strada
ferrata
che
va
a
Sofia
;
i
soldati
turchi
scortano
il
prete
cattolico
che
porta
il
Santo
Sacramento
;
il
popolo
fa
festa
nei
cimiteri
;
la
vita
,
la
morte
,
i
piaceri
,
tutto
s
'
allaccia
e
si
confonde
.
V
'
è
il
movimento
di
Londra
e
la
letargia
dell
'
ozio
orientale
,
un
'
immensa
vita
pubblica
e
un
impenetrabile
mistero
nella
vita
privata
;
un
governo
assoluto
e
una
libertà
senza
confini
.
Per
i
primi
giorni
non
si
raccapezza
nulla
;
pare
che
d
'
ora
in
ora
o
debba
cessare
quel
disordine
o
seguire
una
rivoluzione
;
ogni
sera
,
tornando
a
casa
,
ci
sembra
di
tornare
da
un
viaggio
;
ogni
mattina
uno
si
domanda
:
-
Ma
è
proprio
qui
vicina
Stambul
?
-
Non
si
sa
dove
andare
a
battere
il
capo
,
un
'
impressione
cancella
l
'
altra
,
i
desiderii
s
'
affollano
,
il
tempo
fugge
;
si
vorrebbe
restar
là
tutta
la
vita
,
si
vorrebbe
partire
il
giorno
dopo
.
E
quando
poi
s
'
ha
da
descriverlo
questo
caos
?
A
momenti
vi
vien
la
tentazione
di
fare
un
fascio
di
tutti
i
libri
e
di
tutti
i
fogli
che
ho
sul
tavolino
,
e
di
buttare
ogni
cosa
dalla
finestra
.
GALATA
Il
mio
amico
ed
io
non
mettemmo
testa
a
partito
che
il
quarto
giorno
dopo
l
'
arrivo
.
Eravamo
sul
ponte
,
di
buon
mattino
,
ancora
incerti
di
quello
che
avremmo
fatto
nella
giornata
,
quando
Yunk
mi
propose
di
fare
una
prima
grande
passeggiata
,
con
una
meta
determinata
,
coll
'
animo
tranquillo
,
per
osservare
e
studiare
.
-
Percorriamo
,
-
mi
disse
,
-
tutta
la
riva
settentrionale
del
Corno
d
'
Oro
,
anche
a
costo
di
camminare
fino
a
notte
.
Faremo
colezione
in
una
taverna
turca
,
faremo
la
siesta
all
'
ombra
d
'
un
platano
e
ritorneremo
in
caicco
.
-
Accettai
la
proposta
;
ci
provvedemmo
di
sigari
e
di
spiccioli
,
e
data
un
'
occhiata
alla
carta
della
città
,
ci
avviammo
verso
Galata
.
Il
lettore
che
vuol
conoscer
bene
Costantinopoli
faccia
il
sacrifizio
d
'
accompagnarci
.
Arriviamo
a
Galata
.
Di
qui
deve
cominciare
la
nostra
escursione
.
Galata
è
posta
sopra
una
collina
che
forma
promontorio
tra
il
Corno
d
'
Oro
ed
il
Bosforo
,
dov
'
era
il
grande
cimitero
dei
Bizantini
antichi
.
È
la
city
di
Costantinopoli
.
Son
quasi
tutte
vie
strette
e
tortuose
,
fiancheggiate
da
taverne
,
da
botteghe
di
pasticcieri
,
di
barbieri
e
di
macellai
,
da
caffè
greci
ed
armeni
,
da
ufficii
di
negozianti
,
da
officine
,
da
baracche
;
tutto
fosco
,
umido
,
fangoso
,
viscoso
,
come
nei
bassi
quartieri
di
Londra
.
Una
folla
fitta
e
affaccendata
va
e
viene
per
le
vie
,
aprendosi
continuamente
per
dar
passo
ai
facchini
,
alle
carrozze
,
agli
asini
,
agli
omnibus
.
Quasi
tutto
il
commercio
di
Costantinopoli
passa
per
questo
borgo
.
Qui
la
Borsa
,
la
Dogana
,
gli
uffici
del
Lloyd
austriaco
,
quelli
delle
Messaggerie
francesi
;
chiese
,
conventi
,
ospedali
,
magazzeni
.
Una
strada
ferrata
sotterranea
unisce
Galata
a
Pera
.
Se
non
si
vedessero
per
le
strade
dei
turbanti
e
dei
fez
,
non
parrebbe
d
'
essere
in
Oriente
.
Da
tutte
le
parti
si
sente
parlar
francese
,
italiano
e
genovese
.
Qui
i
Genovesi
sono
quasi
in
casa
propria
,
e
si
danno
ancora
un
po
'
d
'
aria
di
padroni
,
come
quando
chiudevano
il
porto
a
loro
piacimento
,
e
rispondevano
col
cannone
alle
minaccie
degl
'
Imperatori
.
Ma
della
loro
potenza
non
rimangono
più
altri
monumenti
che
alcune
vecchie
case
sostenute
da
grossi
pilastri
e
da
arcate
pesanti
,
e
l
'
antico
edifizio
dove
risiedeva
il
Podestà
.
La
Galata
antica
è
quasi
interamente
sparita
.
Migliaia
di
casupole
sono
state
rase
al
suolo
per
far
luogo
a
due
lunghe
strade
:
una
delle
quali
rimonta
la
collina
verso
Pera
,
e
l
'
altra
corre
parallela
alla
riva
del
mare
da
un
'
estremità
all
'
altra
di
Galata
.
Per
questa
c
'
innoltrammo
il
mio
amico
ed
io
,
rifugiandoci
ogni
momento
nelle
botteghe
per
lasciar
passare
dei
grandi
omnibus
,
preceduti
da
turchi
scamiciati
che
sgombravano
la
strada
a
colpi
di
verga
.
A
ogni
passo
ci
suonava
nell
'
orecchio
un
grido
.
Il
facchino
turco
urlava
:
-
Sacun
ha
!
-
(
Largo
!
)
;
il
saccà
armeno
,
portatore
d
'
acqua
:
-
Varme
su
!
-
l
'
acquaiolo
greco
:
-
Crio
nero
!
-
l
'
asinaio
turco
:
-
Burada
!
-
il
venditore
di
dolci
:
-
Scerbet
!
-
il
venditore
di
giornali
:
-
Neologos
!
-
il
carrozziere
franco
:
Guarda
!
Guarda
!
Dopo
dieci
minuti
di
cammino
,
eravamo
assordati
.
A
un
certo
punto
,
con
nostra
meraviglia
,
ci
accorgemmo
che
la
strada
non
era
più
lastricata
,
e
pareva
che
il
lastrico
fosse
stato
levato
di
fresco
.
Ci
fermammo
a
guardare
,
cercando
d
'
indovinar
la
cagione
.
Un
bottegaio
italiano
ci
levò
la
curiosità
.
Quella
strada
conduce
ai
palazzi
del
Sultano
.
[
Torre
di
Galata
]
Pochi
mesi
prima
passando
di
là
il
corteo
imperiale
,
il
cavallo
di
sua
maestà
Abdul
-
Aziz
era
scivolato
e
caduto
,
e
il
buon
Sultano
,
irritato
,
aveva
ordinato
che
fosse
tolto
immediatamente
il
lastrico
dal
luogo
della
caduta
fino
al
suo
palazzo
.
In
questo
punto
memorabile
fissammo
il
termine
orientale
del
nostro
pellegrinaggio
,
e
voltate
le
spalle
al
Bosforo
,
ci
dirigemmo
,
per
una
serie
di
vicoli
tetri
e
sudici
,
verso
la
torre
di
Galata
.
La
città
di
Galata
ha
la
forma
d
'
un
ventaglio
spiegato
,
e
la
torre
,
posta
sul
culmine
della
collina
,
rappresenta
il
suo
perno
.
È
una
torre
rotonda
,
altissima
,
di
color
fosco
,
che
termina
in
una
punta
conica
,
formata
da
un
tetto
di
rame
,
sotto
il
quale
ricorre
un
giro
di
larghe
finestre
vetrate
,
una
specie
di
terrazza
coperta
e
trasparente
,
dove
giorno
e
notte
vigila
una
guardia
per
segnalare
il
primo
indizio
d
'
incendio
che
apparisca
nell
'
immensa
città
.
Fino
a
questa
torre
giungeva
la
Galata
dei
Genovesi
,
e
la
torre
s
'
innalza
appunto
sulla
linea
delle
mura
che
separavano
Galata
da
Pera
;
mura
di
cui
non
rimane
più
traccia
.
E
neanche
la
torre
non
è
più
l
'
antica
torre
di
Cristo
,
eretta
in
onore
dei
Genovesi
caduti
combattendo
;
poichè
la
rifabbricò
il
sultano
Mahmut
II
,
ed
era
già
stata
prima
restaurata
da
Selim
III
;
ma
è
pur
sempre
un
monumento
incoronato
della
gloria
di
Genova
,
e
un
Italiano
non
può
contemplarlo
,
senza
pensare
con
un
sentimento
d
'
alterezza
a
quel
pugno
di
mercanti
,
di
marinai
e
di
soldati
,
orgogliosamente
audaci
ed
eroicamente
cocciuti
,
che
vi
tennero
su
inalberata
per
secoli
la
bandiera
della
madre
repubblica
,
trattando
da
pari
a
pari
cogl
'
Imperatori
d
'
Oriente
.
Appena
oltrepassata
la
torre
,
ci
trovammo
in
un
cimitero
musulmano
.
[
Cimitero
di
Galata
]
Era
quello
che
si
chiama
il
cimitero
di
Galata
:
un
grande
bosco
di
cipressi
,
che
dalla
sommità
della
collina
di
Pera
scende
ripidamente
fino
al
Corno
d
'
Oro
,
ombreggiando
una
miriade
di
colonnette
di
pietra
o
di
marmo
,
inclinate
in
tutte
le
direzioni
,
e
sparse
in
disordine
giù
per
la
china
.
Alcune
di
queste
colonnette
son
terminate
in
forma
di
turbante
rotondo
,
e
serbano
traccie
di
colori
e
d
'
iscrizioni
;
altre
son
terminate
in
punta
;
molte
rovesciate
;
alcune
monche
,
col
turbante
portato
via
di
netto
,
e
si
crede
che
sian
quelle
dei
giannizzeri
,
che
il
Sultano
Mahmut
volle
sfregiare
anche
dopo
la
morte
.
La
maggior
parte
delle
fosse
sono
indicate
da
un
rialzamento
di
terra
in
forma
di
prisma
,
e
da
due
sassi
confitti
alle
due
estremità
,
sui
quali
,
giusta
la
superstizione
musulmana
,
devono
sedere
i
due
angeli
Nekir
e
Munkir
per
giudicare
l
'
anima
del
defunto
.
Qua
e
là
si
vedono
dei
piccoli
terrapieni
circondati
da
un
muricciolo
o
da
una
ringhiera
,
in
mezzo
ai
quali
s
'
alza
una
colonnetta
sormontata
da
un
grosso
turbante
,
e
intorno
altre
colonnette
minori
:
è
un
pascià
o
un
gran
signore
,
sepolto
in
mezzo
alle
sue
donne
e
ai
suoi
figliuoli
.
Dei
piccoli
sentieri
serpeggiano
e
s
'
incrociano
in
mille
punti
da
un
'
estremità
all
'
altra
del
bosco
;
qualche
turco
fuma
la
pipa
seduto
all
'
ombra
;
alcuni
ragazzi
corrono
e
saltellano
in
mezzo
ai
sepolcri
;
qualche
vacca
pascola
;
centinaia
di
tortore
grugano
fra
i
rami
dei
cipressi
;
passano
gruppi
di
donne
velate
;
e
fra
cipresso
e
cipresso
,
luccica
giù
in
fondo
l
'
azzurro
del
Corno
d
'
Oro
rigato
di
bianco
dai
minareti
di
Stambul
.
[
Pera
]
Usciamo
dal
cimitero
,
ripassiamo
ai
piedi
della
torre
di
Galata
e
infiliamo
la
strada
principale
di
Pera
.
Pera
è
alta
cento
metri
sopra
il
mare
,
è
ariosa
ed
allegra
,
e
guarda
il
Corno
d
'
Oro
ed
il
Bosforo
.
È
la
Westend
della
colonia
europea
;
la
città
dell
'
eleganza
e
dei
piaceri
.
La
strada
che
percorriamo
è
fiancheggiata
da
alberghi
inglesi
e
francesi
,
da
caffè
signorili
,
da
botteghe
luccicanti
,
da
teatri
,
da
Consolati
,
da
club
,
da
palazzi
d
'
ambasciatori
;
tra
i
quali
giganteggia
il
palazzo
di
pietra
dell
'
ambasciata
russa
,
che
domina
come
una
fortezza
Pera
Galata
e
il
sobborgo
di
Funduclù
,
posto
sulla
riva
del
Bosforo
.
Qui
brulica
una
folla
affatto
diversa
da
quella
di
Galata
.
Sono
quasi
tutti
cappelli
a
staio
e
cappelletti
piumati
o
infiorati
di
signore
.
Sono
zerbinotti
greci
,
italiani
e
francesi
,
negozianti
d
'
alto
bordo
,
impiegati
delle
legazioni
,
ufficiali
di
navi
straniere
,
carrozze
d
'
ambasciatori
,
e
figurine
equivoche
d
'
ogni
nazione
.
I
turchi
si
fermano
ad
ammirare
le
teste
di
cera
delle
botteghe
dei
barbieri
,
le
turche
si
piantano
colla
bocca
aperta
davanti
alle
vetrine
delle
modiste
;
l
'
europeo
parla
ad
alta
voce
,
sghignazza
e
scherza
in
mezzo
alla
strada
;
il
musulmano
,
si
sente
in
casa
d
'
altri
,
e
passa
colla
testa
meno
alta
che
a
Stambul
.
Tutt
'
a
un
tratto
il
mio
amico
mi
fece
voltare
indietro
perché
guardassi
Stambul
:
da
quel
punto
,
infatti
,
si
vedeva
lontano
,
dietro
un
velo
azzurrino
,
la
collina
del
Serraglio
,
Santa
Sofia
e
i
minareti
del
Sultano
Ahmed
;
un
altro
mondo
da
quello
in
cui
eravamo
;
e
poi
mi
disse
:
-
Guarda
qui
,
adesso
.
-
Abbassai
gli
occhi
e
lessi
in
una
vetrina
:
-
La
dame
aux
camelias
,
Madame
Bovary
,
Mademoiselle
Giraud
ma
femme
.
E
anche
a
me
quel
rapido
passaggio
fece
un
senso
vivissimo
,
e
dovetti
star
là
un
momento
a
pensarci
sopra
.
Un
'
altra
volta
fermai
io
il
mio
compagno
e
fu
per
mostrargli
un
caffè
meraviglioso
:
un
lungo
e
largo
corridoio
oscuro
,
in
fondo
al
quale
,
per
una
grande
finestra
spalancata
,
si
vedeva
a
una
lontananza
che
pareva
immensa
,
Scutari
illuminata
dal
sole
.
Andiamo
innanzi
per
la
gran
strada
di
Pera
,
e
siamo
quasi
arrivati
in
fondo
,
quando
sentiamo
gridare
da
una
voce
tonante
:
-
T
'
amo
,
Adele
!
t
'
amo
più
della
vita
!
T
'
amo
quanto
si
può
amare
sulla
terra
!
-
Ci
guardiamo
in
faccia
trasecolati
.
Di
dove
viene
quella
voce
?
Voltandoci
,
vediamo
per
le
fessure
d
'
un
assito
un
giardino
pieno
di
sedili
,
un
palco
scenico
e
dei
commedianti
che
fanno
le
prove
.
Una
signora
turca
,
poco
lontano
da
noi
,
guarda
anch
'
essa
per
le
fessure
,
e
ride
dai
precordi
.
Un
vecchio
turco
che
passa
scrolla
la
testa
in
segno
di
compassione
.
All
'
improvviso
la
turca
getta
un
grido
e
fugge
;
altre
donne
là
intorno
mettono
uno
strillo
e
voltan
le
spalle
.
Che
è
accaduto
?
È
un
turco
,
un
uomo
sulla
cinquantina
,
conosciuto
da
tutta
Costantinopoli
,
il
quale
passeggia
per
le
vie
nello
stato
in
cui
voleva
ridurre
tutti
i
musulmani
il
famoso
monaco
Turk
sotto
il
regno
di
Maometto
IV
:
ignudo
dalla
testa
ai
piedi
.
Il
disgraziato
saltella
sui
ciottoli
urlando
e
sghignazzando
,
e
un
branco
di
monelli
lo
insegue
facendo
un
baccano
d
'
inferno
.
-
È
da
sperarsi
che
lo
arresteranno
,
-
dico
al
portinaio
del
teatro
.
-
Nemmen
per
sogno
,
-
mi
risponde
;
-
son
mesi
che
gira
per
la
città
liberamente
.
-
Intanto
vedo
giù
per
la
via
di
Pera
gente
che
vien
fuori
dalle
botteghe
,
donne
che
scappano
,
ragazze
che
si
coprono
il
viso
,
porte
che
si
chiudono
,
teste
che
si
ritirano
dalle
finestre
.
E
questo
segue
tutti
i
giorni
e
nessuno
se
ne
dà
pensiero
!
Uscendo
dalla
via
di
Pera
,
ci
troviamo
dinanzi
a
un
altro
cimitero
musulmano
,
ombreggiato
da
un
boschetto
di
cipressi
e
chiuso
tutt
'
intorno
da
un
alto
muro
.
Se
non
ce
l
'
avessero
detto
poi
,
non
avremmo
mai
indovinato
il
perché
di
quel
muro
,
che
fu
innalzato
di
fresco
:
ed
è
che
il
bosco
sacro
al
riposo
dei
morti
era
diventato
un
nido
d
'
amori
soldateschi
!
Andando
oltre
,
infatti
,
trovammo
l
'
immensa
caserma
d
'
artiglieria
innalzata
da
Scialil
-
Pascià
:
un
solido
edificio
di
forma
rettangolare
,
dello
stile
moresco
del
rinascimento
turco
,
con
una
porta
fiancheggiata
da
colonne
leggere
e
sormontata
dalla
mezzaluna
e
dalla
stella
d
'
oro
di
Mahmut
,
con
gallerie
sporgenti
e
finestrine
ornate
di
stemmi
e
di
arabeschi
.
Dinanzi
alla
caserma
passa
la
strada
di
Dgiedessy
che
è
un
prolungamento
di
quella
di
Pera
,
di
là
dalla
strada
si
stende
una
vasta
piazza
d
'
armi
,
e
di
là
dalla
piazza
d
'
armi
altri
borghi
.
Qui
,
dove
nei
giorni
feriali
regna
ordinariamente
un
profondo
silenzio
,
la
sera
della
domenica
passa
un
torrente
di
gente
e
una
processione
di
carrozze
,
tutta
la
società
elegante
di
Pera
,
che
va
a
spandersi
nei
giardini
nelle
birrerie
e
nei
caffè
di
là
dalla
Caserma
.
In
uno
di
questi
caffè
si
fece
la
nostra
prima
sosta
;
nel
caffè
della
Bella
vista
,
luogo
di
ritrovo
del
fiore
della
società
perota
,
e
degno
veramente
del
suo
nome
;
perché
dal
suo
vasto
giardino
,
che
sporge
come
una
terrazza
sulla
sommità
dell
'
altura
,
si
vede
sotto
il
grande
sobborgo
musulmano
di
Funduclù
,
il
Bosforo
coperto
di
bastimenti
,
la
riva
asiatica
sparsa
di
giardini
e
di
villaggi
,
Scutari
colle
sue
bianche
moschee
,
una
bellezza
di
verde
,
d
'
azzurro
,
e
di
luce
,
che
sembra
un
sogno
.
Ci
levammo
di
là
con
rammarico
,
e
ci
parve
a
tutt
'
e
due
d
'
esser
pitocchi
a
buttar
sul
vassoio
otto
miserabili
soldi
per
due
tazze
di
caffè
,
dopo
aver
goduto
quella
visione
di
paradiso
terrestre
.
[
Gran
Campo
dei
Morti
]
Uscendo
dalla
Bella
vista
ci
trovammo
in
mezzo
al
Gran
Campo
dei
morti
dove
è
sepolta
in
cimiteri
distinti
gente
di
tutti
i
culti
,
eccettuato
l
'
ebraico
.
È
un
bosco
fitto
di
cipressi
,
d
'
acacie
e
di
sicomori
,
nel
quale
biancheggiano
migliaia
di
pietre
sepolcrali
,
che
da
lontano
paiono
le
rovine
d
'
un
immenso
edifizio
.
Tra
albero
e
albero
si
vede
il
Bosforo
e
la
riva
asiatica
.
Fra
le
tombe
serpeggiano
dei
larghi
viali
in
cui
passeggiano
dei
greci
e
degli
armeni
.
Su
alcune
pietre
stanno
seduti
dei
turchi
colle
gambe
incrociate
,
guardando
il
Bosforo
.
V
'
è
un
'
ombra
,
un
fresco
e
una
pace
che
,
al
primo
entrarvi
,
si
prova
una
sensazione
deliziosa
,
come
entrando
d
'
estate
in
una
grande
cattedrale
semioscura
.
Ci
arrestammo
nel
cimitero
armeno
.
Le
pietre
sepolcrali
son
tutte
grandi
e
piane
,
coperte
d
'
iscrizioni
nel
carattere
regolare
ed
elegante
della
lingua
armena
,
e
su
quasi
tutte
è
scolpita
un
'
immagine
che
rappresenta
il
mestiere
o
la
professione
del
morto
.
Sono
martelli
,
seghe
,
penne
,
scrigni
,
collane
;
il
banchiere
è
rappresentato
da
una
bilancia
,
il
prete
da
una
mitra
,
il
barbiere
da
una
catinella
,
il
chirurgo
da
una
lancetta
.
Sopra
una
pietra
vedemmo
una
testa
spiccata
dal
busto
,
e
il
busto
grondante
di
sangue
:
era
il
sepolcro
d
'
un
assassinato
o
d
'
un
giustiziato
.
Un
armeno
vi
dormiva
accanto
,
sdraiato
sull
'
erba
,
colla
faccia
in
aria
.
Entrammo
nel
cimitero
musulmano
.
Anche
qui
una
infinità
di
colonnette
a
file
e
a
gruppi
disordinati
;
alcune
colla
testa
dipinta
e
dorata
;
quelle
delle
donne
terminate
da
un
gruppo
d
'
ornamenti
in
rilievo
che
rappresentano
dei
fiori
;
molte
circondate
d
'
arbusti
e
di
pianticelle
fiorite
.
Mentre
stavamo
osservando
una
di
queste
colonne
,
due
turchi
che
tenevano
per
mano
un
bambino
,
ci
passarono
accanto
,
andarono
innanzi
altri
cinquanta
passi
,
si
fermarono
dinanzi
a
un
tumulo
,
vi
sedettero
sopra
,
e
aperto
un
involto
che
portavano
sotto
il
braccio
,
si
misero
a
mangiare
.
Io
stetti
ad
osservarli
.
Quand
'
ebbero
finito
,
il
più
avanzato
in
età
raccolse
qualchecosa
in
un
foglio
di
carta
,
-
mi
parve
un
pesce
e
del
pane
,
-
e
con
un
atto
rispettoso
,
mise
il
piccolo
pacco
in
un
buco
accanto
al
sepolcro
.
Dopo
questo
accesero
tutti
e
due
la
pipa
e
fumarono
tranquillamente
:
il
bambino
s
'
alzò
e
si
mise
a
scorrazzare
per
il
cimitero
.
Quel
pesce
e
quel
pane
,
ci
fu
spiegato
poi
,
erano
la
parte
di
cibo
che
i
turchi
lasciavano
in
segno
d
'
affetto
al
loro
parente
,
sepolto
probabilmente
da
poco
;
e
quel
buco
era
l
'
apertura
che
si
lascia
nella
terra
vicino
al
capo
di
tutti
i
sepolti
musulmani
,
perché
possano
udire
i
lamenti
e
i
pianti
dei
loro
cari
e
ricevere
qualche
goccia
d
'
acqua
di
rosa
o
sentir
il
profumo
di
qualche
fiore
.
Finita
la
loro
fumatina
funebre
,
i
due
turchi
pietosi
si
alzarono
,
e
ripreso
per
mano
il
bambino
,
disparvero
in
mezzo
ai
cipressi
.
[
Pancaldi
]
Usciamo
dal
cimitero
,
ci
troviamo
in
un
altro
quartiere
cristiano
,
Pancaldi
,
attraversato
da
strade
spaziose
,
fiancheggiate
da
edifizi
nuovi
;
circondato
di
villette
,
di
giardini
,
di
ospedali
e
di
grandi
caserme
;
il
sobborgo
di
Costantinopoli
più
lontano
dal
mare
;
visitato
il
quale
,
torniamo
indietro
per
ridiscendere
verso
il
Corno
d
'
Oro
.
Ma
nell
'
ultima
strada
del
sobborgo
,
assistiamo
a
uno
spettacolo
nuovo
e
solenne
:
il
passaggio
d
'
un
convoglio
funebre
greco
.
Una
folla
silenziosa
si
schiera
dalle
due
parti
della
strada
:
viene
innanzi
un
gruppo
di
preti
greci
,
colle
toghe
ricamate
;
l
'
archimandrita
con
una
corona
sul
capo
e
un
lungo
abito
luccicante
d
'
oro
;
dei
giovani
ecclesiastici
vestiti
di
colori
vivi
;
uno
stuolo
di
parenti
e
d
'
amici
coi
loro
vestimenti
più
ricchi
,
e
in
mezzo
a
loro
una
bara
inghirlandata
di
fiori
,
sulla
quale
è
distesa
una
giovanetta
di
quindici
anni
,
vestita
di
raso
e
tutta
splendente
di
gioielli
,
col
viso
scoperto
,
-
un
piccolo
viso
bianco
come
la
neve
,
colla
bocca
leggermente
contratta
in
una
espressione
di
spasimo
,
-
e
due
bellissime
treccie
nere
distese
sulle
spalle
e
sul
seno
.
La
bara
passa
,
la
folla
si
chiude
,
il
convoglio
s
'
allontana
,
e
noi
rimaniamo
soli
e
pensierosi
in
una
strada
deserta
.
[
San
Dimitri
]
Scendiamo
dalla
collina
di
Pancaldi
,
attraversiamo
il
letto
asciutto
d
'
un
torrentello
,
saliamo
su
per
un
altro
colle
,
ci
troviamo
in
un
altro
sobborgo
:
San
Dimitri
.
Qui
la
popolazione
è
quasi
tutta
greca
.
Si
vedono
da
ogni
parte
occhi
neri
e
nasi
aquilini
e
affilati
;
vecchi
d
'
aspetto
patriarcale
;
giovani
svelti
e
arditi
;
donnine
colle
trecce
sulle
spalle
;
ragazzi
dai
visetti
astuti
che
sgallettano
in
mezzo
alla
via
fra
le
galline
e
i
maiali
,
riempiendo
l
'
aria
di
grida
argentine
e
di
parole
armoniose
.
Ci
avvicinammo
a
un
gruppo
di
quei
ragazzi
che
si
baloccavano
coi
sassi
,
chiacchierando
tutti
ad
una
voce
.
Uno
di
essi
,
sugli
otto
anni
,
il
più
indiavolato
di
tutti
,
che
ogni
momento
buttava
in
aria
il
suo
piccolo
fez
gridando
:
-
Zito
!
Zito
!
-
(
Viva
!
Viva
!
)
-
si
voltò
improvvisamente
verso
un
altro
monello
seduto
dinanzi
a
una
porta
e
gridò
:
-
Checchino
!
Buttami
la
palla
!
-
Io
lo
afferrai
per
il
braccio
con
un
movimento
da
zingaro
rapitore
di
fanciulli
e
gli
dissi
:
-
Tu
sei
italiano
!
-
No
signore
,
-
rispose
,
-
sono
di
Costantinopoli
.
-
E
chi
t
'
ha
insegnato
a
parlare
italiano
?
-
domandai
.
-
Oh
bella
!
-
rispose
,
-
la
mamma
.
-
E
dov
'
è
la
mamma
?
In
quel
punto
mi
s
'
avvicinò
una
donna
con
un
bimbo
in
collo
,
tutta
sorridente
,
e
mi
disse
ch
'
era
pisana
,
moglie
d
'
uno
scalpellino
livornese
,
che
si
trovava
a
Costantinopoli
da
ott
'
anni
,
e
che
quel
ragazzo
era
suo
figlio
.
Se
quella
buona
donna
avesse
avuto
un
bel
viso
di
matrona
,
una
corona
turrita
sulla
testa
e
un
manto
sulle
spalle
,
non
avrebbe
rappresentato
più
vivamente
l
'
Italia
ai
miei
occhi
e
al
mio
cuore
.
-
Come
vi
ritrovate
qui
?
-
le
domandai
;
-
che
ne
dite
di
Costantinopoli
?
-
Che
n
'
ho
da
dire
?
-
rispose
sorridendo
ingenuamente
.
-
L
'
è
una
città
che
...
a
dirle
il
vero
,
mi
ci
par
sempre
l
'
ultimo
giorno
di
carnovale
.
-
E
qui
,
dando
la
stura
alla
sua
parlantina
toscana
,
ci
fece
sapere
che
pe
'
musulmani
il
loro
Gesù
è
Maometto
,
che
un
turco
può
sposare
quattro
donne
,
che
la
lingua
turca
è
bravo
chi
ne
intende
una
parola
,
e
altre
novità
dello
stesso
conio
;
ma
che
dette
in
quella
lingua
,
in
mezzo
a
quel
quartiere
greco
,
ci
riuscirono
più
care
di
qualunque
notizia
più
peregrina
,
tanto
che
prima
di
andarcene
lasciammo
un
piccolo
ricordo
d
'
argento
nella
manina
del
monello
,
e
andandocene
esclamammo
tutti
e
due
insieme
:
-
Ah
!
una
boccata
d
'
Italia
,
di
tanto
in
tanto
,
come
fa
bene
!
[
Tataola
]
Attraversammo
una
seconda
volta
la
piccola
valle
,
e
ci
trovammo
in
un
altro
quartiere
greco
,
Tataola
,
dove
lo
stomaco
suonando
a
soccorso
,
cogliemmo
l
'
occasione
per
visitare
l
'
interno
d
'
una
di
quelle
taverne
innumerevoli
di
Costantinopoli
,
che
hanno
un
aspetto
singolarissimo
,
e
son
tutte
fatte
ad
un
modo
.
È
uno
stanzone
grandissimo
,
di
cui
si
potrebbe
fare
un
teatro
,
non
rischiarato
per
lo
più
che
dalla
porta
di
strada
,
e
ricorso
tutt
'
intorno
da
un
alta
galleria
di
legno
a
balaustri
.
Da
una
parte
v
'
è
un
enorme
fornello
dove
un
brigante
in
maniche
di
camicia
frigge
dei
pesci
,
fa
girare
degli
arrosti
,
rimesta
degl
'
intingoli
,
e
s
'
adopera
in
altri
modi
ad
accorciare
la
vita
umana
;
dall
'
altra
un
banco
dove
un
'
altra
faccia
minacciosa
distribuisce
vino
bianco
e
vino
nero
in
bicchieri
a
manico
;
in
mezzo
e
sul
davanti
,
seggiole
nane
senza
spalliera
e
tavolette
poco
più
alte
delle
seggiole
che
rammentano
i
bischetti
dei
calzolai
.
Entrammo
un
po
'
vergognosi
perché
v
'
era
un
gruppo
di
greci
e
d
'
armeni
di
bassa
lega
,
e
temevamo
che
ci
guardassero
con
curiosità
canzonatoria
;
ma
nessuno
invece
ci
degnò
d
'
un
'
occhiata
.
Gli
abitanti
di
Costantinopoli
sono
,
io
credo
,
la
gente
meno
curiosa
di
questo
mondo
;
bisogna
almeno
essere
Sultani
o
passeggiar
nudi
per
le
strade
come
il
pazzo
di
Pera
,
perché
qualcuno
s
'
accorga
che
siete
al
mondo
.
Ci
sedemmo
in
un
angolo
e
stemmo
ad
aspettare
.
Ma
nessuno
veniva
.
Allora
capimmo
che
nelle
taverne
costantinopolitane
c
'
è
l
'
uso
di
servirsi
da
sè
.
Andammo
prima
al
fornello
a
farci
dare
un
arrosto
,
Dio
sa
di
che
quadrupede
,
poi
al
banco
a
prendere
un
bicchier
di
vino
resinoso
di
Tenedo
,
e
portato
ogni
cosa
sopra
la
tavola
che
ci
arrivava
al
ginocchio
,
mostrandoci
l
'
un
l
'
altro
il
bianco
degli
occhi
,
si
consumò
il
sacrificio
.
Pagammo
con
rassegnazione
,
e
usciti
in
silenzio
per
paura
che
ci
uscisse
dalla
bocca
un
raglio
o
un
latrato
,
ripigliammo
il
nostro
viaggio
verso
il
Corno
d
'
Oro
.
[
Kassim
-
pascià
]
Dopo
dieci
minuti
di
cammino
,
ci
trovammo
daccapo
in
piena
Turchia
,
nel
grande
sobborgo
musulmano
di
Kassim
-
pascià
,
in
una
vera
città
popolata
di
moschee
e
di
conventi
di
dervis
,
piena
d
'
orti
e
di
giardini
,
che
occupa
una
collina
e
una
valle
,
e
si
distende
fino
al
Corno
d
'
Oro
,
abbracciando
tutta
l
'
antica
baia
di
Mandracchio
,
dal
cimitero
di
Galata
fino
al
promontorio
che
prospetta
il
sobborgo
di
Balata
sull
'
altra
riva
.
Dall
'
alto
di
Kassim
-
pascià
si
gode
uno
spettacolo
incantevole
.
Si
vede
sotto
,
sulla
riva
,
l
'
immenso
arsenale
Ters
-
Kané
:
un
labirinto
di
bacini
,
d
'
opifici
,
di
piazze
,
di
magazzini
e
di
caserme
,
che
si
stende
per
la
lunghezza
d
'
un
miglio
lungo
tutta
la
parte
del
Corno
d
'
Oro
che
serve
di
Porto
di
guerra
;
il
palazzo
del
Ministro
della
Marina
,
elegante
e
leggero
,
che
par
che
galleggi
sull
'
acqua
,
e
disegna
le
sue
forme
bianche
sul
verde
cupo
del
cimitero
di
Galata
;
il
porto
percorso
da
vaporini
e
caicchi
pieni
di
gente
,
che
guizzano
in
mezzo
alle
corazzate
immobili
e
alle
vecchie
fregate
della
Guerra
di
Crimea
;
e
sulla
sponda
opposta
,
Stambul
,
l
'
acquedotto
di
Valente
che
slancia
i
suoi
archi
altissimi
nell
'
azzurro
del
cielo
,
le
grandi
moschee
di
Maometto
e
di
Solimano
,
e
una
miriade
di
case
e
di
minareti
.
Per
godere
meglio
questo
spettacolo
ci
sedemmo
dinanzi
a
un
caffè
turco
,
e
sorbimmo
la
quarta
o
la
quinta
delle
dodici
tazze
che
,
volere
o
non
volere
,
stando
a
Costantinopoli
,
bisogna
tracannare
ogni
giorno
.
Era
un
caffè
meschino
,
ma
come
tutti
i
caffè
turchi
,
originalissimo
:
non
molto
diverso
,
forse
,
dai
primissimi
caffè
dei
tempi
di
Solimano
il
Grande
,
o
da
quelli
in
cui
irrompeva
colla
scimitarra
nel
pugno
il
quarto
Amurat
,
quando
faceva
la
ronda
notturna
per
castigar
di
sua
mano
gli
spacciatori
del
liquore
proibito
.
Di
quanti
editti
imperiali
,
di
quante
dispute
di
teologi
e
lotte
sanguinose
è
stato
cagione
questo
"
nemico
del
sonno
e
della
fecondità
,
"
come
lo
chiamavano
gli
ulema
austeri
;
questo
"
genio
dei
sogni
e
sorgente
dell
'
immaginazione
"
,
come
lo
chiamavano
gli
ulema
di
manica
larga
,
ch
'
è
ora
,
dopo
l
'
amore
e
il
tabacco
,
il
conforto
più
dolce
d
'
ogni
più
povero
Osmano
!
Ora
si
beve
il
caffè
sulla
cima
della
torre
di
Galata
e
della
torre
del
Seraschiere
,
il
caffè
in
tutti
i
vaporini
,
il
caffè
nei
cimiteri
,
nelle
botteghe
dei
barbieri
,
nei
bagni
,
nei
bazar
.
In
qualunque
parte
di
Costantinopoli
uno
si
trovi
non
ha
che
a
gridare
,
senza
voltarsi
:
-
Caffè
-
gì
!
(
Caffettiere
!
)
e
dopo
tre
minuti
gli
fuma
dinanzi
una
tazza
.
[
Il
Caffè
]
Il
nostro
caffè
era
una
stanza
tutta
bianca
,
rivestita
di
legno
fino
all
'
altezza
d
'
un
uomo
,
con
un
divano
bassissimo
lungo
le
quattro
pareti
.
In
un
angolo
c
'
era
un
fornello
su
cui
un
turco
dal
naso
forcuto
stava
facendo
il
caffè
in
piccole
caffettiere
di
rame
,
che
vuotava
man
mano
in
piccolissime
tazze
,
mettendovi
egli
stesso
lo
zucchero
;
poichè
da
per
tutto
,
a
Costantinopoli
,
si
fa
il
caffè
apposta
per
ogni
avventore
,
e
gli
si
porta
bell
'
inzuccherato
,
con
un
bicchiere
d
'
acqua
che
i
Turchi
bevono
sempre
prima
di
avvicinare
la
tazza
alle
labbra
.
Ad
una
parete
era
appeso
un
piccolo
specchio
,
e
accanto
allo
specchio
una
specie
di
rastrelliera
piena
di
rasoi
a
manico
fisso
;
poichè
la
maggior
parte
dei
caffè
turchi
sono
ad
un
tempo
botteghe
di
barbieri
,
e
non
di
rado
il
caffettiere
è
anche
cavadenti
e
salassatore
,
e
macella
le
sue
vittime
nella
stanza
medesima
dove
gli
altri
avventori
pigliano
il
caffè
.
Alla
parete
opposta
era
appesa
un
'
altra
rastrelliera
piena
di
narghilè
di
cristallo
coi
lunghi
tubi
flessibili
,
attorcigliati
come
serpenti
,
e
di
cibuk
di
terra
cotta
colle
cannette
di
legno
di
ciliegio
.
Cinque
turchi
pensierosi
stavano
seduti
sul
divano
,
fumando
il
narghilè
;
altri
tre
erano
dinanzi
alla
porta
,
accoccolati
sopra
bassissime
seggiole
di
paglia
senza
spalliera
,
l
'
uno
accanto
all
'
altro
,
colle
spalle
appoggiate
al
muro
e
colla
pipa
alle
labbra
;
un
giovane
della
bottega
radeva
il
capo
,
davanti
allo
specchio
,
a
un
grosso
dervis
insaccato
in
una
tonaca
di
pelo
di
cammello
.
Nessuno
ci
guardò
quando
sedemmo
,
nessuno
parlava
,
e
fuorchè
il
caffettiere
e
il
suo
giovane
,
nessuno
faceva
il
menomo
movimento
.
Non
si
sentiva
altro
rumore
che
il
gorgoglio
dell
'
acqua
dei
narghilè
,
che
somiglia
alla
voce
dei
gatti
quando
fanno
le
fusa
.
Tutti
guardavano
diritto
dinanzi
a
sè
,
cogli
occhi
fissi
,
e
con
un
viso
che
non
esprimeva
assolutamente
nulla
.
Pareva
un
piccolo
museo
di
statue
di
cera
.
Quante
di
queste
scene
mi
son
rimaste
impresse
nella
memoria
!
Una
casa
di
legno
,
un
turco
seduto
,
una
bellissima
veduta
lontana
,
una
gran
luce
e
un
gran
silenzio
:
ecco
la
Turchia
.
Ogni
volta
che
questo
nome
mi
passa
per
la
mente
,
ci
passano
nello
stesse
punto
quelle
immagini
,
come
un
mulino
a
vento
e
un
canale
all
'
udir
nominare
Olanda
.
[
Pialì
-
Pascià
]
Di
là
,
fiancheggiando
un
grande
cimitero
mussulmano
,
che
dall
'
alto
della
collina
di
Kassim
-
pascià
scende
fino
a
Ters
-
Kanè
,
rimontammo
verso
settentrione
,
scendemmo
nella
valletta
di
Pialì
-
Pascià
,
piccolo
sobborgo
mezzo
nascosto
in
mezzo
alla
verzura
dei
giardini
e
degli
orti
;
e
ci
fermammo
dinanzi
alla
moschea
che
gli
dà
il
nome
.
È
una
moschea
bianca
,
sormontata
da
sei
cupole
graziose
,
con
un
cortile
circondato
d
'
archi
e
di
colonnine
gentili
,
un
minareto
leggerissimo
e
una
corona
di
cipressi
giganteschi
.
In
quel
momento
tutte
le
casette
circostanti
erano
chiuse
,
le
strade
deserte
,
il
cortile
stesso
della
moschea
,
solitario
;
la
luce
e
l
'
uggia
del
mezzogiorno
avvolgevano
ogni
cosa
;
e
non
si
sentiva
che
il
ronzìo
dei
tafani
.
Guardammo
l
'
orologio
:
mancavano
tre
minuti
alle
dodici
:
una
delle
cinque
ore
canoniche
dei
musulmani
,
in
cui
i
muezzin
s
'
affacciano
al
terrazzo
dei
minareti
per
gridare
ai
quattro
punti
dell
'
orizzonte
le
formole
sacramentali
dell
'
Islam
.
Sapevamo
bene
che
non
c
'
è
minareto
in
tutta
Costantinopoli
sul
quale
,
a
quell
'
ora
fissa
,
non
comparisca
,
puntuale
come
l
'
automa
d
'
un
orologio
,
l
'
annunziatore
del
profeta
.
Eppure
ci
pareva
strano
che
anche
in
quella
estremità
della
città
immensa
,
su
quella
moschea
solitaria
,
a
quell
'
ora
,
in
quel
silenzio
profondo
,
dovesse
comparire
quella
figura
e
suonare
quella
voce
.
Tenni
l
'
orologio
in
mano
,
e
guardando
attentamente
la
lancetta
dei
minuti
e
la
porticina
del
terrazzo
del
minareto
,
alta
quasi
come
un
terzo
piano
d
'
una
casa
ordinaria
,
stetti
aspettando
con
viva
curiosità
.
La
lancetta
toccò
il
sessantesimo
trattino
nero
,
e
nessuno
comparve
.
-
Non
viene
!
-
dissi
.
-
[
Pialì
-
Pascià
]
Eccolo
!
-
rispose
Yunk
.
Era
comparso
.
Il
parapetto
del
terrazzo
lo
nascondeva
tutto
,
fuorchè
il
viso
,
di
cui
,
per
la
lontananza
,
non
si
distingueva
la
fisonomia
.
Stette
per
qualche
secondo
immobile
;
poi
si
tappò
le
orecchie
colle
dita
,
e
alzando
il
volto
al
cielo
,
gridò
con
una
voce
lenta
,
tremula
e
acutissima
,
con
un
accento
solenne
e
lamentevole
,
le
sacre
parole
,
che
risuonano
,
nello
stesso
punto
su
tutti
i
minareti
dell
'
Affrica
,
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
:
-
Dio
è
grande
!
Non
v
'
è
che
un
Dio
!
Maometto
è
il
profeta
di
Dio
!
Venite
alla
preghiera
!
Venite
alla
salute
!
Dio
è
grande
!
Dio
è
un
solo
!
Venite
alla
preghiera
!
-
Poi
fece
un
mezzo
giro
sul
terrazzo
e
ripetè
le
stesse
parole
rivolto
a
settentrione
;
poi
a
levante
,
poi
a
occidente
,
e
poi
disparve
.
In
quel
punto
ci
arrivarono
all
'
orecchio
fioche
fioche
le
ultime
note
d
'
un
'
altra
voce
lontana
,
che
pareva
il
grido
d
'
uno
che
chiedesse
soccorso
,
e
poi
tutto
tacque
,
e
rimanemmo
anche
noi
per
qualche
minuto
silenziosi
,
con
un
sentimento
vago
di
tristezza
come
se
quelle
due
voci
avessero
consigliato
la
preghiera
soltanto
a
noi
,
e
sparendo
quel
fantasma
,
fossimo
rimasti
soli
nella
valle
come
due
abbandonati
da
Dio
.
Nessun
suono
di
campana
mi
ha
mai
toccato
il
cuore
così
intimamente
;
e
soltanto
quel
giorno
compresi
il
perché
Maometto
,
per
chiamare
i
fedeli
alla
preghiera
,
abbia
preferito
all
'
antica
tromba
israelitica
e
all
'
antica
tabella
cristiana
,
il
grido
dell
'
uomo
.
E
su
quella
scelta
fu
lungo
tempo
incerto
;
onde
poco
mancò
che
tutto
l
'
Oriente
non
pigliasse
un
aspetto
assai
diverso
da
quello
che
ha
ora
;
poichè
s
'
era
scelta
la
tabella
,
che
poi
si
cangiò
in
campana
,
si
sarebbe
certo
trasformato
il
minareto
,
e
uno
dei
tratti
più
originali
e
più
graziosi
della
città
e
del
paesaggio
orientale
sarebbe
andato
perduto
.
[
Ok
-
Meidan
]
Risalendo
da
Pialì
-
Pascià
sulla
collina
,
verso
occidente
,
ci
trovammo
in
un
vastissimo
spazio
di
terreno
brullo
,
da
cui
si
vedeva
tutto
il
Corno
d
'
Oro
e
tutta
Stambul
,
dal
borgo
d
'
Eyub
alla
collina
del
serraglio
;
quattro
miglia
di
giardini
e
di
moschee
,
una
grandezza
e
una
leggiadria
,
da
contemplarsi
in
ginocchio
come
una
apparizione
celeste
.
Era
l
'
Ok
-
meïdan
,
la
piazza
delle
freccie
,
dove
andavano
i
Sultani
a
tirar
dell
'
arco
secondo
l
'
uso
dei
re
Persiani
.
Vi
sono
ancora
sparse
,
a
distanze
ineguali
,
alcune
colonnine
di
marmo
,
segnate
d
'
iscrizioni
,
che
indicano
i
punti
dove
caddero
le
freccie
imperiali
.
V
'
è
ancora
il
chiosco
elegante
,
con
una
tribuna
,
da
cui
i
sultani
tendevano
l
'
arco
.
A
destra
,
nei
campi
,
si
stendeva
una
lunga
fila
di
pascià
e
di
bey
,
punti
viventi
d
'
ammirazione
,
coi
quali
il
padiscià
rendeva
omaggio
alla
propria
destrezza
;
a
sinistra
,
dodici
paggi
della
famiglia
imperiale
,
che
correvano
a
raccogliere
gli
strali
e
a
segnare
il
punto
della
caduta
;
intorno
,
dietro
gli
alberi
e
i
cespugli
,
qualche
turco
temerario
venuto
per
contemplare
di
nascosto
le
sembianze
sublimi
del
Gran
Signore
;
e
sulla
tribuna
campeggiava
nell
'
atteggiamento
d
'
un
atleta
superbo
,
Mahmut
,
il
più
vigoroso
arciere
dell
'
impero
,
di
cui
l
'
occhio
scintillante
faceva
curvar
la
fronte
agli
spettatori
,
e
la
barba
famosa
,
nera
come
il
corvo
del
Monte
Tauro
,
spiccava
di
lontano
sul
grande
mantello
candido
,
spruzzato
del
sangue
dei
Giannizzeri
.
Ora
tutto
è
cangiato
e
diventato
prosaico
:
il
Sultano
tira
colla
rivoltella
nei
cortili
del
suo
palazzo
e
sull
'
Ok
-
meïdan
s
'
esercita
al
bersaglio
la
fanteria
.
Da
una
parte
v
'
è
un
convento
di
dervis
,
dall
'
altra
un
caffè
solitario
;
e
tutta
la
campagna
è
desolata
e
malinconica
come
una
steppa
.
[
Piri
-
Pascià
]
Scendendo
dall
'
Ok
-
meïdan
verso
il
Corno
d
'
Oro
,
ci
trovammo
in
un
altro
piccolo
sobborgo
musulmano
,
chiamato
Piri
-
Pascià
,
forse
da
quel
famoso
gran
vizir
del
primo
Selim
,
che
educò
Solimano
il
Grande
.
Piri
-
Pascià
prospetta
il
sobborgo
israelitico
di
Balata
,
posto
sull
'
altra
riva
del
Corno
.
Non
v
'
incontrammo
che
qualche
cane
e
qualche
vecchia
turca
mendicante
.
Ma
questa
solitudine
ci
permise
di
considerare
a
nostro
bell
'
agio
la
struttura
del
borgo
.
È
una
cosa
singolare
.
In
quel
borgo
,
come
in
qualunque
altra
parte
di
Costantinopoli
uno
s
'
addentri
,
dopo
averla
vista
o
dal
mare
o
dalle
alture
vicine
,
si
prova
la
medesima
impressione
che
a
guardare
un
bello
spettacolo
coreografico
dal
palco
scenico
dopo
averlo
visto
dalla
platea
;
ci
si
meraviglia
che
quell
'
insieme
di
cose
brutte
e
meschine
possa
produrre
una
così
bella
illusione
.
Non
v
'
è
nessuna
città
al
mondo
,
io
credo
,
nella
quale
la
bellezza
sia
così
pura
apparenza
come
a
Costantinopoli
.
Veduta
da
Balata
,
Piri
-
Pascià
è
una
cittadina
gentile
,
tutta
colori
ridenti
,
inghirlandata
di
verzura
,
che
si
specchia
nelle
acque
del
Corno
d
'
Oro
come
una
ninfa
,
e
desta
mille
immagini
d
'
amore
e
di
delizia
.
Entrateci
,
tutto
svanisce
.
Non
sono
che
casupole
rozze
,
tinte
di
coloracci
da
baracche
di
fiera
;
cortiletti
angusti
e
sucidi
,
che
paiono
ricettacoli
di
streghe
;
gruppi
di
fichi
e
di
cipressi
polverosi
,
giardini
ingombri
di
calcinacci
,
vicoli
deserti
,
miseria
,
immondizie
,
tristezza
.
Ma
scendete
una
china
,
saltate
in
un
caicco
,
e
dopo
cinque
remate
,
rivedete
la
cittadina
fantastica
,
in
tutta
la
pompa
della
sua
bellezza
e
della
sua
grazia
.
[
Hasskioi
]
Andando
innanzi
,
sempre
lungo
la
riva
del
Corno
d
'
Oro
,
scendiamo
in
un
altro
sobborgo
,
vasto
,
popoloso
,
d
'
aspetto
strano
,
dove
,
fin
dai
primi
passi
,
ci
accorgiamo
di
non
essere
più
in
mezzo
ai
musulmani
.
Da
ogni
parte
si
vedono
bambini
coperti
di
gore
e
di
scaglie
che
si
ravvoltolano
per
terra
;
vecchie
sformate
e
cenciose
che
lavorano
colle
mani
scheletrite
sugli
usci
delle
case
ingombre
di
ciarpame
e
ferravecchi
;
uomini
ravvolti
in
lunghi
vestiti
sudici
,
con
un
fazzoletto
in
brandelli
attorcigliato
intorno
alla
testa
,
che
passano
lungo
i
muri
in
aspetto
furtivo
;
visi
macilenti
alle
finestre
;
cenci
appesi
fra
casa
e
casa
;
strame
e
belletta
in
ogni
parte
.
È
Hasskioi
,
il
sobborgo
israelitico
,
il
ghetto
della
riva
settentrionale
del
Corno
d
'
Oro
,
che
fa
fronte
a
quello
dell
'
altra
riva
,
al
quale
lo
congiungeva
durante
la
guerra
di
Crimea
un
ponte
di
legno
di
cui
non
rimane
più
traccia
.
Di
qui
comincia
un
'
altra
lunga
catena
di
arsenali
,
di
scuole
militari
,
di
caserme
e
di
piazze
d
'
armi
,
che
si
stende
fin
quasi
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
.
Ma
di
questo
non
vedemmo
nulla
perché
ormai
non
ce
lo
consentivano
nè
le
gambe
,
nè
la
testa
.
Già
tutte
le
cose
vedute
ci
si
confondevano
nella
mente
;
ci
pareva
di
essere
in
viaggio
da
una
settimana
;
pensavamo
a
Pera
lontanissima
con
un
leggiero
sentimento
di
nostalgia
,
e
saremmo
tornati
indietro
,
se
non
ci
avesse
trattenuto
il
proposito
fatto
solennemente
sul
vecchio
ponte
,
e
se
Yunk
non
m
'
avesse
rianimato
,
secondo
il
suo
solito
,
intonando
la
gran
marcia
dell
'
Aida
.
[
Halidgi
-
Oghli
]
Avanti
dunque
.
Attraversiamo
un
altro
cimitero
musulmano
,
saliamo
sopra
un
'
altra
collina
,
entriamo
in
un
altro
sobborgo
,
nel
sobborgo
di
Halidgi
-
Oghli
,
abitato
da
una
popolazione
mista
;
una
piccola
città
dove
ad
ogni
svolto
di
vicolo
,
si
trova
una
nuova
razza
e
una
nuova
religione
.
Si
sale
,
si
scende
,
si
rampica
,
si
passa
in
mezzo
alle
tombe
,
alle
moschee
,
alle
chiese
,
alle
sinagoghe
;
si
gira
intorno
a
cimiteri
e
a
giardini
;
s
'
incontrano
delle
belle
armene
di
forme
matronali
e
delle
turche
leggiere
che
sbirciano
a
traverso
il
velo
;
si
sente
parlar
greco
,
armeno
e
spagnuolo
,
-
lo
spagnuolo
degli
ebrei
-
;
e
si
cammina
,
si
cammina
.
Si
dovrà
pure
arrivare
in
fondo
a
questa
Costantinopoli
!
-
diciamo
fra
noi
.
-
Tutto
ha
un
confine
su
questa
terra
!
Già
le
case
di
Halidgi
-
Oghli
diradano
,
cominciano
a
verdeggiare
li
orti
,
non
c
'
è
più
che
un
gruppo
di
abituri
,
vi
passiamo
in
mezzo
,
siamo
finalmente
arrivati
...
[
Sudludgé
]
Ahimè
!
non
siamo
arrivati
che
a
un
altro
sobborgo
.
È
il
sobborgo
cristiano
di
Sudludgé
,
che
s
'
innalza
sopra
una
collina
,
circondato
di
orti
e
di
cimiteri
;
sulla
collina
ai
piedi
della
quale
metteva
capo
il
solo
ponte
che
unisse
anticamente
le
due
rive
del
Corno
d
'
oro
.
Ma
questo
sobborgo
,
come
Dio
vuole
,
è
l
'
ultimo
,
e
la
nostra
escursione
è
finita
.
Usciamo
di
fra
le
case
per
cercare
un
luogo
di
riposo
;
saliamo
su
per
una
altura
ripida
e
nuda
che
s
'
alza
alle
spalle
di
Sudludgé
,
e
ci
troviamo
dinanzi
al
più
grande
cimitero
israelitico
di
Costantinopoli
:
un
vasto
piano
coperto
d
'
una
miriade
di
pietre
abbattute
,
le
quali
presentano
l
'
aspetto
sinistro
d
'
una
città
rovinata
dal
terremoto
,
senza
un
albero
,
senza
un
fiore
,
senza
un
filo
d
'
erba
,
senza
una
traccia
di
sentiero
:
una
solitudine
desolata
che
stringe
il
cuore
,
come
lo
spettacolo
d
'
una
grande
sventura
.
Sediamo
sopra
una
tomba
,
rivolti
verso
il
Corno
d
'
oro
,
ed
ammiriamo
,
riposando
,
il
panorama
immenso
e
gentile
che
ci
si
stende
dintorno
.
Si
vede
,
sotto
,
Sudludgé
,
Halidgi
-
Oghli
,
Hasskioj
,
Piri
-
Pascià
,
una
fuga
di
sobborghi
chiusi
fra
l
'
azzurro
del
mare
e
il
verde
dei
cimiteri
e
dei
giardini
;
a
sinistra
l
'
Okmeïdan
solitario
,
e
i
cento
minareti
di
Kassim
-
Pascià
;
più
lontano
,
Stambul
,
sterminata
e
confusa
;
di
là
da
Stambul
,
le
somme
linee
delle
montagne
dell
'
Asia
,
quasi
svanite
nel
cielo
;
dinanzi
,
proprio
in
faccia
a
Sudludgé
,
dall
'
altra
parte
del
Corno
d
'
oro
,
il
borgo
misterioso
d
'
Eyub
,
di
cui
si
distinguono
uno
per
uno
i
ricchi
mausolei
,
le
moschee
di
marmo
,
le
chine
ombrose
sparse
di
tombe
,
i
viali
solitari
,
e
i
recessi
pieni
di
tristezza
di
grazia
;
e
a
destra
d
'
Eyub
altri
villaggi
che
si
guardan
nell
'
acqua
,
e
poi
l
'
ultima
svolta
del
Corno
d
'
oro
,
che
si
perde
fra
due
alte
rive
rivestite
d
'
alberi
e
di
fiori
.
Spaziando
collo
sguardo
su
quel
panorama
,
stanchi
,
quasi
in
uno
stato
di
dormiveglia
,
senz
'
accorgercene
,
mettiamo
in
musica
quella
bellezza
,
canterellando
non
so
che
cosa
;
ci
domandiamo
chi
sarà
il
morto
su
cui
siamo
seduti
;
frughiamo
con
un
fuscello
dentro
un
formicaio
;
parliamo
di
mille
sciocchezze
;
ci
diciamo
di
tratto
in
tratto
:
-
Ma
siamo
proprio
a
Costantinopoli
?
-
;
poi
pensiamo
che
la
vita
è
breve
e
che
tutto
è
vanità
;
e
poi
ci
piglian
dei
fremiti
d
'
allegrezza
;
ma
in
fondo
sentiamo
che
nessuna
bellezza
della
terra
dà
una
gioia
veramente
intera
,
se
contemplandola
,
non
si
sente
nella
propria
mano
la
manina
della
donna
che
si
ama
.
[
In
caicco
]
Verso
il
tramonto
scendiamo
al
Corno
d
'
oro
,
entriamo
in
un
caicco
a
quattro
remi
,
e
non
abbiamo
ancora
pronunziato
la
parola
:
-
Galata
!
-
che
la
barchetta
gentile
è
già
lontana
dalla
riva
.
E
il
caicco
è
veramente
la
barchetta
più
gentile
che
abbia
mai
solcato
le
acque
.
È
più
lungo
della
gondola
,
ma
più
stretto
e
più
sottile
;
è
scolpito
,
dipinto
e
dorato
;
non
ha
nè
timone
,
nè
sedili
;
vi
si
siede
sopra
in
cuscino
o
un
tappeto
,
in
modo
che
non
riman
fuori
che
la
testa
e
le
spalle
;
è
terminato
alle
due
estremità
in
maniera
da
poter
andare
nelle
due
direzioni
;
si
squilibra
al
menomo
movimento
,
si
spicca
dalla
riva
come
una
freccia
dall
'
arco
,
par
che
voli
a
fior
d
'
acqua
come
una
rondine
,
passa
da
per
tutto
,
scivola
e
fugge
specchiando
nell
'
onde
i
suoi
mille
colori
come
un
delfino
inseguito
.
I
nostri
rematori
erano
due
bei
giovani
turchi
col
fez
rosso
,
con
una
camicia
cilestrina
,
con
un
paio
di
grandi
calzoni
bianchissimi
,
colle
braccia
e
colle
gambe
nude
;
due
atleti
ventenni
,
color
di
bronzo
,
puliti
,
allegri
e
baldanzosi
,
che
ad
ogni
remata
mandavano
innanzi
la
barca
di
tutta
la
sua
lunghezza
;
altri
caicchi
ci
passavano
accanto
di
volo
,
che
appena
si
vedevano
;
ci
passavano
vicino
degli
stormi
d
'
anitre
,
ci
roteavano
sul
capo
degli
uccelli
,
ci
rasentavano
delle
grandi
barche
coperte
,
piene
di
turche
velate
,
e
le
alghe
di
tratto
in
tratto
ci
nascondevano
ogni
cosa
.
Vista
d
'
in
fondo
al
Corno
d
'
Oro
,
a
quell
'
ora
,
la
città
presentava
un
aspetto
nuovissimo
.
Non
si
vedeva
la
riva
asiatica
,
a
cagione
della
curvatura
della
rada
;
la
collina
del
Serraglio
chiudeva
il
Corno
d
'
oro
come
un
lunghissimo
lago
;
le
colline
delle
due
rive
sembravano
ingigantite
;
e
,
Stambul
,
lontana
lontana
,
sfumata
con
una
gradazione
dolcissima
di
tinte
cineree
e
azzurrine
,
enorme
e
leggera
come
una
città
fatata
,
pareva
che
galleggiasse
sul
mare
e
si
perdesse
nel
cielo
.
Il
caicco
volava
,
le
due
rive
fuggivano
,
i
seni
succedevano
ai
seni
,
i
boschetti
ai
boschetti
,
i
sobborghi
ai
sobborghi
;
e
via
via
che
s
'
andava
innanzi
,
tutto
ci
s
'
allargava
e
ci
s
'
innalzava
dintorno
,
i
colori
della
città
illanguidivano
,
l
'
orizzonte
s
'
infocava
,
le
acque
mandavano
dei
riflessi
d
'
oro
e
di
porpora
,
e
un
profondo
stupore
ci
entrava
a
poco
a
poco
nell
'
anima
,
misto
a
una
dolcezza
indefinibile
,
che
ci
faceva
sorridere
e
non
ci
lasciava
parlare
.
Quando
il
caicco
si
fermò
allo
scalo
di
Galata
,
uno
dei
barcaioli
ci
dovette
gridare
negli
orecchi
:
Monsù
!
Arrivar
!
-
e
ci
destammo
come
da
un
sogno
.
IL
GRAN
BAZAR
Dopo
aver
visto
di
volo
tutta
Costantinopoli
,
percorrendo
le
due
rive
del
Corno
d
'
oro
,
è
tempo
di
entrare
nel
cuore
di
Stambul
,
d
'
andar
a
vedere
quella
fiera
universale
e
perpetua
,
quella
città
nascosta
,
oscura
,
piena
di
meraviglie
,
tesori
e
di
memorie
,
che
si
distende
fra
la
collina
di
Nuri
-
Osmanié
e
quella
del
Seraschiere
,
e
si
chiama
il
Grande
Bazar
.
Partiamo
dalla
piazza
della
moschea
Sultana
-
Validè
.
Qui
forse
si
vorrebbe
fermare
più
d
'
un
lettore
goloso
per
dare
un
'
occhiata
al
Balik
-
Bazar
,
mercato
dei
pesci
,
famoso
fin
dai
tempi
di
quel
vecchio
Andronico
Paleologo
,
il
quale
,
com
'
è
noto
,
dal
solo
prodotto
della
pesca
lungo
le
mura
della
città
ricavava
di
che
far
fronte
alle
spese
culinarie
di
tutta
la
sua
corte
.
La
pesca
,
infatti
,
è
ancora
abbondantissima
a
Costantinopoli
,
e
il
Balik
-
Bazar
,
nei
suoi
bei
giorni
,
potrebbe
offrire
all
'
autore
del
Ventre
de
Paris
il
soggetto
d
'
una
descrizione
pomposa
e
appetitosa
come
le
grandi
mense
dei
vecchi
quadri
olandesi
.
I
venditori
son
quasi
tutti
turchi
,
e
stanno
schierati
intorno
alla
piazza
,
coi
pesci
ammucchiati
sopra
stuoie
distese
in
terra
,
o
sopra
lunghe
tavole
,
intorno
a
cui
si
disputano
lo
spazio
una
folla
di
compratori
e
un
esercito
di
cani
.
Là
si
ritrovano
le
triglie
squisite
del
Bosforo
,
quattro
volte
più
grosse
di
quelle
dei
nostri
mari
;
le
ostriche
dell
'
isola
di
Marmara
,
che
i
Greci
e
gli
Armeni
soli
sanno
cuocere
a
punto
sulla
brace
;
le
palamite
e
i
tonni
che
son
salati
quasi
esclusivamente
dagli
Ebrei
;
le
alici
che
i
Turchi
impararono
a
salare
dai
Marsigliesi
;
le
sardelle
di
cui
Costantinopoli
provvede
l
'
Arcipelago
;
gli
ulufer
,
i
pesci
più
saporiti
del
Bosforo
,
che
si
pigliano
al
lume
della
luna
;
gli
scombri
del
Mar
Nero
,
che
fanno
sette
invasioni
successive
nelle
acque
della
città
,
levando
uno
strepito
che
si
sente
dalle
ville
delle
due
rive
;
isdaurid
colossali
,
pesci
spada
enormi
,
rombi
,
o
come
li
chiamano
i
Turchi
,
Kalkan
-
baluk
,
pesci
scudo
,
e
altri
mille
pesci
minori
,
che
guizzano
fra
i
due
mari
,
inseguiti
dai
delfini
e
dai
falianos
,
e
cacciati
da
innumerevoli
alcioni
,
a
cui
strappano
la
preda
dal
becco
i
piombini
.
Cuochi
di
pascià
,
vecchi
buongustai
musulmani
,
schiave
e
giovani
di
taverna
,
s
'
avvicinano
alle
tavole
,
guardano
i
pesci
in
atto
meditabondo
,
contrattano
a
monosillabi
,
e
se
ne
vanno
colla
loro
compra
appesa
a
uno
spago
,
tutti
gravi
e
taciturni
,
come
se
portassero
la
testa
d
'
un
nemico
;
a
mezzogiorno
la
piazza
è
sgombra
,
e
i
rivenditori
son
già
sparsi
per
i
caffè
vicini
,
dove
stanno
fino
al
cader
del
sole
,
sognando
ad
occhi
aperti
,
colle
spalle
al
muro
,
e
il
bocchino
del
narghilè
tra
le
labbra
.
Per
andare
al
Gran
Bazar
,
s
'
infila
una
strada
che
sbocca
nel
mercato
dei
pesci
,
tanto
stretta
che
le
sporgenze
delle
case
opposte
quasi
si
toccano
,
e
si
va
innanzi
per
un
buon
tratto
in
mezzo
a
due
file
di
botteghe
basse
ed
oscure
,
dove
si
vende
il
tabacco
"
la
quarta
colonna
della
tenda
della
voluttà
"
dopo
il
caffè
,
l
'
oppio
ed
il
vino
,
o
"
il
quarto
sofà
dei
godimenti
"
,
anch
'
esso
,
come
il
caffè
,
fulminato
un
tempo
da
editti
di
sultani
e
da
sentenze
di
muftì
,
e
cagione
di
torbidi
e
di
supplizi
,
che
lo
resero
più
saporito
.
Tutta
la
strada
è
occupata
dai
tabaccai
.
Il
tabacco
è
messo
in
mostra
sopra
assicciuole
,
a
piramidi
e
a
mucchi
rotondi
,
ognuno
sormontato
da
un
limone
.
Sono
piramidi
di
latakié
d
'
Antiochia
,
di
tabacco
del
Serraglio
biondo
e
sottilissimo
che
par
seta
della
più
fina
,
di
tabacco
da
sigarette
e
da
cibuk
,
di
tutte
le
gradazioni
di
sapore
e
di
forza
,
da
quel
che
fuma
il
facchino
gigantesco
di
Galata
a
quello
che
concilia
il
sonno
alle
odalische
annoiate
nei
chioschi
dei
giardini
imperiali
.
Il
tombeki
,
tabacco
fortissimo
,
che
darebbe
al
capo
anche
a
un
vecchio
fumatore
,
se
il
fumo
non
giungesse
alla
bocca
purificato
dall
'
acqua
del
narghilè
,
è
chiuso
in
boccie
di
vetro
come
un
medicinale
.
I
tabaccai
son
quasi
tutti
greci
od
armeni
cerimoniosi
,
che
affettano
un
certo
fare
signorile
;
gli
avventori
tengono
crocchio
;
vi
si
fermano
degli
impiegati
del
ministero
degli
esteri
e
del
Seraschierato
;
alle
volte
vi
dà
una
capatina
qualche
pezzo
grosso
;
vi
si
spolitica
,
si
va
a
raccogliervi
la
notizia
e
a
raccontarvi
il
fattarello
;
è
un
piccolo
bazar
appartato
e
aristocratico
,
che
invita
al
riposo
,
e
fa
sentire
,
anche
a
passarvi
soltanto
,
la
voluttà
della
chiacchera
e
del
fumo
.
Andando
innanzi
,
si
passa
sotto
una
vecchia
porta
ad
arco
,
inghirlandata
di
pampini
,
e
si
riesce
in
faccia
ad
un
vasto
edifizio
di
pietra
,
attraversato
da
una
lunga
strada
diritta
e
coperta
,
fiancheggiata
da
botteghe
oscure
,
e
ingombra
di
gente
,
di
casse
,
di
sacchi
,
di
mucchi
di
mercanzie
.
Entrando
,
si
sente
un
odore
d
'
aromi
acutissimo
,
che
quasi
ributta
indietro
.
È
il
bazar
egiziano
dove
sono
raccolte
tutte
le
derrate
dell
'
India
,
della
Siria
,
dell
'
Egitto
e
dell
'
Arrabia
,
che
ridotte
poi
in
essenze
,
in
pastiglie
,
in
polveri
,
in
unguenti
,
vanno
a
colorar
visetti
e
manine
d
'
odalische
,
a
profumar
stanze
e
bagni
e
bocche
e
barbe
e
pietanze
,
a
rinvigorire
Pascià
sfibrati
,
ad
assopire
spose
infelici
,
a
istupidire
fumatori
,
a
spander
sogni
,
ebbrezza
ed
obblìo
nella
città
sterminata
.
Fatti
pochi
passi
in
questo
bazar
,
si
comincia
a
sentir
la
testa
pesante
,
e
si
fugge
;
ma
la
sensazione
di
quell
'
aria
calda
e
grave
,
e
di
quei
profumi
inebbrianti
,
ci
accompagna
ancora
per
un
buon
tratto
all
'
aria
libera
,
e
rimane
poi
viva
nella
memoria
come
una
delle
più
intime
e
più
significanti
impressioni
dell
'
Oriente
.
Uscendo
dal
bazar
egiziano
,
si
passa
in
mezzo
a
officine
rumorose
di
calderai
,
a
taverne
turche
,
che
riempiono
la
strada
di
puzzi
nauseabondi
,
a
mille
botteguccie
e
nicchiette
e
buchi
oscuri
,
dove
si
fabbrica
e
si
vende
una
minutaglia
infinita
d
'
oggetti
senza
nome
,
e
si
arriva
finalmente
al
Grande
Bazar
.
Ma
assai
prima
d
'
arrivarci
,
s
'
è
assaliti
e
bisogna
difendersi
.
A
cento
passi
dalla
gran
porta
d
'
entrata
,
sono
appostati
,
come
bravi
,
i
sensali
dei
mercanti
,
e
i
sensali
dei
sensali
,
che
alla
prima
occhiata
v
'
hanno
riconosciuto
per
forestiero
,
hanno
capito
che
andate
al
bazar
per
la
prima
volta
,
e
indovinato
presso
a
poco
di
che
paese
siete
,
tanto
che
assai
di
rado
sbagliano
lingua
nel
dirigervi
la
parola
.
S
'
avvicinano
col
fez
in
mano
e
col
sorriso
sulle
labbra
e
v
'
offrono
i
loro
servizi
.
Allora
segue
quasi
sempre
un
dialogo
come
questo
.
-
Non
compro
nulla
-
rispondete
.
-
Che
importa
,
signore
?
Io
non
voglio
che
farle
vedere
il
bazar
.
-
Non
voglio
vedere
il
bazar
.
-
Ma
io
l
'
accompagno
gratis
.
-
Non
voglio
essere
accompagnato
gratis
.
-
Ebbene
,
non
l
'
accompagnerò
che
fino
in
fondo
alla
strada
,
per
darle
qualche
informazione
che
le
sarà
utile
un
altro
giorno
,
quando
verrà
per
comprare
.
-
Ma
se
non
voglio
neppur
sentir
discorrere
di
comprare
!
-
Parleremo
d
'
altro
,
signore
.
È
a
Costantinopoli
da
molto
tempo
?
È
soddisfatto
del
suo
albergo
?
Ha
ottenuto
il
permesso
di
visitare
le
moschee
?
-
Ma
se
vi
dico
che
non
voglio
parlare
,
che
voglio
esser
solo
!
-
Ebbene
,
la
lascierò
solo
;
la
seguiterò
alla
distanza
di
dieci
passi
.
-
Ma
perché
mi
volete
seguitare
?
-
Per
impedire
che
la
truffino
nelle
botteghe
.
-
Ma
se
non
entro
nelle
botteghe
!
-
Allora
...
per
impedire
che
le
diano
noia
per
la
strada
.
Insomma
,
o
bisogna
rimetterci
il
fiato
,
o
lasciarsi
accompagnare
.
Il
grande
bazar
non
ha
nulla
all
'
esterno
che
attiri
l
'
occhio
e
faccia
indovinare
il
di
dentro
.
È
un
immenso
edifizio
di
pietra
,
di
stile
bizantino
,
di
forma
irregolare
,
circondato
d
'
alte
mura
grigie
,
e
sormontato
da
centinaia
di
cupolette
rivestite
di
piombo
e
traforate
,
che
danno
luce
all
'
interno
:
l
'
entrata
principale
è
una
porta
arcata
,
senza
carattere
architettonico
;
dai
vicoli
intorno
non
si
sente
nessun
rumore
;
a
quattro
passi
dalla
porta
si
può
credere
ancora
che
dietro
quei
muri
di
fortezza
non
ci
sia
altro
che
solitudine
e
silenzio
.
Ma
appena
entrati
,
si
rimane
sbalorditi
.
Non
si
è
dentro
a
un
edifizio
,
ma
in
un
labirinto
di
strade
coperte
da
volte
arcate
e
fiancheggiate
da
pilastri
scolpiti
e
da
colonne
;
in
una
vera
città
,
colle
sue
moschee
,
colle
sue
fontane
,
coi
suoi
crocicchi
,
colle
sue
piazzette
,
rischiarata
da
una
luce
vaga
come
quella
d
'
una
foresta
fitta
in
cui
non
penetri
un
raggio
di
sole
;
e
percorsa
da
una
folla
immensa
.
Ogni
strada
è
un
bazar
,
e
quasi
tutte
metton
capo
in
una
strada
principale
,
coperta
da
una
volta
ad
archi
di
pietre
bianche
e
nere
,
e
decorata
d
'
arabeschi
,
come
una
navata
di
moschea
.
In
queste
strade
semioscure
,
in
mezzo
alla
folla
ondeggiante
,
passano
carrozze
,
cammelli
e
cavalieri
,
che
fanno
uno
strepito
assordante
.
In
ogni
parte
si
è
apostrofati
a
parole
e
a
cenni
.
Il
mercante
greco
chiama
ad
alta
voce
e
gesticola
in
atto
quasi
imperioso
;
l
'
armeno
,
altrettanto
furbo
,
ma
d
'
apparenza
più
modesta
sollecita
con
maniere
ossequiose
;
l
'
ebreo
susurra
le
sue
offerte
nell
'
orecchio
;
il
turco
silenzioso
,
accosciato
sopra
un
cuscino
sulla
soglia
della
bottega
,
non
invita
che
cogli
occhi
e
si
rimette
al
destino
.
Dieci
voci
insieme
vi
chiamano
:
Monsieur
!
Captan
!
Caballero
!
Signore
!
Eccellenza
!
Kyrie
!
Milord
!
-
Ad
ogni
svolta
,
per
le
porte
laterali
,
si
vedono
fughe
d
'
arcate
e
di
pilastri
,
lunghi
corridoi
,
scorci
di
stradette
,
prospetti
lontani
e
confusi
di
bazar
,
e
per
tutto
botteghe
,
merci
appese
ai
muri
e
alle
volte
,
mercanti
affaccendati
,
facchini
carichi
,
gruppi
di
donne
velate
,
un
fermarsi
e
un
disfarsi
continuo
di
crocchi
rumorosi
,
un
rimescolìo
di
gente
e
di
cose
,
da
dare
il
capogiro
.
La
confusione
,
però
,
non
è
che
apparente
.
Questo
immenso
bazar
è
ordinato
come
una
caserma
,
e
bastano
poche
ore
per
mettersi
in
grado
di
trovarci
qualunque
cosa
vi
si
cerchi
,
senza
bisogno
di
guida
.
Ogni
genere
di
mercanzia
ha
il
suo
piccolo
quartiere
,
la
sua
stradetta
,
il
suo
corridoio
,
la
sua
piazzuola
.
Sono
cento
piccoli
bazar
che
mettono
l
'
uno
nell
'
altro
,
come
le
sale
di
un
vastissimo
appartamento
;
ed
ogni
bazar
è
nello
stesso
tempo
un
museo
,
un
passeggio
,
un
mercato
e
un
teatro
,
nel
quale
si
può
veder
tutto
senza
comprar
nulla
,
prendere
il
caffè
,
godere
il
fresco
,
chiacchierare
in
dieci
lingue
e
fare
agli
occhi
colle
più
belle
donnine
dell
'
Oriente
.
Si
può
prendere
un
bazar
a
caso
e
passarci
una
mezza
giornata
senz
'
accorgersene
:
per
esempio
il
bazar
delle
stoffe
e
dei
vestiti
.
È
un
emporio
di
bellezze
e
di
ricchezze
da
perderci
gli
occhi
,
il
cervello
e
la
borsa
;
e
bisogna
star
in
guardia
,
perché
il
menomo
capriccio
può
aver
per
conseguenza
di
farci
chiedere
soccorso
a
casa
per
telegrafo
.
Si
passeggia
in
mezzo
a
mucchi
e
a
torri
di
broccati
di
Bagdad
,
di
tappeti
di
Caramania
,
di
sete
di
Brussa
,
di
tele
dell
'
Indostan
,
di
mussoline
del
Bengala
,
di
scialli
di
Madras
,
di
casimir
dell
'
India
e
della
Persia
,
di
tessuti
variopinti
del
Cairo
,
di
cuscini
rabescati
d
'
oro
,
di
veli
di
seta
rigati
d
'
argento
,
di
sciarpe
di
tocca
a
righe
azzurre
e
incarnate
,
leggiere
e
trasparenti
che
paiono
vaporose
,
di
stoffe
d
'
ogni
forma
e
d
'
ogni
disegno
,
in
cui
il
chermisino
,
il
blu
,
il
verde
,
il
giallo
,
i
colori
più
ribelli
alle
combinazioni
simpatiche
,
si
avvicinano
e
s
'
intrecciano
con
un
ardimento
e
un
'
armonia
da
far
rimanere
a
bocca
aperta
;
di
tappeti
da
tavola
d
'
ogni
grandezza
,
a
fondo
rosso
o
bianco
,
ricamati
d
'
arabeschi
,
di
fiori
,
di
versetti
del
Corano
,
di
cifre
imperiali
,
che
si
starebbe
un
giorno
a
contemplarli
come
le
pareti
dell
'
Alhambra
.
Qui
si
possono
ammirare
ad
una
ad
una
tutte
le
parti
del
vestiario
turco
signorile
,
come
nelle
alcove
d
'
un
arem
,
dalle
cappe
verdi
,
ranciate
e
color
di
giacinto
,
che
coprono
ogni
cosa
,
fino
alle
camicie
di
seta
,
ai
fazzoletti
ricamati
d
'
oro
e
alle
cinture
di
raso
a
cui
non
può
giungere
altro
sguardo
d
'
uomo
che
quel
del
signore
e
dell
'
eunuco
.
Qui
i
caffettani
di
velluto
rosso
,
contornati
d
'
ermellino
e
coperti
di
stelle
;
i
bustini
di
raso
giallo
,
i
calzoncini
di
seta
color
di
rosa
,
le
sottovesti
di
damasco
bianco
tempestate
di
fiori
d
'
oro
,
i
veli
di
sposa
scintillanti
di
pagliuole
d
'
argento
,
i
casacchini
di
terzopelo
verde
,
orlati
di
piumino
di
cigno
;
le
vesti
greche
,
armene
e
circasse
,
di
mille
tagli
capricciosi
,
sovraccariche
d
'
ornamenti
,
dure
e
splendenti
come
corazze
;
e
in
mezzo
a
tutti
questi
tesori
,
le
stoffe
prosaiche
di
Francia
e
d
'
Inghilterra
,
dai
colori
sinistri
,
che
ci
fanno
la
figura
della
nota
d
'
un
sarto
in
mezzo
alle
pagine
d
'
un
poema
.
Nessuno
che
ami
una
donna
,
può
passare
in
quel
bazar
senza
considerare
come
una
grande
sventura
di
non
essere
millionario
,
e
senza
sentirsi
per
un
momento
divampare
nell
'
anima
il
furore
del
saccheggio
.
Per
liberarsi
da
queste
idee
,
non
c
'
è
che
a
svoltare
nel
bazar
delle
pipe
.
Qui
l
'
immaginazione
è
ricondotta
a
desiderii
più
tranquilli
.
Sono
fasci
di
cibuk
di
gelsomino
,
di
ciliegio
,
d
'
acero
e
di
rosaio
;
bocchini
d
'
ambra
gialla
del
mar
Baltico
,
levigati
e
luccicanti
come
il
cristallo
,
d
'
innumerevoli
gradazioni
di
colore
e
di
trasparenza
,
ornati
di
rubini
e
di
diamanti
;
pipe
di
Cesarea
,
colla
cannetta
fasciata
di
fili
d
'
oro
e
di
seta
;
borse
da
tabacco
del
Libano
,
a
losanghe
di
varii
colori
,
rabescati
di
ricami
splendenti
;
narghilè
di
cristallo
di
Boemia
,
d
'
acciaio
e
d
'
argento
,
di
belle
forme
antiche
,
damaschinati
,
niellati
,
tempestati
di
pietre
preziose
,
con
tubi
di
marocchino
scintillanti
di
dorature
e
d
'
anelli
,
fasciati
nella
bambagia
,
e
perpetuamente
custoditi
da
due
occhi
fissi
,
che
all
'
avvicinarsi
d
'
ogni
curioso
si
dilatano
come
occhi
di
civetta
,
e
fanno
morir
sulle
labbra
la
richiesta
del
prezzo
a
chiunque
non
sia
almeno
vizir
o
pascià
e
non
abbia
dissanguato
per
qualche
anno
una
provincia
dell
'
Asia
Minore
.
Qui
non
viene
a
comprare
che
il
messo
della
Sultana
che
vuol
dare
un
pegno
di
gratitudine
al
gran
vizir
arrendevole
,
o
l
'
alto
dignitario
di
Corte
che
,
prendendo
possesso
della
nuova
carica
,
è
costretto
,
per
suo
decoro
,
a
spendere
cinquanta
mila
lire
in
una
rastrelliera
di
pipe
;
o
l
'
ambasciatore
del
Sultano
che
vuol
portare
al
Monarca
europeo
un
ricordo
splendido
di
Stambul
.
Il
turco
modesto
dà
uno
sguardo
malinconico
e
passa
oltre
,
parafrasando
,
per
consolarsi
,
la
sentenza
del
Profeta
:
-
il
fuoco
dell
'
inferno
tuonerà
come
il
muggito
del
cammello
nel
ventre
di
colui
che
fuma
in
una
pipa
d
'
oro
o
d
'
argento
.
Di
qui
si
ricasca
fra
le
tentazioni
entrando
nel
bazar
dei
profumieri
,
che
è
uno
dei
più
schiettamente
orientali
e
dei
più
cari
al
Profeta
,
il
quale
diceva
:
-
Donne
,
bambini
e
profumi
-
,
per
dire
i
suoi
tre
più
dolci
piaceri
.
Qui
si
trovano
le
famose
pastiglie
del
Serraglio
che
profumano
i
baci
,
le
cassule
di
gomma
odorosa
che
staccano
dal
mastico
le
forti
fanciulle
di
Chio
,
per
mandarla
a
rafforzar
le
gengive
delle
molli
musulmane
;
le
essenze
squisite
di
bergamotto
e
di
gelsomino
,
e
quelle
potentissime
di
rosa
,
chiuse
in
astucci
di
velluto
ricamato
d
'
oro
,
d
'
un
prezzo
da
far
rizzare
i
capelli
;
qui
il
collirio
per
le
sopracciglia
,
l
'
antimonio
per
gli
occhi
,
l
'
henné
per
le
unghie
,
i
saponi
che
ammorbidiscono
la
cute
delle
belle
siriane
,
le
pillole
che
fanno
cadere
i
peli
dal
volto
delle
maschie
circasse
,
le
acque
di
cedro
e
d
'
arancio
,
i
sacchetti
di
muschio
,
l
'
olio
di
sandalo
,
l
'
ambra
grigia
,
l
'
aloè
per
profumare
le
chicchere
e
le
pipe
,
una
miriade
di
polveri
,
d
'
acque
e
di
pomate
,
distinte
con
nomi
fantastici
e
destinate
ad
usi
indicibili
,
che
rappresentano
ciascuna
un
capriccio
amoroso
,
un
proposito
di
seduzione
,
un
raffinamento
di
voluttà
,
e
spandono
tutte
insieme
una
fragranza
acuta
e
sensuale
,
che
fa
veder
come
in
sogno
dei
grandi
occhi
languidi
e
delle
manine
carezzevoli
,
e
sentire
un
suono
sommesso
di
respiri
e
di
baci
.
Tutte
queste
fantasie
svaniscono
entrando
nel
bazar
dei
gioiellieri
,
che
è
una
stradetta
oscura
e
deserta
,
fiancheggiata
da
botteguccie
d
'
aspetto
meschino
,
in
cui
nessuno
direbbe
mai
che
sian
nascosti
,
come
ci
sono
,
dei
tesori
favolosi
.
Le
gioie
sono
chiuse
in
cofani
di
legno
di
quercia
,
cerchiati
e
corazzati
di
ferro
,
e
posti
sul
davanti
delle
botteghe
,
sotto
gli
occhi
dei
mercanti
:
vecchi
turchi
o
vecchi
ebrei
,
dalle
lunghe
barbe
e
dallo
sguardo
acuto
,
che
par
che
penetri
nelle
tasche
e
trapassi
i
portamonete
.
Qualcuno
sta
ritto
dinanzi
alla
sua
tana
,
e
quando
gli
passate
accanto
,
prima
vi
ficca
gli
occhi
negli
occhi
,
poi
con
un
rapido
movimento
vi
mette
sotto
il
viso
un
diamante
di
Golconda
o
uno
zaffiro
d
'
Ormus
o
un
rubino
di
Giamscid
,
che
al
menomo
vostro
cenno
negativo
,
ritira
colla
medesima
rapidità
con
cui
l
'
ha
porto
.
Altri
girano
a
passi
lenti
,
vi
fermano
in
mezzo
alla
strada
e
,
dopo
aver
rivolto
intorno
uno
sguardo
sospettoso
,
tirano
fuor
del
seno
un
cencio
sucido
,
e
lo
spiegano
,
e
vi
fanno
vedere
un
bel
topazio
del
Brasile
o
una
bella
turchina
di
Macedonia
,
guardandovi
coll
'
occhio
di
demoni
tentatori
.
Altri
non
fanno
che
darvi
un
'
occhiata
scrutatrice
,
e
non
giudicandovi
una
faccia
da
pietre
preziose
,
non
si
degnano
di
offrirvi
nulla
.
Nessuno
poi
fa
l
'
atto
d
'
aprire
il
cofanetto
,
se
anche
aveste
la
faccia
d
'
un
santo
o
l
'
aria
d
'
un
Creso
.
Le
collane
d
'
opale
,
i
fiori
e
le
stelle
di
smeraldo
,
le
mezzelune
e
i
diademi
contornati
di
perle
d
'
Ofir
,
i
mucchietti
abbarbaglianti
di
acque
-
di
-
mare
,
di
crisoberilli
,
d
'
avventurine
,
di
agate
,
di
granate
,
di
lapislazzuli
,
rimangono
inesorabilmente
nascosti
agli
occhi
dei
curiosi
senza
quattrini
,
e
specialmente
a
quelli
d
'
uno
scrittore
italiano
.
Tutt
'
al
più
egli
può
arrischiarsi
a
domandare
il
prezzo
di
qualche
tespí
,
o
coroncina
d
'
ambra
,
di
sandalo
o
di
corallo
,
da
far
scorrere
tra
le
dita
,
come
i
turchi
,
per
ingannare
il
tempo
negli
intervalli
dei
suoi
lavori
forzati
.
Per
divertirsi
bisogna
entrare
nelle
botteghe
dei
franchi
,
mercanti
di
stoffe
,
dove
c
'
è
merce
per
tutte
le
borse
.
Appena
entrati
,
si
ha
intorno
un
cerchio
di
gente
che
non
si
capisce
di
dove
sia
sbucata
.
Non
è
mai
possibile
l
'
aver
che
fare
con
un
solo
.
Tra
il
mercante
,
i
soci
del
mercante
,
i
sensali
,
i
manutengoli
e
i
tirapiedi
,
son
sempre
una
mezza
dozzina
.
Se
non
v
'
accoppa
uno
,
v
'
impicca
l
'
altro
:
non
c
'
è
modo
di
scansare
una
brutta
fine
.
E
non
si
può
dire
con
che
arte
,
con
che
pazienza
,
con
che
ostinazione
,
con
che
diabolici
raggiri
fanno
comprare
quello
che
vogliono
.
Domandano
d
'
ogni
cosa
un
subisso
:
offrite
il
terzo
:
lasciano
cader
le
braccia
in
segno
di
profondo
scoraggiamento
,
o
si
battono
la
fronte
in
atto
disperato
,
e
non
rispondono
;
oppure
si
espandono
in
un
torrente
di
parole
appassionate
per
toccarvi
il
cuore
.
Siete
un
uomo
crudele
,
volete
costringerli
a
chiuder
bottega
,
volete
ridurli
alla
miseria
,
non
avete
compassione
dei
loro
figliuoli
,
non
capiscono
che
cosa
possano
avervi
fatto
di
male
per
trattarli
in
quella
maniera
.
Mentre
vi
dicono
il
prezzo
d
'
un
oggetto
,
un
sensale
d
'
una
bottega
vicina
vi
susurra
nell
'
orecchio
:
-
Non
comprate
,
vi
truffano
.
-
Voi
credete
che
sia
sincero
,
e
invece
è
d
'
accordo
col
mercante
;
vi
dice
che
vi
truffano
collo
scialle
,
per
guadagnare
la
vostra
fiducia
,
e
farvi
rompere
il
collo
un
minuto
dopo
,
consigliandovi
di
comprare
il
tappeto
.
Mentre
esaminate
la
stoffa
,
essi
si
parlano
a
gesti
,
a
occhiate
,
a
colpi
di
gomito
,
a
mezze
parole
.
Se
sapete
il
greco
,
parlano
turco
;
se
sapete
il
turco
,
parlano
armeno
;
se
sapete
l
'
armeno
,
parlano
spagnuolo
;
ma
in
qualche
modo
s
'
intendono
e
ve
l
'
accoccano
.
Se
poi
tenete
duro
,
v
'
insaponano
;
vi
dicono
che
parlate
bene
la
loro
lingua
,
che
avete
un
fare
da
gentiluomo
e
che
non
dimenticheranno
mai
più
la
vostra
bella
figura
;
vi
discorrono
del
vostro
paese
,
nel
quale
sono
stati
molto
tempo
,
perché
sono
stati
da
per
tutto
;
vi
fanno
il
caffè
,
vi
offrono
d
'
accompagnarvi
alla
dogana
quando
partirete
,
per
impedire
che
vi
facciano
dei
soprusi
,
ossia
per
truffar
voi
,
la
dogana
e
i
vostri
compagni
di
viaggio
,
se
ne
avete
;
mettono
sottosopra
tutta
la
bottega
,
e
non
vi
fanno
punto
il
viso
arcigno
se
ve
n
'
andate
senza
comprare
:
se
non
è
quel
giorno
,
sarà
un
altro
;
al
bazar
ci
dovete
tornare
,
i
loro
cani
da
caccia
vi
riconosceranno
;
se
non
cadrete
nelle
loro
mani
,
cadrete
in
quelle
d
'
un
loro
socio
;
se
non
vi
peleranno
come
mercanti
,
vi
scorticheranno
come
sensali
;
se
non
vi
aggiusteranno
in
bottega
,
vi
serviranno
la
messa
alla
dogana
;
il
colpo
non
può
fallire
.
A
che
popolo
appartengono
costoro
?
Non
si
capisce
.
A
furia
di
parlar
lingue
diverse
,
han
perduto
il
loro
accento
primitivo
;
a
forza
di
far
la
commedia
,
hanno
alterati
i
tratti
fisionomici
della
loro
razza
;
son
di
che
paese
si
vuole
,
fanno
il
mestiere
che
si
desidera
,
sono
interpreti
,
guide
,
mercanti
,
usurai
;
e
sopra
ogni
cosa
,
artisti
insuperabili
nell
'
arte
di
scroccare
l
'
universo
.
I
mercanti
musulmani
offrono
un
campo
d
'
osservazioni
affatto
diverso
.
Fra
loro
si
ritrovano
ancora
quei
vecchi
turchi
,
ormai
rari
per
le
vie
di
Costantinopoli
,
che
sono
come
la
personificazione
del
tempo
dei
Maometti
e
dei
Bajazet
,
i
resti
viventi
del
vecchio
edifizio
ottomano
,
ch
'
ebbe
il
primo
crollo
dalle
riforme
di
Mahmut
,
e
che
di
giorno
in
giorno
,
pietra
per
pietra
,
rovina
e
si
trasforma
.
Bisogna
venire
nel
gran
bazar
e
ficcare
lo
sguardo
in
fondo
alle
botteguccie
più
oscure
delle
stradette
più
appartate
,
per
ritrovare
i
vecchi
turbanti
enormi
dei
tempi
di
Solimano
,
dalla
forma
di
cupole
di
moschee
;
le
faccie
impassibili
,
gli
occhi
di
vetro
,
i
nasi
adunchi
,
le
lunghe
barbe
bianche
,
gli
antichi
caffettani
aranciati
e
purpurei
,
i
grandi
calzoni
a
mille
pieghe
stretti
intorno
alla
vita
dalle
sciarpe
smisurate
,
gli
atteggiamenti
alteri
e
tristi
dell
'
antico
popolo
dominatore
,
i
visi
istupiditi
dall
'
oppio
o
illuminati
dal
sentimento
d
'
una
fede
ardente
.
Essi
son
là
in
fondo
alle
loro
nicchie
,
colle
braccia
e
colle
gambe
incrociate
,
immobili
e
gravi
come
idoli
,
e
aspettano
,
senz
'
aprir
bocca
,
i
compratori
predestinati
.
Se
le
cose
vanno
bene
,
mormorano
:
-
Mach
Allà
!
-
Sia
lodato
Iddio
!
-
;
se
vanno
male
:
-
Olsun
!
-
Così
sia
-
,
e
chinano
la
testa
rassegnati
.
Alcuni
leggono
il
Corano
,
altri
fanno
scorrere
fra
le
dita
le
pallettine
del
tespì
,
mormorando
sbadatamente
i
cento
epiteti
d
'
Allà
;
altri
che
han
fatto
buoni
affari
,
bevono
il
loro
narghilè
,
per
dirla
coll
'
espressione
turca
,
girando
intorno
lentamente
uno
sguardo
voluttuoso
e
pieno
di
sonno
;
altri
stanno
curvi
,
cogli
occhi
socchiusi
e
colla
fronte
corrugata
come
occupati
da
un
profondo
pensiero
.
A
che
cosa
pensano
?
Forse
ai
loro
figliuoli
morti
sotto
le
mura
di
Sebastopoli
o
alle
loro
carovane
disperse
o
alle
loro
voluttà
perdute
o
ai
giardini
eterni
,
promessi
dal
Profeta
,
dove
all
'
ombra
delle
palme
e
dei
granati
,
sposeranno
le
vergini
dagli
occhi
neri
,
che
nè
uomo
nè
genio
non
ha
mai
profanate
.
Tutti
hanno
qualchecosa
di
bizzarro
,
tutti
sono
pittoreschi
;
ogni
bottega
è
la
cornice
d
'
un
quadro
pieno
di
colori
e
di
pensiero
,
che
fa
balenare
alla
mente
la
storia
intera
d
'
una
vita
avventurosa
e
fantastica
.
Quest
'
uomo
secco
e
abbronzato
,
dai
lineamenti
arditi
,
è
un
arabo
che
ha
guidato
egli
stesso
dal
fondo
della
sua
patria
lontana
i
suoi
cammelli
carichi
di
gemme
e
d
'
alabastro
,
e
s
'
è
sentito
più
volte
fischiare
agli
orecchi
le
palle
dei
ladroni
del
deserto
.
Quest
'
altro
dal
turbante
giallo
e
dall
'
aspetto
signorile
,
ha
attraversato
a
cavallo
le
solitudini
della
Siria
,
portando
le
sete
di
Tiro
e
di
Sidone
.
Questo
nero
col
capo
ravvolto
in
un
vecchio
scialle
di
Persia
,
colla
fronte
rigata
di
cicatrici
che
gli
fecero
i
negromanti
per
salvarlo
dalla
morte
,
che
tiene
il
viso
alto
,
come
se
guardasse
ancora
le
teste
dei
colossi
di
Tebe
e
le
cime
delle
Piramidi
,
è
venuto
dalla
Nubia
.
Questo
bel
moro
dalla
faccia
pallida
e
dagli
occhi
neri
,
ravvolto
in
una
cappa
bianchissima
,
ha
portato
i
suoi
caic
e
i
suoi
tappeti
dalle
ultime
falde
occidentali
della
catena
dell
'
Atlante
.
Questo
turco
dal
turbante
verde
e
dal
volto
estenuato
ha
fatto
quest
'
anno
stesso
il
grande
pellegrinaggio
,
ha
visto
parenti
ed
amici
morir
di
sete
in
mezzo
alle
pianure
interminabili
dell
'
Asia
Minore
,
è
arrivato
alla
Mecca
in
fin
di
vita
,
ha
fatto
sette
volte
strascinandosi
il
giro
della
Kaaba
,
ed
è
caduto
in
deliquio
coprendo
di
baci
furiosi
la
Pietra
nera
.
Questo
colosso
dal
viso
bianco
,
dalle
sopracciglia
arcate
,
dagli
occhi
fulminei
,
che
par
più
un
guerriero
che
un
mercante
,
e
spira
da
tutta
la
persona
l
'
ambizione
e
l
'
orgoglio
,
ha
portato
le
sue
pelliccie
dalle
regioni
settentrionali
del
Caucaso
,
dove
,
nei
suoi
begli
anni
,
fece
cader
la
testa
dalle
spalle
a
più
d
'
un
Cosacco
.
E
questo
povero
mercante
di
lane
,
dal
viso
schiacciato
e
dagli
occhi
piccoli
e
obliqui
,
tarchiato
e
rude
come
un
atleta
,
non
è
gran
tempo
che
disse
le
sue
preghiere
all
'
ombra
dell
'
immensa
cupola
che
protegge
il
sepolcro
di
Timur
:
egli
è
partito
da
Samarkanda
,
ha
valicato
i
deserti
della
grande
Bukaria
,
è
passato
in
mezzo
alle
orde
dei
turcomanni
,
ha
attraversato
il
Mar
Morto
,
è
sfuggito
alle
palle
dei
Circassi
,
ha
ringraziato
Allà
nelle
moschee
di
Trebisonda
,
ed
è
venuto
a
cercar
fortuna
a
Stambul
,
di
dove
ritornerà
,
vecchio
,
in
fondo
alla
sua
Tartaria
,
che
gli
sta
sempre
nel
cuore
.
Uno
dei
bazar
più
splendidi
è
il
bazar
delle
calzature
,
ed
è
forse
anche
quello
che
mette
più
grilli
nel
capo
.
Sono
due
file
di
botteghe
smaglianti
che
danno
alla
strada
l
'
aspetto
d
'
una
sala
di
reggia
,
o
d
'
uno
di
quei
giardini
delle
leggende
arabe
in
cui
gli
alberi
hanno
le
foglie
d
'
oro
e
fiori
di
perle
.
C
'
è
da
calzare
tutti
i
piedini
di
tutte
le
corti
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
.
Le
pareti
son
coperte
di
pantofole
di
velluto
,
di
pelle
,
di
broccato
,
di
raso
,
dei
colori
più
petulanti
e
delle
forme
più
capricciose
,
ornate
di
filigrana
,
contornate
di
lustrini
,
abbellite
di
nappine
di
seta
e
di
piuma
di
cigno
,
stelleggiate
e
infiorate
d
'
argento
e
d
'
oro
,
coperte
d
'
arabeschi
intricati
che
non
lasciano
più
vedere
il
tessuto
,
e
lampeggianti
di
zaffiri
e
di
smeraldi
.
Ce
n
'
è
per
le
spose
dei
barcaiuoli
e
per
le
belle
del
Sultano
,
da
cinque
e
da
mille
lire
il
paio
;
ci
sono
le
scarpette
di
marocchino
che
premeranno
i
ciottoli
di
Pera
,
le
babbuccie
che
striscieranno
sui
tappeti
degli
arem
,
gli
zoccoletti
che
faranno
risonare
i
marmi
dei
bagni
imperiali
,
le
pianelline
di
raso
bianco
su
cui
s
'
inchioderanno
le
labbra
ardenti
dei
Pascià
,
e
forse
qualche
paio
di
pantofole
imperlate
che
aspetteranno
ogni
mattina
lo
svegliarsi
d
'
una
bella
Georgiana
accanto
al
letto
del
Gran
Signore
.
Ma
che
piedi
possono
entrare
in
quelle
babbuccie
?
Ve
ne
sono
che
paion
tagliate
ai
piedi
delle
urì
e
delle
fate
;
lunghe
come
una
foglia
di
giglio
,
larghe
come
una
foglia
di
rosa
,
d
'
una
piccolezza
da
far
disperare
tutta
l
'
Andalusia
,
d
'
una
grazia
da
farsi
sognare
;
non
babbuccie
,
ma
gioielli
da
tenersi
sul
tavolino
;
scatolini
da
metterci
dei
dolci
o
dei
bigliettini
amorosi
;
da
non
poter
immaginare
che
ci
sia
un
piedino
che
v
'
entri
,
senza
desiderare
di
rivoltarselo
un
mese
fra
le
mani
affollandolo
di
domande
e
di
vezzi
.
Questo
bazar
è
uno
dei
più
frequentati
dagli
stranieri
.
Vi
si
vedono
spesso
dei
giovani
europei
,
che
hanno
in
un
pezzetto
di
carta
la
misura
d
'
un
piedino
italiano
o
francese
,
di
cui
forse
sono
alteri
,
e
che
fanno
un
atto
di
stupore
o
di
dispetto
,
riconoscendo
che
passa
di
molto
la
lunghezza
d
'
una
certa
babbuccina
su
cui
han
posto
gli
occhi
;
ed
altri
che
,
domandato
il
prezzo
,
e
sentita
una
schiopettata
,
scappano
senza
ribatter
parola
.
Qui
pure
spesseggiano
le
signore
mussulmane
,
le
hanum
dai
grandi
veli
bianchi
,
e
occorre
sovente
di
cogliere
passando
qualche
frammento
dei
loro
lunghi
dialoghi
coi
venditori
,
qualche
parola
armoniosa
della
loro
bella
lingua
,
pronunziata
da
una
voce
chiara
e
dolce
che
accarezza
l
'
orecchio
come
il
suono
d
'
una
mandòla
.
-
Buni
catscia
verersin
?
-
Quanto
vale
questo
?
-
Pahalli
dir
.
-
È
troppo
caro
.
-
Ziadè
veremèm
.
-
Non
pagherò
di
più
.
E
poi
una
risata
fanciullesca
e
sonora
,
che
mette
voglia
di
pigliarle
un
pizzico
di
guancia
e
darle
una
presa
di
monella
.
Il
bazar
più
ricco
e
più
pittoresco
è
quello
delle
armi
.
Non
è
un
bazar
,
è
un
museo
,
riboccante
di
tesori
,
pieno
di
memorie
e
d
'
immagini
che
trasportano
il
pensiero
nelle
regioni
della
storia
e
della
leggenda
,
e
destano
un
sentimento
indescrivibile
di
meraviglia
e
di
sgomento
.
Tutte
le
armi
più
strane
,
più
spaventose
e
più
feroci
che
sono
state
brandite
dalla
Mecca
al
Danubio
in
difesa
dell
'
Islam
,
sono
là
schierate
e
forbite
,
come
se
ce
l
'
avessero
appese
poco
prima
le
mani
dei
soldati
fanatici
di
Maometto
e
di
Selim
;
e
par
di
veder
scintillare
fra
le
loro
lame
gli
occhi
iniettati
di
sangue
di
quei
sultani
formidabili
,
di
quei
giannizzeri
forsennati
,
di
quegli
spahì
,
di
quegli
azab
,
di
quei
silidar
senza
pietà
e
senza
paura
che
seminarono
l
'
Asia
Minore
e
l
'
Europa
di
teste
recise
e
di
corpi
dilaniati
.
Là
si
ritrovano
le
scimitarre
famose
che
tagliavano
le
penne
in
aria
e
spiccavan
le
orecchie
agli
ambasciatori
insolenti
;
i
cangiari
pesanti
che
d
'
un
colpo
fendevano
il
cranio
e
scoprivano
il
cuore
;
le
mazze
d
'
armi
che
stritolavano
i
caschi
serbi
e
ungheresi
;
gli
yatagan
dal
manico
intarsiato
d
'
avorio
e
tempestato
d
'
amatiste
e
di
rubini
,
che
serbano
ancora
segnato
a
intagli
nella
lama
il
numero
delle
teste
troncate
;
i
pugnali
dai
foderi
d
'
argento
,
di
velluto
e
di
raso
,
coi
manichi
di
agata
e
d
'
avorio
,
ornati
di
granate
,
di
corallo
e
di
turchine
,
istoriati
di
versetti
del
Corano
in
lettere
d
'
oro
,
colle
lame
incurvate
e
ritorte
che
par
che
cerchino
un
cuore
.
Chi
sa
che
in
questa
armeria
confusa
e
terribile
non
ci
sia
la
scimitarra
d
'
Orcano
,
o
la
sciabola
di
legno
con
cui
il
braccio
poderoso
d
'
Abd
-
el
-
Murad
,
il
dervis
guerriero
,
spiccava
d
'
un
colpo
le
teste
;
o
il
famoso
jatagan
col
quale
il
Sultano
Musa
spaccò
Hassan
dalla
spalla
al
cuore
;
o
la
sciabola
enorme
del
gigantesco
bulgaro
che
appoggiò
la
prima
scala
alle
mura
di
Costantinopoli
;
o
la
mazza
con
cui
Maometto
II
freddò
il
soldato
rapace
sotto
le
vôlte
di
Santa
Sofia
;
o
la
gran
sciabola
damascata
di
Scanderberg
che
fendette
in
due
Firuz
-
Pascià
sotto
le
mura
di
Stetigrad
?
I
più
formidabili
fendenti
e
le
più
orrende
morti
della
storia
ottomana
s
'
affacciano
alla
mente
,
e
par
che
proprio
su
quelle
lame
debba
esser
rappreso
quel
sangue
,
e
che
i
vecchi
turchi
rintanati
in
quelle
botteghe
,
abbiano
raccolto
armi
e
cadaveri
sul
terreno
della
strage
,
e
custodiscano
ancora
gli
scheletri
sfracellati
in
qualche
angolo
oscuro
.
In
mezzo
alle
armi
si
vedono
pure
le
grandi
selle
di
velluto
scarlatto
e
celeste
,
ricamate
a
stelle
e
a
mezzelune
d
'
oro
e
di
perle
,
i
frontali
impennacchiati
,
i
morsi
d
'
argento
niellato
e
le
gualdrappe
splendide
come
manti
reali
:
bardature
da
cavalli
delle
Mille
e
una
notte
,
fatte
per
l
'
entrata
trionfale
d
'
un
re
dei
genii
in
una
città
dorata
del
mondo
dei
sogni
.
Al
di
sopra
di
questi
tesori
,
sono
sospesi
alle
pareti
vecchi
moschetti
a
ruota
e
a
miccia
,
grosse
pistole
albanesi
,
lunghissimi
fucili
arabi
lavorati
come
gioielli
,
scudi
antichi
di
scorza
di
tartaruga
e
di
pelle
d
'
ippopotamo
,
maglie
circasse
,
scudi
cosacchi
,
celate
mongoliche
,
archi
turcassi
,
coltellacci
da
carnefici
,
lamaccie
di
forme
sinistre
,
ognuna
delle
quali
pare
la
rivelazione
d
'
un
delitto
,
e
fa
pensare
agli
spasimi
di
un
'
agonia
.
In
mezzo
a
quest
'
apparato
minaccioso
e
magnifico
,
siedono
a
gambe
incrociate
i
mercanti
più
schiettamente
turchi
del
Grande
Bazar
,
la
più
parte
vecchi
,
d
'
aspetto
tetro
,
smunti
come
anacoreti
e
superbi
come
Sultani
,
figure
d
'
altri
secoli
,
vestiti
alla
foggia
delle
prime
egire
,
che
sembrano
risuscitati
dal
sepolcro
per
richiamare
i
nipoti
imbastarditi
alla
austerità
dell
'
antica
razza
.
Un
altro
bazar
da
vedersi
è
quello
degli
abiti
vecchi
.
Qui
il
Rembrant
ci
avrebbe
preso
domicilio
e
il
Goya
speso
la
sua
ultima
peceta
.
Chi
non
ha
mai
visto
una
bottega
di
rigattiere
orientale
non
può
immaginare
che
stravaganza
di
stracci
,
che
pompa
di
colori
,
che
ironia
di
contrasti
,
che
spettacolo
ad
un
tempo
carnevalesco
,
lugubre
e
schifoso
,
presenti
questo
bazar
,
questa
cloaca
di
cenci
,
in
cui
tutti
i
rifiuti
degli
arem
,
delle
caserme
,
della
corte
,
dei
teatri
,
vengono
ad
aspettare
che
il
capriccio
d
'
un
pittore
o
il
bisogno
d
'
un
pezzente
li
riporti
alla
luce
del
sole
.
Da
lunghe
pertiche
confitte
nei
muri
,
pendono
vecchie
uniformi
turche
,
giubbe
a
coda
di
rondine
,
dolman
di
gran
signori
,
tuniche
di
dervis
,
cappe
di
beduini
,
tutte
untume
,
brindelli
e
buchi
,
che
paiono
state
crivellate
a
colpi
di
pugnale
e
rammentano
le
spoglie
sinistre
degli
assassinati
che
si
vedono
sulle
tavole
delle
Corte
d
'
Assisie
.
In
mezzo
a
questi
cenci
luccica
ancora
qua
e
là
qualche
rabesco
d
'
oro
;
spenzolano
vecchie
cinture
di
seta
,
turbanti
sciolti
,
ricchi
scialli
lacerati
,
bustini
di
velluto
a
cui
pare
che
la
mano
furiosa
d
'
un
ladro
abbia
strappato
insieme
il
pelo
e
le
perle
,
calzoncini
e
veli
che
sono
forse
appartenuti
a
qualche
bella
infedele
,
la
quale
dorme
cucita
in
un
sacco
in
fondo
alle
acque
del
Bosforo
,
ed
altre
vesti
ed
ornamenti
di
donna
,
di
mille
colori
gentili
,
imprigionati
fra
i
grossi
caffettani
circassi
,
dai
cartuccieri
irruginiti
,
fra
le
lunghe
toghe
nere
degli
ebrei
,
fra
le
rozze
casacche
e
i
pesanti
mantelli
,
che
hanno
nascosto
chi
sa
quante
volte
il
fucile
del
bandito
o
lo
stile
del
sicario
.
Verso
sera
,
alla
luce
misteriosa
che
scende
dai
fori
della
volta
,
tutti
quei
vestiti
appesi
prendono
una
vaga
apparenza
di
corpi
d
'
impiccati
;
e
quando
in
fondo
a
una
bottega
si
vedono
scintillare
gli
occhi
astuti
d
'
un
vecchio
ebreo
,
che
si
gratta
la
fronte
con
una
mano
adunca
,
si
direbbe
che
è
quella
la
mano
che
ha
stretto
i
lacci
,
e
si
dà
uno
sguardo
alla
porta
del
bazar
,
per
paura
che
sia
chiusa
.
Non
basterebbe
una
giornata
di
giri
e
di
rigiri
se
si
volessero
veder
tutte
le
stradette
di
questa
strana
città
.
V
'
è
il
bazar
dei
fez
,
dove
si
trovano
fez
di
tutti
i
paesi
,
da
quelli
del
Marocco
a
quelli
di
Vienna
,
ornati
d
'
iscrizioni
del
Corano
che
preservano
dagli
spiriti
maligni
;
i
fez
che
le
belle
greche
di
Smirne
portano
sulla
sommità
della
testa
,
sopra
il
nodo
delle
treccie
nere
scintillanti
di
monete
;
le
berrettine
rosse
delle
turche
;
fez
da
soldati
,
da
generali
,
di
sultani
,
da
zerbinotti
,
di
tutte
le
sfumature
di
rosso
e
di
tutte
le
forme
,
da
quelli
primitivi
dei
tempi
d
'
Orcano
fino
al
gran
fez
elegante
del
Sultano
Mahmut
,
emblema
delle
riforme
e
abbominazione
dei
vecchi
mussulmani
.
V
'
è
il
bazar
delle
pelliccie
dove
si
trova
la
sacra
pelle
di
volpe
nera
,
che
una
volta
poteva
portare
il
solo
Sultano
o
il
gran
vizir
;
la
martora
con
cui
si
foderavano
i
caffettani
di
gala
;
l
'
orso
bianco
,
l
'
orso
nero
,
la
volpe
azzurra
,
l
'
astrakan
,
l
'
ermellino
,
lo
zibellino
,
in
cui
altre
volte
i
sultani
profusero
tesori
favolosi
.
È
pure
da
vedersi
il
bazar
dei
coltellinai
,
non
fosse
che
per
pigliare
in
mano
una
di
quelle
enormi
forbici
turche
,
colle
lame
bronzate
e
dorate
,
adorne
di
disegni
fantastici
d
'
uccelli
e
di
fiori
,
che
s
'
incrociano
ferocemente
lasciando
in
mezzo
un
vano
in
cui
potrebbe
entrare
la
testa
d
'
un
critico
maligno
.
V
'
è
ancora
il
bazar
dei
filatori
d
'
oro
,
quello
dei
ricamatori
,
quello
dei
chincaglieri
,
quello
dei
sarti
,
quello
dei
vasellami
,
tutti
diversi
l
'
un
dall
'
altro
di
forma
e
di
gradazione
di
luce
;
ma
tutti
eguali
in
questo
:
che
non
vi
si
vede
nè
vendere
,
nè
lavorare
una
donna
.
Tutt
'
al
più
può
accadere
che
qualche
greca
seduta
per
un
momento
davanti
a
una
sartoria
vi
offra
timidamente
un
fazzoletto
finito
allora
di
ricamare
.
La
gelosia
orientale
interdice
la
bottega
al
bel
sesso
come
una
scuola
di
civetteria
e
un
nascondiglio
d
'
intrighi
.
Ma
ci
sono
ancora
altre
parti
del
gran
bazar
in
cui
uno
straniero
non
può
avventurarsi
se
non
lo
accompagna
un
mercante
o
un
sensale
;
e
sono
le
parti
interne
dei
piccoli
quartieri
in
cui
è
divisa
questa
città
singolare
,
il
di
dentro
dei
piccoli
isolati
intorno
a
cui
girano
le
stradette
percorse
dalla
folla
.
Se
nelle
stradette
c
'
è
pericolo
di
smarrirsi
,
là
dentro
è
impossibile
non
perdersi
.
Da
corridoi
poco
più
larghi
d
'
un
uomo
,
in
cui
bisogna
chinarsi
per
non
urtar
nella
volta
,
si
riesce
in
cortiletti
grandi
come
celle
,
ingombri
di
casse
e
di
balle
,
e
appena
rischiarati
da
un
barlume
;
si
scende
a
tentoni
per
scalette
di
legno
,
si
ripassa
per
altri
cortili
rischiarati
da
lanterne
,
si
ridiscende
sotto
terra
,
si
risale
alla
luce
del
giorno
,
si
cammina
a
capo
basso
per
lunghi
anditi
serpeggianti
,
sotto
volte
umide
,
in
mezzo
a
muri
neri
e
ad
assiti
muscosi
,
che
conducono
a
porticine
segrete
,
dalle
quali
si
ritorna
inaspettatamente
nel
luogo
di
dove
s
'
è
partiti
;
e
da
per
tutto
ombre
che
vanno
e
che
vengono
,
spettri
immobili
negli
angoli
,
gente
che
rimesta
mercanzie
o
che
conta
denari
;
lumicini
che
appaiono
e
dispaiono
,
voci
e
passi
frettolosi
che
risuonano
non
si
sa
dove
;
e
incontri
inaspettati
di
ostacoli
neri
che
non
si
capisce
che
cosa
siano
,
e
giuochi
di
luce
non
mai
veduti
,
e
contatti
sospetti
,
e
odori
strani
,
che
par
di
girare
per
i
meandri
d
'
una
caverna
di
fattucchieri
,
e
non
si
vede
l
'
ora
d
'
esserne
fuori
.
Per
solito
i
sensali
fanno
passare
in
questi
luoghi
gli
stranieri
per
condurli
a
quelle
botteghe
,
per
lo
più
appartate
,
nelle
quali
si
vende
un
po
'
di
tutto
:
specie
di
Gran
-
bazar
in
miniatura
,
botteghe
da
rigattieri
signorili
,
curiosissime
a
vedersi
,
ma
molto
pericolose
,
perché
contengono
tante
e
così
strane
e
così
rare
cose
da
far
vuotare
la
borsa
anche
all
'
avarizia
incarnata
.
Questi
mercanti
d
'
un
po
'
d
'
ogni
cosa
,
furbacchioni
matricolati
,
si
sottintende
,
e
poliglotti
come
i
loro
fratelli
di
banda
,
usano
nel
tentare
la
gente
un
certo
procedimento
drammatico
che
diverte
assai
,
e
che
di
rado
fallisce
allo
scopo
dell
'
attore
.
Le
loro
botteghe
son
quasi
tutte
stanzuccie
oscure
piene
di
casse
e
d
'
armadi
,
dove
bisogna
accendere
il
lume
e
c
'
è
appena
posto
da
rigirarsi
.
Dopo
avervi
fatto
vedere
qualche
vecchio
stipetto
intarsiato
d
'
avorio
e
di
madreperla
,
qualche
porcellana
chinese
,
qualche
vaso
del
Giappone
,
il
mercante
vi
dice
che
ha
qualche
cosa
di
speciale
per
voi
,
tira
fuori
un
cassetto
e
vi
rovescia
sulla
tavola
un
mucchio
di
ninnoli
:
un
ventaglio
di
penne
di
pavone
,
per
esempio
,
un
braccialetto
di
vecchie
monete
turche
,
un
cuscinetto
di
pelo
di
cammello
colla
cifra
del
Sultano
ricamata
in
oro
,
uno
specchietto
persiano
dipinto
d
'
una
scena
del
libro
di
paradiso
,
una
spatola
di
tartaruga
con
cui
i
turchi
mangiano
la
composta
di
ciliegie
,
un
vecchio
gran
cordone
dell
'
ordine
dell
'
Osmaniè
.
Non
c
'
è
nulla
che
vi
piaccia
?
Rovescia
un
altro
cassetto
e
questo
è
proprio
un
cassetto
che
aspettava
voi
solo
.
È
una
zanna
rotta
d
'
elefante
,
un
braccialetto
di
Trebisonda
che
pare
una
treccia
di
capelli
d
'
argento
,
un
idoletto
giapponese
,
un
pettine
di
sandalo
della
Mecca
,
un
gran
cucchiaio
turco
lavorato
a
rabeschi
e
a
trafori
,
un
antico
narghilè
d
'
argento
dorato
e
istoriato
,
delle
pietruzze
dei
musaici
di
Santa
Sofia
,
una
penna
d
'
airone
che
ha
ornato
il
turbante
di
Selim
III
,
il
mercante
ve
lo
assicura
da
uomo
d
'
onore
.
Non
trovate
nulla
di
vostro
genio
?
E
lui
rovescia
un
altro
cassetto
,
da
cui
casca
un
ovo
di
struzzo
del
Sennahar
,
un
calamaio
persiano
,
un
anello
damaschinato
,
un
arco
di
Mingrelia
col
suo
turcasso
di
pelle
d
'
alce
,
un
caschetto
circasso
a
due
punte
,
un
tespì
di
diaspro
,
una
profumiera
d
'
oro
smaltato
,
un
talismano
turco
,
un
coltello
da
cammelliere
,
una
boccettina
d
'
atar
-
gull
.
Non
c
'
è
nulla
che
vi
tenti
,
per
Dio
?
Non
avete
regali
da
fare
?
Non
pensate
ai
vostri
parenti
?
Non
avete
cuore
per
i
vostri
amici
?
Ma
forse
voi
avete
la
passione
delle
stoffe
e
dei
tappeti
,
e
anche
in
questo
egli
può
servirvi
da
amico
.
-
Ecco
un
mantello
rigato
del
Kurdistan
,
milord
;
ecco
una
pelle
di
leone
,
ecco
un
tappeto
d
'
Aleppo
coi
chiodini
d
'
acciaio
,
ecco
un
tappeto
di
Casa
-
blanca
spesso
tre
dita
che
dura
per
quattro
generazioni
,
guarentito
;
ecco
,
eccellenza
,
i
vecchi
cuscini
,
le
vecchie
cinture
di
broccato
e
i
vecchi
copripiedi
di
seta
,
un
po
'
sbiaditi
e
un
po
'
tarlati
,
ma
ricamati
come
ora
non
si
ricamano
più
,
nemmeno
a
pagarli
un
tesoro
.
A
lei
,
caballero
,
ch
'
è
venuto
qui
condotto
da
un
amico
,
a
lei
dò
questa
vecchia
cintura
per
cinque
napoleoni
,
e
mi
rassegno
a
mangiar
pane
e
aglio
per
una
settimana
.
-
Se
nemmeno
da
questo
vi
lasciate
tentare
,
vi
dirà
nell
'
orecchio
che
può
vendervi
la
corda
con
cui
i
terribili
muti
del
Serraglio
hanno
strangolato
Nassuh
Pascià
,
il
gran
vizir
di
Maometto
III
;
e
se
voi
gli
ridete
sul
viso
dicendogli
che
non
la
bevete
,
la
lascia
cascare
da
uomo
di
spirito
,
e
fa
l
'
ultimo
tentativo
buttandovi
davanti
una
coda
da
cavallo
di
quelle
che
si
portavano
davanti
e
dietro
ai
pascià
;
una
marmitta
di
Giannizzero
portata
via
da
suo
padre
,
ancora
spruzzata
di
sangue
,
il
giorno
stesso
della
strage
famosa
;
un
pezzo
di
bandiera
di
Crimea
,
colla
mezzaluna
e
le
stelline
d
'
argento
;
un
vaso
da
lavarsi
le
mani
,
tempestato
di
agate
;
un
bracierino
di
rame
cesellato
;
un
collare
di
dromedario
colle
conchiglie
e
le
campanelle
,
un
frustino
da
eunuco
di
cuoio
d
'
ippopotamo
,
un
corano
legato
in
oro
,
una
sciarpa
del
Korassan
,
un
paio
di
babbuccie
da
Cadina
,
un
candelliere
fatto
con
un
artiglio
d
'
aquila
,
tanto
che
infine
la
fantasia
s
'
accende
,
i
capricci
saltellano
,
e
vi
assale
una
matta
voglia
di
buttar
là
portamonete
,
orologio
,
pastrano
,
e
gridare
:
-
Caricatemi
!
-
;
e
bisogna
proprio
esser
figliuoli
assestati
o
padri
di
giudizio
per
resistere
alla
tentazione
.
Quanti
artisti
sono
usciti
di
là
scannati
come
Giobbe
e
quanti
ricconi
ci
hanno
bucato
il
patrimonio
!
Ma
prima
che
il
gran
bazar
si
chiuda
bisogna
ancora
fare
un
giro
per
vedere
il
suo
aspetto
dell
'
ultima
ora
.
Il
movimento
della
folla
si
fa
più
affrettato
,
i
mercanti
chiamano
con
gesti
più
imperiosi
,
greci
ed
armeni
corrono
gridando
per
le
strade
con
uno
scialle
o
un
tappeto
sul
braccio
,
si
formano
dei
gruppi
,
si
contratta
alla
spiccia
,
i
gruppi
si
sciolgono
e
si
rifanno
più
lontano
;
i
cavalli
,
le
carrozze
,
le
bestie
da
soma
passano
in
lunghe
file
diretti
verso
l
'
uscita
.
In
quell
'
ora
tutti
i
bottegai
con
cui
avete
litigato
senza
cadere
d
'
accordo
,
vi
vaneggiano
intorno
,
in
quella
mezza
oscurità
,
come
pipistrelli
;
li
vedete
far
capolino
dietro
le
colonne
,
li
incontrate
alle
svolte
,
vi
attraversano
la
strada
e
vi
passano
sui
piedi
guardando
in
aria
,
per
rammentarvi
colla
loro
presenza
quel
tal
tessuto
,
quel
certo
gingillo
,
e
farvene
rinascere
il
desiderio
.
Alle
volte
ne
avete
un
drappello
alle
spalle
:
se
vi
fermate
,
si
fermano
,
se
scantonate
,
scantonano
,
se
vi
voltate
indietro
incontrate
dieci
occhioni
dilatati
e
fissi
che
vi
mangian
vivo
.
Ma
già
la
luce
manca
,
la
folla
si
dirada
.
Sotto
le
lunghe
volte
arcate
risuona
la
voce
di
qualche
mezzuin
invisibile
che
annunzia
il
tramonto
da
un
minareto
di
legno
;
qualche
turco
stende
il
tappeto
dinanzi
alla
bottega
e
mormora
la
preghiera
della
sera
;
altri
fanno
le
abluzioni
alle
fontane
.
Già
i
vecchi
centenarii
del
bazar
delle
armi
hanno
chiuso
le
grandi
porte
di
ferro
;
i
piccoli
bazar
sono
deserti
,
i
corridoi
si
perdono
nelle
tenebre
,
le
imboccature
delle
strade
paiono
aperture
di
caverne
,
i
cammelli
vi
giungono
addosso
all
'
impensata
,
la
voce
dei
venditori
d
'
acqua
muore
sotto
le
arcate
lontane
,
le
turche
affrettano
il
passo
,
gli
eunuchi
aguzzano
gli
occhi
,
gli
stranieri
scappano
,
le
imposte
si
chiudono
,
la
giornata
è
finita
.
*
*
*
Ed
ora
io
mi
sento
domandare
da
ogni
parte
:
-
E
Santa
Sofia
?
E
l
'
antico
Serraglio
?
E
i
palazzi
del
Sultano
?
E
il
castello
delle
Sette
torri
?
E
Abdul
-
Aziz
?
E
il
Bosforo
?
Descriverò
tutto
e
con
tutta
l
'
anima
;
ma
prima
ho
ancora
bisogno
di
spaziare
un
po
'
liberamente
per
Costantinopoli
,
cambiando
d
'
argomento
a
ogni
pagina
,
come
là
cangiavo
di
pensieri
a
ogni
passo
.
*
*
*
[
La
luce
]
E
prima
d
'
ogni
cosa
,
la
luce
!
Uno
dei
miei
piaceri
più
vivi
,
a
Costantinopoli
,
era
di
veder
levare
e
tramontare
il
sole
,
stando
sul
ponte
della
Sultana
Validè
.
All
'
alba
,
in
autunno
,
il
Corno
d
'
oro
è
quasi
sempre
coperto
da
una
nebbia
leggiera
,
dietro
alla
quale
si
vede
la
città
confusamente
,
come
a
traverso
que
'
veli
bianchi
che
si
calano
sul
palco
scenico
per
nascondere
gli
apparecchi
d
'
una
scena
spettacolosa
.
Scutari
è
tutta
coperta
:
non
si
vedono
che
i
contorni
scuri
ed
incerti
delle
sue
colline
.
Il
ponte
e
le
rive
sono
deserte
,
Costantinopoli
dorme
:
la
solitudine
e
il
silenzio
rendono
lo
spettacolo
più
solenne
.
Il
cielo
comincia
a
dorarsi
dietro
le
colline
di
Scutari
.
Su
quella
striscia
luminosa
si
disegnano
ad
una
ad
una
,
precise
e
nerissime
,
le
punte
dei
cipressi
del
vastissimo
cimitero
,
come
un
esercito
di
giganti
schierati
sopra
le
alture
;
e
da
un
capo
all
'
altro
del
Corno
d
'
oro
corre
un
lucicchio
leggerissimo
che
è
come
il
primo
fremito
della
grande
città
che
risente
la
vita
.
Poi
dietro
ai
cipressi
della
riva
asiatica
,
spunta
un
occhio
di
foco
,
e
subito
le
sommità
bianche
dei
quattro
minareti
di
Santa
Sofia
si
colorano
di
rosa
.
In
pochi
momenti
,
di
collina
in
collina
,
di
moschea
in
moschea
,
fino
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
,
tutti
i
minareti
,
l
'
un
dopo
l
'
altro
,
arrossiscono
,
tutte
le
cupole
,
una
dopo
l
'
altra
,
s
'
inargentano
,
il
rossore
discende
di
terrazzo
in
terrazzo
,
il
lucicchio
s
'
allarga
,
il
gran
velo
cade
,
e
tutta
Stambul
appare
,
rosata
e
risplendente
sulle
alture
,
azzurrina
e
violacea
lungo
le
rive
,
tersa
e
fresca
,
che
pare
uscita
dalle
acque
.
A
misura
che
il
sole
s
'
alza
,
la
delicatezza
delle
prime
tinte
svanisce
in
un
immenso
chiarore
,
e
tutto
rimane
come
velato
dalla
bianchezza
della
luce
fin
verso
sera
.
Allora
lo
spettacolo
divino
ricomincia
.
L
'
aria
è
limpida
tanto
che
da
Galata
si
vedono
nettamente
uno
per
uno
gli
alberi
lontanissimi
dell
'
ultima
punta
di
Kadi
-
Kioi
.
Tutto
l
'
immenso
profilo
di
Stambul
si
stacca
dal
cielo
con
una
nitidezza
di
linee
e
un
vigore
di
colori
,
che
si
potrebbero
contare
,
punta
per
punta
,
tutti
i
minareti
,
tutte
le
guglie
,
tutti
i
cipressi
che
coronano
le
alture
dal
capo
del
Serraglio
al
cimitero
d
'
Eyub
.
Il
Corno
d
'
oro
e
il
Bosforo
pigliano
un
meraviglioso
colore
oltramarino
:
il
cielo
,
color
d
'
amatista
a
oriente
,
s
'
infuoca
dietro
Stambul
,
tingendo
l
'
orizzonte
d
'
infiniti
lumeggiamenti
di
rosa
e
di
carbonchio
che
fanno
pensare
al
primo
giorno
della
creazione
;
Stambul
s
'
oscura
,
Galata
s
'
indora
,
e
Scutari
,
percossa
dal
sole
cadente
,
tutta
scintillante
di
vetri
,
pare
una
città
in
preda
alle
fiamme
.
È
questo
il
più
bel
momento
per
contemplare
Costantinopoli
.
È
una
rapida
successione
di
tinte
soavissime
,
d
'
oro
pallido
,
di
rosa
e
di
lilla
,
che
tremolano
e
fuggono
su
per
i
fianchi
dei
colli
e
sulle
acque
,
dando
e
togliendo
ora
all
'
una
ora
all
'
altra
parte
della
città
il
primato
della
bellezza
e
rivelando
mille
piccole
grazie
pudiche
di
paesaggio
che
non
osavano
mostrarsi
alla
gran
luce
.
Si
vedono
dei
grandi
sobborghi
malinconici
,
perduti
nell
'
ombra
delle
valli
;
delle
piccole
città
purpuree
,
che
ridono
sulle
alture
;
villaggi
e
città
che
languono
,
come
se
mancasse
loro
la
vita
;
altre
che
muoiono
tutt
'
a
un
tratto
come
incendi
soffocati
;
altre
che
,
credute
già
morte
,
risuscitano
improvvisamente
,
tutte
in
foco
,
e
tripudiano
ancora
per
qualche
momento
sotto
l
'
ultimo
raggio
del
sole
.
Poi
non
rimangono
più
che
due
cime
risplendenti
sulla
riva
dell
'
Asia
:
la
sommità
del
monte
Bulgurlù
e
la
punta
del
capo
che
guarda
l
'
entrata
della
Propontide
;
son
prima
due
corone
d
'
oro
,
poi
due
berrettine
di
porpora
,
poi
due
rubini
;
poi
tutta
Costantinopoli
è
nell
'
ombra
,
e
dieci
mila
voci
annunziano
il
tramonto
dall
'
alto
di
dieci
mila
minareti
.
*
*
*
[
Gli
uccelli
]
Costantinopoli
ha
una
gaiezza
e
una
grazia
sua
propria
,
che
le
viene
da
un
'
infinità
d
'
uccelli
d
'
ogni
specie
,
per
i
quali
i
Turchi
nutrono
un
vivo
sentimento
di
simpatia
e
di
rispetto
.
Moschee
,
boschi
,
vecchie
mura
,
giardini
,
palazzi
,
tutto
canta
,
tutto
gruga
,
tutto
chiocchiola
,
tutto
pigola
;
per
tutto
si
sente
frullo
d
'
ali
,
per
tutto
c
'
è
vita
e
armonia
.
I
passeri
entrano
arditamente
nelle
case
e
beccano
nella
mano
dei
bimbi
e
delle
donne
;
le
rondini
fanno
il
nido
sulle
porte
dei
caffè
e
sotto
le
vôlte
dei
bazar
;
i
piccioni
,
a
sciami
innumerevoli
,
mantenuti
con
làsciti
di
Sultani
e
di
privati
,
formano
delle
ghirlande
bianche
e
nere
lungo
i
cornicioni
delle
cupole
e
intorno
ai
terrazzi
dei
minareti
;
i
gabbiani
volteggiano
festosamente
intorno
ai
caicchi
,
migliaia
di
tortorelle
amoreggiano
fra
cipressi
dei
cimiteri
;
intorno
al
castello
delle
Sette
torri
crocitano
i
corvi
e
rotano
gli
avvoltoi
;
gli
alcioni
vanno
e
vengono
in
lunghe
file
fra
il
mar
Nero
e
il
mar
di
Marmara
;
e
le
cicogne
gloterano
sulle
cupolette
dei
mausolei
solitari
.
Per
il
Turco
ognuno
di
questi
uccelli
ha
un
senso
gentile
o
una
virtù
benigna
:
le
tortore
proteggono
gli
amori
,
le
rondini
scongiurano
gl
'
incendi
dalle
case
dove
appendono
il
nido
,
le
cicogne
fanno
ogni
inverno
un
pellegrinaggio
alla
Mecca
,
gli
alcioni
portano
in
paradiso
le
anime
dei
fedeli
.
Così
egli
li
protegge
e
li
alimenta
per
gratitudine
e
per
religione
,
ed
essi
gli
fanno
festa
intorno
alla
casa
,
sul
mare
e
tra
i
sepolcri
.
In
ogni
parte
di
Stambul
si
è
sorvolati
,
circuiti
,
rasentati
dai
loro
stormi
sonori
,
che
spandono
per
la
città
l
'
allegrezza
della
campagna
e
rinfrescano
continuamente
nell
'
anima
il
sentimento
della
natura
.
*
*
*
[
Le
memorie
]
In
nessun
'
altra
città
d
'
Europa
i
luoghi
e
i
monumenti
leggendarii
o
storici
muovono
così
vivamente
la
fantasia
come
a
Stambul
,
poichè
in
nessun
'
altra
città
essi
ricordano
avvenimenti
così
recenti
ad
un
tempo
e
così
fantastici
.
Altrove
,
per
ritrovar
la
poesia
delle
memorie
,
bisogna
tornar
indietro
col
pensiero
di
parecchi
secoli
;
a
Stambul
,
basta
retrocedere
di
pochi
anni
.
La
leggenda
,
o
ciò
che
ha
natura
ed
efficacia
di
leggenda
,
è
di
ieri
.
Sono
pochi
anni
che
nella
piazza
dell
'
At
-
meidan
fu
consumata
l
'
ecatombe
favolosa
dei
Giannizzeri
;
pochi
anni
che
il
mar
di
Marmara
rigettò
sulla
riva
dei
giardini
imperiali
i
venti
sacchi
che
racchiudevano
le
belle
di
Mustafà
;
che
nel
castello
delle
Sette
torri
fu
scannata
la
famiglia
di
Brancovano
;
che
due
capigì
-
basci
trattenevano
per
le
braccia
gli
ambasciatori
europei
al
cospetto
del
Gran
Signore
,
del
quale
non
appariva
che
mezzo
il
viso
,
rischiarato
da
una
luce
misteriosa
;
e
che
fra
le
mura
dell
'
antico
serraglio
cessò
quella
vita
così
stranamente
intrecciata
d
'
amori
,
d
'
orrori
e
di
follie
,
che
ci
pare
già
tanto
lontana
.
Girando
per
Stambul
con
questi
pensieri
,
si
prova
quasi
un
sentimento
di
stupore
al
veder
la
città
così
quieta
,
così
ridente
di
vegetazione
e
di
colori
.
Ah
perfida
!
-
si
direbbe
,
-
che
cos
'
hai
fatto
di
que
'
monti
di
teste
e
di
quei
laghi
di
sangue
?
Possibile
che
tutto
sia
già
così
ben
nascosto
,
spazzato
,
lavato
,
che
non
se
ne
ritrovi
più
traccia
?
Sul
Bosforo
,
in
faccia
alla
torre
di
Leandro
che
sorge
dalle
acque
come
un
monumento
d
'
amore
,
sotto
le
mura
dei
giardini
del
Serraglio
,
si
vede
ancora
il
piano
inclinato
per
cui
si
facevano
rotolare
nel
mare
le
odalische
infedeli
;
in
mezzo
all
'
At
-
meidan
la
colonna
serpentina
porta
ancora
la
traccia
della
sciabolata
famosa
di
Maometto
il
Conquistatore
;
sul
ponte
di
Mahmut
si
segna
ancora
il
luogo
dove
il
sultano
focoso
freddò
con
un
fendente
il
dervis
temerario
che
gli
scagliò
in
volto
l
'
anatema
;
nella
cisterna
dell
'
antica
chiesa
di
Balukli
,
guizzano
ancora
i
pesci
miracolosi
che
vaticinarono
la
caduta
della
città
dei
Paleologhi
;
sotto
gli
alberi
delle
Acque
dolci
d
'
Asia
si
accennano
ancora
i
recessi
dove
una
Sultana
dissoluta
imponeva
ai
favoriti
d
'
un
istante
un
amore
che
finiva
colla
morte
.
Ogni
porta
,
ogni
torre
,
ogni
moschea
,
ogni
piazza
,
rammenta
un
prodigio
,
una
strage
,
un
amore
,
un
mistero
,
una
prodezza
di
Padiscià
o
un
capriccio
di
Sultana
;
tutto
ha
la
sua
leggenda
,
e
quasi
per
tutto
gli
oggetti
vicini
,
le
vedute
lontane
,
l
'
odore
dell
'
aria
e
il
silenzio
,
concorrono
a
portar
l
'
immaginazione
dello
straniero
,
che
s
'
immerge
in
quei
ricordi
,
fuori
del
suo
secolo
e
della
città
dell
'
oggi
e
di
sè
stesso
;
tanto
che
accade
sovente
,
a
Stambul
,
di
riscotersi
improvvisamente
alla
strana
idea
di
dover
tornare
all
'
albergo
.
Come
?
-
si
pensa
,
-
c
'
è
un
albergo
?
*
*
*
[
Le
rassomiglianze
]
Nei
primi
giorni
,
fresco
com
'
ero
di
letture
orientali
,
vedevo
da
ogni
parte
i
personaggi
famosi
delle
storie
e
delle
leggende
,
e
le
figure
che
me
li
rammentavano
,
somigliavano
qualche
volta
così
fedelmente
a
quelle
che
m
'
ero
foggiate
coll
'
immaginazione
,
ch
'
ero
costretto
a
fermarmi
per
contemplarle
.
Quante
volte
ho
afferrato
per
un
braccio
il
mio
amico
,
e
accennandogli
una
persona
che
passava
,
gli
dissi
:
-
Ma
è
lui
,
cospetto
!
non
lo
riconosci
?
-
Nella
piazzetta
della
Sultana
-
Validè
ho
visto
molte
volte
il
turco
gigante
che
dalle
mura
di
Nicea
rovesciava
i
macigni
sulle
teste
dei
soldati
del
Buglione
;
ho
visto
dinanzi
a
una
moschea
Umm
Dgiemil
,
la
vecchia
megera
della
Mecca
,
che
spargeva
i
rovi
e
le
ortiche
dinanzi
alla
casa
di
Maometto
;
ho
trovato
nei
bazar
dei
librai
,
con
un
volume
sotto
il
braccio
,
Digiemal
-
eddin
,
il
gran
dotto
di
Brussa
,
che
sapeva
a
memoria
tutto
il
dizionario
arabo
;
son
passato
accanto
ad
Aiscié
,
la
sposa
prediletta
del
Profeta
,
che
mi
fissò
in
volto
i
suoi
occhi
lucenti
e
umidi
come
la
stella
nel
pozzo
;
ho
riconosciuto
nell
'
At
-
meidan
la
bellezza
famosa
della
povera
greca
uccisa
ai
piedi
della
colonna
serpentina
da
una
palla
dei
cannoni
d
'
Orban
;
mi
son
trovato
faccia
a
faccia
,
allo
svolto
d
'
una
stradetta
del
Fanar
,
con
Kara
-
Abderrahman
,
il
più
bel
giovane
turco
dei
tempi
d
'
Orkano
;
ho
riconosciuto
Coswa
,
la
cammella
di
Maometto
;
ho
ritrovato
Karabulut
,
il
cavallo
nero
di
Selim
;
ho
visto
il
povero
poeta
Fighani
condannato
a
girare
per
Stambul
legato
a
un
asino
,
per
aver
ferito
con
un
distico
insolente
il
gran
vizir
d
'
Ibrahim
;
ho
trovato
in
un
caffè
Solimano
il
grosso
,
l
'
ammiraglio
mostruoso
,
che
quattro
schiavi
robusti
riuscivano
appena
a
sollevar
dal
divano
;
Alì
,
il
gran
vizir
,
che
non
trovò
in
tutta
l
'
Arabia
un
cavallo
che
lo
reggesse
;
Mahmut
Pascià
,
l
'
ercole
feroce
che
strozzò
il
figlio
di
Solimano
;
e
lo
stupido
Ahmet
II
che
ripeteva
continuamente
:
Kosc
!
Kosc
!
-
va
bene
,
va
bene
-
accovacciato
dinanzi
alla
porta
del
bazar
dei
copisti
,
vicino
alla
piazza
di
Bajazet
.
Tutti
i
personaggi
delle
Mille
e
una
notte
,
gli
Aladini
,
le
Zobeidi
,
i
Sindbad
,
le
Gulnare
,
i
vecchi
mercanti
ebrei
possessori
di
tappeti
fatati
e
di
lampade
meravigliose
,
mi
sfilarono
dinanzi
,
come
una
processione
di
fantasmi
.
*
*
*
[
Il
vestire
]
Questo
è
veramente
il
periodo
di
tempo
migliore
per
veder
la
popolazione
musulmana
di
Costantinopoli
,
perché
nel
secolo
scorso
era
troppo
uniforme
e
sarà
probabilmente
troppo
uniforme
nel
secolo
venturo
.
Ora
si
coglie
quel
popolo
nell
'
atto
della
sua
trasformazione
,
e
perciò
presenta
una
varietà
meravigliosa
.
Il
progresso
dei
riformatori
,
la
resistenza
dei
vecchi
turchi
,
e
le
incertezze
e
le
transazioni
della
grande
massa
che
ondeggia
fra
quei
due
estremi
,
tutte
le
fasi
,
insomma
,
della
lotta
fra
la
nuova
e
la
vecchia
Turchia
,
sono
fedelmente
rappresentate
dalla
varietà
dei
vestimenti
.
Il
vecchio
turco
inflessibile
porta
ancora
il
turbante
,
il
caffettano
e
le
scarpe
tradizionali
di
marocchino
giallo
;
e
i
più
ostinati
fra
i
vecchi
un
turbante
più
voluminoso
.
Il
turco
riformato
porta
un
lungo
soprabito
nero
abbottonato
fin
sotto
il
mento
e
i
calzoni
scuri
colle
staffe
,
non
conservando
altro
di
turco
che
il
fez
.
Fra
questi
,
però
,
i
giovani
più
arditi
hanno
già
buttato
via
il
lungo
soprabito
nero
,
portano
panciotti
aperti
,
calzoni
chiari
,
cravattine
eleganti
,
gingilli
,
mazza
e
fiori
all
'
occhiello
.
Fra
quelli
e
questi
,
fra
chi
porta
caffettano
e
chi
porta
soprabito
,
v
'
è
un
abisso
;
non
v
'
è
più
altro
di
comune
che
il
nome
;
sono
due
popoli
affatto
diversi
.
Il
turco
del
turbante
crede
ancora
fermamente
al
ponte
Sirath
,
che
passa
sopra
all
'
inferno
,
più
sottile
d
'
un
capello
e
più
affilato
d
'
una
scimitarra
;
fa
le
sue
abluzioni
alle
ore
debite
,
e
si
rincasa
al
calar
del
sole
.
Il
turco
del
soprabito
si
ride
del
Profeta
,
si
fa
fotografare
,
parla
francese
e
passa
la
sera
al
teatro
.
Fra
l
'
uno
e
l
'
altro
vi
son
poi
i
titubanti
,
dei
quali
alcuni
hanno
ancora
il
turbante
,
ma
piccolissimo
,
in
modo
che
potranno
inaugurare
il
fez
senza
scandalo
;
altri
portano
ancora
il
caffettano
,
ma
hanno
già
inaugurato
il
fez
;
altri
vestono
ancora
all
'
antica
,
ma
non
han
più
nè
cintura
nè
babbuccie
,
nè
colori
vistosi
;
e
a
poco
a
poco
butteranno
via
tutto
il
resto
.
Le
donne
soltanto
conservano
tutte
l
'
antico
velo
e
il
mantello
che
nasconde
le
forme
;
ma
il
velo
è
diventato
trasparente
e
lascia
intravvedere
un
cappelletto
piumato
,
e
il
mantello
copre
spesso
una
veste
tagliata
sul
figurino
di
Parigi
.
Ogni
anno
cadono
migliaia
di
caffettani
e
sorgono
migliaia
di
soprabiti
;
ogni
giorno
muore
un
vecchio
turco
e
nasce
un
turco
riformato
.
Il
giornale
succede
al
tespì
,
il
sigaro
al
cibuk
,
il
vino
all
'
acqua
concia
,
la
carrozza
all
'
arabà
,
la
grammatica
francese
alla
grammatica
araba
,
il
pianoforte
al
timbur
,
la
casa
di
pietra
alla
casa
di
legno
.
Tutto
si
altera
,
tutto
si
trasforma
.
Forse
tra
meno
d
'
un
secolo
bisognerà
andar
a
cercare
i
resti
della
vecchia
Turchia
in
fondo
alle
più
lontane
provincie
dell
'
Asia
Minore
,
come
si
va
a
cercare
quelli
della
vecchia
Spagna
nei
villaggi
più
remoti
dell
'
Andalusia
.
*
*
*
[
Costantinopoli
futura
]
Questo
pensiero
m
'
assaliva
sovente
,
contemplando
Costantinopoli
dal
ponte
della
Sultana
-
Validè
.
Che
cosa
sarà
questa
città
fra
uno
o
due
secoli
,
anche
se
i
Turchi
non
siano
cacciati
d
'
Europa
?
Ahimè
!
Il
grande
olocausto
della
bellezza
alla
civiltà
sarà
già
consumato
.
Io
la
vedo
quella
Costantinopoli
futura
,
quella
Londra
dell
'
Oriente
che
innalzerà
la
sua
maestà
minacciosa
e
triste
sulle
rovine
della
più
ridente
città
della
terra
.
I
colli
saranno
spianati
,
i
boschetti
rasi
al
suolo
,
le
casette
multicolori
atterrate
;
l
'
orizzonte
sarà
tagliato
da
ogni
parte
dalle
lunghe
linee
rigide
dei
palazzi
,
delle
case
operaie
e
degli
opifici
,
in
mezzo
a
cui
si
drizzerà
una
miriade
di
camini
altissimi
d
'
officine
,
e
di
tetti
piramidali
di
campanili
;
lunghe
strade
diritte
e
uniformi
divideranno
Stambul
in
diecimila
parallelepipedi
enormi
;
i
fili
del
telegrafo
s
'
incrocieranno
come
un
'
immensa
tela
di
ragno
sopra
i
tetti
della
città
rumorosa
;
sul
ponte
della
Sultana
-
Validè
non
si
vedrà
più
che
un
torrente
nero
di
cappelli
cilindrici
e
di
berrette
;
la
collina
misteriosa
del
Serraglio
sarà
un
giardino
zoologico
,
il
Castello
delle
Sette
torri
un
penitenziario
,
l
'
Ebdomon
un
museo
di
storia
naturale
;
tutto
sarà
solido
,
geometrico
,
utile
,
grigio
,
uggioso
,
e
una
immensa
nuvola
oscura
velerà
perpetuamente
il
bel
cielo
della
Tracia
,
a
cui
non
s
'
alzeranno
più
nè
preghiere
ardenti
nè
occhi
innamorati
nè
canti
di
poeti
.
Quando
quest
'
immagine
mi
si
presentava
,
sentivo
proprio
una
stretta
al
cuore
;
ma
poi
mi
consolavo
pensando
:
-
Chi
sa
che
qualche
sposa
italiana
del
secolo
ventunesimo
,
venendo
qui
a
fare
il
suo
viaggio
di
nozze
,
non
esclami
qualche
volta
:
-
Peccato
!
Peccato
che
Costantinopoli
non
sia
più
come
la
descrive
quel
vecchio
libro
tarlato
dell
'
ottocento
che
ritrovai
per
caso
in
fondo
all
'
armadio
della
nonna
!
*
*
*
[
I
cani
]
E
allora
sarà
anche
sparita
da
Costantinopoli
una
delle
sue
curiosità
più
curiose
,
che
sono
i
cani
.
Qui
proprio
voglio
lasciar
correre
un
po
'
la
penna
perché
l
'
argomento
lo
merita
.
Costantinopoli
è
un
immenso
canile
:
tutti
l
'
osservano
appena
arrivati
.
I
cani
costituiscono
una
seconda
popolazione
della
città
,
meno
numerosa
,
ma
non
meno
strana
della
prima
.
Tutti
sanno
quanto
i
Turchi
li
amino
e
li
proteggano
.
Non
ho
potuto
sapere
se
lo
facciano
per
il
sentimento
di
carità
che
raccomanda
il
Corano
anche
verso
le
bestie
;
o
perché
li
credano
,
come
certi
uccelli
,
apportatori
di
fortuna
,
o
perché
li
amava
il
Profeta
,
o
perché
ne
parlano
le
loro
sacre
storie
,
o
perchè
,
come
altri
pretende
,
Maometto
il
Conquistatore
si
conduceva
dietro
un
folto
stato
maggiore
canino
che
entrò
trionfante
con
lui
per
la
breccia
di
porta
San
Romano
.
Il
fatto
è
che
li
hanno
a
cuore
,
che
molti
Turchi
lasciano
per
testamento
delle
somme
cospicue
per
la
loro
alimentazione
,
e
che
quando
il
sultano
Abdul
-
Mejid
li
fece
portar
tutti
nell
'
isola
di
Marmara
,
il
popolo
ne
mormorò
,
e
quando
ritornarono
,
li
ricevette
a
festa
,
e
il
Governo
,
per
non
provocar
malumori
,
li
lasciò
in
pace
per
sempre
.
Però
,
siccome
il
cane
,
secondo
il
Corano
,
è
un
animale
immondo
,
e
ogni
turco
,
ospitandolo
,
crederebbe
di
contaminare
la
casa
,
così
nessuno
degli
innumerevoli
cani
di
Costantinopoli
ha
padrone
.
Formano
tutti
insieme
una
grande
repubblica
di
vagabondi
liberissimi
,
senza
collare
,
senza
nome
,
senza
uffici
,
senza
casa
,
senza
leggi
.
Fanno
tutto
nella
strada
;
vi
si
scavano
delle
piccole
tane
,
vi
dormono
,
vi
mangiano
,
vi
nascono
,
vi
allattano
i
piccini
,
e
vi
muoiono
;
e
nessuno
,
almeno
a
Stambul
,
li
disturba
menomamente
dalle
loro
occupazioni
e
dai
loro
riposi
.
Essi
sono
i
padroni
della
via
.
Nelle
nostre
città
è
il
cane
che
si
scansa
per
lasciar
passare
i
cavalli
e
la
gente
.
Là
è
la
gente
,
sono
i
cavalli
,
i
cammelli
,
gli
asini
che
fanno
anche
un
lungo
giro
per
non
pestare
i
cani
.
Nei
luoghi
più
frequentati
di
Stambul
,
quattro
o
cinque
cani
raggomitolati
e
addormentati
proprio
nel
bel
mezzo
della
strada
,
si
fanno
girare
intorno
per
una
mezza
giornata
tutta
la
popolazione
d
'
un
quartiere
.
E
lo
stesso
accade
a
Pera
e
a
Galata
,
benchè
qui
siano
lasciati
in
pace
non
già
per
rispetto
,
ma
perché
sono
tanti
,
che
a
volerseli
cacciare
di
fra
i
piedi
,
bisognerebbe
non
far
altro
che
tirar
calci
e
legnate
dal
momento
che
s
'
esce
di
casa
al
momento
che
si
ritorna
.
A
mala
pena
si
scomodano
quando
,
nelle
strade
piane
,
si
vedono
venire
addosso
una
carrozza
a
tiro
a
quattro
,
che
va
come
il
vento
,
e
non
ha
più
tempo
di
deviare
.
Allora
si
alzano
,
ma
non
prima
dell
'
ultimo
momento
,
quando
hanno
le
zampe
dei
cavalli
a
un
filo
dalla
testa
,
e
trasportano
stentatamente
la
loro
pigrizia
quattro
dita
più
lontano
:
lo
strettissimo
necessario
per
salvare
la
vita
.
La
pigrizia
è
il
tratto
distintivo
dei
cani
di
Costantinopoli
.
Si
accucciano
in
mezzo
alle
strade
,
cinque
,
sei
,
dieci
in
fila
od
in
cerchio
,
arrotondati
in
maniera
che
non
paion
più
bestie
,
ma
mucchi
di
sterco
,
e
lì
dormono
delle
giornate
intere
,
fra
un
viavai
e
uno
strepito
assordante
,
e
non
c
'
è
nè
acqua
,
nè
sole
,
nè
freddo
che
li
riscuota
.
Quando
nevica
,
rimangon
sotto
la
neve
;
quando
piove
,
restano
immersi
nella
mota
fin
sopra
la
testa
,
tanto
che
poi
,
alzandosi
,
paiono
cani
sbozzati
nella
creta
,
e
non
ci
si
vede
più
nè
occhi
,
nè
orecchie
,
nè
muso
.
A
Pera
e
a
Galata
,
però
,
son
meno
indolenti
che
a
Stambul
,
perché
ci
trovano
meno
facilmente
da
mangiare
.
A
Stambul
sono
in
pensione
,
a
Pera
e
a
Galata
mangiano
alla
carta
.
Sono
le
scope
viventi
delle
strade
.
Quello
che
rifiutano
i
maiali
,
per
loro
è
ghiottoneria
.
Fuor
che
i
sassi
mangiano
tutto
,
e
appena
hanno
tanto
in
corpo
da
non
morire
,
tornano
a
raggomitolarsi
in
terra
e
ridormono
fin
che
non
li
sveglia
la
fame
.
Dormono
quasi
sempre
nello
stesso
luogo
.
La
popolazione
canina
di
Costantinopoli
è
divisa
per
quartieri
come
la
popolazione
umana
.
Ogni
quartiere
,
ogni
strada
è
abitata
,
o
piuttosto
posseduta
da
un
certo
numero
di
cani
,
parenti
ed
amici
,
che
non
se
ne
allontanano
mai
,
e
non
vi
lasciano
penetrare
stranieri
.
Esercitano
una
specie
di
servizio
di
polizia
.
Hanno
i
loro
corpi
di
guardia
,
i
loro
posti
avanzati
,
le
loro
sentinelle
fanno
la
ronda
e
le
esplorazioni
.
Guai
se
un
cane
d
'
un
altro
quartiere
,
spinto
dalla
fame
,
s
'
arrischia
nei
possedimenti
dei
suoi
vicini
!
Una
frotta
di
cagnacci
insatanassati
gli
piomba
addosso
,
e
se
lo
coglie
,
lo
finisce
;
se
non
può
coglierlo
,
lo
insegue
rabbiosamente
fino
ai
confini
del
quartiere
.
Sino
ai
confini
,
non
più
in
là
;
il
paese
nemico
è
quasi
sempre
rispettato
e
temuto
.
Non
si
può
dare
un
'
idea
delle
battaglie
,
dei
sottosopra
che
seguono
per
un
osso
,
per
una
bella
,
o
per
una
violazione
di
territorio
.
Ogni
momento
si
vede
una
frotta
di
cani
stringersi
furiosamente
in
un
gruppo
intricato
e
confuso
,
e
sparire
in
un
nuvolo
di
polvere
,
e
lì
urli
e
latrati
e
guaiti
da
lacerare
le
orecchie
ad
un
sordo
;
poi
la
frotta
si
sparpaglia
,
e
a
traverso
il
polverìo
diradato
si
vedono
distese
sul
terreno
le
vittime
della
mischia
.
Amori
,
gelosie
,
duelli
,
sangue
,
gambe
rotte
e
orecchie
lacerate
,
son
l
'
affare
d
'
ogni
momento
.
Alle
volte
se
ne
radunan
tanti
e
fanno
tali
baldorie
davanti
a
una
bottega
,
che
il
bottegaio
e
i
garzoni
son
costretti
ad
armarsi
di
stanghe
e
di
seggiole
e
a
fare
una
sortita
militare
in
tutte
le
regole
per
sgombrare
la
strada
;
e
allora
si
sentono
risonar
teste
e
schiene
e
pancie
,
e
ululati
che
fanno
venir
giù
l
'
aria
.
A
Pera
e
a
Galata
in
specie
,
quelle
povere
bestie
sono
tanto
malmenate
,
tanto
abituate
a
toccare
una
percossa
ogni
volta
che
vedono
un
bastone
,
che
al
solo
sentir
battere
sul
ciottolato
un
ombrello
o
una
mazzina
,
o
scappano
o
si
preparano
a
scappare
;
ed
anche
quando
sembra
che
dormano
,
tengono
quasi
sempre
un
occhio
socchiuso
,
un
puntino
impercettibile
di
pupilla
,
con
cui
seguono
attentissimamente
,
anche
per
un
quarto
d
'
ora
filato
,
e
a
qualunque
distanza
,
tutti
i
più
leggieri
movimenti
di
qualsiasi
oggetto
che
abbia
apparenza
d
'
un
bastone
.
E
son
così
poco
assuefatti
a
trattamenti
umani
,
che
basta
,
passando
,
accarezzarne
uno
,
che
dieci
altri
accorrono
saltellando
,
mugolando
,
dimenando
la
coda
,
e
accompagnano
il
protettore
generoso
fino
in
fondo
alla
strada
,
cogli
occhi
luccicanti
di
gioia
e
di
gratitudine
.
La
condizione
d
'
un
cane
a
Pera
e
a
Galata
è
peggiore
,
ed
è
tutto
dire
,
di
quella
d
'
un
ragno
in
Olanda
,
che
è
l
'
essere
più
perseguitato
di
tutto
il
regno
animale
.
Non
si
può
,
vedendoli
,
non
credere
che
ci
sia
anche
per
loro
un
compenso
dopo
morte
.
Anch
'
essi
,
come
ogni
altra
cosa
a
Costantinopoli
,
mi
destavano
una
reminiscenza
storica
;
ma
era
un
'
amara
ironia
;
erano
i
cani
delle
caccie
famose
di
Baiazet
,
che
correvano
per
le
foreste
imperiali
dell
'
Olimpo
colle
gualdrappine
di
porpora
e
coi
collari
imperlati
.
Quale
diversità
di
condizione
sociale
!
La
loro
sorte
infelice
dipende
anche
in
parte
dalla
loro
bruttezza
.
Sono
quasi
tutti
cani
della
razza
dei
mastini
o
dei
can
lupi
,
e
ritraggono
un
po
'
del
lupo
e
della
volpe
;
o
piuttosto
non
ritraggono
di
nulla
;
sono
orribili
prodotti
d
'
incrociamenti
fortuiti
,
screziati
di
colori
bizzarri
,
della
grandezza
dei
così
detti
cani
da
macellaio
,
e
magri
che
se
ne
possono
contar
le
costole
a
venti
passi
.
La
maggior
parte
poi
,
oltre
alla
magrezza
,
son
ridotti
dalle
risse
in
uno
stato
che
,
se
non
si
vedessero
camminare
,
si
piglierebbero
per
carcami
di
cani
macellati
.
Se
ne
vedono
colla
coda
mozza
,
colle
orecchie
monche
,
col
dorso
spelato
,
col
collo
scorticato
,
orbi
d
'
un
occhio
,
zoppi
di
due
gambe
,
coperti
di
guidaleschi
e
divorati
dalle
mosche
;
ridotti
agli
ultimi
termini
a
cui
si
può
ridurre
un
cane
vivente
;
veri
avanzi
della
fame
,
della
guerra
e
della
vaga
venere
.
La
coda
,
si
può
dire
che
è
un
membro
di
lusso
:
è
raro
il
cane
di
Costantinopoli
che
la
serbi
intera
per
più
di
due
mesi
di
vita
pubblica
.
Povere
bestie
!
metterebbero
pietà
in
un
cuore
di
sasso
;
eppure
si
vedono
qualche
volta
potati
e
rosicchiati
in
un
modo
così
strano
,
si
vedono
camminare
con
certi
dondolamenti
così
svenevoli
,
con
certi
barcollii
così
grotteschi
,
che
non
si
possono
trattenere
le
risa
.
E
non
son
nè
la
fame
nè
la
guerra
nè
le
legnate
il
loro
peggiore
flagello
:
è
un
uso
crudele
invalso
da
qualche
tempo
a
Galata
e
a
Pera
.
Sovente
,
di
notte
,
i
pacifici
peroti
sono
svegliati
nei
loro
letti
da
un
baccano
indiavolato
;
e
affacciandosi
alle
finestre
,
vedon
giù
nella
strada
una
ridda
spaventevole
di
cani
che
spiccano
salti
altissimi
,
e
fanno
rivoltoloni
furiosi
e
battono
capate
tremende
nei
muri
;
e
la
mattina
all
'
alba
la
strada
è
coperta
di
cadaveri
.
È
il
dottorino
o
lo
speziale
del
quartiere
,
che
avendo
l
'
abitudine
di
studiare
la
notte
,
e
non
volendo
esser
disturbati
dalla
canea
,
si
sono
procurati
una
settimana
di
silenzio
con
una
distribuzione
di
polpette
.
Queste
ed
altre
cagioni
fanno
sì
che
il
numero
dei
cani
diminuisca
continuamente
a
Pera
e
a
Galata
;
ma
a
che
pro
?
Intanto
a
Stambul
crescono
e
si
moltiplicano
,
sin
che
non
trovando
più
alimento
nella
città
turca
,
migrano
a
poco
a
poco
all
'
altra
riva
,
e
riempiono
nella
famiglia
sterminata
tutti
i
vuoti
che
v
'
han
fatto
le
battaglie
,
la
carestia
e
il
veleno
.
*
*
*
[
Gli
eunuchi
]
Ma
vi
sono
altri
esseri
,
a
Costantinopoli
,
che
fanno
più
compassione
dei
cani
,
e
son
gli
eunuchi
,
i
quali
,
come
s
'
introdussero
fra
i
turchi
malgrado
i
precetti
formali
del
Corano
che
condannano
questa
infame
degradazione
della
natura
,
sussistono
ancora
,
malgrado
la
legge
recente
che
ne
proibisce
il
traffico
,
poichè
è
più
forte
della
legge
la
scellerata
avidità
dell
'
oro
che
fa
commettere
il
delitto
,
e
l
'
egoismo
spietato
che
se
ne
vale
.
Questi
disgraziati
s
'
incontrano
ad
ogni
passo
nelle
strade
,
come
s
'
incontrano
,
ad
ogni
passo
nella
storia
.
In
fondo
a
ogni
quadro
della
storia
turca
,
campeggia
una
di
queste
figure
sinistre
,
colle
fila
d
'
una
congiura
nel
pugno
;
coperto
d
'
oro
o
intriso
di
sangue
,
vittima
,
o
favorito
,
o
carnefice
,
palesemente
od
occultamente
formidabile
,
ritto
come
uno
spettro
all
'
ombra
del
trono
,
o
affacciato
allo
spiraglio
d
'
una
porta
misteriosa
.
Così
per
Costantinopoli
,
in
mezzo
alla
folla
affaccendata
dei
bazar
,
tra
la
moltitudine
allegra
delle
Acque
dolci
,
fra
le
colonne
delle
moschee
,
accanto
alle
carrozze
,
nei
piroscafi
,
nei
caicchi
,
in
tutte
le
feste
,
in
tutte
le
folle
,
si
vede
questa
larva
d
'
uomo
,
questa
figura
dolorosa
,
che
fa
colla
sua
persona
una
macchia
lugubre
su
tutti
gli
aspetti
ridenti
della
vita
orientale
.
Scemata
l
'
onnipotenza
della
corte
,
è
scemata
la
loro
importanza
politica
,
come
rilassandosi
la
gelosia
orientale
,
è
diminuita
la
loro
importanza
nelle
case
private
;
i
vantaggi
del
loro
stato
son
quindi
molto
scaduti
;
essi
non
trovano
più
che
assai
difficilmente
nella
ricchezza
e
nella
dominazione
un
compenso
alla
loro
sventura
;
non
si
trovano
più
i
Ghaznefer
Agà
che
consentono
alla
mutilazione
per
diventar
capi
degli
eunuchi
bianchi
;
tutti
sono
ora
certamente
vittime
,
e
vittime
senza
conforti
;
comprati
o
rubati
bambini
,
in
Abissinia
od
in
Siria
,
uno
su
tre
sopravvissuti
al
coltello
infame
,
e
rivenduti
in
onta
alla
legge
,
con
una
ipocrisia
di
segretezza
,
più
odiosa
d
'
un
aperto
mercato
.
Non
c
'
è
bisogno
di
farseli
indicare
,
si
riconoscono
all
'
aspetto
.
Son
quasi
tutti
d
'
alta
statura
,
grassi
,
flosci
,
col
viso
imberbe
e
avvizzito
,
corti
di
busto
,
lunghissimi
di
gambe
e
di
braccia
.
Portano
il
fez
,
un
lungo
soprabito
scuro
,
i
calzoni
all
'
europea
e
uno
staffile
di
cuoio
d
'
ippopotamo
,
che
è
l
'
insegna
del
loro
ufficio
.
Camminano
a
lunghi
passi
,
mollemente
,
come
grandi
bambini
.
Accompagnano
le
signore
a
piedi
o
a
cavallo
,
davanti
e
dietro
le
carrozze
,
quando
uno
,
quando
due
insieme
,
e
rivolgono
sempre
intorno
un
occhio
vigilante
,
che
al
menomo
sguardo
o
atto
irriverente
di
chi
passa
,
piglia
un
'
espressione
di
rabbia
ferina
che
mette
paura
e
ribrezzo
.
Fuor
di
questi
casi
,
il
loro
viso
o
non
dice
assolutamente
nulla
,
o
non
esprime
che
un
tedio
infinito
d
'
ogni
cosa
.
Non
mi
ricordo
d
'
averne
visto
ridere
alcuno
.
Ce
ne
sono
dei
giovanissimi
,
che
par
che
abbiano
cinquant
'
anni
;
dei
vecchi
,
che
sembrano
adolescenti
invecchiati
in
un
giorno
;
dei
molto
pingui
,
tondi
,
molli
,
lucidi
,
che
sembrano
enfiati
o
ingrassati
apposta
come
bestie
suine
;
tutti
vestiti
di
panni
fini
,
puliti
e
profumati
come
damerini
vanitosi
.
Ci
sono
degli
uomini
senza
cuore
che
passando
accanto
a
quei
disgraziati
li
guardano
e
ridono
.
Costoro
credono
forse
che
,
essendo
così
come
sono
fin
dall
'
infanzia
,
non
comprendano
la
loro
sventura
.
Si
sa
invece
che
la
comprendono
e
che
la
sentono
;
ma
se
anche
non
si
sapesse
,
come
si
potrebbe
dubitarne
?
Non
appartenere
ad
alcun
sesso
,
non
essere
che
una
mostra
d
'
uomo
;
vivere
in
mezzo
agli
uomini
e
vedersene
separati
da
un
abisso
;
sentir
fremere
la
vita
intorno
a
sè
,
come
un
mare
,
e
dovervi
rimanere
in
mezzo
,
immobili
e
solitarii
come
uno
scoglio
;
sentire
tutti
i
propri
pensieri
e
tutti
i
sentimenti
strozzati
da
un
cerchio
di
ferro
che
nessuna
virtù
umana
potrà
mai
spezzare
;
aver
perpetuamente
dinanzi
un
'
immagine
di
felicità
,
a
cui
tutto
tende
,
intorno
a
cui
tutto
gira
,
di
cui
tutto
si
colora
e
s
'
illumina
,
e
sentirsene
smisuratamente
lontani
,
nell
'
oscurità
,
in
un
vuoto
immenso
e
freddo
,
come
creature
maledette
da
Dio
;
essere
anzi
i
custodi
di
quella
felicità
,
la
barriera
che
l
'
uomo
geloso
mette
fra
i
suoi
piaceri
ed
il
mondo
,
il
puntello
con
cui
assicura
la
sua
porta
,
il
cencio
con
cui
copre
il
suo
tesoro
;
e
dover
vivere
tra
i
profumi
,
in
mezzo
alle
seduzioni
,
alla
gioventù
,
alla
bellezza
,
ai
tripudi
,
colla
vergogna
sulla
fronte
,
colla
rabbia
nell
'
anima
,
disprezzati
,
scherniti
,
senza
nome
,
senza
famiglia
,
senza
madre
,
senza
un
ricordo
affettuoso
,
segregati
dall
'
umanità
e
dalla
natura
,
ah
!
dev
'
essere
un
tormento
che
la
mente
umana
non
può
comprendere
,
come
quello
di
vivere
con
un
pugnale
confitto
nel
cuore
.
E
questa
infamia
si
sopporta
ancora
,
questi
sventurati
passeggiano
per
le
vie
di
una
città
d
'
Europa
,
vivono
in
mezzo
agli
uomini
,
e
non
urlano
,
non
mordono
,
non
uccidono
,
non
sputano
in
viso
all
'
umanità
codarda
che
li
guarda
senza
arrossire
e
senza
piangere
,
e
fa
delle
associazioni
internazionali
per
la
protezione
dei
gatti
e
dei
cani
!
La
loro
vita
non
è
che
un
supplizio
continuo
.
Quando
le
donne
non
li
trovano
arrendevoli
ai
loro
intrighi
,
li
odiano
come
carcerieri
e
come
spie
,
e
li
torturano
con
una
civetteria
crudele
,
sino
a
farli
diventar
furiosi
o
insensati
,
come
il
povero
eunuco
nero
delle
Lettere
persiane
quando
metteva
nel
bagno
la
sua
signora
.
Tutto
è
sarcasmo
per
loro
:
portano
dei
nomi
di
profumi
e
di
fiori
,
per
allusione
alle
donne
di
cui
sono
custodi
:
sono
possessori
di
giacinti
,
guardiani
di
gigli
,
custodi
di
rose
e
di
viole
.
E
qualche
volta
amano
,
gli
sciagurati
!
perché
in
loro
delle
passioni
sono
spenti
gli
effetti
,
non
le
cause
;
e
son
gelosi
,
e
si
rodono
e
piangono
lagrime
di
sangue
;
e
qualche
volta
,
quando
uno
sguardo
procace
si
fissa
in
volto
alla
loro
donna
,
e
s
'
accorgono
che
è
corrisposto
,
perdon
la
ragione
e
percuotono
.
Al
tempo
della
guerra
di
Crimea
un
eunuco
diede
una
frustata
in
viso
ad
un
ufficiale
francese
,
e
questi
gli
spaccò
il
cranio
con
una
sciabolata
.
Chi
può
dire
che
cosa
soffrano
,
come
li
desoli
la
bellezza
,
come
li
strazii
un
vezzo
,
come
li
trafigga
un
sorriso
,
e
quante
volte
mentre
al
loro
orecchio
arriva
il
suono
d
'
un
bacio
,
la
loro
mano
afferra
il
manico
del
pugnale
!
Non
è
meraviglia
che
nel
vuoto
immenso
del
loro
cuore
non
attecchiscano
per
lo
più
che
le
passioni
fredde
dell
'
odio
,
della
vendetta
e
dell
'
ambizione
;
che
crescano
acri
,
mordaci
,
pettegoli
,
pusillanimi
,
feroci
;
che
siano
o
bestialmente
devoti
o
astutissimamente
traditori
,
e
che
quando
sono
potenti
,
cerchino
di
vendicarsi
sull
'
uomo
dell
'
affronto
che
fu
fatto
in
loro
alla
natura
.
Ma
per
quanto
siano
intristiti
,
sentono
sempre
nel
cuore
il
bisogno
prepotente
della
donna
,
e
poichè
non
possono
averla
amante
,
la
cercano
amica
;
si
ammogliano
;
sposano
delle
donne
incinte
,
come
Sunbullù
,
il
grand
'
eunuco
di
Ibraim
I
,
per
avere
un
bambino
da
amare
;
si
fanno
un
arem
di
vergini
,
come
il
grand
'
eunuco
di
Ahmed
II
,
per
avere
almeno
lo
spettacolo
della
bellezza
e
della
grazia
,
l
'
amplesso
affettuoso
,
un
'
illusione
d
'
amore
;
adottano
una
figliuola
per
aver
un
seno
di
donna
su
cui
chinare
la
testa
quando
son
vecchi
,
per
non
morire
senza
sapere
che
cos
'
è
una
carezza
,
per
sentire
nei
loro
ultimi
anni
una
voce
amorosa
dopo
aver
sentito
per
tutta
la
vita
il
riso
dell
'
ironia
e
del
disprezzo
;
e
non
son
rari
quelli
che
,
arricchiti
alla
corte
o
nelle
grandi
case
,
dove
esercitano
insieme
l
'
ufficio
di
capi
degli
eunuchi
e
d
'
intendenti
,
si
comprano
,
vecchi
,
una
bella
villetta
sul
Bosforo
,
e
là
cercano
di
dimenticare
,
di
sopire
il
sentimento
della
propria
sventura
nell
'
allegrezza
delle
feste
e
dei
conviti
.
Fra
le
molte
cose
che
mi
furon
dette
di
questi
infelici
,
una
mi
è
rimasta
viva
più
di
tutte
nella
memoria
;
ed
è
un
giovane
medico
di
Pera
che
me
l
'
ha
raccontata
.
Confutando
gli
argomenti
di
chi
crede
che
gli
eunuchi
non
soffrano
:
-
Una
sera
,
-
mi
disse
,
-
uscivo
dalla
casa
d
'
un
ricco
musulmano
,
dov
'
ero
andato
a
visitare
per
la
terza
volta
una
delle
sue
quattro
mogli
malata
di
cuore
.
All
'
uscire
come
all
'
entrare
m
'
aveva
accompagnato
un
eunuco
gridando
le
solite
parole
:
-
donne
,
ritiratevi
!
-
per
avvertir
signore
e
schiave
che
un
uomo
era
nell
'
arem
,
e
che
non
dovevano
lasciarsi
vedere
.
Quando
fui
nel
cortile
,
l
'
eunuco
mi
lasciò
,
ed
io
mi
diressi
solo
verso
la
porta
.
Nel
punto
che
stavo
per
aprire
,
mi
sentii
toccare
il
braccio
,
e
voltandomi
,
mi
vidi
dinanzi
,
così
tra
il
chiaro
e
lo
scuro
,
un
altro
eunuco
,
un
giovanetto
di
diciotto
o
vent
'
anni
,
di
aspetto
simpatico
,
che
mi
guardava
fisso
con
gli
occhi
umidi
di
lagrime
.
Gli
domandai
che
cosa
voleva
.
Titubò
un
momento
a
rispondere
,
poi
m
'
afferrò
una
mano
con
tutt
'
e
due
le
mani
,
e
stringendomela
convulsivamente
mi
disse
con
una
voce
tremante
,
in
cui
si
sentiva
un
dolore
disperato
:
-
Dottore
!
Tu
che
sai
un
rimedio
per
tutti
i
mali
,
non
ne
sapresti
uno
per
il
mio
?
-
Io
non
so
dire
quello
che
produssero
in
me
queste
semplici
parole
;
volli
rispondere
,
mi
mancò
la
voce
,
e
non
sapendo
nè
che
fare
nè
che
dire
,
apersi
bruscamente
la
porta
e
fuggii
.
Ma
per
tutta
quella
sera
e
per
molti
giorni
dopo
,
mi
parve
di
vedere
quel
giovane
e
di
sentir
quelle
parole
,
e
più
d
'
una
volta
dovetti
far
forza
a
me
stesso
per
non
piangere
di
pietà
.
-
O
filantropi
,
pubblicisti
,
ministri
,
ambasciatori
,
e
voi
,
signori
deputati
al
Parlamento
di
Stambul
e
senatori
della
mezzaluna
,
levate
un
grido
,
in
nome
di
Dio
,
perché
questa
sanguinosa
ignominia
,
questa
orrenda
macchia
dell
'
onore
umano
,
non
sia
più
nel
ventesimo
secolo
che
una
memoria
dolorosa
come
le
carneficine
della
Bulgaria
.
*
*
*
[
L
'
esercito
]
Benchè
sapessi
,
prima
d
'
arrivare
a
Costantinopoli
,
che
non
ci
avrei
più
ritrovato
traccia
dello
splendido
esercito
dei
bei
tempi
antichi
,
pure
,
appena
arrivato
,
cercai
con
vivissima
curiosità
i
soldati
,
mia
perpetua
simpatia
.
Ma
,
pur
troppo
,
trovai
la
realtà
peggiore
dell
'
aspettazione
.
In
luogo
delle
antiche
vestimenta
ampie
,
pittoresche
e
guerriere
,
trovai
le
divise
nere
e
attillate
,
i
calzoni
rossi
,
le
giacchettine
scarse
,
i
galloni
da
usciere
,
i
cinturini
da
collegiale
,
e
su
tutte
le
teste
,
da
quella
del
Sultano
a
quella
del
soldato
,
quel
deplorabile
fez
,
che
oltre
ad
esser
meschino
e
puerile
,
in
specie
sul
cocuzzolo
dei
musulmani
corpulenti
,
è
cagione
d
'
infinite
oftalmie
ed
emicranie
.
L
'
esercito
turco
non
ha
più
la
bellezza
d
'
un
esercito
turco
,
non
ha
ancora
la
bellezza
d
'
un
esercito
europeo
;
i
soldati
mi
parvero
tristi
,
svogliati
e
sudici
;
saranno
valorosi
,
ma
non
son
simpatici
.
E
quanto
alla
loro
educazione
,
mi
basta
questo
:
che
ho
visto
sergenti
e
ufficiali
soffiarsi
il
naso
colle
dita
in
mezzo
alla
strada
;
che
ho
visto
un
soldato
di
guardia
al
ponte
,
dove
è
proibito
di
fumare
,
strappar
il
sigaro
di
bocca
a
un
viceconsole
;
e
che
nella
moschea
dei
dervis
giranti
di
via
di
Pera
,
un
altro
soldato
,
me
presente
,
per
far
capire
a
tre
signori
europei
che
bisognava
levarsi
il
cappello
,
li
scappellò
tutti
e
tre
con
una
manata
.
E
ho
saputo
che
,
ad
alzar
la
voce
in
simili
casi
,
il
meno
che
possa
capitare
è
d
'
essere
abbracciati
come
un
sacco
di
cenci
e
portati
di
peso
nel
corpo
di
guardia
.
Per
la
qual
cosa
,
in
tutto
il
tempo
che
rimasi
a
Costantinopoli
,
ho
sempre
dimostrato
un
profondo
rispetto
ai
soldati
.
E
d
'
altra
parte
,
cessai
di
meravigliarmi
delle
loro
maniere
,
dopo
aver
visto
coi
miei
occhi
che
cosa
è
quella
gente
prima
di
vestir
l
'
uniforme
.
Vidi
un
giorno
passare
per
una
strada
di
Scutari
un
centinaio
di
reclute
che
venivano
probabilmente
dall
'
interno
dell
'
Asia
Minore
.
Mi
fecero
compassione
e
ribrezzo
.
Mi
parve
di
vedere
quegli
spaventosi
banditi
d
'
Hassan
il
pazzo
,
che
attraversarono
Costantinopoli
sulla
fine
del
sedicesimo
secolo
,
per
andar
a
morire
sotto
la
mitraglia
austriaca
nella
pianura
di
Pest
.
Vedo
ancora
quelle
faccie
sinistre
,
quelle
lunghe
ciocche
di
capelli
,
quei
corpi
seminudi
e
arabescati
,
quegli
ornamenti
selvaggi
,
e
sento
il
tanfo
di
serraglio
di
belve
che
lasciarono
nella
via
.
Quando
giunsero
le
prime
notizie
delle
stragi
di
Bulgaria
,
pensai
subito
a
loro
.
-
Debbono
essere
i
miei
amici
di
Scutari
,
-
dissi
in
cuor
mio
.
Essi
però
sono
l
'
unica
immagine
pittoresca
che
mi
sia
rimasta
de
'
soldati
musulmani
.
Belli
eserciti
di
Bajazet
,
di
Solimano
e
di
Maometto
,
chi
vi
potesse
rivedere
per
un
minuto
,
dall
'
alto
delle
mura
di
Stambul
,
schierati
sulla
pianura
di
Daud
-
Pascià
!
Ogni
volta
che
passavo
dinanzi
alla
porta
trionfale
d
'
Adrianopoli
,
quei
belli
eserciti
mi
si
affacciavano
alla
mente
come
una
visione
luminosa
,
e
mi
soffermavo
a
contemplare
la
porta
,
come
se
di
momento
in
momento
dovesse
apparire
il
pascià
quartier
mastro
,
araldo
delle
schiere
imperiali
.
Il
pascià
quartier
mastro
,
in
fatti
,
camminava
alla
testa
dell
'
esercito
,
con
due
code
di
cavallo
,
insegna
della
sua
dignità
.
Dietro
a
lui
,
si
vedeva
di
lontano
un
vivissimo
luccichìo
.
Erano
ottomila
cucchiai
di
rame
confitti
nei
turbanti
di
ottomila
giannizzeri
,
in
mezzo
ai
quali
ondeggiavano
le
penne
d
'
airone
e
scintillavano
le
armature
dei
colonnelli
,
seguiti
da
uno
sciame
di
servi
carichi
di
armi
e
di
vivande
.
Dietro
ai
giannizzeri
veniva
un
piccolo
esercito
di
volontarii
e
di
paggi
,
colle
vesti
di
seta
,
colle
maglie
di
ferro
,
coi
caschi
luccicanti
,
accompagnati
da
una
banda
di
musici
;
dietro
ai
paggi
,
i
cannonieri
,
coi
cannoni
uniti
da
catene
di
ferro
;
e
poi
un
altro
piccolo
esercito
di
agà
,
di
paggi
,
di
ciambellani
,
di
soldati
feudatarii
,
piantati
sopra
cavalli
corazzati
e
impennacchiati
.
E
questa
non
era
che
l
'
avanguardia
.
Sopra
le
schiere
serrate
sventolavano
stendardi
di
mille
colori
,
ondeggiavano
code
di
cavallo
,
s
'
urtavano
lancie
,
spade
,
archi
,
turcassi
,
archibugi
,
in
mezzo
ai
quali
si
vedevano
appena
le
faccie
annerite
dal
sole
delle
guerre
di
Candia
e
di
Persia
;
e
i
suoni
scordati
dei
tamburi
,
dei
flauti
,
delle
trombe
e
delle
timballe
,
la
voce
dei
cantanti
che
accompagnavano
i
giannizzeri
,
il
tintinnio
delle
armature
,
lo
strepito
delle
catene
,
le
grida
di
:
Allà
,
si
confondevano
in
un
frastuono
festoso
e
terribile
,
che
dal
campo
di
Daud
-
Pascià
si
spandeva
fino
all
'
altra
riva
del
Corno
d
'
oro
.
Oh
!
pittori
e
poeti
che
avete
studiato
amorosamente
quel
bel
mondo
orientale
,
svanito
per
sempre
,
aiutatemi
a
far
uscir
intero
dalle
vecchie
mura
di
Stambul
l
'
esercito
favoloso
di
Maometto
III
.
L
'
avanguardia
è
passata
:
un
altro
sfolgorìo
s
'
avanza
.
È
il
Sultano
?
No
,
il
Nume
non
è
forse
ancora
uscito
dal
tempio
.
Non
è
che
il
corteo
del
vizir
favorito
.
Sono
quaranta
agà
vestiti
di
zibellino
,
su
quaranta
cavalli
dalle
gualdrappe
di
velluto
e
dalle
redini
d
'
argento
,
a
cui
tien
dietro
una
folla
di
paggi
e
di
palafrenieri
pomposi
,
che
conducono
a
mano
altri
quaranta
corsieri
,
bardati
d
'
oro
,
carichi
di
scudi
,
di
mazze
e
di
scimitarre
.
Viene
innanzi
un
altro
corteo
.
Non
è
ancora
il
Sultano
.
Sono
i
membri
della
Cancelleria
di
Stato
,
i
grandi
dignitari
del
Serraglio
,
il
gran
tesoriere
,
accompagnati
da
una
banda
di
suonatori
e
da
uno
sciame
di
volontarii
coi
berretti
purpurei
ornati
d
'
ale
d
'
uccelli
,
vestiti
di
pelliccie
,
di
taffettà
incarnato
,
di
pelli
di
leopardo
,
di
kolpak
ungheresi
,
e
armati
di
lunghe
lancie
fasciate
di
seta
e
inghirlandate
di
fiori
.
Un
'
altra
onda
di
cavalli
sfolgoranti
esce
dalla
porta
d
'
Adrianopoli
.
Non
è
ancora
il
Sultano
.
È
il
corteo
del
gran
vizir
.
Vien
prima
una
folla
d
'
archibugieri
a
cavallo
,
di
furieri
e
d
'
agà
benemeriti
del
gran
Signore
,
e
poi
altri
quaranta
agà
del
gran
vizir
in
mezzo
a
una
foresta
di
mille
e
duecento
lancie
di
bambù
impugnate
da
mille
e
duecento
paggi
,
e
altri
quaranta
paggi
del
gran
vizir
vestiti
di
color
ranciato
e
armati
d
'
archi
e
di
turcassi
ricamati
d
'
oro
,
e
altri
duecento
giovanetti
divisi
in
sei
schiere
di
sei
colori
,
in
mezzo
ai
quali
cavalcano
governatori
e
parenti
del
primo
ministro
,
seguiti
da
una
turba
di
palafrenieri
,
d
'
armigeri
,
d
'
impiegati
,
di
servi
,
di
paggi
,
d
'
agà
dalle
vesti
dorate
e
di
vessilliferi
dalle
bandiere
di
seta
;
e
ultimo
il
Kiaya
,
ministro
dell
'
interno
,
in
mezzo
a
dodici
sciaù
,
esecutori
di
giustizia
,
seguiti
dalla
banda
del
gran
vizir
.
Un
'
altra
folla
sbocca
fuori
dalle
mura
.
Non
è
ancora
il
Sultano
.
È
una
folla
di
sciaù
,
di
furieri
,
d
'
impiegati
,
vestiti
di
assise
splendide
,
che
fanno
corteo
ai
giureconsulti
,
ai
mollà
,
ai
muderrì
,
a
cui
tien
dietro
il
gran
cacciatore
per
le
caccie
al
falcone
,
all
'
avoltoio
,
allo
sparviero
ed
al
nibbio
,
seguito
da
una
fila
di
cavalieri
che
portano
in
sella
i
gatti
pardi
ammaestrati
alla
caccia
,
e
da
una
processione
di
falconieri
,
di
scudieri
,
di
squartatori
,
di
guardiani
di
furetti
,
di
drappelli
di
trombettieri
e
di
mute
di
cani
ingualdrappati
e
ingioiellati
.
Un
'
altra
folla
compare
.
Gli
spettatori
accalcati
si
prostrano
:
è
il
Sultano
!
Non
è
ancora
il
Sultano
;
non
è
la
testa
,
ma
il
cuore
dell
'
esercito
;
il
focolare
del
coraggio
e
dell
'
ira
sacra
,
l
'
arca
santa
,
il
carroccio
dei
musulmani
,
intorno
a
cui
s
'
alzeranno
mucchi
di
cadaveri
e
scorreranno
torrenti
di
sangue
,
la
bandiera
verde
del
Profeta
,
l
'
insegna
delle
insegne
,
tolta
alla
moschea
del
Sultano
Ahmed
,
che
sventola
in
mezzo
a
una
turba
feroce
di
dervis
coperti
di
pelli
d
'
orso
e
di
leone
,
in
mezzo
a
una
corona
di
sceicchi
predicatori
dall
'
aspetto
ispirato
,
ravvolti
in
mantelli
di
pelo
di
cammello
;
fra
due
schiere
d
'
emiri
,
discendenti
di
Maometto
,
coronati
di
turbanti
verdi
,
che
levano
tutti
insieme
un
clamore
minaccioso
e
sinistro
di
evviva
,
di
ruggiti
,
di
preghiere
,
di
canti
.
Esce
un
'
altra
ondata
d
'
uomini
e
di
cavalli
.
Non
è
ancora
il
Sultano
.
È
uno
stuolo
di
sciaù
che
brandiscono
i
loro
bastoni
inargentati
per
far
largo
al
giudice
di
Costantinopoli
e
al
gran
giudice
d
'
Asia
e
d
'
Europa
,
i
cui
turbanti
enormi
torreggiano
al
disopra
della
folla
;
sono
il
vizir
favorito
e
il
vizir
caimacan
,
coi
turbanti
stelleggiati
d
'
argento
e
gallonati
d
'
oro
;
sono
tutti
i
vizir
del
divano
,
dinanzi
ai
quali
ondeggiano
le
code
di
cavallo
tinte
di
henné
,
appese
in
cima
a
lancie
rosse
ed
azzurre
;
e
infine
i
giudici
dell
'
esercito
e
un
codazzo
sterminato
di
servi
vestiti
di
pelli
di
leopardo
e
armati
di
stocco
,
e
paggi
e
armigeri
e
vivandieri
.
Un
altro
barbaglio
di
colori
e
di
splendori
annunzia
un
altro
corteo
:
è
il
Sultano
finalmente
!
Non
è
ancora
il
Sultano
.
È
il
gran
vizir
,
vestito
d
'
un
caffettano
purpureo
foderato
di
zibellino
;
montato
sopra
un
cavallo
coperto
d
'
acciaio
e
d
'
oro
,
seguito
da
uno
sciame
di
servi
in
abito
di
velluto
rosso
,
attorniato
da
una
folla
di
alti
dignitari
e
di
luogotenenti
generali
dei
giannizzeri
,
fra
i
quali
biancheggia
il
muftì
,
come
un
cigno
in
mezzo
a
uno
stormo
di
pavoni
;
e
dietro
a
costoro
,
fra
due
schiere
di
lancieri
dai
giustacuori
dorati
,
fra
due
file
d
'
arcieri
dai
pennacchi
a
mezzaluna
,
i
palafrenieri
sfarzosi
del
serraglio
che
conducono
per
mano
una
frotta
di
cavalli
arabi
,
turcomanni
,
persiani
,
caramaniani
,
dalle
selle
di
velluto
,
dalle
nappine
di
canutiglia
,
dalle
redini
dorate
,
dalle
staffe
damaschinate
,
carichi
di
scudi
e
d
'
armi
scintillanti
di
rubini
e
di
smeraldi
;
e
infine
due
cammelli
consacrati
,
uno
dei
quali
porta
il
Corano
e
l
'
altro
una
reliquia
della
Kaaba
.
Passato
il
corteo
del
gran
vizir
,
scoppia
una
musica
fragorosa
di
trombe
e
di
tamburi
,
gli
spettatori
fuggono
,
il
cannone
tuona
,
uno
stuolo
di
battistrada
irrompe
fuor
della
porta
mulinando
le
scimitarre
,
ed
ecco
in
mezzo
a
una
selva
fitta
di
lancie
,
di
pennacchi
e
di
spade
,
tra
uno
sfolgorio
abbagliante
di
caschi
d
'
oro
e
d
'
argento
,
sotto
un
nuvolo
di
stendardi
di
raso
,
ecco
il
Sultano
dei
Sultani
,
il
re
dei
re
,
il
distributore
delle
corone
ai
principi
del
mondo
,
l
'
ombra
di
Dio
sulla
terra
,
l
'
imperatore
e
signore
sovrano
del
mar
bianco
e
del
mar
nero
,
della
Rumelia
e
dell
'
Anatolia
,
della
provincia
di
Sulkadr
,
del
Diarbekir
,
del
Kurdistan
,
dell
'
Aderbigian
,
dell
'
Agiem
,
dello
Sciam
,
di
Haleb
,
d
'
Egitto
,
della
Mecca
,
di
Medina
,
di
Gerusalemme
,
di
tutte
le
contrade
dell
'
Arabia
e
dell
'
Yemen
e
di
tutte
le
altre
provincie
conquistate
dai
suoi
gloriosi
predecessori
ed
augusti
antenati
o
sottomesse
alla
sua
gloriosa
maestà
dalla
sua
spada
fiammeggiante
e
trionfatrice
.
Il
corteo
solenne
e
tremendo
passa
lentamente
,
aprendo
a
quando
a
quando
un
piccolo
spiraglio
;
e
allora
s
'
intravvedono
i
tre
pennacchi
imperlati
del
turbante
del
Dio
,
il
viso
pallido
e
grave
e
il
petto
lampeggiante
di
diamanti
;
poi
il
cerchio
si
richiude
,
la
cavalcata
s
'
allontana
,
le
scimitarre
minacciose
s
'
abbassano
,
gli
spettatori
atterriti
rialzano
la
fronte
,
la
visione
è
svanita
.
Al
corteo
imperiale
tien
dietro
una
folla
d
'
ufficiali
di
corte
,
di
cui
uno
porta
sul
capo
lo
sgabello
del
Sultano
,
un
altro
la
sciabola
,
un
altro
il
turbante
,
un
altro
il
mantello
,
un
quinto
la
caffettiera
d
'
argento
,
un
sesto
la
caffettiera
d
'
oro
;
passano
altre
schiere
di
paggi
;
passa
il
drappello
degli
eunuchi
bianchi
,
passano
trecento
ciambellani
a
cavallo
,
vestiti
di
caffettani
candidi
;
passano
le
cento
carrozze
dell
'
arem
dalle
ruote
inargentate
,
tratte
da
buoi
inghirlandati
di
fiori
o
da
cavalli
bardati
di
velluto
,
e
fiancheggiate
da
una
legione
d
'
eunuchi
neri
;
passano
trecento
schiere
di
mule
che
portano
i
bagagli
e
il
tesoro
della
corte
,
passano
mille
cammelli
carichi
di
acqua
,
passano
mille
dromedarii
carichi
di
viveri
;
passa
un
esercito
di
minatori
,
d
'
armaioli
e
d
'
operai
di
Stambul
,
accompagnati
da
bande
di
buffoni
e
di
giocolieri
;
e
in
fine
passa
il
grosso
dell
'
esercito
combattente
:
le
orte
dei
giannizzeri
,
i
silidar
gialli
,
gli
azab
porporini
,
gli
spahí
dalle
insegne
rosse
,
i
cavalieri
stranieri
dagli
stendardi
bianchi
,
i
cannoni
che
vomitano
blocchi
di
marmo
e
di
piombo
,
le
milizie
feudatarie
dei
tre
continenti
,
i
volontarii
selvaggi
delle
estreme
provincie
dell
'
impero
;
nuvoli
di
bandiere
,
selve
di
pennacchi
,
torrenti
di
turbanti
,
valanghe
di
ferro
,
che
vanno
a
rovesciarsi
sull
'
Europa
come
una
maledizione
di
Dio
,
lasciando
dietro
di
sè
un
deserto
sparso
di
macerie
fumanti
e
di
piramidi
di
teschi
.
*
*
*
[
L
'
ozio
]
Benchè
in
qualche
ora
del
giorno
Costantinopoli
paia
molto
operosa
,
in
realtà
è
forse
la
città
più
pigra
dell
'
Europa
.
Per
questo
,
turchi
e
franchi
si
possono
dare
la
mano
.
Si
levano
tutti
il
più
tardi
possibile
.
Anche
d
'
estate
,
all
'
ora
in
cui
le
nostre
città
son
già
in
movimento
da
un
capo
all
'
altro
,
Costantinopoli
dorme
ancora
.
Prima
che
il
sole
sia
alto
,
è
difficile
trovare
una
bottega
aperta
e
poter
bere
una
tazza
di
caffè
.
Alberghi
,
uffici
,
bazar
,
banche
,
tutto
russa
allegramente
,
e
non
si
scuoterebbe
nemmeno
col
cannone
.
S
'
aggiungano
le
feste
:
il
venerdì
dei
turchi
,
il
sabato
degli
ebrei
,
la
domenica
dei
cristiani
,
i
santi
innumerevoli
del
calendarii
greci
ed
armeni
,
osservati
scrupolosamente
;
tutte
feste
che
,
sebbene
siano
parziali
,
costringono
all
'
ozio
anche
una
parte
della
popolazione
che
v
'
è
straniera
;
e
s
'
avrà
un
'
idea
del
lavoro
che
può
fare
Costantinopoli
nel
giro
di
sette
giorni
.
Vi
sono
degli
uffici
che
non
stanno
aperti
più
di
ventiquattr
'
ore
per
settimana
.
Ogni
giorno
v
'
è
uno
dei
cinque
popoli
della
grande
città
che
va
a
zonzo
per
le
strade
,
in
abito
festivo
,
senz
'
altro
pensiero
che
d
'
ammazzare
il
tempo
.
In
quest
'
arte
i
turchi
sono
maestri
.
Son
capaci
di
far
durare
per
una
mezza
giornata
una
tazza
di
caffè
da
due
soldi
e
di
star
cinque
ore
immobili
a
'
piedi
d
'
un
cipresso
d
'
un
cimitero
.
Il
loro
ozio
è
veramente
l
'
ozio
assoluto
,
fratello
della
morte
come
il
sonno
,
un
riposo
profondo
di
tutte
le
facoltà
,
una
sospensione
di
tutte
le
cure
,
un
modo
di
esistenza
affatto
sconosciuto
agli
europei
.
Non
vogliono
nemmeno
aver
il
pensiero
di
passeggiare
.
A
Stambul
non
ci
sono
passeggi
fatti
espressamente
,
e
se
ci
fossero
,
il
turco
non
ci
andrebbe
,
perché
l
'
andare
apposta
in
un
luogo
determinato
per
far
del
movimento
,
gli
parrebbe
una
specie
di
lavoro
.
Egli
entra
nel
primo
cimitero
o
infila
la
prima
strada
che
gli
si
presenta
,
e
va
senza
proposito
dove
lo
portan
le
gambe
,
dove
lo
conducono
i
serpeggiamenti
del
sentiero
,
dove
lo
trascina
la
folla
.
Raramente
egli
va
in
un
luogo
per
vedere
il
luogo
.
Vi
sono
dei
turchi
di
Stambul
che
non
sono
mai
andati
più
in
là
di
Kassim
-
pascià
,
dei
signori
musulmani
che
non
si
sono
mai
spinti
oltre
le
isole
dei
Principi
dove
hanno
un
amico
,
e
oltre
il
Bosforo
dove
hanno
una
villa
.
Per
loro
il
colmo
della
beatitudine
consiste
nell
'
inerzia
della
mente
e
del
corpo
.
Perciò
lasciano
ai
cristiani
irrequieti
le
grandi
industrie
che
richiedono
cure
,
passi
e
viaggi
;
e
si
ristringono
al
commercio
minuto
,
che
si
può
esercitar
da
seduti
,
e
quasi
più
cogli
occhi
che
col
pensiero
.
Il
lavoro
che
fra
noi
è
quello
che
signoreggia
e
regola
tutte
le
altre
occupazioni
della
vita
,
là
è
subordinato
,
come
un
'
occupazione
secondaria
,
a
tutti
i
comodi
e
a
tutti
i
piaceri
.
Qui
,
il
riposo
non
è
che
un
'
interruzione
del
lavoro
;
là
il
lavoro
non
è
che
una
sospensione
del
riposo
.
Prima
bisogna
a
qualunque
costo
dormicchiare
,
sognare
,
fumare
,
quelle
tante
ore
;
e
poi
,
nei
ritagli
di
tempo
,
far
qualche
cosa
per
procacciarsi
la
vita
.
Il
tempo
,
per
i
turchi
,
significa
tutt
'
altra
cosa
da
quel
che
significa
per
noi
.
La
moneta
giorno
,
mese
,
anno
,
per
loro
non
ha
che
la
centesima
parte
del
valore
che
ha
in
Europa
.
Il
minor
tempo
che
domandi
un
impiegato
d
'
un
ministero
turco
per
dare
una
qualunque
risposta
intorno
al
più
semplice
affare
,
è
un
paio
di
settimane
.
La
premura
di
finire
una
cosa
per
il
piacere
di
finirla
,
non
sanno
che
cosa
sia
.
Dai
facchini
all
'
infuori
,
non
si
vede
mai
per
le
vie
di
Stambul
un
turco
affaccendato
che
affretti
il
passo
.
Tutti
camminano
colla
stessa
cadenza
,
come
se
misurassero
tutti
l
'
andatura
al
suono
d
'
uno
stesso
tamburo
.
Per
noi
la
vita
è
un
torrente
che
precipita
;
per
loro
è
un
'
acqua
che
dorme
.
*
*
*
[
La
notte
]
Costantinopoli
è
di
giorno
la
città
più
splendida
e
di
notte
la
città
più
tenebrosa
d
'
Europa
.
Pochi
fanali
,
a
gran
distanza
l
'
un
dall
'
altro
,
rompono
appena
l
'
oscurità
nelle
vie
principali
;
le
altre
son
buie
come
spelonche
,
e
non
vi
è
chi
ci
s
'
arrischii
senza
un
lume
alla
mano
.
Perciò
,
col
cader
della
notte
,
la
città
si
fa
deserta
;
non
si
vedono
più
che
guardie
notturne
,
frotte
di
cani
,
peccatrici
furtive
,
qualche
brigata
di
giovanotti
che
sbuca
dalle
birrerie
sotterranee
,
e
lanterne
misteriose
che
appariscono
e
spariscono
,
come
fuochi
fatui
,
qua
e
là
per
i
vicoli
e
pei
cimiteri
.
Allora
bisogna
contemplare
Stambul
dai
luoghi
alti
di
Pera
e
di
Galata
.
Le
innumerevoli
finestrine
illuminate
,
i
fanali
dei
bastimenti
,
i
riflessi
del
Corno
d
'
oro
e
le
stelle
,
formano
sopra
un
orizzonte
di
quattro
miglia
un
immenso
tremolìo
di
punti
di
foco
,
in
cui
si
confondono
il
porto
,
la
città
ed
il
cielo
,
e
par
tutto
firmamento
.
E
quando
il
cielo
è
nuvoloso
e
in
un
piccolo
spazio
sereno
splende
la
luna
,
si
vedono
sopra
Stambul
tutta
scura
,
sopra
le
macchie
nerissime
dei
boschi
e
dei
giardini
,
biancheggiare
le
moschee
imperiali
,
come
una
fila
di
enormi
tombe
di
marmo
,
e
la
città
presenta
l
'
immagine
della
necropoli
d
'
un
popolo
di
giganti
.
Ma
è
anche
più
bella
e
più
solenne
nelle
notti
senza
stelle
e
senza
luna
,
nell
'
ora
in
cui
tutti
i
lumi
son
spenti
.
Allora
non
si
vede
che
un
'
immensa
macchia
nera
dal
Capo
del
Serraglio
al
sobborgo
d
'
Eyub
,
un
profilo
smisurato
in
cui
le
colline
sembran
montagne
,
e
le
punte
infinite
che
le
coronano
,
pigliano
apparenze
fantastiche
di
foreste
,
di
eserciti
,
di
rovine
,
di
castelli
,
di
roccie
,
che
fanno
vagare
la
mente
nelle
regioni
dei
sogni
.
In
queste
notti
oscure
,
è
bello
il
contemplare
Stambul
da
un
'
alta
terrazza
e
abbandonarsi
alla
propria
fantasia
:
penetrar
col
pensiero
in
quella
grande
città
tenebrosa
,
scoperchiare
quella
miriade
di
arem
rischiarati
da
una
luce
languente
,
veder
le
belle
favorite
che
tripudiano
,
le
abbandonate
che
piangono
,
gli
eunuchi
frementi
che
tendono
l
'
orecchio
alle
porticine
;
seguire
gli
amanti
notturni
per
i
labirinti
dei
vicoli
montuosi
;
girare
per
le
gallerie
silenziose
del
gran
bazar
,
passeggiare
per
i
vasti
cimiteri
deserti
,
smarrirsi
in
mezzo
alle
innumerevoli
colonne
delle
grandi
cisterne
sotterranee
;
raffigurarsi
d
'
esser
rimasti
chiusi
nella
gigantesca
moschea
di
Solimano
e
di
far
risonare
le
navate
oscure
di
grida
di
spavento
e
d
'
orrore
strappandosi
i
capelli
e
invocando
la
misericordia
di
Dio
;
e
poi
tutt
'
a
un
tratto
esclamare
:
-
Che
baie
!
Sono
sulla
terrazza
del
mio
amico
Santoro
,
e
nella
sala
di
sotto
m
'
aspetta
una
cena
da
sibarita
in
compagnia
dei
più
amabili
capi
ameni
di
Pera
.
*
*
*
[
La
vita
a
Costantinopoli
]
In
casa
del
mio
buon
amico
Santoro
si
radunavano
ogni
sera
molti
italiani
:
avvocati
,
artisti
,
medici
,
negozianti
,
coi
quali
passai
delle
ore
carissime
.
Quella
era
una
conversazione
!
Se
fossi
stato
stenografo
,
avrei
potuto
cavarne
ogni
sera
un
libro
amenissimo
.
Il
medico
che
aveva
visitato
un
arem
,
il
pittore
ch
'
era
stato
sul
Bosforo
a
fare
il
ritratto
a
un
pascià
,
l
'
avvocato
che
aveva
difeso
una
causa
dinanzi
a
un
tribunale
,
il
caposcarico
che
aveva
stretto
il
nodo
d
'
un
amoretto
internazionale
,
raccontavano
le
loro
avventure
,
ed
ogni
racconto
era
un
bozzetto
graziosissimo
di
costumi
orientali
.
Ogni
momento
se
ne
sentiva
una
nuova
.
Arrivava
uno
:
-
Sapete
quello
che
è
seguito
stamani
?
Il
Sultano
ha
tirato
un
calamaio
sulla
testa
al
ministro
delle
finanze
.
-
Arrivava
un
altro
:
-
Avete
inteso
la
notizia
?
Il
governo
,
dopo
tre
mesi
,
ha
finalmente
pagato
gli
stipendi
agli
impiegati
,
e
Galata
è
inondata
da
un
torrente
di
monete
di
rame
.
-
Arrivava
un
terzo
,
e
raccontava
che
un
turco
presidente
di
tribunale
,
irritato
delle
cattive
ragioni
colle
quali
un
cattivo
avvocato
francese
difendeva
una
causa
sballata
,
gli
aveva
fatto
questo
bel
complimento
in
presenza
di
tutto
l
'
uditorio
:
-
Caro
avvocato
,
è
inutile
che
tu
ti
affanni
tanto
per
far
parer
buona
la
tua
causa
;
la
...
-
e
aveva
pronunziato
in
tutte
lettere
la
parola
di
Cambronne
-
per
quanto
la
si
volti
e
la
si
rivolti
,
è
sempre
...
-
e
aveva
pronunziato
un
'
altra
volta
quella
parola
.
La
conversazione
,
naturalmente
,
spaziava
in
un
campo
geografico
affatto
nuovo
per
me
.
Colla
stessa
frequenza
con
cui
si
parla
fra
noi
di
persone
e
di
cose
di
Parigi
,
di
Vienna
,
di
Ginevra
,
là
si
parlava
di
persone
e
di
cose
di
Tiflis
,
di
Trebisonda
,
di
Teheran
,
di
Damasco
,
dove
uno
aveva
un
amico
,
un
altro
c
'
era
stato
,
un
terzo
ci
voleva
andare
;
io
mi
sentivo
nel
centro
d
'
un
altro
mondo
,
e
tutt
'
intorno
mi
si
aprivano
nuovi
orizzonti
.
E
qualche
volta
pensavo
con
rammarico
al
giorno
in
cui
avrei
dovuto
rientrare
nel
cerchio
angusto
della
mia
vita
ordinaria
.
Come
potrò
più
adattarmi
-
dicevo
tra
me
-
a
quei
soliti
discorsi
e
a
quei
soliti
casi
?
E
questo
è
un
sentimento
che
provano
tutti
gli
Europei
di
Costantinopoli
.
A
chi
ha
vissuto
quella
vita
,
ogni
altra
pare
che
debba
riuscire
scolorita
e
uniforme
.
È
una
vita
più
leggiera
,
più
facile
,
più
giovanile
di
quella
d
'
ogni
altra
città
d
'
Europa
.
Quel
viver
là
come
accampati
in
un
paese
straniero
,
in
mezzo
a
un
succedersi
continuo
d
'
avvenimenti
strani
e
imprevedibili
,
finisce
coll
'
infondere
un
certo
sentimento
della
instabilità
e
della
futilità
delle
cose
mondane
,
che
somiglia
molto
alla
fede
fatalistica
dei
musulmani
,
e
dà
una
certa
serenità
spensierata
d
'
avventurieri
.
L
'
indole
di
quel
popolo
che
vive
,
come
disse
un
poeta
,
in
una
specie
di
famigliarità
intima
colla
morte
,
considerando
la
vita
come
un
pellegrinaggio
,
durante
il
quale
nè
c
'
è
tempo
nè
mette
conto
di
prefiggersi
dei
grandi
scopi
da
conseguire
con
lunghe
fatiche
,
si
attacca
a
poco
a
poco
anche
all
'
europeo
,
e
lo
riduce
a
vivere
un
po
'
alla
giornata
,
senza
frugar
troppo
dentro
sè
stesso
,
e
facendo
nel
mondo
,
per
quanto
gli
è
possibile
,
la
parte
semplice
e
riposata
di
spettatore
.
L
'
aver
che
fare
con
popoli
tanto
diversi
,
e
il
dover
pensare
e
parlare
un
po
'
a
modo
di
tutti
,
dà
allo
spirito
una
certa
leggerezza
che
lo
fa
come
sorvolare
a
molti
sentimenti
ed
idee
,
a
cui
noi
,
nei
nostri
paesi
,
vorremmo
che
si
conformasse
il
mondo
,
e
per
ottenerlo
,
e
del
non
poterlo
ottenere
,
ci
affanniamo
.
Oltrechè
la
presenza
del
popolo
musulmano
,
oggetto
continuo
di
curiosità
e
di
osservazione
,
è
uno
spettacolo
di
tutti
i
giorni
,
che
rallegra
e
svia
la
mente
da
molti
pensieri
e
da
molte
cure
.
E
a
questo
giova
anche
la
forma
della
città
assai
più
che
non
potrebbero
fare
le
città
nostre
,
nelle
quali
lo
sguardo
e
il
pensiero
è
quasi
sempre
come
imprigionato
in
una
strada
o
in
un
circuito
angusto
;
mentre
là
,
ad
ogni
tratto
,
occhio
e
mente
trovano
una
scappatoia
per
la
quale
si
slanciano
a
immense
lontananze
ridenti
.
E
c
'
è
infine
una
illimitata
libertà
di
vita
,
concessa
dalla
grandissima
varietà
dei
costumi
:
là
tutto
si
può
fare
,
nulla
stupisce
;
la
notizia
della
cosa
più
strana
muore
appena
uscita
in
quell
'
immensa
anarchia
morale
;
gli
europei
vivono
là
come
in
una
confederazione
di
repubbliche
;
vi
si
gode
la
libertà
che
si
godrebbe
in
qualunque
città
europea
nel
momento
d
'
un
grande
trambusto
;
è
come
un
veglione
interminabile
o
un
perpetuo
martedì
grasso
.
Per
questo
,
più
che
per
la
bellezza
,
Costantinopoli
è
una
città
,
che
non
si
può
abitare
un
certo
tempo
,
senza
ricordarla
poi
con
un
sentimento
quasi
di
nostalgia
;
per
questo
gli
europei
l
'
amano
ardentemente
e
vi
mettono
radici
profonde
;
ed
è
giusto
in
questo
senso
il
chiamarla
come
i
turchi
"
la
fata
dai
mille
amanti
"
o
dire
col
loro
proverbio
che
chi
ha
bevuto
dell
'
acqua
di
Top
-
hané
,
-
non
c
'
è
più
rimedio
,
-
è
innamorato
per
la
vita
.
*
*
*
[
Gl
'
Italiani
]
La
colonia
italiana
è
una
delle
più
numerose
di
Costantinopoli
;
ma
non
delle
più
prospere
.
Ha
pochi
ricchi
,
molti
miserabili
,
specialmente
operai
dell
'
Italia
meridionale
che
non
trovan
lavoro
,
ed
è
la
colonia
più
meschinamente
rappresentata
dalla
stampa
periodica
,
quando
pure
è
rappresentata
,
perché
i
suoi
giornali
non
fanno
che
nascere
e
morire
.
Quando
c
'
ero
io
,
s
'
aspettava
l
'
apparizione
del
Levantino
,
ed
era
uscito
intanto
un
numero
di
saggio
,
che
annunziava
i
titoli
accademici
e
i
meriti
speciali
del
direttore
:
settantasette
in
tutto
,
senza
contare
la
modestia
.
Bisogna
passeggiare
la
mattina
della
domenica
in
via
di
Pera
,
quando
le
famiglie
italiane
vanno
alla
messa
.
Si
sentono
parlare
tutti
i
dialetti
d
'
Italia
.
Io
mi
ci
godevo
;
ma
non
sempre
.
Qualche
volta
sentivo
quasi
pietà
al
vedere
tanti
miei
concittadini
senza
patria
,
molti
dei
quali
dovevano
esser
stati
sbalestrati
là
chi
sa
da
che
avvenimenti
dolorosi
o
strani
;
al
veder
quei
vecchi
,
che
forse
non
avrebbero
mai
più
riveduta
l
'
Italia
;
quei
bambini
,
a
cui
quel
nome
non
doveva
risvegliare
che
un
'
immagine
confusa
d
'
un
paese
caro
e
lontano
;
quelle
ragazze
di
cui
molte
dovevano
forse
sposare
uomini
d
'
un
'
altra
nazione
,
e
fondar
famiglie
in
cui
non
sarebbe
rimasto
altro
d
'
italiano
che
il
nome
e
le
memorie
della
madre
.
Vedevo
delle
belle
genovesine
che
parevano
discese
allora
dai
giardini
dell
'
Acquasola
,
dei
bei
visetti
napoletani
,
delle
testine
capricciose
che
mi
pareva
d
'
aver
incontrate
cento
volte
sotto
i
portici
di
Po
o
sotto
la
Galleria
di
Milano
.
Avrei
voluto
legarle
tutte
a
due
a
due
con
un
nastrino
color
di
rosa
,
metterle
in
un
bastimento
e
ricondurle
in
Italia
filando
quindici
nodi
all
'
ora
.
Come
curiosità
,
avrei
anche
voluto
portare
in
Italia
un
saggio
della
lingua
italiana
che
si
parla
a
Pera
dagl
'
italiani
nati
nella
colonia
;
e
specialmente
da
quelli
della
terza
o
della
quarta
generazione
.
Un
accademico
della
Crusca
che
li
sentisse
,
si
metterebbe
a
letto
colla
terzana
.
La
lingua
che
formerebbero
mescolando
il
loro
italiano
un
usciere
piemontese
,
un
fiaccheraio
lombardo
e
un
facchino
romagnolo
,
credo
che
sarebbe
meno
sciagurata
di
quella
che
si
parla
in
riva
al
Corno
d
'
oro
.
È
un
italiano
già
bastardo
,
screziato
d
'
altre
quattro
o
cinque
lingue
alla
loro
volta
imbastardite
.
E
il
curioso
è
che
,
in
mezzo
agl
'
infiniti
barbarismi
,
si
senton
dire
di
tratto
in
tratto
,
da
coloro
che
hanno
qualche
coltura
,
delle
frasi
scelte
e
delle
parole
illustri
,
come
dei
puote
,
degli
imperocchè
,
degli
a
ogni
piè
sospinto
,
degli
havvi
,
dei
puossi
;
ricordi
di
letture
d
'
Antologia
,
colle
quali
molti
di
quei
nostri
buoni
compatrioti
cercano
,
nei
ritagli
di
tempo
,
di
rifarsi
la
bocca
al
toscano
parlar
celeste
.
Ma
appetto
agli
altri
,
costoro
posson
pretendere
,
come
diceva
il
Cesari
,
alla
fama
di
buoni
dicitori
.
Ce
n
'
è
di
quelli
che
non
si
capiscono
quasi
più
.
Un
giorno
fui
accompagnato
non
so
dove
da
un
giovanetto
italiano
di
sedici
o
diciassette
anni
,
amico
d
'
un
mio
amico
,
nato
a
Pera
.
Per
strada
,
attaccai
discorso
.
Mi
parve
che
non
volesse
parlare
.
Rispondeva
a
mezza
voce
,
a
parole
tronche
,
abbassando
la
testa
,
e
facendo
il
viso
rosso
:
si
vedeva
che
pativa
.
-
Via
che
cos
'
ha
?
-
gli
domandai
.
-
Ho
-
rispose
sospirando
-
che
parlo
tanto
male
!
-
Continuando
a
discorrere
,
in
fatti
,
m
'
accorsi
che
balbettava
un
italiano
bizzarro
,
pieno
di
parole
contraffatte
e
incomprensibili
,
molto
somigliante
a
quella
così
detta
lingua
franca
,
la
quale
,
come
disse
un
bell
'
umore
francese
,
consiste
in
un
certo
numero
di
vocaboli
e
di
modi
italiani
,
spagnuoli
,
francesi
,
greci
,
che
si
buttano
fuori
l
'
un
dopo
l
'
altro
rapidissimamente
,
finchè
se
ne
imbrocca
uno
che
sia
capito
dalla
persona
che
ascolta
.
Questo
lavoro
,
però
,
occorre
raramente
di
farlo
a
Pera
e
a
Galata
,
dove
un
po
'
d
'
italiano
lo
capiscono
e
lo
parlano
quasi
tutti
,
compresi
i
turchi
.
Ma
è
lingua
,
se
si
può
chiamar
lingua
,
quasi
esclusivamente
parlata
,
se
si
può
dir
parlata
.
La
lingua
più
comunemente
usata
scrivendo
è
la
francese
.
Letteratura
italiana
non
ce
n
'
è
.
Mi
ricordo
soltanto
d
'
aver
trovato
un
giorno
,
in
un
caffè
di
Galata
affollato
di
negozianti
,
in
fondo
a
un
giornaletto
commerciale
scritto
metà
in
francese
e
metà
in
italiano
,
sotto
le
notizie
della
Borsa
,
otto
versetti
malinconici
,
che
parlavano
di
zeffiri
,
di
stelle
e
di
sospiri
.
Oh
povero
poeta
!
Mi
parve
di
veder
lui
,
in
persona
,
sepolto
sotto
un
mucchio
di
mercanzie
,
che
esalasse
con
quei
versi
il
suo
ultimo
fiato
.
*
*
*
[
I
teatri
]
A
Costantinopoli
,
chi
è
molto
forte
di
stomaco
,
può
passar
la
sera
al
teatro
,
e
può
scegliere
tra
una
canaglia
di
teatruccoli
d
'
ogni
specie
,
molti
dei
quali
sono
insieme
giardini
e
birrerie
,
e
in
qualcuno
si
ritrova
sempre
la
commedia
italiana
,
o
piuttosto
una
muta
di
attori
italiani
,
i
quali
fanno
spesso
desiderare
di
veder
convertita
la
platea
in
un
vasto
mercato
di
frutte
verdi
.
I
turchi
,
però
,
frequentano
di
preferenza
i
teatri
in
cui
certe
francesi
imbellettate
,
scollacciate
e
sfrontate
,
cantano
delle
canzonette
coll
'
accompagnamento
d
'
un
'
orchestra
da
galera
.
Uno
di
questi
teatri
era
allora
l
'
Alhambra
,
posto
nella
gran
via
di
Pera
:
un
lungo
stanzone
,
sempre
affollato
,
e
tutto
rosso
di
fez
dal
palco
scenico
alla
porta
.
Che
cosa
fossero
quelle
canzonette
e
con
che
razza
di
gesti
quelle
intrepide
signore
s
'
ingegnassero
di
farne
capire
ai
turchi
i
significati
riposti
,
non
si
può
nè
immaginare
nè
credere
.
Solo
chi
è
stato
al
teatro
los
Capellanes
di
Madrid
,
può
dire
d
'
aver
sentito
e
visto
qualchecosa
di
simile
.
Agli
scherzi
più
procaci
,
ai
gesti
più
impudenti
,
tutti
quei
turconi
,
seduti
in
lunghe
file
,
prorompevano
in
grasse
risa
;
e
cadendo
allora
dalle
loro
faccie
la
maschera
della
dignità
abituale
,
vi
appariva
tutto
il
fondo
della
loro
natura
e
tutti
i
segreti
della
loro
vita
grossolanamente
sensuale
.
Eppure
non
v
'
è
nulla
che
il
turco
nasconda
abitualmente
così
bene
come
la
sensualità
della
sua
natura
e
della
sua
vita
.
Per
le
strade
,
l
'
uomo
non
s
'
accompagna
mai
alla
donna
;
raramente
la
guarda
;
più
raramente
ne
parla
;
ritiene
quasi
come
un
'
offesa
che
gli
si
domandi
notizia
delle
sue
mogli
;
a
giudicar
dalle
apparenze
,
si
direbbe
che
quel
popolo
è
il
più
casto
e
il
più
austero
della
terra
.
Ma
sono
mere
apparenze
.
Quello
stesso
turco
che
arrossisce
fino
alle
orecchie
se
gli
si
domanda
come
sta
la
sua
sposa
,
manda
i
suoi
bimbi
e
le
sue
bimbe
a
sentire
le
turpissime
oscenità
di
Caragheus
,
che
corrompe
la
loro
fantasia
prima
che
si
sian
svegliati
i
loro
sensi
;
ed
egli
stesso
dimentica
sovente
le
dolcezze
dell
'
arem
per
le
voluttà
nefande
di
cui
diede
il
primo
esempio
famoso
Baiazet
la
folgore
,
e
non
l
'
ultimo
,
probabilmente
,
Mahmut
il
riformatore
.
E
quando
non
ci
fosse
altro
,
basterebbe
quel
Caragheus
a
dare
nello
stesso
tempo
un
'
immagine
e
una
prova
della
profonda
corruzione
che
si
nasconde
sotto
il
velo
dell
'
austerità
musulmana
.
È
una
figurina
grottesca
che
rappresenta
la
caricatura
del
turco
del
mezzo
ceto
,
una
specie
d
'
ombra
chinese
,
che
muove
le
braccia
,
le
gambe
e
la
testa
dietro
un
velo
trasparente
,
e
fa
quasi
sempre
da
protagonista
in
certe
commediole
strampalatamente
buffonesche
,
di
cui
il
soggetto
è
per
lo
più
un
intrigo
amoroso
.
Egli
è
un
quissimile
,
ma
depravato
,
di
Pulcinella
:
sciocco
,
furbo
e
cinico
,
lussurioso
come
un
satiro
,
sboccato
come
una
baldracca
,
e
fa
ridere
,
anzi
urlare
d
'
entusiasmo
l
'
uditorio
con
ogni
sorta
di
lazzi
,
di
bisticci
e
di
gesticolamenti
stravaganti
,
che
sono
o
nascondono
ordinariamente
un
'
oscenità
.
E
di
che
natura
siano
queste
oscenità
,
è
facile
immaginarlo
quando
si
sappia
che
se
Caragheus
nello
spirito
somiglia
a
Pulcinella
,
nel
corpo
somiglia
a
Priapo
;
della
quale
somiglianza
,
prima
che
la
censura
restringesse
d
'
alquanto
la
sua
libertà
sconfinata
,
egli
dava
tratto
tratto
la
prova
visibile
alla
platea
,
e
spesso
tutta
la
commedia
girava
sopra
questo
nobilissimo
perno
.
*
*
*
[
La
cucina
]
Volendo
fare
un
po
'
di
studio
anche
della
cucina
turca
,
mi
feci
condurre
dai
miei
buoni
amici
di
Pera
in
una
trattoria
ad
hoc
,
dove
si
trova
qualunque
piatto
orientale
,
dalle
più
squisite
ghiottornie
del
Serraglio
fino
alla
carne
di
cammello
acconciata
all
'
araba
e
alla
carne
di
cavallo
condita
alla
turcomanna
.
L
'
amico
Santoro
ordinò
un
desinare
rigorosamente
turco
dall
'
antipasto
alle
frutta
,
ed
io
,
incoraggiandomi
col
pensiero
dei
molti
uomini
egregi
morti
per
la
scienza
,
mandai
giù
un
po
'
di
tutto
senza
emettere
un
grido
.
Ci
furono
serviti
più
d
'
una
ventina
di
piatti
.
I
Turchi
,
come
gli
altri
popoli
orientali
,
sono
un
po
'
in
questo
come
i
ragazzi
:
al
satollarsi
di
poche
cose
,
preferiscono
il
beccare
un
tantino
di
moltissime
;
pastori
d
'
ieri
l
'
altro
,
poichè
son
diventati
cittadini
,
pare
che
disdegnino
la
semplicità
del
mangiare
come
una
pitoccheria
da
villani
.
Non
potrei
rendere
un
conto
esatto
di
tutte
le
pietanze
poichè
di
molte
non
m
'
è
rimasta
che
una
vaga
reminiscenza
sinistra
.
Ricordo
il
Rebab
,
che
è
composto
di
piccolissimi
pezzetti
di
montone
arrostiti
a
fuoco
vivo
,
conditi
con
molto
pepe
e
molto
garofano
,
e
serviti
su
due
biscotti
molli
e
grassi
:
piatto
indicabile
per
i
reati
leggieri
.
Risento
ancora
qualche
volta
il
sapore
del
pilav
,
composto
di
riso
e
di
montone
,
ch
'
è
il
sine
qua
non
di
tutti
i
desinari
,
e
per
così
dire
il
piatto
sacramentale
dei
turchi
,
come
i
maccheroni
per
i
napoletani
,
il
cuscussù
per
gli
arabi
e
il
puchero
per
gli
Spagnuoli
.
Ricordo
,
ed
è
la
sola
cosa
che
ricordi
con
desiderio
,
il
Rosh
'
ab
,
che
si
beve
col
cucchiaio
in
fin
di
tavola
:
fatto
d
'
uva
secca
,
di
pomi
,
di
prune
,
di
ciliegie
e
d
'
altre
frutta
,
cotte
nell
'
acqua
con
molto
zucchero
,
e
aggraziate
con
essenza
di
muschio
o
con
acqua
di
rosa
e
di
cedro
.
C
'
erano
poi
molti
altri
piattini
di
carne
d
'
agnello
e
di
montone
,
ridotta
in
bricioli
e
bollita
tanto
che
non
aveva
quasi
più
sapore
;
dei
pesci
natanti
nell
'
olio
,
delle
pallottoline
di
riso
ravvolte
in
foglie
di
vite
,
della
zucca
giulebbata
,
delle
insalatine
impastate
,
delle
composte
,
delle
conserve
,
degl
'
intingoli
conditi
con
ogni
sorta
di
erbe
aromatiche
,
da
poterne
notar
uno
in
coda
ad
ogni
articolo
del
codice
penale
,
per
i
delinquenti
recidivi
.
Infine
un
gran
piatto
di
dolci
,
capolavoro
di
qualche
pasticciere
arabo
,
fra
cui
v
'
era
un
piccolo
piroscafo
,
un
leoncino
chimerico
e
una
casettina
di
zucchero
colle
sue
finestrine
ingraticolate
.
Tutto
sommato
,
mi
parve
d
'
essermi
vuotata
in
corpo
una
farmacia
portatile
,
e
d
'
aver
veduto
uno
di
quei
desinaretti
che
preparano
per
spasso
i
ragazzi
,
coprendo
una
tavola
di
piattini
pieni
di
mattone
trito
,
d
'
erba
pesta
e
di
frutti
spiaccicati
,
che
facciano
un
bel
vedere
di
lontano
.
Tutti
quei
piatti
vengon
serviti
rapidamente
a
quattro
o
cinque
alla
volta
,
e
i
turchi
vi
pescano
colle
dita
,
non
essendo
in
uso
fra
loro
altro
che
il
coltello
e
il
cucchiaio
;
e
serve
per
tutti
una
sola
coppa
,
nella
quale
un
servitore
versa
continuamente
acqua
concia
.
Così
non
facevano
però
i
turchi
che
desinavano
vicino
a
noi
nella
trattoria
.
Eran
turchi
amanti
dei
proprii
comodi
,
tanto
è
vero
che
tenevano
le
babbuccie
sulla
tavola
;
avevano
ciascuno
il
loro
piatto
,
si
servivano
bravamente
della
forchetta
,
e
trincavano
liquore
a
tutto
spiano
,
in
barba
a
Maometto
.
Osservai
di
più
che
non
baciarono
il
pane
,
da
buoni
musulmani
,
prima
di
cominciare
a
mangiare
,
e
che
non
si
peritavano
a
slanciare
tratto
tratto
un
'
occhiata
concupiscente
alle
nostre
bottiglie
,
quantunque
,
giusta
le
sentenze
dei
muftì
,
sia
peccato
anche
il
fissar
gli
occhi
sopra
una
bottiglia
di
vino
.
Del
resto
questo
"
padre
delle
abbominazioni
"
,
del
quale
basta
una
goccia
a
far
cadere
sul
capo
del
musulmano
"
gli
anatemi
di
tutti
gli
angioli
del
cielo
e
della
terra
"
va
di
giorno
in
giorno
guadagnando
devoti
fra
i
turchi
,
e
ormai
si
può
dire
che
è
un
resto
di
rispetto
umano
quello
che
li
trattiene
dal
rendergli
un
pubblico
omaggio
;
e
io
credo
che
se
un
giorno
scendesse
tutt
'
a
un
tratto
sopra
Costantinopoli
una
tenebra
fitta
,
e
dopo
un
'
ora
tornasse
a
splendere
il
sole
improvvisamente
,
si
sorprenderebbero
cinquantamila
turchi
colla
bottiglia
alla
bocca
.
E
anche
in
questo
,
come
in
molti
altri
traviamenti
degli
Osmanli
,
furono
la
pietra
dello
scandalo
i
Sultani
;
ed
è
curioso
che
sia
appunto
la
dinastia
regnante
sopra
un
popolo
per
il
quale
è
un
'
offesa
a
Dio
il
bever
vino
,
quella
che
forse
,
fra
tutte
le
dinastie
d
'
Europa
,
ha
dato
da
registrare
alla
storia
un
maggior
numero
d
'
ubbriaconi
:
tanto
è
parso
dolce
il
frutto
proibito
anche
alle
ombre
di
Dio
sulla
terra
.
Fu
,
si
dice
,
Baiazet
I
quello
che
iniziò
la
serie
interminabile
delle
cotte
imperiali
,
e
come
nel
peccato
originale
,
fu
anche
in
questo
prima
colpevole
la
donna
:
la
moglie
dello
stesso
Baiazet
,
figlia
del
re
dei
Serbi
,
che
offerse
al
marito
il
primo
bicchiere
di
Tokai
.
Poi
Baiazet
II
s
'
ubbriacò
di
vin
di
Cipro
e
di
vin
di
Schiraz
.
Poi
quel
medesimo
Solimano
I
,
che
fece
bruciare
nel
porto
di
Costantinopoli
tutti
i
bastimenti
carichi
di
vino
e
versar
piombo
liquefatto
in
bocca
ai
bevitori
,
morì
brillo
per
mano
d
'
un
arciere
.
Poi
venne
Selim
II
,
soprannominato
il
messth
,
l
'
ubbriaco
,
il
quale
pigliava
delle
bertucce
che
duravan
tre
giorni
,
e
durante
il
suo
regno
trincarono
pubblicamente
uomini
di
legge
e
uomini
di
religione
.
Invano
Maometto
III
tuona
contro
"
l
'
abbominazione
suggerita
dal
demonio
"
;
invano
Ahmed
I
fa
distruggere
tutte
le
taverne
e
sfondare
tutti
i
tini
di
Stambul
;
invano
Murad
IV
gira
per
la
città
accompagnato
dal
carnefice
,
e
fa
cader
la
testa
di
chi
ha
il
fiato
vinoso
.
Egli
stesso
,
l
'
ipocrita
feroce
,
barcolla
per
le
sale
del
serraglio
come
un
bettolante
plebeo
;
e
dopo
di
lui
la
bottiglia
,
piccolo
e
festoso
folletto
nero
,
irrompe
nei
serragli
,
si
caccia
nelle
botteghe
dei
bazar
,
si
nasconde
sotto
il
capezzale
dei
soldati
,
ficca
la
sua
testa
inargentata
o
purpurea
sotto
il
divano
delle
belle
,
e
violata
la
soglia
delle
moschee
,
spruzza
le
sue
spume
sacrileghe
sulle
pagine
ingiallite
del
Corano
.
*
*
*
[
Maometto
]
A
proposito
di
religione
,
io
non
potevo
,
passeggiando
per
Costantinopoli
,
levarmi
dalla
testa
questo
pensiero
:
se
non
si
sentisse
la
voce
dei
muezzin
,
come
s
'
accorgerebbe
un
cristiano
che
la
religione
di
questo
popolo
non
è
la
sua
?
L
'
architettura
bizantina
delle
moschee
può
farle
parere
chiese
cristiane
;
del
rito
islamitico
non
si
vede
alcun
segno
esteriore
;
i
soldati
turchi
scortano
il
viatico
;
un
cristiano
ignorante
potrebbe
vivere
un
anno
a
Costantinopoli
senz
'
accorgersi
che
sulla
maggior
parte
della
popolazione
regna
Maometto
invece
di
Cristo
.
E
questo
pensiero
mi
riconduceva
sempre
a
quello
delle
piccole
differenze
sostanziali
,
del
filo
d
'
erba
,
come
dicevano
gli
abissini
cristiani
ai
primi
seguaci
di
Maometto
,
che
divide
le
due
religioni
;
e
alla
piccola
causa
per
la
quale
avvenne
che
l
'
Arabia
si
convertisse
all
'
islamismo
,
invece
che
al
cristianesimo
,
o
se
non
al
cristianesimo
a
una
religione
così
strettamente
affine
ad
esso
,
che
,
o
confondendosi
con
esso
posteriormente
od
anche
rimanendo
tal
quale
,
avrebbe
mutate
affatto
le
sorti
del
mondo
orientale
.
E
quella
piccola
causa
fu
la
natura
voluttuosa
d
'
un
bel
giovane
arabo
,
alto
,
bianco
,
dagli
occhi
neri
,
dalla
voce
grave
,
dall
'
anima
ardente
,
il
quale
,
non
avendo
la
forza
di
dominare
i
propri
sensi
,
invece
di
recidere
alle
radici
il
vizio
dominante
del
suo
popolo
,
si
contentò
di
potarlo
;
invece
di
proclamare
l
'
unità
coniugale
come
proclamò
l
'
unità
di
Dio
,
non
fece
che
stringere
in
un
cerchio
più
angusto
,
consacrato
dalla
religione
,
la
dissolutezza
e
l
'
egoismo
dell
'
uomo
.
Certo
ch
'
egli
avrebbe
avuto
a
vincere
una
resistenza
più
forte
;
ma
non
può
parere
impossibile
che
la
vincesse
,
chi
atterrò
,
per
fondare
il
culto
d
'
un
Dio
unico
fra
un
popolo
idolatra
,
un
edifizio
enorme
di
tradizioni
,
di
superstizioni
,
di
privilegi
,
d
'
interessi
d
'
ogni
natura
,
strettissimamente
intrecciati
da
secoli
,
e
chi
fece
accettare
fra
i
dogmi
della
sua
religione
,
per
cui
morirono
poi
milioni
di
credenti
,
un
paradiso
,
il
cui
primo
annunzio
destò
in
tutto
il
suo
popolo
un
sentimento
d
'
indignazione
e
di
scherno
.
Ma
il
bel
giovane
arabo
patteggiò
coi
suoi
sensi
e
mezza
la
terra
mutò
faccia
,
poichè
fu
veramente
la
poligamia
il
vizio
capitale
della
sua
legislazione
,
e
la
cagione
prima
della
decadenza
di
tutti
i
popoli
che
abbracciarono
la
sua
fede
.
Senza
questa
degradazione
dell
'
un
sesso
a
favore
dell
'
altro
,
senza
la
sanzione
di
questa
enorme
ingiustizia
,
che
turba
tutto
quanto
l
'
ordine
dei
doveri
umani
,
che
corrompe
la
ricchezza
,
che
opprime
la
povertà
,
che
fomenta
l
'
ignavia
,
che
snerva
la
famiglia
,
che
generando
la
confusione
dei
diritti
di
nascita
nelle
dinastie
regnanti
,
sconvolge
le
reggie
e
gli
Stati
,
che
s
'
oppone
,
infine
,
come
una
barriera
insuperabile
all
'
unione
della
società
musulmana
colle
società
d
'
altra
fede
che
popolano
l
'
oriente
;
se
,
per
tornare
alla
prima
cagione
,
il
bel
giovane
arabo
avesse
avuto
la
disgrazia
di
nascere
un
po
'
meno
robusto
o
la
forza
di
vivere
un
po
'
più
casto
,
chi
sa
!
forse
ci
sarebbe
ora
un
Oriente
ordinato
e
civile
,
e
sarebbe
più
innanzi
d
'
un
secolo
la
civiltà
universale
.
*
*
*
[
Il
Ramazan
]
Trovandomi
a
Costantinopoli
nel
mese
di
Ramazan
,
che
è
il
nono
mese
dell
'
anno
turco
,
nel
quale
cade
la
quaresima
musulmana
,
vidi
ogni
sera
una
scena
comica
che
merita
d
'
essere
descritta
.
Durante
tutta
la
quaresima
è
proibito
ai
turchi
di
mangiare
,
di
bere
e
di
fumare
dal
levar
del
sole
al
tramonto
.
Quasi
tutti
gozzovigliano
poi
tutta
la
notte
;
ma
fin
che
c
'
è
il
sole
,
rispettano
quasi
tutti
il
precetto
religioso
,
e
nessuno
ardisce
di
trasgredirlo
pubblicamente
.
Una
mattina
il
mio
amico
ed
io
andammo
a
visitare
un
nostro
conoscente
,
aiutante
di
campo
del
Sultano
,
un
giovane
ufficiale
spregiudicato
,
e
lo
trovammo
in
una
stanza
a
terreno
del
palazzo
imperiale
,
con
una
tazza
di
caffè
fra
le
mani
.
Come
mai
-
gli
domandò
Yunk
-
osate
prendere
il
caffè
dopo
il
levar
del
sole
?
-
L
'
ufficiale
scrollò
le
spalle
e
rispose
che
se
ne
rideva
del
Ramazan
e
del
digiuno
;
ma
proprio
in
quel
punto
s
'
aperse
improvvisamente
una
porta
,
ed
egli
fece
un
movimento
così
rapido
per
nasconder
la
tazza
,
che
se
la
versò
mezza
sui
piedi
.
Si
capisce
da
questo
che
rigorosa
astinenza
debbano
serbare
tutti
coloro
che
stanno
tutto
il
giorno
sotto
gli
occhi
della
gente
:
i
barcaiuoli
per
esempio
.
Per
godersela
,
bisogna
andarli
a
vedere
dal
ponte
della
Sultana
Validè
,
qualche
minuto
prima
che
si
nasconda
il
sole
.
Tra
quei
che
stan
fermi
e
quei
che
vogano
,
tra
vicini
e
lontani
,
se
ne
vede
intorno
a
un
migliaio
.
Sono
tutti
digiuni
dall
'
alba
,
arrabbiano
dalla
fame
,
han
già
la
loro
cenetta
pronta
nel
caicco
,
girano
continuamente
gli
occhi
dal
sole
alla
cena
e
dalla
cena
al
sole
,
s
'
agitano
e
sbuffano
come
le
fiere
d
'
un
serraglio
nel
momento
della
distribuzione
delle
carni
.
Il
nascondersi
del
sole
è
annunziato
da
un
colpo
di
cannone
.
Non
c
'
è
caso
che
prima
di
quel
momento
sospirato
nessuno
si
metta
in
bocca
nè
un
briciolo
di
pane
nè
una
goccia
d
'
acqua
.
Qualche
volta
,
in
un
angolo
del
Corno
d
'
oro
,
abbiamo
stimolato
a
mangiare
i
barcaiuoli
che
ci
conducevano
;
ma
ci
hanno
sempre
risposto
:
-
Jok
!
Jok
!
Jok
!
-
No
,
no
,
no
-
,
accennando
il
sole
con
un
atto
timoroso
.
Quando
il
sole
è
nascosto
per
più
della
metà
dietro
i
monti
,
cominciano
a
prendere
in
mano
i
loro
pani
,
e
a
palparli
e
a
fiutarli
voluttuosamente
.
Quando
non
si
vede
più
che
un
sottile
arco
luminoso
,
allora
tutti
quei
che
son
fermi
e
tutti
quei
che
remano
,
quelli
che
attraversano
il
Corno
d
'
oro
,
quelli
che
guizzano
sul
Bosforo
,
quelli
che
vogano
nel
Mar
di
Marmara
,
quelli
che
riposano
nei
seni
più
solitarii
della
riva
asiatica
,
tutti
si
voltano
verso
occidente
,
e
stanno
immobili
collo
sguardo
nel
sole
,
colla
bocca
aperta
,
col
pane
in
aria
,
colla
gioia
negli
occhi
.
Quando
non
si
vede
più
che
un
punto
di
foco
,
già
i
mille
pani
toccano
le
mille
bocche
.
Finalmente
il
punto
di
foco
si
spegne
,
il
cannone
tuona
,
e
nello
stesso
momento
trentaduemila
denti
staccano
dai
mille
pani
mille
enormi
bocconi
;
ma
che
dico
mille
!
in
tutte
le
case
,
in
tutti
i
caffè
,
in
tutte
le
taverne
,
accade
nel
medesimo
punto
la
medesima
cosa
;
e
per
qualche
minuto
,
la
città
turca
non
è
più
che
un
mostro
di
centomila
bocche
che
tracanna
e
divora
.
*
*
*
[
Costantinopoli
antica
]
Ma
che
cosa
doveva
essere
quella
città
nei
bei
tempi
della
gloria
ottomana
!
Io
non
potevo
levarmi
dalla
testa
questo
pensiero
.
Allora
,
dal
Bosforo
tutto
bianco
di
vele
,
non
s
'
alzava
un
nuvolo
di
fumo
nero
a
macchiar
l
'
azzurro
del
cielo
e
delle
acque
.
Nel
porto
e
nei
seni
del
Mar
di
Marmara
,
fra
le
vecchie
navi
da
guerra
,
dalle
alte
poppe
scolpite
,
dalle
mezzelune
d
'
argento
,
dagli
stendardi
di
porpora
,
dai
fanali
d
'
oro
,
galleggiavano
carcasse
fracassate
e
insanguinate
di
galere
genovesi
,
veneziane
e
spagnuole
.
Sul
Corno
d
'
oro
non
v
'
erano
ponti
:
da
una
sponda
all
'
altra
guizzava
perpetuamente
una
miriade
di
barchette
pompose
,
in
mezzo
alle
quali
spiccavano
di
lontano
le
lancie
bianchissime
del
serraglio
,
coperte
di
baldacchini
scarlatti
dalle
frangie
dorate
,
e
condotte
da
rematori
vestiti
di
seta
.
Scutari
era
ancora
un
villaggio
;
di
là
da
Galata
non
si
vedevano
che
case
sparpagliate
per
la
campagna
;
nessun
grande
palazzo
alzava
ancora
la
testa
sopra
la
collina
di
Pera
;
l
'
aspetto
della
città
era
meno
grandioso
che
non
è
ora
;
ma
era
più
schiettamente
orientale
.
La
legge
che
prescriveva
i
colori
essendo
ancora
in
vigore
,
dai
colori
delle
case
si
riconosceva
la
religione
degli
abitanti
:
Stambul
era
tutta
gialla
e
rossa
,
fuorchè
gli
edifizi
pubblici
e
sacri
ch
'
erano
bianchi
come
la
neve
;
i
quartieri
armeni
erano
cinerini
chiari
,
i
quartieri
greci
cinerini
carichi
,
i
quartieri
ebrei
pavonazzi
.
Era
universale
,
come
in
Olanda
,
la
passione
dei
fiori
,
e
i
giardini
parevan
grandi
mazzi
di
giacinti
,
di
tulipani
e
di
rose
.
La
vegetazione
rigogliosa
delle
colline
non
essendo
ancora
atterrata
dai
nuovi
sobborghi
,
Costantinopoli
presentava
l
'
immagine
d
'
una
città
nascosta
in
una
foresta
.
Dentro
non
c
'
eran
che
viuzze
;
ma
le
abbelliva
una
folla
meravigliosamente
pittoresca
.
Non
si
vedevano
che
turbanti
enormi
,
che
davano
alla
popolazione
mascolina
un
'
apparenza
colossale
e
magnifica
.
Tutte
le
donne
,
fuor
che
la
madre
del
sultano
,
essendo
rigorosamente
velate
,
e
in
modo
da
non
lasciar
vedere
che
gli
occhi
,
formavano
una
popolazione
a
parte
,
anonima
ed
enimmatica
,
che
spandeva
per
tutta
la
città
un
'
aura
di
mistero
gentile
.
Una
legge
severa
determinando
il
vestiario
di
tutti
,
si
distinguevano
dalle
forme
dei
turbanti
e
dai
colori
dei
caffettani
i
ceti
,
i
gradi
,
gli
uffici
,
le
età
,
come
se
Costantinopoli
fosse
un
'
immensa
corte
.
Il
cavallo
essendo
ancora
quasi
"
il
solo
cocchio
dell
'
uomo
"
,
giravano
per
le
vie
migliaia
di
cavalieri
,
e
le
lunghe
file
dei
cammelli
e
dei
dromedarii
dell
'
esercito
che
attraversavano
la
città
in
tutte
le
direzioni
le
davano
l
'
aspetto
selvaggio
e
grandioso
d
'
un
'
antica
metropoli
asiatica
.
Le
arabà
dorate
,
tratte
dai
buoi
,
s
'
incrociavano
colle
carrozze
rivestite
di
panno
verde
degli
ulemi
,
con
quelle
rivestite
di
panno
rosso
dei
Kadì
-
aschieri
,
colle
talike
leggerissime
dalle
tendine
di
raso
,
colle
bussole
ornate
di
pitture
fantastiche
.
Schiavi
di
tutti
i
paesi
,
dalla
Polonia
all
'
Etiopia
,
passavano
a
frotte
,
facendo
risuonare
le
loro
catene
ribadite
sui
campi
di
battaglia
.
Sui
crocicchi
,
nelle
piazze
,
nei
cortili
delle
moschee
,
si
vedevano
gruppi
di
soldati
vestiti
di
cenci
gloriosi
,
che
mostravano
le
braccia
monche
e
le
cicatrici
ancor
fresche
delle
ferite
toccate
a
Vienna
,
a
Belgrado
,
a
Rodi
,
a
Damasco
.
Centinaia
di
rapsodi
dalla
voce
tonante
e
dal
gesto
ispirato
raccontavano
,
in
mezzo
a
crocchi
di
musulmani
superbi
,
le
gesta
degli
eserciti
che
combattevano
a
tre
mesi
di
marcia
da
Stambul
.
I
pascià
,
i
bey
,
gli
agà
,
i
musselim
,
un
'
infinità
di
dignitari
e
di
gran
signori
,
vestiti
con
uno
sfarzo
teatrale
,
accompagnati
da
frotte
di
servi
,
fendevano
la
folla
che
si
curvava
al
loro
passaggio
come
una
messe
sotto
il
soffio
del
vento
;
passavano
,
con
un
corteo
da
principi
,
ambasciatori
di
tutti
gli
Stati
d
'
Europa
,
venuti
a
chieder
pace
o
alleanza
;
sfilavano
carovane
cariche
di
doni
di
re
affricani
ed
asiatici
;
sciami
di
silidar
e
di
spahì
fastosi
e
insolenti
,
trascinavano
per
le
vie
i
sciaboloni
macchiati
del
sangue
di
venti
popoli
,
e
i
bei
paggi
greci
ed
ungheresi
del
serraglio
,
vestiti
come
piccoli
re
,
passeggiavano
alteramente
fra
la
moltitudine
ossequiosa
,
che
rispettava
in
loro
i
capricci
snaturati
del
suo
Signore
.
Qua
e
là
,
dinanzi
alle
porte
,
si
vedeva
un
trofeo
di
bastoni
nodosi
:
era
un
corpo
di
guardia
di
Giannizzeri
,
che
allora
esercitavano
la
polizia
nell
'
interno
della
città
.
S
'
incontravano
degli
ebrei
che
portavano
nel
Bosforo
il
corpo
dei
giustiziati
;
si
trovava
ogni
mattina
nel
Balik
-
bazar
qualche
cadavere
disteso
in
terra
,
con
la
testa
sotto
l
'
ascella
destra
,
la
sentenza
sul
petto
e
una
pietra
sulla
sentenza
;
si
vedevano
per
le
vie
nobili
impiccati
al
primo
gancio
o
alla
prima
trave
che
avevan
trovata
i
carnefici
frettolosi
;
s
'
inciampava
di
notte
in
qualche
disgraziato
buttato
in
mezzo
alla
strada
da
una
stanza
di
tortura
dove
gli
avevano
spezzato
i
piedi
e
le
mani
con
una
mazza
;
si
vedevano
sotto
il
sole
di
mezzogiorno
dei
mercanti
colti
in
frode
inchiodati
per
un
orecchio
all
'
uscio
della
loro
bottega
.
E
non
c
'
essendo
ancora
la
legge
che
restrinse
poi
la
libertà
sconfinata
delle
sepolture
,
si
vedevano
scavar
fosse
e
sotterrar
morti
,
ad
ogni
ora
del
giorno
,
nei
giardini
,
nei
vicoli
,
nelle
piazze
,
dinanzi
alle
porte
delle
case
.
Si
sentivano
nei
cortili
gli
urli
dei
montoni
e
degli
agnelli
scannati
in
olocausto
ad
Allà
per
le
nascite
e
per
le
circoncisioni
.
A
quando
a
quando
passava
di
galoppo
un
drappello
d
'
eunuchi
gridando
e
minacciando
,
le
vie
si
facevano
deserte
,
le
porte
si
chiudevano
,
le
finestre
si
coprivano
,
un
intiero
quartiere
pareva
morto
:
e
allora
passavano
in
una
fila
di
carrozze
luccicanti
le
belle
del
Gran
Signore
,
che
empievano
l
'
aria
di
profumi
e
di
risa
.
Qualche
volta
un
personaggio
della
corte
,
attraversando
una
strada
affollata
,
impallidiva
improvvisamente
alla
vista
di
sei
popolani
di
meschina
apparenza
che
entravano
in
una
bottega
:
quei
sei
popolani
erano
il
sultano
,
quattro
ufficiali
e
un
carnefice
,
che
giravano
di
bottega
in
bottega
per
verificare
i
pesi
e
le
misure
.
In
tutto
quanto
il
corpo
enorme
di
Costantinopoli
ribolliva
una
vita
pletorica
e
febbrile
.
Il
tesoro
riboccava
di
gemme
,
gli
arsenali
,
d
'
armi
,
le
caserme
,
di
soldati
,
i
caravanserai
,
di
viaggiatori
;
il
mercato
di
schiavi
era
un
formicaio
di
belle
,
di
mercantesse
e
di
gran
signori
;
i
dotti
s
'
affollavano
nei
grandi
archivii
delle
moschee
;
i
vizir
dalla
lunga
lena
preparavano
alle
generazioni
future
gli
annali
sterminati
dell
'
impero
;
i
poeti
,
pensionati
dal
serraglio
,
si
raccoglievano
nei
bagni
a
cantare
le
guerre
e
gli
amori
imperiali
;
turbe
d
'
operai
bulgari
ed
armeni
lavoravano
ad
innalzar
moschee
con
blocchi
di
granito
d
'
Egitto
e
di
marmo
di
Paros
,
mentre
per
mare
arrivavano
le
colonne
dei
tempii
dell
'
Arcipelago
e
per
terra
le
spoglie
delle
chiese
di
Pest
e
di
Ofen
;
nel
porto
si
allestivano
le
flotte
di
trecento
vele
che
dovevano
portare
il
terrore
su
tutte
le
rive
del
Mediterraneo
;
fra
Stambul
e
Adrianopoli
si
spandevano
cavalcate
di
settemila
falconieri
e
di
settemila
guardacaccia
,
e
negl
'
intervalli
delle
rivolte
soldatesche
,
delle
guerre
lontane
,
degli
incendi
che
riducevano
in
cenere
ventimila
case
in
una
notte
,
si
celebravano
feste
di
trenta
giorni
dinanzi
ai
plenipotenziarii
di
tutti
gli
stati
dell
'
Affrica
,
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
.
Allora
l
'
entusiasmo
musulmano
diventava
follia
.
Al
cospetto
del
Sultano
e
della
corte
,
in
mezzo
a
quelle
smisurate
palme
di
nozze
,
cariche
d
'
uccelli
,
di
frutti
e
di
specchi
,
per
dar
passo
alle
quali
si
atterravano
le
case
e
le
mura
;
in
mezzo
a
file
di
leoni
e
di
sirene
di
zucchero
,
portati
da
cavalli
ingualdrappati
di
damasco
argentato
;
in
mezzo
a
monti
di
doni
reali
recati
da
tutte
le
parti
dell
'
Impero
e
da
tutte
le
corti
del
mondo
,
si
alternavano
le
finte
battaglie
dei
giannizzeri
,
i
balli
furiosi
dei
dervis
,
le
mischie
sanguinose
dei
prigionieri
cristiani
,
i
banchetti
popolari
di
diecimila
piatti
di
cuscussù
;
nell
'
Ippodromo
danzavano
gli
elefanti
e
le
giraffe
;
si
sguinzagliavano
tra
la
folla
gli
orsi
e
le
volpi
coi
razzi
alla
coda
;
alle
pantomime
allegoriche
succedevano
le
danze
lascive
,
le
mascherate
grottesche
,
le
processioni
fantastiche
,
le
corse
,
i
carri
simbolici
,
i
giochi
,
le
commedie
,
le
ridde
;
la
festa
degenerava
a
poco
a
poco
,
col
calar
della
notte
,
in
un
tumulto
forsennato
,
e
cinquecento
moschee
scintillanti
di
lumi
formavano
sopra
la
città
un
'
immensa
aureola
di
foco
che
annunziava
ai
pastori
delle
montagne
dell
'
Asia
e
ai
naviganti
della
Propontide
,
le
orgie
della
nuova
Babilonia
.
Così
era
Stambul
,
la
sultana
formidabile
,
voluttuosa
e
sfrenata
;
appetto
alla
quale
la
città
d
'
oggi
non
è
più
che
una
vecchia
regina
malata
d
'
ipocondria
.
*
*
*
[
Gli
Armeni
]
Occupato
quasi
sempre
dei
turchi
,
non
ebbi
il
tempo
,
come
ognuno
può
capire
,
di
studiare
molto
le
tre
nazioni
,
armena
,
greca
ed
ebrea
,
che
formano
la
popolazione
dei
rajà
;
studio
,
d
'
altra
parte
,
assai
lungo
,
poichè
se
ognuno
di
quei
popoli
ha
conservato
dal
più
al
meno
la
natura
propria
,
la
vita
esteriore
di
tutti
e
tre
ha
preso
come
una
velatura
di
colore
musulmano
,
la
quale
va
ora
perdendosi
alla
sua
volta
sotto
la
tinta
della
civiltà
europea
:
onde
presentano
tutti
e
tre
la
difficoltà
d
'
osservazione
che
presenterebbe
un
quadro
mobile
e
cangiante
.
Gli
armeni
,
in
special
modo
,
"
cristiani
di
spirito
e
di
fede
,
e
musulmani
asiatici
di
nascita
e
di
carne
"
,
non
sono
soltanto
difficili
a
studiare
intimamente
,
ma
anche
a
distinguere
a
occhio
dai
turchi
,
poichè
quella
parte
di
loro
che
non
ha
ancora
preso
il
vestiario
europeo
,
è
vestita
alla
turca
,
salvo
piccolissime
differenze
;
e
non
usa
quasi
più
affatto
l
'
antico
berrettone
di
feltro
,
che
era
,
con
certi
colori
speciali
,
il
segno
distintivo
della
nazione
.
E
non
differiscono
molto
dai
turchi
anche
nell
'
aspetto
.
Sono
per
lo
più
alti
di
statura
,
robusti
,
corpulenti
,
di
carnagione
chiara
,
d
'
andatura
e
di
modi
gravi
,
e
mostrano
nel
viso
le
due
qualità
proprie
della
loro
natura
:
lo
spirito
aperto
,
alacre
,
industrioso
,
pertinace
,
per
cui
sono
meravigliosamente
atti
al
commercio
,
e
quella
placidità
,
che
altri
vuol
chiamare
pieghevolezza
servile
,
con
cui
riuscirono
a
farsi
un
covo
per
tutto
,
dall
'
Ungheria
alla
China
,
e
a
rendersi
accetti
particolarmente
ai
turchi
,
dei
quali
si
cattivarono
la
fiducia
,
sudditi
docili
e
amici
ossequenti
.
Non
hanno
nè
fuori
nè
dentro
nulla
di
bellicoso
e
d
'
eroico
.
Tali
,
forse
,
non
erano
anticamente
nella
regione
asiatica
da
cui
vennero
,
e
si
dice
infatti
che
siano
tuttora
assai
diversi
i
loro
fratelli
che
l
'
abitano
;
ma
quei
che
furon
trapiantati
di
qua
dal
Bosforo
,
sono
veramente
un
popolo
mansueto
e
prudente
,
modesto
nella
vita
,
non
inteso
ad
altro
che
ai
suoi
traffici
,
e
più
sinceramente
religioso
,
si
dice
,
d
'
ogni
altro
popolo
di
Costantinopoli
.
I
turchi
li
chiamano
i
cammelli
dell
'
impero
e
i
franchi
dicono
che
ogni
armeno
nasce
calcolatore
;
questi
due
motti
sono
in
gran
parte
giustificati
dal
fatto
,
poichè
in
grazia
appunto
della
loro
forza
fisica
e
della
loro
intelligenza
agile
ed
acuta
,
oltre
a
un
buon
numero
d
'
architetti
,
d
'
ingegneri
,
di
medici
,
d
'
artefici
ingegnosi
e
pazienti
,
essi
forniscono
a
Costantinopoli
la
maggior
parte
dei
facchini
e
dei
banchieri
:
facchini
che
portan
pesi
e
banchieri
che
ammassano
tesori
favolosi
.
A
primo
aspetto
,
però
,
nessuno
s
'
accorgerebbe
che
v
'
è
un
popolo
armeno
a
Costantinopoli
,
tanto
la
pianta
ha
preso
,
come
suol
dirsi
,
il
colore
del
concio
.
Le
donne
stesse
,
per
cagione
delle
quali
la
casa
armena
è
chiusa
allo
straniero
quasi
altrettanto
severamente
che
la
musulmana
,
vestono
alla
turca
,
e
non
c
'
è
che
un
occhio
molto
esperto
che
le
possa
riconoscere
in
mezzo
alle
loro
concittadine
maomettane
.
Sono
anch
'
esse
per
lo
più
bianche
e
grassotte
,
ed
hanno
la
linea
aquilina
del
profilo
orientale
,
grandi
occhi
e
lunghe
ciglia
;
molte
d
'
alta
statura
e
di
forme
matronali
,
che
coronate
d
'
un
turbante
,
parrebbero
bellissimi
sceicchi
;
e
quasi
tutte
d
'
aspetto
signorile
e
modesto
ad
un
tempo
,
in
cui
se
qualche
cosa
manca
,
è
la
luce
dell
'
anima
che
brilla
sul
volto
della
donna
greca
.
*
*
*
[
I
Greci
]
Quanto
è
difficile
riconoscere
a
occhio
l
'
armeno
,
altrettanto
è
facile
riconoscere
il
greco
,
anche
non
badando
al
vestire
;
tanto
egli
è
diverso
di
natura
e
d
'
aspetto
dagli
altri
sudditi
dell
'
Impero
,
e
principalmente
dal
turco
.
Per
rendersi
ragione
di
questa
diversità
,
o
piuttosto
di
questo
contrasto
,
basta
osservare
un
turco
ed
un
greco
,
che
si
trovino
seduti
l
'
uno
accanto
all
'
altro
in
un
caffè
o
in
un
piroscafo
.
Hanno
un
bell
'
essere
press
'
a
poco
della
stessa
età
e
dello
stesso
ceto
,
e
vestiti
tutt
'
e
due
all
'
europea
,
ed
anche
somiglianti
di
viso
;
non
è
possibile
sbagliare
.
Il
turco
è
immobile
,
e
tutti
i
suoi
lineamenti
riposano
in
una
specie
di
quiete
senza
pensiero
,
che
somiglia
a
quella
d
'
un
animale
satollo
;
o
se
il
suo
viso
rivela
un
pensiero
,
pare
che
debba
essere
un
pensiero
immobile
come
il
suo
corpo
.
Non
guarda
nessuno
,
non
dà
segno
d
'
accorgersi
d
'
esser
guardato
;
il
suo
atteggiamento
mostra
una
profonda
noncuranza
di
tutti
coloro
e
di
tutto
quello
che
ha
intorno
;
il
suo
viso
esprime
qualcosa
della
tristezza
rassegnata
d
'
uno
schiavo
e
dell
'
orgoglio
freddo
d
'
un
despota
;
un
che
di
duro
,
di
chiuso
,
di
cocciuto
,
da
far
disperare
alla
prima
chi
si
proponesse
di
persuaderlo
di
qualche
cosa
o
di
rimoverlo
di
una
risoluzione
.
Ha
,
insomma
,
l
'
aspetto
d
'
uno
di
quegli
uomini
tutti
d
'
un
pezzo
,
coi
quali
pare
che
non
si
possa
vivere
altrimenti
che
obbedendoli
o
comandandoli
;
e
che
per
quanto
tempo
ci
si
viva
insieme
,
non
si
debba
mai
poterci
prendere
una
famigliarità
intera
.
Il
greco
invece
è
mobilissimo
,
e
rivela
con
mille
sfuggevoli
guizzi
dello
sguardo
e
delle
labbra
tutto
quello
che
gli
passa
nell
'
anima
;
scuote
la
testa
con
movimenti
di
cavallo
indomito
;
il
suo
volto
esprime
un
'
alterezza
giovanile
,
e
qualche
volta
quasi
fanciullesca
;
se
si
vede
guardato
,
s
'
atteggia
;
se
non
è
guardato
,
si
mette
in
mostra
;
par
sempre
che
desideri
o
che
fantastichi
qualche
cosa
;
spira
da
tutta
la
persona
l
'
accorgimento
e
l
'
ambizione
;
e
inspira
simpatia
,
anche
se
ha
la
faccia
d
'
un
cattivo
soggetto
,
e
gli
si
darebbe
la
mano
anche
quando
non
si
vorrebbe
affidargli
la
borsa
.
Basta
veder
vicini
questi
due
uomini
,
per
capire
che
l
'
uno
deve
parere
all
'
altro
un
barbaro
,
un
orgoglioso
,
un
prepotente
,
un
brutale
;
che
questi
deve
giudicar
quello
un
uomo
leggiero
,
falso
,
maligno
,
turbolento
;
e
che
debbono
disprezzarsi
e
detestarsi
reciprocamente
con
tutte
le
forze
dell
'
anima
;
e
non
trovar
la
via
di
vivere
d
'
accordo
.
La
stessa
differenza
si
osserva
tra
le
donne
greche
e
le
altre
donne
levantine
.
In
mezzo
alle
turche
e
alle
armene
belle
e
floride
,
ma
che
toccan
quasi
più
i
sensi
di
quello
che
parlino
all
'
anima
,
si
riconoscono
alla
prima
,
con
un
sentimento
di
grata
meraviglia
,
i
visi
eleganti
e
puri
delle
greche
,
illuminati
da
due
occhi
pieni
di
pensiero
,
dei
quali
ogni
sguardo
fa
venir
sulle
labbra
il
verso
d
'
un
ode
;
e
i
bei
corpi
maestosi
insieme
e
leggeri
,
che
ispirano
il
desiderio
di
stringerli
fra
le
braccia
,
piuttosto
per
metterli
sopra
un
piedestallo
,
che
per
portarli
nell
'
arem
.
Se
ne
vedono
di
quelle
che
portano
ancora
i
capelli
cadenti
,
all
'
antica
,
in
lunghe
ciocche
ondulate
,
e
una
grossa
treccia
ravvolta
intorno
alla
testa
in
forma
di
diadema
;
così
belle
,
così
nobili
,
così
classiche
,
che
si
piglierebbero
per
statue
di
Prassitele
e
di
Lisippo
,
o
per
giovanette
immortali
ritrovate
dopo
venti
secoli
in
qualche
valle
ignorata
della
Laconia
o
in
qualche
isoletta
dimenticata
dell
'
Egeo
.
Sono
però
rarissime
queste
bellezze
sovrane
anche
tra
le
greche
,
e
oramai
non
se
ne
trova
più
esempio
che
fra
la
vecchia
aristocrazia
dell
'
impero
,
nel
quartiere
silenzioso
e
triste
del
Fanar
,
dove
s
'
è
rifugiata
l
'
anima
dell
'
antica
Bisanzio
.
Là
si
vede
ancora
qualche
volta
una
di
quelle
donne
superbe
affacciata
a
un
balcone
a
balaustri
,
o
all
'
inferriata
d
'
una
finestra
altissima
,
cogli
occhi
fissi
nella
strada
solitaria
,
nell
'
atteggiamento
d
'
una
regina
prigioniera
;
e
quando
il
servidorame
dei
discendenti
dei
Paleologhi
e
dei
Comneni
,
non
sta
oziando
dinanzi
alle
porte
,
si
può
,
contemplandola
di
nascosto
,
credere
per
un
momento
di
veder
per
lo
squarcio
d
'
una
nuvola
il
viso
d
'
una
dea
dell
'
Olimpo
.
*
*
*
[
Gli
Ebrei
]
Riguardo
alle
ebree
,
posso
affermare
,
dopo
esser
stato
nel
Marocco
,
che
quelle
di
Costantinopoli
non
hanno
che
fare
con
quelle
della
costa
settentrionale
dell
'
Affrica
,
nelle
quali
i
dotti
osservatori
credono
di
vedere
ancora
in
tutta
la
sua
purezza
il
primo
tipo
orientale
della
bellezza
ebraica
.
Colla
speranza
di
trovare
questa
bellezza
,
mi
armai
di
coraggio
,
e
feci
molti
giri
per
il
vasto
ghetto
di
Balata
,
che
s
'
allunga
,
come
un
serpente
immondo
,
sulla
riva
del
Corno
d
'
oro
.
Mi
spinsi
fin
nei
vicoli
più
miserabili
,
in
mezzo
a
casupole
"
grommate
di
muffa
"
come
le
ripe
della
bolgia
dantesca
,
per
crocicchi
dove
non
ripasserei
più
che
sui
trampoli
e
colle
narici
turate
;
guardando
per
le
finestre
tappezzate
di
cenci
nauseabondi
,
nelle
stanze
nere
e
viscose
;
soffermandomi
dinanzi
alle
porte
dei
cortili
umidi
da
cui
usciva
un
tanfo
da
mozzare
il
fiato
,
facendomi
largo
in
mezzo
a
gruppi
di
ragazzi
scrofolosi
e
tignosi
,
toccando
col
gomito
dei
vecchi
orrendi
,
che
parevano
morti
di
peste
risuscitati
;
scansando
a
ogni
passo
cani
coperti
di
piaghe
e
laghi
di
mota
nera
e
panni
schifosi
appesi
a
corde
bisunte
,
e
mucchi
di
putridumi
da
far
cadere
in
deliquio
;
ma
il
mio
coraggio
non
fu
ricompensato
.
Fra
le
molte
donne
che
incontrai
imbacuccate
nel
loro
calpak
nazionale
,
che
sembra
un
turbante
allungato
e
copre
i
capelli
e
le
orecchie
,
vidi
bensì
qualche
viso
in
cui
riconobbi
quella
regolarità
delicata
di
lineamenti
e
quell
'
aria
soave
di
rassegnazione
,
che
si
considera
come
il
tratto
distintivo
delle
ebree
di
Costantinopoli
;
vidi
qualche
vago
profilo
di
Rebecca
e
di
Rachele
,
dagli
occhi
a
mandorla
,
pieni
di
dolcezza
e
di
grazia
;
e
qualche
figura
elegante
,
ritta
in
un
atteggiamento
raffaellesco
sulla
soglia
d
'
una
porta
,
con
una
mano
sottile
appoggiata
sul
capo
ricciuto
d
'
un
bimbo
.
Ma
nella
maggior
parte
non
vidi
che
i
segni
della
degradazione
della
razza
.
Che
differenza
tra
quelle
figure
stentite
,
e
gli
occhi
di
fuoco
,
i
colori
pomposi
e
le
forme
opulente
che
ammirai
un
anno
dopo
nei
mellà
di
Tangeri
e
di
Fez
!
Ed
è
lo
stesso
degli
uomini
,
spersoniti
,
giallognoli
,
molli
,
di
cui
tutta
la
vitalità
pare
che
si
sia
raccolta
negli
occhi
scintillanti
d
'
astuzia
e
di
cupidigia
,
che
essi
girano
continuamente
intorno
a
sè
stessi
,
come
se
da
tutte
le
parti
sentissero
saltellare
delle
monete
.
Ed
ora
m
'
aspetto
che
i
miei
buoni
critici
israeliti
,
che
già
mi
diedero
sulle
dita
a
proposito
dei
loro
correligionarii
del
Marocco
,
ricantino
la
stessa
canzone
,
scrivendo
a
colpa
dei
turchi
oppressori
la
decadenza
e
l
'
avvilimento
degli
ebrei
di
Costantinopoli
.
Ma
badino
che
nelle
medesime
condizioni
politiche
e
civili
degli
ebrei
si
trovarono
tutti
gli
altri
sudditi
non
musulmani
della
Porta
;
e
che
se
anche
questo
non
fosse
,
sarebbe
assai
difficile
il
provare
che
la
vergognosa
immondizia
,
la
precocità
dei
matrimonii
e
l
'
astensione
da
tutti
i
mestieri
faticosi
,
considerate
come
cause
efficacissime
di
quella
decadenza
,
siano
una
conseguenza
logica
della
mancanza
di
libertà
e
d
'
indipendenza
.
E
se
mi
vorranno
dire
invece
,
che
non
l
'
oppressione
politica
dei
turchi
,
ma
le
piccole
persecuzioni
e
il
disprezzo
di
tutti
,
sono
stati
la
cagione
di
quell
'
avvilimento
,
domandino
prima
a
sè
stessi
se
per
caso
non
fosse
vero
il
contrario
;
se
la
prima
cagione
non
sia
piuttosto
da
ricercarsi
nei
loro
costumi
e
nella
loro
vita
;
e
se
invece
di
nasconder
la
piaga
,
non
sarebbe
utile
che
essi
medesimi
la
toccassero
col
ferro
rovente
.
*
*
*
[
Il
bagno
]
Dopo
aver
fatto
un
giro
per
Balata
,
non
è
delle
peggio
,
come
si
dice
a
Firenze
,
l
'
andare
a
fare
un
bagno
turco
.
Le
case
dei
bagni
si
riconoscono
di
fuori
:
sono
edifizi
senza
finestre
,
della
forma
di
piccole
moschee
,
sormontati
da
una
cupola
e
da
alti
camini
conici
,
che
fumano
perpetuamente
.
Ma
prima
d
'
entrare
,
bisogna
pensarci
due
volte
,
e
domandarsi
quid
valeant
humeri
,
perché
non
tutti
possono
resistere
all
'
aspro
governo
che
si
fa
d
'
un
uomo
fra
quelle
mura
salutari
.
Io
confesso
che
dopo
quello
che
ne
avevo
inteso
dire
,
c
'
entrai
con
un
po
'
di
trepidazione
;
e
i
lettori
vedranno
che
ero
da
compatire
.
Ripensandoci
,
mi
sento
uscire
dalle
tempie
due
goccioline
di
sudore
che
aspettano
ch
'
io
sia
nel
vivo
della
descrizione
per
filarmi
giù
per
le
guancie
.
Ecco
dunque
quello
che
fu
fatto
della
mia
povera
persona
.
Entro
timidamente
e
mi
trovo
in
una
gran
sala
che
mi
lascia
un
momento
incerto
,
se
sia
un
teatro
o
un
ospedale
.
Nel
mezzo
zampilla
una
fontana
,
coronata
di
fiori
;
e
lungo
le
pareti
gira
una
galleria
di
legno
,
dove
dormono
profondamente
o
fumano
sonnecchiando
alcuni
turchi
sdraiati
su
materasse
e
ravvolti
dalla
testa
ai
piedi
in
pannolini
bianchissimi
.
Mentre
guardo
intorno
in
cerca
del
bagnaiuolo
,
due
tarchiati
mulatti
seminudi
,
sbucati
non
so
di
dove
,
mi
si
rizzano
dinanzi
come
due
spettri
,
e
mi
domandano
tutti
e
due
insieme
con
voce
cavernosa
:
Hammamun
?
(
bagno
?
)
-
Evvet
(
sì
)
rispondo
con
un
filo
di
voce
.
Mi
accennano
di
seguirli
e
mi
rimorchiano
su
per
una
scaletta
di
legno
in
una
stanza
piena
di
stuoie
e
di
cuscini
,
dove
mi
fanno
capire
che
mi
debbo
spogliare
.
Mi
stringono
una
stoffa
azzurra
e
bianca
intorno
alle
reni
,
mi
raspano
la
testa
con
un
pezzo
di
mussolina
,
mi
fanno
infilare
due
zoccoli
colossali
,
mi
pigliano
sotto
le
braccia
come
un
ubbriaco
e
mi
conducono
,
o
piuttosto
mi
traducono
in
un
'
altra
sala
calda
e
semi
-
oscura
,
dove
mi
distendono
sopra
un
tappeto
e
stanno
ad
aspettare
colle
mani
sui
fianchi
che
mi
si
ammorbidisca
la
pelle
.
Tutti
questi
apparecchi
,
che
somigliano
molto
a
quelli
d
'
un
supplizio
,
mi
mettono
addosso
una
inquietudine
,
la
quale
si
cangia
in
un
sentimento
anche
meno
onorevole
,
quando
i
due
aguzzini
mi
toccano
la
fronte
,
si
scambiano
uno
sguardo
che
significa
:
-
può
resistere
-
e
par
che
vogliano
dire
:
-
alla
ruota
-
e
ripigliandomi
per
le
braccia
mi
accompagnano
in
una
terza
sala
.
Qui
provo
una
sensazione
stranissima
.
Mi
par
d
'
essere
in
un
tempio
sottomarino
.
Vedo
vagamente
,
a
traverso
un
velo
bianco
di
vapori
,
delle
alte
pareti
marmoree
,
delle
colonne
,
degli
archi
,
la
vôlta
d
'
una
cupola
finestrata
,
da
cui
scendono
dei
raggi
di
luce
rossa
,
azzurra
e
verde
,
dei
fantasmi
bianchi
che
vanno
e
vengono
rasente
le
pareti
,
e
nel
mezzo
della
sala
,
uomini
seminudi
distesi
sul
pavimento
come
cadaveri
,
sui
quali
altri
uomini
seminudi
stanno
chinati
nell
'
atteggiamento
di
medici
che
facciano
un
'
autopsia
.
La
temperatura
della
sala
è
tale
che
,
appena
entrato
,
mi
sento
tutto
in
sudore
,
e
mi
pare
che
non
potrò
più
uscir
di
là
che
sotto
la
forme
d
'
un
fiumicello
,
come
l
'
amante
d
'
Aretusa
.
I
due
mulatti
trasportano
il
mio
corpo
in
mezzo
alla
sala
e
lo
adagiano
sopra
una
specie
di
tavola
anatomica
,
che
è
una
grande
lastra
di
marmo
bianco
,
rilevata
dal
pavimento
,
sotto
la
quale
ardono
le
stufe
.
La
lastra
scotta
ed
io
vedo
le
stelle
;
ma
oramai
ci
sono
e
bisogna
striderci
.
I
due
mulatti
cominciano
la
vivisezione
,
canterellando
una
canzonetta
funebre
.
Mi
pizzicano
le
braccia
e
le
gambe
,
mi
premono
i
muscoli
,
mi
fanno
scricchiolare
le
articolazioni
,
mi
fregano
,
mi
strizzano
,
mi
stropicciano
;
mi
fanno
voltar
bocconi
,
e
ricominciano
;
mi
rimettono
supino
,
e
tornan
da
capo
;
mi
stirano
e
mi
schiacciano
come
un
fantoccio
di
pasta
,
a
cui
vogliano
dare
una
forma
che
hanno
in
mente
,
e
non
ci
riescano
,
e
ci
s
'
arrabbino
;
poi
pigliano
un
po
'
di
respiro
;
poi
di
nuovo
pizzicotti
e
strizzatine
e
schiacciature
da
farmi
temere
che
sia
quello
il
mio
ultimo
quarto
d
'
ora
.
Finalmente
,
quando
tutto
il
mio
corpo
schizza
acqua
come
una
spugna
spremuta
,
quando
mi
vedono
circolare
il
sangue
sotto
la
pelle
,
quando
s
'
accorgono
che
proprio
non
ci
posso
più
reggere
,
tiran
su
i
miei
resti
da
quel
letto
di
tortura
,
e
li
portano
in
un
angolo
,
dinanzi
a
una
piccola
nicchia
,
dove
sono
due
cannelle
di
rame
,
che
gettano
acqua
calda
e
acqua
fresca
in
una
vaschetta
di
marmo
.
Ma
,
ahimè
!
qui
comincia
un
altro
martirio
.
E
veramente
la
cosa
piglia
un
certo
andare
,
che
,
senza
celia
,
io
mi
domando
se
non
è
il
caso
di
appoggiare
un
cappiotto
a
destra
e
uno
scopaccione
a
sinistra
,
e
di
battermela
come
mi
trovo
.
Uno
dei
due
tormentatori
si
mette
un
guanto
di
pelo
di
cammello
e
comincia
a
fregarmi
la
schiena
,
il
petto
,
le
braccia
e
le
gambe
,
colla
grazia
con
cui
striglierebbe
un
cavallo
,
e
la
strigliatura
si
prolunga
per
la
bellezza
di
cinque
minuti
.
Finita
la
strigliatura
,
mi
rovesciano
addosso
un
torrente
d
'
acqua
tepida
,
e
ripigliano
fiato
.
E
lo
ripiglio
anch
'
io
,
ringraziando
il
cielo
che
sia
finita
.
Ma
non
è
finita
!
Il
mulatto
feroce
si
leva
il
guanto
e
ricomincia
l
'
operazione
colla
mano
nuda
,
ed
io
m
'
indispettisco
e
gli
fo
cenno
di
smettere
,
e
lui
,
mostrandomi
la
mano
,
mi
prova
,
con
mia
grande
meraviglia
,
che
deve
fregare
ancora
.
Finito
di
fregare
,
un
altro
rovescio
d
'
acqua
,
e
poi
un
'
altra
operazione
.
Prendono
tutti
e
due
uno
strofinaccio
di
stoppa
imbevuto
di
sapone
di
Candia
,
e
m
'
insaponano
dalla
testa
ai
piedi
.
Finita
l
'
insaponata
,
un
altro
diluvio
d
'
acqua
profumata
,
e
poi
da
capo
lo
strofinamento
colla
stoppa
.
Ma
questa
volta
,
come
dio
vuole
,
la
stoppa
è
asciutta
e
strofinano
per
asciugare
.
Asciugato
che
sono
,
mi
rifasciano
la
testa
,
mi
rimettono
il
grembiale
,
mi
ravvolgono
in
un
lenzuolo
,
mi
riconducono
nella
seconda
sala
,
e
dopo
una
sosta
di
qualche
minuto
,
mi
fanno
rientrar
nella
prima
.
Qui
trovo
una
materassa
tepida
sulla
quale
mi
distendo
mollemente
e
i
due
esecutori
di
giustizia
mi
danno
gli
ultimi
pizzicotti
per
rendere
uguale
in
tutte
le
membra
la
circolazione
del
sangue
.
Ciò
fatto
,
mi
mettono
un
cuscino
ricamato
sotto
la
testa
,
una
coperta
bianca
addosso
,
una
pipa
in
bocca
,
una
limonata
accanto
,
e
mi
lascian
lì
fresco
,
leggiero
,
odoroso
,
colla
mente
serena
,
col
cuore
contento
,
con
un
senso
così
puro
e
così
giovanile
della
vita
,
che
mi
par
d
'
esser
nato
allora
,
come
Venere
,
dalla
spuma
del
mare
,
e
di
sentirmi
frullare
sopra
la
testa
le
ali
degli
amorini
.
*
*
*
[
La
Torre
del
Seraschiere
]
Sentendosi
così
puri
e
disposti
a
riveder
le
stelle
non
c
'
è
di
meglio
che
arrampicarsi
sopra
la
testa
di
quel
titano
di
pietra
che
si
chiama
la
torre
del
Seraschiere
.
Io
credo
che
Satana
,
se
volesse
tentare
un
'
altra
volta
qualcuno
coll
'
offerta
del
regno
della
terra
,
sarebbe
sicuro
del
fatto
suo
,
trasportando
la
sua
vittima
su
quella
cima
.
La
torre
,
fabbricata
sotto
il
regno
di
Mahmud
II
,
è
piantata
sulla
collina
più
alta
di
Stambul
,
nel
mezzo
del
cortile
vastissimo
del
ministero
della
guerra
,
nel
punto
che
i
turchi
chiamano
l
'
ombelico
della
città
.
È
costrutta
in
gran
parte
con
marmo
bianco
di
Marmara
,
sul
piano
d
'
un
poligono
regolare
di
sedici
lati
,
e
si
slancia
in
alto
,
ardita
e
svelta
come
una
colonna
,
sorpassando
d
'
un
buon
tratto
i
minareti
giganteschi
della
vicina
moschea
di
Solimano
.
Si
va
su
per
una
scala
a
chiocciola
,
rischiarata
da
poche
finestre
quadrate
,
per
le
quali
s
'
intravvede
,
passando
,
ora
Galata
,
ora
Stambul
,
ora
i
sobborghi
del
Corno
d
'
oro
;
e
non
s
'
è
ancora
a
mezza
altezza
,
che
già
,
lanciando
uno
sguardo
fuori
,
pare
di
essere
nella
regione
delle
nuvole
.
Qualche
volta
salendo
,
si
sente
un
leggero
rumore
sul
proprio
capo
,
e
quasi
nello
stesso
punto
si
vede
passare
e
sparire
una
larva
,
che
sembra
una
cosa
che
precipita
piuttosto
che
un
uomo
che
discende
;
ed
è
uno
dei
guardiani
che
stanno
giorno
e
notte
alla
vedetta
sulla
sommità
della
torre
,
il
quale
ha
visto
probabilmente
in
qualche
punto
lontano
dell
'
orizzonte
un
nuvolo
di
fumo
sospetto
,
e
ne
porta
avviso
al
Seraschierato
.
La
scala
ha
circa
duecento
scalini
,
e
conduce
a
una
specie
di
terrazza
rotonda
,
coperta
di
sopra
e
vetrata
tutt
'
intorno
,
nella
quale
gira
perpetuamente
un
guardiano
,
che
serve
il
caffè
ai
visitatori
.
Al
primo
entrare
in
quella
gabbia
trasparente
,
che
par
sospesa
tra
il
cielo
e
la
terra
,
al
vedere
tutt
'
intorno
quell
'
immenso
vuoto
azzurro
,
al
sentire
il
vento
che
strepita
e
fa
sonare
i
vetri
e
scricchiolare
gli
assiti
,
s
'
è
quasi
presi
dalle
vertigini
e
tentati
di
rinunziare
al
panorama
.
Ma
alla
vista
della
scaletta
appoggiata
al
finestrino
del
tetto
,
il
coraggio
ritorna
,
si
sale
col
cuore
palpitante
,
e
si
getta
un
grido
di
meraviglia
.
È
un
momento
sublime
.
Si
rimane
come
sfolgorati
.
Tutta
Costantinopoli
è
là
e
s
'
abbraccia
tutta
con
un
giro
dello
sguardo
;
tutte
le
colline
e
tutte
le
valli
di
Stambul
,
dal
castello
delle
Sette
Torri
ai
cimiteri
d
'
Eyub
;
tutta
Galata
e
tutta
Pera
,
come
se
lo
sguardo
vi
cadesse
a
fil
di
piombo
;
tutta
Scutari
,
come
se
fosse
lì
sotto
;
tre
file
di
città
,
di
boschi
,
di
flotte
,
che
fuggono
a
perdita
d
'
occhi
lungo
tre
rive
incantevoli
,
e
altre
striscie
interminabili
di
villaggi
e
di
giardini
che
si
perdono
serpeggiando
nell
'
interno
delle
terre
;
tutto
il
Corno
d
'
oro
,
immobile
,
cristallino
e
picchiettato
d
'
innumerevoli
caicchi
,
che
sembrano
moscerini
natanti
;
tutto
il
Bosforo
,
che
par
chiuso
qua
e
là
dalle
colline
più
avanzate
delle
due
rive
,
e
presenta
l
'
immagine
d
'
una
successione
di
laghi
,
e
ogni
lago
par
circondato
da
una
città
,
e
ogni
città
è
inghirladata
di
giardini
;
di
là
dal
Bosforo
,
il
mar
Nero
azzurrino
che
si
confonde
col
cielo
;
dalla
parte
opposta
,
il
mar
di
Marmara
,
il
golfo
di
Nicomedia
,
le
isole
dei
Principi
,
la
riva
europea
e
la
riva
asiatica
biancheggianti
di
villaggi
;
di
là
dal
mar
di
Marmara
,
lo
stretto
dei
Dardanelli
,
che
luccica
come
un
sottile
nastro
d
'
argento
;
oltre
i
Dardanelli
un
vago
bagliore
bianco
,
ch
'
è
il
mare
Egeo
e
una
curva
oscura
che
è
la
riva
della
Troade
;
di
là
da
Scutari
,
la
Bitinia
e
l
'
Olimpo
;
di
là
da
Stambul
,
le
solitudini
ondulate
e
giallognole
della
Tracia
;
due
golfi
,
due
stretti
,
due
continenti
,
tre
mari
,
venti
città
,
una
miriade
di
cupole
inargentate
e
di
guglie
d
'
oro
,
una
gloria
di
colori
e
di
luce
,
da
far
dubitare
se
quella
sia
una
veduta
del
nostro
pianeta
o
di
un
altro
astro
più
favorito
da
Dio
.
