StampaPeriodica ,
Leopardi
tornato
di
Bologna
in
Recanati
gli
undici
di
novembre
del
1826
vi
dimorò
sino
al
23
aprile
del
1827
.
Cosa
fece
in
questo
tempo
?
Curò
la
stampa
del
suo
Petrarca
,
lavorò
intorno
alla
Crestomazia
,
oltre
cose
di
minor
momento
.
Appena
fu
in
Recanati
,
già
desiderava
Bologna
.
Il
17
dicembre
scriveva
al
Brighenti
:
«
sento
qui
un
poco
men
freddo
che
a
Bologna
,
di
corpo
;
ma
d
'
animo
ho
un
freddo
,
che
mi
ammazza
,
e
ogni
ora
mi
par
mille
di
fuggir
via
.
»
Quel
freddo
dell
'
animo
era
la
tristezza
di
una
«
solitudine
continua
e
assoluta
,
»
come
scrive
il
9
febbraio
.
E
s
'
aiuta
,
scrivendo
lettere
,
o
qualche
articolo
per
il
Nuovo
Ricoglitore
,
cercando
spesso
notizie
letterarie
,
ricordando
con
desiderio
gli
amici
e
le
amiche
di
Bologna
,
sopratutto
il
Brighenti
e
il
buon
Pepoli
e
l
'
amorosa
Antonietta
Tommasini
.
S
'
affaticò
tanto
intorno
alla
Crestomazia
,
che
a
'
primi
di
marzo
aveva
già
fatto
lo
spoglio
di
oltre
settanta
autori
.
Aggiungi
le
correzioni
di
stampa
delle
Operette
morali
che
il
fido
Stella
pubblicava
in
Milano
.
E
se
si
pon
mente
che
qualche
dolcezza
gli
dovea
pur
venire
dall
'
usanza
domestica
,
volendo
egli
un
gran
bene
alla
Paolina
e
a
Carlo
,
e
che
di
salute
non
era
male
,
cessatogli
anche
quel
mal
d
'
intestini
che
lo
travagliava
a
Bologna
;
si
vede
che
quel
suo
freddo
d
'
animo
e
quella
sua
tristezza
di
solitudine
non
si
deve
poi
prendere
alla
lettera
.
Potea
ben
sentirsi
tristo
in
certi
momenti
;
ma
la
tristezza
non
era
il
suo
stato
normale
in
quel
soggiorno
di
Recanati
.
E
si
vede
anche
dallo
stile
sciolto
e
ricordevole
,
se
non
affettuoso
,
ch
'
è
nelle
sue
lettere
.
Di
una
qualche
importanza
sono
le
due
ultime
lettere
che
tutta
quella
compagnia
di
letterati
ch
'
erano
intorno
al
Vieusseux
,
e
di
cui
dice
:
sono
tutti
molto
sociali
,
e
generalmente
pensano
e
valgono
assai
più
de
'
bolognesi
.
Tra
quelli
era
Giordani
e
Piccolini
e
Frullani
e
Capponi
e
Lambruschini
e
Montani
.
Più
tardi
conobbe
il
signor
Manzoni
,
col
quale
si
trattenne
a
lungo
:
«
Uomo
pieno
di
amabilità
e
degno
della
sua
fama
.
»
Impressioni
molto
vive
non
pare
che
riceva
dalle
amichevoli
e
interessanti
conversazioni
,
di
cui
non
è
cenno
nemmeno
ai
più
famigliari
.
Dice
a
Brighenti
:
«
Io
vivo
molto
malinconico
,
non
ostante
le
molte
gentilezze
usatemi
da
questi
letterati
:
tra
'
quali
tutti
i
primarii
,
compreso
Niccolini
.
Scrive
al
papà
che
ha
fatto
conoscenza
e
amicizia
col
famoso
Manzoni
di
Milano
,
della
cui
ultima
opera
tutta
l
'
Italia
parla
.
Esposizione
secca
del
fatto
,
quasi
egli
fosse
marmo
,
quantunque
indovini
la
sua
soddisfazione
della
visita
del
Niccolini
,
e
della
conoscenza
col
Manzoni
.
Questo
stato
marmoreo
è
detto
dall
'
autore
stoico
de
'
Dialoghi
indifferenza
filosofica
,
ed
è
quel
medesimo
che
giovane
,
quando
sentiva
più
,
chiamava
con
disperata
energia
ferreo
sopore
.
Talora
se
ne
stanca
,
e
presente
e
chiama
la
morte
.
«
Sono
stanco
della
vita
,
scrive
al
Puccinotti
,
stanco
della
indifferenza
filosofica
,
che
è
il
solo
rimedio
de
'
mali
e
della
noia
,
ma
che
infine
annoia
essa
medesima
.
Non
ho
altri
disegni
,
altre
speranze
che
di
morire
.
»
Il
ferreo
sopore
era
pur
poetico
,
perché
congiunto
con
la
fresca
rimembranza
di
un
altro
stato
,
e
col
sentimento
e
il
dolore
della
privazione
.
L
'
indifferenza
filosofica
è
affatto
prosaica
,
divenuta
un
'
abitudine
contro
la
noia
,
ed
essa
medesima
noiosa
.
In
qualche
momento
d
'
umor
nero
Leopardi
si
ribella
contro
l
abitudine
,
sente
il
peso
dell
'
indifferenza
,
e
può
dire
:
«
certo
è
che
un
morto
passa
la
sua
giornata
meglio
di
me
.
Quel
passar
la
giornata
con
le
braccia
in
croce
,
quell
'
ozio
più
tristo
assai
della
morte
,
a
cui
lo
costringe
il
mal
d
'
occhi
,
è
talora
più
forte
della
sua
indifferenza
filosofica
,
e
gli
abbuia
la
vita
,
non
sì
che
gli
dia
virtù
di
farne
una
rappresentazione
poetica
,
come
fece
già
del
ferreo
sopore
.
Ma
in
generale
la
sua
vita
è
tollerabile
,
messe
le
distrazioni
che
gli
venivano
dalle
molte
conoscenze
e
da
'
buoni
amici
,
e
più
in
là
dalla
vista
di
Firenze
,
quando
lo
stato
degli
occhi
gli
consentiva
uscire
di
giorno
.
Nelle
sue
lettere
troviamo
un
umore
uguale
e
prosaico
,
simile
allo
stato
ordinario
della
più
parte
degli
uomini
,
ciò
ch
'
egli
chiama
indifferenza
;
il
quale
gli
vieta
o
gl
'
inaridisce
le
impressioni
,
così
tardo
il
sentire
,
come
è
tardo
il
suo
respiro
e
la
sua
digestione
.
Scrivendo
al
carissimo
signor
Padre
il
4
ottobre
,
sappiamo
che
gli
occhi
sono
migliorati
e
che
comincia
a
uscire
di
giorno
.
Ma
s
'
affanna
pe
'
quartieri
d
'
inverno
,
perché
il
clima
di
Firenze
non
è
molto
freddo
,
ma
è
infestato
continuamente
da
venti
e
da
nebbie
,
come
a
Recanati
,
e
il
vento
è
suo
capitale
nemico
.
Cerca
un
clima
caldo
.
Stella
offre
Como
.
Ma
è
troppo
lontano
.
Pensa
a
Roma
.
Ma
il
lungo
viaggio
e
la
lontananza
dal
mondo
civilizzato
ne
lo
distoglie
.
Si
risolve
per
Massa
di
Carrara
,
clima
ottimo
,
simile
a
quel
di
Nizza
;
non
vi
nevica
mai
,
si
esce
e
si
passeggia
senza
ferraiuolo
,
in
mezzo
alla
piazza
pubblica
crescono
degli
aranci
piantati
in
terra
.
Ma
in
sul
più
bello
muta
pensiero
,
ed
eccolo
a
Pisa
,
spintovi
da
Giordani
,
ch
'
era
tornato
di
colà
contentissimo
.
Partì
da
Firenze
la
mattina
del
9
novembre
,
e
fu
a
Pisa
la
sera
,
viaggio
di
cinquanta
miglia
.
Scrive
alla
Paolina
:
«
Sono
rimasto
incantato
di
Pisa
per
il
clima
:
se
dura
così
,
sarà
una
beatitudine
.
Qui
ho
trovato
tanto
caldo
che
ho
dovuto
gettare
il
ferraiuolo
e
alleggerirmi
di
panni
....
Lung
'
Arno
è
uno
spettacolo
così
bello
,
così
ampio
,
così
magnifico
,
così
gaio
,
così
ridente
,
che
innamora
....
vi
si
passeggia
poi
nell
'
inverno
con
gran
piacere
,
perché
v
'
è
quasi
sempre
un
'
aria
di
primavera
;
vi
brilla
un
sole
bellissimo
tra
le
dorature
de
'
caffé
,
delle
botteghe
piene
di
galanterie
e
nelle
invetriate
de
'
palazzi
e
delle
case
,
tutte
di
bella
architettura
....
un
misto
di
città
grande
e
di
città
piccola
,
di
cittadino
e
di
villereccio
,
un
misto
così
romantico
che
non
ho
mai
veduto
altrettanto
.
A
tutte
le
altre
bellezze
si
aggiunge
la
bella
lingua
.
E
poi
vi
si
aggiunge
che
io
,
grazie
a
Dio
,
sto
bene
,
che
mangio
con
appetito
,
che
ho
una
camera
a
ponente
che
guarda
sopra
un
orto
,
con
una
grande
apertura
tanto
che
si
arriva
a
vedere
l
'
orizzonte
.
»
Queste
impressioni
ripete
,
ora
l
'
una
,
ora
l
'
altra
,
e
quasi
con
le
stesse
parole
,
agli
amici
.
Pisa
è
un
paradiso
,
il
clima
è
divino
.
Il
padre
lo
esortava
a
tornare
in
Recanati
.
Egli
negava
,
descrivendo
la
sua
vita
in
Pisa
«
Qui
non
v
'
è
mai
vento
,
mai
nebbia
:
v
'
è
sempre
ombra
,
e
se
s
'
hanno
giornate
piovose
,
è
ben
difficile
che
non
trovi
un
intervallo
di
tempo
da
poter
passeggiare
.
Infatti
,
dacché
sono
in
Pisa
non
è
passato
giorno
che
io
non
abbia
passeggiato
per
due
in
tre
ore
:
cosa
per
me
necessarissima
,
e
la
cui
mancanza
è
la
mia
morte
;
perché
il
continuo
esercizio
de
'
nervi
e
muscoli
del
capo
,
senza
il
corrispondente
esercizio
di
quelli
delle
altre
parti
del
corpo
,
produce
quello
squilibrio
totale
nella
macchina
,
che
è
la
rovina
infallibile
degli
studiosi
,
come
io
ho
veduto
in
me
per
così
lunga
esperienza
.
Qui
per
tutto
decembre
abbiamo
avuto
ed
abbiamo
una
temperatura
tale
,
che
io
mi
debbo
difendere
dal
caldo
più
che
dal
freddo
.
Oltre
la
passeggiata
del
giorno
,
esco
anche
la
sera
spesso
senza
ferraiuolo
;
leggo
e
scrivo
a
finestre
aperte
.
»
A
Paolina
scrive
:
«
Ho
qui
parecchi
amici
,
e
più
ne
avrei
se
volessi
far
visite
,
perché
da
per
tutto
m
'
è
usata
assai
buona
accoglienza
.
»
In
casa
Cioni
conobbe
il
Colletta
,
e
conobbe
anche
il
Carmignani
,
e
dice
al
padre
:
«
qui
tutti
mi
vogliono
bene
,
e
quelli
che
parrebbe
dovessero
guardarmi
con
più
gelosia
,
sono
i
miei
panegiristi
ed
introduttori
,
e
mi
stanno
sempre
attorno
.
»
Questo
non
vuol
dire
che
a
volta
non
si
lagni
del
mal
di
nervi
,
e
dello
stomaco
e
degli
intestini
,
e
che
trema
da
mattina
a
sera
,
e
che
non
può
studiare
.
All
'
Antonietta
dice
:
«
Questi
miei
nervi
non
mi
lasciano
più
speranza
;
né
il
mangiar
poco
,
né
il
mangiar
molto
,
né
il
vino
,
né
l
'
acqua
,
né
il
passeggiare
le
mezze
giornate
,
né
lo
star
sempre
in
riposo
,
in
somma
,
nessuna
dieta
e
nessun
metodo
mi
giova
.
Non
posso
fissare
la
mente
in
un
pensiero
serio
per
un
solo
minuto
,
senza
sentirmi
muovere
una
convulsione
interna
.
»
Il
cinque
maggio
del
1828
scrive
a
Giordani
:
«
La
mia
vita
è
noia
e
pena
:
pochissimo
posso
studiare
,
e
quel
pochissimo
è
noia
medesimamente
....
la
mia
salute
è
sempre
tale
da
,
farmi
impossibile
ogni
godimento
:
ogni
menomo
piacere
mi
ammazzerebbe
:
se
non
voglio
morire
,
bisogna
ch
'
io
non
viva
.
»
In
questo
modo
di
scrivere
c
'
è
del
nuovo
:
non
sono
le
solite
lamentanze
,
a
cui
l
'
indifferenza
filosofica
toglieva
ogni
colore
;
c
'
è
qui
dentro
il
sospiro
e
la
lacrima
,
c
'
è
la
partecipazione
dell
'
anima
.
Il
perfetto
scrittore
italiano
,
come
Giordani
lo
aveva
preconizzato
,
continua
così
:
«
questo
anno
passato
(
in
Firenze
)
tu
mi
hai
potuto
conoscere
meglio
che
per
l
addietro
:
hai
potuto
vedere
ch
'
io
non
sono
nulla
;
questo
io
ti
aveva
già
predicato
più
volte
;
questo
è
quello
ch
'
io
predico
a
tutti
quelli
che
desiderano
di
aver
notizia
dell
'
esser
mio
.
Ma
tu
non
devi
perciò
scemarmi
la
tua
benevolenza
,
la
quale
è
fondata
sulle
qualità
del
mio
cuore
,
e
su
quell
'
amore
antico
e
tenero
ch
'
io
ti
giurai
nel
primo
fiore
de
'
miei
poveri
anni
,
e
che
ti
ho
serbato
e
ti
serberò
fino
alla
morte
.
E
sappi
,
o
ricordati
,
che
fuori
della
mia
famiglia
,
tu
sei
il
solo
uomo
,
il
cui
amore
mi
sia
paruto
tale
da
servirmene
come
di
un
'
ara
di
rifugiò
,
una
colonna
dove
la
stanca
mia
vita
s
'
appoggia
.
»
Nel
1819
diceva
:
«
io
sono
già
vissuto
,
»
e
scriveva
gl
'
idillii
;
nel
1828
dice
:
«
io
non
sono
nulla
,
»
e
indovini
dalla
forma
insolitamente
colorita
che
già
risorge
,
già
ha
sacrificato
alla
Musa
.
Ci
è
il
sentimento
della
sua
infelicità
,
non
sonnolento
nella
sua
indifferenza
filosofica
,
ma
vivo
e
poetico
,
e
lo
vedi
in
quell
'
amore
tenero
giurato
nel
primo
fiore
de
'
poveri
anni
,
in
quell
'
ara
di
rifugio
,
in
quella
colonna
a
cui
s
'
appoggia
la
stanca
vita
.
Giordani
non
ne
capì
nulla
;
non
capì
che
il
fuoco
dalla
cenere
divampava
,
e
gli
risponde
i
soliti
conforti
.
La
dimora
in
Firenze
,
le
nuove
amicizie
,
le
illustri
conoscenze
,
le
interessanti
conversazioni
,
il
vivo
di
una
lingua
divina
,
non
gli
furono
inutili
,
e
fiorirono
insieme
con
la
salute
sotto
il
dolce
calore
del
clima
pisano
.
