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Miscellanea ,
POCHE PAROLE PER CAPIRCI ALLA PRIMA . Questo libro non è per gli strategici e molto meno pei letterati ; un cruscante , leggendolo , avrebbe di che arricciare il naso moltissime volte ; un soldato di quelli che vanno per la maggiore , giurerebbe che lo scrivente sa di arte di guerra , quanto sa d ' ortografia un ' analfabeta ; nè io dicerto vorrei sfegatarmi per far cambiar loro opinione ; io non l ' ho mai pretesa a linguista ed ho una vecchia ruggine con chi si arrovella , per studiare il sistema di ammazzare più gente che può . I miei non sono che appunti ; appunti presi al chiaro di luna , nel silenzio degli avamposti o nel cicaleggio giocondo e spigliato della caserma ; tra il fischiar delle palle e le canzoni entusiastiche , tra una bestemmia e una lacrima , in mezzo alla baldoria e ai cadaveri , ai generosi proponimenti e alle continue disillusioni , nasce spontanea in chiunque abbia del cuore , una filosofia che l ' arcigno e pettoruto pedante non crederebbe possibile in una vita scapigliata , chiassona , piena d ' emozioni , ma sempre senza pensieri , quale è la vita del campo . E di tali riflessioni , ispirate dai fatti ora tristi , ora gloriosi , di cui fummo gran parte , può essere che qua e là se ne trovino anche in questi appunti , che raffazzonati alla meglio , ora ardisco di offrire ai miei buoni lettori , persuaso che , se non avranno altro merito , avranno certamente quello di essere dettati dalla verità , mai da rancore o da invidia . Se arrivato all ' ultima pagina , qualcuno che avrà avuto l ' eroismo di seguirmi fin là , volgerà un pensiero pietoso ai poveri martiri , che ignorati si giacciono nell ' estese pianure sotto Fontaine e Talant e resterà persuaso che i pochi , i quali per la causa più santa che si sia dibattuta in questi ultimi tempi lasciarono interessi e famiglia , quantunque disconosciuti e non aiutati da chi aveva il dovere di aiutarli , hanno fatto tutto quello che umanamente era loro possibile per far trionfare la idea , battendosi da prodi , e non mostrandosi indegni di quella camicia rossa , che da gente abietta e codarda si voleva condannare al Bargello , io sarò più che contento , io potrò dire che il mio povero libro ha raggiunto il suo scopo . CAPITOLO I . - Bada bene che domani ti aspettiamo a Livorno . - Non ne dubitate ... Brucio anche io dal desiderio di lasciar queste lastre . - Allora siamo intesi ? - Intesisissimi . - A domani dunque ! ... E tutti , e tre ci stringemmo vicendevolmente la mano , e si stava per congedarci , quando tutto a un tratto un prolungato mormorio ci giunge all ' orecchio : è un accorrere di gente , uno spalancarsi improvviso di finestre e di usciali di botteghe vicine , un domandare e un rispondere , un incomposto gridìo di ragazzi , un esclamare di donne , continuo e in tuono di spavento . - Che ci sia la rivoluzione ? - Domandò un mio compagno che da circa quindici giorni non sognava che sangue e trambusti . Senza rispondere alla strana supposizione , mossi dalla curiosità escimmo tutti dalla bottega di caffè , nella quale eravamo seduti . Qual magnifico spettacolo non ci si offerse alla vista ! Era terminato di piovere ed il cielo era tutto rosso , infuocato , quasichè fosse avolto in un lenzuolo d ' amianto ; i popolani , tutti a bocca spalancata tenevano la testa all ' insù , e distornavano gli sguardi dall ' alto , solamente por occhieggiarsi tra loro , lambiccando il cervello e arrapinandosi , per spiegare il fenomeno , che per la prima volta vedevano , e di cui non erano mai giunti a farsi un ' idea . I lettori si rammenteranno dell ' Aurora boreale che apparve ai venticinque dell ' ottobre decorso ; la sera appunto del venticinque d ' ottobre era l ' ultima che , a nostro giudizio , dovevamo passare in Firenze . - Anche il cielo si tinge di rosso - Gridò il solito compagno , provocando un ' occhiataccia dal padron di bottega , il quale dacché aveva raggruzzolato la miseria di un mezzo milione si era buttato , anima e corpo , nella categoria dei ben pensanti - Allegri ragazzi - Continuò collo stesso tuono di voce lo scapato - Gli augurii , non potrebbero essere migliori ... Evviva il rosso ! - Evviva ! - Rispondemmo noi tutti , contenti come pasque per la nuova distrazione che ci dava quel caso inopinato e maraviglioso che faceva inorridire dallo spavento il superstizioso fellak e la donnicciola dei nostri camaldoli ; due selvaggi in questo secolo in cui non si fa che ragionare di civiltà . Dopo pochi minuti , lasciai i miei compagni , e prima di ridurmi a casa , ebbi vaghezza di vedere , forse per l ' ultima volta , il lungarno . Era deserto ! Non sto a ripetere tutti i pensieri che , ispirati dalla solitudine , si accavallavano e si cozzavano nel mio cervello in ebollizione : finalmente si poteva partire , e partire per la Repubblica ... finalmente era venuto il momento di far vedere ai nostri nemici che non si era buoni soltanto a declamare per i caffè e per le bettole , finalmente si realizzava quel sogno che da tanto tempo vagheggiavamo nel più segreto dei nostri pensieri . E dire che i pezzi grossi della democrazia , tutti , come un sol uomo ci avevano sconsigliato . Ma che vogliono dunque - ripeteva tra me - questi vecchi che coi loro scritti , colle loro opere sono stati i primi a farci amar la repubblica ? - Lasciar solo là , tra un popolo straniero , Garibaldi e farci sfuggire una sì bella occasione .... Ma che vogliono dunque costoro ? .... Alla fine soccorrendo la Francia , noi non adempiamo che al nostro dovere ; si soccorre la nostra sorella maggiore , la patria delle grandi iniziative , quella che ci ha istruito colle sue opere , che ci ha dato sollazzo coi suoi romanzi , che ha fatto le spese dei nostri teatri , che dal campo sereno e grandioso della scienza a quello frivolo della moda ci ha dato ogni cosa ; se ci è di mezzo quel maledetto affare di Montana , che colpa ce ne ha la Francia , che colpa ce ne hanno i discendenti di Voltaire e di Danton , i figli di quella Nazione che ha proclamato per prima in faccia all ' attonito mondo i diritti dell ' uomo ? .... Oh ! la sarebbe bella , se i nostri soldati fossero mandati in China o in qualunque parte del mondo , a puntellare un monarca imbecille e codardo , oh ! la sarebbe bella , che se ne avesse a fare un carico a noi ! ... Eppoi andare contro un re per la grazia di Dio , noi che non crediamo in Dio e non abbiamo i re nelle nostre simpatie ; aiutare un governo che ha i palloni volanti per posta e per soldato chiunque è buono di portare un fucile ; utilizzare a prò di causa santissima una vita noiosa e disutile , traversare il Mediterraneo , veder città e paesi che tante volte abbiamo sentito nominare nei libri , e che tante volte abbiamo desiderato vedere , riabbracciare i vecchi compagni con cui in altro tempo si è diviso i pericoli e l ' emozioni delle battaglie ; inebriarsi di nuovo tra la polvere , il fumo e l ' assordante rumore dei combatimenti ; e udire le grida dei prodi , che si lanciano , come un sol ' uomo , alla carica e unirsi a loro e vederli ... vederli da vicino i terribili soldati che fan tremare l ' Europa , misurarsi con essi , picchiarsi , vincere , morire forse anche pel nostro ideale .... Oh ! le care fantasie che mi carezzavano l ' immaginazione , sotto quel Cielo di fiamme , sul quale proprio davanti ai miei occhi staccava superbamente modesto , il tempio monumentale di san Miniato - Anche là sono morti dei repubblicani - Io dissi con compiacenza a me stesso - anche là fu combattuta l ' aspra tenzone che da tanto tempo agita l ' umanità ... Essi son morti , ma vivono eterni nella memoria del popolo . Oh ! toccasse a noi la lor sorte ! Insomma d ' idea in idea , di fantasticaggine in fantasticaggine , chi sa dove sarei andato a cascare , se , più macchinalmente che altro , non mi fossi ritrovato sulla piazzetta , dove era la mia abitazione - Eccolo - Gridò una voce ben nota , appena spuntai dall ' angolo della via . - Eccolo ! - Ripresero altre voci ; I miei due amici , a cui se ne erano aggiunti altri due , avevan fatto un capannello davanti al mio uscio e mi avvidi alla prima che mi aspettavano . - Abbiamo creduto bene di venir tutti da te ; così domani saremo sicuri di svegliarci e non recheremo disturbo ai nostri padroni di casa ... - Lo recherete al mio - Interruppi .... - Non importa ; già ora siamo liberi ; abbasso i padroni ... - Specialmente quelli di casa , che se si tarda a pagarli , diventano peggio di jene . - Su .. su ; gridarono tutti . - Su ! - Gridai anche io , facendo di necessità virtù ; che oramai o girellare tutta la notte , o portare in casa mia quell ' indiavolati . S ' immagini il lettore , che cosa divenisse in pochi minuti quella camera ; tutti fumavano come cammini , ed io in un cantuccio davo fuoco a certi appunti , coi quali sera per sera confidavo alla carta le impressioni provate durante il corso della giornata . Il mio letto era piccolo per uno solo e in lunghezza non avea niente da invidiare al celebre di Procuste ; cotesta sera ci entrarono in quattro , e non potendo dormire , come è più che naturale , cominciarono a tirarsi spinte e pedate tra loro , facendo un baccano da mettere in sussulto il vicinato : ora uno stivale colpiva negli stinchi qualcuno , provocando certi moccoli da fare arrossire un vetturino ; ora si sentiva un ' urlaccio , che traeva l ' origine da un gentil pizzicotto ; ora un guanciale cadeva , a mo ' di bomba , sul tavolino , rovesciando il calamaio sul tappeto , che , se non era Turco , non era meno diletto al padrone di casa che ci passava davanti intiere mezz ' ore in ammirazione ; ed ad accrescere il diavoleto , risate omeriche , grida incomposte , esclamazioni più o meno frizzanti , ma non certamente autorizzate dal Galateo di Monsignor della Casa . Il più rivoluzionario dei miei amici si avvolse dignitosamente nel lenzuolo , quasichè fosse un peplo ; le forme del futuro difensore della Repubblica Francese non erano greche di certo ; i suoi stinchi potevano benissimo scambiarsi per fusi , e tutto l ' insieme ti dava un ' idea esattissima di un Cristo del Cimabue . - Cantiamo la Marsigliese - Gridò E tutti , con certe voci da birboni , che non le può immaginare all ' infuori di chi l ' abbia sentite , cominciarono il celebre inno di Rouget de l ' Isle : Allons , enfants de la patrie , con quel che segue . - Signori per carità - Urlava con voce più delle nostre stuonata , la padrona di casa dall ' uscio vicino . - Questa è una vera porcheria - Di rimando aggiungeva l ' inquilino della stanza di contro - Quando si ha la sbornia , la si va a digerire in campagna . - A chi la dice briaco ? - Protestava , offeso nella sua dignità , il Romano dal letto . - Misuri i termini . Vociavano gli altri . - Per chi la ci ha preso ? - Bellino lui ! ... Fa il feroce , perché è dietro la porta . - Giù la porta . - Alle barricate ! ... - Alle barricate ! ... Descrivervi la pioggia di proiettili d ' ogni genere che fu scaraventata su quell ' uscio , sarebbe cosa impossibile ; era un turbine di stivaletti , di libri , di guanciali , di spazzole ; il malcapitato se ne andò battendo a più riprese la porta e protestando che andava a far rapporto alla delegazione vicina . - E ora , saranno soddisfatti ! - Esclamò la padrona , sempre dietro le scene . Per nostra buona fortuna il chiarore bianchiccio dell ' alba , si fece vedere tra gli spiragli delle nostre finestre , ed i miei compagni partirono allegri e contenti , dopo averci scambiato la promessa di vedersi tra otto ore in via Grande a Livorno , chè le mie occupazioni esigevano che io mi dovessi trattenere tutta la mattina a Firenze . Andai per dormire , ma avevo fatto i conti senza l ' oste , e questa volta la parte dell ' oste doveva esser sostenuta dalla mia vecchia padrona di casa , la quale mi caricò di rimprocci , mi torturò coi suoi omei , mi seccò colle sue geremiate - Noi si cercava di rovinarla , il nostro non era agire da persone educate . - Io presi pretesto da tutte queste lamentazioni , per restituire la chiave , uscii , senza ascoltare scusa veruna , disbrigate in fretta e furia le mie faccenduole mi avviai , diritto come un fuso , alla stazione , ed aspettando il magico fischio che doveva annunziarmi la partenza dalla moribonda capitale del felicissimo regno degli analfabeti , mi rincantucciai in un vagone . - Era tempo ! - Esclamerà il lettore e non avrà tutti i torti . Ci moviamo : qual felicità ! Eppure credevo di dover provare un po ' più d ' allegrezza : il Cielo era d ' un colore plumbeo e , per quanto tu aguzzassi lo sguardo , non giungevi a vedere un solo strappo che ti facesse sperare il sereno : eppoi , non lo so , partendo non si può fare a meno di risentire una certa malinconia .... son troppe le reminiscenze che vengono a assalirti , tutte di un colpo ; il minimo nonnulla prende le proporzioni delle cose più grandi ; ci si rammenta i più inconcludenti discorsi , si ripensa alle passeggiate gradite , ai geniali convegni , alle conversazioni che eravamo soliti di frequentare ; gli stessi dispiaceri che abbiamo provato ci sembrano meno crudeli ; e nelle nostre fantasie si affollano invece le gentili esibizioni degli amici , gli affettuosi conforti delle nostre belle , i favori che ti fu dato ricevere , frequentando la società ; le vie per le quali eri solito passeggiare le ti sfilano davanti , coi suoi negozi , colle sue gentili passeggiatrici che ti sono divenute familiari , quantunque tu non le abbia mai avvicinate : e davanti ai tuoi occhi che distrattamente si affissano sugli alberi , i quali sembra che friggano indietro impauriti a veder passare la macchina , sfilano ad uno ad uno , quasiché fossero figure di lanterna magica , i volti di tutti coloro che ti conoscono , che tu conosci , o che hai veduto anche soltanto una volta : le occupazioni che poco fa riguardavi come un martirio , ora ti sembrano , care ... E quando tornerò ? ... E se non tornassi più ? .... Quante cose saranno cambiate , nel primo caso .... chi mi compiangerà nel secondo ? ! .. Oh ! In questi momenti si comprende l ' eroismo di chi per una idea può lasciare una madre ! - Livorno - Grida la guardia . - Già .... a Livorno - Pensai tra me e me - Ed io che credeva di essermi mosso da pochi minuti ! Chi avevo avuto per compagni di viaggio ? io non me lo ricordo ; probabilmente mi devono aver preso per matto . Scendo e vado di corsa in via Grande , ove avevo l ' appuntamento a Livorno ; il Consolato Francese doveva darci modo di pervenire sicuramente a Marsiglia ; chè la questura Livornese , diretta dal celebre Bolis stava con tanto d ' occhi sgranati , affinchè nessuno salisse sui vapori francesi , importunando e viaggiatori , e marinari , e facchini di porto , fino a tanto che questi non avessero dati schiarimenti più che lampanti sull ' esser loro , o sulle faccende che li facevano stare sul mare ; anche muniti di biglietto , si correva rischio di esser mandati e con cattivo garbo , di dove si era venuti , e i passaporti non si volevano più concedere ad alcuno . Sicuro che gli amici avessero fatto le pratiche , che ci era stato consigliato di fare , io sentii sollevarmi un gran peso dal cuore , appenachè potei muovere un passo nella città ; rincontrai quasi subito gli altri , ma , ahimè qual delusione ! .... Le loro ridenti fisonomie erano diventate oscure ; nessuno di loro osava indirizzare una parola al compagno , e tutti mi accolsero con quella musoneria con cui i popoli accolgono un re , dopo un manifesto del sindaco , che invita a rimettere anche un tanto di tasca per le spese del ricevimento . - Che ci è di nuovo ? - Domandai con ansia , a quelli che mi avevano fatto un cerchio all ' intorno . - Che ci è di nuovo ? - Proferì con rabbia , il più secco e più bisbetico - Perdio ! .... Vieni al Consolato e vedrai .... E avrebbe a andar benino , davvero ! - Andrà come doveva andare - Soggiunse un ' altro - Quando alla testa ci si vuol metter certa gente .... Quando si vuol proceder sempre con certa maniera .... Già lo dicevo io ... tutte le volte che ci siam fidati dei Francesi si è fatto proprio un bel bollo . - Ma insomma cosa ci è ? ... si parte ? .... - Sì .... per Firenze , o per dir meglio per le Murate ! - Ma .... come ? - Vieni .... vieni con noi e ti si ripete , vedrai . Non intendendo alcuna cosa , ma volendomi per lo meno sincerare su una sventura , che non conoscevo e che ci minacciava , seguii colla coda tra le gambe , i bravi ragazzi . Arrivammo in due salti alla sede del Consolato ; in faccia alla porta una folla innumerevole di popolani chiassava , si agitava , gestiva ; qualcuno , senza far tanti discorsi , si era già messa la camicia rossa sotto la giacchetta ; un andare o venire , un rimescolarsi continuo , un ' accalcarsi intorno a qualche povera vittima che esciva dal portone , un vociar di ragazzi che a capanelli osservavano la scena , e gridavano incessantamente : Viva Garibaldi .... Per una spedizione fatta in tutta segretezza il principio non poteva esser migliore ! - Ma che vi è dunque ? - Domandai a un mio compagno . - Il console non si fa vedere , il cancelliere , nuovo Pilato , dice che se ne lava le mani , e tutta questa gente è rimasta come la celebre statua di Tenete . - E che abbiamo da fare ? - Va tu , che sai alla meglio bestemmiare un po ' di francese , scongiura quella gente a prendere una decisione ; lo vedi meglio di me , qui , se non si schizza tutti in domo Petri è un vero miracolo . Con quale animo andassi , se lo può di leggieri immaginare il lettore ; chi ben comincia è alla metà dell ' opera , dicevano i nostri nonni che non era baggei , e cominciare peggio di noi , credo , sarebbe stata cosa impossibile . Mi feci annunziare al cancelliere , e poco dopo venivo introdotto . Il cancelliere era un bel giovinetto ; aveva una fisonomia distinta ed aristocratica e mi accolse con tutta l ' educazione possibile ; pure sin da bel principio mi avvidi , che la mia presenza gli riusciva incresciosa più di quella di un creditore , e rimasi convinto che la camicia rossa non era di certo una delle simpatie più sentite di quell ' impiegato . Difatti il nuovo governo della Repubblica Francese aveva lasciato al suo posto tutti i vecchi funzionari , i quali in quel bailamme non sapendo a qual Santo votarsi cercavano di restare in bilico , come meglio sapevano , fermi però nella idea di non compromettersi ; mettetete anche un po ' d ' affezzione alla dinastia che aveva loro dato quel posto .... eppoi ditemi se questa trascuraggine del governo repubblicano non ha dicerto influito a che fosse sì scarso il numero degli Italiani , che mossi da un ' idea generosa , hanno pugnato e gloriosamente pugnato sui campi di Francia . - Capisco digià , perché viene . - Mi disse pel primo e facendomi segno di sedere , il cancelliere - Con mio gran rincrescimento : però , sono obbligato di dirle che non possiamo far niente per loro . - Ma se a Firenze ci hanno inviato qui ! .... - A Firenze hanno perduto certamente il cervello .... Le pare , che noi vogliamo suscitare una questione di diritto internazionale .... - Ma anche noi , le ripeto siamo stati spediti direttamente e a colpo , sicuro : di più sappiamo che l ' altra sera partirono altri volontarii , mandati da loro , e si ha diritto d ' andare anche noi . - Per me si figuri le manderei subito - Aggiunse l ' altro con un sorriso ed io credendo immediatamente a quest ' ultimo desiderio di lui che parlava , ma non volendo darmi per vinto , esclamai : Ma è così , che l ' Ambasciata Francese di Firenze mantiene le proprie promesse ? - Noi non abbiamo ricevuto ordini dall ' Ambasciata ... - Ma pure l ' altra sera partirono ... - Non glielo nego , ma sapesse le rimostranze della questura ... - Ebbene : su noi può fidare , noi non la comprometteremo ... ci dia l ' imbarco ... lei vede lo scopo pel quale partiamo ... - Si provvedano dei loro passaporti ... - Se non gli vogliono dare . - Prenda un mio consiglio ... lei mi pare un giovane a modo , torni a casa ... Metz , se non ha capitolato , poco può stare a farlo ... accetti un mio consiglio , glielo ripeto , torni a Firenze . - A Firenze poi no ! .. - È la meglio ! - Mi meraviglio che un Francese .. - Allora faccia lei - secco , secco ed alzandosi , per farmi veder che l ' uggivo , mi proferì il cancelliere . Disanimato , e non volendo attaccare una briga che poteva mandare a voto tutti i nostri disegni , salutai appena il mio consigliere , e gabellandolo per imperialista e anche , peggio , scesi di corsa la scala , e preso a braccetto un mio amico , partii con gli altri dalla piazzetta del Consolato . Andare bisognava andare ; a dispetto del mondo e delle circostanze ; una nuova poesia si aggiungeva a quella immensa che ci aveva sostenuto fino a quel punto ; sfuggire i questurini , farla in barba alle autorità costituite , sfidare un nuovo pericolo , raggiungere il nostro scopo , giusto appunto , quando i pusilli , scoraggiati sarebbero tornati indietro , ... era troppo bella , troppo attraente la prospettiva , per poter stare un sol ' attimo dubbiosi su ciò che dovevamo intraprendere . Io esposi queste idee agli amici , e , godo dire , che queste idee furono accolte con entusiasmo : ma a che parte rivolgersi per ottenere l ' intento ? Quali passi potevamo tentare con sicurezza ? Quale speranze ci sorridevano ? Quali probabilità di successo ? Noi non lo sapevamo , il romanticismo di una avventura , che offriva in se stessa tanti pericoli , ci sorrideva certamente e noi eravamo contenti : contenti come il povero diavolo , abbandonato da tutti che incerto dell ' indomani , si addormenta tranquillamente sull ' erba di un viottolo , sotto un cielo sereno e popolato di stelle , sognando pace , agiatezza , fortuna ... Oh ! l ' idea dì un dovere che si compie , malgrado gli ostacoli che frappongono gli uomini e la sorte , fa piovere in seno una consolazione che intender non la può chi non l ' abbia provata . Andammo all ' Agenzia dei vapori della compagnia Valery , e per quanto scongiurassimo l ' agente , ci fu impossibile ottener da lui , anche pagandolo il doppio , un biglietto di imbarco . Gli ordini della questura erano precisi . - Noi glielo daremmo anche gratis , ci ripetevano quegli impiegati , ma ... Quel ma era tanto eloquente , che noi non aggiungemmo parola . Con un po ' di sconforto nell ' anima , dopo aver girellato a casaccio un ' altra mezz ' ora afiaccolati e cascanti ci butammo sulle panche di un caffè di Via Grande ; un tavoleggiante , giovinetto che avrà avuto appena appena quindici anni , dopo averci ben bene sbirciato , venne da me e chiamommi dapparte . - Lei vuole imbarcarsi per la Francia ? Mi sussurrò a bassissima voce . - Sì - risposi io francamente , chè non potevo credere in sì giovine età nequizia veruna . - Ebbene ... le dò il mezzo d ' imbarco . - Non scherzi ? - Sulla mia parola d ' onore .. Aspetti un momentino e le porto l ' uomo per la quale ! .... . - Bravo , e se farai bene ti prometto una buona mancia . Il giovinetto se ne andò saltellante e fece poco dopo ritornò , accompagnato da un barcaiolo , un pezzo di diavolone , tarchiato e traverso ; che era un piacere a vederlo ; intanto io aveva messo i compagni a parte della peregrina scoperta e , quando questi ultimi videro avvicinarsi quel colosso in giacchetta , gli si fecero incontro con una grazia e con certe fisonomie così gentilmente ridenti , che si poteva credere che non un omaccio , ma la più vaga figlia di Eva fosse entrata in quel mentre nel nostro caffè . - Dunque loro vogliono , andare ? Dandomi una seconda , stretta di mano , cominciò a dirmi il barcaiolo . - Sicuro ! - Rispondemmo noi tutti - Ma vediamo tante difficoltà . - Si fidino di me , che non fo per dire , ma lo può domandare a tutta la piazza sono uno di quei buoni .. si figurino , ho fatte tutte le campagne e anche Aspromonte e Mentana e se non fosse perchè ; perchè ... e questo non è nulla : quello che ho fatto per salvare i compromessi politici ! ... Le son cose che forse non le crederebbero ... Hanno fatto bene a rivolgersi a me , perchè ci è di gran canaglia tra i barchettaioli e .. e .... - E insomma t ' impegni di farci entrare in un bastimento , deludendo la vigilanza delle guardie ? ... - Se me ne impegno .... Faccian conto di esserci sopra ... - Tu potrai contare sulla nostra riconoscenza . - Oh ! io per il partito darei un bicchier del mio sangue . - Dopo ti daremo qualche cosa .... - Oh ! mi contento di un trentino per uno : - Così poco ! - Esclamammo noi , credendo che ragionasse di centesimi : - Sicuro , ... vedono che mi adatto : per lor signori cosa son trenta franchi ? Ammirammo tutti insieme lo spìrito patriottico che ci faceva pagare 150 lire , quello che nella stagione dei bagni si ottiene a dir molto con ottanta centesimi ; pure , strìngemmo la mano al generoso , dicendogli che ci saremmo riveduti più tardi ; poichè eravamo decisi , con nostro gran sacrifizio , ad appigliarci a quest ' ultimo partito , se gli altri ci fossero falliti . - Ci movemmo dal caffè , e vedemmo un insolito brulichìo in quella contrada , sempre brulicante di popolo : che è , che non è ? ... Hanno arrestato un maggiore Garibaldino : la questura si era avveduta , e non ci voleva una gran fatica , che molti giovanotti volevano partire per la Francia e cominciava a allungar le sue grinfe . Lo sconforto cominciava a impossessarsi anche di noi . - Ettore - Sento gridarmi vicino . Mi voltai e vidi il Colonnello Perelli . - Dunque si parte ? Gli domandai immediatamente . - Parli a bassa voce ... chè io son tenuto d ' occhio , guardi , ecco subito due musi proibiti che ci osservano ... - Ma dunque ? - Dunque venga stasera , alla Locanda della Luna . - Ma ci è speranza ? - Credo che ci sia sicurezza ... A rivederci - A rivederci a stasera .. - Allegri amici , dissi subito appena ebbi lasciato il mio interlocutore - Allegri amici , le speranze non che diminuire , prendono tutte le probalità di un vicino successo .. Andiamo a mangiare all ' Ardenza . Senza rispondere alle mille domande colle quali mi oppressero gli altri , che tutti di certo conoscevano il colonnello , accesi un sigaro , e strascinai i reluttanti all ' Ardenza . CAPITOLO II Il sole , avvolgendosi in un lenzuolo di porpora , si era coricato dietro le ultime linee del tranquillissimo mare ; non la più piccola nube nel cielo , non il più leggiero maroso in quella superficie azzurra , e dolcemente increspata dal venticello della sera che ci carezzava la faccia : l ' isola della Gorgona appariva modestamente su quel sereno Orizzonte , nel quale cominciava qua e là a apparir qualche stella , tutto ispirava una calma e una pace divina ; il creato ti sembrava quasi un ' arpa sterminata , da cui si elevasse un canto grandioso : il canto dell ' accordo e dell ' armonia delle sfere . Era insomma l ' ora che la giovinetta , la quale non ha ancora fatto all ' amore , prova desiderio di piangere , senza farsene una ragione e contempla malinconicamente il fiorellino che sboccia e la foglia che cade , e risponde con meno affetto agli amplessi materni , chè il cuore in quel momento vuole qualchecosa di più di quello che ha avuto fin qui ; era l ' ora in cui il perduto , l ' irreconciliabile , quello che non ha niente da perdere , rianda tutte le opere buone che ha fatto , si sente superbo di trovare nella sua vita più pagine onorevoli che tristi , ripensa a coloro che languono , non invidia quelli che godono , e affissando gli sguardi alla nuvoletta diafana che va sfumandosi nell ' azzurro padiglione dei cieli , finisce col dire a se stesso : sien pur gli uomini dappoco e malvagii , io ho in me un patrimonio d ' affetto che mi rende contento ; il borghese a quest ' ora sorbisce sibariticamente una buona tazza di Moka per digerire il pranzo . Esatto più di un ' impiegato il giorno della riscossione della paga , lasciai la trattoria e mi avviai , pian pianino , in via Grande esaminando distrattamente il bello spettacolo che mi si offriva davanti e le nuvolette grigiastre che mi uscivano di bocca a causa del sigaro . Arrivai alla Locanda della Luna , e dopo essermi fatto annunziare dal cameriere , passai in un salotto , dove , intorno ad un tavolino nel quale erano varie bottiglie stappate se ne stavano a chiacchiera tre o quattro individui che formavano una specie di stato Maggiore del Colonnello Perelli . Con mia gran meraviglia vidi tra loro una giovine donna . Il Colonnello era più brusco del solito e , appena mi vide , si affrettò a parlarmi in tal modo : Anche lei vorrà sapere qualche cosa .. me lo immagino .. ma per ora , purtroppo , siamo sempre alle solite : vede , qui siamo in un piccolo consiglio di famiglia e cerchiamo .... - Se fossi un uomo io ! .. Saltò a dire la giovine donna , la quale era la moglie di quel Gagliano , arrestato poco tempo avanti ed ora nascosto in casa , perché tenuto d ' occhio dalla questura e deciso a partire , con noi . - Se foste un uomo voi ! - Borbottò il Colonnello , - quando non ci son mezzi ... - Garibaldi , quando ha voluto , è riuscito . - Se si andasse avanti colle chiacchiere ! .... - Eppoi tutti questi giovani che sono qua ? - Li ho fatti partire io ... forse ? - Non dico questo : ma è un fatto che non hanno avuto che cinque lire : quattro e novantacinque ne hanno spese pel viaggio e cominciano a far chiasso , perché non si sono anche sdigiunati e qua non conoscon nessuno ... Quello che sentivo era Vangelo ! ... se certi comitati avessero agito un poco più sul serio , non si avrebbe avuto a deplorare tanti scangei , certa gente non avrebbe gongolato e nell ' armata dei Vosgi avremmo avuto più soldati e più buoni . - E dunque , cosa facciamo ? - Ripeterono tutti guardandosi . A tale interrogazione mi cascaron le braccia ; anche qui dunque non si sapeva a qual gancio attaccarsi , anche qui si passava il tempo , cullandosi tra le illusioni e le ipotesi , come nel nostro modesto cerchio di amici . Dopo essere stati un poco in silenzio , entrò quasi di corsa , nella stanza un tale che già si era accomodato a fare da ordinanza al Colonnello ; proferì sommessamente alcune parole al padrone : questi ci parve soddisfatto ed infatti poco dopo con tuono brioso ci disse : Signori , domani arriva il Var , chi è buono di salirci , va in Francia .. Confido nella vostra accortezza e nel vostro coraggio ... Io tento di salire pel primo ... A domani ! Non dormimmo in tutta la notte e appena fu giorno , andammo al porto e prendemmo una barca . Un forte libeccio aveva cominciato a soffiare ; il mare era agitatissimo ed i cavalloni sbalzavano di qua di là , di sotto di sopra la nostra barchetta , spruzzandoci più o meno impetuosamente il volto , e procurandoci quel malessere interno che è il primo principio del mal di mare .. - Oggi me li guadagno - Ci diceva il barcaiolo . - E vogliono girar molto tempo ! - Fino a che non arriva il vapore ! - E un casca un cencio ... Se arriverà a mezzogiorno ... O che anche loro vogliono andare in Francia ? ... A me lo possono dire . - Ebbene .. sì .. vogliamo andare in Francia . - Me l ' avevano a dire ! .... Guardino , due barche piene di guardie . - È vero ... e ora cosa si fa ? - Non si sgomentino ... Figureranno di pescare ... Prendano le lenze ! Noi prendemmo questi ordigni e , tramutati lì per lì in pescatori , cominciammo , con una serietà unica , un ' operazione che dentro di noi ci faceva scompisciar dalle risa . Io credo che i pesci fossero i primi a canzonarci ; e ' si vedevano guizzare a fior d ' acqua , proprio vicini ali ' esca fatale , poi , facevan cilecca e ci lasciavano con un palmo di naso . Non so quanto durasse questo divertimento ; mi rammento però che ci venne un ' appetito diabolico ; il nostro Caronte , da uomo saggio , capì per aria l ' antifona e ci condusse a dei vicini barconi , dove per lo più mangiano i marinari e i facchini del porto . Uno stoccafisso , rifatto colle cipolle , ci sembrò più gustoso di un manicaretto , apprestato da Tomson ; ci bevemmo due fiaschi di vino , e ci sentimmo raddoppiati in coraggio e in costanza . Intanto il libeccio seguitava a infuriare ; il mare era divenuto addirittura cattivo ; si troncavano gli alberi delle piccole navi vicine , si vedeva volare dei cappelli , che appartenevano agli imprudenti che troppo si erano accostati all ' infido elemento ... la cosa cominciava ad essere non troppo graziosa ; in quell ' aspettativa i minuti ci sembravano ore ; non avevamo alcuna notizia dei moltissimi nostri compagni e non il più piccolo indizio ci faceva sperare che si avvicinasse il tanto desiderato bastimento . Ecco una striscia di fumo ! ... Un oggetto nero , che ingrandisce a vista d ' occhi si approssima .. è il Var , si grida tutti con un urlo di contentezza che si sprigiona dalle più intime viscere , è il Var , il momento supremo è venuto , coraggio ! Il battello si accosta ad un brigantino , che ha bandiera Greca ; in un fiat è circondato dalle guardie . Cominciano le difficoltà , noi siamo decisi a superarle . - Se non li metto sù , che Santa Lucia benedetta mi faccia perder la vista degli occhi ! - Grida il barcaiolo , diventato entusiasta dopo l ' ultimo fiasco . Si traversò arditamente la fila dei bastimenti , e , allorché , fummo vicini alle guardie , ci sdraiammo nel fondo del nostro piccolo schifo , l ' uno sull ' altro , proprio alla maniera dei fichi secchi ; poi , scongiurato il pericolo , si girò dietro ad una tartana che combaciava perfettamente col brigantino : i questurini che non sono mai stati ritenuti per aquile d ' intelligenza , non avevan posto attenzione alla manovra e si poteva cominciare a credere che la nostra intrapresa cominciasse ad avere molte probabilità di sicuro successo . - Ed ora , come si sale ? - Domandai io , molto imbarazzato nel non vedere alcuna fune . - Si va per la catena dell ' ancora - Aggiunse immediatamente e con tuono esaltato lo Stefani , il compagno più secco e più susurrone tra tutti coloro che erano venuti con noi da Firenze . La proposizione fu accettata di subito ed io che non ho mai brillato per la mia sveltezza e molto meno per le mie movenze ginnastiche , mi aggrappai alla catena di ferro e a forza di urti e di spinte arrivai ad andar ruzzoloni e facendo un gran tonfo sul cassero della tartana : riavuto appena dal colpo mi avvidi che ero molto al disotto del livello dei miei amici , saliti dietro di me ; infatti caduto sopra un monte d ' avena , per quanti sforzi facessi , non giungevo a capo di trarmi d ' impaccio , chè ogni sforzo ad altro non era valevole che a farmi affondare di più . Dopo essere stato ripescato alla meglio dagli altri , saltammo tutti insieme sul brigantino . Pochi passi di più ed i nostri voti erano esauditi : un maledetto cagnaccio comincia a abbaiare e finisce coll ' attaccarsi alle polpe di mio fratello . Si tenta l ' ultimo colpo : il mio fratello lascia al famelico cane un straccio dei suoi pantaloni ... E dire che sperava con questi di far tanta figura , quando sarebbe sceso a Marsiglia ! Il salto riesce , siamo a bordo del Var : i marinari ci accolgono tra le loro braccia , la gioia ci rende frenetici e tutti insieme confondiamo le nostre aspirazioni , le nostre speranze , i nostri voti più cari , al magico grido di viva la repubblica . - Giù , giù - Ci gridarono quei bravi figli del mare , appena che fu terminato quello slancio di esultanza , e ci buttarono a viva forza nella carbonia . S ' immagini un po ' il lettore la nostra situazione , in quell ' atmosfera soffocante , e a quella polvere , che ci ridusse in pochi momenti in uno stato veramente deplorevole ; di più si aggiunga lo spettacolo non troppo gradito che ci si presentava alla vista dall ' unico finestrino , pel quale prendeva aria questa stamberga ; un andare e venire di barche su cui facevano bella mostra di loro tutte le faccie più proibite della Cristianità , e pennacchi di carabinieri e monture di guardie di pubblica sicurezza ... Fortuna che siamo protetti dalla bandiera francese - si diceva tra noi - e qui il Reale Governo Italiano non conta un bel corno . Ogni poco veniva a noi qualcheduno dell ' equipaggio e ci esortava a soffrire con pazienza . L ' equipaggio , composto quasi tutto da originarii della Linguadoca , naturalmente parlava francese ; di qui grande imbroglio nei nostri , i quali per farsi capire francesizzavano l ' italiano , creando una lingua ibrida , bastarda , che ci faceva crepar dalle risa : lingua che si perfezionò in Francia e che ha fatto dire , bene a ragione , ultimamente al Bizzoni , che , se fosse continuata la campagna il mondo avrebbe annoverato un idioma di più ; quello dei volontarii . Da un paio d ' ore si era in quei triboli , quando si vide arrivare il Perelli ; che nell ' ascensione aveva perduto il suo cappello a cilindro ... - Cosa fanno qui loro ? - Ci disse . - Lo vede : siamo nascosti . - Vengano su nelle cabine ... ci siamo tutti noi ... Contenti , come uno che abbia beccato un terno , salimmo . Quale non fu la nostra sorpresa , quando vedemmo quasi tutti i nostri amici ! - O tutte le guardie cosa facevano lì intorno ? ... La . questura ci dava l ' idea di quei mariti baggei che stanno in fazione , difaccia all ' uscio di casa , mentre il cicisbeo della moglie passa dalla finestra . Una gran risata echeggia da un capo all ' altro del ponte ... Che è , che non è ? ... È comparso un individuo : in perfetto costume di Adamo : per risparmiare la spesa del barchettaiolo , oppure per non esporsi al pericolo di perder qualche cosa , come noi tutti , aveva preferito buttarsi a noto nel mare ; Era un bel giovinotto e ci riuscì subito simpatico per lo strano modo con cui a noi si presentava . Povero diavolo ! ... Io lo dovea rivedere , ma col cranio fracassato da una palla prussiana , sulla gran via di Parigi , sotto Talant , e mi rincresce di non sapere il suo nome , perché rammentandolo , forse a lui darebbe un pensiero pietoso qualche anima buona ! Mi conforta però , la persuasione che chiunque lo abbia veduto in quel giorno , non potrà così facilmente obliarlo , e , leggendo queste modeste mie righe , capirà alla prima di chi voglio parlare . - Signori mi rincresce - Venne adirci il capitano - ma per stasera è impossibile la partenza - Il libeccio è tremendo ed io non ho intenzione di mettermi in sicuro pericolo . - Ma noi ... saremo sicuri ? - Domandò uno . - Sulla mia parola d ' uomo onesto , nessuno potrà farsi bello di avere insultato la bandiera francese , qui dove sono io ... se non viene il console a bordo , e se egli pel primo non mi ordina di assistere ad una flagrante violazione del diritto delle genti , i questurini prima di toccare uno solo di loro , dovranno passare sul mio cadavere . - Grazie , capitano - Gridammo noi tutti - Voi siete un vero Francese . - E a che ora si mangia ? - Chiese sbadigliando uno dei nostri , a cui le idee non facevano dimenticare di essere uomo . - Alle cinque .... ci è il pranzo dei viaggiatori .... - Noi veniamo tutti a quello ... non è vero compagni ? - Sì - Risposero gli altri all ' unisono . Io mi azzardai allora di salire : e rincattucciato dietro il parapetto del bastimento , diedi un ' occhiata alla riva vicina : qualche facchino passeggiava distrattamente in su e in giu , nessuno osservava il nostro battello ; tutto a un tratto uno scialle rosso e uno nero , compariscono sulla via ; due donnine dalla taglia svelta e slanciata si appoggiano all ' impalancato che circonda il porto ed affissano i loro occhi sul Var . Chi sieno queste due creature ? - Pensai tra me e me e cominciai a figurarmele bellissime , e mi parvero gli angeli del buon ' augurio che fossero venute li a darci il buon viaggio ; ma poi un altro pensiero mi sopraggiunse : Povere donne ! .. Devono essere di certo parenti , amiche di qualcuno che è insieme con noi , e sfidano questo vento e questa indiavolata stagione , purché loro sia dato vederlo , fosse anche per l ' ultima volta : povere donne ! ... Per noi uomini la gloria , le improvvise e belle emozioni , lo stordimento che ci procurano e i nuovi piaceri e le nuove occupazioni , le gioie dell ' orgoglio soddisfatto , per esse la solitudine , la lontananza delle care persone , la continua ansia di saperle in pericolo . Tornai giù e dopo poco ci movemmo tutti per il pranzo : nel ripassare io vidi i due fantastici scialli . Il trovarci tutti insieme a mangiare sul Var , dopo le belle cose che ci erano accadute , non poteva fare a meno di darci un brio , una parlantina , un ebbrezza , che , chiunque ha in zucca un pò di mitidio , comprenderà perfettamente alla prima . I nostri appetiti erano qualche cosa di classico ed il cameriere di bordo ci guardava con certi occhi stralunati , pensando certamente che , su ogni giorno gli fossero capitati di tali avventori , prudenza avrebbe voluto , che l ' ordinario fosse a dir poco , raddoppiato . Cominciarono i brindisi ; i ricordi più cari s ' intrecciavano coi più generosi propositi : ora uno parlava degli occhi celesti della graziosa biondina che aveva lasciato a Firenze , ora un altro giurava di non aver comprato un revolver perché era sicuro di prenderlo al primo ufficiale prussiano , che gli si fosse presentato davanti e che avrebbe ucciso dicerto . - Evviva , Evviva . Che c ' è ? Entra nella stanza Gagliano ! Un altro fiasco che hanno fatto le guardie ! - Ieri passò da Firenze Ricciotti ; là - dice - troveremo lassù anche lui ! - Evviva Ricciotti - Gridano tutti . - E Menotti , e Garibaldi e tutti i bravi Italiani che ci han preceduto ! . Dopo poco entra Tito Strocchi , giornalista repubblicano e valoroso soldato , che tanto onore si è fatto dappoi . - Ma dunque ci siamo tutti ! - Tutti - Urlano entrando alla lor volta il Rossi e il Piccini . - Anche tu ! - Dicemmo a quest ' ultimo - E come hai fatto stronco , come sei , ad arrampicarti ? - Eh ! Le guardie di finanza son dalla nostra e ci hanno insegnato la strada : Figuratevi che noi siamo passati per la scaletta , proprio , come se si fosse viaggiatori ! - Ma le guardie ci son sempre ? - Se ci sono ! .. E bisogna vederli quei poveri diavoli a questo brezzone ... infilan le pispole , come se si fosse in pieno gennaio ! - Anche voi però ... - Non ve lo neghiamo , il freddo ci è entrato nell ' ossa . - Del cognac del cognac ! ... - E il cameriere ci portò una bottiglia polverosa dì vecchio cognac , che avrebbe messo energia anche a un deputato del terzo partito . E qui bevi ; bevi in un modo incredibile ; in un momento il tavolo fu pieno di bottiglie e quando andai per distendermi nella mia cabina vedevo tre o quattro colonnelli , una ventina di lumi , e un centinaio di persone , tra le quali apparivano circondati da un ' aureola i due scialli che mi avevano fatta tanta impressione , pochi momenti innanzi . Tale era il mio sonno e , diciamolo pure , l ' alterazione in me prodotta dal vino che quando mi destai , il sole era già alto . Salii a poppa della nave dove trovai il povero Rossi che contemplava astrattamente l ' immensa superficie del mare , divenuto di nuovo tranquillissimo ; tutto era celeste e l ' onde venivano a baciare colla loro spuma bianchiccia , la carena del nostro battello : si sarebbe di momento in momento aspettato che qualche Nereide sbucasse a fior d ' acqua per rammentare ai mortali le dolcezze del buon tempo antico . Il colonello Perelli , da vero vecchio militare , sapendo quanto il tempo è prezioso non se ne stava con le mani in mano ma dava prova di una instancabile attività ; già aveva costituito le squadre , nominandone i capi , già aveva pensato al modo di provvedere il vitto per tutta quella gente ( chè nella nottata il numero dei volontarii era asceso fino a cento ) ed aveva in serbo per tutti buone speranze e conforti . La salle à manger era stata trasformata in ufficio di stato maggiore ed io fui incaricato a compilare il primo ordine del giorno . Cominciavo a scrivere , quando scesero nella stanza l ' agente della compagnia accompagnato dal capitano ; mi domandarono dove si trovasse il Colonnello ed io mi mossi per andarlo a chiamare . Salii immediatamente e trovai il Perelli a tu per tu con una vecchietta , tutta pepe e tutta piangente . - Queste sono infamie e il governo dovrebbe mandarli in galera .... non si strappano così i figliuoli alle povere mamme che hanno fatto tanti sacrifizii per mantenerli . - L ' ho forse chiamato io il suo figliuolo ? borbottava l ' altro stizzito . - Non lo so , ma lo voglio ! - Ebbene , se lo trova , che se lo riprenda ! - Loro me l ' hanno nascosto , ho girato per tutto e non mi è stato possibile di trovarlo , - E allora ? - E allora ? ! allora me l ' hanno a rendere , e mi meraviglio di lei che non è più dell ' erba d ' oggi e che dovrebbe avere un po ' di cuore e un po ' di cervello . - Ma , se il nome del suo figliolo non comparisce nel ruolo ! .... - Quel birbone ne avrà dato uno falso ... - Colonnello , interruppi io , c ' è il capitano e l ' agente che lo desiderano . - Vado .... mi sbrighi lei questa donna . Cercai di persuadere e di consolare alla meglio quella povera madre che mi rispondeva con impertinenze da levare il pelo : feci guardare nei buchi più ascosi della nave , ma non potei rintracciare suo figlio . Allora la donnicciola impallidì e non potendo resistere alla pena e allo stringimento di cuore mi cadde fra le braccia svenuta . Un vecchio che l ' aveva accompagnata in barchetta e che seppi dopo esser marito di lei , saltò infuriato sul ponte facendo un baccano indiavolato , minacciando tutti e bestemmiando peggio di un turco . La mia posizione , se era interessante era anche molto noiosa . I volontarii si erano affollati intorno all ' energumeno e di momento in momento stava per nascere una pubblicità spaventevole . Riavutomi un pochino dalle stupore , fui preso da rabbia indicibile e mi venne voglia perfino di scaraventare in mare l ' incomodo fardello che mi gravava le braccia . - Oh ! andremo in questura ! ... - Proferì il vecchio strascinandosi dietro la moglie che s ' era riavuta e che urlava a squarciagola : birbanti , ladri , assassini , il giusto Dio verrà anche per voi ! Appena rimessi da quella brutta impressione , vedemmo capitare altre due donne . Capimmo , pur troppo , per aria quello che volevano anche loro . Io cominciai a credere di assistere ad una processione di streghe e mi persuasi che il nostro orizzonte cominciava a oscurarsi davvero . Una dell ' ultime venute vide il suo figliolo e noi glielo restituimmo . Ecco un ' altro scandalo ! Il figliolo non voleva andare a nessun costo e si mise a correre come uno spiritato offrendo un gradito spettacolo alle guardie che ci circondavano e che si erano tutte rizzate per goder meglio la scena , urlando ad ogni poco : piglialo piglialo . Non si creda calunnia il contegno che io attribuisco alle guardie : chiunque è stato sul Var può fare ampia testimonianza che esse fino dal bel principio della mattina erano completamente ubriache . A viva forza spingemmo il recalcitrante figliuolo , giù dal battello ; appena però egli si assise nella barchetta che aveva accompagnato sua madre , fu circondato dai carabinieri i quali non curando i pianti , i lamenti , le disperazioni delle disgraziatissima donna , lo condussero verso le carceri . - Si nascondano si nascondano per carità , l ' ha raccomandato anche il signor Colonnello . - Venne a gridarci con voce angosciosa il cameriere di bordo . - Che c ' è dunque ? - C ' è che la polizia vuole acchiapparli ... - È una storiella ! ... - È la verità , se lo assicurino . - Ma il Colonnello ? - È nascosto . - E tutti gli altri ? - Hanno seguito l ' esempio del Capo ... si nascondano anche loro ... o che vorrebbero comprometterci tutti col rimanere in così pochi sul ponte ? Ci guardammo difatti e con nostra sorpresa il brulichìo che ci eravamo abituati a vedere , era scomparso e tutti i nostri compagni , come per incanto , si erano dileguati . Anche noi ci buttammo gattoni verso la carbonaia e poco dopo i miei amici vi erano già scesi : ero per seguitarli , quando sentii bussare dietro la porta della vicina cabina e la voce del Colonnello mi disse : Noi siamo qui , venga anche lei . La porta si schiuse ed io entrai . Eravamo in sette in una stanzuccia dove a mala pena ci si poteva rigirare in tre ! la grotta di Monsummanno era al paragone una cantina in tempo d ' estate ! mai bagno a vapore ha ottenuto l ' efficacia diretta che produceva in noi quell ' ambiente ! i nostri abiti e le nostre camice sembravano inzuppate nell ' acqua : se le autorità costituite avessero saputo i nostri tormenti , benevole come sono verso noi scavezzacolli , scommetto che invece di arrestarci ci avrebbero lasciato diverse ore in quel bagno ; se non altro per avere il gusto di aprire la porta a trovarci in uno stato di liquefazione completa . - Ma cos ' è accaduto , di nuovo ? Domandai a bassa voce . - È accaduto che la questura lasciava liberamente partire noi sette o otto , purché prima le avessimo , consegnato tutti questi bravi ragazzi .... Io ho sdegnosamente rifiutato questa proposta . - Bravissimo ! - E ora ? - Ora credo che sieno andati a riportare la mia risposta al questore . - O guardiamo , se Bolis è tanto birro da violare anche la bandiera francese . - Prima di farlo vorrà pensarci due volte . - E perché ? .. I ciuchi hanno sempre dato pedate ai leoni morenti ... ma per qual causa stiamo nascosti ? - Il capitano è sceso a terra ; se gli rilasciano le patenti , in meno di un ' ora si prenderà il largo . - Speriamolo ... perché qui non siamo di certo in un letto di rose . Passa mezz ' ora , un ' ora e nessuna notizia : si comincia a udir qualche rumore ; poi di sotto la fortezza ci giunge all ' orecchio un sussurro inusitato ; poniamo , l ' occhio al finestrino della cabina : il mare è popolato di barche , e le barche , son popolate d ' angioli custodi in lucerna ; affollatìssima è tutta la spiaggia : sul cassero un calpestìo concitato e in senso diverso , poi reclamazioni a cui si risponde dalla parte del popolo con fischiate non interrotte ; un battere di sciabole , uno sbatacchiare di porte .... pur troppo non vi era più dubbio alcuno , il grande atto si era consumato , e gli eroici campioni del Regio Governo Italiano potevano annoverate una gloria di più tra tutte le altre che li ha resi famosi . Sprangammo la porta ; ci rannicchiammo nelle cucciette e , rattenendo il respiro , facendoci piccini piccini coll ' ansia e la trepidazione nell ' anima , collo sconforto nel cuore , incerti di ciò che ci sarebbe accaduto tra pochi minuti , ma decisi a giocare di tutto , attendevamo di momento in momento di veder saltare la porta . Trascorre un altra mezz ' ora ; si ascolta il rumore dei disgraziati che sono stati avvinghiati pei primi dai falchi del Bolis : si compiangono , ma quale fortuna , se noi potessimo uscir loro dalle unghie ! .. Il vapore è in movimento ... Che si parta davvero ? Non si osa credere a noi stessi , ma alle fine ci si persuade che si va ... Si va , ripetiamo tutti tra noi , e sentiamo tra ciglio e ciglio l ' umor di una lacrima - Ci si ferma di nuovo ! ... - Esclama un nostro compagno , e pur troppo , ci si convinse di subito della triste verità . Una testa comparisce al nostro finestrino ; era la testa di un questurino , che da abile esploratore , si era arrampicato al difuori del bastimento , ed aveva scoperto il nostro nascondiglio . - Signori , non resistano - Ci disse con voce rauca . - Nessuno rispose ; egli se ne andò ... Oh ! avessimo avuto un revolver ! - Lei deve aprirci la porta - Ripeteva intanto sul cassero una vocina melliflua , a cui rispondeva l ' accento ben cognito del capitano : Mi rincresce , ma fu perduta la chiave ... l ' assicuro però che quello è il mio spogliatoio ... - Io ho l ' ordine di perquisire ogni cosa .. si mandi pel magnano del porto . Intanto una tempesta di colpi si sprigionava su quel povero uscio . - È impossibile trovare il magnano - Diceva poco dopo un ' altra voce . - Signori - Gridava allora al buco della nostra serratura quello che poco fa parlava col capitano . - Signori , io li prego a non commettere imprudenze , si arrendano colle buone ; partire è impossibile , non facciano perdere un tempo prezioso al capitano . Che fare ? Qualunque resistenza sarebbe stata inutile e non ci poteva riuscir che dannosa ; ci guardammo in faccia ( che facce ! il condannato che vien trascinato al patibolo ne può dare un ' idea ! ) e con mano tremante il più vicino alla porta tirò la stanghetta . Un ' ooh prolungato e di soddisfazione ci accolse , appena che comparimmo . Dalla scena che si presentò allora ai nostri occhi , un pittore avrebbe potuto prendere argomento per un bellissimo quadro ed un letterato per una magnifica descrizione . Una lunga fila di carabinieri e di questurini occupava tutto il lato del bastimento che era dicontro alla nostra cabina ; più avanti il giudice d ' istruzione colla ciarpa turchina , Bolis raggiante di contentezza , e un nuvolo di delegati e d ' applicati di Pubblica Sicurezza che si davano un moto , un daffare indicibile , e si pavoneggiavano , esponendo al rispettabile pubblico ed all ' inclita guarnigione le fasce tricolori che avevano a tracolla , come segno indiscutibile della loro autorità . Il capitano serio serio rivolgeva delle parole concitatissime al console , che appoggiato ad un tavolino , con una fisonomia di tramontana guardava distrattamente il cancelliere che redigeva il processo verbale . Tra le squarciate nuvole si era fatta strada la luna ; e , pareva , che ci mandasse un compassionevole sguardo ; sulla spiaggia uno scintillio di baionette , sulle quali si ripercoteva il malinconico raggio della poetica face dei cuori sensibili e degli innamorati , ci abbarbagliava la vista e ci rendeva sicuri che molta truppa era sotto l ' armi è che la questura di Livorno non aveva trascurato verun provvedimento perché i pesciolini non le scappassero di rete . Una lunga processione di barche solcava le onde tranquille del mare sulla cui superfice una miriade di atomi luminosi , frequenti più delle stelle del cielo , avrebbe fatto nascer la voglia di intonare un bel canto alla natura , se natura ed uomini non si fossero mostrati , così accanitamente contrarii ad una impresa che tanto avevamo sospirato e che , purtroppo , così miseramente finiva . Le trombe che suonavano la ritirata sui bastioni della vicina fortezza ci suonavano in cuore meste , come il pensiero che manda in queill ' ora il coscritto alla madre , alla casetta paterna , alle occupazioni di un tempo : meste come quella luna , come quei visi lunghi dei nostri compagni che ci passavano davanti colla respettiva accompagnatura , come i popolani che vedendo la loro impotenza a salvarci ci guardavano da riva con occhi stralunati e pregni di lacrime . - Ma Gagliano ... Gagliano dove è ? ... Noi credevamo che fosse tra loro ? ... Esclamò Bolis , dopo averci ben bene sbirciati ; - E perché han fatto resistenza ? Ci domandò con un sorrisetto volpino il giudice d ' Istruzione . - Perché ! ... - Rispondemmo noi tutti a una voce e in tuono di meraviglia .. - Sì ... quando sapranno tutto , chi sa , che non sieno i primi a ringraziarci ... - Ringraziarlo di averci arrestati ? - Sissignori ... Oggi è venuta la notizia della capitolazione di Metz . Quest ' ultima sassata che , così benignamente ci si scagliava nel nostro infortunio , ci fece nascere lì per lì una tal rabbia contro quegli arnesacci di una bottega fallita , che loro volgemmo disdegnosamente le spalle . Già ... è egli possibile che le idee di sacrifizio , di abnegazione , di generosità , possano esser comprese anche alla lontana , da un birro ? - L ' ho , l ' ho preso ! .. - Saltando come un burattino , e fregandosi le mani , strillò con la sua vocina da pettegola il Fassio , avvicinandosi a noi . Questo Fassio e uno dei più famigerati ispettori di Pubblica Sicurezza che si abbia in Italia ; Garibaldino nel 1860 , come succede di tutti gli apostati , ora è diventato la più gran colonna della sbirraglia italiana . - Che qualcuno di noi avesse in tasca una mitragliatrice ? - Pensai tra me e me - O che tra i nostri compagni si sia mescolato sotto mentite spoglie qualche gran malfattore ? ! Difatti l ' aria del Fassio me lo faceva sperare ; Cristoforo Colombo che dal ponte del suo bastimento vede baluginare qualche cosa , che ha sembianza di terra ; Moltke a Sadowa che riceve l ' annunzio dell ' arrivo del corpo d ' armata del bon Fritz , ci possono dare a malapena un ' immagine della beatitudine che provava in quel momento il rinnegato democratico . Dietro di lui si vide arrivare lemme lemme il Gagliano in uno stato tale , che , se ne avessimo avuta la voglia ci avrebbe fatto crepar dalle risa . Nero , per lo meno come uno spazzacamino , stizzito come un giocator di Mako che fa l ' ultima cista , senza azzardarsi nemmeno di farci un saluto , il povero uomo passò a capo basso davanti alle autorità e fu fatto immediatamente scendere in una barchetta , dietro la quale in un ' altra fummo messi io , mio fratello , il Colonello ed un giovinetto , che ancora non conoscevo . - Viva la libertà d ' Italia ! - Si gridava tutti come pazzi per via , ed i carabinieri non ardivano di dirci una sillaba ; anzi dalle loro fisonomie si vedeva chiaramente che avrebbero lasciato quell ' incarico alle guardie di questura , che , tutte impettite , boriose si tenevano dell ' arresto di giovani inermi nello stesso modo che avrebbero fatto , se avessero vinto la battaglia , più aspra che si sia combattuta , dacché mondo è mondo . Giunti vicini alla Sanità , dove vedevamo sbarcare tutti gli altri , un carabiniere mi toccò dolcemente nel braccio e mi accennò un vaporino , la cui camminiera faceva fumo . - Vede quello là ? - Mi disse - Era preparato per loro , qualora avessero preso il largo . Guardai e quello spauracchio mi fece sorridere ; il grande edifizio navale non aveva che due cannoni , uno per parte e di un calibro così modesto , che sembravano , piuttosto giocattoli da bimbi che utensili da guerra . Oh ! ... se si fosse usciti dal posto , se si avesse cominciato a filare ... se erano buoni a acchiapparci con quel trabiccolo , sarei stato contento di perder la testa ! .. La barca si fermò : noi scendemmo . Diedi un ' ultimo sguardo al porto , vidi il cammino del Var che fumava , e il battello che era in movimento ! Oh come in quell ' istante il mio pensiero ricorse alle cabine , dove ci eravamo sdraiati la sera avanti alla medesima ora : oh ! come desiderai che il tempo ritornasse indietro di poche ore soltanto per non essere sicuro della barbara realtà , che ci opprimeva in quel mentre . Moltissima gente si era affollata a due lati della porta che conduceva all ' uffizio della delegazione del porto . Tra questa gente io vidi di nuovo i due scialli ... Ma dunque , non ci abbonderanno più queste donne ? I volontari erano stati ammassati , pigiati in una stanzuccia ; una guardia , con un coraggio da eroe , distribuiva ogni tanto qualche pedata a chi più susurrone e più curioso degli altri si azzardava a rivolgere qualche interrogazione . È un fatto : la polizia degli antichi sovranucci , che i monarchici d ' oggi gabellano per tiranni e per despoti , non hanno mai usato dei modi schifosi che usano i questurini del nostro beatissimo regno : quando uno capita per caso tra le loro mani , può attaccare un voto , se per lo meno non ci lascia una costola , chè questa gente è molto feroce ... quando l ' individuo è in ceppi e puzza un tantino di repubblicano ! ... Chiuder gli occhi sui gallinai , fare il manutengolo ai ladri è permesso , ma lasciare in santa pace un soggetto pericoloso , un uomo che sbraita sempre perchè vuole esser riconosciuto per uomo ... oh ! questo è troppo ! E il paterno governo , simile al giusto Dio che fa cader la grandine e i fulmini sul campo dei peccatori , deve aggravar la mano su coloro che hanno le sfacciataggine di urlare quando tutti dormono : i galantuomini non devono essere svegliati ... lo impedisce anche il regolamento di Pulizia ! Coroniamoci adunque di elleboro , sorbiamo il papavero che giorno per giorno ci ammanniscono i giornali governativi e , dacchè non abbiamo il coraggio di fare , abbiamo almeno il buon senso di darci ad un sonno profondo . Un vecchietto , con li occhiali d ' oro più giù che a metà del naso , rincantucciato in uno sgabbiolo di legno che faceva le veci di scrittoio , via via che si passava ci chiedeva il nostro nome , quello dei nostri parenti , il nostro domicilio e la nostra , professione . - Possono partire - Gridò poco dopo con voce tonante il Bolis , Giove Tonante di quell ' Olimpo di birracchioli e di guardie di tutte le qualità e di tutte le dimensioni . Un applauso prolungato fece eco a queste parole ; i giovinotti credavano di essere liberi ... Poveri grulli ! ... Quale storia ci ha mai fatto sapere che il gatto si lasci scappare il sorcio dalle unghie ? - Avanti ! ... - Urlarono con mala grazia a loro volta le guardie ... - O dove si va ? - Cercò qualcheduno . - Loro non lo devono sapere . A noi , come presi insieme col colonnello , fu fatto il favore di farci passare nella caserma dei carabinieri ; ci si disse , in attesa di ordini superiori ... Intanto gli altri traversavano via Grande , tutta gremita di popolo che li accompagnava con applausi frenetici ; ci volle del buono e del bello per sconsigliare i popolani a non far qualche pazzia , ed essi allora non potendo fare altro , si mostrarono generosissimi con quei poveri diavoli che venivano trasferiti alle carceri ; e fu una pioggia continua di sigari , di pezzi di pane , d ' involti di companatico , e persino di foglietti da mezzo franco e da un franco . Oh ! ... il popolo è generoso , il popolo ha la magnanimità per istinto , e , se si lascia abbindolare dai farabutti , al momento buono , quasi per miracolo , sente spingersi avanti dalla voce del dovere , del progresso , della libertà ; rinnegando le massime false , che gli son volute inoculare nelle scuole governative e nei così detti giornali popolari che vivono sulle spese segrete del ministero , egli al primo indizio di lotta vicina , come un uomo solo corre al suo posto . Oggi protesta con gli urli alle guardie e colle picchiate di mano ai prigionieri , domani muore , santificando il principio democratico , sulle barricate . Perdendo lo vedrete marcire nelle , carceri , e soffrire per le vie , vincendo voi lo vedrete al lavoro ! I carabinieri ci accolsero con tutta la gentilezza immaginabile , ci domandarono , se si aveva bisogno di qualche cosa , e noi che , come uomini , dopo tante ore dì disagio si aveva diritto ad avere appetito , ordinammo del salame , del prosciutto e due fiaschi di vino . Incontrammo in quella stanza lo Strocchi ; anche egli aveva ricevuto lo strano favore di essere trattato un pò meglio del rimanente della spedizione . Chi era stato la causa diretta dell ' invasione del Var ? Io non lo saprei dire . Hanno qualche carattere di verità le accuse che si son palleggiati l ' uno con l ' altro a vicenda diversi individui che facevano parte della nostra mandata ! Io credo di no : credo soltanto che il governo Italiano , il quale ha sempre in serbo un granello d ' incenso per chi trionfa ed è forte , siccome , è uso di tutti i codardi , sìa sempre disposto a tirar sassate da orbi a tutti quelli che per propria disgrazia si trovano a terra ; e così , mentre or non sono pochi anni , per non violare la bandiera Imperiale di Francia si lasciavano tranquillamente a bordo dell ' Authion i fratelli La Gala : in pieno 1870 si aveva il coraggio di buttar giù porte , scassinar serrature e strappare a viva forza dei giovani generosi , che dovevano essere sacri , perché protetti dallo stendardo di una nazione amica , di un governo che si era riconosciuto , ma che versava in pericoli immensi - E dove ci mandano ? - Domandammo al brigadiere dei carabinieri , dopo che avemmo veduto un soldato , latore di un piego , che fu letto attentamente dal capoposto . - Io devo trasmetterli ai Domenicani . - Sicché proprio in prigione ? - Pur troppo ! Un lungo silenzio tenne dietro a queste parole . Creder di andare in Francia e sgusciare diritti come fusi in prigione , era una cosa che non ci si aspettava di certo , e , per quanto tutti , chi più chi meno ci si piccasse di esser filosofi , per quanto dopo l ' arresto questa soluzione fosse l ' unica prevedibile , una tal notizia dettaci lì a bruciapelo , mentre il ritardo ci aveva fatto rinascere in cuore un po ' di speranza , ci mise a tutti un diavolo por capello . - Si facciano coraggio - Ci diceva il brigadiere - Prendano le cose con calma ... tutt ' al più sarà il male di qualche settimana ! Qualche settimana ! - E gli pareva di dir poco al buon ' uomo ! ... Rinunziare alla vita , alle nostre speranze , non goder più di quella libertà , che è prima attributo di ogni essere , ma sia pur per un ' ora , per chi sente qualcosa , è sempre un supplizio . - Entri , entri , ma mi raccomando non faccia scene - Così diceva , introducendo nella stanza la moglie di Gagliano , un carabiniere . - Veramente ! ... - Borbottò alzandosi il brigadiere ... - Lasci correre - Ci affrettammo a proferire noi tutti - nessuno parlerà di questo colloquio . - Ti hanno messo le manette , questi vili , eh ? - E tu non hai avuto cuore di bucar loro la pancia ? - Gettandosi al collo del marito , e frammischiando al suo dire qualche singhiozzo , esclamava l ' arditissima donna . Perdemmo un cinque minuti a persuaderla che non eranvi state manette , ed allora lei , facendoci dei segni , ci fece capire che , se avevamo qualche cosa di compromettente , le si consegnasse : ed in fatti , colto il momento che i carabinieri non ci guardavano , demmo a lei certe lettere , che , se ci fossero state trovate addosso , non ci avrebbero certamente servito di raccomandazione presso quella gente , che si doveva bazzicare fra poco tempo . La presenza di una donna in quell ' ora tristissima , in mezzo ai carabinieri , dopo tutte le emozioni che si era subito durante il corso di quella giornata memorabile ci procurò un sollievo , e uno stringimento di cuore , che non mi provo nemmeno a descrivere ; e quando la ci stese la mano e con voce resa tremula dalla voglia di piangere , ci disse : coraggio , io mi sentii inumidite le ciglia e provai l ' inenarrabile voluttà di una lacrima . - Le carrozze son pronte ! - Partiamo ! - Meno male che marciamo en grands seigneurs . - Di ' piuttosto , come i malfattori che vanno alla Corte d ' Assise ... - Eh ! ... loro ed i principi sono i soli che hanno diritto di avere una scorta ! Gli estremi si toccano ... - E si rassomigliano ! Si montò nelle carrozze e dopo un breve tratto di via ci fermammo : si sentì cigolare una porta ... Eravamo giunti ai Domenicani . CAPITOLO III . La prigione ! ... È mai vissuta creatura umana , dirò con Guerrazzi , che sollevando le pupille verso il soffitto di una di quelle stamberghe , in cui , per ravvederlo , s ' incretinisce il colpevole , non abbia esclamato esser questa l ' invenzione più barbara , che mai sia mulinata nel cervello dell ' uomo ? Quattordici passi di lunghezza ; sei di larghezza : una finestra alta cinque piedi da terra , e dalla cui ferriata a quadrelli vedi sempre quel medesimo strappo di Cielo , quella medesima tettoia dell ' edifizio difaccia , quella medesima stella che sera per sera , qual malinconica amica , par che venga a darti un saluto , un conforto ed una speranza ; un pagliericcio per sdraiarsi : una brocca d ' acqua per bere ; in quanto a mangiare ... ci sono le mani che paiono fatte apposta per questo ! ... Il rumore del mondo , in mezzo al quale ti trovi ma che , almeno per ora è morto per te , viene a colpirti gli orecchi nella tua solitudine ed ora qualche allegra canzone ti rammenta i bei tempi che unito agli amici andavi a far la serenata sotto i balconi della tua bella : ora i concerti di una musica militare t ' inebriano , ti rapiscono in pensieri l ' uno più dell ' altro impetuosi : ora il frastuono della via , le urla dei venditori , il continuo passare delle carrozze ti riportano i momenti in cui tu pur passeggiavi , in cui tu pure davi alla sfuggita un occhiata alle belle signore che come Dee ti passavano innanzi agli occhi , trasportate da ' loro cocchi : insomma un cumulo di reminiscenze che ti straziano l ' anima : è un martirio che fa deperire e qualche volta impazzire l ' uomo d ' ingegno e di cuore , e che indurisce viepiù chi è incallito nel vizio . Aggiungete a tutto questo l ' obbligo di restare lì chiuso , mentre , alla semplice idea di esser costretto a fare una cosa , fosse pure la più gradita , si prova una certa repugnanza che ci fa entrar le paturnie . Perchè invece di una severità che non dà alcun resultato , non si cerca di ricondurre sulla buona via quello , che ne è lontano , a forza di cure amorevoli ? Quando si è messo il colpevole nell ' impossibilità di nuocere alla società , a che prò aggravare la mano sopra di lui , e incessantemente torturarlo ? ... Io fò una scommessa ; se domani un domatore di fiere uccidesse così per ghiribizzo un leone che ha in gabbia , o si divertisse a martoriarlo a colpi di spillo , i filantropi non la farebbero più finita colle loro proteste : i giornali partoribbero articoli sopra articoli e se ne farebbe quasi quasi una questione di Stato . Qui invece abbiamo degli uomini che sentono , amano , che hanno peccato per inesperienza , per fatalità , ma che per ora non possono tornare a peccare : una delle due ... o questi uomini si credono capaci di ravvedimento , o no : in questo ultimo caso uccideteli : nel primo cercate d ' istruirli , fate loro conoscere quanto sia migliore la strada della virtù da quella del vizio , educateli col lavoro , metteteli in un ' isola incolta e provvedete che quest ' isola affidata alle loro mani , addivenga ridente , ubertosa ... fate loro conoscere l ' agiatezza , la calma , la soddisfazione del buono operaio , eppoi restituiteli alla società , che potrà a ben diritto vantarsi di avere acquistato dei buoni cittadini in quelli che fin ora non eran che rei ! ... Anche per legge fisica quanta più è la repressione , tanta maggiore è la reazione . Chiedo scusa ai lettori di aver loro fatto ingozzare questa tirata , che a qualcuno farà l ' effetto del cavolo in una merenda ; d ' altronde qui si parla di una carcere , qual migliore occasione per spifferare le riflessioni che si son covate in quella solitudine e in contatto di quei disgraziati ? In quanto a noi , grazie all ' amabilità del capo guardiano dello stabilimento , fu cercato di renderci meno dura che fosse possibile la prigionia . Ci misero in sei in una stanza ; lasciarono che si fumasse a nostro bell ' agio : ci si passavano i giornali , dove tra le altre cose apprendemmo l ' infame tradimento del generale cortigiano Bazaine : non ci era fatta alcuna restrizione nel mangiare e nel bere : ci si trattava insomma coi guanti , e inservienti e guardiani , lungi dal far pompa di quelle mosse scortesi di cui sì spesso e sì volentieri fanno pompa coi carcerati di bassa estrazione , si perdevano in scappellature ed inchini e venivano due tre volte per ora a domandarci , se si abbisognava di qualche cosa . Era compassione questa , o , piuttosto come succede in qualunque circostanza nel mondo anche là si venerava l ' abito , anche là avendoci veduti insieme col Colonnello e per questo scambiandoci forse per uno stato Maggiore , si cercava entrare nelle nostre buone grazie , perchè si aveva la ferma credenza che eravamo pezzi grossi ? ... Io credo che quest ' ultima sia la ragione più giusta e più esatta delle preferenze che si avevano per noi . Quell ' ingegno ferace , che tanto predominava sugli altri per lo spirito d ' osservazione e che così presto doveva esser rapito all ' Italia , intendo parlare di Carlo Bini , nelle sue riflessioni sui prigionieri ha dettato delle pagine maravigliose per la verità sulle distinzioni sociali , che con scrupolo sono venerate ancora nelle carceri . Povero ! ... t ' hanno condotto qui , tu devi aver peccato di certo ; va ' giù nel buglione , là troverai degli amici e dei degni compagni ... e spesso per spingerlo più presto gli si amministra gentilmente una pedata che il meschinello riceve , grattandosi il capo ! Sarà innocente ... E che importa ? ... Lo si manda giù tra la feccia , tra i borsaioli , tra i ladri d ' ogni qualità e d ' ogni risma ; gli si fanno degli sgarbi premeditati , gli si ride sul muso quando protesta della propria innocenza ; si tiene a stecchetto di pane , si fa mangiare mezz ' ora dopo quella prescritta dai regolamenti , si cerca infine di rendere più triste , più penosa la di lui posizione : mai una parola d ' affetto per lui , sempre un ghigno , sempre una maledizione ... E se fosse innocente ! ... Per un signore poi è un altro paio di maniche : inchini , conforti , agevolezze : il caffè e latte la mattina , la bottiglia per pranzo , e qualche volta anche il the per la sera ... oh , come è rispettata l ' eguaglianza a questi lumi di luna ! Dunque , come ho detto , eravamo in cinque in una prigione . Gagliano , il Colonnello , mio fratello , io ed un giovinetto Perugino , che per la prima volta si moveva da casa , e che era innamorato come un ciuco di una ballerina cui aveva promesso per quanto prima l ' anello nuziale . Il primo giorno , non vedendo alcuna probabilità di un interrogatorio , non facemmo che scrivere . Scrivemmo al console , a una dozzina di deputati , a una mezza dozzina dì giornalisti , e perfino al Lanza : in tutti i nostri scritti si protestava contro la patente ingiustizia , di cui eravamo stati le vittime , e si scongiurava , affinchè fosse troncato quello stato penoso , che , temevamo , si prolungasse ancora per un lasso di tempo , non indifferente . Uno dei nostri , che era stato diverse volte in prigione sempre per affari politici , ci iniziò nei misteri della vita non troppo geniale del carcere , e c ' insegnò tra le altre cose un mezzo sicuro , per comunicare con gli altri infelici , quantunque fossero in stanze dalla nostra lontane : il nome tecnico di questo nuovo sistema di comunicazione è il cavallo ; si attacca ad un sasso o a un pezzo di legno una cartolina , in cui si scrive , quello che vogliamo ; si avvolge poi tutto ad un filo e dalla finestra si lancia , dove si ha intenzione di farlo recapitare ; i prigionieri , nella solitudine aguzzano tanto l ' ingegno , addiventano così maestri nella precauzione , che se si ingannano una volta sola , in questo nuovo bersaglio , si può assicurare che è una fatalità . Inutile il dire , che noi ci servimmo di questo mezzo spessissimo , e sul principio facemmo delle matte risate , alle spalle di qualcheduno il quale più che si piccava ad essere gran tiratore , più ne mandava di fuori . " Come son lunghe , eterne L ' ore del prigionier ! " Canta il tenore nel secondo atto del Pipelet , e se noi non cantavamo queste parole , se ne comprendeva però in quei momenti tutta la desolante verità . Addormentarsi colle galline , essere in piedi ai primi chiaror dell ' alba ; appena desti , eccoti ad assalirci la spaventevole idea di quattordici o quindici ore d ' inerzia forzata ; oh , almeno oggi tuonasse , infuriasse una gran tempesta ... sarebbe una distrazione ! .. Oh ! se si avesse nel cuore la mansuetudine pecoresca del Pellico , chè potremmo passare ore intiere , facendo asceticamente delle contemplazioni sulle tele di ragno , che in sì gran numero e , a mò di tendoni , adornano la volta della nostra abitazione ! Oh ! venisse un nuovo carceriere gobbo , sbilenco , rachitico , o per lo meno tartaglione si potrebbe ridere qualche tempo per conto suo ... Ma no signori , sempre i medesimi volti , sempre il medesimo cielo nè sereno , nè brusco , sempre qualche pezzetto di ragnatelo che ci dà fastidio , cadendo ed appiccicandosi sui nasi respettivi . Si fece delle palle colla midolla di pane e ci si mise a giocare alle boccie ... Ci si annoiava mortalmente ; si tentava attaccare una discussione filosofica o letteraria ... sul più bello un prolungato sbadiglio faceva uscir di carreggiata l ' oratore e lo squarcio di poesia e di eloquenza finiva con una solita imprecazione , dove non si risparmiava nessuno . L ' unico che vivesse estraneo a tutto quello che si svolgeva dinanzi a noi , era il giovinetto che tesseva omelie , ripensando alla sua bella ed ai dolci momenti che era solito passare con lei . A questi sproloqui , noi assumendo la dignità di uomini stagionati , e che hanno corso per tutti i versi la cavallina , facevamo tener dietro delle dissertazioni serio - facete , e dei consigli che le più volte facevano diventar rossa come una ciliegia la faccia del pudibondo giovinetto il quale terminava ogni suo dire , sacrando per tutti gli Dei , che la gentile fanciulla , malgrado tutti gli ostacoli , avrebbe finito per diventare sua moglie . E infatti , oggi tornato di Francia , ho saputo la grata novella del felice connubio che amore sparga sempre di rose il beato talamo in cui piange la ragione e la democrazia : che quel giovine infondo aveva cuore , e si entusiasmava per le idee generose . Gagliano pareva poi , che avesse in corpo un ' organino ; cominciava a ciabare la mattina a bruzzico e durava a sfringuellare fino all ' undici e anche a mezzanotte ; se noi si dormiva lui non si perdeva d ' animo e con una costanza degna di miglior causa , discorreva solo , trinciando l ' aria con gesti agitati , e ripetendo ordini del giorno e proclami di là da venire : ei s ' era fitto in capo di costituire una compagnia che si doveva chiamare dei cacciatori del Varo , egli l ' avrebbe costituita , appena che ci si fossero schiuse le porte . La questura che seppe forse il progetto , e che , da abile maestra , sa quanto va maturato un disegno perchè possa riuscire , mentre dava la via , pochi giorni dopo , a tutti noi , riteneva in chiusa per altri tre mesi il povero capitano di quella compagnia , la quale , come direbbero le nostre donnicciole , restò sempre nella mente di Dio . Ci si faceva prendere aria due volte per giorno : la prima volta lungo i corridoi circondati da terrazzini , da cui è intersecato lo stabilimento : la seconda su , in un piccolo belvedere dal quale si godeva di un colpo d ' occhio incantevole . Sui muri dei corridoii , come su quelli della terrazza non si vedevano che scritti in lapis : erano ricordi , conforti scambievoli dei prigionieri : geroglifici indecifrabili , ma che forse contenevano rivelazioni per chi era d ' intesa : accidenti alle spie e morte ai birri erano quasi sempre il ritornello obbligato di questi sfoghi . Su in terrazza trovammo anche dei versi : quantunque si sia detto , e ridetto fino a sazietà che la solitudine fa crescere il bernoccolo poetico , anche a coloro che da mamma natura non hanno avuto un tal dono , l ' apparizione di queste strofe fu salutata da noi con un hourrà clamoroso , che fece venire in fretta e furia i guardiani a domandar cosa fosse avvenuto . I versi eramo mediocri , ma giudicando dal modo col quale erano scritti , si poteva giurare che quello che li aveva vergati aveva fatto anche troppo e che aveva un ' anima molto più sensibile di tutte le altre che si trovavano in quelle catapecchie . I versi son questi ; ve li riscrivo tali e quali , chiedendo scusa all ' anonimo autore dell ' indiscrezione , e ai miei lettori qualora non andassero loro a fagiuolo . Campanella che rammenti Al dolente prigioniero I dolori ed i tormenti Di una vita , che finì ... Deh ! Riporta al mio pensiero Le speranze d ' altri dì . Di quei dì , che una tranquilla Gioia al Cielo mi rapia : Fissa in Lei la mia pupilla Comprendevo la beltà , Comprendevo la poesia Sentia in cuor la libertà Or son morto , o campanella Suona , suona a funerale Più non veggo la mia bella Più non palpita il mio onor Sul mio letto sepolcrale Suona i tocchi del dolor E qui il poeta finiva e la parola dolor con cui avea terminato tu la vedevi ripetuta ai quattro angoli dell ' ode ! ... Sia stato un malfattore colui che vergò questi versi ? ... Se anche lo fu , è certo che fu più infelice di quello che fosse colpevole ! Passammo altri due giorni in questa completa atonia ; già tre giorni che eravamo separati da tutti , già tre giorni col timore che i nostri compagni avessero bruciato delle cartuccie contro i Prussiani ! ... Finalmente venne l ' interrogatorio : un interrogatorio pro forma , dove ognuno rispondeva a casaccio tutto quello che gli veniva alla bocca , dove s ' inventavano scuse così magre e storie così bambinesche , che sarebbero cadute al primo soffio di un accusatore , fosse anche il più dozzinale . Entrammo dal giudice colla speranza : si credeva che finito l ' interrogatorio ci avrebbero rimandato : invece quale non fu la nostra sorpresa , quando ci vedemmo di nuovo rinchiudere nell ' aborrita stamberga , che ci aveva accolto fino a quel giorno ? - Non ci mandano via che a guerra finita - Borbottò stizzosamente uno di noi . Chinammo tutti la testa , che tale cominciava a diventare l ' universale credenza . E passò un altro giorno , eppoi un altro : era il tre di novembre ; la vigilia eravamo stati di un umor perfidissimo ; senza provare alcuno dei sentimenti dettati dalla religione , quelle campane che invitavano a andare a commemorare i defunti , ci facevano pensare ai nostri poveri morti , a quelli che caddero per le nostre idee , a quelli che cadevano in quel mentre per far scudo coi loro corpi a una pericolante repubblica , per opporre un ' argine all ' irrompente valanga dei venduti soldati della monarchia degli Hokenzöllern ... Noi eravamo mesti , e si passava intere mezz ' ore difaccia alle quadrelle dell ' inferriata , tanto per vedere quel miserabile lembo di Cielo : orizzonte rimpiccolito come quello dell ' idee che ci bollivano in testa e che non si potevano espandere . Il tre novembre fu un gran movimento pei corridoi , un via vai continuato e un accorrere di guardiani . Qual nuova avventura era giunta a disturbare la quiete monotona di quel sepolcro di vivi ? ... Il caso era nuovo . Rossi , Piccini , Stefani ed altri Fiorentini avevano avuto l ' idea bizzarra di commemorare i caduti a Montana ; ne correva l ' anniversario , e loro , come avanzi degli Chassepots di De Failly , non ultima celebrità di Sédan , vollero degnamente onorarlo ; coi pagliericci improvvisarono un catafalco , ci posero sopra una camicia di flanella rossa , lo circondarono con venticinque candele steariche , comprate la sera avanti , eppoi attaccarono un cartello nel quale a parole cubitali era scritto : Ai Martiri di Mentana I superstiti Repubblicani S ' immagini un pò il buon lettore , quando i guardiani entrarono nella prigione , per portare il becchime a quegli uccelli ingabbiati . Vedere tutti quei lumi , poi quel catafalco ... e ' era da fare andare in bestia il secondino più mansueto che abbia mai esercitato questa nobile professione ! Subito un reclamo dal direttore , il quale seguito dal capo guardiano , dallo stato maggiore e da un nuvolo di carcerieri si presenta maestosamente sulle soglie delle profanata stanzaccia . - Questo è troppo ! ... Io sono buono , ma non lo sono tre volte ... Impongo loro di tor via quel cartello rivoluzionario ... - Ma noi non diamo noia a nessuno , e poi qui chi lo vede ? - Non importa ... Lascino pure il catafalco , ma levino il cartello ! - Ma se nessuno può leggerlo ! ... - Io ho usato troppe gentilezze con loro - questo scandalo non lo subisco ... - Ma , se non v ' è scandalo ! Insomma per il buon della pace , fa necessario tor via quel disgraziato cartello . - È un fatto , chiaro , lampante e arci che provatissimo : i governi che pericolano hanno paura dei morti , eguali in tutto e per tutto all ' infermo incurabile che fa il viso serio solamente a sentir parlare di morte . In premio di non aver preso parte alle dimostrazioni sovvertitrici dei nostri amici , quel giorno noi fummo mandati a prender aria un ' ora più presto . Una dolce sorpresa ci attendeva sulla terrazza : arrampicandoci sull ' inferriata , e spenzolandoci come meglio si poteva , si vide sedute sulla spalletta di un fosso che attraversava la via , le due fate dai magici scialli , che tanto mi avevano dato a riflettere sul Var : esse guardavano in su ; era certo che qualche prigioniero , aveva portato con se molta parte di cuore di quelle creature che credevamo vezzosissime e che le ci apparivano come una visione , nei momenti più climaterici di quella intrapresa . Ci si perdeva , come di solito , in congetture su quelle apparizioni , quando venne un custode e con ilare fisonomia , ci disse : Giù , giù nella stanza del capo guardiano . - Ci son novità ? - Eccome ! - Loro son liberi . - Liberi ! - Urlammo noi e ci stringemmo l ' un l ' altro la mano . O libertà ! ... Prima tra tutti gli affetti e le aspirazioni dell ' uomo , senza te è impossibile vivere , e solamente si giunge a comprendere tutta la tua dolcezza ineffabile , allorquando per disgrazia ti si è perduta ; ridotti allo stato di cose , costretti a reprimere i battiti del cuore , le concezioni del cervello , gli slanci che suol produrre l ' intelligenza , a te si ripensa come lo stanco e affaticato peregrino , in una montagna o in mezzo al deserto ripensa all ' agiatezza della sua casa , ai dolci riguardi dei parenti lontani . Tanta è la gioia che si sente nel ricuperarti , che si tornerebbe a soffrire gli istanti penosi , che abbiamo sofferti , pur di provare l ' inenarrabile felicità , che si prova in quell ' istante divino . Scendemmo a rotta di collo le scale , entrammo nel corridoio , dove di subito fummo circondati dai nostri compagni , che ci abbracciavano , ci baciavano , ci opprimevano di mille domande ; chi troverebbe parole per descrivere l ' emozione di quel momento solenne ? Non era il tornare a vivere che ci sorridesse soltanto : era l ' idea che prima o poi si avrebbe raggiunto nostro padre , che tale deve considerarsi da un giovane l ' eroe leggendario della libertà e del progresso , che tale deve essere riguardato da tutti coloro che soffrono , il prode general Garibaldi . Fassio , incaricato dalla questura ad assistere alla nostra liberazione , volle farci sospirare , più che fosse possibile , un tanto agognato momento ! Eravamo una lunghissima fila , ognuno che usciva dalla stanza provocava in tutti un sospirone che si poteva tradurre in queste parole : Lui felice ... ed io pure , che mi avvicino alla liberazione ! Venne la mia volta . Entrai : Il commissario mi abbordò subito con queste parole : Lei è di Firenze ? - Sissignore ! - Vuoi fare il viaggio a spesa sue , o a conto della questura ? - Ma io voglio restare in Livorno - È impossibile ! - Se ci ho i miei interessi ! - Non importa : lei è di Firenze e deve tornare a Firenze ! - Ma questa è bella ! - O bella , o brutta ... tali son gli ordini . Strana logica invero questa della polizia ! se nel mio interrogatorio avessi detto di essere del Missisipì chi sa che la questura non mi avesse spedito gratis fino a quelle lontane regioni ! ... Ah ! averlo pensato ! ! A tutti gli altri fu fatta la medesima proposizione : tutti accettammo di andare a spese nostre , decisi di tentare ogni via per sfuggire ai questurini . - Domani si presenteranno al questore in Firenze - Disse allora il Fassio con tuono burbanzoso e poi volgendosi al Piccini aggiunse : lei mi par più serio degli altri , farà da capo squadra ... Alla stazione gli accompagneranno le guardie , nè li lascieranno fino a che non avranno preso il biglietto . Un ' altra speranza che si dileguava ! Bisognerà tornare per forza donde eravamo partiti con tutta allegrezza . - Possono andare ... e si sbrighino perchè il vapore parte a momenti .. Dei picchi ripetuti all ' uscio della nostra antica carcere , richiamano l ' universale attenzione verso quel posto . È Gagliano che protesta all ' ingiustizia e all ' infamia : è il povero Gagliano che solo vien rilasciato ai Domenicani per conto della questura - Scrivete sui giornali - Egli vociava - Fate nota la nuova ingiustizia , dite che mi si vuoi rovinare da questa canaglia . - Nessuno porgeva ascolto , alle di lui querele , qualcuno rideva : l ' uomo che esce da un pericolo diventa egoista . - Via , via - ci disse il nostro accompagnatore , una specie di Don Checco , scalcinato come un poeta , e zoppicante , come un verso sciolto di qualche genio incompreso . Demmo un ' ultimo sguardo alla stanzaccia che ci aveva racchiusi quei giorni , e , cosa strana , provammo un certo dispiacere ad abbandonarla . Quanti pensieri , quanti generosi proponimenti , quanti ricordi , quante speranze non ci avevano agitato là entro ! Quando io esco di prigione , e lo so benissimo grazie al benigno nostro governo , io provo il medesimo effetto di quando esco di un bastimento . Mi gira la testa e le gambe mi reggono appena .... quella sera mi pareva di essere addirittura ubriaco . Ed anche senza parere ubriaca , io credo che la nostra comitiva avesse in se tanto di umoristico da farsi guardare da chiunque passava . Figuratevi : prima Don Checco con una mazza gigantesca , su cui si appoggiava , ma che non era valevole a farlo passar per meno zoppo di quello che era : poi il Colonnello in cappello a cilindro coi due tubi di latta , in cui erano le carte geografiche , ma che di notte gli davano un ' idea di Sesto Caio Baccelli , con gli annessi canochiali ; dietro a loro il giovinetto innamorato con due valigione , che erano vote , ma che egli aveva portato con se per dar polvere negli occhi alla pulizia ; in coda noi altri urlando , chiassando , facendo le fiche a quel povero diavolo , che tentava attaccar discorso con tutti , senza che nessuno gli rispondesse : in poche parole egli sembrava un precettore che conduce a passeggiare una mandata di birichini , e scommetto che in quell ' ora , avvedutosi della parte redicola che sosteneva , avrebbe mandato in quel paese Bolis , la Francia , il Ministero e gli eroi della libertà . Arrivati alla ferrovia , le guardie ci fecero ala , nè si allontanarono , fino a che non avemmo presi i biglietti . - Dunque a rivederli , signori - Traendo un sospiro di contentezza ci disse il delegato . - Dica addio ! - Riprendemmo , noi tutti . - Grazie dell ' accompagnatura ! - Proferiva uno in tuon di burla . - La ci saluti Bolis ... - Al piacere di non riverirla mai più .. E via di seguito con espressioni più o meno frizzanti , tutte all ' indirizo di quel ' infelice che impappinato come un pulcino nella stoppa , voltandosi ad ora ad ora per darci una sbirciata più o meno benevola , se ne andò quatto quatto e colla coda tra le gambe . Entrammo nella stazione : quelli che viaggiavano a conto della questura erano stati ficcati in due vagoni di terza classe , e cantavano : cantavano dalla rabbia o dal piacere ? Non saprei dirlo davvero , ma è un fatto che un uomo che si trova in una situazione eccezionale , prova un refrigerio , stuonando un ' arietta ; i ragazzi che hanno paura a andar soli in una stanza canticchiano , i poveri coscritti cercano alle canzoni montagnole , e ai patriottici inni quel coraggio che invano cercherebbero al cuore . Ecco i due scialli ! .. Ecco le due donne che ci hanno fatto tanto almanaccare colla testa sul Var e in prigione ! - Oh ! finalmente ci è dato avvicinarle ! Sono la madre e la sorella dì un ' arrestato , mi sussurra uno , che ho accanto . Mi approssimo a loro . Qual delusione ! La madre è sbilenca , le mancano due denti davanti ed ha una bazza , come quella del barone Ricasoli . E la figlia ? Mi risparmino i lettori l ' orrore di descriverla ! .. Un viso da leticare il giallo alle carote , un personale impossibile , due mani che certamente non sarebbero state sproporzionate per il Biancone di piazza . Mi fecero mille complimenti , mi volevano presentare il figliuolo e il fratello : io con una scusa qualunque voltai loro gentilmente le spalle , che amavo credere il nostro compagno di sventura , gobbo , sciancato , ridicolo , per potere almeno avere il vanto di aver conosciuta la famiglia più brutta , che in questi tempi Borgiani , passeggi sotto la cappa del Cielo ! Pochi minuti dopo , si entra tutti nel convoglio : Piccini che doveva essere , il capo squadra ci sfugge : il treno è in movimento e noi ci si trova , spinte e sponte , trasportati a Firenze . CAPITOLO IV . Essere in Firenze , e ricominciare a studiare le strade per tornare in Francia fu tutt ' una . Il male si era , che le nostre piccole risorse avevano avuto un colpo tremendo , e che la questura aguzzava , come Argo cento occhi per spiare i nostri movimenti più piccoli , le nostre più segrete conventincole . Non si credano esagerate le mie parole : per il malaugurato affare di Livorno si era cominciato un processo , e si adopravano nelle sfere governative a tutt ' uomo per mandarlo avanti o di riffe o di raffe : si voleva infatti far vedere alla Prussia come in Italia fossero ligi al principio di neutralità e come il governo non dividesse per nulla le idee piazzaiole di quello scomunicato di Garibaldi . Noi dal canto noStro non stavamo con le mani in mano , e , tra le altre cose ( vedete , come eravamo poeti ) si cercò di organizzare in Firenze una compagnia tutta Toscana , che si sarebbe chiamata dei carabinieri dell ' Arno . Un tal disegno ci portò per le lunghe : e tra proposte , decisioni , consigli si perse un tempo prezioso . Mentre nell ' Atene dell ' Arno , quantunque muniti delle più belle intenzioni , non si dava nè in tinche , nè in ceci , il coraggioso e bravo Ricciotti compieva la romanzesca impresa di Chantillon . La democrazia e tutti coloro che sentono amore per l ' Italia , applaudivano calorosamente il giovane condottiero , che con un pugno di uomini , sorprendeva , notte tempo , ottocento Prussiani , ne faceva più che quatTrocento prigionieri , e toglieva loro buon numero di cavalli e di armi . Garibaldi , dopo aver costituito il suo microscopico esercito a Dôle , si era portato ad Autun , e dopo avere ottenuto splendidi resultati a Lantenay , si era spinto fin sotto Dijon , ed avrebbe certamente occupato questa città , se l ' imperizia e la codardia della guardia mobile non lo avesse obbligato a ritirarsi fino nella città , da dove si era partito con tanta speranza nel cuore . I Prussiani avevano cercato di sorprenderlo , capitando all ' impensata in Autun , ma grazie all ' esattezza dei tiri delle batterie da montagna che l ' illustre generale aveva sotto i suoi ordini ed al valore dei giovani volontarii , i tremendi soldati che facevano paura a tutta l ' Europa , dopo averne buscate come ciuchi , si erano refugati a rotto di collo dentro Dijon , dove il generale Werder aveva piantato il suo quartier generale . Queste notizie che leggevamo sui giornali erano tante stilettate per noi ; già varii dei nostri compagni erano partiti alla spicciolata per la Francia . Io mi rammento che in quei giorni mi vergognavo ad uscir soltanto di casa : mi pareva che tutta quella gente che era conscia della mia prima partenza mi ridesse sul muso , e che dentro di se mi rimproverasse quell ' ineRzia , che d ' altronde era la conseguenza logica della mia situazione . Finalmente un giorno capitò da me , che in quel momento avevo già dismesso il pensiero di poter prender parte alla campagna di Francia , il Bocconi , e , senza che io prOferissi nemmeno una parola mi disse : Sei sempre deciso di venire in Francia ? - Sicuro ! - Gli risposi . - Allora domani l ' altro partiamo . - Non burli ? - Ti parlo del miglior senno possibile ... ci stai sempre . ? - Se ci stò ! ... - Allora siamo in cinque , - Ma , ai fondi ? - Ci è chi provvederà ... - Tanto meglio ! E fissammo di vederci due sere dopo al Caffè Ferruccio ; chè l ' ora della nostra partenza era alle quattro del mattino , ed era deciso che saremmo andati a Genova per via di terra , non essendo cosa ben fatta il tentar di ripassar da Livorno , dove il questore Bolis comandava tutt ' ora a bacchetta . La sera che dovevamo partire me ne andai solo solo all ' Arena Merini ... pardon al teatro Principe Umberto ; chiacchierai cogli amici , mi mostrai più di buon ' umore di quello che ero realmente , dissi male degli Italiani che erano andati in Francia , e protestai di riconoscer di avere io fatto malissimo a partire la prima volta . Che volete ? I casi che mi erano accaduti antecedentemente mi rendevano sempre più convinto , che a voler che un ' impresa vada per il suo verso , è necessaria un pò di gesuiteria , e che una persona che crede di andare avanti colla buona fede , e collo spifferare tutto quello che ha sullo stomaco , in generale finisce coll ' avere il male , il malanno e l ' uscio addosso . Salutai gli amici e verso mezzanotte mi ridussi al caffè Ferruccio . I miei quattro compagni , non avevano mancato all ' appello e cominciavano a susurrare della mia tardanza ; alcune nostre conoscenze fiorentine , colle quali potevamo fidarsi a chiusi occhi , si erano assise al nostro tavolino , e sotto voce ci davano qualche conforto , o si lamentavano di non poterci seguire . Il caffè si chiuse alle due , ed i nostri amici partirono . Qui cominciarono le dolenti note . Sembra una cosa incredibile , ma in Firenze capitale d ' Italia , fu impossibile di trovare un locale che fosse aperto in quell ' ora . Un nevischio impertinente ci filtrava nell ' ossa , e ci batteva sulla faccia , procurandoci dei brividi che erano salutati da veementissime apostrofi . Come furono lunghe quelle due ore ! ... E con qual gioia non si salutò , l ' aprirsi dei cancelli delle stazione . Gli Ebrei che giunsero finalmente a mettere il piede nella terra promessa , dovevano forse aver provato la medesima gioia ... maggiore è impossibile . - Prudenza , ragazzi - Ci dice a bassissima voce il Materassi , uno dei nostri . - Che ci è ? Proferimmo tutti spaventati . - Guardate ! - E ci accennò colla mano una delle più celebri guardie di sicurezza Fiorentine , che prendeva il biglietto . Soprapensieri , come eravamo noi tutti , cominciammo a temere ! ... Ci si buttò in un vagone , e dopo un ' ora eravamo a Pistoia . Altro intoppo ! ... Viene una guardia e ci annunzia che dovremo restar lì fermi , a dir poco due ore . La neve impediva che il treno procedesse , fino a che una macchina non fosse andatA ad esplorare la ferrovia . Difatti per quanto tu stendessi lo sguardo , non ti era dato di vedere che un bianco lenzuolo : bianchi erano i monti lontani ; bianche le collinette vicine ! gli alberi più alti sembravano pianticelle di giardino , ed invece di essere in quella località così ricca di vegetazione tu avresti , a buon diritto , creduto di essere ai piedi delle Alpi . Per digerire il male umore , e per farci passare il freddo dalle ossa , bevemmo un par di bicchieri di Cognak , che era proprio un castigo di cielo , ma che fu bevuto da noi con quella filosofia con cui si trangugia una medicina . Le due ore sì tramutarono in più di tre , finalmente venne le famosa locomotiva : rimontammo nel nostro vagone , e insieme con noi rimontò la guardia di pubblica sicurezza . Che si avesse a fare la seconda di cambio ? - si pensava tutti tra noi , ma nessuno ardiva dirlo a un compagno . Maggiore il nostro desiderio di sbrigarsi , minore la velocità eon la quale si andava : la neve infatti più che ci si avvicinava all ' Appennino prendeva delle proporzioni imponenti ; a tutte le stazioni intermedie bisognava fermarsi una buona ora : ad ogni fermata si trangugiava un bicchierino d ' acqua vite . - Aqua vitae , la chiamavan gli antichi - Declamava il Materassi , vecchio soldato - per mettere anima in corpo par fatta apposta . Si cominciò a traversare gallerie e a percorrer viadotti ! .. Quali considerazioni non vengono in mente al maestoso spettacolo , che scienza ed arte offrono innanzi ai nostri occhi ! .. E pensare che un secolo fa , sarebbe stato trattato da pazzo , chiunque avesse predetto la magica impresa , e pensare che il primo Napoleone , il genio della tirannide , rise sulla faccia a colui che gli proponeva il sublime ritrovato dell ' umana potenza ! .. Ma così è ; disgraziato chi trionfa alla prima : l ' umanità è codarda coi grandi , e ne attua solamente i grandiosi disegni allorquando essi non sono che polvere ! Giovanni Uss , Galileo , i Parigini della Comune , ce ne possono e ce ne potranno dare un ' esempio . Corri adunque , o macchina apportatrice di civiltà e di grandezza : corri , che tu ci rappresenti il progresso che non cura gli intoppi o che li debella ; gli ostacoli cadono a te davanti : tu ti fai strada tra le impraticabili montagne , in mezzo alle più folte boscaglie ; superi fiumi , traversi estese pianure , riunisci e fai conoscer tra loro popoli diversi di costumanze , di tradizioni , e generalizzi l ' idee generose , a dispetto del prete che ti stigmatizzò , quando nascesti ; a dispetto del retrogrado che in te vide l ' annunzio di sua prossima morte . A Pracchia ci dovemmo trattenere altre due ore ; anche a questa fermata della nostra via Crucis ripetemmo la parola sacramentale , che proferì anche Cristo dopo essere stato inchiodato , la parola : Sitio , Malgrado però questa nostra manìa di confortarsi le intirizzite viscere a forza di liquore non potemmo fare a meno di ammirare l ' inponente panorama che ci si stendeva davanti . Dalla finestra del bugigattolo in cui ci eravamo refugiati si godeva un immenso spettacolo . Le punte accuminate dei monti , gli scoscesi burroni erano tutti bianchi , come l ' immensa volta del cielo : gli sconfinati orizzonti che ci si stendevano innanzi a noi ci rendevano piccini , piccini ; i castelli , i villaggi , lo chiese che così di frequente si trovano in quelle catene di monti , si alzavano forse un metro dal suolo e ti apparivano quasi informi ammassi di neve . Manfredi , che s ' ispira all ' orridezza della natura , ci appariva , ombra incresciosa e vagabonda su quel candido strato , e ci faceva volgere tutti i nostri pensieri alla fantasia più che umana di Byron ! L ' aspettativa era lunga ; è un fatto che in certi momenti si prova la voluttà di bamboleggiare : gli uomini più grandi hanno in comune coi collegiali moltissimi divertimenti ... «Deh., fa che io possa ritornar bambino A te daccanto ! scriveva un mio amico che non credeva più a nulla ; e noi che non eravamo guariti e che ancora si credeva a qualche cosa , incominciammo una guerra a palle di neve : guerra che se non ebbe le conseguenze terrIbili che ebbero le altre di cui facemmo parte , ci riusciva più fastidiosa , quando qualche proiettile veniva a spiaccicarsi sulle nostre faccie . I macchinisti col muso nero , i lavoranti colla faccia tutta unta ( rimedio per scongiurare la forza del freddo ) stavano a guardare con maraviglia , e s ' interessavano alle peripezie del combattimento . Nel più bello della lotta mi si avvicina una donna e tendendomi la mano mi chiede un ' elemosina . Abituato all ' accattonaggio delle grandi città , io rifiutai la richiesta . - Se sapesse .... Io ho il genero e la nuora malata e sei nipotini che moiono di fame e di freddo . - Solite storie - Interruppe uno dei nostri alzando le spalle . - Storie ! - Borbottò piangendo la povera vecchia - Storie ! vengano a vedere e saranno persuasi . Seguimmo la povera ; in una capannuccia tutta coperta di neve , sopra un monte di strame , vedemmo una donna ancora giovine , forse anche bella , circondata da quattro bambini assiderati dal freddo . Uu fetore immenso , una miseria che metteva spavento : tutto insieme uno spettacolo che faceva venir voglia di piangere . Poveri disgraziati , mentre il ricco annoiato profonde le migliaia di lire ai piedi di una ballerina , o per avere una bella pariglia , e finimenti magnifici alle passeggiate ed ai corsi , essi morivano di fame , non si sdigiunavano nemmeno tutti i giorni , perché il marito dell ' afflitta giacente , dopo aver lavorato come un ciuco , era caduto da varii mesi ammalato e i di lui padroni gli avevano sospeso il salario . Noi avevamo pochi quattrini , questi pochi ci servivano appena per fare il viaggio e purnonostante non potemmo fare a meno di dare il nostro piccolo obolo , per questa miseria che ci faceva piangere il cuore . Oh ! se tutti andando a prendere un punch , o fumando un sigaro ( vedete che prendo le più piccole spese ) pensassero che con quei pochi soldi si potrebbe procurare un tozzo di pane a tanta gente che è degna di aiuto e che langue nella più tremenda miseria , oh ! scommetto che allora i vizi scomparirebbero , che nessuno avrebbe cuore di abusar del superfluo , mentre tanti fratelli mancano del necessario : Il fischio della macchina che arrivava ci annunziò che l ' ora della partenza era giunta ; lasciammo la casa del dolore e non potendo esser più allegri , chiotti , chiotti rientrammo nel treno , che dopo due o tre ore ci lasciava a Bologna . A Bologna fu mestieri fermarsi fino al giorno dipoi ; s ' immagini chiunque ha fior di senno , con qual malumore : malumore che ci cresceva a mille doppi , vedendo come la celebra guardia di sicurezza seguisse come un cagnolino tutte le nostre pedate . La mattina all ' alba partimmo ; mi sembra inutile descrivere ai miei buoni lettori il lungo viaggio che avemmo a fare da Bologna a Genova ; le famose avventure in ferrovia , che sono così spesso tirate in ballo dai romanzieri , per me sono favole belle e buone ; noi fummo trasportati , nell ' identico modo con cui son trasportati i bauli . Avemmo a compagni dei mercanti , dei contadini e dei soldati in congedo ; ci fermammo per far colazione , come tutti gli altri a Piacenza ; mangiammo di nuovo a Tortona ; bevemmo una buona bottiglia di vino a Novi , non potemmo fare a meno di ammirare la magnifica vallata di Serravalle , schiudemmo i cuori alle più liete speranze , osservando l ' infinito numero di fabbriche di San Pier ' d ' Arena , e scendemmo a Genova nelle prime ore della notte . La luna illuminava il bel monumento di Cristoforo Colombo che è sulla piazza della stazione . Noi volgemmo un saluto a quel grande , che in ricompensa di un nuovo mondo si ebbe le catene da un re , e ci persuademmo , che per volger di secoli e per variare di avvenimenti l ' umanità non è punto cambiata . Nostro primo pensiero fu di recarci da un certo individuo , che ci doveva dare il mezzo sicuro , perché si potesse muovere senza disturbi alla volta di Francia . Ci aveva dato una lettera di raccomandazione per questo genio benefico , Andrea Pieri , uno dei nostri buoni amici Fiorentini , giovane egregio e provato patriotta , di cui la democrazia piange a lacrime amare la perdita . Trovammo quasi subito la tanto desiderata persona , e secolui ci riducemmo in una bettoluccìa non molto distante dal teatro Carlo Felice , bettoluccia frequentata soltanto dai marinari , e da qualche facchino di porto . - Noi si vuoLpartir subito - Fu il primo discorso che facemmo . - Non dubitatE ... domani sera voi partirete ... Domattina ... uno di voi verrà con me e combineremo ogni cosa . - Va bene ! - Ma saremo disturbati qua in Genova ? ... Dimandai io che avevo sempre fisse in mente le persecuziOni con cui ci onorava il Bolis a Livorno . - Loro possono andare tranquillamente ... Si figurino in quest ' ultimo mese ne ho già imbarcati più di duecentocinquanta ... Mi rincresce non poter nominare questo giovine che con tanta abnegazione si prestava , per procurare dei difensori alla Francese repubblica ; egli in oggi è uno dei miei amici più cari , ma , se lo nominassi , domani forse non avrebbe più pane e quello che è peggio , non l ' avrebbe nemmeno la sua numerosa famiglia . Quanti , oh ! quanti sono obbligati a nascondere le idee generose che loro bollono in cuore , per la miseria e per il bisogno ! Non vi disperate però , o povere vittime , che ce lo ha lasciato detto anche Giusti : « Tra i salmi dell ' uffizio C ' è anche il Dies irae O che non ha a venire Il giorno del giudizio ? ! Si dormì in un Albergo , a cui c ' indirizzò il nostro amico ; il proprietario , i camerieri la pensavano come noi e terminammo la serata , cullandoci tra le più belle illusioni e facendo i più attraenti progetti per l ' avvenire . Al mattino Materassi andò a fissare per la partenza ; noi andammo a vedere i magnifici giardini dell ' Acquasola ed ammirammo tutta la poesia di una magnifica giornata ; il mare , la terra , il cielo erano ridenti , ridenti come il nostro pensiero , che spaziava in quell ' Oceano di luce , in quel verde sterminato delle miriadi di piante che ci circondava , e che traeva da tanta magnificenza di natura nuova forza per tentare l ' impresa , e certa speranza di sicura riuscita . - Stasera alle otto si parte ! - Ci disse a pranzo il Materassi . - Ma come ? - Andremo ad uno ad uno al battello ... Io vo per il primo : voi mi seguirete . Sull ' imbrunire ci avviammo al porto ; il porto di Genova è senza dubbio il primo d ' Italia : il continuo movimento , l ' affaccendarsi di migliaia di persone , lo sterminato numero di navi che vi sono ancorate , lo sterminato numero di vapori che s ' incrociano arrivando e partendo , disegnando sull ' Orizzonte una lunga striscia di fumo , ti rendono certo di essere in uno degli emporii commerciali tra i più accreditati in Europa . A terra hai il lavoro , in mare hai il vapore : le due leve che rialzeranno l ' umanità fino all ' altezza dei suoi gloriosi destini ; l ' attività individuale e la scienza ! Se i barcaioli di Livorno ci si erano mostrati usurai e sordidi , quelli di Genova ci sorpresero per il loro galantomismo . - Lei va in Francia ? - Mi domandò quello che guidava la mia barca . - Sì - Gli risposi . E lui , zitto come un muro . - Quanto devi avere ? - Gli domandai quando fui giunto alla scala del bastimento . - Mi , darà mezzo franco . - Soltanto ! - Esclamai io con sorpresa . - È il mio avere . Io gli diedi due franchi , egli mi pose in mano il resto e si offese quando gli dissi che del resto io intendeva fargli un regalo . A bordo , mi buttarono giù tra le cabine dei marinari . Dove erano gli altri ? Sul bastimento di certo , e se non li vedevo quella sera , li avrei veduti quando l ' aria fosse più libera ! Noi eravamo nientemeno che sul Conte Cavour , vapore italianissimo e appartenente alla compagnia Aquarone . Mi sdraiai alla meglio iN una cabina , quando entrò nella stanza un tale , che mi fu presentato con queste parole da un marinaro : anche lui , viene in Francia . - E di dove viene ? - Io gli richiesi . - Vengo da Milano , ed ho fatto a piedi fin qui tutta la strada ... - E come mai ? - Io ero nei cavalleggeri Monferrato e son disertore ! Io lo guardai e sentii compassione di lui ; io non ho mai creduto che l ' impresa di Francia potesse riuscire , e , se andavo , era solamente perché reputavo un delitto per un republicano il non accorrere là dove si pugnava e si moriva eroicamente intorno al glorioso vessillo dell ' umana emancipazione . Morire è nulla per chi ha un poco dì cuore : ma andando alla guerra ci son più probabilità di restare che di andare tra i più , e se quel povero diavolo l ' avesse scampata , che avrebbe fatto ? In Italia non poteva tornare dicerto , in Francia non sapendo una parola di lingua francese sarebbe morto di fame ... Oh ! quanti eroi vivono e moiono ignorati , in questo secolo falso in cui si inneggia all ' effetto scenico dei bugiardi eroismi . Questa volta ci si muoveva davvero ; allorché io ne fui proprio sicuro mi addormentai profondamente . Quando al mattino mi destai noi eravamo fermi . - Venga pur su dai suoi compagni , mi disse un mozzo . - Ma perché ci siamo fermati ? - Siamo a Savona : ci fermiamo fino a stasera . - E avremo altre soste avanti di arrivare a Marsiglia ? - Oh ! ... sissignore ! Per lo meno si sta dieci ore a san Maurizio . I miei compagni , secondo il solito , più fortunati di me , erano stati messi nelle cabine di prima classe . Io li trovai nel così detto salone , nel quale ci si rigirava appena , tanto era piccolo ! ... ma pure lo avevan battezzato come salone . Prendemmo un caffè , e si assise con noi un Pollacco , che bisticciava alla peggio un po ' di francese : egli ci disse che veniva in Francia , e che era già stato ufficiale di cavalleria nell ' esercito Austriaco e Prussiano , e per convalidare ciò che diceva , ci mostrò una fotografia , che aveva in tasca , dove era rappresentato in alta montura di ussero . Alla nostra domanda se pur egli avesse intenzione di arruolarsi con Garibaldi , fece una smorfia . e portestandoci di amare i volontari , ma di trovarsi al mo posto soltanto tra truppe disciplinate , ci fece noto il suo divisamente di entrare nell ' esercito di Bourbaki , allora in formazione , io credo , a Châlons . Era intanto sceso giù da noi il macchinista , un bel tipo di Francese meridionale : un repubblicano a prova di bomba , che faceva parte del Comitato di Marsiglia e che anzi s ' incaricava di condurre più gente che gli fosse possibile in quest ' ultima città . La testa di quest ' uomo era molto espressiva ; fronte spaziosa e barba foltissima ; con un berretto Frigio sul capo ti rassomigliava perfettamente uno di quei celebri convenzionali che tanto impaurirono ed entusiasmarono la Francia sullo scorcio del secolo decimottavo . Franco e leale egli cantava le cose come le sentiva , per cui alle parole del Polacco , che aveva terminato il discorso con mille elogi dell ' eserciti permanenti , sola speranza di una nazione in pericolo ( sic ) alzava furiosamente le spalle , e finì borbottando : Noi non andiamo d ' accordo . - E come è vestita la cavalleria in Francia ? Gli domandò il discendente di Sobieskj , che persino in viaggio era di un ' eleganza ineccezionabile . - Da soldato ! - Rispose l ' altro bruscamente e volgendosi a noi ci disse a bassa voce e in genovese - Dev ' essere un imbecille , un soldato di ventura . Tale opinione ci fu poco dopo convalidata ; il nostro compagno di viaggio cominciò a parlarci delle sue conquiste , dei cavalli che aveva lasciato a Vienna e degli illustri parenti che aveva lasciato a Berlino , e terminò mostrandoci il ritratto della sua maitresse , una bella bionda che non in fotografia , ma in carne ed ossa avremmo desiderato avere davanti . Durante tutta la campagna non vidi più questo Pollacco ; probabilmente come tanti altri avventurieri avendo veduta la malaparata sarà andato in cerca di fortuna migliore : chè la campagna di Francia ebbe questo di buono : pochi volontarii , ma i pochi ispirati e che dicevano e facevano davvero ... ne diano prova luminosa le migliaia dei cadaveri che abbiamo lasciato lassù . A mezzogiorno preciso il vapore si mosse ; tutti salimmo in coverta . La giornata era superba , il panorama incantevole . Il nostro battello , che si poteva chiamare un guscio , tanto era piccolo , costeggiava la bella riviera che è una delle prime bellezze della bellissima Italia ; noi non ci scostammo mai più di cinquanta passi da riva ; si passava adunque vicinissimi a quei seni , a quei golfi che s ' intersecano nelle montagne , ora ridenti per il verde delle piante , ora tristi per il cenerognolo dei molti uliveti , ora orride per il colore rossiccio delle pietre e per la mancanza di abitazioni ; i cento villaggi , i pittoreschi castelli che si vedevano spuntare qua e là , e dominare superbi sulle vette delle colline e dei monti ; le capannuccie dei pescatori a cui ad ora ad ora si scorgeva legata qualche barchetta , le onde leggermente increspate dal venticello che rapiva i profumi dalle piante del lido , e li offriva a noi ricreandoci , gli alcioni che apparivano a fior d ' acqua , che si tuffavano e riapparivano scuotendo le ali immense , e il cielo tutto sereno , celeste come l ' estesa superficie del mare ci facevano credere di essere in primavera , e ci facevano mandare un saluto dal profondo dell ' anima alla terra dell ' amore e della poesia , a quell ' Italia che si biasimava , si vituperava vivendoci , ma che ora si sentiva di amare più di noi stessi . E a farlo apposta sembrava che l ' Italia , quasi amante che si voglia tradire , si facesse bella di tutti i suoi vezzi per renderci più amara la dipartita . Ci fermammo di nuovo a san Maurizio , e fu forza il pernottarci . Mi condonino i lettori la noia di tutti questi ragguagli : ne soffrimmo tanta noi della noia ... che possono pazientare , anche loro , poiché poco più ora manca alla fine di questa escursione marittima . Il mare si fece cattivo : un colpo di vento portò via tutte le panche che erano a poppa e dove ci eravamo seduti il dì innanzi : il nostro stato era deplorevole : lascio dapparte certe descrizioni che urterebbero il delicato sentire dei miei lettori e delle mie buone lettrici ; lo stesso Capitano non sapeva più che pesci si prendere : l ' equipaggio giurava per tutti i Santi del Calendario Cattolico di non essersi mai ritrovato in acque sì brutte . A Tolone si sobbalzava tanto nelle nostre cabine che si arrivava a picchiare capate terribili nelle asse del soffitto ; è per sopramercato si era anche nel colmo della notte . È impossibile descrivere l ' irritazione di cui eravamo in preda : lo sconforto si era impossessato di noi , e ci si aspettava di momento in momento di trovar la tomba , ora che si era arrivati in Francia . Il tempo si calmò ; altre cinque ore di viaggio , eppoi il Capitano ci chiamò sul ponte . Corremmo tutti . Un bosco d ' antenne occupava tutto il porto : una magnifica città ci si stendeva davanti in mezzo a due picchi , sul primo dei quali si vedeva il campanile di una chiesuola . - Quella è la Madonna della Guardia - ci disse il Capitano . - Loro sono a Marsiglia . Finalmente ci si era ! CAPITOLO V . Andammo subito al Comitato ; non ci era nessuno : se ne domandò la ragione , ci risposero che era domenica ; si cominciava benino ! Facendo di necessità virtù , deliberammo di tornarci il giorno dopo , e intanto andammo a passeggiare per la città : Non posso negare che più che mi inoltravo in quelle magnifiche strade , più osservavo il chiasso , il movimento , il lusso , il fare spigliato di quella popolazione , più mi sentivo in preda d ' impressioni bruttissime . Non che essere in una Nazione , tanto bistrattata , tanto avvilita , tanto depressa come era allora la Francia , tu avresti creduto trovarti in un paese dove tutte le cose vadano a meraviglia , dove non si sia nemmeno alla lontana sentito parlare di guerra . Molti giovanotti avevano il berretto da guardia nazionale , ma molti ancora se la passeggiavano tranquilli e contenti , a braccio di signore di virtù più o meno problematica , e occupavano cianciando , chiassando e ridendo i tavolini che sono al difuori dei molti caffè , che si trovano nella magnifica strada della Canobiere . Ai cafès chantants , si cantava la Marsigliese , le chant du depart tutte canzoni patriotiche ... ma pur si cantava ; alla Maison doré si ballava sempre patriotticamente il cancan : tutte le cocottes di Parigi , allontanate da quella citta a causa dell ' assedio , erano piovute là a Marsiglia , dove abbassando le loro pretese , avevano trovato ammiratori a iosa ; erano aperti tre teatri ; sui boulevards tutte le sere suonava la banda ; unico indizio di vita belligera noi lo trovammo in certi cartelli che erano attaccati a tutte le cantonate ; cartelli ove era scritto a lettere cubitali : Parigi non si arrenderà mai ; del resto , come ho detto , un ' indifferenza da fare schifo , una corruzione che non ci faceva mai presupporre che un Trochu avesse la sfacciataggine di qualificarla all ' Assemblea per Italiana . Se si fa un paragone tra qualunque delle nostre città nel 1866 e Marsiglia nel 1871 , bisogna in coscienza affermare che noi , quantunque corrotti , siamo molto , ma molto superiori , se non altro nell ' amore di patria , alla città più spinta del mezzogiorno della Francia . Né solamente le classi agiate se la spassavano , bastava andare sul porto per potere esser certi se quel popolo lì , aveva intenzione di concorrere alla guerra ! Le infinite baracche dei saltimbanchi , i giuochi improvvisati lungo la strada , la gente che si affollava intorno ad un vaporino che conduceva intorno il porto , i cantastorie ambulanti ci offrivano un bel colpo d ' occhio , ma ci raffermavano sempre più nella nostra opinione . È vero che tra gli altri sollazzi vedemmo anche un tiro al bersaglio e in questo servivano di mira due Prussiani più grandi del naturale ; ma a che prò sciupare la polvere contro i Prussiani di carta , quando si fuggiva a rotta di collo davanti a quelli di ciccia ? La molta gente che interrogammo , ci rispose facendo voti , per la pace ; il commercio incagliato , i guadagni diminuiti parlavano nel cuore di tutti quegli uomini , più della voce della patria tradita . Noi pensammo che era ben difficile che la Francia potesse pigliare una rivincita . In mezzo alla folla vedemmo qua e là confusi ed incerti alcuni Turcos ed alcuni Zuavi , zoppicanti e con volti emaciati . Erano feriti ; erano avanzi gloriosi di Wissembourg , di Woërt , di Gravelotte . Abituati a vedere questi fieri soldati , allorché nel cinquantanove baldanzosi e trionfanti traversarono l ' Italia , noi provammo un senso di dolore nel vederli ridotti in tale stato . I ragazzacci del popolo non di rado li accompagnavano colle loro fischiate , o facevano loro degli scherzi da far rivoltare lo stomaco agli uomini più abboccati del mondo : la sventura dovrebbe esser sacra . La popolazione di Marsiglia l ' aveva maledettamente con l ' armata : mentre uomini , donne , fanciulli si affollavano lungo le vie e guardavano con ammirazione la guardia Nazionale , che faceva crepar dalle risa , tutti avevano sempre pronto un frizzo , un insulto per quei poveri diavoli del 60° reggimento , che allora si ricostituiva in quella città : li chiamavano i soldati di Napoleone , e tutti erano all ' unisono per dichiarare quest ' ultimo come un traditore , come l ' unica causa di tutti i disastri che avevano ridotto al lumicino la patria degli eroi del novantadue e degli espugnatori di Malakoff . Un po ' sconfortati continuammo a girellare , ma è un fatto che quella varietà , quel movimento ci stordiva in modo , che queste cose le quali , or ripensando mi danno fastidio , terminarono col non farmi nè caldo nè freddo e col darmi gusto . Rintoppammo sul porto il nostro compagno di viaggio , disertore dall ' esercito Italiano . - Vadano al Comitato - Ci disse - perché fra poco si parte .. - Dici davvero ? - Sul mio onore . E noi ci avviammo al celebre Comitato che aveva la sua sede sulla piazza della prefettura . Un gruppo di giovani dal portamento spigliato , era sulla cantonata e faceva pervenire ai nostri orecchi il dolce suono della gentile favella del sì . Saranno stati all ' incirca una cinquanta ed erano tutti Italiani , qualcuno aveva il berretto rosso : tutti vestivano ancora con abiti cittadineschi . Fummo accolti da loro come fratelli : in quei momenti s ' improvvisano le amicizie , e il tu alla quacquera di primo acchito , soave reminiscenza dell ' Università , predomina su tutta la linea : nè si creda che queste amicizie che si concludono in un quarto d ' ora , sfumino come tutte le amicizie del mondo , poiché sono le più inalterabili , perché dopo molti anni quando l ' uomo vive nel passato e chiede un conforto e una lacrima al sacro patrimonio d ' affetto che ha raccolto qua in terra , ripensa a questi amici di gloria e di sventura come l ' esule , o il prigioniero ripensano alla casetta paterna . Tutti erano allegri ... si andava incontro a un nemico formidabile , si era certi della difficoltà di vincere , si sapeva che probabilmente metà di noi avrebbe pagato col sangue le idee che ci bollivano in testa , ma che c ' importava ? Anche il sacrificio ha le sue voluttà e sono più inebrianti di quelle della gioia . - Stasera non possono partire . - Venne a dirci un coso sbilenco , che doveva essere addetto al Comitato . - Daccapo - Urlarono i giovani e proruppero in fischi . - Domani sera partiranno di sicuro - Proferì a malapena quel corvo del malaugurio e se la svignò alla chetichella . - Pazienza ragazzi … bisogna assuefarsi alle disillusioni ; venite con me alla vicina taverna e là faremmo passare la malinconia , trangugiando un buon bicchier di vino caldo . Quello che parlava era un bel tipo di militare ; era già vestito da Garibaldino e camminava un po ' zoppo . - Evviva il Mago ! - Gridarono tutti . - Venite con me sempre , o ragazzi , e vedrete che anche al fuoco non vi farò scomparire . - Eh ! lo sappiamo che tu sei un eroe ... - Che eri all ' attacco di Dijon ... - E che ci fosti ferito . - Evviva i prodi soldati ! - Evviva . E cantando patriottiche cantiche ce ne andammo tutti alla vicina taverna , dove due fior di ragazze dispensavano bibite e sorrisi agli avventori , che ne andavano in solluchero a questo connubio cotanto attraente . A Marsiglia , il vin caldo e il Cognak costano la miserabile somma di 10 centesimi , e si noti bene che le bibite non si amministrano omeopaticamente come da noi . - Se ci fossero certi amici ! - Esclamò il Materassi , quando giunse a cognizione di questa consolante notizia . - Mago , su ... giacché non sappiamo come passare il tempo , raccontaci i fatti gloriosi di cui è già stato eroe Garibaldi ... Noi ci istruiremo e le ore ci trascorreranno , come se fossero minuti . - Che volete ... che dica ... - Di quello che sai : raccontaci come si portano i nostri , quale è la nostra organizzazione , e se infine i soldati Prussiani sono poi quella gente famosa da far tremare tutto il mondo ... - In quanto a questi vi assicuro che non fanno di noccioli e che tirano diritto , e che son duri come montagne , ma , poiché volete saper proprio ogni cosa , vi spiffero tutto dall ' a alla z pregandovi a scusarmi se non parlo in punta di forchetta . Tutti fecero silenzio e il sergente ( il Mago era sergente ) , incominciò : Figuratevi che si era in Autun . Il clima di Francia è pazzo come gli abitanti . A Dôle non aveva fatto che piovere , a Autun era un freddo che ci pareva di essere in Siberia . Noi stemmo sei giorni all ' avamposti e vi assicuro di aver provato certi brezzoni , che al solo ricordarli mi sento gelato . Riunita tutta la legione , si partì col nostro Vecchio per Arnay le Duc . - O in che legione eri ? - Interruppe uno . - Io ero con Tanara ; un bravo uomo , ragazzi , un uomo , del genere del quale ce ne vorrebbe dimolti nella democrazia , uno di quei pochi insomma che si seguono volentieri , quando cominciano a fischiare le palle ! .. Tornando a bomba : vi dirò che da Arnay le Duc , girammo come l ' Ebreo Errante , per tutti quei paesuoli , sempre in cerca dei Prussiani che non si vedevano mai ... Che marcie , figliuoli ! .. Non dubitate , che chi potrà raccontare questa campagna , potrà esserne altero e potrà dire di esser sfuggito alle unghie del diavolo . Il giorno ventiquattro entrammo in Malin , abbandonato poco prima dai Prussiani ; pernottammo alla stazione , e Garibaldi , il bravo uomo , era là .. in mezzo a noi , a farci coraggio , a prometterci che ci saremmo fatti onore . Il freddo era intenso , acutssimo e il nostro Vecchio era sorridente , sereno , come se fosse stato nella stanza più bella e più riscaldata del suo quartier generale . Gli abitanti cercavano di renderci meno dure le privazioni colle loro gentilezze : e si affannavano a portarci da mangiare , e da bere ; le donne , anche delle classi non basse , ci portavano il pane ed il vino e ci stringevano la mano . L ' era una cosa da far piangere i sassi ... ve l ' assicuro . All ' alba partimmo e ci frastagliammo compagnie per compagnie nei borghi diversi , adiacenti a Malin . Così passammo l ' intera giornata : sul far della sera venne ordine immediato di partenza , e difatti tutti insieme si andò a Lantenay . Qui trovammo un infinità di guardie mobili , qualche pezzo di artiglieria , un mezzo squadrone di Chasseurs d ' Afrique e varii corpi di volontari . Garibaldi alloggiò al castello ; noi ci fermammo proprio sotto di lui e per riscaldarci facemmo degli immensi falò . I Prussiani erano al di là di una foresta che si stende sull ' alture del Nord Ovest del Castello ; in linea retta tra noi e loro non ci correva nemmanco un chilometro . La mattina del ventisei oltre la paga ci diedero dei pezzi di capretto che erano stati requisiti ; ma sul più bello , allorché si cominciava ad assaporare questa vivanda così patriarcale , suonò l ' assemblea , e in un minuto bisognò correre ai ranghi , lasciando sul terreno e nelle case più di metà di quel cibo , che con tanta veemenza veniva reclamato dai nostri stomachi vuoti . Appena arrivati al castello , vedemmo Garibaldi a cavallo : era seguito da Menotti , da Bordone , da Canzio . Il Vecchio diede qualche ordine , poi seguito dai suoi e da alcune guide ci precedette , inoltrandosi al trotto verso l ' estremità della foresta ; dopo brevi istanti noi ci avanzammo . Pigliammo una viuzza e in poco tempo raggiungemmo lo stato maggiore . Allora si ordinò a due compagnie del primo battaglione , tra le quali alla mia , di occupare l ' altipiano e di stenderci in catena . Nell ' eseguire quest ' ordine voltai i miei occhi a destra e vidi in terra sdraiato il prode Garibaldi . Egli si riposava : lì a cento passi da noi .. Io non sono un poeta , sono un ignorante , un soldataccio cresciuto tra bestemmie della caserma , ma che volete , non ve lo nascondo , veder quel vecchio , malato , quell ' uomo della cui fama è pieno il mondo e che si è già conquistata l ' immortalità , vederlo , dico lì sdraiato come uno di noi , con quella faccia di santo , a pochi passi dalla morte , io sentii inumidirmi le ciglia e piansi come una donnicciuola , o come un abatino . Due batterie , una da campagna e l ' altra da montagna , presero posizione accanto a noi . Poco distante tuonava il cannone ; erano le truppe di Bossak e di Ricciotti , almeno lo credo , che disturbavano le mosse del nemico . Che magnifico spettacolo ci si presentò agli occhi , quando principiammo a guardare ! Una vallata ubertosissima di vegetazione si stendeva sotto di noi ; i battaglioni Bavaresi e Prussiani formavano un ' estesa e ben compatta colonna ; gli ulani correvan da un estremo all ' altro di quella linea , che sembrava di ferro , tanto era nera : ma colle nostre complessioni e coi nostri comandanti si ammacca anche il ferro ! .. Venne l ' ordine infatti di avanzarsi . Il terreno che dovevamo percorrere era pieno d ' intoppi : era un avvicendarsi di piccoli scaglioni che qualche volta ci facevano andare a gambe levate . I Francs Tireurs si erano internati nella foresta e appoggiavano i nostri movimenti . Dopo poco trovammo dietro uno dei tanti rialzi gli Chasseurs d ' Afrique che erano in esplorazione . Una scarica a bruciapelo eseguita dai Prussiani , li fece retrocedere ; allora occupammo noi la sommità abbandonata dalla nostra cavalleria . Il rombo del cannone si fece sentire da tutte e due le parti , i Prussiani rispondevano ai nostri con accanimento : le palle , le bombe ci smaniavano di sopra , di sotto , intorno al capo , alle gambe : ogni poco i superiori ci ordinavano di sdraiarci per terra , Una rachetta portò via la coscia del bravo luogotenente Dell ' Isola aiutante di Menotti . Il nostro capitano Morelli era sempre alla testa della compagnia e diè prova di un sangue freddo , che , come vecchio soldato , io vi dichiaro rarissimo . Pigliammo d ' assalto un paesetto , lo traversammo a baionetta calata , in mezzo agli applausi di quei buoni abitanti . I Prussiani si ritiravano colle loro artiglierie : apriamo il cuore alla gioia , guardiamo e si vede in capo alla strada il Generale ; ma dunque quest ' uomo è per tutto , quest ' uomo è miracoloso , quest ' uomo è invulnerabile ! .. Gridano i volontari , e poi , tutti prorompono in acclamazioni all ' illustre condottiero . Garibaldi ci salutava col suo solito sorriso , poi , chiamata una tromba , si fece dare un poco da bere , e bevve l ' acqua di una vicina pozzanghera . Intanto il cielo aveva aperto le sue cateratte , ed una pioggia diabolica c ' inzuppava maledettamente i vestiti , e ci rendeva assai malagevole il camminare a causa del fango che produceva . Facemmo alto in un luogo disabitato e scoperto ; quivi sfilò innanzi ai nostri occhi tutto il piccolo esercito che aveva sotto di se Garibaldi . Passato che fu , venne anche per noi l ' ordine di avanzarci senza sapere ove si andasse e senza nemmeno curarsene : che il buon soldato non deve mai discutere , nè sofisticare su quanto ordinano i superiori . Dopo aver camminato un poco , noi del battaglione , comandato da Ciotti , arrivammo in un piccolo villaggio situato al Nord di Lantenay , e qui dalla bocca stessa dei villici sapemmo che i Prussiani , prima di partire , avevan fatto man salva di tutto il bestiame . Di cibo non ci era da parlarne , e noi si aveva un appetito numero uno ; una sola botteguccia era aperta , ma anche in questa non si trovavano che pochi pezzucci di pane ; li dividemmo da buoni fratelli , ma appena si cominciavano a divorare , eccoti di nuovo l ' ordine d ' immediata partenza . Ragazzi miei , non è il fuoco che costituisce lo amaro di una campagna , chè anzi ne è la pagina bella ; sono le privazióni e gli stenti , a cui però di buon grado deve assoggettarsi il soldato dell ' idea . Noi eravamo stanchi , le gambe non ci reggevano più , i respiri si elevavano a mala pena dal petto , ma il nostro lavoro non era terminato , bisognava finirlo , come volea Garibaldi , e o male o bene noi lo facemmo ed ecco come andò . Il Generale voleva sorprendere Digione , ed era sicuro d ' impadronirsene con uno dei suoi colpi di mano e vi garantisco che sarebbe riuscito .... Oh ! mille valorosi di più o duemila vigliacchi di meno , e avreste veduto ! Noi ci inoltrammo silenziosi lungo la strada ; avevamo avuto il comando di non scaricare il fucile ; quatti quatti senza respirare nemmeno , col cuore che ci batteva forte forte , procedevamo in mezzo a quel buio d ' inferno ; nessun rumore si sentiva all ' intorno : un acquazzone tremendo ci percoteva da tutti i lati . Noi marciavamo per primi insieme ad una compagnia di Francs tireurs , dietro a noi venivano diversi battaglioni di guardie mobili e l ' artiglieria . Così giungemmo fino a un kilometro dalla città ; pareva che i Prussiani non si fossero anche accorti di noi ; un subitaneo schioppettìo di fucilate ci rese sicuri che la nostra avanguardia era alle prese cogli avamposti dell ' inimico . I nostri superiori ci diedero l ' ordine che ad ogni scarica , ci buttassimo nei fossi che fiancheggiavano la strada ; questi erano pieni d ' acqua , e allorché il lampo annunziatore delle palle vicine si faceva vedere in quel buio , noi prendevamo dei bagni , nè troppo comodi in quella stagione , nè troppo puliti . Però di tratto in tratto ci si avanzava , tra quel diavoleto : le nostre trombe suonavano avanti ; avanti , gridavano gli ufficiali ; avanti si gridava noi tutti , e come un sol uomo , ci spingevamo , ci accalcavamo , per quella strada che poco dopo doveva essere ingombra da mucchi di deformati cadaveri . Già qualche ferito emetteva grida strazianti , già l ' aria s ' impregnava di quel simpatico odore di polvere che suole accompagnare i combattimenti , già il lontano rullo del tamburo , il subito guizzo che pari a lingua di fuoco si ripercuoteva per tutta quella estensione , e il fischio non interrotto mai delle micidialissime palle nemiche , ci rendeva sicuri che assistevamo ad un ' imponente battaglia . Le scariche dei Prussiani di minuto in minuto crescevano d ' intensità , eppure noi fedeli ai nostri ordini non ci azzardavamo a far uso delle nostre armi , quando quei vili delle guardie mobili cominciarono a scappare e a tirar fucilate all ' indietro , fucilate che colpivano noi , non i Prussiani . L ' impresa a quel momento si poteva chiamare fallita ; un uomo prudente , uno che va col successo si sarebbe ritirato , ma Garibaldi era lì in prima fila , ma noi si vedeva fuggire i Francesi e volevamo far vedere quanto più di loro valessero i calunniati Italiani , epperciò con l ' entusiasmo di chi sa di sacrificarsi per una idea generosa si stava fermi , al nostro posto . E lì morì il povero tenente , Anzillotti ; lì morì il bravo Del Pino uno dei ragazzì più buoni e più coraggiosi che io m ' abbia conosciuto , e certo uno dei migliori della mia compagnia . Non vi sto a dire il numero dei feriti , i Carabinieri Genovesi furono decimati ... gli Italiani si battevano e si battevano da eroi . Fu giuocoforza il ritirarsi ; mai ritirata poteva cominciare con tanto disordine ; si correva all ' impazzata pei campi , ogni poco , si cadeva per terra , ogni poco ci si trovava a mezza gamba nell ' acqua , e tutto questo sotto un fuoco continuo di mitragliatrici , di cannoni , di moschetterìa . Giunto a capo di una viuzza , fui scaraventato per terra : tentai di rialzarmi , mi fu impossibile poco dopo io era fuori dei sensi ; non so quanto durò , il mio sbalordimento ; quando mi riebbi mi trovai sopra un barroccio che mi portò all ' ambulanza d ' Autun , da dove fui trasferito a Lione . Un ' impertinentissima scheggia di mitraglia mi aveva forato la coscia . Ottenuto un permesso di convalescenza , ho fatto un mesetto di villeggiatura a Nizza , e ora me ne torno lassù , che , grazie al Cielo , della forza per battermi coi Prussiani ne ho sempre , perché , sappiatelo ragazzi , una battaglia è uno di quei divertimenti che non capitano ad ogni canto di gallo ; si può morire , ma dove volete trovarmi una cosa più bella di morire , in mezzo al fumo , al rumore , alle trombe e alla gloria ... eh ! via dunque , venite con me , e vi farete onore , il vecchio Mago ha veduto troppe volte da vicino la morte , perché vi possa far fare una figuraccia indecente . - Evviva il Mago ! - Gridarono tutti e tutti picchiarono il bicchiere tra loro . Dopo aver discorso un ' altra buona mezz ' ora , dopo aver domandato tutto il domandabile al brav ' uomo che aveva già veduto i Prussiani , ci congedammo da quell ' allegra compagnia e ci avviammo all ' albergo . - Ma se ci mandassero con Frapolli ! - Esclamò uno di noi per la strada . - Che ... Parleremo ben chiaro al Comitato , noi intendiamo di batterci e non di fare il framassone a cento miglia dal teatro della guerra . - E però va specificato - ci disse uno che per buona fortuna era venuto dalla taverna con noi - Perché quei signori che spediscono sono tutti una zuppa e un pan molle con quelli arfasatti e se voi state zitti , vi trovate di certo mistificati . Noi ringraziammo il gentile consigliero e ci addormentammo decisi di raggiungere tra poche ore il generale , e l ' Armata dei Vosgi . CAPITOLO VI . Il giorno seguente , appena fu un ' ora da persone educate , andammo dal Comitato . Dopo molta anticamera , chè anche nella democrazia quando si comincia a salire si assume tutte le belle e gentili maniere le quali distinguono l ' aristocrazia , fummo introdotti in quel sinedrio di senno e di patriottismo , e ci trovammo davanti al presidente Panni , un omaccino tarchiato colla barba lunga , nato a Firenze ma domiciliato da vario tempo a causa di affari a Marsiglia . Tanto lui come il segretario Lalli , si davano tutto il tuono di persone importanti , ci squadravano dall ' alto in basso con una prosopopea da commissarii di polizia , e parlavano della guerra colla medesima autorità , che avrebbero adoperato se fossero stati generali d ' armata o per lo meno , capi di stato maggiore .... . Adempiute le formalità , di quella specie di arruolamento che si firmava presso di loro , noi facemmo noto a quella gente , il nostro proposito di andare diretti al quartier generale dì Garibaldi . - Loro possono andare anche con Frapolli - Ci disse il segretario - Tutte le vertenze sono accomodate e i due generali , glielo assicuro io , camminano verso la medesima mêta . - Sono belle assicurazioni , ma noi abbiamo deciso di raggiungere Garibaldi e vogliamo andare a Digione . - Facciano come vogliono ; stasera partono una cinquantina di volontarii ... potranno andare anche loro - Borbottò il presidente , non nascondendo un senso di malumore e di contrarietà : poi , rivoltosi ad Omero Piccini , fratello di quello che era sul Var e in prigione con noi , gli proferì in tuono brusco : Lei non può andare . - E perché ? - Non lo vede ... è un ragazzo . Difatti il nostro compagno aveva 17 anni . - Eppure , interrompemmo noi , è già stato a Mentana . - Allora faccia lei ... Stasera alle dieci sieno qui ... se vogliono partire . Cosa dovevamo fare per giungere alle dieci ? .. Entrammo nella taverna della sera avanti ... Ah ! così ci fosse venuto un granchio alle gambe ! .. Rivedemmo le simpatiche Ebi che con tanta grazia porgevano il nettare agli avventori , entusiasti delle loro bellezze , le rivedemmo , e ci attaccammo discorso ; si parlò della guerra , della Francia , delle donne Italiane , che esse dicevano bellissime , delle prossime emozioni del campo , della moda , dei vestiti corti , del ciuco ammaestrato che facevano vedere sul porto , della guardia mobile , dell ' esercito di Bourbaki e dei pasticcini di Strasburgo che non arrivavano più . Erano discorsi le più volte senza senso comune , ma che servivano ammirabilmente per farci ammazzare alla meno peggio qualche ora . Il male si fu , che le parole erano accompagnate dalle libazioni : le libazioni c ' indussero a fare il dejuner , questo tirò dietro da se lo Champagne ... Avevamo cominciato a sdrucciolare su una sgamba viuzza e ormai bisognava ruzzolare a rotta di collo per tutta la china . Il piacere di esser giunti finalmente in quella Francia , che da tanto tempo agognavamo , il trovarsi accanto a quelle vaghe ragazze , la generosità dei vini che avevamo trincato , la gioventù che ci bolliva nel cuore , ci avevano sprigionato tale un ' allegrezza dalle più intime fibre , che , non sapendo più quello che si faceva , ridevamo senza alcuna ragione , folleggiavamo come se fossimo tornati bambini , si faceva le più strane proposte e tutte venivano approvate . - Andiamo tutti in barca sul porto . - Sì ... sì ... sul porto . E prese a braccetto le due silfidi , ci avviammo versò il mare , traversammo la popolosa città e poco dopo eravamo in barchetta . Io ero divenuto il cavaliere servente o per dir meglio il consigliere intimo della più giovine delle due vezzose sorelle . Essa chiamavasi Aissa , e nella sua vita disordinata , aveva veduto l ' Affrica , la Spagna , l ' Italia sempre con nuovi amanti , e cercando soltanto la voluttà vertiginosa dell ' orgia ; senza curarsi nè punto nè poco del mondo , delle convenienze sociali e di quel buon nome che si acquista soltanto col rispetto dell ' apparenze , la capricciosissima figlia d ' Eva , siccome farfalla , dì fiore in fiore aveva libato in tutte le sue forme svariate l ' emozioni e i piaceri ed ora annoiata di tutto e di tutti continuava la sregolata sua vita , per far fronte alle spese pazze che sono la logica conseguenza degli sbalordimenti procacciati a bella posta per obliare il presente e per non pensare all ' avvenire . La taverna non era che un pretesto ; la vecchia padrona teneva quelle ragazze per accalappiare i merlotti , e mentre ritraeva da loro dei lucri non indifferenti , mentre non lesinava il denaro per vestirle con tutto il lusso immaginabile , mai era larga con esse dell ' oro che così indegnamente guadagnava . Aissa del resto era simpaticissima ; aveva in sé qualche cosa di Orientale ; i suoi occhi nerissimi ed umidi sempre indicavano chiaramente la di lei voluttà : due labbra tumide che reclamavano un bacìo ; due mani da principessa ; un piedino da vera Andalusa ; insomma un boccone da fare escire dai gangheri un anacoreta ! Il mare era tranquillo : la campana della Madonna della Guardia sonava lentamente ; ora l ' ora poetica delle ricordanze ; cento barchette in qua e là solcavano le onde . Noi ci sentivamo commossi ; su ' di un piccolo schifo , un sonatore girovago , uno di quei Napoletani che strascinano per i caffè il biblico strumento degli antichi profeti , fece echeggiare per l ' aere una canzonetta patetica , molle , meridionale e noi rammentammo l ' Italia , le sue belle costiere profumate d ' aranci , il movimento delle nostre città , le amate fisonomie dei nostri amici , e dei nostri congiunti ... la commozione era al colmo e il bello si è che al pari di noi erano intenerite le nostre compagne ... E perché ciò ha da essere strano ? .. Le reminiscenze sono il patrimonio degli sventurati , e pari alla rugiada del cielo vivificano i cuori ... quelle povere donne erano certamente sventurate , e più oneste di tante che scroccano il nome d ' oneste nel mondo , sentivano la santa voluttà di una lacrima , e trovavano una scusa ai loro trascorsi , immerse nell ' imponente , nel sublime spettacolo della calma natura . La nostra , escursione si prolungò per più di due ore ; il momento ; della partenza si avvicinava a gran passi ; era mestieri dirci addio . Riaccompagnammo a casa le donne . - Vi prometto di raggiungervi - Mi disse Aissa , stringendomi forte forte la mano . Io la guardai e sorrisi : non credevo punto al coraggio di quell ' eroina ... Col tempo però come vedranno i lettori , fui completamente disingannato ; e solo per tal causa ho riportato questo episodio della nostra breve dimora a Marsiglia : episodio che sarebbe stato proprio un di più , se non fosse collegato con altri che si svolgeranno a Digione ... - Bisogna pagare il conto - Disse un di noi . Oh ! la crudele parola ! .. Oh ! la bruttissima prosa dopo tante ore di non interrotta poesia ! .. Ci guardammo in faccia l ' uno l ' altro ! Che una donna gravida non vegga mai , per l ' amore dei suoi futuri nati , delle fisonomie come avevano in quel momento , i miei compagni ... Le nostre risorse erano tanto limitate , che se noi ne fossimo usciti puliti , ci era di che attaccare un voto . Il conto era di 102 franchi : tra tutti ne avevamo 104 : se ci fossimo trattenuti un ' ora di più si restava in pegno a Marsiglia ! E la bella prospettiva che avevamo davanti : intraprendere un viaggio di due giorni con due franchi in saccoccia ... o negatemi che in Francia il divertirsi non costi salato ! Baci , saluti strette di mano , e poi di galoppo al Comitato . - E se non si partisse ... che facciamo senza quattrini ? - Ma ! - Preferì filosoficamente il Materassi , e noi a nostra volta ripetemmo la filosofica esclamazione ... Per buona fortuna quella sera pareva che si dovesse partire certamente : erano già stati distribuiti i berretti rossi ed i Garibaldini , schierati in due file lungo la strada attendevano il luogotenente che doveva accompagnarli fino a Digione . I volontari erano allegri , cantavano a squarciagola , e negli intermezzi cianciavano , politicavano , facevano infine un brusio indiavolato ; un Milanese ponendosi ambe le mani alla bocca imitava perfettamente il fischio del vapore , un altro faceva da cane , abbaiando e guaendo con tanta naturalezza da chiamar per la strada tutti i cani che giravano per quei dintorni . Era insomma una scena deliziosissima e il tenente non si vedeva . Ognuno che abbia frequentato per poco i volontari , sa quanto sia susurrone e incontentabile questo elemento , quando è lontano dal fuoco ; quindi facilissimo e immaginarsi quali recriminazioni , quale sussurro provocasse questa inopinata tardanza . Prima furono proteste , poi fischi acutissimi : finalmente calci e pugni alla porta . - Noi non si vuol fare il comodo dì nessuno ! - Si comincia male ! Tali erano a un dipresso le espressioni di quella gente stizzita , e a rinforzare la dose il Mago dava degli schiarimenti sul comitato e sulle spilorcerie ed angherie da questo commesse per il passato . Figuratevi , diceva , che a me diede a portare venti uomini a Dôle , e mi diedero una lira per uomo ... Di qui bisognava andare a Mouchard , ventiquattro ore di strada , lì bisognava dormire e poi partire il giorno dopo per la destinazione ... vi raccomando quello che dovevo fare ... E lo stesso che a me è succeduto a tutti i capi squadra ... Oh ! hanno un gran talento quei signori di sù ! ... - Abbasso ... Abbasso questi grulli - Urlavano tutti - Son Frapollini ... Giù i traditori ! Chi sa dove avremmo finito , se fortunatamente non avessimo udito degli altri rumori e più intensi dei nostri sulla piazza vicina . Cosa era succeduto ? .. Noi non vedevamo che delle guardie mobili , che venivano via a rotta di collo . Rompemmo le righe ed andammo a vedere cosa era . Un battaglione delle guardie mobilizzate delle Bouches du Rhôn aveva rifiutato partire , ed aveva lasciato soli sulla piazza , il maggiore e tre o quattro altri ufficiali di buona volontà ; uno di questi si mordeva le mani e piangeva ... Oh ! ne avea ben ragione : A vedere quel branco di vili che fuggivano piuttosto di andare a difender la patria , ci era da esecrare l ' umanità , di vergognarsi di esser uomini per non avere a compagni quella canaglia . Vedendo l ' inutilità della nostra presenza , tornammo indietro , e dopo pochi minuti fummo consolati dalla venuta del tenente . Il nostro accompagnatore era grasso e rubizzo , e avrebbe fatto più figura vestito da canonico che da garibaldino . Lo accompagnava una bella ed elegantissima signora , che sapemmo , essere la di lui indivisibile compagna ; non si creda che quella donna fosse un ' eroina , giacchè quel tenente in tutta la campagna avrà forse veduto il fumo del camminetto : quello dei combattimenti no certo ; tutti i suoi incarichi si limitavano ad accompagnare i volontari da Marsiglia al quartier generale ; non nego con questo che certi impieghi sono indispensabili , ma io vorrei vederci dei vecchi e non dei giovani tarchiati e robusti , come giusto appunto era il nostro duce provvisorio . Si fece l ' appello , eppoi a quattro a quattro ci movemmo per andare alla stazione . Che l ' Italia sia la terra del canto , non può esser dicerto impugnato da chiunque ha fatto anche una sola campagna ; il soldato Italiano appena si muove canta , canta andando all ' attacco , come quando è in ritirata , canta nei malinconici stanzoni della caserma , come in mezzo alle strade , quando sa di partire ; parta per una guarnigione , parta per andare alla guerra . « Non pianger , mio tesoro Forse ritornerò » Cantavamo in coro noi tutti ; e le finestre si spalancavano , si illuminavano , ci offrivano dei leggiadri visetti , degli occhi superbi che ci lanciavano occhiate tanto benigne da farci commuovere ; il nostro contegno non poteva non esser paragonato a quello dei mobili delle Bouches du Rhôn , e chiunque ha un po ' di mitidio può di leggieri comprendere quanto un tal paragone resultasse per noi favorevole . Il lunghissimo tratto di via che è tra la prefettura e la stazione ci passò in un baleno ; in una carrozza sul piazzale della ferrovia vedemmo la simpatica Aissa che ci buttò un bacio sulla punta delle dita . Se quel bacio non era precisamente il castissimo bacio degli angeli , è innegabile che per noi era assai caro . Salutammo gentilmente quella donna ; il sapere che qualcuno serba dolce ricordanza di noi , ci fa piovere in cuore un sentimento di gratitudine , e in quei momenti che , volere o non volere , non sono così facili a ripetersi nella vita di un uomo , magnifichiamo certe cose alle quali in certi altri non daremmo alcuna entità . - Avanti , march - Gridò con voce stentorea il lilliputtiano segretario del comitato ... e tutti noi gli si tenne dietro nella stazione .... Vedendo otto vagoni a nostra disposizione fummo colpiti da una dolce meraviglia . Fin allora avevamo veduto i soldati ammonticchiati l ' uno sull ' altro nei vagoni di terza classe : noi tutt ' al più eravamo quattro per scompartimento ; ci era posto da sdraiarsi e di attaccare anche un sonnellino . Ah ! .. quanto sono fallaci le speranze del mondo ! .. Ah ! .. la speranza meretrice della vita , dirò con Francesco Domenico ! ... La nostra gioia , il nostro benessere doveva protrarsi fino alla prima stazione , e questa è appena a venti minuti di distanza , da Marsiglia . Vienna , Avignone , Remoully dovevano vomitare sul nostro disgraziatissimo treno una congerie di mobilizzati . L ' educazione pare che non entrasse nella teoria che s ' insegnava a questi campagnuoli del mezzogiorno dell ' antica terra dei Druidi . Infatti entravano in frotta e senza garbo nè grazia in quei vagoni che avevamo avuto l ' illusione di credere nostra proprietà ; entravano pestandoci i piedi , sedendosi sulle nostre ginocchia con l ' indifierenza di una donna del mondo galante , non però colla di lei grazia , nè colla di lei leggerezza . Fra tutte le sventure che possono capitare a un viaggiatore , io credo , non esserne alcuna che possa stare a confronto colla compagnia di un mobilizzato della campagna . Se lo immaginino un poco i lettori : questi eroi avevano sulle spalle un magazzino , una vera montagna d ' involti , di fagotti e di fagottini ; erano muniti di due o tre paia di scarpe ; pretendevano di stare a baionetta in canna anche tra noi , anche in quelli sgabuzzini ; avevano chi il cane , chi un uccello in gabbia , tutti poi indispensabilmente delle pagnotte stragrandi ; si piantavano a sedere , e per quante gomitate , per quanti urtoni loro si amministrassero , non ci era verso di farli muovere un solo centimetro ; i più attaccavano sonno e russavano come contrabbassi ; quei pochi che erano desti non ci rispondevano , e si lamentavano tra loro del governo che li strappava alle ordinarie occupazioni . I nostri compagni di viaggio erano vestiti in mille maniere ; ve ne erano col cappello alla spagnola , col gasco e col berretto ; ve ne erano dei bigi , dei neri , dei verdi , dei turchini ; avevano tutti il fucile all ' antica ed in pessimo stato . Siamo giusti ! .. Se le guardie mobili hanno fatto nella campagna del 1871 una figura non invidiabile , non ne sono del tutto colpevoli . Comandate dal nipote del sindaco , dallo speziale del luogo , dal Beniamino della moglie del sottoprefetto , insomma da tutti ufficiali creati per dato e fatto dell ' impero , e che non ne sapevano un acca : armate con certi fucili che avevano più apparenza di schizzettoni che di armi micidiali : disilluse di tutto , persuase di esser tradite e condotte al macello ( persuasione che io credo loro avessero inoculata i preti ) dolenti di avere a trascurare i loro interessi per una patria , che finora non conoscevano , esse non potevano fare eroismi : l ' eroismo richiede la convinzione : l ' eroismo nasce dalla virtù cittadina . Appena cominciò a farsi giorno cominciammo a vedere le colline circostanti a Lione ; colline che nelle belle stagioni devono essere amenissime ; ubertose per viti dell ' altezza di un palmo , così fitte tra loro da farti sembrare quei campi un ' estesa brughiera , bagnate da un ' infinità di ruscelletti che scorrono placidamente alle loro falde , per perdersi poi nella Loira o nel Rodano . A tutte le stazioni eravi un movimento indicibile : un andare e venire di soldati e di guardie nazionali : uno stringersi di mano , un baciarsi tra loro nei vari gruppi che facevano ressa intorno a quei che partivano . Finalmente si cominciò a vedere un ' infinità di cammini di fabbriche ; poi una miriade di case e di palazzi ; finalmente si trascorse in mezzo ad immensi magazzini . Eravamo arrivati a Lione . Sotto la magnifica stazione ci si mise in rango e il tenente ci fece un ' arringa che non aveva certo nessuna parentela , neppure alla più lontana , con quello di Demostene o di Napoleone primo . Fece l ' eroe , magnificò le gesta dei Garibaldini nostri predecessori , sfoggiò di tutti i luoghi comuni che si sono inventati dal quarantotto a questa parte , e tutto questo per dirci che bisognava rimanere fino alla sera a Lione , e che coloro i quali non sarebbero partiti , sarebbero restati ! Questa peregrina scoperta del nostro duce ci fece acquistare una grande opinione sul di lui talento ; lo salutammo perciò con rispetto , e contenti di vedere anche questa nuova città , e di paragonarla con quella che avevamo lasciato da così poco tempo , scendemmo la gradinata che è davanti all ' edifizio e ci trovammo nella magnifica piazza con due fontane , che gli sta dicontro . CAPITOLO VII . Lione era seria ; non il brio di Marsiglia per le sue vie sempre affollate di popolo , non il più piccolo movimento d ' allegria negli eleganti caffè : moltissimi negozi chiusi , poche le donne abbigliate con galanteria ed anche queste non curate ; un affacendarsi continuo vicino alla prefettura ed alla Mairie per sapere i dispacci , per strappare la notizia più piccola agli uscieri , ai galoppini , a qualche soldato . Quasi tutti coloro che si incontrava , avevano il berretto da guardia nazionale , alcuno non abbandonava mai il fucile ; tutti poi erano muniti di sciabole o di pistole ; vedemmo diversi a braccetto delle loro mogli , armati fino a denti , agitarsi a mo ' degli ubriachi e vociare a squarciagola : Ah ,., si viennent les Prussiens ! , ... Era proprio così ; nessuno si sarebbe mosso per andare a incontrare il nemico , ma guai a lui se avesse osato di presentarsi fiu sotto le mura ! Le fortificazioni si rinforzavano ; sulle piazze si vedevano parchi d ' artiglieria , e capannoni di legno che servivano di rimesse ai cavalli ; fanteria , lancieri , pollacchi , mobilizzati , compagnie addette alle mitragliatrici ... ; un esercito insomma ; uniformi per tutti i gusti ; una idea tale di resistenza da mettere anima in corpo all ' uomo più vigliacco del mondo - Ma come mai ne hanno buscate - Si diceva tra noi - con tutti questi soldati che abbiamo veduto in due giorni ? Spuntava in qua e là , ma raramente , per le vie anche qualche berretto da Garibaldino . - E come mai siete qua ? - Domandammo ad uno di quelli che ci avevano colpito con tale sorpresa . - Siam qua con Frapolli - Ci rispose questi ingenuamente . - O perché non raggiungete il generale ? - Lo raggiungeremo quanto prima . - E chi ve lo ha detto ? .. - Il nostro capo ! - Ed è qui in Lione il vostro capo ? - Sì .. oggi anzi è a un banchetto Massonico . - Questo ci fa piacere ! .. I Francesi a quel che pare , trattano bene gli Italiani .. - Oh ! In quanto a cotesto non ci è da fare eccezioni ... Si figurino : in quattro mesi sarà il centesimo banchetto a a cui assiste il nostro generale ... e quando ci ha menato anche noi , le abbiamo fatte noi pure le belle strippate e le belle bevute ! - Empitevi tutti ! - Esclamai io un poco irritato - Empitevi e così serbando la pancia ai fichi , mentre i vostri fratelli arrischieranno la vita per battere i Prussiani , voi batterete i pasticciai e il Bordeaux risparmiando dell ' esistenze così utili all ' umanità pericolante . Il nostro interlocutore non mi rispose , ci disse addio e se ne andò : noi pure ce ne andammo verso una trattoria , dove mangiammo in fretta e furia per poter dare un ' occhiata alle bellezze principali della città . Per tutto dove andavamo si trovava una piccola cassetta , su cui in grossi caratteri era scritto : Sécours aux blessées ; per tutto dove andavamo per lo spaccio delle manifatture non vedevamo che donne : ciò non ci recò alcuna sorpresa , perché anche nella scioperata Marsiglia , avevamo veduto adottato lo stesso sistema . In Francia non si vedono come da noi degli uomini incaricati di dar sigari agli avventori , di misurare le tele , le stoffe , di contare i punti del biliardo , di fare insomma tutte quelle piccole cose che possono esser fatte benissimo da donne e che troppo impugnano al posto che l ' uomo deve avere in società a causa della di lui forza , e delle di lui attività . Gli uomini lavorano nelle fabbriche , passano le loro giornate nelle officine , accudiscono ai loro interessi , ma non tolgono certi lavori da nulla alle femmine , ma si vergognerebbero ad esser impiegati in certe funzioni , che si compiono oziando . La sera si avvicinava ; noi prendemmo direzione verso la ferrovia : passando sul quai sul Rodano ( passeggiata che ci rammentava Firenze e i nostri lungarni ) facemmo una breve sosta ad una taverna per bere un bicchiere di vin caldo . Qui vedo il lettore alzare le spalle , farmi il viso dell ' arme e susurrare stizzosamente : « Ma dunque non facevate che bere ? ... E invece di vergognacene ora ve ne fate bello , come se ciò costituisse una delle più predilette occupazioni della vostra esistenza » . Non vi nego quest ' ultima verità : per me il generoso umore della vite è il solo amico dell ' uomo ; per lui si dimenticano gli affanni , le codardie , le ignominie di questa società di buffoni , per lui i tradimenti amorosi finiscono col non farci nè caldo , nè freddo : per lui germogliano a mille e mille nel cuore le magnanime idee , e nel cervello le ardite concezioni . Chi sa dirmi quante idee ci sono in un fiasco di vino ? ... Esclamava il compianto Ugo Tarchetti , uno di quei perduti che cadono avvizziti per esuberanza di cuore ; noi lasciamo al buon Evio le ispirazioni delle quali era così prodigo a Orazio e a Plutarco , noi gli chiediamo solamente l ' oblio . Nella stanza di aspetto della ferrovia , dove ci riducemmo quasi subito , al nostro arrivo si aggirava una folla stragrande : quel movimento c ' inebriava : in un canto del salone noi vedemmo un gran cartello dove a caratteri cubitali era scritto : Qui si dà da mangiare e da bere ai soldati di passaggio . Credo inutile il dire che quell ' appello non trovava dei sordi ; intorno a quella porta era un ' accalcarsi , specialmente di mobilizzati da far rabbia : a onor del vero anche qualche Garibaldino non fece il restìo : l ' amico disertore , da volpe vecchia , rinnovò un par di volte , e ci magnificò poco dopo la squisitezza dei cibi , il gentile contegno ed i modi aggraziati delle belle ragazzine che li distribuivano , la succulenza dei consommés e delle gelatine , apprestate per i feriti , ma che egli aveva assaggiato , facendo lo zoppo . L ' esempio dì lui venne tosto imitato da moltissimi dei nostri commilitoni : una valanga di storpi e di zoppi si rovesciò sul desco , dove le vivande erano apprestate ; una tal cosa mi fece provare una forte repugnanza , e mi fece disperare di quei soldati che mentivano per una zuppa . Fortuna che al fuoco si portarono dappoi tanto eroicamente da farmi attribuire a semplice giovanile vaghezza , quello che in quel mentre mi aveva prodotta un ' impressione tanto spiacevole ! Se da un lato avevamo questo brutto spettacolo , dall ' altro lato però ci consolava la vista ed il cuore un esempio di carità cittadina , che vorrei potere eternare . Questo esempio ci veniva dato da donne ; già la più bella metà del genere umano fu , è , e sarà sempre in prima linea laddove trionfa sovrana la santa religione dall ' affetto . Cinque , o sei signore , tutte vestite di nero , tutte colla fascia al braccio , distintivo dell ' ambulanze , giravano per ogni verso , si affaticavano a far complimenti onde raccogliere offerte per i feriti . Il portamento distinto , il loro modo gentile di chiedere , la squisita educazione che trapelava dai loro discorsi più inconcludenti ci resero certi che quelle donne appartenevano ad elevatissimo rango : stuzzicare la sensibilità , mettere in opera anche un po ' dì civetteria per fare più quattrini per i poveri diavoli che scontavano la pena di aver troppo amato la patria e l ' umanità ... ecco quale era lo scopo di queste generose , e si sforzavano di raggiungerlo con la abnegazione dell ' apostolo , colla poesia che suole essere ispirata dall ' idea di fate un ' opera buona . Bisognava vedere con che grazia le vi levavano di tasca il denaro ! ... se un ministro delle finanze avesse di tali esattori il nostro impareggiabile pareggio sarebbe pareggiato ! .... bisognava vederle queste care donnine , abituate all ' atmosfera profumata dei saloni , al linguaggio adulatore dei felici del mondo , bisognava vederle , ripeto , discorrere confidenzialmente coll ' operaio dalla giubba sdrucita , colla popolana i cui vestituccì emanavano degli effluvi tutt ' altro che aristocratici , ringraziarli con amabile sorriso , infonder loro speranza , promettere di occuparsi dei loro cari che erano al campo , stringer loro cordialmente la destra . Spiccava sopra tutte le altre per autorità una vecchia matrona : una di quelle matrone dell ' antico stampo , che fedeli alle tradizioni cingevano la spada ai loro figliuoli , quando si trattava di difendere il re e la patria ; la di lei fisonomia avrebbe ispirato rispetto all ' uomo più screanzato del mondo . Passò vicino a me , io le feci cenno dì avvicinarmisi e nello stesso tempo mi avvicinai verso di lei . - Cosa bramate ? - Mi domandò per la prima . - Vorrei fare la mia piccola offerta - Apro una parentesi ; la mia borsa sì era rafforzata di poche lire , datemi da mio fratello che fortunatamente non aveva preso parte alle nostre poetiche smancerie di Marsiglia . - Ma voi siete soldato ? - Mi disse con meraviglia la signora - voi pure potrete esser ferito .... - Speriamo di no ! - Ve lo auguro ... Ma perché espropriarvi di una somma che può farvi comodo ? Provai un leggero imbarazzo ; la mia scappata poteva costarmi salata : la mia dignità m ' imponeva un ultimo sacrifizio ; si parlava di una somma ... ed era precisamente quello che avrei desiderato in quel momento ; posi mano alla borsa e diedi due lire che mi escivano dagli occhi ; ma pure tentai di richiamare un sorriso sul labbro e dissi : È l ' offerta della vedova ... - La più gradita al Signore ; - Ma non probabilmente ai feriti . La mia interlocutrice fe ' una boccaccia , e poi riprese di subito : Voi siete Italiano ? - Sì ... signora . - Me ne ero accorto al vostro disprezzo per le cose sacre . Rimasi di sasso ; che avessi avuto anche a subirmi una romanzina in tutte le regole ? la signora difatti con voce calma , accento di madre , cominciò a dirmi : Voi siete giovane , e son sicura che diventerete un bravo soldato , ma anche voi pur troppo siete affetto dalla malattia che condurrà a perdizione il vostro bel paese . Ma che vi ha fatto quel povero vecchio di Pio IX per entrargli nella sua città a forza di cannonate , per tenerlo prigioniero nel Vaticano ? - E perché prender Roma ? Non è dessa la città di san Pietro , del Cattolicismo , di tutti coloro che si son dedicati a questa sublime religione che ha per precetto di dimenticare le offese , di amare tutti come noi stessi , di sollevare quelli che soffrono ? Un amico un pochino più scettico di me , presente al colloquio , mi susurrò negli orecchi : Questa non è una donna , è un priore di campagna . Io invece che non credo a nulla , compresi quello che passava nel cuore della vecchia signora , e piuttosto che attaccare una disputa con una che aveva tutta la poesia della fede , che mi simpatizzava per il modo con cui ne faceva propaganda , mi contentai di dirle che non si andava daccordo . - Io torno alle mie elemosine - Allora la mi replicò - spero però che resteremo amici ! - Sarò onorato di una tale fortuna . - Se restate in Lione ... - Io parto stasera ! ... Ed ecco ci è là il nostro tenente che ci fa cenno di seguirlo . - A rivederci ... A rivedervi colla commenda ... e vestito da capitano ! - Potevate dire addirittura da generale ! - E perché no ? ... Il soldato francese ha in tasca il bastone da maresciallo ! Io mi rammentai che ci avevo pochi soldi soltanto e mi passò la poesia . La signora sorridendomi si era allontanata . - Dove si va tenente ? - Non so , se a Autun o a Digione . - Come ... lei non lo sa ? ... O per che direzione si parte ? - Ma ! ... - O chi ce lo deve dire ? - Il quartier generale doveva trasferirsi a Digione , non so se abbia avuto ancora luogo un tal trasferimento . Lo dimanderemo al capo stazione . - Al capo stazione ! ... - Si ripetè tutti meravigliati - Per vedere di queste cose bisognava venir proprio in Francia ! E in Italia che dicevamo nel 1867 di aver raggiunto l ' apice della confusione ! Un innocentissimo capo stazione ridotto lì per lì a capo di stato maggiore per provvedere al movimento dei corpi che son di passaggio , ci riesciva proprio nuova di zecca ! E qui al solito tutti i discorsi di convenzione che si ripetono in tutte le campagne . - E se il capo stazione ci tradisse ? - E se fosse una spia dei Prussiani ? - O anche che non ne sappia nulla sarà un bel lavoro ! - Ma chi è quest ' imbecille di tenente che non prende nemmeno ordini ? - Ve lo diceva che era anche lui della cricca ! - Già ... e ora cerca tutti i mezzi per farci restar con Frapolli . - Abbasso Frapolli ! - Abbasso il tenente ! E qualcuno gridò anche : Abbasso il capo stazione ! ... Povero uomo ! ... come ci apparve impappinato quando si vide fatto segno di quel fuoco di fila d ' interrogazioni , alla maggior parte delle quali non sapeva cosa rispondere ! - Li assicuro che Garibaldi è a Digione - Badava a protestare . - Allora a Digione ! - Gridammo tutti . - A Digione - Ripetè , come eco , il duce nostro ! - Ma non so - Riprese il capo stazione - no so , se ci potranno arrivare , se le linee saranno libere ... tante volte i Prussiani ... sono così accidentati quei soldatacci di Bismark ! - Eh ! non importa ... noi si va . - Faccian loro ! - Arrivederlo e stia bene ! - E tutti via di corsa in un treno che era lì pronto . - Ma dove vanno , dove vanno signori ? - Gridava con tuono di raccomandazione quella povera vittima dell ' ignoranza del tenente e dei nostri capricci - Quel treno lì va a Marsiglia : montino in quell ' altro ! - Sanno , cosa è - Proferì stizzosamente allora il nostro accompagnatore - io con loro non ci voglio star più , e me ne lavo le mani fino da questa momento : ecco la loro paga . Nessuno protestò ; nessuno scongiurò il tenente a ritirare quello che aveva detto ; ma egli , dopo averci dato un franco a testa , montò per il primo in un vagone di prima classe , mentre noi fummo di nuovo pigiati in una di quelle gabbie che a vederle sembrano molto più atte a ricettar delle bestie che dei Cristiani ... o degli Ebrei . Il benefico Morfeo , ausiliato potentemente dalla fatica e dallo strapazzo che ci avevano martoriati in quei giorni , scosse i suoi papaveri intorno a noi , che ci addormentammo saporitamente . Con qual voluttà si dormiva ! non il più piccolo sogno , nè piacevole nè triste , veniva a turbare la nostra quiete di morte : come si deve esser felici , quando siam morti ! Non sentire , non vedere più nulla , esser nulla ... ecco quello che devono anelare le anime generose , trambasciate , sbattute in quest ' orrenda burrasca del mondo , dove giungono a salvamento solamente gli ipocriti e i vili . Un urtone rompe l ' incanto di quella calma . Che è ? Siamo giunti a Tournus : sono le nove e bisogna trattenersi fino alle due . Meno male che troveremo qualche caffè , qualche bettola , pensammo tra noi e forse potremo anche riposare su coltri più o meno sprimacciate quattro ore . « Chi mi darà la voce e la parola , » Per stimmatizzare degnamente questo iniquo paesucolo , in cui ci faceva capitare la nostra malvagia fortuna . Io consacro Tournus all ' esecrazione di tutta la gente per bene ; io auguro ai di lei cittadini che il naso ghiacci loro , come ci si era ghiacciato a noi quella sera . La camera dei deputati quando parla Michelini è il luogo più popolato del mondo appetto a Tournus : noi non ponemmo vedere un abitante ; picchiammo a due o tre osterie , non ci vollero rispondere : tirammo pedate da orbi alle porte , vennero i gendarmi a pregarci gentilmente che si smettesse ; non un caffè aperto , non una finestra illuminata , non il minimo indizio di vita . Persino l ' orologio del campanile della chiesa . maggiore era fermo e segnava le sette . Nel mentre che noi avevamo dormito in vagone , la neve era cominciata a cadere ed ora ricopriva col suo bianco lenzuolo tutte le circostanti pianure ; il freddo , il malessere in cui uno si trova quando viene svegliato di soprassalto , il desio intenso di bere che ci accompagnava , come l ' angelo custode accompagna un cattolicone di quelli coi fiocchi , ci avevano procreato un ' arsione , come se si fosse attraversato il deserto ; e anelavamo un centellino di vino , come in circostanze normali si anelerebbe un milione . I cittadini di Tournus non dovevano aver molto in pratica l ' Evangelo ; battete e vi sarà aperto , diceva il divino maestro , e noi battemmo colle mani , coi piedi , colle mazze : battemmo ovunque eravi un ' insegna d ' albergo e di trattoria , nessuno ci rispose : in qualche casa si sentiva metter la spranga . Tornammo tutti sconsolati alla stazione : la trovammo piena di gente sdraiata , che cantava in coro una litania d ' invettive all ' indirizzo di questo sconsacrato paese . - Ma non vi è un Restaurant ? - Domandammo a una guardia . - Una volta ci era ... - Ed ora ! - Lo chiusero al principiar della guerra ! - E per bere come si potrebbe fare ? - Uhm ! ... Guardino là ci è una vivandiera . Guardammo verso il punto che ci accennava quell ' uomo e vedemmo difatti un pezzo di ciccia del peso di un centinaio di chilogrammi : quest ' informe ammasso di carne in sottanina e cappello con piume , ci sembrò bella come un angelo , come l ' Angelo che insegnò alla povera Agar la benefica polla che doveva rinfrancare di spirito e di vita l ' assetato Ismaele . Le chiedemmo da bere ... - Non ce ne ho che pochi bicchierini ... ma sono per quelli della mia compagnia . - Va benissimo ! ... Borbottammo noi , emettendo un sospiro , che non poteva sembrare enigmatico a chicchessia ! - Meno male che poco ci abbiamo da attendere ! - Esclamò uno di noi . Aveva appena terminato di dirlo , quando venne una guardia e coll ' accento più naturale del mondo ebbe il coraggio di dirci : Il treno di Lione è in ritardo , bisognerà che aspettino altre due ore . Noi eravamo prostrati ... Andammo alla pompa che è lì a pochi passi per rinfrescare la macchina : uno si mise a tirare come un facchino e gli altri bevettero , bevettero con rabbia , quasi per protestare che , se la fortuna ci era avara di vino e di liquori , essi se la ridevano di lei e gliela facevano in barba . Poi si andò nel magazzino , ci sdraiammo alla meglio su certi cassoni che vi erano e sonnacchiammo malamente quelle maledettissime due ore . Il fischio della locomitiva ci richiamò a noi stessi e dopo pochi minuti eravamo tutti al nostro posto . Già da vario tempo avevo cominciato a inebriarmi delle mille fantasmagorie che sogliono produrre i beati momenti del dormiveglia , quando il treno si fermò ; e vidi baluginare dentro il nostro vagone , all ' incerto chiarore del lumicino , due fisonomie eteree , due di quelle fisonomie che ti strappano di bocca un grido di ammirazione , tanto le ti sembrano sovrumane : senza trarre il respiro , io le contemplava estatico e pensavo che seguitasse una di quelle belle visioni che tanto mi avevano entusiasmata la testa , pochi momenti innanzi : ma quale non fu la mia meraviglia , allorché io sentii posarmi sulle spalle una manina gentile , allorché un alito profumato mi carezzò dolcemente la faccia ? - Ma è egli vero quello che si svolge davanti a me ? - Riflettevo , quando una vocina simpatica , che mi s ' insinuava proprio nel cuore , mi rivolse queste parole : - Tenete ... Voi dovete averne bisogno . E del pane , del salame e una bottiglia di vino generoso furono lasciate a nostra disposizione da quelle simpatiche fate . Eravamo arrivati a Macon , e le signore addette all ' uffizio del soccorso ai feriti , portavano , come d ' ordinario , qualchecosa per ristorare i soldati di passaggio . Erano le sei della mattina : faceva un freddo tremendo , persino i vecchi soldati , imbacuccati fino alla punta del naso , sbraitavano contro una stagione sì perfida , e quelle donne , e quelle signorine erano là da tutta la notte , portavano quell ' immensi canestri con una disinvoltura e con una grazia che forse si vede adoprare da chi porta un mazzo di fiori : gelavano dal freddo , ma pure sorridevano : morivano dal sonno , ma pure avevano una parola di conforto , una di speranza per noi . Ah ! La donna ! .. I miei lettori avranno osservato che io non l ' ho punto risparmiata ai Francesi , che io ho detto di loro tutto quello che sentivo , che ho esposto alla libera le mie impressioni sul loro contegno , e che l ' ho chiamati degeneri , corrotti , indegni della fama che si erano scroccati in Europa , ma in quanto alle donne bisogna convenire , che avevano tutta l ' abnegazione , tutti i riguardi , tutte le doti , tutte le delicatezze di una madre , e tutto il coraggio delle donne spartane : coraggio che le ha spinte a curare in prima fila i feriti , e che poi ha fatto loro incontrare la morte sulle barricate , quando Thiers ha iniquamente schiacciato e soffocato nel sangue la generosa Parigi . Ah ! non si chiamino utopie gli sforzi generosi di certi publicisti che vogliono collocare la donna nel posto che le si spetta : le donne hanno già fatto abbastanza per mostrarsene degne , che anzi alla prova io le ho vedute riuscir sempre a mille doppi dell ' uomo . Questo avvenimento , così inopinato , mi riconciliò lì per lì colla Francia , con me , con la sorte : ringraziai alla peggio quelle vezzose signore e mi misi a mangiare con un ' appetito da cointeressato . Ci si mosse quasi subito : i volontari salutarono con applausi fregorosi quella città che si era mostrata tanto ospitale con noi . Intanto albeggiava ; la giornata almeno per quello che se ne poteva preconizzare doveva essere uggiosissima : il cielo pareva di piombo , la terra era coperta di neve , grossi stormi di corvi alleggiavano per quei dintorni . Sulla spianata di Baune io vidi un corazziere in alta tenuta , ritto , stecchito al piede di un albero . Gli enormi cipressi , tutti nevicati fuori che in punta , dove tuttora mostravansi verdi cupi , mi sembravano tanti scheletri giganteschi col morione delle vecchie guardie i quali ghignando sbirciassero quello omuncolo coperto di ferro e che in faccia a loro stava nella medesima proporzione di un granello di rena a una piramide dei Faraoni . Dopo un ' ora ci si fermava e questa volta ci si fermava definitivamente . Per somma ventura di quei dieci o dodici lettori che hanno avuto la più che cristiana pazienza di seguirmi fin qui , noi eravamo giunti a Digione , a quella Digione che poco dopo doveva illustrare il sangue di tanti prodi Italiani e che allora ci appariva in mezzo alla nebbia coi suoi gotici campanili , colla sua semplice guglia di San Benigno , come apparisce un ' Oasi a chi si è sperso nell ' ampio deserto , come apparisce la meta allo stanco auriga che già comincia a disperar del trionfo . La stazione era ingombra di cannoni , di casse , dell ' ambulanza , di bagagli di tutte le dimensioni che appartenevano alle truppe ed ai battaglioni che di poco ci avevano preceduto . Due o tre sentinelle di guardie mobili passeggiavano per lungo sull ' ambulatorio , facendo sfoggio di una prosopopea , che te li avrebbe fatti gabellare per eroi ; d ' altronde eravamo in prima linea , e quando il nemico non attacca , ci si può prendere la scesa di testa di farla da gente feroce e terribile , - In rango - Gridò il nostro ufficiale con una voce da baritono molto sfogata , e sfoderando per la prima volta la Durlindana . Questo movimento in altre circostanze ci avrebbe fatti scompisciare dalle risa : in quel momento eravamo troppo felici per aver raggiunto lo scopo delle nostre fatiche , e dei nostri dolori , per poter nemmeno prestare attenzione a questa spacconata . Per quattro fianco destro , avanti marchs ! E mettendoci alla peggio per quattro , escimmo dalla stazione dietro all ' ardente condottiero , infilammo il viale dei Platani che vi conduce , e passando di sotto all ' Arco che fu inalzato ad onore dello strenuisissimo Principe di Condè , entrammo nel capoluogo delle Côte d ' Or . CAPITOLO VIII . Traversammo la città e nella nostra traversata non ci fu dato vedere alcuno amico , nè tampoco alcuno che rivestisse la divisa di Garibaldino ; in quell ' ora così mattinale , i componenti dell ' Armata dei Vosgi , o erano occupati in recognizioni ed esercizi , oppure se la dormivano saporitamente . Felici questi ultimi ... noi cascavamo dal sonno ! ci portarono al quartier generale che era proprio in fondo della città al lato opposto della ferrovia ; il generale Garibaldi abitava il palazzo della prefettura , dove erano stati anche impiantati gli uffizi dello stato maggiore . Vedemmo alla porta in fazione un carabiniere genovese ed una guardia nazionale . Il rivedere la simpatica camicia rossa , ci fece nascere in cuore un ' emozione dolcissima ; i nostri timori di non arrivare in tempo eransi dileguati : entrammo nel cortile ilari , e svelti , proprio come se uscissimo allora da un morbido letto . Il tenente andò a prendere ordini ; poco dopo tornò e ci disse : Loro possono andare per la città : per ora non è stata data alcuna disposizione per loro ; a mezzogiorno sulla piazza delle Mairie io farò le paghe : Dopo queste poche parole , se ne andarono tutti , e si stava per andarsene anche noi dell ' esigua combriccola , che si era mossa da Firenze , quando ci sentimmo chiamare su di verso il terrazzo e avemmo appena tempo di voltarci che si era abbracciati e baciati ... - Ne eravamo sicuri ! - Credevamo dì trovarvi quassù . Guardammo e vedemmo il Piccini e lo Stefani già vestiti da Garibaldini , che ci salutavano così affettuosamente . - O Rossi ? ... Domandammo noi altri . - Rossi è a lavorare ... Riatta tutti i fucili della compagnia ... Lo vedremo più tardi ! - O come mai siete arrivati a raggiunger Garibaldi ? - È una cosa lunga ! - Allora ne riparleremo stasera , perché noi si ha un ' appetito birbone , e si ha una voglia di dormire grandissima . - Per dormire non ci è bisogno d ' andare all ' albergo . - Davvero ? - Sicuro ! .. Venite con noi dal mair ed avrete un biglietto d ' alloggio ... qui in Francia , in tempo di guerra , i militari hanno questo diritto . - Evviva la Francia ! .. Gridammo noi , sedotti ed entusiasmati dall ' idea di non spendere quei pochi piccioli che ci erano rimasti , onde procurarci una stanza . - Venite dunque con me - Disse il Piccini e tutti noi lo seguimmo verso la piazza maggiore della città . Durante il nostro tragitto cominciammo a farci un idea del corpo d ' armata che era stato affidato all ' eroe dei due mondi ; vedemmo i Franchi tiratori , i Mobilitati , gli Spagnoli , la Croce di Nizza , le Guide : i costumi , gli abbigliamenti di questi giovani soldati della libertà , formavano un contrasto così bizzarramente artistico , che ti faceva credere di essere in un mondo nuovo , in un mondo variato ; ad ogni cantonata tu vedevi un nuovo vestiario : pareva quasi di avere in faccia agli occhi un caleidiscopio continuo ; chi aveva in cuore un po ' di sentimento di artista , lo si poteva facilmente conoscere dal modo con cui portava le piume al cappello e la svelta casacca ; una collezione di penne di tutte le qualità ; dall ' aristocraticissima penna di pavone , alla plebea di gallina , che forse rammentava un allungamento di mano non permesso dal Codice , tu vedevi brillare sui cappelli di questi amabili matti , ogni specie di questi arnesi indispensabili agli animali che s ' elevano dal suolo . I Franchi Tiratori ci offrivano l ' esattissima riproduzione dei volontari Italiani del 1860 e del 1866; tra loro spiccavano delle distintissime fisonomie : tra loro figurava in mezzo ai figli della montagna l ' artista , in mezzo all ' uomo del lavoro abbronzato dal fumo dell ' officine , il generoso milionaro abbronzato dal sole : tutti erano rappresentati in quelle file , che lo spirito potente dell ' amore di libertà affratella nel momento supremo , in cui questa libertà versa in pericolo , coloro che sentono rispondere generosamente il loro cuore all ' appello dei santi principii , che saranno il Vangelo dell ' Umanità . Una tal vista rallegrò i nostri spiriti : il sonno si era dileguato , si era dileguato lo strapazzo , si era dileguata la fame . O divini entusiasmi di colui che affronta la morte per un ' idea generosa , perché siete svaniti , e così presto svaniti ? .. Siamo forse diventati vecchi in due mesi ? .. Le nostre fibre non si commuovono forse tuttora alla corrente magnetica , che infonde le voce del dovere , della patria , della società conculcata ? Chi sa .... L ' atonia in cui viviamo ci ripiomba in uno scetticismo che voglio credere temporaneo ... Tornino i giorni felici , torni il santo momento di una rivoluzione , e scettici o no , ci troveremo al nostro posto ! Utilizzare la vita a prò di chi langue : ecco quale deve essere in tanta tristezza di tempi , il programma per chi ha cuore e coscienza . Andammo alla Mairie e volendo render meno dura che fosse possibile la situazione , che ci si preparava , approfittandoci dei nosti abiti cittadineschi , demmo a bere all ' impiegato che eravamo ufficiali , e ci fu sul tamburo steso un biglietto d ' alloggio per uno dei primari palazzi di Digione , nientemeno che il palazzo de Beverant . Qui fummo accolti gentilissimamente da una vecchia signora , che ci condusse in un magnifico appartamento e c ' insegnò uno stanzino tutto pieno di legna , dicendoci che con quel freddo ci avrebbero fatto assai comodo ! Eppoi la simpatica vecchia si intrattenne con noi in amichevole conversazione ; la ci disse le cose le più gentili , ci salutò come gli angioli salvatori di quel disgraziato paese ... E i nostri buoni governanti d ' Italia che ci riguardavano come diavoli , ed i malvoni che ci tenevano a rispettosa . distanza , che ci gabellavano per scavezzacolli , per beceri , per intrattabili ? .. Proprio il caso da dire nemo propheta in patria , e se i benigni nostri avversarii avessero udito le gentili proteste a nostro riguardo indirizzateci da quella donna , appartenente alla più pura aristocrazia della Francia , scommetto la testa che alla lor volta sarebbero divenuti frementi . L ' ospite nostra ci ragguagliò su certe prodezze che avevano commesso i soldati di re Guglielmo nella prima occupazione della città ; il comando generale gliene aveva messi in palazzo cinquantasei : e tutti spadroneggiavano peggio che se fossero in una caserma ; accendevano il fuoco e facevano da cucina nelle magnifiche camere ; avevan ridotto il giardino a maneggio per i cavalli : pretendevano le legna , e qualche giorno persino il vino e la carne . L ' amor nazionale avrà forse fatto esagerare un poco quella signora , ma è un fatto che molti tra i soldati della grazia di Dio ne fecero di quelle di pelle di becco , a detta di tutti ; tutti però concordavano nell ' affermare , che questa gente , la quale dicerto non era stata restia nel far pompa di prepotenza verso il popolo inerme , era rispettosissima , educatissima verso il sesso gentile . Sapemmo anche per mezzo della nostra interlocutrice , quanto fu lo spavento da cui fu colto il generale Werder , quando Garibaldi tentò di sorprenderlo la sera del 26 novembre : tutti i cariaggi erano stati preparati , tutte le disposizioni per una ritirata erano state ordinate in men che si dice ; i soldati avevan fatto fagotto : i battaglioni di riserva erano adunati nelle piazze , e di momento in momento altro non si attendeva che l ' ordine della partenza . La signora ci rese informati di un episodio , che poi ci fu dato raccogliere anche da tutti gli altri cittadini che avvicinammo ; episodio ben meschino a paragone di quelli che si svolsero in quel maraviglioso periodo di storia che farà stupire i nostri posteri , ma che ci si dava come ragione principale dello sgombro della città da parte dei soldati Germanici . Io credo però che quello che ci si raccontava , come verità indiscutibile , non fosse altro che una di quelle storielle , che nascono non si sa come , che si propagano con facilità straordinaria in un momento in cui una nazione ha perso la bussola , ma che cadon di subito di faccia alle riflessioni che può ispirare il più volgare buon senso . Secondo questi discorsi il buon Werder , che è un cattolicone coi fiocchi , uno di quei cattolici per cui il regno dei cieli è spalancato come per tutti i poveri di spirito , dopo un lungo colloquio che aveva avuto col vescovo di Djon , degno servo dì Dio , avrebbe preso le sue carabattole e cheto come un olio , spaventato dalle minaccie dei fulmini dell ' ira divina aveva trasferito le sue tende ben lontano da quella città , dove sarebbe piovuto acqua bollente se egli si fosse piccato di continuare un occupazione in odio alle tremende divinità che reggono il mondo . Le frequenti visite che il generale Badese con un unzione veramente apostolica faceva al vescovo , l ' intimità più che fraterna che esisteva tra questi due personaggi , il patriottismo ben noto del pastore che aveva sotto la sua tutela i buoni abitanti delle Côte d ' Or furono dicerto la ragione precipua per cui nacquero e presero voga queste chiacchiere di nessuna entità . Io non posso credere che un capo di stato maggiore , reputatissimo come è il signor Moltk , possa ritenere ai suoi ordini un sagrestano che si lascia imbecherare dalle fandonie impossibili di un porporato qualunque . Dopo aver bevuto dell ' eccellente Wermuth , lasciammo il palazzo , che cominciavamo a riguardar come nostro , e rientrammo in quelle strade , dove un continuo viavai di soldati , di cavalieri , di carri , d ' artiglierie produceva un chiasso , una confusione che c ' inebriava , mentre avrebbe fatto venire un ' emicrania solenne al pacifico e ben pasciuto gaudente , che per caso si fosse trovato lassù . Arrivati appena nella rue Condé , via principale della città , degli applausi entusiastici ci colpiron gli orecchi ; poi un correre concitato di ragazzi e di donne ; uno spalancarsi di finestre ; un ' affollarsi repente lungo i marciapiedi , ed un gridìo unanime , pieno , che ci produsse immediatamente una commozione indicibile . Vive Galibardi ( ! ) Vìve le premier defenseur de la France . Il primo soldato della libertà dei popoli passava per quella strada , ed il popolo che in tutto il mondo fa sempre sentire la generosa sua voce in favore dei generosi che alla libertà dedicano la loro intiera esistenza , accoglieva come si conveniva , ben differente dai grandi del mondo che dispregiano sempre , chi è grande davvero . Garibaldi ! ... Chi può rammentare questo nome , chi le gesta famose dell ' eroe divenuto già leggendario , senza sentirsi dì subito rapito in una commozione divina ? ... Eccolo là , questo vecchio figlio della rivoluzione , sempre giovine quando si tratta di rispondere ai di lei magnanimi appelli ! Eccolo là quell ' uomo , che nel suo splendido passato dall ' ultima Montevideo alla vicina Mentana è stato sempre in prima fila per la causa divina dell ' Umanità ! ... A che mi si rammentano i grandi , a che mi si rammentano gli eroi ? Pari al sole che quando sorge col suo Oceano di luce fa oscurare le stelle , quest ' uomo ha fatto oscurare la fama di tutti quelli che lo precessero . I posteri lo crederanno un mito : perché la fortuna ha dato a questi tempi un Garibaldi , quando non ci ha dato un Plutarco per rammentarne degnamente le gesta ? Ma i buoni popolani son pronti a rammentarlo degnamente ai lor figli , ad insegnar loro a venerarlo come quelli da cui dipende la felicità , l ' avvenire di quelli che soffrono ! Io per me , le poche volte che mi è stato dato incontrarlo mi son sentito le lacrime agli occhi ed egli mi è trasvolato davanti come un eroe dei tempi sublimi , in cui i Cincinnati e i Fabbrizi lasciavano la spada dopo aver salvato la patria , per tornare alle glebe natie , O alle officine rese sacre dal sudore di quelli operai , che veramente erano grandi per il lavoro e per la virtù cittadina . Benedetto da tutti quelli che amano ; implorato , come una speme da tutti quegli che soffrono ; terribile ai tiranni ; sempre presente agli schiavi ; invano tenteranno d ' abbatterlo i Giuda politici , che si inspirano ai fondi segreti del ministero , mai alle azioni generose . Il Generale era in carrozza con l ' indivisibile Basso ; ambedue erano vestiti in borghese : Garibaldi aveva un cappello alla calabrese bigio ed il punch che sempre lo ho accompagnato in tutte le campagne ; dietro alla carrozza venivano a cavallo il maggiore Fontana dello stato maggiore , e il capitano Galeazzi delle Guide , aiutante di campo . Il Generale sorrideva a quei popolani che l ' applaudivano con tanto entusiasmo , e li salutava gentilmente con le mani . Il popolo di Digione accompagnava sempre con dimostrazioni d ' affetto il Generale , e quello che si vedeva , si doveva d ' ora in là ripetere ogni giorno davanti ai nostri occhi . Poco dopo che noi ci eravamo commossi ad un tale spettacolo , dovevamo esser sorpresi da un ' incontro non meno gradito di quello del nostro Generale . Trovammo Rossi , nostro compagno sul Var , uno di quei pochi Fiorentini , che sempre fedeli al principio Repubblicano , avevano subito gli oltraggi dei giornali dello sbruffo , e l ' ire delle questura , e che ora , coerenti al proprio principio , dopo mille peripezie , che più tardi racconterò ai miei lettori , era pervenuto a raggiungere gli stendardi della , libertà e della emancipazione sociale . Il Rossi era ingrassato in una tal maniera , che noi durammo fatica a riconoscerlo : sembrava più un Domenicano che un Garibaldino ; gli si leggeva in volto la contentezza dell ' uomo che dopo tante fatiche , ha potuto raggiungere uno scopo per tanto tempo da lui vagheggiato . Andammo tutti insieme a pranzo : lì sapemmo a un ' incirca tutto l ' andamento preciso dell ' Armata dei Vosgi : questo mucchio di uomini , abbastanza omeopatico , a cui superbamente si regalava il titolo d ' armata , era allora diviso in quattro brigate : la prima sotto il comando del generale Bossak , aveva il suo quartier generale a Fontaine , paesetto , a circa due kilometri di distanza da Digione : la seconda , anticamente comandata da Delpeche , ed ora comandata dal Lobbia , si era avviata verso Langres , e non si sapevano notizie precise sul di lei conto : la terza , generale Menotti , era a Talant , e ne formavano parte le due legioni italiane sotto gli ordini di Tanara e Ravelli : Ricciotti con la quarta brigata era dalle parte di Poully , lato Nord Est della città . Le traversie che ebbero a subire Rossi e Piccini , Squaglia e Baldassini per giungere in Francia , ci furono raccontate a quel desinare e meritano , credo , l ' attenzione dei lettori , se non altro perché questo serva ad assicurarli del come , quando si nutrono certe idee , si affronta qualunque pericolo da quel partito che i troculenti avversarii , hanno osato qualificare per gente che non ha nulla da perdere e che si pasce solamente di trambusti perché in questi ci è da pescare nel torbido , Rossi e gli altri , dopo il nostro arresto restarono in Livorno e giungendo ad eludere quell ' oculatissima pulizia , poterono giungere al momento bramato di imbarcarsi su una piccola barca , colla quale si accingevano a intraprendere una traversata che mette in pensiero l ' indolente e pacifico borghese che deve farla in piroscafo . Perseguitati dalla polizia che non si ristava un momento da pedinarli , con un tempo indiavolato essi poterono imbarcarsi verso mezzanotte , due miglia lontani da Livorno . Il mare metteva spavento : ognuno potrà facilmente rammemorarsi di quanto furono sconsocrate le giornate che nell ' anno passato annunciarono l ' inverno ; perfido il clima , continue le pioggie , mai interrotte le burrasche ; ora mi si mettano otto o dieci persone sopra uno schifo , atto solamente a fare delle passeggiate , eppoi se ne tragga l ' unica conseguenza possibile , e la non può esser che questa : i bravi giovani erano decisi a giocare di tutto per raggiungere il loro scopo , e possedevano tempra , da reputarsi più che miracolosa in questi tempi di unversali debolezze e di codardia inesprimibile . Certo che chiunque avesse veduto quel piccolo legno , sbattuto in mezzo agli spaventevoli cavalloni , sempre a un pelo per far cuffia , sempre frisando gli scogli , sempre a pochi passi dalla morte , non poteva fare a meno di