*
*
*
[
Costantinopoli
]
E
sulla
torre
del
Seraschiere
,
come
su
quella
di
Galata
,
come
sul
vecchio
ponte
,
come
a
Scutari
,
io
mi
domandai
cento
volte
:
-
Ma
in
che
maniera
hai
potuto
innamorarti
dell
'
Olanda
?
-
E
non
solo
quel
paese
,
ma
Parigi
,
ma
Madrid
,
ma
Siviglia
,
mi
parevano
città
oscure
e
malinconiche
,
in
cui
non
avrei
più
potuto
vivere
un
mese
.
Poi
ripensavo
alle
mie
povere
descrizioni
e
mi
dicevo
con
rammarico
:
-
Ah
!
disgraziato
!
Quante
volte
hai
sciupato
le
parole
bello
,
splendido
,
immenso
!
Ed
ora
che
cosa
dirai
di
questo
spettacolo
?
-
Ma
già
mi
pareva
che
da
Costantinopoli
non
avrei
cavato
una
pagina
.
E
il
mio
amico
Rossasco
mi
diceva
:
-
Ma
perché
non
ti
ci
provi
?
-
Ed
io
gli
rispondevo
:
-
Ma
se
non
ho
nulla
da
dire
!
-
E
alle
volte
,
chi
lo
crederebbe
?
quello
spettacolo
,
per
qualche
minuto
secondo
,
a
certe
ore
,
a
una
certa
luce
,
mi
pareva
meschino
,
ed
esclamavo
quasi
con
sgomento
:
-
O
dov
'
è
la
mia
Costantinopoli
?
-
Altre
volte
mi
pigliava
un
sentimento
di
tristezza
pensando
che
mentre
io
ero
là
dinanzi
a
quella
immensità
e
a
quella
bellezza
,
mia
madre
era
in
una
piccola
stanza
,
da
cui
non
si
vedeva
che
un
cortile
uggioso
e
una
piccola
striscia
di
cielo
;
e
mi
pareva
una
colpa
mia
,
e
avrei
dato
un
occhio
per
aver
la
mia
buona
vecchia
a
bracetto
e
condurla
a
Santa
Sofia
.
La
giornata
però
correva
quasi
sempre
allegra
e
leggera
come
un
'
ora
d
'
ebbrezza
.
E
le
rare
volte
che
faceva
capolino
l
'
umor
nero
,
il
mio
amico
ed
io
avevamo
un
mezzo
sicuro
di
liberarcene
.
Scendevamo
a
Galata
in
due
caicchi
a
due
remi
,
i
più
variopinti
e
i
più
dorati
dello
scalo
,
e
gridavamo
:
-
Eyub
!
-
ed
eravamo
già
in
mezzo
al
Corno
d
'
oro
.
I
nostri
rematori
si
chiamavano
Mahmut
,
Baiazet
,
Ibraim
,
Murat
,
avevano
vent
'
anni
per
uno
e
due
braccia
di
ferro
,
e
vogavano
a
gara
incitandosi
con
grida
e
ridendo
come
bambini
;
il
cielo
era
sereno
e
il
mare
trasparente
;
noi
rovesciavamo
il
capo
indietro
per
bere
a
sorsate
più
lunghe
l
'
aria
piena
di
profumi
,
e
lasciavamo
spenzolare
una
mano
nell
'
acqua
;
i
due
caicchi
volavano
,
di
qua
e
di
là
ci
fuggivano
allo
sguardo
i
chioschi
,
i
palazzi
,
i
giardini
,
le
moschee
;
ci
pareva
d
'
esser
portati
dal
vento
a
traverso
un
mondo
fatato
,
sentivamo
un
piacere
inesprimibile
d
'
esser
giovani
e
d
'
essere
a
Stambul
,
Yunk
cantava
,
io
recitavo
delle
ballate
orientali
di
Vittor
Hugo
,
e
vedevo
ora
a
destra
,
ora
a
sinistra
,
ora
vicino
,
ora
lontano
,
balenare
per
aria
un
viso
amoroso
,
coronato
di
capelli
bianchi
e
illuminato
da
un
sorriso
dolcissimo
,
che
diceva
:
-
Sii
felice
,
figliuolo
!
Io
ti
benedico
e
ti
seguo
.
SANTA
SOFIA
Ed
ora
,
se
anche
un
povero
scrittore
di
viaggi
può
invocare
una
musa
,
io
la
invoco
a
mani
giunte
perché
la
mia
mente
si
smarrisce
"
in
faccia
al
nobile
subbietto
"
e
le
grandi
linee
della
basilica
bizantina
mi
tremano
dinanzi
come
un
'
immagine
riflessa
da
un
'
acqua
agitata
.
La
musa
m
'
ispiri
,
Santa
Sofia
m
'
illumini
e
l
'
imperatore
Giustiniano
mi
perdoni
.
Una
bella
mattina
d
'
ottobre
,
accompagnati
da
un
cavas
turco
del
Consolato
d
'
Italia
e
da
un
dracomanno
greco
,
andammo
finalmente
a
visitare
il
"
paradiso
terrestre
,
il
secondo
firmamento
,
il
carro
dei
cherubini
,
il
trono
della
gloria
di
Dio
,
la
meraviglia
della
terra
,
il
maggior
tempio
del
mondo
dopo
San
Pietro
"
.
La
quale
ultima
sentenza
,
-
lo
sappiano
i
miei
amici
di
Burgos
,
di
Colonia
,
di
Milano
,
di
Firenze
,
-
non
è
mia
,
e
non
oserei
farla
mia
;
ma
l
'
ho
citata
,
colle
altre
,
perché
è
una
delle
molte
espressioni
consacrate
dall
'
entusiasmo
dei
Greci
,
che
il
nostro
dracomanno
ci
andava
ripetendo
per
via
.
E
avevamo
scelto
pensatamente
,
insieme
a
un
vecchio
cavas
turco
,
un
vecchio
dracomanno
greco
,
colla
speranza
,
che
non
fu
delusa
,
di
sentire
nelle
loro
spiegazioni
e
nelle
loro
leggende
cozzare
le
due
religioni
,
le
due
storie
,
i
due
popoli
;
e
che
l
'
uno
ci
avrebbe
esaltato
la
chiesa
l
'
altro
magnificato
la
moschea
,
in
modo
da
farci
vedere
Santa
Sofia
come
dev
'
esser
veduta
:
con
un
occhio
di
cristiano
e
un
occhio
di
turco
.
La
mia
aspettazione
era
grande
e
la
curiosità
vivissima
;
eppure
,
strada
facendo
,
pensavo
come
penso
ancora
,
che
non
c
'
è
monumento
famoso
,
e
sia
pure
degno
della
sua
fama
,
dal
quale
venga
all
'
anima
una
commozione
così
vivamente
e
schiettamente
piacevole
com
'
è
quella
che
si
prova
nell
'
andarlo
a
vedere
.
Se
dovessi
rivivere
un
'
ora
di
tutti
i
giorni
in
cui
vidi
qualche
grande
cosa
,
sceglierei
quella
che
passò
fra
il
momento
in
cui
dissi
:
-
Andiamo
-
;
e
il
momento
in
cui
intesi
dire
:
-
Siamo
giunti
.
Le
più
belle
ore
dei
viaggi
son
quelle
.
Andando
,
par
di
sentirsi
ingrandir
l
'
anima
come
per
contenere
il
sentimento
di
ammirazione
che
vi
sorgerà
tra
poco
;
si
rammentano
i
desiderii
della
prima
giovinezza
,
che
parevan
sogni
;
si
rivede
un
vecchio
professore
di
geografia
che
,
dopo
aver
segnato
Costantinopoli
sulla
carta
d
'
Europa
,
traccia
per
aria
,
con
una
presa
di
tabacco
tra
le
dita
,
le
linee
della
grande
basilica
;
si
vede
quella
stanza
,
quel
caminetto
,
dinanzi
al
quale
,
nel
prossimo
inverno
,
si
descriverà
il
monumento
in
mezzo
a
un
cerchio
di
visi
meravigliati
ed
immobili
;
si
sente
sonar
quel
nome
di
Santa
Sofia
nella
testa
,
nel
cuore
,
nelle
orecchie
,
come
il
nome
d
'
un
essere
vivo
che
ci
aspetti
e
ci
chiami
per
rivelarci
qualche
grande
segreto
;
si
vedono
apparire
sul
nostro
capo
archi
e
pilastri
prodigiosi
d
'
edifizii
che
si
perdono
nel
cielo
;
e
quando
si
è
a
pochi
passi
dalla
meta
,
si
prova
ancora
un
piacere
inesprimibile
a
soffermarsi
per
guardare
un
ciottolo
,
per
veder
fuggire
una
lucertola
,
per
raccontare
una
barzelletta
,
per
perdere
un
po
'
di
tempo
,
per
ritardare
di
qualche
minuto
quel
momento
che
s
'
è
desiderato
per
vent
'
anni
e
che
si
ricorderà
per
tutta
la
vita
.
Per
modo
che
rimane
assai
poca
cosa
di
questi
celebrati
piaceri
dell
'
ammirazione
,
se
si
toglie
il
sentimento
che
li
precede
e
quello
che
li
segue
.
È
quasi
sempre
un
'
illusione
,
seguita
da
un
leggiero
disinganno
,
dal
quale
noi
,
ostinati
,
facciamo
pullulare
altre
illusioni
.
La
moschea
di
Santa
Sofia
è
posta
in
faccia
all
'
entrata
principale
dell
'
antico
Serraglio
.
Arrivando
,
però
,
nella
piazza
che
si
stende
dinanzi
al
Serraglio
,
la
prima
cosa
che
attira
gli
occhi
,
non
è
la
moschea
,
ma
la
fontana
famosa
del
Sultano
Ahmed
III
.
È
uno
dei
più
originali
e
più
ricchi
monumenti
dell
'
arte
turca
.
Ma
più
che
un
monumento
,
è
un
vezzo
di
marmo
,
che
un
galante
sultano
mise
in
fronte
alla
sua
Stambul
in
un
momento
d
'
amore
.
Io
credo
che
non
lo
possa
descriver
bene
che
una
donna
.
La
mia
penna
non
è
abbastanza
fina
per
ritrarne
l
'
immagine
.
A
prima
vista
,
non
si
direbbe
una
fontana
.
Ha
la
forma
d
'
un
tempietto
quadrato
,
ed
è
coperto
da
un
tetto
alla
chinese
,
che
spinge
le
sue
falde
ondulate
molto
al
di
fuori
dei
muri
,
e
gli
dà
una
vaga
apparenza
di
pagoda
.
Ai
quattro
angoli
vi
sono
quattro
torricciuole
rotonde
,
munite
di
finestrine
ingraticolate
,
o
piuttosto
quattro
chioschetti
di
forma
gentilissima
,
ai
quali
corrispondono
,
sopra
il
tetto
,
altrettante
cupolette
svelte
,
sormontate
ciascuna
da
una
guglia
graziosa
;
le
quali
fanno
corona
a
una
cupoletta
più
grande
,
posta
nel
mezzo
.
In
ciascuno
dei
quattro
muri
ci
sono
due
nicchie
eleganti
;
fra
le
nicchie
un
arco
a
sesto
acuto
;
sotto
l
'
arco
,
una
cannella
che
versa
l
'
acqua
in
una
piccola
vasca
.
Intorno
all
'
edifizio
gira
una
iscrizione
che
dice
:
-
Questa
fontana
ti
parla
della
sua
età
nei
seguenti
versi
del
sultano
Ahmed
:
volgi
la
chiave
di
questa
sorgente
pura
e
tranquilla
e
invoca
il
nome
di
Dio
;
bevi
di
quest
'
acqua
inesauribile
e
limpida
e
prega
per
il
Sultano
.
-
Il
piccolo
edifizio
è
tutto
di
marmo
bianco
,
che
appena
apparisce
sotto
gl
'
infiniti
ornamenti
che
coprono
i
muri
;
sono
archetti
,
nicchiette
,
colonnine
,
rosoni
,
poligoni
,
nastri
,
ricami
di
marmo
,
dorature
su
fondo
azzurro
,
frangie
intorno
alle
cupole
,
intarsiature
sotto
il
tetto
,
musaici
di
cento
colori
,
arabeschi
di
mille
forme
,
che
par
che
s
'
intrichino
a
fissarvi
lo
sguardo
,
ed
irritano
quasi
il
senso
dell
'
ammirazione
.
Non
c
'
è
lo
spazio
d
'
una
mano
che
non
sia
scolpito
,
miniato
,
tormentato
.
È
un
prodigio
di
grazia
,
di
ricchezza
e
di
pazienza
,
da
tenersi
sotto
una
campana
di
cristallo
;
una
cosa
che
pare
non
sia
fatta
soltanto
per
gli
occhi
,
ma
che
debba
avere
un
sapore
,
e
se
ne
vorrebbe
succhiare
una
scheggia
;
uno
scrigno
,
che
si
vorrebbe
aprire
,
per
vedere
che
cosa
c
'
è
dentro
:
se
una
dea
bambina
o
una
perla
enorme
o
un
anello
fatato
.
Il
tempo
n
'
ha
in
parte
sbiadito
le
dorature
,
confusi
i
colori
e
anneriti
i
marmi
.
Che
cosa
doveva
essere
questo
gioiello
colossale
quando
fu
scoperto
la
prima
volta
,
tutto
nuovo
e
sfolgorante
,
agli
occhi
del
Salomone
del
Bosforo
,
cento
e
sessant
'
anni
or
sono
?
Ma
così
vecchio
e
nero
come
si
ritrova
,
tiene
ancora
il
primato
su
tutte
le
piccole
meraviglie
di
Costantinopoli
;
ed
oltre
a
ciò
,
è
un
monumento
così
schiettamente
turco
,
che
visto
una
volta
,
si
fissa
per
sempre
nella
memoria
in
mezzo
a
quel
certo
numero
d
'
immagini
,
che
balenano
poi
tutte
insieme
alla
mente
ogni
volta
che
ci
suoni
all
'
orecchio
il
nome
di
Stambul
,
e
formano
come
il
fondo
del
quadro
orientale
,
su
cui
si
moverà
perpetuamente
il
nostro
pensiero
.
Dalla
fontana
si
vede
la
moschea
di
Santa
Sofia
,
che
chiude
un
lato
della
piazza
.
L
'
aspetto
esterno
non
ha
nulla
di
notevole
.
La
sola
cosa
che
arresti
lo
sguardo
sono
i
quattro
altissimi
minareti
bianchi
,
che
sorgono
ai
quattro
angoli
dell
'
edifizio
su
piedestalli
grandi
come
case
.
La
cupola
famosa
sembra
piccina
.
Non
pare
che
possa
essere
quella
medesima
cupola
che
si
vede
rotondeggiare
nell
'
azzurro
,
come
la
testa
d
'
un
titano
,
da
Pera
,
dal
Bosforo
,
dal
mar
di
Marmara
e
dalle
colline
dell
'
Asia
.
È
una
cupola
schiacciata
,
fiancheggiata
da
due
mezze
cupole
,
rivestita
di
piombo
,
coronata
di
finestre
,
che
s
'
appoggia
su
quattro
muri
dipinti
a
larghe
striscie
bianche
e
rosate
,
sostenuti
alla
loro
volta
da
enormi
contrafforti
,
intorno
ai
quali
sorgono
confusamente
molti
piccoli
edifizii
d
'
aspetto
meschino
,
-
bagni
,
scuole
,
mausolei
,
ospizi
,
cucine
pei
poveri
.
-
che
nascondono
l
'
antica
forma
architettonica
della
basilica
.
Non
si
vede
che
una
mole
pesante
,
irregolare
,
di
color
scialbo
,
nuda
come
una
fortezza
,
e
non
tanto
grande
all
'
apparenza
,
da
far
supporre
a
chi
non
lo
sappia
che
vi
sia
dentro
il
vano
immenso
della
navata
di
Santa
Sofia
.
Della
basilica
antica
non
apparisce
propriamente
che
la
cupola
,
la
quale
pure
ha
perduto
lo
splendore
argentino
che
si
vedeva
,
a
detta
dei
Greci
,
dalla
sommità
dell
'
Olimpo
.
Tutto
il
rimanente
è
musulmano
.
Un
minareto
fu
innalzato
da
Maometto
il
Conquistatore
,
un
altro
da
Selim
II
,
gli
altri
due
dal
terzo
Amurat
.
Dello
stesso
Amurat
sono
i
contrafforti
innalzati
sulla
fine
del
sedicesimo
secolo
per
sostenere
i
muri
stati
scossi
da
un
terremoto
,
e
la
smisurata
mezzaluna
di
bronzo
,
piantata
sulla
sommità
della
cupola
,
di
cui
la
sola
doratura
costò
cinquantamila
ducati
.
L
'
antico
atrio
è
sparito
;
il
battisterio
convertito
in
mausoleo
di
Mustafà
e
d
'
Ibraim
I
quasi
tutti
gli
altri
piccoli
edifizii
annessi
alla
chiesa
greca
,
o
distrutti
,
o
nascosti
da
nuovi
muri
,
o
trasformati
in
maniera
che
non
si
riconoscono
.
Da
tutte
le
parti
la
moschea
stringe
,
opprime
e
maschera
la
chiesa
,
che
non
ha
più
libero
che
il
capo
,
sul
quale
però
vigilano
,
come
quattro
sentinelle
gigantesche
i
quattro
minareti
imperiali
.
Dalla
parte
d
'
Oriente
v
'
è
una
porta
ornata
di
sei
colonne
di
porfido
e
di
marmo
;
a
mezzogiorno
un
'
altra
porta
per
cui
s
'
entra
in
un
cortile
,
circondato
d
'
edifìci
bassi
e
disuguali
,
in
mezzo
al
quale
zampilla
una
fontana
per
le
abluzioni
,
coperta
da
un
tempietto
arcato
,
sostenuto
da
otto
colonnine
.
A
guardarla
di
fuori
,
non
si
distinguerebbe
Santa
Sofia
dalle
altre
grandi
moschee
di
Stambul
,
se
non
perché
è
meno
bianca
e
meno
leggiera
;
e
molto
meno
passerebbe
pel
capo
che
sia
quello
"
il
maggior
tempio
del
mondo
dopo
San
Pietro
"
.
Le
nostre
guide
ci
condussero
,
per
una
stradicciuola
che
fiancheggia
il
lato
settentrionale
dell
'
edifizio
,
a
una
porta
di
bronzo
che
girò
lentamente
sui
cardini
,
ed
entrammo
nel
vestibolo
.
Questo
vestibolo
,
che
è
una
lunghissima
ed
altissima
sala
,
rivestita
di
marmo
e
ancora
luccicante
qua
e
là
degli
antichi
mosaici
,
dà
accesso
alla
navata
dal
lato
orientale
per
nove
porte
,
e
dal
lato
opposto
metteva
anticamente
,
per
altre
cinque
porte
,
in
un
altro
vestibolo
,
che
per
altre
tredici
porte
comunicava
coll
'
atrio
.
Appena
oltrepassata
la
soglia
,
mostrammo
il
nostro
firmano
d
'
entrata
a
un
sacrestano
in
turbante
,
infilammo
le
pantofole
,
e
a
un
cenno
delle
guide
,
ci
avvicinammo
,
trepidando
,
alla
porta
di
mezzo
del
lato
orientale
,
che
ci
aspettava
spalancata
.
Messo
appena
il
piede
nella
navata
,
rimanemmo
tutti
e
due
come
inchiodati
.
Il
primo
effetto
,
veramente
,
è
grande
e
nuovo
.
Si
abbraccia
con
uno
sguardo
un
vuoto
enorme
,
un
'
architettura
ardita
di
mezze
cupole
che
paion
sospese
nell
'
aria
,
di
pilastri
smisurati
,
di
archi
giganteschi
,
di
colonne
colossali
,
di
gallerie
,
di
tribune
,
di
portici
,
su
cui
scende
da
mille
grandi
finestre
un
torrente
di
luce
;
un
non
so
che
di
teatrale
e
di
principesco
,
più
che
di
sacro
;
una
ostentazione
di
grandezza
e
di
forza
,
un
'
aria
d
'
eleganza
mondana
,
una
confusione
di
classico
,
di
barbaro
,
di
capriccioso
,
di
presuntuoso
,
di
magnifico
;
una
grande
armonia
,
in
cui
,
alle
note
tonanti
e
formidabili
dei
pilastri
e
degli
archi
ciclopici
,
che
rammentano
le
cattedrali
nordiche
,
si
mescono
gentili
e
sommesse
cantilene
orientali
,
musiche
clamorose
dei
conviti
di
Giustiniano
e
d
'
Eraclio
,
echi
di
canti
pagani
,
voci
fioche
d
'
un
popolo
effeminato
e
stanco
,
e
grida
lontane
di
Vandali
,
d
'
Avari
e
di
Goti
;
una
grande
maestà
sfregiata
,
una
nudità
sinistra
,
una
pace
profonda
;
un
'
idea
della
basilica
di
San
Pietro
raccorciata
e
intonacata
,
e
della
basilica
di
San
Marco
ingigantita
e
deserta
;
un
misto
non
mai
veduto
di
tempio
,
di
chiesa
e
di
moschea
,
d
'
aspetti
severi
e
d
'
ornamenti
puerili
,
di
cose
antiche
e
di
cose
nove
,
e
di
colori
disparati
,
e
d
'
accessorii
sconosciuti
e
bizzarri
;
uno
spettacolo
,
insomma
,
che
desta
un
sentimento
di
stupore
insieme
e
di
rammarico
,
e
fa
stare
per
qualche
tempo
coll
'
animo
incerto
,
come
cercando
una
parola
che
esprima
ed
affermi
il
proprio
pensiero
.
L
'
edifizio
è
fabbricato
sopra
un
rettangolo
quasi
equilatero
,
nel
mezzo
del
quale
s
'
innalza
la
cupola
maggiore
,
sorretta
da
quattro
grandi
archi
,
i
quali
posano
su
quattro
pilastri
altissimi
,
che
sono
come
l
'
ossatura
di
tutta
la
basilica
.
Ai
due
archi
che
si
presentano
in
faccia
a
chi
entra
,
si
appoggiano
due
grandi
semicupole
,
le
quali
coprono
tutta
la
navata
,
e
ciascuna
d
'
esse
s
'
apre
in
altre
due
semicupole
minori
,
che
formano
come
quattro
tempietti
rotondi
nel
grande
tempio
.
Fra
i
due
tempietti
della
parte
opposta
all
'
entrata
,
s
'
apre
l
'
abside
,
pure
coperta
da
una
vôlta
a
quarto
di
sfera
.
Sono
dunque
sette
mezze
cupole
che
fanno
corona
alla
cupola
maggiore
,
due
sotto
questa
,
e
cinque
sotto
quelle
due
,
senza
punto
d
'
appoggio
apparente
,
in
modo
che
presentano
tutte
insieme
un
aspetto
di
leggerezza
meravigliosa
,
e
sembrano
davvero
,
come
disse
un
poeta
greco
,
appese
per
sette
fili
alla
volta
del
cielo
.
Tutte
queste
cupole
sono
rischiarate
da
grandi
finestre
arcate
e
simmetriche
.
Fra
i
quattro
pilastri
enormi
che
formano
un
quadrato
nel
mezzo
della
basilica
,
s
'
alzano
,
a
destra
e
a
sinistra
di
chi
entra
,
otto
meravigliose
colonne
di
breccia
verde
,
su
cui
s
'
incurvano
degli
archi
graziosi
scolpiti
a
fogliami
,
che
formano
un
porticato
elegantissimo
ai
due
lati
della
navata
,
e
sorreggono
a
una
grande
altezza
due
vaste
gallerie
,
le
quali
presentano
due
altri
ordini
di
colonne
e
d
'
archi
scolpiti
.
Una
terza
galleria
,
che
comunica
colle
due
prime
,
corre
lungo
tutto
il
lato
dell
'
entrata
,
e
s
'
apre
sulla
navata
con
tre
grandi
archi
,
sostenuti
da
colonne
gemelle
.
Altre
gallerie
minori
,
sostenute
da
colonne
di
porfido
,
tramezzano
i
quattro
tempietti
posti
alle
estremità
della
navata
,
e
sorreggono
altre
colonne
,
sulle
quali
s
'
appoggiano
delle
tribune
.
Questa
è
la
basilica
.
La
moschea
è
come
sparpagliata
nel
suo
seno
e
appiccicata
alle
sue
mura
.
Il
Mirab
,
-
la
nicchia
che
indica
la
direzione
della
Mecca
,
-
è
scavato
in
un
pilastro
dell
'
abside
.
Alla
sua
destra
,
in
alto
,
è
appeso
uno
dei
quattro
tappeti
,
su
cui
Maometto
faceva
le
sue
preghiere
.
Sull
'
angolo
dell
'
abside
più
vicino
al
Mirab
,
in
cima
a
una
scaletta
ripidissima
,
fiancheggiata
da
due
balaustrate
di
marmo
scolpite
con
una
delicatezza
magistrale
,
sotto
un
bizzarro
tetto
conico
,
in
mezzo
a
due
bandiere
trionfali
di
Maometto
II
,
sporge
il
pulpito
dove
sale
il
Ratib
a
leggere
il
Corano
,
con
una
scimitarra
sguainata
nel
pugno
,
per
significare
che
Santa
Sofia
è
moschea
conquistata
.
In
faccia
al
pulpito
v
'
è
la
tribuna
del
Sultano
,
coperta
da
una
graticola
dorata
.
Altri
pulpiti
,
o
specie
di
terrazze
,
munite
di
balaustrate
scolpite
a
giorno
,
e
sorrette
da
colonnine
di
marmo
e
da
archi
arabescati
,
si
stendono
qua
e
là
lungo
i
muri
o
s
'
avanzano
verso
il
mezzo
della
navata
.
A
destra
e
a
sinistra
dell
'
entrata
,
ci
sono
due
enormi
urne
d
'
alabastro
,
rinvenute
fra
le
rovine
di
Pergamo
,
e
fatte
trasportare
a
Costantinopoli
da
Amurat
III
.
Dai
pilastri
,
a
una
grande
altezza
,
pendono
dei
dischi
verdi
smisurati
,
con
iscrizioni
del
Corano
a
caratteri
d
'
oro
.
Di
sotto
sono
attaccate
ai
muri
delle
grandi
cartelle
di
porfido
,
che
portano
scritti
i
nomi
d
'
Allà
,
di
Maometto
e
dei
quattro
primi
Califfi
.
Negli
angoli
formati
dai
quattro
archi
che
sostengono
la
cupola
si
vedono
ancora
le
ali
gigantesche
di
quattro
cherubini
di
musaico
,
ai
quali
è
stato
coperto
il
viso
con
un
rosone
dorato
.
Dalle
volte
delle
cupole
pendono
innumerevoli
cordoni
di
seta
,
che
misurano
quasi
tutta
l
'
altezza
della
basilica
,
e
sostengono
ova
di
struzzo
,
lampade
di
bronzo
cesellato
e
globi
di
cristallo
.
Qua
e
là
si
vedono
dei
leggii
di
legno
a
ìccase
,
intarsiati
di
madreperla
e
di
rame
,
con
su
dei
Corani
manoscritti
.
Il
pavimento
è
coperto
di
tappeti
e
di
stuoie
.
I
muri
son
nudi
,
biancastri
,
giallognoli
,
grigi
oscuri
,
ornati
ancora
in
qualche
punto
di
musaici
scoloriti
.
L
'
aspetto
generale
,
triste
.
La
prima
meraviglia
della
moschea
è
la
grande
cupola
.
Guardandola
dal
mezzo
della
navata
,
par
davvero
di
vedere
,
come
dice
la
Stael
della
cupola
di
San
Pietro
,
un
abisso
sospeso
sul
nostro
capo
.
È
altissima
,
ha
una
circonferenza
enorme
e
la
sua
profondità
non
è
che
un
sesto
del
suo
diametro
;
il
che
la
fa
apparire
anche
più
grande
.
Alla
sua
base
gira
un
terrazzino
;
sopra
il
terrazzino
una
corona
di
quaranta
finestre
ad
arco
.
Sulla
sommità
c
'
è
scritta
la
sentenza
che
pronunciò
Maometto
II
arrestando
il
suo
cavallo
dinanzi
all
'
altar
maggiore
della
basilica
,
il
giorno
della
presa
di
Costantinopoli
:
-
Allà
è
la
luce
del
cielo
e
della
terra
-
;
e
alcune
delle
lettere
,
bianche
su
fondo
oscuro
,
hanno
la
lunghezza
di
nove
metri
.
Come
tutti
sanno
,
questo
prodigio
aereo
non
si
sarebbe
potuto
compiere
coi
materiali
ordinarii
;
le
volte
furon
costrutte
con
pietra
pomice
che
galleggia
sull
'
acqua
e
con
mattoni
dell
'
isola
di
Rodi
,
cinque
dei
quali
pesano
appena
quanto
un
mattone
comune
.
In
ogni
mattone
era
iscritta
la
sentenza
di
Davide
:
-
Deus
in
medio
eius
non
commovebitur
.
Adiuvabit
eam
Deus
vultu
suo
.
-
Ogni
dodici
giri
di
mattoni
,
si
muravano
nella
volta
delle
reliquie
di
santi
.
Mentre
gli
operai
lavoravano
,
i
sacerdoti
cantavano
;
Giustiniano
,
vestito
d
'
una
tunica
di
lino
,
assisteva
;
una
folla
immensa
ammirava
.
E
non
c
'
è
da
stupire
quando
si
pensi
che
la
costruzione
di
questo
"
secondo
firmamento
"
ancora
meraviglioso
ai
giorni
nostri
,
era
un
ardimento
senza
esempio
nel
sesto
secolo
.
Il
volgo
credeva
che
stesse
su
per
incanto
,
e
i
turchi
,
per
molto
tempo
dopo
la
conquista
,
dovettero
,
pregando
nella
moschea
di
Santa
Sofia
,
far
forza
a
sè
stessi
per
volgere
lo
sguardo
ad
Oriente
invece
d
'
innalzarlo
a
quel
"
cielo
di
pietra
"
.
La
cupola
,
infatti
,
copre
circa
la
metà
della
navata
in
modo
che
signoreggia
e
rischiara
tutto
l
'
edifizio
e
da
tutte
le
parti
se
ne
vede
un
segmento
;
e
vai
vai
si
finisce
sempre
per
trovarvisi
sotto
,
e
tornare
per
la
centesima
volta
a
farci
rotear
dentro
il
proprio
sguardo
e
i
propri
pensieri
,
con
un
brivido
di
piacere
acuto
,
che
somiglia
alla
sensazione
del
volo
.
Vista
la
navata
e
la
cupola
,
non
s
'
è
che
cominciato
a
veder
Santa
Sofia
.
Chi
appena
ha
un
'
ombra
di
curiosità
storica
,
per
esempio
,
può
dedicare
un
'
ora
all
'
esame
delle
colonne
.
Qui
ci
sono
le
spoglie
di
tutti
i
templi
del
mondo
.
Le
colonne
di
breccia
verde
che
sostengono
le
due
grandi
gallerie
,
furon
regalate
a
Giustiniano
dai
magistrati
d
'
Efeso
,
e
appartenevano
al
tempio
di
Diana
,
messo
in
fiamme
da
Erostrato
.
Le
otto
colonne
di
porfido
che
s
'
alzano
a
due
a
due
fra
i
pilastri
,
appartenevano
al
tempio
del
Sole
innalzato
da
Aureliano
a
Balbek
.
Altre
colonne
sono
del
tempio
di
Giove
di
Cizico
,
del
tempio
d
'
Helios
di
Palmira
,
dei
templi
di
Tebe
,
d
'
Atene
,
di
Roma
,
della
Troade
,
delle
Cicladi
,
d
'
Alessandria
;
e
presentano
una
varietà
infinita
di
grandezze
e
di
colori
.
Tra
le
colonne
,
le
balaustrate
,
i
piedestalli
,
e
le
lastre
che
rimangono
dell
'
antico
rivestimento
dei
muri
,
si
vedon
marmi
di
tutte
le
cave
dell
'
Arcipelago
,
dell
'
Asia
Minore
,
dell
'
Affrica
e
della
Gallia
.
Il
marmo
del
Bosforo
,
bianco
,
picchiettato
di
nero
,
fa
contrapposto
al
celtico
nero
venato
di
bianco
;
il
marmo
verde
di
Laconia
si
riflette
nel
marmo
azzurro
di
Libia
;
il
porfido
punteggiato
d
'
Egitto
,
il
granito
stellato
di
Tessaglia
,
il
cario
del
monte
Iassi
strisciato
di
bianco
e
di
rosso
,
il
caristio
pallido
screziato
di
ferro
,
mescolano
i
loro
colori
alla
porpora
del
marmo
frigio
,
alla
rosa
del
marmo
di
Synada
,
all
'
oro
del
marmo
di
Mauritania
,
alla
neve
del
marmo
di
Paros
.
A
questa
varietà
di
colori
,
s
'
aggiunge
la
varietà
indescrivibile
delle
forme
dei
fregi
,
dei
cornicioni
,
dei
rosoni
,
dei
balaustri
,
dei
capitelli
d
'
un
bizzarro
stile
corinzio
,
in
cui
s
'
intrecciano
animali
,
fogliami
,
croci
,
chimere
,
e
di
altri
che
non
appartengono
a
nessun
ordine
,
fantastici
di
disegno
e
disuguali
di
grandezza
,
accoppiati
a
casaccio
;
e
dei
fusti
di
colonne
e
dei
piedestalli
ornati
di
sculture
capricciose
,
logorati
dai
secoli
e
scheggiati
dalle
scimitarre
;
che
presentano
tutt
'
insieme
un
aspetto
bizzarro
di
magnificenza
disordinata
e
barbaresca
,
e
sono
il
vilipendio
del
buon
gusto
,
e
non
se
ne
può
staccare
lo
sguardo
.
Stando
nella
navata
,
però
,
non
si
può
comprendere
tutta
la
vastità
della
moschea
.
La
navata
,
infatti
,
non
ne
è
che
una
piccola
parte
.
I
due
porticati
che
sorreggono
le
gallerie
laterali
sono
per
sè
soli
due
grandi
edifizii
,
di
cui
si
potrebbero
fare
due
tempii
.
Ciascuno
d
'
essi
è
diviso
in
tre
parti
,
separate
da
archi
altissimi
.
Qui
pure
colonne
,
architravi
,
pilastri
,
volte
,
tutto
è
enorme
.
Passeggiando
sotto
quelle
arcate
,
s
'
intravvede
appena
,
per
gl
'
interstizii
delle
colonne
del
tempio
d
'
Efeso
,
la
grande
navata
,
e
par
quasi
di
essere
in
un
'
altra
basilica
.
Lo
stesso
effetto
si
prova
dalle
gallerie
a
cui
si
va
per
una
scala
a
spirale
d
'
inclinazione
leggerissima
,
o
piuttosto
per
una
strada
in
salita
,
poichè
non
ci
sono
gradini
,
e
potrebbe
salirvi
comodamente
un
uomo
a
cavallo
.
Le
gallerie
erano
il
"
gineceo
"
ossia
la
parte
della
chiesa
riserbata
alle
donne
;
i
penitenti
stavano
nel
vestibolo
,
il
comune
dei
fedeli
nella
navata
.
Ciascuna
galleria
potrebbe
contenere
la
popolazione
d
'
un
sobborgo
di
Costantinopoli
.
Non
par
più
di
essere
in
una
chiesa
;
par
di
passeggiare
per
la
loggia
d
'
un
teatro
titanico
,
dove
debba
scoppiare
da
un
momento
all
'
altro
un
canto
di
centomila
voci
.
Per
veder
la
moschea
bisogna
affacciarsi
alla
balaustrata
e
allora
tutta
la
grandezza
appare
.
Gli
archi
,
le
volte
,
i
pilastri
,
tutto
è
ingigantito
.
I
dischi
verdi
,
che
parevano
da
misurarsi
colle
braccia
,
coprirebbero
una
casa
.
Le
finestre
sono
portoni
di
palazzi
;
le
ali
dei
cherubini
sono
vele
di
bastimento
;
le
tribune
son
piazze
;
la
cupola
dà
il
capogiro
.
Abbassando
lo
sguardo
si
prova
un
'
altra
meraviglia
.
Non
si
credeva
d
'
essere
saliti
tant
'
alto
.
Il
piano
della
navata
è
giù
in
fondo
a
un
abisso
,
e
i
pulpiti
,
le
urne
di
Pergamo
,
le
stuoie
,
le
lampade
,
sembrano
straordinariamente
rimpicciolite
.
Di
là
si
vede
meglio
che
di
sotto
una
particolarità
curiosa
della
moschea
di
Santa
Sofia
,
ed
è
che
la
navata
non
avendo
la
direzione
precisa
della
Mecca
,
a
cui
i
musulmani
debbono
rivolgersi
pregando
,
tutte
le
stuoie
e
tutti
i
tappeti
sono
disposti
obliquamente
alle
linee
dell
'
edifizio
,
e
offendono
gli
occhi
come
un
madornale
errore
di
prospettiva
.
Di
lassù
si
abbraccia
bene
collo
sguardo
e
col
pensiero
tutta
la
vita
della
moschea
.
Si
vedono
dei
turchi
inginocchiati
sulle
stuoie
colla
fronte
a
terra
;
altri
ritti
come
statue
colle
mani
dinanzi
al
viso
,
come
se
interrogassero
le
rughe
delle
palme
;
alcuni
seduti
a
gambe
incrociate
ai
piedi
d
'
un
pilastro
,
come
se
riposassero
all
'
ombra
d
'
un
albero
;
qualche
donna
velata
,
in
ginocchio
in
un
angolo
solitario
;
dei
vecchi
seduti
dinanzi
ai
leggii
,
che
leggono
il
Corano
;
un
iman
che
fa
recitare
dei
versetti
sacri
a
un
gruppo
di
ragazzi
;
e
qua
e
là
,
sotto
le
arcate
lontane
e
per
le
gallerie
,
iman
,
ratib
,
muezzin
,
servitori
della
moschea
,
in
abiti
strani
,
che
vanno
e
vengono
tacitamente
come
se
non
toccassero
il
pavimento
.
La
melodia
vaga
formata
dalle
voci
sommesse
e
monotone
di
chi
legge
e
di
chi
prega
,
quelle
mille
lampade
bizzarre
,
quella
luce
chiara
ed
eguale
,
quell
'
abside
deserta
,
quelle
vaste
gallerie
silenziose
,
quella
immensità
,
quelle
memorie
,
quella
pace
lasciano
nell
'
animo
un
'
impressione
di
grandezza
e
di
mistero
,
che
nè
la
parola
può
esprimere
nè
il
tempo
può
cancellare
.
Ma
in
fondo
,
come
già
dissi
,
è
un
'
impression
triste
,
e
non
diede
nel
falso
il
grande
poeta
che
paragonò
la
moschea
di
Santa
Sofia
a
un
"
colossale
sepolcro
"
,
perché
da
tutte
le
parti
vi
si
vedono
le
traccie
d
'
una
devastazione
orrenda
,
e
si
prova
maggior
rammarico
pensando
a
ciò
che
fu
,
di
quello
che
si
goda
nell
'
ammirazione
di
ciò
che
è
ancora
.
Quietato
il
sentimento
della
prima
meraviglia
,
il
pensiero
si
slancia
irresistibilmente
nel
passato
.
E
oggi
ancora
,
dopo
tre
anni
,
non
mi
si
affaccia
mai
alla
mente
la
grande
moschea
,
ch
'
io
non
mi
sforzi
di
rappresentarmi
invece
la
chiesa
.
Atterro
i
pulpiti
musulmani
,
levo
le
lampade
e
le
urne
,
stacco
i
dischi
,
e
le
cartelle
di
porfido
,
riapro
le
porte
e
le
finestre
murate
,
raschio
l
'
intonaco
che
copre
le
pareti
e
le
vôlte
,
ed
ecco
la
basilica
intera
e
novissima
,
come
tredici
secoli
or
sono
,
quando
Giustiniano
esclamò
:
-
Gloria
a
Dio
che
m
'
ha
giudicato
degno
di
compiere
quest
'
opera
!
Salomone
,
io
t
'
ho
vinto
!
-
Da
qualunque
parte
si
giri
lo
sguardo
,
tutto
luccica
,
scintilla
e
lampeggia
come
nelle
reggie
fatate
delle
leggende
.
Le
grandi
pareti
,
rivestite
di
marmi
preziosi
,
mandano
dei
riflessi
d
'
oro
,
di
avorio
,
d
'
acciaio
,
di
corallo
,
di
madreperla
;
le
innumerevoli
macchiette
dei
marmi
,
offrono
l
'
aspetto
di
corone
e
di
ghirlande
di
fiori
;
gli
infiniti
mosaici
di
cristallo
danno
ai
muri
,
su
cui
batte
un
raggio
di
sole
,
l
'
apparenza
di
muri
d
'
argento
tempestati
di
diamanti
.
I
capitelli
,
i
cornicioni
,
le
porte
,
i
fregi
degli
archi
sono
di
bronzo
dorato
.
Le
vôlte
dei
porticati
e
delle
gallerie
,
dipinte
a
fuoco
,
offrono
immagini
colossali
d
'
angeli
e
di
santi
in
campo
d
'
oro
.
Dinanzi
ai
pilastri
,
nelle
cappelle
,
accanto
alle
porte
,
in
mezzo
alle
colonne
,
si
drizzano
statue
di
marmo
e
di
bronzo
,
candelabri
enormi
d
'
oro
massiccio
,
vangeli
giganteschi
appoggiati
sopra
leggii
risplendenti
come
sedie
reali
,
alte
croci
d
'
avorio
,
vasi
scintillanti
di
perle
.
In
fondo
alla
navata
non
si
vede
che
un
bagliore
confuso
come
di
molte
cose
che
ardano
.
È
la
balaustrata
del
coro
,
di
bronzo
dorato
;
è
il
pulpito
,
incrostato
di
quarantamila
libbre
d
'
argento
,
che
costò
il
tributo
d
'
un
anno
dell
'
Egitto
;
sono
le
sedie
dei
sette
preti
,
il
trono
del
patriarca
,
il
trono
dell
'
imperatore
,
dorati
,
scolpiti
,
intarsiati
,
imperlati
,
su
cui
,
quando
scende
diritta
la
luce
,
non
si
può
fissare
lo
sguardo
.
Al
di
là
di
questi
splendori
,
nell
'
abside
,
si
vede
uno
sfolgorio
più
vivo
.
È
l
'
altare
,
di
cui
la
mensa
,
sostenuta
da
quattro
colonne
d
'
oro
,
è
fatta
d
'
una
fusione
d
'
argento
,
d
'
oro
,
di
stagno
e
di
perle
,
e
il
ciborio
formato
da
quattro
colonne
d
'
argento
puro
,
sulle
quali
s
'
innalza
una
cupola
d
'
oro
massiccio
,
sormontata
da
un
globo
e
da
una
croce
d
'
oro
del
peso
di
ducento
sessanta
libbre
.
Di
là
dall
'
altare
,
s
'
alza
una
figura
gigantesca
della
divina
Sapienza
che
tocca
il
pavimento
coi
piedi
e
la
vôlta
dell
'
abside
col
capo
.
Su
tutti
questi
tesori
splendono
in
alto
le
sette
mezzecupole
coperte
di
mosaici
di
cristallo
e
d
'
oro
,
e
la
grande
cupola
,
su
cui
s
'
allungano
le
immagini
smisurate
degli
apostoli
,
degli
evangelisti
,
della
Vergine
e
della
Croce
,
tutta
dorata
,
colorita
e
scintillante
,
come
una
vôlta
di
gioielli
e
di
fiori
.
E
cupole
e
colonne
e
statue
e
candelabri
si
specchiano
sull
'
immenso
pavimento
di
marmo
proconnesio
ondulato
,
che
visto
dalle
quattro
porte
principali
,
presenta
l
'
immagine
di
quattro
fiumi
maestosi
,
increspati
dal
vento
.
Così
era
l
'
interno
della
basilica
.
Ma
bisogna
rappresentarsi
ancora
il
grande
atrio
,
circondato
di
colonne
e
di
muri
rivestiti
di
mosaico
,
e
ornato
di
fontane
di
marmo
e
di
statuette
equestri
;
la
torre
da
cui
trentadue
campane
facevano
sentire
i
loro
rintocchi
formidabili
alle
sette
colline
;
le
cento
porte
di
bronzo
decorate
di
bassorilievi
e
d
'
iscrizioni
d
'
argento
;
le
sale
dei
sinodi
,
le
stanze
dell
'
Imperatore
,
le
prigioni
dei
sacerdoti
,
il
battisterio
,
le
vaste
sacristie
riboccanti
di
tesori
,
e
un
labirinto
di
vestiboli
,
di
triclinii
,
di
corridoi
,
di
scale
nascoste
che
giravano
nei
fianchi
dell
'
edifizio
e
conducevano
alle
tribune
o
gli
oratorii
segreti
.
Ora
si
può
immaginare
che
spettacolo
offerisse
una
tale
basilica
nelle
grandi
solennità
di
nozze
imperiali
,
di
concilii
,
d
'
incoronazioni
;
quando
dal
palazzo
enorme
dei
Cesari
,
per
una
strada
fiancheggiata
da
mille
colonne
,
sparsa
di
mirto
e
di
fiori
,
profumata
d
'
incenso
e
di
mirra
,
fra
le
case
ornate
di
vasi
preziosi
e
di
parati
di
seta
,
fra
due
schiere
d
'
azzurri
e
di
verdi
,
fra
i
canti
dei
poeti
e
i
clamori
degli
araldi
che
gridavano
evviva
in
tutte
le
lingue
dell
'
impero
,
veniva
innanzi
l
'
Imperatore
,
colla
tiara
sormontata
da
una
croce
,
imperlato
come
un
idolo
,
seduto
sopra
un
carro
d
'
oro
dalle
tende
di
porpora
,
tirato
da
due
mule
bianche
,
e
circondato
da
un
corteo
di
monarca
persiano
;
e
gli
andava
incontro
il
clero
pomposo
nell
'
atrio
della
basilica
;
e
tutta
quella
turba
di
cortigiani
,
di
scudieri
,
di
logoteti
,
di
protospatari
,
di
drongarii
,
di
conestabili
,
di
generali
eunuchi
,
di
governatori
ladri
,
di
magistrati
venduti
,
di
patrizie
spudorate
,
di
senatori
codardi
,
di
schiavi
,
di
buffoni
,
di
casisti
,
di
mercenarii
d
'
ogni
paese
,
tutta
quella
canaglia
fastosa
,
tutto
quel
putridume
dorato
irrompeva
per
ventisette
porte
nella
navata
illuminata
da
sei
mila
candelabri
;
e
si
vedeva
lungo
la
balaustrata
del
coro
,
sotto
i
portici
e
nelle
tribune
un
via
vai
,
un
rimescolìo
concitato
di
teste
chiomate
e
di
cappe
purpuree
,
uno
sfolgorìo
di
berretti
gemmati
,
di
collane
d
'
oro
,
di
corazze
d
'
argento
,
un
ricambiarsi
di
atti
cerimoniosi
,
un
incrociarsi
d
'
inchini
e
di
sorrisi
,
uno
strascicare
affettato
di
zimarre
di
seta
e
di
spade
di
gala
;
e
un
molle
profumo
riempiva
l
'
aria
;
e
una
immensa
folla
vigliacca
faceva
risonare
le
vôlte
di
grida
di
gioia
e
d
'
applausi
profani
.
Dopo
aver
fatto
in
silenzio
parecchi
giri
per
la
moschea
,
lasciammo
parlare
le
nostre
guide
,
che
cominciarono
col
farci
vedere
le
cappelle
poste
sotto
le
gallerie
e
spogliate
d
'
ogni
cosa
,
come
ogni
altra
parte
della
basilica
.
Alcune
servono
di
tesorerie
,
come
l
'
opistodomo
del
Partenone
,
nelle
quali
i
turchi
che
partono
per
un
lungo
viaggio
o
che
temono
i
ladri
,
depositano
i
loro
denari
e
i
loro
oggetti
preziosi
,
e
ce
li
lasciano
anche
per
anni
sotto
la
guardia
di
Dio
;
altre
,
chiuse
da
un
muro
,
son
convertite
in
infermerie
,
in
cui
aspetta
la
guarigione
o
la
morte
qualche
malato
incurabile
o
qualche
idiota
,
che
fanno
tratto
tratto
risonare
la
moschea
di
grida
lamentevoli
o
di
risate
infantili
.
Di
qui
ci
ricondussero
in
mezzo
alla
navata
,
e
cominciò
il
dracomanno
greco
a
raccontar
le
maraviglie
della
basilica
.
Il
disegno
fu
tracciato
,
è
vero
,
dagli
architetti
Antemio
di
Tralles
e
da
Isidoro
di
Mileto
;
ma
è
un
angelo
che
ne
ha
ispirato
loro
il
primo
concetto
.
È
un
angelo
pure
che
ha
suggerito
a
Giustiniano
di
far
aprire
tre
finestre
nell
'
abside
,
che
rappresentassero
le
tre
persone
della
Trinità
.
Così
le
cento
e
sette
colonne
della
chiesa
rappresentano
le
cento
e
sette
colonne
che
sostengono
la
casa
della
Sapienza
.
Per
radunare
i
materiali
necessarii
alla
costruzione
dell
'
edifizio
,
furono
impiegati
sette
anni
.
Cento
capi
mastri
sopraintendevano
al
lavoro
,
e
diecimila
operai
lavoravano
nello
stesso
tempo
,
cinque
mila
da
una
parte
e
cinque
mila
dall
'
altra
.
I
muri
non
erano
ancora
alti
da
terra
che
pochi
palmi
,
e
già
s
'
era
speso
per
più
di
quattro
cento
cinquanta
quintali
d
'
oro
.
La
spesa
totale
per
il
solo
edifizio
ammontò
a
venticinque
milioni
di
lire
.
La
chiesa
fu
consacrata
dal
Patriarca
cinque
anni
,
undici
mesi
e
dieci
giorni
dopo
che
n
'
era
stata
messa
la
prima
pietra
,
e
Giustiniano
ordinò
in
quell
'
occasione
dei
sacrifizi
,
delle
feste
,
delle
distribuzioni
di
danaro
e
di
viveri
,
che
durarono
due
settimane
.
Qui
prese
la
parola
il
cavas
turco
,
e
fu
per
accennarci
il
pilastro
su
cui
il
sultano
Maometto
II
,
entrando
vincitore
in
Santa
Sofia
,
lasciò
l
'
impronta
sanguinosa
della
mano
destra
come
per
suggellare
la
sua
conquista
.
Poi
ci
mostrò
,
vicino
al
Mirab
,
la
così
detta
finestra
fredda
,
dalla
quale
spira
continuamente
un
'
aria
freschissima
,
che
ispirò
le
più
belle
prediche
ai
più
grandi
dottori
dell
'
Islamismo
.
Ci
fece
vedere
,
a
un
'
altra
finestra
,
la
famosa
pietra
risplendente
,
che
è
una
lastra
di
marmo
diafano
,
la
quale
risplende
come
un
pezzo
di
cristallo
quando
vi
batte
il
raggio
del
sole
.
A
sinistra
di
chi
entra
per
la
porta
dal
lato
settentrionale
,
ci
fece
toccare
la
colonna
che
suda
:
una
colonna
rivestita
di
bronzo
,
della
quale
si
vede
il
marmo
sempre
umido
per
una
piccola
screpolatura
del
rivestimento
.
E
infine
ci
indicò
un
blocco
di
marmo
cavo
,
portato
da
Betlemme
,
nel
quale
si
dice
che
fu
messo
,
appena
nato
,
Sidi
Yssa
"
il
figlio
di
Maria
,
l
'
apostolo
di
Dio
,
lo
spirito
che
da
lui
procede
,
e
che
merita
onore
in
questo
mondo
e
nell
'
altro
"
.
Ma
mi
parve
che
nè
il
turco
nè
il
greco
ci
credessero
molto
.
Prese
ancora
una
volta
la
parola
il
dracomanno
,
passando
dinanzi
a
una
porta
murata
delle
gallerie
,
per
raccontare
la
leggenda
celebre
del
vescovo
,
e
questa
volta
parlò
con
un
accento
di
persuasione
,
che
se
non
era
schietto
,
era
ben
simulato
.
Nel
momento
che
i
turchi
irruppero
nella
chiesa
di
Santa
Sofia
,
un
vescovo
greco
stava
dicendo
la
messa
all
'
altar
maggiore
.
Alla
vista
degl
'
invasori
abbandonò
l
'
altare
,
salì
sulla
galleria
e
,
inseguito
dai
soldati
,
scomparve
per
quella
piccola
porta
,
che
rimase
istantaneamente
chiusa
da
un
muro
di
pietra
.
I
soldati
si
misero
a
percuotere
il
muro
furiosamente
;
ma
non
riuscirono
che
a
lasciarvi
le
traccie
delle
loro
armi
;
furono
chiamati
dei
muratori
;
ma
dopo
aver
lavorato
un
giorno
intero
coi
picconi
e
le
stanghe
,
dovettero
rinunziare
all
'
impresa
;
ci
si
provarono
in
seguito
tutti
i
muratori
di
Costantinopoli
,
e
tutti
caddero
inutilmente
spossati
dinanzi
al
muro
miracoloso
.
Ma
quel
muro
si
aprirà
;
s
'
aprirà
il
giorno
in
cui
la
basilica
profanata
sarà
restituita
al
culto
di
Cristo
,
e
allora
ne
uscirà
il
vescovo
greco
,
vestito
dei
suoi
abiti
pontificali
,
col
calice
in
mano
,
col
volto
radiante
,
e
risaliti
i
gradini
dell
'
altare
,
ripiglierà
la
messa
nel
punto
a
cui
l
'
aveva
lasciata
;
e
quel
giorno
splenderà
l
'
aurora
di
nuovi
secoli
per
la
città
di
Costantino
.
Al
momento
d
'
uscire
,
il
sacrestano
turco
,
che
ci
aveva
seguiti
sino
allora
ciondolando
e
sbadigliando
,
ci
diede
una
manata
di
pezzetti
di
mosaico
che
aveva
staccati
poco
prima
da
un
muro
,
e
il
dracomanno
,
fermandoci
sulla
porta
,
incominciò
il
racconto
,
che
gli
tagliammo
in
bocca
,
della
profanazione
di
Santa
Sofia
.
Ma
non
vorrei
che
altri
lo
tagliasse
in
bocca
a
me
ora
che
la
descrizione
della
basilica
mi
ha
ravvivato
nella
mente
i
particolari
di
quella
scena
.
Appena
sparsa
la
notizia
,
verso
le
sette
della
mattina
,
che
i
turchi
avevano
superate
le
mura
,
una
folla
immensa
s
'
era
rifugiata
in
Santa
Sofia
.
Erano
intorno
a
centomila
persone
:
soldati
fuggiaschi
,
monaci
,
sacerdoti
,
senatori
,
migliaia
di
vergini
fuggite
dai
monasteri
,
famiglie
patrizie
coi
loro
tesori
,
grandi
dignitari
dello
Stato
e
principi
del
sangue
imperiale
,
che
correvano
per
le
gallerie
e
per
la
navata
,
e
si
pigiavano
per
tutti
i
recessi
dell
'
edifizio
,
alla
rinfusa
con
la
feccia
del
volgo
,
cogli
schiavi
,
coi
malfattori
vomitati
dalle
carceri
e
dalle
galere
,
e
tutta
la
basilica
risonava
di
grida
di
terrore
come
un
teatro
affollato
al
divampare
d
'
un
incendio
.
Quando
la
navata
,
tutte
le
gallerie
e
tutti
i
vestiboli
furon
pieni
stipati
,
si
sbarrarono
e
si
asserragliarono
le
porte
,
e
al
frastuono
dei
primi
momenti
succedette
una
quiete
spaventosa
.
Molti
credevano
ancora
che
i
vincitori
non
avrebbero
osato
profanare
la
chiesa
di
Santa
Sofia
;
altri
aspettavano
con
una
stupida
sicurezza
l
'
apparizione
dell
'
Angelo
,
annunziato
dai
profeti
,
il
quale
avrebbe
sterminato
l
'
esercito
musulmano
prima
che
le
avanguardie
arrivassero
alla
colonna
di
Costantino
;
altri
,
saliti
sul
terrazzo
interno
della
grande
cupola
,
spiavano
dalle
finestre
l
'
avanzarsi
del
pericolo
,
e
ne
davano
notizia
coi
cenni
ai
centomila
volti
smorti
che
guardavano
in
su
dalle
gallerie
e
dalla
navata
.
Di
lassù
si
vedeva
un
'
immensa
nuvola
bianca
che
copriva
le
mura
dalle
Blacherne
fino
alla
Porta
dorata
;
e
di
qua
dalle
mura
,
quattro
striscie
lampeggianti
,
che
s
'
avanzavano
fra
le
case
come
quattro
torrenti
di
lava
,
allargandosi
e
rumoreggiando
,
in
mezzo
al
fumo
e
alle
fiamme
.
Erano
le
quattro
colonne
assalitrici
dell
'
esercito
turco
,
che
cacciavano
dinanzi
a
sè
gli
avanzi
disordinati
dell
'
esercito
greco
,
e
convergevano
,
saccheggiando
e
incendiando
,
verso
Santa
Sofia
,
l
'
Ippodromo
e
il
palazzo
imperiale
.
Quando
le
avanguardie
delle
colonne
arrivarono
sulla
seconda
collina
,
gli
squilli
delle
trombe
risonarono
improvvisamente
nella
chiesa
,
e
la
moltitudine
atterrita
cadde
in
ginocchio
.
Ma
anche
in
quei
momenti
,
molti
confidavano
ancora
nell
'
apparizione
dell
'
Angelo
ed
altri
speravano
che
un
sentimento
di
rispetto
e
di
terrore
avrebbe
arrestato
gl
'
invasori
dinanzi
alla
maestà
di
quell
'
enorme
edificio
consacrato
a
Dio
.
Ma
anche
quest
'
ultima
illusione
non
tardò
a
dileguarsi
.
Gli
squilli
delle
trombe
s
'
avvicinarono
,
un
rumore
confuso
di
armi
e
di
grida
,
irrompendo
dalle
mille
finestre
,
riempì
la
basilica
,
e
un
minuto
dopo
rimbombarono
i
primi
colpi
delle
ascie
ottomane
sulle
porte
di
bronzo
dei
vestiboli
.
Allora
quella
immensa
folla
sentì
il
freddo
della
morte
,
e
tutti
si
raccomandarono
a
Dio
.
Le
porte
sfracellate
o
sgangherate
rovinarono
,
e
un
'
orda
selvaggia
di
giannizzeri
,
di
spahì
,
di
timmarioti
,
di
dervis
,
di
sciaù
,
lordi
di
polvere
e
di
sangue
,
trasfigurati
dal
furore
della
battaglia
,
della
rapina
e
dello
stupro
,
apparve
sulle
soglie
.
Al
primo
aspetto
della
grande
navata
sfolgorante
di
tesori
,
gettarono
un
grido
altissimo
di
meraviglia
e
di
gioia
;
poi
irruppero
dentro
come
un
torrente
furioso
.
Una
parte
si
precipitò
sulle
vergini
,
sulle
dame
,
sui
patrizii
,
schiavi
preziosi
,
che
,
istupiditi
dal
terrore
,
porsero
spontaneamente
le
braccia
alle
corde
e
alle
catene
;
gli
altri
piombarono
sulle
ricchezze
della
chiesa
.
I
tabernacoli
furono
predati
,
le
statue
stramazzate
,
i
crocifissi
d
'
avorio
frantumati
;
i
musaici
,
creduti
gemme
,
disfatti
a
colpi
di
scimitarra
,
caddero
in
pioggie
scintillanti
nei
caffettani
e
nelle
cappe
aperte
;
le
perle
dei
vasi
,
scastonate
dalle
punte
dei
pugnali
,
saltellarono
sul
pavimento
inseguite
come
cose
vive
,
e
disputate
a
morsi
e
a
sciabolate
;
l
'
altar
maggiore
andò
disperso
in
mille
rottami
d
'
oro
e
d
'
argento
;
le
seggiole
,
i
troni
,
il
pulpito
,
la
balaustrata
del
coro
scomparvero
come
stritolati
da
una
valanga
di
pietra
.
E
intanto
continuavano
a
irrompere
nella
chiesa
,
a
ondate
sanguinose
,
le
orde
asiatiche
;
e
in
breve
non
si
vide
più
che
un
turbinìo
vertiginoso
di
predoni
briachi
,
camuffati
di
tiare
e
di
abiti
sacerdotali
,
che
agitavano
nell
'
aria
calici
e
ostensorii
,
trascinando
file
di
schiavi
legati
colle
cinture
dorate
dei
pontefici
,
in
mezzo
ai
cammelli
e
ai
cavalli
carichi
di
bottino
,
scalpitanti
sul
pavimento
ingombro
di
scheggie
di
statue
,
di
vangeli
lacerati
e
di
reliquie
di
santi
;
un
'
orgia
forsennata
e
sacrilega
,
accompagnata
da
un
frastuono
orrendo
di
urli
di
trionfo
,
di
minaccie
,
di
nitriti
,
di
risa
,
di
grida
di
fanciulle
e
di
squilli
di
trombe
;
fin
che
tutto
tacque
improvvisamente
,
e
sulla
soglia
della
porta
maggiore
apparve
a
cavallo
Maometto
II
,
circondato
da
una
folla
di
principi
,
di
vizir
e
di
generali
,
superbo
e
impassibile
come
l
'
immagine
vivente
della
vendetta
di
Dio
,
e
rizzandosi
sulle
staffe
,
lanciò
con
voce
tonante
nella
basilica
devastata
la
prima
formula
della
nuova
religione
:
-
Allà
è
la
luce
del
cielo
e
della
terra
!
DOLMA
BAGCÉ
Ogni
venerdì
il
Sultano
va
a
far
le
sue
preghiere
in
una
moschea
di
Costantinopoli
.
Noi
lo
vedemmo
un
giorno
che
andò
alla
moschea
d
'
Abdul
-
Megid
,
posta
sulla
riva
europea
del
Bosforo
,
vicino
al
palazzo
imperiale
di
Dolma
Bagcé
.
Per
andare
a
Dolma
Bagcé
,
da
Galata
,
si
passa
per
il
quartiere
popoloso
di
Top
-
hané
,
fra
una
grande
fonderia
di
cannoni
e
un
vasto
arsenale
;
si
percorre
tutto
il
sobborgo
musulmano
di
Funduclù
,
che
occupa
il
luogo
dell
'
antico
Aïanteion
,
e
si
riesce
in
una
piazza
spaziosa
,
aperta
verso
il
mare
,
di
là
dalla
quale
,
lungo
la
riva
del
Bosforo
,
s
'
innalza
il
palazzo
famoso
dove
risiedono
i
Sultani
.
È
la
più
grande
mole
di
marmo
che
riflettano
le
acque
dello
stretto
dalla
collina
del
Serraglio
alle
bocche
del
Mar
Nero
,
e
non
si
abbraccia
tutta
con
uno
sguardo
che
passandovi
davanti
in
caicco
.
La
facciata
,
che
si
stende
per
la
lunghezza
di
circa
un
mezzo
miglio
italiano
,
è
rivolta
verso
l
'
Asia
,
e
si
vede
biancheggiare
a
una
grande
distanza
fra
l
'
azzurro
del
mare
e
il
verde
cupo
delle
colline
della
riva
.
Non
è
propriamente
un
palazzo
perché
non
c
'
è
un
unico
concetto
architettonico
;
le
varie
parti
sono
slegate
e
vi
si
mescolano
in
una
confusione
non
mai
veduta
lo
stile
arabo
,
il
greco
,
il
gotico
,
il
turco
,
il
romano
,
quello
del
nascimento
;
e
colla
maestà
dei
palazzi
reali
d
'
Europa
,
la
grazia
quasi
femminea
delle
moresche
di
Siviglia
e
di
Granata
.
Piuttosto
che
il
"
palazzo
"
si
potrebbe
chiamare
"
la
città
imperiale
"
come
quella
dell
'
Imperatore
della
China
;
e
più
che
per
la
vastità
,
per
la
forma
,
pare
che
debba
essere
abitato
,
non
da
un
solo
monarca
,
ma
da
dieci
re
fratelli
od
amici
,
che
vi
passino
il
tempo
fra
gli
ozi
e
i
piaceri
.
Dalla
parte
del
Bosforo
presenta
una
serie
di
facciate
di
teatri
o
di
templi
,
sulle
quali
v
'
è
una
profusione
indescrivibile
d
'
ornamenti
,
buttati
via
,
come
dice
un
poeta
turco
,
dalle
mani
d
'
un
pazzo
;
che
rammentano
quelle
favolose
pagode
indiane
,
su
cui
l
'
occhio
si
stanca
al
primo
sguardo
,
e
sembrano
l
'
immagine
degli
infiniti
capricci
amorosi
e
fastosi
dei
principi
sfrenati
che
vivono
tra
quelle
mura
.
Sono
file
di
colonne
doriche
e
ioniche
,
leggiere
come
aste
di
lancia
;
finestre
inquadrate
in
cornici
a
festoni
e
in
colonnine
accannellate
;
archi
pieni
di
fogliami
e
di
fiori
che
s
'
incurvano
su
porte
coperte
di
ricami
;
terrazze
gentili
coi
parapetti
scolpiti
a
giorno
;
trofei
,
rosoni
,
viticci
;
ghirlande
che
s
'
annodano
e
s
'
intrecciano
,
vezzi
di
marmo
che
s
'
affollano
sui
cornicioni
,
lungo
le
finestre
,
intorno
a
tutti
i
rilievi
;
una
rete
d
'
arabeschi
che
si
stende
dalle
porte
ai
frontoni
,
una
fioritura
,
uno
sfarzo
e
una
finezza
di
fregi
e
di
gale
architettoniche
,
che
danno
ad
ognuno
dei
piccoli
palazzi
di
cui
è
composto
il
grande
edifizio
multiforme
,
l
'
apparenza
d
'
un
prodigioso
lavoro
di
cesellatura
.
Pare
che
non
debba
essere
un
tranquillo
architetto
armeno
quello
che
n
'
ebbe
il
primo
concetto
;
ma
un
sultano
innamorato
il
quale
l
'
abbia
visto
in
sogno
,
dormendo
tra
le
braccia
della
più
ambiziosa
delle
sue
amanti
.
Dinanzi
si
stende
una
fila
di
pilastri
monumentali
di
marmo
bianco
,
uniti
da
cancellate
dorate
,
che
rappresentano
un
intreccio
delicatissimo
di
rami
e
di
fiori
,
e
che
viste
di
lontano
sembrano
cortine
di
trina
,
che
il
vento
debba
portar
via
.
Lunghe
gradinate
marmoree
discendono
dalle
porte
alla
sponda
e
si
nascondono
nel
mare
.
Tutto
è
bianco
,
fresco
,
nitido
come
se
il
palazzo
fosse
fatto
d
'
ieri
.
L
'
occhio
d
'
un
artista
ci
potrà
vedere
mille
errori
d
'
armonia
e
di
gusto
;
ma
l
'
insieme
di
quella
mole
smisurata
e
ricchissima
,
il
primo
aspetto
di
quella
schiera
di
reggie
bianche
come
la
neve
,
niellate
come
gioielli
,
coronate
da
quel
verde
,
riflesse
da
quelle
acque
,
lascia
un
'
impressione
di
potenza
,
di
mistero
e
d
'
amore
,
che
fa
quasi
dimenticare
la
collina
dell
'
antico
Serraglio
.
Quelli
che
ebbero
la
fortuna
di
penetrare
fra
quelle
mura
,
dicono
che
il
di
dentro
corrisponde
alla
facciata
:
che
son
lunghe
sfilate
di
sale
dipinte
a
fresco
di
soggetti
fantastici
e
di
colori
ridenti
,
con
porte
di
cedro
e
d
'
acagiù
scolpite
e
ornate
d
'
oro
,
che
s
'
aprono
su
interminabili
corridoi
rischiarati
da
una
luce
dolcissima
,
dai
quali
si
va
in
altre
sale
colorate
di
foco
da
cupolette
di
cristallo
porporino
,
e
in
stanze
da
bagno
che
sembrano
scavate
in
un
solo
blocco
di
marmo
di
Paros
;
e
di
qui
su
terrazze
aeree
,
che
pendono
sopra
giardini
misteriosi
e
sopra
boschetti
di
cipressi
e
di
rose
,
dai
quali
,
per
lunghe
fughe
di
portici
moreschi
,
si
vede
l
'
azzurro
del
mare
;
e
finestre
,
terrazze
,
loggie
,
chioschetti
,
tutto
ribocca
di
fiori
,
per
tutto
c
'
è
acqua
che
schizza
e
ricasca
in
piogge
vaporose
sulla
verzura
e
sui
marmi
,
e
da
ogni
parte
s
'
aprono
vedute
divine
sul
Bosforo
,
di
cui
l
'
aria
viva
spande
in
tutti
i
recessi
della
reggia
enorme
un
delizioso
fresco
marino
.
Dalla
parte
di
Funduclù
v
'
è
una
porta
monumentale
,
sopraccarica
d
'
ornamenti
;
il
Sultano
doveva
uscire
da
quella
porta
e
attraversare
la
piazza
.
Non
c
'
è
altro
re
sulla
terra
che
abbia
una
così
bella
piazza
per
fare
una
uscita
solenne
dalla
sua
reggia
.
Stando
ai
piedi
della
collina
,
si
vede
da
un
lato
la
porta
del
palazzo
,
che
sembra
un
arco
di
trionfo
d
'
una
regina
;
dall
'
altro
la
moschea
graziosa
di
Abdul
-
Megid
,
fiancheggiata
da
due
minareti
gentili
,
in
faccia
,
il
Bosforo
;
di
là
,
le
colline
dell
'
Asia
,
verdissime
,
picchiettate
d
'
infiniti
colori
dai
chioschi
,
dai
palazzi
,
dalle
moschee
,
dalle
ville
,
che
presentano
l
'
aspetto
d
'
una
grande
città
parata
a
festa
;
più
lontano
,
la
maestà
ridente
di
Scutari
,
colla
sua
corona
funebre
di
cipressi
;
e
fra
le
due
rive
,
un
incrociarsi
continuo
di
legni
a
vela
,
di
navi
da
guerra
imbandierate
,
di
vaporini
affollati
che
paiono
colmi
di
fiori
,
di
bastimenti
asiatici
di
forme
antiche
e
bizzarre
,
di
lancie
del
Serraglio
,
di
barchette
signorili
,
di
stormi
d
'
uccelli
che
radono
le
acque
:
una
bellezza
piena
d
'
allegria
e
di
vita
,
dinanzi
alla
quale
lo
straniero
che
aspetta
l
'
uscita
del
corteo
imperiale
,
non
può
che
immaginare
un
Sultano
bello
come
un
angelo
e
sereno
come
un
fanciullo
.
Mezz
'
ora
prima
,
v
'
erano
già
nella
piazza
due
schiere
di
soldati
vestiti
alla
zuava
,
che
dovevano
far
ala
al
passaggio
del
Sultano
,
e
un
migliaio
di
curiosi
.
Non
c
'
è
nulla
di
più
strano
della
raccolta
di
gente
che
si
vede
per
il
solito
in
quell
'
occasione
.
C
'
erano
ferme
qua
e
là
parecchie
splendide
carrozze
chiuse
,
con
dentro
delle
turche
"
dell
'
alta
signoria
"
guardate
da
giganteschi
eunuchi
a
cavallo
,
immobili
accanto
gli
sportelli
;
alcune
signore
inglesi
in
carrozze
da
nolo
scoperte
;
varii
crocchi
di
viaggiatori
col
cannocchiale
a
tracolla
,
fra
i
quali
vidi
il
contino
conquistatore
dell
'
albergo
di
Bisanzio
,
venuto
forse
,
il
crudele
!
per
fulminare
d
'
uno
sguardo
di
trionfo
il
suo
rivale
potente
e
infelice
.
Tra
la
folla
giravano
parecchie
figure
cappellute
,
con
un
album
sotto
il
braccio
,
che
mi
parvero
disegnatori
venuti
per
schizzare
furtivamente
le
sembianze
imperiali
.
Vicino
alla
banda
musicale
c
'
era
una
bellissima
signora
francese
,
vestita
un
po
'
stranamente
,
d
'
aspetto
e
di
atteggiamenti
arditi
,
che
stava
dinanzi
a
tutti
,
che
doveva
essere
un
'
avventuriera
cosmopolitica
venuta
là
per
dar
nell
'
occhio
al
Gran
Signore
,
poichè
le
si
leggeva
sul
viso
"
la
trepida
gioia
d
'
un
gran
disegno
"
.
C
'
erano
di
quei
vecchi
turchi
,
sudditi
fanatici
e
sospettosi
,
che
non
mancano
mai
al
passaggio
del
loro
Sultano
,
perché
vogliono
proprio
assicurarsi
coi
loro
occhi
che
è
vivo
e
sano
per
la
gloria
e
la
prosperità
dell
'
universo
;
e
il
Sultano
esce
appunto
ogni
venerdì
per
dare
al
suo
buon
popolo
una
prova
della
propria
esistenza
,
potendo
accadere
,
come
accadde
più
volte
,
che
la
sua
morte
naturale
o
violenta
sia
tenuta
segreta
da
una
congiura
di
corte
.
C
'
erano
dei
mendicanti
,
dei
bellimbusti
musulmani
,
degli
eunuchi
sfaccendati
,
dei
dervis
.
Fra
questi
notai
un
vecchio
alto
e
sparuto
,
dagli
occhi
terribili
,
immobile
,
che
guardava
verso
la
porta
del
palazzo
con
un
'
espressione
sinistra
;
e
pensai
che
aspettasse
il
Sultano
per
piantarglisi
davanti
e
gridargli
in
faccia
come
il
dervis
delle
Orientali
al
Pascià
Alì
di
Tepeleni
:
-
Tu
non
sei
che
un
cane
e
un
maledetto
!
-
Ma
di
questi
ardimenti
sublimi
non
si
dà
più
esempio
dopo
la
sciabolata
famosa
di
Mahmud
.
C
'
erano
poi
varii
gruppi
di
donnine
turche
,
in
disparte
,
che
parevano
gruppi
di
maschere
,
e
quella
solita
accozzaglia
di
comparse
da
palco
scenico
che
è
la
folla
di
Costantinopoli
.
Tutte
le
teste
si
profilavano
sull
'
azzurro
del
Bosforo
,
e
probabilmente
tutte
le
bocche
dicevano
le
stesse
parole
.
Si
cominciava
a
parlare
appunto
in
quei
giorni
delle
stravaganze
d
'
Abdul
Aziz
.
Già
da
un
pezzo
si
parlava
della
sua
insaziabile
avidità
di
denaro
.
Il
popolo
diceva
:
-
Mamhud
avido
di
sangue
,
Abdul
-
Megid
di
donne
,
Abdul
-
Aziz
d
'
oro
.
-
Tutte
le
speranze
che
s
'
erano
fondate
su
di
lui
,
principe
imperiale
,
quando
,
ammazzando
un
bue
con
un
pugno
,
diceva
:
-
Così
ammazzerò
la
barbarie
,
-
erano
già
svanite
d
'
un
pezzo
.
Le
tendenze
a
una
vita
semplice
e
severa
,
di
cui
aveva
dato
prova
nei
primi
anni
del
suo
regno
,
amando
,
come
si
diceva
,
una
donna
sola
,
e
ristringendo
inesorabilmente
le
spese
enormi
del
Serraglio
,
non
erano
più
che
una
memoria
.
Forse
erano
anche
anni
ed
anni
che
aveva
smesso
affatto
quegli
studi
di
legislazione
,
d
'
arte
militare
e
di
letteratura
europea
,
di
cui
s
'
era
fatto
tanto
scalpore
,
come
se
in
essi
riposassero
tutte
le
speranze
della
rigenerazione
dell
'
Impero
.
Da
molto
tempo
non
pensava
più
che
a
sè
stesso
.
Ogni
momento
correva
la
voce
di
qualche
sua
escandescenza
contro
il
ministro
delle
finanze
che
non
voleva
o
non
poteva
dargli
tutto
il
denaro
ch
'
egli
avrebbe
voluto
.
Alla
prima
obbiezione
scaraventava
addosso
alla
malcapitata
Eccellenza
il
primo
oggetto
che
gli
cadeva
nelle
mani
,
recitando
per
filo
e
per
segno
,
con
quanta
voce
aveva
in
gola
,
la
formola
antica
del
giuramento
imperiale
:
per
il
Dio
creatore
del
cielo
e
della
terra
,
per
il
profeta
Maometto
,
per
le
sette
varianti
del
Corano
,
per
i
centoventiquattromila
profeti
di
Dio
,
per
l
'
anima
di
mio
nonno
e
per
l
'
anima
di
mio
padre
,
per
i
miei
figli
e
per
la
mia
spada
,
portami
del
danaro
o
faccio
piantare
la
tua
testa
sulla
punta
del
più
alto
minareto
di
Stambul
.
E
per
un
verso
o
per
un
altro
veniva
a
capo
di
quel
che
voleva
,
e
il
danaro
estorto
in
quella
maniera
,
ora
lo
ammucchiava
e
se
lo
covava
gelosamente
come
un
avaro
volgare
,
ora
lo
profondeva
a
piene
mani
in
capricci
puerili
.
Oggi
era
il
capriccio
dei
leoni
,
domani
delle
tigri
,
e
mandava
incettatori
nelle
Indie
e
nell
'
Affrica
;
poi
per
un
mese
filato
cinquecento
pappagalli
facevano
risonare
i
giardini
imperiali
della
stessa
parola
;
poi
gli
pigliava
il
furore
delle
carrozze
e
dei
pianoforti
che
voleva
far
sonare
sorretti
dalla
schiena
di
quattro
schiavi
;
poi
la
mania
dei
combattimenti
dei
galli
,
a
cui
assisteva
con
entusiasmo
,
e
appendeva
di
sua
mano
una
medaglia
al
collo
dei
vincitori
,
e
cacciava
in
esilio
,
di
là
dal
Bosforo
,
i
vinti
;
poi
la
passione
del
gioco
,
dei
chioschi
,
dei
quadri
;
la
corte
pareva
tornata
ai
tempi
del
primo
Ibraim
;
ma
il
povero
principe
non
trovava
pace
,
non
faceva
che
passare
da
una
noja
mortale
a
un
'
inquietudine
tormentosa
;
era
torbido
e
triste
;
pareva
che
presentisse
la
fine
infelice
che
lo
aspettava
.
A
volte
si
ficcava
nel
capo
di
dover
morire
avvelenato
,
e
per
un
pezzo
,
diffidando
di
tutti
,
non
mangiava
più
che
ova
sode
;
altre
volte
,
preso
dal
terrore
degl
'
incendi
,
faceva
togliere
dalle
sue
stanze
tutti
gli
oggetti
di
legno
,
persino
le
cornici
degli
specchi
.
In
quel
tempo
appunto
si
diceva
che
,
per
paura
del
fuoco
,
leggesse
di
notte
al
lume
d
'
una
candela
piantata
in
un
secchio
d
'
acqua
.
E
malgrado
queste
follie
,
di
cui
si
diceva
che
fosse
la
prima
cagione
una
cagione
che
non
c
'
è
bisogno
di
dire
,
egli
conservava
tutta
la
forza
imperiosa
della
volontà
antica
,
e
sapeva
farsi
obbedire
e
faceva
tremare
i
più
arditi
.
La
sola
persona
che
potesse
sull
'
animo
suo
era
sua
madre
,
donna
d
'
indole
altera
e
vana
,
che
nei
primi
anni
del
suo
regno
faceva
coprire
di
tappeti
di
broccato
le
strade
dove
passava
suo
figlio
per
andare
alla
moschea
,
e
il
giorno
dopo
regalava
tutti
quei
tappeti
agli
schiavi
che
li
andavano
a
levare
.
Però
,
anche
nel
disordine
della
sua
vita
affannosa
,
fra
l
'
uno
e
l
'
altro
dei
suoi
grandi
capricci
,
Abdul
Aziz
aveva
pure
dei
capricci
piccolissimi
,
come
quello
di
volere
sopra
una
data
porta
un
dipinto
a
fresco
di
natura
morta
,
con
quei
certi
frutti
e
quei
certi
fiori
,
combinati
in
quella
data
maniera
,
e
prescriveva
accuratamente
ogni
cosa
al
pittore
,
e
stava
là
lungo
tempo
a
contare
le
pennellate
,
come
se
non
avesse
altro
pensiero
al
mondo
.
Di
tutte
queste
bizzarrie
,
frangiate
chi
sa
come
dalle
mille
bocche
del
Serraglio
,
tutta
la
città
parlava
,
e
forse
fin
d
'
allora
s
'
andavano
raccogliendo
le
prime
fila
della
congiura
che
lo
rovesciò
dal
trono
due
anni
dopo
.
La
sua
caduta
,
come
dicono
i
Musulmani
,
era
già
scritta
,
e
con
essa
la
sentenza
che
fu
poi
pronunziata
sopra
di
lui
e
sopra
il
suo
regno
.
La
quale
non
è
molto
diversa
da
quella
che
si
potrebbe
dare
su
quasi
tutti
i
Sultani
degli
ultimi
tempi
.
Principi
imperiali
,
spinti
verso
la
civiltà
europea
da
un
'
educazione
superficiale
,
ma
varia
e
libera
,
e
dal
fervore
della
giovinezza
desiderosa
di
novità
e
di
gloria
,
vagheggiano
,
prima
di
salire
sul
trono
,
grandi
disegni
di
riforme
e
di
rinnovamenti
,
e
fanno
il
proposito
fermo
e
sincero
di
dedicare
a
quel
fine
tutta
la
loro
vita
,
che
dovrà
essere
una
vita
austera
di
lavoro
e
di
lotta
.
Ma
dopo
qualche
anno
di
regno
e
di
lotte
inutili
,
circondati
da
mille
oracoli
,
inceppati
da
tradizioni
e
da
consuetudini
avversati
dagli
uomini
e
dalle
cose
,
spaventati
dalla
grandezza
non
prima
misurata
dell
'
impresa
,
se
ne
sdanno
sfiduciati
,
per
domandare
ai
piaceri
quello
che
non
possono
avere
dalla
gloria
,
e
perdono
a
poco
a
poco
,
in
una
vita
tutta
sensuale
,
perfino
la
memoria
dei
primi
propositi
e
la
coscienza
del
loro
avvilimento
.
Così
accade
che
al
sorgere
d
'
ogni
nuovo
Sultano
si
faccia
sempre
,
e
non
senza
fondamento
,
un
pronostico
felice
a
cui
segue
sempre
un
disinganno
.
Abdul
-
Aziz
non
si
fece
aspettare
.
All
'
ora
fissata
,
s
'
udì
uno
squillo
di
tromba
,
la
banda
intonò
una
marcia
di
guerra
,
i
soldati
presentarono
le
armi
,
un
drappello
di
lancieri
uscì
improvvisamente
dalla
porta
del
palazzo
,
e
si
vide
apparire
il
Sultano
a
cavallo
,
che
venne
innanzi
lentamente
,
seguito
dal
suo
corteo
.
Mi
passò
dinanzi
a
pochi
passi
,
ed
ebbi
tutto
il
tempo
di
considerarlo
attentamente
.
La
mia
immaginazione
fu
stranamente
delusa
.
Il
re
dei
re
,
il
sultano
scialacquatore
,
violento
,
capriccioso
,
imperioso
,
-
che
era
allora
sui
quarantaquattr
'
anni
,
-
aveva
l
'
aspetto
di
una
buonissima
pasta
di
turco
,
che
si
trovasse
a
fare
il
sultano
senza
saperlo
.
Era
un
uomo
tarchiato
e
grasso
,
un
bel
faccione
con
due
grandi
occhi
sereni
e
una
barba
intera
e
corta
,
già
un
po
'
brizzolata
di
bianco
;
aveva
una
fisonomia
aperta
e
mansueta
,
un
atteggiamento
naturalissimo
,
quasi
trascurato
;
e
uno
sguardo
quieto
e
lento
in
cui
non
appariva
la
minima
preoccupazione
dei
mille
sguardi
che
gli
erano
addosso
.
Montava
un
cavallo
grigio
bardato
d
'
oro
,
di
bellissime
forme
,
tenuto
per
le
briglie
da
due
palafrenieri
sfolgoranti
.
Il
corteo
lo
seguiva
a
grande
distanza
,
e
da
questo
solo
si
poteva
capire
che
era
il
Sultano
.
Il
suo
vestimento
era
modestissimo
.
Aveva
un
semplice
fez
,
un
lungo
soprabito
di
color
scuro
abbottonato
fin
sotto
il
mento
,
un
paio
di
calzoni
chiari
e
gli
stivali
di
marocchino
.
Veniva
innanzi
lentissimamente
,
guardando
intorno
con
un
'
espressione
tra
benevola
e
stanca
,
come
se
volesse
dire
agli
spettatori
:
-
Ah
!
se
sapeste
come
mi
secco
!
-
I
musulmani
s
'
inchinavano
profondamente
;
molti
europei
si
levavano
il
cappello
:
egli
non
restituì
il
saluto
a
nessuno
.
Passando
dinanzi
a
noi
,
diede
uno
sguardo
a
un
ufficiale
d
'
alta
statura
che
lo
salutava
colla
sciabola
,
un
altro
sguardo
al
Bosforo
,
e
poi
uno
sguardo
più
lungo
a
due
giovani
signore
inglesi
che
lo
guardavano
da
una
carrozza
,
e
che
si
fecero
rosse
come
due
fragole
.
Osservai
che
aveva
la
mano
bianca
e
ben
fatta
,
ed
era
appunto
la
mano
destra
,
colla
quale
,
due
anni
dopo
,
si
aperse
le
vene
nel
bagno
.
Dietro
di
lui
passò
uno
stuolo
di
pascià
,
di
cortigiani
,
di
pezzi
grossi
,
a
cavallo
;
quasi
tutti
omaccioni
con
gran
barbe
nere
,
vestiti
senza
pompa
,
silenziosi
,
gravi
,
cupi
,
come
se
accompagnassero
un
convoglio
funebre
;
dopo
,
un
drappello
di
palafrenieri
che
conducevano
a
mano
dei
cavalli
superbi
;
poi
uno
stuolo
d
'
ufficiali
a
piedi
col
petto
coperto
di
cordoni
d
'
oro
;
passati
i
quali
,
i
soldati
abbassarono
le
armi
,
la
folla
si
sparpagliò
per
la
piazza
,
ed
io
rimasi
là
immobile
,
cogli
occhi
fissi
sulla
cima
del
monte
Bulgurlù
,
pensando
alla
singolarissima
condizione
in
cui
si
trova
un
sultano
di
Stambul
.
È
un
monarca
maomettano
,
pensavo
,
e
ha
la
reggia
ai
piedi
di
una
città
cristiana
,
Pera
,
che
gli
torreggia
sul
capo
.
È
sovrano
assoluto
d
'
uno
dei
più
vasti
imperi
del
mondo
,
e
ci
sono
nella
sua
metropoli
,
poco
lontano
da
lui
,
dentro
ai
grandi
palazzi
che
sovrastano
al
suo
Serraglio
,
quattro
o
cinque
stranieri
cerimoniosi
che
la
fanno
da
padroni
in
casa
sua
,
e
che
trattando
con
lui
,
nascondono
sotto
un
linguaggio
reverente
una
minaccia
perpetua
che
lo
fa
tremare
.
Ha
nelle
mani
un
potere
smisurato
,
gli
averi
e
la
vita
di
milioni
di
sudditi
,
il
mezzo
di
soddisfare
i
suoi
più
pazzi
desiderii
,
e
non
può
cambiare
la
forma
della
sua
copertura
di
capo
.
È
circondato
da
un
esercito
di
cortigiani
e
di
guardie
,
che
bacerebbero
l
'
orma
dei
suoi
piedi
,
e
trema
continuamente
per
la
propria
vita
e
per
quella
dei
suoi
figliuoli
.
Possiede
mille
donne
fra
le
più
belle
donne
della
terra
,
ed
egli
solo
,
tra
tutti
i
musulmani
del
suo
impero
,
non
può
dare
la
mano
di
sposo
a
una
donna
libera
,
non
può
aver
che
figli
di
schiave
,
ed
è
chiamato
egli
stesso
:
-
Figlio
di
schiava
,
-
da
quello
stesso
popolo
che
lo
chiama
"
ombra
di
Dio
"
.
Il
suo
nome
suona
riverito
e
terribile
dagli
ultimi
confini
della
Tartaria
agli
ultimi
confini
del
Maghreb
,
e
nella
sua
stessa
metropoli
v
'
è
un
popolo
innumerevole
,
e
sempre
crescente
,
su
cui
non
ha
ombra
di
potere
e
che
si
ride
di
lui
,
della
sua
forza
e
della
sua
fede
.
Su
tutta
la
faccia
del
suo
immenso
impero
,
fra
le
tribù
più
miserabili
delle
provincie
più
lontane
,
nelle
moschee
e
nei
conventi
più
solitarii
delle
terre
più
selvaggie
,
si
prega
ardentemente
per
la
sua
vita
e
per
la
sua
gloria
;
ed
egli
non
può
fare
un
passo
nei
suoi
stati
,
senza
trovarsi
in
mezzo
a
nemici
che
lo
esecrano
e
che
invocano
sul
suo
capo
la
vendetta
di
Dio
.
Per
tutta
la
parte
del
mondo
che
si
stende
dinanzi
alla
sua
reggia
,
egli
è
uno
dei
più
augusti
e
più
formidabili
monarchi
dell
'
universo
;
per
quella
che
gli
si
stende
alle
spalle
,
è
il
più
debole
,
il
più
pusillo
,
il
più
miserevole
uomo
che
porti
una
corona
sul
capo
.
Una
corrente
enorme
d
'
idee
,
di
volontà
,
di
forze
contrarie
alla
natura
e
alle
tradizioni
della
sua
potenza
,
lo
avvolge
,
lo
soverchia
,
trasforma
sotto
di
lui
,
intorno
a
lui
,
suo
malgrado
,
senza
che
se
n
'
avveda
,
consuetudini
,
leggi
,
usi
,
credenze
,
uomini
,
ogni
cosa
.
Ed
egli
è
là
,
tra
l
'
Europa
e
l
'
Asia
,
nel
suo
smisurato
palazzo
bagnato
dal
mare
,
come
in
una
nave
pronta
a
far
vela
,
in
mezzo
a
una
confusione
infinita
d
'
idee
e
di
cose
,
circondato
d
'
un
fasto
favoloso
e
d
'
una
miseria
immensa
,
già
non
più
nè
due
nè
uno
,
non
più
vero
musulmano
,
non
ancora
vero
europeo
,
regnante
sopra
un
popolo
già
in
parte
mutato
,
barbaro
di
sangue
,
civile
d
'
aspetto
,
bifronte
come
Giano
,
servito
come
un
nume
,
sorvegliato
come
uno
schiavo
,
adorato
,
insidiato
,
accecato
,
e
intanto
ogni
giorno
che
passa
spegne
un
raggio
della
sua
aureola
e
stacca
una
pietra
dal
suo
piedestallo
.
A
me
pare
che
se
fossi
in
lui
,
stanco
di
quella
condizione
così
singolare
nel
mondo
,
sazio
di
piaceri
,
stomacato
d
'
adulazioni
,
affranco
dai
sospetti
,
indignato
di
quella
sovranità
malsicura
ed
oziosa
sopra
quel
disordine
senza
nome
,
qualche
volta
,
nell
'
ora
in
cui
l
'
enorme
Serraglio
è
immerso
nel
sonno
,
mi
butterei
a
nuoto
nel
Bosforo
come
un
galeotto
fuggitivo
,
e
andrei
a
passar
la
notte
in
una
taverna
di
Galata
in
mezzo
a
una
brigata
di
marinai
,
con
un
bicchiere
di
birra
in
mano
e
una
pipa
di
gesso
fra
i
denti
,
urlando
la
marsigliese
.
Dopo
una
mezz
'
ora
,
il
Sultano
ripassò
rapidamente
in
carrozza
chiusa
,
seguito
da
un
drappello
d
'
ufficiali
a
piedi
,
e
lo
spettacolo
fu
finito
.
Di
tutto
,
quello
che
mi
fece
un
senso
più
vivo
,
furono
quegli
ufficiali
in
grande
uniforme
,
che
correvano
saltellando
,
come
una
frotta
di
lacchè
,
dietro
la
carrozza
imperiale
.
Non
vidi
mai
una
prostituzione
simile
della
divisa
militare
.
Questo
spettacolo
del
passaggio
del
Sultano
,
è
ora
,
come
si
vede
,
una
cosa
assai
meschina
.
I
sultani
d
'
altri
tempi
uscivano
in
gran
pompa
,
preceduti
e
seguiti
da
un
nuvolo
di
cavalieri
,
di
schiavi
,
di
guardie
dei
giardini
,
d
'
eunuchi
,
di
ciambellani
,
che
visti
di
lontano
,
presentavano
l
'
aspetto
,
come
dicevano
i
cronisti
entusiastici
,
"
d
'
una
vasta
aiuola
di
tulipani
.
"
I
sultani
d
'
oggi
invece
par
che
rifuggano
dalle
pompe
come
da
un
'
ostentazione
teatrale
della
grandezza
perduta
.
Io
mi
domando
sovente
che
cosa
direbbe
uno
di
quei
primi
monarchi
se
,
risorgendo
per
un
momento
dal
suo
sepolcro
di
Brussa
o
dal
suo
turbè
di
Stambul
,
vedesse
passare
uno
di
questi
suoi
nepoti
del
secolo
diciannovesimo
,
insaccato
in
un
soprabito
nero
,
senza
turbante
,
senza
spada
,
senza
gemme
,
in
mezzo
a
una
folla
di
stranieri
insolenti
.
Io
credo
che
arrossirebbe
di
rabbia
e
di
vergogna
,
e
che
in
segno
di
supremo
disprezzo
gli
farebbe
,
come
Solimano
I
ad
Hassan
,
tagliare
la
barba
a
colpi
di
scimitarra
,
che
è
la
più
crudele
ingiuria
che
si
passa
fare
a
un
osmano
.
E
veramente
,
fra
i
sultani
d
'
ora
e
quei
primi
,
i
cui
nomi
risonarono
in
Europa
tra
il
secolo
XII
e
il
XVI
come
scoppi
di
folgore
,
corre
la
stessa
differenza
che
tra
l
'
impero
ottomano
dei
nostri
giorni
e
quello
dei
primi
secoli
.
Quelli
raccoglievano
davvero
in
sè
la
gioventù
,
la
bellezza
e
il
vigore
della
loro
razza
;
e
non
erano
soltanto
un
'
immagine
vivente
del
proprio
popolo
,
una
bella
insegna
,
una
perla
preziosa
della
spada
dell
'
islamismo
;
ma
ne
costituivano
per
sè
soli
una
vera
forza
,
e
tale
,
che
non
c
'
è
chi
possa
disconoscere
nelle
loro
qualità
personali
una
delle
cagioni
più
efficaci
del
meraviglioso
incremento
della
potenza
ottomana
.
Il
più
bel
periodo
è
quello
della
prima
giovinezza
della
dinastia
che
abbraccia
centonovantatrè
anni
da
Osmano
a
Maometto
II
.
Quella
fu
davvero
una
catena
di
principi
fortissimi
,
e
fatta
una
sola
eccezione
,
e
tenuto
conto
dei
tempi
e
delle
condizioni
della
razza
,
austeri
e
saggi
e
amati
dai
propri
sudditi
;
spesso
feroci
,
ma
di
rado
ingiusti
,
e
sovente
anche
generosi
e
benefici
verso
i
nemici
;
e
tutti
poi
quali
si
capisce
che
dovessero
essere
dei
principi
di
quella
gente
,
belli
e
tremendi
d
'
aspetto
,
leoni
veri
,
come
le
loro
madri
li
chiamavano
"
di
cui
il
ruggito
faceva
tremare
la
terra
.
"
Gli
Abdul
-
Megid
,
gli
Abdul
-
Aziz
,
i
Murad
,
gli
Hamid
non
sono
che
larve
di
padiscià
in
confronto
di
quei
giovani
formidabili
,
figli
di
madri
di
quindici
e
di
padri
di
diciott
'
anni
,
nati
dal
fiore
del
sangue
tartaro
e
dal
fiore
della
bellezza
greca
,
persiana
,
caucasea
.
A
quattordici
anni
comandavano
eserciti
e
governavano
provincie
,
e
ricevevano
in
premio
dalle
proprie
madri
delle
schiave
belle
ed
ardenti
come
loro
.
A
sedici
anni
erano
già
padri
,
a
settanta
lo
diventavano
ancora
.
Ma
l
'
amore
non
infiacchiva
in
loro
la
tempra
gagliardissima
dell
'
animo
e
delle
membra
.
L
'
animo
era
di
ferro
,
dicevano
i
poeti
,
e
il
corpo
era
d
'
acciaio
.
Avevano
tutti
certi
tratti
comuni
,
che
si
perdettero
poi
nei
loro
nepoti
degeneri
:
la
fronte
alta
,
le
sopracciglia
arcate
e
riunite
come
quelle
dei
persiani
,
gli
occhi
azzurrini
dei
figli
delle
steppe
,
il
naso
che
si
curvava
sulla
bocca
purpurea
"
come
il
becco
d
'
un
pappagallo
sopra
una
ciliegia
"
e
foltissime
barbe
nere
,
per
le
quali
i
poeti
del
serraglio
si
stillavano
a
cercar
paragoni
gentili
o
terribili
.
Avevano
"
lo
sguardo
dell
'
aquila
di
monte
Tauro
e
la
forza
del
re
del
deserto
;
colli
di
toro
,
larghissime
spalle
,
petti
sporgenti
che
poteva
contenere
tutta
l
'
ira
guerriera
dei
loro
popoli
"
,
braccia
lunghissime
,
articolazioni
colossali
,
gambe
corte
ed
arcate
,
che
facevano
nitrir
di
dolore
i
più
vigorosi
cavalli
turcomanni
,
e
grandi
mani
irsute
che
palleggiavano
come
canne
le
mazze
e
gli
archi
enormi
dei
loro
soldati
di
bronzo
.
E
portavano
dei
soprannomi
degni
di
loro
:
il
lottatore
,
il
campione
,
la
folgore
,
lo
stritolatore
d
'
ossa
,
lo
spargitore
di
sangue
.
La
guerra
era
dopo
Allà
il
primo
dei
loro
pensieri
,
e
la
morte
era
l
'
ultimo
.
Non
avevano
il
genio
dei
grandi
capitani
,
ma
erano
dotati
tutti
di
quella
prontezza
di
risoluzione
che
quasi
sempre
vi
supplisce
,
e
di
quella
feroce
ostinatezza
che
consegue
non
di
rado
i
medesimi
effetti
.
Trasvolavano
,
come
furie
alate
,
pei
campi
di
battaglia
,
mostrando
di
lontano
le
lunghe
penne
d
'
airone
confitte
nei
turbanti
candidi
,
e
gli
ampi
caffettani
tessuti
d
'
oro
e
di
porpora
,
e
i
loro
urli
selvaggi
ricacciavano
innanzi
le
schiere
macellate
dalla
mitraglia
serba
e
tedesca
,
quando
non
bastavano
più
i
nerbi
di
bue
di
mille
sciaù
furibondi
.
Lanciavano
i
loro
cavalli
a
nuoto
nei
fiumi
mulinando
al
disopra
delle
acque
le
scimitarre
stillanti
di
sangue
;
afferravano
per
la
strozza
e
stramazzavano
di
sella
,
passando
,
i
pascià
infingardi
o
vigliacchi
;
balzavano
giù
da
cavallo
,
nelle
rotte
,
e
piantavano
i
loro
pugnali
scintillanti
di
rubini
nel
dorso
dei
soldati
fuggiaschi
;
e
feriti
a
morte
,
salivano
,
comprimendo
la
ferita
,
sopra
un
rialto
del
campo
,
per
mostrare
ai
loro
giannizzeri
il
volto
smorto
ma
ancora
minacciane
e
imperioso
,
finchè
cadevano
ruggendo
di
rabbia
ma
non
di
dolore
.
Quale
doveva
essere
il
sentimento
di
quelle
loro
giovanette
circasse
o
persiane
appena
uscite
dalla
puerizia
,
quando
per
la
prima
volta
,
la
sera
d
'
un
giorno
di
battaglia
,
sotto
una
tenda
purpurea
,
al
lume
velato
d
'
una
lampada
,
si
vedevano
comparire
davanti
uno
di
quei
sultani
spaventosi
e
superbi
,
inebbriati
dalla
vittoria
e
dal
sangue
?
Ma
allora
essi
diventavano
dolci
e
amorosi
,
e
stringendo
quelle
mani
infantili
nelle
loro
gigantesche
mani
ancora
convulse
dalla
stretta
della
spada
,
cercavano
mille
immagini
dai
fiori
dei
loro
giardini
,
dalle
perle
dei
loro
pugnali
,
dai
più
belli
uccelli
dei
loro
boschi
,
dai
più
bei
colori
delle
aurore
dell
'
Anatolia
e
della
Mesopotamia
per
lodare
la
bellezza
delle
loro
schiave
tremanti
,
fin
che
esse
prendevano
animo
,
e
rispondevano
nel
loro
linguaggio
appassionato
e
fantastico
:
-
Corona
del
mio
capo
!
Gloria
della
mia
vita
!
Mio
dolce
e
tremendo
Signore
!
Che
il
tuo
volto
sia
sempre
bianco
e
splendido
nei
due
mondi
dell
'
Asia
e
dell
'
Europa
!
Che
la
vittoria
ti
segua
da
per
tutto
dove
ti
porterà
il
tuo
cavallo
!
Che
la
tua
ombra
si
stenda
sopra
tutta
la
terra
!
Io
vorrei
essere
una
rosa
per
olezzare
sulla
cima
del
tuo
turbante
,
o
una
farfalla
per
battere
le
ali
sulla
tua
fronte
!
-
E
poi
,
colla
voce
velata
,
raccontavano
a
quei
grandi
amanti
appagati
,
che
s
'
assopivano
sul
loro
seno
,
le
loro
storie
fanciullesche
di
palazzi
di
smeraldo
e
di
montagne
d
'
oro
,
mentre
intorno
alla
tenda
,
per
la
campagna
insanguinata
ed
oscura
,
l
'
esercito
feroce
dormiva
.
Ma
essi
lasciavano
ogni
mollezza
sulla
soglia
dell
'
arem
,
e
uscivano
da
quegli
amori
più
fieri
e
più
ardenti
.
Erano
dolci
nell
'
arem
,
feroci
sul
campo
,
umili
nella
moschea
,
superbi
sul
trono
.
Di
qui
parlavano
un
linguaggio
pieno
d
'
iperboli
sfolgoranti
e
di
minacce
fulminee
,
ed
ogni
loro
sentenza
era
una
sentenza
irrevocabile
che
bandiva
una
guerra
,
o
innalzava
un
uomo
all
'
apice
della
fortuna
,
o
faceva
rotolare
una
testa
ai
piedi
del
trono
,
o
scatenava
un
uragano
di
ferro
o
di
foco
sopra
una
provincia
ribelle
.
Così
turbinando
dalla
Persia
al
Danubio
e
dall
'
Arabia
alla
Macedonia
,
fra
le
battaglie
,
i
trionfi
,
le
caccie
,
gli
amori
,
passavano
dal
fiore
degli
anni
a
una
virilità
più
bollente
e
più
audace
della
giovinezza
,
e
poi
a
una
vecchiaia
della
quale
non
s
'
accorgeva
nè
il
seno
delle
loro
belle
nè
il
dorso
dei
loro
cavalli
nè
l
'
elsa
della
loro
spada
.
E
non
solo
nella
vecchiaia
,
anche
nell
'
età
verde
avveniva
qualche
volta
che
,
oppressi
dal
sentimento
della
loro
mostruosa
potenza
,
sgomentati
tutt
'
a
un
tratto
,
nel
furore
delle
vittorie
e
dei
trionfi
,
dalla
coscienza
d
'
una
responsabilità
più
che
umana
,
e
presi
da
una
specie
di
terrore
nella
solitudine
della
propria
altezza
,
si
volgevano
con
tutta
l
'
anima
a
Dio
,
e
passavano
i
giorni
e
le
notti
nei
recessi
oscuri
dei
loro
giardini
a
comporre
poesie
religiose
,
o
andavano
a
meditare
il
Corano
sulle
rive
del
mare
o
a
ballare
le
ridde
frenetiche
dei
dervis
o
a
macerarsi
coi
digiuni
e
coi
cilicii
nella
caverna
d
'
un
vecchio
eremita
.
E
come
nella
vita
,
così
nella
morte
si
presentarono
quasi
tutti
ai
loro
popoli
in
una
figura
o
venerabile
o
tremenda
,
sia
che
morissero
colla
serenità
dei
santi
come
il
capo
della
dinastia
,
o
carichi
d
'
anni
di
gloria
e
di
tristezza
come
Orkano
,
o
del
pugnale
d
'
un
traditore
come
Murad
I
,
o
nella
disperazione
dell
'
esilio
come
Baiazet
,
o
conversando
placidamente
fra
una
corona
di
dotti
e
di
poeti
come
il
primo
Maometto
,
o
del
dolore
d
'
una
sconfitta
come
il
secondo
Murad
;
e
si
può
dir
con
sicurezza
che
i
loro
fantasmi
minacciosi
sono
quanto
rimarrà
di
più
grande
e
di
più
poetico
sugli
orizzonti
color
di
sangue
della
storia
ottomana
.
LE
TURCHE
È
una
grande
sorpresa
per
chi
arriva
a
Costantinopoli
,
dopo
aver
inteso
parlar
tanto
della
schiavitù
delle
donne
turche
,
il
veder
donne
da
tutte
le
parti
e
a
tutte
le
ore
del
giorno
,
come
in
una
qualunque
città
europea
.
Pare
che
appunto
in
quel
giorno
a
tutte
quelle
rondini
prigioniere
sia
stato
dato
il
volo
per
la
prima
volta
e
che
sia
cominciata
un
'
èra
nuova
di
libertà
per
il
bel
sesso
musulmano
.
La
prima
impressione
è
curiosissima
.
Lo
straniero
si
domanda
,
al
vedere
tutte
le
donne
con
quei
veli
bianchi
e
quelle
lunghe
cappe
di
colori
ciarlataneschi
,
se
son
maschere
o
monache
o
pazze
;
e
siccome
non
se
ne
vede
una
sola
accompagnata
da
un
uomo
,
pare
che
non
debbano
essere
di
nessuno
,
che
siano
tutte
vedove
o
ragazze
,
o
che
appartengano
tutte
a
un
qualche
grande
ritiro
di
"
malmaritate
"
.
Nei
primi
giorni
non
ci
si
può
persuadere
che
tutti
quei
turchi
e
tutte
quelle
turche
che
s
'
incontrano
e
si
toccano
senza
guardarsi
e
senza
accompagnarsi
mai
,
possano
avere
tra
loro
qualcosa
di
comune
.
E
ogni
momento
s
'
è
costretti
a
fermarsi
per
osservare
quelle
strane
figure
e
per
meditare
su
quello
stranissimo
uso
.
Son
queste
dunque
,
si
dice
,
son
proprio
queste
quelle
"
avvincitrici
di
cuori
"
,
quelle
"
fonti
di
piacere
"
,
quelle
"
piccole
foglie
di
rosa
"
e
"
uve
primaticcie
"
e
"
rugiade
del
mattino
"
e
"
aurore
"
e
"
vivificatrici
"
e
"
lune
splendenti
"
di
cui
mille
poeti
ci
hanno
empita
la
testa
?
Queste
le
hanum
e
le
odalische
misteriose
,
che
a
vent
'
anni
,
leggendo
le
ballate
di
Victor
Hugo
all
'
ombra
d
'
un
giardino
,
abbiamo
sognate
tante
volte
,
come
creature
d
'
un
altro
mondo
,
di
cui
un
solo
amplesso
avrebbe
consunto
tutte
le
forze
della
nostra
giovinezza
?
Queste
le
belle
infelici
,
nascoste
dalle
grate
,
vigilate
dagli
eunuchi
,
separate
dal
mondo
,
che
passano
sulla
terra
,
come
larve
,
gettando
un
grido
di
voluttà
e
un
grido
di
dolore
?
Vediamo
che
cosa
c
'
è
ancora
di
vero
in
tutta
questa
poesia
.
-
Prima
di
tutto
,
il
viso
della
donna
turca
non
è
più
un
mistero
,
e
perciò
una
gran
parte
della
poesia
che
la
circondava
è
svanita
.
Quel
velo
geloso
che
,
secondo
il
Corano
,
doveva
essere
"
un
segno
della
sua
virtù
e
un
freno
ai
discorsi
del
mondo
"
,
non
è
più
che
un
'
apparenza
.
Tutti
sanno
come
è
fatto
il
jasmac
.
Sono
due
grandi
veli
bianchi
,
di
cui
uno
,
stretto
intorno
al
capo
come
una
benda
,
copre
la
fronte
fino
alle
sopracciglia
,
s
'
annoda
dietro
,
nei
capelli
,
al
di
sopra
della
nuca
,
e
ricade
sulla
schiena
,
in
due
lembi
,
fino
alla
cintura
;
l
'
altro
copre
tutta
la
parte
inferiore
del
viso
,
e
va
ad
annodarsi
col
primo
,
in
modo
che
par
tutto
un
velo
solo
.
Ma
questi
due
veli
,
che
dovrebbero
essere
di
mussolina
e
stretti
in
maniera
da
non
lasciar
vedere
che
gli
occhi
e
la
sommità
delle
guancia
,
sono
invece
di
tulle
radissimo
,
e
allentati
tanto
,
che
lasciano
vedere
non
solo
il
viso
,
ma
gli
orecchi
,
il
collo
,
le
treccie
,
e
spesso
anche
i
cappellini
all
'
europea
,
ornati
di
penne
e
di
fiori
,
che
portano
le
signore
"
riformate
"
.
E
perciò
accade
appunto
il
contrario
di
quello
che
si
vedeva
una
volta
,
quando
alle
donne
attempate
era
lecito
di
andare
col
viso
un
po
'
più
scoperto
,
e
alle
giovani
era
imposto
di
coprirsi
più
rigorosamente
.
Ora
son
le
giovani
,
e
specialmente
le
belle
,
quelle
che
si
mostrano
meglio
,
e
son
le
vecchie
che
per
ingannare
il
mondo
portano
il
velo
fitto
e
serrato
.
Quindi
un
'
infinità
di
bei
misteri
e
di
belle
sorprese
,
raccontate
dai
romanzieri
e
dai
poeti
,
non
sono
più
possibili
;
ed
è
una
fiaba
,
fra
le
altre
,
quella
che
lo
sposo
veda
per
la
prima
volta
il
viso
della
sua
sposa
nella
notte
nuziale
.
Ma
fuorchè
il
viso
,
tutto
è
ancora
nascosto
;
non
si
può
intravvedere
nè
il
seno
,
nè
la
vita
,
nè
il
braccio
,
nè
il
fianco
;
il
feregé
nasconde
rigorosamente
ogni
cosa
.
È
una
specie
di
tonaca
,
guernita
d
'
una
pellegrina
,
di
maniche
lunghissime
,
larga
,
senza
garbo
,
cadente
come
un
mantellaccio
dalle
spalle
ai
piedi
,
di
panno
l
'
inverno
,
di
seta
l
'
estate
,
e
tutta
d
'
un
colore
,
quasi
sempre
vivissimo
:
ora
rosso
vivo
,
ora
ranciato
,
ora
verde
;
e
l
'
uno
o
l
'
altro
predomina
d
'
anno
in
anno
,
rimanendo
inalterata
la
forma
.
Ma
benchè
insaccate
in
quel
modo
,
tanta
è
l
'
arte
con
cui
sanno
aggiustarsi
il
jasmac
,
che
le
belle
paiono
bellissime
,
e
le
brutte
graziose
.
Non
si
può
dire
che
cosa
fanno
con
quei
due
veli
,
con
che
grazia
se
li
dispongono
a
corona
e
a
turbante
,
con
che
ampiezza
e
con
che
nobiltà
di
pieghe
li
ravvolgono
e
li
sovrappongono
,
con
che
leggerezza
e
con
che
elegante
trascuranza
li
allentano
e
li
lasciano
cadere
,
come
li
fanno
servire
nello
stesso
tempo
a
mostrare
,
a
nascondere
,
a
promettere
,
a
proporre
degli
indovinelli
e
a
rivelare
inaspettatamente
delle
piccole
meraviglie
.
Alcune
pare
che
abbiano
intorno
al
capo
una
nuvola
bianca
e
diafana
,
che
debba
svanire
ad
un
soffio
;
altre
sembrano
inghirlandate
di
gigli
e
di
gelsomini
;
tutte
paiono
di
pelle
bianchissima
,
e
prendono
da
quei
veli
delle
sfumature
nivee
e
un
'
apparenza
di
morbidezza
e
di
freschezza
che
innamora
.
È
un
'
acconciatura
ad
un
tempo
austera
e
ridente
,
che
ha
qualche
cosa
di
sacerdotale
e
di
virgineo
;
sotto
la
quale
pare
che
non
debbano
nascere
che
pensieri
gentili
e
capricci
innocenti
....
Ma
vi
nasce
un
po
'
d
'
ogni
cosa
.
-
È
difficile
definire
la
bellezza
della
donna
turca
.
Posso
dire
che
quando
ci
penso
vedo
un
viso
bianchissimo
,
due
occhi
neri
,
una
bocca
purpurea
e
un
'
espressione
di
dolcezza
.
Quasi
tutte
però
son
dipinte
.
S
'
imbiancano
il
viso
con
pasta
di
mandorle
e
di
gelsomino
,
s
'
ingrandiscono
le
sopracciglia
con
inchiostro
di
china
,
si
tingono
le
palpebre
,
s
'
infarinano
il
collo
,
si
fanno
un
cerchio
nero
intorno
agli
occhi
,
si
mettono
dei
nei
sulle
guance
.
Ma
fanno
questo
con
garbo
;
non
come
le
belle
di
Fez
,
che
si
danno
delle
pennellate
da
imbianchini
.
La
maggior
parte
hanno
un
bel
contorno
ovale
,
un
nasino
un
po
'
arcato
,
le
labbra
grossette
,
il
mento
rotondo
,
colla
fossetta
;
molte
hanno
le
fossette
anche
nelle
guance
;
un
bel
collo
lunghetto
e
flessibile
;
e
mani
piccine
,
quasi
sempre
coperte
,
peccato
,
dalle
maniche
della
cappa
.
Quasi
tutte
poi
sono
grassotte
e
moltissime
di
statura
più
che
mezzana
:
rarissime
le
acciughe
e
i
crostini
dei
nostri
paesi
.
Se
hanno
un
difetto
comune
,
è
quello
di
camminar
curve
e
un
po
'
scomposte
,
con
una
certa
cascaggine
di
bambolone
cresciute
tutt
'
a
un
tratto
;
il
che
deriva
,
si
dice
,
da
una
mollezza
di
membra
,
di
cui
è
cagione
l
'
abuso
del
bagno
,
ed
anche
un
po
'
dalla
calzatura
disadatta
.
Si
vedono
,
infatti
,
delle
donnine
elegantissime
,
che
debbono
avere
un
piedino
di
nulla
,
calzate
di
babbuccie
da
uomo
o
di
stivaletti
lunghi
,
larghi
e
aggrinziti
,
che
una
pezzente
europea
sdegnerebbe
.
Ma
anche
in
quella
brutta
andatura
hanno
un
certo
garbo
fanciullesco
che
,
quando
ci
si
è
fatto
l
'
occhio
,
non
dispiace
.
Non
si
vede
nessuna
di
quelle
figure
impettite
,
di
quelle
mostre
da
modista
,
così
frequenti
nelle
città
europee
,
che
vanno
a
passetti
di
marionetta
,
e
che
par
che
saltellino
sopra
uno
scacchiere
.
Non
hanno
ancora
perduto
la
pesantezza
e
la
trascuranza
naturale
dell
'
andatura
orientale
,
e
se
la
perdessero
,
riuscirebbero
forse
più
maestose
,
ma
meno
simpatiche
.
Si
vedono
delle
figure
bellissime
e
di
bellezza
infinitamente
svariata
,
poichè
c
'
entra
col
sangue
turco
,
il
sangue
circasso
,
l
'
arabo
,
il
persiano
.
Ci
sono
delle
matrone
di
trent
'
anni
,
di
forme
opulente
,
che
il
feregé
non
basta
a
nascondere
,
altissime
,
con
grandi
occhi
scuri
,
colle
labbra
tumide
,
colle
narici
dilatate
,
-
pezzi
di
hanum
da
far
tremare
cento
schiave
con
uno
sguardo
,
-
vedendo
le
quali
,
par
davvero
una
ridicola
e
temeraria
spacconata
quella
dei
signori
turchi
che
pretendono
d
'
esser
quattro
volte
mariti
.
Ce
n
'
è
dell
'
altre
,
piccolette
e
paffutelle
,
che
han
tutto
rotondo
-
volto
,
occhi
,
naso
,
bocca
-
ed
un
'
aria
così
queta
,
così
benevola
,
così
bambina
,
un
'
apparenza
di
rassegnazione
così
docile
al
loro
destino
,
di
non
essere
che
un
trastullo
e
una
ricreazione
,
che
passandogli
accanto
,
vi
verrebbe
voglia
di
mettergli
in
bocca
una
caramella
.
Ci
son
poi
anche
le
figurine
svelte
,
sposine
di
sedici
anni
,
ardite
e
vivacissime
,
cogli
occhi
pieni
di
capricci
e
d
'
astuzie
,
che
fanno
pensare
con
un
sentimento
di
pietà
al
povero
effendi
che
le
ha
da
tenere
in
freno
e
al
disgraziato
eunuco
che
le
deve
tener
d
'
occhio
.
E
la
città
si
presta
mirabilmente
a
inquadrare
,
per
dir
così
,
la
loro
bellezza
e
il
loro
vestiario
.
Bisogna
vedere
una
di
quelle
figurine
col
velo
bianco
e
col
feregé
purpureo
,
seduta
in
un
caicco
,
in
mezzo
all
'
azzurro
del
Bosforo
;
o
adagiata
sull
'
erba
,
in
mezzo
al
verde
bruno
d
'
un
cimitero
;
o
anche
meglio
,
vederla
venir
giù
per
una
stradetta
ripida
e
solitaria
di
Stambul
,
chiusa
in
fondo
da
un
grande
platano
,
quando
tira
vento
,
e
i
veli
e
il
feregé
svolazzano
,
e
scoprono
collo
,
piedino
e
calzina
;
e
v
'
assicuro
che
in
quel
momento
,
se
fosse
sempre
in
vigore
l
'
indulgente
decreto
di
Solimano
il
Magnifico
,
che
multa
d
'
un
aspro
ogni
bacio
dato
alla
moglie
e
alla
figliola
altrui
,
allungherebbe
un
calcio
all
'
avarizia
anche
Arpagone
.
E
non
c
'
è
caso
che
quando
tira
vento
,
la
donna
turca
s
'
affanni
a
tener
basso
il
feregé
,
perché
il
pudore
delle
musulmane
non
va
più
in
giù
delle
ginocchia
,
e
s
'
arresta
qualche
volta
assai
prima
.
-
Una
cosa
che
stupisce
,
sulle
prime
,
è
la
loro
maniera
di
guardare
e
di
ridere
,
che
scuserebbe
qualunque
giudizio
più
temerario
.
Accade
spessissimo
che
un
giovane
europeo
,
guardando
fisso
una
donna
turca
,
anche
di
alto
bordo
,
sia
ricambiato
con
uno
sguardo
sorridente
o
con
un
sorriso
aperto
.
Non
è
raro
nemmeno
che
una
bella
hanum
in
carrozza
,
faccia
,
di
nascosto
all
'
eunuco
,
un
saluto
grazioso
colla
mano
a
un
giovanotto
franco
a
cui
si
sia
accorta
di
piacere
.
Qualche
volta
,
in
un
cimitero
o
in
una
strada
appartata
,
una
turca
capricciosa
s
'
arrischia
perfino
a
gettare
un
fiore
passando
,
o
a
lasciarlo
cadere
in
terra
coll
'
intenzione
manifesta
che
sia
raccolto
dal
giaurro
elegante
che
le
vien
dietro
.
Per
questo
un
viaggiatore
fatuo
può
prendere
dei
grandi
abbagli
,
e
ci
sono
infatti
degli
europei
scimuniti
,
che
,
essendo
stati
un
mese
a
Costantinopoli
,
credono
in
buona
fede
d
'
aver
rubata
la
pace
a
un
centinaio
di
sventurate
.
C
'
è
senza
dubbio
,
in
quegli
atti
,
un
'
espressione
ingenua
di
simpatia
;
ma
c
'
entra
in
parte
assai
maggiore
uno
spirito
di
ribellione
,
che
tutte
le
turche
hanno
in
cuore
,
nato
dall
'
uggia
della
soggezione
in
cui
sono
tenute
,
e
al
quale
danno
sfogo
,
come
e
quando
possono
,
in
piccole
monellerie
,
non
fosse
che
per
far
dispetto
,
in
segreto
,
ai
loro
padroni
.
Fanno
in
quel
modo
più
per
fanciullaggine
che
per
civetteria
.
E
la
loro
civetteria
è
d
'
un
genere
singolarissimo
,
che
somiglia
molto
ai
primi
esperimenti
delle
ragazzine
quando
cominciano
ad
accorgersi
d
'
esser
guardate
.
È
un
gran
ridere
,
un
guardare
in
su
colla
bocca
aperta
in
atto
di
stupore
,
un
fingere
d
'
aver
male
al
capo
o
a
una
gamba
,
certi
atti
di
dispetto
il
feregé
che
le
imbarazza
,
certi
scatti
da
scolarette
,
che
sembran
fatti
più
per
far
ridere
che
per
sedurre
.
Mai
un
atteggiamento
da
salotto
o
da
fotografia
.
Quella
po
'
d
'
arte
che
mostrano
è
proprio
un
'
arte
rudimentale
.
Si
vede
,
come
direbbe
il
Tommaseo
,
che
non
hanno
molti
veli
da
gettar
via
;
che
non
sono
abituate
ai
lunghi
amoreggiamenti
,
ad
"
essere
circuite
alla
muta
"
come
le
donne
geroglifiche
del
Giusti
;
e
che
quando
hanno
una
simpatia
,
invece
di
star
lì
tanto
a
sospirare
e
a
girar
gli
occhi
,
direbbero
addirittura
,
se
potessero
esprimere
il
loro
sentimento
:
-
Cristiano
,
tu
mi
piaci
.
-
Non
potendolo
dire
colla
voce
,
glie
lo
dicono
francamente
,
mostrando
due
belle
file
di
perle
luccicanti
,
ossia
ridendogli
sul
viso
.
Sono
belle
tartare
ingentilite
.
-
E
son
libere
:
è
una
verità
che
lo
straniero
tocca
con
mano
appena
arrivato
.
È
una
esagerazione
il
dire
come
Lady
Montague
che
son
più
libere
delle
europee
;
ma
chiunque
è
stato
a
Costantinopoli
non
può
a
meno
di
ridere
quando
sente
parlare
della
loro
"
schiavitù
"
.
Le
signore
,
quando
vogliono
uscire
,
ordinano
agli
eunuchi
di
preparar
la
carrozza
,
escono
senza
chiedere
il
permesso
a
nessuno
,
e
tornano
a
casa
quando
vogliono
,
purchè
sia
prima
di
notte
.
Una
volta
non
potevano
uscire
senz
'
essere
accompagnate
da
un
eunuco
,
o
da
una
schiava
,
o
da
un
'
amica
,
e
le
più
ardite
,
se
non
volevano
altri
,
dovevano
almeno
condur
con
sè
un
figlioletto
,
che
fosse
come
un
titolo
al
rispetto
della
gente
.
Se
qualcheduna
si
faceva
veder
sola
in
un
luogo
appartato
,
era
facilissimo
che
una
guardia
di
città
o
un
qualunque
vecchio
turco
rigorista
la
fermasse
e
le
domandasse
:
-
Dove
vai
?
D
'
onde
vieni
?
Perché
non
hai
nessuno
con
te
?
Così
rispetti
il
tuo
effendi
?
Torna
a
casa
!
-
Ma
ora
escon
sole
a
centinaia
,
e
se
ne
vedono
a
tutte
le
ore
per
le
vie
dei
sobborghi
musulmani
e
della
città
franca
.
Vanno
a
far
visita
alle
amiche
da
un
capo
all
'
altro
di
Stambul
,
vanno
a
passar
delle
mezze
giornate
nelle
case
di
bagni
,
fanno
delle
gite
in
barchetta
,
il
giovedì
alle
Acque
dolci
d
'
Europa
,
la
domenica
alle
acque
d
'
Asia
,
il
venerdì
al
cimitero
di
Scutari
,
gli
altri
giorni
alle
isole
dei
Principi
,
a
Terapia
,
a
Bujukderé
,
a
Kalender
,
a
far
merenda
colle
loro
schiave
,
in
brigatelle
di
otto
o
dieci
;
vanno
a
pregare
alle
tombe
dei
Padiscià
e
delle
Sultane
,
a
vedere
i
conventi
dei
dervis
,
a
visitare
le
mostre
pubbliche
dei
corredi
nuziali
,
e
non
c
'
è
effigie
d
'
uomo
,
non
che
le
accompagni
o
le
segua
,
ma
che
,
se
anche
son
sole
,
ardisca
di
far
loro
un
'
osservazione
.
Vedere
un
turco
in
una
via
di
Costantinopoli
,
non
dico
a
braccetto
,
ma
al
fianco
,
ma
fermo
per
un
momento
a
discorrere
con
una
"
velata
"
,
quando
anche
portassero
scritto
in
fronte
che
son
marito
e
moglie
,
parrebbe
a
tutti
la
più
strana
delle
stranezze
,
o
per
meglio
dire
un
'
impudenza
inaudita
,
come
nelle
nostre
vie
un
uomo
e
una
donna
che
si
facessero
ad
alta
voce
delle
dichiarazioni
d
'
amore
.
Da
questo
lato
le
donne
turche
sono
veramente
più
libere
che
le
europee
,
e
non
si
può
dire
questa
libertà
quanto
la
godano
,
e
con
che
matto
desiderio
corrano
allo
strepito
,
alla
folla
,
alla
luce
,
all
'
aria
aperta
,
esse
che
in
casa
non
vedono
che
un
uomo
solo
,
ed
hanno
finestre
e
giardini
claustrali
.
Escono
e
scorazzano
per
la
città
coll
'
allegrezza
di
prigioniere
liberate
.
C
'
è
da
divertirsi
a
pedinarne
una
a
caso
,
alla
lontana
,
per
vedere
come
sanno
sminuzzarsi
e
raffinarsi
i
piaceri
del
vagabondaggio
.
Vanno
nella
moschea
più
vicina
a
dire
una
preghiera
e
si
fermano
a
cicalare
un
quarto
d
'
ora
con
un
'
amica
sotto
le
arcate
del
cortile
;
poi
al
bazar
a
dare
una
capatina
in
dieci
botteghe
,
e
a
farne
metter
sottosopra
un
paio
,
per
comprare
una
bagattella
;
poi
pigliano
il
tramway
,
scendono
al
mercato
dei
pesci
,
passano
il
ponte
,
si
fermano
a
contemplare
tutte
le
treccie
e
tutte
le
parrucche
dei
parrucchieri
di
via
di
Pera
,
entrano
in
un
cimitero
e
mangiano
un
dolce
sopra
una
tomba
,
ritornano
in
città
,
ridiscendono
al
Corno
d
'
oro
scantonando
cento
volte
e
guardando
colla
coda
dell
'
occhio
ogni
cosa
-
vetrine
,
stampe
,
annunzi
,
signore
che
passano
,
carrozze
,
insegne
,
porte
di
teatri
-
comprano
un
mazzo
di
fiori
,
bevono
una
limonata
da
un
acquaiolo
,
fanno
l
'
elemosina
a
un
povero
,
ripassano
il
Corno
d
'
oro
in
caicco
,
ricominciano
a
far
dei
nastri
per
Stambul
;
poi
pigliano
il
tramway
un
'
altra
volta
,
e
arrivate
sulla
porta
di
casa
,
son
capaci
di
tornare
indietro
,
per
fare
ancora
un
giro
di
cento
passi
intorno
a
un
gruppo
di
casette
;
tale
e
quale
come
i
ragazzi
che
escon
soli
la
prima
volta
,
e
che
in
quell
'
oretta
di
libertà
ci
vogliono
far
entrare
un
po
'
di
tutto
.
Un
povero
effendi
corpulento
che
volesse
tener
dietro
a
sua
moglie
per
scoprire
se
ha
qualche
ripesco
,
rimarrebbe
sgambato
a
mezza
strada
.
-
Per
vedere
il
bel
sesso
musulmano
,
bisogna
andare
un
giorno
di
gran
festa
alle
Acque
dolci
d
'
Europa
,
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
,
o
a
quelle
d
'
Asia
,
vicino
al
villaggio
di
Anaduli
-
Hissar
;
che
sono
due
grandi
giardini
pubblici
,
coperti
da
boschetti
foltissimi
,
attraversati
da
due
piccoli
fiumi
,
e
sparsi
di
caffè
e
di
fontane
.
Là
sopra
un
vasto
piano
erboso
,
all
'
ombra
dei
noci
,
dei
terebinti
,
dei
platani
,
dei
sicomori
,
che
formano
una
successione
di
padiglioni
verdi
,
per
cui
non
passa
un
raggio
di
sole
,
si
vedono
migliaia
di
turche
sedute
a
gruppi
e
a
circoli
,
circondate
di
schiave
,
d
'
eunuchi
,
di
bambini
,
che
merendano
e
folleggiano
per
una
mezza
giornata
,
in
mezzo
a
un
via
vai
di
gente
infinito
.
Appena
giunti
si
rimane
come
trasognati
.
Par
di
vedere
una
festa
del
paradiso
islamitico
.
Quella
miriade
di
veli
bianchissimi
e
di
feregé
scarlatti
,
gialli
,
verdi
e
cinerei
,
quegli
innumerevoli
gruppi
di
schiave
vestite
di
mille
colori
,
quel
formicolìo
di
bimbi
in
costume
di
mascherine
,
i
grandi
tappeti
di
Smirne
distesi
in
terra
,
i
vasellami
argentati
e
dorati
che
passano
di
mano
in
mano
,
i
caffettieri
musulmani
,
in
abito
di
gala
,
che
corrono
in
giro
portando
frutti
e
gelati
,
gli
zingari
che
danzano
,
i
pastori
bulgari
che
suonano
,
i
cavalli
bardati
d
'
oro
e
di
seta
che
scalpitano
legati
agli
alberi
,
i
pascià
,
i
bey
,
i
giovani
signori
che
galoppano
lungo
la
riva
del
fiume
,
il
movimento
della
folla
lontana
che
sembra
il
tremolìo
d
'
un
campo
di
camelie
e
di
rose
,
i
caicchi
variopinti
e
le
carrozze
splendide
che
arrivano
continuamente
a
versare
in
quel
mare
di
colori
altri
colori
,
e
il
suono
confuso
dei
canti
,
dei
flauti
,
delle
zampogne
,
delle
nacchere
,
delle
grida
infantili
,
in
mezzo
a
quella
bellezza
di
verde
e
d
'
ombra
,
svariata
qua
e
là
da
piccole
vedute
luminose
di
paesaggi
lontani
;
presentano
uno
spettacolo
così
festoso
e
così
nuovo
che
al
primo
vederlo
vien
voglia
di
batter
le
mani
e
di
gridare
:
-
Bravissimi
!
-
come
a
scena
di
teatro
.
-
Ed
anche
là
,
malgrado
la
confusione
,
è
rarissimo
il
cogliere
sul
fatto
un
turco
e
una
turca
che
amoreggino
cogli
occhi
o
si
scambino
dei
sorrisi
e
dei
gesti
d
'
intelligenza
.
Là
non
esiste
la
galanteria
coram
populo
come
nei
nostri
paesi
;
non
ci
sono
nè
le
sentinelle
melanconiche
,
che
vanno
e
vengono
sotto
le
finestre
,
nè
le
retroguardie
affannose
che
camminano
per
tre
ore
sulle
orme
delle
loro
belle
.
L
'
amore
si
fa
tutto
in
casa
.
Se
qualche
volta
,
in
una
strada
solitaria
,
si
sorprende
un
giovane
turco
che
guarda
in
su
a
una
finestrina
ingraticolata
dietro
la
quale
scintilla
un
occhietto
nero
o
spunta
una
manina
bianca
,
si
può
esser
quasi
certi
che
è
un
fidanzato
.
Ai
fidanzati
soli
si
permette
il
servizio
di
ronda
e
di
scorta
e
tutte
le
altre
fanciullaggini
dell
'
amore
ufficiale
,
come
quella
di
parlarsi
di
lontano
con
un
fiore
,
con
un
nastro
,
o
per
mezzo
del
colore
d
'
un
vestito
o
di
una
ciarpa
.
E
in
questo
le
turche
sono
maestre
.
Hanno
migliaia
di
oggetti
,
tra
fiori
,
frutti
,
erbe
,
penne
,
pietre
,
ciascuno
dei
quali
possiede
un
significato
convenuto
,
che
è
un
epiteto
o
un
verbo
od
anche
una
proposizione
intera
,
in
modo
che
possono
mettere
insieme
una
lettera
con
un
mazzetto
e
dir
mille
cose
con
una
scatolina
o
una
borsa
piena
di
oggettini
svariatissimi
,
che
paiono
riuniti
a
caso
;
e
siccome
il
significato
d
'
ogni
oggetto
è
per
lo
più
espresso
in
un
verso
,
così
ogni
amante
è
in
grado
di
comporre
una
poesia
amorosa
od
anche
un
poemetto
polimetrico
in
cinque
minuti
.
Un
chiodetto
di
garofano
,
una
striscia
di
carta
,
una
fettina
di
pera
,
un
pezzetto
di
sapone
,
un
fiammifero
,
un
po
'
di
fil
d
'
oro
e
un
grano
di
cannella
e
di
pepe
,
vogliono
dire
:
-
È
molto
tempo
che
t
'
amo
-
,
che
ardo
-
,
che
languisco
-
,
che
muoio
d
'
amore
per
te
.
-
Dammi
un
po
'
di
speranza
-
non
mi
respingere
-
rispondimi
una
parola
.
-
E
oltre
all
'
amore
,
c
'
è
modo
di
dir
mille
cose
:
si
possono
far
dei
rimproveri
,
dar
consigli
,
avvertimenti
,
notizie
;
ed
è
una
grande
occupazione
delle
giovanette
,
al
tempo
dei
primi
palpiti
,
quella
d
'
imparare
questo
frasario
simbolico
,
e
di
comporne
delle
lunghe
lettere
dirette
a
dei
bei
sultani
ventenni
,
veduti
in
sogno
.
E
fanno
lo
stesso
per
il
linguaggio
dei
gesti
,
alcuni
dei
quali
sono
graziosissimi
;
quello
che
fa
l
'
uomo
,
per
esempio
,
fingendo
di
lacerarsi
il
petto
con
un
pugnale
,
che
significa
:
-
Sono
lacerato
dalle
furie
dell
'
amore
-
;
a
cui
la
donna
risponde
lasciando
cader
le
braccia
lungo
i
fianchi
,
in
modo
che
s
'
apra
un
poco
dinanzi
il
feregé
,
che
vuol
dire
:
-
Io
t
'
apro
le
mie
braccia
.
-
Ma
non
c
'
è
forse
un
Europeo
che
abbia
mai
visto
far
queste
cose
;
le
quali
,
d
'
altra
parte
,
sono
oramai
piuttosto
tradizioni
che
usi
;
e
non
s
'
imparano
dai
Turchi
,
i
quali
arrossirebbero
di
parlarne
,
ma
da
qualche
ingenua
hanum
,
che
le
confida
a
qualche
amica
cristiana
.
-
Per
questo
mezzo
pure
si
conosce
il
modo
di
vestire
della
donna
turca
fra
le
pareti
dell
'
arem
,
quel
bel
costume
capriccioso
e
pomposo
,
di
cui
tutti
hanno
un
'
idea
,
e
che
dà
a
ogni
donna
la
dignità
d
'
una
principessa
e
la
grazia
d
'
una
bambina
.
Noi
non
lo
vedremo
mai
,
eccetto
che
la
moda
lo
porti
nei
nostri
paesi
,
perchè
,
se
anche
un
giorno
cadrà
il
feregé
,
le
turche
saranno
allora
vestite
all
'
europea
anche
di
sotto
.
Che
rodimento
per
i
pittori
e
che
peccato
per
tutti
!
Bisogna
raffigurarsi
una
bella
turca
"
svelta
come
un
cipresso
"
e
colorita
"
di
tutte
le
sfumature
dei
petali
della
rosa
"
con
una
berrettina
di
velluto
rosso
o
di
stoffa
argentata
,
un
po
'
inclinata
a
destra
;
colle
treccie
nere
giù
per
le
spalle
;
con
una
veste
di
damasco
bianco
ricamata
d
'
oro
,
colle
maniche
a
gozzi
e
un
lunghissimo
strascico
,
aperta
dinanzi
in
modo
da
lasciar
vedere
due
grandi
calzoni
di
seta
rosea
,
che
cascano
con
mille
pieghe
su
due
scarpettine
ritorte
in
su
alla
chinese
;
con
una
cintura
di
raso
verde
intorno
alla
vita
;
con
diamanti
nelle
collane
,
negli
spilloni
,
nei
braccialetti
,
nei
fermagli
,
nelle
treccie
,
nella
nappina
del
berretto
,
sulle
babbuccie
,
sul
collo
della
camicia
,
sulla
cintura
,
intorno
alla
fronte
;
lampeggiante
da
capo
a
piedi
come
una
madonna
delle
cattedrali
spagnuole
,
e
adagiata
,
in
un
atteggiamento
infantile
,
sopra
un
largo
divano
,
in
mezzo
a
una
corona
di
belle
schiave
circasse
,
arabe
e
persiane
,
ravvolte
,
come
statue
antiche
,
in
grandi
vesti
cadenti
;
-
o
immaginare
una
sposa
"
bianca
come
la
cima
dell
'
Olimpo
"
,
vestita
di
raso
cilestrino
e
tutta
coperta
da
un
grande
velo
intessuto
d
'
oro
,
seduta
sopra
un
'
ottomana
imperlata
,
dinanzi
alla
quale
lo
sposo
,
inginocchiato
sopra
un
tappeto
di
Teheran
,
fa
la
sua
ultima
preghiera
prima
di
scoprire
il
suo
tesoro
;
-
o
rappresentarsi
una
favorita
innamorata
,
che
aspetta
il
suo
signore
nella
stanza
più
segreta
dell
'
arem
,
non
più
vestita
che
della
zuavina
e
dei
calzoncini
,
che
mettono
in
rilievo
tutte
le
grazie
del
suo
corpo
flessibile
,
e
le
danno
l
'
aspetto
d
'
un
bel
paggio
snello
e
elegante
;
e
bisogna
convenire
che
quei
brutti
turchi
"
riformati
"
colla
testa
pelata
e
il
soprabito
nero
,
hanno
assai
più
di
quello
che
meritano
.
Questo
vestiario
di
casa
,
però
,
va
soggetto
ai
capricci
della
moda
.
Le
donne
,
non
avendo
altro
da
fare
,
passano
il
tempo
a
cercare
nuove
acconciature
;
si
coprono
di
gale
e
di
fronzoli
,
si
mettono
penne
e
nastri
nei
capelli
,
bende
intorno
al
capo
,
pelliccie
intorno
al
collo
e
alle
braccia
;
prendono
qualcosa
ad
imprestito
da
tutti
i
vestimenti
orientali
;
mescolano
la
moda
europea
colla
moda
turca
;
si
mettono
delle
parrucche
,
si
tingono
i
capelli
di
nero
,
di
biondo
,
di
rosso
,
si
sbizzarriscono
in
mille
modi
e
gareggiano
fra
di
loro
come
le
più
sfrenate
ambiziose
delle
grandi
città
europee
.
Se
un
giorno
di
festa
,
alle
Acque
dolci
,
si
potessero
far
sparire
con
un
colpo
di
bacchetta
magica
tutti
i
feregé
e
tutti
i
veli
,
si
vedrebbero
probabilmente
delle
turche
vestite
da
regine
asiatiche
,
altre
da
crestaine
francesi
,
altre
da
gran
signore
in
abbigliamento
da
ballo
,
altre
da
mercantesse
in
pompa
magna
,
da
vivandiere
,
da
cavallerizze
,
da
greche
,
da
zingarelle
:
tante
varietà
di
vestiario
quante
se
ne
vedono
nel
sesso
mascolino
sul
ponte
della
Sultana
Validè
.
-
Gli
appartamenti
dove
stanno
queste
belle
e
ricche
maomettane
corrispondono
in
qualche
modo
al
loro
vestiario
seducente
e
bizzarro
.
Le
stanze
riserbate
alle
donne
sono
per
lo
più
in
bei
siti
,
da
cui
si
godono
vedute
meravigliose
sulla
campagna
o
sul
mare
o
sopra
una
gran
parte
di
Costantinopoli
.
Sotto
,
c
'
è
un
giardinetto
chiuso
da
alti
muri
,
rivestiti
d
'
edera
e
di
gelsomini
;
sopra
,
una
terrazza
;
dalla
parte
della
strada
,
dei
camerini
sporgenti
e
vetrati
,
come
i
miradores
delle
case
spagnuole
.
L
'
interno
è
delizioso
.
Sono
quasi
tutte
piccole
sale
:
i
palchetti
coperti
di
stuoie
chinesi
o
di
tappeti
,
i
soffitti
dipinti
di
frutti
e
di
fiori
,
larghi
divani
lungo
le
pareti
,
una
fontanella
di
marmo
nel
mezzo
,
vasi
di
fiori
alle
finestre
,
e
quella
luce
vaga
e
soavissima
,
che
è
tutta
propria
della
casa
orientale
,
una
luce
di
bosco
,
che
so
io
?
di
claustro
,
di
luogo
sacro
e
gentile
,
che
impone
di
camminare
sulla
punta
dei
piedi
,
di
parlar
con
un
filo
di
voce
,
di
non
dire
che
parole
umili
e
dolci
,
di
non
discorrere
che
d
'
amore
o
di
Dio
.
Questa
luce
languida
,
i
profumi
del
giardino
,
il
mormorio
dell
'
acqua
,
le
schiave
che
passano
come
ombre
,
il
silenzio
profondo
che
regna
in
tutta
la
casa
,
le
montagne
dell
'
Asia
di
cui
si
vede
l
'
azzurro
a
traverso
i
fori
delle
grate
e
i
rami
del
caprifoglio
che
fanno
tenda
alle
finestre
,
destano
nelle
europee
,
che
entrano
fra
quelle
mura
per
la
prima
volta
,
un
sentimento
inesprimibile
di
dolcezza
e
di
malinconia
.
La
decorazione
della
maggior
parte
di
questi
arem
è
semplice
e
quasi
severa
;
ma
ve
ne
sono
pure
degli
splendidissimi
,
colle
pareti
coperte
di
raso
bianco
rabescato
d
'
oro
,
coi
soffitti
di
cedro
,
colle
grate
dorate
,
con
suppellettili
preziose
.
Dalle
suppellettili
s
'
indovina
la
vita
.
Non
si
vedono
che
poltrone
,
ottomane
grandi
e
piccine
,
piccoli
tappeti
,
sgabelli
,
panchettini
,
cuscini
di
tutte
le
forme
e
materasse
coperte
di
scialli
e
di
broccati
;
un
mobilio
tutto
mollezza
e
delicature
,
che
dice
in
mille
modi
:
-
Siedi
,
allungati
,
ama
,
addormentati
,
sogna
.
-
Ci
si
trovano
qua
e
là
degli
specchietti
a
mano
e
dei
larghi
ventagli
di
penne
di
struzzo
;
dalle
pareti
pendono
dei
cibuk
cesellati
;
ci
son
gabbie
d
'
uccelli
alle
finestre
,
profumiere
in
mezzo
alle
stanze
,
orologi
a
musica
sui
tavolini
,
balocchi
e
gingilli
d
'
ogni
maniera
,
che
accusano
i
mille
capricci
puerili
d
'
una
donnina
sfaccendata
che
si
secca
.
E
non
c
'
è
soltanto
il
lusso
delle
cose
apparenti
.
Ci
son
case
in
cui
tutto
il
servizio
da
tavola
è
d
'
argento
dorato
,
d
'
oro
massiccio
i
vasi
delle
acque
odorose
,
le
serviette
di
raso
frangiate
d
'
oro
,
e
brillanti
e
pietre
preziose
nelle
posate
,
nelle
tazze
da
caffè
,
nelle
anfore
,
nelle
pipe
,
nelle
tappezzerie
,
nei
ventagli
;
come
ci
son
altre
case
,
e
in
molto
maggior
numero
,
si
capisce
,
in
cui
nulla
o
quasi
nulla
è
mutato
dall
'
antica
tenda
o
capanna
tartara
,
di
cui
tutta
la
masserizia
sta
sul
dorso
di
un
mulo
,
dove
tutto
è
pronto
per
un
nuovo
pellegrinaggio
a
traverso
l
'
Asia
;
case
verginalmente
maomettane
ed
austere
,
nelle
quali
,
quando
sia
giunta
l
'
ora
della
partenza
,
non
suonerà
che
la
voce
pacata
del
padrone
,
che
dirà
:
-
Olsun
!
-
Così
sia
!
-
-
La
casa
turca
è
divisa
,
come
tutti
sanno
,
in
due
parti
:
l
'
arem
e
il
selamlik
.
Il
selamlik
è
la
parte
riserbata
all
'
uomo
.
Qui
egli
ci
lavora
,
ci
desina
,
ci
riceve
gli
amici
,
ci
fa
la
siesta
,
e
ci
dorme
la
notte
quando
amore
"
non
gli
detta
dentro
"
.
La
donna
non
ci
penetra
mai
.
E
come
nel
selamlik
è
padrone
l
'
uomo
,
nell
'
arem
è
padrona
la
donna
.
Essa
ne
ha
l
'
amministrazione
ed
il
governo
e
ci
fa
quello
che
vuole
fuorchè
ricevervi
degli
uomini
.
Quando
non
le
garbi
di
ricevere
suo
marito
,
può
anche
fargli
dire
cortesemente
che
torni
un
'
altra
volta
.
Una
sola
porta
e
un
piccolo
corridoio
divide
per
lo
più
il
selamlik
dall
'
arem
;
eppure
sono
come
due
case
lontanissime
l
'
una
dall
'
altra
.
Gli
uomini
vanno
a
visitar
l
'
effendi
e
le
donne
vanno
a
trovar
la
hanum
senza
incontrarsi
e
senza
sentirsi
,
e
il
più
delle
volte
son
gente
sconosciuti
gli
uni
agli
altri
.
Le
persone
di
servizio
sono
separate
,
e
separate
quasi
sempre
le
cucine
.
Ciascuno
si
diverte
e
scialaqua
per
conto
suo
.
Raramente
il
marito
desina
colla
moglie
,
in
ispecie
quando
ne
ha
più
d
'
una
.
Non
hanno
nulla
di
comune
fuorchè
il
divano
su
cui
s
'
avvicinano
.
L
'
uomo
non
entra
quasi
mai
nell
'
arem
come
marito
,
ossia
come
compagno
e
come
educatore
dei
figliuoli
;
non
v
'
entra
che
come
amante
.
Entrandovi
,
lascia
sulla
soglia
,
se
può
,
tutti
i
pensieri
che
potrebbero
turbare
il
piacere
ch
'
egli
va
a
cercarvi
;
tutta
quella
parte
di
sè
stesso
,
che
non
ha
che
fare
col
suo
desiderio
di
quel
momento
.
Egli
va
là
per
dimenticare
le
cure
o
i
dolori
della
giornata
,
o
piuttosto
per
assopirne
in
sè
il
sentimento
;
non
per
domandar
lume
a
una
mente
serena
e
conforto
a
un
cuore
gentile
.
Nè
la
sua
donna
,
sarebbe
atta
a
quell
'
ufficio
.
Egli
non
si
cura
nemmeno
di
presentarsele
circondato
di
quella
qualsiasi
gloria
d
'
ingegno
o
di
sapere
o
di
potenza
,
che
potrebbe
renderlo
più
amabile
.
A
che
pro
?
Egli
è
il
dio
del
tempio
e
l
'
adorazione
gli
è
dovuta
;
non
ha
bisogno
di
farsi
valere
;
la
preferenza
ch
'
egli
dà
alla
donna
che
ricerca
basta
a
far
sì
ch
'
essa
gli
dia
con
un
sentimento
di
gratitudine
che
sembra
amore
l
'
amplesso
desiderato
da
lui
.
"
Donna
"
per
lui
significa
"
piacere
"
.
Quel
nome
porta
il
suo
pensiero
diritto
a
quel
senso
;
è
anzi
quasi
il
nome
stesso
del
senso
;
e
per
questo
gli
pare
impudico
il
pronunziarlo
,
e
non
lo
pronuncia
mai
;
e
se
ha
da
dire
:
-
M
'
è
nata
una
femmina
-
dice
:
-
M
'
è
nata
una
velata
,
una
nascosta
,
una
straniera
.
-
Così
non
ci
può
essere
un
'
intimità
vera
fra
loro
,
perché
v
'
è
sempre
tra
l
'
uno
e
l
'
altro
come
il
velo
del
senso
,
il
quale
nasconde
quegli
infiniti
segretissimi
recessi
dell
'
anima
,
che
non
si
vedono
se
non
a
traverso
la
limpidezza
d
'
una
famigliarità
lunga
e
tranquilla
.
Oltrechè
la
donna
,
sempre
preparata
alla
visita
,
abbigliata
e
atteggiata
quasi
per
quel
momento
,
intesa
sempre
a
vincere
una
rivale
o
a
conservare
una
predominanza
che
è
continuamente
in
pericolo
,
dev
'
essere
sempre
un
po
'
cortigiana
,
far
forza
a
sè
stessa
perché
tutto
sorrida
intorno
al
suo
signore
,
anche
quando
il
suo
cuore
è
triste
,
mostrargli
sempre
la
maschera
ridente
d
'
una
donna
fortunata
e
felice
,
perché
egli
non
se
ne
uggisca
e
se
ne
sdia
.
Perciò
il
marito
la
conosce
di
rado
come
sposa
,
come
non
ha
e
non
può
averla
conosciuta
figliuola
,
sorella
,
amica
;
come
non
la
conosce
madre
.
Ed
essa
lascia
così
isterilire
a
poco
a
poco
in
sè
medesima
le
qualità
nobili
che
non
può
rivelare
o
che
non
le
sono
pregiate
;
s
'
abitua
a
non
curare
se
non
quello
che
le
si
cerca
,
e
soffoca
spesso
risolutamente
la
voce
del
suo
cuore
e
del
suo
spirito
,
per
trovare
in
una
certa
sonnolenza
di
vita
animalesca
,
se
non
la
felicità
,
la
pace
.
Ha
,
è
vero
,
il
conforto
dei
figliuoli
,
e
il
marito
li
cerca
e
li
abbraccia
dinanzi
a
lei
;
ma
è
un
conforto
amareggiato
dal
pensiero
che
forse
,
un
'
ora
prima
,
egli
ha
baciato
i
figliuoli
d
'
un
'
altra
,
che
bacierà
forse
un
'
ora
dopo
quelli
d
'
una
terza
,
e
che
bacierà
quelli
d
'
una
quarta
tra
qualche
anno
.
L
'
amore
d
'
amante
,
l
'
affetto
di
padre
,
l
'
amicizia
,
la
confidenza
,
tutto
è
diviso
e
suddiviso
,
ed
ha
il
suo
orario
,
i
suoi
riguardi
,
le
sue
misure
,
le
sue
cerimonie
;
quindi
tutto
è
freddo
e
insufficiente
.
E
poi
v
'
è
sempre
in
fondo
qualcosa
di
sprezzante
e
di
mortalmente
ingiurioso
per
la
donna
nell
'
amore
del
marito
che
le
tiene
ai
fianchi
un
eunuco
.
Egli
le
dice
in
sostanza
:
-
Io
t
'
amo
,
tu
sei
"
la
mia
gioia
e
la
mia
gloria
"
,
tu
sei
"
la
perla
della
mia
casa
"
;
ma
sono
sicuro
che
se
questo
mostro
che
ti
sorveglia
fosse
un
uomo
,
tu
ti
prostituiresti
al
tuo
servitore
.
-
Variano
però
grandemente
le
condizioni
della
vita
coniugale
secondo
i
mezzi
pecuniarii
del
marito
,
anche
non
tenuto
conto
di
questo
,
che
chi
non
ha
mezzi
di
mantenere
più
d
'
una
donna
è
costretto
ad
avere
una
moglie
sola
.
Il
ricco
signore
vive
separato
di
casa
e
di
spirito
dalla
moglie
,
perché
può
tenere
un
appartamento
od
anche
una
casa
per
lei
sola
,
e
perchè
,
volendo
ricevere
amici
,
clienti
,
adulatori
,
senza
che
le
sue
donne
sian
viste
o
disturbate
,
è
costretto
ad
avere
una
casa
separata
.
Il
turco
di
mezzo
ceto
,
per
ragioni
d
'
economia
,
sta
più
vicino
a
sua
moglie
,
la
vede
più
sovente
e
vive
con
essa
in
maggiore
famigliarità
.
Il
turco
povero
,
in
fine
,
che
è
costretto
a
vivere
nel
minor
spazio
e
colla
minor
spesa
possibile
,
mangia
,
dorme
,
passa
tutte
le
sue
ore
libere
colla
moglie
e
coi
figliuoli
.
La
ricchezza
divide
,
la
povertà
unisce
.
Nella
casa
del
povero
non
c
'
è
differenza
reale
tra
la
vita
della
famiglia
cristiana
e
quella
della
famiglia
turca
.
La
donna
,
che
non
può
avere
una
schiava
,
lavora
,
e
il
lavoro
rialza
la
sua
dignità
e
la
sua
autorevolezza
.
Non
è
raro
che
essa
vada
a
tirar
fuori
il
marito
ozioso
dal
caffè
o
dalla
taverna
,
e
che
lo
spinga
a
casa
a
colpi
di
pantofola
.
Si
trattano
da
pari
a
pari
,
passano
la
sera
l
'
uno
accanto
all
'
altro
davanti
alla
porta
di
casa
;
nei
quartieri
più
appartati
,
vanno
sovente
insieme
a
far
le
spese
per
la
famiglia
;
e
occorre
molte
volte
di
vedere
,
in
un
cimitero
solitario
,
il
marito
e
la
moglie
che
fanno
merenda
vicino
al
cippo
d
'
un
parente
,
coi
loro
bambini
intorno
,
come
una
famigliuola
d
'
operai
dei
nostri
paesi
.
Ed
è
uno
spettacolo
più
commovente
appunto
perché
è
più
singolare
.
E
non
si
può
,
vedendolo
,
non
sentire
che
c
'
è
qualcosa
di
necessario
e
d
'
universalmente
ed
eternamente
bello
in
quel
nodo
d
'
anime
e
di
corpi
,
in
quel
gruppo
unico
d
'
affetti
;
che
non
c
'
è
posto
per
altri
;
che
una
nota
di
più
in
quell
'
armonia
la
guasta
o
la
distrugge
;
che
s
'
ha
un
bel
dire
e
un
bel
fare
,
ma
che
la
forza
prima
,
l
'
elemento
necessario
,
la
pietra
angolare
d
'
una
società
ordinata
e
giusta
è
là
;
-
che
ogni
altra
combinazione
d
'
affetti
e
d
'
interessi
è
fuori
della
natura
;
-
che
quella
sola
è
una
famiglia
,
e
l
'
altra
un
armento
;
-
che
quella
sola
è
una
casa
,
e
l
'
altra
un
lupanare
.
-
E
v
'
è
chi
dice
che
le
donne
orientali
sono
soddisfatte
della
poligamia
e
che
non
ne
comprendono
neppure
l
'
ingiustizia
.
Per
creder
questo
bisogna
non
conoscere
,
non
dico
l
'
Oriente
,
ma
nemmeno
l
'
anima
umana
.
Se
questo
fosse
vero
,
non
seguirebbe
quello
che
segue
:
cioè
che
non
v
'
è
quasi
ragazza
turca
la
quale
,
accettando
la
mano
d
'
un
uomo
,
non
gli
metta
per
condizione
di
non
sposarne
un
'
altra
,
lei
viva
;
non
ci
sarebbero
tante
spose
che
ritornano
alla
loro
famiglia
quando
il
marito
manca
a
quella
promessa
;
e
non
ci
sarebbe
un
proverbio
turco
che
dice
:
-
casa
di
quattro
donne
,
barca
nella
burrasca
.
-
Anche
se
è
adorata
da
suo
marito
,
la
donna
orientale
non
può
che
maledire
la
poligamia
,
per
cui
vive
sempre
con
quella
spada
di
Damocle
sul
capo
,
di
avere
di
giorno
in
giorno
una
rivale
,
non
nascosta
o
lontana
e
sempre
colpevole
,
com
'
è
necessariamente
quella
di
una
moglie
europea
;
ma
installata
accanto
a
lei
,
in
casa
sua
,
col
suo
titolo
,
coi
suoi
stessi
diritti
;
di
vedere
fors
'
anche
una
delle
sue
schiave
,
prescelta
a
odalisca
,
alzare
tutt
'
a
un
tratto
la
fronte
dinanzi
a
lei
,
e
trattarla
da
eguale
,
e
mettere
al
mondo
dei
figliuoli
che
hanno
gli
stessi
diritti
dei
suoi
.
È
impossibile
che
il
suo
cuore
non
senta
l
'
ingiustizia
di
quella
legge
.
Quando
il
marito
amato
da
lei
,
le
conduce
in
casa
un
'
altra
donna
,
essa
avrà
un
bel
pensare
che
,
facendo
questo
,
l
'
uomo
non
fa
che
valersi
d
'
un
diritto
che
gli
dà
il
codice
del
Profeta
.
In
fondo
all
'
anima
sua
sentirà
che
v
'
è
una
legge
più
antica
e
più
sacra
che
condanna
quell
'
atto
come
un
tradimento
e
una
prepotenza
,
sentirà
che
quell
'
uomo
non
è
più
suo
,
che
il
nodo
è
sciolto
,
che
la
sua
vita
è
spezzata
,
ch
'
essa
ha
il
diritto
di
ribellarsi
e
di
maledire
.
E
se
anche
non
ama
suo
marito
,
ha
mille
ragioni
di
detestare
quella
legge
:
l
'
interesse
leso
dei
suoi
figliuoli
,
il
suo
amor
proprio
ferito
,
la
necessità
in
cui
è
posta
,
o
di
vivere
abbandonata
o
di
non
essere
più
cercata
dall
'
uomo
che
per
compassione
o
per
un
desiderio
senz
'
amore
.
Si
dirà
che
la
donna
turca
sa
che
queste
cose
accadono
pure
alla
donna
europea
:
è
vero
;
ma
sa
pure
che
la
donna
europea
non
è
costretta
dalla
legge
civile
e
religiosa
a
rispettare
e
a
chiamar
sorella
colei
che
le
avvelena
la
vita
,
e
che
ha
almeno
la
consolazione
di
esser
considerata
come
una
vittima
,
e
che
ha
mille
modi
di
consolarsi
e
di
vendicarsi
senza
che
il
marito
le
possa
dire
,
come
può
dire
il
poligamo
a
una
delle
sue
mogli
infedeli
:
-
Io
ho
il
diritto
di
amare
cento
donne
,
e
tu
hai
il
dovere
di
non
amar
che
me
solo
.
-
È
vero
che
la
donna
turca
ha
molte
guarentigie
dalla
legge
e
molti
privilegi
per
consuetudine
.
È
generalmente
rispettata
con
una
certa
forma
di
gentilezza
cavalleresca
.
Nessun
uomo
oserebbe
alzar
la
mano
sopra
una
donna
in
mezzo
alla
via
.
Nessun
soldato
,
anche
nel
tafferuglio
d
'
una
sedizione
,
s
'
arrischierebbe
a
maltrattare
la
più
insolente
delle
popolane
.
Il
marito
tratta
la
moglie
con
una
certa
deferenza
cerimoniosa
.
La
madre
è
oggetto
d
'
un
culto
particolare
.
Non
c
'
è
uomo
che
osi
far
lavorare
la
donna
per
campare
sul
suo
lavoro
.
È
lo
sposo
che
assegna
una
dote
alla
sposa
;
essa
non
porta
alla
casa
maritale
che
il
suo
corredo
e
qualche
schiava
.
In
caso
di
ripudio
o
di
divorzio
,
il
marito
è
obbligato
a
dare
alla
moglie
tanto
che
basti
per
vivere
senza
disagio
;
e
quest
'
obbligo
lo
trattiene
da
usar
con
lei
dei
cattivi
trattamenti
,
che
le
diano
il
diritto
d
'
ottenere
la
separazione
.
La
facilità
del
divorzio
rimedia
in
parte
alle
tristi
conseguenze
dei
matrimonii
,
fatti
quasi
sempre
alla
cieca
per
effetto
della
costituzione
speciale
della
società
turca
,
nella
quale
i
due
sessi
vivono
divisi
.
Alla
donna
,
per
ottenere
il
divorzio
,
basta
poca
cosa
:
che
il
marito
l
'
abbia
maltrattata
una
volta
,
che
l
'
abbia
offesa
parlando
con
altri
,
che
l
'
abbia
trascurata
per
un
certo
tempo
.
Quando
essa
ha
da
lagnarsi
di
suo
marito
,
non
ha
che
da
presentare
le
sue
lagnanze
per
scritto
al
tribunale
;
può
,
quando
occorra
,
presentarsi
in
persona
a
un
vizir
,
al
gran
vizir
stesso
,
da
cui
è
quasi
sempre
ricevuta
e
ascoltata
senza
ritardo
e
benignamente
.
Se
non
può
andar
d
'
accordo
colle
altre
mogli
,
il
marito
è
tenuto
a
darle
una
casa
separata
;
e
se
anche
va
d
'
accordo
,
ha
diritto
a
un
appartamento
per
sè
sola
.
L
'
uomo
non
può
nè
sposare
nè
far
sue
odalische
le
schiave
che
la
moglie
ha
portato
con
sè
dalla
casa
paterna
.
Una
donna
stata
sedotta
e
abbandonata
,
può
farsi
sposare
dal
suo
seduttore
,
se
questi
non
ha
già
quattro
mogli
;
e
se
ne
ha
quattro
,
farsi
pigliare
in
casa
come
odalisca
,
e
il
padre
deve
riconoscere
il
figliuolo
;
il
perché
fra
i
turchi
non
ci
son
bastardi
.
Rarissimi
i
celibi
,
rarissime
le
vecchie
ragazze
;
assai
meno
frequenti
che
non
si
creda
i
matrimonii
forzati
,
perché
la
legge
punisce
i
padri
che
se
ne
rendono
colpevoli
.
Lo
Stato
dà
una
pensione
alle
vedove
senza
parenti
e
senza
mezzi
,
e
provvede
alle
orfane
;
molte
bambine
rimaste
in
mezzo
alla
strada
,
sono
pure
raccolte
da
signore
ricche
,
che
le
educano
e
le
maritano
;
è
raro
che
una
donna
sia
lasciata
nella
miseria
.
Tutto
questo
è
vero
ed
è
buono
;
ma
non
toglie
che
i
Turchi
ci
facciano
ridere
quando
vogliono
confrontare
con
vantaggio
la
condizione
sociale
della
loro
donna
a
quella
della
nostra
,
e
affermare
la
loro
società
immune
dalla
corruzione
di
cui
accusano
la
società
europea
.
Che
valgono
alla
donna
le
forme
del
rispetto
,
se
la
sua
condizione
di
moglie
suppletoria
è
per
sè
stessa
umiliante
?
Che
le
vale
la
facilità
di
divorziare
e
di
rimaritarsi
,
se
qualunque
altro
uomo
la
sposi
,
ha
il
diritto
di
metterla
nelle
condizioni
medesime
,
per
le
quali
s
'
è
separata
dal
primo
marito
?
Che
gran
cosa
che
l
'
uomo
abbia
l
'
obbligo
di
riconoscere
il
figlio
illegittimo
se
non
ha
i
mezzi
di
mantenerlo
,
e
se
può
averne
legittimamente
cinquanta
,
ai
quali
,
se
non
il
nome
,
tocca
di
bastardi
la
miseria
o
l
'
abbandono
?
Ci
dicono
che
non
commettono
infanticidii
;
ma
li
aborti
voluti
,
per
i
quali
hanno
delle
case
apposite
,
chi
li
conta
?
Ci
dicono
che
non
hanno
prostituzione
.
Ma
come
!
E
che
altro
mestiere
è
quello
delle
mille
concubine
caucasee
,
comprate
e
rivendute
cento
volte
?
Dicono
:
non
c
'
è
almeno
quella
pubblica
.
Che
baie
!
Murad
III
non
avrebbe
ordinato
di
mandare
di
là
dal
Bosforo
tutte
le
donne
di
mala
vita
,
e
si
sa
che
ne
fu
fatta
una
grande
retata
.
Vorrebbero
poi
farci
credere
che
è
più
facile
ad
uomo
aver
la
fedeltà
di
quattro
donne
che
di
una
sola
?
E
darci
ad
intendere
che
il
turco
che
ha
quattro
mogli
,
non
commette
più
peccati
fuori
di
casa
e
fuori
della
propria
religione
?
E
ci
parleranno
di
moralità
gli
uomini
più
devoti
alla
nefanda
voluptas
che
sian
sulla
terra
?
-
Da
tutto
questo
è
facile
argomentare
che
cosa
siano
le
donne
turche
.
Non
sono
la
maggior
parte
che
"
femmine
piacevoli
"
.
Le
più
non
sanno
che
leggere
e
scrivere
,
e
nè
leggono
nè
scrivono
;
e
sono
creature
miracolose
quelle
che
hanno
una
superficialissima
coltura
.
Già
ai
turchi
,
secondo
i
quali
le
donne
"
hanno
i
capelli
lunghi
e
l
'
intelligenza
corta
"
,
non
garba
ch
'
esse
coltivino
la
mente
perché
non
conviene
che
siano
in
nulla
eguali
o
superiori
a
loro
.
Così
,
non
ricavando
istruzione
dai
libri
,
e
non
potendo
riceverne
dalla
conversazione
cogli
uomini
,
rimangono
in
una
crassa
ignoranza
.
Dalla
separazione
dei
due
sessi
nasce
che
all
'
uno
manca
qualche
cosa
di
gentile
e
all
'
altro
qualche
cosa
di
alto
:
gli
uomini
diventano
rozzi
,
le
donne
diventano
comari
.
E
non
praticando
della
società
altro
che
un
piccolo
cerchio
donnesco
,
ritengono
quasi
tutte
fino
alla
vecchiezza
qualche
cosa
di
puerile
nelle
idee
e
nelle
maniere
:
una
curiosità
matta
di
mille
cose
,
uno
stupirsi
di
tutto
,
un
fare
un
gran
caso
d
'
ogni
inezia
,
una
maldicenza
piccina
,
un
'
abitudine
di
sdegni
e
di
dispettucci
da
educande
,
un
ridere
sguaiato
a
tutti
i
propositi
,
e
un
divertirsi
per
ore
a
giochi
bambineschi
,
come
inseguirsi
di
stanza
in
stanza
e
strapparsi
di
bocca
i
confetti
.
È
vero
che
hanno
per
contrapposto
,
per
dirla
alla
rovescia
dei
francesi
,
la
buona
qualità
nel
difetto
;
ed
è
che
sono
nature
schiette
e
trasparenti
,
dentro
alle
quali
si
legge
alla
prima
;
che
sono
quello
che
paiono
,
persone
vere
,
come
diceva
la
signora
di
Sevigné
,
non
maschere
,
nè
caricature
,
nè
scimmie
;
donne
aperte
e
tutte
d
'
un
pezzo
anche
nella
tristizia
;
e
se
è
vero
che
basta
che
una
di
esse
giuri
e
spergiuri
una
cosa
perché
nessuno
ci
creda
,
vuol
dire
appunto
che
non
hanno
arte
abbastanza
per
riuscire
nell
'
inganno
.
E
non
è
una
piccola
lode
il
dire
anche
che
non
ci
sono
fra
loro
nè
dottoresse
pesanti
,
nè
maestruccole
che
non
ciancino
altro
che
di
lingua
e
di
stile
,
nè
creature
vaporose
che
vivano
fuori
della
vita
.
Ma
è
anche
vero
che
in
quella
vita
angusta
,
priva
di
alte
ricreazioni
dello
spirito
,
nella
quale
rimane
perpetuamente
insoddisfatto
il
desiderio
istintivo
della
gioventù
e
della
bellezza
,
di
essere
ammirate
e
lodate
,
l
'
animo
loro
s
'
inasprisce
;
e
che
,
non
avendo
il
freno
dell
'
educazione
,
corrono
a
qualunque
eccesso
,
quando
una
brutta
passione
le
muove
.
E
l
'
ozio
fomenta
in
loro
mille
capricci
insensati
,
in
cui
s
'
ostinano
con
furore
,
e
li
vogliono
appagati
a
qualunque
prezzo
.
Oltrechè
,
in
quell
'
aria
sensuale
dell
'
arem
,
in
quella
compagnia
di
donne
inferiori
a
loro
di
nascita
e
d
'
educazione
,
lontane
dall
'
uomo
che
servirebbe
loro
di
freno
,
s
'
assuefanno
a
una
crudità
indicibile
di
linguaggio
,
non
conoscono
le
sfumature
dell
'
espressione
,
dicono
le
cose
senza
velo
,
amano
la
parola
che
fa
arrossire
,
lo
scherzo
inverecondo
,
l
'
equivoco
plebeo
;
diventano
sboccatamente
mordaci
ed
insolenti
;
tanto
che
all
'
europeo
che
intende
il
turco
,
occorre
qualche
volta
di
sentire
dalla
bocca
d
'
una
hanum
d
'
aspetto
signorile
,
stizzita
contro
un
bottegaio
indiscreto
o
sgarbato
,
delle
impertinenze
che
non
isfuggono
tra
noi
se
non
alle
donne
della
specie
peggiore
.
E
questa
loro
acrimonia
va
crescendo
col
crescere
delle
loro
relazioni
colle
donne
europee
o
della
loro
conoscenza
dei
nostri
costumi
,
che
alimentano
in
esse
lo
spirito
di
ribellione
;
e
quando
sono
amate
,
si
vendicano
con
una
tirannide
capricciosa
sui
loro
mariti
della
tirannide
sociale
a
cui
sono
soggette
.
Molti
hanno
dipinte
le
donne
turche
tutte
dolci
,
mansuete
,
peritose
.
Ma
ci
sono
anche
fra
loro
le
anime
ardite
e
feroci
.
Anche
là
,
nelle
sommosse
popolari
,
si
vedono
le
donne
in
prima
linea
;
si
armano
,
s
'
assembrano
,
arrestano
le
carrozze
dei
vizir
invisi
,
li
coprono
di
contumelie
,
li
pigliano
a
sassate
e
resistono
alla
forza
.
Sono
dolci
e
mansuete
,
come
tutte
le
donne
,
quando
nessuna
passione
le
rode
o
le
accende
.
Trattano
amorevolmente
le
schiave
,
se
non
ne
sono
gelose
;
dimostrano
tenerezza
pei
figliuoli
,
benchè
non
sappiano
o
non
si
curino
d
'
educarli
;
contraggono
fra
di
loro
,
specialmente
quelle
divise
dai
mariti
o
afflitte
dallo
stesso
dolore
,
delle
amicizie
tenerissime
,
piene
d
'
entusiasmo
giovanile
,
e
si
dimostrano
l
'
affetto
reciproco
vestendosi
degli
stessi
colori
,
profumandosi
colle
medesime
essenze
,
e
facendosi
dei
nei
della
stessa
forma
.
E
qui
potrei
aggiungere
quello
che
scrisse
più
d
'
una
viaggiatrice
europea
,
"
che
ci
sono
fra
loro
tutti
i
vizii
di
Babilonia
"
;
ma
mi
ripugna
,
in
una
cosa
così
grave
,
l
'
affermare
sulla
fede
altrui
.
-
Quale
è
la
loro
indole
,
tali
sono
le
loro
maniere
.
Somigliano
la
maggior
parte
a
quelle
ragazze
di
buona
famiglia
,
ma
cresciute
in
campagna
,
le
quali
,
nell
'
età
in
cui
non
sono
più
bambine
e
non
sono
ancora
donne
,
commettono
in
società
mille
piacevolissime
sconvenienze
,
per
cui
ogni
momento
si
fanno
far
gli
occhiacci
dalla
mamma
.
Bisogna
sentirne
parlare
da
una
signora
europea
,
che
abbia
visitato
un
arem
.
È
una
cosa
comicissima
.
La
hanum
,
per
esempio
,
che
nei
primi
minuti
sarà
stata
seduta
sopra
il
sofà
nello
stesso
atteggiamento
composto
della
sua
visitatrice
,
tutt
'
a
un
tratto
incrocicchierà
le
dita
sopra
la
testa
,
o
tirerà
un
lungo
sbadiglio
,
o
si
piglierà
un
ginocchio
tra
le
mani
.
Abituate
alla
libertà
,
per
non
dire
alla
licenza
,
dell
'
arem
,
agli
atteggiamenti
cascanti
dell
'
ozio
e
della
noia
,
e
ammollite
come
sono
dai
lunghi
bagni
,
si
stancano
subito
d
'
una
qualunque
compostezza
forzata
.
Si
coricano
sul
divano
,
si
voltano
e
si
rivoltano
continuamente
attorcigliando
e
districando
in
mille
modi
il
loro
lunghissimo
strascico
,
si
raggomitolano
,
si
pigliano
i
piedini
in
mano
,
si
mettono
un
cuscino
sulle
ginocchia
e
i
gomiti
sul
cuscino
,
s
'
allungano
,
si
storcono
,
si
stirano
,
fanno
la
gobbina
come
i
gatti
,
rotolano
dal
divano
sulla
materassa
,
dalla
materassa
sul
tappeto
,
dal
tappeto
sul
marmo
del
pavimento
,
e
s
'
addormentano
dove
il
sonno
le
coglie
come
i
bambini
.
Una
viaggiatrice
francese
ha
detto
che
hanno
qualcosa
del
mollusco
.
Son
quasi
sempre
in
un
atteggiamento
da
poterle
prendere
fra
le
braccia
come
una
cosa
rotonda
.
La
loro
posizione
meno
rilassata
è
quella
di
star
sedute
a
gambe
incrociate
.
E
dicono
che
derivi
appunto
dallo
star
sedute
quasi
sempre
in
questa
maniera
,
fin
dall
'
infanzia
,
il
difetto
che
hanno
quasi
tutte
delle
gambe
un
po
'
arcate
.
Ma
con
che
garbo
si
siedono
!
Si
vede
nei
cimiteri
e
nei
giardini
.
Cascano
a
piombo
e
rimangono
sedute
in
terra
,
senza
puntar
le
mani
,
immobili
come
statue
,
e
si
drizzano
poi
in
piedi
,
senz
'
appoggiarsi
,
d
'
un
sol
tratto
,
come
se
scattassero
.
Ma
è
forse
questo
il
loro
solo
movimento
vivace
.
La
grazia
della
donna
turca
è
tutta
nel
riposo
;
-
nell
'
arte
di
mettere
in
evidenza
le
belle
curve
con
atteggiamenti
stanchi
d
'
addormentata
,
col
capo
arrovesciato
indietro
,
coi
capelli
sciolti
,
colle
braccia
penzoloni
,
-
l
'
arte
che
strappa
l
'
oro
e
i
gioielli
al
marito
,
e
sconvolge
il
sangue
e
la
ragione
all
'
eunuco
.
-
E
lo
studio
di
quest
'
arte
non
è
l
'
ultimo
dei
mezzi
con
cui
esse
cercano
di
alleggerire
la
noia
mortale
che
pesa
sulla
maggior
parte
degli
arem
;
noia
che
deriva
non
tanto
dalla
mancanza
d
'
occupazioni
e
di
distrazioni
,
quanto
dall
'
esser
queste
tutte
d
'
un
colore
;
come
certi
libri
che
,
pure
essendo
svariati
nella
sostanza
,
seccano
per
l
'
uniformità
dello
stile
.
Per
salvarsi
dalla
noia
fanno
di
tutto
;
la
loro
giornata
non
è
spesso
che
una
lotta
continua
contro
questo
mostro
ostinato
.
Sedute
sui
cuscini
o
sui
tappeti
,
accanto
alle
loro
schiave
,
orlano
innumerevoli
fazzoletti
da
regalare
alle
amiche
,
ricamano
berretti
da
notte
o
borse
da
tabacco
pei
mariti
,
per
i
padri
,
e
per
i
fratelli
;
fanno
scorrere
cento
volte
le
pallottoline
del
tespì
;
contano
fin
al
numero
più
alto
a
cui
sanno
contare
;
seguitano
coll
'
occhio
,
per
lunghi
tratti
,
dai
finestrini
rotondi
delle
stanze
alte
,
i
bastimenti
che
passano
sul
Bosforo
o
sul
Mar
di
Marmara
,
o
si
mettono
a
fantasticare
ricchezze
,
libertà
ed
amori
accompagnando
collo
sguardo
le
spire
azzurrine
del
fumo
della
sigaretta
.
Quando
son
stanche
della
sigaretta
assaporano
nel
cibuk
i
"
biondi
capelli
del
Latachié
"
;
sazie
di
fumare
,
sorbono
una
tazzina
di
caffè
di
Siria
;
rosicchiano
frutta
e
confetti
;
si
fanno
durare
mezz
'
ora
un
gelato
;
poi
fanno
un
'
altra
fumatina
col
narghilè
profumato
d
'
acqua
di
rosa
;
poi
succhiano
un
po
'
di
mastico
per
levarsi
il
sapore
del
fumo
;
poi
prendono
la
limonata
per
levarsi
il
sapore
del
mastico
.
Si
vestono
,
si
svestono
,
si
mettono
tutte
le
robe
del
loro
cassettone
,
esperimentano
tutte
le
tinture
dei
loro
vasetti
,
si
fanno
e
si
disfanno
dei
nei
in
forma
di
stelle
e
di
mezzelune
,
e
combinano
in
tutte
le
maniere
possibili
una
dozzina
di
specchi
e
di
specchietti
per
vedersi
da
tutte
le
parti
,
finchè
si
vengono
in
uggia
.
Allora
due
schiave
di
quindici
anni
ballano
il
balletto
obbligato
colle
nacchere
e
col
tamburello
;
una
terza
ripete
per
la
centesima
volta
una
canzonetta
o
una
favola
che
sanno
tutte
a
memoria
;
o
le
due
solite
maschiotte
vestite
da
acróbata
fanno
la
solita
lotta
,
che
finisce
con
un
pattone
sul
pavimento
e
una
risata
senza
sapore
.
Qualche
volta
c
'
è
la
novità
d
'
una
brigatella
di
ballerine
egiziane
,
e
allora
è
una
piccola
festa
;
qualche
altra
volta
capita
una
zingara
,
e
allora
la
hanum
si
fa
dir
la
ventura
sulla
palma
,
o
compera
un
talismano
per
esser
sempre
giovane
,
un
decotto
per
aver
figliuoli
,
un
filtro
per
farsi
amare
.
Stanno
ore
col
viso
alle
grate
a
guardar
la
gente
e
i
cani
che
passano
,
insegnano
una
parola
nuova
a
un
pappagallo
,
scendono
in
giardino
a
fare
all
'
altalena
,
risalgono
in
casa
a
dir
le
preghiere
,
tornano
a
sdraiarsi
sul
divano
per
giocare
alle
carte
,
saltan
su
per
ricever
la
visita
d
'
una
parente
o
d
'
un
'
amica
,
e
allora
ricomincia
la
solita
sequela
di
caffè
,
di
fumatine
,
di
limonate
,
di
merenduccie
,
di
risate
stanche
e
di
sbadigli
sonori
,
fin
che
l
'
amica
se
ne
va
,
e
l
'
eunuco
,
apparendo
sulla
soglia
,
dice
a
bassa
voce
:
-
L
'
Effendi
.
-
Ah
!
finalmente
!
È
proprio
Allà
che
lo
manda
,
foss
'
anche
il
più
brutto
marito
di
Stambul
.
-
Questo
segue
negli
arem
dove
c
'
è
,
se
non
altro
,
la
pace
;
negli
altri
la
noia
è
soffocata
dal
furore
delle
passioni
,
e
vi
si
mena
una
vita
affatto
diversa
.
Regna
la
pace
nell
'
arem
in
cui
v
'
è
una
donna
sola
,
amata
da
suo
marito
,
il
quale
non
bada
alle
schiave
,
e
non
ha
intrighi
fuor
di
casa
.
C
'
è
pure
,
se
non
felicità
,
pace
,
negli
arem
dove
sono
parecchie
mogli
di
carattere
leggiero
o
freddo
,
indifferenti
per
il
marito
il
quale
non
fa
differenza
tra
loro
,
che
ricevono
ciascuna
alla
propria
volta
le
sue
preferenze
senza
amore
,
senza
gelosia
e
senza
ambizione
di
predominio
.
Queste
mogli
di
buona
pasta
cercano
di
cavare
all
'
Effendi
tutto
il
denaro
che
possono
,
stanno
nella
stessa
casa
,
vivono
d
'
accordo
,
si
chiamano
sorelle
,
si
divertono
insieme
,
e
addio
;
la
barca
è
fatta
alla
diavola
,
ma
tanto
e
tanto
va
avanti
.
C
'
è
ancora
la
pace
,
un
'
apparenza
almeno
di
pace
,
negli
arem
dove
la
moglie
posposta
a
una
nuova
venuta
,
si
rassegna
tristamente
al
suo
destino
,
e
pure
rifiutando
i
ritagli
d
'
amore
che
le
vorrebbe
dar
suo
marito
,
rimane
amica
sua
,
nella
sua
casa
,
e
cerca
un
conforto
nei
figli
,
e
vive
in
un
raccoglimento
dignitoso
.
Ma
è
un
tutt
'
altro
vivere
negli
arem
dove
ci
sono
donne
di
cuor
fiero
e
di
sangue
ardente
che
non
vogliono
sottostare
al
trionfo
d
'
una
rivale
,
che
non
possono
sopportar
l
'
onta
dell
'
abbandono
,
che
non
si
rassegnano
a
veder
posposti
i
propri
figli
a
quelli
d
'
un
'
altra
madre
.
In
questi
arem
c
'
è
l
'
inferno
.
Qui
si
piange
,
si
strepita
,
si
spezzano
porcellane
e
cristalli
,
si
fanno
morir
delle
schiave
a
colpi
di
spillo
,
si
ordiscono
delle
congiure
,
si
meditano
dei
delitti
,
e
qualche
volta
si
consumano
:
si
avvelena
,
si
stiletta
,
si
gettano
delle
bocce
di
vitriolo
nel
viso
;
qui
la
vita
non
è
che
una
trama
orribile
di
persecuzioni
,
di
odii
implacabili
,
di
guerre
sorde
e
feroci
.
L
'
uomo
che
ha
più
mogli
,
in
conclusione
,
o
ne
ama
una
sola
davvero
,
e
non
ha
la
pace
;
o
le
ama
tutte
ad
un
modo
per
aver
la
pace
,
e
non
ha
l
'
amore
.
E
nell
'
un
caso
e
nell
'
altro
,
va
quasi
sempre
diritto
alla
rovina
,
poichè
se
fra
le
sue
donne
non
c
'
è
gelosia
d
'
amore
,
c
'
è
sempre
gelosia
d
'
amor
proprio
,
rivalità
d
'
ambizione
,
gara
di
splendidezze
;
ed
egli
non
può
regalare
alla
sua
prediletta
del
giorno
un
gioiello
o
una
carrozza
o
una
villetta
sul
Bosforo
,
senza
che
ne
nasca
un
sottosopra
;
il
perché
è
costretto
a
far
per
tutte
quello
che
vorrebbe
fare
per
una
,
vale
a
dire
a
comprar
la
pace
a
peso
d
'
oro
.
E
quello
che
segue
tra
le
donne
,
segue
tra
i
figliuoli
,
i
quali
o
son
figli
della
madre
negletta
,
e
odiano
;
o
son
figli
della
favorita
,
e
sono
odiati
.
Ed
è
facile
immaginare
che
educazione
possono
ricevere
nell
'
arem
,
in
quelle
case
piene
di
rancori
e
d
'
intrighi
,
in
mezzo
alle
schiave
e
agli
eunuchi
,
senza
l
'
assistenza
del
padre
,
senza
l
'
esempio
del
lavoro
,
in
quell
'
aria
bassa
e
sensuale
;
le
ragazze
in
special
modo
,
che
s
'
avvezzano
fin
dai
primi
anni
a
fondare
tutte
le
speranze
della
propria
fortuna
sopra
le
arti
d
'
una
seduzione
per
la
quale
è
troppo
alto
l
'
epiteto
di
"
amorosa
"
,
e
che
imparano
queste
arti
dalla
madre
,
e
il
rimanente
dalle
schiave
,
e
il
di
più
da
Caragheuz
.
-
Vi
sono
poi
due
altre
specie
di
arem
,
oltre
ai
pacifici
e
ai
tempestosi
:
l
'
arem
del
turco
giovane
e
spregiudicato
,
che
seconda
le
tendenze
europee
della
moglie
,
e
quello
del
turco
o
rigorista
per
sentimento
proprio
,
o
dominato
da
parenti
,
e
in
particolar
modo
da
una
vecchia
madre
,
musulmana
inflessibile
,
avversa
ad
ogni
novità
,
che
gli
fa
governar
la
casa
a
modo
suo
.
Fra
questi
due
arem
corre
una
gran
differenza
.
Il
primo
arieggia
la
casa
d
'
una
signora
europea
.
C
'
è
un
pianoforte
che
la
hanum
impara
a
sonare
da
una
maestra
cristiana
;
ci
son
dei
tavolini
da
lavoro
,
delle
seggiole
impagliate
,
un
letto
di
mogogon
,
una
scrivania
;
c
'
è
appeso
a
una
parete
un
bel
ritratto
a
matita
dell
'
Effendi
fatto
da
un
pittore
italiano
di
Pera
;
c
'
è
in
un
cantuccio
uno
scaffaletto
con
una
ventina
di
libri
,
fra
i
quali
un
piccolo
dizionario
turco
e
francese
e
l
'
ultimo
numero
della
Mode
illustrée
che
la
signora
riceve
di
seconda
mano
dalla
consolessa
di
Spagna
.
La
signora
possiede
pure
tutto
l
'
occorrente
per
dipingere
all
'
acquerello
e
dipinge
con
passione
fiori
e
frutti
.
Essa
assicura
alle
sue
amiche
che
non
ha
un
momento
di
noia
.
Tra
un
lavoro
e
l
'
altro
scrive
le
sue
memorie
.
A
una
cert
'
ora
riceve
il
maestro
di
francese
(
un
vecchio
gobbo
e
sfiatato
,
s
'
intende
)
col
quale
fa
esercizio
di
conversazione
.
Qualche
volta
viene
a
farle
il
ritratto
una
fotografa
tedesca
di
Galata
.
Quando
è
malata
,
viene
a
visitarla
un
medico
europeo
,
il
quale
può
anche
essere
un
bel
giovane
,
chè
il
marito
non
è
poi
così
bestialmente
geloso
come
certi
suoi
amici
antiquati
.
E
viene
una
volta
ogni
tanto
anche
una
modista
francese
a
misurarle
un
vestito
tagliato
proprio
sull
'
ultimo
figurino
del
giornale
della
moda
,
col
quale
la
signora
vuol
fare
una
bella
sorpresa
al
marito
la
sera
del
giovedì
,
che
è
la
sera
sacramentale
degli
sposi
musulmani
,
nella
quale
l
'
effendi
ha
una
specie
di
cambiale
galante
da
pagare
alla
sua
"
foglia
di
rosa
"
.
E
l
'
effendi
,
che
è
uomo
d
'
alto
affare
,
le
ha
promesso
di
farle
vedere
dallo
spiraglio
d
'
una
porta
il
primo
gran
ballo
che
darà
nel
prossimo
inverno
l
'
ambasciata
d
'
Inghilterra
.
La
hanum
,
insomma
,
è
una
signora
europea
di
religione
musulmana
,
e
lo
dice
con
compiacenza
alle
amiche
:
-
Io
vivo
come
una
cocona
,
-
come
una
cristiana
;
-
e
le
amiche
e
le
parenti
sue
professano
almeno
gli
stessi
principii
,
se
non
possono
condurre
la
stessa
vita
,
e
fra
lei
e
loro
si
discorre
di
mode
e
di
teatri
,
si
canzonano
le
"
superstizioni
"
,
le
"
pedanterie
"
,
le
"
bigotterie
della
vecchia
Turchia
"
e
si
finisce
ogni
discorso
col
dire
che
"
è
tempo
di
cominciare
a
vivere
in
una
maniera
più
ragionevole
"
.
Ma
nell
'
altro
arem
?
Qui
tutto
è
rigorosamente
turco
dal
vestire
della
signora
fino
alla
più
piccola
suppellettile
.
Di
libri
non
c
'
entra
che
il
Corano
,
di
giornali
non
ci
penetra
che
lo
Stambul
.
Se
la
signora
s
'
ammala
,
non
si
chiama
il
medico
,
ma
una
di
quelle
tante
dottoresse
turche
,
che
hanno
uno
specifico
miracoloso
per
tutti
i
mali
.
Se
il
padre
e
la
madre
della
signora
son
gente
infetta
dalla
tabe
europea
,
non
si
permette
loro
di
veder
la
figliuola
che
una
volta
la
settimana
.
Tutte
le
aperture
della
casa
sono
bene
ingraticolate
e
chiavistellate
,
e
d
'
europeo
non
c
'
entra
proprio
altro
che
l
'
aria
,
eccetto
il
caso
che
la
signora
abbia
avuto
la
disgrazia
d
'
imparare
un
po
'
di
francese
da
bambina
,
chè
allora
la
suocera
è
capace
di
metterle
in
mano
un
qualche
romanzaccio
della
peggio
specie
,
per
poterle
dir
poi
:
-
Lo
vedete
che
bella
società
è
quella
che
voi
volete
scimmiottare
?
che
fior
di
roba
produce
?
che
belli
esempi
vi
porge
?
-
Eppure
la
vita
delle
donne
turche
è
piena
d
'
accidenti
,
di
brighe
,
di
pettegolezzi
,
che
a
primo
aspetto
non
si
credono
possibili
in
una
società
dove
i
due
sessi
non
hanno
comunicazione
diretta
fra
loro
.
In
un
arem
,
per
esempio
,
c
'
è
la
vecchia
madre
che
vuol
levar
dal
cuore
di
suo
figlio
una
delle
mogli
per
farci
entrare
la
prediletta
da
lei
,
e
cerca
ogni
modo
di
nascondergli
i
figliuoli
di
quella
,
e
di
farne
trasandare
l
'
educazione
perché
egli
non
ci
ponga
affetto
,
e
non
li
preferisca
a
quei
dell
'
altra
.
In
un
altro
c
'
è
una
moglie
,
che
non
potendo
staccare
il
marito
dalla
sua
rivale
per
riaverne
l
'
amore
essa
sola
,
cerca
almeno
di
sfogare
il
proprio
dispetto
staccandolo
da
quella
per
un
'
altra
,
e
a
questo
scopo
cerca
per
mare
e
per
terra
una
bella
schiava
da
metter
sotto
gli
occhi
all
'
Effendi
,
perché
se
ne
incapricci
e
tradisca
con
essa
la
sua
favorita
.
Un
'
altra
moglie
,
che
fa
per
inclinazione
naturale
la
sensale
di
matrimonii
,
s
'
ingegna
di
fare
in
maniera
che
un
tale
suo
parente
veda
spesso
una
tale
ragazza
,
e
se
ne
innamori
,
e
la
sposi
,
e
la
rubi
così
al
proprio
marito
il
quale
cova
da
un
pezzo
il
proposito
di
farla
sua
.
Qui
è
un
gruppo
di
signore
che
si
quotano
a
un
tanto
ciascuna
per
regalare
,
con
qualche
secondo
fine
,
una
bella
schiava
al
gran
Visir
o
al
Sultano
;
là
sono
altre
signore
,
alto
locate
,
che
movendo
mille
fili
segreti
di
parentele
potenti
,
vengono
a
capo
di
quello
che
vogliono
,
e
fanno
cader
nemici
da
alte
cariche
,
e
salirvi
amici
,
e
divorziar
l
'
uno
,
e
partire
un
altro
per
una
provincia
lontana
.
E
benchè
ci
sia
meno
commercio
sociale
che
nelle
nostre
città
,
non
si
sanno
meno
che
fra
noi
i
fatti
degli
altri
.
La
fama
d
'
una
donna
spiritosa
,
o
d
'
una
gran
maldicente
,
o
d
'
una
gelosa
feroce
,
o
d
'
una
grulla
,
si
spande
molto
al
di
là
del
cerchio
dei
conoscenti
.
Anche
là
i
motti
arguti
e
i
bei
giochi
di
parole
,
a
cui
la
lingua
turca
si
presta
mirabilmente
,
corrono
di
bocca
in
bocca
e
fanno
dei
giri
infiniti
.
Le
nascite
,
le
circoncisioni
,
i
matrimonii
,
le
feste
,
tutti
i
più
piccoli
avvenimenti
che
seguono
nelle
colonie
europee
e
nel
Serraglio
,
sono
argomento
di
chiacchiere
interminabili
.
Avete
visto
il
nuovo
cappellino
dell
'
Ambasciatrice
di
Francia
?
Si
sa
nulla
della
bella
schiava
venuta
dalla
Georgia
,
che
la
Sultana
Validè
regalerà
al
Sultano
il
giorno
del
gran
Beiram
?
È
vero
che
la
moglie
di
Ahmed
-
Pascià
è
uscita
ieri
l
'
altro
cogli
stivaletti
all
'
europea
guerniti
di
nappine
di
seta
?
Sono
finalmente
arrivati
i
vestiarii
da
Parigi
per
la
rappresentazione
del
Bourgeois
gentilhomme
al
teatro
del
Serraglio
?
È
una
settimana
che
la
moglie
di
Mahmud
-
effendi
va
a
pregare
ogni
mattina
nella
moschea
di
Baiazet
per
ottenere
la
grazia
di
due
gemelli
.
È
seguito
uno
scandalo
in
casa
del
tal
fotografo
di
via
di
Pera
,
perché
Ahmed
-
effendi
ci
ha
trovato
il
ritratto
di
sua
moglie
.
La
signora
Aiscè
beve
vino
.
La
signora
Fatima
s
'
è
fatta
fare
dei
biglietti
di
visita
.
La
signora
Hafiten
è
stata
vista
entrare
alle
tre
e
uscire
alle
quattro
dalla
bottega
d
'
un
franco
.
La
piccola
cronaca
maligna
circola
con
una
rapidità
incredibile
fra
quelle
innumerevoli
casette
gialle
e
vermiglie
,
s
'
allaccia
con
quella
della
corte
,
si
spande
per
Scutari
,
s
'
allunga
sulle
due
rive
del
Bosforo
fino
al
mar
Nero
,
e
arriva
non
di
rado
fino
alle
grandi
città
di
provincia
,
di
dove
ritorna
ricamata
e
frangiata
a
provocar
nuove
risate
e
nuovi
pettegolezzi
nei
mille
arem
della
metropoli
.
-
Sarebbe
un
divertimento
curioso
,
se
ci
fossero
fra
i
turchi
,
come
ce
n
'
è
fra
noi
,
di
quei
gazzettini
viventi
del
bel
mondo
,
che
conoscono
tutti
e
sanno
e
propalano
tutto
;
sarebbe
un
divertimento
insieme
e
uno
studio
amenissimo
dei
costumi
di
Costantinopoli
,
l
'
andarsi
a
piantare
con
uno
di
costoro
all
'
entrata
delle
Acque
dolci
d
'
Europa
,
un
giorno
di
festa
,
e
farsi
dire
una
paroletta
a
proposito
di
tutte
le
persone
notevoli
per
un
verso
o
per
l
'
altro
che
ci
passerebbero
davanti
.
Ma
che
importa
che
non
si
sia
fatto
?
Le
cose
si
sanno
,
le
persone
si
possono
immaginare
.
Per
me
è
come
se
vedessi
e
sentissi
in
questo
momento
.
La
gente
passa
,
e
il
turco
accenna
e
ciancia
.
Quella
signora
lì
s
'
è
rotta
che
è
poco
con
suo
marito
ed
è
andata
a
stare
a
Scutari
;
Scutari
è
il
rifugio
delle
malcontente
e
delle
imbronciate
;
è
andata
a
stare
con
una
sua
amica
,
e
ci
starà
fin
che
suo
marito
,
il
quale
in
fondo
le
vuol
bene
,
le
andrà
ad
annunziare
che
s
'
è
sbarazzato
della
concubina
,
cagione
della
rottura
,
e
la
ricondurrà
a
casa
pacificata
.
Questo
effendi
che
passa
è
un
impiegato
del
Ministero
degli
esteri
,
il
quale
per
non
aver
che
fare
con
parenti
e
parenti
di
parenti
,
che
spesso
mettono
la
discordia
in
casa
,
ha
fatto
come
fanno
tanti
altri
:
ha
sposato
una
schiava
araba
,
che
prende
appunto
in
questi
giorni
le
prime
lezioni
di
lingua
turca
dalla
sorella
del
marito
.
Quest
'
altra
bella
donnina
è
una
divorziata
,
la
quale
aspetta
che
l
'
effendi
tale
abbia
ripudiata
una
delle
sue
quattro
mogli
per
andare
a
prendere
il
posto
che
le
è
stato
promesso
da
un
pezzo
.
Quell
'
altra
laggiù
è
una
signora
che
dopo
aver
fatto
divorzio
due
volte
dallo
stesso
marito
,
lo
vuol
sposare
daccapo
,
e
lui
è
d
'
accordo
;
e
per
far
questo
essa
sposa
fra
qualche
giorno
,
come
vuole
la
legge
,
un
altr
'
uomo
,
il
quale
sarà
suo
marito
per
una
notte
sola
,
e
farà
divorzio
subito
,
dopo
di
che
la
bella
capricciosa
potrà
celebrare
il
suo
terzo
matrimonio
col
primo
sposo
.
Questa
brunetta
cogli
occhi
spiritati
è
una
schiava
abissina
,
stata
regalata
da
una
gran
signora
del
Cairo
a
una
gran
signora
di
Stambul
,
la
quale
è
morta
,
e
le
ha
lasciato
il
posto
di
padrona
di
casa
.
Questo
effendi
di
cinquant
'
anni
è
già
stato
marito
di
dieci
donne
.
Questa
vecchietta
vestita
di
verde
può
vantarsi
d
'
essere
stata
moglie
legittima
di
dodici
uomini
.
Quest
'
altra
è
una
signora
che
si
fa
d
'
oro
comprando
ragazze
di
quattordici
anni
,
a
cui
fa
insegnare
la
musica
,
il
ballo
,
il
canto
,
le
belle
maniere
della
società
signorile
,
e
poi
le
rivende
col
guadagno
del
cinquecento
per
cento
.
Ecco
là
un
'
altra
bella
signora
di
cui
posso
dirvi
il
costo
esatto
:
è
una
circassa
che
fu
comprata
a
Tophané
per
cento
e
venti
lire
turche
e
rivenduta
tre
anni
dopo
per
la
bagattella
di
quattrocento
.
Questa
qui
che
s
'
aggiusta
il
velo
è
passata
per
una
trafila
singolare
:
è
stata
prima
schiava
,
poi
odalisca
,
poi
moglie
,
poi
divorziata
,
poi
moglie
daccapo
,
e
adesso
è
vedova
e
sta
brigando
per
un
nuovo
matrimonio
.
Guardate
questo
effendi
:
è
in
una
condizione
curiosa
;
ve
la
do
in
mille
a
indovinare
;
sua
moglie
è
innamorata
d
'
un
eunuco
,
e
si
dice
che
è
capace
di
dare
a
suo
marito
una
cattiva
tazza
di
caffè
,
per
andare
a
stare
in
pace
coll
'
amante
,
e
non
sarebbe
il
primo
esempio
d
'
un
amore
così
mostruosamente
spirituale
.
Quello
là
è
un
negoziante
che
per
ragioni
di
commercio
ha
sposate
quattro
donne
,
e
ne
tiene
una
a
Costantinopoli
,
una
a
Trebisonda
,
una
a
Salonico
e
la
quarta
in
Alessandria
d
'
Egitto
,
ed
ha
così
quattro
porti
amorosi
in
cui
riparare
al
termine
dei
suoi
viaggi
.
Questo
bel
pascià
di
ventiquattr
'
anni
non
era
un
mese
fa
che
un
povero
uffiziale
subalterno
della
guardia
imperiale
,
e
l
'
ha
fatto
pascià
di
sbalzo
il
Sultano
per
dargli
in
moglie
una
sua
sorella
;
ma
sconta
i
peccati
degli
altri
mariti
turchi
,
perché
con
una
Sultana
non
si
celia
,
e
si
sa
che
quella
è
"
gelosa
come
un
usignolo
"
,
e
forse
,
se
cercassimo
bene
tra
la
folla
,
troveremmo
una
schiava
che
lo
pedina
alla
lontana
per
scoprir
chi
guarda
e
chi
non
guarda
.
Guardate
questo
bel
fusto
di
donna
:
non
c
'
è
bisogno
d
'
un
occhio
fine
per
accorgersi
che
è
un
fiore
uscito
dal
Serraglio
;
è
stata
una
bella
del
Sultano
,
e
l
'
ha
sposata
mesi
sono
un
impiegato
del
Ministero
della
guerra
,
che
per
mezzo
suo
ha
ora
un
piede
nella
Corte
e
farà
in
poco
tempo
molta
strada
.
Ecco
là
una
bambina
di
cinque
anni
che
fu
fidanzata
oggi
a
un
ragazzo
di
otto
;
lo
sposino
è
stato
condotto
dai
parenti
a
farle
visita
,
l
'
ha
trovata
di
suo
genio
e
ha
fatto
subito
le
furie
perché
un
cuginetto
alto
un
metro
l
'
ha
baciata
in
presenza
sua
.
Ecco
una
vecchia
strega
che
ieri
l
'
altro
ha
fatto
scannar
due
montoni
in
ringraziamento
ad
Allà
perché
la
sbarazzò
d
'
una
nuora
che
detestava
.
Ecco
là
una
medichessa
briccona
,
a
cui
una
signora
ha
messo
nelle
mani
una
delle
sue
schiave
,
incaricandola
di
farle
andare
a
male
il
frutto
d
'
un
suo
intrighetto
coll
'
Effendi
,
poichè
se
la
schiava
mette
al
mondo
una
creatura
,
la
padrona
non
la
può
più
vendere
e
il
padrone
bisogna
che
se
la
tenga
.
Quest
'
altra
è
una
donna
dello
stesso
conio
,
a
cui
certi
effendi
danno
di
tratto
in
tratto
l
'
incarico
di
verificare
de
visu
se
una
schiava
che
vogliono
pigliarsi
in
casa
è
proprio
schietta
farina
.
Quella
là
col
viso
tutto
coperto
e
col
feregé
lilla
,
è
la
moglie
d
'
un
turco
amico
mio
;
ma
non
è
turca
,
è
cristiana
,
è
va
tutte
le
domeniche
in
chiesa
;
ma
non
ne
dite
nulla
a
nessuno
,
per
riguardo
a
lei
,
non
già
per
il
marito
,
chè
il
Corano
non
proibisce
di
sposar
le
cristiane
,
e
per
purificarsi
dall
'
abbraccio
d
'
un
infedele
basta
lavarsi
il
viso
e
le
mani
.
Ah
!
che
cos
'
abbiamo
perduto
!
È
passata
una
carrozza
del
Serraglio
;
c
'
era
dentro
la
terza
cadina
del
Sultano
:
ho
riconosciuto
il
nastro
color
di
rosa
al
collo
dell
'
intendente
:
la
terza
cadina
,
regalo
del
pascià
di
Smirne
,
che
ha
i
più
grandi
occhi
e
la
più
piccola
bocca
dell
'
impero
;
una
figura
sul
gusto
di
questa
piccola
hanum
col
nasino
arcato
,
che
ieri
offese
Gesù
e
Maometto
con
un
pittore
inglese
di
mia
conoscenza
.
La
sciagurata
!
E
pensare
che
quando
i
due
angeli
Nekir
e
Munkir
giudicheranno
l
'
anima
sua
,
essa
crederà
di
scusarsi
colla
solita
bugia
,
dicendo
che
in
quel
momento
aveva
gli
occhi
chiusi
e
non
riconobbe
l
'
infedele
!
-
Ma
dunque
ci
sono
delle
turche
infedeli
?
Se
ce
ne
sono
!
Nonostante
la
gelosia
degli
effendi
e
la
vigilanza
degli
eunuchi
,
nonostante
i
cento
colpi
di
frusta
che
il
Corano
minaccia
ai
colpevoli
,
nonostante
che
i
mariti
turchi
formino
tra
loro
una
specie
di
società
di
mutua
assicurazione
,
e
che
segua
là
tutto
l
'
opposto
di
quello
che
segue
in
altri
paesi
,
dove
par
che
tutti
cospirino
tacitamente
a
danno
della
felicità
coniugale
;
si
può
quasi
affermare
che
le
"
velate
"
di
Costantinopoli
non
commettono
meno
peccati
che
le
"
non
velate
"
di
molte
città
cristiane
.
Se
ciò
non
fosse
,
Caragheuz
non
avrebbe
così
spesso
sulla
bocca
la
parola
kerata
,
la
quale
,
tradotta
in
un
nome
storico
,
significa
Menelao
.
O
com
'
è
possibile
?
È
possibile
in
mille
maniere
.
Già
bisogna
dire
che
donne
nel
Bosforo
non
se
ne
gettano
più
,
nè
dentro
un
sacco
,
nè
senza
sacco
,
e
che
i
castighi
del
digiuno
,
del
silenzio
,
del
cilicio
,
delle
bastonate
sulle
piante
dei
piedi
,
non
son
più
che
minacce
di
qualche
kerata
bestiale
.
La
gelosia
cerca
d
'
impedire
il
tradimento
;
ma
quando
s
'
accorge
di
non
esservi
riuscita
,
non
fa
più
nè
le
furie
nè
le
vendette
d
'
una
volta
,
poichè
ora
è
assai
più
difficile
di
tener
nascoste
le
tragedie
domestiche
fra
le
mura
della
casa
,
e
nella
società
musulmana
è
entrata
,
con
molte
altre
forze
europee
,
la
forza
del
ridicolo
,
di
cui
la
gelosia
ha
paura
.
E
oltre
a
ciò
la
gelosia
turca
,
che
nella
maggior
parte
dei
casi
è
una
gelosia
fredda
,
corporale
,
d
'
amor
proprio
più
che
d
'
amore
,
è
bensì
severa
,
pesante
,
ed
anche
vendicativa
;
ma
non
può
avere
i
mille
occhi
e
l
'
attività
investigatrice
e
infaticabile
di
quella
che
vien
proprio
dal
vivo
dell
'
anima
innamorata
.
E
poi
chi
vigila
sulle
donne
separate
dal
marito
,
od
anche
non
separate
,
ma
che
stanno
in
una
casa
a
parte
,
dove
egli
non
va
tutti
i
giorni
?
Chi
le
segue
per
i
vicoli
intricati
di
Pera
e
di
Galata
e
per
i
quartieri
lontani
di
Stambul
?
Chi
impedisce
a
un
bell
'
aiutante
di
campo
del
Sultano
di
fare
quel
che
gli
vidi
far
io
,
di
passar
di
galoppo
accanto
a
una
carrozza
,
alla
svoltata
d
'
uno
stradone
,
nel
punto
in
cui
l
'
eunuco
che
è
dinanzi
gli
volge
le
spalle
e
quello
di
dietro
non
può
vederlo
perché
c
'
è
la
carrozza
frammezzo
,
e
di
gettare
passando
un
bigliettino
nello
sportello
?
E
le
sere
del
Ramazan
che
le
donne
stan
fuori
fino
a
mezzanotte
?
E
le
cocone
compiacenti
,
specie
quelle
che
stanno
sul
confine
d
'
un
sobborgo
cristiano
e
d
'
un
sobborgo
musulmano
,
che
ricevono
in
casa
un
'
amica
velata
,
senza
chiuder
la
porta
ad
un
amico
europeo
?
Le
avventure
però
non
son
più
nè
strane
nè
terribili
come
altre
volte
.
Non
ci
son
più
le
gran
dame
che
di
notte
,
dopo
soddisfatto
un
capriccio
,
precipitano
nel
Bosforo
per
un
trabocchetto
il
giovane
di
bottega
che
ha
portata
all
'
arem
la
stoffa
comprata
da
loro
la
mattina
;
come
faceva
una
Sultana
del
secolo
scorso
.
Ora
tutto
procede
prosaicamente
.
I
primi
convegni
si
danno
per
lo
più
nelle
retrobotteghe
.
Si
sa
;
ci
sono
da
per
tutto
dei
bottegai
che
fanno
bottega
d
'
ogni
cosa
.
E
non
c
'
è
da
domandare
se
le
autorità
turche
cerchino
di
impedire
questi
abusi
.
Basti
il
dire
che
delle
prescrizioni
per
il
buon
ordine
che
dà
la
Polizia
di
Costantinopoli
in
occasione
delle
grandi
feste
,
la
maggior
parte
si
riferiscono
alle
donne
,
e
sono
direttamente
rivolte
a
loro
in
forma
di
consigli
o
di
minaccie
.
È
proibito
alle
donne
,
per
esempio
,
d
'
entrare
nelle
stanze
interne
delle
botteghe
:
debbono
stare
in
modo
da
esser
viste
dalla
strada
.
È
proibito
alle
donne
di
andare
in
tramway
per
divertimento
:
ossia
debbono
scendere
al
termine
della
corsa
e
non
tornare
subito
indietro
per
la
stessa
via
.
È
proibito
alle
donne
di
far
segni
alla
gente
che
passa
,
di
fermarsi
qui
,
di
passar
per
di
là
,
di
trattenersi
più
di
quel
certo
tempo
in
quei
dati
luoghi
:
tutte
prescrizioni
che
ognuno
può
immaginare
come
vengano
poi
rispettate
e
se
sia
possibile
farle
rispettare
.
E
poi
c
'
è
quel
benedetto
velo
,
che
fu
istituito
come
una
salvaguardia
dell
'
uomo
,
e
che
ora
è
diventato
una
salvaguardia
della
donna
,
perché
se
lo
mettono
trasparente
per
far
saltare
i
capricci
,
e
fitto
per
poterli
appagare
;
dal
che
si
dice
che
nascano
molti
accidenti
bizzarri
:
di
amanti
fortunati
che
dopo
molto
tempo
non
sanno
ancora
chi
siano
le
loro
belle
;
di
donne
che
si
nascondono
sotto
il
nome
d
'
un
'
altra
per
fare
una
vendetta
;
di
corbellature
,
di
riconoscimenti
,
d
'
imbrogli
,
che
danno
luogo
a
chiacchiere
e
a
battibecchi
infiniti
.
-
Le
chiacchiere
vanno
poi
tutte
a
confondersi
e
a
ribollire
nelle
case
di
bagni
,
che
sono
i
luoghi
usuali
di
convegno
per
le
donne
turche
.
Il
bagno
è
in
certo
modo
il
loro
teatro
.
Ci
vanno
a
coppie
e
a
brigate
colle
schiave
,
portando
con
sè
cuscini
,
tappeti
,
oggetti
di
toeletta
,
ghiottonerie
,
e
qualche
volta
il
desinare
,
per
starvi
dalla
mattina
alla
sera
.
Là
,
in
quelle
sale
semioscure
,
fra
i
marmi
e
le
fontane
,
si
trovano
qualche
volta
insieme
più
di
duecento
donne
,
nude
come
ninfe
o
mal
velate
,
che
a
detta
delle
signore
europee
che
ci
furono
,
presentano
uno
spettacolo
da
far
cadere
il
pennello
di
mano
a
cento
pittori
.
Vi
si
vedono
le
hanum
bianchissime
accanto
alle
schiave
nere
come
l
'
ebano
;
le
belle
matrone
dalle
forme
poderose
che
rappresentano
l
'
ideale
della
bellezza
per
i
turchi
di
gusto
antico
;
delle
sposine
smilze
e
giovanissime
,
coi
capelli
corti
e
ricciuti
,
che
sembrano
giovinetti
;
circasse
coi
capelli
d
'
oro
che
cascano
fino
alle
ginocchia
;
turche
che
hanno
fino
a
cento
trecce
nerissime
sparse
per
il
seno
e
per
le
spalle
;
altre
coi
capelli
divisi
in
un
'
infinità
di
piccole
ciocche
disordinate
che
fanno
la
figura
d
'
una
parrucca
enorme
;
una
con
un
amuleto
al
collo
,
un
'
altra
con
uno
spicchio
d
'
aglio
legato
al
capo
per
scongiurare
il
mal
d
'
occhio
;
delle
mezze
selvagge
con
rabeschi
sopra
le
braccia
;
le
donnine
alla
moda
che
hanno
intorno
alla
vita
le
tracce
del
busto
e
intorno
al
collo
del
piede
i
segni
dello
stivaletto
;
e
qualche
volta
anche
delle
povere
schiave
che
mostrano
sulle
spalle
le
impronte
del
frustino
degli
eunuchi
.
Si
vedono
mille
gruppi
e
mille
atteggiamenti
graziosi
e
bizzarri
;
alcune
fumano
sdraiate
sui
tappeti
,
altre
si
fanno
pettinar
dalle
schiave
,
altre
ricamano
,
altre
canterellano
,
ridono
,
si
spruzzano
e
si
rincorrono
,
o
strillano
sotto
le
doccie
,
o
gozzovigliano
sedute
in
cerchio
,
o
tagliano
i
panni
al
prossimo
aggruppate
in
disparte
.
E
scoprendo
il
loro
corpo
,
scoprono
anche
,
là
più
che
altrove
,
la
loro
indole
fanciullesca
.
Si
misurano
i
piedini
,
si
giudicano
,
si
confrontano
.
Una
dice
francamente
:
-
Son
bella
;
-
un
'
altra
:
-
Son
passabile
:
-
un
'
altra
:
-
Mi
rincresce
d
'
aver
questo
difetto
-
oppure
:
-
Ma
sai
che
sei
più
bella
di
me
,
tu
?
-
E
qualcuna
dice
in
tuono
di
rimprovero
all
'
amica
:
-
Ma
guarda
dunque
la
signora
Ferideh
com
'
è
diventata
grassa
a
mangiar
gamberi
schiacciati
,
tu
che
dicevi
che
fanno
meglio
le
pallottole
di
riso
?
-
E
quando
c
'
è
una
cocona
garbata
la
circondano
e
le
fanno
mille
domande
:
-
Ma
è
vero
che
andate
ai
balli
scoperte
fin
qui
?
Il
vostro
effendi
che
cosa
ne
pensa
?
E
gli
altri
uomini
che
cosa
ne
dicono
?
E
come
vi
pigliate
per
ballare
?
In
codesto
modo
?
Ma
davvero
?
Ma
son
proprio
cose
che
bisognerebbe
vederle
per
poterci
credere
!
-
E
non
solo
nei
bagni
,
ma
per
tutto
e
in
tutte
le
occasioni
cercano
di
conoscere
signore
europee
,
e
son
felici
quando
possono
attaccar
discorso
con
esse
,
e
specialmente
quando
possono
riceverle
in
casa
.
Allora
radunano
le
amiche
,
mettono
in
vista
tutte
le
donne
di
servizio
,
fanno
un
po
'
di
festa
,
rimpinzano
la
visitatrice
di
dolci
e
di
frutti
,
e
di
rado
la
lasciano
andar
via
senza
un
regalo
.
Il
sentimento
che
le
muove
a
queste
dimostrazioni
è
più
la
curiosità
,
si
capisce
,
che
la
benevolenza
;
e
infatti
,
appena
hanno
preso
un
po
'
di
famigliarità
colla
nuova
amica
,
si
fanno
dire
mille
particolari
della
vita
europea
,
esaminano
il
suo
vestiario
parte
per
parte
dal
cappellino
agli
stivaletti
,
e
non
sono
soddisfatte
se
non
quando
l
'
hanno
condotta
al
bagno
e
hanno
visto
bene
com
'
è
fatta
una
nazarena
,
una
di
queste
donne
straordinarie
,
che
studiano
tante
cose
,
che
dipingono
,
che
scrivono
per
le
stampe
,
che
lavorano
negli
uffici
pubblici
,
che
montano
a
cavallo
,
che
salgono
sulla
cima
delle
montagne
.
Da
molto
tempo
,
però
,
non
hanno
più
di
loro
le
strane
idee
che
avevano
prima
della
riforma
;
non
credono
più
,
per
esempio
,
che
il
busto
sia
una
specie
di
corazza
messa
dai
mariti
alle
mogli
per
assicurarsi
della
loro
fedeltà
,
e
di
cui
essi
soli
abbian
la
chiave
;
nè
che
le
donne
europee
siano
di
tutti
coloro
con
cui
vanno
una
volta
a
braccetto
;
per
il
che
le
guardavano
con
diffidenza
e
ne
parlavano
con
disprezzo
,
non
invidiando
nemmeno
la
loro
coltura
,
di
cui
non
avevano
idea
o
che
non
erano
in
grado
d
'
apprezzare
.
Ora
nutrono
invece
per
esse
un
tutt
'
altro
sentimento
,
e
son
diventate
diffidenti
nel
senso
opposto
;
si
vergognano
,
cioè
,
in
faccia
a
loro
,
della
propria
ignoranza
;
temono
di
parer
rozze
o
sciocche
o
puerili
;
e
molte
non
s
'
abbandonano
più
coll
'
ingenuità
confidente
delle
prime
volte
.
Ma
le
imitano
sempre
più
nel
vestire
e
nei
modi
.
Quelle
che
studiano
una
lingua
europea
,
la
studiano
più
per
imitazione
che
per
desiderio
di
sapere
,
o
la
studiano
per
parlare
con
le
cristiane
.
Discorrendo
,
s
'
ingegnano
d
'
incastrare
nel
turco
qualche
parola
francese
;
quelle
che
non
sanno
quella
lingua
,
fingon
di
saperla
o
almeno
d
'
intenderla
;
sono
beate
di
sentirsi
chiamar
madame
;
vanno
apposta
in
certe
botteghe
di
franchi
per
essere
salutate
con
quel
titolo
;
e
Pera
,
la
gran
Pera
le
attira
,
come
il
lume
le
farfalle
;
attira
i
loro
passi
,
le
loro
fantasie
e
i
loro
quattrini
,
e
qualche
volta
anche
i
loro
peccati
.
Per
questo
son
smaniose
di
conoscer
signore
franche
,
che
sono
per
esse
come
le
rivelatrici
d
'
un
nuovo
mondo
.
Da
loro
si
fanno
descrivere
i
grandi
spettacoli
dei
teatri
d
'
occidente
,
i
balli
splendidi
,
i
bei
conviti
,
i
ricevimenti
sontuosi
delle
gran
dame
,
le
avventure
carnevalesche
e
i
grandi
viaggi
,
e
tutte
queste
immagini
luminose
turbinano
poi
tutte
insieme
nella
loro
testina
affaticata
,
fra
le
pareti
uggiose
dell
'
arem
,
all
'
ombra
dei
giardini
malinconici
;
e
come
le
donne
europee
sognano
gli
orizzonti
sereni
dell
'
Oriente
,
esse
sospirano
in
quei
momenti
,
la
vita
varia
e
febbrile
dei
nostri
paesi
,
e
darebbero
tutte
le
meraviglie
del
Bosforo
per
un
quartiere
nebbioso
di
Parigi
.
Ma
non
è
soltanto
la
vita
varia
e
febbrile
ch
'
esse
sospirano
;
è
anche
,
e
più
sovente
e
più
intimamente
desiderata
,
la
vita
domestica
,
il
piccolo
mondo
della
casa
europea
,
il
cerchio
degli
amici
devoti
,
le
mense
coronate
di
figli
,
le
belle
vecchiezze
onorate
;
quel
santuario
pieno
di
memorie
,
di
confidenze
e
di
tenerezze
,
che
può
render
bella
l
'
unione
di
due
anime
anche
senza
l
'
amore
;
al
quale
si
ritorna
anche
dopo
una
lunga
vita
d
'
aberrazioni
e
di
colpe
;
nel
quale
,
anche
fra
i
dolori
del
presente
e
le
tempeste
della
giovinezza
,
il
pensiero
si
rifugia
e
il
cuore
si
conforta
,
come
in
una
promessa
di
pace
per
gli
anni
più
tardi
,
come
nella
bellezza
d
'
un
tramonto
sereno
contemplato
dall
'
oscurità
della
valle
.
-
Ma
c
'
è
una
gran
cosa
da
dire
a
conforto
di
tutti
coloro
che
lamentano
la
sorte
della
donna
turca
,
ed
è
che
la
poligamia
decade
di
giorno
in
giorno
.
Già
è
stata
considerata
sempre
dai
turchi
medesimi
piuttosto
come
un
abuso
tollerabile
che
come
diritto
naturale
dell
'
uomo
.
Maometto
disse
:
-
È
sempre
lodevole
chi
sposa
una
donna
sola
,
-
benchè
egli
ne
abbia
sposato
parecchie
;
e
sposano
infatti
una
donna
sola
tutti
coloro
che
vogliono
dar
l
'
esempio
di
costumi
onesti
ed
austeri
.
Chi
n
'
ha
più
d
'
una
,
non
è
apertamente
disapprovato
,
ma
non
è
nemmeno
lodato
.
Sono
pochi
i
turchi
che
sostengono
la
poligamia
apertamente
,
più
rari
quelli
che
l
'
approvino
nella
loro
coscienza
.
Quasi
tutti
ne
comprendono
l
'
ingiustizia
e
le
male
conseguenze
;
molti
la
combattono
a
viso
aperto
e
con
ardore
.
Tutti
coloro
che
sono
in
una
condizione
sociale
che
impone
una
certa
rispettabilità
di
carattere
e
una
qualche
dignità
di
vita
,
non
hanno
che
una
donna
.
Ne
hanno
una
sola
gli
alti
impiegati
dei
ministeri
,
gli
ufficiali
dell
'
esercito
,
i
magistrati
,
gli
uomini
di
religione
.
Una
sola
,
per
necessità
,
tutti
i
poveri
e
quasi
tutti
gli
uomini
del
mezzo
ceto
.
Quattro
quinti
dei
turchi
di
Costantinopoli
non
sono
più
poligami
.
Molti
,
è
vero
,
non
sposano
che
una
donna
per
la
manìa
d
'
imitar
gli
europei
;
e
molti
altri
,
che
hanno
una
moglie
sola
,
si
rifanno
colle
odalische
.
Ma
quella
manìa
d
'
imitazione
ha
le
sue
prime
radici
in
un
sentimento
confuso
della
necessità
d
'
un
cangiamento
nella
società
musulmana
;
e
l
'
uso
delle
odalische
,
apertamente
biasimato
come
vizio
,
non
può
che
scemare
col
ristringersi
del
commercio
,
ancora
tollerato
,
delle
schiave
,
fin
che
si
confonderà
colla
corruzione
ordinaria
di
tutti
i
paesi
europei
.
Ne
nascerà
una
corruzione
maggiore
?
Ad
altri
la
sentenza
.
Questo
è
il
fatto
:
che
la
trasformazione
europea
della
società
turca
non
è
possibile
senza
la
redenzione
della
donna
,
che
la
redenzione
della
donna
non
si
può
compiere
senza
la
caduta
della
poligamia
,
e
che
la
poligamia
cade
.
Nessuno
forse
leverebbe
la
voce
,
se
la
sopprimesse
improvvisamente
domani
un
decreto
del
Gran
Signore
.
L
'
edifizio
è
crollato
e
non
c
'
è
più
che
da
sgombrar
le
rovine
.
La
nuova
aurora
tinge
già
di
rosa
le
terrazze
degli
arem
.
Sperate
,
o
belle
hanum
!
Le
porte
del
selamlik
saranno
spezzate
,
le
grate
cadranno
,
il
feregé
andrà
a
decorare
i
musei
del
gran
bazar
,
l
'
eunuco
non
sarà
più
che
una
reminiscenza
nera
dell
'
infanzia
,
e
voi
mostrerete
liberamente
al
mondo
le
grazie
del
vostro
viso
e
i
tesori
della
vostra
anima
;
e
allora
,
ogni
volta
che
si
nomineranno
in
Europa
le
"
perle
dell
'
Oriente
"
,
s
'
intenderà
di
nominar
voi
,
o
bianche
hanum
;
voi
,
belle
musulmane
,
colte
,
argute
e
gentili
;
non
le
inutili
perle
che
brillano
intorno
alla
vostra
fronte
in
mezzo
alle
pompe
fredde
dell
'
arem
.
Coraggio
,
dunque
!
Il
Sole
si
leva
.
Per
me
-
e
questo
lo
dico
ai
miei
amici
increduli
-
vecchio
come
sono
,
non
ho
ancora
rinunziato
alla
speranza
di
dare
il
braccio
alla
moglie
d
'
un
pascià
di
passaggio
per
Torino
,
e
di
condurla
a
passeggiare
sulle
rive
del
Po
,
recitandole
un
capitolo
dei
Promessi
Sposi
.
IANGHEN
VAR
Stavo
appunto
fantasticando
intorno
a
questa
passeggiata
,
verso
le
cinque
della
mattina
,
nella
mia
camera
dell
'
Albergo
di
Bisanzio
,
e
così
tra
il
sonno
e
la
veglia
,
vedendo
lontano
la
collina
di
Superga
,
cominciavo
a
dire
alla
mia
hanum
viaggiatrice
:
-
"
Quel
ramo
del
lago
di
Como
che
volge
a
mezzogiorno
fra
due
catene
non
interrotte
....
"
-
quando
mi
comparve
dinanzi
,
col
lume
in
mano
,
il
mio
amico
Yunk
"
bianco
vestito
"
e
mi
domandò
con
gran
meraviglia
:
-
Che
cosa
accade
questa
notte
a
Costantinopoli
?
Tesi
l
'
orecchio
e
sentii
un
rumore
sordo
e
confuso
che
veniva
dalla
strada
,
un
suono
di
passi
affrettati
per
le
scale
,
un
mormorio
,
un
fremito
,
che
pareva
di
giorno
.
Mi
affacciai
alla
finestra
e
vidi
giù
nell
'
oscurità
un
gran
correre
di
gente
verso
il
Corno
d
'
oro
.
Corsi
sul
pianerottolo
,
afferrai
un
cameriere
greco
che
scendeva
le
scale
a
precipizio
e
gli
domandai
che
cos
'
era
accaduto
.
Egli
si
svincolò
dicendo
:
-
Ianghen
var
,
per
Dio
!
Non
avete
sentito
il
grido
?
-
E
poi
soggiunse
scappando
:
-
Guardate
la
cima
della
Torre
di
Galata
.
-
Tornammo
alla
finestra
e
guardando
giù
verso
Galata
vedemmo
tutta
la
parte
superiore
della
gran
torre
illuminata
da
una
luce
purpurea
vivissima
,
e
una
gran
nuvola
nera
che
s
'
alzava
dalle
case
vicine
in
mezzo
a
un
vortice
di
scintille
e
s
'
allargava
rapidamente
sopra
il
cielo
stellato
.
Subito
il
nostro
pensiero
corse
ai
formidabili
incendii
di
Costantinopoli
,
e
specialmente
a
quello
spaventevole
di
quattr
'
anni
innanzi
;
e
il
nostro
primo
sentimento
fu
di
terrore
e
di
compassione
.
Ma
immediatamente
dopo
,
-
lo
confesso
e
me
ne
vergogno
,
-
un
altro
sentimento
egoistico
e
crudele
,
-
la
curiosità
del
pittore
e
del
descrittore
,
-
prese
il
disopra
e
,
-
confesso
anche
questo
,
-
ci
scambiammo
un
sorriso
che
il
Doré
avrebbe
potuto
cogliere
a
volo
per
stamparlo
sulla
faccia
d
'
uno
dei
suoi
demoni
danteschi
.
Chi
ci
avesse
aperto
il
petto
,
in
quel
momento
,
non
ci
avrebbe
trovato
che
un
calamaio
e
una
tavolozza
.
Ci
vestimmo
e
scendemmo
in
furia
giù
per
la
gran
strada
di
Pera
.
Ma
la
nostra
curiosità
,
per
fortuna
,
fu
delusa
.
Non
eravamo
ancora
arrivati
alla
torre
di
Galata
che
l
'
incendio
era
quasi
spento
.
Finivano
di
bruciare
due
piccole
case
;
la
gente
cominciava
a
ritirarsi
;
le
strade
erano
allagate
dall
'
acqua
delle
pompe
e
ingombre
di
mobili
e
di
materasse
,
fra
le
quali
andavano
e
venivano
,
nell
'
oscurità
grigia
del
mattino
,
uomini
e
donne
in
camicia
,
tremanti
dal
freddo
,
levando
in
cento
lingue
un
vocìo
assordante
,
nel
quale
non
si
sentiva
più
che
quel
resto
di
paura
che
dà
sapore
alla
chiacchiera
dopo
un
grave
pericolo
svanito
.
Vedendo
che
tutto
stava
per
finire
,
scendemmo
verso
il
ponte
per
consolarci
del
nostro
dispetto
scellerato
colla
levata
del
sole
.
Qui
assistemmo
a
uno
spettacolo
che
valeva
quello
d
'
un
incendio
.
Il
cielo
cominciava
appena
a
chiarirsi
dietro
le
colline
dell
'
Asia
.
Stambul
,
scossa
per
poco
al
primo
annunzio
dell
'
incendio
,
era
già
rientrata
nella
quiete
solenne
della
notte
.
Le
rive
e
il
ponte
erano
deserti
;
tutto
il
Corno
d
'
oro
dormiva
,
coperto
da
una
bruma
leggerissima
e
immerso
in
un
silenzio
profondo
.
Non
moveva
una
barca
,
non
volava
un
uccello
,
non
stormiva
un
albero
,
non
si
sentiva
un
respiro
.
Quella
interminabile
città
azzurra
,
muta
e
velata
,
pareva
dipinta
nell
'
aria
,
e
sembrava
che
,
gettando
un
grido
,
avrebbe
dovuto
svanire
.
Costantinopoli
non
ci
s
'
era
mai
mostrata
in
un
aspetto
così
aereo
e
così
misterioso
;
non
ci
aveva
mai
presentato
più
vivamente
l
'
immagine
di
quelle
città
favolose
delle
storie
orientali
,
che
il
pellegrino
vede
sorgere
improvvisamente
dinanzi
a
sè
,
e
vi
trova
,
entrando
,
un
popolo
immobile
,
pietrificato
,
negli
infiniti
atteggiamenti
di
una
vita
affaccendata
ed
allegra
,
dalla
vendetta
improvvisa
d
'
un
Re
dei
geni
.
Stavamo
là
appoggiati
alle
spallette
del
ponte
,
contemplando
quella
scena
meravigliosa
,
senza
più
pensare
all
'
incendio
,
quando
sentimmo
prima
un
vocìo
fioco
e
confuso
di
là
dal
Corno
d
'
oro
,
come
di
gente
che
chiedesse
soccorso
,
e
poi
uno
scoppio
di
grida
altissime
:
-
Allà
!
Allà
!
Allà
!
-
che
risonarono
improvvisamente
nel
vano
enorme
e
silenzioso
della
rada
,
e
nello
stesso
tempo
apparve
sulla
sponda
opposta
,
e
si
slanciò
giù
per
il
ponte
,
correndo
precipitosamente
verso
di
noi
,
una
folla
rumorosa
e
sinistra
.
-
Tulumbadgi
!
-
gridò
uno
dei
guardiani
del
ponte
.
-
(
I
pompieri
!
)
Noi
ci
tirammo
da
una
parte
.
Un
'
orda
di
selvaggi
seminudi
,
col
capo
scoperto
,
coi
petti
irsuti
,
grondanti
di
sudore
,
vecchi
,
giovani
,
neri
,
nani
e
giganti
cappelluti
e
rapati
,
faccie
d
'
assassini
e
di
ladri
,
quattro
dei
quali
portavano
sulle
spalle
una
piccola
pompa
e
pareva
una
bara
di
fanciullo
;
armati
di
lunghe
aste
uncinate
,
di
fasci
di
corde
,
d
'
ascie
,
e
di
picconi
,
-
ci
passarono
accanto
,
urlando
e
anelando
,
cogli
occhi
dilatati
,
coi
capelli
sparsi
,
coi
cenci
al
vento
,
stretti
,
impetuosi
e
biechi
,
-
e
gettandoci
in
viso
una
tanfata
d
'
odor
di
belve
,
disparvero
nella
strada
di
Galata
,
d
'
onde
ci
giunsero
le
loro
ultime
grida
fioche
di
Allà
,
e
poi
fu
di
nuovo
un
silenzio
profondo
.
L
'
impressione
che
mi
fece
quell
'
apparizione
tumultuosa
e
fulminea
in
quella
quiete
arcana
della
grande
città
addormentata
,
non
la
so
esprimere
;
-
so
che
compresi
e
vidi
in
un
momento
mille
scene
d
'
invasioni
barbariche
,
di
saccheggi
e
d
'
orrori
di
paesi
e
di
tempi
lontani
,
che
fino
allora
la
mia
immaginazione
si
era
sforzata
inutilmente
di
rappresentarsi
al
vivo
,
e
che
mi
domandai
se
quella
era
la
città
,
se
quello
era
proprio
il
ponte
,
su
cui
,
di
giorno
,
passavano
degli
ambasciatori
europei
,
delle
signore
vestite
alla
parigina
e
dei
venditori
di
giornali
francesi
.
Un
minuto
dopo
,
il
silenzio
solenne
del
Corno
d
'
oro
fu
rotto
di
nuovo
da
un
gridìo
lontano
,
e
un
'
altra
turba
scamiciata
e
selvaggia
ci
passò
dinanzi
,
come
un
turbine
,
sul
ponte
ondeggiante
e
sonante
,
levando
un
frastuono
confuso
di
urli
,
di
sbuffi
,
d
'
aneliti
,
di
risa
soffocate
e
sinistre
,
e
un
'
altra
volta
le
grida
prolungate
e
lamentevoli
di
Allà
si
perdettero
per
le
strade
di
Galata
,
seguite
da
un
silenzio
mortale
.
Poco
dopo
passò
un
'
altra
turba
,
e
poi
una
quarta
,
e
poi
altre
due
,
e
infine
passò
il
pazzo
di
Pera
,
nudo
dalla
testa
ai
piedi
,
mezzo
morto
dal
freddo
,
gettando
grida
acutissime
,
inseguito
da
un
branco
di
monelli
turchi
,
che
disparvero
con
lui
e
coi
pompieri
dietro
le
case
della
riva
franca
;
e
sulla
grande
città
,
dorata
dai
primi
raggi
dell
'
aurora
,
tornò
a
regnare
un
altissimo
silenzio
.
Di
lì
a
poco
si
levò
il
sole
,
comparvero
i
muezzin
sui
minareti
,
si
mossero
i
caicchi
,
si
svegliò
il
porto
,
cominciò
a
passar
gente
sul
ponte
e
a
spandersi
intorno
il
rumor
sordo
della
vita
cittadina
,
e
noi
ritornammo
verso
Pera
.
Ma
l
'
immagine
di
quella
grande
città
assopita
,
di
quel
cielo
albeggiante
,
di
quella
pace
solenne
,
di
quelle
orde
selvaggie
,
ci
rimase
così
profondamente
stampata
nella
mente
,
che
oggi
ancora
non
ci
rivediamo
una
volta
senza
ricordarcela
,
con
un
misto
piacevolissimo
di
stupore
e
di
paura
,
come
una
scena
veduta
nella
Stambul
d
'
altri
secoli
,
o
sognata
nell
'
ebbrezza
dell
'
hascisc
.
Così
non
vidi
lo
spettacolo
di
un
incendio
a
Costantinopoli
;
ma
se
non
lo
vidi
coi
miei
occhi
,
conobbi
tanti
testimonii
oculari
di
quello
che
distrusse
Pera
nel
1870
,
e
ne
raccolsi
notizie
così
minute
,
che
posso
dire
d
'
averlo
visto
colla
mente
,
e
descriverlo
forse
con
non
minore
evidenza
che
se
ne
fossi
stato
anch
'
io
spettatore
.
La
prima
fiamma
s
'
accese
in
una
piccola
casa
di
via
Feridié
,
in
Pera
,
il
giorno
cinque
di
giugno
,
stagione
in
cui
una
buona
parte
della
popolazione
agiata
di
Costantinopoli
villeggia
sul
Bosforo
;
al
tocco
dopo
mezzogiorno
,
ora
in
cui
quasi
tutti
gli
abitanti
della
città
,
anche
europei
,
stanno
chiusi
in
casa
a
far
la
siesta
.
Nella
casa
di
via
Feridié
non
c
'
era
che
una
vecchia
serva
;
la
famiglia
era
partita
la
mattina
per
la
campagna
.
Appena
s
'
accorse
dell
'
incendio
,
la
vecchia
si
slanciò
nella
strada
e
si
mise
a
correre
gridando
:
-
Al
fuoco
!
-
Subito
accorse
gente
dalle
case
intorno
,
con
secchie
e
con
piccole
pompe
-
,
perché
era
già
caduta
la
legge
insensata
che
proibiva
di
spegnere
gli
incendii
prima
che
arrivassero
gli
ufficiali
dei
Seraschierato
-
,
e
,
come
sempre
,
si
precipitarono
tutti
verso
la
fontana
più
vicina
per
prender
acqua
.
Le
fontane
di
Pera
,
a
cui
i
portatori
d
'
acqua
vanno
ad
attingere
,
a
certe
ore
,
per
le
famiglie
del
quartiere
,
vengono
tutte
chiuse
a
chiave
dopo
la
distribuzione
,
e
l
'
impiegato
che
le
ha
in
custodia
non
può
più
aprirle
senza
il
permesso
dell
'
autorità
.
In
quel
momento
appunto
v
'
era
accanto
alla
fontana
una
guardia
turca
della
municipalità
di
Pera
,
che
aveva
la
chiave
in
tasca
,
e
stava
là
spettatrice
impassibile
dell
'
incendio
.
La
folla
affannata
lo
circonda
e
gl
'
intima
di
aprire
.
Egli
rifiuta
dicendo
che
non
ha
l
'
ordine
.
Gli
si
stringono
addosso
,
lo
minacciano
,
lo
afferrano
:
egli
resiste
,
si
dibatte
,
grida
che
non
leveranno
la
chiave
che
dal
suo
cadavere
.
Intanto
le
fiamme
avvolgono
tutta
la
casa
e
cominciano
ad
attaccarsi
alle
case
vicine
.
La
notizia
dell
'
incendio
si
propaga
di
quartiere
in
quartiere
.
Dalla
sommità
della
torre
di
Galata
e
di
quella
del
Seraschiere
,
i
guardiani
hanno
visto
il
fumo
e
messo
fuori
le
grandi
ceste
purpuree
,
segnale
degl
'
incendii
di
giorno
.
Tutte
le
guardie
di
città
corrono
per
le
strade
battendo
i
loro
lunghi
bastoni
sul
ciottolato
e
mettendo
il
grido
sinistro
:
-
Ianghen
var
!
-
C
'
è
il
fuoco
!
-
a
cui
rispondono
con
rulli
cupi
e
precipitosi
i
mille
tamburi
delle
caserme
.
Il
cannone
di
Top
-
hané
annunzia
il
pericolo
alla
immensa
città
con
tre
colpi
che
risuonano
dal
mar
di
Marmara
al
mar
Nero
.
Il
Seraschierato
,
il
serraglio
,
le
ambasciate
,
tutta
Pera
e
tutta
Galata
sono
sottosopra
;
e
pochi
minuti
dopo
arrivano
a
spron
battuto
in
via
Feridié
il
ministro
della
guerra
,
un
nuvolo
di
ufficiali
,
un
esercito
di
pompieri
,
e
cominciano
precipitosamente
il
lavoro
.
Ma
come
accade
quasi
sempre
,
quel
primo
tentativo
riuscì
inutile
.
Le
strade
strettissime
non
concedevano
libertà
di
movimenti
;
le
pompe
non
servivano
,
l
'
acqua
era
insufficiente
e
lontana
;
i
pompieri
,
mal
disciplinati
,
come
sempre
,
e
piuttosto
intesi
a
crescere
che
a
scemare
la
confusione
,
per
pescare
nel
torbido
;
e
per
di
più
scarseggiavano
i
facchini
per
il
trasporto
delle
robe
,
essendone
andato
un
gran
numero
,
quel
giorno
,
alla
festa
nazionale
armena
che
si
celebra
a
Beicos
.
È
a
notarsi
,
inoltre
,
che
le
case
di
legno
erano
allora
in
assai
maggior
numero
che
non
siano
ora
,
e
che
anche
le
case
di
pietra
e
di
mattoni
avevano
,
come
quelle
di
legno
,
dei
tetti
sottili
,
difesi
da
radissime
tegole
,
e
perciò
facilissimi
ad
accendersi
.
E
non
v
'
era
nemmeno
il
vantaggio
che
presenta
,
in
simili
occasioni
,
la
popolazione
musulmana
,
la
quale
,
fatalista
ed
apatica
com
'
è
in
faccia
alla
sventura
,
non
si
atterrisce
gran
fatto
all
'
aspetto
d
'
un
incendio
,
e
se
non
aiuta
abbastanza
a
spegnere
,
non
intralcia
almeno
l
'
opera
degli
altri
con
la
propria
forsennatezza
.
Quella
era
popolazione
quasi
tutta
cristiana
e
perdette
immediatamente
la
testa
.
L
'
incendio
non
abbracciava
ancora
che
poche
case
,
che
già
in
tutte
le
strade
d
'
intorno
era
un
tramestìo
indescrivibile
,
un
precipitar
di
mobili
dalle
finestre
,
un
tumulto
di
pianti
e
di
grida
,
uno
sgomento
,
un
ingombro
,
contro
cui
non
potevano
nè
le
minaccie
,
nè
la
forza
,
nè
le
armi
.
Un
'
ora
era
appena
trascorsa
dall
'
apparire
delle
prime
fiamme
,
e
già
tutta
la
strada
Feridié
era
accesa
,
e
gli
ufficiali
e
i
pompieri
indietreggiavano
rapidamente
da
tutte
le
parti
,
lasciando
qua
e
là
morti
e
feriti
,
e
la
speranza
di
soffocar
l
'
incendio
sul
nascere
era
perduta
.
Per
maggior
disgrazia
tirava
quel
giorno
un
vento
fortissimo
che
abbatteva
le
fiamme
delle
case
ardenti
sopra
i
tetti
delle
case
vicine
,
in
larghe
vampe
orizzontali
,
che
parevano
tende
ondeggianti
,
in
modo
che
il
fuoco
penetrava
in
tutte
le
case
dal
tetto
,
come
rovesciatovi
sopra
da
un
vulcano
.
L
'
accensione
era
così
rapida
,
che
le
famiglie
raccolte
nelle
case
,
sicure
d
'
essere
ancora
in
tempo
a
portar
via
una
parte
dei
loro
averi
,
si
sentivano
tutt
'
a
un
tratto
crepitare
il
tetto
sul
capo
,
e
appena
riuscivano
a
metter
in
salvo
la
vita
.
Le
case
s
'
accendevano
l
'
una
dopo
l
'
altra
come
se
fossero
state
intonacate
di
pece
,
e
subito
,
dalle
innumerevoli
finestrine
prorompevano
le
fiamme
lunghe
,
diritte
,
mobilissime
,
come
serpenti
smaniosi
di
preda
,
che
si
curvavano
fino
a
lambire
la
strada
quasi
per
cercar
vittime
umane
.
L
'
incendio
non
correva
,
volava
,
e
prima
di
avvolgere
,
copriva
,
come
un
mare
di
fuoco
.
Dalla
via
Feridiè
irruppe
furiosamente
nella
via
di
Tarla
-
Bascì
,
di
qui
tornò
indietro
e
invase
come
un
torrente
la
via
di
Misc
,
poi
infiammò
come
una
foresta
secca
il
quartiere
Aga
-
Dgiami
,
poi
la
via
Sakes
-
Agatsce
,
poi
quella
di
Kalindgi
-
Kuluk
,
e
poi
di
strada
in
strada
,
coprì
di
fuoco
tutta
la
china
di
Yeni
-
Sceir
,
e
s
'
incrociò
col
turbine
di
fiamme
che
veniva
giù
strepitando
e
muggendo
per
la
gran
strada
di
Pera
.
Non
c
'
erano
soltanto
mille
incendii
da
spegnere
,
mille
nemici
sparsi
da
combattere
;
erano
come
le
insidie
e
i
colpi
di
mano
inaspettati
d
'
un
grande
esercito
,
che
pareva
fosse
guidato
astutamente
da
una
volontà
unica
,
per
cogliere
nella
rete
la
città
intera
,
e
non
lasciar
scampo
a
nessuno
.
Erano
tanti
torrenti
di
lava
che
si
riunivano
e
s
'
incrociavano
,
precipitando
e
spandendosi
in
laghi
di
fuoco
con
una
rapidità
che
preveniva
tutti
i
soccorsi
.
In
capo
a
tre
ore
metà
di
Pera
era
in
fiamme
.
Una
miriade
di
colonne
di
fumo
vermiglio
,
sulfureo
,
bianco
,
nero
,
fuggivano
rapidissimamente
rasente
i
tetti
e
s
'
allungavano
a
perdita
d
'
occhi
lungo
le
colline
,
ottenebrando
e
tingendo
di
colori
sinistri
i
vasti
sobborghi
del
Corno
d
'
oro
;
per
tutto
era
un
turbinio
furioso
di
cenere
e
di
scintille
;
e
il
vento
sbatteva
contro
le
case
ancora
intatte
dei
bassi
quartieri
una
vera
grandine
di
braci
e
di
tizzi
,
che
spazzavano
le
strade
come
scariche
di
mitraglia
.
Le
strade
dei
quartieri
accesi
non
erano
più
che
grandi
fornaci
,
sopra
alcune
delle
quali
le
fiamme
formavano
come
un
fitto
padiglione
,
e
là
precipitavano
e
saltellavano
con
un
fracasso
orrendo
i
pini
del
mar
Nero
delle
travature
dei
tetti
,
i
travicelli
sottili
dei
ciardak
,
i
balconi
vetrati
,
i
minareti
di
legno
delle
piccole
moschee
,
che
pareva
rovinassero
spezzati
da
un
terremoto
.
Per
le
strade
ancora
accessibili
,
si
vedevano
passare
,
come
spettri
,
illuminati
da
bagliori
d
'
inferno
,
lancieri
a
cavallo
,
ventre
a
terra
,
che
portavano
in
tutte
le
direzioni
gli
ordini
del
Seraschierato
;
ufficiali
del
Serraglio
,
col
capo
scoperto
e
la
divisa
abbruciacchiata
;
cavalli
sciolti
di
soldati
caduti
;
frotte
di
facchini
carichi
di
masserizie
,
sciami
di
cani
ululanti
,
turbe
di
fuggiaschi
che
inciampavano
e
stramazzavano
urlando
giù
per
le
chine
,
tra
i
feriti
,
i
cadaveri
e
le
macerie
,
e
sparivano
tra
il
fumo
e
le
fiamme
,
come
legioni
di
dannati
.
Per
un
momento
,
fu
visto
immobile
dinanzi
all
'
imboccatura
d
'
una
strada
accesa
del
quartier
Aga
-
Dgiami
,
il
Sultano
Abdul
-
Aziz
,
a
cavallo
,
circondato
dal
suo
corteo
,
pallido
come
un
cadavere
,
cogli
occhi
dilatati
e
fissi
nelle
fiamme
,
come
se
ripetesse
tra
sè
le
parole
memorabili
di
Selim
I
:
-
Ecco
il
soffio
ardente
delle
mie
vittime
!
Io
lo
sento
,
che
distruggerà
la
città
,
il
mio
serraglio
e
me
pure
!
-
E
poi
disparve
in
un
nuvolo
di
cenere
,
trascinato
dai
suoi
cortigiani
.
Tutto
l
'
esercito
di
Costantinopoli
e
tutta
l
'
innumerevole
turba
dei
pompieri
era
in
moto
,
a
frotte
,
a
lunghissime
catene
,
a
semicerchi
immensi
che
abbracciavano
interi
quartieri
,
sorvegliati
e
diretti
da
visir
,
da
ufficiali
di
corte
,
da
pascià
,
da
ulema
;
in
alcuni
punti
,
per
tagliar
la
strada
alle
fiamme
,
fervevano
battaglie
disperate
;
case
dietro
case
,
in
pochi
minuti
,
cadevano
sotto
le
scuri
;
i
tetti
formicolavano
di
gente
ardita
che
affrontava
il
fuoco
a
bruciapelo
,
e
cadevano
a
capofitto
nei
crateri
aperti
sotto
i
loro
piedi
,
e
altri
vi
succedevano
,
come
in
una
mischia
,
ostinati
,
gettando
grida
selvaggie
,
e
agitando
i
fez
abbruciacchiati
in
mezzo
al
fumo
color
di
foco
.
Ma
l
'
incendio
s
'
avanzava
vittorioso
in
mezzo
ai
mille
getti
d
'
acqua
,
sorpassando
a
grandi
salti
piazze
,
giardini
,
grandi
edifici
di
pietra
,
piccoli
cimiteri
,
e
faceva
da
tutte
le
parti
retrocedere
pompieri
,
soldati
e
cittadini
,
come
un
esercito
in
rotta
,
flagellandoli
alle
spalle
con
una
pioggia
di
carboni
roventi
.
Si
compievano
,
anche
in
quell
'
orrenda
confusione
,
dei
belli
atti
di
coraggio
e
di
umanità
.
Si
videro
in
molti
punti
,
fra
le
rovine
ardenti
delle
case
,
sventolare
i
veli
bianchi
delle
Suore
di
Carità
,
curve
sui
moribondi
;
dei
turchi
che
si
slanciarono
tra
le
fiamme
e
ricomparvero
poco
dopo
sollevando
sulle
braccia
scorticate
dei
bambini
cristiani
;
altri
musulmani
che
,
dinanzi
a
una
casa
infiammata
,
immobili
,
colle
braccia
incrociate
in
mezzo
a
una
famiglia
cristiana
in
preda
alla
disperazione
,
offrivano
freddamente
cento
lire
turche
a
chi
salvasse
un
ragazzo
europeo
rimasto
nel
fuoco
;
alcuni
che
raccoglievano
in
drappelli
,
per
le
strade
,
i
bimbi
smarriti
,
e
li
legavano
colle
bende
del
turbante
,
per
restituirli
poi
ai
parenti
;
altri
che
aprivano
le
loro
case
ai
fuggitivi
seminudi
;
più
d
'
uno
,
che
,
per
dar
un
esempio
di
coraggio
e
di
disprezzo
dei
beni
terreni
,
mentre
la
propria
casa
bruciava
,
stava
seduto
nella
via
sopra
un
tappeto
,
fumando
tranquillamente
il
narghilè
,
e
si
faceva
in
là
,
con
suprema
indifferenza
,
man
mano
che
le
fiamme
s
'
avvicinavano
.
Ma
il
coraggio
e
la
freddezza
d
'
animo
non
valevano
più
oramai
contro
quella
tempesta
di
fuoco
.
A
momenti
,
pareva
che
,
scemando
un
poco
il
vento
,
l
'
incendio
rimettesse
della
sua
furia
;
ma
subito
il
vento
ricominciava
a
soffiare
con
maggior
veemenza
,
e
le
fiamme
,
che
s
'
erano
appena
risollevate
,
tornavano
a
curvarsi
con
impeto
e
a
vibrare
come
freccie
le
loro
punte
diritte
e
implacabili
,
levando
uno
strepito
cupo
e
precipitoso
,
rotto
dagli
scoppi
improvvisi
delle
farmacie
piene
di
petrolio
,
dalle
detonazioni
del
gaz
sparso
per
le
case
,
di
cui
i
tubi
disfatti
mandavano
fuori
rigagnoli
di
piombo
fuso
;
dai
tetti
che
rovinavano
d
'
un
colpo
come
schiacciati
da
una
valanga
;
dal
crepitìo
dei
giardini
di
cipressi
che
si
contorcevano
e
s
'
infiammavano
a
un
tratto
,
sciogliendosi
in
una
pioggia
di
resina
ardente
;
dai
gruppi
di
vecchie
case
di
legno
,
che
s
'
accendevano
scoppiettando
come
fuochi
d
'
artifizio
,
e
sprigionavano
fasci
enormi
di
fiamme
bianche
in
cui
parevano
che
soffiassero
mantici
di
cento
officine
.
Era
uno
stritolamento
,
un
rovinìo
,
una
distruzione
rabbiosa
,
che
pareva
prodotta
nello
stesso
tempo
da
un
incendio
,
da
un
'
inondazione
,
da
una
convulsione
della
terra
e
dalla
rapina
d
'
un
esercito
.
Nessuno
aveva
mai
nè
visto
nè
sognato
un
simile
orrore
.
La
popolazione
pareva
impazzita
.
Per
le
strade
di
Pera
era
un
rimescolamento
vertiginoso
e
un
urlìo
forsennato
come
sul
ponte
d
'
un
bastimento
nel
momento
del
naufragio
.
In
mezzo
ai
mobili
rotolati
,
sotto
al
balenìo
delle
spade
degli
ufficiali
,
fra
gli
urti
e
le
bastonate
dei
facchini
e
dei
portatori
d
'
acqua
,
in
mezzo
ai
cavalli
dei
Pascià
e
alle
frotte
dei
pompieri
che
passavano
di
corsa
investendo
e
rovesciando
quanto
incontravano
,
famiglie
italiane
,
francesi
,
greche
,
armene
,
poveri
e
ricchi
,
donne
e
fanciulli
,
smarriti
,
smemorati
,
si
cercavano
brancolando
,
si
chiamavano
gridando
e
piangendo
,
soffocati
dal
fumo
e
accecati
dalle
scintille
;
passavano
ambasciatori
,
seguiti
da
drappelli
di
servi
,
carichi
di
carte
e
di
libri
;
frati
che
innalzavano
un
crocifisso
sopra
la
folla
;
gruppi
di
donne
turche
che
portavano
fra
le
braccia
gli
oggetti
più
preziosi
dell
'
arem
;
stuoli
di
gente
curva
sotto
spoglie
di
chiese
,
di
teatri
,
di
scuole
,
di
moschee
;
e
a
quando
a
quando
,
una
nuvola
enorme
di
fumo
caliginoso
,
spinta
giù
da
una
ventata
improvvisa
,
immergeva
tutti
nelle
tenebre
e
cresceva
lo
scompiglio
e
il
terrore
.
A
crescere
ancora
gli
orrori
di
quel
disastro
,
c
'
era
,
come
sempre
,
ma
più
quel
giorno
che
mai
,
una
miriade
di
ladri
d
'
ogni
paese
,
sbucati
da
tutti
i
covi
di
Costantinopoli
,
riuniti
a
drappelli
d
'
intesa
fra
loro
,
e
vestiti
da
facchini
,
da
signori
o
da
soldati
,
i
quali
entravano
nelle
case
e
rubavano
a
man
salva
,
e
correvano
poi
in
frotte
a
Kassim
-
Pascià
e
a
Tataola
,
a
depositarvi
il
bottino
;
e
i
soldati
li
cacciavano
,
stendendosi
in
cordoni
,
e
assalendoli
a
pattuglie
,
e
seguivano
lotte
,
dispersioni
e
inseguimenti
,
che
aggiungevano
sgomento
a
sgomento
.
I
pompieri
,
i
facchini
,
i
portatori
d
'
acqua
,
spalleggiati
dai
loro
parenti
,
stretti
in
bande
brigantesche
,
sotto
gli
occhi
delle
famiglie
desolate
di
cui
ardevano
le
case
,
interrompevano
il
lavoro
,
e
mettevano
a
prezzo
d
'
oro
la
continuazione
.
I
mobili
ammucchiati
a
traverso
le
strade
strette
,
difesi
dalle
famiglie
,
erano
presi
d
'
assalto
da
torme
di
predoni
,
colle
armi
alla
mano
,
e
poi
ridifesi
,
come
barricate
,
dall
'
assalto
di
altri
predoni
.
Turbe
di
fuggitivi
,
incontrandosi
colle
loro
robe
nei
varchi
angusti
,
si
disputavano
ferocemente
la
precedenza
del
passaggio
,
e
lasciavano
il
terreno
ingombro
di
gente
soffocata
o
ferita
.
Ma
già
dopo
le
prime
quattr
'
ore
d
'
incendio
,
la
furia
del
foco
era
tale
che
pochi
s
'
affannavano
più
per
le
proprie
robe
,
e
a
tutti
pareva
già
molto
di
metter
in
salvo
la
vita
.
Due
terzi
di
Pera
ardevano
,
e
le
fiamme
,
correndo
sempre
più
rapidamente
in
tutte
le
direzioni
,
accerchiavano
quasi
all
'
improvviso
dei
vasti
spazii
prima
che
la
gente
,
ch
'
era
dentro
,
se
ne
avvedesse
.
Centinaia
di
sventurati
,
stretti
in
folla
,
si
slanciavano
su
per
una
stradicciuola
tortuosa
per
cercare
uno
scampo
,
e
improvvisamente
,
a
una
svoltata
,
si
vedevano
venir
contro
un
uragano
di
vampe
e
di
fumo
,
che
li
ricacciava
indietro
,
forsennati
,
a
cercare
un
'
altra
uscita
.
Famiglie
intere
,
-
ed
una
,
fra
queste
,
di
ventidue
persone
,
-
erano
tutt
'
a
un
tratto
circondate
,
asfissiate
,
arse
,
carbonizzate
.
Presi
dalla
disperazione
,
si
rifugiavano
nelle
cantine
dove
rimanevano
soffocati
,
si
precipitavano
nei
pozzi
e
nelle
cisterne
,
s
'
impiccavano
agli
alberi
,
o
dopo
aver
cercato
inutilmente
un
ricovero
nei
ripostigli
più
segreti
della
casa
,
smarrita
la
ragione
,
uscivano
all
'
aperto
e
correvano
a
buttarsi
nelle
fiamme
.
Dai
luoghi
alti
di
Pera
,
si
vedevano
giù
per
le
chine
,
in
mezzo
a
cerchi
di
fuoco
,
famiglie
inginocchiate
sulle
terrazze
,
colle
braccia
tese
e
le
mani
giunte
,
che
chiedevano
al
cielo
il
soccorso
che
non
speravano
più
dalla
terra
.
Si
vedevano
venir
giù
di
corsa
dalle
alture
di
Pera
e
sparpagliarsi
per
Galata
,
per
Top
-
hanè
,
per
Funduclù
,
per
i
bassi
cimiteri
,
stormi
di
gente
pallida
e
scapigliata
,
stravolta
dal
terrore
,
che
cercava
ancora
dove
nascondersi
,
come
se
fosse
inseguita
dal
fuoco
;
fanciulli
insanguinati
,
donne
lacere
,
coi
capelli
arsi
,
che
stringevano
fra
le
braccia
bimbi
morti
o
acciecati
;
uomini
col
viso
e
le
braccia
scorticate
che
si
scontorcevano
per
terra
fra
gli
spasimi
dell
'
agonia
;
vecchi
singhiozzanti
come
bambini
,
signori
ridotti
alla
miseria
che
davan
del
capo
nei
muri
,
giovanetti
deliranti
che
andavano
a
cadere
estenuati
sulla
riva
del
Corno
d
'
oro
,
famiglie
che
portavano
cadaveri
anneriti
,
sventurati
impazziti
dallo
spavento
che
trascinavano
seggiole
attaccate
a
uno
spago
o
si
serravano
sul
petto
delle
bracciate
di
cocci
e
di
cenci
,
prorompendo
in
grida
lamentevoli
o
in
risa
frenetiche
.
E
intanto
,
continuavano
a
salire
dai
quartieri
bassi
,
dagli
arsenali
di
Ters
-
hanè
e
di
Top
-
hanè
,
dalle
caserme
,
dalle
moschee
,
dai
palazzi
del
Sultano
,
e
correvano
come
a
un
assalto
,
urlando
Janghen
var
e
Allà
,
su
per
le
colline
,
fra
il
turbinìo
della
cenere
e
delle
scintille
,
sotto
una
pioggia
di
caligine
ardente
,
per
le
strade
coperte
di
tizzoni
e
di
rottami
,
battaglioni
di
nizam
,
bande
di
ladri
,
falangi
di
pompieri
,
generali
,
dervis
,
messi
della
Corte
,
famiglie
che
tornavano
indietro
a
cercare
i
parenti
perduti
,
predatori
ed
eroi
,
la
sventura
,
la
carità
e
il
delitto
,
confusi
in
una
turba
spaventevole
,
che
montava
rumoreggiando
come
un
mare
in
tempesta
,
colorata
dai
riflessi
vermigli
dell
'
immensa
fornace
.
E
poco
lontano
da
quell
'
inferno
,
rideva
,
come
sempre
,
la
maestà
serena
di
Stambul
e
la
bellezza
primaverile
della
riva
asiatica
,
specchiata
dal
mar
di
Marmara
e
dal
Bosforo
,
coperto
di
bastimenti
immobili
;
una
folla
immensa
,
che
faceva
nere
tutte
le
rive
,
assisteva
muta
e
impassibile
allo
spettacolo
spaventoso
;
i
muezzin
annunziavano
con
lente
cantilene
dai
terrazzi
dei
minareti
il
tramonto
del
sole
;
gli
uccelli
roteavano
allegramente
intorno
alle
moschee
delle
sette
colline
;
e
i
vecchi
turchi
,
seduti
all
'
ombra
dei
platani
,
sopra
le
alture
verdi
di
Scutari
,
mormoravano
con
voce
pacata
:
-
È
sonata
l
'
ultima
ora
per
la
città
dei
Sultani
.
-
Il
giorno
prescritto
è
venuto
.
-
La
sentenza
d
'
Allà
si
compisce
.
-
Così
sia
-
Così
sia
.
L
'
incendio
,
per
fortuna
,
non
si
protrasse
nella
notte
.
Alle
sette
della
sera
s
'
accendeva
,
per
ultimo
,
il
palazzo
dell
'
ambasciata
d
'
Inghilterra
;
dopo
di
che
il
vento
cessava
improvvisamente
,
e
le
fiamme
morivano
,
spontaneamente
o
soffocate
,
da
tutte
le
parti
.
In
sei
ore
due
terzi
di
Pera
erano
stati
distrutti
dalle
fondamenta
,
nove
mila
case
incenerite
,
due
mila
persone
morte
.
Dopo
l
'
incendio
famoso
del
1756
,
che
distrusse
ottanta
mila
case
,
e
spianò
due
terzi
di
Stambul
,
sotto
il
regno
di
Otmano
III
,
non
s
'
era
più
visto
un
disastro
così
tremendo
;
e
nessun
incendio
,
dalla
presa
di
Costantinopoli
in
poi
,
mietè
un
così
gran
numero
di
vite
.
Il
giorno
seguente
Pera
offriva
un
aspetto
meno
spaventevole
,
ma
non
meno
triste
che
durante
l
'
infuriare
dell
'
incendio
.
Dov
'
era
passato
il
fuoco
,
era
un
deserto
,
e
apparivano
le
forme
nude
e
sinistre
della
grande
collina
;
nuovi
prospetti
,
una
luce
nuova
,
vastissimi
spazi
coperti
di
cenere
in
mezzo
ai
quali
non
rimanevano
che
le
torricine
affumicate
dei
camini
,
come
monumenti
funebri
;
quartieri
interi
scomparsi
come
accampamenti
di
beduini
portati
via
dall
'
uragano
;
strade
e
crocicchi
di
cui
non
rimanevan
più
che
le
traccie
nere
e
fumanti
sulla
terra
,
fra
le
quali
erravano
migliaia
di
sventurati
cenciosi
e
sparuti
,
che
chiedevano
l
'
elemosina
in
mezzo
a
un
via
vai
di
soldati
,
di
medici
,
di
monache
,
di
sacerdoti
d
'
ogni
religione
e
d
'
impiegati
di
tutti
i
gradi
,
che
distribuivano
pane
e
denaro
,
e
guidavano
lunghe
file
di
carri
carichi
di
materasse
e
di
coperte
,
mandate
dal
governo
per
la
gente
rimasta
senza
casa
.
Il
governo
aveva
fatto
pure
distribuire
le
tende
dei
soldati
.
Le
alture
di
Tataola
e
il
grande
cimitero
armeno
erano
coperti
d
'
accampamenti
,
in
cui
brulicava
una
folla
immensa
.
Per
tutto
si
vedevano
strati
e
monti
di
masserizie
su
cui
sedevano
famiglie
estenuate
e
istupidite
.
Nel
vasto
cimitero
di
Galata
erano
sparsi
e
accatastati
alla
rinfusa
,
come
in
un
bazar
messo
sottosopra
,
lungo
i
sentieri
e
in
mezzo
ai
sepolcri
,
divani
,
letti
,
cuscini
,
pianoforti
,
quadri
,
libri
,
carrozze
sconquassate
,
cavalli
feriti
legati
ai
cipressi
,
portantine
dorate
d
'
ambasciatori
e
gabbie
di
pappagalli
degli
arem
,
custoditi
da
una
folla
di
servi
e
di
facchini
neri
di
caligine
e
cascanti
di
sonno
.
Una
poveraglia
innumerevole
,
immonda
,
non
mai
veduta
,
girava
per
le
strade
a
cercar
chiodi
e
serrature
fra
le
macerie
,
scansando
i
soldati
e
i
pompieri
addormentati
per
terra
,
sfiniti
dalle
fatiche
della
notte
;
si
vedeva
per
tutto
gente
affaccendata
a
rizzar
baracche
sulle
rovine
delle
proprie
case
,
con
tende
ed
assiti
;
famiglie
inginocchiate
in
mezzo
ai
muri
affumicati
di
chiese
senza
tetto
,
dinanzi
ad
altari
bruciati
;
gruppi
di
uomini
e
di
donne
che
correvano
affannosamente
,
col
capo
chino
,
osservando
viso
per
viso
lunghe
file
di
cadaveri
carbonizzati
e
sformati
,
e
lì
riconoscimenti
,
grida
disperate
,
scoppi
di
pianto
,
gente
che
stramazzava
come
fulminata
,
in
mezzo
a
una
processione
di
lettighe
e
di
bare
,
a
un
polverìo
denso
,
a
un
'
aria
infocata
,
a
un
puzzo
di
carni
arse
,
a
nuvoli
di
scintille
che
si
sollevavano
improvvisamente
sotto
le
vanghe
e
i
picconi
degli
scavatori
,
e
ricadevano
sopra
una
folla
fitta
,
lenta
,
silenziosa
,
sbalordita
,
accorsa
da
tutte
le
parti
di
Costantinopoli
,
sopra
alla
quale
apparivano
le
faccie
pallide
e
gravi
dei
Consoli
e
degli
Ambasciatori
,
che
arrestavano
i
cavalli
sui
crocicchi
,
e
guardavano
intorno
sgomentati
dall
'
immensità
del
disastro
.
Eppure
anche
quell
'
immenso
disastro
,
come
segue
sempre
nei
paesi
orientali
,
fu
presto
dimenticato
.
Quattro
anni
dopo
io
non
ne
vidi
più
traccia
,
fuorchè
qualche
tratto
di
terreno
sgombro
all
'
estremità
di
Pera
,
dinanzi
all
'
altura
di
Tataola
.
Dell
'
incendio
si
parlava
già
come
d
'
un
avvenimento
molto
lontano
.
Per
qualche
tempo
,
mentre
le
ceneri
erano
ancora
calde
,
i
giornali
avevano
chiesto
al
governo
dei
provvedimenti
:
che
riordinasse
il
corpo
dei
pompieri
,
che
mutasse
le
pompe
,
che
si
procurasse
maggior
abbondanza
d
'
acqua
,
che
regolasse
la
costruzione
delle
case
;
ma
il
governo
aveva
fatto
il
sordo
e
gli
europei
avevano
rimesso
il
cuore
in
pace
,
continuando
a
vivere
alla
turca
,
ossia
fidando
un
po
'
nel
buon
Dio
e
un
po
'
nella
buona
fortuna
.
Così
,
nulla
o
quasi
nulla
essendo
mutato
,
si
può
andar
sicuri
che
quello
del
1870
non
fu
l
'
ultimo
dei
grandi
incendi
dai
quali
"
è
scritto
"
che
la
città
dei
Sultani
sia
ogni
tanti
anni
desolata
.
Le
case
di
Pera
sono
ora
quasi
tutte
,
è
vero
,
di
muratura
;
ma
costrutte
la
maggior
parte
malamente
,
da
architetti
senza
studii
e
senza
esperienza
,
non
invigilati
dal
Governo
,
e
spesso
anche
costrutte
dal
primo
venuto
,
in
maniera
che
molte
rovinano
prima
d
'
esser
terminate
,
e
quelle
che
rimangono
su
,
non
possono
opporre
alcuna
resistenza
alle
fiamme
.
L
'
acqua
,
specialmente
a
Pera
,
è
sempre
scarsa
e
soggetta
a
un
monopolio
vergognoso
;
e
siccome
viene
in
gran
parte
dai
serbatoi
del
villaggio
di
Belgrado
,
costrutti
dai
Romani
,
manca
affatto
quando
non
cadono
pioggie
abbondanti
in
primavera
e
in
autunno
;
onde
chi
ha
denari
deve
pagarla
a
peso
d
'
oro
e
i
poveri
bevono
fango
.
I
pompieri
sono
sempre
piuttosto
una
grande
banda
di
malfattori
,
che
un
corpo
ordinato
di
operai
;
banda
composta
di
gente
d
'
ogni
paese
,
dipendenti
più
di
nome
che
di
fatto
dal
Seraschierato
,
da
cui
non
ricevono
che
una
razione
di
pane
;
inesperti
,
indisciplinati
,
ladri
,
detestati
e
temuti
dalla
popolazione
quanto
il
fuoco
che
non
sanno
spegnere
,
e
sospetti
,
non
senza
fondamento
,
di
desiderare
gl
'
incendi
,
come
occasione
di
far
bottino
.
Le
pompe
non
scarseggiano
,
è
vero
,
e
i
turchi
ne
vanno
alteri
come
di
macchine
meravigliose
;
ma
sono
ridicole
carabattole
,
che
contengono
una
dozzina
di
litri
d
'
acqua
,
e
mandano
uno
zampillo
sottilissimo
,
piuttosto
adatto
a
innaffiare
giardini
che
a
spegnere
incendi
.
E
sarebbe
nondineno
una
gran
fortuna
,
se
rimanendo
questi
inconvenienti
,
fossero
cessati
gli
altri
,
che
sono
molto
più
gravi
.
Non
è
credibile
,
senza
dubbio
,
quello
che
molti
credono
ancora
,
che
il
Governo
,
cioè
,
susciti
gl
'
incendii
per
allargare
le
strade
,
chè
il
danno
e
il
pericolo
sarebbero
troppo
sproporzionati
ai
vantaggi
;
nè
accade
più
come
per
il
passato
,
che
il
"
partito
d
'
opposizione
"
dia
fuoco
a
un
quartiere
di
Costantinopoli
per
spaventare
il
Sultano
,
nè
che
l
'
esercito
incendii
un
sobborgo
per
ottenere
un
accrescimento
di
paga
.
Ma
il
sospetto
,
che
gl
'
incendii
siano
molte
volte
suscitati
da
coloro
che
ne
possono
trarre
guadagno
,
è
sempre
vivo
,
e
il
fatto
provò
troppo
spesso
che
non
è
un
sospetto
infondato
.
Per
il
che
la
popolazione
vive
in
un
'
ansietà
continua
.
Teme
dei
portatori
d
'
acqua
,
dei
facchini
,
degli
architetti
,
dei
mercanti
di
legna
e
di
calce
,
e
massimamente
dei
servitori
,
che
sono
la
peggior
genìa
di
Costantinopoli
,
legati
la
maggior
parte
con
ladri
,
i
quali
sono
alla
loro
volta
ordinati
in
associazioni
e
in
comitati
,
da
cui
altre
compagnie
occulte
compran
la
roba
rubata
e
facilitano
con
varii
mezzi
il
delitto
.
E
la
polizia
locale
mostra
con
questa
gente
una
fiacchezza
,
per
non
chiamarla
indulgenza
,
la
quale
produce
quasi
gli
effetti
della
complicità
.
Non
fu
mai
condannato
un
incendiario
.
Raramente
i
ladri
,
dopo
gl
'
incendii
,
sono
colti
e
puniti
.
È
anche
più
raro
che
gli
oggetti
sequestrati
dalla
polizia
siano
restituiti
ai
proprietarii
.
Di
più
,
essendoci
a
Costantinopoli
del
canagliume
di
tutti
i
paesi
,
l
'
azione
della
giustizia
è
inceppata
in
mille
modi
dai
trattati
internazionali
;
i
Consolati
reclamano
a
sè
i
malfattori
della
propria
nazione
;
i
processi
durano
un
secolo
;
molti
delinquenti
scappano
;
il
timore
del
castigo
non
serve
quasi
affatto
di
freno
agli
scellerati
,
e
il
saccheggio
negl
'
incendii
è
considerato
da
loro
quasi
come
un
privilegio
tacitamente
riconosciuto
dalle
autorità
,
come
era
altre
volte
per
gli
eserciti
il
mettere
a
sacco
le
città
espugnate
.
Per
questo
la
parola
"
incendio
"
significa
ancora
per
la
popolazione
di
Costantinopoli
"
tutte
le
sventure
"
e
il
grido
di
Janghen
var
è
sempre
un
grido
tremendo
,
solenne
,
fatale
,
al
cui
suono
tutta
la
città
si
rimescola
fin
nel
più
profondo
delle
sue
viscere
,
come
all
'
annunzio
d
'
un
castigo
di
Dio
.
E
chi
sa
quante
volte
la
grande
metropoli
dovrà
ancora
essere
incenerita
e
rialzata
sulle
sue
ceneri
prima
che
la
civiltà
europea
abbia
piantato
la
sua
bandiera
sul
palazzo
imperiale
di
Dolma
-
Bagcé
!
Nei
tempi
andati
,
quando
scoppiava
un
incendio
in
Costantinopoli
,
se
il
Sultano
si
trovava
in
quel
momento
nell
'
arem
,
gli
portava
l
'
annunzio
del
pericolo
un
'
odalisca
tutta
vestita
color
di
porpora
dal
turbante
alle
babbuccie
,
la
quale
aveva
l
'
ordine
di
presentarsi
a
Lui
in
qualunque
luogo
egli
fosse
;
fosse
anche
stato
in
braccio
alla
più
cara
delle
sue
favorite
.
Essa
non
aveva
che
da
presentarsi
sulla
soglia
:
il
color
di
fuoco
dei
suoi
panni
era
l
'
annunzio
muto
della
sventura
.
Ebbene
,
chi
crederebbe
che
fra
tante
immagini
grandiose
e
terribili
che
mi
si
affacciano
alla
mente
quando
penso
agl
'
incendii
di
Costantinopoli
,
sia
la
figura
di
quell
'
odalisca
quella
che
scuote
più
vivamente
tutte
le
mie
fibre
d
'
artista
?
Io
vorrei
essere
pittore
per
dipingere
quel
quadro
,
e
supplicherò
tutti
i
pittori
di
dipingerlo
,
sin
che
n
'
abbia
trovato
uno
che
s
'
innamori
dell
'
argomento
,
e
a
lui
sarò
grato
per
la
vita
.
Egli
rappresenterà
,
in
una
stanza
dell
'
arem
imperiale
,
tappezzata
di
raso
e
rischiarata
da
una
luce
soavissima
,
sopra
un
largo
divano
,
accanto
a
una
circassa
bionda
di
quindici
anni
,
coperta
di
perle
,
Selim
I
,
il
Sultano
tremendo
,
che
s
'
è
svincolato
impetuosamente
dalle
braccia
della
sua
cadina
,
e
fissa
i
grand
'
occhi
atterriti
sopra
l
'
odalisca
purpurea
,
muta
,
sinistra
,
ritta
sulla
soglia
come
una
statua
,
la
quale
,
con
un
volto
pallido
che
rivela
la
venerazione
e
il
terrore
,
sembra
voler
dire
:
-
Re
dei
Re
,
Allà
ti
chiama
e
il
tuo
popolo
desolato
t
'
aspetta
!
-
e
sollevando
la
cortina
della
porta
,
mostra
di
là
da
un
terrazzo
,
in
una
grande
lontananza
azzurrina
,
la
città
enorme
che
fuma
.
LE
MURA
Il
giro
intorno
alle
antiche
mura
di
Stambul
lo
volli
far
solo
,
e
consiglio
ad
imitarmi
tutti
gl
'
Italiani
che
andranno
a
Costantinopoli
,
perché
lo
spettacolo
delle
grandi
rovine
solitarie
non
lascia
un
'
impressione
veramente
profonda
e
durevole
se
non
in
chi
è
tutto
inteso
a
riceverla
,
e
può
seguire
liberamente
il
corso
dei
suoi
pensieri
,
in
silenzio
.
C
'
era
da
fare
una
passeggiata
di
circa
quindici
miglia
italiane
,
a
piedi
,
sotto
i
raggi
del
sole
,
per
strade
deserte
.
-
Forse
-
dissi
al
mio
amico
-
a
metà
strada
mi
piglierà
la
tristezza
della
solitudine
e
t
'
invocherò
come
un
Santo
;
ma
tant
'
è
,
voglio
andar
solo
.
-
Alleggerii
il
portamonete
per
il
caso
che
qualche
ladro
suburbano
avesse
voluto
vederci
dentro
,
gittai
qualchecosa
"
dentro
alle
bramose
canne
"
per
poter
dir
poi
a
me
stesso
:
-
"
taci
,
maledetto
lupo
"
-
;
e
m
'
incamminai
alle
otto
della
mattina
,
sotto
un
bel
cielo
lavato
da
una
pioggerella
della
notte
,
verso
il
ponte
della
Sultana
Validè
.
Il
mio
disegno
era
d
'
uscire
da
Stambul
per
la
porta
del
quartiere
delle
Blacherne
,
di
percorrere
la
linea
delle
mura
dal
Corno
d
'
oro
fino
al
castello
delle
Sette
Torri
,
e
di
ritornare
lungo
la
riva
del
Mar
di
Marmara
,
girando
così
intorno
a
tutto
il
grande
triangolo
della
città
musulmana
.
Passato
il
ponte
,
svoltai
a
destra
e
m
'
innoltrai
nel
vasto
quartiere
chiamato
Istambul
-
disciaré
,
o
Stambul
esterna
,
che
è
una
lunga
striscia
di
città
,
compresa
fra
le
mura
ed
il
porto
,
tutta
casupole
e
magazzini
d
'
oli
e
di
legna
,
stata
distrutta
più
volte
dagli
incendii
.
Fra
le
viuzze
e
la
riva
del
Corno
d
'
oro
,
lungo
la
quale
si
stende
una
fila
di
piccoli
scali
e
di
seni
pieni
di
bastimenti
e
di
barconi
,
c
'
è
un
viavai
fitto
di
facchini
,
di
ciucci
e
di
cammelli
,
un
rimescolìo
di
gente
strana
e
di
cose
sporche
,
e
un
urlìo
incomprensibile
,
che
fa
pensare
a
quei
porti
meravigliosi
del
mar
dell
'
Indie
e
del
mar
della
China
dove
s
'
incontrano
i
popoli
e
le
merci
dei
due
emisferi
.
Le
mura
che
rimangono
da
questo
lato
della
città
,
sono
alte
cinque
volte
un
uomo
,
merlate
,
fiancheggiate
di
cento
in
cento
passi
da
piccole
torri
quadrangolari
,
e
in
molte
parti
rovinate
;
ma
sono
il
tratto
meno
notevole
e
per
arte
e
per
memorie
delle
mura
di
Stambul
.
Attraversai
il
quartiere
del
Fanar
,
passando
sulla
riva
ingombra
di
fruttaioli
,
di
pasticcieri
,
di
venditori
d
'
anice
e
di
rosolio
,
e
di
cucine
esposte
all
'
aria
aperta
,
in
mezzo
a
gruppi
di
bei
marinari
greci
atteggiati
come
le
statue
dei
loro
Numi
antichi
;
girai
intorno
al
vastissimo
ghetto
di
Balata
;
percorsi
il
quartiere
silenzioso
delle
Blacherne
,
e
uscii
finalmente
di
città
per
la
porta
chiamata
Egri
-
Kapú
,
poco
lontana
dalla
riva
del
Corno
d
'
oro
.
Tutto
questo
è
presto
detto
;
ma
è
una
camminata
di
un
'
ora
e
mezzo
,
ora
in
salita
,
ora
in
discesa
,
intorno
a
laghi
di
mota
,
sopra
ciottoli
enormi
,
per
vicoli
senza
fine
,
sotto
volte
oscure
,
a
traverso
a
vasti
spazii
solitari
,
senz
'
altra
guida
che
la
punta
dei
minareti
della
moschea
di
Selim
.
A
un
certo
punto
si
cominciano
a
non
veder
più
nè
faccie
nè
abiti
di
franchi
;
poi
spariscono
le
casette
all
'
europea
;
poi
il
ciottolato
,
poi
le
insegne
delle
botteghe
,
poi
l
'
indicazione
delle
strade
,
poi
ogni
rumor
di
lavoro
;
e
più
si
va
innanzi
,
più
i
cani
guardano
torvo
,
più
i
monelli
turchi
fissano
con
l
'
occhio
ardito
,
più
le
donne
del
volgo
si
nascondono
la
faccia
con
cura
,
fin
che
ci
si
trova
in
piena
barbarie
asiatica
,
e
la
passeggiata
di
due
ore
pare
che
sia
stata
un
viaggio
di
due
giorni
.
Uscendo
da
Egri
-
Kapú
,
voltai
a
sinistra
e
vidi
improvvisamente
un
larghissimo
tratto
delle
mura
famose
che
difendono
Stambul
dalla
parte
di
terra
.
Sono
passati
tre
anni
da
quel
momento
;
ma
non
posso
ricordarmene
senza
provare
un
sentimento
vivissimo
di
maraviglia
.
Non
so
in
quale
altro
luogo
dell
'
Oriente
si
trovino
così
raccolte
la
grandezza
dell
'
opera
umana
,
la
maestà
della
potenza
,
la
gloria
dei
secoli
,
la
solennità
delle
memorie
,
la
mestizia
delle
rovine
,
la
bellezza
della
natura
.
È
una
vista
che
ispira
insieme
ammirazione
,
venerazione
e
terrore
;
uno
spettacolo
degno
d
'
un
canto
d
'
Omero
.
A
primo
aspetto
,
si
scoprirebbe
il
capo
e
si
griderebbe
:
-
Gloria
!
-
come
dinanzi
a
una
schiera
interminabile
di
giganteschi
eroi
mutilati
.
La
cinta
delle
mura
e
delle
torri
enormi
si
stende
fin
dove
arriva
lo
sguardo
,
salendo
e
scendendo
a
seconda
delle
alture
e
degli
avvallamenti
,
dove
bassissima
che
par
che
si
sprofondi
nella
terra
,
dove
alta
che
par
che
coroni
la
sommità
d
'
una
montagna
;
svariata
d
'
infinite
forme
di
rovine
,
tinta
di
mille
colori
severi
,
dal
calcareo
fosco
quasi
nero
al
giallo
caldo
quasi
dorato
,
e
rivestita
d
'
una
vegetazione
rigogliosa
d
'
un
verde
cupo
,
che
s
'
arrampica
su
per
i
muri
,
ricasca
in
ghirlande
dai
merli
e
dalle
feritoie
,
si
rizza
in
ciuffi
alteri
sulla
cima
delle
torri
,
s
'
ammucchia
in
piramidi
altissime
,
vien
giù
quasi
a
cascatelle
dalle
cortine
,
e
colma
brecce
,
spaccature
e
fossati
,
e
si
avanza
fin
sulla
via
.
Sono
tre
ordini
di
mura
che
formano
come
una
gradinata
gigantesca
di
rovine
:
il
muro
interno
,
che
è
il
più
alto
,
fiancheggiato
,
a
brevi
distanze
eguali
,
da
grossissime
torri
quadrate
;
quel
di
mezzo
,
rafforzato
da
piccole
torri
rotonde
;
l
'
esterno
senza
torri
,
bassissimo
,
e
difeso
da
un
fosso
largo
e
profondo
,
anticamente
riempito
dalle
acque
del
Corno
d
'
oro
e
del
Mar
di
Marmara
,
ora
coperto
d
'
erba
e
di
cespugli
.
Tutte
queste
mura
sono
ancora
,
presso
a
poco
,
quali
erano
il
giorno
dopo
la
presa
di
Costantinopoli
:
perché
sono
pochissima
cosa
i
ristauri
fatti
da
Maometto
e
da
Bajazet
II
.
Vi
si
vedono
ancora
le
breccie
che
v
'
apersero
i
cannoni
enormi
d
'
Orbano
,
le
tracce
dei
colpi
degli
arieti
e
delle
catapulte
,
gli
squarci
delle
mine
,
e
tutti
gl
'
indizii
dei
luoghi
dove
si
diedero
gli
assalti
più
furiosi
e
si
opposero
le
resistenze
più
disperate
.
Le
torri
rotonde
delle
mura
di
mezzo
sono
quasi
tutte
rovinate
fino
alle
fondamenta
;
le
torri
delle
mura
interne
,
quasi
tutte
ritte
;
ma
smerlate
,
scantonate
,
ridotte
in
punta
alla
sommità
come
tronchi
d
'
alberi
enormi
acuminati
a
colpi
d
'
accetta
,
e
screpolate
di
cima
in
fondo
o
incavate
alla
base
come
scogli
rosi
dal
mare
.
Pezzi
smisurati
di
muratura
,
rotolati
giù
dalle
cortine
,
ingombrano
la
piattaforma
del
muro
di
mezzo
,
quella
del
muro
esterno
ed
il
fosso
.
Piccoli
sentieri
serpeggiano
fra
le
macerie
e
le
erbaccie
e
si
perdono
nell
'
ombra
cupa
della
vegetazione
alta
,
fra
i
macigni
e
gli
scoscendimenti
della
terra
messa
a
nudo
dai
muri
precipitati
.
Ogni
tratto
di
bastione
compreso
fra
due
torri
è
un
quadro
stupendo
di
rovine
e
di
verde
,
pieno
di
maestà
e
di
grandezza
.
Tutto
è
colossale
,
selvatico
,
irto
,
minaccioso
,
e
improntato
d
'
una
bellezza
pomposa
e
triste
,
che
impone
la
riverenza
.
Par
di
vedere
le
rovine
d
'
una
catena
sterminata
di
castelli
feudali
,
o
i
resti
d
'
una
di
quelle
muraglie
prodigiose
che
circondavano
i
grandi
imperi
leggendarii
dell
'
Asia
orientale
.
La
Costantinopoli
del
secolo
decimonono
è
sparita
;
si
è
dinanzi
alla
città
dei
Costantini
;
si
respira
l
'
aria
del
quattrocento
;
tutti
i
pensieri
corrono
al
giorno
dell
'
immensa
caduta
e
si
rimane
per
un
momento
sbalorditi
e
sgomenti
.
La
porta
per
cui
ero
uscito
,
chiamata
dai
turchi
Egri
-
Kapú
,
era
quella
famosa
porta
Caligaria
,
per
la
quale
fece
la
sua
entrata
trionfale
Giustiniano
,
ed
entrò
poi
Alessio
Comneno
per
impadronirsi
del
trono
.
Dinanzi
v
'
è
un
cimitero
musulmano
.
Nei
primi
giorni
dell
'
assedio
era
stato
messo
là
quello
smisurato
cannone
d
'
Orbano
,
intorno
al
quale
lavoravano
quattrocento
artiglieri
e
che
cento
buoi
stentavano
a
smovere
.
La
porta
era
difesa
da
Teodoro
di
Caristo
e
da
Giovanni
Greant
,
contro
l
'
ala
sinistra
dell
'
esercito
turco
che
si
stendeva
fino
al
Corno
d
'
oro
.
Da
quel
punto
fino
al
Mar
di
Marmara
non
c
'
è
più
un
sobborgo
nè
un
gruppo
di
case
.
