StampaPeriodica ,
Roma
.
Seicento
secondi
,
tra
le
nove
e
cinque
e
le
nove
e
quindici
di
giovedì
16
marzo
.
E
il
tempo
servito
alle
Brigate
Rosse
per
uccidere
cinque
agenti
di
scorta
,
rapire
il
presidente
della
DC
Aldo
Moro
,
far
perdere
le
proprie
tracce
e
assestare
un
colpo
allo
stomaco
della
fragile
Repubblica
italiana
.
Senza
commettere
un
solo
errore
,
con
una
perfezione
tecnica
che
ha
prodotto
nell
'
opinione
pubblica
un
disorientamento
forse
maggiore
di
quello
causato
dal
sequestro
di
Moro
in
sé
.
L
'
operazione
scatta
poco
prima
dell
'
alba
,
in
via
Brunetti
,
una
piccola
strada
vicino
a
piazza
del
Popolo
.
Qui
un
gruppo
di
«
sconosciuti
»
squarcia
le
quattro
ruote
del
pulmino
appartenente
al
fioraio
Antonio
Spiriticchio
.
Scopo
dell
'
azione
impedire
al
fioraio
di
andare
,
come
ogni
mattina
,
a
vendere
tulipani
e
mimose
all
'
angolo
tra
via
Stresa
e
via
Fani
.
Al
suo
posto
ci
sarà
uno
dei
dodici
brigatisti
(
la
donna
)
,
che
farà
da
palo
ai
rapitori
del
presidente
democristiano
.
Altri
quattro
,
travestiti
da
steward
delle
linee
aeree
,
si
nasconderanno
davanti
al
bar
Olivetti
,
da
mesi
chiuso
perché
fallito
.
Gli
altri
sette
saranno
sulle
cinque
automobili
e
sulla
Honda
che
subito
dopo
il
fulmineo
attacco
porteranno
i
terroristi
lontano
dal
luogo
del
rapimento
.
Alle
nove
e
quattro
compare
in
cima
a
via
Fani
l
'
automobile
su
cui
viaggia
Moro
,
seguita
a
pochi
metri
dalla
vettura
di
scorta
.
Il
leader
democristiano
,
diretto
alla
breve
messa
mattutina
cui
assiste
ogni
giorno
,
sta
sfogliando
i
giornali
seduto
sul
sedile
posteriore
.
Il
suo
taccuino
prevede
una
giornata
molto
importante
:
alla
Camera
si
discute
il
varo
del
governo
nato
dal
suo
lento
lavorio
durato
cinquantaquattro
giorni
.
Moro
continua
a
leggere
i
giornali
.
La
scorta
è
tranquilla
in
entrambe
le
vetture
.
Dopo
qualche
attimo
le
due
vetture
sono
superate
dall
'
automobile
dei
brigatisti
,
targata
corpo
diplomatico
;
questa
,
appena
giunta
davanti
al
bar
chiuso
frena
bruscamente
provocando
un
tamponamento
tra
la
macchina
di
Moro
e
quella
della
scorta
.
Quel
che
accade
nelle
frazioni
di
secondo
successive
non
è
ancora
stato
ricostruito
con
precisione
;
di
certo
si
sa
solo
che
i
brigatisti
hanno
colpito
uno
ad
uno
gli
uomini
della
scorta
(
solo
un
agente
è
riuscito
ad
uscire
dalla
macchina
e
a
sparare
tre
colpi
di
pistola
prima
di
essere
centrato
da
un
proiettile
in
fronte
)
,
afferrano
Moro
e
si
dileguano
per
via
Stresa
e
via
Trionfale
.
Di
lì
,
almeno
una
parte
di
loro
si
dirige
in
via
Belli
,
una
stradina
privata
per
accedere
alla
quale
è
necessario
tagliare
con
un
tronchese
una
catenella
,
poi
in
via
Massimi
e
infine
in
via
Licinio
Calvo
,
un
'
altra
piccola
strada
destinata
a
passare
alla
storia
come
simbolo
dell
'
inefficienza
della
polizia
italiana
.
Qui
,
infatti
,
alle
nove
e
venticinque
del
16
marzo
i
brigatisti
lasciano
una
sola
macchina
;
qualche
ora
dopo
ne
porteranno
un
'
altra
e
due
giorni
dopo
una
terza
.
Il
tutto
sotto
lo
sguardo
di
polizia
e
autorità
inquirenti
.
Quelle
stesse
autorità
inquirenti
che
intanto
fanno
trasmettere
per
TV
20
foto
di
«
brigatisti
»
la
metà
delle
quali
non
sono
di
brigatisti
,
due
sono
della
stessa
persona
e
altre
due
di
persone
già
in
prigione
da
tempo
.
Ma
queste
non
sono
le
sole
prove
di
inadeguatezza
e
smarrimento
offerte
dagli
inquirenti
in
questa
settimana
.
La
mattina
di
quel
giovedì
di
passione
,
politici
e
sindacalisti
avevano
tenuto
i
nervi
abbastanza
saldi
.
