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> autore_s:"Sartori Giovanni"
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Giuliano Ferrara ingrassa ( di felicità ) quanto più fa il malandrino . Dopo il fallimento della sua malandrinata in Mugello , è tornato a me . Tornato perché è da parecchio che ingrassa punzecchiandomi . Quando era direttore di « Panorama » , il suo settimanale non perdeva occasione per sfruculiarmi . Ora che la sua ammiraglia è diventata « Il Foglio » , Giulianone ( o il suo elefantino ) provvede da sé , a viso aperto . A fine anno è partito lancia in resta contro un mio libriccino , Homo videns , dandomi di « editorialista supercilioso » , scagliandomi contro dotti richiami a Parmenide , Platone e Aristotele , e addirittura chiedendosi : « Leggono questi professori ? » . Stavo ancora contando le mie letture , quand ' ecco che mi arriva addosso un ' altra bordata . E finalmente ho capito che Ferrara stava ingrassando troppo ( di felicità ) , e che per il suo bene era bene farlo soffrire . Anche se mi rendo conto che l ' impresa è titanica . L ' ultima bordata si intitola : « Nel '93 Sartori e Panebianco dicevano peste e corna del Mattarellum . Si sbagliavano ( la legge ha funzionato ) . Ora ce l ' hanno con le riforme » . Sottotitolo : « Due maestri di politologia non fanno i conti con le previsioni sbagliate » ( « Il Foglio » del 13 febbraio ) . Non posso rispondere per Angelo Panebianco ; ma , visto che sono d ' accordo con lui , sono prontissimo a prendere in carico anche le sue colpe . Il Mattarellum , cioè la legge elettorale attualmente in vigore , ha funzionato ? Le previsioni sono state sbagliate ? Vediamo . A una mente di aristotelica possanza non dovrebbe essere spiegato che il successo , qualsiasi successo , si misura su un obiettivo , si commisura a uno scopo . Ma tant ' è . Quindi a Ferrara spiego che anche lui è tenuto , come gli altri comuni mortali , a partire da questo quesito : qual è , o quale dovrebbe essere , l ' intento di una riforma elettorale oggi in Italia ? Al quesito gli esperti e le persone sensate rispondono che noi soffriamo di troppi partiti , di troppa frammentazione , e quindi che il nostro obiettivo prioritario è adottare un sistema elettorale che riduca il numero dei partiti e che li costringa ad aggregarsi . Stranamente il Nostro nemmeno dà mostra di essersi mai imbattuto in questa tesi ( ma cosa legge Giulianone sapiens ? ) , e quindi non la mette in conto . Per lui il Mattarellum ha funzionato a questo titolo : perché i partiti si sono tutti salvati , e sono addirittura aumentati . Ma questa era , appunto , la previsione mia , di Panebianco e dei politologi in generale . La previsione era dunque esattissima . Mentre resta da dimostrare perché mai un risultato di accresciuta frammentazione sia utile al paese e serva l ' interesse generale . Hic Rhodus , hic salta . Ma il nostro Giulianone salta via , salta da un ' altra parte . Difatti Ferrara devia il discorso sul fatto che il Mattarellum ha funzionato nel produrre due coalizioni vincenti , prima quella di Berlusconi e poi quella dell ' Ulivo . E Pierino ( pardon : Ferrara ) racconta la vicenda così . « Alle elezioni politiche del marzo 1994 la nuova legge elettorale [...] produsse per la prima volta una maggioranza definita , quella del Polo [...] scelta dai cittadini ( l ' incidente della maggioranza debole al Senato non ebbe conseguenze sul voto di fiducia ) . E il nuovo Parlamento , anziché rischiare la paralisi come paventavano i politologi , portò alla formazione del governo Berlusconi , il quale cadde [...] non perché la legge elettorale fosse un ' pasticcio ' [...] come volevano i professori ma perché la coalizione esplose sotto i colpi di mortaio di Bossi e si rivelò un ' alleanza politicamente impossibile » . Mi scuso per la lunga citazione , troppo bella per lasciarsela scappare , che compenserò con chiose brevi . Primo . Anche in passato abbiamo avuto maggioranze definite , in genere pentapartitiche o quadripartitiche come oggi . Quale sarebbe la differenza ? Che non erano scelte dai cittadini ? Che erano meno obbligate di quelle prodotte dal Mattarellum ? Detto o mal detto così , il punto mi sfugge . Secondo . È inesatto che Berlusconi avesse una maggioranza debole al Senato : non l ' aveva proprio . E poi il problema di avere una maggioranza si pone per tutto il tempo della legislatura , non soltanto al voto di fiducia . Terzo . La paralisi paventata dai politologi non , è del Parlamento ma della governabilità , ed è prodotta , appunto , da alleanze impossibili . Come il nostro avverte , senza però avvertire di contraddirsi . Quarto . Se la coalizione di Silvio Berlusconi esplose per colpa di Umberto Bossi è ovviamente perché Bossi era un partner indispensabile di quella coalizione . Chi lo aveva reso tale ? Sì , gli elettori . Ma anche una pessima legge elettorale . Dunque il nesso con il sistema elettorale c ' è , anche se Ferrara non lo vede o fa finta di non vederlo . Ripartiamo dalla domanda : qual è lo scopo di un sistema elettorale ? In attesa che Ferrara dimostri perché dovrebbe essere la frantumazione di un sistema partitico , debbo tornare a rispondere che in Italia occorre oggi un sistema che riduca e aggreghi i partiti . Quando si passa a considerare la governabilità , lo scopo primario diventa prefigurare coalizioni di governo quanto più possibile omogenee . Come ? Facendo ricorso , appunto , a un sistema elettorale aggregativo . Il Mattarellum non lo è ( e nemmeno lo sarà il Mattarellum Due prefigurato nella famosa cena a casa di Gianni Letta ) . Difatti ha prodotto per due volte consecutive coalizioni eterogenee , scollate e intrinsecamente conflittuali . Come era stato esattamente previsto e come volevasi dimostrare . Anche su questo punto , la natura delle coalizioni , Ferrara fa lo gnorri e sposta il discorso dalla governabilità alla stabilità . Ma , intanto , una volta su due la stabilità non c ' è stata : il governo Berlusconi è stato instabilissimo , sette mesi in tutto . Inoltre l ' instabilità del nostro passato viene largamente esagerata . Giulio Andreotti a modo suo è stato stabilissimo , ben sette volte presidente del Consiglio ( seguito da Amintore Fanfani con sei volte e Aldo Moro con cinque ) ; e Bettino Craxi è durato , con due consecutivi governi pentapartitici , dal 4 agosto 1983 al 3 marzo 1987 , quindi per quasi l ' intero corso della IX legislatura , quattro anni . Anche se Romano Prodi resterà in sella per tutta la XIII legislatura , anche così Ferrara si eccita troppo quando scrive che il governo Prodi sarà « il primo governo di legislatura nella storia italiana » . Visto che durare con la proporzionale dovrebbe essere più difficile che con il maggioritario , Craxi regge il confronto . Comunque sia , a che cosa serve una stabilità senza vera forza di governo ? Questo è il problema che il Nostro elude . Eppure , visto che Ferrara va alla caccia dei politologi , dovrebbe essere informato di cosa dicono . Dunque dovrebbe sapere che per il sottoscritto ( e altri ) la stabilità dei governi è un falso scopo . Un governo può durare ed essere inefficiente . Il che vuol dire che la stabilità è soltanto una condizione di governabilità . Quattro anni di un Prodi sempre bloccato da Fausto Bertinotti non risolvono i nostri guai . Ripeto : di per sé la stabilità è un falso scopo , agitato per i gonzi e per far perdere di vista che lo scopo vero è la governabilità . Vengo ora a due critiche specifiche . La prima è questa : che nel 1993 , all ' indomani del referendum che aprì le porte alla riforma elettorale in senso maggioritario , « i due eccellenti politologi [ Panebianco e io ] , prigionieri della teoria , esercitarono in modo scombiccherato [...] la loro funzione di critica e di analisi . Non vollero tracciare una rotta [...] ma si limitarono a demolire [...] il progetto Mattarella » . Ma il mio eccellente demolitore qui asserisce il falso . È vero tutto il contrario , e cioè che sin da prima del referendum Segni - Pannella combattei una battaglia per spiegare che quel referendum lasciava aperta la via a una duplice interpretazione - maggioritario a un turno , o anche maggioritario a due turni - e che la seconda era da preferire . Dopo di che ho insistito per cinque anni , e quasi al di là del sopportabile , nel raccomandare la rotta del doppio turno . Ammesso che Giulianone sapiens legga davvero , mi sa che legge alla rovescia . L ' altra critica è che « il 27 novembre 1993 il professore interviene sulla dissoluzione del centro asserendo che il maggioritario è una macchina trita - centro [...] fatta apposta per stritolare il centro » . Dal che , scrive il Nostro , il professore ricava « col suo stile sapido e rubicondo una prognosi infausta sulla definitiva scomparsa della Dc » . Embè ? A me in effetti risulta che la Dc si è disintegrata e centrifugata tra sinistra e destra . Al nostro risulta invece che « la smentita sarà clamorosa » . Smentita che Ferrara illustra così : « Il partito di centro , i popolari di Martinazzoli , riesce a salvarsi proprio per effetto del maggioritario corretto dalla proporzionale » , mentre i « centristi cattolici che già avevano avuto una prima scissione con la nascita del Ccd si divideranno poi per schiette ragioni politiche » . Questa sarebbe una smentita ? Una frantumazione in tre pezzi che poi perdono complessivamente un 20 per cento del loro vecchio voto ? Concedo che qui il nostro scombicchera al suo meglio . Ma non concedo che dal suo polverone emerga una smentita . Allora , quali sarebbero le previsioni sbagliate con le quali i politologi dovrebbero fare i conti ? Ci saranno , non dico di no ; ma certo Ferrara non le ha scoperte . Forse perché la sua vista è impedita dai suoi egregi errori di fatto e di logica .
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Beati i giovani . Io non li invidio più di tanto perché crescere è faticoso . Ma ormai abbondano i giovani che non crescono mai . E il giovane beato a vita , che non cresce faticando , comincia a fare storia nel 1968 . La generazione che maturava negli anni Sessanta è stata una generazione benedetta da tutte le fortune . Non ha conosciuto guerre in casa , è stata coccolata dal boom del benessere e ha visto sparire la tirannide dei genitori . Quei giovani si affacciavano a una vita che non era più , ai loro occhi , labor e cioè pena , sforzo , affanno . La durezza del vivere a loro era ignota . A tanta maggior ragione le energie da scaricare erano tante . Erano anche pronti gli strumenti del contagio , del fare massa , e cioè adeguatissime comunicazioni di massa . E dunque tutto era pronto per una rivoluzione dei giovani . L ' evento ci prese di sorpresa , anche perché le rivoluzioni del passato avvenivano per fame ( le rivoluzioni contadine ) oppure erano rivoluzioni contro il tiranno . Nel 1968 non c ' era né fame né tiranno . Così la rivoluzione dei giovani divenne universitaria . Scese anche per strada , è vero . Ma il suo bersaglio concreto era , per la prima volta nella storia , la cultura . I sessantottini volevano disfare e rifare ab imis il sapere , l ' insegnamento e chi insegnava . È un peccato che la dizione « rivoluzione culturale » sia stata accaparrata da Mao . In Cina quella di Mao fu una spietata purga di stampo staliniano . La vera rivoluzione culturale è stata la nostra . E ha prodotto , ahimè , una riuscitissima distruzione culturale . Il giovane , proprio perché è giovane , scopre . E la grande scoperta dei sessantottini era che il passato era da azzerare ( perché marcio o comunque perché inutile e dannosa zavorra ) , e che la storia ricominciava da loro . In politica i problemi sarebbero stati risolti dalla « immaginazione al potere » , e nella cultura dalla « matematica rossa » . Erano bambinate . In passato si aspettava che la fase bambinesca passasse . Sunt pueri et puerilia tractant . Liberi i fanciulli di fanciulleggiare . Ma oggi sunt pueri , tamen seria tractant . Sono fanciulli e tuttavia trattano di cose serie . Veniamo , allora , al discorso serio . Questo : che la scienza infusa , la scienza innata , non esiste . Ogni neonato parte da zero . Nasce non sapendo niente . Gli deve essere tutto insegnato facendolo studiare . Può saperne di più - nel corso della sua educazione - dei suoi educatori , e cioè di chi ha già studiato ? Può essere ( esistono autodidatti prodigiosi ) , ma è molto raro . Certo , ci sono educatori pessimi . Ma se il cattivo maestro è da sostituire , il maestro deve pur sempre restare . E se i maestri sono aboliti ( perché sostituiti dai loro studenti ) , allora le scuole vanno abolite . Eppure i rivoluzionari ancora imberbi ( ancorché barbuti ) del Sessantotto erano convinti di sapere e di essere portatori di nuovo sapere . In realtà il sapere ( pochissimo e soltanto settario ) dei sessantottini era anch ' esso un retaggio del passato e non nasceva per nulla dal loro cervello . Nella sua parte rispettabile ( e quindi prescindendo dalle puerili Bibbie di Mao , del Che e di Gheddafi ) quei giovani ripetevano , con Marx , Marcuse e la Scuola di Francoforte , il percorso della dissoluzione della filosofia hegeliana . Raymond Aron ( a proposito , chi era ? ) scrisse del Sessantotto che si trattava di una « rivoluzione introvabile » . Io ho scritto che era una « rivoluzione del nulla » , nel senso che si alimentava di vuoto e creava vuoto . Passata la vampata , del Sessantotto è restata solo la pars destruens : il messaggio anticulturale - il rifiuto della cultura come patrimonio di millenni di sapere - e il messaggio antielitista . Che resta , ad oggi , il distintivo del sessantottino . Per Mario Capanna gli anni della rivoluzione studentesca furono « formidabili » . Certo , formidabili per lui e per i molti , troppi , che ne hanno ricavato rendite di rivoluzione . Ma nient ' affatto formidabili per chi si aggira tra le rovine della scuola prodotte dalla cultura dell ' anticultura . È sempre vero , probabilmente , che in ogni epoca il numero degli stolti è infinito . Ma una cultura dominata da stolti e intrisa di stoltezza antielitista è un inedito . Qualcuno ha detto che « l ' ignoranza è sempre pronta ad ammirarsi » . Difatti mi aspetto , per il trentennio del Sessantotto , una travolgente valanga di autoincensamenti .
