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> autore_s:"Mieli Paolo"
Sette giorni lunghi un secolo ( Mieli Paolo , 1978 )
StampaPeriodica ,
Roma . Seicento secondi , tra le nove e cinque e le nove e quindici di giovedì 16 marzo . E il tempo servito alle Brigate Rosse per uccidere cinque agenti di scorta , rapire il presidente della DC Aldo Moro , far perdere le proprie tracce e assestare un colpo allo stomaco della fragile Repubblica italiana . Senza commettere un solo errore , con una perfezione tecnica che ha prodotto nell ' opinione pubblica un disorientamento forse maggiore di quello causato dal sequestro di Moro in sé . L ' operazione scatta poco prima dell ' alba , in via Brunetti , una piccola strada vicino a piazza del Popolo . Qui un gruppo di « sconosciuti » squarcia le quattro ruote del pulmino appartenente al fioraio Antonio Spiriticchio . Scopo dell ' azione impedire al fioraio di andare , come ogni mattina , a vendere tulipani e mimose all ' angolo tra via Stresa e via Fani . Al suo posto ci sarà uno dei dodici brigatisti ( la donna ) , che farà da palo ai rapitori del presidente democristiano . Altri quattro , travestiti da steward delle linee aeree , si nasconderanno davanti al bar Olivetti , da mesi chiuso perché fallito . Gli altri sette saranno sulle cinque automobili e sulla Honda che subito dopo il fulmineo attacco porteranno i terroristi lontano dal luogo del rapimento . Alle nove e quattro compare in cima a via Fani l ' automobile su cui viaggia Moro , seguita a pochi metri dalla vettura di scorta . Il leader democristiano , diretto alla breve messa mattutina cui assiste ogni giorno , sta sfogliando i giornali seduto sul sedile posteriore . Il suo taccuino prevede una giornata molto importante : alla Camera si discute il varo del governo nato dal suo lento lavorio durato cinquantaquattro giorni . Moro continua a leggere i giornali . La scorta è tranquilla in entrambe le vetture . Dopo qualche attimo le due vetture sono superate dall ' automobile dei brigatisti , targata corpo diplomatico ; questa , appena giunta davanti al bar chiuso frena bruscamente provocando un tamponamento tra la macchina di Moro e quella della scorta . Quel che accade nelle frazioni di secondo successive non è ancora stato ricostruito con precisione ; di certo si sa solo che i brigatisti hanno colpito uno ad uno gli uomini della scorta ( solo un agente è riuscito ad uscire dalla macchina e a sparare tre colpi di pistola prima di essere centrato da un proiettile in fronte ) , afferrano Moro e si dileguano per via Stresa e via Trionfale . Di lì , almeno una parte di loro si dirige in via Belli , una stradina privata per accedere alla quale è necessario tagliare con un tronchese una catenella , poi in via Massimi e infine in via Licinio Calvo , un ' altra piccola strada destinata a passare alla storia come simbolo dell ' inefficienza della polizia italiana . Qui , infatti , alle nove e venticinque del 16 marzo i brigatisti lasciano una sola macchina ; qualche ora dopo ne porteranno un ' altra e due giorni dopo una terza . Il tutto sotto lo sguardo di polizia e autorità inquirenti . Quelle stesse autorità inquirenti che intanto fanno trasmettere per TV 20 foto di « brigatisti » la metà delle quali non sono di brigatisti , due sono della stessa persona e altre due di persone già in prigione da tempo . Ma queste non sono le sole prove di inadeguatezza e smarrimento offerte dagli inquirenti in questa settimana . La mattina di quel giovedì di passione , politici e sindacalisti avevano tenuto i nervi abbastanza saldi . Certo , l ' emozione aveva provocato qualche sbandamento : Carlo Donat Cattin imputava quant ' era accaduto all ' accordo con i comunisti per dar vita al nuovo governo Andreotti , Ugo La Malfa chiedeva l ' introduzione della pena di morte , il senatore Giuseppe Saragat suggeriva di impiegare i paracadutisti nella guerra alle Brigate Rosse , alcuni deputati DC suggerivano al ministro dell ' Interno Francesco Cossiga di dimettersi , altri erano sopraffatti da