Acquista
un
'
alacrità
insolita
.
Messa
da
banda
col
consenso
dello
Stella
l
Enciclopedia
,
non
senza
avere
accumulato
materiali
per
nuovi
lavori
che
gli
giravano
in
mente
,
e
posta
mano
alla
Crestomazia
poetica
,
l
'
ebbe
condotta
a
termine
in
poco
tempo
.
E
insieme
l
'
immaginazione
gli
si
è
svegliata
,
la
facoltà
del
sogno
ritorna
,
il
passato
gli
si
ripresenta
vivo
,
quel
lungo
torpore
ch
'
egli
chiamava
indifferenza
è
cessato
.
I
nervi
lo
molestano
,
ma
il
sangue
circola
più
libero
,
più
vivace
,
tra
quell
'
aria
pura
,
e
gli
rimette
in
moto
tutte
le
sue
facoltà
.
Le
sue
passeggiate
diventano
poetiche
;
la
via
deliziosa
per
la
quale
suole
andare
è
battezzata
dalla
sua
immaginazione
,
è
chiamata
la
via
delle
rimembranze
.
E
così
camminando
sogna
a
occhi
aperti
,
s
'
abbandona
all
'
onda
delle
sue
immaginazioni
,
gli
pare
d
'
esser
tornato
al
suo
buon
tempo
antico
,
come
il
25
febbraio
scrive
alla
Paolina
.
E
il
due
maggio
le
fa
questa
confidenza
:
«
io
ho
finita
oramai
la
Crestomazia
poetica
,
e
dopo
due
anni
ho
fatto
de
'
versi
quest
'
aprile
,
ma
versi
all
'
antica
,
e
con
quel
mio
cuore
d
'
una
volta
.
»
Ciò
che
non
gl
'
impedisce
di
scrivere
tre
giorni
dopo
al
Giordani
quella
trista
lettera
:
«
io
non
sono
nulla
!
»
Leopardi
è
risorto
e
canta
il
suo
risorgimento
.
E
che
è
questo
risorgimento
di
Leopardi
?
Forse
è
divenuto
felice
?
No
.
Anzi
è
più
vivace
la
coscienza
della
sua
infelicità
.
Mancano
,
il
sento
,
all
'
anima
,
Alta
,
gentile
e
pura
La
sorte
,
e
la
natura
Il
mondo
e
la
beltà
.
Forse
gli
volse
un
riso
la
speranza
?
No
.
Anzi
la
sua
trafittura
è
d
'
averla
perduta
per
sempre
Ahi
della
speme
il
viso
Io
non
vedrò
mai
più
.
Sono
mutate
le
sue
idee
sul
mondo
?
L
'
immagine
,
l
errore
sono
non
più
errore
,
ma
cosa
salda
;
sono
la
verità
?
No
.
Dalle
mie
vaghe
immagini
So
ben
ch
'
ella
discorda
,
So
che
natura
è
sorda
,
Che
miserar
non
sa
.
Che
non
del
ben
.
Sollecita
Fu
,
ma
dell
'
esser
solo
.
La
morte
della
speranza
,
l
impura
vista
della
infausta
verità
.
il
sentimento
della
sua
infelicità
non
è
qui
affievolito
,
anzi
vi
è
ribadito
e
illuminato
.
Perché
dunque
si
sente
risorto
?
Cosa
è
risorto
in
lui
?
La
facoltà
di
sentire
,
di
cui
parlava
a
Iacopsenn
,
o
come
ora
dice
,
il
cuore
.
E
perché
la
vita
non
è
a
suo
avviso
altro
che
facoltà
di
sentire
,
d
'
immaginare
,
d
'
amare
,
è
in
lui
risorta
la
vita
;
si
sentiva
morto
,
ora
torna
a
vivere
.
E
canta
la
risurrezione
della
sua
immaginazione
,
del
suo
sentire
.
Risorgono
i
dolci
affanni
,
i
teneri
moti
della
prima
età
;
rivede
la
bella
natura
,
così
come
la
vedeva
allora
,
inesperto
delle
cose
;
e
ora
,
malgrado
l
esperienza
della
vita
e
la
vista
della
verità
,
sente
con
maraviglia
in
sé
rivivere
gl
'
inganni
aperti
e
noti
.
Questa
rappresentazione
del
suo
nuovo
stato
acquista
rilievo
da
quello
stato
di
sopore
,
ove
le
stesse
cose
gli
comparivano
innanzi
morte
.
Ed
hai
una
rappresentazione
,
in
antitesi
,
della
natura
,
così
come
compariva
a
lui
in
quel
doppio
stato
,
morta
e
viva
.
Queste
cose
non
le
dice
già
con
quel
disordine
,
con
quella
veemenza
,
con
quell
'
improvviso
,
ch
'
è
la
parola
dell
'
entusiasmo
giovanile
.
Ha
racquistato
i
moti
e
i
sensi
della
gioventù
,
ma
non
l
'
ingenuità
di
quella
;
ora
sa
troppo
,
e
parla
con
ironia
della
sorda
Natura
,
che
pure
allora
benediva
:
Pur
che
ci
lasci
al
duolo
Or
d
'
altro
a
lei
non
cal
.
Il
suo
piacere
non
è
puro
e
non
è
intero
.
Qui
non
c
'
è
l
'
inno
E
non
c
'
è
l
'
ode
.
Il
piacere
è
contenuto
dal
sapere
,
dalla
presenza
del
vero
,
che
vi
apparisce
come
fosca
nuvola
in
cielo
sereno
,
con
questo
che
la
nuvola
qui
è
l
'
immutabile
verità
e
il
cielo
è
la
mutabile
apparenza
.
Che
importa
?
Se
l
'
apparenza
dura
,
non
chiamerà
spietato
l
'
autore
della
vita
.
Non
è
una
riconciliazione
,
è
una
concessione
.
Consente
solo
di
non
chiamarlo
spietato
,
e
sub
conditione
,
se
.
La
situazione
poetica
non
è
nel
primo
momento
dell
'
entusiasmo
,
quando
egli
si
sente
rivivere
,
ma
in
un
momento
posteriore
o
di
riflessione
,
interrogando
sé
stesso
,
riandando
la
sua
vita
,
e
descrivendo
e
spiegando
il
nuovo
uomo
che
s
'
è
formato
in
lui
.
Perciò
la
poesia
prende
una
forma
storica
e
riflessiva
.
Non
si
dipinge
egli
nel
punto
che
piange
e
ammira
e
il
cuore
gli
batte
.
Ha
pianto
,
ha
mirato
,
ha
palpitato
.
Ora
ci
riflette
sopra
.
La
mente
rimane
sovrana
,
e
distribuisce
con
ordine
e
con
chiarezza
tutte
le
parti
,
con
orditura
semplice
,
con
moto
diritto
e
soave
,
senza
indugio
e
senza
fretta
.
Non
c
'
è
immagine
e
non
impressione
così
viva
che
lo
svii
e
gli
rompa
il
filo
del
pensiero
.
Le
rimembranze
non
s
'
affollano
,
e
non
s
'
incalzano
,
ma
si
svolgono
l
'
una
dall
'
altra
,
come
onde
di
mare
.
Diresti
che
riviva
la
sua
vita
nella
sua
naturale
successione
.
I
dolci
affanni
della
prima
età
,
e
quando
mancarono
,
il
dolore
della
mancanza
,
e
quando
mancò
il
dolore
,
una
tristezza
ch
'
era
ancora
dolore
,
e
infine
il
sopore
,
abbandonata
ogni
resistenza
:
Quasi
perduto
e
morto
Il
cor
s
'
abbandonò
;
questi
vari
stati
della
vita
gli
tornano
innanzi
l
'
uno
appresso
all
'
altro
,
l
'
uno
uscito
dall
'
altro
.
Si
può
credere
ci
sia
un
po
'
di
sottigliezza
in
quel
dolore
che
manca
,
e
nel
pianto
del
dolore
mancato
,
che
è
una
tristezza
,
la
quale
è
ancora
dolore
.
Ma
chi
ha
studiato
bene
tutte
le
diverse
stazioni
del
suo
martirio
,
vedrà
che
Leopardi
è
qui
non
meno
acuto
che
vero
esploratore
del
suo
passato
.
La
finezza
e
profondità
dell
'
osservazione
ti
costringe
a
pensare
per
coglier
bene
così
delicate
gradazioni
tra
dolore
,
tristezza
e
sopore
;
e
pensando
,
gusti
il
piacere
intellettuale
di
scoprirle
vere
.
Tu
senti
,
e
acquisti
insieme
un
abito
riflessivo
che
ti
dispone
a
spiegare
quello
che
senti
.
E
tale
appunto
è
il
carattere
di
questa
poesia
.
Or
che
gli
sta
tutto
il
passato
innanzi
,
l
'
uomo
nuovo
ricorda
quale
gli
appariva
il
mondo
allora
,
e
lo
rifà
co
'
più
brillanti
colori
di
una
fantasia
ridesta
.
Quella
natura
che
non
valse
a
trarlo
dal
duro
sopore
,
era
pure
così
bella
,
il
canto
della
rondine
,
la
squilla
vespertina
,
il
fuggitivo
sole
,
una
candida
ignuda
mano
,
e
ora
la
rivede
con
sentimento
nuovo
,
e
l
'
accompagna
co
'
più
cari
vezzi
dell
'
immaginazione
.
Questa
rappresentazione
vivace
dà
rilievo
a
quello
stato
d
'
insensibilità
ch
'
egli
caratterizza
in
pochi
indimenticabili
tratti
,
con
una
chiarezza
uguale
alla
finezza
.
Certi
contrasti
e
certi
epiteti
,
come
l
'
età
decrepita
e
l
'
aprile
degli
anni
,
i
giorni
fugaci
e
brevi
,
imprimono
in
questa
rappresentazione
il
moto
del
sentimento
.
Con
quel
grido
di
maraviglia
e
di
tenera
commozione
che
il
cieco
senza
speranza
rivede
improvviso
il
sole
,
con
quel
sentimento
prorompe
qui
il
grido
del
redivivo
.
Non
ci
è
gradazione
,
non
c
'
è
a
poco
a
poco
;
il
passaggio
è
brusco
,
violento
,
.
come
innanzi
un
miracolo
.
Non
è
una
evoluzione
,
come
si
dice
oggi
;
è
una
rivoluzione
:
Chi
dalla
grave
,
immemore
Quiete
or
mi
ridesta
?
Che
virtù
nova
è
questa
,
Questa
ch
'
io
sento
in
me
?
Quasi
non
crede
agli
occhi
suoi
;
non
crede
quasi
a
'
proprii
moti
.
Dunque
è
vero
?
Dunque
il
cuore
è
risorto
?
Oh
sì
.
E
raccoglie
e
accumula
le
nuove
bellezze
e
le
nuove
impressioni
con
così
precipitevole
impeto
ritmico
,
che
pare
voglia
tutto
in
un
sorso
assaporare
il
suo
godimento
.
Qui
è
il
tuono
più
alto
del
sentimento
,
che
va
lentamente
digradando
.
Comparisce
il
crudo
fato
,
il
tristo
secolo
,
l
'
ignuda
gloria
,
la
bellezza
vuota
.
In
lui
non
ci
è
altro
di
risorto
che
il
cuore
,
se
pure
....
E
in
questo
se
vanisce
il
canto
,
quasi
in
un
sospiro
malinconico
di
una
mezza
soddisfazione
.
Qui
tutto
è
vero
,
tutto
è
a
posto
.
Forse
ci
è
di
troppo
l
'
insistenza
sulla
vacuità
della
donna
,
dove
sospetti
qualche
ricordo
personale
,
che
intorbida
le
proporzioni
dell
'
armonia
,
chi
sa
!
un
momento
di
cattivo
umore
contro
le
fiorentine
,
al
quale
dà
sfogo
in
una
lettera
,
o
il
disprezzo
di
quella
strega
bolognese
,
di
cui
scrive
a
Papadopoli
.
È
un
reliquato
,
come
dicono
i
medici
,
nella
vita
nuova
.
E
ci
trovi
insieme
un
presentimento
dell
'
Aspasia
.
In
questo
Risorgimento
non
solo
l
'
asprezza
,
il
latinismo
,
la
solennità
è
liquefatta
,
ma
anche
il
metro
e
il
ritmo
.
Hai
settenarii
metastasiani
,
de
'
quali
il
primo
versetto
sdrucciola
nel
secondo
,
richiamato
dalla
rima
nel
terzo
,
che
va
a
declinare
subitamente
nel
quarto
,
formando
periodetti
liquidi
,
veloci
,
e
talora
con
ripigliate
,
di
una
movenza
melodiosa
.
Le
immagini
sono
vaghe
,
e
le
diresti
note
musicali
,
se
nella
loro
generalità
non
fossero
precise
.
E
sono
tutte
attirate
in
un
movimento
ritmico
,
che
accompagnato
dal
gioco
vario
degli
accenti
esprime
le
gradazioni
del
sentimento
.
Chi
ha
studiato
bene
il
meccanismo
de
'
nostri
versi
,
e
soprattutto
del
nostro
potentissimo
settenario
,
in
cui
la
posizione
dell
'
accento
quasi
senza
limite
ti
dà
le
più
varie
intonazioni
,
ammirerà
gli
effetti
musicali
che
ha
saputo
cavarne
il
poeta
,
come
nota
della
intensità
e
della
velocità
delle
impressioni
.
Perciò
questa
si
può
chiamare
la
poesia
del
sentimento
o
del
cuore
.
Essa
è
il
preludio
musicale
alle
nuove
poesie
,
alla
sua
terza
maniera
.
StampaPeriodica ,
In
marzo
1829
scrivendo
Leopardi
a
Colletta
pone
tra
i
suoi
castelli
in
aria
in
primo
luogo
Storia
di
un
'
anima
,
romanzo
che
avrebbe
poche
avventure
estrinseche
,
e
queste
sarebbero
delle
più
ordinarie
;
ma
racconterebbe
le
vicende
interne
di
un
animo
nato
nobile
e
tenero
dal
tempo
delle
prime
ricordanze
fino
alla
morte
.
Or
questa
Storia
di
un
'
anima
non
era
altro
che
la
storia
della
sua
anima
,
le
cui
note
fondamentali
sono
nel
Risorgimento
dove
con
vivace
profondità
è
rappresentata
tutta
la
sua
vita
intima
.
Il
mondo
nella
sua
mente
è
già
fissato
,
ridotto
a
domma
,
il
cui
catechismo
è
nel
Risorgimento
.
Egli
è
giunto
alla
conclusione
della
infelicità
universale
ed
irrimediabile
come
ha
dimostrato
già
nei
suoi
dialoghi
.
Ora
non
discute
più
,
non
dimostra
,
non
lotta
,
non
s
'
illude
.
Quel
mondo
,
chiaro
e
fisso
come
un
assioma
,
diviene
il
dato
e
l
antecedente
di
ogni
sua
concezione
.
E
lo
tratta
come
cosa
sua
,
e
lo
situa
e
lo
fa
suonare
cavandone
tutte
le
note
,
che
l
istrumento
può
dare
.
Questo
concetto
del
mondo
non
gli
viene
innanzi
così
improvviso
che
induca
nel
suo
essere
una
mutazione
violenta
.
Ci
è
giunto
per
gradazioni
quasi
insensibili
e
quando
si
ci
è
trovato
in
mezzo
,
gli
è
parso
un
fatto
quasi
naturale
ed
ordinario
.
Perciò
non
ci
è
alcuna
proporzione
tra
un
concetto
così
disperato
e
la
sua
vita
divenuta
per
l
'
abitudine
cosa
tollerabile
.