esser colpito da tanta sublimità , da tanta abnegazione , da tanto coraggio ... Oh ! non mi si dica , che ai dì d ' oggi l ' antica virtù è un mito nel mondo ... oh ! no ... la virtù esiste : sarà a bella posta obliata ; si tenterà di farla passare per pazzia , ma a dispetto di chi non lo vuole , essa trova sempre dei seguaci , dei seguaci che vivono e muoiono ignorati , ma che sono anche troppo superbi per ottenere tale oblio , nel secolo in cui i ciarlatani di professione , i codardi e colpevoli servitori delle corti e del vizio sono portati in palma di mano da una folla più di loro codarda e colpevole ! La virtù la vìve , ma per volerla rintracciare , bisogna andare tra quella gente che è posta in quarantina dalla società degli uomini serii , bisogna rintracciarla nei bassi fondi sociali , tra la gente che soffre , lavora e muore di fame ; simile in tutto alle perle che non si trovano che tra la melma . Il vento impetuosissimo , i marosi che in conseguenza di questo avevano raggiunto tutto ciò che può esservi di più orribile per il marinaro , l ' albero maestro troncato costrinsero i nostri giovani amici a fermarsi a Vada , piccolo paese della Maremma , distante a dir molto mezza giornata di cammino da Livorno . Attorniati immediatamente dai carabinieri , essi dovettero ai sentimenti generosi dei buoni popolani di lassù , il potersi ridurre in salvo : si rifugiarono diffatti in un ' abbaino , alle cui finestre non erano imposte , nè vetri , e che aveva tanto basso il soffitto da costringere chiunque v ' entrasse , ad andarvi carponi . Vi doverono star sette giorni : senza un pagliericcio , senza un brodo che loro ravvivasse le forze già esauste ; costretti a dormire , l ' uno l ' altro abbracciati , per scongiurare la veemenza del freddo Siberico , confortandosi e prendendo animo all ' idea del santissimo sacrificio che per santissimo intento essi in quel mentre facevano , passarono in quella dolorosissima situazione degli istanti divini . Riattato il piccolo navicello , essi a notte inoltrata poteron ripartire : a bordo vi erano viveri , ma essendo durato il viaggio per altri sedici giorni , i futuri difensori della repubblica , soffrirono anche la fame ed arrivarono sfiniti , cascanti , dopo cento altre peripezie a Bastia . Nella capitale della Corsica , Rossi , Piccini , e i compagni , trovarono una perfidissima accoglienza : tutti ci dichiararono umanimemente che quegli abitanti , devoti alla causa Napoleonica , appena che ebbero odorato , che i giovinetti , sbarcati dal quel navicello , stracciati , ed in cattivissimo , stato , erano dei Garibaldini , non fecero che guardarli in cagnesco , non risparmiando loro certi atti villani , che sarebbero stati degnamente rintuzzati , se in quei momenti ragioni potentissime non avessero consigliato sangue freddo e prudenza . Ricevuti come cani alla prefettura , trattati , quasi come pazzi al comando di piazza , guardati con diffidenza dal Mair , essi non si perdettero di coraggio e fiduciosi nel proverbio che l ' importuno vince l ' avaro , tanto almanaccarono , tanto scombussolarono , usando ora buone maniere , ora sgarbi , pregando e protestando , che alla fine furono imbarcati sopra un piroscafo , e inviati a Marsiglia , dove si erano già costituiti i due celebri comitati Garibaldini . Credendo dì aver toccato il cielo con un dito , i bravi nostri amici salutarono Marsiglia , come il fanciullo che si è perduto nel bosco , saluta il cammino della casa paterna . E furono accolti a braccia aperte dal Comitato , ed i membri di questo furono loro cortesi d ' incoraggiamenti e di belle parole ; nè quando accamparono il loro desiderio di partir prontamente , fu fatta l ' obiezione più piccola ... Meno male che la fortuna qualche volta corona felicemente gli sforzi di chi ha sofferto - Pensavano i nostri , entusiasmati .. - Oh sì , che la pensavano bene ! Essi non erano giunti che alla prima stazione del Calvario che doveva menare , qualcuno di loro alla morte , e credevano invece di aver preso possesso della terra Promessa . Frapolli aveva in quell ' epoca il suo quartier generale a Chambery , e già stava instituendo un primo battaglione di fanteria a Montmèlian nell ' estrema Savoia . Là furono diretti i nostri amici , i quali , non sapendo ancora , quanto fosse discorde il celebre grande Oriente della Massoneria dai disegni del Generale , andarono alla loro destinazione , allegri e contenti , con la ferma convinzione di raggiungere tra pochi giorni , l ' invitto capo dell ' armata dei Vosgi . Arrivati alle loro destinazione essi trovarono tra i componenti del battaglione lo Stefani , venuto via pochi giorni avanti di Firenze . Quattrocento giovinetti erano già adunati , ma nessuno di loro aveva arme , nessuno di loro aveva il più piccolo distintivo che potesse contrassegnarli , come soldati . I superiori , si sfogavano , a rammentare ogni giorno , che presto anche loro sarebbero andati in prima linea , e intanto esortavano i dipendenti a fare delle esercitazioni , le quali tutte , si compendiavano in gite di 15 , 16 e persino 20 chilometri , su quei monti , dove la neve si alzava sette o otto metri dal suolo . I continui strapazzi , tutti infruttuosi , il rigido clima di quelle alpine ragioni influirono maledettamente sulla salute di quei poveri diavoli di cui molti ne andarono allo spedale , mentre gli ufficiali passavano allegre serate , ravvivati da cene Lucullesche , che il loro capo scroccava ai buoni Massoni di quelle montagne ; ragione questa per cui ogni ufficiale che dipendeva dal buon Frapolli si faceva di subito iniziare ai misteri della Massoneria ! Fu dato il comando del battaglione al Perla , a quest ' eroe che ora è una delle più belle figure nel Panteon dei martiri della libertà : Perla , valoroso soldato delle nostre guerre dell ' Indipendenza , patriotta di romana virtù , comandando una frazione del microscopico esercito del Frapolli , non si rese certamente complice dei bassi intrighi del suo superiore , e lo mostrò chiaramente quando tra i primi , raggiunse la legione del Garibaldi tra cui doveva incontrare così gloriosamente la morte . Rossi , Piccini , Stefani , in ricompensa di aver servito altre volte , furono fatti sergenti , ma il tempo passava ( erano già scorse due settimane ) e ancora non si veniva a capo di nulla ; unica cosa fatta , fu l ' abbigliamento per i volontari : i giovani cominciavano a mormorare : le notizie degli scontri che aveva sostenuto Garibaldi erano giunte fin là , e troppo repugnava a giovine gente restare in un deposito , mentre i fratelli si misuravano coll ' inimico e spargevano di nobile sangue gli ubertosi vigneti della Borgogna . Tutte le sere in caserma succedevano concitatissime conversazioni ; si proferivano gridi che non erano certo d ' ammirazione per i comandanti ; si fischiavano gli accaniti difensori degli ufficiali , era insomma una confusione da metter pensiero a chi era incaricato di condurre tutta quell ' accolta di gente : una di queste sere , proprio all ' impensata , capitò a Montmelian Frapolli ed ordinò una rivista per il giorno dipoi . Dopo aver squadrato , così per pretesto , ad uno ad uno i suoi dipendenti , il Frapolli fece formare il quadrato , e piantandosi in mezzo alle file , sciorinò tutto d ' un fiato un lungo discorso , dove chi capì un acca potè chiamarsi ben fortunato . Parlò di trame e di cospirazioni , protestò di esser calunniato , di andar d ' accordo con Garibaldi , ma che però non bisognava sposarsi a quest ' ultimo , poiché dei guerrieri bravi ce ne erano anche più di lui , poiché era succeduta la rivoluzione anche nell ' armi e nella strategia e che perciò ci voleva gente nuova . Un lungo mormorio ed anche qualche fischio accolsero le strampalate parole del generale , che alzando , bruscamente le spalle e borbottando , non so quali inpertinenze , si ritirò seguito dal suo stato maggiore . Giunto il battaglione alla caserma , Piccini , incoraggiato e sostenuto da Rossi e Stefani , scrisse addirittura una lettera a Garibaldi , lettera nella , quale si metteva chiaramente a nudo la situazione e si chiedevano consigli su ciò che era da operarsi : qualora non forse pervenuta alcuna risposta i tre amici avevano deciso di disertare . Come furono lunghi i cinque giorni d ' aspettativa ! quante polemiche , quante questioni anche serie non accaddero in quel breve lasso di tempo ! i soldati cominciavano a perder la fiducia nel loro capo , dacché subodoravano che tra lui e il grande Italiano non ci era più quell ' accordo , che solo può produrre buoni resultati ; finalmente venne il colpo dì grazia , e questo colpo fu giusto appunto la lettera con cui Canzio a nome del Generale rispondeva a Piccini . Frapolli vi tradisce , Frapolli è un ' inviato del Governo Italiano , che tenta di seminare la zizzania nel campo degli eroi delle libertà - Tale era a un dipresso il sunto dello scritto di Canzio . Un fulmine e questa lettera potevano produrre il medesimo effetto . I volontarii si ragunarono tumultuosamente : siamo traditi : abbasso i traditori : viva Garibaldi vogliamo partire ... ecco le grida che sorgevano da tutti quei petti , ecco le convinzioni che tutti quei giovani esprimevano proprio all ' unisono : invano gli ufficiali con preghiere , con moine , con minaccie pretendono di far rientrare in caserma i sottoposti e di ridurli a dovere ; invano si rammenta loro la causa che sostengono e che può esser compromessa con moti intempestivi e con deliberazioni inprovvise : oramai tutti son rimasti troppo scottati dalle buone parole , oramai tutti son stanchi di lasciarsi abbindolare di più ; gli ufficiali sono obbligati ad andarsene scorbacchiati e confusi ; nè potevano quei bravi avanzi delle guerre della libertà disapprovare in cuor loro l ' impazienza generosa di quei bravi ragazzi : difatti la maggior parte degli ufficiali raggiunse poco dopo l ' armata , e si portò eroicamente : rimasero solamente quegli eroi che fanno la guerra per diventare ricconi , che fuggono al fuoco , ma che sono i primi ad attaccarsi i ciondoli del valor militare sul petto . Dalla rivoluzionaria assemblea , fu conchiuso d ' inviare una sommissione al Generale e fargli noto , come idea decisa di tutti , fosse il raggiungere i fratelli che si trovavano in faccia al nemico . Eletti a far parte di questa commissione furono appunto i tre nostri amici Rossi , Piccini , Stefani . Essi portaronsi immediatamente a Chambery , dove si abboccarono col colonnello Pais , una delle onestissime persone e dei repubblicani distinti che era rimasto acchiappato dalle reti del Frapolli . Pais cominciò col fare qualche appunto al quartier generale , deplorò le parole del Canzio , esortò i nostri giovani a non volere attizzare quel fuoco , che divampando avrebbe distrutto la reputazione di patriotti distinti e forse anche l ' esito della intrapresa repubblicana . I tre furono irremovibili : vedendo allora il Colonnello come qualunque parola sarebbe stata vana a trattenerli , permise loro di allontanarsi dal battaglione , anzi li pregò a presentarsi al quartiere generale , allora in Autun , e a scongiurare coloro che comandavano l ' armata dei Vosgi a prendere una definitiva risoluzione affinchè cessasse quel fatale dualismo che poteva condurre a così triste , a così deplorevoli consequenze . Accompagnati alla stazione dagli applausi di tutti i compagni , ed imbarcatisi , dopo un viaggio lungo , anzichenò a causa dell ' interruzioni ferroviarie , i nostri amici arrivarono al capoluogo del Giura , alla città che fu culla del noto Mac Mahon , e senza por tempo di mezzo , si recarono alla sede del quartier generale . Lobbia e Canzio accolsero i nuovi venuti più che se fossero amici , proprio come se fossero stati fratelli . Tutti erano indignati per il contegno tenuto dal Frapolli : difatti nessuno poteva farsi una ragione del come quest ' uomo daccordo coi Comitati accaparasse per se tutta la miglior gioventù che veniva d ' Italia , e la forzasse all ' inazione , alla vita coruttrice della caserma e della guarnigione , mentre il generale Garibaldi non faceva che raccomandarsi a tutte le parti , perché gli inviassero dell ' uomini . No ! Non erano induzioni fallaci , non erano calunnie , quelle che si formulavano sopra quest ' uomo . La ragione ridicola che accamparono alcuni miei amici , svanisce davanti al primo soffio del più volgare buon senso . Frapolli , dicevano questi , vuol risparmiare il sangue di tanti generosi : ha preso il grado di generale per impedire degli inutili combattimenti ; Frapolli a tale scopo è stato inviato dalle Massonerie . Io non voglio credere che un ' associazione che ha per base l ' amore del vero e dell ' umanità , abbia non che autorizzato , permesso , che uno dei suoi più influenti fratelli la facesse o da Don Basilio o da Arlecchino in momenti in cui il sangue correva a ruscelli e in cui si poteva finalmente risolvere il gran problema dell ' emancipazione dei popoli . Io credo coi più , che Frapolli non fosse che un ' ambizioso di bassissima lega ; un innocuo coniglio che per poco tempo si era provato a indossare una veste da leone , che aveva riconosciuto troppo pesante per lui ; un ciarlatano qualunque , uso in Italia a recitare due parti in commedia , deputato e tribuno , scenziato e generale , capace di tutto fuori che di far tacere la sua sperticata superbia , ed a combattere sotto gli ordini di chi ne sapeva più di lui , di chi più di lui ne aveva il diritto . Canzio in special modo era irritatissimo : disse ai nostri amici che a giorni sarebbe partito , come infatti partì , per condurre via tutti gli uomini che erano adunati a Chambery e a Montmelian . Rossi , Piccini , e Stefani non vollero tornare donde erano venuti , quantunque loro si facessero conoscere delle prospettive di avanzamenti sicuri ; troppo contenti di aver finalmente raggiunto Garibaldi , di aver potuto riabbracciare i vecchi compagni d ' arme e di trovarsi con loro , essi si strapparono i galloni di sergente ed entrarono semplici soldati nella compagnia dei Carabinieri Genovesi , compagnia che si costituiva allora sotto gli ordini del distinto capitano Razzeto . Dopo due o tre giorni il quartier generale erasi trasferito a Digione ed i tre nostri amici , insieme al prode comandante dell ' armata dei Vosgi ( chè la compagnia dei Carabinieri Genovesi mai si staccava da lui ) erano venuti in questa città . Tale a un dipresso fu la narrazione che a pezzi e bocconi strappammo durante il desinare ai nostri compagni , che si mostravano di un buon ' umore e di una gaiezza invidiabile . Entrarono nella trattoria e si unirono con noi Mecheri e Ghino Polese , appartenenti ambedue alle Guide , e già in Francia ambedue fino dai primi principii della campagna . E qui furono lunghi discorsi , domande spesse , ripetute , alla maggior parte delle quali era impossibile dare una risposta , tanto rapidamente le si succedevano ; era una conversazione briosa , scapigliata , attraente ; e a renderla più allegra e più rumorosa influiva non poco lo squisito nettare , che producono i vigneti della Côte d ' Or , incantevole soggiorno per chi adora il dio Bacco . Prometto che sarà l ' ultima volta che mi perdo nel cantare le glorie del vino ; hanno ragione , purtroppo coloro , che dicono che noi abbiamo troppo presenti le libazioni che abbiamo fatto nell ' ospitale Borgogna , e che ad ogni poco io apparisco più un ubriaco che uno scrittore : ma mi crederei uno scrittore macchiato della più nera ingratitudine , se io non ti rammentassi o liquore color d ' ambra , che c ' ispirasti tante magnanime idee , che ci mantenesti in tanta salute per la modica somma di cinquanta centesimi per bottiglia , mentre qua adulterato , bisogna pagarti tre o quattro franchi .. Noi secondo l ' abitudinaccia nostra si diceva male di tutto e di tutti , si stroncava per passatempo qualche reputazione , si prendevano in burletta certe cose che , convengo pel primo , sarebbe stato assai meglio pigliare sul serio . Le nostre lingue sono un po ' lunghe ... d ' altronde è un difetto organico , che si sviluppa frequentando la società ! ... Il Rossi soltanto non prendeva parte alcuna alle nostre maldicenze ; anzi con fare affettuoso e paterno ci faceva delle reprimende che per lo più terminavano in lirismi ed in voti di esagerate speranze per l ' avvenire . Il Rossi aveva la fede e l ' energia di un apostolo , la fermezza di un cospiratore , il fanatismo del martire . Sempre eguale a se stesso : nella sua officina a Firenze , nelle prigioni che spesse volte aveva assaggiato per non voler troppo bene al presente ordine di cose , nei combattimenti dove aveva a incontrare poco dopo tanto gloriosamente la morte , egli avrebbe creduto di peccare smentendo se stesso , anche così per far chiasso in una conversazione d ' amici . A sentir lui era certo il trionfo della repubblica , non solamente in Francia ma in un ' altro paese dove egli era sicuro che Garibaldi ci avrebbe portato appena distrigati gli ultimi conti coi fedeli alleati della Grazia di Dio . Figuratevi in quella combriccola di scapestrati , quale effetto facessero le parole calme , dolci di questo giovine la cui perdita ha lasciato tanto voto nelle file dell ' esiguo partito democratico della mìa bella Firenze . È inutile : il Rossi parlava come un santo , ma quella sera doveva essere baccano : si festeggiava il nostro arrivo e non poteva essere a meno ! ... Squaglia , Baldassini , una caterva di Livornesi ci raggiunsero , e tutti insieme rammentandoci le vaghe colline della nostra Toscana , il nostro bel cielo , il volto delle nostre ragazze , idealizzato dalla lontananza , le chiassose baldorie e le ribotte di un tempo , incominciammo a intronare quegli stornelli , che si sentono tante volte sulle labbra gentili delle nostre donne del popolo : stornelli d ' amore , malinconici come il ricordo di una svanita illusione , modesti e simpatici come i fiorellini dei campi che l ' hanno ispirati , poeticamente rozzi , come coloro che senza alcuna istruzione l ' hanno composti . Dagli stornelli passammo alle ardenti canzoni ed agli inni : la Rondinella di Mentana , l ' inno di Garibaldi , la Marsigliese ... Era la voce dell ' Umanità e della Patria , che sorgeva gigante ad oscurare quella della città e della famiglia , e che in mezzo alla orgia ci faceva ricordar di essere uomini . Escimmo cantando : quella sera ci si sentiva felici : i popolani si accalcavano al nostro passaggio e ci accompagnavano coi loro applausi : noi italiani in Francia abbiamo molta fama musicale , molta più di quella che ci si merita : qualcuno di noi per esempio stuonava più di un secondo tenore del teatro Nazionale , eppure sentimmo ripetere che mai coro più accordato del nostro erasi sentito in Digione ... Chi si contenta gode ! L ' orologio battè mezzanotte : l ' ora era più che canonica : bisognava ritirarsi : Rossi che voleva sapere l ' andamento generale delle cose d ' Italia , e i progressi , che vi aveva fatto l ' idea , e come le masse accogliessero le notizie di Francia , volle in tutti i modi accompagnarci a casa . Povero Rossi ! ... Venne con noi , cominciò a domandare ... ma noi con poco rispetto attaccammo un sonno da paragonarsi solamente a quello di un lettore delle Perseveranza , ed egli continuò a gestire , e scalmanarsi per una buona mezz ' ora , in mezzo alle note più o meno sfogate delle nostre trachee cambiate lì per lì in contrabbassi . CAPITOLO IX . L ' aver ritrovato i nostri amici , la contentezza di poter passare qualche ora con loro ci aveva fatto dimenticare il ritrovo , a cui eravamo stati invitati il dì innanzi dal nostro ufficiale . Un vecchio soldato arriccerà il naso a questa notizia , e dirà , come di solito , che primo ed essenziale requisito di coloro che bramano farsi onore e debellare il nemico è la disciplina : ma noi che abbiamo a noia il veder l ' uomo ridotto allo stato di macchina , noi che siamo persuasi che l ' affezione a un ' idea può benissimo generare l ' eroe , che non hanno mai generato le ridicole e assurde pedanterie , noi credemmo di non aver dicerto peccato , se in quel primo giorno eravamo stati sordi all ' invito , decisi di raggiungere al domani la compagnia , o il battaglione a cui eravamo stati aggregati . Perciò appena albeggiò , escimmo di casa e ci avviammo verso il centro della città per sapere le notizie che ci riguardavano . La piazza della Mairie , era una delle più belle piazze di Digione : notevole per un gran numero di baracche e di banchi dove alcune donne , tutte brutte , ad eccezione di una sola , facevano spaccio , di sigari , di caffè e di liquori . I volontarii si affollavano intorno a loro , e non avevano torto : lì con dieci centesimi , avevano quello che nelle botteghe costava quaranta e anche cinquanta centesimi . Ad uno di questi banchi trovammo il nostro tenente : meno male ! .. questo incontro ci rispiarmava il fastidio di dover interrogare altra gente e di dovere impazzare per rinvenire la caserma . - Scusi tanto ... - Noi principiammo , avvicinandolo , ma egli tagliò ogni discorso dicendoci : - Ieri non si fece nulla .... . Vengano oggi a mezzogiorno ... è l ' ora delle paga : credo che nessuno mancherà . - Duuque a Mezzogiorno ? - Sì . - E dove è il nostro quartiere ? - Vadano alla Madaleine e là troveranno i loro ufficiali ... Loro non dipendono più da me ... Io appena che ho accompagnato le spedizioni , me ne lavo le mani , - A rivederlo ! - A rivederci ! Andammo allora al quartier generale ; per quella mattina , non pareva che alcuna cosa alla più lontana indicasse qualche probabilità di un attacco da parte del nemico . I Prussiani difatti avevano sgombrato Digione , per concentrarsi ; si aspettava , che dopo tanti giorni di quiete una gran massa di Tedeschi , col solito sistema che ha sempre guidato i movimenti di Moltk , piombasse sulla città principale delle Côte d ' Or . Dicevasi anche che a ciò fosse stato pescelto il corpo d ' armata del principe Federigo Carlo , perché a Versailles si voleva finirla una volta con questa riunione accogliticcia di giovanastri che rompevano anche troppo le scatole alle truppe più agguerrite e più disciplinate del mondo ; ad ogni modo , e lasciando da parte qualunque interpetrazione a cui dava luogo questa continua inazione dei nostri nemici , quello che si può accertare si è che questi si erano allontanati parecchi kilometri da Digione ; le nostre scorrerie , le recognizioni che senza posa facevano le truppe di linea , mai si erano scontrate con loro , e tutti insieme concordavano nell ' affermare che di Prussiani non ci era il minimo segno in tutti i dintorni . Garibaldi non si lasciava sfuggire questa bella occasione che gli fornivano i propri avversarii : tutti gli uomini che dipendevano dai suoi ordini a poco a poco si riunivano nella città dove egli aveva posto il quartier generale ; come abbiamo veduto , il brigadiere Lobbia era stato da lui inviato verso la direzione di Langres dal lato di Parigi ; Canzio era partito per definire la questione con Frapolli e portare all ' Armata dei Vosgi , tutti quei volontari che fino allora si erano tenuti lontani dal teatro della guerra . Le circostanti colline formavano oggetto di studii speciali e si fortificavano alla meglio , come lo consentivano gli scarsissimi mezzi di cui il governo era largo con l ' armata guidata dall ' invitto Eroe dei due mondi . Tutte le mattine alle quattro il generale esplorava la linea dei nostri avamposti . Esso percorreva l ' immensa estensione in carrozza e sempre accompagnato da Basso : poi si riduceva al quartier generale da cui era ben raro che si muovesse durante la giornata . Il povero vecchio era torturato dai dolori attritici : ben di rado egli abbandonava le grucce , ma pure si vedeva sempre sorridere , sempre incoraggiare i soldati , beato di potere offrire anche una volta il suo braccio in difesa dei santi principii , di cui è sempre stato il più infaticabile apostolo e il più temuto sostegno . Ah ! .. quanto ben differenti da lui erano certi arfasatti che si erano ficcati nello stato maggiore e pei quali chiunque è amico della verità , deve avere delle parole assai dure e dei rimproveri che nessuno può tacciare d ' esagerati , perché naturali in chiunque abbia potuto conoscere vita , morte e miracoli di quella gente che si muove solamente da casa per speculare e per farsi ricca nel mentre che una nazione illaguidisce od è per subire le più grande delle sventure che la possa colpire , voglio dire le schiavitù . Gli appartenenti allo stato maggior generale , in buon numero erano francesi ; io non intendo minimamente attaccare gli stati maggiori delle brigate , dove un Castellazzo , un Bizzoni , un Sant ' Ambrogio , un Vichard , un Canessa , e tanti altri , di cui noi non potemmo sapere il nome , si coprirono di gloria e si mostrarono pari alle generosissime idee che sempre gli hanno guidati . Io parlo soltanto di quei famosi strategici , che dipendevano direttamente dal generale Bordone . Qui devo dire alcune parole di questo generale da alcuni troppo abbattuto , da altri troppo esaltato . Io non voglio riandare la vita passata del nostro capo di stato maggiore ; mio compito è il riveder le buccie a coloro che giraron nel manico durante il periodo che noi fummo in Francia e non quello di nototmizzare le faccende trascorse che a noi non riguardano , e delle quali noi non abbiamo a curarsi : noi pensiamo che chi ha intenzione di far bene , e traduce in atto questa intenzione , certamente si riabilita da ogni peccato che possa aver contaminato la di lui fama antecedente . Bordone era zelantissimo per il bene dei suoi sottoposti : Bordone aguzzava di minuto in minuto il suo ingegno , si arrovellava , non dormiva pur di fare all ' esercito Garibaldino tutte quelle agevolezze che da lui dipendevano . Infaticabile sempre , importuno col governo di Tours egli era giunto ad ottenere armi , denaro , concessioni . Di più , se si pensa , che rimanendo lui nel suo posto , toglieva all ' ambizioso Frapolli ogni speranza di poter comandare a bacchetta , bisogna convenire che la cosa migliore per noi era che rimanesse quello che ci era , invece che venisse fuori uno nuovo che probabilmente avrebbe mandato in perdizione le nostre povere cose . Lobbia avendo lasciato lo stato maggiore per assumere il comando della seconda brigata aveva condotto con se il Castellazzo , nome a cui qualunque elogio sarebbe superfluo ; caro a chi ama la letteratura , come a chi ama la guerra ; eroe in tutte le battaglie che si son combattute , autore del Tito Vezio negli ozi della pace , in quegli ozi dove tanta gente che fa professione di far le campagne si butta sull ' imbraca e fa rivoltare lo stomaco alle persone perbene . Partiti questi , lo stato maggiore rimase molto , ma molto barbino . Mi rincresce dover dir male di nostri compagni , me ne piange il cuore , ma il culto della verità deve esser sacro per chi scrive e le segrete tendenze dell ' anima devono essergli sacrificate . La più completa assenza di nozioni strategiche si poteva chiaramente osservare in quelle sale dove si dormiva di giorno e dove molte volte si giocava di notte : cosa quest ' ultima che fece esclamare ad uno dei nostri amici assai noto per le freddure , che stato maggiore più solerte del nostro era inpossibile ritrovare , avendo i suoi membri ad ogni ora in mano le carte . Una caterva di giovanotti raggruzzolati non si sa come , certa gente di cui è bene non dir cosa alcuna , poiché stando alle dicerie generali , i di lei fatti insudicerebbero troppo le pagine di qualsivoglia libro ... ecco a un dipresso , fatte poche eccezioni , quale era il corteggio di Bordone . Oh ! se non fosse stata la mente del Generale , il valore e l ' intelligenza dei quattro che comandavano le brigate , l ' innegabile slancio dei volontari , per il nostro stato maggiore se ne poteva passar delle belle , e i Prussiani potevano agevolmente circondarci in Digione , come avevano circondato a Metz il famigerato Bazaine . La maggior parte degli ufficiali , che dovevano provvedere alle sorti della armata , e che dovrebbero avere avuto l ' attribuzione di fare i piani di guerra , oltre l ' esser digiuni di qualunque nozione d ' arte militare , lo erano anche del minimo odore di polvere : tra gli altri per esempio il figlio di Bordone finì la campagna come capitano : era un giovanotto che poteva aver tutt ' al più ventitre anni e che per la prima volta si spingeva davanti al fuoco .... delle stufe del quartiere generale ! Del resto di questi ufficiali improvvisati ve ne era un sacco e una sporta . Conobbi un volontario che di motuproprio si mise il berretto di luogotenente e poco dopo ottenne quel grado ; non vi è esagerazione a dire che quando arrivammo a Digione , trovammo più ufficiali che soldati : i sarti e i cappellai di lassù , che avevano buon naso , riempivano lo vetrine di monture e di berretti più o meno gallonati . Fin qui non ci sarebbe statò gran male ; ma il male appariva manifestamente ad ogni persona , quando si pensava che molti e molti che a forza di fatiche e di sangue erano giunti a conquistarsi un grado nelle altre campagne , non si erano voluti riconoscere o si erano portati tanto pel naso che essi troppo disdegnando di sembrare accattoni e in cerca di una posizione , preferivano servire da semplici soldati . Il nostro Generale era del tutto estraneo a queste brutture , le quali possono sembrare a qualcuno inverosimili , ma che sono vere come la luce del sole . Materassi , Pacini ( per non citare molti altri ) capitani nelle altre campagne , non ebbero alcun grado , furono appagati però con molte promesse , con molte proteste di buone intenzioni , ma , come dicevano i nostri antichi , di buone intenzioni è lastricato anche l ' Inferno . Io non sono estraneo all ' idea di accogliere gente nuova nelle file di quei che comandano ; il principio di rispettare l ' anzianità per me deve cedere a quello di rispettare il merito : si facciano pure dei nuovi ufficiali , si cerchi pure di ringiovanire i ranghi della democrazia militante , ma per attuare questo nobile proposito si possono scegliere tanti e tanti avanzi della mitraglia , tanti e tanti che tuttora soffrenti per antiche ferite son corsi di nuovo in faccia al nemico , e non coloro che non fanno altro che salire e scendere le scale degli astri maggiori dell ' Orizzonte Garibaldino , lisciando tutti , strofinandosi a tutti , menando buona ogui sciocchezza , ogni spavalderia , purché venga dall ' alto .... Dopo aver confabulato con varii amici nel cortile del quartier generale , vedendo che l ' orologio segnava le undici e mezzo , ci movemmo verso la Madaleine , ansiosi di sapere in qual maniera ci avessero cucinati . Impazzamo una buona mezza ora per rintracciare questa caserma , che non era caserma ma un antica prigione , e che era situata al lato opposto della città . Tra una caserma e una prigione io non so trovare differenza alcuna e perciò trovai più che coerente colui che aveva fatta la scelta . Una scala , mezza rovinata , per la quale era necessario andar di sghimbescio , portava ad una specie di torrione , il cui interno era costituito da una stanza , più larga che lunga ; il pavimento era tutto coperto di paglia , sulla quale si vedevano sdraiati una cinquantina di volontarii che aspettavano a braccia aperte l ' arrivo dell ' ufficiale pagatore . Tra questi volontarii alcuni parlavano francese : sarà una ridicolezza , ma io la voglio confessare tale e quale ai lettori ; d ' altronde , dirò con Terenzio : Ego homo sum et nihil humanum a me alienum puto ; Io provai un pò di rabbia a veder vestiti colla camicia rossa individui che non appartenevano all ' Italia ; saranno stati fior di soldati , eccellenti ragazzi , patriotti e repubblicani a prova di bomba , ma abituato a diffidare degli altri , m ' annoiava un pensiero : Chi sa , se noi avessimo vinto che tutto il vanto della vittoria non fosse attribuito a quei Francesi che erano nelle nostre file , e che invece tutte le invettive non si fossero volte al nostro indirizzo , qualora le sorti dell ' armi non ci fossero state propizie ? ! Eppoi chi si sacrifica per un ' idea buona , non può fare a meno di nutrire una certa ambizione , ed io sentiva quella di far parte di un corpo esclusivamente composto d ' Italiani , se non altro per mostrare che pochi o molti , anche nella nostra patria vi sono dei giovani sempre pronti a versare il lor sangue per la repubblica . Tale idea , rafforzata , anche dell ' altra che forse ci avrebbero tenuto in quel deposito per chi sa quanto tempo , mi fece prendere il proponimento deciso di girar largo e cercare un ' altro corpo , dove vi fosse la certezza di prender parte al primo combattimento che sarebbe succeduto . Il tenente Zauli venne poco dopo : fece la chiama , diè la paga e poi annunziò che in quel giorno avremmo goduto della libertà più assoluta . Eravamo tuttora lungo la scala , allorché comunicai ai miei amici le mie impressioni , e tutti accolsero i miei progetti ; appena fummo esciti , ci capitò proprio la palla al balzo ! Mecheri , Polese , ci dissero , senza che noi loro facessimo interrogazione alcuna , di entrar nelle guide , di cui si stava formando il quarto squadrone , e noi senza frapporre tempo di mezzo andammo alla foreria , dove c ' inscrivemmo nei ruoli . Possedere un cavallo e seguitare sempre il Generale , per uno che è abituato a andare a piedi e a venerare più d ' ogni altro uomo nel mondo Garibaldi non ci poteva esser prospettiva più attraente . In seguito si vedrà , come anche questa bella visione non fosse per noi che una Fata Morgana . CAPITOLO X . Le guide si erano costituite a Dôle sotto gli auspicii del capitano Farlatti : da bel principio non furono che uno squadrone , poi due ; poi tre : ed ora il quarto , come abbiamo detto pocanzi , era in via di gestazione ; così Farlatti da capitano era divenuto maggiore ; per terminare la campagna come tenente colonnello : nel momento in cui noi si arrivava , i primi tre squadroni facevano parte della Brigata Lobbia , ed erano con questo partiti alla volta di Langres . Come ben si vede , le guide facevano il servizio di cavalleria , e non erano incaricate minimamente delle missioni a loro speciali : per le esplorazioni erano sempre in giù e in su gli Chasseurs d ' Afrique e gli Ussari ; e ciò da un lato era più che naturale : pochissimi nelle nostre file sapevano parlare il francese e anche tra questi alcuni ne basticciavano solamente qualche parola a casaccio ... ora era egli possibile che per questo mezzo si potessero sapere informazioni sicure , notizie esatte , ricevute dai paesetti dove trasitavano nelle loro escursioni ? Le guide non dovevano essere un reggimento , ma tutt ' al più uno squadrone , come era nel 1866 , uno squadrone costituito dall ' eletta dell ' armata ... pochi ma intelligenti . Nel nostro squadrone poi era un vero bailamme : cinquantaquattro uomini con diciassette cavalli , di cui undici tanto malati da non potersi muovere dalle scuderie ; nessun vestiario ; tanto cavalli che vestiarii si aspettavano di momento in momento , i primi da Chambery dove Canzio e Tironi erano andati per levarli a Frapolli , i secondi d ' Autun . Figuratevi dunque una cavalleria di persone in cilindro , in papalina e col cappello alla Pouff , eppoi ditemi che noi non avevamo qualche rassomiglianza , se non altro nella tenuta , con i celebri eroi del novantadue . A capo di quest ' accozzaglia di gente poco cavalleresca , almeno all ' aspetto , era il tenente Ricci , buon patriotta di Forlì , ferito ad Aspromonte , e reputato assai dal Generale . Il Ricci però , se era tra i primi quando si trattava di condurre al fuoco i soldati , non si vedeva mai alla caserma e lasciava andare le cose , o male o bene , per il loro verso . Spadroneggiava per tale ragione al nostro comando , il sottotenente Miquelf , francese corto di vista ma pieno d ' ambizioncine da femminuccia : sulla sua carta da visita si qualificava per ingegnere , per sottotenente e per * * * ... questa cuspide , mi rammento fece nascer discussioni tra noi più che ne abbia fatte nascere quella famosa che si vuole o non si vuole appiccicare alla facciata del Duomo . Miquelf era sempre in foreria a romper le scatole agli scribaccini e a dettare ordini del giorno . Un prestigiatore , congedandosi dalla società che lo ha onorato , suole fare apparir mazzi di fiori dalle maniche , dalle punte degli stivali , dai capelli , dal naso ... il nostro sottotenente , senza essere prestigiatore , aveva un ordine del giorno nel berrettino , uno in tutte le tasche , uno sotto il panciotto , insomma un ammasso , una farragine di disposizioni , di preghiere , di comandi gli scaturivano da tutte le parti , e sciorinava paragrafi e pagine intiere di scritto , mezzo francese , mezzo italiano , e faceva sgelare , ogni pochino il foriere , facendoglieli leggere a noi . Tre appelli ogni giorno , la passeggiata ai cavalli , la fienata , il passamano , la guardia alla scuderia ; a dar retta a lui ci sarebbe rimasto appena appena un poco di tempo per mangiare un boccone e invece ... invece nella nostra caserma c ' era gente come a una lezione popolare ; le trombe che , secondo la sacra scrittura , fecero muovere le mura di Gerico non erano buone a far muovere verso il quartiere una sola Guida , e , se tu avessi voluto trovare qualcuno che apparteneva a questo rispettabile corpo , tu lo dovevi andare a cercare in qualche biliardo o in qualche caffè , o sulla piazza principale , dove delle gentili venditrici per spacciare Cognach e acquavite avevano innalzato delle baracche proprio in faccie al magnifico palazzo dei vecchi duchi della Borgogna . Tutti i servizi erano disinpegnati da tre o quattro zelanti di ... farsi pagare dai commilitoni più o meno indolenti ! Nessuna notizia si aveva intanto sulle mosse del nemico ; continuava e pigliava piede la voce che i Prussiani si riconcentrassero sotto gli ordini del principe Federigo Carlo per marciare poi separatamente verso il mezzogiorno della Francia , tagliar fuori il Bourbaki , e sbaragliare le nostre file e terminare così la campagna contemporaneamente alla resa di Parigi . Garibaldi continuava ad approfittarsi di questa tregua per concentrare a sua volta la piccola armata dei Vosgi . La brigata Menotti e Bossak erano in Digione : si temeva in quei giorni per Ricciotti , del quale non si sapevano sicure novelle , quantunque si bucinasse di scontri e di prigionieri fatti da lui : Lobbia erasi troppo inoltrato ed oramai era inutile lo sperare di congiungersi a lui . Canzio , coi soldati che avrebbe portato da Chambery e da Lione doveva costituire la quinta brigata ; eransi anche radunate ventimila guardie nazionali mobili capitanate da Pelissier ... ma di queste sarebbe meglio il non farne menzione : mai caricaturista può avere ideato dei tipi più grotteschi di loro ; gli stessi popolani non potevano fare a meno di ridere in vederli passare : certe fisonomie di paura , certe arie d ' imbecillità da non farteli dimenticare , neppure avendo la fortuna di campar quanto Matusalemme : Loro non vedevano che Tedeschi , non sognavano che agguati : gli Ulani si presentavano difaccìa alle loro immaginazioni alterate come le versiere e le streghe ai ragazzi ; se passava un di noi ci affollavano con mille domande , alla quali noi rispondevamo sempre col dipingere la situazione con colori molto più foschi di quello che era realmente ; e allora si vedevano picchiarsi il capo e poi andar via sconsolati e quasi piangenti : e quel che è peggio arrestavano a casaccio per spie persone onorabilissime e militari d ' ogni corpo : un giorno ci volle del buono e del bello a salvare delle loro unghie tre delle nostre Guide , che essendo Pollacche , parlavano in modo da essere scambiate per Tedesche . Sei piccole mitragliatrici ( che non furono mai adoperate ) erano state pure aggiunte all ' armata dei Vosgi ; il Colonnello Olivier , comandante dell ' Artiglieria , ed il maggiore Sartorio del Genio avevano fatto qualche lavoro di fortificazione passeggiera sulle due colline di Fontain e dì Talant , e queste due formidabili posizioni , secondo tutte le probabilità , avrebbero dato molto daffare ai nostri avversarii , qualora ne avessero tentato l ' attacco . La fiducia insomma dei Digionesi in quel momento era giunta al massimo grado : difatti alla sottoprefettura ogni giorno veniva affisso un bullettino in cui Bourbaki annunciava una vittoria : Gambetta aveva fatto sapere a tutta l ' Europa che l ' uomo della situazione era venuto e che quest ' uomo era Chanzy : le notizie di Parigi erano rassicuranti : Trochu giurava di tornare cadavere piuttosto che vinto : Faidherbe non si ritirava ... il buon popolo che , malgrado disillusioni su disillusioni , ha sempre bevuto grosso , aveva tutte le buone ragioni di cullarsi in liete speranze . Eppoi tutti i giorni , il bravo colonnello Lhoste coi suoi Francs tireurs faceva qualche prigioniero e questi attraversavano Digione , e il popolino , sempre pronto a credere e ad esagerare , chi sa quali idee rimuginava di sicura vendetta e di più che sicuro trionfo ! La vita di quei primi giorni per noi non fu di certo una vita color di rose : il freddo era a trentadue gradi , tre sentinelle gelarono agli avamposti ; molti volontarii erano negli ospedali assiderati in qualche parte del corpo e di più ogni giorno noi eravamo sconcertati dal tristo spettacolo di una infinità di bare e di casse da morto ; il vaiolo ed il tifo infierivano , e , come se fosse poco la guerra , diradavano le file dei generosi campioni della libertà . - Se si torna è un miracolo - ripetevamo tra noi - qui ci è il tifo , il vaiolo e i Prussiani . Era tanto spaventevole l ' idea di morire di malattia , che tra i flagelli che ci minacciavano si ponevano in ultima linea i Prussiani : la sorte voleva ben esperimentare la tempra dei giovani soldati e questi hanno resistito alla prova . Basti il dire che si era tutti infreddati ... Oh ! la prosa desolante di una ostinata infreddatura ! In certi momenti invece di essere tra seguaci di Marte , si poteva creder benissimo di essere in un ospedale di tisici al terzo stadio . Ma non cessavano per questo le burlette , ed era un ridere continuato alle spalle di qualcuno che se la prendeva , un avvicendarsi di prognostici di cattivissimo augurio che terminavano con una bevuta alla salute di tutti noi altri ... anche questi erano mezzi per cacciare la noia di quei giorni monotoni ! Eppoi Digione offriva delle distrazioni anche in tempo di guerra e coi nemici alle porte . Nel palazzo ducale eravi un museo , nel quale non facevano difetto artistici capolavori ; l ' arte italiana vi era degnamente rappresentata da alcuni quadri di Guido Beni , da una Sacra famiglia di Andrea del Sarto , e da piccole pitture dei Caracci e del Francia ; una bellisima collezzione di litografie all ' acqua forte , delle statue moderne di qualche valore , diversi busti di uomini celebri , tra cui quello di Piron , celui qui ne fut riên , pas même academicien , i superbi mausolei dei duchi della Borgogna offrivano a chi desiderava di ammazzare il tempo un divertimento geniale e istruttivo . Un bellissimo quadro di una battaglia era sfondato ... ci dissero che autori di tale barbarie erano stati i Badesi nella prima occupazione ; i soldati delle monarchie , quando vincono , diventano Vandali . Una biblioteca , assai fornita di libri , dava un ' altro passatempo a chi voleva far l ' uomo grave : per gli scapati ci era il Caffè di Parigi , dove si beveva e si giocava : lì era il convegno del fior fiore dell ' armata : lì vedevi l ' elegante ufficiale di stato maggiore , lo svelto Franc tireur , mobilizzato sornione , lo scapigliato volontario , tutti affratellati davanti , a un banco di lansquenet , o in una partita al Carambolo . Le prime ore della sera noi le passavamo al Restaurant , cianciando tra noi e mangiando e bevendo . Dopo si andava in una bottega di tabaccaio , vicina al nostro palazzo , cioè al palazzo della nostra ospite : bottega dove avevamo rinvenuto una gentile donnina , che ci incantava per il suo spirito e per la sua educazione . Questa graziosa ragazza che la nostra buona fortuna ci aveva fatto incontrare , era figlia di un colonnello che era stato fatto prigioniero a Sedan ; suo zio generale , era pur egli prigioniero e ferito gravemente a una coscia ; ora la stava in casa della tabaccaia che l ' aveva veduta bambina e che l ' amava come una mamma . Parlava di piani di guerra con la medesima facilità che la quale un ' altra donna parlerebbe di crochet , d ' orli , o di ricami ; non aveva alcuna fiducia del Bourbaki , disperava delle sorti di Francia e attendeva un combattimento per poter recar soccorso ai feriti , tra l ' imperversare della mitraglia . Un tipo curioso , ma piena d ' ardimento . Una volta diede in presenza nostra uno schiaffo ad un mobilizzato della Provenza , perché le aveva detto che era amica dei Prussiani ; correva tutto il giorno per gli ospedali , spendeva le sue piccole risorse in quelle ghiottonerie che son tanto gradite ai convalescenti e si sdegnava se qualcuno le proponeva di accompagnarla in queste pietose escursioni : presto divenimmo di lei amici .. era tanto carina , che non avremmo meritato scusa veruna a trascurarla . Dopo cinque o sei giorni , dacché eravamo arrivati , fummo rallegrati dai concenti più o meno armoniosi di trombe che suonavano marcie Italiane : era la legione Tanara , che veniva per fermarsi qualche giorno in città . I volontari marciavano come vecchi soldati e avevano un piglio guerresco da farteli cari ; il primo battaglione era comandato da Ciotti ; il secondo dal simpatico Erba ; questo aveva una bandiera tutta rossa sulla quale in lettere d ' oro stava scritto : Patatrac . I cittadini ogni poco ci fermavano per domandarci che significava quella arcana parola , e noi rispondevamo loro che significava ciò che era tanto bramato da noi , ciò che ora il procuratore del re non mi permette di far sapere ai lettori . La maggior parte dei componenti delle legioni appartenevano alle provincie settentrionali d ' Italia ; tra gli ufficiali erano molti dei compromessi negli affari di Pavia , commilitoni e fratelli d ' idea del martire Barsanti . Dietro pochi passi da loro io vidi l ' Imbriani ... Povero Giorgio ! ... Come io ti vidi contento , per aver raggiunto finalmente le schiere dei generosi difensori di quel principio che avevi sempre adorato ! .. Con quale affetto tu non mi stringesti la mano , vedendo che io pure non avevo mancato all ' appello ? Eri giovane , forte : l ' avvenire ti si dipingeva davanti con i colori più rosei , eppure un presentimento vago , indefinito ad ora ad ora ti sorgeva nella anima « chi sa per quanti di noi sarà tomba questa città » tu mi dicesti ; e lo doveva essere anche per te ; ed in mezzo al combattimento mi doveva giungere la novella della tua fine ; che , ardimentoso come eri , tu dovevi morire tra i primi , ed io non era a te vicino per poterti dare l ' ultimo bacio dell ' amicizia , per poter raccogliere il tuo estremo sospiro ! Erano due anni che non ci si vedeva : ci avevamo lasciati ad un banchetto , dove si era inneggiato alla Repubblica e alle barricate , ora ci si doveva ritrovare per essere eternamente divisi . Eternamente ! .. Oh ! la dura parola per chi ti ha conosciuto ! Ora giaci nell ' Italia tua , vicino al tuo mare , sotto la volta del tuo splendido cielo , là dove la poesia di una natura sempre maestosa aveva fatto germogliare nel tuo cuore la fede per la quale ora giaci cadavere ... Tanto meglio ... non contamineranno l ' urna del martire le codarde calunnie e le turpi accuse dei vili , pei quali noi affrontavamo la morte e che erano ben lontani da ogni pericolo . Addio , giovane di tempra romana , addio figlio prediletto della democrazia ... possa l ' esempio delle tue virtù procacciarti degli emulatori ed il fiore della speranza sorga sul tuo sepolcro , o fiore più bello , troppo presto staccato dalla ghirlanda delle nostre speranze ! CAPITOLO XI . Ricciotti arrivava in questo frattempo a Digione , dopo aver sostenuto diversi piccoli scontri con recognizioni nemiche , scontri in cui aveva sempre ottenuto indiscutibili vantaggi ; il di lui arrivo fu per noi una vera festa : il giovine ed ardito condottiero che già erasi acquistata tanta gloria in questa campagna , troppo ci aveva fatto temere per il suo troppo coraggio ed era di troppa utilità al nostro esercito , perchè non ne valutassimo l ' arrivo come un lieto avvenimento . Dipiù nella sua brigata noi avevamo amici carissimi : lo Strocchi , l ' Orlandi , Cardini erano nei Francs chavaliers de Chatillon , squadrone di cavalleria che il prode e simpatico figlio di Garibaldi aveva organizzato dopo la memorabile impresa che aggiunse non poco lustro alle armi italiane . Quasi nel medesimo tempo arrivava da Chambery il simpatico Canzio , portando seco circa duecento uomini , che uniti a quelli del deposito , a cui eravamo stati ascritti in principio , formarono un battaglione sotto gli ordini del maggiore Perla , battaglione che fu denominato dei Cacciatori di Marsala . Cavallotti , Rossi di Lodi e tanti altri generosi si trovavano in quelle file : essi avevano lasciato il Frapolli per essere in prima linea . La gioia di questi arrivi fu per noi un po ' amareggiata dalla notizia che i famosi cavalli che dovevano arrivare con Canzio , sarebbero arrivati due o tre giorni dopo ... se ci avessero detto che non dovevano arrivare mai , saremmo usciti addirittura dai gangheri e chi sa quale determinazione avremmo preso ! Ai nuovi volontarii furono distribuite delle carabine Weincester , bellissime armi ma che forse esigevano un po ' troppo perizia in chi le adoperava ; avevano esse diciotto colpi di riserva , erano elegantissime e quando se ne vedeva una in mano di qualche Garibaldino , ci si affollava intorno a lui , e con noi si affollavano a bocca spalancata i buoni popolani della città ; difatti nelle piazze , nelle vie principali tu non avresti veduto che gruppetti di gente , e in mezzo a questi un volontario che dava tutte le spiegazioni possibili e immaginabili in mezzo allo stupore e alla soddisfazione generale . Bisogna esser giusti : nell ' ultimo periodo della campagna i volontarii non erano armati malaccio : i Carabinieri Genovesi avevano per esempio delle buone carabine Spencer , con sette colpi di riserva nel calcio : unico danno come diceva , poco anzi , era la difficoltà con cui potevano adoperarsi da mani inesperte ; per cui avrei reputato cosa molto migliore il dispensare fino dal bel principio quei Remingtons che furono dispensati , come sempre succede , quando non ce ne era più alcun bisogno . Ai nostri soldati non si distribuiva alcun rancio : si dava loro un franco il giorno , se erano di fanteria ; uno e venticinque centesimi , se di cavalleria : questo provvedimento , se era molto noioso per quando le truppe si trovavano in marcia o nei passetti , era assai comodo per quando le si trovavano in Digione . I cittadini non si potevano infatti mostrare nè più ospitali , nè più generosi : accoglievano a braccia aperte nelle loro case i giovani loro difensori e li trattavano cavalierescamente . Gran bella città Digione - mi diceva un mio amico - anche con pochi soldi ci è da farsi un peculio ! ... È un fatto che gli abitanti delle Côte d ' Or ci volevano un ben dell ' anima ; bastava che le trombe del Tanara suonassero la ritirata perché s ' improvvisasse una dimostrazione con grandi evviva a Garibaldi e all ' Italia ; allorchè fu data onorata sepoltura nel cimitero alla salma del bravo tenente Anzillotti , tutta la popolazione prese parte alla cerimonia pietosa , ed assistè religiosamente ai discorsi del Tanara e di Canzio , quantunque fossero proferiti in lingua italiana : si erano troppo assaggiati i soldati della grazia di Dio per non fare buon viso ai soldati della Libertà . La concentrazione di truppe continuava : giungeva pure in Digione l ' altra legione italiana comandata dal Bavelli : questa era costituita di tre battaglioni , della forza di circa quattrocento uomini per ciascheduno ; se il nome del comandante giungeva a tutti nuovissimo , vi erano sotto di lui bravi soldati e bene esperimentati patriotti . I maggiori Pastoris , Ravá , i capitani Becherucci , Romanelli , Sartori , il tenente Ademollo e tanti altri che non cito , perchè ciò troppo mi trarrebbe fuori dal seminato . La legione era organizzata militarmente più di ogni altra ; aveva anche una piccola fanfara , nè eccellente , nè perfida , ma lassù applauditissima . Il trovarsi tutti riuniti produsse un brio generale : mai le strade della capitale della vecchia Borgogna hanno assistito a un movimento , a un brusio simile a quello di queste belle serate : ogni poco si riconosceva qualcuno : ogni poco uno schioppettio di baci ti solleticava dolcemente l ' orecchio ; e conforti reciproci , e augurii di future vittorie , e strette di mano e ricordi del passato s ' incrociavano , si avvicendevano tra i varii individui . Oh ! ... Chi ci rende quei momenti felici in cui non si pon mente al domani , in cui , tanto vicini alla morte , si ritrova la calma e l ' allegria del fanciullo , in cui lasciata ogni maschera di convenienze sociali , si parla col cuore sulla bocca , e si dà l ' ultimo soldo all ' amico , persuasi di non fare nemmeno una gentilezza , ma di adempire a un dovere ! .. E ancora qui dal tavolino della mia camera , raffazzonando questi appunti , io vi veggo sfilare a me davanti , o simpatici volti dei miei compagni d ' arme , e mi par d ' esser tornato in mezzo alle vie rallegrate dal vostro chiasso e dalle vostre canzoni : molti di voi non sono più , ma se soltanto chi lascia eredità d ' affetto ha gioia dall ' urna , voi vivrete eternamente nella memoria del popolo , come vi giuro , che eternamente vivrete nella mia . All ' oscuro , come eravamo , sui movimenti del nemico , tutti noi eravamo convinti che Garibaldi avesse intenzione di tentare un gran colpo . È pur la brutta cosa esser soldato ! ... Non saper mai nulla su quello che hanno intenzione di fare i superiori ed avere in capo una curiosità , come avevo io ! La nostra perplessità non poteva durare molto a lungo : la domenica , 15 gennaio , una guida che doveva portare un dispaccio al Maggiore Farlatti , tornò quasi subito , annunciandoci che a poco più di tre chilometri dalla città vi erano i Prussiani . In questa stessa domenica , passeggiando lungo il viale del Parco , bellissima passeggiata con un getto d ' acqua assai da ammirarsi , mi sentii toccar leggermente sulle spalle . Mi voltai immediatamente , e non potei fare a meno di proferire un grido di stupore . Quella mano che mi aveva così gentilmente toccato , era la mano d ' Aissa . La gentile ragazza indossava un bellissimo costume da vivandiera , tutto in velluto nero ; il suo piedino aristocratico faceva mostra di tutta la sua eleganza , a causa della corta sottana ; un piccolo rewolver le stava alla cintola ... era insomma un bel tipo . - Voi qui ? - Le dissi . - Mi credevate incapace di mantenere una promessa . - No ... ma ... e con chi siete ? - Sono con i mobilizzati dell ' Isere ... non vedete , son vivandiera ! - Mi rallegro con voi ... E ci potremo vedere ? - Chi sa ... ora vi lascio ! - Restate un pochino ... - È impossibile ... son là col mio ... col mio ... non so come chiamarlo ... è geloso come una jena ... A rivederci . Le strinsi la mano , e guardai questo ... non so come chiamarlo ... e vidi un capitano della guardia mobile , brutto come un brigadiere delle guardie di sicurezza o poco meno ; piccolo e grasso come una botte . Capii la di lui gelosia ... e lo compiansi : egli non era che un pas per tout per la avvenente fanciulla , che aveva trovato modo di distrarsi e di essere utile a quella società , dalla quale aveva ricevuto tanti sgarbi e alla quale aveva fino allora arrecati tanti danni . Avevo appena veduta questa vecchia conoscenza ( dico vecchia perché una conoscenza di un mese in quegli eccezionali momenti si può dichiarare per antichissima ) quando cominciò a cadere a larghi fiocchi la neve , e questa persistè ostinatamente fino alla sera : ci alzammo al mattino dipoi e continuava la poco aggradevole sinfonia : il neigait , il neigait , il neigait , proprio come nella ritirata di Russia , così ammirabilmente dipinta da Victor Hugo nei suoi Chatiments . Figuratevi , quale allegria non fosse per noi , il vedere tutti quei tetti acuminati , candidi come l ' anima di una verginella ; il passeggiare quelle vie , quelle piazze dove si affondava fino a mezza gamba , l ' ammirare i nasi dei nostri compagni di sventura rossi come peperoni , seccati chi sa da quanti anni ! .. Ed il cielo ci fece questa burletta fino a notte avanzata ; decisamente il cielo sapendoci nemici del trono come dell ' altare , ci voleva amministrare una di quelle lezioncine paterne , che ci facevano ricordare la dottrina Cristiana del cardinal Bellarmino . Quella sera noi non potevamo godere : poiché ci ricorrevano al pensiero quei disgraziati nostri fratelli che si trovavano accampati o agli avamposti . Poveri diavoli - si susurrava , scaldandoci davanti a un bel fuoco - Poveri diavoli , quanti di loro hanno con gioia abbandonate tutte le dolcezze di una vita beata , e forse ci sarà chi oserà mettere in dubbio la purezza delle loro intenzioni , la lealtà dei loro propositi , la fede che li ha sostenuti in mezzo a quest ' avvicendarsi perpetuo di peripezie , che a malapena si credono nell ' udirle narrare ? ! Meno male , che la bestemmia dei tristi giunge più cara agli orecchi di chi fa il proprio dovere , della lode dei buoni . Declami pure , rida pure la gente che non si muove da casa se non quando vi è la prospettiva di un grande interesse ... l ' armata dei Vosgi ha troppo la coscienza di quello che ha fatto per poter dare ascolto ai ragli e agli impotenti grugniti dei pravi . CAPITOLO XII . Così giungemmo al dì 17 gennaio dell ' anno di Grazia milleottocentosettanta . Il cielo si era un po ' rischiarato : ci destammo un poco più tardi del solito , poiché in dormiveglia ci sentivamo solleticare gli orecchi dal monotono tic tac dell ' acqua che sgocciolava dai tetti , su cui si sfaceva la neve . Andammo al quartiere , nulla di nuovo ; allora lasciati i compagni , me ne tornai a casa a tener compagnia al Materassi che avendo mandato ad allargare uno stivale , si trovava nella dura situazione o di marciare a pie ' nudo , o di aspettare il comodo del cittadino calzolaio ; sdraiato in poltrona , ed in faccia ad un camminetto le cui fiammate eloquentemente addimostravano le prodigalità ... dei nostri padroni di casa . Materassi aveva prescelto quest ' ultimo partito , e con una posa tra il Pachà e il cuor contento aspirava voluttuosamente le boccate di fumo , di una pipa da dieci soldi , che riteneva come un ricordo di Lione . Io era sdraiato su di un ' altra poltrona davanti a lui : si discorse per due ore buone : si discorse delle nostre padroncine di casa che tutti ci elogiavano e che noi non avevamo per anche vedute : si fecero un centinaio di progetti per giungere ad ammirare queste famose beltà : si parlò di una nuova mitragliatrice che avrebbe ottenuto portentossimi effetti : questo nuovo ordigno di guerra , invece di mitraglia , doveva vomitar dei marenghi , e le truppe dell ' inimico sarebbero state sbaragliate più presto ... ma sul più bello della discussione , sentimmo un gran rumore per le scale : l ' uscio s ' aprì improvvisamente , la nostra padrona , con una fisonomia da metter paura in corpo all ' uomo più sconclusionato del mondo , si buttò ai nostri piedi , gridando a squarciagola : Les Prussiens , Les Prussiens ! - Les Prussiens ? ! - Grida il Materassi - Che siano giù per le scale ? ! - Ma dove .. ma come .. ma quando ? - Per carità partite . - Oh ! non abbiamo bisogno delle vostre preghiere ! Prendo le scale e vado .. - Va ' .. prima a pigliarmi lo stivale .. eppoi partiremo insieme . - Ma ora .. - Permetteresti che io non venissi con voi ? - Hai ragione : in due salti , vado e torno Scendo in strada : un movimento da dar la vertigine : un correre da tutte le parti : un ritirarsi continuo dei cittadini dentro le porte : a tutte le cantonate squilli di tromba che chiamavano a raccolta ; e un chiudersi di botteghe , un vocìo di donne che dalle finestre si raccomandavano .. insomma una desolazione , uno spavento tale da non farsene idea ; spavento e desolazione che non hanno altro riscontro all ' infuori di quello prodotto da false notizie nella serata del ventitre . Via via che mi inoltravo verso la piazza , vedevo battaglioni di guardia mobile che s ' indirizzavano verso le porte della città ; il contegno di queste genti non era bellicoso di certo e sembravano più montoni condotti al macello , che difensori di un sacrosanto principio . Difaccia alla Mairie incontrai la legione Tanara : i Garibaldini cantavano . Addio mia bella addio e interrompevano l ' inni , soltanto per prorompere in acclamazioni entusiastiche alla Repubblica e a Garibaldi . Eppoi mi trasvolarono difaccia agli occhi due batterie con i cavalli a trotto serrato ; quindi venne la volta della brigata Ricciotti ; il simpatico giovane era alla testa , ed i suoi Francs tireurs , col volto raggiante di gioia , colla testa alta , col passo accelerato , quasiché loro tardasse il trovarsi a fronte col ' oppressor della Francia , avevano intuonato il magnifico inno dello Chenier : C ' est la republique , qui nous apelle . . . . . . . . . . . . . Un Francais doit vivre pour elle Et pour elle un Français doit mourir . - Dunque ci siamo per davvero ? - Dicevo tra me e me , esaltato anche io dalla febbre generale , trascinato dal potentissimo fascino dell ' entusiasmo - A rivederci a fra poco , o giovani soldati della libertà , o eroica falange dei pochi che tra l ' ignavia dei più vogliono essere gli apostoli , i rivendicatori dell ' umanità conculcata ! ... molti di voi stasera non risponderanno all ' appello , le vostre file diraderà la mitraglia : siete giovani , ardenti , pieni di salute tra poco sarete mutilati .... e che importa ? .. Il vostro nome resterà eterno sulle labbra dei reietti e dei diseredati , unica gente che ha cuore , essi insegneranno ad adorarvi , siccome martiri , ai figli , e voi non morirete del tutto ... " .... ... Ai generosi , " " Giusta di gloria dispensiera è morte . " Arrivai dal ciabattino ; lo stivale era nell ' identico stato di quando era entrato in bottega ; lo agguantai non senza stiacciar qualche moccolo e a passi di corsa ripresi la via . Io sono molto nervoso , e la fantasia in me è proprio un cavallo che non sente alcun freno : quel movimento , quelle grida , quell ' entusiasmo mi avevano dato il capogiro ed io saltava come un pazzo , agitando lo stivale , in mezzo alla folla . O .. sentite un po ' cosa mi va a capitare per dato e fatto di quei baggei di mobilizzati , allucinati , secondo il solito , da una paura birbona ! .... Il vedere un ' individuo , vestito metà da cittadino e metà da soldato , vederlo andare di corsa ed esaminando la di lui fisonomia che certo non era francese , fece nascere in quei cervelli balzani l ' idea che l ' individuo in questione non fosse che una spia dei Prussiani . Immaginatevi dunque che bella improvvista mi si preparava : giacché colui che veniva preso di mira non era altri che il signor Mestesso . Chi sa da quanto tempo io era pedinato da coloro che invece di correre in faccia al nemico preferivano restare in città , ad arrestare chi voleva andarci ; io non mi era minimamente avveduto di nulla . Allo svolto di Rue Piron , mi rattiene nella disordinata mia fuga , un braccio che mi avvinghia alle spalle : mi volto per rispondere per le rime , al villano che si azzardava fermarmi e mi veggo in men che si dice , circondato da una folla di gente , che mi squadrava in cagnesco , e che emetteva grida tutt ' altro che rassicuranti . - Cosa volete ? - Proferii io maravigliato . - C ' est un espion ... c ' est un Prussien ! - Ma no ... io sono un Garibaldino ! - Risposi in francese . - Non è vero .. non è vero ! - Urlava più che mai indemoniata la folla .. - Me vi dico di sì ... ve lo garantisco . - Alla Mairie , alla Mairie - Dalli alla spia ! ... - Abbasso i Prussiani ! - Caput a Bismarck ! Non ci è che dire io doveva esser proprio una spia ; garantisco che in tre campagne , e tra le mille peripezie che hanno agitato la mia esistenza , garantisco di non aver mai passato un momento più brutto di quello . La folla si aumentava a vista d ' occhio e di momento in momento diventava più minacciosa : mi aspettavo di udir gridare : à la lanterne e di sentirmi appiccare ad uno dei prossimi lampioni . Per buona fortuna passò il nostro tenente , che attirato dal chiasso , si avvicinò per curiosità al gruppo tumultuante ; non sto a descrivere lo stupore dal quale fu preso , vedendomi in mezzo a quei disperati ; il tenente era in alta montura e tutti gli fecero largo . - Che c ' è ? - Mi domandò - Si figuri , che mi hanno preso per una spia ! - Baie ! - Sul mio onore . Il tenente che ne avea pochi degli spiccioli fece allora una paternale numero uno , a quei mobilizzati che pretendevano di fare il sopracciò a tre chilometri dal campo di battaglia : questi accettarono la reprimenda a viso basso e confuso e ci lasciarono passare . Appena scongiurato il pericolo , io mi rivolsi al mio salvatore e gli domandai : Ma dunque ci si batte sul serio ? - Sembra di sì ... Anzi venga con me al quartier generale , che presto partiremo anche noi ! - A piedi ? - Ben ' inteso : quando non ci sono cavalli ! - Vado ad avvertire Materassi e vengo subito . - Gli raccomando sbrigarsi ! - Non dubiti : vado e torno ! Materassi mi accolse con un diluvio d ' imprecazioni , a causa del ritardo : l ' imprecazioni arrivarono poi al grado superlativo , quando io gli mostrai lo stivale , preciso come l ' aveva dato al mattino . Che fare ? Tempo da perdere non ce ne era dicerto : bisognò prendere un ' eroico proponimento , e con un rasoio spaccarlo sopra la fiocca ... Se Materassi avesse saputo che doveva terminare la campagna con quello spacco , non troppo elegante , chi sa , se avrebbe avuto il braccio tanto fermo ! In due salti si arriva al quartier generale , i nostri compagni erano già partiti : si domanda alle sentinelle per dove hanno preso ed esse c ' indicano la vicina strada della stazione ; allunghiamo il passo e tentiamo raggiungerli : per la strada non s ' incontra nessuno : tutto è calma all ' intorno ed un combattimento non può essere ancora incominciato : meno male , pensiamo tra noi , sentiremo il primo saluto , ma più ci si avvicina , maggiore è il silenzio , Fatto appena un chilometro , sempre per una strada , fiancheggiata da campi che ci sembrano incolti , e da estese pianure , su cui si alzavano a poca distanza da noi i due promontorii di Fontain e Talant , cominciammo a vedere dei Franchi tiratori , delle Guardie mobili , dei Garibaldini tra cui qualche Guida . Domandiamo il perché se ne tornano , ed essi ci rispondono che tra poco tutte le truppe rientreranno in Digione : che i Prussiani che erano alla viste , nonché avanzare , si son ritirati , e che gli Chasseurs han preso due cavalli ai cavalieri nemici . Queste informazioni erano più che veridiche : pochi momenti dopo , passava il Generale e lo stato maggiore ; noi rientrammo in città , insieme alla legione Tanara , le cui trombe suonavano gioiosamente . Non si era trattato che di un falso allarme : un falso allarme equivale ad un appuntamento al quale manchi la bella dei nostri pensieri : io preferisco cinque battaglie , ad una sola delle ore penose dell ' aspettativa . Quella sera la città fu ravvivata da un chiasso dei più clamorosi : o male o bene si era veduto che dei Prussiani ce ne era dintorno a noi , e così avevamo acquistato la certezza di potersi levare il pizzicore dalle mani ; non mi provo nemmeno a raccontare tutte le strampalerie che furono proferite : tutti volevan dir la sua su quella sorpresa dell ' inimico : chi diceva che era un corpo sbandato , chi che avevano avuto paura , chi che credevano pigliarci all ' impensata : in tutti però era certezza , che poco poteva tardare una battaglia . La mattina dipoi , mentre eravamo a chiacchierare sul più sul meno sulla piazza delle Mairie , vedemmo il colonnello Bossi con due guide , e dietro a loro una diecina di prigionieri Prussiani . Appartenevano tutti al 61 Reggimento , e procedevano stupidi e mogi in mezzo a due file di popolo che non risparmiava di tanto ia tanto qualche espressione poco gentile al loro indirizzo . Cercammo avvicinarli : le maggior parte di loro bisticciava alla peggio il francese : ci parlarono delle loro famiglie , come ne parlerebbe un ragazzo lontano : ci chiesero con infantile curiosità dove li avrebbero mandati , e ci domandarono se era loro permesso di accender la pipa e fumare . Io ho osservato che nessuna altra categoria di persone è disposta a bamboleggiare , come i soldati : il pifferaro Scozzese tra l ' imperversare della mitraglia a Waterloo ripeteva le canzonette delle montagne native ; il coscritto bacia i ragazzi che incontra e gli porta in braccio con quella delicatezza con cui non son use a portarli le serve : il prigioniero , tra le schiere nemiche , spesso tra i fischi del popolo , si perde in che sa quali vaneggiamenti , e fuma imperturbabile . Così è : i regolamenti militari o sviluppano la malinconia in modo da render gli uomini stupidi , o gli rendono feroci più delle belve . Quanto saremo civili , quando avremo abolite le caserme , questo ricettacolo di gente che divora la parte più grossa del ben essere di tutti , a beneficio di quello di un solo ! Questo piccolo incidente ci rallegrò un pochetto , ma la nostra allegria crebbe a mille doppi per una buona notizia che ci fu comunicata ai quartier generale . In un piccolo villaggio poco distante da Fontain una recognizione Prussiana si era impadronita di centoventi capi di bestiame , è poi se ne era andata zitta zitta e quasi di corsa . Il coraggiosissimo colonnello Lhoste dei Franchi Tiratori da alcuni paesani era stato informato del furto che avevano commesso i campioni della Grazia di Dio e della legittimità . Appiattatosi con molti suoi uomini in una boscaglia attese al varco i predoni , e mentre questi se ne andavano sicuri e canticchiando a bassa voce certe canzoni che se erano tedesche , non avevano niente che fare colle ispirate melodie che si sentono sulle rive del Danubio e del Reno , una scarica a bruciapelo originò una confusione universale . Chi cadde nei fossati vicini , chi urlò come uno spiritato , qualcuno rimase ferito , e morti furono pochissimi ... chiunque era in grado di farlo , se l ' era battuta senza rifiatare nemmeno . Così fu ripreso tutto il bestiame , e il bravo Lhoste coi bravissimi suoi volontari tornò nel villaggio in mezzo alle benedizioni e agli applausi di quei paesani . Non ci era che dire : i Franchi Tiratori non potevano fare a meno di addiventare gli enfants cheríes delle popolazioni : già si sapeva come essi nel novembre avevano ritolto ai Prussiani , piombando loro addosso all ' impensata , un centinaio di Garibaldini che traducevano prigionieri : già si sapeva con quanto ardimento essi disseminavansi nelle boscaglie e dietro le siepi , da dove con un fuoco alla spicciolata scombuiavano i nemici , più che , se si fossero trovati in aperta battaglia : già a tutti era noto come i Prussiani ripetessero sempre , che non avrebbero dato quartiere a questi bravi figli di Francia ed ai Garibaldini , mentre trattavano da buoni figlioli gli appartenenti alla Guardia mobile ; insomma il nome di Franc tireur ispirava in tutti rispetto , e tutti si fermavano a veder passare questa eletta della gioventù francese che per guerreggiare poteva dare dei punti alla truppa più agguerrita d ' Europa . Erano così svelti , così simpatici , così pieni di vita che c ' era da andarne matti per l ' entusiasmo ! Il battaglione condotto da Canzio a cui dei nostri erano rimasti soltanto mio fratello ed Omero Piccini , fu battezzato col glorioso nome di cacciatori di Marsala , e il comando ne fu dato allo strenuissimo Perla . I Cacciatori di Marsala , i Carabinieri Genovesi e alcuni battaglioni dei mobilizzati dell ' Isere formarono la quinta brigata , al cui stato maggiore Canzio chiamò tra gli altri il Canessa . Questi erano graditissimi avvenimenti per noi ; ma il dolce ci doveva essere amareggiato e non poco . « Ahi sventura , sventura , sventura Quei celebri cavalli che si attendevano a braccia aperte , che dovevano esser per noi la realizzazione di tanti e sì prolungati desiderii , i celebri cavalli sfumarono come i 140 milioni dell ' Onorevole Mezzanotte . Tironi era rimasto a Remoully , dove organizzava uno squadrone di cavalleria per la nugva brigata e noi rimanevamo a piedi ... A piedi ! .. Oh la desolante parola ! Dunque saremo d ' ora in là un corpo ibrido , di nuovo genere ? Squadrone , speroni , grandi stivali e niente altro . Fortuna che per chi lo vuoi trovare un fucile ci è sempre , e noi fin d ' allora proponemmo d ' attenerci a questo partito , che fu dipoi attuato a puntino . CAPITOLO XIII Il 19 gennaio , sul far del giorno tutte le truppe che erano in Digione presero la campagna : i Carabinieri Genovesi furono mandati d ' avanposto , a circa tre chilometri dalla porta Sant ' Apollinare , poco distante da una piccola borgata . Essi piazzarono le loro vedette dietro un muricciolo , e poi si buttarono distesi nel campo , come loro era stato ordinato ; I Cacciatori di Marsala presero posizione sulla loro destra sempre dietro quel piccolo muro che cingeva quelle coltivazioni : In faccia dietro le case eravi una fitta boscaglia . Il Generale si era portato tra i primi lassù ... tutto in fine annunciava per quel giorno un combattimento ; ma anche per questa volta la speranza degli animosi doveva esser delusa . Noi fummo , consegnati al quartier generale e passammo tre o quattro ore di noia , di pena , di continua ansietà ; interrompeva solamente la monotonia di quell ' angosciosa situazione , l ' ordine di portare qualche dispaccio al comando d ' artiglieria , alla Marie , a qualche caserma . Non si può immaginare , non che descrivere quale voglia ci prendesse tante volte , di dissigillare quei dispacci , e di giunger così a capir qualche cosa anche noi ... in quel momento si sentiva rifluire nelle nostre vene il pretto sangue di quell ' Eva che per vera curiosità si giuocò il Paradiso Terrestre . Lo stare inattivi , mentre si presume che i nostri amici agiscano come si conviene , per chi ha un poco di cuore è un vero supplizio di Tantalo : per cui nel cortile dove eravamo , cominciò a farsi un susurro : questo susurro prese delle proporzioni imponenti , in tal modo imponenti che , lasciati due o tre pel servizio , il Ricci ci disse di seguirlo , e tutti contenti prendemmo con lui , il primo viottolo che è fuor della porta , sicuri con ciò di accorciare la via . Arrivammo difatti in poco più di mezz ' ora alle prime linee dei nostri ; vedemmo il Generale e Canzio che , ritto in mezzo alla via , osservava tranquillamente col suo canocchiale le mosse del nemico : si distinguevano infatti in lontananza sopra una piccola spianata diversi cavalieri prussiani , ( certo uno stato maggiore ) e al principiare della foresta ogni tanto abbarbagliava la vista il luccichio di qualche fucile o baionetta : la fanteria prussiana doveva esser ricovrata là entro . Ci dissero di buttarci , come tutti gli altri , per terra : la cosa era un po ' incomoda a causa del fango prodotto dalla neve che si sgelava , ma à la guerre comme à la guerre : quella non era l ' ora certo di pretenderla a damerini . Cominciammo poco dopo a sentir fischiar delle palle , i nostri avamposti risposero ... poi tutto finì e fu un silenzio lungo , ostinato fino sull ' imbrunire : quella gente a cavallo che ci aveva colpito le vista , appena che eravamo arrivati , si era dileguata . Una guida di Ricciotti , il quale con tutta la sua brigata era alla nostra sinistra , si avanzò arditamente per esplorare , e venne ricevuta da una potentissima scarica : la credevamo morta , quando la vedemmo apparire trionfante , avendo perduto soltanto il cappello . Garibaldi tornò verso la città e noi lo seguimmo : i Genovesi rimasero d ' avamposto fino al mattino dipoi . Quando rientrammo in Digione eravamo in uno stato compassionevole : impiastricciati di fango dalla punta dei capelli a quella degli stivali ... eppure le belle donnine ci salutavano e ci sorridevano con grazia : la vezzosa fata che passava le sue giornate dalla tabaccaia ci volle offrire per forza dei sigari scelti , e ci mostrò con fierezza romana , una cappa d ' incerato alla manica della quale faceva uno stacco molto sentito la fascia bianca colla croce rossa del soccorso ai feriti . Giunti a casa trovammo sul camminetto una bottiglia di vecchio Borgogna che in quel momento ci apparve più cara di tutte le moine . Oh ! non erano sconoscenti i buoni abitanti della Còte d ' Or ! Le gentilezze di cui ci erano prodighi infondevano nuovo ardore nei nostri petti , e tutti noi anelevamo un combattimento per mostrare che non eravamo indegni della fiducia che in noi riponeasi . E il combattimento poco poteva tardare : la era questione non di giorni , ma d ' ore : se per due volte di seguito avevamo tenuto la difensiva , alla fine attaccheremo noi - si pensava . Garibaldi non è uomo da lasciarsi posar mosche sul naso ! - Erano istanti di febbrile ansietà : specialmente la notte ; ad ogni rumore ci si alzava dal letto , si correva alla finestra , si tendeva l ' orecchio : poi quasi dubitando delle nostre facoltà auricolari , ci s ' infilava alla peggio la giubba , si scendeva in strada , si correva alla piazza ... tutto silenzio .... tutti dormivano ... e allora a rifare i nostri passi , ed a darsi del bambino , del grullo , dell ' uomo che s ' impressiona per niente , e a giurare di non muoversi più sino a che non venissero le trombe a suonare sotto le finestre di case ... sì ... bei proponimenti , superbi disegni ! Batte una porta , una folata di vento agita gli alberi del giardino , i cavalli della vicina scuderia urtano nella mangiatoia colla testa , o scalpitano sulle pietre del pavimento .. ed eccoci di nuovo in balìa delle nostre fisime .. - E se ritornassi fuori ? .. Lasciare il calduccino delle lenzuola per andare a scivolare sul diaccio e a battere i denti , mentre vi sono tutte le probabilità che non ci sia nulla di serio ! .. Già i Prussiani dì notte non hanno mai attaccato ... ma se questa volta attaccassero , se si facesse sul serio ? .. Permetterò che i miei compagni si ammazzino , compiano il loro dovere , ed io starò qui , poltrone , a sciogliere un ' inno alla beatitudine del dolce far niente ? ... Oh ! no , sarebbe troppo egoismo , confessiamolo pure , troppa vigliaccheria ... se non dormo stanotte , dormirò domani , non son mica venuto quassù per stare in panciolle ! Bisogna andare ... - E via un ' altra volta giù in strada e via a correre come un matto , ad arrapinarsi , a ficcare per tutto il naso , che era divenuto un vero pezzo gelato ... e allora addio di nuovo belle volontà , addio proponimenti di passar l ' intera nottata ad aspettare quelli che non venivano , e dì nuovo nel letto coll ' idea fissa di non addormentarsi e invece appisolarsi di subito , destandosi però ad ogni momento , e tendendo l ' orecchio , come le esterrefatte madri descritte dal Foscolo . La nottata passò , e nulla di nuovo ci annunziò il giorno seguente ; i Carabinieri Genovesi tornarono dagli avamposti , le legioni italiane non si mossero neppure ; per ora tutto annunziava riposo . Che giornata triste , uggiosa , pesante ! il cielo era oscuro , la neve caduta nei giorni decorsi era ghiacciata , da un lato all ' altro delle vie si poteva patinare e furono fatti sdruccioloni tremendi . Ci dissero di star pronti per il domani ; noi trascorremmo cinque o sei ore a chiacchera davanti il camminetto fumando , ragionando di Firenze , che ci appariva come un sogno lontano e delle feste da ballo in cui saranno stati immersi i nostri amici , allora nel pieno sviluppo del Carnovale . Non si sperava che ci rammentassero : un giro di wals , una stretta di mano , un ' occhiata procace per la gioventù d ' oggi ha molto più attrazione della lotta tra l ' Umanità e i suoi carnefici . Andammo a desinare e trovammo la trattoria , più piena del solito ; si assisero al mio tavolino Rossi , Squaglia , Piccini e Stefani : eravamo tutti uggiosi : pareva quasi si divinasse che erano l ' ultime ore che si ragionava con qualcuno di quelli che erano tra noi . Venne a noi vicino il Maggiore Pastoris , accompagnato da un ' elegantissima signora : Pastoris ci disse che , quantunque in permesso , egli non aveva potuto resistere all ' idea che di ora in ora potea nascere qualche attacco e che non poteva star più lontano da noi . Bevemmo allegramente tutti : eravamo sul più bello degli anni , tutti ci si sentiva bollire nel sangue l ' energia e l ' attività .. non dovevano passare venti ore , e Pastoris , Rossi , Squaglia , dovevano esser cadaveri ! Ci ritirammo più di buon ' ora del solito , nè , quella sera ci demmo alle baldorie , a noi consuete . Io non credo ai presentimenti . Napoleone a Waterloo preconizzava un secondo Austerlitz , ma o fosse il tempo , o la noia , o qualunque altra ragione , il fatto è che quella sera eravamo di pessimo umore . CAPITOLO XIV . Ed eccoci all ' Epopea . O giorni sublimi , che resterete onorati fino a che il cuore dei generosi palpiterà alla memoria delle azioni magnanime e dei leggendarii eroismi , al rammemorarvi qual fremito nuovo non m ' infondete in tutte le fibre ! .. La penna trema nelle mie mani : troppo sono inferiore all ' alto subietto ! .. Eschilo solo , il possente cantor di Prometeo , potrebbe degnamente parlare di voi , giovani , cui rodeva il cuore , più tenace del favoloso avvoltoio l ' inestinguibile desio di redimere l ' Umanità : ma ad Eschilo sorridevano intorno le Grazie , abitatrici perenni degli incantati recessi della poetica Grecia , ma ad Eschilo ritornato dal combattimento non faceva difetto l ' applauso ed il conforto dei suoi cittadini entusiasti , mentre noi , privi della scintilla creatrice del Genio , scriviamo tra gente che non comprende virtù , che ha pronti per noi i dardi avvelenati del sarcasmo e della maldicenza , che , sempre presta a giudicare una intrapresa dall ' esito , corona di lauro e porta in trionfo i fortunosi al Campidoglio , ed accenna ai disgraziati la vicina rupe Tarpea . Oh ! .. questa umanità che dava in premio a Socrate la cicuta , a Dante l ' esilio , a Galileo la tortura , la prigione a Camoens , il rogo a Huss e a Savanarola , e la forca a Jon Brownh , questa umanità può e deve serbare un assoluto silenzio sulle eroiche vittime della Borgogna : meglio così ; il piagnisteo di plebi codarde , sarebbe un insulto a quei prodi , e dalle loro ossa sorgerebbe una rampogna all ' ingnavia dei contemporanei ; quando i vivi son morti , parlano un ' eloquente linguaggio gli estinti ; qualche volta un cimitero ha demolito una reggia . Giunto a questo punto supremo dei miei meschini ricordi , quanto mi grava il non aver sortito dal caso una di quelle intelligenze , che , come aquile , si elevano al disopra dello stupido gregge degli umani ! Qui cade ogni scetticismo , qui ogni dubbio non che follìa sarebbe delitto . Esiste , esiste la fede , l ' abnegazione , la virtù anche in questo secolo nel quale ci s ' inchina ai subiti guadagni , alle problematiche fortune , all ' oro , nel quale si calcolano i benefizi di una battaglia da quanto rialza la borsa . Io ti ho veduta , o sacra primavera d ' Italia : io ti ho veduta affrontar sorridendo la morte , correre incontro ai cannoni con la stessa vaghezza con cui una fanciullina corre a cogliere un fiore , accompagnare con guerresche canzoni il fischio delle palle , perdere l ' ultima stilla di sangue , col volto ispirato , coll ' occhio raggiante , come chi sa di riabilitare , morendo , l ' umanità che lo spregia : io ti ho veduta e d ' ora in avanti in mezzo alle delusioni continue , alle ambizioni codarde , ai vaneggiamenti ridicoli di questa società trista ed ipocrita , il tuo glorioso ricordo infonderà nuova lena al mio spirito , mi raffermerà sempre più in quei santi principii che mi sono di guida , mi farà affrontare , se pur ne è duopo , a mia volta la morte ... La morte ? .. Oh ! ben felice chi la può incontrare col vostro eroismo ! Calate , o corvi dall ' alte montagne e dalle folte foreste vicine ... i re della terra vi apprestano per oggi un sontuoso banchetto : i re della terra son vostri degni fratelli , e non si mostreranno oggi dammeno della fama di splendidi , per cui l ' inalzano a ' sette cieli i cortigiani ed i giornalisti venduti . Da una parte è l ' avvenire , la gioventù ! dall ' altra il passato , il calcolo freddo , impassibile come il destino . In oggi chi troverà il sistema di distruggere reggimenti intieri in un colpo avrà lauri , corone , commende ed archi trionfali ... i medici condotti , questi poveri figli della scienza che sfidano l ' inclemenza delle stagioni , i disagi delle montagne , stentano la vita e maledicano la fecondità delle loro compagne di sventura e di triboli ... oh , è pur giusta la giustizia dei re , ma qualche volta può anche sbagliare i suoi calcoli ! Il progresso infrange l ' edifizio granitico inalzato dall ' oscurantismo e sorretto dalla violenza : il progresso debella ogni ostacolo , apparisca pur formidabile . Quando si fora il Moncenisio e si taglia l ' istmo di Suez , potrà l ' umanità soffermarsi difaccia alla barriera di un privilegio , più d ' ogni altro schifoso , perché tenuto su da baionette tuttora rosseggianti di sangue ? Che si coronino adunque d ' elleboro , che danzino , come pazzi , sull ' orlo della voragine , che si inebrino ai baci comprati delle loro Odalische , che votino allegramente quei calici dove il rosso licore dovrebbe rammentar loro il sangue di popolo , da loro indegnamente versato ... il Dies irae ha da giunger per tutti , la scienza ha già segnato nell ' aule dei re il Mane , Tekel , Fares , ed incapaci di rinvenire nell ' estremo momento il coraggio di Sardanapalo , noi li vedremo ricchi accattoni girellare nel mondo , sfuggiti da tutti come belve feroci , impotenti e rabbiosi ! .. Brillava ancora qua e là per il cielo qualche stella , che man mano sbiancandosi andava a svanire nell ' infinito come un generoso proposito di una anima debole , e noi eravamo al quartier generale . Passammo lì molte ore senza alcuna novella , quando ci fu detto che anche per quel giorno non eravi alcuna cosa di nuovo ; ma che però , stessimo pronti per il domani che nel domani avremmo avuto una grande , una decisiva battaglia . Rossi , Piccini , gli altri nostri amici della Compagnia Genovese , ci confermarono l ' esattezza di ciò che si sentiva e tutt ' insieme giurammo di pigliare la sera una sbornia solenne , per rassomigliare almeno in qualche cosa a Leonida e ai suoi trecento spartani che , come ognuno sa , banchettarono allegramente prima di farsi incontro alle tremende falangi di Serse , dandosi appuntamento pel dì dopo all ' inferno ... e nessuno di loro mancò alla propria parola ... Beati quei tempi ! Sul mezzogiorno però a tutti i canti della città suonarono le trombe ; i soldati furono in fretta e in furia mandati fuori della città ... il cannone tuonava : questa volta ci si era davvero . Tutti si corse come un sol uomo , al palazzo della prefettura : là trovammo il nostro tenente Ricci - Si vuole andare - Gridammo a coro pieno - Andremo , rispose lui , anche senza arme , e poco dopo tutti ci movemmo , senza curarsi nemmeno di avere un fucile . Passammo dalla Porta sant ' Apollinare dove trovammo Bordone con tutti i suoi ufficiali : prendemmo a passo di corsa un viottolo , desiosi di anticipare il momento , che anelavamo da sì gran tempo . Ad ogni minuto il rimbombo dell ' artiglieria , rassembrava una voce potente che ci accusasse di essere lontani dal pericolo : i circostanti campi erano ghiacciati : ghiacciati i fossi che fiancheggiavano la via , eppure si sudava , eppure il cuore ci batteva forte forte nel petto e noi avevamo la lingua fuori . Ad ogni colpo un sol grido elevavasi da tutti noi , un sol grido che chiaramente mostrava la nostra animazione , la nostra bramosia , il grido di : Avanti ! A mezzo chilometro dalla città , incominciammo a trovare delle guardie mobili , o appiattate , o che si ritiravano : noi non facemmo loro alcun rimprovero , ma invece con la più buona maniera del mondo , si richiedevano del loro fucile . Molti lo diedero assai volentieri ; molti altri , inorridisco a dirlo , ce la venderono : pochi , messi su dall ' esempio , ci seguitarono . E intanto pochi passi ci mancavano ancora per arrivare a Fontain ; una salita , molto erta , e ci si era ; facemmo quella salita di corsa . Al limitare del paese , due palle attraversarono la via ; i più giovani abbassarono istintivamente la testa , noi godemmo per aver raggiunto finalmente la meta . Fontain era desolato : chiuse tutte le case , non un abitante per le due o tre vie che costituiscono questa borgata . Prendemmo la prima strada che ci si parò innanzi alla vista , ed arrivammo ad una piazzetta , che è proprio sotto alla piccola collina , sulla quale è situata la chiesa . La mitraglia imperversava , al nostro arrivo : i piccoli muri che custodivano i vicini giardini , erano battuti , scalcinati , rovinati addirittura da quest ' uragano di nuovo genere : andare in mezzo alla spianata sarebbe stato impossibile ; meno male che fu l ' affare di pochi secondi ! ... Addossati a una cancellata di un giardino , lì trovammo Kane , Niklatz è le altre due guide che erano state attaccate al seguito del generale Bossak .. Kane mi trasse dapparte , e mi sussurrò negli orecchi : Si crede morto Bassak : è da stamani che noi non l ' abbiamo veduto .... Montammo su alla chiesa , una sezione d ' artiglieria stava ai due lati della modesta parrocchia ; il colonnello Olivier , assisteva alle operazioni dei suoi cannonieri : e a pochi passi da lui , con un sangue freddo invidiabile , col suo breviario sotto il braccio se ne stava il prior di Fontain . Il fuoco degli assalitori era diminuito ; di tanto in tanto qualche nuvoletta di fumo appariva improvvisamente sul Orizzonte , e qualche scaglia veniva a cadere ai nostri piedi . - Datemi un po ' il canocchiale - Domandai a un ' artigliere , un bellissimo giovane . - Tenete mi disse e non fu capace di darmelo che una palla gli faceva schizzare il cervello ... Fu l ' unica palla di fucile che sentimmo ronzare in Fontain , Intanto un vivissimo fuoco di moschetteria cominciò a sentirsi dalla parte della vicina Talant . Talant e Fontain son due collinette isolate , che si elevano in una estesa pianura , frastagliata qua e là da piccoli rialzi , e nel cui fondo è il piccolo paese di Daix , che era stato sgombrato al mattino da due battaglioni di guardia mobile che l ' aveano in custodia . I Prussiani si erano spinti verso Fontain , poi ritirandosi con una mossa improvvisa , si erano ricostituiti dietro il villaggio di Daix , per piombare in grandi masse sopra Talant : per conseguenza il fuoco di fronte a noi potea dirsi quasi cessato ; mentre cominciava , e senza posa , sulla nostra sinistra . - Che facciamo ? - Domandammo al Ricci . - Andiamo laggiù ... E tutti scendemmo la strada e per far più presto entrammo nei campi : lì cominciò la bella sinfonia delle palle ... Addio Italia , pensammo tra noi , addio occupazioni della nostra vita scapata ... un grido ci tolse alle reflessioni ... il povero Gaido , colpito in mezzo del cuore , cadeva a pochi passi da noi . Si procede ... riscontriamo un ferito che vien trasportato a braccia alla vicina ambulanza ... Ciao ragazzi , ci dice , viva la Repubblica e noi si procede ancora e vediamo il prode capitano Vichard , capo di stato maggiore del Bossak , dilaniato da cinque ferite . - Portalo all ' ambulanza - Mi grida il tenente . - Ma ... - Poi ci raggiungerai ... tu sai dove siamo ! E io e il Bocconi , preso a braccetto il Vichard , rifacemmo quella via sempre in mezzo all ' imperversar delle palle , almanaccammo una buona mezz ' ora per trovare questa benedetta ambulanza , e quando ci fummo arrivati , fummo dolorosamente sorpresi nell ' osservare , che punto più esposto di quello alle palle era impossibile il ritrovare ; lì ci era addirittura una grandine e molti feriti , credo , vi ricevessero il colpo di grazia . Dopo poco raggiungemmo i compagni .... Ed ora spingiamoci sotto Talant , dove aveva da essere la sublime ecatombe , dove Garibaldi in persona , a cavallo , in prima linea capitanava il combattimento . Nei campi sulla destra del paese avevano preso posizione , e si accingevano a rintuzzare l ' assalto dei Prussiani , la Compagnia Genovese ( capitano Razzeto ) i Cacciatori Spagnoli , del cui capitano sono rincrescevole di non sapere il nome , e gli Egiziani , comandati da Zauli . I cacciatori di Marsala erano in sostegno di queste compagnie . La legione Tanara era dall ' altro lato della via , mentre Ravelli coi suoi era in riserva nel paese . Tutta la terza e quinta brigata erano insomma lassù . Dai vigneti , dalle ville poco distanti i Prussiani cominciarono un fuoco d ' inferno : gli alberi erano scheggiati ad ogni minuto ; le siepi si stroncavano , producendo un fracasso indescrivibile : ogni poco si spengeva per sempre una generosissima vita ; ogni poco erano gemiti , strida , imprecazioni ; gli strazianti lamenti degli uomini avevano riscontro in que ' dei cavalli ... povere bestie innocenti , che ad ogni poco cadevano stramazzoni per terra in quella grandinata di proiettili , che di minuto in minuto raddoppiava d ' intensità . I nostri erano imperterriti come vecchi soldati : gli Spagnoli ammirabili ; nelle legioni Italiane non mancavano spiritosaggini , nè arguzie .. - Guarda , se con quegli elmi non paiono civiconi del quarantotto ! - Diceva uno . - Mirali bene ... che vadano a godere della sua grazia di Dio ! - Coraggio amici , si gioca l ' ultima carta ... o si sballa o saremo eroi . Conforti reciproci , incoraggiamenti non mancavano certo in quelle file che decimava la morte . I Prussiani avevano fatto delle feritoie in un muro difaccia e con tutta la sicurezza possibile miravano come se fossero al bersaglio . Nella prima mezz ' ora , Squaglia ebbe una palla in bocca che poco dopo lo rese cadavere . Povero Squaglia ! ... Quasichè presentisse la morte aveva dato a tutti i compagni la sua carta di visita con l ' indirizzo preciso della propria famiglia . Canzio , come sempre elegantissimo , se ne stava in capo alla via , puntando i nemici col canocchiale , indifferente come se puntasse una bella donna al teatro . Canessa era a pochi passi da lui . Menotti , Bizzoni , Tanara , Erba trapassavano recando ordini , incoraggiando col loro contegno i più timidi in mezzo a quel turbine di palle di ogni qualità , che ci aveva ridotti , alla lettera , sordi . Garibaldi esposto come tutti gli altri , più di tutti gli altri alle micidialissimo scariche del nemico , era sorridente , tranquillo e faceva nascere nel cuore d ' ognuno un sentimento tale di dignità e di rispetto che credo , sarebbe stato per chiunque impossibile il mancare al proprio dovere . I nostri si mandarono a dare due cariche alla baionetta , cariche che furono ricevute accanitamente dal nemico ... Quante nobili vite non furono spente ! .. Il terreno era chiazzato di sangue , ad ogni passo impediva l ' andare un cadavere , via via che si procedeva i morti erano ammonticchiati l ' uno sull ' altro . E intanto si avvicinava la sera ; e un ' acqua fine fine ci filtrava nell ' essa ; fu allora che vidi Mis Wite Mario passeggiare intrepidamente lì proprio in prima fila con un sangue freddo da fare invidia a un vecchio soldato ; chiunque ha preso parte alle tremende giornate di Digione , deve serbare eterna memoria di questa eroina , che abbiamo veduta trasvolarci davanti , come un ' esempio vivente di quanto può fare una donna animata da generosi propositi ; lei hanno ammirata al proprio fianco i combattenti , lei hanno salutata come affettuosa sorella i feriti ; lei hanno riverito gli stessi nemici , in mezzo ai quali passava dalle nostre file , per poter recare un sollievo a chi era in angustie , per potere avere informazioni sicure su certe cose che rimanevano al buio . Mai la morte ha mietute tante vite magnanime in pochi momenti , come quella sera a Talant . Gli Spagnoli si erano ridotti ad un piccolo nucleo ed avevano perduto i loro ufficiali , lo stesso era degl ' Egiziani il cui prode tenente Zauli giaceva ferito ; morto il bravo tenente Gniecco dei Genovesi , ed esanimi al suolo giacevano già Salomoni , Imbriani , Settignani , e Pastoris . L ' ecatombe stava per compiersi : a quelli in prima linea mancavano le munizioni , e l ' ostinatezza dei Prussiani raddoppiava : mentre difatti essi avevano sgombrato quasi tutto l ' esteso terreno che ci stava dicontro , si agglomeravano in faccia a Talant , a Talant i di cui difensori oramai potevansi calcolare a poche centinaie . Avevano i nostri avversarii occupata una cascina al disotto del paese , e si avanzavano a pelettoni serrati , e tirando su noi con una continuità straordinaria . Vien dato al battaglione dei Cacciatori di Marsala l ' ordine di avanzarsi e di caricare il nemico . Lo strenuissimo Perla col volto raggiante , con piglio da infonder coraggio ad un morto si pone alla testa . Genovesi , Egiziani , Spagnoli , quelli delle altre legioni , tutti si raggranellano dietro di lui , tutti sono ansiosi di morire da forti o di veder rinculare il nemico . Molti non hanno più cariche molti sono sfiniti dalla stanchezza , molti non resistono più in mezzo a quella desolazione e vanno incontro a una palla tanto per finirla una volta con questo mondo codardo ; avanti , gridano gli ufficiali , avanti ripetono i più animosi , avanti grida nel cuore l ' amore dell ' umanità e della repubblica , avanti la voce del dovere e tutti , come un sol ' uomo , si accingono alla titanica impresa . Cinquecento cori battevano in quell ' istante all ' unisono ! ... Viva la Repubblica , viva Garibaldi ... giù la baionetta ed a passo di corsa contro i soldati di re Guglielmo . Il fumo impedisce la vista : in quella penombra , prodotta anche dall ' ora divenuta tarda , ad ogni secondo si vedono guizzare immense strisce di fuoco ; si procede pestando i cadaveri e seminando a ogni poco di nuovi cadaveri il suolo ; i Prussiani essi pure si avanzano , ma lentamente ; il cozzarsi è divenuto inevitabile e sarà un cozzo tremendo . Lo slancio dei nostri è impetuoso ... troppo impetuoso : Perla , il veterano di tutte le campagne dell ' indipendenza stramazza per terra mortalmente ferito : Cavallotti è morto ; moribondo il tenente Rossi di Lodi : i soli cacciatori di Marsala hanno 17 ufficiali fuori di combattimento . I Prussiani si asserragliano in due casette ; vien dato anche ai nostri l ' ordine di ritirarsi ; rimanendo la sola legione Ravelli a guardia di Talant ... - Vieni via - Grida il Piccini al Rossi , quando tutti si erano ritirati . - Fammi utilizzare anche le ultime due cariche che mi sono restate - Questi rispose ... e si avanzò verso il nemico . Un vivissimo fuoco di moschetteria , l ' ultimo che si eseguisse in quel punto , uccise il nostro amico diletto , il nostro compagno di tante sventure e di tante peripezie . Nessuno più lo rivide : il giorno dipoi sapemmo da una guida che egli era morto in conseguenza di tre ferite : due nel petto ed una nella faccia . Ci ritirammo ; il cielo era ingombrato qua e là da densi nuvoloni ; gli alberi sembravano giganteschi ; al fragore prolungato di poco fa era succeduto un silenzio cupo , lugubre , interotto solamente a lunghi intervalli da qualche colpo ; rientrammo nella gran strada e qui un viavai di carri , d ' ambulanze , sopra uno dei quali vidi la simpatica donnina che avevamo veduto dalla tabaccaia , e trasporti di feriti , e imprecazioni di morenti , e un chiamarsi ad alta voce tra i carri e un domandarsi informazione , accolte ora da sospiri , ora da bestemmie , ora da un « meno male » proferito in senso stizzoso e soddisfatto ; nei campi adiacenti si vedevano a quell ' incerto chiarore molti cadaveri ; la luna si mostrava timidamente in mezzo alle nubi . Mi venne in mente la leggenda popolare che sostiene Caino esser stato relegato nella luna ; le macchie di questo pianeta mi sembravano in quella sera proprio gli occhi di questo primo fratricida , che ora allegravasi a quella strage fraterna . Su un carrettone vedemmo insieme a tanti altri lo Stefani che era stato ferito in un braccio ; noi c ' inoltravamo serii serii in mezzo a quelle confusione ; nessuno avrebbe potuto scherzare : un giovinetto si azzardò di intuonar sottovoce una cantilena fu acremente ripreso : erano troppi i morti che avevamo veduti a quell ' ora , eran troppe le perdite che ci facevano sanguinare l ' anima a tutti e , ce lo perdonino gli spiriti forti , noi si sentiva voglia di piangere . Io comprendo in certi momenti l ' indispensabilità di una guerra , comprendo che nel fervore delle pugne ci s ' inebrii più che se prendessimo parte a una scena d ' amore e di ardentissimo amore , ma , quando tutto ritorna nella solita calma ; quando girando gli occhi non vedi che informi ammassi di carne che saran putrefatti tra poco , e che poco tempo fa sentivano , amavano , speravano ; quando ripensi al dolore , alla disperazione di migliaia di madri e di vedove , se non detesti questa macelleria d ' innocenti , questa violazione delle più care affezioni e dei legami più sacri , bisogna dire che la natura ti ha dotato di un cuore di pietra ! .. I Chinesi , che noi abbiamo avuto il coraggio di chiamar barbari sino a questi ultimi tempi , fino dall ' età più lontane , come ci dice Laotsu , imponevano ai loro generali di mettersi in lutto , appenachè avevano vinto una battaglia : noi che ci si becca il titolo di umanissimi e di civilizzati inalziamo sulle nostre piazze monumenti ai generali , anche quando hanno perduto , purché abbiano tirato a far ciccia . Evviva la civiltà ! Entrati in Digione , con grandissima nostra sorpresa , trovammo aperte tutte le botteghe ; andammo alla solita trattoria ... era quasi deserta ; quanti di quelli che erano soliti a frequentarci non avevano lasciato la vita , nel breve volgere di otto o dieci ore ! ... Ogni persona che entrava , erano domande , grida di sorpresa , strette di mano : e solamente allora si cominciava a forza di racconti a sapere gli episodi gloriosi del combattimento , le perdite che avevamo subito , l ' andamento preciso della battaglia . - Il tale ... ? domandava qualcuno ; è morto , gli si rispondeva ; e il tale altro ? ... Morto anche lui ... e tutti a sforzarci a sorridere per far gli uomini forti , ma il sorriso moriva sul labbro e ci si sentiva invece un groppo alla gola che ci faceva discorrere stentatamente , e avremmo pianto così volentieri , se il pianto non fosse qualificato per una debolezza da donnicciole . Le guide del generale Bossak ci annunziarono la morte di questo eroico figlio della Polonia ; come erano commosse via via che procedevano nel loro racconto ! Non era un superiore quello che avevano perduto , era un fratello : Bossak aveva voluto dar loro di sua tasca ogni giorno il doppio della paga che le ricevevano dal corpo ; ogni giorno le voleva a mensa con lui ; il primo dell ' anno fe ' loro presente di qualche marengo : una volta che la brigata mancava di viveri provvide , sempre a sue spese , affinchè nessuno soffrisse la fame . La democrazia faceva una perdita irreparabile con la morte di lui ; figlio di una delle più illustri famiglie Pollacche , si era posto a capo della rivoluzione nel 1864 , ed esule in Svizzera confezionava le cartoline da spagnolette , tanto per tirare avanti onoratamente la sua famigliola . Appenachè seppe esser la Francia divenuta repubblica , si mise a di lei servizio , e nella mattina di questo giorno glorioso , spintosi alla testa di una ventina di guardie mobili , più arditamente di quello che sogliono fare tutti i generali , aveva incontrato la morte , suggellando col sangue la sua vita esemplare . Verso le dieci io volli ridurmi a casa : la stanchezza mia è indescrivibile ; appena in strada incontrai i Carabinieri Genovesi : saranno stati una trentina ; gli Spagnoli che li seguiano erano tutt ' al più venticinque : quante vittime in quella giornata : quante nazioni non affratellava quel sangue generoso sparso in prò di una repubblica ! Arrivato a casa , mi scinsi la sciabola : non guardai nemmeno una vecchia bottiglia che ci aveva apprestato la padrona di casa , meditai molto , riandai tutti i più piccoli episodii della strage a cui avevo assistito , poi cominciai ad appisolarmi e un benefico sonno mi tolse alle ansie , alle dolorose . ricordanze , alle considerazioni più o meno filosofiche . « La gioia dei profani È un fumo passeggier . » Mi desto di soprassalto è sento di nuovo suonar delle trombe ; credo sul principio che ciò non sia che un giuoco della mia alterata immaginazione : aguzzo l ' orecchio , vò alla fine - stra , la schiudo ... Non ci è che dire ... sono trombe che ci chiamano un ' altra volta a raccolta - Ci siamo , dico tra me e non senza imprecazioni , mi ricingo la durlindana e scendo in mezzo alla via . Doveva esser suonata di poco la mezzanotte . I soldati si avviano verso la stazione ; io tenni lor dietro . - Che ci è ? - I Prussiani si avanzano ... hanno avuto rinforzi . - O non si erano ritirati ? - Sì ... ma ora ritornano . - E noi ? - Si batte in ritirata . - È impossibile ... Garibaldi si farà ammazzare ma non vorrà dar loro questa soddisfazione . - Eppure vedrete ... vi dico che si va a Lione . - Smettete , pazzo ! - Non è vero ! - Se hai paura , và a letto . - È impossibile ! ... Insomma a forza di queste discussioni , si era giunti al cimitero che è quasi difaccia alla ferrovia . Lì trovammo Garibaldi in carrozza , tutto lo stato maggiore e alcuni battaglioni schierati . Degli scorridori prendevano la via onde attinger notizie , o recar dei dispacci . Il freddo era tremendo ; tutti si batteva i denti , ci si strisciava le mani , si passava infine un quarto d ' ora più climaterico di quello di Rabelais . Fortunamente , dopo informazioni ricevute , il Generale ci rimandò tutti a dormire : non era stato che un ' equivoco , di cui noi avevamo pagato le spese . Mezz ' ora dopo , a dir molto , si dormiva di nuovo tranquillamente . CAPITOLO XV . Quattro ore di sonno , e poi via di corsa in quartiere : quelli erano giorni che si poteva affermare di essere esempii viventi della teoria di là da venire , del moto perpetuo . La nostra scuderia aveva due nuovi ospiti ; due cavalli che Mecheri e Ghino Polese avevano preso sul campo : questi due giovani , il giorno innanzi , distaccandosi con tre o quattro altri da noi , erano corsi in prima fila , ed avevano ottenuto dai presenti gli elogii più ampi per il loro sangue freddo e il loro coraggio : Ghino , da quel capo ameno che era , tra una scarica e l ' altra , nel turbinio dello palle faceva un minuetto , destando unanimi sorrisi d ' ammirazione ... non dico di più , perché non si abbia a dire che l ' amicizia ha potere di convertir noialtri scapati in società di mutua ammirazione ; chi li ha veduti non potrà dire che come me : con loro fu ferito assai gravemente il nostro caporal furiere Pianigiani , giovinetto Livornese quasi bambino , ma che per fermezza poteva dar dei punti a un vecchio militare ; il Mattei , guida pur egli , fu ferito a una coscia da un colpo di mitragliatrice , mentre si disponeva ad andare all ' attacco . Raggranello altri ragguagli del giorno innanzi : delle quindici guide che si erano mosse a piedi col tenente Ricci , due erano morte e sette ferite : il nostro deposito avea dato il suo contingente alla carneficina . Nella nottata due nostri caporali , Luperi e Aribaud avevan fatto prigioniero il nipote del generale Werder , che si era addormentato in una casetta . Mi si parla di un Romagnolo , Salvadore Caimi , che , giacente in letto all ' ospedale , e dato per spacciato da medici , essendo afflitto da perfidissimo vaiolo , all ' udire il cannone saltò giù , si rinpannucciò alla meglio , e corse in prima fila , ove morì , ma non colpito da palla : tutti hanno da raccontare qualche eroismo che hanno veduto , qualche atto di valore di cui furono parte : manco male , non avranno più il coraggio di dire che gli Italiani non si battono ! I preti , strano a dirsi erano stati pel contegno loro ammirabili ; alcuni signori dei paesi a noi vicini si erano mescolati ai soldati , ed alcuni erano caduti vittime del loro amore di patria . Se la perdita di molti nostri compagni ci faceva essere di malumore , ci era anche di che rifarsi la bocca ! Ci pongono in libertà , raccomandandoci di non scostarsi tanto dal quartier generale : approfitto di questo intermezzo per recarmi a far visita al ferito Stefani ; la ferita era leggerissima , e lo avevano di nuovo portato nella sua casa , che serviva anche d ' ambulanza . Ci trovai mio fratello , diversi della compagnia Genovese ; tutti seduti intorno al fuoco facevano piani di guerra , discutevano i comandi del giorno avanti , rammentavano i morti , godevano ed erano sorpresi di averla scapolata e giuravano che fuoco indiavolato , come quello sotto Talant era più che impossibile , avesse di nuovo a farsi sentire . Vollero di riffa che io facessi una corrispondenza per un giornale di Firenze e tutti ci vollero mettere lo zampino .... immaginatevi che brodo lungo la venne a riuscire , e come mostrasse eloquentemente che chi la scriveva non era un Montecuccoli , nè un Napoleone .... pure ci sembrò un capolavoro di descrizione , una vera pagina di dottrina strategica ... ci si contentava di tanto poco , dopo una batosta così indiavolata ! A interrompere la nostra ammirazione , capita in mezzo a noi , come una bomba , il Piccini ; aveva l ' amico un viso di tramontana da metterci i brividi addosso e non aveva torto ; partito a bruzzico insieme al Baldassini per rinvenire il cadavere del suo già indivisibile Rossi , per quanto avesse frugato , gli era stato impossibile effettuare questo disegno ; nelle sue investigazioni il giovine Garibaldino erasi spinto tanto in avanti , che si era in una strada incontrato con una squadra di Prussiani , che gli aveva fatto una scarica addosso , scarica alla quale con favoloso coraggio aveva risposto con due o tre colpi , rimanendo illeso proprio per uno di quei miracoli del caso che non si sanno spiegare . A quel che ci diceva , anche in quel giorno avremmo avuto battaglia sicura ; confermò questa idea anche l ' amico Mecheri , che andato a Fontain a restituire quel cavallo che si era appropriato il dì innanzi , aveva udito un rumore vivissimo di fucileria agli estremi avamposti . Bisogna confessare che queste notizie non furono accolte con molto entusiasmo da noi ; quel giorno avremmo bramato di riposare ; .. si riposò anche Dio , secondo i cattolici : ma pure se ci fosse l ' ordine , se Garibaldi si fosse battuto , senza essere onnipotenti come il Dio dei Cattolici , noi eravamo tomi da cacciar la stanchezza e di fare quello che dovevamo fare . Andammo però alla prefettura . Il cortile di questa dava l ' esattissima idea del vestibolo del l ' Inferno di Dante ; non mancavano le diverse lingue , le favelle orribili , le voci alte e fioche di chi dava schiarimenti , di chi chiedeva informazioni , di chi narrava i fatti del giorno innanzi , nè mancò il suon di mani , quando comparve la nobile figura di Garibaldi sorridente più dell ' ordinario . Montò in carrozza svelto , come ai suoi bei tempi e montò insieme con lui , secondo il solito , Basso . Ci salutò affettuosamente ; poi ci disse : Oggi avremo vittoria . Parlò Spagnuolo con due o tre figli d ' Iberia che erano poco distanti dal nostro gruppo , e si rallegrò con loro per lo splendido contegno che essi avevano tenuto il dì innanzi : poi i cavalli si misero al trotto , il generale si tolse il cappello in mezzo alle acclamazioni , e , partì seguito da alcuni ufficiali di stato maggiore . Aveva appena oltrepassata la porta che un colpo dì cannone ci annunziò che anche per quel giorno ci si era . I Prussiani , mentre potevano attaccare Digione al Nord Ovest , la dalla Ferme de Poully , pianura senza la minima ombra di fortificazione , commettendo un ' errore che non si sa comprendere nei vincitori di Sadowa e di Sedan , si ostinarono a tornare all ' attacco di Talant , precisamente come il ventuno . La brigata Menotti avveva a sostenere adunque l ' attacco e il degno figlio dell ' eroe dei due mondi ebbe tutti gli onori di quella giornata ; diverse compagnie di Franchi Tiratori e qualche pezzo d ' artiglieria avevano durante la notte rinforzate le file che dipendevano da lui . Le legioni Italiane rimasero in seconda fila ; ma varii se la svignarono alla chetichella dai ranghi , e corsero tra il fischiar delle palle e l ' imperversare della mitraglia , presentendo quasi che la vittoria annunziata da Garibaldi doveva avere la più ampia realizzazione . I colpi dell ' artiglierie si succedevano senza tregua : i cittadini non se ne addavano ; quel giorno tutti avevan fiducia . Materassi e Polese erano al seguito del generale , io , Mecheri , Bocconi pigliammo a piedi la via e ci incamminammo verso Talant . Al principiar della strada incontraMO il maggior Sartorio che provvedeva a che fossero presto recate a compimento molte barricate che s ' inalzavano da operai , requisiti a tale scopo . Era una vera giornata di primavera : il sole era splendido , senza una nuvola il cielo : i due paesetti di Fontain e Talant , con le due vaghe colline , staccavano sul fondo azzurro del cielo e invitavano più a godere di quell ' aria purissima , e ad inebriarsi in quell ' oceano di luce che ad andare a scannarsi . Splendi pure , con tutta la potenza degli animatori tuoi raggi , o ministro maggiore della madre natura , oggi almeno rischiarerai il trionfo della Libertà ! A poco più di mezzo chilometro dalla città , vedemmo cinque o sei cavalli morti ; da uno di questi si partiva una striscia di sangue , che , come la mistica colonna che guidò nel deserto gli Isrealiti , doveva guidare i nostri passi fino a Talant . A piè della scala di una casuccia , vedemmo steso morto un giovine Garibaldino ; un campagnolo ci mostrò una lettera che aveva trovato nelle di lui tasche ... era una lettera della sua mamma ; la povera donna sperava di riabbracciare suo figlio nelle feste di Ceppo : la data di quella lettera era di novembre ed il giovine l ' aveva tenuta sul cuore tutto quel tempo ! Arrivammo alle nostre batterie ; il fumo impediva di poter scorgere ciò che avveniva nel versante a noi sottoposto ; un ronzio impertinente di palle ci rendeva avvertiti che i nemici non erano molto lontani . Garibaldi , MeNotti , Bizzoni , Sant ' Ambrogio in quel momento eran là . Troviamo lo Strocchi che ci avevano dato per ferito , lo abbracciamo e si aggiunge con noi . Il Generale era sceso di carrozza , esaminava i tiri dell ' artiglieria e dava consigli agli artiglieri . Uno di marina , che faceva il servizio ai pezzi , puntò due volte il cannone e fece due tiri ammirevoli : le nostre perdite erano fin allora pochissime e i nostri nemici , non che avanzare , perdevano di momento in momento terreno ; allora fu comandata la carica alla baionetta . I Franchi tiratori si lanciarono , come leoni , all ' attacco : due zuavi li procedevano di qualche passo , agitando , a mò di bandiera , i guidoni delle compagnie a cui erano stati ascritti . Il momento era sublime ! Il fumo si era dileguato ed il sole ripercotendo i suoi raggi sugli elmi dei nostri avversari , faceva apparire qua e là dei subiti guizzi di luce , da farteli scambiare per lampi . Un gridìo continuo , entusiastico , un prorompere di fucilate ... eppoi i soldati di re Guglielmo , pestati , inseguiti colla baionetta alle reni , abbandonavano a rotta di collo il campo di battaglia , seminando il terreno di fucili , d ' elmi , di feriti e di morti , e ritirandosi per tre chilometri buoni : tra gli altri trofei furono presi sette fuRgoni d ' ambulanza del valore di circa novantamila franchi . Il bravo colonnello Lhoste però , caricando arditamente alla testa dei suoi audaci Franchi Tiratori veniva mortalmente ferito . La battaglia era compiuta , la vittoria aveva sorriso all ' indomito coraggio , allo slancio più che umano dei volontari della repubblica . Tornammo subito indietro per annunziare la grata novella ; quale non fu la nostra maraviglia , quando , fatti pochi passi dal campo , incontrammo delle signore che si erano spinte arditamente fino lassù ; signore che infangavano nelle pozzanghere i loro stivaletti aristocratici e che ci salutavano sventolando i fazzoletti , sorridendoci con un ' angelica grazia . Non era gioia , non era entusiasmo quello da cui era presa Digione la sera del ventidue ... era ebbrezza , delirio : a mezzo chilometro dalla città era già affollata la via ; donne vecchi , ragazzi ci saltavano al collo , ci prendevano tra le mani la testa ci sollevavano dal peso delle anni , ci insegnavano l ' un l ' altro , gridando a squarciagola : Vive les Galibardiens , vive Galibardi , vive l ' Italie . Ci portavano quasi in collo dal mezzo di strada nelle trattorie , e lì ci offrivano da bere , nè ci era versi di rifiutarlo ; da ogni parte strette di mano , da ogni parte baci : « come sono giovani » si sentiva ripeter da una parte ; son dei bravi soldati , si ripeteva dall ' altra ... oh ! divini momenti , oh ! dolci soddisfazioni di chi compie un dovere , capaci di riabilitare la persona più turpe , capaci di fare un eroe del più pusillanime . Ma echeggia un grido potente , non interrotto , che fa rintronare da un capo all ' altro la strada ; le finestre si spalancano con forza ; le vecchie , rimaste uniche in casa , si affacciano , si spenzolano , agitano le loro pezzole ; un fremito nuovo di gioventù rianima quelle fibre affralite dagli anni : non è il vincitore d ' ingiuste battaglie quello che passa , è l ' apostolo delle cause giuste , è il propugnatore dell ' umanità , è l ' eroe leggendario , l ' uomo incorrotto che con un pugno di ragazzacci fa retrocedere i soldati che han fatto tremare l ' Europa ... è Garibaldi . - Viva Garibaldi - Gridano tutti , e popolani , soldati si buttano verso di lui , vanno quasi sotto i cavalli e le rote della carrozza : tutti vorrebbero stringergli la mano , tutti vorrebbero divorarlo dai baci ! - Gridate : viva la repubblica - Grida il buon vecchio - e non sa riparare a salutare , e sorridere . I soldati che tornano hanno tutti un ' elmo , un fucile preso ai Prussiani ; un giovinetto ha un piffero e fischia un ' arietta in mezzo agli applausi di tutti . Passano dei prigionieri ; tutti gli guardano , ma nessuno alza un grido ... il popolo sente la generosità per istinto ! Per tutte le piazze è baldoria : per tutto si canta , si grida , si applaude : sulla piazza del teatro si da fuoco persino a dei mortaletti : la fiducia generale è rinata ; gli elmi dei Prussiani coll ' annesso parafulmine fanno le spese di tutta la sera ; contento dell ' oggi , nessuno cura il domani e tutti dimenticano l ' ieri . Si va a portare il fausto annunzio allo Stefani ; sul principio credeva che si scherzasse : gli avevano nientemeno dato a bere che si trattava di fare una capitolazione e che i Prussiani si avanzavano verso Digione a marcia forzata . Io era stanco morto : tutte quelle emozioni , tutte quelle fatiche mi avevano prostrato : mi pareva che la vita mi sfuggisse ed in camera del mio amico ferito ebbi un trabocco di sangue . - O guardiamo , se dopo che ti han risparmiato la palle , vieni qui a far la morte della signora delle Camelie ? Mi disse il Materassi , che non si reggeva più dalla fatica , essendo stato in giro tutta la notte , e a cavallo tutto il giorno . - Non gli risposi , perché quest ' ultimo incidente mi faceva uscir proprio dai gangheri . Cheto , cheto me ne andai e neppur mezz ' ora dopo mi sdraiavo sul letto . CAPITOLO XVI . Per quanto facessi , mi fu impossibile in quella nottata il provare un poco di sonno . La testa mi ardeva , la febbre in certi momenti mi procurava la celeste voluttà del delirio ; ora mi pareva di essere in mezzo alla mischia , di vedere i nostri giovani battaglioni avanzarsi , sgominare le schiere nemiche , ed annusavo a piene narici il simpatico odor della polvere , e m ' inebriavo ai mille episodii di un combattimento e di una vittoria ; ora mi pareva di essere tornato in mezzo ai miei cari , e li vedevo a me d ' intorno , raccolti , pendere ansiosi dai miei labbri , interessarsi alle vicende delle battaglie , alle storie che raccontavo e vedevo brillar delle lacrime , spuntar dei sorrisi .... . Finalmente venne il mattino , e parve che la luce , come fugava le tenebre , fugasse da me i vaneggiamenti della immaginazione malata . Mi alzai ed uscii ; quelli non mi sembravano giorni da poltrir sulle piume . A tutte le cantonate della città era affisso un ' ordine del giorno di Garibaldi ; ordine del giorno nel quale l ' illustre comandante dei volontarii , nonché inorgoglirsi ai fumi delle vittorie e proclamare i suoi soldati per eroi , raccomandava a loro di moderare la foga dei dì passati , di non attaccare in massa il nemico , ma sì in pochi , alla spicciolata , e spronava in special modo gli ufficiali ad adempiere un poco di più il proprio dovere . Alla porta del quartiere delle Guide , vidi il Materassi che scendeva da cavallo ; mi accolse a braccia aperta e mi mostrò delle bottiglie di vino generoso , urlando : Ecco lo specifico per la tua malattia ! Quel vino era stato trovato nelle ambulanze PrussianE e doveva far le spese di un mattiniero banchetto che imbandimmo lì sul tamburo . Era mezzogiorno e , malgrado tutte le dicerio , si cominciava a credere che per quel giorno gli oppressori della Francia non ci avrebbero molestato . Finito il pasto , ce ne andammo tutti a trovare lo Stefani ; dopo poco che eravamo entrati nella di lui camera , mi si cominciò ad abbagliare la vista , sentii al palato un sapore di sangue , tossii a più riprese e caddi sfinito sopra il divano . Non so quanto stessi in quello stato in cui più non sentivo la vita : quando cominciai a comprender qualchecosa tuonava il cannone , e lo Stefani , mezzo vestito , stava per alzarsi da letto . - Si son riattaccati ? .. Domandai - Altro che riattaccati ! .. Affacciati alla finestra e guarda , Guardai ... confesso di non aver mai assistito a un così sconfortante spettacolo ! .. La gente scappava a rotta di collo per tutte le vie ; le porte si chiudevano ermeticamente ; le finestre erano pure ermeticamente tappate ; ogni poco qualche guardia nazionale , o senza fucile , o senza cappello , traversava a passo accelerato davanti a noi , battendosi il capo , proferendo gridi di lamento o d ' imprecazione ; donne piangenti che si portavano dietro i bambini , carri che si caricavano , ufficiali d ' intendenza che a gran passi si avviavano in direzione del quartier generale .... - Ma dunque siamo in completa disfatta ? - Dissi trA me , e inpaziente , colla più dolorosa angoscia nell ' anima , col dubbio che mi torturava il cervello , presi la mia sciabola , ed andai anche io per strada , deciso di correre alla prefettura , e di là portarmi sul campo . Sulla piazza del teatro , vidi quattro batterie di cannoni guardate da due o tre guardie mobili .. Erano nuove artiglierie arrivate allora allora dalle fabbriche di Lione e del Creusot ... osservandole bene , lo si sarebbe agevolmente compreso , ma in quel momento , in quell ' esitazione le credei anche io , come il popolo , un indizio di ritirata . Ma donde venivano queste paure ? I nostri avevan forse perduto ? .. No ; come vedremo tra poco : ma alcuni battaglioni di guardia nazionale presi dal panico a quel terzo assalto dei nostri nemici , atterriti anche dal numero con cui questa volta si erano presentati , non ascoltando più alcun comando , avevano retrocesso , e , siccome , valanga erano piombati per le vie della città , travolgendo coloro che volevano impedire questa ignobile fuga e facendo nascere l ' allarme e lo spavento per ogni dove . I Prussiani , avvedendosi del grave errore che avevano commesso nei giorni antecedenti , e pensando forse che le nostre truppe fossero , almeno per le maggior parte , agglomerate in Fontain e Talant ( posizioni contro le quali essi si erano rotte le corna ) si concentrarono in grandi masse e prendendo la strada di Langres si spinsero infino al castello di Poully . Garibaldi aveva ordinato alla brigata Canzio , di avanzarsi verso la direzione , da cui venne difatti il nemico , il quale , fugati ben facilmente i mobilizzati , che sparsero poi tanta desolazione in città , erano giunti persino ad accerchiare in una prossima masseria l ' ardito Ricciotti , che coi suoi bravi Franchi Tiratori , faceva una resistenza eroica , seminando la morte tra quelle schiere che non si azzardavano ad assalirlo e tenute a rispettosa distanza dal ben nutrito fuoco di fila , che a loro opponevano dalle finestre , dalle feritoie , dalle siepi questi giovani soldati della libertà . I figli di Garibaldi si mostrarono degni del loro genitore , e la Francia ha da serbar eterna memoria del loro coraggio , delle loro abnegazione , dalla loro bravura . Le bombe solcavano l ' aria , già impregnata di fumo : il sibilo delle palle non avea tregua alcuna ; i carabinieri Genovesi , i cacciatori di Marsala , ( tutta la quinta brigata ) sdraiati pei campi o nelle vicine praterie non facevano uso alcuno delle armi . Canzio osservava impassibilmente le masse nemiche , ed ogni tanto andava da Garibaldi , con cui confabulava . Tutto ad un tratto guizza , come un lampo dall ' uno all ' altro dei militi , una notizia ; un fremito generale si comunica di fila in fila , come , se tutti quegli uomini subissero l ' influenza di una pila Galvanica : Canzio concitato , col viso raggiante , si alza , grida a tutti i suoi uomini : Ricciotti è circondato , salviamolo , e , come l ' ultimo dei suoi subalterni , si lancia eroicamente alla carica . La cavalleria Prussiana si schiera in ordine di battaglia difaccia ai nostri ; due tiri di cannone bene aggiustati bastano a metterla in fuga , prima ancora che si ponga al trotto contro di noi ; altri colpi a mitraglia sbaragliano i battaglioni nemici che si ammassano , si urtano , si infrangano contro la masseria , le cui mura sembrano di fuoco ; i Genovesi , i cacciatori di Marsala , gli Egiziani , gli Spagnuoli e persino due battaglioni di mobilizzati di Saone Loire animati dal nobile esempio dei volontari , si spingono dietro il prode Canzio alla baionetta , gridando viva la repubblica , viva la Francia , viva Garibaldi e intonando la Marsigliese e l ' inno d ' Italia . Che spettacolo imponente ... al solo pensarci si provano le vertigini , e quasi si crede di avere assistito a una fantasmagoria . La brigata Ricciotti si spinge eroicamente fuori della masseria e arditamente dà di cozzo nelle file Prussiane : da tutte le parti è una carneficina terribile ; i cadaveri si addensano sopra i cadaveri ; là affusti di cannoni stroncati , qua siepi distrutte , alberi sbarbicati dal terreno ; per terra frantumi di bombe , pozze di sangue , ossa scheggiate , rimasugli schifosi di corpi umani ; i Prussiani non possono più reggere ; è troppo formidabile l ' urto dei nostri soldati e non che compatte colonne di uomini , sfonderebbe le muraglie d ' acciaio . Le file a noi dicontro , piegano , indietreggiano , si sparpagliano eppoi si danno a disperatissima fuga . Tito Strocchi e il capitano Rostain di Grenoble , raccolgono allora in mezzo ai cadaveri di un picchetto che avevano sbaragliato , terminando tutte le cariche dei loro Spencers , sempre tra l ' infuriare delle palle nemiche , lo stendardo del 61 Reggimento Guglielmo ; reggimento che in quel giorno fu quasi disfatto . Io era arrivato poco prima dell ' ultima carica ; uscito appena di Digione cominciai a imbattermi in mobilizzati senza il più piccolo vestigio d ' armi , che se la ritornavano tranquillamente in città : fatti pochi passi vidi la strada tutta seminata di sacchi , buttati là da questi prodi onde correr meglio e scappare : poi il consueto corteggio di feriti e di vetture d ' ambulanze : e il capitano Galeazzi e l ' Orlandi con la sciabola in pugno , e con due o tre guide che piattonavano i fuggitivi e che si sforzavano dì rimandarli al lor posto : finalmente i nostri compagni che si battevano accanitamente e che si disponevano all ' attacco . Garibaldi corse subito sul luogo dove era stata definita la tremenda tenzone , e dove era accaduto l ' orrendo macello ; tutti gli furono intorno ; tutti vollero dire qualchecosa ... pochi e ben pochi furono capaci di articolare un monosillabo ; la gioia di quel momento è inesprimile ; nessuno sentiva più la fatica ; eravamo tra mucchi immensi di morti , si sentiva qualche fucilata lontana , indizio che i soldati della grazia di Dio erano molto ma molto distanti da noi e che se la battevano disperatamente : avevamo preso una bandiera : più bella vittoria noi non la potevamo sperare , ed ora se ne aspirava a pieni polmoni tutta la voluttà . Perché non poterono dividere le nostre letizie tanti generosi che ora giacevano cadaveri , perché non le doveva dividere il buon Ferraris il medico del generale , che dopo aver recato un ordine , pochi momenti avanti era morto ? Mentre Garibaldi , dopo aver risposto ai più vicini , stava per congedarsi da noi e tornare in Digione , una scarica quasi a bruciapelo c ' involse tutti in un turbine di proiettili che fortunatamente non colpirono alcuno . Fu fatto voltare la carrozza e il Generale fu fatto immediatamente ritirare . Da chi ci veniva fatta quella sorpresa ? .. Io non lo so ; certo che gli autori ne ebbero poco gusto ; i volontarii si gettarono con rabbia verso la parte da cui così stranamente eravamo stati salutati , e probabilmente altri cadaveri si aggiungevano ai molti che ingombravano il circostante terreno . I Genovesi e i cacciatori di Marsala , dovevano pernottare nelle loro posizioni : salutai caramente i miei amici , ed appoggiato al braccio di uno dei Francs chevaliers de Chautillon piano piano me ne tornai verso la città , persuaso di assistere , se pur era possibile , ed una dimostrazione e ad un entusiasmo maggiore di quelli precedenti . Avevo sbagliato i miei calcoli ! .. Si aveva un bel dire ai cittadini che avevamo conquistato una bandiera , che la nostra era stata una completa vittoria , che i Prussiani erano lontani chi sa quante miglia , oramai lo spavento si era loro infiltrato nel cuore , oramai vedevano le cose dietro il prisma della paura : poche botteghe si riaprirono ; pochissime donne si azzardarono a far capolino dalle finestre ; difaccia alla Prefettura e alle Mairie vi erano i soliti capannelli susurroni , insistenti : fu insomma necessario che il Mair facesse battere i tamburi a tutte le cantonate , ed ivi dal banditore annunziare ai Digionesi che potevano andare a letto , e prender sonno tranquilli , poiché I Prussiani erano stati respinti su tutta la linea . - Dietro questa confortante pubblicazione , ricominciammo a veder del movimento per le strade ; si riaprirono i caffè e la città riprese il suo aspetto normale . CAPITOLO XVII . Alla mattina del ventiquattro la bandiera Prussiana fu mostrata a tutte le truppe e suscitò ovunque l ' entusiasmo più vivo ; quella bandiera era nuovissima , tutta in seta , magnifica . La popolazione Digionese , accortasi dell ' errore meschino in cui l ' avevano fatta cadere la sera precedente alcuni vigliacchi , non si restava dal magnificare il nostro coraggio ed aumentava verso di noi di dimostrazioni affettuose e gentili ; sapemmo che causa principale dello sgomento e dell ' allarme era stato il colonnello dei mobilizzati dell ' Alta Savoja , che al primo rumore del combattimento , era corso con diversi suoi uomini alla ferrovia , e lì aveva preteso che di riffe o di raffe si mettesse in pronto un convoglio , onde partire alla volta di Lione . Tutto ci faceva sicuri che i Prussiani non avrebbero riattaccato ; i nostri amici erano all ' avamposti ; pensammo bene di far loro una visita e intanto dare un ' occhiata al terreno , dove poche ore avanti erasi combattuta la sanguinosa battaglia , alla quale eravamo stati presenti . Qual tremando spettacolo non ci offersero quei campi ! Se io avessi la potenza descrittiva di poterli ritrarre al vero , farei inorridire i lettori ... fortuna che non l ' ho , e così risparmio loro un ' emozione ben cruda ! Il più sfegatato paladino della guerra , ammenoché non fosse un mostro , non avrebbe potuto fare a meno di fremere davanti a quella carneficina autorizzata dalle così dette gente civili . In qualche punto i cadaveri erano a strati ; pochi i nostri , moltissimi quelli Prussiani ; i Tedeschi si erano battuti come eroi ; nel posto dove fu rinvenuta la bandiera si contavano uno accanto all ' altro più di novanta cadaveri , tra i quali quello di un maggiore ; la prateria , la strada , i viottoli erano ingombri di elmi , di fucili , di sacchi ; ogni passo che noi si faceva eravamo sicuri d ' inciampare in un morto ... Quanta gioventù , quanta vita dileguata in un soffio ! ... Erano imberbi adolescenti , uomini tarchiati ; tutti avranno lasciato nelle proprie case una sposa , una moglie , una madre : queste povere donne ogni giorno saranno accorse al giungere della posta , avranno divorato coi baci le righe , che tra le fastidiose occupazioni del campo , scrivevano i loro cari : le avranno aspettate anche il domani quelle benedette righe , che loro facevano spuntare tra ciglio e ciglio una lacrima e l ' avranno aspettate invano , e invano anche domani , e così via di seguito per chi sa quanto tempo , eppoi finiranno col vestirsi a bruno , col piangere , col pregare , coll ' imprecare a chi ordinò , a chi volle , a chi fece la guerra : ma re Guglielmo sarà salutato imperator di Germania , ma Napoleone goderà in santa pace nei beati ozi di Londra i milioni carpiti alla disgraziatissima Francia ! Oh ! avessi avuto la virtù d ' Ezzecchiello ! Oh avessi potuto trasfondere la vita in quegli esanimi corpi ! ... Sorgete , avrei voluto gridare con voce tuonante , sorgete ed imprecate alle arpie coronate , ai potenti del mondo ; tornate nelle vostre città , nei vostri villaggi , nelle vostre famiglie , predicate che si ha da esser tutti fratelli , che non si deve sprecar più tanto coraggio per soddisfare l ' ambizione di quelli che ci opprimono , che si deve abolire il macello di creature innocenti , fatte apposta per amarsi tra loro , l ' une all ' altre simpatiche , perché legate dal santo vincolo della sventura ... Se Traupmann con otto omicidii fece rabbrividire tutto il mondo civile , perché si devono dar ghirlande d ' alloro a chi , a sangue freddo , ne fa sgozzar centomila ? E mi pareva difatti che quei morti si levassero giganti , e colle braccie poderose scaraventassero nel vano i tarlati troni delle tirannidi umane . Garibaldi traversò la via in carrozza con Canzio ; i due illustri e prodi soldati , arrivati che furono al punto di cui parlo , furono pur essi commossi : no ... non era soddisfazione , come dicevano alcuni , quella che brillava sui loro volto , io credo che fosse disgusto . Il guerriero è inesorabile , quando fischiano le palle , ma è commosso al vedere le prove di un valore , che il caso non ha compensato , ma che è innegabile . Poco distante lì avevan passata tutta la notte i Carabinieri Genovesi . Piccini ci accolse ridendo ... Oh ! la bella istoria che ho da contarvi ! - - Raccontacela . - In poche parole vi sbrigo ... vedete quella casetta ? ... Terminata la mia guardia sono andato lì per riposarmi ... ci erano tre Prussiani morti ed io mi sdraiai in mezzo a loro ; appena steso per terra , è inutile che vi dica , che attaccai un sonno birbone : mi ero addormentato di poco , quando mi parve sentirmi girellare d ' intorno , non mi volli scomodare a aprir gli occhi , e il calpestio , non che cessare , accresceva : una mano poco delicatamente si posò sul mio petto , mentre un ' altra si avvicinava con gran celerità alla mia tasca ; mi alzo allora , come di soprassalto e do un grand ' urlo : Chi è ? ... Non sono mica morto io , perché mi abbiate a frugare ! ... Un grido disperato e una fuga generale tenne dietro alle mie parole : seguii i fuggitivi e trovai due della mia compagnia che esercitavano questo mestiere proficuo sì , ma schifoso ... - E domandaste loro , se avevano trovato molta roba ? - Sì ... mi risposero anzi che tutti quelli che avevano frugato avevano in tasca la bibbia , e moltissimi la carta geografica . Era verità : nessun bass ' uffiziale era sprovveduto della carta di Francia : è così che si vincono le battaglie , e non come si fece nel beatissimo regno d ' Italia nella vergognosissima guerra del 66 , ove le carte non erano conosciute nemmeno di vista dai colonnelli di stato maggiore .. Dopo avere scambiato qualche altra parola partimmo dalle linee dei Genovesi e andammo per tornare a Digione : avevamo fatti appena pochi passi , che sentimmo dei gemiti poco distanti da noi : questi gemiti venivano da una specie di casaccia che era al principiar di una viottola : quella casaccia non doveva servire di abitazione ad alcuno , nemmeno in tempo di pace ; era bassa , piccola , e non aveva finestre . Il desiderio di giovare a qualcuno , l ' idea che forse si poteva trovare lì qualche amico , ci fecero entrare risolutamente in quella catapecchia . Sopra una barca di concio vedemmo all ' incerta luce che veniva dalla piccola porta , un ' involucro di carne ; da questo partivano i lamenti e , cosa strana , questi lamenti non ci parvero d ' uomo ; ma che lì dentro ci fosse una donna ? - accesi con mano tremante un fiammifero , mi appressai ... un urlo mi partì dalla strozza , il lume mi cadde di mano , chè io non poteva credere a ciò che mi si parava davanti ; era , purtroppo , una povera donna colei che si lamentava in tal guisa e in quella povera donna io riconobbi Aissa . - Aissa , Aissa - Le dissi e fui incapace di proferire altre parole . La moribonda mi guardò attentamente , direi quasi con ostinazione ; si pose una mano sul cuore , come per reprimerne i palpiti , stiè un poco senza articolare parole , poi faticosamente , senza riconoscermi , sussurrò a bassissima voce : portatemi fuori ! Interrogai con un ' occhiata i compagni ; vedendo com ' essi erano propensi ad esaudire quest ' ultimo voto di quella bella creatura , la presi amorevolmente pel capo , mentre gli altri adagino adagino la sollevarono pei piedi , e la deponemmo su di un praticello , dove l ' erbetta era tutta ingemmata dalle stille della mattiniera rugiada , e dove rimpercotevasi un vagabondo rAggio di sole , che si era fatto strada tra le nuvole che tutto ingombravano il cielo . Aissa era rimasta prostrata ; gli occhi le si erano chiusi ; come era bella ! ... Soffusa di un pallore che faceva apparire le di lei carni di cera ; coi magnifici capelli neri disciolti lungo le spalle , tu l ' avreste creduta l ' angelo della grazia e della bellezza , morto esso pure in tanto turbinio di barbarie ! Poco più sotto del cuore , uno straccio nell ' abito , delle goccie di sangue rappreso indicavano dove l ' avesse colpita il piombo nemico ! In quell ' istante la si sarebbe detta già morta , se un ' anelito frequente muovendo ad ogni poco il busto di lei non avesse ispirato la certezza , che ancora non si era dileguato il soffio animatore di quella materia . La discinsi ; feci portare da uno dei nostri dell ' acqua : con questa le bagnai ambe le teMpia , e poi colla faccia proprio sopra la sua , mi misi a spiare il momento , in cui ella sarebbe tornata ad essere in se . - Chiamino un medico ! ... Sentii esclamare una voce . - Bravo - Gridai io in tuono d ' assentimento , ma senza muovermi ... e uno in fretta e furia andò per il medico . L ' aria fresca rianimò la bella dolente ; Aissa aprì le sue luci ; girò lo sguardo per le circostanti campagne e addiventò pensierosa : in quel momento forse le tornarono in mente i molti fatti del lugubre dramma , a cui ella aveva assistito negli ultimi giorni , mi osservò lungamente , un sorriso sfiorò le di lei labbra sbiancate ... ella mi aveva riconosciuto . - Vedete se ho bene adempiuto alla promessa che io vi feci a Marsiglia . - Ma dove siete stata ferita ? - Qui ... - La rispose accennandomi , dove avevo veduto il sangue rappreso . - Ed è grave ? - Io credo che sia mortale ... lo spero Restai annichilito ; sperar nella morte in quell ' età , con quella bellezza , con quel carattere ardente e leggiero che tanto mi aveva sorpreso fino dal giorno che la conobbi ! ... Un fremito mi aveva invaso ogni fibra , volevo persuadermi di assistere ad una allucinazione mentale e avrei dato la mia vita , pur di non assistere a questo tristissimo episodio , che doveva avere lo scioglimento in faccia ai miei occhi . - A che mi guardate così stranamente ? - con voce sempre più tremula continuò la moribonda - Oh ! lo so cosa pensate tra voi ! ... Me lo immagino ... ma se sapeste , quanto mi sorride il lasciar questa vita , che mi opprime come la camicia di forza del galeotto ... - Oh ! quante volte ho proposto di farla finita per sempre e sul più bello mi è mancato il coraggio ! - Ma voi non morrete - Interruppi io - voi siete sul fiorire degli anni , siete robusta , la vostra ferita non è tanto grave ... - È mortale .. lo sento ! ... Non sprecate le vostre cure per me ... sentite ... là ... come urla quel povero soldato ferito ... vedete , scommetto che lui ha o una mamma , o una sposa ... allora si soffre a lasciare la terra , ma io ... io .. - Voi potrete trovar degli amici - Degli amici ? ! .. Ma dove ? .. Ma come ? .. Ma chi ? .. - Io per esempio ! - Voi traverserete il mare , tornerete in mezzo ai cari vostri , e presto , come tutti gli altri , vi dimenticherete di me ... Noi donne galanti , alla moda non sappiamo , non c ' immaginiamo neppure l ' amicizia ; l ' amicizia richiede del cuore e a noi ce l ' hanno strappato i signori di cui siamo i giocattoli . Chi ci ha mai inculcata la santa religione dell ' affetto , delle fede ? Chi ci ha mai rammentato di esser donne ? ripensando al passato una nube qualche volta passava sulle nostre fronti ... « Le vostre fronti son fatte per baci e per i diademi , » ci dicevano i felici del mondo , e a noi diamanti , abiti , ricchezze ... qualche volta la miseria degli altri ci strappava dal ciglio una lacrima . « i vostri occhi non son fatti per piangere , son fatti per brillare di voluttà e di piacere , » ci ripetevano i nostri adoratori e a noi le inebrianti emozioni dell ' orgia . L ' artigiano che ci disprezza perché colla prostituzione si ha quello che egli non giungerà mai ad aver col lavoro , ci addita alle sue figlie , come vampiri , come mostri e queste ci salutano colle loro fischiate ; i nostri protettori quando si son sbizzarriti con noi vanno a cercarne delle altre , noi ricorriamo a spese matte , a piaceri che abbruciano : i denari van via , e viene l ' età : la prima grinza fa fuggire l ' ultimo adoratore e ... e ... se non morissi qui , se continuassi a vivere , tra pochi anni , obliata da tutti , morirei nel fondo di uno spedale ... eccolo l ' avvenire di noi povere colpevoli coperte d ' oro e di gemme ! Fortuna che questa palla ha troncato tanta colpa e tanta miseria ! .. Ve lo ripeto , ve ne scongiuro .... andate a soccorrere quel povero soldato .... forse potrete risparmiare un gran dolore ad una povera madre , pensate alla vostra che ora prega per voi in Italia ... Oh se avanti di morire il Cielo volesse concedermi là santa voluttà di una lacrima ! Le mani d ' Aissa cominciavano ad agghiacciarsi , e posandosi sulle mie , mi producevano la medesima impressione , come quando si tocca una serpe . - Oh ! .. un tempo ... io ve lo voglio dire ... un tempo io non era cattiva ! - La proseguì con tuono più flebile - Amai troppo , credei troppo ... e ne ho scontato anche troppo la pena . Ah ! avessi dato retta alla mamma ... fatemi il piacere , levatemi dal seno , la crocellina che è attaccata a questo piccolo nastro . , ce la conservo da tanto tempo e quando i miei amanti ci ridevano sopra , io correva a nascondermi e la baciavo , la baciavo colle lacrime agli occhi e col cuore che mi si stringeva dalla pena ... vi raccomando di lasciarmela indosso anche quando sarò morta : è il più caro ricordo che io abbia ... l ' ebbi da lei , una sera , una bella sera di estate : eravamo sull ' aja , e ci era stato il prete a benedire il ricolto ; l ' immagine della madonna era illuminata , un ' andirivieni di lucciole faceva sembrare illuminate anche le siepi , i contadini cantavano le litanie , io accarezzavo il vecchio Bibi perché non abbaiasse ; la mamma , finita la preghiera , mi venne vicina , mi baciò e mi attaccò al collo questa crocetta ... da quella sera non lo ho più abbandonata e quando ero per darmi in braccio alla disperazione , quando dentro me meditavo qualche vendetta terribile , quando avevo commesso una colpa , guardavo quella crocetta e mi tornavano in mente l ' aja , il prete , le litanie , il vecchio Bibi , i bei tempi insomma in cui ero giovine , in cui ero buona , e vendetta , disperazione , come per incanto , sparivano , e le colpe mi sembravano meno gravi , perché mi sembrava vedere la mamma che pregava per me , che sorridente additavami il cielo ... quel cielo che si acquista soltanto coll ' espiazione , e colle sofferenze . Lo spirito che aveva animato quella donna a proferire il lungo discorso , via via che la parlava sembrava che l ' abbandonasse ; l ' affievolita voce , il faticoso respiro che aveva preso tutte le parvenze del rantolo mi convinsero che ormai niente vi era da sperare , che oramai gli istanti di quella vaga creatura erano contati ! La squilla della vicina parrocchia di Fontain si fè modestamente sentire ; i tocchi di quella campana mi scesero in cuore mesti , siccome la preghiera pei moribondi : traversò il viottolo a noi vicino una vecchia cenciosa che portava per mano un ragazzo ... - Nonna - disse quest ' ultimo - cosa fa tutta quella gente sdraiata ? - Povero bimbo - rispose la vecchia - quelli che vedi son morti - E non si risveglieranno mai ... mai più ? ... Mai più ! Il bambino chinò gli occhi e poi si rimpiattò nel fossato ... intanto uno stormo di corvi volteggiò intorno a noi ! ... la nonna si mise in ginocchio e pregò : il fanciullo urlava e piangeva ! Uu prete col brevario sotto il braccio si avvicinò , quasi pauroso , alla moribonda : io gli additai la crocellina che essa si era portata alle labbra , egli se ne andò , al soldato che era per morire poco distante da noi , ed intuonò ad alta voce le preci dei moribondi . Cessa , o prete , dalla stolta cantilena ; tu per il primo , dando un ' occhiata all ' intorno , devi convincerti di quanto le tue preci sono bugiarde ! Se fossevi un Dio , potrebbe egli permettere un tanto massacro ? ... È vero che voi , sacerdoti l ' avete chiamato Sabbaot , il Dio degli eserciti e delle battaglie ; è vero che a lui in altri tempi avete offerte vittime umane ; è vero che nel suo santo nome avete fatto sgozzare dai vostri sicari le donne e i fanciulli a Perugia , i giovani generosi a Mentana , i padri di famiglia nelle mura stesse di Roma ; ma è vero puranche che i popoli hanno pieno diritto d ' odiarlo e d ' abbatterlo , schifati alla idea delle carneficine che voi avete perpetrato nel nome di lui , schifati all ' idea del privilegio e della rapina che avete benedetto , e resi sacri sotto la protezione di questa divinità , che , onnipotente , avrebbe creato il male . O prete , se tu fossi convinto , agiresti in altra maniera : cessa adunque dall ' ipocrita prece : noi , come te , non crediamo al tuo Dio ! Gli stormi dei corvi raddoppiavano ; la nebbia sollevandosi a poco a poco dall ' estreme linee di quell ' estesa pianura aveva offuscato il sole e i grandi alberi della strada maestra in quell ' incerto barlume sembravano giganti che osservassero con fiero cipiglio quella scena d ' orrore : dei carrettoni traversavano innanzi a noi , come una triste visione di mente impaurita ; questi carrettoni erano colmi di cadaveri e i carrettieri , sferzando i cavalli , fischiettavano le ariette dei villaggi natii ; ogni tanto qualche lurida faccia , tale da farti ribrezzo solamente a pensarci , appariva in mezzo ai solchi , nei cespugli , tra le siepi , disopra al ciglione dei fossi , che non pochi erano quelli che giravano per frugare i cadaveri . Aissa mi strinse forte forte la mano ; parve che a furia di baci volesse divorare la crocellina : si sforzò di richiamare sulle labbra un sorriso e gli occhi invece le si empirono di lacrime , proferì mestamente : a rivederci , chinò il capo , sembrò addormentarsi , e si addormentò difatti per non destarsi mai più . Il bambino si era fatto animo , era saltato dal fosso ed era venuto a vederla , la volle toccare con infantile curiosità ; la sentì fredda come una pietra , e rimase impietrito ; il prete e la vecchia continuavano a biascicare orazioni , e i corvi si erano tanto a noi avvicinati da sfiorarci il capo con le nerissime ali . Nello stesso tempo esalava l ' estremo respiro il soldato vicino , susurrando a fior di labbra il gentil nome di Greetchein . Greetchein ! ... Mi passò innanzi alla mente la poetica creazione di Göethe e vidi in un remoto abituro una bionda fanciulla che in quel momento fissando il cielo , pregava per l ' amico lontano e che già pregustava le gioie inenarrabili di un sospirato ritorno , che l ' affetto immenso di vergine suole ispirare fiducia ; l ' amico lontano muore invece esecrato da tutti ; muore in terra straniera , in terra che egli calpestò vincitore e su cui battè prepotentemente la sciabola ; muore proferendo il nome di lei , senza che alcuno possa portarle questa notizia , che le sarebbe non lieve conforto nelle future afflizioni . Vestiti a bruno , o bionda fanciulla , ed impara ad esecrare i tiranni : vestiti a bruno e grida insieme con me : Maledetta la guerra ! Come erano belli quei due cadaveri ! ... Tutti e due erano morti , ispirandosi a reminiscenze soavi ... tutti e due assorti nell ' ideale sorridendo eran morti ! ... Io correva dall ' uno all ' altro , mi chinavo su loro , li contemplavo , avrei voluto trasfondere nel suo corpo il mio spirito vitale onde di nuovo animare tanta gioventù , tanta forza , tanta bellezza ... mi sembrava che il cervello avesse a darmi volta : i miei compagni mi trascinaron via a forza dal triste spettacolo : quando rinvenni dallo stupore aveva fatto più che mezza strada per arrivare a Digione . La febbre mi aveva occupato tutte le membra . - Và a letto - Mi dissero . - Sì - Risposi , deciso di dare ascolto a un tal consiglio e lasciai gli amici . Arrivato appena in città trovai alla porta del quartier generale Materassi , Piccini e alcuni altri . - Vieni con noi - Mi dissero . - E dove ? - Si va a vedere i morti che hanno già portato in città … chi sa che non rinveniamo , il cadavere di qualche amico , di qualche conoscente . Quantunque la scena a cui ci si preparava ad assistere offrisse una prospettiva tutt ' altro che ridente in special modo per un ' ammalato , come ero io , un po ' per bruttissima curiosità ( ripeto ai lettori che io non bramo di farmi meglio di quello che sono ) un po ' per non sembrare da meno degli altri , un po ' per una vaga speranza di ritrovar forse una memoria da consegnare ai parenti lontani di qualche estinto , seguii la comitiva che si accingeva a questa visita lugubre . Durante il tragitto , mi fu raccontata la storia luttuosissima del capitano dei Franchi Tiratori , rinvenuto cadavere e tutto bruciato nel castello di Poully . Garibaldi aveva ordinato un inchiesta su tale nuova barbarie : io qui non voglio discutere , nè avrei dati bastanti per farlo , se sieno o no vere le spiegazioni , che pretese dare il Governo Prussiano con una nota pubblicata su quasi tutti i giornali del mondo : quello che è certo si è che l ' ufficiale aveva le mani legate , che covoni di paglia già incendiati erano a poca distanza da lui e che l ' infelice , come ben si può osservare dalla fotografia , era tutto coperto d ' ustioni , all ' infuori del capo . Con ciò non intendo lanciare un ' accusa generale a tutto il popolo Germanico ; il soldato abbrutito nella caserma , a qualunque nazione appartenga , spesso e volentieri cessa di essere un uomo per addiventare la belva la più sanguinaria . Passata di poco la porta Sant ' Apollinare , avanti di giungere alla barriera vi è il convento dei Cappucini : ivi erano stati messi i cadaveri , forse perchè si potessero riconoscere a bell ' agio dagli amici . Prima d ' entrare la nostra vista fu dolorosamente colpita da due carrettoni , zeppi di morti Prussiani ; quale di questi ciondolava una gamba , quale una mano ; l ' insieme ti offriva l ' idea di una gran montagna di carne ; il pavimento era tutto cosperso di sangue , che alcune ferite tuttora gocciavano . Entrammo in una piccola stanza ; sopra due tavoloni erano stesi una ventina di Garibaldini , tutti privi di vita ; tra questi lo Squaglia , sorridente come vivesse tuttora ; la maggior parte mancava di qualchecosa di vestiario : gli avvoltoi della gloria , avevano , come pocofà si è veduto , fatto man bassa sulle più piccole inezie , purché vi fosse da ricavar qualche soldo . Noi procedevamo in silenzio : solo il Piccini , incaponito di ritrovare il Rossi , esaminava ad uno ad uno i cadaveri , passava per far più presto disopra alle tavole , sempre con viso imperturabile , e con un sangue freddo da essere ammirato . La seconda stanza era grandissima : avrà contenuto più di settanta morti , disposti non colla medesima precisione di quelli che giacevano nella prima ; qui vi erano Guardie Mobili , Franchi Tiratori , Garibaldini ed anche qualche Prussiano : vedemmo tra gli altri il povero Pastoris col cranio tutto fracassato ; il prode maggiore era stato spogliato fino della camicia ; questa profanazione mi fece ribrezzo , e aggiunta al desolante spettacolo a cui fino dal primo mattino assistevo , ebbe potenza di farmi rinforzare la febbre , che credevo di aver fugata ; frequenti brividi lungo le reni , mi rendevano omai più che certo di questa nuova peripezia che veniva a conturbarmi . Ci fu impossibile ritrovare il Rossi ; domandammo schiarimenti ai guardiani e questi ci risposero che forse la salma del nostro amico doveva essere nella stanza di quelli che erano morti di vaiolo . Avanti di partire non potei fare a meno di rivolgere uno sguardo a tutta quella gioventù , che si era dileguata come una meteora nel cielo ; un raggio di gloria , uno sprazzo di luce eppoi il nulla . Quante illusioni , quante speranze , quanti pensieri non si erano spenti , per sempre in quella clade sanguinosissima ! Chi sa che tra quelli non vi fosse uno nato a creare qualche nuovo ordinamento sociale , e che invece finirà per procreare un cavolo , una pianta d ' ortica ? Felice lui ! che , se grande fosse riuscito realmente , avrebbe imprecato alla vita , angariato dai ghigni e dalle calunnie dei contemporanei . Quante madri , quante sorelle abbrunate - pensavo dentro di me e continuando a guardare i cadaveri , sentivo commuovermi non tanto per loro , quanto per le care persone che avevano lasciato . La democrazia Italiana , credo bene ripeterlo , ha lasciato un degno e glorioso contingente sui campi di Francia ; la democrazia Italiana , come sempre , anche nel 1871 ha immolato al principio repubblicano , i cuori più giovani ed entusiasti , le immaginazioni più fervide , le intelligenze più belle . Una pleiade di generosi scompare ogni volta che la coscienza dell ' umanità si risveglia , ogni volta che si traducono in atto le sante credenze , le così dette utopie dei pochi ispirati che ci han preceduto : solo col sangue rinvigoriscono le idee . E sangue di eroi onorò le strade ed i campi dell ' ubertosa Borgogna , e una pleiade di magnanimi figli d ' Italia scomparve , lasciando di se imperituro ricordo in chiunque abbia il core informato al gentil culto delle azioni generose . Perla , Pastoris , Settignani , Cavallotti , Ferraris , Gnecco , Imbriani , Zauli , Salomoni , Canovi , Zerbini , Anzillotti , Caimi , Ricci , Giordano , Valduta , Resegotti ... dall ' Alpi all ' estrema Sicilia la calunniata Penisola ebbe un figlio , per ogni città , per ogni paese , da offrire in olocausto al sacrosanto principio . Firenze ebbe nove morti : Rossi , Squaglia , Viti , Aterini , Carli , Pini , Scali , Cortopassi e Signorini ; la vicina Pistoia su sette volontarii ebbe a piangerne quattro : Biechi , Ferrarini , Bongi e Lanciotti . Se io avessi appunti precisi , vorrei citar tutti i martiri , e ben si avvedrebbero gli odierni politicanti di Francia , i generali famosi , allora rincatucciati per la paura , e in oggi spavaldi , ben si avvedrebbero , dico , che l ' italiana democrazia non mancò al proprio dovere e che , superando ostacoli a lei frapposti dalla mancanza di mezzi e dalla vigilanza la più sospettosa del timido governo del re , corse volenterosa all ' appello . Ed i Digionesi con quel buon senso che suol distinguere i popoli , non tardarono a esserne più che convinti ed a dimostrarcelo con ripetuti segni di sincera affezione . Nel ridurmi a casa difatti ebbi la prova più luminosa della fiducia generale che si nutriva in Garibaldi ed in noi ; dappertutto non si faceva che domandar notìzie e porgere elogi all ' eroico Ricciotti e alla sua valorosa brigata ; i nomi di Menotti , di Canzio volavano accompagnati da lodi , per tutte le bocche ; e le donne con quel sentimento gentile , che ci rende caramente diletto quel sesso che , sembra , esser stato messo quaggiù per asciugare le lacrime e per darci un pietoso conforto in mezzo alle disillusioni e all ' affanni , accoppiavano a questi nomi , omai resi gloriosi , quello non meno caro , quantunque modesto , di Teresita . È stato detto che la superstizione è la poesia dell ' ignoranza : io , quando vidi in capo alla strada , dove abitavo , le donne affollarsi a pregare davanti a un ' immagine , per Garibaldi , per noi , per la Francia , aspirai tutto il profumo di questa ingenua poesia , e rimasi a contemplare estatico quel gruppo , che avrebbe offerto a un pittore un ' invidiabile quadretto di genere , e che a me offriva un certo tal qual refrigerio di cui non so farmi ragione . Il male però progrediva spaventosamente : mi martellavano le tempie ; avevo perduto la voce , le gambe mi reggevano appena . Passando dalla bottega della tabaccaia , vi entrai , e mi buttai rifinito su di una seggiola . La graziosa fanciulla , affidata alle cure della bottegaia , si svestiva in quel mentre della sua cappa di appartenente all ' ambulanza ; aveva già visitato tutti gli ospedali della città , aveva già fatto amicizia con tutti i feriti Prussiani : mi disse tutto questo d ' un fiato , senza che la potessi interrompere ; quando io cominciai a parlare , la buona ragazza sentendo la mìa voce roca , esaminandomi fissamente nel volto , con tono affettuoso mi disse : Ma voi avete bisogno delle mie cure ... voi siete malato . - Che ... non è nulla ! - Oh voi dovete curarvi ... andare a letto ! - Vi pare ... qui ... in faccia al nemico ... - Il nemico ha di catti a rifarsi di forze , e credo che non avrà intenzione di riattaccare . - Ammettiamolo pure : Ma che vorreste ... che io passassi uno , due , forse tre giorni solo , come un cane ? ... - Siete ingiusto ... voi dimenticate gli amici ... - Son tutti occupati ... - E ... le amiche ? Ficcandomi gli occhi negli occhi proferì la ragazza . - Le amiche ! - Sì andate ed ei vi prometto di venirvi a far visita , di passare la maggior parte della giornata da voi . - Davvero ? - Sul mio onore ... via , via andate ... non fate il bambino ... il vostro sarebbe un eroismo inutile ... - E tanti altri bei discorsi , che uniti al male che mi sentivo in dosso , e alla voglia di aver dei colloqui intimi con quella gentile infermiera , di cui avevo imparato ad ammirare il carattere , mi persuasero a cacciarmi nel letto , deciso però di non badare a prescrizione veruna del medico , o di chicchessia , qualora avessi udito suonare a raccolta le trombe , o tuonare il cannone . Dopo poco ero a letto ; a letto , con una tazza di tisana a me vicina sul comodino , apprestatami dalla mia gentilissima ospite . CAPITOLO XVIII . Se il trovarsi ammalato lontano dai suoi , in terra dove siamo sconosciuti , nella solitudine , che , a detta di Pascal , fa giocare persino alle carte con se medesimi , in generale è una disgrazia , godo nel dire che io feci eccezione alla regola . La solitudine che io temeva , non l ' ebbi a provare che in qualche momento , gentili premure , assistenza più che fraterna , riguardi inconcepibili non mi fecer difetto ed io serberò riconoscenza indelebile per le generose creature che , ispirandosi al santo amor della patria e dell ' umanità , con le loro attenzioni resero meno tristi le travagliate ore di un povero malato . Se questi miei ricordi varcassero le Alpi , io l ' avrei caro soltanto per mostrare ai miei pietosi assistenti che sotto la camicia Rossa del Garibaldino non batte il cuore di un ingrato , ma che , finché campa , egli serba una soave reminiscenza di chi gli fece del bene . Appena da un ' ora ero in letto , quando capitò la mia vaga vicina in perfetto abbigliamento da infermiera : andò al camminetto , attizzò il fuoco e mi preparò della nuova tisana ; poi mi disse che più tardi avrebbe portato anche il medico , e cominciò a tirar fuori boccette d ' essenze , scatole di pasticche e , quel che più m ' importava dei libri ... e che libri ! ... Le poesie di Alfredo di Musset e un paio di romanzi di Walter Scott ; un libro è un grande amico nella solitudine ed io salutai quei libri con la medesima gioia con cui si salutano gli amici più cari . Per quella sera però non potei leggere : le palpebre mi si erano appesantite : un sonno profondo , prodotto dalle febbre , mi rese inerte durante tutta la notte . Al mattino stavo un pò meglio ; pregai Materassi e Bocconi che stavano di casa con me di tenermi informato a puntino di quanto sarebbe successo , e di non por tempo in mezzo per venire a avvisarmi , se vi fosse stata la probabilità di un nuovo attacco . Cosa d ' altronde poco probabile , chè i Prussiani ne avevano buscate anche troppe ! Erano trascorse due ore buone e nessuna notizia erami per anco arrivata : io tentava , per passare il tempo di legger qualchecosa , ma , quantunque ciò che leggevo fosse bellissimo , il mio pensiero volava lontano lontano , nientemeno che fino a Firenze . I miei occhi percorrevano macchinalmente quelle linee stampate , le mie mani sempre macchinalmente sfogliavano quelle pagine , ma io non mi occupava per nulla di ciò che credevo leggere , che anzi leggevo di certo . Pensavo alla mia povera mamma già morta : chi le avesse detto , quando proibiva al bambino di correre , di pigliar fresco , di saltare , chi l ' avesse detto che il bambino diventato uomo , si avesse a trovare nella situazione nella quale mi trovavo io in quel momento ? ... Povere mamme ... povere le vostre cure ! ... sarà una stranezza la mia : ammiro la donna spartana , ma anco molto di più la povera vecchia che , da vera bacchettona , si strascina a malapena a un ' altare , onde implorar dal Cielo che mai certe ideacce frullino nella mente di quel figliuolo , a cui vol tanto bene ... Eppoi la solitudine mi spaventava . - O cosa fanno tutti i miei amici ? .. Perche non vengono ? ... E se si battessero ? ... Oh così la non può durare ... oh ! molto meglio una palla e farla finita per sempre ! ... Fu bussato dolcemente alla porta . Quale non fu la mia sorpresa , quando , dopo aver detto : entrate , io vidi comparire in compagnia della vecchia padrona , due graziose figurine , di donna degne proprio dell ' elegante pennello dell ' ispirato Wattau . Le principesse invisibili si erano finalmente degnate di scendere dall ' Olimpo per visitare un mortale ... quelle due signorine erano le figlie del proprietario del nostro ricco palazzo : le medesime , per veder le quali avevamo tanto almanaccato nelle molte ore d ' ozio che avevano preceduto le tre giornate di combattimento . La fama questa volta non era bugiarda ; vi assicuro che erano proprio carine ; modeste , educate , geniali ... tanta fu la mia sorpresa che non sapevo cosa dire , e sul primo devo aver fatto la figura del collegiale più candido che sia mai scappato dall ' unghie dei reverendissimi maestri . Si trattennero una mezzora ; dissero , secondo il solito , ira di Dio dei Prussiani , canzonarono i moblots inalzarono al cielo i Garibaldini ; parlarono dell ' Italia e del desiderio intensissimo che aveano di vederla , mi fecero con mille moine trangugiare altri due bicchieri di tisana , e protestando di non volere più oltre importunarmi , si accomiatarono , promettendomi di tornar la sera a farmi visita . Ero tutt ' ora sotto la dolce impressione di questa visita inaspettata , quando con strepito immenso entrò Materassi , seguito da uno sciame di Guide . - Notizie ? - Domandai subitamente . - Nessuna . - La cronaca del giorno ? - Ah ... La Corte Marziale ha condannato a dodici anni di galera una guardia mobile che non ha voluto ricevere un ' ordine dal suo tenente . - Hai detto una guardia mobile ? - Benissimo ! ... Meglio in galera che averli tra i piedi ! - Approvato - Urlarono tutti . - Di più - Continuò il Materassi - Sembra che i Prussiani marcino su Dòle ... tentando così di prenderci in mezzo ... - O di avere altre briscole ! - Speriamo che debba succeder così ! Del resto per oggi puoi restar tranquillamente a letto ; da tutti i lati della città per ben molte miglia è impossibile rintracciare un Tedesco , e noi siamo venuti qui per far l ' ora di andare al trasporto di Ferraris ... credi che per oggi non ci è timore di alcuna cosa ! ... Dopo poco entrarono in camera mio fratello , i due Piccini e vari altri ; si poteva creder benissimo di essere in una caserma ; per ammazzare il tempo vari si posero a giocare alle carte : alcuni altri chiesero aiuto alle muse , e si misero a sciorinare ottave , sonetti , rispetti con una facilità più che Arcadica . Fra le altre birbonate , sentii un rispetto non molto bruttaccio , e lo regalo ai lettori , se non altro onde mostrare che a tu per tu colla morte , colla corte Marziale , e col linguaggio barbino dei superiori e dei regolamenti , qualcuno alla meglio o alla peggio trovava il momento di dedicarsi alle arti gentili . Il rispetto era dedicato ai Franchi Tiratori , a questi Beniamini della situazione . Eccolo : « Son della patria un Franco tiratore E vo pei monti a caccia dei Prussiani : Amor mi spinge contro all ' oppressore , Amor dei cari miei , che or son lontani : Tra il fragor dei fucili e del cannone , Siccome a nozze , corro alla tenzone : Venga l ' Ulano dall ' acuta lancia ... Io non ritiro il piè ... Viva la Francia ! Vengan di Prussia i difensor più saldi ... Io qui l ' attendo ... Evviva Garibaldi ! » Ogni tanto la padrona di casa , veniva a pigliar mie notizie , dava un ' occhiata a quei gruppi e se ne andava proferendo con amabil sorriso : Oh les braves garcons ! L ' ora di assistere alla cerimonia pietosa in onore del compianto Ferraris si avvicinava a gran passi , e i miei amici mi lasciaron solo di nuovo : questa partenza che lì per lì mi uggiva non poco , doveva procacciarmi un paio d ' ore di felicità , se almeno la felicità si valuta dalla maggiore o minor prestezza con la quale volan gli istanti ... quelle due ore mi sembrarono infatti appena un minuto , ed eccone la ragione . Leggevo con più attenzione del solito una delle più bella poesie del Musset , poesia un po ' materialista , se vogliamo , ma non per questo meno ispirata ; il fino contorno di una gamba elegante , ed il piccolo piede di una figlia d ' Eva , attraente come la colpa , erano ivi tratteggiate con una finezza indicibile dal poeta più simpatico della Francia moderna : il mio pensiero vagava per orizzonti tutt ' altro che Platonici e la mia immaginazione esaltata riandava i bei piedini ed i fini contorni di certe gambe , che lo zeffiro compiacente come un ufficiale d ' ordinanza di un re , tante volte aveva svelato al povero bohème che dalla porta di un caffè vede a trasvolarsi davanti , come una visione , le belle del mondo privilegiato . Leggera quasi farfalla , senza che io la veda , si è avvicinata al mio letto la gentile infermiera , la pietosa visitatrice di tutte le ambulanze : Essa mi guarda in silenzio ; alla mia volta io la guardo e sto zitto . Per cotesto , si principia benino ! Finalmente lei rompe il ghiaccio , e colla sua vocina simpatica la comincia : Non ho potuto portare il medico , come vi avevo promesso . - Non importa ... - Vi sentite meglio ? - Tanto meglio che domani mattina esco di casa . - Voi non commetterete questa pazzia ! Ve lo proibisco in nome di vostra madre ... pensate alla povera donna che forse vi aspetta ... - Mia madre è morta ! Proferisco un po ' commosso all ' evocazione di tale ricordo .. - A vostro padre ... - Continua più affettuosamente la cara fanciulla . - È morto ! - Replico in tuono brusco - Dunque siete orfano ? .. - Purtroppo ! - Avrete una bella però ? ... confessatelo ? - No . - È impossibile ! - Ve lo garantisco . Osservo che la mia interlocutrice arrossisce molto facilmente ed ha un nasino rétroussé graziosissimo . Altri due minuti di silenzio . - Ebbene vi farò da sorella . Come vi chiamate ? - Ettore .. e voi ? - Luisa ! - Ho appunto una sorella che si chiama come voi . - Benissimo ! .. Allora ci faremo confidenze reciproche . - Va bene ? - A meraviglia ! Cominciate voi , che mi avete fatto tante domande e rispondetemi a tuono ... E voi ... ? Non mi azzardo a continuare , ma l ' altra capisce alla prima e volendo soddisfare a quel sentimento di vanità , prerogativa del sesso debole in generale e delle Francesi in particolare , si affretta a rispondermi : Ah ! .. Io appena sarà finita la guerra ho da essere sposa .. - E chi è il fortunato ? .. - È ... Ve lo do a indovinare tra mille ... - Non saprei ... qui non conosco nessuno . - È nientemeno che un ufficiale Badese . - Un vostro nemico ? - Io non ho alcun nemico . - Ma ... che so io ... un oppressore . - Che ci han che fare quei poveri diavoli ! .. Oh ! sentiste come la pensa anche lui ! ... scommetto , che se vi avvicinaste , in pochissimo tempo diventereste amici del cuore . È tanto buono , è così generoso ! - Sarà .. ma dove l ' avete conosciuto ? - Qui all ' epoca dell ' occupazione : egli mi chiese in tutte le regole ed io acconsentii . Cosa strana , egoistica , tutto quel che volete ! Io non sentivo nulla per quella donna , ma provai dispetto ad udir quella confessione , che così ingenuamente venivami fatta : per cui non potei fare a meno di diventar brusco ; Luisa se ne avvide e per placarmi si chinò su me e le di lei labbra sfioraron le mie ; non l ' avesse mai fatto ! .. un fuoco di fila di baci , tutt ' altro che fraterni , echeggiò sotto il padiglione nuziale che adornava il mio letto . Povero ufficiale Badese , io mi prevaleva un po ' troppo dei diritti del vincitore , ma ora ti auguro un brevetto di colonnello , una croce dell ' aquila nera , un ' eredità di un mezzo milione , purché tu renda felice la mia assidua assistente ! Era tanto carina , quando partì , imbacuccata nel suo water - proof ! Giunta alla porta tornò indietro , si levò di tasca una medaglina , me l ' attaccò al collo ... io la lasciai fare : era una medaglia della vergine madre ... oh ! religione ! ... Eppure non ho mai abbandonato quel microscopico pezzetto d ' argento : non fremano i liberi pensatori : io tengo molto alla religione ... dei gentili ricordi ! Partita lei , tornarono le padroncine e insieme alla vecchia vollero servire il mio desinare da ammalato : le più squisite galanterie , che l ' arte e l ' umana ghiottoneria hanno inventato pei convalescenti , mi si portarono davanti ; a siffatta gentilezza , a vedere intorno a me le due creaturine che sembravano angeli , mi vennero le lacrime agli occhi . Gli spiriti forti hanno poco da ridere : Campanella , il quale non era certo un debole nè una donnicciola , rifugiatosi a Marsiglia per sfuggire alle persecuzioni ha confessato di aver sostenuto a ciglio asciutto prigionia e tortura e di aver pianto sperimentando l ' opera benefica dell ' illustre Pereiscius che l ' ospitò : ed io che avevo non un Pereiscius , ma delle donne e molto belline , per ospiti e che ancora non ho provato torture , potevo piangere come il celebre perseguitato dalla Corte di Roma . « Cosa bella e mortal passa e non dura » . La campana dei vespri mi rapì la genial compagnia : in quella famiglia erano religiosissimi , come in quasi tutte le famiglie delle classi aristocratiche e borghesi di Francia . Mai ho maledetto San Paolino di Nola e la sua sconsacrata invenzione delle campane , come lo feci in quella sera . E a rincarar la dose del mio malumore , capitarono gli amici . Avevano accompagnato la salma del Ferraris , ma , colla teorica degli antichi Romani , dopo i funerali erano andati alle mense , e ciò si vedeva chiaramente dalle accese loro fisonomie , dal lor modo di muovere i passi . Il Piccini entrò traballando , e parlando un francese che non si capiva nè da Italiani nè da Francesi : ogni poco interrompeva il bisticcio per vociare : le saucisson de Lyon ... en avant Garibaldiens ... Cosa credeva di dire , non giungemmo mai a capirlo nemmeno da lui ! ... Il Dio Bacco l ' aveva inalzato , a dir poco , alla ventesima potenza dell ' ebrietà , e quando si mise a sedere attaccò un tal sonno , che per portarlo via ci vollero persino dei pugni . Giunsi a comprendere in tanto baccano che il funebre trasporto era stato imponentissimo e che Canzio aveva proferito generose e ben degne parole sulla tomba del figlio prediletto della democrazia Torinese . Dopo aver rimesso un polmone , o poco meno , per mandar via di camera tutti quegli indiavolati mi addormentai saporitamente ... Con poche ore di riguardo e di calma il mio male era passato . CAPITOLO XIX . Non ascoltando i consigli degli amici , io me ne andai il giorno dipoi , secondo il solito , al quartiere , e secondo il solito , non vi rinvenni alcuno . Facendo necessità virtù , mi misi a girellar per la piazza , molto più deserta dell ' ordinario . I volontarii erano stanchi e dopo essersi battuti , come leoni sul campo , avevano anche ragione , se voleano riposarsi : si sapeva che i nostri esploratori erano giunti fino a Messigny senza rintracciare il più piccolo vestigio dell ' inimico , e il Garibaldino ha un ' avversione pronuziatissima per far l ' eroe per chiassata . Tutti coloro che han fegato sono scansafatiche per eccellenza : può sembrare alla prima un ' assurdo , ma ho provato che è vero . Dopo poco rintoppai il nostro tenente Ricci , che aveva domicilio e stanza d ' ordini su quella piazza . - Il generale è contentissimo di voi - Mi disse con la soddisfazione sul volto - Dovreste fare un ordin del giorno ? - Chi ? ... io ? - No ... Miquelf ... - O non sei tu il comandante il deposito ? - Che deposito d ' Egitto ! - e qui una bestemmia in Romagnolo - io non ne voglio saper nulla ... che faccia lui , che sa tutto - e qui una litania d ' improperi alle spalle del sottotenente . Era sempre così ; una lotta continua , un ricambiarsi perpetuo d ' impertinenze , che ci facevano godere amenissime scene : Miquelf non sapeva l ' Italiano , il Ricci non conosceva neanche di vista il Francese , per cui noi si rideva e le cose del deposito andavano a vanvera . Dopo essermi assicurato che nulla di nuovo eravi al quartier generale , lasciai il mio tenente , e presi la Rue Condè . Vidi alle cantonate delle città una nuova sentenza della corte marziale ; questo tribunale , istituito dal dittatore Gambetta , continuava a terrorizzare l ' esercito , e solo , mercè l ' influenza benigna di Garibaldi , ora si addimostrava assai più benevole di quando fu impiantato ; sul principio non erano che sentenze di morte : per il nonnulla più piccolo non si esitava a decretare la fucilazione di un soldato : in Autun fu ucciso perfino un volontario , che , affamato , aveva rubato una gallina ... A Digione per colpe così gravi , ci si contentava di mandar l ' uomo in galera ! Lo spirito bizzarro dei Garibaldini però aveva ridotto a materia di scherzo questo tribunale il cui nome faceva venir la pelle d ' oca ai birbanti . Il gran giudice veniva chiamato Bertoldino : il codazzo dei sommi consulenti erano additati come le comparse della giustizia , o come le guardie di sicurezza della libertà . Guardia di sicurezza nel linguaggio di uno scavezzacollo significa , un animale irragionevole che ha del pagliaccio e delle birbante , del coniglio e dell ' uccello da preda , sempre ridicolo e spregevole specialmente poi quando vuol fare l ' eroe . Leggevo la sentenza , quando mi sentii battere sulla spalla e vidi Tito Strocchi con un berrettino da sottotenente . - Mi rallegro ! - Esclamai , stringendogli la mano . - Cosa vuoi ? ! Bisogna rassegnarsi : con questo alluvione di gradi non ci è ombrello che tenga . - Ma tu te lo meriti - Interruppi io , volendo far rimarcare all ' amico la sua troppa modestia - Ti hanno promosso per il tuo contegno del ventitrè ? - Sì ... anzi volevano in tutti i modi portarmi da Garibaldi , ma io mi vergogno . O anima eccezionale ! ... O vera mosca bianca in quel turbinio di ambiziosi sfacciati ! ... Il vero merito è modesto , ed è abbastanza soddisfatto dalle voce della coscienza . Battano pur la gran cassa i ciarlatani e gli eroi di professione , facciano pubblicare ai quattro venti le loro mirabili gesta , chi ha fatto realmente il proprio dovere non si cura se l ' opinione pubblica fischi od applauda , troppo è convinto che quest ' opinione ha avuto sempre un ghigno per il grande , una lode e un ' applauso pel miserabile . Digione era allegra : un ' insolito viavai di gente percorreva le strade : le donne venivano sull ' uscio delle botteghe per vederci passare e tutte avevano un sorriso , un complimento per noi ... per niente non avevamo debellato i più celebri soldati della Pomerania ! ... Oh ! giorni ! ... O dolcezze perdute , o memorie ! ... Dirò con quel povero Renato così tradito dalla moglie e da Piave ! Vicino alle caserme osservai un ' affaccendarsi e un movimento indicibile . Si temeva forse che i Prussiani ci riattaccassero ? Nemmeno per sogno ! Si trattava di armare tutti i soldati , a qualunque corpo appartenessero , colle carabine Remington e in quell ' ora appunto si distribuivano quest ' armi . Questo provvedimento fu commendevolissimo : con tante specie di fucili , così differenti tra loro il provveder le cartucce per tutti , era una cosa assai malagevole : di più , mi pare averlo detto altra volta , le carabine Wincester esigevano una pratica d ' armi , una avvedutezza in chi le possedeva , come non si può che raramente trovare in un corpo di giovinetti , la maggior parte dei quali è inesperta al maneggio delle armi ; nè minori cure esigevano le Spencer , per cui si trovò nei combattimenti chi dopo tre o quattro colpi si ridusse all ' impossibilità di tirare . Il Remington non offre difficoltà alcuna , nè alcun pericolo in chi lo maneggia . Il provvedimento adunque fu magnifico : peccato che fosse preso , quando , pur troppo , non aveva ad esservi alcun bisogno di armi . È una cosa buffa : Mi rammento che anche in Tirolo si cominciò a cambiare gli schioppettoni dei volontarii in buone carabine di precisione , quando era già segnato l ' armistizio . Son le solite cose che toccano a quel povero uomo di Garibaldi . Al quartier generale mi si notifica che dopo tre giorni è stato rinvenuto il cadavere del prode Bossak , e che gli si apprestano funerali solenni : non funerali preteschi , veli , che di tali sciocchezze all ' armata dei Vosgi non se ne facevano di certo , ma invece un ' accompagnatura con tutta la pompa che si conviene ad un generale morto in battaglia . Al quartier generale saluto affettuosamente il capitano Bacherucci , il cui battaglione della legione Barelli , si è coperto di gloria a Talant , sostenendo sulle prime ore della sera l ' urto formidabile degli irrompenti battaglioni Prussiani e scaricando fino all ' ultimo colpo : fa parte di quel battaglione anche il capitano Romanelli d ' Arezzo , giovine veterano della guerra dell ' Indipendenza , e patriotta di tempra Spartana ; è l ' uomo più piccolo dell ' armata dei Vosgi , ma forse dei più grandi per coraggio : mi dicono che in faccia al fuoco ha voltato il cappotto dalla parte della fodera rossa ed in tal modo ha sostenuto per più di mezz ' ora l ' ostinato fuoco di fila delle compagnie nemiche . Un altro capitano , Nizzardo credo , che è lì con gli amici , con una franchezza piuttosto brusca , senza conoscermi , mi stringe forte forte la mano e mi dice : finora credevo che le Guide non fossero buone che a farsi vedere per i caffè , o a far la corte a queste pettegole ... ma l ' altro giorno , vi ho vedute come noi col fucile , tra il fischiar delle palle , bravi figliuoli , vi rimetto la stima . Ritrovai molto dopo questo capitano , ma , con mia grande meraviglia , lo riconobbi accanito più di prima nel suo odio contro le Guide . Le penne dei nostri cappelli erano il suo cauchemar . Bisogna sentire che cosa non ne diceva ! ... E se la bravura del nostro corpo si doveva argomentar dalle nostre penne , convengo che l ' amico non avea tutti i torti . Mai collezione più originale può essere veduta nel mondo ! Chi ne aveva una lunga lunga : chi così piccola che per vederla ci volevan le lenti d ' ingrandimento : chi le aveva rossa , chi nera , chi verde ed uno perfino se l ' era messa celeste : aggiungete il colore sfacciato dei molti cordoni che ornavano la nostra uniforme , eppoi ditemi , se capitando in pieno veglione a un teatro , non ci era proprio da scambiarci per una mascherata . - Se fossi io nei piedi del Generale - Borbottò lasciandomi il vecchio ufficiale - vi pianterei tutti nel treno . - Io mi augurai che quel vecchio non diventasse mai un pezzo grosso nella nostra piccola armata . Ritorno a bomba per far sapere ai lettori che la legione Ravelli , che noi non incontrammo nel combattimento si era comportata strenuame . Ravelli era stato leggermente ferito , erano morti gli ufficiali Giomi , Mauroner , Falchiero , Leviski e molti altri di cui non so i nomi ; stragrandi erano state le perdite della bassa forza . Lasciai gli amici e il capitano e mi avviai verso casa . Per quel giorno la repubblica non era in pericolo . Mi fermai a dire due sciocchezze con la tabaccaia ; la Luisa mi rimproverò perché io era uscito , io le accennai che ritornavo in casa ; ci si bisticciò , si fece la pace , si rise eppoi andai in camera a scaldarmi . Non sentendo più dentro me alcun ' indizio di malattia , la sera me ne andai al solito Restaurant ; vi entrai tristo : ripensavo che l ' ultima volta ci ero entrato insieme con Rossi ! Appena aprii l ' uscio , sentii un grand ' urlo un urlo , come di chi prova paura . Mai erami successo in tutta la vita di venire accolto in quel modo nè sapea farmene ragione , per quanto mi scervellassi . L ' urlo era stato proferito dalla proprietaria , che finora si era mostrata gentilissima ed educatissima a nostro riguardo . - O non siete morto ? - Mi disse finalmente di dietro il banco l ' ostessa . - Ma io credo di no ! - Risposi immediatamente . - È impossibile ! - Questa replicò , turandosi gli occhi , quasiché si trovasse al cospetto di un ' ombra . Non starò a riportare tutte le spiegazioni ; basti il sapere che gli amici mi avevano dato per morto , onde assister più tardi a questa burletta , « On est toujours trâhi , què par les siens . Come eran lunghe le serate a Digione ! Cosa fare ? ... Gli altri ammazzavano il tempo col fare frequenti libazioni in onore del generoso paese che ci ospitava e del vino che produceva : io non era in stato di farlo : mi misi a chiacchiera colla padrona ed insieme combinammo che le avrei insegnato la lingua italiana . Io non so chi abbia inventato l ' accento ; ma vi assicuro che , se gli arrivassero le maledizioni che dentro di me gli scagliai nel mio periodo magistrale , egli chiederebbe un permesso al Padre Eterno per fare una scappatina nel mondo di qua , onde sfidarmi a duello ... fu una vera desolazione ! ... Dite lunedì - dicevo alla mia graziosa scolara ; e lei : Lunedi : dite casa , e lei casà ; in sette o otto lezioni insomma non arrivò che a proferire la sera che noi partimmo : Buonà serà . Povero fiato ! ... È vero che se ci si perdeva di fiato , ci si risparmiava di borsa , e quello che nelle prime sere io ed i miei compagni si pagava tre franchi , nelle ultime si pagava un franco e mezzo e anche meno . A proposito di mangiare devo far notare ai gastronomi che avessero intenzione di andare a Digione due grandi inconvenienti : primo la eterna zuppa , che come in tutta la Francia , si mangia indispensabilmente , quasichè non vi fossero fabbricatori di paste : secondo l ' ora regolare , indiscutibile del dejuner e del pranzo . Un povero disgraziato che capita in città dopo le undici , abbia pure le saccoccie rigurgitanti di maranghi , farà la fine del conte Ugolino . Dopo aver provato all ' albergatrice che almeno per ora non ero anche morto , ce ne andammo al café de la Paix , dove un subisso di mobili raccontavano mirabilia degli ultimi fatti . Tra questi predominava un capitano lungo come una pertica , elegante come un perfetto dandy . - Guarda ha la croce di Mentana ! - Mi dice all ' orecchio il furiere Quaranta che in quella sera ci aveva accompagnato . - Lascialo stare - Gli risposi io immediatamente , ma conoscendo l ' umor delle bestie , fino da quel momento previdi dei guai . Godo dire che i miei amici furono delicatissimi e che per parte nostra non sarebbe nato certamente diverbio di sorta . Si lasciaron cadere inosservate le solite fanfaronate francesi , si lasciò correre su certi eroismi di cui si facevano belli questi Don Chisciotte da dieci al centesimo ; ma quando in mezzo all ' attenzione generale , il gallonato cosaccio si lasciò scappare di bocca : Les Garibaldiens sont dès aventuriers , ci alzammo tutti contemporaneamente da sedere e ci avvicinammo a questi guerrieri da caffè . Scommetto che il capitano non ci aveva veduti : me lo fa credere la sua fisonomia pallida e sconvolta , che fece , appena che ci vide vicini . - Rèpetez , Monsìeur , ce que vous aves dit ? - Urlò come un indemoniato il Quaranta . - Je vous assùre ... - Ah .. lache - E un potente manrovescio fe ' capitombolare sotto il biliardo lo spilungone . Ci si era : battaglia campale : volavano banchetti , tazze , piattini : fu rotto uno specchio e chi sa quanti bicchieri : le guardie mobili sul primo tennero fermo , poi , peste e malconcie , se la diedero a gambe . Al capitano fu perfino tolta la sciabola ; gli fu levata dal petto la croce e gli fu battuta sul naso . Che gusto schiaffeggiare un ' eroe di Mentana , sputare in faccia a un difensore del papa ! .. E come se ne andò scorbacchiato e confuso ! ... Traballava come un briaco e non si azzardava ad alzar gli occhi . Noi eravamo rimasti padroni del campo : in cinque avevamo messo in fuga una ventina di moblots . Che bella vittoria ! E dire che la padrona pretendeva che le si rifacesse le spese dei danni , che aveale recato il combattimento ! ... Da quando in qua il vincitore paga qualche cosa dopo una battaglia ? Nella terra di Brenno , si dovrebbe conoscere il tradizionale : Veh victis ! CAPITOLO XX . Il giorno ventisette gennaio si presentò colla solita mancanza di ogni e qualunque movimento strategico . Finivo di sorbire un ' eccellente tazza di caffè , quando vidi entrare nella bottega il Perelli , sergente del nostro squadrone , un Meneghino puro sangue , impavido al fuoco , susurrone sempre . - Oui ti - Mi disse abbordandomi - Ti è passata la malattia ? .. - Mi pare ! - Allora in servizio ... - Questo poi ... - Meno osservazioni ... - E che ho a fare ! - Devi portare questo plico a Fontaine , quando sei lassù , piglia pure una cotta ... te lo concedo . - Ma dimmi perché non ci vai tu ? - Ecco lascierò il tuono di superiore e te lo chiederò in piacere ... sai quante volte ti ho risparmiato la guardia ... se tu conoscessi le occupazioni che ho ! ... Figurati , bisogna che contenti tre o quattro ragazze ... - Scusate , se è poco ! - Eh ! ... non è niente ! non fo che pigliare la rivincita di ciò che fecero i Francesi da noi nel cinquantanove ... d ' altronde i Garibaldini son troppo necessari all ' Umanità e per conto mio , cerco tutte le strade per eternarne la razza ... - Va bene ... dunque parto ! - Addio ! Il plico che avevo a portare era per un certo Meyssac o Meglac salvo errore , maggiore dei mobilizzati dell ' Ain . Mi aggrego il tromba delle Guide , un Romagnolo che ha la pretesa di far dello spirito . Infatti , passando sotto la chiesa di Nôtre Dame , chiesa mezzo rovinata , la sbircia ben bene eppoi dice : I Francesi non credono alla verginità di Maria ... - E perchè ? - Perchè in tal caso la chiamerebbero nôtre demoiselle ! Chiedo scusa ai lettori per il disgraziatissimo tromba . Passammo la barriera e rivedemmo quei luoghi tanto illustrati dai recenti combattimenti ; non un cadavere si vedeva per l ' immensa estensione : solo qualche albero stroncato , qualche muro disfatto , qualche casa scortecciata , crivellata dalle palle faceva supporre la tremenda tenzone che si era svolta in quei luoghi . Un sole bellissimo , come mai avevamo veduto dacché eravamo arrivati in Francia , ripercoteva i suoi raggi in quella campagna squallida e tetra , o che forse tale ci appariva al ricordo di tante generose esistenze che ivi erano state tolte alla patria , agli amici per saziare la indomabile sete di sangue che suole distinguere i re . Giunti a Fontain andammo per informazioni alla scuola , che per la prima ci si parava davanti . Domandammo ad un uomo in blouse turchina che era sulla porta , dove si trovasse il maestro . Con nostra gran sorpresa ei ci rispose che il maestro era lui . Tutte le attribuzioni che Sue nel Martino il Trovatello dà ai maestri campagnoli non sono che vere , come vero purtroppo è il meschino stipendio con cui vengono retribuiti nella grande Nation . Il maestro rimette l ' orologio della parrocchia , suona le campane , pulisce il giardino , spazza le scale , fa tutto ... tutto quello che troppo repugna al gran ministero dell ' insegnamento . È una cosa desolante ! ... Nei più piccoli borghi è proibita la mendicità , e si fa languir quasi di fame questo pover ' uomo che suda , che si affatica per provvedere il pane intellettuale ai poveri Paria della montagna . Il maestro fu con noi gentilissimo , conosceva il posto a cui noi dovevamo arrivare , e c ' insegnò una scorcitoia ; questa scorcitoia doveva procurarci degli impicci gravissimi . Avevamo appena passato un viottolo , che una voce imponente , ci grida : Qui vive , e cinque o sei canne di fucili si abbassano in nostra direzione , procurandoci col loro barbaglio una sensazione non troppo piacevole . - France ! - Gridammo io e il tromba , proprio all ' unisono . - Alto ... o fò fuoco ! - Per Cristo ! - Strilla il tromba - E ' son capaci di farlo ! .. questi mobili lontani dal fuoco sono capaci di tutto . - Dove è il capoposto ? Cominciai io avvicinandomi . - Present - Declamò con burbanza un ghiozzo , rinfagottato sotto un involto di panni ... un vero sacco di panni sudici legato in mezzo : e dietro a lui altri cinque o sei che non aveano da invidiargli nulla in bellezza ed in eleganza si presentarono a noi con baionetta calata , e con quel piglio da eroe che suole assumere l ' uomo che esponendosi a un pericolo è sicuro della vittoria . - A noi - replicai io immediatamente - Ci ho qui un plico da consegnare al vostro capitano , conducetemi a lui , chè non ho tempo da perdere . - Assicuratevi bene di loro - Comandò ai suoi uomini il capoposto , e poi rivoltosi a noi con fare sdegnoso , borbottò : seguiteci . Il capitano era in una specie di bettola , ridotta lì per lì in stanza d ' ordine ; era un coso rimpresciuttito , che parea proprio dovesse regger l ' anima coi denti : sdraiato su di una poltrona impagliata , teneva tra le labbra la pipa , di cui si divertiva ad esaminare con certa voluttà le nuvolette grigiastre di fumo , che man mano andavano a dileguarsi in quell ' ambiente . Consegnai il mio plico ; Monsieur , così lo chiamavano con grande unzione i suoi sottoposti , prima mi sbirciò ben bene con tale ostinazione che mi ridestava il pizzicor nelle mani , poi cominciò a capolvogere , e spiegazzare quel povero foglio in tutti i versi , finalmente si decise a porvi gli occhi . Per maledetta disgrazia quell ' ordine era stata fatto in lapis : di qui non sto a dire quanto aumentassero i sospetti in quella zuccaccia ignorante . - C ' est un affair tres serieux - Proferì rivoltandosi al sergente Ces coquins de Prussiens ont trop d ' espions ... - poi di nuovo girando la faccia verso di me , mi domandò : Vous etes Polonais ? - Non , monsieur , je suis Italien . - Attendes - E senza dire ai nè bai , ci lasciò in asso in mezzo a quei mammalucchi . Si aspettò cinque minuti , se ne aspettò dieci , l ' affare cominciava a diventar serio davvero : ogni poco venivano a frotte dei mobili e ci guardavano , come se fossimo bestie feroci : le donne di casa , una vecchia e una fanciullina avevano a nostro riguardo lo stesso contegno : sbaglio , la fanciullina ci faceva le boccacce . - O bada ... che le do uno scappellotto - Mi diceva il tromba digrignando i denti . Io non gli rispondeva : se però fossero arrivati al Perelli , che ci aveva mandati lassù , tutti gli accidenti che gli augurai in quella mezz ' ora , il povero diavolo chi sa mai quante volte avrebbe fatto il fatale viaggio che gli avevano risparmiato le palle prussiane . Esaminando però tanto per ammazzare la noia e il malumore quei gruppi di mobilizzati che convenivano in quella stanza , sempre più mi convincevo della decadenza tanto fisica e morale della disgraziata nazione francese . Quella gente rachitica , mingherlina , paurosa non si poteva certamente chiamare la genia dei Cimbri e dei Galli , l ' orgia e il deboscio han dato il colpo di grazia all ' antica terra di Brenno e dei Druidi , l ' orgia e il deboscio hanno ridotto una baracca dei burattini la così detta signora del mondo : qualche bel tipo raramente si trova nei campagnoli , ma la gioventù delle città muove a schifo . Per me la generazione è un diritto pubblico , non un diritto privato , e se ogni giorno si fanno , delle leggi per il miglioramento della razza equina e canina , perché non si hanno da istituire delle leggi che provvedano al miglioramento della razza umana ? L ' uomo è il re della natura , dicevano gli antichi : oh sì , che la dissero grossa ... tra un leone ed un gobbo non può esser dubbio su chi ha aspetto più sovrano ! E il tempo passava e non il più piccolo indìzio che avesse a cessare la nostra prigionia . - Si può mangiare ? Domandai ad uno . Questi alzò disdegnosamente le spalle e se ne andò - O guardiamo , se questi pezzi d ' ira di Dio finiscono col farci far la morte del conte Ugolino ? Dopo un ora rientrò l ' invitto duce , seguito da una scorta tutt ' armata , che ci prese nel mezzo . - E ora che ci fanno ? Mi domandò con emozione il tromba . - Scommetto che ci fucilano qui sulla piazza ... raccomandati l ' anima - Io gli risposi per ridere ... Ma che brutta faccia non fece a tale annunzio il mio compagno