Ma l'ispettore Derrick è TV di qualità? ( Sartori Giovanni , 1999 )
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Di recente Alberto Ronchey è tornato alla carica sulla nostra « televisione senza qualità » . E anche un consigliere di amministrazione della Rai , Alberto Contri , ha criticato in diverse occasioni il basso livello culturale e di qualità del nostro servizio televisivo . Il direttore generale della Rai , Celli , risponde con statistiche che proverebbero , a suo dire , che la Rai offre più « servizio pubblico » di altre reti europee . Qualche volta rispondere con statistiche è rispondere . Ma le statistiche di Celli appartengono all ' aria fritta . Sapere che ai tg è stato dedicato il 13 per cento , alla cultura il 25 per cento e agli approfondimenti il 14 per cento del tempo Rai è una presa in giro . Per esempio , se il contenuto informativo serio e di interesse pubblico dei nostri tg è zero , 1.300 ore di trasmissione tg fanno sempre zero . E la voce cultura come viene definita ? Cosa ci viene cacciato dentro ? E a che ora ? Dopo mezzanotte ? Per dibattere di qualità e cultura dobbiamo essere in buona fede . Acchiappare queste nozioni è un po ' come acchiappare un ' anguilla . Chi vuole fare il furbo se la cava sempre . Ma chi non cerca di fare il furbo non produce statistiche che mettono assieme lucertole e coccodrilli e ammette senza cavilli che il livello culturale di un film di Luchino Visconti fa scomparire il livello culturale di un Carlo Verdone . Facciamo un esempio preciso : il genere dei film « gialli » , dei « mistery » . Mi si consentirà che questo genere ha un buon mercato . Eppure Viale Mazzini ci ha propinato senza fine il mediocrissimo ispettore Derrick e ha sempre ignorato i bellissimi mistery inglesi ( dai Poirot impersonati da David Suchet , alla serie dell ' ispettore Morse e altre ) . Mi si risponde che in Italia il mistery inglese non va . Il che vuol soltanto dire , a mio avviso , che la nostra tv ha diseducato il nostro spettatore a livelli da quattro soldi , appunto a livelli Derrick . Comunque , il punto centrale è quello del servizio pubblico . Per Viale Mazzini « pubblico » vuol dire « acchiappare pubblici » , acchiappare il più alto numero possibile di spettatori . Invece no . Un servizio pubblico è tale in quanto serve un interesse pubblico su materie di pubblica rilevanza . E qui il fatto è che i nostri telegiornali ci regalano quasi soltanto una cronaca di nessunissima rilevanza ai fini della formazione di una opinione pubblica . Intanto , il mondo è pressoché sparito ( basta , per dimostrarlo , il confronto con il notiziario delle world news della Bbc ) ; e il resto è tutto in chiave di raccontino lacrimoso mammistico . Se poi l ' obiezione è che un notiziario serio che dà notizie che ci aiutano a capire gli eventi otterrebbe un ascolto del 5 per cento , a questa obiezione rispondo che un 5 per cento che sa qualcosa è pur sempre meglio di un 100 per cento che non sa nulla . Rispondendo ad Alberto Contri il presidente della Rai Zaccaria lo rintuzza così : « sono sorpreso quando un consigliere [...] sventola la bandierina della qualità . Il Cda lavora da un anno e mezzo su questo » . Bene . La Rai cominci a dimostrarlo in sede di qualità dell ' informazione . La qualità in generale è , dicevo , nozione anguillesca . Ma la qualità dell ' informazione può essere misurata al paragone ogni giorno . Servizio pubblico o invece disservizio pubblico ? Finora , disservizio .