Certo
,
l
'
emozione
aveva
provocato
qualche
sbandamento
:
Carlo
Donat
Cattin
imputava
quant
'
era
accaduto
all
'
accordo
con
i
comunisti
per
dar
vita
al
nuovo
governo
Andreotti
,
Ugo
La
Malfa
chiedeva
l
'
introduzione
della
pena
di
morte
,
il
senatore
Giuseppe
Saragat
suggeriva
di
impiegare
i
paracadutisti
nella
guerra
alle
Brigate
Rosse
,
alcuni
deputati
DC
suggerivano
al
ministro
dell
'
Interno
Francesco
Cossiga
di
dimettersi
,
altri
erano
sopraffatti
da
crisi
di
pianto
.
Ma
nel
complesso
la
reazione
politica
(
scioperi
e
manifestazioni
convocati
a
metà
mattina
,
edizioni
straordinarie
dei
giornali
di
partito
)
era
riuscita
ad
arginare
la
paura
e
gli
isterismi
che
si
manifestavano
qua
e
là
nella
popolazione
(
accaparramento
di
generi
alimentari
e
rintanamento
nelle
case
ne
erano
apparsi
i
segnali
più
vistosi
)
.
La
proclamazione
dello
sciopero
generale
,
ripopolando
le
piazze
,
contribuì
a
sbloccare
queste
psicosi
.
Inizialmente
nel
Partito
comunista
qualcuno
,
come
Giancarlo
Pajetta
,
aveva
giudicato
sbagliata
la
decisione
di
Lama
,
Benvenuto
e
Macario
di
indire
lo
sciopero
.
Ma
doveva
ricredersi
quando
alle
Botteghe
Oscure
cominciarono
ad
arrivare
le
notizie
dalle
fabbriche
:
quasi
dappertutto
gli
operai
,
spesso
prima
ancora
delle
direttive
delle
confederazioni
,
avevano
incrociato
spontaneamente
le
braccia
.
Se
lo
sciopero
non
fosse
stato
indetto
,
si
sarebbe
verificato
un
clamoroso
caso
di
scavalcamento
.
Nel
pomeriggio
però
la
classe
politica
commise
i
primi
errori
:
il
dibattito
parlamentare
per
il
precipitoso
(
anche
se
giustificato
)
varo
del
governo
fu
trasmesso
in
televisione
senza
un
'
adeguata
chiave
di
lettura
,
col
risultato
che
buona
parte
dei
telespettatori
o
si
sentivano
disorientati
,
o
sospettarono
che
si
trattasse
d
'
un
diversivo
dal
vero
,
tragico
problema
del
momento
.
Lo
stesso
presidente
del
Consiglio
Giulio
Andreotti
,
forse
stremato
dalla
tensione
(
fra
l
'
esposizione
del
programma
alla
Camera
e
quella
al
Senato
fu
costretto
a
cambiare
l
'
abito
inzuppato
dal
sudore
e
fu
paralizzato
da
conati
di
vomito
)
,
non
offrì
ai
parlamentari
e
al
pubblico
quel
che
ci
si
attendeva
da
lui
:
un
chiaro
,
esauriente
punto
sulla
situazione
.
Emozione
e
urgenza
erano
comunque
buone
attenuanti
,
in
quei
primi
errori
.
Più
tardi
,
cioè
nei
giorni
immediatamente
successivi
,
non
lo
potevano
più
essere
.
I
giorni
successivi
sono
stati
occupati
da
tutti
i
partiti
in
un
estenuante
susseguirsi
di
vertici
che
portavano
a
risultati
poco
vistosi
.
Fu
senz
'
altro
una
consolazione
veder
seduti
a
uno
stesso
tavolo
Berlinguer
,
Zaccagnini
,
Craxi
,
Biasini
e
Romita
.
Ma
la
cosa
non
produsse
effetti
di
gran
rilievo
.
Lunghe
discussioni
sull
'
eventualità
di
mettere
una
taglia
da
un
miliardo
sui
rapitori
di
Moro
(
si
è
deciso
di
no
)
,
sull
'
opportunità
di
impiegare
l
'
esercito
nella
ricerca
dei
terroristi
(
si
è
deciso
di
sì
,
dopo
due
giorni
)
,
sulla
proclamazione
dello
stato
di
pericolo
pubblico
(
si
è
deciso
di
no
)
,
sull
'
istituzione
di
un
fermo
di
polizia
di
quattro
giorni
(
si
è
deciso
di
no
)
,
sul
potenziamento
delle
tecniche
e
dei
mezzi
(
si
è
rimasti
nel
generico
)
.
E
dopo
questa
sequela
di
esclusioni
e
rinvii
quali
misure
si
sono
adottate
?
Il
governo
ha
riesumato
i
provvedimenti
previsti
dall
'
accordo
del
luglio
scorso
.
Nel
frattempo
la
mobilitazione
popolare
cominciava
a
venir
meno
,
il
transatlantico
di
Montecitorio
iniziava
a
svuotarsi
(
sabato
e
domenica
è
rimasto
come
sempre
deserto
)
e
il
sequestro
di
Moro
stava
diventando
un
affare
di
normale
amministrazione
.
Intanto
cominciavano
a
parlare
gli
«
esegeti
»
.