di sventura ! - Per Cristo ! ... Esser fucilato dai Francesi non me l ' aspettavo . I mobili ci accompagnavano con fischi ed imprecazioni a cui facevano eco i borghigiani di tutto Fontain che si erano accalcati lungo la via . Vidi che i nostri carnefici avevano intenzione di ricondurci in città : per nostra buona fortuna un capitano Nizzardo tutto vestito di rosso , ci vide , ci riconobbe ( eravamo stati insieme il giorno ventuno ) fece una partaccia al capoposto , ci tolse di mezzo ai soldati e ci condusse a bere con lui . Ci raggiunse il maestro di scuola e ci chiese un milione di scuse per averci cacciati in quel laberinto . Gli facemmo toccare il bicchiere con noi , e tutti insieme propinammo alla felicità della Francia , di quella Francia i cui figli ci trattavano con tanto riguardo . In fretta e furia tornammo a Digione al nostro quartiere : là ci furono date due novità : la prima che erano stati incorporati nelle guide quei quattro Pollacchi , che erano di scorta al generale Bossak : questi disgraziati non sapevano un ette nè d ' italiano , nè di francese e poco tardarono a diventare i buffoni dello squadrone : ci sembravano bravi ragazzi : ci guardavano attoniti , ci offrivano il loro tabacco , e divennero poi i cirenei del servizio : la seconda si fu che Miquelf con otto guide era partito insieme colla colonna dei Franchi Tiratori Alsaziani , comandata dal maggiore Bun , allo scopo di far saltare alcuni ponti che erano nelle vicinanze . Se la partenza di Miquelf ci fece tutti respirare dalla contentezza , il perdere anche per pochi giorni Materassi e altri amici lasciò un voto intorno a noi . Una ben più dolorosa notizia doveva però poco dopo recarci turbamento : il generale Cremmer aveva abbandonato Dôle , lasciandoci così quasi accerchiati dai Prussiani , rimanendo libera , al caso di una ritirata , soltanto la via di Lyon . Il generale Cremmer pareva messo a bella posta a noi vicino per scombuiare i disegni del pro ' Garibaldi : a Baune attaccando intepestivamente il fuoco e non volendo servirsi dell ' aiuto del nostro piccolo esercito aveva dovuto ritirarsi , mettendo i nostri in falsa posizione : ora era la causa vera dell ' ultimo disastro di Francia , poiché l ' armata di Bourbaki nella disastrosissima sua ritirata avrebbe potuto appoggiarsi a questo paese , invece che di gettarsi in Svizzera . Il governo della difesa nazionale cominciava a prendere in considerazione la fin qui disdegnata armata dei Vosgi , e si bucinava in quei giorni che la somma delle cose militari sarebbe rimessa nelle mani del general Garibaldi : ottimo provvedimento che , ne siamo certi , avrebbe salvata la Francia e che in allora reclamava ogni ceto di cittadini . Parigi non ancora arresa e coi suoi trecentomila uomini , gli eserciti dì Chanzy e di Faidherbe , lo spirito pubblico rialzato con le tre ultime vittorie , una direzione franca , ardita , incorruttibile non potevano non influire contro un esercito da otto mesi entrato in campagna , vittorioso sì ma omai stanco di guerreggiare in terra straniera , ma omai affralito dalle intemperie del cielo , dalle malattie , dalle morti ; io credo infine che più fiducia in Garibaldi avrebbe servito per salvare la Francia ; è una idea , come un ' altra , e perché non l ' han voluta attuare , io ho tutto il diritto di gabellarla per ottima . Non vennero rinforzi di uomini , ma furono però a noi spedite , e giunsero in quel giorno in città , nuove batterie che , almeno a vederle , prometteano assai ; Quella sera dopo il pranzo ci saltò il ticchio di dar dietro a qualche figlia del piacere , di cui vi era in Digione un vero formicolaio . O sia che molte bocche vote di Parigi fossero piovute nella capitale della vecchia Borgogna , o che piuttosto tutta quanta la Francia sìa appestata da una corruzzione ributtante , è un fatto più che provato che il cinismo con cui ti abbordavano , che la franchezza con cui di caffè in caffè , di bottega in bottega queste disgraziate trascinavano le loro grazie e la loro prestituzione era tale , che non potevi fare a meno di sentir dentro di te un disgusto che non eri capace di mascherare : no , non è stata l ' abilità degli strategi Germanici quella che ha debellato la Francia , lo torno a ripetere a rischio di passar per un predicatore noioso , è stata la corruzione aiutata e sorretta da un governo corrotto che voleva distrarre , divertendolo , il popolo dalle materie di stato . In Italia non ci si può fare un ' idea di cosa erano le strade di Digione sulle prime ore di sera ; bisogna aver veduto quelle giovinette che col sorriso più provocante fermavano vecchi , giovani , soldati e ufficiali , che li prendevano a braccietto , che proferivano i più laidi discorsi con una indifferenza , con una leggerezza da darti la nausea , e tutto per scroccare una cena . Io non sono un puritano : quando si tratta di scherzare ci sto , ve lo provi il mio contegno di questa sera , ma se è permesso ad un soldato approfittarsi delle circostanze , in un pubblicista , se tale pur posso chiamarmi , sarebbe delitto il non alzare la voce su certi scandoli che deturpano l ' umanità . Tenemmo dietro a due giovinette e secoloro entrammo in una via che rimane sotto i bastioni della città . La porta della Maison du Plaisir era tutta crivellata da colpi di revolwer . Gli ufficiali prussiani , superbi e sguaiati , come tutti i conquistatóri , avevan provato diletto a rovinar tutti gli usci , e tutte le vetrate di quella strada dedicate al piacere . Aggiunsi anche questo a tutti gli altri soprusi che avevano commesso i soldati della grazia di Dio , e mi tornarono in mente le parole dell ' inno di Handt : Dove non radica straniero vezzo Dove ha l ' onesto stima : e al disprezzo Il vil si danna ... È sol sol ' ella L ' intiera ed una Germania è quella . È deliberato che i poeti non abbino ad imbroccarne una sola . Lo stendardo Germanico , finchè è nelle mani di un re , rappresenterà l ' oppressione come tutti gli altri stendardi monarchici . Entrammo in una bella sala , circondata da divani in velluto , tutti occupati da moblots d ' ogni grado , intenti a ber della birra e a far la corte alle damigelle : una ventina di bottiglie stappate erano disposte in batteria sul tavolino ; sei erano le disgraziate , passabili ma avvizzite ; in un canto ve ne era una ubriaca ; quasi tutti fumavano cigarettes ; predominava sulle altre un ' Alsaziana , bella , ma stupida ... una vera rosa del Bengala ; bellezza senza profumo : la degnava solamente con gli ufficialetti , a cui ogni poco chiedeva da bere . Il nostro ingresso non provocò certamente una dimostrazione : le donne rimasero indifferenti : i moblots facendoci il viso dell ' arme ogni tanto ci occhiavano a squarciasacco : per far qualchecosa ordinammo da bere e uno dei nostri andò al pianoforte . Gli illustri campioni di Francia si misero a ballare ... ci pareva di assistere al ballo dell ' orsi : come è ridicolo un ' uomo che balla sul serio ! .. I nostri cantavano : tutto andava benissimo , quando uno dei nostri , un po ' allegro , ci disse : Scommettiamo che mi metto a far la corte a quel biondino difaccia . Detto fatto , la proposta venne accolta : era deciso che i moblots fossero gli jocrisses del momento ; di più il biondino in questione era un ' individuo rubicondo e pasciuto , un traccagnotto che avrebbe fatto figura a vender castagne e polenta in mezzo ai buzzurri ; le stesse donne mentre ne accettavano le gentilezze lo canzonavano dietro alle spalle . Il nostro amico gli va risolutamente daccanto ! tutti noi ci avviciniamo per goder la scenetta : lo guarda con un occhio di triglia da fare sdilinquere una pulzellona , e a fior di labbra , pigliando una posa da Paolo nella Francesca , gli dice : Combien tu es gentil ! .. - Que ce que vous dites ? - Riprese l ' altro di subito , e l ' innamorato con più anima gli ripetè le frase . Immaginatevi come rimanesse il povero grullo ! Da bel principio non sapeva che pesci si prendere , guardò un paio di volte il soffitto , diventò rosso come una ciligia , eppoi si decise a far l ' Indiano , ma l ' altro gli posò gentilmente sulla spalla una mano . - Vous vous trompez - Borbottava allora - je vous assure .. je vous prie ne me fâcher d ' avantage . Quando ecco che uno dei nostri per compire il mazzo leva di sul tavolino il tappeto e lo butta sul lume . quindi buio pesto , buio come in cantina : ed i nostri si misero ad abballottare donne e guardie mobili : e fu un ' urtarsi , uno spingere un ' inciampare , un ruzzolarsi per terra ; strida , bestemmie , risate , un vero pandemonio . Ansioso di terminare la burla , giunsi a farmi strada in mezzo a quel diascoleto : a tentoni trovai il tavolino , tolsi via il tappeto e la luce fu fatta . I moblots accettarono la burla : bisogna convenire che non sangue , ma acqua di malva avevano nelle loro vene . CAPITOLO XXI . A causa della presa di Dôle fu necessario che le nostre truppe , eseguendo nuovi movimenti , occupassero le posizioni situate al Sud Est di Digione , posizioni fino allora sguernite . La brigata Menotti traversò la città , portandosi da Talant al suo nuovo destino . Nel comando dei Francs Tireurs réunis era succeduto al bravo Lhoste l ' Italiano Baghino : qualche volontario da Marsiglia o da Lione era giunto a rafforzare le file delle nostre compagnie , già abbastanza stremate nell ' ultimi fatti . La mattina del ventotto il generale Garibaldi passò in rivista la brigata di Canzio : le truppe erano schierate in battaglia lungo il viale del Parco : il nostro generale più sorridente del solito traversò in carrozza sulla loro fronte ; quindi assistè a vederle sfilare . I battaglioni dei mobili passandogli davanti lo acclamarono , plutone per plutone , con entusiasmo ; i cacciatori di Marsala , i carabinieri Genovesi , questi giovani eroi , procederono come vecchi soldati e il prode vecchio si fè più sereno , guardando quei veterani sul fiorire degli anni . Nel tempo che io pure guardava un così consolante spettacolo , mi sentii chiamare , e volgendomi vidi il fratello di Perelli che mi salutò caramente : egli aveva il braccio al collo : sapevo che era stato ferito e fui felice di vederlo così presto sulla via di guarigione . Rammento ai lettori questo mio amico che di diciassette anni era là in mezzo a noi , lo rammento perché nel raccontarmi come buscò quella palla adoperò con me una verità da reputarsi impossibile . - Alle prime palle ebbi una paura birbona - mi disse il buon ragazzino - pensai alla mia povera mamma , che mi proibiva di saltare , di pigliare il fresco , che stava in pensiero , quando tornavo tardi , e che ora non era più buona a proteggermi ... mi addossai a im muro tutto rannicchiato , facendomi piccino , piccino e ci stetti qualche minuto : passarono gli Egiziani , uno di loro mi disse : sei un vile ; mi saltò il rossore alla faccia , avrei ucciso quell ' uomo , poi vidi che aveva ragione , ripensai anche allora alla mamma , alla mamma che piuttosto di vedermi infamato , piuttosto di piangere su me vivo avrebbe pianto sulla mia tomba , e mi accodai all ' Egiziani , con loro mi stesi lungo i vigneti , con loro sostenni due ore di fuoco , con loro caricai alla baionetta , fino a che mi sentii percuotere questo braccio , come da una bastonata e caddi per terra ... ero ferito ! ... La rivista era terminata : allegri e contenti tornammo in città ; l ' eccellente spirito da cui erano animate indistintamente le truppe , la fisonomia sorridente di Garibaldi , il piglio ardito e simpatico di Canzio , la memoria dei generosi amici nostri che ci avevano dimostrato come si deve morire allorché siam guidati da magnanimi proponimenti , una certa tal quale ambizione di avere assistito ad uno dei drammi più splendidi dell ' Epopea Garibaldesca , sempre più ci stimolava ad adempire scrupolosamente il nostro dovere , sempre più ci rendeva sicuri di brillanti , di memorabili trionfi : ma a che serve la fede , quando i traditori ed i mercanti di popolo paralizzano coll ' alito gelato del calcolo le sublimi abnegazioni delle minoranze da loro dette fazioni ? Mentre l ' avvenire ci si dipingeva davanti con i colori più rosei , mentre germogliava viepiù gigante nel petto dei prodi l ' inestinguibile desio di quella gloria che sola è da rispettarsi , perché nasce nel sacrificio e nel sacrifizio consolidasi , Favre coi suoi prestigiatori camuffati da repubblicani , segnava la vergogna della Francia : la patria di Danton diventava la cloaca dei Cesari ; il berretto frigio che aveva sul capo le si tramutava , in meno che lo si dice , nell ' ignobile berretto del galeotto ; ed un tal berretto nelle ultime circostanze a me parve il più adatto , che i popoli che hanno sentimento vero di libertà e di giustizia sanno morire sotto le ruine delle loro città : informino Sagunto , Saragozza e Missolungi : i popoli invece , i quali sono corrotti , vigliaccamente si accasciano sotto le verghe dei Napoleonidi , o sotto alle bombe a petrolio dei manigoldi di un Thiers . Chiami pur vandali i primi e civili i secondi la stampa venduta ; tra il vandalismo di cruenta ma eroica protesta e il civismo di chi si appoggia alla prepotente codardia della forza , io m ' inchinerò sempre , io sempre mi farò di cappello al primiero . Ma a noi non doveva esser noto per anche il grande avvenimento che fece andare in solluchero i borsaioli ( vedi negozianti di borsa che alla fine è tutta una zuppa e un pan mollo ) e tutti gli Arlecchini quattrinai di questa valle di trappolerie . Una nazione che cade fa arrichire un banchiere : il pianto delle vedove e degli orfanelli che reclaman vendetta e che son costretti a piegare il capo alla tremenda necessità della forza fa alzare il sessantacinque al settanta : vinca il nemico : se rialzano i fondi , ben vengano l ' umiliazione , le rapine , gli incendii ; s ' impingui la borsa , e poi si balli il cancan colle baldracche più laide tra le rovine tuttora fumanti della nostra povera patria , tra i cadaveri dei nostri fratelli che avendo sortito dal caso un generoso carattere hanno preferito all ' ignominia la morte ... son storie vecchie quanto Noè , ne convengo , ma son vere come è vera la luce del sole ... oh ! benedetta l ' aristocrazia dell ' oro , del prezioso metallo che solamente qualche scalzacane ha potuto qualificare per vile : oh , benedetto il trionfo della classe borghese , di quella classe che ha per patria le mura del proprio negozio , o del palazzo carpito a forza di scrocchi e d ' usure a un rampollo di magnanimi lombi , che si è giocato a bambara gli averi e la reputazione dei vetusti parenti ! I nobili dei tempi andati avevano , se non altro , delle tradizioni alle quali si mostravano ligissimi ; spinti da queste ( inutile sarebbe il negarlo ) hanno regalato al mondo degli eroici tratti , che giocoforza è ammirare ; noblesse oblige : tale era la loro divisa , e si facevano uccidere per quel re , a cui avevano giurato devozione illimitata ; per un sorriso , per un ' occhiata , per una sciarpa della bella dei loro pensieri col sorriso sul volto andavano incontro , al pauroso fantasma degli spiriti deboli , alla morte : loro cantava il trovatore nella mesta ballata , o nell ' ispirato inno di guerra : loro salutavano come protettori gli artisti .... erano nel falso , dovevano cadere , chè la legge del progresso non ammette ostacolo alcuno , sia pure attraente ; ma era un falso splendido , era un falso del quale , nostro malgrado , non potevamo non ammirare in qualche parte la cavalleria ; esso ci rammentava la Tavola Rotonda , le crociate , le battaglie di Luigi XIV ; e quando quest ' aristrocrazia si vide impotente ad impedire la marcia del progresso ella cadde eroicamente , cospergendo di sangue glorioso i campi della Vendea : questo sangue segnó la morte del nobilume : in oggi i rampolli degli antenati magnanimi o funghiscono nella loro castella , o fanno da comparse nel Club . Ma l ' aristocrazia dell ' oro ? Nata nel lurido bugigattolo di uno strozzino , cresciuta nella stanza di affari di un ladro intendente , rinvigorita nello splendido palazzo di un commendatore banchiere che pur ieri vendeva i cenci o raccattava le cicche , vergognosa del proprio passato , piena di sospetti per l ' avvenire , codardamente accanita alla sola idea di perdere o di scapitare su dei capitali accumulati a forza d ' infamie , e di bassezze , è lei sola il vero sostegno delle tirannidi , è lei sola che fa cadere nel fango i popoli più gloriosi , è a lei sola che si devono attribuire i disastri del mondo : poiché , se l ' antica aristocrazia a un ' idea falsissima sacrificava e vita e agiatezza , la moderna all ' agiatezza e alla vita sacrifica tutto . Io non ammetto nemmeno la così detta aristocrazia dell ' intelligenza : il nascer savi è caso e non virtù , dirò parafrasando i celebri versi del Metastasio ; ed allora ? mi domanderà qualcheduno : allora , rispondo , io non ammetto che una sola aristocrazia , aristocrazia basata sull ' eguaglianza , l ' aristocrazia del lavoro ! ... Mi scusino i lettori , se io vado di palo in frasca : mi scusino le lettrici che potranno ravvisare in me più un predicatore noioso , che un narratore giocondo ; tra i miei appunti ho trovato anche queste linee e non sono stato buono di sacrificarle ; non saprei dirne il motivo ; ma per non fare brontolare nessuno rientro a gran carriera in carreggiata . Mecheri , Materassi , Piccini , Bocconi ed io eravamo nella nostra camera , sognando tra una boccata e l ' altra di fumo nuove battaglie , e per conseguenza nuovi trionfi . « Quando il vecchio passa in rassegna i soldati , si pensava tra noi , ci è sempre per aria qualche cosa di grosso » . Per tranquillizzare gli amici e i parenti si scrivevano lettere nelle quali si magnificava il bel cielo che ci faceva credere di essere in primavera ( come han sentito i lettori erano giornataccie piovose da metter l ' uggia in corpo anche ad un ' ombrellaio ) ; si descriveva i nostri adipi che addivenivano d ' ora in ora da canonici , si dava ad intendere che si apprestavano feste da ballo . Chi parlava di andare a Parigi , chi di riprendere Metz , chi di schizzare diritti diritti a Berlino ... ... Oh degli eventi umani Antiveder bugiardo ! Spalancando la porta con una pedata , entra in camera Ghino Polese con un viso da far rizzare i bordoni all ' uomo più apatista del mondo . - Che è ? - Gli si grida tutti a una voce . - È ... - e qui un moccolo da Livornese puro sangue - È ... che si tratta nientemeno ... - Di assedio della città ? - Peggio ... potremmo morire con le armi alla mano . - I Prussiani son entrati ? - Ma peggio ! - Ma cosa dunque ... per carità ! - Ci è l ' armistizio ! ... Un fulmine che fosse caduto in mezzo a noi poteva produrre il medesimo effetto . Prima un silenzio di morte , poi una salpa d ' imprecazioni ; tutte allo stesso indirizzo . - Ma sei ben sicuro di quello che dici ? - Me lo ha assicurato un ' ufficiale di stato maggiore ... - È impossibile ! Parigi si difenderà fino all ' ultima pietra . - Parigi ha capitolato ! ... Altro silenzio , poi tutti mossi dallo stesso pensiero giù a rotta di collo per la scala , onde portarci al quartier generale . Sulla cantonata incontriamo la vaga Luisa ... Dites donc ... proferisce ed io secco secco la congedo con un « non ho tempo da perdere » e continuo la via ... Dei gruppi concitati s ' incontrano in qua e là ... la parola vile errava dì bocca in bocca . - E Favre che giurava che finchè esistesse una pietra di queste città l ' invasore avrebbe trovato un baluardo . - Ed è stato lui che ha segnato la capitolazione . - E noi cosa faremo ? - Gridava un disertore dall ' esercito . - Imparerete a servire la Francia - Di rimando rispondeva un Gallofobo . E i popolani abbassavano il capo , quando noi si passava , che la maggioranza dei Digionesi era republicana : e lo svelto ed allegro Garibaldino era divenuto sornione e lo vedevi trascorrere colle mani in tasca , col berretto sugli occhi e mordendosi i labbri , e ad ogni poco sentivi ripetere , commiserandoli , i nomi dei prodi caduti ... solo i volti dei moblots brillavano per insueta gaiezza ... non ci era più dubbio . Colle gambe che ci facevano cilecca arrivammo alla prefettura ; una folla di gente si accalcava intorno alle due colonne che son di fianco alla porta , e su cui si attaccavano i dispacci e le comunicazioni officiali : tutti si alzavano in piedi , e , quando erano pervenuti a leggere , si ritiravano mandando imprecazioni e grattandosi il capo . Si sarebbe detto che le magiche parole del convito di Baldassare fossero là , scolpite su quei marmi e che tutti coloro che vi si avvicinavano ne risentissero i terribili effetti . Due sole righe di scritto : due righe che contenevano però la più dolorosa notizia per chiunque preferisce la dignità al beato vivere - « Oggi è stato concluso un ' armistizio di ventun giorno » . E dire che mani francesi non avevan rifiutato di firmare un patto , che segnava lo stigma sulla fronte di quella nazione che fin ' ora come il favoloso Dio dell ' Olimpo bastava muovesse le ciglia per fare allibire il mondo tutto dalla paura ; e dire che un Favre era stato tra i manipolatori di tale infamia ! Oh , allora si vide chiaramente che il vecchio republicano aveva ciurlato nel manico , oh ! fin d ' allora la gente dal cervello sottile preconizzava nel difensore d ' Orsini , nel montagnardo dell ' Impero uno dei tanti carnefici che hanno straziato la Francia . Impotente contro i Prussiani , si macchiò nel sangue dei suoi cittadini : ora si è ritirato , ma non tanto lontano che a lui non pervenga l ' eco dei pianti e dell ' imprecazioni delle migliaia d ' orfani e di vedove che per lui son ridotte a stendere la mano ! Ma di maggiore infamia si doveva macchiare Favre contro Garibaldi e di ciò sapranno tra poco i lettori . L ' armistizio fu la testa di Medusa dell ' entusiasmo nostro ; io vidi qualcuno piangere : la maggior parte si sbizzariva lanciando improperii a Favre e alla Francia : quella sera non canti per le vie , non le allegre conversazioni dei giorni passati , ma una musoneria generale ... non vi era più fede ! Un ' ordine del giorno di Garibaldi nel quale ci si esortava ad addestrarsi nelle armi , ad attender preparati il momento della riscossa , fece credere a diversi che non sarebbe stata cosa impossibile il potersi di nuovo misurare col nemico e ciò fece rinascere un poco quella gaiezza di cui davano tanta prova ne ' dì del pericolo i Garibaldini . Per conto mio non mi illudevo : armistizio non poteva significare che pace disonorante : la resa di Parigi lo diceva troppo chiaràmente , eppoi da quando in qua i seguaci di Garibaldi potranno ottenere un completo trionfo ? .. Gli unitari d ' oggi non lo relegarono nel 60 a Caprera , mentre volava alla conquista di Roma ? Gli arfasatti che gli si caccian sempre davanti non gli han fatto sgombrare il Tirolo , quando palmo a palmo lo aveva conquistato , mentre a Lissa e Custoza veniva oltraggiata la bandiera italiana ? .. Non fu il prode Generale ferito da piombo italiano a Aspromonte ? .. Non fu lasciato dopo la vittoria di Monterotondo , solo a Mentana e si lasciarono scannare i suoi generosi , mentre trentamila uomini di truppa italiana erano sul confine ? Non si è sempre cercato di sfruttare i suoi trionfi , facendolo poi passare quasi per un pazzo per un avventuriere ? Non si è avuto il coraggio di stampare , che lo si aveva aiutato , mentre si era tentato ogni mezzo per avversarlo o per screditarlo ? .. I repubblicani francesi erano presso a poco gli stessi pagliacci dei consorti italiani , ed era da prevedersi quello che era avvenuto , quello che avvenne dipoi . Ma muovan pur guerra le anime vili e i livreati pigmei a quest ' uomo che da solo basterebbe a riabilitare la società , tentino pure di schiacciarlo e di avvilirlo , Garibaldi vincerà sempra in nome della libertà , vincerà anche perdendo perché il suo nome oramai rappresenta una idea e le idee non si vìncono . CAPITOLO XXII . Passammo il lunedì svogliatamente , senza conclusione alcuna : fino allora il pensiero dell ' Italia di rado balenava nella nostra mente , ma dall ' ora fatale in cui cominciò a tenzonarci nel capo il dubbio che non avremmo fatto più alcuna cosa , vennero ad assalirci tutte ad un tratto le care affezioni alle quali avevamo dato un ' addio , ed un cocente desiderio di rivarcare le Alpi occupò le nostre anime . - Noi abbiamo finito di combattere - Dicevo alla vaga Luisa che colla testolina chinata sempre osava appena guardarci . - Oh ! voi siete felice .. voi rivedrete la vostra bella io me la immagino ... una charmante pétite Italienne . - No , assicuratevelo , io non son punto felice ! - E perché ? - Voi ... Francese ... mi potete domandare il perchè ? - Io Francese vedo che siamo traditi . - E ... e .. - gridai io dimenticandomi di parlare con una donna . - Ed ho pianto - Sussurrò lei con le lacrime agli occhi . - Vi ricorderete di me ? - Sempre ... ci avete il vostro ritratto ? - No ! - Me lo manderete ? - Ve lo prometto ! - Grazie ... io voglio tanto bene ai Garibaldini . Questa parola fu un balsamo per l ' esacerbato mio spirito ; di cosa non è capace una donna ? ... Per niente gli antichi non immaginarono Ercole che fila ai piedi di Onfale . E così venne il martedì , giornata che noi credevamo simile alle altre che ci aspettavano , per monotomia e che grazie alla lealtà dei governanti francesi doveva esser pregna per noi di avvenimenti di nuovissimo genere . Usciti di casa riscontrammo la legione Ravelli , che colla musica in testa marciava verso la direzione della barriera del Parco . - Dove andate ? - Domandai al capitano Becherucci che si era staccato dalla sua compagnia per salutarmi . - Ma ... sento un presentimento che mi dice che ci si avvia verso l ' Italia . Il mio amico doveva esser profeta . Erano appena le undici e Mecheri , Ghino ed io mangiavamo delle paste in una bottega di faccia al teatro . Digione era piena di pasticcerie , dove si mangiavano dei pasticcetti eccellenti . Tutto ad un tratto , quando meno lo si aspettava , vedemmo formarsi dei capannelli di gente che discorreva con animazione : poi ci giunsero agli orecchi dei colpi d ' artiglieria : credevamo sognare : si pagò il conto , si andò in strada e cercammo raccapezzare qualchecosa tra le mille versioni che si davano del fatto inopinato . - I Prussiani si avanzano ... - O l ' armistizio ? - Quei barbari non rispettano niente ! - No ... è Menotti che di motuproproprio ha attaccato il fuoco . - Ed ora espone la città a chi sa quale disastro ! - È impossibile - Urlammo noi - Menotti sa il suo dovere . - È vero , è vero - Ripetevano allora i popolani e davano del grullo a chi aveva accampato un così sciocco discorso . - Qui non si saprà nulla - Disse Mecheri - andiamo alla caserma che è a pochi passi . Era così giusto questo consiglio che non differimmo un ' istante a metterlo in pratica . Alla caserma il foriere aveva fatta caricare tutte le casse e i registri su di un carro a cui era già stata attaccata la rozza più arrembata della nostra scuderia . - Partiamo ? - Si domandò , appena giungemmo . - Non lo so . - E allora a cosa servono questi preparativi ? - Questi preparativi ? ... Gli ho fatti per precauzione ... però ho mandato a prendere ordini al quartier generale ... - O il tenente ? - Non l ' ho veduto - E tutti gli altri ? - Nemmeno per sogno ! Frattanto le trombe della compagnia delle mitragliatrici , compagnia che aveva stanza poco distante da noi , suonavano a raccolta e poco dopo i soldati della medesima si muovevano in completa assetto di marcia . Poco dopo gli Usseri , nostri vicini di caserma , montavano a cavallo e partivano a mezzotrotto . Decidemmo di prendere la stessa direzione , allorché vedemmo venire a noi il sottotenente Mussi e il caporale Luperi , che essendosi portati fuori della città per recare una lettera al colonnello Tanara , ci ragguagliarono , essere cominciato un fuoco abbastanza lento tra le due artiglierie . Ci dissero essere ottimo lo spirito dei volontari , ma che nessuno sapeva farsi ragione , del come i Prussiani , violando i trattati si avanzassero verso di noi con colonne strapotentissime . Tra gli altri Garibaldini in faccia al nemico si trovava quel giorno il bravo Pais , che deposto il berretto da colonnello e , messosene uno di pelo , marciava come un semplice soldato , munito di carabina . Dopo essere stato destituito da Frapolli , l ' integro patriotta , l ' onesto repubblicano era corso là dove aveva spedito tanti uomini che non si volevano far partire , esponendosi fino d ' allora ad essere destituito e a subire un consiglio di guerra . Si andò alla prefettura ; v ' incontrammo Ricci che ci ordinò di star pronti ; domandammo ragione di quel diascoleto ed ei ce lo spiegò con poche parole . Il governo della difesa Nazionale , non ultima disgrazia della disgraziatissima Francia , non aveva compreso nel patto proposto i dipartimenti della Côte d ' Or , del Doubs e del Jura . Quindi sospensione d ' ostilità per tutti gli eserciti fuori che per il nostro : si voleva avere il gusto di vedere sconfitti anche i pochi cialtroni che sapevano farsi ammazzare , perchè non avevano niente da perdere ... a detta di loro ! - Nessuno avviso era stato comunicato a Garibaldi su questa clausola dello iniquo contratto : così si ricompensava l ' eroe generoso , che unico aveva vinto , che unico aveva strappato una bandiera ai Prussiani : così si ricompensava l ' ardente figlio della libertà , che , pur di porre il suo braccio a disposizione della repubblica , aveva dimenticato le prodezze francesi del 1849 , le maraviglie degli Chassepots che il vile de Failly aveva provato contro i petti dei generosi figli d ' Italia a Mentana . Sorpresi da imponenti colonne nemiche nelle loro posizioni , i nostri sarebbero caduti vittime dell ' infame tranello e già i Prussiani triplicati di numero pregustavano le gioie di una facile vittoria , ma i traditori francesi e i generali nemici avevano fatto i conti senza Garibaldi : non mi si venga ad impugnare la valentia strategica dell ' illustre Italiano , non mi si dica che solo alla fortuna e al coraggio si debbano i grandi trionfi che egli ha riportato : quel giorno si videro chiaramente le sue virtù militari , ed egli fu più grande nella precipitosa ritirata dalla Borgogna che nelle tre celebri giornate che tanta gloria aggiunsero alla nostra povera Italia . I nemici furono tenuti a bada per tutto il giorno dai nostri cannoni : Menotti , i suoi ufficiali facevano da puntatori , e in questo tempo le truppe si avviavano verso Chagny . - Ma sicché dobbiam proprio partire ? - Domandammo al nostro tenente che ci dava tutti questi ragguagli . - Purtroppo . Andammo a casa : facemmo in pochi momenti il nostro modesto bagaglio e senza avere il coraggio dì salutare i nostri ospiti , scendemmo a rotta di collo le scale . - Ou allez vous ? - Ci domandò allorché ci vide passare la Luisa , sorpresa in vederci in perfetta tenuta di marcia . - Andiamo a batterci - Rispondemmo noi tutti . - Vraiment ? - Sulla nostra parola ! - Sayes prudents - susurrò a mezza bocca e volle a ogni costo baciarmi alla presenza di tutti . Gli angioli del Signore , favoleggiati dai buoni credenti , non avrebbero avuto di che velarsi la faccia , e quel bacio doveva esser l ' ultimo che io riceveva dalla vezzosa fanciulla . Arriviamo al quartier generale , il partire dei carri aveva prodotto un ' adunanza insolita di gente davanti alla porta : tra le molte persone scorgo le due gentili figliole della nostra padrona di casa : cerco sfuggirle : mi chiamano : non vi è dubbio , esse pure mi ripeteranno l ' importuna e dolorosa richiesta . - Dove andate ? - Partiamo . - Sul serio ? - Così non fosse ! - Ma la ragione ? ... - Chiedetela a Favre ed agli altri vigliacchi che volevano ricompensarci di quel poco che abbiamo fatto , mettendoci in trappola . Le ragazze mi guardaron fisse negli occhi , poi chinarono i proprii e si tacquero ; e in questo tempo mille altre domande sullo stesso tenore si rivolgevano a noi , e noi ci sfogavamo a dire tutto il male possibile degli eroi da commedia che per vigliaccheria rovinavano in quel momento la Francia , ed i Digionesi facevano eco alle nostre invettive . Arriva il Piccini tutto sonnacchioso . Che ci è di nuovo ? - Proferisce con uno sbadiglio . - C ' è di nuovo che noi si parte . - E perché ? - Perché non siamo compresi nell ' armistizio . - O la mia compagnia ? - Sarà partita . - Ed io ? - Vieni con noi ! - Vengo subito : vo a dire addio a due bambine e vi raggiungo . E via a gran carriera . - Le Guide alla Stazione - Grida poco dopo il Ricci - la tromba vada suonando per chiamar gli sbandati . A quattro a quattro , con accompagnamento di tromba e di bestemmie , traversando la città le cui botteghe eransi chiuse ad un tratto , arrivammo al gran piazzale , dove si doveva attendere quei pochi che avevano un cavallo e che dovevano ricevere ordini sull ' itinerario che avevasi da percorrere per recarsi a Chagny . Sul piazzale vi era una confusione indicibile : cariaggi , cannoni , trasvolavano tra l ' incerto chiarore ( era sorta la notte ) a noi davanti , provocando esclamazioni che io non riporto per non fare arrossire la mia leggitrice : tutti eravamo stizziti e non si cercava che un pretesto qualunque onde dar sfogo alla bile . Un vivandiere della guardia mobile arrota col suo baroccio un di noi ... - Figlio di un cane ! ... Accidenti a te e alla Francia ... Strilla l ' offeso e un concerto di fischiate si fa udire per quell ' aure . I moblots si erano addossati ai lati della piazza , mettendo in fasci i loro fucili e intuonando ad ora ad ora la Marsigliese ... ci voleva il loro coraggio ! ... Questi canti che mai eransi da loro uditi , durante il pericolo , fecero saltare a qualcuno dei nostri più bizzoso , il pulcino , e quindi lotte con scambi di pugni , subito appacificate dai superiori : qualcuno altro per far la burletta si divertiva a vociare : Les Prussiens , les Prussiens e compagnie intere scappavano , poco curandosi dei loro armamenti : ma allorché potemmo ammirare una fuga dirotta , si fu , quando un cavallo del treno , lasciato in balìa di se stesso si diè a saltare a scavezzacollo in mezzo alla piazza . Un grido immenso , un ' urtarsi , un rovesciarsi addosso ai fasci di armi , una Babilonia insomma da far perder la testa . Ricciotti era vicino all ' arco di trionfo , battendo i piedi e sbuffando : poco più in là un volontario consolava in Italiano un bel fior di ragazza che si struggeva in lacrime ; a poca distanza una guida per smaltire il malumore si divertiva a pestare i calli , di alcuni mobilizzati che si erano sdraiati . Il cannone era cessato : la notte era fredda , ma tranquillissima ; un bel chiaro di luna faceva spiccare sul fondo stellato , nel quale errava qua e là qualche vagabonda nuvoletta bianca e diafana , le purissime linee della guglia di San Benigno ... Le case non apparivano che incerte masse nere ad ora ad ora intramezzate da un lumicino , o dall ' argenteo riflesso dei raggi ripercossi sui vetri : un chiarore confuso s ' inalzava sui tetti . O Digione , o Digione come mi apparivi cara in quel tristo momento ! ... Come mi si strinse il cuore al pensiero di doverti lasciare ! Il sangue generoso dei nostri compagni morti nelle fertili pianure che ti ricingono ti ha legata all ' Italia ! ... Le gentilezze che tu facesti ai suoi cari , le cure assidue , più che fraterne che hanno da te ricevuto i nostri feriti hanno a te legato l ' Italia - Oh ! venga il nemico - Io pensava tra me nell ' esaltazione del dispiacere - venga e mi uccida qui , proprio sotto quest ' arco ... Oh ! che io possa morire piuttostochè di accingermi a questa dipartita fatale , che mi fa sprezzare l ' umanità , che mi fa vergognare di essere uomo . - Su ... su ... non ci è tempo da perdere - Mi grida il foriere - Alla stazione . - Partiamo col treno ? ... - Sì nello stesso convoglio del Generale . Con uno sforzo sovrumano arriviamo a varcare i cancelli : un ' infinità di mobilizzati ed anche qualche Italiano , o di riffe o di raffe , pretendevano forzare la consegna e risparmiarsi , assoggettandosi a degli urtoni o al pericolo di qualche partaccia , una trentina di kilometri da farsi colla cavalcatura di San Francesco . Arriviamo sotto la stazione : lì troviamo qualche aiutante del Generale , diversi ufficiali di stato maggiore e un convoglio a cui era già stata attaccata la macchina .. quel convoglio però non era per noi , esso era stato serbato ai feriti . Garibaldi non era anche giunto : il generoso eroe dei due mondi voleva partire soltanto , allorché sarebbe stato sicuro che nessuno dei suoi cari , sofferente , potesse cadere nelle mani dell ' inimico . Appena partito il treno , cominciano ad arrivare nuovi stroppi : si buttano sulle panche della stazione gemendo ed urlando ; alcune donne prestano loro qualche soccorso o qualche conforto . Si appresta un ' altro convoglio - Speriamo sia il nostro dice qualcuno ; si domanda al capo stazione , o a una guardia qualunque e ci risponde negativamente . Allora la solita storia delle mille chiacchiere inutili . - O sta a vedere , che ci prendono come salami ! - Sentite ma certe ostinazioni non le si capiscono . - E se andassimo in quel treno lì ? - Ma noi si ha l ' ordine di star qui . - Eppoi abbandonereste il nostro vecchio ? - E se fosse partito ? Un grido di disapprovazione copriva queste ultime parole , e il disgraziato che sbadatamente le aveva proferite , ebbe dicatti a rincantucciarsi e a non farsi più vivo durante tutto il viaggio . Qualcuno più furbo di lui , ma con la stessa tremarella , mentre gli altri si perderono in chiacchiere , facendo lo zoppo od il monco , entrò in qualche vagone , gabbando le guardie e anticipando il momento di scappar di mano a quei Prussiani che l ' esaltata immaginazione facea vedere a pochi passi . La locomotiva dà un fischio , ed il triste convoglio dei feriti si dilegua ai nostri occhi . La stazione resta un po ' più libera ! .. Si attacca la carrozza del Generale ; è un vagone di prima , a cui fa seguito uno di seconda per lo stato maggiore : è preceduto da due carri per i bagagli . Entrano il colonnello Bossi e il Capitano Galeazzi . - Guide - Dice quest ' ultimo - Che nessuno monti in questo convoglio .. ad eccezione di voi ... - E dove andremo ? - Su .. tra i bagagli . Prendiamo d ' assalto i due carri , dove ci accomodiamo alla meglio . Dopo pochi minuti subito una questione in capo del carro .. - Giù ... sacramento ! Che c ' è ? - Siamo Italiani come voi , Dio .... . - C ' è l ' ordine di non far salire che Guide . - E noi siamo della legione Tanara .. della legione di ferro .. - O di ferro o di rame noi rispettiamo gli ordini . - E noi siamo qui ... - Giù ... giù . E qui qualche colpo di mano e qualche pedata : quindi gran discussione di ufficiali , a cui finiamo col prender parte noi tutti . - Dagli ragione - Mi dice un Livornese - Non vedi che fiasca di vino hanno a tracolla ... per strada fa comodo . Si urla , si strepita .. molti scendono , poi risalgono e i due non van via ... - Il Generale - Grida una voce . Tutto tace e nessuno più pensa al meschino incidente . All ' udire che ci è Garibaldi , mi si prende uno stringimento di cuore , e mi spenzolo dal carro onde meglio vederlo . Povero eroe ! .. Come ti han ricompensato i falsi repubblicani di Francia , ma tu sai deludere le inique lor mire , ma tu sai sventare i loro infami tranelli ! Garibaldi era serio , ma , come sempre , sereno , ma come sempre spirante dal volto una bontà che è impossibile descrivere : lo accompagnava il generale Bordone , che non partì con noi : a poca distanza da lui venivano il maggior Fontana e il tenente Grossi . Tutti quelli , che erano sotto la stazione si levarono il cappello : il Generale , appoggiandosi su un bastoncello , stiè un pò fermo e girò uno sguardo malinconico all ' intorno . Parlò a lungo con un signore , tutto vestito di nero , con barba , ( credo il sindaco od il prefetto ) poi si mosse per montar nel vagone . Un vecchio venerando gl ' impedisce l ' andare per serrargli la mano . Il Generale lo guarda , poi ricambia affettuosamente la stretta . Non so perché , ma ho voglia di piangere . Tutti ci sentiamo commossi : un guardatreno grida : Vive Galibardi ... nessuno risponde : in quell ' istante ogni evviva era superfluo : la vera grandezza disdegna le facili manifestazioni del volgo . Il Generale è in carrozza : la locomitiva fischia : siamo in movimento . Do un ' ultima occhiata a Digione , appena mosso , nè mi sento capace di staccar più gli occhi da lei . Quanti ricordi , quanta parte di cuore noi non lasciamo là entro ! Come mi tornarono in mente in quel brutto istante tutti gli sforzi che avevamo fatto per giungere in Francia , come mi apparvero caramente dilette le peripezie che ci avevano conturbato , come desideravo che il tempo avesse potenza di tornare indietro tre mesi per provare di nuovo le belle emozioni che tanto mi apparvero gradite in allora ! Oh ! come mi sembrarono giusti i versi del gentile poeta : « Les chants , que on les entend le soir dans la campagne « Plus ils vont s ' eloignant , plus leur charme nous gagne .... « Ainsi de souvenirs qui bercent nôtre coeur ! Erano dolci memorie quelle che cullavano il mio spirito affralito , e nella dolce serenità del ricordo lontano io giungevo a raccapezzare un po ' di quella poesia che purtroppo erasi estinta ! Garibaldi , non è inutile il ripeterlo , si mostrò abilissimo generale nella precipitosa nostra ritirata : niente restò in mano a un nemico che ci capitò addosso , quando meno lo si aspettava : il primo febbraio la Côte d ' Or era sgombra assolutamente dall ' armata dei Vosgi . CAPITOLO XXIII . Batteva mezzanotte e noi ci fermavamo a Chagny : non una persona era nella stazione : Garibaldi e il suo seguito si ritirarono nella stanza di aspetto dei viaggiatori di seconda classe . Una guardia mi battè sulle spalle e accennandomi il Generale che entrava in quella stanza , sorreggendosi al braccio del capitano Galeazzi , con voce commossa mi disse : Cinque uomini , come quello , e la Francia era salva ! Per tutta risposta io gli strinsi calorosamente la mano . Il breve viaggio che avevamo dovuto fare in ferrovia era stato più che sufficiente per aggrappirmi tutte le membra , poiché quel diabolico freddo che ci aveva perseguitato , durante tutta la campagna , non aveva la minima volontà di cessare ; ci buttammo per questa potentissima ragione nel caffè dove fortunatamente vi era una stufa , e cercammo di riscaldarci alla meglio . - E non potremo andare in città ? - Azzardò qualcuno di domandare al Ricci . - Noi dobbiamo stare a guardia del Generale . - E sia - Rispondemmo in coro , ordinando una , o più bottiglie di vino . Poco dopo vedemmo Garibaldi che ascendeva la piccola scala , che è in fondo al caffè della stazione di Chagny : l ' uomo eroico ci volse uno sguardo , uno di quelli sguardi mestamente soavi , nei quali è compreso un poema : noi tutti lo capimmo alla prima e istintivamente ci levammo il cappello : era impossibile non venerare l ' eroe che per un ' idea aveva affrontato nella vecchiezza disagii , fatiche inesprimibili , era impossibile non venerare l ' uomo che così infamemente ricompensato , collo sconforto nell ' anima , aveva un ' occhiata di conforto per noi : quella semplice occhiata ci rendeva più grandi , più generosi . Ah ! .. non mi scappi fuori una scuola novellina a sostenere che i popoli si debbano solamente muovere per gl ' interessi materiali : oh ... non mi si dica che il correre dietro ai sogni e alle generose utopie addimostra un ' ingenuità d ' animo quasi primitiva ! .. Io li capisco sogni siffatti , io li capisco tanto , che ne sono entusiasta . Oh , mi si lasci morire per una di queste generose utopie , mi si facciano provare tutte le asprezze della vita disagiata del campo , tutte le emozioni di colui che dice un addio per il vagheggiato ideale alle dolcezze della vita ; in oggi che si fa guerra ad oltranza alla poesia , oh , si lasci questo piccolo scampo a chi vuole appartarsi da questa società di calunniati e di calunniatori , di strozzini e di morti di fame , oh ! ci si permetta di utilizzare delle vite , forse disutili , per le nostre aspirazioni , che si potranno mettere in ridicolo , ma sulla cui santità nessuno onesto potrà nutrire sospetto veruno ! Erano passati pochi minuti , allorché un ufficiale ci notificò , che non ordine ma desiderio del nostro generale era quello che si andasse a riposare in città : tanto Garibaldi al contrario dei soliti generali pieni di boria ha carità , dei suoi sottoposti ! Non vi sto a dire come questo desiderio corrispondesse al nostro , pure tutti noi ad una voce dicemmo che nessuno avrebbe abbandonato quel luogo , tenendosi tutti troppo onorati di mostrare al grande uomo , quanto fosse la nostra riconoscenza e il nostro rispetto per lui . - No , no - Ci ripetè l ' ufficiale - Qui non vi è alcun pericolo : qui non vi è bisogno di guardie : Garibaldi si avrebbe molto per male , se voi non lo secondaste . E allora ? .... Via a rotta di collo in paese . CAPITOLO XXIV . Tutto era calmo : il rumore dei nostri squadroni e dei nostri sproni turbava soltanto il sepolcrale silenzio in cui erano avvolte le poche vie di Chagny : nella quiete quasi lugubre di quella serata a mille doppi sembrava più potente il rumore prodotto da noi , e ripercosso dall ' eco : s ' illuminò qualche finestra , ma per pochi minuti : il pacifico cittadino , rassicurato che non vi era nulla a temere , spengeva il lume e tornava di certo a gustare il calduccio delle coltri , quel calduccino che io cominciava a vagheggiare come un sogno irrealizzabile . Con molta fatica si perviene a trovare la Mairie : meno male che le finestre sono illuminate . I nostri capi , riflettiamo fra noi , avranno telegrafato , e gli alloggi saranno già pronti . Le nostre induzioni erano , come d ' ordinario , falsissime . - Dove è il Maire ? ... Domandiamo a un villanzone che scaldandosi le mani alla stufa andava tanto in brodo di giuggiole da non avvedersi nemmeno che noi eravamo entrati . - Son io - Ci risponde questo con certo sussiego . Cosa desiderano ? - Cosa desideriamo ? .... Ci vuoi poco a capirlo ! ... Un biglietto d ' alloggio . - Sapristi ! , .. Vi pare ora conveniente ? - Siamo arrivati ora ! ... - Ma ora dormono tutti : - Poco importa ! ... Li sveglieremo . - Ma ... guardino ! - Pretenderebbe che sì dormisse in strada ? .. - Dopo quello che si è fatto per voi ? - Aggiunse un amico in pretto Livornese - Ah ! Francesi , Francesi , se si fosse , mondo birbone , soldati del vostro schifoso imperatore o del papa ... Il Maire confuso , senza capire un ' acca all ' ultimo discorso , andò a un tavolino per stendere i famosi biglietti . Un urtone spalanca la porta , ed un ' altra mandata dei nostri si butta addosso al tavolino .... I nuovi venuti son la bellezza di diciassette , tra cui una vivandiera . - Sapristi - Ripete il sindaco con voce stizzita - C ' est impossible loger tout ce mond là ! ... Descrivere il bailamme che succede a tale esclamazione sarebbe cosa impossibile : tutti parlano a un tempo , tutti intendono snocciolare le loro brave ragioni , e quel pover ' uomo , che rappresenta l ' autorità , pare il sor Cecchino . - Ecco come ci ricompensano - Continua a vociare il Livornese . - Vogliamo giustizia - Interrompe un altro . - Io voglio soltanto un alloggio .... - Vous étes un cochon ... E giù di seguito sullo stesso tenore . Io e Bocconi arriviamo a strappare di mano il primo biglietto vergato e via di galoppo ... - Rue Saint Antoin ? - Domandiamo al primo che passa . - C ' est là bas . - Questo ci risponde e va via a passi concitati . Arriviamo alla destinazione : Numero 41 si picchia : silenzio glaciale : si ripicchia , la stessa accoglienza : allora pedate ; è poco anche questo : son morti dunque in questa casa ? Si sfoderano gli squadroni e si comincia una sinfonia infernale alla porta del mal capitato , che il municipio ci aveva destinato per ospite . - Mon Dieu - strilla una voce femminea - Il y a donc de Prussiens ? - Siamo Italiani ... il cittadino Bicornet abita qui ? - Sì cittadini ... ma è a letto ! - Si svegli ! - E cosa volete ? - Abbiamo il biglietto d ' alloggio ... - C ' est impossible ! .. Noi abbiamo di già uno zuavo ... - Solite storie ! ... Aprite o vi sfondiamo la porta ! - Nom de Dieu ! ... veniamo , veniamo . Non ho mai veduto in mia vita una fisonomia più ridicola di quella del cittadino Bicornet . Cogli occhi tuttora fra il sonno , con un berretto da notte dal quale scappavano fuori due orecchi che non avrebbero minimamente stuonato sulla testa di un coniglio , il povero diavolo , basso e traccagnotto come un fattore ti dava l ' idea di Don Bartolo , quando rimane immobile coma una statua nel finale del primo atto del Barbiere di Siviglia . - Cittadini ... fratelli ... amici ... Italiani ... sul mio onore è impossibile che vi possa albergare . - E perché ? - Guardate ... e , se siete giusti , giudicherete da voi stessi . Guardammo : in quella miserabile stamberga difatti noi non scorgemmo che un meschino lettuccio , su cui era disteso un bel giovine dalla barba bruna , probabilmente lo zuavo , il quale aveva tuttora il braccio al collo ; una vecchiarella sdraiata su di un pagliericcio alzò la testa al nostro arrivo e ci guardò con occhi stralunati . - Signori - Ci disse il giovine - Il buon soldato deve aver sempre rispetto ... Guardate se il mio ospite non vi diceva la verità ... - Non ve la rifate con noi , ma col Maire , perché c ' invia qui , quando ci siete voi . - Il Maire l ' ha presa con noi - Borbottò il buon ' uomo - Al principio della guerra ebbe il coraggio un giorno di mandarmene quindici ! - E noi che faremo ? - Domandammo in tuono di compassione a Monsieur Bicornet . - Aspettate - Disse questi dopo aver riflettuto - venite con me alla Mairie e vi fo fare un biglietto per un mio amico . - Tentiamo anche questa . - Riflttemmo noi due e col buon ' uomo rifacemmo i nostri passi . Il Maire non oppose alcun osservazione al cambiamento dell ' alloggio , e noi insieme con Bicornet , andammo in fondo al paese in una meschina casupola , alla cui porta il nostro accompagnatore bussò replicatamente . Quello che doveva albergarci era un macchinista della ferrovia ; egli ci accolse con un sorriso gentile , e , appena passati , si mise a rifarci un lettuccio che era a un lato della stanza , mentre nel fondo della medesima dispiegava tutta la sua pompa un letto nunziale , dalle cui coltre vedemmo scappar fuori una testa di donna , giovine certo , bella non sì poteva propriare , poiché il lumicino che era stato acceso al nostro arrivo non aveva la potenza di rischiarare quella stanza , quantunque la fosse stretta e corta come una carcere . Rifatto il letto , il macchinista con franchezza tutta popolana ci disse : Ora spogliatevi e dormite , che dovrete averne bisogno .... Buona sera ! Lo spogliarsi in faccia a una donna che ci vedeva per la prima volta , ci arrecava un certo fastidio : pure la necessità era troppo imperiosa , e dopo pochi minuti noi stiravamo le nostre membra intirizzite sotto le lenzuola . Il sonno si ostinava a non venire , quasichè il caso volesse proprio farci assistere a un tormento di nuovo genere , al supplizio di Tantalo riveduto e corretto per conto nostro .... Prima delle dolci parole tra i coniugi , poi uno scoccar di baci .... Noiato dalla scena che rappresentavo , feci un solennissimo starnuto ; ahi non bastò ; degli interrotti sospiri .... Diedi nel braccio al Bocconi , egli era desto come me , e finimmo con un ' omerico scoppio di risa . D ' allora in poi fu silenzio e noi attaccammo un sonno magnifico ! CAPITOLO XXV . Chagny fu per noi una vera desolazione : fortuna che ci si trattenne soltanto due giorni . Immaginatevi un paesucolo più sudicio di quelli del Napoletano : degli abitanti a cui non pareva vero di esserci prodighi di sgarbi e d ' impertinenze , e non avrete immaginato che una metà delle nostre noie . L ' intiera armata dei Vosgi si riversò , come valanga , su queste prime case del dipartimento della Saône et Loire ed all ' ora in cui noi ci alzammo da letto ci fu impossibile il rinvenire , neppure a peso d ' oro , un tozzo di pane . I soldati affaticati dalla lunghissima marcia si buttavano lungo le strade : i carriaggi si succedevano a ogni minuto : a ogni minuto vedevi un via vai di ufficiali di stato maggiore , di staffette , di batterie ; alle botteghe di fornaio , ai caffè , ai restaurants una pigia di persone concitate che bestemmiavano e facevano ai pugni tra loro ; noi eravamo affamati , ci avevano detto al quartier generale che per quel giorno saremmo rimasti in paese , e non si trovava un tozzo di pane per sfamarci .... Oh ! la dolorosa situazione .... In campagna , alla guerra , ci si adatta l ' idea del sacrificio , di un dovere da compiersi offre soddisfazioni più belle dì quelle di un bisogno naturale soddisfatto , ma sicuri di non scaricare più il fucile , testimoni di una pace disonorevolissima che veniva vigliaccamente subita da una nazione , fin ' ora rispettabile , noi ci sfogavamo con imprecazioni , e forse saremmo stati anche capaci di qualche malestro , pur di fugare la minima sofferenza . Finalmente , verso le due , mi riescì d ' agguantare in un ' osteria di sesto ordine una bella bistecca e la mangiai senza pane . La sera andai a dormire in una chiesa , poiché il biglietto d ' alloggio era per un giorno soltanto . Verso le due erano arrivati i nostri compagni delle Guide che avevano cavallo . Il giorno dipoi partenza di tutte le truppe : Garibaldi accompagnato dal suo stato maggiore partì per Chalons sur - Saone : noi avemmo l ' ordine di rimanere . Nella giornata liti immense con i Francesi . Ghino dà dei pugni al caporale Aribaud , questi scappa e vuol protestare : subissato dai nostri discorsi tace . Il tenente Raffoni insolentisce un capitano delle guardie mobili ed uno dei carabinieri ; lo traducono alla corte marziale : salta fuori un nuvolo di testimoni ed è assoluto . Noi siamo chiamati di guardia al quartier generale ; alcuni , essendo restati soli in paese , cominciano a mormorare ed a dire che i Prussiani sono a quattro passi e che ci faranno viaggiar gratis fino a Berlino ; improvvisiamo una cenetta in corpo di guardia rallegrata da Ricci e Fabbri che pretendono parlare francese e che attaccano briga con un Ussero di piantone , che si permette di sedere con noi dopo essersi permesso di russare come un violoncello antecedentemente . L ' ordinanza di Bordone ci porta una forma di cacio , e noi , andando nella stanza di ordini , rubiamo due bottiglie di vino generoso , riservato per gli ufficiali di stato maggiore . Gismondi , un Genovese rovinato nella faccia da una palla a Monterotondo , si aggiunge a noi e porta due altre bottiglie di vino ... quindi baldoria generale . Nel più bello del chiasso , si schiude la porta con impeto e vediamo ritto , stecchito davanti a noi , truce come lo spettro di Banco il generale Bordone . Stupore generale , e relativi moccoli a fior di labbra . Il generale ci da una sbirciata e invece di farci un rimprovero , si rivolge al nostro tenente e gli dice : Mandi un sergente e quattro uomini a rimetter l ' ordine in casa di questo povero vecchio , dove sono entrati tre Franchi Tiratori , pretendendo farci di tutto un po ' . Mecheri , sergente , e tre o quattro di noi ci moviamo col vecchio che era rimasto a caso nell ' ombra : eccoci ridotti anche carabinieri ! Non nego , che un tale incarico mi andava poco a sangue : io non ho mai nutrito una decisa simpatia per gli agenti della legge , che d ' altronde sono riveriti come angeli custodi da tanti che meriterebbero di andare in prigione assai più di quelli che ci vanno : eppoi ... il vecchio che ci accompagnava , mi aveva una fisonomia proibita : qualche cosa di prete smesso o di mezzano amoroso . Arriviamo alla casa : per le scale non ci è lume e nessuno ha fiammiferi .... si comincia benino ! ... - Mi piglino per una falda e salgano . - Ci dice il vecchio . Ci si attacca tutti alla falda .... maledizione ! ... la scala è a chiocciola e la falda a una voltata resta in mano a uno dei nostri . - Mon Dieu ! - Grida la povera vittima di quelle tenebre . - La ci tenga un lume ! - si contenta di aggiungere con filosofia l ' autore dell ' eccidio . La moglie del vecchio , avvisata forse dal chiasso improvviso , ci comparisce davanti con una lucernina . Quantunque la nuova venuta fosse in perfetto deshabillè non ci faceva peccare di gola . Credo che donna più brutta non sia stata mai messa al mondo per dar di bugiardi a coloro che asseriscono esser la donna l ' ideale della creazione . Tra moglie e marito avevano tutti i requisiti per farsi odiar cordialmente . - Aiuto ... carità ... protezione - Urlava la megera . Entrammo colle mani sull ' elsa dei nostri squadroni : credevamo di trovare tre indemoniati : quale non fu la nostra meraviglia ? Ci vennero incontro tre buoni figliuoli , che cominciarono col chiederci scusa di averci disturbati , narrandoci per filo e per segno tutti i particolari del disgustoso incidente . Provvisti di biglietto d ' alloggio , essi si erano presentati al padrone di quella bicocca ed egli aveva negato con mal garbo di ricettarli ; gli avevano detto che erano stanchi , che avrebbero anche pagato , ed egli duro come un Tedesco . Allora loro , esasperati , erano entrati per forza in camera ed avevano approfittato del divano ove si erano addormentati . Il vecchio era uno sfegatato Napoleonista , e giurava che a ' tempi della tirannide non si offendeva la pudicizia di una signora , svestendosi innanzi a lei . A tale protesta nessuno potè trattenere le risa : persuademmo i giovani a venir via , si diè due prese d ' imbecille al tarpano , e tutti insieme si andò in una vicina casetta , dove bevemmo di nuovo . Tra un bicchiere e l ' altro , sapemmo che i Prussiani avevano fatto fuoco sull ' ultimo convoglio di Garibaldini che era partito da Digione , convoglio nel quale tra gli altri si trovava il Piccini : nessuno fu offeso ad eccezione del Macchinista che restò morto sul colpo . Il giorno dopo , noi partivamo da Chagny , diretti a Chalons sur - Saone , dove si trasferì il quartier generale . L ' annunzio della partenza fu salutato da tutti , con gioia inesprimibile . Se io avessi un nemico accanito , lo manderei a domicilio coatto a Chagny , certo che dopo poche ore implorerebbe la pena di morte . CAPITOLO XXVI . Prima di terminare il racconto è necessario che io parli della seconda brigata , comandata dal Lobbia , di questa brigata che , quantunque lontana dalle altre e perciò non abbastanza rammentata nelle molte memorie che si son pubblicate sulla campagna di Francia , non si è meno coperta di gloria , nè ha meno faticato delle altre . I dati della relazione che io farò ai miei lettori , mi furono forniti a Chalons da un distintissimo ufficiale di stato maggiore che era al seguito del colonnello Lobbia , e il pubblico avanti di parlare del nostro soggiorno in quella città , poiché avendo fin ' ora discorso di guerra e dovendo d ' ora in là discorrere di pace , qui mi sembrano nel posto più adatto . Sul finire del dicembre , erano in Soulieu il colonnello di cavalleria Bossi , il maggiore Farlatti con uno squadrone di Guide e una piccola compagnia di pionieri comandati da Kauffman : questa spedizione aveva per scopo di danneggiare le comunicazioni dei Prussiani , appunto sulle famose linee che dovevano servire all ' esercito di Manteuffel per venire a combattere le truppe di Bourbaki . Oltre ad altri ingegni di guerra , il capitano Kauffman avea con se due furgoni pieni di materia incendiaria e di dinamite , che dovevano servire a una importantissima operazione della quale si faceva un gran segreto ; e che consisteva noi far saltare un tunnel della ferrovia di Strasburgo . Pare che tra Kauffman e Bossi non s ' intendessero molto e le operazioni non procedendo , come avrebbero dovuto , Garibaldi richiamò quest ' ultimo al quartier generale e diede un tale incarico al colonnello di stato maggiore Lobbia , nominandolo brigadiere e destinandolo al comando della seconda brigata . Questa era costituita nel modo seguente : Stato Maggiore Uff . 7 Uom . 14 Genio » 3 » 20 Guide » 9 » 150 Francs tireurs de la Bigorde » 3 » 35 Égalitè » 12 » 175 Chasseurs d ' Orient » 16 » 270 Marin » 4 » 55 Atlas » 4 » 60 Guerillas Marseilles » 18 » 280 – – – Uff . 75 Uom . 1059 Lobbia partì da Autun , conducendo con se per ufficiali di stato maggiore il capitano Pozzi ed i tenenti Scipione , Primerano e Bonomi : partì secoloro il signor Visitelli , corrispondente del Dayl Neuw . Il capo squadrone Castellazzo partiva per Chatau Chinon , Clamecy e Vermenton , incaricato di tenere relazione tra la brigata Ricciotti e Lobbia e sorvegliarne le operazioni , servendosi dei telegrafi e di tutti gli altri mezzi che le sottoprefetture e i sindaci dovevano mettere a di lui disposizione . Da Autun la seconda brigata si portò a Soulieu per Lucenay , quindi a Precy e a Vitteau . La marcia è lunga e fu resa più disagevole dall ' immensa quantità d ' impedimenti che venivano dietro ai soldati e che occupavano a dir poco tre chilometri di spazio : carri con gli equipaggi dei soldati , barrocci , trabiccoli dei vivandieri ... donne ... insomma una vera marcia di barbari ! Le compagnie dei Francs tìreurs erano scarse : ve ne erano persino di dieci uomini , ma anche queste avevano tre o quattro ufficiali ... già , se durava un altro pochino la campagna di Francia avremmo finito coll ' avere diecimila generali e nemmeno una tromba ! ... Mentre Lobbia marciava verso Vitteau , Ricciotti aveva che fare coi Prussiani di Montbard . Questo paese era difeso da 4000 uomini e 6 pezzi di cannone . L ' ardimentoso figlio di Garibaldi tentò l ' assalto , il giorno 6 di gennaio . Sul più bello dell ' impresa egli però si vide accerchiato dai Prussiani che in forza di 2000 uomini avevano intanto marciato sopra a Semour . Ricciotti tenne fermo fino alla sera , e ritiratosi a Montfort per sentieri appena tracciati , potè sul mattino eludere la vigilanza dei nemici che lo volean prigioniero e si ritirò sano e salvo presso Les Lommes . La seconda brigata , a cui Castellazzo aveva comunicato l ' ordine del Generale di fare un movimento in avanti per distrigare Ricciotti , potè continuare la sua via e di concerto colla quarta brigata che pur si ritirava per la medesima strada verso Digione , potè manovrare così bene da schiudersi l ' adito in mezzo alle colonne nemiche che già si avanzavano numerose per le vie di Chatillon , Aignay le Duc e Precy ; era una marcia difficilissima , di fianco , che avrebbe potuto compromettere la sicurezza di quella brigata , se questa non avesse avuto la precauzione molto giusta di proteggersi sul suo lato sinistro per mezzo della cavalleria dì Farlatti che eseguì egregiamente questo difficilissimo compito . Al villaggio di Marai - sur - Tille la brigata Ricciotti si divise da quella di Lobbia , essendo stata la prima richiamata a Digione e dovendo proseguire la seconda per il compito a lei designato . Qui raggiunse la colonna il capo squadrone Castellazzo . Egli veniva da Grancey le Chateau , dove poco corse che rimanesse prigioniero colla somma di 90,000 lire . Lobbia lo aveva infatti mandato a prender denari a Digione , e aveva fissato di attenderlo a Grancey . Castellazzo attendeva da parecchio tempo e nessuno arrivava : i Prussiani avendo saputo dalle chiacchiere dei borghigiani qualche cosa , mandano venticinque usseri nel paese ; e , mentre il nostro amico aveva fatto attaccar la carrozza , i cinque uomini dell ' avanguardia nemica annunciano al capoposto che non vi erano Garibaldini . Senza por tempo in mezzo , senza aspettare che gli usseri si ricredessero dal loro sbaglio , Castellazzo salta in carrozza , e prendendo un altra via gli riesce di raggiungere il corpo . Erano novantamila lire che egli salvava dagli artigli dei soldati di re Guglielmo : certo che se questi l ' avessero potuto immaginare , per un uomo solo erano capaci di assediare il paese . La seconda brigata da Maray - sur Tille si recò a Selongey diretta per Langres . Siccome però numerosi si avanzavano i nemici dalla parte di Grancey , minacciando di tagliare la strada di Prauthoy , Lobbia con ottimo intendimento fe ' fare alla sua truppa il giro di Fontaine Francaise e di Champly recandosi a Chalindrey ed a Langres , dove arrivò il 15 di gennaio , sempre attorniato dai Prussiani , con una felicità veramente meravigliosa . A Langres , dietro ordini del Generale , furono lasciati tutti i bagagli , compresi i due furgoni di dinamite e il capitano Kaupffeman . La brigata si pose a campo pei boschi di Bouchemin , di Marat e di Faverolle , minacciando le comunicazioni prussiane di Chaumont , Arc en Barroi , e Auberive sulle quali passavano le truppe dirette a Digione . L ' incertezza del generale francese Meyer , il quale negò ogni appoggio , diede meno importanza di quello che si meritava , al movimento : avendo perciò il brigadiere dovuto rinunciare all ' idea di attaccare Chaumont , occupato da 6000 uomini , troppi al certo pel di lui piccolo effettivo , portavasi il 22 a Perrogney e Pierre Fontaine e , di lì passando per Auberive , muoveva alla testa della cavalleria sopra il villaggio di Germain per sorprendervi quel posto . Tra i due paesi sono tre chilometri di scesa e tutto il terreno era una crosta di ghiaccio : ad onta di questo la distanza fu percorsa in una carica sola a carriera sfrenata : guai , se un cavallo fosse caduto ! ... Non poteva fare a meno di succedere un monte generale , una vera cuffia , come si direbbe in termine basso . Il nemico che stava poco sulle intese , parve che non avesse nemmeno tempo di montare a cavallo : gli Usseri Rossi si erano ammucchiati nella scuderia ; i meno , incerti se avessero a difendersi o a darsi prigionieri , i più , cercando nascondersi in tutti i buchi e perfino nel fieno . Furono presi 12 uomini e 15 cavalli : gli uomini erano superbi : alti , benissimo vestiti e riccamente equipaggiati : quasi tutti del Posen ; le loro pipe , pagate ben inteso a pronti contanti , furono i trofei più ricercati della vittoria . Dopo questo brillante episodio , Lobbia tornò a Auberive , da cui si mosse dirigendosi verso Vaillant : a poca distanza da questo villaggio giunse la notizia che il sindaco del medesimo veniva trascinato a Prauthoy da una trentina di ulani : nuova carica sul ghiaccio : gli ulani lasciano la preda e via a carriera verso Esnoms , e siccome chi corre corre e chi fugge vola , quando i nostri arrivarono a quel paese , i nemici erano già a Prauthoy . Gli oggetti requisiti ed il sindaco rimasero a noi , e quest ' ultimo offrì in Vaillant un pranzo Lucullesco agli ufficiali di stato maggiore . La notte fa passata a Pierre Fontaine ; il 25 , avvisato che una sessantina di Prussiani che facevano scorta a un centinaio di prigionieri francesi , dirigevansi da Prauthoy sopra Auberive , il colonnello Lobbia con cinque ufficiali del suo stato maggiore e con una compagnia di Francs Tireurs faceva un ' imboscata nella foresta di Mont ' Avoir per sorprendere il convoglio : verso sera però gli esploratori avvertirono che i nemici avevan presa altra strada , quella di Grancey . Avanti di continuare , sento il dovere di esporre un fatto che torna a grandissimo onore del Lobbia . Allorchè nel giorno precedente imbandite le mense , altro non si aspettava all ' infuori che il colonnello si assidesse nel posto d ' onore , egli domandò se era stato pensato ai prigionieri , ed avendo ottenuta una risposta negativa , energicamente protestò , minacciando di non prender parte alla mensa , qualora non si trattassero con umanità quelle povere vittime della fortuna guerresca ; nè qui si arrestò l ' uomo generoso : a sua iniziativa fu fatta una colletta tra gli ufficiali , colletta che fruttò un sette franchi a testa pei prigionieri : e questi , vedendosi fatti segno di tal gentilezza , sentendosi sempre palpitare il cuore anche sotto la tunica di gregario , piansero , piansero come fanciulli e gridarono : Viva Garibaldi , Viva l ' Italia . Povera gente ! ... Lontana da suoi , in un paese che del bene non gliene voleva dicerto , paurosa di tutto , al balsamo della consolazione sentiva stemprarsi quel gelo , che le si era voluto addensare sull ' anima dagli stupidi ed infami regolamenti che vorrebbero fare degli uomini la macchina più iniqua , che torturi la povera umanità ! La notte Lobbia , Castellazzo , Pozzi e due ufficiali di stato maggiore s ' incamminarono verso Vaillant : gli altri li seguitavano a un chilometro di distanza : giunti a due chilometri da Vaillant , quattro ombre , silenziose come quell ' oscurità , si avanzano ... si dà loro l ' alto : Castellazzo si avanza arditamente , e domanda chi sono . Essi esitano a rispondere . Pozzi grida : sono Prussiani , abbassate le armi .... ed i quattro ubbidiscono senza far motto . Si disarmano e poi vengono consegnati ad una compagnia che si avanza a passo di corsa . Passata quella notte a Vaillant , l ' indomani la brigata si portò di nuovo a Pierre Fontaine e di qui passò ad Augeres , dove la sera del 27 arrivarono due compagnie di linea con parecchi ufficiali , inviati dal generale Meyer onde coadiuvare i garibaldini nell ' attacco di Prauthoy : il rinforzo era comandato dal capitano Mas , vecchio soldato d ' Affrica . Fu tenuto consiglio di guerra nella stanza da letto del sindaco : vi assistevano Lobbia , Castellazzo , Pozzi e altri due di stato maggiore . Il Mas era un po ' in bernecche , e invasato dai sacri furori che il Dio Bacco suole prodigare ai suoi fedeli seguaci , si riprometteva con le sue due compagnie di mangiare in un colpo tutti i Prussiani ; domandava soltanto un po ' di tempo per far prendere il caffè ai soldati . Castellazzo osservò che era assai meglio che lo prendessero dopo aver mangiato i Prussiani , per aiutare la digestione .. Mas , con serietà imperturbabile , chiese allora che i suoi dipendenti fossero messi al posto d ' onore ( all ' avanguardia ) . Lobbia accettò e commosso da tanto eroismo , fè la consueta grimace , Castellazzo citò i versi del Miles gloriosus di Plauto : .... .. virum Fortem , atque fortunatum et forma regia , tum bellator Mars Haud ausit dicere : neque aequiparare suas virtutes ad tuas . Il vecchio soldato non sapendo che si rispondere a quel complimento in lingua a lui incognita ; scambiando forse Mars per Mas fa ' una gran riverenza e si avvolse in dignitoso silenzio . Alle 11 di sera tutti erano a cavallo : per sentieri tutti incrostati di ghiaccio la brigata arrivò a Lucenay . Mentre sul viso dei coraggiosi si leggeva chiaramente l ' ansia , il desio prepotente di misurarsi coll ' inimico , i soldati di linea perdevano un tempo prezioso a prendere il caffè e a fare il chilo . Dopo mille e mille sollecitazioni a partire , alla fine si avviarono : si avviarono , ma con tale un passo da tartarughe , che invece di arrivare , come era stato previsto , a Prauthoy alle quattro di notte , ebbero il fresco cuore d ' arrivarci alle sei del mattino . Aveva preso stanza in questo villaggio il 2° battaglione del 61 reggimento Guglielmo di Pomerania : battaglione che apparteneva giusto appunto , come rammenteranno i lettori , a quel reggimento che tanto era stato battuto il giorno 23 alla masseria di Poully e la di cui bandiera era già in nostra mano : 800 fanti , 50 cavalli e varii cariaggi : tale era l ' effettivo di cui disponeva il nemico . Le compagnie di linea francese aveano avuto l ' ordine di penetrare nel villaggio , senza trar colpo ; esse invece si fermarono a trecento passi dal medesimo e per avvisare il nemico si misero a sparare alle passere . Convenne allora far di necessità virtù : si spiegarono le colonne e ci si accinse a dare l ' assalto . I Prussiani avevano occupate le case , il cimitero , la chiesa e di là facevano un fuoco d ' inferno . Gli Chasseurs de Lyon e le guide ( per la maggior parte italiane ) si portarono eroicamente : qualche altra compagnia fe ' il proprio dovere , qualcuna , purtroppo , scappò , sparando all ' aria , o , quel che è peggio , addosso agli ufficiali di stato maggiore che cercavano arrestarle nella corsa disordinata . Ad onta però di tal confusione la costanza dei pochi prevalse e dopo quattro ore circa di fuoco , i Prussiani , perduto il loro comandante e dopo aver lasciato sul campo un centinaio tra morti e feriti si salvarono con dirottissima fuga pei campi . La giornata era vinta . Noi avemmo 49 morti e 62 feriti : gli avversarii oltre i morti e i feriti , lasciarono nelle nostre mani 14 cavalli , 73 prigionieri , 14 cariaggi d ' avena e di pane , una ingente quantità d ' oggetti rubati tra cui orologi , bauli e argenteria , 200 fucili , la contabilità , la cassa con 1,500 talleri , un furgone da munizioni e diversi carri d ' ambulanza . Tutto insieme fu uno dei fatti più brillanti della campagna di Francia e se monsieur Mas , il miles gloriosus , avesse secondato a dovere il resto della brigata , sarebbe rimasta prigioniera l ' intera colonna Prussiana . Inutile il dire che Castellazzo in quel giorno si condusse da eroe : chiunque l ' ha veduto in altre campagne , può e deve giustamente argomentarlo : Pozzi e Farlatti riscossero l ' ammirazione di tutti , e non ultimo certo tra i valorosi si addimostrò il signor Visitelli , il corrispondente del Dayly News . Per quel giorno e per la notte vegnente si trattennero gli stanchi soldati in Prauthoy ; il domani si portarono a Langres , onde accompagnare i prigionieri , riportare la preda e apprestarsi a nuove avventure . Il 31 Lobbia si spinse e Neully l ' Eveque a 12 chilometri da Langres : il nemico si era raccolto in forze a Montigny le Roi e la 2a nostra brigata si preparava per andargli a fare una delle solite visite , quando arrivarono anche lassù le prime notizie dell ' armistizio . Il generale Meyer , protestando di eseguire scrupolosamente i decreti del suo governo , non permise alcun movimento e così la brigata Lobbia restò isolata dal rimanente dell ' armata dei Vosgi , nè si seppe più alcuna notizia di lei , fino a che il Castellazzo , travestitosi da contadino , dando prova di un favoloso coraggio , traversò imperterritamente le linee prussiane , e portandosi a Autun , venne di là a Chalons - sur Saône , latore di notizie e dispacci . Terminato che fu l ' armistizio e conclusa la pace , la brigata Lobbia con lascia passare Prussiano passò in mezzo alle schiere nemiche che le resero gli onori militari : da Langres venne a Chalons , dove furono tolti persino i mantelli alle Guide , che così bene avevano adempiuto il loro incarico , che tanto si erano coperte di gloria per difendere quella Repubblica Francese che ora in tal modo le ricompensava . CAPITOLO XXVII . Torniamo a noi : i giorni delle belle emozioni erano cessati : prolungare dettagliatamente questa mia storia , sarebbe un voler portare il cane per l ' aia , e terminerei rendendomi assai più noioso di quello che son riuscito fin qui .... ed è tutto dire ! .. Pure , qualche episodio della nostra guarnigione , qualche sbozzo alla peggio di certe scene , che , se non altro , possono illuminare qualcuno sullo spirito che dominava allora in Francia , non sembreranno superflui ai lettori e serviranno , quasi di cornice al quadro che male o bene ho tentato di tratteggiare sin qui : stacco perciò dal mio libriccino di appunti le pagine meno seccanti e ben volentieri le offro a quei Cirenei , che hanno subito il peso della mia croce per tanto tempo , dando prova in tal modo di più che cristiana pazienza . Chalons ha da essere un soggiorno incantevole ; ha strade e piazze pulite , eleganti e con sfarzosi negozii : il suo quai sur la Saône rammenta i nostri lungarni : il fiume è però più bello e più tranquillo dell ' Arno : sul far della sera quando arriva Parisièn , il piccolo piroscafo che viene da Lione , disegnando una striscia di fumo sulle limpide plaghe del cielo sereno , si gode una incantevole poesia e troviamo artisticamente superbi i visi sin ' allora simpatici semplicemente delle cittadine : Il desiderio di rivedere l ' Italia si fa più vivo ... a che ci tengono qua , se non ci è più da menare le mani ? Vien dato a me e a Gismondi un biglietto d ' alloggio per un palazzo in Rue aux Fievres : il nome non è di buon ' augurio : Troviamo un prete , un vecchio signore ed una ragazza nè bella , nè brutta : fanno mille difficoltà : Gismondi va in bestia , e piglia quest ' occasione per dire : maledetta la Francia ! ... - Parlate Italiano ? - ci dice subito la ragazza : l ' amico rimane di sasso : e allora sappiamo che la ragazza ha studiato la nostra lingua tre anni ; cosa che non impedisce di scambiarla , quando pronunzia , per un ' Abissina . Dopo mille daddoli , ci accomodano nella camera delle cameriere . Meno male . Oltre il quartier generale ha stanza in Chalons l ' eroica brigata Ricciotti : ritroviamo lo Strocchi , l ' Orlandi e altri amici . Si passano le giornate aux Vendange de Bourgogne , dove una ragazza robusta e impertinentemente carina serve da pranzo , e mesce gli asenzii e i cognak . Mademoiselle Marie , après la guerre je vous epouse si sente ripetere ad ogni minuto e con tutto questo ci si noia , come a un pezzo di musica dell ' Avvenire . Meno male , che a giorni sono l ' elezioni ; l ' agitazione politica ci stordirà , eppoi chi può predire di cosa sieno gravide l ' urne . Questa è carina ! Viene da me il solito tromba Romagnolo : mi chiama in disparte eppoi mi dice con importanza . : - Chat in Francese non vuoi dire altro che gatto ? - Di certo . - E pigeon piccione ? - È innegabile ! - Dovevo immaginarlo ! ... Esclamava allora in tuono tragico , battendosi il capo . - Che ti è successo ? ! - Proruppi io stimolato dalla curiosità - Versa in seno dell ' amicizia quello che ti grava nel cuore . - Se tu sapessi .... io faceva la caccia a una bella bambina : ed ero , cioè credevo di esser corrisposto ... stamani vo in casa , l ' abbraccio , lei non si muove , ma nel più bello , nel calore dei discorsi , mi ha cominciato a dire : Mon chat , mon pigeon dunque vuole in tutti i modi battezzarmi per una bestia .. io era indeciso , ma ora ... - Son le gentilezze che usano le innamorate di qua .. - Forse perché riconoscono quelli che ronzan loro dintorno , ma io non sono del mazzo e protesto . Un proclama di Gambetta , affisso alle cantonate , invita i cittadini ad accorrere unanimi alle urne , chiama sosta la sospensione dell ' arme , non risparmiando certe spavalderie che non dovrebbero essere più di moda . Interrogo difatti varie persone e tutte mi rispondono , facendo voti per la pace , e arrivando perfino a confessare che preferiscono la caduta della repubblica a nuove guerre e a nuovi disastri . Ah ! ... Francia , Francia come sei caduta nel basso : perché non ritrovasti in tanto sterminio l ' eroismo di Missolungi ? ... Io non ti posso stimare . Il sottoprefetto di Chalons è una pasta di zucchero : Corso , è contrarissimo a Napoleone : sottoprefetto è un sansculot di prima forza ! Oggi ero di guardia : si è trattenuto un poco con me sul terrazzo : mi ha parlato della Francia colle lacrime agli occhi ed ha finito con accenti di disperazione . Sul far della notte ha mandato una damigiana di vino e del salame ai soldati . Garibaldi si è ritirato a un chilometro dalla città : noi non sappiamo che pesci si prendere : cominciano i bullettini dell ' elezioni : si ritiene che uscirà eletto Garibaldi . Tornano Miquelf ; Materassi e le altre Guide , che si credevano già putrefatte , o per lo meno nelle mani nemiche . Materassi ci racconta che hanno fatto saltare due ponti , che hanno visitato un visibilio di paesi , ricevuti sempre bene , ma sempre costretti ad udire discorsi in favor della pace . Non ci è caso : la Francia è sfiduciata , la Francia è come colui che , finita ogni risorsa , preferisce portar la livrea di coloro che l ' hanno spogliato e non sa trovare il coraggio di uccidersi . La corruzione di Chalons non la cede per nulla a quella di Digione . Il quai è un continuo viavai di donnette che ti lanciano occhiate assassine . Non vi è soldato che non abbia un ' amante . O mariti Italiani che nel 1859 coronaste d ' alloro i vincitori di Magenta e ne aveste in ricambio altre corone , gioite : i vostri compatriotti sanno ben vendicarvi ! Il maggiore di piazza è un militarista accanito : mi ha fermato nella grande rue perché non l ' ho salutato . Ha minacciato di far sciogliere le guide , perché vanno di trotto al passeggio e perché non vanno alla piazza a prender l ' ordine del giorno . Sì .... i nostri soldati non sono venuti per questi servizii vigliacchi - urla Ghino allorché riferisco la commissione - ci pare ora di tornare in Italia ! .. E nessuno va al comando di piazza . Giorno dell ' elezioni : le sale ove sono le urne riboccano di gente : vedo due liste di candidati : in una figura Garibaldi nell ' altra Mac Mahon : non riescono nè l ' uno nè l ' altro nel dipartimento di Saône et Loire . Garibaldi è eletto però in cinque dipartimenti ed ottiene in tutti gli altri splendidissime votazioni . La sera delle elezioni più animazione e più chiasso nelle trattorie e nei caffè . Chi la vuol lessa chi arrosto : tutti però si aspettano una Camera molto meno peggiore di quella che resulta realmente . I coscritti della nuova classe , preceduti da un tamburone attraversano la città , gridando : Viva Garibaldi , Viva la guerra , Viva la Francia . A che tanto entusiasmo ? .. Son tutti giovani di 18 e 19 anni , perché non hanno preso il fucile , quando la patria era in pericolo ? .. Uno spilungone , vero pagliaccio , ha in testa un morione da guardia imperiale e agita una canna da capo tamburo ... Ah , Francesi , quando sarete più serii ? ! .. A che conservare quella blague schifosa che vi rendeva spregevoli anche a dì del trionfo ? Meditate sulle vostre sventure , e non fate gli eroi quando ne è passato il tempo , se non volete rassomigliare ... « Al nobile guitto « Che senza un quattrino « Ostenta il diritto « Di andare al casino Giunge il maggior Tironi a fare uomini pel suo squadrone dei Cacciatori d ' Italia che si costituisce a Reumelly : è indirizzato al nostro corpo : si consegnano a lui tutti i Francesi che figurano nei nostri quadri . Tra questi infatti ci è della robaccia in tutta l ' estensione del termine : tra gli altri il sergente di scuderia che converte la biada dei cavalli in bottiglie d ' eccellente Borgogna : i nostri cavalli sono ridotti allo stato di quello dell ' Apocalisse . Rimasti tra noi , in famiglia , si respira un po ' più liberamente . Arrivano da Marsiglia un centinaio d ' Italiani , che il maggior Pennazzi , aggregherà alla compagnia Egiziana . Arrivano a tempo .... . per ritornare con gli altri in Italia ! Giungono pure due o tre che son disertati dal Frapolli : ci raccontano come in Lione dei volgari truffatori e dei veri e proprii malandrini da strada disonorino il nome italiano in tal guisa da veder scritto a parole cubitali lungo le vie : Defendue la chémise rouge . Ricomincia un po ' di vaiolo ! ne è attaccato anche il nostro foriere : morire ora ... la sarebbe birbona ! .. Garibaldi parte per Bordeaux onde intervenire all ' assemblea : lo accompagnano Fontana , Gattorno , Vivaldi Pasqua e Galeazzi . Menotti arrivato al mattino piglia il comando dell ' armata dei Vosgi interinalmente : è con lui Bizzoni . Mi alzo più presto del solito , e vo ' dalla bella Marie a bever la goutte - Socci - Mi grida una voce di basso profondo : mi volto e veggo Galliano - Tu qui .... ora ? - Vienci prima , se ti riesce ! ... il sor Bolis mi ha tenuto fin ora in prigione : appena sono stato libero , son venuto qua con dieci uomini . - Ma ora torniamo indietro .... - Neanche per sogno io li sò i progetti del generale .... se tu sapessi ! .... - Che c ' è ? - C ' è ... ma per ora non lo dire a nessuno .... c ' è , che ora si scende in Nizza , si proclama la repubblica .... - Sogni ! - Vedrai . - E t ' han fatto nulla ? - Son capitano - Si bagneranno i galloni ? - Lasciami prender l ' entrata in campagna . - E a qual corpo ti hanno aggregato ? - A qual corpo ? ! ... A dirtela non lo so neppure io . - Tanto meglio .... Una triste notizia ; il colonnello Bossi , mentre accingevasi a partire da Chalons è assalito da un trabocco di sangue e cade tra le braccia dell ' ufficiale di stato maggiore che lo ha accompagnato alla stazione . Bossi era un vecchio soldato : franco e leale ; non troppo ben visto dai proprii dipendenti per la sua rigidezza , ma patriotta di antica tempra e di coraggio prodigioso . Veterano di tutte le campagne d ' Italia lasciava colla sua morte un voto molto sensibile nelle file della democrazia militante . Passeggio svagolato sul Quai : sento fermarmi , mi volto credendo ravvisare un amico e invece vedo un vecchio di fisonomia rispettabile , che porta all ' occhiello la fettuccia rossa della legione d ' onore . Siete Italiano ? .... Mi domanda nel nostro idioma . - Sissignore , rispondo - Volete venire a farvi il ritratto ? - Io lo sbircio bene bene , e quasi quasi suppongo che sia un pazzo . - La mia domanda è assai strana , si affretta a soggiungere - ma io sto facendo un ' Album dove intendo far collezione de ' figurini dei differenti corpi dell ' Armata dei Vosgi . - Sicché io dovrei venire ? .... - A fare da figurino delle Guide . - perché no ? ! - Borbotto : dopo tutto è bellina ! Non potendo farla da eroe sono utile almeno a far da figurino ! .... Mezz ' ora dopo in eroico atteggiamento sono in posa difaccia a Monsieur Philip che mi parla di Firenze da lui veduta , or sono trent ' anni , che mi offre un punch eccellente , e che mi fa vedere un piccolo album tascabile , sul quale en passant per la via , ha schizzato dieci o dodici caricature di Garibaldini tra cui quelle di tre miei amici , ripresi alla perfezione . Esco dal pittore e vedo davanti al quartier generale : una folla straordinaria di gente : i ragazzi si aggrappano alla cancellata del giardino : i popolani formano dei crocchi : tutti discorrono concitatamente e sgranano certi occhi da non avere invidia con quelli di un bue , nella direzione del palazzo . Che è , che non è ? Mille dubbi tenzonano nella mia mente : mi faccio largo tra la calca a forza di urtoni , tratto male le sentinelle che volevano precludermi il passo , e tocco , come si suol dire , il Cielo con un dito , quando posso sbirciare una guida , a cui immediatamente domando : Che è successo di nuovo ? - Nulla , sono arrivati due parlamentarii Prussiani .... l ' armistizio è stato protratto e vengono a fissare le linee di demarcazione . - Non chiedo altre spiegazioni e vo su nella sala d ' ordini : tutti gli ufficiali leggono pacificamente i giornali ; qualcuno si scalda al camminetto : ciò non mi produce alcun senso , gli avevo veduti usare in tal modo nelle circostanze supreme , possono fare così anche ora ! ragioniamo con alcuni altri coi due bassi ufficiali che hanno accompagnato il colonnello di stato maggiore che fa da parlamentario : con nostra maraviglia li troviamo istruitissimi : ci parlano con rispetto degli Italiani , ci dicono francamente che senza di noi sarebbero andati a Lione , ma ci dichiarano con altrettanta franchezza , che da noi non si aspettavano simile ingratitudine , da noi che eravamo andati a Venezia soltanto per dato e fatto della Prussia . Questa è proprio carina ! .... I Francesi ce ne dicono di tutte un po ' , perchè ci siamo dimenticati di Magenta e di Solferino , non accorrendo come un ' uomo solo dall ' Alpi a Lilibeo , a dar due botte ai Prussiani : i Prussiani ci gabellano addirittura per ingrati perché abbiam loro strappato uno stendardo a Digione . La morale ? .... La morale è questa : Guai a coloro che hanno bisogno di una mano per sollevarsi ; fortunati coloro che sanno fare da se : chi fa da se fa per tre , dice un proverbio e i proverbii , a detta di Salomone , sono la sapienza dei popoli . Dopo un lungo colloquio il parlamentario ritorna verso la Côte d ' Or : il popolo lo saluta con fischi . Assai brutta idea si devono aver fatta quei Tedeschi della civiltà Francese ; un popolo deve essere feroce nella lotta d ' indipendenza , ma dee mai sempre rispettare il diritto delle genti e , cessati i guai , ha da ravvisare un fratello in colui che ridotto macchina nelle mani di un re , può avergli fatto del male . Ci giungono notizie dì Bordeaux .... e che brutte notizie ! .... Le nostre previsioni non sono andate fallite . La Francia accasciata sotto la vigliaccheria , ha mandato al corpo Legislativo l ' assemblea più retrograda che immaginar si possa . Lo spirito generoso delle città è stato soffocato dall ' alito maligno della reazione provinciale . Niente di strano : tutti in Chalons a mò d ' esempio desiderano la pace , riaccetterebbero Napoleone pur di non vedere un Prussiano : il mio amico pittore tratta di buffone Gambetta , il padrone di casa maledice la repubblica perché ha i suoi campi occupati dal nemico : nessuno prenderebbe un fucile per ricacciare gli stranieri oltre Reno .... I popoli hanno il governo che si meritano : in nazioni come la Francia corrotte , son degni presidenti i Thiers , e veri rappresentanti i ruraux di Versailles . Si leggono i giornali : Garibaldi è stato ricevuto iniquamente nell ' Assemblea : gli si è vietato persino di discorrere : una voce sola ha tuonato in mezzo ai codardi in difesa dell ' eroe : è la voce generosa che si elevò da Guernesey in favore dei caduti di Mentana , è la voce che ha agitato le fibre della decrepita Europa , e che ha fatto allibire sui troni i regnanti : è la voce di Victor Hugo ; fra tanti cialtroni Garibaldi non poteva esser compreso degnamente che dall ' autore dei Miserabili . Il Generale dava le sue dimissioni . Queste notizie finiscono di rovinare il morale dei volontarii . Nessuno presta servigio , tutti vogliono tornare in Italia . Vedo aux Vendanges de Bourgogne Castellazzo : mi perdoni l ' egregio amico , ma lo avevo scambiato per un barocciaio . Ha un cappellaccio di pelo e una casacca pure di pelo . Gli parlo : egli , con quell ' abbigliamento , è riuscito a deludere la sorveglianza del nemico ed ha attraversato le file prussiane . Anche lui è sfiduciato e mi dice che in quanto al partire per noi può essere questione di giorni . Siamo chiamati in quartiere : il nostro tenente dice di averci a fare una importantissima comunicazione e fa leggere al foriere il seguente ordine del giorno : « Ai bravi dell ' Armata dei Vosgi . Io vi lascio con dolore , miei bravi , e sono costretto a tal separazione da circostanze imperiose . Ritornando ai vostri focolari raccontate alle vostre famiglie i lavori , le fatiche , i combattimenti che abbiamo sostenuti insieme per la santa causa della repubblica . Dite loro sopratutto che aveste un capo che vi amava come figli e che andava orgoglioso della vostra bravura . A rivederci in circostanze migliori . GIUSEPPE GARIBALDI Terminata questa lettura , do un ' occhiata ai compagni , vedo degli occhi lustri e non posso fare a meno di notare un silenzio molto eloquente : non vi è che dire ; i miei compagni sono tutti commossi , quanto lo sono io . Le generose parole dell ' eroe sono scese nel cuore di tutti : ci insultino pure i Giuda politici , i prezzolati campioni della Monarchia , ci chiamino vagabondi e gente che non ha nulla da perdere , le nostre fatiche non potevano esser meglio ricompensate , le nostre idee non potevano esser meglio comprese . Una sola parola di elogio sgorgata dalle labbra intemerate di Garibaldi vale di più di tutti i belati della mandra comprata ; il nostro non è feticismo , non è un moto idolatra , è la giusta estimazione che gli uomini di cuore devono mai sempre nutrire per coloro che hanno tanta benemerenza verso l ' umanità , per coloro la di cui vita è stata sempre un continuo sacrifizio , una continua abnegazione in favore delle magnanime idee . Si legge anche un ordine del giorno di Bordone ; non manca pur questo di generosità , ma quali parole possono fare effetto dopo quelle del Romito di Caprera ? Tornano da Digione alcuni nostri feriti , tra i quali Pianigiani . Non si lagnano del contegno dei Prussiani , e fanno molti elogii di quello del popolo , sempre repubblicano anche in presenza degli invasori . Ci parlano della magnificenza dei funerali del Perla . Un battaglione Prussiano ha reso gli onori militari alla salma : tutta la popolazione è corsa lungo le vie da cui è passato il funebre corteo ; la madre del prode maggiore non ha curato i lunghi disagii del viaggio ed è corsa onde essere in tempo a far meno triste l ' agonia del figliuolo ; essa lo ha accompagnato al sepolcro . Povera donna ! .. se tuo figlio è morto gloriosamente , se il di lui nome sarà eternamente celebrato tra quello dei martiri della libertà , tu non cessi di esser madre e hai diritto di piangere : le lacrime delle madri sono la rugiada benefica che fa rinvigorire le magnanime idee . Distruggiamo i tiranni e nessuna avrà da piangere su di un figlio innanzi tempo rubato all ' avvenire e alla patria . È partito per Avignone il terzo degli usseri . Erano buoni figliuoli e durante la campagna hanno fatto un servizio di ferro Li abbiamo accompagnati alla stazione : hanno voluto abbracciarci e ci hanno lasciato gridando : Viva l ' Italia , rammentatevi di noi ! ... Non temete , bravi figliuoli , noi non potremo dimenticarvi : noi vi abbiamo veduto volare intrepidamente di faccia al nemico , noi abbiamo spezzato il poco pane con voi , noi vi si siamo affezionati nelle fatiche , nei disagi che abbiamo sostenuti per la repubblica ... certe cose le non si dimenticano mai ! Un ' altra bellina ! ... L ' amico Kane si trova senza quattrini e sente tutta la necessità di fare un pranzo lucullesco . Cosa inventa ? Va da Monsieur Coq , il nostro cittadino trattore , e a faccia tosta gli annunzia di esser passato ufficiale . Monsieur Coq lo guarda con aria d ' ammirazione e gli dà il mi rallegro . Kane gli fa osservare la necessità di dare un banchetto agli amici , e , consenziente il trattore , ordina un lautissimo desinare da pagarsi appena riscossa l ' entrata in campagna . Io sono del bel numero uno degli invitati . Il giorno dopo , si hanno da vendere i cavalli di rimonta e , a farlo apposta , tra le povere vittime designate per condurli in giro e per trovar compratori è designato anche l ' apocrifo ufficiale . Non senza stiacciare dei moccoli , il disgraziato agguanta le redini di uno dei più sghangherati Bucefali e va cogli altri sotto l ' obelisco della Piazza per portarlo all ' incanto . Noi cerchiamo in tutti i modi di far prender cappello al nostro amico : ora gli si da la baia , ora si esige che metta al trotto la bestia : sul più bello delle nostre burlette , capita in mezzo a noi , come lo spettro di Banco , il povero Monsieur Coq , vede il preteso ufficiale che fa quel basso servizio , fa un urlaccio e rimane come Don Bartolo : dal canto suo Kane non sa quali pesci si prendere , e ci dà certe occhiate da commuovere i sassi , ma che ci fanno scompisciar dalle risa . Silenzio di un paio di minuti , finalmente l ' amico nostro si risolve , empie di chiacchere la testa dell ' oste e te lo ingarbuglia in modo tale da persuaderlo a comprare il cavallo e così tra sconto , tra senseria ed altri ammennicoli , chi ha avuto ha avuto e tutti rimangon contenti ! Il comando dell ' Armata dei Vosgi è passato nelle mani del vice ammiraglio Penohat . In tempo di rivoluzione niente di strano che un uomo di mare comandi un armata di terra .... eppoi , ce lo han ripetuto , egli viene per scioglierci . Laus Deo : ci leveremo alla fine da questa vita noiosa , di cui le feste improvvisate all ' Hotel du Parc , le facili conquiste delle Veneri appassite che passeggiano sui Quais , la maldicenza su tutto e su tutti , compendiano tutte le fasi . Se si restasse un altro mese , ci abbrutiremmo di più degli ubriachi d ' assenzio che riscontriamo ogni mattina , quando ci si leva dal letto . Questi ultimi non sono pochi . L ' uso dell ' assenzio è stata una delle rovine di Francia . Altri due parlamentari Prussiani ! La popolazione s ' insospettisce : la strada infaccia al quartiere generale è gremita di gente : si sussurra , si grida : bisogna rinforzare la guardia al cancello . I parlamentari partono quasi subito e la calma si ristabilisce . Alcuni dicono che il nemico concede altri otto giorni d ' armistizio , purché sia occupato anche il dipartimento di Saone e Loire ... Vedremo ! Vien l ' ordine di restituire i nostri cavalli e di portarli al deposito di rimonta a Macon . Buon segno ! .. Io sono incaricato della missione , prendo meco dieci uomini e vo per quella direzione . Appena arrivati , sentiamo tutti un gran desiderio di mangiare e di vedere una nuova città . Lasciamo nei vagoni i cavalli , senza curarci di dar loro quel pasto che tanto si anela per noi ed a corsa entriamo in Macon : si questiona col sindaco per aver il biglietto d ' alloggio ; finalmente ci vien concesso , io vado in casa di una bellissima vedova : mi metto a dormire in uno stanzino accanto alla sua camera ; però prima lei chiude l ' uscio con doppio giro di chiave ; le precauzioni non sono mai troppe ! Al mattino ci rammentiamo dei cavalli : si vanno a prendere e ci si monta a pelo per condurli al deposito . Ci riceve un vecchio capitano che ci guarda a squarciasacco , arricciandosi i lunghi mustacchi , e battendo il frustino sugli stivali . Ci ordina di metter le bestie in una vastissima scuderia . Maledizione ! Queste hanno tanta fame che si mettono a dar dentate al legno della mangiatoia . Si figurino i lettori quali occhi piantasse nei nostri il capitano ! Sbuffò come un istrice , bestemmiò un paio di sacres tonners e poi in tuono burbero ci chiese : Ma da quanto tempo non mangiavano questi cavalli ? - Fingi di non capire il francese , mi sussurra un vecchio merlo che ho accanto . Così faccio , non rispondo ad alcuna domanda , il vecchio soldato ci manda al diavolo e noi andiamo a desinare . Il nostro pasto si prolunga tanto , che non solo non possiamo veder la città , ma arriviamo a buco per la partenza del treno . Appena scesi dalla stazione di Chalons , ci colpisce la vista un insolito brulichio di persone : la vasta piazza dell ' obelisco è occupata da capannelli che si agitano , si sbracciano , discorrono ad altissima voce . Domandiamo a qualcuno che cosa è avvenuto : ci si risponde che domani i Prussiani saranno in città . Ci si stringe nelle spalle e si entra nella grande Rue : questa è tanto affollata che bisogna procedervi a forza di spinte ; per pervenire alla sottoprefettura ci è necessaria una buona mezzora . Il popolo è più abbattuto che mai : qualcuno si azzarda a proferire a bassa voce la parola tradimento . Pesco altre notizie : oggi scade l ' ultima proroga dell ' armistizio , nessuno avviso è venuto , niente di più facile che ricomincino l ' ostilità . Incontro finalmente il nostro tenente - Stia pronto a partire , mi dice - Verso Chagny ? - Nemmen per idea , noi andiamo a Macon - O i Prussiani ? - Ci crede anche lei ? ... Va via il quartiere generale , ecco tutto ; in settimana ci danno il congedo , fra quindici giorni siamo in Italia - E si parte ? - Domattina alle quattro . - La partenza dello stato maggiore aveva prodotto quel panico da cui era occupata tutta la città . Vo a casa : per via non posso fare a meno di pensare a tutti gli addii , a tutte le promesse , a tutti i pianti che si faranno nel corso di questa nottata ; sento la voluttà di non lasciare nemmeno uno spicchio di cuore in questa graziosa città . Annunzio ai miei ospiti la mia vicina partenza ; mi dicono le solite cose e mi offrono da bere ; passo in salotto e mi trovo in compagnia con un prete che dice ira di Dio di Vittorio Emanuele perchè ha osato di entrare nell ' eterna città : messo a punto , è la prima volta che faccio il realista ( che il Cielo me lo perdoni ! ) : nasce un battibecco , i padroni di casa mi fanno il viso dell ' arme : mi avveggo che se domani non partissi loro troverebbero qualche pretesto per mettermi gentilmente alla porta . Vo in camera è comincio a fare i fagotti : sento bussare dolcemente alla porta e vedo entrare Maguelonne , un bel tipo provenzale , una delle bonnes della famiglia . È in completo deshabillè le domando cosa desidera - Son venuta ad aiutarvi , mi risponde con una mossa provocante e lanciandomi un ' occhiata assassina - Capisco l ' antifona , ma mi ha messo tanto malumore la disputa col curato , ma son tanto felice di andarmene che risolvo di far l ' indiano per vedere se la appetitosa fanciulla mi si leva d ' intorno . E pensare che il mio compagno d ' abitazione le he fatto una corte spietata e che dopo un ' infinità di salamelecchi non è giunto a ricever da lei che ... uno schiaffo . Proprio la fortuna favorisce i poltroni ! Prima il solito discorso della mia amante italiana , poi le solite proteste d ' affetto ai soldati , mille bei discorsi insomma a ' quali rispondo , come le mura testimoni di quel colloquio . Il vecchio Giuseppe Ebreo è un Don Giovanni a paragone mio ... in questa sera . Terminato che ho d ' accomodar la mia roba , cogli occhi fissi in terra , che alzandoli ho paura di perdere la tramontana , auguro la buona notte all ' inaspettata visitatrice . Oh ! disillusione ! ... Essa mi stende graziosamente la mano e con un tuono di voce gentile mi dice : E non avete da dar nulla alla bonne ? Alzo gli occhi ; la stoccata fa perder la poesia ; le do uno scudo che m ' esce dal cuore e vo per darle anche un abbraccio ... è troppo tardi : lo schiaffo del mio povero compagno riceve una seconda edizione nella mia povera guancia ! ... vo a letto bestemmiando , mentre sento nella stanza accanto le risate della birichina . Mi alzo elle quattro : è un buio d ' inferno : per rischiararmi la vista prendo due gouttes , poi vo di corsa alla foreria . I nostri sono già in rango : si aspetta mezz ' ora , cominciamo a impazientirsi .... dopo un ' ora eccoti l ' ordine che partiremo alle dieci . Rinunzio a descrìvere la salva d ' imprecazioni con cui viene accolto un tale annunzio ! Si va al caffè ; trovo un campagnolo che mi si appiccica : va a Belfort , suo fratello fa parte di quella eroica guarnigione che sola in tutta la campagna ha capitolato coll ' onore dell ' armi ; sarà morto , sarà ferito il povero diavolo ? Il mio nuovo conoscente non ne sa un ' acca , ma spera ed è allegro come uno sposo novello ; mi invita ad ogni costo a far colazione con lui ; la colazione è sì lauta che le trombe chiamano a raccolta e noi non abbiamo ancora finito di trincare . Esco mezzo in bernecche , mi accodo agli altri ; appena arrivato sotto la stazione schizzo in un vagone di prima ; cinque minuti dopo mi addormento saporitamente per destarmi a Macon . CAPITOLO XXVIII . Mi perdonino i lettori , se tanto li ho intrattenuti con certi dettagli di minima importanza e forse tali da raffreddar l ' interesse di questa mia narrazione , se pure da qualcuno di facile contentatura ci si può ravvisare dell ' interesse : oramai avevo buttato giù queste note e non ho potuto resistere al desiderio di pubblicarle : nella vita oziosa , monotona che siamo , purtroppo , costretti a condurre in Italia , le reminiscenze di un tempo che , se non era bellissimo , ci offriva almeno il destro di poter favellare col cuore sulle labbra e dire cogli amici ad alta voce i propositi ardenti che ci bollivano in seno , senza aver paura dei birri e del procuratore del re , parlano una voce così eloquente al mio cuore , che il più piccolo nonnulla di tale epoca , che in tanta degradazione io veggo passarmi davanti agli occhi della fantasia , caramente diletta come una illusione svanita , o come un sogno perduto , m ' ispira un ' affezione che non saprei abbastanza spiegare , ed egoista come tutti gli uomini che sono sotto l ' impressione di un ' affetto dimentico gli altri per non deliziar che me stesso . Fatte alla peggio queste mie scuse , ritorno al racconto che , grazie al cielo , è quasi giunto al suo termine . Macon è il capoluogo del dipartimento di Sâone et Loire ; in tempi di pace è celebre per il buffet della stazione e per le mode originali delle sue donne del popolo ; in tempo di guerra noi vi trovammo delle gentilissime signore che rivolgevano ogni cura per alleviare i feriti e per recar conforto ai soldati di passaggio : in tempo d ' armistizio , come ci si capitava ora , non rinvenimmo che di bei caffè , delle donne eleganti e un giornale Buonapartista ad oltranza , che ci screditava facendo di noi certe biografie imposibili , piene di una filza di menzogne . Non sto a dire qual folla di gente invadessero i pacifici uffizi della Mairie , appena noi fummo arrivati . Il Maire protestava sbuffava , sudava : tutti volevano esser serviti alla prima ed egli non serviva nessuno : per temperamento fu deciso di dare solamente i biglietti d ' alloggio agli ufficiali : mi fo prestare il berretto al tenente Mussi e in poco tempo non che con uno mi trovo con quattro biglietti in saccoccia . Il primo di questi era per un marchese , il secondo per un droghiere , il terzo per un macchinista della ferrovia . Preferii quest ' ultimo : piccato ad osservare , volevo conoscere intimamente i sentimenti del popolo e di più provavo il bisogno di ritemprar la mia anima in una atmosfera serena , in quella calma che sempre si trova nel tugurio del povero , quasi mai nella dorata magione del ricco Nababbo . Nè mal mi era apposto : una fanciulla dall ' aria ingenua , dal vestitino d ' indiana mi ricevè con aria franca , poi l ' andò a chiamare la mamma : questa era una vecchiarella che si perse in inchini , che mi sgranò in faccia due occhioni grossi come pan tondi quando seppe che io era nato in Italia e che per andare da Macon ai confini d ' Italia ci erano più di duecento miglia : le due donne mi prepararono una cameretta pulita , modesta , degna di accogliere una vergine : non so perché , ma quell ' aria mi purificava , e non trovavo verso di staccarmi da quelle due donnicciole che parlavano il linguaggio dell ' ignoranza , l ' unico che si parte veramente dal cuore . Noi eravamo andati a Macon per disciogliersi ; pure ci trattennero due giorni in un ozio increscioso : a romper la monotonia di quelle lunghe ore venne il Journal de Macon . In un articolo pieno di bile la più velenosa , il venduto imbrattator di carte si scagliava su noi in modo veramente indecente . Dopo aver detto ira di Dio di Garibaldi e Gambetta , l ' articolista aveva lo spudorato coraggio di chiamarci i cavalieri erranti della repubblica , i fannulloni Italiani che erano andati in Francia a fare i signori , gli spavaldi guerrieri che non avevano mai veduto il fuoco ma , che trattavano il dipartimento di Saône e Loire , come se fosse un paese conquistato . Mettere una mano in un alveare e scrivere quella robaccia fu la medesima cosa ! In poche ore più di trecento Garibaldini corsero all ' ufficio del malcapitato giornale : un pagliaccio qualunque , allibito dalla paura , si scusava , si profondeva in mille proteste , dava insomma tal prova di vigliaccheria , che nessuno dei nostri volle sporcarsi le mani col dargliele sul muso . Il giorno dopo il giornale escì fuori colle due prime colonne in bianco : più sotto vi era una protesta , in cui si dichiarava che la libera stampa deve tacere là dove regna la sciabola . È un fatto : i giornalisti codardi e venduti son come i rospi , bisogna schiacciarli . Dopo tale incidente cominciava a rinascere in noi il malumore . A che ci trattengono ? si cominciava a dire tra noi ; forse non è finita la guerra ? ... Non veggono forse come noi cominciamo a trovarci in una situazione abbastanza anormale ? .... E qui gli stessi lamenti , e gli stessi lunghi discorsi , da cui , stringi stringi , non si poteva rilevare che l ' immenso desiderio che occupava noi tutti di rivedere al più presto l ' Italia . Alcuni avevano già indossato abiti cittadineschi : non vi erano più appelli , non si salutavano più i superiori ; ai caffè erano liti continue e baruffe da dare scandalo alla popolazione : alcuni per distrarsi si affidavano all ' opera energica del vieux Mecon e quindi sbornie a cascare su tutta la linea . Era infine una vitaccia inconcludente che ci rovinava la salute e che ci faceva mandare in quel paese da tutti coloro che amano la pace . Arriva finalmente la legione Ravelli per essere disarmata ; lo stesso giorno disarmano noi , promettendoci pel dì dopo due mesi di paga e il congedo . Due mesi di paga e a spese nostre il viaggio ! .... E pensare che il soldato avea un franco il giorno ! .... La repubblica Francese non fu certamente prodiga con coloro che così prodigalmente avevano esposto la vita per lei . Pure quella sera fu baldoria : si trattava di tornare in Italia , di riveder la famiglia , gli amici , e non osavamo misurare col pensiero quelle poche ore che ci dividevano dall ' istante bramato , tanto era la nostra bramosia d ' arrivarvi : mai ho sentito l ' amor di patria , come quando ne sono stato lontano : so anche io che l ' idea falsa della nazionalità deve o prima o poi cedere in faccia a quella santissima dell ' umanità , ma che volete ? Noi , che abbiamo avuto la disgrazia di nascere in un periodo di transizione , noi che siamo stati tirati su colle idee vecchie , noi che abbiamo veduto il sacrificio di tanti martiri , che abbiamo assistito alle lotte generose che i giovani più magnanimi hanno intrapreso contro i governi e contro gli eserciti stranieri per raffermare il principio della nazionale unità , non abbiamo potuto non affezzionarci a quella patria che ci hanno insegnato a rispettare più di noi stessi gli scritti di tanti filosofi ed il sangue di tanti eroi . Capisco tutto l ' immensa poesia del futuro , mi sento capace di sacrificarmi per la causa della libertà in qualunque luogo la vegga risorgere o la vegga in pericolo , ma a conti fatti se a qualche straniero saltasse il ticchio di voler venire a spadroneggiare di qua dall ' Alpi mi sento pure capace d ' impugnare un fucile anche colla monarchia e forse collo stesso entusiasmo , con cui lo facemmo nel 1866 . Non vi nego che in ciò si possa riscontrare della contradizione , ma a certi sentimenti non si comanda ed il cuore , vero rivoluzionario , non si può piegare alle disquisizioni dei dottrinari , i quali per predicare son usi a dar dei punti a Fra Girolamo , buon ' anima sua , per fare sono più impotenti dei poveri Eunuchi . Furono disarmate le legioni Italiane ( mi dimenticavo di dire che era arrivata anche quella del valoroso Tanara ) furono disarmati i Franc Tireurs : molti di questi ultimi non volevano depositare le loro armi : gli Spagnoli minacciarono un ammutinamento « con queste armi noi vogliamo passare i Pirenei e mandare a gallina quel buffone che l ' Europa ha voluto regalarci per re » tali a un dipresso erano i loro discorsi . E quando , ridotti a buon partito dai consigli dei superiori , si decisero di sciogliersi pacificamente , ci vollero stringer la mano e dicendoci addio aveano le lacrime agli occhi . Voi ci diceste addio , o giovani generosi che nei giorni del pericolo ci siamo abituati ad amare come fratelli , ma io , e con me tutti i miei compagni d ' arme , vi diciamo : a rivederci . La libertà non ha ancora piantato radici nella decrepita Europa , e poco può tardare un nuovo appello che richiami i generosi di qualunque nazione ai santi combattimenti a prò di un ' idea . In quel giorno io sono sicuro di rivedervi , io sono sicuro di tornare a divider con voi le lunghe fatiche , i diuturni disagii , forse anche la morte , ne sono sicuro , perchè io vi ho veduti intrepidi difaccia al fuoco dell ' inimico , sublimi nei sacrifizii , sempre pari ai principii magnanimi che vi covano in seno . A rivederci adunque , o figli prediletti della libertà , o generosi precursori di quel beato avvenire in cui tutti saremo più che compagni fratelli , in cui non ci saranno le guerre , in cui ogni uomo sarà eguale davanti all ' altro uomo . Posando le vostre carabine , tornando alle vostre case , parlate ai fratelli , agli amici le sante parole del vero , dell ' eguaglianza , della giustizia : battaglieri in tempo di guerra , siate apostoli in tempo di pace ... A rivederci per poco , a rivederci ... allorchè tuonerà di nuovo il cannone , allorchè un altro popolo sorga dal fango , dove lo han tenuto i suoi re , ed abbia la forza d ' insorgere , nessuno di noi mancherà all ' appello glorioso ; le file dei soldati della libertà saranno rinforzate dai nuovi campioni , ma io sono sicuro di ritrovarvi al vostro posto , di ristringervi la mano tra il fischiar delle palle è il gemitio dei feriti ! .. A rivederci ! Miquelf ci chiama in fretta e furia , ci da i due mesi di paga e ci ordina di partire il giorno dopo col treno delle quattro e quaranta antimeridiane . Decidiamo di non andare a dormire : vo a casa , faccio alla meglio il mio piccolo involto , bacio tutta la famiglia dei miei ospiti , torno dagli amici , che sono au soleil couchaut , trattoria dove si mangia benissimo , e beviamo un ' infinità di bottiglie . Il primo giorno che arrivammo a Marsiglia avevamo cercato allegria al Dio Bacco : se non altro per debito di riconoscenza , dovevamo offrirgli copiose libazioni anche nelle ultime ore che ci si tratteneva nelle terre di Francia . A mezzanotte si chiuse la trattoria ; girellammo per persi un ' oretta nelle deserte vie di Macon : per passare le altre tre , ed essendo abbastanza assonnati , credemmo che non sarebbe stato cosa malfatta sonnecchiare un pochino , ma quasi tutti avevamo detto addio a coloro che ci avevano ospitato ; per cui ci riducemmo in dodici nella camera di un nostro amico : la notte antecedente alla mia partenza di Firenze aveva un degno riscontro nell ' ultima che passavamo lassù . Quattro saltaron sul letto , gli altri , me compreso , si buttaron per terra facendo un diavoleto indescrivibile . Nessuno potè dormire : tutti ci perdevamo in congetture più o meno umoristiche sulle accoglienze che avremmo avuto in Italia . Suonarono le tre e ci avviammo alla stazione : si bevve per l ' ultima volta una buona bottiglia di vieux Macon e poi ci buttammo nei vagoni a noi destinati . La macchina fischia : il treno è in movimento : ci spenzoliamo , quantunque sia sempre buio , per dare un ultimo saluto alla città , e non possiamo a meno di ripeter tra noi : Povera Francia ! Si cammina , si cammina per tutta la mattinata ; traversiamo l ' Est della Francia : si arriva alla Savoja : traversiamo i suoi monti , siamo colpiti dall ' immensa poesia che fanno piover nel cuore le folte boscaglie , gli scoscesi macigni , il verde cupo degli alberi , tutt ' a un tratto intramezzati da estese pianure di neve . La ferrovia va per lungo spazio sul lago di Chautillon : quel lago stretto , monotono , lungo : quella neve , quella solitudine così bella nella sua orridezza ha qualcosa d ' imponente : quanto volentieri me ne anderei sul muricciolo di quella chiesetta che sbuca sulla cima del promontorio : La è circondata da pini : una cascata che va a versarsi nel lago scaturisce a pochi passi da lei e di lassù ci deve essere un incantevole colpo d ' occhio . Delle mandre di pecore s ' inerpicano sui sassi che le fanno ghirlanda : il montanino vi corre per dare un pensiero ai suoi morti e poi ne ritorna cantando le ispirate canzoni che suol dettare ne ' vergini cuori la poesia dell ' aperta campagna .... ah ! come sarei felice di viver lassù , lontano dal rumore del mondo , solo con le mie meditazioni , salutando con un inno il sole che nasce , ritrovando una lacrima , quando la squilla della sera che invita a pregar pei morti ripercotesse quell ' aure calme , che t ' incitano a esser buono e a sperare . Mi avveggo che io , fumatore per eccellenza , ho da due ore il sigaro spento e che non ho importunato alcun ' amico per avere un fiammifero . Giungiamo a Chambery ; ci tratteniamo alcuni minuti : tanto , perchè le gentili signore della capitale della Savoia ci offrano una refezioncella , a cui facciamo onore con un ' appetito invidiabile . Altre montagne , altri boschi , Montmelian in lontananza , ecco cosa ci offre il breve tragitto che da Chambery ha da farsi per arrivare a Saint Michel . Qui ci si ferma una buona mezz ' ora : fa un freddo indiavolato : ci sembra di esser ritornati ai primi giorni della campagna : si monta nel treno Fell , e ci si accinge a traversare le Alpi . Il passeggio delle Alpi colla ferrovia Fell è una cosa imponente : il pauroso che si affaccia al vagone in tal traversata , son persuaso , che passa un cattivo momento : ma per noi , che tanto poco curiamo i pericoli , vi assicuro che è uno dei più attraenti spettacoli . Trovarsi in cima a burroni tanto scoscesi da perder gli occhi per volerne rintracciare la fine , vedere ogni tanto qualche picco , passare in mezzo a una neve perenne , osservare le centinaia di croci che in ricordo di disgrazie avvenute son seminate lungo la via , ti da un ebbrezza da farti pigliare la vertigine . Ah ! potenza del progresso ! ... Quell ' Alpi che Annibale e Napoleone giunsero solamente a valicare con tanta iattura dei suoi , or si sorpassano in poco più di quattro ore , e , quando sarà compiuto il foro del Moncenisio , i cui lavori non possiamo a meno di ammirare anche trasvolando quassù , il più imbecille dei commessi viaggiatori supererà i baluardi della natura , fino ora detti insuperabili , nel medesimo tempo che agli eroi ci voleva per muovere solamente di un passo una balestra o un cannone . Traversiamo Modane : Modane è un grazioso , bizzarro e pittoresco paesucolo di case di legno , di capanne fatte alla peggio , ove abita la gran quantità degli operai che sono occupati ai lavori della ferrovia . Ci si beve una grappa eccellente : le donne vi posson trovare a qualunque ora un buon bicchiere di latte . Il nostro guardatreni scende e ne sale uno nuovo , il quale fa presto amicizia con noi : ci dice in buona lingua Italiana che alla mattina ha accompagnato tre ufficiali dello stato maggiore italiano e che uno scese più avanti per studiar quelle posizioni . Gran meraviglia da parte nostra : tre ufficiali di stato maggiore che studiano , ma dunque in Italia voglion morire ? ! Vediamo il forte d ' Esilles . - Ora siamo in Italia - Mi dice il guardatreni . Sento allargarmi il cuore : un senso di dolcezza mi corre di fibra in fibra e ripeto , entusiasta agli amici : Siamo in Italia . - E ora ? - Mi risponde uno in tuono di dubbiosa ansietà . - E ora che ? ... Di rimando rispondo . - Come ci tratteranno i nostri padroni ? Restai pensieroso , ma uno , certamente più giovine e per conseguenza più poeta di me , prese la parola e schiccherò questo bel discorsino . Come vuoi che ci trattino ? ... Io lassù in Francia ho letto dei giornali e tutti dicevano bene di noi e celebravano le vittorie di Garibaldi : la nostra gloria , assicuratevelo , ha avuto un ' eco potente nelle nostre città , quantunque avvilite e prostrate sotto il falso sistema che le corrompe , tenendole schiave : noi non siamo fuggiti : reietti dal governo Francese , pochi , senz ' arme abbiamo vinto : i nostri compagni più cari , i giovini in cui l ' Italia riponeva ogni sua speranza si son lasciati cadaveri : la morte ha falciato nelle nostre file con più animazione di quella con cui il colono falcia le spiche : poveri siamo partiti , più poveri siamo tornati : abbiamo affrontato fatiche che a narrarle soltanto possono sembrare impossibili , abbiamo fatto sempre il nostro dovere ... come vuoi che ci accolga il nostro popolo , come vuoi che ci accolga il nostro governo ? Abbiamo forse fatto disonore all ' Italia ? le glorie della camicia rossa non sono state oscurate : il nostro debito di graditudine verso la Francia è stato pagato ; abbiam vinto , abbiam tolto una bandiera al nemico ah ! non temete : il governo Italiano non si darà per inteso del nostro arrivo , e non ci farà dei soprusi ... è impossibile ! ... La gloria Italiana si è arricchita di una nuova pagina , e chiunque si sente balzare nel petto un cuore che risponda degnamente a ' sentimenti italiani , non potrà che applaudirci . - Va bene - Gridammo noi tutti solleticati a tale speranza - Va bene - Viva l ' Italia ! - Evviva tutti coloro che non son mai mancati al proprio dovere ! ... - E che gli avversarii onesti sono in obbligo di rispettare ... - Come farà il governo Italiano ! - Susa ! ... - Grida in perfetto accento piemontese la guardia della stazione . - Ci siamo ! - Si grida noi tutti , emettendo un sospiro di contentezza . Scendiamo , anche avanti che il treno si fermi : calpestiamo con compiacenza la terra italiana , le parole semibarbare di due o tre paesani che ci stringono la mano , ci sembrano una musica paradisiaca ... - Facciano il piacere di venire con noi - Mi dice battendomi sulla spalla , un carabiniere . - E dove si ha andare ? ... - Dal sor Delegato ... - Ho capito ... Povero amico ! ... Come hai speso bene il tuo fiato , quando ci hai voluto convincere sulle buone grazie che il governo Italiano avrebbe usato a nostro riguardo ! ... Seguitiamo dunque i carabinieri e andiamo dal sor Delegato ... FINE
RERUM NOVARUM ( LEONE XIII , 1891 )
Miscellanea ,
INTRODUZIONE Motivo dell ' enciclica : la questione operaia 1 . L ' ardente brama di novità che da gran tempo ha cominciato ad agitare i popoli , doveva naturalmente dall ' ordine politico passare nell ' ordine simile dell ' economia sociale . E difatti i portentosi progressi delle arti e i nuovi metodi dell ' industria ; le mutate relazioni tra padroni ed operai ; l ' essersi accumulata la ricchezza in poche mani e largamente estesa la povertà ; il sentimento delle proprie forze divenuto nelle classi lavoratrici più vivo , e l ' unione tra loro più intima ; questo insieme di cose , con l ' aggiunta dei peggiorati costumi , hanno fatto scoppiare il conflitto . Il quale è di tale e tanta gravità che tiene sospesi gli animi in trepida aspettazione e affatica l ' ingegno dei dotti , i congressi dei sapienti , le assemblee popolari , le deliberazioni dei legislatori , i consigli dei principi , tanto che oggi non vi è questione che maggiormente interessi il mondo . Pertanto , venerabili fratelli , ciò che altre volte facemmo a bene della Chiesa e a comune salvezza con le nostre lettere encicliche sui Poteri pubblici , la Libertà umana , la Costituzione cristiana degli Stati , ed altri simili argomenti che ci parvero opportuni ad abbattere errori funesti , la medesima cosa crediamo di dover fare adesso per gli stessi motivi sulla questione operaia . Trattammo già questa materia , come ce ne venne l ' occasione più di una volta : ma la coscienza dell ' apostolico nostro ministero ci muove a trattarla ora , di proposito e in pieno , al fine di mettere in rilievo i principi con cui , secondo giustizia ed equità , si deve risolvere la questione . Questione difficile e pericolosa . Difficile , perché ardua cosa è segnare i precisi confini nelle relazioni tra proprietari e proletari , tra capitale e lavoro . Pericolosa perché uomini turbolenti ed astuti , si sforzano ovunque di falsare i giudizi e volgere la questione stessa a perturbamento dei popoli . 2 . Comunque sia , è chiaro , ed in ciò si accordano tutti , come sia di estrema necessità venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari , che per la maggior parte si trovano in assai misere condizioni , indegne dell ' uomo . Poiché , soppresse nel secolo passato le corporazioni di arti e mestieri , senza nulla sostituire in loro vece , nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito cristiano , avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi in balda della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza . Accrebbe il male un ' usura divoratrice che , sebbene condannata tante volte dalla Chiesa . , continua lo stesso , sotto altro colore , a causa di ingordi speculatori . Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio , tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all ' infinita moltitudine dei proletari un gioco poco meno che servile . PARTE PRIMA IL SOCIALISMO , FALSO RIMEDIO La soluzione socialista inaccettabile dagli operai 3 . A rimedio di questi disordini , i socialisti , attizzando nei poveri l ' odio ai ricchi , pretendono si debba abolire la proprietà , e far di tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune , da amministrarsi per mezzo del municipio e dello stato . Con questa trasformazione della proprietà da personale in collettiva , e con l ' eguale distribuzione degli utili e degli agi tra i cittadini , credono che il male sia radicalmente riparato . Ma questa via , non che risolvere le contese , non fa che danneggiare gli stessi operai , ed è inoltre ingiusta per molti motivi , giacché manomette i diritti dei legittimi proprietari , altera le competenze degli uffici dello Stato , e scompiglia tutto l ' ordine sociale . 4 . E infatti non è difficile capire che lo scopo del lavoro , il fine prossimo che si propone l ' artigiano , è la proprietà privata . Poiché se egli impiega le sue forze e la sua industria a vantaggio altrui , lo fa per procurarsi il necessario alla vita : e però con il suo lavoro acquista un vero e perfetto diritto , non solo di esigere , ma d ' investire come vuole , la dovuta mercede . Se dunque con le sue economie è riuscito a far dei risparmi e , per meglio assicurarli , li ha investiti in un terreno , questo terreno non è infine altra cosa che la mercede medesima travestita di forma , e conseguente proprietà sua , né più né meno che la stessa mercede . Ora in questo appunto , come ognuno sa , consiste la proprietà , sia mobile che stabile . Con l ' accumulare pertanto ogni proprietà particolare , i socialisti , togliendo all ' operaio la libertà di investire le proprie mercedi , gli rapiscono il diritto e la speranza di trarre vantaggio dal patrimonio domestico e di migliorare il proprio stato , e ne rendono perciò più infelice la condizione . 5 . Il peggio si è che il rimedio da costoro proposto è una aperta ingiustizia , giacché la proprietà prenata è diritto di natura . Poiché anche in questo passa gran differenza tra l ' uomo e il bruto . Il bruto non governa sé stesso ; ma due istinti lo reggono e governano , i quali da una parte ne tengono desta l ' attività e ne svolgono le forze , dall ' altra terminano e circoscrivono ogni suo movimento ; cioè l ' istinto della conservazione propria , e l ' istinto della conservazione della propria specie . A conseguire questi due fini , basta al bruto l ' uso di quei determinati mezzi che trova intorno a sé ; né potrebbe mirare più lontano , perché mosso unicamente dal senso e dal particolare sensibile . Ben diversa è la natura dell ' uomo . Possedendo egli la vita sensitiva nella sua pienezza , da questo lato anche a lui è dato , almeno quanto agli altri animali , di usufruire dei beni della natura materiale . Ma l ' animalità in tutta la sua estensione , lungi dal circoscrivere la natura umana , le è di gran lunga inferiore , e fatta per esserle soggetta . Il gran privilegio dell ' uomo , ciò che lo costituisce tale o lo distingue essenzialmente dal bruto , è l ' intelligenza , ossia la ragione . E appunto perché ragionevole , si deve concedere all ' uomo qualche cosa di più che il semplice uso dei beni della terra , comune anche agli altri animali : e questo non può essere altro che il diritto di proprietà stabile ; né proprietà soltanto di quelle cose che si consumano usandole , ma anche di quelle che l ' uso non consuma . La proprietà privata è di diritto naturale 6 . Ciò riesce più evidente se si penetra maggiormente nell ' umana natura . Per la sterminata ampiezza del suo conoscimento , che abbraccia , oltre il presente , anche l ' avvenire , e per la sua libertà , l ' uomo sotto la legge eterna e la provvidenza universale di Dio , è provvidenza a sé stesso . Egli deve dunque poter scegliere i mezzi che giudica più propri al mantenimento della sua vita , non solo per il momento che passa , ma per il tempo futuro . Ciò vale quanto dire che , oltre il dominio dei frutti che dà la terra , spetta all ' uomo la proprietà della terra stessa , dal cui seno fecondo deve essergli somministrato il necessario ai suoi bisogni futuri . Giacché i bisogni dell ' uomo hanno , per così dire , una vicenda di perpetui ritorni e , soddisfatti oggi , rinascono domani . Pertanto la natura deve aver dato all ' uomo il diritto a beni stabili e perenni , proporzionati alla perennità del soccorso di cui egli abbisogna , beni che può somministrargli solamente la terra , con la sua inesauribile fecondità . Non v ' è ragione di ricorrere alla provvidenza dello Stato perché l ' uomo è anteriore alto Stato : quindi prima che si formasse il civile consorzio egli dovette aver da natura il diritto di provvedere a sé stesso . 7 . L ' aver poi Iddio dato la terra a uso e godimento di tutto il genere umano , non si oppone per nulla al diritto della privata proprietà ; poiché quel dono egli lo fece a tutti , non perché ognuno ne avesse un comune e promiscuo dominio , bensì in quanto non assegnò nessuna parte del suolo determinatamente ad alcuno , lasciando ciò all ' industria degli uomini e al diritto speciale dei popoli . La terra , per altro , sebbene divisa tra i privati , resta nondimeno a servizio e beneficio di tutti , non essendovi uomo al mondo che non riceva alimento da essi . Chi non ha beni propri vi supplisce con il lavoro ; tanto che si può affermare con verità che il mezzo universale per provvedere alla vita è il lavoro , impiegato o nel coltivare un terreno proprio , o nell ' esercitare un ' arte , la cui mercede in ultimo si ricava dai molteplici frutti della terra e in essi viene commutata . Ed è questa un ' altra prova che la proprietà privata è conforme alla natura . Il necessario al mantenimento e al perfezionamento della vita umana la terra ce lo somministra largamente , ma ce lo somministra a questa condizione , che l ' uomo la coltivi e le sia largo di provvide cure . Ora , posto che a conseguire i beni della natura l ' uomo impieghi l ' industria della mente e le forze del corpo , con ciò stesso egli riunisce in sé quella parte della natura corporea che ridusse a cultura , e in cui lasciò come impressa una impronta della sua personalità , sicché giustamente può tenerla per sua ed imporre agli altri l ' obbligo di rispettarla . La proprietà privata sancita dalle leggi umane e divine 8 . Così evidenti sono tali ragioni , che non si sa capire come abbiano potuto trovar contraddizioni presso alcuni , i quali , rinfrescando vecchie utopie , concedono bensì all ' uomo l ' uso del suolo e dei vari frutti dei campi , ma del suolo ove egli ha fabbricato e del campo che ha coltivato gli negano la proprietà . Non si accorgono costoro che in questa maniera vengono a defraudare l ' uomo degli effetti del suo lavoro . Giacché il campo dissodato dalla mano e dall ' arte del coltivato non è più quello di prima , da silvestre è divenuto fruttifero , da sterile ferace . Questi miglioramenti prendono talmente corpo in quel terreno che la maggior parte di essi ne sono inseparabili . Ora , che giustizia sarebbe questa , che un altro il quale non ha lavorato subentrasse a goderne i frutti ? Come l ' effetto appartiene alla sua causa , così il frutto del lavoro deve appartenere a chi lavora . A ragione pertanto il genere umano , senza affatto curarsi dei pochi contraddittori e con l ' occhio fisso alla legge di natura , trova in questa legge medesima il fondamento della divisione dei beni ; e riconoscendo che la proprietà privata è sommamente consona alla natura dell ' uomo e alla pacifica convivenza sociale , l ' ha solennemente sancita mediante la pratica di tutti i secoli . E le leggi civili che , quando sono giuste , derivano la propria autorità ed efficacia dalla stessa legge naturale ( 1 ) , confermano tale diritto e lo assicurano con la pubblica forza . Né manca il suggello della legge divina , la quale vieta strettissimamente perfino il desiderio della roba altrui : Non desiderare la moglie del prossimo tuo : non la casa , non il podere , non la serva , non il bue , non l ' asino , non alcuna cosa di tutte quelle che a lui appartengono ( 2 ) . La libertà dell ' uomo 9 . Questo diritto individuale cresce di valore se lo consideriamo nei riguardi del consorzio domestico . Libera all ' uomo è l ' elezione del proprio stato : Egli può a suo piacere seguire il consiglio evangelico della verginità o legarsi in matrimonio . Naturale e primitivo è il diritto al coniugio e nessuna legge umana può abolirlo , né può limitarne , comunque sia , lo scopo a cui Iddio l ' ha ordinato quando disse : Crescete e moltiplicatevi ( 3 ) . Ecco pertanto la famiglia , ossia la società domestica , società piccola ma vera , e anteriore a ogni civile società ; perciò con diritti e obbligazioni indipendenti dallo Stato . Ora , quello che dicemmo in ordine al diritto di proprietà inerente all ' individuo va applicato all ' uomo come capo di famiglia : anzi tale diritto in lui è tanto più forte quanto più estesa e completa è nel consorzio domestico la sua personalità . Famiglia e Stato 10 . Per legge inviolabile di natura incombe al padre il mantenimento della prole : e per impulso della natura medesima , che gli fa scorgere nei figli una immagine di sé e quasi una espansione e continuazione della sua persona , egli è spinto a provvederli in modo che nel difficile corso della vita possano onestamente far fronte ai propri bisogni : cosa impossibile a ottenersi se non mediante l ' acquisto dei beni fruttiferi , ch ' egli poi trasmette loro in eredità . Come la convivenza civile così la famiglia , secondo quello che abbiamo detto , è una società retta da potere proprio , che è quello paterno . Entro i limiti determinati dal fine suo , la famiglia ha dunque , per la scelta e l ' uso dei mezzi necessari alla sua conservazione e alla sua legittima indipendenza , diritti almeno eguali a quelli della società civile . Diciamo almeno eguali , perché essendo il consorzio domestico logicamente e storicamente anteriore al civile , anteriori altresì e più naturali ne debbono essere i diritti e i doveri . Che se l ' uomo , se la famiglia , entrando a far parte della società civile , trovassero nello Stato non aiuto , ma offesa , non tutela , ma diminuzione dei propri diritti , la civile convivenza sarebbe piuttosto da fuggire che da desiderare . Lo Stato e il suo intervento nella famiglia 11 . È dunque un errore grande e dannoso volere che lo Stato possa intervenire a suo talento nel santuario della famiglia . Certo , se qualche famiglia si trova per avventura in si gravi strettezze che da sé stessa non le è affatto possibile uscirne , è giusto in tali frangenti l ' intervento dei pubblici poteri , giacché ciascuna famiglia è parte del corpo sociale . Similmente in caso di gravi discordie nelle relazioni scambievoli tra i membri di una famiglia intervenga lo Stato e renda a ciascuno il suo , poiché questo non è usurpare i diritti dei cittadini , ma assicurarli e tutelarli secondo la retta giustizia . Qui però deve arrestarsi lo Stato ; la natura non gli consente di andare oltre . La patria potestà non può lo Stato né annientarla né assorbirla , poiché nasce dalla sorgente stessa della vita umana . I figli sono qualche cosa del padre , una espansione , per così dire , della sua personalità e , a parlare propriamente , essi entrano a far parte del civile consorzio non da sé medesimi , bensì mediante la famiglia in cui sono nati . È appunto per questa ragione che , essendo i figli naturalmente qualcosa del padre ... prima dell ' uso della ragione stanno sotto la cura dei genitori . ( 4 ) Ora , i socialisti , sostituendo alla provvidenza dei genitori quella dello Stato , vanno contro la giustizia naturale e disciolgono la compagine delle famiglie . La soluzione socialista è nociva alla stessa società 12 . Ed oltre l ' ingiustizia , troppo chiaro appare quale confusione e scompiglio ne seguirebbe in tutti gli ordini della cittadinanza , e quale dura e odiosa schiavitù nei cittadini . Si aprirebbe la via agli asti , alle recriminazioni , alle discordie : le fonti stesse della ricchezza , inaridirebbero , tolto ogni stimolo all ' ingegno e all ' industria individuale : e la sognata uguaglianza non sarebbe di fatto che una condizione universale di abiezione e di miseria . Tutte queste ragioni danno diritto a concludere che la comunanza dei beni proposta dal socialismo va del tutto rigettata , perché nuoce a quei medesimi a cui si deve recar soccorso , offende i diritti naturali di ciascuno , altera gli uffici dello Stato e turba la pace comune . Resti fermo adunque , che nell ' opera di migliorare le sorti delle classi operaie , deve porsi come fondamento inconcusso il diritto di proprietà privata . Presupposto ciò , esporremo donde si abbia a trarre il rimedio . PARTE SECONDA IL VERO RIMEDIO : L ' UNIONE DELLE ASSOCIAZIONI A ) L ' opera della Chiesa 13 . Entriamo fiduciosi in questo argomento , e di nostro pieno diritto ; giacché si tratta di questione di cui non è possibile trovare una risoluzione che valga senza ricorrere alla religione e alla Chiesa . E poiché la cura della religione e la dispensazione dei mezzi che sono in potere della Chiesa è affidata principalmente a noi , ci parrebbe di mancare al nostro ufficio , tacendo . Certamente la soluzione di si arduo problema richiede il concorso e l ' efficace cooperazione anche degli altri : vogliamo dire dei governanti , dei padroni e dei ricchi , come pure degli stessi proletari che vi sono direttamente interessati : ma senza esitazione alcuna affermiamo che , se si prescinde dall ' azione della Chiesa , tutti gli sforzi riusciranno vani . Difatti la Chiesa è quella che trae dal Vangelo dottrine atte a comporre , o certamente a rendere assai meno aspro il conflitto : essa procura con gli insegnamenti suoi , non solo d ' illuminare la mente , ma d ' informare la vita e i costumi di ognuno : con un gran numero di benefiche istituzioni migliora le condizioni medesime del proletario ; vuole e brama che i consigli e le forze di tutte le classi sociali si colleghino e vengano convogliate insieme al fine di provvedere meglio che sia possibile agli interessi degli operai ; e crede che , entro i debiti termini , debbano volgersi a questo scopo le stesse leggi e l ' autorità dello Stato . 1 - Necessità delle ineguaglianze sociali e del lavoro faticoso 14 . Si stabilisca dunque in primo luogo questo principio , che si deve sopportare la condizione propria dell ' umanità : togliere dal mondo le disparità sociali , è cosa impossibile . Lo tentano , è vero , i socialisti , ma ogni tentativo contro la natura delle cose riesce inutile . Poiché la più grande varietà esiste per natura tra gli uomini : non tutti posseggono lo stesso ingegno , la stessa solerzia , non la sanità , non le forze in pari grado : e da queste inevitabili differenze nasce di necessità la differenza delle condizioni sociali . E ciò torna a vantaggio sia dei privati che del civile consorzio , perché la vita sociale abbisogna di attitudini varie e di uffici diversi , e l ' impulso principale , che muove gli uomini ad esercitare tali uffici , è la disparità dello stato . Quanto al lavoro , l ' uomo nello stato medesimo d ' innocenza non sarebbe rimasto inoperoso : se non che , quello che allora avrebbe liberamente fatto la volontà a ricreazione dell ' animo , lo impose poi , ad espiazione del peccato , non senza fatica e molestia , la necessità , secondo quell ' oracolo divino : Sia maledetta la terra nel tuo lavoro ; mangerai di essa in fatica tutti i giorni della tua vita ( 5 ) . Similmente il dolore non mancherà mai sulla terra ; perché aspre , dure , difficili a sopportarsi sono le ree conseguenze del peccato , le quali , si voglia o no , accompagnano l ' uomo fino alla tomba . Patire e sopportare è dunque il retaggio dell ' uomo ; e qualunque cosa si faccia e si tenti , non v ' è forza né arte che possa togliere del tutto le sofferenze del mondo . Coloro che dicono di poterlo fare e promettono alle misere genti una vita scevra di dolore e di pene , tutta pace e diletto , illudono il popolo e lo trascinano per una via che conduce a dolori più grandi di quelli attuali . La cosa migliore è guardare le cose umane quali sono e nel medesimo tempo cercare altrove , come dicemmo , il rimedio ai mali . 2 - Necessità della concordia 15 . Nella presente questione , lo scandalo maggiore è questo : supporre una classe sociale nemica naturalmente dell ' altra ; quasi che la natura abbia fatto i ricchi e i proletari per battagliare tra loro un duello implacabile ; cosa tanto contraria alla ragione e alla verità . In vece è verissimo che , come nel corpo umano le varie membra si accordano insieme e formano quell ' armonico temperamento che si chiama simmetria , così la natura volle che nel civile consorzio armonizzassero tra loro quelle due classi , e ne risultasse l ' equilibrio . L ' una ha bisogno assoluto dell ' altra : né il capitale può stare senza il lavoro , né il lavoro senza il capitale . La concordia fa la bellezza e l ' ordine delle cose , mentre un perpetuo conflitto non può dare che confusione e barbarie . Ora , a comporre il dissidio , anzi a svellerne le stesse radici , il cristianesimo ha una ricchezza di forza meravigliosa . 3 - Relazioni tra le classi sociali a ) giustizia 16 . Innanzi tutto , l ' insegnamento cristiano , di cui è interprete e custode la Chiesa , è potentissimo a conciliare e mettere in accordo fra loro i ricchi e i proletari , ricordando agli uni e agli altri i mutui doveri incominciando da quello imposto dalla giustizia . Obblighi di giustizia , quanto al proletario e all ' operaio , sono questi : prestare interamente e fedelmente l ' opera che liberamente e secondo equità fu pattuita ; non recar danno alla roba , né offesa alla persona dei padroni ; nella difesa stessa dei propri diritti astenersi da atti violenti , né mai trasformarla in ammutinamento ; non mescolarsi con uomini malvagi , promettitori di cose grandi , senza altro frutto che quello di inutili pentimenti e di perdite rovinose . E questi sono i doveri dei capitalisti e dei padroni : non tenere gli operai schiavi ; rispettare in essi la dignità della persona umana , nobilitata dal carattere cristiano . Agli occhi della ragione e della fede il lavoro non degrada l ' uomo , ma anzi lo nobilita col metterlo in grado di vivere onestamente con l ' opera propria . Quello che veramente è indegno dell ' uomo è di abusarne come di cosa a scopo di guadagno , né stimarlo più di quello che valgono i suoi nervi e le sue forze . Viene similmente comandato che nei proletari si deve aver riguardo alla religione e ai beni dell ' anima . È obbligo perciò dei padroni lasciare all ' operaio comodità e tempo che bastino a compiere i doveri religiosi ; non esporlo a seduzioni corrompitrici e a pericoli di scandalo ; non alienarlo dallo spirito di famiglia e dall ' amore del risparmio ; non imporgli lavori sproporzionati alle forze , o mal confacenti con l ' età e con il sesso . 17 . Principalissimo poi tra i loro doveri è dare a ciascuno la giusta mercede . Il determinarla secondo giustizia dipende da molte considerazioni : ma in generale si ricordino i capitalisti e i padroni che le umane leggi non permettono di opprimere per utile proprio i bisognosi e gli infelici , e di trafficare sulla miseria del prossimo . Defraudare poi la dovuta mercede è colpa così enorme che grida vendetta al cospetto di Dio . Ecco , la mercede degli operai ... che fu defraudata da voi , grida ; e questo grido ha ferito le orecchie del Signore degli eserciti ( 6 ) . Da ultimo è dovere dei ricchi non danneggiare i piccoli risparmi dell ' operaio né con violenza né con frodi né con usure manifeste o nascoste ; questo dovere è tanto più rigoroso , quanto più debole e mal difeso è l ' operaio e più sacrosanta la sua piccola sostanza . L ' osservanza di questi precetti non basterà essa sola a mitigare l ' asprezza e a far cessare le cagioni del dissidio ? b ) carità 18 . Ma la Chiesa , guidata dagli insegnamenti e dall ' esempio di Cristo , mira più in alto , cioè a riavvicinare il più possibile le due classi , e a renderle amiche . Le cose del tempo non è possibile intenderle e valutarle a dovere , se l ' animo non si eleva ad un ' altra vita , ossia a quella eterna , senza la quale la vera nozione del bene morale necessariamente si dilegua , anzi l ' intera creazione diventa un mistero inspiegabile . Quello pertanto che la natura stessa ci detta , nel cristianesimo è un dogma su cui come principale fondamento poggia tutto l ' edificio della religione : cioè che la vera vita dell ' uomo è quella del mondo avvenire . Poiché Iddio non ci ha creati per questi beni fragili e caduchi , ma per quelli celesti ed eterni ; e la terra ci fu data da Lui come luogo di esilio , non come patria . Che tu abbia in abbondanza ricchezze ed altri beni terreni o che ne sia privo , ciò all ' eterna felicità non importa nulla ; ma il buono o cattivo uso di quei beni , questo è ciò che sommamente importa . Le varie tribolazioni di cui è intessuta la vita di quaggiù , Gesù Cristo , che pur ci ha redenti con redenzione copiosa , non le ha tolte ; le ha convertite in stimolo di virtù e in maniera di merito , tanto che nessun figlio di Adamo può giungere al cielo se non segue le orme sanguinose di Lui . Se persevereremo , regneremo insieme ( 7 ) . Accettando volontariamente sopra di sé travagli e dolori , egli ne ha mitigato l ' acerbità in modo meraviglioso , e non solo con l ' esempio ma con la sua grazia e con la speranza del premio proposto , ci ha reso più facile il patire . Poiché quella che attualmente è una momentanea e leggera tribolazione nostra , opera in noi un eterno e sopra ogni misura smisurato peso di gloria ( 8 ) . I fortunati del secolo sono dunque avvertiti che le ricchezze non li liberano dal dolore e che esse per la felicità avvenire , non che giovare , nuocciono ( 9 ) ; che i ricchi debbono tremare , pensando alle minacce straordinariamente severe di Gesù Cristo ( 10 ) ; che dell ' uso dei loro beni avranno un giorno da rendere rigorosissimo conto al Dio giudice . c ) la vera utilità delle ricchezze 19 . In ordine all ' uso delle ricchezze , eccellente e importantissima è la dottrina che , se pure fu intravveduta dalla filosofia , venne però insegnata a perfezione dalla Chiesa ; la quale inoltre procura che non rimanga pura speculazione , ma discenda nella pratica e informi la vita . Il fondamento di tale dottrina sta in ciò : che nella ricchezza si suole distinguere il possesso legittimo dal legittimo uso . Naturale diritto dell ' uomo è , come vedemmo , la privata proprietà dei beni e l ' esercitare questo diritto é , specialmente nella vita socievole , non pur lecito , ma assolutamente necessario . E ' lecito , dice san Tommaso , anzi necessario all ' umana vita che l ' uomo abbia la proprietà dei beni ( 11 ) . Ma se inoltre si domandi quale debba essere l ' uso di tali beni , la Chiesa per bocca del santo Dottore non esita a rispondere che , per questo rispetto , l ' uomo non deve possedere i beni esterni come propri , bensì come comuni , in modo che facilmente li comunichi all ' altrui necessità . Onde l ' Apostolo dice : Comanda ai ricchi di questo secolo di dare e comunicare facilmente il proprio ( 12 ) . Nessuno , Certo , é tenuto a soccorrere gli altri con le cose necessarie a sé e ai suoi , anzi neppure con ciò che è necessario alla convivenza e al decoro del proprio stato , perché nessuno deve vivere in modo non conveniente ( 13 ) . Ma soddisfatte le necessità e la convenienza è dovere soccorrere col superfluo i bisognosi . Quello che sopravanza date in elemosina ( 14 ) . Eccetto il caso di estrema necessità , questi , è vero , non sono obblighi di giustizia , ma di carità cristiana il cui adempimento non si può certamente esigere per via giuridica , ma sopra le leggi e i giudizi degli uomini sta la legge e il giudizio di Cristo , il quale inculca in molti modi la pratica del dono generoso e insegna : E ' più bello dare che ricevere ( 15 ) , e terrà per fatta o negata a sé la carità fatta o negata ai bisognosi : Quanto faceste ad uno dei minimi di questi miei fratelli , a me lo faceste ( 16 ) . In conclusione , chiunque ha ricevuto dalla munificenza di Dio copia maggiore di beni , sia esteriori e corporali sia spirituali , a questo fine li ha ricevuti , di servirsene al perfezionamento proprio , e nel medesimo tempo come ministro della divina provvidenza a vantaggio altrui : Chi ha dunque ingegno , badi di non tacere ; chi ha abbondanza di roba , si guardi dall ' essere troppo duro di mano nell ' esercizio della misericordia ; chi ha un ' arte per vivere , ne partecipi al prossimo l ' uso e l ' utilità ( 17 ) . d ) vantaggi della povertà 20 . Ai poveri poi , la Chiesa insegna che innanzi a Dio non è cosa che rechi vergogna né la povertà né il dover vivere di lavoro . Gesù Cristo confermò questa verità con 1'esempio suo mentre , a salute degli uomini , essendo ricco , si fece povero ( 18 ) ed essendo Figlio di Dio , e Dio egli stesso , volle comparire ed essere creduto figlio di un falegname , anzi non ricusò di passare lavorando la maggior parte della sua vita : Non è costui il fabbro , il figlio di Maria ? ( 19 ) Mirando la divinità di questo esempio , si comprende più facilmente che la vera dignità e grandezza dell ' uomo è tutta morale , ossia riposta nella virtù ; che la virtù è patrimonio comune , conseguibile ugualmente dai grandi e dai piccoli , dai ricchi e dai proletari ; che solo alle opere virtuose , in chiunque si trovino , è serbato il premio dell ' eterna beatitudine . Diciamo di più per gli infelici pare che Iddio abbia una particolare predilezione poiché Gesù Cristo chiama beati i poveri ( 20 ) ; in . vita amorosamente a venire da lui per conforto , quanti sono stretti dal peso degli affanni ( 21 ) ; i deboli e i perseguitati abbraccia con atto di carità specialissima . Queste verità sono molto efficaci ad abbassar l ' orgoglio dei fortunati e togliere all ' avvilimento i miseri , ad ispirare indulgenza negli uni e modestia negli altri . Così le distanze , tanto care all ' orgoglio , si accorciano ; né riesce difficile ottenere che le due classi , stringendosi la mano , scendano ad amichevole accordo . e ) fraternità cristiana 21 . Ma esse , obbedendo alla legge evangelica , non saranno paghe di una semplice amicizia , ma vorranno darsi l ' amplesso dell ' amore fraterno . Poiché conosceranno e sentiranno che tutti gli uomini hanno origine da Dio , Padre comune ; che tutti tendono a Dio , fine supremo , che solo può rendere perfettamente felici gli uomini e gli angeli ; che tutti sono stati ugualmente redenti da Gesù Cristo e chiamati alla dignità della figliolanza divina , in modo che non solo tra loro , ma con Cristo Signore , primogenito fra molti fratelli , sono congiunti col vincolo di una santa fraternità . Conosceranno e sentiranno che i beni di natura e di grazia sono patrimonio comune del genere umano e che nessuno , senza proprio merito , verrà diseredato dal retaggio dei beni celesti : perché se tutti figli , dunque tutti eredi ; eredi di Dio , e coeredi di Gesù Cristo ( 22 ) . Ecco 1'ideale dei diritti e dei doveri contenuto nel Vangelo . Se esso prevalesse nel mondo , non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace ? 4 - Mezzi positivi a ) la diffusione della dottrina cristiana 22 . Se non che la Chiesa , non contenta di additare il rimedio , l ' applica ella stessa con la materna sua mano . Poiché ella é tutta intenta a educare e formare gli uomini a queste massime , procurando che le acque salutari della sua dottrina scorrano largamente e vadano per mezzo dei Vescovi e del Clero ad irrigare tutta quanta la terra . Nel tempo stesso si studia di penetrare negli animi e di piegare le volontà , perché si lascino governare dai divini precetti . E in quest ' arte , che é di capitale importanza , poiché ne dipende ogni vantaggio , la Chiesa sola ha vera efficacia . Infatti , gli strumenti che adopera a muovere gli animi le furono dati a questo fine da Gesù Cristo , ed hanno in sé virtù divina ; si che essi soli possono penetrare nelle intime fibre dei cuori , e far si che gli uomini obbediscano alla voce del dovere , tengano a freno le passioni , amino con supremo e singolare amore Iddio e il prossimo , e abbattano coraggiosamente tutti gli ostacoli che attraversano il cammino della virtù . b ) il rinnovamento della società Basta su ciò accennar di passaggio agli esempi antichi . Ricordiamo fatti e cose poste fuori di ogni dubbio : cioè che per opera del cristianesimo fu trasformata da capo a fondo la società ; che questa trasformazione fu un vero progresso del genere umano , anzi una risurrezione dalla morte alla vita morale , e un perfezionamento non mai visto per l ' innanzi né sperabile maggiore per l ' avvenire ; e finalmente che Gesù Cristo è il principio e il termine di questi benefizi , i quali , scaturiti da lui , a lui vanno riferiti . Avendo il mondo mediante la luce evangelica appreso il gran mistero dell ' incarnazione del Verbo e dell ' umana redenzione , la vita di Gesù Cristo Dio e uomo si trasfuse nella civile società che ne fu permeata con la fede , i precetti , le leggi di lui . Perciò , se ai mali del mondo v ' è un rimedio , questi non può essere altro che il ritorno alla vita e ai costumi cristiani . È un solenne principio questo , che per riformare una società in decadenza , è necessario riportarla ai principi che le hanno dato l ' essere , la perfezione di ogni società è riposta nello sforzo di arrivare al suo scopo : in modo che il principio generatore dei moti e delle azioni sociali sia il medesimo che ha generato l ' associazione . Quindi deviare dallo scopo primitivo è corruzione ; tornare ad esso è salvezza . E questo è vero , come di tutto il consorzio civile , così della classe lavoratrice , che ne è la parte più numerosa . c ) la beneficenza della Chiesa 23 . Né si creda che le premure della Chiesa siano così interamente e unicamente rivolte alla salvezza delle anime , da trascurare ciò che appartiene alla vita morale e terrena . Ella vuole e procura che soprattutto i proletari emergano dal loro infelice stato , e migliorino la condizione di vita . E questo essa fa innanzi tutto indirettamente , chiamando e insegnando a tutti gli uomini la virtù . I costumi cristiani , quando siano tali davvero , contribuiscono anch ' essi di per sé alla prosperità terrena , perché attirano le benedizioni di Dio , principio e fonte di ogni bene ; infrenano la cupidigia della roba e la sete dei piaceri ( 23 ) , veri flagelli che rendono misero l ' uomo nella abbondanza stessa di ogni cosa ; contenti di una vita frugale , suppliscono alla scarsezza del censo col risparmio , lontani dai vizi , che non solo consumano le piccole , ma anche le grandi sostanze , e mandano in rovina i più lauti patrimoni . 24 . Ma vi è di più : la Chiesa concorre direttamente al bene dei proletari col creare e promuovere quanto può conferire al loro sollievo , e in questo tanto si è segnalata , da riscuoter l ' ammirazione e gli encomi degli stessi nemici . Nel cuore dei primi cristiani la carità fraterna era così potente che i più facoltosi si privavano spessissimo del proprio per soccorrere gli altri ; tanto che non vi era tra loro nessun bisognoso ( 24 ) . Ai diaconi , ordine istituito appositamente per questo , era affidato dagli apostoli l ' ufficio di esercitare la quotidiana beneficenza e l ' apostolo Paolo , benché gravato dalla cura di tutte le Chiese , non dubitava di intraprendere faticosi viaggi , per recare di sua mano ai cristiani poveri le elemosine da lui raccolte . Tertulliano chiama depositi della pietà le offerte che si facevano spontaneamente dai fedeli di ciascuna adunanza , perché destinate a soccorrere e dar sepoltura agli indigenti , sovvenire i poveri orfani d ' ambo i sessi , i vecchi e i naufraghi ( 25 ) . Da lì poco a poco si formò il patrimonio , che la Chiesa guardò sempre con religiosa cura come patrimonio della povera gente . La quale anzi , con nuovi e determinati soccorsi , venne perfino liberata dalla vergogna di chiedere . Giacché , madre comune dei poveri e dei ricchi , ispirando e suscitando dappertutto l ' eroismo della carità , la Chiesa creò sodalizi religiosi ed altri benefici istituti , che non lasciarono quasi alcuna specie di miseria senza aiuto e conforto . Molti oggi , come già fecero i gentili , biasimano la Chiesa perfino di questa carità squisita , e si è creduto bene di sostituire a questa la beneficenza legale . Ma non è umana industria che possa supplire la carità cristiana , tutta consacrata al bene altrui . Ed essa non può essere se non virtù della Chiesa , perché è virtù che sgorga solamente dal cuore santissimo di Gesù Cristo : e si allontana da Gesù Cristo chi si allontana dalla Chiesa . B ) L ' opera dello Stato 25 . A risolvere peraltro la questione operaia , non vi è dubbio che si richiedano altresì i mezzi umani . Tutti quelli che vi sono interessati debbono concorrervi ciascuno per la sua parte : e ciò ad esempio di quell ' ordine provvidenziale che governa il mondo ; poiché d ' ordinario si vede che ogni buon effetto è prodotto dall ' armoniosa cooperazione di tutte le cause da cui esso dipende . Vediamo dunque quale debba essere il concorso dello Stato . Noi parliamo dello Stato non come è sostituito o come funziona in questa o in quella nazione , ma dello Stato nel suo vero concetto , quale si desume dai principi della retta ragione , in perfetta armonia con le dottrine cattoliche , come noi medesimi esponemmo nella enciclica sulla Costituzione cristiana degli Stati ( enc . Immortale Dei ) . 1 - Il diritto d ' intervento dello Stato 26 . I governanti dunque debbono in primo luogo concorrervi in maniera generale con tutto il complesso delle leggi e delle istituzioni politiche , ordinando e amministrando lo Stato in modo che ne risulti naturalmente la pubblica e privata prosperità . Questo infatti è l ' ufficio della civile prudenza e il dovere dei reggitori dei popoli . Ora , la prosperità delle nazioni deriva specialmente dai buoni costumi , dal buon assetto della famiglia , dall ' osservanza della religione e della giustizia , dall ' imposizione moderata e dall ' equa distribuzione dei pubblici oneri , dal progresso delle industrie e del commercio , dal fiorire dell ' agricoltura e da altre simili cose , le quali , quanto maggiormente promosse , tanto più felici rendono i popoli . Anche solo per questa via , può dunque lo Stato grandemente concorrere , come al benessere delle altre classi , così a quello dei proletari ; e ciò di suo pieno diritto e senza dar sospetto d ' indebite ingerenze ; giacché provvedere al bene comune è ufficio e competenza dello Stato . E quanto maggiore sarà la somma dei vantaggi procurati per questa generale provvidenza , tanto minore bisogno vi sarà di tentare altre vie a salvezza degli operai . a ) per il bene comune 27 . Ma bisogna inoltre considerare una cosa che tocca più da vicino la questione : che cioè lo Stato è una armoniosa unità che abbraccia del pari le infime e le alte classi . I proletari né di più né di meno dei ricchi sono cittadini per diritto naturale , membri veri e viventi onde si compone , mediante le famiglie , il corpo sociale : per non dire che ne sono il maggior numero . Ora , essendo assurdo provvedere ad una parte di cittadini e trascurare l ' altra , è stretto dovere dello Stato prendersi la dovuta cura del benessere degli operai ; non facendolo , si offende la giustizia che vuole si renda a ciascuno il suo , Onde saggiamente avverte san Tommaso : Siccome la parte e il tutto fanno in certo modo una sola cosa , così ciò che è del tutto è in qualche maniera della parte ( 26 ) . Perciò tra i molti e gravi doveri dei governanti solleciti del bene pubblico , primeggia quello di provvedere ugualmente ad ogni ordine di cittadini , osservando con inviolabile imparzialità la giustizia cosiddetta distributiva . b ) per il bene degli operai Sebbene tutti i cittadini senza eccezione alcuna , debbano cooperare al benessere comune che poi , naturalmente , ridonda a beneficio dei singoli , tuttavia la cooperazione non può essere in tutti né uguale né la stessa . Per quanto si mutino e rimutino le forme di governo , vi sarà sempre quella varietà e disparità di condizione senza la quale non può darsi e neanche concepirsi il consorzio umano . Vi saranno sempre pubblici ministri , legislatori , giudici , insomma uomini tali che governano la nazione in pace , e la difendono in guerra ; ed è facile capire che , essendo costoro la causa più prossima ed efficace del bene comune , formano la parte principale della nazione . Non possono allo stesso modo e con gli stessi uffici cooperare al bene comune gli artigiani ; tuttavia vi concorrono anch ' essi potentemente con i loro servizi , benché in modo indiretto . Certo , il bene sociale , dovendo essere nel suo conseguimento un bene perfezionativo dei cittadini in quanto sono uomini , va principalmente riposto nella virtù . Nondimeno , in ogni società ben ordinata deve trovarsi una sufficiente abbondanza dei beni corporali , l ' uso dei quali è necessario all ' esercizio della virtù ( 27 ) . Ora , a darci questi beni è di necessità ed efficacia somma l ' opera e l ' arte dei proletari , o si applichi all ' agricoltura , o si eserciti nelle officine . Somma , diciamo , poiché si può affermare con verità che il lavoro degli operai è quello che forma la ricchezza nazionale . È quindi giusto che il governo s ' interessi dell ' operaio , facendo si che egli partecipi ín qualche misura di quella ricchezza che esso medesimo produce , cosicché abbia vitto , vestito e un genere di vita meno disagiato . Si favorisca dunque al massimo ciò che può in qualche modo migliorare la condizione di lui , sicuri che questa provvidenza , anziché nuocere a qualcuno , gioverà a tutti , essendo interesse universale che non rimangano nella miseria coloro da cui provengono vantaggi di tanto rilievo . 2 - Norme e limiti del diritto d ' intervento 28 . Non è giusto , come abbiamo detto , che il cittadino e la famiglia siano assorbiti dallo Stato : è giusto invece che si lasci all ' uno e all ' altra tanta indipendenza di operare quanta se ne può , salvo il bene comune e gli altrui diritti . Tuttavia , i governanti debbono tutelare la società e le sue parti . La società , perché la tutela di questa fu da natura commessa al sommo potere , tanto che la salute pubblica non è solo legge suprema , ma unica e totale ragione della pubblica autorità ; le parti , poi , perché filosofia e Vangelo si accordano a insegnare che il governo è istituito da natura non a beneficio dei governanti , bensì dei governati . E perché il potere politico viene da Dio ed è una certa quale partecipazione della divina sovranità , deve amministrarsi sull ' esempio di questa , che con paterna cura provvede non meno alle particolari creature che a tutto l ' universo . Se dunque alla società o a qualche sua parte è stato recato o sovrasta un danno che non si possa in altro modo riparare o impedire , si rende necessario l ' intervento dello Stato . 29 . Ora , interessa il privato come il pubblico bene che sia mantenuto l ' ordine e la tranquillità pubblica ; che la famiglia sia ordinata conforme alla legge di Dio e ai principi di natura ; che sia rispettata e praticata la religione ; che fioriscano i costumi pubblici e privati ; che sia inviolabilmente osservata la giustizia ; che una classe di cittadini non opprima l ' altra ; che crescano sani e robusti i cittadini , atti a onorare e a difendere , se occorre , la patria . Perciò , se a causa di ammutinamenti o di scioperi si temono disordini pubblici ; se tra i proletari sono sostanzialmente turbate le naturali relazioni della famiglia ; se la religione non é rispettata nell ' operaio , negandogli agio e tempo sufficiente a compierne i doveri ; se per la promiscuità del sesso ed altri incentivi al male l ' integrità dei costumi corre pericolo nelle officine ; se la classe lavoratrice viene oppressa con ingiusti pesi dai padroni o avvilita da fatti contrari alla personalità e dignità umana ; se con il lavoro eccessivi o non conveniente al sesso e all ' età , si reca danno alla sanità dei lavoratori ; in questi casi si deve adoperare , entro i debiti confini , la forza e l ' autorità delle leggi . I quali fini sono determinati dalla causa medesima che esige l ' intervento dello Stato ; e ciò significa che le leggi non devono andare al di là di ciò che richiede il riparo dei mali o la rimozione del pericolo . I diritti vanno debitamente protetti in chiunque li possieda e il pubblico potere deve assicurare a ciascuno il suo , con impedirne o punirne le violazioni . Se non che , nel tutelare le ragioni dei privati , si deve avere un riguardo speciale ai deboli e ai poveri . Il ceto dei ricchi , forte per sé stesso , abbisogna meno della pubblica difesa ; le misere plebi , che mancano di sostegno proprio , hanno speciale necessità di trovarlo nel patrocinio dello Stato . Perciò agli operai , che sono nel numero dei deboli e dei bisognosi , lo Stato deve di preferenza rivolgere le cure e le provvidenze sue . 3 - Casi particolari d ' intervento a ) difesa della proprietà privata 30 . Ma giova discendere espressamente ad alcuni particolari di maggiore importanza . Principalissimo è questo : i governi devono per mezzo di sagge leggi assicurare la proprietà privata . Oggi specialmente , in tanto ardore di sfrenate cupidigie , bisogna che le popolazioni siano tenute a freno ; perché , se la giustizia consente a loro di adoperarsi a migliorare le loro sorti , né la giustizia né il pubblico bene consentono che si rechi danno ad altri nella roba , e sotto colore di non so quale eguaglianza si invada l ' altrui . Certo , la massima parte degli operai vorrebbe migliorare la propria condizione onestamente , senza far torto ad alcuni ; tuttavia non sono pochi coloro i quali , imbevuti di massime false e smaniosi di novità , cercano ad ogni costo di eccitare tumulti e sospingere gli altri alla violenza . Intervenga dunque l ' autorità dello Stato e , posto freno ai sobillatori , preservi i buoni operai dal pericolo della seduzione e i legittimi padroni da quello dello spogliamento . b ) difesa del lavoro 1 ) contro lo sciopero 31 . Il troppo lungo e gravoso lavoro e la mercede giudicata scarsa porgono non di rado agli operai motivo di sciopero . A questo disordine grave e frequente occorre che ripari lo Stato , perché tali scioperi non recano danno solamente ai padroni e agli operai medesimi , ma al commercio e ai comuni interessi e , per le violenze e i tumulti a cui d ' ordinario danno occasione , mettono spesso a rischio la pubblica tranquillità . Il rimedio , poi , in questa parte , più efficace e salutare , si é prevenire il male con l ' autorità delle leggi e impedire lo scoppio , rimovendo a tempo le cause da cui si prevede che possa nascere il conflitto tra operai e padroni . 2 ) condizioni di lavoro 32 . Molte cose parimenti lo Stato deve proteggere nell ' operaio , e prima di tutto i beni dell ' anima . La vita di quaggiù , benché buona e desiderabile , non è il fine per cui noi siamo stati creati , ma via e mezzo a perfezionare la vita dello spirito con la cognizione del vero e con la pratica del bene . Lo spirito è quello che porta scolpita in sé l ' immagine e la somiglianza divina , ed in cui risiede quella superiorità in virtù della quale fu imposto all ' uomo di signoreggiare le creature inferiori , e di far servire all ' utilità sua le terre tutte ed i mari . Riempite la terra e rendetela a voi soggetta : signoreggiate i pesci del mare e gli uccelli dell ' aria e tutti gli animali che si muovono sopra la terra ( 28 ) . In questo tutti gli uomini sono uguali , né esistono differenze tra ricchi e poveri , padroni e servi , monarchi e sudditi , perché lo stesso è il Signore di tutti ( 29 ) . A nessuno è lecito violare impunemente la dignità dell ' uomo , di cui Dio stesso dispone con grande riverenza , né attraversargli la via a quel perfezionamento che è ordinato all ' acquisto della vita eterna . Che anzi , neanche di sua libera elezione potrebbe l ' uomo rinunziare ad esser trattato secondo la sua natura , ed accettare la schiavitù dello spirito , perché non si tratta di diritti dei quali sia libero l ' esercizio , bensì di doveri verso Dio assolutamente inviolabili . Di qui segue la necessità del riposo festivo . Sotto questo nome non s ' intenda uno stare in ozio più a lungo , e molto meno una totale inazione quale si desidera da molti , fomite di vizi e occasione di spreco , ma un riposo consacrato dalla religione . Unito alla religione , il riposo toglie l ' uomo ai lavori e alle faccende della vita ordinaria per richiamarlo al pensiero dei beni celesti e al culto dovuto alla Maestà divina . Questa è principalmente la natura , questo il fine del riposo festivo , che Iddio con legge speciale , prescrisse all ' uomo nel Vecchio Testamento , dicendogli : Ricordati di santificare il giorno di sabato ( 30 ) e che egli stesso insegnò di fatto , quando nel settimo giorno , creato l ' uomo , si riposò dalle opere della creazione : Riposò nel giorno settimo da tutte le opere che aveva fatte ( 31 ) . 33 . Quanto alla tutela dei beni temporali ed esteriori prima di tutto è dovere sottrarre il povero operaio all ' inumanità di avidi speculatori , che per guadagno abusano senza alcuna discrezione delle persone come fossero cose . Non è giusto né umano esigere dall ' uomo tanto lavoro da farne inebetire la mente per troppa fatica e da fiaccarne il corpo . Come la sua natura , così l ' attività dell ' uomo è limitata e circoscritta entro confini ben stabiliti , oltre i quali non può andare . L ' esercizio e l ' uso l ' affina , a condizione però che di quando in quando venga sospeso , per dar luogo al riposo . Non deve dunque il lavoro prolungarsi più di quanto lo comportino le forze . Il determinare la quantità del riposo dipende dalla qualità del lavoro , dalle circostanze di tempo e di luogo , dalla stessa complessione e sanità degli operai . Ad esempio , il lavoro dei minatori che estraggono dalla terra pietra , ferro , rame e altre materie nascoste nel sottosuolo , essendo più grave e nocivo alla salute , va compensato con una durata più breve . Si deve avere ancor riguardo alle stagioni , perché non di rado un lavoro , facilmente sopportabile in una stagione , è in un ' altra o del tutto insopportabile o tale che sí sopporta con difficoltà . Infine , un lavoro proporzionato all ' uomo alto e robusto , non é ragionevole che s ' imponga a una donna o a un fanciullo . Anzi , quanto ai fanciulli , si badi a non ammetterli nelle officine prima che l ' età ne abbia sufficientemente sviluppate le forze fisiche , intellettuali e morali . Le forze , che nella puerizia sbocciano simili all ' erba in fiore , un movimento precoce le sciupa , e allora si rende impossibile la stessa educazione dei fanciulli . Così , certe specie di lavoro non si addicono alle donne , fatte da natura per í lavori domestici , í quali grandemente proteggono l ' onestà del sesso debole , e hanno naturale corrispondenza con l ' educazione dei figli e il benessere della casa . In generale si tenga questa regola , che la quantità del riposo necessario all ' operaio deve essere proporzionata alla quantità delle forze consumate nel lavoro , perché le forze consumate con l ' uso debbono venire riparate col riposo . In ogni convenzione stipulata tra padroni e operai vi è sempre la condizione o espressa o sottintesa dell ' uno e dell ' altro riposo ; un patto contrario sarebbe immorale , non essendo lecito a nessuno chiedere o permettere la violazione dei doveri che lo stringono a Dio e a sé stesso . 3 ) la questione del salario 34 . Tocchiamo ora un punto di grande importanza , e che va inteso bene per non cadere in uno dei due estremi opposti . La quantità del salario , si dice , la determina il libero consenso delle parti : sicché il padrone , pagata la mercede , ha fatto la sua parte , né sembra sia debitore di altro . Si commette ingiustizia solo quando o il padrone non paga l ' intera mercede o l ' operaio non presta tutta l ' opera pattuita ; e solo a tutela di questi diritti , e non per altre ragioni , è lecito l ' intervento dello Stato . A questo ragionamento , un giusto estimatore delle cose non può consentire né facilmente né in tutto ; perché esso non guarda la cosa sotto ogni aspetto ; vi mancano alcune considerazioni di grande importanza . Il lavoro è l ' attività umana ordinata a provvedere ai bisogni della vita , e specialmente alla conservazione : Tu mangerai pane nel sudore della tua fronte ( 32 ) . Ha dunque il lavoro dell ' uomo come due caratteri impressigli da natura , cioè di essere personale , perché la forza attiva è inerente alla persona , e del tutto proprio di chi la esercita e al cui vantaggio fu data ; poi di essere necessario , perché il frutto del lavoro è necessario all ' uomo per il mantenimento della vita , mantenimento che è un dovere imprescindibile imposto dalla natura . Ora , se si guarda solo l ' aspetto della personalità , non v ' è dubbio che può l ' operaio pattuire una mercede inferiore al giusto , poiché siccome egli offre volontariamente l ' opera , così può , volendo , contentarsi di un tenue salario o rinunziarvi del tutto . Ben diversa è la cosa se con la personalità si considera la necessità : due cose logicamente distinte , ma realmente inseparabili . Infatti , conservarsi in vita è dovere , a cui nessuno può mancare senza colpa . Di qui nasce , come necessaria conseguenza , il diritto di procurarsi i mezzi di sostentamento , che nella povera gente sí riducono al salario del proprio lavoro . L ' operaio e il padrone allora formino pure di comune consenso il patto e nominatamente la quantità della mercede ; vi entra però sempre un elemento di giustizia naturale , anteriore e superiore alla libera volontà dei contraenti , ed è che il quantitativo della mercede non deve essere inferiore al sostentamento dell ' operaio , frugale si intende , e di retti costumi . Se costui , costretto dalla necessità o per timore di peggio , accetta patti più duri i quali , perché imposti dal proprietario o dall ' imprenditore , volenti o nolenti debbono essere accettati , è chiaro che subisce una violenza , contro la quale la giustizia protesta . Del resto , in queste ed altre simili cose , quali sono l ' orario di lavoro , le cautele da prendere , per garantire nelle officine la vita dell ' operaio , affinché l ' autorità non s ' ingerisca indebitamente , specie in tanta varietà di cose , di tempi e di luoghi , sarà più opportuno riservare la decisione ai collegi di cui parleremo più avanti , o usare altri mezzi che salvino , secondo giustizia , le ragioni degli operai , limitandosi lo Stato ad aggiungervi , quando il caso lo richiede , tutela ed appoggio . c ) educazione al risparmio 35 . Quando l ' operaio riceve un salario sufficiente a mantenere sé stesso e la sua famiglia in una certa quale agiatezza , se egli è saggio , penserà naturalmente a risparmiare e , assecondando l ' impulso della stessa natura , farà in modo che sopravanzi alle spese una parte da impiegare nell ' acquisto di qualche piccola proprietà . Poiché abbiamo dimostrato che l ' inviolabilità del diritto di proprietà è indispensabile per la soluzione pratica ed efficace della questione operaia . Pertanto le leggi devono favorire questo diritto , e fare in modo che cresca il più possibile il numero dei proprietari . Da qui risulterebbero grandi vantaggi , e in primo luogo una più equa ripartizione della ricchezza nazionale . La rivoluzione ha prodotto la divisione della società come in due caste , tra le quali ha scavato un abisso . Da una parte una fazione strapotente perché straricca , la quale , avendo in mano ogni sorta di produzione e commercio , sfrutta per sé tutte le sorgenti della ricchezza , ed esercita pure nell ' andamento dello Stato una grande influenza . Dall ' altra una moltitudine misera e debole , dall ' animo esacerbato e pronto sempre a tumulti . Ora , se in questa moltitudine s ' incoraggia l ' industria con la speranza di poter acquistare stabili proprietà , una classe verrà avvicinandosi poco a poco all ' altra , togliendo l ' immensa distanza tra la somma povertà e la somma ricchezza . Oltre a ciò , dalla terra si ricaverà abbondanza di prodotti molto maggiore . Quando gli uomini sanno di lavorare in proprio , faticano con più alacrità e ardore , anzi si affezionano al campo coltivato di propria mano , da cui attendono , per sé e per la famiglia , non solo gli alimenti ma una certa agiatezza . Ed è facile capire come questa alacrità giovi moltissimo ad accrescere la produzione del suolo e la ricchezza della nazione . Ne seguirà un terzo vantaggio , cioè l ' attaccamento al luogo natio ; infatti non si cambierebbe la patria con un paese straniero , se quella desse di che vivere agiatamente ai suoi figli . Si avverta peraltro che tali vantaggi dipendono da questa condizione , che la privata proprietà non venga oppressa da imposte eccessive . Siccome il diritto della proprietà privata deriva non da una legge umana ma da quella naturale , lo Stato non può annientarlo , ma solamente temperarne l ' uso e armonizzarlo col bene comune . È ingiustizia ed inumanità esigere dai privati più del dovere sotto pretesto di imposte . C ) L ' opera delle associazioni 1 - Necessità della collaborazione di tutti 36 . Finalmente , a dirimere la questione operaia possono contribuire molto i capitalisti e gli operai medesimi con istituzioni ordinate a porgere opportuni soccorsi ai bisognosi e ad avvicinare e udire le due classi tra loro . Tali sono le società di mutuo soccorso ; le molteplici assicurazioni private destinate a prendersi cura dell ' operaio , della vedova , dei figli orfani , nei casi d ' improvvisi infortuni , d ' infermità , o di altro umano accidente ; i patronati per i fanciulli d ' ambo i sessi , per la gioventù e per gli adulti . Tengono però il primo posto le corporazioni di arti e mestieri che nel loro complesso contengono quasi tutte le altre istituzioni . Evidentissimi furono presso i nostri antenati i vantaggi di tali corporazioni , e non solo a pro degli artieri , ma come attestano documenti in gran numero , ad onore e perfezionamento delle arti medesime . I progressi della cultura , le nuove abitudini e i cresciuti bisogni della vita esigono che queste corporazioni si adattino alle condizioni attuali . Vediamo con piacere formarsi ovunque associazioni di questo genere , sia di soli operai sia miste di operai e padroni , ed è desiderabile che crescano di numero e di operosità . Sebbene ne abbiamo parlato più volte , ci piace ritornarvi sopra per mostrarne l ' opportunità , la legittimità , la forma del loro ordinamento e la loro azione . 2 - Il diritto all ' associazione è naturale 37 . Il sentimento della propria debolezza spinge l ' uomo a voler unire la sua opera all ' altrui . La Scrittura dice : E ' meglio essere in due che uno solo ; perché due hanno maggior vantaggio nel loro lavoro . Se uno cade , è sostenuto dall ' altro . Guai a chi è solo ; se cade non ha una mano che lo sollevi ( 33 ) . E altrove : il fratello aiutato dal fratello è simile a una città fortificata ( 34 ) . L ' istinto di questa naturale inclinazione lo muove , come alla società civile , così ad altre particolari società , piccole certamente e non perfette , ma pur società vere . Fra queste e quella corre grandissima differenza per la diversità dei loro fini prossimi . Il fine della società civile è universale , perché è quello che riguarda il bene comune , a cui tutti e singoli i cittadini hanno diritto nella debita proporzione . Perciò è chiamata pubblica ; per essa gli uomini si mettono in mutua comunicazione al fine di formare uno Stato ( 35 ) . Al contrario le altre società che sorgono in seno a quella si dicono e sono private , perché hanno per scopo l ' utile privato dei loro soci . Società privata è quella che si forma per concludere affari privati , come quando due o tre si uniscono a scopo di commercio ( 36 ) . 38 . Ora , sebbene queste private associazioni esistano dentro la Stato e ne siano come tante parti , tuttavia in generale , e assolutamente parlando , non può lo Stato proibirne la formazione . Poiché il diritto di unirsi in società l ' uomo l ' ha da natura , e i diritti naturali lo Stato deve tutelarli , non distruggerli . Vietando tali associazioni , egli contraddirebbe sé stesso , perché l ' origine del consorzio civile , come degli altri consorzi , sta appunto nella naturale socialità dell ' uomo . Si danno però casi che rendono legittimo e doveroso il divieto . Quando società particolari si prefiggono un fine apertamente contrario all ' onestà , alla giustizia , alla sicurezza del consorzio civile , legittimamente vi si oppone lo Stato , o vietando che si formino o sciogliendole se sono formate ; è necessario però procedere in ciò con somma cautela per non invadere i diritti dei cittadini , e non fare il male sotto pretesto del pubblico bene . Poiché le leggi non obbligano se non in quanto sono conformi alla retta ragione , e perciò stesso alla legge eterna di Dio ( 37 ) . 39 . E qui il nostro pensiero va ai sodalizi , collegi e ordini religiosi di tante specie a cui dà vita l ' autorità della Chiesa e la pietà dei fedeli ; e con quanto vantaggio del genere umano , lo attesta la storia anche ai nostri giorni . Tali società , considerate al solo lume della ragione , avendo un fine onesto , sono per diritto di natura evidentemente legittime . In quanto poi riguardano la religione , non sottostanno che all ' autorità della Chiesa . Non può dunque lo Stato arrogarsi più quelle competenza alcuna , né rivendicarne a sé l ' amministrazione ; ha però il dovere di rispettarle , conservarle e , se occorre , difenderle . Ma quanto diversamente si agisce , soprattutto ai nostri tempi ! In molti luoghi e in molti modi lo Stato ha leso i diritti di tali comunità , avendole sottoposte alle leggi civili a private di giuridica personalità , o spogliate dei loro beni . Nei quali beni la Chiesa aveva il diritto suo , come ognuno dei soci , e similmente quelli che li avevano destinati per un dato fine , e quelli al cui vantaggio e sollievo erano destinati . Non possiamo dunque astenerci dal deplorare spogliazioni sì ingiuste e dannose , tanto più che vediamo proibite società cattoliche , tranquille e utilissime , nel tempo stesso che si proclama altamente il diritto di associazione ; mentre in realtà tale diritto vieni largamente concesso a uomini apertamente congiurati ai danni della religione e dello Stato . 40 . Certe società diversissime , costituite specialmente di operai , vanno oggi moltiplicandosi sempre più . Di molte , tra queste , non è qui luogo di indagar l ' origine , lo scopo , i procedimenti . È opinione comune però , confermata da molti indizi , che il più delle volte sono rette da capi occulti , con organizzazione contraria allo spirito cristiano e al bene pubblico ; costoro con il monopolio delle industrie costringono chi rifiuta di accomunarsi a loro , a pagar caro il rifiuto . In tale stato di cose gli operai cristiani non hanno che due vie : o iscriversi a società pericolose alla religione o formarne di proprie e unire così le loro forze per sottrarsi coraggiosamente a sì ingiusta e intollerabile oppressione . Ora , potrà mai esitare sulla scelta di questo secondo partito , chi non vuole mettere a repentaglio il massimo bene dell ' uomo ? 3 - Favorire i congressi cattolici 41 . Degnissimi d ' encomio sono molti tra i cattolici che , conosciute le esigenze dei tempi , fanno ogni sforzo per migliorare onestamente le condizioni degli operai . E presane in mano la causa , si studiano di accrescerne il benessere individuale e domestico ; di regolare , secondo equità , le relazioni tra lavoratori e padroni ; di tener viva e profondamente radicata negli uni e negli altri il senso del dovere e l ' osservanza dei precetti evangelici ; precetti che , allontanando l ' animo da ogni sorta di eccessi , lo inducono alla moderazione e , tra la più grande diversità di persone e di cose , mantengono l ' armonia nella vita civile . A tal fine vediamo che spesso si radunano dei congressi , ove uomini saggi si comunicano le idee , uniscono le forze , si consultano intorno agli espedienti migliori , Altri s ' ingegnano di stringere opportunamente in società le varie classi operaie ; le aiutano col consiglio e i mezzi e procurano loro un lavoro onesto e redditizio . Coraggio e protezione vi aggiungono i vescovi , e sotto la loro dipendenza molti dell ' uno e dell ' altro clero attendono con zelo al bene spirituale degli associati . Non mancano finalmente i cattolici benestanti che , fatta causa comune coi lavoratori , non risparmiano spese per fondare e largamente diffondere associazioni che aiutino l ' operaio non solo a provvedere col suo lavoro ai bisogni presenti , ma ad assicurarsi ancora per l ' avvenire un riposo onorato e tranquillo . I vantaggi che tanti e sì volenterosi sforzi hanno recato al pubblico bene , sono così noti che non occorre parlarne . Di qui attingiamo motivi a bene sperare dell ' avvenire , purché tali società fioriscano sempre più , e siano saggiamente ordinate . Lo Stato difenda queste associazioni legittime dei cittadini ; non si intrometta però nell ' intimo della loro organizzazione e disciplina , perché il movimento vitale nasce da un principio intrinseco , e gli impulsi esterni facilmente lo soffocano . 4 - Autonomia e disciplina delle associazioni 42 . Questa sapiente organizzazione e disciplina è assolutamente necessaria perché vi sia unità di azione e d ' indirizzo . Se hanno pertanto i cittadini , come l ' hanno di fatto , libero diritto di legarsi in società , debbono avere altresì uguale diritto di scegliere per i loro consorzi quell ' ordinamento che giudicano più confacente al loro fine . Quale esso debba essere nelle singole sue parti , non crediamo si possa definire con regole certe e precise , dovendosi determinare piuttosto dall ' indole di ciascun popolo , dall ' esperienza e abitudine , dalla quantità e produttività dei lavori , dallo sviluppo commerciale , nonché da altre circostanze , delle quali la prudenza deve tener conto . In sostanza , si può stabilire come regola generale e costante che le associazioni degli operai si devono ordinare e governare in modo da somministrare i mezzi più adatti ed efficaci al conseguimento del fine , il quale consiste in questo , che ciascuno degli associati ne tragga il maggior aumento possibile di benessere fisico , economico , morale . È evidente poi , che conviene aver di mira , come scopo speciale , il perfezionamento religioso e morale , e che a questo perfezionamento si deve indirizzare tutta la disciplina sociale . Altrimenti tali associazioni degenerano facilmente in altra natura , né si mantengono superiori a quelle in cui della religione non si tiene conto alcuno . Del resto , che gioverebbe all ' operaio l ' aver trovato nella società di che vivere bene , se l ' anima sua , per mancanza di alimento adatto , corresse pericolo di morire ? Che giova all ' uomo l ' acquisto di tutto il mondo con pregiudizio dell ' anima sua ? ( 38 ) . Questo , secondo l ' insegnamento di Gesù Cristo , é il carattere che distingue il cristiano dal pagano : I pagani cercano tutte queste cose ... voi cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia , e gli altri beni vi saranno dati per giunta ( 39 ) . Prendendo adunque da Dio il principio , si dia una larga parte all ' istruzione religiosa , affinché ciascuno conosca i propri doveri verso Dio ; sappia bene ciò che deve credere , sperare e fare per salvarsi ; e sia ben premunito contro gli errori correnti e le seduzioni corruttrici . L ' operaio venga animato al culto di Dio e all ' amore della pietà , e specialmente all ' osservanza dei giorni festivi . Impari a venerare e amare la Chiesa , madre comune di tutti , come pure a obbedire ai precetti di lei , e a frequentare i sacramenti , mezzi divini di giustificazione e di santità . 5 - Diritti e doveri degli associati 43 . Posto il fondamento degli statuti sociali nella religione , è aperta la strada a regolare le mutue relazioni dei soci per la tranquillità della loro convivenza e del loro benessere economico . Gli incarichi si distribuiscano in modo conveniente agli interessi comuni , e con tale armonia che la diversità non pregiudichi l ' unità . E ' sommamente importante che codesti incarichi vengano distribuiti con intelligenza e chiaramente determinati , perché nessuno dei soci rimanga offeso . I beni comuni della società siano amministrati con integrità , così che i soccorsi vengano distribuiti a ciascuno secondo i bisogni ; e i diritti e i doveri dei padroni armonizzino con i diritti e i doveri degli operai . Quando poi gli uni o gli altri si credono lesi , è desiderabile che trovino nella stessa associazione uomini retti e competenti , al cui giudizio , in forza degli statuti , si debbano sottomettere . Si dovrà ancora provvedere che all ' operaio non manchi mai il lavoro , e vi siano fondi disponibili per venire in aiuto di ciascuno , non solamente nelle improvvise e inattese crisi dell ' industria , ma altresì nei casi di infermità , di vecchiaia , di infortunio . Quando tali statuti sono volontariamente abbracciati , si é già sufficientemente provveduto al benessere materiale e morale delle classi inferiori ; e le società cattoliche potranno esercitare non piccola influenza sulla prosperità della stessa società civile . Dal passato possiamo prudentemente prevedere l ' avvenire . Le umane generazioni si succedono , ma le pagine della loro storia si rassomigliano grandemente , perché gli avvenimenti sono governati da quella Provvidenza suprema la quale volge e indirizza tutte le umane vicende a quel fine che ella si prefisse nella creazione della umana famiglia . Agli inizi della Chiesa i pagani stimavano disonore il vivere di elemosine o di lavoro , come tacevano la maggior parte dei cristiani . Se non che , poveri e deboli , riuscirono a conciliarsi le simpatie dei ricchi e il patrocinio dei potenti . Era bello vederli attivi , laboriosi , pacifici , giusti , portati come esempio , e singolarmente pieni di carità . A tale spettacolo di vita e di condotta si dileguò ogni pregiudizio , ammutolì la maldicenza dei malevoli , e le menzogne di una inveterata superstizione cedettero il posto alla verità cristiana . 6 - Le questioni operaie risolte dalle loro associazioni 44 . Si agita ai nostri giorni la questione operaia , la cui buona o cattiva soluzione interessa sommamente lo Stato . Gli operai cristiani la sceglieranno bene , se uniti in associazione , e saggiamente diretti , seguiranno quella medesima strada che con tanto vantaggio di loro stessi e della società , tennero i loro antenati . Poiché , sebbene così prepotente sia negli uomini la forza dei pregiudizi e delle passioni , nondimeno , se la pravità del volere non ha spento in essi il senso dell ' onesto , non potranno non provare un sentimento benevolo verso gli operai quando li scorgono laboriosi , moderati , pronti a mettere l ' onestà al di sopra del lucro e la coscienza del dovere innanzi a ogni altra cosa . Ne seguirà poi un altro vantaggio , quello cioè di infondere speranza e facilità di ravvedimento a quegli operai ai quali manca o la fede o la buona condotta secondo la fede . Il più delle volte questi poveretti capiscono bene di essere stati ingannati da false speranze e da vane illusioni . Sentono che da cupidi padroni vengono trattati in modo molto inumano e quasi non sono valutati più di quello che producono lavorando ; nella società , in cui si trovano irretiti , invece di carità e di affetto fraterno , regnano le discordie intestine , compagne indivisibili della povertà orgogliosa e incredula . Affranti nel corpo e nello spirito , molti di loro vorrebbero scuotere il giogo di si abietta servitù ; ma non osano per rispetto umano o per timore della miseria . Ora a tutti costoro potrebbero recare grande giovamento le associazioni cattoliche , se agevolando ad essi il cammino , li inviteranno , esitanti , al loro seno , e rinsaviti , porgeranno loro patrocinio e soccorso . CONCLUSIONE La carità , regina delle virtù sociali 45 . Ecco , venerabili fratelli , da chi e in che modo si debba concorrere alla soluzione di sì arduo problema . Ciascuno faccia la parte che gli spetta e non indugi , perché il ritardo potrebbe rendere più difficile la cura di un male già tanto grave . I governi vi si adoperino con buone leggi e saggi provvedimenti ; i capitalisti e padroni abbiano sempre presenti i loro doveri ; i proletari , che vi sono direttamente interessati , facciano , nei limiti del giusto , quanto possono ; e poiché , come abbiamo detto da principio , il vero e radicale rimedio non può venire che dalla religione , si persuadano tutti quanti della necessità di tornare alla vita cristiana , senza la quale gli stessi argomenti stimati più efficaci , si dimostreranno scarsi al bisogno . Quanto alla Chiesa , essa non lascerà mancare mai e in nessun modo l ' opera sua , la quale tornerà tanto più efficace quanto più sarà libera , e di questo devono persuadersi specialmente coloro che hanno il dovere di provvedere al bene dei popoli . Vi pongano tutta la forza dell ' animo e la generosità dello zelo i ministri del santuario ; e guidati dall ' autorità e dall ' esempio vostro , venerabili fratelli , non si stanchino di inculcare a tutte le classi della società le massime del Vangelo ; impegnino le loro energie a salvezza dei popoli , e soprattutto alimentino in sé e accendano negli altri , nei grandi e nei piccoli , la carità , signora e regina di tutte le virtù . La salvezza desiderata dev ' essere principalmente frutto di una effusione di carità ; intendiamo dire quella carità cristiana che compendia in sé tutto il Vangelo e che , pronta sempre a sacrificarsi per il prossimo , è il più sicuro antidoto contro l ' orgoglio e l ' egoismo del secolo . Già san Paolo ne tratteggiò i lineamenti con quelle parole : La carità è longanime , è benigna ; non cerca il suo tornaconto : tutto soffre , tutto sostiene ( 40 ) . Auspice dei celesti favori e pegno della nostra benevolenza , a ciascuno di voi , venerabili fratelli , al vostro clero e al vostro popolo , con grande affetto nel Signore impartiamo l ' apostolica benedizione . Dato a Roma presso san Pietro , il giorno 15 maggio 1891 , anno decimoquarto del nostro pontificato . LEONE PP . XIII ( 1 ) Cfr . S . Th . I - I , q . 95 , a . 4 . ( 2 ) Deut 5,21 . ( 3 ) Gen 1,28 . ( 4 ) S . Th . II - II , q . 10 , a . 12 . ( 5 ) Gen 3,17 . ( 6 ) Giac 5,4 . ( 7 ) 2 Tim 2,12 . ( 8 ) 2Cor 4,17 . ( 9 ) Cfr . Mat 19,23-24 . ( 10 ) Cfr . Luc 6,24-25 . ( 11 ) S . Th . III - II , q . 66 , a . 2 . ( 12 ) Ivi . ( 13 ) . S . Th . II - II , q . 32 , a . 6 . ( 14 ) Luc 11,41 . ( 15 ) At 20,35 . ( 16 ) Mat 25,40 . ( 17 ) S . Greg . M . , In Evang . hom 9 , n . 7 ( 18 ) 2Cor 8,9 . ( 19 ) Mar 6,3 . ( 20 ) Cfr . Mat 5,3 . ( 21 ) Mat 11,28 . ( 22 ) Rom 8,17 . ( 23 ) Cfr . 1Tim 6,10 . ( 24 ) At 4,34 . ( 25 ) Apolog , 2.39 . ( 26 ) S . Th . II - II , q . 61 , a . 1 ad 2 . ( 27 ) S . Th . , De reg , princ . I,17 . ( 28 ) Gen 1,28 . ( 29 ) Rom 10,12 . ( 30 ) Es 20,8 . ( 31 ) Gen 2,2 . ( 32 ) Gen 3,19 . ( 33 ) Eccl 4,9-10 . ( 34 ) Prov 18,19 . ( 35 ) S , Th . , Contra impugn . Dei cultum et religionem , c . II . ( 36 ) Ivi . ( 37 ) Cfr . S . Th . I - II , q . 13 , a . 3 . ( 38 ) Mat 16,26 . ( 39 ) Mat 6,32-33 . ( 40 ) 1 Cor 13,4-7 .