Non
è
che
i
suoi
mali
fossero
diminuiti
;
ma
l
uso
quotidiano
ne
aveva
rintuzzato
il
sentimento
.
E
non
gli
mancavano
conforti
preziosissimi
,
soprattutto
quello
dell
'
amicizia
,
che
raddolcivano
la
sua
ipocondria
.
Molte
donne
gli
furono
amiche
vere
,
come
l
'
Adelaide
Maestri
e
la
patriottica
Antonietta
,
e
la
Lenzoni
,
e
più
tardi
la
Paolina
Ranieri
.
Anche
di
alcune
letterate
ebbe
l
amicizia
come
fu
della
Franceschi
e
della
Malvezzi
.
Furono
relazioni
brevi
,
perché
l
'
ultima
volta
che
manda
un
saluto
alla
Franceschi
per
mezzo
del
bravo
Puccinotti
,
dice
:
se
se
ne
cura
;
e
di
un
lavoro
della
Malvezzi
parla
con
compassione
sprezzante
:
Povera
donna
!
lo
avevo
già
letto
.
Pare
che
la
nobile
signora
volesse
fargli
correggere
il
manoscritto
,
e
che
egli
se
ne
schermisse
.
Pure
,
non
gli
bastava
l
'
amicizia
,
voleva
l
amore
,
e
facilmente
si
illudeva
e
si
impaniava
facendo
triste
esperienza
delle
donne
,
e
volgendo
talora
l
'
amore
in
disgusto
.
Così
fu
con
la
Bolognese
,
intorno
alla
quale
scherzava
Papadopoli
:
né
incontrò
meglio
in
Firenze
;
anzi
scrive
a
Giordani
:
«
Questi
viottoli
,
che
si
chiamano
strade
mi
affogano
:
questo
sudiciume
universale
mi
ammorba
;
queste
donne
sciocchissime
,
ignorantissime
e
superbe
mi
fanno
ira
.
»
Scrive
all
'
Antonietta
:
«
Io
non
ho
bisogno
di
stima
,
né
di
gloria
,
né
di
altre
cose
simili
,
ma
ho
bisogno
d
'
amore
.
»
E
ne
ha
bisogno
tale
,
che
talora
con
gli
amici
e
con
le
amiche
prende
linguaggio
d
'
amore
,
col
Giordani
,
col
fratello
Carlo
,
con
la
Tommasini
,
con
l
'
Adelaide
.
Questo
non
era
artifizio
ed
abitudine
di
frase
,
come
fu
in
Pietro
Giordani
,
ma
sfogo
inconscio
di
un
cuore
vergine
.
E
meritò
di
avere
intorno
a
sé
non
solo
ammiratori
,
ma
amici
veri
e
caldi
come
il
Giordani
,
il
Pepoli
,
il
Tommasini
,
il
Brighenti
,
il
Puccinotti
,
il
Papadopoli
,
lo
Stella
,
il
Capponi
,
il
Ranieri
,
il
Colletta
.
Così
si
era
ito
formando
intorno
al
caro
sventurato
un
ambiente
morale
,
che
gli
ammolliva
il
carattere
,
e
gli
concedeva
una
espansione
socevole
.
Non
è
a
credere
che
questi
amici
fossero
tutti
concordi
nelle
opinioni
;
anzi
Leopardi
,
in
mezzo
a
loro
,
spesse
volte
si
sentiva
solo
.
Un
vincolo
letterario
c
'
era
.
I
suoi
amici
stimavano
perfetto
esemplare
di
lingua
le
sue
Operette
morali
,
trombettiere
Giordani
;
e
non
videro
con
piacere
conferito
il
premio
alla
Storia
d
'
America
del
Botta
dagli
Accademici
della
Crusca
,
i
quali
pregiarono
più
l
affettazione
e
l
esagerazione
dell
'
uno
che
la
modesta
naturalezza
dell
'
altro
.
Ma
se
lodavano
assai
le
sue
prose
e
poesie
,
soprattutto
per
odore
di
classicismo
o
come
dicevano
per
bontà
di
stile
e
di
lingua
,
in
tutto
l
altro
erano
distantissimi
dal
loro
amico
.
In
quel
tempo
gli
animi
piegati
dalla
reazione
che
successe
al
ventuno
già
si
andavano
rialzando
,
massimamente
in
Toscana
,
dove
parecchi
esuli
o
emigrati
illustri
si
erano
raccolti
militando
attorno
al
Vieusseux
coi
letterati
nativi
.
Sotto
a
quel
mite
governo
si
rinfrancavano
.
E
già
l
Antologia
avea
preso
molta
voga
:
ove
scrivevano
i
migliori
non
senza
qualche
allusione
politica
.
E
Colletta
scriveva
le
sue
vendicatrici
storie
,
e
Niccolini
le
tragedie
.
Si
formava
una
letteratura
,
la
cui
eco
trasmessa
dalle
sètte
s
'
insinuava
all
'
orecchio
penetrando
nelle
scuole
e
ne
'
convegni
in
tutte
le
parti
d
'
Italia
.
Il
programma
dell
'
azione
immediata
aveva
cesso
il
luogo
al
programma
educativo
o
evulativo
,
come
si
direbbe
oggi
,
e
con
questo
intento
Leopardi
più
giovine
aveva
scritto
le
canzoni
alla
Paolina
ed
al
Vincitore
del
pallone
.
I
due
programmi
erano
uno
negli
spiriti
,
sicché
si
andava
dall
'
uno
all
'
altro
secondo
l
occasione
.
Le
menti
si
volgevano
a
nuovi
studi
,
alle
scienze
storiche
,
all
'
economia
,
alla
statistica
e
cercavano
miglioramenti
civili
o
,
come
si
dice
oggi
,
sociali
,
vietati
i
politici
.
In
luogo
di
libertà
si
dicea
civiltà
e
cultura
;
sotto
altri
nomi
era
la
stessa
musica
;
le
più
umili
e
le
più
audaci
aspirazioni
si
comprendevano
tutte
sotto
il
nome
di
progresso
.
Comparvero
liberali
e
democratici
anche
tra
'
cattolici
,
come
il
Tommasèo
e
il
Manzoni
.
Pur
allora
erano
usciti
i
Promessi
Sposi
e
il
successo
era
universale
.
La
finezza
italiana
capiva
e
celebrava
tutti
,
così
il
religioso
Manzoni
,
come
l
'
ateo
Giordani
,
e
così
i
moderati
come
i
settarii
e
i
rivoluzionarii
.
Or
questo
movimento
degli
spiriti
non
trovava
più
forza
capace
di
riceverlo
nell
'
anima
stanca
di
Leopardi
.
Da
questo
lato
si
può
dire
veramente
che
egli
era
vissuto
.
Biasima
un
suo
concittadino
morto
per
l
indipendenza
greca
.
Antonietta
gli
scrive
una
lettera
con
ardore
patriottico
,
ed
egli
la
loda
augurando
sentimenti
simili
alle
donne
italiane
,
ma
con
stile
rimesso
ed
ordinario
;
il
cantore
di
Paolina
non
ci
è
più
.
A
lui
,
che
era
giunto
al
concetto
della
infelicità
universale
,
quelle
economie
e
statistiche
,
quelle
riforme
civili
,
quelle
teorie
di
progresso
e
di
felicità
di
popoli
,
movevano
il
riso
e
gli
doveva
far
male
quella
sicumera
,
quella
burbanza
de
'
più
a
sciorinar
dottrine
venute
in
moda
.
Ecco
in
che
modo
scrive
da
Firenze
a
Giordani
1828
:
«
Mi
comincia
a
stomacare
il
superbo
disprezzo
che
qui
si
professa
d
'
ogni
bello
e
di
ogni
letteratura
;
massimamente
,
che
non
mi
entra
poi
nel
cervello
che
la
sommità
di
ogni
sapere
umano
stia
nel
saper
la
politica
e
la
statistica
.
Anzi
,
considerando
filosoficamente
l
'
inutilità
quasi
perfetta
degli
studii
fatti
dall
'
età
di
Solone
in
poi
per
ottenere
la
perfezione
degli
stati
civili
e
la
felicità
dei
popoli
,
mi
viene
un
poco
da
ridere
di
questo
furore
di
calcoli
e
di
arzigogoli
politici
e
legislativi
,
e
umilmente
domando
se
la
felicità
de
'
popoli
si
può
dare
senza
la
felicità
degli
individui
.
I
quali
sono
condannati
alla
infelicità
dalla
natura
e
non
dagli
uomini
né
dal
caso
;
e
per
conforto
di
questa
infelicità
inevitabile
mi
par
che
vagliano
sopra
ogni
cosa
gli
studii
del
bello
,
gli
affetti
,
le
immaginazioni
e
le
illusioni
.
Così
avviene
che
il
dilettevole
mi
pare
utile
sopra
tutti
gli
utili
,
e
la
letteratura
utile
più
veramente
e
certamente
di
tutte
queste
discipline
secchissime
,
le
quali
,
anche
ottenendo
i
loro
fini
,
gioverebbero
pochissimo
alla
felicità
vera
degli
uomini
che
sono
individui
e
non
popoli
,
ma
quando
poi
gli
ottengono
questi
loro
fini
?
Amerò
che
me
lo
insegni
uno
de
'
nostri
professori
di
scienze
storiche
.
»
Qui
ci
è
in
germe
la
Palinodia
.
Con
questa
disposizione
di
animo
e
con
queste
opinioni
si
può
facilmente
intendere
che
la
corda
patriottica
non
rendeva
più
suono
,
credendo
egli
così
poco
alla
felicità
dei
popoli
come
a
quella
degli
individui
.
La
guerra
greca
,
la
rivoluzione
francese
,
i
moti
italici
,
i
Tedeschi
nello
stato
papale
,
sono
cose
quasi
a
lui
indifferenti
.
Essendo
così
scarsa
comunione
intellettuale
tra
lui
e
i
suoi
amici
,
si
potea
credere
che
non
gli
fosse
molto
cara
quella
compagnia
.
Pure
lì
era
il
suo
conforto
.
Tornato
di
Pisa
in
Firenze
,
vi
si
sentiva
come
in
un
deserto
,
quando
gli
mancava
Vieusseux
e
la
sua
compagnia
;
l
amicizia
copriva
qualsiasi
difformità
di
sentimenti
.
Già
non
potea
dissimulare
a
sé
stesso
quanto
di
nobile
era
in
quelle
loro
aspirazioni
;
poi
per
indole
era
tollerantissimo
e
dolcissimo
;
nelle
conversazioni
non
aveva
né
pretensioni
né
ostinazioni
,
e
non
puntigli
e
non
dispetti
come
era
del
Tommasèo
,
si
accomodava
col
silenzio
alle
opinioni
altrui
,
nemico
di
dispute
e
di
brighe
,
e
inetto
a
far
proseliti
,
a
far
valere
i
suoi
concetti
.
I
sentimenti
del
Manzoni
stavano
a
gran
distanza
dai
suoi
,
pur
sempre
lo
nomina
con
lode
.
Scrive
al
padre
sempre
misurato
e
accorto
,
e
talora
con
linguaggio
e
con
sentire
paterno
per
non
dispiacergli
.
Il
padre
trova
ne
'
dialoghi
del
figlio
troppo
abuso
di
miti
e
di
forme
velate
;
e
il
figlio
risponde
debolmente
a
difesa
quasi
assentendo
.
Lo
Stella
gli
comunica
le
critiche
milanesi
dei
suoi
dialoghi
,
e
lui
risponde
pacato
:
«
Non
mi
riesce
impreveduto
:
che
i
miei
principii
sieno
negativi
,
io
non
me
ne
avveggo
;
ma
ciò
non
mi
farebbe
gran
meraviglia
,
perché
mi
ricordo
di
quel
detto
di
Bayle
che
in
religione
e
in
morale
la
ragione
non
può
edificare
ma
solo
distruggere
.
»
Così
non
venne
mai
meno
l
'
amicizia
tra
quei
nobili
intelletti
dei
quali
alcuni
volevano
la
fede
riconciliata
con
la
ragione
,
altri
predicavano
la
ragione
creatrice
e
madre
del
progresso
e
guardavano
con
affettuosa
sollecitudine
al
povero
Leopardi
,
che
affermava
la
negazione
e
il
mistero
universale
.
Dissentendo
s
'
amavano
e
si
stimavano
.
Singolare
fu
l
amicizia
verso
di
lui
di
due
illustri
medici
,
il
Tommasini
ed
il
Puccinotti
,
che
dovevano
ben
ridere
di
quel
mondo
teologico
metafisico
,
che
era
il
pensiero
massonico
e
filosofico
del
secolo
,
e
credevano
più
alla
forza
della
materia
che
della
fede
o
della
ragione
.
Leopardi
aveva
in
molta
reverenza
il
Tommasini
e
si
sentiva
stretto
verso
il
Puccinotti
di
un
affetto
eguale
all
'
ammirazione
.
Questo
era
quello
stato
tollerabile
ed
ordinario
di
vita
,
che
egli
chiama
indifferenza
filosofica
.
L
'
ambiente
contrario
in
mezzo
al
quale
viveva
,
quelli
studii
statistici
,
quelle
teorie
di
progresso
,
quelle
vanterie
patriottiche
lo
trovavano
triste
o
ironico
con
qualche
sforzo
mal
riuscito
di
buon
umore
.
Si
deve
a
questo
stato
psicologico
l
'
ispirazione
,
dalla
quale
uscì
la
Palinodia
.
E
forse
in
questo
tempo
concepiva
e
abbozzava
i
Paralipomeni
,
ai
quali
metteva
mano
più
tardi
.
L
'
indifferenza
era
quella
quietudine
,
che
nasce
da
uno
stato
di
cose
tenuto
inevitabile
,
effetto
dell
'
assuefazione
e
della
prostrazione
morale
.
È
la
sorte
spesso
dei
vecchi
,
che
lasciano
correre
le
cose
così
come
vanno
conservando
in
sé
le
antiche
opinioni
,
senza
colore
e
senza
efficacia
.
E
Leopardi
in
verità
era
invecchiato
sotto
il
peso
della
sua
tristezza
.
In
quello
stato
di
apatia
morbosa
,
che
egli
chiama
indifferenza
,
il
suo
intelletto
rimane
solitario
e
come
ripiegato
in
sé
in
un
ambiente
non
simpatico
,
anzi
contrario
.
Questa
era
la
sua
individualità
e
originalità
,
che
lo
rendeva
singolare
dalle
genti
.
Il
suo
Risorgimento
non
mutò
il
suo
essere
dirimpetto
a
questo
mondo
esteriore
;
ma
gli
dava
la
forza
di
allontanarlo
da
sé
,
come
cosa
estranea
,
e
rimanere
concentrato
in
quel
solitario
suo
pensiero
,
che
tornava
a
vivere
innanzi
alla
sua
immaginazione
;
ritornava
l
'
antico
io
con
quel
suo
cuore
di
una
volta
.
Risorto
dalla
sua
apatia
,
riacquistata
la
facoltà
di
immaginare
e
di
amare
si
sentì
redivivo
al
cospetto
del
Fato
e
della
Natura
con
quell
'
amore
dei
campi
,
con
quel
bisogno
di
amare
e
di
fantasticare
,
con
quel
dolore
della
speranza
scomparsa
e
della
giovinezza
spenta
da
cui
erano
usciti
gli
idilli
.
La
società
in
mezzo
a
cui
era
vissuto
non
lasciava
traccia
nel
suo
spirito
;
gli
era
passata
innanzi
come
ombra
.
Di
vivo
,
di
presente
non
c
'
era
che
lui
co
'
suoi
ideali
e
l
'
universo
coi
suoi
misteri
.
Risorto
era
il
poeta
dell
'
Infinito
e
del
Sogno
e
della
Sera
;
nessun
vestigio
rimaneva
più
del
poeta
,
delle
canzoni
.