crisi di pianto . Ma nel complesso la reazione politica ( scioperi e manifestazioni convocati a metà mattina , edizioni straordinarie dei giornali di partito ) era riuscita ad arginare la paura e gli isterismi che si manifestavano qua e là nella popolazione ( accaparramento di generi alimentari e rintanamento nelle case ne erano apparsi i segnali più vistosi ) . La proclamazione dello sciopero generale , ripopolando le piazze , contribuì a sbloccare queste psicosi . Inizialmente nel Partito comunista qualcuno , come Giancarlo Pajetta , aveva giudicato sbagliata la decisione di Lama , Benvenuto e Macario di indire lo sciopero . Ma doveva ricredersi quando alle Botteghe Oscure cominciarono ad arrivare le notizie dalle fabbriche : quasi dappertutto gli operai , spesso prima ancora delle direttive delle confederazioni , avevano incrociato spontaneamente le braccia . Se lo sciopero non fosse stato indetto , si sarebbe verificato un clamoroso caso di scavalcamento . Nel pomeriggio però la classe politica commise i primi errori : il dibattito parlamentare per il precipitoso ( anche se giustificato ) varo del governo fu trasmesso in televisione senza un ' adeguata chiave di lettura , col risultato che buona parte dei telespettatori o si sentivano disorientati , o sospettarono che si trattasse d ' un diversivo dal vero , tragico problema del momento . Lo stesso presidente del Consiglio Giulio Andreotti , forse stremato dalla tensione ( fra l ' esposizione del programma alla Camera e quella al Senato fu costretto a cambiare l ' abito inzuppato dal sudore e fu paralizzato da conati di vomito ) , non offrì ai parlamentari e al pubblico quel che ci si attendeva da lui : un chiaro , esauriente punto sulla situazione . Emozione e urgenza erano comunque buone attenuanti , in quei primi errori . Più tardi , cioè nei giorni immediatamente successivi , non lo potevano più essere . I giorni successivi sono stati occupati da tutti i partiti in un estenuante susseguirsi di vertici che portavano a risultati poco vistosi . Fu senz ' altro una consolazione veder seduti a uno stesso tavolo Berlinguer , Zaccagnini , Craxi , Biasini e Romita . Ma la cosa non produsse effetti di gran rilievo . Lunghe discussioni sull ' eventualità di mettere una taglia da un miliardo sui rapitori di Moro ( si è deciso di no ) , sull ' opportunità di impiegare l ' esercito nella ricerca dei terroristi ( si è deciso di sì , dopo due giorni ) , sulla proclamazione dello stato di pericolo pubblico ( si è deciso di no ) , sull ' istituzione di un fermo di polizia di quattro giorni ( si è deciso di no ) , sul potenziamento delle tecniche e dei mezzi ( si è rimasti nel generico ) . E dopo questa sequela di esclusioni e rinvii quali misure si sono adottate ? Il governo ha riesumato i provvedimenti previsti dall ' accordo del luglio scorso . Nel frattempo la mobilitazione popolare cominciava a venir meno , il transatlantico di Montecitorio iniziava a svuotarsi ( sabato e domenica è rimasto come sempre deserto ) e il sequestro di Moro stava diventando un affare di normale amministrazione . Intanto cominciavano a parlare gli « esegeti » . Qualcuno ( il deputato comunista Antonello Trombadori , il democristiano Andrea Borruso , il neoministro del Lavoro Vincenzo Scotti ) ha intravisto in ciò che è successo alla fine della scorsa settimana quasi una prova generale in vista di un colpo di Stato , nessuno di loro si è avventurato alla ricerca di chi potrebbe tentare oggi un golpe nel nostro paese , « ma bisogna stare ugualmente attenti perché quando lo straordinario diventa ordinario » ha detto Scotti parafrasando un motto di Che Guevara , « qualcuno può tentare un colpo di Stato » . Quasi a suggerire che tra non molto tempo anche il rapimento Moro potrà essere considerato come un fatto ordinario , uno tra i tanti segnali della crisi endemica della società italiana . Se e quando accadrà , quello sarà il segno che l ' Italia è entrata in una di quelle fasi della storia ( come furono la crisi della Repubblica di Weimar in Germania , l ' assassinio di Dollfuss nel '34 in Austria , l ' ondata di terrorismo in Spagna alla metà degli anni Trenta , per non parlare di ciò che è accaduto in quasi tutta l ' America latina tra gli anni Sessanta e l ' inizio degli anni Settanta ) che sfociano nella guerra civile , nel colpo di Stato o in tutti e due . In questo senso è altrettanto sintomatica e inquietante la comparsa a Milano di un primo « squadrone della morte » ( uccisione a freddo di due giovani d ' estrema sinistra a Milano ) . Così come inquietante è il modo con cui stampa , televisione , partiti sembrano sperare che la soluzione dei problemi venuti alla luce col rapimento di Moro possa venire indagando meglio su che tipo di « testina Ibm » abbia battuto il messaggio delle Brigate Rosse , o ispezionando con maggiore accuratezza via Licinio Calvo . Fino a questo momento , non sembra probabile che polizia , o carabinieri , o guardia di finanza , o l ' esercito , o tecnici inviati dalla Germania federale troveranno la « prigione del popolo » in cui l ' onorevole Moro è rinchiuso e « processato » . Se anche ci riuscissero - come tutti sperano - i problemi posti da questo parossistico acutizzarsi della violenza politica in forme nuove e terribilmente efficaci non sarebbero risolti . Andrebbero affrontati con un dibattito approfondito , e un coinvolgimento del paese senza precedenti : prima che l ' adozione di leggi super repressive , imposte dal succedersi degli eventi prima ancora che dalla scelta del Parlamento , appaia come l ' unica via praticabile . Intanto , al processo di Torino , Curcio e suoi amici annunciano il processo ad Aldo Moro , parlando come se fossero i presidenti di un « controtribunale » . E il presidente del tribunale vero , mette a verbale .
Il grande Lama e i piccoli indiani ( Mieli Paolo , 1977 )
StampaPeriodica ,
Roma , giovedì 17 febbraio . Passerà alla storia come « quel giovedì grasso del '77» in cui Luciano Lama , segretario del più grande sindacato comunista d ' Europa , fu preso a sassate dagli studenti ultras e costretto a lasciare la cittadella universitaria romana . Quasi sicuramente gli storici che nei prossimi anni si occuperanno di questi fatti lasceranno da parte le polemiche sulle origini materiali degli incidenti ( chi ha dato il primo spintone , la prima bastonata , chi ha tirato il primo sampietrino ? È più grave lanciare sacchetti di vernice sui sindacalisti come hanno fatto gli « indiani metropolitani » o innaffiare col getto di un estintore gli studenti come ha fatto un membro del servizio d ' ordine del PCI ? ) e si dedicheranno alla ricerca delle cause di quello che quasi all ' unanimità e un po ' ingenerosamente è stato definito l ' « errore di Lama » . E cosa diranno di questo errore ? Che è stato generato dalla convinzione di poter riportare l ' ordine nelle università con un misto di forza e di consenso ; che è stato reso possibile dalle false informazioni che il segretario della federazione comunista romana Paolo Ciofi , alcuni sindacalisti della CGIL - scuola , il segretario della Federazione giovanile comunista Massimo D ' Alema avevano trasmesso per quattordici giorni ai vertici del PCI ( « Andrà tutto liscio come l ' olio » aveva detto Ciofi la sera prima degli incidenti ) ; che è stato favorito dalla mancanza di precauzioni « psicologiche » come per esempio incontri tra sindacalisti e rappresentanti degli studenti , diretti ad allentare la tensione : una tensione che aveva raggiunto l ' apice proprio quel giorno ( alcuni lavoratori del PCI avevano forzato il blocco degli occupanti ai cancelli dell ' ateneo e la sera la Camera del Lavoro aveva chiesto la riapertura dell ' università ) . Ma la storia non ammette recriminazioni . I lamenti ( « Perché noi comunisti eravamo tremila e non trentamila ? » ) , le tardive esortazioni ( « È una questione di ordine pubblico : bisognava mandare subito i carabinieri a sgombrare l ' occupazione » gridava Giuliano Ferrara dirigente del PCI torinese ) , i giustificati timori ( « Se Cossiga fa sgombrare adesso