Qualcuno
(
il
deputato
comunista
Antonello
Trombadori
,
il
democristiano
Andrea
Borruso
,
il
neoministro
del
Lavoro
Vincenzo
Scotti
)
ha
intravisto
in
ciò
che
è
successo
alla
fine
della
scorsa
settimana
quasi
una
prova
generale
in
vista
di
un
colpo
di
Stato
,
nessuno
di
loro
si
è
avventurato
alla
ricerca
di
chi
potrebbe
tentare
oggi
un
golpe
nel
nostro
paese
,
«
ma
bisogna
stare
ugualmente
attenti
perché
quando
lo
straordinario
diventa
ordinario
»
ha
detto
Scotti
parafrasando
un
motto
di
Che
Guevara
,
«
qualcuno
può
tentare
un
colpo
di
Stato
»
.
Quasi
a
suggerire
che
tra
non
molto
tempo
anche
il
rapimento
Moro
potrà
essere
considerato
come
un
fatto
ordinario
,
uno
tra
i
tanti
segnali
della
crisi
endemica
della
società
italiana
.
Se
e
quando
accadrà
,
quello
sarà
il
segno
che
l
'
Italia
è
entrata
in
una
di
quelle
fasi
della
storia
(
come
furono
la
crisi
della
Repubblica
di
Weimar
in
Germania
,
l
'
assassinio
di
Dollfuss
nel
'34
in
Austria
,
l
'
ondata
di
terrorismo
in
Spagna
alla
metà
degli
anni
Trenta
,
per
non
parlare
di
ciò
che
è
accaduto
in
quasi
tutta
l
'
America
latina
tra
gli
anni
Sessanta
e
l
'
inizio
degli
anni
Settanta
)
che
sfociano
nella
guerra
civile
,
nel
colpo
di
Stato
o
in
tutti
e
due
.
In
questo
senso
è
altrettanto
sintomatica
e
inquietante
la
comparsa
a
Milano
di
un
primo
«
squadrone
della
morte
»
(
uccisione
a
freddo
di
due
giovani
d
'
estrema
sinistra
a
Milano
)
.
Così
come
inquietante
è
il
modo
con
cui
stampa
,
televisione
,
partiti
sembrano
sperare
che
la
soluzione
dei
problemi
venuti
alla
luce
col
rapimento
di
Moro
possa
venire
indagando
meglio
su
che
tipo
di
«
testina
Ibm
»
abbia
battuto
il
messaggio
delle
Brigate
Rosse
,
o
ispezionando
con
maggiore
accuratezza
via
Licinio
Calvo
.
Fino
a
questo
momento
,
non
sembra
probabile
che
polizia
,
o
carabinieri
,
o
guardia
di
finanza
,
o
l
'
esercito
,
o
tecnici
inviati
dalla
Germania
federale
troveranno
la
«
prigione
del
popolo
»
in
cui
l
'
onorevole
Moro
è
rinchiuso
e
«
processato
»
.
Se
anche
ci
riuscissero
-
come
tutti
sperano
-
i
problemi
posti
da
questo
parossistico
acutizzarsi
della
violenza
politica
in
forme
nuove
e
terribilmente
efficaci
non
sarebbero
risolti
.
Andrebbero
affrontati
con
un
dibattito
approfondito
,
e
un
coinvolgimento
del
paese
senza
precedenti
:
prima
che
l
'
adozione
di
leggi
super
repressive
,
imposte
dal
succedersi
degli
eventi
prima
ancora
che
dalla
scelta
del
Parlamento
,
appaia
come
l
'
unica
via
praticabile
.
Intanto
,
al
processo
di
Torino
,
Curcio
e
suoi
amici
annunciano
il
processo
ad
Aldo
Moro
,
parlando
come
se
fossero
i
presidenti
di
un
«
controtribunale
»
.
E
il
presidente
del
tribunale
vero
,
mette
a
verbale
.
StampaPeriodica ,
Roma
,
giovedì
17
febbraio
.
Passerà
alla
storia
come
«
quel
giovedì
grasso
del
'77»
in
cui
Luciano
Lama
,
segretario
del
più
grande
sindacato
comunista
d
'
Europa
,
fu
preso
a
sassate
dagli
studenti
ultras
e
costretto
a
lasciare
la
cittadella
universitaria
romana
.
Quasi
sicuramente
gli
storici
che
nei
prossimi
anni
si
occuperanno
di
questi
fatti
lasceranno
da
parte
le
polemiche
sulle
origini
materiali
degli
incidenti
(
chi
ha
dato
il
primo
spintone
,
la
prima
bastonata
,
chi
ha
tirato
il
primo
sampietrino
?
È
più
grave
lanciare
sacchetti
di
vernice
sui
sindacalisti
come
hanno
fatto
gli
«
indiani
metropolitani
»
o
innaffiare
col
getto
di
un
estintore
gli
studenti
come
ha
fatto
un
membro
del
servizio
d
'
ordine
del
PCI
?
)
e
si
dedicheranno
alla
ricerca
delle
cause
di
quello
che
quasi
all
'
unanimità
e
un
po
'
ingenerosamente
è
stato
definito
l
'
«
errore
di
Lama
»
.
E
cosa
diranno
di
questo
errore
?