Tutto
quel
moto
di
erudizione
,
e
di
patriottismo
che
lo
aveva
tirato
fuori
di
sé
,
e
gittatolo
in
mezzo
all
'
Italia
moderna
ed
antica
,
in
mezzo
ai
patriarchi
e
alle
favole
,
in
mezzo
ai
Bruti
ed
alle
Saffo
,
alle
Virginie
e
ai
Simonidi
,
non
rende
più
una
favilla
.
Giovine
,
avea
creduto
all
'
opinione
volgare
,
che
il
gran
genere
nella
lirica
fosse
la
canzone
e
sperava
affaticandosi
in
quello
di
perpetuare
il
suo
nome
.
Ora
sente
che
l
eccellenza
non
è
nel
genere
e
lasciando
lì
canzoni
,
idilli
,
elegie
,
inni
,
chiama
le
sue
poesie
canti
,
parola
generica
,
che
comprende
tutti
i
generi
perché
non
ne
comprende
nessuno
.
Egli
è
vero
che
aveva
in
serbo
per
un
'
altra
edizione
due
nuove
canzoni
e
non
furono
più
pubblicate
e
debbono
forse
essere
,
tra
le
carte
da
lui
rifiutate
.
Finite
sono
le
canzoni
e
finite
con
esse
le
contraddizioni
ed
i
tentennamenti
nel
pensiero
,
la
crudità
e
la
spessezza
nei
concetti
,
la
solennità
e
sonorità
nella
frase
,
gli
involucri
mitici
e
storici
,
il
colorito
locale
,
le
varie
apparenze
di
un
mondo
esteriore
,
un
certo
non
so
che
di
denso
e
nebuloso
,
tutte
cose
che
qua
e
là
si
notano
nelle
canzoni
.
L
'
uomo
ha
gittato
via
una
parte
di
sé
,
quasi
mutilando
sé
stesso
;
ma
condensando
in
quello
che
rimane
,
tutta
la
vita
e
tutta
la
luce
.
Abbiamo
in
questo
mondo
concentrato
del
dolore
e
del
mistero
situazioni
nette
e
decise
,
spesso
originali
e
interessanti
,
chiarezza
e
coesione
nel
pensiero
,
formazioni
intere
e
diafane
,
semplicità
e
proprietà
nel
linguaggio
,
espansione
ed
emozione
nello
stile
,
nessun
vestigio
di
imitazioni
,
di
costruzioni
e
di
reminiscenze
.
Quell
'
umor
denso
di
una
malinconia
nera
e
solida
si
era
liquefatto
in
quella
malinconia
dolce
,
che
sfugge
la
sventura
reale
e
cerca
asilo
nell
'
immaginazione
.
Il
mondo
esterno
non
era
stato
mai
per
lui
cosa
solida
;
ora
è
cancellata
ogni
orma
di
questo
o
quel
mondo
storico
e
anche
della
società
contemporanea
.
Vive
coi
suoi
fantasmi
e
coi
suoi
ideali
solitario
;
vive
nella
sua
immaginazione
forte
e
calda
.
Leopardi
ritrova
così
sé
stesso
quale
la
natura
lo
aveva
fatto
e
quale
si
era
rivelato
negli
idilli
.
Ritorna
il
pittore
dell
'
anima
sua
con
un
senso
più
spiccato
di
vivo
e
di
moderno
.
La
semplicità
,
la
grazia
,
l
'
ingenuità
,
la
dolcezza
,
che
si
ammirano
negli
idilli
e
che
gli
venivano
non
pur
dalla
sua
natura
ma
dal
suo
lungo
uso
degli
scrittori
greci
,
sono
ora
qualità
spesso
congiunte
con
un
brio
di
espansione
,
con
un
calore
,
con
una
disinvoltura
,
che
lo
rivelano
moderno
.
Il
commercio
dei
vivi
,
la
dimora
nelle
principali
città
italiane
non
fu
senza
effetto
.
Soprattutto
dové
giovargli
la
civilizzatissima
Firenze
alla
quale
contrappone
Roma
così
lontana
dal
mondo
civilizzato
.
Quel
dolce
parlar
toscano
così
vivace
,
e
nella
sua
semplicità
così
pieno
di
grazia
,
quella
dimestichezza
di
conversazioni
con
gli
uomini
più
celebri
,
quel
suo
affiatarsi
con
gli
scrittori
più
recenti
come
Goethe
,
Byron
,
Sismondi
,
Manzoni
,
fino
quegli
studii
della
Crestomazia
poetica
che
gli
misero
innanzi
antologie
di
altri
paesi
come
quella
del
Brancia
,
non
furono
senza
efficacia
su
di
un
'
anima
delicata
,
aperta
alle
impressioni
.
Giovarono
forse
anche
i
lunghi
suoi
colloqui
col
Manzoni
,
che
dovettero
stornarlo
da
quelle
forme
solenni
e
clamorose
,
le
quali
egli
aveva
ereditato
dall
'
uso
dei
Latini
,
da
Monti
e
da
Foscolo
.
Tra
i
libri
acquistati
o
donati
in
Firenze
,
de
'
quali
pensava
arricchire
la
biblioteca
paterna
,
c
'
erano
le
opere
del
Manzoni
,
che
egli
promette
in
dono
al
fratello
più
piccolo
.
Ma
più
che
altro
dové
giovargli
la
separazione
della
sua
anima
da
tutti
gli
accidenti
del
mondo
esterno
e
il
suo
ritiro
assoluto
in
sé
stesso
.
Terminata
la
Crestomazia
poetica
prende
commiato
dallo
Stella
ponendo
fine
a
questi
lavori
di
pazienza
,
ancoraché
abbia
innanzi
ricchi
materiali
intatti
e
mulini
progetti
che
egli
medesimo
chiama
castelli
in
aria
.
Consegnando
i
suoi
manoscritti
al
Sinner
aveva
già
lasciati
per
sempre
gli
studii
ed
i
libri
,
vietatogli
dalla
cattiva
salute
.
Nella
sua
vita
solitaria
e
monotona
ci
sono
intervalli
felicissimi
nei
quali
si
rivela
il
poeta
che
fantastica
sopra
sé
stesso
alzandosi
all
'
universo
,
o
fantastica
sull
'
universo
con
ritorni
frequenti
in
sé
stesso
.
La
bellezza
,
l
'
amore
,
la
rimembranza
,
l
'
uccello
,
il
fiore
,
la
lapide
sepolcrale
,
non
l
'
interessano
solo
per
sé
,
ma
come
motivo
al
perpetuo
ritornello
di
sé
e
dell
'
universo
;
sono
le
variazioni
di
quella
formidabile
ripetizione
.
Vita
idillica
se
mai
ci
fu
,
nobilitata
dall
'
altezza
del
pensiero
,
dall
'
orgoglio
dell
'
uomo
nel
dolore
,
dalla
perfetta
sincerità
del
sentire
.
Il
concetto
stesso
dell
'
arte
gli
si
era
purificato
.
Quell
'
arte
per
sé
stessa
,
quel
puro
gioco
dell
'
immaginazione
,
quell
'
andar
cercando
forme
e
modelli
gli
doveva
parere
una
profanazione
.
Era
salito
a
quel
punto
di
perfezione
,
che
la
forma
non
ha
più
valore
per
sé
e
non
è
che
voce
immediata
di
quel
di
dentro
.
L
'
uomo
era
venuto
nella
piena
coscienza
e
nel
pieno
possesso
di
sé
.
Si
può
credere
che
nota
dominante
di
questo
mondo
psicologico
chiuso
in
sé
con
frequente
ritorno
degli
stessi
pensieri
e
sentimenti
,
fondato
sulla
infelicità
universale
,
sia
tristezza
e
monotonia
.
Ma
il
poeta
ha
ricuperato
il
suo
cuore
e
con
esso
la
facoltà
di
immaginare
e
di
sentire
.
Questo
regno
della
morte
e
del
nulla
è
pieno
di
luce
e
di
calore
.
Il
poeta
doveva
sentirsi
felice
in
quei
rari
momenti
,
che
poteva
cantare
la
sua
infelicità
;
e
felice
tu
lo
senti
nel
brio
e
nella
eloquenza
della
sua
rappresentazione
.
Riempie
di
luce
i
sepolcri
,
inspira
la
vita
nei
morti
,
anima
le
rimembranze
,
ricrea
l
amore
con
un
tripudio
di
gioventù
.
Niente
è
più
triste
e
niente
è
più
gioioso
.
E
la
tristezza
della
morte
ed
è
la
gioia
dell
'
amore
fuso
insieme
in
una
sola
persona
poetica
,
come
non
sai
.
Appartengono
a
questo
tempo
Silvia
,
le
Ricordanze
,
Quiete
dopo
la
tempesta
,
il
Sabato
del
Villaggio
,
il
Canto
notturno
di
un
pastore
errante
nell
'
Asia
,
poesie
nuove
,
che
comparvero
oltre
il
Risorgimento
nella
edizione
del
Piatti
in
Firenze
,
e
forse
anche
il
Passero
solitario
e
il
Consalvo
.
Questi
caratteri
si
mantengono
anche
nelle
altre
poesie
publicate
nell
'
edizione
di
Napoli
,
e
tutte
insieme
costituiscono
il
nuovo
Leopardi
.
StampaPeriodica ,
La
pubblicazione
delle
Opere
inedite
del
Guicciardini
fu
uno
di
quei
fatti
che
avrebbe
dovuto
dare
grande
impulso
a
'
nostri
studi
storici
.
Sono
di
tali
scoperte
che
basterebbero
da
sé
a
creare
un
intero
ciclo
di
critica
storica
:
tanta
copia
vi
si
trova
di
notizie
,
con
quelle
riflessioni
e
impressioni
che
le
rendono
vive
e
irraggiano
di
nuova
luce
tutto
un
secolo
.
E
si
tratta
di
un
secolo
intorno
al
quale
si
è
più
scritto
e
meno
compreso
;
di
un
secolo
chiamato
del
risorgimento
,
e
che
fu
pur
quello
della
nostra
decadenza
.
Il
problema
storico
di
quell
'
epoca
non
mi
pare
sia
stato
ancora
posto
e
discusso
e
svolto
con
grande
esattezza
.
Il
problema
è
questo
:
L
'
Italia
a
quel
tempo
era
salita
al
più
alto
grado
di
potenza
,
di
ricchezza
e
di
gloria
,
e
nelle
arti
e
nelle
lettere
e
nelle
scienze
toccava
già
quel
segno
a
cui
poche
nazioni
e
privilegiate
sogliono
giungere
,
e
da
cui
erano
allora
lontanissime
le
altre
nazioni
ch
'
ella
chiamava
con
romana
superbia
i
barbari
.
Eppure
,
al
primo
urto
di
questi
barbari
,
l
Italia
,
come
per
improvvisa
rovina
,
crollò
,
e
fu
cancellata
dal
numero
delle
nazioni
.
E
i
barbari
gittarono
di
nuovo
il
grido
selvaggio
:
Guai
a
'
vinti
!
E
non
solo
li
calcarono
,
ma
li
dileggiarono
,
trattandoli
come
non
fossero
uomini
e
riempiendo
il
mondo
di
querele
e
di
rimproveri
della
perfidia
e
della
viltà
italiana
.
E
sin
d
'
allora
si
restò
intesi
che
i
perfidi
e
i
codardi
fummo
noi
,
che
il
torto
fu
tutto
nostro
,
che
fummo
ripagati
della
nostra
moneta
,
che
ben
ci
stette
e
che
i
barbari
ci
fecero
un
segnalato
favore
a
metterci
un
po
'
di
nuovo
sangue
nelle
vene
.
A
questi
giudizi
degli
storici
oltramontani
si
aggiungono
i
lamenti
de
'
nostri
,
i
quali
attribuiscono
l
inaudita
catastrofe
alle
nostre
discordie
,
che
ci
tolsero
ogni
virtù
di
resistenza
.
Il
buon
Sismondi
,
che
parla
con
tanta
simpatia
delle
cose
nostre
,
trasformando
il
rimprovero
in
elogio
,
assicura
che
il
sentimento
nazionale
mancò
agl
'
Italiani
perché
erano
mossi
da
un
sentimento
più
alto
,
si
sentivano
cosmopoliti
e
furono
benefattori
dell
'
umanità
con
l
'
olocausto
di
se
stessi
.
Né
la
catastrofe
giunse
improvvisa
,
anzi
ce
n
'
era
un
inquieto
presentimento
,
e
non
mancarono
le
solite
profezie
.
Tutti
rammentano
con
che
eloquenza
il
Savonarola
annunziava
dal
pergamo
la
venuta
de
'
Barbari
,
e
quale
impressione
fece
allora
la
profezia
di
un
Francescano
,
che
fra
l
altro
annunziava
il
sacco
di
Roma
.
Sinistri
segni
sono
mentovati
dagli
storici
.
La
folgore
cade
a
Firenze
sul
tempio
di
Santa
Reparata
;
in
una
notte
oscura
fuochi
sanguigni
illuminano
la
villa
Careggi
.
Gli
spettri
degli
antichi
Re
di
Aragona
annunziano
al
loro
successore
la
caduta
del
regno
di
Napoli
.
Le
statue
sudano
sangue
;
i
popoli
spaventati
credono
vedere
nel
cielo
eserciti
che
combattono
.
Una
secreta
inquietudine
incalzava
i
cittadini
fra
le
delizie
e
le
voluttà
di
una
vita
scioperata
.
Ci
era
dunque
la
coscienza
oscura
di
una
dissoluzione
sociale
e
di
una
catastrofe
prossima
.
E
più
che
i
giudizi
degli
stranieri
e
de
'
posteri
è
utile
investigare
le
impressioni
e
i
giudizi
de
'
contemporanei
.
I
frati
e
i
preti
,
e
anche
parecchi
storici
,
pongono
la
fonte
del
male
nella
rilassatezza
de
'
sentimenti
religiosi
e
de
'
costumi
.
Non
si
crede
più
a
Cristo
,
dice
Benivieni
.
Anzi
si
crede
che
tutto
procede
dal
caso
,
massime
le
cose
umane
.
Alcuni
stimano
che
sieno
regolate
da
influssi
celesti
.
Si
nega
la
vita
futura
,
si
schernisce
la
religione
.
Alcuni
la
reputano
un
trovato
di
uomini
.
Tutti
,
uomini
e
donne
,
tornano
agli
usi
pagani
,
e
si
dilettano
dello
studio
de
'
poeti
,
degli
astrologi
e
di
ogni
superstizione
.
Ci
è
in
queste
poche
righe
tutto
Savonarola
.
Altri
stimano
al
contrario
che
il
male
è
principalmente
nella
Corte
di
Roma
e
nelle
pratiche
e
nelle
consuetudini
religiose
,
che
hanno
sfibrato
gli
animi
e
resili
più
disposti
a
perdonare
le
offese
che
a
vendicarle
.
E
non
vedono
altra
via
a
rinvigorire
le
istituzioni
e
gli
uomini
,
che
seguire
gli
esempi
lasciatici
dall
'
antichità
.
Di
questo
erano
tutti
persuasi
,
che
il
paese
era
corrotto
,
salvoché
alcuni
derivavano
la
corruzione
dall
'
indebolito
sentimento
religioso
,
e
gli
altri
ponevano
appunto
la
sua
sede
nella
religione
così
com
'
era
interpretata
e
praticata
dalla
Corte
di
Roma
.
Quelli
vedevano
il
rimedio
nel
ritirare
la
società
a
'
suoi
principii
,
con
una
riforma
religiosa
e
morale
che
valesse
a
restaurare
le
credenze
religiose
ed
emendare
i
costumi
;
la
qual
riforma
,
incalzati
i
preti
da
frate
Savonarola
e
più
tardi
da
frate
Lutero
,
attuarono
a
modo
loro
nel
Concilio
di
Trento
.