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Le obiezioni al disegno di legge del governo sulla disciplina degli spot politici sono parecchie . Le riassume in buona parte Andrea Manzella , che scrive perentoriamente così : « L ' iniziativa del governo non è incostituzionale . È soltanto sbagliata in quattro punti » . Manzella ha ragione sulla incostituzionalità : non c ' è . Ma sul punto principale della sua critica - il primo dei quattro - la tesi sbagliata è , a mio vedere , la tesi di Manzella . A detta del Nostro , la distinzione tra pubblicità e propaganda sulla quale si fonda la disciplina proposta dal governo è una « distinzione impossibile » . Manzella ne è sicuro perché « gli studiosi che si sono occupati della materia ( come Cesare Pinelli e Antonella Sciortino ) avevano avvertito che la distinzione non poteva reggere dato che l ' una e l ' altra forma di comunicazione politica utilizzano le stesse tecniche di persuasione e di semplificazione del linguaggio » . Gli studiosi ? No , « alcuni » studiosi . Vedi caso , tra gli studiosi dell ' argomento ci sono anche io ( me ne occupo , tra l ' altro , nella Enciclopedia del Novecento dell ' Istituto della Enciclopedia Italiana , e dunque in una sede di tutto rispetto ) e la mia tesi , lì e altrove , è che la distinzione tra pubblicità e propaganda è non solo possibile ma anche necessaria . A una persona esperta di mondo e smaliziata come Manzella non dovrebbe sfuggire , tanto per cominciare , che i pubblicitari sono interessati a cancellare la distinzione perché a loro interessa catturare anche il mercato della politica . Per loro sono tanti quattrini , e ai pubblicitari interessano quasi per definizione soltanto i quattrini . E se lei , senatore Manzella , ha mai sentito parlare di conflitto di interessi , allora dovrebbe stare più attento alle tesi « interessate » . Tra le tante differenze tra pubblicità commerciale e propaganda politica mi limito qui a ricordare che la prima vende beni e servizi a dei consumatori i quali , consumando , bene o male si accorgono se un bidone è un bidone . La propaganda politica vende invece promesse ( parole ) o altrimenti persone . Così i consumatori della propaganda comunista sono stati bidonati per settant ' anni , e chi vota ( compra ) Berlusconi non lo può poi mangiare per scoprire se è un buon commestibile . La stessa cosa , senatore Manzella ? No , cose diverse . E ne risulta che il potenziale di imbroglio e di dannosità della propaganda politica è incommensurabilmente maggiore di quello della pubblicità commerciale . Pertanto , strabilio nel leggere che lei raccomanda di « lasciare mano libera [...] ai pubblicitari » , visto che questi ultimi sono « quelli che con il loro mestiere di fantasia riescono a leggere e rivelare molta più politica al mondo di quanto non sia più capace di fare la politica come mestiere » . Poveri noi , e povera politica . Già siamo a livelli bassissimi . Con l ' aiuto di questa raccomandazione è pressoché sicuro che scenderà a livelli ancor più bassi . Comunque sia , l ' argomento di Manzella non regge in punto di logica . In buona logica una distinzione è analiticamente valida se individua una differenza , e non è cancellata dal fatto che la realtà mescola sempre tutto : bene e male , bello e brutto , e anche , appunto , propaganda e pubblicità . Domanda : se nel mondo reale bene e male si mescolano , ne dobbiamo forse ricavare che sono indistinguibili ? Alla stessa stregua , anche se è vero che i pubblicitari riducono la propaganda politica a un quissimile della vendita di un dentifricio , è lecito ricavarne che sono la stessa cosa ? Ovviamente no . Manzella si vanta di essere « strapaesano » ( vedi « Il Foglio » del 31 luglio ) e sbeffeggia i poveretti come me che vanno a cercare ( ma nel mio caso a rifiutare ) le soluzioni « in Australia o in Israele » . A me , confesso , gli strapaesani fanno paura . Se Hitler o Mussolini fossero mai stati in America , forse si sarebbero fermati . Tornando a Manzella , non so se gli spot statunitensi lui li conosca e veda . Mi sembra di no . Perché se li vedesse scoprirebbe qual è la china dello spot politico affidato alla « fantasia rivelatrice » dei maghi della pubblicità . È la china dello spot personale , puramente negativo ed essenzialmente diffamatorio . Un candidato attacca l ' altro dicendo che ha cornificato la moglie , che discrimina contro gli omosessuali ( o viceversa ) e che in gioventù ha sniffato cocaina . A Manzella andrebbe bene così ? Oppure ritiene anche lui che questo tipo di « spottismo » non è solo diverso dalla propaganda politica , ma che ne costituisce una degenerazione inaccettabile ? Il punto che sfugge in questo dibattito è che finora i nostri spot sono stati decorosi , e che sono stati decorosi perché disciplinati dalla legge del 1993 che vietava , nei trenta giorni prima delle elezioni , il ricorso a messaggi emotivi e spettacolari e consentiva soltanto l ' esposizione dei programmi politici . Ma se l ' attacco al disegno di legge del governo andrà a travolgere , come Manzella e altri fanno temere , quei limiti , allora è pressoché sicuro che i mercanti della pubblicità di casa nostra arriveranno lestamente agli spot negativi tipo Usa . Perché nessuno nega che lo spot negativo sia lo spot più efficace . Il punto resta se vogliamo ridurre la politica a un bombardamento di escrementi .
Ma quanto è laico, Eminenza! ( Sartori Giovanni , 2000 )
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La nota pastorale del 13 settembre dell ' arcivescovo di Bologna , cardinale Giacomo Biffi , è stata lanciata così dall ' Ansa , la nostra massima agenzia di stampa : « Immigrazione . Biffi allo Stato : favorite i cattolici » . Le agenzie di stampa devono , appunto « lanciare » . E di quel lancio sono stato un po ' vittima anche io perché - subito intervistato telefonicamente - ho troppo precipitosamente risposto che « quella tesi non mi convince per niente » . Che non mi convinca resta vero . Ma dopo aver letto l ' intero testo del cardinale devo fare ammenda e desidero riconoscere che quel testo , nel suo insieme , fa onore al suo estensore . Per una volta - mi succede oramai di rado - mi inchino . Certo , l ' ottica dell ' uomo di Chiesa è diversa da quella del laico , e quindi da quella del sottoscritto . Il cardinale Biffi deve dare priorità alla sua fede , e perciò alla « buona religione » . A me interessa , invece , la « buona società » . Ma ferma restando questa differenza di fondo e di priorità , l ' intervento del cardinale mi fa riflettere su quanto una « fede intelligente » sia vicina e conciliabile con la « intelligenza della ragione » . Seguo , nel citare , l ' ordine della esposizione del cardinale di Bologna . 