La
strada
corre
diritta
fra
le
mura
e
la
campagna
.
Non
v
'
è
nulla
che
distragga
dalla
contemplazione
delle
rovine
.
Mi
misi
in
cammino
.
Andai
per
un
lungo
tratto
in
mezzo
a
due
cimiteri
;
uno
cristiano
a
sinistra
,
sotto
le
mura
;
un
altro
maomettano
,
a
destra
,
vastissimo
e
ombreggiato
da
una
selva
di
cipressi
.
Il
sole
scottava
;
la
strada
si
stendeva
dinanzi
a
me
bianca
e
solitaria
,
e
sollevandosi
a
poco
a
poco
tagliava
con
una
linea
retta
,
sulla
sommità
dell
'
altura
,
il
cielo
,
limpidissimo
.
Da
una
parte
le
torri
succedevano
alle
torri
,
dall
'
altra
le
tombe
succedevano
alle
tombe
.
Non
sentivo
che
il
rumore
cadenzato
del
mio
passo
e
di
tratto
in
tratto
il
fruscìo
di
un
lucertolone
fra
i
cespugli
vicini
.
Andai
così
per
un
lungo
tratto
,
fin
che
mi
trovai
impensatamente
davanti
a
una
bella
porta
quadrata
,
sormontata
da
un
grande
arco
a
tutto
sesto
e
fiancheggiata
da
due
grosse
torri
ottagone
.
Era
la
porta
d
'
Adrianopoli
,
la
Polyandria
dei
Greci
;
quella
che
sostenne
nel
625
,
sotto
Eraclio
,
l
'
urto
formidabile
degli
Avari
,
che
fu
difesa
contro
Maometto
II
dai
fratelli
Paolo
e
Antonino
Troilo
Bochiardi
,
e
che
divenne
poi
la
porta
delle
uscite
e
dell
'
entrate
trionfali
degli
eserciti
musulmani
.
Nè
dinanzi
nè
intorno
non
c
'
era
anima
viva
.
Improvvisamente
uscirono
di
galoppo
due
cavalieri
turchi
,
mi
ravvolsero
in
un
nuvolo
di
polvere
e
sparirono
per
la
strada
d
'
Adrianopoli
;
poi
tornò
a
regnare
un
silenzio
profondo
.
Di
là
,
voltando
le
spalle
alle
mura
,
mi
avanzai
per
la
strada
d
'
Adrianopoli
,
discesi
nel
vallone
del
Lykus
,
salii
sopra
un
'
altura
,
e
mi
trovai
dinanzi
al
vastissimo
piano
ondulato
e
arido
di
Dahud
-
Pascià
,
dove
tenne
il
quartier
generale
Maometto
II
,
durante
l
'
assedio
di
Costantinopoli
.
Stetti
qualche
tempo
là
immobile
,
guardando
intorno
con
una
mano
sugli
occhi
,
come
per
cercare
le
traccie
dell
'
accampamento
imperiale
e
rappresentarmi
il
grande
e
strano
spettacolo
che
doveva
offrire
quel
luogo
sul
finire
della
primavera
del
1453
.
Là
proprio
rifluiva
,
come
al
suo
cuore
,
la
vita
di
tutto
l
'
enorme
esercito
che
stringeva
nel
suo
formidabile
amplesso
la
grande
città
moribonda
.
Di
là
partivano
gli
ordini
fulminei
che
movevano
le
braccia
di
centomila
operai
,
che
facevano
trascinare
per
terra
duecento
galere
dalla
baia
di
Besci
-
tass
alla
baia
di
Kassim
-
Pascià
,
che
spingevano
nelle
viscere
della
terra
eserciti
di
minatori
armeni
,
che
sguinzagliavano
da
cento
parti
i
drappelli
d
'
araldi
ad
annunziar
l
'
ora
degli
assalti
,
e
facevano
,
nel
tempo
che
s
'
impiega
a
contare
le
pallottoline
d
'
un
tespì
,
tendere
trecentomila
archi
e
sguainare
trecentomila
scimitarre
.
Là
i
messi
pallidi
di
Costantino
s
'
incontravano
coi
genovesi
di
Galata
venuti
a
vender
l
'
olio
per
rinfrescare
i
cannoni
d
'
Orbano
e
colle
vedette
musulmane
che
spiavano
dalla
riva
del
Mar
di
Marmara
se
apparissero
all
'
orizzonte
le
flotte
europee
a
portar
gli
ultimi
soccorsi
della
cristianità
all
'
ultimo
baluardo
dei
Costantini
.
Là
era
un
formicolìo
di
cristiani
rinnegati
,
d
'
avventurieri
asiatici
,
di
vecchi
sceicchi
,
di
dervis
macilenti
,
laceri
e
stremati
dalle
lunghe
marcie
,
che
andavano
e
venivano
affannosamente
intorno
alle
tende
di
quattordicimila
giannizzeri
,
fra
schiere
interminabili
di
cavalli
bardati
,
fra
lunghissime
file
di
alti
cammelli
immobili
,
in
mezzo
a
catapulte
e
a
baliste
infrante
,
a
rottami
di
cannoni
scoppiati
,
a
piramidi
di
palle
enormi
di
granito
;
incrociandosi
con
le
processioni
dei
soldati
polverosi
che
portavano
a
due
a
due
,
dalle
mura
all
'
aperta
campagna
,
cadaveri
sformati
e
feriti
urlanti
,
a
traverso
una
nuvola
perpetua
di
fumo
.
In
mezzo
all
'
accampamento
dei
giannizzeri
s
'
alzavano
le
tende
variopinte
della
Corte
,
e
al
di
sopra
di
queste
,
il
padiglione
vermiglio
di
Maometto
II
.
E
ogni
mattina
,
allo
spuntar
del
giorno
,
egli
era
là
,
ritto
dinanzi
all
'
apertura
del
suo
padiglione
,
pallido
della
veglia
affannosa
della
notte
,
col
suo
gran
turbante
ornato
d
'
un
pennacchio
giallo
e
il
suo
lungo
caffettano
color
di
sangue
,
e
fissava
il
suo
sguardo
d
'
aquila
sull
'
immensa
città
che
gli
si
stendeva
dinanzi
,
tormentando
con
una
mano
la
folta
barba
nera
e
coll
'
altra
il
manico
d
'
argento
del
suo
pugnale
ricurvo
.
Accanto
a
lui
c
'
era
Orbano
,
l
'
inventore
del
cannone
prodigioso
,
che
doveva
pochi
giorni
dopo
,
scoppiando
,
slanciare
le
sue
ossa
sulla
spianata
dell
'
Ippodromo
;
l
'
ammiraglio
Balta
-
Ogli
,
già
turbato
dal
presentimento
della
sconfitta
,
che
fece
cadere
sul
suo
capo
il
bastone
d
'
oro
del
Gran
Signore
;
il
comandante
temerario
dell
'
Epepolin
,
il
grande
castello
mobile
,
coronato
di
torri
e
irto
di
ferro
,
che
cadde
poi
incenerito
davanti
alla
porta
di
San
Romano
;
una
corona
di
legisti
e
di
poeti
abbronzati
dal
sole
di
cento
battaglie
;
un
corteo
di
pascià
colle
membra
coperte
di
cicatrici
e
i
caffettani
lacerati
dalle
freccie
;
una
folla
di
giannizzeri
giganteschi
colle
lame
nude
nel
pugno
e
di
sciaù
armati
di
verghe
di
acciaio
,
pronti
a
far
cadere
le
teste
e
a
lacerare
le
carni
ai
ribelli
e
ai
vigliacchi
;
tutto
il
fiore
di
quella
sterminata
moltitudine
asiatica
,
piena
di
gioventù
,
di
ferocia
e
di
forza
,
che
stava
per
rovesciarsi
,
come
un
torrente
di
ferro
e
di
fuoco
,
sugli
avanzi
decrepiti
dell
'
Impero
bizantino
;
e
tutti
,
immobili
come
statue
,
tinti
di
rosa
dai
primi
raggi
dell
'
aurora
,
guardavano
all
'
orizzonte
le
mille
cupole
argentee
della
città
promessa
dal
Profeta
,
sotto
le
quali
sonavano
,
in
quell
'
ora
,
le
preghiere
e
i
singhiozzi
del
popolo
codardo
.
Io
vedevo
i
visi
,
gli
atteggiamenti
,
i
pugnali
,
le
pieghe
delle
cappe
e
dei
caffettani
,
e
le
grandi
ombre
che
s
'
allungavano
sul
terreno
incavato
dalle
ruote
dei
cannoni
e
delle
torri
.
Ma
a
un
tratto
,
lasciando
cader
gli
occhi
sopra
una
grossa
pietra
mezzo
affondata
nella
terra
,
e
leggendovi
una
rozza
iscrizione
,
quel
gran
quadro
disparve
come
una
visione
fantasmagorica
,
e
vidi
sparpagliarsi
per
la
pianura
brulla
una
moltitudine
allegra
di
cacciatori
di
Vincennes
,
di
zuavi
e
di
fantaccini
dai
calzoni
rossi
;
sentii
cantare
le
canzonette
della
Provenza
e
della
Normandia
;
vidi
il
maresciallo
Saint
-
Arnaud
,
Canrobert
,
Forey
,
Espinasse
,
Pelissier
;
riconobbi
mille
volti
e
mille
colori
vivi
nella
mia
memoria
e
cari
al
mio
cuore
fin
dall
'
infanzia
...
e
rilessi
con
un
sentimento
inesprimibile
di
sorpresa
e
di
piacere
quella
povera
iscrizione
.
La
quale
diceva
:
-
Eugène
Saccard
,
caporal
dans
le
22°
léger
,
16
Juin
1854
.
Di
là
ripassai
per
il
vallone
del
Lykus
e
ritornai
sulla
strada
che
fiancheggia
le
mura
,
sempre
solitaria
e
sempre
serpeggiante
fra
le
rovine
e
i
cimiteri
.
Passai
dinanzi
all
'
antica
porta
militare
di
Pempti
,
ora
murata
;
attraversai
un
'
altra
volta
il
Lykus
,
che
entra
nella
città
in
quel
punto
,
e
arrivai
finalmente
dinanzi
alla
porta
chiamata
del
Cannone
,
dal
gran
cannone
d
'
Orbano
,
che
v
'
era
appostato
davanti
;
la
porta
contro
cui
rivolse
il
suo
ultimo
assalto
l
'
esercito
di
Maometto
.
Alzando
gli
occhi
alla
sommità
delle
mura
,
vidi
dietro
ai
merli
parecchie
orribili
faccie
nere
,
coi
capelli
scarmigliati
,
che
mi
guardavano
in
aria
di
stupore
.
Seppi
poi
che
s
'
era
annidata
là
una
tribù
di
zingari
,
ficcando
le
sue
capanne
nelle
spaccature
delle
cortine
e
delle
torri
.
Qui
le
traccie
della
lotta
sono
veramente
gigantesche
e
superbe
:
le
mura
sventrate
,
crivellate
,
stritolate
;
le
torri
dimezzate
ed
informi
,
le
piattaforme
sepolte
sotto
monti
di
ruderi
,
le
feritoie
squarciate
,
il
terreno
sconvolto
,
il
fosso
ingombro
di
rottami
colossali
,
che
sembrano
massi
di
roccie
franati
da
una
montagna
.
La
battaglia
tremenda
sembra
stata
combattuta
il
giorno
innanzi
e
le
rovine
raccontano
meglio
d
'
una
voce
umana
l
'
orribile
eccidio
di
cui
furono
spettatrici
.
E
fu
poco
meno
che
il
medesimo
dinanzi
a
tutte
le
porte
,
per
tutta
la
lunghezza
delle
mura
.
La
lotta
cominciò
allo
spuntare
del
giorno
.
L
'
esercito
ottomano
era
diviso
in
quattro
enormi
colonne
,
e
preceduto
da
centomila
volontarii
,
che
formavano
un
'
immensa
avanguardia
predestinata
alla
morte
.
Tutta
questa
carne
da
cannone
,
questa
turba
indisciplinata
e
temeraria
di
tartari
,
di
caucasei
,
d
'
arabi
,
di
negri
,
guidati
dai
sceicchi
,
eccitati
dai
dervis
,
cacciati
innanzi
a
nerbate
da
un
esercito
di
sciaù
,
si
slanciò
per
la
prima
all
'
assalto
,
carica
di
terra
e
di
fascine
,
formando
una
sola
catena
e
cacciando
un
urlo
solo
dal
Mar
di
Marmara
al
Corno
d
'
oro
.
Arrivati
sulla
sponda
del
fosso
,
una
grandine
di
ferro
e
di
pietre
li
arresta
e
li
macella
;
cadono
a
cento
a
cento
,
schiacciati
dai
macigni
,
crivellati
dalle
freccie
,
fulminati
dalle
palle
,
arsi
dalle
vampe
delle
spingarde
,
vecchi
,
fanciulli
,
schiavi
,
ladri
,
pastori
,
briganti
;
altre
turbe
,
spinte
da
turbe
più
lontane
,
sottentrano
;
in
poco
tempo
il
fosso
e
le
sponde
sono
coperte
di
mucchi
di
cadaveri
,
di
membra
palpitanti
,
di
turbanti
insanguinati
,
d
'
archi
,
di
scimitarre
;
su
cui
altri
torrenti
d
'
armati
passano
muggendo
e
vanno
a
frangersi
e
a
insanguinarsi
ai
piedi
delle
cortine
e
delle
torri
,
sotto
un
rovescio
più
fitto
di
giavellotti
e
di
sassi
,
in
una
nuvola
densa
che
nasconde
le
mura
,
i
difensori
,
i
morti
,
la
strada
;
fin
che
mille
trombe
ottomane
fanno
sentire
i
loro
squilli
selvaggi
sopra
il
tumulto
della
battaglia
,
e
la
grande
avanguardia
dimezzata
e
sanguinosa
retrocede
confusamente
da
tutta
la
linea
delle
mura
.
Allora
Maometto
II
sguinzaglia
all
'
assalto
il
grosso
delle
sue
forze
.
Tre
grandi
eserciti
,
tre
fiumane
d
'
uomini
,
condotti
da
cento
Pascià
,
sorvolati
da
mille
stendardi
,
s
'
avanzano
,
s
'
allargano
,
coprono
le
alture
,
allagano
le
valli
,
scendono
levando
un
frastuono
spaventoso
di
trombe
,
di
timballi
e
di
spade
,
e
gettando
un
grido
:
-
La
Ilah
illa
lah
!
-
che
rimbomba
come
uno
scoppio
di
fulmine
dal
Corno
d
'
oro
alle
Sette
Torri
,
spiccano
la
corsa
e
vanno
a
precipitarsi
contro
le
mura
come
un
oceano
in
tempesta
contro
una
riva
di
roccie
tagliate
a
picco
.
Allora
comincia
la
grande
battaglia
,
ossia
cento
battaglie
,
alle
porte
,
alle
breccie
,
nei
fossi
,
sulle
piattaforme
,
ai
piedi
delle
cortine
,
da
un
capo
all
'
altro
dell
'
enorme
baluardo
secolare
di
Costantinopoli
.
Dieci
mila
feritoie
vomitano
la
morte
sopra
duecento
mila
vite
.
Dall
'
alto
delle
cortine
e
delle
torri
ruzzolano
i
macigni
,
le
travi
,
le
botti
piene
di
terra
,
le
fascine
accese
.
Le
scale
,
cariche
d
'
assalitori
,
rovinano
;
i
ponti
levatoi
delle
torri
di
assedio
precipitano
;
le
catapulte
fiammeggiano
.
Schiere
dietro
schiere
s
'
avventano
e
ricadono
,
sfolgorate
,
sulle
macerie
,
sui
molti
sfracellati
,
sui
moribondi
,
nel
sangue
,
nell
'
acqua
,
sulle
armi
dei
compagni
,
dentro
a
un
fumo
fitto
,
illuminato
qua
e
là
dalle
vampe
improvvise
del
fuoco
greco
,
fra
i
sibili
rabbiosi
della
mitraglia
,
fra
gli
scoppi
delle
mine
,
fra
gli
urli
dei
mutilati
,
fra
i
rimbombi
formidabili
delle
diciotto
batterie
di
Maometto
,
che
fulminano
la
città
dalle
alture
.
Di
tratto
in
tratto
la
battaglia
si
rallenta
come
per
riprender
respiro
,
e
allora
sulla
larga
breccia
di
porta
San
Romano
,
a
traverso
il
fumo
diradato
,
si
vede
per
qualche
momento
ondeggiare
il
mantello
di
porpora
di
Costantino
,
scintillare
le
armature
di
Giustiniani
e
di
Francesco
di
Toledo
,
e
agitarsi
confusamente
le
terribili
figure
dei
trecento
arcieri
genovesi
.
Poi
la
mischia
si
riaccende
,
il
fumo
rinasconde
le
breccie
,
le
scale
si
riappoggiano
alle
mura
,
e
ricominciano
a
cader
rovine
su
rovine
e
cadaveri
su
cadaveri
alla
porta
d
'
Adrianopoli
,
alla
porta
Dorata
,
alla
porta
di
Selymbria
,
alla
porta
di
Tetarté
,
alla
porta
di
Pempti
,
alla
porta
di
Russion
,
alle
Blacherne
,
all
'
Heptapyrgion
;
e
turbe
armate
dietro
turbe
armate
,
che
par
che
escano
dalla
terra
,
seguitano
a
irrompere
contro
le
mura
,
valicano
il
fosso
,
superano
le
prime
cortine
,
cadono
,
risorgono
,
s
'
arrampicano
su
per
le
macerie
,
strisciano
sui
cadaveri
,
sotto
nuvoli
di
freccie
,
sotto
tempeste
di
palle
,
sotto
nembi
di
fuoco
.
Finalmente
gli
assalitori
,
diradati
e
sfiniti
,
cedono
,
retrocedono
,
si
sparpagliano
,
e
un
grido
altissimo
di
vittoria
e
un
coro
solenne
di
canti
sacri
s
'
innalza
dalle
mura
.
Dall
'
altura
di
fronte
a
San
Romano
,
Maometto
II
,
circondato
da
quattordicimila
giannizzeri
,
vede
,
e
rimane
qualche
tempo
incerto
se
debba
ritentare
l
'
assalto
o
rinunziare
all
'
impresa
.
Ma
girato
uno
sguardo
sui
suoi
formidabili
soldati
che
lo
guardano
in
volto
fremendo
d
'
impazienza
e
d
'
ira
,
si
rizza
superbamente
sulle
staffe
e
getta
un
'
altra
volta
il
grido
della
battaglia
.
Allora
è
la
vendetta
di
Dio
che
si
scatena
.
I
giannizzeri
rispondono
con
quattordicimila
grida
in
un
grido
;
le
colonne
si
movono
;
una
turba
di
dervis
si
spande
per
il
campo
a
rianimare
i
dispersi
,
i
sciaù
arrestano
i
fuggenti
,
i
pascià
riformano
le
schiere
,
il
Sultano
,
brandendo
la
sua
mazza
di
ferro
,
s
'
avanza
tra
uno
sfolgorìo
di
scimitarre
e
d
'
archi
,
in
mezzo
a
un
mare
di
turbanti
e
di
caschi
;
sulla
porta
di
San
Romano
torna
a
rovesciarsi
una
grandine
di
freccie
e
di
palle
;
Giustiniani
,
ferito
,
scompare
;
gl
'
italiani
,
scoraggiti
,
si
scompigliano
;
il
gigantesco
giannizzero
Hassan
d
'
Olubad
sale
per
il
primo
sui
baluardi
;
Costantino
,
combattendo
in
mezzo
agli
ultimi
suoi
valorosi
della
Morea
,
è
precipitato
dai
merli
,
lotta
ancora
sotto
alla
porta
,
stramazza
in
mezzo
ai
cadaveri
...
;
l
'
Impero
d
'
Oriente
è
caduto
.
La
tradizione
dice
che
un
grande
albero
segnava
il
luogo
dove
fu
trovato
il
corpo
di
Costantino
;
ma
non
ne
vidi
più
traccia
.
Fra
quei
ruderi
,
dove
corsero
rigagnoli
di
sangue
,
la
terra
era
tutta
bianca
di
margheritine
e
di
ombrellifere
,
sulle
quali
svolazzava
un
nuvolo
di
farfalle
.
Colsi
un
fiore
per
ricordo
,
sotto
gli
sguardi
attoniti
degli
zingari
,
e
mi
rimisi
in
cammino
.
Le
mura
mi
si
stendevano
sempre
dinanzi
a
perdita
d
'
occhi
.
Nei
luoghi
alti
nascondevano
affatto
la
città
,
in
modo
che
chi
non
l
'
avesse
saputo
,
non
avrebbe
pensato
mai
che
dietro
quelle
rovine
solitarie
e
silenziose
,
ci
potesse
essere
una
vasta
metropoli
,
coronata
di
grandi
monumenti
e
abitata
da
un
grande
popolo
.
Nei
luoghi
bassi
,
invece
,
apparivano
dietro
i
merli
punte
inargentate
di
minareti
,
sommità
di
cupole
,
tetti
di
chiese
greche
,
vette
di
cipressi
.
Qua
e
là
,
per
uno
squarcio
delle
cortine
,
vedevo
di
sfuggita
,
come
per
una
porta
improvvisamente
aperta
e
chiusa
,
un
pezzo
di
città
:
gruppi
di
case
che
parevano
abbandonate
,
vallette
deserte
,
orti
,
giardini
,
e
più
lontano
,
sfumati
nella
chiarezza
bianca
del
mezzogiorno
,
i
contorni
fantastici
di
Stambul
.
Passai
dinanzi
alla
porta
murata
di
Tetartè
,
non
indicata
che
da
due
torri
vicinissime
.
In
quel
tratto
le
mura
sono
meglio
conservate
.
Si
vedono
dei
lunghi
pezzi
delle
cortine
di
Teodosio
II
,
quasi
intatte
;
delle
belle
torri
del
prefetto
del
Pretorio
Antemio
e
dell
'
imperatore
Ciro
Costantino
,
che
portano
ancora
gloriosamente
sul
capo
invulnerato
la
loro
corona
di
quindici
secoli
,
e
par
che
sfidino
un
nuovo
assalto
.
In
alcuni
punti
,
sulle
piattaforme
,
ci
sono
delle
capanne
di
contadini
,
che
danno
un
risalto
inaspettato
,
colla
loro
fragile
piccolezza
,
alla
salda
maestà
delle
mura
,
e
paion
nidi
d
'
uccelli
appesi
ai
fianchi
dirupati
d
'
una
montagna
.
E
a
destra
sempre
cimiteri
,
boschi
di
cipressi
in
salita
e
in
discesa
,
vallette
grigie
di
pietre
sepolcrali
;
qui
un
convento
di
dervis
,
mezzo
nascosto
da
una
corona
di
platani
;
là
un
caffè
solitario
;
più
in
là
una
fontana
ombreggiata
da
un
salice
;
e
di
là
dai
boschetti
,
sentieri
bianchi
che
si
perdono
nella
campagna
alta
ed
arida
,
sotto
un
cielo
abbagliante
,
in
cui
ruotano
degli
avoltoi
.
Dopo
un
altro
quarto
d
'
ora
di
cammino
arrivai
dinanzi
alla
porta
chiamata
Yeni
-
Mewle
-
hane
,
da
un
famoso
convento
di
dervis
che
c
'
è
davanti
:
una
porta
bassa
,
nella
quale
sono
incastrate
quattro
colonne
di
marmo
,
e
ai
cui
lati
s
'
innalzano
due
torri
quadrate
,
ornate
d
'
un
'
iscrizione
di
Ciro
Costantino
,
del
447
,
e
d
'
un
'
iscrizione
di
Giustino
II
e
di
Sofia
,
nella
quale
l
'
ortografia
dei
nomi
imperiali
è
sbagliata
:
saggio
curioso
della
ignoranza
barbarica
del
V
secolo
.
Guardai
dentro
la
porta
,
sulle
mura
,
intorno
al
convento
,
nei
cimiteri
:
non
c
'
era
anima
nata
.
Riposai
qualche
momento
appoggiato
alle
spallette
del
piccolo
ponte
che
accavalcia
il
fosso
delle
mura
,
e
poi
ripresi
la
mia
strada
.
Io
darei
il
ricordo
d
'
una
delle
più
belle
vedute
di
Costantinopoli
per
poter
trasfondere
in
chi
legge
soltanto
un
'
ombra
del
sentimento
profondo
e
singolarissimo
che
provavo
andando
così
solo
fra
quelle
due
catene
interminabili
di
rovine
e
di
sepolcri
,
sotto
quel
sole
,
in
quella
solitudine
severa
,
in
mezzo
a
quella
immensa
pace
.
Molte
volte
,
nei
giorni
tristi
della
mia
vita
,
fantasticando
,
desiderai
di
trovarmi
fra
una
carovana
di
gente
misteriosa
e
muta
,
che
camminasse
eternamente
,
per
paesi
sconosciuti
,
verso
una
meta
ignorata
.
Ebbene
,
quella
strada
rispondeva
a
quel
mio
desiderio
.
Avrei
voluto
che
non
finisse
mai
.
Ma
non
m
'
inspirava
mestizia
;
mi
dava
invece
serenità
e
ardimento
.
Quei
colori
vigorosi
della
vegetazione
,
quelle
forme
ciclopiche
delle
mura
,
quelle
grandi
linee
del
terreno
simili
alle
onde
d
'
un
oceano
agitato
,
quelle
solenni
memorie
d
'
imperatori
,
d
'
eserciti
,
di
lotte
titaniche
,
di
popoli
scomparsi
,
di
generazioni
defunte
,
accanto
a
quella
città
enorme
,
in
quel
silenzio
mortale
,
rotto
soltanto
dal
frullo
possente
delle
ali
dell
'
aquile
che
spiccavano
il
volo
dalla
sommità
delle
torri
,
mi
destavano
nella
mente
un
ribollimento
di
fantasie
gigantesche
e
di
desiderii
smisurati
,
che
mi
raddoppiava
il
sentimento
della
vita
.
Avrei
voluto
esser
più
alto
di
due
palmi
e
vestire
l
'
armatura
colossale
del
Grand
'
Elettore
di
Sassonia
che
avevo
veduto
nell
'
Armeria
di
Madrid
,
e
che
il
mio
passo
risonasse
in
quel
silenzio
come
il
passo
misurato
d
'
un
reggimento
d
'
alabardieri
del
medioevo
.
Avrei
voluto
aver
la
forza
d
'
un
Titano
per
sollevare
fra
le
braccia
i
ruderi
immani
di
quelle
mura
superbe
.
Camminavo
colla
fronte
alta
,
colle
sopracciglia
corrugate
,
colla
mano
destra
serrata
,
apostrofando
a
grandi
versi
sciolti
Costantino
e
Maometto
,
rapito
in
una
specie
d
'
ebbrezza
guerriera
,
con
tutta
l
'
anima
nel
passato
;
e
mi
sentivo
tanta
giovinezza
nella
mente
e
nel
sangue
,
ed
ero
così
beato
d
'
esser
solo
,
e
così
geloso
di
quella
solitudine
piena
di
vita
,
che
non
avrei
voluto
incontrare
nemmeno
il
più
intimo
dei
miei
amici
.
Passai
dinanzi
all
'
antica
porta
militare
di
Trite
,
oggi
chiusa
.
Le
cortine
e
le
torri
sfracellate
indicano
che
dinanzi
a
quel
tratto
di
mura
debbono
esser
stati
posti
alcuni
dei
grossi
cannoni
d
'
Orbano
.
Si
crede
anzi
che
fosse
là
una
delle
tre
grandi
breccie
che
Maometto
II
accennò
all
'
esercito
il
giorno
prima
dell
'
assalto
,
quando
disse
:
-
Voi
potrete
entrare
in
Costantinopoli
a
cavallo
per
le
tre
brecce
che
ho
aperte
.
-
Di
là
riuscii
davanti
a
una
porta
aperta
,
fiancheggiata
da
due
torri
ottagone
,
e
riconobbi
dal
piccolo
ponte
a
tre
archi
d
'
un
bel
color
d
'
oro
,
la
porta
di
Selivri
,
da
cui
partiva
la
grande
strada
che
conduceva
alla
città
di
Selybmria
,
che
le
diede
il
nome
,
cangiato
dai
Turchi
in
Selivri
.
Durante
l
'
assedio
di
Maometto
,
difendeva
quella
porta
Maurizio
Cattaneo
,
genovese
.
La
strada
conserva
ancora
alcune
pietre
del
lastricato
che
vi
fece
fare
Giustiniano
.
Dinanzi
c
'
è
un
vasto
cimitero
e
di
là
dal
cimitero
il
monastero
notissimo
di
Baluklù
.
Appena
entrato
nel
cimitero
,
trovai
da
me
solo
il
luogo
solitario
dove
sono
sepolte
le
teste
del
famoso
Alì
di
Tepeleni
,
pascià
di
Giannina
;
dei
suoi
figli
:
Velì
,
governatore
di
Trihala
,
Muctar
,
comandante
d
'
Arlonia
,
Saalih
,
comandante
di
Lepanto
;
e
di
suo
nipote
Mehemet
,
figlio
di
Velì
,
comandante
di
Delvina
.
Sono
cinque
colonnine
di
pietra
,
terminate
in
forma
di
turbante
,
che
portano
tutte
la
data
del
1827
,
e
un
'
iscrizione
semplicissima
,
fatta
da
quel
povero
Solimano
dervis
,
amico
d
'
infanzia
d
'
Alì
,
che
comperò
le
teste
,
dopo
che
furono
staccate
dai
merli
del
Serraglio
,
e
le
seppellì
di
sua
mano
.
L
'
iscrizione
del
cippo
d
'
Alì
,
che
è
posto
nel
mezzo
,
dice
:
-
Qui
giace
la
testa
del
famoso
Alì
-
Pascià
di
Tepeleni
,
governatore
del
Sangiaccato
di
Giannina
,
il
quale
,
per
più
di
cinquant
'
anni
,
s
'
affaticò
per
l
'
indipendenza
dell
'
Albania
.
-
Il
che
prova
che
anche
sui
sepolcri
musulmani
si
scrivono
delle
pietose
menzogne
.
Mi
arrestai
qualche
momento
a
contemplare
quella
poca
terra
che
copriva
quel
formidabile
capo
,
e
mi
venivano
in
mente
le
domande
d
'
Amleto
al
teschio
di
Yorik
.
Dove
sono
i
tuoi
Palicari
,
leone
d
'
Epiro
?
Dove
sono
i
tuoi
bravi
Arnauti
e
i
tuoi
palazzi
irti
di
cannoni
e
il
tuo
bel
chiosco
riflesso
dal
lago
di
Giannina
e
i
tuoi
tesori
sepolti
nelle
roccie
e
i
begli
occhi
della
tua
Vasiliki
?
E
pensavo
alla
bellissima
donna
vagante
per
le
vie
di
Costantinopoli
,
povera
e
desolata
dai
ricordi
della
sua
felicità
e
della
sua
grandezza
,
quando
sentii
un
leggero
fruscio
,
e
voltandomi
,
vidi
un
uomo
lungo
e
stecchito
,
vestito
d
'
una
gran
tonaca
scura
,
col
capo
scoperto
,
che
mi
guardava
in
aria
interrogativa
.
Da
un
cenno
che
mi
fece
,
capii
che
era
un
monaco
greco
di
Baluklù
,
che
voleva
farmi
vedere
la
fontana
miracolosa
,
e
m
'
incamminai
con
lui
verso
il
monastero
.
Mi
condusse
a
traverso
un
cortile
silenzioso
,
aperse
una
porticina
,
accese
una
candela
,
mi
fece
scendere
con
sè
per
una
scaletta
,
sotto
una
volta
umida
e
oscura
,
e
fermandosi
dinanzi
a
una
specie
di
cisterna
,
sulla
quale
raccolse
con
una
mano
la
luce
della
fiammella
,
mi
accennò
di
guardare
i
pesci
rossi
che
guizzavano
nell
'
acqua
.
Mentre
guardavo
,
mi
borbottò
un
discorso
incomprensibile
che
doveva
essere
la
favola
famosa
del
miracolo
dei
pesci
.
Mentre
i
Musulmani
davano
l
'
ultimo
assalto
alle
mura
di
Costantinopoli
,
un
monaco
greco
,
in
quel
convento
,
friggeva
dei
pesci
.
Improvvisamente
s
'
affacciò
alla
porta
della
cucina
un
altro
monaco
,
tutto
atterrito
,
e
gridò
:
-
La
città
è
presa
!
-
Che
!
-
rispose
l
'
altro
:
-
lo
crederò
quando
vedrò
i
miei
pesci
saltar
fuori
della
padella
.
-
E
i
pesci
saltarono
fuori
sull
'
atto
,
belli
e
vivi
,
mezzi
bruni
e
mezzi
rossi
perché
non
erano
fritti
che
da
una
parte
,
e
furono
rimessi
religiosamente
,
come
ognuno
può
pensare
,
nell
'
acqua
dov
'
erano
stati
pigliati
e
dove
guizzano
ancora
.
Finita
la
sua
chiacchierata
,
il
monaco
mi
gettò
sul
viso
alcune
goccie
dell
'
acqua
sacra
,
che
gli
ricascarono
in
mano
convertite
in
soldi
,
e
dopo
avermi
riaccompagnato
alla
porta
,
stette
un
pezzo
a
guardarmi
,
mentre
m
'
allontanavo
,
coi
suoi
piccoli
occhi
annoiati
e
sonnolenti
.
E
sempre
,
da
una
parte
,
mura
dietro
mura
e
torri
dietro
torri
,
e
dall
'
altra
cimiteri
ombrosi
,
qualche
campo
verde
,
qualche
vigneto
,
qualche
casa
chiusa
,
e
di
là
,
il
deserto
.
Qualche
volta
,
guardando
le
mura
da
un
luogo
basso
,
mi
pareva
di
vederne
l
'
ultimo
profilo
;
ma
fatta
una
breve
salita
,
le
vedevo
di
nuovo
stendersi
dinanzi
a
me
senza
fine
,
e
a
ogni
passo
saltavan
fuori
le
torri
,
lontano
,
l
'
una
dietro
l
'
altra
,
a
due
,
a
tre
insieme
,
come
se
accorressero
sulla
strada
per
veder
chi
turbava
il
silenzio
di
quella
solitudine
.
La
vegetazione
,
in
quel
tratto
,
è
maravigliosa
.
Alberi
frondosi
si
rizzano
sulle
torri
,
come
sopra
vasi
giganteschi
;
dai
merli
spenzolano
ciuffi
di
fiori
gialli
e
di
fiori
rossi
e
ghirlande
d
'
edera
e
di
caprifoglio
;
di
sotto
ci
son
mucchi
inestricabili
di
corbezzoli
,
di
lentischi
,
di
ortiche
,
di
pruni
,
in
mezzo
a
cui
sorgono
dei
platani
e
dei
salici
,
che
coprono
d
'
ombra
il
fosso
e
le
sponde
.
Grandi
tratti
di
muro
sono
completamente
coperti
dall
'
edera
,
che
trattiene
come
una
rete
i
mattoni
e
i
calcinacci
staccati
,
e
nasconde
le
breccie
e
le
feritoie
.
Il
fosso
è
coltivato
a
orticelli
;
sulle
sponde
pascolano
capre
e
pecore
custodite
da
ragazzi
greci
,
coricati
all
'
ombra
degli
alberi
;
dai
muri
escono
stormi
d
'
uccelli
;
l
'
aria
è
piena
delle
fragranze
acute
dell
'
erbe
selvatiche
;
e
spira
non
so
che
allegrezza
primaverile
sulle
rovine
,
che
paiono
inghirlandate
e
infiorate
per
il
passaggio
trionfale
d
'
una
Sultana
.
Tutt
'
a
un
tratto
mi
sentii
nel
volto
un
soffio
d
'
aria
salina
,
e
alzando
gli
occhi
vidi
lontano
,
dinanzi
a
me
,
l
'
azzurro
del
Mar
di
Marmara
.
Nello
stesso
punto
mi
parve
che
una
voce
sommessa
mi
mormorasse
nell
'
orecchio
:
-
Il
castello
delle
Sette
Torri
-
e
mi
fermai
un
momento
in
mezzo
alla
strada
,
con
un
sentimento
vago
d
'
inquietudine
.
Poi
ripresi
il
cammino
,
passai
dinanzi
all
'
antica
porta
Deleutera
,
oltrepassai
la
porta
Melandesia
,
e
mi
trovai
in
faccia
al
castello
.
Questo
edificio
di
malaugurio
,
innalzato
da
Maometto
II
sull
'
antico
Cyclobion
dei
Greci
,
per
difendere
la
città
nel
punto
in
cui
le
mura
che
la
proteggono
dalla
parte
di
terra
si
congiungono
con
quelle
che
la
difendono
dalla
parte
del
Mar
di
Marmara
,
e
convertito
poi
in
prigione
di
Stato
,
appena
le
ulteriori
conquiste
dei
Sultani
,
mettendo
al
sicuro
Stambul
dal
pericolo
d
'
un
assedio
,
lo
ebbero
reso
inutile
come
fortezza
;
non
è
più
ora
che
uno
scheletro
di
castello
,
custodito
da
pochi
soldati
;
una
rovina
maledetta
,
piena
di
memorie
dolorose
e
orribili
,
che
corrono
in
leggende
sinistre
per
le
bocche
di
tutti
i
popoli
di
Costantinopoli
,
e
non
veduta
dai
viaggiatori
,
per
solito
,
che
di
sfuggita
,
dalla
prora
del
bastimento
che
li
porta
al
Corno
d
'
oro
.
I
Turchi
lo
chiamano
Jedi
-
Kulé
,
ed
è
per
loro
ciò
che
la
Bastiglia
per
la
Francia
e
la
Torre
di
Londra
per
l
'
Inghilterra
:
un
monumento
che
ricorda
i
tempi
più
nefandi
della
tirannia
dei
Sultani
.
Le
mura
della
città
lo
nascondono
agli
occhi
di
chi
guarda
dalla
strada
,
eccetto
due
delle
sette
grandi
torri
che
gli
diedero
il
nome
,
delle
quali
non
ce
n
'
è
più
intere
che
quattro
.
Nel
muro
esterno
rimangono
due
colonne
corinzie
,
che
appartenevano
all
'
antica
Porta
dorata
,
per
la
quale
fecero
le
loro
entrate
trionfali
Narsete
ed
Eraclio
,
e
che
è
la
stessa
,
giusta
una
leggenda
comune
ai
musulmani
ed
ai
greci
,
per
la
quale
passeranno
i
Cristiani
il
giorno
che
rientreranno
vincitori
nella
città
di
Costantino
.
La
porta
d
'
entrata
è
dentro
le
mura
,
in
una
piccola
torre
quadrata
,
dinanzi
a
cui
sonnecchia
una
sentinella
in
babbuccie
,
la
quale
acconsente
quasi
sempre
a
lasciar
entrare
nello
stesso
tempo
una
moneta
in
tasca
e
un
viaggiatore
nel
castello
.
Entrai
e
mi
trovai
solo
in
un
grande
recinto
,
d
'
un
aspetto
lugubre
di
cimitero
e
di
carcere
,
che
mi
fece
arrestare
il
passo
.
Tutt
'
intorno
s
'
alzano
mura
enormi
e
nere
,
che
formano
un
pentagono
,
coronate
di
grosse
torri
quadrate
e
rotonde
,
altissime
e
basse
,
alcune
diroccate
,
altre
intere
e
coperte
da
alti
tetti
conici
,
rivestiti
di
piombo
,
e
innumerevoli
scale
in
rovina
,
che
conducono
ai
merli
e
alle
feritoie
.
Dentro
al
recinto
c
'
è
una
vegetazione
alta
e
fitta
,
dominata
da
un
gruppo
di
cipressi
e
di
platani
,
sopra
i
quali
spunta
il
minareto
d
'
una
piccola
moschea
nascosta
;
fra
le
piante
più
basse
,
i
tetti
d
'
un
gruppo
di
capanne
,
in
cui
dormono
i
soldati
;
nel
mezzo
,
la
tomba
d
'
un
vizir
che
fu
strangolato
nel
castello
;
qua
e
là
i
resti
deformi
d
'
un
antico
ridotto
;
e
fra
i
cespugli
e
lungo
i
muri
,
frammenti
di
bassorilievi
,
tronchi
di
colonne
e
capitelli
affondati
nella
terra
,
mezzo
coperti
dalle
erbaccie
e
dall
'
acqua
dei
pantani
:
un
disordine
bizzarro
e
triste
,
pieno
di
misteri
e
di
minaccie
,
che
mette
ripugnanza
a
inoltrarsi
.
Stetti
un
po
'
incerto
guardando
intorno
,
e
poi
andai
innanzi
,
con
circospezione
,
come
per
timore
di
mettere
il
piede
in
una
pozza
di
sangue
.
Le
capanne
erano
chiuse
,
la
moschea
chiusa
;
tutto
solitario
e
quieto
,
come
in
una
rovina
abbandonata
.
In
qualche
punto
dei
muri
ci
sono
ancora
tracce
di
croci
greche
,
frammenti
di
monogrammi
costantiniani
,
ali
spezzate
d
'
aquile
romane
e
resti
di
fregi
dell
'
antico
edifizio
bizantino
,
anneriti
dal
tempo
.
Su
alcune
pietre
si
vedono
incise
rozzamente
delle
iscrizioni
greche
in
caratteri
minuti
:
quasi
tutte
iscrizioni
dei
soldati
di
Costantino
,
che
custodivano
la
fortezza
,
sotto
il
comando
del
fiorentino
Giuliani
,
il
giorno
prima
della
caduta
di
Costantinopoli
;
povera
gente
rassegnata
a
morire
,
che
invocava
Iddio
perché
salvasse
la
loro
città
dal
saccheggio
e
le
loro
famiglie
dalla
schiavitù
.
Delle
due
torri
poste
dietro
alla
Porta
dorata
,
una
è
quella
in
cui
venivano
chiusi
gli
ambasciatori
degli
Stati
ch
'
erano
in
guerra
coi
Sultani
,
e
vi
si
leggono
ancora
sui
muri
parecchie
iscrizioni
latine
,
delle
quali
la
più
recente
è
degli
ambasciatori
veneti
imprigionati
sotto
il
regno
d
'
Ahmed
III
,
quando
scoppiò
la
guerra
della
Morea
.
L
'
altra
è
la
torre
famosa
a
cui
si
riferiscono
le
più
lugubri
tradizioni
del
castello
:
la
torre
che
racchiudeva
un
labirinto
di
segrete
orrende
,
sepolcri
di
vivi
,
nelle
quali
i
vizir
e
i
grandi
della
Corte
aspettavano
,
pregando
nelle
tenebre
,
l
'
apparizione
del
carnefice
,
o
impazziti
dalla
disperazione
,
lasciavano
sulle
pareti
le
traccie
sanguinose
delle
unghie
e
del
cranio
.
In
uno
di
quei
sepolcri
c
'
era
il
grande
mortaio
in
cui
si
stritolavano
le
ossa
e
le
carni
agli
ulema
.
A
pian
terreno
v
'
è
lo
stanzone
rotondo
,
chiamato
prigione
di
sangue
,
dove
si
decapitavano
secretamente
i
condannati
,
e
si
buttavano
le
teste
in
un
pozzo
,
detto
il
pozzo
di
sangue
,
di
cui
si
vede
ancora
la
bocca
nel
mezzo
del
pavimento
ineguale
,
coperta
da
due
lastre
di
pietra
.
Sotto
c
'
era
la
così
detta
caverna
rocciosa
,
rischiarata
da
una
lanterna
appesa
alla
volta
,
dove
si
tagliava
la
pelle
a
striscie
ai
condannati
alla
tortura
,
si
versava
la
pece
infiammata
nelle
piaghe
aperte
dalle
verghe
e
si
schiacciavano
colle
mazze
i
piedi
e
le
mani
,
e
gli
urli
orrendi
degli
agonizzanti
non
arrivavano
che
come
un
lamento
fioco
agli
orecchi
dei
prigionieri
della
torre
.
In
un
angolo
del
recinto
si
vedono
ancora
le
traccie
d
'
un
cortile
nel
quale
si
troncava
la
testa
,
di
notte
,
ai
condannati
comuni
;
e
là
vicino
c
'
era
ancora
,
non
è
gran
tempo
,
un
muro
di
ossa
umane
che
s
'
innalzava
fin
quasi
alla
piattaforma
del
castello
.
Vicino
all
'
entrata
c
'
è
la
prigione
di
Otmano
II
,
la
prima
vittima
imperiale
dei
Giannizzeri
.
È
la
stanza
dove
il
povero
Sultano
diciottenne
,
a
cui
la
disperazione
raddoppiava
le
forze
,
resistette
furiosamente
ai
suoi
quattro
carnefici
,
fin
che
una
mano
spietata
e
codarda
,
esercitata
a
far
gli
eunuchi
,
lo
afferrò
"
alle
sorgenti
della
virilità
"
e
gli
strappò
un
altissimo
grido
,
che
fu
soffocato
dal
capestro
.
In
tutte
le
altre
torri
e
in
parte
delle
mura
c
'
era
un
andirivieni
di
corridoi
tenebrosi
,
di
scalette
segrete
,
di
porte
basse
,
chiuse
da
battenti
di
ferro
o
di
travi
,
sotto
le
quali
curvarono
la
testa
per
l
'
ultima
volta
pascià
,
principi
imperiali
,
governatori
,
ciambellani
,
grandi
ufficiali
nel
fiore
della
giovinezza
e
nel
colmo
della
potenza
,
a
cui
tutto
veniva
tolto
in
un
'
ora
;
e
il
loro
capo
aveva
già
rigato
di
sangue
le
mura
esterne
del
castello
,
che
le
loro
spose
li
aspettavano
ancora
vestite
a
festa
fra
gli
splendori
degli
arem
.
Passavano
per
quei
corridoi
stillanti
d
'
acqua
e
per
quelle
scale
sepolcrali
,
di
notte
,
al
lume
delle
lanterne
,
soldati
e
carnefici
dalle
mani
sanguinose
,
e
messaggieri
del
Serraglio
che
venivano
a
portare
ai
condannati
a
morte
,
ancora
illusi
da
un
barlume
di
speranza
,
l
'
ultimo
no
dei
Sultani
,
e
cadaveri
cogli
occhi
fuor
della
fronte
e
coll
'
orrendo
cordone
di
seta
alla
gola
,
portati
da
sciaù
affannati
e
stanchi
dalle
lunghe
lotte
combattute
nelle
tenebre
contro
la
rabbia
della
disperazione
.
Alla
estremità
opposta
di
Stambul
,
sulla
collina
del
Serraglio
,
v
'
era
il
tribunale
spaventoso
della
Corte
.
Qui
era
una
macchina
enorme
di
supplizio
,
coronata
da
sette
patiboli
di
pietra
,
la
quale
riceveva
dal
mare
e
dalla
terra
,
al
lume
della
luna
,
le
vittime
vive
,
e
non
restituiva
al
sole
che
teschi
e
cadaveri
;
e
dall
'
alto
delle
torri
,
in
cui
si
moriva
,
le
sentinelle
notturne
vedevano
lontano
i
chioschi
del
Serraglio
illuminati
per
le
feste
imperiali
.
Ed
ora
si
prova
un
senso
di
piacere
al
veder
il
castello
infame
così
deformato
,
come
se
tutte
le
vittime
risuscitate
l
'
avessero
roso
e
sgretolato
colle
unghie
e
coi
denti
per
vendicarsi
sulle
mura
non
potendo
vendicarsi
sugli
uomini
.
Il
grande
mostro
,
disarmato
e
decrepito
,
sbadiglia
colle
cento
bocche
delle
sue
feritoie
e
delle
sue
porte
squarciate
,
ridotto
a
un
vano
spauracchio
,
e
una
miriade
di
topi
,
di
biscie
e
di
scorpioni
giallognoli
,
pullulati
,
come
vermi
,
dal
suo
corpaccio
infracidito
,
gli
brulica
nel
ventre
vuoto
e
per
le
reni
spezzate
,
in
mezzo
a
una
vegetazione
insolente
che
lo
inghirlanda
e
lo
impennacchia
per
ludibrio
.
Dopo
essermi
affacciato
a
varie
porte
senza
veder
altro
che
una
fuga
precipitosa
di
topacci
,
salii
per
una
scala
erbosa
sopra
una
delle
cortine
del
lato
occidentale
.
Di
là
si
domina
tutto
il
castello
:
un
vasto
disordine
di
rovine
,
di
torri
,
di
merli
,
di
scale
,
dì
piatteforme
,
tutto
nerastro
o
rosso
cupo
,
intorno
a
un
gran
mucchio
di
verde
vivo
;
e
di
là
,
altre
torri
e
altri
merli
innumerevoli
delle
mura
orientali
di
Stambul
;
così
che
a
socchiuder
gli
occhi
,
par
di
vedere
una
sola
vastissima
fortezza
abbandonata
,
che
si
disegna
sull
'
azzurro
del
Mar
di
Marmara
.
A
sinistra
si
vede
una
gran
parte
di
Stambul
,
tagliata
da
parecchie
lunghissime
strade
serpeggianti
,
che
fuggono
nella
direzione
dell
'
antica
via
trionfale
degl
'
Imperatori
Bizantini
,
la
quale
dalla
Porta
Dorata
,
passando
per
il
foro
d
'
Arcadio
e
per
il
foro
di
Costantino
,
andava
fino
alla
reggia
.
Era
una
veduta
immensa
e
ridente
,
che
mi
faceva
parer
più
sinistro
il
mucchio
di
rovine
malaugurate
che
avevo
ai
piedi
.
Rimasi
lungo
tempo
là
,
appoggiato
a
un
merlo
infocato
dal
sole
,
abbagliato
da
una
luce
vivissima
,
guardando
sotto
quel
grande
sepolcro
scoperchiato
con
quella
curiosità
pensierosa
e
diffidente
con
cui
si
guardano
i
luoghi
dove
fu
commesso
di
fresco
un
delitto
.
Regnava
un
silenzio
profondo
.
Per
i
muri
correvano
delle
grosse
lucertole
,
giù
nei
fossi
gracidavano
i
rospi
,
sopra
le
torri
roteavano
dei
corvi
,
intorno
al
capo
mi
ronzava
un
nuvolo
d
'
insetti
venuti
su
dai
pantani
delle
rovine
,
e
l
'
aria
un
po
'
agitata
mi
portava
il
puzzo
d
'
un
cavallo
putrefatto
,
disteso
in
fondo
al
fosso
esterno
della
fortezza
.
Mi
prese
un
senso
di
schifo
e
di
ribrezzo
;
eppure
mi
sentivo
inchiodato
là
,
come
affascinato
,
immerso
in
una
specie
d
'
assopimento
;
e
tenendo
gli
occhi
socchiusi
,
quasi
sognando
,
in
quella
pace
morta
del
mezzogiorno
,
mi
pareva
d
'
udire
,
nel
ronzio
monotono
degl
'
insetti
,
il
tonfo
dei
teschi
gettati
nel
pozzo
,
le
grida
lamentevoli
dei
moribondi
dei
sotterranei
e
la
voce
del
figliuolo
minore
di
Brancovano
,
che
sentendosi
sul
collo
il
freddo
del
capestro
,
gridava
:
-
Padre
mio
!
Padre
mio
!
-
E
siccome
ero
stanco
e
la
luce
m
'
abbagliava
,
chiusi
gli
occhi
e
rimasi
un
momento
assopito
;
e
subito
tutte
quelle
orribili
immagini
mi
si
affollarono
alla
mente
con
un
'
evidenza
spaventosa
.
In
quel
punto
fui
riscosso
da
un
grido
acuto
e
sonoro
,
e
vidi
sotto
,
sul
terrazzo
del
piccolo
minareto
,
il
muezzin
della
moschea
del
castello
.
Quella
voce
lenta
,
dolce
,
solenne
,
che
parlava
di
Dio
,
in
quel
luogo
,
in
quel
momento
,
mi
discese
nel
più
profondo
dell
'
anima
!
Pareva
che
parlasse
in
nome
di
tutti
coloro
che
eran
morti
là
dentro
,
che
dicesse
che
i
loro
dolori
non
erano
stati
inutili
,
che
le
loro
ultime
lacrime
erano
state
raccolte
,
che
le
loro
torture
avevano
avuto
un
compenso
,
che
essi
avevano
perdonato
,
che
bisognava
perdonare
,
che
si
doveva
pregare
e
confidare
in
Dio
,
anche
quando
il
mondo
ci
abbandona
,
e
che
tutto
è
vano
sulla
terra
fuorchè
questo
sentimento
infinito
di
amore
e
di
pietà
...
E
uscii
dal
castello
,
commosso
.
Ripresi
il
mio
cammino
verso
il
mare
lungo
le
mura
esterne
di
Stambul
.
Là
vicino
c
'
è
la
stazione
di
Adrianopoli
e
s
'
incrociano
sotto
le
mura
parecchi
tronchi
di
strada
ferrata
.
Mi
trovai
in
mezzo
a
lunghe
file
di
vagoni
logori
e
polverosi
.
Non
c
'
era
nessuno
.
Se
fossi
stato
un
turco
fanatico
,
nemico
delle
novità
europee
,
avrei
potuto
incendiare
l
'
una
dopo
l
'
altra
quelle
baracche
,
e
andarmene
tranquillamente
senz
'
essere
molestato
.
Andai
innanzi
sull
'
orlo
della
strada
temendo
di
sentire
da
un
momento
all
'
altro
l
'
olà
minaccioso
d
'
un
guardiano
;
ma
nessuno
mi
diede
noia
,
In
poco
tempo
arrivai
all
'
estremità
delle
mura
.
Credevo
di
poter
entrare
in
Stambul
per
di
là
:
fui
deluso
.
Le
mura
del
lato
di
terra
si
congiungono
sulla
spiaggia
con
quelle
della
parte
di
mare
,
e
non
c
'
è
effigie
di
porta
.
Allora
mi
avanzai
su
per
le
rovine
d
'
un
antico
molo
e
sedetti
sopra
un
macigno
,
in
mezzo
all
'
acqua
.
Di
là
non
vedevo
altro
che
il
Mar
di
Marmara
,
i
monti
dell
'
Asia
,
e
le
alture
azzurrine
,
che
parevano
lontanissime
,
di
Scutari
.
La
spiaggia
era
deserta
;
mi
pareva
d
'
esser
solo
nell
'
universo
.
Le
onde
venivano
a
rompersi
ai
miei
piedi
e
mi
spruzzavano
il
volto
.
Rimasi
là
un
pezzo
,
pensando
a
mille
cose
,
vagamente
.
Vedevo
me
,
solo
,
uscir
dalla
porta
Caligaria
e
venir
giù
lentamente
per
la
strada
solitaria
,
fra
i
cimiteri
e
le
torri
,
e
seguitavo
quell
'
uomo
,
come
se
fosse
un
altro
.
Poi
mi
diedi
a
cercare
Yunk
nella
città
immensa
.
Poi
stetti
a
osservare
le
onde
che
venivano
l
'
una
dopo
l
'
altra
a
distendersi
mormorando
sulla
riva
e
sparivano
l
'
una
dopo
l
'
altra
in
silenzio
;
e
vedevo
in
esse
l
'
immagine
dei
popoli
e
degli
eserciti
che
eran
venuti
l
'
un
dopo
l
'
altro
a
urtarsi
contro
le
mura
di
Bisanzio
:
le
falangi
di
Pausania
e
d
'
Alcibiade
,
le
legioni
di
Massimo
e
di
Severo
,
le
torme
dei
Persiani
,
le
orde
degli
Avari
,
e
gli
Slavi
e
gli
Arabi
e
i
Bulgari
e
i
Crociati
,
e
gli
eserciti
di
Michele
Paleologo
e
di
Comneno
e
quei
di
Baiazet
Ilderim
e
quelli
del
secondo
Amurat
e
quelli
di
Maometto
il
conquistatore
,
svaniti
l
'
un
dopo
l
'
altro
nel
silenzio
infinito
della
morte
;
e
provavo
la
tristezza
che
stringeva
il
cuore
al
Leopardi
la
sera
del
dì
di
festa
,
quando
sentiva
morire
a
poco
a
poco
il
canto
solitario
dell
'
artigiano
,
che
gli
rammentava
il
suono
dei
popoli
antichi
,
e
pensava
che
tutto
passa
come
un
sogno
sopra
la
terra
.
Di
là
tornai
indietro
fino
alla
porta
delle
Sette
Torri
ed
entrai
dentro
le
mura
per
percorrere
tutta
Stambul
lungo
la
riva
del
Mar
di
Marmara
.
Ero
già
mezzo
sgambato
;
ma
nelle
lunghe
passeggiate
,
a
un
certo
punto
,
nasce
dalla
stanchezza
medesima
una
cocciutaggine
animalesca
che
ravviva
le
forze
.
Mi
vedo
ancora
camminare
e
camminare
per
quelle
strade
deserte
,
sotto
quel
sole
ardente
,
dominato
da
non
so
che
sonnolenza
fantastica
,
nella
quale
mi
passavan
dinanzi
faccie
d
'
amici
di
Torino
,
episodi
di
romanzi
,
vedute
di
altri
paesi
e
pensieri
vaghi
sulla
vita
umana
e
sull
'
immortalità
dell
'
anima
;
e
tutto
metteva
a
capo
alla
tavola
rotonda
dell
'
albergo
di
Bisanzio
,
scintillante
di
lumi
e
di
cristalli
,
che
vedevo
lontanissima
,
al
di
là
d
'
una
città
cento
volte
più
grande
di
Stambul
,
e
già
coperta
dalla
notte
.
Attraverso
un
sobborgo
musulmano
,
che
par
disabitato
,
nel
quale
spira
ancora
la
tristezza
del
castello
delle
Sette
Torri
,
ed
entro
nel
vasto
quartiere
di
Psammatia
,
abitato
da
greci
e
da
armeni
,
e
anch
'
esso
deserto
.
Vado
innanzi
per
una
interminabile
stradicciuola
tortuosa
,
dalla
quale
vedo
giù
a
destra
,
fra
casa
e
casa
,
le
mura
merlate
della
città
,
che
profilano
i
loro
merli
neri
nell
'
azzurro
vivo
del
mare
.
Passo
sotto
la
porta
di
Psammatia
e
mi
trovo
daccapo
in
un
quartiere
musulmano
,
tra
finestre
ingraticolate
,
porte
chiuse
,
piccole
moschee
,
giardini
nascosti
,
cisterne
erbose
,
fontane
abbandonate
.
Attraverso
lo
spazio
dov
'
era
l
'
antico
foro
boario
,
vedendo
sempre
,
giù
a
destra
,
le
mura
e
le
torri
,
e
non
incontrando
che
qualche
cane
che
si
ferma
per
vedermi
passare
e
qualche
monello
turco
,
seduto
in
terra
,
che
mi
fissa
in
volto
,
pensando
un
'
impertinenza
.
Qualche
finestra
s
'
apre
e
si
chiude
improvvisamente
,
e
vedo
di
sfuggita
una
mano
o
il
lembo
d
'
una
manica
di
donna
.
Giro
intorno
ai
vasti
giardini
di
Vlanga
che
fanno
corona
all
'
antico
porto
di
Teodosio
;
vedo
dei
vasti
spazii
colle
traccie
d
'
un
incendio
recente
,
dei
luoghi
dove
pare
che
la
città
finisca
nella
campagna
,
dei
conventi
di
dervis
,
delle
chiese
greche
,
delle
piazzette
misteriose
ombreggiate
da
un
grande
platano
,
sotto
il
quale
sonnecchia
qualche
vecchio
col
bocchino
del
narghilè
tra
le
dita
.
Vado
innanzi
,
mi
fermo
dinanzi
a
un
piccolo
caffè
per
bere
un
bicchier
d
'
acqua
messo
in
mostra
sulla
finestra
,
chiamo
,
picchio
,
nessuno
risponde
.
Esco
dal
quartiere
greco
di
Jeni
-
Kapú
,
entro
in
un
altro
quartiere
musulmano
,
rientro
un
'
altra
volta
fra
le
casette
greche
ed
armene
del
quartiere
di
porta
Kum
,
e
m
'
accompagnano
sempre
da
una
parte
i
merli
delle
mura
e
l
'
azzurro
del
mare
,
e
non
incontro
che
cani
,
mendicanti
,
monelli
,
e
sento
sonare
in
alto
la
voce
dei
muezzin
che
annunziano
il
tramonto
.
L
'
aria
si
fa
oscura
;
e
continuano
a
succedersi
le
casette
,
le
moschee
malinconiche
,
i
crocicchi
deserti
,
le
imboccature
dei
vicoli
;
e
comincio
a
sentirmi
spossato
e
a
pensare
di
buttarmi
sopra
una
materassa
dinanzi
al
primo
caffè
veduto
,
quando
,
a
una
svoltata
,
mi
sorge
improvvisamente
dinanzi
la
mole
enorme
di
Santa
Sofia
.
Oh
,
la
cara
vista
!
Le
forze
mi
tornano
,
i
pensieri
si
rasserenano
,
affretto
il
passo
,
arrivo
al
porto
,
passo
il
ponte
,
ed
ecco
dinanzi
alla
porta
illuminata
del
primo
caffè
di
Galata
,
Yunk
,
Rosasco
,
Santoro
,
tutta
la
mia
piccola
Italia
che
mi
viene
incontro
col
volto
sorridente
e
colle
mani
tese
...
e
tiro
uno
dei
più
lunghi
e
larghi
respiri
che
abbiano
mai
tirato
i
polmoni
d
'
un
galantuomo
.
L
'
ANTICO
SERRAGLIO
Come
a
Granata
prima
d
'
aver
visto
l
'
Alhambra
,
così
a
Costantinopoli
pare
che
tutto
rimanga
da
vedere
fin
che
non
si
è
penetrati
fra
le
mura
dell
'
antico
Serraglio
.
Mille
volte
al
giorno
,
da
tutti
i
punti
della
città
e
del
mare
,
si
vede
là
quella
collina
verdissima
,
piena
di
segreti
e
di
promesse
,
che
attira
sempre
gli
sguardi
come
una
cosa
nuova
,
che
tormenta
la
fantasia
come
un
enimma
,
che
si
caccia
in
mezzo
a
tutti
i
pensieri
,
a
segno
che
si
finisce
per
andarci
prima
del
giorno
fissato
,
più
per
liberarsi
da
un
tormento
che
per
cercarvi
un
piacere
.
Non
c
'
è
infatti
un
altro
angolo
di
terra
in
tutta
Europa
,
di
cui
il
solo
nome
risvegli
nella
mente
una
più
strana
confusione
d
'
immagini
belle
o
terribili
;
intorno
al
quale
si
sia
tanto
pensato
e
scritto
e
cercato
d
'
indovinare
;
che
abbia
dato
luogo
a
tante
notizie
vaghe
e
contradditorie
;
che
sia
ancora
oggetto
di
tante
curiosità
inappagabili
,
di
tanti
pregiudizii
insensati
,
di
tanti
racconti
meravigliosi
.
Ora
tutti
ci
penetrano
e
molti
ne
escono
coll
'
animo
freddo
.
Ma
si
può
esser
sicuri
che
,
anche
fra
secoli
,
quando
forse
la
dominazione
ottomana
non
sarà
più
che
una
reminiscenza
in
Europa
,
e
su
quella
bella
collina
s
'
incroceranno
le
vie
popolose
d
'
una
città
nuova
,
nessun
viaggiatore
vi
passerà
senza
riveder
col
pensiero
gli
antichi
chioschi
imperiali
,
e
senza
pensare
con
invidia
a
noi
del
secolo
diciannovesimo
che
abbiamo
ancora
ritrovato
in
quei
luoghi
le
memorie
vive
e
parlanti
della
grande
reggia
ottomana
.
Chi
sa
quanti
archeologi
cercheranno
pazientemente
le
traccie
d
'
una
porta
o
d
'
un
muro
nei
cortili
dei
nuovi
edifizii
e
quanti
poeti
scriveranno
dei
versi
sopra
poche
macerie
sparse
sulla
riva
del
mare
!
O
forse
anche
,
fra
molti
secoli
,
quelle
mura
saranno
ancora
gelosamente
custodite
,
e
andranno
a
visitarle
dotti
,
innamorati
ed
artisti
,
e
la
vita
favolosa
che
vi
fu
vissuta
per
quattrocent
'
anni
,
si
ridesterà
e
si
spanderà
in
una
miriade
di
volumi
e
di
quadri
su
tutta
la
faccia
della
terra
.
Non
è
la
bellezza
architettonica
che
attira
su
quelle
mura
la
curiosità
universale
.
Il
Serraglio
non
è
un
grande
monumento
artistico
come
l
'
Alhambra
.
Il
solo
cortile
dei
leoni
della
reggia
araba
vale
tutti
i
chioschi
e
tutte
le
torri
della
reggia
turca
.
Il
pregio
del
Serraglio
è
d
'
essere
un
grande
monumento
storico
,
che
commenta
ed
illumina
quasi
tutta
la
vita
della
dinastia
ottomana
;
che
porta
scritta
sulle
pietre
dei
suoi
muri
e
sul
tronco
dei
suoi
alberi
secolari
tutta
la
cronaca
più
intima
e
più
secreta
dell
'
impero
.
Non
vi
manca
che
quella
degli
ultimi
trent
'
anni
e
quella
dei
due
secoli
che
precedettero
la
conquista
di
Costantinopoli
.
Da
Maometto
II
che
ne
pose
la
fondamenta
a
Abdul
-
Megid
che
l
'
abbandonò
per
andare
ad
abitare
il
palazzo
di
Dolma
-
Bagcé
,
ci
vissero
venticinque
Sultani
.
Qui
la
dinastia
pose
il
piede
appena
conquistata
la
sua
metropoli
europea
,
qui
salì
all
'
apice
della
sua
fortuna
,
qui
cominciò
la
sua
decadenza
.
Era
insieme
una
reggia
,
una
fortezza
e
un
santuario
;
v
'
era
il
cervello
dell
'
impero
e
il
cuore
dell
'
islamismo
;
era
una
città
nella
città
,
una
rocca
augusta
e
magnifica
,
abitata
da
un
popolo
e
custodita
da
un
esercito
,
la
quale
abbracciava
fra
le
sue
mura
una
varietà
infinita
d
'
edifizi
,
luoghi
di
delizie
e
luoghi
d
'
orrore
,
città
e
campagna
,
reggie
,
arsenali
,
scuole
,
uffici
,
moschee
;
dove
si
alternavano
le
feste
e
le
stragi
,
le
cerimonie
religiose
e
gli
amori
,
le
solennità
diplomatiche
e
le
follie
;
dove
i
Sultani
nascevano
,
erano
innalzati
al
trono
,
deposti
,
incarcerati
,
strozzati
;
dove
s
'
ordiva
la
trama
di
tutte
le
congiure
ed
echeggiava
il
grido
di
tutte
le
ribellioni
;
dove
affluiva
l
'
oro
e
il
sangue
più
puro
dell
'
impero
;
dove
girava
l
'
elsa
della
spada
immensa
che
balenava
sul
capo
di
cento
popoli
;
dove
per
quasi
tre
secoli
tennero
fisso
lo
sguardo
l
'
Europa
inquieta
,
l
'
Asia
diffidente
e
l
'
Affrica
impaurita
,
come
a
un
vulcano
fumante
,
che
minacciasse
la
terra
.
Questa
reggia
mostruosa
è
posta
sulla
collina
più
orientale
di
Stambul
,
che
declina
dolcemente
verso
il
mar
di
Marmara
,
verso
l
'
imboccatura
del
Bosforo
e
verso
il
Corno
d
'
oro
;
nello
spazio
occupato
anticamente
dall
'
Acropoli
di
Bisanzio
,
da
una
parte
della
città
e
da
un
'
ala
dei
grandi
palazzi
degl
'
imperatori
.
È
la
più
bella
collina
di
Costantinopoli
e
il
promontorio
più
favorito
dalla
natura
di
tutta
la
riva
europea
.
Vi
convergono
,
come
a
un
centro
,
due
mari
e
due
stretti
;
vi
mettevano
capo
le
grandi
strade
militari
e
commerciali
dell
'
Europa
orientale
;
gli
acquedotti
degl
'
imperatori
bizantini
vi
conducevano
torrenti
d
'
acqua
;
le
colline
della
Tracia
lo
riparano
dai
venti
del
settentrione
;
il
mare
lo
bagna
da
tre
parti
;
Galata
lo
prospetta
dal
lato
del
porto
;
Scutari
lo
guarda
dalla
parte
del
Bosforo
;
e
le
grandi
montagne
della
Bitinia
gli
chiudono
dinanzi
colle
loro
cime
nevose
gli
orizzonti
dell
'
Asia
.
È
un
colle
solitario
,
posto
all
'
estremità
della
grande
metropoli
,
quasi
isolato
,
fortissimo
e
bellissimo
,
che
sembra
fatto
dalla
natura
per
servire
di
piedestallo
a
una
grande
monarchia
e
per
proteggere
la
vita
deliziosa
ed
arcana
d
'
un
principe
quasi
Dio
.
Tutta
la
collina
è
circondata
,
ai
piedi
,
da
un
alto
muro
merlato
,
fiancheggiato
da
grosse
torri
.
Sulla
riva
del
mar
di
Marmara
e
lungo
il
Corno
d
'
oro
,
queste
mura
sono
le
mura
stesse
della
città
;
dalla
parte
di
terra
,
son
mura
innalzate
da
Maometto
II
,
le
quali
separano
la
collina
del
Serraglio
da
quella
su
cui
s
'
innalza
la
Moschea
di
Nuri
-
Osmaniè
,
svoltano
ad
angolo
retto
vicino
alla
Sublime
Porta
,
passano
dinanzi
a
Santa
Sofia
,
e
descrivendo
una
grande
curva
in
avanti
,
vanno
a
congiungersi
con
quelle
di
Stambul
sulla
riva
del
mare
.
Questa
è
la
cinta
esterna
del
Serraglio
.
Il
Serraglio
propriamente
detto
si
stende
sulla
sommità
,
circondato
alla
sua
volta
da
alti
muri
,
che
formano
come
un
ridotto
centrale
della
gran
fortezza
della
collina
.
Ma
sarebbe
fatica
sprecata
il
descrivere
il
Serraglio
quale
è
ridotto
al
presente
.
La
strada
ferrata
passa
a
traverso
le
mura
esterne
;
un
grande
incendio
,
nel
1865
,
distrusse
molti
edifizi
;
i
giardini
sono
in
gran
parte
devastati
;
vi
furono
innalzati
ospedali
,
caserme
e
scuole
militari
;
degli
edifizi
rimasti
parecchi
vennero
cangiati
di
forma
e
di
uso
;
e
benchè
i
muri
principali
rimangano
,
in
modo
da
presentare
ancora
tutta
intera
la
forma
del
Serraglio
antico
,
le
piccole
alterazioni
son
tante
e
tali
,
e
l
'
abbandono
in
cui
è
lasciata
ogni
cosa
da
circa
trent
'
anni
ha
mutato
in
maniera
l
'
aspetto
delle
parti
intatte
,
che
non
si
potrebbe
descrivere
il
luogo
fedelmente
senza
che
ne
rimanesse
delusa
anche
la
più
modesta
aspettazione
.
Val
meglio
per
chi
scrive
e
per
chi
legge
il
rivedere
questo
Serraglio
famoso
qual
era
nei
bei
tempi
della
grandezza
ottomana
.
Allora
,
chi
poteva
abbracciare
tutta
la
collina
con
uno
sguardo
,
o
dai
merli
d
'
una
delle
torri
più
alte
,
o
da
un
minareto
della
moschea
di
Santa
Sofia
,
godeva
una
veduta
meravigliosa
.
In
mezzo
all
'
azzurro
vivo
del
mare
,
del
Bosforo
e
del
porto
,
dentro
al
grande
semicerchio
bianco
delle
vele
della
flotta
,
si
vedeva
la
vasta
macchia
verde
della
collina
,
circondata
di
mura
e
di
torri
,
coronate
di
cannoni
e
di
sentinelle
;
e
in
mezzo
a
questa
macchia
,
ch
'
era
una
selva
d
'
alberi
enormi
,
fra
i
quali
biancheggiava
un
labirinto
di
sentieri
e
ridevano
i
colori
di
mille
aiuole
fiorite
,
si
stendeva
,
sull
'
alto
del
colle
,
il
vastissimo
rettangolo
degli
edifizi
del
serraglio
,
diviso
in
tre
grandi
cortili
,
o
meglio
in
tre
piccole
città
fabbricate
intorno
a
tre
piazze
ineguali
,
da
cui
s
'
innalzava
una
moltitudine
confusa
di
tetti
variopinti
,
di
terrazze
colme
di
fiori
,
di
cupole
dorate
,
di
minareti
bianchi
,
di
cime
aeree
di
chioschi
,
d
'
archi
di
porte
monumentali
,
frammezzati
di
giardini
e
di
boschetti
,
e
mezzo
nascosti
dalle
fronde
.
Era
una
piccola
metropoli
bianca
,
scintillante
e
disordinata
,
leggera
come
un
accampamento
di
tende
,
da
cui
spirava
non
so
che
di
voluttuoso
,
di
pastorale
e
di
guerriero
;
in
una
parte
piena
di
gente
e
di
vita
;
in
un
'
altra
solitaria
e
muta
come
una
necropoli
;
dove
tutta
scoperta
e
dorata
dal
sole
;
dove
inaccessibile
ad
ogni
sguardo
umano
e
immersa
in
un
'
ombra
perpetua
;
rallegrata
da
infiniti
zampilli
,
abbellita
da
mille
contrasti
di
splendori
e
d
'
oscurità
e
di
colori
possenti
e
di
sfumature
di
tinte
argentee
e
azzurrine
,
riflesse
dai
marmi
dei
colonnati
e
dalle
acque
dei
laghetti
,
e
sorvolata
da
nuvoli
di
rondini
e
di
colombi
.
Tale
era
l
'
aspetto
esterno
della
città
imperiale
,
non
vastissima
all
'
occhio
di
chi
la
guardava
dall
'
alto
;
ma
così
divisa
e
suddivisa
e
intricata
dentro
,
che
servitori
,
i
quali
ci
vivevano
da
cinquant
'
anni
,
non
riuscivano
a
racappezzarvisi
,
e
i
giannizzeri
che
l
'
invadevano
per
la
terza
volta
ci
si
smarrivano
ancora
.
La
porta
principale
era
ed
è
sempre
la
Bab
-
Umaiùn
,
o
porta
augusta
,
che
dà
sulla
piccola
piazza
dove
s
'
innalza
la
fontana
del
Sultano
Ahmed
,
dietro
alla
moschea
di
Santa
Sofia
.
È
una
grande
porta
di
marmo
bianco
e
nero
,
decorata
di
ricchi
arabeschi
,
sulla
quale
s
'
appoggia
un
alto
edifizio
,
con
otto
finestre
,
coperto
da
un
tetto
sporgente
;
e
appartiene
a
quel
misto
di
stile
arabo
e
persiano
,
da
cui
si
riconoscono
quasi
tutti
i
monumenti
innalzati
dai
Turchi
nei
primi
anni
dopo
la
conquista
,
prima
che
cominciassero
ad
imitare
l
'
architettura
bizantina
.
Sopra
l
'
apertura
,
in
una
cartella
di
marmo
,
si
legge
ancora
l
'
iscrizione
di
Maometto
II
:
-
Allà
conservi
in
eterno
la
gloria
del
suo
possessore
-
Allà
consolidi
il
suo
edifizio
-
Allà
fortifichi
le
sue
fondamenta
.
È
la
porta
dinanzi
alla
quale
veniva
ogni
mattina
il
popolo
di
Stambul
a
vedere
di
quali
grandi
dello
Stato
o
della
corte
fosse
caduta
la
testa
nella
notte
.
Le
teste
erano
appese
a
un
chiodo
dentro
a
due
nicchie
che
si
vedono
ancora
,
quasi
intatte
,
a
destra
e
a
sinistra
dell
'
entrata
;
oppure
esposte
in
un
bacino
d
'
argento
,
accanto
al
quale
era
affissa
l
'
accusa
e
la
sentenza
.
Sulla
piazza
,
davanti
alla
porta
,
si
buttavano
i
cadaveri
dei
condannati
al
capestro
;
e
là
s
'
arrestavano
,
aspettando
l
'
ordine
d
'
entrare
nel
primo
recinto
del
Serraglio
,
i
distaccamenti
degli
eserciti
lontani
,
venuti
a
portare
i
trofei
delle
vittorie
;
e
ammucchiavano
sulla
soglia
augusta
armi
,
bandiere
,
teschi
di
capitani
e
splendide
divise
insanguinate
.
La
porta
era
custodita
da
un
grosso
drappello
di
capigì
,
figli
di
bey
e
di
pascià
,
vestiti
pomposamente
;
i
quali
assistevano
dall
'
alto
delle
mura
e
delle
finestre
alla
processione
continua
della
gente
che
entrava
ed
usciva
,
o
tenevano
indietro
colle
larghe
scimitarre
la
folla
muta
dei
curiosi
,
venuti
là
per
veder
di
sfuggita
,
per
uno
spiraglio
,
un
pezzo
di
cortile
,
un
frammento
della
seconda
porta
,
un
barlume
almeno
di
quella
reggia
enorme
ed
arcana
,
argomento
di
tanti
desiderii
e
di
tanti
terrori
.
Passando
di
là
,
il
musulmano
devoto
mormorava
una
preghiera
per
il
suo
Sublime
Signore
;
il
giovinetto
povero
e
ambizioso
,
sognava
il
giorno
in
cui
avrebbe
oltrepassato
quella
soglia
per
andar
a
ricevere
la
coda
di
cavallo
;
la
fanciulla
bella
e
cenciosa
fantasticava
,
con
una
vaga
speranza
,
la
vita
splendida
della
Cadina
;
i
parenti
delle
vittime
abbassavano
il
capo
,
fremendo
;
e
in
tutta
la
piazza
regnava
un
silenzio
severo
,
non
turbato
che
tre
volte
al
giorno
dalla
voce
sonora
dei
muezzin
di
Santa
Sofia
.
Dalla
porta
Umaium
s
'
entrava
nel
così
detto
cortile
dei
Giannizzeri
,
che
era
il
primo
recinto
del
Serraglio
.
Questo
gran
cortile
c
'
è
ancora
,
circondato
d
'
edifizi
irregolari
,
lunghissimo
,
e
ombreggiato
da
varii
gruppi
d
'
alberi
,
fra
cui
il
platano
enorme
detto
dei
Giannizzeri
,
del
quale
dieci
uomini
non
bastano
ad
abbracciare
il
tronco
.
A
sinistra
di
chi
entra
,
v
'
è
la
chiesa
di
Sant
'
Irene
,
fondata
da
Costantino
il
Grande
,
e
convertita
dai
turchi
in
armeria
.
Più
in
là
e
tutt
'
intorno
v
'
era
l
'
ospedale
del
Serraglio
,
l
'
edifizio
del
tesoro
pubblico
,
il
magazzino
degli
aranci
,
le
scuderie
imperiali
,
le
cucine
,
le
caserme
dei
capigì
,
la
zecca
,
e
le
case
degli
alti
ufficiali
della
Corte
.
Sotto
il
grande
platano
ci
sono
ancora
due
colonnette
di
pietra
,
sulle
quali
si
eseguivano
le
decapitazioni
.
Di
qui
passavano
tutti
coloro
che
dovevano
andare
al
divano
o
dal
Padiscià
.
Era
come
uno
smisurato
vestibolo
aperto
,
sempre
affollato
,
nel
quale
tutto
era
rimescolìo
e
affaccendamento
.
Centocinquanta
fornai
e
duecento
tra
cuochi
e
sguatteri
lavoravano
nelle
grandi
cucine
,
a
preparare
il
vitto
per
la
famiglia
sterminata
"
che
mangiava
il
pane
e
il
sale
del
Gran
Signore
"
.
Dalla
parte
opposta
s
'
affollavano
le
guardie
ed
i
servi
,
finti
malati
,
per
farsi
ammettere
alla
vita
molle
dell
'
ospedale
sontuoso
,
in
cui
erano
impiegati
venti
medici
e
un
esercito
di
schiavi
.
Lunghe
carovane
di
muli
e
di
cammelli
entravano
a
portar
provvigioni
alle
cucine
,
o
a
portar
armi
d
'
eserciti
vinti
nella
chiesa
di
Sant
'
Irene
,
dove
accanto
alla
sciabola
di
Maometto
II
scintillava
la
scimitarra
di
Scanderberg
e
il
bracciale
di
Tamerlano
.
I
percettori
delle
imposte
passavano
,
seguiti
da
schiavi
carichi
d
'
oro
,
diretti
alla
tesoreria
,
dove
c
'
erano
tante
ricchezze
,
come
diceva
Sokolli
,
gran
vizir
di
Solimano
il
Grande
,
da
costrurre
delle
flotte
colle
ancore
d
'
argento
e
coi
cordami
di
seta
.
Passavano
a
frotte
,
condotti
dai
bei
palafrenieri
della
Bulgaria
,
i
novecento
cavalli
di
Murad
IV
,
che
si
pascevano
a
mangiatoie
d
'
argento
massiccio
.
V
'
era
dalla
mattina
alla
sera
un
formicolìo
luccicante
d
'
uniformi
,
in
mezzo
al
quale
spiccavano
gli
alti
turbanti
bianchi
dei
giannizzeri
,
i
grandi
pennacchi
d
'
airone
dei
solak
,
i
caschi
argentati
dei
peik
,
guardie
del
Sultano
,
vestite
d
'
una
tunica
d
'
oro
stretta
alla
vita
da
una
cintura
ingemmata
;
i
zuluftú
-
baltagì
,
impiegati
al
servizio
degli
ufficiali
di
camera
,
colle
loro
treccie
di
lana
pendenti
dal
berretto
;
i
kassekì
,
col
loro
bastone
emblematico
in
mano
;
i
balta
-
gì
coll
'
accetta
;
i
valletti
del
gran
vizir
colla
frusta
ornata
di
catenelle
d
'
argento
;
i
bostangì
,
guardie
dei
giardini
,
coi
grandi
berretti
purpurei
;
e
una
folla
svariata
di
cento
colori
e
di
cento
emblemi
,
d
'
arcieri
,
di
lancieri
,
di
guardie
del
tesoro
,
di
guardie
coraggiose
,
di
guardie
temerarie
,
d
'
eunuchi
neri
e
d
'
eunuchi
bianchi
,
di
scudieri
e
di
sciaù
,
uomini
alti
e
poderosi
,
d
'
aspetto
altero
,
improntato
della
dignità
signorile
della
Corte
,
che
riempivano
il
cortile
di
profumi
.
Un
orario
minuzioso
e
severo
regolava
le
faccende
di
tutti
in
quell
'
apparente
disordine
.
Tutti
si
movevano
in
quel
cortile
come
gli
automi
giranti
sopra
la
tavola
che
rinchiude
il
meccanismo
.
Allo
spuntare
del
giorno
comparivano
i
trentadue
muezzin
della
Corte
,
scelti
fra
i
cantori
più
dolci
di
Stambul
,
ad
annunziare
l
'
alba
dai
minareti
delle
moschee
del
Serraglio
,
e
s
'
incontravano
cogli
astrologhi
e
cogli
astronomi
che
scendevano
dalle
terrazze
,
dove
avevano
passato
la
notte
studiando
il
firmamento
dalle
terrazze
per
determinare
le
ore
propizie
alle
occupazioni
del
Sultano
.
Poi
il
primo
medico
del
Serraglio
entrava
a
chieder
notizie
della
salute
del
Padiscià
;
l
'
ulema
istitutore
andava
a
dare
all
'
augusto
discepolo
il
solito
insegnamento
religioso
;
il
segretario
privato
a
leggergli
le
suppliche
ricevute
la
sera
;
i
professori
di
arti
e
di
scienze
passavano
per
recarsi
nel
terzo
cortile
a
far
le
lezioni
ai
paggi
imperiali
.
Ognuno
alla
sua
ora
,
tutti
i
personaggi
impiegati
al
servizio
dell
'
augusta
persona
passavano
di
là
per
andare
a
chieder
gli
ordini
per
la
giornata
.
Il
bostangi
-
bascì
,
generale
delle
guardie
imperiali
,
governatore
del
Serraglio
e
delle
ville
del
Sultano
sparse
sulle
rive
del
Bosforo
e
della
Propontide
,
veniva
a
informarsi
se
al
Gran
Signore
piacesse
di
fare
una
gita
sul
mare
,
perché
spettava
a
lui
il
governo
del
timone
e
ai
suoi
bostangì
l
'
onore
dei
remi
.
Venivano
a
interrogare
i
capricci
del
Padiscià
il
gran
maestro
delle
caccie
,
accompagnato
dal
gran
falconiere
,
insieme
al
capo
dei
cacciatori
dei
falconi
bianchi
,
al
capo
dei
cacciatori
degli
avoltoi
e
a
quello
dei
cacciatori
degli
sparvieri
.
Veniva
l
'
intendente
generale
della
città
,
uno
stuolo
d
'
intendenti
,
delle
cucine
,
delle
monete
,
dei
foraggi
,
del
tesoro
,
l
'
uno
dopo
l
'
altro
,
in
un
ordine
prestabilito
,
ciascuno
coi
suoi
memoriali
,
colle
sue
parole
preparate
,
coi
suoi
servi
distinti
da
un
vestimento
speciale
.
Più
tardi
,
seguiti
da
un
corteo
di
segretari
e
di
famigliari
,
passavano
i
vizir
della
Cupola
per
recarsi
al
divano
.
Passavano
personaggi
a
cavallo
,
in
carrozza
,
in
bussola
,
e
scendevano
tutti
alla
seconda
porta
,
la
quale
non
si
poteva
oltrepassare
che
a
piedi
.
Tutta
questa
gente
era
riconoscibile
,
carica
per
carica
,
dalla
forma
dei
turbanti
,
dal
taglio
delle
maniche
,
dalla
qualità
delle
pelliccie
,
dai
colori
delle
fodere
,
dagli
ornamenti
delle
selle
,
dall
'
avere
la
barba
intera
o
i
baffi
soli
.
Nessuna
confusione
seguiva
in
quell
'
affollamento
continuo
.
Il
muftì
era
bianco
;
i
vizir
si
riconoscevano
al
verde
chiaro
,
i
ciambellani
allo
scarlatto
;
l
'
azzurro
carico
distingueva
i
sei
primi
ufficiali
legislativi
,
il
capo
degli
emiri
e
i
giudici
della
Mecca
,
di
Medina
e
di
Costantinopoli
;
i
grandi
ulema
avevano
il
color
violaceo
;
i
muderrì
e
gli
sceicchi
indossavano
l
'
azzurro
chiaro
;
il
cilestrino
chiarissimo
segnalava
gli
sciaù
feudatarii
e
gli
agà
dei
vizir
;
il
verde
cupo
era
privilegio
degli
agà
della
staffa
imperiale
e
del
portatore
dello
stendardo
sacro
;
gl
'
impiegati
delle
scuderie
del
sultano
vestivano
il
verde
pallido
;
i
generali
dell
'
esercito
portavano
gli
stivali
rossi
,
gli
ufficiali
della
Porta
,
gialli
,
gli
ulema
,
turchini
;
e
alla
scala
dei
colori
corrispondeva
una
gradazione
nella
profondità
degl
'
inchini
.
Il
bostangì
-
bascì
,
capo
della
polizia
del
Serraglio
,
comandante
un
esercito
di
carcerieri
e
di
carnefici
,
che
spandeva
il
terrore
col
suono
del
suo
nome
e
dei
suoi
passi
,
attraversava
il
cortile
in
mezzo
a
due
schiere
di
teste
chinate
a
terra
.
Passava
il
capo
degli
Eunuchi
,
gran
maresciallo
della
Corte
interna
ed
esterna
,
e
si
curvavano
i
caschi
,
i
turbanti
,
i
pennacchi
,
come
spinti
giù
da
cento
mani
invisibili
.
Il
grande
elemosiniere
passava
fra
mille
saluti
ossequiosi
.
Tutti
coloro
che
avvicinavano
il
Sultano
,
il
capo
degli
staffieri
che
gli
reggeva
la
staffa
,
il
primo
cameriere
che
portava
i
suoi
sandali
,
il
Silihdar
agà
che
forbiva
le
sue
armi
,
l
'
eunuco
bianco
che
lambiva
il
pavimento
colla
lingua
prima
di
stendere
il
tappeto
,
il
paggio
che
versava
al
Sultano
l
'
acqua
per
le
abluzioni
,
quello
che
gli
porgeva
l
'
archibugio
nelle
caccie
,
quello
che
custodiva
i
suoi
turbanti
,
quello
che
spolverava
i
suoi
pennacchi
ingemmati
,
quello
che
aveva
cura
delle
sue
vesti
di
volpe
nera
,
passavano
in
mezzo
a
dimostrazioni
speciali
di
curiosità
e
di
rispetto
.
Un
bisbiglio
sommesso
precedeva
e
seguiva
il
passaggio
del
predicatore
della
Corte
e
del
gran
mastro
della
guardaroba
,
che
gettava
i
denari
al
popolo
nelle
feste
imperiali
.
Passava
saettato
da
molti
sguardi
invidiosi
il
musulmano
fortunato
che
ogni
dieci
giorni
radeva
il
capo
al
Sultano
dei
Sultani
.
La
folla
s
'
apriva
con
una
premura
particolare
davanti
al
primo
chirurgo
incaricato
della
circoncisione
dei
principi
,
davanti
al
primo
oculista
che
preparava
il
collirio
per
le
palpebre
delle
cadine
e
delle
odalische
,
davanti
al
gran
maestro
dei
fiori
,
affaccendato
dai
capricci
di
cento
belle
,
che
portava
sotto
il
caffettano
il
suo
poetico
diploma
ornato
di
rose
dorate
.
Il
primo
cuoco
riceveva
i
suoi
saluti
adulatorii
.
Sorrisi
cerimoniosi
salutavano
il
guardiano
dei
pappagalli
e
degli
usignuoli
che
potevano
varcare
le
soglie
dei
chioschi
più
segreti
.
Erano
migliaia
di
persone
,
divise
in
una
gerarchia
minutissimamente
graduata
,
governate
da
un
cerimoniale
di
cinquanta
volumi
,
vestite
in
mille
foggie
pittoresche
,
che
sfilavano
o
circolavano
per
il
vasto
cortile
,
e
ad
ogni
minuto
era
una
folla
nuova
.
Tratto
tratto
passava
rapidamente
un
messaggiero
e
tutte
le
teste
si
voltavano
.
Era
il
vizir
karakulak
,
messaggiere
tra
il
Sultano
e
il
primo
ministro
,
che
andava
a
fare
un
'
imbasciata
segreta
al
Gran
Vizir
;
era
un
capigí
che
correva
al
palazzo
d
'
un
pascià
caduto
in
sospetto
,
a
portargli
l
'
ordine
di
presentarsi
immediatamente
al
divano
;
era
il
portatore
di
buone
notizie
che
veniva
ad
annunziare
al
Padiscià
il
fortunato
arrivo
della
grande
carovana
alla
Mecca
.
Altri
messaggieri
speciali
tra
il
Sultano
e
i
grandi
ufficiali
dello
Stato
,
ciascuno
distinto
con
un
titolo
e
riconoscibile
a
qualche
particolarità
del
vestimento
,
s
'
aprivano
il
passo
,
correndo
,
e
sparivano
per
le
due
porte
del
cortile
.
Passavano
sciami
di
caffettieri
per
recarsi
alle
cucine
della
corte
,
frotte
di
cacciatori
imperiali
curvi
dal
peso
dei
carnieri
dorati
;
file
di
facchini
carichi
di
stoffe
,
preceduti
dal
Gran
Mercante
,
provveditore
del
Sultano
;
drappelli
di
galeotti
condotti
dagli
schiavi
ai
lavori
più
faticosi
del
Serraglio
.
Poi
cento
sguatteri
,
due
volte
al
giorno
,
uscivano
dalle
cucine
e
portavano
all
'
ombra
dei
platani
,
sotto
le
arcate
,
lungo
i
muri
,
piramidi
enormi
di
riso
e
montoni
interi
arrostiti
;
una
turba
di
guardie
e
di
servitori
accorreva
,
e
il
grande
cortile
offriva
lo
spettacolo
festoso
del
convito
d
'
un
esercito
.
Poco
dopo
la
scena
mutava
,
e
si
vedeva
venir
innanzi
un
'
ambasciata
straniera
in
mezzo
a
due
muri
d
'
oro
e
di
seta
.
Là
,
come
scriveva
Solimano
il
grande
allo
Scià
di
Persia
,
"
affluiva
tutto
l
'universo."
Gli
ambasciatori
di
Carlo
V
vi
si
trovavano
al
fianco
degli
ambasciatori
di
Francesco
I
;
gl
'
inviati
dell
'
Ungheria
,
della
Serbia
e
della
Polonia
vi
entravano
accanto
ai
rappresentanti
della
repubblica
di
Genova
e
di
Venezia
.
Il
peskesdgi
-
bascì
,
incaricato
di
ricevere
i
doni
,
andava
incontro
alle
carovane
straniere
sul
limitare
di
Bab
-
Umaiùn
,
e
venivano
innanzi
,
tra
mille
spettatori
,
elefanti
che
portavano
troni
d
'
oro
,
gazzelle
gigantesche
,
gabbie
di
leoni
,
cavalli
della
Tartaria
,
e
cavalli
dei
deserti
,
vestiti
di
pelli
di
tigri
e
carichi
di
scudi
d
'
orecchie
d
'
elefante
;
gl
'
inviati
della
Persia
coi
vasi
della
china
;
i
messi
dei
Sultani
delle
Indie
con
scatole
d
'
oro
colme
di
gemme
;
gli
ambasciatori
dei
re
affricani
con
tappeti
di
pelo
di
cammelli
strappati
dal
ventre
delle
madri
e
pezzi
di
stoffa
argentata
che
facevan
piegar
le
schiene
di
dieci
schiavi
;
gli
ambasciatori
degli
Stati
nordici
seguiti
da
drappelli
di
servi
carichi
di
pelliccie
e
d
'
armi
preziose
.
Entravano
,
dopo
le
guerre
fortunate
,
per
esser
mostrati
al
Padiscià
,
generali
carichi
di
catene
e
principesse
prigioniere
,
velate
,
coi
loro
cortei
disarmati
e
tristi
,
e
stuoli
d
'
eunuchi
d
'
ogni
età
e
d
'
ogni
colore
,
carpiti
come
bottino
di
guerra
,
o
offerti
in
dono
dai
principi
vinti
.
E
intanto
gli
ufficiali
degli
eserciti
vincitori
s
'
affollavano
alle
porte
della
Tesoreria
a
deporre
i
broccati
e
le
sciabole
imperlate
prese
nei
saccheggi
delle
città
persiane
,
l
'
oro
e
le
gemme
tolte
ai
mammalucchi
d
'
Egitto
,
le
coppe
d
'
oro
intopaziate
del
tesoro
dei
Cavalieri
di
Rodi
,
i
torsi
delle
statue
di
Diana
e
d
'
Apollo
rapite
alla
Grecia
e
all
'
Ungheria
,
e
chiavi
di
città
e
di
castelli
;
e
altri
conducevano
al
secondo
cortile
i
giovanetti
e
le
fanciulle
rubate
all
'
isola
di
Lesbo
.
Tutte
le
enormi
provvigioni
d
'
ogni
natura
che
venivano
al
Serraglio
dai
porti
dell
'
Africa
,
della
Caramania
,
della
Morea
,
del
mar
Egeo
,
passavano
o
s
'
arrestavano
fra
quelle
mura
,
e
un
esercito
di
maggiordomi
e
di
segretarii
erano
continuamente
affaccendati
a
registrare
,
a
pagare
,
a
disporre
,
a
fissare
udienze
,
a
dare
ordinazioni
.
I
mercanti
dei
bazar
di
schiave
di
Brussa
e
di
Trebisonda
si
trovavano
dinanzi
alla
seconda
porta
,
ad
aspettare
il
turno
d
'
entrata
,
insieme
ai
poeti
venuti
da
Bagdad
per
recitar
dei
versi
al
Sultano
.
I
governatori
caduti
in
disgrazia
,
venuti
per
comprare
la
propria
salvezza
con
una
coppa
piena
di
monete
d
'
oro
,
aspettavano
accanto
ai
messi
d
'
un
Pascià
venuti
ad
offrire
in
dono
al
Gran
Signore
una
bella
vergine
tredicenne
,
trovata
dopo
tre
mesi
di
ricerche
sotto
a
una
capanna
dell
'
Anatolia
;
in
mezzo
a
spie
ritornate
da
tutti
i
confini
dell
'
Impero
,
vicino
a
famiglie
stanche
arrivate
da
provincie
lontane
per
chieder
giustizia
,
tra
donne
e
fanciulli
dell
'
infima
plebe
di
Stambul
ammessi
a
presentare
le
loro
querele
al
divano
.
E
i
giorni
di
divano
si
vedevano
passar
di
là
,
fra
gli
scherni
dei
curiosi
,
gli
ambasciatori
delle
provincie
ribelli
,
a
cavallo
a
un
asino
,
colla
barba
rasa
e
un
berretto
di
donna
sul
capo
,
e
i
messi
insolenti
dei
principi
asiatici
col
naso
spuntato
dalle
scimitarre
dei
sciaù
;
di
là
gli
ufficiali
dello
Stato
che
uscivano
,
inconsapevoli
,
per
portare
a
un
governatore
lontano
uno
scialle
prezioso
,
dono
del
Gran
vizir
,
che
nascondeva
fra
le
sue
pieghe
la
loro
sentenza
di
morte
;
di
là
i
visi
radianti
degli
ambiziosi
che
avevano
ottenuto
una
satrapìa
coll
'
intrigo
e
i
visi
pallidi
di
quei
che
avevano
sentito
nel
divano
la
minaccia
sorda
d
'
una
disgrazia
vicina
;
di
là
i
portatori
di
quegli
hattiscerif
,
inesorabili
come
il
destino
,
che
andavano
,
sulla
groppa
d
'
un
cavallo
,
lontano
trecento
miglia
,
a
portar
la
rovina
e
la
morte
nel
palazzo
di
un
vicerè
;
di
là
i
terribili
muti
della
corte
mandati
a
strozzare
i
prigionieri
illustri
nei
sotterranei
delle
Sette
Torri
.
E
con
questi
si
incontravano
gli
ulema
,
i
bey
,
i
mollà
,
gli
emiri
,
che
tornavano
o
si
recavano
alle
udienze
col
capo
basso
,
cogli
occhi
a
terra
,
con
le
mani
nascoste
nelle
grandi
maniche
;
i
vizir
,
che
tenevano
il
Corano
in
tasca
per
leggere
,
a
un
'
occorrenza
,
le
orazioni
dei
morti
;
il
gran
vizir
,
despota
spiato
dal
boia
,
che
portava
sotto
il
caffettano
il
proprio
testamento
,
per
essere
sempre
pronto
a
morire
.
E
tutti
passavano
composti
,
a
passo
lento
,
in
silenzio
,
o
parlando
a
bassa
voce
un
linguaggio
circospetto
e
corretto
,
proprio
del
Serraglio
;
e
si
vedeva
un
continuo
ricambiarsi
di
sguardi
gravi
e
scrutatori
,
e
un
posar
delle
mani
sulla
fronte
e
sul
petto
,
accompagnato
da
bisbigli
interrotti
,
da
un
fruscìo
discreto
di
cappe
e
di
babbuccie
,
da
un
tintinnare
sommesso
di
scimitarre
,
da
non
so
che
di
monacale
e
di
triste
,
che
faceva
contrasto
colla
fierezza
guerriera
dei
volti
,
colla
pompa
dei
colori
,
collo
splendore
delle
armi
.
In
tutti
gli
occhi
si
leggeva
un
pensiero
,
su
tutte
le
fronti
si
vedeva
il
terrore
d
'
un
uomo
,
che
era
sopra
tutti
,
che
era
scopo
di
tutto
,
davanti
al
quale
tutto
s
'
inchinava
,
strisciava
,
s
'
annichiliva
,
e
pareva
che
ogni
cosa
ne
presentasse
l
'
immagine
e
che
in
ogni
rumore
si
sentisse
il
suo
nome
.
Da
questo
cortile
s
'
entrava
nel
secondo
per
la
grande
porta
Bab
-
el
-
selam
,
o
porta
della
Salute
,
che
è
ancora
intatta
in
mezzo
a
due
grosse
torri
,
e
non
ci
si
passa
,
nemmeno
ora
,
senza
un
firmano
.
Anticamente
due
grandi
battenti
la
chiudevano
dalla
parte
del
primo
cortile
e
altri
due
dalla
parte
del
secondo
,
in
modo
che
ci
rimaneva
dentro
,
quando
tutto
era
chiuso
,
uno
stanzone
oscuro
,
dove
un
uomo
poteva
essere
spacciato
segretamente
.
Là
sotto
c
'
erano
le
celle
dei
carnefici
,
le
quali
,
per
un
andito
cieco
,
comunicavano
colla
sala
del
divano
.
Là
andavano
ad
aspettare
la
loro
sentenza
gli
alti
personaggi
caduti
in
disgrazia
,
e
vi
ricevevano
sovente
,
nello
stesso
punto
,
la
sentenza
e
la
morte
.
Altre
volte
il
governatore
o
il
vizir
disgraziato
,
era
chiamato
al
Serraglio
con
un
pretesto
;
veniva
;
passava
,
senza
sospetti
,
sotto
la
volta
sinistra
,
entrava
nel
divano
,
era
ricevuto
con
un
sorriso
benevolo
o
con
una
severità
mite
che
non
minacciava
che
un
castigo
lontano
,
e
congedato
,
tornava
a
passare
tranquillamente
sotto
la
porta
.
Ma
all
'
improvviso
,
senza
veder
nessuno
,
si
sentiva
una
lama
nelle
reni
o
un
capestro
alla
gola
,
e
stramazzava
senz
'
aver
tempo
a
resistere
.
Al
grido
del
moribondo
,
cento
visi
si
voltavano
per
un
momento
dai
due
cortili
;
poi
tutti
ripigliavano
,
in
silenzio
,
le
loro
faccende
.
La
testa
era
portata
in
una
nicchia
di
Bab
-
Umaiùn
,
il
cadavere
ai
corvi
della
spiaggia
di
Santo
Stefano
,
la
notizia
al
Sultano
,
e
tutto
era
finito
.
C
'
è
ancora
a
destra
,
sotto
la
volta
,
la
porticina
ferrata
della
prigione
in
cui
si
gettavano
le
vittime
,
quando
veniva
disdetto
a
tempo
l
'
ordine
di
morte
o
per
prolungare
la
loro
agonia
o
per
cacciarle
invece
in
esilio
.
Uscendo
di
sotto
a
Bab
-
el
-
selam
si
entra
immediatamente
nel
secondo
cortile
.
Qui
si
cominciava
a
sentir
più
viva
l
'
aura
sacra
del
Signore
"
dei
due
mari
e
dei
due
mondi
,
"
e
chi
vi
penetrava
per
la
prima
volta
,
si
fermava
involontariamente
,
appena
entrato
,
preso
da
un
sentimento
di
timore
e
di
venerazione
.
Era
un
vastissimo
cortile
irregolare
,
una
smisurata
sala
a
cielo
aperto
,
circondata
da
edifizii
graziosi
e
da
cupole
argentate
e
dorate
,
sparsa
di
gruppi
d
'
alberi
bellissimi
,
e
attraversata
da
due
viali
fiancheggiati
di
cipressi
giganteschi
.
Tutt
'
intorno
girava
un
bel
loggiato
,
sorretto
da
delicate
colonne
di
marmo
bianco
,
e
coperto
da
un
tetto
sporgente
rivestito
di
piombo
.
A
sinistra
,
entrando
,
v
'
era
la
sala
del
divano
,
sormontata
da
una
cupola
scintillante
;
più
in
là
,
la
sala
dei
grandi
ricevimenti
,
dinanzi
alla
quale
sei
enormi
colonne
di
marmo
di
Marmara
sostenevano
un
largo
tetto
a
falde
,
ondulate
:
basi
,
capitelli
,
muri
,
tetto
,
porte
,
archi
,
tutto
cesellato
,
intarsiato
,
dipinto
,
dorato
,
leggerissimo
e
gentile
come
un
padiglione
di
merletti
tempestati
di
gemme
,
e
ombreggiato
da
un
gruppo
di
platani
superbi
.
Dagli
altri
lati
,
v
'
erano
gli
archivi
,
le
sale
dove
si
custodivano
i
vestimenti
d
'
onore
,
i
magazzeni
delle
tende
,
la
casa
del
grande
Eunuco
nero
,
le
cucine
della
Corte
.
Qui
stava
quel
grande
Intendente
,
più
affaccendato
d
'
un
Ministro
della
Cupola
,
che
aveva
ai
suoi
ordini
cinquanta
sottintendenti
,
ai
quali
obbediva
un
esercito
di
cuochi
e
di
confettieri
,
aiutati
,
nelle
grandi
occasioni
,
da
artisti
fatti
venire
d
'
ogni
parte
dell
'
impero
.
Là
si
faceva
il
desinare
per
i
visir
i
giorni
di
divano
;
là
si
preparavano
,
in
occasione
delle
circoncisioni
e
delle
nozze
principesche
,
i
famosi
giardini
di
pasta
dolce
,
le
cicogne
,
i
falchi
,
le
giraffe
,
i
cammelli
di
zucchero
,
i
montoni
arrostiti
da
cui
uscivano
stormi
d
'
uccelli
;
che
si
portavano
poi
,
in
gran
pompa
,
nella
piazza
dell
'
Ippodromo
;
là
gl
'
infiniti
dolciumi
di
mille
forme
e
di
mille
colori
che
andavano
a
sciogliersi
nelle
innumerevoli
boccuccie
golose
dell
'
arem
.
Vicino
alle
cucine
formicolavano
,
nelle
grandi
feste
,
gli
ottocento
operai
incaricati
di
drizzare
le
tende
del
Sultano
e
dell
'
arem
nei
giardini
del
Serraglio
o
sulle
colline
del
Bosforo
;
e
quando
non
bastavan
più
le
tende
dei
vastissimi
magazzini
,
si
formavano
i
padiglioni
colle
vele
della
flotta
,
e
con
cipressi
interi
sradicati
dai
boschetti
delle
ville
imperiali
.
La
casa
del
grande
Eunuco
,
là
vicina
,
era
una
piccola
reggia
,
fra
la
quale
e
il
terzo
cortile
andava
e
veniva
una
processione
continua
d
'
eunuchi
neri
,
di
schiave
e
di
servi
.
In
questo
cortile
passavano
le
Ambasciate
per
andare
dal
Sultano
.
Allora
tutto
il
loggiato
era
parato
di
panno
vermiglio
,
i
muri
luccicavano
,
il
suolo
era
pulito
come
il
pavimento
d
'
una
sala
;
duecento
tra
giannizzeri
,
spahì
e
silihdar
,
che
formavano
la
guardia
del
divano
,
vestiti
e
armati
come
principi
,
stavano
schierati
all
'
ombra
dei
cipressi
e
dei
platani
,
e
drappelli
d
'
eunuchi
bianchi
e
d
'
eunuchi
neri
,
lindi
e
profumati
,
facevano
ala
alle
porte
.
Tutto
,
in
questo
secondo
cortile
,
annunziava
la
vicinanza
del
Gran
Signore
;
le
voci
suonavano
più
basse
,
i
movimenti
eran
più
raccolti
,
non
vi
si
sentiva
nè
scalpitìo
di
cavalli
nè
rumor
di
lavoro
;
i
servi
e
i
soldati
passavano
tacitamente
;
e
una
certa
quiete
di
santuario
regnava
in
tutto
il
recinto
,
non
turbata
che
dallo
strepito
improvviso
degli
uccelli
che
fuggivano
dagli
alberi
o
dall
'
urto
sonoro
delle
grandi
porte
di
ferro
chiuse
dai
capigì
.
Di
tutti
gli
edifizii
del
cortile
non
vidi
che
la
sala
del
divano
,
la
quale
è
quasi
intatta
,
com
'
era
quando
vi
si
teneva
il
consiglio
supremo
dello
Stato
.
È
una
grande
sala
a
vôlta
,
rischiarata
dall
'
alto
,
da
finestrine
moresche
,
e
rivestita
di
marmi
ornati
di
rabeschi
d
'
oro
,
senz
'
altra
suppellettile
che
il
divano
su
cui
sedevano
i
membri
del
Consiglio
.
Sopra
il
posto
del
gran
vizir
c
'
è
ancora
la
finestrina
chiusa
da
una
graticola
di
legno
dorato
,
dietro
alla
quale
prima
Solimano
il
grande
e
poi
tutti
gli
altri
Padiscià
assistevano
,
non
visti
,
o
si
credeva
che
assistessero
alle
sedute
:
un
corridoio
segreto
conduceva
da
quello
stanzino
nascosto
agli
appartamenti
imperiali
del
terzo
cortile
.
In
questa
sala
sedeva
cinque
volte
la
settimana
il
gran
consesso
dei
ministri
,
presieduti
dal
gran
vizir
.
L
'
apparato
era
solenne
.
Il
gran
vizir
sedeva
in
faccia
alla
porta
d
'
entrata
;
vicino
a
lui
i
vizir
della
Cupola
,
il
capudan
-
pascià
,
grande
ammiraglio
;
i
due
grandi
giudici
d
'
Anatolia
e
di
Rumelia
,
rappresentanti
della
magistratura
delle
provincie
d
'
Asia
e
d
'
Europa
;
da
una
parte
i
tesorieri
dell
'
impero
;
dall
'
altra
il
nisciandgì
,
che
metteva
il
suggello
del
Sultano
ai
decreti
;
più
in
là
,
a
destra
e
a
sinistra
,
due
schiere
di
ulema
e
di
ciambellani
;
agli
angoli
,
sciaù
,
portatori
d
'
ordini
,
esecutori
di
supplizii
,
esercitati
a
comprendere
ogni
cenno
e
ogni
sguardo
.
Era
uno
spettacolo
davanti
a
cui
i
più
arditi
tremavano
e
i
più
innocenti
interrogavano
paurosamente
la
propria
coscienza
.
Tutta
quella
gente
stava
là
col
volto
impassibile
,
colle
braccie
incrociate
,
colle
mani
nascoste
.
Una
luce
vaga
,
scendendo
dalla
vôlta
,
tingeva
d
'
un
color
d
'
oro
pallido
i
turbanti
bianchi
,
le
faccie
gravi
,
le
lunghe
barbe
immobili
,
le
ricche
pellicce
,
i
manichi
gemmati
dei
pugnali
.
A
prima
vista
il
Consiglio
presentava
l
'
apparenza
morta
d
'
un
grande
gruppo
di
statue
vestite
e
dipinte
.
Le
stuoie
non
lasciavan
sentire
il
passo
di
chi
entrava
e
di
chi
usciva
,
l
'
aria
odorava
dei
profumi
delle
pelliccie
,
le
pareti
marmoree
riflettevano
il
verde
degli
alberi
del
cortile
;
il
canto
degli
uccelli
,
nei
momenti
di
silenzio
,
risonava
sotto
la
vôlta
luccicante
d
'
oro
;
tutto
era
dolce
e
grazioso
in
quel
tribunale
tremendo
.
Le
voci
sonavano
una
alla
volta
,
tranquille
e
monotone
come
il
mormorio
d
'
un
ruscello
,
senza
che
chi
accusava
o
si
scolpava
,
ritto
in
mezzo
alla
sala
,
s
'
accorgesse
da
che
bocca
uscivano
.
Cento
grandi
occhi
fissi
scrutavano
il
volto
d
'
un
solo
.
Gli
sguardi
erano
studiati
,
le
parole
pesate
,
i
pensieri
indovinati
dai
più
sfuggevoli
movimenti
del
viso
.
Le
sentenze
di
morte
escivano
a
parole
pacate
,
dopo
lunghi
dialoghi
sommessi
,
accolte
con
un
silenzio
sepolcrale
;
oppure
scoppiavano
improvvisamente
,
come
folgori
,
e
avevan
per
eco
quelle
tremende
parole
che
escono
dall
'
anima
disperata
nei
momenti
supremi
;
e
allora
,
a
un
cenno
,
le
scimitarre
spezzavano
le
vertebre
,
il
sangue
spicciava
sui
tappeti
e
sui
marmi
;
agà
di
spahì
e
di
giannizzeri
,
cadevano
crivellati
di
pugnalate
;
governatori
e
kaimacan
stramazzavano
col
laccio
al
collo
e
cogli
occhi
fuori
della
fronte
.
Un
minuto
dopo
,
i
cadaveri
erano
distesi
all
'
ombra
dei
platani
,
coperti
da
un
panno
verde
;
il
sangue
era
lavato
,
l
'
aria
profumata
,
i
carnefici
al
posto
,
e
il
consesso
ripigliava
la
sua
seduta
coi
volti
impassibili
,
colle
mani
nascoste
,
colle
voci
pacate
e
monotone
,
sotto
la
luce
vaga
delle
finestrine
moresche
che
tingeva
d
'
un
colore
d
'
oro
pallido
i
grandi
turbanti
e
le
grandi
barbe
.
Ma
si
scotevano
alla
loro
volta
,
quei
fieri
giudici
,
quando
Murad
IV
o
il
secondo
Selim
,
scontenti
del
divano
,
facevano
scricchiolare
con
un
pugno
furioso
la
graticola
dorata
della
segreta
imperiale
!
Dopo
un
lungo
silenzio
e
un
consultarsi
a
vicenda
cogli
sguardi
smarriti
,
ripigliavano
anche
allora
la
seduta
,
col
volto
impassibile
e
colle
voci
solenni
;
ma
le
mani
agghiacciate
tremavano
per
lungo
tempo
nelle
grandi
maniche
,
e
le
anime
si
raccomandavano
a
Dio
.
In
fondo
a
questo
secondo
cortile
,
che
era
in
certo
modo
il
cortile
diplomatico
del
Serraglio
,
s
'
apriva
la
terza
grande
porta
,
fiancheggiata
da
colonne
di
marmo
e
coperta
da
un
gran
tetto
sporgente
,
dinanzi
alla
quale
stava
di
guardia
notte
e
giorno
un
drappello
d
'
eunuchi
bianchi
e
uno
stuolo
di
capigì
,
armati
di
sciabole
e
di
pugnali
.
Era
questa
la
famosa
Bab
-
Seadet
o
porta
della
Felicità
,
che
conduceva
al
terzo
cortile
;
la
porta
sacra
che
rimase
chiusa
per
quasi
quattro
secoli
ad
ogni
cristiano
,
che
non
si
presentasse
in
nome
d
'
un
re
o
d
'
un
popolo
;
la
porta
misteriosa
alla
quale
picchiò
invano
la
curiosità
supplichevole
di
mille
viaggiatori
potenti
ed
illustri
;
la
porta
da
cui
uscirono
e
si
sparsero
per
il
mondo
tante
fole
gentili
e
tante
leggende
di
dolori
,
tanti
fantasmi
di
bellezza
e
di
piacere
,
tante
rivelazioni
vaghe
di
segreti
d
'
amore
e
di
sangue
e
un
'
aura
infinita
di
poesia
voluttuosa
e
terribile
;
la
porta
solenne
del
Santuario
del
re
dei
re
,
che
il
popolo
nominava
con
un
senso
segreto
di
sgomento
,
come
la
porta
d
'
un
recinto
fatato
,
entrando
nel
quale
una
creatura
profana
dovesse
rimaner
petrificata
o
veder
cose
che
il
linguaggio
umano
non
avrebbe
potuto
descrivere
;
la
porta
dinanzi
a
cui
,
anche
ora
,
il
viaggiatore
più
freddo
d
'
immaginazione
e
di
sentimento
si
arresta
con
una
certa
titubanza
e
guarda
con
stupore
l
'
ombra
del
suo
cappello
cilindrico
che
si
allunga
sui
battenti
socchiusi
.
Eppure
anche
là
,
davanti
a
quella
porta
solenne
,
arrivò
il
flutto
muggente
delle
ribellioni
soldatesche
.
Si
può
anzi
dire
che
quell
'
angolo
del
grande
cortile
,
che
è
compreso
fra
la
sala
del
divano
e
la
porta
Seadet
,
è
il
punto
del
Serraglio
dove
il
furore
dei
ribelli
commise
gli
atti
più
temerarii
e
più
sanguinosi
.
Il
Gran
Signore
governava
colla
spada
e
la
spada
gli
dettava
la
legge
.
Il
despotismo
che
difendeva
gli
accessi
del
Grande
Serraglio
era
lo
stesso
che
ne
violava
i
penetrali
.
Allora
si
vedeva
su
che
fragile
piedestallo
si
reggesse
il
colosso
minaccioso
,
quando
gli
si
ritiravano
d
'
intorno
i
puntelli
delle
scimitarre
!
Orde
armate
di
giannizzeri
e
di
spahì
,
nel
cuore
della
notte
,
colle
fiaccole
nel
pugno
,
rovesciavano
a
colpi
di
scure
le
porte
del
primo
e
del
secondo
cortile
,
e
irrompevano
là
agitando
sulla
punta
delle
lame
le
suppliche
che
chiedevano
le
teste
dei
vizir
,
e
le
loro
grida
di
morte
risonavano
di
là
dai
muri
inviolabili
,
nel
recinto
sacro
dei
loro
Sovrani
,
dove
tutto
era
confusione
e
spavento
.
Invano
dall
'
alto
dei
muri
si
gettavano
sacchi
di
monete
d
'
oro
e
d
'
argento
;
invano
il
muftì
,
gli
sceicchi
,
gli
ulema
,
i
grandi
della
Corte
,
smarriti
,
ragionavano
,
pregavano
,
tentavano
dolcemente
d
'
abbassare
le
braccia
convulse
dall
'
ira
;
invano
le
Sultane
-
validè
,
smorte
,
mostravano
dalle
finestre
ingraticolate
i
piccoli
figliuoli
innocenti
.
Il
mostro
dalle
mille
teste
,
scatenato
e
cieco
,
voleva
la
sua
preda
,
le
vittime
vive
,
le
carni
da
lacerare
,
il
sangue
da
spargere
,
i
teschi
da
piantare
sulle
picche
.
I
Sultani
s
'
affacciavano
fra
i
merli
,
s
'
arrischiavano
fin
sulle
barricate
della
porta
,
in
mezzo
agli
eunuchi
e
ai
paggi
tremanti
,
armati
di
pugnali
inutili
;
disputavano
le
teste
a
una
a
una
,
promettevano
,
piangevano
,
chiedevano
grazia
in
nome
della
propria
madre
,
dei
propri
figli
,
del
Profeta
,
della
gloria
dell
'
impero
,
della
pace
del
mondo
.
Uno
scoppio
di
minaccie
e
d
'
insulti
e
un
agitare
vertiginoso
di
fiaccole
e
di
scimitarre
rispondeva
alle
loro
grida
impotenti
.
E
allora
dalla
porta
della
Felicità
uscivan
fuori
a
uno
a
uno
,
brancolando
,
e
cadevano
in
mezzo
alle
belve
assetate
di
sangue
,
i
tesorieri
,
i
vizir
,
gli
eunuchi
,
le
favorite
,
i
generali
,
e
l
'
un
dopo
l
'
altro
cadevano
lacerati
da
cento
lame
e
sformati
da
cento
piedi
.
Così
Murad
III
gettava
Mehemed
,
il
suo
falconiere
favorito
,
che
era
messo
in
brani
sotto
i
suoi
occhi
;
così
Maometto
III
gettava
il
Kislaragà
Otmano
e
il
capo
degli
eunuchi
bianchi
Ghaznéfer
,
ed
era
costretto
a
salutare
la
soldatesca
dinanzi
ai
due
cadaveri
insanguinati
;
così
Murad
IV
gettava
,
singhiozzando
,
il
gran
vizir
Hafiz
,
a
cui
diciassette
pugnali
squarciavano
il
petto
e
le
reni
;
così
Selim
III
gettava
tutte
le
teste
del
suo
divano
;
e
mentre
i
Padiscià
rientravano
nelle
loro
stanze
,
imprecando
,
straziati
dal
dolore
e
dalla
vergogna
,
le
mille
fiaccole
dei
ribelli
correvano
per
le
vie
di
Stambul
,
rischiarando
gli
avanzi
dei
cadaveri
,
trascinati
in
trionfo
in
mezzo
alla
folla
briaca
.
La
porta
della
Felicità
formava
,
come
la
Bab
-
el
-
Selam
,
un
lungo
andito
,
dal
quale
si
riusciva
direttamente
nel
recinto
arcano
che
racchiudeva
il
"
fratello
del
sole
.
"
Qui
,
per
dare
un
'
immagine
viva
del
luogo
,
bisognerebbe
che
la
mia
parola
fosse
accompagnata
da
una
musica
sommessa
,
piena
di
sorprese
e
di
capricci
.
Era
una
piccola
città
fatata
,
un
disordine
bizzarro
d
'
architetture
misteriose
e
gentili
,
nascoste
in
un
bosco
di
cipressi
e
di
platani
smisurati
,
che
stendevano
i
loro
rami
sui
tetti
,
e
coprivano
d
'
ombra
un
labirinto
intricatissimo
di
giardini
pieni
di
rose
e
di
verbene
,
di
cortiletti
circondati
di
portici
,
di
stradicciuole
fiancheggiate
da
chioschi
e
da
padiglioncini
chinesi
,
di
praticelli
,
di
laghetti
coronati
di
mirti
,
che
riflettevano
piccole
moschee
bianchissime
e
cupolette
argentate
d
'
edifizi
della
forma
di
tempietti
e
di
chiostri
,
congiunti
da
gallerie
coperte
,
sostenute
da
file
di
colonne
leggere
;
e
tetti
di
legno
intarsiato
e
dipinto
che
sporgevano
sopra
porticine
coperte
di
rabeschi
e
sopra
scalette
esterne
che
conducevano
a
terrazze
munite
di
balaustri
graziosi
;
e
per
tutto
prospetti
oscuri
,
in
cui
biancheggiavano
fontane
di
marmo
e
apparivano
tra
le
fronde
archetti
e
colonnine
d
'
altri
chioschi
;
e
da
tutti
i
punti
,
fra
il
verde
dei
pini
e
dei
sicomori
,
vedute
lontane
ed
immense
del
mar
di
Marmara
,
delle
due
rive
del
Bosforo
,
del
porto
e
di
Stambul
;
e
sopra
questo
paradiso
,
quel
cielo
.
Era
una
piccola
città
sepolta
in
un
mucchio
enorme
di
verzura
,
costrutta
a
poco
a
poco
,
senza
un
disegno
prefisso
,
secondo
i
bisogni
o
i
capricci
del
momento
,
pomposa
e
fragile
come
un
apparato
teatrale
,
tutta
nascondigli
e
bizzarrie
gelose
e
puerili
;
che
vedeva
tutto
ed
era
invisibile
,
che
formicolava
di
gente
e
pareva
solitaria
,
come
se
vi
regnasse
ancora
lo
spirito
pastorale
e
meditativo
degli
antichi
principi
ottomani
;
un
accampamento
di
pietra
,
che
ricordava
ancora
,
tra
il
fasto
,
quello
di
tela
delle
tribù
erranti
della
Tartaria
;
una
gran
reggia
sparpagliata
,
composta
di
cento
piccole
reggie
nascoste
l
'
una
all
'
altra
,
da
cui
spiravano
insieme
la
mestizia
della
prigione
,
l
'
austerità
del
tempio
e
la
gaiezza
della
campagna
;
uno
spettacolo
pieno
d
'
ostentazione
principesca
e
d
'
ingenuità
barbarica
,
dinanzi
al
quale
il
nuovo
venuto
si
domandava
in
che
secolo
vivesse
e
in
che
mondo
fosse
cascato
.
Questo
era
il
cuore
del
Serraglio
a
cui
mettevano
tutte
le
vene
della
monarchia
e
da
cui
partivano
tutte
le
arterie
dell
'
impero
.
Il
primo
edifizio
che
s
'
incontrava
entrando
,
era
quello
della
sala
del
Trono
,
che
c
'
è
ancora
,
e
che
potei
visitare
.
È
un
piccolo
edifizio
quadrato
,
intorno
al
quale
gira
un
bel
porticato
di
marmo
,
e
ci
s
'
entra
per
una
ricca
porta
,
fiancheggiata
da
due
belle
fontane
.
La
sala
è
coperta
da
una
volta
decorata
d
'
arabeschi
dorati
,
le
pareti
son
rivestite
di
marmi
e
di
lastrine
di
porcellana
combinate
a
figure
simmetriche
,
nel
mezzo
c
'
è
una
fontana
di
marmo
,
la
luce
scende
da
alte
finestre
chiuse
da
vetri
coloriti
,
e
in
fondo
c
'
è
il
trono
della
forma
d
'
un
grande
letto
,
coperto
da
un
baldacchino
frangiato
di
perle
,
che
s
'
appoggia
su
quattro
alte
e
sottili
colonne
di
rame
dorato
,
ornate
d
'
arabeschi
e
di
pietre
preziose
,
e
sormontate
da
quattro
palle
d
'
oro
,
con
quattro
mezzalune
,
da
cui
spenzolano
delle
code
di
cavallo
,
emblema
della
potenza
militare
dei
Padiscià
.
Qui
il
Gran
Signore
faceva
i
ricevimenti
solenni
,
in
presenza
di
tutta
la
Corte
;
qui
venivano
buttati
ai
suoi
piedi
i
fratelli
e
i
nipoti
uccisi
per
rassicurare
il
suo
regno
dalle
congiure
e
dai
tradimenti
.
Pensai
,
appena
entrato
,
ai
diciannove
fratelli
di
Maometto
III
.
Essi
avevano
ricevuto
la
sentenza
di
morte
,
in
fondo
alle
loro
prigioni
,
dai
colpi
di
cannone
che
annunziavano
all
'
Asia
e
all
'
Europa
la
morte
del
loro
padre
.
I
muti
del
Serraglio
ammucchiarono
i
loro
cadaveri
davanti
al
trono
.
Ce
n
'
eran
di
tutte
le
età
,
dall
'
infanzia
all
'
età
matura
,
l
'
uno
sull
'
altro
,
cogli
occhi
fuori
dell
'
orbite
,
coll
'
impronta
delle
mani
omicide
sul
viso
e
nel
collo
;
le
piccole
teste
bionde
dei
bambini
appoggiate
sul
petto
robusto
degli
adolescenti
,
le
teste
grigie
schiacciate
contro
il
pavimento
dai
piedi
dei
fratelli
decenni
;
caffettani
rozzi
di
prigionieri
e
pannolini
levati
dalle
culle
,
contaminati
insieme
dal
capestro
,
e
confusi
fra
le
membra
irrigidite
e
i
volti
deformi
.
Ne
videro
dei
zampilli
di
sangue
quei
bei
rabeschi
d
'
oro
e
quelle
porcellane
luccicanti
,
qui
dove
scoppiarono
le
collere
formidabili
di
Selim
II
,
di
Murad
IV
,
di
Ahmed
I
,
d
'
Ibraim
,
spettatori
esultanti
delle
agonie
disperate
!
Qui
ne
stramazzavano
dei
vizir
,
sotto
i
piedi
dei
sciaù
,
spezzandosi
il
cranio
contro
il
marmo
della
fontana
!
Qui
ne
rotolarono
delle
teste
di
governatori
portate
dalla
Siria
e
dall
'
Egitto
,
appese
alla
sella
d
'
un
agà
!
Chi
entrava
là
colla
coscienza
malsicura
,
si
voltava
sulla
soglia
a
dare
un
addio
al
bel
cielo
e
alle
belle
colline
dell
'
Asia
,
e
chi
n
'
usciva
salvo
risalutava
il
sole
col
sentimento
d
'
un
infermo
che
ritorna
alla
vita
.
Questo
padiglione
del
trono
non
è
il
solo
che
si
possa
visitare
.
Uscendo
di
là
,
si
passa
per
varii
giardini
e
cortiletti
circondati
da
piccoli
edifizii
ad
archi
moreschi
,
sostenuti
da
colonnine
di
marmo
.
Là
i
paggi
stavano
riuniti
in
un
collegio
,
in
cui
erano
istrutti
per
occupare
poi
le
alte
cariche
dell
'
impero
e
della
corte
,
e
avevano
abitazioni
sontuose
e
sale
di
ricreazione
e
servi
e
maestri
scelti
fra
gli
uomini
più
dotti
dello
Stato
.
In
mezzo
a
quegli
edifizii
s
'
alzava
una
fila
di
graziosi
chioschi
seracineschi
,
coi
peristilii
aperti
,
nei
quali
c
'
era
la
biblioteca
,
e
ne
rimane
uno
,
ammirabile
principalmente
per
la
sua
grande
porta
di
bronzo
,
ornata
di
rilievi
di
diaspro
e
di
lapislazzuli
,
e
coperta
d
'
una
cesellatura
prodigiosa
d
'
arabeschi
,
di
stelle
,
di
fogliami
,
di
figure
d
'
ogni
forma
,
delicatissime
e
intricatissime
,
che
non
sembrano
opera
umana
.
Poco
lontano
dalla
biblioteca
s
'
alzava
il
padiglione
del
Tesoro
imperiale
,
tutto
luccicante
di
porcellana
,
dove
eran
chiuse
ricchezze
immense
,
composte
in
gran
parte
d
'
armi
conquistate
o
donate
ai
Sultani
o
lasciate
per
testamento
dai
Sultani
stessi
,
come
ricordi
.
Il
solo
Mahmud
II
,
ch
'
era
calligrafo
valente
,
e
se
ne
teneva
,
ci
lasciò
il
suo
calamaio
d
'
oro
,
tempestato
di
diamanti
.
Ora
una
buona
parte
di
questi
tesori
passò
,
cangiata
in
oro
,
nelle
casse
dell
'
erario
.
Ma
ai
bei
tempi
della
monarchia
il
padiglione
era
tutto
sfolgorante
di
scimitarre
damascate
,
di
cui
l
'
elsa
pareva
un
nodo
solo
di
perle
e
di
gemme
;
di
pistole
enormi
,
con
fino
a
duecento
diamanti
sull
'
impugnatura
;
di
pugnali
che
valevano
la
rendita
d
'
un
anno
d
'
una
provincia
asiatica
;
di
mazze
d
'
argento
massiccio
o
d
'
acciaio
colla
testa
formata
da
un
solo
pezzo
di
cristallo
faccettato
e
dorato
,
frammiste
ai
pennacchi
ingioiellati
dei
Murad
e
dei
Maometti
,
alle
tazze
d
'
agata
in
cui
avevano
spumato
i
vini
di
Ungheria
nei
banchetti
imperiali
,
alle
coppe
incavate
in
una
sola
turchina
,
ch
'
eran
passate
per
le
reggie
dei
re
persiani
e
di
Timur
,
alle
collane
ornate
di
diamanti
grossi
come
noci
di
Caramania
,
alle
cinture
imperlate
,
alle
selle
coperte
d
'
oro
,
ai
tappeti
scintillanti
di
gemme
,
per
cui
la
sala
pareva
tutta
ardente
,
e
offuscava
insieme
la
ragione
e
la
vista
.
Poco
lontano
dal
padiglione
del
Tesoro
v
'
è
ancora
,
in
mezzo
a
un
giardino
solitario
,
quella
famosa
gabbia
degli
uccelli
,
in
cui
,
da
Maometto
IV
in
poi
,
si
chiudevano
i
principi
del
sangue
,
che
facevano
ombra
al
Padiscià
;
e
là
rimanevano
,
sepolti
vivi
,
ad
aspettare
che
le
grida
dei
giannizzeri
li
chiamassero
al
trono
o
che
venisse
il
carnefice
a
strozzarli
.
È
un
edifizio
della
forma
d
'
un
tempietto
,
di
grosse
mura
,
senza
finestre
,
rischiarato
dall
'
alto
e
chiuso
da
una
piccola
porta
di
ferro
,
contro
la
quale
si
metteva
un
grosso
macigno
.
Là
fu
chiuso
Abdul
-
Aziz
durante
i
pochi
giorni
che
trascorsero
fra
la
sua
caduta
dal
trono
e
la
sua
morte
.
Là
fece
la
sua
orribile
e
miseranda
fine
il
Caligola
degli
Ottomani
,
Ibrahim
,
e
la
sua
immagine
è
la
prima
che
si
rizza
sulla
soglia
di
quella
necropoli
di
vivi
in
faccia
al
visitatore
straniero
.
Gli
agà
militari
l
'
avevano
tirato
giù
dal
trono
e
strascinato
,
come
un
miserabile
,
alla
prigione
.
Qui
era
stato
chiuso
con
due
delle
sue
odalische
predilette
.
Dopo
le
prime
furie
della
disperazione
,
s
'
era
rassegnato
.
-
Questo
-
diceva
-
era
scritto
sulla
mia
fronte
;
era
l
'
ordine
di
Dio
.
-
Di
tutto
il
suo
impero
e
dell
'
immenso
arem
in
cui
aveva
folleggiato
per
nove
anni
,
non
gli
rimaneva
più
che
una
carcere
,
due
schiave
e
il
Corano
;
ma
si
credeva
sicuro
della
vita
,
e
viveva
tranquillamente
,
consolato
ancora
da
un
raggio
di
speranza
;
che
i
suoi
partigiani
delle
taverne
e
delle
caserme
di
Stambul
riuscissero
a
mutare
le
sue
sorti
.
Ma
egli
aveva
dimenticato
la
sentenza
del
Corano
:
se
ci
sono
due
Califfi
,
uccidetene
uno
,
e
il
muftì
,
interrogato
dagli
agà
e
dai
vizir
,
se
n
'
era
ricordato
.
Il
suo
ultimo
giorno
egli
stava
seduto
sopra
una
stuoia
in
un
angolo
della
sua
tomba
e
leggeva
il
Corano
alle
due
schiave
,
ritte
dinanzi
a
lui
,
colle
braccia
incrociate
sul
petto
.
Era
vestito
d
'
un
caffettano
nero
,
stretto
intorno
alla
vita
da
uno
scialle
in
brandelli
;
e
aveva
in
capo
un
berretto
di
lana
rossa
.
Un
raggio
di
luce
pallida
,
scendendo
dalla
vôlta
,
rischiarava
il
suo
viso
smunto
e
cereo
,
ma
tranquillo
.
A
un
tratto
udì
un
rumore
cupo
e
balzò
in
piedi
;
la
porta
era
aperta
e
un
gruppo
di
figure
sinistre
occupava
la
soglia
.
Capì
,
alzò
gli
occhi
a
una
tribuna
ingraticolata
che
sporgeva
dall
'
alto
d
'
una
parete
,
e
vide
traverso
ai
fori
i
volti
impassibili
del
muftì
,
degli
agà
e
dei
vizir
,
su
cui
era
scritta
la
sua
sentenza
.
Il
terrore
lo
invase
,
e
un
'
onda
di
parole
supplichevoli
gli
uscì
dalla
bocca
:
-
Pietà
di
me
!
Pietà
del
Padiscià
!
Fatemi
grazia
della
vita
!
Se
c
'
è
qualcuno
fra
voi
che
abbia
mangiato
del
mio
pane
,
mi
soccorra
,
in
nome
di
Dio
!
Tu
,
muftì
Abdul
-
rahim
,
bada
a
quello
che
stai
per
fare
!
Vedi
se
gli
uomini
son
ciechi
insensati
!
Ora
te
lo
dico
:
Iusuf
-
pascià
m
'
aveva
consigliato
a
farti
morire
come
traditore
,
e
io
non
volli
,
e
tu
ora
vuoi
la
mia
morte
!
Leggi
il
Corano
come
me
,
leggi
la
parola
di
Dio
,
che
condanna
l
'
ingratitudine
e
l
'
ingiustizia
.
Lasciami
la
vita
,
Abdul
-
rahim
,
la
vita
!
la
vita
!
-
Il
carnefice
,
tremante
,
alzò
gli
occhi
verso
la
tribuna
;
ma
una
voce
secca
,
uscita
di
mezzo
a
quei
visi
immobili
come
simulacri
,
rispose
:
-
Kara
-
alì
,
eseguisci
.
-
Il
carnefice
gettò
le
mani
sulle
spalle
di
Ibrahim
.
Ibrahim
gettò
un
urlo
e
si
rifugiò
in
un
angolo
,
dietro
le
due
schiave
.
Allora
Kara
-
alì
e
gli
sciaù
accorsero
,
gettarono
a
terra
le
donne
,
e
si
precipitarono
sul
Padiscià
;
s
'
intese
uno
scoppio
di
maledizioni
e
di
bestemmie
,
il
rumore
d
'
un
corpo
stramazzato
,
un
grido
altissimo
che
morì
in
un
rantolo
sordo
,
e
poi
un
silenzio
profondo
.
Un
piccolo
cordoncino
di
seta
aveva
slanciato
nell
'
eternità
il
diciannovesimo
Padiscià
della
dinastia
degli
Osmani
.
Altri
edifizi
,
oltre
ai
descritti
e
a
quelli
dell
'
arem
,
erano
sparsi
qua
e
là
in
mezzo
ai
giardini
e
ai
boschetti
.
V
'
erano
i
bagni
di
Selim
II
,
che
comprendevano
trentadue
vastissime
sale
,
tutte
marmo
,
oro
e
pittura
;
v
'
erano
dei
chioschi
ottagoni
e
rotondi
,
sormontati
da
cupole
e
da
tetti
d
'
ogni
forma
,
che
coprivano
salotti
rivestiti
di
madreperla
e
decorati
d
'
iscrizioni
arabe
,
dove
a
tutte
le
finestre
spenzolavano
gabbie
dorate
di
usignoli
e
di
pappagalli
,
e
i
vetri
colorati
spandevano
una
dolcissima
luce
azzurrina
o
rosea
;
chioschi
in
cui
i
Padiscià
andavano
a
sentir
leggere
le
Mille
e
una
notte
dai
vecchi
dervis
;
altri
in
cui
eran
date
solennemente
le
prime
lezioni
di
lettura
ai
principini
;
piccoli
chioschi
per
le
meditazioni
,
padiglioncini
per
convegni
notturni
,
nidi
e
prigioni
gentili
,
innalzati
e
rovesciati
da
un
ghiribizzo
,
che
godevano
la
vista
di
Scutari
imporporata
dal
tramonto
e
dell
'
Olimpo
inargentato
dalla
luna
,
e
la
carezza
perpetua
dei
venticelli
del
Bosforo
,
pieni
di
fragranze
,
che
facevano
tremolare
le
mezzalune
d
'
oro
sulla
punta
delle
loro
guglie
sottili
.
E
infine
,
nella
parte
più
segreta
dell
'
arem
,
il
tempietto
delle
reliquie
,
o
camera
della
nobile
veste
,
imitata
dalla
sala
aurea
degl
'
Imperatori
bizantini
,
e
chiusa
da
una
porta
argentata
;
nella
quale
si
conservava
il
mantello
del
Profeta
,
scoperto
solennemente
,
una
volta
all
'
anno
,
in
presenza
di
tutta
la
Corte
,
il
suo
bastone
,
l
'
arco
chiuso
in
una
guaina
d
'
argento
,
le
reliquie
della
Kaaba
,
e
il
venerato
e
tremendo
stendardo
delle
guerre
sante
,
ravvolto
in
quaranta
coperte
di
seta
,
dal
quale
sarebbe
rimasto
acciecato
,
come
da
un
colpo
di
fulmine
,
l
'
infedele
che
v
'
avesse
fissato
lo
sguardo
.
Tutto
quello
che
aveva
di
più
sacro
la
razza
,
di
più
prezioso
l
'
impero
,
di
più
diletto
e
di
più
arcano
la
dinastia
,
era
raccolto
là
,
in
quel
recinto
ombroso
e
discreto
,
in
quella
piccola
città
occulta
,
verso
la
quale
pareva
che
convergesse
da
tutte
le
parti
la
metropoli
immensa
,
come
una
folla
innumerevole
che
volesse
prostrarsi
e
adorare
.
In
un
angolo
di
questo
terzo
recinto
,
a
sinistra
di
chi
entrava
,
all
'
ombra
di
alberi
più
folti
,
fra
un
mormorio
più
sonante
di
fontane
e
un
bisbiglio
più
fitto
d
'
uccelli
,
s
'
innalzava
l
'
arem
,
che
era
come
un
quartiere
separato
della
cittadina
imperiale
,
e
si
componeva
di
molti
piccoli
edifizii
bianchi
coperti
da
cupolette
di
piombo
,
ombreggiati
da
aranci
e
da
pini
a
ombrello
,
separati
da
giardinetti
cinti
di
muri
rivestiti
di
caprifoglio
e
d
'
edera
,
in
mezzo
ai
quali
serpeggiavano
sentieri
sparsi
di
minutissime
conchiglie
combinate
a
musaico
,
che
si
perdevano
fra
i
roseti
,
gli
ebani
e
i
mirti
;
tutto
piccino
,
chiuso
,
diviso
,
suddiviso
;
i
balconi
coperti
,
le
finestrine
ingraticolate
,
i
loggiati
nascosti
da
tendine
color
di
rosa
,
i
vetri
coloriti
,
le
porte
ferrate
,
le
stradicciuole
senza
uscita
;
e
in
ogni
parte
una
luce
crepuscolare
dolcissima
,
una
freschezza
di
foresta
,
un
'
aria
di
mistero
e
di
pace
,
che
faceva
sognare
.
Qui
viveva
,
amava
,
languiva
,
serviva
,
rinnovandosi
continuamente
,
tutta
la
grande
famiglia
muliebre
del
Serraglio
.
Era
un
vasto
monastero
,
che
aveva
per
religione
il
piacere
e
per
Dio
il
Sultano
.
C
'
erano
gli
appartamenti
imperiali
.
Ci
stavano
le
quattro
cadine
,
amanti
titolate
del
Gran
Signore
,
ciascuna
delle
quali
aveva
il
suo
chiosco
,
la
sua
piccola
corte
,
i
suoi
grandi
ufficiali
,
le
sue
barchette
rivestite
di
raso
,
le
sue
carrozze
dorate
,
i
suoi
eunuchi
,
le
sue
schiave
e
il
suo
denaro
delle
pantofole
,
ch
'
era
la
rendita
d
'
una
provincia
.
Ci
abitava
la
Sultana
Madre
,
col
suo
corteo
innumerevole
d
'
ustà
,
divise
in
compagnie
di
venti
o
trenta
,
ciascuna
impiegata
a
un
servizio
speciale
.
C
'
era
tutta
la
famiglia
del
Padiscià
,
zie
,
sorelle
,
figliuole
,
nipoti
,
che
formavano
una
corte
nella
corte
,
coi
principi
bambini
e
adolescenti
.
C
'
erano
le
ghediclù
,
di
cui
le
dodici
più
belle
servivano
,
ciascuna
con
un
titolo
e
un
ufficio
speciale
,
la
persona
del
Sultano
;
cento
sciaghird
,
o
novizie
,
che
facevano
il
tirocinio
per
occupare
i
posti
vacanti
delle
ustà
;
un
formicaio
di
schiave
d
'
ogni
paese
,
d
'
ogni
colore
,
d
'
ogni
divisa
,
scelte
fra
mille
e
mille
,
che
empivano
quell
'
enorme
gineceo
,
scompartito
come
un
alveare
in
cellette
innumerevoli
,
d
'
un
fremito
di
gioventù
poderosa
,
d
'
un
profumo
caldo
di
voluttà
affricana
ed
asiatica
,
che
montava
al
capo
del
Nume
,
e
si
rispandeva
poi
,
trasfuso
nelle
sue
passioni
formidabili
,
su
tutta
la
faccia
dell
'
impero
.
Quante
memorie
fra
gli
alberi
di
quei
giardini
e
le
pareti
di
quei
piccoli
chiostri
bianchi
!
Quante
belle
figliuole
del
Caucaso
e
dell
'
Arcipelago
,
delle
montagne
dell
'
Albania
e
dell
'
Etiopia
,
del
deserto
e
del
mare
,
musulmane
,
nazarene
,
idolatre
,
conquistate
dai
pascià
,
comprate
dai
mercanti
,
regalate
dai
principi
,
rubate
dai
corsari
,
passarono
,
come
ombre
,
sotto
quelle
cupolette
argentine
!
Son
questi
i
muri
e
le
volte
che
videro
folleggiare
,
col
capo
incoronato
di
fiori
e
la
barba
scintillante
di
gemme
,
il
primo
Ibraim
,
il
quale
faceva
rincarare
le
schiave
in
tutti
i
mercati
dell
'
Asia
,
e
decuplare
il
prezzo
dei
profumi
dell
'
Arabia
;
che
assistettero
alle
furie
della
sensualità
morbosa
del
terzo
Murad
,
padre
di
cento
figli
;
che
videro
Murad
IV
,
decrepito
a
trentun
'
anno
,
irrompere
barcollando
agli
amplessi
infami
;
che
furono
testimoni
delle
orgie
e
dei
delirii
del
secondo
Selim
.
Per
questi
sentieri
passavano
,
la
notte
,
ebbri
di
vino
e
di
lussuria
,
quei
dissoluti
feroci
,
a
cui
la
madre
,
i
vizir
,
i
pascià
,
offerendo
schiave
su
schiave
,
non
facevano
che
infocare
i
desiderii
;
e
correvano
di
chiosco
in
chiosco
,
cercando
la
voluttà
e
non
trovando
che
lo
spasimo
,
fin
che
la
fantasia
stravolta
li
trascinava
,
rabbiosi
,
fuor
della
reggia
,
a
cercare
i
resti
delle
bellezze
famose
fra
le
mura
malinconiche
dell
'
Eschi
-
Seraï
.
Qui
si
celebravano
quelle
strane
feste
notturne
,
in
cui
sulle
cupole
,
sui
tetti
e
sugli
alberi
erano
disegnate
a
tratti
di
fuoco
le
navi
della
flotta
,
e
migliaia
di
vasi
di
fiori
,
illuminati
da
migliaia
di
fiammelle
,
riflesse
da
innumerevoli
specchi
,
presentavano
l
'
immagine
d
'
un
vasto
giardino
ardente
,
dove
centinaia
di
belle
s
'
affollavano
intorno
a
bazar
pieni
di
tesori
,
e
gli
eunuchi
sollevavano
fra
le
braccia
,
spasimando
,
le
schiave
seminude
,
abbandonate
al
vortice
dei
balli
sfrenati
,
in
mezzo
al
fumo
di
mille
profumiere
,
che
il
vento
del
Mar
Nero
spandeva
per
tutto
il
serraglio
insieme
al
frastuono
d
'
una
musica
barbaresca
e
guerriera
.
Risuscitiamo
quella
vita
,
in
una
bella
giornata
d
'
aprile
,
sotto
il
regno
del
grande
Solimano
o
del
terzo
Ahmed
.
Il
cielo
è
sereno
,
l
'
aria
piena
di
fragranze
primaverili
,
i
giardini
tutti
in
fiore
.
Per
il
labirinto
dei
sentieri
ancora
umidi
della
rugiada
,
girano
,
oziando
,
eunuchi
neri
vestiti
di
tuniche
dorate
,
e
passano
schiave
,
vestite
di
stoffe
rigate
di
colori
vivissimi
,
che
portano
e
riportano
vassoi
e
panierini
coperti
di
veli
verdi
fra
i
chioschi
e
le
cucine
.
Le
ustà
della
Validé
s
'
incontrano
sotto
i
piccoli
portici
moreschi
colle
gheduclù
del
Sultano
,
che
passano
alteramente
,
seguite
da
schiave
novizie
,
cariche
della
biancheria
imperiale
.
Tutti
gli
sguardi
si
voltano
da
una
parte
:
è
uscita
per
una
porticina
e
sparita
su
per
una
scaletta
la
più
giovane
delle
dodici
gheduclù
privilegiate
,
la
coppiera
,
una
fanciulla
siriana
benedetta
da
Allà
,
che
piacque
al
Gran
Signore
,
il
quale
le
ha
già
accordato
il
titolo
di
figlia
della
felicità
,
e
le
darà
la
pelliccia
di
zibellino
,
appena
essa
dia
segno
d
'
esser
madre
.
Lontano
,
all
'
ombra
dei
platani
,
giocano
i
buffoni
del
Sultano
,
vestiti
di
panni
arlecchineschi
,
e
nani
deformi
col
capo
coperto
da
turbanti
spropositati
.
Più
in
là
,
dietro
una
siepe
,
un
eunuco
gigantesco
,
con
un
cenno
impercettibile
delle
dita
e
del
capo
,
ordina
a
cinque
muti
,
esecutori
di
supplizi
,
di
recarsi
da
Kislar
-
agà
,
che
li
cerca
per
un
affare
segreto
.
Dei
giovinetti
,
d
'
una
bellezza
ambigua
,
abbigliati
con
una
ricercatezza
femminea
,
s
'
inseguono
,
correndo
,
fra
le
siepi
d
'
un
giardino
ombreggiato
da
un
enorme
platano
.
In
un
'
altra
parte
,
un
drappello
di
schiave
s
'
arresta
improvvisamente
e
si
divide
in
due
ali
,
inchinandosi
per
lasciar
passare
la
Kiaya
,
grande
governatrice
dell
'
arem
,
la
quale
restituisce
il
saluto
con
un
cenno
del
suo
bastoncino
ornato
di
lamine
d
'
argento
,
che
porta
a
un
'
estremità
il
suggello
imperiale
.
Nello
stesso
punto
,
la
porta
d
'
un
chiosco
vicino
s
'
apre
,
e
n
'
esce
una
cadina
,
in
abito
celeste
,
ravvolta
in
un
fitto
velo
bianco
,
seguita
dalle
sue
schiave
,
la
quale
va
,
col
permesso
della
Governatrice
,
ottenuto
il
giorno
prima
,
a
giocare
al
palloncino
volante
con
un
'
altra
cadina
,
e
svoltando
in
un
vialetto
ombroso
,
incontra
e
saluta
mollemente
una
sorella
del
Sultano
,
che
si
reca
al
bagno
colle
sue
bimbe
e
colle
sue
ancelle
.
In
fondo
al
piccolo
viale
,
davanti
al
chiosco
di
un
'
altra
cadina
,
sotto
una
graziosa
tettoia
sorretta
da
quattro
colonnine
alte
e
snelle
come
fusti
di
palma
,
un
eunuco
aspetta
un
cenno
per
far
entrare
una
ebrea
,
mercantessa
di
gioielli
,
che
dopo
molto
intrigare
ha
ottenuto
il
diritto
d
'
entrata
nell
'
arem
imperiale
,
dove
,
coi
gioielli
,
porterà
imbasciate
segrete
di
pascià
ambiziosi
e
d
'
amanti
temerarii
.
All
'
estremità
opposta
dell
'
arem
,
la
hanum
incaricata
di
visitare
le
nuove
schiave
,
va
in
cerca
della
Governatrice
,
per
riferirle
che
la
giovane
abissina
presentata
il
giorno
avanti
,
le
è
parsa
degna
d
'
esser
ricevuta
fra
le
gheduclù
,
se
non
si
bada
a
una
piccola
escrescenza
che
ha
sulla
spalla
sinistra
.
Intanto
,
in
un
praticello
circondato
di
mortelle
,
sotto
un
alto
pergolato
,
si
raccolgono
le
venti
nutrici
dei
principini
nati
nell
'
anno
,
e
un
gruppo
di
schiave
suonano
il
flauto
e
la
chitarra
in
mezzo
a
un
cerchio
saltellante
di
bambine
vestite
di
velluto
cilestrino
e
di
raso
vermiglio
,
a
cui
la
Sultana
Validé
getta
dei
dolci
dall
'
alto
d
'
una
terrazza
.
Passano
le
maestre
che
vanno
a
dar
lezioni
di
danza
,
di
musica
e
di
ricamo
alle
sciaghird
;
eunuchi
che
portano
grandi
piatti
pieni
di
dolci
della
forma
di
leoncini
e
di
pappagalli
;
schiave
che
reggono
fra
le
braccia
grossi
vasi
di
fiori
e
pesanti
tappeti
:
doni
d
'
una
sultana
a
una
cadina
,
d
'
una
cadina
alla
Validè
,
della
Validè
alle
nipoti
.
La
tesoriera
dell
'
arem
,
accompagnata
da
tre
schiave
,
arriva
con
una
notizia
sul
volto
:
i
bastimenti
imperiali
mandati
incontro
alle
galere
veneziane
e
genovesi
,
le
hanno
incrociate
a
venti
miglia
dal
porto
di
Sira
,
e
hanno
accaparrato
tutte
le
sete
e
tutti
i
velluti
del
carico
per
l
'
arem
del
Padiscià
.
Arriva
di
corsa
un
eunuco
ad
annunciare
a
una
Sultana
trepidante
che
la
circoncisione
del
bimbo
è
riuscita
a
meraviglia
,
e
poco
dopo
due
altri
eunuchi
sopraggiungono
,
di
cui
l
'
uno
porta
in
un
piatto
d
'
argento
,
alla
madre
,
la
parte
tagliata
dal
chirurgo
,
l
'
altro
,
in
un
piatto
d
'
oro
,
alla
Validè
,
il
coltello
insanguinato
.
È
un
continuo
aprire
e
chiudere
di
porte
e
sollevare
e
ricascar
di
cortine
,
per
lasciar
passare
notizie
,
imbasciate
,
regaletti
,
pettegolezzi
.
Chi
potesse
dall
'
alto
penetrar
collo
sguardo
a
traverso
ai
tetti
e
alle
cupole
,
vedrebbe
in
una
sala
una
Sultana
alla
finestra
,
che
guarda
melanconicamente
,
fra
le
tendine
di
raso
,
le
montagne
azzurre
dell
'
Asia
,
pensando
forse
al
suo
sposo
,
un
bel
pascià
,
governatore
d
'
una
provincia
lontana
,
stato
strappato
alle
sue
braccia
,
secondo
il
costume
,
dopo
sei
mesi
d
'
amore
,
perché
non
avessero
figli
;
in
un
'
altra
saletta
,
rivestita
di
marmi
e
di
specchi
,
una
cadina
di
quindici
anni
,
che
aspetta
nella
giornata
una
visita
del
Padiscià
,
scherza
fanciullescamente
in
mezzo
a
un
gruppo
di
schiave
che
la
profumano
e
l
'
infiorano
,
magnificando
le
sue
bellezze
più
segrete
con
atti
servili
di
meraviglia
e
di
gioia
;
sultane
giovinette
che
si
rincorrono
pei
giardinetti
chiusi
,
intorno
ai
bacini
luccicanti
di
pesci
dorati
,
facendo
scricchiolare
le
conchiglie
dei
sentieri
sotto
le
loro
babbuccie
di
raso
bianco
;
altre
,
pallide
,
sedute
in
fondo
a
stanzine
oscure
,
in
atto
di
meditare
vendette
;
salotti
tappezzati
di
broccato
,
dove
bimbi
condannati
a
morte
nascendo
,
si
ravvoltolano
sui
cuscini
di
raso
rigati
d
'
oro
e
sotto
le
tavole
di
madreperla
;
belle
principesse
nude
nei
bagni
di
marmo
di
Paros
;
gheduclù
addormentate
sui
tappeti
;
crocchi
e
viavai
di
schiave
e
d
'
eunuchi
per
le
gallerie
coperte
,
giù
per
le
scalette
nascoste
,
nei
vestiboli
,
per
i
corridoi
semioscuri
;
e
da
per
tutto
volti
curiosi
dietro
le
grate
,
saluti
muti
ricambiati
fra
le
terrazze
e
i
giardini
,
cenni
furtivi
dietro
le
tende
,
dialoghetti
a
monosillabi
,
fra
spiraglio
e
spiraglio
,
rotti
di
tratto
in
tratto
da
risate
sonore
e
compresse
,
seguite
da
rapide
fughe
di
gonnelle
che
svaniscono
lungo
i
muri
claustrali
.
Ma
non
s
'
incrociavano
soltanto
intrighi
amorosi
e
pettegolezzi
puerili
in
quel
labirinto
di
giardini
e
di
tempietti
.
La
politica
c
'
entrava
per
le
commessure
di
tutte
le
porte
e
per
i
fori
di
tutte
le
grate
,
e
la
potenza
dei
begli
occhi
sugli
affari
dello
Stato
non
era
minore
là
che
nelle
reggie
d
'
occidente
;
chè
anzi
la
vita
reclusa
e
monotona
cresceva
intensità
alle
gelosie
e
alle
ambizioni
.
Quelle
testoline
ingemmate
agitavano
,
da
quelle
piccole
prigioni
odorose
,
la
corte
,
i
divani
,
il
serraglio
intero
.
Per
mezzo
degli
eunuchi
comunicavano
col
muftì
,
coi
vizir
e
cogli
agà
dei
giannizzeri
.
Dagli
amministratori
dei
loro
beni
,
coi
quali
potevano
conferire
,
a
traverso
a
una
tenda
o
a
una
grata
,
sui
propri
interessi
,
erano
tenute
in
corrente
di
tutti
i
più
piccoli
avvenimenti
della
reggia
e
della
metropoli
;
sapevano
i
pericoli
da
cui
erano
minacciate
,
imparavano
a
conoscere
gli
uomini
di
Stato
di
cui
avevano
a
temere
o
da
cui
potevano
sperare
,
e
ordivano
pazientemente
le
congiure
misteriose
che
precipitavano
i
nemici
e
sollevavano
i
protetti
.
Tutti
i
partiti
della
Corte
e
dell
'
Impero
avevano
là
dentro
una
radice
,
cento
radici
,
ramificate
nei
cuori
delle
validè
,
delle
sorelle
del
Sultano
,
delle
cadine
,
delle
odalische
.
Erano
quistioni
e
armeggi
infiniti
per
l
'
educazione
dei
figli
,
per
il
matrimonio
delle
figliuole
,
per
le
dotazioni
,
per
le
precedenze
nelle
feste
,
per
la
successione
dei
principini
al
trono
,
per
le
paci
e
per
le
guerre
.
I
capricci
delle
belle
mandavano
eserciti
di
trentamila
giannizzeri
e
di
quarantamila
spahì
a
coprir
di
cadaveri
le
rive
del
Danubio
,
e
flotte
di
cento
navi
a
insanguinare
il
Mar
Nero
e
l
'
Arcipelago
.
A
loro
ricorrevano
,
con
lettere
segrete
,
i
principi
d
'
Europa
per
assicurare
il
buon
esito
dei
negoziati
.
Dalle
loro
manine
bianche
uscivano
i
decreti
che
davano
i
governi
delle
provincie
e
gli
alti
gradi
dell
'
esercito
.
Sono
le
carezze
di
Rosellana
che
fecero
stringere
il
laccio
al
collo
ai
gran
vizir
Ahmed
e
Ibrahim
.
Sono
i
baci
di
Saffié
,
la
bella
veneziana
,
perla
e
conchiglia
del
califfato
,
che
mantennero
per
tanti
anni
le
relazioni
amichevoli
della
Porta
e
della
repubblica
di
Venezia
.
Sono
le
sette
cadine
di
Murad
III
che
governarono
l
'
impero
per
gli
ultimi
vent
'
anni
del
secolo
sedicesimo
.
È
la
bella
Makpeiker
,
forma
di
luna
,
la
cadina
dai
duemila
settecento
scialli
,
che
regnò
sui
due
mari
e
sui
due
mondi
da
Ahmed
I
sino
al
quarto
Maometto
.
Fu
Rebia
Gulnuz
,
l
'
odalisca
dalle
cento
carrozze
d
'
argento
,
che
resse
i
divani
imperiali
nei
primi
dieci
anni
della
seconda
metà
del
secolo
decimosettimo
.
È
Scekerbulì
,
il
pezzettino
di
zucchero
,
che
faceva
viaggiare
pei
suoi
fini
,
come
un
automa
,
fra
Stambul
e
Adrianopoli
,
il
sanguinario
Ibrahim
.
Che
confusione
di
maneggi
,
che
reticolazione
intricata
di
spionaggi
terribili
e
di
ciancie
puerili
ci
doveva
essere
in
quella
piccola
città
amorosa
e
onnipotente
!
Passando
per
quei
viali
,
mi
pareva
di
sentire
da
ogni
parte
un
bisbiglio
accelerato
di
voci
femminili
,
che
svolgessero
,
interrogando
e
rispondendo
,
tutta
la
cronaca
intima
del
serraglio
.
E
doveva
essere
una
cronaca
stranamente
svariata
e
intrecciata
.
Si
trattava
di
sapere
quale
cadina
il
Sultano
avrebbe
condotto
nell
'
estate
al
suo
chiosco
delle
Acque
dolci
;
che
dote
sarebbe
stata
fatta
alla
terza
figliola
del
Padiscià
,
che
doveva
sposare
il
grande
ammiraglio
;
se
era
vero
che
l
'
erba
data
alla
governatrice
Raazgié
dal
mago
Sciugaa
avesse
fatto
concepire
la
terza
cadina
infeconda
da
cinque
anni
;
se
era
un
fatto
sicuro
che
la
favorita
Giamfeda
avesse
ottenuto
per
il
governatore
d
'
Anatolia
il
governo
della
provincia
di
Caramania
.
Di
chiosco
in
chiosco
circolava
la
notizia
che
,
sgravandosi
felicemente
la
prima
cadina
,
il
nuovo
gran
vizir
,
per
superare
il
suo
predecessore
,
le
avrebbe
regalato
una
culla
d
'
argento
massiccio
,
tutta
tempestata
di
smeraldi
;
che
la
prescelta
dal
Sultano
sarebbe
stata
la
schiava
regalata
dalla
kiaya
-
harem
e
non
quella
regalata
dal
Pascià
d
'
Adrianopoli
;
che
morendo
il
grande
eunuco
bianco
ch
'
era
agli
estremi
,
il
giovane
paggio
Mehemet
avrebbe
comprato
col
sacrifizio
della
sua
virilità
la
carica
ambita
da
tanto
tempo
.
Si
diceva
sotto
voce
che
non
si
sarebbe
più
fatto
il
gran
canale
dell
'
Asia
Minore
proposto
dal
gran
vizir
Sinau
,
per
non
allontanare
gli
operai
occupati
ad
innalzare
il
nuovo
chiosco
per
la
Sultana
Baffo
;
e
che
la
cadina
Saharai
,
trentacinquenne
,
piangeva
da
due
giorni
e
da
due
notti
per
timore
d
'
essere
relegata
al
vecchio
Serraglio
;
e
che
il
buffone
Ahmed
aveva
fatto
ridere
così
di
cuore
il
Sultano
,
che
questi
l
'
aveva
nominato
sul
momento
agà
dei
Giannizzeri
.
E
poi
scoppiettavano
mille
chiacchiere
sulle
prossime
feste
per
il
matrimonio
d
'
Otman
-
pascià
colla
Sultana
Ummetullà
,
nelle
quali
un
drago
di
bronzo
avrebbe
vomitato
fuoco
nell
'
At
-
meidan
;
sul
nuovo
vestito
della
Sultana
Validè
,
tutto
di
zibellino
,
di
cui
ogni
bottone
era
una
pietra
preziosa
del
valore
di
cento
scudi
d
'
oro
;
sul
nuovo
appannaggio
dato
alla
cadina
Kamarigé
,
luna
di
bellezza
,
della
rendita
della
Valachia
,
e
sulla
piccola
rosa
color
di
sangue
scoperta
nel
collo
alla
sciamascirusta
,
custode
della
biancheria
del
Sultano
,
e
sui
bei
capelli
biondi
inanellati
dell
'
ambasciatore
della
repubblica
di
Genova
,
e
sulla
meravigliosa
lettera
scritta
di
proprio
pugno
dalla
prima
moglie
dello
Scià
di
Persia
in
risposta
alla
sultana
Currem
,
l
'
allegra
.
Tutte
le
voci
venute
dalla
città
,
tutti
gl
'
incidenti
clamorosi
delle
discussioni
del
divano
,
tutti
i
rumori
uditi
la
notte
nel
serraglio
,
erano
commentati
e
passati
alla
trafila
di
mille
congetture
in
tutti
quei
giardinetti
,
da
cento
gruppi
di
testoline
circospette
e
curiose
.
Là
pure
passavano
di
mano
in
mano
e
di
bocca
in
bocca
i
madrigali
anonimi
dei
Padiscià
,
i
versi
tristi
e
liberi
di
Abdul
-
Baki
l
'
immortale
,
e
le
poesie
smaglianti
d
'
Abu
-
Sud
,
di
cui
"
ogni
parola
era
un
diamante
"
,
e
i
canti
ebbri
d
'
oppio
e
di
vino
di
Fuzuli
,
e
le
lascivie
canore
di
Gazali
.
E
tutto
cangiava
col
cangiare
dell
'
indole
e
della
vita
dei
Padiscià
.
Ora
passava
a
traverso
quel
piccolo
mondo
come
una
corrente
di
tenerezza
e
di
malinconia
,
e
allora
una
certa
dignità
gentile
rialzava
tutte
le
fronti
,
il
furore
del
lusso
si
quetava
,
i
modi
si
correggevano
,
il
linguaggio
si
purgava
,
nasceva
il
gusto
delle
letture
pie
,
si
ostentava
il
raccoglimento
e
la
devozione
religiosa
,
e
le
feste
medesime
,
senza
essere
meno
splendide
,
assumevano
l
'
aspetto
di
cerimonie
liete
,
ma
composte
.
Ora
invece
saliva
al
trono
un
Padiscià
educato
dall
'
infanzia
al
vizio
e
alle
follie
,
e
allora
la
dea
Voluttà
riconquistava
il
suo
impero
,
i
veli
cadevano
,
si
tornava
a
sentire
il
linguaggio
senza
sottintesi
e
la
risata
clamorosa
,
si
tornavano
a
vedere
le
nudità
senza
pudore
;
gl
'
incettatori
della
bellezza
partivano
per
la
Georgia
e
per
la
Circassia
;
le
fanciulle
affluivano
;
cento
donne
si
potevano
vantare
degli
amplessi
del
Gran
Signore
,
i
chioschi
si
popolavano
di
culle
,
le
casse
dell
'
erario
versavano
torrenti
d
'
oro
,
i
vini
di
Cipro
e
d
'
Ungheria
gorgogliavano
sulle
mense
coperte
di
fiori
,
Sodoma
alzava
la
fronte
,
Lesbo
trionfava
,
i
bei
volti
dai
grandi
occhi
neri
impallidivano
,
e
tutto
l
'
arem
febbricitava
,
rabbioso
di
voluttà
,
in
un
'
atmosfera
carica
di
profumi
e
di
vizio
,
fin
che
una
notte
si
svegliava
improvvisamente
abbagliato
da
mille
fiaccole
,
e
subiva
dalle
scimitarre
dei
Giannizzeri
il
castigo
di
Dio
.
Venivano
le
notti
tremende
anche
per
quella
piccola
Babilonia
nascosta
tra
i
fiori
.
La
ribellione
non
rispettava
il
terzo
recinto
più
di
quel
che
rispettasse
gli
altri
due
.
La
soldatesca
atterrava
le
porte
della
Felicità
e
irrompeva
nell
'
arem
.
Cento
eunuchi
difendevano
invano
,
a
pugnalate
,
le
soglie
dei
chioschi
.
I
giannizzeri
salivano
sui
tetti
,
rompevano
le
cupole
,
si
precipitammo
nelle
sale
a
strappare
i
principi
dalle
braccia
delle
madri
.
Le
Validè
erano
tirate
per
i
piedi
fuori
dei
loro
nascondigli
,
si
difendevano
a
unghiate
e
a
morsi
,
cadevano
riverse
sotto
le
ginocchia
dei
baltagì
e
morivano
strangolate
coi
cordoni
delle
tendine
.
Le
Sultane
,
rientrando
in
casa
,
gettavano
grida
disperate
alla
vista
delle
culle
vuote
,
e
voltandosi
a
interrogare
le
schiave
,
n
'
avevano
in
risposta
un
silenzio
tremendo
,
che
voleva
dire
:
-
Vallo
a
cercare
ai
piedi
del
trono
il
tuo
bambino
!
-
Gli
eunuchi
,
atterriti
,
venivano
ad
annunziare
alle
favorite
,
svegliate
da
un
tumulto
lontano
,
che
le
loro
teste
erano
aspettate
e
che
bisognava
prepararsi
a
morire
.
Le
tre
cadine
del
terzo
Selim
,
condannate
al
capestro
ed
al
sacco
,
sentivano
,
nella
notte
,
le
grida
supreme
l
'
una
dell
'
altra
,
e
spiravano
nelle
tenebre
sotto
le
mani
convulse
dei
muti
.
Gelosie
mortali
e
vendette
orrende
facevano
risonare
i
chioschi
di
gemiti
e
di
strida
che
spandevano
il
terrore
in
tutto
l
'
arem
.
La
Circassa
madre
di
Mustafà
lacerava
il
viso
a
Rosellana
,
le
favorite
rivali
schiaffeggiavano
Scekerbulì
,
la
sultana
Tarchan
vedeva
balenare
sul
capo
delle
sue
creature
il
pugnale
di
Maometto
IV
,
la
prima
cadina
del
primo
Ahmed
strozzava
colle
proprie
mani
la
schiava
rivale
,
e
stramazzava
alla
sua
volta
,
pugnalata
in
viso
,
sotto
i
piedi
del
Padiscià
,
urlando
di
dolore
e
di
rabbia
;
le
cadine
gelose
s
'
aspettavano
nei
corridoi
oscuri
,
si
trattavano
ad
alte
grida
di
"
carne
venduta
"
e
s
'
avvinghiavano
come
tigri
straziandosi
il
collo
e
le
reni
colla
punta
degli
stiletti
avvelenati
.
E
chi
sa
quanti
eccidi
rimasti
ignoti
,
di
schiave
soffocate
nelle
fontane
,
freddate
a
colpi
d
'
elsa
nelle
tempie
,
lacerate
dal
colbac
degli
eunuchi
,
schiacciate
fra
le
porte
di
ferro
dalle
braccia
d
'
acciaio
di
dieci
gelose
frenetiche
!
I
veli
soffocavano
i
lamenti
,
i
fiori
nascondevano
il
sangue
,
due
ombre
si
perdevano
nel
labirinto
dei
viali
oscuri
portando
una
cosa
nera
;
le
sentinelle
delle
torri
,
sulla
riva
del
Mar
di
Marmara
,
sentivano
un
tonfo
nelle
acque
,
e
l
'
arem
si
ridestava
all
'
alba
,
come
sempre
,
odoroso
e
ridente
,
senza
accorgersi
che
una
delle
sue
mille
stanze
era
vuota
.
Tutte
queste
immagini
mi
venivano
alla
mente
,
girando
per
quel
recinto
,
e
alzando
gli
occhi
alle
grate
di
quei
chioschi
abbandonati
e
tristi
come
sepolcri
.
Eppure
,
in
mezzo
a
quelle
memorie
sinistre
,
provavo
di
tratto
in
tratto
un
certo
batticuore
piacevole
,
una
specie
di
trepidazione
voluttuosa
d
'
adolescente
,
mista
di
malinconia
e
di
tenerezza
,
pensando
che
le
scalette
per
cui
salivo
e
scendevo
,
avevano
sentito
il
peso
di
quelle
donne
bellissime
e
famose
;
che
i
sentieri
che
calpestavo
avevano
udito
il
fruscìo
delle
loro
vesti
,
che
le
vôlte
di
quei
piccoli
portici
di
cui
accarezzavo
,
passando
,
le
colonnine
,
avevano
ripercosso
il
suono
delle
loro
risa
infantili
.
Mi
pareva
che
qualche
cosa
di
loro
ci
dovesse
ancora
essere
dietro
quei
muri
,
in
quell
'
aria
.
Avrei
voluto
cercare
,
gridare
quei
nomi
memorabili
,
chiamarle
a
una
a
una
cento
volte
,
e
mi
pareva
che
qualche
risposta
di
voce
lontana
l
'
avrei
sentita
,
che
qualchecosa
di
bianco
l
'
avrei
visto
passare
sulle
alte
terrazze
o
in
fondo
ai
boschetti
solitarii
.
E
giravo
gli
occhi
qua
e
là
,
e
interrogavo
le
grate
e
le
porte
.
Quanto
avrei
dato
per
sapere
dove
era
stata
chiusa
la
vedova
di
Alessio
Comneno
,
la
più
bella
delle
prigioniere
di
Lesbo
e
la
più
seducente
greca
del
suo
secolo
,
o
dov
'
era
stata
pugnalata
la
cara
figliuola
d
'
Erizzo
,
governatore
di
Negroponte
,
che
preferì
la
morte
all
'
amplesso
brutale
di
Maometto
II
!
E
Currem
,
la
favorita
di
Solimano
,
a
che
finestra
si
affacciava
,
coi
suoi
belli
atteggiamenti
languidi
di
persiana
,
per
fissare
nel
Mar
di
Marmara
i
suoi
potenti
occhi
neri
,
velati
dalle
lunghissime
ciglia
di
seta
?
Qui
,
su
questo
sentiero
,
non
avrà
lasciato
molte
volte
le
traccie
del
suo
passo
leggiero
la
bella
danzatrice
ungherese
che
levò
Saffiè
dal
cuore
di
Murad
III
,
scattando
come
una
lama
d
'
acciaio
fra
le
braccia
imperiali
?
E
da
quest
'
aiuola
non
avrà
mai
strappato
un
fiore
,
passando
,
Kesem
,
la
bella
greca
,
la
gelosa
feroce
,
dal
viso
pallido
e
malinconico
,
che
vide
il
regno
di
sette
Sultani
?
E
l
'
armena
gigantesca
,
che
fece
impazzir
d
'
amore
Ibrahim
,
non
avrà
mai
immerso
il
suo
enorme
braccio
bianco
nell
'
acqua
di
questa
fontana
?
E
chi
aveva
il
piede
più
piccino
,
la
piccola
favorita
di
Maometto
IV
,
di
cui
due
babbuccie
non
facevano
la
lunghezza
d
'
uno
stiletto
,
o
Rebia
Gulnuz
,
la
bevanda
delle
rose
di
primavera
,
che
aveva
i
più
begli
occhi
azzurri
dell
'
Arcipelago
,
e
non
lasciava
traccia
del
suo
passo
sulle
sabbie
bianche
del
suo
giardino
?
E
i
capelli
più
dorati
e
più
morbidi
chi
li
possedeva
,
Marhfiruz
,
la
favorita
dell
'
astro
delle
notti
,
o
Miliclia
,
la
giovane
odalisca
russa
,
che
soggiogò
la
ferocia
del
secondo
Otmano
?
E
le
fanciulle
persiane
ed
arabe
che
addormentavano
colle
loro
favole
Ibrahim
?
E
le
quaranta
giovinette
che
bevettero
il
sangue
del
terzo
Murad
?
Non
ne
rimane
più
nulla
,
nemmeno
una
ciocca
di
capelli
,
nemmeno
il
filo
d
'
un
velo
,
nemmeno
un
segno
nelle
pareti
?
E
queste
fantasie
terminavano
tutte
in
una
visione
dolorosa
e
spaventevole
.
Le
vedevo
passare
,
a
file
interminabili
,
lontano
,
fra
i
tronchi
fitti
degli
alberi
e
sotto
i
lunghi
portici
,
l
'
una
dietro
l
'
altra
,
sultane
validè
,
sultane
sorelle
,
cadine
,
odalische
,
schiave
,
fanciulle
appena
sbocciate
,
donne
trentenni
,
vecchie
coi
capelli
bianchi
,
visi
timidi
di
vergini
e
visi
terribili
di
gelose
,
dominatrici
d
'
imperi
,
favorite
d
'
un
giorno
,
trastulli
d
'
un
'
ora
;
creature
di
dieci
generazioni
e
di
cento
popoli
,
coi
loro
bimbi
strozzati
fra
le
braccia
o
per
mano
;
una
col
laccio
al
collo
,
una
con
un
pugnale
nel
cuore
,
un
'
altra
grondante
d
'
acqua
del
Mar
di
Marmara
,
splendenti
di
gemme
,
coperte
di
ferite
,
moribonde
di
veleno
,
trasfigurate
dalle
lunghe
agonie
del
vecchio
Serraglio
;
e
passavano
mute
e
leggiere
come
fantasime
,
e
si
perdevano
in
file
interminabili
nell
'
oscurità
dei
boschetti
,
lasciando
dietro
di
sè
una
lunga
traccia
di
fiori
appassiti
e
di
goccie
di
pianto
e
di
sangue
;
e
un
'
immensa
pietà
mi
stringeva
il
cuore
.
Di
là
dal
terzo
recinto
,
si
stende
un
tratto
di
terreno
piano
,
tutto
coperto
d
'
una
vegetazione
rigogliosa
,
e
sparso
di
piccoli
edifizi
gentili
,
in
mezzo
ai
quali
s
'
innalza
la
così
detta
colonna
di
Teodosio
,
di
granito
grigio
,
sormontata
da
un
bel
capitello
corinzio
,
e
sorretta
da
un
largo
piedestallo
,
su
cui
si
leggono
ancora
le
due
ultime
parole
d
'
una
iscrizione
latina
che
diceva
:
Fortunae
reduci
ob
devictos
Gothos
.
E
qui
finisce
l
'
alto
piano
sul
quale
si
distende
il
grande
rettangolo
centrale
degli
edifizi
del
Serraglio
.
Di
qui
fino
al
capo
del
Serraglio
,
e
in
tutto
lo
spazio
compreso
fra
il
circuito
dei
tre
recinti
e
le
mura
esteriori
,
lungo
i
fianchi
della
collina
,
era
tutto
un
bosco
di
grandi
platani
,
di
cipressi
altissimi
,
di
filari
di
pini
,
di
gruppi
d
'
allori
e
di
terebinti
e
di
pioppi
inghirlandati
di
pampini
,
che
ombreggiavano
una
successione
di
giardini
pieni
di
rose
e
d
'
elitropie
,
disposti
a
scaglioni
,
e
attraversati
da
larghe
gradinate
di
marmo
per
le
quali
si
scendeva
fino
al
mare
.
Lungo
le
mura
,
in
faccia
a
Scutari
,
c
'
era
il
nuovo
palazzo
del
Sultano
Mahmud
,
che
s
'
apriva
sul
mare
in
una
grande
porta
rivestita
di
rame
dorato
.
Vicino
al
Capo
del
Serraglio
,
s
'
innalzava
l
'
arem
d
'
estate
,
che
era
un
vastissimo
edifizio
semicircolare
,
capace
di
cinquecento
donne
,
con
vasti
cortili
e
bagni
splendidi
e
giardini
,
dove
si
facevano
quelle
luminarie
fantastiche
,
che
diventarono
celebri
sotto
il
nome
di
feste
dei
tulipani
.
Davanti
a
quest
'
arem
,
fuori
delle
mura
,
sopra
la
riva
del
mare
,
c
'
era
la
batteria
famosa
del
Serraglio
,
formata
di
venti
cannoni
di
forme
bizzarre
,
scolpiti
e
istoriati
,
ch
'
erano
stati
tolti
agli
eserciti
cristiani
nelle
prime
guerre
europee
.
Le
mura
avevano
otto
porte
,
tre
dalla
parte
della
città
,
e
cinque
dalla
parte
del
mare
.
Grandi
terrazze
di
marmo
s
'
avanzavano
dalle
mura
sulla
riva
.
Strade
sotterranee
conducevano
dalla
reggia
alle
porte
del
Mar
di
Marmara
,
in
modo
che
i
Sultani
potevano
salvarsi
da
un
assalto
imbarcandosi
segretamente
,
e
riparando
a
Scutari
o
a
Top
-
Hané
.
Nè
qui
era
tutto
il
Serraglio
.
Vicino
alle
mura
esterne
e
per
i
fianchi
della
collina
s
'
innalzavano
ancora
molti
chioschi
,
della
forma
di
piccole
moschee
,
di
fortini
e
di
gallerie
,
da
ognuno
dei
quali
,
per
un
sentiero
nascosto
da
alte
spalliere
di
verzura
,
si
riusciva
alle
porte
secondarie
del
terzo
recinto
.
V
'
era
il
chiosco
Yali
,
ora
distrutto
,
che
si
specchiava
nel
Corno
d
'
oro
.
C
'
è
ancora
,
quasi
intatto
,
il
Nuovo
chiosco
,
che
è
una
piccola
reggia
rotonda
,
tutta
ornata
di
dorature
e
di
pitture
,
nella
quale
i
Sultani
andavano
,
sul
tramonto
,
a
godere
la
vista
delle
mille
navi
del
porto
.
Vicino
all
'
arem
d
'
estate
v
'
era
il
chiosco
degli
Specchi
,
dove
fu
segnato
il
trattato
di
pace
del
1784
,
con
cui
la
Turchia
cedette
la
Crimea
alla
Russia
,
e
il
chiosco
d
'
Hassan
Pascià
,
tutto
splendente
d
'
oro
,
le
cui
pareti
coperte
di
specchi
rallegravano
con
un
gioco
fantastico
di
riflessi
le
feste
e
le
orgie
notturne
dei
Sultani
.
Il
chiosco
del
Cannone
per
le
cui
finestre
si
gettavano
nel
mare
i
cadaveri
,
sorgeva
vicino
alla
batteria
del
Capo
del
Serraglio
.
Il
chiosco
del
Mare
,
in
cui
teneva
i
suoi
divani
segreti
la
Validè
di
Maometto
IV
,
pendeva
a
filo
sulle
correnti
confuse
del
Mar
di
Marmara
e
del
Bosforo
.
Il
chiosco
delle
Rose
dominava
la
spianata
in
cui
facevano
gli
esercizi
i
paggi
,
e
dove
fu
proclamata
,
nel
1839
,
la
nuova
costituzione
dell
'
Impero
,
col
famoso
hatti
-
scerif
di
Gul
-
Hané
.
Dall
'
altra
parte
del
Serraglio
c
'
era
ancora
il
chiosco
delle
Riviste
,
da
cui
i
Sultani
vedevano
passare
,
non
visti
,
tutti
coloro
che
andavano
al
divano
;
sull
'
angolo
delle
mura
vicino
a
Santa
Sofia
,
il
chiosco
d
'
Alai
,
dal
quale
Maometto
IV
gittò
all
'
esercito
ribelle
la
sua
favovita
Meleki
,
e
ventinove
ufficiali
della
Corte
,
sbranati
sotto
i
suoi
occhi
;
e
all
'
altra
estremità
delle
mura
,
il
chiosco
Sepedgiler
,
vicino
al
quale
i
Padiscià
davano
congedo
ai
grandi
ammiragli
che
partivano
per
le
guerre
lontane
.
Così
la
reggia
formidabile
,
dall
'
alto
del
colle
,
dov
'
erano
raccolte
e
nascoste
le
sue
parti
più
vitali
,
si
sparpagliava
per
la
china
e
lungo
la
riva
del
mare
,
coronata
di
torri
,
irta
di
cannoni
,
inghirlandata
di
rose
;
slanciava
da
tutte
le
parti
le
sue
barchette
dorate
,
levava
al
cielo
un
nuvolo
di
profumi
come
un
enorme
altare
,
specchiava
nelle
acque
le
mille
fiammelle
delle
sue
feste
,
gettava
dall
'
alto
delle
sue
mura
oro
alla
folla
e
cadaveri
alle
onde
,
ieri
in
balìa
d
'
una
schiava
,
oggi
in
potere
d
'
un
forsennato
,
domani
ludibrio
della
soldatesca
,
bella
come
un
'
isola
fatata
e
sinistra
come
un
sepolcro
di
vivi
...
La
notte
è
alta
;
il
Mar
di
Marmara
riflette
il
cielo
ardente
di
stelle
;
la
luna
inargenta
le
cento
cupole
del
Serraglio
e
imbianca
le
cime
dei
cipressi
e
dei
platani
,
che
distendono
le
loro
grandi
ombre
nei
vasti
recinti
,
circondati
da
innumerevoli
finestrine
illuminate
che
si
vanno
spegnendo
a
una
a
una
.
I
chioschi
e
le
moschee
risaltano
con
una
bianchezza
di
neve
in
mezzo
al
verde
lugubre
dei
boschetti
.
Le
guglie
,
le
punte
dei
minareti
,
le
mezzelune
aeree
,
le
porte
di
bronzo
,
le
graticole
dorate
luccicano
fra
gli
alberi
,
presentando
l
'
apparenza
vaga
d
'
una
città
d
'
oro
e
d
'
argento
.
La
città
imperiale
s
'
addormenta
.
Le
tre
grandi
porte
son
state
chiuse
ora
ora
,
e
le
chiavi
enormi
suonano
ancora
fra
le
mani
dei
capigì
,
sotto
le
vôlte
degli
alti
vestiboli
.
Un
drappello
di
capigì
veglia
dinanzi
alla
porta
della
Salute
;
trenta
eunuchi
bianchi
custodiscono
la
porta
della
Felicità
,
appiccicati
ai
muri
e
immobili
come
bassorilievi
,
col
volto
nell
'
ombra
.
Centinaia
di
sentinelle
invisibili
,
vigilano
dalle
mura
e
dalle
torri
,
guardando
il
mare
,
il
porto
,
le
strade
tenebrose
di
Stambul
,
e
la
mole
enorme
e
muta
di
Santa
Sofia
.
Nelle
grandi
cucine
del
primo
cortile
si
vede
ancora
un
saliscendi
di
lanterne
,
che
rischiarano
gli
ultimi
lavori
;
poi
tutto
l
'
edifizio
rimane
oscuro
.
Un
lume
brilla
ancora
nelle
case
del
Veznedar
agà
e
del
Defterdar
effendi
.
Qualche
cosa
brulica
,
nel
secondo
recinto
,
dinanzi
alla
casa
del
Grand
'
Eunuco
nero
.
Nel
labirinto
dell
'
arem
si
vanno
chiudendo
le
ultime
porte
.
Gli
eunuchi
girano
per
i
viali
deserti
,
intorno
ai
chioschi
oscuri
,
non
udendo
altro
rumore
che
lo
stormire
degli
alberi
agitati
dall
'
aria
marina
e
il
mormorio
monotono
delle
fontane
.
Un
'
alta
pace
par
che
regni
su
tutta
la
reggia
.
Eppure
una
vita
febbrile
ribolle
ancora
fra
quelle
mura
.
Da
tutto
quel
popolo
di
schiave
,
di
soldati
,
di
prigionieri
,
di
servi
,
i
pensieri
della
notte
si
levano
confusamente
,
e
superate
le
mura
del
Serraglio
,
volano
ai
quattro
angoli
del
mondo
a
cercar
luoghi
cari
e
madri
abbandonate
dall
'
infanzia
,
e
a
riandare
vicende
strane
e
terribili
di
tempi
lontani
.
Le
preghiere
e
i
lamenti
muti
s
'
incrociano
per
gli
anditi
e
per
i
boschetti
oscuri
coi
propositi
di
vendetta
e
di
sangue
,
e
coi
desiderii
insensati
delle
ambizioni
segrete
.
La
grande
reggia
dorme
un
sonno
torbido
,
interrotto
da
riscotimenti
improvvisi
di
diffidenza
e
di
paura
.
Un
bisbiglio
diffuso
di
parole
di
cento
lingue
si
confonde
col
suono
dei
respiri
e
col
mormorio
della
vegetazione
ventilata
.
A
breve
distanza
,
divisi
da
poche
pareti
,
dorme
il
paggio
che
s
'
è
prostituito
,
l
'
iman
che
ha
predicato
la
parola
di
Dio
,
il
carnefice
che
ha
strozzato
un
innocente
,
il
principe
prigioniero
che
aspetta
la
morte
,
la
sultana
innamorata
che
si
prepara
alle
nozze
.
Creature
diseredate
d
'
ogni
bene
,
riposano
accanto
a
ricchezze
favolose
;
la
bellezza
divina
,
la
deformità
derisa
,
tutti
i
vizii
,
tutte
le
sventure
,
tutte
le
prostituzioni
dell
'
anima
e
della
carne
,
si
trovano
rinchiuse
fra
le
stesse
mura
.
Le
architetture
moresche
,
che
s
'
innalzano
sopra
gli
alberi
,
profilano
nel
cielo
stellato
le
loro
mille
forme
bizzarre
ed
aeree
;
sui
muri
si
allungano
ombre
graziose
di
frangie
,
di
festoni
e
di
trine
;
le
fontane
illuminate
dalla
luna
schizzano
zaffiri
e
diamanti
;
e
tutti
i
profumi
del
giardino
volano
,
portati
dall
'
aria
notturna
,
confusi
in
una
fragranza
potente
che
entra
per
le
grate
nelle
sale
a
destar
fremiti
di
piacere
e
sogni
lascivi
.
È
l
'
ora
in
cui
gli
eunuchi
,
seduti
sotto
gli
alberi
,
cogli
occhi
fissi
nel
lume
fioco
che
traluce
dalle
finestre
dei
chioschi
,
si
rodono
l
'
anima
e
il
cuore
,
tastando
colle
dita
tremanti
la
punta
del
pugnale
;
l
'
ora
in
cui
la
povera
giovinetta
,
rubata
e
venduta
di
fresco
,
dal
finestrino
alto
della
sua
cella
,
guarda
cogli
occhi
umidi
di
lagrime
gli
orizzonti
sereni
dell
'
Asia
,
rimpiangendo
la
capanna
dov
'
è
nata
e
la
valle
dove
sono
sepolti
i
suoi
padri
;
l
'
ora
in
cui
il
galeotto
incatenato
,
il
muto
macchiato
di
sangue
,
il
nano
spregiato
,
misurano
con
un
tremito
di
sgomento
l
'
infinita
distanza
che
li
separa
dall
'
uomo
che
è
sopra
tutti
,
e
interrogano
dolorosamente
il
potere
ascoso
che
tolse
all
'
uno
la
libertà
,
all
'
altro
la
parola
,
al
terzo
la
forma
umana
per
dare
ogni
cosa
ad
un
solo
.
È
l
'
ora
in
cui
piangono
i
reietti
e
in
cui
tremano
i
grandi
,
malsicuri
del
domani
.
Le
lanterne
sparse
per
gli
edifizi
multiformi
rischiarano
fronti
pallide
di
tesorieri
curvi
sulle
carte
;
teste
scarmigliate
d
'
odalische
,
disperate
d
'
un
lungo
abbandono
,
che
cercano
il
sonno
invano
sui
guanciali
infocati
;
visi
abbronzati
di
giannizzeri
erculei
,
addormentati
con
un
sorriso
feroce
,
che
tradisce
la
visione
di
una
strage
.
I
muri
sottili
sentono
aneliti
di
voluttà
e
singhiozzi
rotti
da
parole
disperate
.
E
mentre
in
un
chiosco
spuma
il
liquore
maledetto
in
mezzo
a
un
cerchio
di
baccanti
seminude
;
mentre
in
una
sala
semioscura
,
una
povera
sultana
,
madre
da
un
istante
,
nasconde
,
urlando
,
il
viso
nei
guanciali
,
per
non
vedere
un
lago
di
sangue
nel
quale
spira
la
sua
creatura
,
a
cui
,
per
ordine
del
Padiscià
,
la
levatrice
lasciò
aperto
il
tubo
ombelicale
;
mentre
le
teste
dei
bey
,
uccisi
al
cader
della
notte
,
stillano
le
loro
ultime
goccie
di
sangue
sui
marmi
delle
nicchie
di
Bab
-
Umaiun
;
nel
chiosco
più
alto
del
terzo
recinto
,
in
una
sala
tappezzata
di
damasco
vermiglio
,
sopra
un
letto
di
zibellino
,
in
mezzo
a
un
disordine
sfarzoso
di
cuscini
imperlati
e
di
coperte
di
velluto
splendenti
d
'
oro
,
su
cui
scende
la
luce
vaga
d
'
una
lanterna
moresca
d
'
argento
cesellato
,
appesa
al
soffitto
di
cedro
,
una
bella
fanciulla
bruna
,
ravvolta
in
un
grande
velo
bianco
,
che
pochi
anni
sono
conduceva
l
'
armento
a
traverso
le
pianure
dell
'
Arabia
Felice
,
chinata
sul
viso
pallido
del
terzo
Murad
,
che
riposa
,
sonnecchiando
,
ai
suoi
piedi
,
gli
mormora
con
una
voce
timida
e
dolce
:
-
V
'
era
una
volta
a
Damasco
un
mercante
chiamato
Abu
-
Eiub
che
aveva
raccolte
molte
ricchezze
e
viveva
onorevolmente
.
E
possedeva
un
figliuolo
,
ch
'
era
bello
e
che
sapeva
molte
cose
e
che
si
chiamava
Schiavo
d
'
amore
,
e
una
figliuola
bellissima
,
che
aveva
per
soprannome
Forza
dei
cuori
.
Ora
Abu
-
Eiub
venne
a
morire
e
lasciò
tutte
le
sue
mercanzie
fasciate
e
legate
,
e
su
tutte
c
'
era
scritto
:
Per
Bagdad
.
E
Schiavo
d
'
amore
domandò
alla
madre
:
-
Perché
c
'
è
scritto
per
Bagdad
su
tutte
le
mercanzie
di
mio
padre
?
-
E
la
madre
rispose
:
-
Figliuol
mio
....
-
Ma
il
Padiscià
s
'
è
addormentato
e
la
schiava
abbandona
dolcemente
il
suo
capo
sopra
i
guanciali
.
Tutte
le
porte
dell
'
arem
son
chiuse
,
tutti
i
lumi
son
spenti
,
la
luna
inargenta
le
cento
cupole
,
le
mezzelune
e
le
finestre
dorate
luccicano
tra
gli
alberi
,
le
fontane
zampillano
rumorosamente
nell
'
alto
silenzio
della
notte
:
tutto
il
Serraglio
riposa
.
E
così
riposa
da
trent
'
anni
,
abbandonato
sulla
sua
collina
solitaria
;
e
si
possono
ripetere
per
esso
i
versi
del
poeta
persiano
che
vennero
sulle
labbra
a
Maometto
il
conquistatore
quando
pose
il
piede
nel
palazzo
devastato
degl
'
Imperatori
d
'
Oriente
:
L
'
immondo
ragno
ordisce
le
sue
tele
nelle
sale
dei
re
,
e
dalle
vette
superbe
d
'
Erasciab
,
il
corvo
vibra
nell
'
aria
il
suo
canto
sinistro
.
GLI
ULTIMI
GIORNI
A
questo
punto
mi
trovo
spezzata
la
catena
delle
reminiscenze
minute
e
lucide
,
che
permettono
le
lunghe
descrizioni
;
e
non
ricordo
più
che
una
serie
di
corse
affannose
da
una
riva
all
'
altra
del
Corno
d
'
oro
e
dall
'
Europa
all
'
Asia
,
dopo
le
quali
,
la
sera
,
mi
vedevo
passare
davanti
rapidissimamente
,
come
in
sogno
,
città
luminose
,
folle
immense
,
boschi
,
flotte
,
colline
,
e
il
pensiero
della
partenza
vicina
dava
a
ogni
cosa
un
leggiero
colore
di
tristezza
,
come
se
già
quelle
visioni
non
fossero
più
che
ricordi
d
'
un
paese
lontano
.
[
Le
moschee
]
Eppure
alcune
immagini
rimangono
immobili
in
mezzo
alla
fuga
di
persone
e
di
cose
,
a
cui
mi
sembra
d
'
assistere
quando
penso
a
quei
giorni
.
Ricordo
la
bella
mattinata
in
cui
visitai
la
maggior
parte
delle
moschee
imperiali
,
e
pensandoci
,
mi
pare
ancora
che
si
faccia
intorno
a
me
un
immenso
vuoto
e
un
silenzio
solenne
.
L
'
immagine
di
Santa
Sofia
non
scema
affatto
la
meraviglia
che
si
prova
al
primo
entrare
in
mezzo
a
quelle
mura
titaniche
.
Anche
là
,
come
altrove
,
la
religione
dei
vincitori
s
'
è
appropriata
l
'
arte
della
religione
dei
vinti
.
Quasi
tutte
le
moschee
sono
imitate
dalla
Basilica
di
Giustiniano
;
hanno
la
grande
cupola
,
le
mezze
cupole
sottoposte
,
i
cortili
,
i
portici
;
qualcheduna
,
la
forma
della
croce
greca
.
Ma
l
'
islamismo
ha
sparso
su
ogni
cosa
il
colore
e
la
luce
propria
,
in
modo
che
il
complesso
di
quelle
forme
note
presenta
l
'
apparenza
d
'
un
edifizio
nuovo
,
in
cui
s
'
intravvedono
gli
orizzonti
d
'
un
mondo
sconosciuto
e
si
sente
l
'
aura
d
'
un
altro
Dio
.
Sono
navate
enormi
,
d
'
una
semplicità
austera
e
grandiosa
,
bianche
in
ogni
parte
,
e
rischiarate
da
finestre
innumerevoli
,
che
mettono
per
tutto
una
luce
dolce
ed
uguale
,
in
cui
l
'
occhio
vede
ogni
cosa
,
da
un
'
estremità
all
'
altra
,
e
riposa
,
insieme
col
pensiero
,
quasi
addormentato
in
una
quiete
soave
e
diffusa
,
che
somiglia
a
quella
d
'
una
valle
nevosa
,
coperta
da
un
cielo
bianco
.
Non
si
crederebbe
d
'
essere
in
un
luogo
chiuso
se
non
si
sentisse
l
'
eco
sonora
del
proprio
passo
.
Non
v
'
è
nulla
che
distragga
la
mente
:
il
pensiero
va
dritto
,
a
traverso
quel
vuoto
e
quella
chiarezza
,
all
'
oggetto
dell
'
adorazione
.
Non
v
'
è
argomento
nè
di
malinconie
nè
di
terrori
;
non
vi
sono
nè
illusioni
,
nè
misteri
,
nè
angoli
oscuri
,
in
cui
brillino
vagamente
le
immagini
d
'
una
gerarchia
complicata
d
'
esseri
sovrumani
,
che
confondon
la
mente
;
non
v
'
è
che
l
'
idea
chiara
,
netta
,
abbagliante
,
formidabile
d
'
un
Dio
solitario
,
che
predilige
la
nudità
severa
dei
deserti
inondati
di
luce
,
e
non
ammette
altro
simulacro
di
sè
stesso
che
il
cielo
.
Tutte
le
moschee
imperiali
di
Costantinopoli
presentano
questo
medesimo
aspetto
di
grandezza
che
solleva
la
mente
,
e
di
semplicità
che
la
fissa
in
un
solo
pensiero
,
e
differiscono
così
poco
nei
particolari
,
che
è
difficile
il
ricordarle
a
una
,
a
una
.
La
moschea
d
'
Ahmed
,
enorme
,
e
pure
graziosa
e
leggera
,
all
'
esterno
,
come
un
edifizio
aereo
,
appoggia
la
sua
cupola
sopra
quattro
smisurati
pilastri
rotondi
di
marmo
bianco
,
nel
cui
seno
si
potrebbero
aprire
quattro
piccole
moschee
,
ed
è
la
sola
di
Stambul
che
abbia
la
corona
gloriosa
di
sei
minareti
.
La
moschea
di
Solimano
,
che
è
,
più
che
un
tempio
,
una
città
sacra
,
nella
quale
lo
straniero
si
smarrisce
,
è
formata
da
tre
navate
,
e
la
sua
cupola
,
più
alta
di
quella
di
Santa
Sofia
,
riposa
sopra
quattro
colonne
meravigliose
di
granito
roseo
,
che
fanno
pensare
ai
fusti
dei
famosi
alberi
giganteschi
della
California
.
La
moschea
di
Maometto
è
una
Santa
Sofia
bianca
ed
allegra
;
quella
di
Baiazet
gode
la
primazia
dell
'
eleganza
delle
forme
;
quella
di
Osmano
è
tutta
di
marmo
;
quella
di
Scià
-
Zadé
ha
i
due
più
graziosi
minareti
di
Stambul
;
quella
di
Ak
-
Serai
è
il
più
gentile
modello
del
rinascimento
dell
'
arte
turca
;
quella
di
Selim
è
la
più
grave
,
quella
di
Mahmud
la
più
capricciosa
,
quella
della
Sultana
Validè
la
più
ornata
.
Ognuna
ha
qualche
bellezza
sua
propria
o
una
leggenda
o
un
privilegio
.
Sultan
-
Ahmed
custodisce
lo
stendardo
del
Profeta
,
Sultan
-
Baizit
è
coronata
di
colombi
,
Solimaniè
vanta
le
iscrizioni
di
Karà
-
hissari
,
Validè
Sultan
ha
la
falsa
colonna
d
'
oro
che
costò
la
vita
al
conquistatore
della
Canea
;
Sultan
-
Mehemet
vede
"
undici
moschee
imperiali
chinar
la
testa
intorno
a
lei
,
come
davanti
al
manipolo
di
Giuseppe
s
'
inchinavano
i
manipoli
dei
fratelli
"
.
In
una
s
'
innalzano
le
colonne
del
palazzo
imperiale
e
dell
'
Augusteon
di
Giustiniano
,
che
portarono
le
statue
di
Venere
,
di
Teodora
e
d
'
Eudossia
;
in
altre
si
ritrovano
i
marmi
delle
chiese
antiche
di
Calcedonia
,
colonne
delle
rovine
di
Troia
,
pilastri
di
templi
d
'
Egitto
,
vetri
preziosi
rapiti
alle
reggie
persiane
,
materiali
di
circhi
,
di
fori
,
di
acquedotti
,
di
basiliche
:
tutto
confuso
e
svanito
nell
'
immensa
bianchezza
della
religione
vincitrice
.
Dentro
differiscono
anche
meno
che
nella
forma
esterna
.
In
fondo
v
'
è
un
pulpito
di
marmo
;
in
faccia
,
la
loggia
del
Sultano
chiusa
da
una
grata
dorata
;
accanto
al
Mihrab
,
due
candelabri
enormi
che
sorreggono
torcie
alte
come
fusti
di
palme
;
e
per
tutta
la
navata
,
lampade
innumerevoli
formate
di
grandi
globi
di
vetro
,
e
disposte
in
una
maniera
bizzarra
,
che
par
più
propria
a
una
grande
festa
di
ballo
che
a
una
solennità
religiosa
.
Le
grandi
iscrizioni
sacre
che
girano
intorno
ai
pilastri
,
alle
porte
,
alle
finestre
delle
cupole
,
qualche
finto
fregio
dipinto
a
imitazione
del
marmo
,
e
i
vetri
disegnati
e
coloriti
a
fiorami
,
sono
i
soli
ornamenti
che
risaltino
nella
nudità
bianca
di
quelle
mura
monumentali
.
Tesori
di
marmo
sono
profusi
nei
pavimenti
dei
vestiboli
,
nei
portici
che
circondano
i
cortili
,
nelle
fontane
per
le
abluzioni
,
nei
minareti
;
ma
non
alterano
il
carattere
graziosamente
sobrio
ed
austero
dell
'
edifizio
,
tutto
bianco
,
circondato
di
verde
e
coronato
di
cupole
,
scintillanti
sull
'
azzurro
del
cielo
.
E
la
moschea
non
occupa
che
la
parte
minore
del
recinto
,
il
quale
abbraccia
un
labirinto
di
cortili
e
di
case
.
E
qui
ci
sono
auditorii
per
la
lettura
del
Corano
e
luoghi
di
deposito
per
i
tesori
dei
privati
,
biblioteche
e
accademie
,
scuole
di
medicina
e
scuole
pei
bambini
,
quartieri
per
gli
studenti
e
cucine
per
i
poveri
,
manicomi
,
infermerie
,
ricoveri
per
i
viaggiatori
,
sale
da
bagno
:
una
piccola
città
ospitale
e
benefica
,
affollata
intorno
alla
mole
altissima
del
tempio
,
come
ai
piedi
d
'
una
montagna
,
e
ombreggiata
da
alberi
giganteschi
.
Ma
tutte
queste
immagini
si
sono
oscurate
nella
mia
mente
;
e
non
vedo
più
,
in
questo
punto
,
che
la
piccola
macchietta
nera
della
mia
persona
,
quasi
smarrita
,
come
un
atomo
,
nelle
enormi
navate
,
in
mezzo
a
lunghe
file
di
piccolissimi
turchi
prostrati
che
pregano
;
e
vo
innanzi
abbagliato
da
quella
bianchezza
,
stupito
da
quella
luce
strana
,
sbalordito
da
quella
immensità
,
strascicando
le
mie
babbuccie
sdruscite
e
il
mio
orgoglio
schiacciato
di
descrittore
;
e
mi
par
che
una
moschea
si
confonda
coll
'
altra
,
e
che
mi
si
stenda
d
'
intorno
,
in
tutte
le
direzioni
,
una
successione
interminabile
di
pilastri
e
di
volte
,
e
una
folla
bianca
infinita
,
nella
quale
il
mio
sguardo
si
perde
.
[
Le
cisterne
]
Le
reminiscenze
d
'
un
altro
giorno
son
tutte
oscure
e
piene
di
misteri
e
di
fantasmi
.
Entro
nel
cortile
d
'
una
casa
musulmana
,
discendo
,
al
lume
di
una
fiaccola
,
sino
all
'
ultimo
gradino
di
una
scala
tetra
e
umida
,
e
mi
trovo
sotto
le
volte
di
Kere
-
batan
Serai
,
la
grande
cisterna
basilica
di
Costantino
,
della
quale
il
volgo
di
Stambul
dice
che
non
si
conoscono
i
confini
.
Le
acque
verdastre
si
perdono
sotto
le
volte
nere
,
rischiarate
qua
e
là
da
un
barlume
di
luce
livida
che
accresce
l
'
orrore
delle
tenebre
.
La
fiaccola
colora
di
fuoco
gli
archi
vicini
alla
porta
,
fa
luccicare
i
muri
sgocciolanti
,
e
rivela
confusamente
file
sterminate
di
colonne
che
intercettano
lo
sguardo
da
tutte
le
parti
,
come
i
tronchi
degli
alberi
in
una
fittissima
foresta
allagata
.
La
fantasia
,
attratta
dalla
voluttà
del
terrore
,
si
slancia
per
quelle
fughe
di
portici
sepolcrali
,
sorvolando
le
acque
sinistre
,
e
si
smarrisce
in
infiniti
giri
vertiginosi
in
mezzo
alle
colonne
innumerevoli
,
mentre
la
voce
sommessa
d
'
un
dracomanno
racconta
le
storie
paurose
di
chi
s
'
avventurò
sopra
una
barca
in
quel
sotterraneo
per
scoprirne
i
confini
,
e
tornò
indietro
molte
ore
dopo
,
remando
disperatamente
,
col
volto
trasfigurato
e
coi
capelli
irti
,
mentre
le
volte
lontane
echeggiavano
di
risate
fragorose
e
di
fischi
acuti
;
e
d
'
altri
che
non
tornarono
più
,
che
finirono
chi
sa
come
,
forse
impazziti
dal
terrore
,
forse
morti
di
fame
,
forse
trascinati
da
una
corrente
misteriosa
in
un
abisso
sconosciuto
,
molto
lontano
da
Stambul
,
Dio
solo
sa
dove
.
Questa
visione
lugubre
sparisce
improvvisamente
nella
grande
luce
della
piazza
dell
'
At
-
meidan
,
e
pochi
minuti
dopo
mi
trovo
daccapo
sotto
terra
,
fra
le
duecento
colonne
della
cisterna
asciutta
Bin
-
birdirek
,
dove
cento
operai
greci
filano
la
seta
,
cantando
con
voci
acute
una
canzone
guerriera
,
rischiarati
da
un
raggio
di
luce
pallida
che
si
rompe
negl
'
incrociamenti
delle
arcate
;
e
sento
sopra
il
mio
capo
lo
strepito
confuso
d
'
una
carovana
che
passa
.
Poi
daccapo
l
'
aria
aperta
e
la
luce
del
sole
,
e
poi
di
nuovo
l
'
oscurità
,
sotto
altre
arcate
secolari
,
in
mezzo
ad
altre
file
di
colonne
,
in
una
quiete
di
sepolcro
,
turbata
da
un
suono
fioco
di
voci
lontane
;
e
così
fino
a
sera
,
un
pellegrinaggio
misterioso
e
pensieroso
,
dopo
il
quale
mi
rimane
per
molto
tempo
dinanzi
agli
occhi
l
'
immagine
di
un
vasto
lago
sotterraneo
,
in
cui
sia
sprofondata
la
metropoli
dell
'
impero
greco
,
e
in
cui
Stambul
,
ridente
ed
incauta
debba
un
giorno
alla
sua
volta
sparire
.
[
Scutari
]
Tutta
questa
oscurità
svanisce
dinanzi
all
'
immagine
splendida
di
Scutari
.
Andando
a
Scutari
,
sopra
un
piroscafo
affollato
,
discutevamo
sempre
,
il
mio
amico
ed
io
,
se
il
primato
della
bellezza
appartenesse
a
quella
riva
o
alle
due
rive
del
Corno
d
'
oro
.
Yunk
preferiva
Scutari
;
io
,
Stambul
.
Ma
Scutari
m
'
innamorava
coi
suoi
improvvisi
cangiamenti
d
'
aspetto
,
coi
quali
pare
che
voglia
pigliarsi
gioco
di
chi
le
s
'
avvicina
dal
mare
.
Guardata
dal
Mar
di
Marmara
,
non
pare
che
un
grande
villaggio
disteso
sopra
una
collina
.
Guardata
dal
Corno
d
'
oro
,
presenta
già
l
'
aspetto
d
'
una
città
.
Ma
quando
il
piroscafo
,
girando
intorno
alla
punta
più
avanzata
della
riva
asiatica
,
va
dritto
verso
il
suo
porto
,
allora
la
cittadina
s
'
allarga
e
s
'
innalza
;
le
colline
coperte
d
'
edifizi
saltan
fuori
l
'
una
di
dietro
all
'
altra
;
i
sobborghi
sbucano
dalle
valli
,
le
villette
si
sparpagliano
sulle
alture
;
la
riva
,
tutta
variopinta
di
casette
,
si
svolge
a
perdita
d
'
occhi
;
una
città
enorme
,
pomposa
,
teatrale
,
che
non
si
comprende
dove
potesse
stare
nascosta
,
si
scopre
allo
sguardo
in
pochi
momenti
come
all
'
alzarsi
d
'
un
telone
immenso
,
e
fa
rimaner
là
stupefatti
come
aspettando
che
torni
a
sparire
.
Si
scende
sopra
uno
scalo
di
legno
,
fra
un
visibilio
di
barcaiuoli
,
di
noleggiatori
di
cavalli
e
di
dracomanni
,
e
si
va
su
per
la
via
principale
che
sale
dolcemente
,
serpeggiando
,
in
mezzo
a
casette
rosse
e
gialle
,
vestite
d
'
edera
e
di
pampini
,
fra
muri
di
giardini
riboccanti
di
verzura
,
sotto
alti
pergolati
,
all
'
ombra
di
grandi
platani
che
chiudono
quasi
il
passaggio
;
si
passa
dinanzi
a
caffè
turchi
,
ingombri
di
fannulloni
asiatici
,
che
fumano
,
sdraiati
,
cogli
occhi
fissi
non
si
sa
dove
;
s
'
incontrano
branchi
di
capre
,
carri
pesanti
di
campagna
,
tirati
da
bufali
colla
testa
infiorata
,
contadini
in
fez
e
in
turbante
,
convogli
funebri
musulmani
,
e
brigatelle
di
hanum
villeggianti
,
che
portano
mazzi
di
fiori
e
ramoscelli
.
Par
di
vedere
un
'
altra
Stambul
,
meno
maestosa
,
ma
più
gaia
e
più
fresca
di
quella
delle
sette
colline
.
È
come
una
grande
città
villereccia
.
La
campagna
l
'
invade
da
tutte
le
parti
.
Le
stradicciuole
,
fiancheggiate
da
casine
da
presepio
,
scendono
e
salgono
per
valli
e
per
colline
,
e
si
perdono
nel
verde
dei
giardini
e
degli
orti
.
Nelle
parti
alte
della
città
regna
la
pace
profonda
della
campagna
;
nelle
parti
basse
brulica
la
vita
affaccendata
delle
città
di
mare
;
dalle
grandi
caserme
che
sorgono
qua
e
là
,
esce
un
frastuono
confuso
di
grida
,
di
canti
e
di
tamburi
,
e
migliaia
d
'
uccelletti
saltellano
,
per
le
viuzze
solitarie
.
Seguitando
un
convoglio
mortuario
,
usciamo
dalla
città
,
ci
addentriamo
nel
cimitero
famoso
,
ci
smarriamo
in
una
grande
foresta
di
cipressi
altissimi
,
che
si
stende
da
una
parte
verso
il
Mar
di
Marmara
e
dall
'
altra
verso
il
Corno
d
'
oro
,
sopra
un
vasto
terreno
montuoso
.
Le
pietre
sepolcrali
biancheggiano
tutt
'
intorno
fin
dove
arriva
lo
sguardo
,
a
mucchi
,
a
file
sterminate
,
in
mezzo
ai
cespugli
e
ai
fiori
selvatici
,
in
una
rete
infinita
di
sentieri
,
fra
i
tronchi
fittissimi
,
che
lasciano
appena
vedere
l
'
orizzonte
come
una
lontana
striscia
luminosa
e
ondeggiante
.
Andiamo
innanzi
,
a
caso
,
in
mezzo
ai
cippi
dipinti
e
dorati
,
ritti
e
rovesci
,
fra
le
cancellate
dei
sepolcri
di
famiglia
,
fra
i
piccoli
mausolei
dei
pascià
,
fra
le
colonnette
rozze
del
volgo
,
vedendo
qua
e
là
mazzi
di
fiori
appassiti
e
cocuzzoli
di
cranii
che
spuntano
fra
la
terra
smossa
,
udendo
grugare
da
ogni
parte
i
colombi
nascosti
nei
cipressi
;
e
via
via
,
pare
che
la
foresta
si
allarghi
,
che
le
pietre
pullulino
,
che
i
sentieri
si
moltiplichino
,
che
la
striscia
luminosa
dell
'
orizzonte
si
allontani
,
che
il
regno
della
morte
s
'
avanzi
a
passo
a
passo
con
noi
;
e
cominciamo
a
domandarci
come
n
'
usciremo
,
quando
sbocchiamo
inaspettatamente
in
un
larghissimo
viale
,
che
ci
conduce
nella
vasta
pianura
aperta
d
'
Haidar
pascià
,
dove
si
raccoglievano
gli
eserciti
musulmani
per
muovere
alle
guerre
dell
'
Asia
,
e
di
là
abbracciamo
con
uno
sguardo
il
Mar
di
Marmara
,
Stambul
,
l
'
imboccatura
del
Corno
d
'
oro
,
Galata
e
Pera
,
tutto
velato
leggermente
dai
vapori
della
mattina
e
tinto
di
colori
di
paradiso
,
che
ci
fanno
risentire
un
fremito
della
meraviglia
e
della
gioia
dell
'
arrivo
.
[
Palazzo
di
Ceragan
]
Un
'
altra
mattina
ci
troviamo
in
un
carrozzone
del
tramway
,
in
mezzo
a
due
colossali
eunuchi
neri
,
incaricati
da
un
aiutante
di
campo
d
'
Abdul
-
Aziz
di
condurci
a
visitare
il
palazzo
imperiale
di
Ceragan
,
posto
sulla
riva
del
Bosforo
ai
piedi
del
sobborgo
di
Bescic
-
Tass
.
Mi
ricordo
del
sentimento
indefinibile
,
misto
di
curiosità
e
di
ribrezzo
,
che
provavo
guardando
colla
coda
dell
'
occhio
l
'
eunuco
che
m
'
era
accanto
,
il
quale
mi
sorpassava
di
quasi
tutta
la
testa
,
e
teneva
stesa
sul
ginocchio
una
mano
smisurata
;
e
ogni
volta
che
mi
voltavo
,
sentivo
un
profumo
leggiero
di
essenza
di
bergamotto
che
usciva
dai
suoi
panni
lucidi
e
corretti
di
cortigiano
.
Quando
il
carrozzone
si
fermò
,
misi
la
mano
in
tasca
per
prendere
il
portamonete
;
ma
la
mano
smisurata
dell
'
eunuco
m
'
afferrò
il
braccio
come
una
tanaglia
di
ferro
,
e
i
suoi
grandi
occhi
di
negro
si
fissarono
nei
miei
,
come
per
dire
:
-
Cristiano
,
non
mi
far
questo
affronto
o
ti
slogo
le
ossa
.
-
Si
discese
dinanzi
a
una
piccola
porta
arabescata
,
si
percorse
un
lunghissimo
corridoio
,
dove
ci
venne
incontro
un
drappello
di
servitori
in
livrea
,
e
infilate
le
babbuccie
,
si
salì
per
una
larga
scala
,
che
metteva
alle
sale
della
reggia
.
Qui
non
ci
fu
bisogno
d
'
evocare
i
ricordi
storici
per
procurarsi
un
'
illusione
di
vita
.
L
'
aria
era
ancora
calda
dell
'
alito
della
Corte
.
I
larghissimi
divani
coperti
di
velluto
e
di
raso
,
che
si
stendevano
lungo
le
pareti
,
erano
proprio
quelli
su
cui
,
poche
settimane
prima
,
si
erano
sedute
le
odalische
del
Gran
Signore
.
Un
vago
profumo
di
vita
molle
e
fastosa
riempiva
ancora
l
'
aria
.
Si
passò
per
un
lungo
giro
di
sale
,
decorate
con
uno
stile
misto
di
europeo
e
di
moresco
,
nitidissime
e
belle
d
'
una
certa
semplicità
superba
,
che
ci
faceva
abbassare
la
voce
;
mentre
gli
eunuchi
,
borbottando
spiegazioni
incomprensibili
,
ci
indicavano
ora
un
angolo
,
ora
una
porta
,
con
un
gesto
circospetto
,
come
se
accennassero
a
un
mistero
.
Le
cortine
di
seta
,
i
tappeti
di
mille
colori
,
le
tavole
di
musaico
,
i
bei
quadri
a
olio
messi
a
contrallume
,
i
begli
archi
a
stalattiti
delle
porte
tramezzate
da
colonnine
arabe
,
gli
altissimi
candelabri
simili
ad
alberi
di
cristallo
che
tintinnavano
rumorosamente
al
nostro
passaggio
,
si
succedevano
e
si
confondevano
,
appena
visti
,
nella
nostra
fantasia
,
tutta
intesa
a
inseguire
immagini
fuggenti
di
cadine
sorprese
.
Non
mi
è
rimasta
dinanzi
agli
occhi
che
la
sala
da
bagno
del
Sultano
,
tutta
di
marmo
bianchissimo
,
scolpito
a
stalattiti
,
a
fiori
penzoli
,
a
frangio
e
a
ricami
aerei
,
d
'
una
delicatezza
,
da
far
temere
che
si
stacchino
a
toccarli
colla
punta
delle
dita
.
La
disposizione
delle
sale
mi
ricordava
vagamente
l
'
Alhambra
.
Camminavamo
in
fretta
sui
tappeti
spessissimi
,
senza
far
rumore
,
quasi
furtivamente
.
Di
tanto
in
tanto
un
eunuco
tirava
un
cordone
,
una
tenda
verde
s
'
alzava
,
e
vedevamo
,
per
un
'
ampia
finestra
,
il
Bosforo
,
l
'
Asia
,
mille
navi
,
una
gran
luce
;
poi
tutto
spariva
ad
un
tratto
lasciandoci
come
abbarbagliati
da
un
lampo
.
Da
una
finestra
vedemmo
di
sfuggita
un
piccolo
giardino
,
chiuso
da
alti
muri
,
lindo
,
compassato
,
monacale
,
che
ci
rivelò
in
un
momento
mille
segrete
malinconie
di
belle
donne
assetate
d
'
amore
e
di
libertà
,
e
disparve
improvvisamente
dietro
la
tenda
.
E
le
sale
non
finivan
mai
,
e
alla
vista
d
'
ogni
nuova
porta
,
affrettavamo
il
passo
per
affacciarci
inaspettati
alla
nuova
sala
;
ma
non
si
vedeva
più
nemmeno
lo
strascico
d
'
una
veste
,
le
odalische
erano
scomparse
,
un
silenzio
profondo
regnava
in
ogni
parte
,
il
fruscìo
che
ci
faceva
voltare
indietro
curiosamente
non
era
che
il
fruscìo
delle
tende
pesanti
di
broccato
che
ricadevano
sulla
soglia
della
porta
;
e
il
tintinnìo
dei
candelabri
di
cristallo
c
'
indispettiva
come
se
fosse
la
risata
argentina
di
qualche
bella
nascosta
,
che
ci
schernisse
.
E
infine
ci
venne
in
uggia
quell
'
andare
e
venire
senza
fine
per
quella
reggia
muta
,
fra
quelle
ricchezze
morte
,
vedendo
riflesse
a
ogni
passo
,
dai
grandi
specchi
,
quelle
faccie
nere
d
'
eunuchi
,
quel
drappello
sinistro
di
servitori
pensierosi
,
e
i
nostri
due
visi
attoniti
di
vagabondi
;
e
uscimmo
quasi
correndo
,
e
provammo
un
gran
piacere
nel
ritrovarci
all
'
aria
libera
,
fra
le
case
miserabili
,
in
mezzo
alla
popolaglia
cenciosa
e
vociferante
del
quartiere
di
Top
-
hanè
.
Eyub
E
la
necropoli
d
'
Eyub
come
dimenticarla
?
Ci
andammo
una
sera
al
tramonto
,
e
m
'
è
sempre
rimasta
nella
memoria
,
così
come
la
vidi
,
illuminata
dagli
ultimi
raggi
del
sole
.
Un
caicco
leggerissimo
ci
condusse
fino
in
fondo
al
Corno
d
'
oro
,
e
salimmo
alla
"
terra
santa
"
degli
Osmani
per
un
sentiero
ripido
,
fiancheggiato
di
sepolcri
.
In
quell
'
ora
gli
scalpellini
che
lavorano
il
giorno
intorno
ai
cippi
,
e
fanno
echeggiare
la
vasta
necropoli
dei
loro
colpi
sonori
,
erano
già
partiti
;
il
luogo
era
deserto
.
Andammo
innanzi
,
circospetti
,
guardando
intorno
se
apparisse
il
volto
severo
d
'
un
iman
o
d
'
un
dervis
,
poichè
là
,
meno
che
in
ogni
altro
luogo
sacro
,
è
tollerata
la
curiosità
profana
di
un
giaurro
;
ma
non
vedemmo
nè
cappelli
conici
nè
turbanti
.
Arrivammo
,
con
qualche
trepidazione
,
sino
a
quella
misteriosa
moschea
d
'
Eyub
,
della
quale
avevamo
visto
mille
volte
dalle
colline
dell
'
altra
riva
e
da
tutti
i
seni
del
Corno
d
'
oro
le
cupolone
scintillanti
e
i
minareti
leggieri
.
Nel
cortile
,
all
'
ombra
d
'
un
grande
platano
,
s
'
innalza
in
forma
di
chiosco
,
perpetuamente
rischiarato
da
una
corona
di
lampade
,
il
mausoleo
che
racchiude
il
corpo
del
portastendardo
famoso
del
Profeta
,
morto
coi
primi
musulmani
sotto
Bisanzio
,
e
ritrovato
otto
secoli
dopo
,
sepolto
su
quella
riva
,
da
Maometto
il
conquistatore
.
Maometto
gli
consacrò
quella
moschea
,
nella
quale
vanno
i
Padiscià
a
cingere
solennemente
la
spada
d
'
Otmano
;
poichè
è
quella
la
moschea
più
santa
di
Costantinopoli
,
come
il
cimitero
che
la
circonda
è
il
più
sacro
dei
cimiteri
.
Intorno
alla
moschea
,
all
'
ombra
di
grandi
alberi
,
s
'
innalzano
turbè
di
Sultane
,
di
vizir
,
di
grandi
della
Corte
,
circondati
di
fiori
,
splendidi
di
marmi
e
di
rabeschi
d
'
oro
,
e
decorati
d
'
iscrizioni
pompose
.
In
disparte
v
'
è
il
tempietto
mortuario
dei
muftì
coperto
da
una
cupola
ottagona
,
nel
quale
riposano
i
grandi
sacerdoti
chiusi
in
enormi
catafalchi
neri
,
sormontati
da
altissimi
turbanti
di
mussolina
.
È
una
città
di
tombe
,
tutta
bianca
e
ombrosa
,
e
regalmente
gentile
,
che
insieme
alla
tristezza
religiosa
ispira
non
so
che
sentimento
di
soggezione
mondana
,
come
un
quartiere
aristocratico
,
muto
d
'
un
silenzio
superbo
.
Si
passa
in
mezzo
a
muri
bianchi
e
a
cancellate
delicatissime
da
cui
scende
a
ghirlande
e
a
ciocche
la
verzura
dei
giardini
funebri
,
e
sporgono
i
rami
delle
acacie
,
delle
quercie
e
dei
mirti
,
e
per
le
trine
di
ferro
dorato
che
chiudono
le
finestre
arcate
dei
turbè
,
si
vedono
dentro
,
in
una
luce
soave
,
i
mausolei
marmorei
,
tinti
dei
riflessi
verdi
degli
alberi
.
In
nessun
altro
luogo
di
Stambul
si
spiega
così
graziosamente
l
'
arte
musulmana
di
illeggiadrire
l
'
immagine
della
morte
e
di
farvi
fissare
il
pensiero
senza
terrore
.
È
una
necropoli
,
una
reggia
,
un
giardino
,
un
panteon
,
pieno
di
malinconia
e
di
grazia
,
che
chiama
insieme
sulle
labbra
la
preghiera
e
il
sorriso
.
E
da
tutte
le
parti
gli
si
stendono
intorno
i
cimiteri
,
ombreggiati
da
cipressi
secolari
,
attraversati
da
viali
serpeggianti
,
bianchi
di
miriadi
di
cippi
che
par
che
si
precipitino
giù
per
le
chine
per
andarsi
a
tuffare
nelle
acque
o
che
si
affollino
lungo
i
sentieri
per
veder
passare
delle
larve
.
E
da
mille
recessi
oscuri
,
allargando
i
rami
dei
cespugli
,
si
vede
a
destra
,
confusamente
,
Stambul
lontana
,
che
presenta
l
'
aspetto
d
'
una
fuga
di
città
azzurrine
,
staccate
l
'
una
dall
'
altra
;
sotto
,
il
Corno
d
'
oro
,
su
cui
lampeggia
l
'
ultimo
raggio
del
sole
;
in
faccia
,
i
sobborghi
di
Sudlugé
,
di
Halidgi
-
Ogli
,
di
Piri
-
Pascià
,
di
Hass
-
kioi
,
e
più
lontano
il
grande
quartiere
di
Kassim
e
il
profilo
vago
di
Galata
,
perduti
in
una
dolcezza
infinita
di
tinte
tremole
e
morenti
,
che
non
paion
cosa
di
questa
terra
.
[
Il
museo
dei
Giannizzeri
]
Tutto
questo
svanisce
,
e
mi
trovo
a
passeggiare
per
lunghissimi
cameroni
nudi
,
in
mezzo
a
due
schiere
immobili
di
figure
sinistre
,
che
paiono
cadaveri
inchiodati
alle
pareti
.
Non
ricordo
d
'
aver
mai
provato
un
senso
così
vivo
di
ribrezzo
fuorchè
a
Londra
,
nell
'
ultima
sala
del
museo
Tussaud
,
dove
s
'
intravvedono
nell
'
oscurità
i
più
orrendi
assassini
d
'
Inghilterra
.
È
come
un
museo
di
spettri
,
o
piuttosto
un
sepolcro
aperto
,
in
cui
si
trovano
,
mummificati
,
i
più
famosi
personaggi
di
quella
vecchia
Turchia
splendida
,
stravagante
e
feroce
,
che
non
esiste
più
se
non
nella
memoria
dei
vecchi
e
nella
fantasia
dei
poeti
.
Sono
centinaia
di
grandi
figure
di
legno
,
colorite
,
vestite
dei
vecchi
costumi
,
ritte
,
in
atteggiamenti
rigidi
e
superbi
,
coi
visi
alti
,
cogli
occhi
spalancati
,
colle
mani
sull
'
else
,
che
par
che
aspettino
un
cenno
per
snudare
le
lame
e
far
sangue
,
come
al
buon
tempo
antico
.
Prima
viene
la
casa
del
Padiscià
:
il
grand
'
eunuco
,
il
gran
vizir
,
il
muftì
,
ciambellani
e
grandi
ufficiali
,
col
capo
coperto
di
turbanti
d
'
ogni
colore
,
piramidali
,
sferici
,
quadrati
,
spropositati
,
prodigiosi
,
con
caffettani
di
broccato
di
colori
smaglianti
,
coperti
di
ricami
,
con
tuniche
di
seta
vermiglia
e
di
seta
bianca
,
strette
alla
vita
da
sciarpe
di
casimir
,
con
vesti
dorate
,
coi
petti
coperti
di
lastre
d
'
oro
e
d
'
argento
,
con
armi
principesche
:
due
lunghe
file
di
spauracchi
bizzarri
e
splendidi
,
che
rivelano
in
modo
ammirabile
la
natura
dell
'
antica
corte
ottomana
,
spudoratamente
fastosa
e
barbaricamente
superba
.
Seguono
i
paggi
che
portano
le
pelliccie
del
Padiscià
,
il
turbante
,
lo
sgabello
,
la
spada
.
Poi
le
guardie
delle
porte
e
dei
giardini
,
le
guardie
del
Sultano
,
gli
eunuchi
bianchi
e
gli
eunuchi
neri
,
con
visi
di
magi
e
d
'
idoli
,
scintillanti
,
impennacchiati
,
colle
teste
coperte
di
cappelli
persiani
e
di
caschi
metallici
,
di
berrette
purpuree
,
di
turbanti
strani
,
della
forma
di
mezzelune
,
di
coni
,
di
piramidi
rovescie
;
armati
di
verghe
d
'
acciaio
,
di
pugnalacci
e
di
fruste
come
un
branco
d
'
assassini
e
di
carnefici
;
e
l
'
uno
guarda
in
aria
di
disprezzo
,
un
altro
digrigna
i
denti
,
un
terzo
caccia
fuor
dell
'
orbita
due
occhi
assetati
di
sangue
,
un
quarto
sorride
con
un
'
espressione
di
sarcasmo
satanico
.
E
in
fine
,
il
corpo
dei
giannizzeri
,
col
suo
santo
patrono
,
Emin
babà
,
scheletrito
,
vestito
d
'
una
tunica
bianca
,
e
ufficiali
di
tutti
i
gradi
simboleggiati
dai
varii
uffici
della
cucina
,
e
soldati
di
ogni
classe
con
tutti
gli
emblemi
e
tutte
le
divise
di
quell
'
esercito
insolente
sterminato
dalla
mitraglia
di
Mahmud
.
E
qui
la
bizzarria
grottesca
e
puerile
dei
vestiari
,
mista
al
terrore
delle
memorie
,
produce
l
'
impressione
d
'
una
pagliacciata
feroce
.
La
più
sbrigliata
fantasia
di
pittore
non
riuscirebbe
mai
a
formare
una
così
pazza
confusione
di
vestimenti
da
re
,
da
sacerdoti
,
da
briganti
,
da
giullari
.
I
"
portatori
d
'
acqua
"
,
i
"
preparatori
della
minestra
"
,
i
"
cuochi
superiori
"
,
i
"
capi
dei
guatteri
"
,
i
soldati
incaricati
di
servizii
speciali
,
si
succedono
in
lunghe
file
,
colle
scope
e
coi
cucchiai
nei
turbanti
,
cui
sonagli
appesi
alle
tuniche
,
cogli
otri
,
colle
marmitte
famose
che
davano
il
segnale
delle
rivolte
,
coi
grandi
berretti
di
pelo
,
colle
larghe
stoffe
cadenti
,
come
mantelli
di
negromanti
,
dalla
nuca
sui
lombi
,
colle
larghe
cinture
di
dischi
di
metallo
cesellato
,
colle
sciabole
gigantesche
,
cogli
occhi
di
granchio
,
coi
busti
enormi
,
coi
volti
contratti
in
atteggiamenti
di
beffa
,
di
minaccia
e
d
'
insulto
.
Ultimi
vengono
i
muti
del
Serraglio
,
col
cordone
di
seta
alla
mano
,
e
i
nani
e
i
buffoni
,
con
visi
ributtanti
di
cretini
inviperiti
,
e
corone
burlesche
sul
capo
.
Le
grandi
vetrine
in
cui
è
chiusa
tutta
questa
gente
,
danno
al
luogo
una
cert
'
aria
di
museo
anatomico
,
che
rende
più
verosimile
l
'
apparenza
cadaverica
dei
simulacri
e
fa
qualche
volta
torcere
il
viso
con
orrore
.
Arrivati
in
fondo
,
sembra
d
'
esser
passati
per
una
sala
dell
'
antico
serraglio
,
in
mezzo
a
tutta
la
Corte
,
agghiacciata
di
terrore
da
un
grido
minaccioso
del
Padiscià
;
ed
uscendo
e
incontrando
sulla
piazza
dell
'
Atmeidan
i
pascià
in
abito
nero
e
i
nizam
vestiti
modestamente
alla
zuava
,
oh
come
par
mite
ed
amabile
la
Turchia
dei
nostri
giorni
!
E
anche
di
là
ritorno
irresistibilmente
fra
le
tombe
,
in
mezzo
agli
innumerevoli
turbé
imperiali
sparsi
per
la
città
turca
,
che
rimarranno
sempre
nella
mia
memoria
come
una
delle
più
gentili
manifestazioni
dell
'
arte
e
della
filosofia
musulmana
.
Un
firmano
ci
fece
aprire
,
per
il
primo
,
il
turbè
di
Mahmud
il
riformatore
,
posto
poco
lontano
dall
'
Atmeidan
,
in
un
giardino
pieno
di
rose
e
di
gelsomini
.
È
un
bel
tempietto
esagono
,
di
marmo
bianco
,
coperto
di
una
cupola
rivestita
di
piombo
,
sostenuto
da
pilastri
ionici
e
rischiarato
da
sette
finestre
chiuse
da
inferriate
dorate
,
alcune
delle
quali
guardano
in
una
delle
vie
principali
di
Stambul
.
Le
pareti
interne
sono
ornate
di
bassorilievi
e
decorate
di
tappeti
di
seta
e
di
broccato
.
Nel
mezzo
sorge
il
sarcofago
coperto
di
bellissimi
scialli
persiani
;
e
v
'
è
sopra
il
fez
,
emblema
della
riforma
,
col
pennacchietto
scintillante
di
diamanti
,
e
intorno
una
graziosa
balaustrata
,
intarsiata
di
madreperla
,
che
racchiude
quattro
grandi
candelabri
d
'
argento
.
Lungo
le
pareti
ci
sono
i
sarcofagi
di
sette
sultane
.
Il
pavimento
è
coperto
di
stuoie
finissime
e
di
tappeti
variopinti
.
Qua
e
là
,
sopra
ricchi
leggii
,
brillano
dei
corani
preziosi
,
scritti
in
caratteri
d
'
oro
.
In
una
cassetta
d
'
argento
v
'
è
un
lungo
pezzo
di
mussolina
,
arrotolato
,
tutto
coperto
di
minutissimi
caratteri
arabi
,
tracciati
dalla
mano
di
Mahmud
.
Prima
di
salire
al
trono
,
quando
viveva
prigioniero
nell
'
antico
serraglio
,
egli
trascrisse
pazientemente
su
quel
pezzo
di
stoffa
una
gran
parte
del
Corano
,
e
morendo
,
ordinò
che
quel
suo
ricordo
giovanile
fosse
posto
sulla
sua
tomba
.
Dall
'
interno
del
turbé
si
vede
a
traverso
le
inferriate
dorate
il
verde
del
giardino
e
si
sente
l
'
odor
delle
rose
;
una
luce
viva
rischiara
tutto
il
tempietto
;
tutti
i
rumori
della
città
vi
risuonano
come
sotto
un
portico
aperto
;
le
donne
e
i
fanciulli
,
dalla
strada
,
s
'
affacciano
alle
finestre
e
bisbigliano
una
preghiera
.
V
'
è
in
tutto
questo
un
che
di
primitivo
e
di
dolce
,
che
tocca
il
cuore
.
Pare
che
non
il
cadavere
,
ma
l
'
anima
del
Sultano
sia
chiusa
fra
quelle
pareti
,
e
che
veda
e
senta
ancora
il
suo
popolo
,
che
passa
e
lo
saluta
.
Morendo
,
egli
non
ha
fatto
che
cambiare
di
chiosco
;
dai
chioschi
del
Serraglio
è
venuto
in
quest
'
altro
,
non
meno
ridente
,
ed
è
sempre
alla
luce
del
sole
,
in
mezzo
allo
strepito
della
vita
di
Stambul
,
tra
i
suoi
figli
,
anzi
più
vicino
ad
essi
,
sull
'
orlo
della
via
,
sotto
gli
occhi
di
tutti
,
e
mostra
ancora
al
popolo
il
suo
pennacchietto
scintillante
come
quando
andava
alla
moschea
,
pieno
di
vita
e
di
gloria
,
a
pregare
per
la
prosperità
dell
'
Impero
.
E
così
son
quasi
tutti
gli
altri
turbé
,
quello
d
'
Ahmed
,
quello
di
Bajazet
,
che
appoggia
la
testa
sopra
un
mattone
composto
colla
polvere
raccolta
dai
suoi
abiti
e
dalle
sue
babbuccie
;
quello
di
Solimano
,
quello
di
Mustafà
e
di
Selim
III
,
quello
d
'
Abdul
-
Hamid
,
quello
della
sultana
Rosellana
.
Son
tempietti
sostenuti
da
pilastri
di
marmo
bianco
e
di
porfido
,
luccicanti
d
'
ambra
e
di
madreperla
;
in
alcuni
dei
quali
scende
l
'
acqua
piovana
,
per
un
'
apertura
della
cupola
,
a
bagnare
i
fiori
e
l
'
erbe
intorno
ai
sarcofagi
,
coperti
di
velluti
e
di
trine
;
e
dalle
volte
pendono
ova
di
struzzo
e
lampade
dorate
che
rischiarano
le
tombe
dei
principi
,
disposte
a
corona
intorno
al
sepolcro
paterno
,
con
su
i
fazzoletti
che
servirono
a
strozzarli
bambini
o
giovinetti
;
forse
per
indurre
nei
fedeli
,
colla
pietà
delle
vittime
,
il
sentimento
della
necessità
fatale
di
quei
delitti
.
E
ricordo
,
che
a
furia
di
vedere
immagini
di
quelle
morti
,
cominciavo
a
sentire
in
me
come
un
principio
di
asservimento
del
pensiero
e
del
cuore
alla
iniqua
ragione
di
Stato
che
le
sanciva
;
come
a
furia
di
trovare
a
ogni
passo
,
nelle
moschee
,
nelle
fontane
,
nei
turbé
,
in
mille
immagini
,
ricordato
e
glorificato
il
nome
d
'
un
uomo
,
una
potenza
assoluta
e
suprema
,
qualche
cosa
,
dentro
di
me
,
cominciava
a
sottomettersi
;
come
a
furia
di
errare
all
'
ombra
dei
cimiteri
e
di
fissare
il
pensiero
nei
sepolcri
,
cominciavo
a
considerare
sotto
un
nuovo
aspetto
,
quasi
sereno
,
la
morte
;
a
provare
un
sentimento
più
queto
e
più
noncurante
della
vita
;
a
abbandonarmi
a
non
so
che
filosofia
odiosa
,
a
un
vagare
indefinito
del
pensiero
,
a
uno
stato
nuovo
dell
'
animo
,
in
cui
mi
pareva
che
il
meglio
fosse
passare
il
tempo
placidamente
sognando
e
lasciare
che
quello
che
è
scritto
si
compia
.
E
provavo
un
sentimento
improvvido
di
uggia
e
d
'
avversione
quando
in
mezzo
a
quelle
fantasie
serene
e
quiete
,
mi
s
'
affacciava
l
'
immagine
delle
nostre
città
affaticate
,
delle
nostre
chiese
oscure
,
dei
nostri
cimiteri
murati
e
deserti
.
[
I
dervis
]
E
anche
i
dervis
mi
passano
dinanzi
,
fra
le
immagini
di
quegli
ultimi
giorni
;
e
sono
i
dervis
Mevlevi
(
il
più
famoso
dei
trentadue
ordini
)
che
hanno
un
notissimo
tekké
in
via
di
Pera
.
Ci
andai
preparato
a
vedere
dei
volti
luminosi
di
santi
,
rapiti
da
allucinazioni
paradisiache
.
Ma
ci
ebbi
una
gran
delusione
.
Ahimè
!
anche
nei
dervis
la
fiamma
della
fede
"
lambe
l
'
arido
stame
"
.
La
famosa
danza
divina
non
mi
parve
che
una
fredda
rappresentazione
teatrale
.
Sono
curiosi
a
vedersi
,
senza
dubbio
,
quando
entrano
nella
moschea
circolare
,
l
'
un
dietro
l
'
altro
,
ravvolti
in
un
grande
mantello
bruno
,
col
capo
basso
,
colle
braccia
nascoste
,
accompagnati
da
una
musica
barbara
,
monotona
e
dolcissima
,
che
somiglia
al
gemito
del
vento
fra
i
cipressi
del
cimitero
di
Scutari
,
e
fa
sognare
a
occhi
aperti
;
e
quando
girano
intorno
,
e
s
'
inchinano
a
due
a
due
dinanzi
al
Mirab
,
con
un
movimento
maestoso
e
languido
che
fa
nascere
un
dubbio
improvviso
sul
loro
sesso
.
Così
è
pure
una
bella
scena
quando
buttano
in
terra
il
mantello
con
un
gesto
vivace
,
e
appariscono
tutti
vestiti
di
bianco
,
colla
lunga
gonnella
di
lana
,
e
allargando
le
braccia
in
atto
amoroso
e
rovesciando
la
testa
,
si
abbandonano
l
'
un
dopo
l
'
altro
ai
giri
,
come
se
fossero
slanciati
da
una
mano
invisibile
;
e
quando
girano
tutti
insieme
nel
mezzo
della
moschea
,
equidistanti
fra
loro
,
senza
scostarsi
d
'
un
filo
dal
proprio
posto
,
come
automi
sur
un
perno
,
bianchi
,
leggeri
,
rapidissimi
,
colla
gonnella
gonfia
e
ondeggiante
,
e
cogli
occhi
socchiusi
;
e
quando
si
precipitano
tutti
insieme
,
come
atterrati
da
una
apparizione
sovrumana
,
soffocando
contro
il
pavimento
il
grido
tonante
di
Allà
;
e
quando
ricominciano
a
inchinarsi
e
a
baciarsi
le
mani
e
a
girare
intorno
,
rasente
il
muro
,
con
un
passo
grazioso
tra
l
'
andatura
e
la
danza
.
Ma
le
estasi
,
i
rapimenti
,
i
volti
trasfigurati
,
che
tanti
viaggiatori
videro
e
descrissero
,
io
non
li
vidi
.
Non
vidi
che
dei
ballerini
agilissimi
e
infaticabili
che
facevano
il
loro
mestiere
colla
massima
indifferenza
.
Vidi
anzi
delle
risa
represse
;
scopersi
un
giovane
dervis
che
non
pareva
punto
scontento
d
'
esser
guardato
fisso
da
una
signora
inglese
affacciata
a
una
tribuna
in
faccia
a
lui
;
e
ne
colsi
sul
fatto
parecchi
che
,
nell
'
atto
di
baciar
le
mani
ai
compagni
,
tiravano
a
morderli
di
nascosto
,
e
questi
li
respingevano
a
pizzicotti
.
Ah
gl
'
ipocriti
!
Quello
che
mi
fece
più
senso
fu
il
vedere
in
tutti
quegli
uomini
,
e
ce
n
'
eran
d
'
ogni
età
e
d
'
ogni
aspetto
,
una
grazia
e
un
'
eleganza
di
mosse
e
d
'
atteggiamenti
,
che
potrebbero
invidiare
molti
dei
nostri
ballerini
da
salotto
;
e
che
è
certo
un
pregio
naturale
delle
razze
orientali
,
dovuto
ad
una
particolare
struttura
del
corpo
.
E
lo
notai
anche
meglio
un
altro
giorno
,
in
cui
potei
penetrare
in
una
celletta
del
tekké
,
e
veder
da
vicino
un
dervis
che
si
preparava
alla
funzione
.
Era
un
giovane
imberbe
,
alto
e
snello
,
di
fisonomia
femminea
.
Si
stringeva
ai
fianchi
la
sottana
bianca
,
guardandosi
nello
specchio
;
si
voltava
verso
di
noi
e
sorrideva
;
si
tastava
colle
mani
la
vita
sottile
;
si
accomodava
in
fretta
,
ma
con
garbo
,
e
con
un
occhio
d
'
artista
,
tutte
le
parti
del
vestimento
,
come
una
signora
che
dia
gli
ultimi
tocchi
alla
sua
acconciatura
;
e
visto
di
dietro
,
con
quello
strascico
,
presentava
infatti
il
profilo
di
un
bel
fusto
di
ragazza
vestita
da
ballo
che
domandasse
un
giudizio
allo
specchio
....
Ed
era
un
frate
!
.
Oh
strane
cose
in
vero
,
come
diceva
Desdemona
a
Otello
.
[
Ciamligià
]
Ma
il
più
bello
dei
miei
ultimi
ricordi
è
sulla
cima
del
monte
Ciamligià
,
che
s
'
alza
alle
spalle
di
Scutari
.
Di
là
diedi
alla
città
il
mio
ultimo
saluto
,
e
fu
l
'
ultima
e
la
più
splendida
delle
mie
grandi
visioni
di
Costantinopoli
.
Andammo
a
Scutari
allo
spuntare
del
giorno
con
un
tempo
nebbioso
.
La
nebbia
c
'
era
ancora
,
quando
s
'
arrivò
sulla
cima
del
monte
;
ma
il
cielo
prometteva
una
giornata
serena
.
Sotto
di
noi
,
tutto
era
nascosto
.
Era
uno
spettacolo
singolarissimo
.
Una
immensa
tenda
grigia
orizzontale
,
che
noi
dominavamo
tutta
collo
sguardo
,
copriva
Scutari
,
il
Bosforo
,
il
Corno
d
'
oro
,
tutta
Costantinopoli
.
Non
si
vedeva
assolutamente
nulla
.
La
grande
città
,
con
tutti
i
suoi
sobborghi
e
tutti
i
suoi
porti
,
pareva
che
fosse
sparita
.
Era
come
un
mare
di
nebbia
da
cui
non
usciva
che
la
cima
di
Ciamligià
,
come
un
'
isola
.
E
noi
guardavamo
quel
mare
grigio
,
immaginando
di
essere
due
poveri
pellegrini
,
venuti
d
'
in
fondo
all
'
Asia
Minore
,
e
arrivati
là
,
prima
dell
'
alba
,
sopra
quella
gran
nebbia
,
senza
sapere
che
ci
fosse
sotto
la
grande
metropoli
dell
'
Impero
ottomano
,
e
provavamo
un
gran
piacere
a
seguire
colla
fantasia
il
sentimento
crescente
di
stupore
e
di
meraviglia
che
quei
pellegrini
avrebbero
provato
vedendo
apparire
a
poco
a
poco
,
al
levarsi
del
sole
,
sotto
quell
'
immenso
velo
grigio
,
la
città
meravigliosa
e
inaspettata
.
E
infatti
,
di
là
a
poco
,
il
velo
fittissimo
si
cominciò
a
rompere
nello
stesso
tempo
in
varii
punti
.
Si
videro
apparire
qua
e
là
,
su
quella
vasta
superficie
grigia
,
come
tanti
principii
di
città
,
che
parevano
isolette
;
un
arcipelago
di
cittadine
nuotanti
nella
nebbia
,
e
sparpagliate
a
grandi
distanze
:
la
cima
di
Scutari
,
le
sette
cime
delle
colline
di
Stambul
,
la
sommità
di
Pera
,
i
sobborghi
più
alti
della
riva
europea
del
Bosforo
,
la
cresta
di
Kassim
Pascià
,
qualcosa
di
confuso
dei
più
lontani
sobborghi
del
Corno
d
'
Oro
,
laggiù
verso
Eyub
e
Hass
-
Kioi
;
venti
piccole
Costantinopoli
,
rosate
ed
aree
,
irte
di
innumerevoli
punte
bianche
,
verdi
e
argentine
.
Poi
ciascheduna
prese
a
allargarsi
,
a
allargarsi
,
come
se
s
'
innalzasse
lentamente
sopra
quel
mare
vaporoso
,
e
venivan
su
,
a
galla
,
da
tutte
le
parti
,
migliaia
di
tetti
,
di
cupole
,
di
torri
,
di
minareti
,
che
pareva
s
'
affollassero
,
o
si
schierassero
in
furia
,
per
trovarsi
al
proprio
posto
prima
di
esser
sorprese
dal
sole
.
Già
si
vedeva
sotto
tutta
Scutari
;
in
faccia
,
quasi
tutta
Stambul
;
sull
'
altra
riva
del
Corno
d
'
oro
,
la
parte
più
alta
di
tutti
i
sobborghi
che
si
stendono
da
Galata
alle
Acque
dolci
;
e
sulla
riva
europea
del
Bosforo
,
Top
-
hané
,
Funduclú
,
Dolma
bagcè
,
Besci
-
tass
,
e
via
,
a
perdita
d
'
occhi
,
città
accanto
a
città
,
gradinate
immense
di
edifizi
,
e
città
più
lontane
che
non
mostravano
che
la
fronte
,
suffuse
dall
'
aurora
d
'
un
soavissimo
rossore
di
corallo
.
Ma
il
Corno
d
'
oro
,
il
Bosforo
,
il
mare
erano
ancora
nascosti
.
I
pellegrini
non
ci
avrebbero
capito
nulla
.
Avrebbero
potuto
immaginare
che
l
'
immensa
città
fosse
fabbricata
sopra
due
valli
profonde
,
e
perpetuamente
nebbiose
,
di
cui
l
'
una
entrasse
nell
'
altra
,
e
domandarsi
che
cosa
si
potesse
nascondere
in
quei
due
abissi
misteriosi
.
Ma
ecco
,
in
pochi
momenti
,
il
grigio
delle
ultime
nebbie
si
chiarisce
-
azzurreggia
-
splende
-
è
acqua
-
è
una
rada
-
uno
stretto
-
un
mare
-
due
mari
:
tutta
Costantinopoli
è
là
,
immersa
in
un
oceano
di
luce
,
d
'
azzurro
e
di
verde
,
che
par
creato
da
un
'
ora
.
Ah
!
in
quel
punto
,
s
'
ha
un
bell
'
avere
già
contemplato
da
mille
altezze
quella
bellezza
,
s
'
ha
un
bell
'
averla
scrutata
in
tutti
i
suoi
particolari
,
e
aver
espresso
in
mille
modi
lo
stupore
e
l
'
ammirazione
;
ma
bisogna
strepitare
e
gridare
ancora
;
e
pensando
che
fra
pochi
giorni
tutto
sparirà
dai
nostri
occhi
,
per
non
esser
più
che
un
ricordo
confuso
,
che
quel
velo
di
nebbia
non
si
alzerà
mai
più
,
che
è
quello
il
momento
di
dare
l
'
ultimo
addio
a
ogni
cosa
...
non
so
...
sembra
di
dover
partire
per
l
'
esilio
e
che
l
'
orizzonte
della
nostra
vita
s
'
oscuri
.
Eppure
anche
a
Costantinopoli
,
negli
ultimi
giorni
,
ci
colse
la
noia
.
La
mente
affaticata
si
rifiutava
alle
nuove
impressioni
.
Passavamo
sul
ponte
senza
voltarci
.
Tutto
ci
pareva
d
'
un
colore
.
Giravamo
senza
scopo
,
sbadigliando
,
coll
'
aria
di
vagabondi
sconclusionati
.
Passavamo
ore
ed
ore
dinanzi
a
un
caffè
turco
,
cogli
occhi
fissi
sui
ciottoli
,
o
alla
finestra
dall
'
albergo
a
guardare
i
gatti
che
vagavano
sui
tetti
delle
case
dirimpetto
.
Eravamo
sazii
d
'
Oriente
;
cominciavamo
a
sentire
un
bisogno
prepotente
di
raccoglimento
e
di
lavoro
.
Poi
piovve
per
due
giorni
:
Costantinopoli
si
convertì
in
un
immenso
pantano
e
diventò
tutta
grigia
.
E
quello
fu
il
colpo
di
grazia
.
Ci
pigliò
l
'
umor
nero
,
dicevamo
corna
della
città
,
eravamo
diventati
insolenti
,
sfrontati
,
pieni
di
pretese
e
di
boria
europea
.
Chi
ce
l
'
avesse
detto
il
giorno
dell
'
arrivo
!
E
a
che
punto
si
giunse
!
Si
giunse
a
far
festa
il
giorno
che
s
'
uscì
dall
'
ufficio
del
Lloyd
austriaco
con
due
biglietti
d
'
imbarco
per
Varna
e
per
il
Danubio
!
Ma
c
'
era
un
punto
nero
in
quella
festa
,
ed
era
il
dispiacere
di
doverci
separare
dai
nostri
buoni
amici
di
Pera
,
coi
quali
passammo
tutte
quelle
ultime
sere
,
affettuosamente
.
Com
'
è
tristo
questo
dover
sempre
dire
addio
,
e
spezzar
sempre
dei
legami
,
e
lasciare
un
briciolo
del
proprio
cuore
da
per
tutto
!
Non
c
'
è
dunque
proprio
in
nessuna
parte
del
mondo
una
bacchetta
fatata
con
cui
io
possa
un
giorno
,
a
una
data
ora
,
far
ricomparire
tutti
insieme
intorno
a
una
gran
tavola
imbandita
tutti
i
miei
buoni
amici
sparsi
alle
quattro
plaghe
dei
venti
:
te
da
Costantinopoli
,
Santoro
;
te
dalle
rive
dell
'
Affrica
,
Selam
;
te
dalle
dune
dell
'
Olanda
,
Ten
Brink
;
te
,
Segovia
,
dal
Guadalguivir
,
e
te
,
Saavedra
,
dal
Tago
,
per
gridarvi
che
vi
avrò
sempre
nel
cuore
?
Ahimè
!
la
bacchetta
non
si
trova
,
e
intanto
gli
anni
passano
e
le
speranze
volano
via
.
I
TURCHI
Ora
,
prima
di
salire
sul
bastimento
austriaco
che
fuma
nel
Corno
d
'
oro
,
in
faccia
a
Galata
,
pronto
a
partire
per
il
Mar
Nero
,
mi
rimane
da
esporre
modestamente
,
da
povero
viaggiatore
,
alcune
osservazioni
generali
,
che
rispondano
alla
domanda
:
-
Che
cosa
t
'
è
parso
dei
Turchi
?
-
osservazioni
spontanee
,
liberissime
da
ogni
considerazione
degli
avvenimenti
presenti
,
e
ricavate
tali
e
quali
dalle
mie
memorie
di
quei
giorni
.
A
quella
domanda
:
-
Che
cosa
t
'
è
parso
dei
Turchi
?
-
mi
si
ravviva
,
per
prima
cosa
,
l
'
impressione
che
produsse
in
me
,
così
il
primo
giorno
che
l
'
ultimo
,
l
'
aspetto
esteriore
della
popolazione
maschia
di
Stambul
.
Anche
non
tenendo
conto
della
differenza
delle
forme
fisiche
,
è
un
'
impressione
affatto
diversa
da
quella
che
produce
la
gente
di
qualunque
altra
città
europea
.
Sembra
di
vedere
un
popolo
-
non
so
come
render
meglio
la
mia
idea
-
nel
quale
tutti
pensino
perpetuamente
alla
medesima
cosa
.
La
stessa
impressione
possono
produrre
,
in
un
abitante
dell
'
Europa
meridionale
,
che
osservi
superficialmente
,
gli
abitanti
delle
città
nordiche
;
ma
la
cosa
è
molto
diversa
.
Questi
hanno
la
serietà
e
il
raccoglimento
di
gente
affaccendata
,
che
pensi
ai
fatti
proprii
;
i
turchi
hanno
l
'
aspetto
di
gente
che
pensi
a
qualche
cosa
remota
e
indeterminata
.
Paiono
tutti
filosofi
assorti
in
un
'
idea
fissa
,
o
sonnambuli
,
che
camminino
senza
accorgersi
del
luogo
dove
sono
e
delle
cose
che
hanno
intorno
.
Guardano
tutti
diritto
e
lontano
come
chi
è
abituato
a
contemplare
dei
grandi
orizzonti
,
e
hanno
una
vaga
espressione
di
tristezza
negli
occhi
e
nella
bocca
,
come
chi
è
abituato
a
vivere
molto
chiuso
in
sè
stesso
.
È
in
tutti
la
stessa
gravità
,
la
stessa
compostezza
di
modi
,
lo
stesso
riserbo
del
linguaggio
,
dello
sguardo
,
dei
gesti
.
Paiono
tutti
signori
,
educati
tutti
ad
un
modo
,
dal
pascià
al
merciaiolo
,
e
ammantati
d
'
una
specie
di
dignità
aristocratica
,
la
quale
fa
sì
che
nessuno
s
'
accorgerebbe
,
a
primo
aspetto
,
che
ci
sia
una
plebe
a
Stambul
,
se
non
fosse
la
differenza
dei
vestimenti
.
Son
quasi
tutti
visi
freddi
,
che
non
rivelano
affatto
l
'
animo
e
il
pensiero
.
È
rarissimo
trovare
una
di
quelle
fisonomie
chiare
,
così
frequenti
tra
noi
,
che
sono
come
lo
specchio
d
'
un
'
indole
amorevole
o
appassionata
o
bisbetica
,
e
che
consentono
un
giudizio
pronto
e
sicuro
dell
'
uomo
.
Fra
loro
ogni
viso
è
un
enimma
;
il
loro
sguardo
interroga
,
ma
non
risponde
;
la
loro
bocca
non
tradisce
nessun
movimento
del
cuore
.
Non
si
può
dire
quanto
pesi
sull
'
animo
dello
straniero
questo
mutismo
dei
volti
,
questa
freddezza
,
questa
uniformità
d
'
atteggiamenti
statuarii
e
di
sguardi
fissi
,
che
non
dicono
nulla
.
A
volte
vien
voglia
di
gridare
in
mezzo
alla
folla
:
-
Ma
scotetevi
una
volta
!
diteci
chi
siete
,
che
cosa
pensate
,
che
cosa
vedete
dinanzi
a
voi
,
per
aria
,
con
quegli
occhi
di
vetro
!
-
E
la
cosa
par
tanto
strana
,
che
si
stenta
quasi
a
credere
che
sia
naturale
;
si
dubita
,
in
qualche
momento
,
che
sia
una
finzione
convenuta
,
o
l
'
effetto
passeggiero
di
qualche
malattia
morale
comune
a
tutti
i
musulmani
di
Costantinopoli
.
Dà
nell
'
occhio
alle
prime
,
però
,
in
quella
uniformità
di
modi
e
d
'
atteggiamenti
,
una
differenza
notevole
d
'
aspetto
fra
una
parte
e
l
'
altra
della
popolazione
.
I
tratti
originali
della
razza
turca
,
che
è
bella
e
robusta
,
non
son
rimasti
inalterati
che
nel
basso
popolo
,
che
serba
per
necessità
o
per
sentimento
religioso
la
sobrietà
di
vita
dei
suoi
padri
.
In
esso
si
vedono
i
corpi
asciutti
e
vigorosi
,
le
teste
ben
formate
,
gli
occhi
vivi
,
il
naso
aquilino
,
le
ossa
mascellari
prominenti
,
e
un
che
di
forte
e
d
'
ardito
in
tutte
le
forme
della
persona
.
I
turchi
delle
alte
classi
,
per
contro
,
in
cui
è
antica
la
corruzione
e
maggiore
la
mescolanza
del
sangue
straniero
,
hanno
per
lo
più
dei
corpi
grossi
d
'
una
molle
pinguedine
,
teste
piccine
,
fronti
basse
,
occhi
senza
lampo
,
labbra
cadenti
.
E
a
questa
differenza
fisica
corrisponde
una
non
meno
grande
,
o
forse
maggiore
differenza
morale
,
che
è
quella
che
corre
fra
il
turco
vero
,
schietto
,
antico
,
e
quell
'
essere
ambiguo
,
senza
colore
e
senza
sapore
,
che
si
chiama
il
turco
della
riforma
.
Dal
che
nasce
una
grande
difficoltà
allo
studiare
quello
che
si
chiama
in
modo
generale
il
popolo
turco
;
poichè
colla
parte
di
esso
,
che
ha
serbato
intatto
il
carattere
nazionale
,
o
non
c
'
è
modo
di
mescolarsi
o
non
c
'
è
verso
d
'
intendersi
;
e
l
'
altra
parte
,
colla
quale
c
'
è
facilità
di
commercio
e
d
'
osservazione
,
non
rappresenta
fedelmente
nè
l
'
indole
ne
le
idee
della
nazione
.
Ma
nè
la
corruzione
nè
la
nuova
tinta
di
civiltà
europea
ha
ancora
tolto
ai
turchi
delle
classi
superiori
quel
non
so
che
d
'
austero
e
di
vagamente
triste
,
che
si
osserva
nel
popolo
basso
,
e
che
,
non
considerato
negli
individui
,
ma
nella
generalità
della
popolazione
,
produce
un
'
impressione
innegabilmente
favorevole
.
A
giudicarne
,
in
fatti
,
dall
'
apparenza
,
la
popolazione
turca
di
Costantinopoli
parrebbe
la
più
civile
e
la
più
onesta
dell
'
Europa
.
Non
si
dà
caso
,
nemmeno
per
le
strade
più
solitarie
di
Stambul
,
che
uno
straniero
sia
insultato
;
si
possono
visitare
le
moschee
,
anche
durante
le
preghiere
,
con
assai
più
sicurezza
d
'
essere
rispettati
che
non
potrebbe
averne
un
turco
che
visitasse
le
nostre
chiese
;
tra
la
folla
,
non
s
'
incontra
mai
uno
sguardo
,
non
dico
insolente
,
ma
neanche
troppo
curioso
;
rarissime
le
risse
,
rarissima
la
gente
del
popolo
che
si
scanagli
in
mezzo
alla
strada
,
nessun
vocìo
di
donnacole
alle
porte
,
alle
finestre
,
nelle
botteghe
;
nessun
'
apparenza
pubblica
di
prostituzione
,
nessun
atto
indecente
;
il
mercato
poco
meno
dignitoso
della
moschea
;
per
tutto
una
gran
parsimonia
di
gesti
e
di
parole
;
non
canti
,
non
risate
clamorose
,
non
schiamazzi
plebei
,
non
crocchi
importuni
che
impediscano
il
passo
;
visi
,
mani
e
piedi
puliti
;
rari
i
cenci
,
e
raramente
sudici
;
punto
becerume
;
e
una
manifestazione
universale
e
reciproca
di
rispetto
fra
tutte
le
classi
sociali
.
Ma
ciò
non
è
che
apparenza
.
Il
marcio
è
nascosto
.
La
corruzione
è
dissimulata
dalla
separazione
dei
due
sessi
,
l
'
ozio
è
larvato
dalla
quiete
,
la
dignità
fa
da
maschera
all
'
orgoglio
,
la
compostezza
grave
dei
visi
,
che
pare
indizio
di
profondi
pensieri
,
nasconde
l
'
inerzia
mortale
dell
'
intelletto
,
e
quella
che
sembra
temperanza
civile
di
vita
,
non
è
che
mancanza
di
vera
vita
.
La
natura
,
la
filosofia
,
l
'
intera
vita
di
questo
popolo
è
significata
da
uno
stato
particolare
dello
spirito
e
del
corpo
,
che
si
chiama
Kief
,
e
che
è
il
supremo
dei
suoi
piaceri
.
Aver
mangiato
parcamente
,
aver
bevuto
un
bicchiere
d
'
acqua
di
fonte
,
aver
detto
le
preghiere
,
sentire
la
carne
quieta
e
la
coscienza
tranquilla
,
e
star
così
,
in
un
punto
da
cui
si
veda
un
vasto
orizzonte
,
seduti
all
'
ombra
d
'
un
albero
,
seguitando
collo
sguardo
i
colombi
del
cimitero
sottoposto
,
i
bastimenti
lontani
,
gl
'
insetti
vicini
,
le
nuvole
del
cielo
e
il
fumo
del
narghilé
,
pensando
vagamente
a
Dio
,
alla
morte
,
alla
vanità
dei
beni
della
terra
e
alla
dolcezza
del
riposo
eterno
d
'
un
'
altra
vita
:
ecco
il
Kief
.
Star
spettatore
inoperoso
del
gran
teatro
del
mondo
:
ecco
la
grande
aspirazione
del
turco
.
A
questo
lo
porta
la
sua
natura
antica
di
pastore
contemplativo
e
lento
,
la
sua
religione
che
lega
le
braccia
all
'
uomo
,
rimettendo
ogni
cosa
a
Dio
,
la
sua
tradizione
di
soldato
dell
'
islamismo
,
per
il
quale
non
c
'
è
altra
azione
veramente
grande
e
necessaria
che
combattere
e
vincere
per
la
propria
fede
,
e
finita
la
battaglia
,
ogni
dovere
è
compiuto
.
Per
lui
,
tutto
è
fatale
;
l
'
uomo
non
è
che
uno
strumento
nelle
mani
della
Provvidenza
;
è
inutile
che
egli
si
agiti
per
dare
alle
cose
umane
altro
corso
da
quello
che
è
prescritto
nel
cielo
;
la
terra
è
un
caravanserai
;
Dio
ha
creato
l
'
uomo
perché
vi
passi
,
pregando
e
ammirando
le
suo
opere
;
lasciamo
fare
a
Dio
;
lasciamo
cadere
quello
che
cade
e
passare
quello
che
passa
;
non
ci
affanniamo
per
rinnovare
,
non
ci
affanniamo
per
conservare
.
Così
il
suo
supremo
desiderio
è
la
quiete
,
ed
egli
si
preserva
con
somma
cura
da
tutte
le
commozioni
che
possono
turbare
l
'
armonia
pacata
della
sua
vita
.
Quindi
nè
avidità
di
sapere
,
nè
febbre
di
guadagni
,
nè
furore
di
viaggi
,
nè
passioni
vaghe
e
inappagabili
d
'
amore
e
d
'
ambizione
.
La
mancanza
dei
moltissimi
bisogni
intellettuali
e
fisici
,
per
soddisfare
i
quali
noi
lottiamo
con
un
lavoro
continuo
,
fa
sì
ch
'
egli
non
comprenda
nemmeno
in
noi
la
ragione
di
questo
lavoro
.
Egli
lo
considera
come
un
indizio
di
aberrazione
morbosa
del
nostro
spirito
.
L
'
ultimo
scopo
d
'
ogni
fatica
parendogli
necessariamente
la
pace
di
cui
egli
gode
senza
affaticarsi
,
gli
pare
altresì
che
sia
più
saggio
e
più
utile
l
'
arrivarci
per
la
via
breve
e
piana
per
cui
egli
ci
arriva
.
Tutto
il
grande
lavorìo
di
pensieri
e
di
braccia
dei
popoli
europei
,
gli
pare
un
anfanamento
puerile
,
perché
non
ne
vede
gli
effetti
in
una
possessione
maggiore
della
sua
felicità
ideale
.
Non
lavorando
,
non
ha
sentimento
del
valore
del
tempo
;
e
mancandogli
questo
sentimento
,
non
può
nè
desiderare
nè
pregiare
tutti
i
trovati
dell
'
ingegno
umano
che
tendono
ad
accelerare
la
vita
e
il
cammino
dell
'
umanità
.
È
capace
di
domandarsi
a
che
cosa
giovi
una
strada
ferrata
se
non
conduce
a
una
città
dove
si
possa
viver
più
felici
che
in
quella
da
cui
si
parte
.
La
sua
fede
fatalista
,
che
gli
fa
parer
vano
il
darsi
pensiero
dell
'
avvenire
,
è
cagione
pure
ch
'
egli
non
pregi
nessuna
cosa
se
non
per
quel
tanto
di
godimento
sicuro
e
immediato
che
gli
può
procurare
.
Perciò
non
gli
pare
che
un
sognatore
l
'
europeo
che
prevede
e
che
prepara
,
che
getta
le
fondamenta
d
'
un
edifizio
di
cui
non
vedrà
il
compimento
,
che
consuma
le
sue
forze
,
che
sacrifica
la
sua
pace
ad
un
fine
dubbio
e
lontano
.
Perciò
giudica
la
nostra
razza
una
razza
frivola
,
meschina
,
presuntuosa
,
imbastardita
,
di
cui
il
solo
pregio
è
una
scienza
orgogliosa
delle
cose
terrene
,
ch
'
egli
disdegna
,
se
non
in
quanto
è
costretto
a
valersene
per
non
rimanerci
al
di
sotto
.
E
ci
disprezza
.
Per
me
è
questo
il
sentimento
dominante
che
ispiriamo
noi
europei
ai
veri
turchi
che
costituiscono
ancora
la
grande
maggioranza
della
nazione
;
e
si
potrà
negare
e
fingere
di
non
crederci
;
ma
non
si
può
non
sentire
da
chi
sia
vissuto
poco
o
molto
in
mezzo
a
loro
.
E
questo
sentimento
di
disprezzo
deriva
da
molte
cagioni
:
la
prima
delle
quali
è
la
considerazione
d
'
un
fatto
significantissimo
per
essi
:
che
cioè
,
da
più
di
quattro
secoli
,
benchè
relativamente
scarsi
di
numero
,
dominano
una
gran
parte
di
Europa
di
fede
avversa
alla
loro
,
e
vi
si
mantengono
malgrado
tutto
quello
che
accadde
e
che
accade
.
La
parte
minima
della
nazione
vede
la
cagione
di
questo
fatto
nelle
gelosie
e
nelle
discordie
degli
Stati
d
'
Europa
;
la
parte
maggiore
la
vede
invece
nella
superiorità
delle
proprie
forze
,
e
nel
nostro
avvilimento
.
Non
cade
neppur
nella
mente
,
infatti
,
a
nessun
turco
del
volgo
che
un
'
Europa
islamitica
avrebbe
subito
e
subirebbe
l
'
affronto
d
'
una
conquista
cristiana
dai
Dardanelli
al
Danubio
.
Ai
vanti
della
nostra
civiltà
,
essi
oppongono
il
fatto
della
loro
dominazione
.
Orgogliosi
di
sangue
,
fortificati
in
quest
'
orgoglio
dalla
consuetudine
dell
'
impero
,
abituati
a
sentirsi
dire
,
in
nome
di
Dio
,
ch
'
essi
appartengono
a
una
razza
conquistatrice
,
nata
alla
guerra
,
non
al
lavoro
,
abituati
anzi
a
vivere
del
lavoro
dei
vinti
,
non
comprendono
nemmeno
come
i
popoli
soggetti
a
loro
possano
accampare
un
diritto
qualsiasi
all
'
eguaglianza
civile
.
Per
loro
,
posseduti
da
una
fede
cieca
nel
regno
sensibile
della
Provvidenza
,
la
conquista
dell
'
Europa
è
stata
l
'
adempimento
di
un
decreto
di
Dio
;
è
Dio
che
li
ha
investiti
,
in
segno
di
predilezione
,
di
questa
sovranità
terrena
;
e
il
fatto
ch
'
essi
la
conservino
,
contro
tante
forze
ostili
,
è
una
prova
incontestabile
del
loro
diritto
divino
,
e
nello
stesso
tempo
un
argomento
luminoso
in
favore
della
verità
della
loro
fede
.
Contro
questo
loro
sentimento
si
spezzano
tutti
i
ragionamenti
di
civiltà
,
di
diritto
,
d
'
eguaglianza
.
La
civiltà
per
loro
non
è
che
una
forza
ostile
che
vuol
disarmarli
senza
combattere
,
a
poco
a
poco
,
a
tradimento
,
per
abbassarli
a
paro
dei
loro
soggetti
e
spogliarli
della
loro
dominazione
.
Quindi
,
oltre
al
disprezzarla
come
vana
,
la
temono
come
nemica
;
e
poichè
non
possono
respingerla
colla
forza
,
le
oppongono
la
invincibile
resistenza
della
loro
inerzia
.
Trasformarsi
,
incivilirsi
,
eguagliarsi
ai
loro
soggetti
,
essi
comprendono
che
significa
doversi
mettere
a
gareggiare
con
quelli
d
'
ingegno
,
di
studio
e
di
lavoro
;
acquistare
una
superiorità
nuova
;
rifare
colle
forze
dello
spirito
la
conquista
già
fatta
colla
spada
;
e
a
questo
s
'
oppone
,
oltre
il
loro
interesse
materiale
di
dominatori
,
il
loro
disprezzo
religioso
per
gli
infedeli
,
la
loro
alterezza
soldatesca
,
la
loro
indolenza
fatta
seconda
natura
,
l
'
indole
del
loro
ingegno
mancante
d
'
ogni
facoltà
iniziatrice
,
e
intorpidito
nell
'
immobilità
di
quelle
cinque
idee
tradizionali
,
che
formano
tutto
il
patrimonio
intellettuale
della
nazione
.
Essi
non
vedono
,
d
'
altra
parte
,
in
quella
classe
sociale
,
che
accetta
,
secondo
loro
,
la
civiltà
europea
,
e
che
rappresenta
ai
loro
occhi
lo
stato
in
cui
l
'
Europa
vorrebbe
veder
ridotti
tutti
i
figli
d
'
Osmano
,
non
vedono
in
quei
loro
fratelli
in
soprabito
e
in
guanti
,
che
balbettano
il
francese
e
non
vanno
alla
moschea
,
un
esempio
che
possa
ragionevolmente
convertirli
.
Come
rappresenta
la
civiltà
quella
parte
della
nazione
ottomana
?
Su
questo
son
presso
a
poco
tutti
d
'
accordo
.
Il
nuovo
turco
non
vale
il
vecchio
.
Egli
ha
preso
i
nostri
panni
,
i
nostri
comodi
,
i
nostri
vizii
,
le
nostre
vanità
;
ma
non
ha
accolto
,
per
ora
,
nè
i
nostri
sentimenti
,
nè
le
nostre
idee
;
e
in
questa
trasformazione
parziale
,
ha
perduto
quello
che
c
'
era
di
buono
in
fondo
alla
sua
natura
genuina
di
Osmano
.
Il
vecchio
turco
non
vede
per
ora
altri
frutti
dell
'
incivilimento
che
una
più
diffusa
peste
dicasterica
,
un
'
impiegataglia
innumerevole
,
oziosa
,
inetta
,
miscredente
,
rapace
,
mascherata
alla
franca
,
che
disprezza
tutte
le
tradizioni
nazionali
,
e
una
specie
di
jeunesse
dorée
,
corrotta
e
sfrontata
,
che
promette
di
riuscire
assai
peggiore
dei
suoi
padri
.
Così
vestire
e
così
vivere
,
giusta
il
concetto
del
vero
turco
,
è
esser
civili
;
e
infatti
egli
chiama
fare
,
pensare
,
vivere
alla
franca
,
tutti
gli
usi
e
tutte
le
azioni
che
non
solo
la
sua
coscienza
di
maomettano
,
ma
la
coscienza
di
qualunque
uomo
onesto
condanna
.
Considera
quindi
gli
"
inciviliti
"
,
non
come
musulmani
più
avanzati
degli
altri
sulla
via
d
'
un
miglioramento
qualsiasi
;
ma
come
gente
scaduta
,
traviata
,
poco
meno
che
apostata
e
che
traditrice
della
nazione
;
e
diffida
delle
novità
,
e
le
respinge
per
quanto
è
in
lui
,
non
foss
'
altro
che
perché
gli
vengono
da
quella
parte
,
in
cui
egli
ne
vede
tutto
giorno
gli
effetti
funesti
.
Ogni
novità
europea
è
per
lui
un
attentato
contro
il
suo
carattere
e
contro
i
suoi
interessi
.
Il
governo
è
rivoluzionario
,
il
popolo
è
conservatore
;
la
semenza
delle
nuove
idee
casca
in
un
terreno
rigido
e
unito
che
le
rifiuta
gli
umori
per
la
fecondazione
;
la
mano
di
chi
regge
le
cose
,
stringe
ed
agita
l
'
elsa
;
ma
la
lama
gira
nel
manico
.
Questa
è
la
ragione
per
cui
tutta
l
'
opera
riformatrice
che
si
va
tentando
da
cinquant
'
anni
,
non
ha
ancora
passato
la
prima
pelle
della
nazione
.
Si
sono
mutati
i
nomi
,
sono
rimaste
le
cose
.
Il
poco
che
fu
fatto
,
fu
fatto
colla
violenza
,
e
a
questo
il
popolo
attribuisce
l
'
audacia
crescente
degl
'
infedeli
,
la
corruzione
che
piglia
campo
nel
cuore
dell
'
impero
,
e
tutte
le
sventure
nazionali
.
Perché
mutare
le
nostre
istituzioni
,
egli
si
domanda
,
se
son
quelle
colle
quali
abbiamo
vinto
e
dominato
per
secoli
?
Perché
adottar
quelle
che
non
ebbero
forza
di
resistere
all
'
urto
della
nostra
spada
?
L
'
organesimo
,
la
vita
,
le
tradizioni
del
popolo
turco
son
quelle
d
'
un
esercito
vincitore
accampato
in
Europa
;
esso
ne
esercita
il
comando
,
ne
gode
i
privilegi
e
gli
ozii
,
e
ne
sente
l
'
orgoglio
;
e
come
tutti
gli
eserciti
,
preferisce
la
disciplina
di
ferro
,
che
gli
concede
la
prepotenza
sui
vinti
,
a
una
disciplina
più
mite
,
ma
che
incatena
il
suo
arbitrio
di
vincitore
.
Ora
lo
sperare
che
questo
stato
di
cose
,
immobile
da
secoli
,
possa
mutare
nel
giro
di
pochi
anni
,
è
un
sogno
.
Le
avanguardie
leggere
della
civiltà
possono
procedere
quanto
vogliono
rapidamente
;
ma
il
grosso
dell
'
esercito
,
carico
ancora
delle
pesanti
armature
medioevali
,
o
non
si
muove
,
o
non
le
segue
che
alla
lontana
,
a
lentissimo
passo
.
Non
sono
che
cose
di
ieri
,
convien
ricordarsi
,
il
dispotismo
cieco
,
i
giannizzeri
,
il
serraglio
coronato
di
teste
,
il
sentimento
dell
'
invincibilità
degli
osmani
,
il
raià
considerato
e
trattato
con
un
essere
immondo
,
gli
ambasciatori
di
Francia
vestiti
e
pasciuti
sul
limitare
della
sala
del
trono
,
per
simboleggiare
la
vile
povertà
degl
'
infedeli
al
cospetto
del
Gran
Signore
.
Ma
su
questo
argomento
,
non
c
'
è
,
credo
,
gran
disparità
di
pareri
nemmeno
fra
gli
Europei
e
i
Turchi
medesimi
.
La
disparità
dei
giudizii
,
e
quindi
la
difficoltà
per
uno
straniero
di
dare
un
giudizio
proprio
,
è
nell
'
estimazione
delle
intime
qualità
individuali
del
turco
;
poichè
a
interrogarne
i
raià
,
non
si
sentono
che
i
vilipendii
dell
'
oppresso
contro
l
'
oppressore
;
a
domandarne
gli
Europei
liberi
delle
colonie
,
i
quali
non
hanno
ragione
nè
di
temere
nè
di
odiare
gli
Osmani
,
non
solo
,
ma
hanno
mille
ragioni
di
compiacersi
dello
stato
attuale
delle
cose
,
non
si
ottengono
in
generale
che
giudizii
,
forse
coscienziosamente
,
ma
certo
eccessivamente
favorevoli
.
I
più
di
questi
sono
concordi
nel
riconoscere
il
turco
probo
,
franco
,
leale
,
e
sinceramente
religioso
.
Ma
riguardo
al
sentimento
religioso
,
la
cui
conservazione
gli
potrebbe
esser
tenuta
in
conto
d
'
un
grande
merito
,
è
da
notarsi
che
la
religione
in
cui
si
mantiene
saldo
,
non
s
'
oppone
ad
alcune
delle
sue
tendenze
e
ad
alcuno
dei
suoi
interessi
;
accarezza
,
anzi
,
la
sua
natura
sensuale
,
giustifica
la
sua
inerzia
,
sancisce
la
sua
dominazione
;
egli
vi
si
attiene
tenacemente
,
poichè
sente
che
la
sua
nazionalità
è
nel
suo
dogma
e
il
suo
destino
nella
sua
fede
.
Riguardo
alla
probità
,
si
citano
molte
prove
di
fatti
individuali
dei
quali
si
potrebbero
citare
esempi
innumerevoli
anche
fra
il
più
corrotto
popolo
europeo
.
Ma
è
da
considerarsi
,
anche
a
questo
riguardo
,
che
non
ha
poca
parte
l
'
ostentazione
nella
probità
che
mostra
il
turco
nei
suoi
commerci
coi
cristiani
,
coi
quali
fa
spesso
per
orgoglio
quello
che
non
farebbe
per
semplice
impulso
della
coscienza
,
poichè
gli
ripugna
di
comparire
dappoco
in
faccia
a
gente
a
cui
si
tiene
superiore
di
razza
e
di
valore
morale
.
Così
nascono
pure
dalla
sua
stessa
condizione
di
dominatore
certe
qualità
,
astrattamente
pregevoli
,
di
franchezza
,
di
fierezza
,
di
dignità
,
che
non
è
ben
certo
se
avrebbe
conservate
,
messo
nella
condizione
di
chi
gli
è
soggetto
.
Non
gli
si
può
negare
,
però
,
nè
il
sentimento
della
carità
,
il
quale
è
il
solo
balsamo
agl
'
infiniti
mali
della
sua
società
mal
ordinata
,
benchè
incoraggi
l
'
indolenza
e
moltiplichi
la
miseria
;
nè
altri
sentimenti
che
sono
indizii
di
gentilezza
d
'
animo
,
come
la
gratitudine
ch
'
egli
serba
per
i
più
piccoli
benefizii
,
il
culto
dei
morti
,
la
cortesia
ospitale
,
il
rispetto
degli
animali
.
È
bello
il
suo
sentimento
dell
'
eguaglianza
di
tutte
le
classi
sociali
.
È
innegabile
una
certa
moderazione
severa
della
sua
indole
,
che
traspare
dagli
innumerevoli
proverbi
pieni
di
saggezza
e
di
prudenza
;
una
certa
semplicità
patriarcale
,
una
tendenza
vaga
alla
solitudine
e
alla
malinconia
,
che
esclude
la
volgarità
e
la
tristizia
dell
'
animo
.
Senonchè
tutte
queste
qualità
galleggiano
,
per
così
dire
,
al
sommo
dell
'
anima
sua
,
nella
quiete
non
turbata
della
vita
ordinaria
;
e
v
'
è
in
fondo
,
come
addormentata
,
la
sua
violenta
natura
asiatica
,
il
suo
fanatismo
,
il
suo
furore
di
soldato
,
la
sua
ferocia
di
barbaro
,
che
,
stimolati
,
prorompono
,
e
ne
balza
fuori
un
altr
'
uomo
.
Il
perché
è
giusta
la
sentenza
che
il
turco
ha
un
'
indole
mitissima
quando
non
taglia
le
teste
.
Il
tartaro
è
come
rannicchiato
dentro
di
lui
,
e
assopito
.
Il
vigore
nativo
è
rimasto
intero
in
lui
,
quasi
custodito
dalla
indolente
mollezza
della
sua
vita
,
la
quale
non
se
ne
serve
che
nelle
occasioni
supreme
.
Così
gli
è
rimasto
intero
il
coraggio
di
cui
la
cultura
dell
'
intelligenza
rallenta
la
molla
,
raffinando
il
sentimento
della
vita
,
resa
più
cara
dal
concetto
e
dalla
speranza
di
godimenti
maggiori
.
In
lui
la
passione
religiosa
e
guerriera
trova
un
campo
non
guasto
nè
da
dubbi
,
nè
da
ribellioni
dello
spirito
,
nè
da
cozzi
d
'
idee
;
una
sostanza
tutta
e
istantaneamente
infiammabile
;
un
uomo
tutto
d
'
un
pezzo
che
scatta
,
a
un
tocco
,
tutto
intero
;
una
lama
sempre
affilata
,
su
cui
non
è
scritto
che
il
nome
d
'
un
Dio
e
d
'
un
Sovrano
.
La
vita
sociale
ha
appena
digrossato
in
lui
l
'
uomo
antico
della
steppa
e
della
capanna
.
Spiritualmente
,
egli
vive
ancora
nella
città
presso
a
poco
come
viveva
nella
tribù
,
in
mezzo
alla
gente
,
ma
solitario
coi
suoi
pensieri
.
Non
c
'
è
,
anzi
,
fra
loro
,
una
vera
vita
sociale
.
La
vita
dei
due
sessi
dà
l
'
immagine
di
due
fiumi
paralleli
,
i
quali
non
confondono
le
loro
acque
,
se
non
qua
e
là
per
via
di
comunicazioni
sotterranee
.
Gli
uomini
si
raccolgono
fra
loro
,
ma
non
vivono
in
intimità
di
pensiero
gli
uni
cogli
altri
;
si
avvicinano
,
ma
non
si
legano
;
ciascuno
preferisce
alla
espansione
di
sè
medesimo
,
quella
che
un
grande
poeta
definì
mirabilmente
la
vegetazione
sorda
delle
idee
.
La
nostra
conversazione
,
agile
e
varia
,
che
scherza
,
discute
,
insegna
,
ricrea
,
il
nostro
bisogno
di
dare
e
di
ricevere
sentimenti
e
pensieri
,
questa
estrinsecazione
reciproca
del
nostro
essere
,
in
cui
l
'
intelligenza
si
esercita
e
il
cuore
si
riscalda
,
pochissimi
tra
loro
la
conoscono
.
I
loro
discorsi
radono
quasi
sempre
la
terra
e
trattano
per
lo
più
di
cose
materialmente
necessarie
.
L
'
amore
è
escluso
,
la
letteratura
è
privilegio
di
pochi
,
la
scienza
è
un
mito
,
la
politica
si
riduce
per
lo
più
a
una
quistione
di
nomi
,
gli
affari
non
occupano
che
una
piccolissima
parte
nella
vita
del
maggior
numero
.
Alle
discussioni
astratte
la
natura
della
loro
intelligenza
si
rifiuta
.
Essi
non
comprendono
bene
che
quello
che
vedono
e
quello
che
toccano
;
del
che
è
una
prova
la
loro
lingua
stessa
,
la
quale
difetta
ogni
volta
che
c
'
è
da
esprimere
un
'
astrazione
;
per
il
che
i
turchi
istruiti
sono
costretti
a
ricorrere
all
'
arabo
e
al
persiano
,
o
a
una
lingua
europea
.
Essi
non
sentono
il
bisogno
,
d
'
altra
parte
,
di
forzare
la
mente
a
comprendere
cose
che
son
fuori
dei
loro
desiderii
,
e
quasi
della
loro
vita
.
Il
persiano
è
più
investigatore
,
l
'
arabo
è
più
curioso
:
il
turco
non
ha
che
una
suprema
indifferenza
per
quello
che
non
conosce
.
E
non
avendo
idee
da
scambiare
,
non
cerca
la
compagnia
degli
europei
;
e
non
ama
nè
le
loro
interminabili
e
sottili
discussioni
,
nè
loro
stessi
.
Nè
ci
può
esser
intera
confidenza
fra
gli
uni
e
gli
altri
,
dacchè
l
'
uno
dei
due
nasconde
perpetuamente
una
parte
di
sè
:
i
suoi
affetti
più
intimi
,
la
sua
casa
,
i
suoi
piaceri
,
e
quello
che
più
importa
,
il
vero
sentimento
che
nutre
verso
l
'
altro
;
che
è
un
sentimento
invincibile
di
diffidenza
.
Il
turco
tollera
l
'
armeno
,
sprezza
l
'
ebreo
,
odia
il
greco
,
diffida
del
franco
.
Sopporta
,
in
generale
,
tutti
quanti
,
come
un
grosso
animale
che
si
lascia
passeggiare
sulla
schiena
una
miriade
di
mosche
,
riserbandosi
a
darci
su
una
codata
quando
si
senta
pungere
nel
vivo
.
Lascia
che
tutti
facciano
,
armeggino
,
rimestino
ogni
cosa
intorno
a
lui
;
si
vale
degli
europei
che
gli
possono
essere
utili
;
accetta
le
novazioni
materiali
di
cui
riconosce
il
vantaggio
immediato
;
sta
a
sentire
senza
batter
palpebra
le
lezioni
di
civiltà
che
gli
si
danno
;
muta
leggi
,
foggie
e
cerimoniali
;
impara
a
ripetere
correttamente
le
nostre
sentenze
filosofiche
;
si
lascia
travestire
,
imbellettare
,
mascherare
;
ma
dentro
è
sempre
,
immutabilmente
,
invincibilmente
lo
stesso
.