Che
è
stato
generato
dalla
convinzione
di
poter
riportare
l
'
ordine
nelle
università
con
un
misto
di
forza
e
di
consenso
;
che
è
stato
reso
possibile
dalle
false
informazioni
che
il
segretario
della
federazione
comunista
romana
Paolo
Ciofi
,
alcuni
sindacalisti
della
CGIL
-
scuola
,
il
segretario
della
Federazione
giovanile
comunista
Massimo
D
'
Alema
avevano
trasmesso
per
quattordici
giorni
ai
vertici
del
PCI
(
«
Andrà
tutto
liscio
come
l
'
olio
»
aveva
detto
Ciofi
la
sera
prima
degli
incidenti
)
;
che
è
stato
favorito
dalla
mancanza
di
precauzioni
«
psicologiche
»
come
per
esempio
incontri
tra
sindacalisti
e
rappresentanti
degli
studenti
,
diretti
ad
allentare
la
tensione
:
una
tensione
che
aveva
raggiunto
l
'
apice
proprio
quel
giorno
(
alcuni
lavoratori
del
PCI
avevano
forzato
il
blocco
degli
occupanti
ai
cancelli
dell
'
ateneo
e
la
sera
la
Camera
del
Lavoro
aveva
chiesto
la
riapertura
dell
'
università
)
.
Ma
la
storia
non
ammette
recriminazioni
.
I
lamenti
(
«
Perché
noi
comunisti
eravamo
tremila
e
non
trentamila
?
»
)
,
le
tardive
esortazioni
(
«
È
una
questione
di
ordine
pubblico
:
bisognava
mandare
subito
i
carabinieri
a
sgombrare
l
'
occupazione
»
gridava
Giuliano
Ferrara
dirigente
del
PCI
torinese
)
,
i
giustificati
timori
(
«
Se
Cossiga
fa
sgombrare
adesso
l
'
università
sembrerà
però
che
noi
sindacalisti
abbiamo
bisogno
della
polizia
per
far
valere
le
nostre
ragioni
»
)
che
quel
giovedì
nero
animavano
la
discussione
davanti
alla
sede
del
PCI
di
via
dei
Frentani
,
appena
pronunciati
venivano
già
superati
dai
fatti
.
Il
ministro
dell
'
Interno
aveva
immediatamente
deciso
di
sfruttare
la
situazione
per
espugnare
l
'
università
e
rilanciare
la
campagna
sull
'
ordine
pubblico
,
accolta
con
ovazioni
di
consenso
di
tutta
la
stampa
.
I
giornali
,
anche
quelli
che
in
passato
avevano
più
strizzato
l
'
occhio
al
PCI
,
si
rivolgevano
al
«
grande
partito
della
classe
operaia
»
in
tono
brusco
e
risentito
:
«
Ma
come
?
,
vi
stavamo
spalancando
le
porte
del
governo
nella
speranza
che
riportaste
l
'
ordine
nelle
fabbriche
e
nelle
piazze
e
ora
scopriamo
che
non
ne
siete
capaci
»
.
Lentamente
si
metteva
in
moto
anche
il
fronte
di
quelli
che
sperano
nel
ritorno
a
un
governo
di
centrosinistra
:
dai
democristiani
di
osservanza
fanfaniana
(
«
Eccoli
qui
i
comunisti
di
sempre
,
illiberali
e
prevaricatori
»
)
ad
alcuni
settori
del
PSI
(
un
dirigente
della
Federazione
giovanile
socialista
ha
dichiarato
in
un
'
assemblea
ad
architettura
:
«
Avete
ragione
voi
,
la
venuta
di
Lama
nell
'
università
è
stata
una
grave
provocazione
»
)
,
erano
tutti
all
'
erta
.
Il
PCI
si
è
sentito
alle
corde
:
Lama
continuava
a
ricevere
telegrammi
di
formale
solidarietà
ma
appena
chiedeva
uno
sciopero
o
almeno
una
manifestazione
di
solidarietà
che
lo
riconfermasse
leader
prestigioso
di
un
grande
sindacato
,
riceveva
risposte
elusive
.
Nelle
sezioni
e
nei
consigli
di
fabbrica
le
spiegazioni
ufficiali
(
«
Quell
'
università
lì
è
una
Reggio
Calabria
zeppa
di
provocatori
,
fascisti
,
figli
della
borghesia
agiata
»
)
erano
accolte
con
sufficienza
e
in
molti
casi
apertamente
discusse
;
nelle
piazze
che
il
sindacato
,
per
le
sue
divisioni
interne
aveva
lasciato
deserte
,
non
riusciva
a
riempire
,
affluivano
invece
,
fin
dal
sabato
,
decine
di
migliaia
di
studenti
inscenandovi
manifestazioni
che
lasciavano
poco
spazio
al
teppismo
.
Conseguenze
.
Per
la
prima
volta
dall
'
autunno
del
'69
,
quando
fu
espulso
il
gruppo
del
Manifesto
,
il
PCI
è
stato
percorso
da
un
terremoto
interno
di
discussioni
che
continueranno
per
molte
settimane
.
E
l
'
autocritica
che
la
direzione
del
PCI
si
è
fatta
il
19
febbraio
(
«
È
mancata
da
parte
nostra
una
piena
e
immediata
comprensione
del
clima
che
si
era
creato
nell
'
ateneo
»
)
contribuirà
ad
alimentare
il
dibattito
.