1 . « Dobbiamo riconoscere che il fenomeno di una massiccia integrazione ci ha colti un po ' tutti di sorpresa . È stato colto di sorpresa lo Stato [...] che pare non abbia ancora recuperata la capacità di gestire razionalmente la situazione riconducendola entro le regole irrinunciabili [...] di una ordinata convivenza civile . E sono state colte di sorpresa anche le comunità cristiane [...] sprovviste sinora di una visione non astratta , non settoriale [...] Le generiche esaltazioni della solidarietà e del primato della carità evangelica [...] si dimostrano più bene intenzionate che utili quando non si confrontano davvero con la complessità del problema e la ruvidezza della realtà effettuale » . Queste , è proprio il caso di dire , sono parole sante . E davvero responsabili . 2 . « Non è compito della Chiesa come tale di risolvere ogni problema sociale » . Più che vero . Ma fa piacere che sia un cardinale ad asserirlo , e che poi sia un alto prelato a ricordare allo Stato quali siano i suoi doveri . Occorre , scrive , che « ci si preoccupi seriamente di salvare l ' identità propria della nazione . L ' Italia non è una landa deserta senza storia , senza tradizioni vive e vitali , senza una inconfondibile fisionomia culturale e spirituale , da popolare indiscriminatamente come se non ci fosse un patrimonio di umanesimo e di civiltà che non deve andare perduto » . Anche le comunità cristiane « non possono non valutare attentamente i singoli e i diversi gruppi » ; ma , alla fin fine , i criteri per ammettere gli immigrati sono di competenza delle autorità civili , fermo restando che quei criteri « non possono essere solamente economici e previdenziali » e che « le condizioni di partenza dei nuovi arrivati non sono egualmente propizie » ai fini di « una possibile e auspicabile [...] integrazione » . Di nuovo , parole sante . E fa dispiacere dover notare che una lezione come quella impartita dal cardinale di Bologna non ci sia mai o quasi mai arrivata dai nostri politici . Tra l ' altro , non ci è mai arrivata dalle nostre cattolicissime Maria Rosa Russo Jervolino quando governava il Viminale , né tanto meno dal ministro Livia Turco che ora risponde al cardinale che « la legge più severa sull ' immigrazione porta il mio nome » . Davvero ? Entrare clandestinamente in un paese è un reato , così come è un reato rifiutare di fornire le proprie generalità . E la severissima legislazione italiana cosa fa ? Fornisce al clandestino anonimo un foglio di via e poi lo rilascia , e così di fatto lo fa entrare e gli consente di sparire . Peccato che il cardinale Biffi non la possa sostituire . Pur essendo anche lui cattolico , farebbe molto meglio di lei . 3 . Il punto dolente dell ' immigrazione è quello dell ' immigrazione islamica . Il presule di Bologna lo dichiara senza perifrasi : « Il caso dei musulmani va trattato con una particolare attenzione . Essi hanno [...] un diritto di famiglia incompatibile con il nostro , una concezione della donna lontanissima dalla nostra ( sino ad ammettere la pratica della poligamia ) . Soprattutto hanno una visione rigorosamente integralistica della vita pubblica [...] la perfetta immedesimazione tra religione e politica fa parte della loro fede irrinunciabile , anche se a proclamarla e a farla valere aspettano prudentemente di essere diventati preponderanti » . Livia Turco si affretta a controbattere così : « Non dimentichiamo tutto ciò che accomuna e non divide le tre grandi religioni , il cristianesimo , l ' ebraismo e L ' islamismo » . In attesa che il ministro Turco mi ricordi quel che evidentemente io dimentico , mi pregio ricordarle ( qualora sia lei a non saperlo ) che la parola Islàm vuol dire sottomissione , che la parola araba per libertà - horriayai - esprime soltanto una situazione di non schiavitù ( dal che risulta che il nostro concetto di libertà al positivo è estraneo alla concezione islamica del mondo ) , e che alla nostra separazione tra Chiesa e Stato il musulmano contrappone la concezione dell ' Eddin - Dawa , che vuoi dire religione - Stato . Ciò posto , le sarei davvero obbligato se una volta tanto lei precisasse che razza di cittadino italiano osservante delle leggi italiane risulterebbe dalla « cittadinizzazione » del suddetto islamico . Per ora un gruppettino di studenti islamici delle scuole genovesi ha chiesto che il crocefisso venga eliminato dalle aule , ed è stato subito accontentato . In barba alla vanteria della Turco che le leggi degli immigrati devono sottostare a quelle italiane . Io , laico , del crocefisso non faccio certo un caso capitale . Ma a lei , cattolica , l ' episodio non appare un pessimo esordio della integrazione scolastica dell ' islamico ? Max Weber distingueva tra etica della responsabilità ( una moralità che mette in conto le conseguenze delle nostre azioni ) ed etica dei principi ( nella quale la buona intenzione è tutto e il cattivo esito viene ignorato ) . L ' etica della responsabilità è , se si vuole , impura perché è pilotata da un capire , mentre l ' etica dei principi è pura , ma per ciò stesso ottusa ( non sa , non capisce ) e irresponsabile . La chiesa di Giovanni Paolo II ha largamente sposato un ' etica dei principi . Niente profilattici , anche se quel niente incrementa l ' Aids . Niente contraccettivi , anche se quel niente produce un eccesso di centinaia di milioni di bambini destinati a morire di fame . La giustificazione è che provvederà la Provvidenza . In attesa stravince l ' imprevidenza . Ben venga , allora , un cardinale che si ricorda dell ' etica della responsabilità . Ne sia lodato il Signore .