l ' università sembrerà però che noi sindacalisti abbiamo bisogno della polizia per far valere le nostre ragioni » ) che quel giovedì nero animavano la discussione davanti alla sede del PCI di via dei Frentani , appena pronunciati venivano già superati dai fatti . Il ministro dell ' Interno aveva immediatamente deciso di sfruttare la situazione per espugnare l ' università e rilanciare la campagna sull ' ordine pubblico , accolta con ovazioni di consenso di tutta la stampa . I giornali , anche quelli che in passato avevano più strizzato l ' occhio al PCI , si rivolgevano al « grande partito della classe operaia » in tono brusco e risentito : « Ma come ? , vi stavamo spalancando le porte del governo nella speranza che riportaste l ' ordine nelle fabbriche e nelle piazze e ora scopriamo che non ne siete capaci » . Lentamente si metteva in moto anche il fronte di quelli che sperano nel ritorno a un governo di centrosinistra : dai democristiani di osservanza fanfaniana ( « Eccoli qui i comunisti di sempre , illiberali e prevaricatori » ) ad alcuni settori del PSI ( un dirigente della Federazione giovanile socialista ha dichiarato in un ' assemblea ad architettura : « Avete ragione voi , la venuta di Lama nell ' università è stata una grave provocazione » ) , erano tutti all ' erta . Il PCI si è sentito alle corde : Lama continuava a ricevere telegrammi di formale solidarietà ma appena chiedeva uno sciopero o almeno una manifestazione di solidarietà che lo riconfermasse leader prestigioso di un grande sindacato , riceveva risposte elusive . Nelle sezioni e nei consigli di fabbrica le spiegazioni ufficiali ( « Quell ' università lì è una Reggio Calabria zeppa di provocatori , fascisti , figli della borghesia agiata » ) erano accolte con sufficienza e in molti casi apertamente discusse ; nelle piazze che il sindacato , per le sue divisioni interne aveva lasciato deserte , non riusciva a riempire , affluivano invece , fin dal sabato , decine di migliaia di studenti inscenandovi manifestazioni che lasciavano poco spazio al teppismo . Conseguenze . Per la prima volta dall ' autunno del '69 , quando fu espulso il gruppo del Manifesto , il PCI è stato percorso da un terremoto interno di discussioni che continueranno per molte settimane . E l ' autocritica che la direzione del PCI si è fatta il 19 febbraio ( « È mancata da parte nostra una piena e immediata comprensione del clima che si era creato nell ' ateneo » ) contribuirà ad alimentare il dibattito . I termini del problema sono semplici . C ' è un partito che si presenta come « partito di lotta e di governo » e che una volta messo alla prova davanti a un movimento di massa è costretto a battere in ritirata fornendo spiegazioni improvvisate e convenzionali ( « È un fenomeno fascista » ha affermato Gianni Cervetti , membro della direzione del PCI davanti agli operai milanesi dell ' Alfa Romeo riuniti a congresso nella sezione Ho Ci - Minh ) . C ' è un sindacato che ha paura di mobilitarsi su temi estranei alla difesa del salario perché non vuole disperdere le sue energie , ma teme anche che , una volta decisa la ritirata su un fronte , ci sia il rischio di diventare vulnerabile anche su tutti gli altri fronti . Cosa accadrà nei prossimi giorni ? Esaminiamo le mosse che presumibilmente faranno i protagonisti di questa vicenda . Il movimento degli studenti . Lo scontro con Lama , per loro , è stato provvidenziale . Nei giorni precedenti quel giovedì grasso il movimento degli studenti aveva conosciuto una fase di stanca tale che l ' avrebbe potuto portare alla dissoluzione . La visita di Lama lo ha rilanciato . Nelle ore di battaglia calda contro il servizio d ' ordine del PCI e del sindacato , contro il senato accademico e la polizia , gli studenti ultras hanno ritrovato l ' unità e la galvanizzazione perdute . Ora si dettano obiettivi « mobilitanti » : « Rioccupiamo appena possibile l ' ateneo e riprendiamo a batterci per gli appelli d ' esame settimanali , per l ' orario a cartellino dei professori , per l ' università aperta