Miscellanea ,
PARTE PRIMA IL PRIMO CADAVERE DEL 6 MAGGIO 1898 Era venerdì . S ’ andava via per l ’ atmosfera tepida come tanti punti interrogativi . Gli uni guardavano in faccia agli altri e tutti sentivano dell ’ inquietudine dell ’ Italia agitata dalla fame . Pavia come Sesto Fiorentino e come Soresina , aveva avuto i suoi ciottoli innaffiati dalla strage militare . Il povero Muzio Mussi , il figlio del vice presidente della Camera , era stato tramazzato al suolo a ventitre anni e la notizia angosciosa , propalata dai giornali , passava sui nervi della cittadinanza come una scarica d ’ indignazione . In mezzo alle piazze , lungo le vie , si temeva e si presentiva la fucilata . La conversazione sentiva del momento . Era una conversazione animata , concitata , che lasciava udire un po ’ della campana a martello . La gente parlava a monosillabi tragici , coi gesti che facevano sobbalzare il pensiero , con l ’ atto finale della mano in aria che traduceva l ’ impotenza e la minaccia . Nei sobborghi , dove è più fitta la popolazione operaia , sarebbe bastata un po ’ di retorica calda per mettere sottosopra il sangue cittadino che spumeggiava nelle vene . Con tanta irritazione che si andava accumulando per i quartieri di ora in ora , a ogni telegramma che annunciava che il governo curava , dappertutto , lo stomaco vuoto con la balistite , Milano avrebbe avuto bisogno di uomini prudenti che avessero saputo , con dolcezza , togliere e non aggiungere combustibile alla catasta che aspettava lo zolfino . Invece la metropoli lombarda ha avuto Vigoni , Negri , Minozzi , Prina , Winspeare e Bava Beccaris , regi lenoni che vedevano in ogni aggruppamento di operai masse di rivoltosi o di congiurati , imbecilli feroci che avrebbero livragato tutti coloro che non fossero caduti ai loro piedi a implorare la vita . Senza costoro , senza agenti di pubblica sicurezza , senza soldati , è certo che io non sarei qui a cucire insieme i brandelli sanguinolenti della pagina che ha iniziato le giornate di Bava Beccaris , il vecchio rimbambito che nasconde la testa nella sabbia come la testuggine per non udire le maledizioni che imperversano intorno al suo capo . Alla mattina , come tutte le altre mattine , i grandi stabilimenti dei dintorni di Ponte Seveso , spalancarono i portoni e i proletari vi entrarono a frotte per non uscire che a mezzogiorno . Nelle fabbriche si era lavorato con disattenzione e si era chiacchierato molto sugli avvenimenti . In via Galilei , il contingente dei lavoratori , come il solito , ingrossava di minuto in minuto . Poiché vi si fermavano come negli altri giorni , quelli del Pirelli , quelli del Grondona , quelli dello Stigler , quelli del Vago , quelli dell ’ Elvetica e quelli di altri stabilimenti vicini , così non era una meraviglia se si vedeva in quella via e nelle adiacenze una massa nera di diecimila persone . In mezzo a tanta gente che discuteva , alcuni operai e parecchi ragazzi distribuivano il manifesto pubblicato la sera prima dal partito socialista , manifesto redatto dalla penna turatiana che sentiva il momento e mandava in piazza la protesta d ’ « intonazione - repubblicana » , , come dissero il Secolo e L ’ Italia del Popolo . Ma per gli agenti non educati all ’ agitazione costituzionale e resi prepotenti dall ’ incoraggiamento dei superiori , un semplice foglio volante che riassuma la condizione miserabile del proletariato diventa una perturbazione pubblica , un delitto . Due agenti della squadra volante , certo Rossi e certo Domenico Viola , detto il calabrese , si avvicinarono ai distributori , strapparono loro di mano gli stampati e ne arrestarono due . Potete immaginarvi il subbuglio . Uomini e donne si misero a gridare : molla ! molla ! Ma il Viola , che era il Prina della bassa forza , tirò via con la sua preda fino in via Napo Torriani , fermandosi al numero 24 , la sede della questura del quartiere . - Io ero sul posto , - mi disse un testimone oculare , capo sala in una Sezione dello Stabilimento Pirelli . - Alcuni compagni mi invitarono a trovare il mezzo di liberare gli arrestati , i quali erano seguiti da una moltitudine di tre o quattro mila persone . Avviandomi presso la sezione di questura trovai Carlo della Valle , l ’ omino che amministrava la Lotta di Classe e si poteva dire l ’ anima del partito . Ci trovammo in via Vittor Pisani e andammo senza indugio a parlare col delegato . Intanto di fuori si urlava e si scagliavano sassate incessanti contro lo stemma al di sopra dell ’ entrata . Dicemmo al delegato che i ragazzi arrestati erano dello Stabilimento Pirelli e che secondo noi non avevano commesso che qualche ragazzata . E il delegato ci promise che dopo aver consultato il questore , sarebbero stati messi in libertà . Uscimmo mentre i fischi degli stabilimenti chiamavano al lavoro . Il largo del Trotter e le vie adiacenti erano gremite . Ci avviammo verso l ’ edificio dei sordo - muti e al largo del Trotter vedemmo venire il Viola , con la rivoltella in mano , seguito da altri sei o sette poliziotti in borghese , che tenevano in mano lo stesso strumento della civiltà moderna . I cagnotti in borghese saltavano da una parte e dall ’ altra , puntando le bocche da fuoco alla faccia delle donne e degli uomini , minacciandoli e dicendo loro ingiurie che facevano impallidire e rimescolare il sangue . - Mascalzoni ! Vaianne ! Con tanta confusione , non so più se sia stato il Viola o un suo collega . So che uno di loro si avventò contro una delle ragazze che aveva agitato il foulard rosso che si era tolta dal collo , percuotendola alla fronte con il calcio della rivoltella . Non ricordo bene il nome della sventurata . Ma credo si chiamasse Marietta , una ragazza dai fianchi opulenti e dalle braccia che non avevano paura . La Marietta , uscita dallo stordimento , con la faccia rigata di sangue , con la bocca tutta agitata che gridava : assassini ! assassini ! , divenne una demonia che non si sapeva più come tenere , perché voleva rincorrere e agguantare il malandrino e punirlo come meritava . Ma io e alcune sue compagne riuscimmo a trattenerla e a trascinarla allo stabilimento a farsi medicare nell ’ ambulanza interna . Intanto che la si medicava gli operai e le operaie entrati volevano uscire di nuovo perché di fuori si gridava con insistenza che si doveva smettere di lavorare . Il direttore dello stabilimento , signor Emilio Calcagni , e l ’ ispettore dell ’ ordine interno , signor Cavalli , correvano da una parte all ’ altra dell ’ edificio raccomandando a tutti la calma e supplicando ciascuno di dare il buon esempio e riprendere il lavoro . Così io , pur sapendo che dovevano venire Turati e Rondani , stati chiamati d ’ urgenza dal della Valle e dal compagno Songia , dovetti acconciarmi a rimanere chiuso nello stabilimento ! Io e gli altri di dentro , parevamo sugli aghi . Il lavoro che si faceva era un lavoro meccanico . La mente era di fuori , attorno , con le orecchie che venivano perturbate dalle grida che si udivano nell ’ aria : abbasso i birri ! morte al Viola ! - l ’ agente esacrato in tutto il quartiere per il suo carattere malvagio e violento e perché si diceva da tutti che era stato lui a menare il calcio del revolver sulla fronte dell ’ operaia ferita . Tra le due e le due e mezzo , riuscii a mettermi alla grata di una delle finestre che guardano in Ponte Seveso , proprio tra il numero ventitre e venticinque dello stabilimento . Era giunto il Turati e per i fori vedevo che era sulle spalle di due giovani tarchiati , con la mano appoggiata all ’ albero , che parlava a pochi passi dall ’ ufficio postale . - Come deputato del vostro collegio , invoco da voi calma e pazienza . Non la pazienza dell ’ asino , intendiamoci , ma una pazienza di alcuni momenti , affinché in nome vostro , se lo consentite , noi possiamo trattare con le autorità per la liberazione dell ’ arrestato . L ’ arrestato era Angelo Amadio , detto el pompierin , di diciannove anni . Mezz ’ ora dopo ritornò Turati e riparlò alla folla su per giù con queste parole : - Sentite , compagni . Noi abbiamo saputo che ormai questore e prefetto non possono farci nulla . L ’ arrestato che fu trovato coi sassi in mano ... ( Molte voci gridarono : No , non è vero ! ) ... Credo anch ’ io , anzi mi auguro che non sia vero . Ma ora l ’ arrestato è nelle mani del procuratore del re , e io mi recherò da lui . Ci fu una lunga pausa . - Ascoltate ora un mio consiglio , o compagni ! Qualunque possa essere la risposta , ve lo dico in coscienza , non dovete insistere . Questo non è il giorno . ( Fu interrotto da una voce : E quand l ’ è ch ’ el vegnarà el dì ? ) . Ho detto che questo non è il giorno ; perché tutto è preparato per le più feroci repressioni . Il popolo deve essere abile e scegliere lui il giorno in cui si crederà preparato e organizzato per la vittoria . Non è oggi il giorno per la battaglia in piazza ( grida e interruzione in vario senso ) . Sono di parere che dobbiamo limitarci a una cosa per volta . Ora dobbiamo liberare un nostro compagno , insistiamo per la sua liberazione . E siccome la massa era assai eccitata e le pareva poco quello che le offriva il deputato del quinto collegio , così il Turati fu obbligato a ripetere quello che aveva detto . - Vi ripeto , compagni , non dobbiamo lasciar scegliere all ’ autorità il giorno della battaglia . Oggi vi dico che sarebbe massacro ! Fidatevi di me in questo momento : oggi è una rovina ! Contentatevi della scarcerazione . La cosa si era fatta seria . Su circa tremila operai non ne erano entrati , tra uomini e donne ottocento . In uno dei cortili erano stati introdotti , alla chetichella , un centinaio di soldati , i quali caricavano i fucili . Di fuori , in giro per l ’ edificio , tutte le entrate e tutte le uscite erano bloccate da un cordone di quattro file di soldati . Il fischio delle sei fu un sollievo per tutti . Uscimmo alla spicciolata , passando per la corte zeppa di soldati di fanteria , dai corridoi che precedono la porta d ’ uscita , e poi tramezzo agli altri soldati allineati sui marciapiedi . Vidi di nuovo il Turati , il Rondani e un altro che non ricordo in una carrozza scoperta . L ’ onorevole Turati annunciava a tutti che l ’ Amadio sarebbe stato messo in libertà prima di sera . Scomparsa la carrozza e gli oratori per la via Galilei , la moltitudine pigiata si ruppe e la maggioranza , che abita nei paraggi di Corso Loreto e alla Cascina Rotole e nelle vicinanze della chiesa di San Francesco , si avviò per la via Napo Torriani - anche per vedere che cosa si faceva alla sezione di P.S. Fra la moltitudine che si avviava verso casa , rasentando la sezione di P.S. , l ’ ultima casa della via in faccia al Trotter , era l ’ operaio Silvestro Savoldi , un uomo di circa trentacinque anni , bassotto , tarchiato , dai capelli castano chiari , con due baffoni che tiravano al rossiccio , con due occhi che lampeggiavano . È impossibile dire , in mezzo a tanta gente , se era un tumultuante o un operaio che rincasasse . Ma la gente che lo ha veduto prima di cadere , mi ha assicurato che andava via lentamente senza badare a quello che avveniva . Dal Trotter , dove era stata chiusa , a mezzogiorno , la truppa , usciva un plotone del cinquantasettesimo fanteria , attraversava il piazzale Andrea Doria e procedeva verso Napo Torriani coi fucili a crociat - et . Il grosso dei dimostranti era lungo il marciapiedi dalla parte opposta alla caserma dei questurini . I curiosi si erano assiepati a dieci metri di distanza dalla truppa che aveva fatto alt , e qua e là si movevano gli individui che lanciavano sassi allo stemma questurinesco . Pare che qualche sassata abbia raggiunto anche qualche soldato . Fu come il segnale . Si udì lo squillo di tromba . Si vide il fuggi fuggi , e si sentì il ran ran che spaventava , che infuriava , che sollevava grida disperate da tutte le parti e lanciava in aria una nube bianca in un silenzio sepolcrale . Fu allora che anch ’ io gridai come la Marietta : assassini ! assassini ! Far seguire allo squillo le fucilate , senza il tempo di vuotare la via a gambe levate , è un delitto senza nome . Non vi so dire se il fuoco sia stato iniziato dai soldati o dai questurini . Ma se tra l ’ uno e l ’ altro non c ’ è stato attimo di mezzo , le rivoltelle e i fucili devono aver incominciato insieme . Non erano ancora le sei e mezzo e il povero Savoldi che credeva di andare in Corso Loreto , 40 , era vicino all ’ altro mondo . Stavano per suonare le sei e mezzo e il disgraziato giungeva proprio al malaugurato portone della sede della sezione di questura , dove dovevano essere appiattati gli agenti della squadra volante . I dimostranti di fuori schiamazzavano e domandavano a gola piena se erano stati messi in libertà gli arrestati . E in questo mentre si vide sbucare il Viola con la bocca spalancata e la rivoltella tesa verso la moltitudine . Il Savoldi , sorpreso , vacillò e cadde col sangue che gli usciva a fiotti dalla tempia sinistra . Il suo assassino non ebbe tempo di ritornare indietro a leccarsi le labbra , perché una palla all ’ inguine lo stese al suolo cadavere . I due cadaveri mi avevano terrorizzato . Non ebbi un gesummaria ! né per il primo né per il secondo . Mi batteva il cuore , mi sentivo in fiamme . In quel momento non ho potuto fare supposizioni . Ma non appena mi trovai fuori della zona dei disastri umani mi venne spontanea l ’ interrogazione , da chi era stato ammazzato il Viola . Da chi ? Dalla folla : no ; perché nessuno di essa possedeva un ’ arma da fuoco . Dalla truppa ? No , perché la ferita non è stata fatta da una pallottola a balistite . E da chi allora ? Mi è stato spiegato più tardi da uno che ha aiutato a raccoglierlo . È una supposizione , ma pare che il questurino voltatosi per ritornare a corsa sotto la porta sia stato colpito dalla rivoltella di un collega che lo aiutava a sfollare con le palle di piombo . La stessa persona mi ha dato l ’ altra supposizione , che la prima revolverata del Viola sia partita proprio tra lo squillo e la scarica , come un ’ incitazione , un avviso di far fuoco . Sia avvenuto in un modo o nell ’ altro , la moltitudine non ha avuto tempo di mettersi in salvo . Dopo le tre scariche militari corsi dov ’ era il Savoldi e là , io e altri amici lo raccogliemmo , prendendolo per i piedi e per le ascelle . Respirava ancora e lo chiamammo per nome . - Silvestro ? Savoldi ? Egli guardava , con gli occhi istupiditi dalla morte che lo invadeva , senza rispondere . Lo riprendemmo e ci avviammo verso il Ponte Seveso per vedere se era possibile farlo medicare nell ’ infermeria dello stabilimento Pirelli . Ma la porta era chiusa e la linea dei soldati non ci permetteva di avvicinarci allo stabilimento . Senz ’ altro decidemmo di metterlo sul tram , avviato alla Piazza del Duomo per il Corso di Porta Nuova . Fu una scena pietosa . Scomodammo la gente e , sorreggendolo davanti e dietro , riuscimmo a tirarlo sulla carrozza , adagiarlo lungo il cuscino e mettergli la testa insanguinata sulle ginocchia di uno di noi . Il tram non si era ancora mosso che il Savoldi tirò un sospiro lungo che ci andò al cuore , e chiuse gli occhi . Il tram andava e le nostre mani palpavano sul suo cuore come se avessimo voluto che continuasse a battere e a mantenersi caldo . Ma la pelle andava raffreddandosi e quando fummo in piazza Mercanti il medico di guardia ci mandò via con un bisillabo : morto ! Il padre di cinque o sei figli era morto . E noi , angosciati , ricaricammo il primo cadavere delle giornate di Milano sul tram che andava a Porta Volta e dal luogo di sosta lo portammo a braccia , al Cimitero Monumentale . Ritornato a casa seppi che la balistite aveva lasciato sul terreno delle donne e degli uomini feriti , due dei quali morirono prima o subito dopo l ’ aurora . L ’ eccidio di Bava Beccaris era incominciato . LA PIAZZA DEL DUOMO IL VENERDI ’ SERA Che scena ! La nuvolaglia si voltolava su se stessa e il cielo rumoreggiava di tanto in tanto e faceva sentire i sordi boati che annunciavano l ’ uragano . Savoldi , l ’ operaio dello Stabilimento Pirelli , era appena passato coi compagni che lo accompagnavano a Musocco . La moltitudine che aveva veduto il tram di Porta Volta che infilava via Carlo Alberto , accorse a vederlo . Era tenuto su dalle braccia degli amici sotto le ascelle per dargli aria di passeggero , ma si vedeva che era floscio e andato . Gli occhi erano spenti , la pelle della faccia era morta da far paura e tutta la bocca semiaperta era dissanguata . Vennero consigliati di adagiarlo lungo e disteso . Il tram andava e l ’ indignazione incominciava . Il cadavere era in tutte le conversazioni . Pochi lo conoscevano , ma tutti sapevano che era un operaio che aveva lavorato fino a quando la campana lo aveva messo alla porta . La piazza si gremiva , i portici erano quasi affollati , la fanteria aveva bloccato le entrate della Galleria e nell ’ interno si vedevano gli agenti e i delegati di P .. S . con la ciarpa del mestiere che andavano e venivano o sostavano in certi punti come in attesa di altri ordini . A qualche passo dalla scalinata della cattedrale , dove erano i bersaglieri col calcio del fucile a terra , ci fu un tentativo di discorso . Non ebbi tempo di vedere 1’oratore sulle spalle di un gruppo di giovani , che una voce imperiosa lo aveva fatto scomparire . - Giù , giù ! o faccio suonare la tromba ! Eravamo tutti eccitati , tutti in un ’ atmosfera ardente . Guai se in quel momento un Desmoulins della strada avesse buttato nella calca una scintilla verbale e ci avesse spinti alla rivoluzione ! Ci sarebbe stata una conflagrazione sociale . Inaspriti dal dolore , l ’ incendio sarebbe diventato generale . Invece , anche con la truppa che urtava la folla da una parte e dall ’ altra per separarla e disperderla nelle vie adiacenti , prevalse la prudenza . Senza lasciarsi frazionare si muoveva tutt ’ insieme come una massa enorme . Qua e là si respirava a disagio . Maledizione di Dio ! Come nelle giornate del Colpo di Stato a Parigi , il temporale scioglieva il problema di spazzare la piazza tutta agitata dalla fermentazione cittadina . Tra le otto e le otto e mezzo si è udito come uno squarciamento di cateratte . Pareva che le folgori passassero lacerando il cielo e prorompessero lungo la corsa con esplosioni di tuoni e lampi che illuminassero tutta la volta sottosopra . Fu un diluvio . L ’ acqua veniva giù a rovesci col chiasso dei filoni che si rompevano sui tetti e sul selciato . La gente si salvava pigiandosi sotto i portici meridionali e settentrionali e per gli svolti delle vie che li lambiscono . I cordoni militari che bloccavano la Galleria venivano rotti dalla lenta fiumana che non poteva più tornare indietro . Lo straripamento era così possente che si sono dimezzati o frazionati senza resistenza . Nessuna forza avrebbe potuto trattenerla . Una volta ingorgati nel grande tunnel non si camminava , si era portati e si andava via adagio adagio come voleva la corrente umana . Agli ottagoni la respirazione era affannosa . Ci si sentiva premuti da tutte le parti . Tuttavia si sentiva l ’ inno dei lavoratori cantato da mille voci . Vicino al Gnocchi era un impalcato che avrebbe potuto servire benissimo da piattaforma . Più d ’ uno s ’ era messo tra le travi con la voglia di sgolare l ’ orazione rivoluzionaria , ma non c ’ è stato verso . Gli agenti e i carabinieri non davano tregua a coloro che avevano la gola piena di prosa veemente . Gli squilli facevano il resto . Tumultuavano l ’ ambiente , respingevano la moltitudine e facevano larghi che si riempivano quasi simultaneamente . Ho veduto Zavattari con la sua bella faccia sincera entrare dalla parte della Scala , dopo che era stato sul balcone municipale a pacificare i cittadini con gli altri oratori . L ’ interruzione della piazza e gli squilli erano impotenti a rarefare la ressa . Le trombe con la loro violenza che incalzava alla fuga , irritavano e indemoniavano . Alle dieci molta gente spinta e risospinta era rimasta fuori della Galleria e si era avviata a domicilio . I questurini rincorrevano i dimostranti più clamorosi e facevano arresti . Gli arrestati passavano tra gli agenti che li tenevano per il colletto o per le braccia . Le grida di molla ! molla ! moltiplicavano il numero di coloro che venivano violentati fino a San Fedele . Alcuni arrestati s ’ imputavano e urlavano e si scuotevano per divincolarsi dai tentacoli polizieschi . L ’ odio di classe si era manifestato con tutta la sua perversione . I signori della Brasera Milanese , dal balcone del terzo piano al di sopra del negozio Munster , riversavano sulla folla parecchi secchi d ’ acqua . La gente , esasperata , volgeva in alto i visi stravolti dalla collera con i pugni chiusi e la bocca divenuta un vulcano d ’ improperi . I più lontani , quelli dell ’ angolo , tiravano al balcone sassi che precipitavano per la parete della galleria con un baccano indiavolato . Senza le corse e le rincorse dei questurini e dei carabinieri con gli squilli di tromba , avrebbero scontata la loro buaggine pericolosa con la morte del Prina . Guai se la folla avesse saputo da qual parte si saliva per entrare nei loro clubs ! Così non c ’ è stato che uno scambio di villanie . Ma i signori che hanno irritata la gente , la devono aver veduta brutta . Perché c ’ è stato un momento in cui ho creduto che gli epiteti vergognosi e sanguinosi che le buttavano sopra con i loro scaracchi la inducesse a farsi largo attraverso il Campari per uscire sulla scala esterna e salire tumultuosamente a scaraventarli dal balcone . Gli squilli devono aver interrotto il pensiero . Verso mezzanotte tutti erano stanchi , tutti avevano bisogno di riposare , tutti sentivano la necessità di una sosta . Mai come in quella notte la piazza della Scala , la Galleria e la piazza del Duomo sono state così silenziose . Parevan luoghi disabitati . Quanti ne avevano arrestati ! mucchi . A mucchi son stati chiusi nei camerotti puzzolenti della questura di San Fedele . LE PRIME FUCILATE IN PIAZZA DEL DUOMO ( dal mio diario ) 7 Maggio . - Mi alzo , sono inquieto , ho ancora nella testa le grida e le scene di ieri sera durante e dopo l ’ acquazzone indiavolato che ha fatto scappare tutti dai luoghi aperti , e sciolta la dimostrazione prima che si adunasse . In Galleria Vittorio Emanuele ci sono stati momenti terribili . Squilli , moltitudini che si riversavano da una parte all ’ altra , aggruppamenti che si disfacevano in un fiato e si ricomponevano a qualche passo di distanza . Rivedo i provocatori della Brasera con spavento . Con l ’ irritazione incandescente dappertutto , i signoracci , in alto , si abbandonavano allo spasso di aggiungere combustibile per l ’ incendio , buttando giù sulle moltitudini parole oscene e villane e mostrando i pugni chiusi . Ah , birbe ! C ’ è stato un attimo in cui ho veduto nell ’ atmosfera irritata la guerra civile . I mascalzoni che apparivano e scomparivano dietro i vetri rovesciavano sui capannelli che sostavano e passavano secchi d ’ acqua . Scellerati ! Anche in casa si sente che siamo in tempi anormali . C ’ è un ’ inquietudine , c ’ è un malessere , c ’ è qualcosa che non so spiegare . Sei amici sono saliti a trovarmi terrorizzati . C ’ è tra loro un deputato . Sembrano tutti in preda alla febbre . A loro sembra impossibile che io sia ancora al largo . Va via ! mi dice qualcuno . Mettiti al sicuro . Non ci penso neanche . Rido e faccio la punta al lapis che voglio mettermi in tasca per andare in giro a raccogliere gli avvenimenti . Non capita tutti i giorni di passare in mezzo al casaldiavolo militare con la matita che lo raccoglie . La matita nelle giornate di sommossa è forte , più forte dei cannoni a tiro rapido . Victor Hugo , con la matita che Baudin gli ha prestato prima di morire sulla barricata della via Santa Margherita , ha inchiodato i nomi dei malfattori del 2 dicembre alla vergogna dei secoli . La storia di un delitto è un libro immortale . A proposito : e perché non lo ha pubblicato subito , quando gli episodi fumavano del sangue delle vittime , quando gli attori principali del Colpo di Stato suscitavano ancora gli orrori , gli spasimi ? Io non voglio imitarlo . Lui ha saputo tener il manoscritto chiuso nell ’ armadio per venticinque anni . Io andrò subito alla ricerca di una stamperia . Voglio la scena nell ’ atmosfera in cui si è svolta . Ho letto la Lombardia con disgusto . Ah , che prosaccia da sentina ! È un giornale che non mi è mai piaciuto . L ’ ho sempre considerato un fogliuolaccio mal messo insieme e scritto coi piedi . Ha lo stile del negoziante di notizie . Ora che puzza di questura mi fa recere . I suoi redattori sono caconi . Vorrebbero essere un po ’ con tutti , tranne che coi « sovversivi » o coi « formidabili nemici delle istituzioni » . Non c ’ è che la presenza del cronista che la lasci vivere nell ’ equivoco . Con lui , iscritto al partito socialista , non si ha il coraggio di metterla tra i quotidiani forcaioli . Ma il socialismo del cronista del Lombardia è un socialista ventraiuolo . Tant ’ è vero che non ha mai saputo rinunciare al mensile del Popolo Romano di Chauvet . Si dice che il cronista è apolitico . Imbecilli . Nella notizia o nella manipolazione della notizia è il colore . Che bella giornata ! Esco . La portinaia mi saluta con aria timida . Essa ha avuto delle visite che la impensieriscono . - Chi erano ? - Facce sinistre . Si sente per le vie che c ’ è qualcosa d ’ insolito . La gente è affrettata . Sono in giro molti soldati , numerosi questurini , parecchi carabinieri . Ho veduto uno squadrone di cavalleria che andava verso Porta Garibaldi . Svolto in Via Dante e svolto alla volta di Largo Cairoli . Di fianco all ’ Eden , tra il monumento e l ’ ingresso del teatro , è piazzata una batteria di cannoni con le bocche alte verso l ’ arteria nuova che conduce in piazza del Duomo . La gente si ferma , interroga gli artiglieri e va via senza risposta . I soldati sembrano accigliati e i loro superiori hanno l ’ aria truce . Sentiamo un ran ran che passa come per i tetti . Le persone guardano in aria . Nulla . Ma il ran ran è entrato in tutti come un brivido . I passanti raddoppiano di gamba e si disperdono per le vie in direzioni opposte ai cannonieri . Ho incontrato un amico , pallido come un morto ... Mi ha veduto ; mi ha dovuto vedere , e non mi ha salutato . Non gliene faccio colpa . Con Bava Beccaris il saluto può costare la prigione . Tutte le muraglie , tutti gli assiti sono coperti dagli avvisi di questo generale che ha assunto il linguaggio brutale del soldato pronto al fuoco . In uno di essi dice : « Milanesi ! I disordini che da ieri funestano questa città vanno prendendo l ’ aspetto di una vera sommossa , e perciò , a seconda degli ordini ministeriali , assumo la direzione superiore per il ristabilimento dell ’ ordine pubblico . « Consiglio i cittadini di starsene nelle loro case affinché le truppe abbiano a trovarsi di fronte ai soli dimostranti e possano così agire con la maggiore vigoria » . Ha copiato , con qualche variante , il generale di Saint Arnaud delle famose giornate napoleoniche . « Pas des curieux inutiles dans les rues : impediscono i movimenti dei valorosi soldati che vi proteggono con le loro baionette » . Plagiario ! La città dei quarantottisti è senza coraggio . Pare che tutto il sangue delle sue arterie sia stato convertito in acqua . La popolazione legge e fila . Non c ’ è una mano capace di strappare gli avvisi che riassumono la tracotanza del soldataccio che io rovescerei da cavallo se lo incontrassi . L ’ opinione pubblica è sempre rappresentata dai giornali , specialmente nelle giornate di torbidi . E il coraggio dei giornali è zero . Sbaglio . Nella Perseveranza e nel Corriere della Sera è il coraggio poliziesco . Aizzano . Nell ’ una e nell ’ altro è il rancore della vendetta . Additano i confratelli per il massacro . Sono i suggeritori di Bava Beccaris . Tanto la prima che il secondo vanno in giro carichi della prosa melmosa dei loro pennivendoli . Chi sono ? Dietro il redattore responsabile della Perseveranza , è una turba di malviventi intellettuali dell ’ aristocrazia milanese , il cui capo è Gaetano Negri , l ’ uomo dalle esasperazioni sociali . Il direttore del Corriere è un tipaccio che fa il gradasso al dorso di Bava Beccaris . Figlio di un procuratore generale che esecrava e massacrava i giornali che non idolatravano le « istituzioni » , , ha sentito , in questi giorni di baldoria militare , la collera velenosa del padre . I suoi articoli sono dell ’ odio in fermentazione . La sua faccia di bonaccione è una maschera , è il Prina del giornalismo . Terrorizza i terrorizzati . Emile de Girardin mi sbroncia . Egli non era un giacobino , ma è stato solidale con la stampa insorta contro gli arrestatori e i massacratori dei repubblicani che volevano conservare la Repubblica . Il tipaccio è Domenico Oliva . Godete , o Giboyer , i vostri giornali vanno a ruba . È la vostra vendemmia amministrativa . Bava Beccaris ha parlato ed ecco i giornali dell ’ ordine invasi dalla paralisi agitante . Pennivendoli , mangiapani , caratteri di zucchero candito , vilissime creature che non avete fede che nella mesata , a voi , sul vostro viso , gli scaracchi della mia indignazione . Io vado in tutte le stamperie che conosco , a implorare la grazia di stamparmi un bollettino che rimetta in piedi i ventraioli in ginocchio , i pavidi rappresentanti del quotidiano divenuti umili servitori di Bava Beccaris . Vergogna , vergogna ! Hanno tutti paura . A tutti preme il pane , a tutti preme la famiglia , a tutti preme la quiete , a tutti preme il proprio stabilimento e intanto la libertà del cittadino muore , e nessuno è più sicuro in casa sua ! Ecco che sono incominciati gli arresti , ecco che vanno in prigione a frotte , ecco che i soldati , i carabinieri , i questurini , i graduati , gli ufficiali non sono più che della sbirraglia che agguanta i passanti , che snida la gioventù nelle case , che strappa gli sposi dalle braccia delle donne piangenti , che urta brutalmente i bimbi con le braccia avviticchiate alle gambe dei padri e dei fratelli . Il mio pensiero è in fiamme come quello di Desmoulins . Mi agita , mi solleva , mi grida : vile ! rivoltati , alle armi ! alle armi ! ma tutta la gente tace , tutta la gente si lascia condurre in prigione e tutti i giornalisti applaudono alle vigliaccherie di Bava Beccaris e mi guardano con l ’ occhio truce del rinnegato . Io sono solo , incapace perfino di appendermi ad una fune di campana per suonare a stormo , perché tutte le chiese sono chiuse , ermeticamente chiuse . Anche il dio cattolico partecipa al delitto ! Oh disperazione di questa mia giornata di torture che sciupo nell ’ impotenza senza trovare accenti virili che diano l ’ anima dei combattenti del ‘48 alle generazioni di cinquant ’ anni dopo ! Più tardi , dopo il ran ran , i passanti sembrano degli sconosciuti . Nessuno dice addio all ’ altro . Vanno via rasente ai muri come incalzati da un vento impetuoso . Invece c ’ è un sole che abbrustolisce . Io sono nel sole che scalda la mia desolazione . La paura è nell ’ aria . Qua e là si chiudono le imposte . Pare che tutta la gente stia per andare in campagna . Buon viaggio ! Mi trovo in via S . Vincenzino . Non c ’ è nessuno , non c ’ è anima viva . Che cos ’ ho anch ’ io ? Sono inquieto , nervoso , trasalisco per nulla . Mi si è chiamato ? Chi mi ha chiamato ? Mi sono voltato indietro convinto di aver qualcuno alle calcagna . Parola d ’ onore , ho tremato . Vile ! Prima di sbucare in via Meravigli vedo passare un delegato con la sciarpa lungo il panciotto , un ufficiale con la spada sguainata e un drappello di soldati a baionetta in canna . Dove vanno ? Raddoppio il passo sulle loro pedate . Passano e sollevano il vespaio nel cervello dei passanti . Si fanno tutte le supposizioni . Il parrucchiere di via Meravigli chiude in fretta , come quando si ha paura che la tempesta infuri sui vetri . Raggiungo il drappello in Santa Maria Porta . Il delegato si volta e mi fa voltare dall ’ altra parte con un gesto . Tutti gli ordigni di questura sono diventati onnipotenti . Soldati , disse egli additandomi , fatelo tornare indietro . E i soldati si preparavano a curvare gli arnesi della civiltà moderna . Non c ’ è bisogno , mi dissi mentalmente . La disubbidienza può costarmi una fucilata senza che alcuno mi raccolga e agiti il mio cadavere come una bandiera . Sono in giro come un matto . Non ho direzione . In corso Magenta vedo altri perduti che vengono alla mia volta e io li evito svoltando in via San Giovanni sul Muro . Al margine del vicolo dello stesso nome sono due cenciose della bassa prostituzione che aspettano il gozzovigliatore che faccia guadagnar loro il morsello dell ’ esistenza . Sono sudicione che fanno ribrezzo come faceva ribrezzo la Gervasa , prima di crepare di svaccamento fra le gambe del beccamorto . Il teatro Dal Verme è chiuso , la chiesuola più in giù , lungo il marciapiede opposto , è chiusa , le ultime imposte si chiudono . Non si vede nulla e si sente che lo spavento è nelle abitazioni e nella strada . Non smetto di camminare . Passo un ’ altra volta al Largo Cairoli . L ’ Eden traduce il momento . È completamente vuoto . Gli artiglieri sono come sull ’ attenti . Un altro ran ran rapido , precipitato , si perde via come in fondo a un bosco . Che c ’ è ? Cosa c ’ è ? Si combatte ? La guerra civile è nelle vie ? Mi passa per la schiena un brivido . Sono in piazza Castello , dal lato di Porta Garibaldi . Mi è stato detto che il quartiere popolare è già tutto in faccende per le barricate . Ran , ran , ran ! Cerco col naso e con gli occhi l ’ ombra del fumo delle fucilate e trovo Vincenzo Maresti , col suo cappello nero , floscio , piatto , a larga tesa , piantato sull ’ occhio , con la sua giacca accarezzata alla schiena con la duttilità del panno che non fa pieghe , con le sue gambe lunghe lunghe , con quella sua faccia abbronzata anche d ’ inverno . Senza tirar fuori le mani dalle tasche mi assicura che in Porta Garibaldi c ’ è fermento . Gli pareva di camminare su di un terreno infocato . A ogni momento si aspettava un grido o una sollevazione . C ’ è gente a frotte . Si capisce che si sono vuotati gli opifici . La direzione generale è verso il Duomo . Maresti mi induce a cambiar strada e filo con lui in via Orefici , la via delle catapecchie in demolizione , zuppa di femminacce ulcerate fino agli occhi . È una via brutta , con l ’ acciottolato sempre ricoperto da uno strato limaccioso , sempre pieno di pozzanghere e di prostitute in agguato ad aspettare il maschio . Dal giorno che venne decretato il suo disfacimento i vecchi orefici , che vendevano spadine e bucole alle brianzuole , se ne sono andati , e ogni casupola è diventata il covo della prostituzione che si sguinzaglia di notte come lupa affamata . Anche adesso , che la via è sottosopra e tumultuata , si sente l ’ odore fetido della carne sdrucita e vendereccia che attutisce ancora i sensi indiavolati dei briaconi che passano . Al diavolo il carnimonio ! Mi spingo avanti , dove la gente è più fitta e calcando cerco di mettermi in prima fila . Sono respinto da una ondata che si rovescia indietro , spinta da un ’ altra ondata che non vedo . Riesco vicino al muro della casa che lambisce la piazza del Duomo , senza vedere nulla di quello che avviene al di là della barriera umana . Maresti , più alto di me , ha veduto che c ’ è un cordone che va dalla offelleria al monumento . La folla che mi pigia e mi toglie la respirazione è composta in maggioranza di operai impazienti di attraversare la piazza . Pare che la moltitudine che vorrebbe irrompere sia trattenuta dagli alpini . Rizzandomi sulla punta dei piedi vedo , attraverso le teste che si protendono , la scala Porta , piegata verso la coda del cavallo del monumento , come vedo dei ragazzi appollaiati sui gradini di legno per godersi lo spettacolo della piazza popolata di gente e di soldati . Ora ci vedo bene . In fondo , in fondo , rasente gli scalini della cattedrale , c ’ è una moltitudine di cavalli insellati , con la testa nel fieno in terra e dei pezzi di cannoni , allineati dalla parte del palazzo reale , con le bocche spalancate sul Duomo . Si ricomincia a ridiventare inquieti . Maresti ha bisogno di rompere la diga , passare in Carlo Alberto e andare in via dell ’ Unione , dove è la sede del partito socialista e la direzione della Lotta di classe . Il non si passa è infrangibile . Io provo gli spasimi . Sono come sugli aghi . Sento un bisogno prepotente di andare in mezzo all ’ avvenimento . Inutile . I soldati sono torvi . O non rispondono o rispondono con monosillabi che passano le orecchie come colpi di fucile . Il momento diventa grave . Noi che volevamo passare siamo obbligati a trattenere gli audaci che vorrebbero rompere il cordone , anche quando i soldati spaventano col loro indietro . - Indietro ! Sono le due e mezzo o le due e mezzo circa . C ’ è ressa e non posso guardare l ’ orologio . I bersaglieri allineati hanno sempre il fucile col calcio in terra . Ma sono lì sull ’ attenti , in attesa di un ordine . Ecco il terrore . I soldati hanno come ricevuto un ordine . Si impallidisce , siamo tutti stravolti . Quelli in prima fila si rovesciano sugli altri alla schiena come indemoniati . Fermi tutti ! urla Maresti con il suo vocione , credendo di riuscire a sedare il panico e a trattenere compatta la diga . Ma la diga è rotta dalla punta della baionetta . La gente si rovescia per via Orefici e scappa , sparpagliata . Le donne gridano e alcune si rifugiano negli edifici che hanno chiusi i portoni . Non si capisce più niente . Gli uni rincorrono gli altri senza sapere il perché della fuga generale . Io arrivo all ’ angolo di piazza Mercanti trafelato . Mi pare di aver veduto la morte , di aver udito dei rantoli , di essere passato attraverso un fiat spaventoso . Uomini e donne si voltano indietro biancastri , con gli occhi spiritati dalla corsa e con la bocca che dice e ripete : Che paura , oh che paura , madonna santa ! Passato lo stordimento mi risovvengo d ’ aver veduto , proprio nell ’ ultimo momento , Bava Beccaris a cavallo , dietro i bersaglieri , che dava ordini all ’ ufficiale che lo seguiva con un trombettiere a cavallo . Era proprio Bava Beccaris ? A me parve lui . La gente puntava col dito e lo additava col nome . A ogni modo era il generale , che stava per iniziare il massacro . Come avviene sempre nei tumulti , non appena i soldati sono ritornati al loro posto , gli scappati si radunano a poco a poco allo stesso luogo , credendo che l ’ ordine di andarsene non sia imperativo . Ma l ’ illusione non dura molto . - Indietro ! Indietro ! Il nostro posto è preso un ’ altra volta dai soldati con la baionetta piegata verso il sedere delle persone che cercano di distrigarsi dalla ressa . La gente perde la testa . Tutte le porte della via Orefici si chiudono con gli inquilini determinati a non aprire . Così non c ’ è più scampo . Crudeli ! A noi , in mezzo la strada , non resta più che combattere o lasciarci sorprendere dalle scariche . Combattere ? con che cosa ? Tutte le finestre hanno le imposte chiuse . Molte donne gridano come scalmanate , svengono , cadono con dei gesummaria ! Io non ho ancora capito bene il perché dello scompiglio . Ecco , la punizione è incominciata . Non ho ancora fatto quattro passi e siamo perduti . Le scariche sono nell ’ aria . Odo le fucilate . Si tira , si tira sul popolo . Un ’ altra scarica . Sull ’ angolo di via Ratti mi volto mettendo fuori la testa . È una nube bianca che mi nasconde tutto ciò che c ’ è di visibile in piazza . Pare che i soldati vengano verso la via Orefici . Vedo indubbiamente dei monturati in atteggiamento di far fuoco . Mi pare di aver udito un ’ altra scarica . I fuggiti si sono dispersi in direzione della via Dante o sono scomparsi dall ’ arco della piazza Mercanti , o sono gli uni sulle calcagna degli altri , per la via Ratti , per la via Spadari , per la via della Rosa , per piazza della Rosa , per la via Ambrosiana , per la via delle Asole e per piazza S . Sepolcro . Il terrore è indicibile , le donne sbalordite , scolorate , disfatte , trascinano gli uomini ostinati con la voce della disperazione , e gli uomini sembrano allucinati . Hanno gli occhi fuori dell ’ orbita , la faccia cadaverica e sembrano intontiti e incapaci di riprendere il passo . Lo sgomento mi impedisce di muovermi . Mi avvio . In via Spadari trovo il delirio . Si capisce che il fuoco è avvenuto in via Torino o che le scariche sono state fatte in quella direzione . Tutta la folla viene verso di noi . Arriva ansante , esterefatta , con esclamazioni che lasciano indovinare il dramma . Qualche donna o qualche uomo sembra impazzito : Gesticola e piange . Intanto che si corre , guardo . La casa tollerata è chiusa . Tutte le porte e non poche finestre sono chiuse , la farmacia Tenca , sull ’ angolo di via della Rosa , è chiusa . Si sente un ’ altra fucilata . Qualcuno giunge con la notizia che il popolo si difende , ma nessuno gli crede . Come ? Egli non sa rispondere : certo è che la gente continua a venire alla nostra volta come se fosse inseguita . Ho perduto Maresti , ma rivedo il suo cappello nero che torreggia sulla calca . Un altro scompiglio . La moltitudine che viene dalla via Torino non conserva più nulla della dignità umana . L ’ orgoglio personale è naufragato . Tutti corrono , corrono , corrono e poi si fermano come soffocati , incominciando le parole senza finirle , tirando su il grembiule per asciugarsi gli occhi , mettendo le mani alla fronte con accenti disperati , restando lì istupiditi , insensati , pallidi come la morte , senza riuscire a riaversi . Che cosa avviene ? Nessuno parla , nessuno sa spiegarsi , nessuno sa raccontare che cosa sia avvenuto . Parlate , in nome del vostro dio ! - Largo ! Largo ! Indietro ! Indietro ! via ! via ! E tutti sono ripresi dalla vertigine della corsa e tutti corrono e corrono , andando gli uni sui piedi degli altri , spingendo , sgomitando , rovesciando , passando sui corpi dei caduti senza ascoltare le grida , andando innanzi come tanti ciechi , come tanti pazzi . - Largo ! Largo ! Indietro ! Indietro ! via ! via ! Credevamo che fosse la folla dei soldati che spazzasse la via . Invece sono i primi feriti sulle braccia del popolo , raccolti dal popolo , portati via dal luogo micidiale dal popolo . I primi due caduti che veggo hanno l ’ aria di operai . l ’ uno è abbandonato di peso sulle braccia di due che lo sorreggono e sfiorano le labbra smorte , gli occhi che incominciano a chiudersi , la pelle del volto che scolorisce e assume un non so che di diafano . L ’ altro ha il viso cosparso di sangue e si dice che sia pure ferito al ventre o alle gambe . Il disgraziato non parla . Ha le braccia abbandonate sulle spalle di uno dei due che lo portano , e le gambe penzoloni . Egli è come seduto . Diventa paonazzo . Chi è ? Come si chiama ? Nessuno lo conosce . Il piombo lo ha fatto stramazzare . Non si ha tempo di intenerire per alcuno . Un ferito è seguito da un altro . È una ragazza che giunge col grembiule in una sola macchia di sangue . La si circonda . Pare uscita da un macello . la si crede sventrata . È abbattuta , piange , risponde coi singhiozzi . Finalmente ci toglie l ’ oppressione raccontandoci che tutto il sangue del grembiule è di un ragazzo caduto durante il primo parapiglia . Il poveretto era come scallottato . Non ha potuto passare senza raccoglierlo . Poi glielo hanno portato via . Tre , quattro , dieci mani se ne sono impadronite . Tutti i momenti arrivano persone in fuga . Si grida : alla farmacia ! alla farmacia ! È un mucchio di gente intorno a un ferito o morto che sia , e si grida : alla farmacia ! alla farmacia ! E i portatori si rivolgono verso la farmacia Tenca e l ’ ondata nera che incominciava a incavallarsi o a sovrapporsi si avvia rapidamente verso lo stesso punto . La bottega chiusa è come presa d ’ assalto . Si picchia coi piedi , con le mani , coi bastoni . Si prega , si supplica : aprite in nome del cielo ! Ci sono dei feriti , aprite ! Tutte le modulazioni di voce non commuovono lo speziale . Il popolo perde la pazienza e si serve delle spalle . Aprite , abbiate pietà della povera gente ! La spallata di un giovane tarchiato ne fa tremare , scricchiolare le ante . Largo ! si grida . Non si vuol aprire e la si sfonda . E dopo una spallata , un ’ altra e un ’ altra ancora , tutte accompagnate da maledizioni e da grida di speranze a ogni piegatura . Ma le ante resistono . Nessuno risponde . L ’ esasperazione diventa generale . Il farmacista crudele è chiamato con tutti i nomi del vocabolario della vigliaccheria . Silenzio ! Udite ! Qualcuno viene : si respira . Siamo salvi . Attenti , ecco si apre l ’ usciuolo . Fate presto , ci sono feriti , per amor di Dio ! L ’ usciuolo si richiude come uno schiaffo . Si aspetta a prorompere . Si crede che l ’ abbia chiuso per spalancare la bottega . Si aspetta con trepidazione . Coloro che hanno sulle braccia i feriti grondano sudore . Non ne possono più . Si mette l ’ orecchio alla bottega . Nessun fracasso . Dopo due minuti di ansia la folla si scarica . Gli improperii si succedono agli improperii . Si tendono i pugni , si guarda in aria , si ha ancora una parvenza di speranza , ma la bottega rimane chiusa . Oh ! la vita degli uomini ! Dunque un farmacista non è obbligato , in momenti come questi , di aprire e soccorrere chi muore , chi è sorpreso dagli accidenti della strada ? Ora non è tempo di considerazione . Registro il delitto per ricordarmene e filo . Più tardi . La cosa più strana di questo momento tragico è il pubblico . Il pubblico pare reduce da una corsa affannosa o esca da un sogno . È come trasecolato . È per le strade come un punto interrogativo . La sua mente è confusa , le sue idee sono ingarbugliate , la sua lingua è in moto automaticamente . Ascolto parole slegate , affastellate , turbolente . Mi trovo faccia a faccia con degli esaltati , mi fermo con donne e uomini che hanno perduto la memoria di ciò che è avvenuto . Sono lì istupiditi , con le mani in mano , con gli occhi imbambolati , come se aspettassero o cercassero qualche cosa . Che cosa avete udito , che cosa avete veduto , cosa vi hanno fatto ? Mi si lascia pensare quello che voglio . Non riesco a cavar loro di bocca un ette . Vado innanzi verso la parte che lambisce via Torino . C ’ è folla . Vedo che svoltano in via Spadari altri feriti portati a braccia e altri sorpresi o febbricitanti o esaltati che vanno dalla parte opposta con esclamazioni d ’ orrore . Raccolgo un episodio . Una moglie vede il marito sorretto da tre o quattro persone , scoppia con un oh Dio , e sviene ! Il marito non è che malconcio da qualche piede che gli è passato sopra durante una delle scariche . Le gelosie della casa delle perdute in fine della via sono semichiuse e si vedono le donne coi gomiti ai davanzali e gli occhi nella parte dischiusa a curiosare con la sigaretta in bocca . Neanche la sollevazione riesce a far loro dimenticare il mestiere . Accidenti alla carnaccia postribolare ! La sventura cittadina è diffusa . Milano sta per diventare un ’ immensa cassa da morto , un gigantesco serbatoio di sangue . È un giovane che passa portato da quattro uomini . La sua testa segna i movimenti dei portatori . Le braccia sono senza vita . È terreo , stralunato , con la bocca appassita come in un ’ atmosfera ardente . Non c ’ è sangue , ha il panciotto slacciato e la camicia macchiata di rosso all ’ ombelico . Lo si lascia passare senza ventate di collera . Non si ode che qualche espressione di dolore . O Bava Beccaris ha succhiato tutto il coraggio milanese , riducendo i cittadini a dei Giovanni Bongé , o il pubblico incomincia ad abituarsi alla strage . Gli uomini non sono più uomini . Il fucile è il sovrano , è il padrone della nostra vita . Uno scappa e tutti si danno alla fuga . Un semplice grido infuria tutte le gambe . Nessuno combatte , nessuno vuol combattere . Le gocce e le chiazze disperse per via Spadari , segnano il passaggio delle vittime . Il sangue coagulato sui marciapiedi inorridisce . I sassi dinnanzi l ’ osteria riassumono una salassata . Pare una piazza rossastra . Chi passa rabbrividisce . Mi sovvengo che abbiamo dei deputati . E gli onorevoli e i nostri uomini di parata , dove sono ? cosa fanno ? I nostri deputati non sono dei Baudin . I Baudin sono dell ’ eroismo storico o vecchio . Non sono più di moda . Loro morivano . I nostri vogliono vivere . Questa mattina uno di loro mi diceva che l ’ asilo più sicuro per gli uomini in « vista » è il cellulare . Tanta prudenza in un parlamentare della montagna mi ha costernato . Dell ’ altro panico . Chi ha diffuso lo spavento ? Si è udito o ci è parso di udire una voce e ci siamo mossi tutti , alla rinfusa a correre . Più di tre quarti della via sono rimasti vuoti . È come se fossimo stati cacciati in fondo da un ’ irruzione di vento infiammato . Ci siamo trovati ammucchiati , sudati , tremanti , senza saperne la ragione . Vedo un ferito in piazza della Rosa e seguo coloro che lo portano . Ha una palla nella gamba . Il suo passaggio fa chiudere l ’ ultima porta che poteva ospitare i fuggenti . È quella dove è il cicchettaio dello scotum . I portatori vanno innanzi col passo cadenzato degli uomini di fatica con un peso enorme sulle braccia . Il ferito soffre , si lamenta e vorrebbe muoversi , ma il dolore lo tiene inchiodato dove si trova . In certi momenti di spasimo la sua faccia dimagrata ha delle contrazioni . Svoltano alla via Ambrosiana e si fermano alla prima porticina senza numero . Picchiano , chiamano , si apre . È l ’ entrata di fianco dell ’ osteria sull ’ angolo con la facciata in piazza della Rosa . Non ho che il tempo di darvi un ’ occhiata . È una stanza buia con un tinone in un angolo della parete , un tavolo in mezzo e degli uomini in piedi . Il ferito è accolto con gridi soffocati . Faccio per entrare , mi si respinge e l ’ uscio si chiude . Per un minuto rimango sotto la finestra e ascolto il sussurro delle voci sommesse , spaventate della gente che si è salvata nel retrobottega . La mia memoria funziona male . Non mi ricordo dove ho salutato Maresti . Mi pare che fosse qui con me , perché ho per i timpani la sua voce con gli addii . Ma ora mi ricordo . È svoltato . Lo vedo ancora . Non potendo prendere la direzione della via Unione , si è avviato per S . Sepolcro , ha scantonato , si è trovato in Santa Maria Fulcorina e si è allontanato dal teatro delle operazioni militari perché la vedeva brutta . Il pensiero mi urta , m ’ incalza , mi spinge in piazza del Duomo , da dove viene come un silenzio di morte , e m ’ incammino , rasente il muro , verso le Asole . All ’ imbocco trovo il genio del momento , un eroe delle perturbazioni sociali , uno di quegli uomini che sprecano la vita in un attimo senza domandarne il prezzo . Pare un personaggio da romanzo . È un uomo di trentacinque anni , forte come un torello . Sulla sua faccia è la determinazione . La sua voce è la voce dell ’ insorto . È una voce che fa chiudere tutte le finestre , tutte le botteghe , tutte le porte . I passanti hanno paura di lui e ritornano indietro . Egli incomincia buttando la giacca vicino alla panca dei facchini e rimboccandosi le maniche . Si sentono gli echi delle fucilate . Intanto che egli si snuda le braccia va in su e in giù , gridando e supplicando gli abitanti di buttargli giù le masserizie . È un poeta del selciato . - Buttate giù la mobilia , i materassi , buttate giù tutto per la barricata ! La sua audacia mi sbalordisce . È il primo uomo che si rivolta contro il Magnan delle nostre vie . Pare una sfida ambulante . È lui che inizia il duello col generale che uccide . La sua incoscienza ha del grottesco e del sublime . Nessuno gli presta mano . Egli ingiuria i fuggiaschi : vigliacchi ! Ma i vigliacchi non si voltano indietro . Io ascolto l ’ improperio che m ’ incendia la faccia , ma non abbandono il muro di riparo che mi permette di mettere gli occhi , quando voglio , nella via delle Asole . - Vigliacchi ! Vedo in via Torino come un polverio bianco e ho per le nari un odore di fucilate . L ’ uomo del popolo s ’ impadronisce dello spazio che l ’ attraversa dal margine di via delle Asole ai margini di via dell ’ Unione con la panca dei facchini che stanzionano sotto le finestre dell ’ albergo del Pozzo . Dalla via dell ’ Unione viene un carro a due ruote carico di pietre . L ’ eroe ne stacca il cavallo che manda via col carrettiere e da solo , con la spalla alla ruota e le mani ai raggi della ruota , lo rovescia e lo gira vuoto , lasciandone le stanghe verso le Asole . Poi lo protegge colle pietre , senza badare che là in fondo , verso piazza del Duomo , è ancora schierata la fanteria che ha fatto un fuoco micidiale . Io mi avvicino all ’ estremità della via trasversale e lo ammiro estatico . - Vigliacco , alla barricata ! Ha ragione . Dinanzi a lui siamo tutte creature di gesso . Egli scrive da solo una pagina indimenticabile . In quel simulacro di barricata è la protesta , la furia , la rivolta del popolo . È la violenza contro la violenza ; la forza contro la forza . Mentre assisto a tanto sacrificio io mi limito a far delle note , riparato nella rientratura dell ’ albergo del Pozzo , senza accorgermi che registro la mia vigliaccheria . Il giudice istruttore del massacro è inutile quando si muore . Tuttavia continuo . Io mi sono dato il compito di registrare tutto e salto dall ’ altra parte , dove è la trattoria della Candidezza in argine alla via dell ’ Unione , luogo che mi dà modo di occhieggiare da una parte e dall ’ altra lungo via Torino . Il popolano , l ’ eroe della barricata , è ritornato in via delle Asole per compiere il suo capolavoro . Egli è alla ricerca di seggiole , di imposte , di tavoli , di bauli , di madie , di credenze , di letti , di armadi . Vuota le abitazioni . Se non volete dare la vita sacrificate almeno le masserizie . Giù , giù tutto ! Domani la libertà vi ripagherà a mille doppi il miserabile costo delle suppellettili ! Lo sconosciuto strepita presso le botteghe e le porte con una pietra tolta dalla barricata e passa e ripassa in mezzo alla via con la faccia in alto , con le braccia spalancate a domandare dappertutto la pietà di un mobile qualunque per la barricata . Nessuno apre la finestra , nessuna bottega si schiude , nessuno risponde al suo invito . Egli non si stanca , egli non è preso dal panico della gente che si salva da tutte le parti ; egli va a riprendere la panca , sale e comincia a staccare le imposte dell ’ albergo del Pozzo . Gli aiuti vengono . Dall ’ ultima finestra di una casupola a destra viene precipitato un pagliericcio che gli fa battere le mani . È sempre la povera gente che si commuove . La barricata rimane una povera barricata . Essa non può proteggere che qualche individuo in terra supino o a boccone . Non è che a Parigi che si formano alte quattro o cinque piani e larghe come le vie . La mia attenzione è distratta da due nuovi personaggi che sbucano dalla via Sant ’ Alessandro e vengono alla mia volta rasente gli edifici . Si fermano a un negozio chiuso . Non riesco subito a capire che cosa stiano facendo , perché si piegano , si alzano come se stessero facendo sforzi erculei . Ho udito un ’ altra scarica e l ’ aria calda che si è levata dal suolo mi è passata sul volto e mi ha ghiacciato il sangue . I due che lavoravano alla bottega chiusa non si sono neppur mossi . Tutta la loro precauzione è stata di premersi all ’ insenatura della bottega per evitare la sfuriata delle palle . È stata una scarica di fucili ? Noi siamo tutti sovreccitati . Noi distinguiamo la cannonata dalle fucilate collettive . Siamo qui in parecchi , lividi dalla paura . Di tanto in tanto ci voltiamo indietro per non essere sorpresi alle spalle dai soldati che venissero dalla via del Falcone . La barricata migliora ma non ha nulla ancora della costruzione di difesa . I due alla bottega staccano uno dei coperchi di legno alle alte vetrine di fianco con un crac ! crac ! Le loro mani sono di ferro . Se le ante non cedono , schiantano . Giungono una signora e una bambina spaventate . Vorrebbero passare dall ’ altra parte per rincasare . Io le spavento . Faccio loro una questione di vita o di morte . La madre è ansiosa di arrivare a casa per aver notizie del marito che non sa dove sia . Ma io le dico se preferisce rivederlo più tardi o arrischiare di rimanere nella strada , magari morta con la figlia . Ritorna indietro , verso Porta Romana . La barricata non arriva a toccare i due punti opposti , vi si passa a destra e a sinistra . È assolutamente primitiva , ma l ’ eroe non può tramutarsi in un carrozzone . Ah , se ci fossero ancora gli omnibus ! Parevano fatti a posta . Le finestruole avrebbero servito da feritoie , da merli , dietro i quali i barricatisti avrebbero potuto continuare il fuoco ... Ohimè ! I lavoratori alle botteghe si moltiplicano , Con le punte delle aste strappate alle botteghe , rompono le vetrine e le bacheche . Alcuni rubano . Si mettono nel seno camicie , fazzoletti , cravatte , gingilli di similoro . Lo ha detto anche Maupas . Le sommosse , i combattenti di strada , le insurrezioni chiamano alla superficie i bisognisti , gli affamati , la plebe che vive come vive , i poveri diavoli che crescono fra un furto e l ’ altro . Le tribolazioni cittadine danno loro un po ’ d ’ abbondanza . Ma con che rischio s ’ imbottiscono della roba rubata ! Vedete , si spara e loro continuano a far bottino ! Alcuni vogliono migliorare la barricata con la reclame alle muraglie . Le lastre di ferro sembrano di pasta frolla . Le schiodano con una facilità maravigliosa . Le strappano , le alzano , si staccano e passano tra le mani di coloro che le portano alla barricata . Le saracinesche venivano frantumate . Si va sui tetti . È l ’ irritazione che entra in scena . Le fucilate hanno preparato il combustibile nei cervelli e i morti e i feriti gli danno il fuoco . Vedo in lontananza gente che sfonda gli sportelli dei portoni e sale a frotte . È ritornato il ‘48 . Il tipo di Carlo Porta è una fantasticheria . Il coraggio è ritornato . C ’ è gara per la morte . Giovani e maturi si contendono l ’ entrata . Pochi minuti dopo mi valgo dell ’ attimo di tregua per lasciare il mio posto di vedetta e avviarmi alla lesta verso piazza del Duomo , addossandomi alle botteghe , dietro le quali e sopra le quali si svolge indubbiamente il dramma della paura , della gente intanata , degli uomini che si aggruppano e si abbracciano come nei momenti supremi . Le mie gambe sembrano consapevoli del pericolo . Vanno innanzi a stento come se fossero cariche di piombo . Capisco di essere in combustione . La mia pelle brucia . I polsi e le tempia mi scottano . Pure metto un piede dopo l ’ altro sul marciapiedi incandescente e tiro via , sempre in direzione della strage , tenendomi rasente alle botteghe e alle muraglie , coi nervi tutti agitati , col cuore che pulsa con veemenza . Più di una voce intima mi incalza di ritornare sulla strada fatta e non mi volto indietro per lo sbigottimento . Ho l ’ idea fissa che voltando la schiena si ecciti il soldato a far fuoco . I miei occhi traballano , vedono doppio , travedono . Il cambiamento dei soldati che hanno fatto fuoco , con altri soldati , mi diventa un esercito in confusione . Più mi avvicino verso la linea militare che blocca il passo e più io non sono più io . Sono sottosopra . Passo attraverso emozioni che non ho mai provato . Ora è un ’ ondata fredda che mi va dal dorso alle gambe , e ora mi pare il trasudare come in un bagno turco . Il dramma che si svolge negli appartamenti delle case che fiancheggio mi si rinnova nella testa e la commozione mi riprende . Ne odo il trambusto , la disperazione , i gemiti , le parole monche che spariscono e ricacciano in gola le grida che vorrebbero esplodere . Vedo famiglie intere curve , con le orecchie tese , con le mani nel vuoto che misurano a tutti la respirazione e impongono ai più sovreccitati di padroneggiarsi . Il cambiamento dei soldati è un movimento di precauzione . Il generale Del Majno ... È il Del Majno ? No , no , ci vedo bene adesso . È Bava Beccaris . Lo vedo come in una fotografia . Ci potrà essere anche il Del Majno sotto i suoi ordini . Ma quello che ha ordinato di far fuoco , di compiere la strage è Bava Beccaris . Anche se non lo si vede lo si sente . Il suo nome è nell ’ aria . È lui , è proprio lui . Ah , se potessi averlo nelle mani ! Bava Beccaris in questo momento è orribile . La sua faccia è una ditta patibolare . È una faccia carnosa . I suoi baffoni grigi con il mento tutto coperto dello stesso colore dei baffi , rammentano la figura di Napoleone III . Egli intuisce , fiuta nell ’ aria il mormorio sordo del popolo contenuto alle imboccature , il quale aspetta un gesto , una parola , un grido per prorompere , straripare , invadere la piazza e travolgere tutti nel sangue della guerra civile . Forse è una mia supposizione ... Forse nessuno si muove neanche se frustato dallo scudiscio . C ’ è qui una donna del selciato ... È inutile , non posso servirmi dell ’ eufemismo neppure quando si tratta di un ’ eroina . C ’ è qui una perduta che ha compiuto un atto così eroico che basta da sè solo a incendiare i cervelli di entusiasmo . I soldati del 47° fanteria avevano ancora i fucili della scarica spianati . La stradaiuola , rimasta in piedi , raccolse un sasso dal suolo sterrato e andò , armata del proiettile di Balilla , come una furia sul muso dell ’ ufficiale per romperglielo . - Vigliacchi ! disse con uno scotimento di testa e in atto di scagliare la sassata . L ’ ufficiale , bianco di terrore , rimase nell ’ atteggiamento arcigno di chi ha compiuto un atto feroce ed è pronto a ripeterlo . Non si mosse , non ebbe una parola , lasciò la punta della spada nel terriccio . Se un giorno avrò modo di farmi ascoltare dai miei concittadini , inizierò una sottoscrizione per te , o donna . Tu sì che hai avuto del coraggio , del coraggio impulsivo , se vuoi , ma del coraggio , accidenti ! In battaglia sono gli impulsivi che compiono i prodigi . Tu non ti sei consultata . Tu ti sei abbandonata ai tuoi nervi e i tuoi nervi ti hanno precipitata sul sasso e scaraventata sul militare che convertiva le vie e le piazze in campi di rovine e di sciagure umane . Ti vedo ancora bella come una dea , circonfusa in un ’ aureola di gloria , con le trecce dei capelli biondi quasi sfatte , con la faccia imporporata di salute , col seno che ansa dinanzi le bocche di fuoco , col pugno teso che stringe il proiettile della vendetta popolare . In un momento di fuga generale ti sei elevato un monumento . Ma per la nostra società non sei monumentabile . Tu non sei che un ordigno di sfogo . Passata la commozione cittadina e il trambusto della legge eccezionale che impera sulla legge generale , passeggerai ancora dalle due alle quattro di ogni pomeriggio per i portici della Galleria in cerca di uomini ( ) . Giù dal marciapiede , dinanzi le botteghe del Rituali , c ’ è una pioggia di copricapi . Rappresentano la sorpresa , lo scompiglio , lo sbigottimento , il terrore . È una tragedia senza sangue . Non c ’ è nessuno e spaventano e fanno correre mentalmente dietro i loro proprietari . Saranno morti , saranno vivi ? Sono una quarantina di cappelli e berretti di tutte le fogge e di tutti i colori . C ’ è il cappello floscio , disorlato , gualcito , con dei buchi . C ’ è il cappello duro , ammaccato , impolverato , infangato . C ’ è il cappello femminile coi fiori appassiti , con l ’ ala che ha subito lo strappo e la furia del momento . C ’ è il berretto negro , piegato su se stesso come un morto . Sul marciapiede la scena intetra e si completa . Le pietre sono insanguinate . Ci sono corpi immobili . Nessuno si muove , nessuno fiata . Alcuni sono bocconi con le braccia larghe , con le mani piatte , con le gambe contorte l ’ una sull ’ altra . Altri sono supini , con gli occhi chiusi , con le guance e le labbra dissanguate , coi capelli abbaruffati come in una zuffa , coi piedi da tutte le parti . Fra i cinque distesi l ’ un dietro l ’ altro come se fossero rovesciati da un vento furioso , c ’ è un vecchio con la faccia patita , con la barba sporca di terra , la fronte spruzzata di sangue , la bocca aperta come una gola di carne smunta e accanto a lui è un giovanotto svaligiato della vita , con gli occhi ingrossati dalla violenza che li ha resi inservibili , con la testa squarciata , scallottata . Intorno a lui è la strage . La materia del suo cervello è andata un po ’ dappertutto . È spruzzata sul muro , è cosparsa sulla pietra , è rimasta impegolata nei capelli , si è avviluppata nel sangue in fondo al berretto . È una testa che fa raccapricciare e voltare altrove . Nell ’ angolo , al numero due , dove finisce la piazza del Duomo e incomincia la via Torino sono due zoccoli , uno intriso di sangue e l ’ altro capovolto . Non vedo piedi senza scarpe . Sono dunque di una ragazza o di un ragazzo che si è posto in salvo . La tragedia diventa sempre più spaventevole . Pare una carneficina . Ci sono le tracce di una lotta sanguinosa . A ogni passo si trasalisce . Ci sono gocce di sangue rappreso , pezzi di cervello impiaccistrati di spruzzi sanguinosi . Ecco là un occhio . Chi è stato sdocchiato ? Ecco là un orecchio e l ’ orlo di un orecchio . Di chi sono ? Chi li ha perduti ? Giù dal marciapiede , lungo il negozio degli oggetti casalinghi di L . Giannoni , le palle a balistite hanno infuriato come una gragnuola di piombo che turbina intorno agli alberi umani . Hanno sorpreso la moltitudine delle persone che fuggivano dopo lo squillo ordinato dal capitano del 47° e sono cadute le une sulle altre . Ci fu un momento di silenzio terribile . Anche i vivi rimasero sepolti sotto i morti , svenuti o inconsci . Il quadro è indescrivibile . I corpi ammucchiati o sparsi sono quindici o diciotto . Sono stati sbattuti in terra in tutte le pose . Di fianco , sulla schiena , colle labbra sui sassi , con le braccia spalancate , con la bocca al cielo che non so più se sia azzurro , scialbo o rosso come il sangue dei morti . Il sole sui cadaveri pare un ’ ingiuria o un insulto atroce . Mette in fuga tutto ciò che è tragico e lascia in terra lo scherno , lo sberleffo , la derisione . Il sole sui cadaveri li spoetizza , porta via loro l ’ aria funebre , li rende ignobili . I raggi diventano triviali . Ne abbrustoliscono e ne ingialliscono i capelli , ne rendono gli occhi mostruosamente vitrei , si fermano sulle loro bocche stinte o paonazze come una orribile fiammata impotente a scaldarle e a colorirle e danno una chiarezza alla loro pelle inanimata , che rabbrividisce . Il sole d ’ oggi è crudele . Si diffonde per i loro abiti come una gozzoviglia ... Dà risalto a tutto . Agli strappi , alle scuciture , agli occhielli sdrusciti , ai lucidi delle maniche e delle ginocchia , ai bottoni spellati , ai baveri unti e bisunti . Oh , povera gente ! Sono morti , proprio morti , senza speranza di resurrezione . Quanti sono ? Ne vedo un mucchio che mi pare un piazzale . Saranno diciotto o venti e la mia fantasia eccitata dal sangue se ne figura un cimitero . Tranne uno o due dei quali non vedo che le scarpe e le braccia , mi sembrano tutti pitocchi , tutti spiantati , tutti poveri . Sono denutriti , sono ditte di miseria , sono problemi sociali stramazzati al suolo come sacchi di cenci . Le loro mani sono documenti . Rivelano i disagi della loro esistenza tribolata . Fra loro è uno scallottato . La superficie cranica è stata dispersa in frantumi . Se ne vedono le fibrille sui due grandi vetri del Giannoni , fin su in alto dove è la ditta e dappertutto . In fondo al cappello cencioso è rimasta una poltiglia sanguinosa piena di peli . I grandi cristalli di questo negozio sono stati forati dalle palle . Lo spessore ha impedito che andassero in frantumi . Resiste più il cristallo che il fusto umano . C ’ è uno spettatore che si preoccupa se i lastroni verranno pagati . E che importa , sciagurato ! La folla è sempre la folla . Non si sa da dove sbuchi , ma sbuca , ma corre dovunque sono feriti o morti . Qui , dov ’ è il mucchio , si lavora a tutt ’ uomo . Si disseppelisce , si agita questo o quello come per restituirgli la vita e si buttano in aria bestemmie scultoree . Un tale , un giovanotto , prima di dar mano al trasporto , si mette nella saccoccia della giacca il copricapo con la materia rossastra di uno a cui è stata portata via la superficie del capo . A me suscita un senso d ’ orrore , ma lui , il giovanotto , è un documentista . Andrà per le redazioni dei giornali a farlo vedere . C ’ è un morto che risuscita , è sotto la catasta umana . È un giovane di 23 o 24 anni , alto con i baffetti chiari . È intontito . Spalanca gli occhi senza muoversi . Siete ferito ? Non risponde . Lo si scuote e lo si riscuote , e gli si danno buffetti e schiaffetti , senza riuscire a farlo rinsensare . Che cosa avete ? E lui rimane sul dorso senza parola . Lo si prende per le spalle e lo si rialza di peso . È un sacco di carne che non vuole stare in piedi . Su , perdio ! Lo si solleva due o tre volte come un calcasassi e riprende la parola . Vi sentite male , vi siete fatto male ? Egli è ancora istupidito dall ’ avvenimento , ma incomincia a palparsi , a toccarsi , a domandarsi che cosa gli è accaduto . Per un minuto buono rimane smemorato . Non si ricorda di nulla . E a poco a poco gli ritorna la memoria e con la memoria gli si colorisce l ’ avvenimento . Doveva andare in Verziere . Ha fatto di tutto per passare dalla via Orefici , o dal passaggio degli Orefici senza riuscirvi . Rifece la strada , prese la piazza della Rosa , svoltò in via delle Asole e subito dopo fu in via Torino . I soldati non avevano ancor fatto fuoco e la gente si avvicinava ai monturati senza pensare alla catastrofe umana . Lui , poi , un richiamato che doveva presentarsi all ’ indomani al Castello , aveva meno paura degli altri . Fu un ’ imprudenza . Giunto dinanzi alle due schiere che bloccavano il passaggio , s ’ avvicinò a un sottufficiale per domandargli se avesse potuto usargli la cortesia di lasciarlo andare oltre . In quei giorni i soldati che chiudevano la via all ’ altezza del negozio del signor Rituali , erano tutti accigliati e nessuno rispondeva . Allora , mi dice il testimonio oculare , quello tratto dal mucchio dei cadaveri , mi trovai coi curiosi che bighellonavano dinanzi i soldati chiacchierando e sperando di poter andare al di là della linea . Alla mia destra c ’ erano persone che facevano commenti sullo sfoggio esagerato di soldati , senza però inveire o dire parole sconvenienti contro chicchessia , e alla mia sinistra si formava e si sfaceva un gruppo di ragazzi , i quali , in tono scherzoso e bonario , volevano indurre il capitano a permettere loro di raggiungere i compagni sulla scala Porta , da dove si poteva assistere allo spettacolo senza pericolo . Se mai lo avessero importunato , egli avrebbe potuto farli scappare come un nugolo di passere , con un solo movimento di sciabola . Il capitano del 47° fanteria era arrogante , brutale e guardava tutti noi in cagnesco . Taluni dei ragazzi hanno cercato di passare tra le file dei soldati , così , ridendo , senza spingere . Non so che cosa abbia potuto decidere il capitano a dar ordine di far fuoco . Io non ho visto alcun movimento . Sono abbastanza alto e potevo vedere benissimo se qualche contingente di insorti fosse stato in marcia verso i soldati . Il daltonismo del capitano fu forse la causa dello sparo . Con un ’ aria minacciosa e un comando che non ammetteva discussione , il capitano ordinò uno squillo seguito subito dal fuoco di due file fitte di soldati . Il valoroso sottufficiale al quale avevo domandato con tanta gentilezza il permesso di andare oltre , mi puntò la bocca del fucile alla mia bocca . Che cosa è avvenuto di me ? Fu il freddo della canna ? Non vi posso dire nulla , né come sono caduto , né perché mi sono trovato fra tanti cadaveri , con dei cadaveri sullo stomaco . Aspettate . Dio mio , sono minuti che invecchiano di dieci anni . Lasciate che mi raccapezzi ; adesso incomincio a vedere più chiaro . Sì , mi sono risvegliato e rinsensai pochi minuti dopo . Mi sentivo addosso un peso enorme e mi pareva di soffocare . Per quanti sforzi facessi non riuscii a levarmi che aiutato dalle persone . Ero circondato da feriti che imploravano soccorso , e da morti che mi guardavano in faccia con la loro faccia gelata e coi loro occhi ingrossati e spaventati dalla morte . Non dimenticherò mai quello dalla testa scallottata . Il disgraziato era tutto impillaccherato del suo sangue . I capelli alle pareti craniche ne erano incatramati e le guance e il collo ne erano lastricati . Giaceva come un orrore . In quel momento non ho potuto trattenermi in gola la parola concitata . Io ho detto qualche cosa contro i soldati , ho detto che non avrei mai fatto il soldato . Il ricordo lo fa ricadere nel silenzio . Egli è commosso , agitato . Gli dico che è tutto insanguinato . Ha del sangue e delle cervella sui calzoni , sulla giacca , sul cappello . Se vi prendono così come siete , sarete fucilato . Nascondetevi al primo portone aperto . Egli mi guarda , si accorge finalmente di avere una scheggia di palla nel braccio sinistro e senza darmi retta prende la rincorsa e mi lascia con le persone che ascoltavano la sua narrazione con i pallori della morte . Corre come un disperato e svolta alla prima via trasversale . Io e alcuni altri ritorniamo indietro a vedere il popolo che portava via i feriti e aiutava a caricare i morti sul furgone militare . C ’ è un uomo in manica di camicia che pare diventato matto . Egli va sotto le finestre a gridare , con le nove dita in alto , il numero dei morti . Sono nove , hanno ammazzato nove persone ! Più tardi . Sono quasi le sei . Il sole sta per scomparire completamente . I fatti della giornata hanno triplicata l ’ esasperazione cittadina . Corre voce che la questura abbia invasa la redazione dell ’ Italia del Popolo . Per andare in San Pietro all ’ Orto dove sono i suoi uffici , faccio un giro che completa la mia stanchezza . È vero . Tutti i redattori sono sotto chiave in un camerotto di San Fedele . Si dice che si siano trovate le file del complotto rivoluzionario . Hanno sequestrato documenti che compromettono molte persone - uno dei quali è il biglietto da visita dell ’ avvocato Gian Paolo Garavaglia - che dava appuntamento in redazione al deputato Filippo Turati . Ma dunque ? Io mi ci perdo . C ’ è o non c ’ è questa rivoluzione ? Bava Beccaris diventa atroce di ora in ora . Egli non sta quieto un minuto . Dopo il massacro , la soppressione di un giornale , e dopo la soppressione del giornale , la proclamazione dello stato d ’ assedio . Fra poco il generale sarà il nostro padrone . Egli potrà disporre di noi come se fossimo del bestiame . Il manifesto che ho potuto leggere in bozze , sarà affisso su tutte le muraglie questa sera alle dieci . Lo trascrivo tale e quale , perché esso riassume la coercizione militare che incomincerà ad affliggere e a martoriare i cittadini domani . Per il generale le armi sono del denaro contante . Esse dovranno essere versate alla questura ... Leggete . « Per lo stato d ’ assedio proclamato in questa provincia con R . Decreto del 7 corrente , assumo i pieni poteri , nella qualità di Regio Commissario straordinario e decreto quanto segue : 1 Sono annullati tutti i permessi di porto d ’ armi ; quelli che possedessero armi da fuoco dovranno versarle nel circondario di Milano , a questa questura centrale e per altri Circondari alle rispettive Sottoprefetture . Le armi appartenenti ad abitanti della città di Milano e sobborghi dovranno essere consegnate non più tardi della mezzanotte dell’8 al 9 corrente , quelle del circondario di Milano e degli altri Circondari entro 24 ore dall ’ affissione del presente Manifesto . Trascorso tale termine i detentori di armi da fuoco saranno deferiti al Tribunale Militare . 2 Rimane vietato ogni assembramento per le vie , e gli abitanti dovranno rincasare non più tardi delle ore 23 . 3 Finché durano gli attuali disordini i pubblici esercizi verranno chiusi alle ore 21 . 4 Sotto la responsabilità dei vari inquilini , verificandosi conflitti per le vie , si dovranno chiudere le persiane che prospettano le vie medesime . 5 I telegrammi privati che danno informazioni sui presenti disordini non saranno ammessi se non dietro il visto di questo Comando . 6 I contravventori alle presenti disposizioni , saranno deferiti ai Tribunali Militari , come pure vi saranno deferiti i rivoltosi . 7 Le autorità dipendenti cureranno l ’ esecuzione del presente Decreto . Milano 7 maggio 1898 Il Regio Commissario Generale Bava . Parecchi giorni dopo , mentre i Tribunali di Guerra erano al lavoro , ho potuto rivedere il poveraccio rimasto sepolto sotto i morti in margine al negozio del Giannoni . Era in Castello vestito da alpino . Non potendo parlarmi mi ha fatto pervenire una narrazione di quello che gli è capitato nella giornata . « Uscii di casa , mi scriveva , circa le 8 e mezzo . Passai per il corso V.E. e il corso Venezia leggendo la Perseveranza , il giornale che costa 5 centesimi dall ’ ascensione di Bava Beccaris . Vi trovai i fatti di via Napo Torriani . Giunsi in via Panfilo Castaldi , senza avere notato nulla di straordinario . Verso le undici ho dovuto andare per i miei lavori a porta Vittoria . Rincasai e feci colazione . Non avevo ancora in bocca il boccone che è venuta in casa una inquilina con aria disperata a raccontarmi che in piazza del Duomo c ’ era la rivoluzione . Non ho potuto continuare . In pochi minuti mi trovai all ’ angolo del palazzo reale , verso via Rastrelli . C ’ era gente sparsa un po ’ dappertutto . Il primo accenno che c ’ era qualche cosa me lo ha dato un ufficiale medico che andava alla volta del palazzo reale , passando dalla gradinata del Duomo . Egli era seguito da tutta una ragazzaglia che schiamazzava come quando è alle calcagna di un ubriaco . « In quel tempo si stava mettendo giù il binario per il tram a Porta Vittoria . La via era tutta sossopra fin giù quasi in piazza Fontana . I ragazzi si sono caricate le tasche di sassi . Li dissuasi a servirsene contro l ’ ufficiale . M ’ accorsi che intorno loro c ’ erano due o tre persone col bastoncino in mano . Tirate , dissero ai ragazzi i due o tre impertinenti , e voi badate ai fatti vostri . Chi erano ? L ’ ho saputo dopo dagli stessi monelli . Erano due agenti di questura , due provocatori , due accenditori , come si dice in gergo . Così non appena apparve un ufficiale alla finestra sopra l ’ entrata del palazzo reale , si misero a lanciare le munizioni che avevano in saccoccia da quella parte . Poi si avviarono in via Carlo Alberto e in via Cappellari a ricominciare la sassaiola . Notai l ’ accanimento contro le finestre della ditta Colombo e Menotti . Allungai il passo fino al ponte di porta Ticinese . Ho trovato gente che andava e veniva meco tutti i giorni e null ’ altro . Nemmeno l ’ ombra di una sollevazione . Rifeci la strada curiosando . Si vedeva un po ’ d ’ inquietudine . Tutti s ’ aspettavano qualche cosa ma nessuno mi sapeva dire il perché doveva avvenire . Dalla via Spadari alla via Orefici ho trovato gli spazi gremiti . Tutta gente che voleva vedere . Via Orefici era ingorgata . Passai e trovai schierata una compagnia del 57° . Siccome ero un richiamato e dovevo presentarmi all ’ indomani , così mi misi a chiacchierare coi soldati vicini . Non sospettai neanche che ci fosse in aria odore di polvere . Me ne andai convinto che sciupavo il mio tempo . Non avevo fatto una ventina di passi che udii uno squillo e simultaneamente una scarica di fucileria . Non è stato possibile voltarmi . La gente infuriata mi spinse fin quasi all ’ angolo di via Spadari . Venni rovesciato ; mi sentii addosso i piedi delle persone che passavano , perdetti i sensi . Mi risvegliai fra una quantità di bastoni , di ombrelli , di cappelli , di roba perduta . Guardavo e vedevo gente in terra come uno che non si muoveva . Richiusi gli occhi e passai come attraverso un altro deliquio . So che qualcuno mi ha tirato di sotto a coloro che mi stavano sopra e che mi ha fatto rinvenire » .. Riprendo la narrazione della strada , solo perché ho dimenticato il documento più importante della giornata . È il manifesto del sindaco . Cittadini , Luttuosi avvenimenti hanno funestato la città . Milano che pensa e lavora non può essere solidale con coloro che , obliosi d ’ ogni dovere , attentano alla pubblica pace . Si stringano i buoni fra loro , e , rispettosi dei fratelli dell ’ esercito , che sapranno difendere l ’ ordine pubblico loro affidato , facciano che Milano torni alla sua industre tranquillità che la rese fin qui rispettata e invidiata . La Rappresentanza cittadina , facendo questo appello , confida che le sue parole non rimarranno inascoltate . Il Sindaco Vigoni . LA SCENA PIU ’ TRAGICA DEL 7 MAGGIO ‘98 Scrivo all ’ indomani dell ’ avvenimento , ma ne sono ancora tutto sgomentato . Ero lì in via Valpetrosa che non sapevo proprio quanti ne avessi in tasca . Le poche botteghe erano chiuse come i portoni delle case . Non c ’ era aperta che la bottega del fumista Pietro Lomazzi del numero 8 , la casa di faccia alla via che si curva leggermente fino al margine di via Torino . La Valpetrosa era come il rifugio delle persone che capitavano in via Torino e si trovavano subito in mezzo alle palle che sibilavano da tutte le parti . Entravano trafelate e bianche come il latte . Uomini e donne erano tutti esterrefatti . Balbettavano , monologavano , parlavano come a se stessi . Alcune donne entravano col grembiule sulla testa come se avessero voluto proteggersela dalla grandine di piombo che prorompeva e saltellava per le tegole o schiantava imposte o andava alle muraglie col fracasso di una sfuriata di pam ! pam ! Coloro che avevano paura o fretta di rincasare sostavano per assicurarsi se erano illesi o vivi e riprendevano la rincorsa per la piazza San Sepolcro . Io e parecchi altri facevamo delle scappate fino alla estremità della via e mettevamo la testa in via Torino , allungando il collo da una parte e dall ’ altra per vedere che cosa avveniva e dove il fuoco era più assassino . Con il corpo in via Valpetrosa e la testa in via Torino mi pareva che il combattimento fosse accanito . Udivo un fragore come di tegole che cadevano dall ’ alto e si frantumavano e degli spari ora simultanei e ora isolati . I colpi isolati mi davano l ’ idea della caccia all ’ uomo . Mi figuravo i soldati in catena , addossati alle facciate delle case o sotto le entrature dei portoni chiusi con la mano sul grilletto del fucile in posizione di far fuoco . Durante questi intervalli che mi facevano passare attimi spasmodici mi spingevo sul marciapiede e qualche volta dal marciapiede fino a mezzo alla strada , adocchiando da una parte e dall ’ altra e ritornando di corsa in Valpetrosa , non appena udivo i proiettili che infuriavano per l ’ aria o mi pareva di sentire sulla faccia la ventata calda di una palla passata via come una saetta . A sinistra , cioè verso la piazza del Duomo , mentre le scariche davano l ’ idea della guerra civile , avveniva il saccheggio alle vetrine delle botteghe . Erano pochi ladruncoli che le scoperchiavano con le mani o con una spranga di ferro strappata o dischiodata da una delle imposte chiuse col lucchetto . Si sentivano i crack del legname che si schiantava e il frastuono dei vetri che frantumavano con le punte delle imposte o coi pugni nudi addirittura . Nell ’ aria infuocata della guerra di strada perdevo di vista il ladro , e non vedevo che l ’ eroe . Tutta Milano scappava , si tappava in casa , si nascondeva nei solai , nelle cantine o nelle stanze più lontane e loro , gli inquilini degli abissi più profondi della vita sociale , continuavano a esercitare la loro professione senza neppure darsi pensiero del diavolerio militare . La paura degli altri era il loro coraggio . A pochi passi di distanza si uccideva e loro si imbottivano di camicie , di mutande , di merletti , di cianfrusaglie , di quello che capitava loro tra le mani . Ho veduto uno di quei ragazzotti ritornare indietro a raccogliere uno degli ombrelli caduto dalla vetrina dei fratelli Guarnaschelli , almeno se non ho scambiato una bottega per l ’ altra , come se si fosse trattato di roba sua . Il ragazzotto lo raccolse e senza affrettare il passo se lo trascinò dietro come uno a zonzo , svoltando nella via che conduce in piazza di Sant ’ Alessandro . Era in lui l ’ imperturbabilità di Gavroche , quando involava la giberna di cartucce ai soldati per portare la munizione ai « camerati » sulla barricata . A destra il pam ! pam ! degli spari si era come allontanato . Pareva che i soldati facessero fuoco marciando verso il Carrobbio . Anche la caduta dei coppi non era più così fracassosa e tempestosa . Tendendo l ’ orecchio udivo che si era andata rallentando , come se il fucile avesse diminuito il numero dei combattenti sui tetti . Qualche tegola però si rompeva ancora sul selciato con rumore . Mi arrischiai a passare dall ’ altra parte mettendomi colle spalle al pilastro dell ’ arco del palazzo chiuso che porta il numero ventinove , con la faccia un po ’ protesa per vedere che cosa avvenisse dalla parte opposta . Ma c ’ era l ’ angolo di via della Palla che impediva ai miei occhi di andare oltre . Passando di corsa ho potuto convincermi che prima di arrivare al Carrobbio la battaglia a tegole e a palle di piombo doveva essere stata disperata . Nel momento in cui sono passato non c ’ era un ’ anima . Il silenzio e il vuoto riassumevano il terrore . Pareva che i cittadini avessero consumato l ’ ultimo coppo prima di lasciarsi ammazzare . Tutto il selciato era letteralmente coperto di tegole , di coppi infranti , di sassi , di cocci , di polvere rossa . I soldati al di là del materiale di combattimento erano in agguato sotto le porte o distesi lungo i muri , con gli occhi ai tetti e il fucile in atto di far fuoco . Con un salto fui all ’ angolo di via Palla , di fronte alla madonna che deve aver servito di bersaglio a qualche alpino . Il proiettile a balistite l ’ ha colpita sotto il braccio , bruciacchiandone l ’ orlo del foro . La balistite distrugge pure la religione o la superstizione incastrata nelle muraglie delle case . Pam ! È meglio che le palle buchino i corpi delle madonne dipinte che delle madonne vive . Stavo cercando se vi fosse per la tela qualche altra ferita , quando una voce bruca e brutale mi diede la levata con degli imperativi che non ammettevano discussione . Non mi volsi neanche indietro . Ho udito che dovevo andarmene o si sarebbe fatto fuoco . In un balzo mi trovai in S . Maurilio . In fondo vedevo persone che correvano , ma la parte verso il corso era completamente deserta . Coi soldati in giro il pericolo diventava sempre più grave . In San Maurilio udivo distintamente che il fuoco era ricominciato e continuava con maggiore insistenza . A ogni sparo o a ogni scarica sentivo la risposta fragorosa che veniva lanciata dai tetti . Erano tegole o mattoni che andavano a farsi in pezzi sulle muraglie o sulle botteghe o sui marciapiedi . Mi giungeva l ’ eco di edifici in demolizione . Il combattimento che mi disseppelliva il materiale storico che mi si era adagiato nella testa leggendo i tumulti popolari di parecchie nazioni , mi attirava . Io pensavo al modo di trovarmi vicino o di vederlo da qualche altura ed entrai al numero uno , dove avevo veduto comparire alla spicciolata parecchi giovani . È una porta lunga e stretta , divisa da un cancello di ferro che si può sfasciare con una spallata . A sinistra , dietro il cancello , è l ’ entrata laterale dell ’ osteria . Il cortile è angusto , sente di chiuso , ha una pompa vicino alla latrina e due latrine a fianco dell ’ edificio che paiono sospese alle muraglie . La portinaia è al primo piano , vicino alla prima scala . È una donna piuttosto alta , con la faccia allungata . Era sull ’ uscio tutta spaventata . Non aveva mai visto salire e discendere tante persone . Tremava a ogni interrogazione . Le domandai se sapeva che cosa andava di sopra a fare la gente che avevo visto scomparire nel budello buio di sotto , ma la povera donna rispondeva che non ne sapeva nulla . Era una giornata di tribolazione che il Signore le aveva mandato per punirla di qualche peccato . La curiosità di vedere o il desiderio di trovarmi un osservatorio , mi fece infilare la seconda scala . Dopo pochi gradini mi fermai terrorizzato . Intuii il dramma che si svolgeva o che si era svolto all ’ ultimo piano . La ringhiera del ballatoio dell ’ ultimo piano comunicava con una vasta terrazza , sulla quale i vicini salgono a distendere al sole la biancheria che lavano dabbasso nel lavello della pompa . Con uno sforzo qualunque dalla terrazza si può salire sul tetto alla portata delle mani , e dal tetto bassissimo è facile saltare sul tetto più alto , correre da una casa all ’ altra , riparandosi dietro i comignoli tutte le volte che ci fosse bisogno di salvarsi dalle palle micidiali . Io sentivo sulla mia testa una moltitudine di piedi pesanti che faceva tremare l ’ edificio e delle voci confuse che traducevano il subbuglio . Pareva che i corpi si urtassero l ’ un l ’ altro per sostenere un peso enorme , un peso di piombo . Su , su , si diceva , sta su , per la madonna ! Ma pare che l ’ uomo che volevano che stesse in piedi , si lasciasse andare su se stesso come morto . Venivano giù tutti assieme ingorgandosi nelle stretture spingendosi per la scala e scambiandosi parole concitate , come se avessero avuto paura di venire colti col documento sulle braccia di esser stati sui tetti . Tanto più si avvicinavano al piano inferiore , quanto più il rumore tumultuoso delle loro scarpe si attutiva e diventava lugubre . Pareva la discesa di gente che andasse al patibolo . Io passavo e riandavo attraverso tutte le sensazioni . Mi figuravo il combattimento per i tetti , cogli insorti gattoni sulle tegole , che strisciavano fino alle grondaie , fin dove è la vertigine e vedevo il materiale di guerra passare di mano in mano , fino agli eroi al margine del precipizio , e vedevo gli eroi rotolare dalla tettoia , con alte strida d ’ orrore che turbavano l ’ aria . Vedevo una scena più spaventevole dell ’ altra . Vedevo i rappresentanti del coraggio popolare che andavano giù al posto dei caduti e tutti gli altri che riprendevano il movimento isocrono di passare da una fila all ’ altra le tegole nel silenzio e nell ’ ansia fino a quando quelli al margine precipitavano come i primi o giacevano supini , senza vita , sull ’ altura pensile , con l ’ ultimo coppo nella mano che irrigidiva . La moltitudine discendeva , e la mia visione si insanguinava e diventava spaventosa e il mio pensiero si attorcigliava come sotto l ’ azione di un dolore intenso . Quando mi furono vicini ero come assiderato dallo strazio . Guardavo istupidito e lasciavo passare il gruppo che sorreggeva il giovine che incadaveriva ad ogni gradino , che moriva con la faccia bianca . come la farina , con gli occhi smorti che si travolgevano , con le guance che assumevano la durezza del marmo , con le labbra che si scoloravano e diventavano violacee , e si aprivano per lasciar passare l ’ alito della vita . Il su ! su ! dei compagni , che non volevano che morisse sulle loro braccia , che avevano bisogno di portarlo altrove , perché nessuno voleva sul piano un uomo che potesse diventare la sventura di tutti , mi scosse , mi ridette i sensi . Molti di loro che aveva intorno avevano la camicia fatta a ventriera piena di sassi . Erano saliti e discesi coi proiettili della strada che non avevano potuto consumare . I soldati di Bava Beccaris erano andati sui tetti delle case dall ’ altra parte della via e a colpi di balistite li avevano fatti scappare , prima di dar loro tempo di accendersi con un lanciamento senza tregua e resistere fino alla morte . Io mi misi alle loro calcagna e discesi con loro e dietro loro subivo tutta la loro disperazione di non essere già lontano un miglio . Il terrore di incontrarsi faccia a faccia con delegati o questurini in borghese , o soldati alla ricerca di rivoltosi , rianimava le loro gambe stracche , e le voci incitavano il ferito al ventre a stare in piedi , a camminare , a correre , a nascondersi . - Su , su ! che siamo vicini ! Io li vedo ancora sbucare nella via , rossi come se fossero usciti da un forno e sbandarsi in un fiato a rotta di collo . Solo i due compagni , con le ascelle del ferito sulle braccia hanno dovuto continuare la parte dell ’ eroe , andando via adagio adagio col moribondo , scuotendolo , facendolo sussultare e traballare e dicendogli di stare in piedi se non voleva essere arrestato . Andavano via come tre amici , braccio sotto braccio , e io tenevo loro dietro con gli occhi ai piedi che descrivevano nel mezzo della strada gli orrori di una vita che si spengeva . I piedi che si lasciavano tirar dietro , scappucciavano , si contorcevano , voltavano la suola dalla parte opposta , urtavano contro i sassi , sfioravano il suolo , piegavano , puntavano le punte nei solchi dell ’ acciottolato come piedi morti . Io sono rincasato vecchio di cento anni . Ho veduto i cadaveri buttati sulle spiagge dei mari a dozzina , ho veduto morire gente sui campi di battaglia , ma non ho mai subito il terrore che mi ha fatto subire un uomo calato da un tetto e sorretto dai combattenti e fatto andare per le strade come un fusto di carne morta . Il cadavere che cammina e piega su se stesso con la testa che va da una parte all ’ altra , toglie il respiro . Si allibisce come in mezzo ai fantasmi dell ’ incubo notturno . UNA PAGINA SCONOSCIUTA Il pomeriggio della seconda giornata del maggio novantotto , è stato per tutti una sorpresa . Coi serra serra del giorno prima , durante i quali sono caduti morti un questurino e un operaio , c ’ era in giro qualche apprensione , ma nessun Mathieu de la Drôme avrebbe preveduto che due o tre ore dopo si sarebbero fatte le fucilate per le vie come in tempo di rivoluzione . La gente che passava e vedeva la truppa che si sparpagliava per le arterie principali veniva presa dal panico ma non correva fino alla disperazione . Più tardi le notizie si facevano e si sfacevano . Chi narrava di aver assistito al massacro e chi smentiva il narratore . La cosa curiosa di tutti i momenti tragici della vita pubblica , è che nessuno era sicuro di quello che raccontava .. Le persone che asserivano di aver l ’ eco della scarica nelle orecchie , si lasciavano poi convincere dagli altri che lo sbigottimento aveva dato loro una fantasia spaventata . Mi ricordo come se fosse adesso . Un uomo tutto grigio , tutto tremante , diceva balbettando che cinque o sei operai erano andati uno sull ’ altro fulminati da una scarica militare . Il ricordo della scena lo faceva piangere in un modo convulsonario . Un altro presente lo guardava meravigliato e si convinceva di essere davanti ad un pazzoide . Era passato lui dallo stesso punto , alla stessa ora , e non vi aveva veduto anima viva . Si trattava di un caso di allucinazione ? Certi spargitori di notizie false dovrebbero essere arrestati , si diceva . Si fa presto a disonorare la truppa . In quel momento tutti avevano bisogno di credere che i soldati fossero incapaci di ubbidire ad ordini selvaggi e il vecchio incominciò a titubare , a credere di aver straveduto e a ritirarsi dal capannello come un diffamatore colto in piena calunnia . Di vero non c ’ era che un berretto che passava da un centro all ’ altro , per ricomparire più tardi con la materia cerebrale di un pitocco buttato in terra col cranio sfracellato . Verso l ’ imbrunire le notizie erano sempre allo stato confusionario , ma i cittadini prudenti rincasavano in fretta e in furia , sbalorditi e disperati . Nessuno o pochi sapevano quello che era avvenuto dalle due a sera , ma tutti sentivano che c ’ era stato qualche cosa di grave , di sanguinoso , di furioso , che bisognava salvarsi o caricare il fucile per difendersi . Io ero violento contro me stesso . Avevo veduto , avevo negli occhi i morti e i feriti , negli orecchi gli spari e i rantoli ed ero per la strada pallido di collera a fare nodi alla cordicella che avevo tra le dita per contenermi . Tutti i nostri uomini pubblici , tutti i nostri grandi , tutti i nostri deputati , tutti i nostri consiglieri , tutti i nostri giornalisti , tutti i nostri personaggi , sono rimasti assenti , non si sono fatti vivi , hanno ignorato che nella via i soldati ammazzavano il popolo disarmato , il popolo che non sapeva nulla . Quanta viltà ! I nostri uomini politici non sono eroi che ai banchetti . Lamartine nel ‘48 e Victor Hugo nel ‘51 non hanno insegnato loro niente . L ’ uno e l ’ altro , illustri , hanno osato passare tra selve di baionette , quando le baionette facevano strage ; l ’ uno e l ’ altro sono rimasti imperturbabili sotto la grandine di piombo ; l ’ uno e l ’ altro hanno saputo apostrofare la truppa che non fraternizzava col popolo . I deputati del ‘51 hanno fatto le barricate . Baudin vi è rimasto . I nostri non hanno neanche l ’ età senile che li scusi davanti la storia . In quel momento che io pensavo alle crudeltà militari e buttavo in terra tutti gli idoli della vita pubblica milanese , facevo mentalmente un manifesto da affiggersi per ricomporre il coraggio cittadino se ve ne fosse rimasto . Proprio in quell ’ attimo mi sono trovato a faccia a faccia con un medico che mi diede l ’ appuntamento per la sera in una trattoria dove solevamo pranzare qualche volta . Qualcuno gli aveva raccontato che ero stato in giro a raccogliere episodi con la matita e perciò alla riunione che doveva aver luogo ero indispensabile . Dove ? Non lo sapeva neppure lui . Non si supponevano spie fra noi , ma le preoccupazioni in momenti così turbati erano necessarie . Il segreto in tante bocche è sempre un pericolo . Alle volte , o per mania di darsi dell ’ importanza o per fiducia con chi si parla , si fanno confidenze che diventano di tutti . Ci salutammo e ci ritrovammo a tavola con un giovane deputato che rappresenta anche ora un collegio piemontese . La trattoria sentiva della giornata . Molti posti erano vuoti . Coloro che mangiavano parevano costernati , o tacevano o conversavano sottovoce con una sobrietà di parole che dava all ’ ambiente un non so che di lugubre . Ci separammo con l ’ intesa di andare ciascuno per nostro conto alla redazione di un giornale , dove saremmo stati ricevuti dalla persona incaricata di dirci il luogo della riunione . Vi trovai molte facce sconosciute , facce garibaldine , facce democratiche e un via vai di gente che andava e veniva . Anche la redazione traduceva la giornata del diavolo . Le figure passavano tristi e mute , poi ripassavano con lo stesso contegno riguardoso delle persone che non vogliono essere interrogate . Tuttavia sovente l ’ amicizia interrompeva la musoneria e costringeva a parlare . Si sentiva un po ’ di tutto . Chi diceva con la voce dimessa che non c ’ era più nulla da fare , perché ormai la libertà dei cittadini era alla mercè del comandante della truppa di Milano , e chi raccontava che gli insorti avevano dato fuoco al palazzo Saporiti dopo di aver fatta una gigantesca barricata sul corso Venezia , e chi faceva venir su la pelle d ’ oca con mucchi di cadaveri portati via dal luogo del disastro a braccia di popolo . Da tutte quelle narrazioni contraddittorie le mie illusioni continuavano a volar via , Qualcuno aggiungeva che erano incominciati gli arresti a domicilio e aggiungeva panico a panico . I più prudenti prendevano la via del loro domicilio senza voltarsi indietro . Ce ne andammo alla spicciolata come eravamo entrati . Io e il mio amico deputato prendemmo la via dell ’ Ospedale Maggiore , attraversammo il corso di Porta Romana , infilammo una delle vie che lo lambiscono e seguitammo a camminare in direzione di San Celso . La via era piuttosto deserta e il medico che prestava il suo appartamento per il convegno era dabbasso in strada che additava la porta agli aspettati e adocchiava se sbucasse da qualche parte la polizia . La portinaia era di cera . Tremava . Essa è quella tale stata citata al Tribunale per riconoscere se la signora Kuliscioff fosse stata la donna velata , cercata invano per provare il complotto . Salimmo un ’ altra scala dopo il primo piano , suonammo e ci venne aperto . Passati dall ’ anticamera al salotto di riunione vi trovammo un po ’ di tutti i colori politici , dal rivoluzionario scarlatto al radicale pallidissimo . Capi di organizzazioni operaie , deputati socialisti , deputati repubblicani , deputati radicali , consiglieri municipali , qualche ex - assessore municipale , direttori di giornali , giornalisti , avvocati , ingegneri , medici , persone che si occupano di politica e di questioni sociali , leaders di questa e di quella piattaforma . l ’ uscio non stava mai quieto . Ogni momento si apriva e lasciava passare due o tre persone . Sovente passavano nel salottino senza salutare alcuno , qualche volta stringevano le mani di qualche amico e davano la buona sera . Pochi minuti dopo non c ’ era più posto che sul pavimento e l ’ uscio non aveva cessato di andare avanti e indietro . Coloro che entravano dovevano contentarsi di rimanere all ’ entrata o nel corridoio che faceva da anticamera . Siccome nessuno degli invitati sapeva dove e con chi si sarebbe trovato , così ho veduto molte facce diventare smorte o biancastre o paonazze . Alcuni non sapevano neppure in casa di chi si trovavano . La maggioranza era terrorizzata , l ’ inquietudine di alcuni era tale che pareva che avessero i piedi sugli aghi , la casa del medico pareva un braciere . Vi si respirava un ’ aria ardente . Parecchi sono entrati e sono usciti senza dire parola . In quasi tutti era la preoccupazione di un ’ irruzione di poliziotti . Se non fosse stata una vergogna assentarsi dopo essere stati veduti , parecchi avrebbero preso la scala . Tutti assieme rappresentavano la fortuna di Di Rudini , di Bava Beccaris e di Minozzi , il questore . Per tutti loro saremmo stati il complotto , i preparatori dell ’ insurrezione , i capi della rivolta . Non ci fu scelta di presidente , ma uno dei presenti si incaricò di dirigere la discussione . Ascoltavo e tutte le mie illusioni se ne andavano . In nessuno era l ’ idea della resistenza . Scarlatto o rosso l ’ oratore era mansueto , timido , capace di sciorinare tutte le platitudes della prudenza . Non c ’ era niente da fare e si mancava di tutto . L ’ idea più forte era quella di affiggere un avviso per pacificare la popolazione e impedirle di farsi ammazzare così stupidamente , come spettatori a mani vuote , mentre i soldati scaricavano senza pronunciare una parola . Il manifesto per pacificare la gente aggredita a colpi di balistite mi sembrava ingiurioso . Qualcuno ha manifestato la rancida idea giacobina . La truppa fraternizzi col popolo ! La truppa non fraternizza mai col popolo ! Se ha fraternizzato è cosa del passato . È cosa del ‘48 . Non è che a Parigi , al tempo di Luigi Filippo , che si è veduto simile spettacolo . Gli ostaggi ! Chi ha parlato di ostaggi ? È roba da cartisti . Allora si credeva che nascondendo Wellington e gli altri ministri , e gli altri personaggi ufficiali , e il principe di Galles , si potesse costringere il Parlamento a concedere la carta della loro riforma . Ma adesso ? Morto o scomparso un ministro se ne fa un altro . Che cosa hanno giovato gli ostaggi ai comunardi ? La loro morte ha affrettato il trionfo di Thiers . Un moto simultaneo ? Ferrovecchi ! Quando voi vi sarete impadroniti di Bava Beccaris , del prefetto , del sindaco , della giunta , del questore e di tutti coloro che contano per qualche cosa nel mondo ufficiale , e vi sarete contemporaneamente impadroniti , diciamo , della polveriera , delle caserme , dei telegrafi , della questura , delle carceri per liberare i prigionieri politici , delle banche , perché la guerra senza munizione monetaria è impossibile , quando , diciamo , avrete tagliate tutte le comunicazioni e avrete eliminate tutte le teste governative , voi vi troverete in una condizione peggiore di prima . Sarete imbarazzati della vittoria . L ’ insurrezione milanese del ‘48 , si è trovata , su per giù , nelle stesse condizioni . I capi del movimento si sono contentati di conquistare Milano , e così i nuovi contingenti austriaci venuti dal di fuori li hanno sopraffatti . Neanche un rovescio di dinamite sui soldati potrebbe salvare dal disastro . All ’ indomani la città sarebbe bloccata e bombardata . La colpa cadrebbe sulle nostre teste . Non c ’ è nulla da fare . Una sollevazione generale spontanea ? Voi avete udito . Non ci sono neanche i ferrovieri . I ferrovieri rifiutano di abbandonare i treni . Allora che cosa sono venuti a fare ? E se non ci sono loro che sono organizzati e disciplinati , chi volete che insorga ? Gli impiegati , gli esercenti , i negozianti , gli industriali tenuti lontani da ogni movimento insurrezionale dai loro istinti e dai loro interessi ? Una scampanellata ha agitato tutti i nervi e precipitata la discussione . Era entrata una signora velata a prendere il marito deputato e dietro lei eran giunti due o tre altri a far gelare il sangue . Si continuava ad arrestare a domicilio . Alcuni si valsero del momento di commozione per prendere la scala . Guai se la polizia ci avesse sorpresi . Nessuno avrebbe cavato dalla testa pubblica che l ’ adunanza avesse intendimenti insurrezionali . Le figure più note della democrazia milanese sarebbero state sotto chiave e tutti sarebbero stati convinti che i propositi dei radunati erano rivoluzionari . Proprio non ci rimaneva che scioglierci e dirci addio . L ’ affissione di un manifesto di pacificazione era pericoloso . Poteva dar ragione a Bava Beccaris . Non c ’ era alternativa : o mettersi alla testa della rivolta , se fosse una rivolta , o tacere e lasciare che gli avvenimenti si svolgessero da sè . Il padrone di casa era ansioso . Le pattuglie erano in giro . La portinaia era sottosopra . Ci si è raccomandato di andarcene alla spicciolata come vi eravamo venuti . In pochi minuti fummo tutti dispersi . Io ero con tre o quattro alla distanza di dieci o dodici passi l ’ uno dall ’ altro . Alcuni minuti di ritardo e saremmo stati tutti in gabbia . Il delegato , o l ’ ispettore che fosse , con una frotta di questurini in borghese , era avviato al domicilio del medico , o in quella direzione . Ci disperdemmo vicino al Baj . Durante la notte molti dei convenuti si sono dati alla fuga , alcuni sono stati arrestati , parecchi sono stati ghermiti più tardi e non pochi sono rimasti ignoti . La riunione è stata sospettata o scoperta quando eravamo tutti al largo , compreso il padrone dell ’ appartamento che ci aveva ospitati , il quale era già in viaggio per la via di Lugano . La portinaia fortunatamente ha fatto la stupida per progetto o non ha potuto compromettere alcuno , perché quella gente non era mai passata dalla sua portineria . Ella non ha saputo dire alla polizia se non che erano salite molte persone dal dottore e che fra le molte persone era una signora coperta da un fittissimo velo . La si è cercata per tutta Milano . Con essa si sarebbe messo assieme il complotto , la congiura , la cospirazione , il proposito di insorgere . Ma la signora è rimasta sconosciuta e i tribunali militari , dopo che la portinaia non ha saputo riconoscere nella signora Kuliscioff la signora velata , hanno dovuto abbandonare il clou del processo dei giornalisti e dei deputati : vale a dire l ’ intesa per rovesciare la monarchia e dare all ’ ltalia una repubblica . Ho taciuto tutti i nomi perché non sono autorizzato a pubblicarli . Così taccio anche quello della signora , dicendo solo che la donna velata non era proprio la signora Anna Kuliscioff . LE CANNONATE IN CORSO COMO Domenica , 8 maggio ‘98 . Sono venuto a casa spaventato . Nel pomeriggio d ’ oggi , il ponte dello Scalo Merci , si era affollato di persone che volevano vedere cosa facesse l ’ ufficiale col cannone e coi soldati al dazio di Porta Garibaldi . Si era lì tutti a chiacchierare , quando vedemmo come un movimento intorno alla bocca da fuoco che mette paura . Non eravamo ancora usciti dalla sorpresa , che udimmo l ’ esplosione di un colpo a salve . La moltitudine , quantunque non potesse essere udita , scoppiò nelle grida indignate , e non pochi tesero le braccia come per minacciarlo .. L ’ artigliere era al lavoro e noi credevamo che stesse preparando un ’ altra scarica a salve . Passarono cinque minuti di ansie terribili . Malgrado l ’ illusione in tutti noi , che non si sarebbe osato scaricare della mitraglia , eravamo tutti silenziosi . Il secondo colpo sollevò una nube che ci tolse dalla vista soldati , cannone e ufficiale . Prima o durante il rumoreggiamento , un uomo attraversava la piazza dello Scalo Merci con la propria figlia di nove anni . I particolari li ho saputi quando siamo accorsi ad aiutarlo . La ragazzina è stata colpita alla fronte . Il padre non ebbe che un grido di dolore . Si precipitò su lei per sollevarla . Ma una volta che se l ’ ebbe tra le braccia , l ’ uomo svenne . Piegò sulle gambe e andò a sbattere la fronte sul selciato . Lo aiutammo ad alzarsi . Qualcuno raccolse la morticina e non pochi seguirono il padre , il quale ha continuato a piangere fino all ’ abitazione . Non ci eravamo accorti che al tempo stesso uno stalliere , il quale aveva appena finito di dare da mangiare e da bere alle bestie e divorarsi la solita scodella di minestra , avviato all ’ osteria in faccia a berne un quinto , aveva subito la stessa sorte . Non aveva fatto che tre o quattro passi che precipitava a terra con il ventre squarciato dalla mitraglia . Più innanzi trovammo un giovane tedesco , del quale non ho saputo scrivere il nome , colpito al cuore da un proiettile , mentre era uscito di casa a comperarsi un sigaro . Tutto sommato , la seconda cannonata ha lasciato in terra tre cadaveri . L ’ ASSALTO AL CONVENTO Nove maggio . Sono a zonzo , come gli altri giorni , col lapis e il libro delle note in saccoccia . Mi darei dei pugni . Ho dimenticato a casa il kodak , che mi avrebbe aiutato a raccogliere le scene della strada . La giornata è splendida , ma il sole non riesce a far rifiorire le guance della popolazione terrorizzata . La gente è smorta , biancastra , inquieta . Ciascuno va via per la sua strada , senza voltarsi indietro , senza salutare gli amici . È come se uno sospettasse dell ’ altro . In ogni persona che passa si fiuta un insorto o un delatore . Le muraglie sono impiastrate di avvisi di tutte le dimensioni . È Bava Beccaris che ingiunge alle masse i suoi ordini , senza punto far sussultare i nervi della popolazione . C ’ è qualcuno che mormora . Ma gli altri che leggono gli cacciano gli occhi negli occhi come se volessero divorarlo . Nella fraseologia del generale , c ’ è sempre del padrone che parla al servo e dell ’ imbecille che dalla scuola militare non ha portato via che la brutalità del mestiere . Egli invita i cittadini a versare le armi da fuoco , come se i fucili , gli spadoni e i fioretti fossero sacchi di noci o bottiglie di liquori , o fiaschi di vino ! Durante le sommosse popolari l ’ aristocrazia e la borghesia inglesi vanno direttamente alla sezione di polizia a prestare giuramento e a cingersi i fianchi del conciapopolo , il quale è un randello corto che spacca la testa del rivoltoso al primo colpo . I policemen non sono per le vie e per gli squares dei tumulti soli , abbandonati al disprezzo della folla che mugge contro i nemici dei suoi diritti . Escono dalle caserme con le upper classes , con dei pari , degli ammiragli , dei generali , dei deputati , degli avvocati , dei medici , dei banchieri e col resto dei cani grossi della terrocrazia e della plutocrazia . Le upper classes della paneropoli , si contentano invece di lasciare il loro biglietto di visita alla residenza del generale Bava Beccaris , il quale è , come tutti sanno , nel palazzo del comando militare in via Brera , 15 . Un biglietto di visita costa poco e sopprime la noia di un probabile conflitto con le moltitudini . Leggo la Perseveranza - il quotidiano della consorteria milanese , che incomincia questa mane la vitaccia a cinque centesimi . In questo giorno è un giornale che sbalordisce . Non è più il leone sdentato e invecchiato nella gabbia del serraglio . È un leone in piedi che rugge squassando la giubba e guarda la « plebe » con la minaccia negli occhi torvi . Dal primo giorno dei tumulti , la Perseveranza ha buttato via ogni solidarietà professionale . È divenuto un foglio fratricida . Si presenta ogni mattina al pubblico , con le mani gocciolanti del sangue dei colleghi che ha sgozzato nella notte . Le sue colonne sono piene di delazioni . Essa incita gli agenti a piombare sui difensori della libertà di stampa . La maggioranza dei giornalisti milanesi è composta di forcaioli . Non pensa che col ventre . Manderebbe al patibolo tutti noi che abbiamo l ’ audacia di prendere i ventraioli della penna di redazione a pedate . I vostri nomi sono registrati nel mio diario . In questo momento di disgusto mi ricordo con compiacenza della Parigi giornalistica delle giornate di luglio , dei giornalisti del ‘30 , i quali rimasero uniti a difendere i diritti della libertà di scrivere contro le ordinanze reali che volevano distruggerla . Piuttosto che subire il bavaglio , hanno preferito lasciare la penna in redazione e discendere nelle vie a combattere sulle barricate fino a monarchia finita . I soldati fraternizzarono coi « rivoltosi » per il rispetto alla Carta , e Carlo X dovette scappare dal « cervello del mondo » di notte , come un ladro . Piazza San Fedele è popolata . Ci sono qua e là dei capannelli che chiacchierano . I gradini del teatro Manzoni e della chiesa in faccia sono gremiti di spettatori . Intorno al monumento discutono parecchi signori dal solino lucido e dalle mani inguantate . Approvano l ’ energia del generale e dicono che Milano finalmente ha trovato la mano di ferro che le mancava . Ma aggiungono che avrebbe dovuto risparmiare Turati « perché non è mica uno scalmanato che vada in piazza con una palata di parole roventi a rimescolare il fondaccio delle passioni volgari della plebaglia . Egli è un intellettuale con idee che non sono le nostre , ma che si possono discutere » . Si aspetta la solita processione degli arrestati del giorno prima . È uno spettacolo desolante questo di assistere alla sfilata di sessanta o ottanta individui , legati a due a due , circondati dalla cavalleria , dai carabinieri e dagli agenti di pubblica sicurezza , con la bocca della rivoltella che li guarda in bocca . Il pensiero che la distrazione possa farne scattare qualcuna , mi fa sentire il tormento degli aghi nella pelle . Perché fate loro attraversare mezza Milano a piedi , a rischio di trovare qualche esaltato che gridi viva o abbasso qualche nome ? Per procombere su loro ed ammazzarli ? Mi sento male a pensarci . No , oggi non voglio vederla . Mi bastano quelle di ieri e dell ’ altro ieri . Filo per Santa Radegonda e mi fermo rasente il Duomo , cogli occhi verso la piazza . È occupata militarmente e i soldati hanno l ’ aria di poveracci che non hanno riposato nel proprio letto . Coloro che tentano di flanellare lungo i cordoni militari , vengono mandati al diavolo con la voce rude che sente del momento . Domando il permesso all ’ ufficiale vicino ai magazzini del Bocconi di attraversare la Galleria per salire all ’ associazione della stampa . Gli presento la tessera sulla quale è incollata la mia fotografia . Non si può . Non è permesso . Gli ordini militari non si discutono , e volto indietro per il corso Vittorio Emanuele . Non sono ancora vicino al ristorante dell ’ Orologio , che la gente si mette a scappare in tutte le direzioni e i negozi semichiusi si chiudono precipitosamente , come se un esercito di pitocchi stesse per irrompere a dare il sacco alle botteghe . Il fuggi fuggi fa andare gli uni addosso agli altri e il panico corre per il corso a mettere tutti sossopra . Si chiudono le porte , si chiudono le finestre e si lasciano i pedoni senza un rifugio per salvarsi dai pericoli della strada . Qualche signora che non sa allungare il passo o decidersi a raccogliere le vesti ed imitare le altre , si spaventa , scolorisce e pronuncia parole che racchiudono la sua desolazione di essersi lasciata sorprendere dalla sciagura cittadina . Si senton le ruote dei carri pesanti che sussultano lungo l ’ acciottolato e le zampe dei cavalli enormi che sdrucciolano di tanto in tanto sulle pietre dei ruotabili . Sono due cannoni di grosso calibro accompagnati dai carri con gli attrezzi e con la munizione . Vanno via al trotto e lasciano supporre che siano avviati verso il teatro della insurrezione . All ’ annuncio che vengono i cannoni , San Pietro all ’ Orto - ove erano gli uffici dell ’ Italia del Popolo - perde la testa . Donne e uomini gridano , piangono e si inseguono come invasi dal terrore . Una delle cuoche della casa tollerata si dispera , percuotendo coi pugni la porta che non vuole aprirsi , neppure dopo aver premuto e ripremuto il bottocino del campanello elettrico . La lattaia , a qualche passo di distanza , sviene sul gradino della bottega che stava per chiudere . A mano a mano che i cannoni e le mitragliere si avanzano , la gente infuriata svolta in S . Pietro all ’ Orto e completa il quadro di una popolazione tribolata dalla guerra civile . Si sentono gli sbatacchiamenti delle ultime porte , delle ultime imposte , delle ultime botteghe aperte . Non si vedono che gambe in fuga . Il corso è quasi deserto . Passano tre lancieri , l ’ uno dietro l ’ altro , a pancia a terra e scompaiono per la via Monforte . Gli artiglieri a cavallo frustano le bestie ; e le bestie infuriate divorano la via , e i cannonieri , appoggiati agli affusti , hanno assunto un atteggiamento più bellicoso . Svoltano a destra sul naviglio . Io torno indietro e imbocco , come i lancieri , la via Monforte , scavata nel mezzo per i lavori di tubazione , fin quasi al ponte di San Damiano . Oltre il ponte la via Monforte non ha che due o tre bottegucce del polentaio , del giornalaio , di un merciaiuolo di cianfrusaglie , eccetera . Il resto è popolato di residenze signorili . A destra , quasi in faccia alla via Conservatorio , è il superbo Palazzo della Prefettura , col suo balcone immenso , sorretto dalle colonne a scanalature . Arrivo proprio in tempo a vedere un reggimento o parte di un reggimento di fanteria che va verso il dazio spacchettando le cartucce nella giberna . Sembrano soldati che vengano da lontano . Sono impolverati fino ai capelli e taluni piegano sotto il peso dello zaino e del fucile . A due passi dalla Prefettura c ’ è il via vai della giornata di perturbazione cittadina . Via Monforte non subisce la paura degli abitanti delle altre vie . Vicino al rappresentante del governo la gente si sente più sicura . I balconi sono pigiati di signori e di signore che applaudono entusiasticamente ai soldati che passano . Da una parte e dall ’ altra , si vedono i fazzoletti candidi che agitano l ’ aria e le manine che si aprono come se lasciassero cadere dei fiori . I soldati tirano innanzi senza guardare in alto . Solo gli ufficiali danno segno di compiacimento . Si parla di studenti venuti da Pavia a ingrossare il numero dei rivoltosi , nascosti nelle cascine di Acquabella e accampati nelle vicinanze . Se ne discorre e si allibisce , affrettando il passo . Alcuni squilli di tromba mi fanno ritornare presso il ponte di San Damiano . Mi pare di essere bloccato al centro delle operazioni militari . Continuano gli squilli . È un generale con degli altri ufficiali a cavallo , seguito dai trombettieri e parecchi lancieri . Alcuni mi dicono che sia il generale Bava Beccaris in persona . Ma i più lo credono Ponza di San Martino . Può darsi che sia invece né l ’ uno né l ’ altro . Il generale e gli ufficiali entrano in via Monforte colle spade sguainate e ciascuno di loro grida dappertutto : « Chiudete le finestre o faccio tirare ! » . I cavalli caracollano , s ’ impennano , nitriscono e tentano di prendere la mano ai cavalieri . La gente , colle mani calde del battimani fragoroso che aveva salutato la truppa , scompare chiudendo le imposte . I passanti vengono respinti verso il ponte . Gli imbocchi delle vie trasversali si chiudono con mucchi di soldati . Si prepara qualche cosa di grosso . L ’ entrata al ponte ha una siepe di monturati che impedisce il passaggio . Si allineano i soldati anche davanti il portone della prefettura . Al limitare c ’ è ressa . Vedo gruppi di persone che si sciolgono e si rifanno o si perdono dietro le colonne . Qui al cordone di San Damiano c ’ è voluto del fiato per indurre i soldati a lasciar passare i fattorini con manate di telegrammi . Sono le undici e mezzo . Incominciano le fucilate di Porta Monforte . Si sentono colpi a intervalli . Dal mio posto vedo una nube di polvere bianca verso il dazio e dei cavalli che sbucano e ritornano nella nuvolaglia qualche volta illuminata dalle esplosioni . Dei signori che stanno in via del Conservatorio vogliono assolutamente passare . Le famiglie , sapendoli per le strade , devono essere inquiete . - Signor ufficiale , ci faccia passare o accompagnare . Ecco il nostro biglietto di visita . - Mi duole , ma ho ordini severi : non si passa . Il fuoco fuori di Porta Monforte diventa accelerato . Pam , pam , pam ! Pam , pam , pam , pam ! La commozione diventa generale . Tuona il cannone . Indietro ! Indietro ! Con le cannonate che imperversano per l ’ aria , ho tempo di fare delle considerazioni giornalistiche ! È un mio debole di sostenere i diritti della penna pubblica , dovunque si tenta metterli in dubbio o sopprimerli . Le autorità militari vedono nel reporter un intruso o un nemico . Lo respingono dappertutto come un rognoso . Questi signori non hanno ancora capito ch ’ egli è lo strumento più utile dei popoli che non hanno vergogna di far sapere al mondo come si svolga la vita nazionale . Il reporter è il raccoglitore degli avvenimenti che si compiono sotto i suoi occhi . È impersonale . Voi fate bene , e il fatto , ch ’ egli serve caldo al pubblico , vi copre di elogi e vi circonda di ammirazione . Voi fate male , e la gente col documento che egli ha diffuso , vi critica , vi biasima e magari vi stramaledice , come perturbatori della quiete pubblica o come autori di sventure cittadine . Carlo Houard Russel , il reporter della guerra in Crimea , ha fatto piangere il Regno Unito , con le rivelazioni ch ’ egli metteva assieme sulle alture di Alma , di Balaclava e davanti a Sebastopoli , vivendo in mezzo ai soldati , chiacchierando cogli ufficiali , conversando coi superiori che sapevano di strategia , e passando delle ore coi medici e col personale addetto alle ambulanze . Senza di lui , migliaia di soldati di più si conterebbero tra le vittime del colera , della fame e delle bocche da fuoco . Senza di lui , lord Ragan sarebbe passato alla storia assai più che come il mutilato di Waterloo , come l ’ eroe degli eserciti alleati che hanno combattuto per la conquista di Sabastopoli - il grande arsenale russo del mar Nero . Invece le lettere di Russel lo hanno fatto nicchiare tra i generali confusionarii , che perdono la testa come Bazaine , pur essendo circondati da un materiale di guerra che basterebbe a condurli alla vittoria . È un supplizio crudele quello di stare qui , al margine del teatro di guerra , con le orecchie rintronate da un fuoco incessante di fucileria , a straziarvi col pensiero che a pochi passi dai vostri piedi si combatte disperatamente , senza poter rompere il cordone militare ! Farei in due la mia tessera giornalistica ! Ma dunque , o colleghi , avete o non avete conquistato il diritto professionale di passare dovunque ? Corro , corro lungo il naviglio verso porta Vittoria , con l ’ idea di voltare in via Stella e riuscire a percorrere fin sotto i casini daziarii di Porta Monforte . Non incontro che una ragazza e una bimba che chiamano tutti i nomi del vicinato senza commuovere alcuno . - Luigia , Giovanna , Marta , aprite , fate presto , per amor di Dio ! L ’ egoismo li ha resi tutti sordi . Loro sono in casa , rannicchiati come tanti conigli , e chi è fuori , crepi ! Col battaglio del portone metto a rumore il casone . - Aprite , in nome della legge ! Si apre , e io continuo il mio itinerario . Avvicinandomi all ’ estremità del naviglio , le fucilate si fanno sentire una dopo l ’ altra , come se i soldati fossero dietro qualche riparo a far fuoco contro i passanti rimasti per la strada . Sull ’ angolo di via Francesco Sforza , è un gruppo di gente , addossato alla bottega della farmacia chiusa , che non sa più da che parte avviarsi . Sul ponte Vittoria le palle passano fischiando e , al dorso , dove incomincia il corso Vittoria , è la cavalleria che scorrazza inseguendo chiunque col revolver alla mano e il grido : indietro , indietro ! Una vecchia del gruppo continua a farsi il segno della croce . Giunge , trafelata , vicino alla farmacia , una lavandaia , che abita in via della Cerva , cioè giù dal ponte , a destra del Verziere . Vuole assolutamente rincasare . Ha dei figli e le preme di sapere dove siano i suoi figli . - Fanno fuoco , badate , Teresa , ritornate indietro ! Ella , la grandigliona non ha paura . Protetta dal grembiule , che si è tirato sulla testa , prende la rincorsa e scompare , seguita dai pam ! pam ! che vengono dalla via Stella . - Gesumaria ! gridano le donne dall ’ altra parte . Dal naviglio di San Damiano , arrivano al mio posto due donne esterrefatte che abitano nel corso Lodi , fuori di Porta Romana . Sono inquiete per le loro famiglie , e anche loro , come la lavandaia , vogliono passare attraverso i pericoli , a costo di perdere la vita . Cerco di far entrare nella loro testa che è meglio rivedere la famiglia un po ’ più tardi che lasciarsi ammazzare . Spreco il fiato . Raccolgono le vesti e passano di corsa il ponte . - Pam , pam , pam ! Passate incolumi , le persone addossate alla farmacia si convincono che i soldati tirano in aria . - Andiamo , andiamo , che fanno per spaventarci ! E il gruppo si scioglie e sbuca sul ponte , come una filata di fannulloni , che vanno per il sole a scaldarsi . Una scarica di fucili li scompiglia . Scappano in tutte le direzione . È un fuggi fuggi , un si salvi chi può . Una ragazza precipita a terra dallo spavento e completa la scena del terrore . Un operaio , che la vede in pericolo , ritorna indietro , gettandosi sulle mani per evitare le pallottole . Raccoglie la fanciulla sul fianco e se la trascina giù dal ponte , rasentando la muraglia . Io mi rifugio nell ’ osteria di fianco . Vi si entra discendendo due gradini . Ha l ’ aria d ’ una taverna dei vecchi romanzieri . È tetra , si sente il soffitto sulla testa , e ha i tavoli popolati di facce che paiono ditte di gente istupidite votando i bicchieri . Sono invece persone che si sono salvate scappando « per lasciare passare la tempesta » . Nessuno ha voglia di parlare . Ogni fucilata si ripercuote sul loro sistema nervoso come una bastonata . Entra l ’ avvocato Crosti della Lombardia , Ha l ’ aria di un uomo che ha buttato via più di una notte . I tumulti non gli hanno dato tregua . Ci salutiamo con un semplice ciao . Ci mettiamo sul tavolo sotto un finestrone a inferriata che guarda in via Stella . Assistiamo per alcuni minuti al va e vieni di corsa degli uomini e delle donne in cerca di rifugio . Le fucilate continuano alla spicciolata , rimbombano spesso sulle pareti come schiaffi . Incalzato dalla mia idea di voler assistere al combattimento tra la truppa e gli insorti , rifaccio il naviglio e non svolto che in via della Passione . L ’ arteria è deserta . Le imposte sono chiuse ermeticamente . Non trovo che un pitocco sdraiato sulla pietra di una cavità sulla facciata di un edificio . Giungo dinanzi alla chiesa della Passione . Un caporale e due soldati sono distesi lungo l ’ imboccatura di via Vincenzo Bellini . Al di là è il bastione sotto il quale è lo stabilimento Ricordi . Mi si ingiunge di andarmene . Per il cielo è una gazzarra di spari . Filo per la via Conservatorio verso via Stella . È caduta una palla dalla parte opposta al mio marciapiede . Non c ’ è un portone aperto . Non ho paura , ma non sono tranquillo . A metà via , entra da via Stella un signore bassotto , abbottonato nello stifelius , con la faccia spaventata , che mi interrompe il cammino con un imperativo brutale . - Indietro ! Indietro ! .. - Chi siete ? - Ve lo faccio sapere subito chi sono . Soldati , fuoco ! Discutere coi signori che vi possono scaricare mezzo chilogrammo di polvere nello stomaco , è da insensati . Non mi faccio ripetere la ingiunzione , e mogio mogio riprendo la via fatta . Mi pare di non avere più sangue nelle vene . A ogni passo mi aspetto di precipitare fulminato dai proiettili . Sono perduto . Mi trovo in mezzo ad una rete di sentinelle . Da tutte le parti si grida : Indietro ! Indietro ! Due cavalleggeri irrompono dalla via Monforte , con le lance piegate e m ’ inseguono spronando i cavalli . - Via ! via ! Indietro ! Indietro ! I proiettili saltellano freneticamente per le tegole dei tetti . Riesco in via .. della Passione più morto che vivo . Il cencioso continua a dormire . Rieccomi di nuovo sul ponte di San Damiano . Al palazzo della prefettura c ’ è un andirivieni che traduce il tumulto intorno allo stato maggiore in margine al campo di battaglia . Il fuoco continua . Ci sono persone che si staccano e vengono alla nostra volta . Tra loro sono il signor Elia Fumagalli , un ricco industriale , almeno così mi si dice , e l ’ ingegnere Macchi , un proprietario di case al Foro Bonaparte e un uomo assolutamente d ’ ordine . Tutti questi signori sono stati trattenuti nel casino daziario , ov ’ è il comandante , per più d ’ un ’ ora . Il loro racconto è sommario , ma rivela una pagina dei tumulti che stanno scrivendo le bocche del cannoni e dei fucili . Il signor Fumagalli dice che passava dalla via Guicciardini - la prima a destra del corso Concordia , fuori Porta Monforte in una vettura aperta , col procuratore Enrico Pirolli . Essi vennero fatti discendere tra le undici e le undici e un quarto , e condotti al dazio , ove trovarono l ’ ingegnere Macchi , arrestato un po ’ prima di loro . Mentre erano nel casino daziario , il comandante era tutto in faccende a dare le disposizioni dell ’ attacco imminente . L ’ ingegnere Macchi , il quale non sembra mica uno scervellato , fece coraggiosamente delle osservazioni ; come per convincere l ’ ufficiale superiore che i rivoltosi , se c ’ erano , dovevano essere altrove . Lui , personalmente , non ne aveva veduto uno . Le osservazioni dell ’ ingegnere erano fatte tra un complimento e una scusa perché il momento scottava e perché il comandante , che aveva la sua cavalleria che batteva la campagna , poteva essere in grado di saperne più di un borghese . Fu così che parecchi di questi signori assistettero alle fucilate fatte contro le persiane di alcune finestre del palazzo a sinistra , quasi di faccia al casino daziario , che lambisce il bastione di Porta Venezia . L ’ ingegnere Macchi aveva fatto di tutto per assicurare i signori ufficiali che le loro informazioni non potevano essere esatte , perché in quel casone signorile abitavano buonissime famiglie , ch ’ egli conosceva personalmente . E , dicendolo , dava la sua parola d ’ onore , che non erano famiglie che si occupassero di dimostrazioni . Aggiungeva anche che dietro le persiane agitate , contro le quali si voleva far fuoco , era l ’ abitazione di un ottimo padre di famiglia , che sedeva tutti i giorni nel seggiolone di giudice di tribunale . Ma il tenente incaricato di ordinare il fuoco non volle sentire ragioni . Era nella testa delle autorità daziarie , della sicurezza pubblica e militare , che dalle finestre del giudice di tribunale erano usciti dei colpi di revolver e di fucile . Non potendo reggere allo strazio di vedere la truppa che tirava contro le finestre degli amici , l ’ ingegnere Macchi prese per un braccio il signor Fumagalli , e tutti e due rientrarono nel casino daziario ad aspettare che il comandante si persuadesse della loro innocenza . Intanto che erano chiusi nell ’ anticamera dell ’ ufficio , gli squilli di tromba e le cannonate li facevano impallidire . I due cannoni che vomitavano la mitraglia micidiale erano appostati colla bocca verso corso Concordia . Il secondo , a pochi passi dal marciapiede sinistro del piazzale Monforte , tirava sul convento dei Cappuccini . Dopo i due squilli , udirono quattro cannonate : la prima fece sussultare i vetri del casino dove erano , e l ’ ultima diede a tutto l ’ edificio uno scotimento , che fece traballare il suolo sotto i loro piedi . Intanto che i proiettili imperversavano per l ’ aria , nel casino daziario si diceva che gli studenti di Pavia avevano fatto le fucilate con la truppa schierata lungo i cancelli di Porta Venezia . Si parlava di un fuoco disperato . Inseguiti , si sarebbero nascosti nel convento e nella chiesa dei frati , da dove vennero sloggiati dalla mitraglia . Poi si sarebbero dispersi per le cascine di Acquabella , lasciando a torno gli avamposti in bicicletta . Cessato il fuoco , l ’ incaricato militare annunciò a tutti che erano liberi di andarsene « perché di loro non aveva dubbio alcuno » . Saputo che erano persone per bene , il comandante li fece scortare fin dove cessava il pericolo . Lieti di poter correre a casa a tranquillizzare le famiglie , i signori vollero manifestare la loro gratitudine ai soldati con un beveraggio . L ’ ingegnere Macchi fu il primo ad iniziare il movimento con un biglietto da cinque o da dieci . Gli altri lo imitarono con dei biglietti da una o da due lire . Il soldato che aveva ricevuto il denaro , senza protestare , diede l ’ esempio che i soldati non si lasciano pagare , per nessun servigio . Non appena al primo cordone , li denunciò in massa all ’ ufficiale di picchetto , come tanti corruttori . Ci volle del bello e del buono per farlo placare e fargli capire che loro , non potendo offrire alla scorta né bibite né bevande , avevano voluto contribuire con qualche cosa , perché se le comprassero . Spiegato l ’ equivoco , il tenente li lasciò passare . L ’ AMBIENTE Il convento , destinato a signoreggiare gli avvenimenti della quarta giornata , non è « quasi nascosto tra gli alti fabbricati » , , come vorrebbe uno sciocco redattore della Lega Lombarda , che riempie le colonne della « Milano durante i tumulti » di inesattezze delittuose e di sentimenti anti - cristiani . È un edificio che in piazza Monforte nessuno può evitare di vedere . Ha il fianco destro completamente libero , che margina il principio di corso Concordia e la fronte che corre lungo il viale , che porta il nome del centro ov ’ è accampata la truppa . La parte della cinta del cortile , dimezzata dal cancello di ferro , è sul rialzo dei pedoni , sotto il quale è il binario del tram . Il viale è largo e a due binari , e il convento ha di faccia il casone della farmacia , che incomincia il viale interrotto dal piazzale , sul rialzo dei pedoni , dalla parte opposta . L ’ interno del cortile può essere descritto da un ragazzo . Dinanzi il cancello è la chiesuola del Sacro Cuore con il suo pronao rustico , sotto cui seggono tutti i giorni i poveri che mangiano la minestra distribuita dai frati . A destra è la muraglia addosso alla quale i pitocchi si appoggiano o si distendono a mezzodì , col cucchiaio di legno nella mano sul ventre che borbotta . Nell ’ angolo è l ’ entrata al convento propriamente detto . Tra il limitare e la postierla è un andito piuttosto buio con lo sportello a sinistra , dal quale sbuca la testa simpatica del frate Melitone che scodella la minestra e aggiunge , per i più affamati , fette di polenta e tozzi di pane . All ’ altro fianco del cortile è un portone che non si apre che quando la frateria riceve i carri carichi di legna o di fieno o di paglia o di farina o di pasta . Dall ’ angolo di questo portone della muraglia parallela all ’ altra sono due abitazioni : quella del coronaio e quella del signor Roveda , un vecchietto di 70 e più anni , che passa la vecchiaia giocondata dalla presenza della moglie e di cinque figli . È una famiglia della quale tutti vi parlano bene . Il coronaio è un uomo alto e brutto . Ha il naso grosso e gualcito degli ubriaconi . Al momento dell ’ invasione militare , egli era in casa con le convulsioni . Le palle percotevano fragorosamente le sue gelosie e il suo uscio d ’ entrata . Di sopra , sua sorella , gravemente ammalata , piangeva dirottamente dalla paura . Calci del fucile gli fecero aprire . - In ginocchio ! - gli gridò l ’ ufficiale piantandogli in faccia la bocca della rivoltella . E il povero coronaio , con la pelle lividastra , si lasciò andare sulle ginocchia colle mani giunte . - Dove sono i rivoltosi ? - Non lo so , signor tenente . E il tenente lo fece arrestare . Il capo dei mendicanti è il Cerina , un tipo che io ho dovuto studiare più di una volta nella mia Milano sconosciuta e Milano moderna . È un ex - librivendolo disgustato della vita ladra che lo obbliga , a 70 anni e impotente , a dormire sotto un cielo indiavolato , o sui gradini delle chiese , o in fondo agli angiporti , o con le spalle al pilastro d ’ un ’ arcata qualunque , nelle notti ch ’ egli chiama polari . Pare un Aronne . La sua barba , folta e fluente , gli tiene caldo lo stomaco , e la sua capigliatura , che ingrigia adagio adagio , documenta la sua discesa nell ’ inferno sociale . Il suo sogno è di rialzarsi con una bracciata di libri vecchi o arcivecchi . Mi diceva l ’ altro giorno che , se non gli avessero arrestato il suo amico Carlo Romussi , direttore del Secolo , a quest ’ ora la sua fortuna sarebbe fatta . Prima dell ’ arresto gli aveva promesso una carriolata di classici della biblioteca Sonzogno . La sua predilezione per i frati del convento del viale Monforte è spiegabilissima . In mezzo alla pitoccaglia , egli è ancora qualche cosa . A mezzogiorno il buon Cerina diventa una specie di caporale di un pelottone di pezzenti . Separa gli spiantati dalle spiantate , mette in fila gli uni e le altre e lascia prendere a ciascuno di loro una scodella di minestra fumante . « Non faccio per dire ma è minestra di brodo che sente della pestata di lardo . A me piace e piace anche ai miei colleghi » .. Il portinaio è frate Daniele . Un uomo alto e ossuto , con gli occhiacci della gente che porta nel petto il male crudele che manda sollecitamente all ’ altro mondo . È stato parecchi anni al Chilì , ove prese una febbriciattola che lo tormenta ancora . Il suo italiano ha molto del bergamasco . È di una intelligenza più che comune . Non posso mettere in dubbio la sua vocazione religiosa , perché indossa la tonaca da una filata d ’ anni . Ma non sono sicuro ch ’ egli sia capace di capire quello che legge , se pure legge . Coi poverelli è di una bontà femminile . Fino a caldaia vuota non nega mai una scodellata di minestra a chi gli riporge la ciotola per saziarsi . I mangiatori di minestra appartengono ai due sessi . Le donne sono malvestite , stracciate , piene di pezze , coi piedi negli zoccoli che piegano sui sassi . La loro faccia riassume un secolo di patimenti . Talune entrano dinoccolate , coi bimbi sulle braccia , che paiono sacchetti di carne morta , o coi piccini a mano , che strascinano dietro come il bastone gli sfaccendati . I bimbi , abituati ai pasti irregolari e a tutte le sofferenze degli adulti , hanno perso il vezzo di piangere . Sono piccini , stracchi , stremati , spolpati , anemici , biancastri , che fanno andar via la voglia di vederli . Sono sporchi , puzzolenti con la mucidaglia assecchita sotto i nasucci pavonazzi , con gli occhi incatramati di secrezioni , con le manine vischiose , coi pannolini a sbrendoli , che penzolano pieni di cacherie . Le madri non sono vecchie . Sembrano donne state sorprese sullo stradone dalla bufera , che ha loro portato via la fioritura dalle guance . Non hanno più nulla . Sono volti scarni , mammelle vuote , fianchi sfiancati . Il loro occhio smarrito traduce la fame . Gli straccioni sono vecchi e giovani . C ’ è chi ha il piede nella fossa e chi lo ha appena alla soglia della vita . Indossano abiti frustati da tre o quattro generazioni . Giacchettoni scuciti , chiazzati di untume , coi baveri impegolati dal sudiciume delle zazzere . Cappelli stinti , sforacchiati , con la tesa staccata giù per la nuca o per l ’ orecchio . Calzoni consumati , che perdono il sedere , che mostrano le ginocchia , che lasciano vedere i malleoli impaltati . Qualcuno sembra un viandante che abbia sospeso il cammino per ristorarsi lo stomaco . Porta appeso alla schiena il parapioggia di cotone mezzo marcio , colle bacchette che scappano fuori da tutte le parti , e qualche altro scalcagnato tiene sotto il braccio il fagotto dei propri cenci . A scarpe stanno tutti male . Sono sfondate , slabbrate , piene di buchi e di cicatrici . I loro padroni vanno via lemme lemme , come se avessero i piedi piagati o le dita suggellate di calli scellerati . Passata la postierla vi trovate sotto i portici che inquadrano il primo giardino . La floricoltura non deve essere spasso dei frati scalzi , perché non si vedono che alberelle morenti o tisiche , o campanule rosse come nei prati . Lungo il portico , a sinistra , è l ’ entrata dei cappuccini nella chiesa . Al di là è un altro « giardino » , incorniciato da portici identici a quelli del primo . È un po ’ più rifiorito dell ’ altro ed è riservato ai soli « padri » e agli « studenti » . Sotto i portici sono la « scuola di eloquenza » e il « refettorio » . Gli studenti non superano la dozzina . Non so che cosa imparino , perché , interrogandoli , mi salutarono e non mi risposero . Avranno forse qualche regola speciale , che non permette loro di parlare coi civili ! ... Appena ritornati dalla prigionia , vi sembravano tanti smemorati che avessero dimenticato tutto in una notte , o individui cresciuti in un isolotto disabitato e senza comunicazioni col mondo . Le pareti dei portici del primo e del secondo giardino , sono illustrate da oleografie che rappresentano tutte le tradizioni dei ... padri ... che li precedettero . Sono orribili frati del 500 ! con la palma in mano , con la bocca aperta , con le braccia slargate , dinanzi le apparizioni di dio e della madonna o di qualche altro demonio santificato . Alcuni volano , altri sono coi piedi nell ’ aria e con le mani che stanno per aggrapparsi alla nuvolaglia celeste . Sono tutti frati inebriati , estasiati , imparadisati . Le biografie sotto le illustrazioni , fanno scompisciare dalle risa anche le persone che vogliono essere serie ad ogni costo .. Il caporale maggiore , che dall ’ alto del carretto ha scambiato i cenciosi per una banda di ribelli , ha pure sentito un colpo di fucile , che gli parve uscito dalla folla del cortile . Fu forse questa esplosione che lo fece saltare in terra terrorizzato . Il testimonio che non vuole essere riconosciuto , mi raccontò l ’ assalto al convento senza fremere e senza una parola di biasimo o di lode per alcuno . - Dopo le comunicazioni del caporale maggiore , la truppa circondò il convento e incominciò un fuoco di colpi secchi e insistenti . Gli inquilini delle case , che udivano lo strepito delle palle , credevano che i soldati stessero contendendo il terreno ai rivoltosi , comandati , come dicevano alcuni , dal Pirolini repubblicano . Siccome non compariva nessuno , aumentarono le scariche . Dietro le griglie della mia casa , non vedevo che fumo e non sentivo che un pam ! pam ! che infuriava e una gragnuola di proiettili che penetrava negli edifici , frantumava i vetri , faceva cadere tegole o portava via tocchi di grondaie . Le palle si rovesciavano sul convento a centinaia per volta , con un accanimento che gelava il sangue . Tutti poi , dalle case vicine , credevano a una resistenza inaudita e pensavano alla strage . Alle fucilate si aggiunse il cannone . Buum ! Buuummm ! - Lo spavento delle famiglie fa venir su la pelle d ’ oca anche adesso . Non abituate a trovarsi così vicine ai combattimenti di uomini contro uomini , le donne gridavano , si stringevano al petto i figli e si nascondevano , dove l ’ entrata dei proiettili era meno probabile . - Buumm ! Buuuummmm ! - Le cannonate si prolungavano nell ’ aria e diffondevano il terrore . Furono per me , e credo per tutti , momenti crudeli . Mi aspettavo una scarica di cannone nel salotto , ove mi trovavo , di minuto in minuto . Deploravo di non aver mandato la moglie e i figli altrove . Ma poi dicevo che non ne avevo colpa . La muraglia venne sfondata in due minuti . Il cannone aveva fatto una larga breccia , nella prima muraglia vicino al pilastro del cancello , dalla quale potevano passare tre uomini assieme . I soldati entrarono nel cortile a baionetta in canna al grido di : vittoria ! vittoria ! Non vi trovarono che gli ultimi poveri che fuggivano , dopo aver aiutato a spalancare la postierla , e tre cadaveri . Il primo , mi disse il Cerina , che era presente , venne ucciso mentre metteva in bocca l ’ ultima cucchiaiata di pasta . Era addossato al muro vicino al pisciatoio e cadde in terra morto con la tazzina in mano . Il secondo credevano che fosse diventato matto . Prese la rincorsa , fece quattro o cinque passi verso il centro del cortile e precipitò supino come un sacco di stracci . Egli era morto come l ’ altro . Il terzo irrigidiva sotto il portico della chiesa , stiracchiandosi con dei moti convulsi . Un altro mendicante era stato colpito durante le prime fucilate a pochi passi dal cancello , evidentemente in cammino per entrare a mangiare la minestra . I tre del cortile erano vecchiotti . La loro esistenza era forse inutile ! Dio li abbia in gloria ! - Il cancello era aperto o chiuso ? - Chiuso . La chiave era nella mia tasca . Dal principio dei tumulti , i frati avevano creduto che le precauzioni non fossero mai troppe . - Cerina - mi dissero - voi conoscete quasi tutta la « nostra famiglia » che viene a mangiare a mezzogiorno . Non aprite che ai nostri amici . - Avreste aperto anche ai soldati , suppongo , se ve lo avessero ordinato . - Subito . Non avrebbero avuto da dirmi che questo : «Aprite.!» perché il cancello venisse loro spalancato . IL MENDICANTE CERINA RACCONTA LA SCENA SPAVENTOSA Luigi Cerina , con la sua deposizione alla buona , c ’ introduce nell ’ intimità del dramma . « Le turbolenze dei primi due giorni mi avevano insegnato un po ’ di prudenza . Dopo la sollevazione di Porta Ticinese , consigliai i frati a sospendere la distribuzione della minestra . Dicevo loro che la ragazzaglia avrebbe potuto mischiarsi coi mendicanti e far nascere qualche cosa di grosso nel convento . I frati , buoni , isolati dagli avvenimenti , pensavano più allo stomaco dei loro ospiti che alla perturbazione cittadina . Essi si credevano lontani mille miglia dalle operazioni militari . Così non furono del mio parere , e bisogna convenire che non avevano tutti i torti . Chiudere il cancello ai mangiaminestra era facile , ma dove avrebbero trovato da mangiare tutti questi poveri cristi la cui esistenza era basata sulla tazzina calda che dava loro il convento ? Sospendendo la distribuzione , avevano poi paura di venire biasimati e di contribuire , senza volerlo , a dare il combustibile alle barricate . I cenciosi , la cui maggioranza era composta di giovani , avrebbero potuto fare del baccano e abbandonarsi cogli altri al malfare . Questo solo pensiero dava loro i brividi . A ogni modo mi dissero : Voi , Cerina , che li conoscete tutti , resterete al convento . E , dicendomelo , mi affidavano le chiavi del cancello d ’ entrata , coll ’ ingiunzione di non far entrare che forestieri e pitocchi . I forestieri sono i frati che passano da Milano e sostano al convento una notte o due prima di riprendere il viaggio . « Vi ho detto dei tre morti nel cortile . La confusione di quel momento non era poco e posso avere straveduto . Ma , se i miei occhi non mi hanno tradito , potete dire che le prime duecento o trecento fucilate hanno fatto , nell ’ interno tre vittime . Il terzo mendicante venne raggiunto non so dove da una palla , mentre finiva di vuotare la ciotola sotto il piccolo portico della chiesuola . Egli mangiava seduto sulle calcagna . Rovesciato , supino , si agitava , come se avesse avuto le convulsioni . Può darsi che non fosse che ferito . Era vecchio , bassotto , sciancato . Alloggiava presso qualcuno in via Stella . Non l ’ ho più veduto in nessuna parte . « I pitocchi , presi dal panico , si erano pigiati nell ’ andito e calcati uno sull ’ altro lungo l ’ entrata del convento . Tutti assieme facevano compassione . I proiettili cadevano da ogni parte e noi non avevamo per coprirci che le nostre mani e per proteggerci che le nostre preghiere . Le donne coi bimbi piangevano e nascondevano la testa delle loro creature con le braccia . Gli uomini cercavano di ficcare la faccia tra le spalle degli altri . « Con lo spavento , la lotta per la conservazione della propria esistenza era diventata generale ed accanita . Ciascuno di noi cercava di mettersi più al sicuro che poteva , spingendosi innanzi , magari brutalmente , facendosi largo coi pugni chiusi , risospingendo i più audaci che prendevano gli uomini e le donne per le spalle per aprirsi la via verso la postierla . « La scarica , che ci fece sussultare sul suolo , finì per incalzarci tutti a cercare un rifugio al di là dell ’ assito . Si gridava come disperati . - Oh , Signore ! Oh , Madonna ! salvateci ! salvateci ! - Ci ammazzano ! salvate i poveri diavoli che non hanno fatto niente di male ! « E un ’ altra scarica , che mi parve una cannonata , ci fece perdere la bussola . Infuriati dal parossismo , non ci furono più riguardi nè per un sesso nè per l ’ altro . Si spingeva e si calcava come si poteva . La postierla subiva le ondate impetuose senza cedere . Allora diventammo tutti pazzi . - Aprite ! Aprite ! - Oh , Dio , si muore ! « E in un momento supremo , come se tutte le forze riunite si fossero rovesciate verso un punto , le lastre di ferro dei catenacci che ci precludevano la via del rifugio si staccarono quasi fossero state di pasta frolla , e l ’ uscio della postierla andò al suolo con un fracasso che fece scappare gli ultimi frati in coro . « L ’ invasione fu un attimo indescrivibile . Si fuggiva come quando si è inseguiti dall ’ acqua straripata dal fiume . A gambe levate , senza pensare ai caduti , senza voltarci indietro , infilando la scala che sale o discende , svoltando a destra o a sinistra , tappandoci in una latrina , in una cella rimasta aperta , nascondendoci nel solaio , nella paglia della stalla , o buttandoci attraverso le fascine della legnaia nel cortile del fabbricato rustico . Tutto era buono per salvarci . Un buco , una tana , un sottoscala , un armadio o il porcile . « Il rimbombo delle cannonate entrava nel monastero come una sciagura cittadina , che rincupiva per il porticato e si schiantava sull ’ alto della muraglia in fondo , come un immenso piatto di rame che andava in frantumi . « Ero riuscito ad accovacciarmi sull ’ ultimo scalino della cantina , ove trovai due frati laici che tremavano come foglie . Dopo di me discesero due altri mendicanti . Nessuno di noi fiatava . Il cannone pareva che avesse cessato . Non si sentivano più che fucilate che rumoreggiavano in varie direzioni . Un minuto dopo udivamo i soldati che sacramentavano per i portici , dicendo parole che la mia bocca educata non può ripetere . Confesso che il minuto ci parve un secolo . Avevamo paura che i fucili ci ammazzassero giù al buio come tanti conigli . Eravamo così appiattati l ’ uno addosso all ’ altro , quando una voce dall ’ alto della scala ci gelò il sangue nelle vene . - Arrendetevi ! Arrendetevi ! « Con la voce si faceva sentire una spada sguainata che percoteva il muro . - Arrendetevi ! « Era un capitano che discendeva , accompagnato da parecchi soldati che avevano il fucile con la baionetta inastata . - Arrendetevi ! « Mi feci coraggio e risposi : - Cosa vuole che « rendiamo » , , signor capitano ? Semm tutt poveritt . « Il capitano mi prese per un braccio e mi trascinò su per la scala , buttandomi in mezzo agli altri già stati radunati sotto il portico in mezzo a un nugolo di soldati . « Intanto soldati e superiori frugavano il convento dal soffitto alla base . Snidavano quelli che erano riusciti a trovare un nascondiglio e cercavano le armi . Noi eravamo stati palpeggiati fino ai capelli , e per fortuna nessuno di noi aveva in saccoccia un coltello . « A intervalli di minuti , alcuni soldati venivano con qualche frate o qualche pidocchioso che avevano scovato in una parte recondita dell ’ edificio . « Una volta che fummo tutti sotto il portico , ci si ordinò di andare in Chiesa . I frati laici erano dietro i padri . Noi eravamo in coda a tutti . « Colui che aveva dato il comando era un ufficiale più che energico . La sua voce faceva accapponare la pelle e le sue parole passavano nelle orecchie come potenti schiaffi . « Entrando in chiesa , sentii uno sparo di fucile . Mi pare che venisse dalla stanza attigua al coro . Lo hanno udito anche quelli vicino a me . Ma , come ho detto , nessuno di noi aveva la testa a segno . Eravamo terrorizzati e potevamo benissimo scambiare una fucilata per una cannonata . « Entrammo in coro come gente che va al patibolo . Chi piangeva dirottamente , chi singhiozzava in un modo da rompere il cuore , chi raccomandava l ’ anima a Dio e chi mormorava preci con le mani giunte o coi polsi incrociati e le mani piatte sul petto . Le donne tenevano fra le braccia i bimbi come una preghiera . « I soldati erano sfilati dinanzi a questo esercito di piangenti col fucile a baionetta in canna puntato verso il loro petto . Ciascuno di noi aveva paura che un grido , un gesto facesse prorompere tutte quelle bocche di fuoco in una volta sola . Io sono un povero infelice senza colori sulla tavolozza . Ma forse anche coloro che l ’ hanno più ricca della mia riusciranno difficilmente a tradurre in poche parole lo stato dell ’ animo nostro in quei minuti di trepidazione angosciosa . « Pare che nella mente dell ’ ufficiale fosse l ’ idea di farci fucilare in massa . Ci credeva rivoltosi , finti mendicanti , falsi frati tutti truccati per la rivoluzione . Parecchi della comitiva erano sulle ginocchia e pregavano con la sollecitudine della gente che non ha tempo da perdere o si sente la morte alla schiena . Alle madri si riempivano gli occhi . C ’ era una donna che aveva due piccini attaccati alle vesti , che piangevano , e un altro al seno che strillava . E c ’ era pure un padre che aveva tre figli . Era un uomo che si era ammalato ed era caduto nell ’ ultima miseria . « L ’ ansia era stata protratta fino allo svenimento . Alcuni dinanzi le baionette cominciarono a sentirsi male . - Fermi ! Fermi ! « Fu il nostro salvatore . Era un tenente ... sul grado posso anche sbagliarmi . Era un tenente di fanteria che entrava col revolver in mano . - Capitano ! Che cosa fa ! non vede che sono tutti poveri ? « La voce del tenente rianimò tutti , e tutti si misero a dire m coro : - Grazia , grazia , scior tenente , che alcuni chiamavan maggiore ! Dio lo benedica ! Dio gliene renda merito ! Che Dio el ghe daga del ben ! « E , se avessimo potuto , ci saremmo prostrati ai suoi piedi e gli avremmo baciate le scarpe . « Senza di lui saremmo tutti morti . Cinque minuti più tardi e il coro sarebbe stato uno stanzone di cadaveri . Nelle mie preghiere non dimenticherò mai il mio salvatore . « Circondati dai soldati uscimmo tutti e ci avviammo alla prefettura di via Monforte , pallidi e invecchiati di dieci anni » . « Scusi , mi son dimenticato di dirle che a mezzogiorno in punto ho aperto il cancello del cortile del convento a tre negozianti che mi scongiuravano . - Oh signor , ch ’ el ne salva che fan i sciupettad ! « Apersi loro e vennero arrestati con tutti gli altri . L ’ arresto è stato per loro un fastidio . Ma senza di me a quest ’ ora sarebbero al cimitero di Musocco » .. LE RIVELAZIONI DI PADRE ISAIA Io ero dinanzi la cinta del viale Monforte , e dicevo , tra me e me , che era proprio un peccato che scomparisse una muraglia storica . Se fossi ricco , mi andavo ripetendo , la comprerei e la regalerei a un museo che avesse per compito di conservare i monumenti che rappresentano una pagina della vita pubblica . Con queste idee , mi trovai alla postierla del convento , col cordone del campanello in mano , determinato a lamentarmi col padre Isaia , un sacerdote cappuccino che avevo intervistato più di una volta . Il frate portinaio non è più quello . Egli è stato cambiato subito dopo le giornate di maggio , perché il povero Daniele è ancora ammalato di paura . Mentre si facevano le fucilate , il poveraccio era nella stanza contigua all ’ entrata a scodellare la minestra ai poveri , come tutti gli altri giorni . Quello d ’ oggi non è così alto , ma non è meno gentile dell ’ altro . Tutte le volte che mi vede sorride , e va difilato ad annunciarmi a qualche padre . - Ho bisogno di parlare col padre Isaia . - Vado di sopra a vedere , ma credo che sia in coro . Il padre discese con un giornale religioso in mano che si era occupato di un mio articolo : era l ’ Unità Cattolica . - Perché non me li mandate mai questi vostri articoli ? mi disse egli , tendendomi le due mani , col trasporto d ’ un ’ amicizia sentita . Lo fotografo con due colpi di lapis , mentre diamo una capatina in coro . È tutt ’ assieme una figura simpatica e vigorosa . La sua faccia , larga e massiccia , è spruzzata dalla lucentezza degli occhioni , che traducono la bonarietà e la salute . Sull ’ altura della callotta che pare appesa alla nuca , è accoccolato un ciuffetto di capelli abbaruffati , il quale documenta che è ancora in lui la fierezza del cittadino . Le sue orecchie alte , coi padiglioni larghi e ammantati di rosso come i lobi , rivelano l ’ uomo che si tuffa con piacere nell ’ acqua lustrale . La sua barba fluente è una ditta fratesca . È una distesa di peli morbidi filettata di qualche capello che ingrigia ai margini delle due punte . Usciti dal coro girammo per il porticato e infilammo la scala che conduce alla sua cella . - È vero , padre , che avete venduto il terreno sul quale è la muraglia con la breccia tappata ? - È vero che abbiamo venduto del terreno per fabbricare un altro convento fuori di Porta Magenta , alla Maddalena Grande . Ma quasi tutta la facciata lungo il viale è rimasta nostra . La breccia rimane tale e quale . Una chiazza bianca coperta del lastrone di metallo per gli avvisi sacri . La breccia era rasente il pilastro destro della cancellata . Giungendo al piano superiore , incontrammo tre frati , i quali si prostrano ai piedi del padre Isaia con un abbandono supplichevole , curvando la testa fin quasi a terra e non alzandosi che dopo avergli baciato la mano con effusione . Capii ch ’ egli era il padre vicario . La cella di ogni padre ha un motto stampato su una striscia di cartone inchiodata all ’ uscio . Quello del padre vicario è questo : Si omni anno unum vitium extirparemus , cis viri perfecti efficiemur : se ogni anno estirperemo un vizio , diventeremo , quaggiù , uomini perfetti . La cella numero 3 del padre Isaia - come quella di tutti gli altri inquilini del convento - non ha spazio che per una persona . Si entra uno dietro l ’ altro . La finestra che dà sull ’ ortaglia è in faccia all ’ uscio . A sinistra , è un lettuccio di acero con un semplice pagliericcio poco soffice , nascosto sotto una coperta di lana colorata . Ai piedi del letto , è un inginocchiatoio , con lo schienale sormontato da un ’ asse lucida e giallognola come il resto che serve da leggio o da tavolo di lavoro . A destra è un piccolo scaffale , pieno di libri religiosi , agganciato alla parete . Intanto che il padre Isaia sfogliava il libro che gli avevano portato , io pensavo alle due baionettate che aveva ricevuto senza punto accorgersene . Non era uno smemorato , non aveva perduto la conoscenza né prima né dopo l ’ avvenimento ; era rimasto calmo anche quando era stato adagiato nel letto dell ’ Ospedale Maggiore , e tuttavia non sapeva spiegarsi come le baionette gli fossero entrate nelle carni e lo avessero inondato di sangue . - Proprio , padre vicario , non avete sentito né dolore , né il freddo dell ’ acciaio che penetrava nel corpo ? - Non ho sentito nulla , proprio nulla . Mi sono sentito spossato solo vicino alla breccia . Là , dinanzi al muro squarciato , incominciai a respirare affannosamente . Pareva che avessi sullo stomaco una specie di oppressione . Non appena mi trovai sotto l ’ atrio del palazzo prefettizio , domandai da bere , perché mi sentivo la gola che bruciava , e una sedia perché non potevo stare più in piedi . Dovevo essere pallido come un morto perché parecchi mi domandavano se mi sentivo male . Io rispondevo che mi pareva d ’ essere invaso da un languore che mi faceva desiderare un giaciglio . Mi si condusse all ’ Ospedale ove mi si domandò che cosa avevo . Risposi che potevo essere un po ’ agitato e li pregavo con insistenza perché mi salassassero subito o mi mettessero le sanguisughe . Nella sala dell ’ ambulanza medica mi si rifece la domanda di prima . - Che cosa si sente ? - Nulla . Sono un po ’ fiacco , un po ’ spossato . Pare che mi manchi il fiato . - Non è ferito ? - Nossignore . - Eppure dove c ’ è sangue c ’ è ferita . Non vede che perde sangue ? - Avevo i sandali inaffiati di sangue . - Provi a levarsi la tonaca . - Non ero più che un ’ immensa macchia rossa . Il panno della sottoveste , movendosi , si era inzuppato e mi aveva insudiciato tutta la pelle . Mi si voleva mandare all ’ ambulanza chirurgica , ma per la gentilezza del carissimo dottor Conti mi adagiarono nell ’ infermeria ove si constatò che ero stato bucato da due colpi di baionetta . Uno mi era stato dato a sinistra , in direzione del polmone , e un altro lungo la stessa parte dell ’ inguine . Mi medicarono e vi rimasi più di dieci giorni . - Che cosa avevate fatto per trattarvi a colpi di baionetta ? Il cappuccino rimase pensoso . Pareva che non avesse voglia di rimestare il passato . L ’ esitazione non durò che pochi secondi . Egli si convinse che non poteva tacere .. La storia è storia , e nessuno ha diritto di sopprimerla . - Io parlo pro veritate . Quando entrarono i soldati mi trovavo nella stanzettina vicino alla postierla d ’ entrata a lavare la ferita alla gamba di un pitocco , che non aveva potuto finire di mangiare la minestra . Gliela fasciai in fretta e in furia per impedire l ’ emorragia e poi uscii con la bottiglia dell ’ aceto in mano . L ’ invasione militare dopo le cannonate non mi poteva sorprendere . Deposi la bottiglia sul murello dei vani tra le colonne del portico , voltai a destra e tentai di raggiungere la testa dei soldati - che andavano in su , . all ’ impazzata , coi fucili e le baionette in canna puntati verso il petto dei poveri diavoli ch ’ essi credevano rivoltosi - per assicurare l ’ ufficiale che li comandava che in convento non c ’ era anima viva , tranne i frati e i poveri venuti a mangiare la minestra . I soldati era eccitati . Schiamazzavano e dicevano parole ingiuriose . - Per esempio ? - Non posso ripeterle . - Ripetetele , padre , in nome della storia ! Non ci fu verso di fargliele ripetere . - Per istornare qualche terribile eccidio , pensai di parlare al primo ufficiale che mi fosse capitato , vedendo che i soldati correvano con gli occhi smarriti , terrorizzati . - Ritornai verso la stanzuccia , dove avevo lasciato il ferito , e mi imbattei appunto in un ufficiale che stava in coda ai soldati , e mostrandogli la caldaia della minestra lo pregai che non facesse alcun male a quei poverelli che erano venuti per sfamarsi . Se mi ricordo bene , era un tenente . Mi guardò in faccia come per scovare il ribelle e poi , con un « frataccio cane ! » mi agguantò per il collo della tonaca e mi piantò la canna del suo revolver al ventre . Forse sarà stata la mia impressione . Mi pareva che il suo dito cercasse il grilletto . Col coraggio della gente che difende la propria esistenza , gli contorsi la mano e lo costrinsi a mettere la canna nel vuoto . Egli si mise a scuotermi senza mai abbandonare il colletto della veste e con dei continui tentativi di rimettermi l ’ arma nella posizione di potermi uccidere . Si trattava della mia vita e io gliela contesi con tutte le mie forze . - Permettetemi , padre , di stringervi la mano . Io avevo bisogno di una pausa per sottrarmi alle sensazioni dolorose . - Il tenente insisteva ed io non abbandonavo mai la canna . - Mi bruttava di villanie e io gli rispondevo che si sbagliava e che non ero un « frataccio cane » . Per il collo della tonaca egli mi trascinava sempre verso l ’ uscita . Io pensavo in quel momento che egli volesse condurmi nel cortile e farmi fucilare dai soldati . - Signor ufficiale , gli dissi , non mi faccia questa figura . Se vuole uccidermi mi uccida qui subito , senza condurmi di fuori . Sarebbe uno strazio inutile . Se devo morire , è meglio che muoia nella casa dei miei fratelli . - Io pregavo , e l ’ ufficiale , invece di darmi retta , mi scoteva e mi trascinava a colpi per il cortile . Mi credevo perduto . - Il suo pensiero doveva essere quello di farmi ammazzare dai soldati . Senza mai abbandonare la canna del revolver , cercavo di proteggere il mio col suo corpo . E lui , l ’ ufficiale , impiegava tutti i suoi sforzi per mettermi alla mercè dei fucili . - Giunti al fianco della breccia , egli fu lì lì per finirmi . - Io gli dissi che infine non ero che un povero frate stato colto a medicare un ferito . - Creda , signor tenente , che nel convento non ci furono mai nè insorti , nè armi da fuoco . - Passò nella sua mente un dubbio ? Non ve lo saprei dire . La verità è che le sue parole mi rivelarono ch ’ egli mi stava proprio mandando all ’ altro mondo . - Con disprezzo , come quando si abbandona un nemico indegno perfino dell ’ ultimo supplizio , mi disse : - Per questa volta ti perdono ! - Con una fiatata che riassumeva il sacrificio che compiva , mi buttò per il buco della breccia , chiamando i soldati . Stramazzai bocconi , colle mani che mi salvarono la faccia . Alzandomi vidi che il mio piede era insanguinato . Non mi allarmai , perché supponevo il sangue uscito dalla scorticatura che mi feci cadendo . - Fuori della breccia è stato uno spavento . Ogni soldato aveva una sudiceria da buttarmi in faccia : e quello che mi fece più pena , fu di veder un maggiore , credo , d ’ artiglieria , alto , magro , ruvido , che portava appesa all ’ occhiello una lente ( caramella ) , il quale , incontrandomi sul piazzale Monforte , alla preghiera di rimandarmi libero perché ero innocente , con burbero cipiglio mi minacciò con la mano in aria un manrovescio , e ... Il mio contegno di frate che non aveva paura di morire non aveva presa su di loro . - Figlio si di p … ! . - Consegnatelo - disse ad alta voce il superiore ai soldati al di là della breccia - agli alpini . - Venni preso brutalmente per le braccia da due soldati , che mi incalzavano con le parole più svergognate del postribolo . Il terzo , il caporale , mi diceva : - Avanti , frataccio ! - e mi teneva la punta della baionetta alle reni . - Mi pareva di perdere il cingolo e tentai con le mani di tirarmelo in alto , avendo già perduti i grani della corona fratesca . - Sta fermo - mi disse uno dei soldati - o ti brucio le cervella ! - Da viale Monforte alla via Vivaio , mi copersero di tutto ciò che potete immaginare di sconcio e di osceno . - Sull ’ angolo della via Vivaio erano altri soldati e un capitano . Mi duole di non sapere il nome del superiore . Fu il primo gentiluomo che incontrai dopo la mia sciagura . - Badi , signor capitano , che è un rivoltoso . - Non importa , non occupatevene . È nelle mie mani . Alpini , conducetelo alla prefettura . - Anche gli alpini mi trattarono con tutti i riguardi . Invece di trascinarmi per le braccia , mi lasciarono libero e ingiunsero ai soldati di prima di lasciarmi stare , perché ero sotto la loro responsabilità . - Il prefetto Winspeare , non appena mi vide entrare , mi venne incontro dicendo : - Come , mi arrestate anche i frati ? - I soldati del viale Monforte gli dissero che ero un rivoltoso stato colto col fucile in mano . - Dov ’ è questo fucile ? domandò il prefetto . - Non sappiamo , perché questo individuo ci venne consegnato dal tenente . - Mentre io stavo dando la spiegazione al signor prefetto della nostra innocenza e che dal convento non poteva essere partito alcun colpo di fuoco per la semplice ragione che non vi erano né armi né armati , eccomi ancora davanti quell ’ ufficiale d ’ artiglieria , col medesimo atto del manrovescio , gridando che aveva veduto partire il colpo dal Convento lui stesso ! ... - Non ci sono stati altri frati , padre vicario , all ’ Ospedale ? - C ’ è stato frate Alessandrino , il vecchietto che le ho fatto vedere dabbasso . La nocca di qualcuno ci interruppe . - Ave - rispose padre Isaia . Entrò un frate laico a portargli un piego suggellato . Mi voltai dalla parte della finestra a schizzare il frate laico Alessandrino , col quale avevo parlato più di una volta . È un ometto di settanta e più anni , mingherlino , ha la faccia lentamente consumata dai digiuni , con gli occhi celesti nelle occhiaie vizze , con una punta di barba grigiastra al mento e dei peli dello stesso colore disseminati per il labbro superiore . È ammalato da un pezzo , passa il tempo tra un ’ orazione e l ’ altra , pregando il signore di volergli bene . Il giornalista lo spaventa più del diavolo . Mi vedeva e scappava . Un giorno che mi aveva sorpreso col lapis e il note book in mano , corse ad inginocchiarsi all ’ altare in coro e ritornò una ventina di minuti dopo a pregarmi di non fargli del male , di lasciarlo stare , perché lui aveva bisogno , per la sua salute , di una grande quiete , e a scongiurarmi in nome del Signore Iddio , di non metterlo sul giornale , perché lui , dopo tutto , non sapeva nulla , non aveva fatto nulla e non voleva dir nulla . Era un uomo che aveva paura , che si spaventava per delle inezie e che godeva la pace del coro , quando era vuoto . I soldati lo facevano rabbrividire solo a pensarci . Non appena li seppe nel convento , scomparve dietro il coro , passò in chiesa e passò sul pulpito , rimanendovi appiattito sotto la croce , senza quasi respirare , per timore di farsi sentire . Se lo avessero lasciato sarebbe rimasto là a costo di morire in ginocchio . Invece i soldati e un ufficiale lo hanno scoperto e trascinato giù per la tonaca . Il terrore era così immenso in lui che tremava tutto e dal Convento alla Prefettura venne portato a braccia da due giovani frati . Il prefetto , quando vi giunse cogli altri , lo mandò subito all ’ ospedale . Padre Isaia aveva finito di leggere e io di scrivere . - Lo hanno trattato bene , padre , all ’ ospedale ? - Con tutti i riguardi .. Le monache della sala di San Lazzaro erano di una gentilezza materna ; le infermiere e gli infermieri nonostante il grande lavoro , mi usavano speciali riguardi e non so trovar parole di gratitudine e di ringraziamento per i bravi signori medici e chirurghi che con tanta pazienza e delicatezza mi assistettero nei dieci giorni che vi dimorai . Sissignore , c ’ era ordine di non lasciarci parlare con alcuno senza speciale permesso . - Dunque sono rimasti tutto il tempo senza una visita ? - Sono venute a trovarci parecchie persone , come il Prevosto di Sant ’ Alessandro , di S . Stefano , Monsignor Montegagra , il Cardinale , Monsignor Nasoni e Magistretti , il Conte Greppi , il nobile Corti , D . Battista , le contesse Sormani e Sola , il marchese Cornaggia eccetera eccetera eccetera che or tutti non ricordo ... il deputato Piola , per esempio . - Non è mai stato interrogato ? - Sissignore , sono stato interrogato da un capitano , il quale fu gentilissimo . Fu lui anzi a dirmi che almeno una baionettata dovevo averla presa in convento ... - C ’ era anche il tenente che lo aveva trascinato e buttato attraverso il buco della breccia ? - C ’ era , e mi sembrava alquanto mortificato ... Si bussò un ’ altra volta all ’ uscio . - Ave . L ’ APPELLO DEI SOLDATI Dieci maggio . Sono in piedi di buon mattino . Ho buttato giù alcune note inaffiate di sangue e sono uscito . Il sole è rutilante . Questi fasci di luce calda mi fanno male . Vorrei che lo stesso cielo fosse annuvolato come il mio cervello . Io sono tetro , sono triste , sono un funerale . Darei dieci anni di vita per dimenticare di aver vissuto ieri . A ogni passo il lunedì mi risorge nella testa affollata di cadaveri e dilagata di sangue . Le muraglie sono tappezzate di decreti di Bava Beccaris . I « Vogliamo » di Napoleone I sentono del genio dell ’ autore . I suoi proclami sono modelli di stile vigoroso . È tutta una prosa , la prosa napoleonica , che si legge con ammirazione anche a tanti anni di distanza . La prosa di Bava Beccaris è piena di solecismi volgari . È prosa piatta e amanuense . Quando mi parla di provvedere alla « confezione del rancio giornaliero » , mi pare di essere a tu per tu con uno speziale di campagna abituato a « confezionare » il lattovario , o alla presenza di una sarta , , « confezionista » d ’ abiti . Questo « appello » per domandare gratis o con buoni a « richiesta » la « concessione temporanea delle cucine e di quanto occorra per la cottura del vitto » , è un altro documento della sua buaggine e del suo cuore . Questo imbecille si crede assediato dagli insorti . Non si ricorda di ieri che per i soldati . Il pubblico ricco è con lui . Ha aperto la borsa con entusiasmo . Si vedono dappertutto breaks carichi di viveri da distribuire alla truppa accampata per le piazze . Il merito di aver suscitato direi quasi del fanatismo per soccorrere i soldati non è tutto del commissario che ci ha ingiunto di andare a dormire alle undici precise . Ma è anche del tenente generale Genova di Revel , presidente del circolo militare , che ha pubblicato il seguente « appello » : « Una lunga esperienza di servizio militare mi rende consapevole di quanto debbono soffrire i militari comandati alla tutela dell ’ ordine ed a reprimere il saccheggio . « Mancanza di riposo , di rancio regolare e l ’ ansietà di vedersi attaccati dai rivoluzionari affrangono il fisico di quei bravi giovani sostenuti unicamente dal sentimento del dovere . « Devo quindi fare appello a coloro che vorranno associarsi ad una sottoscrizione per alleggerire le loro dolorose fatiche » .. L ’ esperienza militare del generale è nei suoi ricordi e io non ho punto voglia di metterla in dubbio . Sarà stata lunga e lunghissima . Ma volerci far credere che in Milano , con un generale che abbia la testa sulle spalle , non si sappia mica come dare il rancio quotidiano a ventimila soldati , è semplicemente ridicolo . Non è necessario di avere studiato l ’ organizzazione militare attraverso i libri di Moltke per sapere che con dei denari in saccoccia , dei magazzini pieni , dei fornai ad ogni angolo , e degli alberghi e delle osterie e dei macellai a ogni due passi di ciascuna via , si può mangiare dappertutto - anche in piazza del Duomo - e bene . Generale , godetevi il riposo se ve lo siete meritato , ma non venite fuori a dirci sciocchezze . Se Bava Beccaris , che la storia giudicherà come un sanguinario , non aveva tempo di occuparsene , doveva dirlo al buon Consonni dell ’ Orologio - un restaurant frequentato anche dai gros bonnets dell ’ esercito - . Bastava dirgli che voleva ventimila ranci al giorno per essere sicuro che non uno dei suoi soldati avrebbe patito la fame . E poi vorreste dirmi che la cittadinanza che ha il superfluo , non ha già fatto spontaneamente quello che voialtri due generali la incitate a fare ? Leggete la Perseveranza di stamane : « Dobbiamo aggiungere che già molto fece la cittadinanza per i soldati . Dovunque un drappello , una compagnia , un battaglione faceva sosta esausto , assonnato , assetato , esercenti e famiglie distribuivano pane , cibi e bibite » . Che cosa vi aspettavate di più ? La dimostrazione ? Ecco , la « Unione popolare milanese » di piazza San Pietro e Lino 4 che vi compiace . Essa con altri due circoli monarchici ha aperto due sottoscrizioni : « l ’ una per un voto di plauso e di ringraziamento all ’ esercito che con tanta abnegazione lotta per ristabilire l ’ ordine pubblico » - l ’ altra « per sussidiare le famiglie dei soldati vittime del loro dovere » .. Ma io sciupo il tempo a dimostrare ai generali che a Milano con un sistema organizzato la truppa poteva mangiare bene , ieri , ieri l ’ altro e sempre . I due mattoidi dell ’ esercito vorrebbero farci credere che l ’ assedio di Milano non differisce dall ’ assedio parigino quando si misuravano le razioni di asini , di cani , di ratti , di topi , quando il pane era un miscuglio di patate , di piselli secchi , di fagiuoli avariati , di avena , di segala spolverata , di farina di frumento , quando la carne di cavallo era divenuta una leccornia dell ’ ambiente , quando i gatti erano le lepri di tutti i grandi restaurant , quando un coniglio costava 60 franchi , un ’ oca 140 , un tacchino 180 , l ’ ultimo montone 1164 ! Ah , burloni ! generali burloni ! Qualche giorno dopo sono passato dalla via Tre Alberghi , dove la Perseveranza ha i suoi uffici . Indovinate chi ho veduto salirvi . Il generale Bava Beccaris in persona . Egli è il padrone di andare dove vuole . Io registro semplicemente ch ’ egli faceva visite alla Perseveranza . Ecco tutto . Gli arresti notturni sono infiniti . I cittadini che si dimenticano che Bava Beccaris non scherza , perdono il tempo a ciaramellare per le vie e si trovano alle undici nella rete delle pattuglie . Soldati e questurini vi domandano nome e cognome , chi siete , dove andate evi conducono a San Fedele . Per questa semplice infrazione si passano delle notti nei cameroni polizieschi e si arrischia di andare al Castello o al cellulare come rivoltosi . Ho assistito a scene strazianti . Un povero garzone di osteria che aveva travasato il vino nella cantina del padrone venne agguantato cinque minuti dopo le undici con lo sparato della camicia inaffiato di rosso . L ’ ho trovato nel camerotto della sezione di questura di S . Simpliciano che si disperava e diceva ad alta voce che lui non poteva stare in prigione perché aveva a casa moglie e figli che lo aspettavano ! Il suo caso era così crudele che faceva pietà anche ai questurini . Uno di essi a mezzogiorno gli portò una tazzina di pasta condita con del pane e un quinto di vino . È stata una gentilezza di cuore e la registro . I borghesi che applaudiscono Bava Beccaris possono invece girellare a tutte le ore . Per loro non c ’ è coprifuoco . Col passe - partout vanno dove vogliono e quando vogliono . Copio quello che era stato rilasciato , per ragioni professionali , al signor Romolo Agosti - l ’ ex segretario dell ’ Associazione Lombarda dei giornalisti . È un documento che completa la giornata . È sormontato dallo stemma reale , ha il bollo del « Comando del III Corpo d ’ armata » e vi si legge : REGIO COMMISSARIO STRAORDINARIO Si autorizza il libero transito al signor Romolo Agosti per recarsi dall ’ interno all ’ esterno della città e viceversa anche nelle ore di notte . Milano 12 maggio 1898 D ’ ordine del tenente generale R . Commissario Straordinario BATTILANI I MORTI E I FERITI DEL 9 MAGGIO Li riassumo in una ventina di morti e una quarantina di feriti . Non posso darne il numero esatto perché tutte le volte che ripasso sul terreno della mia inchiesta trovo dei cadaveri e dei feriti che avevo lasciato per la strada . Il dottor Sigismondo Arkel , il quale era in giro con la truppa a soccorrere i feriti , contò , dal convento all ’ Acquabella , sette morti e diciotto feriti . Egli mi diceva che i morti erano quasi tutti colpiti nella regione del petto . Nessuno all ’ addome . - Questo vuol dire , o signore , che si tirava sui passanti a poca distanza . Tra i disgraziati che caddero fulminati dai proiettili militari non uno fece nascere il sospetto di essere stato un rivoltoso . Erano operai , come il falegname Antonelli di via Nino Bixio , o dei buoni borghesi , come il salsamentario Giuseppe Colombo di via Sottocorno 17 , il quale perdette la vita stando alla finestra a chiacchierare con la figlia che perdette un occhio . Non uno dei soldati che presero parte a questa sedicente battaglia coi rivoltosi è ritornato in caserma ferito o contuso . PARTE SECONDA L ’ ARRESTO DEI REDATTORI DELL ’ « ITALIA DEL POPOLO » NARRATO DA UN TESTIMONE A me pare una scena che inchiuda Bava Beccaris . Una di quelle scene che sì svolgono con una rapidità straordinaria , e lasciano dovunque tracce di un momento che passa alla storia . Rifacendola per il tuo libro , il mio pensiero si commuove e si contrista come dinanzi una sventura . Gli è come rivivere l ’ ora tragica , in cui la stampa si lasciava strangolare senza neppure il grido della resistenza legale . Ma non perdiamoci in considerazioni . Tu non ne vuoi . Voialtri del giornalismo moderno non volete che il fatto nudo e crudo . Io crepo a digerire i fatti nella prosa arida . Ma sia fatta la volontà di quelli che sentono l ’ avvenire del quotidiano diverso dal mio . La giornata era il 7 maggio 1898 - una giornata piena di sole . I fatti di Ponte Seveso e di via Napo Torriani avevano fatto scrivere al direttore dell ’ Italia del Popolo l ’ ormai famoso trafiletto intitolato : « Ne erano assetati » . Lo salto senza commenti , perché tu non hai bisogno di essere sequestrato . Tu non godi i privilegi del Corriere della Sera , neppure in tempi ordinari . Il Corriere della Sera , il quale nei giorni di Bava Beccaris è stato fratricida , ha potuto , senza molestia di sorta , darlo e ridarlo , tale e quale , ai suoi lettori , in tre edizioni consecutive . Il proposito del giornale di via Soncino Merati non può essere sfuggito ad alcuno . Lo pubblicava e ripubblicava con l ’ intenzione assassina d ’ infuriare la mano militare contro i redattori del giornale di S . Pietro all ’ Orto . Questa è storia . Potevano essere le quattro e mezzo . Mi sentivo spossato dalla fame e dal lavoro e la testa confusa dagli avvenimenti . In redazione c ’ era stato l ’ andirivieni della commozione cittadina . Sembrava una sala d ’ aspetto . La gente era andata e venuta sbalordita , concitata , terrorizzata . Gli sconosciuti entravano , raccontavano con la parola spaventata dal loro spavento o esaltata dalla loro esaltazione e scomparivano , senza magari lasciarsi mai più vedere . Erano i reporters spontanei delle giornate tumultuose . I locali dell ’ Italia del Popolo li conosci . Si entrava dal portone della casa di via S . Pietro all ’ Orto , si saliva al primo piano , si passava dallo stanzone amministrativo , si voltava a sinistra , si entrava nella sala di redazione , e si vedeva il direttore spingendo l ’ uscio in fondo alla parete di fronte . Il reportage spontaneo era cessato . Nella direzione si trovavano Chiesi e Federici - in redazione Ulisse Cermenati e l ’ avvocato Valentini , il quale , come sai , scriveva , in quei giorni , degli articoli finanziarii . Il Seneci era dabbasso in tipografia che lasciava andare a casa gli operai , raccomandando loro di ritornare per l ’ edizione di notte . Di fuori , dinanzi il locale di distribuzione , la folla degli strilloni aspettava con impazienza l ’ ultima edizione della giornata . Ne avevano vendute delle bracciate nella mattina e nel pomeriggio , e s ’ impromettevano di spacciarne assai più nella sera . Il pubblico era ansioso di sapere che cosa avveniva , ma la cronaca di qualunque giornale non gli portava che fatti slegati e non gli diceva come avevano avuto principio , se erano inanellati e perché continuavano . La via di S . Pietro all ’ Orto venne occupata militarmente . Non pensavamo neanche che si trattasse di noi . Io poi , che avevo dovuto essere da una parte e dall ’ altra e mi ero convinto che Milano stava per diventare una rete di cordoni militari , tirai via a chiacchierare sui tumulti spaventosi senza badare a ciò che avveniva nella strada . I fatti ci assorbivano . Come si erano compiuti ? Chi li aveva provocati ? C ’ era stato scambio di fucilate ? Chi sarà stato il primo a far fuoco ? Annegavamo nelle supposizioni senza venire in chiaro di nulla . Il tavolo del cronista rigurgitava di note sanguinose , ma nessuna ci dava la chiave della giornata . La nostra conversazione venne interrotta da una moltitudine di piedi che sentivamo venire alla nostra volta . Erano il viceispettore Prina , il delegato Gislon e parecchi agenti in borghese che invadevano gli uffici dell ’ Italia del Popolo . Le prime parole che ci dissero furono che il giornale era sequestrato . Una notizia che ci lasciò tranquilli . Non era la prima volta che ci si capitava addosso coi sequestri . Ma il Prina non ci permise di tirare il fiato liberamente , senza aggiungere che era dolente di comunicarci « la cessazione del giornale fino a nuovo ordine » . Il direttore rimase senza sorpresa . Passammo in stamperia . Assistevano alla scomposizione del giornale Chiesi , Federici , Cermenati e Seneci . Prima di risalire negli uffici il Prina diede ordine di non permettere l ’ uscita ad alcuno . In redazione ci disse : - Ci rincresce , ma siamo incaricati di fare una perquisizione . - Nessuno di noi rispose . Tanto e tanto il nostro consenso o la nostra protesta non avrebbe contato per nulla . Si misero a perquisire . Guardavano nei cassetti del direttore e dei redattori , leggevano o scorrevano affrettatamente i manoscritti , raccoglievano le cartelle scritte o incominciate per i tavoli e frugavano e adocchiavano dappertutto . Intanto che avveniva questa operazione , Federici si era affacciato alla finestra , proprio nel momento in cui De Andreis riusciva , nella sua qualità di deputato , a passare il cordone militare . Si protese e gli disse : - Hanno sequestrato il giornale e stanno facendo una perquisizione . Vieni di sopra . Due minuti dopo era anche lui in redazione . Terminata la perquisizione , il Federici chiese , come di legge , che si facesse il verbale delle cose sequestrate . Uno dei funzionarii rispose : - Lo faremo in questura , dove abbiamo l ’ incarico di accompagnarli . Loro signori sono invitati dal questore per delle comunicazioni . Carmenati : Allora vuol dire che siamo tutti in arresto . Gislon : Non abbiamo quest ’ ordine , non credo ci sia probabilità d ’ arresto . De Andreis : Come deputato protesto per la perquisizione e per la violazione di domicilio , senza mandato dell ’ autorità giudiziaria . Suggellati i pacchi dei manoscritti sequestrati , il Prina invitò Chiesi , Federici , Cermenati , l ’ avvocato Valentini e Seneci ad andare con loro a S . Fedele . Seneci , in pantofole , domandò il permesso di mettersi le scarpe . - Faccia . De Andreis : Vengo anch ’ io . Prina : Scusi , onorevole , ma io non ho ordini che riguardino lei . De Andreis : Io voglio andare dove vanno i miei amici . Prina : Se crede , s ’ accomodi . Cermenati : Se non siamo in arresto , noi non vogliamo essere accompagnati dagli agenti di P.S. Il delegato Gislon li fece allontanare . In via Soncino Merati , dinanzi l ’ entrata del Corriere della Sera , incontrammo Colautti . Il Chiesi , incrociando i polsi , gli fece segno che eravamo in arresto . - Ci siamo ! Colautti rispose , con un gesto , che non poteva essere . In S . Paolo , Seneci entrò dal tabaccaio a bere una bibita . Era stato in tipografia e nel locale di distribuzione tutto il giorno , e aveva sete . I funzionari non lo aspettarono neanche . Ci raggiunse correndo . Questo fatto ci lasciò credere che non eravamo in arresto . Che si tratti solo di dirci che la stampa subirà la censura preventiva da qualche impiegato di questura ? In questura ci si lasciò in un ’ anticamera . - Aspettino ; saranno ricevuti dal questore non appena sarà libero . Aspettammo una buona mezz ’ ora , facendo mille supposizioni . Annoiati di essere trattenuti tanto tempo , incominciammo a mormorare . Ma dunque ? Ci prendono per dei domestici , questi signori di questura ! Facciano presto , ci dicano se siamo in arresto , se siamo liberi , e che cosa vogliono da noi . Entrò un impiegato ad invitarci di andare con lui . - Tutti , meno l ’ onorevole De Andreis . De Andreis non voleva saperne di aria libera . Si mise a protestare con parole vibrate e a dichiarare ch ’ egli sarebbe andato dove andavano i suoi amici . E tutti noi , compreso l ’ on . De Andreis , passammo in un ’ altra stanza , dove ci si trattenne un ’ altra buona mezz ’ ora . Aspettavamo e parlavamo sottovoce . Perché in questa seconda anticamera eravamo tenuti d ’ occhio da un agente in borghese , seduto in mezzo a noi come un muto . Conversando , si almanaccava sul tempo che ci avrebbero fatto perdere . Federici manifestava la sua opinione che anche De Andreis sarebbe stato trattenuto . Qualche altro pregava quest ’ ultimo a prendere l ’ uscio intanto che era libero . - Libero ci potrai essere più utile che non chiuso in carcere con noi . Fu testardo e rimase . Alle sei e mezzo circa entrò un vecchio impiegato a dirci queste parole : - Sono spiacente di comunicar loro che , essendo stato proclamato in questo momento lo stato d ’ assedio , loro signori sono tutti in arresto . Ci fu un ’ irruzione di guardie in borghese le quali , senza tanti complimenti , ci presero per la manica . Protestammo e dicemmo che non era il modo di trattare persone che non volevano fuggire , e i delegati ordinarono agli agenti di lasciarci andare . Discendemmo ed entrammo nell ’ ufficio del delegato Eula , il quale , per essere sinceri , ci trattò con la massima gentilezza . Ci sequestrò carte e matite che avevamo nelle tasche . ci lasciò denari , orologi e anelli e ci fece firmare il verbale , porgendo ad ognuno la penna . - Già che ci deve mandare in guardina , ci potrà mandare anche da mangiare . - Senza dubbio . E il delegato promise che ci avrebbe fatto portare qualcosa dall ’ Orologio . - Devono avere un po ’ di pazienza , perché in questo momento ho molte cose da fare . Ci si chiuse nel camerotto riservato alle donne , il quale , secondo l ’ espressione dell ’ Eula , era « il meno peggio » . Avevamo fame ma non aspettammo molto . Tre quarti d ’ ora dopo si spalancava l ’ uscio ed entravano roast - beef , un fiasco di vino , del formaggio , della frutta e delle sigarette . Mangiando si chiacchierava e si rideva . De Andreis era di opinione che avrebbero montata qualche macchina per tenerci in prigione . Federici fumava disperatamente una sigaretta dopo l ’ altra per cambiare l ’ odore dell ’ ambiente . Chiesi si contentò di dire che avrebbe pagato il conto . Un po ’ più tardi Seneci ci faceva sapere che non aveva mai dormito così bene . - Vi raccomando di ravvolgervi la testa nel fazzoletto , se non volete che certe bestioline vi vadano nelle orecchie . Cermenati si allungò sul tavolato con una frase tragica : - Così giovane e già tanto galeotto ! Qualche minuto dopo , ricordandosi d ’ essere stato dilettante drammatico , si drizzò in piedi e si mise a declamare un po ’ d ’ Amleto : Potesse , oh ! questa troppo salda carne Che mi veste , scomporsi , andar diffusa , Sfarsi come rugiada ! Il carceriere , lungo il corridoio , ci impose il silenzio . - Signori , faccian silenzio ! Ci addormentammo . Tra le dodici e mezzo e la una venimmo svegliati dal fracasso che si fece a schiudere l ’ uscio . Entrarono , tra la sorpresa generale , l ’ avvocato Carlo Romussi e il professore Emilio Girardi , accompagnati dalla guardia carceraria che portava la lanterna fumosa . Romussi : Ho ottenuto il permesso di venirvi a trovare coll ’ amico Girardi . E giacché ci siamo , vogliamo tenervi compagnia fino a domattina . Girardi andò sul tavolato con un : dio cane ! Seneci fece loro la raccomandazione del fazzoletto . Romussi ci raccontò che gli agenti erano andati al Secolo a perquisire la redazione , a far scomporre il giornale e ad arrestare tutti i redattori che vi si trovavano . Non vi hanno trovato che il direttore ed un redattore . Negli uffici vi erano parecchie persone , come l ’ Antongini e il Missori . Ma nessuno di loro venne arrestato . L ’ episodio storico dell ’ arresto del direttore del Secolo fu quello della sedia . Romussi era al suo tavolo che scriveva non so più che cosa sulle ultime notizie . Il delegato , col codazzo dei questurini in borghese , gli annunciò la perquisizione e credo anche la sospensione del giornale . Romussi disse qualche parola sulla libertà di stampa e lasciò che l ’ uomo di questura andasse a mettere sottosopra il suo cassetto e a rovistare le carte del tavolo unito a quello di lavoro . Per la maledetta abitudine di Romussi di accumulare i manoscritti , gli sequestrarono un numero infinito di carte e di lettere , non poche delle quali dovevano essere di Cavallotti . Suggellati i pacchi e fatto il verbale di sequestro , Romussi e Girardi vennero invitati in questura . Romussi , prima d ’ andarsene , voleva scrivere due righe non so se alla moglie o ai colleghi . Prima di sedere buttò via la penna con la quale aveva scritto il delegato , diede un calcio alla sedia , sulla quale era stato seduto e ordinò al portiere di portarla via subito e di bruciarla . - Portamene un ’ altra e dammi un ’ altra penna . Alla mattina ci svegliammo con le ossa rotte . Avevamo sulla faccia il colore di una notte trambasciata . Ci eravamo coricati sul tavolazzo , vestiti come eravamo entrati , e lungo la notte il sonno ci era stato interrotto centinaia di volte . Dal fracasso degli usci che si aprivano e si chiudevano , dal trambusto , nel cortile , dei soldati che pareva arrivassero ogni quarto d ’ ora , dai piedi che tumultuavano sotto il portico e dalle voci che giungevano a noi come di gente ammutinata . Verso le dieci antimeridiane il delegato Eula ci annunciò che era giunto l ’ ordine della traduzione al cellulare . Venimmo chiamati a due a due , e a due a due venimmo legati , polso a polso , con una catenella , da un maresciallo dei carabinieri alto e spalluto . Eravamo così appaiati : Valentini e Chiesi , Seneci e Federici , Cermenati e Romussi , De Andreis e Girardi . Uscimmo ed entrammo in una folla di circa ottanta arrestati . Il balcone del palazzo di questura era gremito di altri monturati con alcuni borghesi . Non posso dire se vi era Bava Beccaris , perché non lo avevo mai visto neppure sulla fotografia . C ’ era certamente il questore . Un uomo magrettino c ’ ha ha l ’ aria di essere gobbo . I grandi gallonati parlavano tra loro e gli uni ci additavano agli altri col dito puntato verso noi . Prima che il convoglio si mettesse in moto , il delegato Birondi disse a tutti : - Non salutino alcuno e non parlino , perché ho ordini severissimi . Eravamo tutti a piedi , circondati dai carabinieri e dai soldati di cavalleria col revolver in pugno . Qua e là c ’ erano parecchi questurini . C ’ incamminammo verso le undici . L ’ itinerario fu questo : piazza S . Fedele , piazza della Scala , Santa Margherita , via Mercanti , via Dante , foro Bonaparte , S . Gerolamo , S . Vittore , via Filangieri . Gustavo Chiesi abita in foro Bonaparte 93 . I suoi vecchi genitori erano alla finestra che si asciugavano le lagrime col fazzoletto . Nessun altro incidente . Sai come si è ricevuti al Cellulare . De Andreis , il quale si sentiva male per il lungo digiuno , domandò subito da mangiare . Gli altri lo imitarono . Impolverati , sudati , passati traverso un ’ ora piena di pericoli , avevamo una sete da cani trafelati . L ’ Astengo , il direttore , ci fece portare dell ’ acqua con del fernet dal bettoliniere . Ci si separò in tante celle e ci si riunì in un cellone a mangiare . Mangiammo del salame , della pasta al sugo , dell ’ arrosto e del formaggio e bevemmo del vino comune . Eravamo serviti da due scopini e sorvegliati da due guardie carcerarie . Terminato il pasto , venimmo visitati dal cappellano , accompagnato dal direttore . Subito dopo Federici , Cermenati , Seneci , Valentini e De Andreis vennero cellularizzati in infermeria . Romussi e Chiesi vennero chiusi in celle separate al secondo raggio . Il secondo giorno vedemmo arrivare in infermeria i deputati Turati e Bissolati . Il resto ti è troppo noto perché io sciupi dell ’ inchiostro . IL SOCCORSO È una scena piangevole che potete vedere ogni mercoledì e ogni domenica , tra le dieci e la una , sulla piazzetta Filangeri , dinanzi l ’ edificio della sventura sociale . Ma in un giorno o nell ’ altro non troverete mai la folla delle giornate di Bava Beccaris , quando ciascun cittadino aveva paura di non essere più cittadino e ogni donna poteva essere disgiunta dall ’ uomo da un ordine imperativo o da una mano brutale . La mia pagina è una fotografia senza ritocchi di una di queste domeniche . L ’ orologio di un campanile suonava le otto e il sole bruciava le cervella . Sul piazzale si vedevano alcune carriole cariche di frutta acerbe o sfatte , di dolci perseguitati dalle mosche e di cose mangerecce coperte di polvere . Il portone traduceva un corpo di guardia improvvisato in una città insorta , Un portone coll ’ andirivieni della gente che fa paura . C ’ erano soldati in piedi , soldati che riposavano sulla paglia sternita nei fianchi , soldati che entravano e uscivano , soldati che si asciugavano la fronte e si aggiustavano la giberna sul ventre . Si vedevano andare e venire secondini , guardie di finanza , delegati , questurini , carabinieri , ufficiali , autorità carcerarie , autorità militari - tutte persone che ricordavano il momento , persone dalla faccia feroce , persone che passavano come ventate di collera , persone pronte a venire alle mani col primo che avesse detto una corbelleria . L ’ ufficiale di guardia pareva , col pensiero , a spasso . Con la ciarpa azzurra a tracolla , seduto sulla sedia addossata al pilastro con una gamba sopra l ’ altra , si ninnolava buttando in alto il fumo diafano della sigaretta . Le donne giungevano sole e a gruppi con i fagotti , i canestri e le corbe piene di roba e si appoggiavano al muro della carcere o andavano ad occupare i sedili di granito della piazzetta o si aggruppavano alle altre aggruppate nel largo in faccia al bastione . Tra le popolane dal faccione prosperoso e dalle maniche rimboccate sull ’ avambraccio bronzato , c ’ erano vecchie che si reggevano a mala pena in piedi , teste che riassumevano la primavera nella chiarezza mattinale e figure dalla faccia bianca o scolorata che uscivano dalla moltitudine con le loro vesti e i loro cappelli neri come tante ditte di un ufficio mortuario . Imperava il dolore . Ah , se si potesse uscire dal dolore come si esce dalle porte cittadine ! Il dolore distruggeva la ripugnanza delle vestite bene per le vestite male e assorellava le donne colpite da una sventura comune . Tutte queste mamme , tutte queste spose , tutte queste amanti , tutte queste sorelle vedute assieme storcevano il cuore e facevano venir sulle labbra una parola tragica , una bestemmia