Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> autore_s:"DE_SANCTIS FRANCESCO"
LEOPARDI RISORTO ( DE_SANCTIS FRANCESCO , 1879 )
StampaPeriodica ,
Leopardi tornato di Bologna in Recanati gli undici di novembre del 1826 vi dimorò sino al 23 aprile del 1827 . Cosa fece in questo tempo ? Curò la stampa del suo Petrarca , lavorò intorno alla Crestomazia , oltre cose di minor momento . Appena fu in Recanati , già desiderava Bologna . Il 17 dicembre scriveva al Brighenti : « sento qui un poco men freddo che a Bologna , di corpo ; ma d ' animo ho un freddo , che mi ammazza , e ogni ora mi par mille di fuggir via . » Quel freddo dell ' animo era la tristezza di una « solitudine continua e assoluta , » come scrive il 9 febbraio . E s ' aiuta , scrivendo lettere , o qualche articolo per il Nuovo Ricoglitore , cercando spesso notizie letterarie , ricordando con desiderio gli amici e le amiche di Bologna , sopratutto il Brighenti e il buon Pepoli e l ' amorosa Antonietta Tommasini . S ' affaticò tanto intorno alla Crestomazia , che a ' primi di marzo aveva già fatto lo spoglio di oltre settanta autori . Aggiungi le correzioni di stampa delle Operette morali che il fido Stella pubblicava in Milano . E se si pon mente che qualche dolcezza gli dovea pur venire dall ' usanza domestica , volendo egli un gran bene alla Paolina e a Carlo , e che di salute non era male , cessatogli anche quel mal d ' intestini che lo travagliava a Bologna ; si vede che quel suo freddo d ' animo e quella sua tristezza di solitudine non si deve poi prendere alla lettera . Potea ben sentirsi tristo in certi momenti ; ma la tristezza non era il suo stato normale in quel soggiorno di Recanati . E si vede anche dallo stile sciolto e ricordevole , se non affettuoso , ch ' è nelle sue lettere . Di una qualche importanza sono le due ultime lettere che tutta quella compagnia di letterati ch ' erano intorno al Vieusseux , e di cui dice : sono tutti molto sociali , e generalmente pensano e valgono assai più de ' bolognesi . Tra quelli era Giordani e Piccolini e Frullani e Capponi e Lambruschini e Montani . Più tardi conobbe il signor Manzoni , col quale si trattenne a lungo : « Uomo pieno di amabilità e degno della sua fama . » Impressioni molto vive non pare che riceva dalle amichevoli e interessanti conversazioni , di cui non è cenno nemmeno ai più famigliari . Dice a Brighenti : « Io vivo molto malinconico , non ostante le molte gentilezze usatemi da questi letterati : tra ' quali tutti i primarii , compreso Niccolini . Scrive al papà che ha fatto conoscenza e amicizia col famoso Manzoni di Milano , della cui ultima opera tutta l ' Italia parla . Esposizione secca del fatto , quasi egli fosse marmo , quantunque indovini la sua soddisfazione della visita del Niccolini , e della conoscenza col Manzoni . Questo stato marmoreo è detto dall ' autore stoico de ' Dialoghi indifferenza filosofica , ed è quel medesimo che giovane , quando sentiva più , chiamava con disperata energia ferreo sopore . Talora se ne stanca , e presente e chiama la morte . « Sono stanco della vita , scrive al Puccinotti , stanco della indifferenza filosofica , che è il solo rimedio de ' mali e della noia , ma che infine annoia essa medesima . Non ho altri disegni , altre speranze che di morire . » Il ferreo sopore era pur poetico , perché congiunto con la fresca rimembranza di un altro stato , e col sentimento e il dolore della privazione . L ' indifferenza filosofica è affatto prosaica , divenuta un ' abitudine contro la noia , ed essa medesima noiosa . In qualche momento d ' umor nero Leopardi si ribella contro l ’ abitudine , sente il peso dell ' indifferenza , e può dire : « certo è che un morto passa la sua giornata meglio di me . Quel passar la giornata con le braccia in croce , quell ' ozio più tristo assai della morte , a cui lo costringe il mal d ' occhi , è talora più forte della sua indifferenza filosofica , e gli abbuia la vita , non sì che gli dia virtù di farne una rappresentazione poetica , come fece già del ferreo sopore . Ma in generale la sua vita è tollerabile , messe le distrazioni che gli venivano dalle molte conoscenze e da ' buoni amici , e più in là dalla vista di Firenze , quando lo stato degli occhi gli consentiva uscire di giorno . Nelle sue lettere troviamo un umore uguale e prosaico , simile allo stato ordinario della più parte degli uomini , ciò ch ' egli chiama indifferenza ; il quale gli vieta o gl ' inaridisce le impressioni , così tardo il sentire , come è tardo il suo respiro e la sua digestione . Scrivendo al carissimo signor Padre il 4 ottobre , sappiamo che gli occhi sono migliorati e che comincia a uscire di giorno . Ma s ' affanna pe ' quartieri d ' inverno , perché il clima di Firenze non è molto freddo , ma è infestato continuamente da venti e da nebbie , come a Recanati , e il vento è suo capitale nemico . Cerca un clima caldo . Stella offre Como . Ma è troppo lontano . Pensa a Roma . Ma il lungo viaggio e la lontananza dal mondo civilizzato ne lo distoglie . Si risolve per Massa di Carrara , clima ottimo , simile a quel di Nizza ; non vi nevica mai , si esce e si passeggia senza ferraiuolo , in mezzo alla piazza pubblica crescono degli aranci piantati in terra . Ma in sul più bello muta pensiero , ed eccolo a Pisa , spintovi da Giordani , ch ' era tornato di colà contentissimo . Partì da Firenze la mattina del 9 novembre , e fu a Pisa la sera , viaggio di cinquanta miglia . Scrive alla Paolina : « Sono rimasto incantato di Pisa per il clima : se dura così , sarà una beatitudine . Qui ho trovato tanto caldo che ho dovuto gettare il ferraiuolo e alleggerirmi di panni .... Lung ' Arno è uno spettacolo così bello , così ampio , così magnifico , così gaio , così ridente , che innamora .... vi si passeggia poi nell ' inverno con gran piacere , perché v ' è quasi sempre un ' aria di primavera ; vi brilla un sole bellissimo tra le dorature de ' caffé , delle botteghe piene di galanterie e nelle invetriate de ' palazzi e delle case , tutte di bella architettura .... un misto di città grande e di città piccola , di cittadino e di villereccio , un misto così romantico che non ho mai veduto altrettanto . A tutte le altre bellezze si aggiunge la bella lingua . E poi vi si aggiunge che io , grazie a Dio , sto bene , che mangio con appetito , che ho una camera a ponente che guarda sopra un orto , con una grande apertura tanto che si arriva a vedere l ' orizzonte . » Queste impressioni ripete , ora l ' una , ora l ' altra , e quasi con le stesse parole , agli amici . Pisa è un paradiso , il clima è divino . Il padre lo esortava a tornare in Recanati . Egli negava , descrivendo la sua vita in Pisa « Qui non v ' è mai vento , mai nebbia : v ' è sempre ombra , e se s ' hanno giornate piovose , è ben difficile che non trovi un intervallo di tempo da poter passeggiare . Infatti , dacché sono in Pisa non è passato giorno che io non abbia passeggiato per due in tre ore : cosa per me necessarissima , e la cui mancanza è la mia morte ; perché il continuo esercizio de ' nervi e muscoli del capo , senza il corrispondente esercizio di quelli delle altre parti del corpo , produce quello squilibrio totale nella macchina , che è la rovina infallibile degli studiosi , come io ho veduto in me per così lunga esperienza . Qui per tutto decembre abbiamo avuto ed abbiamo una temperatura tale , che io mi debbo difendere dal caldo più che dal freddo . Oltre la passeggiata del giorno , esco anche la sera spesso senza ferraiuolo ; leggo e scrivo a finestre aperte . » A Paolina scrive : « Ho qui parecchi amici , e più ne avrei se volessi far visite , perché da per tutto m ' è usata assai buona accoglienza . » In casa Cioni conobbe il Colletta , e conobbe anche il Carmignani , e dice al padre : « qui tutti mi vogliono bene , e quelli che parrebbe dovessero guardarmi con più gelosia , sono i miei panegiristi ed introduttori , e mi stanno sempre attorno . » Questo non vuol dire che a volta non si lagni del mal di nervi , e dello stomaco e degli intestini , e che trema da mattina a sera , e che non può studiare . All ' Antonietta dice : « Questi miei nervi non mi lasciano più speranza ; né il mangiar poco , né il mangiar molto , né il vino , né l ' acqua , né il passeggiare le mezze giornate , né lo star sempre in riposo , in somma , nessuna dieta e nessun metodo mi giova . Non posso fissare la mente in un pensiero serio per un solo minuto , senza sentirmi muovere una convulsione interna . » Il cinque maggio del 1828 scrive a Giordani : « La mia vita è noia e pena : pochissimo posso studiare , e quel pochissimo è noia medesimamente .... la mia salute è sempre tale da , farmi impossibile ogni godimento : ogni menomo piacere mi ammazzerebbe : se non voglio morire , bisogna ch ' io non viva . » In questo modo di scrivere c ' è del nuovo : non sono le solite lamentanze , a cui l ' indifferenza filosofica toglieva ogni colore ; c ' è qui dentro il sospiro e la lacrima , c ' è la partecipazione dell ' anima . Il perfetto scrittore italiano , come Giordani lo aveva preconizzato , continua così : « questo anno passato ( in Firenze ) tu mi hai potuto conoscere meglio che per l ’ addietro : hai potuto vedere ch ' io non sono nulla ; questo io ti aveva già predicato più volte ; questo è quello ch ' io predico a tutti quelli che desiderano di aver notizia dell ' esser mio . Ma tu non devi perciò scemarmi la tua benevolenza , la quale è fondata sulle qualità del mio cuore , e su quell ' amore antico e tenero ch ' io ti giurai nel primo fiore de ' miei poveri anni , e che ti ho serbato e ti serberò fino alla morte . E sappi , o ricordati , che fuori della mia famiglia , tu sei il solo uomo , il cui amore mi sia paruto tale da servirmene come di un ' ara di rifugiò , una colonna dove la stanca mia vita s ' appoggia . » Nel 1819 diceva : « io sono già vissuto , » e scriveva gl ' idillii ; nel 1828 dice : « io non sono nulla , » e indovini dalla forma insolitamente colorita che già risorge , già ha sacrificato alla Musa . Ci è il sentimento della sua infelicità , non sonnolento nella sua indifferenza filosofica , ma vivo e poetico , e lo vedi in quell ' amore tenero giurato nel primo fiore de ' poveri anni , in quell ' ara di rifugio , in quella colonna a cui s ' appoggia la stanca vita . Giordani non ne capì nulla ; non capì che il fuoco dalla cenere divampava , e gli risponde i soliti conforti . La dimora in Firenze , le nuove amicizie , le illustri conoscenze , le interessanti conversazioni , il vivo di una lingua divina , non gli furono inutili , e fiorirono insieme con la salute sotto il dolce calore del clima pisano . Acquista un ' alacrità insolita . Messa da banda col consenso dello Stella l ’ Enciclopedia , non senza avere accumulato materiali per nuovi lavori che gli giravano in mente , e posta mano alla Crestomazia poetica , l ' ebbe condotta a termine in poco tempo . E insieme l ' immaginazione gli si è svegliata , la facoltà del sogno ritorna , il passato gli si ripresenta vivo , quel lungo torpore ch ' egli chiamava indifferenza è cessato . I nervi lo molestano , ma il sangue circola più libero , più vivace , tra quell ' aria pura , e gli rimette in moto tutte le sue facoltà . Le sue passeggiate diventano poetiche ; la via deliziosa per la quale suole andare è battezzata dalla sua immaginazione , è chiamata la via delle rimembranze . E così camminando sogna a occhi aperti , s ' abbandona all ' onda delle sue immaginazioni , gli pare d ' esser tornato al suo buon tempo antico , come il 25 febbraio scrive alla Paolina . E il due maggio le fa questa confidenza : « io ho finita oramai la Crestomazia poetica , e dopo due anni ho fatto de ' versi quest ' aprile , ma versi all ' antica , e con quel mio cuore d ' una volta . » Ciò che non gl ' impedisce di scrivere tre giorni dopo al Giordani quella trista lettera : « io non sono nulla ! » Leopardi è risorto e canta il suo risorgimento . E che è questo risorgimento di Leopardi ? Forse è divenuto felice ? No . Anzi è più vivace la coscienza della sua infelicità . Mancano , il sento , all ' anima , Alta , gentile e pura La sorte , e la natura Il mondo e la beltà . Forse gli volse un riso la speranza ? No . Anzi la sua trafittura è d ' averla perduta per sempre Ahi della speme il viso Io non vedrò mai più . Sono mutate le sue idee sul mondo ? L ' immagine , l ’ errore sono non più errore , ma cosa salda ; sono la verità ? No . Dalle mie vaghe immagini So ben ch ' ella discorda , So che natura è sorda , Che miserar non sa . Che non del ben . Sollecita Fu , ma dell ' esser solo . La morte della speranza , l ’ impura vista della infausta verità . il sentimento della sua infelicità non è qui affievolito , anzi vi è ribadito e illuminato . Perché dunque si sente risorto ? Cosa è risorto in lui ? La facoltà di sentire , di cui parlava a Iacopsenn , o come ora dice , il cuore . E perché la vita non è a suo avviso altro che facoltà di sentire , d ' immaginare , d ' amare , è in lui risorta la vita ; si sentiva morto , ora torna a vivere . E canta la risurrezione della sua immaginazione , del suo sentire . Risorgono i dolci affanni , i teneri moti della prima età ; rivede la bella natura , così come la vedeva allora , inesperto delle cose ; e ora , malgrado l ’ esperienza della vita e la vista della verità , sente con maraviglia in sé rivivere gl ' inganni aperti e noti . Questa rappresentazione del suo nuovo stato acquista rilievo da quello stato di sopore , ove le stesse cose gli comparivano innanzi morte . Ed hai una rappresentazione , in antitesi , della natura , così come compariva a lui in quel doppio stato , morta e viva . Queste cose non le dice già con quel disordine , con quella veemenza , con quell ' improvviso , ch ' è la parola dell ' entusiasmo giovanile . Ha racquistato i moti e i sensi della gioventù , ma non l ' ingenuità di quella ; ora sa troppo , e parla con ironia della sorda Natura , che pure allora benediva : Pur che ci lasci al duolo Or d ' altro a lei non cal . Il suo piacere non è puro e non è intero . Qui non c ' è l ' inno E non c ' è l ' ode . Il piacere è contenuto dal sapere , dalla presenza del vero , che vi apparisce come fosca nuvola in cielo sereno , con questo che la nuvola qui è l ' immutabile verità e il cielo è la mutabile apparenza . Che importa ? Se l ' apparenza dura , non chiamerà spietato l ' autore della vita . Non è una riconciliazione , è una concessione . Consente solo di non chiamarlo spietato , e sub conditione , se . La situazione poetica non è nel primo momento dell ' entusiasmo , quando egli si sente rivivere , ma in un momento posteriore o di riflessione , interrogando sé stesso , riandando la sua vita , e descrivendo e spiegando il nuovo uomo che s ' è formato in lui . Perciò la poesia prende una forma storica e riflessiva . Non si dipinge egli nel punto che piange e ammira e il cuore gli batte . Ha pianto , ha mirato , ha palpitato . Ora ci riflette sopra . La mente rimane sovrana , e distribuisce con ordine e con chiarezza tutte le parti , con orditura semplice , con moto diritto e soave , senza indugio e senza fretta . Non c ' è immagine e non impressione così viva che lo svii e gli rompa il filo del pensiero . Le rimembranze non s ' affollano , e non s ' incalzano , ma si svolgono l ' una dall ' altra , come onde di mare . Diresti che riviva la sua vita nella sua naturale successione . I dolci affanni della prima età , e quando mancarono , il dolore della mancanza , e quando mancò il dolore , una tristezza ch ' era ancora dolore , e infine il sopore , abbandonata ogni resistenza : Quasi perduto e morto Il cor s ' abbandonò ; questi vari stati della vita gli tornano innanzi l ' uno appresso all ' altro , l ' uno uscito dall ' altro . Si può credere ci sia un po ' di sottigliezza in quel dolore che manca , e nel pianto del dolore mancato , che è una tristezza , la quale è ancora dolore . Ma chi ha studiato bene tutte le diverse stazioni del suo martirio , vedrà che Leopardi è qui non meno acuto che vero esploratore del suo passato . La finezza e profondità dell ' osservazione ti costringe a pensare per coglier bene così delicate gradazioni tra dolore , tristezza e sopore ; e pensando , gusti il piacere intellettuale di scoprirle vere . Tu senti , e acquisti insieme un abito riflessivo che ti dispone a spiegare quello che senti . E tale appunto è il carattere di questa poesia . Or che gli sta tutto il passato innanzi , l ' uomo nuovo ricorda quale gli appariva il mondo allora , e lo rifà co ' più brillanti colori di una fantasia ridesta . Quella natura che non valse a trarlo dal duro sopore , era pure così bella , il canto della rondine , la squilla vespertina , il fuggitivo sole , una candida ignuda mano , e ora la rivede con sentimento nuovo , e l ' accompagna co ' più cari vezzi dell ' immaginazione . Questa rappresentazione vivace dà rilievo a quello stato d ' insensibilità ch ' egli caratterizza in pochi indimenticabili tratti , con una chiarezza uguale alla finezza . Certi contrasti e certi epiteti , come l ' età decrepita e l ' aprile degli anni , i giorni fugaci e brevi , imprimono in questa rappresentazione il moto del sentimento . Con quel grido di maraviglia e di tenera commozione che il cieco senza speranza rivede improvviso il sole , con quel sentimento prorompe qui il grido del redivivo . Non ci è gradazione , non c ' è a poco a poco ; il passaggio è brusco , violento , . come innanzi un miracolo . Non è una evoluzione , come si dice oggi ; è una rivoluzione : Chi dalla grave , immemore Quiete or mi ridesta ? Che virtù nova è questa , Questa ch ' io sento in me ? Quasi non crede agli occhi suoi ; non crede quasi a ' proprii moti . Dunque è vero ? Dunque il cuore è risorto ? Oh sì . E raccoglie e accumula le nuove bellezze e le nuove impressioni con così precipitevole impeto ritmico , che pare voglia tutto in un sorso assaporare il suo godimento . Qui è il tuono più alto del sentimento , che va lentamente digradando . Comparisce il crudo fato , il tristo secolo , l ' ignuda gloria , la bellezza vuota . In lui non ci è altro di risorto che il cuore , se pure .... E in questo se vanisce il canto , quasi in un sospiro malinconico di una mezza soddisfazione . Qui tutto è vero , tutto è a posto . Forse ci è di troppo l ' insistenza sulla vacuità della donna , dove sospetti qualche ricordo personale , che intorbida le proporzioni dell ' armonia , chi sa ! un momento di cattivo umore contro le fiorentine , al quale dà sfogo in una lettera , o il disprezzo di quella strega bolognese , di cui scrive a Papadopoli . È un reliquato , come dicono i medici , nella vita nuova . E ci trovi insieme un presentimento dell ' Aspasia . In questo Risorgimento non solo l ' asprezza , il latinismo , la solennità è liquefatta , ma anche il metro e il ritmo . Hai settenarii metastasiani , de ' quali il primo versetto sdrucciola nel secondo , richiamato dalla rima nel terzo , che va a declinare subitamente nel quarto , formando periodetti liquidi , veloci , e talora con ripigliate , di una movenza melodiosa . Le immagini sono vaghe , e le diresti note musicali , se nella loro generalità non fossero precise . E sono tutte attirate in un movimento ritmico , che accompagnato dal gioco vario degli accenti esprime le gradazioni del sentimento . Chi ha studiato bene il meccanismo de ' nostri versi , e soprattutto del nostro potentissimo settenario , in cui la posizione dell ' accento quasi senza limite ti dà le più varie intonazioni , ammirerà gli effetti musicali che ha saputo cavarne il poeta , come nota della intensità e della velocità delle impressioni . Perciò questa si può chiamare la poesia del sentimento o del cuore . Essa è il preludio musicale alle nuove poesie , alla sua terza maniera .