il sabato e la domenica , per i corsi serali , per la ristrutturazione dell ' insegnamento » . Ma gli obiettivi reali del movimento non riescono a definirli . Senza questi è probabile che gli studenti conosceranno una seconda impasse . Come fare allora ? Sabato e domenica prossimi gli studenti di tutta Italia si incontreranno a Roma per discuterne . Probabilmente metteranno a punto un programma che le forze politiche dovranno valutare con grande attenzione perché sarà il testo base a cui faranno riferimento i disoccupati intellettuali italiani . Cosa chiederanno ? Nientemeno che il salario generalizzato per tutti coloro che hanno più di diciotto anni . Poi chiederanno , anche , la diminuzione delle ore di lavoro nelle fabbriche e l ' aumento invece di quelle di studio per gli operai . In questo modo sperano che si creino nuovi posti di lavoro . Si tratta in altre parole di trasformare le 150 ore in 500 ore di studio annuali per ogni operaio . Soluzione , com ' è facile arguire , del tutto utopistica . Il Partito comunista italiano . Cosa farà il PCI lo ha annunciato con un articolo sull ' « Unità » Alberto Asor Rosa , l ' unico intellettuale comunista che abbia capito fin dai primi giorni cosa stava succedendo nelle università . « Noi comunisti » afferma Asor Rosa « abbiamo fatto la scelta di difendere un tipo di società in trasformazione al cui centro sta la classe operaia organizzata . Gli studenti sono invece una " seconda società " , che intende scaricare addosso alla società che noi difendiamo un turbine distruttivo . » D ' altra parte , continua Asor Rosa , come possiamo stupircene ? « L ' austerità ha un senso in quanto è rivolta ai settori produttivi della società , ai lavoratori , i quali in quanto produttori e consumatori al tempo stesso possono se vogliono calibrare un rapporto diverso tra questi due aspetti della vita . » Ma chi non lavora , e ha la prospettiva di non lavorare e non guadagnare per anni , come fa a praticare su se stesso l ' austerità ? Come fa a ridurre i consumi chi non consuma niente ? Tra le righe Asor Rosa denuncia l ' assenza di una proposta del PCI nei confronti dei disoccupati . E si può leggere anche un invito alla chiarezza : se il PCI ha deciso di difendere ad oltranza gli occupati lo dica , e non si stupisca poi se i disoccupati reagiscono anche contro di lui . Oltre a questo problema generale c ' è poi la questione più specifica della riforma universitaria . Come può il PCI , dopo aver appoggiato per dieci anni la « scuola liberalizzata e di massa » , favorire adesso la creazione di una università che sforni quadri veramente selezionati da inserire nei gangli del sistema produttivo per rimetterlo in moto ? Qualcuno a mezza voce suggerisce l ' unica risposta possibile : accordare il salario minimo ai disoccupati e ricominciare con la scuola selettiva a partire dalla prossima generazione . Si chiede , cioè , alla società un sacrificio per sostentare la generazione che ha compiuto gli studi tra il 1968 e oggi , in vista di prepararne una culturalmente e professionalmente più attrezzata . Il sindacato . Di quel che farà il sindacato si occupa Sandro Magister nell ' articolo che segue . C ' è però da sottolineare un elemento . Se il PCI decide di seguire i suggerimenti di Asor Rosa e cioè di difendere ad oltranza gli operai occupati , sarà quasi inevitabile che questi entrino in rotta di collisione con i giovani disoccupati . Quel giorno il movimento operaio italiano non si potrà presentare all ' appuntamento con in tasca soltanto l ' accusa di « fascismo » da lanciare contro i senza lavoro arrabbiati . Anche perché può succedere che , nel clima incandescente che si verrebbe a creare , gli stessi operai occupati si uniscano alla battaglia contro « l ' aumento della produttività basato sull ' intensificazione dello sfruttamento » . Non sarebbe la prima volta , nella storia , che un sindacato forte e potente viene travolto sotto il fuoco concentrico del governo , degli industriali , degli operai stanchi e dei disoccupati arrabbiati .