brunita dal rancore , una maledizione che si rompeva nella testa col suono della lastra di metallo che la martellata manda in frantumi . Riproducevano l ’ afflizione , l ’ ambascia , il dietroscena domestico , il naufragio femminile , la devozione sublime delle donne affezionate agli uomini chiusi laggiù , oltre il portone , al di là dei cancelli , negli sgabuzzini del lugubre edificio imbevuto delle lagrime dell ’ esercito della sventura , che ha patito più del Cristo in croce . Nei loro occhi non era l ’ ardimento . Nei loro occhi era la stupefazione , lo sbalordimento , l ’ umiliazione . Povere donne ! Erano donne abbattute , costernate , vinte dal supremo cordoglio che non le lasciava disfogare la piena del loro martirio . I carrettoni chiusi scompigliavano e buttavano manate di nero sulla tela lugubre che s ’ allargava a ogni minuto . I traballamenti delle ruote andavano sul cuore della moltitudine come fitte che si sprofondavano nelle ferite palpitanti e sollevavano in tutti il vespaio delle supposizioni . A ogni sussulto si correva involontariamente col pensiero nelle cellette del veicolo che accarezzavano l ’ arrestato come la guaina accarezza la lama , a palpeggiare gli incassati come se si avesse avuto paura che si fossero rotta la testa o stessero in lotta coll ’ ultimo alito di vita . Chi saranno ? E l ’ interrogazione faceva rabbrividire . Forse saranno dei ladruncoli o dei rivoluzionari o degli innocenti usciti dalle braccia della famiglia , rimasta in casa a piangere la loro sciagura ! E i veicoli della tortura scomparivano e lasciavano le donne più avvilite di prima . Questa campana ! Si aspettava la campana del soccorso , la campana che doveva far dimenticare ai cellularizzati la smisurata intelligenza malvagia degli uomini , degli uomini che hanno per idealità il male , la campana che consolava lo stomaco di chi mangia poco e male . Fate presto , in nome del Signore . Spalancate il cancello , prendetevi la corba delle vivande divenute fredde lungo la strada , divenute immangiabili aspettando qui sul selciato due ore , tutto un secolo . Siate buoni , siate caritatevoli con le povere donne trambasciate ! Il convoglio degli arrestati che veniva verso il Cellulare a piedi suscitava in ogni seno un orrore indicibile . Non poche donne erano state obbligate a chiudere gli occhi come quando si riceve un ’ ondata di luce in pieno viso . Era una banda che falciava gli ideali di redenzione più modesti . Sfilavano appaiati ai polsi come individui usciti da un porcaio o da un sotterraneo , con le ragnatele sulle spalle , con l ’ umidore nella gonfiezza sotto gli occhi , con i capelli irrigiditi in una zuffa spaventosa . Erano laidi , stracciati , dilaniati dai patimenti . Circondati da questurini , da carabinieri e dai soldati , il loro volto assumeva il colore acceso degli aggressori di strada che stramazzano i viandanti a coltellate . Alcuni , con gli abiti che non avevano perduta tutta l ’ eleganza e con la faccia cadaverica fino alla fronte , davano l ’ idea degli insorti colti sulle barricate colle mani odoranti la polvere . Altri , a piedi nudi , coi gomiti all ’ aria come le ginocchia , traducevano la loro vita grama di poveracci che basivano sul marciapiede e stendevano la mano ai passanti , Le donne si lasciavano commuovere . Alcune singhiozzavano e dicevano che era meglio morire che vedersi trattati come birbaccioni che avevano fatto del male . Altre si mordevano le labbra e si scricchiolavano le dita per reprimere la sensazione che dava loro stille di sudore e faceva loro pulsare le tempie dal disgusto e dalla furia . Non mancavano più che cinque minuti . La calca piegava verso l ’ entrata . La prima fila , spinta dai nuovi venuti che si cercavano un posto al centro tra le proteste generali , andava più di una volta sul cordone militare che non si rompeva . La ragazzaglia aveva dimenticato la tensione dell ’ angoscia generale e si era abbandonata al chiasso , e le donne , le più attempate , che si straccavano a stare in piedi , mormoravano con la voce piagnolosa . Proprio , non si aveva pietà per le donne dei poveri prigionieri . Con tanta gente che soffre e con tanti soccorsi , la direzione non s ’ era commossa . Continuava a ricevere alla stessa ora , nelle stesse ore , come se nulla fosse avvenuto di straordinario . Inzuccherate il veleno , o signori ! Ci farete penare meno , ci farete ! Non ci voleva un gran giudizio per capire che bisognava far porta un po ’ prima . Pazienza ! pazienza ! pazienza ! Sì , pazienza se si avesse avuto il buon senso di mettere alla porta un cristiano che non strapazzasse tutti come tanti servitori ! Ma no ! Ci avevano lasciato quell ’ anticristo di vecchio sciancato che aveva l ’ anima nera con le povere donne . Tutte le volte che si doveva passare sotto un volpone di quella fatta ingrossava il cuore davvero . Era un secondino ripugnante , col collo che si gonfiava come quello del serpente quando va in collera , con la faccia ridotta a una grossa cipolla ammaccata . Bastava spremerla per vederla colare di marcia . Dio non poteva dare del bene a questi mostri verdi come la bile . Respingeva la gente dilatando la gola e dicendo parole che facevano andare il sangue in acqua . Pazienza . Si era nelle sue mani e non c ’ era che dire . Anche quegli altri del soccorso erano buone lane . Non sapevano dove stava di casa la buona maniera . Bastava non aprir bene il canestro o avere dimenticato di fare la lista come volevano loro per vederli dar fuori come vipere . - L ’ ultima volta m ’ hanno mandata a casa la figlia tutta piangente . Era uscita dalla coda per isbaglio . Si sa , una povera tosa non può sapere i regolamenti . L ’ hanno mandata in fila con un codazzo di rimproveri come se fosse stata la loro figliuola ! Forconi ! Non hanno creanza , non hanno . Ci vorrebbe ... Lo so io cosa ci vorrebbe . Acqua in bocca , che i tempi sono tristi . - A me mi è toccato il peggio . Mi hanno lasciato il mio Alberto per ultimo perché non aveva la lista scritta . Noi , povera gente , non si ha tempo di scrivere . Loro hanno un bel dire . Vorrei vederli al nostro posto . La ragione volete che ve la dica io ? Hanno la bocca larga come quella dei coccodrilli e i denti in gola . Quella è la ragione . Ma i miei denari li mangio io . Sissignori , li mangio io . C ’ è già troppo da fare colle disgrazie che ci manda il Signore , per avere da pensare a queste sanguisughe che ci beverebbero tutto il sangue in una volta ! - Se ci fossero delle persone con due dita di testa ci lascierebbero entrare senza farci fare anticamera e senza buttar all ’ aria i cesti come se fosse roba rubata . Tirano fuori tutto , mettono le mani in tutto , cacciano il risotto nel salame , la torta nello stufato , le ciliege nell ’ insalata e l ’ arrosto nella minestra . Ci vuole dello stomaco a mangiare il soccorso . - Non ditelo a me , per amor del cielo , che ho veduto quello che voialtri forse non avete veduto . Ho veduto al di là del terzo cancello come si trattano i cesti . Non ne avete idea . Non ci sarebbe che la morte che potrebbe farmi dimenticare il disgusto che ho provato in quella mattina che ho assistito al tanto scempio . Credetelo , in certi luoghi si ha più considerazione per i torsoli che si gettano ai maiali . Vuotavano i canestri come se fossero stati sacchi di patate . Rovesciavano sul tavolo tazzine , piatti , scodelle , tegami , stoviglie , senza badare se il condimento dell ’ insalata andava sul minestrone o se la marmellata si versava sull ’ arrosto . Erano sgarbati che facevano venire la rabbia . Ma quando si ha bisogno di loro , bisogna tacere . È una grande punizione questa che Dio ci ha mandata . Con lo stesso coltellaccio facevano tutto . Assaggiavano , tagliavano , mettevano sottosopra . Con lo stesso coltello infarinato e impiastricciato di intingoli affettavano la pera , rivoltavano la minestra e il risotto , dimezzavano il pane , facevano in due i limoni , sparavano i polli , dividevano lo stracotto , mettendosi in bocca ora una fetta di coratella , ora una striscia di anitra , tra le risate che facevano male . Riducevano le torte e i pasticci , fatti in casa chissà con quanti sacrifici , in una condizione compassionevole . Siate poveri diavoli e vedrete come è dura la vita . Voi state a casa a darvi del male per mettere assieme un pranzetto come si deve , per il povero diavolo che avete in prigione , correte come una disperata o prendete l ’ omnibus per farglielo mangiare caldo , e poi vedete che tutto va alla malora , che tutto diventa freddo , che tutto si mescola , le cose giulebbate con la carne arrostita nel brodo succoso e la cipollata col fegato nel piatto delle fragole o dei lamponi grossi come le more . Portate le uova fresche per tirar su lo stomaco a chi ne ha tanto bisogno e poi venite a sapere che gli sono arrivate in cella sfracellate , coi tuorli dispersi per le vivande . È una grande punizione questa che Dio ci ha mandata ! Ah sì , non credevo che si potesse penare tanto a questo mondo ! Si fa di tutto per risparmiare i soldi per un cartoccio di tabacco e al colloquio vi si dice che non avete cuore di lasciare il vostro uomo senza una pipata per passare il tempo che non passa mai ! - I sigari o il tabacco , pazienza . Se non si fuma , non si crepa . A me è andato perduto il cesto , una volta dopo l ’ altra , per due o tre giorni . Se non ci fosse stata una buona guardia , mio marito sarebbe morto consunto di fame . Con una pagnotta di regalo ha potuto tirar innanzi e scrivermi per domandarmi se ero morta , se l ’ avevo dimenticato . È stato un vero crepacuore . Gli avevo mandato un pranzo da far risuscitare i morti , un cesto pieno di grazia di Dio , e lui , povero diavolo , era rimasto in cella a straziare il mio nome onorato con delle ingiurie che non meritavo . Avete ragione voi , Antonia . È una grande punizione questa che Dio ci ha mandato ! Finalmente ! I primi rintocchi rovesciarono la folla verso il banco delle guardie . La gente sgomitava , si sbuttonava , si riversava tenendo in alto i canestri , protendendo le borse e i fagotti , pregando di accettare la corba e supplicando gli agenti a essere buoni , che erano lì da un pezzo con la roba gelata . Le guardie non avevano tempo da ascoltare storie . Prima della una dovevano verificare circa mille soccorsi . Prendevano quelli che capitavano loro alle mani , senza guardare e senza commuoversi . Chi non rispondeva sollecitamente alle domande , veniva lasciato col pranzo in mano . Ogni donna era obbligata a dire , in fretta e in furia , nome e cognome del detenuto , il numero della cella , se il padre e la madre erano morti o vivi . - Cella 89 , Giuseppe Agesilao , del fu Pietro e della vivente Teresa Baragni . - Avete fatta la lista ? E il braccio di chi non poteva farla vedere , veniva scansato e buttato dall ’ altra parte . Alla una pomeridiana , le donne giunte tardi o rimaste tra quelle che non avevano potuto consegnare i fagotti , piangevano dirottamente . La campana aveva chiusa la consegna e la campana non aveva budella . Era un grande dolore rifare la strada con il mangiare , dopo aver fatto tanta fatica e avere speso tutto quello che c ’ era in casa per consolare i poveri cristi in prigione . - Aveva ragione Antonia di dire che era una grande punizione questa che Dio ci aveva mandato ! IL DIARIO DI UN MESE DI CELLULARE La mia cella è una fornace . Ho il sole sulla muraglia esterna dal sorgere al tramonto del sole . Subisco una trasudazione che mi snerva . Preferisco però l ’ isolamento alla compagnia della stanza intermedia . Coi miei compagni sarei divenuto uno scemoide . A poco a poco il loro linguaggio antintellettuale e trivialmente sbracato sarebbe divenuto il mio . In otto giorni mi ero già abituato a passeggiare sull ’ ammattonato fracido dei loro sputacchiamenti . Gli habitués del carcere manifestano ogni giorno , alle finestre , i loro rancori contro i cosiddetti rivoluzionari . La polizia ne ha fatte delle retate e l ’ autorità carceraria ha dovuto affollarli nelle celle . Ci accusano di essere gli autori delle loro disgrazie . Dicono che i giudici , in conseguenza dei tumulti , sono diventati eccessivamente severi . Coloro che in tempi ordinarii se la sarebbero cavata con delle settimane o dei mesi , ritornano al Cellulare con degli anni di lavori forzati e di sorveglianza . - La sorveglianza - disse uno di loro - conduce al domino ( domicilio coatto ) . Il capoguardia è uno sbilucione con tanto di pancia . In questo momento è impossibile dire se egli sia un burbero con del cuore o se sia in lui l ’ anima dell ’ aguzzino . Perché il personale di custodia è come invaso dalla paura di riuscire mite . Parla a monosillabi , ha una voce che sente del carceriere e preferisce dire di no ai detenuti che gli domandano qualche cosa . Ieri , dopo tanta insistenza , ho ottenuto il permesso di tagliarmi le unghie vellutate e lunghe . Ma ho dovuto tagliarmele alla presenza di questo omaccione che rintuzza ogni desiderio col regolamento . Il suo ufficio è un bugigattolo in faccia all ’ ufficio di matricola . È in esso che ho avuto il primo colloquio . Il capo metteva la sua faccia tra la mia e quella del mio amico . Ci teneva addosso gli occhi semichiusi e ci interrompeva tutte le volte che tentavamo di parlare degli avvenimenti e di scambiarci notizie che sapevano tutti . Gli ho ridomandato una cella a pagamento per avere il chiaro alla sera , la materassa sulla branda e un tavolino con la scranna . - Ce ne sarebbero così delle persone che vorrebbero questi comodi ! Abbiamo faticato a trasformare una cella a pagamento per don Davide Albertario , venuto qui il 24 . Con un prete non potevamo fare diversamente . Con le guardie occupatissime siamo anzi obbligati a mandarlo al passeggio solo per impedire che qualche mascalzone lo insulti . Si sa , il Cellulare non è un collegio . È suonata la campana che annuncia la distribuzione del pane . I prigionieri la chiamano la « voce di Dio » . È un minuto di raccoglimento . Le finestre diventano quelle di un edificio disabitato . Non si sente più un ’ anima . I detenuti sono all ’ uscio ad aspettare che si apra l ’ usciuolo con la parola che li invade di piacere : « Pane » ! Il distributore che è uno scopino la ripete a ogni pagnotta che passa per il buco . Lo ricevo anch ’ io , ma lo passo , colombando , al delinquente vicino alla mia cella che ha sempre fame . È un ragazzo di diciassette anni , scolorato come un onanista , e già recidivo . L ’ ultimo furto lo ha consumato nello studio del capomastro suo padrone . Egli si aspetta il dibattimento di giorno in giorno . La vita carceraria è fatta per imbestiare le persone più buone e più altamente educate . Dall ’ oggi all ’ indomani si passa dal finimento da tavola alla scodella di terraglia del cane dell ’ accattone orbo . Non c ’ è più biancheria , non ci sono più posate , non ci sono più cristalli , non ci sono più tondi , più tondini , più fruttiere , più portampolle , più insalatiere , più portastecchi . Non c ’ è più che il maiale con un pezzaccio di legno scavato malamente in fondo . Come , o signori , ma io sono un inquisito , sono una persona che deve essere creduta innocente fino all ’ ultima parola della Cassazione , e voi mi punite mettendomi in mano uno scopino disfatto e laido perché mi scopi la cella , e voi mi obbligate , con le mie mani abituate ai guanti , a portare fuori e dentro la mia tana il vasone da notte come un latrinaio qualunque ! No , accidenti , no , mi ribello ! capite , mi ribello ! Voi non siete autorizzati a punirmi . Voi dovete rispettare in me il cittadino anche se fossi uno squartadonne . Ho perduto . Mi è toccato proprio scopare e mettere fuori le porcherie con le mie mani . La guardia al mio no ! di stamane se n ’ è andata chiudendomi l ’ uscio sui piedi . Ella mi avrebbe fatto marcire nella puzza e nel sudiciume . Potevo ringraziare Dio - diceva - che non mi aveva fatto rapporto . I superiori mi avrebbero convinto che avevo torto , con dei giorni di pane e acqua . Sia fatta la volontà degli altri . Ma se divento io direttore generale delle carceri ! .... Noiosi ! gente noiosa ! Sono entrati per la seconda volta i battitori e mi hanno stordito . Battono i ferri delle finestre con un gusto e con dei finali che spaccano la testa . Tirlic - tirlac , tirlic - tirlac , tirlac , tirlac ! Tirlic , tirlac , tirlic - tirlac , tirlac , tirlac , tirlac , tirlac tirlac , lac , lac , lac , lac , lac ! Di che cosa avete paura ? Come è possibile che io possa segare o schiantare i bastoni di ferro se mi avete fatto svestire e se vi siete assicurati che non è a mia disposizione neppure un chiodo ? Se le vostre guardie non sono corrotte , voi potete smettere di sciupare il tempo e il personale per rintronarmi le orecchie ! Mi è rimasto in mano il manico del chiccherotto e la terraglia è andata in frantumi . È come se avessi rotto una caraffa di cristallo finissimo . C ’ è tutto il Cellulare sottosopra . Il secondino di servizio guardò i cocci con aria di sospetto , fece un ’ annotazione e richiuse l ’ uscio . Rividi lo stesso agente con un sottocapo , il quale entrò a dare un ’ occhiatina ai frantumi . - Come avete fatto a romperla ? - Cadde . Me ne faccia dare un ’ altra a mie spese . - Uhm ! Stamattina sono stato chiamato ad « udienza » . Tra le sette e le otto il direttore viene al centro della carcere ; va in una stanza che partecipa della rotonda lambita dagli esagoni e dà « udienza » .. Coloro che si sono fatti iscrivere e coloro che sono stati iscritti a loro insaputa , escono dalla cella al suono della campana che chiama a « udienza » , discendono e si fermano sulla punta del raggio , dove aspettano che Minosse vada in sedia . È una mezz ’ ora che l ’ ho veduto . Il direttore era seduto a un tavolo di cucina , con la faccia sullo sfogliazzo e le braccia sul tavolo come pesi in riposo . Con una mano faceva dei segni rossi in margine al nome e con l ’ altra andava alla ricerca della pagina . - Come avete fatto a romperla ? - Mi restò il manico in mano . Mi entrò negli occhi come per precipitarsi negli abissi della mia coscienza e risalirne con la bugia in mano . - Andate ! mi disse . Ho saputo dopo che ero stato condannato a pagarla . Non sono i venti o i trenta centesimi che mi fanno sprecare l ’ inchiostro . Ma io domando se è giustizia di farmi pagare un chiccherotto che mi si è dato slabbrato e pieno di crepe e che aveva servito a chi sa quanti detenuti . Vi pare , o signor direttore , è giusto che un poveraccio sconti col digiuno un avvenimento che può avvenire a voi , alle vostre figlie , alla vostra signora , alla vostra serva , a tutti coloro che bevono ? Mi tocca proprio dare dell ’ animale all ’ avvocato Guglielmo Gambarotta . È qui nel mio raggio , sullo stesso piano , ha la cella piena di volumi , mi ha lasciato supporre che mi avrebbe fatto fare un ’ indigestione di libri e poi mi tiene qui a penare e ad aspettarli ad ogni piede che passa ! Che la guardia non abbia voluto prenderli ? Ma e la « colomba » , non ha ancora imparato a « colombare » ? Non ho ancora finito di scrivere l ’ interrogazione che sono stato chiamato alla spia da una voce sconosciuta . - L ’ avvocato Gambarotta è uscito . Lo saluta . - Chi siete ? Nessuna risposta . La sua uscita mi lasciò fantasticare . Che si sia incominciata la scarcerazione degli innocenti ? Il passeggio è monotono . È come un ’ altra cella scoperchiata . Il gruppo dei passeggi è di venti raggi che fanno capo a una rotonda di mattoni , circondata di pietre , sull ’ alto della quale è la guardia seduta che sorveglia i detenuti . In direzione opposta i raggi si slargano fino a far posto a una filata di otto uomini , l ’ uno a gomito dell ’ altro . Il cancello dalla parte più larga del passeggio ha un lastrone di ferro che impedisce di vedere il viso di chi passa . I muri divisori sono alti quattro metri , così che i passeggiatori di un passeggio non possono vedere , né capire quello che dicono , i passeggiatori di un altro . In venti raggi passeggiano dagli ottanta ai cento individui . Una volta che i raggi sono popolati , la guardia discende la scaletta che conduce alla sua altura con una manata di fidibus , li accende e li distribuisce , di raggio in raggio , ai fumatori . - Fuoco ! Chiusi tra queste pareti vi accorgete subito che il detenuto che possegga un pezzo di matita lascia traccia della sua passeggiata , quantunque sia proibitissimo insudiciare o scrivere sui muri . In questi segni grafici io non vedo né il grafomane , né il delinquente . Vedo semplicemente l ’ individuo che dice sul muro quello che non può dire su un pezzetto di carta . Supponete che un condannato di ieri possa credere che i suoi amici , oggi o domani , passeranno per lo stesso passeggio . Non esiterà un minuto a scrivere : « Amici , salute . Condannato a 14 anni e otto mesi . Uscirò il 1913 . Coraggio ! Salutatemi la Nina . Addio » . Si è detto che la muraglia è il libro della canaglia , perché vi si leggono ideacce che non possono nascere nel cervello dei galantuomini . È dubbio . Io vorrei vedere costoro per qualche anno nello stesso ambiente . A nessuno di noi , liberi , viene in mente di scarabocchiare sui muri i « morte al boia ! » State in prigione e vi vedrete un giorno o l ’ altro trascinati a manifestare il vostro odio contro la spia che vi avrà denunciato , o al giudice per salvarsi , o alla guardia per ingraziarsela , o al direttore per ottenere qualche favore . Le stesse guardie carcerarie , le quali sovente sono vittime dello spionaggio , partecipano di questo sentimento che erompe e trova il suo sfogo sulle muraglie delle casematte , degli ergastoli , dei bagni di tutto il mondo . In Francia i delatori sono perseguitati sulle muraglie come in Italia . - « Mort aux vaches ! » Ci è toccata la prima ora di passeggio . Si esce volentieri alla mattina , specialmente quando si ha avuto una notte fosforescente come quella passata . Non sarebbe mancata che l ’ imprudenza di un solfanello per metterci in mezzo alle fiamme . I miei compagni sono quelli di ieri . Passeggiavano col piacere delle persone che godono mezzo mondo a sentirsi in mezzo all ’ aria fresca . Il detenuto che ha i capelli ritti come setole piantate nella testa , spingeva innanzi la faccia per sentirsela alitare sugli occhi . Andavamo in su e in giù fumacchiando e sparlando della direzione . Un compagno ci raccontava che in un libro , che gli aveva prestato il cappellano , era detto che al bagno di Tolone i forzati avevano due arie di un ’ ora ciascuna . Qui invece ci si lesina anche quella poca ora regolamentare . Col sistema della direzione che ci conta l ’ ora dal primo tocco della campana d ’ uscita al primo tocco della campana d ’ entrata , il prigioniero del Cellulare non sta mai a passeggio più di cinquanta minuti . Non c ’ è errore e ve lo dimostro . Siamo in un raggio di cento persone . Ci sono due o tre guardie di servizio . Le celle non si possono spalancare che tirando indietro il catenaccio . Mettete quattro o sei mani ad aprirle tutte , e poi ditemi se gli ultimi non devono uscire otto o dieci minuti dopo . La rientrata ha gli stessi inconvenienti . Perché i primi a uscire sono anche i primi a rientrare . Il regolamento non è oscuro . Dice chiaro e tondo che ci si deve , nei giorni feriali , « almeno un ’ ora » e maggior tempo « alla domenica » . Invece alla domenica ci si rubano degli altri minuti . Nei giorni domenicali non si sta mai a passeggio più di tre quarti d ’ ora . La ragione è che si aumentano i servizi con lo stesso personale di sorveglianza . È facile capire perché non si protesta . Prima di tutto non è possibile trovarsi d ’ accordo in un carcere che ha tanti detenuti che vanno e vengono in un giorno . Poi si farebbe del male alle guardie che stanno più male di noi che abbiamo svaligiato o assassinato qualcuno . Hanno un servizio di diciassette o diciotto ore sulle ventiquattro e pagano , con le trattenute sullo stipendio ridevole , i pisolini notturni , e le mancanze che fuori di questo luogo farebbero storcere le budella dalle risa . La barba lunga mi ha sempre fatto schifo . Al largo me la faccio radere una volta al giorno . In questo periodo di Bava Beccaris ho dovuto lasciarmela crescere quattordici giorni . I peli mi pungevano come tante pagliuzze . Adesso sono sbarbato e non mi pento . Ma vi so dire che ho passato un brutto momento . È entrato nella mia cella un uomo che mi pareva avesse gli occhi lucidi del bevitore . Il suo alito puzzava di grappa e le maniche della sua giacca sucida erano lastricate del pattume del mestiere . A ogni movimento sputava in terra la saliva negra della cicca che egli rivolgeva come un boccone sotto i denti . Mi ha messo al collo uno straccio sporco come un cencio di cucina . Gli aveva servito per sbarbare un raggio intiero . A ogni rasoiata sudavo come sotto un ’ operazione chirurgica . Avevo sempre paura di vedermi cadere .. una sleppa di carne insanguinata . Sbatteva sul pavimento , che avevo reso lucido con le mie braccia , le ditate della spuma coi peli che si era accumulata sul suo rasoio . Il suo modo era spiccio . Dalla eminenza dello zigomo passava per la guancia come una strisciata di rasoio . Lascia peli dappertutto , specialmente dove il rasoio non può scorrere liberamente , come nella pozzetta del mento . Mi brucia la pelle della faccia come se fosse stata scorticata e ho ancora per il naso l ’ odore putrilaginoso del suo sapone orribile . NOTERELLE DEL MIO AMICO ALLA MATRICOLA Maggio 1898 So quanto deve avere sofferto in una stanza con degli altri di un ’ altra condizione . Ma non ho potuto aiutarla . Dalla sua entrata sono avvenute cose incredibili . Il personale di custodia è terrorizzato . Noi scrivanelli non abbiamo più modo di entrare nei raggi dei politici . L ’ Astengo se n ’ è andato . Era un direttore umano . Il suo delitto è di avere permesso ai più grossi detenuti politici di pranzare insieme . Siccome non ci sono locali sufficienti e siccome anche nella cella i prigionieri sono appaiati per mancanza di spazio , così non si capisce il rigore della direzione carceraria di Roma . Provvisoriamente ha preso il suo posto l ’ ispettore De Luca . È uomo di cuore . Se ce lo lasciano non abbiamo perduto nulla . Ha fatto migliorare il vitto e non punisce che quelli che vogliono proprio essere puniti . È la prima volta che mi capita di vedere una testa direttiva che riconosce i diritti dei carcerati . Di solito i direttori dei nostri giudiziari sono un po ’ come i direttori delle caserme dei forzati in Siberia , descritti dal Dostoïewsky - un autore che non mi lascia mai uscire dalla tristezza . Individui che hanno sempre bisogno di passare sul regolamento per schiacciare qualcuno o levare qualche cosa a qualcun altro . Ho ricevuto la sua noticina . Si fidi pure . È un uomo che per me andrebbe nel fuoco . La guardia che sorveglia la sua cella non è cattiva , ma dice tutto quello che avviene nel suo raggio . È dunque pericolosa . Non ci sono stanze a pagamento a pagarle un occhio . È inutile strepitare . Procuri di adattarsi . Sono momenti eccezionali . Il suo pranzo è andato per due giorni in qualche altra cella . Si consoli che lo avrà mangiato un povero diavolo . La confusione è inevitabile . C ’ è una media di settecento soccorsi al giorno . Si raccomandi alla madonna perché non le capiti qualcosa di peggio . Va bene , va bene . Dia sempre retta ai miei suggerimenti . Io la so più lunga di lei e non lo dico per vantarmi . Lo dico perché la mia esperienza è più lunga della sua . Ascolti attentamente . Un buon prigioniero deve essere sempre pronto a subire la perquisizione . Ravvolga i miei fogliolini nella carta incerata che le mando e appenda il sacchetto dove la camicia è più nascosta . In queste giornate di sorprese è una precauzione necessaria . Sugli arrestati di maggio non posso giovarle molto , perché una volta registrati noi non abbiamo più alcuna comunicazione con loro . Il giorno sette , cioè sabato , eravamo qui che aspettavamo , di minuto in minuto , gli arrestati della giornata . Ma non abbiamo registrato che quattro imputati di delitti comuni , completamente estranei ai tumulti . Non ricordo bene la data dei primi rivoltosi capitati al Cellulare . So che i primi sono entrati alle sei ore mattina , la seconda o terza giornata che fosse dei tumulti di Milano . Erano gli arrestati di Porta Ticinese . Sono giunti in uno stato da far pietà ai sassi . Erano stati trattenuti , nella caserma di S . Eustorgio , più di quarant ’ ore colle manette ai polsi . È un po ’ troppo . Non siamo mica in Russia . La mia speranza era il dubbio . Non volevo credere che ci fosse gente con tanto di pelo sullo stomaco . Ho interrogato coloro che li avevano accompagnati al Cellulare . Il fatto è vero . Le autorità militari , senza locali adatti , avevano dovuto assicurarsi dei barricatisti con le manette . Poca gente di buono e fra loro parecchi già noti ai nostri registri . Il grosso convoglio degli arrestati è stato quello di domenica . Parlo sempre delle quattro giornate . Era accompagnato dal delegato Birondi . Egli entrò nella nostra stanza smorto che faceva paura . Ci si diceva che aveva sofferto orribilmente a passare per le vie con tanti arrestati e cogli ordini severi che avevano soldati e agenti di P . S . Un molla ! molla ! di qualche matto al largo poteva far nascere chi sa che tragedia . Tra gli arrestati c ’ erano il deputato De Andreis , il direttore dell ’ ltalia del Popolo , l ’ avvocato Federici , Valentini , ex direttore della Sera , Ulisse Cermenati dell ’ ltalia del Popolo e il professore Gilardi del Secolo . Lunedì ho registrato gli onorevoli Turati e Bissolati e la dottora Anna Kuliscioff . Il Turati , non appena libero dalle manette , ci disse che non era nuovo ai nostri registri . Era stato qui , non so quando , a scontare una sentenza per un reato di stampa . L ’ avvocato Leonida Bissolati , direttore dell ’ Avanti ! , parla con la grazia di una signora altamente educata . È tutt ’ assieme una faccia intelligente ammantata di un ’ ombra spirituale . So che ha tradotto Carlo Marx con un suo amico cremonese . Ma non ho mai potuto leggerlo . Non c ’ è ancora nella nostra biblioteca . Se avrà occasione di vederlo me lo saluti tanto e gli dica della mia simpatia per lui . La dottora venne registrata dopo . Io non l ’ ho veduta . Ma mi s ’ è detto che essa è venuta qui in vestaglia . È stata arrestata alle cinque del mattino in casa sua e non le si è dato tempo neppure di acconciarsi alla meglio . La sua guardiana mi ha raccontato che la prima cosa che fece in cella fu di accendere una sigaretta . Ho saputo che è una fumatrice instancabile . È avvenuto quello che doveva avvenire . Coi continui arresti non sappiamo più dove mettere gli arrestati . Ieri eravamo 1048 . Il numero eccessivo ha obbligato il direttore a ficcarne , parecchi , tre per cella , coi pagliericci in terra . Fortuna che non fa troppo caldo . L ’ ultimo pesce grosso che registrai fu don Davide Albertario . È alto , dalle forme erculee . Venne da San Fedele con una comitiva di venti individui della peggior specie . Quasi tutti recidivi . Per impedire agli screanzati di dirgli qualche insolenza , il direttore lo manda al passeggio solo . Mangia bene e riceve il pranzo e la colazione da una trattoria esterna . Fuma anche lui come un turco . Dopo alcuni giorni gli concessero , come ai deputati e ai giornalisti , carta , penna e calamaio . Scrive tutto il giorno ed è sempre in nota per della carta . Deve essere un grafomane . Domenica si sarà accorto che diceva messa un ’ altra voce . Il cappellano Enrico Villa è stato sospeso e non può più mettere piede nel carcere .. Al suo posto officiava un frate . Lei sa che io sono religioso e può darsi che pecchi d ’ indulgenza . Ma credo che sia impossibile trovare un cappellano come don Enrico . Era un sacerdote che adempiva al suo ministero con entusiasmo . Lo si vedeva andare e venire come il moto perpetuo . Appena uno era in cella , andava a trovarlo , a consolarlo , a incoraggiarlo . Non lasciava mai alcuno senza libri e diceva a tutti parole che aiutavano a tirare innanzi la vitaccia del cellularizzato . Il nuovo direttore è tra noi come un flagello . Non dissimula . È una sovrapotenza assoluta , arricchita dalla funzione di punire . È in lui come una spaventevole rettitudine . Respira il dolore degli altri come una donna virtuosa la spiritualità dell ’ incenso . La sua vanteria è di essere il direttore che ha fatto mangiare , come si esprime lui , più cella di rigore ai detenuti di tutti i direttori d ’ Italia . Le guardie che vogliono entrare nelle sue grazie devono dargli ogni mattina prova del loro zelo . Non si sono mai visti tanti puniti a pane ed acqua come in questi giorni . Se qualcuno si lamenta dicendo che la sua infrazione non è di quelle punibili col regolamento , il direttore gli risponde , in modo piuttosto brusco , che il regolamento interno del carcere lo fa lui , perché ne è il giudice e il responsabile . Il mio compagno all ’ ufficio di matricola è stato castigato stamane con dieci giorni di camicia di forza . La sua mancanza era grave . Aveva dato uno schiaffo a un collega che lo aveva accusato di poltroneria in questi giorni che non abbiamo avuto tempo neanche di dormire ! Era qui con me da diciannove mesi . Lavorava come un negro ed era forse , tra noi , il più intelligente . Dopo un semestre di tirocinio gratis il suo « stipendio » , per un lavoro di diciotto ore sulle ventiquattro , era di dodici lire il mese . Aspetti a dire che non c ’ era male . Perché il governo , sulle dodici lire guadagnate dal detenuto , se ne prende sette e venti . Non ho mai capito perché il governo si trattiene sui guadagni dei carcerati il sessanta per cento . Per me è una truffa . E lo dirò sempre , anche se si tenterà di convincermi del contrario , come si è già fatto , mettendomi nella camicia di forza . Rubare al detenuto è il più delittuoso dei delitti . Non le pare ? La camicia di forza è di tela grossolana come quella delle brande dei soldati e va giù fin quasi alle ginocchia . Gli occhielli per stringervi il condannato al supplizio corrono per il dorso da una estremità all ’ altra . Le maniche non hanno uscita per le mani . Il supplizio maggiore è intorno al collo . È una tela rigida che lo sega . Se le guardie incaricate di chiudervi l ’ individuo non sono umane , la camicia di forza diventa una vera tortura . Io credevo di non arrivare alla fine . Vi respiravo con una fatica rantolosa e lo stringimento mi dava una molestia che mi faceva impazzire . Dopo qualche ora passata con le braccia legate sulla schiena , come Gesù Cristo , diventai furioso . Gridavo , mi rotolavo per il suolo della cella buia e sotterranea con degli sforzi per liberarmi dal camiciotto che mi dava un tormento spasmodico , ma nessuno veniva a calmarmi o a vedermi . Non fu che il sonno che mi diede un po ’ di requie . Molti dei condannati al camiciotto che sopprime ogni movimento , implorano la commutazione del castigo . Preferiscono un periodo più lungo di camerella con pane e acqua alla tela che pigia le carni su se stesse con intendimenti assassini . Ma è difficile che si riesca ad ammansare i direttori . La clemenza non è il loro forte . Ho conosciuto un detenuto , imbestialito dagli spasimi atroci , che portò via coi denti un pezzo del tavolato sul quale doveva dormire . La maggioranza tace . Essa soffre il supplizio senza mandare un lamento . Ci sono individui che si farebbero attanagliare piuttosto che domandare perdono al loro carnefice , come ci sono nature che possono resistere a tutte le pene dell ’ inferno . Il regolamento è meno scellerato dei loro interpreti . Esso dà dei riposi anche alla camicia di forza e ingiunge che dopo quarantotto ore consecutive rimanga inoperosa per ventiquattro . Le infrazioni di poco conto , come le infrazioni al silenzio , sono punite secondo il sistema del direttore . LA PAGINA INTIMA DEL PROCESSO AI GIORNALISTI Il processo dei ventiquattro è stato chiamato dei giornalisti per fare del lusso ( ) . In verità , i giornalisti rappresentavano la minoranza . Tanto è vero che ciascuno di loro leggeva l ’ atto d ’ accusa facendo tanto d ’ occhi . - Come , che c ’ entro io con costoro ? Si conobbero , o almeno si videro , alle tre del mattino del 15 giugno 1898 , nella stanza ove si « caricano e si scaricano » gli arrestati che vanno e vengono dal Cellulare . Fuori e dentro c ’ era ressa di carabinieri silenziosi , tetri , colle mani piene di ferri . Il loro capo era un capitano con l ’ occhialino nel cavo dell ’ orbita , con una cera accigliata , con due baffi marziali , che passava da una parte all ’ altra , col frustino in mano , facendo risuonare gli speroni degli alti stivali alla scudiera , mentre assisteva all ’ ammanettamento . Romussi pareva un po ’ più ingrigiato . Era ilare , salutava gli amici e presentava i polsi al suo ammanettatore con la faccia illuminata dal sorriso . I carabinieri giovani che adempivano a questo servizio erano più spietati dei vecchi . Continuavano a dare dei giri anche quando si diceva loro che i polsi facevano sangue . Don Davide era conosciuto da tutti , ma lui , personalmente , non conosceva che l ’ avvocato Romussi , Valera e Zavattari . Non si capiva se era seccato in mezzo a tanti ignoti che lo guardavano come una bestia rara . Il capitano lo squadrò dal capo ai piedi , gli girò intorno col fare di un domatore di belve , e si voltò dall ’ altra , parte percotendo leggermente lo stivalone . Si capiva che l ’ aveva su coi preti o che ci aveva gusto a vederne uno nelle peste . Don Davide pareva imbronciato . Rispondeva al buon giorno di qualche amico con la voce grossa di chi è in collera con se stesso . La sua veste talare ambrosiana e il suo paltò di panno nero sentivano il bisogno di parecchie spazzolate . Indossava la veste , cinta dalla fascia di seta nera , dal giorno in cui dieci tra carabinieri e soldati di linea entrarono nella casa paterna di Filighera ad arrestarlo . Il suo paltò polveroso era stato buttato nell ’ angolo della cella dal momento che vi era entrato . L ’ avvocato Bortolo Federici , noto a molti come repubblicano , attirava l ’ attenzione di parecchi per il suo cappello Oberdan nero , sopra un « completo » caffè scuro . Zavattari era abbattuto , dimagrato , colle guance infossate e biancastre e con le mani che tremavano come se avesse avuto la febbre . A uno degli arrestati , che aveva dato il buon giorno , rispose che era ammalato , gravemente ammalato e che , se non lo si lasciava andare presto , sarebbe morto in prigione . Fu una nota che diffuse un po ’ di tristezza in coloro che gli erano vicini . I carrettoni che li portavano al Castello erano nicchie che obbligavano gli ammanettati a stare con le labbra ai fori della respirazione . Smontarono nel cortile ducale pallidi come cadaveri . Il primo a discendere fu del Vecchio , un omettino che nessuno , prima dell ’ accusa , aveva sospettato che fosse un leone capace di arringare la folla sulle barricate . Girava gli occhi come trasecolato . Non sapeva trovare una parola e non seppe trovarla neanche al processo . Accompagnati da molti carabinieri , si fecero passare in mezzo a due file di soldati a salire per le scale anguste , al primo e al secondo piano , disperdendoli per gli stanzoni anticamente occupati dalla Corte degli Sforza . Lungo la ringhiera del primo piano , avevano messo Chiesi , Seneci , Cermenati , Federici , Valera , Lallici , Ghiglioni , Romussi . Al secondo piano , Lazzari , Valsecchi , Zavattari , qualche altro socialista , parecchi anarchici e il direttore dell ’ Osservatore Cattolico , il quale occupava la stanza N . 10 , colla finestra sul tetto che gli lasciava entrare l ’ aria , il vento e la pioggia . Il primo temporale della seconda notte lo obbligò a salvarsi dall ’ acqua torrenziale che lo aveva sorpreso in letto in mutande . I buchi al centro degli usci dei ventiquattro processandi permettevano di andare cogli occhi negli stanzoni in faccia , gremiti di arrestati . Davano a volte l ’ impressione di un immenso lazzaretto pieno di colerosi , e a volte di lunghi corridoi affollati di insorti che agitavano entusiasticamente i cappelli , i fazzoletti e le mani . All ’ uscio di ciascuno dei ventiquattro , era una sentinella . Al minimo rumore che la seccava , metteva la bocca al buco e diceva : - Eh , fate silenzio o vi mando dentro una pallottola ! Più di uno degli arrestati , per proteggersi dalla « pallottola » , , è stato obbligato a far chiamare il capoposto . Don Davide , che non ha mai avuto paura di farla a pugni con coloro che lo hanno insultato e come uomo e come prete , nella sua stanza si sentiva a disagio . Temeva sempre che un Misdea qualunque o una sentinella che esagerasse nella consegna lo allungasse cadavere . Una sera , mentre passeggiava fumando un virginia , una sentinella , che doveva essere anticlericale , continuava a perseguitarlo dalla spia dicendogli di non fare fracasso , di buttare via il sigaro che era proibito fumare e di andare a letto se non voleva che ve lo mandasse lui . Il sacerdote , che non aveva angolo che non fosse visibile alla bocca di fuoco , venne preso da una specie di panico che lo obbligò a chiamare ad alta voce il capoposto , il quale , per fortuna , era un chierico . I ventiquattro , dopo dieci ore di processo , ritornavano in camera sfiniti o stracchi morti , mangiavano un boccone e si buttavano sul pagliericcio con la speranza d ’ addormentarsi subito e dimenticare ciò che avevano sentito nella giornata . Le venti o trenta sentinelle , alla distanza di pochi passi l ’ una dall ’ altra , alle otto precise incominciavano a gridare con delle voci sgangherate : Sentinella all ’ ertaaa ! - All ’ erta stooo ! Sentinella all ’ ertaaa ! - All ’ erta stooo ! - Sentinella all ’ ertaaa ! - All ’ erta stooo ! - Sentinella all ’ ertaaaaaaaa ! - all ’ erta stoooooooo ! - Sentinella all ’ ertaaaaaaa ! - All ’ erta stooooooooooooooooo ! Una voce seguiva l ’ altra con degli o e degli a larghi che spesso morivano nell ’ aria come un ’ agonia e talvolta si rompevano con un fracasso che metteva sottosopra il cervello dei detenuti che non potevano dormire . E dopo dieci o quindici minuti di riposo , ricominciavano a gettare le voci per lo spazio più sgangherate di prima . Gli accusati si alzavano al suono della campana con le occhiaie della gente che patisce d ’ insonnia . Il direttore del Secolo , che non può dormire che al buio e in luogo tranquillo , tormentato dalle grida degli incappottati , si voltava e si rivoltava anche quando aveva preso un po ’ di solfonal o di trional . Il Chiesi , che non sa leggere in letto perché gli si chiudono subito gli occhi , in Castello aveva dei momenti di disperazione perché non gli si concedeva il riposo notturno . Ulisse Cermenati , che sa stare ritto sulle gambe , andava al processo dinoccolato e pieno di sonno , e Federici raccontava agli amici che accendeva , spegneva e riaccendeva il lume con dei tentativi di passare la notte leggendo . Si credeva che il processo fosse ancora più sommario di quello che è stato . E ognuno che aveva qualcosa da dire si era alzato nell ’ ultima notte prima dell ’ alba , col permesso del capoguardia , a buttar giù qualche nota . Alcuni dei ventiquattro avrebbero voluto che si fosse andati al Tribunale col proposito dell ’ on . A . Costa , quando era tra gli arrestati al Cellulare . Lasciarsi trascinare dinanzi il Tribunale di guerra senza dire una parola . Ma quest ’ idea non ha potuto prevalere , un po ’ perché non si conoscevano tutti , un po ’ perché nessuno poteva comunicare coll ’ altro e un po ’ perché gli accusati appartenevano a diversi partiti in lotta fra di loro . Valera , andata a male la proposta del silenzio , credeva che sarebbe stato utile , per suo conto , di servirsi del sistema di O ’ Donovan Rossa , cioè di guadagnar tempo e provare , con la lettura dei documenti sparsi per i libri e per i giornali , che l ’ Italia era gravida di socialismo . Ma il tampone presidenziale gli è stato messo in bocca tante volte che dovette sedere come un uomo letteralmente imbavagliato . Il sistema di O ’ Donovan Rossa , il quale , tra parentesi , non era ancora il capo dei dinamitardi , era di valersi del Tribunale per far conoscere al popolo la condizione del suo paese e protrarre il giorno della sentenza con la lettura della storia irlandese attraverso gli ottantatrè Acts o leggi eccezionali , che avevano coercizzata la nazione per punirla di domandare con insistenza la libertà che avevano gli Inglesi . Dopo tre giorni il giudice tappò la bocca al feniano , ma il suo sistema divenne un ’ arma poderosa nella Camera dei Comuni , ove i parnellisti costringevano i deputati coercizionisti ad assistere a delle sedute parlamentari che duravano perfino quarantadue ore e impedivano ai ministri , per delle settimane e dei mesi , di far votare i bills che dovevano imbavagliare gli Irlandesi . Don Davide , che era sempre stato tenuto separato dagli altri e che anche al Cellulare si mandava al passeggio da solo , si era preparata un ’ autodifesa di circa venti o venticinque fogli da protocollo , per provare , con grande semplicità , la sua innocenza . Cominciava dal dire di ignorare il perché era stato arrestato , carcerato e condotto al Tribunale , e tirava via affermando che , né direttamente , né indirettamente , aveva mai preso parte ai tumulti . « Non solo , diceva egli in terza persona , né indirettamente , né direttamente non ha preso parte a tumulti , ma sempre in vita sua usò dello scritto e della parola per l ’ ordine nella religione , maestra di rispetto , fonte di civiltà e di proprietà . Lo stesso avvocato fiscale che lo incolpa di fini speciali , confessa di non sapere il perché lo si perseguita . Fini speciali ? Dunque , non connivenze con altri partiti , ma un ’ azione solitaria . Quale ? Repubblicana , no ; socialista , no ; dunque ? Distruzione dell ’ Italia attuale e ricostituzione del poter temporale del papa ; questo , suppone l ’ accusatore . Ora , questo è assurdo , perché don Davide Albertario in proposito ha per programma di attenersi a quello che gli altri poteri , l ’ ecclesiastico e il laicale , concertino tra di loro . « Domando dunque , concludeva don Davide , che mi si lasci libero al mio lavoro benefico , al mio altare , alla mia famiglia . Sono cittadino e sacerdote e scrittore che ha fatto il suo dovere . Non rapitemi la libertà . L ’ onore , né voi né nessuno me lo rapiranno giammai . Rimandatemi al mio luogo di lavoro » . Romussi , che , come tutti sanno , è un lavoratore instancabile , si era alzato alle due antimeridiane a gettar giù cartelle sopra cartelle , dolendosi , di tanto in tanto , di non avere avuto con sè la collezione del Secolo per poter documentare la sua vita di giornalista . Ciononostante , scrisse un mucchio di cartelle che sono state distrutte o perdute . Al Castello vi doveva essere un raccoglitore di manoscritti . Perché di tanto in tanto si sentiva qualcuno dei ventiquattro lamentarsi di avere smarrito dei foglietti pieni delle idee che intendeva svolgere al Tribunale militare . Don Davide fu il più sventurato di tutti . Perché , oltre all ’ avere sciupata la fatica per l ’ autodifesa , trovò che una mano ignota gli aveva involato dalla valigia un manoscritto ch ’ egli aveva preparato nelle lugubri giornate al Cellulare e che intendeva pubblicare subito dopo la sentenza . Egli ha potuto far avere a me una di queste cartelle , scritta con una calligrafia quasi femminile e piena di parole feroci contro quelli che chiama i suoi delatori . La cosa più noiosa durante gli otto giorni di processo erano le manette . A tutti noi si mettevano i ferri quando si usciva dalla stanza per andare al tribunale nel cortile della Rocchetta , quando dal tribunale si era accompagnati nella stanza a far colazione , quando ci si riconduceva sul banco degli accusati e quando ci si riconsegnava al secondino per essere chiusi in prigione fino all ’ indomani alla stessa ora . Lungo il passaggio tra un cortile e l ’ altro , v ’ era sempre folla . In quello ducale , era una siepe di ufficiali che amavano vedere da vicino queste persone pubbliche che avevano scritto delittuosamente nel giornale socialista , repubblicano , radicale , liberale , cattolico . In quello della Rocchetta , era la moltitudine , composta di curiosi , di amici , di preti , di soldati , che sgomitava per mettersi in prima fila a vedere , salutare , commuoversi , piangere . Si vedevano persone che si tergevano le lagrime col dorso della mano , persone che agitavano il cappello per dir loro : coraggio ! e persone che levavano in alto le mani giunte per tradurre la loro desolazione . La prima volta che riattraversavano il cortile della Rocchetta per salire a colazione , vi fu un fotografo che sentiva indubbiamente la prepotenza della funzione del giornalismo moderno di riprodurre la vita sociale illustrata . Si staccò da un capannello e si presentò colla sua macchina sullo stomaco dinanzi i primi due dei ventiquattro , i quali erano il direttore del Secolo e il direttore dell ’ Osservatore Cattolico colle mani legate assieme . Romussi si mise un braccio attraverso il naso e don Davide si tirò il cappello sugli occhi voltandosi di fianco - entrambi per tradurre la loro indignazione e per impedirgli di esercitare la sua professione . Anche adesso che correggo le bozze mi duole di questo loro scatto antigiornalistico . Perché ci hanno soppresso uno dei documenti più preziosi delle giornate di Bava Beccaris . Se fossi direttore di giornale vorrei che tutti i miei corrispondenti avessero l ’ audacia del fotografo giornalista . Allora sarei sicuro che il mio quotidiano sarebbe il primo quotidiano d ’ Italia . Tra la folla degli avvocati accorsi a dare l ’ ultimo addio ai condannati , si distingueva il Majno che camminava con l ’ ombrello in una mano e il cappello nell ’ altra , salutando dappertutto : « Addio , Chiesi , ciao , Federici , coraggio , Romussi , sta allegro , Valera , arrivederci presto , don Davide , ecc . » . Nei suoi addii era lo strazio di un avvocato e di un amico reso impotente dalla legge marziale . Questa traversata fu un attimo solenne , indimenticabile che fece piangere più di uno dei diciannove che ritornarono in camera carichi di mesi e di anni . La Kuliscioff non ha mai partecipato a questi strazi e a queste consolazioni , perché la sua residenza rimase sempre al Cellulare . Ne veniva e vi ritornava in brougham , vestita di nero come un funerale . Il suo contegno è stato di donna equilibrata . Nelle poche parole che le si permise di dire , non si occupò che delle sue idee marxiste . Il resto sembrava per lei estraneo . Di tanto in tanto si assentava per fumare una sigaretta . D ’ altronde , non era la prima volta che essa passava delle giornate in prigione . Era già stata nelle carceri parigine e poi per più di due anni nelle prigioni d ’ Italia . Poche ore dopo la sentenza , gli anarchici vennero mandati a Finalborgo , e i giornalisti partirono il giorno seguente , cioè alle 11 della sera del ventitrè . Alla Stazione Centrale , c ’ era una folla enorme ch ’ era riuscita a sapere l ’ ora della partenza . Ma i carabinieri fecero entrare i condannati dalla parte opposta - evitando di passare sulla prima piattaforma , piena di amici che volevano salutarci . Tra gli intimi di Romussi , vi era il professore Pietro Panzeri , direttore dell ’ Istituto dei rachitici , che piangeva come un ragazzo . Il vagone cellulare era nuovo e pennelleggiato di fresco . Perdeva un odore di vernice che faceva turare il naso . Don Albertario , grosso come era , non riuscì a mettere il piede sul predellino che aiutato . Nello sforzo gli cadde il cappello da prete : istintivamente tentò di raccoglierlo , ma si avvide tosto di essere ammanettato ed alzò gli occhi al cielo . Nessuno disse una parola . Pareva che la vita fosse finita sul montatoio . Ciascuno , ravvolto nel proprio dolore come in un mantello , sentiva gli strazii delle famiglie che singhiozzavano sotto la tettoia . IN VAGONE CELLULARE Viaggio notturno da Milano a Finalborgo la notte dal 24 al 25 giugno 1898 . Mentre i carabinieri si preparavano a metterci i ferri per avviarci alla casa di pena a scontare le sentenze militari , ciascuno di noi pensava , involontariamente , al carrozzone che ci doveva condurre dal Castello alla Stazione Centrale . Nessuno di noi aveva potuto dimenticare la nicchia nella quale , venendo dal Cellulare , aveva subìto , per più di mezz ’ ora , lo strazio di pencolare tra la vita e la morte per mancanza d ’ aria ! I ferri ci distrassero . I carabinieri adempivano alla funzione di ammanettarci , incalzati dal « fate presto ! » del tenente dei carabinieri , che ci guardava con la caramella nell ’ occhio . L ’ ordine era di ammanettarci a fior di pelle . E chi si lamentava riceveva la buona misura di qualche altro giro di vite . Io protestai . Dissi che non era possibile che ci fosse ordine di stringerci i polsi fino a farceli sprizzare di sangue . Mi si fece tacere , assicurandomi che alla stazione mi sarebbero stati allargati . Chiusi nel carrozzone , credevamo di morire . C ’ era un fetore che dava il capogiro . La cella era angusta , buia , col sedile di legno cosparso di crostini di pane e coi fori per l ’ aria che parevano tappati . Il veicolo ci sballottava in un modo crudele . Quando le ruote sussultavano sui sassi o attraversavano i binari , ci sembrava che il carrozzone stesse per rovesciarci sulla strada . Non abituati a questi viaggi di punizione , sognavamo il treno . Alla stazione ci si fece discendere passandoci sotto l ’ ascella , a zig - zag , una catena che ci teneva uno dietro l ’ altro e ci impediva di pensare alla fuga . Per scappare bisognava che il condannato si trascinasse dietro tutti gli altri . Eravamo così male informati sul trasporto del bestiame di galera , che credevamo sul serio che ci avrebbero fatti viaggiare in un vagone di terza classe . Invece fummo disillusi non appena ci trovammo in quella specie di corridoio lungo due filate di celle . A mano a mano che si saliva , si veniva spinti e incassati dal carabiniere che aspettava il condannato dietro l ’ uscio . L ’ operazione di cellularizzarci veniva fatta in un modo fracassoso . Si schiudevano gli usci con collera , si bestemmiava contro i catenacci che cigolavano senza andare avanti o indietro , si ingiungeva il silenzio con degli imperativi brutali a coloro che volevano sapere dove diavolo ci si mandava , e si sbattevano sulla faccia gli usci come tanti schiaffi ribaldi . Rimanemmo per qualche minuto sbalorditi . Io mi trovavo in una cella di mezzo , tra Romussi e don Davide Albertario . Chiesi era in faccia al direttore del Secolo e io potevo vederlo , attraverso la ferriata , di profilo . L ’ avvocato Federici era in una delle prime celle della fila a destra e gli altri , compresi due che non conoscevo , erano sparsi nelle celle in fondo . Aspettavamo con ansia che venissero a liberarci le mani indolenzite dal peso del ferro che diventava sempre più enorme . Faceva un caldo eccessivo . Nella tana inverniciata il giorno prima , coll ’ uscio sulle ginocchia che non ci permetteva né di allungare , né di incavalcare le gambe , si respirava un ’ aria pestilenziale e si sudava come in un forno . L ’ indugio del treno a mettersi in moto era per noi un vero supplizio . Speravamo che , lanciandosi nello spazio , folate d ’ aria sarebbero venute ad attutirci la sete e a rinfrescarci la faccia . Finalmente il treno si era mosso . La lentezza e le prime fermate ci fecero capire ch ’ eravamo attaccati a un treno omnibus . Il treno , che s ’ incammina adagio adagio e sosta a tutte le stazioni , diventa una tortura per i poveracci calcati nelle nicchie che lasciano respirare a disagio e intetrano l ’ ultima scena dei condannati sulla via della espiazione . Invece delle buffate d ’ aria fresca che non venivano , né potevano venire , perché il nostro vagone era l ’ ultimo e aveva le aperture in faccia a due altri , fummo obbligati a incominciare una lotta disperata contro l ’ usciuolo dell ’ inferriara a scacchi , che si chiudeva e minacciava di soffocarci a ogni scossa . - Signori carabinieri , facciano il piacere di fermarci l ’ usciuolo ! I signori carabinieri non potevano essere umani con noi , perché avevano ricevuto ordini imperiosi di essere severi e perché temevano , a ogni stazione , di trovarsi alla presenza di qualche ufficiale incaricato di « dare un ’ occhiata ai polli nella stia » . Ma per l ’ usciuolo facevano proprio di tutto per inchiodarlo alla parete e spesso sacramentavano contro la compagnia ferroviaria che si era dimenticata di configgervi la molla o l ’ uncino per tenerlo aperto . Di tanto in tanto veniva qualcuno di loro a sbattercelo indietro con un sostantivo energico . Ma il più delle volte dovevamo respingerlo noi con la punta delle dita . Alla stazione di Pavia , una voce umana riuscì a intenerirci fino alle lagrime . - Signor Romussi , signor Chiesi , posso fare qualche cosa per loro e per i loro compagni ? La persona che parlava era invisibile . Si sentiva solamente che la sua voce era commossa . A così poca distanza , eravamo già tutti stracchi morti per la posizione incomoda in cui ci teneva la celletta , per i ferri che ci avevano intormentite le braccia e per l ’ arsura che ci faceva dire a ogni minuto : - Signori carabinieri , un po ’ d ’ acqua ! La voce dello sconosciuto ci era andata al cuore come una consolazione . C ’ era dunque qualcuno che pensava ai poveri diavoli che soffrivano . Romussi , interpretando il pensiero di tutti , con una voce che avrebbe impietosito i sassi , disse : - Se ci potesse dare una gasosa ! Lo sconosciuto ci rispose con dei singulti . Era troppo tardi . Il ristorante era chiuso e il treno stava per partire . - Addio e coraggio ! ci disse lo sconosciuto con degli altri singhiozzi . Lungo questo viaggio indimenticabile ci domandavamo di tanto in tanto l ’ un l ’ altro se eravamo vivi . Chiesi : Come stai , Fritz ? Federici : Bene . - Don Davide , dormite ? - Magari potessi dormire ! - Romussi , come ti senti ? - Maledettamente male . Non avrei mai creduto che il trasporto dei prigionieri fosse fatto in questo modo . Siamo trattati peggio delle bestie . - Pazienza , che non siamo lontani da Sampierdarena . Guardando nelle celle della fila opposta mi si agghiacciava il sangue . La testa dei cellularizzati che ubbidiva al moto del treno si delinquentizzava in un modo spaventevole . Pareva la testa di un mostro . Illuminata dalla luce fosca che tremolava , assumeva proporzioni spaventevoli . La fronte si allungava sovente con delle gibbosità che facevano abbassare le palpebre dalla paura . Gli occhi ingrossavano e venivano alla superficie con una luminosità feroce . La bocca , sbadigliando , spalancava un abisso circondato da una dentiera enorme che digrignava come quella di un teschio appeso nella penombra . Lazzari sembrava una iena in agguato . Lungo le gallerie avevamo il fumo della macchina che entrava nelle celle a volumi a ubriacarci e ad avvelenarci le ultime ore . - Signori carabinieri , un po ’ d ’ acqua . Io muoio dalla sete ! A Sampierdarena il cuore del brigadiere si lasciò intenerire dalla voce piangevole dei condannati . - Ci faccia dare un caffè , signor brigadiere . Sia buono . - Dio gliene renderà merito , gli disse don Davide che tirava il fiato come un uomo che si sente morire . Il carabiniere con la caffettiera in una mano e la chicchera nell ’ altra ci conciliò con l ’ umanità che sembrava composta di tigri . Ci si aperse la cella e ce lo si versò in bocca a sorsi , con una pazienza materna . Bravo carabiniere ! Discendemmo a Finalmarina come gente scampata a un pericolo . Aprivamo la bocca per sorseggiare l ’ aria e ci auguravamo che il reclusorio fosse lontano lontano per aver tempo di sgranchirci le gambe e di rimetterci dallo sbalordimento di un vagone che chiamavamo assassino . Qualche mese dopo , nella quinta camerata del reclusorio di Finalborgo , ricordando questo episodio della nostra vita carceraria , i direttori del Secolo , dell ’ Osservatore Cattolico e dell ’ Italia del popolo si strinsero la mano e promisero che , non appena ritornati al largo , avrebbero intrapresa la campagna contro questa abbominazione che si chiama vagone cellulare . L ’ ARRIVO AL RECLUSORIO Alla stazione di Finalmarina non c ’ erano che cinque o sei persone , compresi due preti . Eravamo disfatti . Avevamo gli occhi della gente che non ha dormito , i capelli spettinati , le guance cadaveriche e le punte dei baffi piegate come una desolazione . Il sole ci illuminava le lividure ai polsi che avevano assunto un colore nerastro . Ci si passò la catena da un braccio all ’ altro e fiancheggiati dai carabinieri e seguiti dai facchini coi fagotti , ci avviammo verso il reclusorio . Il silenzio intristiva la scena . Attraversammo il binario , continuammo lungo la linea ferroviaria fin quasi all ’ imboccatura di un tunnel e voltammo a destra , per lo stradone carrozzabile che i finalborghigiani chiamano delle « catene » , perché è percorso dai galeotti che vanno e vengono dalla Casa di pena . I carabinieri ci stavano ai panni e ci incalzavano con degli avanti ! È per loro il momento più trepido . Anche legati come cani , potrebbe saltare in testa a qualcuno di darsi alla fuga . Sprofondavamo i piedi nella polvere alta , sollevando un pulviscolo che ci imbiancava e ci andava per la gola e per le nari come un prurito che ci raddoppiava il malessere . Rasentavamo Capra Zoppa perseguitati da un ’ arsura indicibile . Ciascuno di noi sognava una sorsata di latte o un ’ altra chicchera di caffè per snebbiarci il cervello . Quando fummo a metà strada , al dorso di un parapetto , trovammo un giovine che aveva l ’ aria di un chierico e piangeva come un ragazzo . Forse sapeva chi eravamo o forse provava una commozione violenta dinanzi un prete alto e spalluto che passava incatenato come un grassatore . Dopo una ventina di minuti , vedevamo sorgere a destra la torre quadrata del malaugurato edificio nel quale dovevamo passare tanto tempo . Svoltammo il ponte , passammo tra mezzo alla folla , infilammo il viottolo tortuoso a sinistra e , dopo pochi passi , ci trovammo alla porta del reclusorio di Finalborgo . L ’ entrata è quella di un portone qualunque . Non dà l ’ impressione di una tomba di vivi , neppure pensando alle sentinelle di guardia . Ci si tolsero i ferri tra due cancelli che inchiudono l ’ ufficio del capoguardia e ci si domandò se avevamo bisogno di qualche cosa . - Dell ’ acqua , rispondemmo . Ce ne portarono due bottiglie e i secondini , con la premura di dissetarci , ci diedero l ’ impressione di persone che non incrudeliscono col Regolamento . Anche colle mani libere , sembravamo galeotti autentici . Romussi , coll ’ ala del cappello floscio che gli ombreggiava la faccia fuligginosa , col solino gualcito e annerito dal sudore e coi baffi sottosopra , aveva assunto l ’ aspetto di un uomo feroce . Chiesi , colla barba e coi capelli impolverati e coi neracci della notte perduta sotto gli occhi , pareva un capo ciurma invecchiato di dieci anni in poche ore . Don Davide in un altro luogo avrebbe fatto scompisciare dalle risa . Aveva l ’ aria di un Ernani passato attraverso il polverone della strada . Al margine del cubicolo , colla tesa del tricorno pelosa e abbandonata dalle stringhe , colla collarina scomparsa sotto il merinos , col panciotto dai bottoni escoriati pieno di chiazze , colla veste talare ammantata di polvere e colle scarpe scalcagnate e coperte d ’ uno strato bianco , faceva compassione . Sulla sua faccia erano tutti i patimenti di uno strazio inenarrabile . I carabinieri consegnarono le buste dei nostri denari al capoguardia , il quale si mise a registrarle , ci salutarono e noi passammo nello stanzone a pianterreno intitolato « banchi di rigore » . Lo stanzone , colle due finestrucole che davano sul viottolo , era buio . Col suo immenso lastrone infisso lungo la parete , cogli anelloni sotto il rialzo dei piedi al disopra della testa , faceva rabbrividire . Si vedeva che eravamo proprio in una casa di pena . Ogni ìnfrazione al regolamento voleva dire andare sul tavolato di pietra incatenato alle mani e ai piedi . Il capoguardia non ci fece cattiva impressione . Era alto , piuttosto magro , con una voce che faceva sentire il twang americano e con un accento leggermente meridionale . Valera lo battezzò subito per il Javert del reclusorio , per un Regolamento ambulante , per il funzionario che si sarebbe stroncata la vita piuttosto che violarlo . E attraverso i mesi che siamo rimasti sotto la sua sorveglianza non abbiamo avuto occasione di modificare il giudizio valerano . Egli è rimasto , per tutti noi , l ’ uomo - regolamento , guidato da uno zinzino di buon senso . Prima di noi , in altre galere , egli aveva avuto sotto di sè Amilcare Cipriani e De Felice . Per ammazzare il tempo e impedire agli amici di pensare che stavamo per diventare dei numeri di matricola , mi misi a narrar loro la fuga del principe Krapotkine dall ’ ospedale dei detenuti di San Nicola di Pietroburgo . Fu un grido unanime di protesta . Era una fuga che sapevano tutti a memoria . Sapevano della stanzetta al terzo piano dirimpetto all ’ ospedale , del violino che suonava che la via era libera e la carrozza di fuori ad aspettarlo , e dei passi guadagnati sulla sentinella coi famosi due lati del triangolo . Entrò il capoguardia mentre don Davide e Federici , dall ’ alto del tavolato , cercavano di capire dalla finestruola da che parte dell ’ edificio penale ci trovavamo . Egli aveva in mano un opuscolo . - Loro sono persone educate . Questo è il Regolamento . Lo leggano e procurino di non violarlo per non obbligarci a infligger loro delle punizioni . Rientrò il capo con una guardia che portava il misuratore e con un ’ altra che aveva sotto il braccio il mastro dei delinquenti . - Adesso , dobbiamo registrarli e prendere loro la misura . Ci lasciammo registrare e misurate con la docilità delle pecore . Non eravamo mica in galera per romperci la testa contro gli articoli del regolamento . Il primo a sottomettersi fu Chiesi e l ’ ultimo Achille Ghiglioni , l ’ uomo terribile che aveva messo sossopra tutto Niguarda con una Cooperativa di commestibili di trecento o quattrocento lire ! L ’ attraction , sulla piattaforma del misuratore con l ’ asta che discendeva sulla testa , era don Davide , il quale , tra noi , aveva raggiunto l ’ altezza massima . Sul misuratore , con le cosce voluminose e la grandiosità del torace , egli aveva più del granatiere che del sacerdote . Finita questa operazione , ci si annunciò il bagno . Era quello che desideravamo . Dopo tanti giorni di processo , tante notti passate sul saccone in terra e un viaggio che ci aveva diminuito di peso , un bagno era la suprema delle consolazioni corporali . Vi andammo l ’ uno dopo l ’ altro senza ritornare ai « banchi di rigore » . Il bagno era in un angolo della vasta cucina , ove cuoce la minestra quotidiana dei condannati , diviso da una coperta appesa a due chiodi . Ciascuno di noi dovette svestirsi e tuffarsi nell ’ acqua alla presenza di una guardia incaricata di tener sempre gli occhi sul recluso . Don Davide ebbe delle ritrosie . Egli non seppe decidersi a liberarsi degli ultimi indumenti che quando la guardia si rassegnò a voltare la faccia dall ’ altra parte . FILIPPO TURATI Il criterio nostro è questo ; ogni provvedimento sarà vano se non sia assicurata al Paese piena ed intera libertà : libertà di propaganda , di pensiero , d ' associazione , d ' organizzazione , a tutte le classi della società . ( ( Dal primo discorso alla Camera ) . L ’ ho conosciuto nell ’ ottanta o nell ’ ottantuno . Io caricavo l ’ appendice della Plebe di Bignami della zavorra umana che scovavo e raccoglievo negli angiporti e nelle stamberghe , e lui riempiva le colonne di una terapeutica che inchiudeva , colle spinte e controspinte romagnosiane , i germi della giustizia sociale . Era forse la prima volta che la democrazia adulta leggeva in un giornale socialista che la questione criminale è intimamente connessa colla questione economica . Con un centinaio di pagine intitolate Il delitto e la questione sociale il Turati si rivelava un naturalista della scienza penale , un verista che studiava oggettivamente l ’ uomo delinquente , un sociologo che accusava la società di essere « complice impune dei misfatti che freddamente puniva » . Egli credeva fino d ’ allora che l ’ ordinamento punitivo fosse essenzialmente transitorio e che il delitto troverebbe la sua cura in uno Stato che volesse « a tutti garantito il frutto integrale del proprio lavoro » . Il suo cruccio erano i suoi nervi . I nervi non gli davano requie . Non lo lasciavano dormire , non lo lasciavano lavorare e gli distruggevano il pensiero di prepararsi un futuro intellettuale . Egli si diceva sfibrato , fiacco , senza attività cerebrale . Doveva morire . Sarebbe morto fra due o tre anni o fra due o tre mesi , non lasciando di sè che « misere strofe » ai suoi cari . Tutti i medici l ’ avevano abbandonato . Egli era un nevrastenico . La sua era una nevrosi inguaribile . Pazienza . E ci salutava commosso e ritornava , sfiduciato , alla sua villa di S . Croce , a due passi da Como , colle tasche e le valige piene di libri che aveva comperato dal Dumolard o che gli aveva dato a prestito il suo e il mio amico intimo Felice Cameroni - il critico che aveva incominciato a predicare lo zolismo nell ’ appendice del Sole . Durante questa battaglia accanita tra lui e il suo sistema nervoso egli , come il dott . Pascal , si preparava silenziosamente i dossiers coi quali avrebbe poi intrapresa la campagna per liberare la società borghese dalle sofferenze sociali . Condannato da una malattia implacabile , consumava le sue ultime ore nel laboratorio della putredine sociale a cercare i parassiti distruttori che saccheggiano l ’ organismo umano . Morente , sentiva , come Pascal , la voluttà e la grandiosità della vita , della vita sana , economicamente e moralmente sana . Oui , je crois au triomphe final de la vie . Egli leggeva , postillava , ammucchiava note sopra note e maturava nel cervello allargato dallo studio febbrile la rivista alla quale diede poi tutta la sua intelligenza . Con la tendenza a credersi esternamente ammalato e dotato della pigrizia del divoratore di libri che non darebbe mai mano alla penna della produzione , il Turati sarebbe forse divenuto un frutto secco o rimasto un autore stitico s ’ egli non avesse potuto fondere la sua esistenza con quella di una donna capace di agitargli lo spirito cogli stessi ideali e di piegarlo a un lavoro meno sbandato e più omogeneo . E questa donna fu Anna Kuliscioff . È lei che lo ha incalzato , che lo ha fortificato , che lo ha imparadisato . Lei e lui e la Critica Sociale non si distinguono più . La Critica Sociale , Filippo Turati e Anna Kuliscioff non sono più che un nome . L ’ una e l ’ altro e l ’ altra si completano . la Critica Sociale è fatta della loro carne , nutrita del loro ingegno , calda dei loro pensieri . In essa è la redenzione degli uomini , è la pace nel benessere economico , è il trionfo della felicità della specie sull ’ egoismo e sugli interessi degli individui . La Critica Sociale è stata l ’ università della generazione crescente . È essa che ha dato a quasi tutti noi la « coscienza sociale » . Nata il quindici gennaio 1891 , quando il socialismo scientifico era un lusso per i superuomini delle scienze economiche , fece nascere nella gioventù la fede nell ’ uguaglianza di condizione e un bisogno prepotente di gettarsi negli studi che devono avere per risultato la sconfitta della borghesia e l ’ elevazione del proletariato . La bibbia di Filippo Turati è il Capitale . Non c ’ è altro di più nutriente . Dal Capitale si esce uomini completi . Un giorno che gli si è domandato di dire pubblicamente quale libro avrebbe raccomandato a chi fosse condannato a portarsi seco in un eremo tre soli volumi , egli rispose ripetendo tre volte il Capitale . Con questo libro che egli paragona o mette al disopra al Darwin ’ s Journal , la gioventù entra nella vita corazzata di altruismo , con una idea chiara dello Stato a base di produzione socializzata . Ammiratore convinto del grande novatore della scienza sociale , egli è , necessariamente , entusiasta dei socialisti tedeschi - tali erompenti , dice lui , dal forte ceppo scientifico di Carlo Marx - i quali , con la loro marcia gloriosa , hanno infuturato il più grande fatto e l ’ esempio più significante della storia contemporanea . Cresciuto in un ambiente prefettizio - idolatrato dalla mamma - con un avvenire trionfale nel foro milanese - circondato dagli agi della vita , egli preferì discendere nell ’ agone sociale a lottare per l ’ esistenza collettiva - a sostenere i diritti dei proletari incatenati agli anelloni del salario - ad agitare il programma marxista che deve eliminare dalla società i ricchi e i poveri . Lui , coi nervi che gli impedivano un ’ occupazione costante , si dedicò a un lavoro febbrile - a un lavoro che aumentava in ragione degli anni - a un lavoro che lo cacciava dalla redazione sulla piattaforma pubblica - e dall ’ angolo del correttore di bozze nel girone legislativo . Perdutamente innamorato dei suoi ideali , egli non sospettava che sarebbe venuto il giorno in cui i suoi nemici - che sono anche i nostri - lo avrebbero sorpreso sulla strada e svaligiato di tutto . È stato mandato al reclusorio di Pallanza come incitatore di tumulti e come un demagogo che mette un po ’ di barricata in ogni frase . Ma non c ’ è nessuno che abbia mai sentito come lui tanta avversione per la turbolenza oratoria che sprona alla battaglia ogni minuto e per i « discorsi che acclamano la rivoluzione , sovreccitano i sentimenti delle masse e fanno sbottonare le stifelius di un delegato di pubblica sicurezza » . No , il bavardage épouvantable degli esaltati non ha mai fatto parte del suo bagaglio di piattaforma . Il socialismo in bocca di costoro non può impensierire alcuno . Dovrebbe impensierire i suoi nemici quando si ritrae dal palcoscenico dei teatri diurni per entrare nel laboratorio « a notomizzare col bisturi della scienza il carcame sociale steso sul tavolaccio della statistica e della disciplina positiva » . Allora sì . Allora gli statisti dovrebbero proprio incominciare a sentire delle apprensioni . « Perché quei miti pensatori , nutriti di cifre e di sillogismi , onesti , riservati , impeccabili sovente nella vita privata , magari un po ’ puritani e un po ’ quacqueri se se ne gratta la scorza , quei sacerdoti dell ’ altruismo , quei mangiatori d ’ hascisch dell ’ ideale , hanno più dinamite nella loro parola e nella scatola ch ’ è sotto il loro cappello , che non ne sia nelle tasche dei feniani e nelle cantine di Pietroburgo : con quest ’ aggravante che , di cotesta nitroglicerina spirituale , non c ’ è doganiere o segugio di polizia dal fiuto fine che ne possa sentire l ’ odore e mettervi sopra la zampa . Quando il moderno Anteo - come il Colaianni definisce il socialismo - che ad ogni caduta risorge più vigoroso , agguerritosi negli studi e nel raccoglimento , uscirà in piazza con idee mature e propositi determinati , è allora che sarà davvero formidabile , quanto prima era innocuo » ( ) . Nell ’ ambiente parlamentare egli era una forza legislativa - una voce gagliarda che domanda giustizia per gli affamati di pane , di libertà e di pensiero - un ragionatore che sa disorientare i legislatori borghesi , i quali non vogliono convincersi che la società degli sfruttatori s ’ avvia verso il periodo della sua naturale decomposizione . Eloquente , con una dizione esatta , egli sa far ingoiare , con garbo , agli onorevoli tutto quel diavolo che vuole , spruzzando la sua prosa tersa ed elegante di una ironia e di un sarcasmo che non trovate se non in bocca degli oratori altamente educati . I discorsi di Sheridan si leggevano una sola volta e si mettevano in libreria . Quelli di Filippo Turati si leggono e si consultano sovente come quelli di Burke , perché sono densi di pensieri , pronunciati in una lingua che dovrebbe far testo nelle scuole , caldi dell ’ anima dell ’ oratore che vuole condurci ad espropriare la società a beneficio di tutti . Va sulla piattaforma con riluttanza . Preferisce il tavolino di redazione al palco dinanzi la folla che lo saluta col battimano fragoroso e lo ascolta a bocca aperta . Nemico dei parolai e degli smargiassoni che sciolgono i problemi con qualche frase alcoolizzata , non capisce la piattaforma che quando si ha qualcosa da dire . È una tolda che lo impensierisce , che lo mette in orgasmo , che lo obbliga a buttar giù note , a raccogliere fatti , a pulire della prosa che andrà perduta per l ’ aria , perduta fino a quando avremo anche noi il quotidiano che darà il discorso tale e quale è pronunciato . Ma una volta che egli è in piedi , pieno dell ’ argomento , il suo discorso esce come dal libro di un grande uomo . Tutti lo hanno sentito parlare . La sua eloquenza non è l ’ eloquenza bolsa che va in giro per il comizio a mendicare gli applausi . È l ’ eloquenza di un grande oratore . Qualche volta pare una tempesta di pensieri . I suoi periodi snodati , brevi , vigorosi sull ’ uditorio come un uragano intellettuale . La sua penna di giornalista , che gli ha conquistato un mondo di lettori , è una penna che cesella ed ubbidisce al padrone . Non è mai sbrigliata anche quando è virulenta o infuria sull ’ avversario . Produce uno stile nervoso - uno stile che ti mette sottosopra il sangue - che ti accarezza - che ti schiaffeggia - che ti intenerisce . Ha immagini scultorie , grandiose , indimenticabili . Adesso che i nervi lo lasciano tranquillo , la sua salute si è rinvigorita e le sue forze intellettuali si sono triplicate . Egli è diventato un lavoratore metodico come l ’ autore dei Rougon - Macquart . Vi può dire coll ’ orologio alla mano il manoscritto che vi potrà consegnare in un mese per un anno di seguito . Veste male , non è mai stato vestito bene . Da giovane andava per le vie coi calzoni che gli lasciavano vedere tutto il corame della scarpa , con una giacca o un paletot che lo tirava da tutte le parti e un cappello floscio che lasciava vedere il suo alto disprezzo per la spazzola e il copricapo nuovo . Il nodo della cravatta traduceva l ’ uomo che non si guarda mai nello specchio ; era mal fatto e andava da tutte le parti , tranne che sotto il bottone del solino spesso sgualcito . Parecchi di noi che scrivevamo nella Farfalla lo credevamo un bohémien eternamente alla caccia di un louis d ’ or come gli eroi di Murger . Lo si vedeva e si pensava all ’ assalto alla borsa . Ma lui ci stringeva la mano , ci parlava di qualche pubblicazione e ci salutava senza domandarci nulla . La giornata dopo che il Giarelli lo aveva fatto diventare celebre presentandolo ai lettori della Ragione come autore del Mago - un canto che sentiva del profumo dei suoi anni e che sgretolava il vecchio mondo come il canto satanico di Carducci - lo pregai di prestarmi un libro . - Figurati ! Mi lasciai trascinare a casa sua con uno stringimento di cuore . Mi aspettavo di vedermi spalancato l ’ uscio di un uomo in mare . Credevo di trovarlo in una soffitta che venisse inaffiata dalla pioggia , con una dozzina di volumi pieni di ditate untuose per il suolo , con dei fogli imbrattati di inchiostro su un tavolo che non sta mai quieto , con una seggiola sventrata , con una camicia sudicia appesa alla parete e un paio di ciabatte squinternate vicino a un saccone di foglie di granturco sui cavalletti di legno . All ’ entrata diventai di tutti i colori . La sua casa in via Gesù era di quelle che respirano il benessere degli inquilini . La portinaia lo salutò con una mezza riverenza , lo chiamò signor dottore , e gli lasciò prendere un mucchio di lettere da un casellario che rivelava l ’ ambiente signorile . Salimmo per uno scalone , entrammo per l ’ uscio aperto da una cameriera e mi trovai coi piedi sul tappeto , in un salotto sontuoso , circondato da mobili eleganti , cogli occhi che andavano da una tela di qualche sommità del pennello ai bibelots di un ’ étagère superba . La mamma non pareva la mamma di un figlio che si trascurava negli abiti fino all ’ indecenza . La guardavo e pensavo alla castellana : alla signora alta , coi capelli bipartiti come una Madonna , con la faccia signorilmente lunga , con l ’ abito nero giù a piombo , illuminato intorno al collo dal pizzo antico e illustrato al seno da una nidiata di solitari sepolti nelle trine . Nella penombra del salotto le sue dita affusolate si muovevano e perdevano faville dappertutto . Se avessi qualcosa da amministrare e potessi indurre Filippo Turati a prendersi cura del mio patrimonio , non esiterei un minuto ad affidargli la mia amministrazione . In pochi anni sarei sicuro di andare verso la ricchezza che ride dei rovesci degli altri . Egli è un ragioniere consumato . Ha l ’ occhio nell ’ avvenire ed è di una esattezza direi quasi scrupolosa . Questa abilità , che in un uomo di cifre diventerebbe una virtù grandiosa , in lui è un difetto che gli costa una somma enorme di lavoro intellettuale perduto . Mi sento male quando vedo il direttore della Critica Sociale scrivere gli indirizzi degli abbonati , registrare gli incassi , impaccare libri e correre alla posta carico come un facchino . Ma lui non smetterà mai . Egli chiama tutto questo una distrazione . Abituato a non darsi al riposo , continuerebbe a scrivere e diventerebbe prolisso e slavato come un pennivendolo da ottanta lire il mese . Fuma dalla mattina alla sera . Terminata una sigaretta ne accende un ’ altra e continua così fino al momento di addormentarsi . Alcuni che non lo conoscono bene sospettano in lui il tirchione che si lascerebbe ammazzare piuttosto che metter fuori un centesimo o offrire una bibita agli intimi che vanno a trovarlo . È un errore grossolano . Filippo Turati non è uno sciupone . Ma coloro che frequentano la sua casa sanno che la sua tavola è sempre popolata di amici e che la sua mano mette sempre nella mano dei bisognisti dei biglietti di banca . Una sola volta l ’ ho veduto seccato di sapersi all ’ uscio persone che hanno bisogno di dirgli una parola . Stava facendo colazione e questi signori lo avevano fatto smettere sei volte . Alla settima rifiutò di muoversi . - Ah , per oggi basta , perdio ! Ditegli che non ci sono , ditegli ! Poi , dopo qualche boccone , si trovò pentito . - Era forse uno che meritava più degli altri . La ragione è che ne ho troppi . Da un po ’ di tempo il mio uscio sembra l ’ uscio del duca Scotti . È buono , generoso , leale , capace di amicizie vere , sentite . Il socialismo è la sua anima , la sua fede , il suo ideale . Per esso ha combattuto - per esso soffre - per esso sarà pronto domani e sempre a morire . IL CUBICOLO Passando per il corridoio dei cubicoli , vidi nel secondo Chiesi , nel terzo Romussi , nel quarto Federici , e nel quinto don Davide . Credo di essere diventato pallido come un morto . Veduti col viso ai due bastoni di ferro in croce dell ’ uscio , mi parvero delle bestie o delle ditte di un museo di criminali . Le loro facce non erano più che grinte spaventevoli , con delle mascelle enormi , degli occhi biechi , delle fronti con tutte le stimmate del delinquente nato . Entrai nel sesto . Dopo di me , venivano Achille Ghiglioni e Costantino Lazzari . Il cubicolo era completamente vuoto . Non vi trovai che una lastra d ’ ardesia , larga poco più del corpo d ’ un uomo , infissa nella parete a destra . Mi distesi carico di emozioni , chiudendo gli occhi come per obbliarmi . Sarebbe bastata una parola qualunque per farmi piangere . Non avevo paura , ma tutto ciò che si compiva nel silenzio di quell ’ attimo mi commoveva fino alla gola . Vi rimasi assopito non so più quanti minuti . Mi risvegliai spossato . Il cubicolo era così tetro e angusto che mi ricordai delle camerucce dei famosi forni di Monza , ove i Visconti avevano scontato i loro mesi di prigionia . Per muovermi , non avevo che uno spazio di un metro e sessanta di lunghezza e un metro circa di larghezza . Era alto , con una finestrolina sopra la porta che riceveva la luce scialba del corridoio chiuso e largo poco più della tana . Per vederci malamente dovevo stare cogli occhi alla inferriata . Nessuno dei miei compagni fiatava . Si capiva che attraversavano anche loro il momento della prostrazione . Sentii Chiesi che domandava a Fritz come stava . - Bene , grazie . Nacque subito il dialogo . Romussi : Mi pare di essere in un antro . È possibile che ci si facciano passare degli anni in questo buco ? Federici : lo tranquillava assicurandolo che la segregazione personale non poteva durare più di un sesto della pena . Romussi : Saccorotto ! Ci dici poco a vivere in questa tana per sette od otto mesi ? Ho tentato di leggere col libro alla ferriata , ma ho dovuto smettere . Vi avrei lasciata la vista ... Chiamammo due o tre volte don Davide senza averne risposta . Credevamo che dormisse . Invece , il povero prete , entrato nel cubicolo , non seppe più reggere . Pianse dirottamente . Pianse nel silenzio soffocando i singhiozzi per non farsi sentire dai colleghi , pregando Dio di aiutarlo in un momento di tanta ambascia . Io , che personalmente lo conoscevo da parecchi anni e che durante il processo avevo ribadita l ’ amicizia , inquieto del suo silenzio , gridai : - Don Davide ? Che cosa fate ? Dormite ? Rispose con una voce cavernosa che non dormiva . Non aveva bisogno che un po ’ di calma per riaversi da tutte quelle emozioni che stavano per strangolarlo . Fummo sorpresi dalla guardia con le scarpe di cimossa , la quale ci spiava in agguato . - Silenzio ! gridò imperiosamente il secondino . Mezz ’ ora dopo venne il direttore a vederci , cubicolo per cubicolo , col cappello in testa e la voce che sentiva dell ’ uomo abituato a parlare coi galeotti . Così fu anche in seguito . Venne sempre nella nostra camerata col cappello in testa e col linguaggio dell ’ uomo che vuole essere temuto e vuole essere considerato un domatore di dannati alla galera . Uscito il direttore dal corridoio , entrò nel cubicolo un pagliericcio di crine vegetale puntato , assolutamente insufficiente anche per un corpo mingherlino come quello di Romussi . Mancava ai piedi di mezzo braccio e bisognava addormentarsi sul fianco e con la faccia al muro , se non si voleva cadere sull ’ impiantito . - Pane ! Trasalimmo . Era un galeotto con la catena a parecchie maglie , accompagnato da una guardia , che andava di buco in buco a distribuire la pagnotta . Il pane regio - come lo chiamavamo - parve a tutti noi immangiabile . Dovevamo avere fame , perché eravamo ancora con l ’ ultima costoletta e l ’ ultimo risotto che avevamo mangiato al Castello . Romussi mi fece sapere che aveva divorata la sua pagnotta fino all ’ ultima briciola . Coi suoi denti da mastino e il suo apparecchio digestivo sempre in ordine , ne avrebbe mangiata un ’ altra . Gli altri la sbriciolarono . - Minestra ! - Uh ! - sentii dire . Era un uh ! che traduceva la nausea . Nessuno di noi seppe ingoiare la minestra . Guardai che cosa mi aveva scodellato nella gamella . Vidi una pasta che mi pareva esalasse un non so che di tufaceo e una broda piena di scandellature gialle alla superficie . Tutto assieme mi faceva recere . L ’ afa del pomeriggio ci rendeva inquieti e ci faceva sentire un bisogno prepotente di uscire all ’ aria a vedere un po ’ di cielo . Verso sera , ci si portò una coperta , un fiaschetto d ’ acqua , un catino di zinco ed un asciugatoio ruvido a quadrettoni colorati , largo come un fazzoletto . Alle cinque , per noi era notte fatta . Ci augurammo la buona sera . Mi adagiai sul pagliericcio nella speranza di addormentarmi . La tristezza aumentava in ragione della oscurità che andava diffondendosi nel cubicolo . Verso le nove , sentii due mandate all ’ uscio del portico . Era la ronda . La ronda è composta di un sottocapo e di due guardie , una delle quali porta la lanterna fumosa e puzzolente . Entra in ogni cubicolo tre volte per notte , sbatte in faccia la luce della lanterna , dà un ’ occhiata alla finestra e alla ferriata e se ne va richiudendo l ’ uscio a chiave . Ci vogliono dei mesi prima di abituarsi a queste sorprese notturne . Romussi non poteva dormire che con dei narcotici . Gli sbatacchiamenti gli davano sui nervi . Il secondo giorno fu più triste . Ci eravamo alzati all ’ alba , chiamati dalla campana come gente che non aveva tempo da perdere e poi ci si era lasciati nella capponaia a cellucce senza darci un libro , senza dirci una parola , senza lasciarci sperare che all ’ indomani saremmo usciti . Bisogna proprio essere aguzzini che gustano la voluttà dell ’ altrui sventura , per tenere degli infelici cento e più ore sotto l ’ impressione che il sesto della loro sentenza verrà consumata in una tana senza luce e senz ’ aria ! Nel cubicolo siamo rimasti due giorni e mezzo . Durante questo primo periodo , non abbiamo visto che una ombra che passò dalla nostra cella con una parola per ogni buco : coraggio ! L ’ ombra era il cappellano . Uscimmo storditi . Ci palpavamo la nuca e guardavamo il cielo come abbacinati . Erano bastati due giorni e mezzo per solcarci le guance e imbrutirci come gente che si levasse da una sbornia potentissima . Ci scambiammo su per giù gli stessi pensieri . - Credetti di morire , sapete . Mancavo d ’ aria : avevo bisogno di moto e di luce , soprattutto di luce , soprattutto di moto , soprattutto d ’ aria . Don Davide aveva avuto delle nausee che lo avevano impensierito . - Ci fu un momento in cui dovetti raccogliermi e pregare il Signore Iddio . Costantino Lazzari aveva l ’ aria di uno smemorato . Si palpeggiava il collo e continuava a battere i piedi in terra come per ridar loro la circolazione del sangue . Ci si condusse al passeggio in un cortiletto che sentiva del luogo . Non avevamo che uno spazio di pochi passi inquadrato da muraglie giallognole , scrostate e sbullettate . Col dorso verso la torricella , dalle finte finestre , che usciva da un angolo dell ’ edificio , vedevamo un largo verde di Capra Zoppa . La torricella era triste e ci ricordava che in essa erano le celle più orribili del reclusorio . Al lato opposto della porticina d ’ entrata del portico , è la muraglia con le finestruole a mezzaluna e a doppia inferriata , dietro la quale è una filata di cubicoli . Quante volte , durante la passeggiata , abbiamo sentito gli inquilini dei cubicoli prorompere in pianti dirotti ! Nella muraglia che taglia il cortile , è un pozzo chiazzato di verde . Le due diane dipinte sul muro sono gli orologi solari dei reclusi . L ’ una segna il corso del sole dalle 7 del mattino a mezzogiorno , ed ha per epigrafe : Sic mea vita fugit ! Una condanna atroce , dicevamo al passeggio , per i poveri prigionieri che portano tanti problemi nella testa , e sono costretti a sciupare il tempo con le mani in mano ! L ’ altra , adorna dei segni dello zodiaco , si accontenta di avvisare i galeotti al passeggio che senza sole non serve a niente : Sine sole , sileo . Le dita della destra battute sul palmo della mano sinistra di un sottocapo ci avvertirono che la nostra ora d ’ aria era terminata . NELLA QUINTA CAMERATA Nella quinta camerata entrammo il 27 giugno 1898 . È al primo piano . Vi si sale curvando la testa nel buco di un enorme cancello di ferro , la cui porticina è aperta e chiusa a chiave a ogni passaggio di forzati e di reclusi da un cerbero negli abiti di guardia carceraria . Col piede nell ’ antiporto che mette nell ’ intimità dell ’ edificio , subìte la sensazione che state per essere perduti nella vasta tomba del reclusorio . Al margine di tanti stanzoni affollati di numeri di matricola , non sentite alito di vita . Vi sembra di essere nell ’ androne di un convento spopolato . La voce di un vivo diventa sonora e vi fa rabbrividire . Dal buio dell ’ antiporto , si sale a tentoni per il buio pesto di due scale , si riesce in una specie di pianerottolo fosco come la nebbia e si sbuca in un corridoio chiaro , in fondo al quale è la quinta camerata a fianco di altre camerate . Vi entrammo l ’ uno dopo l ’ altro accompagnati da una guardia e da un sottocapo . L ’ entrata è un altro cancello di ferro , foderato nella parte superiore da un lastrone munito di spia , che sopprime il di fuori fino alla distanza di un mezzo metro da terra . Di modo che i secondini , accosciati negli angoli , possono assistere ai movimenti dei piedi , oppure coll ’ occhio al buco vedere tutti i condannati che escono dalla rete del regolamento . La nostra camerata non ha che la spia nella fodera del cancello . Ma le altre ne hanno due anche nelle muraglie che le fiancheggiano . La guardia le scopre all ’ insaputa dei reclusi e li sorprende fuori di posto o a chiacchierare o a giuocare a dama colle pedine di mollica di pane . Di tanto in tanto la udite che ingiunge loro di stare quieti o zitti . - Fate silenzio , voi , numero tale , se non volete andare in « camerella » ! La guardia di Finalborgo fa il suo dovere senza esagerazione e senza imbestialire contro la ciurma che ha delinquito . Ma è possibile , dite , di rimanere in un camerone di settanta o ottanta individui per delle settimane , per dei mesi , per degli anni , con una mano nell ’ altra , col pensiero istupidito , senza mai lasciarsi scappare una parola , un ’ interrogazione , un grido che viene su dall ’ anima in un momento di crepacuore ? No , non è possibile . Me lo disse tutto il personale del penitenziario di Dublino quando ero là a visitare i dinamitardi e gli altri condannati alla servitù penale . La lingua non sa acconciarsi alla paralisi completa . Me lo disse e lo scrisse il principe di Krapotkine che ha scontato la condanna francese nella Maison centrale di Clairvaux . « Questo sistema - diceva - è così contrario alla natura umana che non poteva essere mantenuto che a forza di punizioni . Nei tre anni che passai a Clairvaux , il sistema era caduto en désuétude . Lo si era abbandonato a poco a poco , a condizione che le conversazioni all ’ atelier e alla passeggiata non fossero troppo rumorose » . Volete un documento che le punizioni non riuscirono , né riusciranno mai a far perdere agli inquilini delle carceri l ’ abitudine di parlare ? Ero al Cellulare quando il signor Sampò prese il posto del signor Astengo . I detenuti conversavano senza vedersi , stando alla ferriata della finestra ; Il nuovo direttore si mise a infliggere delle settimane e dei quindici giorni di pane ed acqua , con l ’ aggiunta magari della cella di rigore , ai violatori del silenzio . Credete che ci sia riuscito ? Dalla conversazione di finestra in finestra era stato eliminato il linguaggio stomachevole . Ma il chiacchierìo era rinato pochi giorni dopo con maggior vigore di prima . E quale castigo , o signori carcerieri , riuscirebbe mai a tappare la bocca ai prigionieri subito dopo la sveglia e mentre squilla la campana del silenzio ? Voi sentite mille bocche in una volta che si scambiano dei buon giorno commoventi , degli addii pieni di cuore , dei Saluti che inchiudono il « coraggio ! » o il « non pensarci che passeranno anche questi mesi ! » - Ciao , Biscella ! - Addio , Lumaghin ! - Giuliano , dormi bene ! Una sera ci sono cascato anch ’ io . Un detenuto . sopra o vicino alla mia cella si mise a gridare : - Numero tale ? - Che cosa hai fatto ? Non risposi . - Buona sera . - Buona notte . Questo semplice dialogo mi fece affiggere sul dorso dell ’ uscio della mia cella che il direttore mi aveva punito con dieci giorni di pane ed acqua ! Dopo il Cellulare , il Castello e il cubicolo , la quinta camerata dell ’ ex convento dei frati , dell ’ ordine di san Domenico , ci parve un paradiso . la percorrevamo in lungo e in largo con delle fiatate di soddisfazione . Finalmente qui si respira ! le pareti erano pulite , imbiancate di fresco , con del verde che girava tutto intorno a un metro d ’ altezza . Le finestre a doppia inferriata , coi famosi cassoni , che non ci lasciavano vedere dall ’ alto che un profilo di Capra Zoppa , diventarono , per noi , delle aperture illimitate che lasciavano entrare aria a volumi . Le brande lungo il dorso del camerone assunsero la forma di letti elastici , con dei materassi sprimacciati , sui quali si poteva adagiare il corpo affranto dai patimenti , con un guanciale soffice che pareva appena uscito dalle mani del materassaio . Guardavamo tutto con compiacenza . Paragonavamo l ’ asse al disopra delle brande , che correva lungo la parete , a una elegante guardaroba o a una comodissima dispensa . Ciascuno di noi aveva un largo spazio per ammonticchiarvi la biancheria e i libri , per mettervi il catinetto di zinco , la fiaschetta impagliata , la brocca per bere , la spazzola e la pettinina , la gamella con inciso il nostro numero di matricola e la pagnotta che ci avrebbero portata tepida due volte il giorno . Il sole completava la nostra contentezza . Vi entrava un po ’ di sbieco dalla prima finestra e veniva a frangersi sui bastoni di ferro della seconda , lasciando cadere dei barbagli fino al suolo e portandoci del calore e della gaiezza che si diffondeva dappertutto . La sola noia del luogo erano le mosche - delle mosche grosse come quelle che vivacchiano intorno ai letami - delle mosche pesanti che aleggiavano con un ronzìo greve , che parevano sonnolente anche nell ’ aria , che si fermavano sul nostro naso , sulle nostre orecchie , sul nostro collo , sulle nostre labbra , sulle nostre mani , senza paura di essere schiacciate dalla nostra collera . Si cacciavano via e ritornavano a noi con una insistenza feroce e con una ostinatezza che ci faceva perdere la pazienza . Più e più di una volta fummo obbligati a rincorrerle e a dar loro una caccia disperata coi fazzoletti , inseguendole fino alla inferriata . Ma era della fatica sprecata . Ricomparivano a sciami più inviperite di prima . Erano le nostre arpie . In camerata non eravamo più che delle cifre . Gustavo Chiesi era divenuto il numero 2555 , Carlo Romussi il 2556 , don Davide Albertario il 2557 , Bortolo Federici il 2558 , Paolo Valera il 2559 , Costantino Lazzari il 2560 e Achille Ghiglione il 2561 . La prima volta che si spalancò il nostro cancello e che entrò un sottocapo con due galeotti a fare la distribuzione degli asciugatoi e delle lenzuola , ci fu un po ’ di confusione . Nessuno era ancora riuscito a tenersi a mente il proprio numero di matricola e a convincersi che non eravamo più che dei numeri . - 2555 ? - Presente ! A mano a mano che si veniva chiamati , si andava vicino al cancello a ricevere la « biancheria » . Per asciugarci la faccia e tutto il corpo , ci avevano dato una pezzuola di canape ruvidissima , a rigoni spaventevoli , a listoni alternati , che andavano dal bigio al cioccolato - due colori che porto nella testa con orrore . Perché sono le striscie che rappresentano la casa di pena e riassumono l ’ emblema del reclusorio . Sono i colori della camicia , i colori delle lenzuola , i colori del saccone , i colori del tascapane , i colori delle mutande , i colori del berretto , i colori della casacca e i colori dei calzoni . Per tutto il tempo della condanna non si vedono che dei clowns . Delle schiene a rigoni , delle braccia a rigoni , delle gambe a striscie e delle teste col copricapo listato di caffè e di bigio con dei puntini che paiono tante punzecchiature di pulci . Il numero di matricola aveva ingrossato il cuore di alcuni miei compagni . Romussi si era seduto sul suo sedile di legno con le lenzuola sulle braccia l ’ asciugatoio in mano dicendo : « Saccorotto ! » Don Davide , di temperamento sensibilissimo , che si lascia commuovere , o trasportare , o abbattere dagli avvenimenti , sarebbe dato fuori a piangere se non fossimo stati presenti . Gli pareva impossibile , come diceva lui , che un sacerdote , che indossava la veste talare da trentasei anni , questa veste , aggiungeva , « che mi fu compagna e amica nei tempi lieti e tristi » , potesse essere diventato il 2557 , con la gamella matricolata e con la branda in una camerata comune ch ’ egli doveva calare e piegare al suono di una campana ! Era inutile abbandonarci alle malinconie . Perché non eravamo che alla titillazione del sistema . Ci aspettavano ben altre sorprese . Costantino Lazzari si era seduto , come al solito , tra due brande senza dire una parola . Egli si teneva come isolato . Non aveva confidenza in alcuno e nel suo angolo era il suo mondo . Se qualcuno lo interrogava , rispondeva come un mastino irritato . Una volta che gli domandai se aveva qualche dispiacere , mi rispose di occuparmi delle cose mie ! - 2559 ? - Presente ! Presi la mia biancheria e me la appesi dando in una risata che mise quasi tutti di buon umore . Noi credevamo che nei penitenziarii i forzati e i reclusi venissero abbandonati al rimorso dei loro misfatti , e non vedessero che la mano incaricata di stendere loro dal buco la pagnotta , la minestra e l ’ acqua . Invece , in una camerata di galera , si è come in una sala di ufficio telegrafico . C ’ è sempre gente che va e viene . Alla mattina , quando avete ancora gli occhi ingarbugliati , vi dovete mettere sul guardavoi , nello spazio delle brande , per la « conta » . Si spalanca il cancello ed entrano tre guardie seguite da un sottocapo o da una guardia scelta che vanno fino in fondo alla muraglia , contando , mentre passano , uno , due , tre , quattro , cinque , sei e sette . È la consegna dei reclusi dalla guardia notturna alla guardia diurna . Escono , si chiude e si schiude di nuovo il cancello per i reclusi che vengono a portar via il mastello dell ’ acqua sporca , per il recluso che viene a prendere il barile dell ’ acqua , per il forzato che vuota il « bugliolo » e il pitalone . Il « bugliolo » è il recipiente di legno con coperchio del liquido puzzolente . Scoperchiandolo , vi sentite in faccia la tanfata pestifera delle uova putrefatte . Il « pitalone » delle altre camerate è un enorme mastello che rimane negli angoli e passa per i corridoi come una cloaca . Nel reclusorio di Finalborgo non ci sono latrine ! Quando si vuotano e passano dinanzi i cancelli , si è come in mezzo ai bonzoni dei pozzi neri che si scaricano . Il fluido nauseabondo vi sommerge come un edificio coperto fino ai coppi di materie fecali . Credete di essere lasciato in pace ed ecco il delinquente che viene col secchione del latte a mescervene nella brocca cinque centesimi . Rimane chiuso per cinque minuti e poi si riapre per lasciar entrare il recluso con la pagnotta . - Pane ! State per mettervi a sedere e si spalanca un ’ altra volta il cancello . È il sottocapo che batte le dita della destra sul palmo della sinistra dicendo : aria ! Ritornati dal passeggio , viene a farvi visita il forzato della spesa . La spesa non durava mai meno di quindici minuti . Era la cosa più difficile di questo mondo . Ogni mattina si doveva sciogliere il problema come si poteva vivere all ’ indomani con 25 centesimi , se si era condannati alla reclusione come il 2555 e il 2556 , o con 35 centesimi se si era condannati alla detenzione come gli altri numeri di matricola della nostra camerata . Il 2555 rinunciava di solito al vino . Un quarto di vino costava nove centesimi . Era del lusso . E si faceva registrare per due « uova al tegame » - cioè per 22 centesimi . Il resto lo scialava in frutta . Il 2256 non rinunziava alla bibita . Senza una golata di vino non avrebbe saputo ingoiare tutte le porcherie del bettolino . La lista della spesa includeva anche il caffè . Il 2557 e il 2559 persistettero per più di una mattina a berne mezza razione di cinque centesimi . Ma dovettero rinunciarvi . Era un ’ acqua colorata e tepida di un sapore che faceva fare gli occhiacci . Lo si inghiottiva come una medicina disgustosa . Il 2557 non lasciò mai il suo mezzo litro di vino di 18 centesimi , anche quando il vino era acre o imbevibile come l ’ aceto . Egli aveva uno stomaco di ferro , ma senza una goccia di vino non avrebbe potuto digerire i piatti del menu carcerario . Il nostro piatto di forza erano i gnocchi di dodici centesimi conditi coll ’ olio , puah ! che sentiva della colatura della lucerna . Il lunedì avevamo la leccornia di 200 grammi di bue in umido per ventotto centesimi e di 100 per quattordici . La carne era dura come il corame , e il 2556 diceva appunto che ci volevano i suoi denti o i denti del leone per masticarla . Nel sugo pepato , pepatissimo , bisognava mollificare il pane , guardando altrove e mangiando a occhi chiusi . Il sugo era una miscela che sapeva di un po ’ di tutto e che diventava succolento in ragione dello sgrassamento che si compiva in noi sotto il regime di una dieta di ferro . Non ho veduto sbatterlo via con indignazione che una volta . - Aristocratico ! aristocraticone ! gridammo in coro al 2558 - Bravi ! guardateci in fondo ! C ’ era un semplice scarafaggio in decomposizione ! Lo regalammo al forzato latrinaio , avvertendolo della nausea in fondo . Lo prese come un intingolo regale , leccandosi le dita e curvandosi con la fraseologia dei ringraziamenti sentiti . Ne avessero tutti i giorni i galeotti di queste vivande che rifocillano lo stomaco e rincarnano gli ischeletriti ! - La nostra sentenza - ci disse - sembrerebbe meno dura . Il secondo moto di violenza che ricordo fu quello del 2557 . Era una domenica e indossavamo già la casacca galeottesca . In domenica , in luogo della minestra delle undici , c ’ è la carne e il brodo . Eravamo seduti al desco . Il 2557 aveva sbocconcellata un po ’ di pagnotta nel brodo , come gli altri . In un attimo lo vedemmo alzarsi con un impeto di revulsione , suggellato da un porci ! Egli si era drizzato in piedi come un fusto d ’ orgoglio , aveva preso la gamella ed era andato alla spia del cancello . - Dite al signor direttore che non sono un maiale ! Questa carne puzza come una carogna ! Fu un sottosopra . Siccome , in fondo , volevano tutti bene al 2557 , un po ’ perché era un sacerdote , un po ’ perché era un bell ’ uomo , e un po ’ perché era buono , così venne su subito il sottocapo a constatare il reato d ’ incipiente putrefazione e a dirgli che gli avrebbe mandato di sopra una sleppa di manzo eccellente . Noi però non gli abbiamo perdonato lo scatto che ci aveva tolto l ’ appetito . Il 2555 lo pregò di leggere il « manuale del buon sacerdote » .. - È doloroso che un secolare vi debba richiamare ai doveri che vi impone la vostra veste . Mangiate quello che vi portano ; siate umile , siate modesto , siate paziente e perdonate a tutti coloro che vi fanno del male . Andare sulle furie per un po ’ di carne « passata » , è da uomo volgare . - Avevo fame ! capite che avevo fame ! Ho 52 anni , sono alto e grosso e mi tocca mangiare la razione comune , la razione della gente mingherlina , piccola , senza il mio apparecchio digestivo ! È vero o non è vero che c ’ è voluto più stoffa per vestirmi ? È vero o non è vero che c ’ è il supplemento al vitto per gli uomini della mia proporzione anche nelle caserme ? È dunque naturale che mi si dovrebbe trattare con una dieta diversa . - Voi vorreste dei privilegi ! - Abbasso i privilegi ! - Privilegio ! gridai anch ’ io . - Privilegio ! Chi è mingherlino non può mangiare come mangia un uomo dalle mie proporzioni ! Anche senza avere l ’ apparecchio digestivo del 2557 , in galera si patisce la fame pur avendo i mezzi per il sopravitto . Se poi non se ne hanno , si diminuisce di peso di giorno in giorno . Con 600 grammi di pane cento volte inferiore a quello del soldato , e 150 grammi di pasta sempre scellerata . un condannato si sente i crampi nello stomaco più di una volta in 24 ore . In tutte le camerate si ripete la stessa storia : - « Ho fame , si ha fame , abbiamo fame » . I trentacinque minorenni della nona camerata , quasi in faccia alla nostra , ci impietosivano . E tutte le volte che potevamo , mandavamo loro le nostre pagnotte e la nostra minestra . Senza le nostre cinque o sei o sette o dieci pagnotte al giorno avrebbero fatto della fame tutti i giorni . Perché in prigione si patisce inesorabilmente la fame . Tanto è vero che in prigione si soffre del digiuno prolungato , che il 2556 - cioè il direttore del Secolo - mi disse , la seconda volta che fummo al Cellulare , queste testuali parole che trovo registrate nel mio diario : - Una buona novità introdotta dal direttore cav . Codebò è quella di avere diviso la distribuzione della minestra e del pane . Certi prigionieri , giovinotti robusti , mangiavano d ’ un colpo i 600 grammi di pane , e alla sera si trovavano tormentati dalla fame . Egli pensò di distribuirlo in due riprese : alle 10 e alle 3 . Così pure divise la minestra quotidiana . I detenuti , con questo sistema , hanno un cibo caldo , benefico , specialmente d ’ inverno . Ma anche così si pativa . Con una quantità insufficiente e una qualità abbominevole non era possibile uscire dal regno della fame . NEQUIZIE REGOLAMENTARI Gli entusiasmi per la quinta camerata non potevano durare a lungo . Chiudetemi in un salotto elegante con le inferriate a scacchi e il cancello di ferro , e vedrete che in pochi giorni i mobili mi diventeranno odiosi e l ’ ambiente senza uscita mi incendierà il cervello e mi ridurrà in un angolo a imbecillire nella mia impotenza . Il silenzio è obbligatorio : disteso a caratteri neri sul fondo bianco della muraglia in faccia al cancello , diveniva , di ora in ora , odioso e intollerabile per dei giornalisti che avevano passata la vita tra il chiasso delle redazioni . Era una ingiunzione che ci riduceva a una ragazzaglia di casa di correzione . Vivere con degli amici - e degli intellettuali come i miei compagni - è una vera consolazione e spesso anche un ’ istruzione . La loro parola vi va per le orecchie come una carezza , vi solleva lo spirito abbattuto , vi distrae e vi porta in mezzo ai ricordi tumultuosi della loro professione battagliera . Ma sempre , sempre , senza mai un minuto di isolamento , diventa , spesso , una pena e una tortura ! Vi fa male di vedere loro crescere lentamente le unghie sudice senza aver modo di offrir loro la limettina per tenerle regolate e pulite , e di assistere a tutto ciò che fuori di galera si fa nel bagno , alla latrina , nello spogliatoio e nella stanza da letto . E vi sentite desolati di udire la bestemmia di qualche vostro compagno che aveva l ’ abitudine di lavarsi i denti collo spazzolino . - Che male ci sarebbe - incominciava a dire qualcuno di noi - se la direzione mi permettesse uno spazzolino e della polvere e dell ’ acqua dentifricia ? - E che strappo si farebbe al regolamento se io , prete , continuassi a indossare quella divisa di sacerdote che io credo di non avere disonorata ? - Capisco la punizione . - Io no , non la capisco . Se capisco qualche cosa è la mia separazione dalla società che posso avere offesa . La punizione che mi distrugge è un delitto . E lo griderò dai tetti , o meglio dal giornale , non appena al largo . - Lasciami dire . Io posso capire la punizione . Ti va ? Ma la raffinatezza di sopprimermi le sigarette se ho l ’ abitudine di fumare , di mandarmi a dormire all ’ ora delle galline invece di lasciarmi lavorare o studiare , di costringermi a stare sul saccone duro come una pietra per dieci o dodici ore , di non permettermi una locomozione che mi mantenga sano , di tenermi in piedi con una nutrizione che mi restituirà alla mia famiglia , e alla società , idiota e incapace di guadagnarmi l ’ esistenza ? - Taci ! C ’ è raffinatezza più diabolica di quella di romperti violentemente la comunicazione epistolare con tutto il mondo che hai conosciuto , che conosci , che ti ama e continua a volerti bene , anche dopo la condanna dei tribunali di guerra ? Raffinatezza più triste , più sciagurata di quella di impedirti di scrivere a tua moglie , a tua madre , ai tuoi figli , a coloro che ti amano e che ti piangono e che ti idolatrano , se non una volta ogni tre mesi , se sei alla reclusione , o una volta al mese , se sei alla detenzione ? E anche questa lettera mensile e trimestrale non è un ’ altra tortura ? Tu non puoi parlare , ti si dice , che dei tuoi interessi . Non è un interesse dire , per esempio , ai tuoi di casa di non addolorarsi perché ti si è mandato alla reclusione innocente ? No , perché insulteresti la giustizia . Non è un interesse parlare di ciò che fai e di ciò che vedi , della tua salute , se stai bene o male ? No , perché il condannato non deve parlare di quello che avviene nella casa di pena ! Più di una volta , io e don Davide abbiamo dovuto discendere in direzione a riprenderci la lettera coll ’ ordine di riscriverla senza qualche frase contraria al regolamento . Per due settimane ero stato malaccio . Mi sentivo debole e non sapevo più digerire la pagnotta e la pasta del penitenziario . Scrissi nella lettera della mia indisposizione , aggiungendo « che adesso stavo bene » . Si poteva essere più modesti ? La direzione trovò modo di farmela rifare . - Non le pare , signor direttore , o signor capo , che questa sia una notizia di carattere intimo ? - No , perché il recluso non deve occuparsi di ciò che avviene nel reclusorio . - Aguzzini ! gridai mentalmente . Aguzzini ! E le lettere che ci pervenivano dal di fuori ? Bastava un accenno alla vita pubblica , un alito dell ’ agitazione che si faceva a favore dei condannati , un ’ allusione a una prossima amnistia , una frase ministeriale , il pensiero di un deputato , l ’ opinione di un giornale , perché la mano della direzione corresse sul delitto con la penna carica di inchiostro a coprire tutto di nero . Ho veduto delle lettere piene di chiazze , piene di rigoni che sgrammaticavano la dicitura o sopprimevano le parole che potevano suscitare delle speranze o lasciar trapelare la commozione pubblica . Qualche volta la mano diventava brutale e allora recideva il foglio alla testa o alle gambe o lo metteva spietatamente in un cassetto senza neanche dire crepa al numero di matricola al quale era indirizzato ! Una scena che avrebbe fatto piangere gli amici , se avessero potuto mettere l ’ occhio alla spia della nostra camerata , era quella dei pasti dei primi tempi . Gli abiti dei sette amici , che aspettavano il monosillabo della Cassazione per uscire o per indossare la casacca galeottesca , si erano consumati e malconciati . C ’ erano delle maniche sdrucite , dei calzoni sfilacciati agli orli , degli occhielli sfatti o che si sfacevano , delle ginocchia e dei gomiti lucidi o maculati di larghi oleosi e dei baveri sui quali si era andata accumulando la forfora di una cute che nessun parrucchiere spazzolava da un pezzo . Don Davide pareva uno di quei preti descritti dal Porta . Colla veste piena di macchie , colle calze rotte , colle brache stralucide che perdevano , col nero , dei brandelli , e con la collarina inamidata da tanto tempo che lasciava vedere il giallo delle trasudazioni del collo . Abituati al tovagliolo e alla posata lucente sul candore diffuso per la tavola , la mobilia della nostra sala da pranzo si riduceva a una lunga panca dalla quale sbucavano , di tanto in tanto , gli insetti rossicci che la povera gente chiama cimici , e a dei sedili di legno rotondi , le cui capocchie laceravano di frequente i calzoni dell ’ avvocato Romussi . Mettevamo la panca vicino alla seconda finestra e sedevamo quattro da una parte e tre dall ’ altra . Coi tozzi di pane sparsi qua e là lungo la panca , colla gamella fumante sul palmo della mano sinistra ! e un moncone di cucchiaio di legno greggio col quale tentavamo di sbasoffiar via una pasta scondita o condita fino al disgusto , potevamo essere copiati per un mucchio di pitocchi di frateria che si scalda lo stomaco colla minestra del convento . Ho parlato delle cimici , perché ne ho trovate dappertutto . Nei camerotti polizieschi , nelle celle del Cellulare di Milano , nelle stanze del carcere giudiziario di Genova e nello stanzone del penitenziario di Finalborgo . Dopo la condanna , il Turati occupava , al Cellulare , una stanza spaziosa e ariosa nell ’ esagono del secondo raggio . Io , De Andreis , Romussi e Federici passavamo parte della giornata con lui . Nessuno di noi poteva adagiarsi sul suo letto a pagamento , senza che venissero alla superficie filate di queste schifose bestioline che fanno pancia col vostro sangue . Mi diceva Turati che di notte sciupava il tempo con questi puzzolentissimi insetti che non lo lasciavano dormire . Tre o quattro giorni prima che andasse alla reclusione , il direttore , impressionato dal suo tormento , gli fece imbiancare il cellone e passare alle fiamme il letto di ferro . - Ne ho trovate , ci diceva lo scopino incaricato di farli morire col fuoco , a nidiate . Morivano mandando un ’ odore pestilenziale che mi dava le vertigini . Un ’ ora dopo questo nettamento e questa pulitura , ne vedemmo tre che andavano via , pian piano , per il cuscino ! Nelle vecchie carceri di Genova non mi sono fermato che 15 ore . Se vi fossi rimasto di più , ne sarei uscito dissanguato . Venivano fuori a frotte . Il soffitto ne era pieno e negli angoli delle pareti si potevano prendere a manate . Alla notte , per paura che mi andassero nelle orecchie , o su per il naso , o in bocca , fui costretto ad alzarmi . Il letto ne formicolava . Potevo coglierle a manate al buio . Sdraiato non mi lasciavano quieto . Le mie mani precipitavano sulle gambe , sul petto , e le rincorrevano per il corpo senza riuscire mai a liberarmene . Come erano spietate le cimici del carcere giudiziario di Genova ! In questo carcere maledetto , non ebbi coraggio di mangiare , ma ebbi l ’ imprudenza di comandare un caffè . Ritirandolo dal buco dell ’ uscio me ne caddero tre nella chicchera e due nel piattino . Buttai via la bevanda dal disgusto . Nello stanzone di Finalborgo formicolavano per i cornicioni , si sorprendevano sulle pareti , si trovavano in letto , nelle screpolature dei muri , nelle commessure delle finestre , e perfino nelle crepe del tavolo . L ’ ambiente ha una grande influenza sugli individui . Anche l ’ uomo cresciuto nella reggia , nelle tombe penali diventa , a poco a poco , un porco . Dopo due o tre mesi non è più schifiltoso e non si meraviglia più di nulla . Si abitua a mangiare le cose meno mangiative o più repulsive con le mani , a pulirsi le dite nella giacca , a vedersi gli orli delle unghie calcate di sudicerie nere , a lavarsi maledettamente male in un cucchiaio d ’ acqua senza sentirsi invaso dal malessere , a considerare i pidocchi come amici di casa e a prendere delicatamente le cimici senza contorsioni e travolgimenti d ’ occhi . Se volete convincervi che l ’ ambiente agisce potentemente sull ’ individuo , invitate un ex recluso a pranzo . Osservatelo attentamente quando mangia e lo sorprenderete più di una volta in flagrante violazione delle regole più comuni della persona allevata bene . DON DAVIDE ALBERTARIO Se il direttore dell ’ Osservatore Cattolico fosse stato ministro della chiesa anglicana , a quest ’ ora egli sarebbe padre di una nidiata di figli . Perché le misses non gli avrebbero permesso di consumare la gioventù nel celibato , in un paese ove il servo di Dio prende moglie come qualunque altro mortale . Fisicamente è più corazziere che sacerdote . È un bell ’ uomo alto , spalluto , con un petto che traduce la sua salute di ferro , piantato su due gambe poderose , che fanno tremare le pareti della quinta camerata di Finalborgo quand ’ egli passeggia conciato o disperato di sapersi un leone in gabbia . La dieta della fame non è riuscita a smagrarlo , o a chiazzargli di lividure le guance voluminose , o a fargli nascere delle rughe sulla fronte . I suoi 52 anni sembrano 38 . Ha la carnagione di un prelato in fiore , gli occhioni luminosi che rivelano la bontà del suo animo ed è dotato di una forza che mi piegava in due non appena mi mettevo a lottare con lui . La sua attività cerebrale è prodigiosa . Non appena gli furono concessi gli strumenti di lavoro , la sua mano non è stata più quieta . Con una corrispondenza che avrebbe tenuto occupati tre segretari , egli trovò modo , in due mesi , di riempire 587 fogli di protocollo , che rappresentano l ’ opera sua di prete , di giornalista , di predicatore e di recluso . Senza essersi completamente sbottonato , come in una autobiografia , i lettori - se i manoscritti verranno pubblicati - vi troveranno il polemista che si ferma dove incomincia l ’ invettiva , il letterato che si sdraia con compiacimento nel suo letto intellettuale , l ’ oratore che ripassa pieno di letizia attraverso le sue orazioni trionfali , il sacerdote che sta ritto sulla tolda della sua nave cattolica , agitando il suo programma che si riassume nella formola « col papa e per il papa » . È nato nella provincia di Pavia , studiò all ’ Università gregoriana - frequentata dagli stranieri che si avviano alla carriera ecclesiastica . Si laureò in sacra teologia nel 1868 , in diritto canonico nel 1869 e a 23 anni venne consacrato sacerdote dall ’ arcivescovo di Milano , mons . Calabiana , unitamente al suo compagno di infanzia , il padre Zocchi , il noto scrittore della Civiltà Cattolica e uno dei più insigni oratori della predicazione sacra . L ’ Osservatore Cattolico si può dire sia stato il suo bimbo adottivo . Incominciò a volergli bene nel 1869 e continuò ad amarlo e a nutrirlo col suo ingegno fino al giorno in cui Bava Beccaris mandò i carabinieri e i soldati ad arrestarlo come un malandrino qualunque nella casa paterna . Io non posso dire di essere un lettore costante di fogli religiosi . Ma credo che non ci sia in Italia un giornale del partito che possa essere paragonato al quotidiano di don Davide . È un giornale che sente tutta la modernità professionale senza perdere del suo concetto fondamentale , che è la necessità della chiesa cattolica . È redatto bene , redatto da giovani che lo seminano di idee col ventilabro e che riempiono le sue colonne di uno stile spigliato , nervoso , che non lascia mai giù le ali sui guazzi sociali per paura di sporcare chi legge . È interessante per ogni lettore . Vi trovate l ’ appendice drammatica , l ’ appendice letteraria , l ’ articolo politico , il trafiletto , la cronaca , gli avvenimenti internazionali e una larga piattaforma per i servizi municipali - per le questioni operaie - per i problemi dell ’ avvenire . L ’ Osservatore Cattolico è stato condannato nella persona del suo direttore per queste motivazioni : 1.° perché ha con fine ironia combattuta la monarchia ; 2.° perché si è unito ai repubblicani e ai socialisti e agli anarchici per demolire le istituzioni dello Stato ; 3.° perché ha eccitato all ’ odio i contadini contro i signori e contro altre classi sociali ; 4.° perché ha educato il clero alla vita battagliera invece che alla missione di pace alla quale è destinato da Cristo . - Che c ’ è di vero , don Davide , in tutto questo ? - Per capire la portata della motivazione della sentenza che mi ha relegato per tre anni in questo reclusorio , bisogna conoscere la natura del mio giornale . L ’ Osservatore Cattolico è anzitutto un giornale che si dedica alla propaganda e alla difesa della chiesa cattolica e del papa . Siccome l ’ Italia è aderente a questa chiesa , così si deve ritenere necessaria la religione al bene sociale , per la vita presente e per la vita futura , come si deve ritenere necessario che essa sia tenuta in onore e non perda influenza . Questo è il caposaldo del programma del mio giornale nel rapporto religioso . « Nel rapporto politico io , direttore dell ’ Osservatore Cattolico , sono indifferente alla forma monarchica o repubblicana di governo . Do la preferenza a quella forma in cui i governanti sono col mio programma religioso , al quale subordino tutto il resto . Quindi è una bugia dire che io combatta la monarchia , come è una brutta invenzione quella di accusarmi di complicità coi repubblicani e socialisti e anarchici . In un ambiente monarchico io lavoro in mezzo al popolo , perché il governo abbia a cessare dall ’ opposizione contro il papa e contro la religione e abbia a promuovere la pace religiosa nel paese . « Il mio programma sociale è ampio e generoso . Io accetto tutto ciò che nei postulati del socialismo è compatibile colle dottrine della chiesa cattolica e mi adopero per attuarlo formando l ’ opinione in questo senso . Deploro il concetto fondamentale materialista del socialismo , deploro che non ammetta le verità cattoliche , perché il materialismo e la negazione delle verità cattoliche scavano un abisso tra il cattolicismo e il socialismo . L ’ Osservatore Cattolico combatte la speculazione che impoverisce , combatte l ’ usura , invoca provvedimenti di Stato che salvaguardino i diritti e gli interessi delle classi inferiori e ne migliorino le condizioni . Esso però rifugge dallo Stato collettivista . Tutto questo vogliamo ottenere con la persuasione della propaganda pacifica , con la carità generosa , col mezzo delle autorità e delle leggi . Credetelo , è una calunnia dire che io ecciti all ’ odio o alla discordia . « Da questo potete argomentare del valore delle motivazioni della sentenza del Tribunale militare . No , non sussiste la fine ironia contro la monarchia , non sussiste la congiura con altri partiti contro le istituzioni , non sussiste l ’ eccitazione di odio tra le varie classi sociali , non sussiste l ’ educazione del clero in senso opposto alla missione assegnatagli da Cristo . Non sussiste nulla di nulla . Di vero non c ’ è che questo : che si è mandato in galera un innocente . « Volete una prova che il direttore dell ’ Osservatore Cattolico non ha tentato di sviare dal retto sentiero il clero italiano ? Da che sono nella casacca del galeotto , sua santità il papa mi ha mandato la benedizione più di una volta , e una medaglia d ’ oro che tengo carissima , centinaia di vescovi , da ogni parte d ’ Italia , scrissero a me e a mia sorella lettere affettuosissime , sacerdoti e vescovi - come quello di Savona - sono venuti a trovarmi e a ogni distribuzione postale ricevo , come avete veduto , un mucchio di lettere e di telegrammi . Se non ci fossero di mezzo i patimenti di questa vitaccia , che sopprime il sacerdote e distrugge l ’ uomo , direi che il Tribunale di guerra mi ha reso un segnalato servigio » . L ’ affezione per sua sorella è nota a tutti coloro che leggono le sue lettere datate da Finalborgo e indirizzate alla « cara Teresa » . Sono lettere castrate e scritte nella condizione di un uomo che non può dire quello che sente e che vuole . Ma in esse è il pathos di un ’ anima addolorata . C ’ è la tenerezza di chi soffre della separazione e della lontananza . E la sorella lo ricambia di pari affetto . La sua assenza è il suo strazio . Per liberarlo , ha messo sossopra mezzo mondo . Ha mandato una lunga epistola all ’ episcopato italiano - ha scritto al presidente dei ministri e ha fatto bussare , a insaputa del fratello , fino alle porte reali . In mezzo a noi , don Davide , non ha mai fatto sentire il prete . Egli era un compagno che prendeva parte alla discussione . che si adattava in un modo mirabile alla vita comune , e che rideva delle nostre risate come un giovialone che non si ricorda della condanna . STUDIO GALEOTTESCO L ’ uguaglianza di trattamento non impediva ai forzati di avere una grande simpatia per gli inquilini della quinta camerata e di manifestarla tutte le volte che capitava loro l ’ occasione . Alla mattina e alla sera , per esempio , venti o trenta forzati addetti ai lavori del reclusorio passeggiavano nel cortile sotto le nostre finestre . Il tintinnìo delle loro catene ci chiamava al davanzale , cogli occhi tra il cassone e la ferriata . E loro , passeggiando , con dei cenni rapidi , con degli inchini che nessuno , all ’ infuori di noi , poteva avvertire , con dei palpeggiamenti di berretta che parevan grattamenti di capo , con dei rovesci d ’ occhi che mi andavano al cuore , o dei movimenti di labbra che sfuggivano alla sorveglianza , ci salutavano , ci davano il buon giorno e la buona sera , ci infondevano coraggio e ci traducevano la loro impotenza a fare qualche cosa per noi . La loro passeggiata era per me uno studio . Notavo il loro modo di andare in su e in giù e chiamavo Romussi e don Davide Albertario a constatare che il loro passo rivelava il galeotto . Dimostravo loro come un Jean Valjean avrebbe potuto essere scoperto dal segugio di polizia anche vent ’ anni dopo , vestito con eleganza , in una sala immensa affollata di signori che la percorressero conversando . Si vedeva che il piede , il quale aveva l ’ anellone della catena appesa al fianco o attorcigliata intorno la caviglia , indugiava uno zinzino più dell ’ altro a muoversi , e sfiorava assai più il suolo del sinistro , come se l ’ uno dei due fosse carico di piombo . Aggiungevo un ’ altra osservazione sui passi . Nei passi è l ’ uomo che è stato in branca , cioè incatenato con un altro per degli anni e costretto a esercitare le gambe in uno spazio di pochi metri . Contraggono un ’ abitudine indimenticabile . Adesso che sono disgiunti e che è a loro disposizione un terreno venti volte più largo della cella , consumano l ’ ora di passeggio come prima , gomito contro gomito , con un movimento di tre o quattro passi avanti e indietro , voltandosi come quando erano appaiati , cioè senza urtarsi e senza spostarsi . I tipi di forzati , che abbiamo conosciuto più da vicino e che possiamo presentare al pubblico come nostri amici , erano i « mozzi » o coloro che adempivano alle funzioni domestiche . Il 129 era il latrinaio - un galeotto che riassumeva il suo delitto come un grande artista . Si passava la mano sulla fronte e lo paragonava a « un temporale » , a « una notte buia » , a « una tempesta » . Fu l ’ uragano dei sensi che gli fece recidere la gola alla padrona ch ’ egli serviva come cocchiere a Ferrara . Egli la voleva o viva o morta . E se la baciò durante il « temporale » tepida ancora di vita , con gli occhi spalancati che pareva una strega . Egli è ormai tranquillo e non pensa più , come gli altri , a rientrare nel mondo dal quale venne scacciato . Per lui , « stare qui o altrove , è lo stesso . In qualche luogo , mi diceva , bisogna stare » . Veduto da vicino , con gli occhi nelle buche della sua faccia massiccia e larga , si prova la repulsione di chi si sente a tu per tu con un sanguinario . Dalle sue linee facciali sbuca il violento , ghiotto dell ’ altro sesso . Ha delle occhiate diaboliche , lambite dalle rughettine che infittiscono e si gonfiano quando spalanca la bocca per la risata che pare uno scroscio . Le sue mandibole voluminose completano l ’ orrore con la zucca enorme , calva alla superficie , leggermente schiacciata alle pareti . Intorno alle sue labbra carnose , è diffuso il cinismo che si prolunga fino alla radice del naso , dove incomincia una fronte spaziosa , fuggente , giallognola , la quale si increspa ogni volta che parla . Ha le gambe arcuate ed ha sempre fame . Tutte le volte che veniva nella nostra camerata gli davamo parecchie pagnotte . Veduto da lontano , immobile , nel sole , con le mani sulle reni e le pupille velate o addormentate nel fondo cristallino , ha l ’ aria di un uomo impagliato . Un altro tipo curioso sotto parecchi aspetti , era l ’ infermiere che veniva nella nostra camerata nei pomeriggi della caldura a inaffiarla di acido antisettico per tentare di salvarci dalle mosche inique e dalle cimici implacabili . È un forzato di cuore , che si trova in galera per avere creduto nella fedeltà della donna . È piccolo , tozzo , giallastro , con una fronte bassa , rugosa e senza fughe , con delle pupille che stanno spegnendosi nelle occhiaie fonde , con un naso camuso , delle guance che incominciano a piegarsi e a incresparsi come cortine vecchie e una bocca che spalanca una voragine di fuoco pallido e lascia vedere le gengive quasi sguernite . Non ci fu ammalato che non mi abbia parlato con entusiasmo di questa perla di condannato che nessun direttore o capo guardia è mai riuscito a punire in ventisette anni di carriera dolorosa . Me lo si raccomandava dicendomi che in infermeria , senza di lui , si poteva morire . Egli è una suora di carità , un fratello che va dovunque si soffre . Accorre al letto degli infermi con sollecitudine materna , si alza di notte se qualcuno si sente male , e , con quel poco che il medico mette a sua disposizione , cerca di lenire i dolori altrui . Avete la schiena tormentata dai reumatismi ? È la sua mano che viene a battervela , a spalmarvela di una goccia d ’ olio come un allievo del professor Panzeri , o a pennelleggiarvela magari con della tintura di iodio , se ne ha nell ’ armadio e se il medico lo ha ordinato . Avete un dente che vi strazia ? Eccolo pronto con la tenaglia . Non è un cavadenti di professione , ma ha la praticaccia del frate che sdenta il pubblico senza passare gli esami . Per provare la bontà del 193 , non ho da citare che tre testimoni che non lo dimenticheranno facilmente . Gaspare Giucchetto , minorenne , Giovanni Vedani , di 32 anni , e Angelo Vanoni di Luino , come il Vedani , e padre di tanti figli . Il primo aveva ricevuto una palla al petto con lesione , pare , al polmone ; il secondo era stato colpito allo stinco , e il terzo aveva lo stomaco perforato nel corpo . Io li ho veduti in infermeria , subito dopo il loro arrivo . Erano giunti a Finalborgo in una condizione da commuovere le pietre . Straziati dai dolori , con le ferite ancora aperte e col Vedani che non poteva e non può , credo , neppure oggi , stare in piedi , perché la ferita continua a produrre materia purulenta . In una infermeria , dove non ci sono che alcuni letti , una cassetta di polverine , un vasetto di tintura di iodio e della liquerizia per i catarri stomacali e le tossi che non lasciano dormire , anche un infermiere come il 193 non può fare molto . Ma li curava da cristiano , lavando , fasciando loro le ferite , aiutandoli a mangiare , curvandosi a ogni minuto per spostare la gamba al Vedani , la testa al Giucchetto e le spalle a Vanoni , il quale Vanoni era diventato tetro , perseguitato dal pensiero che il suo polmone fosse stato toccato dal proiettile . Mi diceva che « si sentiva il polmone in sussulto » . Il Gaspare Giucchetto portava il numero di matricola 2749; il Giovanni Vedani il 2731 , e l ’ Angelo Vanoni il 2747 . Don Davide Albertario non è stato in infermeria che quattro o cinque giorni a trangugiare due o tre drastici per liberarsi da una tenia che noi chiamavamo , per ridere , un « serpente boa » .. Il direttore dell ’ Osservatore Cattolico ritornò nella quinta camerata pieno di entusiasmo per il 193 che lo aveva curato come una madre . Gli stava alle calcagna quando era in piedi , gli andava intorno quando era nell ’ altra stanza a scrivere e sedeva di notte , per delle ore , vicino al suo letto , a vegliare i suoi movimenti . Il 193 è vecchio , è nelle mani della giustizia dal 25 luglio 1873 e la sua condotta è sempre stata irreprensibile . Se io fossi nel ministro di grazia e giustizia direi : basta ! E lo lascerei andare al suo paese di Ariano di Puglia , a morire in santa pace , sotto gli occhi di sua sorella , che gli vuol bene , tanto bene . Il nostro barbiere era un altro omicida , condannato a trenta anni . Nel reclusorio sembrava mite , gentile , afflitto soltanto di trovarsi in mezzo a tanta zavorra umana . Era pallido , emaciato , colle sfumature , intorno gli occhi , degli individui che portano nei polmoni i bacilli della morte . I suoi colpettini di tosse mi davano la sensazione penosa di essere accanto a un moribondo . La sua faccia era repulsiva per la carne scrofolosa gualcita dal coltello anatomico , per le contrazioni che gli avevano lasciato il segno sulle guance scarne e sulle palpebre rosse e senza peli . Ci considerava uomini superiori e ci radeva con una delicatezza femminile , raccontandoci sovente il suo amore sventurato . A diciannove anni si era ammogliato con una giovane che ne aveva diciotto . Dopo la cerimonia nuziale la sposa gli raccontò che un altro - un « civile » - l ’ aveva delibata a tredici . Fu una notte burrascosa quella della sua confessione . La poveretta gli buttava le braccia al collo piangendo dirottamente e gli domandava perdono . La colpa non era stata sua . A tredici anni non si ha la testa e una ragazza si lascia saccheggiare della verginità come un viandante dai malandrini . Lui la consolò con una sfuriata di baci , impromettendosi di obbligare il « civile » a farle la dote . Chi rompe paga , era la sua morale . All ’ indomani andò a trovare il « ganzo » e a dirgli come stavano le cose . Il « civile » promise di pagare . Ma i denari non venivano mai . Allora ritornò a ripicchiare allo stesso uscio e a esigere la promessa . Il « civile » gli rise in faccia . - Adesso che l ’ hai , tienila ! Gli « calò una benda sugli occhi » e lo uccise come un dissoluto malvagio . - Il mio dolore massimo è di essere stato creduto capace di premeditare il delitto . « Ero andato da lui per riscuotere , non per ammazzarlo . Il mio fu un impeto di passione . Lo dissi al presidente del mio processo » . Ora ne era pentito . Non potendo andare dalla famiglia , come fra Cristoforo , a domandarle perdono , le mandò una lettera bagnata delle sue lagrime . - La famiglia mi ha perdonato , il parroco del mio paese lo ha fatto sapere a tutti dal pulpito , ma il governo tace ancora . Ah , è duro il governo coi poveri condannati ! Una volta che siamo pentiti dovrebbe permetterci di riabilitarci . Invece ci lascia morire in galera o ci manda fuori quando non siamo più che dei carcami da ricoveri . « Porto la catena e la giacca rossa da diciannove anni e morirò forse in galera . Sia fatta la volontà di Dio ! Ma mi dispiace , credano , di non rivedere più il mio paese ! » E il dolore gli fece sputare del catarro sanguinoso . Il sei settembre , il giorno in cui ci rase i baffi , era commosso come un minorenne perduto , nel buco di una cella di rigore . Egli sapeva che cosa volevano dire questi crepacuori . Nei baffi era l ’ uomo . Radendoli , radeva il cittadino e non lasciava dietro il rasoio che un numero di matricola . Eravamo in sette e l ’ operazione durò più di un ’ ora . Andammo uno dietro l ’ altro dal barbitonsore , senza dirci una parola . Ciascuno di noi sembrava compreso del sacrificio , tranne forse Gustavo Chiesi , il quale conservò sempre l ’ attitudine dello stoico . Sotto il rasoio a più d ’ uno di noi si riempirono gli occhi . Federici e don Davide furono del numero . Non si aveva paura , nessuno pensava alla paura , ma l ’ emozione , più forte di tutti , rompeva la diga . Mentre mi si radeva , con la guardia carceraria seduta in faccia , mi venivano le lagrime in bocca come a un bimbo sculacciato ! - Coraggio ! diceva a ciascuno di noi il barbiere . I baffi e la barba ricresceranno più vigorosi di prima . - E voi , don Davide , gli domandai qualche giorno dopo , perché avete pianto , se non avete mai avuto baffi e se vi facevate radere il labbro superiore anche prima ? - Perché mi si infliggeva una punizione infamante . Perché mi si riduceva il 2557 . Dall ’ emozione profonda passammo all ’ ilarità clamorosa . A mano a mano che uno di noi rientrava nel camerone con la faccia galeottizzata , si scoppiava in una risata sonora . Sembravamo dei mostri . Salve le proporzioni individuali e la voce , potevamo benissimo scambiarci per dei galeotti sconosciuti . Il solo che non avesse alterato la figura era il sacerdote . Gli altri pareva che fossero stati in un ’ altra stanza a truccarsi o a cambiarsi la testa . Gustavo Chiesi , grasso e grosso , aveva del frate Melitone . Il buon Suzzani - che si chiamava , con compiacenza , « compagno di Carlo Marx » - aveva assunta l ’ aria d ’ un abatino pieno di modestia . Costantino Lazzari era uscito dalle mani del parrucchiere una edizione peggiorata . L ’ avvocato Federici si era trasformato in un santocchione che sginocchia per le chiese . Ghiglione era ritornato in mezzo a noi come un uccello di rapina . Il suo naso lungo si era prolungato e la punta appariva più adunca di prima . I peli scomparsi dalla guancia sinistra gli avevano lasciato all ’ aria una prominenza che gli delinquentizzava la faccia . Il nostro barbiere è nato sotto una cattiva stella . Egli ci sbarbava direi quasi con orgoglio . Considerava il sabato il più bel giorno della sua vita , perché poteva scambiare qualche parola con noi . Ma venne il giorno triste della partenza . Il direttore lo aveva destinato per il reclusorio di Finalmarina . Trovò modo di venirci a salutare . Strinse la mano a ciascuno di noi con la voce che tremava . Addio , si ricordino di me , del povero barbiere pentito del suo fallo . E lo sentimmo che si allontanava col singhiozzo che egli tentava di soffocare nel fazzoletto a quadrettoni . IL CONDANNATO IN TRADUZIONE Il mio viaggio da Finalborgo a Milano , per subire un altro processo , mi ha dato modo di studiare una delle pagine più dolorose della vitaccia del bestiame che passa da una galera all ’ altra . Ricordo tutto , come se fosse adesso . Era il 27 luglio , una giornata afosa . Io e alcuni abitanti della quinta camerata stavamo con la gamella capovolta , sul mastello dell ’ acqua sporca , per lasciar colare la pasta dalla brodaglia maculata di scandellature . Entrò il sottocapo Osmiani a scompigliarci . Era l ’ uomo più serio del personale di custodia . Non sciupava parole . Ci chiamava guardando in terra e tenendo l ’ indice della sinistra in alto . - 2559 ! - Presente ! Ero già pronto . Mi lasciai baciare teneramente dagli amici , presi il fagotto sotto il braccio e uscii con la gola rasa di commozione . Per evitare il disastro di una gita galeottesca avevo fatto di tutto . Avevo detto al direttore che soffrivo e che non ero in grado di rimettermi in un vagone cellulare . Ma non ci fu verso . Il medico , dopo avermi palpeggiato , come se fossi stato di straccio , mi trovò sanissimo . Il mio compagno di viaggio era uno della « rivoluzione » . Egli era stato colto in piazza di Luino durante i tumulti e condannato dal tribunale militare a sei anni di reclusione . - Vi rincresce ? - Sì , perché sono innocente e perché ero l ’ aiuto dei miei genitori . Facemmo la strada a piedi . I veicoli ci empivano gli occhi e la bocca di polverone bianco e la gente voltava via la faccia inorridita . Un nugolo di studentesse sull ’ omnibus a giardiniera ci fece venire le vampe della vergogna alla faccia . - Come sono brutti ! E non avevano torto . Il più bel giovine d ’ Italia , che esca da un reclusorio , spaventa . In pochi mesi il reclusorio te lo rende irriconoscibile . Eravamo giunti tre quarti d ’ ora prima del treno . Ne ero contentissimo . Era dell ’ aria fresca guadagnata . I carabinieri , invece di chiuderci nella stanza di sicurezza , ci lasciarono sul margine del binario della stazione . Grazie ! Ebbi tempo di fumare tre sigarette . In questo frattempo , vennero alla mia volta alcuni signori a domandarmi se ero il tale . - Sissignori , risposi a colui che mi aveva interrogato . I signori si tolsero il cappello e si curvarono leggermente . - Scusino , dissi loro , commosso ; ma io non li conosco . - Non importa . Noi sappiamo chi è lei . Rimasero lungo il binario fino alla partenza del treno , salutandomi con un ’ altra scappellata . Il vagone cellulare del mio secondo viaggio apparteneva al tipo vecchio . Era composto di venti celle , divise da un piccolo corridoio longitudinale , con un largo all ’ entrata per i rappresentanti dell ’ arma regia . Una volta entrati , si è sommersi nella penombra anche col sole allo zenit , perché non ci sono finestre alle pareti dei fianchi . La cella era più angusta e più nauseosa di quella che mi aveva condotto nel reclusorio . Col sedile di legno e con le pareti insudiciate di sputacchi e di mucillaggine nasale , mi sentivo in una cassa da morto in piedi , con un traversino sotto il sedere . Il legno mi accarezzava dappertutto . I piedi stavano più male . Si trovavano sopra uno strato molle e viscido e non potevo alzarli . Per quanto facessi , non riuscivo a tener su le ginocchia sull ’ uscio . Si respirava l ’ atmosfera riscaldata dall ’ alito dei detenuti . Lo sfiatatoio era il contrario di un conduttore d ’ aria . Si crepava dal caldo e i malviventi imploravano un sorso d ’ acqua . Non so da dove venivano perché a tutte le stazioni se ne caricavano e in alcune se ne scaricavano . Il brigadiere che aveva in consegna le stie , era un uomo tarchiato con una faccia da simpaticone . Quando gli si diceva di essere buono e di provvedere gli assetati di un fiasco d ’ acqua , andava sulle furie dicendo che non voleva essere buono . I buoni non facevano carriera e lui era già sulla lista dei futuri marescialli . - Consideratemi cattivo e mi troverete buonissimo . E io , davvero , ero della sua opinione . In fondo alla mia nicchia , lo consideravo uno di quegli arnesi di sentina che godono a far patire la gente tribolata , come godevano i carabinieri dell ’ Andalusia del 1893-94 , i quali davano pane e merluzzo ai morenti di sete e nerbate a coloro che desistevano dal correre intorno la stanza giorno e notte ! Un po ’ più in là , dovetti ricredermi . Egli non era la iena che supponevo . A una stazione intorno il collo della riviera di levante , si era lasciato impietosire da tutte le voci che gli dicevano : - Sia buono , signor brigadiere ! E mi ha fatto piacere . Perché è sempre una consolazione sapere che un uomo rinsavisce o si stanca del piacere di torturare gli impotenti . Il brigadiere fece discendere il carabiniere a riempire il fiasco e ordinò che se ne desse una golata a ciascuno . Per dissetarvi , il carabiniere è obbligato ad aprire la cella con un catenaccio che cigola dalla ruggine e non scorre che con dei calci , e a versarvi l ’ acqua in gola . Se il carabiniere non è gentile , il liquido gorgoglia , trabocca dalle labbra e va giù a biscia per lo stomaco . Io avevo sete , ma non ho voluto suggere al cannello comune . Pensavo alla infezione . Ma ho dovuto pentirmene . Un ’ ora dopo mi sarei lasciato inaffiare il gorgozzule anche da un cannello imbrattato dalle labbra di una generazione ! Lungo il tragitto è avvenuta una delle solite scene stomachevoli di questi trasporti . Un poveraccio in traduzione si sentiva incalzato da una urgenza corporale . - Signor brigadiere , mi faccia smanettare che non ne posso proprio più . - Fate silenzio o vi metterò le catene ai piedi ! Sul pavimento della celluccia , Sono gli anelli infissi nel pavimento per incatenare i furiosi o i pericolosi o i prepotenti . Il galeotto turturato dai dolori di pancia era vicino alla mia cella . Udivo che si moveva e si lamentava . Qualche minuto dopo , l ’ ambiente era pestifero . Il miserabile si era sgravato come aveva potuto . Gli inquilini gli diedero dell ’ animale a braccio di panno e del porco senza fine , ma lui si difese dicendo che si fa presto a rimproverare quando non si è nella stessa condizione . I discorsi che si facevano erano noiosissimi . I condannati non si occupano che di pane , di reclusori , di regolamenti , di minestra , di punizioni , di guardie buone e cattive e di direttori con o senza peli sullo stomaco . Per me , erano però discorsi utilissimi . Perché mi rivelavano la vita intima del detenuto . Il mio vis - à - vis , per esempio , raccontava che le giornate di traduzione volevano dire , per loro , la fame completa .. « Di solito , diceva , ci si fa partire dal carcere alle quattro antimeridiane con una pagnotta di seicento grammi di pane stantio , e nessuno pensa più a noi se non all ’ indomani per darci un ’ altra pagnotta e rimetterci in viaggio . Se la si dimenticasse nel vagone o la si perdesse mentre si va dall ’ omnibus al vagone , felicenotte . Bisognerebbe rimanere digiuni fino all ’ altra distribuzione . Non si capisce perché il trasloco da una galera all ’ altra faccia perdere il diritto alla minestra . « La gente onesta che viaggia tutto il giorno , quando arriva , si mette a tavola e si ristora con dell ’ acqua fresca sulla faccia e un buon pranzo inaffiato bene . Noi galeotti arriviamo , ci si registra e ci si chiude in una stanzaccia con quattro o cinque pagliericci in terra . Tutta la nostra consolazione è un secchio d ’ acqua nell ’ angolo , stato riempito magari il giorno prima . Quando sono nel penitenziario ho diritto , coi miei denari , a una spesa di cose mangerecce di venticinque centesimi . Perché il viaggio mi fa perdere questo diritto ? » E il condannato concluse dicendo che le giornate di traduzione sono , per il ventre del recluso , le più desolanti . Lo si dimentica . A Genova ci si fece discendere dopo che il treno si era vuotato . Ci dovevano essere , col nostro , altri vagoni cellulari , perché la « catena » si era ingrossata . Potevamo essere una cinquantina , compresa una reclusa . La donna , che aveva le mani slegate , non era trattenuta dal giro della catena comune . Ci seguiva . Era una donna brutta , bassotta , con tanti capelli neri e con le labbra sottili della sanguinaria . La maggioranza era in borghese , in viaggio per la casa di espiazione . I reclusi , col loro abito carnevalesco , colorivano la scena , e i galeotti , col tintinnìo della catena che penzolava loro dal fianco , la intetravano . Tutti assieme , circondati da un nugolo di carabinieri , facevamo paura . Sembravamo il rifiuto delle classi sociali . Una banda di ladri e di assassini stati colti con le mani nel sangue delle vittime . C ’ erano grinte che facevano rabbrividire anche me che vi avevo fatto l ’ occhio . Fuori della stazione ci aspettava una folla enorme . Passammo tra i commenti degli spettatori e filammo , in linea , per tre o quattrocento passi , fin dove ci aspettavano i veicoli . Le vetture erano meno crudeli delle carrozze cellulari . Erano omnibus lunghi , a giardiniera , col tendone che giungeva a filo dell ’ orlo del veicolo . Col tendone legato alla sponda , non potevamo vedere , curvandoci , che i sassi o le pietre della strada e il lucido del mare conturbato quando lo rasentavamo . Eravamo pigiati , quasi l ’ uno sull ’ altro , ma rinfrescati , di tanto in tanto , da una buffata d ’ aria marina . L ’ impressione che si subiva era però più spaventevole di quella di essere chiusi nel carrozzone cellulare . Perché quando il veicolo passava sui sassi metteva in rivoluzione le budella e quando sterzava pareva che stesse per riversarci nella via sottostante o nel mare . A un certo punto , i cavalli smisero il trotto . La salita era divenuta faticosa e i vetturali facevano schioccare la frusta . Nessuno dei miei colleghi aveva mai fatto tappa al carcere giudiziario di Genova e così nessuno sapeva se era lontano o vicino . Dalla salita , credevamo tutti che fosse fuori , lontano qualche miglio dalla cinta cittadina . Mentre si facevano queste supposizioni , sentimmo le voci che fermarono i cavalli . .. La discesa fu più difficile . Uscendo dal buio , col fagotto nella mano legata con l ’ altra , e la catena intorno all ’ ascella tirata da quelli che precedono e seguono , si mette il piede sul predellino con la paura di scavigliare o di ruzzolare sul selciato . Nella luce dei lampioni foschi e delle fiamme libere dei becchi a gas delle botteghe che sembravano cave , ero come disorientato . Ci volle uno strappo di catena per convincermi che facevo parte del convoglio di galera . La via era ripida e tortuosa . Si saliva lentamente e si passava attraverso ondate di luce sfacciata . La gente del quartiere non sembrava interessata di una « catena » che indubbiamente assomigliava alle altre degli altri giorni . Le donne rimanevano sedute in terra dinanzi la porta delle loro abitazioni o sul gradino all ’ entrata dei loro negozi , e gli uomini , in manica di camicia , continuavano a pipare e a chiacchierare tra di loro senza degnarci di un ’ occhiata . Carichi del fagotto , con la catenella che tirava ora indietro e ora innanzi , si saliva sudando . Al secondo svolto di via , incontrammo due portatrici con due pesi enormi sul capo che facevano tremolare i loro fianchi possenti . Non abituato a vedere le teste femminili calcate alla superficie da un quintale di roba , mi parve di passare attraverso un popolo barbaro che delle donne facesse dei ronzini . Arrivai in faccia a un portone spalancato e sormontato dallo stemma del carcere giudiziario , con la lingua che penzolava dai denti come quella di un cane . Ero digiuno , con la bocca secca . La lingua mi sembrava un pezzo di carne dalla pelle ruvida in bocca come un castigo . A sinistra dell ’ entrata , era un tubetto di ottone che usciva arcuato dal muro e lasciava cadere una colonnuccia d ’ acqua . Il rumore della caduta sulla pietra decompose la catena . Malgrado gli ordini imperiosi dei carabinieri che avevano fretta di sbarazzarsi di noi per andare a cena , nessuno volle muoversi prima di essersi saziato di acqua fresca . Quando venne la mia volta , rimasi disilluso . Per la mia bocca , era un ’ acqua di un sapore marcioso . Dopo una risciacquata e una golata , la buttai in terra come se fosse stato un liquido avvelenato . Puah ! Lo smanettamento , la consegna delle buste coi denari e la registrazione dei detenuti durò una buona mezz ’ ora . I viaggiatori sembravano stracchi morti . Nessuno diceva una parola . Qualcuno sbocconcellava la pagnotta e qualche altro rimaneva in piedi . Io fui l ’ ultimo , perché mi ero posto dietro tutti , sulla panca in giro dello stanzone immenso . Mi si conosceva di nome e questo mi suscitava la speranza che avrei potuto indurli a farmi comperare qualche vivanda per la cena . Ma era troppo tardi . Erano quasi le nove . E i detenuti , a quest ’ ora , dovevano avere la pancia piena . Se avessero potuto aiutarmi , lo avrebbero fatto volentieri . La sola cosa , che potevano fare per me , era di mettermi in una stanza solo e di offrirmi un bicchiere d ’ acqua fresca con del limone del loro fiasco . Accettai tutto con dei grazie e mi lasciai condurre di sopra da un secondino che mi aperse e mi chiuse in una stanza . Delle cimici che divoravano il soffitto , annerivano le pareti e muovevano il pagliericcio , ho già parlato . ANNA KULISCIOFF È una donna nuova . Imbevuta di idee proibite , uscì dalla società dello zar come una rivoltosa che non ha paura di stroncare i legami che la legano al mondo pieno di pregiudizi e di ingiustizie . Fortificata dall ’ esempio delle nichiliste delle classi superiori del suo tempo , le quali abbandonavano la casa patema come le mogli del teatro di Ibsen abbandonano la casa maritale , Anna Kuliscioff , consumato il periodo della propaganda pratica per la campagna russa , si avviò verso l ’ esilio , con l ’ anima piena di negazioni , con la fede nell ’ avvenire , determinata a compiere la sua evoluzione intellettuale in mezzo alla gente latina in lotta per la rigenerazione sociale . La Kuliscioff è stata la prima nichilista che ho conosciuto . Le venni presentato da Benoit Malon , a Lugano , quando il comunardo scriveva , se mi ricordo bene , la Revue Socialiste , l ’ organo massimo , in allora , delle alte intelligenze dell ’ emigrazione rivoluzionaria . La Kuliscioff poteva essere intorno ai venti anni . Mi parve una vergine slava . Con una testa da madonna , con la carnagione bianca imporporata di salute , con le trecce lunghe , di un biondo luminoso , per le spalle , mi faceva pensare alle donne graziose dei preraffaelliti che in quei giorni ammiravo come uno narcotizzato dai loro colori . Malon parlava , e io mi perdevo negli occhi della nichilista , inondati di quella malinconia che va al cuore come una nota soave , al punto da farmi riprendere da una voce grave - una voce che mi insegnava che un socialista non deve contemplare una signorina viva come si farebbe con una figura sulla tela . Seppi dopo molte cose di lei . Della sua agitazione , dei suoi studi , della sua prigionia , del suo sfratto dall ’ Italia , dei suoi amori , della Rivista Internazionale del Socialismo ch ’ essa pubblicava con Costa , della nascita della sua Andreina , delle sue tribolazioni , della sua laurea di dottora , della sua unione con Turati , della sua malattia crudele , ma non la vidi più che nel ‘95 , cooperatrice e collaboratrice della Critica Sociale . Nel ‘78 il mio pensiero si genufletteva alla bellezza . Oggi , esso si inchina alla pensatrice . Migliaia di donne , in mezzo agli uragani della sua esistenza fortunosa , sarebbero naufragate cento volte . Anna Kuliscioff è sempre rimasta in faccia alle procelle come una sfida . Dagli avvenimenti che volevano inghiottirla , usciva sempre più forte , più saggia , più preparata a sgomberare la società del passato per far largo all ’ avvenire . Neppure la sua malattia implacabile seppe vincerla . Di tanto in tanto si diffonde , tra gli amici , una notizia funebre . La Kuliscioff sta male - la Kuliscioff ha poco da vivere - la Kuliscioff è in fine di vita . E poi non se ne sa più nulla . Non si parla più del suo male implacabile . La si rivede , con la sigaretta in bocca , al tavolino dell ’ amministrazione o della redazione a lavorare come una negra . Avveniva , su per giù , la stessa cosa con la Harriet Martineau - la grande giornalista inglese del tempo chartista . Questa collaboratrice del Daily News era così sicura di essere agli sgoccioli della vita , che in un momento disperato si mise a scrivere la propria autobiografia , incominciando dall ’ ultimo capitolo per paura di non finirla . La Martineau ebbe tempo di completarla e di lasciarla negli armadi dell ’ editore per venti anni . Per venti anni i suoi amici si aspettavano , ogni mattina , di leggere nei giornali la fine della giornalista che ha prodotto più di ogni altro uomo del suo tempo ( ) . Nel ’98 è capitato alla Kuliscioff quello che un secolo prima era capitato a madame Roland . Di vedersi svegliata all ’ alba dagli agenti di pubblica sicurezza e di andarsene in prigione nella vestaglia . Nelle poche parole ch ’ essa pronunciò dinanzi il Tribunale militare è tutta la donna che ho presentato . Compendiano il suo cuore , la sua modestia e il suo carattere . Leggetele , vi troverete la indifferenza tragica per tutto ciò che riguarda l ’ imputata - la serenità della martire che crede , che persiste a credere , che crederà sempre che nel socialismo sia la rigenerazione sociale . « La mia azione nel partito socialista era molto limitata e molto modesta . Se verranno fuori dei fatti a mio carico io ne assumo fin d ’ ora la responsabilità . Io sono socialista da quasi 25 anni , ma in Italia non feci nessuna propaganda , sia per una certa delicatezza verso un paese presso il quale sono ospitata , sia per la paura di essere sfrattata . Io sono poi invalida da un anno , e sono obbligata a rimanere sempre in casa . In questa condizione come volete che io sia in caso di fare propaganda ? » In letteratura io e la Kuliscioff siamo divisi da un abisso . Ella , se l ’ ho capita bene , sente ancora dell ’ affezione per la vita romanzesca intessuta dalla fantasia dell ’ autore e drappeggiata nella fraseologia che non lascia esalare i cattivi odori dell ’ ambiente . Io sono più rude . Spalanco tutte le porte , discendo in qualunque fogna e mi servo del linguaggio dei personaggi che riproduco . Il mio temperamento mi trascina ad essere sincero in ogni manifestazione della vita senza preoccuparmi se farò smettere di leggere o chiudere il libro anche agli amici che mi vogliono bene . La ragione di questo nostro dissenso letterario è che in fondo alla Kuliscioff è rimasto un po ’ d ’ idealismo e un po ’ di misticismo . Ella dà la preferenza al libro che lascia vivere qualche illusione e che non svergina o smaga brutalmente chi legge , e crede alla immortalità dell ’ anima . Non mi meraviglierei domani di saperla spiritista . Sul terreno delle questioni economiche essa torreggia . E il futuro storico del socialismo italiano lascerebbe un gran vuoto nel suo lavoro s ’ egli non ci dicesse l ’ influenza che questa donna ha esercitato sul movimento di quest ’ ultimi venti anni . Nel resto la Kuliscioff è donna capace di grandi amori e di odii inestinguibili ( ) . GLI ULTIMI GIORNI DEI DEPUTATI E DEI GIORNALISTI AL CELLULARE Turati , De Andreis , Romussi , Federici e Valera si sono riveduti , dopo tante noie , con dei baci , degli abbracci e delle strette di mano , nel cellone esagonale B , numero 2 , del secondo raggio . Gli ultimi tre erano giunti dal reclusorio di Finalborgo e i due deputati erano ancora sbalorditi dai dodici anni di reclusione che aveva inflitto loro il Tribunale militare . La loro vita era piuttosto agitata . Si alzavano , alla mattina , mezz ’ ora prima dell ’ alba e ciascheduno nella propria cella , dopo il caffè , si metteva al lavoro . Turati aveva sempre un mucchio di lettere da scrivere e un numero infinito di Riviste da leggere ; Romussi , il quale sdrucciolava dal letto sempre di buon umore , era sommerso nelle opere di Carlo Cattaneo ; del quale stava facendo uno studio ; De Andreis , l ’ uomo che non pensava mai alla condanna , aveva del lavoro fin sopra i capelli . Leggeva dei poeti inglesi , tedeschi e francesi - tre lingue ch ’ egli deve sapere benissimo - , studiava o piuttosto correggeva il suo latino con lo Schultz alla mano e dedicava parecchie ore a un lavoro di elettricità che deve avere veduto la luce prima che gli abbiano spalancate le porte del reclusorio di Alessandria . Federici si nutriva di storia e negli intervalli rileggeva l ’ opera massima di Giuseppe Ferrari , del quale è sempre stato ammiratore fervente . Valera studiava o fingeva di studiare il tedesco e passava attraverso la Social England di Traill - volumi che incominciano col Conquistatore e finiscono col regno della regina Vittoria , e dànno una pittura esatta della vita intima e pubblica di un popolo che non ha più freni né per la penna del giornale e del libro né per la lingua della piattaforma . Alle otto antimeridiane , si trovavano tutti nel raggio del passeggio - un raggio angustissimo - si davano il buon giorno , si dicevano se avevano dormito bene o male - la maggioranza pativa di insonnia - si comunicavano le notizie portate loro dalle ultime visite e dalle ultime lettere e poi incominciavano la conversazione , la quale era sempre interessante anche quando , per ridere , discutevano della possibilità di una evasione , citando quelle storiche di Napoleone III , di Rochefort , dei prigionieri politici della monarchia di luglio , di Krapotkine , di Bakunine , ecc . , ecc . Ritornavano in cella a lavorare per un paio d ’ ore e poi , alle undici , ciascheduno usciva con la sedia , col tovagliolo , con la forchetta e col cucchiaio di legno e andava a far colazione nel cellone turatiano . La loro colazione alla forchetta era modestissima . Quando non ordinavano il risotto alla certosina o la polenta col fegato in comune , Romussi mangiava i tagliatelli al sugo e la costoletta coll ’ osso , Turati un piatto di carne e due uova strapazzate , De Andreis vi aggiungeva un po ’ di gorgonzola , Federici faceva precedere al pollo o al fegato la zuppa alla pavese e Valera alternava le uova al tegame con la pasta al burro ben cotta . La discussione si animava bevendo qualche bicchiere di vino buono delle bottiglie che mandavano gli amici , mangiando dei dolci che inviavano la mamma di Turati , o la signora di Federici o di Romussi - e fumando le sigarette che trovavano un po ’ dappertutto . Qualche volta capitavano loro , durante la giornata , dei cestelli di frutta fresca , dei panettoni che obbligavano De Andreis a mettere sul tavolo la bottiglia di barolo che Turati dimenticava nell ’ angolo . Il deputato di Milano non voleva mai bere . Egli diceva che gli astemi vivono più a lungo e sani come corni . Ma si insisteva e lui beveva , versandoselo in gola come una medicina che gli faceva stralunare gli occhi . Il discorso eterno era la Cassazione che li teneva sugli aghi . Ma facciano presto ! Mandateci in galera , dicevano , ma , fate presto in nome di Dio ! Nessuno si lasciava cullare dalla speranza che i magistrati dall ’ alto tribunale avrebbero accolto il ricorso . Tuttavia , quando andava Majno a trovare qualcuno di loro , rinasceva la discussione con un po ’ di fede . - Me l ’ ha detto lui adesso ! Egli si crede , legalmente , in una botte di ferro . - Volete che Majno non sappia quello che dice ? De Andreis faceva il suo solito risolino e voltava le pagine del libro che aveva fra le mani . Per lui , erano chiacchiere inutili . E si metteva a sviluppare il suo programma di condannato a dodici anni con una indifferenza che faceva scappare la pazienza a Turati , il quale non voleva assolutamente diventare un eroe della casa di pena . Dodici anni sono lunghi , eterni , sono la vita di un uomo ! È un errore , aggiungeva il Turati , credere che si possa lavorare serenamente in queste condizioni , quando si manca di tutto , quando si deve vivere in un buco ove si soffoca d ’ estate e si gela d ’ inverno , con venticinque centesimi al giorno ! Romussi metteva sul tappeto la questione del viaggio . Egli , che si ricordava del vagone cellulare che lo aveva condotto a Finalborgo con degli scotimenti di testa , vedeva avvicinarsi il giorno della partenza con orrore . Gli rincresceva di lasciarsi chiudere in quella specie di cassa da morto . Ma non avrebbe ceduto . No , non avrebbe ceduto ! Se il Governo voleva disonorarsi , tanto peggio per lui . E andava sotto la finestra a dare delle puntate di scarpa nel muro . - No , no , e poi no ! non mi lascerò commuovere dalle lagrime di mia moglie e di mia figlia . Non voglio andare nel vagone a mie spese per salvare Pelloux dall ’ infamia di trattare i giornalisti come delinquenti comuni ! - Ci lasceremo tagliare i baffi e indossare l ’ abito del recluso ? La Kuliscioff , che Turati vedeva spesso nella stanza dei colloqui speciali , era determinata a sostenere una battaglia in favore dell ’ abito del condannato politico . Essa aveva già detto al capoguardia che nessuna guardiana avrebbe osato metterle le mani addosso per farle indossare la veste abbominevole della reclusa . Federici non ne era molto interessato . Egli diceva che non si disonoravano i condannati politici indossando la toletta del condannato comune . Sono quelli che la impongono loro che si disonorano . La preoccupazione sua era piuttosto se si dovesse lasciare sola la Kuliscioff a sostenere la lotta per l ’ abito . Valera ricordava che anche i deputati irlandesi , ai tempi delle ultime leggi eccezionali , erano divisi su questa questione . Il più accanito fu O ’ Brien - l ’ ex direttore dell ’ United Ireland . Egli la considerava una grande battaglia politica e la sostenne non lasciandosi svestire che dopo lotte disperate tra lui e gli aguzzini di Kilmainham - prigione di Dublino . Ci vollero otto carcerieri a strappargli la giacca ed il panciotto . E i calzoni , otto giorni . Egli stette otto giorni in cella , in camicia , senza coperta e senza pagliericcio d ’ inverno , a costo di crepare di freddo e di starnuti . Ma poi ha dovuto finire per lasciarsi vestire come gli altri . Mandéville , il quale ha voluto imitarlo , è uscito sconquassato dai pugni ed è morto . E gli altri deputati - Hooper , Sheehy e Carew - che non hanno resistito come O ’ Brien , dopo il pugilato in carcere , non sono stati più loro . Anche al Parlamento non si son fatti più sentire che come votanti . L ’ amico Michele Davitt , che è ora alla Camera dei Comuni ed è stato alla servitù penale , come feniano , per sette anni , non dava alcuna importanza agli sforzi di O ’ Brien . Mi raccontava che era del tempo sciupato . L ’ Irlanda aveva altro da fare che occuparsi dei calzoni di O ’ Brien ! A mano a mano che si avvicinavano alla decisione della Cassazione , i colloqui si succedevano ai colloqui in un modo straordinario . Erano parenti , amici , compagni di lavoro che andavano al Cellulare come in processione . Pei condannati , era uno strazio . Passavano da un abbraccio all ’ altro commossi della commozione altrui . Toccava ai condannati far coraggio ai visitatori ! Il Turati risaliva qualche volta sfatto . - È un supplizio . A momenti , mi facevano piangere ! Romussi , più di una volta , entrava nel cellone colle lagrime negli occhi . Federici rientrava e si metteva a passeggiare colle mani imbracciate . De Andreis invece si toglieva la giacca - lui non stava mai che in maniche di camicia - la metteva con cura sul letto di Turati , accendeva una sigaretta e ricominciava a mandare a memoria delle declinazioni latine ! Il giorno in cui si seppe l ’ esito della Cassazione mangiarono con maggior appetito senza punto discuterlo . Lo sapevano anche prima . Il ricorso per loro non era stato che un modo per guadagnar tempo e per aderire alla volontà dei parenti e degli amici che volevano che si andasse fino in fondo . Il dolore comune erano le centocinquanta lire ! - Queste sì , disse De Andreis , che sono state sciupate ! - Rubate ! dicevo io . Dopo la parola della Cassazione fu davvero una pena . Nessuno era riuscito a dir loro il giorno della partenza e ogni sera si separavano coll ’ ambascia di non rivedersi più per del tempo . - Ci manderanno assieme ? Turati aveva una pallida speranza di rimanere al Cellulare con la compagna della sua vita o di andare a Pallanza , dove la sua buona mamma avrebbe potuto andarlo a vedere di tanto in tanto senza fare un lungo viaggio . Romussi aveva paura di ritornare a Finalborgo , un luogo maledettamente umido , lontano da Milano , ove gli sarebbero ritornati i dolori artritici . Federici era considerato il fortunato dei fortunati . Lui aveva già scontato quattro mesi dei dodici che gli avevano appioppati e lo avrebbero lasciato a Milano , senza dubbio , a far compagnia al Maffi , il quale era entrato a fare il sesto nel cellone da pochi giorni . Forse non lo si sarebbe neppure galeottizzato . - Te fortunato ! gli dicevano . Di giorno in giorno , ne passarono dodici . Dodici giorni di ansie crudeli . Facevano il pacco alla sera , dopo essersi salutati con un abbraccio fraterno , e lo sfacevano alla mattina , ricominciando il lavoro di suggestionarsi l ’ un l ’ altro . L ’ ultima sera , disperati di non partire mai e determinati a non pensare più alla partenza , si proposero di mangiare tutti assieme il pollo alla cacciatora . - Allora , disse Romussi , vedrete che ci manderanno via . Il pollo alla cacciatora è sempre stato l ’ ordine di partenza . In Castello abbiamo ordinato il pollo alla cacciatora e ci hanno fatto partire prima di mangiarlo . Lo abbiamo comandato a Finalborgo e ci hanno rinviati a Milano . Alle due e mezzo della notte del 4 settembre il capoguardia andò nelle celle dei condannati politici a dir loro di alzarsi in fretta che si doveva partire . Alle tre si trovavano nell ’ ottagono Romussi , De Andreis , Federici e Valera . La cella di Turati era illuminata . Vennero ammanettati e cellularizzati nell ’ omnibus che li aspettava . Alla stazione centrale si fecero prima uscire De Andreis e Romussi . Quando discesero dal predellino della vettura Valera e Federici , gli altri due erano scomparsi . Turati lo si fece partire per Pallanza mezz ’ ora dopo , in un omnibus piccolo , che lo aspettava nello stesso cortile . Egli si era portato via il materiale per scrivere un libro sul socialismo italiano . Ma poi , ricordatosi della sua idea fissa , che in galera non si scrive , smise l ’ idea per rimpinzarsi di libri . LA « COLOMBA » E IL LINGUAGGIO DEI DETENUTI La « colomba » e il linguaggio dei detenuti non si possono capire bene che dopo sei mesi di cella in una casa di pena o in un carcere giudiziario , dove la voce degli inquilini è perseguitata dalle punizioni che macerano lo stomaco e riducono in una tana sotterranea come tanti animali . Una volta che siete passati attraverso questo periodo di segregazione completa , con le guardie di custodia quasi sempre in agguato per sorprendervi in flagrante violazione del regolamento , voi entrate nel periodo di adattamento e incominciate a imparare tutte le astuzie che vi aiutano a modificare la disciplina antisociale che impera nell ’ ambiente dei reclusi . La preparazione alla vita carceraria , nell ’ isolamento senza interruzione , vi ha resi più sensibili . La caduta di un fazzoletto vi fa trasalire come il chiavone che entri nella toppa . Ci sono momenti in cui vi pare di poter sentire le pulsazioni del cuore degli individui che abitano ai fianchi della vostra abitazione . L ’ udito vi si raffina in un modo che nessuna zampa di gatto può avvicinarsi all ’ uscio a vostra insaputa . A furia di ascoltare le pedate dell ’ individuo che vi passeggia sulla testa , siete in grado di distinguere il suo stato d ’ animo , di indovinare quando il suo pensiero è tranquillo o rassegnato o quand ’ esso è sottosopra o imperversa per il suo cervello come una tempesta . Un addio sommesso , uscito da una di quelle buche che chiamano finestre , vi giunge all ’ orecchio con tutti i larghi della voce squillante e sonora . L ’ alito diventa , per il recluso , un suono ; che va giù a remigarvi nell ’ anima come un notturno tenero ed elegiaco di Chopin . Dotati di questa percezione , voi sentite nell ’ aria la voce di un sepolto come un ’ armonia lamentosa uscita da un organo toccato da una mano raffinata . È lui che chiama in aiuto la vostra « colomba » , perché ha bisogno di sapere o di comunicarvi una notizia , perché i crampi del suo stomaco lo obbligano a cercarvi un tozzo della vostra pagnotta , perché ha una voglia matta di accendere la pipa o il sigaro , o perché desidera farvi leggere un giornale che gli è riuscito di avere per la via della via . La « colomba » è una funicella o un attorcigliamento di stracci , di striscie di fazzoletti o di camicie , o di liste di lana o di panno sfilacciate . Tutto è buono , purché si riesca a mettere assieme una specie di corda lunga tre piani di Cellulare . Per coloro che sono condannati in un carcere giudiziario e quindi senza biancheria propria , la « colomba » diventa un problema che non può sciogliere che la pazienza o qualche detenuto sotto processo capace di regalarvi il materiale per farla . Con la pazienza potete rarefare il tessuto della coperta - del letto , del pagliericcio , dell ’ asciugamano , del fazzoletto e magari degli abiti che indossate . Una volta che siete padroni di una « colomba » , voi potete mettervi tra i prigionieri , diremo così , agiati . Voi possedete un tesoro che vi permette di comunicare con tutte le finestre della facciata dell ’ edificio che vi ospita e delle facciate degli altri raggi congiunti col vostro . Mi spiego con un esempio . Supponete che io occupi una cella al primo piano di un ambiente di cento finestre . Le finestre sentono dell ’ aguzzino . Vedute all ’ esterno , sembrano grandi buche da lettere incorniciate in un rialzo di granito . All ’ interno , spaventano il novizio . Hanno l ’ inferriata staccata dal pietrone che si protende in fuori e impedisce di vedere le altre finestre e di agguantare la funicella che penzolasse dinanzi . Io ho un solfanello e tutti gli altri miei colleghi della mala vita vogliono fumare . Il solfanello del buon prigioniero deve sempre essere di legno . Con uno spillo , del quale un vecchio frequentatore di carcere deve essere munito , a costo di nasconderselo nella pelle , lo apro in quattro . Metto i tre quarti nel ripostiglio più recondito della cella , e mi servo dell ’ altro per accendere un po ’ di lisca ravvolta in un mucchietto di filacce per impedirgli di divampare . Con poco solfo sulla capocchia , sarei un cretino se mi dimenticassi dell ’ esperienza dei miei colleghi . La quale è che non si deve mai passare allo sfregamento senza prima avere strofinato ben bene un bottone di metallo o un chiodo delle scarpe o un legno qualunque . Sfregando leggermente sulla parte calda o infocata voi potete scommettere che farete pipare tutti . I miei amici del Cellulare sono tutti pronti e non aspettano che il segnale , che può essere uno starnuto , o un colpo di tosse , o anche una battuta di mano . Accendo il mio virginia , tossisco , metto fuori dalla finestra la scopetta e aspetto la fune dalla finestra del terzo piano perpendicolare alla mia . Tutto ciò avviene in un modo rapidissimo . Alla estremità della « colomba » è un peso o un sasso nel sacchetto o nel mucchietto di cenci . Lo tiro a me con la scopetta , vi lego il sacchetto con la lisca che fumacchia internamente adagio adagio , sale , si ferma alla seconda finestra ove è atteso , riprende la via e scompare nella cella di colui che mi ha lasciato giù la fune . Costui se ne serve e poi getta il sacchetto attaccato alla fune sulla scopetta della cella a fianco . È questo il movimento più difficile della « colomba » .. Ma la mano abituata vi riesce al primo colpo . Il compagno che l ’ ha presa ne stacca il sacchetto dalla funicella che viene ritirata , lo appende alla sua « colomba » , se ne serve e lo lascia cadere dalla prima alla seconda finestra , ove sosta come accenditoio e riprende la discesa per fermarsi alla terza finestra dove avviene la stessa operazione di staccarlo da una « colomba » per attaccarlo a un ’ altra e gettarlo sullo scopino della finestra a fianco . Mi sono servito dell ’ esempio più difficile . Gli esempi facili sono con le finestre sopra o sotto o a fianco della mia . Se non ci sono le piantelle ( guardie ) nel cortile che adocchiano , io sono sicuro , con la « colomba » , di soccorrere e di poter essere soccorso . Il linguaggio dei detenuti è di una semplicità alfabetica . Lo si impara in mezzo minuto . Ma non si può servirsene che dopo avere esercitato i pugni sulla parete per dei mesi . Le lettere dell ’ alfabeto del prigioniero sono ventuno e ciascuna di esse corrisponde a un numero : a b c d e f g h i l m n o 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 p q r s t u v z . 