IL NUOVO LEOPARDI ( DE_SANCTIS FRANCESCO , 1881 )
StampaPeriodica ,
In marzo 1829 scrivendo Leopardi a Colletta pone tra i suoi castelli in aria in primo luogo Storia di un ' anima , romanzo che avrebbe poche avventure estrinseche , e queste sarebbero delle più ordinarie ; ma racconterebbe le vicende interne di un animo nato nobile e tenero dal tempo delle prime ricordanze fino alla morte . Or questa Storia di un ' anima non era altro che la storia della sua anima , le cui note fondamentali sono nel Risorgimento dove con vivace profondità è rappresentata tutta la sua vita intima . Il mondo nella sua mente è già fissato , ridotto a domma , il cui catechismo è nel Risorgimento . Egli è giunto alla conclusione della infelicità universale ed irrimediabile come ha dimostrato già nei suoi dialoghi . Ora non discute più , non dimostra , non lotta , non s ' illude . Quel mondo , chiaro e fisso come un assioma , diviene il dato e l ’ antecedente di ogni sua concezione . E lo tratta come cosa sua , e lo situa e lo fa suonare cavandone tutte le note , che l ’ istrumento può dare . Questo concetto del mondo non gli viene innanzi così improvviso che induca nel suo essere una mutazione violenta . Ci è giunto per gradazioni quasi insensibili e quando si ci è trovato in mezzo , gli è parso un fatto quasi naturale ed ordinario . Perciò non ci è alcuna proporzione tra un concetto così disperato e la sua vita divenuta per l ' abitudine cosa tollerabile . Non è che i suoi mali fossero diminuiti ; ma l ’ uso quotidiano ne aveva rintuzzato il sentimento . E non gli mancavano conforti preziosissimi , soprattutto quello dell ' amicizia , che raddolcivano la sua ipocondria . Molte donne gli furono amiche vere , come l ' Adelaide Maestri e la patriottica Antonietta , e la Lenzoni , e più tardi la Paolina Ranieri . Anche di alcune letterate ebbe l ’ amicizia come fu della Franceschi e della Malvezzi . Furono relazioni brevi , perché l ' ultima volta che manda un saluto alla Franceschi per mezzo del bravo Puccinotti , dice : se se ne cura ; e di un lavoro della Malvezzi parla con compassione sprezzante : Povera donna ! lo avevo già letto . Pare che la nobile signora volesse fargli correggere il manoscritto , e che egli se ne schermisse . Pure , non gli bastava l ' amicizia , voleva l ’ amore , e facilmente si illudeva e si impaniava facendo triste esperienza delle donne , e volgendo talora l ' amore in disgusto . Così fu con la Bolognese , intorno alla quale scherzava Papadopoli : né incontrò meglio in Firenze ; anzi scrive a Giordani : « Questi viottoli , che si chiamano strade mi affogano : questo sudiciume universale mi ammorba ; queste donne sciocchissime , ignorantissime e superbe mi fanno ira . » Scrive all ' Antonietta : « Io non ho bisogno di stima , né di gloria , né di altre cose simili , ma ho bisogno d ' amore . » E ne ha bisogno tale , che talora con gli amici e con le amiche prende linguaggio d ' amore , col Giordani , col fratello Carlo , con la Tommasini , con l ' Adelaide . Questo non era artifizio ed abitudine di frase , come fu in Pietro Giordani , ma sfogo inconscio di un cuore vergine . E meritò di avere intorno a sé non solo ammiratori , ma amici veri e caldi come il Giordani , il Pepoli , il Tommasini , il Brighenti , il Puccinotti , il Papadopoli , lo Stella , il Capponi , il Ranieri , il Colletta . Così si era ito formando intorno al caro sventurato un ambiente morale , che gli ammolliva il carattere , e gli concedeva una espansione socevole . Non è a credere che questi amici fossero tutti concordi nelle opinioni ; anzi Leopardi , in mezzo a loro , spesse volte si sentiva solo . Un vincolo letterario c ' era . I suoi amici stimavano perfetto esemplare di lingua le sue Operette morali , trombettiere Giordani ; e non videro con piacere conferito il premio alla Storia d ' America del Botta dagli Accademici della Crusca , i quali pregiarono più l ’ affettazione e l ’ esagerazione dell ' uno che la modesta naturalezza dell ' altro . Ma se lodavano assai le sue prose e poesie , soprattutto per odore di classicismo o come dicevano per bontà di stile e di lingua , in tutto l ’ altro erano distantissimi dal loro amico . In quel tempo gli animi piegati dalla reazione che successe al ventuno già si andavano rialzando , massimamente in Toscana , dove parecchi esuli o emigrati illustri si erano raccolti militando attorno al Vieusseux coi letterati nativi . Sotto a quel mite governo si rinfrancavano . E già l ’ Antologia avea preso molta voga : ove scrivevano i migliori non senza qualche allusione politica . E Colletta scriveva le sue vendicatrici storie , e Niccolini le tragedie . Si formava una letteratura , la cui eco trasmessa dalle sètte s ' insinuava all ' orecchio penetrando nelle scuole e ne ' convegni in tutte le parti d ' Italia . Il programma dell ' azione immediata aveva cesso il luogo al programma educativo o evulativo , come si direbbe oggi , e con questo intento Leopardi più giovine aveva scritto le canzoni alla Paolina ed al Vincitore del pallone . I due programmi erano uno negli spiriti , sicché si andava dall ' uno all ' altro secondo l ’ occasione . Le menti si volgevano a nuovi studi , alle scienze storiche , all ' economia , alla statistica e cercavano miglioramenti civili o , come si dice oggi , sociali , vietati i politici . In luogo di libertà si dicea civiltà e cultura ; sotto altri nomi era la stessa musica ; le più umili e le più audaci aspirazioni si comprendevano tutte sotto il nome di progresso . Comparvero liberali e democratici anche tra ' cattolici , come il Tommasèo e il Manzoni . Pur allora erano usciti i Promessi Sposi e il successo era universale . La finezza italiana capiva e celebrava tutti , così il religioso Manzoni , come l ' ateo Giordani , e così i moderati come i settarii e i rivoluzionarii . Or questo movimento degli spiriti non trovava più forza capace di riceverlo nell ' anima stanca di Leopardi . Da questo lato si può dire veramente che egli era vissuto . Biasima un suo concittadino morto per l ’ indipendenza greca . Antonietta gli scrive una lettera con ardore patriottico , ed egli la loda augurando sentimenti simili alle donne italiane , ma con stile rimesso ed ordinario ; il cantore di Paolina non ci è più . A lui , che era giunto al concetto della infelicità universale , quelle economie e statistiche , quelle riforme civili , quelle teorie di progresso e di felicità di popoli , movevano il riso e gli doveva far male quella sicumera , quella burbanza de ' più a sciorinar dottrine venute in moda . Ecco in che modo scrive da Firenze a Giordani 1828 : « Mi comincia a stomacare il superbo disprezzo che qui si professa d ' ogni bello e di ogni letteratura ; massimamente , che non mi entra poi nel cervello che la sommità di ogni sapere umano stia nel saper la politica e la statistica . Anzi , considerando filosoficamente l ' inutilità quasi perfetta degli studii fatti dall ' età di Solone in poi per ottenere la perfezione degli stati civili e la felicità dei popoli , mi viene un poco da ridere di questo furore di calcoli e di arzigogoli politici e legislativi , e umilmente domando se la felicità de ' popoli si può dare senza la felicità degli individui . I quali sono condannati alla infelicità dalla natura e non dagli uomini né dal caso ; e per conforto di questa infelicità inevitabile mi par che vagliano sopra ogni cosa gli studii del bello , gli affetti , le immaginazioni e le illusioni . Così avviene che il dilettevole mi pare utile sopra tutti gli utili , e la letteratura utile più veramente e certamente di tutte queste discipline secchissime , le quali , anche ottenendo i loro fini , gioverebbero pochissimo alla felicità vera degli uomini che sono individui e non popoli , ma quando poi gli ottengono questi loro fini ? Amerò che me lo insegni uno de ' nostri professori di scienze storiche . » Qui ci è in germe la Palinodia . Con questa disposizione di animo e con queste opinioni si può facilmente intendere che la corda patriottica non rendeva più suono , credendo egli così poco alla felicità dei popoli come a quella degli individui . La guerra greca , la rivoluzione francese , i moti italici , i Tedeschi nello stato papale , sono cose quasi a lui indifferenti . Essendo così scarsa comunione intellettuale tra lui e i suoi amici , si potea credere che non gli fosse molto cara quella compagnia . Pure lì era il suo conforto . Tornato di Pisa in Firenze , vi si sentiva come in un deserto , quando gli mancava Vieusseux e la sua compagnia ; l ’ amicizia copriva qualsiasi difformità di sentimenti . Già non potea dissimulare a sé stesso quanto di nobile era in quelle loro aspirazioni ; poi per indole era tollerantissimo e dolcissimo ; nelle conversazioni non aveva né pretensioni né ostinazioni , e non puntigli e non dispetti come era del Tommasèo , si accomodava col silenzio alle opinioni altrui , nemico di dispute e di brighe , e inetto a far proseliti , a far valere i suoi concetti . I sentimenti del Manzoni stavano a gran distanza dai suoi , pur sempre lo nomina con lode . Scrive al padre sempre misurato e accorto , e talora con linguaggio e con sentire paterno per non dispiacergli . Il padre trova ne ' dialoghi del figlio troppo abuso di miti e di forme velate ; e il figlio risponde debolmente a difesa quasi assentendo . Lo Stella gli comunica le critiche milanesi dei suoi dialoghi , e lui risponde pacato : « Non mi riesce impreveduto : che i miei principii sieno negativi , io non me ne avveggo ; ma ciò non mi farebbe gran meraviglia , perché mi ricordo di quel detto di Bayle che in religione e in morale la ragione non può edificare ma solo distruggere . » Così non venne mai meno l ' amicizia tra quei nobili intelletti dei quali alcuni volevano la fede riconciliata con la ragione , altri predicavano la ragione creatrice e madre del progresso e guardavano con affettuosa sollecitudine al povero Leopardi , che affermava la negazione e il mistero universale . Dissentendo s ' amavano e si stimavano . Singolare fu l ’ amicizia verso di lui di due illustri medici , il Tommasini ed il Puccinotti , che dovevano ben ridere di quel mondo teologico metafisico , che era il pensiero massonico e filosofico del secolo , e credevano più alla forza della materia che della fede o della ragione . Leopardi aveva in molta reverenza il Tommasini e si sentiva stretto verso il Puccinotti di un affetto eguale all ' ammirazione . Questo era quello stato tollerabile ed ordinario di vita , che egli chiama indifferenza filosofica . L ' ambiente contrario in mezzo al quale viveva , quelli studii statistici , quelle teorie di progresso , quelle vanterie patriottiche lo trovavano triste o ironico con qualche sforzo mal riuscito di buon umore . Si deve a questo stato psicologico l ' ispirazione , dalla quale uscì la Palinodia . E forse in questo tempo concepiva e abbozzava i Paralipomeni , ai quali metteva mano più tardi . L ' indifferenza era quella quietudine , che nasce da uno stato di cose tenuto inevitabile , effetto dell ' assuefazione e della prostrazione morale . È la sorte spesso dei vecchi , che lasciano correre