Ma il futuro si gioca in colonia ( Mieli Paolo , 1974 )
StampaPeriodica ,
Lisbona . « La notte del 25 aprile nella scuola di cavalleria di Santarem eravamo tutti svegli . La radio era accesa : trasmetteva canzoni e annunci pubblicitari . A mezzanotte e trenta una voce femminile annunciò : qui radio RenascenQa , riprendiamo il programma con la canzone Grandola Vila Morena , canta Alfonso Zeca . Era il segnale convenuto per dare inizio alla rivolta . » Così un giovane militare di Santarem ricostruisce l ' inizio della sommossa che giovedì scorso ha abbattuto la dittatura portoghese . La mattina di sabato 27 aprile sono arrivato a Santarem , il piccolo paese da cui è partito il « movimento dei capitani » che ha travolto il regime di Marcelo Caetano . Il treno che mi porta a Lisbona è costretto a fermarsi per un ' ora , forse due . Ho il tempo per fare il giro del paese . Grande euforia per la libertà appena riconquistata : si formano capannelli attorno agli strilloni , i giornali , per la prima volta dopo quarantotto anni di censura , sono pieni di notizie , gruppi di bambini applaudono le jeep che trasportano i militari « liberatori » . Domando ad un soldato di raccontarmi com ' è nata la rivolta . Rispondono in molti , senza diffidenza . « Zeca aveva cominciato a cantare da pochi secondi quando abbiamo fatto irruzione nella stanza del comandante della scuola per farlo prigioniero . Contemporaneamente un gruppo di allievi si è diretto su Lisbona . Lo stesso è accaduto in altre unità dell ' esercito distaccate in tutto il paese . Gaetano non s ' è neppure reso conto di ciò che succedeva . La sera di giovedì avevamo già vinto . Erano morte solo cinque persone . » Avete agito seguendo gli ordini del generale Antonio De Spinola ? « È più giusto dire che il piano era stato deciso dal Movimento nazionale delle forze armate il quale aveva anche stabilito che Spinola presiedesse la giunta militare dopo la conquista del potere . » Sono questi i protagonisti del putsch portoghese . È merito dei giovani ufficiali se negli ultimi mesi il Portogallo è stato sommerso da fogli clandestini firmati dal « movimento dei capitani » che denunciavano le atrocità di cui si è macchiato il regime e hanno aperto la strada all ' abbattimento della dittatura . Spinola ha il merito di aver conquistato alla causa importanti settori economici , come í fratelli Champalimaud proprietari della Banca Pinto e Sotto Mayor , e il presidente della confederazione degli industriali Salazar Leite , che ha trattato di persona e ottenuto il sostegno del Brasile ai rivoltosi . Ma sono i giovani ufficiali che hanno saputo coinvolgere nell ' avventura rivoluzionaria il popolo , apparentemente rassegnato alla dittatura . Come ? Hanno puntato sullo scontento provocato dal servizio militare che in Portogallo dura quattro anni , due dei quali si passano nelle colonie a combattere contro i movimenti di liberazione . Molti giovani muoiono , molti rimangono invalidi per il resto della vita , più di centomila hanno disertato . Da un po ' di tempo gli ufficiali facevano strani discorsi alle reclute sull ' inutilità di morire in una guerra colonialista persa in partenza , sull ' assurdità di dover trascorrerequattro anni , sottratti allo studio o al lavoro , in una situazione che « è causa di vergogna di fronte a tutto il mondo civile » , sul fatto che la diserzione non è l ' unico mezzo per sfuggire a questa realtà . Questi argomenti , che facevano presa più di qualsiasi campagna sull ' immoralità della guerra coloniale , hanno messo in moto un processo che ha letteralmente colto di sorpresa le forze democratiche . Dice Pereira de Moura , leader della CDE ( Commissione democratica elettorale , che raggruppa comunisti , socialisti , liberali e cattolici di sinistra ) : « Dopo il fallimento della sollevazione militare di marzo ci aspettavamo un contraccolpo a destra ; invece i militari ci hanno regalato la libertà prima che potessimo renderci conto di quel che stava succedendo » . Il popolo , benché sorpreso , si è mosso subito . Lo abbiamo visto scagliarsi contro i simboli di un regime durato cinquant ' anni , dare alle fiamme la sede del giornale fascista « Epoca » e l ' edificio della censura , prendere d ' assalto i palazzi della polizia politica che recentemente s ' era denominata Direzione generale ( li sicurezza ( ex PIDE ) , della legione portoghese , del partito di Gaetano , AcQào