14 15 16 17 18 19 20 21 . Io e un altro siamo in due celle divise da un muro . Non ci conosciamo , non ci siamo mai visti e forse non ci vedremo mai . Ma l ’ uno desidera di sapere chi è l ’ altro e tutt ’ e due vogliamo narrarci la storia dei nostri delitti . Se io batto undici volte , voi avrete capito che ho battuto una m , mentre se non do che tre colpi avrò segnato il c . Sono io che invito il compagno dell ’ altra cella a fare conoscenza o a parlare con me . Incomincio con una sfuriata di pugni che pare traduca dell ’ allegria . Egli mi risponde con altrettante battute precipitate che rappresentano il saluto . Lo interrogo con due colpi secchi e serrati che vogliono dire : sei pronto ? Egli mi risponde con due battute l ’ una dietro l ’ altra che equivalgono a « sono pronto , parla » . Supponete ch ’ io voglia domandargli : - Chi sei ? Batto prima tre colpi , poi otto , poi nove , poi diciassette , poi cinque , poi nove . Tra una lettera e l ’ altra c ’ è una pausa per dar tempo al mio compagno di battere due colpi e farmi sapere che ha capito . In meno di dieci minuti io , colla rapidità delle battute , posso fargli sapere chi sono , che cosa ho fatto , quante volte sono stato condannato , se ho l ’ amante , se sono ammogliato , quando finirà la mia sentenza e in che modo uscirò senza finirla . La conversazione termina sempre con una sfuriata di battute da una parte e dall ’ altra , come uno scambio di saluti . Mi sono spiegato ? Di sera , verso l ’ ora della campana , le muraglie delle celle diventano i nostri pianoforti . I nostri pugni sprigionano fughe commosse , preludii che vanno nel sangue come tessuti di tenerezza , arie , duetti , finali che si diffondono nella grandiosità dell ’ ombra , come una fusione di poesia e di musica . CARLO ROMUSSI Non si sa se la sua mano e la sua testa c ’ entrino per qualche cosa nella sua sempiterna attività prodigiosa . Si sa ch ’ egli è una macchinetta automobile che riempie un foglio dopo l ’ altro tutte le volte che c ’ è da scrivere . Al suo tavolo di redazione voi vedete sempre proti e compositori che aspettano originali . Supponete ch ’ egli stia scrivendo un articolo sulla esposizione artistica . Gli si dice che mancano ancora due pagine a compilare il numero unico per i bagni . Consegna il manoscritto sull ’ arte , corre difilato alla stazione balneare senza rivedere lo stampone per riattaccare il filo interrotto e pochi minuti dopo riprende l ’ opuscolo sui doveri dei cittadini ch ’ egli deve finire per domani , o la prefazione agli scritti di Carlo Cattaneo che ha promesso fino da ieri l ’ altro . Intanto che scrive , passa e ripassa dinanzi il suo tavolo la popolazione che lavora intorno al giornale e alla casa editoriale . Impiegati , fattorini , portieri , telegrafiste , traduttori , personaggi d ’ amministrazione . Lo si interroga , lo si interrompe , gli si annunciano visite , gli si rammentano nomi o fatti . Ci sono persone che hanno bisogno di vedere il signor direttore , amici che vanno a trovare Romussi , zuppificatori che vogliono infliggergli certe idee su date questioni , veterani del partito che salgono per stringergli la mano e interessarsi della sua salute o della salute della sua signora , archeologi che seggono sulla scranna che trovano per conversare e buttargli , tra un periodo e l ’ altro , un monumento storico che è stato scoperto , o che si minaccia di demolire o che stanno illustrando . Nel momento in cui si crede stia per incominciare la quiete , entra un filantropo a squadernargli un progetto che deve commuovere e vuotare le tasche ai cittadini , o un segretario di qualche circolo o di qualche associazione operaia che vuole assolutamente ch ’ egli tenga una conferenza sul risorgimento del Comune o sulla battaglia di Legnano , o un disgraziato che è ansioso di leggere stampato il manoscritto che gli ha portato da tante settimane . - E questo mio articolo , signor Romussi ! - È sul « bancone » . C ’ è tanta materia da perdere la testa . Ecco , veda , buttiamo via dei telegrammi per mancanza di spazio . - Il signor Edoardo Sonzogno lo chiama dabbasso . Butta lì la penna , passa dagli usci come una folata di vento che schiuda e chiuda fracassosamente , ritorna di sopra stropicciandosi le mani o rosso fino alle tempie , e ricomincia l ’ articolo su Crispi , parlando tra lui e il manoscritto , come se stesse dettandolo , spesso posando la voce più fortemente su una sillaba che su l ’ altra . - L ’ onorevole Crispi è una vera sfortuna per l ’ Italia . Questa vita quotidiana , capace di ammazzare due o tre uomini , è per lui un passatempo . Il lavoro ponderoso , quello nel quale è necessario ch ’ egli metta i suoi studi e la sua intelligenza , lo fa a casa , mentre altri dormono o si divertono . Dalle sei alle dieci del mattino o per parecchie ore del pomeriggio , egli non si occupa che di archeologia , di storia , di letteratura : Scrive : Milano nei suoi monumenti , Milano che sfugge , Petrarca a Milano , uno studio sul Trionfo della libertà di Manzoni , Sant ’ Ambrogio o mette assieme un volume di poesie dialettali e italiane che la musa satirica e bernesca produsse prima e durante le barricate del 1848 , eccetera , eccetera , eccetera , eccetera , eccetera . Se sono bene informato , egli è al Secolo da ventinove o trent ’ anni . Vi è entrato in un modo curioso . Moneta era alla ricerca di un redattore che avesse delle qualità giornalistiche e una coltura che andasse al di là di quella dei soliti giornalisti improvvisati . Un giorno trovò per la strada Leopoldo Marenco , il romantico del palcoscenico d ’ allora . - Senta , professore , non saprebbe mica aiutarmi a scovare un giovane che abbia imparato qualche cosa e facilità di scrivere ? Il professore di letteratura si passò la mano sulla fronte . - Eh , proprio , è difficile . Ne ho conosciuto uno , quello sì ... Era un diavolo che sapeva scrivere drammi , novelle , brani di storia , biografie ... La sua penna andava come il vento . - Se è morto non parliamone . - È vivo . Ma non so dove sia andato a finire . Aspetti , deve essere a Pavia . Credo che studii legge . Certamente non vorrà smettere per fare il giornalista . In allora , per spiegare la frase dell ’ autore della Celeste , non erano che gli scapigliati che si compiacessero di prendere delle sbornie coll ’ inchiostro di redazione . Erano giovani pieni di coraggio e anche d ’ ingegno o degli studiosi che volevano farsi largo , ma irregolari nella vita e nel lavoro . Nessun direttore poteva contare sul loro articolo pel numero di domani . Gli editori pagavano poco o niente e i giornalisti di professione , come è naturale , non esistevano . Non esisteva che la bohême chiassosa , buontempona , nottivaga , capace di annunciare in prima colonna e in corpo dieci che i redattori avevano orgiato e non potevano quindi scrivere l ’ articolo di fondo o l ’ appendice drammatica ! Un anno dopo , Moneta rivide il padre del Falconiere e lo pregò di procurargli un giovanotto che avesse la stoffa del giornalista . - Fra i miei scolari passati e presenti non ne conosco uno . Non potrei suggerirle che quello dell ’ anno scorso . Quello là ha tutte le attitudini per uno scrittore di giornale . Ha una penna pronta , sollecita , che si piega a tutte le movenze di uno stile facile . Ha letto molto . È una biblioteca ambulante . - Me lo mandi , dunque ! - Vedrò di cercarne l ’ indirizzo . Un giorno , in cui il pensiero di Moneta era lontano le mille miglia dal redattore che gli doveva mandare il Marenco , si sentì annunciare il dottor Carlo Romussi . - Passi . Fisicamente non gli fece una grande impressione . Non gli si era presentato che un omino il quale non lasciava supporre in sè tanta resistenza al lavoro . In due parole s ’ intesero . Il Romussi faceva pratica d ’ avvocato ed accettava volentieri di passare a teatro le serate come critico d ’ arte . Moneta voleva qualcosa di più di un critico d ’ arte , ma per il momento si accontentava . È inutile ch ’ io dica dei suoi ideali drammatici . Tutti sanno che il Romussi in arte e in letteratura non è stato figlio del suo tempo . Egli è entrato nel giornalismo come un vecchio che sente e difende le glorie virtuose del passato . Assoluto come tutti quelli che credono di avere il monopolio della verità , ha sempre dato addosso o ignorato la gioventù che ha portato sul palcoscenico e nel romanzo o sulla tela o nel marmo la vita con le sue grandezze e coi suoi orrori . Zola fu uno dei suoi boicottati fin a ier l ’ altro . La Duse , per lui , è rimasta un ’ artistaccia di provincia . Ibsen non gli uscirà mai dalla penna che come un degenerato del teatro . La fortuna del Secolo data dalla guerra franco - germanica . Il Moneta simpatizzava per la Francia antimperiale e la tiratura salì vertiginosamente dalle otto alle venticinque mila . Era un trionfo giornalistico che bisognava conservare migliorando il servizio . E Moneta assunse , come cronista a ottanta lire il mese , l ’ avvocato Carlo Romussi . Il suo primo articolo fece scalpore . Gli altri giornali avevano narrato il giorno antecedente un grave scandalo contro un patrizio milanese . Moneta , giudizioso e temperato , non volle lasciar correre la notizia se non dopo essersi informato personalmente che esisteva una querela e che c ’ erano i genitori i quali affermavano che la loro figlia minorenne era stata deflorata da un duca . Romussi non fu che l ’ esecutore . Avuto l ’ incarico dalla direzione , si mise al tavolino a fianco della vecchia scrivania del direttore e scrisse più di una colonna colorita , spigliata , nervosa , paragonando il violatore di fanciulle al Borgia crapulone . Venuta la minaccia di una querela per diffamazione , e sinceratisi , con le visite mediche , che la ragazza era virgo intacta , il Secolo trangugiò uno di quei rospi vivi che non lasciano sopravvivere che la buona fede del giornale . La cronaca composta di note aride e di fatterelli che facevano sbadigliare , divenne , nelle mani del Romussi , una rubrica importantissima . A poco a poco del Broglio del Pungolo - il quale passava per il cronista sommo della Risottopoli per le sue noterelle patrie e per avere introdotto , tra i fatti cittadini , le notizie che la questura comunicava a lui solo - non rimase più nulla . La cronaca si era elevata , Romussi l ’ aveva intellettualizzata , allungata , drammatizzata e resa indispensabile . Con lui i pennivendoli più sfacciati della cronaca cittadina sono stati obbligati a divenire più prudenti o a frenare la loro ingordigia . Egli è ora direttore del Secolo , di quasi cento mila copie , ma io , a costo di farmi lapidare , persisto a credere che sia in lui più l ’ uomo di lettere che il giornalista . Chi ha letto i suoi lavori e specialmente Milano nei suoi monumenti - un ’ opera che quando sarà terminata rappresenterà la sua gloria - non può venire che a questa conclusione . Egli è un illustratore passionato . Charles Dickens è stato il primo direttore del Daily - News a due mila ghinee l ’ anno . Ma anche i suoi più grandi ammiratori hanno dovuto convenire che la sua tendenza era verso l ’ immortale Pickwick . Romussi è sempre pronto a buttar giù , lì per lì , qualunque soggetto . Ma il giornalismo moderno non si contenta della vitesse della penna . Esso esige tutta l ’ attività di un uomo anche se quest ’ uomo non scrive mai un articolo . I più grandi direttori dei più grandi giornali del mondo scrivono pochissimo . John Dilane , l ’ autore , si può dire , del Times dei nostri giorni , non fu mai a writer . Non scrisse che qualche articolo tra un anno e l ’ altro . Ma i suoi biografi sono concordi nel dire che egli era il Times . Carlo Romussi è pieno di cuore , ha ridondanza di affetti ed è un amico , se vi dà veramente la sua amicizia , prezioso . Egli è capace di dedicarvi l ’ esistenza . La sua intimità con Cavallotti , la sua affezione per Cavallotti , la sua idolatria per Cavallotti sono cose di ieri . Nessuna donna ha amato il poeta anticesareo coi trasporti del direttore del Secolo . Per degli anni egli non ha veduto che cogli occhi di lui , non ha palpitato che col cuore di lui e non ha avventato un ’ idea politica che non fosse un idea cavallottiana . Ed è stato un errore . La devozione di Pilorge per Chateaubriand mi commuove . L ’ uomo privato può darsi il lusso dell ’ adorazione . L ’ uomo pubblico , il direttore di un giornale , non può sposare un uomo con le sue virtù , con i suoi difetti , con le sue aspirazioni , con le sue beghe personali . L ’ uomo è un individuo , il giornale è una istituzione , è un veicolo che deve andare in casa di tutti come un informatore . Cavallotti può odiare il socialismo e i socialisti fin che gli pare e piace . Il Secolo non può , non deve seguirlo . E con Romussi , ipnotizzato da Cavallotti , il Secolo ha ignorato per degli anni il socialismo e i socialisti . Non ne ha più parlato . Per lui non esistevano o non erano mai esistiti o erano morti . Boicottare un partito per delle bizze personali vuol dire rendere un cattivo servizio ai lettori che pagano per essere informati di tutti gli avvenimenti e alla amministrazione che pubblica il giornale per arricchire il suo editore o dare grossi dividendi agli azionisti . Boicottate un uomo pubblico o un partito o una notizia e voi sopprimerete dei lettori . Il giornale , che non è superiore ai rancori personali , che non sa essere imparziale cogli amici e coi nemici , che ha delle antipatie e delle simpatie , che omette questo fatto ed esclude quest ’ altro , perde il diritto a questo nome . Diventa l ’ organo di Tizio o di Caio , ma non è più un giornale nel significato professionale . Carlo Romussi è nato a Milano il 10 dicembre 1847 . LA TRISTEZZA DI NATALE Ci siamo alzati , come gli altri giorni , al suono del din din , dan dan della campana del reclusorio . I miei compagni parevano tante mutrie . Rispondevano al buon giorno e agli augurii con dei buon giorno e degli augurii secchi , come gente che si sarebbe morsicata se non ci fosse stato di mezzo il galateo . Don Davide andò a dire le tre messe alle muraglie della cappelletta addossata alla muraglia dell ’ infermeria , dicendo di non aspettarlo che non avrebbe bevuto il caffè al ritorno . L ’ intervallo tra il caffè e l ’ aria fu sepolcrale . Passeggiavamo in su e in giù , con le mani sulla schiena , con la faccia rabbuiata e con gli occhi che parevano altrove . Il latrinaio , che ci aveva salutati con tutti i complimenti che aveva potuto raccogliere la sua testa , rimase senza risposta . - Signori , buon Natale e tanti anni come questi ! Parecchi di noi lo avrebbero sprofondato . Asino porco di un amazza donne , non è buono neanche di essere gentile ! Va all ’ inferno ! - Aria ! - Ci lasci almeno prendere il caffè , signor sottocapo . Un minuto , meno di un minuto . Il caffè era squisito . Era stato fatto dalla mano maestra del Federici che non lo beveva . Don Davide prese la chicchera senza ricordarsi dell ’ ordine che aveva dato . Il moka ci lasciò immusoniti più di prima . Andammo all ’ aria come a un funerale . Nel cortile eravamo sbandati . Ciascuno passeggiava per proprio conto . Pareva che l ’ uno non volesse avere contatto con l ’ altro . Ritornammo nella camerata accigliati e taciturni . Chiesi sedette sulla branda piegata e si sprofondò in una Histoire de la Commune illustrata , don Davide si sommerse nel Breviarium romanum che teneva sempre sul tavolo , Federici aperse il Dodo - un romanzo che riproduce la vita intima inglese e lascia sentire l ’ odore della classe che dipinge . Lazzari si rimise sulla figura che stava disegnando con gli occhi torvi e l ’ aria di un mastino che avrebbe addentato il polpaccio del primo che gli si fosse avvicinato . Suzzani ricominciò a percorrere lo stanzone senza zuffolare l ’ inno dei lavoratori , la sua aria favorita che ci regalava dalla mattina alla sera senza perdere di lena - e Ghiglione , il tremendo Ghiglione che aveva sobillato con fervore i terrazzani di Niguarda , si era gettato a capofitto in un manuale di musica da quindici centesimi . La colazione passò nel silenzio . Ciascuno mangiava quello che aveva ordinato senza dire una parola . La sola cosa in comune fu una bottiglia della cassetta che ci aveva inviato il buon Quadrio , direttore della Valtellina di Sondrio . Era un vino eccellente che non bevevamo da un pezzo . - Buono , dissi vuotando il bicchiere . Nessuno rispose . Pareva avessi detto loro una insolenza . Dopo la colazione entrò il sottocapo con un immenso pacco di lettere e di biglietti di visita e una manata di telegrammi . Si buttarono loro sopra come avari che ricuperino il sacco dei denari che credevano perduto per sempre , e si ingolfarono nella lettura intima senza lasciar trapelare un pensiero dei tanti pensieri che erano loro giunti . Le sole cose che riferivano erano i saluti o gli augurii nei quali fossimo compresi tutti od alcuni di noi . - Il tale vi saluta tutti ! - L ’ Aliprandi saluta anche te , Paolino . - Grazie . - Il tale augura a tutti buon Natale ! Tra i tanti telegrammi ricevuti nella giornata ricordo quelli di Bertolazzi , i quali riuscirono a smutriare qualcuno . - Buon Bertolazzi ! - Buonissimo ! Lungo l ’ asse che correva al dorso della parete erano parecchi panettoni . Furono essi che incominciarono a dar vita alla conversazione . - Che ce ne facciamo ? Non possiamo mangiarceli tutti . - E se ne dessimo uno ai poveri forzati ? I reclusi del maggio ricevono qualche cosa , hanno forse ricevuto tutti qualche cosa . Mentre i perpetui e gli a tempo con la catena , non sono ricordati neppure dai parenti . Chi ha vergogna di loro e chi li dimentica come individui morti . E se ne dessimo una fetta , a tutti loro ? C ’ è questo del Mascarini , offelliere di Milano , mandato a don Davide . È grosso come un cetaceo . Federici non si fece ripetere l ’ interrogazione . Se lo portò sul tavolo e con una cordicella si mise ad affettarlo . - Quanti sono ? - Ventinove o trenta . Incaricammo di distribuirlo don Davide Albertario . Fu una scena commovente - una scena che inumidì gli occhi di tutti coloro che hanno potuto essere presenti . I forzati si alzarono in piedi , rimanendo vicini al loro stramazzo , visibilmente commossi . Era forse la prima volta in tanti anni che sentivano parole dolci pronunciate da una persona che li capiva . « A nome dei miei compagni della quinta camerata - disse loro don Davide - vi dirigo il saluto in questo giorno di pace ; come prete , io vi auguro la benedizione di Gesù Cristo che consoli il vostro cuore : accettate questo segno dei sentimenti del nostro cuore desideroso del vostro bene » . E incominciò subito la distribuzione . I volti duri dei galeotti si ingentilivano . Dal loro occhio scendevano le lagrime . Don Davide piangeva e noi , che vedevamo tutto dalla nostra cancellata , eravamo profondamente inteneriti . Si rimaneva a bocca aperta dinanzi alla commozione di tanti galeotti che avevano scannati gli uomini , massacrate le donne , fatto in quattro i padroni e distrutte le famiglie a colpi di coltello . Don Davide mi prese sotto il braccio e mi disse : - Avete notato che piangevano ? Dinanzi al prete vestito d ’ assassino come loro , reo solo di avere professata la sua fede con maggiore sincerità e fervore , si sono sentiti le lagrime agli occhi . Non sono dunque completamente perduti . Credetemi , l ’ uomo che ha ancora la rugiada del cuore , è ancora un essere redimibile . Sembravano degli agnelli . Perché non vi sarà maniera di rendere duraturi nell ’ anima di quegli sventurati questi nobili sentimenti e di ricondurli alla buona via ? « Ve lo giuro sull ’ anima mia : non dimenticherò mai questo momento del Natale in galera . È un episodio che mi resterà nella memoria in eterno . Mi hanno intenerito come un fanciullo » . - Diamo loro un altro panettone . - Se si potesse , figuratevi ! Durante la giornata abbiamo avuto la visita del capo guardia prima e del direttore poi . Il primo ci parlò delle sue noie con dei prigionieri politici nello stabilimento . Per suo conto avrebbe voluto che ci avessero lasciati andare oggi piuttosto che domani . Non c ’ era più modo di aver pace . Parevamo gente in relazione con tutto il mondo . Una volta non si vedevano i portalettere che per la Direzione . Adesso il reclusorio è diventato un ufficio postale . Vi arrivano carri di pacchi postali , furgoni di biglietti di visita , centinaia di vaglia e di cartoline - vaglia , specialmente per don Davide , mucchi di telegrammi . Stamattina ne abbiamo ricevuti più di cento . E non sono mica gli altri che li registrano . Tocca ai poveracci dell ’ amministrazione . Non c ’ è più tempo neanche di mangiare . Si sciupa un paio di scarpe al giorno . Si sale , si discende e non la si finisce mai . E lui , per compenso , si trova con le scarpe rotte da pagare . Il bel mestiere che ha scelto ! Doveva fare ... Basta , ora è troppo tardi . Le responsabilità poi sono tutte sulle sue spalle . Speriamo che oggi la vada bene e non accadano disordini . Sarebbe lui la vittima . Perchè il capo guardia dovrebbe essere dappertutto . Dabbasso , a ricevere , a rispondere , a registrare , e di sopra , con un occhio in ciascuna camerata . Bel mestiere che è fare il capo guardia con poco più di tre franchi al giorno ! Speriamo che tutto passi via tranquillo e che si lasci fare un po ’ di Natale anche al capo guardia ... - Senta , signor capo guardia , non si potrebbe mica avere qualche sigaretta di quelle che mi hanno ritirate ? - Quest ’ altro , adesso ! Vorrebbe la gallina e poi anche l ’ ovo . Vorrebbe farmi nascere la rivoluzione . Una sigaretta ... guai se si sentisse il fumo ... Tutti gli altri vorrebbero fumare . Si starebbe freschi . Mancherebbe che ci fosse anche il permesso della sigaretta per far diventare il reclusorio uno spaccio di tabacchi . Il direttore era stato in tutte le camerate a fare una specie di predicozzo sui doveri del condannato e a incoraggiare i reclusi a sperare nella grazia sovrana . Lo ascoltavano in silenzio , in piedi , tra una branda e l ’ altra , e lo lasciavano voltar fuori con dei viva l ’ amnistia ! che forse lo facevano sorridere . A noi non disse che qualche parola insignificante e non parlò , con deferenza , che col Chiesi , il quale sembrava nelle sue grazie . Io lo vedo ancora passarci in rivista col cappello calcato in testa , col bavero del paltò alzato e con le mani in tasca . Col suo sguardo truce e la sua voce da terrorizzatore , non mi invogliava a vederlo , tra noi , per un pezzo . Noi poi , escluso sempre il Chiesi , non avevamo ragione di essergli riconoscenti . A Federici aveva negato parecchie cose che lo avevano fatto imbestialire più di una volta . A Lazzari aveva fatto sequestrare tutti i suoi disegni dopo che erano stati finiti . Tra gli altri eravi un don Davide vestito da galeotto e alcune guardie alla nostra cancellata , che avrebbero potuto illustrare qualche pagina del mio libro . A me non lasciò mai scrivere una lettera senza farmela copiare e ricopiare per delle inezie o delle parole contrarie al suo gusto letterario . A don Davide ne fece di quelle da farlo venire di sopra con gli occhi pieni di pianto . Una volta che il direttore dell ’ Osservatore Cattolico si era permesso di mettere , per distrazione , le dita sulla scrivania del direttore , il signor Reoboamo Codebò gli disse in tono grave : - 2557 , tenete giù le mani ! Un ’ altra volta ... Ma non ricordo più bene il perché . So che gli si doveva comunicare qualche risposta ministeriale a una sua domanda e che la comunicazione gli era stata fatta in un modo brutale o da fargli capire ch ’ egli non era più che un numero di matricola . Eravamo nel periodo della fame , quando stavamo in piedi con la pagnotta e la minestra . Noi eravamo già tutti intorno la panca che ci serviva da tavola . Ritornò di sopra con la faccia che pareva un temporale . - Che cosa vi è accaduto ? Stette in forse se mangiare o buttar via la gamella . - Mi è accaduto ... Mi è accaduto che mi si è detto chiaro e tondo che io non devo considerarmi ormai più che il 2557 e io ho dato fuori . Sissignori , ho dato fuori ! Dunque , dissi al direttore , mi considerano e intendono trattarmi come un vero delinquente ? Sia ! La prego però di darmi la carta per scrivere al ministro Pelloux che mi faccia fucilare ! Laggiù non si conosce che cosa sia la dignità umana e io gliela farò imparare ! ! Noi ci guardammo tutti in faccia come spaventati . Non lo avevamo mai veduto con gli occhi stralunati e le guance convulsionate dallo sdegno . - Calmatevi , don Davide . - Anche il direttore dopo avere veduto che mi aveva indignato mi ha detto di calmarmi . Non si è più padroni di sè quando ci si dicono certe cose ! - Mangiate la minestra che è quasi fredda e passate sopra alle parole che vi possono dire in un luogo come questo . - Siete o non siete il 2557 ? - gli diss ’ io ridendo e facendolo ridere . - Lo sono . E si mise a manducare . La novità del giorno di Natale è stata che abbiamo potuto , per la prima volta , mangiare sulla tovaglia candida , avere il tovagliolo candidissimo e servirci dei cucchiai , delle forchette e dei cucchiaini di metallo . Era della roba che ci aiutava a rientrare nella società che stavamo per dimenticare . Mancavano a completare la tavola imbandita i coltelli - arnesi pericolosi per della gente in galera . L ’ allegria era assente . Si iniziò il pranzo con un bicchiere di vino bianco di botte e con del prosciutto tagliato di fresco . Assaggiammo una minestra stata cotta sul fornello della trattoria esterna e attaccammo , con qualche appetito , un tacchino di Filighera e dei polli stati allevati in Liguria , che mandavamo giù tra una forchettata e l ’ altra di insalata giovine . Giungemmo al zabaglione dopo avere vuotate parecchie bottiglie valtellinesi , senza dire una parola che valesse la pena di essere ricordata sul palinsesto della mia memoria . Il pensiero dei miei compagni era probabilmente intorno il collo dei loro cari . Chiesi pensava alla sua mamma , Federici alla sua signora e alla sua bimba che spasimava di vedere , don Davide alla sua Teresa , la sorella che lo idolatra e Suzzani a sua madre che nominava sovente . Potevamo star su fino alle dieci . Alle otto eravamo tutti a letto . Chiesi russava maialescamente da dieci minuti . GUSTAVO CHIESI Gustavo Chiesi è uscito dalle pagine di Mazzini . Tutto ciò che è regio non entra nei suoi ideali . Tutto ciò che è frivolo non partecipa della sua esistenza . Le sue alte aspirazioni sono per una Repubblica di repubblicani ammodernati dalla vita pubblica . In un periodo di specialisti , egli è rimasto l ’ uomo di una coltura straordinaria . Volgendosi verso la montagna della sua produzione , si può credere che egli abbia dato fondo all ’ universo . Si è occupato , con competenza , di tutto lo scibile umano . Di storia , di scienza , di letteratura , di invenzioni , di geografia , di arte , di navigazione , di questioni agrarie , di strategia militare , di industria , di drammatica , di legislazione . Egli ha biografato mezzo mondo . Da Dante a Cimarosa , da Leonardo da Vinci a Cavour , a Cantù , a Crispi . Non c ’ è uomo illustre nella storia e nel rinascimento patrio che non sia entrato nella sua collezione illustrata . Self - made man del giornalismo italiano , egli si è scelto un motto inglese adatto alla sua pertinacia di lavoratore : time is money - il tempo è danaro . Con una testa costantemente in eruzione e convinto che « la volontà è l ’ anima dell ’ ingegno e la vittoria del progresso » , egli resiste al tavolo fino ai crampi nella mano . Passa indifferentemente da un soggetto all ’ altro , senza bisogno di sosta . Smette l ’ articolo politico e riprende la continuazione dell ’ appendice , consegna al proto la pagina critica e si riversa sull ’ Italia irredenta - una pubblicazione che deve « tener vivo nelle masse il sentimento della loro nazionalità , il retaggio sacro della lingua , la speranza di una rivendicazione avvenire » . È difficile trascinarlo in una conversazione che gli faccia perdere il tempo e il danaro , ma una volta ch ’ egli si decida per il riposo , vi trovate con un causeur nel vero senso della parola , con un uomo il quale sembra non abbia fatto altro nella vita che occuparsi di salotti aristocratici o di aneddoti politici o di musica wagneriana . Verso sera , quando si aspettava la luce elettrica o si flanellava , gli abitatori della quinta camerata lo ascoltavano tra una meraviglia e l ’ altra . Pareva Villemesant o Rochefort che stesse dettando le sue memorie . Si andava dall ’ Africa - ove era stato due volte come corrispondente del Secolo - al palcoscenico di una prima donna che ha fatto storia - nel dietroscena di Caprera quando donna Francesca rimase col generale - alla redazione di un giornale che si ricorda ancora - a un periodo tumultuoso che egli sapeva rimettere in piedi tale e quale , colla data , cogli incidenti , cogli attori principali , sceneggiando il disastro o il trionfo coi colori di una tavolozza arciricca . Un semplice paesucolo sconosciuto diventava nella sua bocca di un interesse sommo . Ce lo circondava delle industrie e degli uomini della regione e ci diceva l ’ avvenimento che lo aveva reso celebre . Pur pensando a Cavallotti quasi balbuziente , dubito che il Chiesi abbia qualità oratorie . Gli mancano i mezzi vocali e l ’ inconsapevolezza di Castelar che sa stare sulla piattaforma con la tranquillità di uno scrittore a tavolino . Il processo del tribunale di guerra è riuscito a propalare assai più il suo carattere , la sua produzione letteraria , la sua attività giornalistica . Prima , quantunque avesse scritto una ventina di romanzi , descritta l ’ Italia da un capo all ’ altro , il suo nome non era nelle moltitudini come oggi . Giornalista che aveva nutrito una legione di giornali , gli mancava la simpatia nazionale che gli ha data una condanna la quale ha fatto fremere anche coloro che sono agli antipodi de ’ suoi ideali politici . In Gustavo Chiesi è l ’ imperturbabilità grandiosa di Danton che dice al carnefice di mostrare la sua testa al popolo . È rimasto sul banco degli accusati di un tribunale militare come uno stoico . Se ha aperto bocca , non è stato per proteggere la sua prosa giornalistica , ma per salvare i suoi cooperatori e adempiere al dovere di direttore . - Io non ho da dire che due brevi cose . « Primo , ringrazio i miei difensori per la grande dottrina colla quale mi hanno difeso . ( Era stato difeso dai tenenti Giglio e Corselli ) . Secondo , dichiaro sulla mia parola d ’ onore che il Cermenati si recò a Pavia e a Piacenza soltanto in qualità di redattore del giornale , e per nessun ’ altra ragione » . E quando Bacci , il sostituto avvocato generale in missione , escluse dal numero dei colpevoli Ulisse Cermenati e Arnaldo Seneci , amministratore dell ’ Italia del popolo , sulla faccia del direttore si diffuse la consolazione . Egli respirava più liberamente . La reclusione degli amici gli sarebbe pesata sul cuore come un martirio . In galera nessuno lo ha mai sentito lamentarsi . Egli lavorava dalla mattina alla sera e non sostava che per pensare alla vecchia madre che lo piangeva disperatamente . Pochi idolatrano la famiglia dei genitori e contribuiscono al suo benessere come Gustavo Chiesi . Egli è stato eletto deputato mentre era nel reclusorio di Finalborgo e Forlì continuerà ad eleggerlo per un pezzo , perché Gustavo Chiesi non è di coloro che si abbandonano subito dopo che la giustizia delle masse ha stravinto la giustizia delle classi . Conosciuto , lo si ama per la sua intelligenza ; per la sua bontà e per la saldezza dei suoi principii . In questi tempi di uomini di carta pesta , un uomo di bronzo , come Gustavo Chiesi , diventa , in un ambiente legislativo come il nostro , un tesoro nazionale . Tiene in piedi anche i legislatori di pasta frolla . È dotto , è una biblioteca ambulante ed è una penna incorruttibile che perseguita i corrotti . A FINALBORGO STUDIO DEGLI ALTRI GALEOTTI Ci fu un galeotto che ci disilluse tutti . Era il cuoco del bettolino - un buon diavolo cogli occhioni pieni di lampeggiamenti e con le ganasce lardose . Aveva per noi della vera affezione . Coi pochi centesimi che potevamo spendere , si struggeva per farci mangiare meno scelleratamente che poteva . Soprattutto era pulito . Ci portava alla mattina una minestra per venticinque centesimi , la quale , in galera , potevamo dire buona e delle porzioni di gnocchi di patate che mandavano in visibilio Romussi . - Neanche la mia cuoca saprebbe cucinarli così bene ! Gustavo Chiesi , che si interessava assai poco della vita del reclusorio e che giurava , di tanto in tanto , che non avrebbe mai scritto una riga sulla sua prigionia , aveva della tenerezza per il cuoco . Ci diceva che , se andava fuori , voleva fare qualcosa per lui , perché lo meritava . Sapevamo che era un fratricida , ma avevamo la sua parola d ’ onore ch ’ egli era innocente . Secondo lui , non fu che il caso che lo fece trovare nella stanza ove un altro suo fratello scannava il terzo . In galera poi non si può pretendere di trovare delle mani immacolate . Una mattina che avevamo più fame del solito , lo aspettavamo andando in su e in giù per la camerata e gettando occhiate per il corridoio attraverso la spia . - Ma questo cuoco ? Giunse in vece sua un recluso dei fatti di maggio . Che aveva ? Era egli ammalato ? Nessuno ne sapeva niente e nessuno ci voleva dire niente . Alle nostre interrogazioni , si rispondeva con smorfie che suscitavano una curiosità maggiore . Che cosa gli era capitato ? Il direttore lo aveva condannato a quindici giorni di cella di rigore e di camicia di forza . Che cosa aveva fatto ? Quando lo sapemmo , lo buttammo tutti idealmente dalla finestra , come si fa con una persona della quale non si voglia più ricordarsi . Egli si era appaiato con uno della sua specie . Dopo quest ’ uomo triviale che ci ha trascinati nei bassifondi della malavita , è una consolazione ritornare alla superficie dove sono esseri di una morale un po ’ più sostenuta . Il 598 era il modello di tutti quanti ho conosciuti . Egli gode la fiducia del direttore e non ne abusa . È fedele , è rispettoso , è astemio e lavora dalla mattina alla sera come un martire . Va da un corridoio all ’ altro senz ’ essere accompagnato dalla guardia . È il solo che esca tutti i giorni dallo stabilimento - accompagnato , si intende , dall ’ agente di custodia - a portare la corrispondenza alla direzione dei reclusori ed è il solo che vada fino a Finalmarina a prendere i medicinali . Un giorno , mentre il buon Pascotto stava spolverando la lampada della nostra camerata , gli domandai perché non scappava . - Voi non avete più che dodici anni da fare . Ma pensate che la vita è breve , accidempoli ! Nei vostri panni io non esiterei un minuto . Mi servirei della casacca per insaccarvi la testa del mio guardiano e obbligarlo a sciupare del tempo a districarsela e poi direi : gambe mie aiutatemi ! Continuerei a fuggire senza mai voltarmi indietro . Non smise neanche di strofinare la lampada . Per lui erano tutte sciocchezze . Lui non era uomo da lasciarsi scaldare la testa . Prima di tutto aveva la sua pena da espiare e non intendeva sottrarvisi se non gli si faceva la grazia . Aveva violata la legge e la legge doveva essere rispettata . Ai suoi tempi era stato un bulo e anche un grassatore di strada . Ma adesso aveva fatto giudizio ed era , per lui , un piacere mantenersi sulla via retta . La fuga poi , per un povero cristo , era una ridicolaggine . Come si poteva scappare colla catena o cogli abiti del galeotto ? - E quando siete al largo e cercato dappertutto dagli agenti di polizia , dove andate a nascondervi ? La vita del fuggiasco è più grama di quella del recluso . Credetelo . E come troverete da mangiare in giro , senza amicizie e senza denari ? Rubando . E io non farò mai più il ladro . Egli mi rispondeva da uomo emendato , e il mio pensiero incanagliva e trepidava , preparandosi una fuga clamorosa e spettacolosa . Lui mi parlava di ridicolaggine e di catena , e io sentivo il mare che si frangeva fracassosamente sulla spiaggia di Finalmarina . Lui si vedeva inseguito dai cagnotti sguinzagliati dalla giustizia che non dà tregua , e io mi gettavo sul mare supino e , a forza di gambe , raggiungevo la nave straniera che mi accoglieva a bordo a braccia aperte . Il 598 si vedeva impacciato , perseguitato e morto di fame . Io mi sentivo libero , sulla piattaforma inglese o americana , circondato da migliaia di persone che mi salutavano con dei battimani fragorosi e mi riempivano le tasche di dollari o di sterline udendomi raccontare le avventure della mia fuga e il periodo della fame de ’ miei amici della quinta camerata ! Il 77 era il lavandaio . Era alto come un palo telegrafico , secco come il merluzzo e giallognolo come la pelle di un giapponese . Con il suo collo esile , sormontato da una testa poco voluminosa , con le sue braccia lunghe appese alle spalle come cose floscie giù rasente il corpo , con la sua faccia piena di rientrature , pareva uno scheletro ambulante . Gli occhi , nascosti nelle occhiaie profonde sotto le tettoie ossute e pelose , sembravano focolari di delinquenza . Erano in essi i guizzi del delitto che facevano passare per la schiena l ’ aria fredda . Tutte le volte che lo guardavo , mi obbligava a liberarmi dai fremiti che mi suscitava con degli scotimenti di spalle . La sua bocca a culo di gallina e il suo mento che tirava da sinistra a destra , mi riassumevano il tipo del luogo . Aveva la mano denutrita e le dita lunghe del fantasma . Si muovevano come tentacoli . Prendevano la biancheria sporca con un movimento meccanico . Sul cuore del 77 era il listone nero del suo trasporto , e sulla sua testa gibbosa era il berretto giallo a spicchio che lo incadaveriva . Come tutti i sanguinarii , era di modi carezzosi . Parlava con dolcezza e non si lamentava mai della sua sorte . Una volta che gli domandai se pensava di rientrare nella vita sociale , mi offerse una presa di tabacco con una spallata di sprezzo . Pareva volesse dire : Società ingrata , non avrai le mie ossa ! I suoi compagni mi dicevano che era religiosissimo . Non mangiava mai senza farsi il segno della croce e non andava mai sulla branda senza prima essersi inginocchiato a ringraziare il Signore Iddio di averlo mantenuto buono anche in quella giornata . Tra tutti i condannati della quinta camerata preferiva don Davide . Il sacerdote nel camiciotto del recluso gli faceva sanguinare l ’ anima . Non gli pareva giusto che un uomo di « talento » , come diceva lui , fosse in prigione per avere del « talento » . Don Davide si soffiava il naso sovente a Finalborgo . Aveva preso un raffreddore che gli era divenuto cronico . E il lavandaio , di nascosto , gli lavava un fazzoletto al giorno e glielo portava pulito e piegato come una cosa proibita dal regolamento . L ’ udito del 77 era molto difettoso . C ’ era un recluso che aveva già scontato otto anni e che anche nel saio della casa di pena non aveva perduto la caratteristica del mestiere che esercitava prima di essersi intriso le mani nel sangue dei suoi simili . Lo si vedeva e si pensava al palcoscenico . Egli non poteva essere che un calcascene . Il suo viso era una ditta teatrale . Una di quelle facce grassottelle di venticinque anni , con la carne biancastra della gente che va a letto quando la notte sfittisce , con l ’ ombreggiatura per la mezza faccia della barba fitta e nera che ha subìto il contrappelo e con gli occhioni dalle pupille fulgide nella vivezza lattiginosa che inondano l ’ assieme di una bontà infinita . La sua vita di « scrivanello » - una vita che lo lascia libero tutto il giorno e gran parte della notte - non gli ha fatto dimenticare che gli mancano quattro anni , anni che egli chiamava quattro secoli anche quando gli si diceva che la sua liberazione non poteva essere lontana . Le lettere che riceveva dalla famiglia gli rinverdivano le speranze ogni tre mesi , ma , tra l ’ una e . l ’ altra del trimestre , aveva dei momenti neri di ipocondria . Gli pareva che più nessuno pensasse a lui . Prima che venisse l ’ indulto me ne fece leggere una la quale gli dava l ’ idea che finalmente il sovrano si era commosso del suo stato . Egli era convinto che S . M . stava per firmare la sua grazia . Ma il giorno che mi vide partire senza novità per lui , ricadde nella disperazione . - « Non mi dimentichi ! » mi disse . E dicendolo si asciugava gli occhi , volgendosi dall ’ altra parte . « Se posso ritornare a casa , le assicuro che non mi vedranno più in questi luoghi . L ’ ho scontata troppo cara per dimenticare la vita del recluso . Poi ho la mamma e la sorella che mi vogliono un bene dell ’ anima . Lei ha letto l ’ ultima loro lettera e può dire se hanno del cuore » . Di mattina , era addetto al medico . Registrava la medicina da mandarsi a prendere . Dopo , andava per le camerate a raccogliere le ordinazioni mangerecce , e nel pomeriggio , fino magari dopo la mezzanotte , rimaneva con un galeotto perpetuo a preparare gli specchietti del movimento amministrativo quotidiano . Il suo numero di matricola era il 2107 . Prima dell ’ attore veniva da noi , col libro della spesa e il calamaio attaccato per un lembo di pelle al bottone della giacca , uno scrivanello che aveva ammazzato un carabiniere il quale lo aveva sorpreso a svaligiare una carbona ( casa ) fuori di porta Magenta . L ’ omicidio gli aveva dato modo di rimanere fuori dalle unghie della giustizia per parecchi mesi . Ma la gatta , anche dopo una paura maledetta , va al lardo fin che vi lascia lo zampino . E un bel giorno lo agguantarono con degli altri ladri o degli altri grassatori e lo mandarono in galera con una sentenza di vent ’ anni . Era recidivo , qualche colpo gli era andato bene e sapeva adattarsi all ’ ambiente in un modo meraviglioso . Quando la direzione non lo imbestialiva coi conti che gli aveva affidato , non si accorgeva di essere in un reclusorio . Lasciava l ’ ufficio verso mezzanotte e dalla spia della nostra camerata lo rivedevamo al lavoro prima delle quattro . Qualche volta , se la guardia che lo accompagnava non gli era vicino , gli dicevo che faceva male a lavorare tante ore in un periodo in cui gli operai che mangiano meglio si agitavano per un orario quotidiano di otto . Vi ammalerete e andrete al cimitero senza rivedere Milano . Mi rispose che stava meglio in ufficio che in infermeria , ove poteva coricarsi e alzarsi presto senza svegliare alcuno . L ’ infermeria è uno stanzone lunghissimo con delle finestre libere dai cassoni e con due filate di letti quasi sempre vuoti . - Come , vi lamentate di dormire sulla materassa ? - Non mi lamento , ma lei non sa ... - Datemi del voi , gli dissi celiando . Sapete bene che il regolamento proibisce ai detenuti di servirsi di un pronome che non sia di seconda persona plurale . - Giusto , voi non sapete che in letto - anche sulla materassa - sto male . È l ’ unica cosa alla quale non sono mai riuscito ad abituarmi . Il galeotto è incatenato alla branda . Ora , mettetevi nella mia posizione , e vedrete che darete la preferenza al pisolino sulla scranna dello scrivanello . La lunghezza della catena non mi permette che di mettere il piede in terra dalla parte dell ’ anello e di rimanere , se non voglio scorticarmi , in una posizione supina . Il letto , per me , è una tortura . Fu lui che ci iniziò ai pasti dei peperoni , dei pomidori , dell ’ insalata di cipolle e di patate coll ’ aglio e di fagiolini tirati fuori dalla pasta del convento , quando la minestra era coi fagioli . Egli è piuttosto piccolo , con la pelle sulla faccia scura e butterata , con gli occhi un po ’ loschi e con le estremità del taglio della bocca non esattamente equidistanti . È tutt ’ assieme una figura rapace . Lo abbiamo perduto per avere alzato il gomito . Poco abituato a bere , un giorno era riuscito ad ubriacarsi . Lo trovai nel letto della infermeria incatenato alla branda , con la cuffia di cotone bianco sulla fronte , che stava aspettando la sbriacatura . - Che cosa fate ? gli domandai . - Non ho potuto alzarmi alla solita ora per un po ’ di vino brusco . Accidenti al vino brusco ! All ’ indomani , o qualche giorno dopo , il direttore lo mandò nell ’ altro reclusorio a mia insaputa e io non ho potuto restituirgli lo Stecchetti che mi aveva imprestato per passare il tempo . Lo scrivanello lo sapeva quasi tutto a memoria . COSTANTINO LAZZARI Tra l ’ ottanta e l ’ ottantatrè i pionieri del movimento marxista continuavano a battere il chiodo che , se si voleva organizzare i mestieri , bisognava costituire un partito puramente operaio , il quale , a suo tempo , avrebbe potuto trasformarsi in partito socialista italiano . Parecchi operai , che studiavano e frequentavano i circoli di studi sociali , si misero a concionare in questo senso , e subito dopo la morte di Carlo Marx la loro organizzazione si potè dire iniziata . Ormai , si disse , l ’ operaio farà da sè . Chiunque si occupava di questioni sociali e non aveva i calli del lavoratore alle mani , veniva considerato una specie d ’ intruso . Lo si vedeva negli angoli dei meetings come un rognoso . Coi pregiudizi che pullulavano nella testa operaia e con la stampa che blatterava di progresso e dava eternamente ragione agli intascatori di lavoro non pagato , senza un giornale che stimolasse , che aiutasse , che confortasse , che difendesse e che rivelasse la vita che si svolgeva negli stabilimenti padronali , gli operai non avrebbero potuto tener duro . Un giornale era necessario . Senza di esso sarebbero stati calunniati , schiacciati . Non si domandarono neanche chi di loro sapeva scrivere o chi di loro sapeva mettere assieme un foglio qualunque . L ’ esperienza li avrebbe fatti andare sulle pedate degli altri . Il loro partito era nuovo e nuovi dovevano essere gli scrittori . Non si trattava di scrivere in ghingheri . Si trattava semplicemente di dire chiaro e tondo che cosa volevano , dove tendevano , a che cosa aspiravano . Non altro . E il Fascio Operaio - voce dei figli del lavoro - il 29 luglio 1883 era già nelle mani del pubblico . Lo scopo della pubblicazione era condensato in queste parole di Malon stampate a destra , in corpo otto , sotto il titolo del giornale : « Se non pensano a far da loro gli operai italiani non saranno mai emancipati » . Nel primo articolo intitolato « chi siamo e che cosa vogliamo » , dicevano apertamente che erano « operai nel più stretto senso della parola , cioè , operai manovali » . « Siamo i figli di quella immensa moltitudine a cui la vita non è concessa che a patto di una perenne produzione - di quella classe che lavora e soffre , senza adeguati compensi - che vede il frutto delle proprie fatiche aumentare le ricchezze dei capitalisti » . L ’ attività dei redattori del Fascio Operaio era infaticabile . Restando al lavoro , tenevano conferenze ogni sera , organizzavano la lega di resistenza ogni volta si trovavano coi compagni , e scrivevano articoli ogni settimana . In due mesi la « voce dei figli del lavoro » seppe preparare e inaugurare un Congresso operaio a cui il Fascio mandava il suo saluto « perché i congressisti erano puramente dei lavoratori che si ispiravano alla loro coscienza di lavoratori ».«Siate uomini nuovi , diceva loro . Due siano le vostre stelle polari . L ’ eguaglianza di tutti gli uomini in faccia alla giustizia e l ’ indipendenza della personalità umana » . Il Fascio Operaio discuteva i problemi operai , polemizzava coi giornali che si occupavano dei redattori e dei loro articoli , decomponeva , a poco a poco , il Consolato operaio nelle mani dei romussiani , e attaccava , con qualche violenza , la democrazia al dorso del Secolo , chiamandola « vile » . Cavallotti , che fino dai tempi del Gazzettino Rosa aveva imitato don Margotti , tenendo nella sua casa il casellario degli uomini pubblici - casellario che se venisse pubblicato adesso sorprenderebbe molti e susciterebbe polemiche infinite - si era occupato anche dei redattori del Fascio e specialmente di Costantino Lazzari , il quale , oltre essere il redattore capo del Fascio , era l ’ anima del partito operaio . Per capire l ’ importanza dell ’ accusa contro Costantino Lazzari , bisogna ricordarsi che nell’86 Cavallotti aveva già assunto il carattere di leader parlamentare ed aveva già iniziato il sistema di inseguire e snidare i corrotti dovunque li trovava o li sapeva . Nel salone dei Giardini Pubblici , ove aveva finito di parlare Cavallotti sulle elezioni generali , non appena il redattore capo del Fascio si permise di domandare la parola , si sentirono voci spaventevoli . - Fuori le spie ! fuori le spie ! Chi erano le spie ? I redattori del Fascio . Ma l ’ indiziato era Costantino Lazzari . Tanto è vero che nel questionario , che invitava Cavallotti a dare « risposte categoriche in nome della verità e della giustizia » , c ’ era questa interrogazione : - È giusto paragonare il compagno Lazzari ad un agente di polizia ? Cavallotti non volle mai smentire l ’ accusa e non volle mai dire pubblicamente su quale documento era basata , Ma tutti gli amici dell ’ autore di Anticaglie sapevano e sanno che l ’ accusa era basta su una ricevuta di cinquecento lire , firmata da Costantino Lazzari , nelle mani di Nicotera , ministro dell ’ interno . Chiunque di noi l ’ avesse veduta senza cercare altro , non avrebbe potuto venire ad altra conclusione . Cioè che Costantino Lazzari non aveva schifo dei fondi segreti . Ma la cosa non è così . E ne parlo appunto per distruggere una calunnia che perseguita Lazzari da parecchi anni . Non lo si può dire prudente , questo no . Prendere del danaro per un partito senza domandare da che parte venga , con la scusa che il denaro non ha « odore » , è un po ’ arrischiato . Ma in verità Costantino Lazzari entrò come un sorcio nella trappola . Non sapeva del tranello . Gli si esibirono cinquecento lire per il partito in un momento elettorale , le prese , e le consegnò intatte al partito senza curarsi d ’ altro . Un fatto consimile è avvenuto tra i socialisti di Londra . I tories diedero parecchie centinaia di sterline a un leader socialista per moltiplicare le candidature socialiste tra il candidato tory e il candidato liberale . Il giuoco era che col terzo candidato i liberali avrebbero perduto i voti che venivano dati ai socialisti e quindi qua e là dei collegi . Si gridò al tory money , come qui si gridò alla spia . Ma il leader inglese e il leader italiano poterono salvarsi mostrando , come Walpole , le mani pulite . Dopo questo fatto il Fascio Operaio - del quale parlo perché è come parlare di Costantino Lazzari - e il partito operaio subirono le violenze prefettizie e passarono attraverso un uragano indemoniato . Il Comitato Centrale del partito operaio italiano venne sciolto , il Fascio Operaio sospeso e la redazione intiera messa sotto chiave al Cellulare per ottanta giorni . I condannati furono cinque , tra i quali Costantino Lazzari , a tre mesi di carcere e a trecento lire di multa . E il Fascio Operaio risorse , dicendo che « il socialismo è un gigante che nessuna forza può vincere » . In Costantino Lazzari è rimasta l ’ avversione del Fascio Operaio per gli « intrusi » . Un socialista dottore o avvocato o scrittore o ingegnere o architetto gli fa torcere il viso dall ’ altra parte . Ha per tutti costoro un ’ antipatia invincibile . Li chiama i socialisti dal panciotto bianco o i socialisti dal gilé de gess . Si dice che la gratitudine non sia il suo forte . Ma è indubitato ch ’ egli , giovanissimo , si è dato la briga di soccorrere la sua famiglia povera , e di mantenere alle scuole di Milano una sua sorella e un suo fratello . Ha rinunciato alla carriera commerciale per dedicarsi completamente al socialismo . Ma le vicissitudini dell ’ esistenza tribolata gli hanno fatto riprendere la via di prima . Egli è ora commesso viaggiatore . È stato in prigione più di una volta . Egli era nell ’ Umbria ed è andato in galera per i tumulti di Milano ! Ha un ’ istruzione tumultuaria , è un conferenziere improvvisatore , ha una tendenza sentita verso la misantropia , ed è disgustato degli uomini e della vita . Se dovessi riassumere Lazzari , direi , con Tommaso Grossi , ch ’ egli è un « orso mal leccato » . SI MUORE DI FAME Per ricordarmi di queste giornate negre , ammuchiavo le mie impressioni sui margini , sui frontispizi e sotto e sopra gli indici dei libri . Mi servivo di un moncone di lapis che tenevo nascosto tra il dorso e la legatura di un volume , il quale rimaneva con me giorno e notte . I libri che giovano di più al prigioniero sono quelli che offrono più spazio . Quelli che hanno cinque o sei pagine bianche prima di arrivare alla prefazione , che incominciano e finiscono i capitoli con dei vuoti preziosi , che sono stampati in modo da lasciarvi una linea tra una riga e l ’ altra e che terminano in fondo col lusso della entratura . A me , per esempio , sono stati di grande giovamento la grammatica tedesca del dottor Friedmann e le Ascensioni Umane del Fogazzaro . Mi hanno permesso di scrivere un volume su ciascun volume . Se dovessi ritornare in prigione e qualcuno volesse regalarmi qualche libro , non dimentichi di dare un ’ occhiata agli spazi . Copio , o meglio completo i periodi coi riempitivi che lasciavo fuori per economia . « Il periodo della fame venne inaugurato stamane , sei settembre . Se lo avessi saputo prima , ieri sera mi sarei imbottito con un pranzo luculliano . Non si è mai contenti . Era una giornata che ci aspettavamo di minuto in minuto , ed ora che è giunta troviamo che è giunta troppo presto . Io poi , che non ho tanti denari da spendere , non dovrei tormentarmi con queste seccature di gola . Tanto più che mi rincresce di stare a tavola cogli amici , che non sono capaci di mangiare in santa pace il loro pranzo , senza costringermi , con la massima gentilezza , ad assaggiare un po ’ di questa o di quella pietanza . Adesso siamo pari . La nostra mensa è diventata la mensa degli uguali . « Che cani ! Ci hanno portato via penne , calamai e lapis . Sono venuti a prendere i libri per registrarli . Ho domandato il permesso di scrivere una lettera per comunicare agli amici l ’ avvenimento , ma mi si è detto che il regolamento non mi autorizza a scriverne che una al mese . Chiesi , che è alla reclusione , non può scriverne che una ogni tre . A proposito , egli è alla reclusione , e rimane con noi . Dunque non c ’ è differenza che nelle spese e nelle lettere . Lui può spendere venticinque centesimi e noi , alla detenzione , trentacinque . « Non riuscirete mai , signori aguzzini , a farmi capire l ’ utilità sociale di impedirci di scrivere per tenerci qui a guardarci l ’ un l ’ altro . Seguitiamo a chiacchierare sulla dieta . Nessuno ha paura . Se non sono morti quelli con la catena che la subiscono da anni senza migliorarla col sopravitto , vuol dire che non si muore . « Le latrine sono indecenze primitive . Mi sono messo con la faccia alla ferriata della prima finestra e sono stato lì per recere . Sotto , nel cortile , è un mastellone nascosto da un murello a curva , che lascia venir su una puzza velenosa . È il mastellone dei condannati addetti ai lavori domestici . Il direttore di questa casa di pena deve avere l ’ olfatto molto ottuso . In tutto il penitenziario non c ’ è una latrina . Ciascuno fa i suoi bisogni come in un bosco . Peggio che in un bosco . Perché qui non potete alzarvi e andarvene via . Qui vi si lascia il mastellone che riceve il materiale di tutta la camerata tutto il giorno e tutta la notte . Non lo vuotano che alla mattina e nel pomeriggio . Noi , per fortuna , non siamo che in sette . Immaginatevi il fetore costante di una camerata di settanta o ottanta individui ! C ’ è però un guaio anche nella nostra . In alto alla parete sono due finestrucole che comunicano con una camerata piena di reclusi . Di notte e di giorno riceviamo la loro atmosfera appestata e siamo condannati a sentirli trullare come maiali ! « Non è la prima volta che mangio la pagnotta , ma era un pezzo che non la sbocconcellavo . Me la hanno portata e mi sono ricordato degli ultimi tozzi di pane bianco che ho dato al recluso che ci porta il barile dell ’ acqua . Come sarebbero buoni , adesso ! In un reclusorio non mi aspetto il pane di fantasia . Ma certamente mi aspetterei un pane migliore di questo . I cavalli ne mangiano del più buono . Le nostre sono pagnotte di mollica ammassicciata . Non è la mollica pastosa , duttile , allungabile , come quella del pane dei signori . È una mollica friabile , di un colore brunastro e di un sapore sciapito . « Ho sempre sentito dire che la crosta solida è un indizio della bontà del pane . Dev ’ essere abbondante , fitta , resistente , cotta bene . Questa è molle , sottile , che si stacca senza fatica , che ritiene la ditata non appena la premete leggermente . Ha un colore tra il rosso - bruno e il giallo - dorato . « Fanno sul serio . È cessata anche la pulizia domestica . Prima ci facevano scopare la camerata e lavare la gamella dai galeotti . Adesso ci si è detto che la cuccagna è finita . Benissimo . Non marciremo neanche per questo . Il male è che con la minestra condita d ’ olio la latta rimane unta . Senza acqua calda ci ungiamo come guatteri e ce le laviamo male . Ciascuno di noi si è scelta la giornata di pulizia . Lunedì Lazzari , martedì Federici , mercoledì Valera , giovedì Chiesi , venerdì Ghiglione , sabato don Davide , domenica Suzzani . È un movimento igienico . Si puliscono e si mettono a posto i tavoli e si scopa due volte il giorno . I più volonterosi e i più abili sono indubbiamente Lazzari e Federici . Entrambi scopano adagio , passano l ’ arnese sotto le brande , si fermano a far uscire i crostini dalle connessure tra mattone e mattone e tra pietra e pietra e si tirano a dietro il materiale fino in fondo , senza lasciare per la via polvere o briciole . Scopa bene anche don Davide , ma non con la diligenza degli altri due . Se al sabato si dimentica del suo turno , il Chiesi gli grida subito alle spalle : « - Non più privilegi e non più privilegiati ! « Il Ghiglione , campagnolo , scopa male , lo fa di mala voglia e pulisce i tavoli come un uomo che si senta umiliato . « La direzione di qualunque casa penale vende ogni mese la Rivista di discipline carcerarie , diretta dal Beltrani - Scalia , direttore delle carceri ( ora , come si sa , ha preso il suo posto il Canevelli ) . lo scopo della rivista è pio . È di assistere con delle sottoscrizioni i figliuoli derelitti dei condannati . Una cosa la quale vi suggerisce che la società punisce più i figli che i genitori . Perché mette sotto chiave i secondi e lascia sulla strada i primi . « Le ultime pagine sono occupate dal movimento dei liberati dagli stabilimenti penali durante il mese . In agosto hanno lasciato uscire 54 uomini e 6 donne per grazia sovrana , 299 uomini e 12 donne per indulto e 31 maschi e 2 femmine condizionalmente . « La tabella dei liberati condizionalmente prova che l ’ Italia è più crudele d ’ ogni altra nazione . L ’ Inghilterra , punto tenera pei suoi delinquenti , dà loro modo , colla buona condotta e col lavoro persistente , di guadagnarsi tre mesi su ogni anno . Conquistandosi il numero fisso di marchette , il condannato , poniamo , a sei anni , è sicuro di non rimanere in carcere che quattro anni e mezzo . Il nostro sistema non assicura nulla al condannato e premia la condotta incensurata con una lesineria che fa piangere . Deduce , su per giù , da un anno a un anno e mezzo per ogni dieci anni di galera ! « Ne scelgo uno . N.A. , di Napoli , contadino , condannato a dodici anni , è uscito a 37 anni , dopo avere scontato una pena di undici anni ed un mese ! « Nella stessa tabella si nota che la donna subisce gli stessi rigori . A.L. , di Palermo , entrata nella casa di pena a 38 anni , con una condanna di vent ’ anni per omicidio , è uscita dopo una pena di diciotto di lavori forzati . Che tigri ! « Aggiungo che la liberazione dei condannati non dovrebbe mai essere lasciata all ’ arbitrio del direttore - il quale è , novantanove volte su cento , parziale e crudele . « Non so se dipende dalla dieta . Ma con una dieta scellerata e insufficiente ho perduto persino la voglia di leggere . In un mese non sono riuscito a rileggere il primo volume dei dieci anni di Louis Blanc . Sbadiglio spesso , e spesso , dopo una specie di torsione alla regione epigastrica , mi istupidisco in un sopore che mi spaventa . I miei amici di camerata mi dicono che mangio troppo poco e che butto via troppo sovente la minestra . Non so che farci . È una minestra che mi ripugna e che non so ingoiare né asciutta né col brodo . Ci sono dei cani liberi che la lascerebbero nella scodella . Ho notato una certa sonnolenza anche negli altri . Più di una volta ho veduto Federici fermarsi sulla pagina , coi gomiti sul tavolo e la faccia nelle palme . Alle undici antimeridiane d ’ ieri ho sorpreso don Davide che dormigliava sul breviario . Anche Lazzari subisce la stessa legge di prostrazione . Rimane assopito per delle ore . Forse è perché egli legge troppo di notte . In Chiesi ho notato che la sua respirazione notturna è diventata più rantolosa . « Ci hanno portato di sopra delle lettere piene di cancellature . A noi che abbiamo il limone per disseppellire le parole dai neracci del direttore , importa poco . Ma mi piacerebbe che qualcuno mi rivelasse l ’ utilità di queste soppressioni di parole . Una volta che siamo condannati , che cosa deve importare a voi che qualcuno ci faccia sapere un breve minuto della vita del mondo dal quale siamo stati espulsi con tanta violenza ? È una cretineria da mettersi con le altre che si commettono in questi luoghi . « Il mio amico Mario Borsa , corrispondente londinese del Secolo , mi manda una rivista mensile per tenermi al corrente dei grandi fatti europei . Una rivista estera non può impensierire alcuno . Qui impensierisce . Il direttore mi ha fatto chiamare in direzione per dirmi che non poteva darmela perché ci sono in essa articoli che si occupano di cose che non devo sapere ! Suppongo per un minuto che vi sia qualche narrazione sui fatti di maggio . Nossignore , me la nega perché vi è un articolo sulla guerra tra gli Stati Uniti e la Spagna ! Sono o non sono un giornalista ? Una società . che corregge e non abbia per compito di mandarmi fuori imbecille , dovrebbe procurarmi , anche a proprie spese , le riviste e di giornali che mi dovrebbero tenere al corrente di tutto ciò che avviene . Non vi pare ? Anche al Chiesi hanno trattenuto delle riviste francesi per le stesse ragioni . Asini ! « Piove . Quando piove , il condannato perde il diritto all ’ aria e al moto delle gambe . Senza uscire dalla gabbia si diventa di umore nero . È una meraviglia che uno non s ’ avventi sull ’ altro . Ci si tiene nella camerata sino a quando il cielo si rasserena . E in questa regione , quando incomincia a diluviare , è capace di tirare innanzi senza interruzione per una settimana . Nella camerata al dorso della nostra sembrano diventati tanti leticoni indiavolati . Di tanto in tanto qualcuno si sfoga gridando : aria ! In uno stabilimento di tanta gente ci dovrebbe essere anche il passeggio coperto . Ma non ci si pensa . Perché il bestiame in galera può crepare senza inumidire l ’ occhio sociale . « La visita del medico che abbiamo avuta ieri l ’ altro mi ha fatto un effetto strano . Mi parve un uomo incaricato di venire a vedere se avevamo ancora delle giornate da vivere . Sì , o signori aguzzini , siamo languidi più di ieri , ma non siamo ancora moribondi . Anche col vitto insufficiente possiamo vivere degli anni . « La nota di ieri è stata un po ’ baldanzosa . Si indebolisce lentamente e lentamente mi pare che si perda la memoria . Stamane , parlando degli affamati americani al polo Nord , non ho saputo rammentarmi il nome del generale che venne trovato inconscio vicino al cadavere di un nero che gli era stato fedelissimo . E non me lo ricordo neppure adesso . Questo fatto mi mette addosso del freddo . Credo che a grado a grado ci avviamo verso l ’ abolizione della intelligenza . Usciremo delle pagine bianche . Non sapremo più neppure di essere stati in prigione ! « Siamo calati tutti di peso . Il pancione di don Davide è rientrato di molto . Forse sarà l ’ effetto della rasatura dei baffi , ma il naso di ciascuno di noi mi riproduce il naso dell ’ allampanato . Anche il Federici è dimagrito . Parla poco e fa dei pisolini ripetuti con pochi intervalli . A Chiesi si sono formate le scodellette sotto gli occhi . Il naso di Ghiglione pare il becco adunco dell ’ aquila . La faccia di Suzzani è accesa e si è spiritualizzata . Egli mi ha detto che si sente di tanto in tanto dei dolori dietro l ’ orecchio destro . Noto tutto senza spiegare nulla . Lazzari ha avuto degli stringimenti pilorici . Dorme poco , e durante il sonno parla con delle interiezioni di dolore . « A me non passa più nulla . Federici mi ha dato un cucchiaio della sua magnesia effervescente . Per una concessione speciale egli può tenersene un vaso e farselo riempire quando è vuoto . Se ne prende una cucchiaiata ogni mattina in due dita d ’ acqua . Mi ha fatto bene . Ho potuto trangugiare la gamella di pasta senza gli impeti di repulsione . Sento che mi ritornano le forze . Leggo e più rapidamente . Ieri ero proprio in uno stato compassionevole . Ho dovuto domandare il permesso di adagiarmi sulla branda . Mi sentivo vicino al deliquio . Sdraiato , ebbi degli assopimenti leggeri . Mi pareva di essere in decomposizione . Rimasi più di tre ore col dorso completamente abbandonato allo stramazzo . Non sentivo più che il languore delle braccia ed un certo calore insolito alle tempia . « Il grido che si muore di fame è nell ’ aria . - Tutte le camerate ci fanno chiedere dei bocconi di pane . Noi , che soffriamo un po ’ tutti di inedia , mandiamo gli avanzi delle nostre pagnotte ai 35 minorenni della camerata quasi in faccia alla nostra . Tra loro sono pochissimi quelli che possono spendere per il sopravitto . Devono essere tutti poveri o figli di poveri . Don Davide , che ha tra loro il suo chierico , va a dir messa spesso collo schianto del cuore . Gli rincresce di non avere sempre un boccone di pane da dargli . Quel ragazzo patisce la fame sotto la sorveglianza governativa ! Se fossi direttore dello stabilimento butterei via lo stipendio . Non saprei mangiare coi piedi sotto la tavola senza pensare al battaglione di affamati sotto la mia custodia . Il grido dei minorenni mi sospenderebbe il boccone in gola . « Stanotte sono stato svegliato da un grido acuto di qualcuno che stava male nella camerata al dorso della nostra . Non ci ha lasciato più dormire . Aveva il rantolo bronchiale ed emetteva gemiti che si ripetevano anche dopo che la guardia gli vociava dalla spia : « - Fate silenzio , che domani andrete dal medico ! « Un compagno deve averlo soccorso con una goccia d ’ acqua . Ho sentito i suoi piedi nudi che correvano da una parte all ’ altra . « Come deve essere triste morire in questo luogo ! « La luce misurata dai cassoni alle finestre finisce per indebolirci la vista . A me si è dilatata la pupilla e Lazzari si lamenta di non avere un paio d ’ occhiali . L ’ indebolimento gli ha come paralizzato i nervi ottici . « Alla domenica c ’ è sempre speranza di rifarsi lo stomaco con una gamella di brodo e 250 grammi di carne . È sovente una grande disillusione . Più di una volta si è obbligati a sbattere via tutto . Il brodo è grasso con gli occhi dell ’ olio alla superficie che fanno venir voglia di vomitare , o è magro come l ’ acqua bollente . Manca sempre il sale . Quello di stamane vale un fico secco . La carne è peggiore . La carne di questa domenica è squamosa , sciapita , dura come il corame . L ’ ho voltata e rivoltata sotto i denti senza riuscire a masticarla . Pazienza , aspetterò quella di domenica ventura . Siamo sotto l ’ azione del regime forcaiolo da qualche mese e non abbiamo veduto neppur l ’ ombra della commissione . Questi signori che assumono una carica così importante e poi la trascurano , meriterebbero un po ’ di reclusione . la loro assenza dovrebbe essere considerata un delitto . Ah , se fossi io il loro giudice ! Farei mozzar loro le orecchie come ai tempi della buona Elisabetta . « Il pane di stamane è esecrabile . Sente dell ’ acido del lievito che ha tentato di farlo levare prestamente . Mi par di sentire il gesso sotto i denti . la mollica umida ha qua e là dei punti biancastri che rivelano la qualità infame della farina . Ghiglione ci consola dicendoci che prima , quando lo facevano i galeotti nello stabilimento , era più buono . Adesso , coll ’ appalto , è malcotto , pesante , indigeribile . l ’ indigestione di un pane come questo produce a tutti noi effetti straordinari . Sembra che ci fermenti nel ventre . Un ’ ora dopo ci sentiamo tutti gravidi . Lo si fa con una farina di quarta o quinta qualità e con poco o nessun glutine . Preferisco ancora la pagnotta che i signori danno ai cavalli . « Anche i galeotti che lo mangiano da tanti anni se ne lamentano e farebbero un « fuori ! fuori ! » se non avessero paura di un rincrudimento di rigore . Sarei contento che una volta o l ’ altra mi si processasse per diffamazione . Io non domanderei che la testimonianza dei sei compagni della quinta camerata e il permesso di citare una cinquantina di galeotti e un centinaio di reclusi . Proverei come due e due fa quattro che la qualità del pane è infimissima e che alla reclusione si imbecillisce dalla fame . Sarebbe uno dei processi più emozionanti di questo secolo . « Ho trovato modo di eliminare la pasta dal mio cibo quotidiano . Non sapevo mandarne giù che qualche cucchiaiata e con ripugnanza . Un galeotto mi ha raccontato ch ’ egli vive da anni con l ’ insalata di patate e cipolle . Mi sono messo sulle sue pedate una settimana e non mi trovo malcontento . Qualche volta mi sento sazio . Le patate potrebbero però essere più buone . Ne butto via una su tre . Si vede che sono il rifiuto delle corbe . Quasi tutti ci siamo dati all ’ insalata di patate e cipolle . L ’ olio è troppo cattivo e peserebbe troppo sui miei trentacinque centesimi . La condisco col sale e coll ’ aceto . Più di una volta vi aggiungiamo i fagiuoli che troviamo nella minestra di pasta . Sono fagiuoli bianchi . Compero pure qualche spicchio d ’ aglio . Ho dovuto eliminare definitivamente anche il pane . Non potevo più ingoiarlo . Abbiamo protestato sovente e qualcuno di noi se ne lamentò col direttore e col sottocapo . Ma all ’ indomani ritorna peggio di prima . C ’ è stato un giorno che non lo si volle in nessuna camerata . Molti rifiutanti vennero castigati con della cella di rigore . In prigione non si sa come fare . Se si protesta si è puniti e se non si richiama con questa misura l ’ attenzione dell ’ autorità carceraria , si mangia come bestie . « Tutto il mio essere sta in piedi con trentacinque centesimi al giorno . Ecco come li ho spesi stamane . Ho comperato cinque centesimi di sapone , dieci di pane bianco , cinque di patate , tre di cipolle , due d ’ aglio , tre di sale , cinque di fichi secchi e due di carta per la pulizia . La carta per i bisogni corporali e il sapone non dovrebbero essere a spese del condannato . Come ? volete educarmi , e mi impedite di tenermi pulito e di lavarmi come si lavano tutti i cristiani ! I fichi secchi ho dovuto gettarli nelle immondizie che raccogliamo nell ’ angolo . Li aprivo , e uscivano i bachi . Don Davide , mi fece dimenticare i fichi con un motto latino . Sursum corda . Sit gressus ad superiora ; melius est ascendere . In alto i cuori . Volgiamo i passi alle regioni superiori ; è miglior cosa salire . « Siamo fortunati che non c ’ è specchio . Ci spaventeremmo . Sento che la pelle della faccia mi stiracchia da tutte le parti . « Ho dovuto comperarmi due centesimi di refe per trasportarmi il bottone dei calzoni . Senza bretelle , li perdo . Sono diventato magro , magro . Ho i miei dubbi che si esca tutti . Ho sempre avuto schifo dei sorci . Ma se ce ne fosse uno abbrustolito lo mangerei con l ’ appetito dei parigini durante l ’ assedio della loro capitale . È strano che non ci siano topi in questo vecchio edificio . Noi non ne abbiamo mai veduto uno . Ci sono parecchi gatti . Ma rimangono tutti nel cortile e sono sotto la protezione di una guardia alta , addetta alle celle di rigore . Un gatticidio potrebbe costarmi parecchi mesi di cella di rigore e di camicia di forza . « La ciarla si è ammorzata . Non parliamo più tanto . Una lettera suscitava , settimane sono , una discussione che durava delle ore . Adesso la si legge e la si lega con le altre . Sembriamo tanti nevrastenici . La nostra conversazione è diventata monosillabica . Ci guardiamo difficilmente in faccia . « Ho comunicato a Federici i miei timori . Ho paura di uscire idiota . Ci sono dei momenti in cui sono obbligato a mettermi la mano sulla testa per paura che mi scappi il pensiero .. Egli mi disse che è dovuto alla mia cocciutaggine di non voler mangiare abbastanza . In carcere bisogna essere alliatrofago . Inghiottire ogni cosa , anche se ributtante . Con trentacinque centesimi non si può vivere . E con trentacinque centesimi mi compero il limone , il sapone , il refe , gli aghi e i bottoni che perdo . I bottoni sembrano stati attaccati con gli sputi . Son sempre in terra . Questa mane al passeggio mi sono lustrato le scarpe . Il sottocapo mi disse che erano indecenti . Erano ormai divenute rosse . « Ha ragione Federici . E poi tutti i giorni insalata ! Son tre giorni che mi brucia lo stomaco e non la mangio più con lo stesso piacere . Mi dànno 100 grammi di bue in umido per quattordici centesimi . Ma è necessario uno stomaco foderato di rame per trangugiarlo . A me ha provocato la nausea . « Ho notato che Federici verso gli ultimi del mese diventa più cupo . Pare che incominci a pensare al suo colloquio . Non sono che lui e don Davide che hanno la consolazione di vedere qualcuno che non sia di questa casa maledetta . Dopo il colloquio con la sua signora , Federici risale gaio , amico di tutti , coi saluti per tutti . « Come mi farebbe bene una goccia di cognac ! Mi tirerebbe su lo stomaco e mi ridarebbe le forze perdute . Il mio corpo deve avere una calorificazione incompleta . Stanotte mi sentivo freddo . O piuttosto mi pareva di avere in me un umidore freddo che mi andava dalla radice dei capelli alle unghie dei piedi . « Provavo la sensazione di un organismo che sta raffreddandosi . Sommerso nell ’ ombra e nel silenzio m ’ intenerivo . Mi sentivo le lagrime in gola e non piangevo . Che cosa pagherei a essere un fisiologo consumato ! Potrei uscire con un diario completo sulle sensazioni della fame . A me pare che ne risentano tutti gli organi . Sono spossato dappertutto . Il cervello pare vuoto , la testa è indolenzita e pesa due volte , le braccia sentono il bisogno di rimanere adagiate , i polpacci delle gambe paiono carichi di piombo e i piedi mi dànno l ’ idea che stiano per slogarsi . E tuttavia , dopo i primi giorni , non ho mai provato le insurrezioni di una fame canina . Mastico senza piacere come un automa . « I miei movimenti sono diventati lenti e faccio fatica a tener aperti gli occhi . Sono determinato a rifarmi con la pagnotta , ma la mia determinazione non val nulla dinanzi all ’ atonia dell ’ apparecchio digestivo . La forza digestiva è come interrotta . Ieri sera stavo facendo il letto e ho dovuto sedere sul materasso due volte . Mi sembravo vicino al deliquio . Federici è stato buono anche questa volta . Mi ha dato un cucchiaio di magnesia effervescente . L ’ ho bevuta col piacere che dà lo champagne . Ho respirato più liberamente . « Ghiglione è andato dal medico . Non ci ha detto nulla . È egli ammalato ? Non è ammalato ? « Vi sono andato anch ’ io , ma solo per domandargli il permesso di un bagno . Io mi immergo sempre con piacere nell ’ acqua . Non capisco come le persone possano tirare innanzi degli anni senza mai buttarsi addosso un secchio d ’ acqua . Pulitevi , se volete star sani ! « Nessuno dorme profondamente , l ’ insonnia è generale . Qualcuno parla o straparla . Stanotte ho dovuto confessare alla guardia scelta di ronda che stavo proprio male . È andato in infermeria e mi ha portato una polverina di bismuto e magnesia . È un ’ infermeria che non ha nulla . Tutti gli ammalati sono curati con delle polverine di calomelano , di bismuto e magnesia e di bicarbonato di soda . C ’ è qualche pennellata di tintura di iodio per i reumatismi e i dolori acutissimi e basta . Il cavadenti è un condannato . È un vero miracolo che egli non abbia mai smascellato qualcuno . Il suo sistema è questo : mette la testa del paziente sulle ginocchia , gli guarda in bocca , si fa puntare col dito il dente cariato , l ’ agguanta con la tenaglia e tira . Spesso , nello sforzo , si levano in piedi operatore e paziente e l ’ uno segue l ’ altro fino alla parete . A una di queste operazioni era presente don Davide . « Siamo salvi o per lo meno siamo salvi per un po ’ di giorni . La signora di Federici è riuscita a far passare del cioccolatte . Deve avere sgelato il cuore della direzione . Federici ha incominciato subito col distribuirne due pezzi a ciascuno di noi . Mi sentii immediatamente ristorato . E non ne ho mangiato che uno . Il secondo sono stato capace di tenerlo in tasca fino alle sei di sera . Poi ho cominciato a scartocciarlo con l ’ intenzione di non rosicchiarne che un angolo e non ho smesso che a tavoletta finita . Ingordo ! « Ho passato una buona notte e alla mattina mi sono messo a leggere di gusto . Credendo che fosse permesso a tutti di mangiare del cioccolatte , ho scritto subito a casa di mandarmene due chilogrammi . Son stato chiamato dal capo , il quale era incaricato dal direttore di farmi sapere che il cioccolatte non è nel regolamento . Al Federici venne dato perché era giunto come pacco postale e a sua insaputa . Se giungesse anche a me , a mia insaputa , si potrebbe fare lo stesso . « Ci sono state annunciate delle cassette di biscotti . Sarebbero stati provvidenziali . Li abbiamo aspettati per due giorni . La direzione ci ha fatto comunicare che potevamo rimandarli a chi ce li aveva spediti o regalarli all ’ ospedale di Finalborgo . Non potendo mangiarli noi , abbiamo votato per gli ammalati . « Federici ci tiene in piedi col suo cioccolatte . Non appena ci si porta la pagnotta , egli va da tutti con una tavoletta e li costringe ad accettarla . Una tavoletta di cioccolatte in galera , nella nostra condizione , val un tesoro . Pochi se ne disfarebbero con tanta sollecitudine . Bisogna avere del cuore per compiere sacrifici come questi . « Novità . Ci deve essere qualcuno che lavora per noi . Il periodo della fame che produce le allucinazioni è finito . È venuto un ordine che ci permette di spendere settantacinque centesimi al giorno . Abbiamo subito domandato il permesso di farci fare , a nostre spese , una minestra collettiva da venticinque centesimi ciascuno . Ci è stata concessa . « Incominciamo a smutriarci . Facciamo delle spanciate di baccalà fritto per venti centesimi . Beviamo quasi tutti un quarto di vino per nove centesimi . È brusco , accidente se è brusco ! Io e Lazzari siamo ritornati al pane bianco . Anche Chiesi e Suzzani si son dati al pane bianco . Don Davide e Federici resistono e continuano col pane della casa . Il piatto più buono sono le uova al burro arrostite , per ventidue centesimi . Vi manca però il burro e se c ’ è lo vedono appena . Non poche volte sono putrefatte , ma a lamentarsi ce le cambiano . Ci si dà una tazza di caffè per dieci centesimi . È una tazza di un boccalino , ma imbevibile . Io e don Davide abbiamo tenuto duro per qualche settimana , ma abbiamo dovuto rinunciare anche a questo lusso . Nella tariffa dei generi in vendita nella dispensa , è stata introdotta la polenta . Con otto centesimi ce ne danno trecento grammi . È buona . Con ventisei centesimi di salsiccia in umido e una sleppa di polenta , inaffiata dal quinto di vino , non si crepa . Mi duole che la concessione della spesa sia stata accordata alla sola nostra camerata . E le altre , non sono piene di reclusi stati condannati dagli stessi tribunali militari per un identico delitto ? « Sette dicembre . Non si muore più di fame . Il Governo ci ha inviato il commendatore Berardi a comunicarci personalmente che da oggi possiamo mangiare e spendere quello che vogliamo noi . Egli è già stato a comunicare la stessa notizia al Romussi e al De Andreis nel reclusorio di Alessandria e a Turati in quello di Pallanza . « Ecco che cosa mi ha detto : - Io sono un ispettore inviato dal Ministero . So che lei adesso non può spendere che settantacinque centesimi e che questo aumento non le è stato concesso che pochi giorni sono . Da oggi io posso comunicarle ch ’ ella può spendere per il suo vitto cinque o anche dieci lire al giorno , se lo desidera . Non c ’ è limite . Se non le piace la cucina del reclusorio può servirsi dell ’ osteria o dell ’ albergo di fuori . Desidera qualcosa altro ? « Uno dopo l ’ altro gli domandammo due arie , cioè due ore di passeggio . Perché un ’ ora sola , lesinata anche quella , non ci dava esercizio sufficiente per conservarci sani : - Concesso , rispose a ciascuno di noi . Desidera qualche cos ’ altro ? - Se si potesse fumare qualche sigaretta . - Lo domanderò al direttore . Se fossero completamente separati dagli altri , non esiterei a dire di sì senza interrogarlo . Lei sa che cosa voglia dire il vizio di fumare . Gli altri che sentissero il fumo impazzirebbero e farebbero un chiasso , indemoniato e non avrebbero torto . D ’ altro ? - Lei sa che noi siamo tutti bevitori di caffè . Se ci permettesse di comperarci la macchinetta , il caffè , lo zuccaro , lo spirito e di farcelo quando vogliamo noi , in camerata ? - Concesso . D ’ altro ? - Scusi , se abuso . - Faccia , perché io sono venuto qui per contentarli . - Grazie . Senta , ci sono libri che il signor direttore non ci consegna perché si ostina a considerarli immorali o pornografici . Lei sa che noi siamo abituati a leggere tutto . - Concesso . D ’ altro ? « Mi curvai . Egli mi strinse la mano . Così va fatto » . . .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. « Sono uscito con l ’ indulto . L ’ indulto è una remissione di pena , è un perdono . Chi ve lo ha domandato ? E se non ve l ’ ho domandato perché non mi date il permesso di rifiutarlo ? Non so che farmene del vostro perdono . « Sono uscito arciconvinto che nei reclusori italiani si istupidisce la gente con la fame . « Un anno di reclusione , con seicento grammi di pane in due razioni e due mezze gamelle di pasta in brodo al giorno , basta per ritornare alla società secchi come chiodi e col cervello completamente rammollito » . PS . - Permettetemi di aggiungere due parole alle note di Finalborgo . Sono stato perdonato , non è vero ? Ma , o signori , o cosa direste se io , legge , vi mettessi sotto chiave per dei mesi e poi vi perdonassi ? C ’ è stato un processo , lo so . Non siamo mica stati mandati alla reclusione così alla cieca . Ci si è detto che avevamo commesso un delitto . Ma anche noi , o signori , abbiamo detto e ridiciamo che ci si è mandati in galera innocenti . E se siamo stati mandati in galera innocenti , non c ’ è che una via alla riparazione . Rifare il processo , restituirci quello che ci si è tolto e risarcirci dei danni . Il risarcimento dei danni vogliamo , o signori , che ci avete mandati in galera e ci avete lasciati fuori come mendichi che avessero limosinato l ’ indulto . Non altro . PARTE TERZA ACHILLE GHIGLIONI Sono sicuro che se Achille Ghiglioni dovesse autobiografarsi , si presenterebbe ai lettori come un uomo senza importanza . Al Castello , nella stanza lungo il ballatoio che dà sul cortile della Rocchetta egli , con grande modestia , si meravigliava di trovarsi impigliato nel processo dei giornalisti . Con noi , nella quinta camerata di Finalborgo , è stato il modello degli uomini industriosi . Si alzava e si metteva al lavoro . In un giorno egli studiava , senza mai stancarsi , un po ’ di tedesco , un po ’ di olandese , un po ’ di spagnuolo , un po ’ di musica , un po ’ di manuale del capomastro , un po ’ di stenografia , un po ’ di disegno , un po ’ di computisteria , un po ’ di letteratura moderna , un po ’ di Porta e un po ’ di altre cose che non ricordo . Egli è entrato ed è uscito un tenace cooperatore . IO E FEDERICI RITORNIAMO A FINALBORGO La « catena » era composta di noi due . Il vagone cellulare era nuovo e non puzzava di biacca . Le celle erano assai più comode delle altre del primo viaggio . I carabinieri non sembravano cattivi diavoli . I ferri erano noiosi , ma non ci pigiavano i polsi come le altre volte . Chiusi nelle due celle in fondo , l ’ una in faccia all ’ altra , vicini alla finestra del vagone , non mancavamo di qualche boccata d ’ aria . Ricordandomi dei due viaggi , mi dicevo contento . - Almeno qui , non si crepa . Mi misi in bocca una sigaretta con un po ’ di fatica e con un po ’ di fatica riuscii ad accendermi lo zolfanello . Federici attraversava la tempesta . Era tetro , non diceva nulla e non rispondeva alle mie interrogazioni , che volevano distrarlo , se non con dei monosillabi che non invitavano alla conversazione . Forse si sentiva umiliato a rifare la strada che conduceva a un reclusorio dal quale era uscito con tanto piacere , dove erano persone che non amava rivedere o persone con le quali non avrebbe scambiato una parola , gli fosse costata la lingua . Verso Sampierdarena i lineamenti facciali di Federici assunsero una parvenza di dolcezza . L ’ uomo stava per convincersi che era inutile lottare contro l ’ invisibile . Eravamo nelle mani di sconosciuti che ci sbalestravano da una parte e dall ’ altra e bisognava adattarsi . Anche a me sarebbe piaciuto andare in un altro reclusorio , dove avrei potuto raccogliere del materiale nuovo , dove avrei potuto fare la vera vita del galeotto con dei galeotti autentici , dove avrei potuto studiare tipi che nella quinta camerata non avrei mai trovato . Ma pazienza , ormai mi hanno abituato a fare la volontà degli altri . A Sampierdarena il nostro vagone venne staccato e lasciato fuori dalla tettoia . C ’ era un intervallo di due ore e mezza . Era un ’ altra punizione che avremmo scontata se i carabinieri non avessero avuto fame . Avevano appetito , volevano mangiare col sedere sulla scranna , e dare anche a noi il modo di far colazione più comodamente che ammanettati nella cella . Ci domandarono se volevamo cavarcela con qualche cosa di asciutto in cella o se preferivamo di andare alla sezione dei carabinieri con loro . Io non esitai un minuto a votare per l ’ uscita . L ’ idea di muovermi e di respirare l ’ aria libera mi metteva gli aghi nelle gambe . L ’ indugio di un attimo mi diventava un supplizio . Mi faceva salire le fiamme alla faccia e mi dava l ’ impressione che soffocavo . Federici era riluttante . Lui e Romussi , nel viaggio di traduzione , avevano imparato che per le strade di giorno , si attira l ’ attenzione di tutti i passanti . Vinse l ’ aria libera . Uscimmo e fummo contenti . La gente sostava sulle botteghe , i ragazzi ci correvano dietro , i passanti si fermavano a vederci , alcuni commentavano , ma noi passavamo senza darcene pensiero . Ormai ci avevamo fatto il callo . - Chi ci conosce ci conosce e chi non ci conosce felice notte . Giunti alla sede dei carabinieri ci si chiuse in uno stambugio buio più di una cantina , esalante la mefite . Incominciavamo a dolerci di non essere rimasti in gabbia . - Piuttosto che mangiare in questo luogo , preferisco la fame . - Anch ’ io . Ma vedrai che non saranno tanto cani . Stavano a farci preparare la tavola . Facemmo colazione nella loro cucina , la quale aveva una larga apertura verso il cortile . Mangiammo due ossi buchi indimenticabili . Erano eccellenti . Bevemmo del vino eccellentissimo , e facemmo scomparire un pezzo di formaggio di gorgonzola bianco e un ’ alzata di uva e pesche saporitissime . - Vogliono anche il caffè ? - Vada per il caffè ! - La Cassazione ha parlato e può darsi che questa sia l ’ ultima colazione dell ’ uomo libero . - Non pensiamoci . Ce ne sono tanti in galera e non sono morti . I carabinieri dicevano anche loro che la bestia non era poi così brutta come la si dipinge . - E poi loro ! ci si diceva . Usciranno più presto di quello che credono . C ’ è tanta agitazione per il paese . - Sembra che non ci siamo che noi in prigione ! Il maresciallo della caserma era un uomo tarchiato , con una faccia grossa e grassa da bonaccione . - Li condurrò alla stazione in carrozza per non farli passare traverso la folla . - Grazie . - Pagheranno la vettura ! - S ’ intende . Alla stazione venimmo circondati da una moltitudine che aumentava di minuto in minuto . Entrammo in un vagone di terza classe . È stata una vera sorpresa . Non eravamo mai stati così bene . Prima che suonasse il campanello della partenza , un signore ottenne il permesso di salire sul predellino a stringere la mano a Federici . - Faccia buon viaggio . - Grazie . Il signore era commosso . Federici con le mani legate non aveva potuto stringergliela come avrebbe voluto . - Partenza ! Il maresciallo ci salutò con un gesto della mano . Al reclusorio trovai il capo guardia in collera . - Lei si lascia intervistare ! - Da chi ? - Lei si lascia intervistare dai giornalisti per dir male del Reclusorio . Mi vennero in mente parecchi giornalisti che erano venuti a trovarmi nel camerotto indecente della Corte d ’ Appello di via Clerici . Chi sa che cosa mi avranno fatto dire ! - Lei si lamenta ! - Certamente che io sto meglio fuori . - Non doveva entrare se non le piaceva ! - Non ci sono venuto spontaneamente . - E va bene , loro hanno sempre ragione ! - Mi faccia leggere questa intervista e le dirò se quello che ho detto è esatto . - Gliela farà leggere il direttore ! I LAVORATORI DELLA QUINTA CAMERATA Erano dei mesi che intisichivamo dietro la speranza che un giorno o l ’ altro ci avrebbero restituiti il calamaio e la penna . Senza la distrazione di vuotarci la testa coll ’ inchiostro , non sapevamo che infelicitarci con discussioni pessimistiche o nere fino in fondo . Non vedevamo che delusione e dolore . Anche quando traluceva qualche lampo , si finiva per intetrarci o immusonirci assai più che seduti sotto le finestre di faccia a Capra Zoppa , senza una parola . Non ci si proibiva di leggere . Ma si legge male in una camerata e in una camerata ove gli individui sono padroni di fare quello che vogliono . Tu leggi , e gli altri chiacchierano . Tu 1eggi , e due amici ti passano innanzi e indietro sussurrandoti il coro : A casa , a casa , amici , Ove v ’ aspettano , Le vostre spose . Tu leggi , e un compagno zufola e rizufola per il lungo e per il largo , per delle ore , l ’ Inno dei lavoratori e subito dopo un altro , te ne canticchia la prima quartina , ricominciandola con sempre crescente piacere : Su fratelli , su compagni , Su venite in fitta schiera , Sulla libera bandiera Splende il sol dell ’ avvenir . Tu leggi , e due altri passeggiano , come in una caserma , o lungo un corridoio , o nel cortile , con le braccia sulla schiena , battendo i tacchi , scombussolandoti il pensiero col tremuoto dei piedi . Tu leggi , ed ecco un animale che si sveglia di soprassalto , con dei versi in bocca : Me non nato a percuotere Le dure illustri porte , Nudo accorrà , ma libero , Il regno della morte . Tu leggi , e nasce una conversazione che ti prorompe nel cervello come una gazzarra di voci , ma che finisce per piacerti e uncinarti a prendervi parte . Tu leggi , e un prigioniero si sbottona e ricorda aneddoti contemporanei che ti fanno chiudere il libro , tanto sono interessanti . Tu leggi , e un agente del reclusorio ti chiama dabbasso , in direzione , per una cosa che ti si poteva dire con un monosillabo , o anche fra cento anni . Tu leggi , ed entrano i battitori a scomodarti e a rintronarti le orecchie . Tu leggi , e suona la campana della distribuzione della minestra e del pane . Tu leggi ... Credetelo , in una camerata perdete l ’ illusione di potervi sommergere in un libro per ritornare alla vita rifocillato di qualche cosa . Col permesso di scrivere , il nostro tempo penale si accumulava e si accorciava rapidamente . Qualche volta si avrebbe voluto che la giornata di diciassette ore fosse più lunga , per avere modo di prolungare la gioia del lavoro . C ’ era tra noi la gara degli operai a cottimo . Ci si alzava e ciascuno andava al proprio posto . Chiesi e Federici avevano un tavolo nello spazio in fondo , a fianco della finestra . Il primo scriveva dalla mattina alla sera , senza mai smettere che all ’ ora dei pasti o quando aveva bisogno di stiracchiarsi le braccia , appendendosi al bastone più alto dell ’ inferriata . Senza i libri necessari per un ’ opera descrittiva , o storica , o politica , egli si era votato interamente al romanzo - un lavoro , da quello che vedevo , che non gli costava che la fatica manuale . Non è mai a secco né di idee né di scene . Dotato di un apparecchio digestivo che non gli annoia il cervello , e arciricco di vocaboli , egli poteva prendere la penna ad ogni minuto , digiuno o col boccone in bocca , quando pioveva a diluvio e quando il sole si riversava nella nostra camerata come un ’ allegria . Alla mattina riprendeva il filo del racconto senza neppure degnarsi di leggere l ’ ultima frase e , dopo la colazione , il passeggio e il pranzo , ricominciava come se non vi fosse stata interruzione . Il Sue si popolava il tavolo , sul quale scriveva , di pupazzi per tenere a mente i personaggi che gli nascevano a mano a mano che entrava nella intimità del romanzo . Gustavo Chiesi ha potuto completare Il Corpo di Ballo - un romanzo d ’ ambiente che racchiude tutta la popolazione del palcoscenico della Scala - senza sciupare più di alcuni nomi scritti sul cartone dei fogli che produceva . Il suo modo di composizione è dei più semplici . Incomincia la prima riga e tira via senza mai voltarsi indietro , cioè senza mai dare un ’ occhiata alle cartelle che la sua penna ha ammonticchiato . Non cancella che di rado , una volta o due alla settimana . Non potendo leggere il suo manoscritto per la sua calligrafia illeggibile , non lavora di lima che sulle bozze . Ma è difficile ch ’ egli si permetta di alterare una frase . Sul suo stampone non vedete ai margini che poche correzioni o dei segni che paiono lasciati giù da una mosca che lo abbia percorso con le zampe umide d ’ inchiostro . Perché la frase gli esce limpida , corretta e brunita , come da una officina . In pochi mesi ha scritto tre romanzi , letto parecchi volumi e mantenuta una corrispondenza abbastanza voluminosa . Il secondo , cioè Federici , si alzava sempre prima di ogni altro , un po ’ perché amava il pediluvio quotidiano , e un po ’ perché gli piaceva diguazzare nel catino più lungamente degli altri . Iniziava i suoi lavori con una spanciata di verbi inglesi , che egli si trangugiava tranquillamente , tra un passo e l ’ altro , fatti colla leggerezza e la mollezza della gallina che non disturba . Lo si vedeva andare in su e in giù , rasente le brande , colla grammatica sotto gli occhiali scintillanti , o chiusa con l ’ indice tra le pagine , con la sinistra sul collo della destra o cogli occhi che vagolavano per il soffitto come quelli dell ’ inspirato o dell ’ uomo che manda versi o prosa a memoria . Dopo la distribuzione del pane , la quale avveniva verso le ore otto , sedeva e si metteva di schiena al lavoro di traduzione , divorando un esercizio dopo l ’ altro , senza magari dire una parola . E noi , fino a quando non si sapeva di che umore si era alzato , ci guardavamo bene dal buttargli l ’ amo della ciarla . Perché , malgrado la gentilezza e la squisitezza d ’ animo , il Federici era il compagno più difficile della camerata . Non si sapeva mai da che parte pigliarlo . Proprio nel momento in cui lo credevate il vostro migliore amico , poteva scattare per un nonnulla o vi poteva tappare la bocca con una di quelle parole solenni che arrivano alla testa come un pietrone , o vi poteva isolare per un tempo indeterminato , senza mai accorgersi della vostra presenza , anche se vi trovavate gomito a gomito o a faccia a faccia , allo stesso tavolo . Terminato il boicottaggio , risentivate l ’ amico che vi dava il buon giorno , che spartiva i suoi cinque centesimi di frutta con voi , che vi dava , se ne aveva , con la miglior grazia del mondo , un pezzo del suo cioccolatte eccellentissimo , o che si metteva con voi al passeggio , ingolfandovi in una conversazione piacevole e spesso istruttiva . Il tempo che gli lasciava l ’ inglese lo consumava nella lettura . Leggeva romanzi , filosofia , storia e tutto ciò che di buono gli capitava tra le mani . In musica mi parve più che un orecchiante o un buongustaio . Canticchiava sovente le arie popolari o più conosciute delle opere moderne - sapeva dei pezzi di Wagner come e assai più del Chiesi che aveva propalato e difeso il maestro di musica dell ’ avvenire con uno studio , e correggeva le voci stonate degli altri che volevano imitarlo . Don Davide incominciava dopo la messa . Prima della messa passeggiava impaziente . Se la guardia , che doveva accompagnarlo nella cappelletta , ch ’ egli aveva l ’ audacia di paragonare a un ’ oasi nei claustri del dolore , tardava un po ’ , diventava nervoso . Anche noi , il mattino , non appena in piedi , sentivamo un bisogno immenso di uscire da uno stanzone dal quale l ’ afa se ne andava assai lentamente . Per il 2557 un minuto diventava un secolo . Percorreva la camerata a passi lunghi , con le mani sul dorso , sotto la giacca , con la faccia torva . Lo si chiamava e si fingeva di credere ch ’ egli andasse a compiere i suoi uffici divini fuori del reclusorio . - Don Davide , fate il piacere di comperarmi trenta centesimi di sigarette virginia . - Don Davide , se vedete il pollivendolo , mandateci a casa un ’ anitra , sgrassata , come quella della settimana scorsa . - Don Davide , non dimenticate di passare dall ’ oste che siamo senza vino . - Don Davide , se trovate del pesce fresco , mandatene a casa una padellata . Rientrava ilare e pieno di scuse . Ci diceva che il pescivendolo era alla spiaggia , che il tabaccaio era andato alla dispensa e che il pollivendolo non veniva in paese che tre volte la settimana . Si metteva al lavoro senza indugio . Il suo tavolino era tra il finestrone e la sua branda . Si perdeva sui suoi fogli di protocollo fino a colazione . Durante il lavoro taceva volentieri , ma non andava in collera se lo si interrompeva e se si faceva di tutto per fargli perdere del tempo . Chiesi : Don Davide , come state ? Don Davide : Bene , grazie . Chiesi : Che cosa supponete che stiano dicendo , in questo momento , De Andreis e Romussi ? Don Davide : È difficile indovinarlo . Chiesi : Ve lo dirò io che cosa stanno pensando . Stanno pensando a una chicchera di caffè buono , magari con una goccia di grappa buonissima . Don Davide : Piacerebbe anche a me , adesso una tazza di caffè caldo con uno spruzzo di grappa di quella che ho a casa mia , a Filighera ! Riprendevano il lavoro e poi ricominciavano il dialogo . Don Davide : Che opinione hai tu questa mattina sull ’ amnistia ? Chiesi : Conosco Pelloux . È un soldato , ma un soldato che ha sempre fatto parte della sinistra . È impossibile ch ’ egli si mangi il passato in un boccone . Lascerà passare la tempesta per contentare un po ’ i fanatici e poi , alla prima occasione , metterà nel discorso reale , per guadagnare della popolarità al re , l ’ amnistia . Interveniva qualcuno di noi a dire che un soldato non poteva dar torto ai soldati . - L ’ amnistia che cosa vorrebbe dire ? Che le sentenze militari sono state ingiuste . E questo un generale non lo può dire . Chiesi : Tu non conosci Pelloux . Nella sua vita parlamentare ha dimostrato più di una volta di non essere quello che gli inglesi chiamano un martinet della caserma . L ’ esercito non può fargli dimenticare che c ’ è della gente che soffre ingiustamente . Don Davide : Vedremo . Chiesi : Non si tratta di voi , don Davide . Voi siete qui per « fini speciali » . Don Davide intingeva la penna con un risolino , la piegava dolcemente sul pezzetto di carta che si teneva a destra , e si rimetteva a scrivere . Nessuno ha mai potuto leggere una riga dei suoi manoscritti . Ma dai discorsi si sapeva ch ’ egli riempiva le pagine di impressioni , di reminiscenze , di note autobiografiche , di vita giornalistica , di articoli di polemica e di sfoghi poetici . La sua calligrafia non fa mettere gli occhiali . È nitida e arieggia l ’ inglesino . Non è quella dello scrittore che va via all ’ impazzata e lascia agli altri la briga di capirla . Se il pane terroso non gli aveva fatto peso o non gli aveva gonfiato il ventre , il pensiero gli si sgomitolava senza interruzioni . Giornalista col fondaccio letterario , gli piace , quando non è infuriato dalla rotativa , rifare il manoscritto , senza toccarlo troppo o levargli la naturalezza della prosa spontanea . Il suo stile è pastoso , la sua prosa calda , la sua penna duttile , il suo periodo limpido come un cristallo . Con qualche predilezione per la frase pariniana , rifugge dalle inversioni del poeta del Giorno , che svogliano il lettore . L ’ ingiustizia gli scalda il calamaio egli fa produrre una prosa vigorosa , senza ridondanze e senza i plebeismi del Baretti . Con o senza collera egli non è mai volgare . Il suo ingegno poliedrico fa pensare a don Margotti . La tendenza sentita negli scritti di don Davide è la mestizia o piuttosto l ’ emozione . Le tre mila lettere ch ’ egli ha scritto durante la sua prigionia - lettere che potrebbero formare , per il pubblico cattolico , un epistolario interessantissimo - ne sono un documento . Sono in esse la sua bontà infinita , lo spandimento , della sua anima mal rassegnata a stare in prigione , l ’ affezione intensa per la gente ch ’ egli ama e che lo ama , il perdono incommensurato per tutti gli avversari pentiti che gli hanno tribolata l ’ esistenza a 52 anni , proprio quando , diceva lui , si ha bisogno di un po ’ di vita buona . In prigione non ha mai avuto rimpianti . Egli è sempre stato orgoglioso del suo passato . Non ha mai avuto che parole d ’ amore per la sua penna che l ’ ha mandato « tra i ferri anziché adattarsi a mentire e adulare » , come non ha avuto che trasporti per il suo Osservatore Cattolico « divenutogli più che mai prezioso , ora che gli ha procurato il carcere , e dato occasione di soffrire per la causa che difende e dimostrare che seriamente anche in faccia alla morte , la difende e la difenderà sempre » . Costantino Lazzari consolava i suoi ozii forzati nel silenzio , nella lettura , nel disegno . Taceva per delle ore , leggeva volumi ponderosi senza sbadigliare , rileggeva i Promessi Sposi con piacere , la Vita di Benvenuto Cellini direi quasi con entusiasmo e il Sant ’ Ambrogio di Romussi , superbamente illustrato , con ammirazione , e disegnava , disegnava sempre . Disegnava galeotti , secondini , reclusi , frontoni del reclusorio , compagni di camerata . Copiava danzatrici , madonne , bimbi , uomini illustri , donne celebri , quello che trovava nelle riviste e nei libri illustrati . Con la tenacia del volere è potere , dell ’ uomo che vuoi riuscire ad ogni costo , la sua matita faceva progressi meravigliosi . Le sue figure prendevano forma , diventavano vive , assumevano la grazia dell ’ arte . - Perché non smetti di fare il commesso viaggiatore e non ti dai interamente al lapis che ti serve così bene e che ti darebbe una vita meno stentata ? Perché era troppo tardi , perché non aveva fantasia , perché l ’ artista , per essere tale , non deve essere tormentato dai bisogni urgenti della vita , perché altri lo precedevano di parecchie miglia . Non so s ’ egli abbia continuato e se continui . So che , se all ’ abilità del disegno egli potesse aggiungere la sollecitudine , potrebbe diventare un giornalista che illustra i suoi e gli articoli degli altri . Egli non è l ’ ultimo dei ritrattisti . Ha disegnato un don Davide seduto , vestito da galeotto , il quale resterà il suo capolavoro di Finalborgo . Ci ha dato una mezza figura di Chiesi mirabile e un Suzzani intiero , con la gamella in mano , che non dimenticherò facilmente . Ma io sciupo le parole come il padre di Cellini che voleva fare del figlio un suonatore di flauto e di cornetta . Cellini lo contentava di tanto in tanto , con qualche pifferata . Ma continuava per la sua strada a cesellare . Così sarà di Costantino . Egli diventerà tutto fuorché un artista . Le ore della sera erano le più tranquille . Si passava come dall ’ inferno al paradiso . Federici , Chiesi e don Davide - il primo in mezzo e gli altri due in faccia - avevano una lampada a petrolio in comune sui loro due tavoli riuniti . Noi quattro ci servivamo della lampaduccia a luce elettrica , la cui poverezza di luce ci faceva chinare sovente gli occhi , o ci lasciava per due minuti sotto un rossore crudele . Migliorammo la nostra condizione quando a furia di guardarla ci accorgemmo che aveva del filo attorcigliato che ci poteva servire per allungarla fin quasi al tavolo . Tutto sommato , erano ore deliziose . Il chiasso delle camerate vicine alla nostra cessava con la campana del silenzio . Salvo qualche gola che sprigionava versi da dannato o qualche voce che dava fuori nel sonno o qualche disgraziato che manifestava i suoi tormenti fisici con degli : oh Signor ! femm murì , femm ! , potevamo supporci in un sepolcro . Si poteva sentire la penna di qualcuno che s ’ impuntava sulla carta , o il piede di cimossa di un sottocapo in giro a origliare e a guardare attraverso i pertugi , o la respirazione di un recluso al di là della parete , male adagiato . Lo starnuto di Lazzari , fatto a bella posta per ricordarci che eravamo vivi , ci faceva trasalire o sussultare come quando si sentono sulle spalle le mani degli sconosciuti che vi dichiarano in arresto in nome della legge . Si lavorava immersi nel lavoro . Chiesi a mettere in iscena i suoi ballabili , don Davide a scrivere una epistola dopo l ’ altra per vivere di ricordi e riallacciare i legami col mondo che lo conosceva . Lazzari a riprodurre il momento storico dei tre lavoratori con un disegno grandioso che toccava e ritoccava ogni sera senza dirlo mai finito , Ghiglione a illustrare le parole di un dizionario tedesco con l ’ idea froebeliana che chi legge Himmel accanto a una chiazza di cielo e Frau dinanzi a una testa di fanciulla , impara una lingua a vapore e non la dimentica più mai . - Come farai , gli domandavo , a illustrare ich habe kein Geld ? - In un modo semplice . Mettendo tra le parole un individuo che si fruga svogliatamente nelle tasche . - Ma il tuo dizionario diventerà una montagna ! Federici allargava la zona dei suoi studi nella letteratura di altre lingue , in manica di camicia , senza mai smettere , senza mai aprire bocca , come se fosse stato obbligato dal regolamento carcerario a divorarsi un dato numero di pagine , e Giovanni Suzzani si sprofondava nei romanzi dell ’ editore Aliprandi , scoppiando talvolta in risate così plateali e così rumorose che costringevano il secondino di guardia a buttare per il buco un ordine imperioso : - Silenzio ! In certe sere ... In certe sere nessuno lasciava cadere un libro , nessuno tossiva , nessuno si muoveva come se avessimo saputo che avevamo alle spalle gli occhi e le orecchie degli agenti incaricati della sorveglianza notturna . Ci capitava addosso la ronda , col lanternone fumoso , come una sorpresa che metteva freddo . - Sono le dieci ! Non ce lo facevamo dire due volte . In un minuto spostavamo i tavoli , mettevamo carta e libri al posto , lasciavamo giù le brande , facevamo il letto e ci buttavamo sul pagliericcio senza aver modo di cambiare la camicia . Chiesi era sempre il primo a toccare le lenzuola . Adagiato , con la guancia sul guanciale , incominciava subito a ruggire come una belva con una palla nella testa . Don Davide non dormiva subito . In letto , con una coperta che non lo copriva completamente né da una parte né dall ’ altra , sembrava un enorme cetaceo a mezz ’ acqua . Si voltava faticosamente come un pachiderma . Federici si metteva sul fianco , con un libro in mano , in una posizione da ricevere la luce sulle pagine e continuava la lettura per un ’ altra mezz ’ ora . Poi mi diceva : - Ciao , Paolino , dormi bene . - Ciao . Lazzari , santone , con gli occhiali che gli aveva prestato l ’ amico Scannatopi e che gli davano l ’ aria di una vecchia in collera , si dava furiosamente alla lettura , leggendo cento , centocinquanta pagine di un fiato , lasciandosi magari sorprendere dalla seconda ronda col libro in mano . Dove siamo adesso stiamo assai meglio che nella quinta camerata . Ma pochi di noi , rientrati in questa vita vertiginosa , rigodranno la pace delle serate intellettuali del reclusorio di Finalborgo . L ’ uomo è un animale che rimpiange perfino la galera ! ULISSE CERMENATI Non so se sia in lui il giornalismo nuovo . So che è giovine e che il giornalismo lo ha stregato . Anche dopo che la professione gli ha fatto rasentare la porta del reclusorio , non sa staccarsene . Con la penna del giornalista gli pare di essere più uomo . Dal processo è uscito di carattere piuttosto timido . È buono come un marzapane e ricco al di là delle cento mila lire , ma gli manca l ’ audacia giacobina . Tutti i testi , compreso il sindaco di Lecco , ce lo profilarono con parole che andavano al cuore . Lo stesso Plutarco di S . Fedele non seppe o non volle adagiarlo nei colori foschi delle altre biografie . Sul banco degli accusati lo consideravamo un problema professionale . Dalla sua condanna o dalla sua assoluzione si doveva sapere se un giornale potesse inviare sul teatro di una sommossa i suoi redattori , senza che la legge dei tribunali militari li considerasse dei partecipanti côlti con le armi alla mano . - Dopo l ’ assoluzione , gli domandai un giorno che facevamo colazione al Savini con un amico , che cosa ti è avvenuto ? - Nulla . Io , Seneci , Zavattari , del Vecchio , socialista , e Invernizzi , anarchico , fummo accompagnati a San Fedele da due agenti di P . S . in borghese , in due carrozze a nostre spese . Nella prima erano del Vecchio e Zavattari , nella seconda io e gli altri due . Alla porta della questura c ’ era la signora Seneci , colorata dalla morte , che aspettava il marito con la paura di perderlo un ’ altra volta . L ’ lnvernizzi e il del Vecchio vennero rinchiusi in un camerotto per ordine del viceispettore Prina . Zavattari e Seneci vennero rilasciati dopo le solite formalità . Zavattari , quando l ’ ispettore Latini gli fece un ’ interrogazione , divenne un po ’ agitato . Non voleva sentire più niente . Voleva andarsene sui monti e non pensare al brutto sogno attraverso il quale era passato . Io fui sfrattato dalla provincia di Milano , entro le ventiquattro ore . All ’ uscita trovai l ’ ing . Ongania , sindaco di Lecco , e l ’ avv . Ignazio Dell ’ Oro che mi aspettavano . Stavamo per andarcene , quando il vetturale che mi aveva condotto alla questura mi ricordò la corsa . - Dica , e la corsa ? Non mi si avevano ancora restituiti i denari . Il mio amico sindaco tirò fuori subito il portafogli . Vetturale : Scusi , lei è forse uno del processo dei giornalisti ? - Sissignore . Diede una frustata al cavallo e via senza la corsa . - Ho anch ’ io un cuore , diss ’ egli scappando .
16 OTTOBRE 1943 ( DEBENEDETTI GIACOMO , 1944 )
Miscellanea ,
16 ottobre 1943 Fino a poche settimane prima , ogni venerdì sera , all ' accendersi della prima stella , si spalancavano tutte grandi le grandi porte della Sinagoga , quelle verso la piazza del Tempio . Perché le grandi porte , invece delle bussole laterali e un po ' recondite come tutte le altre sere ? Perché invece degli sparuti candelabri a sette bracci , quello sfavillare di tutte quante le luci , che traeva fiamme dagli ori , splendore dagli stucchi - - gli stemmi di Davide , i nodi di Salomone , le Trombe del Giubileo - - e sontuosi bagliori dal broccato della cortina appesa davanti all ' Arca Santa , all ' Arca del Patto col Signore ? Perché ogni venerdì , all ' accendersi della prima stella , si celebrava il ritorno del Sabbato . Non la macilenta salmodia del cantore sperduto sul lontano altare ; ma dall ' alto della cantoria , nella romba osannante dell ' organo , il coro dei fanciulli gloriava un cantico di sacra tenerezza , l ' inno dell ' antico cabbalista , « Lehà Dodì Lichrà Calà » : Vieni , o amico , vieni incontro al Sabbato ... Era il mistico invito ad accogliere il Sabbato che giunge , che giunge come una sposa . Giungeva invece nell ' ex ­ Ghetto di Roma , la sera di quel venerdì 15 ottobre , una donna vestita di nero , scarmigliata , sciatta , fradicia di pioggia . Non può esprimersi , l ' agitazione le ingorga le parole , le fa una bava sulla bocca . È venuta da Trastevere di corsa . Poco fa , da una signora presso la quale va a mezzo servizio , ha veduto la moglie di un carabiniere , e questa le ha detto che il marito , il carabiniere , ha veduto un tedesco , e questo tedesco aveva in mano una lista di 200 capi ­ famiglia ebrei , da portar via con tutte le famiglie . Gli ebrei di rione Regola hanno conservato l ' abitudine di coricarsi per tempo . Poco dopo scesa la sera , sono già tutti in casa . Forse la memoria di un antico coprifuoco è rimasta nel loro sangue ; di quando , al cadere delle tenebre , i cancelli del Ghetto stridevano con una inveterata monotonia che forse l ' abitudine aveva resa familiare e dolce , a rammentare che la notte non era per gli ebrei , che per loro la notte era pericolo di essere presi , multati , imprigionati , battuti . Così questi ebrei , accusati di tramare nell ' ombra contro l ' ordine e la sicurezza del mondo , sono invece da tempo delle creature diurne . Di primo mattino , non appena un barlume di giorno , viscido e grigio come le loro case , comincia a far leva sui cornicioni , come un apriscatole , per incidersi uno spiraglio sui vicoli sottostanti , già li trovi tutti per via , questi ebrei , e berciano , e si chiamano a gran voce per nome , e combinano , e litigano , e discutono , e intavolano trattative e negozi , e si danno un gran da fare , quantunque quei loro discorsi e mercati non abbiano nulla di urgente . Ma questi ebrei amano la vita : quella vita da cui la notte li ha esclusi , sentono il bisogno che irrompa in loro . Anche quella sera le famiglie erano già tutte raccolte nelle case . Qualche madre accendeva la lampada sabbatica - - non quella bella , ch ' era stata nascosta ai primi furti tedeschi - - mentre i vecchi con la teffilà sui ginocchi recitavano le benedizioni , e passavano dal borbottio della preghiera all ' invettiva iraconda e chioccia contro i nipotini disturbatori . Così la donna scarmigliata non ebbe difficoltà a radunare un gran numero di ebrei per avvertirli del pericolo . Ma nessuno volle crederci , tutti ne risero . Sebbene abiti in Trastevere , la Celeste ha parenti nel Ghetto ed è ben nota all ' intera cheilà . Tutti sanno che è una chiacchierona , un ' esaltata , una fanatica : basta vedere come gesticola quando parla , con gli occhi spiritati sotto quei capelli di crine vegetale . E poi si sa che in famiglia sua sono tutti un po ' tocchi ; chi non conosce il suo figlio grande , quello di 24 anni , magro , peloso , nero e strambo , con una aria da haham mancato , e si dice perfino che abbia il mal caduco ? Come si fa a dare ascolto alla Celeste ? « Credetemi ! scappate , vi dico ! » supplicava la donna . « Vi giuro che è la verità ! sulla testa dei miei figli ! » La verità ? Chi sa che cosa le avranno detto , chi sa che cosa avrà capito . Quelle risate , quell ' incredulità la esasperano . Comincia a dare in escandescenze e in male parole , come se la minaccia , invece che i tedeschi , fosse stata lei a farla , e ora si offenda di non vederla presa sul serio . Se sapesse cosa inventare , aggraverebbe la dose per vendicarsi , per riuscire finalmente a far paura . Grida , scongiura , si fa venire le lacrime agli occhi , mette le mani sul capo dei bambini , come per proteggerli lei . « Ve ne pentirete ! Se fossi una signora mi credereste . Ma perché non ho una lira , perché porto questi stracci ... » e nel mostrarli rabbiosamente , li straccia ancora di più . Ormai tredici mesi sono passati , e molti dei testimoni di quella sera sono disposti a riconoscere che forse , se la Celeste fosse stata una signora e non la poveraccia che è ... Però quella sera risalirono alle loro case , si rimisero a sedere intorno alla tavola , a cenare , commentando quella storia senza sugo . Era chiaro che cosa fosse passato per la testa della pazza : una ventina di giorni prima , il Maggiore Kappler aveva minacciato al presidente della Comunità , comm . Foà , e a quello dell ' Unione , dott . Almansi , di prelevare 200 ostaggi ebrei . Le cifre corrispondevano , e di lì l ' equivoco : la povera gente sa sempre le cose in ritardo e di traverso , ma quel poco che arrivano a sapere credono sempre che sia oro colato . Ormai la minaccia dei 200 ostaggi era scongiurata . I tedeschi saranno dei rascianìm , ma sono gente d ' onore . Contrariamente all ' opinione diffusa , gli ebrei non sono diffidenti . Per meglio dire : sono diffidenti , allo stesso modo che sono astuti , nelle cose piccole , ma creduli e disastrosamente ingenui in quelle grandi . Verso i tedeschi furono , e si mostrarono , ingenui quasi con ostentazione . I motivi che se ne possono dare sono parecchi . Persuasi da secolari esperienze che il loro destino sia di essere trattati come cani , gli ebrei hanno un disperato bisogno di simpatia umana : e per accattarla , la offrono . Fidarsi della gente , abbandonarvisi , credere alle loro promesse , è appunto una prova di simpatia . Si comportarono così anche coi tedeschi ? Sì , purtroppo . Coi tedeschi poi giocava anche il classico atteggiamento degli ebrei di fronte all ' Autorità . Fin da prima della caduta di Gerusalemme , l ' Autorità ha esercitato sugli ebrei un potere di vita e di morte assoluto , arbitrario , imperscrutabile . Questo ha fatto sì che nelle loro teste e nel loro stesso inconscio , l ' Autorità si configurasse come un nume onnipotente , esclusivo e geloso . Diffidarne , quando essa promette , sia per male che per bene , è cadere in un peccato , che presto o tardi si sconterà , se anche questo peccato non si manifesti e rimanga soltanto un ' intenzione o una mormorazione . E finalmente : l ' idea ­ madre del giudaismo è quella di giustizia . Portare questa idea nella civiltà di Occidente è stata la missione degli ebrei . Renan se ne fa addirittura il tema fondamentale per interpretare tutta la storia d ' Israele , fino ai grandi annunzi escatologici , fino all ' attesa messianica , fino alla promessa di quel Giorno del Signore che , domani o chi sa quando , accenderà la sua alba sul vertice dei millenni per ricondurre appunto il regno della giustizia su questa terra . Per tutti questi motivi gli ebrei di Roma si fidarono , in certo qual modo , dei tedeschi , anche - - e , diremmo , soprattutto - - dopo quanto era successo il 26 settembre . Si sentivano come vaccinati contro ogni ulteriore persecuzione . Sarebbe stata un ' ingiustizia , e per temperamento non vi potevano credere . Mostrar di temere sarebbe stato un polemizzare contro i tedeschi , manifestargli dell ' antipatia . E infine sarebbe stato un peccare contro l ' Autorità . Perciò , quella sera , gli ebrei risero al messaggio della pazza Celeste . ( Chiediamo scusa di questa digressione , ed eventualmente delle altre in cui incorreremo ; ma per intendere l ' intera atrocità del dramma che cercheremo di ricostruire , è opportuno conoscere un po ' meglio i personaggi . ) Effettivamente , la sera del 26 settembre 1943 , il presidente della Comunità Israelitica di Roma e quello dell ' Unione delle Comunità Italiane - - tramite il dott . Cappa , funzionario della Questura - - erano stati convocati per le ore 18 all ' Ambasciata Germanica . Li ricevette , paurosamente cortese e « distinto » , il Maggiore delle SS . Herbert Kappler , che li fece accomodare e per qualche momento parlò del più e del meno , in tono di ordinaria conversazione . Poi entrò nel merito : gli ebrei di Roma erano doppiamente colpevoli , come italiani ( ma meno di due mesi dopo , un decreto germano ­ fascista , auspici Rahn , Mussolini e Pavolini , doveva disconoscere agli ebrei d ' Italia la cittadinanza italiana ; e allora Maggiore Kappler ? ) , come italiani per il tradimento contro la Germania , e come ebrei perché appartenenti alla razza degli eterni nemici della Germania . Perciò il governo del Reich imponeva loro una taglia di 50 chilogrammi d ' oro , da versarsi entro le ore 11 del successivo martedì 28 . In caso di inadempienza , razzia e deportazione in Germania di 200 ebrei . Praticamente : poco più di un giorno e mezzo per trovare 50 chili d ' oro . Alle difficoltà che i due rappresentanti ebrei cercarono di opporgli , il Maggiore ribatté che , a titolo di agevolazione , avrebbe fornito lui gli automezzi e gli uomini per la ricerca dell ' oro . I due Herren non accettavano ? Sta bene , come non detto . Ma , in via sempre di largheggiare , prorogava di un ' ora il termine di consegna . Gli fu domandato quale fosse la valutazione dell ' oro in lire . Il Kappler capì subito l ' antifona : di lire italiane - - rispose - - il Grande Reich non ne aveva bisogno e comunque - - sorrise quando gliene occorressero , poteva sempre stamparle . Poi credette opportuno di completare la propria presentazione , illustrando che con lui non era il caso di recalcitrare , se no si sarebbe incaricato personalmente della razzia e a lui , in parecchie altre circostanze similari , questo genere di operazioni era sempre riuscito benissimo . Col che gli argomenti parvero esauriti , e la seduta fu tolta . La Questura italiana , subito informata dell ' imposizione , non rispose . Si riscrisse , si andò , si telefonò : il silenzio , per una crudele allusione , era più che mai d ' oro . Allora nella serata stessa e nella successiva mattina si radunarono i maggiorenti della Comunità insieme con le persone ritenute più esperte di affari e facoltose . Ci si desolò , si discusse , si dichiarò che la cosa non era fattibile . Ma i più energici prevalsero , sicché per tempo fu dato inizio alla raccolta dell ' oro . La voce era già corsa tra gli ebrei ; tuttavia sulle prime le offerte giungevano lentamente , con una specie di perplessità . Fu in quelle ore che il Vaticano fece ufficiosamente sapere che teneva a disposizione degli ebrei 15 chilogrammi d ' oro per sopperire agli eventuali ammanchi . Frattanto però le cose avevano cominciato a mettersi meglio . Ormai tutta Roma aveva saputo del sopruso tedesco , e se ne era commossa . Guardinghi , come temendo un rifiuto , come intimiditi di venire a offrir dell ' oro ai ricchi ebrei , alcuni « ariani » si presentarono . Entravano impacciati in quel locale adiacente alla Sinagoga , non sapendo se dovessero togliersi il cappello o tenere il capo coperto , come notoriamente vuole l ' uso rituale degli ebrei . Quasi umilmente domandavano se potevano anche loro ... se sarebbe stato gradito ... Purtroppo non lasciarono i nomi , che si vorrebbero ricordare per i momenti di sfiducia nei propri simili . Torna a mente , e par bella , una parola ripetuta anche da George Eliot : « il latte dell ' umana bontà » . Il centro di raccolta era stato stabilito in un ufficio della Comunità . La Questura , che da quest ' orecchio tornava finalmente a sentirci , aveva disposto un servizio d ' ordine e di vigilanza . L ' affluenza , infatti , era cominciata a diventare notevole . Al tavolo sedeva una persona di fiducia della Comunità ; accanto a lui un orafo saggiava le offerte e un altro le pesava . Subito era stato fatto circolare l ' avviso che non erano ammessi i contributi in denaro . Questo avrebbe impigrito l ' afflusso del metallo : gli oggetti d ' oro rappresentano spesso dei cari ricordi , che tendono a diventare più ricordi e più cari nel momento di separarsene ; inoltre l ' oro , in tempi di guerra e di calamità , suole considerarsi la migliore e più portatile risorsa per i frangenti estremi . Denaro invece ne sarebbe venuto parecchio , e rapidamente ; ma avrebbe creato il problema , nonché il rischio , di trovare tutto quell ' oro sul mercato clandestino . Peraltro il metallo già cominciava a far mucchio , molte persone si erano presentate a offrire dell ' oro in vendita , quindi si cominciò ad accettare anche il contante e a fare degli acquisti , sulla base di prezzi assai oscillanti . Di grande aiuto in questa incetta fu la giornalaia di Ponte Garibaldi . Il martedì mattina , prima delle 11 , il quantitativo era stato raggiunto , con anzi un residuo di oltre due milioni liquidi , che furono accantonati nella cassaforte della Comunità . La sala di raccolta venne chiusa a chiave : davanti la porta , con gli agenti di P.S. , si sedettero gli orafi e alcuni rappresentanti della Comunità . Qualche tedesco melomane colturale e spiritoso avrebbe forse scherzato su questi Fafner a guardia del tesoro . Invece quella brava gente , siccome le mogli avevano portato loro da mangiare , lungi dal vomitare fiamme , si misero a far colazione in pace . Avevano la coscienza a posto . C ' erano stati i momenti di angoscia , le consultazioni febbrili dell ' orologio ; ma tutto sommato si era fatto un buon lavoro . Fu telefonato all ' Ambasciata Germanica , per ottenere una dilazione di qualche ora . Era una cautela ad evitare che , visto il pronto successo , si aumentassero le pretese . Santa ingenuità degli astuti : come se i tedeschi non avessero avuto spie . Comunque , si ottenne che la scadenza fosse protratta fino alle 18 : ora in cui tre automobili , dal Lungotevere Sanzio , si avviarono con l ' oro , i due presidenti , i due orafi e una scorta di agenti , sempre guidati dal dott . Cappa , alla volta di Villa Wolkonski . Non che abbassarsi alla formalità di ricevere , di « incassare » quell ' oro , il Kappler non degnò neppure mostrarsi . Fece dire in anticamera , da una segretaria , che la taglia doveva essere versata in via Tasso . Forse è questa la prima apparizione di via Tasso nella cronaca gialla e nera dell ' occupazione tedesca . Il convoglio riparte da Villa Wolkonski , svolta l ' angolo , giunge alla via malfamata . In via Tasso gli ebrei si trovarono di fronte a un certo Capitano Schultz , certo più crudele che lo Schultz della nostra vecchia grammatica latina . Costui era assistito da un orafo e da un pesatore tedeschi . L ' oro era stato sistemato in dieci di quei raccoglitori di cartone , a foggia di grosse scatole , che negli uffici si adoperano per conservare la corrispondenza . Dieci erano , ripetiamo , e ciascuno conteneva cinque chilogrammi di metallo . Pesare e controllare doveva essere la cosa più spedita del mondo . Ma le 20 erano trascorse da un pezzo , e né i presidenti né gli orafi avevano ancora fatto ritorno alle loro abitazioni . Il tic ­ tac degli orologi , nel silenzio di quelle case , era come il tarlo dell ' angoscia , scandiva per i familiari il passo delle congetture di minuto in minuto più moleste . Un trillo assurdo del telefono : ma non erano loro , erano gli amici , quelli che più si erano adoperati per la ricerca dell ' oro , e adesso si ritiravano dall ' apparecchio con parole che volevano essere di fiducia , e invece erano già di compianto . Finalmente i quattro uomini rientrarono . Era in loro quel misto di sollievo e di collasso , che subentra in tutta la persona al termine di una grandissima fatica . Il senso , un po ' , di chi torna dall ' avere accompagnato al cimitero una persona cara , per un cammino lungo e una giornata inclemente , quando si è già estenuati da notti di veglia e di affanno . Ristorarsi , buttarsi in letto , tentare di non pensarci più . Che cosa era successo ? Loro stessi non riuscivano a spiegarselo bene . Fatto un primo controllo , i germanici , su un tono che non ammetteva repliche , avevano eccepito che le scatole erano soltanto nove . Come non immaginarselo che gli ebrei avrebbero tentato di frodare il Reich ? Per ritemprare la spada di Brenno , il ferro non manca mai . Discussioni lunghe , cavillose , drammatiche : il Capitano Schultz ricusava ogni riscontro . Sin che poi , alla fine , rifatti quasi di prepotenza i conti e le pesate , le scatole erano risultate innegabilmente dieci , il quantitativo ineccepibile , anzi eccedeva di parecchi grammi . Senonché il Capitano Schultz si era rifiutato di rilasciarne ricevuta . Perché ? Si pensò che i tedeschi non volessero lasciare documenti del sopruso . Ma i tedeschi hanno lasciato e lasciano ben altri documenti : nelle fosse , nei carnai , nelle opere fatte saltare con le mine , nei saccheggi ; a ogni loro passo ne hanno lasciati e ne lasciano , e tali che rimangono incisi , e per decenni rimarranno , sulla crosta dell ' Europa . O forse nessuno osava mettere personalmente la firma sotto un simile documento ? Gli accordi di Mosca sulle responsabilità e la punizione dei delitti di guerra non dovevano essere stipulati che parecchie settimane appresso : ma nella coscienza dei criminali c ' è sempre il senso di una fatalità del castigo . Più verosimilmente la spiegazione del rifiuto va cercata nei fatti che seguirono , ammesso che per i tedeschi , inventori della teoria della « carta straccia » , possa una qualunque ricevuta o scrittura costituire vincolo o impegno . Sapeva già il Capitano Schultz quello che si preparava per l ' indomani ? Indubbiamente lo sapeva il Maggiore Kappler delle SS . , perché furono reparti delle SS . quelli che la mattina dopo , 29 settembre , si presentarono alla Comunità e asportarono archivi , documenti , registri , tutto quanto trovarono , compresi naturalmente i 2 milioni liquidi avanzati dalla raccolta dell ' oro . A parte questo , la visita non fu molto fruttuosa : gli arredi del Tempio e gli oggetti di pregio erano già stati messi in salvo . Che fu , crediamo , una delle pochissime precauzioni prese dagli ebrei . Una strana figura , sulla quale si vorrebbero avere più ampi ragguagli , appare l'11 ottobre nei locali della Comunità . Accompagnato anche lui da una scorta di SS . , al vederlo si direbbe un ufficiale tedesco come tutti gli altri , con quel più di arroganza che gli dà l ' appartenere a una « specialità » privilegiata e tristemente famosa . Tutto divisa , anche lui , dalla testa ai piedi : quella divisa attillata , di un ' eleganza schizzinosa , astratta e implacabile , che inguaina la persona , il fisico ma anche e soprattutto il morale , con un ermetismo da chiusura ­ lampo . È la parola verboten tradotta in uniforme : proibito l ' accesso all ' individuale passato che vive in lui , che è la sua storia e la sua più vera « specialità » di creatura di questo mondo ; proibito vedere altro che questo suo « presente » rigoroso , automatico , intransigentemente reciso . Mentre i suoi uomini cominciano a buttare all ' aria la biblioteca del Collegio Rabbinico e quella della Comunità , l ' ufficiale con mani caute e meticolose , da ricamatrice di fino , palpa , sfiora , carezza papiri e incunaboli , sfoglia manoscritti e rare edizioni , scartabella codici membranacei e palinsesti . La varia attenzione del tocco , la diversa cautela del gesto sono subito proporzionate al pregio del volume . Quelle opere , per la maggior parte , sono scritte in remoti alfabeti . Ma ad apertura di pagina , l ' occhio dell ' ufficiale si fissa e si illumina , come succede a certi lettori particolarmente assistiti , che subito sanno trovare il punto sperato , lo squarcio rivelatore . Tra quelle mani signorili , come sottoposti a una tortura acuta e incruenta , di un sottilissimo sadismo , i libri hanno parlato . Più tardi si seppe che l ' ufficiale delle SS . era un egregio cultore di paleografia e filologia semitica . La biblioteca del Collegio Rabbinico di Roma , e più ancora quella della Comunità , contenevano insigni raccolte ed esemplari di eccezione , alcuni dei quali unici . Una completa esplorazione e un catalogo non erano ancora stati fatti : forse avrebbero rivelato altri tesori . Per quel che ci consta , vi erano custoditi documenti copiosissimi e cronache , manoscritte e a stampa , della diaspora nel bacino mediterraneo , oltre tutte le fonti autentiche di tutta la storia , dalle origini , degli ebrei di Roma , i più vicini e diretti discendenti dell ' antico giudaismo . Profili ancora ignoti , da intentate prospettive , della Roma dei Cesari , degli Imperatori e dei Papi si nascondevano sotto quelle scritture . E generazioni che parevano passate su questa terra veramente come la schiatta delle foglie , attendevano dal fondo di quelle carte che qualcuno le facesse parlare . Un colpo secco della chiusura ­ lampo , e la divisa ha rinserrato il semitologo , che è ridivenuto un ufficiale delle SS . Ordina : se qualcuno tocca , o nasconde , o asporta uno solo di questi libri , sarà passato per le armi , secondo la legge di guerra tedesca . Se ne va . I suoi tacchi scandiscono gli scalini . Poco dopo , sulla linea tranviaria della Circolare Nera , giungono tre carrozzoni merci . Le SS . vi caricano le due biblioteche . I carrozzoni ripartono . Libri , manoscritti , codici e pergamene hanno preso la strada di Monaco di Baviera . Chi sa se saranno gli stessi carrozzoni a cui toccherà , tra breve , di portare in Germania altro , e ben altrimenti vivo , carico . Il tempo per l ' andata e ritorno c ' è stato : cinque giorni . E ancora , per l ' ultima volta , come se ancora questo interrogativo potesse dare l ' allarme a chi tocca , ci domandiamo : ma se le angherie duravano così , perché non pensare a salvarsi ? Ebbene , il furto dei libri non era un ' angheria per la gente del Ghetto , che di libri non si intendeva . E viceversa erano proprio loro , quelli di « piazza Giudìa » , che più avrebbero dovuto avvertire la minaccia , perché loro erano destinati a fornire il più vasto bottino di vittime . Ma avrebbero poi dato retta a quell ' allarme ? Erano pigri , attaccati ai loro luoghi . L ' ebreo errante ormai si sente stanco , ha troppo camminato , non ce la fa più . La fatica di tanti esilii e fughe e deportazioni , di quelle tante strade percorse dagli avi per secoli e secoli , ha finito con l ' intossicare i muscoli dei figli ; le loro gambe si rifiutano di trascinare ancora i piedi piatti . E poi c ' era , c ' è stata certamente , una quinta colonna , che lavorava a « spargere fiducia » . Per esempio , il 9 ottobre parecchi ebrei erano stati arrestati . Molti si sgomentarono , poteva essere l ' inizio di una persecuzione contro le persone . Subito , di rimando , fu fatta circolare la notizia rassicurante ( ed elementi responsabili della Comunità , senza dubbio a fin di bene , contribuirono a diffonderla ) : quegli arresti costituivano casi eccezionali e qualificati , si trattava di persone già tutte segnalate per attività antifascista . L ' attività era stata colpita in loro , non la razza . I tedeschi continuavano a mostrarsi discreti , quasi umani . Con la loro forza così schiacciante , con la loro autorità così assoluta , avrebbero potuto fare assai di peggio . E viceversa ... No , non c ' erano speciali motivi di diffidare , di prendere le cose al tragico . E gli ebrei dormivano nei loro letti verso la mezzanotte del venerdì 15 ottobre , allorché dalle strade cominciarono a udirsi schioppettate e detonazioni . Dal 25 luglio , quando Badoglio aveva messo il coprifuoco , e più ancora dall'8 settembre , quasi ogni notte si sentivano spari per le vie e si diceva ch ' erano contro la gente che circolava oltre l ' ora senza permesso . Ma quegli spari abituali rimanevano isolati , come i rintocchi dell ' ora , e di rado giungevano così vicini , e mai così insistenti . Questi invece si intensificano , si stringono , si sovrappongono , diventano una vera sparatoria . E fossero solo spari , ma qualche cosa di più sinistro vi si mescola : colpi che partono secchi , per propagarsi poi quasi ondulati e fare dentro il buio un cratere cupo e svasato . Barúch dajàn emèd , sembra di stare in mezzo a una battaglia . Qualcuno si alza a sedere sul letto . Ma dell ' avviso portato sul far della sera dalla pazza di Trastevere , nessuno si ricorda più . I coraggiosi si avvicinano alle finestre . Pallottole e schegge sibilano e guaiscono a pochi centimetri dalle persiane , si piantano nei vecchi intonachi delle facciate . Attraverso le persiane chiuse , si vedono nella via , sotto la pioggia fine e viscida , tra i bagliori della fucileria e gli sprazzi dei petardi , drappelli di soldati che sparano in aria e lanciano bombe a mano verso i marciapiedi . Dagli elmetti , si direbbe che sono tedeschi ; ma l ' occhiata è stata rapida , non è prudente rimanere presso la finestra . Ora i jorbetìm si sono messi anche a urlare e schiamazzare : voci e grida squarciate , colleriche , sarcastiche , incomprensibili . Che vogliono ? con chi ce l ' hanno ? dove vanno ? Nelle case ormai tutti sono in piedi . I vicini si riuniscono per farsi coraggio , e viceversa non riescono che a farsi paura a vicenda . I bambini strillano . Che si può dire ai bambini per azzittarli , quando non si sa che dire a se stessi ? Stai buono , ora vanno a Monte Savello , vanno a Piazza Cairoli , tra poco tutto finisce , vedrai . Ma non finisce affatto . Quelli , pare che si allontanino , e poi rieccoli , e intanto la sparatoria non è mai cessata . Facessero qualche cosa , sfondassero una porta , una saracinesca , una bottega , almeno si capirebbe il perché . Ma no , sparano , urlano , nient ' altro . È come il mal di denti , che non si sa quanto può durare , quanto può peggiorare . Questo non capire è il peggiore degli incubi . Una donna che si è sgravata da poche ore non resiste più all ' ossessione , si butta giù dal letto , afferra il neonato , corre nel tinello di una vicina , ma lì si sviene . Le donne la soccorrono : il cognac , la borsa calda , questa almeno è la vita di tutti i giorni , sono i mali di cui si sa il rimedio . Ma quelli giù sparano sempre e urlano da due ore , da tre ore , da più di tre ore . Ogni anno , alla mensa pasquale - - chi ha fame venga e mangi - - si ripone una mezza azzima . Una credenza tramandata da chi sa che antico tempo , forse da quando gli ebrei facevano ancora gli agricoltori , vuole che un boccone di quell ' azzima , buttato dalla finestra , acqueti gli uragani , le tempeste , le grandinate , che distruggono il pane , spogliano le viti e gli ulivi , portano la carestia e forse la morte . Chi sa se quella notte qualcuno pensò di estrarre dal cassetto l ' azzima avanzata dalla Pasqua precedente - - da quando , per l ' ultima volta , si era commemorata l ' uscita dall ' Egitto , la liberazione dai Faraoni - - e di lanciarla contro quel finimondo . Il grano era mietuto , le viti vendemmiate ; ma un altro raccolto era da salvare , quella progenitura di Israele , che ai Patriarchi era stata promessa numerosa come la rena del mare . Ma se da una finestra fosse caduta l ' azzima innocente , i tedeschi avrebbero mirato coi moschetti e i mitragliatori , avrebbero scagliato le bombe a mano contro quella finestra . Loro soli sapevano la ragione di quell ' inferno . E forse la vera ragione era proprio che non ce ne fosse nessuna : l ' inferno gratuito , perché riuscisse più misterioso , e perciò più intimidatorio . La gente lì per lì suppose che volesse essere un dispetto , una beffa contro gli ebrei . Più tardi , con la logica e il senno del poi , si pensò che i tedeschi si proponessero di spaventare la gente di Ghetto e - - caso mai qualcosa fosse trapelato dei progetti per l ' indomani - - costringerla a tapparsi in casa , per prenderla tutta . Verso le quattro del mattino , la sparatoria si placò . Faceva freddo , l ' umidità della notte piovosa attraversava i muri . Nella levataccia , tutti erano rimasti in camicia e ciabatte , con appena qualche scialletto o pastrano sulle spalle . I letti abbandonati avevano forse custodito un po ' di tepore . Stanchi , con quel senso di cavo e di disseccato che lascia dentro le orbite una grossa emozione , con le ossa peste , battendo i denti , ciascuno tornò alla sua casa , nel proprio letto . Tra due ore sarebbe stato giorno , qualche cosa si sarebbe finalmente saputa . E poi , a ripensarci , non era capitato niente . Pare che il primo allarme l ' abbia dato una donna di nome Letizia , che il vicinato chiama Letizia l ' Occhialona : una grossa ragazza attempata , tutta tumida di tratti e di forme , con gli occhi fissi e i labbroni all ' infuori , che le immobilizzano sulla faccia un sorriso inerte e senza comunicativa . Dal quale esce una voce assente , contrariata , estranea a ciò che dice . Verso le 5 , costei fu udita gridare : « Oh Dio , i mamonni ! » « Mamonni » in gergo giudìo ­ romanesco significa gli sbirri , le guardie , la forza pubblica . Erano infatti i tedeschi che , col loro passo pesante e cadenzato ( conosciamo persone per cui questo passo è rimasto il simbolo , lo spaventoso equivalente auditivo del terrore tedesco ) , cominciavano a bloccare strade e case del Ghetto . Il proprietario di un piccolo caffè del Portico di Ottavia - - un « ariano » che , dalla posizione privilegiata del suo locale , ha potuto assistere a tutto lo svolgersi delle operazioni - - era giunto poco prima da Testaccio , dove abita . Transitando per Monte Savello e per il Portico , non aveva notato nulla di anormale . ( Ci sarebbe stato il tempo per salvarsi , dopo la sparatoria ? o il quartiere era già circondato ? ) Dice che i passi cadenzati , lui cominciò a sentirli verso le 5 e mezzo ( sulle ore non è stato possibile mettere d ' accordo i testimoni ; quel tempo di sciagura deve essere stato terribilmente elastico , soggetto a valutazioni soltanto psicologiche ) . Non aveva ancora aperto la bottega , stava mettendo sotto pressione la macchina dell ' espresso : socchiuse un battente , e vide . Vide lungo i marciapiedi due file di tedeschi : a occhio e croce , forse un centinaio . Nel mezzo della via stavano gli ufficiali , che disposero sentinelle armate a tutti i canti di strada . I radi passanti si fermavano a guardare . I tedeschi non si interessavano di loro . Solo più tardi cominciarono ad acciuffare chi portasse involti o valigie , indizi di tentata fuga . Noi seguiteremo a parlare del Ghetto , perché fu l ' epicentro della razzia . Ma in altri punti della città il lavoro si era iniziato parecchie ore prima . Risulta , per esempio , che un avvocato , Sternberg Monteldi , da Trieste , era stato preso fin dalle 23 della sera precedente all ' Albergo Vittoria , dove abitava con la moglie . Qui cominciano gli interrogativi sui criteri e sul modo come la razzia venne regolata . L ' avvocato e la signora erano muniti di passaporto svizzero , quindi non figuravano sui registri della popolazione romana ; non avevano fatto denunce razziali , quindi non risultavano ebrei . Come giunsero i loro nomi alle SS . ? Quanto alla procedura , si sa che in questo caso il fermo venne intimato in maniera durissima : i coniugi furono costretti a vestirsi alla presenza dei militi che tenevano le armi puntate su di loro . Questo inizio anticipato avrebbe potuto gravemente pregiudicare i piani tedeschi . Sarebbe bastato che la notizia se ne propalasse , come avvenne la mattina successiva , che subito , non appena cominciata l ' azione in grande , corse tutta la città , permettendo ad amici e perfino a commissari di P.S. di avvertire parecchi interessati , quelli almeno a cui si poteva telefonare . Giunto la sera prima , un simile allarme avrebbe svuotato una buona metà delle case ebraiche . Invece l ' arresto degli Sternberg , quantunque effettuato in un albergo , rimase segreto , le chiacchiere dei camerieri e del portiere di notte non bastarono a farlo trapelare , nemmeno gli uffici di Polizia , a quanto si dice , ne ebbero sentore ; sicché la mattina dopo i tedeschi poterono operare ordinatamente , secondo i piani prestabiliti e col più ampio successo . Entriamo ora in una casa di via S . Ambrogio , nel Ghetto . Potremo seguire la razzia in tutte le sue fasi . Verso le 5 ( ora psicologica , ripetiamo ) , la signora Laurina S . viene chiamata dalla strada . È una nipote che le grida : « Zia , zia , scendi ! I tedeschi portano via tutti ! » Questa ragazza , qualche momento prima , uscendo di casa in via della Reginella , aveva veduto portar via una intera famiglia con sei bambini , la maggiore dei quali di dieci anni . La signora S . si affaccia alla finestra . Vede ai lati del portoncino due tedeschi , armati di moschetto ( o di mitra , non sa specificare ) . Qui si domanderà come abbia potuto la nipote gridare così dalla via , e parole tanto esplicite , alla presenza di due tedeschi ( la via è angosciosamente stretta , un budello ) . Ripetiamo che i tedeschi , in massima , non rastrellarono la gente per via : fuor di casa furono presi soltanto quelli che , infelici , vollero farsi prendere . Né bisogna credere che la tragedia si sia svolta in un ' atmosfera di muta e trasecolata solennità : le persone seguitavano a parlare tra di loro , a gridarsi degli avvisi , delle raccomandazioni , come nella vita di tutti i giorni . La fatalità svolgeva il suo lavoro sostanzioso , senza preoccuparsi del cerimoniale , senza badare alle inezie di forma . Il dramma entrava nella vita , vi si mescolava con una spaventosa naturalezza , che lì per lì non lasciava campo nemmeno allo stupore . Dapprima la signora S . suppose , come tutti , che i tedeschi fossero venuti a portar via gli uomini per il « servizio del lavoro » . Questa idea , sparsa probabilmente ad arte , fu la rovina di molte famiglie , che non pensarono a mettere in salvo vecchi donne e bambini . Comunque , fidando nella presunta immunità delle donne , la S . si rifà cuore , si veste alla meglio , prende carte annonarie e borsa della spesa , poi scende per cercare di capire di che si tratti . Qualche giorno prima è caduta , trascina una gamba ingessata . Giunta per via , si avvicina ai tedeschi di sentinella , offre loro da fumare , quelli accettano . Dei due , l ' uno poteva avere un venticinque anni , l ' altro ne dimostrava una quarantina . Come in tutte le Mie Prigioni c ' è sempre un carceriere buono , così in questa razzia ci saranno le SS . di gran cuore : questi due , per esempio . La leggenda formatasi poi nel Ghetto ha deciso che fossero due austriaci . « Portare via tutti ebrei ... » risponde il più anziano alla donna . Costei si batte la palma sull ' ingessatura : « Ma io gamba rotta ... Andare via con la mia famiglia ... ospedale ... » « Ja , ja » annuisce l ' « austriaco » , e con la mano le fa cenno di svignarsela . Mentre aspetta la famiglia , la S . pensa di mettere a frutto la sua amicizia con i due soldati per veder di salvare qualche vicino . Chiama anche lei dalla strada : « Sterina ! Sterina ! » « Che c ' è ? » fa quella dalla finestra . « Scappa , che prendono tutti ! » « Un momento , vesto pupetto , e vengo . » Purtroppo vestire pupetto le fu fatale : la signora Sterina fu presa con pupetto e con tutti i suoi . Dalla via del Portico di Ottavia giungono lamenti mischiati con grida . La signora S . si affaccia all ' angolo della via S . Ambrogio col Portico . Com ' è vero che prendono tutti , ma proprio tutti , peggio di quanto si potesse immaginare . Nel mezzo della via passano , in fila indiana un po ' sconnessa , le famiglie rastrellate : una SS . in testa e una in coda sorvegliano i piccoli manipoli , li tengono suppergiù incolonnati , li spingono avanti coi calci dei mitragliatori , quantunque nessuno opponga altra resistenza che il pianto , i gemiti , le richieste di pietà , le smarrite interrogazioni . Già sui visi e negli atteggiamenti di questi ebrei , più forte ancora che la sofferenza , si è impressa la rassegnazione . Pare che quell ' atroce , repentina sorpresa già non li stupisca più . Qualche cosa in loro si ricorda di avi mai conosciuti , che erano andati con lo stesso passo , cacciati da aguzzini come questi , verso le deportazioni , la schiavitù , i supplizi , i roghi . Le madri , o talvolta i padri , portano in braccio i piccini , conducono per mano i più grandicelli . I ragazzi cercano negli occhi dei genitori una rassicurazione , un conforto che questi non possono più dare : ed è anche più tremendo che dover dire : « non ce n ' è » ai figli che chiedono pane . D ' altronde è questione di tempo : se non li uccidono prima , verrà l ' ora anche per questo . Taluno bacia le proprie creature : un bacio che cerca di nascondersi ai tedeschi , un ultimo bacio tra quelle vie , quelle case , quei luoghi che li hanno veduti nascere , sorridere per la prima volta alla vita . E certi padri tengono la mano sul capo dei figlioli , col medesimo gesto con cui nei giorni solenni hanno impartito la Birchàd Choanìm : « Ti benedica il Signore e ti protegga ... » - - quella che invoca , per i figli di Israele , e promette la pace . Nella fila la signora S . vide anche zia Chele , una vecchia di ottant ' anni mezza andata di mente : si trascinava tra gli altri , come un po ' saltellando , senza capire che cosa le facessero fare , e rispondeva con saluti e sorrisi ebeti e perfino un po ' fatui agli sguardi della gente ; ma poi trasaliva d ' improvviso e si spaventava , biascicando frammenti di preghiere , quando i tedeschi si rimettevano a urlare . Urlavano senza un motivo , probabilmente solo per tenere desto il terrore e vivo il senso della loro autorità , affinché non nascessero intoppi e le cose fossero sbrigate alla svelta . Passa un ' altra vecchia di ottantacinque anni , sorda e malata . Passa un paralitico , portato a braccia sulla sua sedia . Una donna con un lattante in collo si slaccia la camicetta , estrae la mammella e la spreme per mostrare al soldato che non ha più latte per la creatura : ma quello le punta il mitragliatore contro il fianco perché cammini . Un ' altra afferra la mano di un tedesco e gliela bacia piangendo , per impietosirlo , per chiedergli chi sa quale grazia da nulla , forse solo perché gli è riconoscente , dal profondo dell ' umiliazione , che non l ' abbia maltrattata di più . Una percossa le risponde , e un urlo . Ai lati della via , immobili , allibiti , impotenti a prestare soccorso , i passanti stanno a guardare ; ma poi i tedeschi non ne vogliono più sapere di questi spettatori e minacciosamente intimano di riprendere la circolazione . Un giovanotto si stacca dalla fila : ha ottenuto di andare a prendere un caffè , sotto la sorveglianza di una SS . , che però non accetterà di « tenergli compagnia » . Deglutisce rumorosamente , la tazzina gli trema nelle mani , e anche le gambe gli ballano sotto . Gira gli occhi smarriti verso i tavolini , dove si è seduto a giocare a carte nelle sere che avevano ancora un indomani . Con una specie di sorriso timido e stanco , domanda al caffettiere : « Che faranno di noi ? » Queste povere parole sono tra le poche lasciateci da coloro nell ' andarsene . Ci fanno sentire la voce di un essere tornato per un momento nella nostra vita , tra noi , quando a lui vivo la nostra vita ormai non apparteneva più , e già era entrato in quella nuova esistenza oscura e terribile . E ci dicono pure che cosa sia passato per la testa di quegli sciagurati nei primi momenti : una sfiduciata speranza di non aver capito bene . Le file vengono spinte verso la goffa palazzina delle Antichità e Belle Arti , che sorge al gomito del Portico di Ottavia di fronte alla via Catalana , tra la Chiesa di Sant ' Angelo e il Teatro di Marcello . Ai piedi della palazzina si stende una breve area di scavi , ingombra di ruderi , qualche metro più bassa che la strada . Entro questa fossa venivano raccolti gli ebrei , e messi in riga ad aspettare il ritorno dei tre o quattro camion , che facevano la spola tra il Ghetto e il luogo dove era stabilita la prima tappa . Quegli autocarri erano coperti da tendoni impermeabili ( continuava a piovigginare ) scuri o , secondo altri , tinti addirittura in nero ; come pure di nero , dicono quegli stessi , sarebbero stati tinti anche i camion . È più probabile che quel nero ce l ' abbiano veduto gli occhi del dolore e dello sgomento : in realtà doveva trattarsi di quel cupo , e già abbastanza lugubre , color di melma e piombo , che è la vernice , per cosa dire , di uniforme degli automezzi di guerra tedeschi . I nazisti amano la regìa , le teatralità , la solennità nibelungica atra e terrificante ; ma qui la regia era già nelle cose stesse : superflua d ' altronde , perché tutto si svolgeva con estrema facilità , senza che occorresse di propiziarne la riuscita con una particolare messinscena o ricerca di effetti . Dei camion veniva abbassata la sponda destra , e si cominciava a fare il carico . I malati , gli impediti , i restii erano stimolati con insulti , urlacci e spintoni , percossi coi calci dei fucili . Il paralitico con la sua sedia venne letteralmente scaraventato sul camion , come un mobile fuori uso su un furgone da trasloco . Quanto ai bambini , strappati alle braccia delle madri , subivano il trattamento dei pacchi , quando negli uffici postali si prepara il furgoncino . E i camion ripartivano , né si sapeva per dove ; ma quel loro periodico tornare , sempre gli stessi , faceva supporre che non si trattasse di luogo troppo lontano . E questo nei « razziati » poté forse accendere una specie di speranza . Non ci mandano via da Roma , ci terranno qui a lavorare . Continuiamo a seguire la signora S . Il suo racconto , senza dubbio ripetuto molte volte nel corso di questi mesi , sarà un po ' ricostituito , con un ordine nell ' incastro dei fatti e nella sequenza dei tempi , che forse la vita non ebbe ; ma le persone da lei citate - - quelle che si sono potute interrogare - - confermano la veridicità degli episodi e l ' esattezza dei particolari . Giunta con la famiglia a Largo Argentina - - varcato ormai il Mar Rosso - - la S . viene a sapere di un parente che per paura di quelle sentinelle alla porta , è rimasto per le scale . ( Un caso purtroppo frequente ; per quella paura , molti non si vollero muovere di casa e vi si fecero prendere . ) Malgrado le proteste dei suoi , la S . decide di tornare indietro a soccorrere il parente , se ancora farà in tempo . Che può parere una bravata in sovrappiù , il troppo che stroppia ; ma c ' è della gente , a cui le congiunture estreme danno una sovrabbondanza vitale , che li fa credere in una specie di invulnerabilità . È il caso di quegli infermieri che circolano tra le epidemie con uno scanzonato e quasi irritante disprezzo per la profilassi , e sono poi proprio quelli che se la scapolano , come se davvero il contagio su di loro non avesse presa . I due « austriaci » sono sempre alla porta . Un ' occhiata basta alla S . per sincerarsi che il tacito patto di protezione vige sempre ancora . Dal vano delle scale chiama il parente . « Resciúd , Enrico ! Ma in questo momento sette tedeschi sopraggiungono : hanno sentito quel richiamo e , per quanto non lo capiscano , a buon conto il loro capo appioppa alla S . uno schiaffone ; che la manda lunga e distesa attraverso l ' andito . Poi con incomprensibili parole tedesche e fin troppo chiare minacce col calcio del mitragliatore , la costringe a rialzarsi da sola . Due uomini si mettono davanti a lei , tre alle sue spalle , e le tocca di salire . Sul pianerottolo , le porte dei tre appartamenti sono chiuse , sbarrate ( una è quella dell ' appartamento di S . , ormai deserto ) . Il tragico , l ' intensità , la complicazione dei movimenti che stanno per avvenire su questo pianerottolo , potrebbero far pensare a uno spazio adeguato , si starebbe per dire eschileo : il che non risponderebbe al vero . Si tratta di un ripiano di pochi palmi , nemmeno due metri quadri , che interrompe una scala avvolgentesi a spirale , con i gradini di pietra sporchi e ingrommati di decrepita spazzatura , tra due muri soffocanti . Un abituro - - se non sapessimo che era destinato al dolore , e quanto dolore lo visitò - - dove l ' angustia e la miseria hanno una desolazione ostile , quasi sinistra . Tutti gli odori della vita hanno impregnato i muri , il legno , il ferro , tutto , perfino si direbbe i vetri delle finestrelle . Tali , o consimili , erano le case dove , per la maggior parte , si acquartieravano i più temibili nemici del Grande Reich . I tedeschi consultarono un elenco dattilografato . Disgraziatamente , due delle porte si erano concessa l ' assurda civetteria di una targa sul battente . E i nomi rispondevano a quelli dell ' elenco . I tedeschi bussarono ; poi , non avendo ricevuto risposta , sfondarono le porte . Dietro le quali , impietriti come se posassero per il più spaventosamente surreale dei gruppi di famiglia , stavano in esterrefatta attesa gli abitatori , con gli occhi da ipnotizzati e il cuore fermo in gola . L ' allarme era stato dato da forse un ' ora : ma nella concitazione di consultarsi , di fuggire , di salvare un po ' di roba , nella ridda delle decisioni impotenti e contraddittorie , quasi nessuno aveva trovato il tempo di vestirsi . I più erano ancora in camicia , con un vecchio pastrano o una frusta gabardine infilati alla meglio . Il caposquadra si avanza verso di loro . Ha in mano una specie di cartolina scritta a macchina , di cui legge il testo in tedesco . Quelli non capiscono altro che il tono perentorio di minaccia . Si sciolgono i pianti delle donne e dei bambini . La S . ha avuto il tempo di sbirciare che , sull ' elenco dei nomi , il suo non c ' è . Questo le dà coraggio : come a vendicarsi dello schiaffo , strappa di mano al tedesco la cartolina . Il testo è bilingue . È lei che lo legge ad alta voce ai vicini : « I . Insieme con la vostra famiglia e con gli altri ebrei appartenenti alla vostra casa sarete trasferiti . 2 . Bisogna portare con sé : a ) viveri per almeno 8 giorni ; b ) tessere annonarie ; c ) carta d ' identità ; d ) bicchieri . 3 . Si può portare via : a ) valigetta con effetti e biancheria personali , coperte , ecc . ; b ) denari e gioielli . 4 . Chiudere a chiave l ' appartamento risp . la casa . Prendere con sé la chiave . 5 . Ammalati - - anche casi gravissimi - - non possono per nessun motivo rimanere indietro . Infermeria si trova nel campo . 6 . Venti minuti dopo presentazione di questo biglietto , la famiglia deve essere pronta per la partenza . » Venti minuti : neppure il tempo per lamentarsi . Meno di quanto occorra per fare fagotto . I bicchieri belli è meglio lasciarli a casa . E le valigette , dove trovarne una per ciascuno ? I bambini ne vogliono una tutta per loro . Non seccate ! Bisogna che i tedeschi non vedano dove stavano nascosti i manhòd . Gioielli non ce n ' è più , tutti da un nharèl . Le parole necessarie bisogna dirsele in ebraico , come si sa e si può - - in quel gergo che pare un furbesco e ha sempre fatto sospettare che gli ebrei complottino come si fa a parlare con quei due soldati entrati in casa a sorvegliare i preparativi ? I bambini si aggrappano alle gonne , non lasciano bene avere . Qualcuno si busca un ceffone . Gli ebrei , nei rapporti coi figli , sono pronti di mano . I soldati rimasti sul pianerottolo si avvicinano alla S . e le domandano se sia parente con quelle famiglie . No , non è parente . Se sia Juda . Non è Juda . Ne dia le prove : la signora estrae la chiave , apre il proprio appartamento per dimostrare che quella è casa sua , che lei non abita con gli altri , che non ha niente di comune con loro . La cacciano dentro casa , intimandole di chiudere la porta . I venti minuti concessi ai vicini stanno quasi per spirare . Alle sollecitazioni dei tedeschi , ricominciano le grida , le invocazioni : nella confusione dei preparativi , si era quasi dimenticato che erano i preparativi per essere portati via . La S . non regge più , esce sul pianerottolo . I tedeschi fanno per ributtarla dentro ; ma lei torna a mostrare la gamba ingessata , deve andare all ' ospedale . Qualcuno le accenna che è libera , che fili alla lesta . In questo momento , vedendola avviarsi per le scale , quattro bambini scappano dagli altri due appartamenti , le si attaccano alle braccia , alle vesti : « Aiutaci , Laurina ! Laurina , salvaci ! » Una di quei quattro è la bambina Ester P . , che aveva allora 12 anni . Racconta che quella notte era venuta a dormire da zia , perché all ' indomani mattina presto doveva andare « a fare la fila dell ' erba » , e di uscire sola al buio lei aveva paura . Appena con zia furono fuori di casa , videro tutti gli angoli di strada piantonati dai tedeschi . Rientrarono subito : zia pensava ( anche lei ) che i tedeschi fossero venuti per prendere gli uomini , perciò voleva dare i soldi al marito , che scappasse . Avessero tirato di lungo per la loro strada , almeno loro due si sarebbero salvate : invece rimasero incastrate , perché di lì a poco erano sopraggiunti i sette tedeschi . Quando capì di essere presa , la bambina ebbe soprattutto paura che suo padre , non vedendola tornare , si arrabbiasse . Anche zia , correndo tra armadio e cassettone per far fagotto , le diceva : « Scappa , torna a casa , se no poi papà mi strilla ! » Questa idea della strillata e soprattutto quel « poi » dicono molte cose . Loro continuavano a pensare a un dopo nella vita di prima , con le abitudini di prima . ( Eppure il biglietto parlava chiaro . ) Senza dubbio ci fu gente più consapevole , che subito si rese conto di quello che stava capitando . Ma a quelli di « piazza Giudìa » , a una gran parte almeno , successe come quando portano un parente dal medico , che fa loro una diagnosi senza speranza . Per parecchio tempo ripetono il nome di quella malattia , ci fanno i commenti , quasi ci prendono confidenza , come fosse il nome di una delle tante malattie che già conoscono , che sono già state in casa . Solo più tardi capiscono che cosa ci sia dentro quel nome . La S . strinse a sé i bambini , disse che erano suoi . I tedeschi lasciarono correre . Appena in istrada , i piccoli se la squagliano . La signora S , fa pochi passi , e poi sviene . La soccorrono alcuni « ariani » , che la portano al caffè di Ponte Garibaldi . Può fare specie che questa donna , cacciatasi così temerariamente nel cuore della razzia , senza quasi tralasciare occasione di compromettersi , non sia stata riconosciuta come ebrea , e portata via anche lei . Come pure farà specie che i tedeschi siano stati così corrivi nel concederle quei quattro bambini . S ' è già detto che si regolavano soprattutto in base ai loro elenchi . E qualcuno sarà tentato di soggiungere che , al solito , i tedeschi mancano di intelligenza e di immaginazione : eseguono gli ordini , senza metterci niente del loro . A cui peraltro si risponderebbe che invece la crudeltà è sempre a suo modo sagace o quanto meno sospettosa e all ' erta . Tutto sommato , rimane l ' impressione che le SS . , in un genere di operazioni a cui avevano ormai fatto il callo , abbiano agito quella mattina con una sorta di rigore professionale , di coscienza del mestiere , piuttosto che stimolati da un preciso accanimento . La brutalità che mostrarono faceva parte , si direbbe , della tecnica e non divenne , salvo eccezioni , sadismo individuale . Azionato dalla forza motrice , travolto esso stesso dall ' ingranaggio della macchina , il volano spiega tutta la sua forza nello sfracellare il malcapitato che vi si impiglia ; ma non si sposterà di un millimetro per trovarsi la vittima . Così per quella mattina la razzia non si mutò , generalmente parlando , in una caccia all ' ebreo . Per esempio , le famose distribuzioni settimanali delle sigarette furono per una volta tanto una provvidenza : molti uomini si salvarono perché si trovavano a fare la fila dal tabaccaio , e nessun tedesco si preoccupò di andarveli a cercare . Parecchi di quelli , il destino li teneva in serbo per le Fosse Ardeatine . ( E molti anche furono razziati o arrestati in seguito , massime dopo il febbraio 1944 , dagli stessi tedeschi o più ancora dai fascisti : la maggior parte andò a finire in campi di concentramento dell ' Italia settentrionale - - Modena e Verona - - finché poi nell ' aprile furono deportati in Germania . ) In sostanza , le SS . agirono soprattutto come se il loro incarico fosse di fornire ai mandanti un certo - - e senza dubbio assai cospicuo - - numero di ebrei . E , visto che stavano facilmente raggiungendolo , non si siano dati la briga di andare per il sottile , di fare dello zelo supplementare . Ma ci sono gli esempi in contrario , che mostrano come la presunta regola subisse tali e tante eccezioni , che finiva col diventare un inganno per chi se ne fosse fidato , un peggiore trabocchetto per chi vi avesse fatto assegnamento . Torto nostro a voler cercare una regola nel più spaventoso degli arbitrii . Una certa N . si era rifugiata nel caffè . D ' improvviso sente giungere dalla strada voci più alte e concitate . Era un giovanotto - - qualificatosi poi come « giornalista italiano » - - che stava discutendo in tedesco con una SS . per cercar di strappare , dalla fila già avviata verso i camion , una donna incinta . La N . riconosce in essa la propria sorella , di cui ignorava la sorte . Non può nascondere un gesto di sbigottito dolore . Un tedesco se ne avvede , arguisce la parentela , si precipita sulla N . , la porta via con la figlioletta che le stava accanto . Un ' altra donna si credeva ormai in salvo : le avevano portato via il marito , male nascostosi nel cassone dell ' acqua ; lei con i quattro bambini , di cui due ammalati di difterite con febbre altissima , stava fuggendo ed era già arrivata a Ponte Garibaldi . Vede passare un camion carico di parenti , caccia un urlo . I tedeschi le volano addosso , la agguantano , lei e i figli . Un « ariano » interviene e riesce a salvare una delle bambine , protestando che è sua . Ma quella si mette a piangere che vuole stare con mamma , e viene rastrellata anche lei . Abbiamo più volte parlato dei famosi elenchi . Anche questi erano quanto di più arbitrario si possa immaginare , con inclusioni e omissioni egualmente inspiegabili . Come siano stati compilati , e su quali indicazioni , nessuno è ancora riuscito a sapere . È da escludere intanto che i nominativi siano stati prelevati dalle carte rubate nell ' archivio della Comunità : quelli erano ruoli di contribuenti , mentre sugli elenchi tedeschi figuravano in prevalenza famiglie che non avevano mai pagato contributi . Altri dice che ai gruppi rionali fascisti esistevano liste complete dei « cittadini di razza ebraica » abitanti nella giurisdizione del gruppo ; ma quegli enti avevano subito gli assalti degli antifascisti in seguito al 25 luglio ; inoltre le lacune e le aggiunte delle liste tedesche fanno dubitare che quella possa essere stata la fonte . Idem per i Commissariati di P.S. , muniti anch ' essi di repertori del genere , dei quali in tempo fascista si erano valsi per le piccole angherie agli ebrei ( chiamate ad audiendum verbum , sequestro degli apparecchi radio , visite per controllare se si tenessero domestici di razza ariana , ecc . ) . O forse i tedeschi saranno ricorsi alla Direzione della Demografia e Razza presso il Ministero dell ' Interno ? Ma allora si domanda : perché dopo il 25 luglio , finita la campagna razziale , non si pensò di eliminare quei registri e schede , divenuti superflui ? e se non dopo il 25 luglio , perché non almeno dopo l'8 settembre , come in altri ministeri si fece per altri documenti ? La negligenza del luglio diventa nel settembre criminosa responsabilità . Nei giorni precedenti la razzia , i tedeschi avevano a lungo frequentato gli uffici dell ' Annona , rovistando schedari e facendo rilievi , col pretesto dell ' imminente distribuzione delle nuove tessere alimentari . Sarebbero venuti di lì gli elenchi ? Ma sulle carte annonarie nessuno ha mai visto annotazioni razziali , e i tedeschi avrebbero quindi dovuto fare lunghi e scomodi raffronti coi loro prontuari di cognomi ebraici . Chi scrive questo resoconto passò la mattinata del 16 ottobre in casa di una vicina . Costei si lasciò sfuggire che la razzia era preveduta : infatti un suo conoscente , impiegato all ' Anagrafe , le aveva confidato giorni prima che si erano dovuti ammazzare di lavoro per certi elenchi di ebrei , che bisognava approntare per i tedeschi . Di ritorno a Roma nel luglio successivo , cercammo di ripigliare il discorso , ma non ci fu verso : la vicina cadeva dalle nuvole , non si ricordava , di avere mai saputa , e tanto meno detta , una simile notizia . Il tempo che si era mantenuto per tutta la mattina fradicio e basso , verso le 11 ebbe una breve remissione . Un poco di sole brillò sulle selci del Portico di Ottavia , dove da ore si trascinavano quei poveri piedi , quei piedi piatti così derisi , già stanchi , già dolenti prima di iniziare il viaggio . Nei Sabbati ormai lontani , quel raggio di sole attraversava le vetrate della Sinagoga , andava ad accendere le canne dell ' organo , che gli rispondeva nel registro più d ' oro . E lo riversava , quel raggio , sui fedeli in concenti di giubilazione , in uno sfolgorare di santa allegrezza . I fanciulli cantavano : Santo , Santo , Santo , il Dio degli Eserciti , della Sua gloria tutta la terra è colma . Ora , dal fondo della fossa in cui stanno aspettando di essere deportati , quei fanciulli non levano altro che pianto , un pianto che non fa coro , che non si innalza al cielo come il fumo dei sacrifizi ; che il cielo tornato basso sembra respingere , far ricadere sulle loro spalle . Quanti anni ancora dovranno passare , prima che quel pianto diventi il cantico dei fanciulli nella fornace ? Prima che il Dio degli Eserciti li ascolti , nuovamente rapiti nel celebrare la Sua gloria ? La razzia si protrasse fino verso le 13 . Quando fu la fine , per le vie del Ghetto non si vedeva più anima , vi regnava la desolazione della Gerusalemme di Geremia : quomodo sedet sola civitas ... Tutta Roma era rimasta allibita . Negli altri quartieri , il rastrellamento si era svolto con la stessa procedura che nel Ghetto , ma naturalmente più alla spicciolata . La città era stata divisa in parecchi settori : per ciascuno era adibito un camion , che andava a fermarsi via via presso i portoni segnati sull ' elenco . Di primo mattino , quando li trovavano ancora chiusi , le SS . se li facevano aprire da poliziotti italiani . Di solito un graduato rimaneva di guardia al camion , mentre due militi salivano nelle case . Se l ' appartamento era di aspetto borghese o agiato , per prima cosa quei militi si facevano indicare il telefono e ne strappavano i fili . Si racconta che in Prati un operaio , avendo notato una momentanea distrazione del graduato di guardia , saltò su un camion e a tutta velocità lo portò via con tutto il carico , che insperatamente si trovò liberato . ( Però di questi miracolati non ci è riuscito personalmente di vederne nessuno . ) Le SS . che compirono questa razzia appartenevano a un reparto specializzato , giunto dal Nord la sera prima , all ' insaputa di tutte le altre truppe tedesche di stanza a Roma . Non erano pratici della città , e non ebbero tempo di compiere sopraluoghi nei punti in cui dovevano operare , tanto è vero che uno dei reparti comandati al Ghetto si fermò sulla via del Mare ad aspettare dei passanti , rari in quell ' ora mattutina , che gli indicassero dov ' era via della Raganella . ( Intendevano : della Reginella . ) A taluni di quei giovanotti non sembrò vero di poter disporre di un automezzo , sia pure carico di ebrei razziati , per fare un po ' di giro turistico della città . Sicché , prima di raggiungere il luogo di concentramento , i disgraziati che stavano nell ' interno dovettero subire le più capricciose peregrinazioni , sempre più incerti sul loro destino e , ad ogni nuova svolta , ad ogni nuova via che infilassero , assaliti da diverse e tutte inquietanti congetture . Naturalmente , la meta più ambita di quei turisti era Piazza S . Pietro , dove parecchi dei camion stazionarono a lungo . Mentre i tedeschi secernevano i wunderbar da costellarne il racconto che si riservavano di fare , in patria , a qualche Lilì Marlén , dal di dentro dei veicoli si alzavano grida e invocazioni al Papa , che intercedesse , che venisse in aiuto . Poi i camion ripartivano , e anche quell ' ultima speranza era svanita . Gli ebrei furono ammassati nel Collegio Militare . I camion entravano , andavano a fermarsi davanti al porticato di fondo . Le operazioni di scarico si svolgevano con la stessa ruvidezza e sommarietà con cui erano avvenute quelle di carico . I nuovi arrivati erano fatti schierare per tre , a qualche distanza da gruppi consimili , che già stazionavano sotto la sorveglianza di numerose sentinelle tedesche armate fino ai denti . Tra un gruppo e l ' altro , con burbanzoso cipiglio di ispettori e aria soddisfatta da giorno di sagra , furono veduti circolare alcuni fascisti repubblicani . A partire da una certa ora , vennero formate delle squadre che , separati gli uomini dalle donne , furono convogliate nelle aule del Collegio . Regnava in queste una oscurità da limbo , perché le imposte erano state ermeticamente chiuse . Fin dal cortile - - dove per tutto il giorno durò la massima confusione - - si udivano le grida di affanno e le lugubri vociferazioni di pena che si mescolavano in quelle aule . Ogni tanto un ordine minaccioso , urlato in italiano , ristabiliva un momentaneo e quasi più angoscioso silenzio . Poche ore erano bastate perché , nei locali stipatissimi , cominciasse a stagnare quella vita infetta , che è come il miasma di tutte le carceri e luoghi di deportazione . Sentinelle e sorveglianti impedivano quasi sempre di raggiungere le latrine . Il proposito di umiliare , di deprimere , di ridurre quella gente a stracci umani , senza più una volontà , quasi senza più rispetto di se stessi , fu subito evidente . Forse i tedeschi non si aspettavano un tosi completo successo . L ' abbondanza del materiale rastrellato superò le previsioni , almeno a giudicare dal luogo prescelto per ammassarlo , che ben presto si rivelò insufficiente . E bisognò lasciare sotto il porticato gran numero di persone , che le aule non potevano più contenere . Gli uomini più ben portanti , quelli da cui c ' era da temere qualche « alzata » , furono messi col capo volto verso il muro , che è l ' ormai classica posizione , umiliante e intimidatrice , inventata dai nazi fin dalle prime persecuzioni contro gli ebrei . Se qualche bambino si provava a giocare , le sentinelle intimavano alla madre di farlo smettere , con la solita minaccia di fucilazione . Fu stesa qualche branda di paglia , e dato l ' ordine di sdraiarvisi . Nella notte due donne furono prese dalle doglie . I medici italiani diagnosticarono in entrambi i casi dei parti difficili , che richiedevano l ' intervento . La clinica , per quelle donne , sarebbe stata la via della libertà . Ma i tedeschi non consentirono il trasporto , e i due neonati aprirono gli occhi sulle tenebre di quel malaugurato cortile . Quali nomi saranno stati dati a questi due primogeniti di una nuova schiavitú di Babilonia ? ( Gheresciòm aveva chiamato Mosè il figlio della servitú , « pellegrino in terra straniera » , natogli da Sipporà , ma i due nati di quella notte senza Mosè erano pellegrini verso le camere dei gas . ) Si ottenne invece di operare in ospedale un ragazzo che presentava un ascesso suppurato . Ma i tedeschi rimasero presenti all ' atto chirurgico e , subito che fu terminato , si ripresero il ragazzo . Così trascorsero la notte del sabato , la giornata della domenica , la notte della domenica . In città e nel Ghetto si era intanto saputo dove gli sciagurati erano stati condotti . I parenti , spacciandosi per amici « ariani » , giunsero alle porte del Collegio , consegnarono viveri e biglietti per i reclusi , ma non seppero mai se quei conforti fossero arrivati a destinazione . Verso l ' alba del lunedì , i razziati furono messi su autofurgoni e condotti alla stazione di Roma ­ Tiburtino , dove li stivarono su carri bestiame , che per tutta la mattina rimasero su un binario morto . Una ventina di tedeschi armati impedivano a chiunque di avvicinarsi al convoglio . Alle ore 13,30 il treno fu dato in consegna . al macchinista Quirino Zazza . Costui apprese quasi subito che nei carri bestiame « erano racchiusi » - - così si esprime una sua relazione - - « numerosi borghesi promiscui per sesso e per età , che poi gli risultarono appartenere a razza ebraica » . Il treno si mosse alle 14 . Una giovane che veniva da Milano per raggiungere i suoi parenti a Roma , racconta che a Fara Sabina ( ma più probabilmente a Orte ) incrociò il « treno piombato » , da cui uscivano voci di purgatorio . Di là dalla grata di uno dei carri , le parve di riconoscere il viso di una bambina sua parente . Tentò di chiamarla , ma un altro viso si avvicinò alla grata , e le accennò di tacere . Questo invito al silenzio , a non tentare più di rimetterli nel consorzio umano , è l ' ultima parola , l ' ultimo segno di vita che ci sia giunto da loro . Nei pressi di Orte , il treno trovò un semaforo chiuso e dovette fermarsi per una diecina di minuti . « A richiesta dei viaggiatori invagonati » - - è ancora il macchinista che parla - - alcuni carri furono sbloccati perché « chi ne avesse bisogno fosse andato per le funzioni corporali » . Si verificarono alcuni tentativi di fuga , subito repressi con una nutrita sparatoria . A Chiusi , altra breve fermata , per scaricare il cadavere di una vecchia , deceduta durante il viaggio . A Firenze il signor Zazza smonta , senza essere riuscito a parlare con nessuno di coloro a cui aveva fatto percorrere la prima tappa verso la deportazione . Cambiato il personale di servizio , il treno proseguì per Bologna . Né il Vaticano , né la Croce Rossa , né la Svizzera , né altri Stati neutrali sono riusciti ad avere notizie dei deportati . Si calcola che solo quelli del 16 ottobre ammontino a più di mille , ma certamente la cifra è inferiore al vero , perché molte famiglie furono portate via al completo , senza che lasciassero traccia di sé , né parenti o amici che ne potessero segnalare la scomparsa . novembre , 1944
OTTO EBREI ( DEBENEDETTI GIACOMO , 1944 )
Miscellanea ,
1 . - - LA CORVETTA « CLAYMORE » Roma , 24 marzo 1944 . Si sta manipolando la cosiddetta « prima lista » per le Fosse Ardeatine . I tedeschi , per conto loro , hanno già prelevato dieci ostaggi . « Dissi a Carretta di cancellare dieci nomi . In fondo c ' erano i nomi di otto ebrei . Abbiamo pensato che fossero stati aggiunti all ' ultima ora per completare il numero di 50 . Così Carretta li ha cancellati insieme con altri due nomi scelti a caso » . In questi termini , secondo i resoconti dei giornali , si sarebbe espresso , davanti all ' Alta Corte di Giustizia per la punizione di reati fascisti , il signor Raffaele Alianello , commissario di Pubblica Sicurezza , appositamente « distaccato » da un campo di concentramento , perché venisse a deporre come teste al processo Caruso . È noto che il cervello degli sbirri obbedisce a meccanismi molto elementari . Nell ' esercizio delle proprie funzioni , e soprattutto agli occhi delle vittime , lo sbirro può anche apparire diabolicamente ingegnoso , penetrativo , psicologo . Che guizzi di spiritata fantasia , quali sataniche escogitazioni , che prontezza e perspicacia di lettore d ' anime , di radiologo delle coscienze , che bravura di commediante consumato nel passare dal patetico al sardonico , dalla bonarietà accorata e paterna alla glaciale ferocia . Senonché questa specie di nefasta intelligenza non gli appartiene in proprio , anzi gli proviene da una doppia delega . Una delega , per così dire , dal basso : nel senso che la vittima , ridotta allo stato di passività , proietta sull ' aguzzino la propria intelligenza imbavagliata , e a lui la attribuisce ; è la psicosi della vittima , che prende corpo nella figura dello sbirro e le regala tutte le proprie fantasie morbose , le figurazioni dei propri incubi , le sottigliezze delle proprie apprensioni . E una delega dall ' alto : nel senso che quell ' intelligenza , da cui lo sbirro si sente soggettivamente animato , non è che una investitura scesagli per li rami da un qualsiasi irraggiungibile « Lui » . Di Lui si osa appena accennare con un gesto sornione del pollice , che indica dietro le spalle verso l ' alto ; si osa appena sussurrarne il nome . Lo sbirro crede e si appoggia ai propri capi , i quali alla loro volta credono e si appoggiano ai propri capi , e così di seguito fino al Capo . E questo Re della Camera Oscura , questo Dottor Mabuse , facendo perdere lungo la trafila l ' esatta nozione di sé , si lascia supporre pressoché onnipotente , impunibile quant ' è impunito , e capace di procurare l ' impunità . « Questa è l ' arte di non farsi conoscere » riflette il tiranno Oloferne , nella Giuditta di Hebbel « di restare sempre un mistero » . Ed è la grande regola per fondare le tirannidi e il terrore . La cosa si è vista bene in Germania , quando i nazisti si impossessarono del paese . I gregari ripetevano la loro energia e ogni altra risorsa dai gerarchi , i quali la ripetevano da Hitler , il quale parlava di un arcano cassetto , dove teneva chiuso un piano economico ­ sociale per la rigenerazione del Reich . Rauschning ci ha rivelato che quel cassetto era vuoto . Alla base di ogni tirannide , o terrore , c ' è quel cassetto vuoto . L ' apparente intelligenza e capacità degli esecutori - - perspicacia di poliziotti o audacia di militi - - dipendono dalla fede in quel cassetto . Aperto il cassetto e trovatolo vuoto , anche Alianello è ricaduto nella originaria semplicità . E probabilmente avrà ragionato : « Non solo i signori dell ' Alta Corte e i pochi invitati seguono il processo del mio ex ­ capo Caruso , ma l ' opinione pubblica di tutta Italia e , in certo senso , di tutto il mondo . Quanti occhi abbiamo addosso . E il guaio è che in questi giorni gli affari vanno male : oggi è il campo di concentramento , e domani chi sa . Forza , cerchiamo di renderci benevoli tutti questi occhi , di impressionarli favorevolmente . Un ' occasione come questa è difficile che si ripeta : qui però bisogna far centro al pruno colpo , non c ' è tempo da perdere . Occorre dar subito , dare abilmente , tra le righe , la prova provata , palmare che , mentre i cattivi collaboravano coi « nazifascisti » , noi eravamo invece tra i buoni . Ma il problema , in fondo , è semplice . Quello che ieri era nero oggi è diventato bianco , e viceversa . Qual era , sul cartellino segnaletico del fascismo , il connotato più caratteristico ? Quali le impronte digitali del fascismo ? Diamine , la persecuzione degli ebrei . Quale , di conseguenza , il più incontrovertibile connotato dell ' antifascismo ? - - La protezione degli ebrei . I fascisti , quando comandavano loro , deploravano : peggio , punivano il pietismo verso gli ebrei . Mostriamo di essere stati pietisti , di avere avuto questo coraggio , e risulteremo senz ' altro iscritti , iscritti d ' ufficio , senz ' ombra di contestazione , nei ranghi dell ' antifascismo . Dai , giovinotto , attaccati agli ebrei , tutto fa brodo , anche la carne sbattezzata . Fai vedere di aver derivato a favore degli ebrei il cavo preferenziale della benevolenza » . Concluso così il suo silenzioso ragionamento , il teste parla . E , giurato di dire la verità , tutta la verità , nient ' altro che la verità , pronuncia queste parole , che giustamente confida siano per diventare memorabili : « Dalla prima lista delle Fosse Ardeatine ho subito , per prima cosa , cassato i nomi di otto ebrei » . Dentro di sé ; Alianello si frega le mani : ha messo , non già al muro , ma spalle al muro , Alta Corte , invitati , opinione pubblica d ' Italia e del mondo intero . Il nembo di sospetti e di prevenzioni che lo fasciava , va ora svaporando , si va ora tingendo di un dolce colore di nube rosata : una di quelle nuvole che somigliano a cigni , o cherubini in volo . Salvare delle vite umane , e delle vite innocenti , è tale atto che nessun errore o debolezza successiva possono infirmarne la bontà . Ma certo la deposizione del teste Alianello nel processo del 20 settembre rifluisce sul gesto del commissario Alianello durante la giornata del 24 marzo , egli si sovrappone in maniera , quanto meno , ambigua . Guardiamola sovrapposizione da una prospettiva di ebrei . Il sentimento che essa suscita è mescolato e complesso . Gli ebrei hanno l ' impressione di trovarsi a bordo della « Claymore » , la corvetta di cui Victor Hugo parla nel romanzo del Novantatre . Un marinaio per negligenza l ' ha messa a repentaglio di naufragio . Con sovrumano valore e disprezzo della propria vita , il marinaio si riscatta , salvala nave . Il marchese di Lantenac lo decora al valore , e poi immediatamente lo fa giustiziare . Ce ne fossero stati , ce ne fossero ancora tanti , degli Alianelli . Fossero stati ancora più numerosi qui a Roma , dove si può dire che . non c ' è casa , non c ' è famiglia ebraica nella quale , tornando dopo questi mesi , non si abbia paura di chiedere notizie dei congiunti più stretti . Già troppe volte ci siamo visti opporre dei visi chiusi , severi , che si vietano qualunque espressione come superflua , come sproporzionata agli avvertimenti : - - Presi , deportati quella mattina del 16 ottobre . Non se ne è saputo più niente . - - Dove ancora , in quel non aver più saputo , c ' è un tentativo di eufemismo pietoso , uno sfiduciato barlume di speranza , che cerca di smentire il presagio , il timore , forse la certezza , più funesti . Ce ne fossero stati degli Alianelli a Varsavia e a Lublino , sulle banchine donde partirono , e partono , i vagoni piombati , furgoni senza più carico umano , ma solo carne da strazio e gemiti e pianto ; nelle città , dove in qualche via signorile e un poco fuori mano , edifici stupidi , sordi , apparentemente senza destinazione , ville dalle persiane chiuse , nascondono nei sotterranei le camere della tortura . Ce ne fossero stati , ce ne fossero ancora , dove ancora il nazismo fa strage . Benedetti gli Alianelli , e sciagurato chi si attentasse di togliere anche una virgola alla gratitudine che si meritano . Il mescolato sentimento degli ebrei , di fronte alle autodifese degli Alianelli , non vuole nemmeno essere ridotto alla normale reazione di chi , senza saperlo e senza mai esservisi prestato , si vede ridotto a una delle due carte , e sia pure a quella favorevole - - alla matta - - del « doppio gioco » . Che è poi una maniera di essere , e di sentirsi , giocati ... Questo doppio gioco , applauditissimo in prima istanza e , come si dice , a botta calda , viene di giorno in giorno più adeguatamente squalificato . Tra l ' altro ha il difetto di volere surrettiziamente reintegrare con tutti gli onori , anzi agghindato di un ' aureola di merito civico , il metodo dell ' ambiguità canagliesca , del contegno bifido e furbastro , del fine ­ giustifica ­ i ­ mezzi . Proprio quando , col Machiavelli di Mussolini , pare a tutti che basti . Il mondo ha finalmente il diritto di sentirsi pulito , mentre gli eroi del doppio gioco si adoperano a fargli ritrovare , alle sue stesse basi , nel suo stesso atto di rinascita , un certo tipo di manovra che non poteva essere inventata se non nel carosello dei corruttori ­ corrotti , dove la parola d ' ordine , l ' emblema era ( chiediamo scusa ) il « far fesso » . Ma tutto questo riguarda ancora il costume in generale , rientra nel comune senso di civismo . Abbiamo detto di voler guardare da una specifica prospettiva ebraica . E scartiamo anche l ' altra ipotesi : che soltanto a un soprassalto del millenario , proverbiale , durocervicato e protervo orgoglio semitico si possa ascrivere il malessere di dovere qualche cosa a un Alianello , di essere trascinati a figurare alla sbarra con lui , testi a discolpa del teste . Da alcuni secoli gli ebrei sono perseguitati da un terribile tipo : tanto più pericoloso perché suscitato da un poeta eccelso , che gli ha infuso il proprio dono di eternità . E in lui ha condensato antiche e nuove accuse della diffidenza antisemita : da quella dell ' omicidio rituale , se così può dirsi , a quella dell ' esosità usuraia e inesorabile . Si tratta del personaggio di Shylock . ( Il Mercante di Venezia venne ripreso , neghi ultimi anni del fascismo , da un astuto capocomico , oggi collaborazionista , per onorare con illustri lusinghe la campagna razziale ) . Facilmente si dimentica che Shylock agisce sotto l ' assillo dell ' amore paterno tradito , dell ' onore e dell ' istinto familiare conculcati . Shylock appare invece come nient ' altro che l ' ebreo , il mercante ebreo , che non sente ragioni ; che pretende , esige , si fa pagare la libbra di carne viva prelevata sul corpo del debitore insolvente . Offesi da questa secolare denunzia , che tutte le ribalte del mondo hanno instancabilmente riproposta al giusto sdegno delle platee , che gli scaffali delle biblioteche di tutto il mondo quotidianamente ridiffondono , quale sentimento possono provare gli ebrei , quando gli tocca di accorgersi che Shylock non è solo un ' ingiuria , ma una soperchieria : che troppe volte accade proprio a loro di essere le vittime di sempre nuove incarnazioni e imprevedute varietà di Shylock ? E ora ; mentre nei paesi liberati risorride per essi la luce , ora che ogni mattina , al risvegliarsi , si domandano se l ' aria che respirano è proprio davvero l ' aria di questo mondo , ecco che un nuovo Shylock viene avanti e , forte del proprio credito , chiede non già un pezzo di carne viva ma una passiva complicità nel dimostrare la purezza , di lui Shylock , e l ' intemerata sua fede antifascista . Avessero la fantasia di scherzare , gli ebrei si domanderebbero : - - Chi è , nel senso ingiurioso della parola , nel senso dell ' esosità , chi è il vero ebreo ? È probabile che il caso Alianello conti solo per quello che vale . Però è un sintomo . E alla sensibilità non ancora rimarginata degli ebrei dice che la campagna razziale non è finita . La persecuzione continua . Sappiamo la risposta : questa è ipersensibilità morbosa , da curarsi ; è pignoleria talmudistica , è gusto corrosivo del paradosso , vecchie malattie giudaiche . Se fosse sensibilità morbosa , cioè segno di mentalità poco socievole , ne chiederemmo scusa . Se possa apparire pignoleria talmudistica , rispondiamo che il pretesto Alianello non è accattato né sofisticato per fatua libidine di casuisti : sarà un pretesto , ma per dire le nostre ragioni , per parlare a suocera e a nuora , a quelli che i fascisti chiamavano « ariani » , e a noi stessi ancora . Che poi sia paradosso , neghiamo , e cercheremo di dimostrarlo . 2 . - - Il Ghetto e l ' Arca di Noè Il caso che si presentava al commissario Alianello e al suo collega era il seguente : una lista di 60 nomi , di cui 10 in soprannumero . Dunque , 10 persone da salvare : da salvare , se così può dirsi , legalmente , a rigore di Diktat , senza lode speciale , ma anche senz ' alea . Quei 60 erano tutti egualmente innocenti . In simili casi si tira a sorte : è la regola di prammatica , subito dopo quella del « prima le donne e i bambini » , in tutti gli incendi , naufragi , alluvioni e altre emergenze del genere . Anche l ' Alianello un giorno è stato bambino : a noi adesso pare impossibile , ma deve avere anche lui ruzzato , giocato sui prati dell ' infanzia . E avrà cantato anche lui , come tutti , la vecchia filastrocca del piccolo naviglio che non potea , non potea più navigar . E sul piccolo naviglio allor si gioca alla più corta paglia , per scegliere chi sopravviverà . Non se ne è ricordato nel pomeriggio del 24 marzo ? Certo che se ne è ricordato : tanto è vero che lui e il collega , cancellati preventivamente gli otto ebrei , scelsero « a caso » ( parole testuali del teste ) gli altri due nomi . Perché gli ebrei ebbero il privilegio , la precedenza ? Perché ; su dieci posti , se ne portarono via otto ? L ' ingiustizia era uguale per tutti . Non si dica che sugli altri pendevano accuse precise : che la loro sorte , anche senza quella rappresaglia , era già decisa , scontata . Primo : se due nomi furono scelti a caso , anche gli altri otto potevano essere scelti a caso . Secondo : sugli ebrei gravava l ' accusa razziale , con cui sotto i nazi c ' era poco da scherzare . Ma all ' Alianello gli ebrei dovevano apparire come degli innocenti più innocenti , delle ingiuste vittime più ingiustamente vittime . Non invano , da anni , la propaganda fascista li additava alla esecrazione e all ' eccidio ; non invano , da anni , la propaganda degli uomini liberi rispondeva che la campagna razziale era l ' obbrobrio numero uno , la tipica iniquità delle dittature reazionarie : che quello subito dagli ebrei era il primo torto da risarcire , che la riparazione verso gli ebrei doveva essere quasi il primo simbolo della riscossa , delle libertà restituite ai popoli . La gente del tipo Alianello - - piccola borghesia suscettibile , credula , presuntuosa , impressionabile , eccitabile , laureata in legge , abbastanza evoluta per potersi credere delle idee , non abbastanza per averne - - quella gente è la più plastica argilla per la propaganda . Sono gli ardenti neofiti di ogni verbo pubblicitario , i catecumeni dello slogan . Nel salvare preferenzialmente gli ebrei , in vista dei propri meriti futuri , l ' Alianello subì una parola d ' ordine pubblicitaria : come chi compra il dentifricio più lanciato , ripromettendosene per l ' indomani i denti più bianchi . Obbedì a uno slogan . Avesse detto almeno : gettate le sorti , uscirono otto ebrei . Ma no : sottolineò il partito preso . Ancora un partito preso . Una « campagna » di riparazione , che rovescia una « campagna » di distruzione : una campagna sempre . Sotto i nazi , gli ebrei si sono sentiti , e si sentono , il soggetto o il predicato , il nominativo o l ' accusativo , o il dativo di uno slogan di morte : « scacciamo gli ebrei , sterminiamo gli ebrei » . Tra gli uomini che si avviano a ridiventare liberi , si sentono daccapo , con un parallelismo impressionante , gli accusativi o i dativi di uno slogan benefico : « salviamo gli ebrei , ricompensiamo gli ebrei » . Dativi o accusativi : cioè , come insegna l ' analisi logica , dei « casi » . Ciò che li preoccupa , che li mette a disagio è appunto di rimanere un caso : l ' eterno , irrimediabile caso ebraico . Lo slogan li rinchiude come un Ghetto . Anche se , per avventura , somigli all ' Arca di Noè . Dentro la quale sono buttati , stipati alla rinfusa ; senza riguardo ai loro torti o , meriti , ai vizi umani o al valore ; senza che si tenga conto , per loro , della nozione - - non diremo neppure dell ' individuo - - ma dell ' uomo . Perseguitati , proscritti , ammazzati , non già per le loro idee o il loro comportamento , ma come facenti parte di un ' entità collettiva , come «razza»., anche i loro benefattori , quando è l ' ora di salvarli , non li allineano fra gli altri uomini , a parità di cimenti o di fortune ; anzi , li salvano in blocco , rappresentanti quasi anonimi , e non meglio qualificati , di una « razza » : particelle segnacaso . Hitler , Mussolini e Alianello . Il cuore , come si sa , ha le sue ragioni , che prescindono dalla . ragione , e perfino dal gusto di avere ragione . Gli innamorati delusi reclamano , se non l ' amore , quanto meno l ' odio . Essere segno di affetti precisi , motivati è la sola maniera , per il cuore , di sentirsi vivo : è , per così dire , la sua dignità . Odiava Mussolini gli ebrei ? Sappiamo soltanto che nel 1938 li diede in cambio di una più stretta alleanza con Hitler , li barattò come numerario , li sillabò a mandibola protratta , come soleva per l ' argomento forte delle sue concioni . Faceva , in quel momento , della demagogia internazionale . Ama Alianello gli ebrei ? Sappiamo che , al processo Caruso , li barattò contro la pulizia e illibatezza della propria fedina politica : argomento di demagogia antifascista . Come con Mussolini non si sentirono oggetto di un vero odio sincero passionale fisico così col soccorrevole commissario gli ebrei non hanno beneficiato di un vero amore solidale , caritativo e , per dire la parola , cristiano . Oh insomma : che cosa vogliono questi ebrei ? dell ' odio ? smaniano per una persecuzione autenticata di detestazione ? si permettono , con i tempi che corrono , il lusso di simili masochismi ? Non hanno che da rivolgersi ai tedeschi ! Ma anche qui : a parte gli isterismi di Hitler , a parte i vecchi e nuovi cavilli del tradizionale antisemitismo germanico , risultò subito - - e lo spiegò Trozkij fin dal 1933 - - che Hitler , dovendo defraudare il proletariato tedesco della lotta di , classe , in cambio gli largì la campagna razziale . Gli ebrei furono il primo « surrogato » nel Reich dei surrogati . Furono un argomento di demagogia sociale . Pare che , tra i mestieri umilianti , quello dell ' uomo - sandwich sia uno dei più umilianti . I disgraziati vanno in giro , ostentando su cartelli retorici , pupazzettati , stentorei e spesso buffoneschi la pubblicità di prodotti che non li riguardano e che il più delle volte essi non conoscono . Gli ebrei , costretti nei paesi di più severa persecuzione a circolare tenendo in mostra bracciali o stelle gialle o altrettanti gingilli di riconoscimento , hanno forse provato una sensazione da uomini ­ sandwiches : e infatti anche loro stavano servendo la pubblicità di un ritrovato demagogico , a cui erano estranei . Con la differenza che l ' uomo ­ sandwich si guadagna la vita , e gli ebrei si guadagnano la morte . Si sa che cosa sono i portatori di malattie . Un giorno il pediatra vi capita in casa , prende un « tampone » nella gola dei vostri bambini , e dopo 24 o 48 ore vi telefona che all ' analisi si è constatato il bacillo della difterite . Grazie al cielo , i bambini stanno benissimo : nell ' esuberanza della salute , si esaltano all ' idea delle placche in gola , della febbre a quaranta , dell ' iniezione di siero . La difterite gioca , invisibile , ai « quattro cantoni » nella camera dei giochi . Ma intanto i bambini sono dichiarati « portatori » e costretti alla quarantena . E vi assediano di domande : non capiscono che cosa sia l ' essere ammalati , quando si è sani . Anche gli ebrei vennero , più o meno d ' improvviso , dichiarati « portatori » : e invano cercarono il germe ch ' erano accusati di tenere addosso , invano si guardarono d ' attorno per vedere se avessero contagiato qualcuno . Gli « altri » , intorno a loro , splendevano di salute . Gli « altri » si sentivano così forti che avevano perfino voglia di menare le mani , di spendersi negli sports più esuberanti : e infatti , di lì a poco , cominciarono la guerra . Dal momento che alla persecuzione non c ' era mezzo di sfuggire , gli ebrei tentarono quanto meno di trovarne i motivi , di dare ragione ai loro persecutori ; che sarebbe stato un modo di alleviarsi la pena , riconoscendone almeno la logica . Con tutta la buona volontà , non vi riuscirono . Qual era il vizio , quale il peccato , che così inesorabilmente faceva di loro un pericolo pubblico ? Le persecuzioni del passato si spiegano ancora , quasi come guerre locali : a quei tempi gli ebrei costituivano , volenti o nolenti , una cellula , un nucleo chiuso , uno specifico conglomerato sociale , che riusciva facile di contrapporre agli altri - - come la tribù di zingari accampati all ' orlo della città , provocanti per la loro stranezza e diversità di costume , offensivi per quella stessa singolarità e isolamento , a cui li si era costretti - - e dichiarargli guerra con gli editti o coi bastoni . Ma stavolta ? Bisognò cominciare col rifabbricare , in astratto e con procedimenti da laboratorio , il gruppo « ebrei » ; poi farvi confluire gli individui , strappandoli alla loro individualità , al mondo in cui vivevano , alle loro abitudini e lavori e commerci e scambi pratici e spirituali , svellendone le radici , a costo di qualunque lacerazione , non solo degli estirpati , ma di tutto il suolo in cui allignavano . L ' astrattezza di una simile operazione si vede anche dal lavoro che fu necessario per compierla : arido lavoro di statistica e di anagrafe , censimenti , moduli , dichiarazioni , registri , stampati , caselle , colonnine e finche . Ripetiamo : non si isolava un gruppo umano ; si confezionava uno dei termini grammaticali per una frase propagandistica a grande effetto . Parentesi . Che cosa sia l ' ebraismo negli ebrei , è questione da non venirne così facilmente a capo . In ogni caso , si tratta d ' una faccenda di stretta intimità . Non si nega che ci siano modi interiori , originali , profondi di sentirsi ebrei ; ma son cose di privato sentimento , tutte confinate nella zona dei pudori , non mai estrovertite nell ' azione : e non toccano quindi il contegno sociale dell ' uomo , né lo differenziano da quello dei suoi simili - - e tanto meno glielo contrappongono . ( Chi volesse fare il sottile direbbe , se mai , che la sola differenza è nello sforzo di non differenziarsi , che talvolta può anche essere ingrato ; ma comunque è offensivo più per chi sia costretto a farlo , che per chi l ' abbia in qualche modo provocato , e in nessun caso è tale da turbare l ' ordine del mondo o da minare le basi della società ) . Sentirsi ebrei sarà un sentir rinascere dal fondo - - nelle ore di più geloso raccoglimento , ore quasi inconfessabili tanto sono intime - - vecchie cantilene sinagogali , udite ai tempi dell ' infanzia nella pigra monotonia di grevi crepuscoli , in una luce di ceri stanchi che tremava sulla berretta del cantore , solo , in piedi , laggiù sul tabernacolo deserto : e su quelle cantilene l ' anima si inflette in errabonde ricerche del tempo perduto : desolati a tu per tu con squallori senza tempo , bruciori di lacrime mal rasciugate , tremolar di sorrisi senza scampo , un abbracciarsi con le ombre dei limbi , struggenti agnizioni di avi mai conosciuti , e un segreto di inenarrabili malinconie , e il crollare indefesso contro invisibili muri del pianto . Ah , il pensiero non va più sull ' ali dorate , più non si posa sui clivi e sui colli . Lungo i fiumi di Babilonia , sul cammino dei salici , l ' eterno errante troverà forse una sua via , e un antico passo e un gesto ancestrale , per calarsi nella regione delle Madri , per andare a interrogare la « bocca d ' ombra » . E in ciò si veda pure un ' equazione personale tra l ' uomo e la Natura , tra l ' uomo e Dio : non mai un ' equazione personale tra l ' uomo e la società , tra l ' uomo e la storia contemporanea . E d ' altronde non erano queste le cose che potessero venire ascritte a colpa degli ebrei . E gli ebrei continuavano a domandarsi quella colpa quale fosse , e dove . Un aperto e umanissimo scrittore ha bollato la mostruosità delle leggi razziali , osservando che esse colpivano « non le azioni responsabili delle creature umane , ma il delitto di essere nati » . E chi veramente con la morte espiò quel delitto , non è tornato a dirci se , nell ' ora del supplizio , ne capì finalmente la colpa . Certo i persecutori hanno saputo immaginare le camere dei gas e tutte le più efferate maniere di uccisione : quelle che fanno morire con la faccia stravolta , col labbro contratto nell ' urlo e nella maledizione , che tolgono al trapasso i suoi sovrannaturali compensi e promesse , di pace almeno e di silenzio , le rasserenanti visioni di limbi o di elisi , l ' erba sotto i piedi e l ' azzurro sul capo . Tra gli orridi sudori e i geli di agonie terrificanti , quegli sciagurati avranno forse violato , con un raccapriccio più atroce della stessa asfissia , i talami remoti in cui si erano congiunti gli amori dei loro parenti : infausti connubi , che nel grembo delle madri dovevano deporre il seme di mostri maledetti , ora contorcentisi nella soffocazione di quelle camere della morte . E il lezzo dei gas avrà imputridito le primavere nuziali , in cui i padri e le madri si erano scambiati il primo sguardo d ' amore . Forse allora , in quei deliri , il delitto di essere nati si precisò in un ' accusa contro chi li aveva messi al mondo : come dicono avvenga , durante le crisi , ai figli dei sifilitici e dei tabetici , concepiti in un ' ora di sozza e infetta libidine . Per un attimo poté sedimentarsi il senso di una colpa , risalire le generazioni . Ma era una bestemmia , strappata dalle torture . E l ' avere strappato quella bestemmia è , per i nazi , un bel capolavoro . Pace ai nostri morti . Ma i vivi , che non capirono e non capiscono il perché della persecuzione , è giusto che si allarmino oggi di un ' indulgenza altrettanto regalata . Questo di chiudere tutti e due gli occhi , di creare eccezioni a vantaggio degli ebrei , non è un modo di riparare dei torti . Riparazione sarebbe rimettere gli ebrei in mezzo alla vita degli altri , nel circolo delle sorti umane , e non già appartarli , sia pure per morivi benigni . Questa è una antipersecuzione : dunque , fatta della medesima sostanza psicologica e morale che materiava la persecuzione . Se prima negli ebrei si puniva l ' ebreo , oggi al vedere la situazione , non già corretta , ma semplicemente capovolta con sì perfetta simmetria di antitesi , può nascere il dubbio che negli ebrei si perdoni l ' ebreo . È il perdono richiama l ' idea di una colpa , di un trascorso . Eccoli di nuovo , questi ebrei , messi nel rischio di dover partire alla torturante , insolubile , offensiva ricerca di un perché . E poi , di fronte ai ricorsi storici , che purtroppo essi sanno a memoria , è lecita la domanda : - - perdono o amnistia ? e fino a quando durerà ? - - Spieghiamoci con un esempio . 3 . - - GLI ARATORI DEL VULCANO Tornavamo da Napoli , sul fastigio di un camion di noci , sotto la pioggia battente . Uno strano tipo era salito con noi : barba di tre giorni , aspetto da fuggiasco o da evaso , ma gli abiti stracchi tradivano ancora il taglio borghese , e borghesi erano la faccia , l ' espressione , la sagoma , tutto quanto . Fino a qualche anno fa , tutti in casa dovevano averlo chiamato il « signorino » . L ' ex ­ signorino gettò sulle altre valigie una borsa da avvocato , da cui sporgeva un , lungo rotolo . - - Uova di tonno - - annunciò , e non cessava di raccomandarsi - - per carità , queste non le debbo perdere , se no sono rovinato - - . Un borsanera alle prime armi , pensammo : forse un professionista , che l ' iniquità dei tempi costringe a questo mestiere così incongruo con le arti del Trivio e del Quadrivio . Affettuosamente , a tutti i compagni , domandava nome , stato di famiglia , indirizzo , se i figli fossero maschi o femmine : quasi a propiziarsi la loro amicizia , a farsi proteggere , lui così spaesato e inesperto , da quell ' abbozzo di amicizia . Ingenuo , patetico , quasi . Più tardi , a un posto di blocco , venimmo a sapere che l ' ingenuo era un giovane funzionario della Questura ; di ritorno da una breve licenza nella nativa Palermo . Improvvisa metamorfosi di tutto il tipo . È inutile , il « così è se vi pare » rimarle sempre una grande trovata psicologica e la Sicilia non cessa di dare ragione al suo Pirandello . Dunque , tutto il capzioso gioco di indagini , di domande , di investigazioni , da parte di quel personaggio così in cerca d ' autore , non era che un allenamento agli interrogatori futuri , volontaria propedeutica all ' arte di tirare i vermi dal naso del prossimo , esercizi sulle cinque note per quando , seduto dietro il monumentale clavicembalo della sua scrivania di Questore , gli toccherà di eseguire le più virtuosistiche introduzioni , i più lisztiani accompagnamenti per « far cantare » il pollo . In particolare , poi , quasi che le nostre facce fossero altrettanti specchi , l ' uomo vi studiava gli effetti di certe espressioni mimiche , di un certo tipo di guardatura in tralice , come da oltre le lenti di inesistenti occhiali : uno sguardo connivente e furbesco , mite a un tempo e accusatore , uno sguardo che pareva dire : « Sbottonati , a che pro nasconderci l ' un l ' altro ? » . Quando il nostro turno giunse , e noi senza ambagi gli declinammo il nostro nome , quel giovane e passionato domenicano della inquisizione poliziesca , quel futuro ripopolatone delle carceri d ' Italia , ebbe un balzo trionfale , come quando , nei luminosi giorni della sua carriera , la sventata risposta di un malcapitato gli permetterà di saldare fulmineamente una faticosa catena di induzioni , di conchiudere in un attimo ; con un colpo di scena , una serie di indagini che si annunziava lunga e penosa ; di scoprire nel testimonio un reo , di stringere a un tratto l ' inerte congerie delle prove in un ' accusa lampante . Proruppe : « Debenedetti ? ebreo ? ! » E immediatamente quello sguardo professionale , da dietro occhiali inesistenti , varcando di sotto in su l ' arco ciliare , ci dardeggiò di sghembo , e condensava un tumultuoso accavallarsi di sottintesi , di illazioni , di involontarie e quasi ripugnate complicità , di scontrose indulgenze : « Ah , per questa volta ce l ' hai fatta - - esclamò quello sguardo - - ma ringrazia l ' amnistia . Vattene , vecchia volpe , e bada di non ricaderci , l ' aria del vigilato speciale non te la toglie nemmeno Domineddio » . Ci parrebbe di essere cattivi , se aggiungessimo che in quell ' occhiata trascorse anche una sfumatura , un pizzico , un nonnulla di rimpianto : « Però se niente niente ti avessimo , colto , così in flagrante , quale mese fa ! » . Non è moralmente vero , non è plausibile che , la revoca diventi ipso facto una revoca dell ' abitudine di eseguirlo . Il nuovo ordine ha bisogno di maturare per farsi ordine nuovo . E nessuno pretende che il mondo , questo mondo che è stato creato in sette giorni , si modifichi in un ' ora : se no , come credere che un ' altra ora non gli basterebbe , quando che sia , per recidivare nel peggio e tornare al proprio vomito ? L ' esclamazione , l ' occhiata del nostro questurino denunziavano lo sforzo di adattamento a un ' ottica diversa ; la necessaria , ancorché rapida , manovra per invertire la corrente . Il nostro sospetto è che la nuova ottica possa venire adottata come un comando « dall ' alto » , una specie di Decreto promulgato dalla Gazzetta Ufficiale , e dunque di sua natura soggetto anch ' esso a revoca , dettato da necessità del momento , visto che ... in considerazione di ... Il sospetto è che il nostro questurino si uniformasse ai criteri di oggi con la mentalità di ieri , tenesse d ' occhio quella onnipotente , inesorabile e oscura Divinità , in nome della quale si esaltavano ieri o siluravano funzionari , giornalisti , alte e basse cariche : la cosiddetta « sensibilità politica » . Ordine di servizio : mostrare simpatia agli ebrei . Ma chi , come gli ebrei , ha sete di libertà , una di quelle seti che tappezzo il palato : chi ha capito come la libertà sia letteralmente una questione di vita o di morte , è pronto a riconoscere che , tra tutte le libertà che compongono la Libertà , è compresa anche la libertà di essere antisemiti . Un antisemitismo di uomini liberi , un antisemitismo ( se non c ' è contraddizione ) liberale , contro cui sia dato di opporre validi argomenti e pertinenti confutazioni , apparirebbe perfino tonico , ravvivante , rigeneratore agli ebrei che escono ora dall ' anchilosi mobilità e del silenzio . Discutere finalmente all ' aperto , misurarsi , farsi le proprie ragioni , uomini tra gli uomini , uomini di fronte agli uomini non parrebbe nemmeno vero a loro , che fino a ieri erano costretti a nascondersi , a ringhiottirsi reazioni e risposte , a cambiarsi i connotati ; diffidati persino di pronunziare il proprio nome , cioè in parole povere di dirsi figli del proprio padre . Recensendo il libro di Wendell L . Willkie : One World , Benedetto Croce ha trovato l ' occasione di ribadire « un bisogno fondamentale dell ' uomo , che è di soffrire e di lavorare » . Qui , da questa parte della guerra , gli ebrei si vedono riconosciuto , dopo anni , il loro bisogno di lavorare . Rinasce in essi , complementare , il bisogno soffrire . Forse che non hanno sofferto abbastanza ? Sicuro che hanno sofferto , il mondo sa quanto , e di là , dal fronte della libertà ancora soffrono , e in tal misura , che questa nostra pretesa di soffrire può sembrare bestemmia , cattiva sfida , provocazione del destino . Ma la pretesa , a guardarci meglio , è unicamente di non accampare , ne vedersi riconosciute , speciali pretese . Il diritto di non avere speciali diritti . Speciali , cioè razziali . E quello che gli ebrei già liberi hanno patito , e quello che i perseguitati patiscono ancora , desiderano sia versato , messo in comune , mescolato al lungo , collettivo , unanime tributo di lacrime e di supplizi , che gli uomini degni di questo nome hanno offerto , e offrono tuttavia , per assicurare al mondo la più lunga serie di secoli civili . Se una rivendicazione gli ebrei hanno da fare , è questa sola : che i loro morti di violenza e di fame , i piccini che non hanno resistito al primo sorso di latte finalmente somministrato , dopo mesi di inanizione , nei paesi di asilo , le donne rese a calci e mitragliate , i poppanti lanciati in aria e impallinati come uccelletti siano messi in fila con tutti gli altri morti , con tutte le altre vittime di questa guerra . Soldati anche loro con gli altri soldati . Per uniforme avevano il loro vestito di tutti i giorni , ma sbranato dai tormenti , vano sui corpi scheletriti . E alcuni , anche , avevano armi : i bambini , che si stringevano sul petto le bambole di pezza e gli schioppi di latta , ritenuti indegni di divertire i figlioli dei tedeschi . Così hanno marciato verso i loro fronti , che erano i luoghi di pena e di tortura . Hanno fatto anch ' essi i loro sbarchi , ma sulle rive dell ' aldilà . Caduti bocconi , i loro volti - - quelle facce che i redattori delle varie « difese della razza » fotografavano per inchiodarle sulle copertine di immonde gazzette - - non hanno mirato , con gli occhi che nessuna mano ha chiusi , il cielo alto e lontano . Questi soldati chiedono soltanto che i loro carnai siano ricordati tra i campi di battaglia di questa guerra . Chiedono che , se si farà l ' appello dei morti , i loro nomi siano letti tra quelli degli altri soldati , caduti per questa guerra . Senza un più di gloria che , facendo un torto ai commilitoni , offenderebbe quella giustizia per cui sono morti , la fraternità della morte , e parrebbe un torto fatto a loro . Senza un supplemento di pietà - - pietà per i poveri ebrei - - che umilierebbe il loro sacrificio . E se un giorno , a questi caduti , si vorrà dare una ricompensa al valore , non certo noi , gli ebrei sopravvissuti , la rifiuteremo ; ma non si conino apposite medaglie , non si stampino speciali diplomi : siano le medaglie e i diplomi degli altri soldati . « Soldato Coen ... Soldato Levi ... Soldato Abramovic ... Soldato Chaim Blumenthal , di anni cinque , caduto a Leopoli , in mezzo alla sua famiglia , mentre , con le mani legate dietro la schiena , ancora difendeva , ancora testimoniava la causa della libertà » . Queste motivazioni noi , indegnamente sopravvissuti , le ascolteremo sull ' attenti , cercheremo di non tremare quando stringeremo la mano che ci verrà tesa , la nostra voce si sforzerà di essere ferma , quando risponderemo : « Grazie , signor Generale » . Poi rientreremo nelle mute , interminabili file che schiereranno i parenti degli altri caduti , le gramaglie di tutto il mondo , in quella solenne , religiosa parata dell ' umanità . Quel bisogno di soffrire , di cui parla il Croce , non è se non il bisogno di sentirsi vivi nella vita di tutti , partecipi della immancabile lotta e contrasto , che il lavoro e i compiti quotidiani costano in questo mondo . Il quale , se diventasse un mondo di idillio , nel momento stesso diventerebbe un mondo di morti che camminano , quand ' anche fallacemente lo smaltassero e imbellettassero i colori della vita . Perciò gli ebrei chiedono questo onore di soffrire : cioè chiedono di non essere defraudati , neppure a titolo di risarcimento o di riparazione dei danni , di questa loro parte dell ' umano retaggio . Per secoli e secoli hanno custodito , ripetuto , salmodiato , nella penombra delle sinagoghe , nelle veglie e nei digiuni , nelle penitenze e nei sabati , nei ghetti e per le vie della diaspora , il messaggio dell ' Antico Testamento . Come avrebbero dimenticato che l ' idea del pane , cioè quella delle sorgenti stesse e del perpetuarsi della vita , è indissolubilmente legata all ' idea della pena , del sudore della fronte ? Essi non vogliono il paradiso terrestre per infrazione ai regolamenti . Senza dire che , ai privilegi e benefizi , è troppo facile adattarsi . Le agevolezze di vita rendono superficiali , assecondano le riparatrici e già troppo spontanee labilità della memoria . I dolori di ieri si dimenticano , anche e proprio quando furono più luttuosi e cocenti , e si dimentica quanto cordoglio e quante angosce sia costato questo bene , che oggi pare largito appunto per aiutarci a dimenticare . Ci si abitua a essere amati , a vivere con facilità ; e l ' abitudine rischia di diventare presto un bisogno , e il bisogno acquisito rischia di creare la presunzione di un diritto . Può , questa nostra , parere una riottosa , bizzosa , vittimistica , incontentabile paura di essere amati . Ed è soltanto paura di essere gratuitamente amati , ingiustamente amati , cioè male amati : non più costretti a far nulla per meritarci questo amore . Ma domani , inevitabilmente , dovremo ricominciare a meritarcelo : e allora ? non saremo stati viziati ? Non già che gli ebrei si siano , in questi ultimi tempi , sentiti vittime di troppo corrive largizioni di vantaggi , fantocci di un tiro a segno della benevolenza . Ma noi ragioniamo su un sintomo , su una possibilità , della quale abbiamo raccolto , o subodorato , qualche indizio : ed è questo , anche , che scagiona il nostro discorso da ogni taccia di ingratitudine . Il quale discorso , l ' abbiamo detto , vuole parlare a nuora perché suocera intenda . Che disagio , per esempio , abbiamo provato quando qualcuno , ridendo ma senza cattive intenzioni , e solo per il gusto di un documento psicologico , ci ha riferito la storiella di quei tali che , sbucati dai loro nascondigli all ' arrivo degli eserciti liberatori , hanno subito , ai primi saluti , declinato la propria qualità di ebrei , come un titolo a particolari riconoscimenti , facilitazioni , indennizzi . E magari era la stessa gente che , sotto il diluvio , si era inventata i più incongrui ombrelli e più diligentemente si era industriata per cancellare ogni sospetto di « appartenenza alla razza » . Una sera , nei tempi più neri del diluvio , Bernardo Berenson si poneva l ' eterno problema : perché gli ebrei rimangono ebrei , malgrado il ciclico ritorno delle persecuzioni ? E si rispondeva con un suo ricordo siciliano . Trovandosi in altri tempi a visitare le pendici dell ' Etna ne ammirava la feracità da Terra Promessa . Qualcuno però gli disse che periodicamente la lava scende a incenerire quei campi . « E perché allora li coltivate ? » domandò ai contadini . « Perché quando i tempi tornano buoni , voscenza , così buoni sono , che ci ripagano di qualunque malanno » . Questo , commentava l ' eminente scrittore , spiega per analogia la tenacia degli ebrei nel sopravvivere . In quella sera di afflizione , l ' aneddoto raggiungeva lo scopo desiderato : che era anche di confortarci , di farci credere nel ritorno di tempi migliori , di rinnestarci nella vita , assimilandoci se non altro a quegli aratori del vulcano . Ma Berenson non si dorrà se ora , al ritrarsi della lava , la sua storia ci piace un po ' meno . Vorremmo dire che gli ebrei , non è che si inarchino sotto le sciagure degli anni delle vacche magre , per aspettare che rivenga il settennio delle vacche grasse . Sono uomini , certo , e amano anche loro la sicurezza , il benessere , magari la felicità . Le vacche magre non piacciono neanche a loro . Ma non è vero , non deve essere vero che poi , in compenso , pretendano le vacche troppo grasse . Se non altro , per dignità , per un equo senso della vita , per un loro umano amor fati , amore del rischio e del destino . Né troppo magre , né troppo grasse . Una cosa giusta . Settembre , 1944 .