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La Commissione bicamerale per le riforme costituzionali ha chiuso i battenti . Felicemente o infelicemente ? Per il Palazzo felicemente , visto che ne è uscito un accordo . Ma per il paese infelicemente , se è vero - come sostengo - che l ' accordo è stato pessimo . E un cattivo accordo che peggiora le cose non dà , o non dovrebbe dare , felicità . Si capisce che non ci sono quasi mai accordi assolutamente cattivi , così come non ci sono quasi mai accordi perfetti . Un cattivo accordo è dunque un ' intesa nella quale le malefatte nettamente prevalgono sulle cose ben fatte . I difensori d ' ufficio dell ' operato della Bicamerale si arroccano su due argomenti . Il primo è che qualsiasi accordo è meglio di nessun accordo . Il secondo è che , come dicevo , nell ' operato dei 70 bene e male si mescolano . Ma con questo argomento , il secondo , si redime tutto : si redime la guerra ( che Hegel equipara al vento che disperde i miasmi che aleggiano sulle paludi ) , si redime la tortura ( che consente di ottenere la confessione dei torturati ) , si redime magari anche Pol Pot ( che riduce l ' esplosione demografica ) . Quali sarebbero , allora , le acquisizioni positive della Bicamerale ? Che gli italiani , mai sazi di elezioni , potranno finalmente votare per il capo dello Stato ? Il loro tripudio sarà breve quando si accorgeranno di aver votato per un sotto - capo di Stato . Il federalismo ? Poveri noi , che caos . La riforma della magistratura ? Di questa ancora non si sa , ma tutto lascia prevedere che la nostra giustizia resterà in crisi . Accetto , dunque , che nelle pieghe del male si possa nascondere anche del bene ; ma spiegatemi , per favore , qual è . Quanto al primo punto , e cioè che qualsiasi accordo è meglio di niente , questa è una vera stortura . Chi ragiona così fa dell ' accordo un valore assoluto , un valore in sé . Invece l ' accordo è uno strumento per conseguire un fine . Accordo a quale scopo ? Per che cosa ? Stranamente ( ma non tanto , a ripensarci ) la Bicamerale non se l ' è quasi mai chiesto . L ' importante , per i 70 , è stato soltanto mettersi d ' accordo fra di loro , ai loro fini . Non hanno cercato di scrivere una buona Costituzione ma , assai più , di evitare riforme che li danneggiassero . E ci sono magnificamente riusciti . Ci sono riusciti mettendo la Costituzione all ' asta : tanto a me , tanto a te ; io chiedo cento , concludiamo per cinquanta . Il risultato è sotto gli occhi di tutti : il trionfo dei partitini , che si sono assicurati l ' eternità e un rinforzato potere di interdizione e di ricatto ; un contentino presidenzialista per la pubblicità di Gianfranco Fini ; un contentino parlamentarista per gli antipresidenzialisti : un misto di cane e di gatto , un can - gatto . Torniamo alla domanda che i bicameralisti hanno disatteso : perché una Seconda Repubblica ? Perché una nuova Costituzione ? Ovviamente perché abbiamo problemi di disfunzionalità sistemica che dobbiamo risolvere : primo , ridurre la frammentazione partitica ; secondo , rinforzare la governabilità . Due obiettivi che sono strettamente collegati . I partiti sono le gambe sulle quali la governabilità dovrebbe camminare ; e se le gambe sono zoppe e troppe , allora la governabilità va all ' aria e non c ' è barba di marchingegno costituzionale che possa rimediare . Orbene , questi due obiettivi e gli strumenti per perseguirli sono stati non soltanto mancati , ma addirittura capovolti . Il progetto magnifico e progressivo siglato dalla quadriglia D ' Alema - Marini - Berlusconi - Fini , in breve Damabefi , ci garantisce una decina di partiti , e governi di cinque anni di veti incrociati . Se non sarà una dieta polacca , poco ci manca . Meglio l ' accordo Damabefi che nessun accordo ? Confesso di essere interdetto . Perché non è che nessun accordo ci lascia con nulla , librati nel vuoto . Se non siamo capaci di creare una nuova Costituzione sensata , l ' alternativa è restare con il sistema parlamentare che abbiamo , e tornare a lavorare sul suo miglioramento . Se il nuovo è peggio dell ' esistente , allora meglio l ' esistente . Davanti alla Costituzione Damabefi l ' alternativa non è , ripeto , il niente o il caos . E riconoscere che la Bicamerale ha fatto autogol . E se l ' autogol delegittima la classe politica che l ' ha fatto , chi è causa del suo mal pianga se stesso . A questi argomenti si risponde in coro , dal Palazzo e dintorni , che in politica gli accordi si fanno sempre come sono stati fatti in Bicamerale , che io di politica proprio non mastico , e che la mia opposizione è professionale , astratta , addirittura egolatrica . Per esempio , di me Silvio Berlusconi scrive ( « Corriere della Sera » , 28 giugno ) che « per un Professore l ' importante è il modello , il teorema . Il modello è perfetto , l ' ha fatto il Professore , è bello , gli piace » . Spiegando che chi « è innamorato per professione delle astrazioni accademiche poco si cura della realtà , e rifiuta perciò di sottoporre i suoi modelli alla verifica dei fatti » . Troppo onore , deputato Berlusconi : lei mi accredita un merito che non mi spetta . Il modello « fatto dal Professore » è stato fatto una quarantina d ' anni fa da un certo Debré , si chiama Quinta Repubblica , e funziona da altrettanto tempo in una capitale che si chiama Parigi . Aggiungo che siccome la Francia degli anni Cinquanta era molto simile , politicamente , all ' Italia degli anni Novanta , l ' argomento che il prototipo francese non si presta a trapianti è pretestuoso . Ma veniamo al punto : chi è che , in politica , è bravo . Io racconterò la vicenda della Bicamerale così come la conosco in prima persona . Dal che potrà risultare quant ' è bello il primato della politica , dove stanno gli sbagli e chi li ha fatti . La vicenda dura , per l ' esattezza , da quando cadde il governo Berlusconi ( dicembre 1994 ) . Dopo un anno di governo Dini , nel febbraio 1996 venne tentato il governo di Antonio Maccanico . In quel momento mi parve , e sostenni , che nessuna riforma costituzionale sarebbe stata possibile senza un ' intesa preventiva fra i tre maggiori partiti , e cioè di larga maggioranza trasversale . Siccome al Pds premeva ( giustamente ) un sistema elettorale a doppio turno , mentre il Polo reclamava un generico presidenzialismo , mi venne l ' idea , elementare e banale , di uno scambio fra doppio turno e semipresidenzialismo . E siccome non tutti gli scambi lo sono , tengo a sottolineare che il mio era « alto e nobile » , visto che proponeva un sistema esistente e ben funzionante , e che non era per nulla ( come appare alla logica aggrovigliata dell ' onorevole Ciriaco De Mita ) uno spezzatino : non spezzava nulla , era il modello francese mantenuto integro , stessa testa con gli stessi piedi . Il tentativo Maccanico fallì per un soffio . Scrissi allora che avevamo perduto , per colpa congiunta di D ' Alema e di Fini , un treno che non sarebbe ripassato . Difatti non stava ripassando quando mi incontrai con Massimo D ' Alema , a metà marzo del 1997 . E poiché a me non era venuta nel frattempo nessuna idea nuova , in quell ' occasione riproposi a D ' Alema lo scambio dell ' anno prima . Io ho sempre ritenuto scorretto riferire di un incontro privato . Ma dato che su quell ' incontro ci sono state numerose fughe di notizie , in larga parte fantasiose , forse a questo punto occorre darne la versione autentica . Dunque , a quel mio suggerimento D ' Alema rispose , prendendomi in contropiede , così : vede , professore , oggi