Gli
altri
al
contrario
vedevano
il
rimedio
nell
'
emancipazione
della
coscienza
da
ogni
autorità
religiosa
,
ciò
che
traeva
seco
l
abolizione
del
Papato
,
che
essi
giudicavano
il
principale
nemico
della
libertà
e
dell
'
unità
nazionale
.
Erano
due
scuole
che
con
diversi
nomi
si
continuano
anche
oggi
,
e
che
oltrepassavano
ne
'
loro
fini
e
ne
'
loro
mezzi
l
Italia
,
ed
abbracciavano
l
Europa
cattolica
.
Si
può
dire
che
la
loro
storia
è
tutta
la
storia
moderna
,
non
finita
ancora
.
Nella
quale
storia
l
'
Italia
rappresentava
una
parte
molto
secondaria
.
Certo
i
primi
concetti
e
i
primi
tentativi
vennero
da
lei
,
ma
rimasero
concetti
e
tentativi
isolati
e
scarsi
di
effetto
,
e
quando
l
incendio
si
dilatò
e
le
contrarie
opinioni
accesero
in
tutta
Europa
ostinatissime
contese
e
divisioni
e
guerre
di
popoli
,
tra
noi
non
mancarono
cittadini
di
molta
virtù
che
con
la
penna
o
con
le
forti
opere
o
co
'
martirii
mantennero
la
loro
fede
,
ma
fu
moto
di
pochi
e
divisi
,
che
s
'
impresse
appena
alla
superficie
;
sotto
alla
quale
rimasero
in
calma
sonnolenta
e
stupida
le
popolazioni
.
Anche
oggi
sono
di
quelli
che
credono
il
Cattolicismo
e
il
Papato
salute
o
perdizione
d
'
Italia
,
ma
sono
opinioni
oziose
,
che
non
lasciano
traccia
durabile
sulle
moltitudini
;
il
Concilio
ecumenico
che
pure
in
altre
parti
di
Europa
solleva
così
vivi
odii
e
speranze
,
presso
di
noi
non
suscita
né
energiche
opposizioni
,
né
gagliardi
consensi
.
La
corruttela
de
'
costumi
era
l
'
apparenza
più
grossolana
del
male
che
travagliava
l
'
Italia
e
rendeva
inevitabile
la
catastrofe
.
Quell
'
apparenza
fu
presa
per
il
male
esso
medesimo
,
e
gli
uni
ne
davano
colpa
al
paganesimo
e
agli
studi
classici
,
gli
altri
alla
Corte
di
Roma
,
pietra
di
scandalo
,
e
non
pensavano
che
quella
corruttela
del
Papato
e
quel
paganeggiare
delle
classi
intelligenti
e
degli
stessi
Papi
erano
anche
parte
del
problema
;
fenomeni
ed
effetti
che
non
spiegavano
nulla
,
e
volevano
essere
spiegati
loro
.
Ma
gli
uomini
politici
vedevano
la
quistione
sotto
un
aspetto
più
determinato
.
Poca
speranza
avevano
ne
'
tardi
frutti
che
potessero
venire
da
una
riforma
religiosa
e
morale
;
e
non
credevano
a
Papa
né
a
Cristo
,
e
schernivano
i
profeti
disarmati
.
A
loro
era
chiaro
che
l
Italia
divisa
e
debole
d
'
armi
mal
poteva
resistere
a
'
barbari
:
qui
era
il
pericolo
,
e
qui
ci
voleva
il
rimedio
.
Molto
li
preoccupavano
le
discordie
intestine
fra
cittadini
,
fra
le
città
,
fra
gli
Stati
,
e
cercavano
un
sistema
di
equilibrio
,
che
desse
satisfazione
a
tutte
le
classi
,
mantenendo
ordine
e
concordia
al
di
dentro
,
e
legasse
i
grandi
Stati
italiani
con
reciproca
malleveria
contro
gli
assalti
che
venissero
dal
di
fuori
.
Fa
stupire
quanti
sottili
trovati
pullulassero
in
quei
cervelli
acuti
per
ordinare
in
modo
lo
Stato
che
si
ottenesse
il
desiderato
equilibrio
,
quando
già
lo
straniero
era
a
casa
e
lasciava
per
sua
misericordia
disputare
se
i
partiti
si
avessero
a
vincere
per
le
più
fave
o
alla
metà
delle
fave
.
Né
erano
meno
sottili
i
giudizi
sulle
condizioni
e
sulle
forze
degli
Stati
,
sulle
inclinazioni
,
le
passioni
e
gl
'
interessi
de
'
principi
,
e
sulle
varie
combinazioni
delle
alleanze
,
con
una
finezza
di
osservazione
e
di
analisi
che
desidero
in
molti
documenti
della
diplomazia
moderna
.
Strazia
veder
tanta
sapienza
con
tanta
impotenza
.
Vedevano
le
nazioni
vicine
salite
a
grande
potenza
per
i
buoni
ordini
e
le
buone
armi
,
e
soprattutto
per
avere
raccolte
tutte
le
membra
dello
Stato
sotto
un
solo
indirizzo
.
E
tentarono
qualcosa
di
simile
in
Italia
.
Indi
la
serenissima
lega
di
Lorenzo
,
e
le
leghe
e
controleghe
di
Giulio
,
e
fallito
il
tentativo
di
stringere
in
una
forza
sola
gli
Stati
italiani
,
e
avendo
già
lo
straniero
dentro
,
per
cacciar
via
uno
,
chiamare
gli
altri
.
Indi
le
proposte
di
milizie
nazionali
,
per
uscir
di
mano
a
'
condottieri
,
e
certi
ordini
di
governo
misto
che
tenessero
in
qualche
equilibrio
gli
ottimati
e
il
popolo
.
Ciò
che
presso
le
altre
nazioni
era
il
naturale
portato
della
storia
,
in
Italia
erano
combinazioni
artificiali
d
'
ingegni
sottili
.
E
nulla
riuscì
.
Leghe
italiane
poco
stabili
,
perché
leghe
di
principi
,
e
sulla
base
mobile
degl
'
interessi
.
Leghe
con
forestieri
fecero
dell
'
Italia
il
campo
chiuso
di
tutte
le
cupidigie
e
di
tutte
le
insolenze
,
ed
ebbero
quella
fine
che
dice
il
Guicciardini
,
al
quale
pare
ragionevole
,
che
in
qualcuno
sia
per
rimanere
potenza
grande
,
il
quale
cercherà
di
battere
i
minori
e
forse
ridurre
Italia
sotto
una
Monarchia
.
A
milizie
nazionali
si
pensò
troppo
tardi
,
quando
i
condottieri
erano
già
i
padroni
,
e
il
paese
era
corso
da
fanti
svizzeri
e
spagnuoli
e
da
lanzichenecchi
e
stradioti
e
gente
d
'
arme
.
Né
i
buoni
ordini
poterono
ottenere
tanta
concordia
de
'
cittadini
,
che
le
fazioni
smettessero
di
chiamar
gli
stranieri
,
sì
che
,
miserabile
spettacolo
,
tutti
li
odiavano
,
e
tutti
li
chiamavano
.
Perciò
nessuna
propria
e
nazionale
resistenza
fu
possibile
,
e
l
Italia
,
come
si
disse
,
fu
conquistata
col
gesso
.
Il
problema
dunque
ti
ritorna
innanzi
lo
stesso
.
Mai
non
si
vide
tanta
sapienza
e
così
alta
intelligenza
quanta
trovi
allora
nei
grandi
uomini
che
avevano
in
mano
le
sorti
del
paese
,
politici
,
filosofi
,
letterati
,
artisti
,
le
cui
opera
riempiono
anche
oggi
il
mondo
di
ammirazione
.
L
'
Italia
,
scrive
il
Guicciardini
nel
principio
della
sua
storia
,
ridotta
tutta
in
somma
pace
e
tranquillità
,
coltivata
non
meno
ne
'
luoghi
più
montuosi
e
più
sterili
,
che
nelle
pianure
e
regioni
sue
più
fertili
,
né
sottoposta
ad
altro
imperio
che
de
'
suoi
medesimi
,
non
solo
era
abbondantissima
d
'
abitatori
,
di
mercatanzie
e
di
ricchezze
,
ma
illustrata
sommamente
dalla
magnificenza
di
molti
principi
,
dallo
splendore
di
molte
nobilissime
e
bellissime
città
,
dalla
sedia
e
maestà
della
religione
,
fioriva
di
uomini
prestantissimi
nell
'
amministrazione
delle
cose
pubbliche
,
e
d
'
ingegni
molto
nobili
in
tutte
le
dottrine
e
in
qualunque
arte
preclara
e
industriosa
,
né
priva
,
secondo
l
'
uso
di
quella
età
,
di
gloria
militare
;
e
ornatissima
di
tante
doti
,
meritamente
appresso
a
tutte
le
nazioni
nome
e
fama
chiarissima
riteneva
.
Le
parole
del
Guicciardini
si
riferiscono
proprio
al
momento
della
crisi
,
quando
Lorenzo
de
'
Medici
,
Ferdinando
d
'
Aragona
e
Innocenzo
VIII
scomparivano
dall
'
orizzonte
ed
entravano
in
iscena
i
Borgia
,
Alfonso
d
'
Aragona
e
Ludovico
il
Moro
,
e
Carlo
VIII
calava
dalle
Alpi
,
iniziando
un
moto
che
dovea
finire
con
la
soggezione
d
'
Italia
a
signoria
straniera
.
E
dapprima
non
mancarono
le
illusioni
.
A
Venezia
si
diceva
che
Carlo
veniva
a
vedere
l
'
Italia
.
I
nostri
scaltrissimi
uomini
di
Stato
confidavano
di
potere
con
l
ingegno
e
con
l
'
astuzia
vincere
quella
forza
barbara
,
e
alla
peggio
,
opporre
stranieri
a
stranieri
,
e
rintuzzare
gli
uni
con
gli
altri
.
Tutti
vedevano
il
pericolo
,
tutti
proponevano
i
rimedii
,
e
non
si
venne
a
capo
di
nulla
.
Non
marcarono
le
idee
,
mancò
la
volontà
e
la
forza
di
attuarle
.
Arguti
i
discorsi
,
stupendi
gli
scritti
,
fiacche
le
opere
:
tutto
si
ridusse
in
tentativi
infelici
e
isolati
,
senza
eco
,
senza
espansione
.
Atti
eroici
non
infrequenti
,
ma
di
singoli
individui
e
di
singole
città
:
nulla
,
che
rivelasse
vita
collettiva
e
nazionale
.
E
così
non
ci
fu
riforma
,
e
non
lega
italica
e
non
milizie
nazionali
,
e
non
buoni
ordini
,
e
non
buone
armi
,
e
tutto
restò
nelle
parole
e
negli
scritti
.
Discutendo
,
scrivendo
,
l
Italia
finì
facile
preda
dello
straniero
.
Questa
singolare
impotenza
italica
in
mezzo
a
tutte
le
apparenze
della
grandezza
e
della
potenza
certifica
un
male
più
profondo
che
non
pareva
a
'
contemporanei
,
e
non
è
parso
poi
.
Biasimiamo
pure
il
tradimento
di
Ludovico
,
o
la
perfidia
de
'
Borgia
o
la
spensieratezza
di
Leone
X
:
il
biasimo
non
spiega
nulla
;
il
male
era
sì
grave
che
bontà
o
perversità
d
'
individui
ci
potea
poco
.
Diciamo
pure
che
il
senso
morale
era
oscurato
;
che
i
costumi
erano
corrottissimi
,
soprattutto
del
Clero
;
che
le
armi
erano
mercenarie
;
che
gli
odii
tra
classe
e
classe
,
tra
città
e
città
erano
irreconciliabili
;
che
i
principi
e
i
partiti
chiamavano
essi
lo
straniero
.
Con
questa
lugubre
descrizione
dei
fenomeni
di
una
malattia
che
il
Macchiavelli
chiamava
la
corruttela
italiana
,
il
problema
non
si
scioglie
,
ma
si
allarga
,
rimanendo
sempre
a
sapersi
per
quali
cause
l
'
Italia
sotto
le
forme
della
più
rigogliosa
sanità
,
era
pure
in
tale
dissoluzione
o
corruttela
che
al
primo
cozzo
coi
barbari
perdé
tutto
,
anche
l
onore
,
e
per
più
secoli
scomparve
dalla
storia
con
sì
profonda
caduta
,
che
anche
oggi
è
dubbio
se
la
sia
risorta
davvero
.
L
'
analisi
di
questa
corruttela
italiana
,
de
'
suoi
elementi
,
della
sua
universalità
,
della
sua
intensità
,
delle
sue
cagioni
,
del
suo
sviluppo
,
de
'
suoi
effetti
,
il
carattere
e
la
fisonomia
che
diede
alla
nazione
,
e
i
suoi
vestigi
visibili
anche
oggi
e
che
ci
vietano
l
andare
innanzi
,
è
materia
non
ancora
bene
considerata
e
degnissima
di
studio
.
Attendiamo
il
Macchiavelli
o
il
Montesquieu
che
ne
scriva
acconciamente
,
netto
delle
passioni
contemporanee
.
Né
a
questo
basta
sagacia
e
diligenza
di
storico
;
si
richiede
occhio
metafisico
,
che
sappia
cogliere
tra
la
varietà
degli
accidenti
i
tratti
essenziali
.
Chi
guarda
con
quest
'
occhio
in
quei
tempi
,
vedrà
subito
la
differenza
capitale
tra
l
'
Italia
e
le
nazioni
che
dovevano
sceglierla
a
campo
delle
loro
lotte
,
la
Francia
,
la
Germania
,
la
Spagna
,
la
Svizzera
.
Queste
,
dopo
lunga
elaborazione
,
giungevano
pure
allora
ad
uno
stabile
assetto
politico
,
uscendo
dalle
lotte
interne
unificate
,
ordinate
e
più
forti
:
dove
l
'
Italia
si
era
già
costituita
parecchi
secoli
indietro
,
ed
avea
avuta
tutta
una
civiltà
,
frutto
di
quella
precoce
costituzione
.
Fin
d
'
allora
che
i
Comuni
si
vendicarono
a
libertà
,
trovò
essa
il
suo
assetto
,
che
in
tanta
diversità
di
casi
si
mantenne
inalterato
ne
'
suoi
lineamenti
sostanziali
,
e
produsse
quei
miracoli
di
prosperità
,
di
grandezza
e
di
coltura
che
furono
senza
riscontro
in
tutte
le
altre
parti
di
Europa
.
Nel
Regno
,
dov
'
era
prevalsa
la
forma
monarchico
-
feudale
,
il
movimento
fu
superficiale
e
solo
in
alto
,
mentre
le
basse
classi
rimanevano
in
una
condizione
stagnante
d
'
ignoranza
e
di
bestialità
:
pure
la
coltura
italiana
non
era
senza
eco
e
senza
corrispondenza
in
quelle
parti
.
Ma
nel
rimanente
d
'
Italia
la
libertà
aveva
messo
in
moto
tutte
le
forze
,
tutti
gl
'
interessi
,
tutte
le
passioni
,
e
in
parecchi
Comuni
avea
fatta
sentir
la
sua
azione
ne
'
più
bassi
strati
della
società
.
