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> autore_s:"SOFFICI ARDENGO"
POESIA ( SOFFICI ARDENGO , 1915 )
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Un solo squillo della tua voce senza epoca e tutte le gioiellerie di questo crepuscolo rassegnato in pantofole si mettono a lampeggiare creando un giorno nuovo Un ' ala inzuppata d ' azzurro tacita gli spleens il nero - fumo di tante ritirate prima del corpo a corpo fuori de ' geroglifici delle metafisiche acerbe Si direbbe che non siamo mai morti Questi pallidi vermi sarebbero dei capelli biondi e le vecchie ironie una menzogna di réclames fiorite sui muri del sepolcro Un solo giro dei tuoi occhi d ' oro ( non parlo a una donna ) - e addio dunque l ' aspettativa di riposo e il tramonto metodico e la saggezza diplomatica delle liquidazioni amorose Di nuovo eccoci fra la gioventù de ' verdi infranti de ' frascami stemperati nelle nudità primitivismo abbrividito lungo queste striature d ' acque rosa e blu rifluenti a un riflesso di mammelle e di sole in un diluvio di violette gelate Le luci le sete l ' elettricità degli antichi sguardi idilli irreperibili dimenticati co ' vini e i paradossi Scienza laboriosa Arcobaleno che rotea e ronza con una diffusione di prismi come nelle creazioni Si ricomincia città campagne e cuore È la vita davvero A quando la fanfara idiota delle fantasmagorie in maschera nel trotto buio delle diligenze ? Addio mia bella addio O non è ancora che una farsa povera nello scenario a perpetuità delle stelle oscillanti su questa casa d ' illusione creduta chiusa e aperta forse a tutto !
RAGGIO (LINEAMENTO DI UN' IPERFISICA) ( SOFFICI ARDENGO , 1915 )
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I Un vaso è posto davanti a me sulla tavola . Se io voglio toccarlo bisogna che la mia mano compia un movimento , percorra la distanza interposta , lo spazio esistente fra essa e il vaso . II Siamo abituati a considerare questo spazio come qualcosa di essenzialmente differente dalla mano e dal vaso . Ad ammettere , nel caso nostro , tre cose : la mano , lo spazio ed il vaso . III È impossibile tuttavia stabilire la linea di contorno di queste tre cose . Effettivamente una tale linea non esiste , giacché essa pure dovrebbe avere le sue due linee di confine , le quali a loro volta dovrebbero confinare con altre linee , e così all ' infinito . Una linea che potesse separare effettivamente una cosa da un ' altra dovrebbe essere una linea di vuoto ; ma il vuoto è ancora dello spazio o non esiste . IV La mano , lo spazio e il vuoto , non sono dunque effettivamente separati l ' uno dall ' altro . Formano dunque un tutto continuo . V Ora , più là del vaso c ' è ancora dello spazio , poi un libro , poi altro spazio , poi una spalliera di seggiola , e altro spazio , e altri oggetti , tutti gli oggetti della mia camera , eppoi le mura , e oltre le mura il fuori , i campi , i paesi , le città , il mondo , l ' universo . Tutte queste cose ( ed io fra esse ) , non sono separate effettivamente fra loro . L ' intero universo dunque è un tutto unico senza soluzione di continuità . VI Universo . Organismo compatto , indivisibile i cui membri son complementari gli uni degli altri , presenti gli uni agli altri . VII Tuttavia la mano non è lo spazio e lo spazio non è il vaso . C ' è una distanza fra l ' una e l ' altro e per superarla occorre un intervallo di tempo . VIII Considero la differenza esistente fra le diverse parti del tutto non come una differenza della materia ma come una differenza di stati della coscienza che li percepisce in un atto unico e istantaneo . È vero : il mondo non è un aggregato molecolare , ma un flusso d ' energia con ritmi vari dal granito al pensiero . IX Come ogni nota è presente ( temporalmente e spazialmente ) in tutta una melodia , così ogni cosa è di necessità connaturata all ' altra nell ' universo . La conoscenza ( esperienza ) è paragonabile allo svolgersi della melodia . È una formazione di