Eppure
ripugna
alla
ragione
il
rassegnarsi
a
credere
che
l
'
azione
lenta
e
continua
della
civiltà
non
possa
,
in
un
periodo
di
tempo
indeterminato
,
infondere
la
scintilla
d
'
una
nuova
vita
in
questo
gigantesco
soldato
asiatico
,
che
dorme
a
traverso
ai
due
continenti
,
e
non
si
sveglia
mai
che
per
brandire
la
spada
.
Ma
considerando
gli
sforzi
fatti
e
i
frutti
ottenuti
sinora
,
questo
periodo
di
tempo
appare
alla
mente
tanto
lungo
,
in
confronto
ai
bisogni
e
alle
impazienze
dei
popoli
cristiani
d
'
Oriente
,
da
rendere
vana
la
speranza
che
la
quistione
intorno
a
cui
s
'
affanna
ora
l
'
Europa
si
possa
risolvere
coll
'
incivilimento
progressivo
del
popolo
turco
.
Questa
è
l
'
opinione
che
mi
son
formata
nel
mio
breve
soggiorno
a
Costantinopoli
.
-
O
in
che
altro
modo
si
può
dunque
risolvere
la
quistione
?
Ah
!
signori
,
qui
proprio
non
mi
credo
obbligato
a
rispondere
,
perché
non
potrei
rispondere
senz
'
aver
l
'
aria
di
dar
consigli
all
'
Europa
;
e
a
questo
si
rifiuta
inesorabilmente
la
mia
modestia
.
E
poi
...
l
'
ho
già
detto
che
v
'
è
un
bastimento
austriaco
che
fuma
sul
Corno
d
'
oro
,
in
faccia
a
Galata
,
pronto
a
partire
per
il
Mar
Nero
;
e
il
lettore
lo
sa
dove
deve
passare
,
questo
bastimento
!
IL
BOSFORO
Appena
saliti
a
bordo
,
vediamo
come
un
velo
grigio
stendersi
su
Costantinopoli
,
e
su
questo
velo
disegnarsi
le
montagne
della
Moravia
e
dell
'
Ungheria
,
e
le
alpi
della
bassa
Austria
.
È
un
rapido
cangiamento
di
scena
che
si
vede
sempre
salendo
sopra
un
bastimento
in
cui
s
'
incontrano
già
i
visi
e
si
sentono
già
gli
accenti
del
paese
per
cui
si
parte
.
Siamo
imprigionati
in
un
cerchio
di
faccie
tedesche
che
ci
fanno
sentire
innanzi
tempo
il
freddo
e
l
'
uggia
del
settentrione
.
I
nostri
amici
ci
hanno
lasciati
:
non
vediamo
più
che
tre
fazzoletti
bianchi
che
sventolano
sopra
un
caicco
lontano
,
in
mezzo
a
un
via
vai
di
barconi
neri
,
in
faccia
alla
casa
della
dogana
.
Siamo
nello
stessissimo
punto
in
cui
si
fermò
il
nostro
bastimento
siciliano
il
giorno
dell
'
arrivo
.
È
una
bella
sera
d
'
autunno
,
splendida
e
tiepida
.
Costantinopoli
non
ci
è
mai
parsa
così
ridente
e
così
grande
.
Per
l
'
ultima
volta
cerchiamo
di
fissarci
nella
mente
i
suoi
contorni
immensi
e
i
suoi
colori
vaghi
di
città
fatata
;
e
slanciamo
lo
sguardo
per
l
'
ultima
volta
in
fondo
a
quel
meraviglioso
Corno
d
'
oro
,
che
ci
si
nasconderà
fra
pochi
momenti
per
sempre
.
I
fazzoletti
bianchi
sono
scomparsi
.
Il
bastimento
si
muove
.
Tutto
pare
che
si
sposti
.
Scutari
viene
avanti
,
Stambul
si
tira
indietro
,
Galata
gira
sopra
sè
stessa
,
come
per
vederci
partire
.
Addio
al
Corno
d
'
oro
!
Un
guizzo
del
bastimento
ci
rapisce
il
sobborgo
di
Kassim
-
Pascià
,
un
altro
guizzo
ci
porta
via
Eyub
,
un
altro
,
la
sesta
collina
di
Stambul
;
scompare
la
quinta
,
si
nasconde
la
quarta
,
svanisce
la
terza
,
sfuma
la
seconda
;
non
rimane
più
che
la
collina
del
Serraglio
,
la
quale
,
grazie
al
cielo
,
non
ci
lascierà
per
un
pezzo
.
Navighiamo
già
nel
bel
mezzo
del
Bosforo
,
rapidamente
.
Passa
il
quartiere
di
Top
-
hané
,
passa
il
quartiere
di
Funduclù
;
fuggono
le
facciate
bianche
e
cesellate
del
palazzo
di
Dolma
-
Bagcé
;
e
Scutari
distende
,
per
l
'
ultima
volta
,
il
suo
anfiteatro
di
colli
coperti
di
giardini
e
di
ville
.
Addio
,
Costantinopoli
!
cara
e
immensa
città
,
sogno
della
mia
infanzia
,
sospiro
della
mia
giovinezza
,
ricordo
incancellabile
della
mia
vita
!
Addio
,
bella
e
immortale
regina
dell
'
Oriente
!
Che
il
tempo
muti
le
tue
sorti
,
senza
offendere
la
tua
bellezza
,
e
possano
vederti
un
giorno
i
miei
figli
colla
stessa
ebbrezza
d
'
entusiasmo
giovanile
colla
quale
io
ti
vidi
e
t
'
abbandono
.
La
mestizia
dell
'
addio
,
però
,
non
durò
che
pochi
momenti
,
perché
un
'
altra
Costantinopoli
,
più
vasta
,
più
bella
,
più
allegra
di
quella
che
lasciavo
sul
Corno
d
'
oro
,
mi
si
stendeva
dinanzi
per
la
lunghezza
di
ventisettemila
metri
,
sulle
due
più
belle
rive
della
terra
.
Il
primo
villaggio
che
si
presenta
a
sinistra
,
sulla
riva
europea
del
Bosforo
,
è
Bescik
-
Tass
;
un
grosso
villaggio
turco
,
o
piuttosto
un
grande
sobborgo
di
Costantinopoli
,
che
si
stende
ai
piedi
d
'
una
collina
,
intorno
a
un
piccolo
porto
.
Dietro
gli
s
'
apre
una
bella
valle
;
l
'
antica
valle
degli
allori
di
Stefano
,
di
Bisanzio
,
che
rimonta
verso
Pera
;
fra
le
case
s
'
innalza
un
gruppo
di
platani
che
ombreggiano
il
sepolcro
del
famoso
corsaro
Barbarossa
;
un
gran
caffè
,
stipato
di
gente
,
sporge
sulle
acque
,
sorretto
da
una
selva
di
palafitte
;
il
porto
è
pieno
di
barche
e
di
caicchi
;
la
riva
affollata
;
la
collina
coperta
di
verzura
,
la
valle
piena
di
case
e
di
giardini
.
Ma
non
c
'
è
più
l
'
aspetto
dei
sobborghi
di
Costantinopoli
.
C
'
è
già
la
grazia
e
la
gaiezza
tutta
propria
e
indimenticabile
dei
villaggi
del
Bosforo
.
Le
forme
son
più
piccine
,
la
verzura
più
fitta
,
i
colori
più
arditi
.
È
come
una
nidiata
di
casette
ridenti
,
che
paiono
sospese
fra
la
terra
e
l
'
acqua
,
una
cittadina
da
innamorati
e
da
poeti
,
destinata
a
durare
quanto
una
passione
od
un
estro
,
piantata
là
per
un
capriccio
,
in
una
bella
notte
d
'
estate
.
Non
vi
si
è
ancora
fissato
lo
sguardo
,
che
già
è
lontana
,
e
ci
passa
davanti
il
palazzo
di
Ceragan
,
o
piuttosto
una
schiera
di
palazzi
di
marmo
bianco
,
semplici
e
magnifici
,
decorati
di
lunghe
file
di
colonne
e
coronati
di
terrazze
a
balaustri
,
sui
quali
si
drizza
una
merlatura
vivente
d
'
innumerevoli
uccelli
bianchi
del
Bosforo
,
messi
in
rilievo
dal
verde
vigoroso
delle
colline
della
riva
.
Ma
qui
comincia
il
caro
tormento
di
veder
fuggire
mille
bellezze
,
nel
punto
che
se
ne
ammira
una
sola
.
Mentre
noi
contempliamo
Bescik
-
Tass
e
Ceragan
,
dall
'
altra
parte
fugge
la
riva
asiatica
,
coperta
di
villaggi
deliziosi
,
che
si
vorrebbero
poter
comprare
e
portar
via
,
come
gioielli
.
Fugge
Kuzgundgiuk
,
tinto
di
tutti
i
colori
dell
'
iride
,
col
suo
piccolo
porto
,
dove
dice
la
tradizione
che
approdasse
la
giovenca
Io
,
dopo
aver
attraversato
il
Bosforo
,
per
salvarsi
dai
tafani
di
Giunone
;
passa
Istauros
,
colla
sua
bella
moschea
dai
due
minareti
;
scompare
il
palazzo
imperiale
di
Beylerbey
,
coi
suoi
tetti
conici
e
piramidali
,
e
le
sue
mura
gialle
e
grigie
,
che
presenta
l
'
aspetto
misterioso
e
bizzarro
di
un
convento
di
principesse
;
e
poi
il
villaggio
di
Beylerbey
,
riflesso
dalle
acque
,
dietro
al
quale
s
'
innalza
il
monte
di
Bulgurlù
;
e
tutti
questi
villaggi
,
raccolti
o
sparsi
ai
piedi
di
piccole
colline
verdissime
,
e
tuffati
in
una
vegetazione
opulenta
,
che
par
che
tenda
a
coprirli
,
sono
legati
fra
loro
da
ghirlande
di
ville
e
di
casette
e
da
lunghi
filari
d
'
alberi
che
corrono
lungo
la
riva
,
o
scendono
a
zig
zag
dalle
alture
al
mare
,
a
traverso
a
innumerevoli
giardini
e
orti
e
piccoli
prati
,
disposti
a
scacchi
e
a
scaglioni
,
e
coloriti
d
'
infinite
sfumature
di
verde
.
Bisogna
dunque
rassegnarsi
a
veder
tutto
di
volo
,
girando
continuamente
la
testa
a
destra
e
a
sinistra
,
con
una
regolarità
automatica
.
Oltrepassato
di
poco
Ceragan
,
si
vede
,
a
sinistra
,
sulla
riva
europea
,
il
grande
villaggio
Orta
-
Kioi
,
al
di
sopra
del
quale
mostra
la
sua
cupola
luccicante
la
moschea
della
Sultana
Validè
,
madre
d
'
Abdul
-
Aziz
,
e
sporge
i
suoi
tetti
graziosi
il
palazzo
di
Riza
-
Pascià
;
ai
piedi
d
'
una
collina
,
sulla
cui
cima
,
in
mezzo
a
una
folta
vegetazione
,
s
'
alzano
le
muraglie
bianche
e
leggiere
del
chiosco
imperiale
della
Stella
.
Orta
-
Kioi
è
abitato
da
molti
banchieri
armeni
,
franchi
e
greci
.
In
quel
momento
vi
approdava
il
piroscafo
di
Costantinopoli
.
Una
folla
sbarcava
,
un
'
altra
folla
stava
aspettando
sullo
scalo
,
per
imbarcarsi
.
Erano
signore
turche
,
signore
europee
,
ufficiali
,
frati
,
eunuchi
,
zerbinotti
,
fez
,
turbanti
,
cappellini
,
cappelli
a
staio
,
confusi
:
spettacolo
che
si
vede
in
tutte
le
venti
stazioni
del
Bosforo
,
principalmente
la
sera
.
In
faccia
a
Orta
-
Kioi
,
sulla
riva
asiatica
,
brilla
di
mille
colori
,
in
mezzo
a
una
corona
di
ville
,
il
villaggio
di
Cengel
,
dell
'
ancora
,
da
una
vecchia
ancora
di
ferro
che
trovò
su
quella
riva
Maometto
II
;
e
gli
si
alza
alle
spalle
il
chiosco
bianco
,
di
trista
memoria
,
da
cui
Murad
IV
,
roso
da
un
'
invidia
feroce
,
ordinava
la
morte
della
gente
allegra
che
passava
pei
campi
cantando
.
Guardando
daccapo
verso
l
'
Europa
,
ci
troviamo
in
faccia
al
bel
villaggio
e
al
porto
grazioso
di
Kuru
-
Cesmé
,
l
'
antica
Anaplos
,
dove
Medea
,
sbarcata
con
Giasone
,
piantò
l
'
alloro
famoso
;
e
voltandoci
nuovamente
verso
l
'
Asia
,
vediamo
i
due
villaggi
ridenti
di
Kulleli
e
di
Vani
-
Kioi
,
sparsi
lungo
la
riva
,
a
destra
e
a
sinistra
d
'
una
smisurata
caserma
,
simile
a
un
palazzo
reale
,
che
si
specchia
nelle
acque
.
Dietro
ai
due
villaggi
s
'
alza
una
collina
coronata
da
un
grande
giardino
,
in
mezzo
al
quale
biancheggia
,
quasi
tutto
nascosto
dagli
alberi
,
il
chiosco
dove
Solimano
il
Grande
visse
tre
anni
,
nascosto
in
una
piccola
torre
,
per
sottrarsi
alle
ricerche
delle
spie
e
dei
carnefici
di
suo
padre
Selim
.
Mentre
noi
cerchiamo
la
torre
fra
gli
alberi
,
il
bastimento
passa
dinanzi
ad
Arnot
-
Kioi
,
il
villaggio
degli
Albanesi
,
ora
abitato
da
Greci
,
disteso
in
forma
di
mezzaluna
,
sulla
riva
europea
,
intorno
a
un
piccolo
seno
,
pieno
di
bastimenti
a
vela
.
Ma
come
si
può
vedere
ogni
cosa
?
Un
villaggio
ci
ruba
l
'
altro
,
una
bella
moschea
ci
distrae
da
un
paesaggio
gentile
,
e
mentre
si
guardano
i
villaggi
ed
i
porti
,
passano
i
palazzi
dei
vizir
,
dei
pascià
,
delle
Sultane
,
dei
grandi
eunuchi
,
dei
gran
signori
;
case
gialle
,
azzurre
e
purpuree
,
che
paiono
galleggianti
sull
'
acqua
,
vestite
d
'
edera
e
di
liane
,
coperte
di
terrazze
colme
di
fiori
,
e
mezzo
nascoste
in
boschetti
di
cipressi
,
d
'
allori
e
d
'
aranci
;
edifizi
sormontati
da
frontoni
corinzii
e
decorati
di
colonne
di
marmo
bianco
;
villette
svizzere
,
casine
giapponesi
,
piccole
reggie
moresche
,
chioschi
turchi
,
di
tre
piani
,
sporgenti
l
'
uno
sull
'
altro
,
che
sospendono
sull
'
azzurro
del
Bosforo
i
balconi
ingraticolati
degli
arem
,
e
spingono
innanzi
i
loro
piccoli
scali
a
gradinate
e
i
loro
giardinetti
accarezzati
dalla
corrente
;
tutti
piccoli
edifizii
leggeri
e
passeggieri
,
che
rappresentano
appunto
la
fortuna
dei
loro
abitatori
:
il
trionfo
d
'
una
giovinetta
,
il
buon
successo
d
'
un
intrigo
,
un
'
alta
carica
che
sarà
perduta
domani
,
una
gloria
che
finirà
nell
'
esilio
,
una
ricchezza
che
svapora
,
una
grandezza
che
crolla
.
Non
c
'
è
quasi
tratto
delle
due
rive
che
non
sia
coperto
di
case
.
È
una
specie
di
Canal
grande
d
'
una
smisurata
Venezia
campestre
.
Le
ville
,
i
chioschi
,
i
palazzi
s
'
alzano
l
'
un
dietro
l
'
altro
,
disposti
in
modo
che
tutta
la
facciata
di
ciascheduno
è
visibile
,
e
quei
di
dietro
paiono
piantati
sul
tetto
di
quei
davanti
,
e
in
mezzo
agli
uni
e
agli
altri
,
e
di
là
dai
più
lontani
,
tutto
è
verde
,
per
tutto
s
'
alzano
punte
e
chiome
di
quercie
,
di
platani
,
d
'
aceri
,
di
pioppi
,
di
pini
,
di
fichi
,
fra
cui
biancheggiano
fontane
e
scintillano
cupolette
di
turbé
e
di
moschee
solitarie
.
Voltandoci
verso
Costantinopoli
,
vediamo
ancora
,
confusamente
,
la
collina
del
Serraglio
,
e
la
cupola
enorme
di
Santa
Sofia
,
che
nereggia
sul
cielo
limpido
e
dorato
.
Intanto
sparisce
Arnot
-
Kioi
,
Vani
,
Kulleli
,
Cengel
,
Orta
,
e
tutto
è
mutato
intorno
a
noi
.
Par
di
essere
in
un
vasto
lago
.
Una
piccola
baia
si
apre
a
sinistra
,
sulla
riva
europea
;
un
'
altra
piccola
baia
a
destra
,
sulla
riva
asiatica
.
Sulla
riva
di
sinistra
si
stende
a
semicerchio
la
bella
cittadina
greca
di
Bebek
,
ombreggiata
da
alberi
altissimi
,
fra
i
quali
sorge
una
bella
moschea
antica
e
il
chiosco
imperiale
d
'
Humaiun
-
Habad
,
dove
altre
volte
i
Sultani
ricevevano
a
convegni
segreti
gli
ambasciatori
europei
.
Una
parte
della
città
si
nasconde
nella
verzura
folta
d
'
una
piccola
valle
;
un
'
altra
parte
si
sparpaglia
alle
falde
d
'
una
collina
,
coperta
di
quercie
,
sulla
cima
della
quale
è
un
bosco
famoso
per
un
'
eco
potentissima
,
che
risponde
alla
pesta
d
'
un
cavallo
collo
scalpitìo
d
'
uno
squadrone
.
È
un
paesaggio
grazioso
e
ridente
da
incapricciare
una
regina
;
ma
si
dimentica
,
voltandosi
dalla
parte
opposta
.
Qui
la
riva
dell
'
Asia
offre
una
veduta
da
paradiso
terrestre
.
Sopra
un
largo
promontorio
si
distende
,
ad
arco
sporgente
,
il
villaggio
di
Kandilli
,
variopinto
come
un
villaggio
olandese
,
con
una
moschea
bianchissima
,
e
un
folto
corteo
di
villette
;
dietro
al
quale
s
'
alza
la
collina
florida
di
Igiadié
,
sormontata
da
una
torre
merlata
,
che
spia
gl
'
incendii
sulle
due
rive
.
A
destra
di
Kandilli
,
sboccano
sulla
baia
,
a
breve
distanza
l
'
una
dall
'
altra
,
due
valli
:
quella
del
grande
e
quella
del
piccolo
ruscello
celeste
,
fra
le
quali
si
stende
la
prateria
deliziosa
delle
Acque
dolci
d
'
Asia
,
coperta
di
sicomori
,
di
quercie
e
di
platani
,
e
dominata
dal
chiosco
ricchissimo
della
madre
d
'
Abdul
-
Megid
,
disegnato
e
scolpito
sullo
stile
del
palazzo
di
Dolma
-
Bagcé
,
e
circondato
di
alti
giardini
,
rosseggianti
di
rose
.
E
di
là
dal
"
gran
ruscello
celeste
"
si
vedono
ancora
i
mille
colori
del
villaggio
d
'
Anaduli
-
Hissar
,
steso
alle
falde
d
'
un
'
altura
,
su
cui
si
drizzano
le
torri
snelle
del
castello
di
Baiazet
-
Ilderim
,
che
fronteggia
il
castello
di
Maometto
II
,
posto
sulla
riva
europea
.
Tutto
questo
bel
tratto
del
Bosforo
,
in
quel
momento
,
era
pieno
di
vita
.
Nella
baia
di
Europa
guizzavano
centinaia
di
barchette
;
passavano
legni
a
vela
e
a
vapore
,
diretti
al
porto
di
Bebek
;
i
pescatori
turchi
gettavano
le
reti
dai
loro
gabbiotti
aerei
,
sostenuti
sull
'
acqua
da
altissime
travi
incrociate
;
un
piroscafo
di
Costantinopoli
versava
sullo
scalo
della
cittadina
europea
una
folla
di
signore
greche
,
di
Lazzaristi
,
di
allievi
della
scuola
protestante
americana
,
di
famigliuole
cariche
d
'
involti
e
di
vesti
;
e
dalla
parte
opposta
,
si
vedevano
,
col
cannocchiale
,
gruppi
di
signore
musulmane
,
che
passeggiavano
sotto
gli
alberi
delle
Acque
dolci
,
o
stavano
sedute
in
crocchio
sulla
sponda
del
ruscello
celeste
,
mentre
un
gran
numero
di
caicchi
e
di
barche
a
baldacchino
,
piene
di
turchi
e
di
turche
,
andavano
e
venivano
lungo
la
riva
.
Pareva
una
festa
.
Era
un
non
so
che
d
'
arcadico
e
d
'
amoroso
,
che
metteva
voglia
di
buttarsi
giù
dal
bastimento
,
di
raggiungere
a
nuoto
una
delle
due
rive
,
e
di
piantarsi
là
,
e
di
dire
:
-
Nasca
che
nasca
,
non
mi
voglio
più
muovere
di
qui
;
voglio
vivere
e
morir
qui
,
in
mezzo
a
questa
beatitudine
musulmana
.
Ma
a
un
tratto
lo
spettacolo
cangia
e
tutte
quelle
fantasie
pigliano
il
volo
.
Il
Bosforo
si
stende
diritto
dinanzi
a
noi
,
e
presenta
una
vaga
immagine
del
Reno
;
ma
d
'
un
Reno
ingentilito
,
e
tinto
sempre
dei
colori
caldi
e
pomposi
dell
'
oriente
.
A
sinistra
,
un
cimitero
coperto
da
un
bosco
di
cipressi
e
di
pini
,
rompe
la
linea
delle
case
,
sino
a
quel
punto
non
interrotta
;
e
subito
appresso
,
alle
falde
del
piccolo
monte
roccioso
d
'
Hermaion
,
s
'
innalzano
le
tre
grandi
torri
di
Rumili
-
Hissar
,
il
castello
d
'
Europa
,
circondate
di
avanzi
di
mura
merlate
e
di
torri
minori
,
che
scendono
in
una
gradinata
pittoresca
di
rovine
fin
sull
'
orlo
della
riva
.
È
il
castello
famoso
che
innalzò
Maometto
II
un
anno
prima
della
presa
di
Costantinopoli
,
malgrado
le
calde
rimostranze
di
Costantino
,
i
cui
ambasciatori
,
come
tutti
sanno
,
furono
rimandati
indietro
minacciati
di
morte
.
È
quello
il
punto
in
cui
è
più
impetuosa
la
corrente
(
chiamata
perciò
"
gran
corrente
"
dai
Greci
e
corrente
di
Satana
dai
Turchi
)
ed
è
pure
il
tratto
più
stretto
del
Bosforo
,
non
distando
le
due
rive
che
poco
più
di
cinquecento
metri
.
Là
fu
gettato
da
Mandocle
di
Samo
il
ponte
di
barche
su
cui
passarono
i
settecentomila
soldati
di
Dario
,
e
là
pure
si
crede
che
siano
passati
i
diecimila
,
ritornando
dall
'
Asia
.
Ma
non
rimane
più
traccia
nè
delle
due
colonne
di
Mandocle
,
nè
del
trono
scavato
nella
roccia
del
monte
Hermaion
,
dal
quale
il
re
persiano
avrebbe
assistito
al
passaggio
del
suo
esercito
.
Un
piccolo
villaggio
turco
sorride
segretamente
,
rannicchiato
ai
piedi
del
castello
,
e
la
riva
asiatica
fugge
sempre
più
verde
e
più
allegra
.
È
una
successione
continua
di
casette
di
barcaioli
e
di
giardinieri
,
di
vallette
che
riboccano
di
vegetazione
,
di
piccoli
seni
solitarii
quasi
coperti
dai
rami
giganteschi
degli
alberi
della
riva
,
sotto
i
quali
passano
lentamente
delle
velette
bianche
di
pescatori
;
di
prati
fioriti
che
scendono
con
un
declivio
dolcissimo
fino
all
'
orlo
della
riva
;
di
piccole
roccie
da
giardino
fasciate
d
'
edera
;
di
piccoli
cimiteri
che
biancheggiano
sulla
sommità
di
alti
poggi
tagliati
a
picco
.
Improvvisamente
,
balza
fuori
sulla
stessa
riva
asiatica
,
il
bel
villaggio
di
Kanlidgié
,
tutto
vermiglio
,
posto
su
due
promontorii
rocciosi
,
contro
i
quali
si
rompono
le
onde
rumorosamente
,
e
ornato
d
'
una
bella
moschea
che
slancia
i
suoi
due
minareti
candidi
fuori
d
'
una
macchia
di
cipressi
e
di
pini
a
ombrello
.
E
qui
ricominciano
a
innalzarsi
i
giardini
,
a
modo
di
belvederi
,
l
'
uno
dietro
l
'
altro
,
e
a
spesseggiare
le
ville
,
fra
le
quali
splende
il
palazzo
incantevole
di
quel
celebre
Fuad
-
Pascià
,
diplomatico
e
poeta
,
vanitoso
,
voluttuoso
e
gentile
,
che
fu
chiamato
il
Lamartine
ottomano
.
Poco
più
innanzi
,
sulla
riva
europea
,
si
mostra
il
villaggio
amenissimo
di
Balta
-
Liman
,
posto
all
'
imboccatura
d
'
una
valletta
,
per
cui
scende
nel
porto
un
piccolo
fiume
,
e
dominato
da
una
collina
sparsa
di
ville
,
fra
le
quali
s
'
alza
l
'
antico
palazzo
di
Rescid
-
Pascià
;
e
poi
la
piccola
baia
d
'
Emir
-
Ghian
-
Ogli
Bagcè
,
tutta
verde
di
cipressi
,
in
mezzo
ai
quali
brilla
d
'
una
bianchezza
di
neve
una
moschea
solitaria
,
lambita
dalle
acque
,
e
sormontata
da
un
grande
globo
irto
di
raggi
d
'
oro
.
Intanto
il
bastimento
s
'
avvicina
ora
all
'
una
ora
all
'
altra
riva
,
e
allora
si
vedono
mille
particolari
del
grande
paesaggio
:
qui
il
vestibolo
del
selamlik
d
'
una
ricca
casa
turca
,
aperto
sulla
sponda
,
in
fondo
al
quale
fuma
un
grosso
maggiordomo
,
coricato
sopra
un
divano
;
là
un
eunuco
,
ritto
sull
'
ultimo
gradino
della
scala
esterna
d
'
una
villa
,
che
aiuta
due
turche
velate
a
scendere
in
un
caicco
;
più
oltre
un
giardinetto
circondato
di
siepi
,
e
quasi
interamente
coperto
da
un
platano
,
ai
piedi
del
quale
riposa
,
a
gambe
incrociate
,
un
vecchio
turco
dalla
barba
bianca
,
che
medita
sul
Corano
;
famiglie
di
villeggianti
raccolte
sulle
terrazze
;
branchi
di
capre
e
di
pecore
che
pascolano
per
i
prati
alti
;
cavalieri
che
galoppano
lungo
la
riva
,
carovane
di
cammelli
che
passano
sulla
sommità
delle
colline
,
disegnando
i
loro
contorni
bizzarri
sul
cielo
sereno
.
All
'
improvviso
il
Bosforo
s
'
allarga
,
la
scena
cangia
,
siamo
di
nuovo
fra
due
baie
,
nel
mezzo
d
'
un
vasto
lago
.
A
sinistra
è
una
baia
stretta
e
profonda
,
intorno
alla
quale
gira
la
cittadina
greca
d
'
Istenia
;
Sosthenios
,
dal
tempio
e
dalla
statua
alata
che
innalzarono
là
gli
Argonauti
,
in
onore
del
Genio
tutelare
che
li
aveva
resi
vittoriosi
nella
lotta
contro
Amico
,
re
di
Bebrice
.
Grazie
a
una
leggera
curva
che
descrive
il
bastimento
verso
l
'
Europa
,
vediamo
distintamente
i
caffè
e
le
casette
schierate
lungo
la
riva
,
le
piccole
ville
sparse
fra
gli
olivi
e
i
vigneti
,
la
valle
che
sbocca
nel
porto
,
il
torrentello
che
precipita
da
un
'
altura
e
la
famosa
fontana
moresca
di
marmo
bianco
nitidissimo
,
ombreggiata
da
un
gruppo
d
'
aceri
enormi
,
da
cui
spenzolano
le
reti
dei
pescatori
,
in
mezzo
a
un
va
e
vieni
di
donnine
greche
,
che
portano
le
anfore
sul
capo
.
In
faccia
a
Istenia
,
sopra
la
baia
della
riva
asiatica
,
fa
capolino
,
fra
gli
alberi
,
il
villaggio
turco
di
Cibulkú
,
dove
c
'
era
il
convento
rinomato
dei
Vigili
,
che
pregavano
e
cantavano
,
senza
interruzione
,
il
giorno
e
la
notte
.
Le
due
rive
del
Bosforo
sono
piene
,
da
un
mare
all
'
altro
,
delle
memorie
di
questi
cenobiti
e
anacoreti
fanatici
del
quinto
secolo
,
che
erravano
per
i
colli
,
carichi
di
croci
e
di
catene
,
tormentati
da
cilici
e
da
collari
di
ferro
,
o
che
stavano
settimane
e
mesi
,
immobili
sulla
cima
d
'
una
colonna
o
d
'
un
albero
,
intorno
a
cui
andavano
a
prostrarsi
,
a
digiunare
,
a
pregare
,
a
percotersi
il
petto
principi
,
soldati
,
magistrati
e
pastori
,
invocando
una
benedizione
o
un
consiglio
,
come
una
grazia
di
Dio
.
Ma
è
un
potere
singolare
che
ha
il
Bosforo
,
quello
di
sviare
irresistibilmente
dal
passato
il
pensiero
del
viaggiatore
che
scorra
per
le
prime
volte
lungo
le
sue
rive
.
Tutti
i
ricordi
,
tutte
le
immagini
più
grandi
,
più
belle
o
più
tristi
,
che
possa
fornire
la
storia
o
la
leggenda
di
quei
luoghi
,
rimangono
offuscate
,
soverchiate
,
sto
per
dire
sepolte
da
quel
rigoglio
prodigioso
di
vegetazione
,
da
quello
sfolgorio
di
colori
festosi
,
da
quella
esuberanza
di
vita
,
dalla
giovinezza
poderosa
e
superba
di
quella
bella
natura
tutta
sorriso
e
tutta
festa
.
Bisogna
fare
uno
sforzo
per
credere
che
in
quelle
acque
,
in
mezzo
a
quella
bellezza
fatata
,
abbiano
potuto
urtarsi
furiosamente
,
ardersi
e
insanguinarsi
,
le
flotte
dei
bulgari
,
dei
goti
,
degli
eruli
,
dei
bizantini
,
dei
russi
,
dei
turchi
.
I
castelli
medesimi
,
che
coronano
le
colline
,
non
destano
nemmeno
un
'
idea
di
quel
sentimento
di
terrore
poetico
,
che
ispirano
in
altri
luoghi
le
rovine
di
quella
natura
;
e
paion
piuttosto
una
decorazione
artificiale
del
paesaggio
,
che
monumenti
veri
di
guerra
,
che
un
giorno
abbiano
vomitato
la
morte
.
Tutto
è
come
velato
da
una
tinta
di
languore
e
di
dolcezza
che
non
desta
se
non
pensieri
sereni
e
un
desiderio
immenso
di
pace
.
Di
là
da
Istenia
il
Bosforo
s
'
allarga
ancora
,
e
il
bastimento
arriva
in
pochi
minuti
in
un
punto
da
cui
si
gode
la
più
stupenda
veduta
di
quante
se
ne
sono
offerte
sinora
ai
nostri
occhi
.
Voltandoci
verso
l
'
Europa
,
abbiamo
davanti
la
piccola
città
greca
ed
armena
di
Ieni
-
Kioi
,
posta
alle
falde
d
'
un
'
alta
collina
coperta
di
vigneti
e
di
boschetti
di
pini
,
e
distesa
ad
arco
sporgente
sopra
una
riva
rocciosa
,
contro
cui
si
rompe
la
corrente
con
grande
strepito
;
e
un
po
'
più
in
là
,
la
bellissima
baia
di
Kalender
,
piena
di
barchette
,
contornata
di
casette
da
giardino
,
e
inghirlandata
da
una
vegetazione
lussureggiante
,
sopra
la
quale
sporgono
le
terrazze
aeree
d
'
un
chiosco
imperiale
.
Voltandoci
indietro
,
abbiamo
davanti
la
riva
asiatica
che
s
'
incurva
in
un
grande
arco
,
formando
un
meraviglioso
anfiteatro
di
colli
,
di
villaggi
e
di
porti
.
È
Indgir
-
Kioi
,
il
villaggio
dei
fichi
,
coronato
di
giardini
;
accanto
a
Indgir
-
Kioi
,
Sultanié
,
che
par
nascosto
in
un
bosco
;
dopo
Sultanié
,
il
grosso
villaggio
di
Beikos
,
circondato
di
orti
e
di
vigneti
,
e
ombreggiato
da
altissimi
noci
,
il
quale
si
specchia
nel
più
bel
golfo
del
Bosforo
,
che
è
l
'
antico
golfo
dove
il
re
di
Bebrice
fu
vinto
da
Polluce
,
e
dov
'
era
l
'
alloro
prodigioso
che
faceva
impazzire
chi
ne
toccava
le
foglie
;
e
di
là
da
Beikos
,
lontano
,
il
villaggio
di
Iali
,
l
'
antica
Amea
,
che
non
par
più
che
un
mucchio
di
fiori
gialli
e
vermigli
sopra
un
grande
tappeto
verde
.
Ma
questo
non
è
che
un
abbozzo
del
grande
quadro
.
Bisogna
immaginare
le
forme
indescrivibilmente
gentili
di
quei
colli
,
che
si
vorrebbero
accarezzare
colla
mano
;
quegli
innumerevoli
piccolissimi
villaggi
senza
nome
,
che
paiono
messi
là
dalla
mano
d
'
un
pittore
;
quella
vegetazione
di
tutti
i
climi
,
quelle
architetture
di
tutti
i
paesi
,
quelle
gradinate
di
giardini
,
quelle
cascatelle
d
'
acqua
,
quelle
ombre
cupe
,
quelle
moschee
luccicanti
,
quell
'
azzurro
picchiettato
di
vele
bianche
e
quel
cielo
rosato
dal
tramonto
.
Ma
arrivato
là
provai
anch
'
io
un
senso
di
sazietà
,
come
lo
provan
quasi
tutti
,
a
un
certo
punto
del
Bosforo
.
Stanca
quella
successione
interminabile
di
linee
molli
e
di
colori
ridenti
.
È
una
monotonia
di
gentilezza
e
di
grazia
in
cui
il
pensiero
si
addormenta
.
Si
vorrebbe
veder
sorgere
tutt
'
a
un
tratto
sopra
una
di
quelle
rive
una
roccia
smisurata
e
deforme
o
stendersi
un
lunghissimo
tratto
di
spiaggia
deserta
e
triste
,
sparsa
degli
avanzi
d
'
un
naufragio
.
E
allora
,
per
distrarsi
,
non
c
'
è
che
a
fissar
l
'
attenzione
sulle
acque
.
Il
Bosforo
pare
un
porto
continuo
.
Si
passa
accanto
alle
corazzate
splendide
dell
'
armata
ottomana
;
in
mezzo
a
flotte
di
bastimenti
mercantili
di
tutti
i
paesi
,
dalle
vele
variopinte
e
dalle
poppe
bizzarre
,
affollate
di
gente
strana
;
s
'
incontrano
i
legni
dalle
forme
antiche
dei
porti
asiatici
del
Mar
Nero
,
e
le
piccole
corvette
eleganti
delle
Ambasciate
;
passano
,
come
saette
,
le
barchette
a
vela
dei
signori
,
che
volano
a
gara
,
sotto
gli
occhi
degli
spettatori
schierati
sulla
riva
;
barche
di
tutte
le
forme
,
piene
di
gente
di
tutti
i
colori
,
si
spiccano
o
approdano
ai
mille
piccoli
scali
dei
due
continenti
;
i
caicchi
rimorchiati
guizzano
in
mezzo
a
lunghe
file
di
barconi
carichi
di
mercanzie
;
le
lancie
imbandierate
dei
marinai
si
incrociano
colle
zattere
dei
pescatori
,
coi
caicchi
dorati
dei
Pascià
,
coi
piroscafi
di
Costantinopoli
,
pieni
di
turbanti
,
di
fez
e
di
veli
,
che
attraversano
il
canale
a
zig
zag
per
toccare
tutte
le
stazioni
.
E
siccome
anche
il
nostro
bastimento
va
innanzi
serpeggiando
,
così
tutto
questo
spettacolo
par
che
ci
giri
intorno
:
i
promontorii
si
spostano
,
le
colline
cambiano
inaspettatamente
di
forma
,
i
villaggi
si
nascondono
e
poi
ricompaiono
in
un
nuovo
aspetto
,
e
davanti
e
dietro
di
noi
,
ora
il
Bosforo
si
chiude
come
un
lago
,
ora
s
'
apre
e
lascia
vedere
una
fuga
di
laghi
e
di
colli
lontani
;
poi
,
tutt
'
a
un
tratto
,
le
colline
tornano
a
congiungersi
davanti
e
di
dietro
,
e
si
rimane
in
una
conca
verde
da
cui
non
si
capisce
come
si
potrà
uscire
;
ma
s
'
ha
appena
il
tempo
di
scambiar
dieci
parole
con
un
vicino
,
che
già
la
conca
è
sparita
,
e
si
vedono
intorno
nuove
alture
,
nuove
città
,
nuovi
porti
.
Si
è
fra
la
baia
di
Terapia
,
-
Pharmacia
,
dei
veleni
di
Medea
-
,
e
la
baia
di
Hunchiar
Iskelessi
,
scalo
dei
Sultani
,
dove
fu
segnato
nel
1833
il
trattato
famoso
che
chiuse
i
Dardanelli
alle
flotte
straniere
.
Qui
lo
spettacolo
del
Bosforo
è
al
penultimo
grado
della
sua
bellezza
.
Terapia
è
la
più
splendida
cittadina
che
orni
le
sue
rive
,
dopo
Bujukderè
,
e
la
valle
che
si
apre
dietro
la
baia
di
Hunchiar
-
Iskelessi
è
la
più
verde
,
la
più
cara
,
la
più
poetica
valle
che
si
possa
ammirare
fra
il
Mar
di
Marmara
e
il
Mar
Nero
.
Terapia
si
stende
in
parte
sopra
una
riva
diritta
,
ai
piedi
di
una
grande
collina
,
e
parte
intorno
a
un
seno
profondo
,
che
è
il
suo
porto
,
pieno
di
bastimenti
e
di
barche
,
sul
quale
sbocca
la
valletta
di
Krio
-
nero
,
in
cui
un
'
altra
parte
della
città
s
'
appiatta
fra
la
verzura
.
La
riva
del
mare
è
tutta
coperta
di
caffè
pittoreschi
,
che
sporgono
sull
'
acqua
,
di
alberghi
signorili
,
di
casette
pompose
,
di
gruppi
d
'
alberi
altissimi
,
che
ombreggiano
piazzette
e
fontane
;
di
là
dai
quali
s
'
alzano
i
palazzi
d
'
estate
delle
Ambasciate
di
Francia
,
d
'
Italia
e
di
Inghilterra
,
e
sopra
questi
,
un
chiosco
imperiale
;
e
tutt
'
intorno
,
e
su
per
la
collina
,
terrazze
su
terrazze
,
giardini
su
giardini
,
ville
su
ville
,
boschetti
sopra
boschetti
;
e
gente
vestita
di
vivi
colori
formicola
nei
caffè
,
nel
porto
,
sulle
rive
,
su
per
i
sentieri
delle
alture
,
come
in
una
piccola
metropoli
in
festa
.
Dalla
parte
dell
'
Asia
,
invece
,
tutto
è
pace
.
Il
piccolo
villaggio
di
Hunchiar
-
Iskelessi
,
soggiorno
prediletto
dei
ricchi
armeni
di
Costantinopoli
,
dorme
fra
i
platani
e
i
cipressi
,
intorno
al
suo
piccolo
porto
,
percorso
da
poche
barchette
furtive
;
di
là
dal
villaggio
,
sulla
cima
d
'
una
vasta
scala
di
giardini
,
torreggia
,
solitario
,
il
chiosco
magnifico
d
'
Abdul
-
Aziz
;
e
di
là
dal
chiosco
svolta
e
si
nasconde
,
in
mezzo
a
uno
sfarzo
indescrivibile
di
vegetazione
tropicale
,
la
valle
favorita
dei
Padiscià
,
piena
di
misteri
e
di
sogni
.
Ma
tutta
questa
bellezza
non
par
più
nulla
,
un
miglio
più
innanzi
,
quando
il
bastimento
è
arrivato
davanti
al
golfo
di
Bujuk
-
deré
.
Qui
è
la
maestà
e
la
grazia
suprema
del
Bosforo
.
Qui
chi
era
già
stanco
della
sua
bellezza
,
ed
aveva
pronunciato
irriverentemente
il
suo
nome
,
si
scopre
la
fronte
,
e
gli
domanda
perdono
.
Si
è
in
mezzo
a
un
vasto
lago
coronato
di
meraviglie
,
che
ispira
l
'
idea
di
mettersi
a
girare
,
come
i
dervis
,
sulla
prora
del
bastimento
,
per
veder
tutte
le
rive
e
tutte
le
colline
in
un
punto
.
Sulla
riva
d
'
Europa
,
intorno
a
un
golfo
profondo
,
dove
va
a
morire
la
corrente
in
molli
ondulazioni
,
alle
falde
d
'
una
grande
collina
,
sparsa
di
ville
innumerevoli
,
s
'
allarga
la
città
di
Bujuk
-
derè
,
vasta
,
colorita
come
un
'
immensa
aiuola
di
fiori
,
tutta
palazzine
,
chioschi
e
villette
tuffate
in
una
verzura
vivissima
,
che
par
che
esca
dai
tetti
e
dai
muri
,
e
colmi
le
strade
e
le
piazze
.
La
città
si
stende
a
destra
fino
ad
un
piccolo
seno
,
che
è
come
un
golfo
nel
golfo
,
intorno
a
cui
gira
il
villaggio
di
Kefele
-
Kioi
;
e
dietro
a
questo
s
'
apre
una
larga
vallata
,
tutta
verde
di
praterie
,
e
biancheggiante
di
case
,
per
la
quale
si
va
al
grande
acquedotto
di
Mahmud
e
alla
foresta
di
Belgrado
.
È
la
valle
in
cui
,
giusta
la
tradizione
,
si
sarebbe
accampato
nel
1096
l
'
esercito
della
prima
crociata
;
e
uno
dei
sette
platani
giganteschi
,
a
cui
il
luogo
deve
la
sua
fama
,
è
chiamato
il
platano
di
Goffredo
di
Buglione
.
Di
là
da
Kefele
-
Kioi
,
s
'
apre
un
'
altra
baia
,
verde
di
cipressi
e
bianca
di
case
,
e
di
là
dalla
baia
,
si
vede
ancora
Terapia
,
sparpagliata
ai
piedi
della
sua
collina
verdecupa
.
Arrivati
fin
là
collo
sguardo
,
ci
si
volta
indietro
,
verso
l
'
Asia
,
e
si
prova
un
sentimento
vivissimo
di
sorpresa
.
Si
è
dinanzi
al
più
alto
monte
del
Bosforo
,
il
monte
del
Gigante
,
della
forma
d
'
una
enorme
piramide
verde
,
dov
'
è
il
sepolcro
famoso
,
chiamato
da
tre
leggende
"
letto
d
'
Ercole
,
fossa
d
'
Amico
,
tomba
di
Giosuè
giudice
degli
Ebrei
;
"
custodito
ora
da
due
dervis
e
visitato
dai
musulmani
infermi
,
che
vanno
a
deporvi
i
brandelli
dei
loro
vestiti
.
Il
monte
spinge
le
sue
falde
alberate
e
fiorite
fin
sulla
riva
,
dove
,
fra
due
promontorii
verdeggianti
,
s
'
apre
la
bella
baia
d
'
Umuryeri
,
macchiettata
di
cento
colori
dalle
case
d
'
un
villaggio
musulmano
disperso
capricciosamente
sulle
sue
sponde
,
al
quale
fanno
ala
altri
branchi
di
villini
e
di
casette
,
disseminate
,
come
fiori
buttati
via
,
per
le
praterie
e
per
le
alture
vicine
.
Ma
lo
spettacolo
non
è
tutto
in
questo
cerchio
.
Diritto
in
faccia
a
noi
luccica
il
Mar
Nero
;
e
voltandoci
verso
Costantinopoli
,
si
vede
ancora
,
di
là
da
Terapia
,
in
una
lontananza
violacea
e
confusa
,
la
baia
di
Kalender
,
Kieni
-
Kioi
,
Indgir
-
Kioi
,
Sultanié
,
che
paiono
,
piuttosto
che
prospetti
veri
,
vedute
immaginarie
d
'
un
mondo
remoto
.
Il
sole
tramonta
;
la
riva
d
'
Europa
comincia
a
velarsi
di
ombre
azzurrine
e
cineree
;
la
riva
d
'
Asia
è
ancora
dorata
;
le
acque
lampeggiano
;
sciami
di
barchette
,
cariche
di
mariti
e
d
'
amanti
,
reduci
da
Costantinopoli
,
corrono
verso
la
riva
europea
,
incontrate
,
arrestate
,
circuite
da
altre
barchette
,
cariche
di
signore
e
di
fanciulli
,
che
vengono
dalle
ville
;
dai
caffè
di
Bujukderè
ci
arrivano
suoni
interrotti
di
musiche
e
di
canti
;
le
aquile
ruotano
sopra
la
montagna
del
Gigante
,
i
marki
bianchi
svolazzano
lungo
la
riva
,
gli
alcioni
radono
le
acque
,
i
delfini
guizzano
intorno
al
bastimento
,
l
'
aria
fresca
del
Mar
Nero
ci
soffia
nel
viso
.
Dove
siamo
?
Dove
andiamo
?
È
un
momento
d
'
illusione
e
d
'
ebbrezza
,
in
cui
i
ricordi
di
tutto
quello
che
vediamo
da
due
ore
sulle
due
rive
del
Bosforo
,
si
confondono
nella
nostra
mente
nella
immagine
d
'
una
sola
prodigiosa
città
,
dieci
volte
più
grande
di
Costantinopoli
,
abitata
da
popoli
di
tutta
la
terra
,
privilegiata
di
tutti
i
favori
di
Dio
,
e
abbandonata
a
una
festa
perpetua
,
che
ci
riempie
di
tristezza
e
d
'
invidia
.
Ma
questa
è
l
'
ultima
visione
.
Il
bastimento
esce
rapidamente
fuori
del
golfo
di
Buiukderé
.
Vediamo
a
sinistra
il
villaggio
di
Sariyer
,
circondato
di
cimiteri
,
dinanzi
al
quale
s
'
apre
una
piccola
baia
,
formata
da
quell
'
antico
promontorio
di
Simas
,
dove
s
'
innalzava
il
tempio
a
Venere
meretricia
,
oggetto
d
'
un
culto
particolare
dei
naviganti
greci
;
poi
il
villaggio
di
Jeni
-
Makallé
;
poi
il
forte
di
Teli
-
Tabia
,
che
fa
fronte
a
un
altro
piccolo
forte
posto
sulla
riva
asiatica
,
ai
piedi
del
monte
del
Gigante
;
poi
il
castello
Rumili
-
Cavak
,
che
segna
i
suoi
contorni
severi
sul
cielo
rosato
dagli
ultimi
chiarori
del
crepuscolo
.
Sull
'
altra
riva
,
di
fronte
a
Rumili
-
Kavak
,
s
'
alza
un
'
altra
fortezza
,
la
quale
corona
il
promontorio
,
ove
sorgeva
il
tempio
dei
dodici
Dei
,
costrutto
dall
'
argivo
Frygos
,
vicino
a
quello
di
Giove
"
distributore
dei
venti
propizii
"
,
fondato
dai
Calcedonesi
,
e
convertito
poi
da
Giustiniano
in
una
chiesa
consacrata
all
'
arcangelo
Michele
.
È
quello
il
punto
dove
il
Bosforo
si
restringe
per
l
'
ultima
volta
,
fra
l
'
estremo
contrafforte
delle
montagne
di
Bitinia
e
l
'
estrema
punta
della
catena
dell
'
Hemus
;
considerato
sempre
come
la
prima
porta
del
canale
,
da
difendersi
contro
le
invasioni
del
Settentrione
,
e
teatro
,
perciò
,
di
lotte
ostinate
fra
bizantini
e
barbari
,
fra
veneziani
e
genovesi
.
Due
castelli
genovesi
,
posti
l
'
uno
in
faccia
all
'
altro
,
fra
i
quali
era
stesa
una
catena
di
ferro
che
chiudeva
il
canale
,
mostrano
ancora
confusamente
,
là
presso
,
le
loro
torri
e
le
loro
mura
rovinate
.
Da
quel
punto
il
Bosforo
va
diritto
,
gradatamente
allargandosi
,
al
mare
;
le
due
rive
sono
alte
e
ripide
,
come
due
enormi
bastioni
,
e
non
mostrano
più
che
qualche
gruppo
di
case
meschine
,
qualche
torre
solitaria
,
qualche
rovina
di
monastero
,
qualche
avanzo
di
moli
e
d
'
argini
antichi
.
Dopo
un
lungo
tragitto
,
vediamo
ancora
scintillare
sulla
riva
europea
i
lumi
del
villaggio
di
Buiuk
-
Liman
,
e
dall
'
altra
parte
la
lanterna
d
'
una
fortezza
,
che
domina
il
promontorio
dell
'
Elefante
;
poi
,
a
sinistra
,
la
gran
massa
rocciosa
dell
'
antica
Gipopoli
,
dove
sorgeva
il
palazzo
di
Fineo
,
infestato
dalle
Arpie
;
e
a
destra
la
fortezza
del
capo
Poiraz
,
che
ci
appare
come
una
vaga
macchia
oscura
sul
cielo
grigiastro
.
Qui
le
rive
sono
lontanissime
;
il
canale
par
già
un
grande
golfo
;
la
notte
discende
,
la
brezza
marina
geme
fra
i
cordami
del
bastimento
,
e
il
tristo
mare
cimmerium
stende
dinanzi
a
noi
il
suo
infinito
orizzonte
livido
e
inquieto
.
Ma
il
pensiero
non
si
può
ancora
staccare
da
quelle
rive
piene
di
poesia
e
di
memorie
,
non
più
sopraffatte
dalla
bellezza
della
natura
;
e
vola
,
a
sinistra
,
ai
piedi
dei
piccoli
Balcani
,
a
cercare
la
torre
d
'
Ovidio
esule
,
e
la
muraglia
meravigliosa
d
'
Anastasio
;
e
vaga
,
a
destra
,
per
una
vasta
terra
vulcanica
,
a
traverso
le
foreste
infestate
dai
cinghiali
e
dagli
sciacalli
,
in
mezzo
alle
capanne
d
'
un
popolo
selvaggio
e
malnoto
,
di
cui
ci
par
di
vedere
le
ombre
bizzarre
affollate
sull
'
alta
riva
,
che
c
'
imprechino
un
viaggio
malavventurato
sulle
fera
litora
Ponti
.
Due
punti
luminosi
rompono
per
l
'
ultima
volta
l
'
oscurità
,
come
gli
occhi
ardenti
di
due
ciclopi
,
messi
a
guardia
dello
stretto
fatato
:
l
'
Anaduli
-
Fanar
,
il
fanale
dell
'
Asia
,
a
destra
;
e
il
Rumili
-
Fanar
a
sinistra
,
ai
piedi
del
quale
le
Simplegadi
favolose
ci
mostrano
ancora
vagamente
,
nell
'
ombra
della
riva
,
i
profili
tormentati
delle
loro
roccie
.
Poi
i
due
lidi
dell
'
Europa
e
dell
'
Asia
non
son
più
che
due
striscie
nere
,
e
poi
quocumque
adspicias
,
nihil
est
nisi
pontus
et
aer
,
come
cantava
il
povero
Ovidio
.
Ma
la
vedo
ancora
,
la
mia
Costantinopoli
,
dietro
a
quelle
due
rive
nere
scomparse
;
la
vedo
più
grande
e
più
luminosa
ch
'
io
non
l
'
abbia
mai
veduta
dal
ponte
della
Sultana
Validé
e
dalle
alture
di
Scutari
;
e
le
parlo
e
la
saluto
e
l
'
adoro
come
l
'
ultima
e
la
più
cara
visione
della
mia
giovinezza
che
tramonta
.
Ma
uno
spruzzo
improvviso
d
'
acqua
salsa
m
'
innaffia
il
volto
e
mi
butta
in
terra
il
cappello
;
-
mi
sveglio
;
-
mi
guardo
intorno
;
-
la
prora
è
deserta
,
il
cielo
è
nebbioso
,
un
vento
rigido
d
'
autunno
mi
agghiaccia
le
ossa
,
il
mio
buon
Yunk
,
preso
dal
mal
di
mare
,
m
'
ha
lasciato
;
non
sento
più
che
il
tintinnio
delle
lanterne
e
lo
scricchiolìo
del
bastimento
che
fugge
,
sballottato
dalle
onde
,
nell
'
oscurità
della
notte
....
Il
mio
bel
sogno
orientale
è
finito
.
FINE
.
Miscellanea ,
IL
PRIMO
GIORNO
A
PARIGI
Eccomi
preso
daccapo
a
quest
'
immensa
rete
dorata
,
in
cui
ogni
tanto
bisogna
cascare
,
volere
o
non
volere
.
La
prima
volta
ci
restai
quattro
mesi
,
dibattendomi
disperatamente
,
e
benedissi
il
giorno
che
ne
uscii
.
Ma
vedo
che
la
colpa
era
tutta
mia
,
ora
che
ci
ritorno
....
composto
a
nobile
quiete
,
perchè
guai
a
chi
viene
a
Parigi
troppo
giovane
,
senza
uno
scopo
fermo
,
colla
testa
in
tumulto
e
colle
tasche
vuote
!
Ora
vedo
Parigi
serenamente
,
e
la
vedo
a
traverso
all
'
anima
d
'
un
caro
amico
,
che
mi
fa
risentire
più
vive
e
più
fresche
tutte
le
impressioni
della
prima
volta
.
Ed
ecco
quelle
del
primo
giorno
,
come
le
può
rendere
una
mente
stanca
e
una
penna
presa
ad
imprestito
dall
'
albergatore
.
Prima
d
'
esser
condotto
all
'
Esposizione
,
bisogna
che
il
lettore
entri
con
noi
in
Parigi
;
daremo
insieme
un
'
occhiata
al
teatro
prima
di
voltarci
verso
il
palco
scenico
.
Siamo
discesi
alla
stazione
della
strada
ferrata
di
Lione
,
alle
otto
della
mattina
,
con
un
tempo
bellissimo
.
E
ci
trovammo
subito
imbarazzati
.
Avevamo
letto
nei
giornali
che
i
fiaccherai
di
Parigi
spingevano
le
loro
pretese
fino
al
punto
di
non
voler
più
trasportare
persone
grasse
.
Io
feci
osservare
al
Giacosa
che
noi
due
eravamo
fatti
apposta
per
provocare
e
giustificare
un
rifiuto
sdegnoso
dal
più
cortese
dei
fiaccherai
.
Egli
s
'
impensierì
,
io
pure
.
Avevamo
indosso
,
per
giunta
,
due
spolverine
che
c
'
ingrossavano
spietatamente
.
Come
fare
?
Non
c
'
era
che
da
tentare
di
produrre
un
po
'
d
'
illusione
avvicinandosi
a
una
carrozza
a
passo
di
contraddanza
e
interpellando
l
'
uomo
con
una
voce
in
falsetto
.
Il
tentativo
riuscì
.
Il
fiaccheraio
ci
rivolse
uno
sguardo
inquieto
,
ma
ci
lasciò
salire
,
e
si
diresse
rapidamente
verso
i
boulevards
.
Dovevamo
andare
fino
al
boulevard
degli
Italiani
,
ossia
diritti
al
centro
di
Parigi
passando
per
la
più
ammirabile
delle
sue
strade
,
La
prima
impressione
è
gradevole
.
È
la
grande
piazza
irregolare
della
Bastiglia
,
spettacolosa
e
tumultuosa
,
nella
quale
sboccano
quattro
boulevards
e
dieci
vie
,
e
da
cui
si
sente
rumoreggiar
sordamente
il
vasto
sobborgo
di
Sant
'
Antonio
.
Ma
s
'
è
ancora
intronati
dallo
strepito
della
grande
Stazione
lugubre
,
dove
s
'
è
discesi
rotti
e
sonnolenti
;
e
quel
vasto
spazio
pieno
di
luce
,
quei
mille
colori
,
la
grande
colonna
di
Luglio
,
gli
alberi
,
il
viavai
rapidissimo
delle
carrozze
e
della
folla
,
s
'
intravvedono
appena
.
È
il
primo
soffio
impetuoso
e
sonoro
della
vita
di
Parigi
,
e
si
riceve
a
occhi
socchiusi
.
Non
si
comincia
a
veder
nettamente
che
nel
boulevard
Beaumarchais
.
Qui
comincia
ad
apparire
Parigi
.
La
via
larghissima
,
la
doppia
fila
degli
alberi
,
le
case
allegre
;
tutto
è
nitido
e
fresco
,
e
da
tutto
spira
un
'
aria
giovanile
.
Si
riconoscono
al
primo
sguardo
mille
piccole
raffinatezze
di
comodità
e
d
'
eleganza
,
che
rivelano
un
popolo
pieno
di
bisogni
e
di
capricci
,
per
il
quale
il
superfluo
è
più
indispensabile
del
necessario
e
che
gode
la
vita
con
un
'
arte
ingegnosa
.
È
la
buvette
tutta
risplendente
di
vetri
e
di
metalli
,
è
il
piccolo
caffè
pieno
di
pretese
signorili
,
è
la
piccola
trattoria
che
ostenta
i
ghiottumi
squisiti
del
gran
restaurant
,
sono
mille
piccole
botteghe
,
linde
e
ridenti
,
che
fanno
a
soverchiarsi
le
une
le
altre
a
furia
di
colori
,
di
mostre
,
d
'
iscrizioni
,
di
fantocci
,
di
piccole
gale
e
di
piccoli
vezzi
.
Fra
le
due
file
degli
alberi
è
un
andirivieni
di
carrozze
,
di
grandi
carri
,
di
carrozzoni
tirati
da
macchine
a
vapore
,
e
d
'
omnibus
altissimi
,
carichi
di
gente
,
che
sobbalzano
sul
selciato
ineguale
con
un
fracasso
assordante
.
Ma
è
un
movimento
diverso
da
quello
di
Londra
.
Il
luogo
aperto
e
verde
,
i
visi
,
le
voci
,
i
colori
,
danno
a
quel
tramestìo
l
'
aspetto
più
di
un
divertimento
che
di
un
lavoro
.
E
poi
la
popolazione
non
è
nuova
.
Son
tutte
figure
conosciute
,
che
fanno
sorridere
.
È
Gervaise
che
s
'
affaccia
alla
porta
della
bottega
col
ferro
in
mano
,
è
monsieur
Joyeuse
che
va
all
'
ufficio
fantasticando
una
gratificazione
,
è
Pipelet
che
legge
la
Gazzetta
,
è
Frédéric
che
passa
sotto
le
finestre
di
Bernerette
la
sartina
del
Murger
,
è
la
merciaia
del
Kock
,
è
il
gamin
di
Vittor
Hugo
,
o
il
Prudhomme
del
Monnier
,
è
'
l
'
homme
d
'
affaire
del
Balzac
,
è
l
'
operaio
dello
Zola
.
Eccoli
tutti
!
Come
ci
accorgiamo
che
,
anche
lontani
le
mille
miglia
,
si
viveva
nella
immensa
cinta
di
Parigi
!
Sono
le
otto
e
mezzo
,
e
la
grande
giornata
della
grande
città
,
-
giornata
per
Parigi
,
mese
per
chi
arriva
,
-
è
già
cominciata
,
calda
e
clamorosa
come
una
battaglia
.
Di
là
dal
clamore
della
strada
,
si
sente
confusamente
la
voce
profonda
degli
enormi
quartieri
nascosti
,
come
il
muggito
d
'
un
mare
mascherato
dalle
dune
.
S
'
è
appena
usciti
dal
boulevard
Beaumarchais
,
non
s
'
è
ancora
arrivati
in
fondo
al
boulevard
delle
Figlie
del
Calvario
,
e
già
s
'
indovina
,
si
sente
,
si
respira
,
sto
per
dire
,
l
'
immensità
di
Parigi
.
E
si
pensa
con
stupore
a
quelle
cittadine
solitarie
e
silenziose
,
da
cui
s
'
è
partiti
;
che
si
chiamano
Torino
o
Milano
o
Firenze
;
dove
si
stava
tutti
a
uscio
e
bottega
,
e
si
viveva
quasi
in
famiglia
.
Ieri
vogavamo
in
un
laghetto
;
oggi
navighiamo
in
un
oceano
.
Si
è
fatto
un
po
'
più
d
'
un
miglio
,
s
'
entra
nel
boulevard
du
Temple
.
Qui
la
strada
larghissima
s
'
allarga
ancora
,
le
case
s
'
innalzano
,
le
vie
laterali
s
'
allungano
.
La
maestà
di
Parigi
comincia
ad
apparire
.
E
così
,
andando
innanzi
,
tutto
cresce
di
proporzioni
e
s
'
ingentilisce
.
Cominciano
a
sfilare
i
teatri
:
il
Circo
olimpico
,
il
Lyrique
,
la
Gaîtè
,
les
Folies
;
i
caffè
eleganti
,
i
grandi
«
magazzini
»
,
le
trattorie
signorili
;
e
la
folla
va
pigliando
un
aspetto
più
schiettamente
parigino
.
Il
movimento
è
notevolmente
maggiore
che
nei
tempi
ordinarii
.
La
nostra
carrozza
è
costretta
a
fermarsi
ogni
momento
per
aspettare
che
la
lunga
fila
che
la
precede
si
metta
in
moto
.
Gli
omnibus
di
tutte
le
forme
,
che
paion
case
ambulanti
,
s
'
incalzano
.
La
gente
s
'
incrocia
correndo
in
tutte
le
direzioni
come
se
giocasse
a
bomba
da
una
parte
all
'
altra
della
strada
,
e
sui
due
marciapiedi
passano
due
processioni
non
interrotte
.
S
'
entra
nel
boulevard
Saint
Martin
.
È
un
altro
passo
innanzi
sulla
via
dell
'
eleganza
e
della
grandezza
.
I
chioschi
variopinti
si
fanno
più
fitti
,
le
botteghe
più
splendide
,
i
caffè
più
pomposi
.
I
terrazzini
e
le
righinette
delle
case
si
coprono
di
cubitali
caratteri
dorati
che
danno
a
ogni
facciata
l
'
aspetto
del
frontispizio
d
'
un
libro
gigantesco
.
I
frontoni
dei
teatri
,
gli
archi
delle
gallerie
di
passaggio
,
gli
edifizi
rivestiti
di
legno
fino
ai
primi
piani
,
le
trattorie
che
s
'
aprono
sulla
strada
in
forma
di
tempietti
e
di
teatri
luccicanti
di
specchi
,
si
succedono
senza
interstizii
,
gli
uni
congiunti
agli
altri
,
come
una
sola
bottega
sterminata
.
Mille
ornamenti
,
mille
gingilli
,
mille
richiami
,
vistosi
,
capricciosi
,
ciarlataneschi
,
sporgono
,
dondolano
,
si
rizzano
da
tutte
le
parti
,
luccicano
a
tutte
le
altezze
,
confusamente
,
dietro
agli
alberi
,
che
stendono
i
loro
rami
frondosi
sui
chioschetti
,
sui
sedili
dei
marciapiedi
,
sulle
piccole
stazioni
degli
omnibus
,
sulle
fontane
,
sui
tavolini
esterni
dei
caffè
,
sulle
tende
ricamate
delle
botteghe
,
sulle
gradinate
marmoree
dei
teatri
.
Al
boulevard
Saint
Martin
succede
il
boulevard
St
.
Denis
.
La
grande
strada
s
'
abbassa
,
si
rialza
,
si
stringe
,
riceve
dalle
grandi
arterie
dei
popolosi
quartieri
vicini
ondate
di
cavalli
e
di
gente
,
e
si
stende
davanti
a
noi
,
a
perdita
d
'
occhi
,
brulicante
di
carrozze
e
nera
di
folla
,
divisa
in
tre
parti
da
due
enormi
ghirlande
di
verzura
che
la
riempiono
d
'
ombra
e
di
freschezza
.
Son
tre
quarti
d
'
ora
che
si
va
a
passo
a
passo
,
serpeggiando
,
rasentando
file
interminabili
di
carrozze
che
danno
l
'
immagine
di
favolosi
cortei
nuziali
che
si
estendano
da
un
capo
all
'
altro
di
Parigi
.
Si
entra
nel
boulevard
Bonne
nouvelle
,
e
cresce
ancora
il
formicolìo
,
il
ronzìo
,
lo
strepito
;
la
pompa
dei
grandi
«
magazzini
»
che
schierano
sulla
strada
le
vetrate
enormi
;
l
'
ostentazione
della
réclame
,
che
sale
dai
primi
piani
ai
secondi
,
ai
terzi
,
ai
cornicioni
,
ai
tetti
;
le
vetrine
diventan
sale
,
le
merci
preziose
s
'
ammucchiano
,
i
cartelloni
multicolori
si
moltiplicano
,
i
muri
delle
case
spariscono
sotto
una
decorazione
smagliante
,
puerile
e
magnifica
che
seduce
e
stanca
lo
sguardo
.
Non
è
una
strada
per
cui
si
passa
;
è
una
successione
di
piazze
,
una
sola
immensa
piazza
parata
a
festa
,
dove
rigurgita
una
moltitudine
che
ha
addosso
l
'
argento
vivo
.
Tutto
è
aperto
,
trasparente
,
messo
in
vista
,
come
in
un
grande
mercato
signorile
all
'
aria
libera
.
Lo
sguardo
penetra
fin
nelle
ultime
sale
delle
botteghe
straricche
,
fino
ai
comptoirs
lontani
dei
lunghi
caffè
bianchi
e
dorati
,
e
nelle
stanze
alte
dei
restaurants
principeschi
,
e
abbraccia
a
ogni
leggerissimo
cambiamento
di
direzione
,
mille
bellezze
,
mille
sorprese
,
mille
minuzie
pompose
,
una
varietà
infinita
di
tesori
,
di
ghiottonerie
,
di
giocattoli
,
di
opere
d
'
arte
,
di
bagattelle
rovinose
,
di
tentazioni
di
ogni
specie
,
da
cui
non
si
libera
che
per
ricadervi
dall
'
altra
parte
della
strada
,
o
per
ricrearsi
lungo
le
due
file
senza
fine
di
chioschi
,
scaccheggiati
di
tutti
i
colori
d
'
arlecchino
,
coperti
d
'
iscrizioni
e
di
figure
grottesche
,
tappezzati
di
giornali
d
'
ogni
paese
e
di
ogni
forma
,
che
danno
al
vasto
boulevard
l
'
apparenza
bizzarra
e
simpatica
d
'
una
grande
fiera
letteraria
carnovalesca
.
E
intanto
dal
boulevard
Bonne
nouvelle
si
entra
nel
boulevard
Poissonniére
,
e
lo
spettacolo
si
fa
sempre
più
vario
,
più
ampio
e
più
ricco
.
E
s
'
è
già
percorsa
una
lunghezza
di
quattromila
metri
;
provando
di
più
in
più
un
vivo
sentimento
nuovo
,
che
non
è
sola
meraviglia
,
ma
una
scontentezza
confusa
,
un
rammarico
pieno
di
desiderii
,
l
'
amarezza
del
giovinetto
che
si
sente
umiliato
al
suo
primo
entrare
nel
mondo
,
una
specie
di
delusione
d
'
amor
proprio
,
che
si
esprime
in
occhiate
pietose
e
stizzose
sulla
miseria
del
proprio
bagaglio
,
messo
là
alla
berlina
,
sulla
cassetta
della
carrozza
,
in
mezzo
a
quel
lusso
insolente
.
E
finalmente
s
'
entra
nel
boulevard
Montmartre
,
a
cui
fa
seguito
quello
degl
'
Italiani
,
quello
delle
Capucines
,
e
quello
della
Madeleine
.
Ah
!
ceco
il
cuore
ardente
di
Parigi
,
la
via
massima
dei
trionfi
mondani
,
il
grande
teatro
delle
ambizioni
e
delle
dissolutezze
famose
,
dove
affluisce
l
'
oro
,
il
vizio
e
la
follia
dai
quattro
angoli
della
terra
!
Qui
è
la
pompa
suprema
,
è
la
metropoli
della
metropoli
,
la
reggia
aperta
e
perpetua
di
Parigi
,
a
cui
tutto
aspira
e
tutto
tende
.
Qui
la
strada
diventa
piazza
,
il
marciapiede
diventa
strada
,
la
bottega
diventa
museo
;
il
caffè
,
teatro
;
l
'
eleganza
,
fasto
;
lo
splendore
,
sfolgorìo
;
la
vita
,
febbre
.
I
cavalli
passano
a
stormi
e
la
folla
a
torrenti
.
Vetri
,
insegne
,
avvisi
,
porte
,
facciate
,
tutto
s
'
innalza
,
s
'
allarga
,
s
'
inargenta
,
s
'
indora
,
s
'
illumina
.
È
una
gara
di
sfarzo
e
di
appariscenza
che
tocca
la
follia
.
V
'
è
la
pulizia
olandese
,
la
gaiezza
d
'
un
giardino
,
e
tutta
la
varietà
di
colori
d
'
un
bazar
orientale
.
Pare
una
sola
smisurata
sala
d
'
un
museo
enorme
,
dove
gli
ori
,
le
gemme
,
le
trine
,
i
fiori
,
i
cristalli
,
i
bronzi
,
i
quadri
,
tutti
i
capolavori
delle
industrie
,
tutte
le
seduzioni
delle
arti
,
tutte
le
gale
della
ricchezza
,
tutti
i
capricci
della
moda
si
affollano
o
si
ostentano
con
una
profusione
che
sgomenta
e
una
grazia
d
'
esposizione
che
innamora
.
Le
lastre
gigantesche
di
cristallo
o
gli
specchi
innumerevoli
,
le
rivestiture
di
legno
nitidissimo
che
salgono
fino
a
mezzo
degli
edifizi
,
riflettono
ogni
cosa
.
Le
grandi
iscrizioni
d
'
oro
corrono
lungo
tutti
i
rilievi
delle
facciate
,
come
i
versetti
del
Corano
sulle
pareti
delle
moschee
.
L
'
occhio
non
trova
spazio
dove
riposare
.
Da
ogni
parte
brillano
i
nomi
illustri
nel
regno
dei
piaceri
e
della
moda
;
i
titoli
dei
restaurants
,
celebrati
da
Nuova
York
a
Pietroburgo
;
gli
alberghi
dei
principi
e
dei
Cresi
;
le
botteghe
di
cui
si
apre
la
porta
colla
mano
tremante
.
Per
tutto
un
lusso
aristocratico
,
provocante
e
sfacciato
,
che
dice
:
-
Spendi
,
spandi
e
godi
-
e
nello
stesso
tempo
suscita
e
umilia
i
desiderii
.
Non
vi
è
nessuna
bellezza
monumentale
.
È
una
specie
di
magnificenza
teatrale
e
femminea
,
una
maestà
d
'
apparato
,
eccessiva
,
e
piena
di
civetteria
e
di
superbia
,
che
sbalordisce
ed
abbaglia
come
un
immenso
tremolìo
di
punti
luminosi
;
ed
esprime
appunto
la
natura
della
grande
città
opulenta
e
lasciva
,
che
lavora
per
furore
di
godimento
e
di
gloria
.
Ci
si
prova
una
certa
soggezione
.
Non
par
di
passare
in
un
luogo
pubblico
,
tanta
è
la
nitidezza
e
la
pompa
.
La
folla
stessa
vi
passa
con
una
certa
grazia
contegnosa
come
per
una
grandissima
sala
,
scivolando
sull
'
asfalto
,
senza
rumore
,
come
sopra
un
tappeto
.
I
bottegai
stanno
dietro
alle
colossali
vetrine
con
una
dignità
di
gran
signori
,
come
se
non
aspettassero
che
avventori
milionari
.
Persino
le
venditrici
di
giornali
dei
chioschi
sono
atteggiate
a
una
certa
altezza
letteraria
.
Par
che
tutti
siano
compresi
della
sovranità
del
luogo
,
e
che
tutti
si
studino
di
aggiungere
colla
propria
persona
una
pennellata
ben
intonata
al
gran
quadro
dei
boulevards
.
Gran
quadro
davvero
!
E
si
possono
accumulare
col
pensiero
,
fin
che
si
vuole
,
tutte
le
immagini
sparse
che
se
ne
ritrovano
nelle
nostre
città
più
floride
;
ma
non
si
riuscirà
mai
,
chi
non
l
'
abbia
visto
,
nè
a
rappresentarsi
lo
spettacolo
di
quella
fiumana
vivente
che
scorre
senza
posa
tra
quelle
due
interminabili
pareti
di
cristallo
,
in
mezzo
a
quel
verde
e
a
quell
'
oro
,
accanto
a
quel
turbinio
fragoroso
di
cavalli
e
di
ruote
,
in
quella
strada
ampissima
di
cui
non
si
vede
la
fine
;
nè
a
formarsi
una
giusta
idea
della
figura
che
facevano
là
in
mezzo
le
nostre
miserabili
valigie
di
letterati
.
Appena
s
'
ebbe
ripreso
fiato
all
'
albergo
si
tornò
sui
boulevards
,
davanti
al
Cafè
Riche
,
attirati
come
farfalle
al
lume
,
senz
'
accorgercene
.
Strano
!
Mi
pareva
d
'
essere
a
Parigi
da
una
settimana
.
La
folla
però
ha
un
aspetto
alquanto
diverso
dai
tempi
ordinarii
.
Abbondano
le
faccie
esotiche
,
i
vestiti
da
viaggio
,
le
famiglie
di
provincia
,
affaticate
e
stupite
;
i
visi
bruni
del
mezzogiorno
e
le
barbe
e
le
capigliature
biondissime
del
settentrione
.
Sul
ponte
di
Costantinopoli
si
vede
sfilare
tutto
l
'
Oriente
;
qua
tutto
l
'
Occidente
.
Le
solite
gonnelle
sono
come
smarrite
in
quel
pelago
.
Di
tratto
in
tratto
si
vede
una
faccia
giapponese
,
un
negro
,
un
turbante
,
un
cencio
orientale
;
ma
è
subito
travolto
dal
fiotto
nero
della
folla
in
cilindro
.
Ho
notato
molti
soggetti
di
quella
innumerevole
famiglia
dei
grandi
uomini
falliti
,
che
tutti
riconoscono
a
primo
aspetto
:
figure
strane
,
col
viso
smunto
e
gli
occhiali
,
coi
capelli
cadenti
sulle
spalle
,
vestiti
di
nero
,
bisunti
,
con
uno
scartafaccio
sotto
il
braccio
:
sognatori
di
tutti
i
paesi
venuti
a
Parigi
in
questa
grande
occasione
a
tentare
il
terno
della
gloria
e
della
ricchezza
con
una
invenzione
meccanica
o
un
capolavoro
letterario
.
Questo
è
il
grande
torrente
dove
annegano
tutte
le
glorie
di
mezza
taglia
.
«
Celebrità
»
di
provincia
e
«
illustrazioni
»
nazionali
,
gran
personaggi
gallonati
e
blasonati
,
e
principi
e
ricconi
,
dieci
per
una
crazia
!
Non
si
vedono
nè
faccie
superbe
,
nè
sorrisi
di
vanità
soddisfatta
.
Son
tutte
goccie
indistinte
dell
'
onda
inesauribile
,
a
cui
non
sovrastano
che
i
giganti
.
E
si
capisce
da
che
molle
formidabili
,
debba
prendere
impulso
l
'
ambizione
della
gloria
per
sollevarsi
su
questo
pandemonio
,
e
con
che
rabbiosa
ostinazione
si
rodano
i
cervelli
per
trovare
la
parola
ed
il
grido
che
faccia
voltare
le
centomila
teste
di
questa
folla
meravigliosa
!
E
si
prova
un
piacere
a
esser
là
su
quel
lastrico
sparso
d
'
ambizioni
stritolate
e
di
glorie
morte
,
su
cui
altre
ambizioni
si
rizzano
e
altre
forze
si
provano
,
senza
posa
;
si
gode
di
trovarsi
là
,
come
in
mezzo
a
una
gigantesca
officina
vibrante
e
sonora
;
di
sentirsi
aggregato
anche
per
poco
,
molecola
viva
,
al
grande
corpo
intorno
a
cui
tutto
gravita
;
di
respirare
una
boccata
d
'
aria
su
quella
torre
di
Babele
,
assistendo
da
un
gradino
della
scala
sterminata
al
lavoro
immenso
,
confortati
dal
dolce
pensiero
....
che
si
scapperà
fra
quindici
giorni
.
Poi
facciamo
una
corsa
di
due
ore
,
in
carrozza
,
descrivendo
un
immenso
zig
-
zag
sulla
destra
della
Senna
,
per
veder
circolare
la
vita
nelle
arterie
minori
di
Parigi
.
Rivedo
con
vivo
piacere
quel
verdeggiante
e
splendido
boulevard
di
Sebastopoli
e
di
Strasburgo
,
che
par
fatto
per
il
passaggio
trionfale
d
'
un
esercito
,
e
quella
infinita
via
Lafayette
,
in
cui
le
due
striscie
nere
della
folla
si
perdono
allo
sguardo
in
una
lontananza
vaporosa
dove
pare
che
cominci
un
'
altra
metropoli
.
Ripasso
per
quelle
smisurate
spaccature
di
Parigi
,
che
si
chiamano
il
boulevard
Haussman
,
il
boulevard
Malesherbes
,
il
boulevard
Magenta
,
il
boulevard
Principe
Eugenio
,
in
cui
si
sprofonda
lo
sguardo
con
un
fremito
,
come
in
un
abisso
,
afferrando
per
un
braccio
il
compagno
.
Andiamo
al
Rondpoint
de
l
'
Etoile
a
veder
fuggire
in
tutte
le
direzioni
,
come
una
corona
di
raggi
,
le
grandi
vie
che
dividono
in
una
rosa
di
quattordici
allegri
quartieri
triangolari
la
decima
parte
di
Parigi
.
Ritorniamo
nel
cuore
della
città
:
percorriamo
la
rete
inestricabile
delle
piccole
vie
,
piene
di
rumori
,
smaglianti
di
vetrine
e
affollate
di
memorie
;
tutte
obliquità
e
svolti
maliziosi
,
che
preparano
le
grandi
vedute
inaspettate
dei
quadrivi
pieni
di
luce
e
delle
vie
monumentali
,
chiuse
in
fondo
da
una
mole
magnifica
,
che
sovrasta
alla
città
come
una
montagna
di
granito
cesellato
.
Per
tutto
è
una
fuga
di
carrozze
cariche
di
bagagli
,
e
visi
sonnolenti
e
polverosi
di
nuovi
arrivati
,
che
s
'
affacciano
agli
sportelli
a
interrogare
quel
caos
;
e
vicino
alle
stazioni
,
file
di
viaggiatori
a
piedi
,
che
s
'
inseguono
colla
valigia
in
mano
,
come
se
uno
l
'
avesse
rubata
all
'
altro
.
Non
c
'
è
un
momento
di
riposo
,
nè
per
l
'
orecchio
,
nè
per
l
'
occhio
,
nè
per
il
pensiero
.
Sperate
di
bere
la
vostra
birra
in
pace
davanti
a
un
caffè
quasi
vuoto
.
Illusione
.
La
réclame
vi
perseguita
.
Il
primo
che
passa
vi
mette
in
mano
una
lirica
che
comincia
con
un
'
invettiva
contro
l
'
Internazionale
e
finisce
coll
'
invitarvi
a
comprare
un
soprabito
da
Monsieur
Armangan
,
coupeur
émérite
;
e
un
momento
dopo
vi
trovate
tra
le
mani
un
sonetto
che
vi
promette
un
biglietto
per
l
'
Esposizione
se
andate
a
ordinare
un
paio
di
stivali
in
via
Rougemont
.
Per
liberarvene
alzate
gli
occhi
.
Oh
Dio
!
Passa
una
carrozza
dorata
di
réclame
coi
servitori
in
livrea
,
che
vi
propone
dei
cilindri
al
ribasso
.
Guardate
in
fondo
alla
strada
.
Che
!
A
mezzo
miglio
di
distanza
,
c
'
è
una
réclame
a
caratteri
titanici
del
Petit
journal
,
-
«
seicento
mila
esemplari
al
giorno
,
tre
milioni
di
lettori
»
-
che
vi
fa
l
'
effetto
d
'
un
urlo
nell
'
orecchio
.
Alzate
gli
occhi
al
cielo
,
allora
!
Ma
non
c
'
è
di
libero
nemmeno
il
cielo
.
Al
di
sopra
del
più
alto
tetto
del
quartiere
,
si
disegna
nell
'
azzurro
,
in
sottili
e
altissimi
caratteri
di
ferro
,
il
nome
d
'
un
artista
delle
nuvole
che
vuol
farvi
la
fotografia
.
Non
c
'
è
dunque
altro
che
tener
gli
occhi
inchiodati
sul
tavolino
!
No
,
nemmeno
!
Il
tavolino
è
diviso
in
tanti
quadretti
colorati
e
stampati
,
che
vi
offrono
delle
tinture
e
delle
pomate
.
Torcete
il
volto
stizziti
....
Ah
disgraziati
!
La
spalliera
della
seggiola
vi
raccomanda
un
guantaio
.
Non
resta
altro
rifugio
che
guardarsi
i
piedi
,
dunque
!
No
,
non
resta
neppure
questo
rifugio
.
Sotto
i
vostri
piedi
,
sull
'
asfalto
,
c
'
è
un
avviso
a
stampatello
che
vuol
farvi
mangiare
alla
casalinga
in
via
della
Chaussée
d
'
Antin
.
Camminando
un
'
ora
,
si
legge
,
senza
volerlo
,
un
mezzo
volume
.
È
una
inesauribile
decorazione
grafica
variopinta
ed
enorme
aiutata
da
immagini
grottesche
di
diavoli
e
di
fantocci
alti
come
case
,
che
v
'
assedia
,
vi
opprime
,
vi
fa
maledire
l
'
alfabeto
.
Quel
Petit
journal
,
per
esempio
,
che
copre
mezza
Parigi
!
Ma
bisogna
o
ammazzarsi
o
comprarlo
.
Tutto
ciò
che
vi
si
mette
in
mano
,
dal
biglietto
del
battello
al
contrassegno
della
seggiola
su
cui
riposate
le
ossa
nel
giardino
pubblico
,
tutto
nasconde
l
'
insidia
della
réclame
.
Persino
le
pareti
dei
tempietti
,
dove
non
s
'
entra
che
per
forza
,
parlano
,
offrono
,
raccomandano
.
Ci
sono
in
tutti
gli
angoli
mille
bocche
che
vi
chiamano
e
mille
mani
che
v
'
accennano
.
È
una
rete
che
avvolge
tutta
Parigi
.
E
tutto
è
economico
.
Potete
spendere
fino
all
'
ultimo
centesimo
credendo
sempre
di
fare
economia
.
Ma
quanta
varietà
di
oggetti
e
di
spettacoli
!
Nello
spazio
di
quindici
passi
vedete
una
corona
di
diamanti
,
un
mazzo
spropositato
di
camelie
,
un
mucchio
di
tartarughe
vive
,
un
quadro
a
olio
,
una
coppia
di
signorine
automatiche
che
nuotano
in
una
vaschetta
di
latta
,
un
vestimento
completo
da
contentare
l
'
uomo
«
più
scrupolosamente
elegante
»
per
otto
lire
e
cinquanta
centesimi
,
un
numero
del
Journal
des
abrutis
con
un
articolo
a
doppio
taglio
sull
'
esposizione
delle
vacche
,
un
gabinetto
per
gli
esperimenti
del
fonografo
,
e
un
bottegaio
che
dà
il
volo
a
un
nuvolo
di
farfalle
di
penna
per
adescare
i
bimbi
che
passano
.
A
ogni
tratto
vedete
schierate
tutte
le
faccie
illustri
della
Francia
.
Non
c
'
è
città
che
in
questo
genere
d
'
esposizione
eguagli
Parigi
.
L
'
Hugo
,
l
'
Augier
,
mademoiselle
Judic
,
il
Littré
,
il
Coquelin
,
il
Dufaure
,
il
Daudet
,
sono
in
tutt
'
i
buchi
.
Incontrate
dei
visi
d
'
amici
da
tutte
le
parti
.
E
nessuna
impressione
,
neanche
dei
luoghi
,
è
veramente
nuova
.
Parigi
non
si
vede
mai
per
la
prima
volta
;
si
rivede
.
Non
ricorda
nessuna
città
italiana
;
eppure
non
par
straniera
,
tanto
vi
si
ritrovano
fitte
le
reminiscenze
della
nostra
vita
intellettuale
.
Un
amico
vi
dice
:
-
Ecco
la
casa
del
Sardou
,
ecco
il
palazzo
del
Gambetta
,
ecco
le
finestre
del
Dumas
,
ecco
l
'
ufficio
del
Figaro
-
e
a
voi
vien
naturale
di
rispondere
:
Eh
!
lo
sapevo
.
-
Così
riconoscendo
mille
cose
e
mille
aspetti
,
continuiamo
a
girare
,
rapidamente
,
in
mezzo
a
incrociamenti
di
legni
da
cui
non
vedo
come
usciremo
,
a
traverso
a
folle
serrate
che
ci
arrestano
all
'
improvviso
,
nelle
ombre
deliziose
del
Parco
Monceaux
,
intorno
alle
grandi
arcate
leggiere
delle
Halles
,
davanti
agli
immensi
«
magazzini
di
novità
»
assiepati
di
carrozze
,
intravvedendo
,
di
lontano
,
ora
un
fianco
del
teatro
dell
'
Opera
,
ora
il
colonnato
della
Borsa
,
ora
la
tettoia
enorme
d
'
una
Stazione
,
ora
un
palazzo
incendiato
dalla
Comune
,
ora
la
cupola
dorata
degli
Invalidi
,
e
dicendoci
l
'
un
l
'
altro
mille
cose
,
e
le
stesse
cose
,
e
con
la
più
viva
espansione
,
senza
pronunziare
una
parola
e
senza
ricambiarci
uno
sguardo
.
Avevo
inteso
dire
che
uno
straniero
a
Parigi
non
si
accorge
quasi
che
ci
sia
l
'
Esposizione
.
Baie
.
Tutto
conduce
il
pensiero
all
'
Esposizione
.
Le
torri
del
Trocadero
si
vedono
effigiate
da
tutte
le
parti
,
come
se
mille
migliaia
di
specchi
le
riflettessero
,
e
l
'
immagine
del
Campo
di
Marte
vi
si
presenta
per
mille
vie
e
sotto
mille
forme
.
Tutta
la
popolazione
sembra
ed
è
infatti
d
'
accordo
per
fare
ben
riescire
la
festa
.
V
'
è
un
raffinamento
universale
di
cortesia
.
Tutti
fanno
la
loro
parte
.
Fin
l
'
ultimo
bottegaio
sente
la
dignità
dell
'
ospite
;
si
legge
in
viso
a
ogni
parigino
la
soddisfazione
d
'
essere
«
azionista
»
del
teatro
in
cui
si
offre
al
mondo
il
grande
spettacolo
,
e
la
coscienza
di
essere
un
oggetto
d
'
ammirazione
.
Il
che
serve
moltissimo
a
rendersi
davvero
ammirabili
.
La
grande
città
fa
il
bocchino
,
è
premurosa
,
vuol
contentar
tutti
.
E
infatti
a
tutti
i
bisogni
,
a
tutti
i
desiderii
,
a
tutti
i
capricci
,
ha
provvisto
,
in
mille
modi
,
a
ogni
prezzo
e
a
ogni
passo
.
Per
questa
«
festa
del
lavoro
»
c
'
è
la
febbre
.
Il
lavoro
,
la
pace
,
la
grande
fratellanza
,
la
grande
ospitalità
fraterna
,
risuonano
da
ogni
parte
.
E
forse
,
anzi
certo
,
vi
si
nasconde
sotto
un
altro
sentimento
.
È
l
'
amor
proprio
ferito
in
un
'
altra
gloria
,
che
s
'
afferra
tutto
alla
gloria
presente
,
per
compensarsi
della
passata
;
ed
esalta
con
tutte
le
sue
forze
il
primato
che
le
rimane
,
per
gettare
l
'
oscurità
su
quello
,
in
fondo
al
cuore
forse
più
caro
,
che
ha
perduto
.
È
nondimeno
prodigioso
il
vedere
questa
città
,
che
parve
un
giorno
caduta
in
fondo
,
sotto
il
peso
di
tutte
le
maledizioni
di
Dio
,
dopo
sette
anni
,
così
splendida
,
così
superba
,
così
piena
di
sangue
,
d
'
oro
e
di
gloria
!
E
si
prova
un
sentimento
inaspettato
arrivandoci
.
S
'
era
partiti
per
l
'
Esposizione
;
era
lo
scopo
,
la
prima
cosa
.
Appena
arrivati
,
diventa
l
'
ultima
.
Parigi
che
l
'
ha
fatta
,
l
'
ammazza
.
Si
pensa
,
sì
,
che
c
'
è
laggiù
,
in
fondo
alla
grande
città
,
uno
smisurato
palazzo
posticcio
che
contiene
molte
bellissime
cose
;
ma
ci
si
pensa
quasi
con
dispetto
,
come
a
un
importuno
che
voglia
contendervi
e
turbarvi
il
godimento
di
Parigi
.
Il
primo
giorno
,
l
'
immagine
delle
Torri
del
Trocadero
m
'
era
odiosa
.
Così
al
Campo
di
Marte
,
estatici
davanti
a
una
bellissima
ragazza
inglese
che
lavora
,
degnate
appena
d
'
uno
sguardo
la
macchinetta
ingegnosa
che
luccica
sotto
le
sue
mani
.
Arriviamo
finalmente
sulla
Senna
.
Che
largo
e
sano
respiro
!
E
come
è
sempre
bella
questa
grande
strada
azzurra
che
fugge
,
riflettendo
i
colori
allegri
delle
sue
mille
case
galleggianti
,
fra
le
due
alte
rive
coronate
di
colossi
di
pietra
!
Davanti
e
dietro
di
noi
i
ponti
lunghissimi
confondono
i
loro
archi
d
'
ogni
forma
,
e
le
strisce
nere
della
folla
che
brulica
dietro
ai
loro
parapetti
;
sotto
,
i
battelli
stipati
di
teste
s
'
inseguono
;
frotte
di
gente
scendono
continuamente
dalle
gradinate
delle
rive
e
fanno
ressa
agli
scali
;
e
la
voce
confusa
della
moltitudine
si
mesce
ai
canti
delle
mille
donne
affollate
nei
lavatoi
,
al
suono
dei
corni
e
delle
campanelle
,
allo
strepito
delle
carrozze
dei
quais
,
al
lamento
del
fiume
e
al
mormorio
degli
alberi
delle
due
rive
,
agitati
da
un
'
arietta
vivace
che
fa
sentire
la
freschezza
della
campagna
e
del
mare
.
Anche
la
Senna
lavora
per
«
la
gran
festa
della
pace
»
e
par
che
spieghi
più
benevolmente
dell
'
usato
,
in
mezzo
alle
due
Parigi
che
la
guardano
,
la
sua
maestà
regale
e
materna
.
Qui
il
mio
compagno
non
potè
resistere
alla
tentazione
di
Nôtre
Dame
,
e
salimmo
sulla
cima
d
'
una
delle
due
torri
per
vedere
«
il
mostro
.
»
Ottima
cosa
che
mette
i
pensieri
in
calma
.
Bisogna
almeno
dominarle
,
queste
mostruose
città
,
in
quel
solo
modo
che
ci
è
possibile
:
collo
sguardo
.
Salimmo
sulla
punta
del
tetto
della
torre
di
sinistra
,
dove
Quasimodo
delirava
a
cavallo
alla
campana
,
e
ci
afferrammo
all
'
asta
di
ferro
.
Che
immensità
gloriosa
!
Parigi
empie
l
'
orizzonte
e
par
che
voglia
coprire
tutta
la
terra
colle
smisurate
onde
immobili
e
grigie
dei
suoi
tetti
e
delle
sue
mura
.
Il
cielo
era
inquieto
.
Le
nuvole
gettavano
qua
e
là
ombre
fosche
che
coprivano
spazi
grandi
come
Roma
;
e
in
altre
parti
apparivano
montagne
,
grandi
vallate
e
vastissimi
altipiani
di
case
dorate
dal
sole
.
La
Senna
luccicava
come
una
sciarpa
d
'
argento
da
un
capo
all
'
altro
di
Parigi
,
rigata
di
nero
dai
suoi
trenta
ponti
,
che
parevan
fili
tesi
tra
le
due
rive
,
e
punteggiata
appena
dai
suoi
cento
battelli
,
che
parevano
foglioline
natanti
.
Sotto
,
la
mole
delicata
e
triste
della
cattedrale
,
le
due
isole
,
piazze
nereggianti
di
formiche
,
lo
scheletro
del
futuro
Hôtel
de
ville
,
simile
a
una
grande
gabbia
d
'
uccelli
,
e
la
réclame
smisurata
e
insolente
d
'
un
mercante
d
'
abiti
fatti
che
sfondava
gli
occhi
a
mille
e
duecento
metri
di
distanza
.
Qua
e
là
,
le
grandi
macchie
dei
cimiteri
,
dei
giardini
e
dei
parchi
;
isole
verdi
in
quell
'
oceano
.
Lontano
,
all
'
orizzonte
,
a
traverso
a
brume
violacee
leggerissime
,
contorni
incerti
di
vasti
sobborghi
fumanti
,
dietro
i
quali
non
si
vede
più
,
ma
s
'
indovina
ancora
Parigi
;
da
un
'
altra
parte
,
altri
sobborghi
enormi
,
affollati
sulle
alture
,
come
eserciti
pronti
a
discendere
,
pieni
di
tristezze
e
di
minaccie
;
a
valle
della
Senna
,
in
una
chiarezza
un
po
'
velata
,
come
in
un
vasto
polverio
luminoso
,
a
tre
miglia
da
noi
,
le
architetture
colossali
e
trasparenti
del
Campo
di
Marte
.
Che
belli
slanci
vertiginosi
dello
sguardo
da
Belleville
a
Ivry
,
dal
bosco
di
Boulogne
a
Pantin
,
da
Courbevoie
al
bosco
di
Vincennes
,
saltando
di
cupola
in
cupola
,
di
torre
in
torre
,
di
colosso
in
colosso
,
di
memoria
in
memoria
,
di
secolo
in
secolo
,
accompagnati
,
come
da
una
musica
,
dall
'
immenso
respiro
di
Parigi
!
Povero
e
caro
nido
della
mia
famigliuola
,
dove
sei
?
Poi
il
mio
amico
mi
disse
:
-
Ridiscendiamo
nell
'
inferno
-
e
tornammo
a
tuffarci
nell
'
oscurità
dell
'
interminabile
scala
a
chiocciola
,
dove
un
rintocco
inaspettato
della
grande
campana
di
Luigi
XIV
ci
fece
tremare
le
vene
e
i
polsi
come
un
colpo
di
cannone
.
E
ritornammo
sui
boulevards
.
Era
l
'
ora
del
desinare
.
In
quell
'
ora
il
movimento
è
tale
da
non
poterne
dare
un
'
idea
.
Le
carrozze
passano
a
sei
di
fronte
,
a
cinquanta
di
fila
,
a
grandi
gruppi
,
a
masse
fitte
e
serrate
che
si
sparpagliano
qua
e
là
verso
le
vie
laterali
,
e
par
che
escano
le
une
dalle
altre
,
come
razzi
,
levando
un
rumore
cupo
e
monotono
,
come
d
'
un
solo
enorme
treno
di
strada
ferrata
che
passi
senza
fine
.
Allora
tutta
la
vita
gaia
di
Parigi
si
riversa
là
da
tutte
le
strade
vicine
,
dalle
gallerie
,
dalle
piazze
;
arrivano
e
si
scaricano
i
cento
omnibus
del
Trocadero
;
le
carrozze
e
la
folla
a
piedi
che
viene
dagli
scali
della
Senna
;
flutti
di
gente
che
attraversa
la
strada
di
corsa
arrischiando
le
ossa
,
s
'
accalca
sui
marciapiedi
,
assalta
i
chioschi
da
cui
si
spandono
miriadi
di
giornali
,
si
disputa
le
sedie
davanti
ai
caffè
e
rigurgita
all
'
imboccatura
delle
strade
.
Si
accendono
i
primi
lumi
.
Il
grande
banchetto
comincia
.
Da
tutte
le
parti
tintinnano
e
scintillano
i
cristalli
e
le
posate
sulle
tovaglie
bianchissime
,
distese
in
vista
di
tutti
.
Zaffate
d
'
odori
ghiotti
escono
dai
grandi
restaurants
,
di
cui
si
vanno
illuminando
le
finestre
dei
piani
superiori
,
lasciando
vedere
scorci
di
sale
luccicanti
e
ombre
di
donne
che
guizzano
dietro
le
tende
di
trina
.
Un
'
aria
calda
e
molle
,
come
di
teatro
,
si
spande
,
pregna
d
'
odor
di
sigari
d
'
Avana
,
dell
'
odore
acuto
dell
'
assenzio
che
verdeggia
in
diecimila
bicchieri
,
delle
fragranze
che
escono
dalle
botteghe
di
fiori
,
di
muschio
,
di
vesti
profumate
,
di
capigliature
femminili
;
-
un
odore
proprio
dei
boulevards
di
Parigi
,
misto
di
grand
'
albergo
e
d
'
alcova
,
-
che
dà
alla
testa
.
Le
carrozze
si
fermano
;
le
cocottes
dai
lunghi
strascichi
discendono
,
fra
due
ali
di
curiosi
,
e
spariscono
come
freccie
nelle
porte
delle
trattorie
.
Fra
la
folla
dei
caffè
suonano
le
risa
argentine
e
forzate
di
quelle
che
siedono
a
crocchio
.
Le
«
coppie
»
fendono
audacemente
la
calca
.
La
gente
comincia
a
serrarsi
,
in
doppia
fila
,
alle
porte
dei
teatri
.
La
circolazione
è
interrotta
ogni
momento
.
Bisogna
camminare
a
zig
-
zag
,
a
passetti
,
respingendo
dolcemente
gomiti
e
toraci
,
fra
una
selva
di
cilindri
e
di
gibus
,
fra
i
soprabiti
neri
,
le
giubbe
,
i
gran
panciotti
spettorati
e
le
camicie
ricamate
,
badando
sempre
ai
piedini
e
alle
code
,
in
mezzo
a
un
mormorìo
sordo
,
diffuso
,
affrettato
,
sul
quale
echeggiano
i
colpi
sonori
delle
bottiglie
stappate
,
dentro
un
polverìo
finissimo
che
vien
su
da
quel
terribile
asfalto
che
brucia
i
talloni
alle
ragazze
.
Non
è
più
un
andirivieni
di
gente
;
è
un
ribollimento
,
un
rimescolìo
febbrile
,
come
se
sotto
la
strada
divampasse
una
fornace
immensa
.
È
un
ozio
che
pare
un
lavoro
,
una
festa
faticosa
,
come
una
smania
e
un
timore
di
tutti
di
non
arrivare
in
tempo
a
prender
posto
al
gran
convito
.
Il
vastissimo
spazio
non
basta
più
alla
moltitudine
nera
,
elegante
,
nervosa
,
sensuale
,
profumata
,
piena
d
'
oro
e
d
'
appetiti
,
che
cerca
con
tutti
i
sensi
tutti
i
piaceri
.
E
di
minuto
in
minuto
lo
spettacolo
si
ravviva
.
Il
via
vai
delle
carrozze
somiglia
alla
fuga
disordinata
delle
salmerie
d
'
un
esercito
in
rotta
;
i
caffè
risuonano
come
officine
;
all
'
ombra
degli
alberi
si
stringono
i
dolci
colloqui
;
tutto
s
'
agita
e
freme
in
quella
mezza
oscurità
,
non
ancor
vinta
dall
'
illuminazione
notturna
;
e
un
non
so
che
di
voluttuoso
spira
nell
'
aria
,
mentre
la
notte
di
Parigi
,
carica
di
follie
e
di
peccati
,
prepara
le
sue
insidie
famose
.
Quello
è
davvero
il
momento
in
cui
la
grande
città
s
'
impadronisce
di
voi
e
vi
soggioga
,
se
anche
foste
l
'
uomo
più
austero
della
terra
.
È
il
lenocinio
gallico
del
Gioberti
.
È
una
mano
invisibile
che
v
'
accarezza
,
una
voce
dolce
che
vi
parla
nell
'
orecchio
,
una
scintilla
che
vi
corre
nelle
vene
,
una
voglia
impetuosa
di
tuffarvi
in
quel
vortice
,
e
d
'annegarvi...;
passata
la
quale
si
va
a
desinare
benissimo
a
due
lire
e
settantacinque
.
E
anche
il
desinare
è
uno
spettacolo
per
chi
si
ritrova
impensatamente
,
come
accadde
a
noi
,
in
una
trattoria
vasta
e
rischiarata
come
un
teatro
,
formata
d
'
una
sala
unica
,
cinta
d
'
una
larghissima
galleria
,
dove
si
sfamano
insieme
cinquecento
persone
,
rumoreggiando
come
una
grande
assemblea
di
buon
umore
.
E
dopo
vien
l
'
ultima
scena
della
meravigliosa
rappresentazione
cominciata
alle
otto
della
mattina
in
piazza
della
Bastiglia
:
la
notte
di
Parigi
.
Ritorniamo
nel
cuore
della
città
.
Qui
par
che
faccia
giorno
daccapo
.
Non
è
un
'
illuminazione
;
è
un
incendio
.
I
boulevards
ardono
.
Tutto
il
pian
terreno
degli
edifizi
sembra
in
fuoco
.
Socchiudendo
gli
occhi
,
par
di
vedere
a
destra
e
a
sinistra
due
file
di
fornaci
fiammanti
.
Le
botteghe
gettano
dei
fasci
di
luce
vivissima
fino
a
metà
della
strada
e
avvolgono
la
folla
come
in
una
polvere
d
'
oro
.
Da
tutte
le
parti
piovono
raggi
e
chiarori
diffusi
che
fanno
brillare
i
caratteri
dorati
e
i
rivestimenti
lucidi
delle
facciate
,
come
se
tutto
fosse
fosforescente
.
I
chioschi
,
che
si
allungano
in
due
file
senza
fine
,
rischiarati
di
dentro
,
coi
loro
vetri
di
mille
colori
,
simili
a
enormi
lanterne
chinesi
piantate
in
terra
,
o
a
teatrini
trasparenti
di
marionette
,
danno
alla
strada
l
'
aspetto
fantastico
e
puerile
d
'
una
festa
orientale
I
riflessi
infiniti
dei
cristalli
,
i
mille
punti
luminosi
che
traspaiono
fra
i
rami
degli
alberi
,
le
iscrizioni
di
fuoco
che
splendono
sui
frontoni
dei
teatri
,
il
movimento
rapidissimo
delle
innumerevoli
fiammelle
delle
carrozze
,
che
sembrano
miriadi
di
lucciole
mulinate
dal
vento
,
le
lanterne
porporine
degli
omnibus
,
le
grandi
sale
ardenti
aperte
sulla
strada
,
le
botteghe
che
somigliano
a
cave
d
'
oro
e
d
'
argento
incandescente
,
le
centomila
finestre
illuminate
,
gli
alberi
che
paiono
accesi
;
tutti
questi
splendori
teatrali
,
frastagliati
dalla
verzura
,
che
lascia
vedere
ora
sì
ora
no
le
illuminazioni
lontane
,
e
presenta
lo
spettacolo
ad
apparizioni
successive
;
tutta
questa
luce
rotta
,
rispecchiata
,
variopinta
,
mobilissima
,
piovuta
e
saettata
,
raccolta
a
torrenti
e
sparpagliata
a
stelle
e
a
diamanti
,
produce
la
prima
volta
un
'
impressione
di
cui
non
si
può
dare
l
'
idea
.
Par
di
vedere
un
solo
immenso
fuoco
d
'
artifizio
,
che
debba
spegnersi
improvvisamente
,
e
lasciar
tutta
la
città
sepolta
nel
fumo
.
Sui
marciapiedi
non
c
'
è
una
riga
d
'
ombra
;
ci
si
ritroverebbe
una
spilla
.
Tutti
i
visi
sono
rischiarati
.
Si
vede
la
propria
immagine
riflessa
da
tutte
le
parti
.
Si
vede
tutto
,
in
fondo
ai
caffè
,
sino
agli
ultimi
specchi
delle
sale
riposte
,
incisi
dai
diamanti
delle
belle
peccatrici
.
Nella
folla
abbonda
il
bel
sesso
che
di
giorno
pareva
sopraffatto
e
disperso
.
Gli
sguardi
languidi
e
interrogativi
s
'
incrociano
e
gareggiano
.
Davanti
a
ogni
caffè
c
'
è
la
platea
d
'
un
teatro
,
di
cui
il
boulevard
è
il
palcoscenico
.
Tutti
i
visi
sono
rivolti
verso
la
strada
.
Ed
è
curioso
:
fuor
che
le
carrozze
,
non
si
sente
nessun
forte
rumore
.
Si
guarda
molto
e
si
parla
poco
,
o
a
bassa
voce
,
come
per
rispetto
al
luogo
,
o
perchè
la
gran
luce
impone
un
certo
riserbo
.
V
'
è
una
specie
di
silenzio
signorile
.
Andate
innanzi
,
innanzi
,
sempre
in
mezzo
a
un
incendio
,
tra
una
folla
immobile
e
una
folla
seduta
,
e
vi
sembra
di
passare
di
salone
in
salone
,
in
un
immenso
palazzo
scoperto
,
o
per
un
seguito
di
vastissimi
patios
spagnuoli
,
fra
le
pompe
d
'
una
veglia
,
in
mezzo
a
un
milione
di
invitati
,
senza
sapere
quando
arriverete
all
'
uscita
,
se
pur
c
'
è
un
'
uscita
.
E
intanto
,
passo
passo
,
arrivate
sulla
piazza
dell
'
Opéra
.
E
qui
Parigi
notturna
vi
fa
uno
dei
suoi
più
bei
colpi
di
scena
.
Avete
dinanzi
la
facciata
del
Teatro
,
enorme
e
spudorata
,
risplendente
di
lampade
colossali
negli
intercolonni
elegantissimi
;
dinanzi
alla
quale
sboccano
le
vie
Auber
e
Halévy
;
a
destra
la
gran
fornace
del
boulevard
degli
Italiani
;
a
sinistra
il
boulevard
infocato
delle
Cappuccine
che
si
prolunga
fra
i
due
muri
ardenti
del
boulevard
della
Maddalena
;
e
voltandovi
,
vedete
tre
grandi
vie
divergenti
che
v
'
abbagliano
come
tre
abissi
luminosi
:
la
via
della
Pace
,
tutta
smagliante
d
'
ori
e
di
gioielli
,
in
fondo
alla
quale
si
drizza
sul
cielo
stellato
la
mole
nera
della
colonna
Vendôme
;
l
'
Avenue
dell
'
Opéra
inondata
di
luce
elettrica
;
la
via
Quattro
settembre
lucente
di
mille
fiammelle
;
e
sette
file
continue
di
carrozze
che
vengono
dai
due
boulevards
e
dalle
cinque
strade
,
incrociandosi
furiosamente
sulla
piazza
,
e
una
folla
che
accorre
e
una
folla
che
fugge
,
sotto
una
pioggia
di
luce
rossa
e
di
luce
bianchissima
,
diffusa
da
grandi
globi
di
cristallo
spulito
,
che
fan
l
'
effetto
di
ghirlande
e
di
corone
di
lune
piene
,
e
colorano
gli
alberi
,
gli
alti
edifizi
,
la
moltitudine
,
dei
riflessi
bizzarri
e
misteriosi
della
scena
finale
d
'
un
ballo
fantastico
.
Qui
proprio
si
prova
per
qualche
momento
una
sensazione
che
somiglia
a
quella
dell
'
hasciss
.
Quella
rosa
di
strade
sfolgoranti
,
che
conducono
al
Théâtre
français
,
alle
Tuileries
,
alla
Concordia
,
ai
Campi
Elisi
,
che
vi
portano
ciascuna
una
voce
della
gran
festa
di
Parigi
,
che
vi
chiamano
e
che
v
'
attirano
da
sette
parti
come
le
entrate
maestose
di
sette
palazzi
fatati
,
vi
accendono
nel
cervello
o
nelle
ossa
il
furore
dei
piaceri
.
Vorreste
veder
tutto
ed
esser
da
per
tutto
ad
un
tempo
;
a
sentire
dalla
bocca
del
grande
Got
l
'
efface
sublime
dei
Fourchambault
a
folleggiare
a
Mabille
,
a
nuotare
nella
Senna
,
a
cenare
alla
Maison
dorée
;
vorreste
volare
di
palco
scenico
in
palco
scenico
,
di
ballo
in
ballo
,
di
giardino
in
giardino
,
di
splendore
in
splendore
,
e
profondere
l
'
oro
,
lo
champagne
e
i
bons
mots
,
e
vivere
dieci
anni
in
una
notte
.
Eppure
non
è
questo
il
più
bello
spettacolo
della
notte
.
Si
va
innanzi
fino
alla
Maddalena
,
si
svolta
in
Rue
royale
,
si
sbocca
in
piazza
della
Concordia
,
e
là
si
lascia
sfuggire
la
più
alta
e
più
allegra
esclamazione
di
meraviglia
che
strappi
Parigi
dalle
labbra
d
'
uno
straniero
.
Non
c
'
è
sicuramente
un
'
altra
piazza
di
città
europea
dove
la
grazia
,
la
luce
,
l
'
arte
,
la
natura
,
s
'
aiutino
così
mirabilmente
fra
loro
per
formare
uno
spettacolo
che
rapisca
l
'
immaginazione
.
A
primo
aspetto
non
si
raccapezza
nulla
,
nè
i
confini
della
piazza
,
nè
le
distanze
,
nè
dove
si
sia
,
nè
che
cosa
si
veda
.
È
uno
sterminato
teatro
aperto
,
in
mezzo
a
uno
sterminato
giardino
ardente
,
che
fa
pensare
all
'
accampamento
illuminato
di
un
esercito
di
trecento
mila
uomini
.
Ma
quando
si
è
arrivati
nel
centro
della
piazza
,
ai
piedi
dell
'
obelisco
di
Sesostri
,
fra
le
due
fontane
monumentali
,
e
si
vede
a
destra
,
in
mezzo
ai
due
grandi
edifizii
a
colonne
del
Gabriel
,
la
splendida
Via
reale
,
chiusa
in
fondo
dalla
facciata
superba
della
Maddalena
;
a
sinistra
il
ponte
della
Concordia
che
sbocca
in
faccia
al
palazzo
del
Corpo
legislativo
,
imbiancato
da
un
torrente
di
luce
elettrica
;
dall
'
altra
parte
la
vasta
macchia
bruna
dei
giardini
imperiali
,
inghirlandati
di
lumi
,
in
fondo
a
cui
nereggiano
le
rovine
delle
Tuilerie
;
e
dalla
parte
opposta
il
viale
maestoso
dei
Campi
Elisi
,
chiuso
dall
'
arco
altissimo
della
Stella
,
picchiettato
di
foco
dalle
lanterne
di
diecimila
carrozze
e
fiancheggiato
da
due
boschi
sparsi
di
caffè
e
di
teatri
sfolgoranti
;
quando
s
'
abbraccia
con
un
sguardo
le
rive
illuminate
della
Senna
,
i
giardini
,
i
monumenti
,
la
folla
immensa
e
sparsa
che
viene
dal
ponte
,
dai
boulevards
,
dai
boschetti
,
dai
quais
,
dai
teatri
,
e
brulica
confusamente
da
tutti
i
lati
della
piazza
,
in
quella
luce
strana
,
fra
i
zampilli
e
le
cascate
d
'
acqua
argentata
,
in
mezzo
alle
statue
,
ai
candelabri
giganteschi
,
alle
colonne
rostrali
,
alla
verzura
,
nell
'
aria
limpida
e
odorosa
di
una
bella
notte
d
'
estate
;
allora
si
sente
tutta
la
bellezza
di
quel
luogo
unico
al
mondo
,
e
non
si
può
a
meno
di
gridare
:
-
Ah
Parigi
!
Maledetta
e
cara
Parigi
!
Sirena
sfrontata
!
È
dunque
proprio
una
verità
che
bisogna
fuggirti
come
una
furia
o
adorarti
come
una
dea
?
Di
là
ci
spingemmo
ancora
nei
giardini
dei
Campi
Elisi
,
a
girare
fra
i
teatri
a
cielo
aperto
,
i
chioschi
,
gli
alcazar
,
i
circhi
,
i
concerti
,
le
giostre
,
per
interminabili
viali
affollati
,
da
cui
si
sentivano
i
suoni
fragorosi
delle
orchestre
,
gli
applausi
e
le
risate
delle
vaste
platee
trincanti
,
e
le
voci
in
falsetto
delle
cantatrici
di
canzonette
,
delle
quali
si
vedevano
a
traverso
i
cespugli
le
nudità
opulente
e
gli
abiti
zingareschi
,
in
mezzo
allo
splendore
dei
palchi
scenici
inquadrati
fra
le
piante
.
E
volevamo
andare
sino
in
fondo
.
Ma
più
s
'
andava
innanzi
,
più
quel
baccanale
notturno
s
'
allargava
e
s
'
allungava
;
dietro
a
ogni
gruppo
d
'
alberi
saltava
fuori
un
nuovo
teatro
e
una
nuova
luminaria
,
ad
ogni
svolto
di
viale
ci
trovavamo
in
faccia
a
una
nuova
baldoria
;
e
d
'
altra
parte
il
mio
buon
Giacosa
mi
domandava
grazia
da
un
pezzo
,
con
voce
lamentevole
,
dicendomi
che
gli
occhi
gli
si
chiudevano
e
che
la
testa
non
gli
si
reggeva
più
sulle
spalle
.
Allora
si
ritornò
in
piazza
della
Concordia
,
si
restò
un
momento
in
contemplazione
davanti
a
quella
meraviglia
di
via
di
Rivoli
,
rischiarata
per
la
lunghezza
di
due
miglia
come
una
sala
da
ballo
,
e
si
rientrò
a
mezzanotte
sonata
nei
boulevards
,
ancora
risplendenti
,
affollati
,
rumorosi
,
allegri
come
sul
far
della
sera
,
come
se
la
giornata
ardente
di
Parigi
cominciasse
allora
,
come
se
la
grande
città
avesse
ucciso
il
sonno
per
sempre
e
fosse
condannata
da
Dio
al
supplizio
d
'
una
festa
eterna
.
E
di
là
trasportammo
le
nostre
salme
all
'
albergo
.
Ecco
come
passò
il
nostro
primo
giorno
a
Parigi
.
UNO
SGUARDO
ALL
'
ESPOSIZIONE
La
prima
volta
che
entrai
nel
recinto
dell
'
Esposizione
dalla
parte
del
Trocadero
,
mi
fermai
qualche
minuto
in
mezzo
al
ponte
di
Jena
per
cercare
una
similitudine
,
che
rendesse
ai
miei
lettori
futuri
un
'
immagine
fedele
di
quello
spettacolo
.
E
mi
venne
in
mente
di
paragonare
il
senso
che
si
prova
entrando
là
dentro
,
a
quello
che
si
proverebbe
capitando
in
una
gran
piazza
dove
da
una
parte
sonassero
le
orchestre
del
Nouvel
-
Opéra
e
dell
'
Opéra
-
Comique
,
dall
'
altra
le
bande
di
dieci
reggimenti
,
e
nel
mezzo
tutti
gli
strumenti
musicali
della
terra
,
dal
nuovo
pianoforte
a
doppia
tastiera
rovesciata
fino
al
corno
e
al
tamburino
dei
selvaggi
,
accompagnati
dai
trilli
in
falsetto
di
mille
soprani
da
cafè
chantant
,
dallo
strepito
d
'
una
grandine
di
petardi
e
dal
rimbombo
lontano
del
cannone
.
Non
è
una
similitudine
da
Antologia
;
ma
dà
un
'
idea
della
cosa
.
Infatti
,
arrivando
sul
ponte
di
Jena
,
si
sente
il
bisogno
di
chiuder
gli
occhi
per
qualche
momento
,
come
arrivando
su
quella
piazza
si
sentirebbe
il
bisogno
di
tapparsi
le
orecchie
.
Si
resta
nello
stesso
tempo
meravigliati
,
stizziti
,
confusi
e
esilarati
;
che
so
io
?
-
incerti
fra
l
'
applauso
e
la
scrollata
di
spalle
,
fra
l
'
ammirazione
e
la
delusione
;
in
una
di
quelle
incertezze
in
cui
,
per
solito
,
dopo
aver
lungamente
meditato
,
si
prende
la
risoluzione
di
accendere
il
sigaro
.
Figuratevi
,
da
una
parte
,
sopra
un
'
altura
,
quell
'
enorme
spacconata
architettonica
del
palazzo
del
Trocadero
,
con
una
cupola
più
alta
di
quella
di
San
Pietro
,
fiancheggiata
da
due
torri
che
arieggiano
il
campanile
,
il
minareto
ed
il
faro
;
con
quella
pancia
odiosa
e
quelle
due
grandi
ali
graziosissime
,
colle
sue
cento
colonnine
greche
,
coi
suoi
padiglioni
moreschi
,
coi
suoi
archi
bizantini
;
colorito
e
decorato
come
una
reggia
indiana
,
da
cui
precipita
un
torrente
d
'
acqua
in
mezzo
a
una
corona
di
statue
dorate
:
-
un
arco
d
'
anfiteatro
immenso
che
corona
l
'
orizzonte
e
schiaccia
intorno
a
sè
tutte
le
altezze
.
Dalla
parte
opposta
,
a
una
grande
distanza
,
rappresentatevi
quell
'
altro
smisurato
edificio
di
vetro
e
di
ferro
,
dipinto
,
stemmato
,
dorato
,
imbandierato
,
scintillante
,
coi
suoi
tre
grandi
padiglioni
trasparenti
,
colle
sue
statue
colossali
,
colle
sue
sessanta
porte
,
maestoso
come
un
tempio
e
leggiero
come
una
sola
immensa
tenda
d
'
un
popolo
vagabondo
.
Fra
questi
due
enormi
edifizi
teatrali
,
raffiguratevi
quel
gran
fiume
e
quel
gran
ponte
;
e
a
destra
e
a
sinistra
del
fiume
,
un
labirinto
indescrivibile
d
'
orti
e
di
giardini
,
di
roccie
e
di
laghi
,
di
salite
,
di
discese
,
di
grotte
,
d
'
acquarii
,
di
fontane
,
di
scali
,
di
viali
fiancheggiati
da
statue
:
una
miniatura
di
mondo
;
una
pianura
e
un
'
altura
su
cui
ogni
popolo
della
terra
ha
deposto
il
suo
balocco
;
un
presepio
internazionale
,
popolato
di
botteghe
e
di
caffè
africani
ed
asiatici
,
di
villini
,
di
musei
e
d
'
officine
,
in
mezzo
alle
quali
una
piccola
città
barbaresca
alza
i
suoi
minareti
bianchi
e
le
sue
cupole
verdi
,
e
i
tetti
chinesi
,
i
chioschi
di
Siam
,
le
terrazze
persiane
,
i
bazar
di
Egitto
e
del
Marocco
,
e
innumerevoli
edifizi
di
pietra
,
di
marmo
,
di
legno
,
di
vetro
,
di
ferro
,
di
tutti
i
paesi
,
di
tutte
le
forme
e
di
tutti
i
colori
,
sorgono
l
'
uno
accanto
all
'
altro
e
l
'
un
sull
'
altro
,
formando
come
un
modellino
di
città
cosmopolita
,
fabbricata
,
per
esperimento
,
dentro
a
un
gran
giardino
botanico
,
per
esser
poi
rifatta
più
grande
.
Rappresentatevi
questo
spettacolo
e
la
popolazione
stranissima
di
venditori
e
di
guardiani
che
lo
anima
:
tutti
quei
neri
ambigui
,
quegli
arabi
impariginati
,
quell
'
orientalume
ritinto
,
quell
'
Africa
da
comparsa
,
quell
'
Asia
da
camera
ottica
,
tutta
quella
barbarie
ripulita
,
inverniciata
e
messa
in
vetrina
col
nastrino
rosso
al
collo
;
e
quell
'
inesauribile
folla
nera
di
curiosi
che
girano
lentamente
,
coll
'
andatura
stracca
e
gli
occhi
languidi
,
guardando
da
tutte
le
parti
senza
saper
dove
battere
il
capo
....
Ebbene
?
Che
cosa
dirne
?
Non
ci
manca
che
il
teatrino
di
Guignol
.
È
un
grande
Broeck
assai
più
bello
,
senza
dubbio
,
e
più
svariato
di
quello
d
'
Olanda
;
una
bella
enciclopedia
figurata
per
i
ragazzi
studiosi
:
proprio
da
far
domandare
se
è
da
vendere
prima
che
il
1879
butti
in
aria
ogni
cosa
con
un
gran
colpo
di
scopa
;
uno
spettacolo
unico
al
mondo
,
veramente
;
immenso
,
splendido
e
bruttino
,
che
innamora
.
Il
primo
senso
schietto
di
meraviglia
si
prova
entrando
nel
vestibolo
del
palazzo
del
Campo
di
Marte
.
Par
d
'
entrare
in
una
enorme
navata
di
cattedrale
scintillante
d
'
oro
e
innondata
di
luce
.
È
più
lungo
d
'
un
terzo
della
navata
maggiore
di
San
Pietro
,
e
l
'
Arco
della
Stella
potrebbe
ripararsi
sotto
le
volte
dei
suoi
padiglioni
senza
urtarvi
la
fronte
.
Qui
si
comincia
a
sentire
il
ronzio
profondo
della
folla
di
dentro
,
che
somiglia
a
quello
d
'
una
città
in
festa
.
La
gente
si
aggruppa
intorno
alla
statua
equestre
di
Carlo
Magno
,
davanti
al
tempietto
classico
delle
porcellane
di
Sévres
,
ai
piedi
dell
'
altissimo
trofeo
del
Canadà
,
che
s
'
innalza
all
'
estremità
del
vestibolo
come
un
'
antica
torre
d
'
assedio
,
e
una
doppia
processione
sale
e
scende
per
le
scale
di
quel
bizzarro
palazzo
indiano
,
sostenuto
da
cento
colonnine
e
coronato
da
dieci
cupole
,
nel
quale
bisogna
entrare
assolutamente
per
accertarsi
che
non
c
'
è
una
nidiata
di
principessine
dell
'
Indostan
da
rapire
.
Un
gruppo
di
curiosi
affascinati
circonda
la
vetrina
dei
diamanti
reali
d
'
Inghilterra
,
fra
i
quali
scintilla
sopra
un
diadema
il
Kandevassy
famoso
,
del
valore
di
tre
milioni
di
lire
,
abbagliante
e
perfido
come
la
pupilla
fissa
d
'
una
fata
,
che
nello
stesso
punto
vi
arda
il
cuore
e
vi
danni
l
'
anima
.
Ma
tutto
è
oscurato
dai
tesori
favolosi
delle
Indie
,
da
quel
monte
di
armature
,
di
coppe
,
di
vassoi
,
di
selle
,
di
tappeti
,
di
narghilè
,
sfolgoranti
d
'
oro
,
d
'
argento
e
di
gemme
,
che
fan
pensare
alle
ricchezze
d
'
una
di
quelle
regine
insensate
delle
leggende
arabe
,
dai
capricci
immensi
e
inesorabili
,
che
stancano
le
bacchette
onnipotenti
dei
genii
.
E
veramente
quando
si
pensa
che
son
tutti
doni
spontanei
di
principi
o
di
popoli
,
ci
si
crede
,
senz
'
alcun
dubbio
;
ma
si
guarda
intorno
involontariamente
,
con
una
vaga
idea
di
trovar
là
,
a
'
piedi
della
statua
equestre
del
principe
di
Galles
,
tutti
i
donatori
scamiciati
e
legati
.
E
si
pensa
pure
,
qualche
volta
,
se
in
tutto
quel
tratto
di
vestibolo
pieno
di
tesori
,
compreso
fra
il
palazzo
indiano
e
la
statua
del
principe
,
accatastandoli
bene
dal
pavimento
alla
volta
,
pigiandoli
,
non
lasciandoci
nemmeno
un
piccolissimo
vano
,
ci
starebbe
la
metà
degli
scheletri
dei
morti
di
fame
nelle
Indie
al
tempo
dell
'
ultima
carestia
.
Dato
uno
sguardo
al
vestibolo
,
m
'
affacciai
subito
con
viva
curiosità
alla
porta
interna
che
dà
sulla
via
delle
nazioni
Sì
,
è
un
po
'
una
cosa
da
teatrino
,
ma
bella
;
un
grazioso
scherzo
combinato
da
venti
popoli
,
ingegnosamente
;
mezzo
mondo
veduto
di
scorcio
;
la
via
d
'
una
grande
città
di
là
da
venire
,
in
un
tempo
di
fratellanza
universale
,
quando
saranno
sparite
le
patrie
.
A
primo
aspetto
non
sembra
che
una
splendida
bizzarria
,
e
si
pensa
che
il
mondo
ha
avuto
un
quarto
d
'
ora
di
buon
umore
.
Tutta
quella
linea
così
mattamente
spezzettata
di
tetti
acutissimi
,
di
torricciuole
gotiche
,
di
chioschetti
e
di
campanili
,
di
guglie
e
di
piramidi
,
quella
fuga
di
facciate
di
colori
vivissimi
,
lucenti
di
mosaici
e
di
dorature
,
ornate
di
stemmi
,
decorate
di
statue
,
coronate
di
bandierine
che
s
'
aprono
in
colonnati
ed
in
portici
e
sporgono
in
terrazze
a
balaustri
,
in
balconi
vetrati
,
in
loggie
aeree
,
in
scale
esterne
e
in
gradinate
,
fra
aiuole
di
fiori
e
zampilli
di
fontane
;
quella
fila
di
villini
,
di
reggie
,
di
chiostri
,
di
palazzine
,
dei
quali
non
si
riconosce
subito
nè
la
nazionalità
nè
lo
stile
,
non
destano
da
principio
che
un
senso
di
confusione
piacevole
,
come
il
frastuono
allegro
d
'
una
festa
.
Ma
dopo
la
prima
corsa
,
quando
si
son
riconosciuti
gli
edifizi
,
lo
spettacolo
muta
significato
.
Allora
da
ognuna
di
quelle
facciate
esce
un
'
idea
,
l
'
espressione
di
un
sentimento
diverso
della
vita
,
e
come
un
soffio
d
'
aria
d
'
un
altro
cielo
e
d
'
un
altro
secolo
,
che
bisbiglia
nomi
d
'
imperatori
e
di
poeti
,
e
porta
il
suono
di
musiche
lontane
,
piene
di
pensieri
e
di
memorie
.
E
fanno
una
impressione
strana
tutti
quei
belli
edifizi
muti
e
senza
vita
.
Pure
che
dentro
vi
si
prepari
qualche
cosa
,
e
che
al
sonare
di
mezzogiorno
,
come
da
tante
cassette
di
orologi
,
debbano
affacciarsi
improvvisamente
a
tutte
quelle
finestre
e
a
tutte
quelle
porte
,
e
correre
lungo
le
balaustrate
,
castellani
inglesi
e
borgomastri
fiamminghi
,
girolamiti
del
Portogallo
e
sacerdoti
dell
'
Elefante
bianco
,
mandarini
e
sultane
,
e
ateniesi
del
tempo
di
Pericle
e
gentildonne
italiane
del
quattordicesimo
secolo
,
e
fatte
le
loro
riverenze
automatiche
,
rientrare
alla
battuta
dell
'
ultim
'
ora
.
La
via
è
lunghissima
.
Stando
a
metà
si
vede
appena
in
fondo
,
confusamente
,
la
facciata
rossa
e
bianca
dei
Paesi
Bassi
e
la
ricchissima
porta
claustrale
del
Portogallo
,
accanto
alla
quale
i
piccoli
Stati
africani
ed
asiatici
aggruppano
le
loro
bizzarre
architetture
variopinte
,
schiacciate
dall
'
edifizio
elegante
ed
altiero
dell
'
America
del
Sud
.
Più
in
qua
signoreggia
il
palazzo
del
Belgio
,
severo
e
magnifico
,
colle
sue
belle
colonne
di
marmo
scuro
,
dai
capitelli
dorati
;
e
fra
il
Belgio
aristocratico
e
la
Danimarca
pensierosa
,
fa
capolino
timidamente
,
come
una
prigioniera
,
la
piccola
Grecia
bianca
e
gentile
.
Alcune
facciate
par
che
abbiano
un
senso
politico
.
La
Svizzera
slancia
innanzi
bruscamente
,
con
una
specie
d
'
insolenza
democratica
,
il
suo
enorme
tetto
bernese
accanto
alla
mole
giallastra
della
santa
Russia
,
che
affetta
la
superbia
minacciosa
d
'
un
castello
imperiale
.
Fra
il
lungo
porticato
austriaco
e
la
faccia
nera
e
fantastica
della
China
,
s
'
alza
la
Spagna
arabescata
e
dorata
dei
Califfi
;
e
fanno
uno
strano
senso
,
dopo
le
due
casette
semplici
e
quasi
melanconiche
della
Scandinavia
,
le
arcate
teatrali
d
'
Italia
,
messe
in
rilievo
dalle
tende
purpuree
;
dietro
alle
quali
salta
fuori
inaspettatamente
la
facciata
rustica
del
Giappone
colle
sue
grandi
carte
geografiche
piene
di
pretensione
scolaresca
.
E
finalmente
,
più
vicino
all
'
entrata
,
dan
nell
'
occhio
gli
Stati
Uniti
sdegnosi
,
che
non
vollero
prender
parte
alla
gara
,
contentandosi
di
esporre
fieramente
i
loro
cinquanta
stemmi
repubblicani
sopra
una
piccola
casa
bianca
e
vetrata
,
accanto
alla
quale
s
'
alzano
i
cinque
edifizi
graziosi
dell
'
Inghilterra
.
Una
folla
di
stranieri
che
vanno
e
vengono
,
tutti
col
viso
rivolto
dalla
stessa
parte
,
cercando
curiosamente
l
'
immagine
della
patria
,
e
riconoscendola
con
un
sorriso
,
dà
a
questa
strana
via
un
aspetto
amabile
d
'
allegrezza
,
e
come
un
'
aria
di
pace
e
di
cortesia
,
che
mette
il
desiderio
di
distribuire
strette
di
mano
da
tutte
le
parti
,
e
di
fondare
un
giornaletto
settimanale
per
intimare
il
disarmo
dell
'
Europa
.
Per
prima
cosa
entrai
nell
'
immenso
palazzo
coperto
delle
«
sezioni
straniere
»
e
mi
trovai
in
mezzo
al
magnifico
disordine
dell
'
Esposizione
d
'
Inghilterra
.
Qui
la
prima
idea
che
passa
per
il
capo
è
di
voltar
le
spalle
e
di
tornarsene
a
casa
.
Il
primo
giorno
si
passa
fra
tutte
quelle
meraviglie
inglesi
con
una
indifferenza
di
cretini
.
Si
gira
per
un
pezzo
in
mezzo
ai
cristallami
purissimi
,
alle
ceramiche
,
alle
orerie
,
ai
mobili
,
a
oggetti
d
'
arte
improntati
delle
ispirazioni
di
tutti
i
tempi
o
di
tutti
i
popoli
;
frutti
dell
'
ingegno
e
della
pazienza
,
che
riuniscono
la
bellezza
e
l
'
utile
,
e
accusano
il
lusso
severo
d
'
un
'
aristocrazia
straricca
e
fedele
alle
sue
tradizioni
,
e
l
'
osservazione
variatissima
di
un
popolo
sparso
per
tutta
la
terra
;
e
qui
si
sente
l
'
aria
delle
grandi
officine
di
Manchester
,
là
si
vive
un
istante
in
un
castello
delle
rive
del
Tamigi
,
più
in
là
spira
la
poesia
intima
e
quieta
dell
'
home
modesto
,
che
aspetta
la
fortuna
dal
navigatore
lontano
.
Si
passa
fra
le
grandi
alghe
marine
del
Capo
di
Buona
Speranza
,
fra
i
canguri
e
gli
eucalipti
di
Victoria
e
della
Nuova
Galles
,
fra
i
minerali
di
Queensland
,
fra
i
gioielli
bizzarri
dell
'
Australia
del
Sud
,
tra
un
'
esposizione
interminabile
di
flore
,
di
faune
,
di
industrie
e
di
costumi
di
tutte
le
colonie
dell
'
immenso
regno
,
e
non
s
'
è
ancora
arrivati
in
fondo
che
s
'
è
già
fatto
cento
volte
col
pensiero
il
giro
del
globo
,
e
s
'
è
sazii
.
Ma
ogni
cambiamento
di
«
sezione
»
fa
l
'
effetto
di
una
rinfrescata
alla
fronte
.
Cento
passi
più
in
là
,
è
un
altro
mondo
.
Vi
trovate
improvvisamente
davanti
a
uno
spettacolo
nuovissimo
.
È
da
ogni
parte
un
sollevarsi
e
un
abbassarsi
di
letti
chirurgici
,
un
allargarsi
e
un
restringersi
di
sedie
,
che
sembravan
vive
,
per
le
operazioni
oculistiche
;
un
girar
di
tavole
anatomiche
,
un
aprirsi
di
dentiere
,
un
alzarsi
di
ferri
minacciosi
e
feroci
,
uno
scricchiolio
e
uno
scintillamento
che
mette
freddo
nelle
ossa
.
Non
c
'
è
bisogno
di
chiedere
in
che
parte
del
mondo
ci
si
trovi
.
L
'
oreficeria
solida
,
i
vasi
enormi
d
'
argento
,
gli
orologi
dei
minatori
della
California
,
i
trofei
delle
ascie
di
Boston
,
i
congegni
elettrici
,
le
carte
monetate
,
le
vetrine
irte
di
ferro
e
le
mitragliatrici
formidabili
;
una
certa
fierezza
poderosa
e
rude
di
cose
utili
,
annunzia
l
'
esposizione
degli
Stati
Uniti
,
non
so
se
rallegrata
o
rattristata
da
una
musica
fragorosa
d
'
organi
,
d
'
armonium
e
di
pianoforti
,
la
quale
seconda
mirabilmente
le
divagazioni
della
fantasia
in
mezzo
ai
mille
oggetti
che
ricordano
le
lotte
e
i
lavori
immani
dei
coloni
nelle
solitudini
del
nuovo
mondo
.
Ma
un
nuovo
spettacolo
cancella
subito
questa
impressione
violenta
,
La
ricchezza
dei
legni
scolpiti
delle
vetrine
annunzia
il
paese
delle
grandi
foreste
,
e
mille
immagini
rammentano
la
dolce
tristezza
dei
bei
laghi
coronati
di
montagne
irte
di
pini
e
bianche
di
neve
.
In
mezzo
ai
prodotti
delle
miniere
di
Falum
e
ai
blocchi
di
nikel
,
si
alzano
i
trofei
di
pelliccie
,
circondati
di
teste
d
'
orsi
,
di
lontre
e
di
castori
;
le
stufe
colossali
,
le
piramidi
nere
di
bottiglie
sferiche
,
i
pattini
,
i
cordami
,
e
i
grandi
mucchi
di
fiammiferi
svedesi
;
ai
quali
succedono
le
ceramiche
in
cui
brilla
un
riflesso
pallido
dei
mari
boreali
,
e
i
mille
oggetti
scolpiti
dai
contadini
norvegi
nelle
veglie
interminabili
delle
notti
d
'
inverno
.
Immagini
e
colori
che
presentano
tutti
insieme
un
gran
quadro
malinconico
,
nel
quale
matte
appena
un
sorriso
la
bianchezza
argentea
delle
filigrane
di
Cristiania
,
come
uno
spiraglio
sereno
in
un
cielo
rannuvolato
.
Lo
spiraglio
però
s
'
allarga
improvvisamente
all
'
uscire
dalle
sale
della
Scandinavia
,
e
alle
brume
boreali
succede
in
un
batter
d
'
occhio
l
'
ampio
sereno
immacolato
di
un
cielo
primaverile
;
un
popolo
di
statue
candide
,
uno
sfolgorìo
diffuso
di
cristalli
,
un
luccichio
di
sete
e
di
musaici
,
un
riso
di
colori
e
di
forme
,
davanti
a
cui
tutti
i
visi
si
rischiarano
,
tutti
i
cuori
s
'
allargano
,
e
tutte
le
bocche
dicono
:
-
Italia
-
prima
che
gli
occhi
ne
abbiano
letto
l
'
annunzio
.
È
un
vero
colpo
di
scena
,
al
quale
segue
immediatamente
un
altro
non
meno
meraviglioso
.
Passate
la
soglia
d
'
una
porta
:
avete
fatto
un
viaggio
di
mare
di
due
mesi
.
Siete
in
un
altro
emisfero
.
Vi
trovate
dinanzi
a
un
ideale
artistico
nuovo
,
che
urta
e
scompiglia
violentemente
tutte
le
immagini
che
vi
si
sono
affollate
nel
capo
fino
a
quel
punto
;
in
mezzo
a
visi
esotici
,
a
oggetti
strani
,
a
combinazioni
inaspettate
di
colori
,
a
prodotti
bizzarri
d
'
industrie
enigmatiche
,
che
mandano
profumi
sconosciuti
,
e
destano
a
poco
a
poco
,
oltre
la
curiosità
,
un
'
ammirazione
accresciuta
di
non
so
che
simpatia
intima
,
come
di
natura
.
È
il
Giappone
,
la
Francia
dell
'
Asia
,
che
espone
i
suoi
vasi
colossali
dipinti
su
fondo
d
'
oro
,
i
salotti
arredati
di
mobili
di
porcellana
,
i
quadri
di
seta
ricamati
a
uccelli
e
a
fiorami
,
le
intarsiature
d
'
avorio
,
di
lacca
e
di
bronzo
,
e
mille
piccole
meraviglie
innominabili
;
e
in
ogni
cosa
quella
nitidezza
cristallina
,
quella
perfezione
disperata
delle
minuzie
,
quella
finezza
aristocratica
di
colori
,
quell
'
ingenuità
gentile
d
'
immaginazione
femminea
,
che
è
l
'
impronta
propria
e
indimenticabile
dell
'
arte
sua
.
Il
Giappone
prepara
alla
China
;
ma
è
in
ogni
modo
un
gran
salto
.
Alla
musica
dei
colori
succede
il
tumulto
,
al
grazioso
il
grottesco
,
al
finito
il
tormentato
,
alla
varietà
la
confusione
,
al
capriccio
la
follia
.
Al
primo
entrare
,
la
vista
rimane
offesa
.
In
mezzo
ai
mobili
di
mille
forme
sconosciute
,
di
legno
di
rosa
o
di
legno
di
ferro
,
intarsiati
di
avorio
o
di
madreperla
,
cesellati
con
una
pazienza
prodigiosa
,
si
rizzano
i
baldacchini
purpurei
,
i
paraventi
dipinti
di
giardini
misteriosi
,
i
parafuochi
ricamati
di
farfalle
argentee
e
di
uccelli
dorati
,
le
pagode
a
sette
piani
coperte
di
chimere
e
di
mostri
,
i
chioschi
snelli
dai
tetti
arrovesciati
e
frangiati
,
su
cui
spenzolano
dalla
vôlta
le
enormi
lanterne
fantastiche
,
simili
a
tempietti
aerei
d
'
oro
e
di
corallo
,
fra
le
pareti
coperte
di
grandi
stendardi
di
seta
gialla
ornati
di
caratteri
cabalistici
di
velluto
nero
;
dai
quali
,
abbassando
lo
sguardo
,
si
ritrovano
le
portantine
delle
dame
,
i
bottoni
dei
mandarini
,
le
scarpette
ricurve
,
le
pipe
da
oppio
,
le
bacchettine
da
riso
,
i
bizzarri
strumenti
di
musica
,
e
immagini
della
vita
chinese
d
'
ogni
tempo
e
d
'
ogni
ceto
,
che
appagano
cento
curiosità
,
svegliandone
mille
,
e
metton
la
testa
in
tumulto
.
Ah
!
come
si
riposa
l
'
occhio
e
la
mente
uscendo
dalla
porta
rossa
di
Pekino
!
Par
di
tornare
nella
propria
patria
,
in
mezzo
ai
fratelli
e
agli
amici
.
Siviglia
canta
,
Granata
sorride
,
Barcellona
lavora
.
Alla
prima
occhiata
riconosco
le
mie
belle
amiche
dei
venticinque
anni
.
Ecco
la
chitarra
di
Figaro
,
ecco
i
pugnali
di
Toledo
,
ecco
le
mantiglie
insidiose
,
le
scarpettine
calamitate
,
i
ventagli
che
parlano
,
i
bustini
che
fanno
scattare
le
braccia
,
le
stoffe
pittoresche
della
Catalogna
e
dell
'
Andalusia
,
e
i
vasi
moreschi
,
e
i
ricami
di
seta
dei
chiostri
antichi
,
e
gli
svelti
fantaccini
di
Espartero
e
di
Prim
,
che
drizzano
i
loro
graziosi
cappelletti
alla
Ros
in
mezzo
ai
cannoni
che
fulmineranno
il
terzo
esercito
di
don
Carlos
.
Ma
è
una
visione
fuggitiva
.
Passano
i
Pirenei
,
passano
le
Alpi
;
uno
scintillio
diffuso
di
cristallami
,
che
mandano
riflessi
di
tutti
i
metalli
e
di
tutte
le
perle
,
fra
cui
brilla
da
ogni
parte
il
widerkomme
verde
,
stemmato
e
coronato
,
annunzia
la
Boemia
.
Si
va
innanzi
fra
la
mostra
splendida
dell
'
orologeria
viennese
e
i
ricchi
mobili
improntati
del
gusto
del
cinquecento
e
del
gusto
nuovissimo
,
sposati
graziosamente
;
a
traverso
a
un
museo
di
pipe
splendide
,
in
mezzo
a
mucchi
di
saponi
del
Danubio
,
dell
'
apparenza
di
formaggi
e
di
frutti
,
fra
i
tessuti
di
vetro
e
i
prodotti
delle
miniere
d
'
Ungheria
,
che
mostra
la
novità
preziosa
del
suo
opale
nero
;
e
poi
....
dove
si
riesce
?
Siamo
nell
'
estremo
settentrione
o
nell
'
estremo
oriente
?
Si
può
credere
l
'
uno
e
l
'
altro
.
Son
due
spettacoli
in
uno
.
Di
qua
,
le
pietre
preziose
della
Siberia
,
i
grandi
blocchi
di
malachite
dell
'
Ural
,
gli
orsi
bianchi
,
e
la
volpe
azzurra
,
le
stufe
enormi
,
le
stoffe
porporine
di
Mosca
,
mille
scene
dipinte
della
vita
russa
,
intima
e
grave
,
e
saggi
ingegnosi
di
nuovi
metodi
d
'
insegnamento
,
che
rivelano
una
cultura
fiorente
;
di
là
,
i
vestiarii
briganteschi
e
splendidi
del
Caucaso
,
i
pugnali
e
i
gioielli
barbarici
,
e
un
barlume
del
cielo
di
Tartaria
e
un
riflesso
del
sole
di
Persia
;
e
poi
l
'
oreficeria
e
la
ceramica
dall
'
impronta
bizantina
,
fra
cui
brillano
i
grandi
piatti
di
mosaico
a
fondo
d
'
oro
,
nuova
gloria
di
Mosca
:
una
esposizione
varia
e
tumultuosa
che
conduce
il
pensiero
a
salti
,
d
'
oggetto
in
oggetto
,
dalle
rive
della
Vistola
alla
muraglia
della
China
,
e
lascia
quasi
sgomenti
dinanzi
all
'
immagine
dell
'
Impero
smisurato
e
deforme
.
Improvvisamente
un
alito
d
'
aria
montanina
vi
porta
una
vaga
fragranza
d
'
Italia
,
e
vi
ritrovate
in
mezzo
a
mille
cose
e
a
mille
colori
famigliari
al
vostro
sguardo
.
La
Svizzera
c
'
è
tutta
,
verde
,
fresca
,
nevosa
,
vigorosa
,
ricca
e
contenta
.
Ginevra
ha
mandato
i
suoi
orologi
,
Neufchâtel
i
suoi
gioielli
,
Choume
le
sue
maioliche
,
Glaris
le
sue
indiane
,
Zurigo
le
sue
sete
,
Interlaken
le
sue
sculture
,
Vevey
i
suoi
sigari
,
e
San
Gallo
e
Appenzel
hanno
riempito
una
vasta
sala
dei
loro
ricami
insuperabili
,
davanti
a
cui
s
'
accalca
una
folla
meravigliata
.
Ma
di
qui
s
'
intravvede
già
,
nelle
sale
vicine
,
l
'
arte
e
la
splendidezza
d
'
un
popolo
più
fine
e
più
opulento
.
Qui
decorazioni
d
'
appartamenti
principeschi
,
pulpiti
e
seggioloni
di
cori
,
prodigiosamente
scolpiti
,
che
si
riflettono
nei
palchetti
intarsiati
e
negli
specchi
colossali
,
in
mezzo
ai
bronzi
e
ai
pianoforti
;
e
una
ceramica
superba
che
riproduce
i
grandi
capolavori
della
pittura
nazionale
.
Le
trine
di
Malines
riempiono
della
loro
grazia
aerea
ed
aristocratica
una
sala
affollata
di
signore
che
gettan
lampi
dagli
occhi
.
Dalle
pareti
pendon
le
tappezzerie
istoriate
d
'
Ingelmunter
,
le
belle
armi
di
Lièges
,
vicino
alle
sculture
in
legno
di
Spa
e
ai
prodotti
metallurgici
della
Vecchia
montagna
;
dopo
i
quali
si
può
prendere
un
po
'
di
respiro
in
un
gabinetto
di
Re
Leopoldo
,
scolpito
in
legno
di
quercia
,
che
fa
sinceramente
desiderare
,
per
un
'
oretta
al
giorno
,
la
corona
del
Belgio
.
E
poi
un
contrasto
curiosissimo
:
le
esposizioni
di
due
paesi
profondamente
diversi
,
che
par
che
si
guardino
l
'
un
l
'
altro
,
stupiti
di
trovarsi
di
fronte
.
Figuratevi
da
una
parte
le
pelli
degli
orsi
bianchi
uccisi
dai
navigatori
danesi
in
mezzo
ai
ghiacci
polari
,
dall
'
altra
i
tappeti
fatti
a
mano
dalle
belle
fanciulle
brune
nei
villaggi
irradiati
del
Peloponneso
;
di
qui
i
legni
della
foresta
di
Dodona
,
di
là
gli
zoccoli
delle
grosse
contadine
di
Fionia
;
a
destra
i
marmi
delle
miniere
del
Laurium
,
che
rammentano
le
glorie
dello
scalpello
antico
;
a
sinistra
le
reti
dei
pescatori
del
Baltico
,
che
fanno
sentire
nella
mente
echi
lontani
di
canzoni
pie
e
melanconiche
;
e
dirimpetto
alle
immagini
degli
oggetti
ritrovati
negli
scavi
delle
terre
famose
,
di
fronte
alla
poesia
delle
rovine
immortali
e
delle
ceneri
glorificate
dal
mondo
,
i
visi
pacati
,
i
costumi
semplici
,
le
feste
patriarcali
di
un
popolo
grave
e
paziente
,
industrioso
ed
economo
,
che
ispira
l
'
amore
del
lavoro
tranquillo
e
della
vita
oscura
e
raccolta
.
Di
là
dalla
Danimarca
,
s
'
apre
un
nuovo
infinito
orizzonte
,
dinanzi
al
quale
il
visitatore
si
arresta
,
e
gli
balenano
alla
mente
i
pampas
sterminati
,
le
tempeste
di
sabbia
,
i
nembi
di
cavallette
,
gli
armenti
innumerevoli
,
i
viali
deserti
fiancheggiati
da
monumenti
titanici
di
pietra
,
e
le
foreste
senza
fine
e
le
immense
valli
solitarie
su
cui
sorge
appena
l
'
aurora
della
vita
umana
,
e
qua
e
là
,
dietro
un
velo
di
nebbia
,
faccie
mostruose
e
stupefatte
,
di
Incas
,
che
tendon
l
'
orecchio
agli
squilli
vittoriosi
della
civiltà
che
s
'
avanza
.
Qui
è
un
labirinto
di
sale
e
di
gallerie
,
che
vi
conducono
dal
Perù
all
'
Uraguay
,
dall
'
Uraguay
a
Venezuela
,
a
Nicaragua
,
al
Messico
,
a
San
Salvador
ad
Haiti
,
alla
Bolivia
,
tra
i
mobili
di
Buenos
Ayres
e
gli
abbigliamenti
delle
signore
di
Lima
,
fra
i
cappelli
di
foglie
di
sen
,
le
stoffe
d
'
alpaga
e
i
tappeti
di
lama
,
in
mezzo
alle
canne
di
zucchero
,
ai
bambù
,
alle
liane
,
alle
scaglie
di
coccodrillo
,
agl
'
idoli
informi
,
alle
memorie
dei
primi
conquistatori
;
fin
che
il
quadro
selvaggio
e
grandioso
,
che
vi
riempie
di
pensieri
solenni
,
s
'
interrompe
bruscamente
fra
i
mille
colori
ridenti
e
i
mille
ninnoli
puerili
d
'
un
bazar
musulmano
,
da
cui
,
fra
due
pesanti
cortine
,
s
'
intravvedono
le
pareti
misteriose
d
'
un
arem
.
Eccovi
a
Tunisi
.
E
oramai
,
per
un
pezzo
,
non
uscirete
dai
paesi
«
prediletti
dal
sole
»
.
Ecco
le
graziose
decorazioni
moresche
dell
'
impero
dei
Sceriffi
,
accanto
al
quale
la
Persia
mostra
i
suoi
tappeti
regali
e
le
sue
ricche
armi
damascate
.
Poi
un
piccolo
gruppo
di
paesi
semifavolosi
,
e
un
visibilio
di
cose
indescrivibili
,
che
mi
par
di
aver
viste
sognando
:
Annam
coi
suoi
mobili
grotteschi
e
coi
suoi
ventagli
incredibili
;
Bankok
coi
suoi
strumenti
d
'
una
musica
dell
'
altro
mondo
e
colle
maschere
mostruose
dei
suoi
attori
drammatici
;
Cambodge
....
Ah
!
è
bravo
chi
si
ricorda
di
Cambodge
.
E
dopo
la
favola
vien
la
barzelletta
,
gli
stati
putti
,
i
nani
della
festa
,
che
si
rizzano
l
'
uno
sulle
spalle
dell
'
altro
,
in
Via
delle
nazioni
,
per
parer
di
statura
:
Monaco
che
offre
una
tavola
,
Lussemburgo
che
mostra
dei
banchi
di
scuola
,
Andorre
che
presenta
le
sue
leggi
,
San
Marino
che
fa
vedere
una
macchinetta
.
Qui
l
'
Esposizione
volge
un
poco
all
'
ameno
.
Ma
si
ripiglia
immediatamente
,
ricca
e
severa
,
colle
arcate
del
chiosco
di
Belem
e
colle
mura
dell
'
abbazia
di
Bathala
,
fra
i
modelli
dell
'
antica
architettura
portoghese
sopravvissuta
al
terremoto
famoso
,
negli
splendidi
vasi
moreschi
,
nelle
sculture
in
legno
,
nelle
belle
stuoie
di
Lisbona
e
nelle
innumerevoli
figurine
d
'
argilla
dipinte
,
che
rivelano
tipi
,
foggie
e
costumi
,
e
vi
fanno
vivere
un
'
ora
nella
città
di
Camoens
in
via
do
Chiado
a
al
paseio
don
Pedro
de
Alcantara
,
in
mezzo
ai
fidalgos
,
ai
marinai
,
ai
toreros
,
e
ai
tagliacantoni
inferraiolati
e
alle
belle
ragazze
brune
del
Bairro
alto
.
E
finalmente
lo
spettacolo
cambia
per
l
'
ultima
volta
.
Si
rientra
nella
nebbia
del
settentrione
in
mezzo
a
un
popolo
ben
coperto
e
ben
pasciuto
,
che
trinca
,
fuma
e
lavora
,
col
corpo
e
coll
'
anima
in
pace
,
e
qui
si
ritrovano
le
sue
dighe
e
i
suoi
canali
,
le
sue
stanzine
piene
di
comodi
,
le
sue
grosse
massaie
,
le
sue
tavole
apparecchiate
,
i
mercati
e
le
scuole
,
i
ponti
e
le
slitte
:
tutta
l
'
Olanda
,
umida
e
grigia
,
nella
quale
termina
il
mondo
e
la
visione
faticosa
svanisce
.
Usciti
di
qui
,
è
bene
scappare
,
se
si
può
,
a
prender
le
doccie
nella
più
vicina
casa
di
bagni
,
e
poi
si
ritorna
per
vedere
«
la
sezione
francese
.
»
Fatto
il
conto
,
è
una
passeggiata
di
ottomila
passi
.
Son
circa
duecento
sale
,
varie
di
colore
e
di
gradazione
di
luce
,
ma
quasi
tutte
rischiarate
da
una
luce
soave
,
in
cui
l
'
occhio
si
riposa
.
Ora
par
d
'
essere
in
una
reggia
,
ora
in
un
museo
,
ora
in
una
chiesa
,
ora
in
un
'
Accademia
.
La
Francia
si
prese
,
in
spazio
,
la
parte
del
leone
;
ma
seppe
mostrarsene
degna
.
Una
delle
mostre
più
belle
è
quella
dei
cristallami
,
in
una
vastissima
sala
bianca
e
azzurrina
,
che
attira
gli
sguardi
da
tutte
le
parti
.
È
una
foresta
di
cristallo
inondata
di
luce
,
un
palazzo
di
ghiaccio
traforato
e
niellato
,
tutto
trasparenza
e
leggerezza
,
nel
quale
brillano
i
colori
di
tutti
i
fiori
e
di
tutte
le
conchiglie
,
e
lampeggia
l
'
oro
e
l
'
argento
,
fra
un
barbaglio
diffuso
di
scintille
diamantine
e
un
'
incrociamento
d
'
iridi
infinite
,
che
fa
socchiudere
gli
occhi
.
Lascio
ad
altri
la
descrizione
dei
grandi
lampadarii
dalle
miriadi
di
prismi
,
dei
candelabri
e
dei
vasi
cesellati
,
delle
bottiglie
e
delle
tazze
elegantissime
color
di
cielo
,
di
sangue
e
di
neve
,
delle
imitazioni
di
Murano
del
Baccarat
o
dei
famosi
vetri
,
smaltati
del
Broccard
.
Io
mi
ristringo
ad
esprimere
una
matta
ammirazione
per
la
leggerezza
miracolosa
dei
servizi
da
tavola
di
Clichy
,
fabbricati
proprio
per
un
banchetto
di
regine
di
diciott
'
anni
,
bionde
e
sottili
come
creature
d
'
un
sogno
.
Ah
!
detesto
il
grosso
banchiere
che
metterà
quella
grazia
davanti
ai
suoi
grossi
amici
della
Borsa
,
sulla
mensa
del
giorno
di
Natale
!
I
tesori
più
preziosi
dell
'
Esposizione
son
quasi
tutti
là
presso
.
Fatti
pochi
passi
,
si
arriva
nello
scompartimento
dei
gioielli
,
che
è
un
solo
enorme
scrigno
,
che
contiene
ottanta
milioni
di
lire
in
perle
e
in
diamanti
;
pieno
di
rarità
bizzarre
e
di
lavori
meravigliosamente
delicati
,
da
far
desiderare
a
un
osservatore
onesto
d
'
aver
le
mani
legate
;
e
nelle
sale
dell
'
oreficeria
,
in
mezzo
ai
vasi
e
alle
statuette
da
salotti
reali
,
alle
posate
d
'
oro
,
agli
altari
sfolgoranti
,
a
mille
piccoli
capolavori
da
grandi
borse
che
metterebbero
il
furore
del
lusso
casalingo
in
un
Arabo
del
deserto
.
Arrivati
là
s
'
è
chiamati
in
un
'
altra
parte
da
una
musica
strana
.
È
un
gran
numero
di
uccelli
meccanici
,
che
fischiano
,
pigolano
e
trillano
,
aprendo
il
becco
e
dimenando
graziosamente
la
testa
e
la
coda
,
per
annunziare
l
'
esposizione
dell
'
orologeria
;
nella
quale
son
raccolti
i
più
bei
lavori
dei
quarantamila
operai
di
Besançon
,
dagli
orologi
microscopici
che
si
possono
spedire
alla
fidanzata
nella
busta
d
'
una
lettera
,
ai
macchinoni
che
vi
suonano
a
festa
l
'
ora
dei
dolci
appuntamenti
coi
rintocchi
d
'
una
campana
da
cattedrale
.
Quasi
tutti
gli
scompartimenti
sono
preannunziati
da
qualche
cosa
.
Arrivati
a
un
certo
punto
,
sentite
un
fracasso
Indemoniato
d
'
organi
,
di
clarini
,
di
violoncelli
,
di
trombe
,
che
sembra
un
'
orchestra
di
pazzi
:
è
l
'
esposizione
degli
strumenti
di
musica
.
Passate
per
le
sale
delle
tappezzerie
e
dei
tappeti
,
decorate
di
nero
:
a
un
tratto
un
'
aria
infocata
vi
soffia
nel
viso
,
la
decorazione
si
fa
rossa
di
fiamma
,
vi
ritrovate
in
mezzo
ai
forni
,
ai
fornelli
,
ai
cammini
,
alle
cucine
a
gaz
,
alle
lampade
fotoelettriche
,
ai
caloriferi
e
alle
stufe
che
allungano
in
tutte
le
direzioni
le
loro
gigantesche
braccia
nere
,
e
danno
alla
sala
l
'
aspetto
cupo
d
'
un
'
officina
.
Ma
qui
vi
sentite
già
dare
al
capo
un
misto
di
profumi
femminei
,
che
vi
mettono
in
ribollimento
l
'
immaginazione
,
e
un
passo
più
là
siete
nell
'
esposizione
seducente
delle
profumerie
,
splendida
di
mille
colori
,
dove
,
chiudendo
gli
occhi
,
sognate
in
un
minuto
secondo
tutti
i
peccati
mortali
di
Parigi
,
Questi
contrasti
son
frequentissimi
.
Girate
,
per
esempio
,
nello
scompartimento
del
così
detto
article
de
Paris
,
pieno
di
cofanetti
,
di
pettini
,
di
canestrini
,
di
scrignetti
,
d
'
infiniti
ninnoli
graziosi
e
preziosi
,
che
esprimono
tutte
le
più
raffinate
mollezze
della
vita
signorile
,
e
già
vi
sentite
come
viziati
da
mille
desiderii
da
bellimbusto
e
da
donnetta
:
ecco
tutt
'
a
un
tratto
una
raffica
brutale
di
vento
oceanico
e
un
coro
di
voci
rudi
e
sinistre
,
che
vi
dà
una
scossa
alle
fibre
.
Siete
entrati
in
una
vasta
sala
decorata
selvaggiamente
di
reti
e
di
cordami
enormi
,
in
mezzo
ai
prodotti
delle
colonie
francesi
,
tra
le
lancie
e
le
freccie
,
tra
gli
uccelli
strani
e
i
feticci
mostruosi
,
tra
i
bambù
della
Martinica
e
i
piedi
d
'
elefante
della
Cocincina
;
tra
i
vegetali
del
Senegal
e
i
lavori
dei
deportati
della
Nuova
Caledonia
;
tra
mille
cose
che
vi
raccontano
storie
di
fatiche
,
di
dolori
e
di
pericoli
,
da
cui
uscite
pensierosi
e
ritemperati
.
Di
qui
ritornate
nella
civiltà
,
fra
le
meraviglie
della
ceramica
,
in
una
sala
che
presenta
l
'
aspetto
di
una
galleria
di
quadri
;
nella
quale
si
vedono
gli
appassionati
senza
quattrini
cogli
occhi
fuor
della
testa
.
Qui
c
'
è
la
varietà
e
la
ricchezza
d
'
un
industria
fiorente
,
piena
di
speranze
e
d
'
ardimenti
,
a
cui
sorride
la
fortuna
:
imitazioni
dell
'
antico
,
tradizioni
ringiovanite
,
vittorie
nuove
dell
'
arte
,
come
lo
smalto
a
fondo
d
'
oro
e
il
rosso
ottenuto
mirabilmente
;
busti
e
statue
,
paesaggi
,
figurine
,
fiori
,
ritratti
,
d
'
un
colorito
fresco
e
possente
,
che
paiono
pitture
ad
olio
;
le
pareti
coperte
di
terre
cotte
,
di
porcellane
,
di
lave
smaltate
,
di
cammini
altissimi
,
e
d
'
ogni
sorta
di
decorazioni
colossali
,
che
promettono
alla
nuova
ceramica
uno
splendido
avvenire
di
conquiste
sull
'
architettura
;
già
incominciate
,
di
fatto
,
nel
palazzo
stesso
dell
'
Esposizione
.
Poi
vengono
le
regioni
che
s
'
attraversano
di
corsa
;
selve
di
lame
sguainate
e
irte
,
e
file
di
sale
in
cui
non
son
che
fili
e
tessuti
;
dove
grazie
alla
solitudine
,
potete
prendere
l
'
andatura
libera
del
viandante
dalle
ossa
rotte
.
Improvvisamente
vi
fermate
davanti
alla
magnificenza
delle
sete
:
sete
di
tutti
i
colori
e
di
tutti
i
disegni
,
antiche
e
nuove
,
fra
cui
risplendono
quelle
ricamate
d
'
oro
e
d
'
argento
,
che
piglieranno
la
via
dell
'
Oriente
,
per
esser
tagliate
in
caffettani
e
in
calzoncini
per
le
belle
donne
degli
arem
.
Qui
,
per
le
signore
,
comincia
il
regno
della
tentazione
.
Le
più
riserbate
non
riescono
a
padroneggiarsi
.
È
una
cosa
amenissima
vedere
gli
sguardi
languidi
,
sentire
i
sospiri
amorosi
e
le
esclamazioni
irresistibili
di
meraviglia
,
che
suonano
dinanzi
a
quelle
vetrine
.
S
'
entra
nelle
sale
delle
trine
,
dove
c
'
è
il
lavoro
di
cinquecento
mila
mani
di
donna
;
veli
e
gale
da
imperatrici
,
che
si
manderebbero
in
aria
con
un
soffio
,
quadri
di
pizzo
pieni
di
figurine
aeree
,
ombrellini
e
ventagli
che
paion
fatti
di
ragnateli
,
e
ricami
di
fata
,
vere
pitture
dell
'
ago
,
che
farebbero
domandare
su
due
piedi
,
come
un
re
delle
Mille
e
una
notte
,
la
mano
della
ricamatrice
incognita
,
a
rischio
di
legarsi
a
un
rosticcio
.
Poi
si
capita
in
un
giardino
d
'
Andalusia
nei
primi
giorni
di
maggio
,
in
mezzo
alle
penne
e
ai
fiori
;
e
di
là
fra
i
vestimenti
dei
due
sessi
,
da
cacciatore
e
da
amazzone
,
da
ballo
,
da
bagno
,
da
nozze
,
da
morte
,
pei
ministri
,
per
le
commedianti
e
pei
putti
;
meraviglie
d
'
eleganza
e
di
gusto
,
dinanzi
a
cui
si
vedono
dei
sarti
di
provincia
immobili
,
in
atto
di
profondo
scoraggiamento
.
Qui
c
'
è
un
'
alcova
misteriosa
,
tutta
bianca
,
azzurrina
e
rosea
,
rischiarata
da
una
luce
languidissima
,
in
cui
vi
sloghereste
le
braccia
a
abbracciare
,
tanti
e
così
gentili
e
così
provocanti
sono
i
bustini
da
verginelle
,
da
matrone
,
da
belle
trentenni
nervose
e
da
maschiette
cresciute
tutt
'
a
un
tratto
,
che
vi
svelano
i
più
preziosi
segreti
della
bellezza
femminile
d
'
ogni
età
e
d
'
ogni
complessione
.
Di
là
si
ritorna
fra
i
ventagli
dipinti
da
artisti
celebri
che
fanno
fresco
al
viso
e
al
pensiero
con
paesaggi
deliziosi
delle
Alpi
e
del
Reno
;
poi
in
un
bazar
di
calzature
che
rivende
quelle
di
Stambul
,
dove
potete
passare
un
'
ora
piacevole
a
calzare
piedini
immaginarii
di
principesse
circasse
e
di
marchesine
spagnuole
;
poi
fra
gli
scialli
dorati
della
Compagnia
delle
Indie
;
poi
nelle
sale
degli
oggetti
da
viaggio
e
da
accampamento
,
che
fanno
ribollire
il
sangue
dei
vagabondi
;
poi
nell
'
esposizione
dei
giocattoli
;
dove
tutto
move
,
strepita
,
salta
,
canta
,
tintinna
,
da
far
disperare
tutti
i
bebés
dell
'
universo
.
Ma
è
la
profusione
delle
cose
che
sgomenta
.
Entrate
fra
le
bretelle
:
c
'
è
da
imbretellare
tutti
i
giubilati
d
'
Italia
;
tra
i
legacci
:
ce
ne
sono
da
provvedere
tutti
gli
innamorati
della
Frisia
per
i
loro
regali
di
nozze
.
Così
nella
galleria
lunghissima
delle
arti
liberali
,
decorata
con
una
semplicità
severa
,
dalla
sala
delle
missioni
giù
giù
fra
le
biblioteche
e
le
mappe
,
fra
gli
strumenti
chirurgici
e
i
modelli
anatomici
,
dove
s
'
arrestano
pochi
visitatori
silenziosi
,
che
meditano
e
notano
.
Qui
c
'
è
la
splendida
esposizione
libraria
della
Francia
,
prima
fra
tutte
,
dove
gli
editori
espongono
sulle
pareti
,
come
titoli
di
nobiltà
,
gli
elenchi
interminabili
degli
autori
illustri
a
cui
prestarono
i
tipi
:
una
collezione
di
gioielli
del
Plon
,
del
Didot
,
del
Jouvet
,
dell
'
Hachette
,
che
annunzia
al
mondo
il
connubio
desiderato
e
glorioso
del
genio
dell
'
Ariosto
e
dell
'
ispirazione
del
Dorè
;
e
le
legature
delicate
e
magnifiche
del
Rossigneux
,
dinanzi
a
cui
la
mano
si
slancia
prima
al
portamonete
,
e
poi
si
alza
a
dare
una
grattatina
rassegnata
alla
barba
.
E
via
,
a
traverso
all
'
esposizione
brillante
delle
armi
,
nelle
sale
della
scultura
dei
metalli
,
che
è
un
vasto
museo
d
'
orologi
monumentali
di
bronzo
,
di
statue
d
'
argento
di
grandezza
umana
,
di
candelabri
,
di
lampade
e
di
lanterne
da
vestiboli
di
reggia
;
a
cui
tien
dietro
,
in
una
doppia
fila
senza
fine
di
saloni
aperti
come
teatri
,
la
mostra
meravigliosa
del
mobilio
,
nella
quale
s
'
alternano
colle
bizzarrie
graziose
della
moda
le
forme
correttamente
eleganti
del
rinascimento
;
dopo
di
che
non
resta
che
la
galleria
dei
prodotti
.
Ci
avete
però
un
quarto
d
'
ora
di
cammino
fra
i
lavori
ciclopici
dell
'
industria
metallurgica
,
fra
migliaia
di
tubi
enormi
che
presentan
l
'
aspetto
delle
pareti
d
'
una
grotta
di
basalto
,
a
traverso
a
foreste
di
ferro
e
di
rame
,
in
mezzo
alle
opere
innumerevoli
della
galvanoplastica
,
fra
cui
torreggia
il
vaso
colossale
del
Dorè
;
e
via
via
,
il
museo
statuario
del
Cristophle
,
una
montagna
di
pelliccie
,
una
selva
di
penne
,
un
palazzo
di
corallo
,
e
i
prodotti
chimici
,
e
le
pelli
,
e
che
so
io
?
Verso
la
fine
la
stessa
stanchezza
vi
mette
le
ali
ai
piedi
,
le
sale
fuggono
,
gli
oggetti
si
confondono
;
se
ci
fosse
un
treno
di
strada
ferrata
,
pigliereste
il
treno
;
e
quando
arrivate
in
fondo
,
dareste
la
testa
per
uno
scudo
,
ma
proprio
colla
sicurezza
di
fare
un
buonissimo
affare
.
Facciamo
un
sonnellino
sopra
uno
dei
mille
divani
del
Campo
di
Marte
e
poi
ritorniamo
nel
mare
magno
.
Io
esprimo
le
mie
impressioni
del
primo
giorno
,
semplicemente
.
Ebbene
,
ciò
che
mi
fece
più
meraviglia
non
sono
le
cose
esposte
;
è
l
'
arte
dell
'
esposizione
.
Qui
davvero
bisogna
ammirare
l
'
inesauribile
fecondità
dell
'
immaginazione
umana
.
L
'
esposizione
dei
mezzi
d
'
esposizione
sarebbe
per
sè
sola
una
cosa
da
sbalordire
.
Figuratevi
dei
grandi
chioschi
di
legno
scolpiti
,
leggieri
che
paiono
di
carta
o
di
paglia
;
delle
vetrine
cesellate
,
per
la
mostra
dei
fili
di
Scozia
,
che
costano
mille
sterline
l
'
una
;
delle
case
di
vetro
,
degli
archi
trionfali
,
delle
specie
di
colossali
trionfi
da
tavola
,
carichi
di
oggetti
,
che
potrebbero
stare
in
mezzo
a
una
piazza
.
Il
cotone
è
disposto
in
forma
di
tabernacoli
e
di
cappelle
commemorative
;
le
spille
,
a
milioni
,
in
trofei
;
l
'
allume
di
potassa
a
muraglie
;
la
cera
di
Spagna
in
torri
alte
come
case
;
i
tappeti
in
piramidi
che
toccan
la
vôlta
;
la
glicerina
modellata
in
busti
d
'
uomini
celebri
;
il
sapone
fuso
in
colonne
monumentali
d
'
apparenza
marmorea
;
i
tubi
di
ferro
congiunti
in
forma
di
organi
titanici
o
di
chiesuole
di
stile
gotico
,
le
marmitte
in
obelischi
egizii
,
i
cilindri
di
rame
in
colonnati
babilonesi
,
le
funi
telegrafiche
in
campanili
.
V
'
è
una
gara
di
bizzarrie
architettoniche
spinta
a
un
segno
che
fa
ridere
.
Un
mercante
di
stoffe
fabbrica
un
castello
di
materasse
?
L
'
orologiaio
vicino
innalza
una
piramide
di
duemila
casse
d
'
orologi
.
Un
olandese
espone
un
tempio
di
stearina
che
può
contenere
venti
persone
,
colle
sue
statue
e
colle
sue
gradinate
?
E
un
francese
costruisce
un
tempio
di
cristallo
sorretto
da
sei
colonne
e
circondato
da
una
balaustrata
,
che
costa
venticinque
mila
napoleoni
.
Un
profumiere
inglese
consacra
una
palazzina
ai
suoi
cosmetici
e
alle
sue
boccette
?
E
un
chiodaio
parigino
rappresenta
con
nient
'
altro
che
coi
suoi
chiodi
dalla
testa
dorata
,
il
palazzo
del
Trocadero
colla
sua
cupola
,
colle
gallerie
e
colla
cascata
.
Un
liquorista
d
'
Amsterdam
fa
colle
sue
bottigline
un
altare
da
cattedrale
?
E
un
profumiere
di
Rotterdam
gli
fa
zampillare
davanti
una
fontana
d
'
acqua
di
Colonia
.
Questo
per
attirare
gli
sguardi
e
i
quattrini
.
Aggiungete
una
infinità
di
medaglie
d
'
onore
e
di
documenti
d
'
ogni
sorta
,
esposti
dai
venditori
,
molti
dei
quali
mettono
persino
in
mostra
le
fotografie
e
le
lettere
di
complimento
dei
loro
clienti
.
Altri
s
'
aiutano
con
mezzi
meccanici
.
I
gibus
s
'
alzano
e
s
'
abbassano
da
sè
,
manine
di
cera
suggellano
le
lettere
,
i
trofei
rotano
,
gli
automi
vi
chiamano
,
le
scatole
musicali
vi
ricreano
,
gli
espositori
v
'
apostrofano
o
vi
spiegano
.
Ci
son
poi
i
colossi
che
fan
presso
a
poco
lo
stesso
ufficio
.
In
ogni
Esposizione
c
'
è
un
certo
numero
di
queste
grandi
fanciullaggini
.
Qui
c
'
è
una
bottiglia
spropositata
di
vino
di
Champagne
che
basterebbe
a
ubbriacare
un
battaglione
di
bersaglieri
;
là
un
cavaturaccioli
mostruoso
che
par
fatto
per
tirar
su
i
tetti
.
Nell
'
esposizione
francese
delle
lame
un
coltellaccio
damascato
davanti
al
quale
le
più
grandi
navajas
della
Spagna
non
paiono
che
temperini
.
V
'
è
una
botte
francese
che
contiene
quattrocento
ettolitri
,
una
ungherese
che
ne
contiene
mille
,
e
quella
della
fabbrica
di
Champagne
che
è
capace
di
settantacinque
mila
bottiglie
.
Vi
son
gli
specchi
di
ventisette
metri
quadrati
di
superficie
;
rotaie
d
'
un
sol
pezzo
di
cinquanta
metri
,
e
fili
metallici
lunghi
venticinque
chilometri
.
Aggiungete
ancora
il
martello
smisurato
del
Creusot
che
pesa
ottantamila
chilogrammi
;
e
il
girarrosto
gigantesco
della
casa
Baudon
,
che
vi
arrostisce
venti
capretti
per
volta
.
Poi
le
meraviglie
della
pazienza
umana
:
i
coltellini
microscopici
,
colle
loro
belle
guaine
,
che
stanno
in
cento
e
quattro
dentro
un
nocciolo
di
ciliegia
;
i
tappeti
orientali
fatti
di
sei
mila
frammenti
;
il
cassettone
spagnuolo
composto
di
tre
milioni
e
mezzo
di
pezzetti
di
legno
;
le
stoffe
da
cinquecento
lire
il
metro
,
fatte
a
cinque
centimetri
il
giorno
;
il
servizio
da
tavola
degli
Stati
Uniti
,
a
cui
lavorarono
per
diciotto
mesi
duecento
operai
;
la
fontana
scolpita
a
cui
lavorò
un
contadino
scozzese
per
sette
anni
.
E
in
fine
le
stranezze
,
i
ghiribizzi
dell
'
ingegno
umano
,
del
genere
dell
'
ago
di
refe
d
'
Emilio
Praga
.
Questi
avrebbe
potuto
fare
alla
sua
amante
,
in
quella
certa
poesia
,
tutte
quest
'
altre
domande
.
Vuoi
un
pendolo
che
ti
faccia
vento
?
un
orologio
fatto
con
un
girasole
,
da
cui
esca
un
ragno
ad
acchiappare
una
mosca
?
un
mobile
che
ti
si
trasformi
sotto
le
mani
,
a
tuo
piacere
,
in
bigliardo
,
in
scrivania
,
in
scacchiera
e
in
tavola
da
mangiare
?
una
barca
vera
con
remi
e
timone
,
da
portar
sotto
il
braccio
al
lago
di
Como
?
un
portamonete
che
tiri
delle
pistolettate
?
la
carta
dell
'
Europa
in
un
fazzoletto
?
un
paio
di
stivaletti
di
squame
di
pesce
?
un
letto
di
ceralacca
?
una
poltrona
di
cristallo
?
un
violino
di
maiolica
?
un
velocipede
a
vapore
?
Qui
c
'
è
tutto
:
gli
orologi
magici
,
le
trottole
miracolose
,
le
bambole
che
parlan
francese
,
le
spagnuole
di
legno
che
v
'
insegnano
a
maneggiare
il
ventaglio
....
Non
ci
manca
proprio
altro
che
l
'
ago
di
Emilio
Praga
.
E
le
cose
belle
dunque
!
Infinite
;
ma
un
po
'
care
.
Non
c
'
è
mezzo
di
mobiliarsi
una
casa
a
proprio
gusto
,
fantasticando
,
senza
profondere
un
milioncino
in
un
quarto
d
'
ora
.
A
ogni
passo
trovate
un
mobile
che
vi
incapriccia
,
e
sareste
quasi
tentati
di
fare
uno
sproposito
;
ma
avvicinandovi
al
cartellino
del
prezzo
,
vedete
dietro
a
un
uno
che
vi
dà
un
filo
di
speranza
quattro
maledettissimi
zeri
che
paiono
quattro
bocche
spalancate
che
vi
sghignazzino
in
faccia
.
È
un
continuo
supplizio
di
Tantalo
.
Non
c
'
è
che
un
solo
conforto
:
che
molte
cose
son
già
comprate
.
Avete
messo
gli
occhi
sopra
un
meraviglioso
servizio
da
tavola
della
casa
Cristophle
,
che
vale
quattrocento
mila
lire
;
ma
ve
l
'
ha
buffato
il
duca
di
Santoña
.
Così
la
duchessa
v
'
ha
liberato
dalla
tentazione
di
portar
a
casa
una
splendida
veste
Colbert
e
Aleçon
,
che
avrebbe
spazzato
netto
il
vostro
piccolo
patrimonio
.
Il
gran
vaso
di
malachite
ornato
d
'
oro
,
della
sezione
russa
,
alto
tre
metri
,
ve
l
'
ha
portato
via
il
principe
Demidoff
.
Il
più
bel
paio
di
stivaletti
trinati
di
tutta
l
'
Esposizione
sono
della
principessa
di
Metternich
,
i
due
più
bei
manicotti
di
volpe
nera
appartengono
alla
principessa
di
Galles
,
e
l
'
Imperatore
d
'
Austria
ha
già
messo
il
suo
augusto
suggello
sopra
un
impareggiabile
cofano
d
'
argento
cesellato
,
che
sarebbe
stato
la
vostra
delizia
.
Ci
rimane
però
dell
'
altro
.
Io
mi
permetterei
di
suggerire
alle
signore
facili
a
contentarsi
un
graziosissimo
velo
di
trina
dell
'
esposizione
belga
,
fatto
con
un
filo
che
costa
cinquemila
scudi
il
chilogramma
;
e
agli
sposi
di
giudizio
un
letto
chinese
di
legno
di
rosa
intarsiato
d
'
avorio
che
costa
poco
più
di
una
villetta
passabile
sulle
rive
del
lago
di
Como
.
Alla
porta
della
camera
si
potrebbero
mettere
le
due
tende
di
seta
ricamate
d
'
oro
e
d
'
argento
,
che
sono
in
vendita
nell
'
esposizione
austriaca
per
mille
e
duecento
napoleoni
.
C
'
è
la
comodità
di
poter
comprare
delle
sale
intere
,
anzi
degl
'
interi
appartamenti
,
d
'
ogni
stile
e
d
'
ogni
paese
,
lì
su
due
piedi
,
d
'
un
colpo
,
con
un
gran
risparmio
di
tempo
e
di
seccature
.
E
ci
sono
pure
delle
ammirabili
cose
per
le
borse
modeste
.
Lo
zaffiro
del
Rouvenat
,
circondato
di
diamanti
,
si
può
avere
con
un
milione
e
mezzo
;
e
stiracchiando
un
poco
,
si
può
anche
ottenere
a
un
prezzo
ragionevole
un
curiosissimo
diamante
tagliato
in
forma
di
una
lanterna
a
gaz
e
incastonato
in
un
candelabro
d
'
oro
microscopico
,
ch
'
è
una
vera
bellezza
.
Tutte
cose
che
sulle
prime
fanno
girare
un
po
'
il
capo
,
ma
poi
si
scrollano
le
spalle
,
e
si
tira
via
senza
badarci
,
dicendo
:
-
corbellerie
,
corbellerie
-
coll
'
indifferenza
d
'
un
franco
....
impostore
.
E
si
va
a
vedere
l
'
esposizione
dei
prodotti
alimentari
,
meno
pericolosa
per
la
fantasia
:
una
passeggiata
d
'
un
miglio
,
o
poco
meno
.
Chiudete
gli
occhi
,
pigliatevi
la
testa
fra
le
mani
,
e
cercate
di
rappresentarvi
tutto
quanto
di
più
strano
e
di
più
raro
può
mettersi
in
corpo
un
uomo
senza
rischiare
la
vita
:
c
'
è
tutto
.
Potete
bere
,
a
quindici
centesimi
,
un
bicchiere
delle
quattordici
sorgenti
d
'
acqua
minerale
della
Francia
,
o
un
bicchiere
d
'
acqua
delle
Termopili
,
nella
sezione
greca
,
o
birra
della
Danimarca
che
ha
fatto
il
giro
del
mondo
;
o
se
preferite
i
vini
,
vino
di
Champagne
che
si
fa
sotto
i
vostri
occhi
,
tutti
i
vini
della
Spagna
in
bottigline
graziose
da
mezza
lira
,
che
vi
vende
una
bella
ragazza
di
Jerez
;
e
vini
di
Porto
e
di
Madera
,
imbottigliati
nel
1792
,
a
cento
lire
la
bottiglia
,
compresi
i
documenti
storici
«
debitamente
legalizzati
.
»
E
se
il
vino
di
ottantasei
anni
vi
par
troppo
giovane
,
trovate
nella
sezione
francese
,
in
mezzo
a
una
corona
di
sorelle
nonagenarie
,
una
bottiglia
di
vin
del
Giura
del
1774
,
coronata
di
semprevive
,
a
un
prezzo
da
convenirsi
.
Trovate
il
chiosco
dei
vini
di
Sicilia
e
il
chiosco
dei
vini
di
Guiro
;
tutti
i
vini
d
'
Australia
nella
capanna
da
minatore
eretta
dal
governo
di
Malbourne
;
e
nella
sezione
delle
colonie
inglesi
,
il
misterioso
vino
di
Costanza
,
del
Capo
di
Buona
Speranza
,
e
l
'
enigmatico
vino
del
Romitaggio
della
nuova
Galles
,
fatto
con
uva
secca
.
Ci
avete
il
vino
di
Schiraz
nella
sezione
di
Persia
,
il
vino
di
Corinto
accanto
all
'
acqua
delle
Termopili
,
e
potete
gustare
un
Tokai
squisito
nella
trattoria
rustica
dell
'
Ungheria
,
al
suono
d
'
una
banda
di
zingari
.
Per
mangiare
poi
non
c
'
è
che
da
chiedere
.
Nei
padiglioni
delle
colonie
francesi
una
creola
vi
dà
l
'
ananasso
,
una
mulatta
vi
dà
il
banano
,
un
negro
la
vaniglia
.
Potete
mangiare
della
marmellata
del
Canadà
e
intingere
in
un
bicchiere
del
famoso
Sant
'
Uberto
di
Vittoria
dei
biscotti
che
hanno
attraversato
l
'
Atlantico
.
Potete
scegliere
fra
i
pesci
celebrati
della
Norvegia
e
i
maiali
illustri
di
Chicago
.
Potete
fare
anche
meglio
:
prendervi
un
pezzo
di
carne
cruda
venuta
dall
'
Uraguay
,
ma
fresca
e
sanguinante
che
par
della
mattina
,
e
andarvela
a
far
cuocere
voi
stessi
collo
specchio
ustorio
dell
'
Università
di
Tours
,
nella
galleria
delle
arti
liberali
di
Francia
.
Poi
ci
sono
le
trattorie
olandesi
,
americane
,
inglesi
e
spagnuole
.
Avete
al
vostro
servizio
cento
bei
pezzi
di
ragazze
vestite
di
nero
e
di
bianco
in
un
monumentale
bouillon
Duval
che
pare
un
tempio
delle
Indie
.
Se
avete
un
debole
per
la
Russia
,
potete
andare
alla
trattoria
russa
dove
da
manine
polacche
,
moscovite
,
armene
,
caucasee
v
'
è
servito
il
vero
kumysy
venuto
dalle
steppe
dell
'
Ural
,
o
l
'
acqua
igienica
della
Neva
,
o
la
colebiaka
d
'
erbaggi
e
di
pesce
,
o
qualche
altro
pasticcio
russo
-
turco
condito
con
vin
di
Cipro
.
Per
dolci
la
Francia
vi
offre
il
palazzo
di
Fontainebleau
e
delle
cattedrali
gotiche
di
zucchero
,
e
dei
mazzi
gustosissimi
di
rose
e
di
violette
,
che
sembran
colte
un
'
ora
prima
.
Dopo
il
desinare
,
ricevete
il
caffè
gratis
dalla
repubblica
del
Guatemala
,
se
pure
non
preferite
quello
scelto
e
tritato
dalle
negre
di
Venezuela
.
E
poi
,
per
rincette
,
potete
sorseggiare
un
bitter
di
nuova
invenzione
che
vi
porge
una
svizzera
in
costume
di
Berna
all
'
ombra
d
'
un
chioschetto
signorile
;
o
andare
nel
chiosco
olandese
,
dove
tre
belle
frisone
rosee
,
col
casco
dorato
,
vi
fanno
sentire
il
curasò
o
lo
scidam
;
o
arrischiarvi
a
gustare
il
liquor
di
fichi
nel
padiglione
del
Marocco
,
rallegrato
dagli
strimpellamenti
di
tre
suonatori
,
uno
dei
quali
pesa
centonovanta
chilogrammi
a
stomaco
vuoto
;
o
mettervi
fra
le
labbra
un
sigaro
di
nuovo
genere
che
invece
d
'
un
nuvoletto
di
fumo
vi
caccia
in
bocca
un
bicchierino
di
cognac
.
Ne
avete
abbastanza
?
Ma
voi
volete
fumare
.
Ebbene
,
ci
sono
i
sigari
avvelenati
della
Repubblica
d
'
Andorre
,
e
la
magnifica
esposizione
dei
sigari
di
Cuba
,
d
'
ogni
grandezza
e
di
ogni
forma
,
dorati
,
stemmati
,
odorosi
,
-
veri
lavoretti
d
'
arte
-
profusi
a
miriadi
,
-
davanti
ai
quali
il
fumatore
italiano
estenuato
dai
patimenti
passa
«
sospirando
e
fremendo
.
»
Tutta
questa
doppia
galleria
dei
prodotti
alimentari
è
ammirabile
per
varietà
e
per
ricchezza
.
È
un
'
architettura
interminabile
di
bottiglie
che
s
'
alzano
in
torri
,
in
scale
a
chiocciola
,
in
gradinate
multicolori
e
scintillanti
;
una
moltitudine
di
tempietti
splendidi
d
'
oro
e
di
cristalli
,
che
potrebbero
coprire
delle
statue
di
numi
,
e
coprono
dei
porci
salati
;
una
magnificenza
di
teatrini
,
d
'
altari
,
di
troni
,
di
biblioteche
,
pieni
di
ghiottumi
così
graziosamente
disposti
e
decorati
,
che
il
gran
pittore
delle
Halles
di
Parigi
ne
potrebbe
cavare
un
quadro
meraviglioso
per
uno
dei
suoi
romanzi
avvenire
.
Lo
spettacolo
più
bello
è
quello
che
presenta
la
gente
.
A
certe
ore
il
recinto
dell
'
Esposizione
è
più
popolato
di
molte
grandi
città
.
I
visitatori
entrano
per
venti
porte
.
I
viali
,
i
vestiboli
,
le
gallerie
,
i
passaggi
traversali
,
e
il
labirinto
infinito
delle
sale
del
campo
di
Marte
,
è
tutto
un
brulicame
nero
,
in
cui
c
'
è
da
fare
a
non
perdersi
.
Specialmente
nelle
«
sezioni
estere
»
,
dove
i
venditori
formano
da
sè
soli
una
specie
d
'
esposizione
antropologica
dilettevolissima
,
C
'
è
un
gran
numero
di
belle
ragazze
inglesi
che
lavorano
ai
loro
registri
,
intente
e
impassibili
,
in
mezzo
a
quel
via
vai
,
come
se
fossero
in
casa
propria
.
I
Giapponesi
,
-
vestiti
all
'
europea
,
-
chiaccherano
rano
e
giocano
,
seduti
intorno
ai
loro
tavolini
,
allegri
,
forse
con
un
po
'
d
'
ostentazione
,
per
darsi
l
'
aria
di
gente
che
si
sente
benissimo
al
suo
posto
nel
cuore
della
civiltà
occidentale
;
e
infatti
hanno
già
preso
tanto
l
'
aria
di
casa
,
che
quasi
nessuno
li
guarda
.
I
Chinesi
,
invece
,
hanno
sempre
intorno
un
cerchio
di
curiosi
,
ai
quali
rivolgono
di
tratto
in
tratto
uno
sguardo
sprezzante
,
che
rivela
,
come
un
lampo
,
la
superbia
cocciuta
della
loro
razza
;
e
poi
ripigliano
la
loro
impassibilità
di
idoli
,
da
cui
li
smuove
soltanto
la
voce
dei
compratori
.
Si
vedon
dei
mercanti
orientali
,
in
turbante
,
che
strascicano
le
loro
ciabatte
in
mezzo
a
tutte
quelle
meraviglie
,
guardando
intorno
oziosamente
colla
stessa
stupida
e
irritante
indifferenza
che
mostrerebbero
nelle
loro
vecchie
baracche
di
bazar
.
Tratto
tratto
se
ne
trovano
tre
o
quattro
estatici
davanti
a
una
faccia
di
cartapesta
o
a
una
marionetta
che
allarga
le
braccia
.
Ci
son
molti
algerini
:
arabi
,
mori
,
negri
.
S
'
incontrano
delle
brigatelle
di
spahi
,
ravvolti
nei
loro
grandi
mantelli
bianchi
;
ma
non
son
più
le
faccie
baldanzose
del
1859
.
L
'
orgoglio
del
vecchio
esercito
d
'
Africa
non
brilla
più
nei
loro
grandi
occhi
neri
.
Come
cambia
i
volti
una
guerra
perduta
!
Qua
e
là
si
vede
pure
qualche
faccia
color
di
rame
,
e
qualche
vestimento
arlecchinesco
dei
paesi
confinanti
colla
China
.
Oltre
a
questo
c
'
è
una
moltitudine
immobile
e
muta
di
gente
d
'
ogni
paese
,
che
produce
una
strana
illusione
.
Ogni
momento
rasentate
col
gomito
qualcuno
,
che
vi
pare
una
persona
viva
,
ed
è
un
grosso
fantoccio
colorito
e
vestito
di
tutto
punto
,
che
vi
fa
restare
a
bocca
aperta
.
Ci
sono
dei
selvaggi
del
Perù
,
degli
indigeni
d
'
Australia
colle
loro
grandi
capigliature
,
lanose
,
dei
guerrieri
medioevali
,
delle
signore
vestite
in
gala
,
dei
soldati
italiani
,
delle
contadine
di
Danimarca
,
delle
lavandaie
malesi
,
delle
guardie
civili
di
Spagna
,
e
annamiti
e
indiani
e
cafri
e
ottentotti
,
che
vi
si
parano
dinanzi
improvvisamente
,
e
vi
fissano
in
volto
i
loro
occhi
trasognati
,
come
fantasime
.
Lo
spettacolo
è
ancora
variato
e
rallegrato
da
un
gran
numero
di
signore
che
girano
su
poltrone
a
ruote
o
su
carrozzine
da
bimbi
,
tirate
davanti
da
un
servitore
,
spinte
per
la
spalliera
dai
mariti
,
fiancheggiate
dai
ragazzi
;
matrone
poderose
,
le
cui
rotondità
sporgono
da
tutte
le
parti
fuori
del
piccolo
veicolo
,
lunghissime
zitelle
inglesi
che
ci
stanno
tutte
raggruppate
,
colle
ginocchia
aguzze
all
'
altezza
del
mento
;
signoroni
decrepiti
che
godono
là
,
probabilmente
,
l
'
ultimo
piacere
della
vita
;
vecchie
patrizie
paralitiche
,
e
putti
meravigliosamente
biondi
e
rosati
dei
paesi
nordici
,
che
formano
tutti
insieme
,
in
quel
labirinto
di
vie
fiancheggiate
da
case
di
vetro
,
una
specie
di
corso
in
burletta
,
degno
della
matita
del
Cham
.
Nella
Via
delle
nazioni
,
all
'
ombra
delle
capannette
di
paglia
,
molta
gente
fa
colezione
sulle
ginocchia
come
per
viaggio
,
e
i
bimbi
vanno
a
prender
acqua
alle
fontane
del
Giappone
e
dell
'
Italia
;
altri
sgranocchiano
pane
e
prosciutto
camminando
;
delle
coppie
coniugali
dormono
saporitamente
sui
sedili
in
mezzo
alla
folla
;
e
altre
coppie
,
che
hanno
portato
i
loro
amori
all
'
Esposizione
,
si
servono
di
due
capannine
avvicinate
per
farsi
qualche
carezza
di
contrabbando
.
È
un
divertimento
poi
,
nelle
sale
,
studiare
i
varii
tipi
dei
visitatori
.
Ci
sono
i
cavalli
matti
che
scorazzano
da
tutte
le
parti
senza
vedere
una
maledetta
,
presi
da
una
specie
d
'
esaltazione
febbrile
,
e
i
visitatori
pazienti
,
che
si
son
fatti
un
programma
,
che
muovono
un
passo
ogni
quarto
d
'
ora
,
che
meditano
sui
cataloghi
,
che
guardano
,
fiutano
e
discutono
ogni
menoma
cosa
,
che
impiegheranno
probabilmente
sei
mesi
a
fare
il
giro
di
tutto
il
Campo
di
Marte
.
Tra
gli
espositori
,
si
vedono
i
visi
radianti
dei
fortunati
,
che
hanno
trovato
là
gloria
e
fortuna
,
e
troneggiano
sui
loro
banchi
in
mezzo
alla
folla
dei
curiosi
e
dei
compratori
;
e
i
poveri
diavoli
trascurati
,
seduti
nei
loro
cantucci
solitarii
,
colla
testa
bassa
e
la
faccia
malinconica
,
che
meditano
sulle
speranze
perdute
.
Nelle
ultime
sale
,
i
divani
son
tutti
occupati
dai
visitatori
spossati
.
Si
vedono
delle
famiglie
intere
di
buoni
provinciali
,
sfiniti
,
sbalorditi
,
istupiditi
;
i
papà
tutti
in
acqua
,
le
mamme
che
soffocano
,
le
ragazze
ingobbite
,
i
piccini
morti
di
sonno
;
proprio
da
farsi
domandare
:
-
Ma
chi
v
'
ha
consigliato
di
venire
all
'
Esposizione
,
disgraziati
?
-
L
'
affollamento
maggiore
è
sotto
le
grandi
arcate
delle
Belle
arti
,
e
intorno
al
Padiglione
della
città
di
Parigi
,
che
drizza
i
suoi
sei
frontoni
imbandierati
nel
mezzo
del
Campo
di
Marte
.
Qui
è
il
luogo
di
convegno
dello
«
stato
maggiore
»
dell
'
Esposizione
.
Qui
fanno
crocchio
gli
artisti
e
i
commissarii
di
tutti
i
paesi
,
gli
operai
si
radunano
e
si
sciolgono
,
i
critici
tagliano
l
'
aria
coi
gesti
cattedratici
,
i
giornalisti
notano
,
i
disegnatori
schizzano
,
le
discussioni
fervono
,
i
curiosi
cercano
i
visi
illustri
,
i
nuovi
arrivati
si
ritrovano
,
le
«
celebrità
»
dell
'
Esposizione
passano
fra
le
scappellate
e
gli
inchini
.
Ecco
qui
monsieur
Hardy
,
per
esempio
,
l
'
architetto
del
Palazzo
del
Campo
di
Marte
;
ecco
là
monsieur
Duval
,
direttore
dei
lavori
idraulici
,
e
i
signori
Bourdais
e
Davioud
,
architetti
del
Palazzo
del
Trocadero
.
E
purchè
abbiate
una
faccia
un
po
'
straordinaria
,
e
due
amici
ai
fianchi
,
che
vi
parlino
in
atto
rispettoso
,
potete
passare
facilissimamente
per
un
principe
o
per
un
re
che
visita
l
'
Esposizione
in
stretto
incognito
,
e
sentirvi
intorno
,
qua
e
là
,
un
mormorio
sommesso
da
vestibolo
di
Corte
.
C
'
è
da
cavarsi
tutti
i
gusti
,
da
soddisfare
tutti
i
bisogni
e
da
riparare
a
tutti
gli
accidenti
.
Potete
telegrafare
a
casa
,
scrivere
le
vostre
lettere
,
fare
il
bagno
,
prendere
di
tanto
in
tanto
una
scossetta
elettrica
,
farvi
pesare
,
portare
,
fotografare
,
profumare
,
curare
;
ci
sono
stazioni
di
pompieri
,
corpi
di
guardia
,
farmacie
,
infermerie
:
non
manca
che
il
camposanto
.
Ci
son
poi
le
ore
fisse
per
lo
studio
e
per
le
esperienze
scientifiche
,
e
allora
i
visitatori
accorrono
e
s
'
affollano
in
quei
dati
punti
.
Qui
,
nella
sezione
francese
,
si
comunicano
al
pubblico
le
opere
della
biblioteca
del
Corpo
insegnante
;
più
in
là
un
professore
spiega
i
modelli
anatomici
;
nella
sezione
russa
si
fanno
gli
esperimenti
del
passaggio
dell
'
aria
a
traverso
i
muri
;
un
medico
americano
fa
funzionare
i
mobili
chirurgici
;
un
dentista
opera
l
'
estrazione
della
carie
con
uno
strumento
a
vapore
.
Si
può
andare
ad
assistere
alla
fabbricazione
delle
sigarette
di
Francia
,
a
veder
fare
la
carta
dalla
fabbrica
Darblay
,
a
vedere
le
esperienze
della
luce
elettrica
nel
padiglione
russo
,
o
quelle
del
riscaldamento
e
dell
'
illuminazione
nel
parco
del
Campo
di
Marte
.
Altri
vanno
a
vedere
alla
prova
il
telefono
Bell
,
o
l
'
apparecchio
telegrafico
che
trasmette
con
un
solo
filo
duecento
cinquanta
dispacci
in
un
'
ora
,
o
il
semaforo
del
nostro
Pellegrino
;
oppure
a
leggere
i
vecchi
processi
per
stregoneria
esposti
nel
padiglione
del
Ministero
degl
'
interni
di
Francia
.
Intanto
dei
maestri
spiegano
i
nuovi
metodi
d
'
insegnamento
,
tutti
gl
'
inventori
di
qualche
cosa
hanno
il
loro
circolo
di
uditori
,
tutte
le
nuove
macchinette
sono
in
movimento
,
gli
album
colossali
si
aprono
,
le
carte
geografiche
si
spiegano
,
i
mappamondi
girano
,
mille
strumenti
suonano
;
da
ogni
parte
c
'
è
uno
spettacolo
,
una
scuola
o
una
conferenza
;
l
'
Esposizione
è
diventata
un
enorme
ateneo
internazionale
che
ci
dà
per
venti
soldi
tutto
lo
scibile
umano
.
Quella
che
attira
più
gente
,
a
tutte
le
ore
,
è
l
'
esposizione
delle
belle
arti
.
Ma
a
me
manca
quasi
il
coraggio
d
'
entrarvi
.
Mi
conforta
soltanto
il
pensiero
di
non
aver
da
rendere
che
l
'
impressione
confusa
della
prima
visita
.
Sono
diciassette
pinacoteche
in
una
successione
di
padiglioni
che
si
estendono
da
un
'
estremità
all
'
altra
del
Campo
di
Marte
;
-
il
mondo
intero
-
qui
si
può
dire
propriamente
,
-
il
passato
e
il
presente
,
le
visioni
dell
'
avvenire
,
le
battaglie
,
le
feste
,
i
martirii
,
le
grida
d
'
angoscia
e
le
risate
pazze
;
tutta
la
grande
commedia
umana
con
l
'
infinita
varietà
delle
scene
tra
cui
si
svolge
,
dalla
reggia
alla
capanna
,
dai
deserti
di
ghiaccio
ai
deserti
di
sabbia
,
dalle
più
sublimi
altezze
alle
più
arcane
profondità
della
terra
.
Questa
è
la
parte
dell
'
Esposizione
dove
si
ricevono
le
impressioni
più
vive
.
Quanti
occhi
rossi
ho
veduti
,
quante
espressioni
di
pietà
,
di
dolore
,
d
'
orrore
,
e
quanti
bei
sorrisi
di
bei
volti
che
mi
rimasero
nella
memoria
come
un
riflesso
dei
quadri
!
Il
museo
enorme
s
'
apre
colla
esposizione
della
scultura
di
Francia
,
a
cui
seguono
le
sale
dell
'
Inghilterra
.
Qui
,
a
dirla
schiettamente
,
di
tutta
quella
pittura
corretta
,
pallida
,
diafana
,
di
colori
limpidi
,
piena
di
pensieri
delicati
e
di
belle
minuzie
,
ricordo
soltanto
quella
splendida
glorificazione
della
vecchiezza
guerriera
,
dell
'
Herkomer
,
intitolata
gl
'
Invalidi
di
Chelsea
,
dinanzi
ai
quali
si
chinerebbe
la
fronte
in
atto
di
venerazione
;
i
poveri
di
Londra
,
di
Luke
Fildes
,
che
m
'
hanno
fatto
sentire
il
freddo
d
'
una
notte
di
gennaio
e
l
'
angoscia
della
miseria
senza
tetto
;
e
il
Daniele
tra
i
leoni
di
Briton
Rivière
,
nel
quale
la
tranquillità
sublime
dell
'
uomo
in
cospetto
di
quel
gruppo
di
belve
fameliche
,
ma
affascinate
,
soggiogate
,
schiacciate
da
una
forza
sovrumana
e
invisibile
,
è
resa
con
una
potenza
che
mette
in
cuore
lo
sgomento
misterioso
del
prodigio
.
Dinanzi
a
cento
altri
quadri
,
passo
frettolosamente
,
spinto
dall
'
impazienza
di
arrivare
all
'
Italia
,
dove
trovo
una
folla
sorridente
che
amoreggia
colle
statue
.
Sento
uno
che
brontola
:
-
E
dire
che
tutte
queste
cosettine
ci
vengono
dalla
patria
di
Michelangelo
!
-
Ma
tutti
i
visi
intorno
esprimono
un
sentimento
d
'
ammirazione
amorosa
e
serena
.
Davanti
ai
quadri
del
De
Nittis
,
il
pittore
ardito
e
fine
di
Parigi
e
di
Londra
,
c
'
è
un
gruppo
di
curiosi
che
si
disputano
lo
spazio
;
e
s
'
indovina
dal
movimento
dei
volti
,
dalla
vivacità
dei
gesti
,
dalla
concitazione
dei
dialoghi
,
quel
cozzo
forte
di
giudizi
contrarii
,
da
cui
scaturiscono
le
scintille
che
vanno
a
formare
le
aureole
.
Un
tale
dice
:
-
Belle
pagine
di
giornale
illustrato
!
-
Ma
l
'
aria
dei
boulevards
si
respira
,
l
'
umidità
del
Tamigi
si
sente
,
l
'
ora
s
'
indovina
,
i
visi
si
riconoscono
,
tutta
quella
vita
si
vive
.
Nell
'
altra
sala
guardo
intorno
se
c
'
è
il
Pasini
,
per
gridargli
:
-
Salve
,
o
fratello
del
sole
!
-
Il
suo
forte
e
splendido
Oriente
è
là
,
vagheggiato
da
cento
occhi
pensierosi
.
E
vorrei
vedere
il
Michetti
,
quel
caro
viso
di
scapigliato
di
genio
,
per
stringergli
la
guancia
tra
l
'
indice
e
il
pollice
,
e
dirgli
che
adoro
le
gambine
pazze
delle
sue
bagnanti
e
l
'
azzurro
favoloso
della
sua
marina
.
Ed
ecco
finalmente
Jenner
.
Qui
osservo
una
cosa
singolare
.
La
gente
che
entra
con
un
sorriso
sulle
labbra
,
si
ferma
e
corruga
la
fronte
.
Tutti
i
visi
,
fuggitivamente
,
riflettono
il
viso
intento
e
risoluto
di
Jenner
,
come
se
tutti
,
per
un
momento
,
si
sentissero
nelle
mani
la
lancetta
benefica
del
dottore
e
il
braccio
renitente
del
bambino
;
e
tutti
pensano
,
e
nessuno
parla
,
e
chi
s
'
è
già
allontanato
,
o
si
sofferma
o
ritorna
,
come
tirato
indietro
a
forza
dal
filo
tenace
d
'
un
pensiero
.
Che
cara
soddisfazione
!
E
ne
provo
un
'
altra
subito
nella
sala
vicina
incontrando
il
viso
onesto
e
benevolo
del
Monteverde
il
quale
mi
accompagna
fino
alla
frontiera
d
'
Italia
.
E
di
là
vo
innanzi
nelle
sale
della
pittura
straniera
,
dove
il
cielo
si
rannuvola
e
l
'
aria
si
raffredda
.
La
Svezia
e
la
Norvegia
hanno
dipinto
i
loro
crepuscoli
melanconici
,
mattinate
grigie
di
autunno
,
chiarori
strani
di
luna
su
mari
strani
,
e
pescatori
e
naufragi
in
cui
si
mostra
maggiore
dell
'
arte
l
'
amore
dolce
e
profondo
della
patria
,
colorato
d
'
un
sentimento
di
tristezza
virile
:
centocinquanta
quadri
dominati
tutti
dai
«
Soldati
svedesi
che
portano
il
cadavere
di
re
Carlo
XII
»
giù
per
la
china
d
'
una
via
solitaria
,
nella
neve
,
sanguinosi
,
tristi
,
superbi
;
bel
quadro
semplice
e
solenne
dell
'
Oederstrom
,
concepito
da
un
'
anima
di
poeta
e
sentito
da
un
cuor
di
soldato
.
Seguono
gli
Stati
Uniti
.
Il
colosso
dalle
cento
teste
ha
ancora
la
sua
grossa
mano
di
lavoratore
un
po
'
restìa
al
pennello
.
Io
non
ricordo
che
la
risata
della
bella
donna
dell
'
Hamilton
,
e
le
faccie
buffe
dei
ridacchioni
del
Brown
.
Il
più
degli
altri
quadri
tradiscono
i
pittori
scappati
di
casa
,
che
hanno
rifatta
la
pelle
a
Parigi
,
a
Dusseldorf
,
a
Monaco
,
a
Roma
,
-
e
preso
il
colore
-
ma
dilavato
-
della
nuova
patria
.
E
subito
dopo
,
la
Francia
...
che
ha
messo
il
mondo
a
soqquadro
.
La
storia
,
la
leggenda
,
la
mitologia
,
il
cristianesimo
,
l
'
epopea
napoleonica
e
la
vita
mondana
,
il
ritratto
,
la
miniatura
e
il
quadro
smisurato
;
l
'
audacia
pazza
e
la
pedanteria
fradicia
;
c
'
è
ogni
cosa
;
ma
sopra
tutto
una
ricchezza
grande
d
'
invenzione
e
di
pensiero
,
che
rivela
l
'
aiuto
potente
d
'
una
letteratura
immaginosa
e
popolare
,
d
'
un
sentimento
drammatico
vivo
e
diffuso
,
e
della
vita
varia
,
piena
,
appassionata
,
tumultuosa
d
'
una
metropoli
enorme
.
Nelle
prime
sale
intravvedo
i
quadri
sentimentali
,
leccati
,
del
Bouguerau
.
Il
Dorè
v
'
ha
messo
una
delle
sue
mille
visioni
d
'
un
mondo
arcano
,
in
cui
si
riconosce
appena
qualche
forma
vaga
di
cose
e
di
creature
terrene
.
Poi
vien
la
storia
dotta
e
severa
d
'
Albert
Maignan
,
e
quella
immaginosa
,
confusa
,
vista
come
a
traverso
il
velo
d
'
un
sogno
,
in
una
grande
lontananza
di
spazio
e
di
tempo
,
dell
'
Isabey
.
In
un
'
altra
sala
si
drizza
davanti
a
Massimiano
Ercole
il
fantasma
spaventoso
di
San
Sebastiano
,
del
Boulanger
,
e
il
Moreau
affatica
e
tormenta
le
fantasie
coi
suoi
sogni
biblici
e
mitologici
pieni
di
terrori
,
d
'
illusioni
e
d
'
enimmi
,
che
restano
conflitti
nella
memoria
come
le
formule
misteriose
e
sinistre
di
uno
scongiuro
.
Poi
si
succedono
i
ritratti
pieni
di
vita
e
di
forza
.
Il
Dubufe
presenta
Emilio
Augier
,
il
Gounod
,
il
Dumas
;
il
Durand
presenta
il
Girardin
;
il
Perrin
espone
il
Daudet
;
e
il
Thiers
rivive
gloriosamente
nella
tela
del
Bonnat
,
davanti
a
cui
si
accalca
la
folla
.
Un
'
altra
folla
silenziosa
e
immobile
annunzia
nella
medesima
sala
le
miniature
meravigliose
del
Meissonnier
.
Più
in
là
sorridono
le
patrizie
eleganti
del
Cabanel
,
e
il
Laurens
strappa
un
sospiro
presentando
insieme
,
nel
suo
nobilissimo
Marceau
,
la
bellezza
,
l
'
eroismo
e
la
morte
.
Andando
innanzi
,
trovo
quella
meravigliosa
curvatura
di
schiene
che
ha
fatto
sorridere
il
mondo
:
l
'
Eminence
grise
del
Gerôme
;
e
il
giustiziere
formidabile
del
povero
Henri
Regnault
:
quadro
splendido
e
triste
,
che
serve
di
coperchio
a
un
sepolcro
.
E
in
fine
le
gigantesche
e
tragiche
tele
di
Benjamin
Constant
:
Respha
che
respinge
l
'
avoltoio
dal
patibolo
dei
figli
di
Saul
e
Maometto
II
che
irrompe
in
Costantinopoli
fra
le
rovine
e
la
morte
;
nella
stessa
sala
,
dove
lo
schiavo
avvelenato
del
Sylvestre
agonizza
sotto
gli
occhi
di
Nerone
impassibile
,
e
il
Davide
del
Ferrier
solleva
la
testa
mostruosa
del
gigante
.
E
in
fondo
strepita
e
ride
il
grande
baccanale
del
Duval
.
Di
là
si
esce
affaticati
e
confusi
,
come
dalla
rappresentazione
d
'
una
tragedia
dello
Shakespeare
,
e
s
'
entra
fra
i
vasti
quadri
storici
dell
'
Austria
-
Ungheria
,
splendidi
d
'
armi
,
d
'
oro
e
di
sete
,
e
in
mezzo
ai
grandi
ritratti
alla
Velasquez
e
alla
Van
Dyck
,
che
danno
al
luogo
l
'
aspetto
grave
e
magnifico
d
'
una
reggia
.
Qui
vorrei
baciare
in
fronte
il
Munkacsy
,
che
dipinse
quella
divina
testa
del
Milton
,
e
gridare
un
viva
sonoro
davanti
all
'
enorme
,
splendida
,
tumultuosa
,
temeraria
tela
del
Makart
,
tutta
irradiata
dal
viso
bianco
di
Carlo
V
,
su
cui
brilla
un
pensiero
vasto
come
il
suo
regno
,
e
un
'
espressione
indimenticabile
di
grazia
giovanile
e
di
maestà
serena
,
che
ci
fa
aggiungere
un
applauso
al
clamore
del
suo
trionfo
.
Ed
ecco
Don
Chisciotte
,
le
manolas
,
i
majos
,
i
ritratti
graziosi
del
Madrazo
e
la
Lucrezia
romana
del
Plasencia
,
in
cui
guizza
un
lampo
degli
ardimenti
del
Goya
.
Ma
c
'
è
una
parete
dinanzi
alla
quale
il
cuore
si
stringe
.
Povero
e
caro
Fortuny
,
bel
fiore
di
Siviglia
sbocciato
al
sole
di
Roma
!
I
suoi
capolavori
son
là
,
caldi
,
luminosi
,
pieni
di
riso
e
di
vita
,
divorati
cogli
occhi
da
una
folla
commossa
,
ed
egli
è
sotterra
.
E
così
il
povero
Zamoïcis
non
può
più
venir
a
godere
del
trionfo
delle
sue
belle
scene
di
monaci
e
di
pazzi
,
come
nelle
sale
austriache
non
può
più
affacciarsi
il
Cermak
per
veder
scintillare
e
inumidirsi
mille
occhi
davanti
al
suo
glorioso
Montenegrino
ferito
.
Quanti
cari
e
nobili
artisti
mancano
alla
festa
!
Lo
sguardo
li
cerca
ancora
tra
la
folla
mentre
il
pensiero
corre
ai
cimiteri
lontani
,
e
i
loro
quadri
spandono
intorno
la
tristezza
dell
'
ultimo
addio
.
Delle
sale
successive
non
conservo
che
una
reminiscenza
vaga
di
mari
in
tempesta
,
di
steppe
illuminate
dalla
luna
,
di
tramonti
solenni
sopra
immense
solitudini
di
neve
,
e
paesaggi
tristi
di
Finlandia
e
d
'
Ukrania
,
fra
cui
m
'
appariscono
confusamente
i
volti
minacciosi
d
'
Ivan
il
Terribile
e
di
Pietro
il
Grande
,
e
i
cadaveri
insanguinati
dei
martiri
bulgari
.
Qui
l
'
arte
pare
che
riposi
un
poco
per
rialzarsi
più
vigorosa
e
più
ardita
.
E
si
rialza
infatti
nel
Belgio
,
ricca
,
ispirata
,
improntata
d
'
un
carattere
proprio
,
nudrita
di
forti
studi
e
di
tradizioni
gloriose
.
A
.
Stevens
e
il
Villems
espongono
i
loro
quadri
di
costumi
,
mirabili
di
grazia
e
di
colorito
,
e
I
.
Stevens
i
suoi
cani
inimitabili
;
il
Wauters
o
il
Cluysenaar
superano
trionfalmente
gli
alti
pericoli
del
quadro
storico
e
le
difficoltà
delicate
del
ritratto
;
e
altri
cento
artisti
gareggiano
con
una
varietà
stupenda
di
paesaggi
pieni
di
poesia
,
di
marine
melanconiche
,
di
teste
adorabili
di
fanciulli
,
di
scherzi
arguti
,
di
fantasie
gentili
,
che
sollevano
la
mente
ed
allargano
il
cuore
.
Poi
il
Portogallo
e
la
Grecia
;
grandi
nomi
,
piccole
cose
.
Eppure
ci
son
dei
quadretti
trascurati
e
spregiati
,
che
lasciano
un
'
impressione
indelebile
,
come
la
madre
megarese
del
Rallis
,
quella
povera
moglie
di
pescatore
seduta
nella
sua
povera
stanza
,
che
tien
le
mani
incrocicchiate
e
gli
occhi
fissi
sopra
una
culla
vuota
,
fatta
di
quattro
tavole
rozze
,
in
atto
di
dire
;
-
Non
c
'
è
più
!
-
mentre
i
pannilini
ancora
freschi
fanno
comprendere
che
l
'
han
portato
via
poco
prima
,
e
su
quella
desolazione
scende
per
la
finestra
aperta
il
raggio
allegro
dell
'
alba
che
lo
svegliava
ogni
giorno
:
espressione
manchevole
forse
,
ma
d
'
un
sentimento
sublime
,
che
mette
nel
petto
il
tremito
d
'
un
singhiozzo
.
Dopo
la
Grecia
vien
la
pittura
facile
e
fresca
della
Svizzera
,
svariata
di
cento
stili
;
immagine
vera
d
'
un
paese
di
cento
pezzi
e
d
'
una
famiglia
d
'
artisti
vaganti
alla
ricerca
d
'
un
ideale
,
d
'
una
scuola
,
d
'
un
centro
di
sentimenti
e
di
idee
;
che
frammischiano
alla
loro
patria
dal
rozzo
fianco
,
alle
cascate
,
alle
gole
,
ai
ghiacciai
,
agli
uragani
delle
Alpi
,
le
rive
ridenti
di
Sorrento
,
le
architetture
arabescate
del
Cairo
,
le
solitudini
ardenti
della
Siria
,
la
campagna
desolata
di
Roma
,
e
ogni
sorta
di
ricordi
della
loro
vita
varia
e
avventurosa
;
somigliante
a
quella
degli
avi
loro
,
che
vestirono
la
divisa
di
tutti
i
principi
e
versarono
sangue
per
tutte
le
bandiere
,
Alla
Svizzera
tien
dietro
la
Danimarca
,
che
ricorda
al
mondo
le
sue
glorie
guerriere
,
colla
battaglia
d
'
Isted
,
del
Sonne
,
e
colla
battaglia
navale
di
Lemern
,
del
Mastrand
.
Ma
è
bello
,
è
commovente
il
veder
passare
tutti
questi
popoli
,
ognuno
dei
quali
mostra
con
amore
e
con
alterezza
i
suoi
soldati
,
i
suoi
re
,
le
suo
belle
donne
,
i
suoi
bimbi
,
le
sue
cattedrali
,
le
sue
montagne
.
L
'
impulso
di
simpatia
che
non
si
sentirebbe
per
ciascuno
,
visto
a
parte
,
si
sente
per
tutti
,
vedendoli
insieme
;
e
il
cuore
risponde
e
acconsente
a
tutti
quei
palpiti
d
'
amor
di
patria
con
un
'
espansione
d
'
affetto
che
abbraccia
il
mondo
.
Gli
altri
quadri
danesi
son
paesaggi
che
rendono
effetti
pallidi
di
sole
sopra
campagne
nevose
,
su
parchi
e
su
castelli
feudali
,
e
su
grandi
boschi
,
e
scene
intime
di
costumi
,
sentite
ingenuamente
e
rese
con
fedeltà
scrupolosa
,
che
lasciano
nella
memoria
mille
immagini
di
volti
,
di
atteggiamenti
,
di
oggetti
,
di
faccende
,
come
farebbe
il
soggiorno
d
'
un
mese
in
Danimarca
.
E
di
qui
riesco
,
quasi
senza
avvedermene
,
nelle
sale
dell
'
Olanda
,
dinanzi
a
una
pittura
che
par
velata
dai
vapori
delle
grandi
pianure
allagate
,
e
vedo
infatti
vagamente
,
come
a
traverso
un
velo
,
i
poveri
e
gli
infermi
dell
'
Israels
,
il
pittore
della
sventura
;
le
belle
marine
del
Mesdag
,
i
polders
del
Gabriel
,
i
gatti
di
Enrichetta
Ronner
,
e
cento
altri
quadri
grigi
,
foschi
,
umidi
,
di
cattivo
umore
,
fra
i
quali
cerco
inutilmente
un
raggio
della
luce
miracolosa
del
Rembrandt
o
un
riflesso
del
grande
riso
irresistibile
dello
Steen
.
Ultima
è
la
vasta
sala
della
Germania
,
magnifica
e
triste
,
nella
quale
si
avverte
,
appena
entrati
,
il
vuoto
enorme
lasciato
dal
Kaulbach
.
Ma
è
una
pittura
poderosa
,
ringiovanita
a
tutte
le
sorgenti
vive
,
fortificata
di
larghi
studi
,
varia
,
ardita
,
virile
,
piena
di
sentimento
,
finissima
d
'
osservazione
e
d
'
intenti
,
che
desta
un
'
ammirazione
pensierosa
e
scuote
il
cuore
nelle
sue
più
intime
fibre
.
Non
scorderò
mai
più
,
certo
,
nè
le
teste
vive
e
parlanti
dello
Knaus
,
nè
l
'
officina
ardente
del
Menzel
,
nè
i
superbi
cosacchi
del
Brandt
,
nè
la
profonda
tristezza
del
Battesimo
dell
'
Hoff
,
nè
il
comicissimo
riso
dei
soldati
e
delle
nutrici
del
Werner
,
nè
la
madre
e
il
padre
ammirabili
dell
'
Hildebrand
che
interrogano
il
volto
smorto
del
bimbo
infermo
sgomentati
da
un
presentimento
tremendo
.
E
con
questa
tristezza
nel
cuore
,
esco
dall
'
Esposizione
delle
Belle
Arti
.
Ma
mi
venne
un
altro
pensiero
,
appena
fui
fuori
.
Mi
si
affacciarono
alla
mente
i
mille
artisti
di
cui
avevo
visto
le
opere
,
sconosciuti
e
famosi
,
giovani
che
mandaron
là
la
loro
prima
ispirazione
e
vecchi
che
ci
lasciarono
l
'
ultima
;
li
vidi
sparsi
per
tutto
il
mondo
,
nei
loro
studi
pieni
di
luce
,
aperti
sulle
campagne
solitarie
,
sui
giardini
,
sul
mare
e
sulle
vie
rumorose
;
e
pensai
quanta
vita
avevano
versato
fra
tutti
in
quelle
cento
sale
ch
'
io
avevo
attraversate
di
corsa
,
quanta
parte
dell
'
anima
loro
c
'
era
in
quelle
tele
e
in
quei
marmi
innumerevoli
,
quante
ispirazioni
d
'
amanti
e
di
spose
,
quante
veglie
,
quante
meditazioni
,
quanti
pennelli
spezzati
,
quanto
sangue
di
cuori
trafitti
,
quante
reminiscenze
d
'
avventure
e
di
pellegrinazioni
lontane
,
che
vasta
epopea
d
'
amori
,
di
dolori
,
di
trionfi
e
di
miserie
;
e
quanti
eran
già
calati
nel
sepolcro
,
consunti
dalla
febbre
tremenda
dell
'
arte
,
e
quanti
altri
vi
sarebbero
discesi
ancor
giovani
e
pieni
di
speranze
;
e
che
immenso
tesoro
d
'
immagini
di
sentimenti
e
di
idee
portavan
via
da
quel
luogo
milioni
di
visitatori
di
tutta
la
terra
;
e
pensando
a
queste
cose
,
collo
sguardo
rivolto
a
quella
lunga
fila
di
padiglioni
,
mi
sentii
compreso
improvvisamente
d
'
un
sentimento
di
affetto
e
di
gratitudine
così
vivo
,
che
se
in
quel
momento
mi
passava
a
tiro
un
pittore
,
il
primo
venuto
,
gli
saltavo
al
collo
com
'
è
vero
il
sole
.
L
'
ultima
sala
delle
belle
arti
mette
nella
galleria
del
lavoro
.
Non
si
può
immaginare
un
più
strano
cambiamento
di
scena
.
Qui
tutto
è
agitazione
e
strepito
.
Si
vedono
le
piccole
industrie
all
'
opera
.
C
'
è
un
gran
numero
di
banchi
circolari
e
quadrati
,
che
servono
insieme
d
'
officina
e
di
bottega
,
dove
lavorano
continuamente
uomini
,
donne
e
ragazzi
,
in
mezzo
a
una
folla
di
curiosi
,
che
formano
una
catena
non
interrotta
di
grandi
anelli
neri
mobilissimi
da
una
estremità
all
'
altra
dell
'
immensa
sala
.
Qui
si
lavora
l
'
oro
,
la
tartaruga
,
l
'
avorio
,
la
madreperla
,
si
fabbricano
gli
oggetti
di
filigrana
,
si
fanno
i
ventagli
,
le
spazzole
,
i
portamonete
,
gli
orologi
.
C
'
è
,
fra
gli
altri
,
un
gruppo
d
'
operaie
che
fabbricano
le
bambole
con
una
rapidità
di
prestigiatrici
,
e
altre
che
fanno
i
fiori
di
stoffa
,
di
smalto
,
di
penne
d
'
uccelli
del
tropico
,
con
una
sveltezza
ed
un
garbo
,
che
par
di
vederli
sbocciare
fra
le
loro
dita
.
In
altre
parti
si
tesse
la
seta
,
si
dipinge
la
porcellana
,
si
lavora
il
rame
,
si
fa
la
guttaperca
,
si
fabbricano
le
pipe
di
schiuma
.
In
un
angolo
si
vedono
le
pazienti
manine
normanne
lavorare
la
trina
.
Nel
mezzo
della
sala
si
taglia
il
diamante
.
Qui
piovono
i
biglietti
di
visita
,
là
le
spille
,
più
in
là
i
bottoni
;
da
una
parte
si
fanno
le
treccie
e
i
chignons
,
dall
'
altra
i
canestrini
e
le
scatolette
di
paglia
.
Un
gruppo
d
'
indiani
,
col
capo
coperto
di
enormi
turbanti
variopinti
,
lavorano
agli
scialli
.
È
una
lunghissima
fila
di
piccoli
fornelli
,
di
macchinette
vibranti
,
di
fiammelle
di
gaz
,
di
teste
chine
,
di
mani
in
moto
,
di
gente
che
interroga
e
di
gente
che
spiega
;
un
chiacchierio
,
un
affaccendamento
allegro
,
un
lavorio
accelerato
e
sonoro
,
che
mette
la
smania
di
far
qualche
cosa
.
E
la
vôlta
altissima
ripercuote
rumorosamente
i
sibili
acuti
che
paiono
grida
di
gioia
infantile
,
il
picchiettio
cadenzato
di
cento
martelli
,
lo
stridore
delle
lime
e
delle
seghe
e
mille
tintinni
cristallini
e
metallici
,
e
il
ronzìo
sordo
della
moltitudine
che
passa
a
processioni
,
a
turbe
,
a
gruppi
,
come
un
esercito
sbandato
,
per
riversarsi
nei
giardini
esterni
o
nelle
gallerie
delle
macchine
.
Qui
lo
spettacolo
è
degno
d
'
un
'
ode
di
Vittor
Hugo
.
Sul
primo
momento
par
di
essere
sotto
una
delle
immense
tettoie
arcate
delle
stazioni
di
Londra
.
Son
due
gallerie
lunghe
come
il
Campo
di
Marte
,
larghe
novanta
uomini
di
fronte
,
e
piene
di
luce
,
nelle
quali
mille
macchine
enormi
,
un
esercito
di
ciclopi
di
metallo
,
minacciosi
e
splendidi
,
alzano
le
teste
,
le
braccia
,
le
mazze
,
le
lame
,
fitte
e
intricate
,
fino
alle
vôlte
altissime
,
producendo
il
fragore
d
'
una
battaglia
.
Una
immensa
trasformazione
di
cose
si
compie
da
tutte
le
parti
.
Il
foglio
di
carta
esce
in
buste
da
lettera
,
lo
spago
in
corde
,
il
bronzo
in
medaglie
,
il
filo
di
ottone
in
spille
,
il
filo
di
lana
in
calze
,
il
pezzo
di
legno
in
frammenti
di
mobili
;
la
ricamatrice
svizzera
ricama
con
trecento
aghi
,
il
papirografo
inglese
riproduce
trecento
esemplari
d
'
un
manoscritto
,
la
macchina
dei
saponi
taglia
i
cubi
,
gl
'
involta
e
li
pesa
;
la
macchina
del
Marinoni
mette
fuori
i
giornali
piegati
;
le
gigantesche
filatrici
di
Birmingham
e
di
Manchester
lavorano
accanto
alle
macchine
d
'
estrazione
delle
miniere
;
la
grande
macchina
da
ghiaccio
getta
il
suo
furioso
soffio
gelato
in
mezzo
agli
aliti
di
fuoco
delle
macchine
da
gaz
;
altre
lavorano
i
diamanti
,
altre
lacerano
e
torcono
il
metallo
come
una
pasta
,
altre
lavano
,
raffinano
,
travasano
,
disegnano
,
dipingono
,
scrivono
;
in
ogni
parte
freme
una
vita
meravigliosa
ed
orribile
di
mostri
di
cento
bocche
e
di
cento
mani
,
che
irrita
i
nervi
,
introna
le
orecchie
e
confonde
l
'
immaginazione
.
Qua
e
là
si
vede
la
materia
informe
sparire
nel
ventre
tenebroso
di
quei
colossi
,
riapparire
in
alto
,
dopo
qualche
momento
,
già
mezzo
lavorata
,
e
come
portata
in
trionfo
,
e
poi
rinascondersi
,
ricacciata
giù
sdegnosamente
a
subire
le
ultime
violenze
....
Qui
lavorano
delle
braccia
di
gigante
,
là
delle
dita
di
fata
.
In
una
parte
il
lavoro
si
presenta
sotto
l
'
aspetto
d
'
una
distruzione
furiosa
,
fra
denti
enormi
di
ferro
e
artigli
d
'
acciaio
,
che
stritolano
e
sbranano
con
un
fracasso
d
'
inferno
,
in
cui
si
sente
un
suono
confuso
di
lamenti
umani
;
in
mezzo
a
un
roteggio
intricato
,
vertiginoso
,
feroce
,
che
sbricciolerebbe
un
titano
come
un
gingillo
di
vetro
.
In
un
'
altra
parte
il
mostro
mansueto
accarezza
la
materia
prigioniera
,
la
palleggia
,
la
lambisce
,
la
liscia
,
delicatamente
,
lentamente
,
in
silenzio
,
come
se
facesse
per
gioco
.
Altre
macchine
colossali
,
come
quelle
da
maglie
,
fanno
movimenti
strani
e
misteriosi
,
d
'
apparenza
quasi
umana
,
con
una
certa
grazia
languida
d
'
ondulazioni
femminee
;
che
ispirano
un
senso
inesplicabile
di
ripugnanza
,
come
se
fossero
esseri
viventi
dei
quali
non
sì
riuscisse
ad
afferrare
la
forma
.
Fra
le
grandi
membra
di
tutti
questi
lavoratori
smisurati
,
s
'
agita
come
una
vita
segreta
un
indescrivibile
lavorio
di
rotine
che
sembrano
immobili
,
di
seghe
che
paion
fili
,
di
congegni
delicatissimi
e
quasi
invisibili
,
che
vibrano
,
tremano
,
trepidano
,
e
ingigantiscono
ancora
,
col
paragone
della
loro
umile
piccolezza
,
le
ruote
enormi
,
le
cerniere
colossali
,
le
caldaie
titaniche
,
le
correggie
spropositate
,
le
gru
,
gli
stantuffi
,
i
tubi
mostruosi
,
che
si
slanciano
in
alto
come
colonne
monumentali
,
e
si
succedono
in
una
fila
senza
fine
,
presentando
l
'
aspetto
di
non
so
che
bizzarra
e
deforme
città
di
metallo
,
in
cui
si
dibatta
fra
le
catene
una
legione
di
dannati
o
di
pazzi
.
Ma
anche
l
'
uomo
lavora
;
un
gran
numero
di
donne
cuciscono
colle
macchinette
;
intorno
alle
grandi
macchine
vigilano
degli
operai
,
e
meccanici
e
artefici
di
tutti
i
paesi
,
vestiti
trascuratamente
,
osservano
,
notano
,
si
caccian
per
tutto
,
fra
gli
stantuffi
e
le
ruote
,
a
rischio
della
vita
;
fra
i
quali
si
vedono
qua
e
là
delle
faccie
scarne
e
pallide
,
ma
piene
di
vita
,
su
cui
lampeggia
una
volontà
di
ferro
e
un
'
ambizione
implacabile
.
Chi
sa
!
operai
oscuri
oggi
,
forse
inventori
gloriosi
domani
.
Tutta
l
'
enorme
galleria
è
piena
dell
'
immenso
affanno
del
lavoro
.
E
sulle
prime
quell
'
agitazione
affatica
e
rattrista
.
Ma
a
poco
a
poco
,
facendovi
l
'
udito
e
fermandovi
il
pensiero
,
in
quel
fragore
pauroso
di
fischi
,
di
sbuffi
,
di
scoppii
,
di
scricchiolamenti
,
di
gemiti
e
d
'
ululati
,
si
sente
la
voce
profonda
delle
moltitudini
,
le
grida
eccitatrici
della
lotta
e
l
'
urrà
formidabile
della
vittoria
umana
.
L
'
uomo
che
,
entrando
,
s
'
era
sentito
schiacciato
,
riacquista
la
coscienza
di
sè
,
e
contempla
quell
'
immensa
forza
,
suscitata
e
disciplinata
dal
suo
pensiero
,
con
un
fremito
d
'
alterezza
,
in
cui
tutto
l
'
essere
suo
si
rinvigorisce
e
s
'
innalza
.
E
quello
smisurato
arsenale
di
armi
pacifiche
,
le
bandiere
grandi
come
vele
di
nave
che
spenzolano
dalla
vôlta
,
gonfiate
dall
'
aria
commossa
dalle
ruote
innumerevoli
,
quei
monumenti
selvaggi
di
cordami
e
di
reti
,
le
piramidi
delle
zappe
che
servirono
a
dissodare
i
deserti
del
nuovo
emisfero
,
i
trofei
degli
strumenti
per
la
pesca
dei
grandi
cetacei
dei
mari
polari
,
i
tronchi
giganteschi
delle
foreste
vergini
,
le
armature
colossali
dei
palombari
,
le
torri
di
merci
,
e
i
fari
giranti
tra
i
nuvoli
di
fumo
,
i
getti
d
'
acqua
e
le
pioggie
vaporose
delle
macchine
a
vapore
,
questo
maestoso
e
terribile
spettacolo
,
salutato
dalle
detonazioni
delle
macchine
da
gaz
,
dagli
squilli
delle
trombe
marine
e
dalle
note
solenni
degli
organi
lontani
,
che
portano
in
quell
'
inferno
la
poesia
della
speranza
e
della
preghiera
,
a
poco
a
poco
s
'
impadronisce
di
voi
,
vi
fa
vibrare
tutte
le
facoltà
dello
spirito
,
vi
fa
scattare
tutte
le
molle
dell
'
operosità
e
del
coraggio
,
vi
accende
nel
cuore
la
febbre
della
battaglia
,
e
vi
fa
uscire
di
là
colla
mente
piena
di
disegni
audaci
e
di
risoluzioni
gloriose
.
Dalla
galleria
delle
macchine
francesi
si
viene
in
un
lunghissimo
viale
tutto
vermiglio
di
rose
,
e
di
là
....
Ma
non
c
'
è
un
lettore
ragionevole
il
quale
pretenda
da
me
la
descrizione
dei
così
detti
«
annessi
»
del
palazzo
del
Campo
di
Marte
;
che
formano
essi
soli
una
seconda
Esposizione
universale
.
Sono
due
miglia
di
giardini
,
d
'
orti
,
di
tettoie
,
di
padiglioni
,
di
case
rustiche
,
in
cui
ricomincia
la
serie
dei
musei
e
delle
officine
;
e
c
'
è
da
girar
per
un
mese
.
Qui
si
trattengono
soltanto
gli
«specialisti.»
La
maggior
parte
dei
visitatori
non
ci
va
che
per
rinfrescarsi
la
testa
all
'
aria
libera
.
Ma
là
c
'
è
da
farsi
un
concetto
di
quel
che
costò
la
costruzione
di
quella
gran
città
passeggiera
,
e
di
quello
che
costa
continuamente
il
farla
vivere
.
È
una
cosa
che
sgomenta
davvero
.
Bisogna
considerare
prima
il
grande
lavoro
del
livellamento
,
per
il
quale
si
smossero
o
si
trasportarono
cinquecentomila
metri
cubi
di
terra
;
rappresentarsi
l
'
enorme
trincea
che
serpeggia
sotto
il
palazzo
del
Campo
di
Marte
,
e
distribuisce
in
sedici
grandi
correnti
l
'
aria
addensata
dai
venditori
;
abbracciare
col
pensiero
l
'
azione
poderosa
dei
grandi
«
generatori
»
che
provvedono
il
vapore
alle
macchine
motrici
;
il
lavoro
titanico
delle
trenta
macchine
motrici
che
trasmettono
la
vita
a
tutte
le
macchine
dell
'
Esposizione
;
il
movimento
continuo
delle
formidabili
trombe
aspiranti
che
assorbono
dei
torrenti
dalla
Senna
e
li
rispandono
,
per
un
labirinto
di
canali
e
di
serbatoi
sotterranei
,
ai
condotti
del
Campo
di
Marte
,
ai
bacini
,
alle
fontane
,
agli
acquarii
,
agli
ascensori
delle
torri
,
alla
cascata
del
Trocadero
;
rappresentarsi
la
rete
infinita
di
strade
ferrate
che
coprì
quello
spazio
durante
i
lavori
di
costruzione
,
e
le
macchine
innumerevoli
che
aiutarono
le
braccia
dell
'
uomo
al
collocamento
delle
cose
enormi
;
poi
richiamare
alla
mente
il
lavoro
immenso
e
febbrile
dell
'
ultimo
mese
,
un
esercito
d
'
operai
d
'
ogni
paese
,
formicolanti
sull
'
orlo
dei
tetti
,
sulla
sommità
delle
cupole
,
nelle
profondità
della
terra
,
sospesi
alle
corde
,
ritti
sulle
impalcature
vertiginose
,
a
gruppi
,
a
catene
,
a
sciami
,
di
giorno
,
di
notte
,
al
lume
delle
fiaccole
,
al
bagliore
della
luce
elettrica
,
in
mezzo
a
nuvoli
di
polvere
e
di
vapori
,
sollecitati
da
mille
voci
in
cento
lingue
,
in
mezzo
al
frastuono
d
'
un
mare
in
tempesta
e
ai
fremiti
d
'
impazienza
del
mondo
,
-
e
infine
ricordarsi
che
ne
uscì
quasi
inaspettatamente
quel
meraviglioso
caravanserai
di
cento
popoli
,
pieno
di
tesori
,
di
vegetazione
e
di
vita
,
-
e
che
ventiquattro
mesi
prima
non
c
'
era
là
che
un
deserto
;
-
allora
non
si
frena
più
quel
sentimento
d
'
ammirazione
che
,
al
primo
entrare
,
era
stato
turbato
da
un
effetto
spiacevole
d
'
apparenza
.
Ma
questo
grande
spettacolo
bisogna
vederlo
la
sera
dalle
alte
gallerie
del
Trocadero
.
Lassù
,
abbracciando
con
uno
sguardo
solo
,
come
dalla
cima
d
'
un
monte
,
quella
vastissima
spianata
piena
di
memorie
,
che
vide
le
feste
simboliche
della
Rivoluzione
e
senti
gli
urrà
degli
eserciti
di
Marengo
e
di
Waterloo
;
quel
palazzo
enorme
e
magnifico
,
su
cui
sventolano
tutte
le
bandiere
della
terra
;
il
grande
fiume
,
i
vasti
parchi
,
i
mille
tetti
,
i
cento
torrenti
umani
che
serpeggiano
nel
recinto
immenso
,
inondato
dalla
luce
dorata
e
calda
del
tramonto
;
la
mente
si
apre
a
mille
nuovi
pensieri
.
Si
pensa
ai
milioni
di
creature
umane
che
lavorarono
per
riempire
quello
sterminato
museo
,
dagli
artisti
gloriosi
nel
mondo
ai
lavoratori
solitarii
e
sconosciuti
dei
tugurii
;
alle
mille
cose
là
raccolte
,
su
cui
è
caduta
la
lacrima
dell
'
operaia
e
stillato
il
sudore
del
forzato
;
ai
tesori
conquistati
a
prezzo
di
vite
innumerevoli
;
alle
vittorie
conseguite
dal
lavoro
accumulato
di
dieci
generazioni
;
alle
ricchezze
dei
re
,
ai
quaderni
dei
bimbi
,
alle
sculture
informi
degli
schiavi
,
confusi
tutti
,
sotto
quelle
vôlte
,
in
una
specie
di
santa
eguaglianza
al
cospetto
del
mondo
;
ai
viaggi
favolosi
che
fecero
quei
lavori
e
quei
prodotti
,
calati
sulle
slitte
dalle
montagne
,
portati
dalle
carovane
a
traverso
alle
foreste
e
ai
deserti
,
cavati
dal
fondo
del
mare
e
dalle
viscere
della
terra
,
trasportati
per
i
fiumi
immensi
e
fra
le
tempeste
degli
oceani
,
come
a
un
sacro
pellegrinaggio
;
alle
mille
speranze
che
li
accompagnarono
,
alle
mille
ambizioni
che
vi
si
fondano
,
alle
idee
infinite
che
scaturiranno
dai
confronti
,
ai
nuovi
ardimenti
che
nasceranno
dai
trionfi
,
ai
racconti
favolosi
che
si
ripeteranno
fin
sotto
le
capanne
delle
più
remote
colonie
;
e
finalmente
che
,
grazie
a
tutto
ciò
,
mille
mani
che
non
si
sarebbero
mai
incontrate
,
si
strinsero
;
che
per
un
tempo
molti
odii
,
come
in
virtù
d
'
una
tregua
di
Dio
,
si
quetarono
;
che
milioni
d
'
uomini
,
accorsi
qui
,
si
rispanderanno
per
tutta
la
terra
portando
un
tesoro
di
nomi
cari
,
prima
ignorati
,
di
nuove
ammirazioni
,
di
nuove
simpatie
,
di
nuove
sperante
,
e
un
sentimento
più
grande
e
più
potente
dell
'
amor
di
patria
.
Si
pensano
queste
cose
e
si
applaude
senza
dubbio
,
in
quei
momenti
,
con
più
vivo
entusiasmo
all
'
Esposizione
;
ma
più
che
all
'
Esposizione
si
benedice
a
questa
augusta
legge
,
a
questo
immortale
e
santo
affanno
:
il
Lavoro
.
E
si
vorrebbe
vederlo
,
come
un
nume
,
simboleggiato
in
una
statua
smisurata
e
splendida
,
che
avesse
i
piedi
nelle
viscere
del
globo
e
la
testa
più
alta
delle
montagne
,
e
dirgli
:
-
Gloria
a
te
,
secondo
creatore
della
terra
,
Signore
formidabile
e
dolce
.
Noi
consacriamo
a
te
il
vigore
della
gioventù
,
la
tenacia
dell
'
età
virile
,
la
saggezza
della
vecchiaia
,
il
nostro
entusiasmo
,
le
nostre
speranze
,
il
nostro
sangue
;
e
tu
tempera
i
dolori
,
fortifica
gli
affetti
,
rasserena
le
anime
,
prodiga
le
sante
alterezze
,
dispensa
i
riposi
fecondi
,
affratella
gli
uomini
,
pacifica
il
mondo
,
sublime
amico
e
divino
Consolatore
!
VITTOR
HUGO
I
.
V
'
è
uno
scrittore
,
in
Francia
,
salito
in
questi
ultimi
anni
a
un
tal
grado
di
gloria
e
di
potenza
che
nessun
'
ambizione
letteraria
può
aver
mai
sognato
d
'
arrivare
più
alto
.
Egli
è
,
per
consenso
quasi
universale
,
il
primo
poeta
vivente
d
'
Europa
.
Ha
quasi
ottant
'
anni
:
è
nato
il
secondo
anno
del
secolo
.
Le
siècle
avait
deux
ans
.
Era
già
celebre
cinquant
'
anni
sono
,
quando
Alessandro
Dumas
diceva
ai
suoi
amici
,
parlando
di
lui
:
-
Nous
sommes
tous
flambés
-
e
non
aveva
,
inteso
che
il
dramma
Marion
Delorme
.
Il
suo
nome
e
le
sue
opere
sono
sparsi
per
tutta
la
terra
.
D
'
un
nuovo
suo
libro
spariscono
centomila
esemplari
in
pochi
giorni
.
I
suoi
lavori
giovanili
sono
ancora
ricercati
oggi
come
quando
annunziarono
per
la
prima
volta
il
suo
nome
all
'
Europa
.
Tutti
i
suoi
cinquanta
volumi
sono
pieni
di
gioventù
e
di
vita
come
se
fossero
venuti
alla
luce
,
tutti
insieme
,
pochi
anni
sono
.
La
vita
di
quest
'
uomo
è
stata
una
guerra
continua
;
una
guerra
letteraria
,
prima
,
bandita
dal
teatro
;
una
guerra
politica
,
dopo
,
rotta
nelle
assemblee
e
proseguita
in
esilio
:
l
'
una
contro
il
classicismo
,
l
'
altra
contro
un
imperatore
;
tutt
'
e
due
vinte
da
lui
.
Nessun
altro
scrittore
del
suo
tempo
fu
più
di
lui
combattuto
,
e
nessun
altro
sedette
,
vecchio
,
sopra
un
più
alto
piedestallo
di
spoglie
nemiche
.
Falangi
d
'
avversarii
furiosi
gli
attraversarono
la
strada
;
-
egli
passò
-
e
quelli
disparvero
.
I
suoi
grandi
rivali
discesero
l
'
un
dopo
l
'
altro
nel
sepolcro
,
sotto
i
suoi
occhi
.
Una
serie
di
sventure
tragiche
disperse
la
sua
famiglia
:
tutti
i
rami
della
quercia
caddero
l
'
un
sull
'
altro
fulminati
;
il
vecchio
tronco
rimase
saldo
ed
immobile
.
Egli
passò
per
tutte
le
prove
:
fu
povero
,
fu
perseguitato
,
fu
proscritto
,
-
solo
-
vagabondo
-
vituperato
-
deriso
;
ma
continuò
impassibilmente
,
con
una
ostinazione
meravigliosa
,
il
suo
enorme
lavoro
.
In
tempi
in
cui
pareva
finito
,
si
rialzò
tutt
'
a
un
tratto
,
trasfigurato
,
con
opere
piene
di
nuove
forze
e
di
nuove
,
promesse
.
Su
tutte
le
vie
della
letteratura
mise
l
'
impronta
dei
suoi
passi
giganteschi
.
Non
tentò
,
assalì
tutti
i
campi
dell
'
arte
,
e
v
'
irruppe
tempestando
,
rovesciando
,
sfracellando
,
lasciando
da
ogni
parte
le
traccie
di
una
battaglia
.
Alla
tribuna
,
nel
teatro
,
in
tribunale
,
in
patria
,
in
esilio
,
nella
poesia
e
nella
critica
,
giovane
e
settuagenario
,
fu
sempre
ad
un
modo
,
audace
,
ostinato
,
sfrenato
,
provocatore
,
rude
,
furioso
,
selvaggio
.
E
suscitò
degli
eserciti
di
nemici
,
ma
si
trascinò
dietro
degli
eserciti
.
Una
legione
di
scrittori
fanatici
e
devoti
gli
si
strinse
e
gli
si
stringe
intorno
,
e
combatte
in
sua
difesa
e
nel
suo
nome
.
Mille
ingegni
eletti
,
in
varii
tempi
,
non
brillarono
d
'
altra
luce
che
del
riflesso
del
suo
genio
;
altri
,
attratti
nella
sua
orbita
,
sparirono
nel
suo
seno
;
altri
s
'
affaticarono
inutilmente
,
tutta
la
vita
,
per
levarsi
dalla
fronte
l
'
impronta
ch
'
egli
v
'
aveva
stampata
.
La
pittura
,
la
scultura
e
la
musica
s
'
impadronirono
delle
creazioni
della
sua
mente
,
e
le
resero
popolari
,
per
la
seconda
volta
,
in
tutti
i
paesi
civili
.
Una
ricchezza
enorme
d
'
immagini
,
di
sentenze
,
di
traslati
,
di
modi
,
di
forme
nuove
dell
'
arte
,
profusa
da
lui
,
circola
,
vive
e
fruttifica
in
tutte
le
letterature
d
'
Europa
.
Egli
è
da
mezzo
secolo
argomento
continuo
di
discussioni
ardenti
e
feconde
.
Quasi
tutte
le
nuove
questioni
letterarie
o
hanno
radice
nelle
sue
opere
o
vi
girano
intorno
forzatamente
,
ed
egli
presiede
,
innominato
e
invisibile
,
a
tutte
le
contese
.
Ma
ora
le
contese
,
per
quello
che
riguarda
lui
,
almeno
in
Francia
,
sono
quasi
affatto
cessate
.
La
sua
età
,
le
sue
sventure
,
la
sua
immensa
fama
,
la
vitalità
poderosa
delle
sue
opere
,
rinvigorita
da
recenti
trionfi
,
la
popolarità
grande
del
suo
nome
tenuta
viva
continuamente
dalla
sua
parola
e
dalla
sua
presenza
,
lo
hanno
messo
quasi
al
di
fuori
e
al
di
sopra
della
critica
.
I
suoi
più
acerrimi
nemici
letterarii
d
'
un
tempo
tacciono
;
i
suoi
più
accaniti
avversarii
politici
saettano
il
repubblicano
,
ma
rispettano
il
poeta
,
come
una
gloria
della
Francia
.
Chi
non
lo
riconosce
come
poeta
drammatico
,
lo
ammette
come
romanziere
;
chi
lo
respinge
come
romanziere
,
lo
adora
come
poeta
lirico
;
altri
che
detestano
il
suo
gusto
letterario
,
accettano
le
sue
idee
;
altri
che
combattono
le
sue
idee
,
sono
entusiasmati
della
sua
forma
;
chi
non
ammira
nessuna
delle
sue
opere
partitamente
,
ammira
ed
esalta
la
vastità
grandiosa
dell
'
edifizio
che
formano
tutte
insieme
:
nessuno
gli
contesta
il
genio
;
nessuno
,
parlandone
cogli
stranieri
,
si
mostra
incurante
od
ostile
all
'
omaggio
che
gli
vien
reso
;
e
anche
chi
l
'
odia
,
ne
è
altero
.
Oltre
a
ciò
,
l
'
aura
politica
del
momento
gli
è
favorevole
.
Egli
è
un
poeta
popolare
e
un
tribuno
vittorioso
,
e
porta
sulla
corona
d
'
alloro
come
un
'
aureola
sacra
di
genio
tutelare
della
patria
.
È
arrivato
a
quel
punto
culminante
della
gloria
,
oltre
il
quale
non
si
può
più
salire
che
morendo
.
La
sua
casa
è
come
una
reggia
.
Scrittori
ed
artisti
di
tutti
i
paesi
,
principi
ed
operai
,
donne
e
giovanetti
,
entusiasti
ardenti
,
vanno
a
visitarlo
.
Ogni
sua
apparizione
in
pubblico
è
un
trionfo
.
La
sua
immagine
è
da
per
tutto
,
il
suo
nome
suona
ad
ogni
proposito
.
Si
parla
già
di
lui
come
d
'
una
gloria
consacrata
dai
secoli
,
e
gli
si
prodigan
già
quelle
lodi
smisurate
e
solenni
che
non
si
concedono
che
ai
morti
.
Ed
egli
è
ancora
pieno
di
vita
,
di
forza
,
d
'
idee
,
di
disegni
,
ed
annunzia
ogni
momento
la
pubblicazione
d
'
un
'
opera
nuova
.
Ecco
l
'
uomo
di
cui
intendo
di
scrivere
oggi
.
Dopo
l
'
Esposizione
universale
,
Vittor
Hugo
.
Un
argomento
val
l
'
altro
,
mi
pare
.
II
.
Io
credo
,
esprimendo
quello
che
penso
di
Vittor
Hugo
,
d
'
esprimere
presso
a
poco
quello
che
ne
pensano
tutti
i
giovani
del
mio
tempo
.
Non
c
'
è
nessuno
di
noi
,
certamente
,
che
non
si
ricordi
dei
giorni
in
cui
divorò
,
giovanetto
,
i
primi
volumi
dell
'
Hugo
che
gli
caddero
fra
le
mani
.
È
stata
senza
dubbio
per
tutti
una
emozione
nuova
,
profonda
,
confusa
,
indimenticabile
.
Tutti
ci
siamo
,
domandati
tratto
tratto
,
interrompendo
la
lettura
:
-
Che
uomo
è
costui
?
-
Nello
stesso
tempo
dolce
e
tremendo
,
fantastico
e
profondo
,
insensato
e
sublime
,
egli
mette
accanto
a
una
stramberia
rettorica
che
rivolta
,
la
rivelazione
d
'
una
grande
verità
che
fa
dare
un
grido
di
stupore
.
Colla
stessa
potenza
ci
fa
sentire
la
dolcezza
del
bacio
di
due
amanti
e
l
'
orrore
di
un
delitto
.
È
ingenuo
come
un
fanciullo
,
è
truce
come
un
uomo
di
sangue
,
è
affettuoso
come
una
donna
,
è
mistico
come
un
profeta
,
è
violento
come
un
oratore
della
Convenzione
,
è
triste
come
un
uomo
senz
'
affetti
e
senza
speranze
.
In
cento
pagine
ci
mostra
cento
faccie
.
Egli
sa
esprimere
tutto
:
sensazioni
vaghe
dell
'
infanzia
,
su
cui
s
'
era
mille
volte
tormentato
invano
il
nostro
pensiero
;
i
primi
inesplicabili
turbamenti
amorosi
della
pubertà
,
le
lotte
più
intime
del
cuore
della
fanciulla
e
della
coscienza
dell
'
assassino
;
profondità
segrete
dell
'
anima
,
che
sentivamo
in
noi
,
ma
in
cui
l
'
occhio
della
nostra
mente
non
era
mai
penetrato
;
sfumature
di
sentimenti
che
credevamo
ribelli
al
linguaggio
umano
.
Egli
abbraccia
colla
mente
tutto
l
'
universo
.
Ha
,
se
si
può
dire
,
due
anime
che
spaziano
contemporaneamente
in
due
mondi
,
e
ogni
opera
sua
porta
l
'
impronta
di
questa
sua
doppia
natura
.
Chi
non
ha
fatto
mille
volte
quest
'
osservazione
?
In
alto
v
'
è
quel
suo
eterno
ciel
bleu
che
ricorre
ad
ogni
pagina
,
i
firmamenti
mille
volte
percorsi
,
gli
astri
continuamente
invocati
,
gli
angeli
,
le
aurore
,
gli
oceani
di
luce
,
mille
sogni
e
mille
visioni
della
vita
futura
,
un
mondo
tutto
ideale
,
in
cui
egli
si
sprofonda
come
un
estatico
,
trasportando
con
sè
il
lettore
abbarbagliato
e
stordito
;
e
sotto
,
dei
mari
neri
e
tempestosi
,
tenebre
su
tenebre
,
la
sua
eterna
ombre
,
i
suoi
abîmes
,
i
suoi
gouffres
,
il
bagno
,
la
cloaca
,
la
corte
dei
miracoli
,
il
carnefice
,
il
rospo
,
la
putredine
,
la
deformità
,
la
miseria
,
tutto
quanto
v
'
ha
di
più
orribile
e
di
più
immondo
sopra
la
terra
.
Il
campo
della
sua
creazione
non
ha
confini
.
Ravvicinate
Cosetta
e
Lucrezia
Borgia
,
Rolando
della
Leggenda
dei
secoli
e
Quasimodo
,
Dea
e
Maria
Tudor
,
Gavroche
e
Carlo
V
,
le
sue
vergini
morte
a
quindici
anni
,
i
suoi
galeotti
,
i
suoi
sultani
,
le
sue
guardie
imperiali
,
i
suoi
pezzenti
,
i
suoi
frati
,
e
vi
parrà
d
'
aver
dinanzi
l
'
opera
non
d
'
un
solo
,
ma
d
'
una
legione
di
poeti
.
Riandate
rapidamente
tutte
le
sue
creazioni
:
esse
lasciano
l
'
impressione
d
'
un
'
enorme
epopea
di
frammenti
,
che
risale
da
Caino
a
Napoleone
il
grande
,
e
una
memoria
confusa
di
amori
divini
,
di
lotte
titaniche
,
di
miserie
inaudite
,
di
morti
orrende
,
viste
come
a
traverso
a
una
bruma
paurosa
,
rotta
qua
e
là
da
torrenti
di
luce
,
in
cui
formicola
una
miriade
di
personaggi
metà
creature
reali
e
metà
fantasmi
,
che
sconvolgono
l
'
immaginazione
,
Tutte
le
opere
sue
son
come
colorate
dal
riflesso
d
'
una
vita
arcana
ch
'
egli
abbia
vissuta
,
altre
volte
,
in
un
mondo
arcano
,
al
quale
par
che
alluda
vagamente
ad
ogni
pagina
,
e
alle
cui
porte
s
'
affaccia
continuamente
,
impaziente
dei
confini
che
gli
sono
assegnati
sulla
terra
,
Una
fantasmagoria
immensa
di
cose
ignote
all
'
umanità
par
che
lo
tormenti
di
continuo
,
come
una
visione
febbrile
.
Tutto
quello
che
v
'
è
di
più
strano
e
di
più
oscuro
sul
limite
che
separa
il
mondo
reale
dal
mondo
dei
sogni
,
egli
lo
cerca
,
lo
studia
e
lo
fa
suo
.
I
re
favolosi
dell
'
Asia
,
le
superstizioni
di
tutti
i
secoli
,
le
leggende
più
bizzarre
di
tutti
i
paesi
,
i
paesaggi
più
tetri
della
terra
,
i
mostri
più
orribili
del
mare
,
i
fenomeni
più
spaventosi
della
natura
,
le
agonie
più
tragiche
,
tutte
le
stregonerie
,
tutti
i
delirii
,
tutte
le
allucinazioni
della
mente
umana
sono
passate
per
la
sua
penna
.
Egli
vede
tutto
per
non
so
che
prisma
meraviglioso
;
a
traverso
il
quale
,
per
contro
,
il
lettore
vede
sempre
lui
.
In
fondo
a
tutte
le
sue
scene
e
dietro
tutti
i
suoi
personaggi
spunta
la
sua
testa
enorme
e
superba
.
Quasi
tutte
le
sue
creature
portano
l
'
impronta
colossale
del
suo
suggello
,
e
parlano
il
linguaggio
del
genio
;
sono
,
come
lui
,
grandi
poeti
o
grandi
sognatori
;
statue
,
a
cui
ha
stampato
sulla
fronte
il
suo
nome
;
larve
dai
contorni
più
che
umani
,
che
si
vedono
ingigantite
come
a
traverso
le
nebbie
dei
mari
polari
,
o
accese
della
luce
d
'
una
glorificazione
teatrale
che
le
trasfigura
,
Così
Javert
,
Gymplaine
,
Triboulet
,
Simoudain
,
Gilliat
,
Giosiana
,
Ursus
,
Quasimodo
,
Jean
Valjean
.
Così
il
suo
Napoleone
III
,
rappresentato
come
un
volgare
malfattore
,
tutto
d
'
un
pezzo
,
liricamente
.
Pochi
i
personaggi
d
'
ossa
e
di
carne
,
che
abbiano
la
nostra
statura
e
la
nostra
voce
.
E
così
la
sua
cattedrale
di
Notre
Dame
,
convertita
da
lui
in
un
monumento
enorme
e
formidabile
come
una
montagna
delle
Alpi
.
Tutte
le
sue
creazioni
sono
,
com
'
egli
dice
delle
onde
di
un
oceano
in
tempesta
,
mélanges
de
montagne
et
de
songe
.
Solo
nel
primo
momento
della
concezione
è
osservatore
tranquillo
e
fedele
;
poi
la
sua
natura
invincibilmente
lirica
irrompe
,
ed
egli
afferra
colla
mano
poderosa
la
sua
creatura
,
e
la
trasporta
al
di
sopra
della
terra
.
Dalla
prima
all
'
ultima
pagina
è
sempre
presente
,
despota
orgoglioso
e
violento
,
e
ci
fa
della
lettura
una
lotta
.
Ci
caccia
innanzi
a
spintoni
,
ci
solleva
,
ci
stramazza
,
ci
rialza
,
ci
scrolla
,
ci
umilia
,
ci
travolge
nella
sua
fuga
precipitosa
,
senza
dar
segno
d
'
avvedersi
che
noi
esistiamo
.
Balziamo
rapidissimamente
fra
i
più
opposti
sentimenti
che
può
suscitar
la
lettura
,
dalla
noia
irritata
all
'
entusiasmo
ardente
,
come
palleggiati
dalla
sua
mano
.
Eterne
pagine
si
succedono
in
cui
l
'
Hugo
non
è
più
lui
,
Egli
travia
,
erra
a
tentoni
nelle
tenebre
,
e
delira
.
Non
sentiamo
più
la
parola
dell
'
uomo
;
ma
l
'
urlo
o
il
balbettio
del
forsennato
.
E
i
periodi
enormi
cascano
sui
periodi
enormi
,
a
valanghe
,
oscuri
e
pesanti
,
o
i
piccoli
incisi
sui
piccoli
incisi
,
fitti
e
rabbiosi
come
la
grandine
,
e
s
'
incalzano
e
s
'
affollano
confusamente
le
assurdità
,
le
vacuità
,
le
iperboli
pazze
e
le
pedanterie
.
Vittor
Hugo
pedante
!
Eppure
sì
;
quando
ci
esprime
cento
volte
l
'
idea
che
abbiamo
afferrata
alla
prima
,
quando
ci
mostra
lentamente
e
ostinatamente
,
una
per
una
,
le
mille
faccette
d
'
una
pietra
ch
'
egli
crede
un
tesoro
e
ch
'
è
un
diamante
falso
.
E
in
quel
frattempo
,
mentre
sonnecchiamo
o
fremiamo
,
ci
si
affacciano
alla
menti
;
le
analisi
spietate
dei
critici
,
lo
ire
dei
classicisti
,
gli
anatemi
dei
pedanti
,
gli
scherni
dei
suoi
infiniti
avversarii
,
e
stiamo
per
dir
:
-
Han
ragione
!
-
Ma
che
!
Arrivati
in
fondo
alla
pagina
,
v
'
è
un
pensiero
che
ci
fa
balzare
in
piedi
e
gridare
:
-
No
,
per
Dio
!
Hanno
torto
!
-
;
una
frase
che
ci
s
'
inchioda
nel
cervello
e
nel
cuore
per
tutta
la
vita
;
una
parola
sublime
,
che
ci
compensa
di
tutto
.
E
l
'
Hugo
è
di
nuovo
là
ritto
e
gigante
sul
piedestallo
che
vacillava
.
Questa
è
la
sua
grande
potenza
:
lo
scatto
improvviso
,
la
parola
impreveduta
che
ci
rimescola
,
il
lampo
inaspettato
che
illumina
la
vasta
regione
sconosciuta
,
la
porta
bruscamente
aperta
e
richiusa
per
la
quale
intravvediamo
il
prodigio
,
un
gran
coup
dans
la
poitrine
,
come
direbbe
lo
Zola
,
che
ci
toglie
per
un
momento
il
respiro
,
e
ci
lascia
rotti
e
sgomenti
.
Non
è
l
'
aquila
che
si
libra
sull
'
ali
;
è
il
masso
che
erompe
dal
vulcano
,
tocca
le
nubi
e
ricasca
.
La
sua
arte
è
quasi
tutta
qui
:
un
lungo
lavorìo
paziente
che
prepara
un
effetto
inatteso
.
Egli
non
ha
riguardi
per
noi
mentre
prepara
;
ci
strapazza
e
ci
provoca
;
è
un
lavoratore
sprezzante
e
brutale
;
non
bada
nè
alle
nostre
impazienze
,
nè
alle
nostre
censure
.
I
suoi
difetti
sono
grandi
come
il
suo
genio
;
non
nèi
,
ma
gobbe
colossali
,
che
ci
fan
torcere
il
viso
.
L
'
architettura
della
più
parte
dei
suoi
romanzi
è
deforme
.
Sono
episodi
spropositati
,
spedienti
brutali
,
inverosimiglianze
sfrontatamente
accumulate
,
fili
di
racconti
pazzamente
spezzati
e
riannodati
;
divagazioni
,
o
piuttosto
corse
furiose
,
di
cui
non
si
vede
la
meta
,
e
che
fanno
presentire
a
ogni
passo
un
precipizio
.
Ma
egli
vuol
condurvi
là
,
dove
vuole
,
e
vi
trascina
,
renitenti
,
barcollando
ed
ansando
,
calpestando
la
ragione
,
il
buon
gusto
,
il
buon
senso
,
la
verità
.
E
a
un
certo
punto
vi
svincolate
gridando
:
-
No
,
Hugo
,
non
ti
seguo
!
-
e
lo
lasciate
fuggir
solo
.
Dov
'
è
andato
?
È
caduto
?
Ah
!
eccolo
là
,
sull
'
altura
,
colla
fronte
dorata
dal
sole
.
Ha
vinto
e
ha
ragione
.
Ma
egli
ha
tutto
per
combattere
e
per
vincere
:
ha
l
'
audacia
,
la
forza
e
le
armi
;
ha
il
genio
e
la
pazienza
;
è
nato
poeta
e
s
'
è
fatto
;
ha
scavato
dentro
a
sè
stesso
,
con
mano
pertinace
,
la
vena
più
profonda
dei
suoi
tesori
;
ogni
opera
sua
è
un
immenso
,
lavoro
di
scavazione
,
a
cui
si
assiste
leggendo
,
e
si
sente
il
formidabile
affanno
del
suo
respiro
.
È
una
strana
cosa
veramente
l
'
arte
sua
.
Egli
non
ci
presenta
il
lavoro
fatto
,
il
risultamento
netto
ed
ultimo
dei
suoi
sforzi
,
l
'
ultima
idea
a
cui
è
arrivato
per
una
successione
d
'
idee
;
ma
ci
fa
seguire
tutto
il
processo
intimo
del
suo
pensiero
,
ci
fa
contare
e
toccare
prima
tutte
le
pietre
con
cui
innalzerà
l
'
edifizio
,
ci
fa
assistere
a
tutti
i
suoi
tentativi
inutili
,
a
tutti
i
crollamenti
successivi
delle
parti
mal
fabbricate
,
e
vediamo
poi
l
'
edifizio
compiuto
,
ma
circondato
e
ingombro
dei
ruderi
,
ch
'
egli
disdegna
di
spazzare
.
Il
suo
lavoro
è
uno
strano
accoppiamento
di
pazienza
da
musicista
e
di
furia
da
pittore
ispirato
.
Egli
scrive
come
il
Goya
dipingeva
.
Ora
minia
,
liscia
,
accarezza
l
'
opera
propria
,
lento
,
quasi
sonnolento
,
minuto
,
scrupoloso
;
si
diverte
a
stendere
elenchi
accurati
di
nomi
e
di
cose
,
a
spiegare
il
proprio
concetto
con
similitudini
interminabili
diligentemente
condotte
;
procede
colle
seste
,
cerca
le
simmetrie
,
dice
,
corregge
,
aggiunge
,
modifica
,
rettifica
,
sfuma
,
cesella
,
brunisce
.
A
un
tratto
il
soffio
della
grande
ispirazione
lo
investe
,
e
allora
butta
via
il
pennello
delicato
,
e
,
come
il
Goya
faceva
,
dipinge
a
furia
con
quello
che
gli
casca
fra
le
mani
,
spande
i
colori
colle
spugne
,
getta
le
grandi
macchie
cogli
strofinacci
e
le
scope
,
dà
i
tocchi
di
sentimento
a
colpi
furiosi
di
pollice
che
sfondan
la
tela
.
Il
suo
stile
è
tutto
rilievi
acuti
,
rialti
di
granito
,
punte
di
ferro
e
vene
d
'
oro
,
pieno
d
'
asprezze
e
d
'
affondamenti
oscuri
,
rotto
qua
e
là
in
grandi
squarci
,
da
cui
si
vedono
prospetti
confusi
e
lontani
;
ora
semplice
fino
all
'
ingenuità
scolaresca
,
ora
architettato
coll
'
arte
sapiente
d
'
un
pensatore
;
a
volta
a
volta
acqua
limpida
e
mare
in
burrasca
,
su
cui
errano
nuvole
rosee
che
riflettono
il
sole
o
nuvole
nere
da
cui
si
sprigiona
la
folgore
.
Le
immagini
nuove
e
potenti
pullulano
a
miriadi
sotto
la
sua
penna
,
e
le
idee
gli
erompono
dal
capo
armate
,
impennacchiate
,
sfolgoranti
;
e
sonanti
,
qualche
volta
offuscate
dalla
ricchezza
e
schiacciate
dal
peso
dell
'
armatura
.
Egli
non
spende
,
profonde
a
piene
mani
,
sperpera
i
tesori
inesauribili
della
sua
potenza
espressiva
col
furore
d
'
un
giuocatore
forsennato
.
La
lingua
sua
non
gli
basta
.
Egli
toglie
ad
imprestito
il
gergo
della
plebe
,
la
lingua
furfantina
delle
galere
,
il
balbettio
informe
ed
illogico
dei
bambini
;
tempesta
la
sua
prosa
di
parole
straniere
di
cento
popoli
e
di
traslati
proprii
di
tutte
le
letterature
;
e
si
fabbrica
superbamente
un
linguaggio
suo
,
tutto
colori
e
scintille
,
pieno
d
'
enimmi
e
di
licenze
,
di
laconismi
potenti
e
di
delicatezze
inimitabili
;
secondo
il
bisogno
,
triviale
,
tecnico
,
accademico
,
vaporoso
,
brutale
,
solenne
;
così
che
lette
le
sue
opere
,
non
par
d
'
aver
sentito
parlare
la
lingua
di
un
solo
popolo
e
d
'
un
solo
secolo
,
ma
una
vasta
e
confusa
lingua
d
'
un
tempo
avvenire
,
per
la
quale
non
ci
sia
nulla
d
'
inesprimibile
e
di
straniero
.
Di
questa
potenza
espressiva
,
come
del
coraggio
del
suo
genio
,
egli
abusa
,
e
allora
s
'
impiglia
e
si
ravvolge
nel
proprio
pensiero
,
e
vi
s
'
aggira
come
in
un
labirinto
,
senza
trovarne
l
'
uscita
.
Ma
anche
nei
suoi
smarrimenti
è
grande
.
Anche
in
quelle
pagine
affaticate
,
tormentate
,
astruse
,
in
cui
volendo
esprimere
l
'
inesprimibile
,
tenta
da
tutte
le
parti
il
proprio
concetto
,
e
accumula
metafore
su
metafore
,
paragoni
su
paragoni
,
e
ricorre
inutilmente
al
suo
misterioso
linguaggio
di
tenebre
e
di
luce
,
d
'
ombre
e
d
'
abissi
,
di
inconnu
e
di
insondable
,
e
tutta
la
sua
fortissima
e
ricchissima
lingua
non
basta
a
render
nemmeno
una
pallida
idea
di
quel
non
so
che
di
immane
e
di
mostruoso
che
ha
nel
capo
;
in
quelle
pagine
i
freddi
pedanti
trovano
con
gioia
una
presa
assai
facile
alla
critica
che
distrugge
e
deride
;
ma
l
'
anima
dell
'
artista
vi
sente
l
'
anelito
del
titano
che
lotta
con
una
potenza
sovrumana
,
e
assiste
a
quegli
sforzi
poderosi
con
un
sentimento
di
stupore
e
di
rispetto
,
come
a
uno
di
quegli
spettacoli
in
cui
un
uomo
rischia
la
vita
.
Eppure
si
,
leggendo
le
opere
sue
,
accade
qualche
volta
che
,
arrivati
a
un
certo
punto
,
lo
squilibrio
delle
facoltà
,
la
continua
prevalenza
della
fantasia
sfrenata
sulla
ragione
,
la
eccessiva
frequenza
delle
aberrazioni
e
delle
cadute
,
vi
stanca
;
i
lampi
di
genio
non
bastano
più
a
compensarvi
dei
continui
sacrifizii
che
deve
fare
il
vostro
buon
senso
;
siete
sazii
,
sdegnati
,
qualche
volta
nauseati
;
sentite
il
bisogno
di
riposarvi
da
quella
tortura
;
ritornate
con
piacere
ai
vostri
scrittori
sensati
,
rigorosi
,
sempre
eguali
;
respirate
,
vi
ritrovate
nel
mondo
reale
,
benedite
la
logica
,
riacquistate
la
vostra
dignità
d
'
uomini
e
di
lettori
.
E
lasciate
in
un
canto
l
'
Hugo
per
mesi
,
e
qualche
volta
per
anni
,
e
vi
pare
d
'
esservene
staccati
per
sempre
.
Ma
che
!
Egli
v
'
aspetta
.
Un
giorno
arriva
finalmente
in
cui
,
tutt
'
a
un
tratto
,
un
entusiasmo
a
cui
volete
un
'
eco
,
un
dolore
che
domanda
un
conforto
,
un
bisogno
istintivo
di
strano
o
di
terribile
,
vi
risospinge
verso
quei
libri
.
E
allora
tutti
gli
entusiasmi
sopiti
si
ridestano
tumultuosamente
.
Egli
v
'
afferra
di
nuovo
,
vi
soggioga
,
siete
suoi
,
rivivete
in
lui
per
un
altro
periodo
della
vostra
vita
.
È
perchè
le
somme
linee
delle
opere
sue
sono
veramente
d
'
un
genio
.
L
'
abuso
ch
'
egli
fa
d
'
un
concetto
sublime
,
alla
lettura
,
v
'
offende
;
ma
spariti
dalla
memoria
i
particolari
errati
o
eccessivi
,
il
concetto
vi
resta
incancellabile
,
e
più
s
'
appura
col
tempo
,
più
vi
pare
che
ingrandisca
,
e
ingrandisce
davvero
.
Le
sue
grandi
idee
e
i
suoi
grandi
sentimenti
son
grandi
tanto
che
sovrastano
ai
difetti
infiniti
dell
'
arte
sua
,
come
le
colonne
d
'
un
tempio
antico
ai
rottami
ammucchiati
ai
suoi
piedi
.
E
di
qui
nasce
il
fatto
strano
ch
'
egli
ha
più
ammiratori
ardenti
delle
sue
creazioni
che
lettori
fedeli
dei
suoi
volumi
,
e
che
moltissimi
ammiratori
suoi
non
lo
conoscono
che
nei
frammenti
delle
sue
opere
,
o
nelle
ispirazioni
che
v
'
hanno
attinte
le
altre
arti
.
Chi
strapperà
più
dalla
memoria
umana
Ernani
,
Triboulet
,
il
campanaro
di
Nôtre
Dame
,
l
'
amore
di
Ruy
Blas
,
la
disperazione
di
Fantina
?
E
chi
può
scordare
i
brividi
di
terrore
ch
'
egli
ci
ha
fatto
correre
per
le
vene
,
e
le
lacrime
che
ci
ha
fatto
sgorgare
dagli
occhi
?
Poichè
egli
può
tutto
,
ed
è
grande
nella
tragedia
e
insuperabile
nell
'
idillio
.
Noi
tutti
abbiamo
sentito
scricchiolare
le
ossa
d
'
Esmeralda
nel
letto
della
tortura
,
e
abbiamo
visto
faccia
a
faccia
la
morte
,
quando
ce
la
presenta
orrenda
come
in
Claudio
Frollo
appeso
al
cornicione
della
cattedrale
,
o
furiosa
come
sulla
barricata
di
via
Saint
-
Denis
,
o
epica
come
sul
campo
di
Waterloo
,
o
infinitamente
triste
come
nelle
nevi
della
Russia
,
o
solennemente
lugubre
,
come
nel
naufragio
dei
Comprachicos
.
Ed
è
lo
stess
'
uomo
che
fa
vibrare
sovrumanamente
le
corde
più
delicate
dell
'
anima
;
l
'
autore
del
Revenant
su
cui
milioni
di
madri
singhiozzarono
,
l
'
autore
di
quel
celeste
Idillio
di
Rue
Plumet
,
di
quella
santa
agonia
di
Jean
Valjean
,
che
strazia
l
'
anima
,
e
di
quei
versi
meravigliosi
,
in
cui
Triboulet
spande
piangendo
l
'
immensa
ed
umile
tenerezza
del
suo
amore
di
padre
.
No
,
mai
parole
più
dolci
,
preghiere
più
soavi
,
grida
d
'
amore
più
appassionate
,
slanci
d
'
affetto
e
di
generosità
più
nobili
e
più
potenti
,
sono
usciti
da
un
cuore
di
poeta
.
E
allora
Vittor
Hugo
è
grande
,
buono
,
venerabile
,
augusto
,
e
non
c
'
è
anima
umana
che
in
quelle
pagine
non
l
'
abbia
benedetto
ed
amato
.
In
momenti
solenni
della
vita
,
accanto
al
letto
d
'
un
moribondo
,
durante
una
grande
battaglia
della
coscienza
,
i
suoi
versi
ripassano
per
la
mente
,
come
lampi
,
e
risuonano
all
'
orecchio
consigli
d
'
un
amico
affettuoso
e
severo
che
ci
dica
:
-
Sii
uomo
!
-
Poichè
egli
ha
tutto
sentito
,
tutto
compreso
e
tutto
detto
;
ha
le
disperazioni
tremende
e
le
rassegnazioni
sublimi
;
non
v
'
è
dolore
umano
a
cui
non
abbia
detto
una
parola
di
conforto
;
non
c
'
è
sventura
al
mondo
su
cui
non
abbia
fatto
versare
delle
lagrime
.
Egli
è
il
patrocinatore
amoroso
e
terribile
di
tutte
le
miserie
,
dei
diseredati
dalla
natura
e
degli
abbandonati
dal
mondo
,
di
chi
non
ha
pane
,
di
chi
non
ha
patria
,
di
chi
non
ha
libertà
,
di
chi
non
ha
speranze
,
di
chi
non
ha
luce
.
Questa
è
la
sua
grandezza
vera
e
incontestabile
.
Non
c
'
è
altro
scrittore
moderno
che
abbia
esercitato
con
una
maggior
quantità
d
'
opere
e
con
una
più
intrepida
ostinazione
questo
glorioso
apostolato
;
che
abbia
maneggiato
un
pennello
più
potente
per
dipingere
le
miserie
,
un
coltello
anatomico
più
affilato
per
aprire
i
cuori
straziati
,
uno
scalpello
più
magistrale
per
scolpire
gli
eroi
della
sventura
,
un
ferro
più
rovente
per
segnare
la
fronte
di
chi
fa
soffrire
,
una
mano
più
delicata
per
accarezzare
la
fronte
di
chi
soffre
.
Egli
è
il
grande
assalitore
e
il
grande
difensore
;
ha
combattuto
su
tutte
le
arene
;
è
salito
su
tutte
le
sommità
ed
è
sceso
in
tutte
le
bassure
.
E
questo
è
ammirabile
in
lui
,
che
per
quanto
sia
disceso
,
non
s
'
è
mai
abbassato
.
La
sua
mano
è
rimasta
incontaminata
fra
tutte
le
sozzure
in
cui
sguazzò
la
sua
penna
.
Egli
non
ha
mai
prostituito
l
'
arte
sua
.
È
austero
e
superbo
.
Non
s
'
inflette
e
non
ride
.
Il
suo
riso
non
è
che
una
maschera
,
dietro
la
quale
s
'
intravvede
sempre
il
suo
volto
pallido
e
accigliato
.
Una
specie
di
tristezza
fatale
pesa
su
tutte
le
opere
sue
.
Anche
nella
sua
grande
e
costante
aspirazione
alla
virtù
,
alla
concordia
,
alla
pace
,
alla
redenzione
degli
oppressi
e
degli
infelici
,
v
'
è
qualcosa
di
malinconico
e
di
tetro
,
come
se
le
mancasse
l
'
alimento
della
speranza
.
Tutti
i
suoi
libri
terminano
con
un
grido
straziante
.
Tutte
le
voci
che
escono
dalle
sue
opere
formano
,
riunite
,
un
lamento
solenne
,
misto
di
preghiera
e
di
minaccia
.
La
sua
stessa
credenza
in
Dio
,
quella
ch
'
egli
chiama
la
suprema
certezza
della
sua
ragione
,
è
forse
piuttosto
un
'
aspirazione
potentissima
del
suo
cuore
e
un
pascolo
immenso
della
sua
immaginazione
smisurata
,
che
una
fede
ferma
,
in
cui
la
sua
anima
si
riposi
:
la
fede
è
una
sorgente
,
a
lui
necessaria
,
di
torrenti
di
poesia
,
e
Dio
è
un
personaggio
dei
suoi
romanzi
e
dei
suoi
canti
.
Da
qualunque
lato
si
guardi
,
apparisce
in
lui
qualcosa
di
strano
e
di
non
chiaramente
esplicabile
.
L
'
uomo
non
emerge
netto
dallo
scrittore
.
Si
stende
la
mano
a
toccarlo
,
e
invece
della
carne
umana
,
si
sente
una
sostanza
nuova
al
tatto
,
che
fa
rimanere
perplessi
.
La
sua
figura
,
velata
,
s
'
innalza
,
s
'
abbassa
,
s
'
avvicina
,
s
'
allontana
,
e
non
presenta
mai
per
tanto
tempo
i
contorni
fermi
e
precisi
,
da
poterseli
fissare
immutabilmente
nel
pensiero
.
E
così
v
'
affaticate
per
anni
intorno
alle
sue
opere
senza
riuscir
mai
a
formarvene
un
giudizio
che
non
abbiate
di
tratto
in
tratto
a
mutare
.
Esse
offrono
mille
parti
scoperte
alla
critica
d
'
un
fanciullo
,
e
presentano
mille
aspetti
irresistibili
all
'
ammirazione
dell
'
uomo
.
C
'
è
poco
da
obbiettare
a
chi
le
lacera
senza
remissione
,
non
si
sa
che
cosa
opporre
a
chi
n
'
è
entusiasta
appassionato
.
Distruggetele
col
ragionamento
:
esse
si
rialzano
da
sè
,
a
poco
a
poco
,
nella
vostra
mente
,
più
maestose
e
più
salde
.
Disponetevi
invece
ad
adorarle
ciecamente
,
e
sarete
ogni
momento
costretti
a
soffocare
mille
voci
di
protesta
che
usciranno
dal
vostro
cuore
e
dalla
vostra
ragione
.
Una
sola
cosa
è
fuor
di
dubbio
,
ed
è
che
non
si
può
rifiutare
a
quest
'
uomo
il
titolo
augusto
e
solenne
di
Genio
.
Il
più
ostinato
avversario
suo
sente
,
in
fondo
a
sè
stesso
,
chè
la
qualificazione
di
«
ingegno
»
,
da
qualunque
attributo
accompagnata
,
non
basta
per
lui
.
Potete
preferirgli
una
legione
d
'
altri
ingegni
viventi
;
ma
siete
costretti
a
riconoscere
che
alle
mille
teste
di
quella
legione
sovrasta
la
sua
.
Potete
voltargli
le
spalle
,
ma
non
potete
fare
un
passo
senza
mettere
il
piede
sulla
sua
ombra
.
Ma
è
difficile
credere
che
la
ripugnanza
dell
'
indole
,
o
la
disparità
del
gusto
e
delle
idee
,
o
l
'
odio
di
parte
possano
tanto
in
un
uomo
da
fargli
negare
la
grandezza
che
presentano
insieme
le
creazioni
,
le
lotte
,
i
trionfi
,
gli
errori
e
gli
ardimenti
di
questo
vecchio
formidabile
.
Per
me
,
penso
ai
suoi
cinquanta
volumi
,
pieni
d
'
ispirazioni
e
di
fatiche
,
in
cui
si
rivela
col
genio
prepotente
una
volontà
indomabile
o
una
tempra
fisica
d
'
acciaio
;
penso
ai
torrenti
di
vita
che
uscirono
dal
suo
petto
,
all
'
amore
immenso
che
profuse
,
alle
ire
selvaggie
e
agli
odii
implacabili
che
provocò
e
che
gli
infuriarono
nell
'
anima
;
ricorro
la
sua
vita
da
quando
giocava
,
ragazzo
,
sotto
gli
occhi
di
sua
madre
,
noi
giardino
delle
Feuillantines
;
lo
vedo
,
sedicenne
,
quando
scriveva
in
quindici
giorni
,
per
guadagnare
una
scommessa
,
le
pagine
ardenti
di
Bug
-
Jargal
;
penso
a
quando
comprò
il
primo
scialle
a
sua
moglie
coi
denari
dell
'
Han
d
'
Islanda
;
me
lo
raffiguro
,
fiero
e
impassibile
,
in
mezzo
alle
tempeste
delle
assemblee
scatenate
dalla
sua
parola
temeraria
;
lo
vedo
servire
umilmente
i
quaranta
bambini
poveri
seduti
alla
sua
mensa
a
Hauteville
-
house
;
me
lo
rappresento
grave
e
triste
,
in
mezzo
alla
folla
,
dinanzi
ai
cento
sepolcri
illustri
su
cui
fece
sentire
la
sua
parola
piena
di
maestà
e
di
dolcezza
;
lo
vedo
per
le
vie
di
Parigi
,
in
mezzo
alla
moltitudine
riverente
,
costernato
e
invecchiato
,
seguire
i
feretri
dei
suoi
figli
;
lo
vedo
in
quelle
sue
veglie
febbrili
,
ch
'
egli
descrisse
così
potentemente
,
quando
di
lontano
,
nel
silenzio
della
notte
,
sentiva
squillare
il
corno
di
Silva
ed
echeggiare
il
grido
di
Gennaro
;
lo
vedo
assistere
nel
Teatro
francese
,
dopo
mezzo
secolo
dalla
prima
rappresentazione
,
al
trionfo
clamoroso
dell
'
Hernani
,
salutato
dai
primi
scrittori
e
dai
primi
artisti
della
Francia
,
come
il
loro
Principe
rieletto
e
riconsacrato
;
penso
al
suo
Oriente
splendido
,
al
suo
Medio
evo
tremendo
,
alla
Preghiera
per
tutti
,
all
'
infanta
che
perde
la
rosa
mentre
Filippo
II
perde
l
'
Armada
,
alla
carica
dei
corazzieri
della
guardia
contro
i
quadrati
del
Wellington
,
alla
scarpetta
d
'
Esmeralda
,
all
'
agonia
d
'
Eponina
,
a
tutte
le
creature
del
mondo
arcano
,
sfolgorante
,
immenso
che
uscì
dal
suo
capo
;
al
suo
esilio
,
alle
sue
sventure
,
ai
suoi
settantasette
anni
,
-
e
sento
una
mano
che
mi
fa
curvare
la
fronte
.
III
.
"
Vittor
Hugo
è
certamente
uno
di
quelli
scrittori
che
ispirano
un
più
ardente
desiderio
di
vederli
;
perchè
i
suoi
cento
aspetti
di
scrittore
ci
fanno
domandare
ogni
momento
a
quale
di
essi
corrisponda
il
suo
aspetto
d
'
uomo
.
Sarà
il
viso
dell
'
Hugo
che
ci
fa
inorridire
o
quello
dell
'
Hugo
che
ci
fa
piangere
?
E
ci
riesce
ugualmente
difficile
rappresentarcelo
benevolo
e
rappresentarcelo
truce
.
Io
mi
ricordo
d
'
aver
passato
molte
ore
,
giovanotto
,
all
'
ombra
d
'
un
giardino
,
con
un
suo
libro
tra
le
mani
,
cercando
di
dipingermelo
coll
'
immaginazione
,
e
componendo
e
ricomponendo
cento
volte
il
suo
viso
e
la
sua
persona
,
senza
trovar
mai
una
figura
che
m
'
appagasse
.
Il
suo
spettro
,
di
forme
incerte
,
mi
stava
sempre
davanti
.
Quest
'
uomo
era
un
enimma
per
me
.
Io
non
sapevo
bene
rendermi
conto
del
sentimento
che
m
'
ispirava
.
Alle
volte
mi
pareva
che
,
vedendolo
,
gli
sarei
corso
incontro
coll
'
espansione
di
un
figlio
e
mi
sarei
strette
le
sue
mani
sul
cuore
;
altre
volte
mi
pareva
che
,
incontrandolo
improvvisamente
,
mi
sarei
scansato
con
un
sentimento
di
diffidenza
e
di
timore
,
e
avrei
detto
sommessamente
ai
miei
vicini
:
-
Indietro
!
Hugo
passa
.
-
Che
so
io
?