Questo
cumulo
e
concentrazione
di
forze
messe
in
moto
da
stimoli
così
gagliardi
accelerava
e
insieme
consumava
la
vita
italiana
,
logorandovisi
tutte
le
classi
,
sì
che
in
breve
giro
di
tempo
si
compie
la
sua
storia
,
maravigliosa
per
l
'
instancabile
attività
,
per
lo
straordinario
concitamento
delle
passioni
politiche
,
per
l
'
ardore
e
la
ferocia
delle
lotte
,
per
la
larga
partecipazione
di
tutte
le
classi
alla
vita
pubblica
,
per
l
'
infinita
produzione
nelle
industrie
,
ne
'
commerci
,
nell
'
agricoltura
,
negli
studi
,
nelle
opere
di
erudizione
e
d
'
ingegno
.
Fu
la
vita
di
Achille
,
gloriosa
,
ma
breve
.
Il
medio
evo
fu
per
le
altre
nazioni
lunga
e
faticosa
elaborazione
;
per
l
'
Italia
fu
civiltà
,
tutta
quella
civiltà
che
esso
potea
portare
.
Al
tempo
di
cui
parla
il
Guicciardini
,
questa
civiltà
toccava
già
quell
'
ultima
perfezione
che
si
manifesta
nel
lusso
e
nell
'
eleganza
,
con
quella
idolatria
delle
belle
forme
,
con
quel
senso
e
gusto
dell
'
arte
,
con
quella
grandiosità
e
sontuosità
delle
feste
,
con
quella
voluttà
de
'
godimenti
,
con
quella
delicatezza
e
leggiadria
nello
scrivere
e
nel
conversare
,
ne
'
modi
,
e
ne
'
costumi
,
che
sono
segni
non
dubbii
di
prosperità
,
di
agiatezza
e
di
coltura
.
Quella
ricca
e
allegra
e
fiorita
produzione
in
tanta
varietà
di
forme
della
vita
materiale
,
intellettuale
e
artistica
era
non
il
principio
,
ma
il
resultato
,
la
splendida
conclusione
,
quasi
la
corona
di
una
grande
civiltà
,
che
nel
suo
rapido
corso
consumava
rapidamente
se
stessa
:
era
il
frutto
di
un
capitale
accumulato
da
un
'
attività
anteriore
,
il
cui
stimolo
era
mancato
.
Questa
bella
vita
,
in
così
ricca
apparenza
di
sanità
e
di
forza
,
aveva
già
secche
le
sue
radici
,
venute
meno
nella
coscienza
tutte
le
idee
religiose
,
morali
e
politiche
,
che
l
'
avevano
condotta
a
quella
prosperità
,
l
'
impero
,
il
papato
,
la
libertà
comunale
,
la
grandezza
feudale
;
sicché
,
mentre
mandava
così
vivi
splendori
,
la
società
politicamente
e
moralmente
era
sciolta
.
Così
fu
a
'
tempi
di
Pericle
,
e
nel
secolo
di
Augusto
e
in
quello
di
Luigi
XIV
.
Mancati
all
'
Italia
tutti
gli
stimoli
spirituali
di
cui
era
pur
conseguenza
quel
suo
ultimo
fiore
di
civiltà
,
in
breve
appassì
anche
questo
,
rimasti
sole
forze
motrici
degli
uomini
gl
'
interessi
materiali
.
Mancarono
al
Papato
,
al
Comune
,
al
Principe
tutti
gli
alti
fini
,
per
i
quali
si
appassionano
e
vengon
grandi
i
popoli
:
la
tempra
nazionale
s
'
infiacchì
e
si
abbassò
il
carattere
.
E
così
mancarono
insieme
tutte
le
virtù
della
forza
,
l
'
iniziativa
,
la
generosità
,
il
sacrificio
,
il
patriottismo
,
la
tenacità
,
la
disciplina
,
e
vennero
su
le
qualità
proprie
della
fiacchezza
morale
accompagnata
con
la
maggior
coltura
e
svegliatezza
dello
spirito
,
la
dissimulazione
,
la
malizia
,
la
doppiezza
,
quello
stare
in
sull
'
ambiguo
e
tenersi
nel
mezzo
e
lasciarsi
dietro
l
uscita
,
la
prudenza
e
la
pazienza
.
Le
teorie
,
i
principii
,
le
istituzioni
erano
pur
sempre
quelle
,
accettate
nella
parte
esteriore
,
meccanica
e
letterale
,
magnificate
ne
'
discorsi
pubblici
,
divenute
un
linguaggio
di
convenzione
in
casa
ed
in
piazza
,
e
negate
e
contraddette
nella
pratica
;
ipocrisia
abituale
anche
ne
'
più
noti
per
la
libertà
del
pensiero
.
Mancava
la
forza
e
di
accettare
con
sincerità
e
di
negare
con
audacia
;
divenuta
la
vita
una
bassa
commedia
,
tutti
consapevoli
.
Come
contrapposto
o
protesta
di
una
società
non
rassegnata
ancora
a
morire
,
appunto
in
questi
tempi
d
'
infiacchimento
abbondarono
i
grandi
individui
,
patrioti
fortissimi
,
pensatori
arditi
,
riformatori
saldi
sino
al
martirio
,
città
eroiche
,
fatti
ammirati
e
non
imitati
,
rimasti
solitarii
e
di
poca
o
nessuna
efficacia
nella
moltitudine
.
Né
bastò
la
presenza
dello
straniero
nel
paese
,
e
le
offese
alle
sostanze
,
alla
vita
,
all
'
onore
,
che
pur
rendono
arditi
i
più
vili
,
a
destare
in
que
'
popoli
una
favilla
di
risentimento
e
di
vergogna
;
anzi
li
svigorì
affatto
quello
spettacolo
inusitato
di
selvaggia
energia
.
Come
si
fa
ne
'
grandi
mali
e
nelle
improvvise
catastrofi
,
tutti
si
abbandonarono
dell
'
animo
,
ogni
vincolo
si
sciolse
,
ciascuno
provvide
a
se
stesso
,
non
pensando
a
'
vicini
,
anzi
pensando
a
trarre
frutto
dalla
rovina
di
quelli
,
insino
a
che
furono
rovinati
tutti
.
E
non
mancava
la
chiaroveggenza
e
non
l
'
opporntunità
de
'
rimedii
,
e
mai
l
'
ingegno
italiano
non
si
mostrò
così
fecondo
in
ogni
maniera
d
'
industrie
e
di
sottili
accorgimenti
e
di
espedienti
e
di
progetti
ingegnosi
:
non
mancava
l
ingegno
,
mancava
la
tempra
.
L
'
Italia
era
simile
a
quell
'
uomo
che
nella
maturità
dell
'
ingegno
si
sente
già
vecchio
per
avere
abusate
le
forze
.
E
non
è
l
'
ingegno
,
ma
è
il
carattere
o
la
tempra
che
salva
le
nazioni
.
E
la
tempra
si
fiacca
quando
la
coscienza
è
vuota
,
e
non
muove
l
'
uomo
più
altro
che
l
'
interesse
propria
.
Queste
cose
pensando
e
mulinando
da
gran
tempo
,
mi
vennero
alle
mani
le
opere
inedite
del
Guicciardini
,
e
trovai
nella
storia
fiorentina
e
nelle
proposte
,
e
ne
'
carteggi
,
e
ne
'
discorsi
,
e
ne
'
ricordi
tale
un
tesoro
di
notizie
ed
osservazioni
,
che
mi
maraviglio
non
sia
l
edizione
già
tutta
spacciata
,
per
il
gran
numero
de
'
nostri
professori
e
cultori
della
storia
.
E
mi
fecero
molta
impressione
soprattutto
i
ricordi
da
compararsi
a
quanto
di
meglio
è
stato
fatto
in
questo
genere
.
Ciò
che
la
naturale
prudenza
e
la
lunga
pratica
delle
cose
del
mondo
e
la
dottrina
e
la
solitaria
meditazione
e
il
salutare
raccoglimento
ne
'
tristi
e
buoni
accidenti
della
vita
potea
suggerire
ad
un
sagacissimo
osservatore
,
tutto
trovi
qui
condensato
e
scolpito
con
rara
energia
di
pensiero
e
di
parola
.
E
mai
non
ho
capito
così
bene
,
perché
l
'
Italia
fosse
allora
sì
grande
e
sì
debole
,
che
in
questa
lettura
,
dove
lo
storico
con
perfetto
abbandono
dipinge
se
stesso
e
sotto
forma
di
consigli
ci
scopre
i
suoi
pensieri
e
sentimenti
più
intimi
,
o
,
per
dirla
con
parola
moderna
,
il
suo
ideale
politico
e
civile
dell
'
uomo
.
L
'
uomo
del
Guicciardini
,
quale
egli
crede
dovrebbe
essere
l
'
uomo
savio
,
com
'
egli
lo
chiama
,
è
un
tipo
possibile
solo
in
una
civiltà
molto
avanzata
e
segna
quel
momento
che
lo
spirito
già
adulto
e
progredito
caccia
via
l
'
immaginazione
e
l
'
affetto
e
la
fede
,
ed
acquista
assoluta
e
facile
padronanza
di
sé
.
In
questo
regno
dello
spirito
il
nostro
uomo
savio
spiega
tutte
le
sue
forze
.
Molto
ha
imparato
ne
'
libri
,
maraviglioso
di
erudizione
e
di
dottrina
;
ma
non
gli
basta
.
Sa
quanto
è
diversa
la
pratica
dalla
teorica
,
quanti
sono
che
intendono
le
cose
bene
,
che
o
non
si
ricordano
o
non
sanno
metterle
in
atto
,
e
come
non
dee
confidare
alcuno
tanto
nella
prudenza
naturale
,
che
si
persuada
quella
più
bastare
senza
l
accidentale
della
esperienza
.
Perciò
la
naturale
prudenza
e
la
dottrina
accompagna
con
l
'
esperienza
,
ovvero
osservazione
delle
cose
.
E
non
gli
basta
ancora
.
Sa
pure
che
la
dottrina
accompagnata
co
'
cervelli
deboli
o
non
gli
megliora
o
gli
guasta
;
e
però
anche
il
naturale
dee
essere
buono
,
tale
cioè
che
non
sia
offuscato
lo
spirito
dalle
apparenze
,
dalle
impressioni
,
dalle
vane
immaginazioni
e
dalle
passioni
.
E
quando
hanno
queste
buone
parti
,
la
prudenza
naturale
,
e
l
'
esperienza
,
e
la
dottrina
,
e
il
cervello
non
debole
,
gli
uomini
sono
perfetti
e
quasi
divini
.
Nel
nostro
savio
e
nel
nostro
uomo
perfetto
si
riscontra
dunque
l
accidentale
col
naturale
buono
,
la
dottrina
e
l
'
esperienza
col
cervello
positivo
e
prudente
.
Ma
egli
ha
una
qualità
ancora
più
preziosa
senza
la
quale
tutte
le
altre
sono
di
poco
frutto
,
ed
è
la
discrezione
o
il
discernere
.
Su
'
libri
trova
le
regole
;
ma
è
grande
errore
parlare
delle
cose
del
mondo
indistintamente
e
assolutamente
,
e
per
dire
così
per
regola
;
perché
quasi
tutte
hanno
distinzione
ed
eccezione
,
e
queste
distinzioni
e
eccezioni
non
si
trovano
scritte
in
su
'
libri
,
ma
bisogna
lo
insegni
la
discrezione
.
Senza
la
discrezione
adunque
non
giova
la
dottrina
e
non
l
'
esperienza
.
La
dottrina
ti
dà
le
regole
,
l
'
esperienza
ti
dà
gli
esempli
;
ma
è
fallacissimo
il
giudicare
per
gli
esempli
:
con
ciò
sia
che
ogni
minima
varietà
nel
caso
può
essere
causa
di
grandissima
variazione
nello
effetto
;
e
il
discernere
queste
varietà
,
quando
sono
piccole
,
vuole
buono
e
perspicace
occhio
.
E
perciò
,
quanto
s
'
ingannano
coloro
che
a
ogni
parola
allegano
i
Romani
!
Bisognerebbe
avere
una
città
condizionata
come
era
la
loro
,
e
poi
governarsi
secondo
quello
esempio
;
il
quale
a
chi
ha
le
qualità
disproporzionate
è
tanto
disproporzionato
,
quanto
sarebbe
volere
che
uno
asino
facesse
il
corso
di
uno
cavallo
.
Ma
il
nostro
uomo
non
capita
a
prendere
un
asino
per
cavallo
;
perché
ha
da
natura
buono
e
perspicace
occhio
,
e
legge
spesso
in
un
libro
suo
,
che
il
Guicciardini
chiama
libro
della
discrezione
.
Questo
è
l
'
uomo
perfetto
del
Guicciardini
,
tutto
spirito
,
e
armato
di
così
forti
armi
,
naturali
e
accidentali
.
Né
è
colpa
sua
che
abbia
coscienza
della
sua
superiorità
,
e
disprezzi
i
vulgari
,
e
come
italiano
,
stimi
barbari
tutti
gli
altri
popoli
,
e
quantunque
fortissimi
e
valorosissimi
,
confidi
di
poterli
vincere
e
farli
suoi
istrumenti
con
la
forza
dell
'
ingegno
e
della
coltura
.
Chi
studii
con
qualche
attenzione
in
questo
tipo
intellettuale
,
così
com
'
è
uscito
dalla
mente
del
Guicciardini
,
e
che
risponde
generalmente
allo
stato
reale
dello
spirito
italiano
a
quel
tempo
,
vedrà
perché
i
nostri
uomini
di
Stato
giocavano
quasi
con
gli
stranieri
,
a
cui
si
sentivano
tanto
soprastare
per
intelligenza
e
per
coltura
,
e
non
che
averne
paura
,
confidavano
di
poterli
usare
a
'
loro
fini
e
a
'
loro
interessi
particolari
.
Voi
v
'
intendete
di
armi
,
ma
non
v
'
intendete
di
Stato
,
dicea
con
orgoglio
Nicolò
Macchiavelli
a
un
potente
straniero
.
Il
nostro
uomo
,
dotato
di
tante
forze
intellettive
,
e
così
disciplinate
,
con
quel
suo
occhio
buono
e
perspicace
vede
il
mondo
altro
da
quello
che
i
volgari
sogliono
.
Non
crede
agli
astrologi
e
ai
teologi
e
ai
filosofi
e
a
tutti
gli
altri
che
scrivono
le
cose
sopra
natura
o
che
non
si
veggono
,
e
dicono
mille
pazzie
:
perché
in
effetto
gli
uomini
sono
al
bujo
delle
cose
e
questa
indaga
ione
ha
servilo
e
serve
più
a
esercitare
gl
'
ingegni
che
a
trovare
la
verità
.
Parla
con
ironia
di
Santa
Maria
Impruneta
,
che
fa
piova
e
bel
tempo
,
e
delle
devozioni
e
de
'
miracoli
,
e
de
'
digiuni
e
orazioni
e
simili
opere
pie
,
ordinate
dalla
Chiesa
o
ricordate
da
'
Frati
,
e
dell
'
aiuto
che
Dio
dà
a
'
buoni
,
e
del
buon
successo
delle
cause
giuste
.
Stima
che
la
troppa
religione
guasta
il
mondo
,
perché
effemina
gli
animi
,
avviluppa
gli
uomini
in
mille
errori
e
divertisceli
da
molle
imprese
generose
e
virili
.
Crede
che
,
dalle
repubbliche
in
fuora
,
nella
loro
patria
,
e
non
più
oltre
,
tutti
gli
Stati
,
chi
bene
considera
la
loro
origine
,
sono
violenti
,
né
v
'
è
potestà
che
sia
legittima
:
né
anche
quella
dell
'
imperatore
,
che
è
fondata
in
sull
'
autorità
de
'
Romani
,
che
fu
maggiore
usurpazione
che
nessun
'
altra
;
e
non
quella
de
'
preti
,
la
violenza
de
'
quali
è
doppia
,
perché
a
tenerci
sotto
usano
le
armi
temporali
e
le
spirituali
.