stati della sensibilità con elementi sempre presenti e contemporanei . X Viene così abolita l ' effettività del tempo e dello spazio . XI I luoghi dove non sono stato ancora , il mio avvenire che non conosco ancora non sono cose separate da me effettivamente . Sono collegato agli uni - come a tutte le parti dell ' universo - dalla continuità illimitabile della materia vivente , formo un tutto con essi ; sono collegato all ' altro - come a tutta la storia dell ' universo - dalla continuità ininterrompibile della vita della materia . XII Sono consostanziale a tutte le parti , confluente al passato e al futuro . XIII Vedere quei paesi , apprendere quell ' avvenire , non vuol già dire entrare in contatto con luoghi e fatti a me estranei , sibbene esperimentare , prender coscienza di stati del mio essere . XIV Vivere , significa prender coscienza del tutto che ci è connaturato . XV Giacché tutto , ripeto , è presente e contemporaneo a tutto . Tutto agisce su tutto . I luoghi ignorati fanno parte del mio essere come quelli che non ignoro ; e il mio avvenire agisce in me come il passato . Un ' azione che compio oggi non è soltanto il prodotto di tutto il mio passato , ma anche la preparazione del mio avvenire . Non meno un effetto di quel che è stata che una causa ( potrei anche dire effetto ) di quel che sarà la mia vita . Quello che dovrà essere la mia vita comanda già quello che è adesso . Aver coscienza di quello che siamo e che conosciamo equivale ad essere in potenza presenti e contemporanei a tutto . XVI Si può concepire così l ' intuizione e la divinazione e si possono definire : cambiamenti prepotenti ed eccezionali di stati della sensibilità - coscienza . Un organismo privilegiato , un centro di vita strapotente può in un certo momento e in date circostanze attirare e concentrare in sé le sue parti lontane , le onde periferiche della sua energia e concretarle , e conoscerle . XVII È così che un artista può vivere e concretizzare in un ' opera la vita di un altro essere , delle cose , dei luoghi che non ha visitati . Un profeta vedere e rivelare gli avvenimenti futuri - futuri per le sensibilità meno acute della sua . XVIII Amo questo universo , unico , compatto , musicale , completo , formato , dove tutto è , dove ogni cosa è necessariamente , indissolubilmente conglobata a ogni altra , e il cui sviluppo è la coscienza . XIX La mia coscienza è un globo di luce che saetta i suoi raggi tutt ' intorno secondo la forza che le è propria , sulle cose di questo mondo , oltre la luna , il sole e le stelle , per la notte cosmica che non è un limite ma una difficoltà . XX Per questa coscienza in isviluppo tutto è virtualmente in me . Io sono il punto di confluenza della storia e del mondo . Io sono con l ' eternità e con l ' infinito .
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... Concepisco la Corporazione del - le Arti , che dovrà resultare dal collegamento delle attività artistiche diversamente sindacate , come l ' organo eminentemente adatto a ricostituire l ' ordine in tali importantissime discipline . Prima però di passa - re ad esaminare come ciò potrebbe avvenire , credo opportuno notare che non si tratterà in nessun modo di creare artificiosamente un movimento d ' arte religiosa od aulica , il quale potrà nascere di per sé se le condizioni dello spirito nazionale lo esigeranno . Di carattere religioso e gerarchico esso stesso , ma non teologico o autocratico , il Fascismo non potrà che imporre le proprie direttive alle arti con quel senso realistico e moderno che lo distingue e ne costituisce l ' irresistibile forza . Intendo dire che il Fascismo non potrà per ora se non disciplinare una attività che già esiste , con le forme attraverso le quali si manifesta ; il che non sarà piccola opera , del re - sto , giacché il fatto medesimo d ' iniziare una simile impresa costituirà già il principio di una vasta realizzazione e la premessa augurale di possibilità infinite e grandiose ...