chi non vuole nessun presidenzialismo è Berlusconi . Pur raggelato , gli chiesi : mi autorizza ad andare da Berlusconi a dirgli che è lui che blocca l ' intesa ? Senz ' altro , fu la risposta di D ' Alema . Il che non mi rendeva ( come è stato scioccamente scritto ) suo ambasciatore . Ma sottintendeva che un sì di Berlusconi avrebbe sbloccato la trattativa . Adelante Pedro , feci il giro delle sette chiese , vidi un po ' tutti , incluso Berlusconi , e il 4 aprile tornai a Botteghe Oscure . Per riferire che Fini accettava il doppio turno , nella formulazione che avevo proposto ; e che Berlusconi mi aveva autorizzato a confermare che la formula del semipresidenzialismo a lui stava bene . Immaginavo che D ' Alema sarebbe stato contento . Immaginavo male . D ' Alema mi ascoltò accigliato ; mi disse in quel momento ( non quando mi aveva mandato allo sbaraglio ) che lui aveva cambiato disegno ; e mi congedò esortandomi a tornare agli studi , e a lasciare la politica a lui . Difatti mi sono rimesso alla finestra , imparando quel che dirò tra poco . Racconto tutto ciò perché mi sento dire da ogni parte che l ' accordo , stavolta basso e ignobile , raggiunto in extremis a fine giugno da Damabefi è stato « il migliore possibile » . No . La storia di cui ho riferito dimostra di no . La verità è che la sera del 5 aprile 1997 D ' Alema , Berlusconi e Fini avrebbero potuto benissimo incontrarsi in casa di Gianni Letta e accordarsi in un lampo su una buona Seconda Repubblica . Non è accaduto , ma era possibile . Possibilissimo . Anzi , era quasi fatta . Il successo della Bicamerale , un successo vero , era a portata di mano . Invece è stato regalato alle ortiche . Perché ? E importante , in cose importanti , capire come è andata . Guardando dalla mia finestra , quel che sono riuscito a vedere è che D ' Alema ha sbagliato tutto . Lo dico con dispiacere , perché in D ' Alema ho creduto . Dubitavo da tempo , fin dal tempo della vicenda Maccanico , del suo coraggio ; ma ritenevo che avesse una visione , che non fosse un tatticista come gli altri . Così ritenevo . Ma temo di essermi sbagliato . Succede anche a me . Intanto , e per cominciare , D ' Alema ha ingannato tutti coloro che lo hanno insediato alla presidenza della Bicamerale . Soltanto a maggio D ' Alema ci ha detto che la sua linea di azione era ispirata da amore di Ulivo , e che la sua priorità era salvare il governo Prodi . No , onorevole D ' Alema . In tal caso lei non doveva né cercare né accettare la presidenza della Bicamerale . Perché come presidente della Bicamerale la sua priorità doveva essere la Costituzione , la ricerca di un buon accordo costituzionale . Nel gestire la Bicamerale per salvare il governo Prodi , pertanto , lei si è messo in una posizione falsa che ha falsato tutto il gioco . Fra l ' altro , non c ' è bisogno di essere professori per capire che una traballantissima e risicatissima maggioranza di centro - sinistra non poteva essere in alcun modo una maggioranza di riforma . La quadratura del cerchio in partenza non c ' era ; se l ' è creata lei giocando contemporaneamente su due tavoli . Ed è per questo che lei è approdato a un cerchio quadrato , oppure a un quadrato circolare ; insomma , al pasticciaccio al quale è approdato . Ciò premesso , resta da spiegare perché D ' Alema il 4 aprile abbia buttato via un ragionevolissimo accordo che aveva già in tasca e imboccato l ' impervia e assai dubbia via del cosiddetto premierato forte , di un premier quasi - israeliano , quasi - eletto ( e , in sostanza , come - se - eletto ) . Non è che con questa trovata D ' Alema accontentasse Franco Marini e i popolari , avversi a ogni « direttismo » . E nemmeno accontentava , così , Fausto Bertinotti . Accontentava almeno il suo partito , il Pds ? Per quel che mi consta , no . Le resistenze che D ' Alema incontra nel Pds sono di coloro che restano ancorati alla tradizione parlamentarista del partito . Allora , perché D ' Alema si è buttato davvero a corpo morto sul premierato all ' israeliana ? Visto che mi si rimproverava di non capire la realtà della politica , sarò realista : tanto realista quanto lo sono i politici che osservo . Che cosa è successo a D ' Alema ? E successo , dice il mio realismo , che D ' Alema si è promosso al rango del più furbo di tutti . Può darsi , per esempio , che D ' Alema abbia ritenuto che le sue chance di essere eletto presidente della Repubblica erano modeste , mentre il premierato forte era un vestito fatto su misura per lui . Inoltre D ' Alema può aver pensato che sul premier di elezione diretta avrebbe potuto imbrogliare facilmente Berlusconi , e poi ottenere l ' assenso di Fini . Berlusconi , si sa , non ha mai percepito che tra presidenzialismo e premierato ci fosse differenza ; dunque Berlusconi non era un problema . Quanto a Fini , anche lui stava facendo il furbo . Diceva presidenzialismo , ma poi , si sapeva , era pronto a salvare l ' onore anche con l ' elezione diretta del capo del governo . Forse , mentre io ingenuamente giravo le sette chiese , l ' intesa era già , nell ' aria , questa . Non lo so . Ma quel mattacchione di Umberto Bossi è riuscito all ' ultimo minuto a farla saltare . Nel gioco dei furbi , è andata a finire che il più furbo è stato lui . Congetture a parte , quel che è certo è che D ' Alema , pur di ottenere il premierato forte , ha venduto tutto . Soprattutto ha rinunciato a quel doppio turno che per il Pds era vitale . Perché D ' Alema il doppio turno lo ha ritirato fuori soltanto all ' ultimo , per il semipresidenzialismo alla francese . Ma , vedi caso , per il premierato forte non era necessario . E , vedi caso , l ' abbandono del doppio turno andava bene al Berlusconi ispirato da Gianni Pilo , e gli guadagnava il plauso dei cespugli . Non contento , D ' Alema ha anche disperatamente cercato di comprare Bossi , regalandogli tutto il federalismo che in poche notti Francesco D ' Onofrio è riuscito a mettere assieme . Dunque , pur facendo in finale buon viso a cattivo gioco , D ' Alema esce sconfittissimo dalla sua gestione della Bicamerale . Purtroppo ne esce anche sconfittissima la stessa ragion d ' essere di una riforma costituzionale . I davvero contenti dovrebbero essere gli ex democristiani che salvano tutte le loro poltrone , e Bertinotti che potrà continuare a rafforzarsi . Ma gli italiani contenti non dovrebbero essere . La televisione di Stato ( aggiunta , s ' intende , a quella di Berlusconi ) ci ha annunziato il 30 giugno sera che « per la prima volta una commissione bicamerale ha fatto centro » . Cornuti , mazziati e anche soddisfatti . Grazie a questi media , finiremo proprio così .