le cose così come vanno conservando in sé le antiche opinioni , senza colore e senza efficacia . E Leopardi in verità era invecchiato sotto il peso della sua tristezza . In quello stato di apatia morbosa , che egli chiama indifferenza , il suo intelletto rimane solitario e come ripiegato in sé in un ambiente non simpatico , anzi contrario . Questa era la sua individualità e originalità , che lo rendeva singolare dalle genti . Il suo Risorgimento non mutò il suo essere dirimpetto a questo mondo esteriore ; ma gli dava la forza di allontanarlo da sé , come cosa estranea , e rimanere concentrato in quel solitario suo pensiero , che tornava a vivere innanzi alla sua immaginazione ; ritornava l ' antico io con quel suo cuore di una volta . Risorto dalla sua apatia , riacquistata la facoltà di immaginare e di amare si sentì redivivo al cospetto del Fato e della Natura con quell ' amore dei campi , con quel bisogno di amare e di fantasticare , con quel dolore della speranza scomparsa e della giovinezza spenta da cui erano usciti gli idilli . La società in mezzo a cui era vissuto non lasciava traccia nel suo spirito ; gli era passata innanzi come ombra . Di vivo , di presente non c ' era che lui co ' suoi ideali e l ' universo coi suoi misteri . Risorto era il poeta dell ' Infinito e del Sogno e della Sera ; nessun vestigio rimaneva più del poeta , delle canzoni . Tutto quel moto di erudizione , e di patriottismo che lo aveva tirato fuori di sé , e gittatolo in mezzo all ' Italia moderna ed antica , in mezzo ai patriarchi e alle favole , in mezzo ai Bruti ed alle Saffo , alle Virginie e ai Simonidi , non rende più una favilla . Giovine , avea creduto all ' opinione volgare , che il gran genere nella lirica fosse la canzone e sperava affaticandosi in quello di perpetuare il suo nome . Ora sente che l ’ eccellenza non è nel genere e lasciando lì canzoni , idilli , elegie , inni , chiama le sue poesie canti , parola generica , che comprende tutti i generi perché non ne comprende nessuno . Egli è vero che aveva in serbo per un ' altra edizione due nuove canzoni e non furono più pubblicate e debbono forse essere , tra le carte da lui rifiutate . Finite sono le canzoni e finite con esse le contraddizioni ed i tentennamenti nel pensiero , la crudità e la spessezza nei concetti , la solennità e sonorità nella frase , gli involucri mitici e storici , il colorito locale , le varie apparenze di un mondo esteriore , un certo non so che di denso e nebuloso , tutte cose che qua e là si notano nelle canzoni . L ' uomo ha gittato via una parte di sé , quasi mutilando sé stesso ; ma condensando in quello che rimane , tutta la vita e tutta la luce . Abbiamo in questo mondo concentrato del dolore e del mistero situazioni nette e decise , spesso originali e interessanti , chiarezza e coesione nel pensiero , formazioni intere e diafane , semplicità e proprietà nel linguaggio , espansione ed emozione nello stile , nessun vestigio di imitazioni , di costruzioni e di reminiscenze . Quell ' umor denso di una malinconia nera e solida si era liquefatto in quella malinconia dolce , che sfugge la sventura reale e cerca asilo nell ' immaginazione . Il mondo esterno non era stato mai per lui cosa solida ; ora è cancellata ogni orma di questo o quel mondo storico e anche della società contemporanea . Vive coi suoi fantasmi e coi suoi ideali solitario ; vive nella sua immaginazione forte e calda . Leopardi ritrova così sé stesso quale la natura lo aveva fatto e quale si era rivelato negli idilli . Ritorna il pittore dell ' anima sua con un senso più spiccato di vivo e di moderno . La semplicità , la grazia , l ' ingenuità , la dolcezza , che si ammirano negli idilli e che gli venivano non pur dalla sua natura ma dal suo lungo uso degli scrittori greci , sono ora qualità spesso congiunte con un brio di espansione , con un calore , con una disinvoltura , che lo rivelano moderno . Il commercio dei vivi , la dimora nelle principali città italiane non fu senza effetto . Soprattutto dové giovargli la civilizzatissima Firenze alla quale contrappone Roma così lontana dal mondo civilizzato . Quel dolce parlar toscano così vivace , e nella sua semplicità così pieno di grazia , quella dimestichezza di conversazioni con gli uomini più celebri , quel suo affiatarsi con gli scrittori più recenti come Goethe , Byron , Sismondi , Manzoni , fino quegli studii della Crestomazia poetica che gli misero innanzi antologie di altri paesi come quella del Brancia , non furono senza efficacia su di un ' anima delicata , aperta alle impressioni . Giovarono forse anche i lunghi suoi colloqui col Manzoni , che dovettero stornarlo da quelle forme solenni e clamorose , le quali egli aveva ereditato dall ' uso dei Latini , da Monti e da Foscolo . Tra i libri acquistati o donati in Firenze , de ' quali pensava arricchire la biblioteca paterna , c ' erano le opere del Manzoni , che egli promette in dono al fratello più piccolo . Ma più che altro dové giovargli la separazione della sua anima da tutti gli accidenti del mondo esterno e il suo ritiro assoluto in sé stesso . Terminata la Crestomazia poetica prende commiato dallo Stella ponendo fine a questi lavori di pazienza , ancoraché abbia innanzi ricchi materiali intatti e mulini progetti che egli medesimo chiama castelli in aria . Consegnando i suoi manoscritti al Sinner aveva già lasciati per sempre gli studii ed i libri , vietatogli dalla cattiva salute . Nella sua vita solitaria e monotona ci sono intervalli felicissimi nei quali si rivela il poeta che fantastica sopra sé stesso alzandosi all ' universo , o fantastica sull ' universo con ritorni frequenti in sé stesso . La bellezza , l ' amore , la rimembranza , l ' uccello , il fiore , la lapide sepolcrale , non l ' interessano solo per sé , ma come motivo al perpetuo ritornello di sé e dell ' universo ; sono le variazioni di quella formidabile ripetizione . Vita idillica se mai ci fu , nobilitata dall ' altezza del pensiero , dall ' orgoglio dell ' uomo nel dolore , dalla perfetta sincerità del sentire . Il concetto stesso dell ' arte gli si era purificato . Quell ' arte per sé stessa , quel puro gioco dell ' immaginazione , quell ' andar cercando forme e modelli gli doveva parere una profanazione . Era salito a quel punto di perfezione , che la forma non ha più valore per sé e non è che voce immediata di quel di dentro . L ' uomo era venuto nella piena coscienza e nel pieno possesso di sé . Si può credere che nota dominante di questo mondo psicologico chiuso in sé con frequente ritorno degli stessi pensieri e sentimenti , fondato sulla infelicità universale , sia tristezza e monotonia . Ma il poeta ha ricuperato il suo cuore e con esso la facoltà di immaginare e di sentire . Questo regno della morte e del nulla è pieno di luce e di calore . Il poeta doveva sentirsi felice in quei rari momenti , che poteva cantare la sua infelicità ; e felice tu lo senti nel brio e nella eloquenza della sua rappresentazione . Riempie di luce i sepolcri , inspira la vita nei morti , anima le rimembranze , ricrea l ’ amore con un tripudio di gioventù . Niente è più triste e niente è più gioioso . E la tristezza della morte ed è la gioia dell ' amore fuso insieme in una sola persona poetica , come non sai . Appartengono a questo tempo Silvia , le Ricordanze , Quiete dopo la tempesta , il Sabato del Villaggio , il Canto notturno di un pastore errante nell ' Asia , poesie nuove , che comparvero oltre il Risorgimento nella edizione del Piatti in Firenze , e forse anche il Passero solitario e il Consalvo . Questi caratteri si mantengono anche nelle altre poesie publicate nell ' edizione di Napoli , e tutte insieme costituiscono il nuovo Leopardi .
L'UOMO DEL GUICCIARDINI ( DE_SANCTIS FRANCESCO , 1869 )
StampaPeriodica ,
La pubblicazione delle Opere inedite del Guicciardini fu uno di quei fatti che avrebbe dovuto dare grande impulso a ' nostri studi storici . Sono di tali scoperte che basterebbero da sé a creare un intero ciclo di critica storica : tanta copia vi si trova di notizie , con quelle riflessioni e impressioni che le rendono vive e irraggiano di nuova luce tutto un secolo . E si tratta di un secolo intorno al quale si è più scritto e meno compreso ; di un secolo chiamato del risorgimento , e che fu pur quello della nostra decadenza . Il problema storico di quell ' epoca non mi pare sia stato ancora posto e discusso e svolto con grande esattezza . Il problema è questo : L ' Italia a quel tempo era salita al più alto grado di potenza , di ricchezza e di gloria , e nelle arti e nelle lettere e nelle scienze toccava già quel segno a cui poche nazioni e privilegiate sogliono giungere , e da cui erano allora lontanissime le altre nazioni ch ' ella chiamava con romana superbia i barbari . Eppure , al primo urto di questi barbari , l ’ Italia , come per improvvisa rovina , crollò , e fu cancellata dal numero delle nazioni . E i barbari gittarono di nuovo il grido selvaggio : Guai a ' vinti ! E non solo li calcarono , ma li dileggiarono , trattandoli come non fossero uomini e riempiendo il mondo di querele e di rimproveri della perfidia e della viltà italiana . E sin d ' allora si restò intesi che i perfidi e i codardi fummo noi , che il torto fu tutto nostro , che fummo ripagati della nostra moneta , che ben ci stette e che i barbari ci fecero un segnalato favore a metterci un po ' di nuovo sangue nelle vene . A questi giudizi degli storici oltramontani si aggiungono i lamenti de ' nostri , i quali attribuiscono l ’ inaudita catastrofe alle nostre discordie , che ci tolsero ogni virtù di resistenza . Il buon Sismondi , che parla con tanta simpatia delle cose nostre , trasformando il rimprovero in elogio , assicura che il sentimento nazionale mancò agl ' Italiani perché erano mossi da un sentimento più alto , si sentivano cosmopoliti e furono benefattori dell ' umanità con l ' olocausto di se stessi . Né la catastrofe giunse improvvisa , anzi ce n ' era un inquieto presentimento , e non mancarono le solite profezie . Tutti rammentano con che eloquenza il Savonarola annunziava dal pergamo la venuta de ' Barbari , e quale impressione fece allora la profezia di un Francescano , che fra l ’ altro annunziava il sacco di Roma . Sinistri segni sono mentovati dagli storici . La folgore cade a Firenze sul tempio di Santa Reparata ; in una notte oscura fuochi sanguigni illuminano la villa Careggi . Gli spettri degli antichi Re di Aragona annunziano al loro successore la caduta del regno di Napoli . Le statue sudano sangue ; i popoli spaventati credono vedere nel cielo eserciti che combattono . Una secreta inquietudine incalzava i cittadini fra le delizie e le voluttà di una vita scioperata . Ci era dunque la coscienza oscura di una dissoluzione sociale e di una catastrofe prossima . E più che i giudizi degli stranieri e de ' posteri è utile investigare le impressioni e i giudizi de ' contemporanei . I frati e i preti , e anche parecchi storici , pongono la fonte del male nella rilassatezza de ' sentimenti religiosi e de ' costumi . “ Non si crede più a Cristo , dice Benivieni . Anzi si crede che tutto procede dal