Innanzi
a
quest
'
occhio
perspicace
tutto
l
'
antico
edificio
crolla
,
e
del
medio
evo
non
rimane
nulla
.
Il
regno
celeste
rovina
e
si
trae
appresso
nella
caduta
Papa
e
Imperatore
.
Lo
spirito
,
adulto
e
per
virtù
propria
emancipato
,
si
ribella
contro
il
passato
dal
quale
è
uscito
e
che
lo
ha
cresciuto
ed
educato
,
caccia
via
da
sé
tutte
le
credenze
e
i
principii
,
fattori
di
quella
civiltà
della
quale
egli
è
la
corona
e
l
orgoglio
,
e
si
chiude
nella
terra
,
o
nella
vita
reale
,
nel
mondo
naturale
,
così
com
'
è
e
non
come
è
immaginato
,
e
pone
la
sua
gloria
nell
'
interpretarlo
,
nel
comprenderlo
e
nel
valersene
a
'
suoi
fini
.
Se
il
nostro
savio
ammette
con
le
persone
spirituali
che
la
fede
conduce
cose
grandi
,
gli
è
non
per
alcuna
assistenza
soprannaturale
o
provvidenziale
,
ma
perché
la
fede
fa
ostinazione
,
e
chi
dura
,
la
vince
.
Quanto
a
lui
,
non
gli
è
bisogno
la
fede
,
perché
a
vincere
bastano
le
sue
armi
proprie
,
la
naturale
prudenza
,
e
la
dottrina
e
l
'
esperienza
e
quel
suo
terribile
occhio
buono
e
perspicace
.
E
non
ci
è
latebra
del
cuore
umano
che
stia
nascosta
a
quell
'
occhio
,
e
non
apparenza
o
nebbia
così
fitta
che
gli
chiuda
la
via
,
e
non
vanità
d
'
immaginazione
o
impeto
di
passione
.
Quelli
che
si
lasciano
signoreggiare
da
vane
immaginazioni
,
sono
cervelli
deboli
.
Quelli
che
si
gittano
nelle
imprese
senza
considerare
le
difficoltà
,
sono
uomini
bestiali
.
E
chi
governa
a
caso
,
si
ritrova
alla
fine
a
caso
.
E
sono
matti
quelli
che
operano
secondo
passione
,
ancorché
nobile
e
generosa
.
E
sono
sciocchi
quelli
che
seguono
il
comune
ragionare
degli
uomini
e
le
vane
opinioni
del
popolo
.
Chi
disse
uno
popolo
,
disse
veramente
uno
pazzo
:
perché
è
un
mostro
pieno
di
confusione
e
di
errori
,
e
le
sue
vane
opinioni
sono
tanto
lontane
dalle
verità
,
quanto
è
,
secondo
Tolomeo
,
la
Spagna
dalla
India
.
Né
è
bene
stare
al
giudicio
di
quelli
che
scrivono
,
e
in
ogni
cosa
volere
vedere
ognuno
che
scrive
:
e
così
quello
tempo
che
s
'
arebbe
a
mettere
in
speculare
,
si
consuma
in
leggere
libri
con
stracchezza
d
'
animo
e
di
corpo
,
in
modo
che
l
'
ha
quasi
più
similitudine
a
una
fatica
di
facchini
,
che
di
dotti
.
Il
nostro
uomo
savio
e
perfetto
non
ha
fede
che
nel
suo
giudicio
proprio
,
nel
suo
speculare
,
e
nella
evidenza
del
fatto
,
che
scopre
ogni
fallacia
di
apparenza
;
quanti
dicono
bene
che
non
sanno
fare
:
quanti
in
sulle
panche
e
in
sulle
piazze
paiono
uomini
eccellenti
che
adoperali
riescono
ombre
!
Egli
crede
che
i
fatti
umani
sieno
determinati
dalle
inclinazioni
e
passioni
e
opinioni
degli
uomini
,
e
che
ci
sia
perciò
un
'
arte
della
vita
pubblica
e
privata
,
fondata
sullo
studio
e
la
cognizione
del
cuore
umano
,
scienza
affatto
sperimentale
.
E
qual
maestro
in
quest
'
arte
!
Nessuno
è
più
addentro
di
lui
ne
'
motivi
più
occulti
e
con
più
cura
dissimulati
delle
nostre
azioni
;
né
più
sicuro
in
determinare
gli
effetti
più
lontani
,
o
quella
lenta
successione
di
cause
poco
sensibili
e
poco
osservate
,
le
quali
spiegano
quei
moti
delle
cose
,
che
al
volgo
pajono
rovine
subitanee
.
Fra
tanta
varietà
di
accidenti
e
di
opinioni
e
di
passioni
nessuna
cosa
lo
sorprende
o
lo
sgomenta
o
lo
turba
,
perché
considera
ogni
cosa
etiam
minima
,
e
di
tutto
sa
trovare
il
bandolo
,
e
ne
'
più
diversi
casi
della
vita
prevede
e
provvede
,
da
'
più
alti
negozi
dello
Stato
alle
più
umili
faccende
della
famiglia
.
Il
suo
sguardo
ne
'
casi
più
improvvisi
freddo
e
tranquillo
è
quello
di
un
Iddio
,
alto
e
sereno
sulle
tempeste
,
ma
di
un
Iddio
leggermente
ironico
,
inclinato
a
pigliarsi
spasso
degli
uomini
e
voltarli
a
modo
suo
.
Questo
tipo
del
Guicciardini
è
la
pianta
uomo
,
come
s
'
era
più
o
meno
sviluppata
in
Italia
;
è
la
fisonomia
rimasa
storica
e
tradizionale
dell
'
uomo
italiano
com
'
era
a
quel
tempo
;
è
quella
superiorità
e
padronanza
dello
spirito
,
alla
quale
i
popoli
non
giungono
se
non
dopo
molti
secoli
d
'
iniziazione
e
di
civiltà
,
e
dove
l
'
Italia
giunse
con
tanta
celerità
di
cammino
,
che
vi
lasciò
per
via
gran
parte
delle
sue
forze
.
Onde
avvenne
,
che
in
così
visibile
progresso
dello
spirito
,
in
così
varia
e
ricca
coltura
,
in
tanta
prosperità
,
fra
tanti
capilavori
,
quando
coglieva
il
più
bel
fiore
di
una
vita
breve
e
affaticata
,
e
aveva
in
vista
nuovi
orizzonti
,
si
trovò
esausta
,
e
i
giorni
più
allegri
e
più
belli
della
sua
esistenza
furono
i
giorni
della
sua
morte
.
L
'
Italia
era
molto
simile
a
quest
'
uomo
del
Guicciardini
,
che
ha
fatto
piano
di
tutto
il
passato
,
e
rimasto
solo
col
suo
spirito
,
si
gitta
nella
vita
pieno
di
confidenza
nel
suo
ingegno
,
nella
sua
dottrina
,
nella
sua
esperienza
,
nel
suo
occhio
perspicace
,
e
tratta
l
uomo
,
come
la
natura
,
quasi
suo
servo
,
e
suo
istrumento
e
nato
a
utile
suo
,
e
guarda
con
uno
sguardo
fra
l
ironico
e
il
compassionevole
;
e
in
verità
il
più
degno
di
compassione
è
lui
.
Perché
infine
qual
'
è
l
'
uso
che
di
tante
forze
intellettive
farà
quest
'
uomo
?
qual
è
per
lui
il
problema
della
vita
?
Vivere
è
voltare
tutte
le
cose
divine
e
umane
,
spirituali
e
temporali
,
animate
ed
inanimate
,
a
beneficio
proprio
.
Ecco
l
'
ultimo
motto
di
questa
scienza
e
arte
della
vita
.
Seguiamo
la
storia
di
quest
'
uomo
secondo
il
tipo
del
Guicciardini
,
disegnato
con
tanta
maestria
in
questi
implacabili
ricordi
.
Egli
ha
sciolto
tutti
i
vincoli
col
passato
,
è
uscito
dalla
barbarie
del
medio
evo
,
ed
è
già
l
'
uomo
nuovo
o
l
'
uomo
moderno
,
che
si
beffa
del
soprannaturale
,
e
di
tutti
gli
occulti
e
le
vane
cogitazioni
dell
'
astrologia
e
della
magia
,
de
'
teologi
e
de
'
filosofi
,
e
non
ha
fede
che
nella
scienza
,
e
vi
pone
a
fondamento
l
'
esperienza
e
il
giudizio
proprio
,
lo
speculare
:
tipo
intellettuale
italiano
,
divenuto
dopo
grandi
lotte
il
tipo
,
la
fisonomia
di
tutta
l
'
Europa
civile
.
Questa
potenza
ed
energia
intellettuale
produsse
lavori
che
fruttificarono
in
altre
terre
,
aiutarono
al
progresso
umano
,
e
rimasero
sterili
,
dove
nacquero
.
Galilei
,
Colombo
,
Vico
,
e
molti
altri
potenti
intelletti
,
che
tanta
parte
ebbero
nella
civiltà
europea
,
non
ebbero
quasi
virtù
o
efficacia
nella
civiltà
del
loro
paese
,
dove
non
era
più
materia
atta
a
ricevere
e
generare
.
Il
Guicciardini
dice
che
le
città
non
sono
mortali
,
come
gl
'
individui
,
perché
la
materia
si
rinnova
,
e
se
periscono
,
è
per
gli
errori
di
quelli
che
governano
.
Superbia
di
statista
:
perché
non
ci
è
scienza
di
statista
,
la
quale
possa
fare
che
viva
una
città
,
a
cui
tutte
le
forze
spirituali
sono
mancate
,
e
dove
la
materia
che
si
rinnova
,
è
fiacca
e
corrotta
e
senza
succo
generativo
.
Né
alla
vita
basta
la
sparsa
cultura
e
l
'
intelligenza
sviluppata
:
perché
sapere
non
è
potere
,
come
vedremo
,
continuando
la
storia
del
nostro
uomo
.
Il
quale
,
così
potente
d
'
intelletto
e
di
dottrina
e
di
esperienza
e
di
discrezione
,
è
altresì
un
patriota
ed
un
liberale
,
con
tali
opinioni
che
lo
certificano
lontanissimo
già
dal
medio
evo
e
personaggio
affatto
moderno
.
Imperatore
e
Papa
,
guelfi
e
ghibellini
,
dritto
feudale
e
dritto
di
conquista
,
lotte
di
ottimati
e
di
popolani
,
tutto
questo
è
già
roba
vieta
,
è
cancellato
dalla
sua
coscienza
.
Italiano
,
cittadino
di
Firenze
e
laico
,
le
sue
opinioni
si
riassumono
in
queste
memorabili
parole
:
Tre
cose
desidero
vedere
innanzi
alla
mia
morte
,
ma
dubito
,
ancora
che
io
vivessi
molto
,
non
ne
vedere
alcuna
:
uno
vivere
di
repubblica
bene
ordinato
nella
città
nostra
;
Italia
liberata
da
tutti
i
barbari
,
e
liberato
il
mondo
dalla
tirannide
di
questi
scellerati
preti
.
Bellissime
sentenze
che
,
come
egli
presentiva
,
furono
un
testamento
,
divenuto
oggi
bandiera
di
tutta
la
parte
liberale
e
civile
europea
:
una
libertà
bene
ordinata
,
l
'
indipendenza
e
l
autonomia
delle
Nazioni
,
e
l
'
affrancamento
del
laicato
.
Questo
desiderava
allora
il
nostro
uomo
,
e
con
lui
tutta
la
parte
colta
del
popolo
Italiano
,
così
a
lui
simile
.
Ma
altro
è
desiderare
,
altro
è
fare
.
Il
nostro
uomo
farebbe
,
se
potesse
far
solo
,
ma
lo
sgomenta
la
compagnia
de
'
pazzi
e
de
'
maligni
.
Molti
,
è
vero
,
gridano
libertà
,
ma
in
quasi
tutti
prepondera
il
rispetto
dell
'
interesse
suo
.
Essendo
il
mondo
fatto
così
,
e
dovendo
l
uomo
savio
pigliare
il
mondo
com
'
è
e
non
come
dovrebbe
essere
,
la
scienza
e
l
arte
della
vita
è
posta
in
saper
condursi
di
guisa
che
non
te
ne
venga
danno
,
anzi
la
maggiore
comodità
possibile
.
Conoscere
non
è
mettere
in
atto
.
Pensa
come
vuoi
,
ma
fai
come
ti
torna
.
Perciò
la
principal
mira
del
nostro
savio
è
di
procurarsi
e
mantenersi
riputazione
,
perché
allora
tutti
li
corrono
dietro
;
e
quando
non
si
stima
l
'
onore
,
quando
manca
questo
stimolo
ardente
,
sono
morte
e
vane
le
azioni
degli
uomini
.
E
non
c
'
è
cosa
,
benché
minima
,
che
non
si
debba
fare
,
chi
vuole
acquistarsi
riputazione
.
Quantunque
sapere
sonare
,
ballare
,
cantare
e
simili
leggiadrie
,
scrivere
bene
,
sapere
cavalcare
,
sapere
vestire
accomodato
pare
che
diano
agli
uomini
più
presto
ornamento
,
che
sostanza
;
pure
è
bene
averne
cura
,
perché
questi
ornamenti
danno
degnità
e
riputazione
agli
uomini
etiam
bene
qualificati
e
aprono
la
via
al
favore
de
'
principi
,
e
sono
talvolta
principio
e
cagione
di
grande
profitto
e
esaltazione
.
Il
nostro
savio
non
è
uno
stoico
,
né
un
cinico
;
anzi
è
piuttosto
un
amabile
epicureo
.
Si
guarda
d
'
ingiuriare
e
di
offendere
,
e
quando
vi
sia
sforzato
,
fa
quello
solo
che
necessità
o
utilità
vuole
.
Fa
volentieri
il
bene
,
non
perché
ne
attenda
cambio
,
essendo
gli
uomini
facilissimi
a
dimenticare
i
benefizi
,
ma
perché
gli
cresce
riputazione
.
È
largo
di
cerimonie
e
di
lusinghe
e
di
promesse
generali
,
perché
ne
acquista
grazia
presso
gli
uomini
,
quando
pure
le
buone
parole
non
sieno
seguite
da
'
buoni
tatti
.
Si
studia
di
tenersi
bene
co
'
fratelli
,
co
'
parenti
,
co
'
principi
,
di
procacciarsi
amici
,
di
non
farsi
nemici
,
che
gli
uomini
si
riscontrano
,
e
te
ne
può
venir
male
.
Procura
di
trovarsi
sempre
con
chi
vince
:
perché
glie
ne
viene
parte
di
lode
e
di
premio
.
Ha
appetito
della
roba
,
non
per
godere
di
quella
,
che
sarebbe
cosa
bassa
,
ma
perché
gli
dà
riputazione
e
la
povertà
è
spregiata
.
È
persona
libera
e
reale
,
o
come
si
dice
in
Firenze
,
schietta
,
perché
piace
agli
uomini
e
perché
,
quando
sia
il
caso
di
simulare
,
più
facilmente
acquisti
fede
.
E
nega
arditamente
,
quando
anche
quello
abbia
fatto
o
tentato
sia
quasi
scoperto
e
pubblico
;
perché
la
negazione
efficace
,
quando
bene
non
persuada
a
chi
ha
indizi
o
creda
il
contrario
,
gli
mette
almanco
il
cervello
a
partito
.
È
stretto
nello
spendere
ancoraché
la
prodigalità
piaccia
:
perché
più
onore
ti
fa
uno
ducato
che
la
hai
in
borsa
,
che
dieci
che
tu
ne
hai
spesi
.
Fa
ogni
cosa
per
parere
buono
:
perché
il
buon
nome
vale
più
che
molte
ricchezze
.