IL BUE MORTO ( SOFFICI ARDENGO , 1909 )
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A un tratto il veterinario sbucò di dietro lo stecconato dell ' orto , attraversò l ' aia avvampata di sole e si diresse verso la stalla . Era seguito da un carabiniere , dal garzone del macellaio armato di una sega e di diversi coltelli , e dalla guardia comunale , vestita di bigio , col berrettino filettato di verde e due bottiglie , una per mano , dalle quali esalava un puzzo d ' acido fenico e di petrolio che si diffondeva per l ' aria , di qua e di là . Dietro a loro si accalcava in tumulto la marmaglia dei ragazzi moccolosi e scalzi , strillando , bezzicandosi . Di sulle porte delle case vicine , le donne colla pezzola sugli occhi per via del sole e la treccia in mano , guardavano senza muoversi . Alcune ragazze invece che lavoravano sedute in crocchio all ' ombra del pagliaio , si rizzarono in furia buttando la treccia sulla seggiola e corsero a vedere . Le ciantelle e le voci riempiron l ' aia di un brusio disordinato . Il veterinario , senza neanche voltarsi , spinse l ' uscio rosso della stalla che era rabbattuto ed entrò . Il Faluca che l ' aveva scorto dal campo dove zappettava , arrivò pure di corsa , in zucca , scamiciato , sudato dal gran caldo , traversò la calca dei bambini e delle ragazze e messosi alla coda della brigata infilò anche lui nella stalla chiudendosi l ' uscio dietro . La stalla bassa e umida , era immersa in una oscurità quasi completa ; la poca luce verdognola che scendeva da un finestrino , attraverso i pampani di un tralcio avviticchiato all ' inferriata , non lasciava scorgere altro che un manzo bianco , ritto accanto al muro , con la testa rivolta sospettosamente verso la porta ; ma non passò un minuto che anche la massa enorme del bue morto apparve distinta ai piedi del vivo . Giaceva arrovesciato sulla schiena con le quattro gambe in aria , il corpo gonfio e duro , il muso volto per parte e la lingua paonazza che penzolava fuori dei denti . Di fra il corno e l ' orecchio incartapecorito si vedeva l ' occhio bianchiccio , velato che conservava ancora come un ' espressione di terrore . La moglie del contadino , che nessuno aveva ancor vista , ritta nel buio vicino al falcione , guardava la bestia e piangeva silenziosamente . Un ragazzo di una tredicina d ' anni le si stringeva addosso . e anche lui fissava il cadavere del manzo ; ma il suo viso era duro e pareva che non pensasse a nulla . - Dunque , sor Negri , - domandò il capoccia , rompendo per il primo il silenzio - lei la crede ? ... - Credo ? - rispose il veterinario , voltandosi quasi offeso alla domanda inattesa - non credo , ne son certo ! Era un omino macilento e dispettoso , vestito di lustrino nero , calvo e con degli occhietti e un naso rosso da ubriacone . La sua risposta fece restar male il contadino . - Bah ! - fece questi , incredulo , e abbassò la testa , rapata . - Che bah ! e non bah ! - ribatté l ' altro - v ' ho detto che è carbonchio , malattia contagiosa e che bisogna sotterrarlo ; cosa vorreste ? farlo mangiare alla gente ? La donna , come se non avesse aspettato che questa sentenza , scoppiò in singhiozzi ed uscì dalla stalla . Il carabiniere , la guardia e il garzone del macellaio si guardavan fra loro come per domandarsi l ' un l ' altro cosa bisognasse fare . - Avanti ! - disse allora il veterinario rivolto verso il giovane beccaio - levagli la pelle e sparalo . Non hai mica dei graffi nelle mani eh ? - domandò poi - bada che è pericoloso . Ma il giovanotto non l ' ascoltò nemmeno . Pareva che nessuno credesse - alla malattia della quale il veterinario voleva far credere fosse morto il bove . I tre uomini , aiutati dal capoccia e dal ragazzo , presero la bestia per la coda e la trascinarono nel mezzo della stalla . Il Negri che si sentiva affogare dall ' odor grave del concio ribollito e del fiato della bestia e degli uomini , accese un mezzo sigaro e messe la testa fuori dell ' uscio . Intanto il beccaio affilò il coltello e cominciò a sgozzare l ' animale . Il sangue di già rappreso non sgorgò per la ferita ; ma quando la testa fu recisa un rivoletto rosso cominciò a colare dalla gola lacerata , andando a sparire fra il letame . Il ragazzo prese la testa per le corna ed andò a posarla in un cantuccio : - Tieni anche queste - disse il macellaio ; e porse al ragazzo anche le quattro zampe , che aveva già tagliato ai garretti una dopo l ' altra , d ' un sol colpo , perché le mettesse accanto alla testa . Poi si mise a sventrare il bue per levargli la pelle , che buttò nella greppia , dopo averla legata con la coda come con un canapo . La carcassa della bestiaccia , decapitata , mutila , sanguinolenta cominciava davvero a far ribrezzo e pietà , con quei cinque uomini che le si accanivano sopra . Tenendola ciascuno per un dei tronconi delle gambe , costoro impedivano che rotolasse , mentre il garzon del beccaio andava immergendo il suo coltellaccio nell ' interiora , sgranandola come una zucca matura . Quand ' ebbe finito anche questa operazione e che il buzzo si sganasciò oscenamente lasciando sgorgare le budella e lo sterco sulle lastre dell ' impiantito , si fece dar la sega e squartò il cadavere in grossi pezzi . Il veterinario , che di tanto in tanto era andato voltandosi di sull ' uscio , appena vide che il lavoro era finito , rientrò nella stalla e disse al beccaio di sbranare in più posti i quarti ; poi comandò alla guardia di versar nelle ferite e su tutta la carne l ' acido fenico della boccia . L ' odor pestifero del disinfettante riempì la stalla obbligando gli uomini a tapparsi il naso con le dita . - Ora - ordinò ancora il veterinario - buttatelo sur un carretto e via . E lei - aggiunse rivolgendosi al carabiniere - badi bene che sia sotterrato tutto , tutto capisce ? Ne è responsabile . Voi poi - concluse , parlando questa volta alla guardia comunale , - non dimenticate d ' annaffiarlo col petrolio dell ' altra boccia - Mi raccomando . E senza salutar nessuno si allontanò . Il ragazzo del contadino a un cenno del padre sparì anche lui e dopo pochi minuti ritornò conducendo per la briglia un ciuco attaccato a un barroccino . Le cosce , le spalle , la testa e le zampe del bue furon caricate e il lugubre corteggio si mise in cammino . Intanto la folla rimasta fuori era andata ingrossando . Oltre le donne e i ragazzi , alcuni braccianti e contadini del vicinato , giovani e vecchi , eran venuti , attratti dalla curiosità , e guardavano quelli enormi brandelli di carne sanguinosa , fatta anche più rossa dalle tinte accese del sole di già basso , con una specie di avidità e di rimpianto . Di qua e di là qualche voce saliva anche a esprimere questi sentimenti e le donne stesse , invece d ' inorridire , lanciavano sul barroccino degli sguardi cupidi , delle parole di scherno sul carabiniere e la guardia che andavano a far da becchini . Sembrava che ogni stomaco palpitasse di bramosia per quella carne infetta . Uomini , donne e ragazzi parevano una turba affamata o una muta di cani mugolanti dietro al pasto . L ' uno eccitava l ' altro con parole piene d ' ingordigia . - Che bistecche eh ? che umidi ! - E che minestre ! - Bravo e il petrolio ? e il carbonchio ! - obiettava qualche schizzinoso timidamente . - Ma che carbonchio ! c ' è da dar regola al Negri . Per lui , quando gli ha bevuto , tutte le malattie son carbonchio . N ' avessi uno stufatino tutti i giorni ! - Peccato - E il povero Faluca che ha il male , il malanno e l ' uscio addosso ! Se fossi stato io ne ' suoi piedi non me lo levavan di sotto , te lo dice Parretto ! S ' aveva a far baldoria . E tutti rimpiangevano tanta grazia di Dio buttata a ingrassar gli ulivi . Qualcuno si staccò dal gruppo e s ' accompagnò al Faluca che camminava rabbuiato con un forcone sulla spalla dietro al figliuolo . Il carabiniere e la guardia andavano in silenzio sotto le rame dei loppi , su per la collina ombrosa in cima alla quale una buca scavata a piè d ' un fico aspettava fin dalla mattina la carne del bue morto . Verso mezzanotte , la casa del Faluca era piena di gente . Il Moro , il Ricciolo , il Rosso , Italo di Parretto , Gioia , Sciamagna , tutti quelli insomma che avevano assistito al seppellimento del bue eran venuti sull ' annottare e tutti insieme , con marre e pale sulle spalle , erano tornati di nascosto sulla collina . Un ' ora dopo eran ridiscesi con le carniere gonfie ; e adesso aspettavano chiacchierando in cucina , chi a cavalcioni sulla panca , accanto alla tavola apperecchiata , chi seduto in bilico sulla seggiola con le spalle alla madia , vicino alla finestra per fuggire il calore che spargeva nella stanza un fuoco infernale scoppiettante sotto una gran caldaia che avvolgeva tutta delle sue fiamme veementi . Di donne non c ' era che la moglie del Faluca , la quale , smesso di singhiozzare , correva qua e là per la cucina splendente , si arrabattava intorno a delle larghe bistecche che arrostivano su dei treppiedi in un canto del focolare , schiumava la caldaia bollente , condiva questa o quella pentola , nettava insalata e radici . Il ragazzo come inebriato dal profumo che montava dagli intingoli e dal brodo , si dava da fare anche lui , con le gote in fiamme e gli occhi lustri ; risciacquava