caso , massime le cose umane . Alcuni stimano che sieno regolate da influssi celesti . Si nega la vita futura , si schernisce la religione . Alcuni la reputano un trovato di uomini . Tutti , uomini e donne , tornano agli usi pagani , e si dilettano dello studio de ' poeti , degli astrologi e di ogni superstizione ” . Ci è in queste poche righe tutto Savonarola . Altri stimano al contrario che il male è principalmente nella Corte di Roma e nelle pratiche e nelle consuetudini religiose , che hanno sfibrato gli animi e resili più disposti a perdonare le offese che a vendicarle . E non vedono altra via a rinvigorire le istituzioni e gli uomini , che seguire gli esempi lasciatici dall ' antichità . Di questo erano tutti persuasi , che il paese era corrotto , salvoché alcuni derivavano la corruzione dall ' indebolito sentimento religioso , e gli altri ponevano appunto la sua sede nella religione così com ' era interpretata e praticata dalla Corte di Roma . Quelli vedevano il rimedio nel ritirare la società a ' suoi principii , con una riforma religiosa e morale che valesse a restaurare le credenze religiose ed emendare i costumi ; la qual riforma , incalzati i preti da frate Savonarola e più tardi da frate Lutero , attuarono a modo loro nel Concilio di Trento . Gli altri al contrario vedevano il rimedio nell ' emancipazione della coscienza da ogni autorità religiosa , ciò che traeva seco l ’ abolizione del Papato , che essi giudicavano il principale nemico della libertà e dell ' unità nazionale . Erano due scuole che con diversi nomi si continuano anche oggi , e che oltrepassavano ne ' loro fini e ne ' loro mezzi l ’ Italia , ed abbracciavano l ’ Europa cattolica . Si può dire che la loro storia è tutta la storia moderna , non finita ancora . Nella quale storia l ' Italia rappresentava una parte molto secondaria . Certo i primi concetti e i primi tentativi vennero da lei , ma rimasero concetti e tentativi isolati e scarsi di effetto , e quando l ’ incendio si dilatò e le contrarie opinioni accesero in tutta Europa ostinatissime contese e divisioni e guerre di popoli , tra noi non mancarono cittadini di molta virtù che con la penna o con le forti opere o co ' martirii mantennero la loro fede , ma fu moto di pochi e divisi , che s ' impresse appena alla superficie ; sotto alla quale rimasero in calma sonnolenta e stupida le popolazioni . Anche oggi sono di quelli che credono il Cattolicismo e il Papato salute o perdizione d ' Italia , ma sono opinioni oziose , che non lasciano traccia durabile sulle moltitudini ; il Concilio ecumenico che pure in altre parti di Europa solleva così vivi odii e speranze , presso di noi non suscita né energiche opposizioni , né gagliardi consensi . La corruttela de ' costumi era l ' apparenza più grossolana del male che travagliava l ' Italia e rendeva inevitabile la catastrofe . Quell ' apparenza fu presa per il male esso medesimo , e gli uni ne davano colpa al paganesimo e agli studi classici , gli altri alla Corte di Roma , pietra di scandalo , e non pensavano che quella corruttela del Papato e quel paganeggiare delle classi intelligenti e degli stessi Papi erano anche parte del problema ; fenomeni ed effetti che non spiegavano nulla , e volevano essere spiegati loro . Ma gli uomini politici vedevano la quistione sotto un aspetto più determinato . Poca speranza avevano ne ' tardi frutti che potessero venire da una riforma religiosa e morale ; e non credevano a Papa né a Cristo , e schernivano i profeti disarmati . A loro era chiaro che l ’ Italia divisa e debole d ' armi mal poteva resistere a ' barbari : qui era il pericolo , e qui ci voleva il rimedio . Molto li preoccupavano le discordie intestine fra cittadini , fra le città , fra gli Stati , e cercavano un sistema di equilibrio , che desse satisfazione a tutte le classi , mantenendo ordine e concordia al di dentro , e legasse i grandi Stati italiani con reciproca malleveria contro gli assalti che venissero dal di fuori . Fa stupire quanti sottili trovati pullulassero in quei cervelli acuti per ordinare in modo lo Stato che si ottenesse il desiderato equilibrio , quando già lo straniero era a casa e lasciava per sua misericordia disputare se i partiti si avessero a vincere per le più fave o alla metà delle fave . Né erano meno sottili i giudizi sulle condizioni e sulle forze degli Stati , sulle inclinazioni , le passioni e gl ' interessi de ' principi , e sulle varie combinazioni delle alleanze , con una finezza di osservazione e di analisi che desidero in molti documenti della diplomazia moderna . Strazia veder tanta sapienza con tanta impotenza . Vedevano le nazioni vicine salite a grande potenza per i buoni ordini e le buone armi , e soprattutto per avere raccolte tutte le membra dello Stato sotto un solo indirizzo . E tentarono qualcosa di simile in Italia . Indi la serenissima lega di Lorenzo , e le leghe e controleghe di Giulio , e fallito il tentativo di stringere in una forza sola gli Stati italiani , e avendo già lo straniero dentro , per cacciar via uno , chiamare gli altri . Indi le proposte di milizie nazionali , per uscir di mano a ' condottieri , e certi ordini di governo misto che tenessero in qualche equilibrio gli ottimati e il popolo . Ciò che presso le altre nazioni era il naturale portato della storia , in Italia erano combinazioni artificiali d ' ingegni sottili . E nulla riuscì . Leghe italiane poco stabili , perché leghe di principi , e sulla base mobile degl ' interessi . Leghe con forestieri fecero dell ' Italia il campo chiuso di tutte le cupidigie e di tutte le insolenze , ed ebbero quella fine che dice il Guicciardini , al quale pare ragionevole , che in qualcuno sia per rimanere potenza grande , il quale cercherà di battere i minori e forse ridurre Italia sotto una Monarchia . A milizie nazionali si pensò troppo tardi , quando i condottieri erano già i padroni , e il paese era corso da fanti svizzeri e spagnuoli e da lanzichenecchi e stradioti e gente d ' arme . Né i buoni ordini poterono ottenere tanta concordia de ' cittadini , che le fazioni smettessero di chiamar gli stranieri , sì che , miserabile spettacolo , tutti li odiavano , e tutti li chiamavano . Perciò nessuna propria e nazionale resistenza fu possibile , e l ’ Italia , come si disse , fu conquistata col gesso . Il problema dunque ti ritorna innanzi lo stesso . Mai non si vide tanta sapienza e così alta intelligenza quanta trovi allora nei grandi uomini che avevano in mano le sorti del paese , politici , filosofi , letterati , artisti , le cui opera riempiono anche oggi il mondo di ammirazione . “ L ' Italia , scrive il Guicciardini nel principio della sua storia , ridotta tutta in somma pace e tranquillità , coltivata non meno ne ' luoghi più montuosi e più sterili , che nelle pianure e regioni sue più fertili , né sottoposta ad altro imperio che de ' suoi medesimi , non solo era abbondantissima d ' abitatori , di mercatanzie e di ricchezze , ma illustrata sommamente dalla magnificenza di molti principi , dallo splendore di molte nobilissime e bellissime città , dalla sedia e maestà della religione , fioriva di uomini prestantissimi nell ' amministrazione delle cose pubbliche , e d ' ingegni molto nobili in tutte le dottrine e in qualunque arte preclara e industriosa , né priva , secondo l ' uso di quella età , di gloria militare ; e ornatissima di tante doti , meritamente appresso a tutte le nazioni nome e fama chiarissima riteneva ” . Le parole del Guicciardini si riferiscono proprio al momento della crisi , quando Lorenzo de ' Medici , Ferdinando d ' Aragona e Innocenzo VIII scomparivano dall ' orizzonte ed entravano in iscena i Borgia , Alfonso d ' Aragona e Ludovico il Moro , e Carlo VIII calava dalle Alpi , iniziando un moto che dovea finire con la soggezione d ' Italia a signoria straniera . E dapprima non mancarono le illusioni . A Venezia si diceva che Carlo veniva a vedere l ' Italia . I nostri scaltrissimi uomini di Stato confidavano di potere con l ’ ingegno e con l ' astuzia vincere quella forza barbara , e alla peggio , opporre stranieri a stranieri , e rintuzzare gli uni con gli altri . Tutti vedevano il pericolo , tutti proponevano i rimedii , e non si venne a capo di nulla . Non marcarono le idee , mancò la volontà e la forza di attuarle . Arguti i discorsi , stupendi gli scritti , fiacche le opere : tutto si ridusse in tentativi infelici e isolati , senza eco , senza espansione . Atti eroici non infrequenti , ma di singoli individui e di singole città : nulla , che rivelasse vita collettiva e nazionale . E così non ci fu riforma , e non lega italica e non milizie nazionali , e non buoni ordini , e non buone armi , e tutto restò nelle parole e negli scritti . Discutendo , scrivendo , l ’ Italia finì facile preda dello straniero . Questa singolare impotenza italica in mezzo a tutte le apparenze della grandezza e della potenza certifica un male più profondo che non pareva a ' contemporanei , e non è parso poi . Biasimiamo pure il tradimento di Ludovico , o la perfidia de ' Borgia o la spensieratezza di Leone X : il biasimo non spiega nulla ; il male era sì grave che bontà o perversità d ' individui ci potea poco . Diciamo pure che il senso morale era oscurato ; che i costumi erano corrottissimi , soprattutto del Clero ; che le armi erano mercenarie ; che gli odii tra classe e classe , tra città e città erano irreconciliabili ; che i principi e i partiti chiamavano essi lo straniero . Con questa lugubre descrizione dei fenomeni di una malattia che il Macchiavelli chiamava la corruttela italiana , il problema non si scioglie , ma si allarga , rimanendo sempre a sapersi per quali cause l ' Italia sotto le forme della più rigogliosa sanità , era pure in tale dissoluzione o corruttela che al primo cozzo coi barbari perdé tutto , anche l ’ onore , e per più secoli scomparve dalla storia con sì profonda caduta , che anche oggi è dubbio se la sia risorta davvero . L ' analisi di questa corruttela italiana , de ' suoi elementi , della sua universalità , della sua intensità , delle sue cagioni , del suo sviluppo , de ' suoi effetti , il carattere e la fisonomia che diede alla nazione , e i suoi vestigi visibili anche oggi e che ci vietano l ’ andare innanzi , è materia non ancora bene considerata e degnissima di studio . Attendiamo il Macchiavelli o il Montesquieu che ne scriva acconciamente , netto delle passioni contemporanee . Né a questo basta sagacia e diligenza di storico ; si richiede occhio metafisico , che sappia cogliere tra la varietà degli accidenti i tratti essenziali . Chi guarda con quest ' occhio in quei tempi , vedrà subito la differenza capitale tra l ' Italia e le nazioni che dovevano sceglierla a campo delle loro lotte , la Francia , la Germania , la Spagna , la Svizzera . Queste , dopo lunga elaborazione , giungevano pure allora ad uno stabile assetto politico , uscendo dalle lotte interne unificate , ordinate e più forti : dove l ' Italia si era già costituita parecchi secoli indietro , ed avea avuta tutta una civiltà , frutto di quella precoce costituzione . Fin d ' allora che i Comuni si vendicarono a libertà , trovò