Era
l
'
uomo
che
m
'
aveva
spinto
cento
volte
,
col
cuore
gonfio
di
tenerezza
,
tra
,
le
braccia
di
mia
madre
;
ma
era
anche
l
'
uomo
che
m
'
aveva
fatto
balzar
sul
letto
,
più
volte
,
nel
cuor
della
notte
,
atterrito
dall
'
apparizione
improvvisa
dei
cinque
cataletti
di
Lucrezia
Borgia
.
Sentivo
per
lui
un
affetto
pieno
di
trepidazione
e
di
sospetto
.
Ma
il
desiderio
di
vederlo
era
ardente
,
e
andò
crescendo
cogli
anni
.
Quanta
è
la
potenza
del
genio
!
Voi
arrivate
in
una
città
enorme
,
trascorrete
di
divertimento
in
divertimento
,
d
'
emozione
in
emozione
,
in
mezzo
a
un
popolo
immenso
e
tumultuoso
,
fra
gente
di
ogni
paese
,
fra
i
capolavori
delle
arti
e
delle
industrie
di
unta
la
terra
,
fra
mille
spettacoli
,
mille
pompe
o
mille
seduzioni
.
Ebbene
,
tutto
questo
non
è
per
voi
che
una
cosa
secondaria
.
Fra
quell
'
immenso
spettacolo
e
voi
si
drizza
il
fantasma
di
un
uomo
che
non
avete
mai
visto
,
che
non
vedrete
forse
mai
,
che
non
sa
nemmeno
che
siate
al
mondo
;
e
questo
fantasma
occupa
tutta
la
vostra
mente
e
tutto
il
vostro
cuore
.
In
quell
'
oceano
di
teste
,
voi
non
cercate
che
la
sua
.
A
ogni
vecchio
che
passi
,
il
quale
vi
rammenti
alla
lontana
la
sua
immagine
,
una
voce
intima
vi
dice
:
-
È
lui
!
-
e
il
vostro
sangue
si
rimescola
.
Tutta
quell
'
enorme
città
non
vi
parla
che
di
quell
'
uomo
.
Le
torri
della
Cattedrale
sono
popolate
dei
fantasmi
della
sua
mente
,
ad
ogni
svolto
di
strada
vi
si
affaccia
una
creatura
della
sua
immaginazioni
,
i
frontoni
dei
teatri
vi
rammentano
i
suoi
trionfi
,
gli
alberi
dei
giardini
vi
bisbigliano
i
suoi
versi
e
le
acque
della
Senna
vi
mormorano
il
suo
nome
.
E
allora
prendete
una
risoluzione
eroica
e
rivolgete
una
domanda
,
da
lungo
tempo
meditata
,
a
un
amico
.
E
non
si
può
dire
l
'
effetto
che
vi
fanno
queste
cinque
semplicissime
parole
:
-
Via
di
Clichy
,
numero
venti
.
IV
.
V
'
è
una
considerazione
però
,
che
rende
titubanti
molti
ammiratori
che
desiderano
di
visitare
Vittor
Hugo
;
ed
è
l
'
accusa
che
gli
si
fa
d
'
avere
un
immenso
orgoglio
.
Certo
è
che
egli
sente
altissimamente
di
sè
,
e
non
lo
nasconde
.
Tutti
sanno
quello
che
disse
,
ancor
giovane
,
all
'
attrice
Mars
,
che
si
permetteva
,
alle
prove
dell
'
Hernani
,
di
criticare
i
suoi
versi
.
-
Signorina
,
voi
dimenticate
con
chi
avete
da
fare
.
Voi
avete
un
grande
ingegno
;
non
lo
nego
;
ma
ho
un
grande
ingegno
.
anch
'
io
,
e
merito
qualche
riguardo
.
-
Io
lascio
ad
altri
il
risolvere
questa
quistione
:
se
,
in
qualche
caso
,
uno
smisurato
sentimento
di
sè
non
sia
un
elemento
del
genio
:
quello
che
dà
l
'
impulso
ai
grandi
ardimenti
;
e
se
,
ammessa
la
indole
artistica
di
Vittor
Hugo
,
sia
possibile
concepire
un
Vittor
Hugo
modesto
.
Mi
ristringo
a
considerare
il
fatto
.
Si
,
Vittor
Hugo
dev
'
essere
sovranamente
orgoglioso
.
Si
riconosce
da
mille
segni
.
Egli
,
per
esempio
,
-
è
cosa
notissima
,
-
non
ammette
la
critica
.
Il
genio
,
dice
,
è
blocco
.
Bisogna
accettarlo
intero
o
respingerlo
intero
.
L
'
opera
del
genio
è
un
tempio
in
cui
si
deve
entrare
col
capo
scoperto
,
e
in
silenzio
.
On
ne
chicane
pas
le
génie
.
Ammirate
,
ringraziate
e
tacete
.
Il
genio
non
ha
difetti
.
I
suoi
difetti
sono
il
rovescio
delle
sue
qualità
.
Ecco
tutto
.
Egli
lo
ha
detto
a
chiare
note
nel
suo
libro
sullo
Shakespeare
,
nel
quale
s
'
è
servito
del
tragico
inglese
per
dire
al
mondo
quello
che
pensa
di
se
stesso
.
Il
ritratto
ch
'
egli
traccia
dello
Shakespeare
è
il
ritratto
suo
;
quella
deificazione
che
egli
fa
del
genio
,
la
quale
per
un
uomo
che
creda
in
Dio
è
quasi
sacrilega
,
è
,
insomma
,
la
sua
apoteosi
;
in
quell
'
oceano
a
cui
paragona
i
grandi
poeti
,
si
vede
riflessa
,
prima
d
'
ogni
altra
,
la
sua
grandezza
;
quella
montagna
che
ha
tutti
i
climi
e
tutte
le
vegetazioni
,
è
Vittor
Hugo
.
In
quegli
elenchi
,
ch
'
egli
fa
ad
ogni
pagina
,
dei
genii
di
tutti
i
tempi
e
di
,
tutti
i
paesi
,
da
Giobbe
al
Voltaire
,
si
capisce
,
si
giurerebbe
che
,
arrivato
all
'
ultimo
nome
,
è
stato
,
lì
sul
punto
d
'
aggiungervi
il
suo
,
e
che
non
lo
fece
,
non
per
modestia
,
ma
per
salvare
,
come
,
suol
dirsi
,
le
convenienze
.
Egli
tratta
tutti
quei
grandi
da
pari
a
pari
.
Tutti
i
genii
,
d
'
altra
parte
.
-
è
una
sua
idea
,
-
sono
uguali
.
La
regione
dei
genii
è
la
regione
dell
'
eguaglianza
.
Egli
parla
di
Dante
come
d
'
un
fratello
.
Ma
oltre
a
queste
ci
sono
mille
altre
manifestazioni
della
coscienza
ch
'
egli
ha
della
sua
grandezza
:
l
'
ardimento
,
superbo
con
cui
mette
le
mani
nella
scienza
e
con
cui
affronta
,
passando
,
i
più
alti
problemi
della
filosofia
;
la
baldanza
con
cui
ostenta
le
sue
licenze
letterarie
,
come
se
fosse
certo
che
,
coniate
da
lui
,
saranno
moneta
corrente
e
ricchezza
comune
;
l
'
intonazione
solenne
delle
sue
prefazioni
,
che
,
annunziano
l
'
opera
come
un
avvenimento
sociale
;
la
cura
scrupolosa
con
cui
raccoglie
o
fa
raccogliere
tutte
le
sue
minime
parole
e
gli
atti
più
insignificanti
della
sua
vita
.
Quando
vuol
fare
il
modesto
riesce
all
'
effetto
opposto
,
tanto
inesperto
è
in
quell
'
arte
,
e
tanto
è
abituato
a
passar
la
misura
in
ogni
cosa
.
Come
quando
comincia
una
lettera
:
«
Un
oscuro
lavoratore
.
»
E
così
,
sotto
la
forzata
pacatezza
con
cui
risponde
alle
osservazioni
di
Lamartine
sui
Miserabili
,
si
sente
il
ruggito
soffocato
del
leone
ferito
.
La
sua
stessa
prodigalità
nella
lode
tradisce
l
'
uomo
che
crede
di
gettarla
tanto
dall
'
alto
,
da
non
aver
da
temere
l
'
orgoglio
che
ne
potrà
nascere
,
se
anche
crescesse
smisurato
.
E
poi
egli
rivela
l
'
animo
suo
candidamente
.
In
un
'
occasione
in
cui
non
volle
lasciar
rappresentare
un
suo
dramma
perchè
un
altro
aveva
trattato
lo
stesso
soggetto
,
disse
:
-
Non
voglio
esser
paragonato
,
-
A
un
editore
che
gli
proponeva
di
pubblicare
una
scelta
delle
sue
poesie
,
rispose
:
-
Voi
mi
avete
l
'
aria
d
'
un
uomo
che
,
mostrando
in
una
mano
dei
sassi
raccolti
sul
Monte
Bianco
,
creda
di
poter
dire
alla
gente
:
Ecco
il
Monte
Bianco
.
-
Egli
si
considera
al
di
sopra
d
'
ogni
confronto
possibile
con
qualunque
scrittore
contemporaneo
.
Non
piglia
,
infatti
,
alcuna
parte
in
quella
guerra
continua
che
si
movono
gli
scrittori
di
Francia
a
motti
arguti
e
maligni
,
che
scorticano
senza
far
stridere
,
e
fanno
il
giro
di
Parigi
.
Se
ne
sta
in
disparte
,
muto
.
E
non
sarebbe
atto
,
d
'
altra
parte
,
a
questa
specie
di
guerra
.
Dicono
:
perchè
non
ha
«spirito.»
Egli
ha
risposto
acerbamente
a
questa
critica
.
-
Dire
che
un
uomo
di
genio
non
ha
spirito
,
è
una
gran
consolazione
per
i
moltissimi
uomini
di
spirito
che
non
hanno
genio
.
-
Ma
la
critica
è
giusta
forse
,
benchè
si
trovino
nei
suoi
discorsi
parlamentari
dei
mirabili
esempi
di
risposte
improvvise
a
botte
inaspettate
.
Il
suo
scherno
ha
spesso
il
conio
del
grande
ingegno
;
ma
non
provoca
il
riso
salato
e
pepato
della
vera
arguzia
francese
.
Lo
stiletto
sottile
dell
'
ironia
sfugge
dalle
sue
mani
di
colosso
;
egli
non
è
atto
che
a
dare
i
grandi
colpi
di
mazza
che
sfracellano
il
casco
e
la
testa
.
E
poi
oramai
si
ritiene
quasi
al
di
sopra
della
letteratura
.
Si
riguarda
quasi
come
un
sacerdote
di
tutte
le
genti
,
sopravvissuto
,
per
decreto
della
Provvidenza
,
a
mille
prove
e
a
mille
sventure
,
per
vegliare
sull
'
umanità
.
Questo
apparisce
lucidamente
dalle
sue
apostrofi
ai
popoli
,
dalle
sue
intimazioni
ai
monarchi
,
dal
tono
di
profezia
che
dà
ai
suoi
presentimenti
,
dalla
forma
di
responso
che
dà
alle
sue
sentenze
,
dal
carattere
di
minaccia
che
dà
ai
suoi
rimproveri
,
da
tutto
il
suo
linguaggio
spezzato
in
affermazioni
altiere
e
in
giudizii
assoluti
,
come
se
ogni
sua
proposizione
fosse
un
decreto
,
da
incidersi
sul
bronzo
o
nel
marmo
per
le
generazioni
avvenire
.
Tutte
queste
cose
,
o
sapute
prima
o
intese
dire
,
fanno
lungamente
esitar
lo
straniero
che
vuol
andare
a
battere
alla
sua
porta
.
Certo
che
,
dopo
la
prima
esitanza
,
si
fanno
delle
riflessioni
incoraggianti
.
Si
pensa
,
per
esempio
,
che
il
sentimento
che
ci
trattiene
dal
presentarci
a
un
uomo
orgoglioso
che
ammiriamo
,
non
è
,
in
fondo
,
che
un
sentimento
d
'
orgoglio
.
Poi
si
pensa
a
quanti
scrittorelli
miserabili
di
mente
e
di
cuore
,
a
quanti
pedanti
fradici
e
impotenti
,
a
quanti
imbrattacarte
sconosciuti
di
villaggio
non
si
sentono
da
meno
di
Vittor
Hugo
.
E
infine
ci
si
dice
che
è
una
pazza
presunzione
la
nostra
,
di
credere
che
a
noi
,
messi
in
luogo
suo
,
non
darebbe
punto
al
capo
la
gloria
di
primo
poeta
d
'
Europa
.
E
allora
si
ripiglia
coraggio
.
Ma
pure
è
una
cosa
che
spaventa
quel
presentarsi
là
sconosciuti
,
senz
'
altra
scusa
che
l
'
impulso
del
cuore
,
davanti
a
un
uomo
famoso
nel
mondo
,
nella
grande
città
che
lo
festeggia
,
in
casa
sua
,
in
mezzo
a
una
folla
di
ammiratori
,
per
dirgli
...
che
cosa
?
Voglio
vedervi
!
V
.
E
non
ostante
,
una
mattina
,
mi
trovai
senza
avvedermene
nel
cortile
della
casa
N
.
°
20
di
via
Clichy
,
in
faccia
al
finestrino
del
portinaio
,
e
sentii
con
un
certo
stupore
,
come
se
parlasse
un
altro
,
la
mia
voce
che
diceva
:
-
Sta
qui
Vittor
Hugo
?
-
Ero
ben
certo
che
stava
là
;
eppure
restai
un
po
'
meravigliato
nel
sentirmi
rispondere
:
-
Si
signore
,
al
secondo
piano
-
coll
'
accento
della
più
fredda
indifferenza
.
Mi
parve
molto
strano
che
a
quel
portinaio
paresse
tanto
naturale
che
là
ci
stesse
Vittor
Hugo
.
Poi
,
tutt
'
a
un
tratto
,
mi
parve
un
'
assurdissima
cosa
l
'
andarmi
a
presentare
a
quell
'
uomo
in
quella
maniera
.
E
dissi
forte
a
me
stesso
:
-
Ma
tu
sei
matto
!
-
e
rimasi
profondamente
assorto
,
per
qualche
minuto
,
nella
contemplazione
d
'
un
gatto
che
dormiva
sopra
una
finestra
del
pian
terreno
.
E
l
'
ho
da
dire
tal
quale
?
Sentivo
un
leggierissimo
tremito
nelle
ginocchia
,
come
se
mi
fosse
già
passata
da
un
pezzo
l
'
ora
della
colezione
.
Poi
non
ricordo
più
bene
.
So
che
m
'
accorsi
improvvisamente
che
salivo
le
scale
;
ma
colla
profonda
sicurezza
che
,
arrivato
alla
porta
,
sarei
tornato
giù
senza
sonare
.
Salivo
lentamente
;
sopra
uno
scalino
mi
sentivo
un
coraggio
da
leone
;
sopra
un
altro
scalino
mi
pigliava
la
tentazione
di
voltar
le
spalle
e
di
scappar
come
un
ladro
.
Mi
fermai
due
o
tre
volte
per
asciugarmi
la
fronte
,
che
stillava
.
Oh
mai
nessun
alpinista
,
ne
son
sicuro
,
ha
fatto
un
'
ascensione
più
affannosa
di
quella
!
Avrei
voluto
tornar
indietro
;
ma
non
potevo
.
Che
so
io
?
C
'
erano
Cinquecento
De
Amicis
,
di
tutte
le
stature
,
che
ingombravano
la
scala
dietro
di
me
,
affollati
e
stretti
come
acciughe
tra
il
muro
e
la
ringhiera
,
che
mi
dicevano
tutt
'
insieme
a
bassa
voce
;
-
Avanti
!
-
All
'
improvviso
,
come
se
fino
allora
avessi
pensato
a
tutt
'
altro
,
mi
trovai
ai
piedi
dell
'
ultima
branca
di
scala
,
in
faccia
alla
porta
.
Allora
non
so
come
,
bruscamente
,
tutte
le
paure
sparirono
.
Sentii
un
impulso
potente
che
mi
diedero
insieme
mille
ricordi
dell
'
adolescenza
e
della
giovinezza
,
il
sangue
mi
diede
un
tuffo
violento
,
Cosetta
mi
mormorò
:
-
Coraggio
!
-
Ernani
mi
disse
:
-
Sali
!
-
Gennaro
mi
gridò
:
-
Suona
!
-
E
suonai
.
-
Dio
eterno
!
Mi
parve
di
sentir
sonare
a
distesa
,
per
un
quarto
d
'
ora
filato
,
la
gran
campana
di
Notre
Dâme
,
e
stetti
là
trepidante
come
se
quel
suono
dovesse
aver
messo
sottosopra
mezza
Parigi
.
Finalmente
nello
stesso
punto
sentii
l
'
impressione
d
'
un
pugno
nel
petto
e
vidi
spalancarsi
la
porta
.
Mi
trovai
dinanzi
una
governante
,
una
bella
donna
,
vestita
con
garbo
.
In
un
angolo
dell
'
anticamera
due
servitori
lucidavano
dei
candelieri
d
'
argento
.
Per
una
porta
aperta
si
vedeva
in
un
'
altra
stanza
una
tavola
mezzo
sparecchiata
,
con
un
giornale
nel
mezzo
,
Cose
insignificanti
e
indimenticabili
.
Domandai
alla
governante
con
una
voce
da
tenore
sgolato
se
stava
là
Vittor
Hugo
.
Mi
rispose
di
sì
,
con
un
'
indifferenza
,
anche
lei
,
che
mi
fece
gran
meraviglia
.
Domandai
se
avrebbe
potuto
ricevermi
.
Mi
rispose
che
era
ancora
a
letto
.
Io
rimasi
là
,
senza
parola
,
scombussolato
.
L
'
idea
di
aver
da
fare
un
'
altra
volta
l
'
ascensione
di
quella
montagna
,
mi
sgomentava
.
Ma
la
governante
doveva
esser
abituata
a
veder
dei
giovani
presentarsi
così
,
col
viso
un
po
'
alterato
,
alla
porta
del
suo
padrone
,
e
a
indovinare
dal
viso
il
sentimento
che
li
moveva
;
perchè
mi
diede
un
'
occhiata
tra
sorridente
e
pietosa
,
come
se
volesse
dire
:
-
Ho
capito
!
Sei
uno
dei
tanti
-
e
soggiunse
con
un
accento
benevolo
:
-
Credo
però
che
sia
svegliato
....
posso
domandargli
quando
la
potrà
ricevere
-
e
senza
darmi
tempo
di
rispondere
,
disparve
.
A
me
pareva
di
sognare
o
di
essere
briaco
.
Mi
sfuggiva
il
sentimento
della
realtà
.
Mi
domandavo
se
il
Vittor
Hugo
ch
'
era
nella
stanza
accanto
fosse
proprio
quel
Vittor
Hugo
che
io
cercavo
,
e
non
mi
pareva
possibile
.
E
avrei
voluto
,
infatti
,
che
non
fosse
possibile
.
Mi
pareva
d
'
aver
commesso
un
atto
insensato
.
-
Ma
cosa
ho
fatto
!
-
mi
dicevo
.
-
Bisogna
che
mi
abbia
dato
volta
il
cervello
.
E
cosa
seguirà
adesso
?
-
E
pensando
ch
'
era
possibile
ch
'
egli
non
mi
volesse
ricevere
,
mi
sentivo
salire
delle
ondate
di
sangue
alla
testa
.
Improvvisamente
la
governante
ricomparve
e
disse
gentilmente
:
-
Il
signor
Vittor
Hugo
la
riceverà
con
piacere
questa
sera
alle
nove
e
mezzo
.
-
Ah
,
governante
adorata
!
Bisogna
ch
'
io
risalga
a
vent
'
anni
fa
,
quando
dopo
aver
aspettato
per
tre
ore
,
immobile
davanti
a
una
porta
,
una
parola
che
doveva
darmi
tre
mesi
di
libertà
e
di
piaceri
o
tre
mesi
di
schiavitù
e
di
umiliazione
,
usciva
finalmente
il
segretario
della
Commissione
a
dirmi
solennemente
:
-
Promosso
!
-
;
bisogna
ch
'
io
risalga
a
uno
di
quei
giorni
,
per
poter
dire
d
'
aver
sentito
altre
volte
un
allargamento
di
polmoni
così
delizioso
,
una
soddisfazione
così
piena
,
una
così
matta
voglia
di
scender
le
scale
a
cinque
gradini
per
volta
,
come
quella
che
m
'
hai
fatto
provar
tu
,
con
quelle
quattordici
benedette
parole
,
o
governante
dell
'
anima
mia
.
VI
.
E
dalle
nove
e
mezzo
della
mattina
alle
nove
e
mezzo
della
sera
fui
re
di
Francia
.
Ah
,
Vittor
Hugo
superbo
,
Vittor
Hugo
comunardo
,
Vittor
Hugo
energumeno
,
Vittor
Hugo
matto
;
che
baie
!
Tutti
questi
Vittor
Hugo
della
critica
o
della
calunnia
,
col
berretto
frigio
o
colle
corna
dell
'
orgoglio
satanico
,
erano
spariti
dalla
mia
mente
.
Per
me
non
c
'
era
più
che
un
solo
Hugo
,
il
grande
poeta
amoroso
e
sdegnoso
,
pieno
di
consigli
fortissimi
e
di
sante
consolazioni
;
l
'
uomo
che
m
'
aveva
fatto
delirare
d
'
amore
da
giovanetto
;
che
m
'
aveva
fatto
pensare
e
lottare
da
uomo
;
il
poeta
di
cui
le
strofe
fulminee
m
'
eran
sonate
nel
cuore
sul
campo
di
battaglia
come
grida
eccitatrici
d
'
un
generale
lontano
;
lo
scrittore
che
aveva
mille
volte
schiacciato
il
mio
misero
orgoglio
d
'
impiastrafogli
,
facendomi
provare
non
so
che
voluttà
acre
e
salutare
nell
'
umiliazione
,
che
mi
acquietava
l
'
anima
;
l
'
autore
di
cui
parlando
m
'
era
sgorgata
mille
volte
dal
cuore
commosso
la
parola
facile
e
calda
che
m
'
aveva
cattivato
delle
simpatie
;
l
'
artista
che
mi
aveva
aiutato
a
esprimere
mille
sentimenti
e
a
render
l
'
immagine
di
mille
cose
che
senza
di
lui
mi
sarebbero
forse
rimaste
sepolte
per
sempre
nell
'
anima
;
lo
scrittore
di
cui
in
Spagna
,
in
Grecia
,
sul
Reno
,
sul
Bosforo
,
sul
mare
,
mi
ricorreva
ogni
momento
alla
memoria
un
pensiero
o
una
immagine
,
che
rischiarava
,
formulava
e
commentava
la
mia
emozione
;
il
poeta
dei
fanciulli
,
il
consolatore
delle
madri
sventurate
,
il
cantore
delle
morti
gloriose
,
il
grande
pittore
dei
cieli
e
degli
oceani
;
oggetto
di
vent
'
anni
,
di
studio
,
di
curiosità
e
di
discussioni
;
mille
volte
abbandonato
,
mille
volte
ripreso
,
mille
volte
difeso
;
Galeotto
d
'
amori
gentili
,
auspice
d
'
amicizie
ardenti
,
compagno
di
veglie
febbrili
e
provocatore
di
scoppi
di
pianto
disperati
;
l
'
uomo
,
insomma
,
in
cui
avevo
vissuto
una
gran
parte
della
parte
più
bella
della
mia
vita
;
che
m
'
aveva
trasfuso
nelle
vene
il
suo
sangue
,
e
delle
cui
opere
mi
ero
fatto
ossa
,
nervi
e
cervello
.
Questo
era
il
Vittor
Hugo
che
mi
vedevo
davanti
,
e
ad
ogni
ora
che
passava
,
mi
pareva
che
la
sua
figura
si
innalzasse
di
un
palmo
e
che
il
mio
cuore
ringiovanisse
d
'
un
anno
.
VII
.
Eppure
,
ecco
un
problema
per
gli
scrutatori
del
cuore
umano
.
Verso
sera
,
un
'
ora
prima
d
'
andare
,
tutt
'
a
un
tratto
mi
si
fece
dentro
come
un
silenzio
mortale
.
Mi
sentii
improvvisamente
vuoto
,
asciutto
e
freddo
.
Mi
parve
che
,
comparendo
davanti
a
Vittor
Hugo
,
non
avrei
sentito
la
menoma
scossa
,
nè
trovato
una
parola
da
dire
.
E
ne
rimasi
atterrito
.
Poichè
,
insomma
,
non
c
'
è
che
una
commozione
profonda
e
visibile
che
giustifichi
l
'
audacia
di
quelle
visite
:
quando
la
commozione
manca
,
par
che
si
vada
là
per
curiosità
,
e
la
pura
curiosità
,
in
quei
casi
,
è
sfrontatezza
.
Che
cosa
sono
questi
ammutolimenti
improvvisi
del
cuore
?
Forse
che
il
cuore
s
'
addormenta
,
stanco
della
commozione
,
per
ripigliar
nuove
forze
?
Io
non
so
.
So
che
avevo
un
bell
'
eccitarmi
,
e
richiamare
alla
mente
tutti
i
pensieri
e
tutti
i
sentimenti
della
mattina
;
ogni
sforzo
era
inutile
;
per
quanto
mi
soffiassi
dentro
,
non
riuscivo
a
sollevare
una
scintilla
;
e
salii
le
scale
con
una
indifferenza
che
mi
costernava
.
-
Sono
istupidito
,
-
mi
domandavo
,
-
o
son
malato
?
Ed
ora
che
cosa
dirò
?
-
La
stizza
mi
divorava
;
mi
sarei
morso
le
mani
e
dato
dei
pugni
nella
testa
.
E
mi
ricordo
ch
'
ero
ancora
in
questo
stato
quando
la
porta
s
'
aperse
e
mi
trovai
nell
'
anticamera
illuminata
da
una
lampada
appesa
al
soffitto
.
Ma
fu
quello
,
grazie
al
cielo
,
l
'
ultimo
momento
.
La
governante
mi
domandò
il
nome
per
andare
ad
annunziarmi
.
Il
suono
del
mio
nome
pronunziato
da
me
,
e
ripetuto
da
lei
,
in
quella
stanza
,
mi
svegliò
,
come
se
qualcuno
m
'
avesse
chiamato
;
la
mia
mente
si
rischiarò
e
un
torrente
di
vita
mi
affluì
al
cuore
.
La
donna
aperse
una
porta
e
disparve
.
Per
la
porta
semiaperta
uscì
un
suono
confuso
di
voci
allegre
e
forti
,
da
cui
capii
che
si
stava
terminando
di
cenare
.
In
mezzo
a
quel
vocio
afferrai
due
parole
:
-
La
philosophie
indienne
....
-
Ebbi
appena
il
tempo
di
pensare
:
Oh
numi
!
Che
cosa
dirò
se
mi
attaccano
sulla
filosofia
indiana
?
La
porta
si
richiuse
.
Mi
parve
che
seguisse
un
silenzio
profondo
.
La
governante
faceva
l
'
imbasciata
.
I
minuti
secondi
mi
sembravano
quarti
d
'
ora
.
Quel
silenzio
mi
pareva
tremendo
.
Finalmente
la
donna
ricomparve
,
mi
accennò
di
seguirla
,
guardandomi
curiosamente
,
come
se
il
mio
viso
avesse
qualche
cosa
di
strano
;
mi
fece
passare
per
un
corridoio
,
spinse
leggermente
il
battente
d
'
una
porta
e
mi
disse
sottovoce
:
-
Entrate
,
signore
.
Il
signor
Vittor
Hugo
è
là
.
-
Stetti
un
momento
immobile
.
Mi
sentivo
....
poco
bene
.
Se
la
governante
m
'
avesse
guardato
in
viso
,
m
'
avrebbe
offerto
un
bicchiere
d
'
acqua
.
-
Animo
!
-
dissi
poi
a
me
stesso
;
sollevai
una
tenda
,
feci
un
passo
innanzi
e
mi
trovai
in
faccia
a
Vittor
Hugo
.
Era
in
piedi
,
solo
,
immobile
.
Che
cosa
gli
dissi
?
A
diciott
'
anni
,
in
quelle
occasioni
,
si
versano
delle
lagrime
.
Il
pianto
è
la
grande
e
dolce
eloquenza
della
prima
giovinezza
.
Ma
a
trent
'
anni
non
si
piange
più
.
A
trent
'
anni
si
domina
la
commozione
senza
soffocarla
,
e
si
parla
.
L
'
entusiasmo
trabocca
,
altero
di
sè
stesso
,
in
parole
ardite
e
virili
;
la
fronte
si
alza
,
l
'
occhio
divampa
,
la
voce
vibra
,
l
'
anima
grandeggia
.
Che
cos
'
abbia
detto
,
non
so
.
Qualcuno
mi
suggeriva
nell
'
orecchio
,
rapidamente
,
delle
parole
ardenti
,
che
io
ripetevo
colla
voce
tremante
e
sonora
,
provando
una
immensa
dolcezza
nel
cuore
,
e
vedendo
davanti
a
me
,
in
confuso
,
una
testa
bianca
che
mi
pareva
enorme
,
e
due
pupille
fisse
nelle
mie
che
pigliavano
a
grado
a
grado
una
espressione
di
curiosità
e
di
benevolenza
.
Tutt
'
a
un
tratto
tacqui
,
come
se
una
mano
mi
avesse
afferrato
alla
gola
e
restai
col
respiro
sospeso
,
Allora
la
mia
affettuosa
ammirazione
di
venti
anni
,
la
costanza
del
mio
ardente
desiderio
,
le
mie
trepidazioni
di
quel
giorno
,
le
mie
inquietudini
dei
giorni
innanzi
,
i
miei
terrori
di
fanciullo
,
le
mie
veglie
di
giovanetto
,
le
mie
febbri
di
uomo
,
le
mie
umiliazioni
di
scrittore
ebbero
un
grande
compenso
.
La
mano
che
scrisse
Notre
Dame
,
e
la
Lègende
des
siècles
strinse
la
mia
.
E
subito
dopo
provai
un
secondo
sentimento
,
forse
più
dolce
del
primo
.
La
mano
sinistra
del
grande
poeta
raggiunse
la
destra
,
e
la
mia
mano
calda
e
tremante
rimase
per
qualche
momento
tra
le
sue
.
Seguì
un
breve
silenzio
,
durante
il
quale
sentii
il
suono
del
mio
respiro
,
come
se
avessi
fatto
una
corsa
.
Poi
sentii
la
sua
voce
;
una
voce
grave
,
ma
dolce
,
in
cui
mi
parve
di
sentire
mille
voci
,
e
che
mi
stupì
,
come
se
,
udendola
,
vedessi
comparire
Vittor
Hugo
per
la
seconda
volta
.
-
Siete
il
benvenuto
in
casa
mia
,
signore
-
disse
.
-
Voi
avete
cuore
.
Siete
un
amico
.
Avete
fatto
bene
a
presentarvi
così
.
Vi
ringrazio
con
tutta
l
'
anima
.
Non
volete
mica
lasciarmi
subito
,
non
è
vero
?
Voi
resterete
con
me
tutta
la
sera
.
Poi
mi
domandò
:
-
Di
che
paese
siete
?
Inteso
ch
'
ero
italiano
,
mi
guardò
fisso
.
Poi
mi
prese
di
nuovo
la
mano
,
mi
fece
sedere
e
sedette
.
Che
cosa
dirgli
,
Dio
buono
!
A
un
uomo
così
,
quando
gli
avete
espresso
con
tutta
l
'
anima
quello
che
sentite
per
lui
,
lì
su
due
piedi
,
nel
primo
impeto
dell
'
entusiasmo
,
gli
avete
detto
tutto
.
Non
rimane
che
rivolgergli
delle
domande
.
Ma
che
cosa
fargli
dire
ch
'
egli
non
abbia
scritto
?
Conoscete
da
tanti
anni
tutti
i
suoi
più
intimi
pensieri
,
ogni
domanda
par
che
sia
oziosa
,
e
poi
quando
si
ha
appena
tanto
animo
da
rispondere
,
non
si
può
averne
abbastanza
da
interrogare
.
Perciò
rimasi
lì
,
senza
parola
.
E
d
'
altra
parte
,
che
cosa
poteva
dire
a
me
,
lui
?
Nondimeno
,
per
levarmi
d
'
imbarazzo
,
mi
fece
parecchie
domande
intorno
alle
mie
impressioni
di
Parigi
,
all
'
Esposizione
,
all
'
Italia
;
domande
che
,
invece
di
togliermi
d
'
imbarazzo
,
mi
ci
avrebbero
messo
fino
agli
occhi
,
se
non
mi
fossi
accorto
che
,
da
osservatore
fine
degli
uomini
,
egli
badava
assai
più
alla
viva
commozione
che
trapelava
dalla
mia
voce
incerta
,
dalle
mie
risposte
monosillabiche
e
dal
mio
sguardo
fisso
che
io
divorava
,
che
non
al
senso
di
quello
che
io
dicevo
.
E
mi
guardava
con
una
cert
'
aria
affettuosa
,
corrugando
le
sopracciglia
e
socchiudendo
gli
occhi
per
aguzzare
lo
sguardo
,
e
sorridendo
leggerissimamente
,
come
se
si
compiacesse
dell
'
effetto
che
mi
produceva
,
e
mi
dicesse
in
cuor
suo
:
-
Guardami
,
via
;
levatene
un
po
'
la
voglia
,
povero
giovane
,
perchè
te
la
leggo
proprio
sul
viso
,
e
m
'
hai
l
'
aria
d
'
un
buon
diavolo
sincero
.
E
l
'
osservai
infatti
,
in
quei
pochi
minuti
,
attentissimamente
;
ma
non
potei
vederlo
bene
che
più
tardi
perchè
il
lume
non
gli
batteva
sul
viso
.
È
di
statura
media
,
leggermente
curvo
,
tarchiato
.
Ha
la
testa
grossa
,
ma
ben
fatta
;
fronte
vasta
,
collo
di
toro
,
spalle
larghe
,
mani
corte
e
grosse
,
e
una
carnagione
rossigna
da
cui
traspira
la
salute
e
la
forza
.
Tutta
la
sua
persona
ha
qualcosa
di
poderoso
e
d
'
atletico
,
come
il
suo
genio
.
Ha
i
capelli
irti
e
fitti
,
la
barba
intera
e
corta
,
bianchissima
;
gli
occhi
lunghi
e
stretti
,
un
po
'
obliqui
,
come
i
fauni
;
il
che
dà
al
suo
viso
un
aspetto
un
po
'
strano
.
Se
siano
neri
o
azzurri
,
non
ricordo
.
Sono
occhi
vivissimi
e
mobilissimi
,
che
paiono
socchiusi
,
e
appariscono
soltanto
come
due
punti
scintillanti
,
che
quando
fissano
,
penetrano
in
fondo
all
'
anima
.
Aveva
una
giacchetta
d
'
orleans
nero
e
il
suo
solito
panciotto
oscuro
,
abbottonato
fin
sotto
il
mento
.
La
prima
impressione
che
mi
fece
fu
d
'
un
uomo
abitualmente
triste
.
-
Ora
staremo
un
po
'
insieme
,
-
mi
disse
,
dopo
avermi
fatto
qualche
altra
domanda
,
-
e
poi
verrete
di
là
con
me
,
nel
salotto
,
dove
conoscerete
alcuni
degli
uomini
più
notevoli
della
Francia
.
In
che
città
abitate
,
in
Italia
?
Diedi
la
mia
risposta
in
fretta
,
e
nello
stesso
punto
mi
prese
una
grande
paura
.
-
Se
mi
domandasse
qual
è
la
mia
professione
!
-
dissi
tra
me
.
E
mi
sentii
diventar
rosso
fino
alla
radice
dei
capelli
.
Fortunatamente
per
me
,
mentre
apriva
la
bocca
per
interrogare
,
entrò
gente
.
Allora
assistetti
a
una
scena
,
o
piuttosto
a
una
serie
di
scene
tra
amene
e
commoventi
,
che
mi
diedero
un
'
idea
di
cosa
dev
'
essere
la
giornata
di
Vittor
Hugo
,
e
mi
compensarono
di
non
aver
potuto
continuare
la
conversazione
a
quattr
'
occhi
.
Un
signore
venne
innanzi
,
e
dopo
di
lui
,
a
intervalli
di
pochi
minuti
,
vari
altri
,
di
età
diversa
,
i
quali
vedevano
tutti
Vittor
Hugo
per
la
prima
volta
,
e
avevan
chiesto
per
lettera
quel
giorno
stesso
,
da
quanto
m
'
accorsi
,
d
'
essere
ricevuti
.
Uno
veniva
per
domandare
il
permesso
d
'
una
ristampa
di
non
so
che
poesia
,
un
altro
a
chiedere
una
spiegazione
intorno
alla
variante
della
scena
di
un
dramma
;
un
terzo
a
chiedere
la
licenza
di
dedicare
un
'
opera
;
un
quarto
,
un
bel
giovane
belga
,
con
una
lunga
cicatrice
sul
viso
,
si
trovava
nei
miei
stessissimi
panni
:
veniva
,
mosso
dalla
ammirazione
,
non
per
altro
che
per
veder
Vittor
Hugo
.
D
'
altri
non
mi
ricordo
.
Ebbene
,
ebbi
la
consolazione
di
vedere
che
giovani
e
vecchi
,
francesi
e
stranieri
,
si
presentavano
presso
a
poco
nel
medesimo
stato
in
cui
mi
trovava
io
al
momento
di
passare
la
soglia
.
Le
loro
facce
esprimevano
,
tutte
una
viva
emozione
,
e
tutti
più
o
meno
,
spiccicavano
le
parole
con
molta
fatica
.
E
ammirai
la
dolcezza
di
modi
di
Vittor
Hugo
.
A
ognuno
andava
incontro
e
gli
stendeva
la
mano
con
un
atto
cordiale
e
semplice
.
Ma
non
si
ricordava
,
naturalmente
,
del
nome
di
nessuno
.
Fingeva
però
di
ricordarsene
.
-
Mi
ricordo
benissimo
-
diceva
-
;
senza
dubbio
.
Voi
siete
molto
amabile
con
me
,
signore
.
-
Faceva
seder
tutti
e
stava
a
sentire
,
l
'
un
dopo
l
'
altro
,
i
loro
discorsi
balbettati
e
imbrogliati
,
assentendo
di
tratto
in
tratto
col
capo
.
Non
lo
vidi
mai
sorridere
.
Pareva
stanco
,
-
Ma
sicuro
,
-
diceva
infine
,
con
voce
dolce
,
-
avrete
quello
che
desiderate
.
Posso
esservi
utile
in
qualche
cos
'
altro
?
-
Parlando
con
quello
della
variante
,
mi
fece
strabiliare
.
Si
trattava
,
se
non
sbaglio
,
d
'
una
scena
del
Roi
s
'
amuse
.
Egli
se
la
ricordava
verso
per
verso
,
e
ne
recitò
speditamente
una
decina
per
rammentarsene
uno
che
nel
primo
momento
non
gli
era
venuto
alla
mente
.
La
sua
memoria
prodigiosa
,
del
resto
,
si
rivela
nella
immensa
ricchezza
della
sua
lingua
e
nelle
citazioni
infinite
delle
sue
opere
.
Per
ultimo
si
fece
innanzi
il
giovane
belga
,
timidamente
,
tormentando
con
tutt
'
e
due
le
mani
l
'
ala
del
suo
cappello
cilindrico
,
e
disse
con
voce
commossa
,
fissando
in
viso
a
Vittor
Hugo
due
occhi
azzurri
e
umidi
:
-
Signore
!
Io
son
venuto
a
Parigi
per
vedervi
.
Sono
di
Bruges
.
Non
avevo
il
coraggio
di
presentarmi
.
Mio
padre
mi
scrisse
:
-
Va
,
Vittor
Hugo
è
grande
e
buono
;
non
rifiuterà
di
riceverti
.
-
E
allora
vi
scrissi
.
Vi
ringrazio
.
Mi
sarei
contentato
di
vedervi
passare
per
la
strada
.
Io
vi
debbo
uno
dei
più
bei
giorni
della
mia
vita
,
signore
!
-
Disse
queste
poche
parole
con
una
semplicità
e
una
grazia
,
da
farsi
baciare
sulla
fronte
.
Vittor
Hugo
gli
rispose
non
so
che
cosa
,
affettuosamente
,
mettendogli
una
mano
sulla
spalla
.
Il
suo
viso
sfolgorò
.
Tutti
gli
altri
,
in
disparte
,
tacevano
.
Poi
Vittor
Hugo
ci
guardò
tutti
,
l
'
un
dopo
l
'
altro
,
benevolmente
;
tutti
gli
tenevan
gli
occhi
addosso
,
nessuno
fiatava
,
egli
parve
un
po
'
imbarazzato
e
sorrise
;
e
fu
per
qualche
momento
una
scena
muta
,
ma
piena
di
vita
e
di
poesia
,
di
cui
serberò
il
ricordo
e
sentirò
la
gentilezza
per
sempre
.
Poi
alcuni
si
congedarono
e
Vittor
Hugo
fece
entrar
gli
altri
nel
salotto
accanto
,
stringendo
la
mano
a
tutti
,
mentre
gli
passavano
davanti
.
Questo
secondo
salotto
era
pieno
di
gente
,
la
maggior
parte
amici
di
casa
.
Era
un
salotto
di
grandezza
media
,
piuttosto
basso
,
tappezzato
di
rosso
,
mobiliato
signorilmente
,
senza
pompa
.
Da
una
parte
c
'
eran
quattro
sofà
disposti
a
semicircolo
,
un
po
'
discosti
l
'
un
dall
'
altro
,
intorno
a
un
camminetto
di
marmo
;
sul
camminetto
,
un
antico
specchio
;
sulle
pareti
,
nessun
quadro
.
La
casa
,
tutto
considerato
,
non
mi
parve
una
casa
da
poeta
milionario
.
C
'
era
però
nella
decorazione
una
predominanza
di
rosso
cupo
e
di
rosso
sanguigno
,
che
armonizzava
col
genio
del
padrone
.
La
gente
sparsa
per
la
sala
formava
un
quadro
assai
curioso
.
Il
primo
che
mi
diede
nell
'
occhio
,
per
la
macchia
stranissima
che
formava
in
quel
quadro
,
-
come
certe
parole
bizzarre
in
una
bella
pagina
dell
'
Hugo
,
-
fu
un
mulatto
di
forme
colossali
,
in
giubba
e
cravatta
bianca
,
che
sfogliava
un
album
.
E
gli
domando
scusa
,
ma
voglio
dir
la
verità
,
ed
è
che
al
primo
vederlo
pensai
a
quell
'
Homére
-
Hogu
,
nègre
,
che
fa
uno
spicco
così
pittoresco
nell
'
elenco
nominativo
della
banda
di
Patron
-
Minette
,
nei
Miserabili
.
Mi
fu
detto
poi
ch
'
era
un
collaboratore
della
Petite
Presse
,
pieno
d
'
ingegno
,
e
molto
stimato
.
In
un
angolo
c
'
era
un
gruppo
di
giovani
che
discorrevano
fitto
,
ridendo
elegantemente
:
belle
fronti
,
occhi
vivi
,
capigliature
poetiche
,
atteggiamenti
d
'
attori
corretti
;
da
cui
argomentai
che
fossero
dei
così
detti
Parnassiens
,
poeti
dell
'
arte
per
l
'
arte
,
o
meglio
del
verso
pel
verso
,
che
hanno
per
capo
il
De
Lisle
;
e
formano
un
drappello
di
paggi
nella
corte
di
Vittor
Hugo
.
Mi
fu
poi
indicato
,
infatti
,
in
mezzo
a
loro
,
un
poeta
di
quella
famiglia
,
Catullus
Mendes
,
del
quale
avevo
già
osservato
il
viso
espressivo
e
simpatico
,
e
i
lunghi
capelli
alla
nazzarena
.
Da
un
'
altra
parte
c
'
era
un
crocchio
d
'
uomini
maturi
,
quasi
tutti
d
'
alta
statura
,
fra
cui
alcune
belle
teste
grigie
,
dai
profili
arditi
,
nelle
quali
mi
parve
di
riconoscere
quell
'
impronta
particolare
d
'
austerità
e
di
tristezza
,
che
lasciano
le
traversie
della
vita
politica
,
e
che
rammenta
un
po
'
la
fierezza
pensierosa
dei
vecchi
capitani
di
bastimento
.
C
'
erano
due
sole
signore
,
sedute
vicino
al
camminetto
;
una
che
m
'
è
sfuggita
affatto
alla
memoria
,
e
un
'
altra
che
m
'
è
rimasta
impressa
profondamente
:
una
signora
di
forti
membra
,
di
capelli
bianchissimi
,
di
viso
grande
e
aperto
,
illuminato
da
due
occhi
profondi
,
taciturna
;
una
dama
del
Velasquez
,
senza
gorgiera
.
Era
quella
mademoiselle
Drouet
,
attrice
potente
,
che
rappresentò
per
la
prima
volta
Lucrezia
Borgia
,
nel
1833
,
al
teatro
della
Porte
Saint
-
Martin
,
dove
,
come
tutti
sanno
,
quel
terribile
dramma
scritto
in
sei
settimane
riportò
un
trionfo
meraviglioso
,
V
'
erano
altri
personaggi
,
che
mi
parvero
stranieri
,
e
che
avevan
l
'
aria
un
po
'
impacciata
di
chi
si
trova
in
una
casa
illustre
per
la
prima
volta
.
Quasi
tutti
parlavano
.
Quando
entrò
Vittor
Hugo
tutti
tacquero
.
Egli
sedette
vicino
al
camminetto
,
sopra
un
sofà
,
e
gli
altri
gli
formarono
intorno
un
grande
semicerchio
.
Allora
potei
vederlo
e
sentirlo
bene
.
Non
so
come
,
la
conversazione
cadde
sul
Congresso
letterario
.
Vittor
Hugo
,
interrogato
,
espose
qualcuna
delle
idee
che
avrebbe
svolte
nel
suo
discorso
inaugurale
.
Ebbene
,
riconobbi
ch
'
era
vero
,
con
mia
sorpresa
,
quello
che
m
'
era
stato
detto
del
suo
modo
di
parlare
in
privato
.
Io
m
'
aspettavo
di
sentire
le
antitesi
,
i
grandi
traslati
,
la
forma
concettosa
e
paradossale
,
e
l
'
intonazione
imperativa
che
è
nei
suoi
scritti
,
specialmente
degli
ultimi
anni
.
Nulla
di
tutto
questo
,
È
difficile
immaginare
un
linguaggio
più
semplice
,
un
tuono
più
modesto
,
un
modo
di
porgere
più
naturale
di
quello
ch
'
egli
usava
in
quella
conversazione
.
Per
non
aver
l
'
aria
di
parlare
in
cattedra
,
discorreva
guardando
in
viso
uno
solo
,
e
a
bassa
voce
.
-
Ecco
quello
che
io
direi
-
diceva
-
quello
che
credo
di
poter
dire
;
ditemi
voi
se
vi
pare
che
sia
a
proposito
.
-
Non
gestiva
affatto
;
teneva
tutt
'
e
due
le
mani
sulle
ginocchia
.
Solo
di
tratto
in
tratto
si
grattava
la
fronte
con
un
dito
:
movimento
che
gli
è
abituale
.
E
dicono
che
anche
discutendo
di
letteratura
,
in
crocchio
ristrettissimo
,
e
toccando
le
quistioni
più
ardenti
,
parla
colla
medesima
semplicità
.
Di
che
bisogna
concludere
proprio
che
,
scrivendo
,
nell
'
esaltazione
della
fantasia
,
egli
cangi
quasi
di
natura
,
o
che
parli
di
freddo
proposito
quell
'
altro
linguaggio
perchè
lo
creda
più
alto
e
più
efficace
.
Mentre
parlava
,
tutti
stavano
intenti
.
Mi
fece
senso
il
tuono
più
che
rispettoso
,
quasi
timido
,
con
cui
gli
rivolgevano
la
parola
anche
coloro
che
parevano
suoi
famigliari
.
Nessuno
l
'
interrogava
senza
dire
:
Mon
maître
-
Mon
cher
maître
,
-
Uno
disse
:
-
grand
maître
.
-
Non
vidi
mai
uno
scrittore
celebre
circondato
da
uno
stuolo
d
'
ammiratori
,
che
somigliasse
,
come
quello
,
al
corteo
d
'
un
monarca
.
È
mio
dovere
d
'
aggiungere
,
però
,
che
non
vidi
mai
sul
suo
viso
nemmeno
un
lampo
,
che
esprimesse
compiacenza
vanitosa
dell
'
ammirazione
che
lo
circondava
.
È
vero
,
d
'
altra
parte
,
che
c
'
è
abituato
da
cinquant
'
anni
.
Un
grande
lume
rischiarava
in
pieno
il
suo
viso
,
e
io
non
potevo
saziarmi
di
guardarlo
,
tanto
mi
pareva
singolare
.
Il
viso
,
di
Vittor
Hugo
,
infatti
,
per
me
,
è
ancora
un
problema
.
È
un
viso
che
ha
due
fisonomie
.
Quando
è
serio
,
è
serissimo
,
quasi
cupo
;
pare
un
viso
che
non
abbia
mai
riso
,
non
solo
,
ma
che
non
possa
ridere
;
e
i
suoi
occhi
guardano
la
gente
con
un
'
espressione
che
mette
inquietudine
.
Gli
si
direbbe
:
-
Hugo
,
fatemi
la
grazia
di
guardare
da
un
'
altra
parte
.
-
Sono
gli
occhi
d
'
un
giudice
glaciale
o
d
'
un
duellante
più
forte
di
voi
,
che
voglia
affascinarvi
collo
sguardo
.
In
quei
momenti
mettetegli
,
col
pensiero
,
un
turbante
bianco
sul
capo
:
è
un
vecchio
sceicco
;
mettetegli
un
casco
:
è
un
vecchio
soldato
;
mettetegli
una
corona
:
è
un
vecchio
re
vendicativo
e
inesorabile
.
Ha
non
so
che
dell
'
austerità
d
'
un
sacerdote
e
della
tetraggine
d
'
un
mago
.
Ha
una
faccia
leonina
.
Quando
apre
la
bocca
,
par
che
ne
debba
uscire
un
ruggito
,
e
quando
alza
il
pugno
robusto
,
par
che
non
debba
abbassarlo
che
per
stritolar
qualche
cosa
.
In
quei
momenti
sul
suo
viso
si
legge
la
storia
di
tutte
le
sue
lotte
e
di
tutti
i
suoi
dolori
,
la
tenacia
ferrea
della
sua
natura
,
le
simpatie
tetre
della
sua
immaginazione
,
i
suoi
fornati
,
i
suoi
feretri
,
i
suoi
spettri
,
le
sue
ire
,
i
suoi
odii
;
tutta
l
'
ombre
,
come
egli
direbbe
,
tutto
il
côte
noir
delle
opere
sue
.
Ma
a
un
tratto
,
come
m
'
accadde
di
vedere
quella
sera
,
mentre
un
tale
gli
raccontava
un
aneddoto
comico
d
'
un
fiaccheraio
di
Parigi
,
egli
dà
in
una
risata
così
fresca
e
così
allegra
,
mostrando
tutti
i
suoi
denti
uniti
,
piccoli
e
bianchi
;
e
in
quel
riso
i
suoi
occhi
e
la
sua
bocca
pigliano
un
'
espressione
così
giovanile
e
così
ingenua
,
che
non
si
riconosce
più
l
'
uomo
di
prima
,
e
si
riman
là
stupiti
,
come
se
gli
fosse
caduta
dal
viso
una
maschera
,
e
si
vedesse
per
la
prima
volta
il
vero
Hugo
.
E
in
quei
momenti
vedete
,
come
per
uno
spiraglio
,
dietro
di
lui
,
Deruchette
,
Guillormand
,
Mademoiselle
Lise
,
Don
Cesare
di
Bazan
,
Gavroche
,
i
suoi
angeli
,
il
suo
ciel
bleu
,
e
tutto
il
suo
mondo
luminoso
e
soave
.
Ma
non
sono
che
lampi
,
rari
sul
suo
viso
come
nei
suoi
libri
;
dopo
di
che
egli
riprende
il
suo
aspetto
pensieroso
e
tetro
,
come
se
meditasse
la
catastrofe
d
'
uno
dei
suoi
drammi
sanguinosi
.
E
più
si
guarda
,
meno
si
può
credere
che
sia
quello
stesso
Hugo
di
mezzo
secolo
fa
,
magro
,
biondo
,
gentile
,
al
quale
gli
editori
e
i
direttori
di
teatro
che
andavano
a
cercare
a
casa
l
'
autore
dell
'
Ernani
,
dicevano
:
-
Fateci
il
favore
di
chiamar
vostro
padre
.
Mentre
Vittor
Hugo
parlava
a
bassa
voce
con
un
suo
vicino
,
io
attaccai
discorso
con
un
signore
accanto
a
me
,
un
uomo
sulla
cinquantina
,
d
'
una
bella
fisonomia
d
'
artista
;
il
quale
,
dopo
poche
parole
,
mi
disse
ch
'
era
amico
di
Vittor
Hugo
,
e
che
qualche
volta
scriveva
delle
lettere
in
nome
suo
.
Fra
le
altre
cose
gli
parlai
dell
'
emozione
che
avevo
provata
la
mattina
salendo
le
scale
.
-
Perchè
mai
?
-
mi
domandò
gentilmente
.
-
Vittor
Hugo
è
così
dolce
,
così
affabile
con
tutti
!
Egli
ha
il
cuore
d
'
una
fanciulla
e
i
modi
d
'
un
bambino
.
Tutto
quello
che
v
'
è
di
aspro
e
di
terribile
nei
suoi
libri
è
uscito
dalla
sua
grande
immaginazione
,
non
dal
suo
cuore
.
Non
vedete
che
gli
trapela
la
dolcezza
dal
viso
?
Guardatelo
.
Lo
guardai
.
In
quel
momento
appunto
era
così
accigliato
e
così
fosco
,
che
non
avrei
osato
sostenere
il
suo
sguardo
.
-
È
vero
-
risposi
.
Poi
mi
parlò
delle
sue
abitudini
.
-
Egli
ha
le
abitudini
più
semplici
di
questo
mondo
-
disse
.
-
Non
lo
avete
mai
incontrato
sull
'
imperiale
dell
'
omnibus
di
via
Clichy
?
Di
tanto
in
tanto
va
a
far
un
giro
per
Parigi
nell
'
omnibus
che
passa
per
la
sua
strada
,
in
specie
quando
ha
bisogno
di
scrivere
.
Ritrovarsi
così
in
mezzo
al
popolo
,
rivedere
tanti
luoghi
pieni
di
memorie
per
lui
,
contemplare
Parigi
di
volo
,
dall
'
alto
,
all
'
aria
fresca
della
mattina
,
lo
ispira
.
In
quel
momento
colsi
a
volo
una
frase
di
Vittor
Hugo
che
mi
rimase
impressa
.
-
L
'
Académie
-
diceva
-
qui
est
pleine
de
bonté
pour
moi
.
-
E
mi
ricordai
di
quello
che
avevo
inteso
dire
:
che
in
non
so
quale
occasione
,
comparendo
lui
all
'
Accademia
,
tutti
gli
accademici
,
caso
rarissimo
,
si
alzarono
in
piedi
.
E
il
mio
vicino
continuò
:
-
Egli
lavora
ogni
giorno
,
lavora
sempre
.
Dalla
mattina
quando
si
leva
fino
alle
quattro
dopo
mezzogiorno
,
è
a
tavolino
.
Il
suo
cervello
è
sempre
in
attività
.
La
creazione
,
per
lui
,
è
un
bisogno
.
E
anche
quando
non
si
sente
ispirato
,
lavora
,
com
'
egli
dice
,
pour
se
faire
la
main
.
La
giornata
non
gli
basta
per
mettere
sulla
carta
tutto
quello
che
gli
ribolle
nella
testa
e
nel
cuore
.
Ma
il
buon
Dio
gli
darà
lunga
vita
ed
egli
ci
darà
ancora
venti
volumi
.
Udendo
queste
parole
,
non
potevo
trattenermi
dal
guardare
quel
vecchio
meraviglioso
,
come
una
creatura
d
'
un
altro
mondo
,
e
al
pensare
ch
'
egli
lavorava
ancora
,
a
quell
'
età
,
con
un
vigore
che
io
non
avevo
mai
avuto
,
e
che
lavorava
già
in
quella
maniera
venticinque
anni
prima
ch
'
io
fossi
nato
,
mi
sentii
annichilito
.
Intanto
Vittor
Hugo
parlava
di
molte
piccole
occupazioni
che
sovente
gli
portavan
via
la
giornata
senza
che
quasi
se
n
'
accorgesse
,
e
diceva
con
voce
stanca
,
ma
bonariamente
:
-
Je
n
'
ai
pas
un
minute
á
moi
,
vous
le
voyez
bien
.
E
tutti
risposero
a
una
voce
:
-
È
vero
.
Poi
un
po
'
l
'
uno
e
un
po
'
l
'
altro
ricominciarono
a
raccontare
delle
barzellette
,
col
proposito
espresso
,
credo
,
di
rallegrarlo
;
ma
ci
riuscivano
di
rado
.
Di
tratto
in
tratto
egli
girava
lo
sguardo
intorno
,
e
lo
fissava
su
di
me
o
sul
giovane
belga
,
come
se
s
'
accorgesse
soltanto
in
quel
momento
che
noi
eravamo
là
,
e
per
toglierci
questo
sospetto
,
ci
salutava
con
un
sorriso
benevolo
e
rapido
,
che
voleva
dire
:
-
Non
vi
scordo
.
-
Poi
gli
ridiscendeva
sul
viso
,
come
una
visiera
,
la
sua
tristezza
.
E
intanto
io
spiavo
l
'
occasione
di
potergli
dir
qualche
cosa
in
un
cantuccio
,
che
nessun
altro
sentisse
.
Ah
!
non
mi
mancavano
mica
,
allora
,
le
cose
da
dirgli
.
Il
coraggio
m
'
era
venuto
,
mille
domande
mi
s
'
affollavano
.
Avrei
dato
un
anno
della
mia
vita
per
poter
esser
solo
un
'
ora
con
lui
,
e
afferrarlo
per
le
mani
,
e
dirgli
sfrontatamente
,
guardandolo
fisso
:
-
Ma
insomma
,
Hugo
!
Io
voglio
leggerti
dentro
!
Che
cosa
ti
senti
nel
sangue
quando
scrivi
?
Che
cosa
vedi
intorno
a
te
,
per
aria
;
che
voce
senti
,
che
ti
parla
nell
'
orecchio
quando
crei
?
Che
cosa
fai
nella
tua
stanza
,
quando
ti
splende
alla
mente
una
di
quelle
grandi
idee
che
fanno
il
giro
della
terra
,
e
quando
ti
sgorga
dalla
penna
uno
di
quei
versi
che
vanno
al
cuore
come
un
colpo
di
pugnale
o
come
il
grido
d
'
un
angelo
?
Dove
l
'
hai
conosciuta
la
tua
Rose
della
vieille
chanson
du
Printemps
,
che
mi
ha
fatto
sospirare
per
un
anno
?
Di
dove
t
'
è
uscito
quello
spaventoso
Mazzeppa
,
di
cui
vedo
perpetuamente
la
fuga
?
Come
l
'
hai
sognata
la
Fidanzata
del
Timballiere
?
Di
dove
l
'
hai
cavato
Quasimodo
?
Rivelami
dunque
uno
dei
tuoi
mille
segreti
.
Parlami
di
Fantina
,
parlami
del
Petit
roi
de
Galice
,
dimmi
qualche
cosa
del
marchese
di
Lantenac
,
spiegami
come
t
'
è
apparso
lo
spettro
che
t
'
ispirò
quella
spietata
pioggia
di
sangue
sulla
testa
del
parricida
Kanut
,
e
quell
'
orribile
occhio
di
fuoco
che
insegue
Caino
;
dimmi
in
che
parte
dell
'
inferno
hai
scovato
l
'
amore
del
prete
Claudio
e
in
che
parte
del
cielo
hai
visto
il
viso
bianco
di
Dea
!
Parlami
della
tua
infanzia
,
delle
prime
rivelazioni
del
tuo
genio
,
di
quando
il
Chateaubriand
ti
chiamò
fanciullo
sublime
;
raccontami
delle
tue
veglie
tempestose
;
dimmi
se
gridi
quando
ti
balenano
le
immagini
che
sgomentano
,
dimmi
se
piangi
quando
scrivi
le
parole
che
strappano
i
singhiozzi
,
descrivimi
le
tue
torture
,
le
tue
ebbrezze
e
le
tue
furie
,
dimmi
che
cosa
pensi
e
che
cosa
sei
,
vecchio
misterioso
e
tremendo
!
E
pensando
queste
cose
andavo
cercando
una
frase
molto
significante
con
cui
cominciare
il
discorso
,
nel
caso
che
il
destro
si
presentasse
.
La
fortuna
m
'
assistè
.
Vittor
Hugo
uscì
per
un
momento
,
poi
tornò
vicino
al
camminetto
e
mi
sedette
accanto
.
La
conversazione
s
'
era
rotta
in
molte
conversazioni
.
Il
momento
non
poteva
essere
più
opportuno
.
Cento
interrogazioni
mi
corsero
in
un
punto
alle
labbra
,
e
cominciai
arditamente
:
-
Signore
!
Vittor
Hugo
si
voltò
cortesemente
,
mi
mise
una
mano
sopra
un
ginocchio
e
mi
guardò
in
atto
d
'
aspettazione
.
Che
cosa
volete
!
Sono
disgrazie
che
possono
capitare
a
tutti
.
Vi
ricordate
del
sarto
letterato
dei
Promessi
sposi
,
che
dopo
aver
studiate
mille
belle
cose
da
dire
al
cardinal
Federigo
per
farsi
onore
,
arrivato
il
momento
,
non
sa
dir
altro
che
un
:
-
Si
figuri
!
-
di
cui
rimane
avvilito
per
tutta
la
vita
?
Ebbene
,
mi
duole
il
dirlo
,
e
lo
dico
per
castigarmi
:
io
feci
la
stessissima
figura
di
quel
sarto
;
anzi
una
figura
cento
volte
più
trista
.
Lo
sguardo
fisso
di
Vittor
Hugo
mi
turbò
,
tutte
le
mie
belle
idee
scapparono
,
e
non
dissi
altro
che
questo
...
Insomma
,
bisogna
ch
'
io
lo
dica
.
Io
gli
domandai
se
era
stato
a
vedere
l
'
Esposizione
!
E
rimasi
là
fulminato
dalla
mia
domanda
.
Non
ricordo
più
che
cosa
Vittor
Hugo
m
'
abbia
risposto
.
Ricordo
soltanto
che
,
qualche
momento
dopo
,
parlando
dell
'
Esposizione
,
disse
:
-
C
'
est
un
beau
joujou
.
-
Mais
c
'
est
immense
,
savez
vous
,
mon
maître
,
-
gli
osservò
un
tale
.
Ed
egli
rispose
sorridendo
:
-
c
'
est
un
immense
joujou
.
Queste
parole
,
presso
a
poco
,
mi
parve
di
sentire
dal
cupo
fondo
della
mia
umiliazione
.
E
non
osai
più
aprir
bocca
.
Vittor
Hugo
,
poco
dopo
,
cambiò
di
posto
,
le
conversazioni
parziali
tornarono
a
confondersi
in
una
sola
:
l
'
occasione
era
perduta
.
Ma
mi
consolai
presto
.
Vittor
Hugo
ricominciò
a
parlare
,
ed
io
socchiudendo
gli
occhi
e
guardando
in
alto
,
per
essere
un
po
'
solo
con
me
stesso
,
cominciai
a
riandare
tutte
le
belle
emozioni
di
cui
ero
debitore
a
quell
'
uomo
,
accompagnando
il
mio
pensiero
al
suono
dolce
e
grave
della
sua
voce
;
e
pensavo
alle
letture
di
Notre
Dâme
fatte
di
nascosto
dietro
i
banchi
della
scuola
,
alle
tante
volte
che
avevo
baciato
i
volumi
delle
Contemplazioni
sotto
un
capanno
di
gelsomini
,
nel
giardino
della
mia
casa
paterna
;
ai
versi
suoi
che
solevo
declamare
sotto
la
tenda
,
di
notte
,
in
mezzo
al
silenzio
degli
accampamenti
;
al
batticuore
che
avevo
provato
la
prima
volta
che
m
'
era
caduto
sotto
gli
occhi
un
suo
informe
ritratto
in
litografia
;
all
'
immensa
distanza
che
sentivo
tra
lui
e
il
mio
desiderio
di
conoscerlo
,
nella
piccola
città
di
provincia
dove
avevo
letto
il
suo
primo
libro
;
a
un
giorno
che
,
ancora
ragazzo
,
avevo
fatto
ridere
mio
padre
domandandogli
:
-
E
se
comparisse
tutt
'
a
un
tratto
Vittor
Hugo
,
mentre
noi
siamo
a
tavola
,
che
cosa
faresti
?
-
;
e
tutti
questi
ricordi
lontani
,
evocati
là
,
vicino
a
lui
,
mi
commovevano
,
e
ripetevo
tra
me
:
-
Ed
ora
l
'
ho
conosciuto
,
lo
conosco
,
sono
nella
sua
casa
;
questa
voce
che
sento
è
la
sua
;
-
egli
è
qui
,
-
a
un
passo
da
me
.
Ma
è
proprio
vero
?
-
E
aprivo
gli
occhi
e
dicevo
:
-
Eccolo
lì
,
il
mio
caro
e
terribile
Hugo
;
non
è
mica
un
sogno
,
per
Dio
!
Mentre
m
'
abbandonavo
a
questi
pensieri
,
sentii
tutt
'
a
un
tratto
che
tutti
s
'
alzavano
e
salutavano
.
M
'
avvicinai
anch
'
io
a
Vittor
Hugo
,
gli
presi
la
destra
con
tutt
'
e
due
le
mani
....
e
non
potei
dire
una
parola
.
Ma
egli
mi
guardò
e
mi
comprese
,
e
disse
,
stringendomi
la
mano
,
e
fissandomi
con
uno
sguardo
sorridente
e
un
po
'
triste
:
-
Addio
,
caro
signore
.
Poi
soggiunse
:
-
No
,
addio
.
A
rivederci
,
non
è
vero
?
Non
so
....
mi
par
d
'
aver
fatto
la
bestialità
di
rispondere
:
A
rivederci
.
E
uscii
di
là
commosso
,
felice
,
con
un
po
'
di
melanconia
,
e
molto
confuso
,
dando
una
fiancata
in
un
seggiolone
.
VIII
.
Questa
è
l
'
impressione
che
mi
fece
Vittor
Hugo
in
casa
sua
.
Ma
non
l
'
avrei
visto
intero
,
se
non
l
'
avessi
visto
in
pubblico
,
in
una
di
quelle
solennità
,
nelle
quali
,
qualunque
siano
,
la
sua
presenza
è
lo
spettacolo
più
curiosamente
desiderato
.
Lo
vidi
nel
teatro
del
Châtelet
quando
pronunziò
il
suo
discorso
di
presidente
per
l
'
inaugurazione
del
Congresso
letterario
.
Un
'
ora
prima
che
comparisse
,
quel
vasto
teatro
era
già
affollato
.
La
platea
era
piena
di
scrittori
e
d
'
artisti
d
'
ogni
paese
,
fra
cui
s
'
incrociavano
gli
sguardi
curiosi
,
i
cenni
e
le
interrogazioni
,
conoscendo
ciascuno
,
in
quella
folla
,
moltissimi
nomi
e
pochissimi
visi
,
ed
essendo
desiderio
di
tutti
di
completare
in
quella
bella
occasione
le
proprie
conoscenze
.
Si
vedeva
un
gran
movimento
di
teste
canute
e
di
teste
giovanili
,
di
begli
occhi
pieni
di
pensiero
,
di
visi
che
s
'
avvicinavano
e
si
sorridevano
,
di
chiome
nere
che
si
chinavano
dinanzi
alle
chiome
bianche
,
di
mani
che
si
cercavano
e
si
stringevano
;
e
si
sentiva
parlare
tutte
le
lingue
,
e
correre
in
ogni
parte
un
fremito
di
vita
,
che
rallegrava
.
Sul
vasto
palco
scenico
illuminato
,
v
'
erano
i
delegati
di
tutte
le
nazioni
,
dalla
Svezia
all
'
Italia
,
e
dalla
repubblica
di
San
Salvador
alla
Russia
:
un
grande
stato
maggiore
di
poeti
,
di
romanzieri
,
di
dotti
,
d
'
uomini
di
Stato
,
di
pubblicisti
e
d
'
editori
,
fra
cui
spiccava
il
viso
fine
e
sorridente
del
Turghenieff
,
la
bella
testa
ardita
di
Edmondo
About
e
la
figura
simpatica
di
Jules
Simon
,
bersagliati
da
mille
sguardi
.
Ma
la
grande
curiosità
era
di
vedere
Vittor
Hugo
.
C
'
erano
centinaia
di
stranieri
che
non
l
'
avevano
mai
visto
;
il
suo
nome
suonava
su
tutte
le
labbra
;
quasi
tutti
gli
sguardi
eran
rivolti
dalla
parte
del
palco
dove
doveva
apparire
.
Ad
ogni
movimento
che
si
facesse
tra
le
scene
,
seguiva
un
rimescolìo
profondo
in
tutto
il
teatro
.
Era
bello
e
consolante
vedere
una
curiosità
così
ardente
in
quella
gran
folla
così
varia
di
sangue
,
e
pensare
che
chi
la
provocava
era
un
vecchio
poeta
.
Improvvisamente
tutti
i
delegati
s
'
alzarono
,
fra
tutte
quelle
teste
grigie
e
bianche
si
vide
apparire
una
testa
più
bianca
di
tutte
,
e
uno
scoppio
formidabile
d
'
applausi
-
uno
di
quegli
applausi
che
debbono
destare
nell
'
anima
di
chi
li
riceve
un
senso
quasi
di
sgomento
,
e
che
ripercuotendosi
nell
'
anima
di
chi
applaudisce
,
v
'
ingigantiscono
il
sentimento
che
li
ha
fatti
prorompere
;
-
un
solo
immenso
applauso
,
tempestoso
,
ostinato
,
interminabile
,
fece
tremare
il
teatro
.
Sul
viso
di
Vittor
Hugo
passò
un
lampo
-
un
lampo
solo
-
ma
che
rivelò
tutta
l
'
anima
sua
.
Subito
dopo
riprese
il
suo
aspetto
abituale
di
gravità
.
S
'
avvicinò
alla
ribalta
.
a
passi
un
po
'
incerti
,
circondato
dal
suo
illustre
corteo
,
si
mise
accanto
a
un
tavolino
,
e
cominciò
a
leggere
il
suo
discorso
,
scritto
a
caratteri
enormi
sopra
grandissimi
fogli
.
Non
fu
uno
dei
suoi
discorsi
più
felici
;
ma
non
è
qui
il
luogo
di
giudicarlo
.
Lesse
lentamente
,
ad
alta
voce
,
spiccando
con
arte
perfetta
ogni
frase
,
ogni
parola
,
ogni
sillaba
.
La
sua
voce
è
ancora
gagliarda
e
sonora
,
benchè
nei
lunghi
periodi
s
'
affievolisca
un
poco
,
e
gli
sfugga
qualche
volta
in
note
acute
e
stridenti
.
Ebbe
dei
momenti
stupendi
.
Quando
disse
:
-
Voi
siete
gli
ambasciatori
dello
spirito
umano
in
questa
grande
Parigi
;
siate
i
benvenuti
;
la
Francia
vi
saluta
,
-
disse
le
ultime
parole
con
un
accento
pieno
di
nobiltà
e
con
un
gesto
largo
e
vigoroso
,
che
scosse
tutto
il
teatro
.
Quando
disse
:
-
Hommes
du
passé
,
prenez
-
en
votre
parti
,
nous
ne
vous
craignons
pas
,
-
e
così
dicendo
,
scrollò
e
levò
in
alto
,
come
un
leone
,
la
sua
testa
possente
,
e
fissò
gli
occhi
fulminei
in
fondo
alla
sala
,
in
aria
di
sfida
e
di
minaccia
,
e
restò
qualche
momento
immobile
in
quell
'
atto
,
col
viso
infocato
,
in
mezzo
a
un
silenzio
profondo
;
fu
veramente
bello
e
terribile
come
un
canto
dei
suoi
Châtiments
,
e
un
brivido
corse
per
la
platea
.
Poi
il
suo
discorso
pieno
fino
a
quel
punto
di
collere
sorde
,
si
raddolcì
sull
'
argomento
dell
'
amnistia
,
e
allora
la
sua
voce
mutò
suono
,
e
parve
quella
d
'
un
altro
,
e
quelle
nobili
parole
:
-
Tutte
le
feste
son
fraterne
;
una
festa
non
è
festa
se
non
perdona
a
qualcuno
,
-
le
disse
con
un
accento
inesprimibilmente
soave
di
pietà
e
di
preghiera
,
che
suscitò
nella
folla
un
violento
fremito
di
consenso
,
cento
volte
più
eloquente
dell
'
applauso
.
E
infine
dicendo
quella
frase
:
-
V
'
è
una
cosa
più
grande
di
qualunque
trionfo
,
ed
è
lo
spettacolo
della
patria
che
apre
le
braccia
e
del
proscritto
che
appare
all
'
orizzonte
,
-
colorì
il
suo
pensiero
con
un
atto
solenne
della
mano
e
con
uno
sguardo
dolcissimo
e
triste
,
che
provocò
un
uragano
d
'
applausi
e
di
grida
.
Dopo
di
lui
,
parlarono
molti
altri
,
terminando
tutti
i
loro
discorsi
con
un
saluto
riverente
al
grande
maestro
;
ma
egli
non
diede
segno
alcune
di
commozione
.
Solo
di
tratto
in
tratto
la
sua
fronte
si
rischiarava
;
ma
tornava
subito
a
corrugarsi
,
come
se
il
pensiero
ostinato
e
implacabile
,
che
l
'
aveva
lasciato
libero
un
momento
,
si
fosse
daccapo
impadronito
di
lui
.
Finito
l
'
ultimo
discorso
,
si
alzò
e
s
'
avviò
per
uscire
.
E
allora
tuonò
un
ultimo
applauso
,
più
caldo
,
più
fragoroso
e
più
persistente
del
primo
,
accompagnato
da
uno
scoppio
,
di
grida
d
'
entusiasmo
,
che
lo
costrinsero
a
soffermarsi
.
Non
era
un
applauso
al
discorso
;
era
un
applauso
alle
Orientali
e
alla
Leggenda
,
era
un
tributo
di
gratitudine
al
poeta
dei
grandi
affetti
,
un
saluto
all
'
antico
lottatore
,
un
buon
augurio
al
settuagenario
,
un
addio
all
'
uomo
che
molti
non
avrebbero
mai
più
riveduto
.
-
Egli
rispose
con
un
lungo
sguardo
e
disparve
.
IX
.
Ecco
Vittor
Hugo
come
io
lo
vidi
,
nel
colmo
delle
sua
gloria
.
Le
generazioni
avvenire
lo
vedranno
alla
stessa
altezza
?
I
più
ne
dubitano
.
Ma
il
tempo
non
potrà
far
di
più
che
spolparlo
:
la
sua
ossatura
colossale
rimarrà
diritta
,
come
un
enorme
albero
sfrondato
,
sull
'
orizzonte
della
storia
letteraria
del
secolo
,
e
legioni
d
'
ingegni
voleranno
colle
penne
cadute
dalle
sue
ali
.
Egli
è
uno
di
quegli
scrittori
poderosi
,
che
si
presentano
alla
posterità
insanguinati
,
scapigliati
ed
ansanti
,
portando
sul
proprio
stemma
i
titoli
delle
loro
opere
come
nomi
di
battaglie
vinte
o
di
disastri
gloriosi
o
di
sublimi
follie
,
e
la
posterità
li
saluta
con
riverenza
,
come
grandi
atleti
feriti
.
Egli
sarà
certo
ammirato
almeno
come
uno
dei
più
strani
fenomeni
letterari
del
suo
tempo
,
e
uno
degli
esempi
più
meravigliosi
della
forza
e
dell
'
ardimento
dell
'
ingegno
umano.Il
est
bon
,
come
disse
egli
stesso
,
quel
'
on
trouve
sur
les
sommets
ces
grands
exemples
d
'
audace
.
Egli
ha
mostrato
le
altezze
a
cui
il
genio
può
salire
e
ha
rischiarato
i
precipizii
in
cui
il
genio
rovina
.
Ha
fatto
pensare
e
palpitare
per
mezzo
secolo
milioni
di
creature
umane
.
Quando
non
rimanesse
altro
di
lui
,
rimarrebbe
come
un
fatto
storico
la
sua
popolarità
immensa
fra
tutte
le
genti
,
come
un
esempio
consolante
dell
'
eco
che
può
trovare
nell
'
umanità
la
parola
d
'
un
uomo
che
non
ha
altra
forza
che
la
parola
.
Ma
egli
rimarrà
saldo
e
superbo
sopra
una
sommità
solitaria
,
e
quanto
più
la
letteratura
,
nel
suo
paese
e
in
tutta
Europa
,
s
'
affonderà
nello
scetticismo
,
nella
sensualità
e
nella
putredine
,
e
più
parrà
alta
e
nobile
la
sua
figura
lontana
.
E
la
giornata
del
grande
lavoratore
non
è
per
anco
finita
.
Ora
par
che
attraversi
un
triste
periodo
.
Dio
voglia
che
ne
esca
,
e
che
noi
sentiamo
ancora
per
molti
anni
la
sua
voce
potente
,
che
commosse
già
la
giovinezza
dei
nostri
padri
.
Essa
ci
dirà
fino
all
'
ultimo
momento
qualche
cosa
di
grande
e
di
vero
.
L
'
abbiamo
intesa
da
fanciulli
;
vorremmo
intenderla
ancora
«
quando
l
'
albero
comincierà
a
rendere
alla
terra
le
sue
foglie
morte
.
»
Noi
gli
facciamo
quest
'
augurio
.
Noi
speriamo
che
il
grande
poeta
,
sorto
coll
'
alba
dell
'
ottocento
,
accompagni
il
secolo
fino
al
tramonto
;
che
il
suo
genio
risplenda
fin
che
batterà
il
suo
cuore
,
e
che
l
'
Europa
raccolga
insieme
l
'
ultimo
soffio
della
sua
vita
secolare
e
l
'
ultimo
canto
della
sua
epopea
immortale
.
EMILIO
ZOLA
I
.
Una
volta
,
in
un
vagone
,
vidi
un
francese
che
leggeva
un
libro
con
grande
attenzione
,
facendo
di
tanto
in
tanto
un
segno
di
stupore
.
Tutt
'
a
un
tratto
,
mentre
cercavo
di
leggere
il
titolo
sulla
copertina
,
esclamò
:
-
Ah
!
c
'
est
dégoûtant
!
-
e
cacciò
il
libro
nella
valigia
,
con
un
atto
di
sdegno
e
di
disprezzo
.
Rimase
qualche
minuto
sopra
pensiero
;
poi
riaperse
la
valigia
,
riprese
il
libro
e
ricominciò
a
leggere
.
Poteva
aver
letto
un
paio
di
pagine
,
quando
diede
improvvisamente
in
una
grande
risata
,
e
voltandosi
verso
il
suo
vicino
,
disse
:
-
Ah
!
caro
mio
,
c
'
è
qui
una
descrizione
d
'
un
pranzo
di
nozze
che
è
una
vera
meraviglia
!
-
Poi
continuò
la
lettura
,
dando
a
vedere
in
mille
modi
che
ci
provava
un
gusto
infinito
.
Il
libro
era
l
'
Assommoir
.
Quello
che
accadde
a
quel
francese
leggendo
l
'
Assommoir
,
accade
a
quasi
tutti
alla
prima
lettura
dei
romanzi
dello
Zola
.
Bisogna
vincere
il
primo
senso
di
ripugnanza
:
poi
,
qualunque
sia
l
'
ultimo
giudizio
che
si
porta
sullo
scrittore
,
si
è
contenti
d
'
averlo
letto
,
e
si
conclude
che
si
doveva
leggere
.
Il
primo
effetto
che
produce
,
in
specie
dopo
la
lettura
d
'
altri
romanzi
,
è
come
quello
che
si
prova
all
'
uscire
da
un
teatro
caldo
e
profumato
,
ricevendo
nel
viso
il
soffio
fresco
dell
'
aria
aperta
,
il
quale
dà
una
sensazione
viva
di
piacere
,
anche
quando
porta
un
cattivo
odore
.
Letti
i
romanzi
suoi
,
pare
che
in
tutti
gli
altri
,
anche
nei
più
veri
,
ci
sia
un
velo
tra
il
lettore
e
le
cose
;
e
che
ci
corra
la
stessa
differenza
che
fra
visi
umani
,
gli
uni
ritratti
in
una
tela
e
gli
altri
riflessi
in
uno
specchio
.
Par
di
vedere
e
di
toccare
la
Verità
per
la
prima
volta
.
Certo
che
,
per
quanto
si
abbia
lo
stomaco
forte
e
le
nez
solide
;
come
Gervaise
all
'
ospedale
,
qualche
volta
bisogna
fare
un
salto
indietro
,
come
a
una
fiatata
improvvisa
d
'
aria
pestifera
.
Ma
anche
in
quei
punti
,
come
quasi
ad
ogni
pagina
,
nell
'
atto
stesso
che
protestiamo
furiosamente
:
-
Questo
è
troppo
!
-
c
'
è
un
diavolo
dentro
di
noi
che
ride
e
strepita
e
se
la
gode
mattamente
,
a
nostro
dispetto
.
Si
prova
lo
stesso
piacere
che
a
sentir
parlare
un
uomo
infinitamente
schietto
,
anche
quando
sia
brutale
;
un
uomo
che
esprime
,
come
dice
Otello
,
la
sua
peggiore
idea
colla
sua
peggiore
parola
,
che
descrive
quello
che
vede
,
che
ripete
quello
che
ascolta
,
che
dice
quello
che
pensa
,
che
racconta
quello
che
è
,
senza
nessun
riguardo
di
nessunissima
natura
,
come
se
parlasse
a
sè
stesso
.
Alla
buon
'
ora
.
Fin
dalle
prime
righe
,
si
sa
con
chi
s
'
ha
da
fare
.
I
delicati
si
ritirino
.
È
un
affar
convenuto
:
egli
non
tacerà
nulla
,
non
abbellirà
nulla
,
non
velerà
nulla
,
nè
sentimenti
,
nè
pensieri
,
nè
discorsi
,
nè
atti
,
nè
luoghi
.
Sarà
un
romanziere
giudice
,
chirurgo
,
casista
,
fisiologo
,
perito
fiscale
,
che
solleverà
tutti
i
veli
,
e
metterà
le
mani
in
tutte
le
vergogne
,
e
darà
il
nome
proprio
a
tutte
le
cose
,
freddamente
,
non
badando
,
anzi
meravigliandosi
altamente
della
vostra
meraviglia
.
E
così
è
in
fatti
.
Nell
'
ordine
morale
,
egli
svela
dei
suoi
personaggi
fin
quei
profondissimi
sentimenti
,
che
sogliono
essere
per
tutti
segreti
eterni
,
quando
non
si
bisbiglino
tremando
nel
finestrino
d
'
un
confessionale
;
nell
'
ordine
materiale
,
ci
fa
sentire
tutti
gli
odori
,
tutti
i
sapori
e
tutti
i
contatti
;
e
in
fatto
di
lingua
ci
fa
grazia
appena
di
quelle
pochissime
parole
assolutamente
impronunziabili
,
che
i
ragazzi
viziosi
cercano
di
soppiatto
nei
vocabolari
.
Su
questa
via
nessuno
è
mai
andato
più
in
là
,
e
non
si
sa
proprio
se
si
debba
ammirare
di
più
il
suo
ingegno
o
il
suo
coraggio
.
Fra
le
miriadi
di
personaggi
di
romanzo
che
abbiamo
nella
memoria
,
i
suoi
rimangono
come
affollati
in
disparte
,
e
sono
i
più
grossi
e
i
più
palpabili
di
tutti
.
Non
li
abbiamo
solamente
visti
passare
e
sentiti
discorrere
;
ci
siamo
strofinati
contro
di
loro
,
abbiamo
sentito
il
loro
fiato
,
l
'
odore
delle
loro
carni
e
dei
loro
panni
;
abbiamo
visto
circolare
il
sangue
sotto
la
loro
pelle
;
sappiamo
in
che
atteggiamento
dormono
,
che
cosa
mangiano
,
come
si
vestono
e
come
si
spogliano
;
conosciamo
il
loro
temperamento
al
pari
del
nostro
,
le
predilezioni
più
segrete
dei
loro
sensi
,
le
escandescenze
più
turpi
del
loro
linguaggio
,
il
gesto
,
la
smorfia
,
le
macchie
della
camicia
,
le
scaglie
della
cute
e
il
sudiciume
delle
unghie
.
E
come
i
personaggi
,
ci
stampa
nella
mente
i
luoghi
,
poichè
contempla
tutte
le
cose
collo
stesso
sguardo
,
che
abbraccia
tutto
,
e
le
riproduce
colla
stessa
arte
,
a
cui
non
sfugge
nulla
.
In
una
stanza
già
disegnata
e
dipinta
,
si
sposta
il
lume
;
egli
interrompe
il
racconto
per
dirci
dove
guizza
e
in
che
cosa
si
frange
,
nella
nuova
direzione
,
il
raggio
della
fiammella
,
e
come
luccicano
,
in
un
angolo
oscuro
,
le
gambe
d
'
una
seggiola
e
i
cardini
d
'
una
porta
.
Dalla
descrizione
d
'
una
bottega
ci
fa
capire
che
è
sonato
da
poco
mezzogiorno
,
o
che
manca
un
'
ora
circa
al
tramonto
.
Nota
tutte
le
ombre
,
tutte
le
macchie
di
sole
,
tutte
le
sfumature
di
colore
che
si
succedono
d
'
ora
in
ora
sulla
parete
,
e
rende
ogni
cosa
con
una
così
meravigliosa
evidenza
,
che
cinque
anni
dopo
la
lettura
,
ci
ricorderemo
dell
'
apparenza
che
presentava
una
tappezzeria
,
verso
le
cinque
di
sera
,
quando
le
tendine
della
finestra
erano
calate
,
e
dell
'
azione
che
esercitava
quella
apparenza
sull
'
animo
d
'
un
personaggio
ch
'
era
seduto
in
un
angolo
di
quella
stanza
.
Non
dimentica
nulla
,
e
dà
vita
ad
ogni
cosa
,
e
non
c
'
è
cosa
dinanzi
a
cui
il
suo
pennello
onnipotente
s
'
arresti
;
nè
i
mucchi
di
biancheria
sudicia
,
nè
i
vomiti
dei
briachi
,
nè
la
carne
fradicia
,
nè
i
cadaveri
disfatti
.
Ci
fa
uscire
col
mal
di
capo
dall
'
alcova
profumata
di
Renée
,
e
ci
fa
stare
un
'
ora
in
una
bottega
da
salumaio
,
in
compagnia
della
bella
Lisa
,
dal
seno
saldo
e
immobile
che
pare
un
ventre
,
in
mezzo
alle
teste
di
porco
affondate
nella
gelatina
,
alle
scatole
di
sardelle
,
che
trasudano
l
'
olio
,
ai
prosciutti
sanguinanti
,
al
vitello
lardato
e
ai
pasticci
di
fegato
di
lepre
,
dipinti
,
o
piuttosto
dati
a
fiutare
e
a
toccare
in
maniera
,
che
,
terminata
la
lettura
,
si
lascia
il
libro
,
senz
'
avvedersene
,
e
si
cerca
colle
mani
la
catinella
.
E
via
via
,
il
buon
odore
delle
spalle
di
Nana
,
l
'
odor
di
pescheria
delle
sottane
della
bella
normanna
,
il
puzzo
dell
'
alito
di
Boit
-
sans
-
soif
,
il
tanfo
del
baule
di
Lantier
;
egli
ci
fa
sentir
tutto
,
inesorabilmente
,
aprendoci
le
narici
a
forza
coll
'
asticciuola
della
penna
;
e
descrive
il
parco
del
Paradou
fiore
per
fiore
,
il
mercato
di
Sant
'
Eustachio
pesce
per
pesce
,
la
bottega
di
madame
Lecoeur
cacio
per
cacio
,
e
il
pranzo
di
Gervaise
boccone
per
boccone
.
Nella
stessa
maniera
procede
riguardo
alle
occupazioni
dei
suoi
personaggi
,
alle
quali
ci
fa
assistere
,
spiegandole
minutamente
,
di
qualunque
natura
esse
siano
,
in
modo
che
s
'
impara
dai
suoi
romanzi
,
come
da
Guide
pratiche
d
'
arti
e
mestieri
,
a
fare
i
biroldi
,
a
lavorar
da
ferraio
,
a
stirar
le
camicie
,
a
trinciare
i
polli
,
a
saldar
le
grondaie
,
a
servire
la
messa
,
a
dirigere
una
contraddanza
.
Fra
tutte
queste
cose
,
in
tutti
questi
luoghi
,
di
cui
si
respira
1'aria
,
e
in
cui
si
vede
e
si
tocca
tutto
,
si
muove
una
folla
svariatissima
,
di
signore
corrotte
fino
alla
midolla
,
d
'
operai
incarogniti
,
di
bottegaie
sboccate
,
di
banchieri
bindoli
,
di
preti
bricconi
,
di
sgualdrinelle
,
di
bellimbusti
,
di
mascalzoni
e
di
sudicioni
d
'
ogni
tinta
e
d
'
ogni
pelo
,
-
fra
i
quali
apparisce
qua
e
là
,
rara
avis
,
qualche
faccia
di
galantuomo
,
-
:
e
lì
fanno
fra
tutti
un
po
'
di
tutto
,
dal
furto
all
'
incesto
,
girando
fra
il
codice
penale
e
l
'
ospedale
o
il
monte
di
pietà
e
la
taverna
,
a
traverso
a
tutte
le
passioni
e
a
tutti
gli
abbrutimenti
,
fitti
nel
fango
fino
al
mento
,
in
un
'
aria
densa
e
grave
,
ravvivata
appena
di
tempo
in
tempo
dal
soffio
d
'
un
affetto
gentile
,
e
agitata
alternatamene
da
alti
cachinni
plebei
e
da
grida
strazianti
di
affamati
e
di
moribondi
.
E
malgrado
ciò
,
egli
è
uno
scrittore
morale
.
Si
può
affermarlo
risolutamente
.
Emilio
Zola
è
uno
dei
romanzieri
più
morali
della
Francia
.
E
fa
davvero
stupore
che
ci
sia
chi
lo
mette
in
dubbio
.
Del
vizio
egli
fa
sentire
il
puzzo
,
non
il
profumo
;
le
sue
nudità
son
nudità
di
tavola
anatomica
,
che
non
ispirano
il
menomo
pensiero
sensuale
;
non
c
'
è
nessuno
dei
suoi
libri
,
neanche
il
più
crudo
,
che
non
lasci
nell
'
animo
netta
,
ferma
,
immutabile
l
'
avversione
o
il
disprezzo
per
le
basse
passioni
che
vi
sono
trattate
.
Egli
non
è
,
come
il
Dumas
figlio
,
legato
da
un
'
invincibile
simpatia
ai
suoi
mostri
di
donne
,
a
cui
dice
:
-
Infami
-
ad
alta
voce
o
-
care
-
a
fior
di
labbra
.
Egli
mette
il
vizio
alla
berlina
,
nudo
,
brutalmente
,
senza
ipocrisia
e
senza
pietà
,
e
standone
tanto
lontano
che
non
lo
sfiora
neanche
coi
panni
.
Forzato
dalla
sua
mano
,
è
il
vizio
stesso
che
dice
:
-
sputate
e
passate
.
-
I
suoi
romanzi
,
come
dice
egli
stesso
,
sono
veramente
«
morale
in
azione
.
»
Lo
scandalo
che
n
'
esce
non
è
che
per
gli
occhi
e
per
gli
orecchi
.
E
come
si
tien
fuori
,
come
uomo
,
dalla
melma
che
rimescola
colla
penna
,
si
tien
fuori
completamente
,
come
scrittore
,
dai
personaggi
che
crea
.
Non
c
'
è
forse
altro
romanziere
moderno
che
si
rimpiatti
più
abilmente
di
lui
nelle
opere
proprie
.
Letti
tutti
i
suoi
romanzi
,
non
si
capisce
chi
sia
e
che
cosa
sia
.
È
un
osservatore
profondo
,
è
un
pittore
strapotente
,
è
uno
scrittore
meraviglioso
,
forte
,
senza
rispetti
umani
,
brusco
,
risoluto
,
ardito
,
un
po
'
di
malumore
e
poco
benevolo
;
ma
non
si
sa
altro
.
Soltanto
,
benchè
non
si
veda
mai
a
traverso
le
pagine
del
suoi
libri
il
suo
viso
intero
,
si
intravvede
però
la
sua
fronte
segnata
da
una
ruga
diritta
o
profonda
,
o
s
'
indovina
ch
'
egli
deve
aver
visto
da
vicino
una
gran
parte
delle
miserie
e
delle
prostituzioni
che
descrive
.
E
pare
un
uomo
,
il
quale
essendo
stato
offeso
dal
mondo
,
se
ne
vendichi
strappandogli
la
maschera
e
mostrando
per
la
prima
volta
com
'
è
:
in
gran
parte
odioso
e
schifoso
.
Una
persuasione
profonda
lo
guida
e
lo
fa
forte
:
che
si
debba
dire
e
descrivere
la
verità
;
dirla
e
descriverla
ad
ogni
proposito
,
a
qualunque
costo
,
qualunque
essa
sia
,
tutta
,
sempre
,
senza
transazioni
,
sfrontatamente
.
Ha
in
questo
anche
lui
,
come
dice
dello
Shakespeare
Vittor
Hugo
,
une
sorte
de
parti
pris
gigantesque
.
A
questo
«
partito
preso
»
adatta
conseguentemente
l
'
arte
sua
,
che
viene
ad
essere
una
riproduzione
piuttosto
che
una
creazione
;
ed
è
infatti
un
'
arte
tranquilla
,
paziente
,
metodica
,
che
non
manda
grandi
lampi
,
ma
che
rischiara
ogni
cosa
,
d
'
una
luce
eguale
,
da
tutte
le
parti
;
ardimentosa
,
ma
guardinga
nei
suoi
ardimenti
;
sempre
sicura
dei
fatti
propri
;
che
s
'
alza
poco
,
ma
non
casca
mai
,
e
procede
a
passo
lento
,
ma
per
una
via
direttissima
,
verso
un
termine
che
vede
chiarissimamente
.
I
suoi
romanzi
non
son
quasi
romanzi
.
Non
hanno
scheletro
,
o
appena
la
colonna
vertebrale
.
Provate
a
raccontarne
uno
:
è
impossibile
.
Sono
composti
d
'
una
quantità
enorme
di
particolari
,
che
vi
sfuggono
in
gran
parte
dopo
la
lettura
,
come
i
mille
quadretti
senza
soggetto
d
'
un
museo
olandese
.
Perciò
si
rileggono
con
piacere
.
Vi
si
aspetta
di
pagina
in
pagina
un
grosso
fatto
,
che
ci
fugge
davanti
,
e
non
si
raggiunge
mai
.
Non
vi
accade
mai
un
urto
forte
di
affetti
,
d
'
interessi
,
di
persone
,
che
tenga
l
'
animo
sospeso
,
e
da
cui
tutto
il
romanzo
dipenda
.
Non
ci
sono
punti
alti
,
da
cui
si
domini
con
uno
sguardo
un
grande
spazio
;
è
una
continua
pianura
in
cui
si
cammina
a
capo
chino
,
deviando
ogni
momento
e
arrestandosi
ad
ogni
passo
ad
osservare
la
pietra
,
l
'
insetto
,
l
'
orma
,
il
filo
d
'
erba
.
I
suoi
personaggi
non
agiscono
quasi
.
La
maggior
parte
non
sono
necessarii
a
quella
qualsiasi
azione
che
si
svolge
nel
romanzo
.
Non
son
personaggi
che
recitino
la
commedia
;
son
gente
intesa
alle
proprie
faccende
,
colta
colla
fotografia
istantanea
,
senza
che
se
n
'
accorga
.
Nel
romanzo
c
'
è
qualche
mese
o
qualche
anno
della
vita
di
ciascuno
.
Li
vedete
vivere
,
ciascuno
per
conto
proprio
,
e
ciascuno
v
'
interessa
principalmente
per
sè
medesimo
;
poco
o
punto
per
quello
che
ha
che
fare
cogli
altri
.
Di
qui
nasce
la
grande
efficacia
dello
Zola
.
Di
quanto
difetta
il
suo
romanzo
in
orditura
,
di
tanto
abbonda
in
verità
.
Non
ci
si
vede
la
mano
del
romanziere
che
sceglie
i
fatti
,
che
li
accomoda
per
congegnarli
,
che
li
nasconde
l
'
un
dietro
l
'
altro
per
sorprenderci
,
e
che
prepara
un
grande
effetto
con
mille
piccoli
sacrifizi
della
verosimiglianza
e
della
ragione
.
Il
racconto
va
da
sè
,
in
modo
che
non
par
possibile
altrimenti
,
e
sembra
una
esposizione
semplice
del
vero
,
non
solo
per
i
caratteri
,
ma
anche
per
la
natura
dei
fatti
,
e
per
l
'
ordine
in
cui
si
succedono
.
Si
legge
e
par
di
stare
alla
finestra
,
e
di
assistere
ai
mille
piccoli
accidenti
della
vita
della
strada
.
Perciò
quasi
tutti
i
romanzieri
,
in
confronto
suo
,
fanno
un
po
'
l
'
effetto
di
giocatori
di
bussolotti
.
E
non
avendo
la
preoccupazione
comune
degli
scrittori
di
romanzo
,
d
'
annodare
e
di
districare
molte
fila
e
di
tirarle
da
varie
parti
ad
un
punto
,
è
libero
di
rivolgere
tutte
le
sue
facoltà
al
proprio
fine
,
che
è
di
ritrarre
dal
vero
,
e
può
così
raggiungere
in
quest
'
arte
un
grado
altissimo
di
potenza
.
Non
ha
,
d
'
altra
parte
,
delle
facoltà
molto
varie
;
e
lo
sente
;
e
quindi
aguzza
e
fortifica
mirabilmente
quelle
che
possiede
,
per
supplire
al
difetto
delle
altre
.
E
si
può
mettere
in
dubbio
se
questo
difetto
sia
a
deplorarsi
,
che
forse
una
più
vasta
immaginazione
avrebbe
dimezzato
da
un
altro
lato
la
sua
potenza
,
distraendo
una
parte
delle
sue
forze
dalla
descrizione
e
dall
'
analisi
.
Dotato
invece
come
si
ritrova
,
egli
concepisce
il
romanzo
in
maniera
,
che
il
suo
concetto
e
il
suo
scopo
,
non
inceppano
menomamente
la
libertà
del
suo
lavoro
.
Inteso
ad
una
scena
e
ad
un
dialogo
,
par
che
dimentichi
il
romanzo
;
è
tutto
lì
;
vi
si
sprofonda
e
vi
lavora
con
tutta
l
'
anima
sua
.
Il
dialogo
procede
senza
scopo
,
la
scena
si
svolge
senza
vincoli
,
e
perciò
son
sempre
,
l
'
uno
e
l
'
altra
verissimi
.
Intanto
egli
coglie
a
volo
mille
nonnulla
,
il
carro
che
passa
,
la
nuvola
che
nasconde
il
sole
,
il
vento
che
agita
la
tenda
,
il
riflesso
d
'
uno
specchio
,
un
rumore
lontano
,
e
il
lettore
stesso
,
dimenticando
ogni
altra
cosa
,
vive
tutto
collo
scrittore
in
quel
momento
e
in
quel
luogo
,
e
vi
prova
una
illusione
piacevolissima
,
che
non
gli
lascia
desiderare
null
'
altro
.
Con
questa
facoltà
di
dar
rilievo
a
ogni
menoma
cosa
,
e
lavorando
,
come
fa
,
ordinato
e
paziente
,
riesce
insuperabile
nell
'
arte
delle
gradazioni
,
nell
'
esporre
,
per
una
serie
di
transizioni
finissime
,
la
trasformazione
lenta
e
completa
d
'
un
carattere
o
d
'
uno
stato
di
cose
,
in
modo
che
il
lettore
va
innanzi
,
con
lui
,
senz
'
accorgersene
,
a
piccolissimi
passi
,
e
prova
poi
un
sentimento
di
profonda
meraviglia
,
quando
arriva
alla
fine
,
e
riconosce
,
voltandosi
indietro
,
che
ha
fatto
un
immenso
cammino
.
La
efficacia
grande
di
parecchi
suoi
romanzi
consiste
,
quasi
intera
in
quest
'
arte
.
I
suoi
romanzi
son
fatti
a
maglia
:
una
maglia
fittissima
di
piccoli
episodi
,
formati
di
dialoghi
rotti
e
di
descrizioni
a
ritornello
,
in
cui
ogni
parola
ha
colore
e
sapore
,
e
ogni
inciso
fa
punta
,
e
in
ogni
periodo
c
'
è
,
per
così
dire
,
tutto
lo
scrittore
.
È
raro
che
ci
si
provi
una
emozione
fortissima
e
improvvisa
.
È
forse
unica
nei
suoi
romanzi
la
scena
desolante
e
sublime
del
Monsieur
,
écoutez
donc
,
di
Gervaise
,
quando
s
'
offre
a
chi
passa
,
moribonda
di
fame
,
e
quando
si
sfama
,
piangendo
,
sotto
gli
occhi
di
Goujet
.
Quasi
sempre
,
leggendo
,
si
prova
un
seguito
di
sensazioni
acri
di
piacere
,
di
piccole
scosse
e
di
sorprese
che
lasciano
l
'
animo
incerto
;
qui
una
risata
,
là
un
brivido
di
ribrezzo
,
un
po
'
d
'
impazienza
,
una
meraviglia
grande
per
una
descrizione
prodigiosamente
viva
,
una
stretta
al
cuore
per
una
piaga
umana
spietatamente
denudata
,
e
un
leggiero
stupore
continuo
dalla
prima
all
'
ultima
pagina
,
come
allo
svolgersi
d
'
una
serie
di
vedute
d
'
un
paese
nuovo
.
Son
romanzi
che
si
fiutano
,
che
si
assaporano
a
centellini
,
come
bicchieri
di
liquore
,
e
che
lasciano
l
'
alito
forte
e
il
palato
insensibile
ai
dolciumi
.
A
ciò
contribuisce
in
gran
parte
il
suo
stile
,
solido
,
sempre
stretto
al
pensiero
,
pieno
d
'
artifizi
ingegnosissimi
,
accortamente
nascosti
sotto
un
certo
andamento
uniforme
,
padroneggiato
sempre
dallo
scrittore
,
stupendamente
imitativo
dei
movimenti
e
dei
suoni
,
risoluto
ed
armonico
,
che
par
accompagnato
dal
picchio
cadenzato
d
'
un
pugno
di
ferro
sul
tavolino
,
e
in
cui
si
sente
il
respiro
largo
e
tranquillo
d
'
un
giovane
poderoso
.
La
forza
,
infatti
,
è
la
dote
preminente
dello
Zola
,
e
chiunque
voglia
definirlo
dice
per
prima
cosa
:
-
È
potente
.
Ognuno
dei
suoi
romanzi
è
un
grand
tour
de
force
,
un
peso
enorme
ch
'
egli
solleva
lentamente
e
rimette
lentamente
per
terra
,
facendo
quanto
è
in
lui
per
dissimulare
lo
sforzo
.
Letta
l
'
ultima
pagina
,
vien
fatto
di
dire
:
-
Hein
?
quelle
poigne
!
-
come
quei
tre
beoni
dell
'
Assommoir
,
a
proposito
del
marchese
che
aveva
steso
in
terra
tre
facchini
a
colpi
di
testa
nel
ventre
.
Ed
è
strana
veramente
l
'
apparizione
di
questo
romanziere
in
maniche
di
camicia
,
dal
petto
irsuto
e
dalla
voce
rude
,
che
dice
tutto
a
tutti
,
in
piena
piazza
,
impudentissimamente
;
la
sua
apparizione
improvvisa
in
mezzo
a
una
folla
di
romanzieri
in
abito
nero
,
ben
educati
e
sorridenti
,
che
dicono
mille
oscenità
in
forma
decente
,
in
romanzetti
color
di
rosa
fatti
per
le
alcove
e
per
le
scene
.
Questo
è
il
suo
più
alto
merito
.
Egli
ha
buttato
in
aria
con
un
calcio
tutti
i
vasetti
della
toeletta
letteraria
e
ha
lavato
con
uno
strofinaccio
di
tela
greggia
la
faccia
imbellettata
della
Verità
:
Ha
fatto
il
primo
romanzo
popolare
che
abbia
veramente
«
l
'
odore
del
popolo
.
»
Ha
aggredito
quasi
tutte
le
classi
sociali
,
flagellando
a
sangue
la
grettezza
maligna
delle
piccole
città
di
provincia
,
la
furfanteria
dei
faccendieri
d
'
alto
bordo
;
la
corruzione
ingioiellata
,
l
'
intrigo
politico
,
l
'
armeggio
del
prete
ambizioso
,
la
freddezza
crudele
dell
'
egoismo
bottegaio
,
l
'
ozio
,
la
ghiottoneria
;
la
lascivia
,
con
una
tale
potenza
,
che
quantunque
preceduto
su
questa
via
da
altri
scrittori
ammirabili
,
vi
parve
entrato
per
il
primo
,
e
i
flagellati
si
sentirono
riaprire
le
ferite
antiche
con
uno
spasimo
non
mai
provato
.
Compiendo
quest
'
ufficio
,
si
è
forse
spinto
qualche
volta
di
là
dall
'
arte
;
ma
aperse
all
'
arte
nuovi
spiragli
,
per
cui
si
vedono
nuovi
orizzonti
,
e
insegnò
colori
,
colpi
di
scalpello
,
sfumature
,
forme
,
mezzi
d
'
ogni
natura
,
da
cui
potranno
trarre
un
vantaggio
immenso
altri
mille
ingegni
,
benchè
avviati
,
per
un
'
altra
strada
,
ad
una
meta
affatto
diversa
.
E
non
c
'
è
da
temere
che
derivi
da
lui
una
scuola
eccessiva
e
funesta
,
poichè
la
facoltà
descrittiva
,
che
è
la
sua
dominante
,
non
può
arrivare
più
in
là
sulla
via
che
egli
percorre
,
nè
il
culto
della
verità
nuda
avere
un
sacerdote
più
intrepido
e
più
fedele
.
Gli
imitatori
cadranno
miserabilmente
sulle
sue
orme
,
sfiancati
,
ed
egli
rimarrà
solo
dov
'
è
giunto
sull
'
ultimo
confine
dell
'
arte
sua
,
ritto
a
filo
sopra
un
precipizio
,
nel
quale
chi
vorrà
passargli
innanzi
a
ogni
costo
,
cadrà
a
capofitto
.
Ma
non
si
può
pronunciare
su
di
lui
,
per
ora
,
l
'
ultimo
giudizio
.
Non
ha
che
trentasette
anni
,
è
ancora
nel
fiore
della
sua
gioventù
di
scrittore
,
ed
è
possibile
che
si
trasformi
crescendo
di
statura
.
È
vero
che
la
strada
per
cui
s
'
è
messo
è
così
profondamente
incassata
e
inclinata
,
che
non
si
capisce
come
ne
possa
uscire
.
Ma
è
certo
che
ci
si
proverà
,
e
se
non
riuscirà
nel
suo
intento
,
noi
assisteremo
almeno
a
uno
di
quegli
sforzi
potenti
,
e
avremo
da
lui
uno
di
quei
«
capolavori
sbagliati
»
che
non
destano
minor
meraviglia
dei
grandi
trionfi
.
II
La
sua
storia
letteraria
è
una
delle
più
curiose
di
questi
tempi
.
I
suoi
primi
lavori
furono
i
Contes
à
Ninon
,
scritti
a
ventidue
anni
e
pubblicati
molto
tempo
dopo
.
Lì
c
'
è
ancora
lo
Zola
imberbe
,
con
una
lagrima
negli
occhi
e
un
sorriso
sulle
labbra
,
appena
turbato
da
una
leggera
espressione
di
tristezza
.
Non
tiene
affatto
a
questi
racconti
,
e
s
'
arrabbia
coi
critici
che
,
o
sinceramente
o
malignamente
,
dicono
di
preferirli
ai
suoi
romanzi
.
A
un
tale
che
gli
espresse
tempo
fa
questo
giudizio
,
rispose
:
-
Vi
ringrazio
;
ma
se
venite
a
casa
mia
vi
farò
vedere
certi
miei
componimenti
di
terza
grammatica
,
che
vi
piaceranno
anche
di
più
.
-
I
suoi
primi
romanzi
furono
quei
quattro
arditissimi
,
fra
cui
Thérèse
Raquin
,
ora
un
po
'
dimenticati
,
che
vennero
definiti
da
un
critico
«
letteratura
putrida
.
»
C
'
era
già
lo
Zola
uomo
;
ma
solamente
dalla
cintola
in
su
.
Le
sue
grandi
facoltà
artistiche
,
già
spiegate
,
ma
non
ancora
sicure
,
sentivano
il
bisogno
di
reggersi
sopra
argomenti
mostruosi
,
che
attirassero
per
sè
soli
l
'
attenzione
.
Si
vedeva
però
già
in
quei
romanzi
uno
scrittore
imperterrito
,
ch
'
era
risoluto
a
farsi
largo
a
colpi
di
gomito
,
e
che
aveva
il
gomito
di
bronzo
.
Uno
di
quei
romanzi
,
Madeleine
Férat
,
che
s
'
aggira
sopra
un
fatto
osservato
dall
'
autore
,
d
'
una
ragazza
la
quale
,
abbandonata
dall
'
uomo
che
ama
,
ne
sposa
un
altro
;
ed
ha
parecchi
anni
dopo
un
figliuolo
che
somiglia
al
primo
,
gli
suggerì
l
'
idea
di
scrivere
quella
serie
di
romanzi
fisiologici
,
che
intitolò
Histoire
naturelle
et
sociale
d
'
une
famille
sous
le
second
Empire
;
e
fin
dal
primo
giorno
gli
balenò
alla
mente
tutto
il
lavoro
,
e
tracciò
l
'
albero
genealogico
che
pubblicò
poi
nella
Page
d
'
amour
.
Credevo
che
fosse
anche
questa
una
delle
tante
ostentazioni
di
«
un
disegno
vasto
ed
antico
»
con
cui
gli
autori
cercano
d
'
ingrandire
nel
pubblico
il
concetto
delle
proprie
opere
;
ma
i
manoscritti
,
ch
'
ebbi
l
'
onore
di
vedere
,
mi
disingannarono
.
Fin
dal
primo
principio
egli
stese
l
'
elenco
dei
personaggi
principali
della
famiglia
Rougon
-
Macquart
,
e
destinò
a
ciascuno
la
sua
carriera
,
proponendosi
di
dimostrare
in
tutti
gli
effetti
dell
'
origine
,
dell
'
educazione
,
della
classe
sociale
,
dei
luoghi
,
delle
circostanze
,
del
tempo
.
I
primi
romanzi
di
questo
nuovo
«
ciclo
»
non
ottennero
molto
successo
.
I
linguisti
,
gli
stilisti
,
tutti
coloro
che
sorseggiano
i
libri
con
un
palato
letterario
,
ci
sentirono
della
forza
,
ci
trovarono
del
bello
e
ci
presentirono
del
meglio
;
ma
non
sospettarono
che
ci
fosse
sotto
un
romanziere
di
primo
ordine
.
Lo
Zola
se
ne
indispettì
,
e
gettò
allora
un
guanto
di
sfida
a
Parigi
,
pubblicando
quella
famosa
Curée
,
in
cui
è
manifesta
la
risoluzione
di
levar
rumore
a
ogni
costo
;
quello
splendido
e
orrendo
saturnale
di
mascalzoni
in
guanti
bianchi
,
in
cui
il
meno
turpe
degli
amori
è
l
'
amor
d
'
un
figliastro
per
la
matrigna
e
la
donna
più
onesta
è
una
mezzana
.
Il
romanzo
,
infatti
,
fece
chiasso
;
si
gridò
allo
scandalo
,
come
si
grida
a
Parigi
,
per
educazione
;
ma
si
lesse
il
libro
avidamente
,
e
quel
nome
esotico
di
Zola
suonò
per
qualche
tempo
da
tutte
le
parti
.
Ma
non
fu
nemmen
quello
un
successo
come
egli
aspettava
o
desiderava
.
E
fu
anche
minore
per
i
romanzi
posteriori
.
Lo
spaccio
era
scarso
;
la
cerchia
dei
lettori
,
ristretta
,
e
lo
Zola
,
che
sentiva
in
sè
l
'
originalità
e
la
forza
d
'
un
romanziere
popolare
,
se
ne
rodeva
.
Ma
non
si
perdeva
d
'
animo
.
-
Non
sono
abituato
,
-
scriveva
,
-
ad
aspettare
una
ricompensa
immediata
dai
miei
lavori
.
Da
dieci
anni
pubblico
dei
romanzi
senza
tender
l
'
orecchio
al
rumore
che
fanno
cadendo
nella
folla
.
Quando
ce
ne
sarà
un
mucchio
,
la
gente
che
passa
sarà
ben
forzata
a
fermarsi
.
-
La
sua
fama
,
non
di
meno
,
andava
allargandosi
,
benchè
lentamente
,
In
Russia
,
dove
si
tien
dietro
con
simpatia
a
tutte
le
novità
più
ardite
della
letteratura
francese
,
era
già
notissimo
,
e
tenuto
in
gran
conto
.
Ma
questo
non
gli
bastava
.
Egli
aveva
bisogno
d
'
un
successo
clamoroso
e
durevole
,
che
lo
sollevasse
d
'
un
balzo
,
e
per
sempre
,
dalla
schiera
degli
«
scrittori
di
talento
»
che
si
salutano
confidenzialmente
con
un
atto
della
mano
.
E
ottenne
finalmente
il
suo
intento
coll
'
Assommoir
Cominciarono
a
pubblicarlo
in
appendice
nel
Bien
public
;
ma
dovettero
lasciarlo
a
mezzo
,
tante
furono
lo
proteste
che
lanciarono
gli
abbonati
contro
quell
'«orrore.»
Allora
fu
pubblicato
tutto
intero
in
un
giornale
letterario
,
e
prima
che
fosse
finito
cominciarono
quelle
calde
polemiche
,
che
divennero
ardenti
dopo
la
pubblicazione
del
volume
,
e
che
saranno
ricordate
sempre
come
una
delle
più
furiose
battaglie
letterarie
dei
tempi
presenti
.
Queste
polemiche
diedero
un
impulso
potente
al
successo
del
romanzo
.
Fu
un
successo
strepitoso
,
enorme
,
incredibile
.
Erano
anni
che
non
s
'
era
più
sentito
,
a
proposito
d
'
un
libro
,
un
fracasso
di
quella
fatta
.
Per
lungo
tempo
tutta
Parigi
non
parlò
d
'
altro
che
dell
'
Assommoir
;
lo
si
sentiva
discutere
ad
alta
voce
nei
caffè
,
nei
teatri
,
nei
club
,
nei
gabinetti
di
lettura
,
persino
nelle
botteghe
;
e
c
'
erano
gli
ammiratori
fanatici
,
ma
erano
assai
di
più
gli
avversati
acerrimi
.
La
brutalità
inaudita
di
quel
romanzo
parve
una
provocazione
,
una
ceffata
a
Parigi
,
una
calunnia
contro
il
popolo
francese
;
e
si
chiamava
il
libro
una
«
sudicieria
da
prendere
colle
molle
»
,
un
«
aborto
mostruoso
,
»
un
'
«
azione
da
galera
.
»
Si
scagliarono
contro
l
'
autore
tutte
le
litanie
delle
ingiurie
,
da
quella
di
nemico
della
patria
,
a
quella
d
'
«
égoutier
littéraire
»
e
di
porco
pretto
sputato
,
senza
giri
di
frase
.
Le
riviste
teatrali
della
fin
dell
'
anno
lo
rappresentarono
nei
panni
d
'
uno
spazzaturaio
che
andava
raccattando
le
immondizie
colla
fiocina
per
le
vie
di
Parigi
.
Ce
n
'
ètait
plus
de
la
critique
,
com
'
egli
disse
:
c
'
ètait
,
du
massacre
.
Gli
negavano
l
'
ingegno
,
l
'
originalità
,
lo
stile
,
persino
la
grammatica
;
c
'
era
chi
non
lo
voleva
nemmeno
discutere
;
poco
mancò
che
non
gli
si
facessero
delle
provocazioni
personali
per
la
strada
.
E
si
spandevano
intorno
alla
sua
persona
le
più
stravaganti
e
più
odiose
dicerie
:
che
,
era
un
sacco
di
vizi
,
un
mezzo
bruto
,
un
uomo
,
senza
cuore
come
Lantier
,
un
beone
come
Coupeau
,
un
sudicione
come
Bec
-
Salé
,
una
brutta
faccia
come
il
suo
père
Bezougue
,
il
becchino
.
Ma
intanto
le
edizioni
succedevano
alle
edizioni
;
i
buongustai
spassionati
dicevano
a
bassa
voce
che
il
romanzo
era
un
capolavoro
;
il
popolo
parigino
lo
leggeva
con
passione
,
perchè
ci
trovava
il
suo
boulevard
,
la
sua
buvette
,
la
sua
bottega
,
la
sua
vita
dipinta
insuperabilmente
,
con
colori
nuovi
e
tocchi
di
pennello
,
in
confronto
ai
quali
tutti
gli
altri
gli
parevano
sbiaditi
;
e
i
critici
più
arrabbiati
erano
costretti
a
riconoscere
che
in
quelle
pagine
tanto
bersagliate
c
'
era
qualche
cosa
contro
cui
si
sarebbero
rintuzzate
eternamente
le
punte
delle
loro
freccie
.
Il
grande
successo
dell
'
Assommoir
fece
ricercare
gli
altri
romanzi
,
e
si
può
dire
che
lo
Zola
diventò
celebre
allora
.
La
sua
celebrità
vera
non
data
che
da
tre
anni
.
Egli
stesso
scrisse
poco
tempo
fa
a
un
suo
ammiratore
d
'
Italia
:
-
On
ne
m
'
a
pas
gâté
en
France
.
Il
n
'
y
a
pas
longtemps
qu
'
on
m
'
y
salue
.
È
però
una
celebrità
singolare
la
sua
.
Un
immenso
«
pubblico
»
lo
ammira
,
ma
d
'
un
'
ammirazione
in
cui
c
'
è
un
po
'
di
broncio
e
un
po
'
di
diffidenza
,
e
lo
guarda
di
lontano
,
come
un
orso
male
addomesticato
.
Ha
un
grande
ingegno
,
non
c
'
è
che
fare
;
bisogna
pure
rassegnarsi
a
dirlo
e
a
lasciarlo
dire
.
Egli
è
ancora
a
Parigi
il
lion
du
jour
,
e
non
ha
che
un
rivale
,
il
Daudet
,
che
non
è
però
della
sua
tarchiutura
;
ma
si
trattano
coi
guanti
,
reciprocamente
,
per
non
destare
sospetti
.
Lo
Zola
però
non
si
vale
,
e
par
che
non
si
curi
della
sua
celebrità
.
Non
si
fa
innanzi
;
vive
raccolto
,
nel
suo
cantuccio
,
con
sua
moglie
,
con
sua
madre
e
coi
suoi
bambini
.
Pochi
lo
conoscono
di
vista
ed
è
raro
il
trovare
un
suo
ritratto
.
Non
frequenta
la
società
,
se
non
quando
ci
deve
andare
per
studiarla
,
e
quando
non
ci
va
con
questo
scopo
si
secca
:
non
va
che
dall
'
editore
Charpentier
,
che
ha
una
splendida
casa
,
e
dà
delle
feste
splendide
a
cui
interviene
anche
il
Gambetta
.
Non
appartiene
a
nessuna
consorteria
.
Non
sta
a
Parigi
che
l
'
inverno
;
l
'
estate
va
in
campagna
per
lavorare
tranquillo
.
Una
volta
stava
all
'
estremità
dell
'
Avenue
Clichy
,
luogo
opportunissimo
per
studiare
il
popolo
dell
'
Assommoir
;
ora
sta
in
via
di
Boulogne
,
dove
stava
il
Ruffini
,
poco
lontano
dalla
casa
del
Sardou
.
III
.
Per
mezzo
del
mio
caro
amico
Parodi
,
ebbi
l
'
onore
di
conoscere
lo
Zola
,
e
di
passar
con
lui
parecchie
ore
in
casa
sua
.
È
un
giovane
ben
piantato
;
solidement
bâti
;
un
po
'
somigliante
,
nella
travatura
delle
membra
,
a
Vittor
Hugo
;
più
grasso
,
non
molto
alto
,
ritto
come
una
colonna
,
pallidissimo
;
e
la
sua
pallidezza
apparisce
anche
maggiore
per
effetto
della
barba
e
dei
cappelli
neri
,
che
gli
stanno
ritti
sulla
fronte
come
peli
di
spazzola
.
È
curioso
che
quasi
tutti
coloro
che
vedono
il
ritratto
dello
Zola
dicono
:
-
Questo
viso
non
mi
riesce
nuovo
.
-
Ha
il
viso
rotondo
,
un
naso
audace
,
gli
occhi
scuri
e
vivi
,
che
guardano
con
una
espressione
scrutatrice
,
fieramente
-
,
la
testa
d
'
un
pensatore
e
il
corpo
d
'
un
atleta
,
-
e
mani
ben
fatte
e
salde
,
di
quelle
che
si
stringono
e
si
ritengono
strette
con
piacere
.
Mi
rammentò
a
primo
aspetto
il
suo
Gueule
-
d
'
or
,
e
mi
parve
che
sarebbe
stato
in
grado
di
fare
le
stesse
prodezze
sopra
l
'
incudine
.
La
sua
corporatura
gagliarda
era
messa
meglio
in
evidenza
dal
suo
vestimento
.
Era
in
babbuccie
,
senza
colletto
e
senza
cravatta
,
con
una
giacchetta
ampia
e
sbottonata
,
che
lasciava
vedere
un
largo
torace
sporgente
,
atto
a
rompere
l
'
onda
degli
odii
e
delle
ire
letterarie
.
In
tutto
il
tempo
che
rimasi
con
lui
non
lo
vidi
mai
ridere
.
Mi
ricevette
cortesemente
,
con
una
certa
franchezza
soldatesca
,
senza
le
solite
formule
di
complimento
.
Appena
fummo
seduti
,
prese
in
mano
un
tagliacarte
fatto
a
pugnale
,
colla
guaina
,
e
lo
ritenne
finchè
durò
la
conversazione
,
sguainandolo
e
ringuainandolo
continuamente
con
un
gesto
vivace
.
Eravamo
nel
suo
studio
:
una
bella
sala
piena
di
luce
,
decorata
di
molti
quadri
a
olio
;
da
cui
s
'
indovinava
l
'
uomo
che
ama
molto
la
casa
e
che
vive
molto
solo
.
Certe
descrizioni
,
infatti
,
di
stanze
calde
e
piene
di
comodi
,
che
si
trovano
nei
suoi
romanzi
,
non
possono
essere
fatte
che
da
un
uomo
che
sta
volentieri
nel
suo
nido
,
in
mezzo
a
tutte
le
raffinatezze
della
buona
vita
casalinga
.
Aveva
davanti
un
grande
tavolino
coperto
di
carte
e
di
libri
,
disposti
con
ordine
,
e
sparso
di
molti
piccoli
oggetti
luccicanti
,
di
forma
graziosa
,
come
il
tagliacarte
;
che
rivelavano
un
fino
gusto
artistico
.
Tutta
la
sala
indicava
l
'
agiatezza
elegante
dello
scrittore
parigino
in
voga
.
In
una
parete
c
'
era
un
suo
grande
ritratto
a
olio
,
di
quando
aveva
ventisei
anni
.
Parlò
per
prima
cosa
della
lingua
italiana
.
-
Mi
rincresce
,
-
disse
,
-
di
non
poter
leggere
libri
italiani
.
Noi
altri
francesi
,
in
questo
,
siamo
proprio
da
compiangere
.
Non
sappiamo
nessuna
lingua
.
Ma
io
l
'
italiano
lo
dovrei
sapere
,
essendo
figliuolo
d
'
un
italiano
.
-
E
ci
accennò
lo
studio
critico
della
nostra
Emma
sopra
la
Page
d
'
amour
,
pubblicato
dall
'
Antologia
,
dicendo
che
era
costretto
a
farselo
tradurre
perchè
,
essendosi
provato
a
leggerlo
,
la
metà
del
senso
gli
era
sfuggita
.
Si
rassegnino
dunque
i
nostri
coraggiosi
traduttori
dell
'
Assommoir
;
lo
Zola
non
è
in
grado
di
compensare
i
loro
sudori
con
una
lode
sincera
.
Poi
diede
al
Parodi
due
risposte
monosillabiche
in
cui
si
rivelò
tutta
la
franchezza
della
sua
natura
.
Il
Parodi
aveva
inteso
dire
d
'
una
discussione
sopra
il
Chateaubriand
seguita
a
tavola
fra
il
Turghenieff
,
lo
Zola
,
il
Flaubert
e
uno
dei
fratelli
Goncourt
;
che
questa
discussione
era
durata
sei
ore
,
ardentissima
,
e
che
due
dei
commensali
avevano
difeso
l
'
autore
del
Genio
del
Cristianesimo
contro
gli
altri
due
,
i
quali
negavano
che
fosse
un
grande
scrittore
.
Gli
pareva
che
lo
Zola
fosse
stato
uno
dei
difensori
,
e
lo
interrogò
per
accertarsene
.
E
allora
segui
questo
curioso
dialogo
:
-
Vous
aimez
beaucoup
Chateaubriand
?
-
Non
-
Vous
avez
beaucoup
lu
Chateaubriand
?
-
Non
.
-
Allora
non
siete
voi
che
l
'
avete
difeso
nella
vostra
discussione
col
signor
Turghenieff
?
-
Jamais
.
I
difensori
del
Chateaubriand
erano
stati
il
Turghenieff
e
il
Flaubert
;
lo
Zola
e
il
Goncourt
l
'
avevano
ostinatamente
combattuto
.
Tutti
e
quattro
sogliono
fare
colazione
insieme
una
volta
al
mese
,
e
ogni
volta
nasce
fra
loro
una
discussione
di
quel
genere
,
che
li
tiene
inchiodati
a
tavola
per
mezza
giornata
.
Questa
fu
l
'
introduzione
;
dopo
la
quale
lo
Zola
fu
costretto
a
parlare
esclusivamente
dello
Zola
.
Il
mio
buon
amico
gli
aveva
detto
il
giorno
avanti
,
annunziandogli
la
mia
visita
:
-
Preparatevi
a
subire
un
interrogatorio
in
tutto
le
regole
,
-
ed
egli
aveva
risposto
gentilmente
:
-
Son
bell
'
e
preparato
.
-
Si
cominciò
dunque
l
'
interrogatorio
.
Ma
non
lo
feci
io
;
non
l
'
avrei
mai
osato
:
lo
fece
il
mio
amico
con
un
garbo
squisito
,
e
lo
Zola
cominciò
a
parlare
di
sè
,
senza
preamboli
,
naturalissimamente
,
come
se
parlasse
d
'
un
altro
.
Non
c
'
è
da
dire
se
stavo
inteso
con
tutta
l
'
anima
alle
sue
parole
.
Eppure
,
nel
punto
che
cominciò
a
parlare
,
fui
colto
da
una
distrazione
che
mi
fece
patir
la
tortura
,
Non
so
come
,
mi
balenò
alla
mente
quella
comicissima
scena
della
Faute
de
l
'
abbé
Mouret
,
quando
il
vecchio
ateo
Jeanbernat
dà
un
carico
di
legnate
al
frataccio
Archangias
,
al
lume
della
luna
,
e
mi
prese
tutt
'
a
un
tratto
così
terribile
bisogno
di
ridere
,
che
dovetti
mordermi
le
labbra
a
sangue
per
non
scoppiare
.
Parlò
prima
della
sua
famiglia
.
La
madre
di
suo
padre
era
candiota
,
e
suo
padre
Francesco
Zola
,
di
Treviso
.
Dopo
la
pubblicazione
dell
'
Assommoir
egli
ricevette
dal
Veneto
parecchie
lettere
di
parenti
lontani
che
non
conosceva
.
Parlò
con
amore
di
suo
padre
.
Era
ingegnere
militare
nell
'
esercito
austriaco
;
era
assai
colto
;
sapeva
lo
spagnuolo
,
l
'
inglese
,
il
francese
,
il
tedesco
;
pubblicò
vari
scritti
scientifici
,
che
lo
Zola
conserva
,
e
ce
ne
mostrò
uno
con
alterezza
.
Non
ricordo
in
che
anno
,
ma
ancora
assai
giovane
,
lasciò
il
servizio
militare
e
si
mise
a
far
l
'
ingegnere
civile
.
Andò
in
Germania
,
dove
lavorò
alla
costruzione
d
'
una
delle
prime
strade
ferrate
;
poi
in
Inghilterra
,
poi
a
Marsiglia
,
donde
fece
varie
escursioni
in
Algeria
,
sempre
lavorando
.
Da
Marsiglia
fu
chiamato
a
Parigi
per
le
fortificazioni
.
Qui
si
ammogliò
e
qui
nacque
Emilio
Zola
,
che
rimase
a
Parigi
fino
all
'
età
di
tre
anni
.
Poi
la
famiglia
andò
a
stabilirsi
a
Aix
,
dove
Francesco
Zola
lavorò
alla
costruzione
d
'
un
gran
canale
,
che
fu
battezzato
col
suo
nome
o
lo
serba
ancora
.
Il
padre
Zola
possedeva
una
gran
parte
delle
«
azioni
»
di
questo
canale
;
circa
centocinquantamila
lire
.
Morto
lui
,
la
società
fallì
,
e
alla
stretta
dei
conti
,
pagati
i
creditori
,
non
rimase
alla
vedova
che
un
piccolissimo
capitale
.
Il
figliuolo
Emilio
provò
perciò
la
strettezza
fin
da
ragazzo
,
ed
ebbe
una
giovinezza
poco
lieta
.
A
diciott
'
anni
venne
a
Parigi
a
cercar
fortuna
,
e
qui
cominciò
,
per
lui
una
serie
di
prove
durissime
.
Fu
per
qualche
tempo
impiegato
nella
casa
Hachette
,
prima
a
cento
lire
il
mese
,
poi
a
cento
cinquanta
,
poi
a
duecento
.
Poi
fu
collaboratore
del
Figaro
.
Dopo
poco
tempo
,
perdette
quel
posto
,
e
rimase
sul
lastrico
.
Arrivato
a
questo
punto
lo
Zola
tagliò
corto
,
ma
capii
da
certi
lampi
de
'
suoi
occhi
e
da
certi
suoi
stringimenti
di
labbra
,
che
quello
dev
'
esser
stato
un
periodo
tremendo
della
sua
vita
.
S
'
ingegnò
di
campare
scribacchiando
qua
e
là
;
ma
ne
cavava
appena
tanto
da
reggersi
,
e
non
tutti
i
giorni
.
Fu
quello
il
tempo
in
cui
fece
quegli
studi
tristi
e
profondi
sul
popolo
parigino
,
che
appariscono
particolarmente
nell
'
Assommoir
e
nel
Ventre
de
Paris
.
Visse
in
mezzo
alla
povera
gente
,
abitò
in
parecchie
di
quelle
case
operaie
che
descrisse
poi
maestrevolmente
nell
'
Assommoir
;
-
in
una
,
fra
le
altre
,
dove
stavano
trecento
operai
dei
più
miserabili
;
-
studiò
il
vizio
e
la
fame
,
conobbe
delle
Nana
,
faticò
,
digiunò
,
pianse
,
si
perdette
d
'
animo
,
lottò
con
coraggio
;
ma
infine
il
suo
carattere
si
fortificò
in
quella
vita
,
e
ne
uscì
armato
e
preparato
alle
battaglie
che
lo
aspettavano
nella
grande
arena
dell
'
arte
.
All
'
età
della
leva
,
però
,
non
era
ancora
nè
francese
nè
italiano
,
e
poteva
scegliere
fra
le
due
nazionalità
.
-
Ma
ero
nato
qui
,
-
disse
-
avevo
qui
molti
ricordi
e
molti
legami
;
cominciavo
ad
aprirmi
una
strada
;
amavo
il
luogo
dove
avevo
sofferto
;
scelsi
per
patria
la
Francia
.
Questa
è
la
sua
prima
vita
d
'
uomo
.
La
sua
prima
vita
letteraria
non
è
meno
singolare
,
ed
egli
la
espose
colla
medesima
franchezza
,
continuando
a
giocare
col
pugnaletto
.
Cominciò
tardi
le
sue
scuole
perchè
aveva
poca
salute
.
-
Studiai
poco
,
-
disse
;
-
prendevo
dei
premi
;
ma
ero
un
cattivo
scolaro
.
-
Sentì
il
primo
impulso
a
scrivere
verso
i
quattordici
anni
.
Era
in
Umanità
.
Scrisse
fra
le
altre
cose
un
romanzo
sulle
Crociate
,
che
conserva
ancora
,
e
mise
in
versi
dei
lunghi
squarci
di
prosa
del
Chateaubriand
;
cosa
che
deve
sconcertare
alquanto
i
critici
che
vogliono
ad
ogni
costo
veder
gl
'
indizii
dell
'
indole
d
'
un
grande
scrittore
anche
nelle
prime
manifestazioni
dell
'
ingegno
adolescente
.
Le
sue
prime
letture
furono
Walter
Scott
e
Vittor
Hugo
.
-
Lessi
i
due
autori
insieme
-
disse
-
ma
senza
sentir
gran
fatto
la
differenza
,
perchè
non
capivo
ancora
nè
lo
stile
nè
la
lingua
di
Vittor
Hugo
.
-
Poi
cominciò
a
leggere
il
Balzac
.
E
anche
questa
è
strana
.
Il
Balzac
l
'
annoiò
;
gli
pareva
lungo
,
pesante
,
poco
«
interessante
»
;
non
lo
capì
e
non
lo
fece
suo
che
lungo
tempo
dopo
.
Fin
qui
nessuna
lettura
gli
aveva
lasciata
una
profonda
impressione
.
Più
tardi
,
quando
cominciò
a
leggere
pensando
,
i
suoi
tre
scrittori
prediletti
furono
il
Musset
,
il
Flaubert
e
il
Taine
.
Nel
Musset
non
si
vede
chiaramente
che
cosa
abbia
attinto
,
se
non
è
il
sentimento
di
certe
finezze
voluttuose
della
vita
signorile
,
ch
'
egli
esprime
però
senza
compiacenza
,
da
artista
profondo
,
ma
freddo
.
Del
Flaubert
non
occorre
dire
:
è
l
'
arte
medesima
,
spinta
più
in
là
,
più
minuziosa
,
più
cruda
,
più
vistosamente
colorita
,
e
anche
più
faticosa
.
Del
Taine
ritrae
specialmente
nell
'
analisi
.
Il
suo
metodo
è
quello
seguito
dal
Taine
nello
studio
sopra
il
Balzac
;
procede
come
lui
ordinato
,
serrato
,
cadenzato
,
a
passi
eguali
e
pesanti
;
dal
che
deriva
,
a
giudizio
di
alcuni
,
un
certo
difetto
di
sveltezza
al
suo
stile
,
che
è
in
ispecial
modo
apparente
nei
suoi
ultimi
libri
.
Egli
ha
un
po
'
,
come
si
dice
in
Francia
,
le
pas
de
l
'
éléphant
.
L
'
azione
poi
che
esercitò
su
di
lui
il
Balzac
è
immensa
e
visibilissima
in
tutte
le
sue
opere
.
Egli
l
'
adora
,
è
suo
figlio
,
e
se
ne
gloria
.
All
'
apparire
dei
suoi
primi
romanzi
,
tutti
pronunziarono
il
nome
del
Balzac
.
Il
Charpentier
lo
presentava
agli
amici
dicendo
:
-
Ecco
un
nuovo
Balzac
.
-
Perciò
toccò
appena
di
volo
di
questo
suo
padre
letterario
,
come
se
la
cosa
dovesse
essere
sottintesa
.
Dei
suoi
studii
non
disse
altro
.
Non
deve
avere
coltura
classica
,
poichè
confessò
egli
stesso
d
'
essersi
trovato
imbarazzato
a
leggere
certi
libri
in
latino
volgare
;
e
in
questo
è
alla
pari
con
molti
dei
più
illustri
scrittori
francesi
di
questi
tempi
.
Ma
fece
la
sua
educazione
da
sè
stesso
;
studiò
combattendo
,
come
i
generali
della
rivoluzione
;
studia
man
mano
che
ha
da
scrivere
un
romanzo
,
per
quel
romanzo
,
tutte
le
quistioni
che
v
'
hanno
attinenza
,
come
faceva
George
Sand
;
legge
continuamente
,
forzato
dalle
esigenze
imperiose
della
polemica
;
ha
sulla
punta
delle
dita
tutto
il
romanzo
di
questo
secolo
,
conosce
profondamente
Parigi
,
padroneggia
insuperabilmente
la
lingua
-
e
pensa
.
Si
venne
poi
al
più
importante
degli
argomenti
.
Il
Parodi
gli
domandò
ex
-
abrupto
come
faceva
a
fare
il
romanzo
.
Era
proprio
un
toccarlo
sul
vivo
.
Sguainò
quasi
tutto
il
suo
pugnaletto
,
lo
ricacciò
con
forza
nel
fodero
,
e
cominciò
a
parlare
speditamente
,
animandosi
a
grado
a
grado
.
Ecco
,
-
disse
,
-
come
faccio
il
romanzo
,
Non
lo
faccio
affatto
.
Lascio
che
si
faccia
da
sè
.
Io
non
so
inventare
dei
fatti
;
mi
manca
assolutamente
questo
genere
di
immaginazione
.
Se
mi
metto
a
tavolino
per
cercare
un
intreccio
,
una
tela
qualsiasi
di
romanzo
,
sto
anche
lì
tre
giorni
a
stillarmi
il
cervello
,
colla
testa
fra
le
mani
,
ci
perdo
la
bussola
e
non
riesco
a
nulla
.
Perciò
ho
preso
la
risoluzione
di
non
occuparmi
mai
del
soggetto
.
Comincio
a
lavorare
al
mio
romanzo
,
senza
sapere
nè
che
avvenimenti
vi
si
svolgeranno
,
nè
che
personaggi
vi
avranno
parte
,
nè
quale
sarà
il
principio
e
la
fine
.
Conosco
soltanto
il
mio
protagonista
,
il
mio
Rougon
o
Macquart
,
uomo
o
donna
;
che
è
una
conoscenza
antica
.
Mi
occupo
anzi
tutto
di
lui
,
medito
sul
suo
temperamento
,
sulla
famiglia
da
cui
è
nato
,
sulle
prime
impressioni
che
può
aver
ricevute
,
e
sulla
classe
sociale
in
cui
ho
stabilito
che
debba
vivere
.
Questa
è
la
mia
occupazione
più
importante
:
studiare
la
gente
con
cui
questo
personaggio
avrà
che
fare
,
i
luoghi
in
cui
dovrà
trovarsi
,
l
'
aria
che
dovrà
respirare
,
la
sua
professione
,
le
sue
abitudini
,
fin
le
più
insignificanti
occupazioni
a
cui
dedicherà
i
ritagli
della
sua
giornata
.
Mettendomi
a
studiare
queste
cose
,
mi
balena
subito
alla
mente
una
serie
di
descrizioni
che
possono
trovar
luogo
nel
romanzo
,
e
che
saranno
come
lo
pietre
miliari
della
strada
che
debbo
percorrere
.
Ora
,
per
esempio
,
sto
scrivendo
Nana
:
una
cocotte
.
Non
so
ancora
affatto
che
cosa
seguirà
di
lei
.
Ma
so
già
tutte
le
descrizioni
che
ci
saranno
nel
mio
romanzo
.
Mi
son
domandato
prima
di
ogni
cosa
:
-
Dove
va
una
cocotte
?
-
Va
ai
teatri
,
alle
prime
rappresentazioni
.
Sta
bene
.
Ecco
cominciato
il
romanzo
.
Il
primo
capitolo
sarà
la
descrizione
d
'
una
prima
rappresentazione
in
uno
dei
nostri
teatri
eleganti
.
Per
far
questo
bisogna
che
studi
.
Vado
a
parecchie
prime
rappresentazioni
.
Domani
sera
vado
alla
Gaité
.
Studio
la
platea
,
i
palchi
,
il
palcoscenico
;
osservo
tutti
i
più
minuti
particolari
della
vita
delle
scene
;
assisto
alla
toeletta
d
'
un
'
attrice
,
e
tornato
a
casa
,
abbozzo
la
mia
descrizione
.
Una
cocotte
va
alle
corse
,
a
un
grand
prix
.
Ecco
un
'
altra
descrizione
che
metterò
nel
romanzo
,
a
una
conveniente
distanza
dalla
prima
.
Vado
a
studiare
un
grand
prix
.
Una
cocotte
frequenta
i
gran
restaurants
.
Mi
metto
a
studiare
i
gran
restaurants
.
Frequento
quei
luoghi
per
qualche
tempo
.
Osservo
,
interrogo
,
noto
,
indovino
.
E
così
avanti
fin
che
non
abbia
studiato
tutti
gli
aspetti
di
quella
parte
di
mondo
in
cui
suole
agitarsi
la
vita
d
'
una
donna
di
quella
fatta
.
Dopo
due
o
tre
mesi
di
questo
studio
,
mi
sono
impadronito
di
quella
maniera
di
vita
:
la
vedo
,
la
sento
,
la
vivo
nella
mia
testa
,
per
modo
che
son
sicuro
di
dare
il
mio
romanzo
il
colore
e
il
profumo
proprio
di
quel
mondo
.
Oltrecchè
,
vivendo
per
qualche
tempo
,
come
ho
fatto
,
in
quella
cerchia
sociale
,
ho
conosciute
delle
persone
che
vi
appartengono
,
ho
inteso
raccontare
dei
fatti
veri
,
so
quello
che
vi
suole
accadere
,
ho
imparato
il
linguaggio
che
vi
si
parla
,
ho
in
capo
una
quantità
di
tipi
,
di
scene
,
di
frammenti
di
dialogo
,
di
episodi
d
'
avvenimenti
,
che
formano
come
un
romanzo
confuso
di
mille
pezzi
staccati
ed
informi
.
Allora
mi
riman
da
fare
quello
che
per
me
è
più
difficile
:
legare
con
un
solo
filo
,
alla
meglio
,
tutte
quelle
reminiscenze
e
tutte
quelle
impressioni
sparse
.
È
un
lavoro
quasi
sempre
lungo
.
Ma
io
mi
ci
metto
flemmaticamente
,
e
invece
d
'
adoperarci
l
'
immaginazione
,
ci
adopero
la
logica
.
Ragiono
tra
me
,
e
scrivo
i
miei
soliloqui
,
parola
per
parola
,
tali
e
quali
mi
vengono
,
in
modo
che
,
letti
da
un
altro
,
parrebbero
una
stranissima
cosa
.
Il
tale
fa
questo
.
Che
cosa
nasce
solitamente
da
un
fatto
di
questa
natura
?
Quest
'
altro
fatto
,
Quest
'
altro
fatto
è
tale
che
possa
interessare
quell
'
altra
persona
?
Certamente
.
È
dunque
logico
che
quest
'
altra
persona
reagisca
in
quest
'
altra
maniera
,
E
allora
può
intervenire
un
nuovo
personaggio
;
quel
tale
,
per
esempio
,
che
ho
conosciuto
in
quel
tal
luogo
,
quella
tal
sera
.
Cerco
di
ogni
più
piccolo
avvenimento
le
conseguenze
immediate
;
quello
che
deriva
logicamente
,
naturalmente
,
inevitabilmente
dal
carattere
e
dalla
situazione
dei
miei
personaggi
.
Faccio
il
lavoro
d
'
un
commissario
di
polizia
che
da
qualche
indizio
voglia
riuscire
a
scoprire
gli
autori
d
'
un
delitto
misterioso
.
Incontro
nondimeno
,
assai
sovente
,
molte
difficoltà
.
Alle
volte
non
ci
sono
più
che
due
sottilissimi
fili
da
annodare
,
una
conseguenza
semplicissima
da
dedurre
,
e
non
ci
riesco
,
e
mi
affatico
e
m
'
inquieto
inutilmente
.
Allora
smetto
di
pensarci
,
perchè
so
che
è
tempo
perduto
.
Passano
due
,
tre
,
quattro
giorni
.
Una
bella
mattina
,
finalmente
,
mentre
fo
colazione
e
penso
ad
altro
,
tutto
a
un
tratto
i
due
fili
si
riannodano
,
la
conseguenza
è
trovata
,
tutte
le
difficoltà
sono
sciolte
.
Allora
un
torrente
di
luce
scorre
su
tutto
il
romanzo
.
Un
flot
de
lumière
coule
sur
tout
le
roman
.
Vedo
tutto
e
tutto
è
fatto
.
Riacquisto
la
mia
serenità
,
son
sicuro
del
fatto
mio
,
non
mi
resta
più
a
fare
che
la
parte
tutta
piacevole
del
mio
lavoro
.
E
mi
ci
metto
tranquillamente
,
metodicamente
,
coll
'
orario
alla
mano
,
come
un
muratore
.
Scrivo
ogni
giorno
quel
tanto
;
tre
pagine
di
stampa
;
non
una
riga
di
più
,
e
la
mattina
solamente
.
Scrivo
quasi
senza
correggere
perchè
son
mesi
che
rumino
tutto
,
e
appena
scritto
,
metto
le
pagine
da
parte
,
e
non
le
rivedo
più
che
stampate
.
E
posso
calcolare
infallibilmente
il
giorno
che
finirò
.
Ho
impiegato
sei
mesi
a
scrivere
Une
page
d
'
Amour
;
un
anno
a
scriver
l
'
Assommoir
.
-
L
'
Assommoir
,
-
soggiunse
poi
,
dando
un
colpo
della
mano
aperta
sul
manico
del
pugnale
,
-
è
stato
la
mia
tortura
.
È
quello
che
m
'
ha
fatto
penare
di
più
per
mettere
insieme
i
pochissimi
fatti
su
cui
si
regge
.
Avevo
in
mente
di
fare
un
romanzo
sull
'
alcoolismo
.
Non
sapevo
altro
.
Avevo
preso
un
monte
di
note
sugli
effetti
dell
'
abuso
dei
liquori
.
Avevo
fissato
di
far
morire
un
beone
della
morte
di
cui
muore
Coupeau
.
Non
sapevo
però
chi
sarebbe
stato
la
vittima
,
e
anche
prima
di
cercarla
,
andai
all
'
ospedale
di
Sant
'
Anna
a
studiare
la
malattia
e
la
morte
,
come
un
medico
.
Poi
assegnai
a
Gervaise
il
mestiere
di
lavandaia
,
e
pensai
subito
a
quella
descrizione
del
lavatoio
che
misi
nel
romanzo
;
che
è
la
descrizione
d
'
un
lavatoio
vero
,
in
cui
passai
molte
ore
.
Poi
,
senza
saper
nulla
del
Goujet
,
che
immaginai
in
seguito
,
pensai
di
valermi
dei
ricordi
d
'
un
'
officina
di
fabbro
ferraio
,
dove
avevo
passato
delle
mezze
giornate
da
ragazzo
,
e
che
è
accennata
nei
Contes
à
Ninon
.
Così
,
prima
d
'
aver
fatto
la
tela
del
romanzo
,
avevo
già
concepita
la
descrizione
di
un
pranzo
nella
bottega
di
Gervaise
,
e
quella
della
visita
al
museo
del
Louvre
.
Avevo
già
studiate
le
mie
bettole
,
l
'
Assommoir
di
père
Colombe
,
le
botteghe
,
l
'
Hôtel
Bonc
ur
,
ogni
cosa
.
Quando
tutto
il
rimanente
fu
predisposto
,
cominciai
a
occuparmi
di
quello
che
doveva
accadere
;
e
feci
questo
ragionamento
,
scrivendolo
.
Gervaise
viene
a
Parigi
con
Lantier
,
suo
amante
.
Che
cosa
seguirà
?
Lantier
è
un
pessimo
soggetto
:
la
pianta
.
E
poi
?
Lo
credereste
che
mi
sono
intoppato
qui
,
e
che
non
andai
più
avanti
per
vari
giorni
?
Dopo
vari
giorni
feci
un
altro
passo
.
Gervaise
è
giovane
;
è
naturale
che
si
rimariti
;
si
rimarita
,
sposa
un
operaio
,
Coupeau
.
Ecco
quello
che
morirà
a
Sant
'
Anna
.
Ma
qui
rimasi
in
asso
da
capo
.
Per
mettere
a
posto
i
personaggi
e
le
scene
che
avevo
in
mente
,
per
dare
un
'
ossatura
qualunque
al
romanzo
,
mi
occorreva
ancora
un
fatto
,
uno
solo
,
che
facesse
nodo
coi
due
precedenti
.
Questi
tre
soli
fatti
mi
bastavano
;
il
rimanente
era
tutto
trovato
,
preparato
,
e
come
già
scritto
per
disteso
nella
mia
mente
.
Ma
questo
terzo
fatto
non
riuscivo
a
raccappezzarlo
.
Passai
varii
giorni
agitato
e
scontento
.
Una
mattina
,
improvvisamene
,
mi
balena
un
'
idea
.
Lantier
ritrova
Gervaise
,
-
fa
amicizia
con
Coupeau
,
-
s
'
installa
in
casa
sua
....
et
alors
il
s
'
établit
un
ménage
a
trois
,
comme
j
'
en
ai
vu
plusieurs
;
e
ne
segue
la
rovina
.
Respirai
.
Il
romanzo
era
fatto
.
Detto
questo
,
aperse
un
cassetto
,
prese
un
fascio
di
manoscritti
e
me
li
mise
sotto
gli
occhi
.
Erano
i
primi
studi
dell
'
Assommoir
,
in
tanti
foglietti
volanti
.
Sui
primi
fogli
c
'
era
uno
schizzo
dei
personaggi
:
appunti
sulla
persona
,
sul
temperamento
,
sull
'
indole
.
Ci
trovai
lo
«
specchio
caratteristico
»
di
Gervaise
,
di
Coupeau
,
di
maman
Coupeau
,
dei
Lorilleux
,
dei
Boche
,
di
Goujet
,
di
madame
Lérat
:
c
'
eran
tutti
.
Parevano
note
d
'
un
registro
di
questura
,
scritte
in
linguaggio
laconico
,
e
liberissimo
,
come
quello
del
romanzo
,
e
interpolate
di
brevi
ragionamenti
,
come
:
-
Nato
così
,
educato
così
;
si
porterà
in
questo
modo
.
-
In
un
luogo
c
'
era
scritto
:
-
E
che
può
far
altro
una
canaglia
di
questa
specie
?
-
M
'
è
rimasto
impresso
,
fra
gli
altri
,
lo
schizzo
di
Lantier
,
che
era
un
filza
d
'
aggettivi
,
che
formavano
una
gradazione
crescente
d
'
ingiurie
:
-
grossier
,
sensuel
,
brutal
,
egoiste
,
polisson
.
-
In
alcuni
punti
c
'
era
detto
:
-
servirsi
del
tale
-
una
persona
conosciuta
dall
'
autore
.
Tutto
scritto
in
caratteri
grossi
e
chiari
,
e
con
ordine
.
Poi
mi
caddero
sotto
gli
occhi
gli
schizzi
dei
luoghi
,
fatti
a
penna
,
accuratamente
,
come
un
disegno
d
'
ingegnere
.
Ce
n
'
era
un
mucchio
:
tutto
l
'
Assommoir
disegnato
:
le
strade
del
quartiere
in
cui
si
svolge
il
romanzo
,
colle
cantonate
,
e
coll
'
indicazione
delle
botteghe
;
i
zig
-
zag
che
faceva
Gervaise
per
scansare
i
creditori
;
le
scappate
domenicali
di
Nana
;
le
pellegrinazioni
della
comitiva
dei
briaconi
di
bastringue
in
bastringue
e
di
bousingot
in
bousingot
;
l
'
ospedale
e
il
macello
,
fra
cui
andava
e
veniva
,
in
quella
terribile
sera
,
la
povera
stiratrice
straziata
dalla
fame
.
La
gran
casa
del
Marescot
era
tracciata
minutissimamente
;
tutto
l
'
ultimo
piano
;
i
pianerottoli
,
le
finestre
,
lo
stambugio
del
becchino
,
la
buca
di
père
Bru
,
tutti
quei
corridori
lugubri
,
in
cui
si
sentiva
un
souffle
de
crevaison
,
quei
muri
che
risonavano
come
pancie
vuote
,
quelle
porte
da
cui
usciva
una
perpetua
musica
di
legnate
e
di
strilli
di
mioches
morti
di
fame
.
C
'
era
pure
la
pianta
della
bottega
di
Gervaise
,
stanza
per
stanza
,
coll
'
indicazione
dei
letti
e
delle
tavole
,
in
alcuni
punti
cancellata
e
corretta
.
Si
vedeva
che
lo
Zola
ci
s
'
era
divertito
per
ore
e
per
ore
,
dimenticando
forse
anche
il
romanzo
,
tutto
immerso
nella
sua
finzione
,
come
in
un
proprio
ricordo
.
Su
altri
fogli
c
'
erano
appunti
di
vario
genere
.
Ne
notai
due
principalmente
:
-
venti
pagine
di
descrizione
della
tal
cosa
,
-
dodici
pagine
di
descrizione
della
tal
scena
,
da
dividersi
in
tre
parti
.
-
Si
capisce
che
aveva
la
descrizione
in
capo
,
formulata
prima
d
'
essere
fatta
,
e
che
se
la
sentiva
sonar
dentro
cadenzata
e
misurata
,
come
un
'
arietta
a
cui
dovesse
ancora
trovare
le
parole
.
Son
meno
rare
di
quello
che
si
pensi
,
queste
maniere
di
lavorare
,
anche
in
cose
d
'
immaginazione
,
col
compasso
.
Lo
Zola
è
un
grande
meccanico
.
Si
vede
come
le
sue
descrizioni
procedono
simmetricamente
,
a
riprese
,
separate
qualche
volta
da
una
specie
d
'
intercalare
,
messo
là
perchè
il
lettore
ripigli
rifiato
,
e
divise
in
parti
quasi
uguali
;
come
quella
dei
fiori
del
parco
nella
Faute
de
l
'
abbé
Mouret
,
quella
del
temporale
nella
Page
d
'
amour
,
quella
della
morte
del
Coupeau
nell
'
Assommoir
.
Si
direbbe
che
la
sua
mente
,
per
lavorar
poi
tranquilla
e
libera
intorno
alle
minuzie
,
ha
bisogno
di
tracciarsi
prima
i
confini
netti
del
suo
lavoro
,
di
sapere
esattamente
in
quali
punti
potrà
riposare
,
e
quasi
che
estensione
e
che
forma
presenterà
nella
stampa
il
lavoro
proprio
.
Quando
la
materia
gli
cresce
,
la
recide
per
farla
rientrare
in
quella
forma
,
o
quando
gli
manca
,
fa
un
sforzo
per
tirarla
a
quel
segno
.
È
un
invincibile
amore
delle
proporzioni
armoniche
,
che
qualche
volta
può
generare
prolissità
;
ma
che
spesso
,
costringendo
il
pensiero
ad
insistere
sul
suo
soggetto
,
renda
l
'
opera
più
profonda
e
più
completa
.
C
'
erano
,
oltre
a
queste
,
delle
note
estratte
dalla
Réforme
sociale
en
France
del
Le
Play
,
dall
'
Hérédité
naturelleel
dottor
Lucas
,
e
da
altre
opere
di
cui
si
valse
per
scrivere
il
suo
romanzo
;
Le
sublime
,
fra
le
altre
,
che
dopo
la
pubblicazione
dell
'
Assommoir
fu
ristampato
e
riletto
;
poichè
è
un
privilegio
dei
capolavori
quello
di
mettere
in
onore
anche
le
opere
mediocri
di
cui
si
sono
giovati
.
Lo
interrogammo
intorno
ai
suoi
studi
di
lingua
.
Ne
parlò
con
molta
compiacenza
.
Si
crede
generalmente
che
abbia
studiato
l
'
argot
nel
popolo
;
sì
,
in
parte
;
ma
più
nei
dizionarii
speciali
,
che
son
parecchi
,
e
buonissimi
;
come
imparò
in
special
modo
dai
dizionari
d
'
arti
e
mestieri
quella
ricchissima
terminologia
d
'
officina
e
di
bottega
,
che
è
nei
suoi
romanzi
popolari
.
Ma
per
scrivere
l
'
argot
non
bastava
consultare
il
dizionario
;
bisognava
saperlo
,
ossia
rifarselo
.
Si
fece
perciò
un
dizionario
diviso
a
soggetti
,
e
vi
andò
man
mano
registrando
le
parole
e
le
frasi
che
trovava
nei
libri
e
che
raccattava
per
la
strada
.
Scrivendo
Assommoir
,
prima
di
trattare
un
soggetto
,
scorreva
la
parte
corrispondente
del
dizionario
;
poi
scriveva
tenendolo
sotto
gli
occhi
,
e
cancellava
con
un
lapis
rosso
ogni
frase
,
via
via
che
la
metteva
nel
libro
,
per
evitar
di
ripeterla
.
-
Io
son
un
uomo
paziente
,
vedete
,
-
disse
poi
;
-
lavoro
colla
placidità
d
'
un
vecchio
compilatore
;
provo
piacere
anche
nelle
occupazioni
più
materiali
;
prendo
amore
alle
mie
note
e
ai
miei
scartafacci
;
mi
cullo
nel
mio
lavoro
,
e
mi
ci
trovo
bene
,
come
un
pigro
nella
sua
poltrona
.
Lo
strano
è
che
diceva
tutte
queste
cose
senza
sorridere
;
ma
nemmeno
con
un
barlume
di
sorriso
.
Il
suo
viso
pallidissimo
non
ebbe
mai
una
di
quelle
mille
espressioni
convenzionali
di
amabilità
o
di
gaiezza
,
che
si
usano
dalle
persone
più
fredde
per
dar
colore
alla
conversazione
.
In
verità
non
ricordo
d
'
aver
mai
visto
al
mondo
un
viso
più
«indipendente.»
Faceva
un
solo
movimento
di
tratto
in
tratto
:
dilatava
le
narici
e
stringeva
i
denti
,
facendo
risaltar
le
mascelle
;
il
che
gli
dava
un
'
espressione
più
vigorosa
di
risoluzione
e
di
fierezza
.
Parlò
del
successo
dell
'
Assommoir
.
Disse
che
,
mentre
scriveva
quel
romanzo
,
era
le
mille
miglia
lontano
dal
prevedere
il
chiasso
che
fece
.
Era
stato
costretto
a
interromperlo
per
una
malattia
della
sua
signora
;
ci
s
'
era
poi
rimesso
di
mala
voglia
;
il
cuore
non
gliene
diceva
bene
.
Di
più
,
un
amico
di
cui
egli
faceva
gran
conto
,
letto
il
manoscritto
,
gli
aveva
presagito
un
mezzo
fiasco
.
A
lui
stesso
pareva
che
il
soggetto
non
fosse
«interessante.»
Lasciò
indovinare
,
insomma
,
che
nemmeno
dopo
il
suo
grande
successo
,
non
era
quello
il
romanzo
a
cui
teneva
di
più
.
-
Qual
è
dunque
?
-
gli
domandai
.
La
sua
risposta
mi
diede
una
grande
soddisfazione
.
-
Le
ventre
de
Paris
,
-
rispose
.
E
infatti
la
storia
di
quel
grasso
e
iniquo
pettegolezzo
plebeo
,
che
finisce
per
perdere
un
povero
galantuomo
,
e
che
si
svolge
dalla
prima
all
'
ultima
pagina
in
quel
singolarissimo
teatro
delle
Halles
,
pieno
di
colori
,
di
sapori
e
d
'
odori
,
fra
quelle
pescivendole
dalle
rotondità
enormi
e
impudenti
,
fra
quegli
amori
annidati
nei
legumi
e
nelle
penne
di
pollo
,
in
mezzo
a
quello
strano
intreccio
di
rivalità
bottegaie
e
di
congiure
repubblicane
,
m
'
è
sempre
parsa
una
delle
più
originali
e
delle
più
felici
invenzioni
dell
'
ingegno
francese
.
Venne
a
parlare
delle
critiche
che
si
fecero
all
'
Assommoir
.
Anche
parlando
,
egli
sceglie
sempre
la
frase
più
dura
e
più
recisa
per
esprimere
il
proprio
pensiero
.
Accennando
a
una
scuola
che
non
gli
va
a
genio
,
disse
:
-
Vedrete
che
famoso
colpo
di
scopa
ci
daremo
dentro
!
-
In
ogni
sua
parola
si
sente
il
suo
carattere
fortemente
temprato
,
non
solo
alle
resistenze
ostinate
,
ma
agli
assalti
temerarii
.
Nelle
sue
critiche
,
infatti
,
dà
addosso
a
tutti
.
Ne
raccolse
parecchie
in
un
volume
e
le
intitolò
:
-
I
miei
odii
.
-
Si
capisce
.
Deve
tutto
a
sè
stesso
,
è
passato
per
tutte
le
prove
,
è
coperto
di
cicatrici
:
la
battaglia
è
la
sua
vita
;
vuole
la
gloria
,
ma
strappata
a
forza
;
e
accompagnata
dal
fragore
della
tempesta
.
Le
critiche
più
spietate
non
fanno
che
irritare
il
suo
coraggio
.
Gli
gridarono
la
croce
per
le
crudità
della
Curée
;
egli
andò
del
doppio
più
in
là
nell
'
Assommoir
.
Prova
una
feroce
voluttà
nel
provocare
il
pubblico
.
«
Gli
insuccessi
»
non
gli
passano
nemmeno
la
prima
pelle
.
Avanti
!
-
disse
dopo
una
delle
sue
più
grandi
cadute
-
;
io
sono
a
terra
;
ma
l
'
arte
è
in
piedi
.
Forse
che
la
battaglia
è
perduta
perchè
il
soldato
è
ferito
?
Al
lavoro
,
e
ricominciamo
!
-
E
dice
il
fatto
suo
alla
critica
,
alla
sua
maniera
.
-
La
critica
francese
manca
d
'
intelligenza
-
;
nientemeno
.
-
Non
ci
sono
in
tutta
la
Francia
che
tre
o
quattro
uomini
capaci
di
giudicare
un
libro
.
-
Gli
altri
o
giudicano
con
tutti
i
pregiudizii
letterarii
degli
sciocchi
,
o
sono
pretti
impostori
.
-
Ha
questo
gran
difetto
,
-
come
gli
diceva
un
amico
:
-
che
quando
parla
con
un
imbecille
,
gli
fa
capire
immediatamente
che
è
un
imbecille
;
-
difetto
,
-
dice
,
-
che
gli
chiuderà
sempre
tutte
le
porte
.
Ma
a
lui
non
importa
d
'
essere
,
amato
.
Egli
considera
il
pubblico
come
il
suo
nemico
naturale
.
Che
serve
accarezzarlo
?
È
una
mala
bestia
che
risponde
alle
carezze
coi
morsi
.
Tanto
vale
mostrargli
i
denti
e
fargli
vedere
che
non
sono
meno
forti
dei
suoi
.
Latri
a
sua
posta
,
purchè
ci
segua
.
Eppure
s
'
ingannano
quelli
che
argomentano
da
questa
sua
asprezza
di
carattere
ch
'
egli
non
abbia
cuore
.
Tutti
i
suoi
amici
intimi
lo
affermano
.
In
casa
,
colla
sua
famiglia
,
è
un
altro
Zola
;
ha
pochi
amici
,
ma
li
ama
fortemente
;
non
è
espansivo
,
ma
servizievole
.
E
scrive
delle
lettere
piene
di
sentimento
.
Ha
un
cuore
affettuoso
,
sotto
una
corazza
d
'
acciaio
.
Spiegò
poi
meglio
il
concetto
che
ha
del
pubblico
,
parlando
della
vendita
dei
libri
a
Parigi
.
-
Qui
non
si
fa
nulla
,
-
disse
,
smettendo
per
la
prima
volta
il
pugnale
,
ma
riafferrandolo
subito
,
-
nulla
,
se
non
si
fa
chiasso
.
Bisogna
essere
discussi
,
maltrattati
,
levati
in
alto
dal
bollore
delle
ire
nemiche
.
Il
parigino
non
compra
quasi
mai
il
libro
spontaneamente
,
per
un
sentimento
proprio
di
curiosità
;
non
lo
compra
che
quando
glie
ne
hanno
intronate
le
orecchie
,
quando
è
diventato
come
un
avvenimento
da
cronaca
,
del
quale
bisogna
saper
dir
qualche
cosa
in
conversazione
.
Pur
che
se
ne
parli
,
comunque
se
ne
parli
,
è
una
fortuna
.
La
critica
vivifica
tutto
;
non
c
'
è
che
il
silenzio
che
uccida
.
Parigi
è
un
oceano
;
ma
un
oceano
in
cui
la
calma
perde
,
e
la
burrasca
salva
.
Come
si
può
scuotere
altrimenti
l
'
indifferenza
di
questa
enorme
città
tutta
intenta
ai
suoi
affari
e
ai
suoi
piaceri
,
ad
ammassar
quattrini
e
a
profonderli
?
Essa
non
sente
che
i
ruggiti
e
le
cannonate
.
E
guai
a
chi
non
ha
coraggio
!
È
quello
che
mi
diceva
il
Parodi
:
-
Qui
non
si
stima
chi
mostra
di
non
stimare
sè
stesso
.
Per
prima
cosa
bisogna
affermare
risolutamente
il
proprio
diritto
alla
gloria
.
Chi
si
fa
piccino
,
è
perduto
.
Guai
al
modesto
!
E
lo
Zola
non
è
nè
modesto
,
nè
orgoglioso
;
è
schietto
.
Colla
stessa
schiettezza
con
cui
riconosce
i
lati
deboli
del
suo
ingegno
,
come
si
è
visto
,
ne
dice
i
lati
forti
.
Parlando
dei
suoi
studi
dal
vero
dice
:
-
Non
ho
però
bisogno
di
veder
tutto
;
un
aspetto
mi
basta
,
gli
altri
li
indovino
;
qui
sta
l
'
ingegno
.
-
Quando
scriveva
la
Page
d
'
amour
,
diceva
:
-
Farò
piangere
tutta
Parigi
.
-
Difendendo
una
sua
commedia
caduta
dice
:
-
Perchè
è
caduta
?
Perchè
il
pubblico
s
'
aspettava
dall
'
autore
dei
Rougon
-
Macquart
una
commedia
straordinaria
,
di
primissimo
ordine
;
qualcosa
di
miracoloso
.
-
Ma
dice
questo
con
una
sicurezza
e
con
una
semplicità
,
che
non
vien
nemmeno
in
capo
di
accusarlo
di
presunzione
.
E
in
ciò
si
rivela
appunto
la
sua
natura
italiana
,
meno
inverniciata
della
francese
,
come
si
rivela
nelle
sue
critiche
,
in
cui
dice
le
più
dure
cose
senza
giri
di
frase
e
senza
epiteti
lenitivi
,
e
paccia
le
pillole
amare
senza
dorarle
;
cosa
che
ripugna
all
'
indole
della
critica
parigina
.
Ed
è
italiano
anche
in
questo
,
che
ha
la
nostra
causticità
genuina
,
consistente
più
nella
cosa
che
nella
parola
,
e
non
il
vero
spirito
francese
.
E
lo
riconosce
e
se
ne
vanta
.
-
Je
n
'
ai
pas
cet
entortillement
d
'
esprit
.
-
Je
ne
sais
parler
le
papotage
à
la
mode
.
-
Io
detesto
i
bons
mots
e
il
pubblico
li
adora
.
Questa
è
la
grande
ragione
per
cui
non
ci
possiamo
intendere
.
Accennò
pure
,
di
volo
,
alla
gran
quistione
del
realismo
e
dell
'
idealismo
.
Su
questo
argomento
rispetto
profondamente
le
opinioni
di
uno
scrittore
come
lo
Zola
.
Ma
a
queste
professioni
di
fede
irremovibile
e
a
queste
bandiere
sventolate
con
tanto
furore
,
ci
credo
poco
.
Uno
scrittore
si
trova
a
scrivere
in
una
data
maniera
perchè
la
sua
indole
,
la
sua
educazione
,
le
condizioni
della
sua
vita
lo
spinsero
da
quella
parte
.
Quando
ha
fatto
per
quella
via
un
lungo
cammino
,
quando
ha
speso
in
quella
forma
d
'
arte
un
gran
tesoro
di
forze
,
e
v
'
ha
riportato
dei
trionfi
,
e
s
'
è
persuaso
che
non
andrà
mai
innanzi
altrettanto
in
una
direzione
diversa
,
allora
alza
la
sua
insegna
e
dice
:
-
In
hoc
signo
vinces
.
-
Ma
che
diverrebbe
l
'
arte
se
tutti
lo
seguissero
?
Mi
vien
sempre
in
mente
quella
sentenza
del
Rénan
:
-
Il
mondo
è
uno
spettacolo
che
Dio
dà
a
sè
stesso
.
Per
carità
,
non
facciamolo
tutto
d
'
un
colore
,
se
non
vogliamo
annoiarci
anche
noi
.
-
C
'
è
posto
per
tutti
-
come
diceva
Silvio
Pellico
-
e
nessuno
se
ne
vuol
persuadere
.
-
Non
capisco
come
ci
sia
della
gente
d
'
ingegno
che
picchia
sulla
testa
a
una
parte
dell
'
umanità
unicamente
perchè
non
sente
e
non
esprime
la
vita
come
essi
la
sentono
e
la
esprimono
.
È
come
se
i
magri
volessero
mettere
al
bando
dell
'
umanità
i
grassi
;
e
i
linfatici
,
i
nervosi
.
In
fondo
,
chi
non
vede
chiaramente
che
è
una
guerra
che
certe
facoltà
dello
spirito
fanno
ad
altre
facoltà
?
Emilio
Zola
,
non
men
degli
altri
,
non
fa
che
tirar
l
'
acqua
al
suo
mulino
,
Egli
dirà
,
per
esempio
,
che
la
tragedia
greca
è
realistica
,
e
che
non
si
deve
descrivere
che
quello
che
si
vede
o
che
s
'
è
visto
,
e
che
quando
si
mette
un
albero
sulla
scena
,
dev
'
essere
un
albero
vero
;
e
forse
,
in
cuor
suo
,
sorriderà
di
queste
affermazioni
.
E
quando
qualcuno
lo
coglierà
in
contraddizione
,
risponderà
ingenuamente
:
-
Que
voulez
vous
?
Il
faut
bien
avoir
un
drapeau
.
-
Siamo
d
'
accordo
;
ma
è
quasi
sempre
la
bandiera
,
non
della
propria
fede
,
ma
del
proprio
ingegno
.
E
lo
stesso
Zola
è
sempre
realista
,
anche
quando
dà
cuore
e
mente
agli
alberi
e
ai
fiori
?
A
un
uomo
come
lui
si
può
ben
dire
quello
che
si
pensa
.
Parlò
pure
del
teatro
.
Disse
che
era
falsa
la
notizia
data
dai
giornali
,
che
egli
avesse
incaricato
due
commediografi
,
di
cui
non
ricordo
il
nome
,
di
fare
un
dramma
dell
'
Assommoir
.
S
'
era
parlato
pure
,
a
questo
proposito
,
della
Curée
,
per
la
cui
protagonista
,
Renée
,
la
celebre
attrice
Sarah
Bernard
aveva
manifestato
una
gran
simpatia
.
Ma
dei
suoi
romanzi
,
uno
solo
,
finora
,
Thérèse
Raquin
,
fu
convertito
da
lui
stesso
in
un
dramma
,
nel
quale
è
riuscita
una
fortissima
scena
la
descrizione
di
quella
tremenda
notte
nuziale
di
Teresa
e
di
Laurent
,
fra
cui
s
'
interpone
il
fantasma
schifoso
del
marito
annegato
.
Il
Teatro
però
esercita
anche
sullo
Zola
un
'
attrazione
irresistibile
e
inebriante
,
come
su
tutti
gli
scrittori
moderni
,
ai
quali
nessuna
gloria
letteraria
pare
bastevole
,
se
non
è
coronata
da
un
trionfo
sulle
scene
.
Poichè
a
Parigi
,
la
città
più
teatrale
del
mondo
,
una
vittoria
drammatica
dà
d
'
un
solo
tratto
la
fama
e
la
fortuna
che
non
dà
il
buon
successo
di
dieci
libri
.
A
questo
scopo
egli
converge
perciò
tutti
i
suoi
sforzi
.
La
sua
grande
ambizione
è
di
fare
un
Assommoir
teatrale
.
Finora
non
lavorò
,
si
può
dire
,
che
per
prepararsi
a
questa
gran
prova
.
Non
ebbe
successi
notevoli
;
cadde
più
d
'
una
volta
;
ma
persiste
tenacemente
.
E
s
'
affatica
a
sgombrarsi
il
passo
colla
critica
,
battendo
in
breccia
la
commedia
alla
moda
,
la
comédie
d
'
intrigue
,
ce
joujou
donné
au
public
,
ce
jeu
de
patience
,
che
egli
vorrebbe
ricondurre
alla
forma
antica
,
alla
comicità
di
buona
lega
,
la
quale
consiste
tutta
nei
tipi
e
nelle
situazioni
,
e
non
in
quello
spirito
fouetté
en
neige
,
rélevé
d
'
une
pointe
de
musc
,
che
piace
per
la
novità
,
e
che
non
saprà
più
di
nulla
fra
cinque
anni
;
ai
caratteri
largamente
sviluppati
in
un
'
azione
semplice
e
logica
,
alle
analisi
libere
e
profonde
,
e
ai
dialoghi
sciolti
da
ogni
convenzione
;
a
una
forma
insomma
,
in
cui
possano
spiegarsi
e
prevalere
le
sue
forti
facoltà
di
romanziere
.
E
propugnando
queste
teorie
,
difende
ostinatamente
i
suoi
lavori
drammatici
.
Un
amico
andò
a
visitarlo
dopo
la
caduta
del
suo
Bouton
de
rose
al
Palais
Royal
,
e
lo
trovò
a
tavolino
con
davanti
un
mucchio
di
fogli
scritti
.
-
Che
cosa
fate
?
-
gli
domandò
,
-
Vous
comprenez
-
rispose
-
je
ne
veux
pus
lâcher
ma
pièce
.
-
»
Stava
facendo
una
difesa
del
Bouton
de
Rose
,
curiosissima
,
nella
quale
si
rivela
il
suo
carattere
meglio
che
in
un
epistolario
di
cinque
volumi
.
Cominciò
coll
'
esporre
il
soggetto
della
commedia
,
ricavata
in
parte
dai
Contes
drólatiques
del
Balzac
,
e
come
si
svolse
nella
sua
mente
,
e
le
ragioni
d
'
ogni
personaggio
e
d
'
ogni
scena
.
E
poi
:
-
Sta
bene
-
disse
-
il
dramma
è
caduto
.
-
Riferisco
presso
a
poco
le
sue
parole
.
-
Io
accetto
altamente
tutte
le
responsabilità
.
Questo
dramma
m
'
è
diventato
caro
per
la
brutalità
odiosa
con
cui
fu
trattato
.
Lo
scatenamento
feroce
della
folla
l
'
ha
rialzato
e
ingrandito
ai
miei
occhi
.
Più
tardi
ci
sarà
appello
:
i
processi
letterari
sono
suscettibili
di
cassazione
.
Il
pubblico
non
ha
voluto
capire
il
mio
lavoro
,
perchè
non
vi
ha
trovato
quella
specie
di
vis
comica
che
vi
cercava
,
che
è
un
fiore
tutto
parigino
,
sbocciato
sui
marciapiedi
dei
boulevards
.
Ha
trovato
il
mio
spirito
grossolano
!
Diavolo
!
Come
si
fa
a
sopportare
la
franchezza
d
'
un
uomo
che
viene
avanti
con
un
stile
diretto
e
che
chiama
le
cose
col
loro
nome
?
Già
,
il
sapore
dell
'
antico
racconto
francese
non
si
sente
più
;
non
si
capiscono
più
quei
tipi
:
io
avrei
dovuto
mettere
un
avviso
a
stampa
sulla
schiena
dei
miei
personaggi
.
E
poi
una
buona
metà
del
teatro
faceva
voti
ardenti
perchè
il
mio
Bouton
de
rose
capitombolasse
.
Erano
andati
là
come
si
va
nella
baracca
d
'
un
domatore
di
fiere
,
col
segreto
desiderio
di
vedermi
divorare
.
Io
mi
son
fatti
molti
nemici
colle
mie
critiche
teatrali
,
in
cui
la
sincerità
è
la
mia
sola
forza
.
Chi
giudica
i
lavori
degli
altri
,
s
'
espone
alle
rappresaglie
.
I
vaudevillisti
vessati
e
i
drammaturghi
esasperati
si
son
detti
:
-
Finalmente
!
Lo
andremo
a
giudicare
una
volta
,
questo
terribile
uomo
!
Nell
'
orchestra
c
'
erano
dei
signori
che
si
mostravano
reciprocamente
le
chiavi
.
C
'
era
poi
un
'
altra
ragione
.
Io
sono
romanziere
.
Questo
basta
.
Riuscendo
nel
teatro
,
avrei
occupato
troppo
posto
.
Bisognava
impedire
.
E
d
'
altra
parte
era
giusto
che
io
espiassi
le
quarantadue
edizioni
dell
'
Assommoir
e
le
diciasette
edizioni
della
Page
d
'
amour
.
-
Schiacciamolo
,
-
si
son
detti
.
E
l
'
han
fatto
.
Si
ascoltò
il
primo
atto
,
si
fischiò
:
il
secondo
e
non
si
volle
sentire
il
terzo
.
Il
fracasso
era
tale
che
i
critici
non
potevano
neppur
sentire
il
nome
dei
personaggi
;
alcune
innocentissime
parole
di
argot
scoppiarono
nel
teatro
come
bombe
;
i
muri
minacciavano
di
crollare
;
non
si
capiva
più
nulla
.
E
così
sono
stato
ammazzato
.
Ora
non
ho
più
nè
rancore
nè
tristezza
.
Ma
il
giorno
dopo
non
riuscii
a
soffocare
un
sentimento
di
giusta
indignazione
.
Credevo
che
la
seconda
sera
la
commedia
non
sarebbe
arrivata
di
là
dal
secondo
atto
.
Mi
pareva
che
il
pubblico
pagante
dovesse
completare
il
disastro
.
Andai
al
teatro
,
a
ora
tarda
,
e
salendo
le
scale
,
interrogai
un
artista
:
-
Ebbene
,
vanno
in
collera
,
di
sopra
?
-
L
'
artista
mi
rispose
sorridendo
:
-
Ma
no
,
signore
!
Tutti
i
frizzi
sono
gustati
.
La
salle
est
superbe
,
e
si
smascella
dalle
risa
.
-
Ed
era
vero
;
non
si
sentiva
una
disapprovazione
;
il
successo
era
enorme
.
Io
rimasi
là
per
tutto
un
atto
,
ad
ascoltare
quelle
risa
,
e
soffocavo
,
mi
sentivo
venir
le
lagrime
agli
occhi
.
Pensavo
al
teatro
della
sera
prima
,
e
mi
domandavo
il
perchè
di
quella
inesplicabile
brutalità
,
dal
momento
che
il
vero
pubblico
faceva
al
mio
lavoro
una
accoglienza
tanto
diversa
.
Questi
sono
i
fatti
.
Mi
diano
una
spiegazione
i
critici
sinceri
.
Il
Bouton
de
rose
ebbe
quattro
rappresentazioni
;
l
'
incasso
maggiore
fu
quello
della
seconda
.
Per
che
ragione
,
se
è
lecito
?
Perchè
la
stampa
non
aveva
ancora
parlato
e
il
pubblico
veniva
e
rideva
con
confidenza
.
Il
terzo
giorno
la
critica
comincia
il
suo
lavoro
di
strangolamento
;
una
prima
scarica
di
articoli
furibondi
ferisce
la
commedia
al
cuore
;
e
allora
la
gente
esita
e
s
'
allontana
da
un
'
opera
che
non
una
voce
difende
e
che
i
più
tolleranti
gettano
nel
fango
.
I
pochi
curiosi
che
si
arrischiano
,
si
divertono
sinceramente
;
l
'
effetto
cresce
ad
ogni
rappresentazione
;
gli
artisti
,
rinfrancati
,
recitano
con
un
accordo
maraviglioso
.
Che
importa
?
Lo
strangolamento
è
riuscito
;
il
pubblico
della
prima
sera
ha
stretto
la
corda
e
la
critica
ha
dato
l
'
ultimo
strappo
.
Eppure
!
Eppure
il
Bouton
de
rose
resiste
solidamente
sulle
scene
pur
che
ci
sia
chi
si
degni
di
sentirlo
.
Io
credo
che
sia
ben
fatto
,
che
certe
situazioni
siano
comiche
e
originali
,
e
che
il
tempo
gli
darà
ragione
.
Un
tale
,
la
prima
sera
,
nei
corridoi
del
teatro
diceva
ad
alta
voce
:
-
Ebbene
,
farà
ancora
il
critico
teatrale
Emilio
Zola
?
-
Perdio
se
lo
farò
ancora
!
E
più
ardentemente
di
prima
,
potete
andarne
sicuri
.
La
conversazione
cadde
ancora
una
volta
sui
romanzi
,
e
lo
Zola
soddisfece
parecchie
mie
vivissime
curiosità
.
I
suoi
personaggi
son
quasi
tutti
ricordi
,
conoscenze
sue
d
'
altri
tempi
;
alcuni
già
abbozzati
nei
Contes
à
Ninon
.
Il
Lantier
,
per
esempio
,
lo
conobbe
in
carne
ed
ossa
,
ed
è
infatti
uno
dei
caratteri
più
stupendamente
veri
dell
'
Assommoir
.
L
'
idea
del
frate
Archangias
della
Faute
de
l
'
abbé
Mouret
,
di
quel
comicissimo
villanaccio
incappucciato
,
che
predica
la
religione
con
un
linguaggio
da
facchino
ubbriaco
,
gli
venne
dall
'
aver
letto
in
un
giornale
di
provincia
,
d
'
un
certo
frate
,
maestro
di
scuola
,
stato
condannato
dai
tribunali
per
abuso
....
di
forza
.
Certe
rispostaccie
date
dall
'
accusato
ai
giudici
gli
avevano
presentato
il
carattere
bell
'
e
fatto
.
Poichè
si
parlava
di
quel
romanzo
,
non
potei
trattenermi
dall
'
esprimergli
la
mia
viva
ammirazione
per
quelle
splendide
pagine
,
in
cui
descrisse
i
rapimenti
religiosi
del
giovane
prete
dinanzi
all
'
immagine
della
Vergine
;
pagine
degne
davvero
d
'
un
grande
poeta
.
-
Voi
non
potete
immaginare
,
-
mi
rispose
,
-
la
fatica
che
mi
costò
quel
benedetto
abate
Mouret
.
Per
poterlo
descrivere
all
'
altare
,
andai
parecchie
volte
a
sentire
tre
o
quattro
messe
di
seguito
a
Nôtre
Dame
.
Per
la
sua
educazione
religiosa
consultai
molti
preti
.
Nessuno
però
mi
volle
o
mi
seppe
dare
tutte
le
spiegazioni
di
cui
avevo
bisogno
.
Misi
sottosopra
delle
botteghe
di
librai
cattolici
;
mi
digerii
dei
grossi
volumi
di
Cerimoniali
religiosi
e
di
Manuali
da
curati
di
campagna
.
Ma
non
mi
pareva
ancora
di
possedere
abbastanza
la
materia
.
Un
prete
spretato
,
finalmente
,
completò
le
mie
cognizioni
.
Gli
domandai
se
aveva
fatto
pure
degli
studi
così
accurati
e
così
pratici
per
descrivere
la
vita
delle
halles
,
le
botteghe
di
formaggi
,
il
lavoro
delle
stiratrici
,
le
discussioni
del
Parlamento
,
le
ribotte
degli
operai
.
-
Necessariamente
,
-
rispose
.
-
E
per
descrivere
il
temporale
della
Page
d
'
amour
?
-
Per
descrivere
il
temporale
,
mi
asciugai
parecchie
volte
tutta
l
'
acqua
che
Dio
ha
mandata
,
osservando
Parigi
dalle
torri
di
Nôtre
Dame
.
Gli
domandai
se
era
mai
stato
presente
a
una
battaglia
.
Disse
di
no
,
e
questo
mi
fece
gran
meraviglia
,
perchè
nella
descrizione
del
combattimento
fra
gl
'
insorti
e
le
truppe
imperiali
,
nella
Fortune
des
Rougons
,
si
sente
il
fischio
delle
palle
e
si
vede
il
disordine
e
la
morte
,
come
nessun
scrittore
li
ha
mai
resi
.
Da
ultimo
venne
a
parlare
dei
suoi
romanzi
futuri
,
e
in
questo
discorso
si
animò
più
che
non
avesse
fatto
fino
allora
;
il
suo
viso
si
colorò
d
'
un
leggero
rossore
,
la
sua
voce
si
rinvigorì
,
e
non
dico
come
lavorasse
il
pugnaletto
.
Egli
farà
un
romanzo
in
cui
descriverà
la
vita
militare
francese
,
com
'
è
.
Questo
solleverà
una
tempesta
;
gli
daranno
del
nemico
della
Francia
;
sta
bene
.
Il
suo
romanzo
sarà
intitolato
Le
soldat
,
e
conterrà
una
grande
descrizione
della
battaglia
di
Sédan
.
Egli
andrà
apposta
a
Sédan
,
ci
starà
quindici
giorni
,
studierà
il
terreno
con
una
guida
palmo
per
palmo
,
e
forse
....
ne
uscirà
qualche
cosa
.
In
un
altro
romanzo
metterà
la
descrizione
d
'
una
morte
per
combustione
spontanea
,
d
'
un
bevitore
.
Altri
l
'
han
fatta
;
egli
la
farà
a
modo
suo
.
L
'
uomo
avrà
l
'
abitudine
di
passare
la
sera
accanto
al
camino
,
colla
pipa
in
bocca
,
e
piglierà
fuoco
accendendo
la
pipa
.
Egli
descriverà
tutto
-
e
dicendo
questo
corrugò
le
sopracciglia
e
gli
lampeggiarono
gli
occhi
,
come
se
vedesse
in
quel
punto
lo
spettacolo
orrendo
.
-
La
gente
di
casa
entrerà
la
mattina
nella
stanza
e
non
troverà
più
che
la
pipa
e
une
poignée
de
quelque
chose
.
Poi
scriverà
un
romanzo
che
avrà
per
soggetto
il
commercio
,
i
«
grandi
magazzini
»
come
il
Louvre
e
il
Bon
Marchè
,
la
lotta
del
grande
commercio
col
piccolo
,
dei
milioni
coi
cento
mila
franchi
:
un
soggetto
vasto
e
originale
,
pieno
di
nuovi
colori
,
di
nuovi
tipi
e
di
nuove
scene
,
col
quale
tratterà
a
ferro
rovente
una
nuova
piaga
di
Parigi
.
Poi
un
altro
romanzo
:
le
lotte
dell
'
ingegno
per
aprirsi
una
strada
nel
mondo
,
un
drappello
di
giovani
che
vanno
a
cercar
fortuna
a
Parigi
,
la
vita
giornalistica
,
la
vita
letteraria
,
l
'
arte
,
la
critica
,
la
miseria
in
abito
decente
,
le
febbri
,
le
disperazioni
e
i
trionfi
del
giovane
di
genio
,
divorato
dall
'
ambizione
e
dalla
fame
:
una
storia
in
cui
riverserà
tutto
il
sangue
che
uscì
dalle
ferite
del
suo
cuore
di
vent
'
anni
.
E
infine
un
romanzo
più
originale
di
tutti
,
che
si
svolgerà
sopra
una
rete
di
strade
ferrate
:
una
grande
stazione
in
cui
s
'
incrocieranno
dieci
strade
,
e
per
ogni
«
binario
»
correrà
un
episodio
,
e
si
riannoderanno
tutti
alla
stazione
principale
,
e
tutto
il
romanzo
avrà
il
colore
dei
luoghi
,
e
vi
si
sentirà
,
come
un
accompagnamento
musicale
,
lo
strepito
di
quella
vita
precipitosa
,
e
vi
sarà
l
'
amore
nel
vagone
,
l
'
accidente
nella
galleria
,
il
lavoro
della
locomotiva
,
l
'
incontro
,
l
'
urto
,
il
disastro
,
la
fuga
;
tutto
quel
mondo
nero
,
fumoso
e
rumoroso
,
nel
quale
egli
vive
col
pensiero
da
lungo
tempo
.
E
saran
tutti
romanzi
del
«
ciclo
»
Rougon
Macquart
.
Egli
ne
ha
già
nella
mente
,
come
una
visione
,
mille
scene
:
abbozzi
confusi
,
pagine
lucidissime
,
catastrofi
tremende
e
avventure
comiche
e
descrizioni
sfolgoranti
,
che
gli
ribollono
dentro
senza
posa
,
e
sono
l
'
alimento
vitale
dell
'
anima
sua
.
Ha
ancora
otto
romanzi
da
scrivere
.
Quando
la
storia
dei
Rougon
Macquart
sarà
finita
,
egli
spera
che
,
giudicando
l
'
opera
intera
,
la
critica
gli
renderà
giustizia
.
Intanto
lavora
tranquillamente
,
e
va
diritto
alla
sua
meta
,
senza
guardar
nè
indietro
nè
ai
lati
,
Il
suo
studio
è
la
sua
cittadella
,
nella
quale
egli
sì
sente
sicuro
,
e
scorda
il
mondo
,
tutto
assorto
nelle
graves
jouissances
de
la
recherche
du
vrai
.
-
Vedete
,
-
disse
in
fine
,
-
io
sono
un
uomo
tutto
di
casa
.
Non
son
buono
a
nulla
se
non
ho
la
mia
penna
,
il
mio
calamaio
,
quel
quadro
là
davanti
agli
occhi
,
questo
panchettino
qui
sotto
i
piedi
.
Portato
fuor
del
mio
nido
,
son
finito
.
Ecco
perchè
non
ho
passione
per
viaggiare
.
Quando
arrivo
in
una
nuova
città
,
mi
segue
sempre
la
medesima
cosa
.
Mi
chiudo
nella
mia
camera
d
'
albergo
,
tiro
fuori
i
miei
libri
e
leggo
per
tre
giorni
filati
senza
mettere
il
naso
fuor
dell
'
uscio
.
Il
quarto
giorno
m
'
affaccio
alla
finestra
e
conto
le
persone
che
passano
.
Il
quinto
giorno
riparto
.
-
C
'
è
un
viaggio
però
-
soggiunse
-
che
farò
sicurissimamente
:
un
viaggio
in
Italia
.
-
Quando
?
-
gli
domandai
ansiosamente
.
-
Quando
avrò
finito
Nana
,
-
rispose
.
-
Probabilmente
la
ventura
primavera
.
È
un
mio
antico
desiderio
.
E
domandò
infatti
quali
erano
i
mesi
propizii
per
fare
un
viaggio
in
Italia
colla
famiglia
.
È
inutile
che
io
dica
se
lo
scongiurai
di
non
cambiar
proposito
,
e
con
che
piacere
intravvidi
lontano
una
mensa
splendida
,
coronata
di
realisti
e
d
'
idealisti
italiani
d
'
ogni
età
e
d
'
ogni
colore
,
affratellati
almeno
una
sera
per
onorare
un
grande
ingegno
e
un
carattere
forte
e
sincero
.
E
intanto
egli
continuava
a
discorrere
,
in
piedi
,
vicino
alla
porta
,
colla
sua
amabile
e
virile
franchezza
,
coi
suoi
gesti
risoluti
,
col
suo
bel
viso
pallido
e
fiero
,
e
veduto
così
sul
fondo
del
suo
studio
elegante
,
pieno
di
libri
e
di
carte
,
e
dorato
da
un
raggio
di
sole
,
dava
l
'
immagine
d
'
un
bellissimo
quadro
,
che
rappresentasse
l
'
ingegno
,
la
fortuna
e
la
forza
;
e
il
gridio
dei
due
piccoli
Zola
che
giocavano
nella
stanza
accanto
,
vi
aggiungeva
una
nota
di
gentilezza
,
che
lo
rendeva
più
nobile
e
più
caro
.
E
mi
suonano
sempre
all
'
orecchio
le
ultime
parole
che
mi
disse
sulla
soglia
,
stringendomi
la
destra
con
una
mano
e
tenendo
su
coll
'
altra
la
tenda
della
porta
:
-
Je
suis
toujours
très
-
sensible
aux
poignées
de
main
amicales
qui
me
viennent
des
étrangers
;
mais
ce
n
'
est
pas
d
'
un
étranger
que
me
vient
la
vôtre
;
c
'
est
de
l
'
Italie
,
de
ma
première
patrie
,
ou
est
né
mon
père
.
Adieu
!
PARIGI
Per
quanto
si
stia
volentieri
a
Parigi
viene
un
giorno
in
cui
la
città
diventa
antipatica
.
Passata
la
febbre
dei
primi
giorni
,
quando
si
comincia
a
entrare
un
po
'
addentro
a
quella
vita
tumultuosa
,
si
prova
un
disinganno
,
come
al
vedere
la
città
la
mattina
per
tempo
,
mentre
è
ancora
scarmigliata
e
insonnita
.
Com
'
è
brutta
Parigi
in
quell
'
ora
!
Quei
boulevards
famosi
,
così
sfolgoranti
poche
ore
prima
,
non
sono
più
che
uno
stradone
irregolare
,
fiancheggiato
da
case
misere
,
alte
e
basse
,
sbiadite
,
annerite
,
sformate
sulla
sommità
da
un
orribile
disordine
di
camini
altissimi
,
che
paiono
la
travatura
di
edifizi
non
finiti
;
e
ogni
cosa
essendo
ancora
chiusa
e
velata
da
un
po
'
di
nebbia
,
non
si
vede
che
un
grande
spazio
solitario
e
grigio
,
nel
quale
non
si
riconoscono
più
,
a
primo
aspetto
,
i
luoghi
più
noti
;
e
tutto
pare
invecchiato
,
logoro
e
pieno
di
pentimenti
e
di
tristezze
;
a
cui
sembra
che
vogliano
sfuggire
le
rare
carrozze
che
passano
rapidamente
,
come
peccatrici
sorprese
dall
'
alba
e
dalla
vergogna
,
dopo
l
'
ultima
orgia
del
carnovale
.
-
Son
questi
i
boulevards
?
-
si
dice
con
un
senso
di
rammarico
,
davanti
a
quel
miserabile
spettacolo
.
E
così
dopo
qualche
mese
di
vita
parigina
si
dice
:
-
Questa
è
Parigi
?
Ma
i
primi
mesi
sono
bellissimi
,
in
specie
per
i
cambiamenti
che
seguono
in
noi
.
Si
prova
subito
un
raddoppiamento
d
'
attività
fisica
per
effetto
del
raddoppiamento
di
valore
del
tempo
,
e
l
'
orologio
,
fino
allora
sprezzato
,
assume
la
direzione
della
vita
.
Tre
giorni
dopo
l
'
arrivo
,
senza
che
ce
n
'
accorgiamo
,
la
cadenza
abituale
del
nostro
passo
è
già
accelerata
,
e
il
giro
del
nostro
sguardo
,
ingrandito
.
Tutto
,
anche
il
divertimento
,
richiede
previdenza
e
cura
;
ogni
passo
ha
il
suo
scopo
;
ogni
giornata
ci
si
presenta
,
fin
dallo
svegliarsi
,
divisa
e
ordinata
in
una
serie
di
occupazioni
;
e
non
ci
rimane
più
alcuno
di
quei
piccoli
ozii
,
i
quali
,
come
in
una
marcia
militare
i
riposi
irregolari
,
infiacchiscono
invece
di
ristorare
le
forze
.
La
più
torpida
pigrizia
è
scossa
e
vinta
.
La
vita
sensuale
e
la
vita
intellettuale
si
intrecciano
così
sottilmente
,
e
ci
allacciano
la
giornata
in
una
rete
così
fitta
di
piaceri
e
di
pensieri
,
che
non
è
più
possibile
stricarsene
.
Una
curiosità
smaniosa
di
mille
cose
s
'
impadronisce
di
noi
,
e
ci
fa
correre
dalla
mattina
alla
sera
coll
'
interrogazione
sulle
labbra
e
colla
borsa
in
mano
,
come
affamati
in
cerca
di
alimento
.
Il
delitto
clamoroso
,
il
re
che
passa
,
l
'
astro
che
si
spegne
,
la
gloria
che
sorge
,
la
solennità
scientifica
,
il
libro
nuovo
,
il
nuovo
quadro
,
il
nuovo
scandalo
,
le
grida
di
stupore
e
le
alte
risate
di
Parigi
,
si
succedono
così
rapidamente
che
non
c
'
è
neppur
il
tempo
di
voltarsi
a
dare
uno
sguardo
a
ogni
cosa
;
e
siamo
costretti
a
difendere
faticosamente
la
nostra
libertà
di
spirito
,
se
vogliamo
attendere
a
un
qualsiasi
lavoro
.
Tutto
precipita
e
la
menoma
sosta
produce
una
piena
.
Stiamo
quarant
'
otto
ore
in
casa
;
è
come
starci
un
mese
in
una
città
italiana
.
Uscendo
,
troviamo
cento
nuove
cose
nei
luoghi
soliti
dove
davamo
una
capatina
,
e
cento
nei
discorsi
del
nostro
crocchio
d
'
amici
;
e
torniamo
a
casa
con
una
retata
di
notizie
e
d
'
idee
,
ciascuna
già
bollata
d
'
un
giudizio
arguto
,
e
come
battuta
in
moneta
spicciola
,
da
potersi
spendere
immediatamente
.
In
capo
a
pochi
giorni
ci
troviamo
nelle
condizioni
d
'
ogni
buon
«
borghese
»
parigino
:
scambiamo
cioè
per
dottrina
e
per
spirito
nostro
tutta
la
dottrina
e
tutto
lo
spirito
che
ci
corre
intorno
,
tanto
sentiamo
nel
serra
serra
di
quella
moltitudine
che
si
rimescola
vertiginosamente
,
il
calore
e
il
palpito
della
vita
di
tutti
.
Per
quanto
si
viva
in
disparte
,
la
grande
città
ci
parla
nell
'
orecchio
continuamente
,
ci
accende
il
viso
col
suo
fiato
,
ci
costringe
a
poco
a
poco
a
pensare
e
a
vivere
a
modo
suo
,
e
ci
attacca
tutte
le
sue
sensualità
.
Dopo
quindici
giorni
lo
straniero
più
restio
fa
già
la
gobba
,
come
il
gatto
,
sotto
la
sua
mano
profumata
.
Si
sentono
come
i
fumi
d
'
un
vino
traditore
,
che
salgono
a
grado
a
grado
alla
testa
;
un
'
irritazione
voluttuosa
,
provocata
dalla
furia
di
quella
vita
,
dallo
sfolgorio
,
dagli
odori
,
dalla
cucina
afrodisiaca
,
dagli
spettacoli
eccitanti
,
dalla
forma
acuta
in
cui
ogni
nuova
idea
ci
ferisce
;
e
non
è
passato
un
mese
,
che
quel
ritornello
eterno
di
tutte
le
canzonette
,
-
la
bella
donnina
,
il
teatro
e
la
cenetta
-
ci
s
'
è
piantato
nella
testa
tirannicamente
,
e
tutti
i
nostri
pensieri
gli
battono
le
ali
dintorno
.
Abbiamo
già
dinanzi
un
altro
ideale
di
vita
,
da
quello
che
avevamo
arrivando
,
più
facile
allo
spirito
,
più
difficile
alla
borsa
,
verso
il
quale
la
nostra
coscienza
ha
già
fatto
,
prima
che
ce
n
'
accorgiamo
,
mille
piccole
transazioni
codarde
.
Certo
non
bisogna
avere
in
sè
cagioni
di
grandi
dolori
,
perchè
è
tremendo
per
chi
è
in
terra
sentirsi
passare
addosso
quell
'
immensa
folla
che
corre
ai
piaceri
.
Ma
Parigi
è
per
la
gioventù
,
per
la
salute
e
per
la
fortuna
,
e
dà
loro
quello
che
nessun
'
altra
città
al
mondo
può
dare
.
Certi
stati
d
'
animo
,
in
fatti
,
brevi
,
ma
deliziosi
,
sono
specialissimi
di
quella
vita
:
come
è
passare
in
carrozza
per
una
delle
strade
più
splendide
e
più
rumorose
,
verso
sera
,
sotto
un
bel
cielo
azzurro
lavato
di
fresco
da
un
temporale
di
primavera
,
pensando
che
ci
aspetta
dopo
la
corsa
una
bella
mensa
coronata
di
spalle
bianche
e
tempestata
di
frizzi
,
e
dopo
la
mensa
,
una
nuova
commedia
dell
'
Augier
,
e
poi
un
'
ora
in
un
crocchio
d
'
amici
colti
ed
amabili
al
caffè
Tortoni
,
e
in
fine
,
a
letto
,
un
capitolo
d
'
un
nuovo
romanzo
del
Flaubert
,
tra
riga
e
riga
del
quale
penseremo
già
alla
gita
che
faremo
a
Saint
-
Cloud
la
mattina
seguente
.
In
nessun
'
altra
città
si
danno
delle
ore
così
piene
zeppe
di
sensazioni
e
di
aspettazioni
piacevoli
.
Non
l
'
ora
,
ma
il
quarto
d
'
ora
è
pieno
di
promesse
misteriose
e
d
'
indovinelli
,
che
tengono
l
'
animo
sospeso
nella
speranza
di
qualche
cosa
d
'
impreveduto
:
supremo
alimento
della
vita
.
Abbiamo
un
amico
al
Giappone
di
cui
non
sappiamo
nulla
da
anni
?
Mettiamoci
davanti
al
Grand
Cafè
tra
le
quattro
o
le
cinque
:
non
è
mica
improbabile
che
lo
vediamo
passare
.
Là
abbiamo
tutto
di
prima
mano
.
Siamo
all
'
avanguardia
,
tra
i
primi
dell
'
esercito
umano
a
veder
la
faccia
della
nuova
idea
che
s
'
avanza
,
le
calcagna
dell
'
errore
che
fugge
,
la
nuova
direzione
del
cammino
dopo
la
svolta
;
e
subito
s
'
innesta
sul
nostro
amor
proprio
una
specie
di
vanagloria
parigina
,
di
cui
ci
spoglieremo
alla
stazione
partendo
;
ma
che
s
'
impadronisce
anche
di
coloro
che
detestano
la
città
sin
dal
primo
giorno
.
Ed
è
inutile
tentar
di
fuggire
a
quel
turbinìo
d
'
idee
e
di
discorsi
.
La
discussione
ci
aspetta
a
cento
varchi
,
ci
provoca
coll
'
arguzia
,
colla
canzonatura
,
col
paradosso
,
collo
sproposito
,
e
costringe
l
'
uomo
più
apatico
a
farsi
soldato
in
quella
battaglia
.
Da
principio
si
rimane
sopraffatti
,
e
per
quanto
si
possegga
la
lingua
,
non
si
trova
più
la
parola
.
Ai
pranzi
,
in
special
modo
,
verso
la
fine
,
quando
tutti
i
visi
si
colorano
,
non
si
ardisce
slanciare
il
proprio
in
mezzo
ai
mille
razzi
matti
di
quelle
conversazioni
precipitose
e
sonore
.
Il
sorriso
canzonatorio
della
bella
signora
,
che
par
che
si
serva
di
noi
,
nuovi
a
quel
mondo
,
per
fare
i
suoi
esperimenti
in
anima
vili
,
e
la
disinvoltura
del
giovanotto
artisticamente
pettinato
,
un
po
'
maligno
,
e
sempre
lì
coll
'
arco
teso
per
coglier
a
volo
il
ridicolo
,
ci
troncano
i
nervi
;
e
ci
sentiamo
tornar
su
gli
ultimi
resti
della
timidità
e
della
zoticaggine
del
collegio
,
e
a
dispetto
di
qualche
capello
grigio
,
arrossiamo
.
Ma
poi
dalla
cassettina
dei
liquori
spiccia
anche
per
noi
uno
zampillo
dell
'
eloquenza
argentina
dei
conviti
,
e
un
piccolo
trionfo
riportato
là
,
in
quella
terribile
arena
,
ci
pare
il
primo
trionfo
legittimo
della
nostra
vita
.
E
ogni
giorno
sentiamo
d
'
acquistare
qualche
cosa
.
La
lingua
si
snoda
,
ed
anche
parlando
il
linguaggio
proprio
riusciamo
a
trovare
di
più
in
più
facilmente
,
in
quella
conversazione
che
è
sempre
una
gara
di
destrezza
,
la
formola
più
breve
e
più
lucida
del
nostro
pensiero
;
lo
scherzo
s
'
affila
,
confricato
come
è
sempre
,
come
lama
a
lama
,
con
uno
scherzo
rivale
;
il
senso
comico
,
continuamente
esercitato
,
s
'
affina
;
e
a
poco
a
poco
ci
si
attacca
col
riso
parigino
la
filosofia
allegramente
coraggiosa
del
boulevardier
,
per
cui
il
mondo
comincia
alla
Porta
Saint
Martin
e
termina
alla
Madeleine
.
Ma
già
il
piccolo
carico
di
cure
e
di
rammarichi
che
avevamo
portato
da
casa
,
c
'
è
stato
strappato
via
,
appena
arrivati
,
dalla
prima
ondata
di
quel
mare
enorme
e
non
lo
vediamo
più
che
come
un
punto
nero
molto
lontano
da
noi
.
Intanto
la
catena
degli
amici
si
allunga
rapidamente
;
pigliarne
delle
nuove
abitudini
;
tutte
le
nostre
debolezze
trovano
la
fossetta
morbida
in
cui
adagiarsi
;
allo
sgomento
che
ci
dava
la
grandezza
di
Parigi
succede
l
'
allegrezza
della
libertà
che
deriva
appunto
da
quella
grandezza
;
lo
strepito
che
ci
frastornava
da
principio
,
finisce
per
accarezzarci
l
'
orecchio
come
il
rumore
di
un
'
enorme
cascata
d
'
acqua
;
quella
immensa
magnificenza
posticcia
finisce
per
sedurci
come
la
poesia
maestrevolmente
inorpellata
d
'
un
seicentista
d
'
ingegno
;
il
nostro
passo
comincia
a
sonare
sul
marciapiede
dei
boulevards
,
come
dice
lo
Zola
,
avec
des
familiarités
particulières
;
facciamo
la
mente
al
bisticcio
,
il
palato
alle
salse
,
l
'
occhio
ai
visi
imbellettati
,
l
'
orecchio
ai
canti
in
falsetto
;
si
compie
in
noi
a
poco
a
poco
una
profonda
e
deliziosa
depravazione
di
gusti
;
fin
che
un
bel
giorno
ci
accorgiamo
d
'
essere
Parigini
fin
nel
midollo
delle
ossa
.
Eh
!
allora
,
durante
quel
primo
tempo
della
luna
di
miele
,
si
scusa
tutto
.
La
corruzione
!
Fanno
ridere
.
Accorrono
là
gli
scapestrati
da
tutte
le
plaghe
dei
venti
,
affamati
di
vizio
,
e
ci
fanno
ira
di
Dio
,
rabbiosi
che
non
ci
si
possa
fare
di
peggio
,
e
quando
si
son
vuotati
la
borsa
e
le
ossa
,
tornano
nei
loro
paesi
e
gridano
:
-
Che
lupanare
!
-
Ah
sì
,
tocca
davvero
alle
altre
grandi
città
d
'
Europa
a
gridare
allo
scandalo
:
le
ipocrite
!
E
poi
«
la
leggerezza
!
»
È
vero
;
ma
«
i
gravi
pensieri
»
di
altri
popoli
ci
rammentano
un
po
'
i
pensieri
di
quel
tal
poeta
tedesco
,
canzonato
dall
'
Heine
;
quei
pensieri
celibi
,
che
si
fanno
il
caffè
da
sè
e
la
barba
da
sè
,
e
vanno
a
cogliere
dei
fiori
pel
proprio
giorno
onomastico
nel
giardino
di
Brandeburgo
.
E
poi
«
la
blague
!
»
Ma
se
già
si
è
appiccicata
a
noi
,
stranieri
,
nel
soggiorno
d
'
un
mese
,
e
ne
portan
via
tutti
un
pochino
,
per
il
proprio
consumo
,
quando
tornano
nelle
loro
patrie
modeste
!
Ma
s
'
ha
ben
altro
da
fare
che
difender
Parigi
mentre
ci
agitiamo
fra
le
sue
braccia
.
Il
tempo
vola
,
non
vogliamo
perderne
un
'
ora
,
abbiamo
mille
cose
da
cercare
,
da
studiare
,
da
godere
;
ci
piglia
la
furia
di
far
entrar
in
ogni
giornata
,
come
il
ladro
nel
sacco
,
tutta
la
ricchezza
che
vi
può
capire
;
un
demone
implacabile
ci
caccia
a
sferzate
di
salotto
in
salotto
,
dal
teatro
all
'
accademia
,
dall
'
uomo
illustre
al
bouquiniste
,
dal
caffè
al
museo
,
dalla
sala
da
ballo
all
'
ufficio
del
giornale
;
e
la
sera
,
quando
la
grande
città
ci
ha
detto
e
dato
tutto
quello
che
le
abbiamo
domandato
,
sempre
amabile
e
allegra
;
quando
sediamo
a
cena
cogli
amici
,
stanchi
,
ma
contenti
di
sentirci
la
nostra
preda
nella
testa
e
nel
cuore
,
e
ci
cominciano
a
scoppiettare
intorno
le
arguzie
e
gli
aneddoti
,
e
il
primo
bicchiere
di
Champagne
ci
tinge
di
color
d
'
oro
tutti
i
ricordi
della
giornata
;
allora
con
che
slancio
d
'
entusiasmo
salutiamo
la
grande
Parigi
,
l
'
ospite
amorosa
e
magnifica
,
che
a
tutti
apre
le
braccia
,
e
profonde
ridendo
baci
,
oro
ed
idee
,
e
rinfiamma
in
tutti
i
cuori
col
suo
soffio
giovanile
il
furore
della
gloria
e
l
'
amore
della
vita
!
Ma
dopo
alcuni
mesi
,
che
cambiamento
!
Comincia
a
nascervi
in
cuore
una
piccola
antipatia
per
una
cosa
insignificantissima
;
poi
ve
ne
salta
su
ogni
giorno
una
nuova
;
e
in
capo
a
un
mese
scappereste
da
Parigi
mandandole
il
famoso
saluto
del
Montesquieu
a
Genova
;
Adieu
....
séjour
détestable
;
Il
n
'
y
a
pas
de
plaisir
comparable
A
celui
de
te
quitter
.
È
davvero
un
rivolgimento
d
'
idee
stranissimo
;
ma
segue
,
credo
,
a
quasi
tutti
.
Una
bella
mattina
comincia
per
rivoltarvi
uno
scipitissimo
calembourg
,
cento
volte
rifatto
,
del
giornale
che
leggete
tutti
i
giorni
.
La
mattina
dopo
vi
urta
i
nervi
il
sorriso
rassegato
della
padrona
del
vostro
Hôtel
che
somiglia
a
tutti
i
sorrisi
che
vi
si
fanno
a
Parigi
da
per
tutto
dove
andate
a
portar
dei
denari
;
o
per
la
strada
,
osservate
che
è
intollerabilmente
brutta
l
'
uniforme
dei
gendarmi
.
Poi
via
via
,
pigliate
in
tasca
l
'
impiegatessa
cogli
occhiali
e
coi
baffi
che
vi
domanda
il
nome
,
la
patria
e
la
professione
per
vendervi
un
biglietto
pel
Théâtre
français
;
vi
fa
pizzicare
le
mani
la
goffa
albagìa
dei
concierges
,
l
'
impertinenza
di
quei
ridicoli
camerieri
in
gonnella
bianca
,
la
brutalità
dei
fiaccherai
,
e
la
boria
da
grand
'
uomo
di
tout
ce
qui
est
un
peu
fonctionnaire
.
E
quei
dieci
mascalzoni
pagati
,
che
in
tutti
i
teatri
,
tutte
le
sere
,
vogliono
farvi
ammirare
a
suono
d
'
applausi
quel
dato
verso
?
E
quelle
eterne
romanze
,
cantate
da
voci
di
gallina
spennata
viva
,
che
vi
tocca
a
ingoiare
in
tutte
le
case
?
Poi
vi
ristucca
quel
desinare
a
bocconcini
numerati
e
classificati
,
tutta
quella
esposizione
di
prezzi
,
a
centesimi
,
quel
non
so
che
di
gretto
e
di
pedantesco
,
da
collegio
-
convitto
,
mascherato
d
'
un
lusso
di
baracca
da
fiera
;
quell
'
eterno
sacrifizio
d
'
ogni
cosa
all
'
apparenza
,
quell
'
eleganza
leccata
e
pretenziosa
,
quel
puzzo
perpetuo
di
marchand
de
vin
e
di
cosmetici
,
quegli
spicchi
di
case
,
quelle
scalette
a
chiocciola
,
quelle
scatole
di
botteghe
,
quelle
stie
di
teatri
,
quella
réclame
da
saltimbanchi
,
quella
pompa
da
bazar
,
la
fontanella
misera
,
l
'
albero
tisico
,
il
muro
nero
,
l
'
asfalto
fangoso
;
e
appena
fuori
del
centro
,
quei
sobborghi
immensi
e
uniformi
,
quegli
spazii
interminabili
che
non
sono
nè
città
nè
campagna
,
sparsi
di
casoni
solitarii
e
tristi
,
e
quei
giardinetti
da
asilo
infantile
,
e
quei
villaggi
da
palco
scenico
.
Ed
è
questa
la
grande
Parigi
?
Se
un
terremoto
fa
crollare
tutte
le
vetrine
e
una
pioggia
ardente
cancella
tutte
le
dorature
,
che
cosa
ci
resta
?
Dov
'
è
la
ricchezza
di
Genova
,
la
bellezza
di
Firenze
,
la
grazia
di
Venezia
,
la
maestà
di
Roma
?
Vi
piace
davvero
quella
vanagloriosa
parodia
di
S
.
Pietro
che
è
il
Panteon
,
o
quel
tempiaccio
greco
-
romano
della
Borsa
,
o
quell
'
enorme
e
splendida
caserma
di
cavalleria
delle
Tuileries
,
e
la
decorazione
da
Opéra
comique
della
piazza
della
Concordia
,
e
le
facciate
dei
teatrini
rococò
,
e
le
torri
in
forma
di
clarini
giganteschi
,
e
le
cupole
fatte
sul
modello
del
berretto
dei
jokey
?
E
questa
è
la
città
che
«
riassume
»
Atene
,
Roma
,
Tiro
,
Ninive
e
Babilonia
?
Gomorra
e
Sodoma
,
sì
,
davvero
.
E
non
lo
dite
per
la
grandezza
,
della
corruzione
,
ma
per
la
sua
insolenza
.
Ognuno
ha
il
suo
impiccato
all
'
uscio
,
ci
s
'
intende
,
ma
est
modus
in
rebus
.
In
casa
vostra
almeno
,
come
vi
dice
anche
qualche
francese
,
elles
se
conduisent
bien
.
Ma
dove
sì
vede
,
fuorchè
là
,
una
doppia
fila
di
lupanari
aperti
sulla
strada
,
colle
belle
esposte
sul
marciapiede
,
che
alzano
lo
stivaletto
ad
altezze
....
vertiginose
,
e
mille
restaurants
,
dove
si
gettano
i
mots
crus
da
una
parte
all
'
altra
della
sala
,
o
giocan
di
scherma
coi
piedi
,
sotto
la
tavola
,
coll
'
amico
del
cuore
,
a
puntate
pericolose
?
E
che
«
genere
»
!
Andate
alle
Folies
Bergère
:
vi
par
di
sentir
ridere
delle
macchinette
;
sembra
che
abbian
fatto
tutte
un
corso
di
civetteria
dalla
stessa
maestra
;
non
movono
un
pelo
senza
uno
scopo
;
regolano
l
'
arte
della
seduzione
col
termometro
,
per
non
sciuparla
,
e
la
fan
salire
d
'
un
grado
alla
volta
,
e
hanno
una
tariffa
per
grado
.
Il
sangue
,
poi
!
«
Tra
due
guancie
impiastrate
un
mezzo
naso
.
»
La
bellezza
è
tutta
nelle
carrozze
chiuse
o
nei
salotti
inaccessibili
;
alla
luce
del
sole
non
ci
sono
che
le
acciughe
Di
lussuria
anelanti
e
semivive
o
i
donnoni
che
scoppian
nel
busto
,
immobili
dietro
ai
comptoirs
,
come
grosse
gatte
,
con
quei
faccioni
antigeometrici
,
che
non
dicono
il
bellissimo
nulla
.
E
il
sesso
mascolino
,
dunque
!
Quel
formicolìo
di
gommeux
,
mostre
di
uomini
,
con
quei
vestiti
da
modellini
di
sarto
,
da
cui
spunta
la
cocca
del
fazzoletto
e
la
punta
della
borsina
e
il
guantino
e
il
mazzettino
;
environnés
,
come
dice
il
Dumas
,
d
'
une
légére
atmosphère
de
perruquier
;
senza
spalle
,
senza
petto
,
senza
testa
,
senza
sangue
,
che
paiono
fatti
apposta
per
essere
scappellati
con
una
pedata
da
una
ballerina
del
Valentino
!
E
che
ragazzaglia
tutti
quanti
,
giovani
e
vecchi
,
di
tutte
le
classi
!
Trecento
«
cittadini
»
si
affacciano
alle
spallette
d
'
un
ponte
per
veder
lavare
un
cane
;
passa
un
tamburo
,
s
'
affolla
mezzo
mondo
;
e
mille
persone
,
in
una
stazione
di
strada
ferrata
,
fanno
un
fracasso
interminabile
di
battimani
,
d
'
urli
e
di
risa
perchè
è
caduto
il
cappello
a
un
guardatreni
;
e
guardatevi
bene
dal
tossire
,
perchè
possono
mettersi
a
tossire
tutti
e
mille
insieme
per
tre
quarti
d
'
ora
.
E
che
democratici
!
Oh
questo
sì
;
democratici
nel
sangue
,
e
fierissimi
sprezzatori
d
'
ogni
vanità
,
come
monsieur
Poirier
.
Il
vostro
amico
intimo
,
per
desinare
faccia
a
faccia
con
voi
,
in
casa
propria
,
si
mette
il
nastro
all
'
occhiello
;
il
ricco
negoziante
di
telerie
vi
annunzia
col
viso
radiante
,
come
un
trionfo
della
casa
,
che
avrà
a
pranzo
un
sotto
prefetto
dègommé
;
i
sergents
de
ville
si
pigliano
impunemente
,
colla
folla
,
delle
licenze
manesche
di
cui
basterebbe
una
mezza
,
fra
noi
,
a
provocare
un
sottosopra
;
e
il
popolo
sovrano
,
nelle
feste
pubbliche
,
è
fermato
a
tutti
i
varchi
a
furia
di
sentinelle
e
di
barricate
,
scacciato
,
malmenato
con
una
brutalità
,
che
persino
l
'
aristocratico
Figaro
,
il
giornale
che
concilia
con
tanto
garbo
la
descrizione
d
'
una
santa
comunione
e
l
'
aneddoto
della
fille
aux
cheveux
carotte
,
si
sente
in
dovere
di
levare
un
grido
d
'
indignazione
.
E
dove
s
'
è
mai
vista
una
letteratura
più
spasimante
per
il
blasone
;
scrittori
che
si
lascino
venire
così
ingenuamente
l
'
acquolina
sulle
labbra
al
suono
di
un
titolo
gentilizio
,
e
che
mettano
più
stemmi
e
più
boria
aristocratica
nelle
loro
creazioni
?
Quando
ci
libereranno
dai
loro
eterni
visconti
e
dalle
loro
eterne
marchese
questi
ostinati
frustasalotti
?
Non
ce
n
'
hanno
ancora
imbanditi
abbastanza
di
quei
loro
«
protagonisti
»
nobili
,
giovani
,
belli
,
spiritosi
,
coraggiosi
,
spadaccini
,
irresistibili
,
che
hanno
tutti
i
doni
di
Dio
«
même
une
jolie
voix
de
tènor
?
»
E
ghiotti
di
ciondoli
,
Dio
buono
!
Quel
povero
Paul
de
Kock
,
che
a
settantaquattro
anni
scrive
venti
pagine
per
provare
che
non
gl
'
importa
nulla
di
non
aver
ricevuto
la
Legion
d
'
onore
,
e
ha
quasi
voglia
di
piangere
!
E
dov
'
è
un
altro
paese
democratico
,
in
cui
gli
scrittori
coprano
d
'
un
ridicolo
così
sanguinosamente
ingiurioso
intere
classi
della
cittadinanza
,
dove
l
'
epiteto
di
bourgeois
abbia
assunto
,
in
mente
di
coloro
stessi
a
cui
spetta
,
un
significato
più
aristocraticamente
sprezzante
,
e
dove
basti
un
nome
,
solo
perchè
ha
il
suggello
plebeo
,
a
far
scoppiare
dalle
risa
una
platea
?
Ma
cos
'
è
dunque
questo
bizzarro
impasto
di
contraddizioni
,
il
Parigino
?
Chi
lo
sa
?
Afferratelo
;
vi
sguiscia
di
mano
.
Presentategli
il
bandolo
d
'
una
di
quelle
quistioni
in
cui
si
rivela
un
uomo
,
ed
egli
,
astutamente
,
lo
rimette
in
mano
a
voi
con
un
colpo
di
mano
da
prestigiatore
.
Hanno
spirito
:
ce
lo
cantano
in
tutti
i
tuoni
,
ed
è
vero
.
Ma
fino
a
un
certo
segno
.
Hanno
un
ricchissimo
corredo
di
proposizioni
e
di
giri
di
frase
,
arguti
,
svelti
,
elasticissimi
,
con
cui
se
la
cavano
dalle
strette
più
difficili
,
e
tagliano
la
parola
a
uno
spirito
più
profondo
ma
meno
destro
.
Ci
sono
molti
Parigini
,
certo
,
che
sono
spiritosissimi
;
ma
questi
lavorano
per
tutti
.
La
superiorità
loro
è
che
il
grosso
della
popolazione
è
un
eccellente
conduttore
di
questa
specie
d
'
elettricità
dell
'
ingegno
,
per
cui
il
motto
arguto
detto
da
uno
la
mattina
,
girando
con
rapidità
meravigliosa
,
diventa
proprietà
di
mille
la
sera
,
e
ciascuno
è
sempre
ricco
di
tutta
la
ricchezza
circolante
.
Ma
che
il
gamin
di
Parigi
sia
proprio
di
tanto
più
arguto
del
vallione
di
Napoli
e
del
becerino
di
Firenze
?
E
come
ci
studiano
!
Si
preparano
per
i
pranzi
,
vanno
alla
conversazione
col
repertorio
già
scelto
e
ordinato
,
e
conducono
il
discorso
a
zig
zag
,
a
salti
,
a
giravolte
,
a
sgambetti
,
con
un
'
arte
infinita
,
per
metter
fuori
,
in
quel
dato
momento
,
il
gran
tesoro
d
'
una
corbelleria
.
E
questi
spiritosi
di
seconda
mano
si
somiglian
tutti
;
sentito
un
commis
voyageur
,
ne
avete
sentito
mille
.
Ci
son
certi
ingredienti
e
un
certo
meccanismo
per
distillare
quello
spirito
,
che
una
volta
scoperti
,
è
finita
,
come
delle
botte
«
di
riserva
»
degli
schermitori
.
Ma
ci
tengono
!
Fa
pietà
e
dispetto
davvero
,
vedere
il
vecchio
acciaccoso
,
affetto
d
'
incipiente
delirium
tremens
,
che
quando
è
riuscito
,
nella
folla
,
a
infilare
un
giochetto
di
parole
che
fa
sorridere
cinque
grulli
,
rialza
la
fronte
sfolgorante
di
gloria
e
di
gioia
,
e
se
ne
va
beato
per
una
settimana
!
E
poi
questa
mania
universale
di
fair
de
l
'
esprit
che
castra
il
pensiero
,
che
fa
dir
tante
goffaggini
,
e
sacrificare
così
spesso
la
ragione
,
la
dignità
e
l
'
amicizia
a
un
succés
di
cinque
minuti
,
è
come
un
velo
continuamente
sventolato
davanti
al
pensiero
,
che
intorbida
la
vista
delle
anime
.
Potete
mai
sapere
che
cosa
rimpiatti
un
uomo
dietro
quello
scherzo
eterno
?
Ma
ci
son
ben
altri
veli
tra
il
Parigino
e
voi
.
Il
Parigino
«
della
buona
società
»
sembra
un
uomo
,
come
suol
dirsi
,
alla
mano
;
ma
non
lo
è
affatto
.
È
raro
che
proviate
con
lui
il
piacere
d
'
una
conversazione
famigliarissima
e
liberissima
.
Preoccupato
,
com
'
è
sempre
,
dal
pensiero
di
essere
un
oggetto
di
curiosità
e
di
studio
per
lo
straniero
,
sta
in
guardia
,
regola
il
gesto
e
il
sorriso
,
studia
l
'
inflessione
della
voce
,
pensa
continuamente
a
giustificare
l
'
ammirazione
che
presuppone
in
voi
,
e
ha
sempre
un
po
'
della
civetteria
della
donna
e
della
vanità
dell
'
artista
.
Ogni
momento
vi
vien
la
voglia
di
dirgli
:
-
Ma
leviamoci
i
guanti
una
volta
!
-
La
sua
natura
corrisponde
al
suo
modo
di
vestire
,
che
,
anche
quando
è
modesto
,
ha
qualche
piccolissima
cosa
che
tradisce
la
ricercatezza
effeminata
del
bellimbusto
.
Egli
è
gentile
senza
dubbio
,
ma
d
'
una
gentilezza
che
vi
tiene
in
là
,
come
la
mano
leggiera
d
'
una
ragazza
che
non
vuol
essere
toccata
.
Vada
per
lo
Spagnuolo
,
il
quale
fa
sentire
la
sua
superiorità
con
una
vanteria
colossale
,
sballata
tanto
dall
'
alto
,
che
vi
passa
al
di
sopra
della
testa
.
Ma
il
Parigino
vi
umilia
delicatamente
,
a
colpi
di
spilla
,
con
quel
perpetuo
sorriso
aguzzo
di
chi
assaggia
una
salsa
piccante
,
facendovi
delle
interrogazioni
sbadate
,
colorite
d
'
una
curiosità
benevola
delle
cose
vostre
.
Oh
poveri
Italiani
,
com
'
è
conciato
,
a
Parigi
,
il
vostro
povero
amor
proprio
!
Se
non
nominate
proprio
Dante
,
Michelangelo
e
Raffaello
,
per
tutto
il
rimanente
non
ne
caverete
altro
che
un
:
-
Qu
'
est
ce
que
c
'
est
que
ça
?
Il
deputato
papista
vi
domanda
se
Civitavecchia
è
rimasta
al
Papa
.
Il
buon
padre
di
famiglia
vede
i
briganti
col
fucile
a
tracolla
che
fumano
tranquillamente
un
Avana
davanti
al
Caffè
d
'
Europa
a
Napoli
.
Il
gentiluomo
è
stato
in
Italia
,
senza
dubbio
;
ma
per
poter
causer
Italie
colla
bella
signora
,
nel
vano
della
finestra
,
dopo
desinare
;
o
per
appendere
il
ciondolo
Italia
,
alla
catenella
delle
sue
cognizioni
,
e
farlo
saltellar
nella
mano
nei
momenti
d
'
ozio
,
con
quelle
solite
formule
,
che
ogni
Francese
possiede
,
sul
paesaggio
,
sul
quadro
e
sull
'
albergo
.
Il
famoso
De
Forcade
diceva
del
Manzoni
,
a
tavola
:
-
Il
a
du
talent
.
-
Quasi
vi
domanderebbero
:
-
Ma
che
proprio
si
può
nascere
in
Italia
?
-
Quest
'
idea
d
'
esser
nato
a
Parigi
,
d
'
aver
avuto
questo
segno
di
predilezione
da
Dio
,
sta
in
cima
a
tutti
i
pensieri
del
Parigino
,
come
una
stella
,
che
irradia
tutta
la
sua
vita
d
'
una
consolazione
celeste
.
La
benevolenza
ch
'
egli
dimostra
a
tutti
gli
stranieri
,
è
ispirata
in
gran
parte
da
un
sentimento
di
commiserazione
,
e
i
suoi
odii
contro
di
essi
non
sono
profondi
,
appunto
perchè
considera
i
suoi
nemici
abbastanza
puniti
dalla
sorte
,
che
non
li
fece
nascere
dove
egli
è
nato
.
Perciò
adora
tutte
le
fanciullaggini
e
tutti
i
vizii
della
sua
città
,
e
ne
va
superbo
,
solo
perchè
sono
fanciullaggini
e
vizii
di
Parigi
,
che
per
lui
sta
sopra
alla
critica
umana
.
E
si
può
dare
una
città
capitale
che
sputi
più
audacemente
in
faccia
al
popolo
della
provincia
,
rappresentato
dai
suoi
scrittori
come
un
ammasso
di
cretini
?
e
scrittori
che
incensino
la
loro
città
con
una
impudenza
più
oltraggiosa
,
non
solo
per
ogni
altro
amor
proprio
nazionale
,
ma
per
la
dignità
umana
?
E
vi
dicono
in
faccia
,
dal
palco
scenico
,
che
i
fumi
dei
suoi
camini
sono
le
idee
dell
'
universo
!
Tutti
sono
prostrati
col
ventre
a
terra
davanti
a
questa
enorme
cortigiana
,
madre
e
nutrice
di
tutte
le
vanità
;
della
vanità
smaniosa
di
piacerle
,
prima
fra
tutte
,
di
ottenere
da
lei
,
a
qualunque
costo
,
almeno
uno
sguardo
;
di
quella
vanità
vigliacca
che
spinge
uno
scrittore
a
dichiararsi
,
nella
prefazione
d
'
un
romanzo
infame
,
capace
di
tutte
le
turpitudini
e
di
tutti
i
delitti
di
Eliogabalo
e
di
Nerone
.
Pigliate
dunque
sul
serio
le
loro
prefazioni
piene
di
smorfie
,
di
puerilità
,
di
spacconate
,
di
imposture
.
La
vanità
li
appesta
tutti
.
Non
c
'
è
in
tutta
la
letteratura
contemporanea
uno
di
quei
caratteri
grandi
,
modesti
,
benevoli
,
logici
,
che
uniscono
allo
splendore
della
mente
la
dignità
della
vita
;
una
di
quelle
figure
alte
e
candide
,
davanti
a
cui
si
scopre
la
fronte
senza
esitazione
e
senza
reticenze
,
e
il
cui
nome
è
un
titolo
di
nobiltà
e
un
conforto
per
il
genere
umano
.
Tutto
è
dominato
e
guasto
dalla
mania
della
pose
:
pose
nella
letteratura
,
pose
nella
religione
,
pose
nell
'
amore
,
pose
anche
nei
più
grandi
dolori
.
Una
sensualità
immensa
e
morbosa
costituisce
il
fondo
di
tutta
quella
vita
,
e
si
rivela
nelle
lettere
,
nella
musica
,
nell
'
architettura
,
nelle
mode
,
nel
suono
delle
voci
,
negli
sguardi
,
persino
nelle
andature
.
Godere
!
Tutto
il
resto
non
è
che
un
mezzo
per
arrivarci
.
Da
un
capo
all
'
altro
di
quegli
splendidi
boulevards
suona
una
enorme
risata
di
scherno
per
tutti
gli
scrupoli
e
per
tutti
i
pudori
dell
'
anima
umana
.
E
viene
un
giorno
,
infine
,
in
cui
quella
vita
v
'
indigna
;
un
giorno
in
cui
vi
sentite
rabbiosamente
stanchi
di
quell
'
immenso
teatro
,
impregnato
d
'
odor
di
gaz
e
di
pasciulì
,
dove
ogni
spettacolo
finisce
in
una
canzonetta
;
un
giorno
in
cui
siete
stufi
di
bisticci
,
di
blague
,
d
'
intingoli
,
di
tinture
,
di
réclame
,
di
voci
fesse
,
di
sorrisi
falsi
,
di
piaceri
comprati
;
e
allora
l
'
odiate
,
quella
città
svergognata
,
e
vi
pare
che
per
purificarvi
da
tre
mesi
di
quella
vita
,
dovreste
vivere
un
anno
sulla
sommità
d
'
una
montagna
,
e
provate
una
smania
irresistibile
di
correre
ai
campi
aperti
e
all
'
aria
pura
,
di
sentir
l
'
odore
della
terra
,
di
rinverginarvi
l
'
anima
e
il
sangue
nella
solitudine
,
faccia
a
faccia
colla
natura
.
La
sfuriata
è
fatta
:
sta
bene
.
Facciamoci
in
là
perchè
passi
,
come
dicono
gli
Spagnuoli
.
A
Parigi
si
può
dire
quello
che
si
vuole
:
essa
non
ci
bada
più
di
quello
che
gli
elefanti
dei
suoi
giardini
zoologici
badino
ai
fanciulli
che
portano
sul
dorso
nei
giorni
di
festa
.
E
poi
non
son
queste
le
ultime
impressioni
di
Parigi
.
Al
periodo
in
cui
si
vede
roseo
e
a
quello
in
cui
si
vede
nero
ne
succede
un
terzo
che
è
un
ritorno
verso
il
primo
;
il
periodo
in
cui
si
comincia
a
vivere
pacatamente
in
un
cerchio
d
'
amicizie
scelte
e
provate
.
E
convien
dirlo
:
l
'
amico
trovato
là
,
il
buono
e
schietto
Francese
,
vale
veramente
per
due
.
In
nessun
altro
Europeo
trovate
un
'
armonia
più
amabile
della
mente
,
del
cuore
e
delle
maniere
.
Fra
l
'
amicizia
più
espansiva
che
profonda
degli
europei
meridionali
o
quella
profonda
,
ma
chiusa
,
dei
nordici
,
preferite
la
sua
,
calda
e
forte
ad
un
tempo
,
e
piena
di
giocondità
e
di
delicatezze
.
Com
'
è
bello
,
quando
s
'
è
stanchi
del
tumulto
della
grande
città
,
la
sera
,
andare
sull
'
altra
riva
della
Senna
,
in
una
strada
silenziosa
,
a
ritrovare
la
piccola
famiglia
tranquilla
,
che
vive
come
in
una
isoletta
in
mezzo
a
quel
mare
turbolento
!
Che
care
accoglienze
vi
ricevete
,
che
schietta
giovialità
trovate
a
quella
mensa
signorilmente
modesta
,
e
come
vi
riposa
il
vostro
spirito
!
Parigi
stessa
vi
offre
mille
scampi
ai
suoi
pericoli
e
mille
rimedi
alle
sue
febbri
.
Dopo
le
notti
ardenti
vi
slanciate
con
un
piacere
inesprimibile
a
traverso
ai
suoi
bellissimi
boschi
,
per
i
sobborghi
ridenti
della
Senna
,
dove
trovate
l
'
allegria
delle
feste
campagnole
,
e
nei
suoi
vasti
giardini
,
in
mezzo
a
un
formicolìo
immenso
di
fanciulli
;
o
per
una
di
quelle
sue
avenues
enormi
e
solitarie
,
in
cui
il
cuore
e
il
pensiero
s
'
allargano
,
e
l
'
immagine
trista
della
Babilonia
dei
boulevards
vi
appare
infinitamente
lontana
.
E
per
tutto
trovate
un
popolo
che
più
si
studia
,
più
rivela
dei
difetti
;
ma
in
cui
ogni
difetto
ha
per
riscontro
una
qualità
ammirabile
.
È
un
popolo
frivolo
,
ma
in
cui
una
parola
nobile
e
risoluta
trova
sempre
un
eco
.
C
'
è
sempre
una
via
aperta
e
sicura
per
arrivare
al
suo
cuore
.
Non
c
'
è
alto
sentimento
o
bella
idea
che
non
trovi
presa
istantaneamente
nell
'
anima
sua
.
La
sua
intelligenza
agilissima
rende
mirabilmente
facili
e
piacevoli
tutte
le
comunicazioni
del
pensiero
.
La
parola
sfuggevole
,
la
sfumatura
,
la
mezza
intenzione
,
il
sottinteso
,
l
'
accento
,
il
cenno
;
tutto
coglie
a
volo
.
Mille
persone
riunite
hanno
un
'
anima
sola
per
comprendere
e
per
sentire
.
È
impossibile
non
sentirsi
presi
da
simpatia
per
quelle
sue
feste
,
per
quelle
tumultuose
baraonde
,
in
cui
l
'
allegrezza
eguaglia
tutte
le
età
e
tutte
le
condizioni
,
e
una
folla
innumerevole
non
è
più
che
una
sola
immensa
radunata
di
amici
spensierati
e
felici
.
Il
più
cocciuto
nemico
bisogna
che
rompa
in
uno
scoppio
d
'
ilarità
e
che
spalanchi
il
cuore
alla
benevolenza
.
Perchè
sotto
quella
fanciullaggine
del
Parigino
,
in
fondo
,
c
'
è
necessariamente
della
bontà
,
come
sotto
una
bella
spuma
un
buon
vino
.
Egli
è
naturalmente
franco
,
anche
se
i
suoi
modi
non
lo
paiono
;
non
diffidente
;
più
facile
a
essere
ingannato
che
a
ingannare
;
inclinato
a
perdonare
le
offese
,
conciliante
,
sdegnoso
dei
rancori
meschini
e
di
tutte
le
piccole
grettezze
della
vita
.
È
costantemente
,
per
sua
natura
,
nello
stato
d
'
animo
in
cui
si
trovano
tutti
dopo
un
banchetto
festoso
,
in
cui
il
vino
sia
colato
a
profusione
:
disposto
e
pronto
in
egual
modo
a
commettere
un
grosso
sproposito
e
una
grande
azione
,
ad
abbracciare
un
nemico
accanito
e
a
provocare
il
vicino
per
una
parola
,
a
fare
una
enorme
buffonata
ritto
sulla
tavola
e
a
impietosirsi
per
il
piccolo
mendicante
che
domanda
un
pezzo
di
pane
alla
porta
.
Uscito
fuori
dal
piccolo
cerchio
della
sua
vita
ordinaria
,
lo
spettacolo
della
vita
immensa
di
Parigi
esalta
tutte
le
sue
facoltà
e
tutti
i
suoi
sentimenti
buoni
e
cattivi
.
Un
effetto
simile
lo
proviamo
noi
pure
.
L
'
ingrandimento
delle
proporzioni
di
tutte
le
cose
ci
dà
a
poco
a
poco
un
altro
concetto
delle
cose
stesse
.
La
corruzione
medesima
,
enorme
e
splendida
,
finisce
per
sedurci
come
un
vasto
e
svariatissimo
campo
di
studio
,
più
di
quello
che
ci
respinga
per
la
sua
laidezza
;
e
ci
abituiamo
a
considerarla
quasi
come
una
forma
utile
della
vita
,
come
una
grande
e
terribile
scuola
,
che
chiude
un
tesoro
infinito
d
'
esperienze
e
d
'
idee
,
e
fa
scattare
la
molla
di
mille
ingegni
potenti
.
Nelle
sale
del
Bullier
,
in
mezzo
al
turbinio
di
trecento
ragazze
,
che
ballano
tutte
insieme
cantando
a
una
voce
Perruque
blonde
,
invece
d
'
un
grido
contro
la
corruzione
,
ci
esce
dal
cuore
un
inno
ardente
alla
gioventù
e
alla
vita
.
Stomacati
dei
paesi
dove
non
c
'
è
d
'
originale
nemmeno
il
vizio
e
il
suo
linguaggio
,
là
troviamo
almeno
la
assenza
della
forma
più
schifosa
e
più
vile
della
corruzione
,
che
è
la
manìa
di
fingerla
per
vanagloria
,
mentre
non
s
'
ha
nè
la
forza
nè
il
modo
di
goderla
nella
sua
tremenda
pienezza
.
E
a
poco
a
poco
ci
persuadiamo
che
molte
che
credevamo
malattie
colpevoli
,
non
sono
là
che
efflorescenze
d
'
un
sangue
troppo
ricco
;
mentre
non
sono
che
mancanza
di
vitalità
certe
virtù
negative
di
cui
menano
vanto
in
faccia
a
Parigi
altri
popoli
;
ai
quali
si
potrebbe
dire
come
la
Messalina
del
Cossa
a
Silio
:
-
Siete
tanto
corrotti
che
non
sopportate
la
grandezza
del
vizio
.
-
E
così
in
tutti
i
campi
della
vita
,
trovate
là
con
un
sentimento
misto
di
rammarico
per
voi
e
di
ammirazione
per
Parigi
,
l
'
originale
di
mille
cose
di
cui
in
casa
vostra
non
avevate
visto
che
il
fac
simile
,
ridotto
a
forma
tascabile
per
la
gente
minuta
.
E
vi
sentite
disposti
a
perdonar
molto
all
'
orgoglio
,
quando
osservate
da
vicino
le
cose
,
e
potete
mettervi
nei
panni
d
'
un
popolo
che
si
vede
scimmiottato
dall
'
universo
;
che
vede
raccolte
e
portate
in
giro
le
briciole
della
sua
mensa
,
glorificate
opere
fatte
coi
ritagli
delle
sue
;
innalzati
dei
busti
,
in
certi
tempi
e
in
certi
luoghi
,
a
gente
che
non
ha
altro
merito
che
di
essere
abbonata
alla
Revue
des
deux
Mondes
;
rubacchiata
la
sua
lingua
e
rivomitata
cruda
in
molte
lingue
straniere
;
messo
a
sacco
il
suo
romanzo
e
il
suo
teatro
;
tesoreggiati
tutti
i
pettegolezzi
della
sua
storia
e
della
sua
cronaca
;
conosciuta
la
sua
città
come
la
palma
della
mano
;
Tortoni
più
famoso
di
molti
monumenti
immortali
;
la
Maison
dorée
in
cima
ai
sogni
dei
dissipati
di
tutta
la
terra
;
contraffatti
i
suoi
modi
,
ripetute
le
sue
risate
,
ricalcati
i
suoi
scherzi
,
adorati
i
suoi
capricci
;
e
si
capisce
anche
come
si
stizzisca
quando
qualcuno
dei
suoi
più
pedanti
scolari
gli
tira
il
calcio
dell
'
asino
.
Come
stupirsi
che
non
si
occupi
che
di
sè
un
paese
così
sfegatatamente
adulato
,
a
fatti
se
non
a
parole
?
E
non
riesce
tutto
a
danno
suo
od
altrui
questo
difetto
poichè
deriva
dal
conoscere
profondamente
le
cose
proprie
,
dall
'
amarle
anche
d
'
un
amore
eccessivo
,
e
dal
credere
che
il
mondo
intero
ne
faccia
la
medesima
stima
,
quel
che
di
caldo
,
di
colorito
,
di
originale
,
di
vitale
,
che
mette
in
tutte
le
manifestazioni
di
sè
stesso
.
Ha
un
minor
campo
da
percorrere
,
come
diceva
di
sè
lo
Schiller
al
Goethe
;
ma
lo
percorre
perciò
in
minor
tempo
in
tutte
le
sue
parti
.
Quindi
un
inseguirsi
e
un
congiungersi
continuo
d
'
idee
e
di
sforzi
diretti
al
medesimo
segno
,
una
frequenza
grande
di
attriti
da
cui
esce
luce
e
calore
;
ogni
palmo
di
spazio
disputato
da
mille
contendenti
;
invece
del
cammino
la
corsa
,
invece
della
controversia
la
mischia
;
e
in
questa
mischia
perpetua
,
buttato
via
tutto
il
bagaglio
superfluo
,
tutto
fatto
arma
di
offesa
e
di
difesa
,
sfrondato
il
pensiero
,
stretto
il
linguaggio
,
precipitata
l
'
azione
;
arte
e
vita
ugualmente
ardite
e
rapide
,
e
tutto
incoraggiato
dalla
gran
voce
festiva
della
grande
città
,
che
parla
ad
acutissime
note
cristalline
,
intese
da
tutta
la
terra
.
E
più
ci
s
'
addentra
nello
studio
di
quella
vita
,
più
si
rimane
meravigliati
vedendo
l
'
immenso
lavoro
che
si
fa
sotto
quell
'
apparenza
di
dissipazione
universale
;
quanti
lavoratori
sudano
nella
solitudine
;
quanti
si
preparano
alla
lotta
pubblica
,
nell
'
oscurità
,
con
incredibili
fatiche
;
come
ogni
maniera
d
'
ingegno
,
non
solo
,
ma
qualsiasi
parzialissima
facoltà
appena
più
che
mediocre
,
trovi
là
il
modo
d
'
esercitarsi
con
vantaggio
proprio
e
comune
;
come
a
ogni
ingegno
si
formi
subito
intorno
spontaneamente
un
cerchio
d
'
intelligenze
colte
ed
amiche
che
lo
aiutano
a
estrinsecarsi
e
a
salire
;
come
ogni
menoma
promessa
di
riuscita
nel
campo
dell
'
intelligenza
,
desti
intorno
a
sè
,
in
tutte
le
classi
della
cittadinanza
,
un
sentimento
gentile
di
curiosità
e
di
rispetto
,
e
strappi
a
tutti
quel
tributo
anticipato
di
gloria
,
che
concorre
mirabilmente
a
farla
diventare
realtà
;
che
impulso
strapotente
sia
alle
forze
umane
la
certezza
dell
'
improvviso
e
largo
cambiamento
di
fortuna
che
produce
là
il
vero
«
successo
»
;
come
sia
grande
e
inebbriante
in
quella
città
il
trionfo
dell
'
ingegno
,
che
appena
salutato
da
lei
,
riceve
saluti
di
ammiratori
ignoti
e
offerte
e
consigli
da
ogni
parte
del
mondo
;
come
all
'
uomo
caduto
sopra
una
via
,
rimangano
aperte
cento
altre
vie
,
solo
che
si
rassegni
ad
abbassare
d
'
un
piccolissimo
grado
le
sue
pretensioni
alla
gloria
;
come
la
natura
obbliosa
della
grande
città
,
che
non
lasciando
addormentar
nessuno
sopra
un
solo
trionfo
,
obbliga
tutti
a
ripresentarsi
continuamente
alla
gara
,
produca
quelle
vite
meravigliosamente
operose
,
quelle
vecchiaie
ostinatamente
battagliere
,
il
cui
esempio
mette
il
furore
del
lavoro
nelle
generazioni
seguenti
;
e
infine
che
enorme
quantità
si
ritrovi
là
di
lavoro
non
finito
,
di
prove
,
di
abbozzi
,
di
materiale
sciupato
dagli
uni
,
ma
non
inutile
per
chi
verrà
,
e
di
creazioni
pregevoli
,
in
tutti
i
campi
,
ma
condannate
a
morire
dove
sorgono
,
perchè
schiacciate
dall
'
abbondanza
del
meglio
.
Quando
s
'
è
osservato
tutto
ciò
,
il
soggiorno
di
Parigi
riesce
caro
ed
utile
solo
per
veder
lavorare
quella
macchina
immensa
,
per
vedere
come
essa
leviga
,
perfeziona
,
trasforma
,
spreme
,
stritola
l
'
inesauribile
materiale
d
'
ingegno
,
di
ricchezza
,
di
gioventù
,
d
'
ambizione
,
di
coraggio
,
che
la
Francia
e
il
mondo
gettano
continuamente
fra
le
sue
ruote
formidabili
,
e
come
versa
dalla
parte
opposta
grandi
nomi
,
celebrità
sventrate
,
capolavori
,
parole
immortali
,
ossa
rotte
,
armi
,
gemme
e
trastulli
,
che
la
Francia
e
il
mondo
s
'
affannano
a
raccogliere
e
a
commentare
.
Fate
dunque
i
censori
addosso
a
questo
colosso
!
Strillate
contro
i
suoi
operai
perchè
bevono
l
'
assenzio
e
cantano
in
falsetto
e
hanno
la
donnina
che
li
aspetta
alla
porta
.
Che
pedanteria
!
Ma
non
è
neppur
questa
l
'
ultima
impressione
che
si
riceve
da
Parigi
.
Standovi
lungo
tempo
,
si
passa
ancora
per
la
trafila
di
altri
entusiasmi
e
di
altri
disinganni
.
Molte
sere
ritornerete
a
casa
,
fra
quelle
file
interminabili
di
lumi
,
malinconici
,
uggiti
a
morte
di
tutto
,
con
un
rabbioso
amor
di
patria
nel
cuore
.
Poi
vi
riconcilierete
colla
città
in
una
bella
giornata
d
'
autunno
,
assistendo
a
una
di
quelle
sue
espansioni
clamorose
di
gioia
che
rasserenano
le
anime
più
fosche
.
Un
'
altra
volta
una
piccola
umiliazione
,
uno
stupido
gioco
di
parole
ripetuto
da
un
milione
di
bocche
,
uno
spettacolo
d
'
un
'
oscenità
stomachevole
,
un
cielo
chiuso
e
plumbeo
che
fa
mutar
aspetto
a
ogni
cosa
,
vi
risolleveranno
dentro
tutte
le
antipatie
e
tutte
le
stizze
con
una
tale
violenza
,
che
vorreste
veder
sparire
quella
città
come
un
accampamento
portato
via
da
un
uragano
.
Ma
vi
vergognerete
improvvisamente
di
quell
'
odio
un
altro
giorno
,
pensando
all
'
enormità
del
vuoto
che
vi
rimarrebbe
nella
mente
se
ne
uscisse
a
un
tratto
tutto
ciò
che
quella
città
vi
ci
ha
messo
dalla
vostra
infanzia
fino
a
quel
giorno
.
Fino
all
'
ultimo
momento
Parigi
vi
farà
mille
dispetti
e
mille
carezze
,
come
una
bella
donna
nervosa
,
e
voi
proverete
tutti
gli
alti
e
bassi
d
'
una
passione
:
oggi
a
'
suoi
piedi
,
umili
;
domani
presi
dal
furore
di
morderla
e
di
insultarla
,
e
poi
daccapo
a
chiederle
perdono
,
affascinati
.
Ma
sentirete
ogni
giorno
più
stringersi
il
legame
che
v
'
unisce
a
lei
.
E
si
sente
più
che
mai
quando
si
parte
,
la
sera
che
si
passa
per
l
'
ultima
volta
,
rapidamente
,
in
mezzo
a
quell
'
immenso
splendore
dei
boulevards
,
a
cui
succede
tutt
'
a
un
tratto
la
mezza
oscurità
lugubre
d
'
una
stazione
enorme
e
nuda
.
Allora
,
per
quanto
si
desideri
di
riveder
la
patria
,
si
è
presi
da
una
grande
tristezza
all
'
idea
di
ritornare
in
quel
piccolo
dormitorio
di
città
da
cui
si
è
partiti
,
e
si
porge
l
'
orecchio
per
l
'
ultima
volta
al
tumulto
lontano
di
Parigi
con
uno
struggimento
inesprimibile
di
desiderio
e
d
'
invidia
.
E
dal
fondo
del
vagone
,
al
buio
,
rivedete
la
città
,
come
l
'
avete
vista
una
bella
mattina
di
luglio
da
una
torre
di
Nôtre
Dame
;
attraversata
dall
'
enorme
arco
azzurro
della
Senna
,
coi
suoi
lontani
orizzonti
violacei
,
immensa
e
fumante
,
nel
punto
in
cui
dalla
piazza
sottoposta
i
tamburi
d
'
un
reggimento
vi
mandavano
su
un
eco
della
battaglia
di
Magenta
.
Oh
!
bella
e
tremenda
peccatrice
-
esclamate
allora
-
io
t
'
assolvo
,
e
a
rischio
della
dannazione
dell
'
anima
,
t
'
amo
!
FINE
Saggistica ,
LA
LINGUA
DELLA
PATRIA
.
A
un
giovinetto
.
Tu
ami
la
lingua
del
tuo
paese
,
non
è
vero
?
L
'
amiamo
tutti
.
È
inseparabilmente
congiunto
l
'
amore
della
nostra
lingua
col
sentimento
d
'
ammirazione
e
di
gratitudine
che
ci
lega
ai
nostri
padri
per
il
tesoro
immenso
di
sapienza
e
di
bellezza
ch
'
essi
diedero
per
mezzo
di
lei
alla
famiglia
umana
,
e
che
è
la
gloria
dell
'
Italia
,
l
'
onore
del
nostro
nome
nel
mondo
.
L
'
amiamo
perché
l
'
hanno
formata
,
lavorata
,
arricchita
,
trasmessa
a
noi
come
un
'
eredità
sacra
milioni
e
milioni
d
'
esseri
del
nostro
sangue
,
dei
quali
,
per
secoli
,
ella
espresse
il
pensiero
,
e
le
sue
sorti
furon
le
sorti
d
'
Italia
,
la
sua
vita
la
nostra
storia
,
il
suo
regno
la
nostra
grandezza
.
L
'
amiamo
perché
la
parola
sua
ci
scaturisce
d
'
in
fondo
all
'
anima
insieme
con
ogni
nostro
sentimento
,
si
confonde
con
le
nostre
idee
fin
dalle
loro
sorgenti
più
intime
,
e
non
è
soltanto
forma
,
suono
,
colore
,
ma
sostanza
del
nostro
pensiero
.
L
'
amiamo
perché
è
la
nostra
nutrice
intellettuale
,
il
respiro
della
mente
e
dell
'
animo
nostro
,
l
'
espressione
di
quanto
è
più
intimamente
proprio
della
nostra
indole
nazionale
,
l
'
immagine
più
viva
e
più
fedele
e
quasi
la
natura
medesima
della
nostra
razza
.
L
'
amiamo
perché
è
il
vincolo
più
saldo
della
nostra
unità
di
popolo
,
l
'
eco
del
nostro
passato
,
la
voce
del
nostro
avvenire
,
verbo
non
solo
,
ma
essenza
dell
'
anima
della
patria
.
*
E
anche
l
'
amiamo
perché
è
bellissima
,
ricchissima
,
potentissima
,
varia
tanto
,
come
disse
uno
dei
più
grandi
cultori
suoi
,
da
parere
,
più
che
un
idioma
,
un
aggregato
d
'
idiomi
;
capace
di
prendere
infinite
forme
e
sembianze
,
stupendamente
pieghevole
a
tutti
gli
stili
,
unica
nell
'
attitudine
a
riportare
la
nobiltà
dello
stile
latino
e
del
greco
,
insuperata
nell
'
abbondanza
del
vocabolario
e
nella
vivezza
del
colorito
comico
,
maravigliosa
"
per
l
'
immensa
facoltà
delle
metafore
e
per
la
fecondità
della
sua
natura
sempre
propria
a
produrre
nuovi
modi
"
onde
"
è
tutta
coperta
di
germogli
"
come
una
terra
fertilissima
in
perpetua
primavera
;
fresca
ancora
nella
maggior
parte
dei
suoi
fiori
e
delle
sue
fronde
di
sette
secoli
,
e
armoniosa
come
nessun
'
altra
al
mondo
.
"
Lodata
e
ammirata
dagli
stranieri
,
e
anche
invidiata
"
;
ma
noi
più
l
'
amiamo
per
quella
bellezza
che
soltanto
a
noi
si
palesa
.
Le
sue
parole
hanno
per
noi
un
suono
che
è
come
un
secondo
significato
nascosto
,
sfuggente
a
ogni
espressione
;
la
sua
armonia
ci
risveglia
infiniti
ricordi
di
sensazioni
,
di
luoghi
e
di
forme
umane
,
di
voci
e
d
'
accenti
conosciuti
e
cari
di
viventi
e
di
morti
,
e
pensieri
e
immagini
e
versi
di
maestri
immortali
,
diventati
nostro
spirito
e
nostro
sangue
;
essa
è
per
noi
la
musica
dell
'
affetto
,
del
dolore
,
della
gioia
,
dell
'
amor
di
patria
,
piena
di
forze
e
di
dolcezze
misteriose
,
che
non
salgono
fino
alle
nostre
labbra
,
ma
vibrano
e
germinano
nel
più
profondo
dell
'
anima
nostra
,
come
virtù
secrete
della
nostra
natura
.
Anche
per
questo
,
perché
è
voce
del
nostro
cuore
e
lume
della
nostra
coscienza
,
l
'
amiamo
.
*
Ma
che
vale
amar
la
propria
lingua
se
non
si
studia
?
Non
solo
;
ma
chi
non
la
studia
,
e
quindi
la
sa
poco
e
male
,
quasi
come
una
lingua
straniera
,
la
può
amar
veramente
?
E
c
'
è
bisogno
di
dimostrare
che
,
non
soltanto
per
amore
,
ma
per
interesse
nostro
,
per
necessità
la
dobbiamo
studiare
?
Pensa
un
poco
.
In
qualunque
parte
d
'
Italia
tu
sia
nato
,
nella
lingua
,
non
nel
dialetto
,
quando
piglierai
in
mano
la
penna
,
dovrai
sempre
esprimere
i
tuoi
pensieri
e
i
tuoi
sentimenti
,
e
mille
volte
anche
di
viva
voce
.
Mille
volte
,
scrivendo
e
parlando
,
dovrai
manifestare
italianamente
,
con
la
maggior
efficacia
possibile
,
desidèri
e
bisogni
tuoi
,
trattare
i
tuoi
interessi
,
movere
l
'
affetto
e
la
volontà
altrui
,
raccontare
,
argomentare
,
pregare
,
giustificarti
,
difenderti
;
e
se
la
lingua
non
conoscerai
bene
,
ti
sarà
sempre
una
pena
e
una
vergogna
il
non
poter
dire
come
vorrai
quello
che
avrai
da
dire
,
il
trovarti
come
a
maneggiare
uno
strumento
che
ti
sfugga
dalle
mani
,
il
sentire
che
dei
tuoi
sentimenti
più
profondi
e
più
gentili
e
dei
tuoi
pensieri
e
delle
tue
ragioni
migliori
una
gran
parte
andrà
perduta
per
gli
altri
nell
'
espressione
rozza
,
manchevole
,
priva
d
'
evidenza
e
di
forza
.
Quello
che
hai
inteso
dire
:
che
molti
non
riescono
a
farsi
strada
nel
mondo
per
mancanza
di
facoltà
comunicativa
,
non
è
vero
soltanto
per
coloro
che
mancano
di
naturale
eloquenza
;
ma
anche
per
quei
moltissimi
che
,
eloquenti
nel
proprio
dialetto
,
sono
invece
nel
parlar
la
lingua
,
non
conoscendola
,
incerti
,
confusi
,
diffidenti
di
sé
,
inceppati
continuamente
dal
timore
e
dalla
coscienza
di
parlar
male
.
Quante
volte
nella
vita
dipende
un
grave
danno
o
un
grande
vantaggio
nostro
da
un
nostro
pensiero
o
sentimento
espresso
in
un
modo
infelice
,
onde
non
è
inteso
o
è
franteso
,
o
significato
invece
in
una
forma
che
svela
tutto
l
'
animo
e
va
dritta
alla
mente
e
al
cuore
della
persona
a
cui
è
diretta
!
Quante
cognizioni
,
quante
idee
rimangono
in
molte
menti
,
per
sempre
,
come
materia
informe
e
senza
valore
,
perché
manca
a
chi
le
possiede
il
possesso
della
lingua
per
comunicarle
alla
mente
altrui
?
Si
dice
che
l
'
uomo
vale
per
quello
che
sa
;
ma
vale
anche
in
gran
parte
per
come
sa
dire
quello
che
sa
.
Più
che
per
il
passato
,
ora
che
son
sempre
più
frequenti
per
tutti
il
bisogno
e
le
occasioni
di
comunicare
ad
altri
le
proprie
idee
,
scrivendo
per
la
stampa
,
parlando
in
pubblico
,
partecipando
in
diversi
modi
alla
trattazione
d
'
interessi
comuni
,
la
conoscenza
della
lingua
è
necessaria
.
Non
è
soltanto
un
ornamento
intellettuale
:
è
arma
nella
lotta
per
la
vita
,
è
forza
e
libertà
dello
spirito
,
è
chiave
dei
cuori
e
delle
coscienze
altrui
,
è
strumento
di
lavoro
e
di
fortuna
.
*
E
dobbiamo
studiar
la
lingua
anche
per
dovere
di
cittadini
.
Le
lingue
si
trasformano
col
tempo
,
come
ogni
cosa
si
trasforma
:
acquistano
nuove
voci
e
locuzioni
,
come
gli
alberi
mettono
nuove
foglie
;
ne
pèrdono
;
di
molte
che
esse
conservano
,
il
significato
si
muta
;
si
mutano
le
lingue
nella
sostanza
e
nella
struttura
:
è
effetto
d
'
una
legge
naturale
.
Ma
con
la
trasformazione
naturale
e
inevitabile
della
lingua
non
si
deve
confondere
la
corruzione
,
la
quale
consiste
nell
'
introdurvi
,
come
si
fa
dai
più
,
parole
e
frasi
barbare
e
non
necessarie
,
idiotismi
oziosi
,
modi
dell
'
uso
spurio
,
forme
che
ripugnano
all
'
indole
sua
.
Ora
,
da
questa
corruzione
è
dovere
d
'
ogni
cittadino
colto
preservare
la
lingua
della
patria
,
perché
,
come
ciascuno
fa
la
parte
sua
,
sia
pure
minima
,
nella
grande
opera
collettiva
,
da
cui
la
lingua
resulta
,
così
concorre
ciascuno
a
corromperla
,
sia
pure
in
parte
infinitesima
,
parlando
e
scrivendo
male
.
Non
è
dovere
soltanto
degli
scrittori
,
è
di
tutti
;
perché
dove
tutti
maltrattano
e
guastan
la
lingua
,
finiscono
anche
gli
scrittori
con
essere
travolti
dall
'
universale
barbarie
.
Nel
grande
commercio
nazionale
della
lingua
è
onestà
il
non
mettere
in
giro
monete
false
.
È
vergogna
per
un
italiano
colto
l
'
esprimere
barbaramente
pensieri
e
sentimenti
che
scrittori
insigni
di
trenta
generazioni
espressero
in
forme
italiane
pure
e
ammirabili
.
È
irragionevole
il
vantarsi
d
'
amare
il
proprio
paese
quando
si
concorre
a
imbastardirne
il
linguaggio
,
considerandolo
come
un
campo
che
a
tutti
sia
lecito
di
calpestare
e
lordare
.
Per
la
ragione
stessa
che
rispettiamo
e
custodiamo
gelosamente
la
ricchezza
infinita
d
'
opere
d
'
arte
,
che
i
nostri
padri
ci
lasciarono
,
dobbiamo
rispettare
e
custodire
il
patrimonio
della
lingua
,
che
essi
trasmisero
e
affidarono
a
noi
come
una
tradizione
gloriosa
,
e
che
da
noi
si
ha
da
tramandare
ai
nostri
figli
,
intatto
e
immaculato
quanto
lo
consentano
la
legge
del
tempo
e
la
forza
delle
cose
.
Per
amor
di
patria
,
dunque
,
per
sentimento
di
dignità
nazionale
e
d
'
onestà
cittadina
,
per
nostro
interesse
individuale
e
per
vantaggio
di
tutti
,
noi
dobbiamo
studiare
la
nostra
lingua
,
quanto
ci
è
possibile
,
in
qualunque
classe
sociale
ci
abbia
posto
la
fortuna
,
qualunque
sia
il
nostro
ufficio
nella
società
e
la
natura
dei
nostri
studi
professionali
,
in
qualunque
parte
d
'
Italia
siam
nati
o
destinati
a
vivere
;
dobbiamo
studiarla
perché
sono
una
cosa
patria
e
lingua
,
pensiero
e
parola
,
parola
e
vita
.
*
Ebbene
,
io
scrivo
con
lo
scopo
unico
di
farti
prendere
amore
a
questo
studio
,
provandoti
che
non
è
punto
uno
studio
arido
e
noioso
,
come
lo
credono
i
più
;
ma
che
si
può
fare
con
lo
stesso
diletto
col
quale
si
studia
la
pittura
e
la
musica
da
chi
non
vi
cerca
altro
che
il
diletto
.
Tu
hai
già
compreso
:
non
scrivo
un
trattato
;
non
scenderò
a
disquisizioni
grammaticali
minute
,
né
salirò
a
quistioni
alte
di
filologia
,
chè
non
sarebbe
affar
mio
,
e
non
gioverebbe
al
mio
scopo
:
tratterò
la
materia
semplicemente
e
praticamente
,
nella
forma
che
mi
pare
convenga
meglio
all
'
età
tua
.
E
scrivo
non
soltanto
per
te
;
ma
anche
per
quella
molta
gente
d
'
ogni
età
e
condizione
,
che
potrebbe
studiar
la
lingua
con
piacere
e
con
vantaggio
,
pure
senza
il
sussidio
utilissimo
della
conoscenza
del
latino
,
né
d
'
altra
preparazione
letteraria
,
e
che
ci
si
metterebbe
volentieri
,
se
non
la
trattenesse
il
pregiudizio
comune
che
v
'
occorra
uno
sforzo
enorme
della
volontà
e
una
pazienza
infinita
,
come
per
lo
studio
d
'
una
scienza
astrusa
.
Per
questo
,
strada
facendo
,
mi
staccherò
da
te
qualche
volta
,
per
rivolgermi
ad
altri
;
ma
tu
mi
potrai
venire
accanto
anche
allora
,
perché
non
mi
scorderò
mai
che
m
'
ascolti
.
Faremo
insieme
un
viaggio
d
'
istruzione
,
e
farò
il
possibile
perché
riesca
pure
un
viaggio
di
piacere
.
Può
darsi
che
in
qualche
punto
tu
t
'
annoi
;
ma
spesso
ti
soffermerai
a
pensare
,
e
di
tanto
in
tanto
sorriderai
,
e
ti
farai
buon
sangue
.
Non
sono
un
maestro
:
sono
una
guida
.
Alla
dottrina
che
mi
manca
supplirò
in
qualche
modo
con
la
dottrina
degli
altri
.
Non
imparerai
gran
cosa
da
me
lungo
il
viaggio
;
ma
moltissimo
poi
da
te
stesso
,
e
con
l
'
aiuto
altrui
,
se
io
riuscirò
,
come
spero
,
a
trasfondere
nell
'
animo
tuo
un
poco
del
vivo
amore
e
dell
'
allegra
fede
con
cui
mi
metto
al
lavoro
.
A
QUELLI
CHE
NON
VORREBBERO
LEGGERE
.
Vedo
parecchi
lettori
,
che
dopo
avere
scorso
la
prefazione
,
fanno
l
'
atto
di
chiudere
il
libro
.
Un
momento
,
signori
.
Chiedo
il
permesso
di
rivolgere
poche
parole
a
ciascun
di
loro
.
Poi
ritornerò
a
te
,
giovinetto
.
A
chi
dice
che
la
lingua
si
sa
.
-
Che
bisogno
c
'
è
di
studiar
la
lingua
?
La
lingua
si
sa
!
-
È
un
'
opinione
di
molti
.
Ella
la
saprà
meglio
di
molti
altri
,
non
ne
dubito
;
ma
si
lasci
dire
che
,
se
non
l
'
ha
studiata
,
non
la
può
sapere
,
non
solo
come
dovrebbe
,
ma
neppure
quanto
i
suoi
bisogni
richiedono
.
Ella
possiede
un
materiale
di
lingua
che
non
è
la
terza
parte
di
quello
che
le
sarebbe
necessario
per
parlar
bene
,
un
piccolo
corredo
di
vocaboli
e
di
frasi
,
che
le
servono
a
dire
impropriamente
e
a
un
di
presso
una
grande
quantità
di
cose
,
ciascuna
delle
quali
può
esser
detta
con
una
parola
o
una
frase
propria
,
che
dice
per
l
'
appunto
quella
cosa
sola
.
Nel
parlare
come
nello
scrivere
,
a
ogni
tratto
,
ella
gira
intorno
al
proprio
pensiero
,
non
lo
esprime
che
a
mezzo
,
ed
è
costretta
ad
aggiungere
e
a
correggere
per
compiere
e
chiarire
l
'
espressione
che
non
le
riuscì
compiuta
e
chiara
alla
prima
.
E
,
confessi
la
verità
:
molte
cose
ella
non
le
dice
per
non
mettersi
in
un
impaccio
.
Vuol
vedere
che
io
le
nomino
subito
venti
,
trenta
oggetti
,
operazioni
,
qualità
o
particolari
d
'
oggetti
,
che
a
tutti
occorre
di
rammentare
quasi
ogni
giorno
,
e
che
ella
designa
sempre
con
una
perifrasi
o
con
una
parola
sbagliata
?
Vuol
che
le
dica
lì
per
lì
una
filza
di
modi
della
lingua
viva
,
usatissimi
in
tutta
l
'
Italia
,
e
che
non
hanno
sinonimi
,
ma
che
lei
non
ha
mai
usati
e
che
le
riuscirebbero
nuovi
come
modi
d
'
un
'
altra
lingua
?
Ella
conosce
il
francese
?
Non
molto
.
Vuole
scommettere
che
se
mi
racconta
in
italiano
l
'
aneddoto
più
semplice
,
io
,
che
non
sono
un
linguista
né
un
pedante
,
ci
trovo
altrettante
improprietà
quante
ce
ne
troverebbe
un
francese
s
'
ella
gli
raccontasse
l
'
aneddoto
in
francese
?
E
mi
sostiene
che
la
lingua
si
sa
?
Capisco
come
non
si
sappia
d
'
ignorare
le
cose
che
non
si
sa
che
esistano
.
Ma
ella
somiglia
a
chi
credesse
di
saper
la
botanica
perché
conosce
i
legumi
che
gli
portano
in
tavola
e
i
nomi
dei
fiori
che
coltiva
sul
terrazzino
.
A
chi
dice
:
-
Che
cosa
importa
?
-
È
uno
studio
di
parole
,
insomma
;
che
cosa
importano
le
parole
?
-
Che
cosa
importano
le
parole
?
Questa
è
grossa
,
mi
perdoni
.
È
come
dire
:
-
Che
cosa
importa
parlare
e
scrivere
con
chiarezza
e
con
efficacia
?
Che
cosa
importa
l
'
usare
,
invece
d
'
una
parola
o
d
'
una
frase
propria
,
un
'
altra
parola
o
un
'
altra
frase
che
,
non
esprimendo
per
l
'
appunto
il
nostro
pensiero
,
può
farlo
frantendere
e
costringerci
perciò
ad
esprimerlo
un
'
altra
volta
in
un
'
altra
maniera
,
che
può
esser
peggiore
della
prima
?
Che
cosa
importa
,
parlando
e
scrivendo
,
inciampare
ogni
momento
in
una
difficoltà
,
essere
arrestati
a
ogni
passo
da
un
dubbio
,
lasciare
a
mezzo
una
frase
per
cercare
un
vocabolo
,
doversi
spiegare
coi
gesti
come
i
bambini
e
gl
'
idioti
,
e
qualche
volta
urtare
,
non
volendolo
,
e
offendere
una
persona
,
non
per
altro
che
per
non
saper
scegliere
,
nel
farle
un
'
osservazione
o
un
rimprovero
o
nel
dirle
una
verità
sgradita
,
la
parola
o
la
frase
che
esprimerebbe
lo
stesso
pensiero
senza
ferirla
nell
'
amor
proprio
?
Che
cosa
importano
le
parole
?
Ma
infiniti
malintesi
,
risentimenti
,
diverbi
dolorosi
nascono
di
continuo
fra
gli
uomini
da
una
parola
usata
a
sproposito
,
non
per
mal
animo
,
ma
per
pura
ignoranza
o
mancanza
di
finezza
nel
sentimento
della
lingua
.
Ma
mille
volte
nella
vita
il
primo
giudizio
che
facciamo
dell
'
ingegno
,
della
cultura
,
del
grado
d
'
educazione
d
'
una
persona
,
si
fonda
(
e
sia
pure
a
torto
sovente
,
chè
questo
cresce
valore
all
'
argomento
)
sopra
il
suo
modo
di
parlare
,
e
anche
su
poche
parole
che
le
abbiamo
udito
dire
,
sopra
una
sgrammaticatura
,
sopra
un
'
espressione
ridicola
,
sopra
l
'
ignoranza
d
'
una
parola
comune
.
Ma
ella
stessa
,
signore
,
ella
che
dice
che
le
parole
non
importano
,
quando
le
occorre
di
parlar
la
prima
volta
con
una
persona
che
le
ispira
reverenza
,
e
di
cui
le
preme
d
'
acquistarsi
la
stima
e
la
simpatia
,
ella
stessa
,
sempre
,
anche
inconscientemente
,
s
'
ingegna
di
parlar
meglio
del
solito
,
scegliendo
i
vocaboli
con
cura
e
filando
i
periodi
con
garbo
!
O
come
si
può
dire
:
-
Che
cosa
importano
le
parole
?
A
un
uomo
d
'
affari
.
-
Quanto
a
me
,
consentirà
che
non
ho
bisogno
di
studiar
l
'
italiano
.
Sono
un
uomo
d
'
affari
!
-
Mi
scusi
.
È
forse
il
dialetto
la
lingua
ufficiale
degli
affari
?
E
in
ogni
modo
,
non
pare
a
lei
che
un
uomo
d
'
affari
che
ha
studiato
e
parla
e
scrive
correttamente
e
facilmente
la
lingua
,
valga
,
a
parità
d
'
ingegno
e
d
'
esperienza
,
qualche
cosa
di
più
d
'
un
altro
,
il
quale
la
scriva
come
un
barbaro
e
la
balbetti
come
un
ragazzo
?
Ma
gli
uomini
d
'
affari
hanno
soventissime
volte
da
esporre
,
da
dimostrare
,
da
discutere
gl
'
interessi
propri
,
con
la
penna
o
di
viva
voce
,
a
quattr
'
occhi
e
in
riunioni
private
o
pubbliche
,
in
lingua
italiana
.
Ma
se
c
'
è
gente
al
mondo
a
cui
sia
utile
,
necessaria
nell
'
espressione
del
proprio
pensiero
la
lucidità
,
la
brevità
,
l
'
esattezza
del
linguaggio
,
son
loro
,
che
hanno
molte
cose
da
dire
e
importanti
e
non
facili
,
e
le
hanno
da
dire
alla
lesta
,
a
gente
che
non
ha
tempo
da
perdere
;
cose
nelle
quali
il
non
farsi
bene
intendere
produce
ben
più
gravi
inconvenienti
che
nei
discorsi
ordinari
.
Ma
gli
uomini
d
'
affari
vivono
pure
fuor
del
giro
dei
propri
interessi
,
fra
amici
d
'
altre
professioni
,
con
signore
,
con
artisti
,
con
gente
di
varia
cultura
,
in
mezzo
ai
quali
portano
il
loro
amor
proprio
,
non
solo
d
'
uomini
d
'
affari
,
ma
d
'
uomini
di
mondo
,
l
'
ambizione
di
contar
qualche
cosa
anche
fuor
delle
faccende
e
dei
numeri
,
il
desiderio
di
farsi
ascoltare
,
di
divertire
,
di
piacere
,
e
se
non
altro
la
cura
di
non
far
ridere
parlando
rozzamente
e
lasciandosi
scappare
strafalcioni
.
E
in
fine
,
signor
uomo
d
'
affari
,
vale
per
lei
,
come
per
tutti
,
questa
ragione
:
che
la
lingua
nazionale
,
in
certe
classi
della
società
,
si
deve
imparare
non
soltanto
per
sé
,
ma
per
i
propri
figliuoli
;
i
quali
ad
impararla
,
almeno
fin
che
son
piccoli
,
debbono
essere
aiutati
dal
padre
e
dalla
madre
.
Che
figura
farebbe
un
padre
che
dicesse
al
suo
figliuolo
:
-
Caro
mio
,
tu
hai
dieci
anni
;
in
materia
di
lingua
io
non
son
più
in
grado
d
'
insegnarti
nulla
perché
....
sono
un
uomo
d
'
affari
!
A
chi
non
ci
ha
attitudine
.
-
Lo
credo
anch
'
io
una
buona
cosa
;
ma
allo
studio
della
lingua
non
ci
ho
attitudine
.
-
Oh
bella
!
Che
risponderebbe
lei
a
chi
le
dicesse
:
-
Non
son
fatto
bene
,
son
di
complessione
debole
:
per
questo
non
faccio
ginnastica
?
-
Ma
il
non
aver
attitudine
allo
studio
della
lingua
è
una
ragione
di
più
per
istudiarla
.
Chi
non
è
dotato
di
buona
memoria
,
e
non
ha
facilità
d
'
esprimersi
,
né
un
vivo
sentimento
naturale
della
lingua
,
deve
e
può
supplire
alla
deficienza
di
queste
qualità
con
lo
studio
.
Un
'
attitudine
particolare
ci
vuole
per
diventare
scrittore
o
linguista
;
ma
per
imparar
la
lingua
quanto
lo
richiedono
il
dovere
,
l
'
interesse
e
la
dignità
di
qualunque
cittadino
colto
,
basta
la
volontà
.
Ci
si
provi
un
poco
.
Ella
non
immagina
quanto
possa
acquistare
in
materia
di
lingua
anche
chi
non
ci
ha
disposizione
di
natura
,
in
un
periodo
di
tempo
anche
breve
,
e
senza
far
grande
fatica
.
Mi
dirà
:
-
Non
ci
avendo
disposizione
,
non
ci
ho
amore
,
e
senza
questo
non
si
riesce
a
nulla
.
-
Ma
l
'
amore
viene
a
poco
a
poco
,
man
mano
che
dello
studio
si
riconoscono
i
profitti
,
come
viene
all
'
erborizzatore
esordiente
,
che
,
dopo
aver
classificato
nella
sua
mente
un
certo
numero
di
piante
,
prosegue
con
più
alacrità
,
per
il
piacere
d
'
accrescere
il
suo
patrimonio
di
cognizioni
,
e
perché
il
lavoro
gli
riesce
sempre
più
facile
.
Può
ella
affermare
che
se
stèsse
chiusa
un
mese
fra
quattro
pareti
senz
'
altri
libri
che
di
lingua
,
non
prenderebbe
amore
a
questo
studio
quanto
uno
che
ci
avesse
disposizione
?
No
,
non
è
vero
?
E
ci
prenderebbe
amore
per
il
solo
fatto
che
sarebbe
costretta
,
per
cacciar
la
noia
,
a
vincere
la
prima
riluttanza
,
insistendo
su
quella
materia
col
pensiero
,
come
non
ha
fatto
mai
.
Provi
dunque
a
insistervi
col
pensiero
una
volta
,
a
fare
una
volta
di
proposito
ciò
che
farebbe
in
quel
caso
per
forza
,
e
vedrà
che
il
difficile
non
sta
che
nel
principiare
.
E
poi
:
-
Non
ci
ho
attitudine
!
-
E
come
lo
sa
?
La
mente
umana
è
piena
di
sorprese
;
certe
attitudini
vi
stanno
nascoste
;
scavi
un
po
'
;
anche
nel
cervello
,
chi
cerca
trova
.
A
chi
non
ci
ha
tempo
.
-
Ci
ho
pensato
molte
volte
,
mi
ci
metterei
;
ma
ho
altro
da
fare
,
mi
manca
il
tempo
.
-
Non
le
può
mancare
.
Non
c
'
è
altra
materia
che
si
presti
meglio
a
uno
studio
frammentario
,
fatto
nei
ritagli
di
tempo
libero
,
e
anche
nei
momenti
di
riposo
;
a
uno
studio
somigliante
a
quelle
occupazioni
fra
intellettuali
e
meccaniche
,
a
cui
si
dànno
molti
per
isvago
.
Se
non
chiuderà
il
mio
libro
alle
prime
pagine
,
vedrà
che
può
studiare
la
lingua
senza
togliere
un
'
ora
alle
sue
faccende
quotidiane
,
anzi
facendo
servire
queste
a
quello
scopo
,
imparando
qualche
cosa
a
ogni
proposito
,
raccogliendo
le
cognizioni
quasi
senza
far
deviare
il
suo
pensiero
dall
'
andamento
abituale
.
Ella
mi
dirà
:
-
Ma
ho
mille
pensieri
,
mille
cure
;
quando
ci
avrei
tempo
,
non
ci
ho
testa
;
per
codesto
studio
ci
vuol
l
'
animo
tranquillo
.
-
Ma
appunto
,
ella
ci
troverà
quiete
e
sollievo
,
perché
non
c
'
è
altro
studio
che
giovi
quanto
questo
a
distrarci
dalle
passioni
che
ci
turbano
,
che
occupi
e
svaghi
la
mente
,
come
questo
fa
,
con
una
serie
continua
di
curiosità
nascenti
l
'
una
dall
'
altra
,
contentando
ad
un
tempo
l
'
animo
con
molte
piccole
conquiste
quotidiane
determinate
,
con
infinite
piccole
compiacenze
prodotte
dal
continuo
ripetersi
delle
occasioni
in
cui
si
può
spendere
quello
che
s
'
è
guadagnato
.
E
non
mi
dica
neppure
che
è
uno
studio
per
i
giovani
,
ai
quali
è
stimolo
l
'
idea
di
ricavarne
un
vantaggio
per
l
'
avvenire
,
non
per
gli
uomini
maturi
,
a
cui
quello
stimolo
manca
.
No
;
bisogna
pure
che
ci
si
trovi
un
piacere
indipendente
da
ogni
concetto
d
'
utilità
futura
,
poichè
per
tanti
uomini
,
anche
non
letterati
e
scrittori
,
è
uno
studio
amoroso
e
costante
,
un
conforto
nella
vecchiaia
e
nella
solitudine
,
l
'
ultima
forma
d
'
attività
della
loro
mente
,
come
è
per
altri
lo
studio
della
natura
.
Col
quale
,
infatti
,
ha
questo
di
comune
lo
studio
della
lingua
:
che
è
infinitamente
vario
,
e
che
i
suoi
confini
s
'
allontanano
dinanzi
a
chi
vi
procede
.
A
chi
dice
che
ci
avrà
tempo
.
A
lei
,
signorino
,
che
mi
dice
:
-
Ci
avrò
tempo
!
-
darei
volentieri
una
tiratina
d
'
orecchio
.
Se
c
'
è
studio
che
un
ragazzo
non
debba
rimandare
a
poi
,
è
questo
della
lingua
.
Non
t
'
hai
per
male
ch
'
io
paragoni
la
tua
memoria
a
un
foglio
di
carta
asciugante
?
Vedi
,
quando
questo
è
fresco
e
pulito
,
come
vi
s
'
imprimono
nette
tutte
le
parole
dello
scritto
su
cui
lo
premi
,
e
vedi
poi
,
quando
è
un
pezzo
che
l
'
usi
ed
è
già
nero
in
gran
parte
,
come
le
parole
vi
s
'
imprimono
confuse
,
o
non
vi
restano
,
o
se
ne
perde
l
'
impressione
in
quella
dello
scritto
che
già
lo
ricopre
.
La
tua
bella
età
è
quella
in
cui
la
mente
vergine
e
chiara
è
più
atta
ad
appropriarsi
il
materiale
della
lingua
,
non
soltanto
per
virtù
della
memoria
ancor
fresca
,
ma
anche
perché
,
essendo
tu
spettatore
più
che
attore
della
vita
,
dalle
parole
non
ti
distraggono
ancora
le
cose
così
fortemente
come
faranno
più
tardi
,
quando
avrai
mille
cure
,
faccende
e
pensieri
.
Per
questo
tu
hai
inteso
dire
mille
volte
che
i
ragazzi
imparano
le
lingue
più
facilmente
degli
uomini
.
Via
via
che
s
'
allargherà
il
campo
e
crescerà
la
difficoltà
dei
tuoi
studi
,
ti
mancherà
sempre
più
il
tempo
di
dedicarti
alla
lingua
e
dovrai
fare
uno
sforzo
sempre
maggiore
per
impararla
.
E
non
pensare
che
sia
uno
studio
puramente
letterario
,
che
a
te
,
chiamato
a
questa
o
a
quella
scienza
,
non
possa
giovare
.
È
un
errore
madornale
.
Nel
campo
di
qualunque
scienza
il
possesso
della
lingua
,
la
facoltà
di
esprimersi
con
chiarezza
e
con
proprietà
è
parte
della
scienza
stessa
.
Vedi
che
differenza
c
'
è
nel
profitto
che
fanno
fare
ai
giovani
gl
'
insegnanti
che
parlano
bene
e
quelli
che
parlano
male
.
E
non
credere
d
'
imparar
la
lingua
con
quel
tanto
che
te
ne
insegnano
:
la
scuola
non
ti
può
che
mettere
sulla
via
d
'
impararla
:
al
modo
particolare
che
ha
ciascun
di
noi
di
sentire
e
di
pensare
,
noi
soli
possiamo
trovar
la
lingua
che
lo
esprima
.
E
poi
,
che
logica
è
questa
?
Dici
che
a
studiar
la
lingua
ci
hai
tempo
,
ossia
,
che
è
uno
studio
che
non
preme
;
ma
d
'
ogni
sproposito
o
anche
piccolo
errore
di
lingua
che
sfugga
a
chi
che
sia
,
se
tu
lo
avverti
,
ne
fai
un
carnevale
.
Non
ti
dar
la
zappa
sui
piedi
,
dunque
;
mettiti
all
'
opera
;
per
qualunque
via
tu
abbia
da
fare
il
tuo
cammino
nel
mondo
,
benedirai
le
fatiche
che
avrai
dedicate
a
questo
studio
nei
tuoi
primi
anni
.
A
un
giovane
d
'
ingegno
.
-
Lo
studio
della
lingua
è
per
le
teste
piccole
,
che
,
non
avendo
idee
,
hanno
bisogno
d
'
imparar
parole
....
-
Lo
crede
davvero
?
Veda
come
andiamo
d
'
accordo
.
Io
penso
l
'
opposto
.
Credo
che
le
teste
piccole
abbian
meno
bisogno
di
studiar
la
lingua
che
le
teste
grandi
,
perché
,
avendo
poche
idee
,
basta
a
loro
un
ristretto
materiale
di
lingua
ad
esprimerle
;
perché
,
pensando
meno
profondamente
e
meno
sottilmente
,
non
occorre
loro
grande
efficacia
e
finezza
di
linguaggio
per
rendere
il
proprio
pensiero
.
Ma
chi
ha
vero
ingegno
,
se
non
sa
la
lingua
bene
,
si
trova
tanto
più
impacciato
a
farsi
valere
quanto
ha
più
ingegno
.
Come
non
lo
comprende
?
Non
è
verità
evidente
che
deve
posseder
la
lingua
meglio
degli
altri
chi
ha
idee
originali
e
sentimenti
vivi
e
delicati
da
esprimere
,
chi
sa
,
intuisce
e
ricorda
molte
cose
,
e
in
ogni
cosa
vede
particolari
che
la
maggior
parte
non
vedono
,
chi
dalla
forza
del
proprio
ingegno
e
del
proprio
sentimento
è
portato
più
degli
altri
ad
analizzare
,
ad
argomentare
,
a
raccontare
,
a
descrivere
,
e
nel
descrivere
,
a
scolpire
e
a
colorire
le
proprie
immagini
?
E
tanto
più
se
il
suo
ingegno
è
di
quella
natura
particolare
che
si
chiama
spirito
,
inclinato
a
coglier
delle
cose
il
lato
ridicolo
,
e
le
relazioni
riposte
di
affinità
e
di
contrasto
comico
intercedenti
fra
di
esse
,
e
a
giocare
coi
significati
diretti
e
traslati
dei
vocaboli
,
tanto
più
avrà
bisogno
di
maneggiar
con
destrezza
la
lingua
,
che
appunto
nel
campo
dello
scherzo
è
ricchissima
.