I
termini
del
problema
sono
semplici
.
C
'
è
un
partito
che
si
presenta
come
«
partito
di
lotta
e
di
governo
»
e
che
una
volta
messo
alla
prova
davanti
a
un
movimento
di
massa
è
costretto
a
battere
in
ritirata
fornendo
spiegazioni
improvvisate
e
convenzionali
(
«
È
un
fenomeno
fascista
»
ha
affermato
Gianni
Cervetti
,
membro
della
direzione
del
PCI
davanti
agli
operai
milanesi
dell
'
Alfa
Romeo
riuniti
a
congresso
nella
sezione
Ho
Ci
-
Minh
)
.
C
'
è
un
sindacato
che
ha
paura
di
mobilitarsi
su
temi
estranei
alla
difesa
del
salario
perché
non
vuole
disperdere
le
sue
energie
,
ma
teme
anche
che
,
una
volta
decisa
la
ritirata
su
un
fronte
,
ci
sia
il
rischio
di
diventare
vulnerabile
anche
su
tutti
gli
altri
fronti
.
Cosa
accadrà
nei
prossimi
giorni
?
Esaminiamo
le
mosse
che
presumibilmente
faranno
i
protagonisti
di
questa
vicenda
.
Il
movimento
degli
studenti
.
Lo
scontro
con
Lama
,
per
loro
,
è
stato
provvidenziale
.
Nei
giorni
precedenti
quel
giovedì
grasso
il
movimento
degli
studenti
aveva
conosciuto
una
fase
di
stanca
tale
che
l
'
avrebbe
potuto
portare
alla
dissoluzione
.
La
visita
di
Lama
lo
ha
rilanciato
.
Nelle
ore
di
battaglia
calda
contro
il
servizio
d
'
ordine
del
PCI
e
del
sindacato
,
contro
il
senato
accademico
e
la
polizia
,
gli
studenti
ultras
hanno
ritrovato
l
'
unità
e
la
galvanizzazione
perdute
.
Ora
si
dettano
obiettivi
«
mobilitanti
»
:
«
Rioccupiamo
appena
possibile
l
'
ateneo
e
riprendiamo
a
batterci
per
gli
appelli
d
'
esame
settimanali
,
per
l
'
orario
a
cartellino
dei
professori
,
per
l
'
università
aperta
il
sabato
e
la
domenica
,
per
i
corsi
serali
,
per
la
ristrutturazione
dell
'
insegnamento
»
.
Ma
gli
obiettivi
reali
del
movimento
non
riescono
a
definirli
.
Senza
questi
è
probabile
che
gli
studenti
conosceranno
una
seconda
impasse
.
Come
fare
allora
?
Sabato
e
domenica
prossimi
gli
studenti
di
tutta
Italia
si
incontreranno
a
Roma
per
discuterne
.
Probabilmente
metteranno
a
punto
un
programma
che
le
forze
politiche
dovranno
valutare
con
grande
attenzione
perché
sarà
il
testo
base
a
cui
faranno
riferimento
i
disoccupati
intellettuali
italiani
.
Cosa
chiederanno
?
Nientemeno
che
il
salario
generalizzato
per
tutti
coloro
che
hanno
più
di
diciotto
anni
.
Poi
chiederanno
,
anche
,
la
diminuzione
delle
ore
di
lavoro
nelle
fabbriche
e
l
'
aumento
invece
di
quelle
di
studio
per
gli
operai
.
In
questo
modo
sperano
che
si
creino
nuovi
posti
di
lavoro
.
Si
tratta
in
altre
parole
di
trasformare
le
150
ore
in
500
ore
di
studio
annuali
per
ogni
operaio
.
Soluzione
,
com
'
è
facile
arguire
,
del
tutto
utopistica
.
Il
Partito
comunista
italiano
.
Cosa
farà
il
PCI
lo
ha
annunciato
con
un
articolo
sull
'
«
Unità
»
Alberto
Asor
Rosa
,
l
'
unico
intellettuale
comunista
che
abbia
capito
fin
dai
primi
giorni
cosa
stava
succedendo
nelle
università
.
«
Noi
comunisti
»
afferma
Asor
Rosa
«
abbiamo
fatto
la
scelta
di
difendere
un
tipo
di
società
in
trasformazione
al
cui
centro
sta
la
classe
operaia
organizzata
.
Gli
studenti
sono
invece
una
"
seconda
società
"
,
che
intende
scaricare
addosso
alla
società
che
noi
difendiamo
un
turbine
distruttivo
.
»
D
'
altra
parte
,
continua
Asor
Rosa
,
come
possiamo
stupircene
?
«
L
'
austerità
ha
un
senso
in
quanto
è
rivolta
ai
settori
produttivi
della
società
,
ai
lavoratori
,
i
quali
in
quanto
produttori
e
consumatori
al
tempo
stesso
possono
se
vogliono
calibrare
un
rapporto
diverso
tra
questi
due
aspetti
della
vita
.
»
Ma
chi
non
lavora
,
e
ha
la
prospettiva
di
non
lavorare
e
non
guadagnare
per
anni
,
come
fa
a
praticare
su
se
stesso
l
'
austerità
?