essa il suo assetto , che in tanta diversità di casi si mantenne inalterato ne ' suoi lineamenti sostanziali , e produsse quei miracoli di prosperità , di grandezza e di coltura che furono senza riscontro in tutte le altre parti di Europa . Nel Regno , dov ' era prevalsa la forma monarchico - feudale , il movimento fu superficiale e solo in alto , mentre le basse classi rimanevano in una condizione stagnante d ' ignoranza e di bestialità : pure la coltura italiana non era senza eco e senza corrispondenza in quelle parti . Ma nel rimanente d ' Italia la libertà aveva messo in moto tutte le forze , tutti gl ' interessi , tutte le passioni , e in parecchi Comuni avea fatta sentir la sua azione ne ' più bassi strati della società . Questo cumulo e concentrazione di forze messe in moto da stimoli così gagliardi accelerava e insieme consumava la vita italiana , logorandovisi tutte le classi , sì che in breve giro di tempo si compie la sua storia , maravigliosa per l ' instancabile attività , per lo straordinario concitamento delle passioni politiche , per l ' ardore e la ferocia delle lotte , per la larga partecipazione di tutte le classi alla vita pubblica , per l ' infinita produzione nelle industrie , ne ' commerci , nell ' agricoltura , negli studi , nelle opere di erudizione e d ' ingegno . Fu la vita di Achille , gloriosa , ma breve . Il medio evo fu per le altre nazioni lunga e faticosa elaborazione ; per l ' Italia fu civiltà , tutta quella civiltà che esso potea portare . Al tempo di cui parla il Guicciardini , questa civiltà toccava già quell ' ultima perfezione che si manifesta nel lusso e nell ' eleganza , con quella idolatria delle belle forme , con quel senso e gusto dell ' arte , con quella grandiosità e sontuosità delle feste , con quella voluttà de ' godimenti , con quella delicatezza e leggiadria nello scrivere e nel conversare , ne ' modi , e ne ' costumi , che sono segni non dubbii di prosperità , di agiatezza e di coltura . Quella ricca e allegra e fiorita produzione in tanta varietà di forme della vita materiale , intellettuale e artistica era non il principio , ma il resultato , la splendida conclusione , quasi la corona di una grande civiltà , che nel suo rapido corso consumava rapidamente se stessa : era il frutto di un capitale accumulato da un ' attività anteriore , il cui stimolo era mancato . Questa bella vita , in così ricca apparenza di sanità e di forza , aveva già secche le sue radici , venute meno nella coscienza tutte le idee religiose , morali e politiche , che l ' avevano condotta a quella prosperità , l ' impero , il papato , la libertà comunale , la grandezza feudale ; sicché , mentre mandava così vivi splendori , la società politicamente e moralmente era sciolta . Così fu a ' tempi di Pericle , e nel secolo di Augusto e in quello di Luigi XIV . Mancati all ' Italia tutti gli stimoli spirituali di cui era pur conseguenza quel suo ultimo fiore di civiltà , in breve appassì anche questo , rimasti sole forze motrici degli uomini gl ' interessi materiali . Mancarono al Papato , al Comune , al Principe tutti gli alti fini , per i quali si appassionano e vengon grandi i popoli : la tempra nazionale s ' infiacchì e si abbassò il carattere . E così mancarono insieme tutte le virtù della forza , l ' iniziativa , la generosità , il sacrificio , il patriottismo , la tenacità , la disciplina , e vennero su le qualità proprie della fiacchezza morale accompagnata con la maggior coltura e svegliatezza dello spirito , la dissimulazione , la malizia , la doppiezza , quello stare in sull ' ambiguo e tenersi nel mezzo e lasciarsi dietro l ’ uscita , la prudenza e la pazienza . Le teorie , i principii , le istituzioni erano pur sempre quelle , accettate nella parte esteriore , meccanica e letterale , magnificate ne ' discorsi pubblici , divenute un linguaggio di convenzione in casa ed in piazza , e negate e contraddette nella pratica ; ipocrisia abituale anche ne ' più noti per la libertà del pensiero . Mancava la forza e di accettare con sincerità e di negare con audacia ; divenuta la vita una bassa commedia , tutti consapevoli . Come contrapposto o protesta di una società non rassegnata ancora a morire , appunto in questi tempi d ' infiacchimento abbondarono i grandi individui , patrioti fortissimi , pensatori arditi , riformatori saldi sino al martirio , città eroiche , fatti ammirati e non imitati , rimasti solitarii e di poca o nessuna efficacia nella moltitudine . Né bastò la presenza dello straniero nel paese , e le offese alle sostanze , alla vita , all ' onore , che pur rendono arditi i più vili , a destare in que ' popoli una favilla di risentimento e di vergogna ; anzi li svigorì affatto quello spettacolo inusitato di selvaggia energia . Come si fa ne ' grandi mali e nelle improvvise catastrofi , tutti si abbandonarono dell ' animo , ogni vincolo si sciolse , ciascuno provvide a se stesso , non pensando a ' vicini , anzi pensando a trarre frutto dalla rovina di quelli , insino a che furono rovinati tutti . E non mancava la chiaroveggenza e non l ' opporntunità de ' rimedii , e mai l ' ingegno italiano non si mostrò così fecondo in ogni maniera d ' industrie e di sottili accorgimenti e di espedienti e di progetti ingegnosi : non mancava l ’ ingegno , mancava la tempra . L ' Italia era simile a quell ' uomo che nella maturità dell ' ingegno si sente già vecchio per avere abusate le forze . E non è l ' ingegno , ma è il carattere o la tempra che salva le nazioni . E la tempra si fiacca quando la coscienza è vuota , e non muove l ' uomo più altro che l ' interesse propria . Queste cose pensando e mulinando da gran tempo , mi vennero alle mani le opere inedite del Guicciardini , e trovai nella storia fiorentina e nelle proposte , e ne ' carteggi , e ne ' discorsi , e ne ' ricordi tale un tesoro di notizie ed osservazioni , che mi maraviglio non sia l ’ edizione già tutta spacciata , per il gran numero de ' nostri professori e cultori della storia . E mi fecero molta impressione soprattutto i ricordi da compararsi a quanto di meglio è stato fatto in questo genere . Ciò che la naturale prudenza e la lunga pratica delle cose del mondo e la dottrina e la solitaria meditazione e il salutare raccoglimento ne ' tristi e buoni accidenti della vita potea suggerire ad un sagacissimo osservatore , tutto trovi qui condensato e scolpito con rara energia di pensiero e di parola . E mai non ho capito così bene , perché l ' Italia fosse allora sì grande e sì debole , che in questa lettura , dove lo storico con perfetto abbandono dipinge se stesso e sotto forma di consigli ci scopre i suoi pensieri e sentimenti più intimi , o , per dirla con parola moderna , il suo ideale politico e civile dell ' uomo . L ' uomo del Guicciardini , quale egli crede dovrebbe essere l ' uomo savio , com ' egli lo chiama , è un tipo possibile solo in una civiltà molto avanzata e segna quel momento che lo spirito già adulto e progredito caccia via l ' immaginazione e l ' affetto e la fede , ed acquista assoluta e facile padronanza di sé . In questo regno dello spirito il nostro uomo savio spiega tutte le sue forze . Molto ha imparato ne ' libri , maraviglioso di erudizione e di dottrina ; ma non gli basta . Sa “ quanto è diversa la pratica dalla teorica , quanti sono che intendono le cose bene , che o non si ricordano o non sanno metterle in atto ” , e come non dee confidare alcuno “ tanto nella prudenza naturale , che si persuada quella più bastare senza l ’ accidentale della esperienza ” . Perciò la naturale prudenza e la dottrina accompagna con l ' esperienza , ovvero osservazione delle cose . E non gli basta ancora . Sa pure che “ la dottrina accompagnata co ' cervelli deboli o non gli megliora o gli guasta ” ; e però anche il naturale dee essere buono , tale cioè che non sia offuscato lo spirito dalle apparenze , dalle impressioni , dalle vane immaginazioni e dalle passioni . E quando hanno queste buone parti , la prudenza naturale , e l ' esperienza , e la dottrina , e il cervello non debole , gli uomini sono perfetti e quasi divini . Nel nostro savio e nel nostro uomo perfetto si riscontra dunque l ’ accidentale col naturale buono , la dottrina e l ' esperienza col cervello positivo e prudente . Ma egli ha una qualità ancora più preziosa senza la quale tutte le altre sono di poco frutto , ed è la discrezione o il discernere . Su ' libri trova le regole ; ma “ è grande errore parlare delle cose del mondo indistintamente e assolutamente , e per dire così per regola ; perché quasi tutte hanno distinzione ed eccezione , e queste distinzioni e eccezioni non si trovano scritte in su ' libri , ma bisogna lo insegni la discrezione ” . Senza la discrezione adunque non giova la dottrina e non l ' esperienza . La dottrina ti dà le regole , l ' esperienza ti dà gli esempli ; ma è fallacissimo il giudicare per gli esempli : “ con ciò sia che ogni minima varietà nel caso può essere causa di grandissima variazione nello effetto ; e il discernere queste varietà , quando sono piccole , vuole buono e perspicace occhio ” . E perciò , “ quanto s ' ingannano coloro che a ogni parola allegano i Romani ! Bisognerebbe avere una città condizionata come era la loro , e poi governarsi secondo quello esempio ; il quale a chi ha le qualità disproporzionate è tanto disproporzionato , quanto sarebbe volere che uno asino facesse il corso di uno cavallo ” . Ma il nostro uomo non capita a prendere un asino per cavallo ; perché ha da natura buono e perspicace occhio , e legge spesso in un libro suo , che il Guicciardini chiama libro della discrezione . Questo è l ' uomo perfetto del Guicciardini , tutto spirito , e armato di così forti armi , naturali e accidentali . Né è colpa sua che abbia coscienza della sua superiorità , e disprezzi i vulgari , e come italiano , stimi barbari tutti gli altri popoli , e quantunque fortissimi e valorosissimi , confidi di poterli vincere e farli suoi istrumenti con la forza dell ' ingegno e della coltura . Chi studii con qualche attenzione in questo tipo intellettuale , così com ' è uscito dalla mente del Guicciardini , e che risponde generalmente allo stato reale dello spirito italiano a quel tempo , vedrà perché i nostri uomini di Stato giocavano quasi con gli stranieri , a cui si sentivano tanto soprastare per intelligenza e per coltura , e non che averne paura , confidavano di poterli usare a ' loro fini e a ' loro interessi particolari . Voi v ' intendete di armi , ma non v ' intendete di Stato , dicea con orgoglio Nicolò Macchiavelli a un potente straniero . Il nostro uomo , dotato di tante forze intellettive , e così disciplinate , con quel suo occhio buono e perspicace vede il mondo altro da quello che i volgari sogliono . Non crede agli astrologi e ai teologi e ai filosofi e a tutti gli altri che scrivono le cose sopra natura o che non si veggono , “ e dicono mille pazzie : perché in effetto gli uomini sono al bujo delle cose e questa indaga ione ha servilo e serve più a esercitare gl ' ingegni che a trovare la verità ” . Parla con ironia di Santa Maria Impruneta , che fa piova e bel tempo , e delle devozioni e de ' miracoli , e de ' digiuni e orazioni e simili opere pie , “ ordinate dalla Chiesa o ricordate da ' Frati , e dell ' aiuto che Dio dà a ' buoni , e del buon successo delle cause giuste ” . Stima che “ la troppa religione guasta il mondo , perché effemina gli animi , avviluppa gli uomini in mille errori e divertisceli da molle imprese generose e virili ” . Crede che , “ dalle repubbliche in fuora , nella loro patria , e non più oltre , tutti gli Stati , chi bene considera la loro origine , sono violenti , né v ' è potestà che sia legittima : né anche quella dell ' imperatore , che è fondata in sull ' autorità de ' Romani , che fu maggiore usurpazione che nessun ' altra ; e non quella de ' preti , la violenza de ' quali è doppia , perché a tenerci sotto usano le armi temporali e le spirituali ” . Innanzi a quest ' occhio perspicace tutto l ' antico edificio crolla , e del medio evo non rimane nulla . Il regno celeste rovina e si trae appresso nella caduta Papa e Imperatore . Lo spirito , adulto e per virtù propria emancipato , si ribella contro il passato dal quale è uscito e che lo ha cresciuto ed educato , caccia via da sé tutte le credenze e i principii , fattori di quella civiltà della quale egli è la corona e l ’ orgoglio , e si chiude nella terra , o nella vita reale , nel mondo naturale , così com ' è e non come è immaginato , e pone la sua gloria nell ' interpretarlo , nel comprenderlo e nel valersene a ' suoi fini . Se il nostro savio ammette con le persone spirituali che la fede conduce cose grandi , gli è non per alcuna assistenza soprannaturale o provvidenziale , ma perché la fede fa ostinazione , e chi dura , la vince . Quanto a lui , non gli è bisogno la fede , perché a vincere bastano le sue armi proprie , la naturale prudenza , e la dottrina e l ' esperienza e quel suo terribile occhio buono e perspicace . E non ci è latebra del cuore umano che stia nascosta a quell ' occhio , e non apparenza o nebbia così fitta che gli chiuda la via , e non vanità d ' immaginazione o impeto di passione . Quelli che si lasciano signoreggiare da vane immaginazioni , sono cervelli deboli . Quelli che si gittano nelle imprese senza considerare le difficoltà , sono uomini bestiali . E “ chi governa a caso , si ritrova alla fine a caso ” . E sono matti quelli che operano secondo passione , ancorché nobile e generosa . E sono sciocchi quelli che seguono il “ comune ragionare degli uomini e le vane opinioni del popolo . Chi disse uno popolo , disse veramente uno pazzo : perché è un mostro pieno di confusione e di errori , e le sue vane opinioni sono tanto lontane dalle verità , quanto è , secondo Tolomeo , la Spagna dalla India ” . Né è bene stare al giudicio di quelli che scrivono , e in ogni cosa “ volere vedere ognuno che scrive : e così quello tempo che s ' arebbe a mettere in speculare , si consuma in leggere libri con stracchezza d ' animo e di corpo , in modo che l ' ha quasi più similitudine a una fatica di facchini , che di dotti ” . Il nostro uomo savio e perfetto non ha fede che nel suo giudicio proprio , nel suo speculare , e nella evidenza del fatto , che scopre ogni fallacia di apparenza ; quanti dicono bene che non sanno fare : quanti in sulle panche e in sulle piazze paiono uomini eccellenti che adoperali riescono ombre ! Egli crede che i fatti umani sieno determinati dalle inclinazioni e passioni e opinioni degli uomini , e che ci sia perciò un ' arte della vita pubblica e privata , fondata sullo studio e la cognizione del cuore umano , scienza affatto sperimentale . E qual maestro in quest ' arte ! Nessuno è più addentro di lui ne ' motivi più occulti e con più cura dissimulati delle nostre azioni ; né più sicuro in determinare gli effetti più lontani , o quella lenta successione di cause poco sensibili e poco osservate , le quali spiegano quei moti delle cose , che al volgo pajono rovine subitanee . Fra tanta varietà di accidenti e di opinioni e di passioni nessuna cosa lo sorprende o lo sgomenta o lo turba , perché considera ogni cosa etiam minima , e di tutto sa trovare il bandolo , e ne ' più diversi casi della vita prevede e provvede , da ' più alti negozi dello Stato alle più umili faccende della famiglia . Il suo sguardo ne ' casi più improvvisi freddo e tranquillo è quello di un Iddio , alto e sereno sulle tempeste , ma di un Iddio leggermente ironico , inclinato a pigliarsi spasso degli uomini e voltarli a modo suo . Questo tipo del Guicciardini è la pianta uomo , come s ' era più o meno sviluppata in Italia ; è la fisonomia rimasa storica e tradizionale dell ' uomo italiano com ' era a quel tempo ; è quella superiorità e padronanza dello spirito , alla quale i popoli non giungono se non dopo molti secoli d ' iniziazione e di civiltà , e dove l ' Italia giunse con tanta celerità di cammino , che vi lasciò per via gran parte delle sue forze . Onde avvenne , che in così visibile progresso dello spirito , in così varia e ricca coltura , in tanta prosperità , fra tanti capilavori , quando coglieva il più bel fiore di una vita breve e affaticata , e aveva in vista nuovi orizzonti , si trovò esausta , e i giorni più allegri e più belli della sua esistenza furono i giorni della sua morte . L ' Italia era molto simile a quest ' uomo del Guicciardini , che ha fatto piano di tutto il passato , e rimasto solo col suo spirito , si gitta nella vita pieno di confidenza nel suo ingegno , nella sua dottrina , nella sua esperienza , nel suo occhio perspicace , e tratta l ’ uomo , come la natura , quasi suo servo , e suo istrumento e nato a utile suo , e guarda con uno sguardo fra l ’ ironico e il compassionevole ; e in verità il più degno di compassione è lui . Perché infine qual ' è l ' uso che di tante forze intellettive farà quest ' uomo ? qual è per lui il problema della vita ? Vivere è voltare tutte le cose divine e umane , spirituali e temporali , animate ed inanimate , a beneficio proprio . Ecco l ' ultimo motto di questa scienza e arte della vita . Seguiamo la storia di quest ' uomo secondo il tipo del Guicciardini , disegnato con tanta maestria in questi implacabili ricordi . Egli ha sciolto tutti i vincoli col passato , è uscito dalla barbarie del medio evo , ed è già l ' uomo nuovo o l ' uomo moderno , che si beffa del soprannaturale , e di tutti gli occulti e le vane cogitazioni dell ' astrologia e della magia , de ' teologi e de ' filosofi , e non ha fede che nella scienza , e vi pone a fondamento l ' esperienza e il giudizio proprio , lo speculare : tipo intellettuale italiano , divenuto dopo grandi lotte il tipo , la fisonomia di tutta l ' Europa civile . Questa potenza ed energia intellettuale produsse lavori che fruttificarono in altre terre , aiutarono al progresso umano , e rimasero sterili , dove nacquero . Galilei , Colombo , Vico , e molti altri potenti intelletti , che tanta parte ebbero nella civiltà europea , non ebbero quasi virtù o efficacia nella civiltà del loro paese , dove non era più materia atta a ricevere e generare . Il Guicciardini dice che le città non sono mortali , come gl ' individui , perché la materia si rinnova , e se periscono , è per gli errori di quelli che governano . Superbia di statista : perché non ci è scienza di statista , la quale possa fare che viva una città , a cui tutte le forze spirituali sono mancate , e dove la materia che si rinnova , è fiacca e corrotta e senza succo generativo . Né alla vita basta la sparsa cultura e l ' intelligenza sviluppata : perché sapere non è potere , come vedremo , continuando la storia del nostro uomo . Il quale , così potente d ' intelletto e di dottrina e di esperienza e di discrezione , è altresì un patriota ed un liberale , con tali opinioni che lo certificano lontanissimo già dal medio evo e personaggio affatto moderno . Imperatore e Papa , guelfi e ghibellini , dritto feudale e dritto di conquista , lotte di ottimati e di popolani , tutto questo è già roba vieta , è cancellato dalla sua coscienza . Italiano , cittadino di Firenze e laico , le sue opinioni si riassumono in queste memorabili parole : “ Tre cose desidero vedere innanzi alla mia morte , ma dubito , ancora che io vivessi molto , non ne vedere alcuna : uno vivere di repubblica bene ordinato nella città nostra ; Italia liberata da tutti i barbari , e liberato il mondo dalla tirannide di questi scellerati preti ” . Bellissime sentenze che , come egli presentiva , furono un testamento , divenuto oggi bandiera di tutta la parte liberale e civile europea : una libertà bene ordinata , l ' indipendenza e l ’ autonomia delle Nazioni , e l ' affrancamento del laicato . Questo desiderava allora il nostro uomo , e con lui tutta la parte colta del popolo Italiano , così a lui simile . Ma altro è desiderare , altro è fare . Il nostro uomo farebbe , se potesse far solo , ma lo sgomenta la compagnia de ' pazzi e de ' maligni . Molti , è vero , gridano libertà , ma in quasi tutti prepondera il rispetto dell ' interesse suo . Essendo il mondo fatto così , e dovendo l ’ uomo savio pigliare il mondo com ' è e non come dovrebbe essere , la scienza e l ’ arte della vita è posta in saper condursi di guisa che non te ne venga danno , anzi la maggiore comodità possibile . Conoscere non è mettere in atto . Pensa come vuoi , ma fai come ti torna . Perciò la principal mira del nostro savio è di procurarsi e mantenersi riputazione , perché allora tutti li corrono dietro ; e quando non si stima l ' onore , quando manca questo stimolo ardente , sono morte e vane le azioni degli uomini . E non c ' è cosa , benché minima , che non si debba fare , chi vuole acquistarsi riputazione . Quantunque “ sapere sonare , ballare , cantare e simili leggiadrie , scrivere bene , sapere cavalcare , sapere vestire accomodato pare che diano agli uomini più presto ornamento , che sostanza ” ; pure è bene averne cura , perché “ questi ornamenti danno degnità e riputazione agli uomini etiam bene qualificati e aprono la via al favore de ' principi , e sono talvolta principio e cagione di grande profitto e esaltazione ” . Il nostro savio non è uno stoico , né un cinico ; anzi è piuttosto un amabile epicureo . Si guarda d ' ingiuriare e di offendere , e quando vi sia sforzato , fa quello solo che necessità o utilità vuole . Fa volentieri il bene , non perché ne attenda cambio , essendo gli uomini facilissimi a dimenticare i benefizi , ma perché gli cresce riputazione . È largo di cerimonie e di lusinghe e di promesse generali , perché ne acquista grazia presso gli uomini , quando pure le buone parole non sieno seguite da ' buoni tatti . Si studia di tenersi bene co ' fratelli , co ' parenti , co ' principi , di procacciarsi amici , di non farsi nemici , che gli uomini si riscontrano , e te ne può venir male . Procura di trovarsi sempre con chi vince : perché glie ne viene parte di lode e di premio . Ha appetito della roba , non per godere di quella , che sarebbe cosa bassa , ma perché gli dà riputazione e la povertà è spregiata . È persona libera e reale , o come si dice in Firenze , schietta , perché piace agli uomini e perché , quando sia il caso di simulare , più facilmente acquisti fede . E nega arditamente , quando