i bicchieri , levava l ' olio ai fiaschi , grattava il cacio per i maccheroni . In quanto al capoccia non pareva più lo stesso uomo aggrondato della sera . Era seduto , quasi sdraiato , col gomito appoggiato allo spigolo della tavola e la testa sulla manaccia aperta , con la pipa in bocca , e si rallegrava con gli amici del bel tiro fatto al sor Negri . Ogni tanto sputava per dare un ' occhiata di tralice ai preparativi della cena . - Che il diavolo se lo porti lui e il suo acido fenico ! c ' è voluto un tino d ' acqua per mandarne via il sito . L ' acido fenico ! il petrolio ! ... aggiungeva scuotendo la testa - una bestia che non se ne vedeva , sana come una lasca ! lo so io per via di che l ' è morta ! Qualche animalaccio fra il segato , ve lo dico io ! qualche ragno , qualche scorpione . Gliel ' ho detto anche a lui ; ma sì ! quando gli ha un po ' di vino per la testa ! ... Gli altri approvavano in coro . Ogni tanto qualcuno usciva fuori con una frase mozza che i compagni dovevano completare a colpo . - Cari miei , gli è un darci ! secondo come la gli frulla ! ... - Vorrei averli io i marenghi de ' santantòni che ha fatto smerciar lui ! - Ai miei tempi - aggiungeva uno un po ' più anziano degli altri - ma che c ' era tutte queste calìe ! ... Mi ricordo quando morì la mucca a Natale ... E ognuno aveva da raccontare come tanti avessero mangiato e venduto la carne delle bestie morte da sé , senza che mai fosse successo nulla . Il Ricciolo narrò di due che una volta s ' eran fatto arrostire un vitellino nato morto e poi l ' avevan mangiato tutto . - E non moriron mica - concluse . - Solamente siccome gli avevan fatto indigestione , sapete cosa fece il dottore ? li fece entrare in un fiume fino alla gola e non fu altro . Frattanto la massaia aveva scodellato i maccheroni e ognuno prese il proprio posto . Uno dopo l ' altro i tegami , i piatti di salse , le marmitte d ' intingoli , i vassoi colmi di bistecche passavano dal focolare alla tavola e andavano vuotati d ' un tratto . Il vino scintillava nei bicchieri vuotati d ' un tratto e ripieni , infondendo nei petti un ' allegria fragorosa . Fra il rumore dei coltelli e delle forchette una gioia bestiale si propagava per la vasta cucina affumicata che la fiammata e i lumi a mano riempivano di riflessi e di grandi ombre . Gli odori della carne abbrustolita e del vino si mescolavano a quelli del sudore e del tabacco , e gli occhi e le gote si accendevano per la voluttà del bagordo . Ben presto però anche la baldoria cessò e come se tutti gli spiriti vitali fossero scesi negli stomachi un silenzio quasi religioso piombò su quella ribotta . Assorti tutti nella soddisfazione d ' ingollar cibi succolenti , con le nari e il cervello impinguati dei fumi del pasto , nessuno dei terribili convitati parlava più e fra l ' acciottolio delle terraglie e il suono delle posate battute nelle scodelle e nei denti , non si udiva che il crepitar della fiamma attutita e il dimenar delle ganasce . Ma dalla finestra aperta per la quale non si vedeva né il cielo né gli alberi fronzuti e carichi di frutti maturi , entrava un alito di vento che aleggiando per la stanza faceva tremar le fiaccole dei lumi a olio come se la morte vi soffiasse sopra .
DA 'PISTOIA' ( SOFFICI ARDENGO , 1916 )
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La sera , la più grande felicità è di girellare , di ciondolare sui marciapiedi caramellati di sole . Per le vie centrali , in mercato , per i vicoli spopolati . Intorno alla Piazza del Duomo si scende e si sale come nei sogni ; a ogni voltata s ' incappa in un laberinto , ma si trova sempre un ' uscita fiancheggiata d ' archi , d ' urne di marmo , e di fior di camelie . Finché si sbocca nel Corso Umberto I dov ' è quell ' altissima palma a ridosso a una casa gialla , e le due signorine affacciate alla finestra per respirare un caldo odor di gaggìa e di mimosa . A Pistoia la notte è muta e casta . Le belle ragazze che il giorno portano in giro l ' eleganza ardente delle loro membra amorose , respirano con innocenza nel tranquillo sonno . E anche la città dorme , così , distesa , nella pacifica vastità del piano e del cielo , appoggiata all ' origliere di neve dell ' Abetone . Soltanto la corsa e l ' ansimo incessante dei treni diretti al sud , al nord , al fronte turba la grande pace come un sogno troppo avventuroso .
DA 'TACCUINO' ( SOFFICI ARDENGO , 1917 )
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La casa che vedo da letto in faccia alla finestra di camera mia , al sorger del sole s ' imporpora a poco a poco come la guancia di una giovinetta che uno sguardo turba .