UN PRESIDENZIALISMO MAL CONGEGNATO ( Sartori Giovanni , 1998 )
StampaPeriodica ,
La lunga marcia delle riforme ha sinora affrontato , alla Camera , soltanto due nodi : quello del federalismo ( forma di Stato ) e quello del presidenzialismo ( forma di governo ) . Sul primo , il testo concordato in Bicamerale è stato ampiamente modificato ; sul secondo , invece , è stato rispettato . Il che non è di per sé riprovevole o irragionevole . Se gli accordi della Bicamerale fossero tutti blindati , allora l ' esame delle Camere non avrebbe senso , sarebbe soltanto pro forma . Però , se tutti gli accordi della Bicamerale fossero sblindati , cioè tutti da rifare , allora sarebbe il lavoro della commissione costituente a risultare inutile . Alla domanda se i patti della Bicamerale saranno rispettati , pertanto , per il momento si può soltanto rispondere : in parte sì , in parte no . Ma siamo ancora ai primissimi passi . Perché c ' è ancora da vedere che cosa succederà al Senato , dove la riforma presidenziale approvata a Montecitorio potrà tenere , ma dove dubito molto sulla tenuta della riforma federale . Il solo punto abbastanza fermo , a oggi , delle riforme è dunque quello del presidenzialismo . Vediamolo . In passato il presidente della Repubblica era eletto dalle Camere . In futuro sarà eletto , in forza dell ' articolo 64 della nuova Costituzione , a suffragio universale diretto . La Camera ha anche approvato gli articoli che ne specificano poteri e modalità di elezione , affrontando per ultimi due punti : le prerogative presidenziali in materia di politica estera e di difesa ( art. 66 , sub a ) e il potere di scioglimento delle Camere ( art. 70 ) . Sono punti importanti , e controversi per questo ; ma non abbastanza importanti da modificare la valutazione d ' insieme . I sistemi genericamente detti presidenziali sono almeno una trentina , e si dividono in tre tipi : il sistema presidenziale puro di tipo americano , il sistema semipresidenzíale di tipo francese , i sistemi presidenziali spuri che sono tali di nome più che di fatto . Il solo denominatore comune di tutti questi sistemi è l ' elezione popolare del capo dello Stato . Ma la sola elezione non basta a rendere un sistema presidenziale diverso da un sistema parlamentare . Irlanda , Islanda e Austria esibiscono presidenti eletti a suffragio universale , ma funzionano in tutto e per tutto come sistemi parlamentari nei quali il presidente conta poco o niente . Un sistema politico è davvero presidenziale , allora , quando il presidente conta in termini di potere di governo . Negli Stati Uniti è il presidente che governa e che riassume in sé tutti i poteri di governo . Dunque , nel sistema presidenziale puro il presidente conta moltissimo . L ' inconveniente di questa formula , che si manifesta appieno in America Latina , è duplice : da un lato è aperta al rischio dell ' eccesso di potere , dall ' altro lato non prevede il caso che viene detto della « maggioranza divisa » , cioè del presidente che si trova in minoranza in Parlamento . In Francia , invece , la struttura del potere esecutivo è diarchica , a due teste ; ma il problema di una conflittualità o paralisi diarchica è risolto dal fatto che l ' esercizio effettivo del potere passa dal capo dello Stato al capo del governo - e viceversa - a seconda di chi si trova in maggioranza . Il semipresidenzialismo francese è dunque un sistema altamente flessibile che non si incaglia , come avviene in America , nelle secche della maggioranza divisa . In Francia il presidente a volte conta molto , a volte conta meno ; ma non è mai un presidente che non presiede nulla , la cui funzione è di essere soltanto un garante . Come si cerca invece di renderlo nel presidenzialismo all ' italiana . Come notavo , in materia di poteri presidenziali esiste ancora un contenzioso aperto . Ma ammettiamo che gli articoli 66 e 70 resistano agli assalti e passino nella versione proposta dalla Bicamerale . Anche se così sarà , il presidenzialismo all ' italiana è pur sempre da ascrivere alla categoria dei presidenzialismi spuri e mal congegnati ; che talvolta sono soltanto inutili , come nella citatissima Austria , ma che possono anche essere dannosi . Capisco benissimo chi si oppone al presidenzialismo puro . Capisco anche , seppur meno , chi nemmeno vuole il semipresidenzialismo . Ma l ' argomento vero non è che nel modello francese si annida il pericolo di una tirannide virtuale , come gridano , comprensibilmente spaventatissimi , Armando Cossutta e Fausto Bertinotti ; e nemmeno il pericolo della deriva plebiscitaria denunziato dai popolari . Chiamando le cose con il loro vero nome , chi diffida di qualsiasi presidenzialismo teme l ' elezione popolare diretta . Coma fa un elettorato che di politica si interessa poco , e sa pochissimo , a scegliere una persona adatta ? Diciamolo senza infingimenti : il rischio di una cattiva scelta , di una scelta sbagliata , è un rischio da mettere in conto . E la videopolitica lo accentua . In Brasile la televisione ha portato al potere Collor , un pessimo presidente cacciato per corruzione nel 1993 . In questo momento pare che dalle elezioni presidenziali nelle Filippine esca vincitore un ex attore ( come Ronald Reagan , ma senza il suo tirocinio politico ) e che in Venezuela la candidata più forte per le elezioni presidenziali di dicembre sia Irene Sàez , un ' ex Miss Universo di 36 anni : certo una gran bella ragazza , ma che cosa c ' entra ? Dunque il presidenzialismo comporta un rischio che l ' elezione parlamentare del presidente riduce . Ma il guaio è che in Italia i nemici del presidenzialismo sono riusciti a depotenziarlo senza però riuscire a evitare l ' elezione diretta ( per ben sei anni ) . Il che rischia di produrre un presidenzialismo reso pericoloso dalla propria impotenza . L ' elezione popolare del capo dello Stato non è piccola cosa . Tra le tante , troppe elezioni che ci affaticano , è la Grande Elezione . Mobilita un paese per mesi , richiede manovre di posizionamento dei candidati per anni , e impiega ingenti energie e risorse . Dopo di che , e soprattutto , crea aspettative . In Italia - se mai arriveremo al referendum confermativo della nuova Costituzione - l ' elezione del presidente verrà strombazzata come una grande conquista democratica , come un aumento del potere popolare . Non sarà vero , sarà un imbrogliuccio . Ma resta vero che l ' elezione diretta dà legittimità , e quindi il nuovo presidente potrà parlare più di ogni altro in nome del popolo . E se sarà un tipo battagliero potrà dare battaglia per conquistare i poteri che la Costituzione gli nega , ma che i veri presidenzialismi gli assegnerebbero . Una battaglia che gli verrà facilitata da un varco che i nostri costituenti hanno lasciato sguarnito senza accorgersene . Nell ' articolo 66 sub e , approvato pochi giorni fa , si legge che il presidente della Repubblica « autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del governo » . E vero che quel disposto ripete l ' articolo 87 della Costituzione del 1948 . Ma se era reso aggirabile , in passato , da un sistema parlamentare , è un disposto che diventa pericolosamente offensivo in mano a un presidente a elezione popolare . Che cosa succede se il presidente non autorizza la presentazione di un disegno di legge ? Dal testo si evince che la non autorizzazione è un atto interamente discrezionale . E dunque può succedere che il presidente unto dal popolo blocchi , volendo , quasi tutto il governare . Bravi davvero , Leopoldo Elia e soci . Nel combattere il presidenzialismo , i popolari hanno ottenuto un presidenzialismo impotente sì , ma aperto ai conflitti istituzionali assai più del sistema semipresidenziale che sono riusciti a distruggere . In Francia la potenziale conflittualità tra capo della Stato e capo del governo è stata disciplinata , e a tutt ' oggi non è mai stata dirompente . Il presidenzialismo all ' italiana , invece , o sarà soltanto di facciata , oppure sarà contrassegnato da una preoccupante conflittualità interna . Nella prima eventualità , quella di un presidenzialismo finto e soltanto nominale , avremmo fatto molto rumore per nulla , e la montagna avrebbe partorito un topolino . Nella seconda eventualità , ci troveremmo assai più mal messi di prima . In ogni caso , chiamare questo coso un semipresidenzialismo è un ' ingiuria al nome .