Come
fa
a
ridurre
i
consumi
chi
non
consuma
niente
?
Tra
le
righe
Asor
Rosa
denuncia
l
'
assenza
di
una
proposta
del
PCI
nei
confronti
dei
disoccupati
.
E
si
può
leggere
anche
un
invito
alla
chiarezza
:
se
il
PCI
ha
deciso
di
difendere
ad
oltranza
gli
occupati
lo
dica
,
e
non
si
stupisca
poi
se
i
disoccupati
reagiscono
anche
contro
di
lui
.
Oltre
a
questo
problema
generale
c
'
è
poi
la
questione
più
specifica
della
riforma
universitaria
.
Come
può
il
PCI
,
dopo
aver
appoggiato
per
dieci
anni
la
«
scuola
liberalizzata
e
di
massa
»
,
favorire
adesso
la
creazione
di
una
università
che
sforni
quadri
veramente
selezionati
da
inserire
nei
gangli
del
sistema
produttivo
per
rimetterlo
in
moto
?
Qualcuno
a
mezza
voce
suggerisce
l
'
unica
risposta
possibile
:
accordare
il
salario
minimo
ai
disoccupati
e
ricominciare
con
la
scuola
selettiva
a
partire
dalla
prossima
generazione
.
Si
chiede
,
cioè
,
alla
società
un
sacrificio
per
sostentare
la
generazione
che
ha
compiuto
gli
studi
tra
il
1968
e
oggi
,
in
vista
di
prepararne
una
culturalmente
e
professionalmente
più
attrezzata
.
Il
sindacato
.
Di
quel
che
farà
il
sindacato
si
occupa
Sandro
Magister
nell
'
articolo
che
segue
.
C
'
è
però
da
sottolineare
un
elemento
.
Se
il
PCI
decide
di
seguire
i
suggerimenti
di
Asor
Rosa
e
cioè
di
difendere
ad
oltranza
gli
operai
occupati
,
sarà
quasi
inevitabile
che
questi
entrino
in
rotta
di
collisione
con
i
giovani
disoccupati
.
Quel
giorno
il
movimento
operaio
italiano
non
si
potrà
presentare
all
'
appuntamento
con
in
tasca
soltanto
l
'
accusa
di
«
fascismo
»
da
lanciare
contro
i
senza
lavoro
arrabbiati
.
Anche
perché
può
succedere
che
,
nel
clima
incandescente
che
si
verrebbe
a
creare
,
gli
stessi
operai
occupati
si
uniscano
alla
battaglia
contro
«
l
'
aumento
della
produttività
basato
sull
'
intensificazione
dello
sfruttamento
»
.
Non
sarebbe
la
prima
volta
,
nella
storia
,
che
un
sindacato
forte
e
potente
viene
travolto
sotto
il
fuoco
concentrico
del
governo
,
degli
industriali
,
degli
operai
stanchi
e
dei
disoccupati
arrabbiati
.
StampaPeriodica ,
Lisbona
.
«
La
notte
del
25
aprile
nella
scuola
di
cavalleria
di
Santarem
eravamo
tutti
svegli
.
La
radio
era
accesa
:
trasmetteva
canzoni
e
annunci
pubblicitari
.
A
mezzanotte
e
trenta
una
voce
femminile
annunciò
:
qui
radio
RenascenQa
,
riprendiamo
il
programma
con
la
canzone
Grandola
Vila
Morena
,
canta
Alfonso
Zeca
.
Era
il
segnale
convenuto
per
dare
inizio
alla
rivolta
.
»
Così
un
giovane
militare
di
Santarem
ricostruisce
l
'
inizio
della
sommossa
che
giovedì
scorso
ha
abbattuto
la
dittatura
portoghese
.
La
mattina
di
sabato
27
aprile
sono
arrivato
a
Santarem
,
il
piccolo
paese
da
cui
è
partito
il
«
movimento
dei
capitani
»
che
ha
travolto
il
regime
di
Marcelo
Caetano
.
Il
treno
che
mi
porta
a
Lisbona
è
costretto
a
fermarsi
per
un
'
ora
,
forse
due
.
Ho
il
tempo
per
fare
il
giro
del
paese
.
Grande
euforia
per
la
libertà
appena
riconquistata
:
si
formano
capannelli
attorno
agli
strilloni
,
i
giornali
,
per
la
prima
volta
dopo
quarantotto
anni
di
censura
,
sono
pieni
di
notizie
,
gruppi
di
bambini
applaudono
le
jeep
che
trasportano
i
militari
«
liberatori
»
.
Domando
ad
un
soldato
di
raccontarmi
com
'
è
nata
la
rivolta
.
Rispondono
in
molti
,
senza
diffidenza
.
«
Zeca
aveva
cominciato
a
cantare
da
pochi
secondi
quando
abbiamo
fatto
irruzione
nella
stanza
del
comandante
della
scuola
per
farlo
prigioniero
.
Contemporaneamente
un
gruppo
di
allievi
si
è
diretto
su
Lisbona
.
Lo
stesso
è
accaduto
in
altre
unità
dell
'
esercito
distaccate
in
tutto
il
paese
.
Gaetano
non
s
'
è
neppure
reso
conto
di
ciò
che
succedeva
.