Se
si
paragona
la
lingua
al
danaro
,
si
può
dire
che
chi
non
ha
ingegno
è
rispetto
ad
essa
come
un
uomo
quieto
e
assestato
,
senza
vanità
e
senza
desidèri
,
che
campa
con
pochi
soldi
,
e
chi
ha
molto
ingegno
è
un
uomo
pien
di
vita
e
d
'
ambizione
,
di
raffinatezze
aristocratiche
e
di
voglie
giovanili
,
che
ha
bisogno
di
spendere
e
di
spandere
.
Studi
dunque
la
lingua
anche
lei
,
che
è
un
gran
signore
intellettuale
,
per
non
ridursi
poi
a
campare
come
un
pitocco
.
A
chi
studia
le
lingue
straniere
.
Mi
dice
un
giovinetto
,
con
accento
d
'
alterezza
:
-
Io
studio
le
lingue
straniere
.
-
Vuoi
dire
con
questo
che
ti
preme
più
di
saper
le
lingue
straniere
che
la
tua
?
Non
me
ne
maraviglierei
più
che
tanto
.
C
'
è
degli
italiani
che
,
volendo
fare
un
viaggio
di
piacere
e
d
'
istruzione
,
vanno
prima
a
Parigi
che
a
Roma
;
ce
n
'
è
altri
,
i
quali
dicono
sorridendo
,
con
l
'
aria
di
darsi
un
vanto
,
che
della
più
parte
dei
propri
pensieri
s
'
affaccia
loro
alla
mente
l
'
espressione
francese
o
inglese
prima
che
l
'
italiana
;
e
conobbi
anche
un
tale
,
che
a
un
esame
di
geografia
,
dopo
aver
detto
benissimo
i
confini
della
Persia
,
mise
Firenze
a
settentrione
di
Bologna
.
No
?
Tu
non
sei
di
quel
numero
?
E
tanto
meglio
.
Ma
non
sarai
mai
abbastanza
persuaso
di
questa
verità
:
che
non
si
studia
con
amore
,
che
non
s
'
impara
bene
nessuna
lingua
straniera
,
se
non
s
'
è
prima
studiato
con
amore
e
imparato
bene
la
propria
;
poichè
,
se
imparare
una
lingua
straniera
non
è
altro
che
imparare
a
tradurre
in
questa
i
nostri
pensieri
da
quella
che
usualmente
parliamo
,
come
si
può
fare
una
buona
traduzione
d
'
un
cattivo
testo
?
Come
riuscire
a
dir
con
esattezza
e
con
garbo
in
un
'
altra
lingua
quelle
cose
che
non
sappiamo
dire
se
non
confusamente
e
senza
garbo
nella
nostra
?
E
in
che
maniera
intendere
e
sentire
le
qualità
degli
scrittori
stranieri
,
se
queste
,
in
qualunque
lingua
,
non
s
'
intendono
e
non
si
sentono
se
non
paragonando
le
parole
,
le
frasi
,
le
forme
a
quelle
che
loro
corrispondono
nella
lingua
che
ci
è
famigliare
?
E
ti
seguirà
anche
questo
:
che
mentre
non
imparerai
che
male
altre
lingue
,
ti
si
corromperà
e
confonderà
nella
mente
quel
poco
che
sai
della
tua
,
perché
,
essendo
poco
e
mal
fermo
,
non
reggerà
il
materiale
straniero
che
gli
verserai
sopra
,
e
ti
troverai
così
ad
aver
acquistato
varie
mezze
lingue
,
senza
possederne
una
intera
;
sarai
come
chi
a
un
vestito
tutto
buchi
ne
sovrapponga
un
altro
pieno
di
strappi
,
che
riman
mezzo
nudo
a
ogni
modo
.
Dammi
retta
:
fatti
prima
un
buon
vestito
italiano
.
A
chi
dice
che
basta
leggere
.
-
La
lingua
-
dicon
molti
-
s
'
impara
leggendo
.
Lo
crede
davvero
,
signor
mio
?
Ma
se
anche
ella
non
legga
che
libri
,
dai
quali
la
lingua
si
possa
imparare
,
le
dico
che
ella
vive
in
una
grande
illusione
,
salvo
che
li
legga
principalmente
con
quello
scopo
,
ossia
badando
più
alla
forma
che
alla
sostanza
;
cosa
ch
'
ella
non
fa
,
senza
dubbio
,
o
che
può
far
tanto
meno
quanto
più
la
sostanza
dei
libri
l
'
attrae
e
la
diverte
.
Della
ricchezza
e
della
proprietà
della
lingua
,
leggendo
,
ella
sentirà
qua
e
là
,
e
complessivamente
,
l
'
effetto
;
ma
provi
,
finita
la
lettura
d
'
un
libro
,
a
cercar
quante
parole
e
frasi
le
sian
rimaste
nella
mente
,
in
maniera
da
diventar
sue
,
e
da
venirle
poi
sulla
bocca
o
alla
penna
nel
parlare
o
nello
scrivere
,
e
vedrà
che
poco
o
nulla
le
sarà
rimasto
.
La
memoria
della
lingua
non
si
rafforza
che
con
l
'
esercizio
,
e
nella
lettura
essa
non
si
esercita
.
S
'
impara
la
lingua
anche
leggendo
,
ma
leggendo
pochi
libri
molte
volte
e
attentamente
,
non
già
molti
una
volta
sola
e
di
corsa
,
come
dai
più
si
suol
fare
;
e
l
'
avrà
esperimentato
ella
pure
non
scoprendo
che
alla
terza
o
alla
quarta
lettura
,
in
libri
scritti
bene
,
una
quantità
di
bellezze
di
lingua
,
d
'
effetti
particolari
che
fanno
certi
vocaboli
collocati
in
un
certo
punto
,
di
ragioni
profonde
e
sottili
per
cui
certe
espressioni
,
e
non
cert
'
altre
,
furono
usate
.
E
se
anche
leggendo
soltanto
per
ispasso
,
s
'
imparasse
molta
lingua
,
come
si
potrebbe
imparare
la
nomenclatura
d
'
innumerevoli
cose
,
di
cui
solo
una
parte
minima
,
in
un
certo
numero
di
libri
,
può
ritrovarsi
?
Come
apprendere
la
lingua
viva
e
famigliare
che
,
fuor
d
'
un
certo
genere
di
letteratura
,
manca
nei
libri
quasi
affatto
?
E
come
acquistare
l
'
agilità
e
la
prontezza
della
mente
che
occorrono
per
maneggiare
il
materiale
linguistico
e
farlo
servire
con
garbo
al
pensiero
?
Tenga
per
fermo
che
leggendo
libri
per
vent
'
anni
non
imparerà
tanta
lingua
quanto
studiandola
di
proposito
un
anno
solo
.
Legga
e
rilegga
senza
studiare
,
e
verserà
dell
'
acqua
in
un
crivello
.
A
chi
dice
che
s
'
impara
la
lingua
dall
'
uso
.
Qui
sento
un
coro
d
'
italiani
settentrionali
che
esclamano
:
-
Studiare
la
lingua
!
Ma
la
lingua
s
'
impara
dall
'
uso
!
Da
qual
uso
l
'
imparate
voi
,
cari
signori
?
In
casa
voi
parlate
quasi
tutti
e
fuor
di
casa
quasi
sempre
il
vostro
dialetto
,
e
quando
non
parlate
questo
,
parlate
e
sentite
parlare
un
italiano
povero
e
scorretto
,
pieno
zeppo
d
'
idiotismi
e
di
francesismi
.
In
materia
di
lingua
s
'
usa
fra
noi
non
toscani
,
perché
parliamo
tutti
male
,
una
grande
tolleranza
reciproca
,
per
effetto
della
quale
nessuno
studia
di
correggersi
,
e
ognuno
sèguita
per
tutta
la
vita
a
ripetere
gli
stessi
spropositi
,
senz
'
arricchire
il
proprio
linguaggio
di
dieci
parole
in
un
anno
.
Anche
quei
pochi
che
hanno
studiato
la
lingua
e
che
,
scrivendo
,
sono
corretti
e
sfoggiano
una
certa
ricchezza
di
vocaboli
e
di
frasi
,
quando
parlano
,
parlano
poco
meno
scorrettamente
e
poveramente
degli
altri
,
appunto
perché
della
lingua
non
hanno
l
'
uso
,
perché
delle
frasi
e
dei
vocaboli
,
che
cercano
e
trovano
nello
scrivere
,
non
vien
loro
alla
bocca
,
non
avendoli
essi
famigliari
,
che
una
minima
parte
.
Come
si
può
dunque
imparare
la
buona
lingua
da
un
uso
cattivo
?
Come
imparare
centinaia
e
centinaia
di
voci
e
locuzioni
che
intorno
a
noi
nessuno
dice
mai
?
V
'
è
mai
occorso
di
sentir
degli
stranieri
che
credono
d
'
aver
imparato
l
'
italiano
dall
'
uso
in
dieci
anni
di
soggiorno
in
una
città
dell
'
Alta
Italia
?
V
'
avranno
fatto
scappare
.
Dall
'
uso
,
fra
noi
,
si
può
imparare
a
parlar
con
scioltezza
;
ma
con
proprietà
,
con
varietà
,
con
colorito
,
con
grazia
!
Corbellerie
.
Perdonatemi
:
m
'
è
scappata
dalla
penna
.
A
una
signorina
.
O
signorina
,
anche
lei
?
Ma
come
?
Metterà
tanta
cura
ad
abbigliare
la
sua
graziosa
persona
e
non
ne
vorrà
metter
punto
a
vestire
i
suoi
pensieri
?
Porrà
tanto
studio
a
camminare
con
grazia
e
nessun
impegno
a
parlar
con
garbo
?
Cercherà
con
tant
'
arte
di
modular
dolcemente
la
sua
voce
e
non
le
importerà
di
pronunziare
con
dolcezza
parole
spurie
e
frasi
barbare
?
E
le
parrà
che
non
abbia
a
studiar
la
lingua
la
donna
,
che
per
ragione
di
natura
e
per
gli
uffici
a
cui
è
destinata
,
di
madre
,
di
consigliera
,
d
'
educatrice
,
di
consolatrice
della
famiglia
,
avrà
tanti
sentimenti
amorosi
e
pensieri
gentili
da
esprimere
,
tante
cose
da
dire
,
delle
più
difficili
a
dire
e
a
sentire
,
e
che
può
e
sa
dire
essa
sola
,
e
che
da
lei
sola
si
vogliono
udire
!
E
come
farà
,
se
non
avrà
studiato
la
sua
lingua
,
a
compiere
con
la
voce
e
con
la
penna
questi
uffici
,
per
i
quali
occorre
conoscer
della
lingua
tutte
le
grazie
e
le
sfumature
,
possedere
tutte
quelle
parole
e
locuzioni
proprie
,
morbide
,
agili
,
sottili
,
che
entrano
quasi
inavvertite
nella
coscienza
e
nel
cuore
,
persuadono
e
commovono
,
accarezzano
e
consolano
?
Non
è
uno
studio
per
la
donna
?
Ma
direi
che
è
il
primo
studio
che
ella
ha
da
fare
,
poichè
la
madre
è
la
prima
maestra
dei
suoi
figliuoli
,
e
perché
in
ogni
società
colta
sono
,
e
non
possono
esser
che
le
donne
quelle
che
insegnano
ed
impongono
nella
conversazione
la
dignità
del
linguaggio
,
la
finezza
dello
scherzo
,
l
'
urbanità
della
contraddizione
.
E
come
si
può
far
questo
non
conoscendo
la
lingua
?
Ah
,
ella
scuote
il
capo
,
con
un
sorrisetto
:
ho
capito
.
È
bella
,
ed
ha
vanità
femminea
,
non
ambizione
letteraria
,
e
pensa
che
un
viso
come
il
suo
basterà
,
senza
il
sussidio
del
vocabolario
e
della
grammatica
,
ad
attirarle
da
per
tutto
l
'
ammirazione
e
l
'
ossequio
.
Ma
s
'
inganna
,
signorina
.
Se
sapesse
che
peggior
effetto
fa
una
parola
brutta
sur
una
bocca
bella
,
e
com
'
è
più
ridicola
la
sgrammaticatura
detta
con
un
sorriso
vanitoso
!
E
se
sentisse
con
che
barbara
compiacenza
le
belle
amiche
commentano
e
portano
in
giro
il
piccolo
sproposito
dell
'
amica
bella
!
Andiamo
,
mi
confessi
che
ha
torto
,
e
mi
conforti
anche
lei
,
almeno
per
un
tratto
di
strada
,
della
sua
cara
compagnia
.
LA
LINGUA
E
L
'
AMOR
PROPRIO
.
Ritorno
a
te
,
giovinetto
.
Hai
visto
che
cosa
s
'
ha
da
rispondere
a
chi
dice
:
-
Che
importano
le
parole
?
-
A
quella
risposta
debbo
fare
un
'
aggiunta
,
che
ti
persuaderà
anche
meglio
della
necessità
di
studiare
la
lingua
.
In
tutti
i
paesi
del
mondo
sono
argomento
di
ridicolo
gli
errori
di
lingua
.
Non
è
qui
il
caso
di
cercare
da
quale
intima
sorgente
della
ragione
e
del
sentimento
questo
ridicolo
nasca
.
Si
ride
degli
errori
dei
bambini
,
piacevolmente
,
perché
nei
bambini
è
naturale
l
'
errore
;
si
ride
degli
errori
della
gente
del
popolo
,
con
un
senso
di
compatimento
,
perché
derivano
da
un
'
ignoranza
scusabile
;
si
ride
degli
spropositi
di
chi
appartiene
alle
classi
colte
,
facendone
le
beffe
,
perché
sono
effetto
d
'
un
'
ignoranza
colpevole
.
E
avrai
osservato
che
si
ride
involontariamente
,
spesso
a
nostro
malgrado
,
anche
degli
errori
delle
persone
che
amiamo
e
rispettiamo
.
È
quasi
un
istinto
irresistibile
,
come
al
veder
fare
certe
smorfie
a
chi
mangia
e
certi
traballoni
a
chi
cammina
.
Ora
,
com
'
è
naturale
in
tutti
questo
sentimento
,
è
anche
naturale
che
tutti
,
chi
più
,
chi
meno
,
si
vergognino
e
si
stizziscano
di
suscitarlo
.
Benchè
ancora
giovinetto
,
tu
avrai
visto
più
volte
anche
uomini
che
non
hanno
alcuna
pretensione
a
letterati
,
e
che
tollerano
ogni
specie
di
scherzi
,
risentirsi
al
veder
ridere
d
'
una
parola
o
d
'
una
frase
sbagliata
che
sia
loro
sfuggita
di
bocca
.
Esiste
veramente
nell
'
uomo
un
particolare
amor
proprio
,
che
si
potrebbe
definire
l
'
amor
proprio
della
parola
,
e
che
è
singolarmente
delicato
e
irritabile
.
Non
ti
lasciar
ingannare
da
chi
lo
nega
e
dice
di
ridersene
.
Che
cosa
importano
le
parole
?
Ma
l
'
importanza
loro
,
che
tanta
gente
finge
di
disconoscere
,
è
dimostrata
di
continuo
e
da
per
tutto
da
infiniti
segni
.
Domanda
a
quanti
bazzicano
caffè
e
trattorie
da
molti
anni
,
quante
volte
hanno
inteso
a
un
tavolino
accanto
,
anche
fra
gente
di
professioni
lontanissime
dalla
letteratura
,
discussioni
accanite
e
interminabili
sull
'
italianità
o
sul
significato
d
'
un
vocabolo
.
Vedi
nei
giornali
che
pubblicano
corrispondenze
dei
piccoli
comuni
,
quante
volte
i
corrispondenti
,
polemizzando
,
si
scherniscono
e
si
dànno
a
vicenda
dell
'
asino
per
uno
svarione
di
lingua
o
di
sintassi
.
Interroga
qualunque
scrittore
noto
,
che
non
abbia
reputazione
di
strapazzar
la
grammatica
,
e
ti
dirà
quante
lettere
di
sconosciuti
riceve
,
che
invocano
il
suo
giudizio
sulla
legittimità
d
'
una
voce
o
d
'
una
locuzione
,
sulla
quale
è
corsa
una
scommessa
.
Fatti
dire
da
maestri
e
da
professori
quante
lettere
ricevano
da
padri
e
da
madri
,
che
rivendicano
la
correttezza
d
'
una
parola
o
d
'
una
frase
segnata
come
errore
in
un
componimento
del
loro
figliuolo
,
ragionando
,
citando
esempi
e
accalorandosi
come
linguisti
offesi
nell
'
orgoglio
.
E
quanti
battibecchi
seguono
negli
uffici
di
tutte
le
amministrazioni
,
per
piccole
quistioni
di
lingua
,
fra
redattori
di
minute
risentiti
d
'
un
appunto
linguistico
e
superiori
feriti
nel
sentimento
della
propria
autorità
letteraria
!
E
in
quante
assemblee
un
discorso
per
ogni
verso
sensato
fallisce
allo
scopo
per
una
frase
sgrammaticata
che
fa
ridere
!
E
quanti
sono
gli
uomini
politici
,
anche
illustri
,
al
cui
nome
è
rimasto
appiccicato
per
tutta
la
vita
,
come
un
'
insegna
derisoria
,
uno
sproposito
di
lingua
,
sfuggito
loro
una
volta
più
per
sbadataggine
che
per
ignoranza
!
Vedi
se
importano
o
no
le
parole
,
e
per
l
'
effetto
che
producono
negli
altri
gli
errori
,
e
per
il
risentimento
e
le
amarezze
che
da
quegli
effetti
vengono
a
noi
,
e
se
sia
da
darsi
retta
a
chi
sconsiglia
i
giovani
dallo
studio
della
lingua
,
come
da
un
perditempo
.
E
puoi
farne
la
prova
tu
stesso
.
A
chiunque
ti
dica
che
studiar
la
lingua
è
tempo
perso
,
se
te
lo
dice
in
italiano
,
prova
a
dir
lì
per
lì
ch
'
egli
ha
fatto
un
errore
di
proprietà
o
di
grammatica
,
e
vedrai
che
salta
su
,
smentendo
subito
sé
stesso
,
e
ti
rimbecca
:
-
Come
?
Vuoi
fare
il
maestro
a
me
?
...
Ma
studia
prima
la
lingua
!
E
qui
,
supponendo
che
tu
sia
oramai
arcipersuaso
,
chiudo
la
triplice
prefazione
,
e
mi
metto
in
cammino
.
DEL
PARLARE
.
Le
miserie
della
loquela
.
La
prima
cosa
che
ti
devi
proporre
,
mettendoti
a
studiare
la
lingua
,
è
d
'
imparare
a
parlarla
correttamente
e
facilmente
.
A
darti
fermezza
in
questo
proposito
gioverà
più
che
altro
la
consuetudine
,
che
tu
devi
prendere
,
d
'
osservare
la
scorrettezza
,
la
rozzezza
,
lo
stento
,
le
infinite
miserie
e
ridicolaggini
del
modo
di
parlare
dei
più
,
non
già
nelle
classi
sociali
inferiori
,
ma
in
quella
medesima
a
cui
tu
appartieni
.
Troverai
molti
che
,
parlando
italiano
,
perdono
ogni
vivacità
dello
spirito
,
come
se
cambiassero
natura
;
che
ti
fanno
sospirar
mezzo
minuto
ogni
parola
,
come
avari
a
cui
ogni
parola
costasse
uno
scudo
,
e
par
che
le
posino
l
'
una
dopo
l
'
altra
con
gran
riguardo
come
oggetti
fragili
e
preziosi
;
che
per
raccontar
la
cosa
più
semplice
e
più
futile
fanno
una
lunga
e
lenta
tiritera
,
che
metterebbe
alla
prova
la
pazienza
d
'
un
santo
.
Conoscerai
altri
che
,
per
parlar
corretto
,
si
rifanno
ogni
momento
indietro
a
rettificar
una
parola
o
a
correggere
una
frase
,
ti
presentano
due
volte
un
periodo
,
prima
in
brutta
copia
e
poi
messo
a
pulito
,
ti
fanno
assistere
a
tutta
la
faticosa
fabbricazione
del
proprio
discorso
,
pezzo
per
pezzo
e
giuntura
per
giuntura
,
e
quando
credi
che
l
'
abbian
finito
,
v
'
aggiungono
ancora
qualche
commento
e
gli
dànno
qualche
ritocco
;
dopo
di
che
,
affaticati
dal
lavoro
fatto
,
non
hanno
più
capo
ad
ascoltare
la
tua
risposta
.
Sentirai
parecchi
,
che
metton
fuori
ogni
tanto
una
parola
o
una
frase
francese
,
o
del
dialetto
,
o
del
loro
gergo
professionale
,
con
l
'
aria
di
non
avvedersene
,
o
di
dirla
per
dar
varietà
capricciosa
o
colorito
comico
al
discorso
;
ma
in
realtà
perché
non
sanno
l
'
espressione
corrispondente
italiana
;
e
screziano
così
il
loro
italiano
per
modo
,
che
non
si
sa
ben
dire
che
lingua
parlino
,
e
par
di
sentire
di
quei
sonatori
ambulanti
che
suonano
tre
strumenti
,
tutti
e
tre
malamente
,
in
una
volta
sola
.
Udirai
certi
tali
,
che
cercano
di
nascondere
gli
spropositi
come
i
prestigiatori
fanno
sparire
le
pallottole
,
assordandoti
con
un
precipizio
di
parole
;
che
per
distrarre
la
tua
attenzione
dalla
loro
grammatica
alzano
la
voce
o
dànno
in
risate
fuor
di
proposito
,
e
si
mangiano
a
mezzo
le
forme
verbali
di
cui
non
sono
sicuri
,
e
confondono
le
frasi
dubbie
con
l
'
accompagnamento
d
'
una
specie
di
rantolo
catarrale
,
somigliante
al
rugliare
che
fanno
i
cani
tra
l
'
uno
e
l
'
altro
latrato
.
Ma
chi
può
dire
tutte
le
industrie
puerili
e
ridicole
a
cui
si
ricorre
per
salvare
il
decoro
nella
disperata
lotta
con
la
lingua
italiana
?
Gli
uni
si
riducono
a
parlare
più
coi
gesti
e
con
gli
ammicchi
che
con
le
parole
;
gli
altri
vanno
avanti
a
furia
d
'
intercalari
e
di
luoghi
comuni
,
coi
quali
coprono
tutti
gli
sbrani
e
tappano
tutti
i
buchi
del
discorso
;
questi
,
per
prender
tempo
a
cercare
il
vocabolo
,
sciorinano
dei
ma
che
non
hanno
più
fine
,
o
piantano
dei
però
enormi
,
su
cui
s
'
appoggiano
come
sopra
un
bastone
;
quelli
,
per
poter
raccogliere
il
periodo
che
scappa
da
tutte
le
parti
,
fanno
lunghe
pause
,
anche
nel
dire
una
bazzecola
,
fingendo
un
lavorìo
profondo
del
pensiero
,
o
una
distrazione
improvvisa
,
o
una
svogliatezza
di
gente
annoiata
,
che
dica
tanto
per
dire
,
senza
badare
a
quello
che
dice
.
Quante
arti
,
quante
fatiche
e
figure
ridicole
per
iscansare
il
ridicolo
di
non
saper
parlare
la
propria
lingua
!
Ma
per
compier
la
mostra
bisogna
ricordare
anche
quelli
che
non
parlano
;
quelli
che
nelle
compagnie
dove
si
parla
italiano
non
vanno
,
o
ci
vanno
come
a
un
castigo
,
e
ci
stanno
come
sulle
spine
,
senza
rifiatare
,
o
parlando
il
meno
possibile
,
anche
con
danno
proprio
,
e
a
costo
di
parere
imbronciati
o
villani
;
quelli
che
,
per
la
stessa
ragione
,
pigliano
in
uggia
i
conoscenti
,
e
anche
gli
amici
italianeggianti
,
e
da
questi
si
fanno
prendere
in
uggia
alla
volta
loro
,
burlandoli
come
d
'
una
ostentazione
di
saccenti
e
d
'
aristocratici
;
quelli
che
vanno
più
oltre
,
che
non
nascondono
la
propria
antipatia
,
dandole
un
altro
colore
,
verso
tutti
quegli
italiani
d
'
altre
regioni
,
coi
quali
,
per
farsi
intendere
,
dovendo
trattar
con
loro
per
forza
,
sono
costretti
a
parlare
italiano
.
E
c
'
è
ancora
la
famiglia
numerosissima
degli
screanzati
incorreggibili
,
che
in
qualunque
compagnia
si
trovino
,
pure
sapendo
di
non
esser
capiti
,
s
'
ostinano
sfacciatamente
a
parlare
il
proprio
dialetto
,
a
sventolare
la
bandiera
della
propria
ignoranza
,
sulla
quale
hanno
scritto
:
-
Chi
mi
capisce
,
bene
;
chi
non
mi
capisce
,
s
'
accomodi
-
;
somiglianti
a
quegli
ubbriachi
allucinati
,
che
tiran
via
a
ragionar
coi
pilastri
.
Ma
c
'
è
nella
gran
famiglia
dei
poveri
della
parola
un
personaggio
,
che
tu
devi
conoscere
più
intimamente
degli
altri
,
perché
rappresenta
una
tendenza
pericolosa
e
comunissima
,
dalla
quale
più
che
da
ogni
altra
ti
hai
da
guardare
.
Egli
sarà
il
primo
d
'
una
serie
di
personaggi
singolari
,
che
io
conobbi
,
e
che
ti
farò
conoscere
man
mano
,
per
ammaestramento
e
per
ricreazione
,
nel
corso
del
viaggio
che
faremo
insieme
.
Ti
presento
per
il
primo
il
signor
Coso
.
IL
SIGNOR
COSO
.
Le
sue
qualità
più
notevoli
erano
un
profondo
disprezzo
per
l
'
arte
della
parola
e
un
grande
amore
per
la
pesca
con
l
'
amo
;
il
quale
amore
derivava
in
parte
da
quel
disprezzo
,
perché
diceva
egli
stesso
che
spessissimo
andava
a
pescare
non
per
altro
che
per
isfuggire
alla
noia
di
barattar
del
fiato
col
prossimo
.
Quando
lo
conobbi
non
era
più
giovane
;
ma
anche
da
giovane
dicevano
i
suoi
vecchi
amici
che
era
sempre
stato
restìo
al
parlare
come
un
tirchio
allo
spendere
.
Non
che
fosse
propriamente
taciturno
:
alle
conversazioni
degli
amici
prendeva
parte
;
ma
accennava
ogni
suo
pensiero
con
poche
sillabe
,
in
modo
informe
,
e
masticava
il
resto
con
voci
inarticolate
,
e
con
un
atto
del
capo
e
un
cenno
trascurato
della
mano
invitava
l
'
uditore
a
fare
in
vece
sua
il
molesto
lavoro
di
compiere
l
'
espressione
dell
'
idea
ch
'
egli
aveva
abbozzata
.
Con
un
come
si
dice
?
si
liberava
dalla
seccatura
di
dir
la
cosa
;
lasciava
a
mezzo
ogni
periodo
con
un
insomma
,
tu
capisci
;
e
con
la
parola
coso
faceva
di
meno
di
mille
vocaboli
.
Per
questo
gli
avevan
dato
il
soprannome
di
Coso
.
-
"
Sai
,
questa
mattina
ho
veduto
coso
,
laggiù
....
Dice
che
per
quell
'
affare
....
tu
sai
....
niente
;
salvo
il
caso
....
ma
neanche
nel
caso
....
Tu
m
'
intendi
-
"
.
Era
questa
la
forma
tipica
del
suo
discorso
.
-
Tu
sai
....
coso
-
diceva
d
'
un
amico
ammalato
,
e
non
si
curava
neppure
di
dir
che
era
morto
:
indicava
con
un
gesto
che
se
n
'
era
andato
.
Fu
lui
che
annunziò
agli
amici
l
'
elezione
del
nuovo
Papa
,
il
cardinale
Pecci
.
-
Eletto
-
disse
.
-
Chi
hanno
eletto
?
-
Coso
-
rispose
;
e
non
pronunziò
il
nome
che
alla
seconda
domanda
.
Era
in
parte
affettazione
,
come
si
dice
che
usasse
fra
certi
nobili
francesi
del
secondo
Impero
;
ma
era
più
che
altro
una
grande
pigrizia
,
venuta
a
poco
a
poco
a
tal
segno
,
che
gli
dava
molestia
anche
il
parlare
degli
altri
.
Quando
sentiva
un
amico
esprimere
,
discutendo
,
il
proprio
pensiero
con
un
periodo
filato
e
lunghetto
,
lo
guardava
con
l
'
aria
di
deriderlo
per
quella
fatica
inutile
ch
'
egli
faceva
,
come
avrebbe
guardato
uno
che
si
stroncasse
a
sollevare
un
baule
per
la
curiosità
di
saper
quanto
pesa
.
Quando
il
racconto
di
qualcuno
si
prolungava
oltre
un
minuto
,
non
faceva
complimenti
:
chiudeva
gli
occhi
e
fingeva
di
dormire
.
Dal
tempo
che
andava
a
scuola
,
dove
a
nessun
professore
era
mai
riuscito
di
cavargli
più
di
quindici
righe
su
qualunque
soggetto
di
componimento
,
egli
era
venuto
restringendo
sempre
più
il
suo
linguaggio
,
nel
quale
ai
vocaboli
si
sostituivano
i
gesti
,
e
alla
pronunzia
scolpita
un
barbugliamento
d
'
addormentato
.
Egli
aveva
un
gesto
per
dire
:
-
Non
ti
fidar
del
tale
:
è
un
briccone
;
-
un
gesto
per
annunziare
che
una
commedia
aveva
fatto
fiasco
,
che
un
certo
affare
non
premeva
,
che
d
'
un
altro
affare
non
si
voleva
impicciare
;
e
tutte
le
gradazioni
dello
stupore
,
della
maraviglia
,
del
dispiacere
esprimeva
con
una
sola
esclamazione
,
diversamente
intonata
:
-
Oh
diavolo
!
-
E
s
'
aveva
un
bel
burlarlo
di
questa
sua
stranezza
:
egli
scrollava
le
spalle
e
rispondeva
:
-
Chiacchieroni
!
-
Una
volta
sola
,
ch
'
io
mi
ricordi
,
egli
fece
il
miracolo
di
esprimere
senza
reticenze
,
benchè
in
forma
laconica
,
un
suo
pensiero
filosofico
,
per
dar
ragione
della
sua
maniera
di
parlare
.
Udendo
ripetere
una
sentenza
del
Michelet
:
-
Nous
mangeons
immensément
trop
;
-
da
che
derivano
alla
società
,
secondo
lo
scrittore
francese
,
infiniti
mali
,
egli
disse
che
a
quella
si
doveva
sostituire
un
'
altra
sentenza
:
-
Noi
parliamo
troppo
-
poichè
di
quasi
tutti
i
nostri
guai
la
vera
cagione
era
questa
.
Ma
non
si
può
credere
fino
a
che
punto
arrivasse
nel
far
economia
di
sillabe
:
fino
a
non
farsi
capire
dal
fiaccheraio
,
al
quale
,
invece
di
:
-
Alla
Stazione
di
Porta
Nuova
-
diceva
:
-
Alla
Nuova
-
;
fino
a
non
pronunziar
mai
che
una
delle
due
parole
di
cui
si
componesse
il
titolo
del
giornale
,
ch
'
egli
chiedeva
al
rivenditore
;
fino
a
bandire
dal
suo
vocabolario
tutti
i
superlativi
e
gli
avverbi
lunghi
;
tanto
che
a
sentirgli
dire
un
giorno
:
irremissibilmente
e
un
'
altra
volta
:
mortificatissimo
,
lo
guardammo
tutti
stupiti
.
Da
ultimo
,
poi
,
avendo
inteso
da
un
amico
toscano
un
verbo
non
prima
conosciuto
:
cosare
,
se
n
'
era
impadronito
con
la
gioia
d
'
un
matematico
che
scopre
una
nuova
formola
algebrica
,
e
con
quello
s
'
alleggeriva
anche
più
la
fatica
ingrata
del
parlare
.
Non
diceva
più
al
cameriere
della
trattoria
che
levasse
l
'
olio
dal
fiasco
;
ma
:
-
Cosami
quel
fiasco
-
,
e
così
,
cosare
un
plico
,
per
mettervi
il
suggello
,
e
a
un
amico
,
indicandogli
un
uscio
fresco
di
vernice
:
-
Bada
,
che
ti
cosi
l
'
abito
.
-
Se
avesse
trovato
nella
lingua
altre
dieci
parole
come
cosa
e
cosare
,
non
gli
sarebbe
occorso
altro
vocabolario
,
e
ne
avrebbe
avuto
d
'
avanzo
.
Poichè
pensiero
e
parola
nascono
nella
mente
gemelli
,
chi
si
disavvezza
dall
'
esprimere
il
proprio
pensiero
,
si
disavvezza
a
poco
a
poco
anche
dal
pensare
.
Questo
era
seguìto
a
lui
:
le
facoltà
di
pensare
e
di
parlare
gli
s
'
erano
arrugginite
ad
un
tempo
.
Egli
pensava
a
pensieri
indeterminati
,
monchi
e
sconnessi
come
il
suo
linguaggio
,
e
dall
'
inerzia
del
cervello
gli
era
venuta
una
grande
indifferenza
per
ogni
cosa
.
È
questo
l
'
ultimo
e
peggior
danno
nel
quale
incorrono
tutti
coloro
che
per
pigrizia
rifuggono
usualmente
dalla
fatica
di
tradurre
il
proprio
pensiero
in
parole
.
Negli
ultimi
suoi
anni
Coso
non
leggeva
nemmeno
più
i
giornali
:
si
contentava
di
raccoglier
le
notizie
politiche
al
caffè
o
per
la
strada
,
e
quando
gliele
davano
con
troppi
particolari
,
tagliava
la
parola
in
bocca
all
'
amico
,
dicendogli
:
-
Insomma
,
hanno
cosato
il
bilancio
-
oppure
:
-
alle
corte
,
avremo
un
ministero
Coso
-
,
e
aggiungeva
un
gesto
che
significava
:
-
Basta
,
basta
;
ho
capito
;
oh
che
fastidio
!
Coso
abbandonò
questa
valle
di
lacrime
e
di
parole
una
diecina
d
'
anni
fa
,
in
una
città
dell
'
Italia
meridionale
,
dove
era
andato
per
ragion
d
'
impiego
.
E
tal
morì
qual
visse
,
se
è
vero
quanto
si
riseppe
da
un
suo
nipote
,
che
l
'
assistette
negli
ultimi
giorni
:
un
capo
armonico
,
a
dir
la
verità
,
che
potrebbe
aver
inventato
una
fiaba
.
Io
la
ripeto
com
'
egli
la
disse
,
affermandoci
che
non
ci
metteva
nulla
di
suo
.
Presentendo
la
propria
fine
,
il
buon
Coso
,
che
aveva
avuto
sempre
religione
,
fece
chiamare
il
prete
.
A
un
certo
punto
il
nipote
,
che
stava
all
'
uscio
,
sentì
il
prete
dire
con
voce
grave
,
in
cui
la
pietà
velava
il
rimprovero
:
-
No
,
caro
signore
,
io
non
posso
acconsentire
a
una
domanda
fatta
in
codesto
modo
.
Il
malato
gli
aveva
espresso
il
suo
desiderio
con
la
sua
parola
solita
:
il
coso
.
Pensando
ch
'
egli
volesse
qualche
oggetto
,
un
ricordo
caro
di
famiglia
,
da
rivedere
l
'
ultima
volta
,
il
sacerdote
aveva
guardato
intorno
per
la
camera
.
Poi
,
da
un
atto
dell
'
infermo
avendo
compreso
,
s
'
era
risentito
.
Il
coso
era
il
Viatico
.
L
'
infermo
s
'
espresse
meglio
,
e
fu
contentato
.
Ma
per
poco
il
suo
malaugurato
vezzo
di
cosare
non
gli
costò
la
salute
dell
'
anima
.
Certo
quelli
che
si
lasciano
andare
fino
a
un
tal
segno
son
rari
.
Ma
quanti
non
sono
quelli
che
parlano
presso
a
poco
al
modo
di
Coso
;
che
,
per
infingardaggine
intellettuale
o
per
disprezzo
dell
'
arte
volgare
del
discorso
,
non
dànno
del
proprio
pensiero
che
briciole
e
sgoccioli
,
non
mettono
nella
conversazione
che
la
materia
bruta
del
loro
concetto
,
lasciando
agli
altri
la
cura
di
lavorarla
,
come
una
faccenda
indegna
di
loro
?
Il
mondo
n
'
è
pieno
.
Ma
se
l
'
uomo
si
può
definire
"
l
'
animale
parlante
"
,
codesti
non
sono
uomini
....
sono
cosi
.
TRA
LO
SCRIVERE
E
IL
PARLARE
C
'
È
DI
MEZZO
IL
MARE
.
Per
dimostrarti
che
a
parlar
bene
non
basta
studiar
la
lingua
,
ma
occorre
fare
uno
studio
e
un
esercizio
particolare
a
quel
fine
,
ti
racconto
un
aneddoto
.
Circa
trent
'
anni
fa
,
ebbi
una
sera
la
fortuna
di
desinare
con
una
brigata
di
milanesi
,
fra
i
quali
c
'
era
uno
scienziato
illustre
,
autore
d
'
un
libro
notissimo
di
scienza
popolare
,
che
è
una
delle
opere
più
eloquenti
e
meglio
scritte
della
letteratura
scientifica
d
'
Italia
.
Lo
scienziato
,
ch
'
era
un
uomo
d
'
indole
vivace
e
di
spirito
argutissimo
,
aveva
poche
sere
avanti
rallegrato
quella
stessa
compagnia
raccontando
in
dialetto
certi
episodi
comici
d
'
un
suo
recente
viaggio
nella
Scozia
;
e
il
suo
racconto
era
piaciuto
per
modo
,
che
anche
quella
sera
,
alle
frutte
,
tutti
i
commensali
vollero
che
lo
ripetesse
,
e
mi
dissero
parecchi
,
mentre
egli
si
disponeva
a
parlare
:
-
Sentirà
,
e
riderà
come
non
ha
mai
riso
.
-
L
'
illustre
uomo
incominciò
,
parlando
italiano
per
riguardo
al
nuovo
uditore
,
e
andò
un
pezzo
innanzi
nel
racconto
;
ma
l
'
uditorio
,
benchè
avesse
la
miglior
voglia
di
ridere
,
rimase
freddo
;
volevo
ridere
anch
'
io
,
ma
non
potevo
;
mi
sconcertava
il
disinganno
che
leggevo
sul
viso
degli
altri
;
i
quali
aspettavano
tutti
qualche
cosa
che
non
veniva
mai
,
e
parevano
stupiti
che
non
venisse
,
e
intenti
a
cercarne
dentro
di
sé
la
ragione
.
E
,
infatti
,
il
racconto
procedeva
male
;
lo
sforzo
che
faceva
il
parlatore
per
trovar
parole
e
frasi
comiche
,
che
poi
non
lo
appagavano
,
ratteneva
la
sua
vena
;
l
'
espressione
del
suo
viso
che
,
manifestando
quello
sforzo
,
discordava
dalla
comicità
del
discorso
,
ne
distruggeva
quasi
al
tutto
l
'
effetto
;
il
suo
gesto
stesso
riusciva
impacciato
come
il
suo
linguaggio
;
mancava
al
racconto
la
spontaneità
,
il
colorito
,
la
vita
.
A
un
certo
punto
egli
s
'
interruppe
,
facendo
un
atto
brusco
d
'
impazienza
,
ed
esclamò
ridendo
:
-
Oh
,
lasciatemi
un
po
'
parlare
il
mio
milanese
!
-
e
ripreso
in
milanese
il
discorso
,
tirò
via
col
vento
in
poppa
,
con
tutt
'
altro
viso
e
tutt
'
altro
accento
,
libero
,
arguto
,
amenissimo
,
accompagnato
fino
alla
fine
dall
'
ilarità
unanime
e
sonora
degli
ascoltatori
.
Mille
casi
consimili
vedrai
tu
pure
nella
vita
,
perché
migliaia
d
'
italiani
colti
,
e
che
scrivono
bene
,
si
ritrovano
,
parlando
italiano
,
nello
stesso
impaccio
nel
quale
si
trovò
lo
scienziato
milanese
.
E
la
ragione
dell
'
impaccio
sta
in
ciò
:
che
fra
il
parlare
e
lo
scrivere
passa
la
stessa
differenza
che
fra
il
correre
ed
il
camminare
.
Come
,
se
non
è
esercitata
alla
corsa
,
anche
una
persona
ben
formata
,
e
che
ha
nel
camminare
un
portamento
sciolto
e
elegante
,
corre
senza
leggerezza
e
senza
grazia
e
rimane
senza
fiato
dopo
un
breve
tratto
,
così
ogni
italiano
,
che
parli
per
uso
il
suo
dialetto
,
pur
conoscendo
la
lingua
benissimo
,
se
a
parlarla
non
s
'
è
esercitato
con
particolare
studio
,
se
non
ha
acquistato
con
quest
'
esercizio
la
prontezza
intellettuale
e
l
'
agilità
meccanica
necessaria
al
parlar
bene
,
che
è
come
un
comporre
all
'
improvviso
,
non
troverà
lì
per
lì
le
parole
proprie
,
snaturerà
il
proprio
pensiero
,
parlerà
stentato
e
slavato
,
traballando
e
inciampando
a
ogni
passo
.
Vedi
dunque
quanto
importa
che
,
prima
d
'
ogni
cosa
,
tu
t
'
eserciti
a
ben
parlare
;
e
dico
:
prima
d
'
ogni
cosa
,
perché
è
un
esercizio
che
puoi
cominciare
utilmente
anche
prima
di
metterti
a
studiare
il
materiale
della
lingua
nel
modo
che
vedremo
poi
.
E
ora
t
'
accenno
i
preliminari
della
ginnastica
;
dopo
i
quali
passeremo
agli
attrezzi
.
PER
IMPARARE
A
PARLAR
BENE
.
Il
parlar
malamente
,
in
chi
più
o
meno
conosce
la
lingua
,
deriva
in
gran
parte
dalla
consuetudine
di
non
pensar
mai
un
momento
,
prima
di
aprir
la
bocca
,
al
modo
di
dire
il
meglio
che
si
può
quello
che
si
vuol
dire
.
E
tu
avvèzzati
a
pensarci
.
Dirai
:
-
Non
s
'
ha
sempre
tempo
.
-
Basterà
che
ci
pensi
tutte
le
volte
che
ci
hai
tempo
,
e
non
tarderai
a
ricavarne
un
profitto
maggiore
di
quello
che
t
'
immagini
,
perché
ti
riuscirà
di
dir
meglio
che
per
il
passato
anche
molte
di
quelle
cose
che
sarai
costretto
a
dire
all
'
improvviso
.
Si
parla
male
generalmente
anche
per
effetto
della
consuetudine
,
che
si
prende
per
pigrizia
,
di
lasciar
quasi
sempre
a
mezzo
l
'
espressione
del
proprio
pensiero
quando
si
vede
che
l
'
ha
capito
a
volo
la
persona
a
cui
si
parla
.
Questa
consuetudine
pigra
ci
rende
faticoso
e
difficile
l
'
esprimer
bene
tutti
quegli
altri
pensieri
,
dei
quali
,
perché
sian
compresi
,
dobbiamo
dare
l
'
espressione
compiuta
.
Ebbene
,
e
tu
abìtuati
,
parlando
,
ad
esprimere
sempre
tutto
il
tuo
pensiero
,
anche
quando
non
sia
necessario
,
come
faresti
se
lo
dovessi
mettere
sulla
carta
.
Fa
'
qualche
volta
,
mentalmente
,
quest
'
altro
esercizio
,
dopo
che
hai
fatto
o
veduto
qualche
cosa
,
o
sentito
una
commozione
,
o
ricevuto
un
'
impressione
qualsiasi
;
domanda
a
te
stesso
:
-
Come
direi
se
dovessi
raccontare
questo
fatto
,
o
descrivere
questa
cosa
,
od
esprimere
questa
commozione
?
-
e
pròvati
a
farlo
,
supponendo
di
parlare
a
una
persona
colta
,
con
la
quale
tu
non
abbia
famigliarità
,
e
di
cui
ti
prema
la
stima
e
la
simpatia
.
Studia
in
special
modo
di
dir
bene
tutte
quelle
piccole
cose
che
occorre
dire
ogni
giorno
,
e
anche
più
volte
il
giorno
;
ti
riuscirà
facile
trovarle
e
fissartele
in
mente
,
poichè
sono
,
per
così
dire
,
i
luoghi
comuni
della
vita
quotidiana
e
del
linguaggio
di
ciascuno
;
e
quando
ti
sarai
avvezzato
a
dirle
facilmente
e
correttamente
,
riconoscerai
,
dal
vantaggio
acquistato
,
maggiore
della
tua
aspettazione
,
che
nel
dir
male
quelle
piccole
cose
,
benchè
non
sian
molte
e
sian
semplici
,
consiste
principalmente
il
parlar
male
di
quasi
tutti
.
Bada
anche
a
questo
.
Una
delle
nostre
miserie
,
parlando
,
è
l
'
incertezza
che
ci
arresta
nel
designare
certi
oggetti
,
atti
,
fatti
,
sentimenti
,
per
i
quali
sono
usati
comunemente
due
o
tre
vocaboli
di
senso
affine
,
ma
di
cui
è
proprio
uno
solo
;
poichè
,
nell
'
atto
che
c
'
indugiamo
a
scegliere
,
perdiamo
il
concetto
della
frase
o
del
periodo
,
che
poi
ci
riescono
alla
peggio
.
Se
nel
dir
la
cosa
più
semplice
,
come
,
per
esempio
,
che
siamo
andati
a
cercare
un
tale
a
casa
,
che
abbiamo
salito
quattro
branche
di
scale
,
e
dopo
aver
picchiato
all
'
uscio
,
sentito
abbaiare
un
cagnolino
,
e
una
voce
domandar
:
-
chi
è
?
-
mentre
scorreva
il
paletto
-
se
dubitiamo
un
momento
fra
branche
e
rami
,
fra
picchiato
e
battuto
,
fra
uscio
e
porta
,
sentito
e
udito
,
abbaiare
e
latrare
,
domandare
e
chiedere
,
paletto
e
chiavistello
,
è
facile
che
facciamo
un
brutto
garbuglio
d
'
un
periodo
che
dovrebbe
correr
liscio
como
l
'
olio
.
Fìssati
dunque
in
mente
le
parole
proprie
che
in
tutti
quei
casi
dubbi
,
frequentissimi
,
sono
da
usarsi
,
in
modo
che
sian
sempre
le
prime
a
venirti
sulle
labbra
,
e
avrai
fatto
con
questo
un
gran
passo
innanzi
sulla
via
del
parlar
facile
e
corretto
ad
un
tempo
.
Un
altro
consiglio
.
Ti
accadrà
spesso
di
sentir
strapazzare
la
lingua
italiana
,
e
di
ridere
dentro
di
te
delle
parole
sbagliate
,
delle
frasi
barbare
e
dei
costrutti
sgrammaticati
del
cattivo
parlatore
.
È
bene
che
in
questi
casi
tu
t
'
eserciti
alla
critica
;
ma
se
vuoi
che
ti
giovi
,
non
dev
'
essere
puramente
negativa
:
non
basta
che
tu
noti
gli
errori
,
bisogna
che
tu
cerchi
e
fissi
nel
tuo
pensiero
le
parole
,
le
frasi
,
i
costrutti
corretti
corrispondenti
a
quelli
erronei
,
che
hai
osservati
;
perché
,
bada
bene
,
noi
burliamo
assai
spesso
gli
altri
di
errori
che
sfuggono
usualmente
a
noi
pure
,
e
la
prima
cagione
del
nostro
persistere
nel
parlar
male
è
appunto
la
consuetudine
del
criticare
senza
correggere
;
per
la
qual
cosa
non
ricaviamo
nessun
frutto
degli
errori
altrui
,
che
dovrebbero
farci
aprir
gli
occhi
sui
nostri
.
Ancora
un
'
avvertenza
.
Il
parlar
bene
richiede
un
esercizio
vivo
e
rapido
delle
facoltà
intellettuali
.
Vedi
che
l
'
uomo
acceso
da
una
passione
,
appunto
perché
ha
le
facoltà
eccitate
,
parla
quasi
sempre
meglio
che
ad
animo
riposato
e
a
mente
tranquilla
.
Conviene
perciò
,
quando
hai
qualche
cosa
da
dire
che
ti
prema
di
dir
bene
,
quando
hai
da
fare
un
racconto
,
per
esempio
,
o
una
descrizione
o
un
ragionamento
anche
breve
,
che
tu
ti
ci
metta
di
buona
voglia
e
con
vivo
impegno
.
Come
per
fare
uno
sforzo
fisico
dài
prima
quasi
una
scossa
alla
volontà
e
tendi
i
muscoli
e
i
nervi
,
così
,
nell
'
atto
di
parlare
,
tu
devi
cacciar
l
'
indolenza
e
dar
alla
mente
un
abbrivo
risoluto
.
Ma
non
ti
mettere
alla
corsa
;
va
'
adagio
per
ora
;
avvèzzati
a
parlare
pensando
,
a
frenarti
.
A
correre
senza
inciampare
imparerai
a
poco
a
poco
;
devi
prima
esercitarti
a
camminar
bene
.
E
bada
sempre
,
nel
parlare
,
al
viso
di
chi
t
'
ascolta
,
che
è
un
critico
muto
utilissimo
,
perché
d
'
ogni
parola
stonata
,
d
'
ogni
oscurità
,
d
'
ogni
lungaggine
ci
vedi
il
riflesso
,
sia
pure
in
barlume
,
in
un
'
espressione
di
stupore
,
o
canzonatoria
,
o
interrogativa
,
o
annoiata
,
o
impaziente
;
anche
se
gli
ascoltatori
sian
gente
che
,
facendo
lo
stesso
discorso
,
cadrebbe
negli
stessi
errori
tuoi
,
o
assai
peggio
;
poichè
la
facoltà
critica
è
in
tutti
di
gran
lunga
più
acuta
e
più
attiva
quando
s
'
esercita
sugli
altri
che
quando
lavora
sul
suo
.
In
questo
studio
del
parlare
potrai
avvantaggiarti
molto
e
presto
se
in
casa
tua
c
'
è
la
buona
consuetudine
di
parlare
italiano
.
Se
non
c
'
è
,
tu
devi
fare
il
possibile
,
rispettosamente
,
per
farcela
entrare
.
Ma
....
Quello
che
dovrei
dirti
dopo
questo
ma
lo
troverai
nella
lettera
seguente
;
della
quale
ho
ritrovato
la
minuta
sotto
un
monte
di
vecchi
manoscritti
.
LA
LINGUA
ITALIANA
IN
FAMIGLIA
.
Cara
cugina
,
Ringrazio
te
,
tuo
marito
e
i
tuoi
figliuoli
grandi
e
piccoli
dell
'
allegra
giornata
che
mi
faceste
passare
in
casa
vostra
,
e
mantengo
la
promessa
,
che
ti
feci
nell
'
accomiatarmi
,
di
rispondere
per
iscritto
alle
tue
domande
:
-
Ho
fatto
bene
a
metter
l
'
uso
della
lingua
italiana
in
famiglia
?
Ti
pare
che
i
ragazzi
ne
facciano
profitto
?
Risponderei
di
sì
,
con
gran
piacere
,
alla
prima
domanda
,
se
non
avessi
un
gran
dubbio
sulla
risposta
da
dare
alla
seconda
.
Osservai
in
casa
tua
che
l
'
uso
dell
'
italiano
in
famiglia
non
giova
gran
fatto
,
che
,
anzi
,
riesce
quasi
più
dannoso
che
utile
,
se
non
è
accompagnato
dalla
cura
continua
di
parlar
bene
,
se
non
è
vigilato
,
illuminato
,
corretto
assiduamente
dal
padre
e
dalla
madre
,
se
non
si
riduce
,
in
somma
,
a
essere
uno
studio
costante
di
tutti
.
Osservai
nella
tua
famiglia
,
come
già
in
altre
,
che
i
ragazzi
si
sono
avvezzati
a
parlar
l
'
italiano
con
troppa
disinvoltura
.
Sono
belle
cose
nel
parlare
la
vivacità
,
la
scioltezza
,
la
sicurezza
di
sé
;
ma
solo
quando
non
derivino
dal
disprezzo
della
grammatica
e
dall
'
inconsapevolezza
dello
sproposito
.
Ora
,
lascia
che
te
lo
dica
,
i
tuoi
figliuoli
parlano
con
facilità
ammirabile
un
italiano
compassionevole
,
d
'
un
tessuto
tutto
piemontese
,
ricamato
d
'
ogni
specie
d
'
idiotismi
e
di
modi
di
conio
gallico
,
e
in
tutto
il
tempo
che
stetti
con
voi
non
gl
'
intesi
correggere
,
né
da
te
né
da
tuo
marito
,
neanche
una
volta
.
In
casa
vostra
,
per
quello
che
riguarda
la
lingua
,
regna
la
più
scapigliata
anarchia
.
Girando
per
le
stanze
,
feci
ai
tuoi
figliuoli
molte
domande
,
e
sentii
che
a
quasi
tutte
le
cose
dànno
il
nome
dialettale
o
francese
:
chiamano
tiretto
il
cassetto
,
robinetto
la
chiavetta
,
comò
il
cassettone
,
sopanta
il
palco
morto
.
A
tavola
,
in
quella
discussione
che
fecero
fra
di
loro
intorno
ai
propri
insegnanti
,
e
in
cui
parlarono
,
a
dire
il
vero
,
con
molto
brio
e
con
molta
arguzia
,
intesi
dire
dall
'
uno
:
-
mi
sono
sbagliato
,
-
dall
'
altro
:
-
niente
del
tutto
,
-
da
questo
:
-
gli
ho
fatto
un
bacio
,
da
quello
:
-
Mio
professore
di
aritmetica
,
-
da
più
d
'
uno
:
-
Che
s
'
immagini
!
-
e
:
-
Mai
più
!
-
per
:
nemmen
per
sogno
;
da
tutti
,
e
parecchie
volte
,
vizio
per
vezzo
o
consuetudine
(
pover
'
a
noi
,
se
anche
il
carezzarsi
la
barba
fosse
un
vizio
!
)
e
chiamare
(
Dio
di
misericordia
!
)
per
domandare
.
Parlai
di
mode
con
la
tua
Eleonora
,
e
trovai
che
ha
preso
da
te
tutta
quanta
la
terminologia
francese
che
tu
hai
presa
dalla
tua
sarta
,
e
discorrendo
con
Alberto
dei
suoi
prossimi
esami
raccolsi
dalla
sua
bocca
non
so
quante
parole
e
frasi
del
nefando
linguaggio
burocratico
che
tuo
marito
porta
a
casa
dall
'
ufficio
.
In
verità
,
s
'
io
avessi
ceduto
alla
tentazione
,
udendo
parlare
italiano
a
quel
modo
,
avrei
fatto
alla
tua
cara
prole
una
continua
distribuzione
di
biscottini
e
di
pacche
.
E
quello
che
faceva
più
forte
la
tentazione
era
il
vedere
che
straziavano
così
ferocemente
la
lingua
con
una
faccia
fresca
da
innamorare
,
senz
'
essere
arrestati
mai
dal
minimo
dubbio
,
senza
dar
mai
segno
di
sentire
le
proprie
stonature
,
tirando
via
con
una
speditezza
e
con
un
tono
,
che
uno
straniero
non
pratico
della
nostra
lingua
,
a
sentirli
,
li
avrebbe
presi
per
toscani
pretti
sputati
,
e
di
quelli
che
hanno
la
parola
più
pronta
e
sicura
.
Ah
no
,
cara
cugina
.
Codesta
non
è
una
scuola
di
conversazione
italiana
;
ma
una
baldoria
linguistica
,
dove
si
fa
del
vocabolario
e
della
grammatica
quello
che
in
certe
baldorie
bacchiche
si
fa
delle
stoviglie
e
del
Galateo
.
A
una
scuola
così
fatta
mi
par
quasi
preferibile
l
'
uso
del
dialetto
,
col
quale
i
tuoi
figliuoli
,
se
non
altro
,
non
contrarrebbero
abitudini
viziose
,
che
è
un
danno
grandissimo
,
poichè
i
barbarismi
,
gl
'
idiotismi
,
le
frasi
errate
che
il
ragazzo
s
'
avvezza
a
dire
in
famiglia
,
dove
si
parli
italiano
a
vanvera
,
gli
si
attaccano
alla
lingua
per
modo
che
gli
riesce
poi
difficile
liberarsene
anche
da
uomo
.
Dicono
che
Napoleone
primo
abbia
detto
per
tutta
la
vita
section
per
session
,
rentes
voyagères
per
rentes
viagères
,
point
fulminant
per
point
culminant
,
e
altri
spropositi
,
per
essersi
avvezzato
da
ragazzo
a
pronunziare
in
quel
modo
quelle
parole
,
che
in
casa
sua
si
pronunziavano
male
.
In
certe
famiglie
,
come
tutti
usano
certi
intercalari
e
hanno
un
certo
modo
di
gestire
,
così
dicono
tutti
gli
stessi
spropositi
.
Io
ho
osservato
che
i
figliuoli
dei
padri
mal
parlanti
quasi
tutti
parlano
male
,
anche
se
sono
più
colti
dei
padri
.
Conosco
un
tale
che
disse
per
vent
'
anni
scavezzare
per
scavizzolare
,
traccheggiare
per
inseguire
e
vita
libertina
per
vita
libera
:
un
giorno
lo
chiarii
dei
tre
errori
,
ed
egli
mi
confessò
che
erano
un
'
eredità
di
famiglia
,
che
in
casa
sua
,
dove
s
'
era
sostituita
la
lingua
al
dialetto
,
egli
aveva
sempre
inteso
usar
quelle
parole
in
quel
senso
:
alle
correzioni
che
gli
erano
state
fatte
da
ragazzo
,
fuor
di
casa
,
non
aveva
badato
;
poi
nessuno
non
aveva
più
osato
di
correggerlo
,
per
timore
che
se
ne
vergognasse
,
e
così
era
andato
innanzi
fino
ai
cinquanta
,
perdendo
prima
il
pelo
che
il
vizio
.
Dunque
,
segui
il
mio
consiglio
:
o
ripigliate
il
dialetto
in
casa
,
o
mettetevi
d
'
accordo
,
tu
e
tuo
marito
,
per
frenare
la
licenza
linguistica
dei
vostri
rampolli
,
costituite
fra
voi
una
commissione
di
vigilanza
e
di
censura
,
che
non
lasci
passare
nessuno
sproposito
,
che
ristabilisca
nella
vostra
famiglia
,
filologicamente
anarchica
,
l
'
impero
della
legge
.
I
ragazzi
,
sulle
prime
,
s
'
impazientiranno
,
tenteranno
di
ribellarsi
;
ma
finiranno
con
riconoscere
la
ragione
,
e
parleranno
forse
con
minor
facondia
,
che
non
sarà
una
gran
disgrazia
,
ma
con
maggior
correttezza
,
che
sarà
una
gran
fortuna
;
e
ve
ne
saranno
grati
più
tardi
.
Intanto
,
ti
prego
di
dar
loro
qualche
avvertimento
,
in
forma
canzonatoria
,
che
è
la
più
efficace
.
Di
'
a
Eleonora
che
se
mi
racconterà
qualche
altra
disgrazia
arrivata
a
qualche
sua
amica
di
scuola
,
vorrò
sapere
una
buona
volta
di
dove
le
disgrazie
partono
e
con
che
treno
arrivano
,
per
potermi
regolare
.
Di
'
a
Enrico
che
me
ne
impipo
per
me
ne
rido
e
buggerìo
per
baccano
non
sono
parole
pulite
,
e
che
il
dire
che
un
ragazzo
di
sette
anni
è
più
vecchio
d
'
uno
di
cinque
,
è
ridicolo
.
A
Luigina
,
che
mi
disse
tre
volte
:
-
Ho
fatto
una
malattia
-
di
'
che
mi
son
dimenticato
di
domandarle
se
non
aveva
di
meglio
da
fare
quando
le
è
venuta
quella
brutta
idea
.
Avverti
Mario
che
il
dir
che
un
ufficiale
ha
tre
medaglie
sullo
stomaco
,
invece
di
sul
petto
,
è
come
dire
che
le
medaglie
gli
sono
indigeste
.
Dirai
anche
nell
'
orecchio
a
tuo
marito
che
il
verbo
consumare
,
in
italiano
,
è
transitivo
,
e
che
quindi
la
candela
consuma
è
un
piemontesismo
,
ch
'
egli
non
deve
tramandare
ai
suoi
discendenti
.
E
anche
a
te
un
'
osservazione
nell
'
orecchio
:
brutto
come
tutto
è
brutto
di
molto
.
Spero
d
'
averti
persuasa
.
E
scusa
la
franchezza
del
critico
poichè
vien
dall
'
affetto
del
cugino
.
Il
tuo
*
*
*
A
CIASCUNO
IL
SUO
.
(
A
UNA
SCHIERA
DI
RAGAZZI
DI
DIVERSE
REGIONI
D
'
ITALIA
)
.
Avete
riso
dei
piemontesismi
,
non
è
vero
?
E
non
ci
ho
a
ridire
.
Ma
non
ne
ridete
troppo
forte
,
vi
prego
,
perché
quello
che
dissi
della
famiglia
piemontese
,
dove
si
parla
un
italiano
piemontizzato
,
si
può
dire
a
un
di
presso
di
migliaia
di
famiglie
d
'
altre
regioni
,
badando
soltanto
a
sostituire
a
quelli
che
citai
altri
dialettismi
e
idiotismi
;
dei
quali
ciascuna
serie
vi
farebbe
rider
pure
tutti
quanti
,
fuori
che
uno
.
Volete
che
ne
facciamo
la
prova
?
Desiderate
ch
'
io
vi
persuada
con
gli
esempi
?
E
io
vi
contento
,
nel
miglior
modo
che
m
'
è
possibile
,
così
alla
lesta
.
E
comincio
da
te
,
piccolo
milanese
.
Ce
n
'
è
così
anche
a
Milano
di
famiglie
per
bene
,
nelle
quali
i
ragazzi
credon
mica
di
parlar
male
dicendo
porsi
giù
per
"
mettersi
a
letto
"
e
menar
su
per
"
condurre
in
prigione
"
e
su
e
giù
a
ogni
proposito
;
e
qui
dietro
per
"
qui
attorno
"
e
andar
addietro
a
fare
per
"
continuare
a
fare
"
e
aver
una
cosa
addietro
per
"
averla
con
sé
"
e
si
può
no
,
e
morir
via
,
e
mangiarsi
fuori
e
smaniarsi
,
e
che
bello
!
e
che
caro
!
e
con
più
ne
vuoi
,
più
te
ne
metto
.
Ti
basterà
questo
piccolo
saggio
,
m
'
immagino
.
A
noi
,
piccolo
veneziano
.
A
te
pure
,
quando
che
parli
italiano
,
vien
fatto
di
ficcare
il
che
da
per
tutto
,
e
non
sei
buono
da
liberartene
,
e
dici
:
non
so
cosa
che
voglia
dire
,
non
so
cosa
che
ci
vorrebbe
;
e
ti
scappa
detto
lasciarsi
tirar
giù
per
"
lasciarsi
indurre
"
e
incapricciarsi
in
una
cosa
,
e
non
s
'
indubiti
,
e
l
'
aspetta
un
momento
;
e
ti
sfugge
ben
sovente
scampare
per
"
scappare
"
e
balcone
per
"
finestra
"
e
altana
per
"
terrazza
"
e
sgabello
per
"
comodino
"
.
E
che
dire
del
tuo
in
fatti
che
usi
così
spesso
nel
senso
di
"
in
somma
"
,
mettendo
nella
frase
una
contraddizione
di
termini
che
mi
fa
spalancare
la
bocca
?
-
Sarà
un
capolavoro
,
come
tutti
dicono
;
ma
in
fatti
non
mi
piace
.
-
Hai
ragione
di
burlarti
degli
idiotismi
altrui
;
ma
in
fatti
ne
dici
tu
pure
.
Sono
da
lei
,
caro
bolognese
.
Pensava
ch
'
io
la
potessi
dimenticare
?
Mo
'
ci
pare
!
Venga
qua
,
s
'
accomodi
bene
.
Godo
di
trovarla
in
buona
salute
.
E
il
padre
suo
di
lei
?
E
la
ragazzola
?
E
quel
bazzurlone
di
suo
cugino
,
come
sta
?
Fa
sempre
l
'
ammazzato
con
la
signorina
del
terzo
piano
?
Ella
riconosce
certamente
che
anche
ai
bolognesi
ne
scappano
di
carine
,
che
è
frequentissimo
fra
di
loro
il
si
per
il
ci
,
e
il
faressimo
e
il
diressimo
e
il
questa
cosa
che
qui
e
che
lì
;
e
che
non
è
rarissimo
il
sentir
da
loro
,
anche
da
gente
colta
,
ghignoso
per
"
antipatico
"
,
gnola
per
"
seccatura
"
,
benzolino
per
"
panchetto
"
,
zucca
per
"
fiasco
"
,
chiarle
per
"
ciarle
"
.
E
,
mi
perdoni
,
intesi
anche
dire
qualche
volta
"
ubbriaco
patocco
"
per
ubbriaco
"
fradicio
"
.
Questa
è
patocca
!
Ma
ne
ride
ella
pure
,
e
tutti
contenti
.
E
tu
,
bel
garzonetto
genovese
,
non
ti
dar
l
'
aria
d
'
impeccabile
,
se
dunque
sciorino
anche
a
te
una
bella
lista
di
dialettismi
comici
che
raccolsi
a
casa
tua
....
e
in
casa
mia
.
Se
dunque
per
"
se
no
"
è
uno
dei
più
preziosi
,
non
lo
puoi
negare
.
Non
me
ne
capisco
per
"
non
me
n
'
intendo
"
non
è
men
peregrino
.
Scorrere
per
"
rincorrere
o
inseguire
"
è
un
'
altra
bella
perla
.
E
uomo
di
sua
obbligazione
per
"
uomo
che
sa
il
fatto
suo
"
è
poco
bello
?
Certo
,
tu
non
dirai
mai
mugugnare
,
frusciare
,
frugattare
,
camallare
,
dar
recatto
alla
casa
,
in
luogo
di
"
brontolare
,
infastidire
,
frugacchiare
,
portar
sulle
spalle
,
mettere
in
ordine
"
,
come
da
non
pochi
concittadini
tuoi
intesi
dire
.
Ma
sii
sincero
:
non
t
'
è
mai
scappato
angoscia
per
"
nausea
"
e
angoscioso
per
"
molesto
"
e
inversare
per
"
rovesciare
"
?
Non
ti
scappa
proprio
mai
bugatta
per
"
puppattola
"
,
rango
per
"
zoppo
"
,
marsina
per
"
giubba
"
?
Pensaci
un
po
'
,
figgio
cäo
....
Cittadino
romano
,
ti
saluto
,
e
mi
fo
lecito
di
dirti
,
rispettosamente
,
che
spesso
sento
dire
dai
tuoi
concittadini
:
ce
sto
,
me
dài
,
ve
prometto
,
te
parlo
,
se
dice
,
e
io
so
'
contento
,
e
il
tale
non
vo
'
venire
,
e
troncare
gl
'
infiniti
:
anda
'
,
sta
'
,
di
'
,
e
dire
andiedi
e
stiedi
,
e
li
fiori
e
li
cavalli
,
e
le
mela
e
le
pera
,
e
subito
che
per
"
poichè
"
e
al
contrario
per
"
d
'
altra
parte
"
e
apposta
per
"
appunto
per
questo
"
o
imbottatore
e
tiratore
e
spogliatore
e
lavatore
per
"
imbuto
,
cassetto
,
armadio
,
acquaio
"
:
una
quantità
d
'
ore
e
d
'
altri
idiotismi
d
'
altre
desinenze
,
che
si
volessi
citartene
mezzi
no
me
basterebbe
du
'
ora
.
Lascio
stare
il
magnassimo
e
il
bevessimo
per
l
'
indicativo
,
che
a
te
non
c
'
è
caso
che
sfugga
;
ma
chi
sa
quante
volte
tu
pure
,
parlando
italiano
,
esclami
:
-
Guarda
sì
che
bellezza
!
-
o
dici
che
hai
rifame
o
che
un
Tizio
t
'
ha
fatto
una
vassallata
o
che
non
sai
se
quanto
una
certa
cosa
ti
convenga
.
A
ciascuno
il
suo
.
Non
ti
stranire
,
figliolo
.
Partenopeo
carissimo
!
Conosco
un
bravo
avvocato
napolitano
,
che
tiene
due
cari
figlioli
,
i
quali
,
parlando
italiano
con
me
,
chiamano
qualche
volta
,
senz
'
avvertirsene
,
gradinata
la
scala
,
coppola
il
berretto
,
cartiera
la
cartella
,
borro
la
brutta
copia
,
spiega
la
traduzione
;
che
dicono
cacciar
l
'
orologio
per
"
tirarlo
fuori
"
,
abbiamo
rimasto
per
abbiamo
"
lasciato
"
l
'
ombrello
a
casa
,
nostro
padre
è
andato
a
parlare
una
causa
a
Salerno
,
voglio
essere
spiegato
,
esser
levata
questa
difficoltà
,
essere
aperto
il
portone
,
e
non
mi
fido
per
"
non
mi
sento
"
e
vado
trovando
per
"
vado
cercando
"
e
nel
contempo
per
"
nello
stesso
tempo
"
.
Stesso
il
padre
,
dispiaciuto
di
quel
modo
di
parlare
,
li
avverte
sovente
che
dicon
troppi
napolitanismi
;
ma
non
serve
:
lo
voglion
bene
,
ma
non
dànno
retta
a
lui
più
che
a
me
,
e
tiran
via
.
Non
ho
detto
per
canzonare
a
te
,
bada
bene
;
ma
vedi
un
po
'
se
dei
modi
citati
non
ne
scappa
qualcuno
a
te
pure
.
Potrebb
'
essere
.
Se
te
ne
scappa
,
sei
prevenito
;
colpisci
l
'
occasione
per
correggerti
,
e
stammi
buono
.
O
piccolo
abruzzese
,
e
tu
,
non
ancor
baffuto
figliolo
della
Calabria
,
non
vi
fate
corrivi
se
vi
dico
che
sfuggono
allo
spesso
dei
provincialismi
a
voi
pure
;
e
il
senso
lor
m
'
è
duro
,
potrei
aggiungere
.
Come
v
'
ho
da
intendere
quando
mi
dite
scolla
,
andito
,
versatoio
,
coppino
,
ceroggeno
,
raschio
,
quartino
,
pizzo
del
tavolino
per
"
cravatta
,
ponte
,
acquaio
,
cucchiaione
,
candela
,
sputo
,
quartiere
,
canto
del
tavolino
"
?
e
lento
per
"
magro
"
e
sofistico
per
"
discolo
"
e
fanatico
per
"
vanesio
"
?
Quando
vi
sento
di
parlare
in
quella
maniera
,
sospetto
che
vogliate
scherzarmi
,
e
non
tanto
mi
piace
.
E
vada
quando
vi
scappa
detto
che
vi
siete
imprestato
(
per
"
fatto
imprestare
"
)
un
vocabolario
,
che
avete
donato
gli
esami
,
fatto
maturare
un
compagno
permaloso
,
liberato
un
pugno
a
un
insolente
,
o
che
in
mezzo
al
vostro
giardino
ci
vorrebbe
piantato
un
bell
'
albero
,
o
che
vi
par
mill
'
anni
di
giungere
il
ferio
di
Natale
:
si
sorride
,
e
null
'
altro
.
Ma
che
si
possa
scoprire
un
canuto
nella
barba
d
'
un
uomo
,
è
incredibile
,
e
mettersi
un
calzone
solo
non
è
decente
,
e
sparare
gli
uccelli
alla
caccia
è
feroce
,
e
dire
:
-
Mio
fratello
ha
picchiato
,
vado
ad
aprirlo
-
è
orrendo
.
Vi
raccomando
a
porre
attenzione
a
questi
errori
;
e
perdonatemi
la
franchezza
,
perché
,
se
ve
n
'
avreste
per
male
,
ne
fossi
troppo
dolente
.
Son
da
te
,
caro
siciliano
.
Molte
volte
,
nel
tuo
bel
paese
,
un
ospite
gentile
mi
disse
sull
'
uscio
:
-
Entrasse
,
signore
,
s
'
accomodasse
;
mi
facesse
il
piacere
....
-
Lo
dici
qualche
volta
tu
pure
,
non
è
vero
?
E
accoppii
non
di
rado
il
condizionale
col
condizionale
:
se
avrei
tempo
,
v
'
andrei
,
o
:
se
avessi
tempo
,
v
'
andassi
;
dico
giusto
?
E
per
voi
è
fare
un
complimento
anche
il
regalare
un
orologio
d
'
oro
,
e
dite
spesso
buono
per
"
bello
"
e
bello
per
"
buono
"
e
più
meglio
e
più
peggio
,
e
insegnarsi
la
lezione
per
"
impararla
"
e
mi
scanto
per
"
mi
perito
"
e
accudire
per
"
rivolgersi
"
e
qualche
volta
la
prima
del
mese
,
e
questa
,
senz
'
altro
,
per
"
questa
città
"
e
anche
casa
palazzata
per
"
palazzo
"
.
Chiamate
bevanda
il
caffè
e
latte
,
come
se
non
beveste
altro
nell
'
isola
,
o
zuppa
ogni
minestra
,
e
galantuomo
ogni
signore
;
e
così
fosse
,
che
sotto
un
bel
sopratutto
e
dentro
una
camicia
arricamata
non
si
nascondesse
mai
una
birba
!
Te
n
'
ho
da
metter
fora
dell
'
altre
?
No
?
Queste
bastano
?
E
dunque
,
come
dice
il
tuo
Meli
,
dunca
ascuta
a
lu
patri
,
e
teni
accura
a
sti
pochi
e
sinceri
avvirtimenti
.
E
anche
a
te
,
bruno
Sardignolo
,
poichè
ti
vedo
ridendo
dei
sicilianismi
,
dirò
amorevolmente
il
fatto
tuo
,
quantunque
del
tuo
bel
dialetto
latineggiante
io
sia
un
po
'
innamorato
:
a
te
che
qualche
volta
,
parlando
italiano
,
alzi
le
scale
invece
di
salirle
,
e
culli
il
tuo
fratellino
per
dormirlo
,
e
non
pigli
caffè
perché
non
ti
prova
,
e
chiami
cotti
i
fichi
d
'
India
maturi
,
e
occhi
cattivi
gli
occhi
malati
;
a
te
che
parti
al
villaggio
,
e
torni
da
campagna
,
e
vai
al
braccetto
con
gli
amici
,
e
a
chi
ti
domanda
l
'
ora
alle
dodici
e
dieci
rispondi
che
è
assai
ora
che
è
sonato
mezzogiorno
,
e
a
chi
ti
rivolge
domande
indiscrete
dici
che
non
entri
il
naso
negli
affari
tuoi
,
e
se
non
la
smette
subito
,
che
finisca
da
una
volta
d
'
importunarti
.
Per
farla
corta
,
non
t
'
ho
citato
che
una
dozzina
d
'
esempi
;
mi
dispiace
d
'
esser
troppo
pochi
;
ma
te
ne
potrei
pienare
più
pagine
.
A
si
biri
,
piseddu
.
-
Come
?
A
me
pure
?
-
Sì
,
signorino
,
a
lei
pure
,
e
spero
che
me
lo
permetta
,
poichè
sa
che
le
voglio
un
gran
bene
.
Per
insegnar
la
lingua
ai
tuoi
fratelli
d
'
Italia
,
che
ti
riconoscono
maestro
dalla
nascita
,
devi
guardarti
anche
tu
dai
dialettismi
,
non
con
altrettanta
,
ma
con
maggior
cura
degli
altri
;
non
devi
lasciarti
sfuggir
mai
,
neppure
una
volta
l
'
anno
(
e
ti
sfuggono
non
di
rado
)
voi
dicevi
,
voi
facevi
,
voi
andavi
,
e
dichino
e
venghino
,
e
leggano
per
leggono
,
temano
per
temono
,
e
lo
stai
e
il
vai
imperativi
,
e
il
dove
tu
vai
?
e
il
che
tu
vuoi
?
e
nemmeno
sortire
per
uscire
,
e
bastare
per
durare
,
e
tornar
di
casa
per
"
andar
a
stare
"
in
un
luogo
dove
non
s
'
è
mai
stati
.
E
sebbene
Dante
abbia
detto
"
lascia
dir
le
genti
"
è
meglio
che
tu
non
dica
genti
in
quel
senso
per
non
farmi
pensare
che
tu
parli
di
tutti
i
popoli
della
terra
;
e
che
suoi
per
"
loro
"
abbia
esempi
classici
,
non
toglie
che
sia
più
corretto
il
far
concordare
l
'
aggettivo
col
sostantivo
;
e
m
'
ammetterai
che
a
dire
ignorante
per
"
maleducato
"
si
corre
pericolo
di
calunniare
dei
sapientoni
;
e
una
"
minestra
diaccia
"
se
vuoi
esser
giusto
,
non
s
'
è
mai
portata
in
tavola
da
che
mondo
è
mondo
.
A
rivederci
,
bocca
fortunata
,
e
porta
un
bacio
alla
torre
di
Giotto
.
E
ora
che
giustizia
è
fatta
,
tiriamo
innanzi
.
*
FQ
*
IL
MALANNO
DELL
'
AFFETTAZIONE
.
Vi
son
due
modi
di
parlar
male
:
la
sciatteria
e
l
'
affettazione
.
Ma
questo
è
peggior
di
quello
,
perché
chi
parla
sciatto
è
soltanto
ridicolo
,
e
chi
parla
affettato
è
ridicolo
e
insopportabile
.
Non
occorre
ch
'
io
ti
dica
che
cos
'
è
l
'
affettazione
.
Te
lo
dicono
i
modi
proverbiali
che
la
deridono
:
-
Star
sul
quinci
e
sul
quindi
.
-
Parlare
in
punta
di
forchetta
.
-
Parlar
come
un
libro
stampato
.
-
È
un
misto
di
pedanteria
e
di
leziosaggine
.
È
la
consuetudine
di
scegliere
fra
i
modi
della
lingua
i
meno
comunemente
usati
,
credendo
che
il
parlar
bene
consista
nel
parlar
diversamente
dagli
altri
;
è
il
servirsi
di
vocaboli
e
di
frasi
poetiche
,
anche
nei
discorsi
famigliari
,
per
dir
le
cose
più
usuali
e
più
semplici
;
è
l
'
usar
locuzioni
e
costrutti
del
bello
stile
letterario
,
per
isfoggio
di
cultura
e
d
'
eleganza
,
in
luogo
d
'
altre
locuzioni
e
d
'
altri
costrutti
alla
mano
,
che
si
sdegnano
come
volgari
,
e
che
paiono
volgari
per
la
sola
ragione
che
tutti
li
sanno
.
Hai
visto
mai
dei
bellimbusti
che
fanno
il
bocchino
e
par
che
sorridano
continuamente
alla
propria
immagine
,
o
tengon
la
bocca
sempre
aperta
per
mostrare
i
denti
bianchi
;
che
pigliano
atteggiamenti
d
'
Apolli
,
gestiscono
coi
gomiti
stretti
al
busto
e
camminano
in
punta
di
piedi
,
dondolandosi
come
le
anitre
e
guardando
intorno
con
gli
occhi
socchiusi
o
dilatati
o
languenti
!
Sono
caricature
buffe
e
antipatiche
,
non
è
vero
?
E
lo
stesso
effetto
producono
quelli
che
parlano
affettato
.
Ci
dispiacciono
perché
,
parlando
diversamente
da
noi
,
hanno
l
'
aria
di
dirci
che
noi
parliamo
male
e
che
dovremmo
parlare
come
loro
;
non
ci
paiono
sinceri
perché
la
sincerità
parla
semplicemente
,
ed
essi
parlano
con
artificio
;
e
non
li
possiamo
prender
sul
serio
perché
,
lambiccando
a
quel
modo
il
proprio
linguaggio
,
mostrano
di
dar
più
importanza
alle
parole
che
alle
cose
e
di
parlar
soltanto
per
farci
sentire
che
parlan
bene
.
Senti
un
po
'
.
Se
uno
t
'
annunzia
la
morte
d
'
un
suo
amico
dicendoti
:
-
Ieri
,
dopo
una
malattia
lunga
e
dolorosa
,
morì
il
tal
dei
tali
,
mio
carissimo
amico
;
morì
fra
le
mie
braccia
;
le
sue
ultime
parole
furono
per
raccomandarmi
i
suoi
poveri
bambini
,
che
stavano
accanto
al
letto
piangendo
-
,
tu
sei
preso
da
un
sentimento
di
pietà
.
Ma
se
ti
dice
invece
:
-
Ieri
,
dopo
un
lungo
e
fiero
morbo
,
mancò
ai
vivi
il
tal
de
'
tali
,
amico
mio
dilettissimo
;
spirò
sul
mio
seno
,
e
i
suoi
supremi
accenti
furono
per
commettere
alle
mie
cure
i
suoi
sventurati
pargoletti
,
che
stavano
all
'
origliere
lacrimando
;
-
tu
,
invece
di
commoverti
,
non
credi
al
suo
dolore
,
e
gli
dài
del
buffone
.
L
'
affettazione
falsa
l
'
espressione
d
'
ogni
affetto
,
spunta
l
'
arguzia
,
toglie
forza
alla
ragione
,
vela
la
verità
,
distorna
la
confidenza
,
getta
il
ridicolo
su
ogni
cosa
,
rende
uggiose
e
moleste
,
e
qualche
volta
anche
odiose
,
facendole
apparire
sotto
un
falso
aspetto
,
persone
dotate
di
eccellenti
qualità
d
'
animo
.
Ed
è
un
difetto
terribile
,
che
guai
a
chi
s
'
attacca
,
perché
diventa
in
lui
come
una
seconda
natura
,
della
quale
egli
perde
la
coscienza
,
e
non
se
ne
libera
più
per
la
vita
.
Ed
è
un
difetto
disgraziatissimo
,
che
il
mondo
deride
e
flagella
anche
nelle
persone
più
rispettabili
,
senza
tregua
e
senza
pietà
,
fino
alla
morte
.
*
In
quest
'
affettazione
eccessiva
e
ridicola
non
c
'
è
pericolo
che
tu
cada
.
Ma
ti
devi
guardare
anche
dall
'
ombra
dell
'
affettazione
,
anche
da
quel
difetto
,
nel
quale
quasi
tutti
cadiamo
,
di
usare
,
parlando
,
una
quantità
di
parole
e
di
locuzioni
non
proprie
del
linguaggio
parlato
;
fra
le
quali
e
le
proprie
,
che
non
ignoriamo
,
e
che
usiamo
anche
spesso
,
ci
siamo
avvezzati
a
non
far
differenza
.
Di
tali
parole
e
locuzioni
non
ti
posso
fare
un
elenco
compiuto
,
che
sarebbe
troppo
lungo
;
ma
ti
do
qualche
esempio
in
un
dialogo
nel
quale
un
Tizio
mi
racconta
una
sua
avventura
,
ed
io
faccio
il
pedante
della
naturalezza
sui
fiori
della
sua
letteratura
.
FRA
UN
PARLATORE
RICERCATO
E
UNO
CHE
PARLA
ALLA
BUONA
.
TIZIO
.
-
Giunto
che
fui
al
bivio
,
stetti
un
momento
in
forse
se
dovessi
volgere
a
destra
o
a
sinistra
.
IL
PEDANTE
.
-
Mi
permetta
.
Io
direi
:
arrivato
che
fui
al
bivio
,
stetti
un
momento
in
dubbio
se
dovessi
voltare
....
T
.
-
....
Se
dovessi
voltare
a
destra
o
a
sinistra
.
M
'
arrestai
,
attendendo
che
passasse
qualcuno
,
per
chiedergli
l
'
indicazione
che
mi
faceva
d
'
uopo
....
P
.
-
Mi
faceva
d
'
uopo
!
E
se
dicesse
semplicemente
:
che
m
'
occorreva
?
E
invece
di
"
attendendo
"
:
aspettando
?
E
domandargli
invece
di
"
chiedergli
?
"
T
.
-
Ma
,
non
scorgendo
anima
nata
....
P
.
-
Non
vedendo
anima
viva
....
T
.
-
Piegai
a
destra
e
procedetti
fino
a
una
chiesetta
,
cinta
di
cipressi
,
della
quale
mi
sovvenne
che
m
'
aveva
parlato
mio
padre
,
quando
mi
narrò
la
sua
gita
al
castello
....
Trova
qualche
cosa
a
ridire
?
P
.
-
Cinque
cosette
.
Io
direi
presi
invece
di
"
piegai
"
,
andai
innanzi
invece
di
"
procedetti
"
,
circondata
invece
di
"
cinta
"
,
mi
ricordai
invece
di
"
mi
sovvenne
"
,
mi
raccontò
invece
di
mi
"
narrò
"
.
Vuol
seguitare
?
T
.
-
Quivi
scorsi
due
uomini
distesi
al
suolo
....
P
.
-
Quanto
amore
per
quello
scorgere
!
E
perché
non
lì
invece
di
"
quivi
?
"
E
stesi
per
terra
in
luogo
di
"
distesi
al
suolo
?
"
Il
suolo
!
T
.
-
....
che
sembravano
assopiti
....
P
.
-
....
parevano
addormentati
,
se
non
le
par
troppo
comune
.
T
.
-
Sostai
....
P
.
-
Si
soffermò
....
T
.
-
....
e
,
osservandoli
,
venni
in
sospetto
che
facessero
sembianza
,
ma
che
non
dormissero
davvero
.
Non
m
'
ero
male
apposto
....
P
.
-
Com
'
è
detto
bene
!
Sospettai
sarebbe
troppo
andante
;
"
far
sembianza
"
è
più
nobile
di
far
mostra
e
di
fingere
;
"
non
m
'
ero
male
apposto
"
non
è
un
modo
di
dozzina
come
non
m
'
ero
ingannato
.
T
.
-
Mi
dileggia
ella
forse
,
signore
?
P
.
-
"
Tolga
il
cielo
!
"
O
come
può
ella
"
accogliere
"
un
tal
pensiero
?
"
Proceda
"
.
T
.
-
Di
repente
,
infatti
,
quasi
per
accordo
,
si
destarono
entrambi
,
e
l
'
un
d
'
essi
....
P
.
-
Un
momento
.
Mi
lasci
ammirare
quel
"
di
repente
"
per
a
un
tratto
,
e
quell
'
"
entrambi
"
per
tutti
e
due
,
e
l
'
"
un
d
'
essi
"
per
uno
di
loro
.
Questo
si
chiama
"
favellare
"
!
Riprenda
.
T
.
-
(
Capisco
)
....
E
l
'
un
d
'
essi
,
con
accento
di
cortesia
,
che
mal
s
'
accordava
con
l
'
atteggiamento
del
suo
volto
,
mi
disse
:
-
Se
passa
di
qui
per
recarsi
al
castello
,
ha
errato
;
la
riporremo
noi
sul
retto
cammino
....
P
.
-
Mi
perdoni
.
Qui
,
benchè
ammiri
ancora
,
mi
parrebbe
più
naturale
il
dire
:
in
tono
cortese
,
e
non
corrispondeva
all
'
espressione
del
suo
viso
.
Quell
'
"
un
d
'
essi
"
,
poi
,
le
avrà
detto
andare
e
non
"
recarsi
"
,
la
rimetteremo
,
non
"
la
riporremo
"
,
sulla
buona
strada
,
non
"
sul
retto
cammino
....
"
T
.
-
(
Che
insopportabile
seccatore
!
)
Ciò
dicendo
,
sorsero
ambedue
da
terra
,
e
mossero
alla
mia
volta
....
P
.
-
Approvato
,
e
con
plauso
.
Io
avrei
detto
:
dicendo
questo
,
s
'
alzarono
tutt
'
e
due
,
e
vennero
verso
di
me
-
;
ma
riconosco
che
avrei
parlato
con
meno
squisita
eleganza
....
T
.
-
Insospettito
,
indietreggiai
.
Essi
accelerarono
il
passo
.
Avevano
in
animo
d
'
assalirmi
,
non
cadeva
dubbio
.
Si
figurerà
di
leggieri
il
mio
spavento
!
Volli
gridare
;
ma
mi
venne
meno
la
voce
.
Mi
volsi
in
fuga
;
ma
fu
indarno
:
mi
sentii
afferrare
da
tergo
;
mi
fu
forza
arrestarmi
....
P
.
-
L
'
arresto
anch
'
io
per
un
momento
,
per
farle
osservare
che
parla
troppo
bene
.
Avrebbe
potuto
dire
in
forma
più
modesta
:
-
Mi
feci
indietro
.
Quelli
affrettarono
il
passo
.
Volevano
assalirmi
;
non
c
'
era
dubbio
.
S
'
immaginerà
facilmente
il
mio
spavento
!
Volli
gridare
;
ma
mi
mancò
la
voce
.
Mi
diedi
alla
fuga
;
ma
fu
inutile
;
mi
sentii
afferrare
di
dietro
;
mi
dovetti
fermare
...
E
allora
?
T
.
-
Allora
gridai
:
-
Aiuto
!
-
Per
buona
ventura
,
transitava
là
presso
una
brigata
di
villici
,
che
i
malfattori
non
avevano
veduti
,
perché
eran
celati
dagli
alberi
....
P
.
-
Respiro
!
Ma
quel
"
transitava
"
per
passava
,
e
"
celati
"
per
nascosti
,
e
"
villici
"
per
contadini
....
T
.
-
Quelli
trassero
tosto
alle
mie
grida
....
P
.
-
Vuol
dire
che
accorsero
subito
....
T
.
-
I
malandrini
dileguarono
....
P
.
-
Come
nebbia
al
vento
.
T
.
-
Fui
salvo
.
Mi
palpai
.
Non
rinvenni
più
il
portamonete
nella
scarsella
.
Non
c
'
eran
che
poche
lire
;
non
porta
il
pregio
di
parlarne
.
Il
peggio
fu
la
paura
,
che
non
le
saprei
ritrarre
in
parole
.
P
.
-
Capisco
!
"
Ritrarre
in
parole
"
dev
'
essere
una
cosa
più
difficile
che
l
'
esprimere
semplicemente
.
Ma
ella
si
compiace
troppo
del
difficile
.
Perché
non
dire
alla
buona
che
non
si
ritrovò
più
il
portamonete
in
tasca
?
E
perché
dire
"
non
porta
il
pregio
"
invece
di
non
mette
conto
?
In
somma
,
se
l
'
è
cavata
con
la
paura
.
T
.
-
Se
non
mi
toccò
maggior
danno
,
debbo
saperne
grado
....
P
.
-
Basta
che
ne
sia
grato
....
T
.
-
A
quei
buoni
contadini
.
Ma
la
sera
mi
sopravvenne
la
febbre
.
P
.
-
Le
"
sopravvenne
"
?
T
.
-
Mi
prese
,
andiamo
;
mi
saltò
addosso
.
Questo
m
'
incolse
....
mi
seguì
per
aver
posto
in
non
cale
....
P
.
-
Se
dicesse
per
aver
trascurato
....
T
.
-
....
l
'
avvertimento
di
mio
padre
:
che
non
è
saggio
l
'
aggirarsi
in
quei
pressi
senza
compagnia
.
Me
ne
ricorderò
quind
'
innanzi
.
P
.
-
Suo
padre
le
avrà
detto
che
non
è
prudente
l
'
andare
in
giro
soli
in
quei
dintorni
.
E
farà
bene
a
ricordarsene
.
Ma
farà
anche
bene
d
'
ora
in
avanti
a
parlare
in
un
altro
modo
....
T
.
-
Ma
,
insomma
,
non
m
'
è
sfuggito
un
errore
!
P
.
-
No
;
ma
il
suo
discorso
è
stato
una
stonatura
da
capo
a
fondo
,
un
tessuto
di
parole
e
di
frasi
che
non
s
'
usano
mai
da
chi
parla
con
naturalezza
e
con
gusto
,
e
che
riescono
sgradevoli
quanto
gli
errori
,
e
rendono
il
suo
parlar
corretto
poco
meno
ridicolo
d
'
un
parlare
sgrammaticato
.
T
.
-
Troppo
gentile
!
La
ringrazio
.
P
.
-
"
Non
porta
il
pregio
.
"
Ma
non
ponga
"
in
non
cale
"
i
miei
consigli
.
"
Se
ne
rinverrà
"
contento
e
me
ne
"
saprà
grado
.
"
La
riverisco
e
"
mi
dileguo
.
"
T
.
-
(
Impertinente
!
)
Varie
altre
osservazioni
che
ti
dovrei
esporre
intorno
all
'
affettazione
nel
parlare
,
le
farai
tu
stesso
intrattenendoti
qualche
minuto
con
una
rispettabile
e
amabile
signora
,
che
ho
l
'
onore
di
presentarti
.
LA
SIGNORA
PIESOSPINTO
.
Le
avevan
messo
questo
soprannome
perché
il
bel
modo
letterario
a
ogni
piè
sospinto
era
uno
dei
fiori
più
frequenti
del
suo
linguaggio
abituale
,
tutto
fiorito
di
parole
e
di
frasi
eleganti
.
Era
vedova
e
sola
,
come
la
Roma
di
Dante
;
non
più
giovane
,
d
'
ottimo
cuore
,
stimata
da
tutti
;
ma
aveva
un
difetto
terribile
,
per
il
quale
s
'
eran
ridotti
pochissimi
i
frequentatori
del
suo
salottino
,
un
tempo
assai
numerosi
:
il
difetto
di
parlare
poeticamente
.
Cosa
tanto
più
strana
in
quanto
la
buona
signora
non
la
pretendeva
punto
a
letterata
,
quantunque
di
letteratura
e
d
'
arte
discorresse
quasi
sempre
;
era
anzi
in
tali
discorsi
molto
guardinga
e
modesta
.
Quel
linguaggio
,
che
a
noi
riusciva
affettato
,
per
lei
era
naturalissimo
,
ed
era
in
fatti
in
perfetto
accordo
con
tutte
le
altre
manifestazioni
del
suo
essere
.
La
sua
voce
,
il
suo
accento
,
il
suo
modo
d
'
atteggiarsi
e
di
camminare
,
la
sua
bizzarra
pettinatura
,
tutta
cernecchi
e
riccioli
artefatti
,
che
le
tremolavano
intorno
al
capo
come
bùbboli
,
e
il
suo
abbigliamento
tutto
gale
e
fronzoli
di
gusto
dubbio
:
ogni
cosa
rassomigliava
al
suo
vocabolario
e
alla
sua
fraseologia
prescelta
,
che
pareva
fatta
di
rottami
di
versi
.
Parlava
in
maniera
da
far
credere
che
ogni
parola
d
'
uso
comune
fosse
per
lei
una
parola
triviale
,
che
ogni
frase
famigliare
le
ripugnasse
come
una
frase
indecorosa
.
Per
esempio
:
allegrezza
,
gioia
,
desiderio
,
ricordo
,
avvenimento
,
momento
,
erano
modi
sbanditi
dal
suo
dizionario
;
diceva
:
letizia
,
giubilo
,
vaghezza
,
rimembranza
,
evento
,
istante
.
All
'
amico
che
entrava
in
casa
sua
gettava
qualche
volta
addosso
una
manata
di
fiori
poetici
anche
prima
ch
'
egli
si
fosse
seduto
.
-
Ah
,
la
riveggo
alla
fine
!
Che
accadde
di
lei
?
Credevo
che
avesse
spiccato
il
volo
verso
altri
lidi
o
che
fosse
di
mal
ferma
salute
;
vissi
in
affanno
;
s
'
assida
,
ingrato
amico
,
e
si
scagioni
.
-
Anche
parlando
delle
cose
più
comuni
usava
questo
linguaggio
di
gala
.
Era
famosa
fra
i
suoi
conoscenti
la
frase
con
cui
aveva
annunziato
a
un
di
loro
una
piccola
disgrazia
toccata
a
una
sua
cagnetta
,
ricciuta
e
infronzolata
come
lei
;
la
quale
faceva
un
certo
mugolo
strano
,
che
certi
capi
ameni
dicevano
un
'
affettazione
.
-
Ah
,
signor
mio
!
-
aveva
detto
.
-
Tale
era
la
moltitudine
di
piccoli
insetti
che
infestavano
la
cute
di
questo
sventurato
animaletto
....
Ma
benchè
affettato
il
linguaggio
,
era
sempre
sincero
il
sentimento
ch
'
ella
esprimeva
.
Era
commossa
veramente
quando
raccontava
d
'
esser
stata
costretta
,
con
suo
gran
dolore
,
ad
espellere
una
vecchia
fante
,
dopo
molti
anni
che
l
'
aveva
in
casa
,
per
aver
risaputo
che
quella
la
vilipendeva
nel
vicinato
con
le
più
nefande
calunnie
.
Quale
atroce
disinganno
!
Chi
avrebbe
potuto
sospettare
che
con
quel
sembiante
tutto
dolcezza
ella
albergasse
nel
petto
un
animo
così
malvagio
!
Che
schianto
era
stato
per
lei
lo
scoprire
una
nemica
in
quella
donna
,
con
la
quale
essa
aveva
sempre
largheggiato
di
doni
e
di
favori
,
per
lei
che
aveva
tanto
bisogno
di
sentirsi
aleggiare
intorno
la
benevolenza
e
la
simpatia
!
Naturalmente
,
il
maggior
piacere
che
ci
attirasse
nel
suo
salotto
era
quello
d
'
ammiccarsi
l
'
un
con
l
'
altro
e
di
sorridere
di
nascosto
alle
più
belle
delle
sue
frasi
:
dico
le
più
belle
perché
il
suo
discorso
era
un
ordito
così
fitto
di
poeticherie
,
che
non
si
sarebbe
potuto
rilevarle
tutte
senza
farsi
scorgere
;
del
che
ci
saremmo
vergognati
.
Ma
essa
non
sospettava
.
Povera
signora
Piesospinto
!
Se
ci
avesse
sentiti
giù
per
le
scale
!
Il
suo
frasario
c
'
era
diventato
così
famigliare
che
,
fra
di
noi
,
andando
da
lei
ed
uscendo
,
non
parlavamo
quasi
più
altro
che
alla
sua
maniera
.
E
,
com
'
è
naturale
,
glie
n
'
erano
affibbiate
anche
parecchie
che
non
le
appartenevano
.
Ma
la
più
amena
di
tutte
,
qualcuno
sosteneva
che
l
'
avesse
detta
davvero
a
una
delle
sue
amiche
più
strette
,
ed
era
un
modo
comunissimo
,
che
dice
un
'
occorrenza
altrettanto
comune
,
nobilitato
da
lei
nella
nuova
forma
:
-
andare
della
persona
.
-
Ammirabile
era
la
costanza
con
cui
usava
certi
modi
illustri
invece
di
altri
volgari
,
i
quali
non
le
venivano
mai
alla
bocca
,
come
s
'
ella
non
li
avesse
mai
né
intesi
né
letti
,
da
tanto
che
le
si
era
connaturata
l
'
affettazione
.
Non
diceva
mai
sposare
,
per
esempio
,
ma
impalmare
;
mai
,
non
so
una
cosa
,
ma
la
ignoro
;
mai
mi
fa
pietà
,
ma
mi
move
a
pietà
;
mai
aversi
per
male
,
ma
recarsi
ad
onta
.
Gli
aggettivi
,
più
che
altro
,
erano
il
suo
forte
;
non
poteva
metter
fuori
un
sostantivo
senza
attaccargliene
uno
,
che
era
sempre
pescato
fra
i
più
signorili
della
lingua
.
-
È
un
pezzo
,
signora
,
che
non
è
stata
a
Napoli
?
-
Da
dieci
anni
non
ho
più
veduto
quella
nobilissima
città
.
-
Ha
letto
la
notizia
della
morte
del
tale
?
-
Si
,
ho
letto
la
malaugurosa
notizia
.
-
Le
ha
fatto
piacere
la
promozione
di
suo
cugino
?
-
Sì
,
ne
ho
avuto
un
piacere
ineffabile
.
Colta
un
inverno
da
grave
malore
,
e
condotta
in
forse
della
vita
,
giacque
a
letto
per
lo
spazio
d
'
oltre
due
mesi
,
e
chi
la
trasse
a
salvamento
,
prodigandole
ogni
più
amorevole
cura
,
fu
un
giovine
medico
amico
nostro
e
suo
,
che
della
sua
vezzosa
favella
prendeva
diletto
grandissimo
.
Con
lui
e
con
un
altro
frequentatore
del
salotto
,
non
sì
tosto
ella
fu
fuor
di
pericolo
,
mi
recai
a
visitarla
.
Poi
che
fummo
seduti
accanto
al
letto
,
la
buona
signora
chiamò
la
fante
,
e
le
disse
con
fievole
voce
:
-
Appressati
,
Carolina
;
dischiudi
lievemente
le
imposte
,
che
entri
un
po
'
di
chiarore
....
Poi
ci
ringraziò
,
espresse
la
sua
gratitudine
al
medico
,
ci
raccontò
la
storia
del
suo
malore
.
E
fu
una
tal
pioggia
di
fiori
poetici
da
far
pensare
che
durante
la
malattia
glie
ne
fosse
germinato
in
casa
un
nuovo
giardino
.
La
malattia
le
era
saltata
addosso
ad
un
tratto
,
a
guisa
d
'
un
colpo
di
folgore
.
Stava
per
uscire
di
casa
,
era
già
sul
limitare
dell
'
uscio
,
quando
una
subita
nube
le
aveva
come
offuscato
l
'
intelletto
,
e
s
'
era
impossessata
di
lei
una
così
grande
debolezza
,
che
appena
aveva
fatto
in
tempo
a
invocar
soccorso
,
e
le
erano
mancati
i
sensi
.
Il
portinaio
,
la
portinaia
,
la
fante
,
accorsi
tosto
,
vedendo
il
pallore
mortale
del
suo
volto
,
l
'
avevano
creduta
esanime
,
e
s
'
eran
sciolti
in
pianto
;
poi
l
'
avevan
portata
sul
suo
letticciuolo
,
ed
essa
era
rimasta
tre
giorni
così
,
quasi
inconsapevole
,
come
in
istato
di
sopore
,
agitato
da
torbidi
sogni
.
E
in
questo
modo
continuò
a
fiorettare
,
fin
che
ci
accomiatò
cortesemente
lei
stessa
,
dicendoci
d
'
uscire
a
più
spirabil
aere
,
ma
che
tornassimo
presto
a
riportarle
il
refrigerio
della
nostra
cara
amicizia
.
Scendendo
le
scale
,
il
medico
faceto
ci
disse
che
la
povera
signora
era
stata
veramente
gravissima
;
ma
che
anche
quando
si
trovava
in
pericolo
aveva
sempre
parlato
nel
modo
solito
.
Egli
si
ricordava
le
parole
testuali
.
-
Ah
,
signor
dottore
!
-
gli
aveva
detto
.
-
Non
mi
lusinghi
di
vane
speranze
:
io
sento
bene
che
questa
mia
spossatezza
è
foriera
di
prossima
fine
.
-
E
soggiunse
che
,
sentendola
parlare
a
quel
modo
,
aveva
riconosciuto
la
grande
verità
d
'
una
osservazione
fatta
da
Vittor
Hugo
,
a
proposito
d
'
un
condannato
a
morte
,
il
cui
discorso
gli
era
parso
mancante
di
naturalezza
:
che
tutto
si
cancella
davanti
alla
morte
,
eccetto
l
'
affettazione
:
che
la
bontà
svanisce
,
che
la
malvagità
scompare
,
che
l
'
uomo
benevolo
diventa
amaro
,
che
l
'
uomo
duro
diventa
dolce
;
ma
l
'
uomo
affettato
rimane
affettato
.
-
E
concluse
:
-
Basta
,
è
scampata
;
fra
un
mese
sarà
guarita
;
e
io
ne
sono
felicissimo
perché
,
con
tutti
i
suoi
fiori
poetici
,
è
una
gran
buona
signora
.
-
Ah
,
questo
è
fuor
di
dubbio
-
disse
il
comune
amico
-
di
gentili
sensi
dotata
....
-
E
di
non
inculto
intelletto
-
aggiunse
il
medico
.
-
E
di
non
illeggiadro
sembiante
....
-
Finiamola
;
non
sta
bene
scherzare
fin
che
non
s
'
è
rimessa
;
ricominceremo
quando
sulla
sua
guancia
"
torni
a
fiorir
la
rosa
"
.
E
si
ricominciò
,
come
Dio
volle
,
con
diletto
ineffabile
.
VERGOGNA
FUOR
DI
LUOGO
.
Non
basta
,
per
parlar
bene
,
sfuggire
l
'
affettazione
;
bisogna
pure
,
quando
occorre
,
non
aver
timore
di
parere
affettati
;
bisogna
vincere
un
sentimento
naturale
e
comunissimo
,
specie
fra
noi
italiani
dell
'
Italia
settentrionale
,
che
si
potrebbe
chiamare
la
"
vergogna
fuor
di
luogo
"
della
lingua
.
Noi
,
parlando
italiano
,
siamo
tutti
riluttanti
ad
usare
parole
e
frasi
che
non
appartengano
a
quello
scarso
materiale
linguistico
che
si
possiede
comunemente
nella
nostra
regione
,
e
la
nostra
riluttanza
deriva
dal
timore
di
parer
pedanti
e
ricercati
adoperando
modi
insoliti
;
i
quali
appunto
ci
paiono
strani
e
affettati
per
la
sola
ragione
che
non
siamo
assuefatti
a
dirli
e
a
sentirli
.
Per
ispiegarti
chiaramente
la
cosa
ti
riferisco
una
discussione
che
,
mutate
poche
parole
,
dovetti
sostenere
e
m
'
occorse
di
sentire
cento
volte
.
Mi
domanda
un
tale
se
non
c
'
è
in
italiano
una
parola
che
significhi
"
stringer
molto
la
persona
con
cintura
o
con
busto
o
con
altro
,
in
modo
che
essa
paia
meglio
disposta
,
ma
che
non
abbia
più
liberi
i
movimenti
.
"
-
Certo
che
c
'
è
.
Striminzire
.
Una
ragazza
striminzita
nel
busto
.
Dice
anche
il
Giusti
,
per
analogia
,
di
persone
striminzite
in
una
carrozza
troppo
piccola
.
-
Striminzire
!
Che
parola
strana
!
-
Strana
perché
?
Per
il
suono
?
Non
è
mica
più
strana
d
'
impazientire
e
d
'
indolenzire
,
che
tutti
dicono
.
-
Ma
questa
non
l
'
ho
mai
intesa
.
-
È
d
'
uso
comune
in
Toscana
,
è
in
tutti
i
dizionari
,
la
usano
molti
italiani
d
'
ogni
provincia
.
-
Eppure
,
che
so
io
?
Parlando
,
non
l
'
userei
.
-
Per
che
ragione
?
-
Non
so
....
Non
oserei
.
-
Ma
per
la
stessa
ragione
si
dovrebbe
interdire
l
'
uso
d
'
una
quantità
d
'
altre
parole
proprie
,
necessarie
,
italianissime
.
Per
esempio
,
userebbe
le
parole
rimpulizzire
,
spericolarsi
,
spiaccicare
,
stintignare
,
baluginare
,
che
in
certi
casi
significano
una
cosa
che
non
si
può
dire
per
l
'
appunto
con
un
altro
modo
?
-
Spiaccicare
!
Baluginare
!
Stintignare
!
(
dopo
aver
pensato
un
po
'
,
sorridendo
)
.
-
No
,
glielo
dico
sinceramente
,
non
oserei
.
Saranno
parole
italianissime
,
e
anche
usatissime
in
altre
parti
d
'
Italia
;
ma
fra
noi
paiono
strane
.
-
E
picchia
sullo
strano
!
Ma
strana
le
parrà
ogni
parola
che
non
abbia
mai
intesa
.
Quelle
parole
non
paiono
punto
strane
e
affettate
,
paiono
naturalissime
a
tutti
coloro
che
le
usano
dove
sono
generalmente
usate
.
La
cagione
dell
'
effetto
che
producono
in
lei
non
sta
in
esse
medesime
;
ma
nel
fatto
che
lei
non
è
usato
a
sentirle
.
Lei
stesso
adopera
ora
come
naturali
parole
e
frasi
che
,
anni
fa
,
la
prima
volta
che
le
intese
,
le
saranno
parse
cercate
col
lumicino
.
Il
tipo
dell
'
affettato
e
dell
'
inaffettato
,
in
materia
di
lingua
,
ha
detto
un
grande
maestro
,
non
è
altro
che
l
'
assuefazione
.
-
Avrà
ragione
.
E
non
di
meno
....
che
vuol
che
le
dica
?
Se
,
parlando
in
famiglia
o
fra
amici
,
mi
venissero
sulla
punta
della
lingua
le
parole
stintignare
,
striminzire
,
baluginare
,
me
le
terrei
in
bocca
,
perché
son
certo
che
tutti
quanti
,
udendole
da
me
,
rimarrebbero
come
stupiti
,
e
direbbero
fra
sé
,
e
fors
'
anche
forte
:
-
Cospetto
!
Tu
peschi
nel
vocabolario
;
tu
diventi
un
linguista
.
Che
lusso
!
-
Ma
se
tutti
ragionassero
così
,
la
lingua
italiana
,
fra
noi
,
rimarrebbe
sempre
allo
stesso
punto
;
nessuno
arricchirebbe
mai
il
suo
vocabolario
d
'
una
sola
parola
;
dai
dieci
anni
in
su
si
rimpasterebbero
sempre
lo
stesso
miserabile
frasario
elementare
.
Se
tutti
avessero
sempre
ceduto
a
codesto
sentimento
,
nell
'
Italia
settentrionale
,
in
Piemonte
,
per
esempio
,
si
parlerebbe
ancora
l
'
italiano
come
si
parlava
quarant
'
anni
fa
.
-
O
non
si
parla
ora
come
si
parlava
allora
?
-
Ah
no
,
per
fortuna
.
Sono
usati
ora
anche
fra
noi
,
parlando
italiano
,
sono
anzi
diventati
comunissimi
una
quantità
di
vocaboli
e
di
locuzioni
che
quand
'
ero
ragazzo
erano
affatto
sconosciuti
.
Quarant
'
anni
fa
non
le
sarebbe
mai
occorso
di
sentir
dire
da
un
piemontese
schiacciare
un
sonno
,
appisolarsi
,
fare
uno
spuntino
,
fare
ammodo
,
uomo
di
garbo
,
gente
per
bene
,
mi
frulla
per
il
capo
,
andare
in
visibilio
,
prendere
in
tasca
,
faticare
parecchio
,
e
via
discorrendo
.
Ora
io
sento
questi
modi
ogni
momento
da
giovani
,
da
signore
,
da
gente
che
non
pensa
neppur
per
ombra
a
parlare
scelto
,
e
non
c
'
è
caso
che
chi
li
ascolta
si
stupisca
e
sorrida
con
l
'
aria
di
dire
:
-
Che
lusso
!
-
Eppure
,
quando
furono
intesi
qui
le
prime
volte
,
tutti
quei
modi
debbono
esser
parsi
strani
come
paiono
a
lei
quelli
che
ho
citati
.
-
Le
ripeto
che
avrà
ragione
;
ma
....
(
tra
sé
,
scrollando
il
capo
)
Striminzire
!
Stintignare
!
Baluginare
!
Così
è
.
E
l
'
ha
detto
un
grande
scrittore
,
che
di
queste
cose
s
'
intendeva
:
-
La
locuzione
della
lingua
in
cui
si
scrive
,
la
locuzione
propria
,
unica
,
necessaria
,
può
far
ridere
,
esclamare
,
urlare
,
dov
'
essa
non
è
conosciuta
in
fatto
;
e
però
sono
impicci
da
cui
uno
non
può
uscir
solo
:
l
'
unico
mezzo
d
'
uscirne
è
d
'
uscirne
tutti
insieme
.
-
Il
che
vuol
dire
che
tutti
quanti
dobbiamo
adoperarci
a
mettere
in
commercio
,
parlando
,
quella
parte
di
lingua
che
manca
al
nostro
uso
regionale
,
e
che
ci
è
necessaria
,
anche
a
costo
di
far
ridere
,
esclamare
e
urlare
.
Incomincia
dunque
tu
a
far
la
tua
parte
.
Ricordo
certe
famiglie
d
'
impiegati
piemontesi
e
lombardi
,
stabilite
in
Firenze
capitale
,
nelle
quali
i
bambini
,
che
in
casa
parlavano
italiano
,
portavano
ogni
giorno
dalla
scuola
una
parola
o
una
frase
nuova
,
di
cui
il
padre
e
la
madre
ridevano
:
ne
ridevano
la
prima
volta
,
poi
ci
s
'
avvezzavano
,
e
poi
dicevano
quelle
parole
e
quelle
frasi
essi
medesimi
,
da
prima
come
per
celia
,
dopo
senz
'
avvedersene
;
e
così
il
bambino
arricchiva
il
dizionario
e
insegnava
a
parlare
alla
famiglia
.
E
così
devi
far
tu
nel
giro
delle
persone
fra
cui
vivi
,
usando
francamente
le
parole
insolite
,
come
se
ti
venissero
spontanee
,
vincendo
la
"
vergogna
fuor
di
luogo
"
che
è
la
cagione
principale
della
nostra
perpetua
miseria
in
materia
di
lingua
.
Miseria
che
conserviamo
di
conseguenza
anche
nello
scrivere
,
perché
tutto
quel
materiale
di
lingua
,
che
conosciamo
ma
non
usiamo
parlando
,
non
ci
verrà
mai
pronto
all
'
occorrenza
quando
scriviamo
,
lo
dovremo
sempre
andar
a
cercare
,
e
non
lo
cercheremo
per
pigrizia
,
o
lo
useremo
male
,
e
sarà
sempre
per
noi
come
quelle
stoviglie
di
casa
che
non
si
tiran
fuori
dall
'
armadio
che
per
i
pranzi
solenni
,
dove
gl
'
invitati
s
'
accorgono
alla
prima
che
non
siamo
assuefatti
ad
usarle
.
BELLA
MUSICA
SONATA
MALE
.
Impara
a
pronunziar
bene
.
Non
parla
bene
chi
pronunzia
male
.
E
noi
,
quasi
tutti
,
pronunziamo
l
'
italiano
scelleratamente
.
Una
bella
lingua
pronunziata
male
è
come
una
bella
musica
sciupata
da
un
cattivo
sonatore
.
Che
vale
che
la
nostra
sia
una
lingua
ammirabilmente
musicale
se
noi
in
mille
modi
ne
alteriamo
i
suoni
,
come
se
fosse
per
noi
una
lingua
straniera
?
Che
serve
che
tanti
grandi
poeti
,
nei
quali
erano
profondi
e
finissimi
il
senso
e
l
'
arte
dell
'
armonia
,
abbiano
faticato
a
comporre
tanti
versi
squisitamente
armoniosi
,
quando
noi
li
pronunziamo
in
maniera
che
se
ci
sentisse
chi
li
fece
ci
tratterebbe
di
cani
e
si
tapperebbe
gli
orecchi
?
Che
giova
che
la
lingua
italiana
abbia
tante
parole
dolci
,
forti
,
gravi
,
agili
,
graziose
,
che
suonano
come
note
di
canto
,
se
le
dolci
noi
inaspriamo
pronunziando
delle
s
che
sembrano
fischi
di
serpenti
,
se
fiacchiamo
le
forti
scempiando
le
consonanti
doppie
,
se
facciamo
ridere
con
le
gravi
raddoppiando
le
consonanti
semplici
,
se
aggraviamo
le
leggiere
e
deformiamo
le
graziose
strascicando
o
squarciando
o
strozzando
le
vocali
,
e
dando
all
'
u
un
suono
barbaro
che
trapassa
l
'
orecchio
come
lo
stridore
d
'
un
chiavistello
arrugginito
?
E
predichiamo
agli
stranieri
l
'
armonia
della
nostra
lingua
!
E
ci
vantiamo
d
'
aver
orecchio
musicale
!
C
'
è
da
riderne
,
e
da
averne
vergogna
.
*
-
Come
ho
da
fare
?
-
domanderai
.
-
Ho
da
toscaneggiare
?
-
Così
chiamano
,
per
canzonatura
,
il
pronunziar
corretto
tutti
coloro
che
pronunziano
barbaro
e
se
ne
trovan
contenti
,
come
se
non
si
potesse
pronunziar
l
'
italiano
correttamente
senza
rifare
il
verso
ai
Toscani
;
chè
non
è
altro
,
in
fatti
,
la
cattiva
imitazione
della
loro
pronunzia
che
fanno
certuni
fra
noi
.
No
,
non
c
'
è
bisogno
di
toscaneggiare
per
pronunziar
bene
,
che
consiste
nel
dare
a
ogni
lettera
il
suo
vero
suono
e
a
ogni
parola
il
suo
giusto
accento
,
come
sono
indicati
nelle
grammatiche
,
nei
vocabolari
e
in
trattatelli
speciali
.
Tu
non
hai
che
da
prendere
uno
di
questi
libri
,
e
con
la
scorta
delle
regole
e
delle
indicazioni
che
vi
troverai
,
badare
a
correggere
i
difetti
della
tua
pronunzia
dialettale
,
cominciando
dai
più
grossi
e
più
ridicoli
,
i
quali
son
quasi
tutti
comuni
agl
'
italiani
delle
regioni
subalpine
.
Avvèzzati
prima
d
'
ogni
cosa
a
pronunziare
l
'
a
larga
,
che
noi
tendiamo
a
restringere
;
poichè
c
'
è
chi
dice
:
tanto
gentile
e
tanto
onesta
pore
,
e
cantando
come
donna
innamorota
e
giunta
sul
pendìo
precipita
l
'
etó
;
Dei
del
cielo
!
E
a
dir
l
'
e
e
l
'
o
larghe
o
strette
nelle
parole
in
cui
hanno
l
'
uno
o
l
'
altro
suono
:
a
non
allargar
la
bocca
come
un
imbuto
per
dir
vérde
,
frésco
,
césto
,
Róma
,
dóno
,
enórme
,
e
le
desinenze
degli
avverbi
in
ente
,
che
sono
uno
degli
orrori
della
nostra
pronunzia
,
veramante
!
E
a
dare
il
suono
duro
o
molle
all
'
s
,
e
dolce
o
aspro
alla
z
dove
tale
dev
'
essere
;
non
come
si
suol
fare
da
noi
,
che
pronunziamo
ad
un
modo
rosa
fiore
e
rosa
participio
,
zaino
e
zampa
,
cosa
e
sposa
,
pranzo
e
pazzo
;
quando
non
si
dice
pranso
e
passo
,
come
da
molti
si
dice
.
Ma
abbiamo
altri
difetti
di
pronunzia
,
dei
quali
i
libri
non
ci
possono
correggere
,
come
quello
di
triplicare
spesso
le
consonanti
per
timore
di
non
far
sentire
abbastanza
le
doppie
,
come
usano
i
nostri
burattinai
quando
fanno
parlare
i
personaggi
terribili
:
ferrro
,
guerrra
,
sconquassso
,
trapassso
;
di
raddoppiare
l
'
r
in
nero
,
fiero
e
simili
,
per
rafforzarne
il
significato
;
di
non
far
sentire
l
'
sc
nelle
parole
come
scendere
e
scempio
,
che
pronunziamo
sendere
e
sempio
;
di
pronunziare
la
doppia
n
faucale
,
come
nel
dialettale
laña
,
luña
,
nelle
parole
donna
,
ginnastica
e
simili
;
di
raddoppiare
la
c
in
molte
parole
dov
'
è
semplice
,
come
bacio
,
cacio
,
mendacio
,
e
di
metter
la
g
in
molte
dove
non
entra
(
la
povera
Amaglia
non
sa
gniente
)
,
e
di
sopprimerla
in
altre
dove
dev
'
esser
pronunziata
(
sua
filia
li
tien
compania
)
.
Ma
perché
quell
'
atto
d
'
impazienza
?
...
*
Ho
capito
.
Ti
pare
ch
'
io
metta
alla
berlina
della
cattiva
pronunzia
la
nostra
cara
provincia
,
e
questo
ti
dispiace
.
Ma
non
temere
.
Nessuno
dei
tuoi
fratelli
italiani
ti
lancerà
la
prima
buccia
di
mela
,
perché
hanno
tutti
coscienza
d
'
esser
grandi
peccatori
.
Oltre
che
parecchi
dei
nostri
difetti
di
pronunzia
sono
comuni
a
varie
regioni
d
'
Italia
,
ciascuna
ne
ha
altri
suoi
propri
,
che
stanno
a
paro
coi
nostri
peggiori
.
Rassicùrati
.
Non
ti
canzonerà
il
milanese
che
allarga
l
'
e
senza
discreziune
e
converte
in
u
le
o
finali
,
e
pronunzia
l
'
u
alla
francese
cont
una
frequenza
lacrimevole
;
né
il
genovese
che
muta
in
ou
il
dittongo
au
,
dice
aritemetica
per
aritmetica
,
e
fa
strage
delle
z
;
né
il
tuo
fratelo
veneziano
che
di
tutti
i
cittadini
dell
'
aregno
d
'
Italia
è
il
più
indomabile
ribelle
alla
leie
della
doppia
consonante
.
E
il
bolognese
sostituisce
l
'
e
all
'
a
nella
finale
dell
'
infinito
dei
verbi
,
fa
rimar
Roma
con
gomma
,
toglie
la
z
alle
ragaze
,
fa
scomparir
le
vocali
quanto
pió
gli
è
possibile
;
e
il
romano
ti
dice
che
lo
interressano
le
notizie
della
guera
,
che
le
sue
crature
son
ghiotte
delle
brugne
e
ch
'
egli
ha
un
debbole
per
i
fonghi
;
e
il
napoletano
....
No
,
non
darà
la
baia
al
piemondese
il
napolitano
,
che
muta
il
t
in
d
dopo
l
'
n
,
che
pronunzia
inghiostro
e
angora
,
e
mobbile
e
doppo
;
e
neppure
l
'
abruzzese
che
distende
il
dittongo
uo
in
maniera
da
attribuire
a
ogni
buono
una
bontà
infinita
,
e
mette
fra
due
vocali
un
suono
gutturale
aspirato
:
non
ti
burlerà
neppur
per
idega
.
E
neanche
il
siciliano
sarrà
fra
i
tuoi
canzonatori
,
egli
che
cangia
in
ea
il
dittongo
ia
e
in
u
tante
o
e
che
dà
all
'
s
davanti
alle
consonanti
il
suono
dello
sh
inglese
,
e
ficca
cossí
spesso
l
'
i
fra
il
c
e
l
'
e
,
anche
chiamando
la
Concietta
del
suo
cuore
;
e
nemmeno
il
sardo
,
che
nel
raddoppiar
la
consonante
dove
è
semplice
,
e
scempiarla
dov
'
è
doppia
,
non
la
cede
a
nessuno
.
Intesi
appunto
ieri
note
due
proffessori
che
discuttevano
su
quest
'
argomento
.
*
Dunque
,
stùdiati
di
correggere
la
tua
pronunzia
.
Ma
pronunziar
le
parole
corrette
non
basta
.
Il
nostro
parlare
manca
generalmente
d
'
armonia
e
di
speditezza
perché
non
facciamo
abbastanza
troncamenti
e
elisioni
,
perché
diciamo
una
quantità
di
vocaboli
e
di
sillabe
superflue
,
che
allungan
le
frasi
e
rompono
l
'
onda
armonica
e
c
'
impacciano
la
lingua
.
Sono
,
ciascuna
per
sé
,
superfluità
minime
e
durezze
appena
sensibili
;
ma
che
quando
s
'
affollano
,
come
segue
spesso
,
in
un
breve
giro
di
parole
,
fanno
un
brutto
sentire
.
Se
,
per
esempio
,
in
un
periodo
,
dove
t
'
occorra
di
dire
:
gl
'
impeti
d
'
amore
,
l
'
ha
detto
senz
'
arrossire
,
m
'
ha
fatto
girar
la
testa
,
quell
'
ingrato
,
un
altr
'
anno
,
quella
gran
virtù
,
in
un
mar
di
guai
,
non
facevan
nulla
,
non
m
'
accorsi
in
tempo
,
per
la
qual
ragione
,
tu
non
tronchi
e
non
elidi
nulla
,
e
dici
invece
:
gli
impeti
di
amore
,
lo
ha
detto
senza
arrossire
,
mi
ha
fatto
girare
la
testa
,
quello
ingrato
,
un
altro
anno
,
quella
grande
virtù
,
in
un
mare
di
guai
,
non
facevano
nulla
,
per
la
quale
ragione
,
tu
senti
che
il
tuo
parlare
riesce
assai
meno
armonico
e
sciolto
che
nell
'
altra
forma
.
Ed
è
singolare
che
,
mentre
riusciamo
duri
nel
parlare
per
non
far
troncamenti
e
elisioni
dove
potrebbero
farsi
,
riusciamo
spesso
egualmente
duri
in
più
d
'
un
caso
,
in
cui
,
in
luogo
di
togliere
,
aggiungiamo
appunto
per
evitar
la
durezza
,
come
nel
dire
:
fanciulli
ed
adolescenti
,
scrissi
ad
Edvige
o
ad
Edgardo
,
selvatici
od
addomesticati
.
Bada
a
tutte
queste
piccole
cose
,
e
se
vuoi
avere
una
buona
norma
,
prendi
l
'
edizione
del
romanzo
I
promessi
sposi
,
dove
è
raffrontato
il
primo
testo
con
quello
corretto
nel
1840
.
Il
Manzoni
,
nel
troncare
e
nell
'
elidere
,
s
'
è
attenuto
rigorosamente
alla
norma
del
parlar
fiorentino
;
e
si
potrà
discutere
sulla
sua
idea
,
che
la
lingua
parlata
a
Firenze
debba
esser
la
lingua
di
tutti
;
ma
non
sul
fatto
che
l
'
uso
fiorentino
,
per
ciò
che
riguarda
l
'
armonia
del
discorso
,
si
possa
seguir
da
tutti
fedelmente
,
senza
timor
di
sbagliare
.
Bada
all
'
armonia
nelle
due
edizioni
comparate
del
romanzo
,
e
ci
troverai
un
insegnamento
utilissimo
a
scansar
nel
parlare
ogni
ridondanza
e
ogni
durezza
di
suoni
.
*
Un
'
altra
cosa
.
Ciascun
dialetto
è
parlato
con
certe
intonazioni
,
modulazioni
,
cadenze
,
strascicamenti
di
voce
e
raggruppamenti
di
suoni
,
che
noi
,
quasi
tutti
,
facciamo
sentire
anche
parlando
italiano
,
e
che
dànno
al
nostro
italiano
il
colorito
musicale
,
per
dir
così
,
del
dialetto
medesimo
.
Dirai
che
questa
musica
dialettale
essendo
naturale
in
noi
,
noi
non
la
sentiamo
,
e
quindi
non
possiamo
liberarcene
.
No
:
la
sentiamo
,
chi
più
chi
meno
,
perché
mettiamo
in
canzonatura
chi
la
esagera
.
La
sentiamo
in
ogni
modo
quando
udiamo
parlare
italiano
uno
della
nostra
regione
con
uno
d
'
un
'
altra
,
perché
,
anche
non
conoscendolo
di
persona
,
lo
riconosciamo
dei
nostri
.
Ebbene
,
quando
questo
t
'
accade
,
osserva
le
modulazioni
e
le
cadenze
a
cui
lo
riconosci
,
e
t
'
avvedrai
che
sono
proprie
a
te
pure
.
E
non
pensare
che
perché
tu
non
le
avverti
abitualmente
o
non
ti
riescono
sgradevoli
,
non
siano
sentite
dagli
italiani
delle
altre
regioni
,
o
non
riescano
sgradevoli
neppure
a
loro
.
Tanto
le
sentono
che
non
son
pochi
quelli
che
,
pure
non
comprendendo
il
nostro
dialetto
,
ci
rifanno
il
verso
per
modo
che
noi
stessi
ci
riconosciamo
nella
caricatura
;
la
quale
essi
non
farebbero
se
la
nostra
musica
dialettale
non
li
facesse
ridere
.
Ora
,
ogni
volta
che
ti
segua
un
caso
simile
,
sta
'
bene
attento
,
chè
ti
può
molto
giovare
.
Io
mi
corressi
di
certe
intonazioni
del
dialetto
udendo
un
attore
toscano
che
imitava
mirabilmente
il
modo
di
recitare
d
'
un
celebre
attore
piemontese
,
perché
sentii
la
prima
volta
in
quella
imitazione
quelle
intonazioni
,
come
un
'
eco
della
mia
voce
.
E
credi
che
non
riuscirai
a
pronunziar
bene
l
'
italiano
fin
che
non
ti
sarai
liberato
di
questa
specie
di
melopea
vernacola
,
perché
è
quella
che
ti
fa
forza
,
in
certo
modo
,
nella
pronunzia
viziosa
delle
parole
,
che
quasi
ti
costringe
,
senza
che
tu
te
n
'
avveda
,
a
pronunziare
ciascun
vocabolo
all
'
uso
dialettale
,
in
maniera
che
suoni
in
tono
con
essa
.
Fa
a
questo
caso
il
proverbio
francese
,
che
dice
:
è
la
musica
quella
che
fa
la
canzone
.
*
Un
mazzetto
di
consigli
,
per
finire
.
Avvèzzati
a
leggere
a
voce
alta
scolpendo
bene
le
parole
.
Quando
vai
al
teatro
,
sta
'
attento
alla
pronunzia
degli
attori
che
pronunzian
bene
,
e
paragonala
con
quella
di
quegli
altri
attori
,
dei
quali
riconosci
il
dialetto
nativo
.
Fa
'
attenzione
al
modo
di
pronunziare
di
tutti
quegli
italiani
,
dei
quali
non
ti
riesce
di
capire
in
che
parte
d
'
Italia
sian
nati
.
E
non
dar
retta
ai
pigri
che
ti
dicono
:
-
È
tempo
perso
;
a
nascondere
il
dialetto
nella
lingua
non
si
riesce
.
-
Non
è
vero
,
e
non
è
tanto
difficile
riuscirvi
.
Tutte
le
regioni
d
'
Italia
,
anche
quelle
dove
si
parla
un
dialetto
più
dissimile
dalla
lingua
,
dànno
oratori
forensi
e
politici
,
attori
drammatici
,
conferenzieri
,
professori
,
conversatori
,
che
pronunziano
l
'
italiano
perfettamente
,
o
quasi
;
nei
quali
non
si
sente
indizio
alcuno
dei
loro
propri
dialetti
.
Fa
'
il
proposito
di
riuscire
a
questo
tu
pure
,
ridendoti
di
chi
chiama
affettazione
il
pronunziar
l
'
italiano
da
italiani
,
e
induci
a
farlo
anche
le
signorine
di
casa
tua
;
poichè
io
m
'
immagino
che
tu
abbia
delle
sorelle
,
una
almeno
.
E
poichè
me
l
'
immagino
,
e
vedo
che
la
signorina
scrolla
il
capo
,
mi
rivolgo
a
lei
pure
.
Sì
,
signorina
,
lei
che
sentirà
molte
volte
nella
sua
vita
lodar
la
dolcezza
della
sua
voce
,
si
studi
anche
lei
di
pronunziar
meglio
;
ciò
che
riuscirà
facile
ai
suoi
muscoli
labiali
fini
ed
elastici
;
perché
a
che
serve
avere
la
voce
dolce
se
la
sciupa
una
pronunzia
ingrata
?
Se
viaggerà
fuori
d
'
Italia
vedrà
molte
volte
degli
stranieri
,
che
l
'
avranno
riconosciuta
italiana
,
porger
l
'
orecchio
per
raccoglier
dalla
sua
bocca
la
musica
decantata
della
sua
lingua
:
vorrà
che
rimangano
disingannati
?
E
faccia
anche
propaganda
di
buona
pronunzia
,
perché
la
può
fare
senza
suo
incomodo
.
Basterà
che
torca
leggermente
la
bocca
quando
sentirà
lodare
la
sua
bellessa
,
o
dir
che
è
graziosa
come
un
fiure
,
o
splendida
come
una
stela
,
o
seducende
come
una
dega
,
o
che
si
darebbe
la
vita
per
darle
un
baccio
.
E
non
risparmi
neppure
quei
toscaneggianti
che
,
credendo
di
pronunziar
toscano
,
non
fanno
di
quella
bella
pronunzia
che
una
caricatura
stucchevole
.
STRETTA
FINALE
.
Animo
,
dunque
.
Comincia
fin
d
'
oggi
ad
avvezzarti
a
parlar
bene
,
e
vedrai
come
sarai
presto
incoraggiato
a
proseguire
dai
vantaggi
che
ne
ricaverai
.
Primissimo
dei
quali
sarà
quello
di
pensar
meglio
,
perché
dal
parlar
chiaro
,
proprio
,
preciso
,
scolpito
,
dalla
consuetudine
di
esprimer
tutto
il
proprio
pensiero
nel
miglior
modo
che
ci
è
possibile
,
s
'
è
immancabilmente
condotti
a
"
spiegarci
con
noi
stessi
e
a
meglio
intenderci
noi
medesimi
"
,
a
formulare
con
maggior
chiarezza
e
maggior
precisione
il
pensiero
anche
nell
'
officina
silenziosa
della
nostra
mente
.
E
sarai
anche
incoraggiato
a
proseguire
dalla
sodisfazione
che
il
tuo
parlar
bene
produrrà
evidentemente
negli
altri
,
poichè
è
un
fatto
che
chi
parla
con
chiarezza
,
precisione
,
facilità
e
speditezza
,
facendoci
risparmiar
tempo
e
sforzo
d
'
attenzione
e
imprimendoci
nette
nella
mente
quelle
cose
che
ci
preme
di
ricordare
,
ci
procaccia
,
oltre
che
un
piacere
di
natura
artistica
,
un
vantaggio
,
di
cui
gli
siamo
grati
.
E
ti
sarà
incoraggiamento
e
compenso
quello
ch
'
io
molte
volte
osservai
ed
osservo
:
che
è
per
quasi
tutti
una
sodisfazione
d
'
amor
proprio
il
sentir
parlar
bene
l
'
italiano
da
un
concittadino
della
loro
stessa
regione
,
perché
vedono
in
lui
una
prova
che
essi
pure
,
volendo
,
ci
riuscirebbero
,
un
argomento
vivente
contro
l
'
opinione
di
quegli
italiani
d
'
altre
regioni
,
i
quali
li
dicono
e
li
stimano
inetti
(
la
cosa
è
frequente
e
reciproca
)
a
parlare
un
italiano
italiano
.
E
queste
sodisfazioni
avrai
per
tutta
la
vita
,
e
con
queste
molte
altre
,
in
mille
casi
,
a
mille
diversi
propositi
,
in
mille
forme
diverse
e
inaspettate
,
poichè
non
puoi
immaginare
quante
simpatie
,
quanti
atti
cortesi
,
quanti
consensi
,
quante
agevolezze
non
ci
derivan
da
altro
nel
mondo
che
dalla
scioltezza
,
dalla
grazia
,
dalla
convenienza
della
parola
.
Ma
per
parlare
bene
bisogna
possedere
il
materiale
della
lingua
,
e
in
che
maniera
questo
s
'
acquisti
vedrai
nella
seconda
parte
del
libro
.
Chiuderà
la
prima
un
bell
'
originale
,
che
non
è
forse
inutile
che
tu
conosca
.
L
'
AMÍO
ENRÍO
.
Aveva
passato
parecchi
anni
a
Firenze
;
ma
quello
che
per
ogni
altro
italiano
,
come
direbbe
l
'
Alfieri
,
boreale
,
desideroso
d
'
imparar
la
lingua
,
sarebbe
stata
una
buona
fortuna
,
per
lui
era
stata
una
disgrazia
,
perché
in
riva
all
'
Arno
aveva
perduto
la
naturalezza
del
parlare
,
e
raccattato
soltanto
le
scorie
idiomatiche
che
gli
stessi
toscani
colti
ributtano
.
Aveva
fatto
là
una
gran
retata
d
'
idiotismi
e
di
vezzi
di
lingua
mercatina
,
come
se
la
fiorentinità
non
consistesse
in
altro
,
e
preso
per
giunta
il
malanno
di
pronunziar
più
fiorentino
dei
fiorentini
,
esagerando
istrionicamente
tutte
le
inflessioni
di
voce
loro
proprie
,
e
aspirando
la
c
perfin
nelle
parole
dov
'
essi
non
l
'
aspirano
.
Per
questo
lo
chiamavamo
l
'
amío
Enrío
,
essendo
Enrico
il
suo
nome
di
battesimo
.
Non
diceva
più
un
tu
,
neanche
a
pagarglielo
.
-
Vieni
te
a
ber
la
birra
?
-
Se
'
stato
te
,
se
'
stato
!
-
Te
mi
vorresti
canzonare
!
-
Bandiva
il
dittongo
uo
da
ogni
parola
:
non
diceva
più
che
core
,
omo
,
bono
,
spalancando
la
bocca
come
per
inghiottire
un
ovo
sodo
.
E
gl
'
icché
t
'
ho
da
dire
e
i
questecchequí
e
i
l
'
aresti
a
avere
li
spacciava
a
canestrelli
.
Figurarsi
la
faccia
che
facevano
a
questa
roba
i
suoi
"
rozzi
"
amici
pedemontani
!
Ma
quello
che
rendeva
più
uggioso
il
suo
toscaneggiamento
era
l
'
inettitudine
dell
'
imitazione
,
poichè
spesso
,
anzi
ogni
momento
,
fra
due
parole
pronunziate
alla
fiorentina
ne
pronunziava
una
alla
piemontese
,
che
sonava
come
una
stecca
falsa
;
ciò
che
faceva
dire
con
ragione
agli
amici
che
in
ogni
suo
periodo
dietro
Stenterello
saltava
fuori
Gianduia
.
E
sarebbe
stato
un
amico
piacevole
,
perché
in
fondo
era
di
buona
indole
,
e
di
spirito
arguto
;
ma
riusciva
insopportabile
per
quella
sua
parlata
artifiziosa
e
bastarda
.
C
'
era
fra
gli
altri
,
nella
brigata
degli
amici
,
un
genovese
,
che
pativa
una
vera
tortura
a
sentirlo
.
-
Che
volete
?
-
ci
diceva
.
-
Quand
'
io
gli
sento
dire
aritmetica
per
aritemetica
,
Enna
per
Etena
,
austríao
per
austriaco
,
mi
vien
la
pelle
d
'
oca
.
-
E
allora
era
un
doppio
spasso
,
perché
si
rideva
insieme
del
critico
e
del
criticato
.
Un
altro
,
che
avesse
parlato
a
quel
modo
,
l
'
avremmo
corretto
a
furia
di
canzonature
e
di
risate
;
ma
a
questo
con
lui
nessuno
s
'
arrischiava
,
perché
era
un
buon
giovane
,
ma
ombroso
,
che
non
reggeva
la
celia
,
e
tirava
bene
di
scherma
.
I
tolleranti
se
ne
spassavano
senza
che
se
n
'
avvedesse
,
gli
altri
gonfiavano
in
silenzio
,
e
così
egli
non
aveva
mai
un
sospetto
di
far
ridere
le
gente
alle
proprie
spalle
,
e
toscaneggiava
a
tutto
pasto
,
altero
e
felisce
di
tener
lo
scettro
della
buona
lingua
e
della
bella
pronunzia
.
Ma
non
riusciva
a
ingannar
nessuno
,
neppur
la
prima
volta
che
lo
sentivano
,
e
nemmeno
persone
incolte
,
o
che
non
fossero
mai
state
in
Toscana
,
tanto
è
giusto
il
verso
Troppo
toscano
non
toscan
l
'
accusa
.
Anche
costoro
,
dopo
venti
parole
,
sentivano
la
caricatura
,
la
contraffazione
grossolana
,
e
sorridevano
,
incerti
,
come
domandando
a
sé
stessi
s
'
egli
parlasse
sul
serio
o
per
burla
,
e
aspettando
che
da
un
momento
all
'
altro
ripigliasse
il
parlar
naturale
.
Di
quando
in
quando
,
per
effetto
di
quel
suo
parlare
,
gli
seguivano
dei
casi
comici
.
Un
giorno
,
credendo
d
'
aver
lasciata
la
canna
(
com
'
egli
chiamava
alla
subalpina
la
mazza
)
in
un
caffè
,
vi
ritornò
mezz
'
ora
dopo
,
e
domandò
al
padrone
:
-
Ha
veduto
la
mi
'
anna
?
Quegli
,
pensando
che
domandasse
se
era
stata
a
cercarlo
nel
caffè
la
sua
signora
,
benchè
gli
paresse
un
po
'
troppo
famigliare
quel
modo
di
nominarla
,
gli
rispose
di
no
,
perché
signore
,
in
fatti
,
non
ce
n
'
era
state
.
E
allora
l
'
amío
,
rivolgendosi
al
cameriere
:
-
Guarda
un
po
'
sotto
il
biliardo
.
Immaginate
la
risata
.
Un
'
altra
volta
,
a
un
conoscente
che
gli
andò
a
chiedere
informazioni
intorno
a
un
nuovo
professore
destinato
al
Ginnasio
del
proprio
figliuolo
,
disse
fra
l
'
altro
:
-
È
d
'
umore
un
po
'
vivo
;
bocia
,
bocia
sempre
;
ma
in
fondo
è
un
omo
bono
.
-
E
quegli
,
scattando
:
-
La
grazia
di
quella
bontà
!
Da
un
professore
che
boccia
tutti
il
mio
ragazzo
non
ce
lo
mando
.
Ma
queste
piccole
contrarietà
non
lo
correggevano
.
Egli
seguitava
a
ingollar
le
c
e
a
profondere
i
te
sempre
più
allegramente
;
e
con
maggiore
esagerazione
e
a
voce
più
alta
toscaneggiava
nei
caffè
e
nei
teatri
,
dove
ci
occorreva
spesso
d
'
osservare
intorno
a
lui
quel
fatto
psichico
curiosissimo
,
che
si
potrebbe
chiamare
l
'
inversione
o
la
traslazione
della
vergogna
:
persone
sconosciute
che
,
udendolo
,
chinavano
il
capo
e
restavan
lì
impacciate
,
e
qualche
volta
arrossivano
,
come
se
quel
linguaggio
falsificato
e
ridicolo
uscisse
a
loro
malgrado
dalla
loro
bocca
,
nel
modo
che
escon
le
parole
dalla
bocca
dei
farneticanti
.
Ma
quel
mal
vezzo
finì
con
portargli
disgrazia
.
Fu
un
caso
curioso
.
Una
sera
,
nella
platea
d
'
un
teatro
,
mentre
egli
toscaneggiava
con
un
suo
amico
,
a
voce
alta
,
com
'
era
solito
,
fu
inteso
da
un
signore
toscano
,
che
discorreva
con
altri
,
lì
accanto
,
e
che
,
riconoscendo
apocrifa
quella
toscanità
ostentata
,
sospettò
che
parlasse
a
quel
modo
per
rifare
il
verso
a
lui
.
Risentito
,
gli
domandò
spiegazione
.
L
'
amío
rispose
con
buon
garbo
,
ma
rimangiando
due
o
tre
c
di
quelle
che
i
toscani
non
mangiano
;
ciò
che
ribadì
il
sospetto
nell
'
altro
,
che
gli
tirò
un
'
impertinenza
,
la
quale
ebbe
per
risposta
un
urtone
.
Alle
corte
,
si
barattarono
i
biglietti
di
visita
,
non
ci
fu
modo
di
raggiustarla
,
ne
seguì
un
duello
,
e
l
'
amío
Enrío
ebbe
una
leggiera
sdrucitura
al
braccio
destro
.
Andai
a
visitare
il
ferito
con
un
comune
amico
;
il
quale
,
prima
di
tirare
il
campanello
,
fece
un
'
osservazione
consolante
.
-
Tutto
il
male
non
vien
per
nuocere
-
disse
.
-
Quest
'
avventura
l
'
avrà
guarito
dalla
toscanite
.
-
E
lo
credevo
io
pure
.
Lo
trovammo
sulla
poltrona
,
col
braccio
al
collo
,
d
'
ottimo
umore
.
E
proprio
le
prime
parole
che
disse
,
rispondendo
al
mio
:
-
Com
'
è
andata
?
-
furon
queste
:
-
O
che
vo
'
tu
ch
'
i
'
ti
dia
?
-
È
incurabile
!
-
esclamò
l
'
amico
quando
uscimmo
.
-
E
glie
ne
toccherà
dell
'
altre
.
È
il
suo
destino
.
Egli
ha
da
morir
sul
terreno
,
e
di
ferro
etrusco
.
PER
IMPARARE
I
VOCABOLI
.
Bisogna
,
la
prima
cosa
,
acquistare
il
materiale
della
lingua
.
Parlando
a
te
,
italiano
,
intendo
dire
con
"
materiale
della
lingua
"
tutti
quei
vocaboli
e
quelle
locuzioni
che
mancano
generalmente
all
'
italiano
parlato
fuor
della
Toscana
.
Gli
uni
e
le
altre
si
possono
cercare
ad
un
tempo
;
ma
sarà
meglio
che
tu
incominci
coi
vocaboli
,
che
sono
i
più
necessari
,
e
che
per
qualche
tempo
non
t
'
occupi
d
'
altro
.
Ci
sono
,
prima
di
tutto
,
certe
consuetudini
del
pensiero
,
che
tu
devi
prendere
.
Delle
moltissime
parole
che
non
sappiamo
molte
le
abbiamo
lette
o
intese
dire
;
ma
non
ci
sono
rimaste
nella
memoria
perché
non
abbiamo
fermato
su
esse
,
neppure
un
momento
,
l
'
attenzione
.
Bisogna
dunque
,
ogni
volta
che
ci
cade
sott
'
occhio
o
ci
viene
all
'
orecchio
una
parola
non
compresa
nel
nostro
vocabolario
abituale
,
guardarla
in
faccia
come
si
guarda
una
persona
sconosciuta
che
ci
si
presenti
,
fare
un
atto
della
volontà
per
ritenerla
,
metterci
sopra
,
per
così
dire
,
il
suggello
del
nostro
pensiero
.
Se
,
leggendo
o
ascoltando
,
avessimo
fatto
questo
,
non
dico
sempre
,
ma
soltanto
una
volta
su
cinque
,
anche
senza
ricorrer
mai
alla
penna
,
avremmo
tutti
nella
memoria
molte
centinaia
di
vocaboli
di
più
di
quelli
che
possediamo
.
Poi
:
ogni
volta
che
discorrendo
ci
manca
una
parola
per
designare
una
data
cosa
,
prender
nota
nella
nostra
memoria
di
quella
mancanza
,
e
ripararvi
quanto
prima
ci
è
possibile
,
cercando
quella
parola
.
Ogni
volta
che
ci
càpita
alle
mani
o
ci
si
presenta
in
qualunque
modo
un
oggetto
usuale
od
insolito
,
domandare
a
noi
stessi
,
non
solo
se
lo
sapremmo
nominare
a
chi
non
lo
conoscesse
,
ma
se
glielo
sapremmo
descrivere
nominando
le
sue
varie
parti
,
e
,
non
sapendo
,
cercare
il
nome
delle
sue
varie
parti
,
per
metterci
in
grado
di
descriverlo
.
Ogni
volta
che
troviamo
in
un
libro
una
parola
nuova
,
della
quale
non
comprendiamo
il
significato
,
non
cercarla
immediatamente
nel
vocabolario
,
chè
,
trovata
così
subito
senza
fatica
,
non
ci
rimane
impressa
;
ma
pensarci
un
po
'
,
cercare
d
'
intenderla
da
noi
stessi
,
segnarla
nella
nostra
mente
con
un
punto
interrogativo
;
al
quale
essa
rimarrà
poi
attaccata
come
a
un
gancio
quando
sapremo
che
cosa
significa
,
perché
non
si
dimenticano
mai
le
parole
nuove
sulle
quali
s
'
è
esercitata
la
curiosità
,
e
di
cui
c
'
è
costato
qualche
sforzo
l
'
apprendere
il
senso
.
Ma
questo
non
basta
.
Tu
,
che
sei
sulla
via
degli
studi
,
devi
fare
questo
studio
in
forma
ordinata
e
metodica
.
Proponiti
,
da
principio
,
d
'
imparare
i
nomi
di
tutte
le
cose
che
t
'
occorre
ogni
giorno
di
vedere
,
toccare
,
adoperare
.
Prendi
uno
di
quei
Prontuari
dove
son
registrati
tutti
i
nomi
degli
oggetti
d
'
uso
domestico
,
con
la
descrizione
di
ciascun
oggetto
,
la
quale
comprende
i
nomi
d
'
ogni
sua
parte
.
Comincia
dalla
roba
che
porti
addosso
,
per
poi
passare
alle
cose
che
hai
sempre
tra
mano
,
ai
mobili
della
tua
camera
,
alla
mensa
,
allo
scrittoio
,
agli
arredi
e
utensili
di
tutta
la
casa
,
alle
varie
parti
della
casa
stessa
.
Va
'
innanzi
con
ordine
,
a
poco
a
poco
,
fissandoti
d
'
imparare
ogni
giorno
un
certo
numero
di
nomi
.
Non
ti
costerà
alcuno
sforzo
il
ritenerli
,
avendo
sempre
sott
'
occhio
le
cose
a
cui
si
riferiscono
,
e
a
ritenerli
t
'
aiuterà
il
dirli
spesso
a
voce
alta
,
con
pronunzia
netta
.
Passerai
poi
dalla
casa
al
cortile
,
al
giardino
,
a
tutti
gli
annessi
e
connessi
della
casa
,
e
poi
alle
varie
parti
della
città
e
ai
luoghi
e
ai
servizi
pubblici
,
e
alle
arti
e
ai
mestieri
più
comuni
.
E
non
considerar
neppure
come
uno
studio
quest
'
occupazione
;
fattene
uno
svago
dello
spirito
.
E
ogni
volta
che
te
ne
sentirai
un
po
'
svogliato
,
pensa
che
ciascuna
delle
parole
che
ti
si
stamperà
stabilmente
nella
memoria
ti
risparmierà
mille
volte
,
nel
corso
della
vita
,
un
'
incertezza
,
un
impaccio
,
una
piccola
vergogna
;
che
mille
volte
la
cognizione
di
una
data
parola
ti
toglierà
,
nel
parlare
e
nello
scrivere
,
un
intoppo
,
il
quale
romperebbe
il
corso
del
tuo
pensiero
e
la
foga
del
tuo
discorso
;
che
ogni
vocabolo
che
s
'
impara
,
anche
se
paia
superfluo
,
è
come
uno
di
quegli
utensili
da
nulla
,
dei
quali
non
s
'
ha
bisogno
quasi
mai
,
ma
che
una
o
due
volte
in
molt
'
anni
son
necessari
,
e
se
non
si
ritrovano
,
non
si
sa
che
pesci
pigliare
.
E
poi
vedrai
che
anche
questo
studio
,
che
ora
ti
par
materiale
,
ti
darà
sodisfazioni
che
non
t
'
aspetti
.
Quando
il
tuo
corredo
di
vocaboli
sarà
già
considerevole
,
t
'
accorgerai
che
ogni
nuova
parola
ti
rimarrà
impressa
assai
più
facilmente
che
per
il
passato
,
perché
in
quel
particolare
esercizio
ti
si
sarà
fortificata
e
fatta
tenace
la
memoria
mirabilmente
.
Riconoscerai
,
quando
potrai
nominare
molte
cose
e
particolari
di
cose
di
cui
prima
non
sapevi
il
nome
,
di
quanti
giri
di
parole
,
di
quante
definizioni
e
descrizioni
e
lungaggini
,
che
prima
non
potevi
scansare
,
potrai
far
di
meno
parlando
,
e
che
nuovo
sentimento
di
libertà
e
di
sicurezza
avrai
nel
parlare
,
non
essendo
più
impensierito
di
continuo
dal
timore
d
'
inciampare
nell
'
impedimento
d
'
una
cosa
comunissima
,
che
tu
debba
nominare
e
non
sappia
,
o
nella
necessità
di
fare
una
svoltata
col
discorso
per
non
averla
da
nominare
.
E
vedrai
quante
volte
,
dopo
che
ti
ci
sarai
avvezzato
per
proposito
,
ti
sarà
un
passatempo
piacevole
,
trovandoti
ad
aspettare
in
qualche
luogo
,
come
un
'
officina
o
una
bottega
o
una
sala
,
rifar
nella
tua
mente
la
nomenclatura
di
tutte
le
cose
che
avrai
dintorno
;
e
come
ti
divertirai
a
osservare
gli
artifizi
curiosi
coi
quali
la
gente
s
'
ingegna
,
nella
conversazione
italiana
,
di
nascondere
la
propria
ignoranza
dei
vocaboli
più
necessari
,
e
di
farsi
in
qualche
modo
capire
;
e
che
piacere
sarà
per
te
in
molti
casi
il
levar
d
'
impaccio
chi
parla
,
anche
persone
d
'
età
maggiore
e
di
cultura
superiore
alla
tua
,
porgendo
loro
gli
spiccioli
per
le
minute
spese
del
discorso
.
Mettiti
dunque
a
questo
studio
,
non
con
l
'
impazienza
di
chi
ha
uno
scopo
immediato
;
ma
tranquillamente
,
adagio
adagio
,
nei
tuoi
ritagli
di
tempo
,
contentandoti
di
poco
ogni
giorno
,
e
rimarrai
maravigliato
ben
presto
della
quantità
di
materiale
linguistico
,
che
senza
fatica
,
quasi
senz
'
avvedertene
,
ti
troverai
accumulato
nella
memoria
.
DIVERSI
MODI
DI
STUDIAR
LA
LINGUA
.
Suppongo
ora
che
tu
mi
domandi
in
qual
modo
dovrai
proseguire
,
allargando
il
campo
dello
studio
,
dopo
aver
fatto
la
preparazione
che
accennai
riguardo
ai
vocaboli
.
Darò
alla
tua
domanda
cinque
risposte
,
le
quali
mi
furon
date
(
quattro
per
iscritto
e
una
a
voce
)
da
cinque
studiosi
,
che
interrogai
per
conto
tuo
.
L
'
aristocratico
.
Io
non
sono
un
registratore
né
un
magazziniere
della
lingua
.
Non
mi
servii
mai
della
penna
per
questo
studio
.
Lessi
e
leggo
gli
scrittori
migliori
di
tutti
i
secoli
con
la
matita
alla
mano
,
sottolineo
ogni
parola
e
ogni
locuzione
che
mi
riesca
nuova
,
e
mi
paia
efficace
,
e
usabile
anche
da
uno
scrittore
del
tempo
presente
,
e
cerco
d
'
imprimerla
nella
memoria
insieme
con
la
frase
o
col
periodo
a
cui
appartiene
,
e
,
più
che
altro
,
con
l
'
idea
ch
'
essa
esprime
o
concorre
ad
esprimere
.
Non
volli
mai
trascrivere
a
parte
frasi
,
locuzioni
o
parole
perché
,
se
si
metton
sulla
carta
,
non
si
fa
più
sforzo
della
memoria
per
ritenerle
,
sapendo
che
si
rileggeranno
poi
;
e
anche
perché
,
quando
si
hanno
di
queste
raccolte
,
facilmente
si
cede
alla
tentazione
d
'
andarvi
a
far
provvista
prima
di
mettersi
a
scrivere
,
onde
avviene
che
nello
scritto
si
scopra
la
mano
del
raccoglitore
;
e
per
quest
'
altra
ragione
,
finalmente
,
che
i
modi
registrati
così
solitari
,
quando
poi
s
'
è
dimenticato
il
posto
che
occupavano
,
la
serie
d
'
idee
a
cui
eran
legati
,
il
significato
e
il
valore
che
ricavavano
dal
contesto
,
s
'
adoperano
spesso
in
un
senso
che
non
è
quello
per
l
'
appunto
che
avevano
dove
li
abbiamo
trovati
.
Dunque
,
sottolineo
soltanto
,
e
questo
mi
basta
a
riparare
poi
alle
dimenticanze
.
Tutti
i
miei
libri
son
pieni
di
sottolineature
.
Quando
,
dopo
un
pezzo
,
ne
riapro
uno
,
scorrendolo
con
l
'
occhio
solamente
,
vi
ritrovo
in
pochissimo
tempo
tutto
quanto
v
'
è
di
meglio
in
materia
di
lingua
,
e
con
la
memoria
delle
voci
e
delle
frasi
mi
ravvivo
quella
dei
pensieri
,
la
quale
corregge
alla
sua
volta
,
se
mi
s
'
è
alterato
nella
mente
,
il
concetto
del
significato
e
del
valore
d
'
ogni
frase
e
d
'
ogni
voce
.
Così
le
mie
note
linguistiche
sono
sparse
in
centinaia
di
volumi
,
e
questa
,
a
mio
giudizio
,
è
la
maniera
più
intellettuale
di
studiar
la
lingua
.
Per
me
un
periodo
è
come
un
viso
umano
:
certi
studiosi
della
lingua
ne
staccano
un
occhio
,
un
orecchio
,
il
naso
,
il
mento
,
e
li
conservano
a
parte
:
io
mi
stampo
nella
mente
tutto
il
viso
;
voglio
dire
che
affido
la
memoria
della
parola
a
quella
dell
'
idea
.
Aggiungo
che
quest
'
uso
di
sottolineare
i
libri
me
ne
rende
particolarmente
piacevole
e
utile
la
seconda
lettura
,
perché
,
ritrovandovi
segnate
tutte
le
mie
prime
impressioni
,
dalle
quali
spesso
riescon
diverse
le
seconde
,
mi
vien
fatto
di
cercare
le
ragioni
delle
diversità
,
che
derivano
o
da
un
diverso
stato
dell
'
animo
,
o
da
nuove
cognizioni
acquisite
,
o
da
gusti
mutati
,
e
quest
'
operazione
mentale
ha
per
effetto
d
'
imprimermi
più
profondamente
nella
memoria
le
parole
e
le
frasi
.
E
non
è
da
credere
che
riesca
poi
troppo
difficile
il
ritrovare
,
per
chiarirsi
d
'
un
dubbio
,
una
data
parola
o
locuzione
in
quel
mare
di
segni
,
perché
quest
'
uso
di
sottolineare
fortifica
ed
estende
straordinariamente
la
facoltà
della
memoria
locale
;
tanto
che
di
moltissime
di
quelle
si
ricorda
fino
il
punto
della
pagina
dove
restano
e
il
tratto
particolare
della
matita
con
cui
si
sono
segnate
.
Io
ho
dinanzi
agli
occhi
della
mente
centinaia
di
frasi
e
di
vocaboli
sottolineati
in
centinaia
di
pagine
,
in
cima
,
in
fondo
,
nel
mezzo
,
da
un
lato
e
dall
'
altro
,
chiari
e
netti
per
effetto
della
sottolineatura
come
se
fossero
in
caratteri
rilevati
.
Il
mio
dizionario
,
il
mio
frasario
è
la
mia
biblioteca
.
I
miei
fiori
di
lingua
non
sono
stretti
in
mazzi
,
ordinati
in
tepidari
,
affollati
in
aiuole
;
ma
sparsi
sur
un
vastissimo
spazio
,
piantati
nella
terra
dove
nacquero
,
olezzanti
all
'
aria
aperta
e
viva
;
e
le
corse
che
ho
da
fare
col
pensiero
per
rivederli
mi
fanno
bene
alla
salute
dello
spirito
,
mi
accrescono
le
forze
e
l
'
agilità
della
mente
.
Per
mantenermi
nel
possesso
del
mio
materiale
linguistico
mi
debbo
rimettere
ogni
tanto
in
conversazione
diretta
coi
grandi
maestri
da
cui
lo
presi
,
e
questo
mi
dà
occasione
e
modo
di
raccogliere
dalla
loro
bocca
nuovi
tesori
.
Ecco
il
modo
di
studiar
la
lingua
,
ch
'
io
consiglierei
ai
giovani
.
Non
empite
dei
quaderni
di
note
,
chè
v
'
avvezzate
a
pescar
la
parola
per
la
parola
,
la
frase
per
la
frase
.
Non
serve
avere
in
mente
una
locuzione
se
non
è
legata
a
un
pensiero
,
e
se
il
pensiero
vi
resta
,
vi
resterà
quella
con
esso
,
senza
bisogno
di
metterla
a
sedere
sulla
carta
,
di
dove
non
accorrerà
più
pronta
al
vostro
bisogno
,
e
dovrete
andarla
a
prendere
e
tirar
fuori
a
forza
.
Trattate
la
lingua
da
gran
signori
,
non
da
pitocchi
.
Ospitatela
nel
grande
palazzo
della
vostra
memoria
;
non
la
soffocate
nei
ripostigli
oscuri
degli
scartabelli
.
La
lingua
è
pensiero
,
è
sentimento
,
è
bellezza
;
cercate
nei
grandi
scrittori
queste
tre
cose
;
pensate
,
commovetevi
,
dilettatevi
,
e
imparerete
la
lingua
;
essa
vi
deve
entrare
nella
mente
e
nell
'
animo
a
raggi
d
'
idee
,
a
ondate
d
'
affetto
,
a
scosse
d
'
ammirazione
.
E
il
modo
ch
'
io
consiglio
è
anche
il
solo
che
non
stanchi
mai
;
chè
,
anzi
,
tanto
più
riesce
gradevole
e
profittevole
quanto
più
,
andando
innanzi
con
gli
anni
,
s
'
impara
a
pensare
,
e
il
leggere
con
la
matita
alla
mano
diventa
un
abito
che
non
si
può
più
smettere
;
dovechè
la
pazienza
di
raccogliere
,
trascrivere
e
rileggere
delle
note
morte
,
facilmente
si
perde
,
tanto
più
quanto
si
fa
più
vivo
e
acuto
il
pensiero
.
Il
mio
è
uno
studio
,
un
modo
da
pensatore
e
da
artista
;
l
'
altro
è
una
fatica
,
come
direbbe
il
Carducci
,
da
spazzaturai
di
parole
.
Nello
studio
della
lingua
sono
aristocratico
.
Il
classificatore
.
Io
sono
nello
studio
della
lingua
,
come
in
ogni
altra
cosa
,
un
uomo
d
'
ordine
,
e
in
questo
vo
fino
alla
pedanteria
.
Fin
da
quando
principiai
,
mi
persuasi
che
il
metodo
migliore
di
studiare
era
quello
di
raccogliere
con
la
penna
e
di
disporre
nella
mia
raccolta
il
materiale
della
lingua
come
si
dispongono
i
libri
nelle
biblioteche
,
per
ordine
di
materie
.
Mi
fissai
prima
una
serie
di
titoli
,
sotto
i
quali
potessi
raggruppare
tutte
le
voci
e
locuzioni
che
venivo
notando
negli
scrittori
man
mano
che
procedevo
nelle
mie
letture
.
Presi
tanti
quaderni
,
scrissi
sopra
ciascuno
uno
dei
titoli
,
e
sotto
ciascun
titolo
feci
una
seconda
serie
di
divisioni
.
Per
esempio
,
nel
quaderno
Natura
:
-
Cielo
,
mare
,
fenomeni
meteorologici
,
vegetazione
,
ecc
.
-
;
nel
quaderno
Passioni
:
-
amore
,
gioia
,
ira
,
odio
,
e
via
discorrendo
.
Un
quaderno
per
i
ritratti
fisici
,
uno
per
i
ritratti
morali
,
uno
per
il
movimento
(
sia
d
'
esseri
viventi
,
sia
di
cose
inanimate
)
,
uno
per
il
vestire
,
per
il
mangiare
,
per
il
parlare
,
per
le
arti
belle
,
per
la
critica
letteraria
,
per
il
linguaggio
faceto
,
per
i
suoni
e
rumori
;
e
potrei
proseguire
.
Ogni
parola
o
locuzione
ch
'
io
legga
negli
scrittori
,
o
senta
dire
,
o
trovi
nel
vocabolario
,
la
quale
io
mi
voglia
appropriare
,
la
scrivo
nel
quaderno
,
e
sotto
il
titolo
,
a
cui
si
riferisce
.
Dopo
che
cominciai
questo
lavoro
,
furon
fatte
varie
pubblicazioni
informate
allo
stesso
concetto
,
ad
uso
degli
studiosi
;
ma
io
tirai
innanzi
egualmente
,
con
la
persuasione
che
nessuna
di
quelle
opere
,
anche
se
più
ampia
e
meglio
ordinata
,
m
'
avrebbe
giovato
quanto
quella
che
andavo
facendo
io
medesimo
;
perché
fra
il
materiale
di
lingua
scelto
e
raccolto
da
altri
e
quello
scelto
e
raccolto
da
noi
,
per
ciò
che
riguarda
la
memoria
,
corre
presso
a
poco
la
stessa
differenza
che
tra
il
ricordare
dei
versi
propri
e
il
ricordare
dei
versi
altrui
.
In
pochi
anni
,
facendo
poco
ogni
giorno
,
ho
raccolto
un
materiale
ricchissimo
.
Questo
metodo
presenta
due
grandi
vantaggi
.
Il
primo
è
che
,
ricorrendo
ogni
tanto
ciascuna
serie
di
note
,
per
l
'
affinità
che
è
fra
di
esse
,
che
l
'
una
tira
l
'
altra
come
le
ciliege
,
molto
facilmente
si
richiamano
alla
memoria
tutte
o
in
gran
parte
.
Il
secondo
è
che
,
per
la
stessa
ragione
dell
'
affinità
,
riesce
singolarmente
piacevole
il
rileggerle
.
Ogni
volta
ch
'
io
ripasso
ciascuna
di
quelle
filze
di
parole
e
di
modi
di
dire
,
che
si
riferiscono
tutti
a
un
soggetto
unico
,
mi
si
ravviva
,
con
l
'
ammirazione
della
ricchezza
e
della
varietà
della
nostra
lingua
,
la
volontà
e
il
piacere
di
studiarla
.
Mi
par
di
sentire
un
linguista
maraviglioso
che
sfoggi
tutta
la
sua
dottrina
mettendo
fuori
rapidamente
tutto
il
vocabolario
e
tutto
il
frasario
che
si
possono
usare
a
quel
dato
proposito
,
o
che
si
diverta
a
dire
in
cento
modi
diversi
,
con
cento
gradazioni
di
significato
,
con
cento
sfumature
di
colore
quella
data
cosa
;
o
una
folla
di
persone
che
della
stessa
cosa
discorrano
tutte
insieme
,
rivoltando
l
'
idea
per
tutti
i
versi
,
accennandone
tutti
i
particolari
,
studiandosi
ciascuna
di
non
servirsi
della
espressione
altrui
.
È
anche
un
altro
diletto
dell
'
immaginazione
vivissimo
.
Quando
leggo
le
pagine
del
movimento
,
per
esempio
,
io
vedo
passare
con
tutte
le
andature
,
scarrierare
,
arrancare
,
ballettare
,
sbalzellare
,
saltabeccare
,
giravoltolare
,
capitombolare
,
volicchiare
,
sguizzare
,
frullare
,
sfarfallare
,
ecc
.
,
ecc
.
,
movere
in
tutti
i
modi
possibili
mille
forme
animate
e
inanimate
,
una
danza
universale
,
un
caos
agitato
d
'
immagini
,
che
m
'
eccita
il
pensiero
come
lo
spettacolo
reale
d
'
un
vasto
movimento
svariatissimo
d
'
esseri
viventi
e
di
cose
.
Quando
entro
nella
partizione
dell
'
Ira
,
mi
par
d
'
entrare
in
una
bolgia
dell
'
inferno
,
in
mezzo
a
una
moltitudine
d
'
energumeni
,
dove
ciascuno
grida
una
delle
parole
o
delle
frasi
notate
,
e
in
queste
vedo
le
immagini
delle
facce
accese
e
gli
atti
violenti
che
accompagnano
le
voci
,
di
cui
l
'
una
risponde
all
'
altra
,
come
in
un
'
assemblea
politica
fuor
della
grazia
di
Dio
.
E
le
pagine
dell
'
Amore
!
Non
avete
idea
della
dolcezza
che
mettono
nell
'
animo
tutte
quelle
parole
e
frasi
d
'
amore
ardente
,
tenero
,
voluttuoso
,
disperato
,
beato
,
che
paiono
di
tante
coppie
d
'
innamorati
invisibili
,
le
quali
spandano
nell
'
aria
,
passando
di
volo
,
il
grido
del
loro
cuore
.
E
così
nel
vocabolario
dei
Suoni
,
voci
,
rumori
,
mi
par
di
passare
da
una
sala
di
concerti
in
un
'
officina
,
dall
'
officina
sur
un
campo
di
battaglia
,
dal
campo
di
battaglia
nell
'
arca
di
Noè
;
e
scorrendo
le
pagine
del
mangiare
e
bere
ho
l
'
illusione
di
sedere
a
una
mensa
di
gastronomi
eccitati
,
che
non
parlino
d
'
altro
che
di
pappatoria
,
sfoggiando
tutta
la
loro
dottrina
terminologica
intorno
all
'
oggetto
della
loro
passione
;
e
ripassando
la
raccolta
relativa
alla
Natura
,
vedo
aurore
e
tramonti
,
rapide
variazioni
di
tempo
,
aspetti
diversi
della
campagna
,
e
passo
fiumi
,
corro
mari
,
salgo
montagne
,
scendo
nelle
viscere
della
terra
,
percorro
in
poche
pagine
tutte
le
latitudini
e
assisto
a
cento
diversi
fenomeni
del
cielo
e
della
terra
.
V
'
ho
data
un
'
idea
del
mio
metodo
?
Il
quale
offre
ancora
altri
vantaggi
.
Ogni
volta
che
ho
da
scrivere
,
rileggo
prima
le
pagine
dov
'
è
raccolto
un
materiale
di
lingua
relativo
al
mio
soggetto
,
e
non
solo
mi
ravvivo
nella
memoria
,
in
quel
modo
,
in
pochi
minuti
,
una
quantità
di
voci
e
di
locuzioni
che
mi
possono
giovare
;
ma
quella
rapida
lettura
mi
dà
una
scossa
alla
fantasia
,
mi
desta
nella
mente
una
folla
d
'
immagini
,
che
formano
come
un
preludio
sinfonico
,
che
sono
per
me
come
una
prima
ispirazione
efficacissima
al
lavoro
che
sto
per
imprendere
.
Aggiungete
che
,
raccogliendo
e
ordinando
il
materiale
della
lingua
in
questa
forma
,
l
'
atto
di
riflessione
che
s
'
ha
da
fare
sopra
una
quantità
di
parole
e
di
frasi
dubbie
per
determinare
la
divisione
in
cui
si
debbono
inscrivere
,
vi
fa
penetrar
più
addentro
con
la
mente
nel
significato
di
ciascuna
;
e
che
la
lettura
ripetuta
di
tante
serie
di
modi
di
senso
affine
vi
assuefà
a
meditare
sulle
sfumature
dei
significati
,
vi
chiarisce
il
criterio
della
scelta
,
vi
raffina
il
senso
della
lingua
.
In
fine
,
quello
che
io
feci
e
continuo
a
fare
è
un
dizionario
mio
,
del
quale
ho
una
grande
padronanza
,
nel
quale
ritrovo
con
grande
facilità
ogni
parola
o
frase
di
cui
non
abbia
o
tema
di
non
avere
esatta
memoria
;
un
dizionario
in
cui
godo
a
tuffar
le
mani
come
in
un
mucchio
di
monete
o
di
gemme
che
io
mi
sia
guadagnate
o
che
abbia
trovate
io
stesso
a
una
a
una
;
un
tesoro
di
lingua
accumulato
con
gran
cura
,
che
io
amo
,
che
mi
compiaccio
d
'
arricchire
e
d
'
abbellire
,
come
una
casa
piena
di
cose
belle
e
utili
,
perfezionandone
a
mano
a
mano
l
'
ordine
e
l
'
assetto
,
con
sentimento
di
proprietario
e
d
'
artista
.
Ecco
come
studiai
e
studio
la
lingua
.
Mi
ci
volle
molta
pazienza
in
principio
;
poi
feci
il
lavoro
con
piacere
;
ora
lo
continuo
con
amore
.
E
non
credo
che
ci
sia
metodo
migliore
:
per
le
teste
costrutte
come
la
mia
,
ben
inteso
.
Lo
mnemonico
.
In
che
modo
studiai
la
lingua
?
In
un
modo
semplicissimo
,
per
il
quale
non
occorre
il
calamaio
.
È
la
buon
'
anima
di
mio
padre
,
dantista
appassionato
,
che
me
ne
diede
l
'
idea
.
Un
giorno
,
dopo
avermi
letto
e
commentato
il
canto
dei
Serpenti
,
ch
'
egli
considerava
come
un
miracolo
di
potenza
descrittiva
:
-
Vedi
-
mi
disse
-
in
queste
cinquanta
terzine
,
oltre
le
stupende
bellezze
d
'
invenzione
e
d
'
armonia
,
in
quanti
diversi
modi
son
dette
mirabilmente
cose
difficilissime
a
dirsi
,
quale
maravigliosa
proprietà
di
vocaboli
,
e
quanta
ricchezza
di
lingua
!
Chi
impara
questo
canto
a
memoria
si
mette
in
capo
più
materiale
di
lingua
che
non
ne
potrebbe
raccogliere
da
qualche
volume
di
bella
prosa
.
-
Io
imparai
quel
canto
a
memoria
.
Fu
questo
il
mio
primo
passo
sulla
via
che
tenni
poi
.
Avendo
esperimentato
che
con
quel
canto
m
'
ero
appropriato
una
quantità
di
modi
,
i
quali
mi
venivano
facilmente
alle
labbra
o
alla
penna
anche
nel
discorrere
o
nello
scrivere
di
cose
che
non
avevano
alcuna
relazione
con
la
materia
del
canto
medesimo
,
pensai
:
-
Non
sarebbe
un
buon
modo
d
'
imparar
la
lingua
quello
di
mandar
a
mente
della
poesia
,
che
è
facile
a
imparare
e
a
ritenere
?
-
E
d
'
allora
in
poi
andai
cercando
e
studiando
poesie
e
frammenti
di
poesie
,
particolarmente
ricche
di
buona
lingua
;
ma
,
si
noti
,
di
lingua
più
conforme
a
quella
della
prosa
che
non
sia
il
così
detto
linguaggio
poetico
;
la
quale
si
trova
in
special
modo
nella
poesia
faceta
o
satirica
,
famigliare
o
popolare
che
si
voglia
dire
.
Ricordo
che
la
seconda
cosa
che
imparai
fu
un
capitolo
del
Berni
,
e
la
terza
i
duecento
versi
sciolti
della
Gita
a
Montecatini
del
Giusti
:
uno
dei
componimenti
poetici
,
ch
'
io
mi
conosca
nella
letteratura
italiana
,
più
fitti
di
modi
e
di
costrutti
del
linguaggio
parlato
,
e
più
facili
a
ritenersi
,
benchè
non
rimato
,
per
la
fluidità
insuperabile
dello
stile
.
Con
questo
criterio
scelsi
poi
tutte
le
altre
poesie
.
Esperimentai
un
particolare
vantaggio
nell
'
imparar
sonetti
;
le
cui
locuzioni
,
entrando
nella
mente
strette
e
chiuse
in
una
breve
forma
compiuta
,
vi
rimangono
impresse
più
distintamente
,
quasi
in
disparte
,
e
pronte
tutte
insieme
a
ogni
richiamo
del
pensiero
;
e
però
imparai
centinaia
di
sonetti
di
tutti
i
secoli
.
La
facilità
,
che
acquistai
con
quest
'
esercizio
,
di
mandar
versi
a
mente
,
non
è
credibile
da
chi
non
n
'
abbia
fatto
la
prova
;
né
sarei
creduto
se
dicessi
quanti
me
ne
insaccai
nella
testa
.
E
non
ne
perdetti
,
in
molti
anni
,
che
un
'
assai
piccola
parte
,
perché
ebbi
ed
ho
ancora
la
consuetudine
di
riandare
di
quando
in
quando
,
un
poco
per
volta
,
e
con
cert
'
ordine
,
la
materia
acquistata
.
Spesso
,
nei
ritagli
di
tempo
,
nelle
passeggiate
solitarie
,
e
di
notte
,
quando
non
viene
il
sonno
,
e
dovunque
aspetti
qualcuno
,
mi
ridico
mentalmente
dei
versi
.
Ma
quello
che
me
li
stampò
nella
memoria
in
forma
incancellabile
è
l
'
uso
,
a
cui
sempre
m
'
attenni
e
m
'
attengo
,
quando
m
'
occorrono
lacune
e
incertezze
,
di
non
ripararvi
mai
ricercando
il
testo
;
ma
di
cercare
tranquillamente
e
pazientemente
nel
mio
capo
le
parole
e
le
frasi
che
mancano
,
o
che
si
sono
alterate
;
nel
qual
lavoro
mi
move
una
curiosità
d
'
indovinatore
d
'
enigmi
,
che
me
lo
rende
oltremodo
piacevole
.
Dopo
aver
studiato
per
lungo
tempo
nient
'
altro
che
versi
,
mi
diedi
alla
prosa
,
scegliendo
nei
migliori
scrittori
quelle
pagine
diventate
celebri
per
forza
d
'
eloquenza
,
nelle
quali
è
un
ritmo
oratorio
che
rende
più
facile
l
'
impararle
a
mente
.
E
studiai
e
so
a
menadito
parecchie
delle
più
belle
parlate
dei
personaggi
del
Decamerone
,
decine
di
pagine
del
Machiavelli
,
quasi
intera
l
'
apologia
di
Lorenzino
dei
Medici
,
lettere
del
Caro
,
frammenti
di
dialoghi
di
Galileo
,
discorsi
del
Carducci
,
molti
dei
passi
migliori
dei
Promessi
sposi
.
Il
maggior
vantaggio
di
questo
studio
è
che
con
le
parole
e
le
frasi
mi
restano
nella
mente
la
struttura
dei
periodi
,
la
musica
dello
stile
,
l
'
andamento
del
pensiero
,
proprio
di
ciascuno
scrittore
.
E
in
che
modo
vi
restano
!
Non
lo
può
immaginare
chi
non
ha
fatto
un
'
egual
prova
.
A
rischio
di
farla
ridere
alle
mie
spalle
,
le
dico
che
tutta
quella
prosa
,
quando
la
ridico
a
me
stesso
,
o
alla
muta
o
di
viva
voce
,
non
mi
par
più
roba
d
'
altri
,
ma
mia
;
che
mi
par
veramente
che
tutti
quei
pensieri
siano
usciti
in
quella
data
forma
dal
fondo
del
mio
cervello
;
ed
è
così
fatta
l
'
illusione
,
che
quando
in
luogo
d
'
una
parola
o
d
'
una
frase
del
testo
me
ne
scappa
un
'
altra
,
sento
l
'
errore
subito
e
scatto
,
quasi
offeso
,
come
un
musicista
che
senta
una
stonatura
in
una
melodia
propria
sonata
da
un
altro
.
Da
questo
segue
che
nel
parlare
e
nello
scrivere
non
m
'
accorgo
punto
delle
locuzioni
che
adopero
,
prese
dalle
pagine
che
so
a
memoria
;
poichè
mi
son
tutte
così
profondamente
fitte
nel
capo
,
così
intimamente
compenetrate
coi
pensieri
abituali
,
che
non
le
posso
più
discernere
da
quell
'
altro
materiale
linguistico
che
abbiamo
tutti
nella
mente
fin
dall
'
infanzia
,
senza
saper
né
quando
né
come
vi
sia
penetrato
.
La
ho
persuasa
della
bontà
del
mio
metodo
?
Io
ne
son
persuaso
per
modo
dall
'
esperienza
,
che
a
quanti
giovani
mi
chiedon
consiglio
,
do
questo
consiglio
:
-
Studiate
a
mente
.
Una
pagina
di
prosa
o
di
poesia
,
bella
e
ricca
di
lingua
,
che
vi
stampiate
nella
memoria
,
che
vi
appropriate
,
che
vi
assimiliate
in
maniera
da
parervi
che
sia
pensiero
,
arte
,
musica
vostra
,
vi
gioverà
più
di
cento
letture
,
più
d
'
un
monte
di
note
,
più
d
'
un
mese
impiegato
a
scartabellar
dizionarî
.
Studiate
anche
una
cosa
sola
ogni
mese
e
vedrete
qual
vantaggio
ne
avrete
dopo
un
anno
.
Cominciate
con
la
poesia
,
passate
poi
alla
prosa
.
Oltre
all
'
imparare
il
materiale
della
lingua
,
scoprirete
a
poco
a
poco
le
più
segrete
virtù
musicali
degli
stili
,
le
finezze
più
squisite
dell
'
arte
dello
scrivere
,
senza
sforzo
,
per
il
solo
effetto
della
ripetizione
.
Vi
formerete
una
biblioteca
mentale
in
cui
troverete
un
piacere
e
un
conforto
grandissimo
in
mille
congiunture
della
vita
,
ogni
giorno
,
ogni
momento
;
un
'
Antologia
che
avrete
sempre
aperta
dinanzi
agli
occhi
,
dovunque
siate
,
come
una
visione
permanente
dello
spirito
;
una
raccolta
inestimabile
di
bellezze
di
lingua
,
non
solitarie
e
fredde
,
ma
contessute
e
armonizzate
dall
'
arte
dei
grandi
maestri
,
animate
dal
pensiero
,
scaldate
dall
'
ispirazione
:
forma
e
sostanza
,
splendore
e
sapienza
ad
un
tempo
.
Io
pensavo
da
principio
che
l
'
amore
di
questa
maniera
di
studio
mi
sarebbe
scemato
con
gli
anni
;
ma
non
scemò
:
si
fece
più
vivo
.
Ogni
passo
di
scrittore
ch
'
io
so
a
memoria
è
per
me
come
un
amico
e
un
maestro
di
lingua
che
m
'
accompagna
da
per
tutto
,
sempre
pronto
a
rallegrarmi
e
a
insegnarmi
qualche
cosa
.
Oggi
ancora
,
quando
leggo
una
poesia
o
uno
squarcio
di
prosa
magistrale
,
dico
a
me
stesso
:
-
Facciamoci
un
nuovo
amico
,
-
e
me
lo
faccio
,
con
una
facilità
maravigliosa
oramai
.
Ella
,
per
bontà
sua
,
dice
che
sono
uno
scrittore
.
Ebbene
,
sono
diventato
uno
scrittore
in
questo
modo
.
E
può
scrollar
le
spalle
chi
vuole
:
io
continuo
.
Il
miscellaneo
.
Un
metodo
,
io
?
Ma
le
pare
che
un
arruffone
par
mio
possa
avere
un
metodo
?
Io
non
sono
che
un
dilettante
,
che
studia
la
lingua
per
ispasso
,
in
una
maniera
affatto
irragionevole
.
Ho
un
così
detto
Gran
libro
della
lingua
,
nel
quale
esperimento
tutti
i
metodi
;
ma
seguo
di
preferenza
quello
che
tengono
inconsciamente
i
bambini
nell
'
imparare
a
parlare
:
un
curiosissimo
libro
,
in
cui
si
rispecchia
il
disordine
matto
della
mia
mente
,
il
perpetuo
trescone
che
ballano
le
idee
nel
mio
capo
.
Lo
vuol
vedere
?
È
una
maraviglia
di
scapigliatura
intellettuale
.
Mentre
lei
lo
sfoglierà
,
io
le
darò
le
spiegazioni
occorrenti
,
e
può
darsi
che
si
diverta
.
Dicendo
questo
,
tirò
giù
da
uno
scaffale
un
grosso
registro
,
che
pareva
il
Libro
maestro
di
una
Casa
di
commercio
,
e
me
lo
mise
aperto
sul
tavolo
.
-
Veda
-
mi
disse
-
le
prime
pagine
.
Io
vi
cominciai
a
notare
parole
e
frasi
prese
dagli
scrittori
,
man
mano
che
li
andavo
leggendo
,
senz
'
ordine
di
tempo
né
di
materie
.
Vede
che
si
salta
dal
Boccaccio
al
Giusti
,
da
Gino
Capponi
al
Guicciardini
,
dal
Cellini
al
Leopardi
.
Noti
qui
,
fra
gli
estratti
di
due
trecentisti
,
uno
studio
sulla
terminologia
del
vestiario
femminile
,
che
feci
sulla
traduzione
d
'
un
romanzo
francese
,
fatta
da
Ferdinando
Martini
;
e
più
oltre
,
accanto
a
una
pagina
d
'
aggettivi
prediletti
da
Dante
,
una
serie
di
locuzioni
relative
al
vino
,
pescate
nel
ditirambo
del
Redi
.
Questo
le
può
dare
un
'
idea
del
metodo
.
E
ora
veda
lei
,
più
innanzi
,
se
ci
si
raccapezza
.
Nelle
pagine
seguenti
,
in
fatti
,
trovai
il
più
strano
disordine
che
si
possa
immaginare
.
Elenchi
di
proverbi
toscani
;
infilzate
di
vocaboli
e
di
frasi
ingiuriose
;
una
pagina
intitolata
:
-
Vari
modi
di
dar
dell
'
asino
al
prossimo
;
in
un
'
altra
pagina
,
sotto
un
grosso
titolo
:
-
Alla
gogna
-
registrati
tutti
i
più
marchiani
francesismi
e
idiotismi
d
'
uso
corrente
nei
giornali
e
nella
conversazione
,
e
ad
alcuni
di
quelli
scritto
accanto
:
-
Guardati
!
-
;
quelli
appunto
,
mi
spiegò
l
'
amico
,
che
solevano
più
spesso
scappare
anche
a
lui
nello
scrivere
e
nel
parlare
.
Alternati
con
questi
,
altri
elenchi
di
frasi
e
di
parole
,
abbracciati
da
grandi
graffe
,
lungo
le
quali
era
scritto
:
-
Ti
fanno
paura
?
-
e
disse
ch
'
erano
modi
efficaci
ch
'
egli
non
usava
mai
,
e
che
aveva
messi
in
mostra
in
quella
forma
per
rammentare
a
sé
stesso
d
'
usarli
.
Poi
una
serie
di
dizionarietti
speciali
:
di
giochi
fanciulleschi
,
di
difetti
fisici
,
di
motti
scherzosi
,
di
colori
,
di
piante
,
di
strumenti
di
lavoro
,
illustrati
di
figurine
schizzate
con
la
penna
,
per
chiarire
il
significato
e
facilitare
la
memoria
delle
parole
.
C
'
eran
disegnati
un
violino
e
una
finestra
,
con
su
scritti
i
nomi
di
tutte
le
loro
parti
,
e
una
figura
umana
in
caricatura
,
che
aveva
scritto
sopra
il
capo
:
pera
,
sul
naso
:
nappa
,
sul
mento
:
bietta
,
su
ventre
:
buzzo
,
sulle
mani
:
mestole
,
sulle
gambe
:
seste
,
sulle
scarpe
:
-
ciotole
.
Lessi
una
Pagina
delle
busse
,
nella
quale
erano
notate
tutte
le
forme
di
percossa
possibili
,
dal
rovescione
al
biscottino
,
con
tutti
i
verbi
con
cui
si
può
designare
l
'
azione
:
accoccare
,
appiccicare
,
appioppare
,
allungare
,
ammenare
,
appoggiare
,
assestare
,
azzeccare
,
ammollare
,
affibbiare
,
barbare
,
distendere
,
consegnare
,
fiancare
,
misurare
,
piantare
,
rifilare
,
rivogare
,
somministrare
,
tirare
:
un
tesoro
di
gentilezze
.
Di
tanto
in
tanto
,
in
grandi
caratteri
:
-
Esercizi
ginnastici
-
e
sotto
,
un
dialogo
strambo
,
nel
quale
due
persone
,
collegando
a
dispetto
dei
santi
le
idee
più
disparate
,
si
palleggiano
tutte
le
locuzioni
registrate
nelle
dieci
o
venti
pagine
precedenti
;
o
aneddoti
o
descrizioni
bizzarre
,
in
cui
tutte
quelle
locuzioni
sono
pigiate
a
forza
,
o
periodi
a
chiocciola
,
dove
una
stessa
idea
è
espressa
parecchie
volte
di
seguito
in
forma
diversa
.
Alcuni
di
questi
esercizi
,
intitolati
Scrigni
poetici
,
erano
sonetti
e
versi
sciolti
,
nei
quali
l
'
amico
aveva
incastrato
una
quantità
di
modi
,
per
ricordarli
meglio
,
in
grazia
del
ritmo
.
Fra
due
di
queste
poesiole
c
'
era
un
discorso
d
'
un
pedante
marcio
,
tutto
tessuto
di
quei
vocaboli
e
di
quelle
frasi
antiquate
,
che
nessuno
usa
più
parlando
,
ma
che
qualcuno
s
'
ostina
ancora
a
scrivere
,
sfidando
eroicamente
il
ridicolo
;
altrove
il
discorso
d
'
un
lezioso
;
più
là
il
soliloquio
d
'
uno
sgrammaticante
,
con
le
sgrammaticature
più
frequenti
nella
conversazione
della
gente
per
bene
.
Mi
cadde
sottocchio
,
fra
l
'
altro
,
una
pagina
di
Spazzature
,
dov
'
era
raccolto
un
buon
numero
di
quelle
frasi
fatte
,
calìe
letterarie
,
o
fiori
secchi
di
rettorica
,
che
ricorrono
di
continuo
nei
discorsi
e
nei
brindisi
,
e
che
son
diventati
odiosi
a
tutti
oramai
,
anche
a
quelli
che
li
usano
,
quando
li
sentono
usare
dagli
altri
.
Ma
sopra
ogni
cosa
attirò
la
mia
attenzione
e
mi
parve
strana
una
grande
quantità
di
parole
e
di
frasi
segnate
a
capo
e
a
piè
di
pagina
,
sui
margini
,
tra
riga
e
riga
,
a
traverso
lo
scritto
,
un
po
'
da
per
tutto
,
alcune
in
istampatello
,
altre
inquadrate
in
quattro
tratti
di
penna
,
o
scritte
con
matita
rossa
,
verde
o
turchina
,
o
sormontate
da
un
Nota
bene
,
o
fiancheggiate
da
un
punto
esclamativo
,
o
da
un
crocione
,
o
da
una
bandierina
disegnata
:
parole
e
frasi
,
che
l
'
amico
mi
disse
d
'
aver
appuntate
così
a
caso
,
dove
prima
gli
veniva
,
man
mano
che
le
intoppava
nei
libri
,
e
contrassegnate
in
quella
maniera
,
perché
attirassero
il
suo
sguardo
e
gli
si
rinfrescassero
nella
memoria
quando
egli
sfogliava
il
librone
per
cercarvi
o
per
notarvi
altre
cose
.
Tutto
il
librone
n
'
era
tempestato
,
e
anche
molte
di
queste
note
illustrate
da
piccoli
schizzi
di
figure
umane
,
di
mobili
,
d
'
utensili
,
d
'
oggetti
d
'
ogni
genere
;
e
v
'
eran
qua
e
là
delle
pagine
bianche
,
preparate
per
altre
note
,
coi
titoli
già
scritti
.
Trovai
in
ultimo
un
elenco
di
quei
modi
dialettali
,
che
si
sogliono
scansare
con
gran
cura
,
benchè
appartengano
pure
alla
lingua
,
e
siano
correttissimi
,
e
nella
pagina
accanto
una
raccolta
di
frasi
di
complimento
antiche
e
moderne
,
alla
quale
faceva
riscontro
un
piccolo
dizionario
di
moccoli
smorzati
,
di
quelle
esclamazioni
vigorose
di
maraviglia
o
di
dispetto
,
che
la
gente
ben
educata
sostituisce
ai
sacrati
autentici
,
quando
è
in
una
compagnia
a
cui
si
devono
dei
riguardi
.
Arrivato
a
questo
punto
,
benchè
mi
destasse
un
senso
d
'
ammirazione
l
'
amor
della
lingua
vivissimo
che
si
manifestava
in
quella
strana
rigatteria
filologica
,
non
potei
trattenere
una
risata
.
Ma
il
bottegaio
non
se
n
'
ebbe
per
male
;
tutt
'
altro
.
-
Bene
!
-
mi
disse
.
-
Mi
fa
piacere
di
vederla
ridere
.
È
il
commento
che
desideravo
e
aspettavo
,
perché
giustifica
la
mia
mancanza
di
metodo
,
ed
è
un
modo
di
riconoscere
che
si
può
far
dello
studio
della
lingua
uno
spasso
amenissimo
,
come
io
faccio
appunto
.
Studiando
la
lingua
io
scrivo
versi
,
recito
la
commedia
,
lavoro
di
mosaico
,
faccio
ginnastica
con
la
penna
,
rivedo
le
bucce
agli
altri
e
a
me
stesso
,
rido
,
tesoreggio
,
disegno
,
fantastico
,
e
serbo
una
libertà
di
spirito
che
esclude
ogni
fatica
e
ogni
noia
.
Non
è
un
metodo
;
ma
un
modo
che
credo
convenientissimo
a
tutte
le
teste
disordinate
e
svolazzatoie
com
'
è
quella
che
porto
sulle
spalle
.
Veda
,
io
non
darei
questo
libraccio
per
un
peso
eguale
di
biglietti
da
cento
.
E
se
lo
stampassi
,
credo
che
farebbe
furore
.
Certo
sarebbe
il
trattato
linguistico
più
originale
che
si
sia
pubblicato
mai
,
e
forse
non
il
più
inutile
.
Dopo
la
mia
morte
,
chi
sa
!
O
lo
lascerò
alla
Biblioteca
Vittorio
Emanuele
,
di
Roma
.
Il
vocabolarista
.
Per
imparar
la
lingua
io
leggo
assiduamente
,
oltre
gli
scrittori
,
il
Vocabolario
.
Non
lo
leggo
soltanto
perché
è
il
solo
libro
che
,
se
non
tutta
,
contiene
quasi
tutta
la
lingua
;
ma
anche
perché
mi
diletta
l
'
immaginazione
,
senza
turbarmi
l
'
animo
,
non
movendo
in
alcun
modo
le
passioni
;
dalle
quali
rifugge
la
mia
indole
tranquilla
.
Dico
di
più
:
che
per
me
non
c
'
è
altro
libro
che
diletti
altrettanto
,
per
poco
che
l
'
immaginazione
del
lettore
si
presti
a
vivificar
la
lettura
.
Per
me
le
parole
sono
creature
umane
,
e
le
colonne
,
strade
,
dove
passa
una
folla
maravigliosa
.
In
questa
folla
incontro
conoscenti
e
sconosciuti
;
indifferenti
che
lascio
passare
,
figure
curiose
con
cui
mi
soffermo
,
vecchi
amici
che
mi
son
famigliari
fin
dai
primi
anni
,
persone
con
le
quali
ebbi
relazione
un
tempo
,
e
che
dimenticai
in
seguito
,
e
che
riconosco
con
piacere
,
e
altre
che
cercai
un
pezzo
nel
regno
dei
libri
,
senza
trovarle
,
e
a
cui
faccio
festa
,
come
si
fa
a
un
amico
inaspettato
,
che
ci
venga
a
cavar
da
un
impiccio
.
Vedo
nelle
parole
immagini
di
scienziati
,
di
poeti
,
di
pedanti
,
di
villani
,
di
beceri
,
di
patrizi
,
d
'
operai
,
facce
benigne
e
sinistre
,
e
buffe
,
e
tragiche
,
e
figure
di
ragazze
snelle
e
gentili
,
di
donnine
semplici
o
affettate
,
e
di
vecchie
venerabili
,
sei
volte
secolari
,
che
parlarono
col
Boccaccio
e
con
Dante
,
e
serbano
la
fresca
vivacità
della
giovinezza
.
E
ciascuna
mi
desta
un
pensiero
,
e
alla
più
parte
mi
scappa
detto
qualche
cosa
,
passando
.
-
Ti
saluto
,
simpatia
!
-
Mi
rallegro
con
lei
,
finalmente
assunta
all
'
onore
del
Vocabolario
.
-
Passa
via
,
svergognata
.
-
O
lei
,
che
mille
volte
m
'
è
entrata
e
mille
volte
sfuggita
dalla
mente
,
quando
si
risolverà
a
rimanervi
?
-
Te
non
ti
ci
voglio
,
chè
non
t
'
ho
mai
potuta
patire
.
-
Si
fermi
lei
,
e
mi
dica
bene
una
volta
quello
che
vuol
dire
,
chè
non
l
'
ho
mai
saputo
per
l
'
appunto
.
-
Le
parole
seguite
da
derivati
e
diminutivi
mi
danno
l
'
immagine
di
padri
o
di
madri
con
un
codazzo
di
figliuoli
e
di
nipoti
grandi
e
piccoli
;
quelle
cadute
fuor
d
'
uso
,
di
superstiti
d
'
altre
età
,
che
si
trascinino
,
e
non
si
ritrovino
in
mezzo
alla
folla
giovanile
che
passa
,
o
d
'
ombre
di
trapassati
,
ricordate
nel
dizionario
da
una
lapide
;
quelle
di
significati
diversi
,
di
faccendieri
che
facciano
ogni
arte
;
le
nuove
,
d
'
origine
straniera
,
di
viaggiatori
arrivati
di
fresco
,
con
la
valigia
alla
mano
.
E
incontro
greci
e
romani
antichi
,
e
italiani
d
'
ogni
secolo
,
e
visi
e
vestiari
di
tutte
le
regioni
d
'
Italia
.
Tutti
i
mestieri
,
tutte
le
scienze
,
usi
e
costumi
di
ogni
classe
sociale
e
d
'
ogni
popolo
,
tutti
gli
stati
dell
'
animo
,
tutte
le
forme
e
tutti
gli
strumenti
dell
'
operosità
umana
,
tutti
gli
aspetti
della
natura
e
tutte
le
epoche
della
storia
mi
passano
dinnanzi
nel
Vocabolario
.
Ed
è
il
mio
maggior
diletto
appunto
questo
passaggio
continuo
dall
'
una
all
'
altra
idea
disparatissima
,
questo
procedere
a
salti
,
a
volate
subitanee
da
cose
materiali
a
cose
ideali
,
da
un
polo
all
'
altro
del
mondo
intellettuale
,
questa
fuga
vertiginosa
di
luoghi
,
d
'
oggetti
,
di
genti
,
d
'
orizzonti
,
di
secoli
,
nella
quale
il
mio
pensiero
balena
più
fitto
,
la
mia
fantasia
batte
più
rapidamente
l
'
ali
che
nell
'
impeto
d
'
un
'
inspirazione
creatrice
.
E
quanti
ricordi
mi
destano
le
parole
!
Moltissime
,
sonandomi
nella
mente
,
risvegliano
e
fanno
uscire
dai
recessi
della
memoria
volti
,
nomi
,
casi
,
momenti
della
vita
,
che
da
più
o
meno
tempo
vi
stavano
rimpiattati
e
ignorati
.
Una
parola
antiquata
o
poetica
mi
rammenta
una
persona
che
spesso
la
diceva
,
facendone
pompa
fra
gli
amici
,
i
quali
ne
sorridevano
,
toccandosi
a
vicenda
col
gomito
;
un
'
altra
mi
fa
riudir
l
'
accento
d
'
un
lontano
o
d
'
un
morto
,
che
la
pronunziava
in
certo
modo
suo
proprio
;
questa
mi
richiama
alla
mente
un
linguista
che
le
mosse
guerra
e
uno
che
la
difese
,
e
le
dispute
che
vi
fecero
intorno
,
e
le
impertinenze
che
si
scambiarono
pel
fatto
suo
;
quella
mi
ricorda
un
verso
celebre
o
un
motto
storico
o
una
scena
di
commedia
o
un
angolo
di
salotto
dove
la
intesi
dire
storpiata
o
a
sproposito
.
E
a
certi
nomi
di
malattie
mi
si
levan
davanti
le
immagini
di
amici
perduti
;
rivedo
certe
tavole
di
banchettanti
a
leggere
certi
vocaboli
gastronomici
;
in
certe
parole
onomatopeiche
infantili
risento
la
voce
dei
miei
figliuoli
bambini
;
e
molte
mi
fanno
balenare
alla
mente
le
sembianze
degli
scrittori
che
le
predilessero
:
la
fronte
grave
del
Machiavelli
,
gli
occhi
ardenti
del
Foscolo
,
il
viso
pallido
del
Leopardi
.
Ho
detto
in
che
modo
mi
diverto
:
mi
domanderete
in
che
modo
imparo
.
Vi
dico
come
.
M
'
arresto
ogni
momento
a
pensare
.
Ecco
,
per
esempio
,
un
vocabolo
,
che
soglio
usare
in
un
significato
che
non
è
propriamente
il
suo
:
bisogna
che
me
ne
fissi
nella
mente
,
una
volta
per
sempre
,
il
significato
vero
.
Eccone
un
altro
del
quale
abuso
:
vi
segno
accanto
:
liberarsene
,
e
segnerò
poi
quelli
che
troverò
,
che
vi
si
possano
sostituire
.
Segno
una
parola
d
'
uso
comune
,
che
non
uso
mai
,
benchè
sia
spesso
necessaria
:
perché
non
l
'
uso
?
quale
altra
adopero
invece
?
che
differenza
passa
fra
l
'
una
e
l
'
altra
?
Trovo
parole
efficacissime
e
generalmente
usate
che
in
nessun
modo
mi
si
vogliono
appiccicare
alla
memoria
,
come
se
ci
fosse
nella
loro
forma
e
nel
loro
suono
qualche
cosa
di
ripugnante
all
'
occhio
della
mia
mente
e
al
mio
senso
dell
'
armonia
:
e
faccio
un
atto
vivo
della
volontà
per
istamparmele
nel
cervello
.
Ad
ogni
vocabolo
segnato
come
fuor
di
corso
,
o
d
'
uso
non
comune
,
cerco
quello
che
vi
si
è
sostituito
o
che
s
'
usa
più
comunemente
in
sua
vece
;
mi
provo
a
definire
il
significato
di
certe
parole
prima
di
leggere
la
definizione
stampata
,
e
raffronto
con
questa
la
mia
;
m
'
esercito
a
cercare
esempi
di
scrittori
o
dell
'
uso
parlato
corrente
da
aggiungere
a
quelli
che
il
Vocabolario
registra
;
e
via
discorrendo
.
Vedete
come
e
quanto
si
può
studiare
sul
Vocabolario
!
E
non
dico
delle
nuove
parole
che
imparo
,
che
ignoravo
affatto
;
delle
nozioni
elementari
d
'
ogni
scienza
,
che
acquisto
o
rettifico
e
chiarisco
nella
mia
mente
;
dei
proverbi
,
delle
sentenze
,
dei
consigli
pratici
,
utili
alla
vita
,
delle
infinite
immagini
,
sussidio
all
'
arte
dello
scrivere
,
che
raccolgo
passando
.
Sin
dalla
prima
lettura
segnai
con
lunghi
tratti
di
penna
sui
margini
tutte
le
serie
di
parole
che
non
giova
rileggere
,
e
così
procedo
ora
senza
perder
tempo
.
E
di
questa
lettura
non
mi
stanco
mai
.
Sebbene
io
abbia
letto
il
Vocabolario
tante
volte
che
certe
pagine
,
certe
colonne
mi
son
rimaste
nella
memoria
come
armadi
aperti
,
in
cui
vedo
ogni
parola
al
suo
posto
,
quasi
nell
'
ordine
alfabetico
col
quale
v
'
è
collocata
,
mi
dà
sempre
un
nuovo
diletto
ogni
lettura
;
qualche
cosa
da
imparare
trovo
sempre
,
sempre
nuovi
passaggi
e
contrasti
inaspettati
e
strani
fra
vocaboli
che
si
toccano
,
nuovi
richiami
di
ricordi
,
nuove
sorgenti
di
comicità
,
nuovi
segreti
e
virtù
e
maraviglie
del
verbo
umano
.
E
v
'
entro
con
un
senso
sempre
più
vivo
di
reverenza
pensando
di
quale
enorme
lavoro
di
generazioni
è
il
prodotto
quell
'
enorme
materiale
di
lingua
,
che
lunga
e
varia
e
venturosa
vita
ogni
parola
ha
vissuta
,
e
per
che
mirabili
vicende
passeranno
ancora
la
maggior
parte
nei
secoli
,
e
che
tesoro
immenso
di
pensiero
fu
accumulato
e
si
spargerà
ancora
per
il
mondo
per
mezzo
di
quelle
parole
.
Il
Vocabolario
!
Ma
è
il
grande
Museo
,
il
tempio
nazionale
,
la
montagna
sacra
,
sul
cui
vertice
risplende
il
genio
della
razza
.
E
si
tratta
di
freddo
e
vuoto
pedante
chi
lo
studia
!
Ma
io
istituirei
delle
cattedre
per
leggerlo
e
per
commentarlo
;
ma
....
Suona
l
'
ora
.
Faccio
punto
.
È
l
'
ora
della
mia
lettura
quotidiana
.
Salute
.
IL
MODO
MIGLIORE
.
Ora
,
dei
cinque
modi
,
che
abbiamo
visti
,
di
studiare
la
lingua
,
tu
domanderai
quale
sia
il
meglio
.
Il
meglio
,
a
mio
parere
,
è
il
sesto
.
Voglio
dire
un
metodo
,
il
quale
raccolga
quanto
v
'
è
di
buono
in
quei
cinque
.
Leggere
attentamente
i
buoni
scrittori
,
segnando
sul
libro
,
se
si
può
,
per
ritrovarle
poi
facilmente
,
le
voci
e
le
locuzioni
che
ci
riescon
nuove
e
che
ci
vogliamo
appropriare
,
cercando
di
fissarcene
nella
mente
,
senza
l
'
aiuto
della
penna
,
il
maggior
numero
possibile
,
con
quanto
occorre
del
testo
a
chiarirne
bene
il
significato
e
a
farne
sentire
tutto
il
valore
;
mandar
a
memoria
poesie
e
squarci
di
prosa
,
nei
quali
al
pregio
del
pensiero
o
del
sentimento
e
alla
bellezza
dello
stile
sia
congiunta
una
particolar
ricchezza
di
lingua
;
notare
il
meglio
del
materiale
che
si
ricava
dalle
letture
,
dividendolo
e
raggruppandolo
intorno
a
certi
soggetti
,
perché
riesca
più
facile
ritenerlo
e
ritrovarlo
;
esercitarsi
,
scrivendo
,
a
maneggiare
il
materiale
raccolto
con
abbozzi
di
componimenti
,
di
periodi
,
anche
di
semplici
frasi
,
che
siano
come
i
bozzetti
che
buttan
giù
i
pittori
per
acquistare
la
padronanza
della
tavolozza
;
e
leggere
ad
un
tempo
,
rileggere
,
studiare
il
vocabolario
.
Quest
'
ultimo
studio
ti
raccomando
in
particolar
modo
,
perché
è
quello
che
più
difficilmente
s
'
inducono
a
fare
i
giovinetti
.
Ma
occorre
intendersi
bene
.
Una
trentina
d
'
anni
fa
,
con
uno
scritto
diretto
particolarmente
ai
giovani
,
io
raccomandai
la
lettura
del
vocabolario
.
Nel
corso
di
questi
trent
'
anni
parecchi
mi
scrissero
,
e
altri
mi
dissero
presso
a
poco
quello
che
segue
:
-
Abbiamo
seguìto
il
suo
consiglio
,
o
meglio
,
ci
siamo
provati
a
seguirlo
;
ma
non
c
'
è
riuscito
di
tirare
innanzi
:
la
lettura
del
vocabolario
ci
addormentava
;
ci
vuole
una
pazienza
di
Benedettini
per
reggerci
;
abbiamo
smesso
.
Ecco
.
Rispondo
prima
di
tutto
che
senza
pazienza
non
si
riesce
a
imparar
la
lingua
in
nessuna
maniera
,
e
che
la
pazienza
di
studiare
il
vocabolario
l
'
ebbero
scrittori
di
grande
ingegno
,
come
il
Manzoni
che
postillò
la
Crusca
per
modo
da
non
lasciarne
vedere
i
margini
,
Teofilo
Gautier
,
che
teneva
il
vocabolario
sul
tavolino
da
notte
,
Gabriele
d
'
Annunzio
,
che
legge
persino
dei
vocabolari
tecnici
,
dalla
prima
all
'
ultima
parola
.
Rispondo
in
secondo
luogo
che
quella
è
una
lettura
che
non
va
fatta
a
modo
dell
'
altre
.
Se
tu
ti
metti
a
leggere
il
vocabolario
come
un
romanzo
o
una
storia
,
con
l
'
idea
di
correrlo
tutto
d
'
un
fiato
,
per
finirlo
il
più
presto
possibile
,
e
liberarti
dalla
fatica
,
non
solo
ti
farai
nella
mente
una
grande
confusione
,
senza
cavarne
alcun
frutto
;
ma
non
reggerai
a
leggerne
una
decima
parte
,
si
capisce
,
chè
t
'
ammazzerà
la
noia
prima
d
'
arrivarci
.
È
una
lettura
che
si
deve
fare
a
poco
per
volta
,
a
pezzi
e
bocconi
,
con
l
'
animo
tranquillo
,
quando
ci
si
ha
disposto
lo
spirito
,
e
non
di
corsa
,
ma
a
rilento
,
accompagnandola
passo
per
passo
,
come
ti
disse
il
Vocabolarista
,
con
un
lavoro
di
memoria
,
di
ragionamento
e
d
'
immaginazione
.
Bisogna
,
insomma
,
mettersi
alla
lettura
e
procedervi
per
modo
,
che
quello
studio
finisca
a
poco
a
poco
con
non
più
richiedere
uno
sforzo
di
volontà
,
e
diventi
una
consuetudine
,
cessi
d
'
essere
una
fatica
,
e
si
muti
in
un
piacere
.
Dirai
:
-
È
presto
detto
.
Hai
ragione
:
è
presto
detto
.
Ebbene
,
farò
qualche
cosa
di
più
.
Ti
propongo
di
fare
una
prova
insieme
.
Pigliamo
,
per
esempio
,
il
Novo
dizionario
italiano
del
Petrocchi
:
una
lettera
qualunque
,
la
lettera
P
,
e
leggiamola
tutta
.
M
'
ingegnerò
di
farti
vedere
come
si
deve
leggere
il
vocabolario
,
o
,
per
dir
meglio
,
ti
farò
vedere
come
io
lo
leggo
,
in
che
maniera
mi
ci
diverto
e
c
'
imparo
,
che
è
la
maniera
in
cui
mi
pare
che
anche
tu
ti
ci
possa
divertire
,
imparando
;
e
nel
far
questo
,
userò
con
te
la
più
grande
sincerità
,
come
con
un
compagno
di
scuola
:
ti
confesserò
le
mie
ignoranze
,
i
miei
stupori
e
i
miei
dubbi
,
che
ti
gioveranno
forse
,
se
te
ne
ricorderai
,
nelle
tue
letture
avvenire
.
Sarà
una
prova
un
po
'
lunghetta
,
benchè
io
proceda
alla
lesta
,
omettendo
le
parole
più
comuni
,
e
anche
molte
che
non
son
tali
,
e
un
gran
numero
di
vocaboli
tecnici
e
storici
;
ma
ci
occorrerà
spesso
di
ricrearci
divagando
e
scherzando
.
All
'
opera
,
dunque
.
Apro
il
secondo
volume
,
alla
lettera
P
.
Incominciamo
.
Ma
no
.
Tu
avrai
bisogno
di
respirare
.
Svaghiamoci
prima
insieme
con
qualche
personaggio
ameno
:
con
un
nemico
del
vocabolario
,
questa
volta
,
per
non
uscir
d
'
argomento
.
IL
FALSO
MONETARIO
.
Falso
monetario
della
lingua
,
s
'
intende
.
Era
un
pittore
ligure
,
digiuno
di
lettere
,
ma
pieno
d
'
ingegno
,
che
parlava
il
più
bizzarro
italiano
ch
'
io
abbia
mai
inteso
dagli
scali
di
Levante
alle
Colonie
del
rio
de
La
Plata
:
tutte
parole
storpiate
,
mutate
di
desinenza
e
di
genere
,
o
usate
in
tutt
'
altro
significato
da
quello
loro
proprio
.
Il
suo
magazzino
linguistico
era
come
una
tesoreria
di
monete
false
,
adulterate
o
calanti
,
ch
'
egli
dava
via
a
casaccio
e
in
tutta
buona
fede
.
Questo
derivava
principalmente
dal
fatto
strano
(
ma
nella
gente
incolta
non
raro
)
,
che
ogni
parola
insolita
ch
'
egli
leggesse
o
sentisse
si
confondeva
nella
sua
mente
con
un
'
altra
parola
usuale
di
suono
affine
,
o
acquistava
stabilmente
nel
suo
concetto
il
primo
significato
che
,
per
certe
analogie
misteriose
con
altri
vocaboli
,
gli
pareva
dovesse
avere
.
E
siccome
,
avendo
immaginazione
viva
e
spirito
arguto
,
aveva
bisogno
,
per
esprimersi
,
d
'
un
gran
numero
di
parole
,
e
se
ne
appropriava
di
continuo
,
così
gli
fiorivano
sulla
bocca
gli
spropositi
con
una
fecondità
maravigliosa
.
Per
lui
,
ad
esempio
,
donna
in
ghingheri
e
donna
in
gangheri
,
inciprignita
o
incipriata
erano
la
stessa
cosa
,
e
faceva
tutt
'
uno
d
'
immerso
e
sommerso
,
evento
e
avvento
,
immane
e
immune
,
stame
e
strame
,
eminente
e
imminente
.
Parlava
nel
modo
che
può
parlare
un
orecchiante
della
lingua
,
che
ode
a
frullo
e
legge
a
vànvera
,
com
'
egli
infatti
udiva
e
leggeva
.
Usava
sgattaiolare
per
imitar
la
voce
del
gatto
,
sobbillare
per
fare
il
solletico
,
cincischiato
per
azzimato
.
Diceva
a
un
amico
che
s
'
era
fatto
rader
la
barba
:
-
Come
sei
tutto
cincischiato
questa
mattina
!
-
e
quello
subito
si
tastava
il
viso
,
credendo
che
il
suo
Sfregia
lo
avesse
lavorato
d
'
intaglio
.
Ricordo
sfruconare
,
che
per
lui
era
verbo
omnibus
.
-
.
Questa
mattina
mi
sono
sfruconato
a
colazione
mezzo
pollo
.
-
Mi
sfruconai
l
'
abito
contro
il
muro
.
-
Lo
colsero
sul
fatto
e
lo
sfruconarono
ben
bene
.
-
Ho
pagato
dieci
lire
questo
straccio
di
cappello
:
m
'
hanno
sfruconato
.
-
Ad
altre
parole
faceva
far
cento
servizi
.
Per
esempio
ad
ambiente
.
Quando
il
cielo
era
sereno
:
-
Che
bell
'
ambiente
questa
sera
!
-
Che
cos
'
hai
?
Oggi
non
ti
trovo
nel
tuo
ambiente
.
-
Per
gli
amici
era
uno
spasso
.
N
'
aveva
ogni
giorno
una
nuova
,
o
parecchie
.
Fra
le
più
belle
,
che
non
riuscimmo
mai
a
fargli
smettere
,
c
'
era
voce
stentorea
per
voce
stentata
e
aureola
per
arietta
.
-
Tirava
un
'
aureola
deliziosa
!
-
Un
giorno
,
ritornando
da
Cavoretto
,
ci
disse
che
aveva
trovato
il
paese
tutto
infestato
.
-
Da
qual
malanno
?
-
domandammo
.
-
Ma
che
malanno
!
-
Voleva
dire
:
il
paese
in
festa
.
Ma
il
più
comico
era
la
sicurezza
con
cui
le
diceva
,
senza
un
sospetto
al
mondo
dei
suoi
reati
filologici
,
il
colpo
ardito
con
cui
piantava
lo
sproposito
,
come
una
bandiera
vittoriosa
.
Le
nostre
risate
non
lo
sconcertavano
minimamente
.
Alle
osservazioni
critiche
scrollava
le
spalle
.
-
Oh
che
pedanti
!
-
diceva
.
-
Digrignare
,
digrugnare
,
ammaccare
,
ammiccare
,
ruzzolare
e
razzolare
,
su
per
giù
è
lo
stesso
.
So
bene
che
parlo
un
po
'
così
,
all
'
insaputa
.
Ma
mi
capite
sì
o
no
?
E
tanto
basta
.
-
Di
certi
suoi
qui
pro
quo
si
capiva
l
'
origine
:
era
l
'
analogia
fonetica
fra
due
parole
:
da
sfracellare
cavava
sfracelo
;
gemicare
credeva
che
volesse
dire
:
gemere
sommesso
.
Ma
come
diamine
poteva
dire
"
una
scaramuccia
di
bicchieri
sopra
una
tavola
"
per
dire
una
quantità
di
bicchieri
in
disordine
,
e
si
attuffarono
per
vennero
alle
mani
?
E
anche
per
quei
nomi
delle
citazioni
storiche
proverbiali
,
che
si
sogliono
dir
giusti
anche
da
chi
non
ha
cognizione
alcuna
del
fatto
,
faceva
lo
stesso
lavoro
.
-
La
spada
d
'
Empedocle
.
-
L
'
anello
di
Gigi
.
-
L
'
orecchio
di
Dionisia
.
-
Una
che
è
una
non
l
'
infilava
,
e
aveva
una
grande
smania
di
citare
.
Per
gli
amici
che
conoscevano
il
suo
ingegno
,
il
suo
modo
vivo
e
colorito
di
raccontare
e
di
descrivere
e
la
vera
eloquenza
con
cui
parlava
qualche
volta
dell
'
arte
sua
,
quella
profluvie
di
svarioni
era
una
singolarità
piacevole
,
non
derivante
che
da
un
'
imperfezione
del
suo
organo
uditorio
e
della
sua
facoltà
mnemonica
;
ma
chi
non
lo
conosceva
,
la
prima
volta
che
l
'
udiva
parlare
a
quel
modo
,
sospettava
che
n
'
avesse
un
ramo
,
e
lo
guardava
con
diffidenza
.
Fra
le
molte
scene
lepide
di
cui
fu
causa
la
sua
maniera
di
parlare
,
ricordo
quella
che
seguì
in
casa
d
'
una
colta
signora
,
alla
quale
lo
presentammo
.
-
Signora
-
le
diss
'
egli
,
appena
presentato
-
,
io
son
fatto
alla
buona
,
non
so
spiaccicare
complimenti
;
ma
so
che
lei
preferisce
la
sincerità
alla
raffineria
.
La
signora
lo
guardò
,
stupita
;
poi
rispose
:
-
È
vero
.
Preferisco
mille
volte
la
brusca
sincerità
alla
finzione
cortese
.
-
Quanto
a
questo
-
ribattè
l
'
artista
-
le
assicuro
che
l
'
infingardaggine
non
è
fra
i
miei
difetti
.
Ciò
detto
,
si
staccò
dal
crocchio
,
per
parlar
con
altri
;
ma
,
voltatosi
a
un
tratto
e
colto
a
volo
un
atto
che
faceva
a
noi
la
signora
,
come
per
dirci
:
-
Ma
quest
'
artista
non
ha
il
cervello
a
segno
-
credendo
ch
'
ella
accennasse
d
'
aver
male
al
capo
,
le
disse
cortesemente
:
-
È
effetto
del
tempo
,
signora
.
Anche
a
me
questo
tempo
linfatico
rende
la
testa
pesante
.
Fu
quello
uno
dei
suoi
più
"
brillanti
successi
.
"
E
appunto
quello
strano
epiteto
affibbiato
da
lui
al
tempo
,
confondendo
l
'
idea
della
linfa
,
umore
del
corpo
umano
,
che
somiglia
all
'
acqua
,
con
l
'
idea
dell
'
acqua
piovana
,
è
un
esempio
che
spiega
come
si
formassero
nella
sua
mente
certi
strafalcioni
.
E
son
più
frequenti
che
non
si
creda
i
parlatori
di
questo
stampo
,
questi
sbadatoni
e
fracassoni
terribili
,
che
nel
campo
della
lingua
rovesciano
e
rompono
ogni
cosa
,
come
farebbe
un
toro
imbizzarrito
in
un
magazzino
di
chincaglierie
.
Ma
di
maravigliosi
come
lui
non
n
'
intesi
altri
.
Quanti
ameni
ricordi
ci
lasciò
,
che
sono
nella
nostra
mente
sorgenti
inesauribili
di
buon
umore
!
Che
impareggiabili
trovate
!
Quel
tenore
del
teatro
Balbo
che
gli
stralciava
gli
orecchi
con
le
sue
detonazioni
!
E
quel
certo
suo
amico
che
gli
aveva
raccomandato
che
gli
telegrafacesse
immediatamente
l
'
esito
di
non
so
quale
concorso
!
E
quel
Crispi
,
il
suo
adorato
Crispi
,
che
sarebbe
diventato
il
perno
motrice
della
politica
europea
!
E
quelle
guerre
intestinali
della
Francia
!
Tu
mi
perdonerai
,
mio
buon
anarchico
della
grammatica
e
del
dizionario
,
d
'
aver
fatto
ridere
qualcuno
alle
tue
spalle
:
tu
comprenderai
che
non
l
'
ho
fatto
per
mal
animo
.
Non
posso
aver
mal
animo
con
te
,
poichè
per
te
serbo
la
più
viva
gratitudine
.
Vedendoti
pigliare
quei
granchi
enormi
,
imparai
a
scansare
certi
granchi
minori
,
che
di
tanto
in
tanto
pescavo
io
pure
;
tu
m
'
infondesti
nell
'
animo
,
meglio
d
'
ogni
professore
di
lettere
,
il
terrore
salutare
del
farfallone
;
e
un
'
altra
saggia
cosa
m
'
insegnasti
:
a
non
giudicar
mai
lì
per
lì
dal
modo
di
parlare
,
per
malandato
che
questo
sia
,
le
facoltà
intellettuali
d
'
un
mio
simile
.
Ti
ringrazio
dunque
pubblicamente
;
e
non
per
burla
,
ma
per
affetto
mi
servo
ancora
delle
tue
parole
per
dirti
che
la
tua
memoria
mi
è
sempre
sommersa
nel
cuore
,
e
che
vi
rimarrà
finchè
la
Parca
non
recida
lo
strame
della
mia
vita
.
UNA
CORSA
NEL
VOCABOLARIO
.
P
.
P
.
-
Quattordicesima
lettera
dell
'
alfabeto
.
Che
novità
!
Un
momento
.
Nota
che
è
in
generale
maschile
;
più
spesso
maschile
che
femminile
,
dicono
altri
.
Ma
sul
genere
delle
lettere
bisogna
fissarsi
bene
perché
occorre
spesso
di
rammentare
questa
o
quella
vocale
o
consonante
per
canzonare
errori
d
'
ortografia
o
di
pronunzia
del
prossimo
,
ed
è
ridicolo
,
nell
'
atto
stesso
che
si
canzona
un
errore
d
'
altri
,
sbagliare
o
mostrare
incertezza
riguardo
al
genere
della
lettera
a
cui
s
'
accenna
.
Nota
anche
quel
P
.
C
.
,
per
congratulazioni
o
condoglianze
.
Siccome
le
condoglianze
si
fanno
quasi
sempre
per
morti
,
non
ti
pare
che
quel
p
.
c
.
,
usato
da
molti
,
sia
un
po
'
,
...
villanamente
asciutto
,
salvo
che
si
tratti
della
morte
d
'
un
cane
?
Chi
,
per
condolersi
con
me
d
'
una
disgrazia
qualsiasi
,
mi
scrive
un
semplice
p
.
c
.
,
m
'
ha
l
'
aria
di
voler
dire
per
canzonatura
o
per
cavarmela
.
Ed
è
veramente
canzonatura
il
fare
un
atto
di
gentilezza
con
un
'
avarizia
così
spilorcia
d
'
inchiostro
.
PACCA
,
PACCHINA
.
-
Colpo
della
mano
aperta
.
-
Non
m
'
occorre
,
dirai
;
ci
sono
tant
'
altre
parole
per
dir
la
stessa
cosa
!
Adagio
un
po
'
.
Se
tu
dici
a
un
bambino
,
per
ischerzo
:
-
Bada
che
ti
do
una
manata
o
uno
scapaccione
-
,
all
'
orecchio
della
mamma
può
sonar
male
lo
scherzo
.
Se
dirai
una
manatina
o
uno
scapaccioncino
,
dirai
una
parola
che
non
è
d
'
uso
corrente
.
Pacchina
è
la
parola
che
fa
al
caso
.
Inezie
!
Ma
,
nel
parlare
come
nello
scrivere
,
si
manifesta
appunto
in
queste
inezie
il
senso
della
convenienza
e
della
finezza
.
Hai
ragione
,
invece
,
se
mi
dici
che
si
può
far
di
meno
della
parola
PACCHÉO
,
che
vien
dopo
,
per
dir
baggeo
,
uomo
stupido
.
È
da
notarsi
che
di
queste
parole
che
suonano
scherno
o
disprezzo
,
come
di
quelle
che
designano
percosse
,
il
vocabolario
è
mirabilmente
ricco
:
se
lo
leggerai
tutto
,
ci
troverai
una
miniera
di
modi
d
'
ingiuriare
il
prossimo
e
di
termini
relativi
all
'
arte
di
menar
le
mani
;
ciò
che
non
è
un
segno
consolante
della
gentilezza
della
natura
umana
.
Non
c
'
è
forse
altra
famiglia
di
modi
più
numerosa
,
se
non
è
quella
che
si
riferisce
alla
"
noia
di
mangiare
e
bere
"
.
E
a
proposito
,
ecco
la
parola
PACCHIARE
,
mangiare
,
che
molti
lombardi
stupirebbero
di
trovar
nel
vocabolario
italiano
:
è
il
loro
paciáa
,
donde
paciada
,
mangiata
,
d
'
uso
volgare
.
E
tu
,
piemontese
,
troverai
,
andando
innanzi
,
un
gran
numero
di
parole
del
tuo
dialetto
,
che
credi
non
siano
della
lingua
.
Rideresti
,
per
esempio
,
se
sentissi
dire
in
italiano
:
PACCHIUCO
,
che
è
il
piemontese
paciocc
;
fango
,
mota
e
simili
.
Ed
eccolo
qua
,
seguito
da
Pacchiucone
,
pasticcione
,
che
è
il
piemontese
paccioccon
.
E
c
'
è
poco
sotto
Pacioccone
,
più
somigliante
dell
'
altro
al
vocabolo
dialettale
,
ma
che
in
italiano
ha
significato
diverso
,
cioè
di
persona
grassa
,
e
par
che
dica
la
cosa
anche
col
suono
.
Questo
pacioccone
anonimo
ci
conduce
nel
regno
della
pace
.
Il
pane
è
la
pace
della
casa
.
Che
profonda
verità
!
A
quante
cose
fa
pensare
questo
semplice
proverbio
,
in
cui
balenano
tutte
le
tristezze
e
le
tempeste
domestiche
che
derivano
dalla
miseria
!
E
nota
l
'
esempio
:
-
Viene
avanti
con
tutta
la
sua
pace
.
-
Non
c
'
è
l
'
immagine
viva
dell
'
indole
,
dell
'
aspetto
,
dell
'
andatura
d
'
una
persona
?
PACIERE
.
Ebbene
?
Niente
.
Sorrido
a
un
ricordo
mio
,
d
'
un
'
antica
edizione
del
Conte
di
Carmagnola
del
Manzoni
,
che
ebbi
tra
mano
da
ragazzo
,
nella
quale
all
'
ultima
scena
,
dove
il
Conte
dice
di
sperare
che
la
propria
morte
riconcilierà
il
duca
Visconti
con
la
figliuola
,
in
vece
di
:
è
un
gran
pacier
,
era
stampato
:
è
un
gran
piacer
la
morte
;
ed
è
quasi
mezzo
secolo
che
ogni
volta
ch
'
io
trovo
quella
parola
mi
ricordo
d
'
essermi
scervellato
un
bel
pezzo
a
pensare
come
fosse
potuta
sfuggire
ad
Alessandro
Manzoni
quella
stramberia
.
PACIFICONE
.
Ecco
una
parola
comunissima
che
in
venti
volumi
che
ho
sulla
coscienza
sono
ben
sicuro
di
non
aver
usata
mai
,
benchè
mi
sia
occorso
chi
sa
quante
volte
d
'
esprimere
l
'
idea
ch
'
essa
esprime
;
ciò
ch
'
io
feci
senza
dubbio
con
più
d
'
una
parola
,
o
con
un
'
altra
meno
propria
.
Dunque
,
memento
.
-
Come
?
-
mi
domanderai
-
;
anche
alla
Padella
ci
dobbiamo
fermare
?
-
Sì
,
signore
,
e
c
'
è
il
suo
perché
;
sono
anzi
due
.
Lo
sai
che
si
chiama
occhio
il
foro
che
è
nel
manico
dell
'
utensile
benemerito
,
per
attaccarlo
al
chiodo
?
E
sai
che
si
chiama
padella
il
piattello
di
latta
,
di
cristallo
o
d
'
altro
,
che
si
mette
sotto
il
lume
o
sul
candeliere
per
riparar
l
'
olio
o
la
cera
?
-
Ma
son
minuzie
,
-
mi
rispondi
-
;
o
se
m
'
occorrerà
due
volte
o
tre
nella
vita
di
nominar
quelle
cose
!
-
E
batti
!
Ma
siccome
(
e
già
lo
dissi
)
ci
sono
altre
migliaia
di
piccole
cose
,
che
nella
vita
avrai
da
nominar
poche
volte
,
se
tu
trascurerai
d
'
impararne
i
nomi
perché
son
cose
di
poco
conto
,
ti
troverai
migliaia
di
volte
impacciato
.
Ti
capaciti
?
E
nota
il
vantaggio
che
ti
dà
la
lettura
del
Vocabolario
,
dove
,
essendo
detti
tutti
i
significati
di
ciascun
vocabolo
,
tu
puoi
imparare
insieme
i
nomi
di
diversi
oggetti
,
ciascun
dei
quali
ti
rammenterà
l
'
altro
.
Vedi
,
per
esempio
,
più
avanti
,
la
parola
PALA
.
Pala
,
attrezzo
comune
,
pala
del
remo
,
pala
del
timone
,
pala
delle
ruote
dei
molini
.
-
Vedi
PALCO
.
I
palchi
fronzuti
d
'
una
quercia
,
i
palchi
delle
corna
,
i
palchi
delle
pine
,
un
vestito
di
seta
con
trine
a
tre
palchi
;
palco
morto
,
quello
che
si
dice
in
piemontese
sopanta
.
-
Poi
PALLINO
.
Pallino
da
caccia
,
pallino
delle
bocce
,
della
sella
,
della
balaustrata
,
della
chiave
maschia
;
soprannome
d
'
un
cane
,
d
'
un
cavallo
,
ecc
.
;
bambino
grassoccio
.
Più
sotto
,
dietro
PARACADUTE
,
una
filza
di
cose
che
parano
:
PARACAMINO
,
PARAFOCO
,
PARAFUMO
,
PARAMOSCHE
,
PARAOCCHI
,
PARATASCHE
,
PARACENERE
,
PARACIELO
d
'
un
pulpito
,
d
'
una
carrozza
,
d
'
un
tetto
,
ecc
.
Si
piglia
la
lingua
a
retate
.
Rifacciamoci
indietro
.
Ecco
una
bella
parola
per
dire
una
cosa
che
ci
occorre
di
dire
spessissimo
:
PADREGGIARE
,
d
'
un
figliolo
o
d
'
una
figliola
che
somiglia
al
padre
,
o
,
come
si
dice
famigliarmente
,
che
tira
dal
padre
.
-
Per
solito
le
figliole
padreggiano
,
i
figlioli
madreggiano
.
-
Ecco
la
parola
PAESANO
,
che
noi
dell
'
Italia
settentrionale
non
adoperiamo
quasi
mai
nel
senso
di
contrapposto
a
forestiero
o
a
militare
:
-
Vino
paesano
,
ufficiale
vestito
da
paesano
.
-
Ecco
alle
parole
PAGA
e
PAGARE
una
serqua
di
modi
quasi
tutti
relegati
fuor
del
nostro
vocabolario
parlato
.
-
PAGACCIA
,
un
cattivo
pagatore
.
-
Essere
il
PAGA
della
compagnia
-
dar
le
paghe
,
le
busse
.
-
Pagare
a
sgocciolo
,
alla
stracca
,
coi
gomiti
,
a
chiacchiere
,
a
respiro
,
sul
tamburo
,
sulla
cavezza
,
alla
banca
dei
monchi
,
il
giorno
di
San
Mai
,
pagar
di
schiena
.
-
E
alla
parola
:
PAGLIA
:
aver
altra
paglia
in
becco
-
(
un
altro
amore
)
-
mangiarsi
la
paglia
di
sotto
i
piedi
(
rifinire
ogni
cosa
)
-
batter
la
paglia
(
vagar
col
discorso
)
-
rompersi
il
collo
in
un
fil
di
paglia
-
per
ogni
fuscello
di
paglia
(
per
un
nonnulla
)
....
Segue
una
serie
di
nomi
di
cose
utili
a
sapersi
.
PALIOTTO
,
l
'
arnese
di
stoffa
o
altro
che
si
mette
davanti
all
'
altare
;
PALLA
,
il
quadretto
di
tela
per
coprire
il
calice
,
e
il
globo
di
vetro
che
si
mette
ai
lumi
;
PALMENTO
,
la
grande
cassa
dove
casca
la
farina
che
esce
dalle
macine
(
donde
il
modo
:
mangiare
a
due
palmenti
)
;
PEDANA
,
tappeto
per
sotto
i
piedi
;
PEDAGNÓLO
,
il
fusto
dell
'
albero
ancor
giovane
;
PEDALE
,
il
fusto
dell
'
albero
da
terra
all
'
inforcatura
;
PELLÉTICA
,
pelle
della
carne
da
mangiare
,
o
pelle
floscia
o
cascante
della
persona
;
PELO
,
di
marmi
o
pietre
o
vasi
,
fenditura
sottilissima
somigliante
ad
un
pelo
.
Sapevi
tu
i
nomi
di
tutte
queste
cose
?
No
?
Ebbene
,
ti
dico
nell
'
orecchio
che
parte
gl
'
ignoravo
anch
'
io
,
e
parte
li
avevo
dimenticati
.
E
PALANDRA
,
per
abito
d
'
uomo
a
lunga
falda
?
Che
cosa
dice
il
Sor
Palandra
?
Mi
par
di
vederlo
.
Una
sosta
.
Sostiamo
un
poco
,
e
voltiamoci
indietro
.
Vedi
,
nel
breve
tratto
percorso
,
quante
parole
abbiamo
trovate
,
che
ci
hanno
destato
un
ricordo
storico
,
portato
l
'
immaginazione
in
ogni
parte
del
mondo
,
a
cose
remotissime
di
spazio
e
di
tempo
,
dalle
palafitte
lacustri
dell
'
età
preistorica
alle
architetture
palladiane
,
dai
paleosauri
fossili
ai
bacilli
del
Pacini
!
Abbiamo
visto
passare
la
paggeria
pomposa
delle
Corti
,
i
principi
orientali
portati
in
palanchino
,
i
trionfatori
romani
in
veste
palmata
,
i
giovani
greci
lottanti
al
Pancrazio
,
e
dame
e
sonatori
di
lira
e
poeti
tragici
e
ninfe
cacciatrici
di
Diana
ravvolte
nella
palla
,
e
i
lottatori
delle
feste
panatenée
in
onor
di
Pallade
,
e
i
Bolognesi
antichi
plaudenti
alla
battaglia
d
'
ova
e
di
porci
della
Pachetta
.
Ci
son
balenati
dinanzi
Attilio
Regolo
,
che
con
le
palpebre
arrovesciate
,
spasimando
,
guarda
il
sole
,
e
Carlomagno
circondato
di
Paladini
,
e
i
Palleschi
e
i
Piagnoni
,
partigiani
e
avversari
dei
Medici
,
e
i
Francesi
caduti
nel
sangue
delle
Pasque
Veronesi
,
e
Paisanetto
,
la
maschera
genovese
,
e
Pantalone
,
la
maschera
veneziana
,
e
Pantagruele
,
figlio
di
Gargantua
;
e
di
là
da
questa
maravigliosa
processione
,
una
fuga
di
palazzi
famosi
,
i
palmizi
ridenti
di
Liguria
e
di
Sicilia
,
e
il
Palatino
e
il
Panteon
e
le
paludi
Pontine
e
l
'
orizzonte
immenso
della
Pampa
.
Pensasti
mai
,
leggendo
altri
libri
,
a
tante
cose
e
così
diverse
in
così
breve
tratto
di
lettura
?
E
quante
n
'
ho
tralasciate
!
Ma
Rimettiamoci
in
cammino
.
PANACÈA
.
Tu
non
sei
di
quelli
che
pronunziano
panácea
,
non
è
vero
?
Non
t
'
aver
per
male
della
domanda
:
non
di
rado
io
sento
dire
stentoréo
per
stentóreo
,
e
qualche
volta
anche
Satìro
per
Sátiro
,
santissimi
numi
!
E
come
sono
efficaci
le
maniere
:
-
LEVAR
DI
PAN
DURO
-
,
per
mangiar
molto
,
non
lasciar
che
il
pane
diventi
duro
in
casa
;
-
MANGIARE
IL
PAN
PENTITO
-
FINIR
DI
MANGIAR
PANE
,
per
morire
,
e
-
PAN
DI
RICATTO
-
che
si
dice
quando
uno
rifà
agli
altri
quello
che
hanno
fatto
a
lui
.
E
RIMBRONTOLARE
IL
PANE
a
uno
non
è
più
espressivo
di
rimproverare
e
rinfacciare
?
E
com
'
è
ben
significato
e
quasi
effigiato
l
'
ipocrita
untuoso
in
BOCCA
PARI
,
poichè
FAR
LA
BOCCA
PARI
vuol
dire
accomodar
la
bocca
per
ipocrisia
!
Un
'
altra
parola
,
PARI
,
che
non
s
'
usa
quasi
punto
fuor
di
Toscana
,
benchè
serva
a
dire
molte
cose
che
non
si
possono
dire
altrimenti
che
meno
bene
,
o
con
più
parole
,
ciò
che
in
fondo
è
il
medesimo
.
Per
esempio
,
come
diresti
tu
in
altre
parole
:
camminar
pari
pari
o
portar
una
cosa
pari
pari
,
perché
non
si
spanda
l
'
acqua
che
v
'
è
dentro
?
PARARE
.
È
una
di
quelle
tante
parole
comuni
alla
lingua
e
al
dialetto
,
le
quali
noi
non
usiamo
in
certe
forme
perché
,
essendo
queste
anche
dialettali
,
non
le
crediamo
forme
italiane
.
Di
'
la
verità
:
oseresti
dire
che
una
stanza
è
buia
perché
c
'
è
la
casa
di
faccia
che
PARA
?
PARA
,
senz
'
altro
,
sottintendendosi
il
sole
,
la
luce
?
E
dire
:
-
Escimi
davanti
che
mi
PARI
?
E
:
un
pastrano
che
PARA
il
freddo
?
E
a
un
bambino
,
offerendogli
qualche
cosa
:
PARA
bocca
?
PARA
mano
?
PARA
il
grembiule
?
PARA
il
sacco
?
-
No
.
Vedi
,
dunque
.
Ma
di
queste
parole
e
locuzioni
dialettali
e
italiane
ne
abbiamo
già
trovate
parecchie
nelle
pagine
antecedenti
,
e
ne
troveremo
di
più
in
seguito
.
-
TIRAR
LA
PAGA
,
per
riscuoterla
.
-
Essere
una
cattiva
paga
,
un
cattivo
pagatore
.
-
PAGHEREI
che
tu
provassi
il
gusto
che
c
'
è
a
far
questi
lavori
-
Non
PAPPARE
d
'
una
cosa
,
non
intendersene
-
Non
aver
PAURA
,
non
temere
il
confronto
.
-
PELAR
gli
uccelli
,
le
castagne
,
PELARSI
una
mano
con
un
ferro
rovente
.
-
Farsi
PELARE
,
per
farsi
tagliare
i
capelli
.
-
PRENDERE
di
qui
,
di
là
,
da
questa
parte
,
da
questa
strada
,
per
avviarsi
.
-
PIGLIARSI
,
per
isposarsi
.
Pare
che
que
'
due
si
PIGLINO
.
-
Lo
so
DA
PER
ME
,
viene
DA
PER
SÉ
.
-
PILUCCARE
uno
(
plucchè
,
piemontese
)
per
pigliargli
i
denari
.
-
È
un
PIGLIA
PIGLIA
(
ciapa
,
ciapa
)
.
-
E
PAPPINO
,
PASTONE
,
PATAFFIONE
,
PATATUCCO
,
PIOTA
,
QUEI
POCHI
,
per
servo
d
'
ospedale
,
pasto
per
le
galline
,
uomo
grossolano
,
uomo
stupido
e
bizzarro
,
pianta
di
piede
grosso
,
quattrini
.
Vedi
di
quanti
vani
scrupoli
e
paure
ti
puoi
liberare
leggendo
il
vocabolario
.
Conosci
i
modi
:
PARLARE
con
le
seste
,
PARLUCCHIARE
sul
conto
altrui
,
PASSAR
PAROLA
a
qualcuno
d
'
un
affare
,
aver
PASSATO
con
alcuno
POCHE
PAROLE
,
entrar
in
parole
,
pigliarsi
a
parole
?
-
Provati
a
trovare
un
altro
modo
che
equivalga
appunto
quest
'
ultimo
,
e
vedi
se
PARTICOLARE
,
nella
frase
:
-
Tu
sei
PARTICOLARE
,
veh
!
-
da
noi
non
mai
usato
,
non
dice
qualche
cosa
di
più
di
curioso
e
qualche
cosa
di
meno
d
'
originale
o
strano
,
che
qualche
volta
sarebbe
troppo
.
E
diciamo
mai
pascolare
in
senso
attivo
,
come
nell
'
esempio
:
-
Andò
a
PASCOLARE
le
pecore
-
?
PASSATELLA
,
di
donna
avanzata
in
età
,
è
uno
di
quei
modi
riguardosi
,
da
registrarsi
nel
Galateo
della
lingua
,
i
quali
possono
attenuare
,
in
certi
casi
,
il
risentimento
d
'
una
signora
rispettabile
.
E
nota
pure
,
perché
ti
può
occorrere
:
-
tirare
una
PASSATELLA
,
che
è
mandar
la
boccia
in
modo
che
tocchi
quella
dell
'
avversario
per
rimoverla
.
-
CANTARE
A
PAURA
,
che
bel
modo
di
dir
:
cantare
per
ingannar
la
paura
!
E
PENCOLARE
nel
senso
di
esser
dubbio
tra
il
sì
e
il
no
?
Ricordo
un
ragazzetto
fiorentino
che
mi
disse
:
-
Io
volevo
che
mi
lasciassero
andar
solo
a
vedere
il
serraglio
:
la
mamma
pencolava
,
pencolava
....
-
Nota
(
e
noto
anch
'
io
,
perché
son
parole
che
imparo
con
te
)
:
-
PECETTA
,
per
seccatore
(
bellissimo
)
:
Levami
questa
PECETTA
di
torno
.
-
PASTRANAIO
,
chi
alla
porta
d
'
un
teatro
o
altro
prende
e
conserva
i
pastrani
.
-
PATACCONE
,
un
orologio
grosso
e
vecchio
.
-
PATATE
(
volgarmente
)
i
calli
.
-
PECORELLE
,
la
schiuma
dei
cavalloni
.
-
PEDINARE
,
il
correre
per
terra
degli
uccelli
....
In
confessionale
.
Qui
apro
una
parentesi
,
che
già
volevo
aprire
alla
parola
Paleografia
,
poi
a
Paleolitico
,
a
Paleontologia
,
a
Palingenesi
,
a
Palinsesto
,
a
Paralipomeni
,
e
che
dovrei
poi
aprire
a
Pirronismo
o
a
Prammatica
e
ad
altri
vocaboli
,
se
non
lo
facessi
in
questo
punto
.
Zitto
!
Non
ti
domando
se
di
tutti
quei
vocaboli
sai
il
significato
:
ti
tratto
da
uomo
.
Quelle
ed
altre
molte
appartengono
a
una
famiglia
di
parole
che
si
potrebbero
chiamare
:
della
scienza
sottintesa
:
parole
che
si
senton
dire
sovente
nelle
conversazioni
della
gente
colta
o
mezzo
colta
,
e
che
spessissimo
si
leggono
nei
giornali
;
le
quali
molti
non
sanno
o
sanno
soltanto
per
nebbia
che
cosa
significhino
,
e
sarebbero
impacciatissimi
a
dirlo
;
ma
fingono
di
capirle
,
perché
hanno
coscienza
che
è
alquanto
vergognoso
il
non
conoscerne
il
significato
.
Fra
quanti
bravi
signori
,
se
fossero
sinceri
,
seguirebbe
la
scena
di
quei
due
giurati
del
Fucini
,
i
quali
,
di
parola
in
parola
,
finiscono
col
dichiararsi
a
vicenda
di
non
sapere
che
cosa
voglia
dir
recidiva
,
che
credevano
un
delitto
snaturato
!
Ebbene
,
questo
è
uno
dei
tanti
vantaggi
della
lettura
del
Vocabolario
:
che
tutti
,
scorrendo
le
sue
pagine
,
possiamo
colmare
una
quantità
di
piccole
lacune
della
nostra
cultura
,
le
quali
non
confesseremmo
neppure
a
un
amico
,
aggiustare
i
conti
della
nostra
coscienza
letteraria
,
di
nascosto
,
senza
dover
arrossire
,
come
con
un
maestro
fidato
,
che
s
'
interroga
a
quattr
'
occhi
,
e
che
dà
le
risposte
nell
'
orecchio
,
e
non
risponde
soltanto
alle
nostre
domande
,
ma
ci
svela
pure
molte
nostre
ignoranze
inconsapevoli
,
e
vi
ripara
ad
un
tempo
.
Cito
fra
le
tante
che
ci
passeranno
sott
'
occhio
una
sola
parola
:
preconizzare
,
che
quasi
tutti
sanno
,
ma
che
moltissimi
non
intendono
nel
suo
significato
vero
,
poichè
cento
volte
io
l
'
intesi
usare
nel
senso
di
presagire
,
dove
significa
propriamente
:
proclamare
l
'
elezione
d
'
un
vescovo
,
e
quindi
,
per
traslato
,
proclamare
che
che
sia
.
Il
Giordani
preconizzò
all
'
Italia
l
'
ingegno
del
Leopardi
.
E
si
sente
dire
:
-
Io
preconizzai
la
pioggia
fin
da
ieri
!
-
E
a
proposito
di
pioggia
:
una
PASSATA
D
'
ACQUA
,
una
PASSATINA
,
per
piccola
pioggia
,
e
che
passa
presto
,
come
dice
bene
la
cosa
!
Da
"
Pencolone
"
a
"
Piaccicone
"
.
Credo
che
avrò
detto
cento
volte
uno
che
pencola
o
pende
camminando
,
e
non
dissi
né
scrissi
mai
:
PENCOLONE
,
che
m
'
avrebbe
fatto
risparmiare
parecchie
parole
.
Notiamolo
per
ragione
d
'
economia
.
-
L
'
albero
cade
dalla
parte
che
pende
.
I
timorati
della
grammatica
direbbero
:
dalla
parte
da
cui
o
dalla
quale
pende
;
ma
è
un
modo
che
stride
come
un
paletto
arrugginito
.
PENNA
.
Qui
c
'
è
un
grappolo
di
modi
che
ti
possono
occorrere
ogni
momento
:
PENNA
CHE
FA
,
CHE
INTACCA
,
SCRIVE
CORRENTE
,
FA
GROSSO
,
SOTTILE
,
STRIDE
,
SCHIZZA
,
LASCIA
(
non
finisce
il
tratto
)
,
SBAVA
.
-
PENNATA
,
quanto
inchiostro
prende
in
una
volta
la
penna
.
-
PENSIERO
.
Nota
la
locuzione
:
HO
FATTO
PENSIERO
di
ritirarmi
:
è
più
che
ho
pensato
e
meno
che
ho
fatto
proposito
.
-
PENSUCCHIARE
,
pensare
meschinamente
.
Questo
scrittore
non
pensa
,
ma
pensucchia
.
-
PENTOLINO
.
È
bello
il
modo
:
TORNARE
AL
PENTOLINO
,
per
tornare
alla
sobrietà
,
alla
vita
parsimoniosa
di
casa
,
dopo
aver
scialato
.
To
'
:
c
'
è
anche
un
modo
per
dir
l
'
atto
di
riunire
i
cinque
polpastrelli
della
mano
.
FA
'
PEPINO
,
se
ti
riesce
,
si
dice
a
chi
ha
le
mani
aggranchiate
dal
freddo
.
E
giusto
,
mostrami
la
mano
:
questa
pellicola
staccata
dalla
carne
vicino
all
'
unghia
si
chiama
PEPITA
.
Tágliatela
,
e
osserva
l
'
uso
del
per
nei
modi
seguenti
,
che
per
noi
sono
insoliti
:
-
Si
volsero
PER
ponente
-
Assalirono
il
nemico
PER
fianco
-
PER
bambino
,
ha
molto
giudizio
.
-
PER
gobbo
,
dicono
in
Toscana
,
è
fatto
bene
-
Levò
quel
ragazzo
DI
PER
le
strade
-
Dare
una
cosa
PER
DI
.
Gli
hanno
dato
questo
quadro
PER
DI
Raffaello
.
-
E
l
'
uso
del
PERCHÉ
in
quest
'
altro
esempio
:
-
La
cagione
PERCHÉ
io
lo
cacciai
di
casa
-
più
svelto
che
per
la
quale
.
PERDOVE
.
Volle
sapere
il
perché
,
il
percome
e
IL
PERDOVE
.
-
Vedi
com
'
è
graziosa
la
parola
PERSONALINO
per
figura
:
-
Quella
ragazza
ha
un
bel
PERSONALINO
-
,
e
com
'
è
espressivo
il
costrutto
:
-
I
facchini
la
mancia
la
pesano
-
;
il
quale
tu
usi
ogni
momento
nel
dialetto
,
e
non
l
'
useresti
in
italiano
,
pensando
che
sia
un
errore
l
'
oggetto
doppio
:
corbellerie
!
PESTARE
uno
di
nerbate
,
un
modo
vigoroso
.
PESUCCHIARE
,
per
pesare
abbastanza
.
Questo
bambino
non
pare
;
ma
PESUCCHIA
.
PETTATA
,
salita
piuttosto
forte
:
fare
una
pettata
.
-
PETTEGOLATA
,
azione
da
pettegoli
;
bada
:
non
pettegolezzo
.
PRENDERE
PER
IL
PETTO
uno
,
fargli
violenza
.
Un
piacere
lo
fo
;
ma
non
voglio
esser
PRESO
PER
IL
PETTO
.
-
PIACCICHICCIO
.
Con
questo
PIACCICHICCIO
di
fango
,
non
si
cammina
.
-
PIACCICONE
,
PIACCICONA
,
chi
fa
le
cose
lentamente
.
-
PIPA
,
per
naso
grosso
....
altrimenti
Nappa
,
che
è
la
napia
del
nostro
dialetto
....
A
proposito
di
Piaccicone
,
è
da
notarsi
il
gran
numero
di
parole
comprese
nella
sola
lettera
P
,
le
quali
definiscono
il
carattere
,
l
'
aspetto
,
il
modo
di
moversi
e
d
'
operare
d
'
una
persona
;
tutte
occorrenti
spessissimo
,
in
special
modo
nel
linguaggio
parlato
.
Per
esempio
:
-
Quel
PALLIDONE
d
'
Eugenio
.
-
Se
tu
dici
invece
:
quella
faccia
pallida
,
non
fai
capir
così
bene
che
Eugenio
è
pallido
sempre
,
naturalmente
.
-
PANCETTA
,
chi
ha
la
pancia
grossa
.
Maestro
Pancetta
;
scherzoso
,
ma
non
impertinente
.
-
PAPPATACI
,
chi
soffre
,
mangia
e
tace
.
-
PEPINO
,
è
un
PEPINO
,
di
ragazzo
o
donna
arguta
e
frizzante
.
-
PETECCHIA
,
uomo
spilorcio
.
-
PIDOCCHIO
riunto
,
rivestito
,
rifatto
,
rilevato
,
ignorante
arricchito
e
superbo
.
-
PISPOLETTA
,
PISPOLINO
(
da
pispola
,
uccello
cantatore
)
,
donnetta
vezzosa
,
o
ragazzo
o
bambino
piacente
.
E
ne
tralascio
molte
altre
,
che
vedremo
un
'
altra
volta
,
per
finir
con
Puzzone
,
persona
che
puzza
,
e
anche
persona
superba
.
-
Tìrati
in
là
,
puzzone
,
che
mi
mozzi
il
fiato
.
-
Che
si
crede
d
'
essere
quella
puzzona
?
-
E
poichè
si
parla
di
puzzo
,
nota
,
com
'
è
detto
bene
di
persona
senza
sentimenti
e
senza
idee
:
-
SENZA
PUZZI
E
SENZA
ODORI
-
;
che
si
potrebbe
riferire
anche
a
scrittori
e
a
libri
corretti
,
ma
vuoti
e
freddi
,
che
lasciano
nel
lettore
....
il
tempo
che
trovano
.
E
ora
,
per
riprender
fiato
,
un
'
altra
occhiata
alla
Lanterna
magica
.
Quante
cose
,
oltre
la
lingua
,
in
quest
'
altro
breve
tratto
che
abbiamo
percorso
,
e
in
altre
poche
pagine
che
possiamo
precorrere
con
lo
sguardo
!
Armati
ad
ogni
passo
:
Pentacontarchi
,
Peltasti
,
Petardieri
,
Pretoriani
;
magistrati
romani
,
con
la
pretesta
strisciata
di
porpora
,
plaudenti
ai
gladiatori
dal
Podio
;
e
poeti
e
re
e
numi
e
genti
d
'
ogni
età
e
d
'
ogni
latitudine
,
dai
Pelasgi
ai
Lapponi
....
che
fabbricano
pane
con
la
corteccia
del
PIN
DI
RUSSIA
.
E
che
strana
processione
,
Pilade
,
Pilato
,
Pindaro
,
Plinio
,
re
Pipino
,
Petrarca
,
Platone
,
Plutone
!
Abbiamo
visto
Pegaso
trasvolare
nelle
nubi
,
passare
il
pétaso
alato
di
Mercurio
,
Psiche
spiar
le
forme
dell
'
amante
incognito
,
Ulisse
sterminare
i
Proci
,
Teseo
giustiziare
Procuste
,
Pirra
far
degli
uomini
coi
sassi
,
Progne
cangiarsi
in
rondine
e
Proteo
in
cento
forme
,
e
Perillo
fabbricare
l
'
orrendo
bue
ciciliano
,
rogo
e
tomba
di
bronzo
di
corpi
vivi
.
Abbiamo
visto
fender
l
'
acque
le
piroghe
degl
'
Indiani
,
scorrer
sull
'
Egeo
la
nave
capitana
del
Morosini
il
Peloponnesiaco
,
errar
sul
Ponte
Eusino
l
'
ombra
d
'
Ovidio
;
e
Aristotele
passeggiare
nel
Peripato
e
la
procuratessa
Grimani
in
piazza
San
Marco
;
e
meditar
sulla
pila
Alessandro
Volta
,
e
fuggire
dalle
Tuileries
la
testa
a
pera
di
Luigi
Filippo
;
e
lontano
,
verdeggiar
nell
'
azzurro
i
giardini
pensili
di
Babilonia
e
la
vetta
del
monte
Pimpla
,
sacro
alle
Muse
.
Che
fantasmagoria
,
per
gli
Dei
Penati
!
Cento
pagine
di
corsa
.
Di
corsa
,
perché
è
ancora
lunga
la
strada
,
e
tu
la
rifarai
da
te
a
più
bell
'
agio
.
PIAGGELLARE
,
lodare
,
dar
dell
'
unto
,
più
discreto
di
piaggiare
,
e
anche
nel
senso
di
ninnolare
,
divertir
con
ninnoli
.
-
PIANGERE
.
Di
un
vestito
che
non
si
confà
a
una
persona
si
dice
con
traslato
felicissimo
che
le
PIANGE
addosso
,
perché
fa
le
grinze
d
'
un
viso
piangente
,
e
di
scarpe
tutte
rotte
:
scarpe
che
PIANGONO
a
cent
'
occhi
.
Dire
che
ho
cercato
tante
volte
il
contrapposto
di
valligiano
,
colligiano
,
senza
trovarlo
,
ed
eccolo
qua
:
PIANIGIANO
:
me
lo
appiccico
sulla
fronte
.
PIANTACAROTE
....
Ma
questa
è
una
parola
comunissima
,
come
l
'
azione
che
esprime
.
Ora
,
ecco
una
manciata
di
modi
comuni
a
vari
dialetti
,
di
grande
efficacia
.
-
PIANTAR
spropositi
.
-
PIANTAR
uno
a
un
dato
posto
(
in
senso
canzonatorio
)
.
-
L
'
hanno
PIANTATO
agli
arresti
.
-
PIANTARE
una
ragazza
.
-
PIANTARE
un
amico
lì
su
due
piedi
.
(
Un
poeta
usò
argutamente
,
in
questo
senso
,
la
parola
Piantagione
)
.
-
PIANTAR
gli
occhi
in
faccia
a
uno
.
-
PIANTARE
il
discorso
,
e
andarsene
.
-
PIANTAR
casa
.
-
PIARE
,
degli
uccelli
che
cantano
in
amore
,
e
PÍO
PÍO
;
e
si
dice
anche
PIARE
delle
castagne
e
delle
patate
che
mettono
:
-
Non
lo
vedete
che
queste
castagne
PÌANO
?
-
PIENO
,
una
delle
tante
parole
che
nel
vocabolario
hanno
il
sacco
:
-
PIENO
zeppo
,
pinzo
,
colmo
,
gremito
-
bicchiere
PIENO
RASO
-
piatto
PIENO
a
CUPOLA
-
nel
PIENO
INVERNO
-
nel
PIENO
DELLA
NOTTE
.
-
e
così
PIGLIARE
:
PIGLIARE
a
cambio
,
a
chiodo
,
a
calo
,
e
nel
senso
d
'
accendersi
:
-
questo
lume
non
PIGLIA
-
e
in
altri
significati
:
-
vino
che
PIGLIA
d
'
aceto
-
pianta
che
non
PIGLIA
-
mastice
che
PIGLIA
appena
....
Ah
che
miseria
!
Pensare
che
io
pure
,
vecchio
al
mondo
,
dico
quasi
sempre
queste
cose
in
altri
modi
tanto
meno
spicci
e
meno
propri
!
-
PINZO
,
PINZARE
è
proprio
del
morso
degl
'
insetti
.
-
Nota
i
modi
:
-
Starà
poco
a
piovere
.
-
Piove
a
paesi
(
in
qua
e
in
là
)
.
-
PÍPPOLO
,
che
è
una
piccola
escrescenza
delle
piante
in
forma
di
bacca
,
si
dice
pure
d
'
un
'
escrescenza
della
carne
:
ho
un
amico
al
quale
una
gallina
portò
via
un
píppolo
dal
naso
con
una
beccata
.
PÍTTIMA
,
per
persona
noiosa
,
è
anche
del
nostro
dialetto
.
A
POCHINI
A
POCHINI
se
ne
spende
tanti
,
molto
più
espressivo
e
garbato
che
a
poco
a
poco
.
-
POPONE
fatto
,
strafatto
.
-
POPONE
per
gobba
.
Mi
ricorda
il
sonetto
del
Fucini
,
dove
al
prete
gobbo
che
dice
che
l
'
uomo
è
fatto
a
somiglianza
di
Dio
,
Neri
risponde
:
-
Con
quel
popone
non
me
l
'
ha
a
dir
lei
.
-
O
sciocco
,
va
'
a
dare
il
colore
ai
poponi
.
Amenità
del
vocabolario
.
Da
quest
'
ultimo
esempio
possiamo
prender
le
mosse
a
una
corsettina
allegra
,
per
vedere
una
quantità
di
modi
proverbiali
e
di
motti
e
d
'
esempi
lepidi
e
arguti
,
che
nelle
pagine
precedenti
abbiamo
saltato
a
piè
pari
.
Se
leggerai
tutto
il
vocabolario
,
vedrai
che
ce
n
'
è
a
profusione
,
che
alle
immagini
e
ai
pensieri
tristi
vi
predominano
di
gran
lunga
gli
ameni
,
che
il
libro
della
lingua
,
insomma
,
è
generalmente
un
libro
gaio
,
gran
motteggiatore
e
burlone
;
e
nei
suoi
motti
non
troverai
soltanto
fiori
e
vezzi
di
lingua
faceta
,
ma
anche
molte
sagge
sentenze
e
verità
utili
e
sani
consigli
.
Rifacciamoci
un
po
'
indietro
,
e
spigoliamo
alla
lesta
,
senza
tralasciarvi
certi
modi
un
po
'
volgari
,
ma
efficacissimi
,
che
è
bene
conoscere
,
benchè
non
sia
bene
adoperarli
.
-
Fàtti
in
là
,
disse
la
padella
al
paiolo
.
-
Non
si
può
esprimere
più
argutamente
il
concetto
d
'
una
persona
di
cattiva
reputazione
che
ostenta
timore
d
'
insudiciarsi
nella
compagnia
d
'
un
'
altra
della
stessa
tacca
.
-
Sei
come
la
padella
,
che
tinge
e
scotta
.
-
C
'
è
da
rivomitar
le
palle
degli
occhi
,
a
mangiar
certe
bazzoffie
delle
trattorie
.
-
Ti
s
'
ha
a
portare
il
panchetto
?
A
chi
non
finisce
di
chiacchierare
per
la
strada
.
A
Parigi
,
quando
due
comari
stanno
a
chiacchiera
un
pezzo
davanti
a
una
bottega
,
esce
il
bottegaio
con
due
seggiole
,
dicendo
:
-
Ces
dames
seront
peut
-
être
mieux
sur
des
chaises
.
-
Aver
della
pappa
frullata
nel
cervello
,
essere
un
baggeo
.
Di
una
cosa
nauseante
:
-
Fa
venir
su
la
prima
pappa
.
-
Soffiar
nella
pappa
,
fare
la
spia
.
-
Da
pappardelle
(
certe
lasagne
)
:
il
condotto
delle
pappardelle
,
la
gola
.
-
Pappa
tu
che
pappo
io
(
comune
,
credo
,
a
tutti
i
dialetti
)
,
alludendo
a
due
persone
che
mangiano
d
'
accordo
in
un
affare
.
-
Eh
,
non
mi
pappar
vivo
!
A
chi
risponde
arrogante
.
-
Aspetto
che
passi
la
mia
,
diceva
quell
'
ubbriaco
che
si
vedeva
girar
intorno
le
case
e
non
riusciva
a
trovar
la
sua
porta
.
-
Far
passare
il
vino
da
Santa
Chiara
,
degli
osti
che
lo
annacquano
.
-
Nella
sua
testa
c
'
è
andato
a
covare
un
passerotto
,
di
persona
senza
senno
.
-
Il
SE
,
il
MA
,
il
FORSE
,
è
il
patrimonio
dei
minchioni
.
-
Dottor
Pausania
,
a
persona
che
parla
con
molte
pause
e
con
prosopopea
.
Di
una
persona
magra
:
-
gli
si
sentono
i
paternostri
nella
schiena
:
-
da
paternostri
,
le
pallottoline
maggiori
della
corona
del
Rosario
,
alle
quali
somigliano
i
nodi
della
spina
dorsale
.
A
chi
fa
il
superbo
perché
è
arricchito
,
per
ricordargli
il
tempo
quand
'
era
povero
:
-
Ti
ricordi
quando
con
una
pedata
ti
rifacevi
il
letto
?
ossia
,
quando
dormivi
sulla
paglia
.
-
Il
caldo
dei
lenzuoli
non
fa
bollir
la
pentola
(
anche
dialettale
)
,
la
poltroneria
non
è
guadagno
.
-
Pare
una
pentola
di
fagioli
(
si
sottintende
"
in
bollore
"
)
di
persona
catarrosa
.
-
Dio
ti
benedica
con
una
pertica
verde
.
-
Pillole
di
gallina
(
le
ova
)
e
sciroppo
di
cantina
aiutano
a
star
sani
.
-
Di
persona
segreta
:
-
Più
chiuso
delle
pine
verdi
.
-
Tu
fai
piovere
!
A
chi
parla
con
affettazione
o
canta
male
.
-
E
ponza
e
ponza
e
ponza
,
venne
fuori
la
Monaca
di
Monza
,
fu
detto
del
Rosini
,
che
con
quel
romanzo
credeva
d
'
aver
ammazzato
I
Promessi
Sposi
;
e
si
dice
di
chi
fa
un
grande
sforzo
,
che
poi
non
dà
degno
frutto
.
-
E
udendo
un
suono
di
quel
vento
che
esce
dallo
stomaco
:
-
Al
tempo
dei
porci
erano
sospiri
.
-
Proserpina
,
di
donna
scarruffata
.
Vatti
a
pettinare
,
che
con
codesti
ciuffi
mi
pari
una
Proserpina
(
la
figlia
di
Giove
e
di
Cerere
,
rapita
da
Pluto
)
.
-
Non
esce
mai
dal
bagno
:
o
che
ci
sta
in
purgo
?
Dal
mettere
una
cosa
in
purgo
,
o
in
molle
,
perché
prenda
o
perda
certe
qualità
.
-
È
meglio
puzzar
di
porco
che
di
povero
,
dicono
i
poveri
che
si
vedon
malmenati
.
Vespasiano
a
Tito
,
che
gli
chiedeva
come
mai
avesse
messo
un
'
imposta
sull
'
orina
,
mise
una
moneta
sotto
il
naso
,
e
domandò
:
-
Puzza
questa
?
Ultima
verba
.
POLIARCHÍA
.
Tu
capisci
la
mia
strizzatina
d
'
occhio
:
questa
è
una
di
quelle
tali
parole
che
è
convenuto
che
tutti
intendano
,
e
di
cui
non
è
prudente
domandare
la
spiegazione
,
in
presenza
d
'
altri
,
a
una
persona
che
si
rispetta
.
-
POLPETTA
,
tu
saprai
per
prova
che
cosa
significhi
in
traslato
:
sgridata
.
Bello
il
verbo
PORGERE
nel
senso
di
suggerire
:
-
Fa
'
quello
che
la
natura
ti
porge
.
-
Dice
il
popolo
,
in
Toscana
:
-
Un
animo
mi
PORGE
,
il
cuore
mi
PORGEVA
di
fare
una
data
cosa
.
POSARE
.
Nota
bene
.
Noi
diciamo
troppo
spesso
deporre
,
che
è
ricercato
,
per
posare
il
cappello
sopra
una
seggiola
o
il
candeliere
sul
tavolo
o
altro
simile
;
io
intesi
anche
gridare
a
un
cane
:
-
Deponi
quell
'
osso
,
come
nelle
tragedie
si
dice
a
un
re
:
-
Deponi
quel
serto
.
Corbezzoli
!
-
Positivo
.
Si
dice
famigliarmente
di
positivo
per
sicuramente
,
senza
dubbio
.
A
primavera
c
'
è
la
guerra
DI
POSITIVO
.
-
Posteggiare
,
far
la
posta
,
non
si
dice
soltanto
d
'
un
animale
alla
caccia
,
ma
anche
d
'
una
persona
:
L
'
ho
POSTEGGIATO
un
pezzo
all
'
angolo
di
via
Garibaldi
,
dove
passa
ogni
giorno
;
ma
non
comparve
.
-
Si
dice
che
PUÒ
il
sole
,
il
vento
in
un
luogo
,
per
dire
che
ci
batte
forte
,
ed
è
un
modo
tanto
efficace
quanto
lesto
.
Eccoci
a
PRATICA
.
E
qui
ammonisco
me
stesso
:
-
Si
ricordi
bene
,
signor
E
.
D
.
,
che
si
dice
far
LE
PRATICHE
da
avvocato
,
e
non
la
pratica
,
come
dice
lei
,
e
far
pratiche
,
non
le
pratiche
,
per
far
quello
che
occorre
a
riuscire
in
un
intento
.
E
tu
pure
,
figliuolo
,
a
proposito
di
PRECIPIZIO
,
avverti
,
discorrendo
,
di
non
PRECIPITAR
le
parole
,
le
sillabe
,
il
racconto
,
che
è
un
vezzo
per
cui
si
dice
un
PRECIPIZIO
di
spropositi
;
e
già
fanno
tutto
male
gli
uomini
PRECIPITOSI
;
e
non
te
la
PRENDERE
(
è
un
modo
anche
dialettale
)
se
t
'
ammonisco
con
tanta
franchezza
.
Su
PRESA
tiriamo
via
,
perché
tu
capisci
che
cosa
significa
negli
esempi
:
un
muro
che
non
ha
fatto
ancora
PRESA
,
una
colla
,
una
pasta
che
non
fa
PRESA
.
Ma
facciamo
alto
a
PRESTIGIO
,
che
il
vocabolario
definisce
:
influenza
,
forza
abbagliante
,
ma
di
cui
si
fa
ora
un
abuso
ridicolo
,
adoperandolo
nel
significato
più
ristretto
di
stima
e
d
'
autorità
,
e
anche
di
serietà
solamente
,
tanto
che
tutti
credono
d
'
aver
del
prestigio
da
perdere
,
e
io
intesi
dire
persino
d
'
un
cane
da
guardia
,
che
aveva
perduto
ogni
prestigio
in
una
fattoria
,
per
averci
lasciato
entrare
i
ladri
di
notte
.
-
Grazioso
il
verbo
PROSPERARE
in
senso
transitivo
:
-
Il
Signore
vi
PROSPERI
!
-
PUGNO
,
ribeccarsi
un
pugno
,
mescere
fior
di
pugni
.
Sentii
dire
in
Toscana
:
-
Quattro
pugni
bene
scolpiti
,
che
è
proprio
uno
scolpire
l
'
idea
.
-
Mi
piace
PUNTARE
nel
senso
di
fissare
con
insistenza
una
persona
:
La
smetta
,
giovanotto
,
di
PUNTAR
quella
ragazza
;
e
anche
riflessivo
,
per
ostinarsi
:
-
Se
si
PUNTA
,
non
ottieni
nulla
.
-
Ed
ecco
alla
parola
PUNTO
un
mazzo
di
modi
da
ricordarsi
:
-
Far
punto
e
da
capo
,
stare
a
punto
e
virgola
,
ci
sono
i
punti
e
le
virgole
(
in
uno
scritto
perfetto
)
,
capitare
in
brutto
punto
,
prendere
in
buon
punto
(
nel
momento
buono
)
,
se
s
'
affatica
punto
punto
s
'
ammala
,
non
è
ancora
in
punto
(
all
'
ordine
)
.
Per
primo
punto
ti
dirò
....
-
PURE
DI
,
in
senso
ellittico
.
PUR
di
campare
,
fa
di
tutto
:
esprime
il
concetto
con
assai
più
forza
che
per
campare
,
dicendo
l
'
amor
della
vita
anche
più
forte
del
sentimento
della
dignità
e
della
rettitudine
.
PUZZARE
,
PUZZACCHIARE
.
-
Passa
di
qui
a
naso
ritto
:
par
che
si
PUZZI
tutti
!
-
Il
pesce
PUZZA
DAL
CAPO
.
-
Azioni
che
PUZZAN
di
ladro
.
Diciamo
anche
noi
nel
dialetto
che
una
cosa
non
pagata
,
ma
presa
a
credito
,
puzza
d
'
inchiostro
,
e
d
'
una
cosa
che
si
ritrova
o
si
riceve
inaspettatamente
,
e
che
ci
fa
comodo
:
-
Un
pastrano
a
questi
freddi
?
Non
puzza
.
-
Nota
che
noi
usiamo
quasi
sempre
,
in
vece
di
PUZZO
,
puzza
,
che
è
del
linguaggio
letterario
.
-
Un
puzzo
che
assaetta
,
un
puzzo
che
si
schianta
,
che
si
scoppia
.
-
Di
questo
puzzo
non
ce
n
'
ho
mai
avuto
in
casa
mia
:
s
'
intende
di
questi
peccati
,
di
queste
cattive
azioni
.
E
per
rumore
,
putiferio
:
-
Per
un
nulla
non
importava
far
tanto
puzzo
!
-
E
ancora
vari
nomi
di
cose
,
d
'
uso
raro
fra
noi
,
ma
che
è
bene
aggiungere
al
nostro
vocabolario
manchevole
:
-
POSATURA
,
quella
che
lascia
l
'
acqua
nella
boccia
,
e
che
noi
diciamo
fondo
,
che
è
proprio
del
caffè
,
com
'
è
del
vino
e
dell
'
aceto
fondigliólo
.
-
PRODA
del
campo
,
del
tavolino
,
del
letto
,
del
muro
,
del
fosso
,
che
noi
diciamo
malamente
orlo
.
-
PULCESECCA
,
sinonimo
faceto
di
strizzatura
o
pizzicotto
,
o
anche
il
segno
che
ne
rimane
.
-
Mi
son
fatto
una
pulcesecca
con
la
fibbia
,
e
in
un
sonetto
del
Fucini
:
e
giù
na
pulcesecca
'
n
tel
nodello
.
-
PULCIAIO
,
un
luogo
pieno
di
pulci
o
sudicio
.
-
Son
capitato
in
un
pulciaio
di
locanda
!
-
PULCINAIO
,
un
luogo
pieno
di
pulcini
.
-
PULISCISCARPE
e
PULISCIPIEDI
,
che
si
mette
all
'
entrata
delle
case
,
e
che
si
chiama
Raschino
se
è
di
ferro
.
-
PULSANTINO
,
la
mollettina
degli
orologi
,
che
serve
,
calcandola
e
girando
il
gambo
,
a
rimetter
l
'
ore
.
-
PUNZONE
,
forte
colpo
dato
con
le
nocche
o
con
la
mano
puntata
.
Gli
diede
un
punzone
nel
petto
che
lo
mandò
con
le
gambe
levate
.
-
E
questo
è
l
'
ultimo
vocabolo
della
processione
del
P
,
che
se
finisce
poco
bellamente
con
due
scarpe
per
aria
,
non
è
mia
colpa
.
Per
finire
.
Credo
di
non
averti
seccato
.
Non
ti
saresti
seccato
neppure
,
credo
,
s
'
io
non
avessi
fatto
molte
omissioni
per
abbreviarti
il
cammino
.
Ho
detto
molte
,
ma
sono
moltissime
,
e
in
special
modo
di
nomi
storici
,
di
termini
architettonici
,
matematici
,
filosofici
,
chimici
,
nautici
;
ai
quali
forse
,
leggendo
in
luogo
mio
,
tu
ti
saresti
arrestato
.
Anche
ho
trascurato
un
monte
di
vocaboli
con
cui
ti
sarebbe
passata
dinanzi
una
varietà
grande
d
'
animali
rari
,
di
minerali
,
d
'
erbe
,
di
fiori
,
d
'
alberi
,
di
frutti
,
di
medicinali
,
d
'
alimenti
,
d
'
abitazioni
e
di
paesaggi
,
e
d
'
armi
e
di
macchine
d
'
offesa
e
di
difesa
antiche
e
moderne
,
e
di
vestimenta
e
di
costumanze
e
di
giochi
e
di
feste
dell
'
età
passate
e
del
tempo
presente
,
che
alla
mia
immaginazione
presentavano
,
durante
la
lettura
,
un
'
altra
fuga
ammirabile
d
'
immagini
,
di
là
da
quella
che
tu
vedevi
con
me
,
seguitando
le
mie
citazioni
.
E
ho
tralasciato
voci
imitative
,
interiezioni
,
esclamazioni
,
facezie
,
proverbi
,
quanto
era
necessario
che
tralasciassi
,
insomma
,
per
ridurre
in
una
ventina
di
pagine
più
di
quattrocento
colonne
di
stampa
.
E
queste
quattrocento
colonne
non
rappresentano
che
una
lettera
.
Vedi
che
vasta
e
succosa
e
dilettevole
lettura
è
quella
del
Vocabolario
,
e
immagina
quanto
avrai
imparato
quando
su
tutte
le
lettere
dell
'
alfabeto
avrai
fatto
il
lavoro
che
abbiamo
fatto
insieme
sopra
una
sola
,
ma
con
più
attenzione
,
e
smettendolo
e
ripigliandolo
a
intervalli
,
dopo
ciascun
dei
quali
ritornerai
all
'
opera
con
maggior
curiosità
e
con
più
vivo
ardore
e
con
la
mente
meglio
esercitata
a
scegliere
,
a
osservare
e
a
imparare
.
Sei
persuaso
?
E
dopo
questo
,
se
qualcuno
ti
dirà
che
a
leggere
il
Vocabolario
si
muor
di
noia
e
si
sciupa
il
tempo
e
il
cervello
,
mandalo
....
alla
lettera
P
.
LA
MEMORIA
LATENTE
.
Ora
ti
debbo
dire
alcune
cose
per
preservarti
da
un
senso
di
scoraggiamento
,
dal
quale
è
probabile
che
tu
sia
preso
a
quando
a
quando
,
nel
primo
corso
dei
tuoi
studi
.
T
'
accadrà
qualche
volta
di
passare
in
rassegna
mentalmente
il
materiale
di
lingua
che
crederai
d
'
aver
accumulato
in
vari
mesi
di
letture
e
di
appunti
,
e
troverai
nella
tua
memoria
ben
poca
cosa
,
ti
parrà
che
una
gran
parte
di
quel
materiale
ti
sia
sfuggito
come
un
liquido
da
un
vaso
forato
,
e
che
un
'
altra
parte
ti
sfugga
nell
'
atto
che
lo
cerchi
,
e
rimarrai
scoraggiato
da
quel
disinganno
,
e
quasi
avvilito
.
Ebbene
,
sarai
in
errore
.
Una
gran
parte
del
materiale
della
lingua
si
va
a
riporre
da
sé
in
certi
scompartimenti
secreti
della
memoria
,
dove
noi
lo
portiamo
senz
'
esserne
consapevoli
,
e
donde
non
esce
se
non
quando
è
chiamato
fuori
da
certe
idee
,
con
le
quali
è
legato
da
fili
sottilissimi
,
invisibili
,
per
così
dire
,
al
nostro
pensiero
,
e
quindi
non
afferrabili
dalla
nostra
volontà
.
Ma
,
nel
parlare
e
nello
scrivere
,
quando
vorrai
esprimere
certi
pensieri
e
nella
ricerca
viva
dell
'
espressione
le
tue
facoltà
intellettuali
si
ecciteranno
,
tu
vedrai
che
ti
verranno
sulle
labbra
e
alla
penna
una
quantità
di
parole
,
di
frasi
e
di
costrutti
,
che
non
sapevi
di
possedere
,
e
che
ti
parrà
di
non
aver
cercati
.
È
una
cosa
che
segue
a
tutti
quelli
che
studiano
la
lingua
,
e
che
è
per
loro
una
sorpresa
gradevole
,
come
di
trovare
nelle
tasche
o
nei
cassetti
carte
preziose
o
danari
dimenticati
.
Non
ti
sgomentare
,
dunque
,
se
dai
ripostigli
della
tua
memoria
non
esce
che
pochissima
lingua
,
quando
a
questa
tu
gridi
:
-
Fuori
!
-
non
per
bisogno
,
ma
per
vederla
soltanto
,
per
metterla
in
mostra
a
te
stesso
.
Quando
n
'
avrai
bisogno
davvero
,
saranno
le
tue
idee
urgenti
e
imperiose
che
andranno
a
picchiare
all
'
uscio
delle
mille
celle
in
cui
le
parole
stanno
nascoste
,
ciascuna
alla
cella
di
quella
che
le
conviene
e
le
appartiene
,
e
te
le
porteranno
di
volo
sulla
carta
e
alla
bocca
.
E
ti
porteranno
vocaboli
e
frasi
che
da
lungo
tempo
non
s
'
eran
più
fatte
vive
nella
tua
mente
,
e
che
ti
parrà
d
'
imparare
in
quel
punto
,
e
della
forma
felice
in
cui
ti
verranno
espressi
certi
pensieri
,
rimarrai
maravigliato
come
di
roba
non
tua
,
che
ti
fosse
suggerita
da
un
altro
,
o
come
se
scoprissi
in
te
un
altro
te
stesso
,
che
parli
e
scriva
una
lingua
più
ricca
,
più
propria
,
più
efficace
di
quella
che
tu
possiedi
.
Sii
certo
di
questo
.
Molto
spesso
,
ritrovando
nel
dizionario
o
nei
tuoi
appunti
certi
modi
segnati
da
te
un
pezzo
addietro
,
esclamerai
:
-
Guarda
!
Questo
m
'
era
scappato
di
mente
.
-
No
,
non
t
'
era
scappato
;
vi
stava
rimbucato
,
e
dormiva
,
aspettando
che
venisse
a
risvegliarlo
un
'
altra
parola
o
frase
di
senso
o
di
suono
affine
,
una
voce
sfuggevole
dell
'
animo
,
un
'
idea
sua
parente
od
amica
,
alla
quale
egli
si
sarebbe
manifestato
ed
offerto
.
Prosegui
dunque
con
animo
a
leggere
,
a
notare
,
a
raccogliere
,
poichè
tutto
il
materiale
di
lingua
che
ti
metti
in
capo
vi
si
ordina
e
vi
si
collega
in
mille
modi
,
come
in
una
officina
oscura
,
a
poco
a
poco
,
con
un
lavorìo
spontaneo
,
del
quale
tu
non
hai
coscienza
.
E
non
ne
sarà
affatto
perduta
neppur
quella
parte
che
non
verrà
fuori
al
bisogno
,
perché
di
molte
voci
e
locuzioni
effettivamente
dimenticate
,
tu
sentirai
nella
tua
memoria
il
vuoto
che
v
'
avranno
lasciato
,
e
di
là
le
spierai
e
moverai
per
rintracciarle
e
prima
o
poi
le
ripiglierai
al
laccio
per
sempre
.
Prosegui
nello
studio
,
con
viva
fede
nelle
forze
latenti
e
nel
lavoro
misterioso
e
maraviglioso
della
memoria
,
che
ti
sarà
per
sé
medesimo
un
argomento
di
studio
e
una
fonte
di
diletto
profondo
.
IL
PERICOLO
.
Ancora
un
'
avvertenza
,
prima
di
rimetterci
in
cammino
.
Bada
che
nello
studio
della
lingua
,
in
special
modo
per
chi
v
'
ha
inclinazione
naturale
,
c
'
è
un
pericolo
:
il
pericolo
d
'
un
così
brutto
malanno
,
che
se
io
avessi
anche
solo
un
leggerissimo
dubbio
di
potertelo
tirare
addosso
con
le
mie
esortazioni
e
i
miei
consigli
,
vorrei
piuttosto
che
tu
buttassi
il
mio
libro
sul
fuoco
come
un
libro
scellerato
.
Sì
,
se
nel
culto
della
letteratura
tu
dovessi
fare
allo
studio
della
lingua
una
troppo
gran
parte
,
riporre
in
essa
il
meglio
dei
tuoi
sforzi
e
dei
tuoi
godimenti
intellettuali
,
ridurti
a
considerarla
,
in
somma
,
non
come
un
mezzo
,
ma
come
un
fine
,
e
diventare
uno
di
quei
perdigiorni
delle
lettere
che
badano
soltanto
a
baloccarsi
con
le
parole
e
con
le
frasi
,
come
se
queste
non
fossero
forme
e
suoni
vanissimi
quando
non
servono
a
dir
qualche
cosa
che
piaccia
o
che
giovi
,
io
ti
direi
che
è
meglio
per
te
rinunziare
a
questo
studio
,
e
continuare
a
scrivere
e
a
parlar
male
per
tutta
la
vita
.
E
sappi
che
il
malanno
c
'
entra
dentro
lentamente
,
senza
che
ce
n
'
avvediamo
.
La
nostra
innata
pigrizia
intellettuale
c
'
induce
a
poco
a
poco
a
tenere
in
conto
d
'
un
nobile
esercizio
dell
'
ingegno
il
facile
lavoro
di
accumular
vocaboli
e
locuzioni
,
e
a
credere
che
sia
arte
e
scienza
ciò
che
con
l
'
arte
ha
che
fare
come
la
preparazione
dei
colori
con
la
pittura
,
e
con
l
'
alta
matematica
lo
studio
della
tavola
pitagorica
.
Non
occupandoci
più
d
'
altro
che
di
lingua
,
finiamo
con
non
cercare
e
non
raccoglier
più
altro
nelle
opere
dell
'
ingegno
altrui
;
ci
avvezziamo
a
non
veder
più
bellezza
che
nella
bellezza
della
parola
,
a
non
badar
più
che
alla
forma
anche
nelle
pagine
più
splendide
di
pensiero
e
più
calde
d
'
affetto
,
a
non
più
pensare
noi
medesimi
,
scrivendo
,
se
non
quanto
è
necessario
ad
aver
qualche
cosa
da
dorare
e
da
infronzolare
con
gli
orpelli
e
coi
nastrini
del
nostro
guardaroba
linguistico
.
Ed
ecco
lo
studioso
della
lingua
che
,
naturalmente
,
a
grado
a
grado
,
diventa
pedante
e
intollerante
,
come
il
bigotto
diventa
superstizioso
e
misantropo
;
che
non
ha
più
altro
nel
cranio
che
una
grammatica
e
nel
petto
che
un
vocabolario
,
e
nelle
cui
mani
la
lingua
perde
lume
,
calore
e
vita
,
per
ridursi
una
materia
inerte
e
fredda
,
da
mettere
in
mostra
a
diletto
di
chi
ha
gli
occhi
confitti
in
una
fronte
vuota
;
ecco
il
linguaio
degenerato
,
uggioso
e
ridicolo
,
che
sempre
e
da
per
tutto
dove
imperò
,
isterilì
la
letteratura
,
uccise
l
'
arte
e
prostituì
l
'
idolo
che
stupidamente
adorava
.
Ma
tu
non
ti
lascerai
andare
per
quella
china
;
tu
terrai
sempre
per
fermo
che
ogni
studio
diretto
a
parlare
e
a
scriver
bene
sarà
fatica
,
peggio
che
sprecata
,
rivolta
a
tuo
danno
,
se
ti
distoglierà
dall
'
esercitar
l
'
ingegno
a
un
più
alto
fine
;
tu
studierai
la
lingua
per
diventarne
padrone
,
non
per
fartene
servo
,
per
servirtene
,
non
per
adorarla
;
tu
ne
farai
forza
e
bellezza
,
ma
non
la
sostanza
stessa
del
tuo
pensiero
,
che
si
dissolverebbe
nel
vuoto
,
non
l
'
alimento
unico
del
tuo
intelletto
,
per
cui
si
muterebbe
in
veleno
.
No
,
tu
non
seguirai
la
via
del
professor
Pataracchi
.
IL
PROFESSOR
PATARACCHI
.
Fu
forse
l
'
ultimo
dei
veri
,
grandi
,
formidabili
pedanti
italiani
;
per
i
quali
io
non
capisco
come
non
sentano
ammirazione
anche
i
loro
avversari
e
le
loro
vittime
,
perché
è
sempre
ammirabile
chi
combatte
ferocemente
,
senza
tregua
,
fino
alla
morte
,
per
una
causa
ch
'
egli
crede
santa
;
anche
se
sia
una
causa
sballata
.
E
per
tutta
la
vita
il
professor
Pataracchi
,
paladino
di
Nostra
Santa
Lingua
Immacolata
,
ritto
sulla
rocca
sacra
del
Purismo
,
già
rotta
da
ogni
parte
,
eroicamente
ostinato
ed
intrepido
,
menò
la
spada
sui
barbari
assalitori
,
e
ne
fece
memorando
sterminio
.
Il
suo
Credo
era
questo
.
Lingua
e
nazione
sono
una
cosa
sola
:
dunque
chi
offende
la
lingua
tradisce
la
patria
;
dunque
chi
parla
e
scrive
male
,
chi
contamina
l
'
idioma
nativo
di
francesismi
e
d
'
idiotismi
,
ha
da
essere
odiato
e
vituperato
come
il
più
nefando
dei
malfattori
.
E
poichè
in
questa
fede
era
sincero
,
la
professava
,
con
logica
rigorosa
e
costante
,
anche
nella
pratica
della
vita
,
non
curandosi
né
d
'
inimicizie
né
di
danni
che
glie
ne
potessero
incogliere
.