MILANO PERCORSA IN OMNIBUS ( BRIGOLA GAETANO - VENOSTA FELICE , 1871 )
Miscellanea ,
MILANO PERCORSA IN OMNIBUS Guida per chi vuol visitare con poco dispendio di tempo e denaro , tutto quanto di più rimarchevole offre questa città COMPILATA DA GAETANO BRIGOLA ED ILLUSTRATA DA NOTIZIE STORICHE ED ARTISTICHE DA FELICE VENOSTA AL LETTORE . Le ferrovie , recando facilità ed economia di tempo nel viaggiare , fecero sentire il bisogno di Guide delle varie città , che in poche pagine offrissero non solo la descrizione storica ed artistica di esse , ma le presentassero benanco sotto l ' aspetto del loro soggiorno e della loro indole ; in modo che il viaggiatore potesse in pochi giorni farsi un concetto giusto del paese visitato . Le Guide , che sino ad oggi esistettero , non si prestavano a quest ' ufficio , e , limitandosi alla descrizione artistica , lasciavano al viaggiatore il cómpito di formare un apprezzamento , che il più delle volte non era ragionato , vuoi per la troppa rapida corsa fatta in luogo , vuoi per inscienza degli usi e dei costumi di esso . Questo bisogno fece nascere nel sottoscritto l ' idea di compilare all ' uopo una nuova Guida di Milano , resa tanto più necessaria in quanto che , dopo la emancipazione dallo straniero , 1' attività e l ' indole de ' suoi abitanti la portarono a floridezza e comodità tali da poter rivaleggiare colle più grandi metropoli d ' Europa . Il limite tracciatoci però e la novità di molte cose descritte potranno forse aver fatto cadere il compilatore in alcune inesattezze alle quali potrà in seguito rimediare se il favore del pubblico lo incoraggerà a fare una seconda edizione . Milano , maggio 1871 . G . B . CENNO STORICO . Circa seicento anni prima dell ' êra volgare una moltitudine di gente , composta di guerrieri , di donne e di fanciulli , spinta dalla scarsezza dei viveri a mutare paese , colla guida di Belloveso , uscì dalla Gallia , in oggi Francia , e , valicate le Alpi , giunse nell ' Insubria . Combattuti e vinti i popoli che l ' abitavano , Belloveso si stabilì nella terra chiusa tra i due fiumi Ticino ed Adda , e gettò le fondamenta d ' un villaggio chiamandolo Milano . L ' origine di questa parola si cercò di spiegare in molte maniere ; e noi , senza partecipare in tutto alla smania , che in oggi è rinata in alcuni , di cercare cioè ogni derivazione nel celtico , non peritiamo ad ammettere che il nome Milano sorse dall ' idioma dei Celti , e cioè da Med e Lan , o la terra ubertosa . Le vecchie leggende dei duci Medo ed Olano , del in medio amnium , del in medio lanae e simili non sono più ammissibili dalla buona critica filologica . A poco a poco Milano si aumentò in numero degli abitanti e degli edifici ; e il meschino villaggio divenne col progresso del tempo città . vasta e popolosa . - - Scorsi erano quattrocento anni dalla fondazione di essa città , quando i Romani , varcati gli Appennini , e passato il Po in prima sotto il comando del console Flaminio , poi di Marcello suo successore , dal 223 al 225 prima dell ' éra volgare , con segnalate vittorie si resero padroni di tutta l ' Insubria fino alle Alpi ; e fu vera conquista opima per la ubertà della terra acquistata . I Romani chiamarono il paese vinto Gallia Cisalpina , ossia al di qua delle Alpi , e lo dissero altresì Gallia Togata , perchè gli abitanti , deposto il rozzo saio gallico , avevano adottata la toga romana . Milano sotto il regime dei nuovi dominatori migliorò d ' assai . L ' asciugamento di molte paludi rese 1' aria più salubre e più fertili i terreni che la circondavano . Il popolo imparò quelle arti e quei mestieri che dirozzano e che sono necessari alla vita . La città crebbe , e , già aggregato di meschini casolari di legno , si andò abbellendo di edifici di pietra . Gli imperatori romani vi ebbero lunga stanza , per la sua col - locazione opportuna ad operazioni militari contro i popoli del Settentrione , i quali erano una minaccia perenne per la Gallia Cisalpina . Massimiano Erculeo abbattè la siepe che serviva di prima cerchia alla città celtica , che ci viene ricordata dal nome della Via Andegari , AndeGar , che corrisponde al nostro idioma a siepe di biancospini , ed eresse solide mura che gira - vano per due miglia con nove porte . La porta Romana aprivasi a S . Vittorello , presso la Via Unione ; l ' Erculea alla Maddalena , presso Sant ' Eufemia ; la Giovia a San Vicenzino , presso il Foro Bonaparte ; la Ticinese , o Marzia , al Carrobbio ; la Comasina a San Marcellino ; la Nuova alla Croce Rossa ; la Tosa a San Zeno ; 1' Argentea od Orientale , presso San Babila , e la Vercellina presso la chiesa di Santa Maria alla Porta . Sotto Costantino , Milano toccò l ' apice del suo splendore ; avvegnachè avendo quell ' imperatore divisa 1' Italia in due regioni , Milano fu dichiarata metropoli della settentrionale , che comprendeva sette provincie dalle Alpi fino alla Istria , e destinata a residenza di un governatore col titolo di Vicario dell ' Italia . Le mura romane durarono fino al nono secolo , allorchè l ' arcivescovo Ansperto ne operò il ristauro e l ' ampliamento , fra le porte Ticinese e Vercellina , costruendo un nuovo muro che dal Carrobbio seguiva le Vie del Circo e del Cappuccio , e girava poi a destra per ricongiunger - si all ' antica cerchia in vicinanza della Porta Vercellina . Per tre secoli rimasero ognora come le aveva ampliate Ansperto ; quando il Comune di Milano entrò in lotta con Federico Barbarossa . A premunire la città contro quell ' imperatore , i Milanesi pensarono , fin dal 1156 , di cingerla di un valido fossato , e precisamente quello per cui ora scorre il Naviglio . Della terra cavata nel fare la fossa , se ne formarono nel 1167 i bastioni nel luogo che fino ai nostri giorni conservò il nome di Terraggio . Nella prima metà del secolo XIV ( 1330-38 ) , Azzone Visconti rafforzò i Terraggi con un muro , mantenendo però inalterato il circuito della città , che continuò dove si trova il Naviglio interno , ed aveva gli ingressi ai ponti , che descrissero fino all ' anno 1866 , colla denominazione di Borghi , la parte di città al di là del fossato . Allorchè nel seco - lo XV fu costruito il Naviglio della Martesana , il fossato fu ristretto , e la metà interna di esso fu convertita poi ad uso di magazzeni di pietre o di legnami , chiamati col nome di sciostra o claustra , perchè rinchiusi fra il muro di Azzone e la fossa . L ' antica larghezza di questa fossa può facilmente anch ' oggi comprendersi nel sito degli Archi di Porta Nuova , misurando Io spazio che è fra le torri e la riva esterna del canale rimasta inalterata . Il terzo ed ultimo ingrandimento fu decretato da Ferrante Gonzaga ; governatore del bucato di Milano per 1' imperatore Carlo V . Le mura spagnuole , oggi accessibili alle carrozze , e convertite ad uso di pubblico passeggio , furono incominciate nell ' anno 1546 , presso la distrutta chiesa di S . Dionigi . Milano , dopo i Romani , venne mano mano governata dai Goti , dai Longobardi , dai Franchi , dai Re d ' Italia e dagli Imperatori di Germania . Dopo la guerra dei Valvassori , si costituì in Repubblica ( 1044 ) . Soccombuta questa forma di governo , ebbe a signori i Torriani , i Visconti ; indi si formò di nuovo in Repubblica , detta di Sant ' Ambrogio . Si diede poscia agli Sforza ; indi cadde in potere dei Francesi , degli Spagnuoli , degli Austriaci , dei Gallo - Sardi e di nuovo degli Austriaci . Nello scorcio del se - colo passato , 1797 , fu centro della Repubblica Cisalpina , che nel 1802 si tramutò in Repubblica Italiana . Nel 1805 , creato il Regno d ' Italia , ne divenne la metropoli . Nel 1815 Milano , ritornata sotto l ' austriaca dominazione , fu sede del regno Lombardo - Veneto . Nel marzo 1848 , cacciati gli Austriaci , si formò dai cittadini un governo provvisorio ; ma nell ' agosto di quello stesso anno ricadde in possesso degli Austriaci , che la governarono fino al 4 giugno 1859 . Fu allora unita aI regno sabaudo , e nel 1861 divenne parte del nuovo Regno d ' Italia . Nel volgere di secoli e di mutamenti di dominazioni , di guerre e di morie , ebbe Milano a subire molte vicende , e giorni di ristrettezze e di sciagure ; ma la ricchezza del suolo e la industria de ' suoi abitatori sempre la fecero risorgere , e ne tennero alta la rinomanza . Ora essa è riputata la seconda metropoli della gran madre , l ' Italia . Marzo 1371 . FELICE VENOSTA . AVVERTENZA . La Stazione principale della Società Anonima degli Omnibus è in Piazza del Duomo con apposita sala d ' aspetto , ove si può lasciare in deposito i propri effetti . L ' Impresa degli Omnibus Antonio Vismara ha la propria Stazione alla Porta Ticinese . L ' Impresa Michele Lissoni ha la stazione in Piazza Fontana , ove ha pur sede l ' Impresa Gaetano Lissoni . TARIFFE DEGLI OMNIBUS . Per una corsa tra la Piazza del Duomo ed una delle Porte della città indicate o viceversa L . 10 Per una corsa degli Oumibue in servizio delle ferrovie tra la Piazza del Duomo e la Stazione Centrale , o quella di Vigevano L 25 Per un bagaglio della dimensione non maggiore di centimetri 60 L 25 Per ogni bagaglio di maggior dimensione L 50 LINEE PERCORSE DALLE VETTURE OMMIBUS DELLA SOCIETA ' ANONIMA ( Veggasi la pianta della Città in fine della Guida ) . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PORTA VENEZIA Linea A – Colore Rosso : Piazza del Duomo , Corso Vittorio Emanuele , Corso Venezia alla Porta . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PORTA NUOVA . Linea B – Colore Azzurro : 1 . Piazza del Duomo , via Carlo Alberto , via S . Margherita , Piazza del Teatro alla Scala , via del Giardino , via Fate - bene - fratelli , Corso di Porta Nuova , alla Porta . 2 . Piazza del Duomo , via S . Radegonda , Piazza S . Fedele , via delle Case Rotte , Piazza del Teatro alla Scala , via di S . Giuseppe , via di Brera , via Solferino , via Castelfidardo alla Porta Nuova . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA BARRIERA PRINC . e UMBERTO . Linea C – Colore Terraceo : Piazza del Duomo , Corso Vittorio Emanuele , via Monte Napoleone , via del Giardino , Piazza Cavour , via Principe Umberto alla Barriera . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PORTA TENAGLIA . Linea D – Colore Violaceo : Piazza del Duomo , via S . Radegonda , Piazza S . Fedele , via delle Case rotte , Piazza del Teatro alla Scala , via di S . Giuseppe , via dell ' Orso , Ponte Vetero , Corso Garibaldi , via dell ' Anfiteatro , via Legnano alla Porta Tenaglia . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PORTA MAGENTA . Linea E – Colore Giallo : Piazza del Duomo , via Carlo Alberto , Piazza Mercanti , via Fustagnari , Cordusio , via di S . Maria Segreta , via dei Meravigli , via di S . Maria alla Porta , Corso Magenta alla Porta . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PIAZZA DI SAN VITTORE . Linea F – Colore Verde : Piazza del Duomo , via Torino , via Spadari , via Armorari , via Boschetto , Cinque Vie , via di S . Maria Podone , via S . Orsola , via del Cappuccio , via S . Valeria , Piazza di S . Ambrogio , via S . Vittore alla Piazza . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PORTA ROMANA . Linea G – Colore Arancio : Piazza del Duomo , via dei Cappellari , via dei Rastrelli , via Larga , via Velasca , Corso di Porta Romana alla Porta . DALLA PIAZZA DEL DUOMO ALLA PORTA VITTORIA . Linea H – Colore Ceruleo : Piazza del Duomo , Corso Vittorio Emanuele , via del Palazzo di Giustizia ( quanto prima si chiamerà Beccaria ) , via di S . Zeno , Verziere , via di S . Pietro in Gessate , Corso di Porta Vittoria alla Porta . DALLA PORTA TICINESE ALLA PORTA GARIBALDI . Linea I – Colore Rosa : Corso di Porta Ticinese , Carrobbio , via Torino , Piazza del Duomo , via Carlo Alberto , Piazza dei Mercanti , via dei Fustagnari , Cordusio , via Broletto , Ponte Vetero , Corso Garibaldi alla Porta . NB . Le Imprese degli Omnibus Antonio Vismara , Michele e Gaetano Lissoni , accennate di sopra , percorrono linee già intrecciate dalla Società principale , che è l ' Anonima . Linea A . ( Colore rosso Porta Venezia ) . MONUMENTI EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Palazzo di Corte ( Si può visitare nelle ore del giorno ) . Arcivescovado . Piazza Fontana . Palazzo del Duomo . Galleria Vittorio Emanuele . Uomo di Pietra . Galleria De Cristoforis . Colonna di San Babila . Palazzo di Prefettura . Regio Conservatorio . Reale Collegio delle fanciulle . Seminario . Palazzo delle Assisie . Serbelloni . Ciani . Saporiti . Barriera . Lazzaretto . Giardini Pubblici . Museo Civico . Villa Reale ( Si può visitare nelle ore del giorno ) . CHIESE . Metropolitana e sue ricchezze . Di Campo Santo . Di San Carlo . Di San Babila . Della Passione . TEATRI . Santa Radegonda . Teatro milanese . ALBERGHI ANCHE CON SERVIZIO DI TAVOLA ( * ) Agnello . Ancora . Roma . Europa . Francia . Ville ( De la ) ( Solo pranzo alla sera ) . Leone . Biscione ( Piazza Fontana ) . ( * ) Cucina pronta a tutte le ore . Pranzo alla carta ed a prezzo fisso , od a piacere . PIAZZA DEL DUOMO . La nuova Piazza del Duomo è in corso di esecuzione su disegno dell ' architetto comm . Giuseppe Mengoni da Bologna . I lavori vennero cominciati nel marzo 1870 . Metropolitana . Fra i più celebri e rinomati edifici , non solo d ' Italia , ma benanco d ' Europa , è la nostra Cattedrale . Questa insigne chiesa ebbe principio l ' anno 1386 al 15 marzo ; venne innalzata sulle rovine della antica chiesa di Santa Maria Maggiore , o Duomo jemale , nel luogo ove era già il tempio pagano a Minerva . Le fondamenta di essa furono fatte gettare da Gian Galezzo Visconti , signore di Milano , allo scopo di costruire un monumento che , nella sua magnificenza e gigantesca mole , attestasse la grandezza del suo potere . Per la costruzione assegnò vistose rendite , e donò la copiosissima cava di marmi bianchi di Gandoglia , che trovasi presso il Lago Maggiore . Ignorasi tuttodì quale ne sia stato l ' architetto ; ovvi però chi ne attribuisce il disegno al tedesco Enrico Gamodia , e chi allo svizzero Marco da Campione . Il nostro Omodeo nel 1490 innalzava la massima aguglia . Il Pellegrini , e quindi il Richini o Cerano disarmonizzarono collo stile greco - romano il carattere gotico del tempio nella facciata , che fu compiuta soltanto nel 1810 per ordine di Napoleone I dal Pollak e dall ' Amati . L ' interno è a croce latina , di - viso in cinque navate da 52 piloni sorreggenti la volta . La lunghezza dalla porta d ' ingresso allo sfondo del coro è di metri 148; la larghezza nella croce di 87 , e l ' altezza alla statua della Madonna di 108 . Dal piano al sommo della massima cupola si ascende per 328 gradini ( * ) . E bello dall ' alto mirare la sottoposta marmorea mole , stupenda per le 116 guglie piramideggianti , per le 4000 e più statue , poi trafori , balaustrate e terrazzi , lavori di più se - coli ; ed intorno l ' animato spettacolo della lombarda metropoli ; e più lungi 1' ubertoso agro ( * ) Si può salire sul Duomo mediante pagamento di una tassa di centesimi 25 per ogni persona da mezz ' ora dopo 1'Ave Maria del mattino ad un ' ora prima di quella della sera . Una disposizione dell ' Autorità non permette che si abbia a salire da soli . milanese , dove la celebre Abbazia di Chiaravalle , e più remota la maestosa Certosa di Pavia , e il memorabile campo di battaglia di Magenta , e gli ameni colli della Brianza colla Rotonda del Cagnola , e infine la catena dei monti che trasportano il pensiero fra le delizie dei laghi di Como e di Lecco . Nell ' interno del Duomo , dove la luce penetra attraverso le vetriate dipinte , quali da artisti del 500 , quali dai contemporanei Bertini , spiccano i monumenti eretti all ' arcivescovo Ariberto , l ' inventore del Carroccio ; a Gian Giacomo de ' Medici , che vuolsi disegno del Michelangelo con statue di bronzo di Leone Leoni ; al Vimercate e al Caracciolo , del Bambaja , autore dell ' altare della presentazione ; a Ottone Giovanni Visconti ; all ' arcivescovo Arcimboldi ; inoltre ammiransi 1' urna di porfido del Battistero , le statue di Martino V e di Pio IV de ' Medici , quella di San Bartolomeo dell ' Agrati , i bassorilievi del capocroce allo svolto , e le statue del Bussola , la Madonna dell ' albero del Buzzi , denominata dal ricco candelabro che sta dinanzi all ' altare ; i pulpiti rivestiti di rame stonati da Andrea Pelizzone e sostenuti ciascuno da quattro cariatidi ` di bronzo ; gli intagli degli stalli del coro , della cantoria ; il tabernacolo all ' altare maggiore , opera dei Solari lombardi e dono di Pio IV ; infine nella segrestia meridionale il Tesoro , e nella cripta o cappella sotterranea , la preziosa urna ove riposa la salma dell ' arcivescovo S . Carlo . Nel principio del Duomo ovvi una meridiana eseguita nella seconda metà . del secolo passato sotto la direzione dell ' illustre astronomo Boscovich , la cui perfezione subì qualche pregiudizio in occasione in cui si rifece il pavimento . Palazzo Reale . L ' area ove ora sorge questo edificio era anticamente Il Broletto , o sede del - ' autorità cittadina . Trasferito il Municipio nel 1228 in Piazza Mercanti , Matteo I Visconti converse quel luogo in palazzo ducale ; Azzone nel 1336 lo ornò ; Galeazzo II lo rifabbricò , e Francesco Sforza lo abbellì . Il palazzo era al di fuori cinto da portici , rinforzati da quattro torrioni , e per una via sopra i tetti comunicava col privato palazzo del Visconti a S . Giovanni in Conca . Logorato dagli anni , fu nel 1662 modificato , per ordine del governatore Don Luigi de Gusman Ponza di Leon , dall ' architetto Ambrogio Pessina con due grandi portici laterali , sui quali erano dipinti in medaglie i ritratti dei governatori di Milano . L ' arciduca Ferdinando lo fece rifabbricare tra gli anni 1772 al 1778 , come è al presente dall ' architetto Giuseppe Piermarini da Foligno , scolaro di Luigi Vanvitelli napoletano ( * ) . Il palazzo è grandioso , e le stanze sono addobbate con lusso , adorne di bei damaschi , di stucchi e di pitture di Giocondo Albertolli , Knoller , Traballesi , Hayez , Palagi ; ma sopratutto di Andrea Appiani . Magnifica è la gran sala delle Cariatidi . Nel 1796 vi furono posti gli uffici della Re - pubblica Cisalpina . Nella maggior sala il giorno 9 luglio 1797 vi si diede il gran pranzo ( * ) Fu la prima opera del Piermarini in Milano . patriottico ai deputati di tutti i comuni di Lombardia , destinati a dare il loro voto a nome del popolo per la creazione della Repubblica Cisalpina . Soggiacque dopo il 1799 a varie desti - nazioni ; finchè vi fu insediata il 24 giugno 1802 la sede del governo della Repubblica Italiana . Creato il Regno d ' Italia servì di abitazione al Vice - Re , principe Eugenio di Beauharnais ; come poi lo fu dal 1818 al 1848 pel Vice - Re austriaco , l ' arciduca Rainieri . Oggi è di proprietà del Re . Al . palazzo reale è unita una chiesa dedicata a San Gottardo , pur fatta erigere da Azzone , la quale conserva tuttodì della sua antica costruzione in terra cotta e dello stile del XIV secolo , il poscoro e il campanile , il più bello della città , e dove fu posto nel 1336 dal Visconti il primo orologio a batteria che suonasse in Italia . Fu in diverse epoche rimodernata : vi sono pitture di Knoller e Traballesi . Sulla soglia di questo tempio , la mattina del 16 maggio 1412 , veniva pugnalato il duca Giovanni Maria Visconti , il quale , a soli 20 anni , si era già mostrato uno dei più atroci tiranni . Arcivescovado . Il primitivo edificio fu di - strutto da Attila , e rialzato quindi nel 573 dal metropolita Lorenzo II ; atterrato ancora dal Barbarossa , venne ricostruito nel 1178 , dopo il trionfo di Legnano , dall ' arcivescovo Galdino , e reso più agiato da Giovanni Visconti , e più ancora nell ' anno 1494 da Guido Antonio Arcimboldi . . Nel 1565 San Carlo Borromeo lo compì per opera del Pellegrini , il quale architetto ideò il magnifico cortile con portici dorici sotto , e jonî sopra e la porta bugnata verso la via delle Ore , e 1' altra verso il Duomo . Del Pellegrini è anche la bella scuderia di forma decagona a tre piani . Il cortile verso la Piazza Fontana è opera di Fabio Mangone , fatta eseguire dal cardinale Federico Borromeo . Nel 1797 vennero sloggiati i preti , e vi fu insediato mi Consiglio militare francese , unitamente alle carceri pei detenuti francesi e cisalpini , e verso la fine del 1798 vi risiedette il Comitato di Polizia . Dal 1799 in avanti ritornò esclusiva sede degli arcivescovi . Nel cortile del Pellegrini veggonsi ora due magnifiche statue colossali , il Mosè di A . Tandardini e l ' Aronne di G . Stilizza . Nelle stanze Arcivescovili vi è una Galleria di quadri fondata dai cardinali Monti e Pozzobonelli . Piazza Fontana . A questa Piazza si diede il nome di Fontana , allorchè nel 1780 venne abbellita e lastricata , ponendovisi nel mezzo la fontana di granito rosso , ridotto a lucido , disegno di Piermarini , con due bellissime Sirene di marmo bianco di Carrara , opera di Giuseppe Franchi carrarese , celebre professore di scultura nell ' Accademia di Belle Arti . L ' acqua per l ' alimento della fontana si trae dal canale Seveso , che scorre di sotto la città , per mezzo di una ruota mossa continuamente dalle acque medesime del Seveso . Questo luogo era il Viridarium degli antichi , e , se si deve credere al Fiamma , vi era un vasto giardino , nel mezzo del quale i Gentili veneravano la statua della dea Februa , quale oracolo a cui ricorrevano per le predizioni sopra l ' esito della guerra . Nell ' anno 1864 , idi primavera , fa abbellita da verdi zolle ed alberi e sedili a cura del Municipio . Palazzo della fabbrica del Duomo . A tergo della Metropolitana ovvi il palazzo sede dell ' Amministrazione della fabbrica del Duomo . Venne eretto su disegno dell ' architetto Pietro Pestagalli dopo 1' anno 1845 . La facciata a colonne ne è grandiosa . Nell ' interno del palazzo trovasi la piccola chiesa dell ' Annunziata , detta di Campo Santo , perchè nel medio evo in questo luogo eravi un cimitero . Sull ' altare si vede un basso rilievo di marmo di fabbrica che doveva essere posto ad ornamento della porta settentrionale della Metropolitana . In questa Piazza si esponeva nel medio evo , in tempo di pace , il famoso Carroccio . Teatro Santa Radegonda . Qui presso , nella via omonima , è il teatro di Santa Radegonda costruito nel 1850 , sull ' area di una sala che serviva a pubblici trattenimenti , con disegno dell ' architetto Giacomo Moraglia . Ivi era l ' antica chiesa di Santa Radegonda , demolita nel 1783 , nel cui spazio veniva eretto verso il 1803 un teatro per marionette dalla signora Anastasia Franzini , vedova Barbini in società con Carlo Re , e quindi convertito dalla sola Barbini in teatro per opera o commedia circa l ' anno 1810; e il vecchio teatro durò a tale uso per alcuni anni soltanto . Galleria Vittorio Emanuele . I lavori di questa Galleria , unica al mondo , vennero solennemente iniziati il 7 marzo 1865 , avendovi posta la prima pietra re Vittorio Emanuele . L ' architetto ne fu il comm . Giuseppe Mengoni . La costruzione durò due anni e mezzo circa . Fu aperta al pubblico il 15 settembre 1867 . Misura metri 195 di lunghezza ; metri 14 , 50 di larghezza ; all ' ottagono la larghezza è di metri 39 . La superficie totale dei fabbricati è di metri quadrati 8600 . L ' altezza dei fabbricati è di metri 26; quella dal piano alla sommità dei vetri nelle braccia intorno all ' ottagono è di metri 32 , e di metri 50 l ' altezza della cupola dell ' ottagono . Gli archi maggiori verso le Piazze del Duomo e della Scala hanno una luce di metri 24 per metri 12 , 21; quelli d ' ingresso verso le vie Silvio Pellico e Berchet metri 23 per metri 12 . Venticinque statue d ' illustri italiani , eseguite da artisti milanesi , adornano gli ingressi e l ' ottagono . Quattro affreschi veggonsi negli scompartimenti della volta dell ' ottagono , larghi metri 15 , alti 7 , 50; e furono eseguiti : L ' Europa , dal Petrasanta ; L ' Asia , dal Giuliano ; L ' Africa , dal Tagliano ; L ' America , dal Casnedi . Gli stessi egregi artisti eseguirono nei pennacchi dei due grandi archi laterali quattro figure ; sono all ' arco verso la via Silvio Pellico : La Scienza , del Pagliano , e L ' Industria , del Pietrasanta . All ' arco verso la via Berchet : L ' Arte , del Canedi , e L ' Agricoltura , del Pagliano . In questa Galleria vi sono magnifici negozi , e i due più eleganti caffè di Milano ( * ) . DALLA PIAZZA DEL DUOMO A PORTA VENEZIA . Teatro milanese . Questo teatro venne fondato dal dottor Carlo Righetti nell ' anno 1869 per rappresentazioni in dialetto milanese ed operette buffe ; è sotto gli auspici di un ' Accademia , il cui presidente è il Sindaco di Milano , e conta fra i soci onorari illustrazioni dell ' arte cittadina . Il locale fu ridotto in forma di teatro a spese del fondatore su disegno dell ' architetto Carlo Vismara ; è molto elegante ; possiede pitture pregevoli , fra le quali due quadri del Domenico Induno . Pur bello è il telone , rappresentante Meneghino che cede il primato alla giovane Commedia milanese . L ' Uomo di Pietra . Sul Corso Vittorio Emanuele , all ' altezza del primo piano della casa N . 29 , evvi incastrata al muro un ' antica statua molto digradata dal tempo , che il popolo designa col nome di Uomo di Pietra , e che rappresenta ( * ) Sulla prima pietra della Galleria sta incisa la seguente epigrafe : VITTORIO EMANUELE RE D ' ITALIA POSE 7 MARZO 1865 AUSPICE IL RE . MAGNANIMO DITE RIVENDICAVA L ' ITALIA A LIBERTA ' MILANO INIZIA LE GRANDI IMPRESE DEI . LAVORO E DELL ' ARTE CHE NELLA LIBERTA ' HANNO VITA RIGOGLIOSA E FECONDA . una persona togata . Varie sono le opinioni intorno a questa statua ; alcuni la vogliono attribuire a Cicerone , per essere scritta ai piedi una sentenza di questo oratore ; altri a Mario , od a Cesare , ed altri ad Adelmano Menclozio , creato arcivescovo di Milano l ' anno 948 , per la vicinanza della di lui casa di abitazione , e per avere esso fatta in quel luogo fabbricare una chiesa , demolita nel 1787 . Più probabile è l ' asserto del Grazioli che la vuole di qualche console romano , che , benemerito di Milano , ha con - seguito l ' onore della statua . Chiesa di S . Carlo . Sull ' area dell ' antica chiesa di Santa Maria dei Servi o del Sacco , che da ultimo era stata ridotta dalla gotica forma dal Pellegrini , si gettavano le fondamenta nell ' anno 1838 della chiesa attuale di S . Carlo , che fu terminata nel 1851 . Costò circa 3,000,000 di lire . Il disegno , non troppo felice , è dell ' Amati . Dicontro alla chiesa evvi il grande Albergo della Ville , fabbricato non sono molti anni . Galleria De - Cristoforis . Vicino alla chiesa di San Carlo vi è la Galleria De - Cristoforis . Venne incominciata nell ' anno 1830 , ed inaugurata nel 1832 con una sfarzosa festa da ballo in costume , data dall ' arciduca vicere Rainieri . L ' elegante disegno è dell ' architetto Andrea Pizzala ; fu costruita sull ' area di antico palazzo appartente al duca Serbelloni . Leone di Porta Venezia . Il leone su di una colonna , che vedesi a destra nel principio del Corso di Porta Venezia risale al 1502 , e fu eseguito a spese della città per volere del prefetto Catiliano Cotta . La colonna venne eretta soltanto nel 1626 da Carlo Francesco Serbelloni . Varie sono le asserzioni degli storici su questo monumento ; alcuni opinano sia testimonio della vittoria riportata da Francesco I Sforza sui Veneti a Caravaggio ; altri lo stemma della Porta Orientale , che era uno stendardo bianco con lione nero . Chiesa di San Babila . Sulle rovine dell ' antico tempio del Sole venne innalzata la chiesa di San Babila . Subì una totale riforma nel 1588 , e fu anco a ' nostri giorni rimodernata . La chiesa era anticamente fuori delle mura della città , le quali seguivano la linea delle due vi - cine vie del Monte Napoleone e Durini . Palazzo di Prefettura . Nella vicina via di Monforte , che si trova a destra della chiesa di San Babila , evvi il palazzo della Regia Prefettura , residenza pure del Prefetto . Il disegno di questo palazzo è di Giovanni Battista Diotti , che ne era proprietario . In una delle sue sale possiede pitture dell ' Appiani . L ' attuale facciata venne costruita dipoi con disegno dell ' architetto Pietro Gilardoni , e terminata nel 1818 . Innanzi a questo edificio , già sede dei governatori austriaci , cominciò la gloriosa lotta delle cinque giornate del marzo 1848 , che finì colla cacciata degli Austriaci dalla città . Chiesa di Santa Maria della Passione . La chiesa di Santa Maria della Passione , che trovasi nella vicina via del Conservatorio , fu fatta innalzare , in forma di croce greca , da Daniele Birago , arcivescovo di Mitilene ( in partibus ) nel 1485 , e donata ai padri lateranensi . Il celebre scultore Cristoforo Solari , detto il Gobbo , eresse nel 1530 la grandiosa sua cupola . Nel 1692 venne ridotto il tempio a croce latina . - - La stravagante facciata fu disegnata dall ' architetto Rusnati . Questa chiesa ha peregrine pitture di Bernardino Luini , di Daniele Crespi , di Giulio Campi , di Cesare Procaccini , di Enea Salmeggia , di Gaudenzio Ferrari , ecc . Degno di ammirazione è il bellissimo monumento a Daniele Birago , opera del celebre Andrea Fusina , che lo eseguì nel 1495 . Regio Conservatorio . Presso la chiesa della Passione vi è il Regio Conservatorio di Musica , il cui edificio , già convento dei padri lateranensi , non offre nulla di rimarchevole . Il Conservatorio fu istituito nel 1808 a spese del governo . Dell ' antico refettorio si formò una elegante sala con palco ad uso di teatro , testè rimodernata , che serve per accademie vocali ed istrumentali . Nel 1868 venne in esso creata una biblioteca musicale . Reale Collegio delle Fanciulle . Nella via della Passione , vicinissima al Conservatorio , è il Reale Collegio delle Fanciulle . Fu esso fon - dato da Napoleone I , con decreto 18 settembre 1808 , e riformato nel 1861; quivi venne da altra sede trasportato soltanto nell ' anno 1864 . Vi sono stabiliti 24 posti gratuiti a vantaggio di fanciulle di famiglie civili , i cui genitori abbiano reso notevoli servigi allo Stato . Il disegno del grandioso edificio è dell ' architetto Besia ; esso era prima proprietà _ del conte Archinti . Ritornando sul Corso Venezia per la via della Passione , e quindi lungo il Naviglio , troviamo il Seminario . Il Seminario Maggiore fu fatto erigere sull ' area di una casa di Umiliati nel 1570 da San Carlo Borromeo , su disegno di Giuseppe Meda , uomo di genio intraprendente e perseverante . La Porta che dal Corso mette all ' edificio fu aggiunta , circa un secolo dopo , dall ' arcivescovo Alfonso Litta su disegno di Richini , fiancheggiato da maestose cariatidi , rappresentanti la Pietà e la Sapienza . Il grandioso ed imponente cortile è degno di ammirazione per la sua vastità e bellezza ; ha due ordini architravati l ' uno sopra l ' altro con colonne maestose binate , dorico il primo , jonico il secondo . Nel 1798 furono i seminaristi traslocati altrove , per porre in quell ' edificio i prigionieri tedeschi ; quindi nel 1799 i giovani requisiti per le milizie della Cisalpina . Nel ritorno degli Imperiali fu rimesso in pristino . Nel 1859 servì per qualche tempo di ospedale militare pei sol - dati feriti , austriaci e francesi . Casa Castiglioni . Di contro al Seminario evvi la casa bramantesca ora del sig . Silvestri , e già di proprietà Stampa - Castiglioni , ed in origine dei marchesi Pirovano , indi degli Scaccabarozzi . Questa casa , in oggi molto rovinata ed informe , si annovera solo per essere stata una delle prime fabbriche del Bramante , e di sua mano dipinta . Ove è il ponte sorgevano gli Archi o Por - toni di Porta Orientale , costruiti di viva pietra sulla forma delle antiche porte romane dopo la desolazione di Federico Barbarossa nel 1171 . Su di essi vedevasi scolpita una scrofa in atto di allattare i suoi piccoli parti . Vennero demoliti nel 1819 ( * ) . Palazzo delle Assisie . Poco discosto dal ponte , volgendo a sinistra , lungo la via del Senato , è il palazzo sede ora della Corte d ' Assisie . In questo luogo sorgeva anticamente un monastero di Umiliate . San Carlo Borromeo nell ' anno 1579 lo fece demolire , ed affidò l ' incarico all ' architetto Fabio Mangone di costruirgli un nuovo fabbricato , ove istituì un Collegio detto elvetico , venendovi educati i chierici svizeri . Concorse all ' opera anche il cardinale Federico Borromeo . L ' edificio è de ' pii vasti e ben architettati che si conoscano in Italia . I suoi ampi cortili sono adorni di doppio porticato dorico e jonico , con colonne di granito . La facciata , alquanto barocca , è del Richini . Nel 1786 1' edificio fu convertito in sede del governo . Nel 1797 fu destinato per le riunioni del Gran Consiglio dei Juniori della Repubblica Cisalpina ; indi per sede del Ministero della guerra della Repubblica Italiana . Sotto il Regno italico vi aveva residenza il Corpo Legislativo , il Senato ed il Ministero della guerra . Nel 1817 il governo austriaco vi poneva gli Uffici della Contabilità dello Stato , la quale venne abolita , con poco senno , nel 1864 . ( * ) Tre erano le porte costruite sulla forma delle romane , e cioè la Orientale , la Romana , demolita nel 1782 . e gli Archi di Porta Nuova . Ritornando al ponte di Porta Venezia devonsi rimarcare : Palazzo Busca . Appena passato il ponte , a man dritta , è l ' imponente palazzo del defunto Antonio Busca . Apparteneva già alla famiglia Serbelloni . Lo fece innalzare Giovanni Galeazzo Serbelloni , di poi consultore della Re - pubblica Italiana , su disegno del valente architetto Simone Cantoni ; venne terminato soltanto nell ' anno 1795 . Magnifica ne è specialmente la facciata ; nel mezzo di questa si vede un bellissimo pezzo architettonico con colonne isolate che forma una loggia maestosa , decorata di un grande bassorilievo di stucco dello scultore Donato Carabelli , rappresentante alcuni fatti della storia di Milano del tempo di Federico Barbarossa . In una sala del primo piano vi è un dipinto del Traballasi , Giunone che cerca sedurre Eolo perchè sommerga il naviglio trojano . Sulla facciata di questo palazzo , verso il ponte , vi è una lapide che ricorda avere ivi preso stanza Napoleone Bonaparte , entrato la prima volta in Milano , il 15 maggio 1796 . Il giorno 8 giugno 1859 vi abitò il re Vittorio Emanuele . Di contro al palazzo Busca è la chiesa di San Pietro Celestino ; possiede buone pitture dello Storer e del Procaccini , ecc . Casa Ciani . Poco lungi , a sinistra , vi è la casa del barone Ciani , sorprendente per decorazioni in terra cotta ; ha bassorilievi ed iscrizioni riferentisi ai gloriosi fatti delle guerre combattutesi per la indipendenza italiana negli anni 1859 e 1860 . Palazzo Saporiti . Nell ' area del soppresso convento dei cappuccini a Porta Orientale ( 1810 ) , citato nei Promessi Sposi del Manzoni , un signor Belloni , arricchitosi coi giuochi che si tenevano nel teatro alla Scala , su disegno dell ' ingegnere architetto Giusti , verso il 1811 , faceva innalzare questo palazzo , comperato quindi dalla fa - miglia dei marchesi Saporiti . Maestosa ne è l ' architettura , con grandioso colonnato d ' ordine jonico , ricca di un bassorilievo di Pompeo Marchesi e di varie statue di divinità , in parte lavorate dallo stesso Marchesi ed in parte da Grazioso Rusca . In questo tratto di Corso è pur degno di essere osservato il palazzo Ponti , già appartenente alla famiglia Bovara , e quindi a quella dei Camozzi di Bergamo , e testè al Busca . L ' elegante disegno di esso è dell ' architetto Fe - lice Soave . Fu abitazione degli ambascia - tori della prima Repubblica Francese . Porta Venezia . Questa porta si chiamò sino al 1862 Orientale , anche Lenza , per corruzione di lingua . I Romani l ' appellavano Argentea , vuolsi perchè da quivi entravano le ricchezze del paese . Alcuni storici affermano fosse dedicata al Sole , perché da questa parte nasce ad illuminare la città . L ' antica porta fu demolita nel 1784 , e in quell ' anno venne incominciata la nuova su disegno del Piermarini ; i lavori non terminarono che nel 1795 . Nel 1827 l ' Amministrazione della città , volendo nuovamente rifabbricarla , ne affidò il lavoro all ' architetto Rodolfo Vantini di Brescia , che lo compì nel 1831 . L ' esecuzione di questa porta o barriera , con colonne , statue e bassorilievi , è molto commendevole . La Concordia e la Giustizia sono di Pompeo Marchesi ; 1' Eternità e la Fedeltà , del Monti di Ravenna ; Cerere e Vulcano , di Gandolfi ; Minerva e Mercurio , di Cacciatori ; i bassorilievi di Busca , Somaini , Sangiorgio , ecc . Il Lazzaretto . Appena fuori di Porta Venezia , a sinistra , è situato il Lazzaretto , stato eretto su disegno di Lazzaro Palazzi nel 1489 da Lodovico Sforza , detto il Moro , ad insinuazione di Antonio Bembo , dopo la pestilenza dell ' anno 1461 , per la più comoda cura e separazione delle persone sane dalle infette . Il cardinale Ascanio Sforza , fratello del duca , contribuì alla generosa impresa . Il terreno aveva appartenuto al conte Galeotto Bevilacqua , che ne aveva fatto dono all ' Ospedale Maggiore . - - La fabbrica nel 1507 fu ridotta come al presente da Luigi XII re di Francia , in quell ' epoca signore di Milano . San Carlo , su disegno del Pellegrini fece erigere nel centro una bella cappella di figura ottagona con otto arcate aperte , affinchè gli ammalati potesser dalle loro celle vedere la celebrazione degli uffici divini . Dal 1785 in poi servì 1' edificio a differenti usi . Il giorno 9 luglio 1797 si celebrò nel Lazzaretto la generale Federazione di tutti i capi dei diversi dipartimenti della Repubblica Cisalpina ; venne allora denominato Campo di Marte , innalzandovisi la statua della Libertà , che venne dal popolo spezzata il 28 aprile 1799 , all ' entrare dell ' esercito austro - russo . Manzoni , ne ' suoi Promessi Sposi , descrive sovranamente questo luogo . Dicontro al Lazzaretto vi è la R . Scuola superiore di medicina veterinaria , con annesso ospedale per cura degli animali domestici infermi . Poco discosto vi è pure uno stabilimento per lezioni di nuoto , detto Bagno di Diana , che fu architettato da Andrea Pizzala . Il bello stradone , che si presenta dicontro alla porta , venne decretato da Napoleone I . Chiamasi di Loreto ; esso continua sempre così maestoso sino alla Reale Villa di Monza . Giardini Pubblici . Rientrando in città per la Porta Venezia , a destra , si presenta il magnifico bastione omonimo . Questo tratto di bastione , tutto alberato a doppio ordine di ippocastani , con comodi marcia - piedi , che si estende sino a Porta Nuova , è il passeggio preferito dalla popolazione . Qui hanno luogo i corsi pei quali la nostra città ha rinomanza . A destra di esso godesi la veduta degli ameni colli briantei , e dei monti comaschi e bergamaschi fino alle grandi Alpi . A sinistra presentansi i Giardini Pubblici . Al vecchio Giardino , che trovasi tra il bastione e il Corso Venezia , si scende per una magnifica gradinata . Esso venne ideato dal Piermarini , e fu incominciato l ' anno 1785 per ordine di Giuseppe II nell ' area ove già sorgevano i monasteri di San Dionigio , che ricordava l ' arcivescovo Ariberto , demolito nel 1770 , e delle Carcanine , demolito nel 1775 . E disegnato , secondo l ' antico gusto francese , a viali regolari con un folto boschetto , fiancheggiante il giardino della Villa Reale . Nel mezzo sorge un fabbricato quadrato ed isolato , già disegno dello stesso Piermarini . Da molti anni era in rovina per avvenutovi incendio . Ora , a cura di una società , fu ristaurato ed abbellito sotto la direzione dell ' ingegnere architetto Giuseppe Balzaretti . Nell ' interno questo edificio ha un ' elegante sala , sorprendente per la sua ampiezza ; essa serve per concerti musicali , feste da ballo , esposizioni , accade - mie , ecc . Fu inaugurato il 22 febbrajo 1871 . Il nuovo giardino , incominciato nel 1856 su disegno dell ' ingegnere Balzaretti nell ' area principalmente della estesissima ortaglia già di proprietà Dugnani , venne aperto al pubblico nel 1861; esso desta l ' ammirazione di tutti per la bellezza del suo disegno ; è a viali tortuosi , ad ondulazioni di terreno che innalzasi bruscamente al di là del rivolo che lo attraversa in senso diagonale . Una parte di questo passeggio è ridotta a giardino zoologico . Dal bastione vi si accede da un ponte di ferro ; ha pure parecchi ingressi dalla via Palestro , Piazza Cavour e via Manin . Nell ' altipiano evvi un elegante caffè assai frequentato nella estiva stagione . Questo giardino possiede parecchie statue , due delle quali del Pattinati , l ' una rappresentante L ' Italia e l ' altra Carlo Porta , il gran poeta milanese . Dal nuovo giardino pubblico si può accedere al Museo Civico ( * ) . Il Museo pervenne al Municipio nel 1838 per l ' acquisto da esso fatto delle ricche raccolte d ' oggetti naturali , di proprietà del nobile Giuseppe De Cristoforis e del professore Giorgio Jan ; ampliato in seguito sempre più con nuovi acquisti e privati doni . ( * ) E ’ visibile pubblicamente nei giorni di domenica e di giovedì , dalle ore 10 della mattina alle 4 pomeridiane nell ' estate , e dalle 11 antimeridiane e 3 pomeridiane nell ' inverno ; negli altri giorni devesi ritirare permesso o dei Municipio o del direttore del Museo . Venne nell ' attuale edificio trasferito nel 1864 dalla via del Circo , ed ordinato dai professori Jan e Cornalia . Racchiude collezioni di ogni ramo di zoologia , di botanica , di mineralogia , di geologia , di etnografia ed altre istruttive curiosità . Il palazzo apparteneva alla famiglia Dugnani sopra nominata , e conserva ancora vari affreschi del Porta di Milano , e del ' I ' iepolo di Venezia . In esso fu per qualche tempo il Reale collegio delle Fanciulle . Sotto al porticato vi è un gruppo in gesso del Marchesi rappesentante Ercole che libera Alceste . Nella via Palestro , che lambe il nuovo giardino pubblico verso la città , evvi la Villa Reale . Questo palazzo venne eretto su elegante e sontuoso disegno dell ' architetto Leopoldo Pollack per ordine del generale Lodovico Belgiojoso ; fu terminato nel 1793 . L ' interno e l ' esterno dell ' edifizio annunziano il buon gusto dell ' architetto . Sotto il regno Italico venne in possesso del governo . Vi abitarono principi e sovrani ; nel 1859 Napoleone III , vittorioso sui campi di Magenta . Ora è proprietà del principe ereditario Umberto di Piemonte . La più bella facciata di esso è quella verso il giardino . Grazioso Rusca , Francesco Carabelli e Bartolomeo Ribossi scolpirono le statue che adornano in alto il palazzo . Le medaglie all ' interno con figure a basso rilievo di stucco , rappresentanti vari fatti storici e favolosi , di cui forni i soggetti il Panini , sono di Donato Carabelli , di Angelo Pizzi , di Carlo Pozzi e di Andrea Casareggio . Nell ' interno ammirasi una grande medaglia di Andrea Appiani , che rappresenta il Parnasso , ultima opera di quel pittore , e affreschi di Bernardino Luini , trasportativi su tavola dal casale della Pelucca presso Monza . Linea B ( N . 1 . Colore azzurro Porta Nuova ) . Per la via Carlo Alberto . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Il palazzo della Ragione . Loggia degli Osii . Palazzo delle Scuole Palatine , ora degli Uffici delle Ipoteche . Collegio dei Giureconsulti . Questura . Archi di Porta Nuova . Liceo Panini . Convitto nazionale Longone . Ospedale Fate - bene - fratelli . Istituto dei Ciechi . Casa di Salute . Fabbrica dei Tabacchi . Ospedale Fate - bene - sorelle . Porta Nuova . CHIESE . San Francesco da Paola . Sant ' Angelo . TEATRI . Teatro Re ( vecchio ) . La Scala . Filo - drammatico . ALBERGHI , ECC . Milano . Annunciata con bagni . Aquila . Angioli . Gallo . Piazza Mercanti . La Piazza Mercanti , così detta dalla riunione che vi facevano i mercanti in consiglio in occasione di qualche loro affare , è un vasto quadrato nel centro della città . Nel suo mezzo , sopra archi tutti aperti , s ' innalza l ' archivio notarile , insediatovi il 1 ottobre 1775 . Questo edificio , isolato e grandioso , venne eretto nel 1233 da Oldrado da Tresseno di Lodi , podestà di Milano , e fu chiamato della Ragione , come quello che era destinato a sede del Consiglio generale dei cittadini . Riconoscente Milano al podestà fecegli scolpire una statua equestre a mezzo rilievo , posta nella fronte meridionale del palazzo stesso . Dalla parte settentrionale vedesi inserita in un pilastro una scrofa pelosa , che si credette fino ai giorni nostri avesse dato il nome a Milano . La bellissima architettura del secolo XIII venne deturpata nel 1775 , e le ampie finestre furono chiuse . Ora si pensa di ripristinarla , e venne all ' uopo dalla Regia Accade - mia di Belle Arti aperto un concorso . Una delle finestre verso mezzodì venne nel 1870 scoperta quale modello . Di contro alla statua di Oldrado , è la Loggia degli Osii , così chiamata da una famiglia antica ivi esistente , fu costruita in epoche diverse . La parte più antica è del 1316 , e la si deve a Matteo Visconti : vuolsi terminato 1' edificio da Galeazzo Il . E di marmo bianco e nero , arricchita da stemmi della città e delle sei porte , ed altri dei Visconti e degli Sforza . Dal suo pulpito , detto dal volgo parlera , si leggevano le sentenze di morte e gli atti pubblici ; qui i consoli ed i podestà parla - vano al popolo . Ora è sede della Camera di Commercio . Nel palazzo attiguo stavano le Scuole Palatine , nelle quali insegnarono , secondo la tradizione , Virgilio , Plinio Secondo , Sant ' Agostino , Emanuele Crisolara , Demetrio Calcondila , venuto da Costantinopoli per la lingua greca , Francesco Filelfo , Giorgio Merula , Pietro Candido Decembrio , ecc . Le scuole vennero poi riunite al Ginnasio di Brera . Il palazzo stesso servì , in sullo scorcio del passato secolo e in sul principio del presente , ad uffici dei Tribunali di Prima Istanza ed Appello ; ora è sede dello Ufficio delle Ipoteche . Questa parte di Piazza , precisamente quella fra gli edifici descritti , era pur destinata alla esecuzione delle sentenze di morte , particolarmente dei nobili ( * ) . Fu qui che vennero giustiziati Francesco , Margherita ed altri della famiglia Pusterla . Il lato settentrionale della Piazza è fiancheggiato dalla maestosa e ricca fabbrica dell ' antico Collegio de ' Giureconsulti , conti e cavalieri , chiuso nel 1796 . Fu fatta costruire da Pio IV de ' Medici con disegno di Vincenzo Seregni . E formata da portici arcuati , sostenuti da binate colonne doriche , poste sopra a piedestalli . Il secondo ordine ha i pilastri ad uso di termini con capitello fonico . La statua in marmo di Sant ' Ambrogio è mediocre lavoro di L . Scorzini . Nel mezzo sta la torre , dicesi innalzata da Napo della Torre l ' anno 1272; era presso il Broletto Nuovo , o Municipio , stato trasferito , come abbiamo veduto , in questa Piazza nel 1228 , ove era un edificio della famiglia Faroldi . Al tempo di Fabrizio Bossi , vicario di provvigione , fu collocato sulla torre 1' orologio e la campana del pubblico . - - Ove è la torre da duecento anni , in una nicchia , inalzavasi la statua d ' ottima scultura rappresentante Filippo II , re di Spagna . La statua alla venuta dei francesi nel 1796 era stata rovesciata , e mozza del capo . Lo scultore Carabelli si esibì a sostituirvi quello di Bruto . ( * ) Il duplice supplizio della decapitazione o della forca non avevano in Milano un luogo esclusivo , specialmente pei plebei . La decapitazione d ' ordinario si eseguiva a mezzo il Corso di Porta Tosa ( ora Verziere ) ; il patibolo si erigeva al prato delle forche fuori di Porta Vigentina , alla Vetra ; o in altri siti secondo il delitto che era stato perpetrato . Venne la statua riformata il 9 luglio 1797 , giorno primo della libertà Cisalpina , ponendovi ai piedi questa iscrizione : ALL ' IPOCRISIA DI FILIPPO II SUCCEDA LA VIRTU ' DI MARCO GIUNIO BRUTO . CITTADINI SPECCHIATEVI NEL VOSTRO PRIMO PROCONSOLE . ANNO V REPUBBLICANO XXI MESSIDORO . Questa statua fu levata all ' entrare dei coalizzati ( 28 aprile 1799 ) , e dal popolo deturpata . Il collegio dei Giureconsulti servì in seguito per gli Uffici della Congregazione Centrale , dell ' I - spettorato delle Scuole ecc . ; ora è occupato dal Comando Superiore della Guardia Nazionale , ed in parte dalla Borsa . Su questa Piazza vedesi un pozzo ; nel 1767 venne ricostrutto con eleganza dal conte Nicola Visconti prefetto della città . Al N . 19 sono gli Uffici del Telegrafo . Nella vicina via Carlo Alberto vanno sorgendo grandiosi edifici , fra cui citiamo quelli dei fratelli Conconi , disegno dell ' architetto Jodani , dei signori Galli e Rosa , disegno dell ' architetto Maurizio Garavaglia , e dei fratelli Cesati e fratelli Bianchi , entrambi disegno dell ' architetto Bigatti . Presso la Piazza Mercanti , in fondo alla via Ugo Foscolo , evvi il Teatro Re ( vecchio ) . In quell ' area sorgeva ancora nel 1811 1' antica chiesa di San Salvatore in Xenodochio , fondata nel 787 dall ' arciprete Dateo col primo brefotrofio sulle rovine di una grandiosa fabbrica romana , detta il Campidoglio e dedicata a Giove . L ' Ospizio dei fanciulli esposti di Dateo era ancora in prospere condizioni nell ' undecimo secolo . Nel 1811 la chiesa di S . Salvatore venne comparata all ' asta bandita dalla Prefettura del Monte Napoleone da un ex - calzolajo Carlo Re , il quale vi fece erigere l ' attuale teatro sul disegno del Canonica , che venne inaugurato sulla fine del 1513 . Questo teatro sta per essere demolito . Nella via Santa Margherita trovansi gli uffici della Regia Questura . Ove è la R . Questura esisteva l ' antico e vasto monastero di Santa Maria di Giasone , detto quindi di Santa Margherita . - - Il disegno dell ' attuale fabbricato è dell ' ingegnere architetto Giusti . Durante la dominazione austriaca quivi erano le carceri , ora demolite , pei reati politici . E noto quanto Silvio Panico , che vi fu rinchiuso , scrisse sulle medesime . Teatro alla Scala . Incendiatosi , la mattina del 25 febbrajo 1776 , entrante la quaresima secondo il rito ambrosiano , il teatro nel palazzo ducale , che era stato eretto nel 1717 sull ' area di altro pure consumato dalle fiamme il 5 gennaio 1708 , si pensò con autorizzazione di Maria Teresa di innalzarne uno immediatamente fuori dal suddetto palazzo , in località più comoda al pubblico . Il teatro incendiato era proprietà dei palchettisti , perchè nel 1717 costruito a loro spese , avendo l ' erario fornito soltanto l ' area ed i muri di cinta ; spettava quindi ai medesimi la spesa del nuovo se non volevano perdere i di - ritti dei palchi , rappresentanti un capitale di oltre tre milioni . Perciò scelsero tra loro dodici cavalieri , delegati a rappresentarli , e trattare col governo e cogli appaltatori circa i lavori . L ' imperatrice , annuente al desiderio del figlio che si erigessero due teatri , fu scelto pel primo 1' area dove sorgeva la chiesa di Santa Maria della Scala , pel secondo 1' area delle Scuole Canobbiane . Si stipulò un contratto solenne tra la R . Camera e la società dei palchettisti , Ia quale obbligossi a far edificare i due nuovi teatri sui disegni di Piermarini , che nel luglio dello stesso 1776 li compì . In corrisponsione la R . Camera assunse l ' obbligo di tenere aperto il teatro nel carnevale e nell ' autunno con spettacoli d ' opere in musica e balli , assegnando ai proprietari oltre il canone dei palchi , l ' affitto di vari locali , ed il ricavo dell ' appalto dei pubblici giuochi , contemplato però il caso di generale soppressione dei medesimi . In meno di due anni la fabbrica della Scala venne ultimata dai fratelli Fè , Marliani e Nosetti appaltatori , e il 3 agosto 1778 se ne fece la solenne apertura col dramma in musica Europa riconosciuta del maestro Salieri . Il Panini ebbe a porgere 1' argomento per la esecuzione del sipario . Venne poi a subire dei ristauri e delle rimodernature nel 1807 , 1814 , 1830 , 1865 e 1870 . - - La platea ha metri 24 , 84 in lungo , e 22 , 01 in largo , e la recingono sovrimponendosi cinque ordini di palchi , sommanti a 194 , coronati da una galleria aperta . Contiene circa 4000 spetta - tori . È provveduto di ampie sale per ridotto , di un caffè . Ha annessa una scuola da ballo . La Piazza , che ha nome da questo teatro , nel prossimo anno verrà arricchita di un grandioso monumento a Leonardo da Vinci , opera dello scultore cav . Pietro Magni ; sarà collocato nel mezzo del giardino fatto costruire nel 1SG0 dal Municipio . Teatro Filodrammatico . Ove esistevano la chiesa ed il monastero dei santi Cosma e Damiano , sorge un elegantissimo teatro di declamazione eretto nel 1798 da una società di cittadini costituita in Accademia . Il disegno originario è del Piermarini ; ma fu costruito con modificazioni dagli architetti Pollai : e Canonica ; manca tuttora al compimento la facciata . Ha quattro ordini di logge non interrotte da alcuna separazione , e può contenere 800 persone sedute . Possiede un lodatissimo sipario rappresentante la Scuola d ' Atene , opera di Andrea Appiani , del quale è pure la bella medaglia nella vôlta . V ' hanno anche ornati pregevoli di Gaetano Vaccani . Si accede al teatro mediante biglietto gratuito rilasciato dai soci . Sulle scene di questi dilettanti comparvero Vincenzo Monti , Carlo Porta , la Pasta , ecc . Nella via Filodrammatici devesi osservare una bella porta scolpita in marmo con bassorilievo e tre ritratti , fra i quali quello di Francesco Sforza . Lungo la vicina via del Giardino , che è d ' uopo riprendere per recarsi alla Porta Nuova , vi sono parecchi edifici degni di osservazione ; la Banca Nazionale , già casa Greppi , disegno del Canonica ; qui abitò re Carlo Alberto il 5 agosto 1848 , ove poco mancò rimanesse ucciso da una mano di alcuni cittadini , frementi per la perdita della guerra intrapresa da lui contro gli Austriaci ; il palazzo Loria , compiutosi nello scorso anno 1870 su disegno dell ' architetto Luigi Clerichetti : ha un magnifico cortile ; il palazzo Traversi , già Anguissola disegno del Canonica ; il palazzo Poldi - Pezzoli , disegno dell ' architetto Cantoni . In quest ' ultimo palazzo sono raccolti molti oggetti d ' arte ; ammirasi all ' esterno 1' ultimo lavoro dello scultore Bartolini , gruppo in marmo rappresentante Astianatte , gettato dall ' alto del - le mura di Troia da Perseo per comando di Ulisse . V ' hanno pure il palazzo Melzi , disegno dell ' architetto Giocondo Albertolli , e il palazzo d ' Adda , disegno dell ' architetto Arganini . La chiesa di San Francesco da Paola che vedesi nella stessa via del Giardino non presenta nulla di rimarchevole . Allo sbocco della Croce Rossa vi è l ' Albergo Milano . Archi di Porta Nuova . In fine della via del Giardino evvi un avanzo di monumento antico , vogliamo dire gli Archi , o Portoni chiamati di Porta Nuova . Essi rammentano una delle porte costrutte dalla Lega Lombarda nel 1171 sulla forma delle antiche porte romane a due archi , e coi marmi estratti dalle mure della città erette da Massimiano ; e perché tutta la costruzione fosse romana , si levarono dall ' antica cerchia persino le decorazioni e le iscrizioni , e si trasferirono sulle nuove porte . La storia di questo monumento si lega fino ai nostri giorni colla storia della libertà di Milano . Nel marzo 1848 ha degnamente fatto la sua parte nella rivoluzione delle cinque giornate . Tra il 1861 e il 1862 furono ristaurati a spese del Comune ; e il 18 marzo 1862 vi vennero col - locate le seguenti epigrafi dettate dal dottor Tullo Massarani : DA QUESTI AVANZI DELLA CERCHIA ANTICA MILANO DOPO SETTE SECOLI RINNOVÒ LE BATTAGLIE DELLA LEGA LOMBARDA MDCCCXLVIII . - - - - - - - - - - - - - - - LIBERA RESTAURANDO GLI ARCHI VETUSTI MILANO RIBENEDICE LE MEMORIE CITTADINE NEL NOME D ' ITALIA MDCCCLXII . Liceo Panini e Convitto nazionale Longone . Passati gli Archi , volgendo a sinistra , trovasi la via Fate - bene - fratelli . Evvi in essa da visitare il P . Liceo Panini , il quale possiede due copiosi ed ordinati gabinetti di fisica e di storia naturale , una biblioteca ed una raccolta di carte geografiche . Nell ' edificio stesso è insediato il Convitto nazionale Longone , riformato con decreto reale 24 settembre del 1861 . Era prima Collegio sotto la direzione dei Padri Barnabiti . Venne fondato -43- nel 1573 da S . Carlo in una casa degli Umiliati , sotto il titolo di Collegio di Santa Maria , per l ' ammaestramento della nobile gioventù , ma povera ; fu in seguito detto Collegio Longone , perchè uno di questa famiglia , Pier Antonio Longone , ne accrebbe le entrate con lascito 15 luglio 1613 . Chiuso , fu nel 1820 riaperto sotto la direzione , come si è detto , dei Barnabiti . In esso vi sono dieci posti interamente gratuiti , e venti a metà . A pochi passi abbiamo 1' Ospedale Fate - bene - fratelli . Nel 1588 venuti in Milano i frati ospitalieri di S . Giovanni di Dio , detti Fate - bene - fratelli , fondarono questo nosocomio in parte di locali di proprietà degli Umiliati . La prima pietra fu posta dall ' arcivescovo Gaspare Visconti . Era detto in origine Ospedale de ' Convalescenti di S . Giovanni Evangelista ; poi di Santa Maria d ' AraCoeli dalla unitavi chiesa ; in fine nel 1634 assunse l ' attua - le denominazione ( * ) . A quest ' Ospedale molti benefattori lasciarono ricche dotazioni per accrescerlo e mantenerlo . Con tali mezzi nel 1825 venne innalzato 1' attuale edificio su disegno dell ' architetto Pietro Gilardoni . Ha un grandioso atrio ; al piede della grande scala scorgesi la colossale statua marmorea di San Giovanni di Dio , uscita dallo scarpello del professore Pompeo Marchesi . In questo stabilimento non si ricevono che uomini , esclusi gli affetti da malattie croniche e veneree . Con decreto 9 marzo 1870 esso veniva sottoposto ad una Commissione amministratrice laica . ( * ) Dal costume seguito dal fondatore dell ' ordine , ne primordi del suo spedale , di portarsi in giro per la città , anche di notte , a questuare pe ' suoi poveri col grido Fate - bene , o fratelli , a voi stessi , ne venne il nomignolo dato a que ' padrii . Istituto dei Ciechi . Non lungi da quest ' ospedale evvi 1' Istituto dei Ciechi , fondato il 7 maggio 1839 da Michele Barozzi , e quivi stabilmente insediato il 1° dicembre 1855 , trasportatovi dal locale della Pia Casa d ' Industria di S . Marco . E assai rinomato pel sistema di educazione impartiti a quegli infelici . Chiesa di Sant ' Angelo . Seguendo pel Corso di Porta Nuova devesi visitare la chiesa di Sant ' Angelo , già officiata dai Minori Osservanti . E una costruzione imponente cominciata nel 1552; ne pose la prima pietra 1' arcivescovo Arcimboldi . La facciata ha due ordini ; uno dorico , 1' altro jonico , ed è ornata di varie statue . L ' interno è grandioso , in una sola navata , che si allarga nel presbiterio . L ' architetto ne fu Vincenzo Seregni . Benchè questa chiesa sia stata soggetta a diverse vicende , pure vi si sono conservati molti preziosi freschi , e varie pitture degne di essere ammirate , fra le quali quelle del Procaccini , del Barabino , del Semini , del Lomazzi , del Fiammenghino , del Legnani , del Caravaggino , del Suardi , del Morazzone , ecc . Casa di Salute . Questa Casa , per la cura di individui d ' ogni età , sesso e condizione , affetti da qualsiasi malattia medica , chirurgica ed ostetrica , mediante pensione da determinarsi a norma dei casi e delle esigenze , ora esercita da una Società anonima , ricostituita con istrumento 15 aprile 1866 , a rogito del notaio Migliavacca , devesi ad un legato di Lire 50 mila di Leopoldo Bevagna , primo agosto 1826 , il quale lasciava appunto due terzi del di lui patrimonio all ' erezione di un ospedale in Milano pel ricovero di ammalati in pensione . Fu aperto nel 1835 . Fabbrica dei Tabacchi . Presso Sant ' Angelo , in principio del secondo tronco della via Moscova , evvi pure la Fabbrica dei Tabacchi . Essa fu eseguita su disegno dell ' architetto Canonica , e per la medesima si occupò tutto il vasto convento dei Carmelitani Scalzi , che era stato eretto nel 1622 sotto il governatore Mendozza . Secondo il Torri , ove era quel monastero sorgeva la casa della famosa Guglielmina Boema . Nel 1801 parte del convento servì di Ospedale Militare per le guardie del generale Brune . Quasi dicontro a questa fabbrica evvi la caserma dei Carabinieri . Ospedale Fate - bene - sorelle . Questo Pio Stabilimento ebbe il suo principio nel 1814 circa nel Borgo degli Ortolani , nel locale del già soppresso convento e chiesa di Sant ' Ambrogio ad Nemus . L ' ex - religiosa , madre Giovanna Lomeni ne fu la promotrice ; mercè le cure della con - tessa Laura Visconti Ciceri , ebbe poi tale sviluppo da meritare a questa dama 1' onore di fondatrice . Il Pio Istituto andò poi sempre prosperando per continue beneficenze ; onde si pensò a dargli nuova sede , e nel 1841 si principiò l ' attuale elegante e maestoso locale su disegno dell ' architetto Giulio Aluisetti , Questo spedale è destinato a ricovero delle malattie acute . Con Decreto 30 agosto 1863 l ' Amministrazione di esso fu concentrata nel Consiglio degli Istituti Spedalieri . Di contro all ' ospedale è da visitare la rinomata fabbrica di carrozze del signor cav . Cesare Sala . Porta Nuova . L ' antichissima Porta era de - dicata a Saturno . L ' attuale edificio venne eretto nel 1810 , tutto di pietra arenaria , d ' ordine corintio , con casini laterali d ' ordine dorico ; il di - segno ne è gentile ed elegante , e devesi al poeta prof . cav . Giuseppe Zanoia . Linea B . ( N . 2 . Colore azzurro Porta Nuova ) . Per la via santa Radegonda . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Palazzo del Censo . Marino . Belgiojoso . Casa Manzoni Leone - Leoni . Monte di Pietà . Cassa di Risparmio . Comando Militare . Accademia di Belle Arti , ecc . Casa d ' Industria . Bagno Pubblico di Castelfidardo . CHIESE . San Raffaele . San Fedele . San Giovanni alle Case Rotte . San Marco . TEATRI . Della Commedia ( In costruzione ) . ALBERGHI E TRATTORIE . Popolo . Corona d ' Italia . Bella Venezia . Borsa . Chiesa di San Raffaele . La chiesa di San Raffaele riconosce la sua erezione dal re Berengario ; in seguito fu ricostrutta con disegno del Pellegrini : la grandiosa facciata non è ancora finita . Contiene qualche buona pittura del Figini , del Nuvolone , del Fiammenghino , ecc . Chiesa di San Fedele . Nella Piazza omonima vi è il bellissimo tempio di San Fedele , eretto sull ' area dell ' antichissima chiesa di Santa Maria in Solariolo . Il Pellegrini , che ne fu l ' autore , ha in esso spiegato il suo genio . - - Quell ' architetto , essendo stato chiamato in Ispagna , lasciò a Martino Bassi di condurre a termine il grandioso edificio . San Carlo , che lo fondò nel 1566 , volle consacrarlo il 24 giugno 1569 con molta solennità . I Gesuiti , venuti a Milano nel 1563 , entrarono in possesso di San Fedele nel 1569 . Aboliti i Gesuiti nel 1773 , vi subentrarono i Canonici della Cappella Regia di Santa Maria della Scala , chiesa stata chiusa il 5 agosto 1776 per fabbricare , come abbiamo veduto , il teatro grande . Soppressi parimenti questi canonici , continuò sino ai nostri giorni ad essere altra delle parrocchiali della città , conservando il titolo di Regia Cappella . Era in essa che si facevano i funerali aulici . L ' altare maggiore di questa insigne chiesa , composto di fini marmi , di sculture e di ricca doratura , è disegno dell ' architetto Pietro Pestagalli . Si contengono in essa chiesa pitture di Bernardino Campi , del Cerano , del Preterazzano , l ' allievo del Tiziano , dei fratelli Santagostino . E pure da ammirarsi un bel dipinto a fresco rappresentante la Vergine , quivi trasportato dalla chiesa di Santa Maria della Scala . Palazzo del Censo ed Archivio . Il palazzo della Direzione del Censo era già la casa o il Collegio dei Gesuiti . Venne rifabbricato sul di - segno dell ' architetto Pietro Pestagalli , dal quale pur furono disegnate e dirette tutte le interne costruzioni . La facciata con porta di pietra è d ' ordine dorico . In una parte del Collegio suddetto trovansi gli Archivi governativi , nei quali furono pure compenetrate tutte le carte pubbliche che erano nell ' antico Archivio del Castello . Fra i più curiosi documenti sono le gride e le ordinanze della città di Milano dal 1446 al 1450 dei signori capitanei et defensores libertatis . Teatro della Commedia . Di contro al tempio di San Fedele sta ora sorgendo un teatro per la commedia su disegno dell ' architetto Scala di Udine . Le proporzioni di questo teatro sa - ranno approssimativamente eguali a quelle della Fenice di Venezia . La platea misurerà , ai due assi principali , metri 13 , 50 per ciascuno ; il palco scenico avrà una profondità di metri A . La fronte verso la Piazza avrà un ' estensione lineare di 48 metri . L ' ingresso ed il passaggio dei cocchi sarà verso la via Berchet . Qui sorgeva la casa eretta nel IV secolo dai marchesi Imbonati , la quale nel 1829 passò in terza proprietà a Massimo d ' Azeglio . Fu ivi che questo illustre italiano eseguì dal 1830 al 1844 le migliori opere del suo pennello , e scrisse i romanzi storici Ettore Fieramosca , pubblicato nel 1833 , e Nicolò de ' Lapi , pubblicato nel 1841 . Nella Piazza di San Fedele evvi 1' albergo della Bella Venezia . Nel mezzo di essa sorgeva la casa Sannazzari , edificata in sullo scorcio del passato secolo dall ' architetto Piermarini , la quale conteneva ricchi musei d ' opere d ' arte , e una rara raccolta di uccelli , preparati dal Volpini . Verso il 1813 divenne proprietà del ministro Prina , e fu quivi che esso fu barbaramente ucciso il 20 aprile 1814 . In quell ' occasione , saccheggiata e guasta , la casa fu poscia del tutto demolita per dare agio maggiore alla chiesa . Palazzo del Marino . Tomaso Marini , genovese , venne a Milano verso il 1525 , e avendo presi , unitamente ad un suo concittadino Grimaldi , tutti gli appalti e dazi della città , ammassò in pochi anni una ricchezza sorprendente . Divenuto signore , ed in seguito duca di Terranuova , pensò a formarsi una magnifica abitazione , dove si tenevano le Finanze , dandone l ' incarico all ' architetto Galeazzo Alessi , perugino , che nel 1555 disegnò questo palazzo isolato con profusione grandissima di ornamenti . L ' edificio non venne terminato , vuolsi dalla tradizione popolare , perchè il Fisco andò al possesso di tutto il patrimonio del Marini , accusato di aver ucciso per gelosia la propria moglie nella sua villa di Gaggiano . Pare piuttosto che la confisca provenisse dai debiti verso lo Stato , cagionati dalla matta amministrazione di quell ' uomo . Nel 1682 fu venduto per ottanta - mila lire agli Omodei ; quella famiglia lo rivendette a Maria Teresa . Dopo aver servito a parecchi usi , specialmente per Uffici dipendenti dalla R . Finanza , vi si insediava nel 1861 il Municipio , che ne diveniva proprietario . La facciata verso la Piazza di San Fedele è la sola compiuta ; essa è di tre ordini di architettura , dorico , jonico e composito : è veramente imponente . Magnifico è anche il cortile . Vi si conserva una gran sala con pitture di Giovanni da Monte e di Ottavio Semini , del quale ultimo è la medaglia della vôlta , Psiche condotta al cospetto di Giove . L ' affresco del da Monte , il Ratto delle Sabine , andò perduto . Chiesa di San Giovanni . - - Presso il palazzo del Marino evvi la chiesa di San Giovanni alle Case Rotte , disegno di Francesco Richini , costruita sull ' area dell ' antica chiesa di Sant ' Anastasia , consumata dal fuoco nel 1728 . Non presenta senta nulla di rimarchevole , eccetto due dipinti , 1' uno del Giudici , e del Del Cairo l ' altro . Palazzo Comunale . - - Limitrofo alla chiesa evvi un palazzo , ora pur proprietà del Municipio e sede di Uffici civici . In questa linea erano le case di Guido della Torre , capitano perpetuo del popolo , guaste nell ' anno 1311 dalla fazione Ghibellina ; e perciò tanto la chiesa di San Giovanni come questo palazzo diconsi alle Case Rotte da quelle rovine . Palazzo Leoni . Nella via degli Omenoni evvi la casa Besana , già di Leone - Leoni , aretino , famoso scultore ed architetto del secolo XVI , il quale la ornò di varie sculture di sua mano . Le cariatidi , scolpite dal Vairone , tengono molto della scuola di Michelangelo . Palazzo Belgiojoso . Qui presso è la Piazza Belgiojoso nella quale è degno di osservazione il palazzo principesco di quella famiglia , eretto nel 1777 su disegno dell ' architetto Piermarini . Contiene nell ' interno pitture di Martino Knoller e Albertolli , e stucchi di Gerli . In questo palazzo abitò il maresciallo Brune . In angolo alla piazza Belgiojoso e la via del Morone è la casa di Alessandro Manzoni . Monte di Pietà . Il Monte di Pietà , destinato a provvedere con pronte sovvenzioni in denaro ai pressanti bisogni dell ' indigenza , ed a sottrarre la medesima dalle rovinoso estorsioni dell ' usura , venne fondato dalla liberalità dei cittadini , eccitata dalle prediche del francescano Domenico Ponzone nell ' anno 1490 , con approvazione e con sussidi di Lodovico Maria Sforza , detto il Moro , settimo duca di Milano . La primitiva sede era in via Santa Maria Segreta . Venne sempre più arricchito con altre pie disposizioni , non che colle generose elargizioni di Maria Teresa e di Giuseppe II . Nel 1783 fu trasferito ove trovasi al presente , in edificio eretto dall ' architetto Piermarini nell ' area sulla quale surgevano i soppressi conventi di monache dell ' ordine di Sant ' Agostino e di Santa Chiara . Nel 1796 , per varie vicende , essendosi quasi annientato , fu chiuso ; e quindi nel 1804 riaperto . Il 20 giugno 1810 ebbe un nuovo regolamento , e venne infine riordinato , secondo il bisogno dei tempi progrediti , in questi ultimi anni . Palazzo della Cassa di Risparmio . Nell ' area , ove esisteva in via Monte di Pietà il palazzo disegno del Piermarini , da ultimo sede dell ' Intendenza Militare , eretto ove già erano il convento e la chiesa delle monache cappuccine di Santa Barbara soppresse nel 1782 , a spese dell ' Amministrazione della Cassa di Risparmio si è innalzato un grandioso palazzo isolato , di - segno dell ' architetto Balzaretti , imitazione del palazzo Strozzi di Firenze . Sarà la sede della Cassa di Risparmio . Comando Militare . In via di Brera è il Comando Militare ; era già palazzo appartenente alla famiglia Cusani . E ’ di stile barocco , architettato dal Ruggeri , che vi aveva finto alla base una montagna su cui posasse lo Stiliobate ; ora i rocchi ne furono scarpellati . Il Piermarini disegnò la facciata verso il giardino . Degne di essere osservate sono le stanze , ricche di stucchi e di pitture . Palazzo di belle arti , o di Brera . Già casa degli Umiliati , indi dei Gesuiti ; attualmente vi hanno sede i principali rami delle scienze e delle arti . Questo palazzo è uno dei più grandiosi ed imponenti edifici della città nostra . - Il disegno originale devesi all ' architetto Francesco Richini ; il Piermarini vi aggiunse la maestosa porta con colonne doriche , dando termine alla facciata . Nella magnifica corte quadrangolare , circondata da doppio ordine di portici sostenuti da doppie colonne , vedonsi le statue di uomini distinti per dottrina , e quella in bronzo di Napoleone I al centro , dovuta al Canova . Grandioso è lo scalone a doppie andate colle statue di Beccaria e di Parini . Il palazzo contiene : L ' Istituto lombardo di scienze , lettere ed arti , sorto l ' anno 1802 , la cui missione è di raccogliere le utili scoperte e di eccitare al perfezionamento di tutti gli studi ; componesi di due classi di scienze matematiche e naturali , cioè , di lettere , scienze morali e politiche . L ' Accademia di Belle Arti , fondata da Maria Teresa nel 1776 , progressivamente ordinata ed ampliata , e pur da ultimo con decreto reale 3 settembre 1859 . Conta attualmente un Corpo accademico composto di venti accademici oltre il Presidente ed i professori delle varie scuole con voto deliberativo , che formano il Consiglio ; e di un numero indeterminato di soci onorari senza voto . La Biblioteca , istituita nel 1770 da Maria Teresa , possiede tal numero di manoscritti e tale quantità di opere di vario genere e rare edizioni e manoscritti e corali da potersi ritenere fra le distinte d ' Italia . Venne formata colla libreria dei Gesuiti e della famiglia Pertusati , coi libri di Haller , colla ricca collezione donata dal cardinale Durini e dal conte di Firmiam , ecc . , ecc . Il Gabinetto numismatico contiene tutte le classificazioni appartenenti alla numismatica antica e moderna , e possiede una biblioteca propria di opere relative alla scienza . Venne fondata nel 1803 . L ' Osservatorio astronomico innalzato dai Gesuiti nell ' anno 1766 , sotto la direzione del padre Boscovich . Il Gabinetto tecnologico , ricco di una collezione di macchine , modelli e disegni , destinato specialmente all ' istruzione degli artieri . Il Museo patrio d ' archeologia , istituito nel 1862 per la raccolta e conservazione dei monumenti patri dello Stato , del Municipio e di quelli offerti dai privati . La Cimelioteca , in cui sono raccolti cimelii scientifici , manoscritti , ecc . di Alessandro Volta . L ' Ateneo , composto di 60 membri effettivi domiciliati in Milano e di un numero illimitato di soci corrispondenti nazionali e stranieri . La Pinacoteca ( * ) , nei cui corridoi a mano manca sono raccolti gli affreschi di Bernardino Luini e della sua scuola , e nelle sale quadri di G . C . Procaccini , del Tiziano , del Salmeggia , di Wan - Dik , di Paride Bordone , del Guercino , di Rubens , del Domenichino , dell ' Albano , di Gaudenzio Ferrari , dei Caraccio , di Daniele Crespi , dei Campi , di Benvenuto da Garofolo , del Tintoretto , di Paolo Veronese , del Moretto , di Giacomo Palma , di Stefano di Ferrara , di Carlo Crivelli , del Mantegna , di Bellino Gentile , di Nicola Pisano , di Bernardino Marchesi , del Cima da Conegliano , di Giovanni Sanzio padre di Rafaello , di Van - Thielen , del Morillo , di Guido , di G . B . Moroni , di Lorenzo Costa , del Francia , di Vittore Carpaccio , di Cesare da Sesto , di Rafaello , e moltissimi altri di tutte le scuole , e dei primi tempi della pittura , di cui puossi trovare particolareggiato cenno nelle apposite guide . A destra le sale che servono all ' esposizione degli annuali concorsi di pittura , di scultura ed architettura , e contengono oltre due copie del Cenacolo , i quadri che riportarono il primo premio ai concorsi generali . In questo palazzo abitarono 1' abate Giuseppe Panini e l ' astronomo Barnaba Oriani . Il primo morì il 15 agosto 1799 , ed il secondo il 12 novembre 1832 , come lo indicano le due iscrizioni poste sulla facciata del palazzo verso la Piazzetta . ( * ) Vi si può accedere tutti i giorni dal 5 novembre al 20 aprile dalle ore 9 antimeridiane alle 3 pomeridiane : dal 21 aprile al 4 novembre dalle ore 9 alle 4 . Chiesa di San Marco . - - Nella Piazza omonima sorge il tempio di San Marco . Venne nell ' area di antichissima chiesa ricostruito nel 1254 in istile gotico con fregi in cotto , finestre a sesto acuto ; soltanto la facciata presenta ancora l ' idea di sua origine vetusta . Vuolsi rifabbricato per voto dei milanesi , e dedicato a San Marco in riconoscenza di servigi ricevuti dai Veneziani . L ' interno è . decoroso , di forma moderna con tre navi , ed è . a croce latina ; fu rimodernato nel secolo XVI . Possiede pitture del G . P . Lomazzo , del Conca , di A . Campi , di G . C . Procaccini , del Cerano , del Genovesino , ecc . ; e diversi monumenti sepolcrali , segnatamente quello di Lanfranco Settala , primo generale degli Agostiniani , morto nel 1264 , e vuolsi lavoro di Balduccio da Pisa . Casa d ' Industria . L ' annesso vasto monastero degli Agostiniani , padri soppressi nel 1797 , servì di caserma militare prima e dopo la Re - pubblica Cisalpina , ora ai soldati francesi , ora ai Polacchi , ora ai Cisalpini e Italiani . -1127 luglio 1815 vi venne aperto dal governo la Pia Casa d ' Industria e Ricovero pei poveri , e nel 1868 , per cura del Municipio , anche il Ricovero di Mendicità . Bagni pubblici . Stabilimento in costruzione in via Castelfidardo . Racchiude vasche comuni pei nuoto non troppo felicemente ideate . Linea C . ( Colore terraceo . Barriera Principe Umberto ) . MONUMENTI . EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Monumento Cavour . Istituto tecnico superiore . Palazzo Taverna . Palazzo Melzi d ' Eril . della R . Zecca . Regia Casa di Pena . Barriera . Stazione Centrale . CHIESE . San Bartolomeo . ALBERGHI . Cavour . Manin . Firenze . Percorrendo la linea dalla Piazza del Duomo alla barriera Principe Umberto devesi fare attenzione al palazzo in angolo tra la via Monte Napoleone e la via Sant ' Andrea . Era quivi l ' antica casa Marliani , di architettura bramantesca , ridotta alla moderna costruzione dall ' architetto Piermarini . Fu sede questo palazzo del Monte Camerale di Santa Teresa , specie di Debito Pubblico , istituito da Maria Teresa con un primo decreto 18 dicembre 1755 ; quindi del Monte Napoleone , fondato nel 1804 da Bonaparte allo scopo di consolidare e redimere il debito . Dopo il 1814 , gli Austriaci vi insediarono il Monte Lombardo - Veneto , che , nel 1864 , il governo italiano tramutò in Debito Pubblico . Di contro a questo palazzo è la casa portante il num . 23 , di proprietà della famiglia Verri , ed ove abitarono Pietro Verri , lo storico ed economista , ed i suoi fratelli Alessandro , autore delle Notti Romane , e Carlo , scrittore in agronomia . È rimarchevole anche la casa Vidiserti n . 37; ivi il 18 marzo 1848 si raccolsero i capi della insurrezione di Milano contro gli Austriaci . Apposite iscrizioni indicano poi ove abitarono e morirono gli scrittori e poeti Carlo Porta e Tomaso Grossi . Nella vicina via dei Bigli è l ' antico palazzo dei conti Taverna , ora del sig . Andrea Ponti , che si vuole architettura dalla scuola del Bramante ; la facciata venne restaurata non sono molti anni . Ammirabili le pitture nel cortile ; esse appartengono alla scuola del Luini . Nella vicina casa , pure Taverna , mentre il popolo milanese combatteva nelle cinque giornate del marzo 1848 , il Comitato centrale dell ' insurrezione respingeva l ' armistizio offerto dal generale Radetzki , e si costituiva in Governo Provvisorio . La famiglia Taverna ha un bel palazzo anche nella via Monte Napoleone . Piazza Cavour . Così chiamata pel monumento innalzato dal Municipio di Milano al grande ministro Camillo Benso conte di Cavour , che vedesi nel mezzo di essa Piazza . La inaugurazione del monumento avvenne la prima domenica di giugno dell ' anno 1865 . La statua di Cavour fu modellata da Edoardo Tabacchi , quella di Clio , che le sta ai piedi in atto di scrivere , da Antonio Tantardini . La fusione in bronzo delle medesime fu eseguita dal Papi di Firenze . In Piazza Cavour abbiamo di rimarchevole 1' Istituto Tecnico Superiore . Creato colla legge 13 novembre 1859 , ebbe principio di attuazione pel reale decreto 13 novembre 1862 . L ' edificio attuale , ricostruito con moderna architettura sotto il Regno Italico con disegno dell ' architetto Pietro Pestagalli , servì a parecchi usi , che non è ufficio nostro qui rammentare . Dalla Piazza Cavour si può anche avere accesso al Civico Museo , un cui ingresso trovasi nella via Manin . In questa Piazza vi è da visitare Io studio dello scultore cav . Pietro Magni , il quale sta eseguendo il gran monumento a Leonardo da Vinci , che dovrà sorgere nel mezzo di Piazza della Scala . Intorno al piedestallo del medesimo , saranno le statue degli scolari del fondatore della scuola lombarda : Salaino , Boltrafiio , Marco d ' Oggionno e Cesare da Sesto . Abbiamo pur quivi l ' Albergo Cavour . Percorrendo la via Manin è degno di osservazione il palazzo ducale Melzi di Eril , che fu abitazione di Francesco Melzi d ' Eril , vice - presidente della Repubblica Italiana , e vi morì il 16 gennaio 1816 nella età di 63 anni . In questa via è 1' albergo Manin con eccellente servizio di trattoria alla carta e a pasto . Volgendo nella via Moscova devesi visitare la Regia Zecca . Questo stabilimento monetario è stato eretto nel 1778 , ed è in moltissima considerazione , tanto per la quantità , delle macchine che servono alla fabbricazione delle monete , quanto per l ' ottimo sistema che si è introdotto , e per la scelta degli artefici ed operatori d ' ogni genere . Fu in questo stesso stabilimento che si illustrarono il cav . Morosi e il bolognese Luigi Manfredini . Prima dell ' anno 1778 la Zecca era situata nella via omonima presso San Sepolcro , e vi ò riconosciuta in quel luogo fin dal 872 , Poco lontano dalla Zecca vi è la nuova chiesa di San Bartolomeo , cominciata nel 1867 . Il disegno è dell ' architetto Maurizio Garavaglia , il quale nell ' interno si attenne alla demolita chiesa di Santa Marta , che era nella Piazza omonima , ed architettata da Francesco Richini . Nella via Principe Umberto sono degne di osservazione le case Maciacchini , architettura toscana dello stesso Maciacchini , e Calegari , architettura del Jodani . In angolo a questa via e quella Parini vi è l ' albergo Firenze . Trovandosi in questa località devesi visitare la Regia Casa di Pena , che sorge in via Giuseppe Parini . Essa è il primo edificio in Italia , eretto fin dal 1762 per uso carceri a forma penitenziaria ; architetto ne fu Francesco Croce ; ma non fu terminato . Ebbe gli elogi del benefico Howard , e destò 1' ammirazione di nostrali e forestieri . Barriera Principe Umberto . Questa barriera venne inaugurata nell ' autunno 1865 . Fu eseguita su disegno dell ' architetto Balzaretti , del quale sono pure i casini laterali , non che gli spazi a giardino tanto ai lati , quanto lungo la via Panini , e fuori città , per accedere alla stazione ferroviaria . Il re di Portogallo , Luigi Filippo Maria , fu il primo a passarvi . Stazione Centrale . La stazione centrale venne inaugurata il 5 maggio 1864 . Elevasi quasi a livello del bastione a 245 metri fuori della città ; ha una forma planimetrica rettangolare , col maggior lato di metri 233 œ di lunghezza , e poco meno di 78 di larghezza : due fronti , l ' una verso la città , l ' altra verso la campagna , insieme collegate da una gran galleria coperta di 40 metri e mezzo di larghezza . Nella fronte verso la città , trovasi l ’ ingresso e l ' ordinamento del servizio pubblico , nella fronte verso la campagna gli uffici della locale Direzione . Il servizio per le partenze è posto a sinistra di chi accede alla stazione , ed il caffè , squisitamente provveduto d ' ogni genere di trattoria e bottiglieria , è all ' estremo di questo lato . Alla parte opposta sta invece il servizio degli arrivi , e la loggia reale con molta ricchezza costruita . Nelle sale vi sono affreschi grandiosi dei pittori Gerolamo Induno ed Eleuterio Paliano . Linea D . ( Colore violaceo Porta Tenaglia ) . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Foro Bonaparte . Castello . Piazza d ' Armi . Arena . Arco del Sempione . Il Tivoli . L ' Eco della Simonetta . CHIESE . Santa Maria della Consolazione . TEATRI . Circhi pel popolo . ALBERGHI ( * ) . Foro Bonaparte . Sull ' area delle demolite fortificazioni del Castello , dal lato di mezzodì , dall ' architetto Canonica disponevasi a pubblico passeggio la Piazza denominata quindi Foro Bonaparte , con svariati campi e zolle , e ben disposti viali ornati d ' alberi che gli Austriaci , me - mori delle cinque giornate del marzo 1848 , al loro ritorno nell ' agosto di quello stesso anno , fecero abbattere . L ' attuale ordinamento del Foro Bonaparte devesi alla Giunta Municipale , che dal 1864 vi continua a fare abbellimenti , su disegno dell ' ingegnere architetto cav . Agostino Nazari . Castello . Il Castello , detto anticamente la Fortezza di Porta Giovia , venne innalzato nel 1358 da Galeazzo II Visconti , con architettura militare di quei tempi . La fabbrica fu terminata nel 1368 . Essa doveva tenere in freno gli amatissimi sudditi . Morto Galeazzo , ad istanza dei cittadini , venne demolito . Se non che succeduto il figlio di lui Giovanni Galeazzo conte di Virtù , dopo l ' usurpazione dello Stato ( * ) In questa linea non vi sono che alberghi ed osterie secondarie . Milanese , non tardò a farne rifabbricare un altro di maggiore robustezza , e vi fissò poi la sua stanza , e qui nasceva il di lui figlio secondogenito Filippo Maria , in cui dovevasi spegnere la linea dominatrice dei Visconti . Così stette fino al 1447 , quando , morto quest ' ultimo duca , i Milanesi , proclamata 1' Aurea libertà ambrosiana , credettero necessario spianare quel forte per togliersene di dosso la soggezione . Ma anche questa volta si trovò subito chi lo rifacesse , e fu Francesco Sforza , quando con nessun diritto , ma colla più efficace delle ragioni , la spada , acquistò Milano , e ne corroborò tutti i punti . La nuova fortezza sorse in forma di un gran quadrato con alte mura cinte da fossato , e con vigorosi torrioni agli angoli rivolti verso la città , e di tale altezza elle le palle ad un bisogno potessero da essi volare in mezzo della città , stessa . Le diede vie coperte , oscure prigioni , cameroni pei militi , stanze col trabocchetto , ingressi muniti di alte torri con grande cortile interno quadrilungo , con rocchetto centrale per tenere , quando bisognasse , in freno lo stesso Castello , e per racchiudervi il tesoro . In questo quadrato era compreso il palazzo ducale , di cui si ponno mirare gli avanzi . Un fulmine , scoppiato ai 28 giugno 1521 nella polveriera , mandava in conquasso grande parte dell ' edificio , che fu ristaurato sotto i regni di Carlo V e Filippo II , e ridotto nelle più recenti regole militari , coronato di sei baluardi , cortine , fossi , strade coperte , mura fortissime , ecc . Salvo alcuni miglioramenti fatti nel 1734 durò la fortezza in quello stato sino al 1500 . Sostenne otto assedi . Con legge 30 nevoso , anno nono repubblicano , fu decretata dal Governo Cisalpino la demolizione della fortezza e 1' erezione del Foro Bonaparte , nel quale dovevano essere raccolti stabilimenti per le assemblee del popolo , per le arti , per le scienze , pel commercio e pel soldato emerito , ed innalzato , nel luogo il più insigne , un grandioso monumento , che tramandasse alla posterità le gloriose gesta degli eserciti francesi in Italia . Il progetto relativo al Foro Bonaparte era dall ' architetto Giovanni Antolini presentato al Governo il 25 frimale del suddetto anno . La prima pietra fu posta con gran solennità il 30 aprile 1801 , presso lo sbocco della via Cusani . Ma caduta la Repubblica Cisalpina non si pensò più alla costruzione del Foro Bonaparte . Il Castello , rimasto dall ' antica fortezza , venne ad avere parecchie migliorie , la più importante , verso la Piazza d ' anni , devesi all ' ingegnere militare colonnello Rossi sotto il Regno italico . I due torrioni di solide bugne agli angoli verso la città , furono mozzati dal popolo nel 1548 . Nel 1862 l ' attuale Governo demolì alcune opere forti fiancheggianti quei torrioni , e vi costrusse da un lato l ' elegante edificio gotico che serve a scuola di equitazione . Chiesa di Santa Maria . La chiesa di Santa Maria della Consolazione , detta del Castello , già convento degli Agostiniani , soppressi nel 1769 , fu fondata , secondo alcuni , dal duca Galeazzo Maria Visconti , e giusta l ' opinione di altri , da Giovanni Galeazzo . Fu dappoi , con disegno dell ' architetto Gio . Battista Chiappa , rimodernata . Contiene pitture di Camillo Procaccini , di Daniele Crespi , di Gaudenzio Ferrari e di altri . Piazza d ' Armi . Lo spazio dal lato di tra - montana del Castello nell ' anno 1806 venne ridotto a piazza per militari esercizi , d ' onde la denominazione di Piazza d ' armi . Ha la lunghezza di metri 549.93 , la larghezza di metri 654 . 43 . Qui presso evvi il bersaglio militare , della Guardia nazionale e della Società dei Carabinieri milanesi . In questa Piazza , specialmente durante il primo Regno d ' Italia , si sono fatte di molte feste popolari . L ' Arena . Questo grandioso edificio ò uno dei più insigni che si eressero sotto il Governo italico per accrescere il decoro e lo splendore della città di Milano , che mancava di un monumento di questo genere . Esso ha la forma di un elissi col maggior asse di 240 metri sopra 120; venne disegnato dall ' architetto Canonica ad imitazione del Circo di Caracalla , e può conte - nere 30,000 spettatori . Fu incominciato nel 1805 , e alla sua costruzione si impiegarono le pietre del demolito castello , ed alla fronte delle carceri gli avanzi del castello di Trezzo . Imponente è il Pulvinare , posto verso il mezzogiorno , non che la porta principale . Serve ai pubblici spettacoli di corse di cavalli e di bighe , ed ai giuochi ginnastici e pirotecnici , ed è atto altresì a divertimenti di naumachia , avendovi il comodo di riempire tutta l ' Arena col rigagnolo scorrente tra il podio e l ' Arena stessa . Nell ' inverno serve al divertimento del pattinaggio . Venne il giorno 17 dicembre 1807 inaugurato con un grande spettacolo di naumachia , presente 1' imperatore Napoleone . Arco del Sempione . L ' architetto Luigi Caguola , avendo per le nozze del vicerè Eugenio , nel 1806 , alzato a Porta Orientale un arco di legno e tela con stile classico e pretto , il Consiglio Municipale decretò fosse eseguito di marmo bianco a capo della strada del Sempione , adoperandovi i 200 mila franchi che Napoleone aveva assegnati alla città per spese di ornamento pubblico . L ' autunno del 1807 se ne gettarono le fondamenta , e al 1814 erasi all ' imposta delle due arcate minori . Il 19 aprile di quell ' anno se ne sospendevano i lavori per la caduta del Regno d ' Italia . Francesco I , per istanza della Congregazione centrale , che implorò di impiegare nella costruzione i crediti che le provincie avevano per somministrazioni fatte agli eserciti Austriaci , supplendo nel resto lo Stato , autorizzò il proseguimento di quei lavori , che , ripigliati nel 1816 , terminarono nel 1838 . Dovevano fregiarlo la statua della Vittoria , in ricordo della battaglia di Jena , e i fasti napoleonici . Il Governo austriaco volle che portasse la statua della Pace , e i fatti che precedettero quella pace sciagurata . Il monumento componesi di un arco grandissimo fiancheggiato da due minori , il tutto sormontato da un attico . E adorno di colonne monoliti di marmo di Crevola , e lo fregiano molti bassorilievi di G . Monti , di Cacciatori , di C . Pacetti , di C . Monti , di Rusca , di Acquisti , di Perabò , di Marchesi , di Somaini , ed ornamenti e statue di squisito lavoro . La sestiga colossale , modellata da A . Sangiorgio , venne fusa in bronzo dal Manfredini , come pure le quattro Fame modellate dal Putti bolognese . I due casini laterali di granito rosso sono di maestosa semplicità dorica . L ' arco è praticabile nell ' interno ; comoda scala conduce alla sommità , dalla quale si gode la vista di stupendi panorami , e si porno ammirare da presso la sestiga e le statue . La spesa . per salire è tenuissirna . Sotto questo monumento , il giorno 8 giugno 1859 , entravano l ' imperatore Napoleone III e re Vittorio Emanuele , vincitori nei campi di Palestro e di Magenta . A perpetuare sì felice avvenimento vennero , il 18 marzo 1860 , cancellate al sommo dell ' Arco le impronte servili , e poste le seguenti epigrafi : ( verso la campagna ) ENTRANDO CON L ' ARMI GLORIOSE NAPOLEONE III E VITTORIO EMANUELE II LIBERATORI MILANO ESULTANTE CANCELLÒ DA QUESTI MARMI LE IMPRONTE SERVILI E VI SCRISSE L ' INDIPENDENZA D ' ITALIA MDCCCLIX ( verso la città ) ALLE SPERANZE DEL REGNO ITALICO AUSPICE NAPOLEONE I I MILANESI DEDICARONO L ' ANNO MDCCCVII E FRANCATI DA SERVITÙ FELICEMENTE RESTITUIRONO MDCCCLIX Questo Arco doveva formare il principio della magnifica strada , che congiungeva Milano colla sommità del Sempione , opera delle più dispendiose e difficili che siensi intraprese sotto il Governo italico . La lunghezza della strada da Gabio , confine in allora del Regno , sino a Soma è di metri 106 , 586 . Da Soma a Milano , continuata dal Governo austriaco , metri 51,000 . Il Tivoli . Di fianco all ' Arena avvi uno spazio di terreno che la Giunta Municipale sta ordinando per luogo di sollazzi popolari , denominandolo il Tivoli . La Porta Tenaglia , che è qui presso , è una delle più vecchie , e reclama dal Municipio urgente ricostruzione . Non molto lungi fuori di questa Porta , evvi un palazzo denominato la Simonetta , da un già suo proprietario , celebre per la singolarità di un Eco che , allo scoppio di un ' arme da fuoco , al getto di un grido , si fa udire in un angolo del cortile , aperto da un lato , e viene ripetuto distintamente più di trenta volte , finchè , scemando , di mano in mano si perde . Crediamo abbia il primato sull ' Eco del Battisterio di Pisa . Ciò che di questo fabbricato rimane , dimostra bastantemente quello che doveva essere di magnifico a ' suoi tempi . Sulla costruzione di esso , la malignità , che non ha sempre torto , disse che fu eretto dagli appaltatori dei bastioni , e regalato poi a don Ferrante Gonzaga per gratitudine di avere questo governatore chiuso gli occhi sul prezzo e sul modo onde quell ' opera fu eseguita . Per avere accesso nel palazzo si deve pagare una tassa di centesimi 50 . Linea E . ( Colore giallo . Porta Magenta ) . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Palazzo del Bollo . Litta . Orfanotrofio femminile . CHIESE . Santa Maria Segreta . San Nazaro Pietra Santa . Santa Maria alla Porta . Monastero Maggiore . Le Grazie . ALBERGHI . Beccaccia . Nella linea dalla Piazza del Duomo alla Porta Magenta havvi il palazzo , sede degli uffici del Bollo e di altri delle regie Finanze , eretto al Bocchetto , ove esisteva il monastero colla chiesa di Sant ' Ulderico , vescovo di Augusta , soppresso nel 1787 : offre poco di rimarchevole . Si disse questa località del Bocchetto da uno sbocco di condotto d ' acqua o piscina , costruito ivi presso . Chiesa di Santa Maria Segreta . Di questo tempio si fa menzione fin dal secolo XI come fondato da donna di famiglia cospicua . Nel seco - lo XVIII fu ridotto alla odierna forma su disegno dell ' architetto Giulio Galliori . In materia d ' arte , nella chiesa , altro non si ravvisa di interessante che un quadro del Panfilo rappresentante la Vergine col Bambino , e l ' altare maggiore , costrutto di fini marmi e di bronzi dorati su disegno del prof . Giuseppe Levati . Chiesa di San Nazaro Pietrasanta . E questa chiesuola molto elegante : l ' altare maggiore è dell ' architetto Zanoja ; possiede pitture di Cesare Procaccini , Aurelio Luini , Ridolfo Cunio , scolare del Cerano . Questo tempio fu detto di Pietra santa , secondo una tradizione , da un cippo di marmo africano , sul quale inginocchiossi il vescovo Ambrogio , implorando la sconfitta degli Ariani . Santa Maria alla Porta . Questa chiesa fu così detta perché già presso la porta Giovia e le mura fabbricate dall ' imperatore Massimiano Erculeo ; lo che dimostra la sua antichità . La vecchia chiesa fu rifabbricata nel 1652 su disegno di Francesco Richini per ordine di Benedetto Aresi . Sulla bella facciata , restaurata alcuni anni or sono , vedesi un basso rilievo in marmo rappresentante l ' incoronazione della Madonna , eseguito da Carlo Simonetta . Nell ' interno vi è una statua del Simonetta stesso , e parecchie pitture di Marco d ' Oggionno , di Camillo Procaccini , del Lomazzo . Monastero Maggiore . Molti pretendono che in origine qui fosse il tempio di Giove , e che le quattro belle colonne di porfido che sostengono la tribuna dell ' altare maggiore in Sant ' Ambrogio si trovassero in quell ' edificio . Diverse sono le opinioni sopra 1' epoca della fondazione del monastero : alcuni l ' attribuiscono a San Martino nel IV secolo ; tutti però si accordano nell ' ammetterlo ampliato da Ottone imperatore nel X secolo . La chiesa , già dedicata alla Madonna , venne nel secolo XII intitolata a San Maurizio . Fu già quell ' edificio , sino al 1799 , chiostro di Benedettine , e venne chiamato Maggiore , sia per copia di privilegi che per numero di monache . Si pretende che Barbarossa , prescrivendo il diroccamento di Milano , ordinasse di rispettare il Monastero Maggiore , la basilica di Sant ' Ambrogio e la cattedrale . La chiesa attuale col monastero ( ora sede di scuole comunali ) fu costrutta col disegno dell ' architetto Giovan Giacomo Dolcebono , pavese , scolaro di Bramante . La facciata è tutta di marmo , condotta con isquisito gusto dal milanese Francesco Pirovano . L ' interno della chiesa è una vera galleria di Scuola Lombarda ; vi primeggiano affreschi di Bernardino Luini , di Calisto Piazza da Lodi , di Pietro Gnocchi , di Lomazzo , Ferrari , e di - pinti di Antonio Campi . In questa chiesa leggonsi due iscrizioni sepolcrali , le quali ricordano d ' essere stati ivi sepolti , nell ' anno 1532 , Alessandro Bentivoglio , signore di Bologna , scacciato da papa Giulio II , e nel 1545 Ginevra Bentivoglio , moglie di Giovanni Carretto marchese di Finale . Il fianco di levante della chiesa venne deturpato nei secoli decorsi coll ' addossamento di case ; rimasto di nuovo scoperto per I ' apertura della via Bernardino Luini , si va a ristaurare in pietra e - laterizi su disegno del pittore Angelo Colla . Nello stesso fianco di levante , presso la via Ansporto , scorgesi una torre quadrata a diversi piani , innalzata ai tempi di Massimiano :.una porta a lato della medesima , con colonne di marmo antico isolate , deve aver servito di comunicazione al Circo romano , che esisteva nella vicinanza . Presso questa torre avvene altra rotonda , divisa in tre piani , e che vedesi da tergo al tempio . E opera , coll ' unito avanzo di antiche mura , dell ' arcivescovo Ansperto , il quale l ' avrebbe fatta costruire a difesa del monastero . La parte terrena si crede aver servito di carcere ad alcuni martiri milanesi , fra cui Gervaso , Protaso , Vittore , Naborre e Felice . Palazzo Litta . Questo palazzo fu fatto in - cominciare dal conte Bartolomeo Arese , presi - dente del Senato al tempo di Filippo IV di Spagna , sul disegno di Francesco Richini , e terminato in seguito dai successori di lui . Presenta una facciata maestosa e ricca di marmi ; l ' in - terno è decorato di grandiosi vestiboli e portici in giro sostenuti da colonne ; lo scalone magni - fico di marmo , che vi fu aggiunto posteriormente , è opera di Carlo Giuseppe Merli . E ricco pure di sontuose stanze , di un bel giardino e annessa cavallerizza . Morto l ' Arese , passò il palazzo al conte Giulio Visconti , nipote suo , ed ultimo vicerè di Napoli per Carlo VI ; da questi pervenne per eredità alla famiglia Litta - Visconti - Arese . Orfanotrofio femminile . Nel Corso Magenta evvi anche l ' Orfanotrofio femminile . Fino dal decimosesto secolo si pensò a sopprimere in Milano la mendicità , ed in questo luogo , denominato di Santa Maria della Stella , già convento di Benedettine , stabilì San Carlo Borromeo uno specale pei mendicanti . Creato arcivescovo di Milano , il cardinale Federico Borromeo fece costruire da Fabio Mangone solida e semplice fabbrica per applicarla al ricovero degli orfani d ' ambo i sessi , la quale venne poi destinata a beneficio delle sole femmine . Le orfane si ammettono dai 7 ai 12 anni , senz ' obbligo di speciale corredo ; devono appartenere a famiglie povere di Milano , aventi costì il decennale domicilio ; sono preferite quelle che hanno perduti entrambi i genitori . Alcune piazze sono di patronato privato . Il fabbricato venne ristaurato or non sono molti anni . Chiesa di Santa Maria delle Grazie . Questa chiesa fu fabbricata nel luogo ove esisteva - no i quartieri delle milizie del duca Francesco I Sforza , sotto il comando del generale conte Gaspare Vimercati , il quale , nel 1463 , donò ai Domenicani il fondo ed unitovi santuario con effigie della Madonna molto in venerazione , a patto che fabbricassero un tempio grandioso ed un convento . Lodovico il Moro e Beatrice sua moglie , nel 1492 , presero ad ingrandire la chiesa medesima in forma di croce latina ; ma per le vicende di lui rimase l ' opera imperfetta . I fini lavori di cotto , gli stemmi , le medaglie e gli emblemi che veggonsi esteriormente nella parte del coro , dimostrano quanto Lodovico si studiasse di renderla elegante . La facciata è semplice , di gotica architettura , e non presenta di osservabile che il piccolo pronao alla porta maggiore , ornato di medaglie e sostenuto da due colonne del miglior gusto del rimanente . L ' interno della chiesa è a tre navi di gotica architettura sino al presbiterio ; la grandiosa cupola , l ' ampio coro e le cappelle semicircolari nei lati sono disegno del Bramante , al quale Lodovico ordinò la costruzione tanto di quelle opere , quanto della grandiosa sacrestia e del chiostro contiguo . Questo tempio contiene pregevoli pitture di P . d ' Adda , Gaudenzio Ferrari , Francesco Vicentini , Gio . Batt . Secchi , Semini , G . Nuvolone , B . Zenale , ecc . ecc . Nel refettorio del monastero esiste ancora la famosa pittura di Leonardo da Vinci , Il Cenacolo . E ’ soverchio descrivere questa meraviglia dell ' arte , da tutta Europa conosciuta , e la quale Francesco I di Francia , nel 1520 , avrebbe voluto trasportare a Parigi . Deperita quella pittura , venne mirabilmente restaurata da F . Barezzi nel 1856 ( * ) . In questo stesso refettorio trovasi altro dipinto a fresco , La Crocifissione , con moltissime figure e colla veduta di Gerusalemme , lavoro eseguito da Giovanni Donato Montorfano milanese nell ' anno 1495 . Mentre Leonardo da Vinci dipingeva quel Cenacolo abitavasene nella vicina casa al numero 67 , contraddistinta in oggi al di fuori da medaglie scolpite da Pompeo Marchesi , ed ivi in una sala terrena eseguiva i quattordici ritratti sforzeschi . Nel convento di questa chiesa era stabilito il Tribunale di Sant ' Ufficio , trasportatovi nel 1559 da Sant ' Eustorgio , e vi esistette fino alla totale sua.abolizione avvenuta nel 1769 . I monaci furono soppressi il 7 marzo 1797 , e l ' edificio mutato in caserma . ( * ) Nel palazzo di Brera evvi una copia di quest ' opera rara , fatta dal pittore Giuseppe Bossi per allogazione del Governo Italico . Poco distante dalla Piazza delle Grazie eravi la Casa di Correzione , stata innalzata verso il 1764 , quando si cessò di vendere ai Veneziani i condannati alle , galere , che venivano poi spediti in Levante . Furono in seguito i condannati concentrati nell ' edificio in via Appiani . Porta Magenta . Questa porta era dedicata a Venere , forse per l ' amenità e piacevolezza del luogo . Era già chiamata Vercellina , perchè da essa si va direttamente a Vercelli ; indi Magenta in memoria della battaglia combattuta in quel borgo il 4 giugno 1859 , che portò la libertà a Milano . Dalla porta stessa entrò nel 1805 Napoleone I , che veniva a Milano a cingere la celebre corona ferrea . Nella casa al numero 9 , nel Corso Magenta , nacque nel 1598 il matematico Bonaventura Cavalieri ; in quella al numero 66 visse , e morì nel 1851 , Francesco Cherubini , e al numero 67 Giovanni Gherardini . Lapidi apposite sulle facciate di queste case ricordano tali fatti . Linea F . ( Colore verde Dalla piazza del Duomo alla Piazza di San Vittore ) . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Biblioteca Ambrosiana . Monumento a Federico Borromeo . Palazzo Borromeo . Caserma San Francesco . Ospedale militare . Pusterla di Sant ' Ambrogio ( avanzi ) . Macello pubblico . Ospedale Fate - bene - fratelli . CHIESE . San Sepolcro . Santa Maria Podone . Sant ' Ambrogio . San Vittore . ALBERGHI . ( In questa linea non vi sono che alberghi e trattorie di secondo ordine ) . Biblioteca Ambrosiana . La Biblioteca Ambrosiana fu fondata e dotata nell ' anno 1602 dal cardinale Federico Borromeo . All ' uopo fece dall ' architetto Fabio Mangone , presso San Sepolcro , costruire apposito edificio , la cui facciata , di ordine dorico , è piccola , ma graziosa ; nel fregio , a caratteri di bronzo , leggesi : biblioteca Ambrosiana . Venne aperta ad uso pubblico nell ' anno 1609 , e detta Ambrosiana , in memoria del vescovo Ambrogio , protettore di Milano . Il cardinale Federico , a renderla una delle prime d ' Italia , spedì a sue spese in varie parti di Oriente e di Occidente uomini dotti per raccogliere libri , manoscritti , stampe , quadri , sculture ed oggetti di scienza e di rarità ; e ne fecero buona mèsse , che andò sempre più accrescendosi col progresso degli anni per donazioni e per lasciti . Circa 120 mila sono i volumi , e 15 mila le opere manoscritte di questa Biblioteca , come pure molti le pitture , le sculture , i disegni , i cartoni e le svariate rarità della storia naturale , delle scienze e delle arti . In essa sono pure riposti una parte del museo Settala ed il medagliere Castiglioni ; una bella raccolta di oggetti antichi nazionali e stranieri , come bronzi , avori , minerali , armi , frecce , ecc . ecc . Vi si vedono parecchie iscrizioni romane del medio evo , alcuni monumenti , fra cui gli avanzi di quello di Gastone da Foix , eseguito dal valente Bambaia , modelli di plastica , ecc . Fra le cose rarissime vi sono : Le Antichità giudaiche di Giuseppe Ebreo , tradotte in latino da Ruffino , su papiro del V secolo ; un Virgilio , con note del Petrarca relative alla sua Laura ; la Cronaca dei Papi , di Martino Polacco ; un Dante in pergamena ; un volume di Leonardo da Vinci ; il Codice Atlantico dei dodici che esistevano , rimasti a Parigi ; alcune lettere del cardinale Bembo a Lucrezia Borgia , con una ciocca dei capelli della medesima . Primeggiano pure l ' originale della Scuola d ' Atene di Raffaello , il cui affresco eseguì a Roma nel Vaticano ; un affresco di B . Luini , rappresentante Gesù coronato di spine , con varie persone in ginocchio , che si credono ritratti dei deputati del Pio Luogo di Santa Corona , cui apparteneva questo locale ed ove ebbe la sua prima origine ( * ) . ( * ) Il Luogo Pio di Santa Corona , fu fondato dal domenicano del convento della Rosa , Stefano Seregni , nel 1497 , o si disse di Santa Corona , in memoria delle spine del Redentore . Unito nel 1786 all ' Ospedale Maggiore , somministra tuttavia a circa trentamila poveri della città soccorso di medici , chirurghi , levatrici e medicinali . Vi sono peregrini lavori del Luini , del Durero , dei Caracci , del Vinci , del Procaccini , del Correggio , del Tiziano , del Giorgione , di Palma il Vecchio , di Andrea del Sarto , di Michelangelo , di Reni , del Guercino , di Giulio Romano , di Bruguel , di Rubens , ecc . , ecc . Ad un membro della famiglia Borromeo , e già al proposto degli Oblati , spetta la prerogativa di Conservatore perpetuo della Biblioteca , mentre gli altri Conservatori sono quinquennali . I bibliotecari formano un Collegio di dottori , più o meno di numero secondo 1' opportunità . In Piazza di San Sepolcro , avanti la facciata del Mangone , venne nel 1865 eretta , a spese di alcuni cittadini , la statua in marmo di Federico Borromeo , eseguita dallo scultore Corti ; nel piedestallo sono incise iscrizioni allusive al fondatore della Ambrosiana , tolte dal libro i Promessi Sposi di Manzoni . Qui presso , nella via omonima , era l ' antichissima Zecca di Milano . Chiesa di San Sepolcro . Questa chiesa è antichissima . Venne innalzata nell ' anno 1030 ad onore della Trinità da un ricco zecchiero , tale Benedetto Rozzone di Cortesella . Se non che un pronipote di Rozzone , reduce dopo il 1099 da Terra Santa , pur per desiderio mostratogli , dall ' arcivescovo in Costantinopoli , pose mano a riedificare la chiesa a somiglianza di quella del Santo Sepolcro di Gerusalemme , assumendo il titolo di San Sepolcro . Nel 1578 fu donata da San Carlo agli Oblati da esso istituiti , e nel 1618 Federico Borromeo riabbellì la chiesa , non rimanendovi della sua prima origine che le due ineguali torri . Sulla porta evvi un bell ’ affresco del Bramantino , rappresentante Cristo morto in seno alla Madre , con San Giovanni e la Maddalena , opera molto lodata dal Vasari e dal Lomazzo . Nell ' interno della chiesa vi sono quadri di Carlo Magatti e di Francesco Nuvolone ; nella sagrestia trovasi una raccolta di varie pitture , fra cui alcune del Luini . Curiose , ma malfatte , sono le statue in plastica che rappresentano due fatti di Gesù Cristo ; al contrario si stimano assai quelle dello Scurolo , rappresentanti un fatto della Vergine , opera del celebre Caradosso Foppa . In questo Scurolo , che pur possiede due affreschi del Luiui , veniva a meditare San Carlo . Chiesa di Santa Maria Podone . Si pretende da alcuni che il fondatore di questa chiesa sia stato un tal Werulfo , detto Podone , soldato di Carlo Magno nel 872; altri però ne attribuiscono la fondazione nel 834 all ' arcivescovo Angilberto Pusterla , lo stesso che fece fabbricare il famoso paliotto che vedremo nella basilica di Sant ' Ambrogio . Nel semicircolo sopra la porta d ' ingresso , scorgesi in un basso rilievo di marmo , intagliata insieme colla Vergine ed il Bambino , l ' effigie del conte Vitaliano Borromeo , il quale , nel 1440 , a proprie spese , fece riparare la chiesa , dotandola di molte ricche suppellettili e di un capitolo di canonici , stato soppresso ; nel 1625 il cardinale Federico la fece ridurre a più moderna architettura da Fabio Mangone tomi facciata d ' ordine composito , decorata con pronao . I Borromei vi collocarono i sepolcri di famiglia , come chiesa di loro juspatronato . Il conte Giberto fece ricostruire l ' antica cappella a destra con pitture ed ornati del Sanquirico onde riporvi il corpo di San Renato , dato in dono alla nobile famiglia da Leone XII . In questa chiesa vi è una buona pittura di Cristoforo Franchi . La statua di rame , colla testa e mani di getto in bronzo , rappresentante San Carlo , che sta nella Piazza , fu fatta eseguire da Federico Borromeo nel 1624 su modello di Dionigi Bussola ; essa trovavisi prima al Cordusio . Venne donata a Giberto Borromeo da Giuseppe II nel 1786 . Palazzo Borromeo . Di contro a Santa Maria Podone è il palazzo della cospicua famiglia Borromeo , il quale conserva ancora la sua antichissima forma gotica . In una sala a pian terterreno evvi un magnifico affresco dell ' antica scuola lombarda , sconosciuto in Milano , ma ricordato e fattone il disegno nella storia della Pittura Italiana del Rosini . Il palazzo contiene altre pitture , e si conserva la camera abitata da San Carlo , ivi nato . Caserma di San Francesco . Ove è la caserma , detta di San Francesco , esisteva una bella chiesa dei Minori Conventuali , la più grande dopo il Duomo , fabbricata sull ' area dell ' antichissima Basilica Naboriana ( * ) verso ( * ) La Basilica Naboriana , innalzata fin dal primo secolo da un tal Filippo Oldano nei suoi orti per seppellirvi i martiri , vuolsi la prima chiesa di Milano . l ' anno 1256 , epoca in cui andò la basilica in possesso di que ' padri . In San Francesco avevano i Corio i loro sepolcri , e vi erano raccolte le spoglie di Bernardino Corio , di Raimondo Torriani , di Frate Buonvicino da Riva , poeta anteriore a Dante , e quella di Francesco Carmagnola , e molte opere d ' arte . Disacrata la chiesa , e soppressi i frati , nel 1798 , venne l ' edificio convertito in Ospedale militare ; quindi vi si posero provvisoriamente gli Orfanelli . Il Governo Italico pensò di erigere in quel luogo una grandiosa caserma , dando incarico del di - segno all ' ingegnere militare , colonnello Rossi . Ricollocati gli Orfanelli in San Pietro in Gessate , se ne cominciarono nel 1813 i lavori , che durarono parecchi anni per le vicende politiche , e non si terminarono che nel 1851 . Può la caserma contenere più di 2000 soldati di fanteria . Ospedale militare . Nel vasto monastero dei Cistercensi è stabilito , sin dal 20 agosto 1798 , l ' Ospedale militare . La fabbrica è disegno del Bramante , e fu incominciata nel 1499 per ordine del cardinale Ascanio Sforza . Essa consiste in due grandiosi cortili con portici , che li circondano , divisi da un lungo corridoio . Non avvi niente di più magnifico di questi cortili , dorico l ' uno , jonico l ' altro , con colonne appoggiate sopra un continuato basamento a guisa di parapetto . L ' interno dell ' antico refettorio pure presenta grandiosità e magnificenza . Di prospetto all ' ingresso vedesi la bell ' opera dipinta a fresco nel 1545 da Calisto Piazza , lo scolare del Tiziano , divisa in tre parti , che rappresenta le nozze di Cana in Galilea . Dello stesso pittore sono pure gli Apostoli dipinti nelle lunette della vòlta . All ' ingresso dello scalone vedesi il ritratto del duca Lodovico il Moro . Sotto il Governo Italico era questo ospedale molto in grido . Basilica di Sant ' Ambrogio . La basilica Ambrosiana fu fondata nel 387 dal vescovo Ambrogio , ove già era il palazzo imperiale coll ' annesso giardino . L ' atrio esteriore , eretto nel 872 dall ' arcivescovo Ansperto Confalonieri , e tipo dell ' architettura più antica che si conservi dopo i Romani , è cinto da portici ; esso è un vero museo d ' iscrizioni e di tombe antiche : il visitatore legge su quelle pareti le memorie di tante passate generazioni . - - Le imposte di ci - presso della porta di mezzo hanno intagli del IX secolo . - - L ' interno è diviso in tre navate colla tribuna , la cripta , le cancellate , l ' ambone . Sorretta da quattro colonne di porfido , quelle delle quali abbiamo accennato parlando di San Maurizio , è la tribuna dell ' altare maggiore , sotto il quale si rinvenne nel 1834 un magnifico avello di porfido , che forse racchiuse le ceneri di Sant ' Ambrogio . Veri capolavori sono i mosaici del coro , il sarcofago sotto il pulpito e il famoso paliotto dell ' altare maggiore , di massiccio argento e pietre preziose , donato nel 835 da Angilberto Pusterla , ed eseguito da Wolvino , orefice , colla spesa , che immensa doveva essere a quei tempi , di ottantamila fiorini d ' oro . Contiene inoltre questo tempio di belle pitture di Ambrogio Borgognone , del Lanzani , del Tiepolo , del Porta , del Lanino , del Ferrari , del Procaccini , ecc . Nel 1002 1' arcivescovo Arnolfo vi fece collo - care , su di una colonna , il serpente di bronzo , che tuttodì si vede , che egli aveva portato da Costantinopoli ; vuolsi lo stesso che innalzò Mosè nel deserto a terrore degli Israeliti . La basilica Ambrosiana , dove incoronavansi i re d ' Italia , è celebre nella storia ; e l ' archivio capitolare conserva preziose pergamene ' e codici , fra cui un messale con belle miniature del 1395 , dono di Gian Galeazzo , e diversi diplomi dei secoli VIII e IX . Anticamente erano due chiese , separate da muro con tre porte , dalle quali si passava nella parte della primitiva basilica di Fausta . Esse vennero riunite nel 1507 , e si formò una sola chiesa . Fu la basilica piú volte ristaurata ; la prima , nel 1197 , dall ' arcivescovo Uberto . Da qualche anno importantissimi lavori vi si stanno facendo dal Governo sotto la direzione di una Commissione . Molti illustri vennero in Sant ' Ambrogio sepolti , fra cui Domenico Pagani , il cronista Pietro Candido Decembrio , il latinista Marcantonio ; Miraggio , il guerriero Pietrasanta , ecc . Molte favole corsero intorno all ' isolata colonna , che è sulla Piazza omonima ; alcuni vollero fosse reliquia d ' antico palazzo , detto Ambrosiano . Questo è certo che fino al 1500 il podestà di Milano , nel dì in cui entrava in carica , prestava su quella colonna il giuramento di mantenere integri gli statuti della città . Vicino alla basilica di Sant ' Ambrogio , verso la via Lanzone , sorge 1' oratorio di Sant ' Agostino . Il Torre vuole che in esso questo santo abbia ricevuto le acque battesimali dal vescovo Ambrogio ; ma è più facile il credere che fosse uno dei due battisteri che erano in que ' tempi in Milano per dare l ' acqua lustrale ai primi cristiani . Di contro all ' atrio di Ansperto vedesi la chiesuola di San Sigismondo , presso la quale abitò , dall ' anno 1353 al 1355 , Francesco Petrarca . Prendendo la via per andare a San Vittore , giunti al ponte , dove il Naviglio disvolta alla Porta Ticinese , scorgesi una torre che conserva ancora tutti i caratteri di opera fortilizia . Essa è avanzo della pusterla di Sant ' Ambrogio , eretta l ' anno 1171 . Fu a questa porta che Gian Galeazzo Visconti fece , il 0 maggio 1385 , a tradimento , prigioniero lo zio Barnabò coi figli di lui Rodolfo e Lodovico . Macello pubblico . In vicinanza di questa torre presentasi la nuova via Olona , in fondo alla quale è il Pubblico macello . Ha questo edificio forma rettangolare , e la superficie complessiva di oltre 37,000 metri . La fronte principale prospetta la via di San Calocero . All ' ingiro si trovano , oltre i locali per 1' amministrazione , per la Questura e per la Finanza , le stalle di deposito per le bestie , i magazzeni , il macello di ovini e le tripperie . Al centro il parco col padiglione per 1' esazione delle tasse ; a ponente il macello dei suini , i porcili , il locale delle macchine per l ' innalzamento delle acque al serbatojo e per lo sviluppo del vapore . Le celle macellatorie per le bestie mastre e soriane costituiscono quattro corpi di fabbricati isolati fra loro e suddivisi da strade coperte . Le celle macellatorie sono di varia dimensione ed assegnate a seconda dell ' importanza de ' macellai . L ' acqua viene distribuita ad ogni singolo locale mediante tubi sotterranei . Fu costrutto nell ' anno 1862 su disegno dell ' ingegnere civico cav . Agostino Nazari per cura del Municipio , a spese di una Società privata . Basilica di San Vittore . Questa chiesa , che dicesi eretta sull ' area di un tempio di Marte , è di antica fondazione ; ebbe la sua origine nel 114 da Porzio , figlio di quel Filippo Oldano , noto per la basilica Naboriana , innalzata da lui , come abbiamo accennato parlando della caserma di San Francesco , ne ' propri orti . Da esso Porzio la nuova basilica fu detta Porziana . Essendovi poi stato nel 303 posto il corpo di San Vittore , venne da quel tempo detta di San Vittore al corpo . Divenuta l ' antica chiesa cadente dal tempo , fu nel 990 riparata dall ' arcivescovo Arnolfo ; ed in essa furono insediati i Benedettini neri , che vi stettero alcuni secoli ; indi passò in Abbadia , e finalmente nel 1507 agli Olivetani , i quali nel 1560 posero la prima pietra dell ' attuale bellissima chiesa , costruita su disegno di Galeazzo Alessi . E tutta ornata di stucchi , di fregi , di cornici allumate ad oro finissimo con nicchie , e conserva pitture dei Proeaccini , del Crespi , del Salmeggia , del Nuvolone , del Moncalvo , ecc . Finissimi sono gli intagli degli stalli del coro . Fu sulle soglie di questa basilica che il vescovo Ambrogio cacciò l ' imperatore Teodosio , perchè macchiato del sangue dei Tessalonicesi . Il monastero di San Vittore , progetto di Giuseppe Antonio Castelli di Monza , riuscì uno dei più belli di Milano . Nel 1797 servì di ospedale militare ; quindi , senza interruzione , di caserma di cavalleria . Ospedale Fate - bene - fratelli . Di rimarchevole non abbiamo altro in questo giro che l ' ospedale succursale dei Fate - bene - fratelli , eretto su disegno di Nicola Dordoni , ed aperto nel 26 agosto 1860 . Quivi era il vecchio convento di monache Cappuccine , sotto la protezione di Santa Maria di Loreto , fondato nel 1620 dalla famiglia Secchi . L ' ordine sovrano militare Gerosolimitano mantiene in quest ' ospitale 19 letti . Si ammira nella chiesa una cappella che riproduce esattamente la Santa Casa di Loreto . Nella via di San Vittore ovvi il Pio Istituto del Buon Pastore per le povere figlie traviate , iniziato privatamente pochi anni or sono da al - cune pie giovani . Linea G . ( Colore arancio . Dalla Piazza del Duomo alla Porta Romana ) . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Regia Posta delle lettere . Palazzo Annoni . Scuole Comunali , Palazzo Della Somaglia . Scuola Superiore d ' Agricoltura ( * ) . Ospedale Maggiore ed annessi Pii Istituti . Riformatorio della Gioventù . Collegio Convitto Calchi - Taeggi . Civica Palestra . Porta Romana . Fabbrica del gas ( * ) . CHIESE , Sant ' Eufemia ( * ) . San Paolo ( * ) . San Celso ( * ) . San Nazaro . San Calimero . Santa Maria del Paradiso . TEATRI . Canobbiana Carcano . ALBERGHI , ECC . Reale . San Marco . Tre Svizzeri . Pensione Svizzera . Reichmann . Due Spade . ( * ) Per visitare gli edifici segnati con asterisco , si può , per maggiore comodità . , abbandonare la linea di Porta Romana e prendere 1' omnibus dell ' impresa Lissoni con stazione in Piazza Fontana , linea al suburbio di Porta . Ticinese . Regia Posta delle lettere . In fondo al primo tratto della via Rastrelli evvi la Regia Posta delle lettere . La facciata dell ' edificio è di buona architettura , disegnata e diretta da Leopoldo Pollach . Vi si ammira una regolarità ben intesa delle parti , e termina con un elegante frontone . Bella è la sala della impostazione e distribuzione delle lettere , lavoro della locale Direzione del Genio Civile , eseguita nell ' anno 1862 . E sin dal 1788 che in questo luogo si trovano gli uffici della Posta : prima erano nella demolita via dei Profumieri , presso Piazza Mercanti . La posta delle lettere era stata introdotta dai Torriani ; se ne pagava tenuissima tassa ; ma nè pronta la spedizione , nè esatto il riscontro . Teatro della Canobbiana . Parlando del Teatro alla Scala , tenemmo pur parola del Teatro della Canobbiana . Sappiamo dunque che il disegno anche di questo è del Piermarini . Esso fu inaugurato nell ' estate del 1779 . Pei lavori si impiegò maggior tempo di quello voluto per la Scala , stante le gravi difficoltà incontrate per l ' acqua che vi scorre al disotto . - Hla cinque ordini di logge , compreso il loggione , e può contenere 2200 spettatori . L ' interno è stato rinnovato nell ' autunno del 1870 . La sua facciata è bella e regolare . Per mezzo di due archi , gettati sulla via dei Rastrelli , il teatro comunica col palazzo di Corte . Trovandosi in questo punto devesi ammirare la parte del palazzo Reale prospicente la via Larga : la bella facciata è dell ' architetto Tazzini . Nella casa al numero 1 , nella vicina via Pantano , vedesi l ' iscrizione che ricorda la nascita di Gaetana Agnesi , illustre nelle matematiche , ivi avvenuta il 16 maggio 1718 . Palazzo Annoni . Il palazzo Annoni venne eretto nel 1631 su disegno di Francesco Richini con magnifica facciata . L ' interno è sontuosa - mente decorato , ed è fornito d ' una collezione di pitture originali di Rubens , di Cesare Magno da Sesto , di Wandick e di altri insigni autori . L ' albergo Reichmann , che è di contro al palazzo Annoni , era già abitazione del generale conte Domenico Pino , illustre nelle guerre del primo impero . Poco lungi da questo luogo , verso la via Unione , vedesi una casa di moderna costruzione , la cui facciata innesta assai bene le teste dei Visconti colle teste di cani a fregio delle soprapporte e dei balconi . In quest ' area era il palazzo fatto erigere da Luchino Visconti ; veniva soprannominato la Casa dei Cani , essendo ivi che i Visconti tenevano rinchiusi quei cinque mila cani , i quali furono cagione di molti dolori . Era questo poi l ' edificio che comunicava col palazzo ducale , come abbiamo veduto parlando del reale palazzo . Vicino a questa casa esiste tuttora la soppressa chiesa di San Giovanni in Conca con facciata che mostra la sua antichità anteriore al secolo XII . In essa era la statua equestre di Barnabò Visconti , che vedesi nel museo archeologico . Fu in questa chiesa che il feroce Barnabò aveva fatto collocare il cada - vere di sua moglie Regina degli Scaligeri . Dell ' alta torre di San Giovanni , l ' eruditissimo dottor fisico Pietro Moscati trasse profitto per formarvi un Osservatorio astronomico dei più accreditati . Lasciato in dono al Vicerè Raineri , questi lo aggregava ad uso del Liceo Beccaria . La casa vicina , che nell ' ornato della porta ha i ritratti in marmo di Traiano e di Tito , era l ' antico palazzo degli Sforza - Visconti , edificato sull ' area di quello di Barnabò . Scuole Comunali . Grandioso edificio eretto a spese del Comune di Milano su disegno dell ' ingegnere architetto Agostino Nazari . In esso sono collocate parecchie scuole comunali . Venne terminato nell ' anno 1867 . Palazzo della Somaglia . I1 palazzo della Somaglia , già Mellerio , è dell ' architetto Simone Cantoni . Nell ' interno vi sono buone pitture , e tra queste una Madonna di Sassoferrato . Adorna questo edificio anche una bella scultura del Fabris , rappresentante Astianatte cd Andromaca . Il generale Massena , entrando in Milano il 14 maggio 1796 coll ' antiguardia dell ' esercito repubblicano francese , prendeva stanza in questo palazzo . Per visitare i monumenti che sono lungo il corso San Celso è d ' uopo percorrere la via Rugabella . In questa via era la casa dei Borromei , venduta non sono moltissimi anni ai signori Valerio e Carpani , che la rifabbricarono . In essa nacque il cardinale Federico Borromeo , e visse e morì , durante la lunga vedovanza , la contessa Clelia Borromeo , valente nelle matematiche non meno della contemporanea Agnesi . Abitò pure in questa via Gian Giacomo Trivulzio , maresciallo di Francia . Altra casa storica è quella ove ebbe culla Nicolò Sfondrato , che fu poi papa col nome di Gregorio XIV . In fondo alla via Rugabella sorge una colonna ; essa fa innalzata nel 1613 , e detta di San Senatore . Rappresenta Sant ' Elena coronata che tiene fra le braccia la croce . Chiesa di Sant ' Eufemia . La chiesa di Sant ' Eufemia è antichissima ; fu fondata verso il 478 da San Senatore , vescovo di Milano , presso la casa di sua abitazione . Venne rifabbricata nel XIV secolo sulle basi dell ' antica , e ridotta dalla gotica forma all ' ordine corintio sul principio del XVII . La facciata ha un bel pronao d ' ordine fonico ; grande ne è il pregio per la sua elegante semplicità ; il restante al di sopra è di ordine composito . Possiede la chiesa pitture del Tiziano , di Marco da Oggiono , la più stimabile di questo pittore su tavola , rappresentante Sant ' Eufemia , e di altri . Nell ' anno 1870 si intrapresero lavori su disegno dell ' architetto Enrico Terzaghi per la rivendicazione dell ' antica gotica forma . Chiesa di San Paolo . Del vasto monastero di Agostiniane , dette Angeliche , sotto il titolo di San Paolo , non rimane che la sola chiesa . La contessa di Guastalla Lodovica Torelli fu la fon - datrice di questo stabilimento , eretto nel 1531 . La elegante facciata della chiesa fu eseguita su di - segno di Giovan Battista Crespi , detto il Cerano , celebre pittore non meno elle valente architetto . Essa è ricca d ' ornamenti giudiziosamente distribuiti . I bassorilievi furono dal Cerano medesimo inventati , e scolpiti da Gaspare Vismara , dal Lasagna , da Andrea Biffi , ecc . L ' interno del tempio , ad una sola nave di ordine corintio , fu saviamente architettato da Galeazzo Alessi , il quale disegnò anche il fianco del medesimo dalla parte di Sant ' Eufemia . Contiene la chiesa pitture dei fratelli Vincenzo , Giulio ed Antonio Campi e del Salmeggia . L ' importanza dei capi d ' arte che vi sono raccolti fece sì che la chiesa di San Paolo , come il Monastero Maggiore , venisse conservata nella soppressione generale . Chiesa di Santa , Maria presso San Colse . Il tempio della Madonna presso San Celso è il più illustre dei nostri santuari per la sua architettura e ricchezza dei capolavori che vi si veggono . E antica tradizione che Sant ' Ambrogio , avendo trovato i corpi dei Santi Nazaro e Celso , facesse erigere in quel luogo , a perpetuarne la memoria , un pilastro , e vi volesse dipinta l ' immagine della Vergine col figlio , che tuttodì si venera dai fedeli . Il pilastro rimase esposto fino all ' anno 992 , tempo in cui Landolfo fece fabbricare la chiesa e monastero di San Celso . Filippo Maria Visconti , nel 1429 , fece circondare con una piccola chiesa quell ' immagine ; poi , crescendo la venerazione del santuario , Giovanni Galeazzo Maria Sforza , nipote di Lodovico il Moro , pensò di edificare la chiesa attuale che ebbe principio nel 1491 . - Il disegno di questo sontuoso edificio , del vestibolo , che gli sta davanti , è del Bramante . La facciata , costrutta posteriormente , è disegno di Galeazzo Alessi , con bassorilievi e sculture , quali dello Stoldo fiorentino , quali del milanese Annibale Fontana . L ' interno mostra una dovizia di dipinti di Cesare Procaccini , Gaudenzio Ferrari , Paris Bordone , A . Campi , Carlo da Urbino , Calisto da Lodi , Moretto da Brescia e Andrea Appiani , di cui sono anche i bellissimi affreschi della cupola . L ' Assunta nella sontuosa cappella della Madonna è del Fontana . L ' altare di questa cappella e quello dell ' altare maggiore sono preziosi . Galeazzo Alessi disegnò pure gli stalli del coro , che furono eseguiti da Paolo Banza milanese . Nell ' attigua chiesa di San Celso vedonsi parecchi avanzi antichi . Scuola Superiore di Agricoltura . ( Locale di San Luca ) . Questa scuola , istituita per iniziativa della Provincia di Milano con Reale Decreto 10 aprile 1870 , venne aperta il 2 gennaio 1871 col concorso del Governo , della Provincia e del Municipio ; ed è unica finora in Italia . Il locale ove essa si trova ci richiama molte memorie patrie . Quivi era un ospedale per gli esposti in sostituzione dello Xenodochio , fondato , come abbiamo veduto , da Dateo in San Salvatore : era chiamato Ospedale di San Celso . L ' arcivescovo Galdino nel 1168 lo ringrandì col patrimonio del consorzio dei poveri . E qui dall ' ospedale del Brolio si trasferivano gli esposti , allorchè pervenivano ai due anni ; disposizione conservatasi per alcuni secoli . Questo ospedale fu anche molto favorito da Barnabò Visconti . Riunito il Brefotrofio nell ' Ospedale Maggiore , l ' edificio venne nel 1750 comperato dai monaci di Sant ' Ambrogio , e nel 1765 convertito in un bellissimo monastero di Cistercensi con vago e comodo locale , e con chiesa dedicata a San Luca . Soppressi questi frati nel 1798 , servì di ospedale ai soldati francesi , tedeschi e cisalpini , e quindi di quartiere alle milizie veterane cisalpine . Un cartello fu posto al sommo della porta così espresso : AI VETERANI ED INVALIDI NAZIONALI ONORE E RIPOSO ANNO IX . Nel 1801 , il generale Pietro Theulié , morto il 19 giugno 1807 sotto Colberg , in allora ministro della guerra , concepì il disegno di raccogliere in San Luca i figli dei soldati orfani e bisognosi . L ' Istituto di beneficenza fu aperto nell ' anno 1802 , e durò fino al 1839 , contenendo oltre 250 alunni gratuiti , e 50 a pensione . Trasportato altrove l ' Istituto , fu qui posta una casa di cadetti , che cessò il 22 marzo 1848 . Servito 1' edificio a diversi usi militari , nel 1859 di ospedale pei soldati feriti francesi ed au - striaci , venivavi nel 1861 insediato un Collegio militare , che nel 1869 fu concentrato in quello di Napoli . Fuori della vicina Porta , chiamata Lodovica da Lodovico il Moro , che è una delle informi di Milano , trovansi , a destra , le officine della Impresa del gas per la illuminazione pubblica e privata della città . Ritornando sul Corso di Porta Romana per le vie di Sant ' Eufemia e delle Capre si trova , di contro a quell ’ ultima via , la Chiesa di San Nazaro . Questa basilica fu edificata nell ' anno 382 da Sant ' Ambrogio ad onore degli Apostoli ; quindi detta Nazariana pel corpo di S . Nazaro in essa trasportato . Vuolsi che quivi fosse un antico teatro , e che la chiesa sortavi venisse pavimentata con marmi africani da Sirena , moglie di Stilicone . Guasta dal fuoco nel 1075 , fu ristaurata con archi assai tesi , ma robusti . Forma vestibolo alla chiesa il grandioso edificio sepolcrale , con cappella dedicata alla Vergine . Assunta , costrutto nel 1518 dal maresciallo Gian Giacomo Trivulzio , soprannomato il Magno , che , vivo , volle prepararsi il soggiorno della morte .. . La facciata di questo vestibolo è di figura quadrata ; è ornata di pilastri dorici con base attica e capitelli un poco liberi ; il secondo ordine superiore è fonico moderno , con finestre quadrate , tramezzate da colonnette doriche . Il vestibolo ha tre porte , le quali danno accesso all ' interno , di figura ottagona , semplice e conveniente al carattere dell ' edificio . San Carlo , in esecuzione alle deliberazioni del Concilio Tridentino , fece trasportare le ossa del Trivulzio nel deposito sotterraneo . Dal vestibolo si passa al tempio , stato più volte ristaurato e rimodernato . E in una sola nave in forma di croce latina . In esso vi sono di pregevoli pitture di Vitale Sala , di Carlo Cane , di Bernardino Lanino , di Gaudenzio Ferrari . Il 14 dicembre 1870 furono scoperti nel presbitero alcuni grandiosi affreschi , altamente lodati , del pittore Giuseppe Ugolini , il quale , in costume del 400 dell ' éra volgare , vi effigiò due santi arcivescovi , fra i molti seppelliti sotto quell ' altare maggiore ; essi fiancheggiano un gran dipinto di una ventina circa di figure al naturale rappresentanti San Paolo apostolo che nell ' atrio dell ' areopago d ' Atene predica e fa conoscere agli Ateniesi non l ' Ignoto , ma il vero Dio risorto . Vi si vede Dionigi l ' areopagista , e la celebre Damaride , convertita da quell ' apostolo . Nella cappella di San Martoriano , architettata , come quella al lato del Vangelo , da Carlo Ruzzi nel 1653 , è sepolto il celebre Manfredo Settala , uomo istrutto e raccoglitore di un prezioso museo di cose naturali , che vedemmo in parte nella Biblioteca Ambrosiana . Altri illustri uomini sono in San Nazaro sepolti , fra cui Venanzio Oldrado , Clicerio Landriano , Lazzaro Beccardo , il canonico Torri , Carlo Maggi , Domenico Balestrieri , ecc . A destra dell ' altare maggiore è la chiesuola di Santa Caterina alla Ruota , di stile bramantesco , e della stessa scuola vuolsi il vestibolo sopra descritto . Essa è di forma rettangola e semplicissima . Vi sono pregevoli dipinti del Lanino , e pitture su vetri , sullo stile di Alberto Durero , che si credono eseguite da Luca d ' Olanda . A manca di San Nazaro sta la canonica , che tra i suoi fasti vanta il soggiorno fattovi da San Domenico . Ospedale Maggiore ed annessi . Prima di proseguire pel corso di Porta Romana è d ' uopo visitare l ' Ospedale Maggiore . Questo stabilimento di pubblica beneficenza si deve alla generosità di Francesco Sforza , duca di Milano , e della moglie di lui Bianca Maria Visconti . Per la costruzione dell ' ospedale lo Sforza dava un proprio palazzo con orto e una rôcca ai deputati della città , e ne poneva egli stesso con grande solennità la prima pietra il 4 aprile 1456; . e con Bianca e col popolo chiese ed ottenne da Pio II , con bolla 9 dicembre 145S , di concentrare nel nuovo ospedale i patrimoni di sette piccoli ancora esistenti ; epperò fu detto Maggiore . Il quale avvenimento venne festeggiato come una grande ventura : un ' epigrafe e due quadri , tuttora esistenti presso il Luogo Pio , ne perpetuano la memoria . Si vuole che nel 1460 fosse già l ' ospedale aperto . Antonio Filarete ; detto l ' Averulino , ne fu l ' architetto . Lo stile è gotico . La fabbrica primitiva forma un quadrato perfetto con quattro cortili , con portici inferiori e superiori . Nel centro delle crociere l ' architetto collocò una cupola , formata non solo ad ornamento , ma anche per una più copiosa illuminazione e maggiore aria ; ed in questo centro pose un altare isolato a comodo degli ammalati . A fianco di essa fabbrica scorre un emissario del Naviglio , che serve agli opportuni usi dell ' ospedale . Del Bramante è il portico che si presenta a destra entrando nel gran cortile di mezzo , stato aggiunto posteriormente alla fabbrica di Filerete , che non fu terminata in un sol tempo . La parte di mezzo , che prospetta la via Paletta , fu edificata in conseguenza al testamento 18 maggio 1621 di Giovanni Pietro Carcano , il quale lasciava al grande Ospedale l ' usufrutto della metà del suo ingentissimo patrimonio per sedici anni , che salì alla somma di 330,000 scudi d ' oro , equivalenti all ' incirca a quattro milioni di lire italiane . Quel denaro servì appunto all ' ampliamento del fabbricato dello Sforza . Il nuovo edificio venne terminato verso l ' anno 1642 . Il concetto è di Fabio Mangone e Francesco Richini , i quali si servirono del portico esteriore disegnato dal Bramante fino all ' altezza del parapetto , cambiando sotto le colonne ; e da quella disposizione concepirono l ' idea delle altre tre parti , e formarono per tal modo l ' elegante disegno di questo maestoso cortile , sorprendente per la sua vastità , per la ricchezza delle sculture e pei doppi portici che lo circondano , con colonne d ' ordine jonico moderno al piano terreno e composito al superiore . Di fronte al magnifico ingresso della porta maggiore è la chiesa di buona forma , ed in essa si ammirano un quadro dell ' Assunta del Guercino , e due altri del secolo XV della Scuola lombarda , che rappresentano le cerimonie dell ' innalzamento dell ’ ospedale . Nel sotterraneo di questa chiesa sono sepolti parecchi dei caduti nella rivoluzione milanese del marzo 1848 . L ' ala sinistra dell ' ospedale , cioè quella verso la Porta Vittoria , fu eretta in sullo spirare dello scorso secolo col denaro del notaio causidico Giuseppe Macchi , il quale , dopo una vita più gretta e misera che mai per spilorcia avarizia , lasciava nel 1797 all ' ospedale un assai pingue patrimonio . L ' architetto fu l ' ingegnere Castelli . Si conservano in quest ' ospedale i ritratti dei benefattori , fra i quali del Tiziano , del Procacciai , Traballesi , Hayez , ecc . , ecc . , che nel loro assieme rappresentano la storia della pittura lombarda dalla fondazione del nosocomio a noi . Essi , ogni biennio , vengono esposti alla pubblica vista sotto i portici del grande cortile , e precisamente nel giorno 25 marzo ; e in questo anno ( 1871 ) appunto se ne fa l ' esposizione . All ' Ospedale Maggiore sono riuniti il Luogo Pio di Santa Corona , di cui tenemmo parola , descrivendo la Biblioteca Ambrosiana ; non che l ' ospizio degli Esposti e delle Partorienti ; il locale di Sant ' Antonino , per le deliranti e le pazze ; di San Michele ai nuovi sepolcri per le croniche , ecc . Palazzo Venini . Nella vicina via di Chiaravalle evvi il palazzo Venini , il quale è di elegante architettura : fu ristaurato non sono molti anni . Palazzo Greppi . - - In via Sant ' Antonio , dicontro alla chiesa omonima , vi è il palazzo Greppi , il cui architetto fu il Piermarini . Vi hanno nell ' interno di esso grandiose sale ; una di queste , d ' ordine corintio , fu ornata dall ' Albertolli , dal Franchi , da M . Knoller , ed altre vennero affrescate da Calani , Traballesi , Appiani . Chiesa di Sant ' Antonio . La chiesa di Sant ' Antonio rimonta al secolo XIV , venne ricostruita nel XVII su disegno di Francesco Richini : è in una sola nave d ' ordine corintio . Conserva tuttavia dell ' antico il campanile , il più bel lavoro gotico di Milano dopo quello di San Gottardo e di Sant ' Eustorgio . Per ammirare questo campanile è d ' uopo recarsi nella via Bergamini . L ' interno ha buoni dipinti dei fratelli Carloni , del Moncalvo , di A . Figini , di C . Procaccini , di Del Cairo , del Bernardino Campi , di F . Gallizia , di E . Salmoggia , di Carlo Cani , di A . Caracci , di Palma il giovane , ecc . Ritornando sul Corso di Porta Romana devonsi ammirare sulla facciata della casa , a destra , portante il numero 54 , alcuni avanzi antichi , che già appartenevano alla porta clic venne eretta colà nell ' anno 1171 dai Consoli milanesi a memorare il fatto avventuroso del ristabilimento dei cittadini nella patria , succeduto il 27 aprile 1167 per opera dei confederati lombardi , guidati da un frate Jacopo . La porta fu di - strutta per ordine dell ' imperatore Leopoldo II nell ' anno 1791 . In pari tempo si demolì la torretta colle carceri ch ' era lì presso , innalzata da Luchino Visconti , la quale tenne pur rinchiusa Margherita Pusterla . Chiesa di San Calimero . La chiesa di San Calimero , che trovasi a destra non lungi dal ponte di Porta Romana , vuolsi fabbricata nel secolo XII nell ' area ove esisteva mi tempio di Apollo , la statua del quale fu distrutta dallo stesso San Calimero . L ' interno del tempio fu rifatto dal Richini . Nello scurolo vedesi il pozzo ove , secondo la tradizione , fu gettato il corpo di Calimero . Di rimarchevole in questo tempio non vi è che una pittura di Carlo Cane , e una memoria del Tempesta , celebre pittore di paesi e di marmi , ivi sepolto . Vicino a San Calimero è il collegio di Santa Sofia delle Salesiane . Riformatorio della Gioventù . In fondo alla via San Calimero evvi il Riformatorio del - la Gioventù , già Pia Casa di Patronato pei carcerati e liberati dal carcere . Scopo della istituzione , approvata dal Governo con decreto 4 aprile 1854 , per iniziativa del sacerdote Giovanni Spagliardi , è di visitare i carcerati per confortarli alla rassegnazione , migliorarli con assidue istruzioni , e indurli a ravvedimento ; di prestare assistenza e sussidio ai liberati dal carcere che danno speranza di emenda , accogliendo in apposito ospizio quelli fra essi che per le loro particolari circostanze richiedono questo speciale patrocinio ; di provvedere di stabile alloggio i detti individui quando offrano sufficiente guarentigia di buona condotta e si possano credere stabilmente emendati . Nello scorso anno 1870 venne il Riformatorio sottoposto ad un nuovo Statuto . Il progetto di questo edificio è dell ' architetto Enrico Terzaghi . Allungandosi per la via Quadronno , a destra uscendo dal Riformatorio , allo sbocco presentasi il Civico collegio Calchi - Taeggi . Il collegio Calchi - Taeggi dipende dal Municipio per Reale decreto 19 settembre 1861 . Trovasi quivi fino dall ' anno 1795 . Esso è l ' unione del Collegio Calchi , fondato verso il 1500 da Bartolomeo Calchi in via Borgonovo , e del collegio Taeggi , fondato nel 1559 dal conte palatino Ambrogio Taeggi nel convento di San Simone . L ' unione avvenne per decreto di Leopoldo del 20 giugno 1792 . Questo Istituto serve per gli studi ginnasiali , tecnici e liceali , di lingua , ecc . E regolato da civici amministratori , e diretto da un rettore , da un censore di disciplina , ecc . Ha otto piazze gratuite e venti a metà pensione . L ' edificio fu rimodernato con disegno dell ' architetto Giacomo Moraglia . Chiesa di Santa Maria del Paradiso . La chiesa di Santa Maria del Paradiso possiede quadri di Francesco Fabbrica , di Camillo Procaccini , di Domenico Pellegrini ; nella vò1ta Ferdinando Porta dipinse l ' Assunta . Nelle vicinanze evvi l ' altra chiesa di San Pietro dei Pellegrini ; Barnabò Visconti aveva unito ad essa uno spedale pel ricovero dei poveri pellegrini , i quali venivano per due giorni alloggiati ed alimentati . Teatro Carcano . Il teatro Carcano , così chiamato dal nome del proprietario , fu eretto su disegno del Canonica nel 1805 , ove antica - mente esisteva la chiesa coll ' ospedale di San Lazzaro , convertito nel 1498 in convento di monache domenicane , soppresse nel 1799 . Il teatro è armonico , però non troppo elegante . Agli amatori di fiori consigliamo una visita al giardino di casa Pertusati , che è rimpetto al teatro . Ha una pregevole raccolta botanica . Civica Palestra . Poco lungi dal teatro Carcano , a destra , è la Civica Palestra , eretta su disegno dell ' ingegnere architetto Agostino Nazari , ed inaugurata or sono pochi anni . Serve agli esercizi ginnici degli allievi , specialmente delle scuole comunali . Porta Romana . L ' antichissima Porta Romana era dedicata ad Apollo . L ' attuale fu fatta costruire dai Milanesi nell ' anno 1598 su disegno di Martino Bassi pel ricevimento di Margherita d ' Austria , destinata sposa a Filippo III di Spagna . E di ordine dorico bugnato , ed era già fortificata . Venne ristaurata nel 1794 . Entrarono per essa parecchi principi e sovrani , e il generale Bonaparte , vincitore degli Austriaci , nel giorno 14 maggio 1796 . In quell ' occasione vi venne posta la seguente iscrizione : ALLA VALOROSA ARMATA FRANCESE DAL SUPREMO GENERALE BONAPARTE GUIDATA AL TRIONFO CHE NEL GIORNO 14 MAGGIO 1796 PER QUESTA VIA PORTO ' LA LIBERTA ' ALL ' INSUBRIA IL POLOLO MILANESE MEMORE E RICONOSCENTE . Questa epigrafe fu tolta al ritorno degli Austriaci . Linea H . ( Dalla Piazza del Duomo alla Porta Vittoria ) . MONUMENTI , EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC : Monumento a Beccaria . Palazzo di Giustizia . Colonna di Porta Vittoria . Luogo Pio Trivulzio . Palazzo Sormani . Collegio della Guastalla . Riformatorio della Pace . Edificio di San Michele ai nuovi sepolcri , Orfanotrofio maschile . Porta Vittoria . CHIESE . Santo Stefano . San Bernardino . San Barnaba . Santa Prassede . San Pietro in Gessate . TEATRI , Gerolamo . ALBERGHI ECC , Passarella . Monumento a Cesare Beccaria . Nel mezzo della nuova Piazza dedicata a Cesare Beccaria sorge un monumento a quel grande filantropo nostro concittadino . La solenne inaugurazione di esso ebbe luogo il giorno 19 marzo 1871 . E lavoro peregrino dello scultore Giuseppe Grandi . La statua del Beccaria posa su ampio piedestallo rettangolare di granito ; i quattro lati di questo presentano due bassorilievi in bronzo , la Civiltà ed il Tempo , che stende un velo sugli emblemi del barbarismo , e due iscrizioni . La prima di queste suona così .... Italiani e Stranieri eressero , augurando che il voto 13 marzo 1865 della Camera dei Deputati per l ' ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE sia tradotto in legge . E l ' altra il seguente brano dello stesso Beccaria : .... Se dimostrerò non essere la pena di morte nè utile , nè necessaria , avrò vinto la causa dell ' umanità . Attorno alla base della statua vi è scolpito : Cesare Beccaria nato in Milano il 15 marzo 1738 Morto il 28 novembre 1794 Inaugurato il 19 marzo 1871 . Palazzo di Giustizia . Il palazzo di Giustizia , ora del Tribunale Civile e Correzionale , è di un ' imponente e ben intesa architettura , in - dicante il carattere del luogo ; il cortile , a doppio porticato , è pur grazioso . Venne questo edificio fatto innalzare nell ' anno 1605 su disegno di Vincenzo Seregni , per ordine di Pietro Enrico Azevedo , conte di Fuentes , governatore di Milano per Filippo III di Spagna , come lo indicavano due epigrafi latine tolte nel 1796 . Allorchè si demolirono le prigioni del Podestà alla Piazza dei Mercanti , queste carceri furono dilatate e fortificate con una cinta soda e massiccia di muro . Nel 1796 si levarono le tredici armi rappresentanti gli stemmi di diversi fiscali , capitani e vicari di giustizia , ed al luogo delle accennate epigrafi , venne sostituito l ' assioma del celebre Gaetano Filangeri , che è il seguente : “ LO SPAVENTO DEL MALVAGIO DEVE ESSERE COMBINATO COLLA SICUREZZA DELL ' INNOCENTE “ Nell ' anno 1815 dagli Austriaci era fatto scomparire sotto uno strato di calcina ; e non fu che nel marzo 1871 che , mercè l ' iniziativa di un capo della magistratura milanese , rivisse . Superiormente alla porta vedesi un terrazzo donde pubblicavansi i bandi e le sentenze . Teatro Gerolamo . In sostituzione di demolito teatro , disegno del Canonica , veniva , nell ' anno 1868 , costruito l ' attuale su disegno dell ' architetto Ambrogio Spinella . Fu inaugurato nel 1869 . Il teatro è elegante : conserva un bel telone dipinto dal Vacca , rappresentante la caduta di Ippolito . Serve a spettacoli di burattini colla maschera di Gerolamo , protagonista monferrino . Può anche servire per attori . Chiesa di Santo Stefano . La chiesa di Santo Stefano è antichissima , ed era prima detta di San Zaccaria . La fondazione viene attribuita all ' arcivescovo San Martiniano , il quale vi fu seppellito nel 433 . Il primitivo tempio venne distrutto nel 1075 da un forte incendio ; rifatto , ma non colla vaghezza e maestà del precedente , l ' arcivescovo Visconti volle che fosse ricostruito su disegno di Aurelio Trezzi . Federico Borromeo lo fece perfezionare nel 1596 . Contiene l ' interno di buone pitture di G . Cesare Procacciai , di Federico Bianchi , di Camillo Procaccini , di Del Cairo , del Fiammenghini , di Francesco Casella , ecc . Girolamo Quadrio , nel 1642 , alzò 1' attuale campanile di bella forma archi - tettonica . Il 26 dicembre 1476 , all ' ingresso di questa chiesa , fu assassinato il duca Galeazzo Maria Sforza per opera dell ' Olgiati , del Visconti e del Lampugnani . La Piazza di Santo Stefano serve al mercato del pesce , selvaggiume , pollame , ecc . Chiesa di San Bernardino . Presso Santo Stefano trovasi la chiesa di San Bernardino , eretta nel 1696 . Superiormente all ' atrio di essa evvi un particolare oratorio , ove esistono giovanili lavori di Andrea Appiani . Giovanni V , re di Portogallo , fece levare il disegno di questa chiesa per erigerne altra a Lisbona . Attiguo vi è un Ossario , in cui vedesi una bizzarra decorazione di ossa e di teschi umani , che il volgo crede dei cristiani morti dagli Ariani al tempo di Sane Ambrogio ; ma noi non dubitiamo a supporre vengano dall ' ospedale del Brolio , detto ( li San Giobbe . E un ornamento che dovrebbe ormai scomparire . Colonna di Porta Vittoria . Dalla via di San Bernardino , recandosi al Verziere , o mercato delle erbe , trovasi una colonna di granito . Essa venne fatta erigere nel 1576 da San Carlo , su disegno del Pellegrini , in onore di San Martiniano . La statua del Redentore è del Vismara . Questa colonna è ora sacra alla libertà di Milano . Attorno al piedestallo di essa , su lapidi di bronzo , collocate il 18 marzo 1861 a cura del Municipio , trovansi incisi i nomi dei morti nella gloriosa rivoluzione del marzo 1818 . Evvi pure la seguente epigrafe : CITTADINI ONORATE LA MEMORIA DEI VOSTRI CHE A 18 MARZO 1848 SI LEVARONO NEL NOME D ' ITALIA E TRIONFATA L ' AUSTRIACA TENACIA COLLA VIRTU ' DEL VOLERE QUESTE VIE RIBATTEZZARONO PRIME COL SANGUE E COLLA VITTORIA MDCCCLX . Ai 22 marzo il popolo trae quivi a deporre corone e fiori . Luogo Pio Trivulzi . Il Pio Albergo Trivulzi trovasi nella vicina via della Signora . Questo istituto di beneficenza lo si deve al principe Tolomeo Trivulzi , il quale , con testamento 23 agosto 1766 , ordinò si convertisse il suo palazzo in casa di rifugio poi vecchi d ' ambo i sessi nativi di Milano o domiciliativi da dieci anni almeno , resi inetti , per età settuagenaria , a procurarsi col lavoro la sussistenza . L ' ospizio fa aperto il 1° gennaio 1771 , e venne poscia ampliato con altre elargizioni . Ora vi sono ricoverati oltre 400 vecchi fra maschi e femmine . In quest ' ospizio morì , il 9 gennaio 1799 , 1' illustre Gaetana Agnesi , e vi fu il 21 marzo 1812 trasportata la salma del principe Trivulzi , che era nella chiesa de ' Cappuccini a Porta Orientale . Palazzo Sormani . Passato il ponte di Porta Vittoria , a destra voltando , vedesi il palazzo Sormani . Esso fu eretto su disegno licenzioso , ed apparteneva alla famiglia patrizia Monti . Quivi nacque Cesare Monti , che fu arcivescovo di Milano , non che il fratello di lui , Marco Antonio , presidente del Magistrato di Sanità , e benemerito per savio provvidenze e per civile coraggio durante la peste 1630 . Estinta la fa - miglia Monti passò il palazzo all ' Andreani , e quindi , estinta pur questa , alla Sormani . Collegio della Guastalla . Nel parlare della chiesa di San Paolo , abbiamo accennato alla contessa della Guastalla Lodovica Torelli . E alla stessa che devesi questo collegio , fondato nell ' anno 1557 , per l ' educazione civile e religiosa di donzelle milanesi nobili e povere . Esso è il più antico di questa specie . Chiesa di San Barnaba . La chiesa di San Barnaba , eretta prima del secolo XII , venne ricostruita nel 1545 su disegno di Giacomo Antonio Morigia . E di ordine corintio con tre altari da ciascun lato , comodo presbiterio e coro . Vi sono buone pitture di Aurelio Luini , Carlo Urbino , del Lomazzo , di C . Procaccini , ecc . Poco discosto da San Barnaba , verso la Porta Romana , eravi un chiostro di Templari ; ivi prese alloggio Barbarossa sì nel primo che nel secondo assedio di Milano . Riformatorio alla Pace . Questo Riformatorio , regolato come quello di cui abbiamo parlato , era già Istituto di Santa Maria della Pace pei giovanetti traviati , fondato dal religioso comasco Paolo Marchiondi , ed aperto nel 1841 . La chiesa è di gotica architettura ; fu fondata nel 1466 da un tal Amadeo , cavaliere portoghese , frate francescano , che andava per la città gridando pace , pace , onde far cessare i dissidi tra ' Milanesi ; e perciò detta della Pace . Il duca Galeazzo Maria Sforza ed altri somministrarono di poi i soccorsi per terminarla . Vi sono in essa pitture , pur troppo in deperimento , del Luini , del Semini , di Marco d ' Oggionno ; una copia della Cena di Leonardo , fatta dal Lomazzo . Presso questo luogo evvi una caserma di soldati di fanteria : era quel fabbricato già convento di monache agostiniane , dette di San Filippo . Fu in esso che Napoleone I fondò , nel 1810 , il reale Collegio delle Fanciulle . Edificio di San Michele . In fondo alla via , presso il bastione a destra , presentasi un edificio di forma quasi circolare : è desso San Michele ai nuovi sepolcri , succursale dell ' Ospedale Maggiore . Questo fabbricato risale al 1698 , eretto su disegno dell ' ingegnere Attilio Arigone . Consiste in una chiesa a croce greca , con cupola nel centro , la quale oggidì forma soltanto il corpo di mezzo dell ' edificio . Fu innalzato per la tumulazione dei cadaveri dell ' ospedale . In seguito si formò il magnifico portico all ' in - torno della chiesa , nel quale si pose un continuato numero di sepolcri più alti da terra , a fine di preservarli dall ' acqua sorgente . Il disegno di questo porticato è dell ' architetto Francesco Croce , perfezionato nell ' anno 1731 . Cessò quivi la tumulazione in conseguenza della legge di Giuseppe II , che prescriveva la sepoltura dei cadaveri fuori città . Sotto il Regno Italico si pensava di convertire quest ' edificio in Panteon per gli uomini illustri . Chiesa di Santa Prassede . Questa chiesa fu fondata da San Carlo nell ' anno 1579 con ritiro per le Cappuccine ; nel 1782 vi subentrarono le Benedettine di Santa Radegonda , secolarizzate dalla Repubblica Cisalpina . La chiesa conserva tuttodì due bellissimi quadri , uno di Simone Preterazzano , l ' altro di G . Cesare Procaccini . Il convento , che eravi annesso , fu convertito sotto il Regno Italico in caserma di soldati , e tuttodì serve a tale uso . Chiesa di San Pietro in Gessate . Da una nobile famiglia di Gessate , o Glassiate , si vuole fondata questa chiesa nel 1344 con monastero di Umiliati , nel quale chiostro , nel 1436 , succedettero i Maurini , in ultimo i Somaschi . La chiesa è in tre navi , di gotica architettura , alquanto sformata nei tempi posteriori . Il coro fu innalzato nell ' anno 1450 , di poi ingrandito nel 1640 . V ' hanno in questo tempio pitture del Luini , del Crespi , del Caravaggino , del Lanzani , del Moncalvo , dello Zenale , del Civerchio , del Vajani e del Buttinoni . La Madonna col Bambino si crede del Bramante . Nell ' ultima cappella è pur degno di osservazione il monumento della famiglia Griffi . Orfanotrofio Maschile . Il convento di San Pietro in Gessate coi grandi chiostri , attribuiti al Bramante , per decreto 22 giugno 1772 , venne da Maria Teresa donato all ' Orfanotrofio Maschile , fondato in via Crocifisso nel 1533 da Girolamo Miani . Il patrimonio di quest ' Istituto , che può calcolarsi a tre milioni , è frutto di doni e di lasciti di molti benefattori . I ricoverati sono in numero di 250 circa . Vi si accettano dagli anni sette ai dieci , e vi rimangono sino ai diciotto ; vengono istruiti nelle materie proprie delle classi elementari , nel disegno ; ed avviati nelle arti meccaniche ; alcuni , i più idonei , vi apprendono anche la musica istrumeutale , la ginnastica e i militari esercizi . Ai tempi della Repubblica Cisalpina questi orfani vennero soldatescamente disciplinati : formarono un battaglione , che fu denominato Battaglione della Speranza . Nelle cinque giornate del marzo 1848 gli orfanelli prestarono pure un grande servizio alla patria ; parte di essi stettero alle barricate , parte servirono alla trasmissione degli ordini dei capi della insurrezione da un punto all ' altera del - la città .. Porta Vittoria . - - La Porta Vittoria , così denominata in memoria della vittoria riportata nel 1848 dai Milanesi sulle soldatesche austriache , chiamavasi prima Tosa . L ' origine di questo nome non è dagli storici ben definita . Il più probabile è che possa derivare da Tusca , perchè in antiche carte viene chiamata Tusa e non Tosa . Dalla cittadinanza si fanno voti perchè il Municipio abbia a ricostruire questa Porta e renderla degna del gran fatto al quale è stata dedicata . Fuori la città , non molto lungi , evvi l ' ospedale dei pazzi , detto la Senavra . Il locale era altre volte convento di Gesuiti . Linea I . ( Colore rosa . Dalla Porta Ticinese alla Porta Garibaldi ) . ( 1 . Dalla Piazza del Duomo alla P . a Ticinese ) . MONUMENTI EDIFICI RIMARCHEVOLI , ECC . Ginnasio e Liceo Beccaria . Palazzo Trivulzi . Congregazione di Carità . Istituto Tecnico . Colonne di San Lorenzo . Arco di Porta Ticinese . Barriera . Bagni pubblici . Stazione Milano - Vigevano . La Conca in via Arena . Istituti dei Sordo - Muti . Casa d ' Industria . CHIESE . San Satiro . Santa Maria Beltrade . San Sebastiano . Sant ' Alessandro . San Michele alla Chiusa . San Giorgio in Palazzo . San Sisto . San Lorenzo . Sant ' Eustorgio . Santa Maria della Vittoria . San Calocero . TEATRI . Re ( nuovo ) . ALBERGHI . Cappello . Falcone . Pozzo . Gran Bretagna . Gran Parigi . D ' Italia . Chiesa di Santa Maria presso San Satiro . - - La chiesa di Santa Maria presso San Satiro affermasi innalzata nell ' anno 869 dall ' arcivescovo Ansperto Confalonieri , ove era una sua casa eretta sull ' area di un tempio romano , e che de - dicò a San Satiro . Un fatto singolare diede il nome di Santa Maria alla chiesa , ed origine all ' edificazione dell ' attuale , chè mal si attribuisce al Bramante , e molto meno al Suardi , suo scolaro . Prima della venuta in Milano del Bramante la chiesa era già in costruzione . Non tornerà discaro sapere il fatto accennato . Nel 1242 , un tal Masazio , uscendo furioso da una casa da giuoco , ove aveva perduto tutto il suo avere , si fece a passare per la via del Falcone . Ivi vedendo l ' immagine della Madonna , che era sul muro esterno della chiesa di San Satiro , cieco d ' ira , le scagliò una coltellata , che colse nel collo il Bambino . Narra la tradizione che dal quadro stillasse sangue . La voce dell ' avvenuto , propagatasi tosto , fuvvi gran ressa alla via del Falcone ; la Madonna venne posta nella chiesa , e da quel giorno la divozione andò crescendo . La chiesa è formata di tre navi , in figura di croce mozza , non essendovi , cagione l ' attigua pubblica via , spazio pel coro ; onde l ' architetto vi surrogò una prospettiva a ' rilievo di mirabile effetto ; opera assai lodata dal Vasari e da altri . Dell ' antichissimo tempio evvi un avanzo nella cappella della crociera a sinistra , verso la via del Falcone , con quattro colonne di materia , dimensione e capitelli differenti , raccolti da edifici anteriori , come allora si soleva . In questa cappella vi è anche un bel lavoro in plastica del Caradosso Foppa . La sagrestia è un tempietto ottagono del Bramante , somma , mente lodato dal Vasari e dal Milizia . Fu assai bene ristaurato nel 1857 . Vi sono in questa chiesa pitture del Boltraffio , del Borgognone , del Bramantino , di Gaetano Vaccani , ecc . - - Quanto prima si darà mano alla costruzione della facciata del tempio , ancora in rustico , su disegno dell ' ingegnere architetto Giuseppe Vandoni . Chiesa di Santa Maria Beltrade . La chiesa di Santa Maria Beltrade fu fondata da una contessa Beltrado nell ' anno 836 , e ristaurata nel 1717 , e da ultimo , da Giacomo Moraglia , nel 1855 con buoni affreschi . Una rozza scultura , che prima vedevasi sulla porta maggiore , ora da un canto , rappresenta l ' immagine che chiamavasi Idea ; essa era il simbolo di una processione che sino all ' anno 1586 soleva farsi nel giorno della Purificazione da questa chiesa alla Metropolitana . Chiesa di San Sebastiano . La chiesa di San Sebastiano , di proprietà del Comune , è opera del Pellegrini , e devesi la sua erezione al voto fatto dai Milanesi durante la peste dell ' anno 1576 . La prima pietra fu posta da San Carlo . E di forma circolare , ed una delle più belle che vanti Milano . Magnifica è la parte esterna , ornata di lesene binate , d ' ordine dorico , con cornice elegantemente lavorata ; l ' ordine jonico si vede superiormente all ' attico praticabile . La cupola torreggia sopra questo secondo ordine . Tre porte , una maggiore ornata con colonne , e due laterali più semplici , danno ingresso all ' interno , il quale corrisponde alla bellezza esterna per la sua semplicità ed eleganza ; un ordine di lesene disposte in giro divide le cappelle arcuate ; il coro è di figura ottagona con cupola circolare . Vi sono in questa chiesa pregevoli pitture : il San Sebastiano è del Bramante . Sotto la Repubblica Cisalpina essa servì di Circolo costituzionale . E generalmente reclamato che quest ' edificio venga isolato , colla demolizione delle catapecchie addossatevi negli ultimi tempi della dominazione spagnuola . Chiesa di Sant ' Alessandro . La chiesa di Sant ' Alessandro , detta in Zebedia , vuolsi eretta sull ' area di una prigione chiamata appunto Zebedia , nella quale l ' alfiere della legione tebea , Alessandro , fu detenuto . La facciata dell ' antico tempio era verso San Giovanni in Conca . L ' attuale edificio venne elevato nell ' anno 1602 con tanta solennità che si coniarono persino medaglie commemorative . L ' architetto ne fu Lorenzo Binaghi , barnabita . Esso ha la forma di una croce greca con magnifica cupola , sostenuta da otto colonne di granito rosso lucido . La facciata , con due campanili e bella scalinata , sarebbe stata più grandiosa se avesse avuto un second ' ordine : così appare tozza . Questo tempio , restaurato non sono molti anni , è ricco nell ' interno di fregi e stucchi , e vi meritano particolare osservazione l ' altare maggiore , il pulpito e due confessionali , incastonati in pietre dure , gli intagli dell ' organo , vari dipinti del Crespi , del Procaccini , del Campi , del Fiamminghino , dello Scaramuccia , del Moncalvo , del Guadagnini , dello Scuri , ecc . , non che il monumento al matematico Paolo Frisi , il cui ritratto è del celebre Franchi . Liceo e Ginnasio Beccarla . Al lato destro della chiesa di Sant ' Alessandro , uscendo , trovansi pubbliche scuole , altre volte Arcimbolde , da monsignor Giovanni Battista Arcimboldi , il quale nel 1609 fondava due cattedre di logica e morale appunto presso i Barnabiti di Sant ' Alessandro . Soppressa la Congregazione di questi padri , vi fu stabilito dal Governo un Liceo ed un Ginnasio pubblico , diretti da professori secolari Il liceo Beccaria possiede un gabinetto di fisica , eretto fino dall ' anno 1787 , una raccolta di animali , ed una collezione mineralogica , che ebbe origine nel 1773 , e resa quindi molto ricca dal celebre naturalista , ex - barnabita , Ermenegildo Pini , mercè le sue fatiche , i suoi viaggi e le sue corrispondenze coi più celebrati naturalisti . Palazzo Trivulzi . Nella Piazza di Sant ' Alessandro , dicontro la chiesa , vedesi il palazzo Trivulzi ; esso è di una soda costruzione , e ragguardevole per le cose rare e preziose che vi si contengono , fra cui una ricca libreria ed un , museo di pregevolissime antichità , formato in gran parte dal filologo abate don Carlo Trivulzi , morto nel 1789 , dal fratello di lui Giorgio , morto nel 1802 , e continuato dai discendenti della famiglia , la quale cortesemente ne permette la visita al forestiero . Congregazione di Carità . La Congregazione di Carità ha la propria sede in via Olmetto , nella già casa Archinti , la quale conserva pregevoli pitture del Lanzani , del Tiepolo , del Piazzetta e del Bigori . Chiesa di San Michele alla Chiusa . La chiesa di San Michele alla Chiusa , che trovasi qui presso , ritiene il suo nome dalla chiusa , posta nel 1171 ad un acquidotto a trattenere le acque che da essa poi uscivano poco lungi dalla città . Sono due chiese riunite verso il 1750 ; contengono qualche buon dipinto . Nel portico del piccolo cortile si osserva 1' antico metodo , detto Graffito , introdottosi in Italia nel principio del XVI secolo , col quale si ornavano e si abbellivano le case nel loro esterno . Chiesa di San Giorgio in palazzo . La chiesa di San Giorgio credesi eretta nel 750 da San Natale , arcivescovo di Milano , sull ' area ov ' era un tempio di Mercurio . L ' aggiunto di Palazzo , che ancora essa ritiene , si vuole derivato da un palazzo imperiale edificato da Trajano o da Massimiano . Nel 1600 fu l ' edificio abbellito da Federico Borromeo . L ' attuale facciata di granito è disegno di Bernardino Ferrari . Vi sono in questa chiesa da ammirarsi un San Gerolamo , opera celebre di Gaudenzio Ferrari , la Deposizione , di Bernardino Luini . Nella casa Stampa - Soncino , presso S . Giorgio , sorge , monumento particolare , una torre a sei piani , con terrazzi accessibili , alta metri 42 24 , sulla cui sommità sono le colonne col plus ultra , stemma di Carlo V , al cui onore fu eretta . Chiesa di San Sisto - - La chiesa di San Sisto si pretende essere fondata da Desiderio , ultimo re dei Longobardi nell ' anno 770; fu rifabbricata da Federico Borromeo : vi sono pitture del Pietra . Istituto Tecnico . Nell ' area , ove sorgeva il convento di monache agostiniane , fondato da Simone da Casale nel 1345 , venne eretto , nella prima metà di questo secolo , un edificio ad uso scuole ginnasiali su disegno del conte Gian Luca della Somaglia . Soppresse queste scuole , sostituendole con quelle tecniche , dal Comune si rifabbricò ed ingrandì l ' edificio , con progetto dell ' ingegnere A . Nazari , comprendendovi anche la già chiesa di Santa Marta , che era una delle più belle opere del Richini . L ' Istituto tecnico impartisce l ' istruzione a circa 180 alunni . Presso il Carrobbio , nella via San Simone , evvi un teatro adatto a rappresentazioni drammatiche . Chiesa e colonne di San Lorenzo . Le sedici colonne , che veggonsi lungo il Corso di Porta Ticinese , e che sono parallele alla pubblica strada , formano il monumento romano più grandioso che conservi ancora Milano . Esse sono di marmo bianco scanalate , d ' ordine corintio , e composte di quattro pezzi ciascuna , compreso il capitello e la base , che ha unita una piccola porzione di colonna . Una giusta ed uniforme distanza si osserva nel loro scomparto ; la base è atticurga ; posano esse a perfetto livello sopra un rozzo zoccolo di pietra . Da ciascuna parte hanno per termine un pilastro innalzato in tempi posteriori . Gli architravi sono alti due terzi del diametro delle colonne con tre fasce , come debbe avere il corintio . Nella soffitta , fra capitello e capitello , avvi un riquadro decente - mente intagliato . Queste colonne da alcuni credonsi una parte delle Terme Erculee , costruite da Massimiano ; altri opinano del tempio di Ercole , pure eretto da quell ' imperatore . L ' iscrizione romana , che vedesi sul pilastro verso la città . ad onore di Lucio Vero , non deve avere nessuna relazione colle colonne , nè coll ' edificio : questa lapide fu ritrovata e dissotterrata 1' anno 1505 vicino al colonnato . Da questi avanzi antichi si ha accesso in un cortile , intorno al quale sono poste le abitazioni altre volte canonicali , fatte costruire da Federico Borromeo ; è il sagrato di una delle più vaste e più belle chiese di Milano , quella cioè di San Lorenzo . Questo tempio fu eretto fin dai tempi di Sant ' Ambrogio sulle rovine di opera romana . Fu distrutto da un incendio nel 1071 , poi ricostrutto ; rovinato di nuovo nell ' anno 1573 , venne infine riedificato per ordine di San Carlo su disegno di Martino Bassi , che imitò San Vitale di Ravenna . Il corpo dell ' edificio è composto di un ottagono formato da quattro archi grandi e da quattro minori . L ' ordine principale è dorico con lesene . I lavori terminarono verso il 1593 . In questa chiesa vi sono buone pitture di Ercole Procaccini , Aurelio Luini , Giambattista della Cerva , Carlo Urbino , dello Storer , ecc . Alla sinistra , verso la Vetra , evvi una chiesetta ottangolare , la quale ha servito di primitivo tempio dedicato a San Genesio , ed ora a Sant ' Aquilino martire , con un vestibolo che ha comunicazione colla strada . Questa cappella dicesi eretta da Galla Placidia , figlia di Teodosio , e vi si vede l ' urna sepolcrale della medesima e di Ataulfo , marito di lei . Posteriormente vi fu aggiunta la cupola con un lucernario . La porta di questa cappella è adorna di ricche sculture ; negli absidi si vedono mosaici del nono secolo , guasti però dai ristauratori . Nella chiesa è pur rimarchevole il mausoleo di Giovanni Conti , eretto nel secolo XVI da Gaspare Visconti , non che l ' altro dell ' antica famiglia Robiano . Uscendo in istrada dalla cappella di Sant ' Aquilino a destra trovasi la Piazza della Vetra . Questo luogo , pochi anni or sono , offriva un misero spettacolo . Da una parte scoperta correva la gora , e all ' intorno erano povere case , con terrazze di legno , occupate le più dai conciapelli . Da antico deturpava inoltre questa Piazza la forca , trasferita nel 1814 altrove . Le catapecchie dall ' anno 1829 vennero scomparendo mano mano , e moderni edifici vi vanno sorgendo ; le acque furono coperte ; e il Comune , nel 1863 , vi erigeva un Mercato per gli erbaggi e le frutta , e nell ' anno 1866 altro pei latticini ; entrambi su disegno dell ' architetto Enrico Terzaghi . Dicontro la Vetra , verso il Corso di Porta Ticinese , è la via Gian Giacomo Mora , nome dell ' infelice barbiere , che ivi aveva la bottega e l ' abitazione , i cui casi miserissimi sono sovranamente descritti da Alessandro Manzoni nel suo libro : Processo degli Untori nel 1630 . E qui appunto , ove ora è la casa al numero 1 , sorgeva la Colonna infame , stata posta sulle rovine della casa e bottega del Mora . La colonna , testimonio di barbarie , venne fatta togliere da Pietro Verri , il 1° settembre 1778 per consiglio di Cesare Beccaria . 