anche “ quello abbia fatto o tentato sia quasi scoperto e pubblico ; perché la negazione efficace , quando bene non persuada a chi ha indizi o creda il contrario , gli mette almanco il cervello a partito ” . È stretto nello spendere ancoraché la prodigalità piaccia : perché “ più onore ti fa uno ducato che la hai in borsa , che dieci che tu ne hai spesi ” . Fa ogni cosa per parere buono : perché il buon nome vale più che molte ricchezze . Cerca non meritarsi nome di essere sospettoso ; ma perché più sono i cattivi che i buoni , “ massime dove è interesse di roba o di stato , e l ' uomo tanto cupido dello interesse suo , tanto poco respettivo a quello di altri , crede poco e si fida poco ” . Sarei infinito se volessi continuare in queste citazioni . E forse mi sono steso troppo . Ma dice così bene , così preciso , in un linguaggio e in uno stile così oggi dimenticato , che nessuno me ne vorrà male . E sarò contento , se avrò potuto invogliare molti a leggere questo codice della vita scritto in stile lapidario e monumentale e pieno di alti insegnamenti per i cultori delle scienze storiche e morali . Quest ' uomo savio , secondo l ’ immagine che ce ne porge il Guicciardini , è quello che oggi direbbesi un gentiluomo , un amabile gentiluomo , nel vestire , nelle maniere e ne ' tratti . Il ritratto è così fresco e vivo , così conforme alle consuetudini moderne che ad ogni ora ti par d ' incontrarlo per via , con quel suo risetto di una benevolenza equivoca , con quella perfetta misura ne ' modi e nelle parole , con quella padronanza di sé , con quella confidenza nel suo saper fare e saper vivere . Tutti gli fanno largo ; multi gli sono attorno ; e se ne dice un gran bene . Quelli che sono da più di lui , non ne hanno ombra , perché si guarda di entrare in concorrenza , ed anche di far lega co ' potenti , memore del proverbio castigliano : il filo si rompe dal capo più debole . I principi lo hanno in grazia e lo colmano di onori e di ricchezze , perché mostra di avere loro rispetto e reverenza , e in questo è più presto abbondante che scarso . Ha il favore del popolo , “ fugge il nome di ambizioso , e tutte le dimostrazioni di volere parere , etiam nelle cose minime e nel vivere quotidiano , maggiore o più pomposo o delicato che gli altri ” . Nessuno gli ha gelosia o sospetto , perché fugge la troppa cupidità , per la quale l ' uomo è il peggior nemico di se stesso . Qual è la miglior cosa del mondo ? E il nostro savio risponde : è misura . Aborre dal troppo e dal vano ; e non sforza la natura , e si rassegna al fato , a quello che essere , citando l ' aureo detto : Ducunt volentes fata , nolentes trahunt . Se non può colorire tutti i suoi disegni , non se ne sdegna e sa attendere : perché i savi sono pazienti . È buono cittadino , perché si mostra “ zelante del bene della patria e alieno da quelle cose che pregiudicano a un terzo ; ma riprendere i disprezzatori della religione e de ’ buoni costumi è bontà superflua di quelli di San Marco la quale o è spesso ipocrisia , o quando pure non sia simulata non è già troppa a un cristiano , ma non giova niente al buono essere della città . Vuol provvedere alla sua grandezza , ma non se la propone per idolo come fanno comunemente i principi , i quali “ per conseguire ciò che gli conduce a quella fanno uno piano della coscienza dell ’ onore , della umanità e di ogni altra cosa . Tutto è previsto misurato : a tutto ci è un ma , che toglie ogni esagerazione e tien fermo il nostro savio nella via del mezzo . Aurea mediocritas . Il soperchio rompe il coperchio , e la miglior cosa del mondo è misura . “ Gl ' intelletti elevati trascendono il grado umano e si accostano alle nature celesti , ma senza dubbio ha migliore tempo nel mondo , più lunga vita e è in uno certo modo più felice chi è d ' ingegno più positivo ” . E questo è esser savio e saper vivere . senza dubbio il nostro savio ama la gloria , e desidera di fare cose grandi ed eccelse , ma ingegno positivo , com ' egli è , a patto che non sia con suo danno o incomodità . Gli cascano di bocca parole d ’ oro . Parla volentieri di patria , di libertà , di onore , di gloria , di umanità , ; ma vediamolo a ' fatti . Ama la patria e se perisce gliene duole non per lei , perciò così ha a essere , ma per sé , nato in tempi di tanta infelicità . È zelante del ben pubblico , ma non s ’ ingolfa tanto nello Stato , da mettere in quello tutta la sua fortuna . Vuole la libertà , ma quando la sia perduta non è bene fare mutazioni , perché spesso mutano i visi delle persone non le cose , e come non puoi mutare tu solo , “ ti riesce altro da quello che avevi in mente , e non puoi fare fondamento sul populo ” così instabile , e quando la vada male , ti tocca la vita spregiata del fuoruscita . Se tu fossi di qualità a essere capo di Stato , passi ; ma non così non essendo , è miglior consiglio portarsi in modo che quelli che governano non ti abbiano in sospetto , e neppure ti pongano tra i malcontenti . Quelli che altrimenti fanno , sono nomini leggieri . Nel mondo sono i savii e i pazzi . E pazzi chiama quei fiorentini , che “ vollero contro ogni ragione opporsi ” , quando “ i savii di Firenze arebbono ceduto alla tempesta ” . A nessuno dispiace più che a lui l ’ “ ambizione , l ' avarizia e la mollizie de ' preti , e il dominio temporale ecclesiastico ; ama . Martino Lutero , per vedere ridurre questa caterva di scelerati a ' termini debiti , cioè a restare o senza vizi , o senza autorità ” ; ma per il suo particulare è necessitato amare la grandezza de ' pontefici , e operare a sostegno de ' preti e del dominio temporale . Vuole emendata la religione in molte parti ; ma quanto a lui , “ non combatte con la religione , né con le cose che pare che dependono da Dio ; perchè questo obbietto ha troppa forza nella mente delli sciocchi ” . Così il nostro savio si nutre di amori platonici e di desiderii impotenti . E la stia impotenza è in questo , che a lui manca la forza di sacrificare il suo particulare a quello ch ' egli e vuole : perché quelle cose che dice di amare e di desiderare , la verità , la giustizia , la virtù , la libertà , la patria , l ' Italia liberata da ' barbari , e il mondo liberato da ' preti , non sono in lui sentimenti vivi e operosi , ma opinioni e idee astratte , e quello solo che sente , quello solo che lo muove , è il suo particolare . La lotta era accesa in Germania per la riforma religiosa e si stendeva nelle nazioni vicine , e non mancavano pazzi tra noi che per quella combattevano e morivano ; in Italia si combattevano le ultime battaglie della libertà e dell ' indipendenza nazionale ; il paese si dibatteva tra Svizzeri , Spagnuoli , Tedeschi e Francesi ; e il nostro savio non pare abbia anima d ' uomo , e non dà segno quasi di accorgersene e non se ne commove , e libra , e pesa , e misura quello che gli noccia o gli giovi . La vita è per lui un calcolo aritmetico . L ’ Italia perì perchè i pazzi furono pochissimi , e i più erano i savii . Città , principi , popolo , rispondevano all ' esemplare stupendamente delineato in questi Ricordi . L ' ideale non era più Farinata , erano i Medici ; e lo scrittore di questi tempi non era Dante , era Francesco Guicciardini . La società s ' era ita trasformando , pulita , elegante , colta , erudita , spensierata , amante del quieto vivere , vaga de ' piaceri dello spirito e della immaginazione , quale tu la senti ne ' versi di Angiolo Poliziano . Ogni serietà e dignità di scopo era mancata a quella insipida realtà . Patria , religione , libertà , onore , gloria , tutto quello che stimola gli uomini ad atti magnanimi e fa le nazioni grandi , ammesso in teoria . , non aveva più senso nella vita pratica , non era più il motivo della vita sociale . E perché mancarono questi stimoli , i quali soli hanno virtù di mantener vivo il carattere e la tempra delle nazioni , mancò appresso anche ogni energia intellettuale ed ogni attività negli usi e ne ' bisogni della vita , e il paese finì in quella sonnolenza , che i nostri vincitori con immortale scherno trasportarono ne ' loro vocabolarii e chiamarono il dolce far niente . Un individuo simile al nostro savio può forse vivere ; una società non può . Perché a tenere insieme uniti gli uomini è necessità che essi abbiano la forza di sacrificare , quando occorra , anche le sostanze , anche la vita ; e dove manchi questa virtù o sia ridotta in pochi , la società è disfatta , ancoraché paja viva . Questa forza mancò agl ' Italiani , simili in gran parte a quel romano ricchissimo , che non volle spendere cento ducati per la comune difesa , e nel sacco di Roma perdette l ’ onore delle figliuole e gran parte della sua fortuna . Questa forza mancò , perché le idee che mossero i loro maggiori erano esauste , succeduta la stanchezza e l ’ indifferenza , e in tanta cultura e prosperità la tempra , la stoffa dell ' uomo era logora , mancata quella fede e caldezza di cuore che conduce le cose grandi , che può comandare ai monti , come dice l ' Evangelo , o se vi piace meglio , può rendere facili e dolci i più duri sacrifici . Che cosa rimaneva ? La saviezza del Guicciardini . Mancata era la forza : supplì l ' intrigo , l ' astuzia , la simulazione , la doppiezza . E pensando ciascuno al suo particolare , nella tempesta , comune naufragarono tutti . Come erano rimpiccoliti gl ' Italiani e in quanta fiacchezza morale erano caduti , quali erano i disegni , i desiderii fra tanta tempesta , può far fede la descrizione che fa il Guicciardini dell ' animo dei suoi concittadini , ne ' quali era pur rimasta tanta virtù che valse a farli cadere con lode . “ La consuetudine nostra , fa dire a loro lo storico , non comportava che s ' implicassi nella guerra tra questi principi grandi , ma attendessi a schermirsi e ricomperarsi da chi vinceva secondo le occasioni e le necessità . Non era uficio nostro volere dare legge a Italia , volerci fare maestri e censori di chi aveva a uscirne : non mescolarci nelle quistioni de ' maggiori re de ' cristiani : abbiamo bisogno noi d ' intrattenerci con ognuno , di fare che i mercatanti nostri , che sono la vita nostra , possino andare sicuri per tutto : di non fare mai offesa a alcuno principe grande se non constretti e in modo che la scusa accompagni l ’ ingiuria , né si vegga , prima l ' offesa che la necessità . Non abbiamo bisogno di spendere i nostri danari per nutrire le guerre di altri , ma serbargli per difenderci dalle vittorie ; non per travagliare e mettere in pericolo la vita e la città , ma per riposarci e salvarci ” . Questo linguaggio di servitori e di mercanti mostra qual era allora la saviezza de ' popoli italiani , e che cosa è l ' uomo savio del Guicciardini . Non c ' è spettacolo più miserevole di tanta impotenza e fiacchezza in tanta saviezza . La razza italiana non è ancora sanata da questa fiacchezza morale , e non è ancora scomparso dalla sua fronte quel marchio che ci ha impresso la storia di doppiezza e di simulazione . L ' uomo del Guicciardini vivit , imo in Senatum venit , e lo incontri ad ogni passo . E quest ' uomo fatale c ' impedisce la via se non abbiamo la forza di ucciderlo nella nostra coscienza .