E
siccome
il
suo
purismo
arrivava
a
tal
segno
,
da
respingere
ogni
frase
o
parola
che
non
avesse
il
suggello
della
classicità
più
genuina
,
fino
a
non
ammettere
in
alcun
modo
nessun
vocabolo
nuovo
,
per
quanto
fosse
giustificato
dal
bisogno
o
dall
'
uso
comune
,
si
capisce
com
'
egli
dovesse
odiar
mezzo
mondo
e
si
facesse
prendere
in
tasca
da
quasi
tutti
quelli
che
gli
s
'
avvicinavano
.
Dico
quasi
tutti
,
non
tutti
,
perché
a
me
e
a
pochi
altri
,
che
sapevamo
quanto
un
'
offesa
alla
lingua
lo
facesse
veramente
soffrire
,
egli
destava
,
insieme
con
l
'
ammirazione
del
suo
foco
sacro
,
un
sentimento
di
schietta
pietà
.
Perché
dirgli
una
parola
o
una
frase
che
gli
pareva
illecita
era
come
forargli
le
carni
con
un
punteruolo
d
'
acciaio
:
avrebbe
gridato
in
mezzo
alla
strada
,
se
non
avesse
temuto
di
far
gente
.
A
chi
gli
rivolgeva
una
domanda
in
forma
scorretta
,
non
rispondeva
,
o
tardava
un
pezzo
a
rispondere
,
per
fargli
capire
che
l
'
aveva
offeso
e
per
lasciargli
il
tempo
di
ritrattar
l
'
ingiuria
.
A
certi
cattivi
scrittori
e
parlatori
,
quand
'
io
lo
conobbi
,
aveva
levato
il
saluto
da
anni
.
Domanderete
perché
non
lo
levasse
a
me
pure
.
Ma
coi
giovani
che
lo
frequentavano
con
buona
disposizione
d
'
alunni
,
e
fingevano
di
consentir
con
lui
e
di
voler
battere
la
sua
via
,
usava
qualche
indulgenza
.
Non
faceva
però
complimenti
nemmen
con
loro
quando
gli
toccava
d
'
udire
o
di
leggere
in
qualche
loro
scritto
una
locuzione
o
un
costrutto
di
lega
impura
.
Diceva
fuor
dei
denti
:
-
Queste
son
bricconate
,
mi
scusi
.
-
Questo
non
è
uno
scrivere
da
galantuomo
.
-
O
dove
ha
pescato
questa
porcheria
?
-
Per
lui
non
c
'
era
differenza
fra
il
commettere
un
atto
di
lesa
maestà
del
suo
dizionario
e
rubare
un
orologio
o
fare
una
cambiale
falsa
.
Avrebbe
voluto
che
nel
Codice
penale
ci
fosse
un
articolo
per
questo
genere
di
reati
.
E
non
faceva
grazia
a
nessuno
.
Nessuno
scrittore
lo
contentava
perché
il
buon
effetto
di
qualunque
pagina
più
bella
e
eloquente
,
se
pur
lo
sentiva
ancora
,
gli
era
distrutto
ipso
facto
da
una
sola
parola
illegittima
ch
'
egli
v
'
inciampasse
.
Anche
quei
pochi
puristi
della
sua
razza
,
che
rimanevano
in
Italia
,
e
ch
'
erano
generalmente
canzonati
per
la
loro
feroce
pedanteria
,
anche
quelli
li
giudicava
di
manica
troppo
larga
,
troppo
cedevoli
,
vilmente
propensi
a
venire
a
patti
con
la
barbarie
invadente
.
Ed
è
a
notarsi
che
furioso
in
particolar
modo
era
contro
i
suoi
concittadini
toscani
,
e
contro
i
fiorentini
più
che
mai
,
ch
'
egli
accusava
d
'
essere
i
primi
e
più
infesti
corruttori
della
loro
lingua
.
Già
erano
imbarbariti
i
suoi
coetanei
;
ma
erano
assai
peggio
i
loro
figliuoli
.
Diceva
che
"
veniva
su
una
generazione
toscana
senza
freno
né
legge
,
la
quale
preparava
al
suo
paese
un
triste
avvenire
"
perché
nel
suo
concetto
un
parlatore
o
scrittore
"
maculato
"
non
poteva
che
seminar
dei
guai
in
qualunque
campo
o
forma
d
'
azione
operasse
.
Ricordo
d
'
avergli
udito
dire
,
all
'
annunzio
di
non
so
che
nuovo
Ministero
:
-
Ministro
dei
lavori
pubblici
quello
sgrammaticante
?
Ne
vedremo
delle
belle
!
-
Non
avevano
altra
sorgente
anche
i
suoi
odi
politici
,
perché
di
politica
non
si
curava
,
e
non
riconosceva
altra
quistione
nazionale
o
sociale
che
quella
della
lingua
.
E
sebbene
,
in
fondo
,
fosse
tutt
'
altro
che
un
cattivo
uomo
,
serbava
i
suoi
odi
linguistici
oltre
il
rogo
.
Udendo
ch
'
era
morto
un
tal
letterato
,
una
delle
sue
bestie
nere
:
-
Come
uomo
-
disse
,
-
lo
compiango
;
come
scrittore
....
è
una
pestilenza
di
meno
.
È
giusto
dire
che
della
purità
assoluta
che
voleva
dagli
altri
,
egli
dava
l
'
esempio
,
non
solo
in
quel
pochissimo
che
scriveva
,
ma
anche
parlando
;
ciò
che
gli
doveva
costare
una
cura
assidua
e
faticosissima
,
perché
,
in
somma
,
non
viveva
mica
fuori
del
mondo
presente
,
e
le
parole
nuove
,
i
francesismi
correnti
,
gl
'
idiotismi
d
'
uso
universale
e
necessario
dovevano
penetrare
e
sonar
di
continuo
anche
nel
cervello
suo
,
come
nei
polmoni
di
tutti
entrano
i
microbi
dell
'
aria
.
Ma
di
lingua
era
dotto
davvero
,
e
non
c
'
era
caso
che
peccasse
.
Di
certe
cose
,
delle
quali
,
senza
peccare
,
non
avrebbe
potuto
discorrere
,
non
discorreva
mai
.
Certe
novità
,
a
cui
non
si
poteva
dar
altro
che
un
nome
nuovo
e
barbaro
,
non
c
'
era
verso
di
fargliele
nominare
.
Altre
le
nominava
con
un
vocabolo
antico
,
o
di
conio
proprio
,
risolutamente
,
non
dandosi
alcun
pensiero
di
non
essere
capito
,
o
d
'
esser
franteso
,
o
di
far
ridere
gli
uditori
;
il
che
seguiva
sovente
.
Chiamava
,
per
esempio
,
una
dimostrazione
popolare
:
una
raunata
di
popolo
;
guardie
del
fuoco
,
i
pompieri
;
traino
,
il
treno
della
strada
ferrata
(
partirò
col
traino
diretto
,
diceva
)
:
un
banchetto
,
non
di
trecento
coperti
,
ma
di
trecento
tovaglioli
;
negava
la
medesimezza
della
così
detta
casa
di
Dante
in
Firenze
.
E
non
diceva
mai
semplicemente
il
re
,
poichè
era
monarchico
umilissimo
,
ma
neanche
Sua
Maestà
,
che
condannava
come
modo
improprio
:
diceva
la
maestà
del
re
:
la
maestà
del
re
arriverà
domani
.
Ma
i
due
più
belli
esempi
della
sua
audacia
di
purista
,
diventati
famosi
a
Firenze
,
sono
le
voci
antiche
con
le
quali
s
'
ostinava
a
designare
due
imposte
,
ch
'
egli
chiamava
gravezze
:
l
'
imposta
progressiva
e
quella
della
ricchezza
mobile
,
già
esistenti
ai
tempi
della
Repubblica
:
la
decima
scalata
e
l
'
arbitrio
.
E
tutte
queste
parole
,
e
le
altre
,
pronunziava
con
aria
di
sfida
fra
i
"
neologizzanti
"
quasi
gettandogliele
in
faccia
(
scrivo
così
perché
è
morto
)
e
dicendogli
con
gli
occhi
:
-
Beccatevi
questo
,
e
fatene
vostro
pro
,
pezzi
d
'
ignoranti
.
Variatissimo
e
comicissimo
era
il
suo
vocabolario
di
pedante
vituperatore
di
barbari
;
nell
'
uso
del
quale
egli
graduava
il
vituperio
con
rigorosa
giustezza
.
Da
modo
non
bello
,
brutta
voce
,
vociaccia
,
robaccia
,
veniva
su
su
a
mostriciattolo
,
mostruoso
vocabolo
,
voce
appestata
,
abbominevole
voce
,
parola
infame
.
Così
d
'
un
francesismo
tollerabile
si
contentava
di
dire
:
sente
di
francese
,
e
via
via
:
e
'
pute
di
francioso
(
il
francioso
aggravava
)
o
di
gallico
(
che
era
più
grave
di
francioso
)
;
francesismo
vile
,
fetentissimo
,
sgangherata
voce
gallica
,
scempiata
metafora
transalpina
.
E
in
diversi
modi
egualmente
fieri
e
lepidi
ammoniva
i
giovani
a
rifuggire
da
quei
delitti
:
-
Al
fuoco
questa
parolaccia
!
-
Al
gasse
!
-
Alla
cassetta
della
spazzatura
!
-
Deh
,
non
lo
dire
!
-
Via
quest
'
orrore
!
-
La
lasci
agli
acciabattoni
!
-
E
lascio
altre
sue
maniere
usuali
:
-
Goffe
eleganze
romanzieresche
,
sconce
sgrammaticature
segretariesche
,
stomachevoli
parole
muschiate
,
sguaiate
leziosaggini
,
turpi
granciporri
:
n
'
aveva
una
collezione
infinita
.
Ma
non
era
mai
così
bello
a
vedere
e
a
sentire
come
quando
scorreva
un
libro
nuovo
e
sospetto
,
con
quel
viso
sanguigno
e
minaccioso
,
con
quei
baffi
irti
,
che
s
'
appuntavano
contro
la
pagina
come
penne
d
'
istrice
,
con
quelle
unghie
adunche
,
piantate
sui
margini
,
come
pronte
a
graffiare
.
Egli
segnalava
il
francesismo
con
una
contrazione
del
viso
come
se
vedesse
correre
fra
le
righe
un
insetto
schifoso
.
La
manifestazione
più
tenue
del
suo
sdegno
era
un
pugno
sul
tavolino
.
Quando
una
parola
o
una
frase
lo
urtava
più
forte
,
prorompeva
in
invettive
contro
il
fantasma
dell
'
autore
:
-
Ah
,
italiano
rinnegato
!
-
Camerlingo
degli
spropositi
!
-
Sgrammaticato
malfattore
codardo
!
-
E
l
'
ultima
espressione
della
sua
collera
era
un
riso
ironico
forzato
,
che
gli
scopriva
i
denti
canini
,
accompagnato
da
uno
scotimento
di
spalle
,
con
cui
fingeva
un
'
ilarità
smodata
.
Ma
dopo
questo
sforzo
,
sbatteva
il
libro
nel
muro
e
andava
fuor
della
grazia
di
Dio
.
-
A
questo
punto
siamo
arrivati
!
Ma
è
un
'
aberrazione
,
una
demenza
universale
.
L
'
Italia
va
in
isfacelo
.
Quando
non
c
'
è
più
lingua
non
c
'
è
più
nulla
.
È
finita
.
Oh
bastarda
razza
di
traditori
!
Povero
professor
Pataracchi
!
Conservarmi
la
sua
benevolenza
costò
a
me
qualche
fatica
;
ma
deve
aver
faticato
più
lui
a
non
levarmela
.
Chi
sa
quante
volte
fu
in
procinto
di
dirmi
come
Virgilio
all
'
Argenti
:
-
Via
costà
con
gli
altri
cani
!
-
Poichè
,
in
somma
,
gli
dovevo
parere
un
ipocrita
,
io
che
per
tenermi
nelle
sue
buone
grazie
gli
davo
ragione
a
parole
,
ma
seguitavo
a
scrivere
come
un
Ostrogoto
,
non
potendomi
ribellare
alla
terminologia
dei
regolamenti
,
poichè
scrivevo
di
cose
militari
.
-
Ma
è
proprio
proprio
costretto
-
mi
domandava
qualche
volta
-
a
servirsi
di
codesto
orribile
gergo
caporalesco
?
-
Io
rispondevo
di
sì
,
e
mi
giustificavo
umilmente
.
Ed
egli
mi
diceva
:
-
La
compiango
!
-
E
forse
fu
la
compassione
che
mi
mantenne
la
sua
amicizia
.
Il
giorno
prima
di
lasciar
Firenze
per
sempre
,
m
'
andai
ad
accomiatare
da
lui
.
Fu
più
affettuoso
che
non
m
'
aspettassi
.
Forse
lo
impietosiva
il
pensiero
ch
'
io
m
'
andavo
a
stabilire
a
Torino
,
poichè
a
lui
,
per
rispetto
alla
lingua
,
Torino
doveva
parere
un
covo
brigantesco
,
dove
io
non
potessi
far
altro
che
una
miseranda
fine
.
M
'
accompagnò
per
un
tratto
di
via
del
Cocomero
.
All
'
angolo
di
via
degli
Alfani
,
prima
di
lasciarmi
,
mi
disse
qualche
parola
benevola
,
raccomandandomi
la
lingua
.
Forse
gli
avrei
lasciato
un
buon
ricordo
di
me
,
se
non
avessi
più
aperto
bocca
;
ma
all
'
ultimo
momento
guastai
la
frittata
.
-
Se
per
combinazione
-
gli
dissi
-
venisse
una
volta
a
Torino
,
abbia
la
bontà
d
'
avvertirmene
.
Mi
metterò
ai
suoi
ordini
.
Sarò
felice
di
rivederla
e
di
servirla
.
-
Grazie
,
-
rispose
stringendomi
la
mano
.
-
Buon
viaggio
,
e
a
rivederla
.
E
mi
lasciò
.
Ma
fatti
pochi
passi
,
mi
richiamò
con
un
cenno
,
e
mi
disse
:
-
Senta
.
Combinazione
,
per
caso
o
casualità
,
mi
perdoni
,
è
orribile
.
E
se
n
'
andò
senza
dir
altro
.
Furon
quelle
le
ultime
parole
ch
'
io
intesi
dalla
sua
bocca
purissima
.
Fulminò
ancora
i
barbari
per
sette
anni
,
e
poi
morì
sulla
breccia
,
ravvolto
negli
avanzi
della
sua
bandiera
.
[
162
bianca
]
PARTE
SECONDA
.
[
164
bianca
]
Nel
corso
degli
studi
che
farai
sulla
lingua
,
con
la
penna
alla
mano
,
nei
vocabolari
e
negli
scrittori
,
se
vorrai
impadronirti
durevolmente
delle
cognizioni
che
verrai
acquistando
e
ricavarne
il
maggior
vantaggio
possibile
nel
parlare
e
nello
scrivere
,
sarà
bene
che
tu
le
ordini
nella
tua
memoria
,
raggruppandole
intorno
a
certi
concetti
,
che
dovrai
tener
sempre
presenti
.
A
ciascuno
di
tali
concetti
,
o
per
dir
meglio
,
divisioni
della
materia
,
dedicherò
un
breve
capitolo
.
Sarà
una
serie
di
consigli
e
d
'
avvertenze
intorno
alle
relazioni
della
lingua
coi
dialetti
,
alla
lingua
che
non
si
sa
,
alla
lingua
che
si
sa
,
ma
non
s
'
usa
,
alla
lingua
impropria
,
alla
lingua
abbreviativa
,
ai
sinonimi
,
alle
definizioni
,
ai
modi
famigliari
,
al
linguaggio
faceto
,
al
modo
di
variare
il
proprio
materiale
linguistico
.
Ragioneremo
poi
dei
francesismi
e
delle
parole
nuove
,
degli
spropositi
più
frequenti
e
dei
luoghi
comuni
più
usuali
del
linguaggio
corrente
,
e
delle
licenze
lecite
e
di
quelle
che
offendono
i
diritti
della
Grammatica
;
e
in
fine
faremo
insieme
una
corsa
a
traverso
la
letteratura
italiana
per
scegliere
gli
scrittori
che
tu
dovrai
leggere
e
studiare
di
preferenza
.
Non
ti
spaventare
della
via
lunga
:
la
percorreremo
alla
lesta
,
scherzando
spesso
da
buoni
amici
,
e
ricreandoci
ogni
tanto
nella
compagnia
d
'
originali
piacevoli
.
Adelante
,
Pedrito
.
LE
LAGNANZE
D
'
UN
DIALETTO
.
DIALOGO
FRA
IL
DIALETTO
PIEMONTESE
E
LA
LINGUA
.
(
Il
dialetto
è
il
piemontese
;
ma
il
dialogo
può
star
benissimo
con
qualunque
altro
dialetto
d
'
Italia
,
sostituendovi
altre
voci
e
locuzioni
a
quelle
che
son
citate
ad
esempio
)
.
LA
LINGUA
.
-
Buon
giorno
,
fratello
.
Tu
hai
la
cera
rannuvolata
.
IL
DIALETTO
.
-
Me
la
vedo
come
in
uno
specchio
,
Signora
,
e
mi
duole
di
presentarmi
a
Voi
in
quest
'
aspetto
.
L
.
-
Perché
mi
chiami
Signora
?
Altre
volte
ti
dissi
che
mi
piace
esser
chiamata
sorella
.
La
fortuna
e
la
gloria
non
m
'
hanno
fatto
montare
in
superbia
.
Non
siamo
,
tu
ed
io
,
rami
dello
stesso
tronco
?
figliuoli
della
stessa
madre
?
legati
ancora
e
per
sempre
da
mille
somiglianze
e
proprietà
comuni
,
dalle
quali
lo
straniero
riconosce
in
noi
,
a
primo
aspetto
,
il
comun
sangue
latino
?
Che
cosa
t
'
affanna
,
fratello
?
D
.
-
Ti
ringrazio
,
sorella
illustre
e
venerata
.
(
Scattando
)
Ma
è
proprio
questo
pensiero
che
mi
fa
stizzire
:
d
'
aver
che
fare
con
una
razza
d
'
ingrati
,
i
quali
,
disconoscendo
i
vincoli
che
mi
legano
a
te
,
credono
di
farti
onore
disprezzandomi
,
e
,
parlando
e
scrivendo
italiano
,
rifiutano
un
monte
di
parole
e
di
frasi
mie
come
se
fossero
barbare
per
il
solo
fatto
d
'
esser
mie
,
e
vanno
predicando
ai
ragazzi
che
,
per
non
offenderti
,
debbono
rifuggir
da
me
come
dalla
peste
bubbonica
.
L
.
-
Lo
so
.
D
.
-
E
che
ne
dici
?
L
.
-
Confòrtati
.
Mi
fanno
sovente
la
stessa
lagnanza
i
tuoi
fratelli
.
E
scrisse
pure
un
grande
maestro
che
ogni
italiano
,
per
imparar
la
lingua
,
la
dovrebbe
studiare
tenendo
tanto
d
'
occhi
aperti
sul
proprio
dialetto
;
con
che
volle
dire
che
v
'
è
in
ciascun
dialetto
una
grande
quantità
di
modi
e
costrutti
comuni
alla
lingua
;
conoscendo
i
quali
,
ed
usandoli
,
riuscirebbero
tutti
ad
esprimersi
in
italiano
con
assai
più
facilità
ed
efficacia
che
ora
non
facciano
,
poichè
a
quelle
forme
che
si
presentano
loro
spontanee
,
ed
essi
rifiutano
come
puramente
vernacole
,
ne
sostituiscono
altre
quasi
sempre
men
naturali
,
appunto
perché
cercate
,
e
meno
proprie
,
perché
meno
naturali
.
D
.
-
Ecco
la
gran
verità
,
sii
benedetta
!
Mi
disprezzano
per
onorarti
,
e
offendono
te
,
disprezzandomi
;
mi
fuggono
come
un
nemico
,
quando
si
potrebbero
giovare
di
me
come
d
'
un
maestro
.
L
.
-
Dici
il
vero
.
Ma
non
pensar
che
ti
disprezzino
.
Ogni
giorno
sento
dire
da
italiani
di
questa
o
di
quella
provincia
che
il
loro
dialetto
è
più
vivace
,
più
vario
,
più
espressivo
della
lingua
,
e
che
col
proprio
dialetto
soltanto
riesce
loro
di
dire
tutto
quello
che
vogliono
,
d
'
esprimere
tutte
le
particolarità
d
'
ogni
loro
pensiero
,
tutte
le
sfumature
d
'
ogni
sentimento
.
Vedi
dunque
!
Ma
è
singolare
.
E
non
sospettano
che
la
grande
difficoltà
ch
'
essi
trovano
a
dire
in
italiano
tutto
quello
che
vogliono
,
deriva
principalmente
dal
credere
non
italiane
una
buona
parte
di
quelle
forme
con
le
quali
appunto
possono
dir
tutto
nel
vernacolo
.
D
.
-
Tu
mi
riconforti
,
sorella
.
Ma
se
sapessi
quanti
affronti
mi
tocca
d
'
ingollare
!
Ne
sento
da
ogni
parte
e
d
'
ogni
specie
.
È
dialetto
;
dunque
moneta
falsa
:
è
la
massima
.
Sento
molti
ridere
quando
uno
dice
,
parlando
italiano
:
-
legger
la
vita
,
mangiar
la
foglia
,
bruciare
il
pagliaccio
,
trovare
una
bella
vigna
,
tirarsi
da
banda
,
battere
il
taccone
,
ridere
sul
mostaccio
ad
un
tale
,
far
filare
uno
,
far
pressa
a
un
altro
,
tramutare
un
tavolino
,
battere
una
culattata
in
terra
,
andar
lì
lì
per
morire
,
tirare
avanti
la
famiglia
....
O
dimmi
tu
:
non
sono
modi
italiani
,
di
tua
proprietà
incontestabile
,
sorella
mia
?
L
.
-
Li
riconosco
.
D
.
-
O
dunque
!
E
ne
potrei
citare
mille
e
passa
.
Giusto
,
eccone
un
altro
,
che
guai
a
chi
gli
scappa
.
Bisogna
sentire
come
si
spassa
certa
gente
colta
alle
spalle
dei
poveri
ignoranti
che
s
'
ingegnano
di
parlare
italiano
,
per
certe
parole
e
frasi
italianissime
,
credute
piemontesismi
grossolani
.
Ho
sentito
una
famiglia
intera
dare
in
una
risata
perché
alla
domanda
:
-
che
tempo
fa
?
-
la
serva
rispose
:
-
È
nuvolo
!
-
Diedero
in
un
'
altra
risata
,
un
'
altra
volta
,
a
sentirle
dire
:
-
Com
'
è
peso
questo
bimbo
!
-
La
stessa
cosa
,
un
giorno
ch
'
ella
disse
:
-
La
botte
versa
;
bisogna
stopparla
.
-
Ma
aspetta
,
che
te
ne
citi
dell
'
altre
più
curiose
,
coi
commenti
relativi
degli
italianissimi
.
-
Sono
uscito
senza
niente
in
capo
.
-
Bell
'
italiano
!
-
Se
ci
sono
stato
?
Quelle
belle
volte
!
-
Ah
quelle
belle
volte
,
che
perla
!
-
Grazie
!
Ho
mangiato
il
mio
bisogno
.
Un
signore
che
mangia
il
suo
bisogno
!
-
No
,
l
'
assicella
va
messa
per
così
.
Per
così
parli
la
lingua
,
Ostrogoto
?
-
Dove
sta
il
tale
?
Deve
star
per
qui
(
qui
vicino
)
.
Dio
di
misericordia
!
-
Svelto
come
sei
,
fai
un
momento
a
arrivare
a
casa
.
-
O
come
si
fa
a
fare
un
momento
,
citrullo
?
-
Dopo
la
Norma
,
andrà
su
l
'
Ernani
.
L
'
Ernani
che
va
su
!
A
quale
altezza
?
-
Se
non
c
'
è
appunto
sei
miglia
,
siamo
lì
.
Dove
lì
?
-
Ah
,
povera
Italia
!
Dimmi
ancora
:
c
'
è
qualche
cosa
che
offenda
la
tua
purità
in
tutto
quello
che
ho
detto
?
L
.
-
Nulla
,
fratello
.
Son
tutte
forme
della
lingua
parlata
,
usatissime
da
chi
più
mi
conosce
e
mi
rispetta
.
D
.
-
Deo
gratias
.
Se
tu
sentissi
,
in
certe
case
,
dove
si
parla
l
'
italiano
per
istituto
,
che
rabbuffi
toccano
a
dei
poveri
ragazzi
quando
si
lasciano
scappare
di
bocca
spasseggiare
,
slargare
,
sgraffignare
,
disgruppare
,
ciaramellare
,
tambussare
,
ciucciare
,
impappinarsi
!
-
Questo
è
italiano
di
Porta
Palazzo
:
bene
spesi
i
denari
per
mandarti
a
scuola
!
-
A
un
ragazzo
che
diceva
piangendo
:
-
M
'
hanno
dato
!
(
delle
busse
,
era
sottinteso
)
,
udii
rispondere
:
-
E
te
lo
meriti
,
se
parli
italiano
in
codesta
maniera
.
-
E
:
-
berrai
quando
parlerai
meglio
-
a
un
altro
,
che
chiedeva
dell
'
acqua
dicendo
che
aveva
una
sete
del
diavolo
.
E
non
parlo
delle
correzioni
che
fanno
molti
insegnanti
ai
componimenti
scolareschi
;
nei
quali
,
oltre
agli
errori
inevitabili
nella
prima
età
,
bollano
come
strafalcioni
,
per
la
sola
ragione
che
sono
dialettali
,
una
quantità
di
modi
correttissimi
,
che
i
piccoli
scolari
,
poveretti
,
non
sono
in
grado
di
giustificare
.
Se
ne
vuoi
sentire
....
L
.
-
Ne
son
curiosa
.
D
.
-
E
io
ti
contento
.
Ho
appunto
sott
'
occhio
i
componimenti
d
'
una
quarta
classe
elementare
,
corretti
da
una
maestrina
,
della
quale
non
si
può
dire
che
non
conosca
la
lingua
,
chè
anzi
scrive
benino
.
Ebbene
,
ci
trovo
segnati
come
piemontesismi
,
con
la
matita
rossa
,
una
decina
almeno
di
modi
,
che
tu
certamente
non
ripudii
.
-
Torino
fa
350
000
abitanti
.
C
'
è
un
frego
rosso
sul
fa
.
-
La
famiglia
costumava
festeggiare
il
natalizio
del
babbo
.
Condannato
costumava
.
-
La
mamma
si
tapinava
tutto
il
giorno
.
Bollato
il
tapinava
.
-
Doman
da
sera
.
Tre
punti
d
'
esclamazione
.
-
Un
dopo
desinare
verrò
da
te
.
Un
frego
rosso
all
'
un
dopo
desinare
e
al
verrò
,
chè
s
'
ha
da
dire
andrò
,
si
capisce
.
Passò
da
Torino
,
invece
di
per
,
sottolineato
.
-
Disse
che
non
ci
sarei
riuscito
;
ma
io
l
'
ho
fatto
bugiardo
.
Un
punto
interrogativo
rosso
accanto
a
questo
modo
.
-
Son
nato
del
1891
.
Riprovato
il
del
.
Figurava
di
non
volere
;
ma
non
aspettava
altro
.
Sostituito
fingeva
.
-
E
tu
non
vieni
?
fa
la
sorella
.
Crociato
il
fa
.
-
Una
cosa
fatta
come
va
.
Un
tratto
rosso
anche
a
questo
.
E
se
ne
vuoi
dell
'
altre
,
che
ho
pescate
altrove
,
ce
n
'
ho
un
cestone
....
L
.
-
Codeste
mi
bastano
,
chè
ne
so
molte
anch
'
io
.
Quanto
rosso
sciupato
,
dio
buono
!
E
questo
è
risibile
,
che
i
più
di
coloro
che
si
dànno
tanta
cura
per
iscansar
codesti
pretesi
errori
dialettali
,
si
lasciano
sfuggire
a
ogni
tratto
dialettismi
veri
e
bruttissimi
,
per
isbadataggine
,
o
perché
non
li
conoscon
per
tali
.
Ed
è
naturale
:
non
si
può
badare
insieme
a
ogni
cosa
:
mentre
si
guardan
dagli
uni
,
inciampano
negli
altri
.
D
.
-
E
così
dagli
altri
italiani
mi
fanno
dar
del
barbaro
coi
dialettismi
veri
,
e
mi
trattano
di
barbaro
essi
medesimi
dando
la
caccia
ai
dialettismi
falsi
.
E
mi
son
ristretto
a
citare
vocaboli
.
Lascio
da
parte
un
gran
numero
di
forme
sintattiche
,
di
legature
,
di
giri
di
frase
svelti
e
efficaci
,
che
sono
cosa
mia
e
tua
ad
un
tempo
,
di
cui
potrei
cavare
esempi
dai
tuoi
più
grandi
e
puri
scrittori
,
e
da
cui
si
guardano
parlando
e
scrivendo
italiano
,
come
da
azioni
disoneste
,
per
usare
invece
forme
scontorte
,
giunture
che
stridono
,
costrutti
forzati
e
pesanti
;
che
sono
nel
concetto
loro
i
soli
corretti
.
E
m
'
hanno
l
'
aria
di
gente
che
fabbrichi
dei
ponti
per
passare
un
fil
d
'
acqua
...
L
.
-
Ed
è
vero
anche
questo
,
fratello
.
E
hanno
ragione
al
par
di
te
i
fratelli
tuoi
,
che
un
fanno
le
stesse
lagnanze
.
Ma
il
tempo
vi
renderà
giustizia
,
non
dubitare
.
Via
via
ch
'
io
sarò
conosciuta
e
parlata
da
un
numero
sempre
maggiore
d
'
italiani
,
scoprendo
questi
da
sé
quante
voci
e
forme
son
comuni
a
me
e
ai
loro
vernacoli
,
e
gli
scrittori
mettendole
in
mostra
e
in
commercio
,
sempre
più
si
farà
manifesta
la
vanità
di
gran
parte
della
fatica
che
ora
si
dura
a
scansare
errori
immaginari
,
e
una
sempre
più
larga
parte
dell
'
esser
tuo
si
confonderà
col
mio
nelle
lettere
,
e
ti
sarà
reso
l
'
onore
che
meriti
,
e
saranno
lamentati
gli
oltraggi
che
ora
ti
si
recano
,
e
si
trarrà
da
te
forza
,
vita
,
colore
,
varietà
,
comicità
,
naturalezza
,
per
parlare
e
per
scrivere
italianamente
.
Mi
credi
?
D
.
-
M
'
hai
racconsolato
.
Ti
ringrazio
....
e
ti
riverisco
,
Signora
.
L
.
-
Chiamami
sorella
.
D
.
-
Sorella
ti
posso
chiamare
nel
corso
dei
nostri
colloqui
;
ma
non
presentandomi
a
te
,
né
accomiatandomi
.
Nell
'
atto
di
salutarti
,
il
mio
amor
fraterno
è
sovrappreso
da
un
senso
di
riverenza
.
Dietro
di
te
,
vedo
Dante
.
LA
LINGUA
CHE
NON
SI
SA
.
Ne
abbiamo
già
detto
qualche
cosa
;
ma
di
passata
,
ed
è
bene
riparlarne
.
Intendo
dire
principalmente
di
quel
gran
numero
di
nomi
di
cose
,
che
noi
non
sappiamo
e
che
non
ci
curiamo
di
sapere
,
perché
di
quelle
date
cose
non
abbiamo
mai
occasione
o
bisogno
di
parlare
se
non
nel
dialetto
;
ma
che
deve
imparare
chi
studia
davvero
la
lingua
,
perché
questa
non
si
saprà
mai
che
malamente
se
non
se
ne
studia
più
di
quanto
occorre
a
parlarla
alla
meglio
fra
di
noi
,
dove
non
se
ne
parla
che
mezza
.
Noi
la
dobbiamo
studiare
,
non
in
relazione
coi
nostri
bisogni
immediati
e
abituali
,
ma
come
se
fossimo
certi
di
dover
quando
che
sia
andar
a
vivere
in
una
regione
d
'
Italia
dove
neanche
una
parola
del
nostro
dialetto
sia
intesa
,
e
dove
,
per
conseguenza
,
ci
sia
necessario
parlare
sempre
e
d
'
ogni
cosa
in
lingua
italiana
.
Ora
le
cose
delle
quali
ignoriamo
il
nome
italiano
sono
innumerevoli
,
e
noi
non
c
'
illudiamo
che
sian
poche
se
non
perché
,
parlando
la
lingua
,
ci
siamo
assuefatti
per
modo
a
scansare
di
nominarle
,
che
quasi
non
ci
accorgiamo
più
del
nostro
gioco
.
E
questa
illusione
è
anche
maggiore
nei
giovinetti
che
,
vivendo
in
un
giro
più
ristretto
d
'
idee
e
di
faccende
,
hanno
di
solito
meno
cose
da
dire
che
gli
uomini
,
e
con
minori
particolari
,
e
con
minor
necessità
d
'
essere
esatti
.
Ma
se
potessero
i
giovanetti
immaginare
in
quanti
impicci
si
troverebbero
parlando
la
lingua
,
quando
fossero
trasportati
di
sbalzo
in
un
'
altra
regione
d
'
Italia
,
fuor
del
piccolo
mondo
della
famiglia
e
della
scuola
in
cui
è
circoscritta
la
loro
vita
,
quanta
parte
di
lingua
s
'
accorgerebbero
d
'
ignorare
,
assolutamente
necessaria
,
e
soprattutto
quante
cose
si
troverebbero
costretti
ogni
momento
a
descrivere
,
invece
di
nominarle
,
con
molto
stento
e
non
senza
vergogna
,
se
questo
potessero
immaginare
,
credo
che
non
occorrerebbe
loro
altro
eccitamento
per
indursi
allo
studio
.
A
questo
proposito
ebbi
da
ragazzo
una
lezione
che
mi
riuscì
utilissima
.
Da
qualche
tempo
studiavo
la
lingua
,
e
mi
illudevo
che
fosse
un
gran
che
quel
poco
patrimonio
di
parole
e
di
frasi
letterarie
,
che
m
'
ero
ammucchiato
nel
capo
;
e
ne
menavo
gran
vanto
.
Un
giorno
fui
invitato
a
colazione
da
un
mio
vecchio
zio
,
che
stava
in
una
villetta
,
sulla
riva
d
'
un
torrente
,
a
qualche
miglio
dalla
piccola
città
piemontese
,
dov
'
era
stabilita
allora
la
mia
famiglia
.
Era
uno
spirito
mordace
,
benchè
buono
d
'
indole
,
dotto
di
storia
,
e
conoscitore
profondo
della
lingua
,
della
quale
s
'
occupava
ancora
con
amore
.
Eravamo
alle
frutte
,
quando
il
discorso
cadde
su
quest
'
argomento
,
ed
io
vantai
i
miei
studi
di
lingua
col
tono
d
'
un
filologo
,
che
potesse
parlare
in
cattedra
della
materia
.
Spiacque
la
mia
sicumera
al
buon
vecchio
;
il
quale
sorrise
con
aria
maliziosa
,
e
mi
disse
:
-
Vediamo
dunque
un
poco
,
signor
linguista
,
se
la
dottrina
corrisponde
al
vanto
.
Vuol
ella
scommettere
che
senza
uscire
dal
giro
delle
cose
che
abbiamo
sotto
gli
occhi
,
di
nove
su
dieci
che
glie
ne
accenno
ella
non
sa
il
nome
,
e
neppure
delle
operazioni
usualissime
che
vi
si
riferiscono
?
-
E
cominciò
la
prova
,
che
m
'
è
rimasta
bene
impressa
nella
mente
,
perché
egli
mi
fece
notar
le
parole
con
la
matita
.
-
Eccoti
il
fiasco
-
,
mi
disse
.
-
Sai
come
si
dice
gettar
via
dal
fiasco
pieno
un
poco
di
vino
per
purgarlo
da
qualche
cosa
di
poco
netto
?
No
?
Sboccare
il
fiasco
.
Sai
come
si
chiama
l
'
operazione
di
riempire
un
fiasco
scemo
?
No
?
Rabboccarlo
.
E
come
si
dice
con
una
sola
parola
vuotare
un
mezzo
fiasco
?
Neppure
.
Si
dice
ammezzarlo
,
un
fiasco
ammezzato
.
Hai
detto
che
questo
vino
è
un
po
'
infortito
,
ed
è
vero
:
comincia
a
prendere
il
fuoco
;
ma
sai
come
si
dice
del
vino
infortito
che
pizzica
la
lingua
e
il
palato
?
La
parola
propria
?
No
.
Si
dice
che
ha
l
'
appinzo
.
Guarda
questo
bicchiere
:
vedi
questo
spazietto
interposto
nella
sostanza
del
vetro
?
Sai
come
si
chiama
?
Púlica
.
E
la
parte
più
sottile
della
lama
di
questo
coltello
,
che
è
fermata
nel
manico
?
Códolo
.
E
il
dente
della
forchetta
?
Rebbio
.
E
questo
?
Reggifiasco
.
E
quest
'
altro
?
Reggiposate
.
E
ciascuna
di
queste
ciocchette
di
chicchi
che
formano
il
grappolo
,
sai
che
si
chiama
racìmolo
?
E
fiócine
la
buccia
dell
'
acino
?
E
vinacciuolo
il
granello
sodo
che
v
'
è
dentro
?
E
il
nome
di
questa
buccia
interiore
della
castagna
?
Peluria
,
andiamo
.
E
questa
parte
della
lattuga
,
composta
delle
foglie
più
piccole
e
più
tenere
,
che
fanno
cesto
,
come
la
chiami
?
Grùmolo
.
E
il
reticino
per
scoter
l
'
insalata
?
Nemmen
questo
.
Scotitoio
.
O
veda
un
po
'
,
signor
linguista
!
Riprese
fiato
e
tirò
innanzi
.
-
Ora
ti
servo
le
frutte
.
Son
certo
che
non
sai
che
si
dicono
sfarinate
le
pere
come
queste
,
che
non
reggono
al
dente
,
come
le
patate
,
che
sfarinano
;
né
che
si
dicono
maculate
quelle
che
portano
segni
delle
mani
;
né
che
si
chiamano
nocchi
queste
specie
d
'
osserelli
dei
frutti
,
che
è
lo
stesso
nome
,
nocchio
,
della
parte
del
fusto
dell
'
albero
indurita
e
gonfiata
per
la
pullulazione
dei
rami
.
E
guarda
questo
baco
della
pera
che
s
'
attorce
:
tu
non
sai
che
con
parola
propria
si
dice
che
s
'
assérpola
.
Rifacciamoci
un
po
'
indietro
.
Tu
hai
rotto
la
punta
a
un
ovo
a
bere
:
sai
che
si
chiama
scocciare
l
'
ovo
?
Hai
preso
la
parte
superiore
del
gelato
:
sai
che
si
dice
scolmare
il
gelato
?
E
a
proposito
dei
tordi
che
hai
mangiati
,
sai
che
si
dice
dare
un
fermo
ai
tordi
la
prima
cottura
che
si
da
loro
perché
non
vadano
a
male
?
Ora
senti
:
come
dici
del
pan
fresco
che
fa
questo
rumore
,
quando
si
preme
?
Che
scroscia
,
signorino
.
E
di
questa
crostata
sotto
il
dente
?
Che
scrógiola
,
da
non
confondersi
con
sgrigiolare
,
che
è
il
rumore
delle
scarpe
nuove
.
E
dell
'
olio
che
bolle
?
Che
grilla
o
grilletta
;
e
sfriggolare
del
rumore
che
fa
il
pesce
o
altra
cosa
,
posta
a
soffriggere
nella
padella
.
E
agitar
così
il
liquido
nella
bottiglia
sai
che
si
dice
sciaguattare
?
E
uscire
a
gorgo
l
'
uscir
dall
'
acqua
così
,
dalla
bottiglia
capovolta
?
E
l
'
uscire
in
quest
'
altro
modo
:
venir
giù
filo
filo
?
To
'
,
e
come
si
chiama
questa
pozza
che
ha
fatto
l
'
acqua
buttata
in
terra
?
Stroscia
.
E
a
questa
radura
del
tovagliolo
che
nome
dài
?
Ragnatura
.
E
questo
,
dove
infilerai
il
tovagliolo
?
Girello
,
signor
linguista
.
E
potrei
seguitare
,
se
ti
garbasse
.
Io
m
'
alzai
da
tavola
,
stizzito
,
e
per
nascondere
la
stizza
,
m
'
andai
a
affacciare
alla
finestra
.
Ma
il
vocabolarista
implacabile
mi
si
venne
a
mettere
accanto
,
e
riattaccò
.
-
Ti
voglio
regalare
un
'
appendice
-
mi
disse
.
-
Supponi
di
dover
andare
di
qua
,
partendo
dall
'
orto
,
fino
a
quel
ceppo
di
case
che
è
là
di
faccia
.
Tu
parti
da
quell
'
angolo
dove
son
piantati
i
baccelli
,
e
non
sai
che
si
chiama
baccellaio
,
ci
scommetto
.
Suppongo
che
tu
inciampi
nel
ceppo
di
quel
noce
tagliato
a
fior
di
terra
,
e
non
sai
che
si
chiama
ceppaia
.
Passi
all
'
ombra
di
quel
filare
d
'
alberi
,
e
non
sapresti
dire
che
son
potati
a
capitozza
.
E
non
sai
neppure
che
si
chiama
cavaticcio
quel
mucchio
di
terra
intorno
al
quale
devi
girare
,
e
palancola
il
tavolone
su
cui
passerai
quella
gora
,
dove
si
raccolgono
tutti
gli
scoli
del
campo
,
e
che
ha
pure
un
nome
che
non
sai
:
capifosso
.
Non
ti
domando
neppure
se
sai
che
si
chiama
capezza
quell
'
ultimo
solco
che
fa
vivagno
al
lato
del
campo
,
e
callaia
quell
'
apertura
fatta
nella
siepe
per
entrar
nel
campo
vicino
,
e
macereto
quell
'
ammasso
di
macerie
d
'
una
vecchia
casa
che
è
in
riva
al
torrente
,
dove
vedi
quel
ragazzo
che
bada
alle
vacche
.
E
a
proposito
,
qual
è
il
nome
proprio
della
campanella
che
hanno
al
collo
le
vacche
?
E
quello
del
tempo
nel
quale
l
'
erba
suol
nascere
?
E
quello
della
rena
raccolta
sulle
rive
del
torrente
,
dove
passa
ora
quel
contadino
che
v
'
affonda
i
piedi
?
...
Cam
-
pá
-
no
,
er
-
ba
-
tu
-
ra
,
re
-
nic
-
cio
.
E
quei
punti
del
torrente
dove
l
'
acqua
è
profonda
,
e
una
pietra
che
vi
si
getti
fa
un
tonfo
,
si
chiaman
tónfani
,
una
bella
parola
onomatopeica
;
e
quello
dove
il
torrente
fa
una
gran
voltata
si
chiama
girone
;
e
dove
l
'
acqua
fa
un
rigiro
vorticoso
si
dice
che
fa
un
mulinello
....
Che
cosa
ne
dici
?
C
'
è
ancora
qualche
lacunetta
,
pare
,
nella
tua
dottrina
linguistica
.
Mentre
egli
parlava
,
io
mi
tenni
sempre
in
un
silenzio
cocciuto
,
sorridendo
un
po
'
ironicamente
,
per
fargli
supporre
che
molte
di
quelle
parole
le
sapessi
,
e
non
le
volessi
dire
per
dispetto
;
ma
in
realtà
mi
riuscivan
nuove
quasi
tutte
.
E
seguitai
a
tacere
mentre
le
notavo
sur
un
foglio
di
carta
,
a
sua
dettatura
.
Ma
mi
rodevo
dal
dispetto
davvero
,
e
in
cuor
mio
lo
trattavo
di
pedante
fradicio
e
di
spazzaturaio
di
vocaboli
,
e
dicevo
che
aver
nel
capo
un
magazzino
di
parole
non
era
saper
la
lingua
.
La
lezione
fece
frutto
,
non
di
meno
.
Quando
fui
a
casa
,
pensai
che
in
cento
altri
luoghi
,
in
mezzo
a
cose
affatto
diverse
da
quelle
che
mio
zio
m
'
aveva
indicate
,
io
avrei
dovuto
rispondere
altrettante
volte
:
-
non
so
-
a
chi
m
'
avesse
interrogato
com
'
egli
aveva
fatto
,
e
compresi
per
la
prima
volta
il
vuoto
enorme
che
mi
restava
a
riempire
nella
mente
prima
di
potermi
vantare
di
saper
la
lingua
.
Mi
posi
allora
sul
serio
allo
studio
della
nomenclatura
.
Ma
non
ebbi
la
costanza
di
proseguirlo
come
avrei
dovuto
.
E
dell
'
averlo
trasandato
risento
e
lamento
il
danno
spessissimo
,
perché
son
costretto
a
ogni
tratto
,
scrivendo
,
a
posar
la
penna
per
cercare
come
si
chiama
questa
o
quella
cosa
,
e
non
sempre
trovando
subito
,
perdo
la
pazienza
e
il
filo
delle
idee
e
il
calore
dell
'
ispirazione
;
e
spesso
non
trovo
,
e
mi
tocca
a
interrogare
amici
,
a
voce
e
anche
per
lettera
;
e
qualche
volta
son
ridotto
a
non
scrivere
una
cosa
che
vorrei
scrivere
perché
mi
manca
la
parola
e
il
tempo
di
cercarla
.
E
non
dico
della
vergogna
di
dover
rispondere
molte
volte
:
-
non
lo
so
-
a
chi
mi
domanda
il
nome
di
questo
o
di
quell
'
oggetto
,
che
tutti
i
ragazzi
toscani
sanno
nominare
;
vergogna
,
dico
,
perché
nel
sorriso
degl
'
interrogatori
non
sodisfatti
leggo
bene
il
pensiero
che
non
m
'
esprimono
:
-
E
son
cinquant
'
anni
che
studia
la
lingua
!
LA
LINGUA
CHE
NON
SI
PARLA
.
Via
via
che
procederai
nello
studio
,
sempre
più
sarai
maravigliato
del
gran
numero
di
parole
e
di
locuzioni
vive
,
che
,
pure
essendo
usate
da
scrittori
d
'
ogni
regione
d
'
Italia
,
non
si
sentono
mai
,
o
di
radissimo
,
nella
conversazione
della
gente
colta
fuor
della
Toscana
,
come
se
non
appartenessero
alla
lingua
parlata
;
e
dalla
considerazione
di
questa
povertà
della
lingua
che
si
parla
intorno
a
te
,
sempre
più
sarai
eccitato
a
studiare
.
Per
dimostrarti
la
verità
di
quanto
affermo
,
ti
cito
alcuni
modi
notati
da
me
,
fra
i
moltissimi
ch
'
io
non
sento
mai
dire
né
da
piemontesi
,
né
da
lombardi
,
né
da
liguri
,
né
da
veneti
,
che
anche
parlino
e
scrivano
decorosamente
la
lingua
.
Pensa
un
poco
tu
pure
se
t
'
occorse
mai
d
'
udir
le
parole
malmenìo
,
rigirìo
,
rodìo
,
rosicchío
,
pigío
,
friggío
,
brusío
,
sbatacchío
,
fulminío
,
almanacchío
,
battío
(
battío
di
mani
)
,
delle
quali
si
comprende
alla
prima
il
significato
anche
da
chi
non
le
abbia
mai
udite
né
lette
.
Così
intesi
mille
volte
accennare
,
per
esempio
,
quelle
pieghe
graziose
che
fanno
per
grassezza
il
collo
e
le
gambe
dei
bambini
;
ma
mai
,
posso
dir
mai
in
vita
mia
,
con
la
parola
più
propria
,
che
è
riseghinetta
,
o
riségolo
.
Occorre
spessissimo
di
dir
le
cose
seguenti
:
la
fanghiglia
,
che
rimane
nelle
strade
dopo
la
pioggia
;
una
quantità
di
roba
vegetale
,
guasta
o
non
adoperabile
,
che
fa
impaccio
e
lordura
;
un
laidume
invecchiato
sulla
persona
o
sur
un
muro
;
una
macchia
di
sudiciume
vistosa
;
un
'
operazione
lunga
e
noiosa
da
non
cavarne
costrutto
nessuno
;
una
stanzuccia
misera
e
stretta
;
un
segreto
intrigo
amoroso
;
un
aiuto
o
guadagno
o
risorsa
inaspettata
;
un
soffio
di
vento
che
vien
da
una
fessura
o
apertura
;
un
minuzzolo
di
che
che
sia
,
in
senso
spregevole
;
l
'
irritamento
che
fanno
alla
gola
certe
vivande
fritte
nell
'
olio
o
nel
burro
non
più
fresco
;
la
bella
mostra
che
fanno
di
sé
cose
o
persone
,
o
il
crescere
,
cuocendo
,
di
certe
pietanze
,
che
riescono
più
abbondanti
che
non
paressero
;
e
inquietarsi
,
arrabbiarsi
a
trattar
con
qualcuno
o
a
far
qualche
cosa
.
Ebbene
,
io
non
sento
mai
,
o
quasi
mai
dir
queste
cose
con
le
parole
usatissime
in
Toscana
e
dagli
scrittori
:
belletta
,
pattume
o
pacciame
,
loia
,
struggibuco
,
sgabuzzino
,
ripesco
,
rincalzo
,
spiffero
,
trìtolo
,
rancico
,
compariscenza
,
appariscenza
,
compàrita
,
assaettamento
.
Così
non
mi
ricordo
d
'
aver
mai
inteso
da
un
mio
corregionale
i
verbi
anfanare
(
andar
qua
e
là
senza
saper
dove
)
,
frucchiare
(
metter
le
mani
,
per
smania
di
darsi
faccenda
,
in
più
e
diverse
cose
)
,
frizzare
(
vuol
far
lo
spiritoso
,
ma
non
frizza
)
,
frullare
(
mi
sentii
frullare
un
sasso
accanto
all
'
orecchio
)
,
rigirare
(
rigirarsela
bene
)
,
raccenciarsi
,
rinquattrinarsi
,
spappolare
(
di
cosa
morbida
che
,
toccandola
,
si
disfà
fra
le
dita
)
;
né
i
modi
:
aver
entratura
con
uno
,
trovar
l
'
inchiodatura
(
trovar
modo
o
argomento
certo
di
far
che
che
sia
)
,
avere
il
restío
,
avere
il
suo
ripieno
(
in
una
cosa
,
vale
a
dire
il
fatto
suo
)
,
averla
graziata
,
far
monte
,
farla
bassa
,
baciar
basso
,
lavorar
di
fine
,
gettarsi
in
grembo
a
uno
,
levarla
del
pari
,
fare
una
cosa
a
saetta
,
dare
un
'
indossata
a
un
abito
,
stare
a
uscio
e
bottega
;
e
potrei
seguitare
per
decine
di
pagine
.
Non
è
a
dire
che
queste
e
altre
parole
e
maniere
siano
sconosciute
:
molti
le
sapranno
o
le
sanno
;
ma
non
le
usano
parlando
perché
non
le
hanno
alla
mano
,
perché
esse
non
fanno
parte
del
loro
vocabolario
orale
,
di
quella
provvisione
di
lingua
che
si
porta
con
sé
,
e
che
si
spende
giornalmente
,
nella
conversazione
ordinaria
;
e
però
,
quanto
all
'
uso
,
è
come
se
non
le
sapessero
.
Dunque
,
se
non
ti
vuoi
ridurre
a
parlar
la
lingua
povera
che
generalmente
si
parla
,
bada
bene
,
leggendo
,
a
tutti
quei
modi
che
intorno
a
te
non
senti
mai
dire
,
e
cerca
quali
sono
i
modi
che
s
'
usano
di
solito
in
luogo
di
quelli
,
e
raffronta
gli
uni
con
gli
altri
;
e
per
stamparti
nella
mente
quelli
insoliti
,
e
perché
non
vadano
dentro
gli
armadi
chiusi
,
ma
restino
sugli
scaffali
aperti
della
memoria
,
dove
ti
s
'
offrano
alla
vista
e
alla
mano
a
ogni
occorrenza
,
lega
ciascun
d
'
essi
a
un
tuo
pensiero
,
immaginando
un
fatto
,
un
luogo
,
un
'
occasione
,
in
cui
tu
lo
possa
usare
,
e
anche
una
persona
nota
a
cui
tu
lo
abbia
a
dire
,
e
anche
l
'
accento
e
il
gesto
con
cui
lo
diresti
.
Se
non
farai
questo
,
sfuggiranno
di
mente
anche
a
te
come
agli
altri
,
e
ti
troverai
,
parlando
la
lingua
,
nella
condizione
di
quei
moltissimi
sfortunati
ai
quali
,
nelle
discussioni
e
nell
'
opera
,
l
'
arguzia
vittoriosa
,
l
'
argomento
convincente
,
lo
spediente
utile
si
presentano
sempre
troppo
tardi
,
quando
il
momento
di
servirsene
è
passato
.
LA
LINGUA
APPROSSIMATIVA
.
Perché
non
possediamo
che
uno
scarso
materiale
di
lingua
,
noi
parliamo
una
lingua
che
si
potrebbe
chiamare
approssimativa
,
con
la
quale
non
esprimiamo
quasi
mai
esattamente
,
ma
soltanto
press
'
a
poco
,
il
nostro
pensiero
;
e
perché
dell
'
improprietà
del
nostro
linguaggio
non
abbiamo
coscienza
,
una
gran
parte
dei
modi
,
che
ci
sono
abituali
,
ci
paiono
i
più
propri
a
dire
quello
che
pensiamo
;
e
solo
quando
vengono
a
nostra
cognizione
quelli
che
sarebbero
propri
veramente
,
riconosciamo
che
quegli
altri
non
dicevano
per
l
'
appunto
le
cose
che
volevamo
dire
.
Non
soltanto
;
ma
ricominciamo
assai
spesso
,
imparando
i
nuovi
modi
,
che
non
erano
nella
nostra
mente
certe
gradazioni
d
'
idee
,
sfumature
di
sentimento
e
particolarità
di
cose
,
che
essi
esprimono
;
e
son
essi
che
ce
ne
dànno
il
concetto
;
ciò
che
disse
benissimo
un
grande
scrittore
,
affermando
che
certe
idee
non
ci
vengono
neppure
in
mente
perché
non
abbiamo
le
parole
con
le
quali
potrebbero
venire
.
Ti
cito
una
serie
d
'
esempi
che
ti
persuaderanno
.
Confondere
.
-
Noi
non
usiamo
questa
parola
nel
significato
che
ha
negli
esempi
seguenti
:
-
Non
si
confonda
con
la
politica
.
-
Non
si
confonda
con
quel
figuro
.
-
Non
si
confonda
a
cercare
codesto
foglio
.
-
Ebbene
,
nessuna
delle
espressioni
che
noi
usiamo
in
quei
casi
in
vece
di
confondere
dice
per
l
'
appunto
la
stessa
cosa
,
perché
affannarsi
,
tormentarsi
,
montarsi
il
capo
dicon
troppo
,
e
darsi
pensiero
,
perdere
il
tempo
,
occuparsi
,
impicciarsi
non
dicono
abbastanza
.
Infognare
.
-
Infognarsi
in
un
affare
,
in
una
impresa
.
Con
che
altra
parola
potresti
dire
così
efficacemente
che
si
tratta
d
'
un
affare
,
oltre
che
rischioso
,
disonorevole
?
Ribruscolare
.
-
Sono
andati
a
ribruscolare
tutte
le
scapataggini
della
sua
gioventù
.
-
Noi
sogliamo
dire
rintracciare
,
rivangare
.
Ma
ribruscolare
,
che
significa
propriamente
raccogliere
i
minuti
avanzi
e
bruscoli
d
'
ogni
cosa
,
come
esprime
meglio
la
minuziosità
,
quasi
la
malignità
diligente
e
paziente
con
la
quale
i
nemici
d
'
una
persona
cercano
il
pelo
nell
'
ovo
per
iscreditarla
!
Rifrustare
.
-
È
un
fannullone
vizioso
che
rifrusta
tutte
le
bettole
.
-
Rifrustare
,
che
,
traslato
,
significa
ricercare
in
ogni
parte
,
in
ogni
angolo
più
segreto
,
esprime
assai
meglio
del
frequentare
o
bazzicare
,
che
noi
useremmo
,
l
'
idea
del
vizio
infistolito
e
insaziabile
.
Riportare
.
-
Quel
ragazzo
mi
riporta
tutto
suo
padre
nell
'
andare
,
nel
gestire
,
nel
parlare
.
-
Riportare
,
in
questo
significato
,
dice
più
di
rassomigliare
e
di
ricordare
,
come
noi
diremmo
;
significa
:
è
tal
quale
,
e
presenta
molto
più
vivamente
l
'
immagine
.
Rimaner
male
,
nella
sua
indeterminatezza
,
esprime
meglio
d
'
ogni
altro
modo
generalmente
usato
lo
stato
d
'
animo
mal
definibile
di
chi
per
un
detto
o
un
atto
altrui
rimane
scontento
,
corbellato
,
disingannato
,
fra
risentito
e
confuso
.
Star
su
.
-
Credi
ch
'
io
stia
sui
cinquanta
centesimi
?
Piglia
una
lira
e
vattene
.
-
Noi
diremmo
che
io
badi
o
ch
'
io
m
'
impunti
;
ma
in
badare
non
è
espresso
abbastanza
il
concetto
dell
'
interesse
;
impuntarsi
è
troppo
forte
;
star
su
esprime
un
'
idea
di
mezzo
tra
il
semplice
concetto
dell
'
interesse
e
quello
dell
'
avarizia
che
lesina
.
Stillare
.
-
L
'
ha
stillata
bella
!
-
Nove
su
dieci
noi
diremmo
l
'
ha
pensata
o
trovata
.
Ma
stillare
significa
chiaramente
la
ricerca
sottile
e
l
'
accortezza
della
trovata
,
che
pensare
e
trovare
non
esprimono
.
Stridere
.
-
Bisogna
striderci
,
per
dire
che
di
una
tal
cosa
non
ci
possiamo
esimere
,
benchè
ci
dispiaccia
.
Noi
diremmo
invece
adattarsi
,
rassegnarsi
o
simili
,
che
non
dicono
così
bene
il
rincrescimento
o
il
dispetto
con
cui
c
'
induciamo
a
fare
o
a
sopportare
quella
data
cosa
.
Storcere
.
-
Non
mi
storcere
le
parole
.
-
Non
c
'
è
altro
modo
,
di
quelli
che
noi
useremmo
,
che
esprima
con
un
traslato
così
efficace
l
'
interpretare
malignamente
le
parole
altrui
in
significato
diverso
dal
vero
.
Pigliare
in
cattivo
senso
,
per
esempio
,
non
dice
,
come
la
parola
storcere
,
il
proposito
dell
'
interpretazione
cattiva
,
e
anche
sostituendo
voltare
a
pigliare
si
esprimerebbe
con
minore
evidenza
lo
sforzo
e
il
mal
animo
.
Stare
in
tentenna
.
-
Tu
diresti
tentennare
senz
'
altro
;
ma
tentennare
dice
una
cosa
che
tentenni
,
barcolli
o
stia
male
in
piedi
momentaneamente
;
stare
in
tentenna
dice
la
permanenza
della
cosa
in
quello
stato
.
E
così
stare
in
tremolo
.
Pigliare
a
frullo
.
-
Vedi
se
l
'
idea
di
fermare
una
persona
dove
che
sia
e
appena
càpiti
,
o
quella
di
cogliere
rapidamente
parole
,
idee
,
senza
che
altri
ci
pensi
e
per
nostro
giovamento
,
può
essere
espressa
in
altri
modi
con
maggior
proprietà
ed
evidenza
.
-
Venirti
a
cercare
a
casa
è
tempo
perso
;
bisogna
pigliarti
a
frullo
.
-
Piglia
a
frullo
i
discorsi
dei
valentuomini
,
e
poi
se
ne
fa
bello
.
Prendere
il
vecchiuccio
.
-
D
'
una
persona
,
non
è
lo
stesso
che
dire
:
comincia
a
farsi
vecchio
,
perché
significa
pure
l
'
idea
:
benchè
non
paia
,
o
cerchi
di
nasconderlo
.
Fare
agli
occhi
.
-
Si
dice
di
due
innamorati
che
fanno
agli
occhi
.
Vedi
se
ti
riesce
di
trovare
qualsiasi
altro
modo
che
dica
come
questo
il
guardarsi
a
vicenda
dì
continuo
e
quasi
conversare
con
gli
sguardi
,
non
potendolo
fare
liberamente
a
parole
.
Fare
una
smusata
,
una
smusatura
a
uno
.
-
Tu
intendi
quello
che
significa
,
e
senti
che
l
'
idea
non
è
significata
così
determinatamente
dalle
parole
atto
villano
,
o
di
dispregio
o
di
schifo
o
di
fastidio
,
o
mal
garbo
,
né
con
pari
sfumatura
comica
da
fare
una
brutta
faccia
o
una
smorfia
.
Ti
cito
più
alla
lesta
qualche
altro
esempio
.
Non
senti
che
la
parola
amarume
nella
frase
:
-
C
'
è
un
po
'
d
'
amarume
fra
di
noi
,
-
significa
qualche
cosa
di
meno
di
amarezza
,
e
non
potrebbe
essere
sostituita
per
l
'
appunto
da
nessun
'
altra
parola
?
E
nel
modo
:
ho
tutta
la
giornata
impicciata
non
è
espressa
un
'
idea
che
le
parole
occupata
,
impegnata
non
rendono
esattamente
,
perché
voglion
dire
un
'
occupazione
continua
,
non
una
serie
d
'
occupazioni
con
intervalli
di
tempo
libero
,
ma
troppo
brevi
,
da
poterli
impiegare
a
qualche
cos
'
altro
?
E
dicendo
un
affare
rassegato
(
rassegare
,
d
'
un
liquido
grasso
che
si
rappiglia
)
non
dài
l
'
idea
d
'
un
affare
finito
,
ma
più
recente
di
quello
che
significherebbe
finito
senz
'
altro
,
o
passato
o
da
non
pensarci
più
?
E
come
s
'
esprimerebbe
così
propriamente
l
'
idea
d
'
un
tempo
in
cui
si
sia
fatta
una
vita
dura
,
faticosa
,
affannosa
,
come
col
modo
:
sono
stati
giorni
,
anni
sudati
?
E
la
parola
strettita
nel
dire
:
aver
la
gola
strettita
dal
pianto
,
non
ti
pare
che
abbia
forza
più
particolarmente
espressiva
che
la
parola
stretta
,
che
fa
a
tanti
altri
casi
?
E
qual
altra
parola
dice
così
bene
ad
un
tempo
turbato
di
mente
,
distratto
,
sconcertato
,
svogliato
,
impensierito
,
come
stonato
:
oggi
sono
stonato
,
non
capisco
nulla
?
E
pensa
un
po
'
se
t
'
occorre
spesso
di
sentir
dire
:
uomo
di
ricapito
,
uomo
impiccioso
,
un
po
'
zolfino
,
scattoso
,
troppo
entrante
,
un
mettibocca
,
uno
sputazucchero
,
tutti
modi
che
s
'
intendono
alla
prima
,
e
se
le
parole
che
s
'
usano
di
solito
in
luogo
di
quelle
hanno
proprio
la
stessa
sfumatura
di
significato
,
o
non
dicono
invece
la
cosa
press
'
a
poco
,
come
altre
innumerevoli
che
noi
spendiamo
abusivamente
perché
non
abbiamo
tra
mano
moneta
migliore
?
Credo
che
bastino
questi
esempi
a
dimostrarti
che
noi
parliamo
davvero
una
lingua
approssimativa
,
e
che
il
liberarti
da
questo
malanno
dev
'
essere
uno
dei
tuoi
primi
intenti
,
e
questo
intento
una
delle
tue
prime
norme
nello
studio
della
tua
lingua
.
LA
LINGUA
CHE
ABBREVIA
.
Ti
do
un
altro
consiglio
,
sul
quale
credo
di
dover
insistere
in
particolar
modo
:
di
notare
e
d
'
imprimerti
bene
nella
mente
,
leggendo
gli
scrittori
e
il
dizionario
,
tutte
le
parole
e
le
locuzioni
che
esprimono
un
'
idea
più
brevemente
di
come
tu
sei
usato
ad
esprimerla
o
a
sentirla
esprimere
fra
noi
.
Dirai
:
-
Che
importa
una
parola
o
una
sillaba
di
più
o
di
meno
nell
'
espressione
d
'
un
'
idea
?
-
Poco
-
rispondo
-
nell
'
espressione
di
ciascuna
idea
presa
a
parte
;
ma
siccome
sono
moltissime
le
cose
che
noi
sogliamo
dire
con
maggior
numero
di
parole
del
necessario
,
ne
segue
che
il
nostro
discorso
,
in
generale
,
riuscirebbe
notevolmente
più
breve
,
più
sobrio
e
quindi
più
efficace
,
se
accorciassimo
tutte
le
espressioni
del
nostro
pensiero
che
si
possono
accorciare
.
La
brevità
,
quando
non
nuoce
alla
chiarezza
,
è
bellezza
e
forza
.
Nel
parlare
come
nello
scrivere
,
c
'
è
fra
chi
è
breve
e
chi
è
lungo
,
per
rispetto
all
'
uditore
e
al
lettore
,
la
stessa
differenza
che
fra
chi
paga
in
oro
e
chi
paga
in
rame
;
chè
,
dandoti
la
stessa
somma
,
l
'
uno
ti
lascia
leggiero
e
l
'
altro
ti
carica
.
E
sai
quello
che
dice
il
Leopardi
:
che
tanto
è
più
viva
l
'
attenzione
e
maggiore
il
piacere
di
chi
legge
o
ascolta
quanto
è
più
rapida
la
successione
delle
cose
,
dei
pensieri
,
delle
immagini
che
lo
scrittore
o
il
parlatore
gli
fa
passare
davanti
.
*
Per
esempio
;
noi
usiamo
esprimere
col
verbo
diventare
o
fare
e
con
un
aggettivo
un
gran
numero
d
'
idee
che
s
'
esprimono
benissimo
con
una
sola
parola
,
con
un
verbo
intransitivo
.
Della
maggior
parte
dei
verbi
intransitivi
,
specialmente
parlando
,
non
ci
serviamo
quasi
mai
,
come
se
fossero
ferri
della
lingua
che
non
sappiamo
maneggiare
.
Diciamo
quasi
sempre
:
diventar
rozzo
,
secco
,
triste
,
selvatico
,
vano
,
grullo
,
asino
,
canaglia
,
tozzo
,
furbo
,
zotico
,
bello
,
brutto
,
caparbio
,
grinzoso
,
minchione
,
sospettoso
,
insolente
,
e
mai
,
o
quasi
mai
:
arrozzire
,
assecchire
,
intristire
,
inselvatichire
,
invanire
,
ingrullire
o
ringrullire
,
inasinire
,
incanaglire
,
intozzire
,
infurbire
,
inzotichire
,
imbellire
,
imbruttire
,
incaparbire
,
raggrinzire
,
rimminchionire
,
insospettire
,
insolentire
.
Diciamo
sempre
:
i
capelli
tagliati
diventano
più
fitti
,
non
affittiscono
o
raffittiscono
;
si
fa
notte
,
si
fa
buio
,
non
annotta
,
rabbuia
;
questa
tela
comincia
a
farsi
rada
,
non
:
comincia
a
diradare
;
questo
mobile
non
è
bene
accostato
al
muro
,
non
:
accosta
bene
al
muro
.
E
vedi
se
senti
mai
usare
in
forma
intransitiva
i
verbi
:
-
abbassare
(
la
temperatura
abbassa
)
,
raffrescare
(
verso
sera
raffresca
)
,
raddolcire
(
la
stagione
comincia
a
raddolcire
)
,
rabbruscare
,
del
tempo
(
cominciò
a
rabbruscare
verso
notte
)
,
riscaldare
(
appena
riscalda
,
io
vado
in
villa
)
,
rischiarare
(
aspetto
che
rischiari
per
uscir
di
casa
)
,
scorciare
(
le
giornate
cominciano
a
scorciare
)
,
alzare
(
la
casa
alza
dalle
fondamenta
quindici
metri
)
,
accordare
(
questa
parte
non
accorda
bene
con
l
'
altra
)
,
infortire
(
questo
vino
infortisce
)
,
abbozzolare
(
questa
farina
abbozzola
)
,
stingere
,
perdere
il
colore
(
questi
panni
stingono
)
?
E
tu
diresti
sempre
che
la
carne
diventa
frolla
non
che
infrollisce
;
che
il
burro
diventa
rancido
,
non
che
rancidisce
;
che
il
sangue
si
rappiglia
,
non
che
rappiglia
;
che
un
tale
s
'
impunta
,
s
'
incaglia
nel
parlare
,
non
che
impunta
,
che
incaglia
;
e
che
una
passione
si
fa
o
diventa
gagliarda
,
non
che
ingagliardisce
,
e
che
Tizio
per
ogni
piccola
cosa
mette
il
grugno
,
non
che
ingrugna
;
e
non
mai
infreddare
,
ma
sempre
:
prendere
un
raffreddore
.
Non
è
forse
vero
?
Differenze
minime
;
ma
son
queste
e
tant
'
altre
piccole
abbreviature
,
ciascuna
per
sé
trascurabile
,
che
tutte
insieme
abbreviano
e
isveltiscono
notevolmente
il
discorso
.
*
Ti
cito
un
'
altra
serie
di
verbi
,
usati
pochissimo
da
noi
,
ciascuno
dei
quali
ci
farebbe
risparmiare
una
o
più
parole
,
e
qualche
volta
una
proposizione
intera
.
-
Con
quella
pipa
egli
m
'
appuzza
tutta
la
casa
.
Noi
diremmo
:
mi
riempie
di
puzzo
.
-
Dopo
che
è
cavaliere
non
mi
degna
più
.
Non
si
può
esprimere
altrimenti
l
'
idea
con
una
sola
parola
.
-
Appena
mi
vide
,
si
difilò
verso
di
me
.
Noi
diremmo
:
venne
difilato
.
-
Quel
ragazzo
dirazza
dai
suoi
genitori
.
-
Il
terreno
comincia
a
erbire
.
-
Ho
appratito
(
ridotto
a
prato
)
tutto
il
mio
podere
.
-
Il
sole
di
maggio
fiorisce
tutta
la
campagna
.
-
Gli
alberi
cominciano
a
frondeggiare
.
-
Il
prato
colmeggia
verso
il
mezzo
.
-
Il
terreno
in
quel
punto
pianeggia
.
-
La
strada
in
quel
punto
forcheggia
.
-
Quest
'
anno
le
biade
graniscono
bene
.
-
Quell
'
abito
le
rifà
la
persona
,
quelle
tende
nuove
rifanno
il
salotto
.
-
Non
è
vero
che
tutti
questi
verbi
non
li
usiamo
quasi
mai
nella
forma
e
nel
significato
che
hanno
negli
esempi
citati
,
e
che
quasi
sempre
ci
occorrono
parecchie
parole
per
dire
quello
che
essi
dicono
?
E
si
può
dir
lo
stesso
dei
seguenti
:
-
entrare
,
senz
'
altro
,
per
entrare
a
parlare
(
quando
qualcuno
gli
entrava
sull
'
affare
dell
'
eredità
,
era
un
guaio
)
-
,
cabalare
,
per
ordire
inganni
-
,
incappellare
,
per
prender
cappello
-
,
insignorirsi
,
per
diventar
signore
-
,
dimoiare
(
il
liquefarsi
della
neve
.
Faceva
un
umidiccio
come
quando
dimoia
)
,
-
imbaulare
la
roba
-
,
discoleggiare
,
facicchiare
(
un
far
leggero
e
poco
concludente
:
non
fa
,
ma
facicchia
)
-
,
frivoleggiare
,
ghiribizzare
(
che
vai
ghiribizzando
?
)
-
,
giovaneggiare
,
labbreggiare
(
recitar
sotto
voce
)
-
,
legneggiare
(
far
legna
)
-
,
lenteggiare
(
questa
corda
lenteggia
,
non
è
abbastanza
tesa
)
-
,
molleggiare
(
questo
canape
molleggia
)
-
,
sfrottolare
,
sfuriare
(
ora
che
è
sfuriato
,
possiamo
uscir
noi
,
senza
farsi
pigiare
)
-
,
riavere
(
una
pioggia
a
tempo
rià
la
campagna
)
-
,
riguardarsi
(
usarsi
dei
riguardi
)
-
,
rimpollare
(
la
roba
in
quella
casa
pare
che
ci
rimpolli
,
che
cresca
a
misura
che
si
consuma
)
-
,
rimanere
,
restare
,
senz
'
altro
,
per
rimaner
maravigliato
,
stupito
-
,
riparare
(
il
tal
bottegaio
non
ripara
,
ossia
:
ci
ha
continuamente
gente
)
-
,
scampagnare
(
andare
o
stare
in
campagna
per
ricreazione
o
divertimento
)
-
,
schiassare
(
fare
del
chiasso
per
divertirsi
)
-
,
scrupoleggiare
-
,
sbraccettare
una
signora
,
per
accompagnarla
a
spasso
,
dandole
il
braccio
-
,
scaponire
un
testardo
,
vincerlo
in
ostinazione
-
,
scasare
(
andar
via
da
un
luogo
dove
s
'
aveva
casa
)
,
scarognare
,
sfaccendare
,
scoronciare
,
spaternostrare
-
,
scrudire
l
'
acqua
troppo
fredda
-
,
soleggiare
,
esporre
al
sole
(
bisogna
soleggiare
quest
'
uva
)
-
,
scuriosire
,
scaltrire
,
sneghittire
,
spigrire
uno
-
,
spiovere
,
cessar
di
piovere
(
aspettiamo
che
spiova
)
-
,
spoliticare
,
svecchiare
:
toglier
via
il
vecchiume
(
svecchiare
una
selva
,
svecchiare
la
lingua
degli
arcaismi
)
-
,
sfondar
poco
,
non
sfondare
:
aver
poca
intelligenza
(
s
'
è
messo
a
studiar
le
matematiche
,
ma
non
isfonda
;
in
quanto
a
talento
,
non
isfonda
)
-
,
tavoleggiare
,
trattenersi
a
tavola
,
discorrendo
e
centellando
-
,
tentennare
un
tavolino
,
per
veder
se
sta
saldo
.
-
Vedi
un
po
'
:
son
certo
d
'
aver
detto
la
cosa
cento
volte
in
vita
mia
,
e
d
'
averla
sempre
detta
,
non
con
quella
sola
parola
,
ma
con
un
'
altra
,
meno
propria
,
e
appunto
per
questo
,
accompagnata
quasi
sempre
da
una
spiegazione
.
*
Poichè
t
'
ho
fatta
una
confessione
,
te
ne
fo
dell
'
altre
.
So
bene
che
si
dice
:
-
una
cosa
non
mi
finisce
-
per
:
non
mi
sodisfa
,
o
non
mi
contenta
pienamente
;
e
non
di
meno
,
parlando
,
esprimo
sempre
quel
pensiero
nella
seconda
maniera
,
con
nove
sillabe
invece
di
cinque
.
Dico
:
-
il
tal
podere
ha
un
circuito
di
sette
chilometri
-
quando
potrei
dire
con
due
sole
sillabe
:
-
gira
sette
chilometri
.
Potrei
dire
:
-
un
salone
che
riquadra
cento
metri
-
,
e
dico
:
ha
la
superfice
di
cento
metri
quadrati
.
Non
oso
dirti
quali
locuzioni
stentate
e
ridicole
usai
qualche
volta
per
dire
che
una
certa
sostanza
,
nel
ribollire
,
rientra
o
ricresce
,
che
un
dato
legno
,
o
una
stufa
,
rende
poco
o
molto
,
che
il
legno
non
bene
stagionato
rimbarca
.
Dissi
per
anni
con
una
locuzione
di
tredici
sillabe
quello
che
si
può
dire
in
cinque
:
alfabetare
,
per
esempio
,
le
note
sulla
lingua
.
Ricordo
d
'
aver
fatto
un
giorno
un
interminabile
giro
di
parole
per
dire
d
'
aver
trovato
un
tal
pittore
occupato
a
graticolare
,
o
reticolare
,
o
retare
la
tela
.
Non
espressi
mai
con
una
parola
sola
l
'
idea
che
esprime
benissimo
il
verbo
avventare
negli
esempi
:
-
un
colore
che
avventa
,
una
ragazza
che
avventa
a
primo
aspetto
,
ma
non
è
bella
,
uno
stile
che
avventa
alla
prima
lettura
,
ma
è
vizioso
.
-
E
così
:
abbambinare
una
cosa
che
non
si
può
portare
,
agghiaiare
una
strada
,
allentarsi
dopo
aver
mangiato
,
arrivare
una
vivanda
,
assodare
un
uovo
,
avviare
una
candela
,
spicciolare
uno
scudo
,
calettare
o
non
calettar
bene
(
d
'
un
uscio
,
per
esempio
,
che
sia
bene
o
male
aggiustato
,
in
modo
da
lasciare
,
o
no
,
trapelare
l
'
aria
)
,
son
tutti
modi
che
non
mi
vengono
mai
alla
bocca
,
e
in
luogo
dei
quali
uso
sempre
parecchie
parole
,
che
,
per
giunta
,
quasi
sempre
dicono
meno
chiaramente
la
cosa
.
E
per
farti
ancora
una
confessione
,
aggiungo
che
pochi
giorni
fa
,
avendomi
detto
un
toscano
:
-
Gli
è
tutto
un
figurarselo
;
quando
sarai
là
non
ti
parrà
niente
-
io
osservai
tra
me
che
se
avessi
dovuto
esprimere
lì
per
lì
quell
'
idea
,
non
avrei
saputo
dire
altrimenti
che
:
-
la
tua
immaginazione
t
'
ingrandisce
la
cosa
-
;
che
non
è
solamente
più
lungo
,
ma
meno
famigliare
,
e
quasi
comicamente
solenne
nel
parlare
fra
amici
.
*
V
'
è
un
gran
numero
d
'
altri
modi
abbreviativi
,
usatissimi
in
Toscana
,
che
noi
non
usiamo
,
come
:
-
anno
,
per
l
'
anno
passato
;
sabato
notte
,
per
esempio
,
per
nella
notte
di
sabato
;
a
buio
(
stasera
a
buio
sarò
qui
)
;
di
levata
(
fare
una
cosa
di
levata
,
ossia
,
appena
scesi
da
letto
)
;
fare
un
'
usciata
,
una
finestrata
,
per
isbattere
l
'
uscio
o
la
finestra
in
faccia
a
uno
.
E
vedi
il
significato
della
parola
aria
,
che
tien
luogo
di
più
parole
,
negli
esempi
:
-
gli
volevo
parlare
di
quell
'
affare
;
ma
vidi
che
non
era
aria
;
-
oggi
non
è
aria
;
lasciatemi
stare
-
;
e
la
brevità
efficace
dell
'
espressione
:
-
una
casa
a
uscio
e
tetto
-
per
dire
una
casa
bassa
,
che
ha
soltanto
il
pian
terreno
;
e
della
parola
riesci
-
è
un
riesci
-
per
dire
una
cosa
che
imprendiamo
a
fare
senza
deliberato
proposito
e
studio
precedente
,
e
che
non
sappiamo
se
riuscirà
bene
o
male
.
E
nota
negli
esempi
:
-
mettere
delle
frutte
sul
cassettone
per
bellezza
-
,
sapere
una
cosa
di
rimbalzo
-
,
non
verrà
certo
,
ma
se
per
impossibile
egli
venisse
....
-
se
ti
riuscirebbe
d
'
esprimere
con
eguale
evidenza
,
non
usando
più
di
due
parole
,
l
'
idea
che
quei
tre
modi
esprimono
.
E
ora
una
filza
di
vocaboli
,
ciascuno
dei
quali
ne
fa
risparmiare
parecchi
.
Cimiciaio
,
una
casa
o
un
mobile
pieno
di
cimici
.
-
Birbonaio
,
un
covo
di
birboni
.
-
Ladronaia
.
(
Quell
'
Amministrazione
è
diventata
una
ladronaia
)
.
-
Serpaio
,
viperaio
,
un
luogo
pieno
di
serpi
o
di
vipere
.
-
Scannatoio
,
una
trattoria
,
un
albergo
,
dove
si
pelano
gli
avventori
.
E
ti
potrei
anche
citare
,
come
vocaboli
ai
quali
ne
sostituiamo
quasi
sempre
più
d
'
uno
:
-
Frasconaia
(
per
traslato
,
ornamenti
e
addobbi
eccessivi
e
senz
'
ordine
:
d
'
una
sala
e
anche
d
'
una
donna
,
che
si
metta
troppa
roba
in
capo
)
.
-
Frascume
(
ornamenti
vani
d
'
opere
d
'
arte
,
e
anche
di
stile
)
.
-
Tritume
(
soverchia
quantità
,
varietà
e
minuziosità
di
parti
o
membri
in
opera
d
'
architettura
,
o
anche
di
pittura
)
.
-
Rifrittume
(
lavoro
composto
di
cose
dette
e
ridette
da
molti
,
e
anche
dall
'
autore
stesso
)
.
-
Grinzume
,
una
quantità
di
grinze
considerate
insieme
,
o
d
'
un
viso
o
d
'
un
vestito
.
-
Vietume
,
roba
vieta
.
E
per
finire
con
qualche
cosa
di
fresco
:
fiorita
di
neve
,
un
modo
graziosissimo
,
col
quale
possiamo
far
di
meno
di
dire
:
uno
strato
leggerissimo
,
o
anche
più
lungamente
:
tanta
neve
che
ricopra
appena
il
terreno
.
*
V
'
è
poi
un
ordine
di
vocaboli
(
più
ricco
nella
nostra
,
credo
,
che
in
ogni
altra
lingua
)
ai
quali
noi
sostituiamo
quasi
sempre
una
definizione
,
che
rallenta
il
discorso
e
rende
con
meno
immediata
evidenza
l
'
idea
.
Ne
feci
già
un
cenno
nella
Corsa
nel
vocabolario
.
Sono
vocaboli
che
significano
l
'
indole
e
l
'
aspetto
d
'
una
persona
,
certi
difetti
e
vizi
e
abiti
fisici
e
morali
,
e
modi
d
'
essere
,
di
moversi
,
di
fare
,
di
vivere
.
Te
ne
metto
sotto
gli
occhi
una
serie
,
di
cui
la
maggior
parte
non
richiede
spiegazione
,
e
che
son
non
di
meno
d
'
uso
rarissimo
fra
noi
.
Sono
come
tanti
piccoli
ritratti
chiusi
in
una
parola
.
Abbacone
-
Abbaione
-
Almanaccone
-
Annaspone
-
Badalone
-
Baione
-
Baffone
-
Barbuglione
-
Belone
-
Biascicone
-
Boccalone
-
Brodolone
-
Cabalone
-
Ciabattone
-
Ciaccione
-
Ciampicone
-
Ciarpone
-
Cincischione
-
Ciondolone
-
Combriccolone
-
Dimenticone
-
Dondolone
-
Ficcone
-
Fiottone
-
Fracassone
-
Frittellone
-
Gamberone
-
Gingillone
-
Gonfione
-
Gracchione
-
Impiccione
-
Lanternone
-
Lasagnone
-
Leccone
-
Lezzone
-
Machione
-
Massiccione
-
Nappone
-
Ninnolone
-
Nonnone
-
Pataccone
-
Pecorone
-
Pencolone
-
Piaccione
-
Picchione
-
Pigolone
-
Praticone
-
Perticone
-
Raggirone
-
Sbracione
-
Sbraitone
-
Sbrendolone
-
Scioperone
-
Sgomentone
-
Soppiattone
-
Spilungone
-
Squarcione
-
Tatticone
-
Tenerone
-
Tentennone
-
Appiccichino
-
Attacchino
-
Attizzino
-
Cicalino
-
Ficchino
-
Frucchino
-
Frustino
-
Galoppino
-
Gambino
-
Girandolino
-
Lecchino
-
Rabattino
-
Pepino
-
Stillino
-
Tritino
-
Ferraccio
-
Falcaccio
-
Lamaccia
-
Annaspo
-
Scricciolo
-
Reciticcio
.
Considera
quanto
di
frequente
,
parlando
o
scrivendo
,
occorre
di
definire
o
di
descrivere
o
d
'
accennare
di
volo
qualche
particolarità
fisica
o
morale
d
'
una
persona
,
e
comprenderai
come
dal
fatto
di
non
conoscere
i
vocaboli
citati
,
o
di
non
averli
alla
mano
,
o
di
non
volerli
usare
per
timore
che
altri
non
gl
'
intenda
,
si
sia
costretti
ogni
momento
a
dir
molte
parole
che
si
potrebbero
risparmiare
,
con
l
'
aggiunta
d
'
esprimere
stentatamente
e
male
la
nostra
idea
,
e
quasi
sempre
con
minor
effetto
comico
di
quello
che
vorremmo
ottenere
.
Mi
sono
diffuso
alquanto
su
quest
'
argomento
perché
nell
'
arte
del
parlare
e
dello
scrivere
è
d
'
importanza
primissima
il
precetto
del
poeta
:
-
Sii
breve
ed
arguto
.
-
So
che
a
me
tu
potresti
dire
:
-
Da
che
pulpiti
!
-
E
avresti
ragione
.
Ma
non
badare
al
mio
;
bada
al
pulpito
del
Parini
.
DELL
'
UTILITÀ
DI
STUDIAR
LE
DEFINIZIONI
.
Per
imparare
a
esprimersi
con
brevità
credo
molto
utile
il
fare
uno
studio
attento
,
così
negli
scrittori
come
nei
dizionari
,
delle
definizioni
;
nelle
quali
,
oltre
che
la
proprietà
e
la
finezza
dei
termini
,
si
suol
trovare
la
maggior
parsimonia
possibile
di
parole
,
che
è
condizione
necessaria
della
loro
semplicità
ed
evidenza
.
Nel
dizionario
in
special
modo
,
consistendo
le
definizioni
di
molte
cose
nell
'
indicazione
di
tutte
le
parti
che
le
compongono
,
tu
non
imparerai
soltanto
la
brevità
,
ma
un
gran
numero
di
vocaboli
;
la
cui
ignoranza
appunto
costituisce
la
maggior
difficoltà
che
noi
troviamo
quasi
sempre
a
definire
e
a
descrivere
un
oggetto
qualsiasi
.
Ecco
,
per
esempio
,
alcune
definizioni
,
ricavate
da
dizionari
diversi
.
ARPA
.
-
Strumento
di
molte
corde
di
minugia
,
di
figura
triangolare
,
senza
fondo
;
di
cui
tre
sono
le
parti
principali
:
il
corpo
,
la
colonna
e
l
'
arco
:
nel
corpo
,
corredato
d
'
animella
o
sordina
sta
la
risonanza
dello
strumento
;
nell
'
arco
i
pironi
di
ferro
,
e
i
semituoni
cui
sono
raccomandate
le
corde
;
la
colonna
è
quel
ritto
che
collega
l
'
arco
ed
il
corpo
.
BATTARELLA
.
-
Quell
'
arresto
,
che
essendo
imperniato
ad
un
'
estremità
,
punta
con
l
'
altra
contro
il
dente
d
'
una
ruota
che
tende
a
girare
in
una
direzione
,
mentre
,
lasciandone
liberamente
passare
i
denti
,
le
permette
di
girare
quando
si
muove
per
il
verso
contrario
.
INFINESTRATURA
.
-
Foglio
di
carta
tagliato
in
quadro
,
con
vano
quadro
in
mezzo
a
uso
d
'
un
telaio
di
finestra
,
dentro
a
cui
s
'
appicca
un
foglio
guasto
nei
margini
.
GRADINA
.
-
Ferro
piano
a
foggia
di
scarpello
,
alquanto
più
sottile
del
calcagnolo
o
dente
di
cane
,
e
serve
per
andar
lavorando
con
gentilezza
le
statue
,
dopo
aver
adoperato
la
subbia
e
il
calcagnuolo
.
LACCIAIA
.
-
Lunga
fune
a
cappio
scorsoio
che
i
bútteri
portan
seco
e
che
a
un
bisogno
acciambellandola
e
sfilandola
verso
una
mandria
accalappiano
con
essa
la
bestia
che
loro
piace
.
RIBALTA
.
-
Piano
della
scrivania
sul
quale
si
scrive
e
che
è
mobile
nei
maschietti
per
poterlo
alzare
,
abbassare
e
chiudere
,
oppure
quell
'
asse
girevole
sui
pernietti
che
s
'
adatta
lungo
la
batteria
dei
lumi
in
un
teatro
.
STAME
.
-
Parte
fecondante
della
pianta
contornata
dal
calice
o
dalla
corolla
,
o
da
entrambi
,
che
è
per
lo
più
della
figura
d
'
un
filo
,
il
quale
è
detto
filamento
,
e
terminato
da
un
globo
,
o
borsetta
,
che
dicesi
ántera
,
e
che
contiene
la
farina
o
polvere
fecondante
,
la
quale
è
detta
pòlline
.
Bastano
questi
esempi
,
credo
,
a
dimostrare
quanto
possa
esser
utile
leggere
attentamente
le
definizioni
.
E
se
te
ne
vuoi
meglio
persuadere
,
prova
a
mandarne
a
mente
parecchie
,
e
poi
a
definire
di
tuo
qualche
oggetto
complesso
,
come
per
far
capire
e
vedere
che
cosa
sia
a
chi
non
lo
conosca
,
e
vedrai
come
per
effetto
di
quel
breve
studio
ti
riuscirà
più
facile
dare
alla
definizione
un
giro
di
frase
agile
,
collegare
in
un
nodo
stretto
i
particolari
e
ottener
con
l
'
ordine
la
chiarezza
.
Perché
vi
sono
operazioni
della
mente
,
anche
nell
'
arte
della
parola
,
alle
quali
ci
addestriamo
con
facilità
mirabile
,
come
a
certi
esercizi
fisici
,
che
ci
riescono
alla
prima
difficilissimi
per
il
solo
fatto
che
non
li
abbiamo
mai
tentati
.
IL
DIZIONARIO
DEI
SINONIMI
.
Dice
Beniamino
Franklin
che
chi
insegna
a
un
giovane
a
farsi
la
barba
da
sé
gli
fa
un
maggior
vantaggio
che
se
gli
regalasse
mille
lire
.
Ebbene
,
s
'
io
riuscissi
a
farti
studiare
il
Dizionario
dei
sinonimi
del
Tommaseo
,
stimerei
d
'
averti
regalato
un
podere
:
nel
regno
della
letteratura
,
intendiamoci
.
Chi
studia
la
lingua
lo
dovrebbe
tener
sempre
sul
tavolino
,
come
un
prete
il
Breviario
,
per
leggerne
e
rileggerne
qualche
pagina
ogni
giorno
,
e
consultarlo
a
ogni
tratto
;
perché
ad
imparare
a
scrivere
e
a
parlare
con
proprietà
e
con
esattezza
,
a
dar
contorno
fermo
e
netto
all
'
espressione
del
proprio
pensiero
e
a
rendere
di
questo
tutte
le
flessioni
e
le
sfumature
,
non
c
'
è
lavoro
più
utile
che
l
'
esercitarsi
a
"
discernere
le
più
piccole
gradazioni
di
significato
delle
parole
,
a
adagiare
l
'
una
voce
sull
'
altra
,
per
vedere
dove
combacino
,
dove
no
,
dove
sia
maggiore
il
rilievo
,
dove
più
delicati
i
contorni
,
e
a
trovar
parole
così
sottili
e
così
calzanti
che
rendano
con
evidenza
le
differenze
più
tenui
,
senza
ingrossarle
.
"
Questo
lavoro
fece
mirabilmente
su
migliaia
di
vocaboli
Niccolò
Tommaseo
,
nel
suo
Dizionario
pieno
d
'
ingegno
e
di
dottrina
,
d
'
arte
e
di
vita
,
altrettanto
dilettevole
quanto
profondo
,
e
riboccante
d
'
ogni
maniera
d
'
insegnamenti
,
non
solamente
filologici
,
ma
morali
,
filosofici
,
estetici
:
un
libro
d
'
oro
,
al
quale
è
titolo
troppo
modesto
quello
di
dizionario
.
Leggilo
,
mio
giovane
amico
,
e
rileggilo
a
brevi
tratti
,
pensandovi
su
.
Non
ti
sarà
solo
un
vital
nutrimento
allo
spirito
;
ma
una
ginnastica
intellettuale
che
ti
farà
più
forti
,
più
acute
,
più
agili
tutte
le
facoltà
della
mente
.
Tu
ci
troverai
espresse
mille
idee
e
facce
d
'
idee
,
sentimenti
e
modificazioni
di
sentimenti
,
e
aspetti
e
proprietà
e
qualità
intime
di
cose
,
che
ora
sono
confuse
nella
tua
mente
e
nel
tuo
animo
,
e
di
cui
cerchi
invano
l
'
espressione
,
come
inseguendola
tentoni
nella
nebbia
.
E
imparerai
a
scrutare
il
significato
d
'
ogni
parola
come
si
scruta
un
'
anima
;
a
scoprire
sotto
ogni
idea
un
'
altra
idea
,
ordini
interi
d
'
idee
;
a
chiarire
,
a
distinguere
,
a
separare
una
quantità
di
concetti
e
di
sentimenti
,
che
sono
ora
nascosti
nella
tua
mente
sotto
un
solo
vocabolo
,
col
quale
tu
li
mescoli
e
li
designi
tutti
insieme
come
un
mucchio
di
cose
uniformi
.
E
non
soltanto
quella
lettura
"
ti
raddrizzerà
l
'
espressione
di
molte
idee
,
ma
le
idee
medesime
.
"
Imparerai
non
solo
ad
esprimere
,
ma
a
pensare
profondamente
,
sottilmente
,
nettamente
.
Quante
parole
t
'
accorgerai
d
'
aver
usate
finora
e
udito
usare
dai
più
in
un
significato
che
non
hanno
,
o
che
del
loro
significato
vero
non
è
che
un
'
ombra
!
Di
quant
'
altre
parole
e
frasi
che
ora
ti
vengono
ogni
momento
sulla
bocca
e
sotto
la
penna
,
moleste
come
ripetizioni
obbligate
,
e
di
cui
ti
riesce
molesta
la
ripetizione
anche
nei
discorsi
e
negli
scritti
altrui
,
t
'
avvedrai
che
le
ripeti
e
che
tutti
le
ripetono
,
non
perché
siano
inevitabili
,
ma
perché
tu
e
gli
altri
le
usate
ad
esprimere
gradazioni
diverse
d
'
un
'
idea
o
d
'
un
sentimento
,
ciascuna
delle
quali
dovrebb
'
essere
espressa
in
un
'
altra
forma
,
e
la
forma
c
'
è
,
e
nessuno
l
'
adopera
!
E
come
di
questa
benedetta
lingua
,
che
tu
dici
ricca
,
varia
,
delicata
,
potente
,
più
per
consuetudine
che
per
coscienza
,
ti
apparirà
moltiplicata
la
ricchezza
,
più
maravigliosa
la
varietà
,
più
squisita
la
finezza
,
ingigantita
la
potenza
!
Certo
,
ti
sarà
impossibile
ritenere
a
mente
tutte
quelle
innumerevoli
e
fini
distinzioni
fra
i
significati
dei
vocaboli
;
benchè
la
maggior
parte
di
esse
siano
spiegate
con
magistrale
chiarezza
e
illustrate
da
esempi
efficacissimi
.
Ma
il
vantaggio
massimo
che
ricaverai
da
questo
studio
,
non
sarà
nella
tua
memoria
:
lo
riconoscerai
nel
sentimento
della
lingua
raffinato
,
nella
facoltà
del
discernimento
acuita
,
nella
consuetudine
che
avrai
acquistata
di
cercare
e
ponderare
il
significato
d
'
ogni
parola
prima
di
buttarla
sulla
carta
,
di
raffrontare
una
locuzione
con
l
'
altra
,
di
provarne
parecchie
al
tuo
pensiero
per
vestirgli
quella
che
più
gli
conviene
,
di
diffidare
cautamente
delle
apparenze
di
sinonimia
che
di
continuo
ci
si
presentano
,
e
da
cui
ci
lasciamo
ogni
momento
ingannare
.
Ti
parrà
dopo
un
mese
di
non
aver
cavato
da
quella
lettura
che
un
profitto
di
poco
conto
,
o
anche
nullo
.
Ma
se
,
dopo
aver
letto
e
pensato
qualche
centinaio
di
quelle
pagine
,
dove
lo
scrittore
,
esercitando
le
facoltà
più
delicate
della
mente
,
affronta
e
vince
a
ogni
periodo
le
più
terribili
difficoltà
del
linguaggio
,
che
son
quelle
dell
'
analisi
,
della
distinzione
,
della
definizione
,
ti
proverai
a
scrivere
sopra
un
argomento
comune
,
tu
esperimenterai
nel
raccontare
,
nel
descrivere
,
nel
ragionare
,
una
facilità
nuova
,
un
senso
di
scioltezza
,
di
sicurezza
,
di
padronanza
delle
tue
facoltà
e
delle
tue
mosse
,
simile
a
quello
che
prova
a
camminare
sur
una
via
larga
,
piana
e
libera
chi
sia
andato
un
pezzo
per
un
sentiero
erto
e
stretto
e
pieno
d
'
inciampi
,
con
un
precipizio
da
lato
.
La
tua
mente
si
sarà
addestrata
a
veder
le
varie
sembianze
d
'
ogni
idea
con
uno
sguardo
rapido
e
avvolgente
,
a
penetrarvi
in
fondo
,
a
passare
in
rassegna
alla
lesta
i
diversi
modi
di
significarla
,
e
a
cogliere
sull
'
atto
il
migliore
;
e
non
soltanto
nel
maneggio
della
lingua
risentirai
il
vantaggio
,
e
nella
cresciuta
attitudine
ad
analizzarla
,
e
nel
più
forte
amore
che
avrai
per
essa
;
ma
alla
scuola
dell
'
autore
che
insieme
con
le
parole
analizza
passioni
,
azioni
,
usi
,
costumi
,
caratteri
,
ti
sarai
avvezzato
a
meditar
sopra
ogni
cosa
,
e
studierai
nella
lingua
l
'
anima
umana
,
la
vita
,
la
natura
,
e
qualche
volta
dirai
tu
pure
col
maestro
che
ti
par
di
sentire
in
questo
studio
il
verbo
di
Dio
.
Libro
preziosissimo
;
leggendo
il
quale
ti
sentirai
prima
compreso
d
'
ammirazione
,
e
poi
di
reverenza
e
di
gratitudine
per
lo
scrittore
che
fece
della
lingua
della
tua
patria
uno
studio
così
amoroso
e
profondo
,
e
per
trasmetterne
ai
giovani
la
cognizione
e
l
'
amore
,
un
lavoro
così
poderoso
e
variamente
utile
e
bello
;
e
di
pagina
in
pagina
ingrandirà
davanti
ai
tuoi
occhi
e
ti
sarà
eccitamento
via
via
più
forte
e
più
caro
a
perseverar
nello
studio
,
l
'
immagine
del
vecchio
venerabile
,
d
'
occhi
cieco
e
divin
raggio
di
mente
.
SCRUPOLINO
.
I
sinonimi
erano
una
delle
molte
afflizioni
della
sua
vita
.
Lo
conobbi
a
Firenze
.
Era
un
impiegato
della
Prefettura
,
nato
e
cresciuto
Là
dove
Italia
boreal
diventa
,
già
vicino
alla
trentina
;
ma
così
smilzo
,
e
sprovvisto
d
'
ogni
onor
del
mento
,
e
d
'
indole
così
timida
,
che
pareva
ancora
un
adolescente
.
Si
dilettava
di
letteratura
,
leggeva
molto
e
non
mancava
d
'
ingegno
;
ma
era
affetto
d
'
una
malattia
incurabile
:
il
terrore
della
lingua
italiana
.
Aveva
della
difficoltà
dell
'
idioma
gentile
un
concetto
così
smisurato
,
gl
'
incuteva
un
così
grande
sgomento
il
fantasma
della
Grammatica
,
che
,
parlando
,
impuntava
a
ogni
tratto
,
e
balbettava
come
uno
scolaretto
agli
esami
,
assalito
da
mille
dubbi
,
turbato
da
mille
scrupoli
;
dai
quali
non
riusciva
a
liberarsi
né
sull
'
atto
né
poi
,
e
se
ne
disperava
.
Anche
nel
crocchio
degli
amici
soliti
,
ma
tanto
più
se
c
'
era
qualche
toscano
colto
,
o
chiunque
altro
,
che
avesse
reputazione
di
parlar
bene
,
e
non
gli
fosse
famigliare
,
gli
si
vedeva
in
viso
la
preparazione
mentale
faticosa
e
piena
d
'
incertezze
ch
'
egli
faceva
d
'
ogni
periodo
o
frase
che
volesse
dire
;
e
quando
poi
si
risolveva
a
parlare
,
usava
ogni
specie
di
cautele
e
di
formole
attenuanti
,
come
:
-
sto
per
dire
,
direi
quasi
,
la
parola
non
sarà
di
Crusca
,
mi
si
passi
l
'
espressione
;
-
e
qualche
volta
arrossiva
a
un
tratto
,
e
restava
in
tronco
.
Con
questo
o
con
quell
'
amico
,
poi
,
a
quattr
'
occhi
,
sfogava
il
suo
dispetto
contro
la
lingua
e
contro
sé
stesso
,
e
gli
confidava
i
dubbi
e
i
timori
che
lo
perseguitavano
di
continuo
come
un
nuvolo
di
vespe
.
Si
doveva
dire
a
un
uomo
lei
è
buono
o
lei
è
buona
?
Vacci
o
vavvi
?
Credo
che
tu
sii
o
che
tu
sia
?
Lo
trattò
come
se
fosse
uno
sconosciuto
o
come
se
fosse
stato
?
Ha
fatto
la
tal
cosa
di
nascosto
di
o
da
o
al
tale
?
Ho
antipatia
per
o
con
o
verso
o
contro
una
persona
?
Come
Dio
benedetto
s
'
ha
da
dire
?
E
non
serviva
dirgli
i
modi
che
i
"
buoni
parlanti
"
usavano
,
e
consigliargli
di
fissarseli
una
volta
per
sempre
nel
cervello
,
e
d
'
attenersi
a
quelli
immutabilmente
;
senza
di
che
non
sarebbe
guarito
mai
della
sua
malattia
.
Se
in
un
libro
di
scrittore
autorevole
gli
accadeva
di
leggere
un
modo
diverso
da
quello
generalmente
usato
(
cosa
troppo
facile
in
Italia
,
pur
troppo
)
,
il
dubbio
gli
rampollava
da
capo
.
-
Questa
maledetta
lingua
italiana
-
diceva
-
è
una
disperazione
.
Preferirei
di
studiare
il
cinese
.
-
Ogni
giorno
gli
saltava
su
un
dubbio
nuovo
,
anzi
un
nuovo
ordine
di
dubbi
e
di
scrupoli
:
sul
fra
o
tra
,
sul
lì
o
là
,
qui
o
qua
,
costì
o
costà
;
sull
'
uso
degli
ausiliari
essere
o
avere
con
certi
verbi
;
sulla
collocazione
dei
pronomi
personali
che
non
sapeva
mai
dove
mettere
,
e
che
spesso
gli
restavano
in
mano
.
A
volte
fermava
un
amico
per
la
strada
,
e
gli
domandava
di
punto
in
bianco
:
-
Si
dice
:
lo
dissi
loro
o
loro
lo
dissi
?
-
E
quando
un
amico
,
del
quale
avesse
stima
in
materia
di
lingua
,
a
uno
dei
suoi
quesiti
si
mostrava
perplesso
:
-
Ah
!
vedi
-
esclamava
in
tono
di
trionfo
-
vedi
se
non
ho
ragione
!
È
una
lingua
terribile
,
terribile
,
terribile
.
Per
questo
suo
perpetuo
"
scrupoleggiare
"
gli
s
'
era
affibbiato
il
soprannome
di
Scrupolino
,
di
cui
non
s
'
aveva
per
male
;
ma
nemmeno
ne
rideva
,
perché
la
parola
designava
un
'
infermità
mentale
,
della
quale
egli
aveva
coscienza
e
vergogna
.
A
furia
di
porre
quesiti
a
sé
stesso
finiva
con
dubitare
anche
della
legittimità
delle
parole
e
delle
locuzioni
più
usuali
,
e
in
certi
momenti
di
sconforto
esclamava
:
-
Io
non
so
più
parlare
!
Io
finirò
col
non
più
parlare
!
Qualche
volta
cercavamo
di
persuaderlo
,
sul
serio
.
-
Vedi
-
gli
si
diceva
-
tu
hai
tanta
difficoltà
di
parlare
perché
non
parli
,
componi
.
Non
devi
comporre
.
Ti
devi
gettare
a
nuoto
nel
discorso
,
arditamente
;
lasciarti
andare
all
'
ispirazione
,
alla
dettatura
dell
'
orecchio
,
non
badando
a
regole
,
dimenticando
ogni
studio
.
Volendo
esaminare
e
scegliere
le
parole
,
come
fai
,
così
con
la
fretta
,
per
non
far
aspettare
,
e
col
timore
di
seccare
chi
ascolta
,
ti
confondi
,
e
scegli
quasi
sempre
male
,
o
non
trovi
,
e
resti
lì
,
impaniato
.
Prova
un
po
'
a
parlare
come
vien
viene
.
-
Ma
egli
stava
un
po
'
pensando
,
e
poi
rispondeva
,
scrollando
il
capo
:
-
È
inutile
,
non
posso
;
le
parole
e
le
regole
battagliano
nel
mio
capo
come
i
Deputati
nel
Parlamento
.
-
Ed
era
vero
.
A
quando
a
quando
si
provava
a
parlar
libero
;
ma
subito
gli
spettri
dell
'
Improprietà
,
dell
'
Impurità
,
dell
'
Idiotismo
,
il
fantasma
formidabile
della
Lingua
Italiana
gli
si
rizzavano
dinanzi
,
ed
egli
era
perduto
.
A
poco
a
poco
il
tarlo
del
dubbio
gli
era
risalito
,
come
sempre
avviene
,
dalla
lingua
alla
radice
del
pensiero
,
per
modo
che
anche
lo
scrivere
la
più
semplice
lettera
diventava
per
lui
un
affare
di
Stato
.
Egli
mi
fece
la
confessione
d
'
uno
di
questi
casi
,
al
quale
tutti
gli
altri
rassomigliavano
,
e
che
è
un
esempio
dell
'
impotenza
intellettuale
a
cui
può
condurre
l
'
esercizio
della
critica
sopra
sé
stessi
,
quando
non
è
tenuta
nella
giusta
misura
.
Si
trattava
d
'
una
breve
lettera
di
condoglianza
.
-
Stimatissimo
signore
,
gradisca
le
mie
condoglianze
.
-
No
.
Come
si
fa
ad
associare
l
'
idea
del
gradimento
con
quella
d
'
una
sventura
?
-
Le
mando
le
mie
condoglianze
.
-
Come
si
manda
un
pacco
!
E
poi
è
troppo
famigliare
.
-
Le
faccio
....
-
Ma
non
è
troppo
materiale
per
l
'
espressione
d
'
un
sentimento
?
E
si
dice
faccio
una
condoglianza
,
o
non
confondo
col
modo
fare
un
complimento
,
che
dei
due
è
il
solo
corretto
?
-
Riceva
le
mie
....
-
Oh
bella
!
Se
glie
le
mando
,
bisogna
ben
che
le
riceva
:
è
ridicolo
.
-
Abbia
,
dunque
....
Ma
quest
'
imperativo
è
sgarbato
.
E
via
così
per
tutto
il
resto
.
Sette
righe
gli
costavano
i
sette
dolori
.
E
finiva
sempre
col
ritornello
:
-
È
terribile
!
-
Un
giorno
mi
venne
incontro
in
via
Calzaioli
agitando
un
giornale
,
e
me
lo
mise
sotto
gli
occhi
,
dicendo
:
-
Leggi
qua
.
-
Era
una
Conversazione
del
giovedì
,
nella
quale
Giuseppe
Civinini
,
che
per
lui
era
il
principe
dei
giornalisti
e
dei
critici
,
diceva
che
la
lingua
italiana
era
una
delle
meno
parlate
e
delle
più
difficili
lingue
d
'
Europa
.
-
Hai
inteso
?
-
quasi
gridò
-
e
lo
dice
uno
scrittore
di
quella
forza
!
Non
c
'
è
da
dar
l
'
anima
al
diavolo
?
Io
vorrei
esser
nato
in
Lapponia
!
Uno
dei
più
molesti
argomenti
di
dubbio
e
di
confusione
era
per
lui
l
'
uso
del
lei
e
dell
'
ella
,
fra
cui
si
trovava
ogni
momento
come
tra
il
martello
e
l
'
incudine
.
Gli
dicevano
:
-
Di
'
come
i
fiorentini
.
-
Ma
questi
scellerati
-
rispondeva
-
dicono
un
po
'
l
'
uno
e
un
po
'
l
'
altro
.
Che
regola
ci
si
può
cavare
,
che
Dio
li
confonda
!
-
E
con
gente
ch
'
egli
praticasse
,
tanto
e
tanto
si
lasciava
andare
al
lei
;
ma
con
persone
a
cui
parlasse
la
prima
volta
,
e
che
gli
mettessero
un
po
'
di
suggezione
,
non
c
'
era
verso
:
il
lei
gli
veniva
sulle
labbra
,
ma
se
lo
rimangiava
,
e
metteva
fuori
l
'
ella
a
proprio
dispetto
,
e
lo
sosteneva
nel
discorso
a
prezzo
di
qualunque
sforzo
e
sacrificio
della
naturalezza
e
dell
'
armonia
,
anche
facendo
rider
gli
amici
,
pur
di
salvare
la
Grammatica
sacra
.
Appunto
per
la
gran
paura
di
non
parlar
bene
,
gli
toccò
un
giorno
a
inghiottire
un
boccone
amaro
,
che
gli
restò
sullo
stomaco
un
pezzo
.
Andando
insieme
a
Prato
,
ci
trovammo
nel
vagone
con
un
ragazzo
e
un
giovinetto
toscani
,
fratelli
,
di
viso
intelligente
e
vivo
tutt
'
e
due
;
i
quali
scherzavano
argutamente
a
ogni
proposito
,
e
rammentavano
spesso
il
babbo
,
che
li
doveva
aspettare
all
'
arrivo
.
Allettato
dalla
loro
allegrezza
,
l
'
amico
Scrupolino
sentì
desiderio
d
'
attaccar
conversazione
,
e
a
un
certo
punto
domandò
cortesemente
al
maggiore
:
-
E
dove
,
se
è
lecito
....
dove
vanno
...
?
Stava
per
dir
loro
;
ma
m
'
accorsi
che
non
osò
,
e
ripetè
:
-
Dove
vanno
....
elleno
?
I
due
toscanelli
fini
si
scambiarono
un
'
occhiatina
e
un
sorriso
,
e
il
maggiore
,
prendendo
baldanza
dalla
timidità
dell
'
interrogante
,
rispose
con
malizia
:
-
Dove
andiamo
noi
,
ci
domanda
?
...
A
Bologna
.
E
il
mio
amico
,
un
po
'
confuso
:
-
E
....
a
Bologna
,
mi
par
d
'
aver
inteso
,
li
aspetta
il
loro
....
genitore
?
Il
giovinetto
sbirciò
un
'
altra
volta
il
fratello
,
e
poi
rispose
con
un
leggerissimo
sorriso
burlesco
:
-
Sì
,
l
'
autore
dei
nostri
giorni
.
Scrupolino
sentì
la
puntura
,
arrossì
un
poco
,
e
non
aggiunse
altro
.
Quando
scendemmo
dal
treno
,
scattò
:
-
Hai
sentito
quell
'
impertinente
?
Avrebbe
meritato
una
lezione
.
È
inutile
.
Io
non
dovrei
più
parlare
italiano
.
Mi
darei
degli
schiaffi
,
come
è
vero
Dio
.
Ebbene
(
e
tirò
un
pugno
nell
'
aria
)
non
parlerò
più
,
e
ogni
cosa
è
finita
.
Tu
ridi
!
...
Ma
è
terribile
.
Ma
fatti
pochi
passi
pensandoci
fermò
,
e
mi
domandò
a
mezza
voce
,
timidamente
:
-
Ogni
cosa
....
è
neutro
o
femminino
?
APOLOGIA
DEL
PEGGIORATIVO
.
Eccomi
qua
,
signorino
.
Sono
il
sor
Accio
,
peggiorativo
di
professione
,
vecchio
come
il
primo
topo
;
ma
sempre
sano
e
pien
di
vita
come
un
ragazzo
.
Non
si
sgomenti
della
mia
faccia
burbera
e
della
mia
voce
grossa
,
chè
sono
un
buon
diavolaccio
in
fondo
,
nonostante
la
mia
reputazione
di
persona
grossolana
,
e
benchè
di
solito
si
pronunzi
il
mio
nome
sporgendo
il
labbro
di
sotto
in
atto
di
disprezzo
.
Vero
è
che
io
servo
quasi
sempre
a
esprimere
sentimenti
di
disistima
e
d
'
avversione
,
a
sparlare
del
prossimo
e
a
definir
cose
brutte
e
sgradite
;
ma
,
insomma
,
sono
utile
,
perché
avversione
e
disistima
sono
ben
sovente
sentimenti
onesti
,
e
dir
male
di
certa
gente
è
dovere
di
coscienza
,
e
sono
mai
tante
le
cose
brutte
e
sgradite
che
gli
uomini
sono
costretti
a
rammentare
!
E
appunto
perché
ho
coscienza
d
'
esser
utile
,
mi
fo
lecito
di
offrirle
i
miei
servizi
,
e
di
farle
,
modestamente
,
una
lezioncina
di
lingua
.
Perché
,
parlando
e
scrivendo
,
ella
si
serve
così
raramente
di
me
?
Eppure
io
servo
a
dir
molte
cose
,
che
non
si
possono
dir
bene
se
non
per
mezzo
mio
.
Di
molte
idee
accorcio
l
'
espressione
;
di
certi
sentimenti
significo
io
solo
certe
sfumature
che
altrimenti
non
si
saprebbero
rendere
;
a
molte
parole
do
un
particolare
senso
comico
che
per
sé
sole
esse
non
hanno
;
e
a
chi
esprime
un
giusto
sentimento
di
disprezzo
o
di
sdegno
,
il
mio
suono
stesso
dà
un
certo
qual
senso
di
sodisfazione
,
che
nessun
'
altra
parola
gli
darebbe
,
poichè
è
un
suono
largo
e
forte
,
che
gli
riempie
la
bocca
e
gli
fa
stringere
i
denti
,
non
è
vero
?
il
suono
come
d
'
una
palmata
vigorosa
,
che
pianti
ben
salda
e
ribadisca
l
'
idea
.
O
perché
non
si
serve
qualche
volta
di
me
quando
vuol
dire
,
per
esempio
:
una
trista
idea
,
una
mala
giornata
,
una
mossa
o
un
'
entrata
o
un
'
uscita
villana
,
una
cattiva
ragione
,
un
cattivo
partito
,
una
cattiva
pratica
,
una
brutta
cera
o
un
brutto
momento
?
Perché
,
invece
di
usare
due
parole
o
una
perifrasi
,
non
dice
invece
:
-
Questa
è
un
'
ideaccia
-
Oggi
è
una
giornataccia
-
Il
tale
m
'
ha
fatto
una
mossaccia
,
un
'
entrataccia
,
un
'
uscitaccia
-
Codesta
che
tu
adduci
è
una
ragionaccia
-
Ha
trovato
marito
;
ma
è
un
partitaccio
-
Quel
giovane
si
mette
male
;
ha
delle
praticacce
-
Il
tale
oggi
si
deve
sentir
male
;
ha
una
ceraccia
-
Se
càpita
ora
quel
poco
di
buono
,
mi
piglia
in
un
momentaccio
-
?
Non
esprimerebbe
la
sua
idea
con
maggior
brevità
e
con
po
'
più
forza
?
E
se
per
dire
che
un
tale
d
'
una
cert
'
arte
,
ufficio
o
mestiere
ha
una
certa
pratica
,
ma
affatto
materiale
,
senza
alcun
lume
di
scienza
,
o
che
un
impertinente
l
'
ha
messo
al
punto
di
fare
uno
sproposito
,
o
che
un
trivialone
di
sua
conoscenza
ha
mangiato
come
un
bufalo
,
dormito
come
un
ghiro
e
tenuto
dei
discorsi
indecenti
,
ella
dicesse
:
-
Non
ha
che
una
certa
praticaccia
-
m
'
ha
messo
a
un
puntaccio
-
ha
fatto
una
mangiataccia
,
una
dormitaccia
,
dei
discorsacci
,
-
non
direbbe
la
cosa
più
alla
svelta
e
con
più
vigore
d
'
espressione
?
E
non
son
mica
grossolano
come
posso
parere
a
primo
aspetto
,
chè
nel
graduare
o
colorire
il
significato
delle
parole
ho
io
pure
le
mie
industrie
e
le
mie
finezze
.
Fare
una
levataccia
,
per
esempio
,
non
significa
soltanto
:
levarsi
più
presto
del
solito
;
ma
dice
anche
la
violenza
che
si
fa
alla
propria
pigrizia
,
e
il
rincrescimento
del
farla
.
Fare
una
partaccia
a
uno
non
vuol
dir
solo
fargli
un
rimprovero
acerbo
,
o
,
famigliarmente
,
una
lavata
di
testa
,
ma
anche
usare
,
facendogliela
,
aspre
parole
.
Dicendo
che
uno
ha
un
talentaccio
,
un
ingegnaccio
,
si
dice
che
ha
molto
talento
,
molto
ingegno
,
ma
in
qualche
lato
manchevole
,
o
poco
ordinato
,
o
non
usato
sempre
degnamente
:
non
si
direbbe
del
Manzoni
o
del
Carducci
.
Poveraccio
!
esprime
una
sfumatura
di
compassione
o
di
pietà
,
che
non
si
può
sentire
od
esprimere
riguardo
a
persone
che
ispirano
reverenza
:
ella
può
dire
poverino
o
poveretto
,
ma
non
poveraccio
,
di
suo
padre
.
Nell
'
espressione
:
un
uomo
fatto
all
'
anticaccia
,
v
'
è
una
leggiera
intenzione
di
canzonatura
che
non
è
in
fatto
all
'
antica
.
E
con
librucciaccio
ella
dice
un
libro
non
soltanto
meschino
nella
forma
(
chè
libruccio
significa
meschino
nella
forma
più
che
nella
sostanza
)
e
non
solo
di
poco
pregio
nella
sostanza
,
ma
anche
in
questa
rozzo
e
cattivo
.
E
s
'
ella
dice
che
un
tale
fa
il
comodaccio
suo
,
dice
che
fa
il
suo
comodo
con
particolare
indiscrezione
e
noncuranza
del
comodo
altrui
e
del
dovere
proprio
.
Vede
quante
piccole
cose
,
quante
minute
diversità
e
graduazioni
di
idee
io
servo
a
dire
e
determinare
!
E
poi
,
ho
stampato
tante
parole
di
forte
rilievo
e
di
color
vivo
e
gaio
,
a
cui
nessun
'
altra
equivale
!
Veda
un
po
'
queste
.
Di
un
lavoro
duro
e
misero
,
che
dia
appena
da
vivere
:
-
È
un
panaccio
.
-
Mangiare
un
panaccio
arrabbiato
.
-
Non
t
'
immischiare
con
colui
:
è
un
arnesaccio
,
è
robaccia
.
-
S
'
è
preso
un
cosaccio
d
'
avvocato
,
che
gli
mangerà
fin
l
'
ultimo
soldo
.
-
Mi
tocca
a
far
certe
facciacce
per
cagion
sua
!
-
S
'
è
presentato
con
un
pajaccio
di
scarpe
rotte
.
-
O
figliaccio
e
po
'
d
'
un
cane
!
-
E
veda
come
servo
anche
a
dare
il
fatto
suo
a
un
indegno
,
così
di
sbieco
,
senza
parere
:
-
L
'
hanno
fatto
cavaliere
l
'
altro
giornaccio
,
o
uno
di
questi
giornacci
lo
faranno
.
-
Non
è
una
bellezza
?
E
non
finirei
più
!
Ma
le
dico
ancor
questa
:
che
servo
io
solo
,
in
Toscana
,
senz
'
essere
appiccicato
ad
altra
parola
,
a
definire
una
persona
:
-
È
un
ragazzo
accio
,
ma
accio
bene
;
è
un
farabutto
,
ma
di
quegli
acci
;
-
o
sono
adoperato
tre
volte
per
rincarare
la
dose
:
-
È
un
malandrinaccio
....
accio
,
accio
,
accio
.
-
E
,
in
fine
,
m
'
accecherà
l
'
orgoglio
;
ma
io
penso
che
uno
scrittore
che
non
sa
giovarsi
del
fatto
mio
,
o
che
mi
trascura
o
mi
disprezza
,
non
può
essere
che
uno
scrittore
da
un
tanto
il
mazzo
.
E
me
ne
scappo
,
perché
vedo
avvicinarsi
un
tale
,
un
giovincello
sdolcinato
,
con
cui
non
me
la
dico
,
e
non
mi
posso
trovare
insieme
.
La
lascio
con
lui
,
che
cercherà
di
rivogarle
la
sua
mercanzia
.
Ma
ritornerò
.
A
rivederci
a
presto
,
e
si
guardi
da
un
'
indigestione
di
zuccherini
.
APOLOGIA
DEL
DIMINUTIVO
.
Giovanettino
,
ti
saluto
.
Io
sono
il
diminutivo
...
Comprendo
il
tuo
sorriso
;
ma
non
mo
ne
risento
,
perché
sono
un
buon
figliuolo
.
Da
qualcuno
tu
avrai
inteso
dir
corna
di
me
,
e
sei
mal
prevenuto
a
mio
riguardo
.
T
'
avranno
detto
che
sono
uno
sdolcinato
stucchevole
,
che
stempero
le
parole
e
snervo
la
lingua
,
empiendola
di
lezi
femminei
e
di
vezzi
bambineschi
.
Ma
tu
non
devi
dar
retta
a
costoro
:
gente
di
grossa
pasta
,
che
non
mi
capisce
e
non
mi
sente
.
Io
son
modesto
di
natura
,
e
non
per
vanagloria
,
lo
puoi
credere
,
ti
affermo
che
chi
mi
maltratta
o
per
ignoranza
o
per
rozzezza
d
'
animo
,
chi
non
ha
famigliarità
con
le
mie
forme
innumerevoli
e
le
tiene
in
conto
di
vane
frasche
,
non
può
saper
quanto
è
ricca
,
quanto
è
flessibile
,
quant
'
è
dolce
la
lingua
della
sua
patria
.
Cascano
nella
leziosaggine
e
ristuccano
,
non
c
'
è
dubbio
,
tutti
coloro
che
abusano
di
me
,
appiccicandomi
a
cinque
parole
su
dieci
,
che
dicono
a
un
modo
bellino
e
carino
un
fiore
e
un
campanile
,
un
bambino
e
una
montagna
,
che
non
possono
esprimere
un
'
idea
senza
rimpicciolirla
alla
misura
della
loro
animetta
,
un
sentimento
senza
indolcirlo
fino
alla
nausea
,
col
giulebbe
che
hanno
nelle
vene
invece
del
sangue
.
Ma
,
usato
con
discernimento
da
chi
ha
intelletto
e
gusto
fine
,
io
compio
nella
lingua
un
ufficio
nobile
e
utile
;
io
do
alla
parola
gentilezza
e
grazia
e
soavità
di
suono
e
sapore
di
scherzo
garbato
e
cento
significati
delicatissimi
d
'
affetto
,
di
pietà
,
di
simpatia
,
d
'
indulgenza
;
io
attenuo
e
scuso
colpe
ed
errori
di
persone
care
,
velo
infermità
e
deformità
d
'
infelici
,
esprimo
quanto
vi
è
di
più
tenero
nel
cuore
delle
madri
e
degli
amanti
,
rendo
tutte
le
più
delicate
gradazioni
della
bellezza
e
delle
virtù
gentili
e
dei
sensi
ch
'
esse
ispirano
;
e
addolcisco
il
rimprovero
,
e
spunto
l
'
offesa
,
e
accarezzo
e
compiango
e
conforto
.
E
non
vezzeggio
alla
cieca
ogni
cosa
,
come
afferma
chi
non
m
'
intende
o
mi
calunnia
;
ma
dico
anche
verità
sgradite
a
chi
in
altra
forma
non
le
vorrebbe
udire
,
e
faccio
atto
di
giustizia
temperando
la
lode
eccessiva
,
restringendo
il
concetto
ingiustamente
ingrandito
di
molte
cose
,
mettendo
un
'
ombra
di
rampogna
,
quando
occorre
,
anche
nell
'
espressione
della
pietà
e
dell
'
affetto
.
Non
vezzeggio
soltanto
;
ma
definisco
,
distinguo
,
dipingo
,
scolpisco
ed
illumino
.
E
non
è
la
mia
vanità
,
è
la
voce
universale
che
mi
chiama
una
bellezza
e
un
privilegio
della
lingua
italiana
.
Imita
dunque
la
gentilezza
di
chi
,
volendo
designare
un
piccolo
infelice
,
di
cui
non
sa
il
nome
,
e
sentendo
che
nel
modo
il
piccolo
storpiato
non
suona
la
pietà
,
dice
-
lo
storpiatino
-
,
come
chiama
loschina
una
ragazza
losca
,
e
dicendo
d
'
un
'
altra
che
ha
la
bazza
,
fa
intendere
insieme
ch
'
ella
ha
qualche
cosa
di
grazioso
,
che
quasi
fa
piacere
il
difetto
,
chiamandola
:
-
Una
bazzina
.
-
Ecco
la
bazzina
.
-
È
una
bazzina
,
bionda
,
piena
di
vita
.
-
E
dicendo
d
'
una
giovinetta
o
d
'
una
bimba
:
boriosina
,
invece
di
:
un
po
'
boriosa
,
farai
comprender
meglio
che
,
pure
avendo
quel
difetto
,
non
ha
animo
cattivo
.
E
se
chiamerai
un
'
altra
:
beatina
,
dirai
,
come
non
potresti
meglio
,
ch
'
essa
è
devota
alle
pratiche
del
culto
,
ma
non
pinzochera
,
e
che
il
sentimento
religioso
in
lei
è
gentilezza
.
E
quando
vorrai
dire
che
una
donna
ha
un
carattere
alquanto
astioso
,
tu
potrai
chiamarla
astiosina
,
senz
'
offenderla
;
ciò
che
non
ti
riuscirebbe
né
premettendo
un
po
'
all
'
aggettivo
,
né
con
altra
parola
attenuante
.
Ma
è
l
'
affetto
,
è
il
sentimento
della
delicatezza
che
suggerisce
a
chi
parla
le
mie
forme
più
gentili
;
esse
non
si
cercano
,
vengon
via
spontanee
,
come
certe
inflessioni
carezzevoli
della
voce
.
Senti
le
mamme
del
popolo
,
in
Toscana
.
Chiamano
maggiorino
il
maggiore
dei
loro
figliuoli
piccoli
.
Dicono
vergognosina
una
bimba
timida
,
e
magari
anche
un
po
'
selvatica
.
Non
chiameranno
un
loro
bimbo
:
spersonito
o
malsano
,
ma
stentino
,
e
per
non
dir
gracile
,
diranno
:
-
È
così
minutino
,
ma
sano
,
-
e
per
non
dire
d
'
una
ragazza
che
è
di
complessione
delicata
,
diranno
:
gentilina
;
e
capacino
,
per
modestia
,
d
'
un
ragazzino
intelligente
o
bravo
in
qualunque
cosa
.
-
Ammodino
,
ragazzi
!
-
dicono
spesso
,
invece
di
:
ammodo
,
per
addolcire
l
'
avvertimento
.
Tu
potresti
urtare
il
loro
amor
proprio
dicendo
che
un
loro
figliuoletto
ha
già
le
sue
malizie
;
non
l
'
urteresti
dicendo
che
ha
le
sue
malizine
;
che
esprime
l
'
idea
d
'
un
accorgimento
fine
meglio
che
quella
dell
'
astuzia
.
E
così
,
se
vorranno
dirti
che
un
loro
bimbo
è
schifiltoso
nel
mangiare
,
te
lo
diranno
con
un
'
espressione
graziosissima
:
-
È
tanto
boccuccia
,
che
è
capace
di
rifiutarmi
un
piatto
se
ci
trova
un
bruscolo
.
-
E
dicono
al
pigretto
che
chiede
una
cosa
:
-
Allunga
il
santo
manino
,
e
pìgliatela
da
te
.
-
E
quante
altre
espressioni
graziose
ti
potrei
citare
,
fatte
col
mio
conio
!
Di
una
piccola
donna
o
ragazza
seducente
:
-
È
una
cosolina
simpaticissima
-
Ha
un
'
ideina
che
piace
-
Una
camera
raccoltina
:
non
è
significata
nel
diminutivo
anche
la
piccolezza
e
quasi
la
giocondità
della
camera
?
E
se
uno
ti
dice
:
-
A
tastar
per
terra
nel
buio
c
'
è
il
casetto
di
raccattare
qualche
cosa
di
spiacevole
-
non
senti
in
quel
casetto
un
sapor
comico
che
ti
fa
sorridere
?
E
se
ti
dice
un
altro
che
:
-
bisognerà
aspettare
un
paietto
d
'
ore
-
,
non
senti
in
questo
diminutivo
l
'
intenzione
cortese
d
'
abbreviare
il
tempo
nel
tuo
concetto
e
di
esortarti
ad
aver
pazienza
?
Ma
chi
può
noverare
la
varietà
degli
effetti
ch
'
io
posso
ottenere
?
Anche
l
'
attenuazione
del
peggiorativo
!
Sentirai
dire
nella
campagna
toscana
,
in
val
d
'
Elsa
:
-
Animaccina
!
-
che
è
come
dar
dell
'
animaccia
a
uno
e
chiedergli
scusa
ad
un
tempo
,
riconoscendo
d
'
aver
detto
troppo
.
Donnaccina
!
Dieci
vocaboli
ammontati
,
nota
un
filologo
illustre
,
non
saprebbero
dire
altrettanto
.
E
di
annatina
che
i
contadini
toscani
dicono
qualche
volta
per
"
annataccia
affamata
"
dice
lo
stesso
filologo
che
v
'
è
in
quel
diminutivo
una
mirabile
disposizione
d
'
animo
,
la
quale
attenua
il
dolore
e
quasi
ingentilisce
il
bisogno
;
e
si
sottintende
:
un
sentimento
di
rassegnazione
cristiana
,
per
cui
si
vuol
dire
la
cosa
senza
lagnarsi
,
per
timor
di
Dio
,
che
l
'
ha
mandata
.
Che
potrei
fare
di
più
,
mondo
birbetta
?
Sarai
dunque
persuaso
,
carino
mio
,
che
non
è
mia
colpa
se
molti
seccano
il
prossimo
e
mi
fanno
prendere
in
uggia
con
gl
'
ini
,
con
gli
etti
,
e
con
gli
ucci
;
che
è
soltanto
l
'
abuso
e
il
mal
uso
che
mi
rendono
indigesto
;
che
il
vizio
non
è
in
me
,
ma
in
chi
mi
violenta
e
mi
snatura
.
E
lascia
ch
'
io
batta
ancora
su
questo
chiodo
,
facendoti
considerare
,
per
esempio
,
che
se
è
proprio
e
grazioso
il
dire
d
'
un
ragazzo
:
ravviatino
,
ravversatino
,
ricciutino
,
fa
venire
il
latte
ai
gomiti
l
'
udirlo
dire
d
'
un
uomo
tanto
fatto
;
che
se
è
gentile
il
dire
che
una
bimba
è
tutta
pensierini
per
la
sua
mamma
,
è
sdolcinato
davvero
il
dir
lo
stesso
d
'
un
padre
per
la
sua
figliuola
;
e
che
è
ridicolo
il
dire
d
'
un
barbuto
impiegato
postale
,
cortese
col
pubblico
,
che
ha
una
manierina
amabilissima
,
e
che
stonerebbe
un
ufficiale
con
la
sciabola
in
pugno
,
che
gridasse
ai
suoi
soldati
,
chiamandoli
alle
file
:
-
Fate
prestino
!
Giovati
dunque
di
me
,
giovinetto
,
e
dirai
molte
cose
propriamente
e
con
garbo
e
con
arguzia
;
ma
non
mi
chiamare
in
ballo
troppo
spesso
,
e
,
sopra
tutto
,
non
m
'
usare
che
quando
calzo
appunto
al
sentimento
e
all
'
idea
.
Perché
io
sono
nella
lingua
come
il
sorriso
sul
volto
umano
.
Che
c
'
è
di
più
gradevole
d
'
un
sorriso
gentile
?
Ma
chi
sorride
a
tutti
,
ogni
momento
e
a
qualunque
proposito
,
è
uno
smanceroso
che
viene
a
noia
.
E
qui
fo
punto
.
Parto
per
un
viaggio
di
propaganda
nell
'
Italia
nordica
;
ma
ritornerò
ogni
tantino
nel
paese
tuo
,
dove
mi
pare
d
'
esser
tenuto
anche
in
minor
conto
che
altrove
.
Ricordati
di
me
,
e
fa
'
spallucce
ai
tangheri
che
mi
vorrebbero
bandire
dalla
lingua
:
fratelli
nati
di
quei
padroni
di
casa
villani
,
che
in
casa
loro
non
vogliono
né
bambini
né
fiori
.
LA
LINGUA
FAMIGLIARE
.
Ho
ricevuto
in
questi
giorni
....
Non
è
vero
;
non
ho
ricevuto
niente
.
Perché
fare
una
delle
solite
finzioni
letterarie
,
che
non
ingannano
nessuno
?
Ho
scritto
io
a
me
medesimo
,
in
nome
d
'
una
signora
immaginaria
,
la
lettera
seguente
,
e
confesso
che
l
'
ho
scritta
perché
mi
faceva
comodo
,
come
riconoscerai
dalla
mia
risposta
,
per
la
quale
ti
domando
,
in
cambio
della
mia
sincerità
,
un
po
'
d
'
attenzione
.
Al
Signor
tal
dei
tali
,
M
'
hanno
detto
ch
'
Ella
sta
scrivendo
un
libro
sul
modo
di
studiar
la
lingua
italiana
.
Mi
permetta
di
rivolgerle
una
preghiera
.
Ella
ebbe
un
giorno
la
cortesia
di
farmi
una
lode
,
la
quale
,
spogliata
del
complimento
dove
era
chiusa
,
voleva
dire
che
delle
signore
di
sua
conoscenza
non
ero
io
quella
che
parlasse
peggio
.
Ebbene
,
poichè
io
mostro
buone
disposizioni
,
m
'
aiuti
un
poco
.
Veda
il
caso
mio
.
Ho
un
'
amica
toscana
,
che
è
come
una
mia
sorella
.
Quando
parlo
italiano
con
l
'
altre
mie
amiche
subalpine
,
son
sodisfatta
di
me
,
dal
più
al
meno
;
ma
da
ogni
conversazione
con
quella
esco
malcontenta
del
fatto
mio
,
e
anche
un
po
'
umiliata
.
Mi
dirà
che
la
cosa
è
naturalissima
.
Ma
badi
:
non
è
ch
'
io
m
'
accorga
,
parlando
con
quella
signora
,
di
mancar
di
parole
e
di
frasi
per
esprimere
il
mio
pensiero
;
chè
,
per
esempio
,
quando
tutt
'
e
due
parliamo
d
'
arte
o
di
letteratura
con
altri
,
non
avverto
quasi
differenza
fra
me
e
lei
,
fuorchè
nella
pronunzia
.
La
differenza
grande
che
ferisce
il
mio
amor
proprio
è
quella
ch
'
io
riconosco
quando
discorriamo
a
quattr
'
occhi
liberamente
,
di
cose
comuni
o
intime
,
scherzando
e
facendoci
confidenze
a
vicenda
.
Io
sento
,
allora
,
che
non
riesco
a
dare
al
mio
discorso
il
colore
di
famigliarità
,
la
vivezza
,
e
,
non
so
come
dire
altrimenti
,
la
libera
giocondità
che
è
nel
suo
;
e
non
capisco
bene
perché
non
ci
riesca
.
Forse
me
lo
saprà
dir
lei
,
e
se
mi
facesse
questo
favore
,
gliene
sarei
grata
,
e
se
della
risposta
che
darà
a
me
facesse
un
capitolo
per
il
suo
libro
,
credo
che
renderebbe
un
servizio
anche
ad
altri
.
Mi
perdoni
....
È
inutile
far
la
chiusa
a
una
lettera
apocrifa
,
che
è
un
semplice
pretesto
per
far
la
RISPOSTA
.
Stimatissima
Signora
Subalpina
,
Quello
che
segue
a
lei
con
la
sua
amica
,
segue
a
me
coi
miei
amici
toscani
.
La
nostra
inferiorità
nel
parlar
famigliare
non
sta
che
in
minima
parte
nel
giro
diverso
che
si
dà
all
'
espressione
del
pensiero
e
nella
minor
ricchezza
di
vocaboli
che
noi
possediamo
;
perché
in
questo
non
può
esser
grande
la
differenza
fra
un
toscano
e
uno
di
noi
,
che
abbia
studiato
la
lingua
;
nella
conversazione
ordinaria
in
ispecie
,
la
quale
s
'
aggira
quasi
sempre
sugli
stessi
argomenti
,
non
molti
,
né
molto
vari
.
Consiste
principalmente
la
loro
superiorità
in
un
gran
numero
di
modi
,
non
assolutamente
necessari
,
ma
propri
più
che
altro
del
linguaggio
parlato
,
comunissimi
fra
di
loro
,
e
da
noi
non
conosciuti
o
non
usati
;
che
son
quelli
appunto
che
dànno
al
discorso
quel
colore
di
famigliarità
,
quella
vivezza
,
quella
libera
giocondità
,
alla
quale
ella
accenna
.
Le
citerò
una
serie
di
questi
modi
,
attenendomi
nella
scelta
alla
mia
esperienza
,
voglio
dire
a
quelli
ch
'
io
sento
spessissimo
dai
miei
amici
toscani
,
e
che
non
uso
mai
,
o
quasi
mai
,
né
parlando
con
loro
,
né
con
altri
,
non
perché
non
li
sappia
,
ma
perché
ho
più
alla
mano
altri
modi
,
di
significato
equivalente
,
ma
meno
famigliari
e
meno
vivi
,
meno
genuinamente
italiani
.
Essi
sogliono
dire
,
per
esempio
,
e
io
non
dico
:
-
Niente
niente
ch
'
io
parli
,
mi
dà
subito
sulla
voce
.
-
Di
nulla
nulla
borbotta
per
un
'
ora
.
-
Punto
punto
ch
'
egli
tardasse
,
non
arrivava
a
tempo
.
-
Mi
promise
di
non
dir
nulla
;
ma
sotto
sotto
andò
a
dire
....
-
Alto
alto
mi
toccò
di
quell
'
affare
.
-
A
andar
bene
bene
,
ci
guadagnerà
cento
lire
.
-
A
andarmi
male
male
,
mi
cacceranno
di
casa
.
-
Tanto
tanto
sarà
costretto
a
dir
di
sì
.
-
Tant
'
è
fermarsi
qui
che
in
un
'
altra
parte
.
-
Quella
pietra
non
è
molto
grande
;
ma
per
il
suo
tanto
,
è
bella
assai
.
-
Una
rendituccia
pur
che
sia
,
tanto
quant
'
è
nulla
.
-
Non
mi
piace
più
che
tanto
.
-
Sciocco
quanto
ce
n
'
entra
.
-
Non
lo
guardo
quant
'
è
lungo
.
-
Tutt
'
a
un
tratto
,
per
la
strada
,
me
lo
trovai
quanto
di
qui
a
lì
....
Vedo
che
scrolla
il
capo
.
Capisco
.
Forse
ella
non
si
ricorda
d
'
aver
mai
inteso
dalla
sua
amica
nessuno
di
quei
modi
.
Ma
proseguiamo
.
Può
essere
che
le
abbia
inteso
dire
quest
'
altri
,
che
né
lei
né
io
non
usiamo
:
-
Scambio
di
far
questo
,
faccia
quest
'
altro
.
-
Quest
'
accorciatura
del
vestito
non
basta
;
l
'
accorcerei
dell
'
altro
.
-
Gli
dissi
,
perché
non
mi
stèsse
a
seccar
altro
....
-
Al
vedere
,
non
par
che
sia
molto
pentito
.
-
A
come
si
mette
la
cosa
,
non
c
'
è
molto
da
sperare
.
-
A
sprofondare
(
questo
la
sua
amica
non
lo
dirà
,
ma
i
miei
toscani
lo
dicono
)
,
a
farla
grossa
,
a
fare
i
conti
grassi
,
è
grassa
se
si
guadagna
le
spese
del
viaggio
.
-
Come
si
fa
a
vedere
un
pezzo
di
giovine
a
quel
modo
a
chieder
l
'
elemosina
?
-
Quando
avete
fatto
bene
,
egli
è
il
miglior
medico
della
giornata
.
-
Oh
,
c
'
è
che
fare
!
(
ci
vuol
ancora
molto
tempo
)
.
-
Voglio
(
riconosco
,
ammetto
)
che
sia
un
lavoro
difficile
;
ma
egli
va
troppo
per
le
lunghe
.
-
Fa
delle
grandi
promesse
;
ma
voltati
in
là
,
non
si
ricorda
di
nulla
.
-
Gran
poco
giudizio
che
tu
sei
a
confonderti
col
tal
dei
tali
!
-
Quando
si
dice
!
-
È
un
gran
dire
ch
'
io
non
possa
liberarmi
da
quel
seccatore
.
-
So
di
molto
io
,
m
'
importa
di
molto
!
-
Non
me
ne
importa
il
gran
nulla
,
il
bellissimo
nulla
.
-
All
'
ultimo
degli
ultimi
,
al
tempo
dei
tempi
,
al
peggio
dei
peggi
,
in
caso
dei
casi
.
-
Non
sarebbe
mica
delle
peggio
andare
a
fare
una
gita
a
Superga
.
-
Non
è
dell
'
erba
d
'
oggi
(
d
'
una
persona
non
più
giovane
)
.
-
Non
è
più
d
'
oggi
né
di
ieri
.
-
Siamo
a
tocco
e
non
tocco
.
-
Sono
stato
tutto
il
giorno
col
pover
'
a
me
....
-
O
cavaci
un
numero
,
via
!
(
Quando
ci
stizziamo
di
non
capir
di
che
umore
uno
sia
)
....
Credo
ch
'
ella
cominci
a
trovarsi
d
'
accordo
con
me
.
Ma
andiamo
innanzi
.
Scommetterei
che
la
sua
amica
dice
qualche
volta
,
e
che
lei
non
dice
,
com
'
io
non
dico
mai
:
-
Un
bambino
che
mai
il
più
bello
.
-
Una
ragazza
bella
che
mai
.
-
Si
vogliono
un
bene
che
mai
.
-
I
danari
li
ha
bell
'
e
bene
,
ma
non
li
vuol
spendere
.
-
Non
ci
si
discorre
(
non
si
può
parlare
con
quella
tal
persona
)
.
-
Qui
che
cosa
ci
dice
?
(
Che
cosa
c
'
è
scritto
in
questo
punto
?
)
-
Ce
lo
divezzerò
io
(
lo
divezzerò
io
dal
far
questo
o
quell
'
altro
)
.
-
Vuol
fare
una
bella
nevata
.
-
È
capace
che
piova
.
-
Quando
il
tempo
è
fatto
bene
,
ha
tempo
a
piovere
!
-
Levandomi
da
letto
,
la
prima
cosa
prendo
il
caffè
.
-
S
'
è
montato
il
capo
di
diventare
un
gran
che
.
-
Non
me
lo
posso
levare
di
torno
.
-
È
lui
,
luissimo
.
-
L
'
hai
veduto
mai
?
Maissimo
.
-
E
"
perdoni
"
qui
,
e
"
mi
scusi
là
"
non
fa
altro
che
far
cerimonie
dalla
mattina
alla
sera
.
-
E
gonfia
gonfia
,
non
ci
potei
più
stare
.
-
Neanche
questo
non
lo
dirà
una
signora
;
ma
lo
cito
come
un
modo
tipico
d
'
altri
molti
famigliarissimi
,
che
i
toscani
usano
,
e
noi
no
;
donde
il
nostro
italiano
meno
famigliare
del
loro
.
Usano
essi
ancora
nel
parlar
famigliare
un
gran
numero
di
modi
che
si
potrebbero
chiamar
duplici
o
geminati
;
nei
quali
l
'
espressione
dell
'
idea
è
ripetuta
con
un
vocabolo
sinonimo
o
affine
o
antitetico
,
sia
per
ribadire
l
'
idea
stessa
,
sia
per
far
un
contrapposto
che
le
dia
maggiore
evidenza
,
sia
per
tondeggiare
la
locuzione
,
che
suoni
meglio
all
'
orecchio
,
o
,
come
si
direbbe
elegantemente
,
per
cura
del
numero
.
E
questi
modi
servono
moltissimo
a
dar
colore
di
famigliarità
al
discorso
,
quando
non
si
confonda
il
famigliare
col
volgare
;
chè
parecchi
di
essi
cadono
nella
volgarità
,
o
ci
dànno
accanto
,
e
non
li
avrà
certo
uditi
mai
dalla
sua
amica
.
-
Cito
alla
rinfusa
:
-
Essere
d
'
accordo
bene
e
meglio
.
-
Essere
un
paio
e
una
coppia
.
-
Essere
d
'
un
pelo
e
d
'
una
buccia
,
d
'
un
pelo
e
d
'
una
lana
.
-
Fare
una
cosa
spesso
e
volentieri
.
-
Non
aver
né
garbo
né
grazia
.
-
Non
aver
modo
né
maniera
.
-
Averne
da
dare
e
da
serbare
.
-
Non
far
né
uno
né
due
.
-
Non
aver
né
colpa
né
peccato
.
-
Far
calze
e
scarpe
d
'
una
cosa
.
-
Esser
fiori
e
baccelli
con
uno
.
-
Non
voler
né
tenere
né
scorticare
.
-
Non
dar
né
in
tinche
né
in
ceci
.
-
Costare
il
cuore
e
gli
occhi
.
-
Mandar
via
uno
segnato
e
benedetto
.
-
Non
saper
né
grado
né
grazia
.
-
Una
ne
fa
e
una
ne
ficca
.
-
Di
politica
non
ne
vuol
sentire
né
cotto
né
bruciaticcio
.
-
Non
l
'
ho
più
visto
né
cotto
né
crudo
.
-
È
lui
in
petto
e
persona
.
-
È
una
lingua
che
taglia
e
cuce
,
che
taglia
e
fende
,
che
taglia
e
fora
.
-
Dàgli
e
picchia
,
dàgli
e
tocca
,
dàgli
e
martella
.
-
In
fine
e
in
fatti
.
-
Né
così
né
cosà
.
-
Non
fa
né
ficca
.
-
Non
cresce
né
crepa
.
(
Mi
perdoni
,
signora
)
.
E
mi
par
che
basti
per
un
saggio
.
Tutti
questi
modi
,
e
quelli
citati
più
sopra
(
di
cui
molti
appartengono
a
tutti
i
dialetti
,
alcuni
tali
e
quali
,
altri
in
forma
poco
dissimile
)
corrispondono
per
l
'
appunto
nella
lingua
a
certi
gesti
,
atteggiamenti
,
sorrisi
e
inflessioni
di
voce
,
che
noi
usiamo
soltanto
con
persone
domestiche
,
nei
quali
consiste
particolarmente
quello
che
si
chiama
modo
,
contegno
,
tratto
famigliare
.
Certo
,
non
sta
in
questo
soltanto
la
superiorità
che
hanno
su
noi
i
toscani
nella
conversazione
ordinaria
:
sta
in
molt
'
altre
cose
che
non
è
qui
il
luogo
d
'
accennare
;
ma
nel
caso
suo
,
signora
,
mi
par
che
l
'
altre
cose
ci
abbiano
che
fare
assai
meno
di
quella
che
mi
sono
ingegnato
di
dimostrarle
.
Si
tratta
d
'
una
parte
della
lingua
che
noi
non
sappiamo
,
o
possediamo
male
,
non
avendola
imparata
nelle
scuole
,
dove
si
bada
più
che
altro
alla
lingua
letteraria
;
ma
che
è
forse
più
necessaria
,
o
più
utile
di
questa
,
perché
sono
le
persone
famigliari
,
gli
amici
intimi
quelli
coi
quali
abbiamo
più
occasione
e
bisogno
,
nel
corso
della
vita
,
di
parlare
e
anche
di
scrivere
,
e
di
trattare
di
più
varie
cose
,
e
più
liberamente
,
e
penetrando
più
addentro
alle
cose
stesse
.
E
ora
,
signora
mia
....
Ma
la
signora
ha
fatto
l
'
ufficio
suo
,
e
la
possiamo
accomiatare
con
una
reverenza
.
LA
LINGUA
FACETA
.
Questa
tu
devi
studiare
in
particolar
modo
se
sei
di
natura
tagliato
al
faceto
,
ossia
inclinato
a
osservare
e
a
rappresentare
ad
altri
il
lato
ridicolo
delle
cose
,
e
a
esprimere
molti
dei
tuoi
pensieri
,
anche
non
lepidi
in
sé
,
in
forma
scherzosa
;
poichè
per
noi
,
che
non
abbiamo
imparato
la
lingua
dalla
balia
,
non
c
'
è
cosa
più
difficile
che
scherzare
con
garbo
e
ottener
con
la
parola
l
'
effetto
del
riso
.
Perché
sia
difficile
lo
spiega
con
grande
evidenza
il
Leopardi
nei
Pensieri
che
furono
pubblicati
dopo
la
sua
morte
;
nei
quali
troverai
un
tesoro
d
'
osservazioni
acutissime
sulla
lingua
italiana
.
Egli
dice
che
il
ridicolo
(
per
quanto
si
riferisce
al
linguaggio
,
non
alla
sostanza
)
"
nasce
da
quella
tal
composizione
di
voci
,
da
quell
'
equivoco
,
da
quella
tale
allusione
,
da
quel
giocolino
di
parole
,
da
quella
tal
parola
appunto
,
di
maniera
che
se
sostituite
una
parola
in
cambio
d
'
un
'
altra
,
il
ridicolo
svanisce
"
.
Ora
,
per
questa
ragione
appunto
noi
otteniamo
difficilmente
il
nostro
intento
nei
discorsi
faceti
che
facciamo
in
italiano
:
perché
ci
manca
la
maggior
parte
di
quelle
parole
e
locuzioni
,
dalle
quali
nasce
il
ridicolo
,
e
quasi
sempre
usiamo
in
luogo
di
quelle
gli
stessi
modi
che
useremmo
per
dire
sul
serio
le
cose
che
diciamo
per
far
ridere
.
*
È
una
verità
che
non
occorre
di
dimostrare
.
L
'
avrai
osservata
molte
volte
tu
stesso
nei
discorsi
tuoi
e
in
quelli
degli
altri
.
Tu
devi
sentire
alla
prima
qual
maggior
effetto
comico
si
possa
ottenere
in
certi
casi
dicendo
invece
di
"
tremar
dal
freddo
"
:
-
batter
la
diana
o
pigliar
le
pispole
;
invece
di
"
dar
poco
da
mangiare
a
uno
"
:
tenergli
alta
la
madia
;
invece
di
"
ridurgli
il
vitto
"
:
alzargli
la
mangiatoia
;
invece
di
"
non
ha
la
testa
a
segno
"
:
gli
va
male
l
'
oriolo
;
invece
di
"
picchiare
,
dar
lo
busse
a
uno
"
:
pettinarlo
,
rosolarlo
,
tamburarlo
,
fargli
una
tamburata
,
dargli
le
croste
o
le
paghe
o
le
briscole
.
-
E
senti
che
più
facilmente
farai
ridere
se
invece
di
"
scappare
,
indebitarsi
,
dire
l
'
opposto
di
quello
che
s
'
è
detto
,
far
le
occorrenze
sue
,
tirar
calci
,
andar
tutto
d
'
un
pezzo
e
impettito
"
dirai
:
-
spronar
le
scarpe
,
inchiodarsi
,
rivoltar
la
frittata
,
far
gli
offici
di
sotto
,
lavorar
di
pedate
,
aver
mangiato
la
minestra
o
lo
stufato
di
fusi
.
-
E
non
c
'
è
bisogno
di
farti
notare
che
diversità
d
'
effetto
comico
corra
fra
le
espressioni
:
un
abito
che
"
si
comincia
a
scucire
"
e
che
comincia
a
fischiare
;
fra
"
abito
lungo
e
largo
o
logoro
o
scarso
o
mal
fatto
"
e
palandrana
,
biracchio
,
paraguai
,
saltamindosso
;
fra
"
brodo
allungato
"
e
brodo
di
carrucola
,
fra
"
cattiva
minestra
"
e
sbroscia
o
basoffia
,
fra
"
miseria
"
e
trucia
,
"
paura
"
e
battisoffia
,
"
cattivo
quadro
"
e
cerotto
;
"
persona
acciaccosa
e
di
malumore
"
e
deposito
:
-
Andiamo
a
far
visita
a
quel
deposito
del
signor
Gaudenzio
!
-
Molte
di
queste
parole
e
locuzioni
sono
ridicole
per
sé
medesime
,
e
bastano
da
sé
in
molti
casi
a
destar
l
'
ilarità
,
dove
non
gioverebbe
a
destarla
un
particolare
o
un
'
osservazione
arguta
aggiunta
alla
frase
o
alla
descrizione
e
all
'
aneddoto
.
*
Per
dimostrarti
quant
'
è
ricca
in
questo
campo
la
nostra
lingua
,
ti
cito
ancora
una
serie
di
modi
d
'
uso
comune
in
Toscana
,
che
noi
non
usiamo
se
non
raramente
;
di
alcuni
dei
quali
è
evidente
il
significato
;
e
d
'
una
parte
degli
altri
lascerò
che
cerchi
il
significato
tu
stesso
,
perché
ti
resti
meglio
impresso
nella
memoria
.
-
Affogare
nel
cappello
,
nelle
scarpe
,
nel
soprabito
-
Aver
roba
in
corpo
o
in
manica
-
Aver
paglia
in
becco
-
Avere
il
baco
(
con
qualcuno
;
avercela
,
senza
dimostrarlo
,
o
volerlo
dimostrare
)
-
Avere
i
bachi
(
essere
inquieto
o
di
malumore
)
-
Aver
famiglia
in
capo
-
Aver
la
fregola
(
di
fare
una
cosa
)
-
Aver
messo
il
tetto
-
Alzare
i
mazzi
-
Andare
,
darsi
ai
cani
-
Andare
in
dolcitudine
-
Attaccare
il
lucignolo
-
Bastonare
la
messa
(
dirla
in
furia
)
,
una
cosa
qualunque
(
abborracciarla
e
venderla
a
vil
prezzo
)
-
Batter
la
solfa
-
Battere
il
trentuno
-
Campare
con
uno
stecco
unto
-
Dar
le
pere
-
Dare
fune
o
spago
-
Dare
una
lunga
a
uno
(
intrattenerlo
,
senza
spedirlo
)
-
Dare
un
'
untatina
-
Dar
nelle
girelle
o
nelle
girandole
-
Essere
al
lumicino
,
al
moccolino
,
al
moccoletto
-
Essere
uno
spianto
(
una
rovina
:
quell
'
affare
è
stato
un
vero
spianto
per
il
tale
)
-
Essere
in
pernecche
-
Fare
un
bollo
(
vuol
prender
moglie
quello
spiantato
?
Farebbe
un
bel
bollo
!
)
-
Far
polvere
(
sollevare
scompigli
:
non
faccia
tanta
polvere
:
abbia
un
po
'
più
di
prudenza
)
-
Fare
una
buca
(
un
cassiere
nella
cassa
)
-
Fare
un
passio
(
una
cosa
lunga
di
cosa
che
dovrebbe
esser
breve
)
-
Far
baciabasso
(
per
umiliazione
,
per
adulazione
,
sottomettersi
)
-
Girare
a
uno
la
cuccuma
,
la
còccola
,
il
boccino
-
Grattar
gli
orecchi
-
Levar
le
repliche
-
Mangiare
a
macca
-
Macinarsi
il
patrimonio
-
Mettere
in
purgo
(
una
notizia
non
sicura
)
-
Non
mondar
nespole
(
S
'
egli
lavora
,
l
'
altro
non
monda
nespole
)
-
Pagar
con
le
gomita
-
Piantare
un
melo
-
Piantare
un
porro
-
Prendere
al
bacchio
(
alla
cieca
,
alla
ventura
)
-
Prender
pelo
-
Prendere
una
lùcia
,
una
briaca
,
una
bertuccia
-
Ridursi
all
'
accattolica
-
Spianare
il
gobbo
,
le
costure
-
Scuotere
la
polvere
-
Sonarla
a
uno
-
Sonare
a
mattana
-
Sbarbare
(
Non
riuscire
in
una
cosa
:
s
'
è
messo
a
tradurre
Orazio
;
ma
non
ce
la
sbarba
)
-
Tagliare
le
calze
-
Venir
le
cascaggini
(
d
'
una
cosa
che
ci
annoia
:
mi
fa
venir
le
cascaggini
)
.
E
soltanto
per
esprimere
facetamente
l
'
idea
del
mangiare
con
avidità
,
o
molto
,
o
soverchio
:
diluviare
,
digrumare
,
dipanare
,
scuffiare
,
sgranocchiare
,
dimenare
le
ganasce
,
ungere
,
sbattere
,
far
ballare
il
dente
,
far
ballare
il
mento
,
ingubbiarsi
,
rimpippiarsi
,
rimbuzzarsi
,
spolverare
,
dar
ripiego
a
quant
'
è
in
tavola
,
mangiare
a
scoppiacorpo
,
macinare
a
due
palmenti
,
mangiar
con
l
'
imbuto
,
divorare
a
quattro
ganasce
.
E
fermiamoci
qui
,
per
non
fare
un
'
indigestione
.
*
Certo
che
le
parole
non
hanno
per
tutti
la
stessa
faccia
.
Molte
che
hanno
effetto
comico
per
alcuni
,
per
altri
non
l
'
hanno
,
e
questo
non
è
soltanto
delle
parole
di
tal
genere
,
ma
,
in
generale
,
di
tutte
;
e
deriva
dall
'
aver
ciascuno
un
suo
particolare
sentimento
della
lingua
,
che
è
la
ragione
per
cui
della
lingua
stessa
ciascuno
tende
ad
appropriarsi
certe
forme
a
preferenza
d
'
altre
,
o
ad
usarle
in
un
significato
più
o
men
lievemente
diverso
da
quello
in
che
altri
le
usano
.
Ma
il
senso
comico
delle
parole
,
in
special
modo
,
è
un
senso
che
si
affina
grandemente
con
l
'
osservazione
,
coi
raffronti
,
e
via
via
che
,
avanzando
con
gli
anni
,
si
scoprono
negli
uomini
,
e
nelle
cose
,
nuove
e
più
intime
sorgenti
di
ridicolo
;
e
quand
'
è
affinato
,
dà
nello
studio
della
lingua
mille
diletti
.
Sono
ben
lontano
dal
credermi
in
questo
più
fine
di
Caio
o
di
Tizio
;
e
non
di
meno
,
m
'
accade
di
ridere
o
sorridere
di
molte
parole
,
ogni
volta
che
le
leggo
o
le
sento
,
come
di
certe
forme
e
di
certi
atteggiamenti
del
viso
umano
,
versi
buffi
o
mosse
allegre
o
burattinesche
.
Per
esempio
:
-
Briachite
-
Briachella
(
uno
che
piglia
spesso
piccole
sbornie
)
.
-
Non
è
briaco
:
ha
soltanto
un
po
'
d
'
accollo
(
l
'
inclinazione
del
collo
come
sotto
un
peso
)
-
Sbiobbo
(
d
'
uno
rachitinoso
e
con
gran
bazza
)
-
Musceppia
(
bambina
o
ragazzetta
saputella
)
-
Patìto
(
l
'
innamorato
)
-
Pateracchio
(
per
conclusione
spiccia
,
specialmente
di
matrimonio
:
si
videro
,
si
piacquero
e
fecero
subito
il
pateracchio
)
-
Un
tient
'
a
mente
(
uno
scapaccione
)
-
Stanga
,
stangato
(
per
bulletta
,
un
uomo
in
bulletta
)
-
Pispilloria
(
discorso
a
carico
di
qualcuno
,
o
lungo
e
noioso
)
-
Scarpata
(
pedata
)
-
Ciucata
(
cavalcata
con
gli
asini
)
-
Cacheroso
(
svenevole
)
-
Bacherozzolo
(
per
bambino
)
-
Frittura
(
di
molti
bambini
)
-
Sguerguente
(
uno
che
fa
atti
strani
o
sgarbati
)
-
Squarquoio
(
di
vecchio
cascante
)
-
Rubapianete
(
ladro
di
chiesa
)
-
Spulcialetti
-
Squarciavento
-
Spiantamondi
-
Strizzalimoni
-
Picchiapetto
-
Frustamattoni
-
Sottaniere
-
Religionaio
-
Miracolaio
-
Pretaio
(
uno
che
bazzica
preti
)
-
Mogliaio
(
che
non
esce
mai
d
'
attorno
a
sua
moglie
)
-
Fantajo
(
dilettante
d
'
ancelle
,
direbbe
la
signora
Piesospinto
)
;
e
di
verbi
non
cito
che
pissipissare
,
indragonire
,
rinfichisecchire
,
insatanassare
,
sfanfanare
(
struggersi
d
'
amore
)
,
cicisbeare
,
matrimoniarsi
,
rivogare
....
Giusto
,
mi
vengono
in
mente
due
versi
di
Neri
Tanfucio
:
Povera
truppa
,
quanti
serviziali
T
'
ho
visto
rivoga
'
nel
deretano
!
*
Ho
citato
quasi
tutti
modi
dell
'
uso
vivo
toscano
.
Ma
il
linguaggio
del
ridicolo
non
può
essere
circoscritto
dall
'
uso
,
perché
a
chi
scherza
e
vuol
far
ridere
tutto
è
lecito
,
pur
che
rimanga
nei
confini
più
vasti
della
lingua
.
Nascendo
anche
il
ridicolo
da
contrasti
e
dissonanze
tra
la
parola
e
l
'
idea
,
da
parole
usate
in
senso
insolito
,
inaspettate
,
strane
o
anche
fuor
d
'
ogni
proposito
ragionevole
,
e
dalla
stessa
affettazione
o
pedanteria
voluta
del
vocabolo
o
della
frase
,
ne
segue
che
qualsiasi
modo
vieto
o
tronfio
o
poetico
o
arcaico
,
il
quale
,
usato
sul
serio
,
stonerebbe
intollerabilmente
,
e
farebbe
ridere
alle
spese
di
chi
lo
dice
,
ottiene
invece
l
'
effetto
che
si
propone
chi
scherza
,
ed
è
quindi
legittimo
se
a
quest
'
effetto
è
adoperato
opportunamente
e
con
garbo
.
È
come
di
certi
gesti
e
impostature
e
alterazioni
del
viso
e
dell
'
accento
,
che
riescono
leziosi
,
sconvenienti
e
anche
odiosi
quando
in
una
persona
sono
abituali
e
inconsapevoli
o
affettazioni
di
dignità
e
d
'
eleganza
;
ma
che
all
'
opposto
riescono
piacevoli
quando
son
fatti
con
l
'
intenzione
di
far
ridere
,
contraffacendo
qualcuno
,
per
esempio
.
Gli
esempi
sono
così
frequenti
negli
scrittori
,
che
non
mette
conto
di
citarne
;
e
sono
frequentissimi
anche
nelle
conversazioni
della
gente
colta
.
Noi
tutti
abbiamo
conosciuto
o
conosciamo
certi
belli
umori
che
hanno
la
consuetudine
di
rallegrar
la
gente
dicendo
cose
comunissime
o
lepide
con
parole
gravi
e
lambiccate
e
in
stile
magniloquente
.
Io
ebbi
un
amico
,
professore
di
lettere
,
il
quale
faceva
sbellicar
dalle
risa
gli
amici
raccontando
aneddoti
faceti
,
e
parlando
anche
delle
cose
più
ovvie
con
parole
e
giri
di
frase
del
Decamerone
,
ch
'
egli
sapeva
quasi
a
memoria
.
Seriamente
diceva
d
'
esser
rimasto
in
una
trattoria
attirato
dalla
piacevolezza
del
beveraggio
;
descriveva
un
desinare
suntuoso
a
cui
era
stato
invitato
,
con
grandissimo
e
bello
e
riposato
ordine
servito
,
dove
lui
,
vago
di
vini
solenni
,
aveva
trovato
il
fatto
suo
bevendo
del
Caluso
e
del
Barolo
in
certi
graziosi
bicchieri
,
che
d
'
ariento
pareano
;
e
chiamava
un
avvocato
:
armario
di
ragione
civile
,
e
una
ragazza
afflitta
da
pene
amorose
:
-
sventurata
in
amadore
;
e
diceva
d
'
un
farabutto
:
-
Testimonianze
false
con
sommo
diletto
dice
,
chiesto
e
non
richiesto
-
,
e
a
un
amico
incontrato
per
la
strada
:
-
Dammi
un
fiammifero
,
se
tu
hai
in
te
alcuna
favilluzza
di
gentilezza
;
e
:
-
Grazie
,
cuore
del
corpo
mio
!
-
e
adoperava
il
con
ciò
sia
cosa
che
con
tanto
garbo
,
e
qualche
volta
così
all
'
impensata
,
e
con
un
così
forte
contrasto
col
significato
e
con
l
'
intonazione
del
discorso
,
che
strappava
risate
da
mandarsi
a
male
.
Non
trascurare
dunque
,
leggendo
gli
scrittori
e
i
dizionari
,
neppure
quella
parte
della
lingua
che
è
fuori
d
'
uso
,
perché
certe
voci
e
locuzioni
muffite
,
che
tu
quasi
ributti
dalla
tua
mente
,
ti
possono
servire
in
certi
casi
a
dare
un
vivo
effetto
comico
a
uno
scherzo
,
il
quale
altrimenti
riuscirebbe
sciapito
,
a
far
ridere
con
un
gioco
di
parole
semplicissimo
,
con
una
sola
parola
,
con
un
nonnulla
.
Nulla
nella
lingua
è
disprezzabile
,
tutto
può
giovare
.
La
lingua
giocosa
è
infinita
come
le
sorgenti
del
riso
.
PER
VARIARE
IL
PROPRIO
VOCABOLARIO
.
Più
di
trent
'
anni
fa
,
in
un
tempo
che
sfornavo
prosa
a
gran
furia
,
un
mio
amico
un
fermò
una
mattina
per
la
strada
,
e
con
un
viso
grave
,
che
a
tutta
prima
mi
fece
temere
una
cattiva
notizia
,
mi
disse
:
-
Ho
letto
il
tuo
ultimo
articolo
.
Dimmi
un
po
'
:
quando
intendi
di
finirla
col
tuo
in
un
battibaleno
?
La
prima
volta
che
scriverai
invece
:
in
un
momento
,
in
un
attimo
,
in
un
lampo
,
o
anche
semplicemente
in
un
baleno
,
t
'
inviterò
a
desinare
.
Aveva
ragione
.
C
'
era
anche
nel
mio
ultimo
articolo
quel
maledetto
battibaleno
,
che
avevo
cacciato
non
so
quante
volte
in
altri
miei
scritti
,
senz
'
avvedermi
della
ripetizione
,
e
che
doveva
esser
venuto
a
noia
,
oltre
che
al
mio
amico
,
a
molt
'
altri
.
Tutti
gli
scrittori
hanno
certi
modi
dei
quali
fanno
un
uso
indiscreto
,
come
gli
attori
drammatici
di
certe
intonazioni
di
voce
.
Non
parlo
di
quelle
parole
(
per
lo
più
verbi
e
aggettivi
)
ch
'
essi
usano
frequentemente
per
necessità
,
perché
sono
la
espressione
di
qualche
cosa
che
è
nell
'
indole
del
loro
ingegno
e
del
loro
animo
.
Parlo
di
quei
modi
che
non
esprimono
alcun
sentimento
o
maniera
particolare
di
veder
le
cose
,
e
che
son
ripetuti
quasi
inconsciamente
,
senza
bisogno
,
per
forza
di
consuetudine
,
in
luogo
d
'
altri
modi
,
i
quali
direbbero
lo
stesso
per
l
'
appunto
.
I
più
degli
scrittori
non
n
'
hanno
soltanto
uno
o
due
,
ma
parecchi
,
e
alcuni
un
buon
numero
;
e
non
solo
gli
scrittori
,
ma
quasi
tutti
,
parlando
,
n
'
hanno
più
o
meno
.
Sono
parole
che
s
'
attaccano
alla
lingua
,
come
vizi
di
pronunzia
,
e
ci
restano
attaccati
per
tutta
la
vita
.
C
'
è
,
per
esempio
,
chi
dice
e
scrive
fin
che
campa
:
-
Quindici
giorni
,
tre
anni
,
due
ore
or
sono
-
,
e
mai
,
neanche
una
volta
per
isbaglio
:
-
quindici
giorni
,
tre
anni
,
due
ore
fa
.
-
C
'
è
chi
ha
preso
il
vezzo
di
dire
:
-
Avere
il
tarlo
con
uno
-
per
averci
odio
,
ira
,
rancore
,
e
questo
tarlo
gli
vien
fuori
infallibilmente
tutte
le
volte
che
ha
da
esprimere
quell
'
idea
,
foss
'
anche
dieci
volte
il
giorno
e
migliaia
l
'
anno
.
Altri
s
'
è
avvezzato
a
dir
tratto
tratto
,
e
lo
dice
in
ogni
caso
,
invece
di
ogni
tanto
,
ogni
poco
,
di
quando
in
quando
,
a
quando
a
quando
;
e
spesso
impropriamente
,
perché
d
'
uno
,
per
esempio
,
che
faccia
una
tal
cosa
ogni
due
o
tre
mesi
,
non
è
proprio
il
dire
che
la
fa
tratto
tratto
,
che
significa
intervalli
di
tempo
più
brevi
.
Perché
quasi
sempre
accade
questo
:
che
chi
sposa
,
come
suol
dirsi
,
una
data
locuzione
,
finisce
con
adoperarla
ad
esprimere
non
solo
l
'
idea
alla
quale
essa
è
propria
,
ma
tutte
le
idee
affini
a
quella
,
e
ch
'
essa
non
esprime
che
a
un
incirca
.
Ma
non
è
questo
il
solo
inconveniente
del
mal
vezzo
.
La
ripetizione
oziosa
e
abituale
di
certe
voci
e
locuzioni
toglie
loro
in
molti
casi
gran
parte
dell
'
efficacia
,
e
tutta
quanta
,
di
solito
,
nei
discorsi
faceti
,
perché
da
chi
legge
o
ascolta
esse
sono
presentite
e
aspettate
come
ritornelli
;
oltrechè
riescono
sgradevoli
,
come
affettazioni
,
anche
le
più
naturali
e
semplici
,
parendo
che
chi
scrive
o
parla
le
metta
innanzi
così
ogni
momento
perché
le
tenga
in
conto
di
fiori
rari
e
di
pietre
preziose
;
e
aggiungi
che
,
dicendo
sempre
certe
cose
con
gli
stessi
vocaboli
,
è
quasi
impossibile
evitar
rime
,
cacofonie
,
iati
,
asprezze
,
com
'
è
impossibile
a
chi
parla
o
scrive
in
una
lingua
straniera
,
in
cui
non
conosca
che
un
modo
unico
di
significare
ciascuna
idea
.
Ora
,
via
via
che
andrai
innanzi
nell
'
uso
della
lingua
,
a
te
pure
s
'
incolleranno
alle
labbra
certi
modi
di
dire
,
e
ci
resteranno
,
se
non
vincerai
la
pigrizia
intellettuale
,
che
è
in
tutti
la
cagione
prima
di
questa
specie
di
servitù
parziale
del
pensiero
alla
parola
;
se
,
voglio
dire
,
ogni
volta
che
avrai
da
esprimere
quella
data
idea
,
non
farai
uno
sforzo
per
cacciar
via
l
'
espressione
tirannica
,
e
trovare
qualche
altro
modo
egualmente
proprio
,
o
più
proprio
,
di
esprimerla
.
E
non
basterà
che
tu
faccia
questo
:
tu
dovrai
preservarti
dal
vizio
cercando
continuamente
,
nello
studio
che
fai
della
lingua
,
d
'
arricchire
,
di
variare
,
di
rinfrescare
il
tuo
vocabolario
.
Perché
,
per
esempio
,
dovrai
dire
eternamente
d
'
ora
in
poi
,
quando
puoi
dire
di
qui
avanti
,
di
qui
innanzi
,
d
'
ora
in
avanti
,
d
'
ora
avanti
,
di
qui
in
là
?
Perpetuamente
un
via
vai
invece
di
un
va
e
vieni
,
un
andirivieni
,
un
andare
e
venire
?
Sempre
:
non
ne
indovina
una
,
invece
di
:
non
ne
infila
,
non
ne
azzecca
,
non
ne
becca
,
non
ne
incarta
una
?
E
improvvisamente
o
all
'
improvviso
in
luogo
di
:
di
punto
in
bianco
,
di
secco
in
secco
,
di
stianto
,
a
un
tratto
,
tutt
'
a
un
tratto
?
E
alla
bella
prima
o
a
tutta
prima
invece
di
:
di
primo
tratto
,
di
primo
lancio
,
di
primo
colpo
,
di
primo
acchito
?
E
da
solo
a
solo
in
luogo
di
testa
testa
,
a
faccia
a
faccia
,
a
quattr
'
occhi
;
e
alla
rinfusa
invece
di
alla
mescolata
o
all
'
arruffata
,
e
stare
in
contegno
o
in
contegni
invece
di
stare
in
aria
,
star
sulle
sue
,
stare
in
sussiego
,
stare
sul
grave
,
e
sulle
cerimonie
in
cambio
di
:
sulle
convenienze
e
sui
convenevoli
?
E
così
quel
tal
signore
del
tarlo
potrebbe
in
molti
casi
esprimere
diversamente
e
con
maggior
proprietà
la
sua
idea
,
dicendo
:
averla
amara
,
avere
il
sangue
guasto
,
avere
il
baco
,
esser
nero
con
uno
.
E
un
altro
,
che
invece
del
tarlo
ha
la
mosca
,
e
la
fa
volare
a
ogni
proposito
,
potrebbe
dire
spesso
e
meglio
,
invece
di
saltar
la
mosca
al
naso
:
montar
la
luna
,
montare
in
bestia
,
saltare
in
collera
,
saltare
il
grillo
,
pigliare
i
cocci
,
prender
cappello
,
andar
nei
nuvoli
,
alzare
i
mazzi
;
o
almen
qualche
volta
,
se
della
mosca
vuol
serbar
qualche
cosa
,
sostituirvi
la
mostarda
.
E
un
signore
di
mia
conoscenza
,
che
ha
sempre
la
ramanzina
in
bocca
,
potrebbe
variar
la
nota
con
:
fare
o
dare
un
rabbuffo
,
una
risciacquata
,
una
lavata
di
testa
,
una
ripassata
,
una
sbarbazzata
,
un
'
intemerata
,
una
parrucca
,
un
tu
per
tu
,
una
polpetta
,
un
trippone
.
E
un
mio
amico
intimissimo
,
che
per
molt
'
anni
seccò
il
prossimo
col
bighellonare
,
avrebbe
potuto
molte
volte
sostituire
al
prediletto
gioiello
:
girandolare
,
gironzolare
,
girondolare
,
girellare
,
girottolare
,
vagare
,
vagolare
,
vagabondare
,
vagabondeggiare
,
zonzare
,
andare
a
zonzo
,
in
ronda
,
in
volta
,
in
giro
,
gironi
.
E
il
signore
medesimo
,
che
confessa
le
sue
male
abitudini
per
sua
mortificazione
,
dovrebbe
lasciare
un
po
'
riposare
il
suo
bisticciarsi
,
ricordandosi
che
si
può
dir
più
a
proposito
in
molti
casi
:
pigliarsi
a
picca
,
piccheggiarsi
,
gattigliarsi
,
pizzicarsi
,
stare
a
ribecco
,
stare
punta
a
punta
,
stare
a
tu
per
tu
,
essere
agli
occhi
.
E
....
fermami
,
ti
prego
,
o
non
la
finisco
.
Arricchisci
dunque
,
ti
ripeto
,
varia
,
rinfresca
continuamente
il
tuo
linguaggio
.
Tu
avrai
osservato
quanto
sono
attraenti
nel
parlare
il
dialetto
anche
persone
ignoranti
che
,
non
per
istudio
che
n
'
abbian
fatto
,
ma
per
privilegio
di
natura
possedono
e
usano
molte
più
parole
e
frasi
che
la
maggior
parte
del
popolo
;
com
'
è
vivo
,
colorito
,
scintillante
,
spesso
comico
il
loro
discorso
,
e
con
che
piacere
li
stanno
tutti
a
sentire
,
anche
gente
colta
.
Ma
per
acquistar
questa
dote
non
basta
acquistare
e
fissarsi
nella
mente
parole
e
locuzioni
;
bisogna
esercitarsi
a
adoperarle
,
come
faceva
il
Leopardi
in
quei
suoi
Pensieri
già
citati
,
ch
'
egli
metteva
sulla
carta
giorno
per
giorno
,
senza
pensare
che
sarebbero
stati
mai
pubblicati
.
Manca
a
quando
a
quando
in
quelle
pagine
quella
sobrietà
rigorosa
che
si
ammira
in
tutte
le
altre
sue
prose
:
egli
ripete
il
suo
pensiero
in
vari
modi
,
l
'
uno
dopo
l
'
altro
,
infilando
sinonimi
e
frasi
equivalenti
,
come
passando
in
rassegna
tutte
le
maniere
possibili
d
'
esprimere
quel
pensiero
;
ed
è
evidente
che
scriveva
quei
periodi
per
premunirsi
dal
vizio
della
ripetizione
di
certe
forme
nelle
scritture
che
destinava
alla
stampa
.
Quest
'
esercizio
paziente
faceva
egli
pure
da
giovane
,
ed
era
già
un
grande
maestro
.
IL
PESCATORE
DI
PERLE
.
Ecco
un
personaggio
che
variava
davvero
il
suo
vocabolario
;
ma
lo
variava
in
maniera
che
non
si
faceva
più
intendere
.
Il
che
(
sia
detto
a
sua
scusa
)
non
era
sempre
un
gran
danno
per
chi
l
'
ascoltava
.
Questo
pescatore
di
perle
era
un
fabbricante
di
pillole
,
panciuto
e
brizzolato
,
d
'
aspetto
e
di
modi
signorili
;
col
quale
strinsi
relazione
in
una
trattoria
,
ch
'
egli
frequentava
da
anni
,
e
dov
'
io
desinavo
ogni
giorno
con
parecchi
amici
,
dilettanti
di
letteratura
.
Era
uno
di
quei
cultori
solitari
della
lingua
,
per
i
quali
questo
studio
non
è
che
un
'
occupazione
piacevole
dei
ritagli
di
tempo
,
senz
'
alcun
fine
letterario
,
e
quel
po
'
d
'
ambizione
che
ci
mettono
non
va
oltre
il
cerchio
degli
amici
,
con
cui
fanno
sfoggio
innocente
della
loro
filologia
.
Ma
uno
studioso
della
lingua
propriamente
non
era
:
era
un
appuntatore
di
parole
scompagnate
da
ogni
frase
o
pensiero
,
che
nel
suo
concetto
avevano
un
valore
per
sé
,
anche
non
servendo
a
nulla
:
raccoglieva
parole
come
altri
raccoglie
insetti
curiosi
o
francobolli
rari
.
La
sentenza
del
Tommaseo
,
che
ogni
modo
è
tanto
più
accetto
quanto
più
è
comune
,
e
che
il
più
comune
,
in
fatto
di
lingua
,
come
in
tante
altre
cose
,
è
quasi
sempre
il
più
bello
,
era
proprio
il
rovescio
del
gusto
e
della
norma
che
guidavan
lui
nel
suo
lavoro
di
spigolatura
;
ciò
che
si
può
dire
di
molti
,
anche
al
dì
d
'
ancoi
,
come
dice
Dante
.
Egli
non
s
'
innamorava
che
della
parola
peregrina
,
rimota
dall
'
uso
,
e
quanto
più
dall
'
uso
era
rimota
,
tanto
più
gli
pareva
bella
e
pregevole
,
e
per
il
solo
fatto
che
non
fosse
mai
stata
udita
e
che
riuscisse
incomprensibile
,
egli
pensava
che
dovesse
dare
un
gran
piacere
a
chi
l
'
udiva
e
fargli
ammirare
chi
la
sapeva
.
Da
anni
andava
facendo
questa
raccolta
di
perle
false
;
credo
che
le
notasse
in
un
registro
;
n
'
aveva
alla
mano
un
gran
numero
,
e
gli
pareva
di
possedere
il
tesoro
di
Montecristo
.
Cosa
singolare
:
il
suo
linguaggio
era
generalmente
scevro
d
'
ogni
affettazione
,
il
suo
frasario
semplicissimo
:
solo
di
tanto
in
tanto
buttava
là
all
'
improvviso
una
di
quelle
parole
straordinarie
e
difficili
,
che
facevano
spalancare
gli
occhi
e
la
bocca
alla
compagnia
.
Si
sottintende
che
,
per
poter
fare
questa
mostra
di
calìe
linguistiche
,
doveva
parlar
sempre
italiano
.
E
,
in
fatti
,
aveva
smesso
con
tutti
il
vernacolo
,
giustificandosi
col
dire
che
ogni
buon
cittadino
avrebbe
dovuto
far
lo
stesso
,
per
amor
di
patria
,
perché
la
lingua
diventasse
l
'
unico
linguaggio
degl
'
italiani
.
Ma
se
tutti
gl
'
italiani
avessero
parlato
come
lui
,
si
sarebbe
parlato
nel
nostro
paese
la
più
matta
e
burlesca
lingua
del
mondo
.
Non
le
ricordo
tutte
,
peccato
!
Ma
le
più
belle
mi
son
rimaste
.
Per
esempio
,
non
chiamava
mai
"
mal
di
capo
"
l
'
incomodo
a
cui
andava
soggetto
;
ma
cefalalgia
,
e
non
"
limonata
purgativa
"
volgarmente
,
il
rimedio
col
quale
la
curava
;
ma
limonata
catartica
.
Si
faceva
radere
un
giorno
sì
e
un
giorno
no
,
e
questo
chiamava
sempre
:
farsi
radere
epicraticamente
;
ma
sul
serio
,
intendiamoci
;
senza
un
barlume
di
sorriso
che
mostrasse
la
coscienza
di
dire
una
parola
strana
.
E
a
proposito
di
barba
,
si
faceva
fare
un
solo
radimento
,
e
quando
il
rasoio
non
tagliava
,
diceva
al
barbiere
:
-
Questo
rasoio
non
è
radevole
.
-
E
poi
:
non
"
ingarbugliare
"
gli
affari
e
i
conti
,
ma
garabullare
;
scarabillare
la
chitarra
;
frucandolare
,
per
frugacchiare
;
avvocatarsi
,
per
prender
la
laurea
d
'
avvocato
;
avvocato
parlantiere
,
per
chiacchierone
;
dinanzare
uno
per
la
strada
,
per
passargli
davanti
,
e
mal
camminabile
una
strada
disagevole
.
Diceva
d
'
aver
visto
un
ubbriaco
che
squinciava
per
la
piazza
,
ossia
,
che
andava
ora
per
un
verso
ora
per
un
altro
;
e
ogni
momento
,
discutendo
:
-
Ma
codesta
non
è
una
ragione
,
è
uno
ziribiglio
(
arzigògolo
)
-
;
e
rifiutando
da
bere
:
-
Grazie
,
ho
bevuto
abbastanza
;
non
sono
bibace
.
Comico
quanto
le
parole
era
il
modo
come
le
diceva
,
con
certa
intonazione
e
aria
di
trascuranza
,
quasi
di
sbadataggine
,
che
si
riconoscevano
finte
nell
'
atto
stesso
,
dallo
sguardo
furtivo
ch
'
egli
girava
sugli
uditori
,
per
veder
l
'
impressione
che
quegli
ori
di
lingua
facevano
.
E
n
'
aveva
di
due
qualità
:
le
parole
ultra
peregrine
,
per
lo
più
inintelligibili
,
ch
'
egli
pescava
nei
libri
,
non
letti
da
lui
che
con
questo
scopo
,
e
non
pregiati
se
non
in
ragione
della
pesca
rara
che
ci
poteva
fare
;
e
le
parole
comuni
,
delle
quali
usava
costantemente
la
variante
antica
.
Sempre
diceva
diputato
per
deputato
,
cileste
per
celeste
,
maledicenza
,
malevoglienza
,
insapiente
,
inreprensibile
,
fabuloso
.
Queste
piccole
violazioni
dell
'
uso
comune
gli
parevano
una
cosa
nobilissima
.
Ne
ricordo
dell
'
altre
anche
più
graziose
,
ch
'
egli
prediligeva
,
come
:
ghiribizzamento
,
dimenticamento
,
pretensionoso
.
-
Non
fumo
che
dopo
desinare
,
-
diceva
-
;
mai
nelle
ore
mattutinali
:
mi
darebbe
degli
archeggiamenti
di
stomaco
.
-
E
dava
una
sbirciata
circolare
all
'
uditorio
.
Giorno
per
giorno
andava
arricchendo
il
suo
vocabolario
di
qualche
rarità
.
Noi
riconoscevamo
quelle
di
recente
acquisto
dal
giro
forzato
ch
'
egli
dava
al
discorso
per
far
venire
il
punto
opportuno
di
metterle
fuori
.
Qualche
volta
inventava
anche
espressamente
dei
fatti
.
Nessuno
gli
credeva
,
per
esempio
,
quando
egli
raccontava
che
gli
era
cascato
uno
specchio
dalla
parete
:
era
un
'
invenzione
per
poter
dire
che
,
prima
d
'
appenderlo
,
avrebbe
dovuto
dimergolare
il
chiodo
,
per
assicurarsi
che
fosse
ben
piantato
.
E
come
affaticava
l
'
immaginazione
,
si
vedeva
,
per
trovare
il
pretesto
di
chiamare
gentildonnaio
(
corteggiatore
di
signore
dell
'
aristocrazia
)
un
avventore
della
sua
farmacia
,
e
per
venir
a
dire
che
aveva
rincincignato
e
lacerato
una
lettera
insolente
,
e
che
il
portinaio
di
casa
sua
,
che
s
'
era
ubbriacato
la
domenica
,
aveva
rinfonfillato
la
sbornia
il
lunedì
!
Questa
ci
confessò
poi
che
l
'
aveva
intesa
da
un
operaio
senese
ch
'
era
andato
da
lui
a
comperare
dell
'
ammoniaca
;
e
fu
un
caso
notevole
perché
,
neanche
a
domandarglielo
,
non
diceva
mai
dove
avesse
raccattato
questo
o
quel
diamante
della
sua
favella
.
Come
il
Conte
di
Montecristo
,
delle
sorgenti
della
sua
ricchezza
egli
faceva
un
mistero
.
Perché
aveva
molti
più
anni
di
noi
,
non
osavamo
dargli
la
baia
,
se
non
con
certa
discrezione
.
Ma
spesso
mettevamo
in
dubbio
l
'
italianità
dei
suoi
vocaboli
.
-
È
proprio
sicuro
che
questa
sia
una
parola
di
buona
lingua
?
-
Non
glielo
domandavamo
per
altro
che
per
ispassarci
della
gravità
con
cui
rispondeva
:
-
Sì
,
ha
degli
esempi
autorevoli
.
-
E
credo
che
,
veramente
,
non
ne
dicesse
una
che
non
potesse
in
qualche
modo
giustificare
.
Ma
,
come
disse
un
linguista
insigne
,
gli
scrittori
italiani
che
fanno
testo
son
tanti
,
tanto
diversi
d
'
età
,
di
patria
,
tanto
disuguali
di
gusto
e
di
senno
,
che
non
c
'
è
stranezza
in
materia
di
lingua
,
la
quale
con
la
loro
autorità
non
si
possa
difendere
.
Un
giorno
provammo
noi
a
parlare
a
modo
suo
per
veder
se
capiva
la
satira
.
Stavamo
seduti
fuori
della
trattoria
.
Il
tempo
si
metteva
a
brutto
.
Cominciò
uno
a
dire
:
-
Il
cielo
s
'
annubila
.
Un
altro
:
-
Lampaneggia
.
-
Senti
che
aria
umidosa
!
Vuol
venire
un
'
acquazione
.
-
Già
pioviniggia
.
Non
diede
segno
d
'
intender
lo
scherzo
;
ma
se
l
'
intese
,
non
se
n
'
ebbe
per
male
.
Ci
parve
che
facesse
un
atto
di
riflessione
per
imprimersi
nella
mente
quelle
parole
insolite
.
Poi
,
guardando
per
aria
:
-
Se
piove
-
disse
-
non
può
durare
.
Il
vento
è
a
tramontana
.
Rim
-
bel
-
tem
-
pirà
.
Insomma
,
l
'
ebbe
vinta
lui
,
perché
non
avevamo
in
pronto
altri
vocaboli
per
continuare
la
celia
.
Ma
una
sera
fece
una
brutta
figura
,
che
gli
avrebbe
dovuto
insegnare
come
non
fosse
senza
pericoli
la
pesca
delle
parole
stupefacenti
.
S
'
era
avvicinata
al
nostro
crocchio
la
padrona
della
trattoria
,
una
signora
attempatotta
,
sempre
tutta
ripicchiata
,
che
si
dava
grandi
arie
di
nobildonna
,
affettando
una
grande
castigatezza
nel
parlare
con
gli
avventori
;
dai
quali
non
tollerava
la
minima
licenza
di
linguaggio
.
Si
discorreva
prosaicamente
di
certi
cibi
di
facile
o
di
difficile
digestione
.
A
un
certo
punto
il
pescatore
di
perle
disse
con
molta
gravità
:
-
Noi
digeriamo
un
cibo
tanto
più
facilmente
quanto
più
lo
...
Un
altro
avrebbe
detto
semplicemente
:
quanto
più
lo
desideriamo
,
o
ne
abbiamo
voglia
.
Egli
volle
dire
una
parola
"
rimota
dall
'
uso
"
.
E
anche
questa
sarebbe
passata
come
tante
altre
,
se
egli
non
avesse
intoppato
in
una
difficoltà
di
pronunzia
.
Ma
intoppò
dopo
le
prime
due
sillabe
,
e
pronunciò
le
tre
ultime
dopo
una
pausa
,
in
modo
che
ne
formò
un
verbo
a
parte
,
non
dicibile
in
presenza
d
'
una
signora
.
Ci
fu
impossibile
trattener
la
risata
che
ci
venne
su
dai
precordi
,
e
ne
seguì
un
piccolo
scandalo
.
La
signora
credette
ch
'
egli
avesse
voluto
dire
uno
scherzo
,
che
sarebbe
stato
davvero
sconvenientissimo
;
lo
fulminò
d
'
un
'
occhiata
,
e
se
n
'
andò
a
passi
tragici
;
e
il
povero
"
pescatore
di
perle
"
che
era
un
uomo
gentile
,
in
fondo
,
e
pieno
d
'
amor
proprio
,
restò
annichilito
.
La
parola
,
pur
troppo
,
era
la
prima
persona
plurale
dell
'
indicativo
presente
del
verbo
concupiscere
,
registrato
dalla
Crusca
,
con
parecchi
esempi
di
scrittori
sacri
.
È
ERRORE
?
NON
È
ERRORE
?
Queste
due
domande
da
quasi
mezzo
secolo
mi
suonano
così
spesso
nella
mente
e
all
'
orecchio
che
oramai
mi
paiono
di
quelle
Voci
della
natura
o
delle
cose
che
parlano
nei
cori
fantastici
dei
poemi
.
E
tu
pure
,
nel
corso
dei
tuoi
studi
di
lingua
,
e
per
tutta
la
vita
,
rivolgerai
migliaia
di
volte
a
te
stesso
quelle
domande
,
e
migliaia
di
volte
le
rivolgerai
ad
altri
,
e
altri
le
rivolgeranno
a
te
;
e
nella
più
parte
dei
casi
rimarrete
incerti
della
risposta
.
-
Ecco
il
gran
malanno
della
lingua
italiana
-
dicon
molti
.
E
sarà
davvero
,
per
varie
ragioni
,
un
malanno
più
grave
nella
nostra
che
nelle
altre
lingue
;
ma
non
è
proprio
esclusivamente
della
nostra
:
è
un
poco
di
tutte
.
Un
illustre
scrittore
francese
,
per
esempio
,
ha
detto
argutamente
che
non
c
'
è
cosa
più
difficile
del
trovare
tre
francesi
colti
,
i
quali
siano
d
'
accordo
nel
dire
che
un
loro
concittadino
parla
e
scrive
correttamente
il
francese
.
E
pure
si
considera
questa
come
una
delle
lingue
viventi
che
hanno
maggior
fissità
e
sono
più
uniformemente
parlate
nella
loro
patria
.
Discorriamo
dunque
del
"
gran
malanno
"
.
Ma
bisogna
ch
'
io
mi
rifaccia
un
po
'
di
lontano
.
Leggi
,
ti
prego
,
la
lettera
seguente
,
che
fu
scritta
da
un
bravo
signore
a
un
suo
nipote
,
per
indurlo
a
presentarsi
al
direttore
d
'
una
Banca
,
a
chiedergli
riparazione
d
'
un
torto
che
gli
avevan
fatto
nella
sua
estimazione
.
Nota
che
lo
scrittore
della
lettera
è
un
uomo
che
fece
i
suoi
bravi
corsi
classici
,
ed
è
giustamente
stimato
una
persona
colta
,
a
cui
sta
bene
la
penna
in
mano
.
Mi
domanderai
come
c
'
entrino
gli
affari
della
Banca
nella
quistione
degli
errori
di
lingua
.
C
'
entrano
bene
e
meglio
,
lo
vedrai
,
se
avrai
la
pazienza
di
leggere
.
Caro
nipote
,
Mi
stupisce
quello
che
mi
scrivi
d
'
aver
inteso
dire
del
signor
B
.
Fu
indubbiamente
qualche
male
intenzionato
che
te
lo
volle
mettere
in
trista
luce
,
e
mi
domando
con
qual
fine
possa
averlo
fatto
.
Sono
menzogne
che
rivoltano
.
Ignorante
?
Orgoglioso
?
Mancante
di
tatto
?
Nulla
di
tutto
ciò
è
vero
.
Te
ne
posso
star
garante
,
poichè
ho
l
'
onore
di
conoscerlo
da
tempo
;
a
meno
ch
'
egli
sia
mutato
di
bianco
in
nero
da
un
mese
a
questa
parte
.
Non
è
soltanto
,
incontestabilmente
,
un
uomo
di
merito
,
abilissimo
nel
suo
ufficio
,
appassionato
degli
studi
finanziari
,
e
che
gode
della
massima
considerazione
presso
tutto
il
personale
della
Banca
;
ma
anche
uomo
d
'
animo
elevato
,
di
cuore
sensibile
,
e
in
fatto
di
cortesia
,
gentiluomo
senza
eccezione
;
tanto
che
è
amato
,
più
che
beneviso
,
da
quanti
l
'
avvicinano
.
Mai
non
conobbi
personaggio
alto
locato
più
abbordabile
;
chiunque
gli
può
parlare
;
anche
gente
del
basso
popolo
è
ricevuta
da
lui
alla
prima
.
Che
vada
soggetto
ad
accessi
di
malumore
,
che
si
lasci
trasportar
qualche
volta
dalla
passione
,
ne
convengo
;
ma
non
è
detto
che
alla
vivacità
del
temperamento
non
possa
andar
congiunta
la
delicatezza
;
e
in
ogni
caso
,
basta
a
disarmarlo
una
buona
parola
.
Deciditi
dunque
;
presèntati
a
lui
senza
imbarazzo
;
raccontagli
l
'
accaduto
;
mettilo
al
fatto
d
'
ogni
circostanza
,
senza
far
nomi
;
osservagli
che
fosti
tu
il
provocato
,
che
ti
si
fece
un
tiro
inqualificabile
,
tentando
d
'
intaccare
il
tuo
onore
,
per
sbalzarti
da
una
posizione
che
per
te
è
quistione
di
pane
,
e
mettere
al
tuo
posto
peggio
che
una
nullità
,
un
birbaccione
spudorato
,
cointeressato
coi
tuoi
peggiori
nemici
.
Non
ti
preoccupare
dell
'
esito
:
vedrai
che
prenderà
interessamento
al
caso
tuo
e
che
non
ti
toccherà
una
delusione
.
Io
gli
scrivo
oggi
stesso
,
d
'
altronde
,
per
metterlo
prima
al
corrente
della
cosa
,
o
per
porre
i
punti
sugl
'
i
,
caso
che
già
la
sapesse
.
Ti
prevengo
,
peraltro
,
che
non
devi
pensare
di
raggiungere
il
tuo
scopo
con
adulazioni
e
maniere
insinuanti
,
le
quali
con
lui
non
fanno
effetto
di
sorta
;
chè
non
è
di
quegli
uomini
che
per
vanità
transigono
con
la
propria
coscienza
;
e
come
non
si
lascia
toccare
dalle
lusinghe
,
non
si
lascia
imporre
dalle
minacce
.
Ma
siccome
è
ragionevole
e
onesto
,
nulla
di
più
facile
che
persuaderlo
e
cattivarselo
dicendogli
alla
spiccia
la
verità
e
aprendogli
con
effusione
il
proprio
cuore
.
Se
credi
che
ti
possa
essere
una
facilitazione
,
t
'
accludo
una
mia
carta
di
visita
per
presentartigli
.
Abbi
la
compiacenza
d
'
accusarmi
subito
ricevuta
di
questa
lettera
.
Non
ho
bisogno
di
dirti
che
per
quest
'
affare
o
per
altro
,
nella
mia
pochezza
,
sono
sempre
a
tua
disposizione
.
In
attesa
d
'
una
risposta
,
ti
mando
una
stretta
di
mano
,
e
tienmi
per
la
vita
il
tuo
affezionatissimo
zio
TAL
DEI
TALI
.
È
una
lettera
,
riconoscerai
,
che
a
novantanove
su
cento
italiani
colti
parrebbe
non
scritta
male
.
Ebbene
:
tra
francesismi
,
neologismi
,
solecismi
,
parole
e
locuzioni
non
puramente
italiane
,
o
per
ragioni
diverse
riprovate
dai
purissimi
,
contiene
la
bellezza
di
78
-
dico
settantotto
-
errori
grossi
e
piccoli
.
Su
parecchi
di
questi
i
purissimi
non
cadono
d
'
accordo
:
chi
li
bolla
come
errori
,
chi
no
.
Ma
il
professore
Pataracchi
starebbe
fermo
sul
78
,
o
al
più
concederebbe
che
alcuni
veri
errori
non
sono
;
ma
mende
,
nèi
,
parole
brutte
,
metafore
strane
,
leziosaggini
;
insomma
,
modi
da
sfuggirsi
.
Ed
ecco
presso
a
poco
in
qual
forma
concerebbe
,
alla
lesta
,
il
povero
zio
.
-
Mi
stupisce
.
No
,
"
Stupisco
"
:
Stupire
è
intransitivo
.
-
Indubbiamente
,
per
"
indubitatamente
"
non
ha
corso
legale
.
-
Intenzionato
.
Brutta
voce
,
da
non
usare
.
-
Mettere
in
trista
luce
.
Una
metaforaccia
da
buttarsi
via
.
-
Io
mi
domando
.
Falso
:
"
domandare
"
e
"
dire
"
non
s
'
usano
a
modo
di
riflessivi
.
-
Menzogne
che
rivoltano
.
"
Rivoltare
"
riferito
a
cose
morali
,
è
improprio
.
-
Mancante
di
tatto
,
nulla
di
tutto
ciò
,
ho
l
'
onore
di
(
invece
di
"
mi
onoro
"
)
,
un
mazzo
di
francesismi
.
-
Da
tempo
(
senza
dir
da
quanto
)
e
star
garante
(
per
star
mallevadore
)
,
da
bollare
.
-
A
meno
che
(
per
"
eccetto
che
"
)
,
barbaro
.
-
Da
un
mese
a
questa
parte
.
Che
parte
?
Che
c
'
entra
la
parte
?
Un
fregaccio
.
-
Uomo
di
merito
.
Merito
,
usato
in
questa
forma
indeterminata
,
sta
male
.
-
Incontestabilmente
per
"
incontrastabilmente
"
,
abilissimo
per
"
valentissimo
"
,
massima
per
"
grandissima
"
,
personale
per
"
gl
'
impiegati
"
,
da
rimandarsi
in
Gallia
.
-
Appassionato
degli
studi
,
improprio
.
-
Considerazione
per
"
stima
"
,
brutta
metafora
.
-
Animo
elevato
,
francese
,
e
sensibile
,
nel
senso
che
qui
gli
si
dà
,
francesissimo
.
Improprio
in
fatto
di
cortesia
per
"
in
materia
di
"
o
"
rispetto
a
"
.
È
brutto
e
strano
modo
senza
eccezione
per
"
assolutamente
"
e
lezioso
beneviso
per
"
ben
veduto
"
e
metaforaccia
sgarbata
e
materiale
alto
locato
.
-
Un
brutto
paio
di
francesismi
avvicinare
una
persona
per
"
avvicinarsi
a
lei
"
e
abbordabile
per
"
degnevole
"
o
"
accostevole
"
.
-
Chiunque
per
"
ciascuno
che
"
quando
serve
a
un
costrutto
sospeso
,
riprovevole
.
-
Riprovevole
basso
popolo
,
che
non
s
'
usa
che
in
senso
spregiativo
.
-
Francese
accessi
di
malumore
per
"
moti
,
impeti
"
,
francese
lasciarsi
trasportare
da
una
passione
per
"
lasciarsi
sopraffare
"
,
francese
ne
convengo
per
"
lo
riconosco
"
.
-
Un
frego
su
insieme
al
,
invece
di
"
insieme
con
"
che
è
errore
;
su
delicatezza
per
"
gentilezza
"
,
su
disarmare
per
"
far
cadere
la
collera
"
.
-
Deciditi
per
"
risolviti
"
via
!
-
Senza
imbarazzo
?
alla
spazzatura
!
Imbarazzo
non
vuol
dire
che
"
gravezza
di
stomaco
"
.
-
L
'
accaduto
!
Ma
accaduto
non
è
sostantivo
,
è
participio
.
-
Mettere
al
fatto
,
per
"
far
sapere
?
"
,
mai
al
mondo
.
-
Brutto
circostanza
per
"
particolare
"
.
Foggiato
sul
francese
far
nomi
.
Francese
inqualificabile
per
"
indegno
"
.
Osservagli
per
"
fagli
osservare
o
notare
"
,
sproposito
.
Intaccar
l
'
onore
,
altro
sproposito
.
Posizione
per
"
impiego
"
,
di
vil
conio
francese
,
e
così
è
quistione
di
pane
e
una
nullità
per
"
si
tratta
di
pane
"
e
"
uomo
da
nulla
"
.
E
bollo
spudorato
per
"
impudente
"
"
e
cointeressato
,
che
è
del
gergo
mercantesco
,
e
delusione
per
"
disinganno
"
,
che
non
è
parola
italiana
,
e
interessamento
,
che
è
voce
ostrogotica
,
e
preoccuparsi
per
"
darsi
pensiero
"
che
è
uno
svarione
,
e
mettere
al
corrente
,
che
è
mal
detto
invece
di
"
in
corrente
"
od
"
a
giorno
"
.
Un
altro
mucchietto
di
scorie
francesi
:
d
'
altronde
,
mettere
i
punti
sugl
'
i
,
ti
prevengo
per
"
ti
avviso
"
,
far
effetto
per
"
commovere
,
colpire
"
.
Sgarbatissimo
raggiungere
lo
scopo
per
"
ottenerlo
"
:
lo
scopo
non
corre
.
-
Improprio
insinuante
per
"
lusinghevole
"
.
-
Abbominevole
transigere
con
la
coscienza
per
"
patteggiare
"
.
-
Ignobile
mozzicone
di
frase
imporre
per
"
soverchiare
"
.
E
non
fanno
effetto
di
sorta
!
Che
ci
sta
a
fare
quel
sorta
?
E
siccome
per
"
poichè
"
qual
uomo
onesto
lo
può
usare
?
E
toccare
per
"
commovere
"
con
che
faccia
si
può
scrivere
?
E
fare
una
cosa
con
effusione
?
Effusione
di
che
?
-
È
un
altro
francesismo
nulla
di
più
facile
,
ed
è
contennendo
alla
spiccia
per
"
alla
lesta
"
e
non
di
buona
lingua
facilitazione
per
"
agevolezza
"
.
-
Ti
accludo
.
Oibò
!
"
Ti
includo
"
Carta
di
visita
.
Eh
,
via
!
"
Biglietto
di
visita
"
.
-
Abbi
la
compiacenza
.
Che
roba
e
?
Si
dice
:
"
Cortesia
,
gentilezza
"
.
-
Ricevuta
non
si
dice
che
per
danaro
:
"
ricevimento
"
.
-
E
bellino
il
francesismo
non
ho
bisogno
di
dirti
per
"
non
occorre
,
non
importa
ch
'
io
ti
dica
"
!
E
quest
'
altro
:
sono
a
tua
disposizione
per
"
ai
tuoi
comandi
"
!
E
pochezza
per
"
insufficienza
"
è
voce
non
solo
brutta
,
ma
falsa
.
E
in
attesa
è
un
fiore
del
gergaccio
burocratico
.
E
non
è
un
bel
modo
una
stretta
di
mano
come
si
direbbe
una
"
stretta
d
'
occhi
o
di
spalle
"
.
Ed
ecco
il
razzo
finale
:
Tienmi
per
la
vita
!
Perché
vuol
che
lo
tengano
per
la
vita
?
Ha
paura
di
cascare
?
*
Hai
visto
che
po
'
po
'
di
roba
.
E
i
modi
bollati
nella
lettera
di
quel
disgraziato
zio
non
sono
che
una
parte
minuscola
del
numero
grandissimo
che
il
professor
Pataracchi
e
altri
come
lui
bollerebbero
.
Sfoglia
i
dizionari
dei
francesismi
,
i
vocabolari
dei
modi
errati
,
i
lessici
della
corrotta
italianità
,
e
altri
simili
:
ci
troverai
riprovate
,
per
ragioni
diverse
,
un
'
infinità
(
ma
no
,
anche
infinità
è
un
francesismo
)
,
dirò
:
innumerevoli
parole
e
locuzioni
,
che
si
senton
dire
continuamente
da
persone
colte
d
'
ogni
parte
d
'
Italia
,
(
non
esclusa
la
Toscana
)
,
e
che
si
trovano
a
ogni
tratto
anche
in
libri
di
scrittori
,
i
quali
hanno
tutt
'
altro
che
reputazione
di
barbari
.
Tu
m
'
interrompi
per
dirmi
:
-
Ebbene
?
Tante
grazie
.
È
una
bella
notizia
per
incoraggiarmi
a
studiare
l
'
italiano
.
C
'
è
da
darsi
al
diavolo
.
Posso
dire
come
Scrupolino
,
che
val
meglio
studiare
il
cinese
.
-
Ma
no
;
non
per
iscoraggiarti
dico
quello
che
dico
;
ma
per
preservarti
da
ogni
scoraggiamento
che
ti
potesse
cogliere
andando
innanzi
nello
studio
.
Voglio
dire
che
se
darai
retta
a
tutto
quello
che
dicono
i
vagliatori
e
distillatori
e
lavandai
della
lingua
,
che
non
hanno
altro
da
fare
,
e
'
ti
faranno
il
capo
,
ti
faranno
,
grosso
come
un
cocomero
di
Prato
;
che
se
,
fin
da
principio
,
ti
vorrai
proporre
di
parlare
e
di
scrivere
un
italiano
assolutamente
immacolato
,
nel
modo
che
lo
vorrebbero
i
Pataracchi
,
dovrai
darti
tal
cura
e
durar
tanta
fatica
,
che
a
questo
solo
si
ridurranno
i
tuoi
studi
,
che
starai
fermo
invece
di
procedere
,
e
non
farai
che
difenderti
in
luogo
di
conquistare
.
Né
t
'
incoraggio
a
barbareggiare
con
questo
,
che
Dio
mi
liberi
;
poichè
moltissimi
dei
modi
d
'
uso
corrente
,
che
i
puristi
condannano
,
sono
di
fatto
erronei
o
barbari
o
brutti
,
e
devi
imparare
a
conoscerli
per
non
usarli
,
e
per
conoscerli
è
bene
che
tu
legga
i
libri
citati
,
dove
sono
raccolti
.
Ma
questo
lavoro
di
ripulimento
della
lingua
tu
devi
farlo
a
poco
a
poco
,
tranquillamente
,
come
un
esercizio
igienico
;
non
con
la
furia
di
mondarti
d
'
ogni
impurità
tutt
'
a
un
tratto
,
come
molti
fanno
,
che
è
un
mettersi
a
un
'
impresa
disperata
.
E
devi
considerare
che
molti
di
quei
modi
sono
inevitabili
,
che
che
se
ne
dica
,
e
che
dalla
lingua
italiana
non
s
'
estirperanno
più
,
per
quanto
si
faccia
;
e
che
sull
'
erroneità
di
molti
altri
non
concordano
neppure
i
linguisti
più
severi
;
e
che
questi
stessi
linguisti
severissimi
,
quando
non
scrivono
o
non
parlano
di
lingua
,
si
lasciano
scappare
dalla
bocca
o
dalla
penna
una
buona
parte
delle
parole
e
delle
locuzioni
a
cui
nei
loro
codici
dànno
lo
sfratto
.
Va
'
dunque
franco
.
Non
ti
costerà
gran
fatica
lo
scansare
prima
di
tutto
i
francesismi
,
che
si
riconoscono
alla
brutta
faccia
.
Tu
non
hai
bisogno
di
ricorrere
ai
dizionari
per
sapere
che
sono
francesismi
sformati
circostanziare
,
debuttare
,
decampare
,
defezionare
,
dettagliare
,
dilazionare
,
formalizzare
,
negligentare
,
rivoluzionare
,
terrorizzare
,
e
altri
errori
simili
,
che
suonano
nella
lingua
italiana
come
le
stecche
false
nel
canto
.
E
non
ti
lascerai
scappare
dalla
penna
né
"
declinare
il
proprio
nome
"
,
né
"
demolire
una
reputazione
"
,
né
"
fare
delle
amabilità
"
,
né
"
colmare
di
attenzioni
"
;
e
non
dirai
che
in
una
casa
c
'
è
tutto
il
confortabile
,
per
dire
che
c
'
è
ogni
comodità
e
ogni
agio
;
né
che
sei
andato
a
Genova
o
a
Milano
in
una
data
epoca
;
né
che
un
dato
scrittore
la
importa
per
bellezza
di
stile
sopra
un
altro
;
né
tanti
altri
modi
dello
stesso
genere
,
nei
quali
è
evidente
il
conio
straniero
falsificato
,
e
che
pure
si
dànno
giornalmente
e
si
accettano
come
moneta
di
zecca
italiana
.
Bada
per
ora
che
non
cadano
nella
tua
lingua
le
grosse
immondizie
,
e
spazza
via
quelle
che
ci
sono
.
Poi
,
avvezzandoti
a
far
pulizia
nella
casa
,
diventerai
a
poco
a
poco
in
quel
lavoro
sempre
più
accurato
e
meticoloso
,
fino
a
volerla
tersa
e
lucente
come
uno
specchio
.
Ora
devi
provveder
soprattutto
ad
ammobiliarla
,
a
mettervi
tutto
quello
che
è
necessario
e
utile
,
e
a
darle
un
aspetto
generale
decoroso
,
senza
star
dietro
a
tutte
le
minuzie
e
cercar
la
perfezione
in
ogni
nonnulla
.
Che
cos
'
è
questo
vocìo
?
Viene
innanzi
una
folla
.
Mi
par
di
riconoscervi
qualcuno
.
Senti
che
gridano
essi
stessi
chi
sono
,
l
'
un
dopo
l
'
altro
.
Abbonamento
-
Abitudine
-
Accattonaggio
-
Aggiotaggio
-
Affarismo
-
Affarista
-
Ballottaggio
-
Canotto
-
Canottiere
-
Carriera
(
per
professione
)
-
Colpo
di
stato
-
Comitato
-
Crisi
ministeriale
-
Decorazione
(
per
insegna
cavalieresca
)
-
Dimostrazione
popolare
-
Esplosione
-
Esposizione
-
Evoluzione
storica
-
Favoritismo
-
Giornalismo
-
Genio
(
per
uomo
di
genio
)
-
L
'
insieme
(
per
"
il
tutto
"
)
-
Influenza
(
per
influsso
)
-
Interpellanza
-
Iniziativa
-
Manovra
-
Marcia
-
Mozione
-
Panico
(
per
timor
panico
)
-
Pensione
(
per
retta
o
dozzina
)
-
Personale
d
'
un
'
amministrazione
-
Pompa
(
da
incendi
)
-
Proclama
-
Proiettile
-
Progetto
-
Protezionismo
-
Reazione
-
Solidarietà
-
Uomo
di
spirito
-
Specialista
-
Spionaggio
-
Successo
-
Insuccesso
-
Interesse
,
interessante
,
interessare
-
Naturalizzare
-
Materializzare
-
Sorvegliare
-
Speculare
-
Subire
-
Sensibile
-
Suscettibile
-
Indispensabile
-
Normale
-
Anormale
-
Obbligatorio
-
Refrattario
-
Seducente
-
I
prodotti
dell
'
industria
-
Le
produzioni
teatrali
-
I
torbidi
di
Vattelapesca
-
Abbasso
i
tiranni
!
...
Ci
vorrebbe
altro
a
sentirli
tutti
.
Ma
ora
gridano
tutti
insieme
.
Sentiamoli
.
"
Noi
siamo
francesismi
,
barbarismi
,
sconce
parole
,
tutto
quello
che
volete
.
Ma
arrestate
il
nostro
corso
,
se
vi
riesce
,
signori
Pataracchi
e
compagnia
.
Abbiamo
preso
l
'
aire
e
non
c
'
è
più
freno
per
tenerci
,
disse
un
dei
pochi
di
voi
,
che
hanno
vista
lunga
e
senso
di
discrezione
.
Avete
avuto
un
bel
gridare
e
scaraventarci
addosso
tòrsoli
e
sassi
e
tenderci
funi
a
traverso
la
strada
:
noi
siamo
andati
oltre
,
e
ci
siamo
sparsi
da
per
tutto
;
cacciati
dalle
porte
,
siamo
rientrati
per
le
finestre
;
dalle
bocche
dei
mal
parlanti
siamo
passati
a
quelle
di
chi
parla
meglio
;
abbiamo
invaso
i
giornali
,
i
trattati
,
le
leggi
,
le
cattedre
,
il
Parlamento
,
i
vocabolari
,
le
Accademie
;
e
ci
siamo
e
ci
resteremo
.
Abbasso
i
Pataracchi
!
"
LE
PAROLE
NUOVE
.
(
Pareri
d
'
un
senatore
,
d
'
un
filologo
,
d
'
una
signora
,
d
'
un
ingegnere
industriale
e
d
'
un
bello
spirito
)
.
*
Per
parole
nuove
intendo
principalmente
quelle
che
noi
prendiamo
a
prestito
da
lingue
straniere
per
designare
nuove
cose
(
come
istituzioni
,
invenzioni
,
usanze
)
,
per
le
quali
non
abbiamo
nella
nostra
lingua
parole
proprie
,
perché
son
cose
che
non
ebbero
origine
,
ma
furono
introdotte
da
paesi
stranieri
nel
nostro
.
Come
di
altre
parole
e
locuzioni
si
domanda
:
-
È
errore
?
Non
è
errore
?
-
di
queste
si
suol
domandare
:
-
Si
può
o
non
si
può
dire
?
O
che
parola
italiana
vi
si
potrebbe
sostituire
?
-
A
questo
riguardo
,
invece
di
stenderti
un
lungo
elenco
di
vocaboli
,
e
di
ripeterti
(
chè
altro
non
potrei
fare
)
le
discussioni
che
si
fecero
e
si
fanno
sulla
convenienza
d
'
accettarne
alcuni
e
di
rifiutarne
altri
,
e
sui
vocaboli
italiani
che
potrebbero
far
le
veci
dei
rifiutati
,
credo
più
opportuno
il
riferirti
certi
pareri
che
mi
furon
dati
intorno
all
'
argomento
da
persone
di
dottrina
e
di
buon
senso
,
alcuni
molti
anni
fa
,
altri
di
recente
;
dai
quali
tu
potrai
dedurre
una
norma
generale
da
seguire
,
parlando
e
scrivendo
.
UN
SENATORE
.
-
Come
ho
da
fare
,
signor
Senatore
?
-
domandai
a
un
dotto
toscano
,
scrittore
elegantissimo
(
ahimè
!
son
più
di
trent
'
anni
,
e
il
valentuomo
è
morto
da
un
pezzo
)
.
-
Come
si
può
conciliare
la
necessità
d
'
usar
le
parole
nuove
col
dovere
di
non
offendere
la
purità
della
lingua
?
Rivedo
il
buon
sorriso
arguto
con
cui
mi
rispose
:
-
La
purità
della
lingua
?
Ma
nessuna
lingua
è
pura
,
e
non
deve
,
né
può
essere
.
Non
potrebbe
esser
pura
che
la
lingua
d
'
un
popolo
,
il
quale
non
avesse
commercio
né
di
cose
né
d
'
idee
con
alcun
altro
popolo
,
non
solo
,
ma
che
,
non
mutando
in
nulla
mai
né
le
idee
né
le
cose
proprie
,
ossia
,
non
pensando
e
non
progredendo
,
non
avesse
mai
bisogno
di
variare
e
d
'
arricchire
il
proprio
linguaggio
;
che
sarebbe
perciò
un
linguaggio
morto
,
e
morto
il
popolo
stesso
.
Nessuna
lingua
è
ricca
abbastanza
da
poter
designare
in
termini
che
già
possegga
tutti
gli
oggetti
e
i
concetti
nuovi
che
porta
con
sé
il
progresso
universale
di
ogni
forma
del
lavoro
umano
:
deve
quindi
ogni
lingua
accettare
e
produrre
continuamente
nuovi
termini
.
La
maggior
parte
di
questi
,
a
chi
vorrebbe
la
lingua
immobile
,
paiono
voci
impure
,
che
la
deturpino
e
la
snaturino
.
Ma
le
cause
dell
'
alterazione
della
lingua
essendo
inevitabili
e
necessarie
,
è
così
illogico
e
impossibile
il
respingere
le
nuove
parole
per
amor
della
purità
linguistica
,
come
sarebbe
il
respingere
le
cose
e
le
idee
per
conservare
immutato
il
modo
di
vivere
e
di
pensare
della
propria
nazione
.
Sono
i
barbarismi
superflui
e
le
parole
nostre
storpiate
o
usate
in
senso
improprio
e
i
traslati
e
i
costrutti
ripugnanti
all
'
indole
della
lingua
nazionale
,
quelli
che
la
offendono
e
la
imbastardiscono
:
non
le
parole
straniere
di
cui
non
si
può
fare
di
meno
.
Si
può
dire
che
macchiassero
la
purità
della
lingua
i
primi
italiani
che
nominavano
coi
termini
ora
in
uso
tutte
le
nuove
armi
inventate
dopo
la
scoperta
della
polvere
?
E
quelli
che
chiamavano
coi
loro
nomi
d
'
origine
tutti
i
concetti
e
le
istituzioni
che
ci
vennero
dalla
rivoluzione
francese
,
e
che
fra
noi
hanno
conservato
quei
nomi
,
non
più
discussi
ora
,
e
quasi
neppur
più
riconosciuti
come
stranieri
?
E
quelli
che
usavano
per
i
primi
le
parole
telegrafo
,
piroscafo
,
dagherrotipo
,
fotografia
,
e
cento
altre
simili
?
Non
si
dia
dunque
pensiero
per
questo
riguardo
,
perché
non
offenderà
la
purità
della
lingua
usando
le
parole
nuove
,
e
necessarie
,
più
che
non
ne
offenda
l
'
armonia
pronunziando
o
scrivendo
i
nomi
di
personaggi
storici
o
d
'
amici
suoi
francesi
,
inglesi
o
tedeschi
,
che
le
occorra
di
rammentare
nei
suoi
discorsi
o
nei
suoi
scritti
.
UN
FILOLOGO
.
Questi
esordì
bruscamente
:
-
Anche
lei
!
Ma
non
c
'
è
che
il
nostro
paese
dove
la
letteratura
abbia
tanto
tempo
da
perdere
.
Che
bisogno
ha
di
pareri
in
una
quistione
di
semplicissimo
buon
senso
?
Sulle
parole
straniere
assolutamente
necessarie
per
designar
nuove
cose
,
non
c
'
è
da
discutere
:
bisogna
usarle
;
e
non
è
nemmeno
il
caso
di
dire
:
bisogna
:
s
'
usano
,
le
usan
tutti
,
e
la
quistione
è
risolta
.
Il
dubbio
può
cadere
su
tutte
quelle
voci
e
locuzioni
nuove
che
servono
ad
esprimere
nuovi
aspetti
di
cose
,
nuove
relazioni
fra
di
esse
,
modificazioni
nuove
d
'
idee
e
di
sentimenti
,
nuovi
ordini
di
idee
,
principalmente
in
politica
,
in
arte
,
in
filosofia
;
e
intendo
la
filosofia
che
è
materia
delle
conversazioni
comuni
.
In
questo
campo
,
come
ha
detto
un
maestro
,
ci
sono
in
ogni
lingua
,
in
qualunque
momento
considerata
,
parole
e
frasi
straniere
messe
in
prova
,
delle
quali
alcune
rimarranno
,
altre
saranno
sostituite
da
altre
,
che
l
'
uso
formerà
e
farà
prevalere
alle
prime
;
parole
nazionali
di
cui
si
va
mutando
il
significato
;
processi
di
differenziazione
,
per
dirla
coi
matematici
,
che
si
vanno
compiendo
,
ma
che
non
sono
interamente
compiuti
.
Ora
,
rispetto
all
'
uso
di
questo
materiale
mobile
della
lingua
,
ciascuna
nazione
fa
come
una
moltitudine
in
cammino
;
nella
quale
c
'
è
chi
si
spinge
alla
testa
della
colonna
,
chi
rimane
alla
coda
e
chi
si
tiene
nel
mezzo
.
Lei
,
come
scrittore
,
non
ha
da
andare
né
tra
i
primi
né
tra
gli
ultimi
;
ma
deve
camminare
fra
gli
uni
e
gli
altri
.
Il
criterio
della
scelta
lo
ha
da
ricavare
dall
'
uso
.
Delle
parole
nuove
usi
quelle
che
s
'
usano
generalmente
e
che
generalmente
sono
capite
.
Fra
due
parole
che
s
'
usino
,
una
straniera
e
una
italiana
,
con
non
determinata
prevalenza
di
questa
o
di
quella
,
ma
tutt
'
e
due
egualmente
intese
dai
più
,
si
tenga
all
'
italiana
.
E
in
tutti
i
casi
in
cui
la
parola
italiana
,
che
alcuni
vorrebbero
sostituire
all
'
esotica
,
non
è
capìta
dai
più
,
non
c
'
è
da
tentennare
:
poichè
si
parla
e
si
scrive
per
farsi
capire
dai
più
,
usi
l
'
esotica
,
e
non
si
dia
altro
pensiero
.
Fuor
di
questa
norma
,
che
anche
un
ragazzo
troverebbe
da
sé
,
non
si
fanno
che
vanissime
ciance
.
UNA
SIGNORA
.
Era
una
signora
toscana
,
coltissima
,
che
avrebbe
potuto
presedere
un
'
Accademia
,
e
non
aveva
ombra
di
pedanteria
.
-
Io
non
le
posso
dire
-
rispose
-
che
quello
che
lei
certamente
pensa
.
Si
ricorda
i
versi
del
Giusti
a
proposito
della
parola
diligenza
?
Il
cambio
delle
voci
Fra
gente
e
gente
,
come
l
'
ombra
al
corpo
,
Tien
dietro
al
cambio
delle
cose
umane
;
Né
straniero
vocabolo
corrompe
L
'
intrinseca
virtù
d
'
una
favella
Quando
lo
stile
riman
paesano
.
Se
lei
parla
e
scrive
in
buon
italiano
,
una
lingua
tutta
italiana
di
sostanza
,
d
'
impasto
e
di
colore
,
nessuno
dirà
che
parla
o
che
scrive
male
per
il
fatto
che
a
quando
a
quando
usi
una
parola
non
italiana
per
dire
una
cosa
che
nella
nostra
lingua
non
ha
ancora
la
parola
che
la
esprima
.
So
bene
che
ad
alcune
delle
parole
straniere
già
divulgate
c
'
è
chi
propone
di
sostituire
altre
parole
nostre
,
e
che
,
se
queste
calzano
,
e
se
hanno
da
prevalere
,
ciò
che
è
desiderabile
,
bisogna
pure
che
qualcuno
le
cominci
a
usare
.
Ma
in
questo
io
m
'
attengo
a
una
regola
che
mi
è
suggerita
da
un
sentimento
più
forte
di
quello
della
lingua
.
Delle
parole
italiane
che
si
vorrebbero
sostituire
alle
straniere
ce
n
'
è
che
si
posson
dire
senza
che
ne
scapiti
la
naturalezza
del
discorso
,
e
quelle
le
dico
.
Ce
n
'
è
altre
che
non
si
possono
dire
senza
far
maravigliare
e
sorridere
chi
ascolta
e
senza
passar
per
saccenti
che
si
voglia
in
materia
di
lingua
dettar
la
legge
,
e
queste
non
le
dico
e
non
le
scrivo
,
perché
preferisco
usare
un
barbarismo
al
far
ridere
e
all
'
esser
tacciata
di
saputella
.
Così
non
voglio
e
non
posso
dire
teletta
invece
di
toeletta
,
né
posa
invece
di
consolle
,
né
rinfresco
invece
di
buffé
,
e
con
buona
pace
del
nostro
buon
B
.
,
dirò
cupè
,
finchè
lui
od
altri
non
abbiano
trovato
in
luogo
di
quella
parola
qualcosa
di
più
spiccio
di
scompartimento
anteriore
della
diligenza
,
che
quando
è
detto
per
non
dire
la
parola
barbara
,
è
ridicolo
.
Questa
è
la
mia
regola
riguardo
alle
parole
nuove
:
parlare
e
scrivere
italiano
quanto
più
puramente
si
può
,
senza
far
ridere
;
perché
nell
'
uso
delle
parole
ciascuno
ha
un
suo
sentimento
proprio
della
convenienza
,
al
quale
nessun
'
autorità
linguistica
può
comandare
.
Ma
già
dev
'
esser
pure
l
'
opinione
sua
,
com
'
è
di
quasi
tutti
,
e
lei
non
m
'
ha
interrogata
che
perché
gliela
confermassi
;
e
se
le
avessi
espresso
un
'
opinione
contraria
,
non
ne
avrebbe
tenuto
nessun
conto
.
Stia
dunque
col
Giusti
.
L
'
importante
è
che
lo
stile
rimanga
paesano
.
UN
INGEGNERE
INDUSTRIALE
.
Sono
ameni
i
puristi
sine
labe
che
non
vogliono
le
parole
nuove
.
È
perché
non
vivono
nel
nuovo
mondo
.
Se
ci
vivessero
,
se
sapessero
il
numero
enorme
di
nuove
parole
che
hanno
portato
con
sé
e
rese
necessarie
i
progressi
delle
industrie
minerarie
e
metallurgiche
,
il
telegrafo
,
il
telefono
,
l
'
elettricità
,
le
macchine
tessili
,
la
stampa
,
e
cento
altre
cose
;
se
toccassero
con
mano
che
non
passa
quasi
giorno
senza
che
si
scopra
o
s
'
inventi
qualche
nuovo
strumento
,
o
procedimento
,
o
particolare
di
congegno
o
di
tecnica
,
che
non
può
aver
altro
nome
fuor
di
quello
che
gli
dà
chi
lo
inventa
,
si
sdarebbero
dall
'
impresa
per
disperati
.
Per
ogni
dieci
o
cento
parole
che
occorrono
,
e
che
son
prese
da
una
lingua
straniera
o
coniate
alla
meglio
fra
noi
dalla
gente
che
n
'
ha
bisogno
,
essi
ne
propongono
una
,
che
dicono
italiana
,
o
meno
barbara
.
Ma
a
che
pro
?
Chi
la
mette
in
corso
?
E
quale
scrittore
ha
mai
fabbricato
nuove
parole
,
che
sian
diventate
d
'
uso
comune
?
D
'
uno
dei
più
fecondi
e
popolari
scrittori
francesi
del
settecento
,
si
dice
che
n
'
abbia
coniate
di
suo
e
mandate
in
giro
due
sole
;
delle
quali
una
è
morta
.
E
,
infatti
,
l
'
azione
d
'
uno
scrittore
,
per
quanto
autorevole
,
non
è
che
pochissima
cosa
,
per
non
dire
nulla
affatto
,
rispetto
all
'
azione
collettiva
del
popolo
,
che
di
certe
parole
nuove
ha
bisogno
subito
,
e
le
piglia
dove
sono
e
come
le
trova
,
o
se
le
fabbrica
da
sé
,
nel
modo
che
gli
comoda
e
gli
garba
.
Conosco
una
sola
nuova
parola
italiana
che
in
quest
'
ultimi
anni
sia
stata
coniata
da
un
pubblicista
,
e
abbia
avuto
una
certa
fortuna
:
ed
è
tramvia
,
che
entrò
nei
regolamenti
e
nelle
leggi
.
Ma
moltissimi
che
scrivono
tramvia
,
dicono
parlando
tranvai
,
e
tranvai
o
tram
si
dice
dalla
grande
maggioranza
in
Toscana
e
altrove
;
e
anche
di
quelli
che
usano
la
parola
ufficiale
,
chi
la
fa
femminile
e
chi
maschile
,
e
chi
pronunzia
tramvia
e
chi
tranvia
,
poichè
il
suono
amv
non
è
della
lingua
italiana
;
e
non
è
ancor
certo
che
a
tramvia
debba
restar
la
vittoria
.
Dunque
?
Io
lascerei
gridare
i
linguisti
,
e
farei
il
comodo
mio
,
come
tutti
fanno
,
senza
il
loro
permesso
,
e
come
s
'
è
sempre
fatto
da
per
tutto
,
da
che
mondo
è
mondo
e
le
lingue
vanno
da
sé
,
come
i
fiumi
.
UN
BELLO
SPIRITO
.
Quello
che
mi
fa
dispetto
,
in
quest
'
affare
delle
parole
nuove
,
di
cui
mi
son
molto
occupato
per
pura
curiosità
,
è
l
'
ipocrisia
dei
pedanti
:
è
che
molti
di
loro
condannano
certe
parole
senza
dire
quali
altre
vi
si
hanno
da
sostituire
,
e
qualche
volta
riconoscendo
che
non
ce
n
'
è
altre
;
o
ne
propongono
tre
o
quattro
,
che
equivale
a
non
proporne
alcuna
,
perché
è
un
sostituire
a
una
questione
un
'
altra
quistione
;
e
che
,
in
ogni
caso
,
combattendo
una
parola
in
uso
e
proponendone
un
'
altra
,
sono
certi
certissimi
di
fare
un
buco
nell
'
acqua
;
ciò
che
vuol
dire
che
seccano
la
gente
sapendo
di
non
ottenere
altro
effetto
che
quello
di
seccare
.
Mi
fa
anche
più
dispetto
il
vedere
che
molte
delle
parole
nuove
ch
'
essi
non
registrano
o
bollano
di
barbarismi
nei
dizionari
e
nelle
dissertazioni
o
dispute
filologiche
,
o
cancellano
con
tanto
di
frego
nei
componimenti
dei
loro
discepoli
,
le
usano
poi
essi
stessi
a
tutto
pasto
,
parlando
,
perché
non
possono
farne
di
meno
,
perché
non
si
farebbero
capire
o
si
farebbero
canzonare
usando
quelle
che
ci
vogliono
sostituire
.
Per
esempio
,
io
giocherei
tutti
e
due
gli
occhi
che
di
tutti
quanti
i
proscrittori
del
barbarismo
consommé
o
consumé
non
ce
n
'
è
uno
che
abbia
mai
detto
,
non
ci
sarà
mai
uno
che
dirà
in
nessun
luogo
,
in
nessun
caso
,
a
nessun
cameriere
o
cuoco
o
albergatore
o
serva
d
'
Italia
:
-
Mi
dia
un
consumato
o
un
brodo
ristretto
.
-
E
l
'
esempio
val
per
cento
.
O
che
razza
di
gioco
a
partita
doppia
è
codesto
?
Se
quelle
parole
le
dicono
,
perché
non
le
scrivono
?
Se
non
osano
di
scriverle
,
perché
le
dicono
?
Sono
bene
costretti
a
scriverne
e
a
lasciarne
scrivere
tante
altre
che
ai
loro
padri
fecero
orrore
.
Ma
la
lingua
s
'
altera
!
Ma
sono
secoli
che
si
va
alterando
;
ma
tutto
s
'
altera
col
tempo
:
i
costumi
,
le
idee
,
la
vita
,
il
mondo
:
non
s
'
ha
da
alterare
la
lingua
?
Ma
la
vanno
alterando
essi
medesimi
,
che
usano
molte
parole
non
usate
dalla
generazione
antecedente
,
che
ne
usano
da
vecchi
molte
altre
,
che
non
usavano
da
giovani
.
Dicevano
essi
da
ragazzi
le
parole
:
patinaggio
,
scatingring
,
fonografo
,
cinematografo
,
sport
,
automobile
,
motocicletta
?
E
bisogna
ben
che
le
dicano
ora
per
forza
.
Io
vorrei
che
con
la
macchina
maravigliosa
del
romanziere
Wells
ci
potessimo
trasportare
tutti
quanti
nel
venticinquesimo
secolo
,
per
veder
che
faccia
farebbero
a
leggere
il
vocabolario
della
Crusca
del
2400
!
E
allora
,
a
che
serve
questo
dire
e
non
scrivere
,
prescriver
con
la
penna
e
accettar
con
la
bocca
,
e
pensar
d
'
arrestare
una
moltitudine
che
corre
agguantando
Tizio
e
Caio
per
il
colletto
?
*
Ma
tu
mi
dirai
che
non
t
'
ho
riferito
che
giudizi
anonimi
.
Ebbene
,
consultiamo
insieme
uno
scrittore
grande
e
purissimo
.
Ecco
quello
che
ti
direbbe
Giacomo
Leopardi
,
condensando
in
un
breve
discorso
quanto
è
scritto
sparsamente
nei
sette
volumi
dei
Pensieri
postumi
.
-
Conservare
la
purità
della
lingua
è
un
sogno
,
un
'
immaginazione
,
un
'
ipotesi
astratta
,
un
'
idea
non
mai
riducibile
ad
atto
,
se
non
solamente
nel
caso
d
'
una
nazione
che
,
sia
riguardo
alla
letteratura
e
alla
dottrina
,
sia
riguardo
alla
vita
,
non
abbia
ricevuto
e
non
riceva
nulla
da
nessuna
nazione
straniera
.
Le
cose
vivendo
sempre
,
e
modificandosi
sempre
continuamente
e
moltiplicandosi
le
conosciute
,
e
non
potendo
una
lingua
esser
mai
perfettamente
fornita
del
necessario
fin
ch
'
ella
non
esprime
perfettamente
e
convenientemente
tutte
le
cose
e
tutte
le
possibili
modificazioni
delle
cose
di
questo
mondo
,
ne
segue
la
necessità
ch
'
ella
s
'
accresca
sempre
di
nuovi
modi
;
i
quali
è
ben
naturale
che
a
noi
italiani
vengano
in
gran
parte
di
fuori
,
perché
la
vita
ci
viene
in
gran
parte
d
'
altronde
.
Molte
di
queste
parole
e
modi
nuovi
sono
comuni
a
tutte
le
lingue
colte
d
'
Europa
,
e
però
sono
europeismi
,
non
barbarismi
,
perché
non
è
barbaro
quello
che
è
proprio
di
tutto
il
mondo
civile
e
proprio
per
ragione
appunto
della
civiltà
,
com
'
è
l
'
uso
di
queste
voci
che
deriva
dalla
stessa
civiltà
e
dalla
stessa
scienza
d
'
Europa
.
E
d
'
altra
parte
l
'
esempio
dei
nostri
classici
(
quasi
tutti
)
che
hanno
arricchito
la
nostra
lingua
con
derivar
vocaboli
e
modi
dal
latino
,
dal
greco
,
dallo
spagnuolo
o
donde
che
sia
,
e
li
hanno
resi
italiani
di
fatto
,
ci
ammonisce
che
la
lingua
italiana
è
capacissima
d
'
appropriarsi
voci
e
maniere
d
'
altre
lingue
.
E
non
solo
può
,
ma
lo
deve
fare
,
perché
quanto
più
la
nostra
lingua
è
diligente
nel
non
voler
perdere
(
cosa
ottima
)
,
tanto
più
per
necessaria
conseguenza
dev
'
essere
industriosa
nel
guadagnare
,
per
non
somigliarsi
al
pazzo
avaro
che
per
amor
del
danaro
non
mette
a
frutto
il
danaro
,
ma
si
contenta
di
non
perderlo
e
di
guardarlo
senza
pericoli
.
Voler
respingere
le
parole
nuove
è
voler
mettere
l
'
Italia
fuori
del
mondo
.
Tutte
sentenze
d
'
oro
,
come
dice
il
Giusti
.
Ma
poichè
potresti
esser
tentato
d
'
abusarne
,
seguendo
l
'
esempio
dei
molti
barbari
che
dalle
lingue
straniere
pigliano
a
prestito
una
parola
ogni
dieci
,
ti
presento
come
antidoto
un
mio
amico
di
gioventù
;
la
cui
immagine
mi
salta
sempre
davanti
quando
nel
parlare
italiano
sto
per
dire
una
parola
o
una
frase
francese
,
non
perché
manchi
alla
mia
lingua
il
modo
corrispondente
,
ma
per
iscansare
la
fatica
di
cercarlo
.
Ho
l
'
onore
di
presentarti
il
visconte
La
Nuance
.
IL
VISCONTE
LA
NUANCE
.
La
famiglia
dei
visconti
La
Nuance
è
antica
e
numerosissima
.
Il
giovine
italiano
,
al
quale
avevamo
posto
quel
soprannome
,
era
nobile
veramente
(
del
che
non
si
boriava
punto
)
;
ma
povero
come
noi
,
figliuolo
d
'
un
esattore
,
e
impiegato
egli
stesso
,
non
ricordo
in
che
amministrazione
dello
Stato
.
Essendo
cresciuto
in
Savoia
,
dove
suo
padre
era
stato
parecchi
anni
,
aveva
imparato
il
francese
prima
e
meglio
dell
'
italiano
,
e
quella
era
rimasta
la
sua
lingua
preferita
,
e
diventata
il
suo
vanto
,
la
sua
gloria
,
il
vero
titolo
di
nobiltà
,
del
quale
egli
andava
superbo
;
affermando
,
naturalmente
,
ch
'
era
la
più
bella
d
'
ogni
lingua
antica
e
moderna
,
superiore
senza
confronto
e
per
ogni
rispetto
alla
nostra
.
Quindi
le
continue
discussioni
e
battaglie
che
seguivano
fra
lui
e
gli
amici
,
e
le
infinite
canzonature
che
gli
piovevano
addosso
;
delle
quali
non
si
risentiva
mai
,
poichè
a
un
'
ostinazione
invincibile
in
quella
sua
idea
,
in
quella
soltanto
,
egli
accoppiava
una
bonarietà
inalterabile
,
che
gli
faceva
tollerare
anche
gli
scherzi
più
mordenti
.
Ci
stizziva
in
particolar
modo
il
suo
continuo
interpolare
nel
discorso
italiano
vocaboli
e
frasi
francesi
,
come
se
la
nostra
fosse
una
mezza
lingua
,
che
non
bastasse
ad
esprimere
perfettamente
nessun
pensiero
;
e
non
men
di
questo
la
ostentazione
ch
'
egli
faceva
di
quell
'
italiano
infranciosato
,
quasi
compiacendosi
di
non
avere
della
lingua
propria
che
un
'
infarinatura
,
quanto
gli
occorreva
appunto
per
i
suoi
ristretti
bisogni
di
impiegato
.
E
usava
nella
più
parte
dei
casi
il
modo
francese
anche
sapendo
il
modo
italiano
,
poichè
in
ogni
parola
o
frase
di
quella
lingua
egli
sentiva
o
diceva
di
sentire
una
sfumatura
di
significato
(
una
nuance
,
diceva
sempre
)
che
nella
nostra
lingua
non
si
poteva
rendere
.
Era
quasi
sempre
un
'
immaginazione
sua
;
ma
non
c
'
era
verso
di
sconficcargliela
dal
capo
.
Citava
un
modo
francese
,
e
diceva
in
aria
di
sfida
:
-
Sentiamo
,
come
direste
in
italiano
?
-
Noi
gli
citavamo
un
modo
nostro
che
,
per
consenso
di
tutti
,
significava
per
l
'
appunto
lo
stesso
.
Ed
egli
no
,
s
'
incapava
a
negare
.
-
Ci
s
'
avvicina
-
rispondeva
-
;
ma
è
un
'
altra
nuance
;
no
,
ce
n
'
est
pas
ça
tout
à
fait
.
-
No
,
far
riscontro
non
voleva
dire
precisamente
faire
pendant
,
averne
un
ramo
non
significava
tal
quale
être
toqué
,
dire
di
uno
roba
da
chiodi
o
ira
di
Dio
non
era
propriamente
lo
stesso
che
pis
que
pendre
.
-
Un
'
altra
nuance
,
un
'
altra
nuance
,
qualche
cosa
di
sopraffino
,
l
'
idea
d
'
un
'
idea
,
un
nonnulla
,
ch
'
egli
non
sapeva
dire
,
ma
che
sentiva
.
E
quando
poi
si
faceva
la
prova
inversa
,
aveva
la
faccia
fresca
di
tradurre
disinvolto
in
dégagé
,
traccheggiarsi
in
se
dandiner
e
vattelapesca
in
que
sais
-
je
!
Noi
gli
coprivamo
la
voce
con
una
urlata
,
ed
egli
rispondeva
urlando
:
-
Traducete
in
italiano
il
Marivaux
,
se
vi
riesce
!
Traducete
il
Labiche
!
-
E
tu
traduci
il
Berni
,
traduci
il
Giusti
,
traduci
il
Parini
!
-
Fiato
sprecato
.
Aveva
anche
il
coraggio
di
sostenere
che
il
francese
è
più
musicale
dell
'
italiano
.
-
Troppe
vocali
,
troppe
vocali
-
diceva
.
-
Si
parla
sempre
con
la
bocca
spalancata
.
Per
esempio
,
il
famoso
verso
di
Dante
,
nel
racconto
di
Francesca
....
-
e
squarciando
le
a
con
una
bocca
da
entrarci
una
rapa
,
declamava
:
-
Aaamor
che
aaa
nullo
aaamato
aaamar
perdonaaa
!
Ma
c
'
è
da
slogarsi
le
mascelle
!
-
E
noi
gli
citavamo
bellissimi
versi
francesi
che
avevano
non
meno
a
che
il
verso
dantesco
;
ma
non
serviva
,
perché
l
'
a
francese
,
per
lui
,
era
un
'
altra
a
,
di
suono
più
discreto
dell
'
italiana
.
Nei
versi
francesi
sentiva
armonie
misteriose
che
al
nostro
grosso
orecchio
sfuggivano
.
-
Per
esempio
,
quel
celebre
verso
del
La
Fontaine
,
che
Victor
Hugo
giudicò
ammirabile
:
Six
forts
chevaux
tiraient
un
coche
;
che
maravigliosa
,
inimitabile
armonia
imitativa
!
-
Di
versi
italiani
,
maravigliosi
per
armonia
imitativa
,
gliene
citavamo
a
decine
.
-
Ma
non
così
fini
-
ribatteva
-
non
così
fini
!
-
Andava
fino
a
dire
che
era
ben
più
dolce
l
'
au
revoir
che
l
'
a
rivederci
,
benchè
nel
saluto
francese
ci
siano
come
nel
nostro
due
erre
;
le
quali
,
per
giunta
,
egli
arrotava
in
tal
modo
,
che
,
a
sentirlo
,
pareva
d
'
esser
salutati
da
una
sega
arrugginita
.
-
Au
rrrevoirrr
!
Ma
non
sentite
che
dolcezza
?
-
E
allora
gli
davamo
del
barbaro
,
dell
'
italiano
rinnegato
,
del
traditore
della
patria
;
al
che
egli
rispondeva
invariabilmente
:
-
Des
bêtises
!
des
bêtises
!
-
guardandoci
con
un
sorriso
compassionevole
,
come
gente
di
una
razza
primitiva
,
parlanti
ancora
una
lingua
rudimentale
.
Di
scrittori
italiani
parlava
il
meno
possibile
,
e
ci
aveva
le
sue
buone
ragioni
.
Quando
gli
chiedevamo
un
giudizio
sopra
un
nostro
grande
scrittore
antico
o
moderno
,
egli
riconosceva
con
parole
vaghe
i
meriti
che
noi
ammiravamo
in
lui
;
ma
soggiungeva
sempre
che
gli
pareva
lourd
,
sans
souplesse
,
sans
finesse
.
La
finezza
era
nel
suo
concetto
la
grande
superiorità
della
lingua
francese
sulla
nostra
,
e
affermava
che
soltanto
in
francese
si
poteva
parlare
con
una
signora
con
delicatezza
aristocratica
,
senza
mai
stonare
,
senza
urtar
mai
le
convenienze
e
il
buon
gusto
.
Gli
domandavamo
se
credeva
davvero
che
il
marchese
Gino
Capponi
e
il
barone
Ricasoli
,
allora
viventi
,
non
sapessero
sostenere
una
conversazione
con
una
patrizia
fiorentina
senz
'
urtare
il
buon
gusto
e
le
convenienze
.
Egli
aveva
l
'
audacia
di
risponderci
che
non
li
aveva
mai
sentiti
.
Lo
investivamo
qualche
volta
fieramente
.
-
Come
puoi
giudicare
della
finezza
della
lingua
italiana
tu
,
ostrogoto
lacerator
d
'
orecchi
,
che
dici
tutto
il
lungo
del
cammino
,
una
ragazza
non
si
può
più
gentile
,
e
giuocare
un
ruolo
,
e
venir
di
desinare
?
-
Perché
erano
di
questo
conio
i
francesismi
che
egli
schiantava
.
E
allora
ribatteva
trionfalmente
;
-
Ah
!
Ah
!
Voi
v
'
importate
!
È
segno
che
non
avete
delle
buone
ragioni
,
che
vi
sentite
battuti
,
battuti
a
piatta
cucitura
,
ridotti
a
....
Come
direste
in
italiano
aux
abois
?
-
O
vile
Gallo
,
agli
estremi
!
-
rispondevamo
noi
.
E
lui
,
col
suo
solito
sorriso
di
commiserazione
:
-
È
un
'
altra
nuance
;
non
c
'
è
il
senso
comico
;
è
un
'
altra
nuance
tutt
'
affatto
.
Non
disperavamo
di
persuaderlo
,
non
di
meno
.
Alle
volte
lo
pigliavamo
con
le
buone
,
ragionando
;
gli
parlavamo
della
grande
ricchezza
della
lingua
italiana
,
di
cui
una
gran
parte
non
è
nei
dizionari
;
della
sua
mirabile
facoltà
di
adattarsi
a
tutti
i
toni
,
agli
stili
più
diversi
,
e
alla
traduzione
d
'
ogni
lingua
,
serbando
il
colore
dell
'
originale
,
senza
snaturare
l
'
indole
propria
;
della
grande
quantità
e
varietà
di
"
tipi
e
di
conii
ch
'
ella
possiede
per
poter
formare
voci
e
modi
d
'
uno
stesso
genere
di
significazione
"
,
delle
innumerevoli
desinenze
frequentative
,
diminutive
e
disprezzative
dei
suoi
verbi
,
e
dell
'
elasticità
e
capacità
e
mutabilità
stupenda
del
suo
periodo
;
e
cercavamo
di
dimostrargli
che
,
nel
più
dei
casi
,
quando
una
parola
francese
non
si
può
tradurre
in
una
italiana
dello
stesso
valore
,
questo
deriva
dal
fatto
che
la
francese
è
usata
in
vari
significati
,
per
ciascuno
dei
quali
noi
abbiamo
una
parola
propria
;
e
via
discorrendo
.
Ma
era
come
dire
al
muro
.
Egli
rispondeva
che
noi
facevamo
della
letteratura
,
ch
'
egli
intendeva
parlare
della
lingua
di
conversazione
,
e
ribatteva
il
suo
chiodo
,
che
soltanto
in
francese
si
poteva
conversare
con
grazia
e
con
spirito
,
e
che
al
confronto
del
francese
l
'
italiano
era
lourd
,
poco
pieghevole
,
privo
di
nuances
,
una
lingua
d
'
accademici
e
di
professori
.
E
noi
in
coro
,
come
sempre
:
-
Bugiardo
rinnegato
!
-
Gallaccio
odioso
!
-
Va
'
fuori
d
'
Italia
!
-
Che
il
diavolo
t
'
importi
!
-
Smettila
,
o
t
'
assommiamo
a
calotte
!
-
E
lui
,
col
suo
eterno
sorriso
:
-
È
inutile
.
Non
mi
farete
demordere
dalla
mia
opinione
.
Ma
quello
che
agli
amici
non
era
mai
riuscito
d
'
ottenere
parve
che
l
'
ottenesse
il
Governo
,
trasferendolo
improvvisamente
da
Torino
,
con
suo
grande
rammarico
,
in
non
so
quale
città
del
Veneto
;
poichè
,
forse
per
lasciarci
una
buona
memoria
di
sé
,
per
tutto
il
tempo
che
rimase
ancora
fra
noi
,
non
solo
non
mise
più
sul
tappeto
e
non
accettò
più
nessuna
discussione
sulle
due
lingue
,
ma
anche
parlò
meno
francescamente
del
solito
,
smettendo
,
se
non
altro
,
d
'
ostentare
certi
francesismi
per
provocazione
.
Credemmo
d
'
aver
operato
noi
il
miracolo
,
e
ce
ne
rallegrammo
.
Il
giorno
della
partenza
lo
accompagnammo
tutti
alla
stazione
.
Era
malinconico
.
Quando
ci
abbracciò
,
prima
di
salire
nel
vagone
,
si
commosse
.
-
Ricordatevi
di
me
-
ci
disse
-
,
scrivetemi
.
E
dimenticate
i
nostri
battibecchi
per
la
lingua
.
-
Ci
strinse
ancora
la
mano
dallo
sportello
,
dicendoci
con
le
lacrime
agli
occhi
:
-
Addio
!
Addio
!
A
rivederci
!
-
E
quel
suo
salutarci
,
contro
il
suo
solito
,
in
italiano
,
ci
parve
il
segno
più
certo
del
ravvedimento
,
e
noi
pure
salutammo
con
affetto
l
'
amico
,
ridiventato
italiano
.
Oppresso
dalla
commozione
,
si
ritirò
in
fondo
al
vagone
prima
del
fischio
della
partenza
.
Ma
appena
il
treno
si
mosse
,
si
rilanciò
al
finestrino
,
e
con
voce
più
commossa
di
prima
,
agitando
il
fazzoletto
,
gridò
con
diciotto
erre
:
-
Au
revoir
!
Au
revoir
!
Au
revoir
!
Era
la
frecciata
del
Parto
.
-
Trrraître
!
-
gli
rispose
uno
degli
amici
.
Ma
forse
egli
non
ci
aveva
tradito
di
proposito
:
soltanto
,
nell
'
impeto
della
commozione
,
gli
era
uscito
irresistibilmente
dal
cuore
il
saluto
che
all
'
orecchio
suo
sonava
più
dolce
.
E
così
,
nonostante
l
'
ultimo
ravvedimento
,
egli
rimase
per
sempre
nella
nostra
memoria
il
visconte
La
Nuance
,
tipo
perfetto
e
amenissimo
dell
'
italiano
con
la
cresta
e
coi
bargigli
.
PER
LA
DIFESA
DELLA
LINGUA
.
Fin
qui
,
giovinetto
mio
,
mi
sono
ingegnato
di
darti
consigli
e
suggerimenti
utili
ad
acquistare
il
possesso
della
lingua
.
Ma
,
in
materia
di
lingua
,
non
basta
acquistare
,
bisogna
difendersi
.
Tu
dovrai
badare
di
continuo
a
preservarti
dal
contagio
della
lingua
corrotta
che
si
parla
,
si
scrive
e
si
stampa
,
non
soltanto
nella
tua
,
ma
in
ogni
regione
del
paese
;
a
respingere
da
te
le
infinite
voci
e
locuzioni
barbare
,
errate
,
strampalate
,
torte
ad
altro
significato
dal
vero
,
che
pullulano
nel
comune
linguaggio
parlato
e
scritto
,
e
che
appunto
per
la
frequenza
con
cui
sono
generalmente
ripetute
,
s
'
attaccano
per
modo
alla
lingua
e
alla
penna
di
tutti
,
da
riuscir
quasi
impossibile
,
anche
a
chi
ci
metta
una
cura
attentissima
,
il
preservarsene
affatto
.
Di
questi
modi
da
fuggire
non
ti
faccio
un
elenco
,
perché
,
anche
a
non
citar
che
mezzi
di
quelli
che
conosco
,
ne
dovrei
empire
decine
di
pagine
,
e
ti
seccheresti
a
leggerli
;
ma
troverai
i
più
comuni
nel
dialogo
seguente
;
il
quale
seguì
davvero
tempo
fa
,
con
poche
differenze
nell
'
ordine
e
nella
materia
,
fra
quattro
amici
;
e
che
,
più
o
meno
variato
,
si
ripete
certamente
spesso
,
in
ogni
parte
d
'
Italia
,
fra
persone
colte
,
che
hanno
a
cuore
la
purità
e
il
decoro
della
lingua
nazionale
.
A
CHI
LE
DICE
PEGGIO
.
DIALOGO
fra
uno
scrittore
,
un
avvocato
,
un
professore
di
chimica
,
fisica
e
matematica
,
e
un
cronista
di
giornale
,
che
stanno
desinando
in
una
stanzetta
di
trattoria
.
LO
SCRITTORE
(
al
Professore
)
.
-
Dov
'
eravamo
rimasti
?
IL
PROFESSORE
.
-
Aspetta
:
lascia
che
m
'
orienti
un
poco
.
SCRITT
.
-
Orièntati
.
E
una
.
PROF
.
-
Ne
sentirai
dell
'
altre
.
Caro
mio
,
noi
non
ci
abbiamo
nessuna
colpa
nel
fatto
che
la
lingua
diventi
sempre
più
scientifica
,
o
per
dir
meglio
,
scienziata
.
Non
siamo
noi
che
divulghiamo
,
portandolo
in
tutti
i
campi
del
pensiero
,
il
nostro
linguaggio
tecnico
,
del
quale
non
possiamo
far
di
meno
.
È
il
gran
pubblico
,
sono
i
giornali
e
la
cattiva
letteratura
che
ce
lo
pigliano
....
SCRITT
.
-
Già
:
è
effetto
del
polarizzarsi
di
tutte
le
idee
verso
la
scienza
.
PROF
.
-
Hai
detto
bene
.
Ma
è
un
fatto
,
te
lo
confesso
,
di
cui
il
nostro
amor
proprio
si
compiace
.
Al
vedere
che
ogni
interruzione
o
lacuna
di
qualunque
cosa
diventa
una
soluzione
di
continuità
,
ogni
scopo
un
obbiettivo
,
ogni
caso
un
fenomeno
....
SCRITT
.
-
E
ogni
mescolanza
un
'
amalgama
.
PROF
.
-
A
sentir
parlare
di
forza
centripeta
e
centrifuga
dell
'
istinto
,
del
dinamismo
dei
partiti
politici
,
di
movimenti
rivoluzionari
sincroni
e
sinfoni
,
e
di
coefficienti
della
vittoria
e
d
'
esponenti
della
debolezza
del
Ministero
,
e
di
Parlamenti
saturi
d
'
elettricità
....
AVVOCATO
.
-
E
di
atmosfera
d
'
odio
....
CRONISTA
.
-
E
di
fenomeni
di
capillarità
psicologici
....
Questa
l
'
ho
letta
io
.
PROF
.
-
Forse
in
una
tua
cronaca
.
Ma
io
n
'
ho
letta
una
assai
meglio
.
-
Di
queste
consuetudini
e
sentimenti
si
forma
nella
gioventù
un
precipitato
di
scetticismo
.
-
Sei
battuto
.
Lasciami
finire
.
A
sentire
quante
quistioni
particolari
sono
una
faccia
del
prisma
d
'
una
quistione
generale
;
quanti
ordini
d
'
idee
sono
stratificazioni
o
substrati
d
'
altri
ordini
d
'
idee
,
e
quanti
uomini
e
cose
,
quantità
negative
;
ma
più
che
altro
al
vedere
quanti
concetti
non
si
sanno
più
esprimere
senza
ricorrere
agli
strumenti
e
agli
apparecchi
dei
nostri
Gabinetti
,
come
sarebbe
il
barometro
del
malcontento
popolare
....
SCRITT
.
-
Il
termometro
dell
'
opinione
pubblica
.
CRON
.
-
Il
diapason
della
moralità
nazionale
.
AVV
.
-
E
il
propulsore
degli
entusiasmi
cittadini
?
PROF
.
-
Benissimo
;
e
la
valvola
di
sicurezza
delle
passioni
....
Al
sentir
tutto
questo
,
dico
,
io
gonfio
di
giubilo
e
d
'
alterezza
....
SCRITT
.
-
Fino
all
'
ennesima
potenza
.
PROF
.
-
Lo
volevo
dire
;
perché
penso
che
,
andando
innanzi
per
questa
strada
,
verrà
tempo
che
quanti
vorranno
imparar
l
'
italiano
dovranno
venire
a
scuola
da
noi
,
a
studiar
fisica
,
chimica
,
matematica
,
mineralogia
,
geologia
....
;
i
Vocabolari
dell
'
uso
saranno
i
nostri
trattati
.
SCRITT
.
-
E
allora
tutto
si
dovrà
studiare
,
fuorchè
la
letteratura
.
E
non
solo
le
scienze
esatte
,
ma
anche
le
scienze
giuridiche
.
Per
esempio
:
la
circostanza
attenuante
,
la
cerziorazione
,
la
requisitoria
,
il
verdetto
,
usciti
dalle
aule
dei
tribunali
,
sono
oramai
entrati
da
per
tutto
.
E
quante
cose
si
comminano
,
oltre
le
pene
stabilite
dalla
legge
!
E
si
testimonia
affetto
,
rispetto
e
riverenza
.
E
non
sono
più
i
soliti
testimoni
che
depongono
;
sono
anche
i
fatti
.
-
Una
data
circostanza
depone
in
favore
d
'
una
tal
persona
....
-
Io
mi
figuro
la
Circostanza
che
giura
sul
Vangelo
di
dir
tutta
la
verità
....
AVV
.
-
E
una
Ragione
che
cammina
a
suon
di
tamburo
,
col
facile
sulla
spalla
,
te
la
figuri
?
È
la
solita
Ragione
che
milita
in
favore
di
qualcuno
o
di
qualcosa
.
E
poi
che
siamo
nel
campo
militare
,
a
me
piace
infinitamente
la
base
d
'
operazione
.
Un
innamorato
,
per
esempio
,
che
va
a
stare
in
una
villa
vicina
a
quella
della
sua
amata
,
e
ne
fa
la
sua
base
d
'
operazione
!
L
'
ho
letta
in
un
romanzo
.
Mi
piace
anche
mossa
strategica
riferito
a
un
atto
qualunque
di
piccola
furberia
.
E
una
parola
che
ha
una
data
portata
,
come
un
pezzo
d
'
artiglieria
....
SCRITT
.
-
Io
preferisco
il
linguaggio
finanziario
,
che
va
prendendo
sempre
più
voga
.
Ha
certe
espressioni
così
nobili
!
Fare
il
bilancio
,
per
esempio
,
delle
buone
qualità
e
dei
difetti
di
un
amico
;
dire
d
'
un
uomo
politico
,
venuto
in
auge
,
o
scapitato
d
'
autorità
,
che
le
sue
azioni
si
sono
alzate
o
ribassate
,
o
,
accennando
ai
suoi
meriti
e
ai
suoi
demeriti
verso
il
paese
,
che
ha
al
suo
attivo
certe
cose
e
al
suo
passivo
certe
altre
....
Mi
par
di
vederlo
diviso
in
due
colonne
,
come
il
registro
d
'
un
negoziante
.
AVV
.
-
E
dove
lasciate
i
verbi
,
che
sono
i
più
bei
fiori
?
Suicidarsi
,
terrorizzare
,
ostacolare
,
impossibilitare
,
prevenzionare
,
massacrare
,
acutizzare
....
Si
va
acutizzando
il
dissidio
in
seno
alla
Commissione
del
Bilancio
,
signori
!
SCRITT
.
-
O
signori
,
e
suggestionare
?
AVV
.
-
Bravo
,
hai
detto
il
gran
verbo
,
il
verbo
factotum
,
che
si
presta
a
tutti
i
servizi
.
Ora
si
è
suggestionati
da
una
donna
,
dalla
fame
,
da
un
libro
,
da
un
luogo
,
dalle
circostanze
,
da
tutto
.
Ho
letto
in
un
giornale
che
un
certo
fanale
di
luce
elettrica
,
davanti
a
un
teatro
,
faceva
una
réclame
suggestionante
.
PROF
.
-
Suggestionante
,
impressionante
,
emozionante
,
raccapricciante
,
son
tutta
roba
del
vostro
magazzino
,
signori
giornalisti
.
CRON
.
-
Non
mia
.
SCRITT
.
-
Tu
ce
n
'
hai
dell
'
altra
.
Chi
scrisse
l
'
altro
giorno
nel
tuo
giornale
:
-
L
'
uomo
di
Stato
che
è
stato
intervistato
-
?
Sei
stato
tu
,
sei
stato
?
Io
son
restato
.
AVV
.
-
Non
facciamo
quistioni
personali
.
Per
me
,
del
resto
,
nel
linguaggio
delle
cronache
trovo
bellezze
ammirabili
.
Per
esempio
:
il
borsaiolo
o
l
'
accoltellatore
che
,
dopo
fatto
il
colpo
,
s
'
ecclissa
,
come
un
astro
,
mi
pare
un
traslato
dantesco
.
PROF
.
-
È
uno
dei
tanti
verbi
a
cui
si
fa
fare
un
ufficio
indegno
della
nobiltà
della
nascita
,
come
rivelare
,
trasfigurare
....
SCRITT
.
-
Già
:
si
dice
che
un
certo
puzzo
rivela
che
il
pesce
è
guasto
,
che
una
faccia
tinta
di
carbone
è
trasfigurata
.
E
sono
anche
dei
credenti
nella
Rivelazione
e
nella
Trasfigurazione
che
lo
dicono
!
Questo
non
è
un
errore
di
lingua
,
è
un
sacrilegio
.
E
così
tutti
creano
,
tutto
si
crea
....
PROF
.
-
Un
altro
verbo
che
fa
cento
mestieri
,
come
organizzare
,
funzionare
,
sistemare
.
Si
organizza
uno
Stato
,
un
ballo
,
una
dimostrazione
,
una
colazione
alla
romana
.
E
tutto
funziona
o
non
funziona
:
un
arcivescovo
,
una
serratura
,
un
'
amministrazione
,
una
vite
,
una
legge
,
un
cavatappi
,
un
governo
,
la
molla
d
'
un
gibus
.
E
c
'
è
chi
parla
di
sistemarsi
in
un
nuovo
quartiere
....
AVV
.
-
E
perché
no
?
(
accennando
con
un
'
occhiata
il
Cronista
)
.
S
'
è
inteso
dire
poco
fa
:
-
Io
ho
il
sistema
di
prendere
il
tè
col
latte
la
mattina
,
come
se
una
colazione
fosse
una
dottrina
filosofica
....
CRON
.
-
Sta
'
zitto
,
tu
,
che
dicesti
un
giorno
in
tribunale
che
il
tuo
avversario
deragliava
.
AVV
.
-
Deragliai
.
Ma
deragli
tu
pure
dalla
buona
lingua
quando
scrivi
che
s
'
è
verificato
un
incendio
.
Che
bisogno
c
'
è
di
verificare
che
una
casa
è
in
fiamme
?
E
quando
dici
o
dite
che
il
Ministero
ha
conglobato
in
uno
due
progetti
di
legge
!
Oh
giusto
!
Scrive
oggi
il
tuo
direttore
che
"
la
conversione
del
Ministero
a
sinistra
s
'
accentua
"
.
Doveva
anche
dirci
su
quale
atto
o
dichiarazione
del
Governo
cade
l
'
accento
,
e
se
è
acuto
o
grave
.
Ma
già
ora
s
'
accentua
anche
una
tempesta
in
mare
e
la
peste
nelle
Indie
.
SCRITT
.
-
Ma
questa
diventa
una
discussione
a
base
di
personalità
.
Vi
richiamo
all
'
ordine
.
PROF
.
-
Anche
l
'
a
base
è
diventato
moneta
corrente
.
Un
discorso
a
base
d
'
insinuazioni
,
una
letteratura
a
base
di
pornografia
.
Ho
letto
in
un
giornale
:
una
rissa
fra
due
erbivendole
a
base
di
zoccolate
.
SCRITT
.
-
È
un
modo
di
moda
fra
gli
eleganti
,
come
darsi
il
lusso
di
fare
una
cosa
,
posare
a
liberale
o
ad
altro
,
aver
esito
negativo
,
fare
una
cosa
su
vasta
scala
,
essere
all
'
ordine
del
giorno
.
Gabriele
d
'
Annunzio
,
per
esempio
,
è
all
'
ordine
del
giorno
...
CRON
.
-
Come
un
progetto
di
legge
....
SCRITT
.
-
Associarsi
al
dolore
....
CRON
.
-
Come
a
un
giornale
....
SCRITT
.
-
L
'
opinione
pubblica
che
si
commove
,
si
sdegna
,
inorridisce
.
AVV
.
-
Come
un
'
attrice
.
SCRITT
.
-
Un
ministro
,
uno
scienziato
che
è
un
valore
.
PROF
.
-
Come
una
cedola
del
debito
pubblico
.
SCRITT
.
-
Il
morale
che
s
'
abbatte
e
si
rialza
.
AVV
.
e
CRON
.
(
a
una
voce
)
.
-
Come
un
misirizzi
.
SCRITT
.
-
L
'
avete
detto
contemporaneamente
.
Notate
anche
quest
'
avverbio
,
che
abbraccia
la
durata
della
vita
d
'
un
uomo
,
e
s
'
usa
per
dire
che
due
persone
si
voltano
indietro
nello
stesso
punto
.
Ma
dimenticavo
le
due
più
ammirabili
.
S
'
annunzia
che
s
'
è
fatta
non
so
dove
una
strage
di
poveri
israeliti
:
la
notizia
merita
conferma
.
Assassini
!
E
una
regione
che
è
teatro
d
'
un
'
inondazione
!
Bella
rappresentazione
!
CRON
.
-
Qualche
volta
la
notizia
è
meno
esatta
.
PROF
.
-
Già
:
un
bel
modo
delicato
di
dire
che
è
una
pastocchia
.
Così
,
per
consolare
i
poveri
disperati
,
si
chiamano
cortesemente
i
meno
abbienti
.
AVV
.
-
Ma
queste
son
miserie
!
Volete
ch
'
io
vi
dica
la
più
preziosa
di
tutte
?
La
lessi
l
'
altro
giorno
.
Si
riferisce
a
un
fatto
doloroso
.
Ma
si
riesce
a
far
ridere
di
tutto
.
Un
suicidio
al
sublimato
corrosivo
.
PROF
.
-
Impossibile
.
È
di
tuo
conio
.
AVV
.
-
Ti
porterò
il
giornale
.
PROF
.
-
Nati
di
cani
!
Come
si
dice
il
risotto
al
pomodoro
!
SCRITT
.
-
E
se
passassimo
ai
sostantivi
?
Riguardo
a
questi
,
quello
che
c
'
è
di
più
curioso
per
me
è
l
'
uso
che
prevale
di
adoperarli
a
sproposito
,
e
che
deriva
da
una
tendenza
generale
,
morbosa
,
a
esagerare
ogni
cosa
.
Nove
volte
su
dieci
,
anche
in
discorsi
e
in
proclami
ufficiali
,
si
dice
orgoglio
,
che
è
un
vizio
,
per
dire
alterezza
,
che
è
un
sentimento
nobile
,
e
orgoglioso
invece
d
'
altero
.
Le
parole
alterezza
e
altero
pare
che
vadano
cadendo
in
disuso
.
Così
non
più
dignità
,
ma
fierezza
.
E
si
dice
l
'
incarico
di
scopare
come
l
'
incarico
di
rispondere
al
discorso
della
Corona
;
aver
la
missione
di
far
l
'
operazione
del
catasto
in
una
provincia
,
come
la
missione
di
convertire
un
popolo
al
Cristianesimo
;
l
'
apostolato
della
cultura
delle
barbabietole
;
il
còmpito
,
che
era
un
lavoro
d
'
ago
o
di
maglia
,
o
un
lavoro
assegnato
agli
scolaretti
....
AVV
.
-
Il
còmpito
d
'
unificare
la
Germania
....
fu
il
lavoro
di
scuola
del
Bismark
.
SCRITT
.
-
Far
l
'
apoteosi
del
formaggio
di
Gorgonzola
....
PROF
.
-
È
il
parossismo
dell
'
iperbole
.
Dove
lasci
gl
'
ismi
?
Fra
cinquant
'
anni
ci
saranno
nella
lingua
tanti
ismi
che
si
farà
rima
ogni
dieci
parole
.
Andiamo
,
io
lancio
il
primo
:
il
nervosismo
delle
nuove
generazioni
....
.
AVV
.
-
Il
rigorismo
del
Fisco
...
CRON
.
-
Il
confusionismo
dei
partiti
....
SCRITT
.
-
Il
parallelismo
delle
situazioni
.
Ma
parossismo
è
l
'
ismo
prediletto
.
Si
serve
in
tutte
le
salse
.
C
'
è
persino
chi
ama
i
maccheroni
fino
al
parossismo
.
E
anche
coi
sostantivi
in
à
non
si
scherza
.
Se
ne
fa
un
tale
scialacquo
,
che
a
sentir
certi
discorsi
,
par
che
l
'
oratore
picchi
delle
martellate
in
un
muro
....
AVV
.
-
Garibaldi
è
una
grande
individualità
.
SCRITT
.
-
Il
Tolstoi
una
celebrità
,
una
sommità
....
CRON
.
-
Il
dottor
Carle
una
specialità
.
PROF
.
-
E
ha
molte
notabilità
l
'
Università
della
nostra
città
.
AVV
.
-
Che
è
posta
in
una
bella
località
.
PROF
.
-
In
una
delle
principali
arterie
di
Torino
,
poichè
ora
si
chiamano
arterie
le
strade
grandi
,
e
non
so
perché
non
si
chiamino
vene
le
strade
minori
....
SCRITT
.
-
Oh
bravo
!
Poichè
hai
portato
la
nota
anatomica
,
ricordiamo
il
linguaggio
medico
.
Ce
n
'
è
una
che
vale
per
cento
:
l
'
idiosincrasia
.
Le
declamazioni
d
'
una
liberale
e
civile
idiosincrasia
.
C
'
è
chi
ne
va
matto
.
Ma
anche
il
portar
la
nota
è
una
perla
.
Ora
si
porta
la
nota
amena
in
un
banchetto
,
la
nota
patriottica
in
un
'
assemblea
,
la
nota
trista
in
una
conversazione
.
Di
uno
che
ammazzò
il
rivale
in
un
ballo
disse
ieri
l
'
altro
un
giornale
:
che
vi
portò
la
nota
tragica
.
La
grazia
di
quella
nota
!
E
a
proposito
:
tragedia
,
un
'
altra
parola
che
ha
fortuna
.
Non
ci
son
più
delitti
volgari
:
son
tutte
tragedie
e
drammi
.
(
Al
Cronista
)
:
Ma
questa
è
una
vostra
industria
letteraria
per
far
comprare
il
giornale
.
CRON
.
-
Manco
a
dirlo
.
SCRITT
.
-
L
'
hai
detta
finalmente
!
Mi
maravigliavo
che
non
ti
fosse
ancora
scappata
.
O
dove
l
'
avete
scovato
codesto
manco
a
dirlo
odiosissimo
che
inciampiamo
a
ogni
passo
?
CRON
.
-
O
come
vuoi
ch
'
io
lo
sappia
?
Chi
è
imbevuto
di
letteratura
classica
,
non
può
dire
da
che
classico
abbia
preso
questo
o
quel
modo
.
Da
Dante
,
forse
.
SCRITT
.
-
Avete
preso
da
Dante
anche
la
piattaforma
elettorale
?
PROF
.
-
In
questo
hai
torto
.
Piattaforma
è
una
parola
che
mi
piace
:
larga
,
solida
,
maestosa
.
Come
superfetazione
,
che
mi
piace
anche
di
più
,
per
la
sua
gentilezza
.
Quando
sento
dire
che
un
tal
progetto
di
legge
non
è
che
una
superfetazione
d
'
un
altro
,
presentato
da
un
altro
Ministero
,
vado
in
solluchero
.
Mi
par
così
poetica
l
'
immagine
di
quei
due
feti
!
SCRITT
.
-
Ciascuno
ha
i
suoi
gusti
.
Io
ho
il
gusto
degli
aggettivi
nuovi
,
semplici
e
partecipati
,
dei
quali
faccio
uno
studio
particolare
.
Ce
n
'
è
di
deliziosi
,
come
ora
si
dice
.
Per
esempio
:
sensazionale
;
schiacciante
,
riferito
a
un
argomento
;
toccante
:
un
oratore
toccante
:
mi
par
di
vederlo
suonar
la
chitarra
.
E
scollacciato
,
d
'
un
romanzo
!
L
'
immagine
di
quel
sostantivo
mascolino
col
seno
troppo
scoperto
,
m
'
affascina
.
E
così
macabro
è
uno
dei
miei
amori
.
Si
scopre
il
cadavere
d
'
una
povera
bimba
strozzata
:
-
scoperta
macabra
.
-
Com
'
è
a
proposito
l
'
immagine
d
'
una
danza
,
che
desta
quell
'
aggettivo
!
E
calza
bene
anche
l
'
aggettivo
drammatico
che
accoppia
all
'
idea
d
'
un
assassinio
quella
d
'
un
'
opera
d
'
immaginazione
dilettevole
!
E
imponente
detto
ad
un
modo
d
'
una
signora
d
'
alta
statura
e
d
'
un
grande
incendio
!
E
l
'
innocenza
completa
,
come
un
tranvai
!
E
la
commedia
movimentata
!
E
il
partito
politico
compatto
,
come
il
legno
del
sorbo
!
Elettori
,
andate
alle
urne
compatti
!
AVV
.
-
Camminerebbero
un
po
'
impacciati
.
SCRITT
.
-
Dovresti
dire
marcerebbero
.
Marciano
anche
gli
avvenimenti
.
Più
curiosa
è
la
voga
che
hanno
preso
cert
'
altri
aggettivi
in
un
nuovo
significato
,
come
grandioso
,
che
è
dei
più
abusati
.
In
questi
giorni
,
per
esempio
,
in
un
manifesto
d
'
un
'
associazione
è
chiamato
grandioso
l
'
avvenimento
dell
'
andata
del
re
d
'
Italia
a
Parigi
,
e
hanno
creduto
di
dire
,
non
qualche
cosa
di
meno
,
ma
di
più
che
grande
;
perché
grande
,
oramai
,
è
un
aggettivo
scaduto
.
Ora
non
basta
più
dire
che
un
attore
è
grande
in
una
data
parte
:
si
dice
che
è
immenso
.
Anche
famoso
si
dice
a
tutto
pasto
.
Una
buona
salsa
?
Famosa
.
Un
potente
schiaffo
?
Famoso
.
Una
sbornia
maiuscola
?
Famosa
.
Questo
vino
,
per
esempio
,
è
bonino
;
ma
non
così
famoso
come
a
voi
pare
.
PROF
.
-
E
superbo
?
E
magnifico
?
E
splendido
?
AVV
.
-
Un
magnifico
paio
di
scarpe
....
CRON
.
-
Che
calzano
magnificamente
.
SCRITT
.
-
Anzi
,
divinamente
!
Ma
splendido
è
l
'
aggettivo
re
del
tempo
che
corre
.
Splendido
un
par
di
calzoni
,
un
viale
,
un
artista
,
un
programma
politico
,
un
risotto
.
È
diventato
un
aggettivo
irresistibile
.
Sapete
che
il
Guerrini
,
per
combatterne
l
'
abuso
,
tenne
una
volta
una
conferenza
satirica
a
un
uditorio
d
'
amici
?
Tutti
ne
furono
persuasi
;
ma
quando
egli
ebbe
finito
,
e
domandò
un
giudizio
sul
suo
discorso
,
risposero
tutti
a
una
voce
:
-
Splendido
!
-
Non
c
'
è
forza
che
valga
più
a
sradicarlo
.
Come
fanatico
.
Che
c
'
entra
la
superstizione
religiosa
?
Ora
si
è
fanatici
di
tutto
quello
che
piace
:
d
'
una
grande
idea
umanitaria
come
d
'
un
bel
servizio
da
tavola
,
della
Divina
Commedia
come
delle
triglie
alla
livornese
.
AVV
.
-
Ben
detto
,
ben
definito
,
come
dice
Azzeccagarbugli
.
PROF
.
-
Stupendamente
bene
!
CRON
.
-
Hai
il
nostro
plauso
.
SCRITT
.
-
Non
mi
basta
.
Voglio
un
'
ovazione
.
Oggi
si
fa
a
tutti
e
per
ogni
cosa
.
Ma
non
ho
finito
.
Il
discorso
che
ho
fatto
sugli
aggettivi
non
è
esauriente
.
Quello
che
è
più
strano
nell
'
uso
invadente
,
a
mio
parere
,
è
l
'
accompagnamento
degli
aggettivi
coi
sostantivi
,
nel
quale
non
si
riconosce
più
alcuna
legge
né
di
convenienza
né
di
logica
,
mettendo
fra
gli
uni
e
gli
altri
dei
legami
forzati
,
repugnanti
al
buon
gusto
e
al
buon
senso
.
Basterà
che
vi
citi
un
esempio
per
suggerirvene
altri
cento
.
Possiamo
fare
una
gara
.
CRON
.
-
Si
dice
record
.
SCRITT
.
-
Fu
un
lapsus
,
perdonami
.
Un
pregiudizio
riguardo
a
una
quistione
d
'
ordinamento
delle
strade
ferrate
si
chiama
pregiudizio
ferroviario
.
Non
lo
vedete
correre
sulle
rotaie
?
AVV
.
-
Lo
vedo
.
Animo
.
La
gara
è
aperta
.
I
disinganni
dei
proprietari
nel
raccolto
dell
'
uva
:
-
delusioni
vinicole
.
PROF
.
-
Ansietà
agrarie
.
CRON
.
-
Ravvedimenti
costituzionali
.
AVV
.
-
Un
monumento
operaio
!
Quello
eretto
dagli
operai
cattolici
a
Leone
XIII
.
Questa
è
delle
meglio
,
mi
pare
.
SCRITT
.
-
Fermi
là
!
Vinco
la
gara
io
.
Vi
porterò
il
documento
in
prova
.
Il
titolo
d
'
un
articolo
sui
miliardai
americani
che
vanno
in
automobile
.
Indovinate
!
Cedo
il
premio
a
chi
indovina
.
CRON
.
-
Tempo
perso
.
Favella
.
SCRITT
.
-
Motorismo
miliardario
!
AVV
.
-
Splendido
.
PROF
.
-
Grandioso
.
CRON
.
-
Famoso
.
L
'
ho
scritto
io
!
SCRITT
.
-
Allora
il
premio
è
tuo
.
Tu
sei
immenso
.
La
gara
è
chiusa
.
AVV
.
-
Se
ne
può
aprire
un
'
altra
.
SCRITT
.
-
Immediatamente
.
Quella
delle
locuzioni
frequentissime
,
delle
quali
dovrebbe
bastar
la
ragione
,
il
semplice
buon
senso
a
far
avvertire
l
'
erroneità
e
il
ridicolo
,
perché
contengono
una
contraddizione
di
termini
manifesta
,
o
di
idee
,
che
non
possono
stare
insieme
.
Il
tipo
di
queste
locuzioni
è
la
famosa
sentenza
del
Prudhomme
:
-
Il
carro
dello
Stato
naviga
sopra
un
vulcano
.
-
Come
si
fa
a
dire
che
una
data
Amministrazione
o
un
Istituto
è
una
baracca
che
cammina
male
?
Che
il
tal
ministro
ha
esorbitato
dalla
linea
retta
?
Un
'
orbita
rettilinea
!
E
suscitare
un
'
impressione
,
che
è
come
dire
:
sollevare
una
cosa
in
giù
?
Ed
è
scoppiato
un
attrito
?
Avanti
,
signori
!
AVV
.
-
Vediamo
.
Abbracciare
una
carriera
.
SCRITT
.
-
È
un
bell
'
amplesso
!
PROF
.
-
Farsi
una
posizione
.
AVV
.
-
È
un
bel
fare
.
Ve
ne
dico
una
della
nostra
fabbrica
.
Gli
elementi
che
vanno
in
esilio
.
"
Da
questo
scritto
,
considerato
a
mente
serena
,
esulano
gli
elementi
della
minaccia
e
dell
'ingiuria."
SCRITT
.
-
Buona
;
ma
non
di
prim
'
ordine
.
È
meglio
,
e
si
sente
ogni
momento
:
-
M
'
è
accaduto
un
aneddoto
.
PROF
.
-
Come
chi
dicesse
:
m
'
è
accaduto
un
racconto
.
Ma
val
di
più
questa
:
-
Una
voce
amica
che
addita
la
via
del
dovere
.
-
Una
voce
con
le
dita
.
Trovami
l
'
uguale
.
AVV
.
-
Non
è
possibile
che
si
possa
trovare
,
lo
riconosco
.
SCRITT
.
-
Bella
anche
questa
,
e
comunissima
;
ma
non
è
premiabile
.
Ci
avrei
un
esempio
del
verbo
trattare
,
in
vece
del
semplice
essere
,
arcifrequente
.
L
'
ho
letto
in
una
cronaca
di
giornale
(
al
cronista
)
non
tua
.
A
un
tale
par
di
vedere
un
uomo
travolto
dalle
acque
d
'
un
fiume
;
si
butta
giù
per
salvarlo
;
ma
riconoscendo
che
si
trattava
d
'
un
cane
....
CRON
.
-
Ti
darei
quasi
la
palma
.
PROF
.
-
La
palma
è
mia
.
Ve
ne
do
una
freschissima
.
-
Con
quest
'
atto
il
Governo
ha
ribadito
la
corrente
della
sfiducia
pubblica
....
AVV
.
e
SCRITT
.
-
La
gara
è
chiusa
!
SCRITT
.
-
Sì
!
Ribadire
una
corrente
è
senza
dubbio
la
più
maravigliosa
di
tutte
.
CRON
.
-
Un
momento
.
Ammettetene
ancor
una
al
concorso
.
Son
sicuro
di
vincere
.
Attenti
bene
.
Il
teatro
era
completamente
vuoto
!
GLI
ALTRI
TRE
INSIEME
,
con
una
risata
:
-
Tombola
!
SCRITT
.
-
Facciamo
un
brindisi
al
vincitore
!
CRON
.
-
Voi
mi
emozionate
.
Fate
troppo
onore
a
una
quantità
trascurabile
come
son
io
.
(
Allo
scrittore
)
:
Ma
,
barbaro
,
non
si
dice
:
facciamo
un
brindisi
;
si
dice
brindiamo
.
E
poi
...
GLI
ALTRI
TRE
.
-
E
poi
?
CRON
.
-
Perché
bere
alla
mia
salute
?
È
superfluo
.
Io
sto
magnificamente
.
Beviamo
invece
alla
salute
della
lingua
italiana
,
che
,
poveretta
,
per
colpa
un
po
'
di
tutti
,
sta
male
assai
.
GLI
ALTRI
TRE
.
-
Evviva
!
CRON
.
-
Non
si
grida
più
evviva
.
Si
grida
:
-
Hoch
!
-
È
più
di
moda
,
e
poi
....
non
è
italiano
.
TUTTI
INSIEME
,
alzando
i
bicchieri
:
-
Hoch
!
Hoch
!
Hoch
!
UN
CAMERIERE
(
tra
sé
,
passando
nel
corridoio
:
)
-
Che
siano
artisti
del
Circo
equestre
?
CONTRO
I
LUOGHI
COMUNI
(
APPENDICE
AL
DIALOGO
)
.
Caro
amico
,
Ieri
sera
,
dopo
il
nostro
desinare
cruscaio
,
mi
parlasti
d
'
un
libro
che
stai
ponzando
intorno
allo
studio
della
lingua
.
Non
ne
ricordo
gran
che
,
perdonami
,
perché
avevo
un
po
'
di
Chianti
nel
capo
;
ma
ti
suggerisco
una
buona
idea
,
che
mi
venne
in
mente
dopo
averti
dato
la
buona
notte
:
a
me
le
idee
migliori
vengono
quasi
sempre
in
ritardo
di
qualche
minuto
;
ciò
che
è
una
gran
disgrazia
per
un
avvocato
.
Dovresti
scrivere
un
capitolo
feroce
,
come
direbbe
l
'
Alfieri
,
contro
i
luoghi
comuni
.
Che
vuoi
?
In
materia
di
lingua
io
sono
un
mezzo
barbaro
:
parlo
male
,
non
scrivo
meglio
di
come
parlo
,
e
quanto
a
materiale
linguistico
appartengo
alla
classe
dei
meno
abbienti
,
come
si
diceva
ieri
sera
.
Ma
odio
i
luoghi
comuni
.
Di
questo
stupirai
.
Ma
non
dovresti
stupire
.
C
'
è
dei
poveri
diavoli
che
hanno
per
istinto
gusti
e
tendenze
di
gran
signori
.
Tu
hai
capito
ch
'
io
intendo
parlare
di
quel
gran
numero
di
vocaboli
e
traslati
triti
e
di
frasi
fatte
,
che
ricorrono
continuamente
nei
giornali
,
nelle
conversazioni
,
nei
discorsi
parlamentari
,
necrologici
,
inaugurali
e
convivali
,
e
anche
nelle
lettere
private
dei
nostri
concittadini
.
Ebbene
,
queste
parole
e
frasi
mi
son
venute
in
ira
a
tal
punto
che
ogni
volta
che
me
ne
cade
una
sotto
gli
occhi
o
m
'
arriva
all
'
orecchio
,
mi
dà
il
senso
come
d
'
una
botta
nel
gomito
o
d
'
un
urtone
nel
petto
.
È
irragionevole
;
ma
preferisco
a
un
luogo
comune
uno
sproposito
,
e
quasi
quasi
un
'
impertinenza
.
Dipende
dai
nervi
,
mio
caro
.
Sì
,
tutte
queste
maniere
viete
che
tutti
usano
,
anche
nel
linguaggio
famigliare
(
per
iscansare
altre
maniere
più
semplici
,
le
quali
paion
volgari
perché
son
semplici
)
,
come
tributare
elogi
,
rendere
omaggio
,
prodigar
carezze
,
largire
favori
,
esser
largo
di
cure
,
dar
lustro
al
paese
e
a
sé
stesso
,
dare
ospitalità
a
un
articolo
,
render
sentite
azioni
di
grazie
(
questa
mi
fa
fremere
)
,
poggiare
a
un
'
altezza
(
ci
s
'
aggiunge
spesso
,
per
vezzo
,
non
comune
)
;
e
tutte
quell
'
altre
perifrasi
muffite
,
come
l
'
elemento
divoratore
,
per
il
fuoco
,
e
la
malattia
che
non
perdona
,
per
la
tisi
,
e
il
lenocinio
della
forma
,
e
le
veneri
dello
stile
,
e
l
'
aureola
della
pubblica
stima
,
e
la
carità
del
loco
natìo
,
e
le
nubi
che
offuscano
ogni
specie
d
'
orizzonti
metaforici
,
e
i
guiderdoni
e
gli
usberghi
e
i
Palladii
e
i
fior
fiore
della
cittadinanza
,
son
diventati
l
'
afflizione
della
mia
vita
.