La
sera
di
giovedì
avevamo
già
vinto
.
Erano
morte
solo
cinque
persone
.
»
Avete
agito
seguendo
gli
ordini
del
generale
Antonio
De
Spinola
?
«
È
più
giusto
dire
che
il
piano
era
stato
deciso
dal
Movimento
nazionale
delle
forze
armate
il
quale
aveva
anche
stabilito
che
Spinola
presiedesse
la
giunta
militare
dopo
la
conquista
del
potere
.
»
Sono
questi
i
protagonisti
del
putsch
portoghese
.
È
merito
dei
giovani
ufficiali
se
negli
ultimi
mesi
il
Portogallo
è
stato
sommerso
da
fogli
clandestini
firmati
dal
«
movimento
dei
capitani
»
che
denunciavano
le
atrocità
di
cui
si
è
macchiato
il
regime
e
hanno
aperto
la
strada
all
'
abbattimento
della
dittatura
.
Spinola
ha
il
merito
di
aver
conquistato
alla
causa
importanti
settori
economici
,
come
í
fratelli
Champalimaud
proprietari
della
Banca
Pinto
e
Sotto
Mayor
,
e
il
presidente
della
confederazione
degli
industriali
Salazar
Leite
,
che
ha
trattato
di
persona
e
ottenuto
il
sostegno
del
Brasile
ai
rivoltosi
.
Ma
sono
i
giovani
ufficiali
che
hanno
saputo
coinvolgere
nell
'
avventura
rivoluzionaria
il
popolo
,
apparentemente
rassegnato
alla
dittatura
.
Come
?
Hanno
puntato
sullo
scontento
provocato
dal
servizio
militare
che
in
Portogallo
dura
quattro
anni
,
due
dei
quali
si
passano
nelle
colonie
a
combattere
contro
i
movimenti
di
liberazione
.
Molti
giovani
muoiono
,
molti
rimangono
invalidi
per
il
resto
della
vita
,
più
di
centomila
hanno
disertato
.
Da
un
po
'
di
tempo
gli
ufficiali
facevano
strani
discorsi
alle
reclute
sull
'
inutilità
di
morire
in
una
guerra
colonialista
persa
in
partenza
,
sull
'
assurdità
di
dover
trascorrerequattro
anni
,
sottratti
allo
studio
o
al
lavoro
,
in
una
situazione
che
«
è
causa
di
vergogna
di
fronte
a
tutto
il
mondo
civile
»
,
sul
fatto
che
la
diserzione
non
è
l
'
unico
mezzo
per
sfuggire
a
questa
realtà
.
Questi
argomenti
,
che
facevano
presa
più
di
qualsiasi
campagna
sull
'
immoralità
della
guerra
coloniale
,
hanno
messo
in
moto
un
processo
che
ha
letteralmente
colto
di
sorpresa
le
forze
democratiche
.
Dice
Pereira
de
Moura
,
leader
della
CDE
(
Commissione
democratica
elettorale
,
che
raggruppa
comunisti
,
socialisti
,
liberali
e
cattolici
di
sinistra
)
:
«
Dopo
il
fallimento
della
sollevazione
militare
di
marzo
ci
aspettavamo
un
contraccolpo
a
destra
;
invece
i
militari
ci
hanno
regalato
la
libertà
prima
che
potessimo
renderci
conto
di
quel
che
stava
succedendo
»
.
Il
popolo
,
benché
sorpreso
,
si
è
mosso
subito
.
Lo
abbiamo
visto
scagliarsi
contro
i
simboli
di
un
regime
durato
cinquant
'
anni
,
dare
alle
fiamme
la
sede
del
giornale
fascista
«
Epoca
»
e
l
'
edificio
della
censura
,
prendere
d
'
assalto
i
palazzi
della
polizia
politica
che
recentemente
s
'
era
denominata
Direzione
generale
(
li
sicurezza
(
ex
PIDE
)
,
della
legione
portoghese
,
del
partito
di
Gaetano
,
AcQào
nacional
popular
.
«
Ciò
che
è
accaduto
presenta
più
analogie
con
il
vostro
25
luglio
1943
che
con
il
25
aprile
del
'45»
mi
dice
Raul
Rego
,
direttore
del
più
importante
quotidiano
delle
opposizioni
,
«
Republica
»
.
Effettivamente
,
il
colpo
di
mano
che
ha
abbattuto
la
dittatura
fascista
assomiglia
a
quello
che
portò
alla
caduta
di
Mussolini
.
Come
Badoglio
,
Spinola
ha
rimesso
in
libertà
i
detenuti
politici
,
ha
concesso
la
libertà
di
organizzazione
e
ha
promesso
di
cedere
il
posto
entro
un
anno
a
un
governo
di
civili
eletto
in
libere
elezioni
.
Ma
nelle
colonie
«
la
guerra
continua
»
.
Quali
sono
state
le
reazioni
dei
partiti
?
I
comunisti
si
preparano
a
qualcosa
che
assomiglia
a
una
«
svolta
di
Salerno
»
:
il
segretario
del
PCP
,
Alvaro
Cunhal
,
di
cui
è
annunciato
il
ritorno
dall
'
esilio
di
Praga
,
dovrebbe
annunciare
l
'
appoggio
del
partito
a
Spinola
«
a
patto
che
metta
in
prati
ca
il
proposito
di
ripristinare
la
democrazia
in
Portogallo
»
.