nacional popular . « Ciò che è accaduto presenta più analogie con il vostro 25 luglio 1943 che con il 25 aprile del '45» mi dice Raul Rego , direttore del più importante quotidiano delle opposizioni , « Republica » . Effettivamente , il colpo di mano che ha abbattuto la dittatura fascista assomiglia a quello che portò alla caduta di Mussolini . Come Badoglio , Spinola ha rimesso in libertà i detenuti politici , ha concesso la libertà di organizzazione e ha promesso di cedere il posto entro un anno a un governo di civili eletto in libere elezioni . Ma nelle colonie « la guerra continua » . Quali sono state le reazioni dei partiti ? I comunisti si preparano a qualcosa che assomiglia a una « svolta di Salerno » : il segretario del PCP , Alvaro Cunhal , di cui è annunciato il ritorno dall ' esilio di Praga , dovrebbe annunciare l ' appoggio del partito a Spinola « a patto che metta in prati ca il proposito di ripristinare la democrazia in Portogallo » . Per il momento , tuttavia , i comunisti restano alla finestra : non si fidano di uscire completamente dalla clandestinità e l ' organo del partito , « Avante » , non ha ancora ripreso le pubblicazioni . La sinistra rivoluzionaria ( è prematuro definirla extraparlamentare ) , che si riunisce intorno al MRPP ( Movimento di riorganizzazione popolare portoghese ) ha coperto i muri di Lisbona con scritte che invitano a un l ° maggio vermelho . Quanto a Marcelino Dos Santos , Agostinho Nheto e Luis Cabral , leader rispettivamente dei movimenti di liberazione del Mozambico , dell ' Angola e della Guinea , hanno espresso perplessità e riserve sulle reali intenzioni del generale Spinola . La resa dei conti con l ' estrema sinistra potrebbe però arrivare presto . Il MRPP infatti sta organizzando manifestazioni quotidiane in piazza Pedro Quarto , dove prende regolarmente a sassate i vetri del Banco Nacíonal Ultramarino e del Banco Espirito Santo e Commercial de Lisboa , che rappresentano i gruppi economici più favorevoli al mantenimento del regime coloniale . Nel corso di queste manifestazioni si afferma che « Spinola sarà il Kerenski portoghese » e si annuncia la ripresa delle agitazioni per il mese di maggio . Non mancano i movimenti che hanno come programma politico il terrorismo : le Brigate rivoluzionarie , la Lega d ' azione rivoluzionaria e l ' Azione rivoluzionaria armata . Queste formazioni sono già attaccate da tutti i partiti antifascisti di sinistra riuniti nella CDE ; i quali d ' altra parte non sono però disposti a lasciare il potere nelle mani di Spinola senza garanzie , come ha fatto Convergenza monarchica , uno dei gruppi moderati . Il dilemma è : organizzare manifestazioni e scioperi col rischio di provocare un irrigidimento dei militari oppure lasciare che gli ufficiali governino il paese fino alle elezioni ? E se i generali non rinunciassero al potere conquistato e non mantenessero le promesse di libertà ? Sono interrogativi a cui nessuno è ancora in grado di rispondere . Neanche Mario Soares , il prestigioso leader socialista tornato dall ' esilio domenica mattina , ha saputo indicare alla grande folla entusiasta che lo ha accolto alla stazione di Santa Apolonia quale sia la via da seguire . Nella sede della CDE , in rua Braacamp , si rimane fino a notte alta a discutere . Cosa farà la destra se il generale Spinola attuerà la strategia gollista di abbandono progressivo delle colonie ? Per il momento gli uomini rimasti fedeli a Marcelo Caetano e all ' ex presidente della Repubblica Americo Thomas tacciono . Alcuni di essi sono stati catturati alle frontiere mentre tentavano di fuggire con le valige piene di soldi ; altri , come i redattori del giornale « Epoca » , giurano fedeltà a Spinola ; altri ancora , come gli agenti della disciolta polizia politica , cercano di eclissarsi giacché rischiano il linciaggio . La destra spera in un passo falso della giunta per poter dimostrare che quella di Spinola è stata soltanto un ' avventura pericolosa . Forse spera che il ceto medio , impaurito dai cortei popolari che percorrono ogni giorno la città , e quello di coloro che hanno interessi da difendere nelle colonie , si saldino in un movimento capace di rovesciare la giunta militare . Per quel giorno c ' è già pronto un antiSpinola . Si chiama Kaulza de Arriaga , è un generale di 60 anni , ex comandante in capo del Mozambico , indicato nel '68 come uno dei possibili successori di Salazar .