Ma
come
mai
chi
le
rimastica
non
ci
sente
il
rancidume
che
ammorba
la
bocca
e
vince
lo
stomaco
?
È
una
smania
universale
di
fuggir
la
parola
ovvia
come
un
malanno
.
Vedi
se
c
'
è
uno
su
cento
dei
necrologisti
quotidiani
che
si
contenti
di
dire
che
un
galantuomo
è
morto
!
Ha
esalato
l
'
ultimo
respiro
,
ha
reso
l
'
anima
,
è
uscito
di
vita
,
è
mancato
ai
vivi
,
ha
cessato
di
vivere
,
ha
chiuso
gli
occhi
,
si
è
estinto
,
si
è
spento
;
ma
non
è
morto
.
La
stessa
parola
morte
,
così
solenne
,
e
che
al
nostro
cuore
par
che
suoni
sempre
per
la
prima
volta
,
è
giudicata
ignobile
:
si
dice
dipartita
,
decesso
,
la
fine
.
Confessato
e
comunicato
è
troppo
comune
:
si
dice
munito
dei
conforti
religiosi
.
Bella
quella
munizione
di
conforti
!
E
quando
si
metterà
a
riposo
quella
decrepita
Parca
col
suo
putrefatto
inesorabile
?
E
quando
si
finirà
di
profondere
la
larga
eredità
d
'
affetti
?
Ah
,
chi
l
'
ha
detta
per
il
primo
si
può
ben
vantare
di
non
aver
seminato
nella
sabbia
!
E
quell
'
insopportabile
intelletto
d
'
amore
,
di
cui
si
fa
toppe
da
scarpe
,
tanto
da
scrivere
che
è
fatto
con
intelletto
d
'
amore
anche
un
quadro
statistico
dell
'
esportazione
dei
formaggi
?
E
quella
inevitabile
traccia
onorata
di
sé
,
che
si
lascia
dietro
ogni
scalzacane
?
E
quella
misteriosa
eloquenza
di
cui
Tizio
soltanto
possiede
il
segreto
,
come
d
'
uno
specifico
farmaceutico
?
E
quella
maledetta
ostinazione
a
non
voler
mai
dire
che
una
riunione
fu
allegra
,
cordiale
,
triste
,
per
mettere
invece
lo
scettro
in
mano
all
'
allegria
,
alla
cordialità
,
alla
tristezza
,
e
farla
regnare
?
E
quell
'
eterna
banda
musicale
che
rallegra
tutti
i
banchetti
coi
lieti
concenti
?
E
quel
sempiterno
brillare
per
la
loro
assenza
delle
Autorità
e
degl
'
invitati
che
mancano
?
Il
contagio
di
queste
affettazioni
obbligatorie
,
e
dei
vezzi
latini
in
ispecie
,
è
penetrato
fin
dove
la
luce
del
gas
non
è
giunta
ancora
.
Vedi
nelle
corrispondenze
mandate
ai
giornali
fin
dai
più
piccoli
villaggi
.
I
matrimoni
,
i
funerali
,
le
rappresentazioni
teatrali
,
le
deliberazioni
del
municipio
(
espressioni
troppo
comuni
)
sono
annunziate
come
nuptialia
,
funeralia
,
theatralia
,
municipalia
:
che
spocchia
!
Dire
:
nel
consiglio
comunale
?
Miserie
!
In
seno
al
consiglio
.
Il
più
vecchio
dei
Consiglieri
,
o
di
qualunque
adunanza
,
è
sempre
il
Nestore
:
il
paese
è
pieno
di
Nestori
.
E
quando
si
seppellisce
un
cristiano
,
gli
si
augura
leggiera
la
terra
:
una
leggerezza
diventata
più
pesante
del
monolito
di
Pianezza
.
E
a
proposito
di
villaggi
,
non
immagini
la
stizza
che
mi
fa
quel
popolo
Ebreo
esulante
dall
'
Egitto
,
tirato
sempre
in
ballo
nell
'
autunno
per
dire
che
i
villeggianti
se
ne
vanno
:
l
'
esodo
dei
villeggianti
!
Non
c
'
è
che
un
'
altra
eleganza
che
mi
dia
ai
nervi
a
egual
punto
,
ed
è
il
senza
por
tempo
in
mezzo
o
in
men
che
non
si
dica
,
o
con
la
rapidità
del
fulmine
,
che
intoppo
a
ogni
passo
.
Ma
che
Dio
vi
benedica
con
una
pertica
,
se
volete
dire
che
un
tale
ha
fatto
una
cosa
in
un
lampo
,
imitatelo
,
ditela
alla
più
lesta
possibile
,
per
rendere
la
rapidità
dell
'
azione
,
con
una
sola
parola
,
e
non
con
una
filastrocca
.
Ma
no
,
c
'
è
un
altro
luogo
comune
che
detesto
più
di
quanti
n
'
ho
citati
,
ed
è
la
moglie
di
Cesare
che
non
dev
'
essere
sospettata
.
Chi
ci
libererà
una
volta
da
questa
signora
,
Dei
superiori
!
E
siamo
anche
a
questa
,
in
fine
:
che
non
si
possa
più
dire
nei
giornali
,
né
in
Parlamento
,
né
dove
diamine
tu
voglia
,
che
c
'
è
del
marcio
in
una
banca
,
in
un
ministero
,
in
una
classe
sociale
,
o
anche
in
una
cesta
di
cavoli
,
senza
tirarvi
per
i
capelli
Amleto
e
la
Danimarca
?
Io
c
'
inverdisco
,
parola
d
'
onore
.
Flagella
dunque
gagliardamente
i
luoghi
comuni
.
Per
me
sono
uno
dei
primi
segni
che
servono
a
distinguere
gli
scrittori
veri
dagli
scrittori
di
dozzina
.
Io
che
,
non
per
finezza
d
'
educazione
letteraria
,
ma
per
istinto
,
ne
sento
il
puzzo
un
miglio
lontano
,
non
ne
trovai
uno
solo
nel
Manzoni
,
nel
Leopardi
,
nel
Carducci
,
in
nessuno
dei
grandi
maestri
.
Mostrali
ai
ragazzi
studiosi
per
quello
che
sono
:
germi
d
'
infezione
;
perché
,
non
badandovi
,
essi
s
'
avvezzano
a
usarli
,
e
se
ne
fanno
una
provvista
,
e
questa
,
ingrossando
a
poco
a
poco
,
finisce
con
soffocare
in
loro
il
sentimento
della
semplicità
,
e
anche
,
se
l
'
hanno
,
la
dote
rara
dell
'
originalità
della
forma
.
Flagella
senza
misericordia
.
Ti
parrò
troppo
inviperito
.
Ma
è
perché
,
pure
abbominando
il
luogo
comune
,
di
tanto
in
tanto
,
alla
sbarra
,
me
ne
lascio
scappare
qualcuno
;
non
serve
ch
'
io
stia
in
guardia
;
è
come
un
influsso
dell
'
aria
,
al
quale
è
forza
ch
'
io
soggiaccia
.
Ah
,
vedi
che
ci
son
cascato
!
È
forza
ch
'
io
soggiaccia
!
Disgraziato
!
Me
ne
vergogno
,
mi
schiaffeggio
,
e
ti
saluto
.
IL
TUO
AVVOCATO
.
"
GLI
ARDIRI
"
.
Confessioni
d
'
uno
scrittore
pusillanime
a
uno
senza
paura
.
Il
dialogo
segue
in
casa
del
primo
,
di
nome
Leone
,
che
sta
seduto
allo
scrittoio
,
coperto
di
fogli
.
L
'
altro
,
Rompicollo
di
pseudonimo
,
gli
siede
di
faccia
.
Età
dei
due
personaggi
:
vicini
al
pendìo
dove
l
'
età
precipita
.
LEONE
(
che
ha
finito
di
leggere
un
manoscritto
)
.
-
Che
te
ne
pare
?
Sii
sincero
.
ROMPICOLLO
.
-
Sincerissimo
.
La
narrazione
è
ordinata
,
lucida
,
scritta
bene
come
tutto
quello
che
tu
scrivi
.
Ma
c
'
è
il
difetto
che
è
in
tutti
i
tuoi
scritti
.
Ci
manca
una
bella
qualità
,
una
sola
.
L
.
-
Tira
il
colpo
.
R
.
-
Mettiti
in
guardia
.
Si
può
riferire
a
te
il
giudizio
che
diede
un
editore
illustre
sul
modo
di
scrivere
d
'
un
romanziere
che
tu
conosci
:
-
Scrive
da
maestro
;
ma
....
non
c
'
è
caso
di
vedergli
una
volta
la
cravatta
per
traverso
.
L
.
-
Spiègati
meglio
.
R
.
-
Per
spiegarmi
meglio
,
bisogna
che
te
la
faccia
un
po
'
lunga
.
L
.
-
Purchè
tu
la
faccia
di
corsa
.
R
.
-
Mi
rifaccio
a
ottant
'
anni
addietro
,
quando
già
un
grande
maestro
osservava
che
negli
scrittori
del
suo
tempo
la
lingua
italiana
s
'
andava
geometrizzando
,
riducendo
al
linguaggio
magro
e
asciutto
della
ragione
e
delle
scienze
che
si
chiamano
esatte
,
con
grave
pericolo
di
cadere
nella
timidità
,
povertà
,
impotenza
,
regolarità
eccessiva
,
ch
'
egli
rimproverava
alla
lingua
francese
dell
'
età
sua
.
Egli
voleva
dire
che
s
'
andava
perdendo
l
'
uso
di
quella
libertà
,
di
quei
tanti
idiotismi
e
irregolarità
felicissime
,
di
quelle
tante
licenze
,
o
ardiri
,
per
servirmi
d
'
una
sua
parola
,
nei
quali
consistevano
principalmente
"
la
facilità
,
la
varietà
,
la
volubilità
,
la
pieghevolezza
,
la
forza
insomma
e
la
bellezza
,
il
genio
e
il
gusto
della
lingua
italiana
.
"
Gli
ardiri
,
capisci
!
Li
definisce
bene
anche
il
Padre
Cesari
dove
dice
che
i
nostri
antichi
scrittori
non
procedevano
sempre
a
passi
di
stretto
costrutto
grammaticale
,
che
alcune
cose
,
scrivendo
,
lasciavano
da
mettercele
i
leggitori
,
che
prendevano
spesso
un
giro
o
legamento
che
usciva
dal
comune
,
che
s
'
allargavano
fuori
della
via
trita
,
tenendo
l
'
occhio
più
alla
sentenza
che
alla
costruzione
delle
parole
.
C
'
erano
insomma
nella
loro
lingua
(
tanto
lontana
per
questo
dal
cader
nell
'
arido
e
nel
matematico
)
scorci
,
ellissi
,
annodature
e
snodature
,
travolgimenti
di
costrutto
,
ogni
specie
d
'
idiotismi
efficaci
e
di
belle
licenze
,
che
le
davano
una
naturalezza
e
un
vigore
ammirabile
;
c
'
era
una
franchezza
,
un
far
da
padroni
,
un
coraggio
....
L
.
-
Che
io
non
ho
.
R
.
-
Hai
voluto
la
sincerità
.
La
maggior
parte
di
quelle
licenze
o
ardiri
,
consacrati
dall
'
uso
dei
classici
,
d
'
errori
che
erano
a
rigor
di
grammatica
,
son
diventati
bellezze
.
Vezzi
e
grazie
,
dice
il
Cesari
.
Ma
sono
anche
concisione
e
forza
.
Ebbene
,
tu
non
te
ne
servi
mai
.
Ma
non
tu
solo
:
pochissimi
se
ne
servono
,
e
con
parsimonia
paurosa
,
anche
fra
gli
scrittori
toscani
.
Scriviamo
tutti
col
compasso
e
con
le
seste
.
E
scrivendo
così
,
disconosciamo
,
offendiamo
la
natura
della
nostra
lingua
.
Tu
m
'
intendi
.
Le
lingue
,
ha
detto
un
grande
scrittore
francese
,
sono
somiglianti
ad
antiche
foreste
,
dove
le
parole
e
le
frasi
vennero
su
come
vollero
o
come
poterono
.
Ce
n
'
è
di
bizzarre
e
anche
di
mostruose
;
ma
formano
tutt
'
insieme
,
riunite
nel
discorso
,
armonie
bellissime
;
ed
è
da
barbari
e
da
insensati
il
potarle
come
i
tigli
dei
passeggi
pubblici
.
La
lingua
,
aggiunge
lo
stesso
scrittore
,
esce
da
un
fondo
popolare
:
è
piena
d
'
ignoranze
,
d
'
errori
,
di
capricci
,
e
le
sue
più
grandi
bellezze
sono
ingenue
....
Perché
mi
fai
quel
risolino
ironico
?
L
.
(
buttando
il
manoscritto
con
dispetto
)
.
-
Perché
t
'
affanni
a
sfondare
una
porta
aperta
,
figliuol
mio
.
(
Balzando
in
piedi
)
.
Ah
,
tu
non
sai
che
tasto
ingrato
mi
tocchi
!
Ma
io
sono
più
persuaso
di
te
della
verità
di
quanto
mi
dici
.
Ma
io
sento
e
riconosco
meglio
di
te
quello
che
mi
manca
,
e
questo
appunto
è
il
tormento
della
mia
vita
.
Ma
delle
belle
licenze
,
dei
solecismi
efficaci
,
degli
ardimenti
felici
,
che
tu
mi
decanti
,
io
ho
fatto
nei
nostri
scrittori
uno
studio
amoroso
e
paziente
come
nessuno
l
'
ha
fatto
mai
,
e
te
lo
posso
far
toccare
con
mano
...
R
.
-
E
allora
...
perché
non
ti
si
vede
mai
la
cravatta
per
traverso
?
L
.
(
lasciandosi
ricader
sulla
seggiola
e
con
accento
sconsolato
)
.
-
Perché
sono
un
vigliacco
.
R
.
(
ridendo
)
.
-
Eh
via
,
amico
;
non
ti
calunniare
.
L
.
(
con
un
movimento
impetuoso
apre
un
cassetto
,
e
ne
tira
fuori
e
sbatte
sul
tavolino
un
grosso
scartafaccio
)
.
-
Vedi
se
ti
dico
la
verità
.
Qui
ci
sono
esempi
cavati
da
scrittori
di
tutti
i
secoli
,
dai
trecentisti
ai
contemporanei
,
dal
Villani
al
Machiavelli
,
dal
Machiavelli
al
Bartoli
,
dal
Bartoli
a
Gino
Capponi
...
Guarda
,
sfoglia
;
questa
è
la
prova
della
mia
vigliaccheria
.
R
.
-
Ma
è
una
raccolta
preziosa
.
Io
non
ho
mai
pensato
a
farla
.
Te
l
'
invidio
.
Tu
me
la
devi
far
leggere
.
L
.
-
E
vedi
se
l
'
ho
fatta
con
amore
.
Ho
diviso
e
ordinato
gli
esempi
:
esempi
dell
'
uso
di
certe
preposizioni
,
di
certi
pronomi
,
di
certi
avverbi
,
di
certi
costrutti
.
Ah
,
tu
credevi
ch
'
io
fossi
compassato
e
geometrico
per
non
sapere
come
si
violano
bellamente
le
buone
regole
!
Ma
io
sento
la
bellezza
delle
licenze
classiche
quant
'
altri
mai
al
mondo
,
e
n
'
ho
a
mia
disposizione
un
magazzino
.
Solo
ch
'
esse
ci
stanno
come
le
monete
d
'
oro
nella
cassa
forte
d
'
un
avaro
fradicio
.
Io
non
le
spendo
per
vigliaccheria
.
Vedi
qui
,
soltanto
intorno
all
'
uso
del
che
,
quante
n
'
ho
ammucchiate
...
R
.
-
Leggi
,
te
ne
prego
.
Sono
curiosissimo
.
L
.
-
Quel
che
,
che
è
la
mia
tortura
e
la
mia
vergogna
!
Ti
voglio
svelare
tutta
la
mia
dappocaggine
.
Vedi
qui
il
Villani
:
-
Una
cosa
ebbero
i
rettori
di
quello
(
del
popolo
di
Firenze
)
,
CHE
furono
molto
leali
e
diritti
a
comune
.
-
Vuoi
credere
ch
'
io
non
sarei
da
tanto
d
'
usare
il
che
in
quella
maniera
,
che
mi
parrebbe
temerario
?
Che
ne
dici
?
E
quest
'
altro
esempio
del
Sacchetti
:
-
E
pone
questa
sua
pultiglia
a
mensa
,
CHE
non
è
porco
in
terra
di
Roma
che
n
'
avesse
mangiato
.
-
E
neanche
quest
'
altro
che
io
m
'
arrischierei
ad
usare
.
-
Udite
le
mie
parole
,
e
non
le
abbiate
a
schifo
per
la
nostra
etade
,
CHE
siamo
giovani
.
-
E
anche
questo
che
,
che
sta
lì
a
maraviglia
,
mo
lo
rimangerei
.
-
E
uscì
di
Parigi
,
e
cavalcò
tante
giornate
ch
'
egli
giunse
a
Narbona
,
CHE
sono
cento
venti
leghe
.
-
E
io
,
cane
,
scriverei
:
-
che
è
distante
da
Parigi
cento
venti
leghe
.
-
E
campò
da
quel
morbo
,
CHE
non
ne
campò
uno
sul
centinaio
.
-
E
vorrei
che
fosse
qualche
uccello
nuovo
,
CHE
non
se
ne
trovano
molti
per
l
'
altre
genti
,
come
sono
fanelli
e
calderelle
.
-
Come
scriverei
io
,
per
non
usar
quei
due
che
,
non
ho
la
faccia
di
dirtelo
.
Questo
del
Machiavelli
:
-
Perché
dai
Tarquini
ai
Gracchi
,
CHE
furono
più
di
trecent
'
anni
.
-
Io
avrei
scritto
un
orrore
:
-
fra
i
quali
e
i
primi
corsero
più
di
trecent
'
anni
-
,
o
forse
peggio
.
-
Mi
pasco
di
quel
cibo
che
solum
è
mio
,
e
CHE
io
nacqui
per
lui
.
-
Un
anacoluto
bellissimo
,
non
è
vero
?
E
io
non
lo
scriverei
neppure
sotto
il
bastone
.
E
vado
innanzi
,
senza
citar
gli
autori
:
-
Diedegli
un
colpo
in
su
l
'
elmo
,
CHE
tutto
il
grifone
d
'
ariento
andò
per
terra
.
-
Io
ci
avrei
premesso
un
tale
o
un
così
forte
,
per
salvar
l
'
onore
.
-
Un
teatro
CHE
non
ci
toccava
d
'
entrarvi
che
cinque
o
sei
volte
in
tutto
il
carnevale
...
-
Cosa
CHE
me
ne
dispiace
anche
adesso
.
-
Per
bisogno
di
danari
arrandellò
quella
villa
,
CHE
avrebbe
potuto
pigliarci
il
doppio
.
-
Epopea
e
storia
sono
due
termini
CHE
l
'
uno
ammazza
l
'
altro
.
-
Il
magnanimo
fa
le
grandi
cose
con
l
'
agevolezza
CHE
il
comune
degli
uomini
fa
le
cose
comuni
...
Io
,
vile
,
avrei
usato
in
quest
'
ultimo
caso
un
vile
con
la
quale
,
e
commesso
altre
piccole
viltà
compagne
nei
casi
precedenti
...
R
.
-
O
perché
mai
,
se
di
quei
modi
senti
l
'
efficacia
,
e
sai
che
sono
legittimati
dagli
scrittori
?
L
.
-
Te
lo
dirò
poi
.
Senti
sull
'
uso
dell
'
avverbio
dove
,
che
è
un
'
altra
mia
afflizione
,
perché
lo
saprei
usar
bene
,
e
vi
sostituisco
ogni
specie
di
locuzioni
odiose
.
-
Con
questi
m
'
ingaglioffo
...
-
Hai
già
ricosciuto
messer
Niccolò
,
non
è
vero
?
-
Con
questi
m
'
ingaglioffo
per
tutto
il
dì
,
giuocando
a
cricca
,
a
trictrac
,
DOVE
nascono
mille
contese
.
-
In
questo
caso
è
DOVE
si
riconosce
la
virtù
dell
'
edificatore
.
-
In
queste
cose
bisogna
esser
cauto
,
ma
DOVE
ne
va
'
l
capo
,
cautissimo
.
-
Vollero
farli
malgrado
loro
santi
,
DOVE
non
era
poco
che
fossero
cristiani
.
-
Accanto
a
DOVE
ora
è
San
Francesco
di
Paola
.
-
Si
fecero
molte
ricerche
a
Meda
,
DI
DOV
'
era
la
conversa
.
-
Io
sarei
capace
di
scrivere
:
-
che
era
il
paese
nativo
della
conversa
.
-
Non
uno
dei
dove
citati
avrei
l
'
animo
d
'
usare
in
quella
maniera
.
Che
te
ne
pare
?
Andiamo
innanzi
.
Ti
secco
?
R
.
-
Ma
no
;
sèguita
,
che
mi
ci
godo
.
L
.
-
Sull
'
uso
della
preposizione
da
.
Vedrai
se
io
so
a
quante
belle
locuzioni
abbreviative
e
svelte
si
può
far
servire
.
-
Fin
DA
abatonzolo
(
da
quando
era
abatonzolo
)
il
fatto
suo
era
uno
spasso
.
-
Quello
non
è
luogo
DA
andarvi
di
notte
.
-
La
passione
il
fe
'
dare
in
falli
DA
non
inciamparvi
altro
che
un
cieco
.
-
Gli
dia
un
tema
tale
che
i
due
vocaboli
cadano
DA
dover
adoperare
.
-
Le
son
cose
queste
DA
farle
e
DA
lodarle
le
donne
della
santa
nazione
;
ma
noi
...
-
Il
penultimo
esempio
è
del
Tommaseo
,
l
'
ultimo
del
Carducci
.
Io
farei
il
viso
rosso
,
vedi
,
se
dovessi
dirti
il
giro
ignobile
di
parole
che
avrei
fatto
per
esprimere
l
'
uno
e
l
'
altro
pensiero
!
R
.
-
Ma
perche
,
in
nome
di
Dio
?
L
.
-
E
riguardo
all
'
uso
del
se
,
senti
che
ellissi
efficaci
,
che
scorci
d
'
espressione
io
rifiuto
per
codardìa
.
-
Brancolando
con
le
mani
,
SE
a
cosa
nessuna
si
potesse
appigliare
.
-
Il
desiderio
che
questi
signori
Medici
mi
cominciassero
adoperare
,
SE
(
quand
'
anche
)
dovessero
cominciare
a
farmi
voltolare
un
sasso
.
-
Erano
saliti
sui
tetti
,
SE
di
là
potessero
veder
la
cassa
,
il
corteggio
,
qualche
cosa
.
-
Sei
persuaso
che
non
mi
mancherebbe
l
'
arte
,
se
non
mi
mancasse
il
fegato
?
R
.
-
Ma
dunque
!
L
.
-
Ma
aspetta
.
Io
ti
voglio
ben
persuadere
che
so
,
e
che
soltanto
per
poltroneria
,
non
per
ignoranza
,
scrivo
come
un
tanghero
.
Mi
voglio
schiaffeggiar
con
le
mie
mani
quanto
merito
.
Passo
all
'
uso
dell
'
infinito
.
Ecco
del
Sacchetti
:
-
Il
lupo
entrava
domesticamente
nelle
case
,
senza
far
male
a
persona
,
e
senza
ESSERNE
fatto
a
lui
.
-
O
nobile
duca
,
dov
'
è
la
tua
saviezza
A
SEDERE
dove
tu
non
dèi
per
dignità
di
re
?
-
Tu
devi
essere
un
ladroncello
A
ENTRARE
per
le
case
altrui
.
-
E
se
alcuno
dicesse
(
è
Niccolò
da
capo
)
-
:
i
modi
erano
straordinari
,
e
quasi
efferati
:
VEDERE
il
popolo
insieme
gridare
contro
il
Senato
,
il
Senato
contro
il
popolo
,
CORRERE
tumultuosamente
per
le
strade
,
PARTIRSI
tutta
la
plebe
da
Roma
ecc
.
,
dico
come
ogni
città
...
-
Com
'
è
detto
bene
!
E
io
non
direi
così
per
un
biglietto
da
mille
.
-
Venendo
alla
seconda
inginocchiazione
,
la
fatica
della
prima
aggiungendosi
alla
seconda
,
e
VOLERE
far
presto
e
non
POTERE
,
(
bellissimo
!
)
lo
costrinse
a
far
sì
,
che
la
parte
di
sotto
si
fe
'
sentire
.
-
Ed
ecco
il
saluto
che
meriterebbero
da
chi
legge
gli
scrittori
poltroni
del
mio
stampo
.
R
.
-
Ma
le
ragioni
della
poltroneria
!
L
.
-
E
quelle
proposizioni
incidenti
,
interpolate
fra
gli
elementi
d
'
un
'
altra
,
quasi
indipendenti
,
e
per
così
dir
sospese
nel
periodo
,
che
imitano
così
bene
il
linguaggio
parlato
,
e
dànno
al
discorso
un
andamento
così
disinvolto
e
spigliato
,
un
così
bel
colore
di
naturalezza
....
R
.
-
Giusto
;
qui
t
'
aspettavo
:
sono
la
mia
predilezione
.
Vediamo
se
n
'
hai
qualcuna
della
mia
raccolta
.
L
.
-
Ce
n
'
ho
un
cassone
.
-
Per
mia
fè
,
che
CHI
MI
DONASSE
L
'
ORO
DEL
MONDO
,
non
t
'
offenderei
.
-
Come
pienamente
si
legge
per
Lucano
poeta
,
CHI
LE
STORIE
VORRÀ
CERCARE
.
-
Il
Chiodo
è
un
chirurgo
che
,
CHI
LO
PAGA
BENE
,
tien
segreti
gli
ammalati
.
-
E
se
tira
vento
,
t
'
acceca
,
poichè
non
può
stare
se
non
intinge
ogni
momento
le
cinque
dita
in
una
gran
tabacchiera
,
E
SU
SU
,
E
QUEL
CHE
NON
C
'
ENTRA
SEMINA
,
movendo
i
polpastrelli
aggruppati
.
R
.
-
È
detto
con
un
garbo
ammirabile
.
E
tu
non
useresti
nemmeno
codeste
forme
di
sintassi
,
che
tutti
usano
?
L
.
-
No
,
ch
'
io
sia
dannato
!
Nemmen
queste
.
E
tutti
quegli
altri
modi
semplici
e
ingenui
,
tolti
dal
linguaggio
famigliare
,
di
legare
un
pensiero
ad
un
altro
,
e
d
'
accozzar
l
'
uno
all
'
altro
senza
legame
,
che
sono
una
bellezza
!
Per
esempio
:
-
Il
quale
manifesta
agli
uomini
certe
cose
che
non
sanno
,
ED
EGLI
LE
SA
.
-
Questi
piani
,
che
sono
in
mezzo
di
queste
montagne
,
sono
spazzati
e
puliti
come
la
palma
della
mano
,
E
TUTTO
QUESTO
FA
IL
VENTO
.
-
Venendo
San
Francesco
a
Santa
Maria
degli
Angeli
con
frate
Leone
a
tempo
di
verno
,
E
IL
FREDDO
GRANDISSIMO
FORTEMENTE
IL
CRUCCIAVA
....
E
il
grande
verso
di
Dante
:
Vedi
che
non
rincresce
a
me
,
E
ARDO
.
Sostituiamo
all
'
e
un
che
,
come
avrei
fatto
io
,
vigliacco
,
e
facciamo
un
verso
mediocre
e
floscio
d
'
un
verso
che
fa
fremere
:
non
è
vero
?
Ah
,
tu
credevi
ch
'
io
scrivessi
come
scrivo
per
ignoranza
!
Per
esempio
,
ci
ho
un
tesoro
di
modi
ellittici
preziosi
,
che
tengo
a
muffire
.
-
Ora
perché
si
sappia
come
morì
,
UDII
DIRE
a
mio
padre
che
gli
venne
voglia
d
'
andare
alla
stufa
....
-
Com
'
è
garbata
l
'
omissione
del
dirò
che
,
ch
'
io
mi
sarei
ben
guardato
dall
'
omettere
!
-
E
avendo
dato
a
questo
suo
figliuolo
certe
carte
,
E
CHE
ANDASSE
INNANZI
CON
ESSE
,
e
aspettasselo
da
lato
della
badìa
di
Firenze
....
-
Disse
:
i
nemici
esser
oltre
numero
molti
:
quaranta
che
essi
erano
,
non
far
corpo
da
sostener
contro
a
tanti
,
E
I
PAESANI
DA
NON
FIDARSENE
IN
TALE
ESTREMO
.
-
Per
dir
questo
io
avrei
fabbricato
un
periodaccio
doppio
.
-
Confortate
la
donna
E
ELLA
VOI
.
-
Io
c
'
avrei
rificcato
un
conforti
.
Io
rispetto
bassamente
tutte
le
concordanze
,
io
bacio
la
terra
purchè
sia
sempre
in
perfetta
corrispondenza
il
soggetto
col
verbo
,
e
rovini
il
mondo
!
Vedi
,
per
me
è
una
bellezza
la
frase
:
-
In
questo
,
I
SIGNORI
CHI
ANDAVA
IN
QUA
E
IN
LÀ
,
E
CHI
'
NSÙ
E
CHI
'
NGIÙ
,
e
il
restante
,
chi
si
nascose
in
un
luogo
,
chi
in
un
altro
;
-
e
quest
'
altra
:
-
dubbiosi
,
mutoli
,
attratti
,
ciechi
ed
OGNI
ALTRA
INFERMITÀ
VENNERO
dal
re
-
;
ma
(
scrollando
il
capo
,
con
un
sorriso
ironico
)
mi
farei
levar
la
pelle
prima
di
metter
sulla
carta
quelle
bellezze
.
So
bene
che
"
una
parte
della
Grammatica
è
costituita
dalla
somma
degl
'
idiotismi
d
'
una
lingua
,
diventati
un
fatto
"
,
so
che
"
la
scienza
della
lingua
consiste
nel
sapere
e
l
'
arte
dello
scrivere
nell
'
adoperare
quelle
variazioni
idiomatiche
"
che
sono
innumerevoli
,
e
tutte
opportunamente
usabili
,
anche
quelle
di
cui
non
c
'
è
esempio
negli
scrittori
;
so
tutto
questo
....
e
scrivo
come
scrivo
!
R
:
-
Ma
me
lo
dici
una
volta
di
che
,
di
chi
,
per
che
ragione
hai
paura
!
L
.
(
scoppiando
)
.
-
Ho
paura
dell
'
ignoranza
del
maggior
numero
,
ho
paura
della
pedanteria
degli
asini
,
ho
paura
di
Giuseppe
Prudhomme
!
Ecco
di
che
ho
paura
.
R
.
-
Di
Giuseppe
Prudhomme
?
Ah
,
capisco
finalmente
!
L
.
-
Sì
.
Tu
conosci
il
Prudhomme
,
quel
personaggio
maraviglioso
in
cui
Enrico
Monnier
ha
rappresentato
la
scioccheria
,
l
'
ignoranza
saccente
,
la
meschinità
e
la
pecoraggine
intellettuale
,
inconsapevole
e
presuntuosa
di
una
grande
famiglia
d
'
esseri
,
non
soltanto
della
sua
Francia
,
ma
d
'
ogni
paese
del
mondo
.
Ebbene
,
io
,
nello
scrivere
,
ho
paura
del
Prudhomme
italiano
,
e
della
signora
Prudhomme
,
e
dei
suoi
figliuoli
e
delle
sue
figliuole
,
e
di
tutti
i
suoi
congiunti
ed
amici
,
e
di
tutti
coloro
che
poco
o
molto
rassomigliano
a
lui
.
Quando
sto
per
mettere
sul
foglio
uno
di
quei
tanti
modi
che
abbiamo
visti
,
e
degli
altri
moltissimi
,
che
ho
notati
,
mi
si
leva
davanti
tutta
quella
gente
,
li
vedo
col
mio
libro
o
col
mio
articolo
fra
le
mani
,
e
li
sento
esclamare
:
-
Oh
che
ciuco
!
Ma
che
italiano
è
questo
?
Ma
costui
non
sa
la
grammatica
!
-
perché
tutte
quelle
licenze
e
arditezze
che
per
te
e
per
me
sono
bellezza
e
forza
della
lingua
,
per
il
Prudhomme
e
per
i
suoi
simili
sono
offese
alla
grammatica
,
alla
logica
,
al
senso
comune
;
poichè
Prudhomme
,
liberale
in
politica
,
è
in
letteratura
un
tiranno
superbo
e
stupido
,
che
sputa
sull
'
idiotismo
,
e
calpesta
ogni
libertà
di
parola
.
È
il
suo
fantasma
che
mi
fa
geometrizzare
la
lingua
:
io
faccio
l
'
asino
per
paura
degli
asini
.
Sono
di
coloro
,
di
cui
dice
il
Carducci
che
,
per
scrivere
,
si
mettono
i
guanti
,
per
parer
gentiluomini
ai
borghesucci
.
Se
non
che
egli
parla
di
chi
ha
le
mani
grosse
e
nocchiute
,
piene
di
porri
,
di
verruche
e
di
schianze
,
che
i
guanti
non
bastano
a
mascherare
.
Ed
io
no
:
io
avrei
una
mano
ben
fatta
,
leggera
,
una
mano
da
signore
;
e
sono
i
guanti
che
me
la
sformano
:
i
grossi
guanti
grammaticali
,
tutti
sgonfi
e
grinze
e
frinzelli
.
E
dire
che
m
'
inguanto
per
il
Prudhomme
!
Che
abbominio
!
R
.
-
Eh
via
,
tu
esageri
.
Il
Prudhomme
è
una
testa
piccola
;
ma
non
un
cretino
addirittura
.
Mi
pare
che
tu
lo
calunni
per
iscusarti
.
L
.
-
E
tu
lo
difendi
per
farmi
coraggio
,
capisco
.
Ma
fors
'
anche
non
lo
conosci
quanto
me
.
Io
non
lo
conosco
soltanto
per
i
giudizi
suoi
che
mondo
ripete
;
ma
anche
per
esperimento
diretto
che
feci
di
lui
in
varie
occasioni
.
Ecco
qua
un
foglio
col
quale
lo
misi
alla
prova
.
Son
tutti
periodi
,
frasi
di
scrittori
magistrali
,
che
sottoposi
al
suo
giudizio
,
dandoglieli
per
roba
di
sconosciuti
;
di
quei
costrutti
,
frequentissimi
negli
scrittori
classici
,
dei
quali
noi
ammiriamo
la
naturalezza
e
l
'
efficacia
.
-
E
tutte
quelle
cose
delle
quali
non
è
ragione
naturale
perché
così
debba
essere
o
intervenire
,
non
si
debbono
osservare
né
credere
.
-
Ma
che
pasticcio
è
questo
?
-
domandò
il
Prudhomrne
.
-
Costui
non
deve
aver
fatto
le
elementari
!
-
Questo
Castruccio
,
guerreggiando
,
e
dando
assai
che
fare
ai
Francesi
,
fra
le
altre
nobili
cose
che
fece
fu
questa
.
-
Oh
che
bella
sintassi
!
-
esclamò
il
Prudhomme
.
-
Rilegga
un
po
'
,
tanto
per
ridere
.
-
Perché
il
Prudhomme
,
lo
devi
sapere
,
va
in
estasi
davanti
alle
inversioni
latine
più
forzate
e
contorte
,
che
gli
paiono
eleganze
aristocratiche
;
ma
a
quelle
naturali
e
necessarie
alla
lingua
viva
,
che
sono
,
come
dice
un
filologo
,
una
parte
di
stile
diventato
lingua
,
arriccia
il
naso
come
a
volgarità
di
scrittori
incolti
.
E
senti
quest
'
altre
,
che
sono
anche
più
amene
.
-
Io
so
che
la
cagione
che
tanta
moltitudine
è
qui
,
è
solo
per
udire
quello
che
più
volte
v
'
ho
detto
.
-
A
questa
il
Prudhomme
fece
una
risata
.
-
Non
c
'
è
materia
da
farne
proverbio
,
i
quali
generalmente
si
fondano
sulla
ragione
e
sull
'
esperienza
.
-
Proverbio
,
i
quali
-
disse
-
;
e
chi
è
questo
pazzo
?
-
Era
scritto
che
egli
portato
su
dai
tumulti
di
Livorno
,
un
tumulto
di
Livornesi
dovesse
farlo
precipitare
.
-
Commento
:
-
Che
egli
....
lo
dovesse
....
Una
grammatica
da
serve
.
-
I
dodici
capitani
del
Cairo
è
come
se
tu
dicessi
i
dodici
capitani
di
guerra
.
-
I
dodici
capitani
è
....
E
chi
è
quest
'
asino
?
-
È
Daniello
Bartoli
,
-
risposi
.
R
.
-
Codesta
è
incredibile
.
L
.
-
Ma
vera
.
Te
ne
cito
ancor
una
,
che
sarà
l
'
ultima
.
Lessi
a
un
Prudhomme
questa
frase
del
Carducci
:
-
Leggendo
sì
fatte
cose
,
chi
conosce
discretamente
la
letteratura
nazionale
,
la
prima
cosa
che
pensi
è
....
-
Ma
questa
-
mi
disse
-
è
una
costruzione
da
scolaretto
di
terza
elementare
.
-
Capisci
:
secondo
lui
,
il
periodo
doveva
esser
rovesciato
!
R
.
(
ridendo
)
.
-
Andiamo
,
te
lo
confesso
ora
:
avevi
ragione
:
non
ho
difeso
il
Prudhomme
che
per
farti
coraggio
.
L
.
-
A
un
vigliaccone
par
mio
?
Ma
è
fatica
sprecata
,
caro
amico
.
E
lascia
ch
'
io
finisca
la
mia
confessione
perché
voglio
che
tu
mi
disprezzi
nella
misura
che
mi
spetta
.
Tu
non
puoi
immaginare
fino
a
che
segno
io
arrivi
.
Nel
racconto
che
t
'
ho
letto
,
nel
primo
dialogo
,
avevo
scritto
:
-
Ma
bada
,
me
,
tu
m
'
hai
a
risparmiare
.
-
Vedi
qua
:
ho
cancellato
il
me
.
-
Avevo
scritto
:
-
Era
un
luogo
destinato
ad
ammazzarvisi
le
bestie
.
-
Ho
sostituito
:
-
Dov
'
era
destinato
che
s
'
ammazzassero
le
bestie
.
-
Un
orrore
.
Qui
,
dov
'
era
scritto
:
-
Quel
ragazzaccio
non
gli
si
può
dir
nulla
che
si
rivolta
come
un
aspide
-
,
ho
corretto
:
-
A
quel
ragazzaccio
non
si
può
dir
nulla
....
-
Sì
,
ridi
pure
.
Dove
avevo
detto
:
-
Mi
diede
che
m
'
accompagnasse
per
la
città
il
suo
segretario
-
...
come
abbia
corretto
non
oso
dirtelo
.
E
nota
che
per
ciascuno
di
quei
modi
ho
i
miei
bravi
esempi
classici
.
Ah
,
faccio
stomaco
a
me
stesso
!
A
questa
miseria
son
ridotto
!
R
.
-
Amico
,
sei
gravemente
malato
,
lo
riconosco
.
Ma
i
malati
della
tua
malattia
,
consòlati
,
sono
molti
più
che
non
credi
fra
gli
scrittori
.
La
conclusione
è
questa
:
che
hai
bisogno
d
'
una
cura
rigorosa
.
L
.
-
Eh
,
tu
puoi
celiare
,
tu
che
sei
intrepido
.
Leggendo
le
cose
tue
,
non
sai
come
t
'
invidio
!
R
.
-
E
dunque
segui
la
mia
via
,
che
è
assai
più
comodo
che
continuar
per
la
tua
.
Io
ero
come
te
,
un
tempo
.
E
guarii
senza
cura
.
Fu
una
parola
di
Gino
Capponi
il
mio
toccasana
.
Ci
sono
certi
motti
di
scrittori
che
operano
di
questi
miracoli
.
Egli
dice
in
una
lettera
:
-
Io
,
quando
piglio
la
penna
in
mano
,
ho
sempre
la
voglia
di
farmi
bastonare
.
-
Fu
un
lampo
per
me
.
Dopo
d
'
allora
,
ogni
volta
che
pigliai
la
penna
,
saltò
addosso
a
me
pure
quella
voglia
,
ma
doppia
:
di
buscarne
e
di
darne
ad
un
tempo
.
L
'
immagine
del
Prudhomme
italiano
,
critico
di
lingua
,
che
a
te
fa
tanto
spavento
,
a
me
mette
il
diavolo
in
corpo
.
Io
ci
ho
un
gusto
matto
a
provocarlo
con
la
penna
,
a
irritarlo
,
a
farlo
strillare
,
e
mentre
me
lo
immagino
fuor
della
grazia
di
Dio
,
rido
di
lui
,
e
batto
più
forte
.
Dar
delle
urtonate
al
buon
gusto
del
Prudhomme
,
schiaffeggiare
la
sua
pedanteria
,
sfondare
a
pugni
e
a
calci
la
sua
grammatica
tarlata
,
è
per
me
una
sodisfazione
indicibile
.
Pròvatici
,
e
vedrai
che
piacere
ci
troverai
tu
pure
.
Eccoti
la
cura
della
tua
malattia
:
la
lotta
.
Rimbòccati
le
maniche
,
e
picchia
.
L
.
(
guardandolo
)
.
-
Ti
ammiro
.
Io
,
invece
,
rassomiglio
a
quel
pittore
che
passava
delle
giornate
davanti
al
suo
quadro
,
esclamando
:
-
Ah
,
se
osassi
!
Se
osassi
!
-
Ma
a
che
serve
?
Come
dice
don
Abbondio
,
il
coraggio
uno
non
se
lo
può
dare
.
E
sì
che
per
darmelo
ho
tentato
ogni
mezzo
;
perfino
....
(
dopo
un
momento
d
'
esitazione
)
quello
di
bere
del
cognac
prima
di
mettermi
a
scrivere
.
R
.
-
E
allora
osavi
?
L
.
-
Sì
,
ma
(
vergognandosi
)
la
mattina
dopo
....
cancellavo
.
R
.
-
Ma
oggi
tu
devi
farla
finita
.
Tu
devi
giurar
qui
,
in
mia
presenza
,
stendendo
la
mano
sul
tuo
scartafaccio
,
guerra
implacabile
al
Prudhomme
!
L
.
(
scrollando
il
capo
)
.
-
Sarebbe
un
giuramento
di
marinaro
.
(
A
un
tratto
,
tendendo
il
pugno
)
.
Ah
,
come
l
'
odio
!
R
.
-
Chi
odia
teme
.
Fin
che
lo
temerai
,
non
lo
affronterai
.
Fa
'
il
giuramento
.
L
.
-
Ebbene
,
andiamo
:
giuro
.
R
.
-
Guerra
a
morte
?
L
.
(
con
viso
truce
,
ma
con
accento
fiacco
)
.
-
A
morte
.
R
.
(
tra
sé
,
guardandolo
di
sott
'
occhio
)
.
-
Non
si
batterà
.
Non
c
'
è
altro
.
Requiescat
in
pace
.
L
'
ALTO
LÀ
DELLA
GRAMMATICA
.
Alto
là
,
signorino
.
Le
ho
da
parlare
.
Non
mi
guardi
bieco
.
Non
le
ho
gridato
che
per
celia
l
'
alto
là
soldatesco
.
Non
sono
più
la
dura
tiranna
che
molti
credono
;
non
considero
più
come
offese
mortali
ogni
rifiuto
di
cieco
ossequio
,
ogni
minima
licenza
o
confidenza
che
si
prenda
la
gente
con
me
.
Essendomi
persuasa
che
,
come
tutte
le
cose
di
questo
mondo
,
son
destinata
anch
'
io
a
mutare
col
tempo
,
mi
vengo
piegando
man
mano
a
transigere
coi
diritti
dell
'
uso
,
con
la
ragione
dell
'
armonia
,
con
molte
piccole
convenienze
dell
'
arte
che
una
volta
disconoscevo
.
Ma
non
vorrei
che
per
queste
ragioni
ella
si
credesse
lecito
di
buttarmi
tra
i
ferravecchi
,
che
sarebbe
anche
un
gran
male
per
lei
,
com
'
è
per
tutti
quelli
che
gliene
dànno
l
'
esempio
;
e
però
voglio
che
c
'
intendiamo
bene
,
che
ella
sappia
da
me
quanto
posso
concedere
,
e
quanto
credo
d
'
avere
ancora
il
diritto
di
vietare
.
Dirà
lei
che
questo
è
il
linguaggio
d
'
una
tiranna
?
E
veda
,
a
provarle
quanto
sono
arrendevole
dovrebbe
bastare
quel
lei
;
col
quale
entro
in
materia
.
Io
volevo
una
volta
che
nel
caso
retto
s
'
usasse
sempre
egli
,
e
ora
lascio
dire
lui
e
lei
in
tutti
i
casi
in
cui
il
significato
della
frase
s
'
appoggia
sul
pronome
,
che
deve
perciò
far
rilievo
.
Quindi
:
-
È
lui
che
l
'
ha
detto
.
-
Lo
saprà
lui
,
io
non
lo
so
.
-
S
'
impanca
a
filosofo
,
lui
!
-
sta
bene
.
Ma
che
bisogno
c
'
è
di
dire
:
-
Me
lo
dice
lui
stesso
?
-
Andai
senza
che
lui
lo
sapesse
?
-
Mi
valsi
delle
ragioni
che
lui
addusse
?
-
Questo
non
è
più
uso
giustificato
;
ma
profusione
dell
'
idiotismo
,
inutile
e
ristucchevole
.
E
così
eglino
ed
elleno
son
pronomi
diventati
arcaici
,
ridicoli
nel
parlar
famigliare
e
un
po
'
pedanteschi
anche
nella
prosa
letteraria
;
ma
non
vi
si
può
sostituire
essi
ed
esse
,
che
sono
pur
sempre
dell
'
uso
comune
,
invece
di
quello
sfacciato
loro
,
che
molti
vogliono
in
ogni
caso
,
forse
non
per
altro
che
per
vilipendermi
?
E
perché
bandire
questi
,
quegli
e
altri
al
nominativo
singolare
,
per
sostituirvi
questo
,
quello
e
un
altro
,
sempre
,
anche
quando
non
sono
richiesti
dal
carattere
famigliare
del
discorso
?
E
perché
usare
a
tutto
pasto
lei
invece
di
ella
,
quando
ella
è
ancora
vivo
e
comunissimo
nell
'
uso
dei
Toscani
,
i
quali
dicono
l
'
uno
o
l
'
altro
secondo
che
vuole
l
'
orecchio
o
il
diverso
grado
di
famigliarità
che
hanno
con
la
persona
a
cui
si
rivolgono
?
E
consento
che
si
dica
e
scriva
gli
in
luogo
di
loro
e
a
loro
,
quando
il
loro
dà
impaccio
,
come
nell
'
esempio
:
-
Vuoi
dare
del
vino
ai
ragazzi
?
Non
voglio
dargliene
-
,
perché
:
-
non
voglio
darne
loro
o
loro
darne
-
sarebbe
troppo
duro
all
'
orecchio
;
ma
non
che
si
dia
lo
sfratto
a
loro
come
a
una
parola
intollerabile
per
sé
,
e
che
si
scriva
,
ad
esempio
:
-
Fermò
i
suoi
compagni
e
gli
disse
-
,
dove
il
gli
è
una
sgrammaticatura
gratuita
,
più
sgradevole
a
due
doppi
del
loro
.
E
non
mi
si
dica
che
,
ragionevolmente
,
dovrei
essere
inflessibile
,
e
aver
per
massima
:
-
O
sempre
o
mai
-
,
perché
,
ammettendo
questo
,
io
mi
dovrei
disfare
e
rifare
per
metà
:
non
dovrei
permettere
di
dir
come
me
e
come
te
;
né
glielo
dissi
riferito
a
femmina
;
né
consentire
che
s
'
usi
il
verbo
nel
plurale
con
un
nome
collettivo
singolare
,
come
nell
'
esempio
:
-
La
gente
vanno
-
;
né
tollerare
che
si
riferisca
un
verbo
in
singolare
ad
un
soggetto
plurale
,
preceduto
o
no
da
un
di
partitivo
,
come
nelle
frasi
:
-
Non
c
'
è
cristi
.
-
C
'
è
dei
birboni
.
-
Malati
non
ce
n
'
era
.
-
Può
nascer
di
gran
cose
-
;
licenze
che
io
consento
,
come
altre
moltissime
,
perché
per
una
parte
io
sono
costituita
da
leggi
generali
della
ragione
immutabili
,
e
per
un
'
altra
parte
non
sono
che
il
codice
degl
'
idiotismi
della
lingua
;
onde
ne
vengo
accettando
sempre
di
nuovi
,
benchè
adagio
adagio
.
Per
continuare
:
chiudo
gli
occhi
sul
lo
proaggettivo
(
per
esempio
:
"
non
fosti
generoso
,
ma
lo
saresti
stato
"
)
quando
sonerebbe
troppo
ingrato
il
tale
,
che
i
miei
devotissimi
usano
,
o
sarebbe
uggiosa
la
ripetizione
dell
'
aggettivo
,
o
il
non
dir
quello
né
ripeter
questo
lascerebbe
nella
frase
un
vuoto
anche
più
sgradevole
.
Lascio
passare
,
quando
cadono
opportuni
,
tutti
quei
costrutti
viziosi
,
come
:
-
A
me
non
me
ne
vien
nulla
;
a
chi
sa
mostrare
i
denti
gli
si
porta
rispetto
,
ecc
.
,
-
che
sono
frequentissimi
,
e
per
ragion
di
suono
quasi
inevitabili
nel
linguaggio
parlato
.
Permetto
il
volgare
cosa
per
che
cosa
,
e
il
costrutto
toscano
noi
si
fa
,
noi
si
dice
,
e
il
gli
e
il
la
soggetti
pleonastici
ogni
volta
che
servano
a
riprodurre
fedelmente
un
discorso
famigliare
o
di
gente
del
popolo
.
Gabello
,
infine
,
tutti
gli
anacoluti
più
arditi
in
tutti
i
casi
in
cui
per
mezzo
loro
si
scansa
di
dar
alla
frase
una
rigida
forma
grammaticale
che
nuocerebbe
alla
chiarezza
,
alla
naturalezza
,
all
'
efficacia
,
e
quando
,
come
disse
un
maestro
,
s
'
usa
l
'
anacoluto
per
non
mettere
altrimenti
in
contraddizione
un
pensiero
ingenuo
,
immediato
o
semiserio
con
una
maniera
d
'
esprimerlo
riflessa
,
compassata
o
seria
.
Ma
(
e
qui
siamo
al
nodo
)
se
do
il
dito
,
non
voglio
che
mi
si
pigli
la
mano
,
e
poi
il
braccio
,
e
poi
tutta
la
persona
.
Voglio
che
non
s
'
usino
se
non
gl
'
idiotismi
necessari
o
utili
;
che
tra
due
locuzioni
di
eguale
naturalezza
ed
evidenza
,
una
sgrammaticata
e
una
corretta
,
si
scelga
sempre
quella
corretta
;
che
non
si
consideri
,
come
molti
fanno
,
ogni
idiotismo
come
una
gemma
per
la
sola
ragione
che
è
un
idiotismo
;
che
non
si
creda
ogni
licenza
ugualmente
lecita
così
nella
riproduzione
d
'
un
dialogo
famigliare
come
in
un
discorso
letterario
,
così
nel
far
parlare
un
uomo
del
contado
come
quando
parla
lo
scrittore
in
persona
propria
;
che
all
'
antica
tirannia
della
Grammatica
,
non
si
sostituisca
il
dispotismo
della
Sgrammaticatura
,
e
all
'
ostentazione
dell
'
eleganza
la
sfacciataggine
della
volgarità
;
che
non
si
calpesti
ogni
legge
del
galateo
linguistico
,
cascando
nel
linguaggio
mercatino
per
non
cascare
nel
linguaggio
accademico
;
che
,
infine
,
perché
s
'
è
buttata
via
la
parrucca
e
la
cipria
,
non
si
creda
un
dovere
il
mettersi
anche
in
maniche
di
camicia
e
l
'
andare
attorno
con
la
faccia
sporca
.
Ho
detto
,
signorino
.
QUELLO
CHE
SI
PUÒ
IMPARARE
DAI
TOSCANI
.
Se
t
'
accadrà
,
fin
che
sei
giovane
,
di
fare
,
un
soggiorno
breve
o
lungo
in
Toscana
,
sarà
per
te
una
buona
fortuna
,
perché
,
volendo
,
imparerai
là
in
un
mese
dalla
voce
della
gente
più
che
in
un
anno
altrove
dallo
studio
dei
libri
.
Se
questa
fortuna
non
avrai
,
t
'
occorrerà
senza
dubbio
,
nella
tua
o
in
altre
città
d
'
Italia
,
di
conoscere
e
di
frequentare
toscani
.
Ebbene
,
ti
raccomando
fin
d
'
ora
d
'
ascoltarli
sempre
con
gli
orecchi
bene
aperti
,
e
di
studiare
attentamente
il
loro
linguaggio
,
in
special
modo
se
saranno
fiorentini
.
Non
soltanto
molto
materiale
di
lingua
potrai
imparare
da
loro
,
essendo
gran
parte
dell
'
uso
fiorentino
presente
,
come
tutti
sanno
,
l
'
uso
fiorentino
antico
,
che
diventò
lingua
letteraria
comune
a
tutta
Italia
;
ma
,
quello
che
più
importa
,
la
proprietà
,
la
spontaneità
,
la
prontezza
dell
'
espressione
,
che
son
quello
che
manca
a
noi
principalmente
.
Perché
corre
fra
noi
e
loro
questa
gran
differenza
,
come
osservò
giustamente
un
linguista
illustre
:
che
a
noi
,
parlando
,
per
dire
una
data
cosa
,
vengono
quasi
sempre
sulla
bocca
due
modi
:
il
dialettale
e
uno
o
più
modi
italiani
,
fra
i
quali
dobbiamo
scegliere
;
e
a
loro
viene
un
modo
solo
,
quello
che
dice
per
l
'
appunto
quella
data
cosa
,
quello
che
è
il
più
proprio
,
e
che
tutti
i
loro
concittadini
usano
in
quello
stesso
caso
;
donde
la
facilità
,
la
sicurezza
,
la
precisione
del
loro
parlare
,
dove
il
nostro
è
quasi
sempre
opera
di
stento
e
d
'
artifizio
.
Possono
qualche
volta
anche
i
toscani
stentare
e
riuscire
artifiziosi
,
quando
hanno
da
esprimere
un
pensiero
nuovo
o
insolito
o
complesso
,
perché
in
tal
caso
cercano
essi
pure
,
se
non
la
parola
,
la
frase
,
e
il
modo
di
collegare
le
frasi
;
ma
nel
dire
le
infinite
cose
comuni
,
che
sono
argomento
quotidiano
di
discorso
,
tutti
sono
sempre
pronti
,
spontanei
e
semplici
;
non
tentennano
perché
non
hanno
dubbî
;
non
sbagliano
perché
non
possono
sbagliare
.
Fa
'
bene
attenzione
.
Vedrai
quanti
modi
piani
e
agili
hanno
d
'
esprimere
pensieri
che
noi
esprimiamo
di
solito
in
forma
ricercata
e
pesante
;
in
quanti
casi
fanno
un
salto
con
la
frase
dove
noi
facciamo
più
passi
;
in
quant
'
altri
scansano
con
una
mossa
snella
e
garbata
l
'
intoppo
che
noi
urtiamo
,
o
arrivano
con
la
parola
un
tratto
di
là
dal
punto
dove
noi
crediamo
che
la
sua
potenza
si
arresti
.
E
anche
nel
parlare
di
quelli
che
non
hanno
cultura
nessuna
,
osserverai
certi
modi
di
legar
le
proposizioni
,
certe
forme
armoniche
di
sintassi
,
certe
abbreviature
di
frase
efficacissime
,
che
negli
scrittori
ti
parrebbero
effetti
di
arte
meditati
,
e
sono
pregi
naturali
del
loro
linguaggio
.
E
sentirai
da
loro
a
ogni
tratto
una
parola
inaspettata
,
che
è
come
un
tocco
di
pennello
dato
all
'
idea
,
che
tu
non
sapresti
dare
con
altra
parola
;
espressioni
ingegnose
,
graziose
e
comiche
,
eleganze
e
arguzie
felici
,
che
non
sono
proprie
di
chi
parla
,
ma
di
tutta
la
sua
gente
,
e
tanto
più
efficaci
per
questo
,
che
gli
vengon
via
come
da
sé
,
e
l
'
una
incalza
l
'
altra
,
e
nessuna
ti
fa
pensare
che
sarebbe
più
calzante
un
'
altra
al
pensiero
.
E
bada
bene
a
loro
anche
quando
parli
tu
,
ed
essi
t
'
ascoltano
:
uno
schiarimento
che
ti
chiederanno
,
un
'
ombra
leggiera
di
stupore
o
di
dubbio
,
che
passerà
sul
loro
viso
,
o
un
sorriso
leggerissimo
,
o
una
ripetizione
emendata
,
che
faranno
quasi
senza
volerlo
,
dell
'
espressione
d
'
un
tuo
pensiero
,
t
'
avvertiranno
che
t
'
è
sfuggita
una
parola
impropria
,
e
perciò
non
chiara
,
invece
della
propria
,
un
'
espressione
letteraria
in
luogo
della
famigliare
,
una
frase
affettata
in
cambio
di
quella
semplice
,
ch
'
essi
avrebbero
usata
in
quel
caso
.
Che
sono
mai
i
pochi
idiotismi
che
ai
toscani
si
rinfacciano
per
rincalzar
la
stramba
affermazione
che
essi
parlino
un
dialetto
come
gli
altri
,
di
fronte
alla
ricchezza
,
alla
finezza
,
alla
grazia
,
alla
mirabile
armonia
pittrice
del
loro
linguaggio
?
E
che
stupido
orgoglio
è
quello
che
non
vuol
riconoscere
in
loro
una
superiorità
,
della
quale
ci
avvantaggiamo
tutti
,
poichè
tutti
attingiamo
alla
loro
lingua
quando
non
ci
basta
la
fonte
degli
scrittori
e
dei
dizionari
,
e
che
cocciutaggine
il
non
voler
riconoscere
che
si
parli
meglio
l
'
italiano
in
quella
regione
,
che
fu
la
culla
della
lingua
,
ed
è
la
sola
in
cui
la
lingua
si
parli
da
tutti
?
Ma
tu
non
sarai
di
questi
,
certamente
.
Se
andrai
in
Toscana
,
tu
t
'
immergerai
,
nuoterai
con
piacere
infinito
in
quell
'
onda
di
lingua
viva
e
pura
,
alla
cui
armonia
ti
parrà
che
consuoni
quella
che
spira
nelle
linee
dei
monumenti
di
arte
maravigliosi
,
che
ti
sorgeranno
d
'
intorno
;
e
ti
parranno
dolci
anche
quegl
'
idiotismi
di
pronunzia
,
che
prima
deridevi
,
quando
penserai
che
sonarono
pure
sulle
labbra
degli
scrittori
e
degli
artisti
immortali
che
il
mondo
venera
;
e
con
l
'
amore
della
lingua
e
con
l
'
ammirazione
dell
'
arte
nascerà
nel
tuo
cuore
un
sentimento
di
gratitudine
affettuosa
e
profonda
per
quel
popolo
,
primo
custode
del
tesoro
della
nostra
parola
,
dotato
d
'
ogni
facoltà
più
gentile
e
del
più
squisito
senso
della
bellezza
;
di
quel
popolo
al
quale
dobbiamo
tanta
parte
della
nostra
gloria
,
che
,
a
immaginarlo
assente
dalla
storia
italiana
,
non
ci
appare
più
la
immagine
della
patria
che
con
la
corona
smezzata
sulla
fronte
.
IL
DOTTOR
RAGANELLA
.
Era
stato
un
pezzo
in
Toscana
il
dottor
Raganella
;
ma
dai
toscani
non
aveva
imparato
nulla
,
perché
non
li
aveva
mai
lasciati
parlare
.
La
parola
,
soleva
egli
dire
,
è
il
più
bel
dono
di
Dio
.
Noi
dicevamo
che
il
dono
a
lui
era
toccato
un
po
'
troppo
abbondante
.
Ma
per
fortuna
non
era
che
dottore
in
legge
,
non
esercitava
l
'
avvocatura
,
non
rintronava
la
testa
che
agli
amici
.
Si
vantava
d
'
avere
una
grande
facilità
di
parola
.
Ed
era
vero
:
aveva
una
facilità
spaventevole
.
E
sarebbe
riuscito
eloquente
se
fosse
stato
persuaso
della
verità
detta
dal
Bonghi
:
che
gli
uomini
dotati
di
parola
facile
si
debbono
assoggettare
più
degli
altri
a
una
disciplina
rigorosa
per
non
cadere
nella
prolissità
,
con
la
quale
non
c
'
è
eloquenza
né
stile
.
Non
erano
discorsi
i
suoi
:
erano
cascate
,
frane
,
diluvi
di
parole
.
Non
intaccava
,
non
si
posava
mai
,
e
parlava
sempre
più
in
fretta
via
via
che
il
suo
discorso
s
'
allungava
.
Disse
un
poeta
francese
ad
un
giovane
:
Se
tu
riuscirai
a
parlare
dieci
ore
di
seguito
senza
sputare
,
sarai
padrone
della
Francia
-
:
egli
avrebbe
dovuto
esser
padrone
dell
'
Italia
.
Dopo
averlo
inteso
discorrere
per
un
quarto
d
'
ora
,
restava
a
tutti
una
romba
nell
'
orecchio
come
quando
ci
passa
accanto
a
grande
velocità
un
treno
di
strada
ferrata
.
Egli
aveva
l
'
illusione
,
comune
a
tutti
i
parlatori
troppo
facili
,
che
la
rapidità
vertiginosa
del
discorso
impedisca
la
noia
in
chi
ascolta
;
quando
segue
invece
l
'
opposto
,
perché
in
quella
furia
essi
non
hanno
tempo
né
modo
di
dar
rilievo
e
colore
a
nessun
concetto
o
parte
di
concetto
,
e
riescono
però
necessariamente
uniformi
.
E
accadeva
pure
a
lui
,
come
a
tutti
gli
altri
suoi
simili
,
che
avendo
coscienza
di
quella
mancanza
di
rilievo
e
di
colore
,
cercava
di
supplirvi
ripetendo
più
volte
l
'
espressione
d
'
ogni
pensiero
,
a
modo
di
quel
giornalista
verboso
d
'
uno
scherzo
comico
del
Ferrari
,
che
incomincia
un
discorso
col
verso
So
,
conosco
,
m
'
è
noto
e
non
ignoro
,
e
va
innanzi
così
fino
alla
fine
.
E
pure
la
soverchia
facilità
di
parola
lo
portava
a
non
far
grazia
,
raccontando
un
fatto
qualsiasi
,
di
nessuno
anche
minimo
e
più
futile
particolare
,
di
modo
che
se
aveva
da
dire
,
per
esempio
,
ch
'
era
stato
a
visitare
un
amico
,
diceva
per
quali
strade
era
passato
e
che
cosa
gli
era
frullato
pel
capo
camminando
,
e
poi
:
-
"
Salgo
le
scale
,
suono
il
campanello
,
m
'
aprono
,
domando
:
-
È
in
casa
?
-
È
in
casa
,
-
vado
avanti
,
entro
nel
salotto
....
"
e
via
su
quest
'
andare
.
E
come
di
ragione
,
non
lasciandogli
tempo
di
riflettere
la
troppa
foga
,
parlava
scorretto
,
come
tutte
le
raganelle
umane
.
Il
suo
eloquio
era
un
torrente
impetuoso
che
travolgeva
improprietà
,
sgrammaticature
,
riempitivi
,
cacofonie
,
contraddizioni
e
vesciche
.
Non
di
meno
,
la
prima
volta
che
l
'
udivano
,
alcuni
l
'
ammiravano
.
-
Che
ammirabile
facondia
!
-
dicevano
.
Ma
facondia
non
era
la
parola
che
facesse
al
caso
.
Si
poteva
dire
di
lui
quello
che
uno
scrittore
disse
d
'
un
suo
critico
,
il
quale
scriveva
come
il
dottor
Raganella
parlava
:
-
La
buona
educazione
mi
vieta
di
definire
con
la
parola
propria
le
fughe
del
suo
stile
.
Ciò
non
ostante
egli
ci
divertiva
,
qualche
volta
;
in
special
modo
quando
faceva
uno
sfogo
di
collera
contro
qualche
suo
nemico
,
quando
si
metteva
a
gridare
,
per
esempio
:
-
Gridi
pure
,
strepiti
,
strilli
,
minacci
,
tempesti
;
non
mi
lascerò
smovere
:
sono
deciso
,
risoluto
questa
volta
,
irremovibile
,
inflessibile
nel
proposito
di
far
quel
passo
,
e
vi
accerto
,
v
'
affermo
,
vi
giuro
sul
mio
onore
....
-
Fèrmati
!
-
gli
dicevamo
-
,
e
bevi
un
sorso
....
-
o
gli
cantavamo
l
'
aria
del
Matrimonio
Segreto
:
Prenda
fiato
,
prenda
fiato
,
Seguitare
poi
potrà
.
E
come
parlava
nel
calore
della
passione
,
così
nello
scherzo
.
Gli
venivano
spesso
dei
motti
arguti
;
ma
ne
sciupava
sempre
l
'
effetto
ripetendoli
,
parafrasandoli
,
commentandoli
,
fin
che
ce
li
faceva
tornare
a
gola
,
come
bocconi
indigesti
.
E
quale
nel
parlare
era
nello
scrivere
.
Tirava
via
con
la
rapidità
che
usano
gli
attori
quando
fingono
di
scrivere
sulla
scena
:
letteroni
d
'
otto
pagine
,
in
cui
le
proposizioni
si
succedevano
senza
legame
grammaticale
,
e
le
ripetizioni
cadevano
l
'
una
sull
'
altra
come
le
fette
di
salame
accanto
al
coltello
,
e
ad
ogni
pagina
la
lettera
ricominciava
.
Ma
del
più
bel
dono
di
Dio
non
abusava
soltanto
per
esprimere
il
pensiero
proprio
;
anche
per
parlare
per
conto
nostro
,
come
fanno
tutti
i
parlatori
irrefrenabili
,
che
non
vogliono
star
a
sentire
i
discorsi
degli
altri
.
Egli
rompeva
in
bocca
all
'
amico
il
ragionamento
o
il
racconto
,
e
lo
finiva
per
lui
:
-
Ho
capito
:
tu
gli
hai
risposto
così
e
così
,
lui
ha
replicato
in
codesto
modo
,
tu
hai
perso
la
pazienza
,
e
l
'
hai
piantato
,
non
è
vero
?
E
hai
fatto
bene
,
e
io
feci
lo
stesso
in
un
caso
simile
che
m
'
occorse
appunto
....
-
E
non
serviva
dirgli
:
-
Fa
'
il
comodo
tuo
;
quando
avrai
finito
tu
,
ricomincerò
io
-
;
sorrideva
e
tirava
innanzi
,
e
non
ci
lasciava
ricominciare
.
Quando
andava
al
teatro
o
faceva
una
gita
fuor
di
città
,
o
quando
sapevamo
che
gli
era
seguìta
qualche
avventura
,
lo
aspettavamo
con
vero
sgomento
nella
saletta
appartata
del
caffè
dove
ci
veniva
a
trovare
ogni
sera
;
perché
non
c
'
era
cristi
,
egli
ci
voleva
riferire
le
sue
impressioni
,
e
filava
dei
discorsi
di
mezz
'
ora
così
rapidi
e
fitti
,
che
a
noi
non
riusciva
neppure
di
farci
entrare
di
straforo
un
'
osservazione
.
E
s
'
aveva
un
bel
tentare
di
scoraggiarlo
non
badandogli
:
egli
pensava
che
la
nostra
disattenzione
fosse
simulata
per
un
tantino
d
'
invidia
che
ci
pungesse
del
dono
di
Dio
,
e
questo
pensiero
lo
stimolava
anche
più
.
Oppure
,
vedendoci
disattenti
noi
,
rivolgeva
il
discorso
agli
altri
pochi
avventori
che
venivano
nella
stessa
sala
,
anche
se
sconosciuti
,
e
s
'
infervorava
a
cicalare
anche
più
del
solito
,
scambiando
con
ammirazione
lo
stupore
che
quelli
mostravano
in
viso
,
un
poco
somigliante
all
'
intontimento
che
dà
il
rumore
monotono
d
'
una
ruota
di
mulino
.
Una
sera
,
fra
l
'
altre
,
prese
di
mira
un
grosso
medico
barbuto
che
stava
sorbendo
il
caffè
dalla
parte
opposta
della
saletta
,
e
di
discorso
in
discorso
gli
venne
a
parlare
d
'
un
suo
incomodo
,
del
quale
gli
raccontò
la
storia
minuta
con
una
fiumana
di
parole
;
e
finì
con
domandargli
:
-
Che
rimedio
mi
consiglia
lei
?
Quegli
lo
guardò
fisso
,
e
poi
,
fra
il
silenzio
di
tutti
,
con
un
viso
grave
e
un
vocione
di
basso
,
gli
rispose
spiccicando
le
sillabe
:
-
Lei
ha
bisogno
d
'
un
astringente
.
Tutti
risero
in
coro
,
e
fu
quella
la
prima
volta
che
il
dottor
Raganella
mostrò
un
'
ombra
di
vergogna
d
'
aver
troppo
parlato
.
Il
matrimonio
ci
liberò
dalla
tirannia
della
sua
loquela
.
Ma
ci
separammo
da
buoni
amici
,
quando
partì
per
il
viaggio
di
nozze
.
Nel
fargli
i
nostri
augùri
,
peraltro
,
compiangemmo
tutti
in
cuor
nostro
la
sua
povera
moglie
:
come
avrebbe
potuto
resistere
per
tutta
la
vita
al
flagello
di
quella
facondia
?
Pochi
giorni
dopo
,
uno
di
noi
ricevette
dalla
Svizzera
una
sua
lunga
lettera
,
nella
quale
egli
diceva
,
fra
l
'
altro
,
che
la
sua
sposa
era
stata
così
commossa
dallo
spettacolo
della
cascata
del
Reno
a
Sciaffusa
,
che
l
'
aveva
fatto
rimaner
là
un
'
ora
con
lei
ad
ammirarlo
.
Lo
stesso
pensiero
balenò
a
tutti
:
l
'
aveva
fatto
rimaner
là
perché
il
fragore
della
cascata
copriva
la
sua
voce
,
e
in
quel
tempo
essa
s
'
era
un
po
'
riposata
....
Lo
stesso
amico
ricevette
poi
un
'
altra
lettera
,
con
la
quale
egli
annunziava
il
suo
ritorno
,
e
che
la
sera
dopo
sarebbe
venuto
a
trovarci
al
caffè
.
Tremammo
all
'
idea
della
descrizione
del
viaggio
ch
'
egli
ci
avrebbe
inflitta
:
chi
ci
poteva
reggere
?
Sarebbe
stata
una
grandinata
di
parole
dalle
otto
a
mezzanotte
.
La
sera
fatale
,
un
amico
,
che
l
'
aveva
visto
avvicinarsi
per
la
strada
,
ce
lo
preannunziò
,
affacciandosi
all
'
uscio
:
-
Si
salvi
chi
può
!
-
Tutti
se
la
diedero
a
gambe
.
Trovando
la
saletta
vuota
,
egli
sospettò
la
fuga
,
se
n
'
ebbe
per
male
,
e
non
ritornò
più
.
Ne
fummo
dolenti
;
ma
non
c
'
era
rimedio
.
Pochi
mesi
dopo
,
per
ragione
d
'
interessi
domestici
,
andò
a
stare
a
Bologna
,
e
per
anni
non
se
n
'
ebbe
più
notizia
.
Poi
si
seppe
che
sua
moglie
gli
aveva
fatto
causa
per
separazione
legale
.
Il
vero
perché
non
ci
fu
detto
.
Ma
per
noi
non
ci
fu
dubbio
.
Egli
doveva
aver
reso
alla
povera
donna
la
vita
intollerabile
.
La
causa
della
separazione
era
certissimamente
il
più
bel
dono
di
Dio
.
A
TRAVERSO
I
SECOLI
.
I
Trecentisti
.
A
questo
punto
bisogna
che
ci
fermiamo
un
poco
a
discorrere
dei
principali
scrittori
che
s
'
hanno
da
leggere
per
imparare
la
lingua
.
Prima
di
tutti
....
Qui
vedo
sorridere
i
miei
lettori
,
che
in
questo
momento
suppongo
siano
tre
,
un
giovinetto
,
una
signorina
e
un
cittadino
originale
,
a
cui
è
saltato
il
ticchio
,
fra
i
trenta
e
i
quarant
'
anni
,
di
mettersi
a
studiare
la
lingua
del
suo
paese
:
li
vedo
sorridere
con
certa
malizia
,
e
mi
par
di
sentirli
dire
tutti
e
tre
insieme
:
-
Già
,
ci
aspettavamo
il
consiglio
prammatico
-
,
e
poi
in
cadenza
di
canto
:
-
i
Tre
-
cen
-
ti
-
sti
!
Eh
,
Dio
buono
,
non
è
una
novità
,
lo
so
bene
.
E
so
anche
,
giovinetto
mio
,
quello
che
tu
e
gli
altri
due
lettori
mi
vorreste
rispondere
:
che
a
leggere
quei
nostri
antichi
scrittori
vi
provaste
,
ma
che
vi
riuscirono
ostici
,
non
tanto
per
la
materia
quanto
per
la
forma
;
voglio
dir
per
la
lingua
e
per
lo
stile
troppo
diversi
da
quelli
delle
scritture
moderne
;
per
cagion
di
che
vi
sentiste
,
leggendoli
,
come
spaesati
,
sconcertati
nelle
consuetudini
del
vostro
pensiero
e
del
vostro
gusto
,
e
quasi
in
compagnia
di
gente
con
cui
non
fosse
possibile
,
per
la
differenza
dell
'
indole
,
pigliar
famigliarità
;
e
fra
la
quale
e
voi
s
'
interponesse
un
velo
di
nebbia
,
che
v
'
impedisse
di
vederli
bene
in
viso
,
e
quindi
di
mettervi
in
comunicazione
immediata
con
l
'
animo
loro
.
Ma
io
vorrei
principalmente
persuader
te
,
giovinetto
,
che
,
vincendo
quel
primo
senso
ostico
,
e
persistendo
nella
lettura
di
quegli
scrittori
,
finiresti
col
prendervi
amore
,
con
tuo
vantaggio
grandissimo
,
per
quelle
medesime
ragioni
per
le
quali
ti
pare
ora
che
quella
lettura
non
t
'
abbia
mai
ad
attirare
.
Pròvatici
un
'
altra
volta
,
te
ne
prego
,
e
persisti
,
tenendo
sempre
presente
che
quelle
parole
e
frasi
,
nelle
quali
consiste
la
maggior
differenza
fra
quegli
scrittori
e
i
moderni
,
erano
allora
in
Toscana
,
e
in
specie
a
Firenze
,
d
'
uso
comune
,
e
quindi
naturalissime
a
coloro
che
scrivevano
;
i
quali
,
eccetto
pochissimi
,
non
facevano
distinzione
fra
lingua
parlata
e
lingua
scritta
;
di
che
deriva
appunto
la
ricchezza
,
la
schiettezza
,
l
'
efficacia
delle
loro
scritture
.
Dopo
che
avrai
preso
con
essi
qualche
famigliarità
,
non
sentirai
più
la
novità
di
quei
modi
,
che
ora
ti
paiono
affettazioni
e
stranezze
;
parranno
anche
a
te
naturali
come
parevano
agli
scrittori
a
cui
venivano
spontanei
;
e
allora
,
non
più
arrestato
da
quegl
'
intoppi
,
ti
lascerai
andare
all
'
onda
di
quella
prosa
viva
,
fresca
,
giovanile
,
sentirai
,
come
dice
il
nostro
primo
poeta
vivente
,
quello
che
c
'
è
di
più
vivido
e
più
frizzante
,
più
zampillante
e
più
mosso
nell
'
elocuzione
di
quei
prosatori
che
in
quella
dei
moderni
che
tu
preferisci
;
nei
quali
l
'
arte
è
più
raffinata
,
ma
tanto
meno
ricca
e
meno
schietta
la
vena
.
Ti
parrà
di
sentirli
parlare
di
viva
voce
in
quei
loro
periodi
,
simili
appunto
al
linguaggio
parlato
,
d
'
una
orditura
così
semplice
e
debole
,
con
poca
o
nessuna
legatura
rettorica
di
pensieri
,
e
affollati
di
determinazioni
accessorie
;
i
quali
alle
volte
piglian
la
fuga
,
alle
volte
s
'
arrestano
a
un
tratto
,
e
fanno
mille
brusche
svoltate
,
come
seguendo
tutti
i
balzi
del
pensiero
nascente
e
riproducendo
il
disordine
del
discorso
vivo
;
ammirerai
,
come
dice
il
Capponi
,
quella
naturalezza
delle
armonie
,
in
cui
non
sono
mai
cercate
combinazioni
di
suoni
,
e
"
hanno
più
rilievo
quelle
parole
che
avevano
avuto
prima
nella
voce
più
vivo
l
'
accento
"
;
ti
delizierai
in
quella
loro
proprietà
di
vocaboli
,
non
studiata
,
perché
essi
eran
propri
per
necessità
,
in
quelle
loro
locuzioni
"
della
nitidezza
che
si
vede
nelle
monete
novellamente
coniate
"
,
in
quella
fresca
verginità
d
'
una
lingua
,
che
cominciava
appena
a
diventar
letteraria
,
e
in
cui
si
sente
come
la
fragranza
della
sbocciatura
.
E
sempre
più
,
continuando
a
leggere
,
t
'
innamorerai
di
quello
che
così
giustamente
si
chiama
candore
di
tali
scrittori
,
di
quell
'
aria
amabile
d
'
ingenuità
che
dà
alla
loro
prosa
la
frequenza
della
congiunzione
semplice
,
come
l
'
usano
i
bambini
e
la
gente
del
popolo
,
e
la
profusione
dei
superlativi
,
in
cui
si
manifesta
la
fanciullesca
vivacità
dell
'
ammirazione
,
e
quel
martellamento
,
che
fanno
così
spesso
,
sopra
un
'
idea
semplicissima
,
come
per
farla
entrare
in
capo
a
un
lettore
ignorante
;
ciò
che
pure
è
proprio
della
gente
ingenua
.
Vedrai
che
singolari
effetti
d
'
arte
escono
dalla
schietta
ispirazione
non
corretta
dall
'
arte
,
dal
calore
del
sentimento
libero
,
dalle
negligenze
,
dalle
rozzezze
medesime
,
dagli
stessi
difetti
non
mascherati
d
'
alcun
artifizio
,
ma
lasciati
scoperti
come
nudità
innocenti
.
Come
si
respira
in
quelle
pagine
!
Ecco
gente
che
parla
davvero
alla
buona
e
alla
libera
,
che
ci
dice
quello
che
ha
da
dire
senza
l
'
interprete
letterario
!
Ci
par
quasi
un
miracolo
.
E
quanta
naturalezza
nel
modo
di
raccontare
,
quanta
vivezza
in
quei
dialoghi
a
botte
e
risposte
,
e
quanta
evidenza
in
quello
stesso
disordine
affannoso
con
cui
ci
rappresentano
le
scene
animate
,
e
che
graziosa
semplicità
negli
esordi
e
nelle
considerazioni
sugli
uomini
e
sugli
avvenimenti
!
Ti
diletterai
pure
a
osservare
quante
cose
si
potevano
dir
bene
allora
senza
una
quantità
di
parole
e
di
frasi
che
a
noi
,
per
dir
quelle
cose
stesse
,
paiono
ora
di
necessità
assoluta
;
ti
maraviglierai
di
trovare
interi
periodi
che
si
potrebbero
riscrivere
al
presente
,
dopo
sei
secoli
,
senza
mutarvi
un
vocabolo
;
ti
divertirai
a
notare
qua
e
là
i
francesismi
curiosissimi
,
le
parole
che
mutarono
significato
,
e
quelle
cadute
in
disuso
,
che
ora
farebbero
sorridere
,
le
diversità
singolarissime
,
fra
quel
tempo
e
il
nostro
,
del
senso
e
del
linguaggio
comico
,
del
frasario
cerimonioso
,
delle
forme
del
ragionamento
,
dell
'
espressione
della
gioia
e
dell
'
amore
.
E
arrivato
a
un
certo
punto
,
vivrai
con
l
'
immaginazione
in
quel
tempo
,
ti
parrà
d
'
aggirarti
fra
quella
gente
e
di
respirare
l
'
aria
che
essi
respiravano
.
Avendo
cominciato
a
leggere
per
imparar
la
lingua
,
sarai
preso
a
poco
a
poco
dalla
sostanza
,
attratto
dalla
curiosità
di
quel
modo
di
sentire
e
di
pensare
,
dalla
descrizione
delle
costumanze
,
degli
usi
pubblici
,
della
vita
domestica
,
dell
'
arte
della
guerra
e
dei
viaggi
,
da
tutte
le
manifestazioni
dello
spirito
di
quel
popolo
"
giovane
,
forte
,
adoprante
,
pieno
d
'
immaginazione
,
più
inventore
che
ora
non
sia
"
,
e
compreso
d
'
una
fede
religiosa
semplice
e
ardente
.
E
ammirerai
di
più
quegli
scrittori
se
proverai
qualche
volta
a
staccarti
all
'
improvviso
da
loro
per
leggere
uno
qualsiasi
dei
prosatori
del
tuo
tempo
.
Come
ti
parranno
compassati
,
troppo
ligi
alla
fredda
ragione
,
pieni
d
'
artifici
e
di
civetterie
e
ricercati
nell
'
orditura
e
nell
'
armonia
dello
stile
anche
quelli
che
per
questi
rispetti
peccano
meno
!
E
più
avvertirai
il
vantaggio
di
quelle
letture
quando
,
avendone
ancor
piena
la
mente
,
ti
metterai
a
scrivere
,
chè
ti
sentirai
tanto
più
sciolto
,
più
libero
,
meglio
inclinato
a
esprimere
i
tuoi
pensieri
semplicemente
,
fresco
e
leggiero
dello
spirito
come
si
sente
del
corpo
chi
esce
dall
'
acque
d
'
un
fiume
.
E
ti
do
un
consiglio
:
di
leggere
prima
i
più
semplici
,
dai
quali
quando
passerai
a
Dante
,
rimarrai
maravigliato
,
come
d
'
un
prodigio
,
del
passo
gigantesco
che
fa
con
lui
la
prosa
italiana
,
senza
perdere
la
sua
freschezza
giovanile
,
pure
prendendo
a
norma
la
sintassi
latina
;
maravigliato
profondamente
della
elaborazione
sapiente
che
egli
vi
porta
insieme
coi
"
soavi
numeri
"
e
i
"
sottili
legamenti
"
della
poesia
,
dell
'
arte
magistrale
con
cui
egli
disegna
l
'
idea
,
plasma
l
'
immagine
,
illumina
tutti
i
particolari
dei
fatti
in
quell
'
architettura
mirabilmente
varia
dei
periodi
,
in
quella
prosa
"
ora
solenne
ora
gentile
,
profonda
e
limpida
"
che
è
il
primo
vero
e
grande
esempio
di
prosa
artistica
nella
nostra
letteratura
.
E
studia
con
amore
anche
l
'
altro
grande
maestro
.
Vinci
la
noia
che
ti
daranno
da
prima
i
lunghi
periodi
,
nei
quali
,
per
accarezzare
l
'
orecchio
,
sovrabbonda
di
parole
,
e
per
raggruppare
intorno
a
un
concetto
principale
troppi
concetti
accessori
,
addossa
incisi
ad
incisi
,
e
per
imitare
la
prosa
latina
intreccia
e
traspone
forzatamente
frasi
e
vocaboli
.
Vinci
quella
prima
noia
,
e
dello
sforzo
sarai
compensato
ad
usura
.
Dov
'
egli
esprime
un
sentimento
vivo
o
tratta
un
argomento
che
s
'
accorda
con
le
sue
facoltà
naturali
,
i
suoi
difetti
spariscono
o
s
'
attenuano
;
dove
ai
suoi
personaggi
fa
parlare
il
linguaggio
della
passione
,
ha
tratti
d
'
eloquenza
calda
,
logica
e
impetuosa
che
t
'
avvolge
e
ti
trascina
;
nella
pittura
della
realtà
comica
,
nella
descrizione
delle
scene
e
dei
personaggi
lepidi
,
nel
dialogo
,
nella
satira
,
egli
si
serve
con
ardimento
e
con
arte
impareggiabile
di
tutti
i
più
efficaci
costrutti
del
parlar
fiorentino
,
dell
'
idiotismo
,
del
proverbio
,
di
tutto
quanto
v
'
è
di
più
vivo
nella
lingua
viva
,
come
se
in
lui
fossero
raccolti
e
saltassero
fuori
l
'
un
dopo
l
'
altro
dieci
scrittori
.
Ti
parrà
uniforme
da
principio
:
poi
vi
troverai
mille
forme
,
mille
armonie
,
mille
colori
.
E
non
possiamo
imitarlo
,
non
forzare
il
nostro
pensiero
moderno
alle
sue
forme
,
a
cui
non
si
piegherebbe
che
snaturandosi
,
né
dipingere
e
scolpire
con
l
'
arte
sua
,
né
ripeter
la
sua
musica
;
ma
egli
resta
pur
sempre
un
architetto
sovrano
,
un
pittore
insigne
,
uno
scultore
stupendo
,
un
artefice
di
suoni
maraviglioso
,
uno
scrittore
unico
,
che
fece
nella
prosa
italiana
il
lavoro
d
'
una
generazione
,
che
ogni
volta
che
ci
riprende
,
ci
domina
,
e
al
quale
è
bene
ritornare
ogni
tanto
,
perché
se
n
'
esce
sempre
con
un
raggio
nella
mente
e
dell
'
oro
nelle
mani
.
Dal
Boccaccio
a
Leonardo
.
Vuoi
ora
qualche
consiglio
,
non
da
maestro
,
ma
da
vecchio
amico
,
per
proseguire
dopo
il
Trecento
?
Fatto
che
avrai
il
gusto
al
Boccaccio
,
non
ti
svoglierà
dalla
lettura
l
'
imitazione
che
troverai
di
lui
in
una
serie
di
scrittori
del
secolo
seguente
;
i
quali
,
sotto
l
'
influsso
del
culto
risorgente
dell
'
antichità
,
seguirono
l
'
esempio
del
grande
novelliere
,
dislogando
le
ossa
,
come
dice
il
Leopardi
,
e
le
giunture
della
nostra
lingua
,
per
imporle
violentemente
le
forme
latine
.
Leggerai
Leon
Battista
Alberti
che
della
gravezza
della
sintassi
boccaccesca
ti
compenserà
con
molte
pagine
di
stile
elegante
e
agile
,
sparse
di
parole
vive
e
frasi
schiette
del
suo
volgare
nativo
.
Leggerai
con
piacere
la
lettera
di
Lorenzo
il
Magnifico
a
Federico
d
'
Aragona
,
che
si
può
dire
la
prima
esposizione
critica
della
nostra
più
antica
letteratura
poetica
,
oltre
che
un
esempio
di
bella
prosa
,
foggiata
alla
latina
,
d
'
una
eloquenza
nobile
e
calda
.
Per
formarti
un
concetto
della
prosa
classicheggiante
di
quel
secolo
,
qual
è
nel
più
alto
grado
del
suo
svolgimento
,
leggerai
,
con
un
po
'
di
pazienza
,
l
'
Arcadia
del
Sannazzaro
.
Altri
scrittori
leggerai
,
che
con
più
o
meno
garbo
innestarono
la
latinità
nel
volgare
,
temperando
la
gravità
dello
stile
forzato
con
quella
parte
della
lingua
viva
,
che
irresistibilmente
veniva
loro
dalla
bocca
alla
penna
.
E
farai
una
cosa
:
alternerai
con
la
lettura
di
questi
,
che
prolungata
ti
stancherebbe
,
quella
degli
scrittori
semplici
e
spontanei
,
che
anche
nel
Quattrocento
fiorirono
.
Leggi
le
lettere
di
Alessandra
Macinghi
,
dove
,
col
candore
dei
Trecentisti
,
troverai
la
ricchezza
e
la
vivacità
del
parlar
fiorentino
del
tempo
suo
,
e
come
in
uno
specchio
limpidissimo
riflessa
la
vita
d
'
una
famiglia
di
quel
secolo
,
e
in
questa
un
'
anima
schietta
,
buona
,
amorosa
,
di
cui
ti
resterà
l
'
immagine
impressa
nel
cuore
.
Leggi
le
prediche
di
Fra
Bernardino
da
Siena
,
tutte
fiorite
di
bei
modi
dell
'
antico
parlar
senese
,
tutte
apologhi
,
novellette
,
arguzie
,
quadretti
pieni
di
freschezza
e
di
vita
.
Leggi
,
come
esempio
di
spontaneità
e
di
forza
,
belle
nonostante
le
ruvidezze
dello
stile
,
efficacissime
nelle
forme
piane
e
spezzate
del
parlare
popolaresco
,
le
prediche
del
Savonarola
,
piene
di
lampi
e
di
tuoni
,
qualche
volta
grandi
e
terribili
.
Leggi
sopra
tutto
il
Trattato
della
Pittura
di
Leonardo
da
Vinci
,
per
vedere
a
che
grado
d
'
efficacia
possa
pervenire
nello
scrivere
un
homo
senza
lettere
quando
tratta
una
materia
in
cui
è
maestro
,
a
qual
segno
di
gagliardia
,
di
densità
,
di
concisione
,
di
limpidezza
possa
arrivar
nella
prosa
,
pur
senza
lettere
,
chi
ha
osservazioni
profonde
e
grandi
pensieri
da
esprimere
,
che
quadri
stupendi
di
colorito
e
d
'
evidenza
riesca
a
dipinger
con
la
penna
chi
ha
delle
cose
la
visione
fisica
netta
,
luminosa
,
immensa
ch
'
egli
aveva
.
Da
Leonardo
al
Machiavelli
.
La
stessa
norma
,
d
'
alternar
le
letture
di
scrittori
d
'
indole
opposta
o
diversa
,
ti
consiglio
di
seguire
per
gli
scrittori
del
secolo
decimosesto
,
il
più
ricco
di
grandi
maestri
,
il
più
vario
nelle
opere
,
il
più
ammirabile
per
ricchezza
di
lingua
e
perfezione
di
forma
,
di
tutta
la
letteratura
italiana
.
Nel
Bembo
,
primo
legislatore
della
lingua
volgare
,
che
giovò
più
di
tutti
in
Italia
alla
formazione
d
'
un
idioma
letterario
comune
,
e
in
molti
dei
suoi
imitatori
,
che
tutta
l
'
arte
dello
scrivere
ridussero
nella
scelta
e
nella
collocazione
delle
parole
,
ti
spiaceranno
la
mancanza
di
spontaneità
,
l
'
asservimento
del
pensiero
alla
frase
,
l
'
imitazione
pedissequa
del
Boccaccio
,
e
più
che
altro
quel
pavoneggiarsi
perpetuo
,
come
se
a
ogni
periodo
dicessero
ai
lettori
:
-
Vedete
come
scrivo
bene
!
-
Ma
leggili
con
attenzione
,
non
fosse
che
per
la
lingua
purissima
,
chè
ne
ricaverai
un
grande
vantaggio
.
Quanti
felici
costrutti
e
garbati
giri
di
sintassi
vi
troverai
,
che
fine
arte
nel
concatenare
i
periodi
e
nel
rendere
ogni
sfumatura
del
pensiero
,
che
ricchezza
di
modi
e
che
belle
e
flessuose
forme
di
eleganza
e
di
cortesia
signorile
!
E
non
soltanto
lo
stile
dignitoso
e
semplice
ti
attirerà
nel
Cortegiano
del
Castiglione
;
ma
la
rara
potenza
dell
'
osservar
dal
vero
e
sul
vivo
,
e
la
forte
pittura
di
caratteri
storici
,
e
la
rappresentazione
evidente
della
vita
delle
Corti
italiane
del
Cinquecento
,
e
la
magistrale
arte
dialogica
.
E
nel
Galateo
del
Della
Casa
,
oltre
la
grazia
,
la
fiorentinità
schietta
,
il
sapore
trecentistico
,
la
ricchezza
delle
espressioni
proprie
e
calzanti
,
ammirerai
le
osservazioni
argute
e
finissime
sull
'
animo
umano
,
sui
costumi
e
sulla
vita
;
e
nel
Gelli
la
forma
semplice
,
tersa
,
spontanea
,
ricca
del
più
bel
volgare
fiorentino
e
in
molti
tratti
quasi
moderna
,
con
la
quale
egli
rende
intelligibile
e
gradevole
a
ogni
lettore
anche
la
materia
ardua
della
filosofia
;
e
nel
Firenzuola
l
'
amenità
,
la
leggiadria
,
la
lingua
candidissima
,
snella
,
vivace
,
tutta
grazie
e
bei
modi
del
parlar
famigliare
.
Che
salti
maravigliosi
farai
da
un
prosatore
all
'
altro
!
E
come
sentirai
meglio
l
'
originalità
e
i
pregi
di
ciascuno
raffrontandolo
col
precedente
!
Dopo
la
prosa
rapida
,
nervosa
,
scolpita
del
traduttore
stringatissimo
del
più
stringato
degli
storici
,
dal
quale
imparerai
a
serrare
nel
più
breve
cerchio
possibile
di
parole
l
'
espressione
del
tuo
pensiero
,
ti
parrà
più
mirabilmente
fluida
e
musicale
l
'
eloquenza
dei
dialoghi
e
delle
lettere
del
Tasso
.
Dopo
esserti
dilettato
nell
'
arte
squisita
delle
Lettere
del
Caro
,
di
stile
disinvolto
e
brillante
,
ma
correttissimo
,
e
piene
di
gaio
lepore
,
leggerai
con
doppio
piacere
il
più
eloquente
e
più
incantevole
sgrammaticatore
di
tutte
letterature
,
quel
libro
unico
,
riboccante
di
vita
,
di
forza
,
di
baldanza
,
d
'
ingegno
,
viva
immagine
d
'
un
uomo
e
d
'
un
secolo
straordinario
,
quella
specie
d
'
Orlando
Furioso
in
prosa
,
quell
'
indiavolato
e
sfolgorante
capolavoro
,
che
è
la
Vita
di
Benvenuto
Cellini
.
Quando
t
'
avranno
un
po
'
stancato
le
descrizioni
e
le
orazioni
sfoggiate
della
storia
del
Giambullari
"
artista
finissimo
della
parola
e
della
sintassi
"
ma
impettito
e
freddo
nella
sua
"
dignità
impeccabile
"
,
leggerai
e
rileggerai
con
sempre
più
calda
ammirazione
l
'
Apologia
di
Lorenzino
dei
Medici
,
una
folata
d
'
eloquenza
italianissima
,
lucidissima
,
ardente
di
passione
,
bella
e
spaventevole
come
un
torrente
in
piena
,
che
travolge
ogni
cosa
.
E
senti
:
studia
il
Guicciardini
.
Non
ti
sgomentare
di
quello
stile
involuto
e
austero
,
talvolta
un
po
'
rude
,
sovente
oscuro
,
che
dà
sulle
prime
al
lettore
un
senso
d
'
oppressione
,
e
gli
confonde
la
mente
.
Continua
a
leggere
.
Tu
riconoscerai
a
poco
a
poco
che
quel
modo
di
scrivere
non
è
tanto
sforzo
e
artifizio
quanto
effetto
naturale
della
maniera
di
sentire
e
di
pensare
propria
dell
'
autore
,
del
procedimento
con
cui
si
svolgono
e
s
'
intrecciano
le
idee
nel
suo
intelletto
profondo
e
complesso
,
"
uno
dei
più
chiaroveggenti
che
siano
stati
al
mondo
.
"
E
dai
periodi
lunghi
e
farragginosi
,
di
cui
si
stenta
a
cogliere
il
senso
,
distinguerai
quelli
lunghi
del
pari
,
ma
architettati
con
maestria
mirabile
,
periodi
da
gran
signore
della
lingua
e
dello
stile
,
in
cui
dagli
accessori
emerge
l
'
idea
principale
,
dominante
,
come
una
torre
sopra
un
villaggio
.
E
da
questi
imparerai
a
legare
con
ordine
e
con
armonia
in
un
periodo
solo
,
intorno
a
un
solo
concetto
,
una
famiglia
di
concetti
minori
;
e
dai
magistrali
ritratti
dei
personaggi
e
dalle
considerazioni
acute
e
profonde
sugli
avvenimenti
,
a
studiare
l
'
animo
umano
e
i
casi
della
vita
;
e
di
quella
lettura
ti
rimarrà
nella
mente
un
suono
grave
e
solenne
,
che
risentirai
come
un
'
eco
ispiratrice
ogni
volta
che
,
scrivendo
,
cercherai
una
forma
degna
a
un
ordine
di
alti
pensieri
.
Ma
sopra
tutti
ammirerai
e
studierai
il
Machiavelli
,
che
"
segna
il
punto
d
'
arrivo
della
sincera
prosa
antica
e
il
punto
di
partenza
della
moderna
"
,
prosatore
che
dal
latinismo
e
dall
'
uso
volgare
trae
insieme
una
forza
che
nessun
altro
raggiunse
,
il
più
schietto
,
il
più
sicuro
,
il
più
sintetico
,
il
più
logico
scrittore
del
tempo
suo
,
il
più
sdegnoso
disprezzatore
della
rettorica
,
il
più
strettamente
legato
alla
realtà
delle
cose
,
il
più
potentemente
drammatico
,
il
più
superbamente
eloquente
;
grande
nell
'
arte
che
va
innanzi
al
suo
secolo
,
grande
nell
'
ardimento
e
nella
carità
di
patria
che
gli
fiammeggia
nell
'
anima
,
grande
nel
pensiero
folgorante
,
che
illumina
il
presente
e
legge
nell
'
avvenire
.
Da
Galileo
all
'
Alfieri
.
Un
altro
grande
maestro
.
Di
dove
arriva
il
Machiavelli
,
il
più
moderno
dei
prosatori
antichi
,
muove
Galileo
,
che
infondendo
nella
prosa
il
soffio
di
quella
nuova
filosofia
,
la
quale
"
fa
più
ricche
,
più
chiare
e
più
dritte
le
teste
"
,
le
dà
sulla
via
della
libertà
e
della
verità
l
'
impulso
poderoso
,
per
cui
ella
procede
fino
al
tempo
nostro
.
La
sodezza
e
la
concisione
che
viene
dalla
densità
del
pensiero
e
dalla
profondità
della
dottrina
,
la
lucidità
pura
che
deriva
dalla
chiarezza
perfetta
e
dallo
stretto
e
sottile
concatenamento
delle
idee
,
l
'
eleganza
,
la
dignità
,
la
sprezzatura
signorile
che
è
effetto
del
pieno
possesso
e
del
sentimento
profondo
della
lingua
letteraria
e
della
famigliare
,
tutto
questo
è
in
quella
nobile
prosa
che
scorre
come
un
largo
fiume
pacato
e
limpido
,
e
in
cui
si
sente
la
forza
d
'
un
intelletto
sovrano
e
d
'
un
'
anima
grande
.
Rimani
un
pezzo
alla
scuola
di
Galileo
,
e
ritornavi
ogni
tanto
per
imparare
,
non
soltanto
a
scrivere
,
ma
a
meditare
e
a
ragionare
;
senza
di
che
si
mena
la
penna
,
ma
non
si
scrive
.
Poi
leggerai
i
suoi
discepoli
e
continuatori
,
e
ti
piacerà
nel
Redi
la
grazia
prettamente
paesana
,
nel
Magalotti
la
scioltezza
tutta
moderna
,
nel
Boccalini
la
vivacità
e
la
gagliardìa
.
In
altra
forma
ti
persuaderà
eloquentemente
dell
'
obbligo
di
ben
parlare
la
propria
lingua
il
Dati
,
nella
cui
prosa
ritroverai
il
miglior
Cinquecento
;
e
nel
Sarpi
ammirerai
la
sobrietà
vigorosa
e
lucida
,
retta
da
una
coscienza
fortissima
e
da
un
alto
intento
civile
.
Ti
parrà
di
ritornare
indietro
col
Bartoli
,
adoratore
della
forma
,
studioso
di
vezzi
e
di
grazie
,
servitore
,
non
dominatore
della
lingua
;
ma
di
lingua
vi
troverai
una
miniera
enorme
,
e
v
'
imparerai
l
'
arte
difficile
di
"
condurre
come
in
ordinanza
stretta
i
pensieri
e
trarre
dalla
destrissima
collocazione
delle
parole
chiarezza
lucidissima
e
nobile
e
grato
temperamento
di
suoni
"
.
E
artificio
rettorico
troverai
pure
nelle
prediche
del
Segneri
,
concitate
talvolta
per
proposito
più
che
per
passione
;
ma
anche
spontaneità
nell
'
esuberanza
,
e
puro
eloquio
e
varietà
d
'
armonie
nella
stretta
argomentazione
e
negl
'
impeti
non
rari
d
'
eloquenza
vera
;
e
calda
,
viva
,
irruente
eloquenza
nelle
Filippiche
del
Tassoni
,
frementi
d
'
ira
contro
la
dominazione
straniera
e
tutte
palpitanti
di
generose
speranze
italiane
.
C
'
è
bisogno
di
raccomandarti
Gaspare
Gozzi
,
maestro
di
eleganza
e
di
grazia
,
pieno
di
buon
gusto
e
di
buon
senso
,
e
osservatore
arguto
e
finissimo
,
che
in
pieno
Settecento
oppone
all
'
invadente
gusto
straniero
la
sua
bella
prosa
castigata
,
ancora
atteggiata
della
dignità
antica
?
Occorre
accennarti
la
prosa
agile
,
spigliata
,
scintillante
,
con
la
quale
Giuseppe
Baretti
allarga
i
confini
della
critica
e
tratta
a
ferro
e
a
fuoco
le
frivolezze
e
le
pastorellerie
dell
'
Arcadia
?
Ma
a
lui
non
t
'
arresterai
per
studiare
gli
effetti
prodotti
nella
prosa
italiana
dal
nuovo
mescolarsi
della
cultura
nazionale
con
la
cultura
europea
contemporanea
.
Leggerai
del
Cesarotti
,
benchè
francesizzante
,
le
pagine
dove
si
prefigge
di
liberar
la
lingua
dal
dispotismo
dell
'
autorità
e
dai
capricci
della
moda
e
dell
'
uso
per
sommetterla
al
governo
legittimo
della
ragione
e
del
gusto
;
e
non
trascurerai
il
Bettinelli
,
se
vorrai
un
esempio
singolare
di
prosa
battagliera
,
ribelle
alle
tradizioni
pedantesche
,
inforestierata
,
ma
viva
;
né
l
'
Algarotti
,
che
nello
stile
foggiato
alla
francese
ha
l
'
arte
di
render
piane
con
facilità
e
vivezza
quasi
di
conversazione
le
verità
più
difficili
della
scienza
;
né
Alessandro
Verri
,
non
puro
di
lingua
né
di
stile
,
ma
uno
dei
primi
nostri
scrittori
riusciti
efficacissimi
nella
mozione
degli
affetti
.
E
arriverai
così
a
Vittorio
Alfieri
,
che
con
la
sua
Vita
eresse
il
primo
monumento
di
prosa
veramente
moderna
:
e
s
'
intende
di
quella
prosa
personale
,
non
calcata
su
alcun
esemplare
da
tutti
imitabile
,
la
quale
prende
forma
e
colore
dall
'
indole
dell
'
autore
,
ed
è
opera
d
'
arte
,
ma
d
'
un
'
arte
sua
propria
,
uscita
dall
'
intimo
dell
'
animo
suo
,
e
che
non
si
può
confondere
con
quella
di
nessun
altro
,
come
l
'
espressione
del
viso
e
il
suono
della
voce
.
Dal
Foscolo
al
Carducci
.
E
ora
una
schiera
di
maestri
,
mirabilmente
vari
,
nei
quali
,
come
nell
'
Alfieri
,
parla
il
nuovo
spirito
destato
dalla
rivoluzione
e
la
coscienza
nazionale
risuscitata
dalla
dominazione
francese
;
e
primo
fra
questi
Ugo
Foscolo
con
quell
'
Epistolario
impareggiabile
,
in
cui
egli
trasfuse
e
svelò
tutta
l
'
anima
sua
con
un
calore
,
con
una
sincerità
,
con
una
franchezza
e
vigoria
di
stile
che
ti
soggiogheranno
.
Ma
non
trascurerai
però
la
prosa
fluida
,
chiarissima
,
sonoramente
faconda
del
suo
rivale
poetico
,
Vincenzo
Monti
,
battagliante
col
diavolo
in
corpo
contro
la
Crusca
e
i
propri
critici
.
Né
ti
spiacerà
il
ritorno
all
'
imitazione
dell
'
antico
in
quegli
scrittori
che
tentarono
per
tal
via
di
salvare
le
nostre
lettere
dalla
corruzione
straniera
;
chè
anzi
essi
ti
gioveranno
per
questo
.
Declamazione
,
ridondanza
d
'
ornamenti
,
affettazione
anticheggiante
;
ma
anche
vigor
maschio
di
stile
,
pagine
scultorie
e
magniloquenti
troverai
nel
Botta
.
Ammirerai
il
gusto
squisito
e
"
la
strettissima
fabbrica
dei
periodi
"
nel
Giordani
,
benchè
per
il
soverchio
studio
appunto
di
legare
strettamente
le
idee
e
di
serbar
la
lingua
purissima
,
egli
abbia
qualche
cosa
di
rattenuto
,
come
dice
il
Capponi
,
e
"
non
scorra
nella
sua
prosa
libera
e
franca
l
'
onda
della
parola
"
.
E
benchè
la
parola
idoleggi
,
e
sia
schiavo
del
suo
principio
di
restringere
la
lingua
al
Trecento
,
ti
gioverà
il
Padre
Cesari
,
prosator
gioielliere
,
tutto
eleganze
classiche
,
che
fu
al
tempo
suo
contro
il
forestierume
linguistico
un
"
antidoto
potente
"
non
inutile
affatto
ai
giorni
nostri
.
E
lascerai
dire
chi
vuole
:
leggerai
il
Colletta
,
non
impeccabile
nella
lingua
e
non
sempre
chiarissimo
,
ma
fiero
e
gagliardo
in
quella
sua
prosa
da
uomo
di
guerra
,
che
porta
lo
stampo
profondo
dell
'
animo
suo
.
E
non
leggerai
soltanto
,
studierai
con
amore
i
due
prosatori
ammirabili
che
sono
nel
Leopardi
:
quello
libero
,
vivo
,
tutto
moderno
dei
Pensieri
inediti
,
dove
s
'
abbandona
all
'
ispirazione
subitanea
,
quasi
parlando
più
che
scrivendo
,
e
quello
meno
agile
,
meno
colorito
,
ma
di
disegno
più
puro
e
più
fermo
,
delle
Operette
morali
:
prosa
originalissima
,
mista
di
modernità
e
di
classicismo
,
magistralmente
ordita
,
d
'
una
"
serenità
marmorea
"
,
d
'
un
'
armonia
sommessa
e
delicatissima
,
e
d
'
una
chiarezza
"
a
traverso
la
quale
si
vedono
i
pensieri
come
per
un
'
acqua
limpida
le
rene
e
i
sassolini
del
fondo
"
.
Quello
che
il
Leopardi
non
fece
,
di
rinfrescare
la
lingua
alla
sorgente
dell
'
uso
vivo
,
troverai
nel
Tommaseo
,
che
alla
propria
prosa
"
diede
moto
e
vita
e
copia
ritraendo
giudiziosamente
dall
'
uso
fiorentino
"
,
poeta
e
scienziato
della
parola
,
qualche
volta
troppo
forzatamente
conciso
,
ma
ricco
,
robusto
,
proprio
,
e
pittore
e
scultore
e
cesellatore
,
che
dice
mirabilmente
e
in
modo
tutto
suo
ogni
cosa
più
difficile
a
dire
.
C
'
è
bisogno
di
rammentarti
Giuseppe
Giusti
?
Non
è
a
imitarsi
la
soverchia
ripetizione
dei
modi
prediletti
,
né
l
'
abuso
delle
forme
vernacole
,
né
l
'
affettazione
della
sprezzatura
,
in
cui
cade
troppo
spesso
nell
'
Epistolario
;
ma
quanta
ricchezza
di
modi
famigliari
e
popolari
,
che
pieghevolezza
,
che
amabile
baldanza
,
che
briosa
disinvoltura
di
stile
!
Non
t
'
avrei
neppure
da
rammentare
il
Guerrazzi
,
non
scevro
di
vecchia
rettorica
,
né
d
'
enfasi
romantica
,
e
spesso
forzato
nello
stile
;
ma
ricchissimo
di
lingua
pura
,
di
frasi
scultorie
e
d
'
immagini
ardite
,
potente
nell
'
espressione
dell
'
ira
e
del
sarcasmo
e
negl
'
impeti
d
'
eloquenza
patriottica
,
scrittore
originale
e
grande
nelle
sue
pagine
migliori
,
venate
d
'
oro
e
scintillanti
di
gemme
,
irte
di
rilievi
di
bronzo
e
di
punte
d
'
acciaio
.
Leggi
dopo
questa
,
per
amor
del
contrasto
,
la
prosa
nobilmente
famigliare
di
Gino
Capponi
,
bella
d
'
una
proporzione
,
d
'
una
discrezione
,
d
'
una
compostezza
patrizia
,
nella
quale
,
come
dice
il
Carducci
,
l
'
anima
del
lettore
si
riposa
e
si
contenta
come
l
'
occhio
dello
spettatore
nelle
linee
degli
edifizi
fiorentini
.
E
non
soltanto
per
dovere
di
cittadino
,
ma
per
interesse
di
studioso
,
leggerai
la
prosa
del
Mazzini
,
"
lievemente
colorita
di
classicismo
"
,
misurata
,
ma
viva
,
armoniosa
,
ma
senza
ridondanza
,
ora
profeticamente
solenne
,
ora
squillante
come
una
musica
guerriera
,
e
sempre
chiara
come
cristallo
.
E
per
prender
coraggio
da
un
esempio
insigne
del
come
anche
un
italiano
nato
ai
piedi
delle
Alpi
possa
con
lo
studio
riuscire
uno
scrittore
facondo
,
nobile
e
ricco
,
leggi
Vincenzo
Gioberti
:
un
maestro
,
benchè
vesta
troppo
ampiamente
il
pensiero
e
"
faccia
sciupìo
di
metafore
e
di
splendori
"
.
Col
quale
terminerei
,
non
essendo
necessario
l
'
accennare
i
viventi
,
se
d
'
uno
di
questi
non
si
potesse
in
nessun
modo
tacere
,
perché
è
incominciato
per
lui
il
giudizio
della
posterità
.
Voglio
dire
Giosue
Carducci
,
prosatore
potentissimo
,
che
dice
tutto
quello
che
vuole
e
come
vuole
,
solennemente
e
famigliarmente
,
con
un
'
arte
che
sgomenta
chi
studia
l
'
arte
;
nel
quale
la
conoscenza
profonda
della
lingua
letteraria
e
il
possesso
perfetto
dell
'
uso
vivo
,
non
abusati
mai
ad
alcun
proposito
,
si
fondono
e
si
contemperano
in
un
linguaggio
di
forza
straordinaria
e
d
'
armonia
svariatissima
,
egualmente
bello
e
potente
nella
descrizione
e
nella
polemica
,
nel
discorso
dottrinale
e
nel
volo
lirico
,
nell
'
orazione
politica
e
nella
fantasia
scherzosa
,
sempre
segnato
d
'
un
'
impronta
in
cui
lo
riconosci
e
lo
ammiri
.
-
Ma
,
e
Alessandro
Manzoni
?
-
domanderai
a
questo
punto
.
L
'
ho
lasciato
ultimo
per
finire
con
lui
,
e
volevo
finir
con
lui
perché
è
lo
scrittore
che
devo
raccomandarti
con
maggior
insistenza
di
studiare
,
parendomi
la
prosa
dei
Promessi
Sposi
la
più
vicina
a
quello
che
è
per
tutti
oramai
il
tipo
ideale
della
prosa
moderna
:
moderna
e
perfettamente
italiana
.
È
semplice
,
in
fatti
,
conforme
al
linguaggio
parlato
,
e
pare
spontanea
;
ma
non
cade
mai
nella
volgarità
,
e
neppure
nell
'
affettazione
della
naturalezza
.
È
chiara
,
limpida
come
l
'
aria
,
ma
non
per
effetto
d
'
una
semplicità
elementare
:
ha
la
chiarezza
che
deriva
dalla
precisione
e
dall
'
ordine
dei
pensieri
,
e
dall
'
arte
finissima
di
ridurre
ogni
idea
,
per
quanto
profonda
e
complessa
,
a
un
'
espressione
semplice
,
che
la
fa
parere
un
portato
del
senso
comune
.
È
sempre
stretta
al
pensiero
,
ma
senza
impacciarlo
mai
;
logica
,
ma
senza
mostrar
lo
sforzo
delle
connessioni
e
dei
legamenti
;
omogenea
,
ma
pieghevole
a
tutti
gli
atteggiamenti
del
pensiero
e
alla
natura
propria
d
'
ogni
oggetto
o
argomento
;
originale
,
ma
non
ribelle
alla
tradizione
,
e
scevra
a
un
tempo
d
'
ogni
imitazione
o
reminiscenza
di
stili
altrui
.
È
ricca
di
lingua
,
e
dove
il
soggetto
lo
vuole
,
elegante
,
ma
senza
che
la
forma
si
faccia
mai
sentire
per
sé
stessa
,
senza
che
alcuna
parola
o
frase
distolga
mai
l
'
attenzione
dal
pensiero
;
ed
è
variamente
colorita
,
ma
senza
vistosità
,
e
con
una
fusione
perfetta
di
tinte
;
ed
è
mirabilmente
armoniosa
,
ma
senza
ricerca
evidente
del
numero
,
d
'
un
'
armonia
riposta
e
delicatissima
,
che
par
non
venga
dalle
parole
,
ma
dal
pensiero
,
e
nasce
infatti
dall
'
equilibrio
perfetto
delle
idee
,
e
suona
nella
mente
quasi
senza
che
l
'
orecchio
la
senta
.
Leggila
e
studiala
con
attenzione
e
con
amore
.
Studiala
confrontando
le
due
Edizioni
del
Romanzo
,
quella
del
primo
testo
,
del
1825
,
e
quella
corretta
,
del
1840
,
e
ne
intenderai
meglio
la
ragione
,
l
'
arte
e
la
bellezza
al
vedere
come
del
primo
testo
l
'
autore
ha
appianato
le
scabrosità
,
addolcito
le
durezze
,
sostituito
al
latinismo
o
al
modo
vernacolo
la
locuzione
italiana
,
all
'
arcaismo
la
parola
viva
,
alla
pedanteria
grammaticale
l
'
anacoluto
efficace
;
per
che
via
,
con
che
norma
lucida
e
costante
egli
ha
rifatto
in
parte
e
avvicinato
l
'
opera
sua
alla
forma
ideale
che
gli
splendeva
nella
mente
.
Studiala
,
e
t
'
affinerai
il
criterio
e
il
gusto
,
e
prenderai
in
avversione
per
sempre
il
manierato
e
il
falso
,
il
troppo
e
il
vano
,
la
trivialità
e
la
stranezza
,
l
'
orpello
e
la
ciancia
.
Studiala
,
e
imparerai
a
fare
e
a
correggere
,
a
condensare
e
a
semplificare
,
a
esser
chiaro
e
sincero
,
dignitoso
e
discreto
,
logico
e
giusto
.
Studia
il
Manzoni
e
amalo
per
tutta
la
vita
.
Ma
non
lo
adorare
;
ti
sia
maestro
,
non
idolo
.
Conclusione
.
Voglio
dire
:
non
te
lo
prefiggere
modello
unico
di
prosatore
,
per
avere
il
pretesto
,
comodo
alla
pigrizia
,
di
non
leggerne
altri
,
come
molti
fanno
;
ai
quali
il
maestro
unico
raffina
il
gusto
,
ma
lo
circoscrive
;
poichè
il
Manzoni
mostrò
ciò
che
può
la
lingua
nostra
,
ma
non
in
tutti
i
campi
,
né
in
ogni
forma
della
letteratura
,
non
avendo
trattato
ogni
argomento
,
né
tutto
detto
in
tutti
i
modi
possibili
neppure
nel
campo
suo
.
E
non
lo
imitare
,
per
la
ragione
principalissima
,
ch
'
egli
non
ha
imitato
nessuno
.
Ma
la
semplicità
-
domanderai
-
la
naturalezza
,
tutte
le
qualità
mirabili
che
riconosciamo
nella
sua
prosa
,
perché
non
s
'
hanno
da
imitare
?
-
E
io
ti
rispondo
che
quelle
qualità
non
te
le
darà
l
'
imitazione
,
con
la
quale
troppo
facilmente
la
semplicità
degenera
in
sciatteria
,
la
grazia
in
sguaiataggine
e
in
superficialità
la
chiarezza
.
Quelle
qualità
devono
essere
in
te
,
come
furono
nel
Manzoni
,
il
frutto
maturo
d
'
infiniti
studi
e
letture
,
e
disse
stupendamente
il
più
sensato
dei
manzoniani
:
che
è
illusione
il
credere
di
potergliele
rubare
,
leggendo
lui
soltanto
,
senza
rifare
in
qualche
modo
il
cammino
ch
'
egli
fece
.
Leggi
dunque
,
e
studia
tutti
gli
scrittori
.
Leggi
e
confronta
fra
di
loro
quelli
che
si
rassomigliano
e
quelli
che
più
si
dissomigliano
,
arrestandoti
in
special
modo
a
considerare
gli
effetti
simili
ottenuti
con
mezzi
diversi
.
In
ciascuno
troverai
certi
ordini
di
pensieri
e
di
sentimenti
ch
'
essi
esprimono
con
maggior
efficacia
d
'
ogni
altro
;
troverai
nei
più
artificiosi
espressioni
e
forme
semplici
;
nei
meno
eleganti
forme
elegantissime
;
nei
meno
ricchi
di
lingua
locuzioni
e
costrutti
preziosi
,
da
altri
non
usati
,
frasi
e
parole
,
dalle
quali
essi
soli
traggono
certi
effetti
vivi
,
per
il
punto
e
il
modo
con
cui
le
adoperano
,
come
se
quelle
forme
acquistassero
dalla
loro
penna
,
incastonate
nei
loro
periodi
,
un
valore
particolare
.
Cerca
in
tutti
,
quando
sei
arrestato
da
una
frase
o
da
una
parola
che
suona
falso
,
o
da
un
'
oscurità
,
o
da
una
slegatura
che
ti
dà
il
senso
d
'
un
vuoto
,
o
da
un
giro
di
parole
che
ti
dà
un
principio
di
noia
,
cerca
in
qual
maniera
si
potrebbe
correggere
l
'
errore
,
chiarire
l
'
oscurità
,
annodare
i
pensieri
sconnessi
,
recidere
la
frase
oziosa
.
Arrèstati
in
special
modo
ogni
volta
che
trovi
espressi
con
facilità
e
proprietà
certi
sentimenti
e
pensieri
,
dei
quali
a
te
suol
riuscire
difficile
l
'
espressione
,
o
perché
corrispondono
a
lati
deboli
delle
tue
facoltà
,
o
perché
sono
remoti
dalla
tua
indole
,
o
perché
si
riferiscono
a
cose
sulle
quali
non
hai
mai
fermato
a
lungo
l
'
attenzione
.
E
ritorna
sulle
pagine
belle
:
non
ti
contentare
di
quella
prima
commozione
viva
e
piacevole
ch
'
esse
ti
destano
,
nella
quale
,
come
dice
il
Leopardi
,
la
mente
tumultua
e
si
confonde
;
ma
esamina
,
com
'
egli
faceva
,
e
rivolgi
in
mente
quelle
bellezze
fin
che
esse
vi
piglino
un
posto
,
dove
rimangano
.
Locuzioni
,
armonie
,
inflessioni
di
stile
,
particolarità
sintattiche
degli
scrittori
più
diversi
si
mescoleranno
nella
tua
memoria
,
si
combineranno
coi
tuoi
pensieri
,
e
ti
verranno
fuori
in
certi
momenti
,
senza
che
tu
ne
riconosca
l
'
origine
,
come
dall
'
intimo
del
tuo
spirito
,
come
nate
nel
tuo
capo
,
e
tutte
tue
;
chè
saranno
tue
veramente
.
Ti
verranno
,
nello
scrivere
,
reminiscenze
inconsapevoli
di
tutte
le
scuole
,
di
tutti
i
generi
e
di
tutti
i
secoli
della
letteratura
,
soccorsi
inaspettati
,
echi
lontani
e
vicini
e
soffi
animatori
e
baleni
;
scriverai
con
la
cooperazione
misteriosa
di
tutti
i
grandi
scrittori
;
e
ti
parrà
nondimeno
di
non
ricever
nulla
da
nessuno
,
perché
quello
che
n
'
avrai
tolto
sarà
diventato
tua
eredità
legittima
,
ti
sarà
penetrato
"
nei
più
profondi
strati
del
pensabile
"
,
sarà
diventato
sostanza
del
tuo
cervello
e
del
tuo
sangue
,
il
tuo
ingegno
,
la
tua
italianità
,
la
parola
spontanea
e
necessaria
del
tuo
sentimento
e
del
tuo
pensiero
.
UN
PARLATORE
IDEALE
.
È
uno
dei
più
cari
ricordi
della
mia
gioventù
questo
toscano
illustre
,
al
quale
,
per
riuscire
un
grande
scrittore
,
non
mancò
né
l
'
ingegno
,
né
la
dottrina
,
né
il
sentimento
,
né
l
'
arte
;
ma
solamente
la
voglia
di
scrivere
.
Già
dissi
di
lui
in
altri
libri
;
ma
l
'
impressione
ch
'
egli
mi
lasciò
di
sé
nell
'
animo
e
nella
mente
è
così
profonda
,
e
ancor
così
viva
,
che
,
riparlandone
,
non
ho
coscienza
di
ripetere
cose
già
dette
;
e
se
ripeto
le
cose
,
mi
vien
sempre
fatto
di
dirle
in
modo
diverso
,
poichè
mi
pare
di
non
averle
mai
dette
prima
con
bastante
efficacia
.
È
il
più
ammirabile
maestro
di
lingua
parlata
ch
'
io
abbia
inteso
mai
,
quello
che
mi
mostrò
meglio
d
'
ogni
altro
più
eletto
parlatore
ciò
che
può
la
lingua
italiana
nel
campo
della
conversazione
agile
e
varia
,
irto
di
tante
difficoltà
per
la
maggior
parte
degl
'
italiani
anche
colti
.
Si
sentiva
ch
'
era
toscano
;
ma
non
negl
'
idiotismi
di
pronunzia
che
ai
toscani
si
rimproverano
,
chè
non
n
'
aveva
nessuno
,
non
aspirando
neppur
leggermente
la
c
:
si
sentiva
nella
pronunzia
perfetta
che
,
fuor
di
Toscana
,
nessun
italiano
o
pochissimi
possedono
,
anche
di
coloro
che
hanno
reputazione
meritata
di
parlar
perfettamente
.
Ma
la
pronunzia
era
il
pregio
minore
del
suo
parlare
.
Il
pregio
massimo
era
d
'
esprimere
ogni
pensiero
,
anche
più
difficile
,
intorno
a
qualunque
argomento
,
o
più
ovvio
o
più
astruso
,
con
una
facilità
e
con
un
garbo
impareggiabile
,
senza
uscir
mai
dal
tono
della
conversazione
famigliare
;
di
dire
ogni
cosa
con
proprietà
,
con
finezza
e
con
eleganza
,
senza
che
apparisse
mai
nel
suo
discorso
neppure
un
'
ombra
di
ricercatezza
e
d
'
ostentazione
letteraria
.
Parlava
con
facilità
,
ma
non
in
furia
,
e
se
qualche
volta
s
'
arrestava
un
momento
a
cercare
una
parola
o
una
frase
,
nessuno
dei
suoi
ascoltatori
s
'
impazientiva
;
non
solo
,
ma
l
'
aspettazione
era
piacevole
,
perché
sapevan
tutti
che
l
'
espressione
aspettata
veniva
poi
quasi
sempre
più
felice
,
più
calzante
al
pensiero
di
quella
che
alla
mente
loro
s
'
affacciava
.
E
v
'
erano
nel
suo
linguaggio
gradazioni
finissime
secondo
ch
'
egli
parlava
con
persone
con
le
quali
non
avesse
dimestichezza
,
o
con
amici
stretti
,
o
in
un
crocchio
dove
non
fossero
signore
,
o
con
signore
.
Non
c
'
era
caso
che
con
queste
gli
sfuggisse
mai
uno
di
quei
tanti
modi
volgari
,
comunemente
usati
,
dello
stampo
di
tirar
su
le
calze
o
romper
le
tasche
o
mandare
a
far
friggere
,
che
molti
credono
leciti
in
ogni
compagnia
perché
li
hanno
letti
nei
libri
:
egli
non
aveva
neppur
da
fare
un
atto
di
riflessione
per
iscansarli
:
il
suo
senso
squisito
della
dignità
e
della
grazia
li
escludeva
.
E
così
,
quando
gli
occorreva
di
spiegare
ad
uno
qualche
cosa
che
questi
non
comprendesse
alla
prima
,
o
quando
faceva
una
citazione
,
o
ribatteva
un
'
opinione
altrui
,
erano
ammirabili
le
sfumature
,
le
industrie
gentili
della
frase
e
dell
'
accento
,
ch
'
egli
usava
,
non
lasciandole
quasi
avvertire
,
perché
non
ci
fosse
nel
suo
linguaggio
nessun
'
apparenza
d
'
insegnamento
,
né
colore
di
saccenteria
,
né
asprezza
di
contraddizione
.
Ne
seguiva
mai
ch
'
egli
mostrasse
,
come
fanno
molti
bei
parlatori
,
di
star
a
sentire
sé
stesso
,
o
di
cercar
negli
occhi
degli
uditori
l
'
ammirazione
della
propria
eloquenza
:
non
si
vedeva
mai
sul
suo
viso
,
non
si
sentiva
mai
nel
suo
accento
altra
espressione
da
quella
del
pensiero
o
del
sentimento
ch
'
egli
esponeva
.
Alla
semplicità
signorile
e
amabile
del
linguaggio
corrispondeva
perfettamente
il
suo
modo
di
gestire
:
vivo
,
ma
sobrio
,
e
sempre
spontaneo
,
e
pieno
d
'
efficacia
,
sia
che
facesse
l
'
atto
di
disegnar
nell
'
aria
un
'
immagine
,
o
d
'
incidere
col
cesello
una
frase
,
o
di
modellare
una
forma
nella
creta
,
o
di
scacciare
con
la
mano
un
velo
di
nebbia
che
ondeggiasse
fra
il
suo
pensiero
e
la
sua
parola
.
Maravigliosa
era
poi
la
varietà
del
suo
vocabolario
,
ricchissimo
,
secondo
gli
argomenti
della
conversazione
,
di
locuzioni
letterarie
e
di
modi
popolari
,
senza
che
nessun
modo
insolito
usato
da
lui
paresse
mai
strano
o
nuovo
affatto
a
chi
l
'
udiva
per
la
prima
volta
,
tanto
egli
l
'
usava
a
proposito
,
e
in
maniera
che
da
tutto
il
discorso
n
'
era
chiarito
il
senso
e
l
'
opportunità
dimostrata
.
Persino
quei
vocaboli
stranieri
,
che
s
'
usano
di
necessità
per
designar
nuove
cose
,
ma
che
suonano
sgradevolmente
all
'
orecchio
non
ancora
assuefatto
a
sentirli
,
riuscivano
meno
esotici
,
pigliavan
quasi
suono
e
apparenza
italiani
in
quel
suo
linguaggio
di
sostanza
e
di
forma
tutta
italiana
,
come
se
questo
comunicasse
loro
un
poco
del
suo
colorito
e
della
sua
armonia
.
Con
che
agilità
di
parola
raccontava
,
con
che
evidenza
di
disegno
e
securità
di
tocco
descriveva
,
con
che
vivezza
faceva
scattare
e
scintillare
l
'
arguzia
,
e
con
che
stretta
concatenazione
d
'
argomenti
e
lucida
semplicità
di
dizione
ragionava
,
smorzando
il
tono
,
allentando
la
stretta
della
dialettica
,
raffinando
la
cortesia
dell
'
espressione
man
mano
che
sentiva
vacillare
l
'
avversario
,
non
più
ostinato
a
resistere
che
per
salvare
l
'
orgoglio
!
Si
diceva
ogni
momento
,
ascoltandolo
:
-
Senti
,
come
si
può
dire
semplicemente
la
tal
cosa
che
io
dico
sempre
con
una
frase
solenne
!
-
Oppure
:
-
Guarda
,
e
io
sostenni
sempre
che
la
tal
frase
francese
non
si
poteva
tradurre
in
buon
italiano
!
-
A
sentirlo
,
desideravo
sempre
che
fosse
lì
qualche
dotto
straniero
,
di
quelli
che
intendono
l
'
italiano
e
lo
gustano
,
perché
ammirasse
in
quel
parlare
un
saggio
della
ricchezza
e
della
potenza
della
nostra
lingua
,
e
mi
rallegravo
in
fondo
all
'
anima
,
e
sentivo
alterezza
d
'
esser
nato
nel
paese
dove
una
tal
lingua
si
parla
.
E
osservavo
che
quasi
tutti
,
discorrendo
con
lui
,
parlavano
meglio
del
solito
,
e
non
per
uno
sforzo
che
facessero
,
per
emulazione
;
ma
naturalmente
,
come
per
un
'
eco
armoniosa
ch
'
egli
destasse
in
loro
;
ciò
che
pure
osservai
nelle
famiglie
,
dove
parlan
tutti
più
o
men
bene
,
se
c
'
è
uno
che
parla
benissimo
.
La
sua
conversazione
era
un
diletto
,
un
pascolo
intellettuale
,
una
scuola
di
lingua
e
di
gentilezza
.
E
per
effetto
dei
vari
pregi
ch
'
egli
riuniva
,
dell
'
espressione
propria
e
colorita
,
della
pronunzia
bella
,
dell
'
accento
e
del
gesto
efficacissimo
,
tanta
parte
dei
suoi
discorsi
m
'
è
rimasta
impressa
nella
memoria
,
che
ad
ogni
tratto
,
parlando
e
scrivendo
,
nell
'
atto
stesso
che
certe
espressioni
m
'
escono
dalla
bocca
o
dalla
penna
,
mi
ricordo
d
'
averle
imparate
da
lui
;
e
molte
volte
,
dopo
che
ho
scritto
una
frase
o
una
parola
che
mi
pare
affettata
,
o
volgare
,
o
disadatta
,
domando
a
me
stesso
s
'
egli
l
'
avrebbe
usata
,
e
se
,
immaginando
d
'
udirla
dire
da
lui
,
mi
par
che
stoni
col
suo
discorso
,
la
cancello
;
e
quasi
sempre
,
nel
rileggere
con
intento
critico
qualche
cosa
mia
che
non
mi
contenti
,
per
forzarmi
ad
esser
severo
con
me
medesimo
in
ciò
che
riguarda
il
buon
gusto
,
mi
figuro
che
ci
sia
lì
lui
,
ad
ascoltare
.
E
così
nei
buoni
effetti
del
suo
insegnamento
mi
risorge
dinanzi
sovente
l
'
immagine
del
maestro
insigne
e
caro
,
che
da
venticinque
anni
non
vedo
più
,
e
a
cui
m
'
è
dolce
esprimere
ancora
una
volta
la
reverenza
antica
e
la
gratitudine
fatta
più
viva
dal
tempo
.
[
350
bianca
]
PARTE
TERZA
.
[
352
bianca
]
SE
CI
POSSIAMO
FARE
UNO
STILE
.
Un
onesto
negoziante
,
un
po
'
burbero
in
famiglia
,
ma
buon
diavolaccio
,
il
quale
credeva
che
per
legge
di
natura
un
padre
fosse
in
grado
d
'
insegnare
alla
sua
prole
ogni
cosa
,
un
giorno
,
in
mia
presenza
,
disse
severamente
al
suo
figliuoletto
,
rendendogli
la
pagina
del
componimento
italiano
:
-
Ma
quando
ti
farai
uno
stile
?
-
Poi
,
rivolgendosi
a
me
:
-
Lo
persuada
lei
,
che
è
tempo
che
si
faccia
uno
stile
.
Gli
promisi
di
contentarlo
in
un
momento
più
opportuno
;
ma
la
prima
volta
che
mi
trovai
a
quattr
'
occhi
col
ragazzo
,
lo
confesso
senza
rimorso
,
tradii
il
genitore
con
un
discorsetto
ribelle
alla
sua
volontà
;
il
quale
diceva
presso
a
poco
quello
che
ora
ripeto
a
te
,
mio
giovine
lettore
ideale
.
Farsi
uno
stile
!
Mi
par
come
dire
:
farsi
un
temperamento
,
farsi
una
fisonomia
,
farsi
una
voce
.
Lo
stile
non
ce
lo
facciamo
:
ci
vien
fatto
;
o
come
disse
un
grande
scrittore
,
si
trova
senza
cercarlo
:
chi
lo
cerca
,
non
può
che
trovare
uno
stile
artefatto
;
chi
se
lo
vuol
fare
non
riuscirà
che
a
farsi
una
maniera
,
non
uno
stile
.
Qualunque
scrittore
,
che
abbia
uno
stile
veramente
proprio
e
sano
,
che
non
sia
imitazione
o
artifizio
(
sinonimi
,
letterariamente
,
di
malsania
)
,
se
gli
domandi
in
che
modo
se
lo
sia
fatto
,
ti
dirà
che
non
lo
sa
,
o
che
non
lo
sa
dire
;
che
in
fondo
è
la
stessa
cosa
.
Non
ti
dar
dunque
questa
briga
,
non
soltanto
inutile
,
ma
perniciosa
.
Se
si
tien
per
giusta
la
definizione
:
lo
stile
è
l
'
uomo
,
tu
devi
prima
diventare
un
uomo
.
Se
s
'
accetta
l
'
altra
definizione
:
-
lo
stile
è
quella
vita
che
il
tuo
concetto
prende
in
te
,
e
che
tu
comunichi
,
nell
'
esprimerlo
,
agli
altri
-
,
o
più
breve
:
-
è
la
vita
nella
parola
-
,
come
si
può
cercare
la
vita
?
Sei
persuaso
?
T
'
addurrò
un
'
altra
ragione
.
È
un
fatto
universalmente
riconosciuto
che
ogni
individuo
,
in
un
certo
senso
,
parla
un
linguaggio
diverso
da
quello
d
'
ogni
altro
uomo
,
cioè
,
che
non
solo
usa
sempre
o
quasi
quelle
tali
parole
per
esprimere
quelle
tali
cose
,
e
ha
certi
modi
e
frasi
famigliari
,
consuete
a
lui
più
che
agli
altri
;
ma
che
certe
parole
e
frasi
suole
usare
in
un
significato
leggermente
diverso
da
quello
che
dànno
loro
la
maggior
parte
.
E
non
soltanto
ciascun
uomo
ha
un
linguaggio
individuale
per
quello
che
riguarda
i
semplici
vocaboli
e
le
semplici
frasi
;
ma
ha
pure
un
suo
modo
particolare
d
'
ordinare
le
idee
,
il
quale
deriva
dal
maggiore
o
minor
grado
d
'
importanza
che
a
ciascuna
idea
egli
attribuisce
rispetto
all
'
altre
,
e
un
modo
suo
proprio
di
legarle
fra
loro
,
il
quale
dipende
dalle
relazioni
particolari
che
fra
loro
egli
vede
,
e
anche
un
andamento
del
discorso
,
per
così
dir
musicale
,
suo
proprio
,
il
quale
è
effetto
del
suo
modo
individuale
di
sentire
il
suono
del
linguaggio
ch
'
egli
parla
.
Ora
in
questo
vocabolario
individuale
,
e
nel
modo
d
'
ordinare
e
di
collegare
l
'
idee
,
e
nel
ritmo
del
discorso
che
ciascuno
ha
di
suo
,
consiste
appunto
lo
stile
;
e
tu
comprendi
che
tutte
queste
cose
non
si
cercano
,
ma
vengono
da
sé
,
col
tempo
,
che
ne
porta
molt
'
altre
.
Vedi
dunque
che
non
ti
devi
affannare
a
farti
uno
stile
.
Ognun
sa
sé
,
dice
il
proverbio
,
e
il
Giusti
,
riferendolo
allo
scrivere
,
l
'
ha
ben
commentato
così
:
ognuno
ha
mezzi
tutti
suoi
,
tutti
voluti
dal
suo
modo
di
essere
,
e
dei
quali
il
più
delle
volte
non
saprebbe
dar
conto
neppure
a
sé
medesimo
.
Ma
questi
mezzi
non
si
svolgono
,
e
non
vien
fatto
d
'
usarli
che
con
gli
anni
,
quando
è
formata
l
'
organatura
della
mente
e
formato
l
'
animo
.
In
ciò
che
nel
linguaggio
di
ciascuno
c
'
è
di
differente
da
quello
degli
altri
"
entra
tutta
l
'
individualità
del
carattere
,
del
sapere
,
dell
'
educazione
"
.
Lo
stile
ti
verrà
dai
recessi
più
profondi
dell
'
animo
,
da
quello
che
faranno
di
te
le
passioni
,
i
casi
della
vita
,
le
cose
che
amerai
e
ammirerai
,
la
tua
professione
,
i
tuoi
studi
prediletti
;
ti
verrà
dal
predominio
che
avrà
in
te
o
il
sentimento
o
la
ragione
,
o
dall
'
equilibrio
stabile
dell
'
uno
con
l
'
altra
;
dai
contrasti
che
troverai
,
dalle
lotte
che
dovrai
combattere
,
dai
favori
e
dalle
percosse
che
avrai
dalla
fortuna
nell
'
aprirti
una
strada
nel
mondo
,
dall
'
aspetto
in
cui
ti
si
presenterà
la
natura
,
dal
modo
come
giudicherai
gli
uomini
,
dalla
fede
che
avrai
in
qualche
cosa
di
bello
e
di
grande
,
o
dai
sentimenti
che
non
ti
lasceranno
sorgere
o
ti
spegneranno
nel
cuore
quella
fede
.
Come
la
luce
del
sole
dà
il
colore
alle
cose
,
sarà
il
lume
dell
'
anima
tua
che
darà
il
colore
al
tuo
stile
,
sarà
il
palpito
del
tuo
cuore
che
gli
darà
il
movimento
,
e
gli
darà
il
calore
l
'
onda
del
tuo
sangue
,
e
l
'
eco
che
avrà
nel
tuo
spirito
l
'
armonia
del
giorno
sarà
la
sua
armonia
.
Cerca
dunque
per
ora
,
nello
scrivere
,
la
naturalezza
,
la
chiarezza
,
l
'
ordine
,
la
proprietà
;
ma
quel
che
indefinibile
che
è
l
'
individualità
dello
stile
,
che
è
lo
stile
senz
'
altro
,
aspetta
che
ti
venga
.
Se
te
lo
volessi
fare
,
cadresti
sicuramente
nell
'
imitazione
e
nella
stranezza
.
Non
cercare
lo
stile
:
pensa
,
studia
,
opera
,
ama
,
vivi
,
e
l
'
avrai
.
LO
STILETTATORE
.
Vien
qui
a
proposito
un
nuovo
personaggio
piacevole
.
Non
bazzicò
che
breve
tempo
il
nostro
piccolo
cenacolo
letterario
di
capi
armonici
,
quando
Firenze
era
capitale
;
ma
vi
lasciò
di
sé
una
memoria
vivissima
,
che
,
come
vedi
,
ancor
non
m
'
abbandona
;
(
o
dolce
Francesca
,
perdonami
!
)
In
che
modo
si
fosse
imbrancato
con
noi
non
ricordo
bene
:
mi
pare
al
caffè
,
dove
attaccò
conversazione
di
punto
in
bianco
,
da
un
tavolino
all
'
altro
,
una
sera
che
discutevamo
di
letteratura
,
vociando
tutti
a
un
tempo
,
com
'
era
nostro
costume
.
Era
Emiliano
,
agente
di
varie
Case
di
commercio
,
benchè
ancora
molto
giovane
,
e
dilettante
di
lettere
a
ore
avanzate
.
Aveva
scelto
per
passatempo
la
letteratura
,
non
so
perché
,
invece
del
biliardo
o
del
tiro
al
piccione
:
forse
perché
meno
costosa
;
ma
a
poco
a
poco
ci
aveva
preso
passione
;
e
l
'
idea
madre
della
sua
passione
era
,
com
'
egli
diceva
corrugando
la
fronte
,
di
farsi
uno
stile
.
Questa
frase
,
nella
quale
si
riduceva
,
credo
,
quanto
egli
conservava
degli
studi
ginnasiali
non
finiti
,
gli
s
'
era
ficcata
nel
capo
come
una
vite
;
farsi
uno
stile
era
diventato
per
lui
il
pensiero
precipuo
della
vita
,
dopo
quello
di
guadagnarsi
il
pane
.
Ma
qualunque
altra
cosa
avesse
disegnato
di
farsi
,
anche
un
palazzo
di
marmo
di
Carrara
,
credo
che
gli
sarebbe
riuscita
più
facilmente
di
quella
,
da
tanto
ch
'
era
falso
e
strambo
il
modo
ch
'
egli
teneva
per
conseguirla
.
Al
pari
di
molt
'
altri
,
egli
considerava
lo
scrivere
come
un
'
industria
a
parte
,
che
non
avesse
che
fare
col
pensiero
,
o
quasi
;
come
un
'
arte
meccanica
in
cui
si
riuscisse
maestri
con
l
'
esercizio
,
indipendentemente
dal
fatto
di
avere
o
no
qualche
cosa
da
dire
;
e
credeva
quindi
che
uno
si
potesse
fare
uno
stile
,
come
un
sarto
fa
un
abito
,
per
esporlo
nella
vetrina
della
sua
bottega
.
E
neanche
studiava
a
modo
suo
(
chè
sarebbe
stato
inutile
)
di
farsi
uno
stile
suo
proprio
.
Egli
andava
cercando
nella
gran
sartoria
della
letteratura
italiana
un
abito
bell
'
e
fatto
;
pigliava
ora
questo
ora
quello
,
se
lo
insaccava
,
e
veniva
a
farcelo
vedere
,
pavoneggiandosi
.
Un
certo
talentaccio
d
'
imitazione
l
'
aveva
.
Letto
per
una
settimana
un
autore
,
ne
cavava
un
certo
numero
di
frasi
e
di
costrutti
,
gl
'
imbastiva
insieme
alla
diavola
sopra
un
argomento
qualsiasi
,
e
correva
al
caffè
a
leggerci
la
paginetta
come
un
saggio
dello
stile
che
s
'
era
fatto
.
Gli
saltavamo
agli
occhi
,
dandogli
del
contraffattore
,
del
falso
pavone
,
dell
'
arlecchino
finto
Principe
.
E
allora
egli
ricorreva
a
un
altro
autore
,
e
tornava
dopo
un
po
'
con
un
'
altra
paginetta
,
tessuta
con
la
filaccia
spicciata
dai
panni
di
quello
.
Una
volta
rifaceva
il
Giusti
,
un
'
altra
il
Boccaccio
,
una
settimana
guerrazzeggiava
,
la
settimana
appresso
impiccava
i
fantocci
del
suo
pensiero
al
laccio
del
Davanzati
.
E
non
si
scoraggiava
mai
per
le
nostre
canzonature
.
-
Eppure
-
,
esclamava
,
picchiando
il
pugno
sul
tavolino
-
io
mi
farò
uno
stile
!
Parve
una
volta
persuaso
,
finalmente
,
della
falsità
della
via
che
batteva
:
che
uno
stile
non
si
sarebbe
fatto
mai
scimiottando
ora
l
'
uno
ora
l
'
altro
scrittore
.
Avete
ragione
-
ci
disse
-
non
bisogna
imitare
pecorescamente
nessuno
.
-
E
ci
manifestò
la
sua
nuova
idea
,
un
'
idea
luminosa
,
una
trovata
da
uomo
di
genio
,
espressa
con
una
formula
farmaceutica
:
-
Bisogna
mescolare
e
agitare
.
-
E
mescolò
e
agitò
davvero
.
La
sera
che
ci
portò
il
suo
nuovo
saggio
,
si
fece
un
baccano
di
casa
del
diavolo
.
Era
la
brutta
copia
d
'
un
lungo
articolo
di
giornale
,
in
cui
aveva
fatto
il
più
bizzarro
intruglio
di
stili
che
si
possa
immaginare
;
dove
quasi
ad
ogni
periodo
saltava
dall
'
imitazione
d
'
uno
scrittore
a
quella
d
'
un
altro
,
facendo
anche
salti
di
secoli
,
con
una
temerità
di
matto
furioso
;
un
cibreo
stilistico
,
nel
quale
si
sentivano
i
più
disparati
sapori
della
cucina
letteraria
nazionale
,
dalle
semplici
minestre
patriarcali
dei
trecentisti
ai
lambiccati
manicaretti
dolciastri
dei
cianciatorelli
fiorentineggianti
e
francesizzanti
della
scuola
manzoniana
degenerata
.
Il
chiasso
che
facemmo
lo
sconcertò
al
primo
momento
;
riconobbe
sbagliata
la
ricetta
;
ma
si
rifece
animo
ben
presto
,
e
ripetè
fieramente
che
in
ogni
modo
,
o
per
una
via
o
per
un
'
altra
,
a
furia
di
cercare
e
d
'
ostinarsi
,
si
sarebbe
fatto
uno
stile
.
E
appunto
per
questo
suo
continuo
farci
balenare
agli
occhi
,
quasi
in
atto
di
minaccia
,
il
suo
stile
futuro
,
gli
mettemmo
il
soprannome
di
stilettatore
.
Il
ridere
che
si
fece
alle
sue
spalle
,
povero
stilettatore
!
Quando
l
'
incontravamo
per
la
strada
,
dopo
qualche
giorno
che
non
s
'
era
visto
,
gli
domandavamo
lì
su
due
piedi
:
-
Te
lo
sei
fatto
?
-
Non
ancora
proprio
-
,
rispondeva
;
-
ma
sono
sulla
buona
strada
.
-
Ma
è
tempo
che
tu
ti
spicci
!
-
Si
fa
presto
a
dire
-
,
ribatteva
sul
serio
.
-
Ma
non
ci
si
fa
mica
uno
stile
in
ventiquattr
'
ore
!
-
lasciando
capire
con
quelle
parole
,
che
forse
in
fin
di
settimana
avrebbe
avuto
il
fatto
suo
.
Non
gli
davamo
requie
.
Aveva
ragione
di
dirci
che
gli
stilettatori
eravamo
noi
.
Quando
al
caffè
si
chinava
a
cercare
un
soldo
che
gli
era
cascato
,
gli
domandavamo
:
-
Che
cosa
cerchi
?
Uno
stile
?
-
Quando
mescolava
nel
bicchiere
vari
liquori
per
farsi
una
certa
bibita
di
sua
invenzione
,
dicevamo
:
-
Ecco
Pippo
(
era
il
suo
nome
di
battesimo
)
che
si
fa
uno
stile
!
-
E
gli
davamo
ogni
specie
di
ricette
scritte
per
farselo
.
-
Recipe
:
tanti
grammi
di
questo
,
tanti
di
quest
'
altro
:
pestare
,
sbattere
,
far
cuocere
a
bagnomaria
-
,
e
la
parte
del
corpo
dove
aveva
da
applicare
l
'
impiastro
.
Ma
egli
non
badava
alle
nostre
burle
,
e
seguitava
a
braccar
lo
stile
.
-
Uno
stile
-
ci
disse
gravemente
una
sera
(
e
doveva
essere
una
frase
imparata
di
fresco
)
-
che
sia
nello
stesso
tempo
moderno
e
ritragga
dai
grandi
esemplari
.
Curiosa
,
fra
l
'
altro
,
era
l
'
impressione
che
gli
facevano
tutte
le
locuzioni
e
le
definizioni
insolite
ch
'
egli
leggesse
,
concernenti
la
tecnica
(
era
una
sua
parola
prediletta
)
dello
stile
.
Non
le
capiva
bene
,
e
non
poteva
;
ma
le
raccoglieva
con
cura
amorosa
,
e
le
veniva
ripetendo
con
cert
'
aria
di
solennità
e
di
mistero
,
come
formule
d
'
arte
magica
.
L
'
elaborazione
formale
del
periodo
,
il
tipo
periodico
,
il
nodo
sintattico
,
i
legami
gerundivi
e
ipotetici
,
gli
spunti
melodici
dello
stile
lo
facevano
pensare
,
non
so
ben
che
cosa
,
nulla
forse
,
ma
profondamente
.
Ricordo
che
gli
fece
un
gran
senso
una
frase
bella
davvero
che
aveva
letta
in
un
libro
,
dove
era
detto
di
certe
curve
del
periodo
prosastico
di
Dante
,
non
mai
girate
per
intero
,
rompentisi
come
a
formare
un
sesto
acuto
.
Ah
!
s
'
egli
avesse
potuto
fare
dei
periodi
col
sesto
acuto
!
Anche
uno
solo
!
Credo
che
avrebbe
dato
per
questo
tutti
i
suoi
guadagni
commerciali
d
'
un
mese
.
Ma
per
tutto
il
tempo
che
rimase
a
Firenze
,
lo
stile
non
lo
trovò
.
Per
i
suoi
affari
di
commercio
dovè
andare
a
stabilirsi
a
Milano
.
Ma
per
lungo
tempo
noi
continuammo
a
parlare
spesso
di
lui
.
Non
occorreva
di
nominarlo
.
Quando
,
in
un
ristagno
della
conversazione
,
saltava
su
uno
a
dire
:
-
Se
lo
sarà
già
fatto
?
-
tutti
capivano
ch
'
egli
domandava
se
lo
stilettatore
si
fosse
fatto
finalmente
uno
stile
.
Lo
incontrai
molti
anni
dopo
a
Milano
,
mentre
attraversava
la
Galleria
con
aria
affaccendata
.
Mi
salutò
con
viva
cordialità
:
aveva
dimenticato
o
perdonato
le
canzonature
fiorentine
.
Dopo
lo
scambio
solito
di
rallegramenti
e
di
notizie
,
pensando
che
la
fisima
dello
stile
gli
fosse
uscita
di
capo
da
un
pezzo
,
gli
domandai
,
per
celia
,
se
se
l
'
era
fatto
.
Ma
da
questo
genere
di
monomanìe
letterarie
non
si
guarisce
.
Mi
rispose
seriamente
:
-
Eh
,
no
,
non
ancora
.
Che
cosa
vuoi
?
Ho
avuto
tanto
da
lavorare
in
tutti
questi
anni
!
Ma
ci
penso
sempre
.
Ho
un
tipo
stilistico
nella
mente
.
Oh
,
ci
riuscirò
,
ci
dovessi
impiegare
tutta
la
vita
.
Ora
son
persuaso
che
a
trovar
lo
stile
ideale
basta
appena
la
vita
d
'
un
uomo
.
-
Ma
che
ne
farai
del
tuo
stile
ideale
nei
tuoi
ultimi
anni
?
-
gli
domandai
;
-
poichè
può
ben
darsi
che
tu
non
lo
trovi
che
agli
ultimi
,
e
anche
proprio
all
'
estremo
passo
.
A
che
serve
lo
stile
in
punto
di
morte
?
Mi
diede
una
risposta
sublime
:
-
Io
ho
un
ideale
puro
,
senz
'
ambizioni
.
Sarei
contento
anche
di
portar
la
mia
trovata
con
me
al
camposanto
.
Ma
lascerò
qualche
pagina
,
vedrai
.
Basterà
una
pagina
!
E
queste
furono
le
ultime
parole
che
intesi
dalla
sua
bocca
,
e
che
spesso
mi
risuonano
in
mente
.
Ma
di
lui
non
rido
più
.
Ogni
volta
che
ci
penso
,
ora
,
mi
prende
un
sentimento
d
'
ammirazione
,
misto
di
tenerezza
pietosa
,
raffigurandomi
quel
povero
sognatore
che
ancora
abbracciato
alla
sua
illusione
letteraria
,
sul
letto
di
morte
,
dice
con
un
ultimo
sorriso
alla
sua
famiglia
sconsolata
:
-
Fatevi
coraggio
!
Io
muoio
contento
.
Ho
uno
stile
.
A
CHE
SERVONO
I
PRECETTI
.
Dunque
,
regole
,
precetti
,
niente
?
Adagio
Biagio
.
Ma
questo
non
dovrebb
'
essere
affar
mio
,
che
essendo
tuo
consigliere
soltanto
,
non
maestro
,
non
sono
in
debito
di
dirti
ogni
cosa
.
E
poi
i
precetti
tu
li
hai
nei
tuoi
libri
di
scuola
.
Questi
ti
dicono
quanto
t
'
occorre
:
che
,
nello
scrivere
con
vien
badare
che
tra
i
pensieri
ci
sia
unità
e
continuità
;
che
bisogna
collocare
vicine
le
frasi
che
hanno
fra
di
loro
relazione
più
stretta
,
e
di
cui
l
'
una
chiama
l
'
altra
quasi
naturalmente
;
che
le
proposizioni
secondarie
(
precedenti
,
conseguenti
o
concomitanti
che
siano
)
debbono
essere
misurate
e
collocate
in
modo
da
non
nuocere
mai
all
'
evidenza
della
proposizione
principale
,
che
regge
tutto
il
periodo
,
o
che
è
principale
,
se
non
altro
,
per
il
suo
valor
logico
.
Ti
dicono
pure
che
non
si
ha
da
abusare
di
nessuno
dei
vari
modi
di
legare
fra
di
loro
i
concetti
,
per
coordinazione
,
per
subordinazione
,
per
conclusione
,
ma
usarli
alternatamente
,
quanto
è
possibile
senza
forzar
la
sintassi
;
che
certi
concetti
o
certe
parti
del
concetto
,
perché
richiamino
sopra
di
sé
l
'
attenzione
,
debbono
essere
staccati
,
invece
che
fusi
con
gli
altri
,
e
fatti
risaltare
,
come
gli
aggetti
in
architettura
;
che
in
certi
casi
bisogna
affollare
nel
periodo
le
proposizioni
,
in
altri
diradarle
,
per
la
stessa
ragione
che
si
fa
del
tempo
nella
musica
;
e
in
alcuni
punti
fare
una
breve
pausa
,
per
lasciar
liberi
un
momento
al
lettore
la
mente
e
il
respiro
,
e
in
altri
una
pausa
più
lunga
,
perché
il
lettore
riposi
,
come
si
fa
danzando
e
camminando
;
e
che
è
necessario
variare
il
tipo
del
periodo
,
come
il
tono
nella
parlata
,
per
iscansare
la
monotonia
nella
quale
i
pensieri
si
confondono
e
si
velano
come
dentro
una
nebbia
.
Tutti
questi
precetti
tu
conosci
,
e
Dio
mi
guardi
dal
dirti
che
sono
inutili
.
Ti
dico
,
anzi
,
che
ne
devi
tenere
grandissimo
conto
,
perché
alcuni
di
essi
,
che
sono
leggi
fondamentali
del
pensiero
,
se
li
avrai
sempre
vivi
nella
mente
,
saranno
come
voci
che
,
a
quando
a
quando
,
mentre
scrivi
,
ti
faranno
star
attento
a
non
uscir
della
retta
via
,
o
t
'
avvertiranno
che
ne
sei
uscito
e
t
'
indurranno
a
rientrarvi
,
cancellando
le
orme
dei
passi
fuorviati
.
E
aggiungo
che
il
conoscere
bene
i
termini
e
le
definizioni
della
precettistica
ti
sarà
utilissimo
a
formare
nettamente
nel
tuo
pensiero
le
osservazioni
che
farai
sugli
scrittori
,
a
determinare
con
esattezza
a
te
medesimo
i
difetti
e
gli
errori
che
troverai
in
loro
,
altrettanto
utili
a
studiare
quanto
i
pregi
e
le
bellezze
,
a
fare
,
insomma
,
delle
opere
letterarie
quella
lettura
analitica
e
critica
,
che
è
la
sola
veramente
proficua
.
E
non
di
meno
ti
dico
che
da
tutta
la
precettistica
del
mondo
non
imparerai
a
scriver
bene
;
te
lo
dico
perché
tu
non
ti
sgomenti
,
come
avviene
a
molti
giovani
,
della
difficoltà
,
della
quasi
impossibilità
d
'
aver
tutti
presenti
,
scrivendo
,
e
d
'
osservare
tanti
precetti
rigidi
e
astratti
,
che
pare
debbano
essere
un
inciampo
più
che
un
aiuto
,
e
come
una
rete
tesa
intorno
al
pensiero
,
che
gli
tolga
ogni
libertà
di
movimento
.
No
,
non
ti
sgomentare
dei
precetti
.
Quando
ti
metterai
a
scrivere
con
un
concetto
chiaro
nel
capo
,
e
mosso
da
un
sentimento
vivo
,
quando
ti
troverai
,
procedendo
nel
lavoro
,
in
quello
stato
di
mente
e
d
'
animo
,
nel
quale
chi
scrive
"
è
compreso
,
agitato
,
spronato
da
dieci
operazioni
della
mente
distinte
e
conflate
ad
un
tempo
,
che
vanno
come
in
figura
di
cono
a
metter
capo
a
un
prodotto
comune
"
,
l
'
osservanza
della
più
parte
di
quei
precetti
ti
riuscirà
spontanea
per
modo
,
che
quasi
non
avrai
coscienza
d
'
osservarli
.
Sarà
la
tua
ispirazione
che
,
dando
l
'
impulso
alle
parole
e
alle
frasi
,
le
manderà
ad
occupare
il
posto
che
loro
convien
meglio
nel
periodo
;
sarà
la
mobilità
del
tuo
pensiero
che
scanserà
naturalmente
la
monotonia
,
facendoti
rompere
le
uguaglianze
,
variar
le
misure
dei
periodi
,
mandare
innanzi
il
discorso
a
onde
ora
lunghe
e
placide
,
ora
rotte
e
precipitose
;
sarà
la
stessa
respirazione
mutevole
del
tuo
pensiero
che
ti
farà
trovare
le
giuste
pause
,
e
rallentare
il
passo
dopo
le
corse
,
per
riprender
lena
,
e
riprender
la
corsa
più
rapida
dopo
esser
andato
un
tratto
a
rilento
;
sarà
il
tuo
sentimento
eccitato
il
maestro
muto
,
pronto
e
sicuro
che
ti
farà
dar
risalto
a
certi
concetti
,
sollevandoli
come
sur
un
piedestallo
,
e
collocarne
alcuni
disparte
,
come
in
uno
spazio
vuoto
,
ed
esporre
altri
quasi
a
una
svoltata
brusca
del
periodo
,
dove
facciano
un
'
apparizione
inaspettata
.
Tu
metterai
in
atto
molte
arti
sottili
che
non
saprai
di
possedere
,
obbedirai
a
molti
precetti
ai
quali
non
avrai
mai
pensato
,
sarai
nello
scrivere
,
come
dice
il
Tommaseo
che
ogni
uomo
è
nel
parlare
,
guidato
da
certe
norme
sapientissime
di
natura
che
sono
l
'
umana
ragione
medesima
.
Prevedo
ora
una
tua
domanda
.
Riguardo
ai
due
stili
,
non
è
vero
?
C
'
è
in
ogni
letteratura
due
forme
di
stile
,
che
,
come
dice
benissimo
un
grande
scrittore
,
scaturiscono
tutt
'
e
due
dall
'
intima
natura
del
cervello
umano
.
C
'
è
quello
più
spontaneo
,
che
del
pensiero
rende
tutte
le
flessioni
,
segue
tutti
i
serpeggiamenti
,
accompagna
in
tutti
i
minimi
moti
il
processo
,
non
lasciando
nulla
sottintendere
a
chi
legge
;
al
quale
mette
innanzi
come
un
quadro
,
dove
il
pensiero
stesso
è
rappresentato
in
tutti
i
suoi
particolari
,
e
questi
nell
'
ordine
e
nel
disordine
con
cui
si
sono
affacciati
alla
mente
.
E
c
'
è
lo
stile
che
,
con
un
lavoro
sintetico
,
segna
del
pensiero
soltanto
i
rialti
e
le
cime
,
in
modo
che
la
mente
di
chi
legge
faccia
un
salto
dall
'
uno
all
'
altro
pensiero
importante
,
sorvolando
e
sottintendendo
tutti
i
pensieri
secondari
che
fanno
catena
fra
quelli
,
ossia
compiendo
da
sé
il
quadro
di
cui
lo
scrittore
non
ha
dato
che
i
tratti
principali
.
Ebbene
,
tu
domandi
a
quale
dei
due
stili
ti
debba
attenere
.
E
chi
te
lo
può
dire
,
amico
mio
?
Noi
andiamo
perpetuamente
dall
'
uno
all
'
altro
.
L
'
uno
e
l
'
altro
si
trovano
a
vicenda
,
se
non
in
ciascuna
opera
,
nell
'
opera
complessiva
di
quasi
tutti
gli
scrittori
,
non
tanto
perché
essi
passino
da
questo
a
quello
deliberatamente
,
sentendo
che
ciascuno
di
essi
,
alla
lunga
,
affatica
,
quanto
perché
al
primo
o
al
secondo
sono
naturalmente
condotti
dalla
varia
natura
degli
argomenti
,
dal
diverso
modo
di
concepire
che
induce
in
loro
il
diverso
genere
degli
studi
,
e
dalle
condizioni
dello
spirito
mutate
dall
'
età
e
dai
casi
della
vita
.
È
più
naturale
nell
'
età
giovanile
la
prima
forma
,
cioè
,
il
lasciar
andar
la
parola
,
la
frase
,
la
sintassi
libere
e
agili
come
è
il
pensiero
della
gioventù
,
viva
e
impaziente
;
s
'
inclina
più
all
'
altra
nell
'
età
matura
,
quando
,
pensando
più
denso
e
più
cauto
,
si
è
di
conseguenza
più
sobri
nel
parlare
e
nello
scrivere
,
e
come
in
tutte
l
'
altre
cose
anche
nell
'
espressione
del
proprio
pensiero
si
cura
soltanto
quello
che
più
importa
e
si
va
dritti
allo
scopo
per
la
via
più
breve
.
Tu
,
se
diventerai
uno
scrittore
,
prenderai
più
spesso
l
'
uno
che
l
'
altro
stile
secondo
che
vorrà
la
tua
indole
;
o
fors
'
anche
tutt
'
e
due
cozzeranno
sempre
in
te
senza
che
l
'
uno
o
l
'
altro
prevalga
:
chi
lo
sa
?
Questi
son
misteri
,
come
dice
Giambattista
Giorgini
,
che
l
'
anima
celebra
con
sé
stessa
.
Non
te
ne
dar
pensiero
per
ora
.
Quello
che
più
preme
,
per
riuscire
nell
'
uno
o
nell
'
altro
modo
a
scriver
bene
,
è
che
tu
possegga
da
padrone
la
lingua
;
senza
di
che
nessuna
forma
di
stile
prenderai
,
perché
chi
è
povero
di
lingua
,
ed
è
quindi
costretto
a
far
servire
a
tutti
gli
usi
quel
poco
che
n
'
ha
,
non
va
dove
la
natura
e
l
'
ispirazione
lo
spingono
,
ma
dove
le
scarse
parole
e
frasi
del
suo
dizionario
lo
tirano
;
le
quali
,
invece
di
obbedirgli
,
gli
comandano
,
come
fa
in
generale
chi
serve
,
quando
gli
s
'
addossano
anche
dei
servizi
che
non
deve
fare
,
ed
egli
sa
che
non
abbiamo
nessuno
da
sostituirgli
.
E
ora
tiriamo
innanzi
....
.
Ma
no
;
aspetta
un
momento
.
Mi
devo
prima
difendere
da
un
tale
,
eccolo
qua
,
che
mi
corre
addosso
come
uno
spiritato
...
COME
S
'
HA
DA
INTENDERE
LA
MASSIMA
CHE
SI
DEVE
SCRIVERE
COME
SI
PARLA
.
L
'
anonimo
,
ansando
:
-
Sono
arrivato
in
tempo
,
grazie
al
cielo
!
Lei
stava
per
consigliare
a
questo
povero
ragazzo
di
scrivere
come
si
parla
!
-
Ha
indovinato
.
-
O
come
si
fa
ad
avere
i
capelli
bianchi
e
così
poco
giudizio
?
-
Glielo
dirò
poi
,
quando
lei
avrà
sfogato
la
sua
generosa
indignazione
.
Faccia
liberamente
.
-
Faccio
sicuro
.
Voglio
salvare
un
'
anima
.
Lei
,
dunque
,
consiglia
a
chi
scrive
di
proporsi
come
ideale
un
linguaggio
imperfetto
.
No
?
Ma
è
necessariamente
imperfetto
il
linguaggio
parlato
,
poichè
chi
parla
,
chiunque
sia
,
non
ha
tempo
di
vagliare
i
vocaboli
,
né
di
sceglier
le
frasi
,
né
d
'
ordinare
le
idee
,
né
d
'
architettare
con
garbo
i
periodi
;
perché
i
migliori
parlatori
non
esprimono
i
più
dei
loro
pensieri
che
a
mezzo
,
o
ne
dànno
l
'
espressione
compiuta
a
furia
di
ritocchi
e
d
'
aggiunte
,
e
allungano
e
ripetono
,
e
parlano
a
sbalzi
e
a
strappi
,
e
suppliscono
alle
deficienze
dell
'
espressione
parlata
con
l
'
accento
,
col
gesto
e
con
lo
sguardo
.
Che
cosa
mi
può
rispondere
?
-
Le
rispondo
prima
di
tutto
che
lei
ha
sciorinato
un
periodo
che
è
un
argomento
in
mio
favore
,
perché
è
un
periodo
parlato
che
sta
benissimo
;
invece
del
quale
ne
farebbe
probabilmente
un
altro
men
naturale
e
meno
efficace
se
scrivesse
quello
che
m
'
ha
detto
seguendo
la
sua
teoria
:
che
non
bisogna
scrivere
come
si
parla
.
In
secondo
luogo
,
le
rispondo
che
lei
sfonda
una
porta
spalancata
.
-
Come
sarebbe
a
dire
?
-
Sarebbe
a
dir
questo
.
Che
per
iscrivere
come
si
parla
io
intendo
:
scrivere
come
uno
che
parlasse
perfettamente
.
-
Oh
bella
!
Lei
si
dà
la
zappa
sui
piedi
,
dunque
,
e
riconosce
la
mia
ragione
,
perché
chi
parlasse
perfettamente
parlerebbe
come
si
scrive
...
da
chi
sa
scrivere
com
'
io
m
'
intendo
.
-
No
,
ed
ecco
il
punto
:
non
parlerebbe
perfettamente
,
perché
riuscirebbe
,
e
parrebbe
anche
a
lei
strano
e
affettato
,
chi
,
parlando
,
adoperasse
tutti
i
vocaboli
,
le
frasi
e
i
costrutti
che
per
solito
s
'
adoperano
scrivendo
;
la
maggior
parte
dei
quali
non
sono
adoperati
parlando
neppure
da
coloro
che
ne
abusano
nelle
scritture
,
e
ciò
perché
sentono
anch
'
essi
che
quei
modi
parrebbero
nella
conversazione
ricercati
e
pedanteschi
.
Ora
io
dico
che
quei
modi
,
per
la
stessa
ragione
che
non
s
'
usano
parlando
,
si
deve
scansar
d
'
usarli
scrivendo
,
perché
essi
non
mutano
natura
né
suono
nel
passar
dalla
bocca
alla
penna
;
e
se
ai
più
fanno
un
altro
senso
sulla
carta
da
quello
che
fanno
nella
conversazione
,
questo
non
deriva
che
da
una
consuetudine
viziosa
della
mente
,
la
quale
non
vede
più
nella
scrittura
la
rappresentazione
della
parola
viva
,
com
'
è
in
realtà
,
ma
qualche
cosa
di
convenzionale
,
quasi
d
'
impersonale
,
e
quindi
indipendente
dalle
leggi
del
linguaggio
comune
.
E
questo
è
tanto
vero
,
che
a
quelli
stessi
che
sono
del
parer
suo
,
cioè
che
parlano
in
un
modo
e
scrivono
in
un
altro
,
par
più
naturale
,
più
viva
,
più
efficace
,
benchè
sempre
non
lo
dicano
,
la
prosa
conforme
al
linguaggio
parlato
che
quella
non
conforme
;
e
non
può
essere
altrimenti
.
Credo
giusta
perciò
questa
regola
:
quando
s
'
è
scritto
un
periodo
,
domandare
a
noi
stessi
se
,
dovendo
dire
quella
stessa
cosa
che
abbiamo
scritta
,
la
diremmo
nello
stesso
modo
,
con
la
certezza
di
non
parer
leziosi
,
o
pedanti
,
o
forzati
;
e
se
ci
pare
di
no
,
levar
via
dal
periodo
i
vocaboli
e
le
frasi
che
non
diremmo
,
e
sostituirvi
quelli
che
diremmo
.
Sono
assolutamente
certo
che
in
tutti
i
casi
,
così
facendo
,
il
periodo
riuscirebbe
più
semplice
,
più
chiaro
e
più
bello
.
-
Ha
finito
?
-
Per
ora
.
-
Dei
del
cielo
,
perdonategli
!
O
non
riconosce
lei
che
c
'
è
una
quantità
di
modi
e
di
forme
,
che
non
s
'
usano
parlando
perché
non
son
naturali
,
ma
che
si
possono
e
debbono
usare
scrivendo
perché
abbreviano
l
'
espressione
del
pensiero
,
legano
i
pensieri
fra
loro
meglio
delle
forme
usuali
della
conversazione
,
e
tengon
su
la
sintassi
,
e
dànno
forza
al
discorso
;
e
che
è
irragionevole
,
nell
'
interesse
medesimo
dell
'
efficacia
dello
stile
,
il
sacrificare
tutti
quei
vantaggi
alla
naturalezza
?
-
Lo
riconosco
,
e
per
questo
a
questa
povera
anima
che
lei
vuol
salvare
,
avrei
detto
,
se
me
n
'
avesse
lasciato
il
tempo
,
che
quelle
forme
e
quei
modi
,
a
cui
lei
accenna
,
bisogna
evitarli
quanto
è
possibile
,
non
in
modo
assoluto
.
Gli
avrei
detto
prima
che
per
scrivere
come
si
parla
non
si
ha
da
intendere
che
si
debba
scrivere
con
lo
stessissimo
linguaggio
una
pagina
di
romanzo
e
una
commemorazione
dantesca
,
una
lettera
a
un
amico
e
un
capitolo
di
storia
.
Ma
questa
distinzione
non
contraddice
punto
al
mio
principio
,
poichè
lo
stesso
linguaggio
parlato
non
ha
sempre
lo
stesso
carattere
e
le
stesse
forme
,
con
chiunque
,
dovunque
e
in
qualsiasi
occasione
e
di
qual
si
voglia
cosa
si
parli
.
Intesi
un
giorno
un
amico
improvvisare
un
discorso
sopra
un
feretro
,
al
camposanto
,
in
presenza
d
'
un
migliaio
di
persone
:
egli
usò
frasi
e
parole
che
non
avrebbe
usate
dicendo
quelle
stesse
cose
a
me
solo
:
eppure
non
stonavano
perché
erano
esse
pure
del
linguaggio
parlato
;
ma
del
linguaggio
che
si
parla
quando
s
'
ha
l
'
animo
commosso
,
in
un
momento
solenne
,
davanti
a
un
grande
uditorio
.
E
le
vorrei
mostrare
le
migliori
pagine
degli
scrittori
italiani
di
tutti
i
tempi
,
dal
Machiavelli
al
Carducci
,
e
farle
toccar
con
mano
che
le
più
eloquenti
e
più
belle
tra
le
migliori
,
anche
sopra
argomenti
altissimi
,
quelle
che
ci
vanno
più
dritte
al
cuore
e
alla
mente
,
e
che
ci
rimangono
più
scolpite
nella
memoria
,
e
che
rileggiamo
sempre
con
maggior
piacere
,
sono
per
l
'
appunto
le
pagine
,
nelle
quali
abbiamo
più
viva
l
'
illusione
di
sentir
parlare
l
'
autore
come
immaginiamo
che
parli
o
che
parlasse
con
tutti
,
nelle
quali
troviamo
meno
parole
,
frasi
e
costrutti
lontani
dall
'
uso
del
linguaggio
parlato
.
-
Ah
,
no
!
Ah
,
no
!
Ah
,
no
!
E
se
anche
potessi
riconoscere
vero
codesto
per
quanto
riguarda
le
parole
e
le
frasi
,
non
lo
potrei
mai
ammettere
rispetto
alla
struttura
del
periodo
;
il
quale
,
nel
linguaggio
parlato
,
non
è
mai
e
non
può
essere
,
come
spesso
nella
prosa
scritta
dev
'
essere
,
largamente
svolto
,
sapientemente
costrutto
,
nobilmente
architettato
.
-
Nego
,
nego
,
nego
.
Lei
può
aver
ragione
in
riguardo
al
periodo
della
conversazione
ordinaria
,
su
argomenti
comuni
,
famigliare
e
tranquilla
;
ma
ha
torto
,
se
riferisce
quello
che
dice
anche
al
linguaggio
della
passione
.
La
passione
,
parlando
,
ha
due
maniere
di
periodo
.
Parla
a
brevi
incisi
,
senz
'
ordine
e
senza
legature
,
negl
'
impeti
violenti
e
passeggeri
,
che
offuscano
la
mente
e
fanno
balbettare
il
pensiero
come
la
lingua
.
Ma
quando
l
'
uomo
infiammato
dalla
passione
,
e
tanto
più
se
è
un
uomo
colto
,
le
fa
un
racconto
o
una
descrizione
o
un
ragionamento
,
nel
quale
,
per
produrle
un
'
impressione
immediata
e
viva
,
ha
bisogno
di
presentarle
tutt
'
insieme
,
o
nel
minor
tempo
possibile
una
quantità
d
'
idee
,
d
'
argomenti
,
di
fatti
,
d
'
immagini
,
che
nella
sua
mente
s
'
affollano
e
s
'
incalzano
,
osservi
come
svolge
anch
'
egli
largamente
il
periodo
,
che
periodi
lunghi
le
tesse
,
pieni
d
'
incisi
e
pur
rapidi
,
complessi
e
chiari
ad
un
tempo
,
e
ben
lumeggiati
in
ogni
loro
parte
,
e
ampi
e
armonici
e
leggeri
;
che
paiono
stati
preparati
e
imparati
a
mente
,
e
sono
non
di
meno
pieni
di
spontaneità
e
di
naturalezza
,
e
non
hanno
né
parole
,
né
frasi
,
né
costrutti
che
non
siano
comunissimi
nel
linguaggio
parlato
!
Per
questo
io
dico
che
anche
dove
occorre
di
svolgere
ampiamente
il
periodo
,
scrivendo
,
si
può
serbare
la
naturalezza
del
linguaggio
di
chi
parla
,
e
che
non
soltanto
nei
termini
e
nelle
frasi
,
ma
anche
nella
sintassi
e
nell
'
andamento
della
prosa
scritta
,
pur
mirando
sempre
a
una
perfezione
che
nel
parlare
non
si
può
raggiungere
,
ci
dobbiamo
scostare
il
meno
possibile
dal
linguaggio
che
usiamo
nella
conversazione
.
Così
io
intendo
lo
"
scrivere
come
si
parla
"
.
-
Non
creda
d
'
avermi
persuaso
.
In
ogni
modo
,
nel
dar
quella
norma
ai
giovani
c
'
è
un
pericolo
:
di
farli
cadere
nella
trascuratezza
e
nella
volgarità
.
-
Ma
c
'
è
un
pericolo
anche
nel
combatterla
,
ed
è
di
farli
cadere
nell
'
affettazione
e
nella
pedanteria
.
-
Lasciamola
lì
.
-
Badi
che
è
lei
che
la
lascia
.
-
Allora
la
ripiglio
.
-
Ripigliamola
.
(
Continua
)
.
PENSARCI
PRIMA
.
Ecco
il
più
utile
dei
precetti
:
-
Pensare
prima
di
mettersi
a
scrivere
.
-
Un
grande
scrittore
ha
detto
:
-
Meditare
vivamente
e
tranquillamente
sull
'
argomento
.
Alla
tua
età
,
quando
s
'
ha
da
scrivere
,
si
suol
commettere
l
'
errore
d
'
incominciar
subito
e
in
qualunque
modo
,
con
la
risoluzione
di
chi
spicca
la
corsa
incontro
a
un
pericolo
per
non
lasciar
tempo
alla
paura
di
saltargli
addosso
;
s
'
entra
d
'
un
salto
nell
'
argomento
anche
senza
un
'
idea
preconcetta
,
pensando
che
l
'
ispirazione
ci
raggiungerà
per
la
via
,
che
le
idee
sorgeranno
sul
nostro
cammino
,
l
'
una
dall
'
altra
,
come
le
bolle
in
un
'
acqua
agitata
.
È
un
calcolo
sbagliato
della
pigrizia
,
che
rifugge
dal
lavoro
preparatorio
della
composizione
.
Quanto
meno
avrai
pensato
prima
,
tanto
più
faticherai
dopo
,
e
con
minor
frutto
.
Quanto
più
ti
sarai
voltato
e
rivoltato
per
la
mente
il
soggetto
avanti
di
scrivere
,
con
tanto
maggior
rapidità
scriverai
;
e
questa
rapidità
non
sarà
precipitazione
,
ma
impeto
spontaneo
,
che
andrà
tutto
a
vantaggio
della
vivacità
dell
'
espressione
e
della
fluidità
dello
stile
.
Noi
pensiamo
a
frammenti
e
a
ritocchi
.
Poche
idee
ci
nascono
nella
mente
chiare
e
vestite
di
un
'
espressione
che
possa
esser
messa
tal
quale
sulla
carta
.
Al
primo
sorgere
,
l
'
idea
ci
si
presenta
quasi
sempre
come
"
un
'
ombra
,
presso
che
informe
;
poi
si
disegna
,
ma
a
linee
ancora
mal
determinate
,
e
qua
e
là
spezzate
e
manchevoli
;
poi
piglia
una
forma
compiuta
e
netta
.
Tu
getti
per
lo
più
l
'
idea
sulla
carta
quando
è
ancora
nella
prima
o
nella
seconda
fase
.
Aspetta
la
terza
.
Ci
sono
idee
che
si
svolgono
con
un
lungo
giro
misterioso
nei
labirinti
del
cervello
:
tu
devi
lasciar
che
compiano
il
giro
:
se
le
prendi
a
mezzo
cammino
non
prendi
che
un
embrione
d
'
idea
.
E
non
pensare
che
certe
espressioni
felici
,
che
tu
trovi
negli
scrittori
,
siano
sempre
,
come
ti
paiono
,
effetto
d
'
un
'
ispirazione
subitanea
:
tali
possono
esser
parse
allo
scrittore
medesimo
nell
'
atto
che
le
scriveva
;
ma
sono
in
realtà
quasi
sempre
"
l
'
ultimo
effetto
istantaneo
d
'
un
lavoro
precedente
del
suo
pensiero
"
.
Nota
ancora
che
ciò
che
osservano
tutti
gl
'
insegnanti
in
certi
giovani
,
che
non
riescono
mai
ad
appropriarsi
certi
costrutti
sintattici
,
non
deriva
se
non
dal
fatto
che
essi
formano
sempre
stortamente
nel
loro
capo
certi
gruppi
di
concetti
,
ai
quali
quei
costrutti
corrispondono
;
e
li
formano
sempre
stortamente
perché
non
fanno
mai
quel
lavoro
a
mente
tranquilla
,
prima
di
scrivere
,
e
nella
furia
dello
scrivere
accettano
sempre
lì
per
lì
la
forma
solita
in
cui
quei
dati
concetti
si
presentano
alla
loro
mente
.
E
devi
pensar
prima
anche
per
questo
:
che
,
in
quel
pensare
avanti
di
scrivere
,
l
'
attenzione
è
più
facilmente
raccolta
,
essendo
la
stessa
operazione
meccanica
della
scrittura
una
distrazione
;
e
il
lavoro
del
pensiero
è
più
libero
e
più
vivo
,
e
meno
proclive
a
oltrepassare
i
confini
d
'
una
brevità
sobria
ed
efficace
che
quando
va
di
conserva
con
la
penna
;
poichè
la
penna
è
chiacchierona
,
tende
ad
allungare
,
a
infronzolare
,
a
ripetere
;
ed
anche
in
quel
lavoro
mentale
preparatorio
libero
e
agile
abbracciando
e
misurando
più
facilmente
tutte
le
parti
del
tuo
pensiero
,
previeni
il
pericolo
di
lasciarti
poi
tirare
,
scrivendo
,
più
là
del
giusto
e
del
conveniente
da
ciascuna
parte
del
pensiero
medesimo
.
E
principalmente
per
bene
ordinar
le
tue
idee
devi
pensar
prima
,
perché
,
se
aspetti
a
ordinarle
mentre
scrivi
,
questo
lavoro
ti
distrarrà
da
quello
di
cercar
l
'
espressione
;
e
se
per
cercar
l
'
espressione
trascurerai
l
'
ordine
delle
idee
,
non
ti
verrà
più
fatto
di
legarle
naturalmente
e
logicamente
;
ma
le
legherai
con
nodi
grammaticali
artificiosi
e
forzati
,
che
faranno
peggior
effetto
delle
sconnessioni
.
Oltrechè
nel
troppo
frequente
sostare
con
la
penna
per
riparare
all
'
insufficiente
preparazione
,
perderai
anche
l
'
originalità
del
pensiero
e
della
forma
,
perché
darai
tempo
alle
reminiscenze
letterarie
di
sopraggiungere
,
ossia
,
ai
pensieri
e
alle
frasi
d
'
altri
di
mescolarsi
coi
tuoi
,
e
ti
si
raffredderà
l
'
ispirazione
,
senza
la
quale
non
c
'
è
spontaneità
,
e
accetterai
molte
volte
,
per
impazienza
dell
'
indugio
e
per
abbreviare
lo
stento
,
senza
critica
,
violentando
la
tua
coscienza
,
la
prima
idea
che
ti
s
'
affaccia
alla
mente
.
C
'
è
ancora
un
'
altra
ragione
,
e
questa
te
la
dico
con
le
parole
d
'
un
autore
drammatico
valentissimo
,
che
certo
t
'
ha
più
volte
rallegrato
e
commosso
.
Dopo
avermi
spiegato
com
'
egli
abbia
per
uso
di
non
mettersi
mai
a
scrivere
prima
d
'
avere
in
mente
il
lavoro
quasi
compiuto
,
disse
:
-
Resisto
quanto
più
posso
alla
tentazione
di
prender
la
penna
,
perché
qualunque
cosa
io
metta
sulla
carta
,
prima
d
'
aver
pensato
tutto
il
mio
dramma
,
mi
diventa
un
impaccio
.
Quando
quella
tal
cosa
è
scritta
,
non
mi
so
più
risolvere
a
mutarla
né
a
cancellarla
,
o
non
lo
faccio
che
con
grande
sforzo
,
per
un
senso
di
pigrizia
e
quasi
d
'
avarizia
intellettuale
,
perché
mi
rincresce
di
buttar
via
quella
fatica
già
fatta
,
anche
non
essendone
contento
.
Una
pagina
,
invece
,
o
una
frase
,
la
quale
non
sia
scritta
ancora
che
nel
mio
pensiero
,
la
correggo
o
la
cancello
senza
esitazione
e
senza
rammarico
.
M
'
è
sempre
riuscito
meglio
tutto
quello
che
ho
più
tardato
a
far
passare
dalla
mente
nella
scrittura
.
-
Avvèzzati
dunque
a
ordinare
e
ad
esprimer
le
tue
idee
,
a
prendere
appunti
,
a
cancellare
,
a
correggere
,
a
rifare
le
cose
tue
mentalmente
.
Tu
rimarrai
maravigliato
nel
riconoscere
quanto
si
fortifichi
,
anche
con
un
breve
esercizio
,
la
facoltà
,
che
da
principio
è
debolissima
in
tutti
,
di
fare
"
minute
mentali
"
.
Da
una
volta
all
'
altra
che
ti
proverai
,
ti
riuscirà
di
farle
,
con
minor
fatica
,
sempre
più
lunghe
,
più
particolareggiate
,
più
chiare
,
più
vicine
alla
forma
definitiva
.
Quando
avrai
in
mente
ben
chiaro
e
ordinato
quello
che
vuoi
scrivere
,
il
tuo
pensiero
franco
e
sicuro
di
sé
farà
correre
la
penna
diritta
e
svelta
senza
lasciarle
tempo
né
modo
di
fuorviare
,
di
serpeggiare
,
di
perdersi
in
minuzie
e
in
fregi
inutili
e
falsi
.
Credi
che
nessuno
scrittore
scrisse
mai
una
pagina
veramente
bella
,
rigorosamente
logica
,
in
ogni
parte
perfetta
,
la
quale
non
fosse
già
composta
per
intero
nel
suo
capo
prima
ch
'
egli
intingesse
la
penna
nel
calamaio
.
E
tieni
a
mente
sopra
tutto
che
l
'
ordine
delle
idee
è
,
dopo
il
valore
delle
idee
stesse
,
il
primo
pregio
d
'
ogni
scrittura
,
perché
è
insieme
chiarezza
,
brevità
,
armonia
,
bellezza
,
forza
,
e
che
all
'
ordine
prima
che
ad
ogni
altra
cosa
deve
intendere
il
lavoro
di
preparazione
,
perché
dall
'
ordine
principalmente
deriva
la
facilità
dell
'
espressione
e
la
spontaneità
dello
stile
,
perché
fra
lo
scrivere
con
le
idee
già
ordinate
nella
mente
e
l
'
ordinarle
scrivendo
corre
la
stessa
differenza
che
tra
il
camminare
per
una
strada
fatta
e
il
farsi
la
strada
a
passo
a
passo
sur
un
terreno
ingombro
di
pietroni
e
di
sterpi
.
Questo
è
il
lavorìo
preparatorio
che
devi
fare
ogni
volta
che
hai
da
scrivere
.
Ma
,
quando
non
ti
manchi
il
tempo
,
è
bene
che
tu
ne
faccia
anche
un
altro
,
che
sarebbe
come
la
preparazione
generale
di
quella
preparazione
particolare
.
E
questo
consiglio
te
lo
do
in
nome
d
'
un
sommo
scrittore
.
Il
quale
dice
che
quando
s
'
ha
da
comporre
giova
moltissimo
il
leggere
abitualmente
in
quel
tempo
autori
di
materia
analoga
a
quella
che
dobbiamo
trattare
;
non
già
per
proporceli
come
modelli
di
ciò
che
dobbiamo
fare
,
non
per
imitarli
;
ma
per
l
'
assuefazione
materiale
che
,
leggendoli
,
la
mente
acquista
a
quel
dato
lavoro
e
stile
,
per
l
'
esercizio
ch
'
essa
fa
di
questi
in
quelle
letture
.
Osservazione
giustissima
,
poichè
tutti
esperimentiamo
,
e
avverrà
a
te
pure
,
che
dopo
aver
letto
,
per
esempio
,
un
ragionatore
,
si
prova
una
singolare
tendenza
e
facilità
a
ragionare
,
e
così
dopo
aver
letto
racconti
,
a
raccontare
,
e
descrizioni
,
a
descrivere
;
si
fa
la
mano
a
quel
dato
genere
,
per
dirla
con
un
traslato
che
può
parere
ignobile
,
ma
che
non
è
,
perché
ci
sono
molte
più
rassomiglianze
che
il
nostro
orgoglio
non
voglia
riconoscere
,
fra
il
lavoro
intellettuale
e
il
lavoro
meccanico
.
E
ora
che
abbiamo
visto
come
ci
dobbiamo
preparare
a
scrivere
,
vediamo
un
poco
lo
scrittore
alla
prova
;
in
che
intoppi
s
'
imbatta
,
da
che
cattive
tentazioni
sia
assalito
,
quali
pericoli
corra
,
che
battaglia
debba
combattere
con
sé
stesso
,
e
con
quali
forze
e
con
quali
arti
possa
vincere
.
Può
essere
che
la
rappresentazione
ti
giovi
e
ti
diverta
ad
un
tempo
.
CON
LA
PENNA
IN
MANO
SCENA
IDEALE
.
Personaggi
:
Un
giovinetto
che
scrive
.
-
Il
genio
amico
.
-
Il
Buon
gusto
.
-
Il
Buon
senso
.
-
Idee
,
frasi
,
parole
.
-
Un
'
idea
velata
.
-
L
'
Ambizione
.
UNA
FRASE
.
-
Eccomi
.
LO
SCRITTORE
(
guardandola
)
.
-
Le
rassomigli
;
ma
non
sei
per
l
'
appunto
quella
che
cerco
.
LA
FRASE
.
-
Ma
son
bella
.
LO
SCRITTORE
.
-
Lo
vedo
,
e
mi
tenti
.
Ma
non
puoi
vestir
la
mia
idea
,
le
faresti
addosso
delle
pieghe
,
e
parresti
un
abito
preso
a
nolo
.
LA
FRASE
.
-
Ma
poichè
non
n
'
hai
altre
alla
mano
!
Chi
sa
quanto
avresti
a
cercare
,
e
forse
senza
trovare
!
Pigliami
.
I
lettori
,
colpiti
dal
mio
color
vivo
,
non
baderanno
alle
pieghe
.
IL
BUON
GUSTO
.
-
Non
le
dar
retta
:
le
vedrebbero
,
come
si
vedono
le
rughe
anche
in
un
bel
viso
.
Rifiutala
.
LA
FRASE
.
-
Farai
vedere
se
non
altro
che
mi
possiedi
,
sarò
un
segno
di
più
della
tua
ricchezza
.
IL
BUON
GUSTO
.
-
E
del
tuo
cattivo
gusto
e
della
tua
improprietà
e
della
vanità
per
giunta
.
Mandala
via
e
cerca
ancora
.
LO
SCRITTORE
-
dopo
aver
un
po
'
pensato
,
fa
un
atto
d
'
impazienza
e
si
rimette
a
pensare
.
IL
GENIO
AMICO
.
-
Non
la
trovi
?
LO
SCRITTORE
-
non
risponde
.
IL
GENIO
AMICO
.
-
Se
non
la
trovi
,
non
insistere
.
Forse
è
già
nella
tua
mente
,
ma
nascosta
,
e
uscirà
di
sorpresa
.
Forse
è
già
passata
,
e
non
l
'
hai
colta
a
volo
,
ma
ritornerà
.
Prosegui
.
LO
SCRITTORE
(
rimettendosi
a
scrivere
)
.
-
"
Le
contrarietà
e
le
lotte
,
le
fatiche
e
gli
stenti
,
le
amarezze
e
le
angosce
,
i
disinganni
....
"
IL
GENIO
.
-
La
durerai
un
pezzo
?
IL
BUON
GUSTO
.
-
Codesto
si
chiama
sfilar
la
corona
del
rosario
.
IL
BUON
SENSO
.
-
Tu
dài
il
tuo
pensiero
a
sgoccioli
....
IL
BUON
GUSTO
.
-
Sei
pagato
a
un
tanto
la
parola
?
IL
GENIO
AMICO
.
-
Dacci
un
bel
frego
,
figliuolo
.
LO
SCRITTORE
-
cancella
,
arrossendo
e
sorridendo
leggermente
,
e
continua
a
scrivere
.
IL
GENIO
(
leggendo
di
sopra
alle
spalle
dello
scrittore
)
.
-
Codesto
è
buono
.
(
Un
minuto
dopo
)
.
E
ora
perché
t
'
impunti
?
LO
SCRITTORE
.
-
È
arrivato
a
un
punto
dove
il
pensiero
gli
manca
;
egli
vede
un
vuoto
davanti
a
sé
,
come
un
fosso
profondo
,
di
là
dal
quale
gli
appare
nettamente
il
sentiero
per
cui
potrà
continuare
il
cammino
.
Ma
come
riempire
quel
vuoto
per
passare
di
là
?
UNA
FOLLA
DI
PAROLE
CHE
ACCORRONO
DA
TUTTE
LE
PARTI
.
-
Siamo
qui
noi
,
al
tuo
servizio
.
Comanda
.
LO
SCRITTORE
.
-
Ma
voi
non
dite
nulla
.
LE
PAROLE
.
-
Ma
possiamo
colmare
il
fosso
.
LO
SCRITTORE
-
le
guarda
,
titubando
.
IL
GENIO
(
alle
parole
)
.
-
Sgombrate
,
fannullone
impostore
!
(
Allo
scrittore
)
.
Non
ti
servire
di
questa
mala
genìa
.
Lascia
il
vuoto
piuttosto
,
e
fàtti
coraggio
a
spiccare
il
salto
.
Al
lettore
riuscirà
meno
ingrato
lo
scomodarsi
a
saltare
con
te
che
il
passare
sopra
il
mucchio
di
ciarpame
,
col
quale
lo
vorresti
ingannare
,
facendoglielo
parer
terra
salda
.
LO
SCRITTORE
-
spicca
il
salto
e
si
rimette
in
cammino
.
UNA
IDEA
-
ravvolta
in
un
velo
,
gli
si
presenta
in
atto
grazioso
.
Egli
le
sorride
e
le
fa
cenno
di
venire
innanzi
.
IL
BUON
SENSO
.
-
Bada
.
Non
ti
lasciar
ingannare
.
Non
la
riconosci
?
(
Strappa
il
velo
all
'
Idea
)
.
La
riconosci
ora
?
È
la
seconda
volta
che
ti
si
presenta
.
Le
hai
già
fatto
troppo
onore
la
prima
.
Mettila
alla
porta
.
(
L
'
Idea
svanisce
)
.
Guàrdati
da
queste
seccatrici
vanitose
e
sfacciate
che
ritornano
anche
dieci
volte
in
abiti
diversi
per
farsi
ritrarre
in
tutti
gli
atteggiamenti
e
con
tutti
i
giochi
di
luce
.
Sono
la
perdizione
degli
scrittori
che
cascano
nelle
loro
reti
.
Scrutale
bene
in
viso
prima
di
riceverle
.
LO
SCRITTORE
-
dopo
aver
scritto
un
altro
poco
,
dà
un
'
esclamazione
di
contentezza
,
che
significa
chiaramente
:
-
Ecco
un
pensiero
!
-
e
fa
correre
più
lesta
la
penna
.
IL
GENIO
(
si
china
a
leggere
,
sorride
,
e
dopo
un
breve
silenzio
)
.
-
È
un
pensiero
originale
,
ed
espresso
bene
;
ma
....
non
è
tuo
!
LO
SCRITTORE
-
si
riscote
,
rimane
pensieroso
qualche
momento
,
come
cercando
,
poi
fa
un
atto
di
rammarico
e
abbassa
il
capo
.
IL
GENIO
.
-
Oh
!
l
'
hai
ritrovato
il
proprietario
legittimo
.
È
vero
?
Sono
illusioni
frequenti
.
L
'
ha
detto
un
valentuomo
,
che
pensava
sempre
col
suo
capo
:
un
pensiero
ci
par
nostro
e
nuovo
,
alle
volte
,
nel
punto
in
cui
è
ancora
confuso
nella
nostra
mente
,
perché
,
così
essendo
,
non
rassomiglia
a
nulla
;
ma
quando
si
determina
nell
'
espressione
e
assume
la
sua
vera
faccia
,
riconosciamo
che
è
d
'
un
altro
.
Codesto
tu
l
'
avresti
forse
riconosciuto
da
te
,
rileggendo
.
Non
rubare
:
è
il
settimo
comandamento
.
Un
freguccio
.
Bravo
.
È
da
giovine
onesto
.
LO
SCRITTORE
(
si
rimette
a
scrivere
.
Dopo
un
poco
,
lascia
cader
la
penna
)
.
-
È
inutile
!
È
un
pensiero
che
non
mi
riesce
d
'
esprimere
.
Ci
rinunzio
.
IL
BUON
SENSO
.
-
Eh
,
via
!
Io
ne
intuisco
la
ragione
,
poichè
ti
leggo
in
mente
il
pensiero
.
Tu
hai
in
capo
una
bella
frase
preconcetta
,
nella
quale
vuoi
far
entrare
quel
pensiero
,
e
non
ti
riesce
,
perché
non
son
fatti
l
'
uno
per
l
'
altro
,
e
t
'
ostini
,
perché
vuoi
mettere
in
mostra
la
frase
.
Rinunzia
alla
forma
elegante
e
impropria
che
ti
sta
a
cuore
,
supponi
di
aver
da
dire
quello
che
pensi
a
un
amico
,
in
una
conversazione
famigliarissima
,
senz
'
altra
cura
che
di
farti
capire
;
e
vedrai
che
ti
riuscirà
di
dirlo
.
Espresso
che
ti
sarai
in
quel
modo
,
se
l
'
espressione
non
ti
finirà
,
ti
sarà
facile
ridurla
,
con
qualche
mutamento
,
a
maggior
perfezione
.
Fanne
la
prova
,
e
ne
sarai
persuaso
.
LO
SCRITTORE
-
dopo
avere
un
po
'
pensato
,
rimane
immobile
,
con
gli
occhi
fissi
sul
foglio
,
in
atto
di
fare
uno
sforzo
intenso
;
ma
gli
occhi
sono
senza
vita
.
IL
GENIO
.
-
Ecco
il
momento
in
cui
l
'
occhio
della
mente
si
vela
.
Smetti
,
amico
.
Non
faresti
più
uno
sforzo
utile
.
Alzati
e
muovi
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
LO
SCRITTORE
-
si
rimette
al
lavoro
e
scrive
di
lena
,
senza
interrompersi
,
per
un
buon
tratto
.
Poi
alza
il
viso
,
come
cercando
qualcosa
con
gli
occhi
,
impaziente
.
IL
GENIO
.
-
Che
cosa
cerchi
?
Un
legame
fra
l
'
idea
che
hai
espressa
nel
periodo
finito
e
quella
che
vuoi
esprimere
nel
periodo
che
segue
?
Ma
se
un
legame
naturale
non
c
'
è
,
perché
ce
lo
vuoi
mettere
?
IL
BUON
GUSTO
.
-
Per
eleganza
?
Ma
come
potrà
essere
elegante
un
legame
non
naturale
?
IL
BUON
SENSO
.
-
Non
è
meglio
uno
stacco
inelegante
che
una
bella
attaccatura
forzata
?
IL
BUON
GUSTO
.
-
Che
sarebbe
un
anello
di
latta
dorata
?
IL
BUON
SENSO
.
-
E
che
in
ogni
modo
congiungerebbe
le
parole
,
ma
non
le
idee
?
IL
GENIO
(
dopo
un
poco
)
.
-
Ah
,
ti
ci
colgo
ora
!
Ti
colgo
in
flagranti
a
raccattare
un
pensiero
superfluo
per
metterci
addosso
una
bella
frase
!
IL
BUON
SENSO
(
dopo
un
altro
poco
)
.
-
E
a
cercar
dei
cavilli
per
giustificare
a
te
stesso
codesta
espressione
che
la
coscienza
ti
rimprovera
!
IL
BUON
GUSTO
(
due
minuti
dopo
)
.
-
E
a
metter
la
barba
finta
a
un
pensiero
già
espresso
,
per
farlo
parere
un
personaggio
nuovo
!
LO
SCRITT
.
(
lavora
altri
dieci
minuti
;
poi
guarda
alla
finestra
,
sospirando
)
.
-
Oh
che
bel
sole
di
primavera
e
che
bell
'
aria
limpida
!
Come
cantano
allegramente
gli
uccelli
!
Che
fragranza
deliziosa
mandano
le
acacie
fiorite
dei
viali
!
Come
sarebbe
piacevole
a
quest
'
ora
correre
fra
il
verde
e
l
'
azzurro
,
col
pensiero
libero
,
bevendo
a
grandi
sorsi
la
vita
!
E
che
dura
cosa
è
questa
fatica
,
quest
'
affanno
della
mente
prigioniera
,
segregata
dal
mondo
vivente
,
questo
torturarsi
il
capo
con
la
penna
come
con
la
punta
d
'
uno
stile
!
L
'
AMBIZIONE
(
sbucando
d
'
un
salto
di
dietro
a
una
libreria
)
.
-
Ah
!
è
una
dura
cosa
,
è
un
affanno
,
è
una
prigionia
,
è
una
tortura
!
Ah
,
credeva
il
signorino
che
fosse
una
cosa
facile
l
'
arte
,
l
'
arte
a
cui
diceva
di
voler
consacrare
la
vita
!
Ma
non
ci
si
riesce
senza
incredibili
fatiche
,
dice
il
poeta
della
Ginestra
.
Ma
bisogna
sudare
e
gelare
,
dice
Orazio
.
Ma
convien
farsi
per
molt
'
anni
macro
,
dice
Dante
.
Ma
tutti
gli
scrittori
che
tu
ammiri
sudarono
,
vegliarono
,
si
torturarono
,
ci
rimisero
la
salute
e
ci
si
logorarono
l
'
anima
.
E
il
signorino
ambizioso
,
che
vuol
arrivare
alla
gloria
,
crede
che
sia
come
prendere
la
via
dell
'
orto
!
LO
SCRITT
.
china
la
fronte
e
si
rimette
all
'
opera
.
IL
GENIO
(
passata
un
'
ora
,
dopo
aver
letto
l
'
ultima
pagina
)
.
-
Sta
bene
.
Eccoti
col
vento
in
poppa
.
Non
dare
all
'
immaginazione
il
tempo
di
raffreddare
.
Non
cercar
la
frase
,
chè
non
ti
sfugga
il
pensiero
.
Segna
di
volo
le
idee
che
ti
incalzano
.
Non
ti
soffermare
a
scegliere
fra
le
varie
parole
che
ti
s
'
offrono
:
notale
in
margine
,
come
faceva
il
Leopardi
:
sceglierai
più
tardi
la
più
calzante
.
Non
insistere
su
nessun
concetto
secondario
.
Non
lasciar
deviare
in
rigagnoli
,
tieni
raccolta
la
corrente
del
tuo
pensiero
;
scaccia
le
idee
intruse
che
romperebbero
l
'
onda
;
e
va
'
spedito
,
ma
non
ti
lasciar
travolgere
.
Fa
'
un
ultimo
sforzo
,
e
pianterai
la
bandiera
sulla
riva
.
LO
SCRITT
.
-
tira
un
grande
respiro
,
e
posa
la
penna
,
col
viso
rasserenato
e
sorridente
.
IL
GENIO
(
dopo
aver
letto
)
.
-
Tutto
codesto
è
ben
pensato
e
ben
detto
.
Hai
vinto
le
cattive
tentazioni
.
Non
hai
tradito
il
tuo
pensiero
.
La
tua
coscienza
dev
'
esser
contenta
.
Che
sentimento
di
serenità
e
di
leggerezza
,
non
è
vero
?
E
come
ti
è
dolce
ora
la
libertà
dello
spirito
!
E
come
benedici
la
tua
fatica
!
LA
SFILATA
DEI
BRUTTI
PERIODI
.
Vien
'
ora
,
che
assisteremo
insieme
a
uno
spettacolo
singolare
,
il
quale
ti
potrà
dar
argomento
a
osservazioni
utili
.
Come
le
madri
spartane
facevano
vedere
ai
figliuoli
gl
'
Iloti
ubbriachi
perché
prendessero
in
aborrimento
il
vizio
dell
'
ubbriachezza
,
io
ti
farò
sfilare
dinanzi
i
periodi
deformi
e
viziosi
,
affinchè
lo
spettacolo
ripugnante
e
compassionevole
ti
fortifichi
nel
proposito
di
non
mostrar
mai
nulla
di
simile
nella
prosa
che
uscirà
dalla
tua
penna
.
La
moltitudine
miserevole
sfilerà
in
tre
processioni
successive
,
che
rappresenteranno
ciascuna
una
deformità
o
infermità
particolare
,
comunissima
nel
mondo
letterario
,
dalla
quale
tu
dovrai
fare
ogni
sforzo
per
preservarti
,
in
special
modo
nel
primo
periodo
dei
tuoi
studi
.
Ecco
la
prima
colonna
che
viene
avanti
,
come
può
.
È
lo
sciame
dei
periodi
nani
,
appartenenti
tutti
alla
gran
famiglia
dello
Stile
singhiozzato
,
che
è
numerosissima
,
e
sparsa
in
tutti
i
campi
della
letteratura
.
Sono
molto
in
voga
a
cagione
del
gran
comodo
che
fanno
a
chi
vuol
scrivere
facilmente
,
senza
darsi
la
noia
d
'
affrontar
le
difficoltà
della
sintassi
,
di
collegare
,
cioè
,
e
d
'
intrecciare
le
idee
,
di
concatenare
e
di
saldare
l
'
una
all
'
altra
le
frasi
,
che
è
un
perditempo
di
pedanti
e
una
fatica
di
certosini
.
Vedi
che
son
quasi
tutti
periodi
d
'
una
sola
,
o
di
due
proposizioni
al
più
,
semplici
come
la
miseria
.
Grazie
a
loro
il
discorso
va
avanti
a
piccoli
salti
,
come
gli
uccelli
,
o
a
brevissimi
passi
misurati
come
le
galline
a
cui
si
mettono
i
laccetti
alle
gambe
,
perché
non
scappino
.
Chi
li
usa
,
dice
che
servono
a
imitare
il
linguaggio
parlato
;
ma
quella
non
è
imitazione
,
è
caricatura
,
perché
anche
nel
parlare
è
rarissimo
che
s
'
esprima
il
pensiero
così
a
pezzi
e
bocconi
,
che
si
proceda
in
quel
modo
a
scatti
e
a
sussulti
,
come
se
la
mente
battesse
la
terzana
.
Vedi
se
non
è
buffo
che
un
uomo
scimiotti
l
'
andatura
d
'
un
bambino
.
Prova
a
seguitar
per
un
po
'
codesti
periodi
,
e
ti
sentirai
le
gambe
rotte
.
Non
son
periodi
,
ma
rottami
,
briciole
di
periodi
;
pensieri
in
pillole
e
in
polvere
;
trucioli
e
segatura
di
prosa
.
E
ne
passa
,
e
ne
passa
,
di
tutti
i
gradi
di
statura
al
disotto
della
media
,
di
tutte
le
gradazioni
di
magrezza
fra
il
corpo
spolpato
e
lo
scheletro
nudo
,
e
usciti
d
'
ogni
dove
:
da
romanzi
d
'
appendice
,
da
discorsi
politici
solenni
,
da
commemorazioni
mortuarie
lacrimose
,
da
parlate
asmatiche
di
drammi
,
da
lettere
d
'
amore
deliranti
a
freddo
e
simulatamente
disperate
.
Dicono
:
-
È
brevità
efficace
.
-
Ma
non
è
vero
;
si
provino
d
'
un
lungo
periodo
perfetto
d
'
uno
scrittore
conciso
a
far
tre
periodi
,
e
vedranno
se
non
l
'
allungano
,
dovendo
ripigliare
il
cammino
due
volte
,
e
ripetere
verbi
e
soggetti
.
-
È
stile
scolpito
!
-
Ma
non
sono
scultura
i
denti
d
'
una
ruota
di
legno
,
come
non
è
musica
il
rumore
che
n
'
esce
.
-
È
vivacità
di
stile
!
-
Ma
chi
è
più
vivace
dell
'
epilettico
?
-
È
un
risparmio
di
noia
al
lettore
!
-
Ma
che
c
'
è
di
più
uggioso
del
tic
tac
d
'
un
orologio
?
Oh
,
di
che
riso
amaro
e
sprezzante
riderebbe
il
Machiavelli
al
veder
la
prosa
italiana
ridotta
a
questo
balbettìo
di
scamiciati
aggranchiti
dal
freddo
!
Ma
non
occorre
ch
'
io
ti
dica
altro
.
Tu
non
ti
mescolerai
con
questa
ragazzaglia
di
periodi
;
tu
preferisci
fin
d
'
ora
la
compagnia
degli
adulti
;
chi
ha
buona
gamba
non
fa
tre
passi
sur
un
mattone
.
Lasciali
andare
all
'
Asilo
.
Guarda
ora
quest
'
altri
che
s
'
avvicinano
.
Non
ti
par
di
veder
venire
innanzi
lentamente
,
l
'
un
dietro
l
'
altro
,
di
quei
piccoli
treni
di
strada
ferrata
,
che
si
dànno
per
balocco
ai
ragazzi
?
Sono
i
periodi
degli
scrittori
geometrici
.
È
un
altro
modo
di
scansar
la
fatica
e
le
difficoltà
delle
orditure
sintattiche
sapienti
e
belle
,
pur
avendo
l
'
aria
di
far
dei
periodi
di
grande
disegno
.
Sono
periodi
fatti
d
'
una
lunga
serie
di
membri
,
d
'
un
'
egual
misura
a
un
di
presso
,
e
legati
fra
loro
quasi
tutti
con
lo
stesso
legame
di
coordinazione
,
per
modo
che
alla
fin
di
ciascuno
il
lettore
può
riposarsi
,
quasi
come
a
un
punto
fermo
;
ciò
che
dà
allo
scrittore
il
pretesto
di
stendere
dei
periodi
sterminati
,
e
di
poter
dire
che
non
leva
al
lettore
il
respiro
.
Vero
è
che
lo
ammazza
in
un
altro
modo
,
e
non
più
piacevole
.
Questi
periodi
non
c
'
è
ragione
mai
che
finiscano
,
se
non
quando
lo
scrittore
non
ha
più
nulla
da
dire
:
li
finisce
quando
vuole
,
per
bontà
sua
;
e
potrebbe
,
con
quell
'
andare
,
fare
anche
un
libro
d
'
un
periodo
solo
.
Sono
pensieri
cristallizzati
,
come
disse
a
maraviglia
un
critico
,
in
espressioni
geometricamente
uguali
.
Non
sono
propriamente
periodi
,
ossia
,
non
tessuti
di
proposizioni
,
ma
filze
;
non
costruzioni
,
ma
pietre
e
mattoni
ammontati
a
filo
di
piombo
,
senza
cemento
né
incastro
;
non
c
'
è
in
questo
periodare
né
rilievi
,
né
intrecci
,
né
scorci
,
né
inversioni
efficaci
,
né
varietà
di
suoni
e
di
modulazioni
;
non
v
'
è
che
una
sfilata
monotona
di
pensieri
,
tutti
vestiti
a
un
modo
,
che
vanno
avanti
con
lo
stesso
passo
,
mettendo
l
'
uno
il
piede
sull
'
orma
dell
'
altro
,
come
una
processione
di
frati
.
Vedi
che
soltanto
a
parlarne
,
si
prende
il
contagio
:
di
questi
periodi
n
'
ho
scritto
uno
.
Alla
fin
di
ciascuno
tu
ti
senti
cascare
il
capo
e
le
palpebre
e
ti
devi
dare
un
pizzicotto
per
incominciare
il
secondo
.
Dev
'
esser
qualche
cosa
di
simile
il
viaggiare
sul
dorso
d
'
un
ippopotamo
.
In
tutto
il
tempo
che
ho
impiegato
a
discorrere
n
'
è
passato
uno
solo
.
E
se
n
'
avvicina
un
altro
della
stessa
mole
.
Schiaccia
un
sonnellino
,
che
ti
sveglierò
al
terzo
.
Buon
riposo
.
Ecco
la
terza
sfilata
.
Questa
è
la
più
sbalorditoia
,
quella
che
comprende
tutte
le
deformità
,
malattie
e
vizi
più
miserevoli
e
strani
:
i
periodi
zoppi
,
i
gobbi
,
gl
'
idropici
,
gli
accidentati
,
i
periodi
tutti
testa
o
tutti
pancia
,
quelli
senz
'
occhi
che
vanno
a
tentoni
,
quelli
senza
gambe
che
si
trascinano
per
terra
,
e
quelli
che
dalle
reni
hanno
tornato
il
volto
,
come
gl
'
indovini
dell
'
inferno
dantesco
,
e
i
malati
d
'
atassìa
che
non
hanno
coordinazione
fra
i
movimenti
delle
membra
,
e
gli
ubbriachi
che
camminano
a
zig
zag
,
barcollando
,
e
a
ogni
tratto
soffermandosi
o
inciampando
,
e
finiscono
a
cadere
sulle
ginocchia
o
sulle
mele
.
Sono
tutte
le
mostruosità
sintattiche
che
possono
uscir
dalle
menti
che
non
conoscono
né
seste
,
né
compasso
,
e
in
cui
"
la
ragion
naturale
e
reciproca
della
parte
d
'
un
concetto
è
continuamente
turbata
dalle
varie
associazioni
della
fantasia
che
s
'
intromette
nel
processo
del
loro
pensiero
"
;
dalle
menti
di
tutti
coloro
che
,
come
diceva
il
Montaigne
,
data
la
mossa
coi
remi
alla
barca
del
periodo
,
costeggiando
,
si
soffermano
qua
e
là
e
imbarcano
alla
cieca
tutte
le
idee
che
loro
fanno
cenno
di
voler
salire
,
per
modo
che
la
barca
sopraccarica
va
innanzi
a
sbilancioni
e
bevendo
acqua
,
fin
che
si
capovolge
o
s
'
affonda
,
e
tutti
annegano
.
Alcuni
,
come
vedi
,
non
hanno
forma
nessuna
:
non
son
periodi
,
ma
una
certa
quantità
di
parole
chiuse
fra
due
punti
fermi
.
Altri
rassomigliano
alle
Sirene
,
che
hanno
un
bel
viso
e
finiscono
in
coda
di
pesce
.
Qualcuno
è
vestito
bene
;
ma
le
ossa
sformate
e
i
bubboni
gli
fanno
dei
gonfi
sotto
i
panni
,
o
i
panni
gli
s
'
aggrinzano
dove
mancano
le
carni
o
le
costole
,
o
il
pelame
intonso
e
arruffato
,
somigliante
a
una
vegetazione
selvatica
,
nasconde
la
fisonomia
.
Ce
n
'
è
parecchi
che
non
sono
che
aggrovigliamenti
di
congiuntivi
,
figliati
l
'
uno
dall
'
altro
,
o
sequele
di
parentesi
,
che
si
fanno
buio
a
vicenda
,
e
mettono
il
pensiero
principale
all
'
oscuro
;
e
molt
'
altri
che
mostrano
d
'
essere
stati
fatti
con
gran
cura
,
ma
con
la
cura
e
con
l
'
arti
d
'
un
chirurgo
,
che
per
tenerli
su
li
ha
ricerchiati
come
botti
d
'
apparecchi
ortopedici
visibilissimi
,
e
mezzi
coperti
di
bende
,
d
'
imbottiture
e
di
cerotti
.
Se
questi
periodi
tu
esaminassi
a
uno
a
uno
,
riconosceresti
che
la
più
parte
dei
loro
vizi
e
difetti
non
richiedono
ad
essere
scansati
né
ingegno
singolare
né
arte
sopraffina
o
esperienza
consumata
di
scrittore
;
ma
che
sono
quasi
tutti
errori
di
logica
elementare
,
dai
quali
basta
il
buon
senso
e
un
po
'
di
riflessione
a
preservarci
.
Guardali
bene
,
e
vedi
quanta
bruttezza
e
quanta
miseria
!
E
pensa
quant
'
è
grande
il
numero
di
questi
mostricini
messi
al
mondo
di
continuo
da
innumerevoli
persone
anche
non
incolte
,
o
per
sbadataggine
o
per
furia
o
per
trascuranza
d
'
ogni
decoro
letterario
,
e
immagina
gl
'
infiniti
piccoli
danni
che
ne
derivano
nel
commercio
universale
del
pensiero
:
quante
oscurità
,
quante
confusioni
,
quanti
malintesi
,
e
quindi
intoppi
e
lentezze
e
sciupìo
di
lavoro
e
di
tempo
!
Senza
parlar
del
ridicolo
,
altra
fonte
infinita
di
piccoli
guai
.
Dunque
,
hai
veduto
gl
'
Iloti
.
Guàrdati
.
Non
periodi
singhiozzati
,
non
periodi
mastodontici
,
non
periodi
sciancati
,
né
gibbosi
,
né
malati
,
né
selvaggi
,
né
matti
.
Volta
il
foglio
,
e
troverai
il
periodo
perfetto
.
Ma
no
:
bisogna
che
tu
conosca
prima
Carlo
Imbroglia
.
CARLO
IMBROGLIA
.
Imbrogliava
il
discorso
,
intendiamoci
subito
:
non
il
prossimo
;
chè
anzi
nel
commercio
che
esercitava
,
e
anche
fuor
del
commercio
,
era
uno
specchio
di
galantuomo
;
e
se
non
ci
fossero
al
mondo
che
imbroglioni
del
suo
genere
,
sarebbe
un
tutt
'
altro
viverci
.
Non
mancava
,
per
commerciante
,
di
cultura
letteraria
,
ed
era
pieno
di
buon
senso
;
ma
aveva
il
difetto
accennato
da
Dante
dove
dice
che
l
'
uomo
,
nel
quale
rampolla
pensiero
sopra
pensiero
,
arriva
tardi
al
segno
,
a
cui
intende
;
e
il
perché
si
capisce
:
perché
il
pensiero
di
lui
s
'
intralcia
a
ogni
passo
in
sé
medesimo
.
Ha
definito
mirabilmente
questo
vizio
mentale
comunissimo
un
critico
moderno
,
dicendo
che
in
non
so
quale
scrittore
la
nozione
si
corrompeva
e
si
disgregava
prima
d
'
esser
vissuta
,
presentando
quel
fenomeno
che
,
secondo
certi
fisiologi
,
segue
in
ogni
organismo
che
si
discioglie
:
il
quale
di
sede
ch
'
egli
era
d
'
un
solo
principio
vivente
,
diventa
il
semenzaio
di
parecchi
,
che
con
nuovi
moti
e
combinazioni
si
riorganizzano
nella
sua
materia
imputridita
.
Che
diavolo
d
'
arruffio
si
facesse
nella
mente
del
nostro
buon
amico
quando
filava
un
ragionamento
o
raccontava
un
fatto
anche
semplicissimo
,
non
saprei
ben
dire
.
Incominciava
con
un
'
idea
,
e
subito
quest
'
idea
si
fendeva
in
due
;
poi
ciascuna
idea
si
biforcava
alla
sua
volta
,
o
si
triforcava
e
si
sfaccettava
;
e
volendo
seguire
tutte
le
deviazioni
e
accennare
tutte
le
trasformazioni
e
le
sfaccettature
del
proprio
pensiero
,
egli
diceva
e
ridiceva
,
correggeva
e
aggiungeva
,
e
accumulava
incisi
e
incastrava
parentesi
,
fin
che
si
smarriva
nei
raggiri
delle
sue
frasi
,
come
in
un
labirinto
,
e
doveva
rifarsi
da
capo
.
Il
difetto
grammaticale
più
frequente
in
cui
si
manifestava
questo
suo
modo
farragginoso
di
pensare
era
l
'
abuso
del
congiuntivo
.
Egli
parlava
come
un
certo
personaggio
d
'
una
commedia
francese
che
un
amico
suo
definisce
:
un
subjonctif
à
jet
continu
.
Mi
ricordo
parola
per
parola
un
periodo
ch
'
egli
disse
a
proposito
di
certe
pratiche
fatte
da
noi
per
riconciliarlo
con
un
amico
:
-
"
Nel
caso
ch
'
egli
volesse
ch
'
io
andassi
prima
da
lui
,
affinchè
non
si
credesse
da
chi
non
conoscesse
i
fatti
ch
'
egli
si
fosse
umiliato
...
"
-
Il
famoso
verso
di
Dante
Io
credo
ch
'
ei
credesse
ch
'
io
credessi
poteva
essere
la
divisa
del
suo
stile
.
Alle
persone
di
servizio
,
perché
facessero
a
puntino
questa
o
quella
cosa
,
non
volendo
omettere
nessun
particolare
e
dir
tutto
ben
chiaramente
,
dava
gli
ordini
con
certi
periodi
così
complessi
e
aggrovigliati
,
che
finivano
col
non
capirci
una
maledetta
.
Tale
e
quale
era
nello
scrivere
.
Ai
suoi
corrispondenti
commerciali
scriveva
delle
lettere
sulle
quali
dovevano
meditare
un
pezzo
,
col
capo
fra
le
mani
,
come
sopra
dei
palinsesti
,
per
tirarne
fuori
l
'
idea
principale
.
Nella
conversazione
con
gli
amici
,
poi
,
era
una
vera
calamità
.
Povero
Carlo
Imbroglia
!
Quando
principiava
un
racconto
,
o
diceva
:
-
Ecco
il
ragionamento
ch
'
io
farei
-
,
oppure
:
-
Mi
spiegherò
meglio
-
tutti
allibbivano
.
Era
uno
spasso
nella
trattoria
sentirgli
dire
al
cameriere
,
per
esempio
:
-
Io
vorrei
che
tu
dicessi
al
cuoco
che
mi
cocesse
la
bistecca
in
modo
(
ma
già
credo
ch
'
egli
lo
sappia
,
ma
è
bene
che
tu
glielo
ricordi
,
caso
che
l
'
avesse
dimenticato
,
il
che
non
è
improbabile
)
in
modo
che
facesse
meno
sangue
che
fosse
possibile
;
ma
che
un
poco
ne
faccia
,
intendiamoci
bene
,
e
non
mancar
di
dirglielo
,
che
non
gli
accadesse
di
mandarmela
secca
,
che
mi
restasse
nel
gozzo
,
come
qualcuno
vuole
ch
'
egli
la
faccia
,
ch
'
io
non
so
che
gusto
ci
trovino
.
-
E
quasi
tutti
i
suoi
periodi
erano
di
quest
'
architettura
.
Ma
questi
erano
i
suoi
periodi
chiari
.
Alle
volte
,
quando
lo
vedevamo
impigliato
in
una
rete
da
cui
non
gli
riusciva
di
strigarsi
,
cercavamo
d
'
aiutarlo
:
chi
gli
suggeriva
l
'
espressione
d
'
un
pensiero
incidentale
,
chi
gli
porgeva
una
parentesi
bell
'
e
fatta
,
chi
gli
apriva
con
un
'
abbreviatura
una
via
d
'
uscita
.
Ma
egli
respingeva
tutti
i
soccorsi
e
s
'
ostinava
a
finir
da
sé
il
suo
periodo
,
volendo
a
ogni
costo
dir
la
cosa
a
modo
suo
.
Qualche
volta
era
costretto
a
fermarsi
,
per
ravviare
le
fila
arruffate
del
discorso
,
e
stava
alcuni
momenti
in
silenzio
,
accennandoci
con
la
mano
di
pazientare
un
poco
,
e
socchiudendo
i
piccoli
occhi
cerpellini
,
spesso
malati
;
i
quali
lacrimavano
,
dicevamo
noi
,
per
effetto
dello
sforzo
ch
'
egli
faceva
nella
troppo
minuta
e
intricata
orditura
della
sua
sintassi
.
Un
giorno
si
scherzava
nel
crocchio
sopra
un
argomento
poco
faceto
:
sul
genere
di
morte
che
ciascuno
di
noi
avrebbe
preferito
.
Quando
fu
la
sua
volta
,
uno
lo
prevenne
,
dicendogli
:
-
Quanto
a
lei
,
mi
perdoni
,
la
sua
fine
è
scritta
:
lei
resterà
soffocato
fra
le
spire
d
'
uno
dei
suoi
periodi
.
-
Rise
con
gli
altri
egli
pure
,
dicendo
che
era
consapevole
del
proprio
difetto
;
ma
soggiunse
che
aveva
ferma
certezza
di
riuscire
a
forza
di
volontà
ad
emendarsene
,
a
parlare
finalmente
come
voleva
e
come
,
secondo
lui
,
si
doveva
parlare
.
E
infatti
incominciava
sempre
a
parlare
col
fermo
proponimento
di
resistere
alla
forza
dell
'
abito
vizioso
,
d
'
andar
diritto
con
la
parola
allo
scopo
,
rigettando
tutte
le
tentazioni
del
pensiero
serpeggiante
;
ma
era
invano
:
ci
ricascava
sempre
.
Un
momento
dopo
d
'
aver
fermato
per
la
millesima
volta
quel
proponimento
,
era
capace
di
scrivere
,
a
proposito
d
'
un
amico
,
del
quale
s
'
era
discusso
se
si
dovesse
sì
o
no
invitarlo
a
un
banchetto
,
una
maraviglia
di
letterina
come
questa
:
-
"
Penso
che
converrebbe
che
gli
mandassimo
l
'
invito
(
poichè
avete
stabilito
che
gli
si
mandi
,
benchè
io
fossi
d
'
opinione
che
sarebbe
stato
meglio
che
non
si
facesse
)
prima
ch
'
egli
avesse
notizia
del
pranzo
da
altri
(
il
che
non
credo
che
sia
impossibile
,
chè
anzi
è
assai
probabile
che
l
'
abbia
)
,
affinchè
non
potesse
sospettare
che
noi
avessimo
deciso
d
'
invitarlo
all
'
ultimo
momento
con
la
speranza
ch
'
egli
non
facesse
in
tempo
a
venire
;
cosa
di
cui
,
se
la
credesse
,
credo
che
anche
voi
,
che
sapete
quanto
egli
sia
permaloso
,
ammettiate
che
sarebbe
naturale
ch
'
egli
si
risentisse
;
ciò
che
dispiacerebbe
a
tutti
,
benchè
avessimo
coscienza
che
fosse
infondato
il
sospetto
.
"
-
Che
sudata
,
povero
Imbroglia
!
Eppure
,
come
si
capisce
,
anche
da
quel
viluppo
di
parole
,
ch
'
egli
non
avrebbe
scritto
malaccio
se
fosse
riuscito
a
levar
le
gambe
dal
congiuntivo
e
a
camminar
con
la
penna
per
la
via
più
corta
!
Ogni
volta
che
penso
a
lui
,
mi
rigodo
una
scenetta
comica
,
che
è
il
più
piacevole
dei
ricordi
ch
'
egli
m
'
abbia
lasciati
.
S
'
era
convenuto
fra
una
mezza
dozzina
d
'
amici
di
desinare
con
lui
alla
trattoria
.
Eravamo
già
tutti
intorno
alla
tavola
,
era
passata
l
'
ora
da
un
pezzo
,
ed
egli
non
compariva
.
Comparve
finalmente
in
vece
sua
,
con
un
biglietto
in
mano
,
una
sua
vecchia
serva
,
buona
donna
semplice
,
che
stava
con
lui
da
molt
'
anni
,
e
gli
era
affezionata
come
una
parente
.
Uno
di
noi
lesse
a
voce
alta
:
-
"
Cari
amici
!
È
impossibile
che
immaginiate
quanto
io
sia
dolente
che
un
malore
,
che
m
'
affligge
da
due
giorni
,
m
'
impedisca
d
'
intervenire
a
codesto
desinare
amichevole
,
al
quale
è
superfluo
che
io
vi
dica
quanto
sarei
stato
felice
....
"
-
,
e
terminava
dicendo
che
era
malato
di
congiuntivite
.
Che
volete
?
S
'
ha
un
bel
dire
che
è
inumano
il
ridere
del
male
altrui
.
Ma
chi
si
sarebbe
frenato
?
Malato
di
congiuntivite
!
Era
un
caso
comico
di
forza
maggiore
.
Ma
il
meglio
venne
dopo
,
quando
la
buona
donna
ci
domandò
se
non
avevamo
nulla
da
mandar
a
dire
al
suo
padrone
.
-
Sì
,
-
rispose
uno
,
-
ditegli
che
abbiamo
detto
che
ce
ne
rincresce
assai
,
ma
che
della
malattia
che
lo
tormenta
non
crediamo
possibile
ch
'
egli
guarisca
.
Riferitegli
queste
precise
parole
.
Ci
capirà
.
-
La
donna
ci
guardò
stupefatta
;
poi
disse
:
-
Eh
no
,
signori
.
Non
credano
.
Non
è
grave
.
È
un
incomodo
a
cui
va
soggetto
.
E
allora
si
scoppiò
addirittura
.
IL
PERIODO
PERFETTO
.
Il
modo
di
periodare
d
'
uno
scrittore
maestro
nell
'
arte
è
paragonabile
per
certi
rispetti
al
modo
d
'
andare
d
'
un
uomo
ben
formato
,
sano
,
svelto
e
elegante
;
il
quale
cammina
per
la
strada
a
passi
né
lunghi
né
corti
,
ritto
,
ma
non
impettito
,
sciolto
,
ma
dignitoso
,
e
guarda
e
saluta
di
qua
e
di
là
senza
soffermarsi
e
senza
scomporsi
,
supera
gl
'
impedimenti
con
agilità
,
scansa
le
persone
con
garbo
,
svolta
alle
cantonate
con
un
giro
cauto
,
sale
senz
'
affannarsi
,
discende
senza
lasciarsi
andare
,
e
s
'
arresta
a
un
tratto
,
quando
arriva
alla
meta
,
con
un
ultimo
passo
risoluto
,
rimanendo
ritto
ed
immobile
.
Hai
mai
analizzato
il
diletto
vivo
che
ti
dà
,
oltre
all
'
utile
dell
'
idea
che
v
'
è
espressa
,
uno
di
quei
periodi
magistrali
,
d
'
ampia
stesura
e
di
proporzioni
giuste
,
nei
quali
v
'
è
una
corrispondenza
perfetta
fra
il
pensiero
e
la
forma
,
e
i
concetti
sono
collegati
e
contrapposti
in
maniera
da
illuminarsi
a
vicenda
,
e
tutte
le
locuzioni
son
proprie
,
e
tutte
le
giunture
facili
,
e
nessuna
parola
superflua
,
per
modo
che
non
ti
riesce
d
'
immaginare
come
quella
data
idea
avrebbe
potuto
essere
svolta
altrimenti
,
neppure
nei
particolari
secondari
e
minimi
della
sua
espressione
?
Il
periodo
è
lungo
e
ti
par
rapido
,
perché
non
c
'
è
nessuna
oscurità
che
ti
desti
un
dubbio
,
nessuna
ridondanza
che
ti
distragga
,
nessun
intoppo
né
vuoto
che
t
'
arresti
.
I
concetti
e
i
membri
vi
son
distribuiti
così
bene
,
senz
'
affollamento
,
quantunque
siano
molto
fitti
,
che
ti
par
che
l
'
aria
vi
si
mova
e
v
'
entri
dentro
la
luce
da
ogni
parte
.
Il
periodo
è
così
ben
modulato
che
vi
senti
una
correlazione
armonica
fra
la
prima
e
l
'
ultima
frase
,
e
fra
queste
e
le
intermedie
,
e
nelle
intermedie
fra
di
loro
;
ma
è
un
'
armonia
non
studiata
e
discreta
,
e
come
naturalmente
prodotta
dall
'
accordo
dei
pensieri
.
Tutti
i
concetti
accessori
che
vi
son
contenuti
ti
si
stampano
nella
memoria
nello
stesso
ordine
in
cui
lo
scrittore
li
ha
posti
,
come
se
quello
fosse
il
loro
ordine
necessario
e
immutabile
.
Sono
poche
righe
,
e
quando
sei
arrivato
in
fondo
ti
par
d
'
aver
fatto
un
lungo
cammino
,
perché
hai
veduto
molte
cose
in
un
piccolo
spazio
,
e
non
sei
soltanto
sodisfatto
della
lettura
,
ma
anche
di
te
medesimo
,
perché
dietro
alle
idee
espresse
n
'
hai
vedute
di
sfuggita
,
grazie
all
'
arte
dell
'
autore
,
molt
'
altre
,
e
scambi
quell
'
arte
con
acume
d
'
intuizione
tuo
proprio
.
E
dopo
la
prima
lettura
ti
senti
forzato
a
rileggere
,
compiacendoti
di
cercare
le
cause
di
quell
'
effetto
piacevole
e
utile
,
d
'
esaminare
in
ogni
sua
parte
il
congegno
,
e
quasi
di
disfarlo
e
rifarlo
,
per
conoscere
l
'
operazione
mentale
complessa
e
sottile
,
con
la
quale
fu
fabbricato
.
Ti
sembra
un
'
opera
d
'
arte
che
stia
da
sé
,
ed
è
in
fatti
una
serie
di
parole
che
formano
per
sé
sole
un
tutto
,
che
contengono
un
principio
e
un
fine
;
è
un
piccolo
capolavoro
d
'
ordine
e
di
numero
,
in
cui
sono
congiunte
la
semplicità
e
l
'
eleganza
,
l
'
ampiezza
e
la
brevità
,
la
delicatezza
e
la
forza
;
dove
lo
scrittore
ha
esercitato
tutte
le
sue
facoltà
e
messo
tutte
le
sue
doti
migliori
:
il
buon
senso
,
il
buon
gusto
,
la
ragione
,
l
'
immaginazione
,
la
profondità
e
l
'
agilità
del
pensiero
,
l
'
acutezza
e
la
vastità
della
vista
mentale
,
alla
quale
non
sfugge
minuzia
alcuna
,
e
che
abbraccia
ad
un
tempo
cento
cose
vicine
e
remote
.
Poi
,
rivolgendo
quel
piccolo
capolavoro
nel
pensiero
,
godi
un
piacere
simile
a
quello
con
cui
si
guarda
e
si
rivolta
per
le
mani
un
corpo
rotondo
,
solido
,
liscio
e
lucente
,
e
fai
dei
paragoni
,
per
i
quali
t
'
appare
anche
più
ammirabile
la
sua
perfezione
.
Ripensi
altri
periodi
d
'
altri
scrittori
,
che
ammirasti
,
ampi
anche
quelli
,
e
bene
architettati
,
e
musicali
;
ma
che
differenza
!
C
'
è
in
quelli
più
suono
che
pensiero
,
e
in
qualche
punto
il
suono
è
strepito
;
ci
sono
proposizioni
che
fanno
eco
l
'
una
all
'
altra
,
frasi
che
si
voltano
indietro
a
guardare
lo
strascico
della
propria
veste
,
concetti
secondari
che
portano
in
capo
un
pennacchio
troppo
alto
per
la
loro
statura
;
e
a
certi
svolti
tu
ci
perdi
d
'
occhio
l
'
idea
principale
,
e
non
sempre
la
ritrovi
,
o
la
ritrovi
per
riperderla
ancora
quando
sei
arrivato
alla
fine
.
Ma
questo
è
per
ogni
verso
perfetto
.
Non
è
nulla
o
è
poca
cosa
rispetto
al
libro
che
lo
contiene
;
si
potrebbe
anche
togliere
,
e
rimarrebbe
all
'
opera
tutto
il
suo
valore
;
eppure
non
c
'
è
da
secoli
fra
le
migliaia
di
lettori
uno
solo
che
non
si
sia
arrestato
a
quel
breve
giro
di
parole
,
che
non
l
'
abbia
ammirato
,
riletto
dieci
volte
,
citato
in
cento
occasioni
,
ricordato
per
molti
anni
o
per
tutta
la
vita
;
e
in
questa
gemma
si
fisserà
lo
sguardo
di
generazioni
e
generazioni
di
lettori
,
fin
che
non
sarà
morta
e
sepolta
la
letteratura
dov
'
essa
risplende
.
Ora
senti
:
non
è
soltanto
un
consiglio
,
è
una
calda
raccomandazione
questa
ch
'
io
ti
faccio
,
con
la
ferma
certezza
che
,
se
la
seguirai
,
n
'
avrai
un
vantaggio
grande
.
Quando
,
leggendo
uno
scrittore
,
t
'
imbatti
in
uno
di
quei
periodi
,
trascrivilo
.
E
non
temere
d
'
aver
da
fare
una
tal
fatica
troppo
sovente
,
perché
son
periodi
rari
anche
negli
scrittori
grandi
.
L
'
avere
alla
mano
una
corona
di
queste
piccole
maraviglie
,
e
lo
sfilarla
ogni
tanto
,
ti
gioverà
di
più
,
per
imparare
a
periodar
bravamente
,
che
leggere
decine
di
volumi
.
Potrei
presentartene
io
parecchi
,
che
ho
raccolti
da
scrittori
di
vari
secoli
;
ma
è
meglio
che
li
cerchi
e
che
faccia
la
scelta
tu
stesso
.
Quando
li
avrai
trascritti
,
e
li
rileggerai
,
e
ci
penserai
su
,
ci
scoprirai
molte
più
bellezze
di
quelle
che
t
'
avranno
fermata
l
'
attenzione
alla
prima
,
e
ne
ricaverai
tanti
ammaestramenti
da
formartene
in
capo
un
piccolo
trattato
dell
'
arte
del
periodo
,
che
sarà
tutto
tuo
.
Ci
troverai
fra
i
vari
concetti
connessioni
intime
,
non
significate
con
parole
,
come
legami
di
fila
finissime
,
non
visibili
che
allo
sguardo
fisso
e
prolungato
della
mente
;
"
volute
di
sintassi
accennate
appena
che
faranno
fare
come
un
mezzo
giro
al
tuo
pensiero
verso
un
oggetto
nuovo
,
per
rimetterlo
quasi
subito
al
punto
da
cui
l
'
avranno
ritolto
"
;
brevi
spiragli
,
per
cui
t
'
appariranno
di
fuga
tratti
d
'
orizzonti
lontani
;
e
salite
e
discese
e
scorciatoie
e
profondità
e
curve
ed
angoli
della
locuzione
,
che
ti
desteranno
nella
mente
altrettanti
moti
diversi
,
leggerissimi
,
con
ciascuno
dei
quali
ti
parrà
di
fare
,
e
farai
in
effetto
un
passo
avanti
nell
'
arte
difficile
dello
scrivere
.
E
vedrai
come
ogni
volta
che
ti
metterai
a
scrivere
dopo
aver
ristudiato
quei
modelli
,
troverai
maggior
facilità
a
far
capire
nel
circuito
d
'
un
periodo
solo
molti
concetti
,
a
inanellarli
senza
sforzo
,
ad
accennarne
alcuni
senza
esprimerli
,
a
involgerne
altri
dentro
un
altro
,
e
a
trascorrere
da
questo
a
quello
con
un
colpo
d
'
ala
,
e
a
districare
gli
stami
di
molti
pensieri
confusi
per
distenderli
e
incrociarli
in
un
disegno
netto
e
leggero
.
Dammi
retta
:
fàtti
da
te
questa
piccola
raccolta
di
periodi
perfetti
,
e
imparala
a
mente
,
se
puoi
.
E
,
chi
sa
!
Se
proseguirai
in
questi
studi
nell
'
età
virile
,
forse
ti
verrà
in
mente
di
ampliare
la
raccolta
fatta
nella
giovinezza
,
e
di
dare
ai
giovani
italiani
un
'
Antologia
singolare
e
utilissima
;
della
quale
,
ch
'
io
sappia
,
non
c
'
è
ancora
esempio
.
IL
SOGNO
D
'
UNO
SCRITTORE
FALSO
.
Scena
:
una
camera
buia
.
Lo
scrittore
dorme
e
sogna
,
agitato
.
Al
principiare
del
sogno
egli
vede
accanto
al
letto
,
dalla
parte
del
capezzale
,
un
cassone
enorme
,
pieno
di
cose
preziose
,
che
gli
son
care
quanto
la
vita
;
e
udendo
un
rumoretto
all
'
uscio
,
e
parendogli
che
un
ladro
tenti
di
forzar
la
serratura
per
venirgli
a
rubare
quel
tesoro
,
stende
e
preme
la
mano
tremante
sul
coperchio
del
cassone
,
respirando
con
affanno
.
Una
figura
di
donna
,
bianca
e
leggera
come
vapore
in
nuvoletta
accolto
sotto
forme
fugaci
all
'
orizzonte
,
appare
nel
mezzo
della
camera
,
e
gli
rivolge
la
parola
con
voce
limpida
e
pacata
.
LA
SEMPLICITÀ
.
-
Vengo
non
desiderata
,
lo
so
.
Ma
fino
a
quando
rifuggirai
da
me
come
da
una
nemica
mortale
?
Fino
a
quando
persisterai
a
metter
sul
viso
dei
tuoi
periodi
cipria
e
belletto
e
ad
appiccicarvi
nèi
e
finti
riccioli
e
orecchini
di
perle
false
?
Fino
a
quando
,
per
ottenere
codesta
bellezza
artificiosa
e
stucchevole
,
farai
gli
sforzi
che
dovresti
fare
invece
per
nasconder
l
'
arte
,
per
conseguire
"
quell
'
apparenza
di
trascuratezza
,
di
sprezzatura
,
quell
'
abbandono
,
quella
quasi
noncuranza
"
che
,
come
dice
un
grande
maestro
,
è
una
delle
mie
specie
più
amabili
,
e
in
cui
si
manifesta
veramente
l
'
ingegno
;
dovecchè
il
raccattare
e
l
'
accozzare
lustre
e
chincaglie
è
cosa
da
tutti
?
Disse
un
critico
ardito
che
per
secoli
,
fatte
poche
eccezioni
,
fu
una
fitta
di
damerini
dello
stile
e
della
lingua
tutta
la
letteratura
italiana
.
Fino
a
quando
farai
il
damerino
tu
pure
,
vecchio
vanerello
smanceroso
?
Il
sognatore
dà
uno
scossone
.
UN
ESPLORATORE
AFRICANO
.
-
O
senta
,
signore
!
Ritornato
appena
dall
'
Africa
,
ho
letto
per
caso
un
libro
suo
.
Vidi
laggiù
certi
piccoli
re
selvaggi
che
sul
loro
semplice
abito
primitivo
di
stoffa
bianca
mettevano
quanto
potevan
raccogliere
di
vistoso
e
di
luccicante
,
come
fanno
le
gazze
,
dagli
europei
di
passaggio
;
e
quando
mi
venivan
dinanzi
così
addobbati
,
con
aria
maestosa
e
contenta
,
mi
dovevo
morder
la
lingua
per
non
scoppiare
dal
ridere
.
E
vidi
anche
dei
selvaggi
che
avevano
incise
sulla
pelle
figure
di
fiori
,
d
'
alberi
,
d
'
armi
e
d
'
animali
,
e
credevano
d
'
esser
belli
,
conciati
a
quel
modo
;
e
a
me
parevano
orribili
e
buffi
.
La
sua
prosa
,
mi
perdoni
,
mi
ricorda
l
'
abito
di
quei
re
,
e
il
suo
stile
mi
par
tatuato
,
signore
.
Il
sognatore
geme
.
UN
GENTILUOMO
.
-
Io
,
signore
,
conobbi
un
tale
,
un
bottegaio
arricchito
,
che
quando
gli
capitava
in
casa
qualcuno
,
lo
faceva
girar
per
tutte
le
stanze
,
dove
aveva
messo
in
mostra
un
poco
prima
tutta
l
'
argenteria
da
tavola
,
i
gioielli
di
sua
moglie
e
ogni
oggetto
di
valore
comprato
o
ricevuto
in
dono
da
lui
nel
corso
di
trent
'
anni
;
e
credeva
con
quello
sfoggio
di
farsi
veder
gran
signore
;
e
tutti
lo
giudicavano
invece
uno
spocchione
senza
gentilezza
e
senza
gusto
.
Il
sognatore
si
volta
di
scatto
sur
un
fianco
,
cercando
una
posizione
più
comoda
.
UN
CRITICO
(
con
un
sorriso
acre
e
una
voce
di
sega
)
.
-
Signore
!
È
tempo
oramai
ch
'
io
le
spiattelli
la
verità
nuda
e
cruda
.
O
chi
crede
d
'
ingannare
con
codesto
abbarbaglio
di
frasi
,
con
codesta
ostentazione
di
gale
e
di
lustrini
?
Crede
che
non
si
capisca
ch
'
Ella
ricorre
a
codesti
mezzi
perché
non
ha
un
possesso
sicuro
della
lingua
,
per
nascondere
l
'
indeterminatezza
che
da
quel
possesso
malsicuro
deriva
all
'
espressione
del
suo
pensiero
?
Che
non
si
capisca
ch
'
Ella
tira
a
scriver
bello
e
avventato
perché
non
le
riesce
di
scriver
proprio
ed
esatto
?
E
s
'
illude
che
con
quelle
cianfrusaglie
brillanti
si
possa
mascherar
mai
il
pensiero
nullo
o
mediocre
?
Eh
,
via
!
Anche
il
lettore
meno
colto
ha
una
percezione
finissima
per
iscoprire
un
concetto
trito
o
volgare
sotto
il
cencio
di
porpora
dozzinale
,
come
scopre
la
menzogna
nel
falso
sorriso
.
Smetta
codesta
roba
,
che
sciupa
anche
i
pensieri
migliori
,
perché
svia
la
mente
dalla
diritta
e
rapida
intuizione
del
buono
e
del
vero
.
O
che
è
l
'
immagine
,
quando
non
serve
a
dar
risalto
all
'
idea
,
altro
che
polvere
negli
occhi
?
O
quando
capirà
che
la
bellezza
non
è
che
nella
parola
o
nella
frase
necessaria
,
e
che
questa
non
può
essere
che
la
più
propria
,
e
che
la
più
propria
è
sempre
la
più
semplice
e
la
più
comune
?
Oh
,
rinunzi
una
volta
per
sempre
a
tutta
codesta
rigatteria
letteraria
,
che
si
compra
e
si
vende
a
peso
a
tutte
le
cantonate
.
Lo
scrittore
respira
sempre
più
affannoso
,
contraendo
il
viso
e
le
mani
.
LA
PASSIONE
.
-
Il
tuo
linguaggio
non
è
il
mio
.
Tu
non
parli
mai
con
la
mia
voce
e
con
le
mie
parole
.
Tu
mi
tradisci
sempre
.
Io
non
pèttino
,
non
arricciolo
,
non
infioro
le
frasi
e
i
periodi
:
io
sono
semplice
e
franca
.
Tu
non
commovi
nessuno
perché
sei
l
'
opposto
di
quello
ch
'
io
sono
.
Chi
ti
può
credere
sincero
?
Crederesti
tu
alla
sincerità
d
'
un
uomo
che
mentre
ti
confida
,
per
impietosirti
,
un
grande
dolore
,
facesse
il
bocchin
di
miele
e
gli
occhi
languidi
come
una
donnina
leziosa
,
e
atti
vezzosi
del
capo
come
una
tortora
in
amore
?
LA
RAGIONE
.
-
E
piglieresti
sul
serio
un
altro
che
mentre
s
'
affanna
a
persuaderti
d
'
una
grande
verità
o
a
indurti
a
un
'
azione
generosa
,
scoprisse
ogni
tanto
i
polsini
per
mostrarti
i
bottoni
d
'
oro
o
lanciasse
un
'
occhiata
allo
specchio
per
veder
l
'
effetto
del
suo
gesto
?
UN
VECCHIO
.
-
Senti
.
Io
ho
molto
vissuto
e
conosco
il
mondo
.
Se
tu
lo
conoscessi
quant
'
io
lo
conosco
,
se
tu
sapessi
a
quanta
gente
ha
recato
e
reca
danno
di
continuo
codesto
mal
vezzo
,
in
cui
tu
t
'
ostini
,
d
'
inorpellare
l
'
espressione
d
'
ogni
sentimento
e
d
'
ogni
pensiero
,
tu
faresti
ogni
maggiore
sforzo
per
liberartene
,
come
d
'
una
malattia
pericolosa
di
morte
.
Quanti
uomini
retti
e
modesti
son
giudicati
irreparabilmente
non
sinceri
,
vanitosi
,
presuntuosi
,
e
si
vedon
rifiutati
favori
e
vantaggi
ed
aiuti
non
per
altro
che
perché
li
chiedono
con
codeste
forme
affettate
e
leziose
a
persone
che
aborriscono
l
'
affettazione
e
la
leziosaggine
quanto
la
malvagità
e
l
'
impostura
!
Quante
lettere
e
scritture
d
'
ogni
forma
,
che
chiedono
cose
giuste
e
dovute
,
sono
lacerate
e
buttate
fra
le
cartacce
non
per
altro
che
perché
sono
scritte
nel
modo
che
tu
scrivi
!
Quanti
scrittori
di
alto
ingegno
e
di
animo
buono
sono
diventati
universalmente
uggiosi
e
odiosi
,
e
stati
in
ogni
modo
avversati
e
defraudati
dell
'
onore
che
per
altri
rispetti
meritavano
,
per
non
essere
riusciti
mai
a
spogliarsi
di
codest
'
abito
sciagurato
d
'
infronzolare
,
d
'
ingioiellare
,
di
fiorettare
il
proprio
linguaggio
!
Che
aberrazione
!
O
com
'
è
ancora
possibile
?
UNO
SCRITTORE
.
-
Ho
pietà
di
te
,
confratello
,
e
non
te
n
'
offendere
,
chè
è
pietà
fraterna
,
poichè
l
'
ebbi
un
tempo
di
me
pure
;
e
fu
quando
tutte
le
gale
e
le
lustre
della
parola
,
di
cui
avevo
fatto
abuso
cieco
per
vent
'
anni
,
m
'
apparvero
nel
loro
vero
aspetto
,
e
mi
fecero
il
senso
che
risentirebbe
un
uomo
,
il
quale
,
addormentatosi
nell
'
orgia
d
'
un
martedì
grasso
,
si
risvegliasse
il
mercoledì
delle
ceneri
,
in
mezzo
alla
sua
famiglia
,
sbriacato
,
ma
ancor
mascherato
da
re
delle
marionette
.
Quando
riconobbi
quanti
bei
pensieri
avevo
sciupati
,
quanti
sentimenti
gentili
traditi
,
per
quanto
tempo
avevo
offeso
la
dignità
dell
'
ufficio
di
scrittore
scrivendo
prosa
di
chincagliere
e
gettando
negli
occhi
al
pubblico
crusca
dorata
,
sentii
tale
vergogna
e
nausea
di
me
stesso
,
da
esser
tentato
di
dar
della
fronte
nel
muro
.
T
'
auguro
di
guarire
;
ma
la
convalescenza
ti
sarà
triste
,
povero
amico
.
UN
AMICO
D
'
INFANZIA
(
col
viso
afflitto
,
e
un
accento
di
rimprovero
triste
)
.
-
Ah
,
no
,
in
quel
modo
non
m
'
avresti
dovuto
scrivere
in
quella
occasione
dolorosa
.
Sapevi
che
avevo
l
'
anima
straziata
da
una
grande
sventura
:
mi
dovevi
scrivere
come
ti
dettava
il
cuore
.
Tu
non
puoi
immaginare
che
pena
fu
per
me
il
trovare
nella
tua
lettera
certe
espressioni
,
quei
tuoi
soliti
ornamenti
e
vezzi
di
lingua
e
di
stile
,
che
mi
fecero
dubitare
della
sincerità
del
tuo
dolore
,
che
mi
parvero
anzi
segni
manifesti
d
'
indifferenza
e
di
durezza
d
'
animo
.
No
;
se
tu
avessi
avuto
pietà
del
tuo
vecchio
amico
,
se
tu
avessi
pianto
davvero
sulla
sventura
terribile
che
lo
colpiva
,
tu
non
avresti
usato
quelle
parole
per
dirglielo
,
non
avresti
lisciato
lo
stile
a
quel
modo
,
perdonami
,
per
consolare
il
suo
cuore
.
Mi
facesti
una
gran
pena
,
amico
,
una
gran
pena
!
Il
sognatore
,
che
s
'
era
andato
agitando
sempre
più
durante
le
varie
apparizioni
,
vinto
all
'
ultima
da
un
impeto
di
vergogna
,
di
dolore
e
di
sdegno
,
si
precipita
dal
letto
(
in
sogno
)
e
si
mette
a
tirar
pedate
furiose
contro
il
cassone
;
il
quale
si
rovescia
e
si
scoperchia
,
spandendo
sul
pavimento
una
strana
variopinta
luccicante
mescolanza
di
vasetti
,
di
piume
,
di
ritagli
di
talco
e
di
trina
,
di
bubboli
,
di
nastrini
,
di
stelline
,
di
prismetti
di
vetro
,
di
scampoli
di
panno
rosso
e
di
frange
argentate
e
dorate
,
ravvolto
il
tutto
in
un
nuvolo
di
polvere
d
'
oro
e
di
riso
.
Furiosamente
,
a
scarpate
,
egli
caccia
a
mucchio
ogni
cosa
verso
la
finestra
e
abbranca
a
piene
mani
e
butta
tutto
fuori
del
davanzale
,
e
poi
scaraventa
fuori
anche
il
cassone
.
Il
tonfo
che
fa
questo
battendo
sul
selciato
della
strada
,
lo
risveglia
.
Si
mette
a
sedere
sul
letto
,
si
frega
gli
occhi
e
guarda
intorno
.
Non
è
ancora
bene
sveglio
:
gli
cadono
dagli
occhi
due
lacrime
.
Ahimè
!
Sono
lacrime
di
rimpianto
per
il
cassone
!
UNA
PAGINA
DI
MUSICA
.
È
tendenza
naturale
in
noi
il
dare
un
ritmo
al
linguaggio
scritto
,
come
lo
diamo
al
linguaggio
parlato
,
perché
il
nostro
orecchio
cerca
naturalmente
l
'
armonia
,
e
anche
delle
parole
scritte
sentiamo
il
suono
nella
mente
.
Gl
'
imitatori
dànno
alla
prosa
l
'
onda
armonica
,
che
hanno
nella
memoria
,
dello
stile
del
loro
scrittore
prediletto
;
quelli
che
non
imitano
,
le
dànno
un
ritmo
loro
proprio
,
che
è
come
la
musica
intima
del
loro
pensiero
;
e
anche
gli
scrittori
che
paiono
più
noncuranti
dell
'
armonia
,
si
sente
qua
e
là
che
non
resistono
alla
tentazione
di
dare
al
periodo
un
suono
largo
e
gradevole
,
o
,
se
non
altro
,
di
terminarlo
con
una
clausola
sonora
.
La
nostra
lingua
così
ricca
e
varia
di
suoni
,
nella
quale
facciamo
anche
in
prosa
,
senz
'
avvedercene
,
una
quantità
di
versi
d
'
ogni
metro
,
ci
tenta
continuamente
a
cantare
.
E
qui
sta
il
pericolo
:
di
far
cantare
la
prosa
per
forza
,
aggiungendo
parole
superflue
al
periodo
per
dargli
quella
data
sonorità
,
sforzando
il
pensiero
stesso
per
ridurlo
a
quella
data
forma
che
all
'
orecchio
piace
,
facendo
servire
l
'
idea
al
numero
,
in
somma
,
invece
di
far
obbedire
il
numero
all
'
idea
.
E
quando
s
'
è
su
questa
china
,
facilmente
si
precipita
al
peggio
:
si
va
dalle
armonie
delicate
e
sommesse
a
una
musica
sempre
più
risonante
,
fino
ad
accompagnare
la
sfilata
delle
frasi
a
colpi
di
piatti
turchi
,
e
a
chiudere
con
colpi
di
gran
cassa
e
squilli
di
tromba
.
Come
si
può
sfuggire
a
questo
pericolo
?
Il
mio
umile
parere
(
come
si
suol
dire
quando
si
crede
il
parere
proprio
migliore
degli
altri
)
è
questo
:
che
ci
dovremmo
proporre
non
di
cercare
l
'
armonia
,
ma
soltanto
d
'
evitar
le
asprezze
e
le
stonature
.
E
paiono
le
due
cose
una
sola
;
ma
sono
negli
effetti
assai
diverse
,
perché
,
cercando
l
'
armonia
,
si
finisce
col
cercare
una
data
armonia
,
la
quale
non
si
può
ottener
sempre
senza
artifici
;
ciò
che
non
accade
a
chi
si
studia
solamente
di
non
ferir
l
'
orecchio
.
Per
questo
non
c
'
è
bisogno
di
forzare
il
pensiero
,
d
'
aggiungere
,
di
riempire
,
d
'
arrotondare
,
perché
ciò
che
fa
suonare
sgradevolmente
il
periodo
non
sono
quasi
mai
altro
che
uno
o
pochi
vocaboli
messi
fuor
di
posto
,
e
qualche
volta
uno
o
due
o
pochi
monosillabi
;
e
basta
per
ripararvi
il
collocare
gli
uni
e
gli
altri
in
quelli
che
il
Leopardi
,
facendo
esercizio
di
lingua
,
chiamò
"
cantucci
,
spigoli
,
spazietti
,
passaggetti
,
rivolte
,
giratine
,
tortuosità
,
angustie
,
stretture
del
discorso
e
del
periodo
"
nelle
quali
quei
vocaboli
e
monosillabi
possono
entrare
senza
violenza
e
stare
senza
stridere
.
Non
è
certo
questa
l
'
unica
norma
che
dobbiamo
seguire
perché
la
prosa
non
riesca
disarmonica
;
ma
è
la
principale
,
e
a
te
può
bastare
per
ora
.
Un
ritmo
,
un
andamento
musicale
tuo
proprio
ti
verrà
con
lo
stile
,
del
quale
sarà
un
elemento
inseparabile
;
e
quanto
più
il
tuo
stile
sarà
spontaneo
,
logico
,
fedelmente
consentaneo
al
movimento
del
tuo
pensiero
,
tanto
meno
t
'
accorgerai
d
'
avere
quel
ritmo
;
per
modo
che
,
rileggendo
dopo
qualche
tempo
le
cose
tue
,
ti
parrà
di
sentirvi
una
musica
sconosciuta
,
o
di
cui
tu
abbia
appena
una
vaga
reminiscenza
.
Bada
ora
sopra
tutto
a
non
mandar
avanti
la
tua
prosa
a
suon
di
tamburi
e
di
pifferi
,
a
non
far
del
periodo
una
cabaletta
,
sempre
chiusa
con
quelle
certe
battute
,
che
il
lettore
presènte
e
solfeggia
prima
che
tu
vi
giunga
;
perché
è
questa
una
consuetudine
che
inceppa
la
ragione
e
l
'
ispirazione
,
circoscrive
la
libertà
del
pensiero
,
vizia
l
'
espressione
,
gonfia
lo
stile
,
e
avvilisce
la
dignità
dello
scrittore
riducendolo
un
sonatore
d
'
organetto
.
UNA
VOCE
NELL
'
ARIA
:
-
Benissimo
!
O
che
c
'
è
un
grammofono
qui
?
Chi
è
che
parla
?
La
stessa
voce
,
in
tono
leggermente
ironico
:
-
"
Ma
devi
anche
dire
all
'
alunno
che
ci
sono
i
sonatori
del
periodo
,
i
tenori
dello
stile
dissimulati
,
certi
astuti
che
abbassano
la
voce
,
invece
d
'
alzarla
,
che
non
vanno
mai
negli
acuti
,
che
modulano
il
discorso
come
per
cantare
senza
farsi
scorgere
;
ma
che
in
realtà
cantano
anch
'
essi
.
Il
canto
non
si
sente
periodo
per
periodo
;
ma
quando
voi
avete
letto
dieci
loro
pagine
senz
'
aver
mai
colto
proprio
sull
'
atto
il
cantante
,
sentite
non
di
meno
che
non
hanno
parlato
col
tono
di
chi
parla
naturalmente
,
non
cercando
né
ritmo
né
risonanza
.
È
una
specie
di
musica
morbida
e
liscia
,
dov
'
essi
fondono
i
propri
pensieri
e
smorzano
le
tinte
dello
stile
;
ma
che
,
appunto
per
questo
,
finisce
col
ristuccare
essa
pure
,
come
il
mormorìo
d
'
un
rigagnolo
,
facendoci
desiderare
qualche
asprezza
,
qualche
schianto
qua
e
là
,
in
cui
salti
su
il
pensiero
o
l
'
immagine
,
e
magari
anche
qualche
stonatura
selvaggia
,
che
ne
rompa
la
dolce
monotonia
,
dalla
quale
ci
sentiamo
conciliare
il
sonno
come
dal
rullìo
d
'
una
barchetta
o
dal
cullamento
d
'
una
sedia
a
dondolo
.
E
per
ottener
questo
bell
'
effetto
forzano
spesso
anche
costoro
il
proprio
pensiero
,
appiccicando
delle
brave
code
ai
periodi
,
dicendo
cose
che
non
dovrebbero
o
come
non
vorrebbero
,
esercitando
come
gli
altri
la
non
nobile
industria
dei
pleonasmi
,
delle
zeppe
,
delle
imbottiture
e
delle
vescichette
,
con
certa
discrezione
,
quasi
di
sotterfugio
,
e
con
aria
innocente
;
ma
che
non
inganna
chi
ha
fine
l
'
occhio
e
l
'
orecchio
.
Questo
essi
non
imitano
certamente
dal
loro
maestro
Alessandro
Manzoni
,
che
non
n
'
ha
ombra
.
E
anche
dall
'
esempio
di
questi
signori
convien
mettere
in
guardia
gli
alunni
.
Rifuggano
dagli
uni
e
dagli
altri
:
dai
suonatori
di
gran
cassa
e
da
quelli
che
fanno
il
verso
degli
uccelli
.
"
Pare
che
abbia
finito
.
Mi
domandi
se
ha
detto
giusto
?
Eh
sì
,
non
c
'
è
a
ridire
,
pur
troppo
.
Mi
domandi
ancora
s
'
io
so
a
chi
abbia
fatto
allusione
?
Lo
so
,
sicuro
;
ma
a
dirtelo
....
mi
vergognerei
un
poco
.
CORREGGI
E
LÀSCIATI
CORREGGERE
.
Abbiamo
veduto
da
principio
quello
che
s
'
ha
da
fare
prima
di
scrivere
;
dobbiamo
vedere
ora
quello
che
è
da
farsi
dopo
aver
scritto
.
Tu
hai
già
capito
:
rivedere
,
correggere
.
Lascia
passare
un
po
'
di
tempo
,
chè
si
quieti
l
'
eccitamento
intellettuale
,
e
tu
possa
giudicare
a
mente
serena
e
ad
animo
riposato
l
'
opera
tua
,
e
questa
apparisca
come
a
una
certa
distanza
all
'
occhio
indagatore
della
tua
mente
.
Poi
rileggi
,
mettendoti
con
l
'
immaginazione
,
per
quanto
t
'
è
possibile
,
nell
'
animo
d
'
un
lettore
non
solo
non
indulgente
,
ma
malevolo
,
il
quale
cerchi
nel
tuo
lavoro
i
difetti
col
desiderio
di
trovarne
,
o
svogliato
o
male
attento
,
che
non
regga
ad
alcuna
ripetizione
e
lungaggine
,
e
smetta
di
leggere
al
primo
senso
di
noia
che
lo
prenda
.
Leggi
,
e
apri
nella
mente
dieci
occhi
per
veder
dieci
cose
ad
un
punto
:
le
improprietà
,
le
superfluità
,
le
lacune
,
le
disarmonie
,
i
luoghi
oscuri
,
i
costrutti
contorti
,
i
legami
forzati
,
le
slegature
,
gli
errori
d
'
ordine
e
le
offese
al
buon
gusto
.
Vedi
se
in
qualche
luogo
non
hai
espresso
con
due
o
tre
periodi
brevi
un
pensiero
o
una
serie
di
pensieri
che
si
potevano
raccogliere
in
uno
,
non
però
così
lungo
da
non
potersi
abbracciare
,
come
dice
un
maestro
,
con
un
'
occhiata
;
se
,
alleggerendo
tutti
e
due
o
tutti
e
tre
quei
periodi
,
non
li
puoi
fondere
insieme
,
affinchè
il
lettore
legga
d
'
un
fiato
solo
quello
che
dovrebbe
leggere
con
tre
riprese
di
respiro
.
Vedi
se
dove
hai
creduto
di
esprimere
una
gradazione
di
pensiero
non
hai
fatto
altro
invece
che
una
gradazione
di
frase
;
se
non
hai
ripetuto
nessun
pensiero
sotto
altra
forma
,
o
presentato
l
'
una
dopo
l
'
altra
delle
immagini
che
dovevi
presentare
tutte
a
un
tratto
di
fronte
,
o
interposto
una
distanza
fra
due
concetti
che
dovevano
stare
vicini
o
connessi
.
Dove
puoi
mandare
innanzi
d
'
un
salto
il
pensiero
,
che
ha
fatto
un
passo
a
destra
e
uno
a
sinistra
,
correggi
;
dove
la
svoltata
del
pensiero
è
troppo
larga
,
ristringila
;
dove
puoi
accorciare
una
frase
,
serrare
più
forte
un
nodo
sintattico
,
sostituire
una
parola
breve
a
una
parola
lunga
,
accorcia
,
serra
,
sostituisci
.
Cerca
bene
se
hai
avuto
qualche
momento
di
distrazione
o
di
stanchezza
,
dove
hai
commesso
un
peccato
di
vanità
letteraria
,
dove
hai
lasciato
sul
tuo
pensiero
un
velo
di
nebbia
.
Se
farai
questo
lavoro
con
attenzione
viva
,
ne
ricaverai
altrettanto
diletto
quanto
dal
lavoro
facile
e
caldo
dell
'
ispirazione
.
Proverai
che
piacere
squisito
è
lo
sfrondare
il
superfluo
quando
se
ne
vede
balzar
fuori
più
chiara
e
lucida
l
'
idea
;
che
maraviglia
gradevole
è
il
veder
tutto
un
periodo
mutar
aspetto
e
suono
per
la
trasposizione
d
'
una
frase
o
d
'
una
parola
ch
'
era
fuor
di
posto
.
In
questo
lavoro
comprenderai
tutta
la
delicatezza
dell
'
arte
dello
scrivere
,
vedendo
come
un
ritocco
leggerissimo
metta
alle
volte
la
forza
dov
'
era
la
fiacchezza
,
come
la
cancellatura
o
l
'
aggiunta
d
'
un
solo
vocabolo
assodi
un
pensiero
che
era
campato
in
aria
,
o
ne
saldi
due
l
'
uno
all
'
altro
,
che
non
parevano
collegabili
;
come
un
nuovo
aggettivo
,
non
prima
trovato
,
getti
quasi
un
raggio
di
sole
sopra
un
'
idea
che
stava
nell
'
ombra
.
Sentirai
come
questo
lavoro
del
correggere
,
quando
è
fatto
bene
,
non
sia
lavoro
di
pedante
,
quale
molti
lo
dicono
;
ma
di
critico
e
d
'
artista
ad
un
tempo
;
lavoro
fine
e
profondo
,
che
eccita
anch
'
esso
la
mente
e
l
'
animo
come
una
seconda
creazione
,
e
che
si
può
far
con
amore
,
e
che
quando
è
fatto
in
tal
modo
,
lascia
nella
coscienza
una
sodisfazione
e
una
quiete
,
che
sono
il
più
dolce
premio
della
fatica
.
Ma
correggere
non
è
sempre
migliorare
,
bada
bene
.
Bisogna
,
correggendo
,
tener
sempre
presente
che
nello
scrivere
di
primo
getto
la
mente
eccitata
e
come
dilatata
e
sveltita
dall
'
eccitazione
faceva
rapidamente
il
giro
d
'
un
largo
spazio
,
vedeva
in
una
volta
molte
cose
e
molte
relazioni
fra
le
cose
,
e
abbracciava
con
occhio
pronto
e
mobilissimo
ragioni
,
proporzioni
e
convenienze
.
Correggendo
a
mente
fredda
,
noi
tendiamo
a
esaminare
invece
idea
per
idea
,
frase
per
frase
,
parola
per
parola
;
e
quindi
facilmente
prendiamo
abbaglio
sul
valore
di
ciascuna
idea
,
frase
o
parola
,
che
non
vediamo
più
in
relazione
con
l
'
altre
;
e
facilmente
per
questo
correggiamo
male
;
e
spesso
togliamo
forza
a
un
concetto
del
quale
non
abbiamo
più
vivo
il
sentimento
,
credendo
di
perfezionarne
l
'
espressione
,
e
ci
lasciamo
andare
ad
arrotondar
dei
periodi
perché
non
ci
suonano
più
nella
mente
insieme
con
l
'
armonia
generale
dello
scritto
,
per
dar
loro
una
sonorità
più
piena
,
con
danno
di
quell
'
armonia
generale
.
Convien
dunque
guardarsi
,
correggendo
,
dal
corregger
troppo
,
e
per
guardarsene
bisogna
rimettersi
a
quando
a
quando
,
con
uno
sforzo
dell
'
immaginazione
,
nello
stato
di
mente
e
d
'
animo
in
cui
ci
trovavamo
nel
far
la
prima
stesura
del
lavoro
,
e
riscontrare
così
la
nostra
correzione
col
criterio
che
in
quei
momenti
ci
guidava
:
criterio
meno
guardingo
e
men
minuzioso
,
ma
più
largo
,
più
agile
,
più
istintivamente
sicuro
di
quello
della
critica
lenta
e
tranquilla
.
Ma
quello
che
sopra
tutto
occorre
nella
correzione
è
la
sincerità
.
-
La
sincerità
con
sé
stessi
?
-
domanderai
.
O
come
si
può
non
esser
sinceri
?
Si
può
in
questo
modo
.
Quando
nel
nostro
scritto
troviamo
un
errore
o
un
difetto
,
a
cui
sia
difficile
riparare
,
diamo
ascolto
alla
voce
della
pigrizia
che
ci
dice
:
-
Lascia
com
'
è
;
forse
t
'
inganni
;
quello
che
pare
a
te
un
errore
di
proprietà
o
di
gusto
,
o
altro
che
sia
,
non
parrà
forse
tale
a
chi
legge
,
o
questi
vi
passerà
su
senz
'
avvertirlo
.
-
Persiste
la
nostra
coscienza
ad
avvertirci
che
quello
è
un
errore
o
un
difetto
;
ma
,
illudendo
noi
stessi
di
proposito
,
noi
diamo
retta
alla
pigrizia
,
e
tralasciamo
di
correggere
.
Ed
è
una
illusione
insensata
,
perché
il
lettore
,
anche
incolto
,
non
avvertirà
certe
bellezze
che
noi
crediamo
ch
'
egli
noti
,
ma
vede
per
contro
molti
difetti
leggerissimi
,
che
a
noi
pare
gli
debbano
sfuggire
.
E
infatti
,
chi
si
provi
a
leggere
scritti
propri
a
persone
senza
cultura
,
ma
sincere
,
riman
meravigliato
spesso
dell
'
acutezza
delle
osservazioni
critiche
che
quegli
uditori
gli
fanno
;
e
la
ragione
del
fatto
è
che
la
gente
incolta
,
non
avendo
il
criterio
viziato
o
velato
da
concetti
letterari
convenzionali
o
dall
'
assuefazione
della
mente
a
certi
artifizi
e
vizi
comuni
dello
scrivere
,
riceve
dagli
scritti
un
'
impressione
immediata
e
schietta
,
e
non
badando
,
o
non
dando
pregio
a
certe
forme
della
lingua
e
dello
stile
,
raccoglie
meglio
l
'
attenzione
su
cert
'
altre
,
e
le
vede
con
occhio
più
chiaro
.
Sarà
una
leggiera
oscurità
,
sarà
una
parola
fuor
di
luogo
,
sarà
una
frase
dubbia
,
che
può
esser
presa
in
doppio
senso
;
ma
qualche
menda
noterà
,
qualche
osservazione
utile
farà
sempre
anche
l
'
uomo
ignorante
,
se
dice
schiettamente
quello
che
pensa
d
'
uno
scritto
che
gli
si
legga
.
Per
questo
ti
consiglio
di
sottoporre
qualche
volta
quello
che
scrivi
anche
alla
critica
delle
persone
,
delle
quali
è
generalmente
disprezzato
il
giudizio
in
materia
letteraria
.
Le
loro
osservazioni
,
lo
so
,
feriscono
più
di
quelle
d
'
ogni
altro
l
'
amor
proprio
,
o
per
dir
meglio
,
l
'
orgoglio
dello
scrittore
.
Ma
in
ogni
campo
intellettuale
una
delle
condizioni
essenzialissime
per
imparare
è
quella
di
vincere
l
'
orgoglio
.
Non
s
'
impara
veramente
se
non
si
ha
la
ferma
persuasione
,
in
qualunque
età
,
e
a
qualsiasi
altezza
si
sia
pervenuti
nell
'
arte
o
nella
scienza
,
d
'
avere
ancora
e
sempre
da
imparare
moltissimo
.
E
a
che
serve
tener
alto
l
'
orgoglio
di
fronte
agli
altri
,
se
siamo
di
continuo
costretti
a
mortificarlo
dentro
noi
stessi
?
Procedendo
negli
studi
e
nell
'
arte
dello
scrivere
,
tu
dovrai
ogni
giorno
,
ogni
momento
,
fare
atto
d
'
umiltà
davanti
all
'
immensità
del
campo
che
ti
s
'
allargherà
man
mano
dintorno
,
alle
sempre
nuove
difficoltà
che
ti
sorgeranno
dinanzi
dopo
che
n
'
avrai
superate
altre
molte
che
ti
saranno
parse
le
ultime
;
atti
infiniti
di
rassegnazione
dovrai
fare
,
dolorosamente
,
disperando
di
poter
raggiungere
l
'
ideale
della
tua
mente
.
L
'
arte
è
grande
e
divina
per
questo
.
S
'
ama
per
tutta
la
vita
perché
non
appaga
mai
pienamente
,
e
sono
quasi
sovrumane
le
gioie
ch
'
ella
dà
perché
sono
frutto
e
ci
compensano
d
'
infiniti
sforzi
e
amarezze
.
E
tu
,
se
sei
chiamato
all
'
arte
,
va
'
incontro
alla
lotta
nobilissima
con
l
'
anima
serena
e
piena
di
fede
.
Ti
sorrida
o
no
la
vittoria
,
sarai
contento
d
'
aver
combattuto
.
Se
non
salirà
in
alto
il
tuo
nome
,
salirà
il
tuo
spirito
,
e
per
questo
solo
benefizio
che
dall
'
arte
avrai
ricevuto
,
anche
nella
tristezza
d
'
una
nobile
ambizione
delusa
,
tu
l
'
amerai
ancora
come
un
'
amica
dolcissima
,
la
benedirai
sempre
come
una
consolatrice
celeste
.
AL
MIO
LETTORE
IDEALE
.
E
ora
addio
,
giovinetto
,
mio
lettore
ideale
,
ch
'
io
mi
vidi
sempre
dinanzi
durante
il
mio
lavoro
,
nell
'
aspetto
d
'
un
figliuolo
più
che
d
'
un
alunno
.
T
'
avesse
dato
il
mio
libro
anche
solo
una
minima
parte
del
piacere
con
cui
lo
scrissi
!
E
non
fu
un
piacere
che
nascesse
dall
'
illusione
di
mettere
in
atto
degnamente
un
concetto
che
mi
pareva
buono
,
chè
non
fui
contento
un
giorno
di
quanto
facevo
:
nasceva
dai
mille
ricordi
che
mi
si
ravvivavano
,
dalle
mille
immaginazioni
che
mi
si
destavano
lungo
il
cammino
;
perché
non
c
'
è
studio
che
risvegli
e
rimescoli
la
memoria
,
quando
si
fa
con
amore
,
che
affolli
tanto
la
mente
d
'
immagini
quanto
lo
studio
della
lingua
;
e
tu
ne
farai
esperienza
,
spero
.
Fu
come
un
viaggio
di
vari
anni
per
il
mio
paese
e
a
traverso
la
sua
letteratura
,
dove
quasi
ad
ogni
parola
mi
s
'
alzava
davanti
la
reminiscenza
d
'
una
lettura
,
la
visione
d
'
un
fatto
,
il
fantasma
d
'
uno
scrittore
.
Pensa
un
po
'
:
dai
primi
monaci
del
Duecento
,
divulgatori
di
leggende
miracolose
,
fino
agli
scrittori
ancor
viventi
,
quante
diverse
apparizioni
,
che
sfilata
maravigliosa
di
notari
,
di
mercanti
,
di
cardinali
,
di
principi
,
d
'
ambasciatori
,
d
'
artefici
,
di
capitani
vestiti
di
ferro
e
di
professori
con
la
toga
accademica
o
col
cappello
a
cilindro
!
E
tutti
quanti
si
disegnavano
sul
mare
ondeggiante
delle
trenta
generazioni
che
fucinarono
la
lingua
per
tutti
.
In
mezzo
a
quei
personaggi
saltavano
su
bambini
di
Firenze
,
dai
quali
avevo
inteso
la
prima
volta
certe
parole
,
assistendo
ai
loro
giochi
sul
Viale
dei
Colli
,
e
contadini
con
cui
m
'
ero
accompagnato
per
lunghi
tratti
nei
miei
viaggi
a
piedi
per
la
campagna
toscana
;
e
fra
i
loro
discorsi
mi
ritornavano
in
mente
correzioni
fatte
ai
miei
lavori
di
scuola
da
antichi
maestri
,
discussioni
linguistiche
avute
con
amici
di
trent
'
anni
addietro
,
e
casi
e
scene
della
vita
,
il
cui
ricordo
m
'
era
rimasto
legato
in
capo
con
quel
tal
vocabolo
o
quella
tal
frase
,
senza
una
ragione
ch
'
io
percepissi
.
La
lingua
mi
faceva
rivivere
il
passato
,
come
fa
la
musica
,
che
riporta
tutta
l
'
anima
nostra
a
grandi
distanze
di
tempo
e
di
spazio
.
E
mi
sentivo
ringiovanire
nel
rimetter
le
mani
,
dopo
molti
anni
,
nei
miei
vecchi
scartafacci
d
'
appunti
,
ingialliti
e
polverosi
,
scritti
in
caratteri
che
non
mi
parevan
più
miei
,
e
nel
ricorrere
certi
vecchi
libri
sottolineati
e
annotati
nei
margini
,
che
mi
ricordavano
letture
notturne
e
care
speranze
della
bella
età
ch
'
è
ora
la
tua
.
Ringiovanendo
nel
pensiero
,
mi
sentivo
più
vicino
a
te
,
e
mi
pareva
che
lavorassimo
insieme
.
Non
tutti
i
miei
pensieri
erano
lieti
,
peraltro
.
Riscontrando
il
significato
proprio
di
certi
modi
,
m
'
accadeva
qualche
volta
di
riconoscere
che
li
avevo
usati
sempre
a
sproposito
;
d
'
altri
mi
vergognavo
di
non
averli
imparati
che
poco
prima
di
citarli
a
te
con
l
'
aria
di
saperli
da
un
pezzo
;
e
così
di
certi
precetti
e
consigli
ch
'
io
ti
davo
,
mentre
la
coscienza
mi
rinfacciava
d
'
averli
quasi
sempre
trasgrediti
.
Spesso
anche
mi
sorgeva
dinanzi
il
professor
Pataracchi
,
gridando
:
-
Ah
,
barbaro
!
E
hai
la
faccia
d
'
impancarti
a
far
la
lezione
?
Concerò
io
la
tua
carta
stampata
per
il
dì
delle
feste
!
-
Oppure
pensavo
a
questo
o
a
quello
scrittore
morto
o
vivente
,
e
dicevo
:
-
Chi
sa
come
avrebbe
fatto
o
farebbe
meglio
di
me
questo
libro
!
-
,
e
mi
tormentava
la
coscienza
di
mancare
della
facoltà
e
della
dottrina
che
in
quelli
riconoscevo
.
E
a
volte
mi
prendeva
un
senso
di
sgomento
,
ed
ero
tentato
di
buttar
la
penna
.
Ma
in
questi
casi
eri
sempre
tu
,
mio
lettore
ideale
,
indulgente
come
s
'
è
all
'
età
tua
,
che
mi
facevi
animo
a
proseguire
;
era
la
tua
immagine
che
mi
veniva
a
dir
la
mattina
:
-
Al
lavoro
!
Qualche
cosa
n
'
uscirà
,
e
anche
quel
poco
mi
potrà
giovare
.
E
poi
mi
dava
cuore
un
sentimento
sempre
più
forte
,
ravvivato
a
quando
a
quando
da
un
ricordo
lontano
,
come
una
fiamma
da
un
soffio
di
vento
.
Mi
ricordavo
d
'
un
povero
ragazzo
italiano
,
che
un
giorno
udii
cantare
una
canzone
malinconica
in
una
strada
d
'
una
città
d
'
oltralpe
,
e
certi
stranieri
villani
,
da
un
terrazzino
,
lo
beffeggiavano
,
ripetendo
sformate
le
sue
dolci
parole
,
e
rifacendogli
il
verso
sguaiatamente
.
E
a
quel
ricordo
risentivo
per
la
mia
lingua
,
scrivendo
,
quello
che
avevo
sentito
quel
giorno
all
'
udirla
vilipendere
con
versacci
di
scherno
:
un
amore
ardente
e
altero
,
pieno
di
venerazione
e
di
tenerezza
,
che
mi
faceva
formar
più
saldo
il
proposito
di
servirla
e
d
'
onorarla
nel
miglior
modo
ch
'
io
potessi
,
con
tutta
l
'
anima
e
per
tutta
la
vita
.
E
dicevo
in
cuor
mio
:
-
Se
riuscissi
a
trasfondere
questo
sentimento
nel
mio
lettore
ideale
!
-
E
questa
speranza
mi
dava
un
fremito
di
gioia
e
un
nuovo
impulso
al
lavoro
.
E
ora
ti
dirò
ancora
una
bella
cosa
,
come
dice
un
trecentista
.
Credo
che
nella
mente
d
'
ogni
scrittore
,
quando
scrive
un
libro
,
si
formi
a
poco
a
poco
e
finisca
con
l
'
essergli
quasi
sempre
presente
un
'
immagine
,
la
quale
gli
rappresenta
in
forma
simbolica
il
suo
pensiero
assiduo
.
Ed
ecco
quale
fu
per
me
quest
'
immagine
,
confusa
da
principio
,
poi
da
un
giorno
all
'
altro
più
netta
.
Io
vedevo
un
palazzo
smisurato
,
che
sorgeva
fra
rovine
colossali
di
monumenti
romani
,
e
nascondeva
la
sommità
fra
le
nuvole
.
Presentava
sovrapposte
di
piano
in
piano
le
architetture
di
vari
secoli
:
dove
semplici
e
severe
,
tutte
grandi
bozze
di
granito
greggio
,
o
marmi
nudi
nitidissimi
;
dove
sopraccariche
di
sculture
,
coperte
d
'
affreschi
,
messe
a
oro
e
a
musaici
di
gemme
,
risplendenti
come
un
seminìo
di
stelle
.
A
tutte
le
altezze
,
sopra
le
cornici
e
nei
fregi
ricorrevano
in
lunghe
file
le
effigie
di
mille
scrittori
coronati
,
che
balenavano
dagli
occhi
,
come
volti
viventi
;
a
somiglianza
dei
quali
anche
i
fiori
delle
pitture
,
i
fogliami
dei
capitelli
,
le
figure
delle
colonne
storiate
,
le
cariatidi
simboleggianti
ogni
forma
della
letteratura
,
tutto
si
moveva
e
viveva
.
E
dalle
logge
aeree
,
dagli
ampi
intercolonnii
,
da
tutte
le
aperture
dell
'
edifizio
enorme
e
gentile
,
maestoso
come
una
montagna
e
leggero
come
una
cosa
di
sogno
,
uscivano
canti
di
poeti
,
grida
d
'
oratori
,
armonie
gravi
e
soavissime
di
voci
innumerevoli
,
che
parevano
venire
da
una
lontananza
sterminata
.
Ma
non
era
la
bellezza
multiforme
e
magnifica
la
maggior
maraviglia
:
era
che
tutte
le
linee
e
gli
aspetti
diversi
dell
'
edifizio
offrivano
insieme
,
non
l
'
effigie
propria
,
ma
l
'
espressione
vaga
e
prodigiosa
d
'
un
volto
,
sul
quale
era
diffusa
la
luce
d
'
un
sorriso
ineffabile
,
misto
d
'
alterezza
regale
e
di
dolcezza
materna
,
e
che
a
quando
a
quando
le
voci
infinite
si
confondevano
in
una
,
immensa
come
la
voce
d
'
un
mare
che
parlasse
,
ripetendo
quanto
di
più
grande
e
di
più
dolce
ha
detto
al
mondo
l
'
Italia
nello
spazio
di
settecent
'
anni
....
Era
l
'
edifizio
della
lingua
italiana
.
E
man
mano
che
andavo
innanzi
,
ingrandiva
nella
mente
eccitata
dal
lavoro
,
e
mi
pareva
sempre
più
bello
e
splendido
,
e
che
spandesse
armonie
più
soavi
e
più
solenni
,
e
mi
penetrava
più
profondamente
nell
'
animo
quel
sorriso
misterioso
,
come
d
'
un
volto
sovrumano
,
che
brillava
nella
maestà
del
suo
aspetto
.
Ma
sempre
,
quando
mi
trattenevo
ad
ammirarlo
,
pensavo
che
a
visitarne
i
tesori
nascosti
e
le
bellezze
intime
più
maravigliose
non
t
'
avrei
potuto
guidare
io
stesso
;
e
questo
pensiero
era
un
rammarico
.
Ma
che
importa
?
Tu
le
visiterai
con
la
scorta
d
'
altri
,
o
anche
solo
,
più
tardi
.
Ebbene
,
se
il
mio
povero
libro
non
t
'
ha
annoiato
,
e
se
t
'
ha
giovato
un
poco
,
io
ti
chiedo
questa
ricompensa
alla
mia
fatica
:
che
quando
t
'
aggirerai
fra
le
meraviglie
del
palazzo
incantato
,
ti
ricordi
qualche
volta
di
me
,
che
ti
lascio
sulla
soglia
,
con
tristezza
,
benedicendo
i
buoni
propositi
che
porti
nel
cuore
e
le
belle
speranze
che
ti
splendono
in
fronte
.
FINE
.
Per
esser
breve
il
più
possibile
ho
fatto
parecchie
citazioni
senza
accennare
i
nomi
e
le
opere
degli
scrittori
,
restringendomi
a
chiudere
le
frasi
fra
due
virgole
doppie
;
il
che
può
bastare
per
gli
scrittori
morti
,
essendo
quasi
tutti
notissimi
i
giudizi
loro
che
ho
citati
;
ma
non
basta
per
gli
scrittori
viventi
.
Accenno
dunque
,
per
debito
di
gratitudine
e
per
utilità
dei
giovani
lettori
:
-
La
lingua
dei
Promessi
Sposi
,
di
Francesco
d
'
Ovidio
,
che
tutti
gli
studiosi
della
lingua
dovrebbero
leggere
.
-
L
'
arte
del
periodo
nelle
opere
volgari
di
Dante
Alighieri
e
del
secolo
XIII
,
ottimo
studio
critico
di
Giuseppe
Lisio
.
-
Storia
della
letteratura
italiana
,
di
Vittorio
Rossi
.
-
La
formazione
della
prosa
moderna
,
prolusione
di
Dino
Mantovani
.
-
La
filosofia
delle
parole
,
di
Federico
Garlanda
.
-
Abruzzesismi
,
Calabresismi
,
Sardismi
,
di
Fedele
Romani
.
-
Grammatica
italiana
dell
'
uso
moderno
,
di
Raffaello
Fornaciari
.
-
L
'
Italia
dialettale
,
di
G
.
I
.
Ascoli
.
-
Manuale
della
Letteratura
italiana
,
di
Alessandro
d
'
Ancona
e
Orazio
Bacci
.
Quelli
ch
'
io
posso
aver
dimenticati
,
mi
perdonino
.
E
mi
perdonino
anche
i
miei
carissimi
amici
Guido
Mazzoni
e
Cesario
Testa
l
'
indiscrezione
che
commetto
esprimendo
loro
pubblicamente
la
mia
gratitudine
per
l
'
aiuto
validissimo
che
mi
diedero
nella
revisione
del
libro
.