Per
il
momento
,
tuttavia
,
i
comunisti
restano
alla
finestra
:
non
si
fidano
di
uscire
completamente
dalla
clandestinità
e
l
'
organo
del
partito
,
«
Avante
»
,
non
ha
ancora
ripreso
le
pubblicazioni
.
La
sinistra
rivoluzionaria
(
è
prematuro
definirla
extraparlamentare
)
,
che
si
riunisce
intorno
al
MRPP
(
Movimento
di
riorganizzazione
popolare
portoghese
)
ha
coperto
i
muri
di
Lisbona
con
scritte
che
invitano
a
un
l
°
maggio
vermelho
.
Quanto
a
Marcelino
Dos
Santos
,
Agostinho
Nheto
e
Luis
Cabral
,
leader
rispettivamente
dei
movimenti
di
liberazione
del
Mozambico
,
dell
'
Angola
e
della
Guinea
,
hanno
espresso
perplessità
e
riserve
sulle
reali
intenzioni
del
generale
Spinola
.
La
resa
dei
conti
con
l
'
estrema
sinistra
potrebbe
però
arrivare
presto
.
Il
MRPP
infatti
sta
organizzando
manifestazioni
quotidiane
in
piazza
Pedro
Quarto
,
dove
prende
regolarmente
a
sassate
i
vetri
del
Banco
Nacíonal
Ultramarino
e
del
Banco
Espirito
Santo
e
Commercial
de
Lisboa
,
che
rappresentano
i
gruppi
economici
più
favorevoli
al
mantenimento
del
regime
coloniale
.
Nel
corso
di
queste
manifestazioni
si
afferma
che
«
Spinola
sarà
il
Kerenski
portoghese
»
e
si
annuncia
la
ripresa
delle
agitazioni
per
il
mese
di
maggio
.
Non
mancano
i
movimenti
che
hanno
come
programma
politico
il
terrorismo
:
le
Brigate
rivoluzionarie
,
la
Lega
d
'
azione
rivoluzionaria
e
l
'
Azione
rivoluzionaria
armata
.
Queste
formazioni
sono
già
attaccate
da
tutti
i
partiti
antifascisti
di
sinistra
riuniti
nella
CDE
;
i
quali
d
'
altra
parte
non
sono
però
disposti
a
lasciare
il
potere
nelle
mani
di
Spinola
senza
garanzie
,
come
ha
fatto
Convergenza
monarchica
,
uno
dei
gruppi
moderati
.
Il
dilemma
è
:
organizzare
manifestazioni
e
scioperi
col
rischio
di
provocare
un
irrigidimento
dei
militari
oppure
lasciare
che
gli
ufficiali
governino
il
paese
fino
alle
elezioni
?
E
se
i
generali
non
rinunciassero
al
potere
conquistato
e
non
mantenessero
le
promesse
di
libertà
?
Sono
interrogativi
a
cui
nessuno
è
ancora
in
grado
di
rispondere
.
Neanche
Mario
Soares
,
il
prestigioso
leader
socialista
tornato
dall
'
esilio
domenica
mattina
,
ha
saputo
indicare
alla
grande
folla
entusiasta
che
lo
ha
accolto
alla
stazione
di
Santa
Apolonia
quale
sia
la
via
da
seguire
.
Nella
sede
della
CDE
,
in
rua
Braacamp
,
si
rimane
fino
a
notte
alta
a
discutere
.
Cosa
farà
la
destra
se
il
generale
Spinola
attuerà
la
strategia
gollista
di
abbandono
progressivo
delle
colonie
?
Per
il
momento
gli
uomini
rimasti
fedeli
a
Marcelo
Caetano
e
all
'
ex
presidente
della
Repubblica
Americo
Thomas
tacciono
.
Alcuni
di
essi
sono
stati
catturati
alle
frontiere
mentre
tentavano
di
fuggire
con
le
valige
piene
di
soldi
;
altri
,
come
i
redattori
del
giornale
«
Epoca
»
,
giurano
fedeltà
a
Spinola
;
altri
ancora
,
come
gli
agenti
della
disciolta
polizia
politica
,
cercano
di
eclissarsi
giacché
rischiano
il
linciaggio
.
La
destra
spera
in
un
passo
falso
della
giunta
per
poter
dimostrare
che
quella
di
Spinola
è
stata
soltanto
un
'
avventura
pericolosa
.
Forse
spera
che
il
ceto
medio
,
impaurito
dai
cortei
popolari
che
percorrono
ogni
giorno
la
città
,
e
quello
di
coloro
che
hanno
interessi
da
difendere
nelle
colonie
,
si
saldino
in
un
movimento
capace
di
rovesciare
la
giunta
militare
.
Per
quel
giorno
c
'
è
già
pronto
un
antiSpinola
.
Si
chiama
Kaulza
de
Arriaga
,
è
un
generale
di
60
anni
,
ex
comandante
in
capo
del
Mozambico
,
indicato
nel
'68
come
uno
dei
possibili
successori
di
Salazar
.