Cerca
non
meritarsi
nome
di
essere
sospettoso
;
ma
perché
più
sono
i
cattivi
che
i
buoni
,
massime
dove
è
interesse
di
roba
o
di
stato
,
e
l
'
uomo
tanto
cupido
dello
interesse
suo
,
tanto
poco
respettivo
a
quello
di
altri
,
crede
poco
e
si
fida
poco
.
Sarei
infinito
se
volessi
continuare
in
queste
citazioni
.
E
forse
mi
sono
steso
troppo
.
Ma
dice
così
bene
,
così
preciso
,
in
un
linguaggio
e
in
uno
stile
così
oggi
dimenticato
,
che
nessuno
me
ne
vorrà
male
.
E
sarò
contento
,
se
avrò
potuto
invogliare
molti
a
leggere
questo
codice
della
vita
scritto
in
stile
lapidario
e
monumentale
e
pieno
di
alti
insegnamenti
per
i
cultori
delle
scienze
storiche
e
morali
.
Quest
'
uomo
savio
,
secondo
l
immagine
che
ce
ne
porge
il
Guicciardini
,
è
quello
che
oggi
direbbesi
un
gentiluomo
,
un
amabile
gentiluomo
,
nel
vestire
,
nelle
maniere
e
ne
'
tratti
.
Il
ritratto
è
così
fresco
e
vivo
,
così
conforme
alle
consuetudini
moderne
che
ad
ogni
ora
ti
par
d
'
incontrarlo
per
via
,
con
quel
suo
risetto
di
una
benevolenza
equivoca
,
con
quella
perfetta
misura
ne
'
modi
e
nelle
parole
,
con
quella
padronanza
di
sé
,
con
quella
confidenza
nel
suo
saper
fare
e
saper
vivere
.
Tutti
gli
fanno
largo
;
multi
gli
sono
attorno
;
e
se
ne
dice
un
gran
bene
.
Quelli
che
sono
da
più
di
lui
,
non
ne
hanno
ombra
,
perché
si
guarda
di
entrare
in
concorrenza
,
ed
anche
di
far
lega
co
'
potenti
,
memore
del
proverbio
castigliano
:
il
filo
si
rompe
dal
capo
più
debole
.
I
principi
lo
hanno
in
grazia
e
lo
colmano
di
onori
e
di
ricchezze
,
perché
mostra
di
avere
loro
rispetto
e
reverenza
,
e
in
questo
è
più
presto
abbondante
che
scarso
.
Ha
il
favore
del
popolo
,
fugge
il
nome
di
ambizioso
,
e
tutte
le
dimostrazioni
di
volere
parere
,
etiam
nelle
cose
minime
e
nel
vivere
quotidiano
,
maggiore
o
più
pomposo
o
delicato
che
gli
altri
.
Nessuno
gli
ha
gelosia
o
sospetto
,
perché
fugge
la
troppa
cupidità
,
per
la
quale
l
'
uomo
è
il
peggior
nemico
di
se
stesso
.
Qual
è
la
miglior
cosa
del
mondo
?
E
il
nostro
savio
risponde
:
è
misura
.
Aborre
dal
troppo
e
dal
vano
;
e
non
sforza
la
natura
,
e
si
rassegna
al
fato
,
a
quello
che
essere
,
citando
l
'
aureo
detto
:
Ducunt
volentes
fata
,
nolentes
trahunt
.
Se
non
può
colorire
tutti
i
suoi
disegni
,
non
se
ne
sdegna
e
sa
attendere
:
perché
i
savi
sono
pazienti
.
È
buono
cittadino
,
perché
si
mostra
zelante
del
bene
della
patria
e
alieno
da
quelle
cose
che
pregiudicano
a
un
terzo
;
ma
riprendere
i
disprezzatori
della
religione
e
de
buoni
costumi
è
bontà
superflua
di
quelli
di
San
Marco
la
quale
o
è
spesso
ipocrisia
,
o
quando
pure
non
sia
simulata
non
è
già
troppa
a
un
cristiano
,
ma
non
giova
niente
al
buono
essere
della
città
.
Vuol
provvedere
alla
sua
grandezza
,
ma
non
se
la
propone
per
idolo
come
fanno
comunemente
i
principi
,
i
quali
per
conseguire
ciò
che
gli
conduce
a
quella
fanno
uno
piano
della
coscienza
dell
onore
,
della
umanità
e
di
ogni
altra
cosa
.
Tutto
è
previsto
misurato
:
a
tutto
ci
è
un
ma
,
che
toglie
ogni
esagerazione
e
tien
fermo
il
nostro
savio
nella
via
del
mezzo
.
Aurea
mediocritas
.
Il
soperchio
rompe
il
coperchio
,
e
la
miglior
cosa
del
mondo
è
misura
.
Gl
'
intelletti
elevati
trascendono
il
grado
umano
e
si
accostano
alle
nature
celesti
,
ma
senza
dubbio
ha
migliore
tempo
nel
mondo
,
più
lunga
vita
e
è
in
uno
certo
modo
più
felice
chi
è
d
'
ingegno
più
positivo
.
E
questo
è
esser
savio
e
saper
vivere
.
senza
dubbio
il
nostro
savio
ama
la
gloria
,
e
desidera
di
fare
cose
grandi
ed
eccelse
,
ma
ingegno
positivo
,
com
'
egli
è
,
a
patto
che
non
sia
con
suo
danno
o
incomodità
.
Gli
cascano
di
bocca
parole
d
oro
.
Parla
volentieri
di
patria
,
di
libertà
,
di
onore
,
di
gloria
,
di
umanità
,
;
ma
vediamolo
a
'
fatti
.
Ama
la
patria
e
se
perisce
gliene
duole
non
per
lei
,
perciò
così
ha
a
essere
,
ma
per
sé
,
nato
in
tempi
di
tanta
infelicità
.
È
zelante
del
ben
pubblico
,
ma
non
s
ingolfa
tanto
nello
Stato
,
da
mettere
in
quello
tutta
la
sua
fortuna
.
Vuole
la
libertà
,
ma
quando
la
sia
perduta
non
è
bene
fare
mutazioni
,
perché
spesso
mutano
i
visi
delle
persone
non
le
cose
,
e
come
non
puoi
mutare
tu
solo
,
ti
riesce
altro
da
quello
che
avevi
in
mente
,
e
non
puoi
fare
fondamento
sul
populo
così
instabile
,
e
quando
la
vada
male
,
ti
tocca
la
vita
spregiata
del
fuoruscita
.
Se
tu
fossi
di
qualità
a
essere
capo
di
Stato
,
passi
;
ma
non
così
non
essendo
,
è
miglior
consiglio
portarsi
in
modo
che
quelli
che
governano
non
ti
abbiano
in
sospetto
,
e
neppure
ti
pongano
tra
i
malcontenti
.
Quelli
che
altrimenti
fanno
,
sono
nomini
leggieri
.
Nel
mondo
sono
i
savii
e
i
pazzi
.
E
pazzi
chiama
quei
fiorentini
,
che
vollero
contro
ogni
ragione
opporsi
,
quando
i
savii
di
Firenze
arebbono
ceduto
alla
tempesta
.
A
nessuno
dispiace
più
che
a
lui
l
ambizione
,
l
'
avarizia
e
la
mollizie
de
'
preti
,
e
il
dominio
temporale
ecclesiastico
;
ama
.
Martino
Lutero
,
per
vedere
ridurre
questa
caterva
di
scelerati
a
'
termini
debiti
,
cioè
a
restare
o
senza
vizi
,
o
senza
autorità
;
ma
per
il
suo
particulare
è
necessitato
amare
la
grandezza
de
'
pontefici
,
e
operare
a
sostegno
de
'
preti
e
del
dominio
temporale
.
Vuole
emendata
la
religione
in
molte
parti
;
ma
quanto
a
lui
,
non
combatte
con
la
religione
,
né
con
le
cose
che
pare
che
dependono
da
Dio
;
perchè
questo
obbietto
ha
troppa
forza
nella
mente
delli
sciocchi
.
Così
il
nostro
savio
si
nutre
di
amori
platonici
e
di
desiderii
impotenti
.
E
la
stia
impotenza
è
in
questo
,
che
a
lui
manca
la
forza
di
sacrificare
il
suo
particulare
a
quello
ch
'
egli
e
vuole
:
perché
quelle
cose
che
dice
di
amare
e
di
desiderare
,
la
verità
,
la
giustizia
,
la
virtù
,
la
libertà
,
la
patria
,
l
'
Italia
liberata
da
'
barbari
,
e
il
mondo
liberato
da
'
preti
,
non
sono
in
lui
sentimenti
vivi
e
operosi
,
ma
opinioni
e
idee
astratte
,
e
quello
solo
che
sente
,
quello
solo
che
lo
muove
,
è
il
suo
particolare
.
La
lotta
era
accesa
in
Germania
per
la
riforma
religiosa
e
si
stendeva
nelle
nazioni
vicine
,
e
non
mancavano
pazzi
tra
noi
che
per
quella
combattevano
e
morivano
;
in
Italia
si
combattevano
le
ultime
battaglie
della
libertà
e
dell
'
indipendenza
nazionale
;
il
paese
si
dibatteva
tra
Svizzeri
,
Spagnuoli
,
Tedeschi
e
Francesi
;
e
il
nostro
savio
non
pare
abbia
anima
d
'
uomo
,
e
non
dà
segno
quasi
di
accorgersene
e
non
se
ne
commove
,
e
libra
,
e
pesa
,
e
misura
quello
che
gli
noccia
o
gli
giovi
.
La
vita
è
per
lui
un
calcolo
aritmetico
.
L
Italia
perì
perchè
i
pazzi
furono
pochissimi
,
e
i
più
erano
i
savii
.
Città
,
principi
,
popolo
,
rispondevano
all
'
esemplare
stupendamente
delineato
in
questi
Ricordi
.
L
'
ideale
non
era
più
Farinata
,
erano
i
Medici
;
e
lo
scrittore
di
questi
tempi
non
era
Dante
,
era
Francesco
Guicciardini
.
La
società
s
'
era
ita
trasformando
,
pulita
,
elegante
,
colta
,
erudita
,
spensierata
,
amante
del
quieto
vivere
,
vaga
de
'
piaceri
dello
spirito
e
della
immaginazione
,
quale
tu
la
senti
ne
'
versi
di
Angiolo
Poliziano
.
Ogni
serietà
e
dignità
di
scopo
era
mancata
a
quella
insipida
realtà
.
Patria
,
religione
,
libertà
,
onore
,
gloria
,
tutto
quello
che
stimola
gli
uomini
ad
atti
magnanimi
e
fa
le
nazioni
grandi
,
ammesso
in
teoria
.
,
non
aveva
più
senso
nella
vita
pratica
,
non
era
più
il
motivo
della
vita
sociale
.
E
perché
mancarono
questi
stimoli
,
i
quali
soli
hanno
virtù
di
mantener
vivo
il
carattere
e
la
tempra
delle
nazioni
,
mancò
appresso
anche
ogni
energia
intellettuale
ed
ogni
attività
negli
usi
e
ne
'
bisogni
della
vita
,
e
il
paese
finì
in
quella
sonnolenza
,
che
i
nostri
vincitori
con
immortale
scherno
trasportarono
ne
'
loro
vocabolarii
e
chiamarono
il
dolce
far
niente
.
Un
individuo
simile
al
nostro
savio
può
forse
vivere
;
una
società
non
può
.
Perché
a
tenere
insieme
uniti
gli
uomini
è
necessità
che
essi
abbiano
la
forza
di
sacrificare
,
quando
occorra
,
anche
le
sostanze
,
anche
la
vita
;
e
dove
manchi
questa
virtù
o
sia
ridotta
in
pochi
,
la
società
è
disfatta
,
ancoraché
paja
viva
.
Questa
forza
mancò
agl
'
Italiani
,
simili
in
gran
parte
a
quel
romano
ricchissimo
,
che
non
volle
spendere
cento
ducati
per
la
comune
difesa
,
e
nel
sacco
di
Roma
perdette
l
onore
delle
figliuole
e
gran
parte
della
sua
fortuna
.
Questa
forza
mancò
,
perché
le
idee
che
mossero
i
loro
maggiori
erano
esauste
,
succeduta
la
stanchezza
e
l
indifferenza
,
e
in
tanta
cultura
e
prosperità
la
tempra
,
la
stoffa
dell
'
uomo
era
logora
,
mancata
quella
fede
e
caldezza
di
cuore
che
conduce
le
cose
grandi
,
che
può
comandare
ai
monti
,
come
dice
l
'
Evangelo
,
o
se
vi
piace
meglio
,
può
rendere
facili
e
dolci
i
più
duri
sacrifici
.
Che
cosa
rimaneva
?
La
saviezza
del
Guicciardini
.
Mancata
era
la
forza
:
supplì
l
'
intrigo
,
l
'
astuzia
,
la
simulazione
,
la
doppiezza
.
E
pensando
ciascuno
al
suo
particolare
,
nella
tempesta
,
comune
naufragarono
tutti
.
Come
erano
rimpiccoliti
gl
'
Italiani
e
in
quanta
fiacchezza
morale
erano
caduti
,
quali
erano
i
disegni
,
i
desiderii
fra
tanta
tempesta
,
può
far
fede
la
descrizione
che
fa
il
Guicciardini
dell
'
animo
dei
suoi
concittadini
,
ne
'
quali
era
pur
rimasta
tanta
virtù
che
valse
a
farli
cadere
con
lode
.
La
consuetudine
nostra
,
fa
dire
a
loro
lo
storico
,
non
comportava
che
s
'
implicassi
nella
guerra
tra
questi
principi
grandi
,
ma
attendessi
a
schermirsi
e
ricomperarsi
da
chi
vinceva
secondo
le
occasioni
e
le
necessità
.
Non
era
uficio
nostro
volere
dare
legge
a
Italia
,
volerci
fare
maestri
e
censori
di
chi
aveva
a
uscirne
:
non
mescolarci
nelle
quistioni
de
'
maggiori
re
de
'
cristiani
:
abbiamo
bisogno
noi
d
'
intrattenerci
con
ognuno
,
di
fare
che
i
mercatanti
nostri
,
che
sono
la
vita
nostra
,
possino
andare
sicuri
per
tutto
:
di
non
fare
mai
offesa
a
alcuno
principe
grande
se
non
constretti
e
in
modo
che
la
scusa
accompagni
l
ingiuria
,
né
si
vegga
,
prima
l
'
offesa
che
la
necessità
.
Non
abbiamo
bisogno
di
spendere
i
nostri
danari
per
nutrire
le
guerre
di
altri
,
ma
serbargli
per
difenderci
dalle
vittorie
;
non
per
travagliare
e
mettere
in
pericolo
la
vita
e
la
città
,
ma
per
riposarci
e
salvarci
.
Questo
linguaggio
di
servitori
e
di
mercanti
mostra
qual
era
allora
la
saviezza
de
'
popoli
italiani
,
e
che
cosa
è
l
'
uomo
savio
del
Guicciardini
.
Non
c
'
è
spettacolo
più
miserevole
di
tanta
impotenza
e
fiacchezza
in
tanta
saviezza
.
La
razza
italiana
non
è
ancora
sanata
da
questa
fiacchezza
morale
,
e
non
è
ancora
scomparso
dalla
sua
fronte
quel
marchio
che
ci
ha
impresso
la
storia
di
doppiezza
e
di
simulazione
.
L
'
uomo
del
Guicciardini
vivit
,
imo
in
Senatum
venit
,
e
lo
incontri
ad
ogni
passo
.
E
quest
'
uomo
fatale
c
'
impedisce
la
via
se
non
abbiamo
la
forza
di
ucciderlo
nella
nostra
coscienza
.