123 - Arco di Porta Ticinese . Proseguendo pel Corso trovasi il ponte attraversante il Naviglio , costruito pochi anni sono , in istile lombardo , su disegno dell ' ingegnere Emilio Bignami . Questo ponte conserva l ' arco e parte della torre di cui erano munite le porte dei Visconti . Nel 1863 vennero questi avanzi dell ' antichità , modello dei primordi dell ' architettura gotico - lombarda , ristaurati da inesperto architetto ; sicché le torri furono guaste . Teatro Re . Questo teatro venne fatto costruire da un Giovanni Re nel 1864 , e fu inaugurato nel settembre di quell ' anno . Il disegno è dell ' architetto Concorreggi ; riuscì difettoso . Può contenere circa 1200 persone . Chiesa di Sant ' Enstorgio . La chiesa di Sant ' Eustorgio si annovera tra le più antiche di Milano , e si riguarda come uno dei primi edifici cristiani . Essa è una delle meraviglie dell ' arte lombarda . Fu fondata nel 320 dallo stesso Eustorgio , che la dedicò ai Re Magi , le reliquie dei quali vennero appunto a lui regalate dall ' imperatore di Costantinopoli , ed ivi sepolte ( * ) ; quindi prese il nome di Sant ' Eustorgio in onore dello stesso vescovo , per essere ivi stato tumulato . Nei primi tempi la chiesa trovavasi ben lontana dalla città ; la fronte era verso la via di Santa Croce con due archi che le servivano di portico . Fu rimodernata nell ' anno 1278 da Ottone Visconti coll ' opera di Tosano , detto il Lombardino , e quindi da Francesco Richini , il quale guastò la bella architettura lombarda . ( * ) Il sarcofago è ora vuoto di quelle reliquie , le quali , poste in San Giorgio per salvarle dalle mani del Barbarossa , furono quindi nel 1162 trasportate in Germania . Da qualche anno , sotto la direzione degli architetti Enrico Terzaghi e Giovanni Brocca , si sono intrapresi da quella Fabbriceria lavori di ripristino dell ' architettura antica . Il fianco meridionale della chiesa e la facciata sono stati egregiamente compiuti , ed anche l ' interno è a buon punto di avanzamento . Il campanile , assai ragguardevole per l ' altezza e per la bella costruzione , fu ultimato nel 1309 , e vi venne posto il primo quadrante che dinotasse le ore . Il pulpito di pietra , che si vede posto nell ' angolo della facciata servì a Pietro da Verona per iscagliare i suoi fulmini contro gli eretici . Nell ' interno sonovi magni - fiche opere di architettura , fra cui del Bramante e del Michelozzo Michelozzi , - lo scolaro del Donatello e il seguace del Brunelleschi , il primo che da noi incominciò a scostarsi dallo stile gotico , - consistenti specialmente nelle cappelle fatte erigere a destra dai Visconti , una delle quali ha bellissima arca dovuta a Gian Giacomo Balduccio da Pisa . Molte pitture peregrine pur vi sono del Borgognone , del Bramantino , del Fiammenghini , del Fratazzi , dello Storer , dei fratelli Procaccini , del Civerchio , del Figini , ecc . In Sant ' Eustorgio sono sepolti alcuni uomini illustri , fra cui il grecista Emanuele Crisolara e gli storici Gaspare Bugati e Giorgio Merula . Del convento annesso , ora caserma di soldati , entrarono nel 1220 in possesso i Domenicani . Vi ebbe per qualche tempo sede il Tribunale dell ' Inquisizione . Porta Ticinese . Anticamente la Porta Ticinese era situata dove ora è il Carrobbio , e chiamavasi Marzia , perchè dedicata a Marte . La terza Porta , quella costruita al tempo degli Spagnuoli , era ancora nel 1800 un informe fabbricato . Quando Napoleone Bonaparte , vinta la battaglia di Marengo , ritornò per questa Porta in Milano coll ' esercito francese , dando nuova esistenza alla Repubblica Cisalpina , si pensò di rammemorare il fatto in uno alla gloriosa giornata campale con un monumento . Il 16 giugno dell ' anno 1801 il Governo e le autorità francesi , con solenne pompa , recaronsi alla Porta Ticinese , e posero la prima pietra d ' un nuovo edificio . Il progetto però non fu eseguito per allora . Rivisse soltanto verso il 1810; e con soscrizioni private , ma vuolsi superiormente eccitate , si diede mano nel 1812 alla costruzione del severo Portico isolato che tuttodì esiste . Il disegno è del marchese Cagnola , il quale prese ad imitare quegli onorari che si facevano in Roma . E di grandioso effetto ; raggiunto dall ' architetto con pochissimi mezzi . Ai lati dell ' Arco trovansi due vistosi e sodi fabbricati a bugnato , per uso degli agenti daziari . Per la Porta Ticinese facevano il solenne ingresso i principi , gli arcivescovi , i governatori nostri ed i monarchi che venivano a visitare Milano , usanza derivata dai tempi in cui Pavia era residenza dei re longobardi . Fuori di questa Porta veggonsi i meravigliosi lavori fatti per 1' unione delle acque dell ' Adda con quelle del Ticino , ed il canale detto il Naviglio di Pavia . Più innanzi ne parleremo . Presso la Porta stessa , a sinistra , lungo la via di circonvallazione alla Porta Lodovica è lo Stabilimento nazionale pei bagni , costruito dall ' ingegnere cav . Sfondrini . E grandioso , e con vasche da nuoto eleganti . Prendendo la via a destra , e seguendo la strada di circonvallazione alla Porta Magenta , trovasi , alla sinistra , la nuova Stazione succursale per la linea Milano - Vigevano , inaugurata nel novembre 1869; stazione che fra non molto tempo sarà posta in diretta comunicazione coll ' interno di Milano , andandosi a dar mano ai lavori per l ' apertura di una nuova Porta , che si chiamerà dalla città di Genova . Ritornando in città per la Porta Ticinese devesi visitare la via della Conca , che è presso il bastione a sinistra . Quivi trovasi la magnifica conca , eseguita nella prima metà del decimoquinto secolo per opera degli ingegneri ducali Filippo da Modena e Fioravanti da Bologna , durante la signoria di Filippo Maria Visconti , allo scopo non solo di procurare il vantaggio a Milano coll ' introdurvi acqua navigabile , ma eziandio per congiungere le acque dell ' Adda , o Martesana , con quelle del Ticino , o Naviglio Grande , come sopra si è accennato . Si vede quindi che le conche sono ingegnose opere idrauliche , le quali , succedendosi in vari punti , portano due acque ad unirsi , malgrado la diversità dei loro livelli . Nel 1497 , per ordine di Lodovico il Moro , Leonardo da Vinci non rese che regolare questa conca per alzarsi dal Naviglio grande fino alla fossa di fortificazione . In quell ' anno , 1497 , il duca Lodovico faceva eseguire il monumento che vedesi presso la conca , il quale rammenta e come egli avesse alla fabbrica del duomo ridonato il diritto del dazio sulle navi che passavano per di là , e la morte della diletta di lui sposa Beatrice d ' Este . Santa Maria della Vittoria . Allungandosi per la via Arena , verso la città , trovasi la chiesa di Santa Maria della Vittoria , così chiamata da una vittoria non lungi da quel luogo , allora fuori mura , riportata dai Milanesi contro gli Imperiali , comandati da Lodovico il Bavaro . La chiesa fu eretta nel 1339 , e di nuovo fabbricata nel 1669 dal cardinale Omodei , con disegno del Mangone . L ' Omodei vi pose i sepolcri di sua famiglia in forma di piramidi con erme in bronzo . L ' interno del tempio è di buona e grandiosa architettura , di forma quadrata , con quattro archi , sui quali si innalza una maestosa cupola . L ' ordine è fonico composito . Si ammirano in essa pitture di Camillo Procaccini , di Giacinto Brandi , di Giovanni Ghisolfi , di Antonio Raggi , del Fiammenghini , ecc . Chiesa di San Calocero . Percorrendo la strada a sinistra , lungo il Naviglio , trovasi nella via omonima , la chiesa di San Calocero . Essa venne innalzata da San Carlo nel 1565 , e ciò , vuole una volgare tradizione , per una immagine della Madonna dipinta su d ' un muro , che fu veduta piangere alla vista dei mali che i Francesi facevano soffrire nel 1500 ai Milanesi . Altra tradizione narra poi che San Calocero istruisse ivi nella fede San Secondo , e lo facesse battezzare dai Santi Faustino e Giovita , sgorgando al sacro uso una fonte che tuttodì quivi si riguarda . Annessa a San Calocero è la casa dei padri delle Missioni nelle parti degli infedeli . Di contro evvi la soppressa chiesa di San Vincenzo al Prato , di gotica architettura , il cui primitivo edificio era stato nel 550 eretto sull ' area di un tempio dedicato a Giove . Istituto dei Sordo - muti . Nella vicina via di San Vincenzo , e precisamente nel convento già dei Padri Cistercensi , soppresso nel secolo scorso , venne nel 1830 posto l ' Istituto pei sordo - muti , iniziato in Milano nel 1805 da Antonio Heyraud di Lione , sotto la protezione del Governo italico . Sessanta sono i ricoverati ; v ' hanno 24 piazze gratuite , 16 per maschi e 8 per femmine , a carico del Governo . Coi legati conseguiti dappoi e cogli avanzi dell ' Istituto si sono costituite alcune pensioni semigratuite sì pei maschi che per le femmine , a norma dei casi . Ottima è 1' istruzione che si impartisce a quegli infelici , i quali , uscendo ai ventidue anni dall ' Istituto , ponno procurarsi una vita meno dolorosa . Annesso all ' Istituto principale avvene altro pei sordo - muti poveri di campagna , sorto nell ’ anno 1853 . Ha un patrimonio proprio , formato da lasciti di benefattori , colla cui rendita e col frutto di assegni mantiene circa 120 sordo - muti d ' ambo i sessi . 129 Casa d ' Industria . Ove era l ' ospedale di San Vincenzo de ' Pazzi , nell ' anno 1786 aprivasi una Casa di lavoro volontario pei poveri della città . Essa venne riformata colla denominazione di Casa d ' Industria , nel 1808 , nel qual tempo si proibiva la mendicità nel Dipartimento dell ' Olona . Mentre in quella di San Marco si accettano i soli uomini , quivi le sole donne . Per chi , percorrendo la linea di San Vittore , non avesse visitato il Macello pubblico , potrà recarvisi da questo lato . In principio della via di San Vincenzo , per ritornare nel centro della città , al ponte sul Naviglio , vedesi l ' Arco già della pusterla Fabbrica ; esso , come quello di Porta Ticinese , ci dà un saggio dei primordi dell ' architettura lombardo - gotica . Linea I . ( Colore rosa . Dalla Porta Ticinese alla Porta Garibaldi ) . (2.--Dalla Piazza del Duomo alla P . Garibaldi ) . MONUMENTI RIMARCHEVOLI , ECC . Palazzo Broletto . Clerici . Mercato . Forni militari . Porta Garibaldi . Cimitero maggiore . CHIESE . San Protaso . San Tomaso . Santa Maria del Carmine . San Simpliciano . Santa Maria Incoronata . TEATRI . Fossati . ALBERGHI . Madonna del Monte . Torre di Londra . Palazzo Carmagnola o del Broletto . Il palazzo , detto tuttodì del Broletto , fu ricostruito nel 1410 circa dal noto capitano Francesco Busone di Carmagnola , il quale lo abitò dal 1413 al 1424 , come lo indica l ' apposita lapide , e fu quivi che condusse la propria sposa Antonietta Visconti , parente del duca di Milano Filippo Maria . Passato il Carmagnola , per disgusti col Ducato , al servizio della Repubblica Veneta e dichiarato ribelle , dispose , con testamento 8 settembre 1429 , che questo palazzo toccasse come quota ereditaria alle sue figlie Luchina , maritata al conte Luigi Dal Verme , ed Antonia , maritata al dottor in legge Garnerio di Castilione i ma il 9 marzo 1464 , per contratto fra le due sorelle , passò in unica proprietà della contessa Luchina . Per varie vicende subite dai Dal Verme l ' edificio venne ad appartenere al Governo spagnuolo , e Filippo III , nel 1605 , lo donava alla città di Milano , che vi collocò il mercato dei grani . Nell ' anno 1714 vi fu trasportato il Banco di Sant ' Ambrogio , specie di Monte Mercantile ; nel 1770 , sotto la direzione dello storico Giulini , vi si pose l ' Archivio civico , e finalmente , nel 1786 , vi presero stanza gli uffici del Comune , che sino dal 1228 trovavansi in Piazza Mercanti , dandogli appunto il nome di Broletto , e vi rimasero fino all ' anno 1861 . Consiste esso in un ampio caseggiato , diviso in due cortili con portici nell ' intorno , e con porte di prospetto che mettono alle vie del Broletto e Giulini . Di antico pur conserva qualche finestrone ed alcune sale con buoni dipinti . Ora è sede dell ' Intendenza di Finanza . Trovandosi in questo punto si può visitare il Palazzo Clerici . Questo palazzo , sede della Gran Carte d ' Appello , non che del Tribunale di Commercio , che è posto nella via omonima , apparteneva alla nobile famiglia Clerici . Il capostipite di questa famiglia , venuto in Milano da Domaso , divenne straricco , commerciando in società con quel Pietro Carcano , quasi secondo fondatore dell ' Ospedale Maggiore . Il palazzo , quantunque barocco , è tuttavia grandioso : vi si vede una magnifica sala con stucchi dorati , ed una bellissima pittura a fresco nella vólta , di Gio . Battista Tiepolo . Chiesa di San Protaso . Poco lungi dal palazzo Clerici trovasi la chiesa di San Protaso , detta ad Monacos , aggiunto derivatole dall ' esservi stati fin dal 800 i Benedettini . Eretta poi in parrocchia , il diritto di nomina spettava ai monaci di San Simpliciano . Fu l ' antica chiesa ricostruita con disegno del Pellegrini , e restaurata nel 1852 . Vi sono in questo tempio pitture del Fiammenghini , del Nuvolone , di Daniele Crespi , del Cunio , del Cerano , di Camillo Procaccini . Chiesa di San Tomaso . La chiesa di San Tomaso in Terra Mala è d ' incerta origine . Secondo una tradizione l ' aggiunto di terra mala o amara le deriva da questo fatto . , Essendo morto un povero , e non volendo il parroco di San Tomaso dargli sepoltura , se prima la moglie non gli pagasse il dovuto ; la donna , disperata di non avere , nè trovare il denaro , diede in alti lamenti . Passò in quel mentre il duca Giovan - Maria Visconti , il quale , udito il motivo di quelle strida , comandò che il parroco non solo desse sepoltura gratis al morto , ma fosse , che è peggio , seppellito insieme ; e non vi fu prece peroratrice , nè pianto capace a far muovere il duca . Vuolsi che il parroco , calandosi nella fossa , andasse altamente sciamando : “ Quanto è amara questa terra “ . La chiesa ha un bellissimo pronao , e pitture di Cesare Procaccini , di Aurelio Luini , di Rodolfo Cunio . L ' altare maggiore è disegno dell ' architetto cav . Zanoja . Chiesa di Santa Maria del Carmine . La chiesa di Santa Maria del Carmine fu eretta dai padri Carmelitani nel 1268 . Se non che essa , dominata dal vicino castello , ne fu molto guasta . Rifatta in forma più grande a tre navi , le si diede l ' architettura gotica . L ' ornato esterno della porta , che tuttodì si conserva , vuolsi di - segno di F . Richini . La chiesa fu rimodernata nel 1840 . Vi sono pitture di Cesare Procaccini , di Filippo Abbiati , di Stefano Maria Legnani , di Bernardino Luini , del Montalto ; sculture del Volpi . Vi si ammirano inoltre un Battistero gotico - moderno ed alcuni monumenti . Nella parte del Foro Bonaparte , che trovasi a sinistra di chi si reca al Corso Garibaldi , lambente la strada , si sta erigendo , a cura del Municipio , un Mercato per gli erbaggi , su disegno dell ' ingegnere architetto Agostino Nazari . Teatro Fossati . Il teatro Fossati venne eretto dalla famiglia omonima nell ' anno 1859 , su elegante disegno dell ' architetto Fermo Zuccari . L ' interno è in legno ; può contenere circa 2500 spettatori . Esso ha due facciate , una prospicente il Foro Bonaparte , ì ' altra il Corso Garibaldi . Vi si danno variati spettacoli . Chiesa di San Simpliciano . La chiesa di San Simpliciano , di gotica costruzione , è una delle quattro basiliche che anticamente esiste - vano fuori della città , e si vuole fondata dal vescovo Ambrogio sotto il titolo di Santa Maria . Essendovi seppellito nell ' anno 400 Simpliciano , prese il nome di questo santo . L ' interno della chiesa è costrutto in tre navi in forma di croce latina con cupola . Contiene di belle pitture di Ambrogio Borgognone , - che eseguì mirabilmente nell ' abside del coro l ' affresco la Coronazione della Madonna , - di Francesco Terzi , di Camillo Procaccini , di Antonio Fratazzi , di Aurelio Luini , ecc . La facciata venne compiuta soltanto nel novembre del 1870 su disegno dell ' architetto Carlo Macciachini , il quale le conservò assai lodevolmente il carattere del XIII secolo . Il bellissimo chiostro , che era annesso alla chiesa di San Simpliciano , architettato dal Bramante e finito dal Seregni nel 1563 , fu convertito dall ' arciduca Ferdinando a quartiere pei soldati . Sotto il Governo Italico venne rimodernato con disegno del colonnello Rossi . Forni militari . Proseguendo la via per alla Porta Garibaldi , trovansi a destra , nella via Moscova , i Forni militari , stati costruiti verso il 1828 dal Governo austriaco , il quale si serviva dell ' area e di una parte dei fondamenti che erano stati preparati dal cessato Governo italiano per la principale caserma militare di cavalleria . Chiesa di Santa Maria Incoronata . La chiesa di Santa Maria Incoronata fu eretta nel 1451 dal duca Francesco Sforza ; e nel 1460 Bianca Maria , moglie di lui , ne fabbricò altra unita alla prima , che dedicò a San Nicola da Tolentino , volendo colle due fabbriche formare simbolo della sua unione col duca . La facciata è eguale e semplice , di forma pure eguale è l ' interno con due presbiteri e due altari maggiori . L ' architettura gotica fu guasta nel 1654 . Vi sono bei monumenti della famiglia Bossi , di Giovanni Tolentino e di Gabriele di Cotignola , arcivescovo di Milano , fratello germano di Francesco Sforza . V ' hanno pregevoli pitture di Luigi Scaramuccia , di Ercole Procaccini e del Montalto . Il convento , che era annesso a questa chiesa , fu convertito in caserma pei soldati . Porta Garibaldi . La Porta Garibaldi , già Comasina , è una delle principali di Milano . Essa era nei primi tempi al Ponte Vetero e dedicata alla Luna . La Porta che qui si trovava , costruita dal Governo spagnuolo , venne demolita , e su disegno dell ' architetto Giacomo Moraglia , dai negozianti della città eretta l ' attuale fra gli anni 1826 e 1828 . E un arco ornato alla dorica , sormontato da quattro colossi del Perabò , rappresentanti i fiumi primari di Lombardia : il Po , il Ticino , l ' Adda e l ' Olona . Nel 1860 la Rappresentanza cittadina la intitolava a Garibaldi a rammentare le vittorie comensi . Nell ' attico superiore , cancellata l ' impronta servile , venne posta la seguente epigrafe : QUI SULL ' ORME DEL NOME NEMICO IL FERRO DELL ' ITALICA GIOVENTU ' INCISE LE VITTORIE COMENSI MDCCCLIX ai lati : VARESE . SAN FERMO . Prima di terminare il giro di Milano non si deve tralasciare di visitare il Cimitero monumentale . Il Cimitero monumentale trovasi fuora la Porta Garibaldi , a sinistra , tra la strada comunale di Bovisio e la ferrovia . I lavori di questa grandiosa necropoli vennero iniziati nell ' anno 1863 su disegno dell ' architetto Carlo Macciachini . Eseguitasi la generale fondazione della parte anteriore , tratte a compimento e la metà degli spalti circostanti e il giardino rialzato dal lato di ponente , colle sottoposte gallerie , la Giunta Municipale pensò di farne l ' inaugurazione solenne il 2 novembre 1866 . I lavori continuano annualmente ; e appunto in oggi si stanno ponendo le fondamenta della gran cripta od ossario , e quanto prima si getteranno quelle del Famedio , che raccoglierà la memoria degli illustri cittadini . Il Cimitero è già ricco di pregevoli monumenti dovuti ad artisti milanesi , fra i quali Tantardini , Pandiani , Miglioretti , Strazza , Spertini , Crippa , Buzzi - Giberto , Corti , ecc . Lo stile di esso è lombardo della seconda metà del . XIII secolo . La Piazza del Duomo , la Galleria Vittorio Emanuele , il Cimitero monumentale e il Macello pubblico sono le maggiori opere edili iniziate dal Comune in questo decennio di libertà . 137 Notizie indispensabili od utili al viaggiatore ( * ) . Chiunque visiti Milano dimentica presto i comodi e gli agi del suo domicilio , trovando negli alberghi e nelle locande alloggio e trattamento confacente alla sua condizione qualunque essa siasi . In nessun albergo si penuria di mezzi accessori . Buone vetture , legni di piazza e destri servitori sono al minimo cenno a vostra disposizione . Il banchiere , il negoziante , l ' amico , cui siete raccomandato , vi servono di guida . Le Autorità di qualunque grado sono accessibili in ispecie al forestiere ; anche mancando di protezioni e di raccomandazioni non avete nulla a temere nel disimpegno dei vostri affari . Il Sindaco riceve in udienza particolare ogni settimana ; per essere ammessi a queste udienze bisogna farsi inscrivere in apposito registro . Per affari d ' urgenza riceve tutti i giorni . Le risposte alle suppliche od ai reclami che si presentano al protocollo generale si ricevono per mezzo della divisione a cui l ' affare appartiene . Al Prefetto si ricorre , sia direttamente , sia col mezzo delle Autorità locali , per tutto ciò che concerne l ' amministrazione politica . L ' esito delle suppliche e delle dimande o reclami contro le decisioni delle Autorità subalterne si conosce o col mezzo della Prefettura stessa o delle Autorità locali da cui il ricorso è partito . Il Prefetto dà udienza in determinati giorni della settimana . ( * ) Non permettendoci il limitato spazio di questa Guida di dare un elenco generale di ogni ramo di commercio e d ' industria , ci limitiamo ad additare al viaggiatore alcuno di essi fra i pii . accreditati . Se fa bisogno di rinvenire persone di cui si ignori il domicilio , se ne fa ricerca all ' Ufficio del Ruolo di popolazione ( Anagrafe ) , esistente al Municipio , via Case Rotte , al numero 4 . Qualunque reclamo che il forestiero abbia per avventura a fare contro il servizio delle vetture da nolo , od ogni altro riflettente la sicurezza pubblica , notificazioni di smarrimenti , ecc . , un ufficio di Sorveglianza urbana è posto nel Palazzo del Marino ad accoglierlo . Il forestiero può rivolgersi anche agli Agenti urbani . Ecco intanto alcuni dei principali indirizzi che crediamo segnalare al viaggiatore per gli emergenti suoi bisogni . Alberghi ( * ) . * Agnello - * Ancora - * Angioli - * Aquila - * Beccaccia - Bella Venezia - * Biscione - * Borsa - * Cappello - Cavour - Città ( Ville ) - * Corona d ' Italia - * Due Spade - * Europa - * Falcone - * Firenze - * Francia - * Gallo - Gran Brettagna - * Leone - * Madonna del Monte - * Milano - * Passarella - Pensione Svizzera - * Ponzone - * Popolo - * Pozzo - Reale - Reichman - * Roma - San Marco - * San Michele - * Torre di Londra - Tre Svizzeri . Antiquari . - - Arrigoni , Corso Venezia n . 6 . - Baslini , Corso Venezia n . 12 . - Franchi Ulisse , via del Pesce n . 2 . Sanquirico Antonio , Galleria De Cristoforis n . 43 , ecc . ( * ) Gli alberghi contrassegnati coll ' asterisco hanno trattoria in casa , pronta ad ogni ora del giorno . Con tre , quattro o cinque lire al maximum si può avere in tutti questi alberghi un buon pranzo . Articoli da Viaggio . Bouffier Pietro di Giovanni , via Torino n . 14 . - Ghezzi Enrico , Corso Vittorio Emanuele n . 18 . - Münster Fratelli , Corso Vittorio Emanuele n . 28 , ecc . Bagni particolari . Bagni con gabinetti separati e acque calde . Bagni dell ' ex Ville , via Pasquirolo n . 11 . del Giardinetto , Corso Vittorio Emanuele n . 17 . Reali , via Pantano n . 2 e via Larga n . 33 . di proprietà di Clotilde vedova Jodani , via Tre Alberghi n . 24 . dell ' Annunciata , via omonima n . 11 . Russi ed Orientali , anche per cura idropatica , via Sala n . 7 . Bagni pubblici : con vasche grandi e maestri di nuoto . Bagno di Diana , fuori di Porta Venezia . Bagno in via Castelfidardo . Bagno Nazionale , anche con gabinetti separati e doccia , fuori di Porta Ticinese . Bagno del Ticino , fuori di Porta Ticinese . Banche e Banchieri . Banca Franco - Italiana , via San Pietro all ' Orto n . 8 . - Banca Nazionale , via Giardino n . 6 . - Banca popolare , Piazza Mercanti . - Banca del Popolo , via Brera n . 19 . - Banca Lombarda , via Giardino n . 7 . - Belinzaghi commendatore Giulio , via Andegari n . 14 . Brot cav . Carlo Francesco , via Giardino n . 14 . - Campagnoni Francesco , Galleria Vittorio Emanuele n . 8 e 10 . - Cavajani Oneto e Comp . , via Giardino n . 5 . - Mazzoni e Campi , via Bigli n . 15 . - Mylius Enrico e Comp . , via Clerici n . 6 . - Pisa Zaccaria , via Meravigli n . 11 . - Spagliardi Giuseppe ed Antonio e Comp . , via Cusani n . 5 . - Ulrich e Comp . , via Bigli n . 21 . - Warchex vedova , Garavaglia e Comp . , via Oriani n . 1 . - Weill - Schott figli e Comp . , via Pietro Verri n . 7 , ecc . Biblioteche pubbliche . Biblioteca Nazionale di Brera , via Brera n . 28 , aperta dalle ore 9 antimeridiane alle 5 pomeridiane , meno i giorni festivi , le ferie del carnovale , della Pasqua , e le autunnali dal 15 settembre al 4 novembre . Ambrosiana , San Sepolcro n . 1 . Pei forestieri è aperta tutto l ' anno dalle ore 10 antimeridiane alle 3 pomeridiane ; nei dì festivi da un ' ora alle 3 pomeridiane . Popolare , via Circo n . 4 , aperta dalle ore 7 alle 9 pomeridiane ; nei dì festivi dalle ore 2 pomerid . alle 4 . Per ogni volume che si estrae dalla Biblioteca Popolare si pagano cent . 5 per la durata di venticinque giorni ; scorsi i quali , se il libro non viene riconsegnato alla Biblioteca , si paga di nuovo una tassa e una sopratassa di cent . 5 per ogni mese o frazione di mese . Per ritirare il libro bisogna far constare di sè a chi sepraintende alla distribuzione . Biblioteche private . Belgiojoso fu principe Emilio , piazza Belgiojoso n . 2 . Borromeo Arese conte Vitaliano , piazza Borromeo n . 7 . Bruschetti ing . Giuseppe , corso Porta Romana , n . 66 . ( Archivio storico di architettura civile , idraulica e militare , già proprietà del fu ingegnere F . B . Ferrari , Cavagna Sangiuliani conte cav . Antonio ( Raccolta di storie municipali italiane e illustrazioni patrie ) , via Pietro Verri n . 18 . Cavaleri avv . Michele , Corso Magenta , n . 86 . D ' Adda marchese Girolamo , via Gesù n . 12 . Rocca Saporiti conte Apollinare , marchese della Sforzesca , Corso Venezia n . 56 . Trivulzio marchese Gian Giacomo , Piazza di Sant ' Alessandro n . 4 . Bijoutieri , Orefici , Orologiai . Bigatti fratelli , negozianti in gioje , fabbricatori di giojellerie , bijouterie e argenterie , via Giardino 7 . - Carenzio e Confalonieri , giojellieri e bijoutieri , Piazza del Duomo n . 27 . - Conti Annibale , orefice e giojelliere , via orefici n . 28 . - Grisetti Eugenio , orefice e giojelliere , via Tomaso Grossi n . 9 . - Sartirana G . , orefice e orologiaio , Corso Vittorio Emanuele n . 26 . - Terruggia Pietro , orefice e giojelliere , via Orefici n . 38 , ecc . Broughams . - Stazioni principali . - Piazze : Duomo - Fontana - Mercanti - Santa Marta - Scala - San Sepolcro - Cavour . Vie : Giardino - Brera - Bottonuto - San Giuseppe - Corso Venezia - Corso di Porta Romana - Corso Magenta - Ponte Vetero , ecc . Tariffe : Per una corsa che non oltrepassi la mezz ' ora si paga di giorno Lir . 1 . e di notte Lir . 1 . 25 . Fino ad un ' ora intiera Lir . 1 . 50 di giorno e Lir . 1 . 75 di notte . Per ogni mezz ' ora successiva Cent . 75 di giorno e Lir . 1 di notte . La mezz ' ora incominciata si considera come completa . Per ogni bagaglio od oggetto che non stia nell ' interno si paga Cent . 25 sia di giorno che di notte . Caffè e Pasticcerie principali . Caffè ( * ) . Caffè Cova , via San Giuseppe - Caffè Biffi , Galleria Vittorio Emanuele - Caffè Gnocchi , Galleria Vittorio Emanuele - Caffè Gnocchi , al Foro Bonaparte - Caffè Martini , Piazza della Scala - Caffè Merlo , Corso Vittorio Emanuele - Caffè dell ' Europa , Corso Vittorio Emanuele - Caffè dell ' Accademia , Piazza della Scala - Caffè Maldifassi , via Principe Umberto - Caffè del Rinascimento , Corso Venezia - Caffè del Risorgimento , Corso Magenta - Caffè del Duomo , in Piazza del Duomo ( * * ) - Caffè ai Giardini Pubblici - Caffè Moresco , via Solferino . Pasticcieri od Offellieri . Biffi , Piazza del Duomo n . 33 - Lazzaroni , Corso Venezia n . 1- Dell ' Acqua , via Santa Margherita n . 4 , e Galleria Vittorio Emanuele - Puricelli , via Monte Napoleone n . 45 - Cova , via Giardino n . 1 - Baj Fratelli , Corso Vittorio Emanuele n . 4 - Castiglioni Luigi , via Tre Alberghi n . 2 - Lorioli Carlo , via Brera n . 2 , ecc . Calzolai da donna . Beltrami , Corso Vittorio Emanuele n . 17 - Brivio , Corso Venezia n . 4 - Dupin , via della Passarella n . 26 - Bianchi , via Tre Alberghi n . 14 , ecc . ( * ) Tutti questi caffè dalle ore 10 antimeridiane alle 2 pomeridiane servono il déjeuné alla forchetta . ( * * ) Questo caffè è provveduto di una grande quantità di giornali . Calzolai da uomo . Borioli Alessandro , Galleria Vittorio Emanuele - Mejani Carlo , via Lupetta n . 1 - Mosconi Domenico , Corso Vittorio Emanuele n . 31 - Mûnster fratelli , Corso Vittorio Emanuele n . 28 , e Galleria Vittorio Emanuele ( calzature specialmente di Vienna ) - Veronesi , Corso Venezia n . 11 , ecc . Cambia valute . Casati Ignazio , via Santa Margherita - Grisi Francesco e Comp . , Piazza Mercanti - Mazzucchelli Luigi , Cordusio - Prada Celestino , Piazza del Duomo n . 20 - Strada Luigi , via Giardino n . 4 , ecc . Cappellai . Bergamo Giuseppe , Piazza del Duomo n . 35 - Chiesa Antonio , Piazza del Duomo n . 27 - De Marchi - Gherini Ambrogio , via delle Asole n . 2 - Insom Domenico , Corso Vittorio Emanuele n . 3 - Mariani Gaetano , Cordusio - Migliavacca Giovanni , Corso Vittorio Emanuele - Ponzone Antonio ( Ditta ) , via Santa Margherita n . 4 , ecc . Cartolai , oggetti di cancelleria . Maglia Antonio , Galleria Vittorio Emanuele n . 20 - Crivelli , Corso Vittorio Emanuele n . 36 - Ripamonti - Carpano Antonio , Galleria De Cristoforis n . 18 - De Grandi , Corso Vittorio Emanuele n . 29 - Ferrario Luigi , via Armorari n . 3 - Bontà ( Ditta ) , via Pantano n . 9 - Orgneri Michele , via San Giuseppe n . 12 , ecc . Chincaglieria , Bronzi , Bijouteria di lusso , Grande novità . Baglia Carlo , Piazza del Duomo n . 43 . - Brioschi Fratelli , Corso Vittorio Emanuele n . 4 . - Pirotta e Caprotti , Galleria De Cristoforis . - Galli e Bonnefoy , al Gran Mercurio , Corso Vittorio Emanuele , n . 15 . - Grande Emporio d ' ogni genere d ' addobbi in pendole , bronzi , lampade , porcellana e cristalleria , macchine per usi domestici , bijouterie ed articoli da viaggio . Si spedisce gratis il catalogo dei vari articoli a chi ne fa domanda per lettera . Consoli . Austria - Ungheria . Cantoni Eugenio , console generale , via Meravigli n . 15 . - Belgio . Belinzaghi Giulio , console generale , via Andegari n . 14 . - Bolivia . Brambilla Pietro , vice - console , via Torino n . 51 . - Brasile . Mazzone cav . Carlo , vice - console , via Solferino n . 20 . - Chili . Brivio marchese Giacomo , console , via Olmetto n . 17 . - Confederazione Argentina Juan F . Pelanda . - Confederazione Svizzera . Vonwiller Oscar , console , via Broletto n . 37 . - Francia . Bouillat cav . Edoardo , console , via Sant ' Andrea n . 8 . - Germania del Nord e Granducato di Baden . Mack Davide , console , via Bassano Porrone n . 2 . - Grecia . Ralli cav . Giacomo , console , via San Simone n . 8 . - Inghilterra . Kelly Thomas William , vice - console , nell ' Albergo Reale , via Tre Alberghi . - Messico . Brocca dott . Giovanni , console , corso Vittorio Emanuele n . 21 . - Monaco ( Principato di ) . Cavriani nobile Ippolito , console , via Olmetto n . 7 . - Paraguay . Visconti di Modrone conte Guido , vice - console , via Cerva n . 28 . - Portogallo . De Souza Holstein cav . Federico Filippo , console , Piazza San Sepolcro n . 11 . - San Marino . Antona - Traversi avv . Giovanni , console , via Giardino n . 10 . - Spagna . Brocca commendatore Luigi , console , corso Vittorio Emanuele n . 21 . – Stati Uniti d ' America . Clark William , via Monforte . - Turchia . J . Dominian effendi , Corso Vittorio Emanuele n . 20 . Dentisti e Pedicuri . Ballerio Isidoro , dentista , via Rastrelli n . 16 - Banfi Girolamo , dentista , via Palazzo Reale n . 3 - Bauer Adolfo , dentista , via San Dalmazio n . 5 . - Briziano Pompeo , pedicure , via Pattari n . 3 . Buzenac Luigi , dentista , Corso Vittorio Emanuele n . 24 - Clément Arbib , dentista , via San Protaso n . 3 - Winderling L . Noé1 - e G . Noél , dentista , via Borgospesso n . 21 - De Ambrosis Giovanni , pedicure , via Falcone n . 1 , ecc . Editori di musica . Ricordi Tito , via Omenoni n . 1 , ed ottagono Galleria Vittorio Emanuele - Lucca Francesco , via San Paolo n . 10 , e via Santa Radegonda n . 5 - Canti Giovanni , via Giardino n . 1 , e via Meravigli n . 11 , ecc . Facchini e Fattorini . La società dei Facchini , con brevetto municipale , e quella de ' Fattorini di Piazza , prestano un lodevole servizio di scorta e trasporto di effetti per indicazione da uno ad altro punto della città , ricapito lettere , gruppi , circolari , ecc . Le due Società si distinguono in fra esse dal berretto ; hanno stazioni nelle Piazze e grandi vie ; la stazione principale è in Piazza Mercanti . Tariffa della Società dei Facchini . Per servizio di scorta e per indicazione da uno ad altro punto della città senza interruzioni o fermate L . 25 Per ogni ora L 50 Per ricapito di lettere , gruppi , fatture e di tutto quanto può contenersi nella borsa , per ciascun capo L 20 Trasporto di bagagli , casse , bauli e simili , in qualunque direzione nell ' interno della città del peso di kilogr . 1 a 30 L 30 fino a kilogr . 50 L 50 fino ad un quintale L 70 Pel trasporto nei sobborghi , in aumento per ogni tassa L 15 Tariffa della Società dei Fattorini di Piazza . Per servizio di scorta e per indicazione da uno ad altro punto della città senza interruzioni o fermate L . 30 Per ogni ora L 60 Per ricapito di lettere , gruppi , fatture e di tutto quanto può contenersi nella borsa , per ciascun pezzo L 20 Trasporto di bagagli , casse , bauli e simili , in qualunque direzione nell ' interno della città del peso dikilogr . 1 a 30 L . 30 fino a kilogr . 50 L 50 fino ad un quintaleL 70 Pel trasporto nei sobborghi , in aumento per ogni tassa L 20 Farmacie . Biraghi , Corso Vittorio Emanuele n . 5 - Brera ( di ) , via Fiori Oscuri n . 15 - De Ponti Donnino , alle Cinque Vie n . 22 - Foglia Antonio , Corso di Porta Romana n . 22 - Franzini , via Santa Margherita n . 12 - Garofoletti Alberto , via Santa Maria alla Porta n . 1 - Migliavacca Gio . Battista , via Monte Napoleone n . 1 - Porati , Corso di Porta Ticinese - Pozzi Giuseppe , Corso Venezia n . 41 - Riva Palazzi , Piazza della Scala - Stagnoli , via Bigli n . 28 - Zambelletti Lodovico , piazza San Carlo n . 5 . Farmacie omeopatiche . Biraghi Carlo , Corso Vittorio Emanuele n . 3 - Franzini , via Santa Margherita n . 12 - Garofoletti Alberto , via Santa Maria alla Porta n . 1 - Pozzi Giuseppe , Corso Venezia n . 41 . Fotografi . Calzolari Figlio , successore a Duroni Alessandro , Corso Vittorio Emanuele n . 13 - Deroche ed Heyland , Corso Vittorio Emanuele n . 15 - Ganzini Giovanni Battista , via Unione n . 10 - Montabone , Corso Vittorio Emanuele n . 22 - Pagliano Leonida , via Monforte n . 3 - Rossi Giulio ( sistema Crozat ) , via Bigli n . 7 - Triestina , Corso Venezia n . 77 . Gabinetti di decenza . Due sono i Gabinetti di decenza in Milano con assai proprie ritirate per uomini e signore , l ' uno in via Pasquirolo , l ' altro al nuovo Giardino Pubblico , sotto l ' edificio del caffè . - Il prezzo d ' accesso è di cent . 10 . - Nel primo , a convenienti prezzi , si può anche avere profumerie . - In esso da appositi incaricati si ricevono in deposito effetti da viaggio , e si fa ripulitura d ' abiti e di scarpe . - Pel deposito di effetti pagansi cent . 10 . - Pella pulitura di abiti e scarpe cent . 10 . Giornali politici . La Lombardia , giornale ufficiale della Provincia di Milano - La Perseveranza - La Gazzetta di Milano - Il Secolo - Il Pungolo - Il Corriere di Milano - Il Sole , anche commerciale - L ' Unità Italiana - Il Gazzettino Rosa . - - Questi giornali si ponilo comperare presso le apposite edicole , poste nei principali centri di Milano . Istituti e Collegi principali d ' Educazione . Convitto Nazionale Longoni , Corso ginnasiale - Iiceale e tecnica superiore , via Fatebene - fratelli n . 11 . Civico Collegio - Ginnasio - Liceo Calchi Taeggi , via Porta Vigentina n . 17 . Istituto Dolci , premiato più volte dalla Società Pedagogica italiana . È provveduto d ' un scelto Corpo di professori per l ' insegnamento elementare , ginnasiale , liceale tecnico , militare , amministrativo e commerciale , ecc . Lo stabilimento è arricchito di copiosa suppellettile , in libreria , macchine , musei , ecc . per lo studio della geometria , fisica , storia naturale , geografia , chimica , meccanica , ecc . Ha unito un Convitto regolato sulle norme dei migliori della Svizzera e della Germania . L ' Istituto , che raccomandiamo specialmente , e che può essere visitato in ogni tempo , è posto in vasto locale , con giardino , cortile e portici , Corso di Porta Ticinese n . 83 . Collegio di preparazione agli Istituti militari con annesso Corso tecnico . E molto in credito , diretto essendo da professori addetti al già Collegio militare che esisteva in Milano . Trovasi in via Camminadella n . 22 . Collegio reale delle fanciulle con 24 posti gratuiti , via Passione n . 12 . Liceo privato De Angeli , via Zebedia n . 1 . Istituto privato Boselli per l ' istruzione elementare e ginnasiale , via San Giuseppe n . 4 . Istituto privato Pietrasanta , per Corsi ginnasiali , elementari , tecnici e commercio . Possiede un museo di Storia Naturale e Mineralogia , via San Paolo n . 10 . Istituto privato Stampa . Insegnamento diurno e serale del Corso elementare , di ragioneria , amministrazione e commercio , Galleria Vittorio Emanuele , scala n . 15 . Vi è annesso un ufficio approvato per interpretazioni e traduzioni in qualunque lingua . Insegnamenti speciali . Reale Conservatorio di Musica . Istruzione in ogni ramo di materia musicale , via Conservatorio n . 12 . Accademia de ' Filodrammatici . Scuola di declamazione , via Filodrammatici n . 1 . Reale Istituto Sordo - muti per l ' istruzione de - gli stessi , via San Vincenzo n . 7 . Istituto dei Ciechi , corso Porta Nuova n . 5 . Collegio Tipografico fondato dal tipografo - editore signor Francesco Pagnoni , inaugurato il 14 maggio 1871 , via Ancona n . 3 . Scopo di questo Collegio è la professione e la educazione perfezionata dell ' Arte Tipografica , Fonderia , Stereotipia , Galvanoplastica , Legatoria ed Arti affini . Non si accettano giovinetti se non di madri vedove e bisognose . La durata di permanenza per l ' istruzione ed educazione agli Allievi professionisti non deve oltrepassare gli anni sei ; scorsi i quali ognuno dovrà provvedersi il proprio sostentamento procacciandosi onorato lavoro nelle altrui officine . Scuola civica di Musica , Piazza Mercanti , n . 4 . Scuola di Cauto per adolescenti , piazza del Duomo n . 16 . Scuola di Ballo e Canto , annessa al R . Teatro della Scala . Civica Palestra ginnastica , Corso di Porta Romana n . 108 . Scuole di nuoto presso i Bagni Pubblici , di Diana , Castelfidardo , Nazionale , Ticino , ecc . Scuola Orfeonica femminile , Corso Magenta , locale del Monastero Maggiore pel canto corale da impartirsi alle fanciulle , fondato dal maestro Cr . Varisco . Librerie italiane e straniere . Brigola Gaetano , Corso Vittorio Emanuele n . 26 - Bolchesi Domenico , Galleria De Cristoforis - Dumolard fratelli ( libreria francese ) , Corso Vittorio Emanuele n . 21 - Hoepl , successore a Laengner Teodoro ( libreria tedesca ) , Galleria De Cristoforis n . 59 - Agnelli Giacomo , via Santa Margherita n . 2 , specialmente per libri scolastici ed educativi , - Carrara Paolo , via Santa Margherita n . 5 - Paravia Cr . Batt . , Galleria De Cristoforis . Libri antichi . - Barbini Carlo , via Chiaravalle n . 9 , editore anche della Biblioteca Ebdomadaria - Galleria Teatrale - Repertorio del Teatro Milanese e Poliantea Drammatica - Branca Carlo , via Monte Napoleone n . 23 - Schieppati Gaetano , via San Pietro all ' Orto n . 17 - Frisiani Carlo , via San Paolo n . 11 . - Vergani Pietro , via Sant ' Antonio n . 20 . Mercanti in stoffe , seterie e snoda . Landi Mafessoni e Pollenghi , Corso Vittorio Emanuele n . 22 - Vernazzi Fulvio e Comp . , Corso Vittorio Emanuele n . 28 - Ronchi e Dell ' Orto , ottagono della Galleria Vittorio Emanuele - Cozzi Aliprandi , successori a Panseri , piazza del Duomo - Osnago , Eredi , via Santa Radegonda n . 5 - Manfredi , Zanardi e Comp . , via Rastrelli n . 24 - Rossignol G . , via Torino , ecc . Modiste e Sarte . Lebrun - Ferrandi Giuseppina , Corso Vittorio Emanuele n . 5 - Chaillon Enrichetta , via Pattari n . 2 - Corti , sorelle , via Passarella n . 2 - Nessi Elena . via San Paolo n . 5 - Vigorelli Induno , Corso Vittorio Emanuele - Jeannette Landi , via Borgogna n . 2 . Musei . Museo Cavaleri , dal suo fondatore , l ' egregio avvocato Michele Cavaleri , inaugura - tosi nel marzo 1871 . Trovasi al Corso Magenta n . 86 . Museo Molinari , del suo fondatore , il popolano Francesco Molinari , inauguratosi il 29 settembre 1870 . Trovasi in via Maddalena n . 17 . Museo Civico , nel palazzo Comunale de ' Giardini Pubblici . Museo Patrio di Archeologia , nel palazzo di Belle Arti via Brera . Museo Ambrosiano , presso la Biblioteca Abrosiana , Piazza della Rosa n . 2 , ed altri in case private . Numismatica . Avvi un gabinetto di numismatica nel palazzo di Belle Arti in via Brera - altro nella Biblioteca Ambrosiana - altro nel palazzo Municipale del Marino , proveniente al Comune da eredità del defunto conte Carlo Taverna . Parecchi altri Gabinetti di numismatica sono in case private . Oggetti chirurgici , Cinti , ecc . Baldinelli Ferdinando , via Pattari n . 7 - Gennari P . Enrico , via Ospedale n . 14 - Repossi Flaminio , via Torino 24 - Sighinolfi , via Santa Maria Segreta n . 1 . Orario ferroviario , vedi pag . III Ottici . Duroni Antonio , Galleria Vittorio Emanuele - Brenta Fratelli , Corso Vittorio Emanuele n . 12 - Quercetti Fortunato , Piazza del Duomo n . 35 - Albini Luigi , via Santa Margherita , n . 7 . Pinacoteche . Nel palazzo di Belle Arti in via Brera . - Nella Biblioteca Ambrosiana , Piazza della Rosa n . 2 . Una raccolta di quadri ed altri oggetti d ' arte sono giornalmente visibili nella Esposizione permanente in via Palermo n . 1 . Si fanno esposizioni di Belle Arti nella Gran Sala ai vecchi Giardini Pubblici . Vi sono molte altre Gallerie private di quadri , ecc . Posta delle lettere . L ' ufficio delle Regie Poste è in via Rastrelli num . 20 . Esso è aperto dalle ore 8 della mattina alle 10 della sera per la distribuzione , raccomandazione ed assicurazione delle lettere , giornali e vendita francobolli ; pel rilascio e pagamento di vaglia dalle ore 8 della mattina alle 4 pomeridiane . La levata delle lettere dalle buche sussidiarie ha luogo cinque volte al giorno , cioè : alle ore 7 e 30 e 10 mattina , ed alle 2 e 30 , 4 e 15 e 8 pomeridiane . Quelle site nei quartieri di Porta Vittoria , Porta Venezia , Porta Nuova e Porta Garibaldi sono levate mezz ' ora più tardi . E fatta eccezione per le buche - poste in via Broletto , via Armorari , Piazza Mercanti e Piazza della Scala , per le quali viene stabilita una levata straordinaria alle 12 meridiane . Le lettere della città fra la città e sobborghi dovranno essere impostate nell ' apposita buca presso l ' ufficio centrale . Giornali , stampe e campioni non potranno impostarsi nelle buche succursali della città . Le lettere che si vogliono raccomandare od assicurare , i giornali , le opere periodiche devono essere presentate agli uffici appositi un ' ora prima del tempo stabilito per l ' impostazione delle corrispondenze ordinarie . Le lettere contenenti valori devono assoggettarsi almeno alla formalità della raccomandazione , non rispondendo l ' Amministrazione , in caso diverso , del non avvenutone ricapito . Regia Questura . La Direzione centrale è in via Santa Margherita num . 18 , ed è sede della Questura . V ' hanno sei Sezioni distribuite per la città : la prima . , via Pontaccio n . 19 - la seconda , via Santa Margherita n . 10 - la terza , via Cerva n . 14 - la quarta Corso di Porta Romana n . 98 - la quinta , via San Simone n . 12 - la sesta , via Terraggio n . 4 . Restaurants . Borsa , via San Giuseppe n . 2 Pranzo da franchi 4 in avanti a tutte le ore . Manin , via Manin n . 7 - Rebecchino , via Rebecchino n . 7 - Ristoro , via Aquila n . 6 - Annunciata , via Annunciata n . 11 - Firenze , via Principe Umberto n . 29 - Trattoria Galli nella Galleria Vittorio Emanuele , ecc . La maggior parte degli Alberghi e Caffè primari danno pranzi e déjeunés alla carta e a prezzo fisso . Fra questi citiamo come principali : L ' albergo Milano - di Francia - Roma - del Leone - della Passarella - del Bissone - e del Falcone . Quando vogliasi uscire dalle porte della città per godere della vista della campagna , nei suburbi vi sono parecchie trattorie molto frequentate dai Milanesi , specialmente nella stagione estiva , le quali offrono pranzi succosi : le più in grido sono : l ' Isola Bella , il Giardino d ' Italia , l ' Isola Botta , la Magna , I Promessi Sposi , Loreto , la Noce , ecc . Sarti da uomo . Marzio Carlo , Corso Vittorio Emanuele n . 26 - Prandoni , via Farine n . 10 - Tonelli , via Carlo Alberto n . 1 . - Segramora Alessandro , via Pattari n . 3 - Segramora Giacomo , Corso Vittorio Emanuele n . 32 - Lampugnani Giuseppe , Piazza del Duomo n . 22 , ecc . Sorveglianza Urbana . La Sorveglianza Urbana ha pure sei Mandamenti , ai quali il forestiere potrà rivolgersi per quanto gli verrà ad occorrere per illustrazioni o per reclami dipendenti da servizi di spettanza civica . Il primo Mandamento è posto in via San Simpliciano n . 5 - il secondo via Case Rotte n . 4 - il terzo via Durini n . 19 - il quarto via Sant ' Eufemia n . 14 - il quinto Piazza Vetra n . 9 - il sesto via Terraggio n . 2 . Telegrafo . L ' Ufficio telegrafico è situato in Piazza Mercanti n . 19 . Esso è aperto giorno e notte senza interruzione . La tariffa dei prezzi dei dispacci è esposta nell ' ufficio stesso . Nella sala d ' accesso vi sono le module per l ' invio dei dispacci , non che l ' occorrente per iscriverli . Uffici d ' indizio . Per ricerca di alloggi , persone di servizio , impiegati , ecc . : Amadori Marino , via Tre Alberghi n . 28 - Gavazzeni Carlo , via San Raffaele n . 1 . - Bertolazzi Giuseppe , Piazza Duomo n . 41 - Bestetti Ambrogio Luigi , Verziere n . 5 - Bonfico Giuseppe , via San Vito n . 18 - Camisasca Francesco , via San Giuseppe n . 13 - De Vecchi Giuseppe , via San Raffaele n . 10 . Vedute di Milano , Stampe , Fotografie , Guide , ecc . Artaria Ferdinando e Figli , via Santa Margherita - Pozzi Pompeo , Galleria De Cristoforis - Ronchi Luigi , Corso Vittorio Emanuele n . 22 - Vallardi Antonio , via Santa Margherita , ecc . Guide , Dizionari in tutte le lingue , Dialoghi , ecc . , Brigola Gaetano , Corso Vittorio Emanuele n . 26 . Divertimenti . Sotto questo titolo esponiamo al lettore quanto la città di Milano offre al viaggiatore in materia di Spettacoli teatrali diurni e serali , Concerti , Passeggi , Società di Riunione , Balli , Equitazione , Velocipedi , Scherma , Ginnastica , Pattinaggio , Bersaglio , Salita al Duomo , Gite piacevoli ai dintorni di Milano , ecc . Quando il forestiere , dopo visitati i monumenti della Città , voglia conoscerne i passa - tempi , dovrà innanzi tutto recarsi al Teatro alla Scala , il quale offre il primo spettacolo che si possa godere in Italia d ' opera seria e di ballo , con attori di canto , ballerini e mimi di cartello , e con decorazioni sceniche che invano cercherebbonsi in altre città anche principali . Non dovrà in seguito dimenticare i Teatri secondari , come la Canobbiana , il Carcano , il Vecchio Re , Santa Radegonda , il Milanese ( * ) , il Politeama Milanese , nel quale ultimo , nelle stagioni principalmente di estate ed autunno , si danno opere e balli con abili artisti . Per la commedia italiana o francese è raccomandabile il Vecchio Teatro Re , il quale sarà nel 1872 surrogato dal Teatro della Commedia , che si sta costruendo in Piazza San Fedele . Al Fossati ed al Nuovo Teatro Re si danno operette buffe , balletti e commedie . Questi ultimi ( * ) Non ometta il viaggiatore la visita al Teatro Milanese , ove vi si recita la Commedia in dialetto , che dipinge al vivo i costumi della città . teatri sono frequentatissimi dal popolo dei quartieri operai , e vi è permesso anche il fumare . Seguono i teatri diurni : il Padiglione nazionale , i Circhi al Nuovo Tivoli , e la Commenda , ecc . Quando nella sosta che un forestiere fa in Milano , egli vegga annunciato uno spettacolo nell ' Arena , non deve tralasciare di recarvisi , onde godere del magnifico colpo d ' occhio che offre quell ' edificio , particolarmente dal Pulvinare se , specialmente , siavi concorso di spettatori . Eccovi intanto i prezzi ordinari d ' entrata ai teatri di Milano . Teatro R . alla Scala L . 3 50 In prime sere di spettacolo o di Veglione ( * ) L 5 R . della Canobbiana L 1 25 Quando vi si fa musica L 2 Carcano L 1 50 Re ( vecchio ) L 1 50 Milanese L 1 50 Politeama Milanese ( * * ) L 1 00 Fossati L 80 Re ( nuovo ) L 80 Santa Radegonda L 1 25 A seconda degli spettacoli . L 1 50 ( * ) Un Gabinetto di decenza per signore , custodito da apposita donna , trovasi tra la seconda e terza fila a sinistra del R . Teatro alla Scala . La tariffa è di cent . 10 . ( * * ) Varia il prezzo poi a seconda dei posti . Il teatro fu inaugurato il 4 maggio 1871 . Architetto ne fu il signor Carlo Naymiller . Commenda (spettac.i diurni ) L . 80 Fiando , detto Gerolamo ( marionette ) L . 50 Prandi ( marionette ) L 50 Filodrammatici , vi si ha accesso con biglietto d ' invito emesso dalla Presidenza , o dato da un socio . San Simone , occupato dalla Società di dilettanti Gustavo Modena . Vi si può entrare con biglietto come nel teatro dell ' Accademia dei Filodrammatici . In altra sera , anzichò rinchiudersi nei teatri , si può godere ottimi concerti nei caffè Gnocchi e Biffi nella Galleria Vittorio Emanuele . Si danno concerti assai di frequente nel Salone ai vecchi Giardini Pubblici , nella gran sala del R . Conservatorio . Nelle sere d ' estate si fa musica nel giardino dei caffè Cova in via San Giuseppe , in quello del Rinascimento al Corso Venezia , e Gnocchi al Foro Bonaparte ; al caffè Maldifassi , in via Principe Umberto , ogni giovedì e domenica , come anche al caffe Garibaldi in Piazza Fontana , ed in altre sale di caffè secondari . Pure in estate , ogni giorno di festa , vi è musica e gran passeggio ai Giardini Pubblici Vecchi dalle ore due alle quattro pomeridiane ; dalle ore sei alle otto di sera ai Nuovi Giardini . In questi geniali ritrovi il gentil sesso milanese fa pompa di bellezza e d ' eleganza . Dalle ore 3 alle 4 pomeridiane , nei giorni di martedì e giovedì , il corpo di musica della Guardia Nazionale eseguisce concerti in Piazza della Scala . Ogni giorno , dalle ore 2 alle 5 pomeridiane , passeggio dalla Piazza del Duomo , lungo i Corsi Vittorio Emanuele e Venezia , e bastioni dalla Porta Venezia alla Nuova . Particolarmente nei dì festivi vi si ammirano numerosi ed eleganti cocchi . Nei più caldi giorni dell ' estate il corso delle carrozze sui bastioni si fa dalle ore 7 alle 9 pomeridiane . Luogo di passatempo pel cittadino e il forestiero , offrono pure e la Galleria Vittorio Emanuele , il Foro Bonaparte , special - mente nell ' estate , ove sonvi vari divertimenti , ed il Tivoli , dove si eseguisce musica ogni giovedì e domenica ; vi hanno in esso caffè , liquoristi ed altri esercenti pel popolo ; un circolo per cavalli o comiche compagnie per chi ama gli spettacoli a poco prezzo ; giostre , saltimbanchi , suonatori ambulanti , ecc . Ogni forestiere che soggiorni a Milano per alcuni giorni può , presentato da un socio , frequentare i concerti della Società del Quartetto , e le riunioni serali delle Società Patriottica , dell ' Unione , degli Artisti , del Durino e del Giardino . In quest ' ultima vi sono assai splendide sale , nelle quali nel carnevale si danno bellissime feste da ballo ; possiede essa di molti giornali , ed una buona raccolta di libri . Anche alla Società degli Artisti e del Durino si danno frequentemente concerti , feste da ballo , alle quali il forestiero è ammesso munito di viglietto procurato da un socio . Sono celebratissimi i Risotti masqué , che una volta l ' anno dà la Società degli Artisti , per le spiritose mascherate , parodie e la vivacità più bizzarra che mai . Amate il ballo , 1' equitazione , il velocipede , la scherma , la ginnastica o il bersaglio , ecc . ? , vi hanno luoghi di riunione anche per ciò con ottimi maestri . Ne diamo un saggio . Maestri e maestre da ballo . Angiolini Silvia , via Durini n . 34 - Casati , conjugi , Giovanni e Wouthier Margherita , via Santa Margherita n . 22 - Della Croce Achille , via Bagutta n . 8 - Della Croce Carlo , via Soncino Merati n . 8 , ecc . Maestri di equitazione . Beretta Angelo , vicolo Tignoni n . 14 - Bergomi Saule , Corso Venezia 78 - Mangiagalli Alessandro , Corso Venezia n . 78 . Società del Veloce Club . Ogni socio paga annualmente L . 50 , ed è obbligato per un triennio . I ragazzi dai sette ai quattordici anni pagano la metà , e sono obbligati solamente per un anno . Scopo dell ' Istituzione è quella di diffondere questo nobile e salutare esercizio ginnastico . La Società ha una scuola nel locale presso Porta Tenaglia , il cui terreno è adattato con salite , ostacoli , ecc . , pel perfezionamento del dilettante . Stabilisce gare di velocità , gite di piacere . E in comunicazione colle altre Società principali di velocisti . Maestri di scherma . Citterio Fortunato , via San Vito n . 22 - Carmine Luigi , vicolo Rasivi - Cerri Giuseppe , via Passarella n . 8 - Galli Giovanni , Corso Venezia n . 31 , e Galli Enrico , via San Zeno n . 9 , ecc . Maestri di ginnastica . Bardelli Luigi , Corso Magenta n . 45 - Martinelli Paolo , via Gesù n . 23 - Lomazzi Ippolito , via Guastalla n . 13 - Ronchi Giovanni , via Armorari n . 12 - Zibecchi Luigi , via Stampa 11 . Una Società di Ginnastica ha sede presso la Civica Palestra a Porta Romana , col precipuo scopo di generalizzare l ' igienico esercizio . Anche la Giunta Municipale ha nominata una Commissione all ' uopo . Pattinaggio . Nella stagione invernale l ' Arena è allagata e ridotta ad uso degli amatori del Pattinaggio . Qui convengono i più esperti sdrucciolatori sul ghiaccio , e la spaziosa piazza presenta un incantevole colpo d ' occhio . Un ' apposita Società si è formata per rendere più agevole e più divertente quest ' esercizio ginnastico . La Società è retta da una Commissione di cinque membri . Ogni socio è vincolato al pag - mento della sua quota per anni tre consecutivi , e salvo il diffidamento in iscritto tre mesi prima della scadenza del suo triennio , e perciò prima del mese di settembre , s ' intenderà vincolato per un altro triennio successivo . La quota di ogni socio è fissata in lire 15 annue ; pei soci che non raggiungono l ' età di quindici anni la quota annuale è di lire 7 . 50 . Sono esclusi dal vincolo triennale gli ufficiali della guarnigione , gli impiegati ed i forastieri non aventi domicilio stabile in Milano . Nessuno può pattinare nel recinto della Società non essendo socio ; ai soli forastieri di passaggio in Milano è permesso di pattinare , mediante il contributo di lire 2 ogni volta approfitteranno del permesso , quando però siano presentati da tre soci ed ammessi dalla Commissione . Bersaglio al Lazzaretto fuori di Porta Venezia . Tiro di Carabina e di Pistola . Si fanno spesso partite di gara con premi analoghi . Tassa per ogni colpo di Carabina L . 06 ogni 100 L 5 ogni colpo di Pistola L 03 con figurina di gessoL 08 con cartone L 08 Alla Piazza Castello , vicino al bastione di Porta Magenta , evvi il Bersaglio Municipale . Esso è amministrato , ad esempio delle istituzioni simili , da una speciale Commissione civica di sette membri , sotto la presidenza del Sindaco , col precipuo incarico di promuovere lo sviluppo dell ' esercizio del tiro a segno con premi , incoraggiamenti , ecc . Serve anche ad uso della Società dei carabinieri Milanesi , il cui circolo è Corso Magenta n . 34 . Tariffa pel Tiro a segno nel Bersaglio Municipale N . 1 Ettogrammo polvere di fucileria . . L.-30 N 10 Palle bersaglio L -15 N 100 Id . id L 1 25 N 1 Scatola di 250 capsule rigate L -50 N 1 id . id . lisce L - 40 N 10 Cartucce arma retrocarica L - 60 N 10 » per fucili lisci L - 55 N . 1 Gramma pezzuole L . - 20 N 1 Cartone L - 06 N 1 Marca per colpo di carabina con arma e munizione del Bersaglio L - 05 N 10 Marche per colpo di qualunque arma privata con munizione propria L - 15 N 1 Marca per colpo di fucile liscio o rigato con arma del Bersaglio e munizioni proprie L - 02 N 1 Marca per colpo di pistola con arma e munizione del Bersaglio L - 03 N 10 Marche per colpo di pistola con arma e munizione propria L – 10 Avvertenze . I Tiratori con arma e munizioni proprie possono acquistare una marca personale per trenta giorni continui al prezzo di lire 3 . Il diritto che accorda tale marca viene sospeso nei giorni di partita . Le munizioni acquistate al Bersaglio debbono essere consumate nel luogo e non possono asportarsi dallo stesso . La polvere non viene accordata in quantità maggiore di un ettogramo . Salita al Duomo . Il forastiero , prima della sua partenza da Milano , non deve dispensarsi dalla salita al Duomo da noi citata a pag . 14 , Gite di piacere noi dintorni di Milano . Al forestiere , che abbia tempo di fermarsi in Milano , consigliamo di visitare i suoi dintorni . In alcuni di essi vi si può recare col mezzo della 164 ferrovia ; ma val meglio prendere apposita vettura , e per ciò proponiamo la Società Anonima degli omnibus per 1' ottimo servizio . Ne diamo 1' apposita tariffa . Vetture per servizio di città . Durata del Servizio A 2 cavalli Ad 1 cavallo Per ore due L . Ogni ora successiva Andata e ritorno dal teatro . Un servitore 8 2 4 2 5 1 3 2 Si fanno abbonamenti settimanali e mensili , sia per la passeggiata del Corso , sia per il Teatro , a prezzi da convenirsi . Non competono mancie al personale . Vetture per servizio di campagna . Percorrenza Con cocchiere Con postigl . e Fino a chilometri 40 fra andata e ritorno Ogni chilometro in più All ' uomo per vitto e mancia 15 30 2 18 50 4 Foraggio a carico dei committenti . Sconto del 10 per 100 nei giorni feriali e di ordinario concorso pei soli servizi con cocchiere . I principali luoghi da visitarsi sono : L ' Abbazia di Chiaravalle , fuori di Porta Romana , innalzata nel 1135 da San Bernardo per desiderio dei Milanesi . La Cascina Linterna , fuori di Porta Magenta , ove è la villa abitata da Francesco Petrarca . La Certosa di Garignano , fuori di Porta Sempione , fondata dall ' arcivescovo Giovanni Visconti . Vi sono le migliori opere di Daniele Crespi . La Chiesa di Saronno , una delle più belle e ricche chiese di Lombardia . La Certosa di Pavia , il più bel tempio del - l ' Alta Italia dopo il Duomo di Milano ed il San Marco di Venezia . Fu innalzato nel 1396 da Galeazzo Visconti . Il Santuario di Rho , assai rinomato . Nelle vicinanze vi è la principesca villa di Lainate . Cinisello , per la villa Ghirlanda - Silva , ricca di pitture , di oggetti d ' arte e di libri preziosi , sopratutto del XV secolo . Monza , per la sua Cattedrale , la chiesa di Santa Maria in Strada , il più ricco lavoro gotico in mattoni del Milanese , ristaurato egregiamente nel 1870 dall ' architetto Carlo Macciachini , e la sontuosa Villa Reale co ' suoi giardini e il Parco . Desio , ove evvi la bella villa Traversi - Antona . Como , per la Cattedrale cominciata nel 1396 , le chiese di San Fedele , del Crocifisso , di Sant ' Abbondio e San Carpoforo ; la Biblioteca Comunale , il Palazzo del Comune , il Palazzo Giovio , ecc . Il lago di Como , ove natura ed arte hanno intrecciati tutti i loro tesori . Vaprio , per la villa Castelbarco , detta Monastirolo , e il palazzo Melzi . Evvi in Vaprio una grande manifattura di velluti di cotone e di cotonerie , ora del duca Visconti di Modrone , una grandiosa fabbrica di carta con macchine inglesi , della ditta Binda e Comp . Non sarà male impiegata anche una gita al Santuario di Caravaggio , ai dintorni di Varese , ricchi di ville amenissime , non che al suo Santuario la Madonna del Monte , a Magenta , che diede il nome alla battaglia combattuta il 4 giugno 1859 , e vinta dai Francesi contro gli Austriaci ; alla Brianza amenissima per vedute e luoghi incantevoli , al Lago Maggiore , ecc . , e per ciò il viaggiatore può ricorrere alle Guide analoghe . FINE
I RACCONTI DELLE FATE ( COLLODI CARLO , 1875 )
Miscellanea ,
Avvertenza Nel voltare in italiano i Racconti delle fate m ' ingegnai , per quanto era in me , di serbarmi fedele al testo francese . Parafrasarli a mano libera mi sarebbe parso un mezzo sacrilegio . A ogni modo , qua e là mi feci lecite alcune leggerissime varianti , sia di vocabolo , sia di andatura di periodo , sia di modi di dire : e questo ho voluto notare qui di principio , a scanso di commenti , di atti subitanei di stupefazione e di scrupoli grammaticali o di vocabolario . Peccato confessato , mezzo perdonato : e così sia . C . COLLODI Barba - blu C ' era una volta un uomo , il quale aveva palazzi e ville principesche , e piatterie d ' oro e d ' argento , e mobilia di lusso ricamata , e carrozze tutte dorate di dentro e di fuori . Ma quest ' uomo , per sua disgrazia , aveva la barba blu : e questa cosa lo faceva così brutto e spaventoso , che non c ' era donna , ragazza o maritata , che soltanto a vederlo , non fuggisse a gambe dalla paura . Fra le sue vicinanti , c ' era una gran dama , la quale aveva due figlie , due occhi di sole . Egli ne chiese una in moglie , lasciando alla madre la scelta di quella delle due che avesse voluto dargli : ma le ragazze non volevano saperne nulla : e se lo palleggiavano dall ' una all ' altra , non trovando il verso di risolversi a sposare un uomo , che aveva la barba blu . La cosa poi che più di tutto faceva loro ribrezzo era quella , che quest ' uomo aveva sposato diverse donne e di queste non s ' era mai potuto sapere che cosa fosse accaduto . Fatto sta che Barba - blu , tanto per entrare in relazione , le menò , insieme alla madre e a tre o quattro delle loro amiche e in compagnia di alcuni giovinotti del vicinato , in una sua villa , dove si trattennero otto giorni interi . E lì , fu tutto un metter su passeggiate , partite di caccia e di pesca , balli , festini , merende : nessuno trovò il tempo per chiudere un occhio , perché passavano le nottate a farsi fra loro delle celie : insomma , le cose presero una così buona piega , che la figlia minore finì col persuadersi che il padrone della villa non aveva la barba tanto blu , e che era una persona ammodo e molto perbene . Tornati di campagna , si fecero le nozze . In capo a un mese , Barba - blu disse a sua moglie che per un affare di molta importanza era costretto a mettersi in viaggio e a restar fuori almeno sei settimane : che la pregava di stare allegra , durante la sua assenza ; che invitasse le sue amiche del cuore , che le menasse in campagna , caso le avesse fatto piacere : in una parola , che trattasse da regina e tenesse dappertutto corte bandita . " Ecco " , le disse , " le chiavi delle due grandi guardarobe : ecco quella dei piatti d ' oro e d ' argento , che non vanno in opera tutti i giorni : ecco quella dei miei scrigni , dove tengo i sacchi delle monete : ecco quella degli astucci , dove sono le gioie e i finimenti di pietre preziose : ecco la chiave comune , che serve per aprire tutti i quartieri . Quanto poi a quest ' altra chiavicina qui , è quella della stanzina , che rimane in fondo al gran corridoio del pian terreno . Padrona di aprir tutto , di andar dappertutto : ma in quanto alla piccola stanzina , vi proibisco d ' entrarvi e ve lo proibisco in modo così assoluto , che se vi accadesse per disgrazia di aprirla , potete aspettarvi tutto dalla mia collera . " Ella promette che sarebbe stata attaccata agli ordini : ed egli , dopo averla abbracciata , monta in carrozza , e via per il suo viaggio . Le vicine e le amiche non aspettarono di essere cercate , per andare dalla sposa novella , tanto si struggevano dalla voglia di vedere tutte le magnificenze del suo palazzo , non essendosi arrisicate di andarci prima , quando c ' era sempre il marito , a motivo di quella barba blu , che faceva loro tanta paura . Ed eccole subito a sgonnellare per le sale , per le camere e per le gallerie , sempre di meraviglia in meraviglia . Salite di sopra , nelle stanze di guardaroba , andarono in visibilio nel vedere la bellezza e la gran quantità dei parati , dei tappeti , dei letti , delle tavole , dei tavolini da lavoro , e dei grandi specchi , dove uno si poteva mirare dalla punta dei piedi fino ai capelli , e le cui cornici , parte di cristallo e parte d ' argento e d ' argento dorato , erano la cosa più bella e più sorprendente che si fosse mai veduta . Esse non rifinivano dal magnificare e dall ' invidiare la felicità della loro amica , la quale , invece , non si divertiva punto alla vista di tante ricchezze , tormentata , com ' era , dalla gran curiosità di andare a vedere la stanzina del pian terreno . E non potendo più stare alle mosse , senza badare alla sconvenienza di lasciar lì su due piedi tutta la compagnia , prese per una scaletta segreta , e scese giù con tanta furia , che due o tre volte ci corse poco non si rompesse l ' osso del collo . Arrivata all ' uscio della stanzina , si fermò un momento , ripensando alla proibizione del marito , e per la paura dei guai , ai quali poteva andare incontro per la sua disubbidienza : ma la tentazione fu così potente , che non ci fu modo di vincerla . Prese dunque la chiave , e tremando come una foglia aprì l ' uscio della stanzina . Dapprincipio non poté distinguere nulla perché le finestre erano chiuse : ma a poco a poco cominciò a vedere che il pavimento era tutto coperto di sangue accagliato , dove si riflettevano i corpi di parecchie donne morte e attaccate in giro alle pareti . Erano tutte le donne che Barba - blu aveva sposate , eppoi sgozzate , una dietro l ' altra . Se non morì dalla paura , fu un miracolo : e la chiave della stanzina , che essa aveva ritirato fuori dal buco della porta , le cascò di mano . Quando si fu riavuta un poco , raccattò la chiave , richiuse la porticina e salì nella sua camera , per rimettersi dallo spavento : ma era tanto commossa e agitata , che non trovava la via a pigliar fiato e a rifare un po ' di colore . Essendosi avvista che la chiave della stanzina si era macchiata di sangue , la ripulì due o tre volte : ma il sangue non voleva andar via . Ebbe un bel lavarla e un bello strofinarla colla rena e col gesso : il sangue era sempre lì : perché la chiave era fatata e non c ' era verso di pulirla perbene : quando il sangue spariva da una parte , rifioriva subito da quell ' altra . Barba - blu tornò dal suo viaggio quella sera stessa , raccontando che per la strada aveva ricevuto lettere , dove gli dicevano che l ' affare , per il quale si era dovuto muovere da casa , era stato bell ' e accomodato e in modo vantaggioso per lui . La moglie fece tutto quello che poté per dargli ad intendere che era oltremodo contenta del suo sollecito ritorno . Il giorno dipoi il marito le richiese le chiavi : ed ella gliele consegnò : ma la sua mano tremava tanto , che esso poté indovinare senza fatica tutto l ' accaduto . " Come va " , diss ' egli , " che fra tutte queste chiavi non ci trovo quella della stanzina ? " " Si vede " , ella rispose , " che l ' avrò lasciata disopra , sul mio tavolino . " " Badate bene " , disse Barba - blu , " che la voglio subito . " Riuscito inutile ogni pretesto per traccheggiare , convenne portar la chiave . Barba - blu , dopo averci messo sopra gli occhi , domandò alla moglie : " Come mai su questa chiave c ' è del sangue ? " . " Non lo so davvero " , rispose la povera donna , più bianca della morte . " Ah ! non lo sapete , eh ! " , replicò Barba - blu , " ma lo so ben io ! Voi siete voluta entrare nella stanzina . Ebbene , o signora : voi ci entrerete per sempre e andrete a pigliar posto accanto a quelle altre donne , che avete veduto là dentro . " Ella si gettò ai piedi di suo marito piangendo e chiedendo perdono , con tutti i segni di un vero pentimento , dell ' aver disubbidito . Bella e addolorata com ' era , avrebbe intenerito un macigno : ma Barba - blu aveva il cuore più duro del macigno . " Bisogna morire , signora " , diss ' egli , " e subito . " " Poiché mi tocca a morire " , ella rispose guardandolo con due occhi tutti pieni di pianto , " datemi almeno il tempo di raccomandarmi a Dio . " " Vi accordo un mezzo quarto d ' ora : non un minuto di più " , replicò il marito . Appena rimasta sola , chiamò la sua sorella e le disse : " Anna " , era questo il suo nome , " Anna , sorella mia , ti prego , sali su in cima alla torre per vedere se per caso arrivassero i miei fratelli ; mi hanno promesso che oggi sarebbero venuti a trovarmi ; se li vedi , fa ' loro segno , perché si affrettino a più non posso " . La sorella Anna salì in cima alla torre e la povera sconsolata le gridava di tanto in tanto : " Anna , Anna , sorella mia , non vedi tu apparir nessuno ? " . " Non vedo altro che il sole che fiammeggia e l ' erba che verdeggia . " Intanto Barba - blu , con un gran coltellaccio in mano , gridava con quanta ne aveva ne ' polmoni : " Scendi subito ! o se no , salgo io " . " Un altro minuto , per carità " rispondeva la moglie . E di nuovo si metteva a gridare con voce soffocata : " Anna , Anna , sorella mia , non vedi tu apparir nessuno ? " . " Non vedo altro che il sole che fiammeggia e l ' erba che verdeggia . " " Spicciati a scendere " , urlava Barba - blu , " o se no salgo io . " " Eccomi " rispondeva sua moglie ; e daccapo a gridare : " Anna , Anna , sorella mia , non vedi tu apparir nessuno ? " . " Vedo " rispose la sorella Anna " vedo un gran polverone che viene verso questa parte ... " " Sono forse i miei fratelli ? " " Ohimè no , sorella mia : è un branco di montoni . " " Insomma vuoi scendere , sì o no ? " , urlava Barba - blu . " Un ' altro momentino " rispondeva la moglie : e tornava a gridare : " Anna , Anna , sorella mia , non vedi tu apparir nessuno ? " . " Vedo " ella rispose " due cavalieri che vengono in qua : ma sono ancora molto lontani . " " Sia ringraziato Iddio " , aggiunse un minuto dopo , " sono proprio i nostri fratelli : io faccio loro tutti i segni che posso , perché si spiccino e arrivino presto . " Intanto Barba - blu si messe a gridare così forte , che fece tremare tutta la casa . La povera donna ebbe a scendere , e tutta scapigliata e piangente andò a gettarsi ai suoi piedi : " Sono inutili i piagnistei " , disse Barba - blu , " bisogna morire " . Quindi pigliandola con una mano per i capelli , e coll ' altra alzando il coltellaccio per aria , era lì lì per tagliarle la testa . La povera donna , voltandosi verso di lui e guardandolo cogli occhi morenti , gli chiese un ultimo istante per potersi raccogliere . " No , no ! " , gridò l ' altro , " raccomandati subito a Dio ! " , e alzando il braccio ... In quel punto fu bussato così forte alla porta di casa , che Barba - blu si arrestò tutt ' a un tratto ; e appena aperto , si videro entrare due cavalieri i quali , sfoderata la spada , si gettarono su Barba - blu . Esso li riconobbe subito per i fratelli di sua moglie , uno dragone e l ' altro moschettiere , e per mettersi in salvo , si dette a fuggire . Ma i due fratelli lo inseguirono tanto a ridosso , che lo raggiunsero prima che potesse arrivare sul portico di casa . E costì colla spada lo passarono da parte a parte e lo lasciarono morto . La povera donna era quasi più morta di suo marito , e non aveva fiato di rizzarsi per andare ad abbracciare i suoi fratelli . E perché Barba - blu non aveva eredi , la moglie sua rimase padrona di tutti i suoi beni : dei quali , ne dette una parte in dote alla sua sorella Anna , per maritarla con un gentiluomo , col quale da tanto tempo faceva all ' amore : di un ' altra se ne servì per comprare il grado di capitano ai suoi fratelli : e il resto lo tenne per sé , per maritarsi con un fior di galantuomo , che le fece dimenticare tutti i crepacuori che aveva sofferto con Barba - blu . Così per tutti gli sposi . Da questo racconto , che risale al tempo delle fate , si potrebbe imparare che la curiosità , massime quando è spinta troppo , spesso e volentieri ci porta addosso qualche malanno . La bella addormentata nel bosco C ' era una volta un Re e una Regina che erano disperati di non aver figliuoli , ma tanto disperati , da non potersi dir quanto . Andavano tutti gli anni ai bagni , ora qui ora là : voti , pellegrinaggi ; vollero provarle tutte : ma nulla giovava . Alla fine la Regina rimase incinta , e partorì una bambina . Fu fatto un battesimo di gala ; si diedero per comari alla Principessina tutte le fate che si poterono trovare nel paese ( ce n ' erano sette ) perché ciascuna di esse le facesse un regalo ; e così toccarono alla Principessa tutte le perfezioni immaginabili di questo mondo . Dopo la cerimonia del battesimo , il corteggio tornò al palazzo reale , dove si dava una gran festa in onore delle fate . Davanti a ciascuna di esse fu messa una magnifica posata , in un astuccio d ' oro massiccio , dove c ' era dentro un cucchiaio , una forchetta e un coltello d ' oro finissimo , tutti guarniti di diamanti e di rubini . Ma in quel mentre stavano per prendere il loro posto a tavola , si vide entrare una vecchia fata , la quale non era stata invitata con le altre , perché da cinquant ' anni non usciva più dalla sua torre e tutti la credevano morta e incantata . Il Re le fece dare una posata , ma non ci fu modo di farle dare , come alle altre , una posata d ' oro massiccio , perché di queste ne erano state ordinate solamente sette , per le sette fate . La vecchia prese la cosa per uno sgarbo , e brontolò fra i denti alcune parole di minaccia . Una delle giovani fate , che era accanto a lei , la sentì , e per paura che volesse fare qualche brutto regalo alla Principessina , appena alzati da tavola , andò a nascondersi dietro una portiera , per potere in questo modo esser l ' ultima a parlare , e rimediare , in quanto fosse stato possibile , al male che la vecchia avesse fatto . Intanto le fate cominciarono a distribuire alla Principessa i loro doni . La più giovane di tutte le diede in regalo che ella sarebbe stata la più bella donna del mondo : un ' altra , che ella avrebbe avuto moltissimo spirito : la terza , che avrebbe messo una grazia incantevole in tutte le cose che avesse fatto : la quinta che avrebbe cantato come un usignolo : e la sesta , che avrebbe suonato tutti gli strumenti con una perfezione da strasecolare . Essendo venuto il momento della vecchia fata , essa disse tentennando il capo più per la bizza che per ragion degli anni , che la Principessa si sarebbe bucata la mano con un fuso e che ne sarebbe morta ! Questo orribile regalo fece venire i brividi a tutte le persone della corte , e non ci fu uno solo che non piangesse . A questo punto , la giovane fata uscì di dietro la portiera e disse forte queste parole : " Rassicuratevi , o Re e Regina ; la vostra figlia non morirà : è vero che io non ho abbastanza potere per disfare tutto l ' incantesimo che ha fatto la mia sorella maggiore : la Principessa si bucherà la mano con un fuso , ma invece di morire , s ' addormenterà soltanto in un profondo sonno , che durerà cento anni , in capo ai quali il figlio di un Re la verrà a svegliare " . Il Re , per la passione di scansare la sciagura annunziatagli dalla vecchia , fece subito bandire un editto , col quale era proibito a tutti di filare col fuso e di tenere fusi per casa , pena la vita . Fatto sta , che passati quindici o sedici anni , il Re e la Regina essendo andati a una loro villa , accadde che la Principessina , correndo un giorno per il castello e mutando da un quartiere all ' altro , salì fino in cima a una torre , dove in una piccola soffitta c ' era una vecchina , che se ne stava sola sola , filando la sua rocca . Questa buona donna non sapeva nulla della proibizione fatta dal Re di filare col fuso . " Che fate voi , buona donna ? " , disse la Principessa . " Son qui che filo , mia bella ragazza " , le rispose la vecchia , che non la conosceva punto . " Oh ! carino , carino tanto ! " , disse la Principessa , " ma come fate ? datemi un po ' qua , che voglio vedere se mi riesce anche a me . " Vivacissima e anche un tantino avventata com ' era ( e d ' altra parte il decreto della fata voleva così ) , non aveva ancora finito di prendere in mano il fuso , che si bucò la mano e cadde svenuta . La buona vecchia , non sapendo che cosa si fare , si mette a gridare aiuto . Corre gente da tutte le parti ; spruzzano dell ' acqua sul viso alla Principessa : le sganciano i vestiti , le battono sulle mani , le stropicciano le tempie con acqua della Regina d ' Ungheria ; ma non c ' è verso di farla tornare in sé . Allora il Re , che era accorso al rumore , si ricordò della predizione delle fate : e sapendo bene che questa cosa doveva accadere , perché le fate l ' avevano detto , fece mettere la Principessa nel più bell ' appartamento del palazzo , sopra un letto tutto ricami d ' oro e d ' argento . Si sarebbe detta un angelo , tanto era bella : perché lo svenimento non aveva scemato nulla alla bella tinta rosa del suo colorito : le gote erano di un bel carnato , e le labbra come il corallo . Ella aveva soltanto gli occhi chiusi : ma si sentiva respirare dolcemente ; e così dava a vedere che non era morta . Il Re ordinò che la lasciassero dormire in pace finché non fosse arrivata la sua ora di destarsi . La buona fata , che le aveva salvata la vita , condannandola a dormire per cento anni , si trovava nel regno di Matacchino , distante di là dodici mila chilometri , quando capitò alla Principessa questa disgrazia : ma ne fu avvertita in un baleno da un piccolo nano che portava ai piedi degli stivali di sette chilometri ( erano stivali , coi quali si facevano sette chilometri per ogni gambata ) . La fata partì subito , e in men di un ' ora fu vista arrivare dentro un carro di fuoco , tirato dai draghi . Il Re andò ad offrirle la mano , per farla scendere dal carro . Ella diè un ' occhiata a quanto era stato fatto : e perché era molto prudente , pensò che quando la Principessa venisse a svegliarsi , si vedrebbe in un brutto impiccio , a trovarsi sola sola in quel vecchio castello ; ed ecco quello che fece . Toccò colla sua bacchetta tutto ciò che era nel castello ( meno il Re e la Regina ) governanti , damigelle d ' onore , cameriste , gentiluomini , ufficiali , maggiordomi , cuochi , sguatteri , lacchè , guardie , svizzeri , paggi e servitori ; e così toccò ugualmente tutti i cavalli , che erano nella scuderia coi loro palafrenieri e i grossi mastini di guardia nei cortili e la piccola Puffe , la canina della Principessa , che era accanto a lei , sul suo letto . Appena li ebbe toccati , si addormentarono tutti , per risvegliarsi soltanto quando si sarebbe risvegliata la loro padrona , onde trovarsi pronti a servirla in tutto e per tutto . Gli stessi spiedi , che giravano sul fuoco , pieni di pernici e di fagiani si addormentarono : e si addormentò anche il fuoco . E tutte queste cose furono fatte in un batter d ' occhio ; perché le fate sono sveltissime nelle loro faccende . Allora il Re e la Regina , quand ' ebbero baciata la loro figliuola , senza che si svegliasse , uscirono dal castello , e fecero bandire che nessuno si fosse avvicinato a quei pressi . E la proibizione non era nemmeno necessaria , perché in meno d ' un quarto d ' ora crebbe , lì dintorno al parco , una quantità straordinaria di alberi , di arbusti , di sterpi e di pruneti , così intrecciati fra loro , che non c ' era pericolo che uomo o animale potesse passarvi attraverso . Si vedevano appena le punte delle torri del castello : ma bisognava guardarle da una gran distanza . E anche qui è facile riconoscere che la fata aveva trovato un ripiego del suo mestiere , affinché la Principessa , durante il sonno , non avesse a temere l ' indiscretezza dei curiosi . In capo a cent ' anni , il figlio del Re che regnava allora , e che era di un ' altra famiglia che non aveva che far nulla con quella della Principessa addormentata , andando a caccia in quei dintorni , domandò che cosa fossero le torri che si vedevano spuntare al di sopra di quella folta boscaglia . Ciascuno gli rispose , secondo quello che ne avevano sentito dire : chi gli diceva che era un vecchio castello abitato dagli spiriti ; chi raccontava che tutti gli stregoni del vicinato ci facevano il loro sabato . La voce più comune era quella che ci stesse di casa un orco , il quale portava dentro tutti i ragazzi che poteva agguantare , per poi mangiarseli a suo comodo , e senza pericolo che qualcuno lo rincorresse , perché egli solo aveva la virtù di aprirsi una strada attraverso il bosco . Il Principe non sapeva a chi dar retta , quando un vecchio contadino prese la parola e gli disse : " Mio buon Principe , sarà ormai più di cinquant ' anni che ho sentito raccontare da mio padre che in quel castello c ' era una Principessa , la più bella che si potesse mai vedere ; che essa doveva dormirvi cento anni , e che sarebbe destata dal figlio di un Re , al quale era destinata in sposa " . A queste parole , il Principe s ' infiammò ; senza esitare un attimo , pensò che sarebbe stato lui , quello che avrebbe condotto a fine una sì bella avventura , e spinto dall ' amore e dalla gloria , decise di mettersi subito alla prova . Appena si mosse verso il bosco , ecco che subito tutti gli alberi d ' alto fusto e i pruneti e i roveti si tirarono da parte , da se stessi , per lasciarlo passare . Egli s ' incamminò verso il castello , che era in fondo a un viale , ed entrò dentro ; e la cosa che gli fece un po ' di stupore , fu quella di vedere che nessuno delle sue genti aveva potuto seguirlo , perché gli alberi , appena passato lui , erano tornati a ravvicinarsi . Ma non per questo si peritò a tirare avanti per la sua strada : un Principe giovine e innamorato è sempre pien di valore . Entrò in un gran cortile , dove lo spettacolo che gli apparve dinanzi agli occhi sarebbe bastato a farlo gelare di spavento . C ' era un silenzio , che metteva paura : dappertutto l ' immagine della morte : non si vedevano altro che corpi distesi per terra , di uomini e di animali , che parevano morti , se non che dal naso bitorzoluto e dalle gote vermiglie dei guardaportoni , egli si poté accorgere che erano soltanto addormentati , e i loro bicchieri , dove c ' erano sempre gli ultimi sgoccioli di vino , mostravano chiaro che si erano addormentati trincando . Passa quindi in un altro gran cortile , tutto lastricato di marmo ; sale la scala ed entra nella sala delle guardie , che erano tutte schierate in fila colla carabina in braccio , e russavano come tanti ghiri ; traversa molte altre stanze piene di cavalieri e di dame , tutti addormentati , chi in piedi chi a sedere . Entra finalmente in una camera tutta dorata , e vede sopra un letto , che aveva le cortine tirate su dai quattro lati , il più bello spettacolo che avesse visto mai , una Principessa che mostrava dai quindici ai sedici anni , e nel cui aspetto sfolgoreggiante c ' era qualche cosa di luminoso e di divino . Si accostò tremando e ammirando , e si pose in ginocchio accanto a lei . In quel punto , siccome la fine dell ' incantesimo era arrivata , la Principessa si svegliò , e guardandolo con certi occhi , più teneri assai di quello che sarebbe lecito in un primo abboccamento , " Siete voi , o mio Principe ? " , ella gli disse . " Vi siete fatto molto aspettare ! " Il Principe , incantato da queste parole , e più ancora dal modo col quale erano dette , non sapeva come fare a esprimerle la sua grazia e la sua gratitudine . Giurò che l ' amava più di se stesso . I suoi discorsi furono sconnessi e per questo piacquero di più ; perché , poca eloquenza , grande amore ! Esso era più imbrogliato di lei , né c ' è da farsene meraviglia , a motivo che la Principessa aveva avuto tutto il tempo per poter pensare alle cose che avrebbe avuto da dirgli : perché , a quanto pare ( la storia peraltro non ne fa parola ) , durante un sonno così lungo , la sua buona fata le avea regalato dei piacevolissimi sogni . Fatto sta , che erano già quattro ore che parlavano fra loro due , fitto fitto , e non si erano ancora detta la metà delle cose che avevano da dirsi . Intanto tutte le persone del palazzo si erano svegliate colla Principessa : e ciascuno aveva ripreso le sue faccende : e siccome tutti non erano innamorati , così non si reggevano in piedi dalla fame . La dama d ' onore , che sentiva sfinirsi come gli altri , perdé la pazienza e disse ad alta voce alla Principessa che la zuppa era in tavola . Il Principe diede mano alla Principessa perché si alzasse : ella era già abbigliata e con gran magnificenza : ed egli fu abbastanza prudente da farle osservare , che era vestita come la mi ' nonna , e che aveva un camicino alto fin sotto gli orecchi , come costumava un secolo addietro . Ma non per questo era meno bella . Passarono nel gran salone degli specchi e lì cenarono , serviti a tavola dagli ufficiali della Principessa . Gli oboè e i violini suonarono delle sinfonie vecchissime , ma sempre belle , quantunque fosse quasi cent ' anni che nessuno pensava più a suonarle : e dopo cena , senza metter tempo in mezzo , il grande elemosiniere li maritò nella cappella di corte , e la dama d ' onore tirò le cortine del parato . Dormirono poco . La Principessa non ne aveva un gran bisogno , e il Principe , appena fece giorno , la lasciò per ritornare in città , dove il padre suo stava in pensiero per lui . Il Principe gli dette a intendere che , nell ' andare a caccia , s ' era sperso in una foresta e che aveva dormito nella capanna d ' un carbonaio , dove aveva mangiato del pan nero e un po ' di formaggio . Quel buon uomo di suo padre , che era proprio un buon uomo , ci credé : ma non fu così di sua madre , la quale , vedendo che il figliuolo andava quasi tutti i giorni a caccia e che aveva sempre degli ammennicoli pronti per giustificarsi , tutte le volte che gli accadeva di passare tre o quattro nottate fuori di casa , finì col mettersi in capo che ci doveva essere di mezzo qualche amoretto . Perché bisogna sapere che egli passò più di due anni insieme colla Principessa , e ne ebbe due figli ; di cui il maggiore , che era una femmina , si chiamava Aurora , e il secondo che era maschio , fu chiamato Giorno , comecché promettesse di essere anche più bello della sorella . La Regina si provò più volte a interrogare il figlio , e a metterlo su per levargli di sotto qualche parola : dicendogli che in questo mondo ognuno è padrone di fare il piacer suo : ma egli non si arrisicò mai a confidarle il segreto del suo cuore . Voleva bene a sua madre ; ma ne aveva paura , perché essa veniva da una famiglia d ' orchi , e il Re s ' era indotto a sposarla unicamente a cagione delle sue grandi ricchezze . Anzi c ' era in corte la diceria che ella avesse tutti gli istinti dell ' orco ; e che , quando vedeva passare dei ragazzetti , facesse sopra di sé degli sforzi inauditi per trattenersi dalla voglia di avventarsi su di essi e di mangiarseli vivi vivi . Ecco perché il Principe non volle mai dir nulla dei suoi segreti . Ma quando il Re morì , e questo accadde due anni dopo , e che egli diventò il padrone del regno , fece subito bandire pubblicamente il suo matrimonio e andò con grande scialo a prendere la Regina sua moglie al castello . Le fu preparato un solenne ingresso nella capitale del Regno , dov ' ella entrò in mezzo ai suoi due figli . Di lì a poco tempo il Re andò a far la guerra al Re Cantalabutta , suo vicino . Lasciò la reggenza del Regno alla Regina sua madre , e le raccomandò tanto e poi tanto la moglie e i figliuoli suoi . Si contava che egli dovesse restare alla guerra tutta l ' estate , che appena fu partito la Regina mandò la nuora e i suoi ragazzi in una casa in mezzo ai boschi , per poter meglio soddisfare le sue orribili voglie . Dopo qualche giorno , vi andò essa pure , e una tal sera disse al suo capo cuoco : " Domani a pranzo voglio mangiare la piccola Aurora " . " Ah , signora ! " , esclamò il cuoco . " Voglio così " , rispose la Regina ; e lo disse col tono di voce d ' un ' orchessa , che ha proprio voglia di mangiare della carne viva . " E la voglio mangiare in salsa piccante . " Quel pover ' uomo del cuoco , vedendo che con un ' orchessa c ' era poco da scherzare , prese una grossa coltella e salì su nella camera della piccola Aurora . Ella aveva allora quattr ' anni appena , e corse saltellando e ridendo a gettarglisi al collo e a chiedergli delle chicche . Egli si mise a piangere , la coltella gli cascò di mano e andò giù nella corte a sgozzare un agnellino , e lo cucinò con una salsa così buona , che la sua padrona ebbe a dire di non aver mai mangiato una cosa così squisita in tempo di vita sua . In quello stesso tempo esso aveva portato via la piccola Aurora e l ' aveva data in custodia alla sua moglie , perché la nascondesse nel quartierino di sua abitazione in fondo al cortile . Otto giorno dopo quella strega della Regina disse al suo capo cuoco : " Voglio mangiare a cena il piccolo Giorno " . Egli non rispose né sì né no , risoluto com ' era a farle lo stesso tiro della volta passata . Andò a cercare il piccolo Giorno , e lo trovò con una spada in mano , che tirava di scherma con una grossa scimmia : eppure non aveva più di tre anni . Lo prese e lo portò alla sua moglie , la quale lo nascose insieme colla piccola Aurora : e in luogo del fanciullo , servì in tavola un caprettino di latte , che l ' orchessa trovò delizioso . Fin lì le cose erano andate bene ; ma una sera la malvagia Regina disse al cuoco : " Voglio mangiare la Regina , cucinata colla stessa salsa de ' suoi figliuoli " . Fu allora che il povero cuoco sentì cascarsi le braccia , perché non sapeva proprio come fare a ingannarla per la terza volta . La giovane Regina aveva vent ' anni suonati , senza contare i cento passati dormendo ; e la sua pelle , quantunque sempre bella e bianchissima , era diventata un po ' tosta : e ora come trovare nello stallino un animale che avesse per l ' appunto la pelle tigliosa a quel modo ? Per salvare la propria vita , prese la risoluzione di tagliar la gola alla Regina e salì nella camera di lei , col fermo proposito di non dovercisi rifare due volte . Egli fece di tutto per eccitarsi e per andare in bestia , e con un pugnale in mano entrò nella camera della giovane Regina : ma non volendola prendere di sorpresa , le raccontò con grandissimo rispetto l ' ordine ricevuto dalla Regina madre . " Fate pure , fate pure " , ella gli disse , porgendogli il collo , " eseguite l ' ordine che vi hanno dato ; io andrò così a rivedere i miei figli , i miei poveri figli , che ho tanto amato . " Ella li credeva morti fin dal momento che li aveva veduti sparire , senza saperne altro . " No , no , o signora " , rispose il povero cuoco , tutto intenerito , " voi non morirete nient ' affatto : e non lascerete per questo di andare a rivedere i vostri figliuoli : ma li vedrete a casa mia , dov ' io li ho nascosti , e anche per questa volta ingannerò la Regina , facendole mangiare una giovine cervia invece di voi . " La condusse subito nella sua camera , dove , lasciandola che si sfogasse a baciare le sue creature , e a piangere con esse , se ne andò diviato a cucinare una cervia , che la Regina mangiò per cena , col medesimo gusto , come se avesse mangiato la giovine Regina . Ella era molto soddisfatta della sua crudeltà ; e già studiava il modo per dare a intendere al Re , quando fosse tornato , che i lupi affamati avevano divorato la Regina sua moglie e i suoi ragazzi . Una sera che la Regina madre , secondo il suo solito , ronzava in punta di piedi per le corti e per i cortili , a fiutare l ' odore della carne cruda , sentì in una stanza terrena il piccolo Giorno che piangeva , perché la sua mamma lo voleva picchiare , a causa che era stato cattivo , e sentì nello stesso tempo la piccola Aurora che implorava perdono per il suo fratellino . L ' orchessa riconobbe la voce della Regina e de ' suoi figliuoli , e furibonda d ' essere stata ingannata , con una voce spaventevole , che fece tremar tutti , ordinò che la mattina dipoi fosse portata in mezzo alla corte una gran vasca , e che la vasca fosse riempita di vipere , di rospi , di ramarri e di serpenti per farvi gettar dentro la Regina , i figliuoli , il capo cuoco , la moglie di lui e la sua serva di casa . Ella aveva ordinato che fossero menati tutti colle mani legate di dietro . Essi erano lì , e già i carnefici si preparavano a gettarli nella vasca , quand ' ecco che il Re , il quale non era aspettato così presto di ritorno , entrò nella corte a cavallo : esso era venuto colla posta , e domandò tutto stupito che cosa mai volesse dire quell ' orrendo spettacolo . Nessuno aveva coraggio di aprir bocca , quando l ' orchessa , presa da una rabbia indicibile nel vedere quel che vedeva , si gettò da se stessa colla testa avanti nella vasca , dove in un attimo fu divorata da tutte quelle bestiacce , che c ' erano state messe dentro per suo comando . A ogni modo il Re se ne mostrò addolorato , perché in fin dei conti era sua madre : ma trovò la maniera di consolarsene presto colla sua bella moglie e coi suoi bambini . Se questo racconto avesse voglia d ' insegnar qualche cosa , potrebbe insegnare alle fanciulle che chi dorme non piglia pesci ... né marito . La Bella addormentata nel bosco dormì cent ' anni , e poi trovò lo sposo : ma il racconto forse è fatto apposta per dimostrare alle fanciulle che non sarebbe prudenza imitarne l ' esempio . Cenerentola C ' era una volta un gentiluomo , il quale aveva sposata in seconde nozze una donna così piena di albagia e d ' arroganza , da non darsi l ' eguale . Ella aveva due figlie dello stesso carattere del suo , e che la somigliavano come due gocce d ' acqua . Anche il marito aveva una figlia , ma di una dolcezza e di una bontà da non farsene un ' idea ; e in questo tirava dalla sua mamma , la quale era stata la più buona donna del mondo . Le nozze erano appena fatte , che la matrigna dette subito a divedere la sua cattiveria . Ella non poteva patire le buone qualità della giovinetta , perché , a quel confronto , le sue figliuole diventavano più antipatiche che mai . Ella la destinò alle faccende più triviali della casa : era lei che rigovernava in cucina , lei che spazzava le scale e rifaceva le camere della signora e delle signorine ; lei che dormiva a tetto , proprio in un granaio , sopra una cattiva materassa di paglia , mentre le sorelle stavano in camere coll ' impiantito di legno , dov ' erano letti d ' ultimo gusto , e specchi da potervisi mirare dalla testa fino ai piedi . La povera figliuola tollerava ogni cosa con pazienza , e non aveva cuore di rammaricarsene con suo padre , il quale l ' avrebbe sgridata , perché era un uomo che si faceva menare per il naso in tutto e per tutto dalla moglie . Quando aveva finito le sue faccende , andava a rincantucciarsi in un angolo del focolare , dove si metteva a sedere nella cenere ; motivo per cui la chiamavano comunemente la Culincenere . Ma la seconda delle sorelle , che non era così sboccata come la maggiore , la chiamava Cenerentola . Eppure Cenerentola , con tutti i suoi cenci , era cento volte più bella delle sue sorelle , quantunque fossero vestite in ghingheri e da grandi signore . Ora accadde che il figlio del Re diede una festa da ballo , alla quale furono invitate tutte le persone di grand ' importanza e anche le nostre due signorine furono del numero , perché erano di quelle che facevano grande spicco in paese . Eccole tutte contente e tutte affaccendate a scegliersi gli abiti e le pettinature , che tornassero loro meglio a viso . E questa fu un ' altra seccatura per la povera Cenerentola , perché toccava a lei a stirare le sottane e a dare l ' amido ai manichini . Non si parlava d ' altro in casa che del come si sarebbero vestite in quella sera . " Io " , disse la maggiore , " mi metterò il vestito di velluto rosso e le mie trine d 'Inghilterra." " E io " , disse l ' altra , " non avrò che il mio solito vestito : ma , in compenso , mi metterò il mantello a fiori d ' oro e la mia collana di diamanti , che non è dicerto di quelle che si vedono tutti i giorni . " Mandarono a chiamare la pettinatora di gala , per farsi fare i riccioli su due righe , e comprarono dei nèi dalla fabbricante più in voga della città . Quindi chiamarono Cenerentola perché dicesse il suo parere , come quella che aveva moltissimo gusto ; e Cenerentola die ' loro i migliori consigli , e per giunta si offrì di vestirle : la qual cosa fu accettata senza bisogno di dirla due volte . Mentre le vestiva e le pettinava , esse dicevano : " Di ' , Cenerentola , avresti caro di venire al ballo ?..." . " Ah , signorine ! voi mi canzonate : questi non son divertimenti per me ! " " Hai ragione : ci sarebbe proprio da ridere , a vedere una Cenerentola , pari tua , a una festa da ballo . " Un ' altra ragazza , nel posto di Cenerentola , avrebbe fatto di tutto per vestirle male ; ma essa era una buonissima figliuola , e le vestì e le accomodò come meglio non si poteva fare . Per la gran contentezza di questa festa , stettero quasi due giorni senza ricordarsi di mangiare : strapparono più di dodici aghetti per serrarsi ai fianchi e far la vita striminzita ; e passavano tutt ' intera la santa giornata a guardarsi nello specchio . Venne finalmente il giorno sospirato . Partirono di casa e Cenerentola le accompagnò cogli occhi più lontano che poté : quando non le scorse più , si mise a piangere . La sua Comare , che la trovò cogli occhi rossi e pieni di pianto , le domandò che cosa avesse . " Vorrei ... vorrei ... " E piangeva così forte , che non poteva finir la parola . La Comare , che era una fata , le disse : " Vorresti anche tu andare al ballo , non è vero ? " . " Anch ' io , sì " disse Cenerentola con un gran sospirone . " Ebbene : prometti tu d ' essere buona ? " , disse la Comare . " Allora ti ci farò andare . " E menatala in camera , le disse : " Vai nel giardino e portami un cetriolo " . Cenerentola scappò subito a cogliere il più bello che poté trovare e lo portò alla Comare , non sapendo figurarsi alle mille miglia come mai questo cetriolo l ' avrebbe fatta andare alla festa di ballo . La Comare lo vuotò per bene , e rimasta la buccia sola , ci batté sopra colla bacchetta fatata , e in un attimo il cetriolo si mutò in una bella carrozza tutta dorata . Dopo , andò a guardare nella trappola , dove trovò sei sorci , tutti vivi . Ella disse a Cenerentola di tenere alzato un pochino lo sportello della trappola , e a ciascun sorcio che usciva fuori , gli dava un colpo di bacchetta , e il sorcio diventava subito un bel cavallo : e così messe insieme un magnifico tiro a sei , con tutti i cavalli di un bel pelame grigio - topo - rosato . E siccome essa non sapeva di che pasta fabbricare un cocchiere : " Aspettate un poco " disse Cenerentola " voglio andare a vedere se per caso nella topaiola ci fosse un topo ; che così ne faremo un cocchiere " . " Brava ! " disse la Comare " va ' un po ' a vedere . " Cenerentola ritornò colla topaiola , dove c ' erano tre grossi topi . La fata , fra i tre , scelse quello che aveva la barba più lunga ; il quale , appena l ' ebbe toccato , diventò un bel pezzo di cocchiere , e con certi baffi , i più belli che si fossero mai veduti . Fatto questo , le disse : " Ora vai nel giardino : e dietro l ' annaffiatoio troverai sei lucertole . Portamele qui . " Appena l ' ebbe portate , la Comare le convertì in sei lacchè , i quali salirono subito dietro la carrozza , colle loro livree gallonate , e vi si tenevano attaccati , come se in vita loro non avessero fatto altro mestiere . Allora la fata disse a Cenerentola : " Eccoti qui tutto l ' occorrente per andare al ballo : sei contenta ? " . " Sì , ma che ci devo andare in questo modo , e con questi vestitacci che ho addosso ? " La fata non fece altro che toccarla colla sua bacchetta , e i suoi poveri panni si cambiarono in vestiti di broccato d ' oro e di argento , e tutti tempestati di pietre preziose : quindi le diede un paio di scarpine di vetro , che erano una meraviglia . Quand ' ella ebbe finito di accomodarsi , montò in carrozza : ma la Comare le raccomandò sopra ogni altra cosa di non far più tardi della mezzanotte , ammonendola che se ella si fosse trattenuta al ballo un minuto di più , la sua carrozza sarebbe ridiventata un cetriolo , i suoi cavalli dei sorci , i suoi lacchè delle lucertole , i suoi vestiti avrebbero ripreso la forma e l ' aspetto cencioso di prima . Ella dette alla Comare la sua parola d ' onore che sarebbe venuta via dal ballo avanti la mezzanotte . E partì , che non entrava più nella pelle dalla gran contentezza . Il figlio del Re , essendogli stato annunziato l ' arrivo di una Principessa , che nessuno sapeva chi fosse , corse incontro a riceverla , e offrì la mano per iscendere di carrozza , e la condusse nella sala dov ' erano gl ' invitati . Si fece allora un gran silenzio : le danze rimasero interrotte , i violini smessero di suonare , tutti gli occhi erano rivolti a contemplare le grandi bellezze della sconosciuta . Non si sentiva altro che un bisbiglio confuso , e un dire sottovoce : " Oh ! com ' è bella !..." . Lo stesso Re , per quanto vecchio , non rifiniva dal guardarla , e andava dicendo sottovoce alla Regina , che da molti anni non gli era più capitato di vedere una donna tanto bella e tanto graziosa . Tutte le dame avevano gli occhi addosso a lei , per esaminarne la pettinatura e i vestiti , e farsene fare degli uguali per il giorno dopo , sempre che fosse stato possibile trovare delle stoffe così belle e delle modiste così valenti . Il figlio del Re la collocò nel posto d ' onore : quindi andò a prenderla per farla ballare . Ella ballò con tanta grazia , da far crescere in tutti lo stupore . Fu servito un magnifico rinfresco , che il giovine Principe non assaggiò nemmeno , tanto era assorto nel rimirare la bella sconosciuta . Ella andò a porsi accanto alle sue sorelle : usò loro mille finezze : e fece parte ad esse delle arance e dei cedri , che il Principe le aveva regalato ; la qual cosa le meravigliò moltissimo , perché esse non la riconobbero né punto né poco . In quella che stavano discorrendo insieme , Cenerentola sentì battere le undici e tre quarti ; e fatta subito una gran riverenza a tutta la società , scappò via come il vento . Appena arrivata a casa , corse a trovare la Comare , e dopo averla ringraziata , le disse che avrebbe avuto un gran piacere di tornare anche alla festa del giorno dipoi , perché il figlio del Re l ' aveva pregata molto . Mentre stava raccontando alla Comare tutti i particolari della festa , le due sorelle bussarono alla porta : Cenerentola andò loro ad aprire . " Quanto siete state a tornare ! " disse ella stropicciandosi gli occhi e stirandosi come se si fosse svegliata in quel momento . E sì , che ella non aveva avuto davvero una gran voglia di dormire , dacché s ' erano lasciate . " Se tu fossi stata al ballo " , le disse una delle sue sorelle " non ti saresti annoiata : vi è capitato la più bella Principessa , ma di ' pure la più bella che si possa vedere al mondo : essa ci ha fatto mille garbatezze , e ci ha regalato dei cedri e delle arance . " Cenerentola non capiva più in sé dalla gioia . Ella domandò loro il nome di questa Principessa ; ma quelle risposero che non la conoscevano , e che il figlio del Re si struggeva della voglia di sapere chi fosse , e che per saperlo avrebbe dato qualunque cosa . Cenerentola sorrise , e disse loro : " Dev ' esser bella davvero ! Dio mio ! come siete felici voi altre ! Che cosa pagherei di poterla vedere ! Via , signora Giulietta , prestatemi il vostro vestito giallo , quello di tutti i giorni ... " . " Giusto , lo dicevo anch ' io ! " rispose Giulietta . " Prestare il mio vestito a una brutta Cenerentola come te . Bisognerebbe proprio dire che avessi perso il giudizio . " Questa risposta Cenerentola se l ' aspettava : e ne fu contentissima ; perché si sarebbe trovata in un grande impiccio , se la sua sorella le avesse prestato il vestito . La sera dopo le due sorelle tornarono al ballo : e Cenerentola pure ; ma vestita anche più sfarzosamente della prima volta . Il figlio del Re non la lasciò un minuto ; e in tutta la serata non fece altro che dirle un monte di cose appassionate e galanti . La giovinetta , che non s ' annoiava punto , si era dimenticata le raccomandazioni fatte dalla Comare ; tant ' è vero che sentì battere il primo tocco della mezzanotte , e credeva che non fossero ancora le undici . S ' alzò e fuggì con tanta leggerezza , che pareva una cervia . Il Principe le corse dietro , ma non poté raggiungerla . Nel fuggire , ella lasciò cascare una delle sue scarpine di vetro , che il Principe raccattò con grandissimo amore . Cenerentola arrivò a casa tutta scalmanata , senza carrozza , senza lacchè e con addosso il vestito di tutti i giorni , non essendole rimasto nulla delle sue magnificenze , all ' infuori di una delle sue scarpine , la compagna di quella che aveva perduta per la strada . Fu domandato ai guardaportoni del palazzo , se per caso avessero veduto uscire una Principessa ; ma essi risposero che non avevano veduto uscir nessuno , tranne una ragazza mal vestita e che dall ' aspetto pareva piuttosto una contadina che una signora . Quando le sorelle ritornarono dal ballo , Cenerentola chiese loro se si erano divertite e se c ' era stata anche la bella signora . Esse risposero di si , e che era scappata via allo scocco della mezzanotte , e con tanta furia , che s ' era lasciata cascare una delle sue scarpine di vetro , la più bella scarpina del mondo : e che il figlio del Re l ' aveva raccattata , e non aveva fatto altro che guardarla tutto il tempo del ballo , e che questo voleva dire che egli era innamorato morto della bella signora , alla quale apparteneva la scarpina . E dicevano la verità : perché di lì a pochi giorni il figlio del Re fece bandire a suon di tromba che sposerebbe colei , il cui piede avesse calzato bene quella scarpina . Si cominciò a provare la scarpa alle Principesse : poi alle Duchesse e a tutte le dame di corte : ma era tempo perso . Fu portata a casa delle due sorelle , le quali fecero ogni sforzo possibile per far entrare il piede in quella scarpa : ma non ci fu modo . Cenerentola , che stava a guardarle e che aveva riconosciuta la scarpina , disse loro : " Voglio vedere anch ' io se mi va bene ! " . Le sorelle si misero a ridere e a canzonarla . Il gentiluomo incaricato di far la prova della scarpa , avendo posato gli occhi addosso a Cenerentola e parendogli molto bella , disse che era giustissimo , e che egli aveva l ' ordine di provar la scarpa a tutte le fanciulle . Fece sedere Cenerentola , e avvicinando la scarpa al suo piedino , vide che c ' entrava senz ' ombra di fatica e che calzava proprio come un guanto . Lo stupore delle due sorelle fu grande , ma crebbe del doppio , quando Cenerentola cavò fuori di tasca l ' altra scarpina e se la infilò in quell ' altro piede . In codesto punto arrivò la Comare , la quale , dato un colpo di bacchetta ai vestiti di Cenerentola , li fece diventare assai più sfarzosi , che non fossero stati mai . Allora le due sorelle riconobbero in essa la bella signora veduta al ballo ; e si gettarono ai suoi piedi per chiederle perdono dei mali trattamenti che le avevano fatto patire . Cenerentola le fece alzare , e disse , abbracciandole , che perdonava loro di cuore , e che le pregava ad amarla sempre e dimolto . Vestita com ' era , fu condotta dal Principe , al quale parve più bella di tutte le altre volte , e dopo pochi giorni la sposò . Cenerentola , buona figliuola quanto bella , fece dare un quartiere alle sue sorelle , e le maritò il giorno stesso a due gentiluomini della corte . Questo racconto , invece di una morale , ne ha due . Prima morale : la bellezza , per le donne in ispecie , è un gran tesoro ; ma c ' è un tesoro che vale anche di più , ed è la grazia , la modestia e le buone maniere . Con queste doti Cenerentola arrivò a diventar Regina . Altra morale : grazia , spirito , coraggio , modestia , nobiltà di sangue , buon senso , tutte bellissime cose ; ma che giovano questi doni della Provvidenza , se non si trova un compare o una comare , oppure , come si dice oggi , un buon diavolo che ci porti ? Senza l ' aiuto della Comare , che cosa avrebb ' ella fatto quella buona e brava figliuola di Cenerentola ? Puccettino C ' era una volta un taglialegna e una taglialegna , i quali avevano sette figliuoli , tutti maschi : il maggiore aveva dieci anni , il minore sette . Farà forse caso di vedere come un taglialegna avesse avuto tanti figliuoli in così poco tempo : ma egli è , che la sua moglie era svelta nelle sue cose , e quando ci si metteva , non faceva meno di due figliuoli alla volta . E perché erano molto poveri , i sette ragazzi davano loro un gran pensiero , per la ragione che nessuno di essi era in grado di guadagnarsi il pane . La cosa che maggiormente li tormentava , era che il minore veniva su delicato e non parlava mai : e questo che era un segno manifesto di bontà del suo carattere , lo scambiavano per un segno di stupidaggine . Il ragazzo era minuto di persona ; e quando venne al mondo , non passava la grossezza di un dito pollice ; per cui lo chiamarono Puccettino . Capitò un ' annata molto trista , nella quale la carestia fu così grande , che quella povera gente risolvettero di disfarsi de ' loro figliuoli . Una sera che i bambini erano a letto , e che il taglialegna stava nel canto del fuoco , disse , col cuore che gli si spezzava , alla sua moglie : " Come tu vedi , non abbiamo più da dar da mangiare ai nostri figliuoli : e non mi regge l ' animo di vedermeli morir di fame innanzi agli occhi : oramai io sono risoluto a menarli nel bosco e farveli sperdere ; né ci vorrà gran fatica , perché , mentre essi si baloccheranno a far dei fastelli , noi ce la daremo a gambe , senza che abbiano tempo di addarsene " . " Ah ! " , gridò la moglie , " e puoi tu aver tanto cuore da sperdere da te stesso le tue creature ? " Il marito ebbe un bel tornare a battere sulla miseria , in cui si trovavano ; ma la moglie non voleva acconsentire a nessun patto . Era povera , ma era madre : peraltro , ripensando anch ' essa al dolore che avrebbe provato se li avesse veduti morire di fame , finì col rassegnarvisi , e andò a letto piangendo . Puccettino aveva sentito tutti i loro discorsi : e avendo capito , dal letto , che ragionavano di affari , si levò in punta di piedi , sgattaiolando sotto lo sgabello di suo padre , per potere ascoltare ogni cosa senz ' esser visto . Quindi ritornò a letto , e non chiuse un occhio nel resto della nottata , rimuginando quello che doveva fare . Si levò a giorno , e andò sul margine di un ruscello , dove si riempì la tasca di sassolini bianchi : poi chiotto chiotto se ne tornò a casa . Partirono , ma Puccettino non disse nulla ai suoi fratelli di quello che sapeva . Entrarono dentro una foresta foltissima , dove alla distanza di due passi non c ' era modo di vedersi l ' uno coll ' altro . Il taglialegna si messe a tagliar legne , e i ragazzi a raccogliere delle frasche per far dei fastelli . Il padre e la madre , vedendoli intenti al lavoro , si allontanarono adagio adagio , finché se la svignarono per un viottolo fuori di mano . Quando i ragazzi si videro soli , si misero a strillare e a piangere forte forte . Puccettino li lasciò berciare , essendo sicuro che a ogni modo sarebbero tornati a casa ; perché egli , strada facendo , aveva lasciato cadere lungo la via i sassolini bianchi che s ' era messi nella tasca . " Non abbiate paura di nulla , fratelli miei " , disse loro , " il babbo e la mamma ci hanno lasciati qui soli ; ma io vi rimenerò a casa : venitemi dietro . " Essi infatti lo seguirono , ed egli li menò per la stessa strada che avevano fatta , andando al bosco . Da principio non ebbero coraggi d ' entrarvi : e si messero in orecchio alla porta di casa per sentire quello che dicevano fra loro , il padre e la madre . Ora bisogna sapere che quando il taglialegna e sua moglie rientrarono in casa , trovarono che il signore del villaggio aveva mandato loro dieci scudi , di cui era debitore da molto tempo , e sui quali non ci contavano più . Questo bastò per rimettere un po ' di fiato in corpo a quella povera gente , che era proprio a tocco e non tocco per morir di fame . Il taglialegna mandò subito la moglie dal macellaro . E siccome era molto tempo che non s ' erano sfamati , essa comprò tre volte più di carne di quella che ne sarebbe abbisognata per la cena di due persone . Quando furono pieni , la moglie disse : " Ohimè ! dove saranno ora i nostri figliuoli ? se fossero qui potrebbero farsi tondi coi nostri avanzi ! Ma tant ' è , Guglielmo , se ' stato tu che hai voluto smarrirli : ma io l ' ho detto sempre che ce ne saremmo pentiti . Che faranno ora nella foresta ? Ohimè ! Dio mio ! i lupi forse a quest ' ora l ' hanno bell ' e divorati . Proprio non bisogna aver cuore , come te , per isperdere i figliuoli a questo modo !..." . Il taglialegna perse la pazienza , perché la moglie tornò a ripetere più di venti volte che egli se ne sarebbe pentito , e che essa l ' aveva di già detto e ridetto : e minacciò di picchiarla se non si fosse chetata . Questo non voleva dire che il taglialegna non potesse essere anche più addolorato della moglie ; ma essa lo tormentava troppo : ed egli somigliava a tanti altri , che se la dicono molto colle donne che parlano con giudizio , ma non possono soffrire quelle che hanno sempre ragione . La taglialegna si struggeva in pianti , e seguitava sempre a dire : " Ohimè ! dove saranno ora i miei bambini ? i miei poveri bambini ? " . Una volta , fra le altre , lo disse così forte , che i ragazzi , che erano dietro l ' uscio , la sentirono e gridarono tutti insieme : " Siamo qui ! siamo qui ! " . Essa corse subito ad aprir l ' uscio e , abbracciandoli , disse : " Che contentezza a rivedervi , miei cari figliuoli ! Chi lo sa come siete stanchi , e che fame avete ! e tu , Pieruccio , guarda un po ' come ti sei inzaccherato ! vien qua , che ti spillaccheri " . Pieruccio era il maggiore dei figliuoli e la madre gli voleva più bene che agli altri , perché era rosso di capelli come lei . Si messero a tavola e mangiarono con un appetito , che fecero proprio consolazione al babbo e alla mamma , ai quali raccontarono , parlando quasi tutti nello stesso tempo , la gran paura che avevano avuta nella foresta . Quella buona gente era tutta contenta di rivedere i figliuoli in casa ; ma la contentezza durò finché durarono i dieci scudi . Quando questi finirono , tornarono al sicutera delle miserie , e allor decisero di smarrirli daccapo ; e per andare sul sicuro , pensarono di condurli molto più lontani della prima volta . Peraltro di questa cosa non poterono parlarne con tanta segretezza , che Puccettino non sentisse tutto ; il quale pensò di cavarsene fuori col solito ripiego : se non che , quantunque si alzasse sul far del giorno per andare in cerca di sassolini bianchi , rimase proprio come quello , e non poté far nulla , perché trovò l ' uscio di casa serrato a doppia mandata . Egli non sapeva davvero che cosa stillarsi , quando ecco che la madre dette a ciascuno di loro un pezzo di pane per colazione . Allora gli venne in capo che di quel pane avrebbe potuto servirsene , invece dei sassolini , seminando i minuzzoli lungo la strada per dove sarebbero passati . E si messe il pane in tasca . Il padre e la madre li condussero nel punto più folto e più oscuro della foresta : e quando ci furono arrivati , essi presero una scappatoia e via . Puccettino non se ne fece né in qua né in là , perché sapeva di poter ritrovare facilmente la strada coll ' aiuto dei minuzzoli sparsi ; ma figuratevi come rimase , quando si accorse che i minuzzoli glieli avevano beccati gli uccelli . Eccoli dunque tutti afflitti , perché più camminavano e più si perdevano nella foresta . Intanto si fece notte e si alzò un vento da far paura . Pareva ad essi di sentire da tutte le parti urli di lupi , che si avvicinavano per mangiarli . Non avevano fiato né per discorrere , né per voltarsi indietro . Venne poi una grand ' acqua che li bagnò fin sotto la pelle : a ogni passo sdrucciolavano e cascavano nella mota : e quando si rizzavano tutti infangati , non sapevano dove mettersi le mani . Puccettino montò in cima a un albero per vedere se scuopriva paese ; e guardando da ogni parte , vide un lumicino piccino , come quello di una candela , il quale era lontano lontano , molto al di là della foresta . Scese dall ' albero : e quando fu in terra , non vide più nulla . Questa cosa gli diede un gran dolore . Nonostante , camminando innanzi coi suoi fratelli , verso quella parte dove aveva veduto il lumicino , finì col rivederlo da capo mentre usciva fuori del bosco . Arrivarono finalmente alla casa dove si vedeva questo lume : non senza provare delle grandi strette al cuore , perché di tanto in tanto lo perdevano di vista , segnatamente quando camminavano in qualche pianura molto bassa . Picchiarono a una porta : una buona donna venne loro ad aprire , e domandò loro che cosa volevano . Puccettino disse che erano poveri ragazzi che s ' erano spersi nella foresta , e che chiedevano da dormire per amor d ' Iddio . La donna , vedendoli tutti così carini , si messe a piangere , e disse : " Ohimè ! poveri miei figliuoli , dove siete mai capitati ? Ma non sapete che questa è la casa dell ' Orco che mangia tutti i bambini ? " . " Ah , signora " , rispose Puccettino , il quale tremava come una foglia , e così i suoi fratelli . " Che cosa volete che facciamo ? Se non ci pigliate in casa , è sicuro che i lupi stanotte ci mangeranno . E in tal caso , è meglio che ci mangi questo signore . Forse se voi lo pregate , potrebbe darsi che avesse compassione di noi . " La moglie dell ' Orco , sperando di poterli nascondere a suo marito fino alla mattina dopo , li lasciò entrare e li menò a riscaldarsi intorno a un buon fuoco , dove girava sullo spiede un montone tutt ' intero , che doveva servire per la cena dell ' Orco . Mentre cominciavano a riscaldarsi , sentirono battere tre o quattro colpi screanzati alla porta . Era l ' Orco che tornava . In men d ' un baleno , la moglie li nascose tutti sotto il letto ed andò ad aprire . L ' Orco domandò subito se la cena era lesta e il vino levato di cantina : e senza perder tempo si mise a tavola . Il montone non era ancora cotto e faceva sempre sangue , e per questo gli parve anche più buono . Poi , fiutando di qua e di là , cominciò a dire che sentiva odore di carne viva . " Sarà forse " , disse la moglie , " quel vitello che ho spellato or ora , che vi mette per il naso quest 'odore." " E io dico che sento l ' odore di carne viva " , riprese l ' Orco guardando la moglie di traverso , " e qui ci deve essere qualche sotterfugio !..." Nel dir così si alzò da tavola e andò difilato verso il letto . " Ah ! " , egli gridò , " tu volevi dunque ingannarmi , brutta strega ? Non so chi mi tenga dal fare un boccone anche di te . Buon per te , che sei vecchia e tigliosa ! Ecco qui della selvaggina , che mi capita in buon punto per far trattamento a tre Orchi miei amici , che verranno da me in questi giorni . " E li tirò fuori di sotto il letto , uno dietro l ' altro . Quei poveri bambini si buttarono in ginocchio , chiedendogli perdono , ma avevano da fare col più crudele di tutti gli Orchi , il quale , facendo finta di sentirne compassione , li mangiava di già cogli occhi prima del tempo , dicendo alla moglie che sarebbero stati una pietanza delicata , in specie se gli avesse accomodati con una buona salsa . Andò a prendere un coltellaccio , e avvicinandosi a quei poveri figliuoli , lo affilava sopra una lunga pietra che egli teneva nella mano sinistra . E ne aveva già agguantato uno , quando la moglie gli disse : " Che ne volete voi fare a quest ' ora ? non sarebbe meglio aspettare a domani ? " . " Chetati , te ! " , riprese l ' Orco . " Così saranno più frolli . " " Ma ve ne avanza ancora tanta della carne ! C ' è qui un vitello , un montone e un mezzo maiale ... " " Hai ragione " , disse l ' Orco , " rimpinzali dunque per bene , perché non abbiano a smagrire , e portali a letto . " Quella buona donna , fuor di sé dalla contentezza , dette loro da cena : ma essi non poterono mangiare a cagione della gran paura che avevano addosso . In quanto all ' Orco , ricominciò a bere , soddisfattissimo di aver trovato di che regalare ai suoi amici . Vuotò una dozzina di bicchieri di più del solito , finché il vino gli die ' al capo e fu obbligato ad andare a letto . L ' Orco aveva sette figliuole , che erano sempre bambine , le quali erano tutte di un bel colorito , perché , come il padre , si cibavano di carne cruda ; ma avevano degli occhiettini grigi e tondi , e il naso a punta e una bocca larghissima , con una rastrelliera di denti lunghi , affilati e staccati l ' uno dall ' altro . Non erano ancora diventate cattive : ma promettevano bene , perché di già mordevano i fanciulli per succhiare il sangue . Le avevano mandate a dormire di buon ' ora , ed erano tutte e sette in un gran letto , ciascuna con una corona d ' oro sulla testa . Nella stessa camera c ' era un altro letto della medesima grandezza . Fu appunto in questo letto che la moglie dell ' Orco messe a dormire i sette ragazzi ; e dopo andò a coricarsi accanto a suo marito . Puccettino , che s ' era avviso che le figlie dell ' Orco portavano una corona d ' oro in capo , e che aveva sempre paura che l ' Orco non si ripentisse di averli sgozzati subito , si levò verso mezzanotte , e prendendo i berretti dei fratelli ed il suo , andò pian pianino a metterli sul capo delle sette figlie dell ' Orco , dopo aver loro levata la corona d ' oro , che pose sul capo suo e de ' suoi fratelli , perché l ' Orco li scambiasse per le proprie figlie , e pigliasse le sue figlie per i fanciulli che voleva sgozzare . E la cosa andò appuntino com ' egli se l ' era figurata ; perché l ' Orco , svegliatosi sulla mezzanotte , si pentì di aver differito al giorno dopo quello che poteva aver fatto la sera stessa . Saltò dunque il letto bruscamente , e prendendo il coltellaccio : " Andiamo un po ' a vedere " , disse , " come stanno queste birbe ; e facciamola finita una volta per tutte " . Quindi salì a tastoni nella camera delle sue figlie , e si avvicinò al letto dove erano i ragazzi , i quali dormivano tutti , meno Puccettino , che ebbe una gran paura quando sentì l ' Orco che gli tastava la testa , come l ' aveva già tastata ai suoi fratelli . L ' Orco sentendo la corona d ' oro , disse : " Ora la facevo bella davvero ! Si vede proprio che ieri sera ne ho bevuto mezzo dito di più " . Allora andò all ' altro letto , e avendo sentito i berretti dei ragazzi : " Eccoli " , disse , " questi monellacci ! Lavoriamo di fine " . E nel dir così , senza esitare , tagliò la gola alle sue sette figliuole . Contentissimo del fatto suo , andò di nuovo a coricarsi accanto alla moglie . Appena che Puccettino sentì l ' Orco che russava , svegliò i suoi fratelli e disse loro di vestirsi subito e di seguirlo . Scesero in punta di piedi nel giardino e scavalcarono il muro . Corsero a gambe quasi tutta la notte , tremando come foglie , e senza sapere dove andavano . Quando l ' Orco si svegliò , disse alla moglie : " Va ' un po ' a vestire quei monelli di ieri sera " . L ' Orchessa restò molto meravigliata della bontà insolita di suo marito , e non le passò neanche dalla mente che per vestirli egli volesse intendere un ' altra cosa , credendo in buona fede di doverli andare a vestire . Salì dunque di sopra , e rimase senza fiato in corpo , vedendo le sue sette figliuole scannate e immerse nel proprio sangue . Cominciò subito dallo svenirsi , essendo questo il primo espediente , a cui in simili casi ricorrono tutte le donne . L ' Orco , temendo che la moglie non mettesse troppo tempo a far quello che le aveva ordinato , salì di sopra anche lui per darle una mano ; e non rimase meno sconcertato alla vista di quello spettacolo orrendo . " Ah ! che ho mai fatto ? " , gridò . " Ma quei disgraziati me la pagheranno , e subito ! " E senza mettere tempo in mezzo , gettò una brocca d ' acqua sul naso della moglie , e così avendola fatta tornare in sé : " Dammi subito " , disse , " i miei stivali di sette chilometri , perché io li voglio raggiungere " . E uscì fuori all ' aperta campagna , e dopo aver corso di qua e di là , finalmente infilò la strada che battevano per l ' appunto quei poveri ragazzi , che erano forse distanti non più di cento passi dalla casa paterna . Essi videro l ' Orco che passava di montagna in montagna , traversando i fiumi colla stessa facilità come se fossero stati rigagnoli . Puccettino avendo occhiata una roccia incavata , lì vicino al luogo dove si trovavano , vi fece nascondere i sei fratelli , e vi si nascose anch ' esso , senza perdere peraltro di vista tutte le mosse dell ' Orco . L ' Orco che cominciava a sentirsi rifinito dalla strada fatta ( perché gli stivali di sette chilometri son molto faticosi per chi li porta ) , pensò di ripigliar fiato , e il cielo volle che andasse per l ' appunto a sedersi sopra la roccia , dove quei ragazzi si erano nascosti . E siccome era stanco morto , dopo essersi sdraiato si addormentò , e si messe a russare con tanto fracasso , che i poveri ragazzi ebbero la stessa paura di quando lo videro col coltellaccio in mano , in atto di far loro la festa . Ma Puccettino non ebbe tutta questa paura , e disse ai fratelli di scappare a gambe verso casa , mentre l ' Orco dormiva come un ghiro ; e di non stare in pena per lui . Essi non se lo fecero dir due volte , e in pochi minuti arrivarono a casa . Puccettino intanto si avvicinò all ' Orco : gli levò adagino gli stivali , e se l ' infilò per sé . Questi stivali erano molto grandi e molto larghi , ma perché eran fatati , avevano la virtù d ' ingrandirsi e di rimpicciolirsi , secondo la gamba di chi li calzava : per cui , gli tornavano precisi , come se fossero stati fatti per il suo piede . Eglì andò di carriera alla casa dell ' Orco , dove trovò la moglie che piangeva per le figlie uccise . " Vostro marito " , le disse Puccettino , " si trova in un gran pericolo : è cascato fra le mani di una banda di assassini , che hanno giurato di ucciderlo , se non consegna loro tutto il suo oro e il suo argento . Mentre gli stavano col pugnale alla gola , esso mi ha visto , e mi ha pregato di venir qui per avvertirvi della sua trista condizione e per invitarvi a darmi tutto quello che egli possiede di prezioso , senza ritenervi nulla , perché caso diverso , lo uccideranno senz ' ombra di misericordia . E siccome il tempo stringe , egli ha voluto che prendessi i suoi stivali di sette chilometri , come vedete , e non solo perché mi spicciassi , ma anche perché possiate accertarvi che non sono un imbroglione . " La buona donna , tutta spaventata , gli diede ogni cosa che aveva ; perché l ' Orco , in fin dei conti , era un buon marito , quantunque fosse ghiotto di bambini . Puccettino , col carico addosso di tutte le ricchezze dell ' Orco , tornò a casa del padre , dove fu accolto con grandissima festa . C ' è per altro della gente che non crede che la cosa finisse così ; e pretendono che Puccettino non commettesse mai questo furto a danno dell ' Orco : e che solo non si facesse scrupolo di prendergli gli stivali di sette chilometri , perché egli se ne serviva unicamente per dare la caccia ai ragazzi . Questi tali accertano di aver saputo la verità proprio sul posto , per essersi trovati a mangiare e bere nella stessa casa del taglialegna . Raccontano , dunque , che quando Puccettino ebbe infilato gli stivali dell ' Orco , se ne andò alla Corte , dove stavano tutti in gran pensiero per un ' armata , che era in campagna alla distanza di duecento chilometri , e per l ' esito di una battaglia data pochi giorni avanti . Dimodoché Puccettino andò a trovare il Re e gli disse che se lo desiderava avrebbe potuto portargli le notizie dell ' armata , prima del calar del sole . E il Re gli promise una grossa somma , se egli fosse stato da tanto . La sera stessa Puccettino ritornò colle notizie dell ' armata ; e questa prima corsa avendolo messo in buona vista , guadagnava quel che voleva ; perché il Re lo pagava profumatamente , valendosi di lui per portare i suoi ordini al campo ; e un ' infinità di signore gli davano quel che chiedeva , per aver le nuove dei loro amanti ; e questo fu il guadagno più concludente di tutti gli altri . Ci furono anche alcune mogli che gli consegnarono delle lettere per i loro mariti ; ma esse pagavano coi gomiti , e il profitto era così meschino , che egli non si degnò nemmeno di segnare nel libro degli utili i piccoli benefizi che gli pervenivano per questo titolo . Dopo aver fatto per qualche tempo il mestiere del corriere , e avere ammassato grandi ricchezze , ritornò alla casa di suo padre , dove non è possibile immaginarsi la festa che gli fecero nel rivederlo fra loro . Egli messe la sua famiglia nell ' agiatezza ; comprò degl ' impieghi , di recente fondazione , per il padre e per i fratelli : formò a tutti uno stato conveniente ; e gli rimase sempre un ritaglio di tempo , tanto da fare il damerino colle signore . La storia di questo piccolo eroe , che i francesi chiamano Petit Poucet , perché era grande appena come il dito pollice , è stata forse inventata apposta per dar ragione e autorità a quell ' antico proverbio che dice : " Gli uomini non si misurano a canne ! " . Pelle d ' asino C ' era una voIta un Re così potente , così ben voluto da ' suoi popoli e così rispettato dai suoi vicini e alleati , che poteva dirsi il più felice di tutti i monarchi della terra . Fra le sue tante fortune , c ' era anche quella di avere scelta per compagna una Principessa , bella quanto virtuosa : e questi avventurati sposi vivevano come due anime in un nocciolo . Dal loro casto imeneo era nata una figlia , ornata di tutte le grazie e di tutte le attrattive , a segno tale da non far loro desiderare una figliuolanza più numerosa . Il lusso , l ' abbondanza , il buon gusto regnavano nel loro palazzo : i ministri erano saggi e capaci : i cortigiani virtuosi e affezionati : i domestici fidati e laboriosi : le scuderie vaste e piene de ' più bei cavalli del mondo , tutti coperti di magnifiche gualdrappe . Ma la cosa che faceva maggiormente stupire i forestieri , che venivano a visitare quelle belle scuderie , era che nel bel mezzo di esse e nel luogo più vistoso , un signor Somaro faceva sfoggio delle sue grandi e lunghe orecchie . Né si può dire che questo fosse un capriccio ; se il Re gli aveva assegnato un posto particolare e quasi d ' onore , c ' era la sua ragione . Perché bisogna sapere che questo raro animale meritava davvero ogni riguardo , a motivo che la natura lo aveva formato in un modo così straordinario e singolare , che tutte le mattine la sua lettiera , invece di essere sporca , era ricoperta a profusione di bellissimi zecchini e napoleoni d ' oro , che venivano raccattati , appena egli si svegliava . Ma siccome le disgrazie sono tegoli che cascano sul capo dei Re come su quello dei sudditi , e non c ' è allegrezza senza che ci sia mescolato qualche dispiacere , così accadde che la Regina fu colta all ' improvviso da una fiera malattia , per la quale né la scienza né i medici sapevano suggerire rimedio di sorta . La desolazione era al colmo . Il Re , tenero di cuore e innamoratissimo , a dispetto del proverbio che dice " Il matrimonio è la tomba dell ' amore " , si dava alla disperazione e faceva voti ardentissimi a tutte le divinità del regno , e offriva la sua vita per quella di una sposa così adorata : ma gli Dei e le fate erano sordi a ogni preghiera . Intanto la Regina , sentendo avvicinarsi l ' ultim ' ora , disse al suo sposo , il quale struggevasi in pianto : " Prima di morire , non vi abbiate a male se esigo da voi una cosa ; ed è , che nel caso vi venisse voglia di rimaritarvi ... " . A queste parole il Re dette in urli da straziare il cuore . Prese le mani di sua moglie e le bagnò di pianto , giurando che era un di più venirgli a parlare di un altro matrimonio . " No , no , mia cara Regina " , egli gridava , " ditemi piuttosto che io debbo seguirvi ! " " Lo Stato " , ripigliò la Regina con una tranquillità imperturbabile , che accresceva gli spasimi e le torture del Re , " lo Stato ha ragione di pretendere da voi dei successori ; e vedendo che io ho dato solamente una figlia , vorrà da voi dei figli che vi somiglino : ma io , con tutte le forze dell ' anima e per tutto il bene che mi avete voluto , vi domando di non cedere alle insistenze de ' vostri popoli , se non quando avrete trovato una Principessa più bella e fatta meglio di me . Giuratemelo , e morirò contenta . " Alcuni credono che la Regina , la quale non mancava di una certa dose di amor proprio , volesse per forza questo giuramento , perché , persuasa com ' era che nel mondo non ci fosse altra donna da starle a fronte per bellezza , veniva così ad assicurarsi che il Re non si sarebbe mai riammogliato . Finalmente ella morì , né ci fu marito che facesse mai tanto fracasso . Piangeva come una vite tagliata , singhiozzava giorno e notte , e non aveva altro pensiero , che quello di adempiere a tutto il cerimoniale e a tutte le seccature del vedovile . Ma i grandi dolori non durano . D ' altra parte , i maggiorenti dello Stato si riunirono , e presentatisi in deputazione al Re , si fecero a domandargli che riprendesse moglie . Questa proposta gli parve dura , e fu cagione di nuovi piagnistei . Messe di mezzo il giuramento fatto alla Regina e sfidò tutti i suoi consiglieri a trovargli una mogile più bella e fatta meglio della sua sposa buon ' anima ; persuaso che sarebbe stato impossibile . Ma il Consiglio chiamò ragazzate simili giuramenti , e soggiunse che la bellezza importava fino ad un certo segno , purché la regina fosse virtuosa e buona da far figliuoli : che per la quiete e la tranquillità dello Stato ci volevano dei Principi ereditarii : che , senza ombra di dubbio , l ' infanta aveva tutte le doti volute per diventare una gran Regina , ma bisognava darle per isposo un forestiero : e in questo caso , o il forestiero l ' avrebbe menata a casa sua , o , regnando con essa , i loro figli non sarebbero stati considerati dello stesso sangue : e finalmente , che non avendo egli nessun figlio maschio che portasse il suo nome , i popoli vicini avrebbero potuto far nascere delle guerre da condurre lo Stato in rovina . Il Re , toccato da queste considerazioni , dette parola che avrebbe pensato a contentarli . Cercò difatti fra le Principesse da marito quella che sarebbe stata più adatta per lui . Ogni giorno gli portavano a vedere dei bellissimi ritratti : ma non ce n ' era neppur una che avesse le grazie della defunta Regina . E così non si decideva mai . Quand ' ecco che per sua gran disgrazia , sebbene fosse stato fin allora un uomo pien di giudizio , tutto a un tratto dette volta al cervello , e cominciò a pigliare la fissazione di credere che l ' infanta sua figlia vincesse di gran lunga in grazia e in bellezza la Regina madre , e fece intendere che era deciso a volerla sposare , perché ella sola poteva scioglierlo dalla fatta promessa . A questa brutale proposizione , la giovane Principessa , un fior di virtù e di pudore , ci corse poco non cadesse in terra svenuta . Si gettò ai piedi del Re suo padre , e lo scongiurò , con tutte le forze dell ' anima , a non costringerla a commettere un tal delitto . Ma il Re , che si era fitto in testa questa strana idea , volle consultare un vecchio druido , per acquietare la coscienza della giovane Principessa . Il druido , che sapeva più d ' ambizioso che di santo , non badò a sacrificare l ' innocenza e la virtù , per la boria di diventare il confidente di un gran Re , e trovò il modo di insinuarsi con tanto garbo nell ' animo di lui , e gli abbellì talmente il delitto che stava per commettere , che lo persuase perfino che lo sposare la propria figlia era un ' opera meritoria . Il Re , messo su dai discorsi dello scellerato , lo abbracciò , e si partì da lui più incaponito che mai nella sua idea , e ordinò all ' infanta di prepararsi a ubbidire . La giovane Principessa straziata da un acerbo dolore , non vide altro scampo che andare a casa della sua comare , la fata Lilla . Per cui partì la sera stessa in un grazioso calessino , tirato da un grosso montone che conosceva tutte le strade , e arrivò felicemente . La fata , che voleva molto bene all ' infanta , le disse che aveva saputo ogni cosa , ma che non se ne desse alcun pensiero , perché non poteva accaderle nulla di male , solo che avesse dato retta fedelmente alle sue prescrizioni . " Perché , mia cara figlia " , ella disse , " sarebbe un grande sproposito lo sposare vostro padre : e voi , senza contradirlo , potete tirarvene fuori : ditegli , che per contentare un vostro capriccio , bisogna che egli vi regali un vestito color dell ' aria . Con tutta la sua potenza non sarà mai capace di tanto . " La Principessa ringraziò senza fine la comare , e la mattina dopo ripeté al Re , suo padre , quello che la fata le aveva consigliato , dichiarando che senza il vestito color dell ' aria , ella non avrebbe mai acconsentito a nulla . Il Re , tutto contento per la speranza avuta , radunò gli operai più famosi e ordinò loro questa stoffa , sotto pena che , se non ci fossero riusciti , li avrebbe fatti tutti impiccare dal primo all ' ultimo . Ma non ebbe il dispiacere di venire a questi estremi . Il giorno dopo gli portarono il vestito tanto desiderato : e il cielo quando è sparso di nuvole d ' oro non ha un colore più bello di quello che aveva questa stoffa , quando venne spiegata . L ' infanta ne rimase afflittissima e non sapeva come uscire da quest ' impiccio . Il Re pigiava per venire a una conclusione . Bisognò tornare un ' altra volta dalla comare , la quale stupita che il suo ripiego non avesse fatto l ' effetto , le suggerì di provarsi a chiedere un altro vestito color della luna . Il Re , che non sapeva ricusarle nulla , mandò fuori in cerca di operai più capaci , e ordinò loro un vestito color della luna , e con tanta premura di averlo subito , che fra l ' ordinarlo e il riportarlo bell ' e fatto , non ci corsero ventiquattr ' ore . L ' infanta , invaghita in quel primo momento più del magnifico vestito che di tutte le attenzioni di suo padre , se ne afflisse poi oltremisura , appena si trovò insieme colle sue donne e colla sua nutrice . La fata Lilla , che sapeva tutto , venne in aiuto alla sconsolata Principessa , e le disse : " O io non ne azzecco più una , oppure ho ragione di credere che se ora gli chiedeste un vestito color del sole , si sarebbe trovato il verso di disgustare il Re , vostro padre ; perché è impossibile che si possa giungere a fabbricare una simile stoffa . Male male che la vada , guadagneremo sempre del tempo " . L ' infanta se ne persuase , e chiese il vestito . Il Re , tutto amore per lei , diede senza rincrescimento tutti i diamanti e i rubini della sua corona , con ordine di non risparmiare alcuna cosa perché questa stoffa riuscisse compagna al sole : tanto che quando fu messa in mostra , tutti quelli che la videro , furono costretti a chiuder gli occhi per il gran bagliore . Si vuole anzi che incominci da quel tempo l ' uso degli occhiali verdi e delle lenti affumicate . Figuratevi un po ' come rimase l ' infanta a quella vista . Cosa più bella e più artisticamente lavorata non s ' era veduta mai . Ella restò confusa , e col pretesto che le faceva male agli occhi , si ritirò nella sua camera , dove la fata l ' aspettava col rossore della vergogna fino alla punta dei capelli . E lì accadde di peggio ; perché la fata , vedendo il vestito color del sole , diventò paonazza dal gran dispetto . " Oh , questa volta poi , figlia cara " , diss ' ella all ' infanta , " metteremo l ' indegno amore di vostro padre a una prova terribile . Sia pure che egli abbia fissato davvero il chiodo in questo matrimonio , che si figura assai vicino : ma io son sicura che rimarrà molto sbalestrato dalla domanda che vi consiglio di fargli . Si tratta della pelle di quell ' asino , al quale egli vuole un gran bene perché provvede con tanta larghezza a tutte le spese della sua Corte . Andate , e ditegli che desiderate quella pelle . " L ' infanta , tutt ' allegra di aver trovato un altro scappavia per mandare a monte un matrimonio che detestava , e colla speranza sicura che il padre suo non avrebbe mai acconsentito a sacrificare l ' asino del suo cuore , andò da lui e gli disse chiaro e tondo che voleva la pelle di quel bell ' animale . Sebbene il Re rimanesse molto sconcertato per questo capriccio , non esitò a contentarla . Il povero asino fu sacrificato e la sua pelle venne presentata con molta galanteria all ' infanta , la quale , non vedendo più alcun mezzo per sottrarsi alla sua disgrazia , stava per perdersi d ' animo e darsi alla disperazione ; quando ecco che sopraggiunse la fata : " Che fate voi , figlia mia " , diss ' ella vedendo la Principessa che si strappava i capelli e si graffiava il bel viso ; " questo è il momento più fortunato della vostra vita . Avvolgetevi in codesta pelle , uscite dal palazzo e camminate finché troverete terra sotto i piedi . Quando si sacrifica tutto alla virtù , gli Dei sanno ricompensare . Andate ; sarà mia cura che le vostre robe vi seguano dappertutto ; in qualunque luogo , dove vi fermerete , la cassetta de ' vostri vestiti e delle vostre gioie vi sarà venuta dietro sotto terra : eccovi la mia bacchetta : ve la regalo , e battendola in terra tutte le volte che avrete bisogno della vostra cassetta , la cassetta apparirà dinanzi ai vostri occhi . Ma spicciatevi a partire , e non più indugi " . L ' infanta abbracciò mille volte la sua comare , pregandola di non abbandonarla mai ; si messe addosso quella brutta pelle , e dopo essersi insudiciato il viso di fuliggine , uscì da quel magnifico palazzo , senza che nessuno la riconoscesse . La sparizione dell ' infanta fece un gran chiasso . Il Re , che aveva fatto preparare una magnifica festa , era disperato e non sapeva darsene pace . Diè ordine che partissero più di cento giandarmi e più di mille moschettieri in cerca della figlia : ma la fata , che la proteggeva , la rendeva invisibile agli occhi di tutti ; e così bisognò farsene una ragione . L ' infanta intanto comminava giorno e notte . Essa andò lontano , e poi più lontano , e sempre più lontano , e cercava dappertutto un posto da impiegarsi ; ma sebbene per carità le dessero un boccone , nessuno voleva saperne di lei , a cagione di vederla tanto sudicia . Giunse finalmente a una bella città , dove vicino alla porta c ' era una fattoria : e la fattoressa aveva appunto bisogno di una donna da strapazzo per lavare i cenci e per tenere puliti i tacchini e lo stallino dei maiali . Vedendo questa zingara così sudicia , le propose di entrare al suo servizio : e l ' infanta accettò di gran cuore , stanca com ' era di aver fatto tanto paese . Fu messa in un canto della cucina , dove sui primi giorni ebbe a patire gli scherzi triviali del basso servidorame , tanto la sua pelle d ' asino la rendeva sporca e nauseante . Alla fine ci fecero l ' occhio , e perché ella si mostrava molto precisa nelle faccende che doveva fare , la fattoressa la prese nelle sue buone grazie . Menava le pecore all ' erba , e , alla sua ora , le rimetteva dentro : e guardava anche i tacchini , e lo faceva con tanta intelligenza , che pareva non avesse fatto altro mestiere in vita sua : ogni cosa fioriva e prosperava fra le sue mani . Un giorno , mentre stava seduta presso una fontana d ' acqua limpidissima , dove veniva spesso a piangere la sua misera sorte , le saltò in capo di specchiarvisi dentro , e l ' orribile pelle d ' asino , che le serviva da cappello e da vestito , la spaventò . Vergognandosi di trovarsi in quello stato , si lavò ben bene il viso e le mani , che diventarono bianche più dell ' avorio , e il suo bel carnato riprese la freschezza di prima . Il piacere di vedersi così bella le fece entrar la voglia di bagnarsi , e si bagnò : ma dopo , per tornare alla fattoria , le convenne rimettersi addosso la solita pellaccia . Per buona fortuna l ' indomani era giorno di festa ; per cui ebbe tutto il comodo di fare apparire la sua cassetta , di accomodarsi e di pettinarsi perbene , di dare la cipria ai suoi bei capelli e di mettersi il suo bel vestito color dell ' aria . La sua camera era così piccina , che non c ' entrava nemmeno tutto lo strascico della sottana . La bella Principessa si mirò e si ammirò da se stessa , e con molto piacere ; anzi , con tanto piacere , che decise da quel momento in poi di mettersi nelle feste e per le domeniche , a uno per volta , tutti i suoi bei vestiti , non foss ' altro per darsi un po ' di svago . E mantenne puntualmente la presa risoluzione . Ella intrecciava dei fiori e dei diamanti fra i suoi bei capelli , con un ' arte ammirabile : e spesso sospirava , mortificata di non avere per testimoni , se non le sue pecore e i suoi tacchini , che le volevano lo stesso bene , anche a vederla vestita di quella orribile pelle d ' asino , che le aveva dato il brutto soprannome , fra la gente di fattoria . Un giorno di festa , in cui Pelle d ' Asino s ' era messa il suo vestito color del sole , il figlio del Re , al quale apparteneva la fattoria , ritornando dalla caccia , vi si fermò per prendere un po ' di riposo . Quel Principe era giovane , bello , fatto a pennello della persona , l ' occhio diritto di suo padre , l ' amore della Regina sua madre , l ' idolo di tutti i suoi popoli . Venne offerta al Principe una merenda campestre , che egli accettò : e dopo si messe a girare per i cortili e per tutti i ripostigli . E nel girandolare di qua e di là , entrò in un andito scuro , in fondo al quale vide una porta chiusa . La curiosità gli fece metter l ' occhio al buco della serratura . Ma immaginatevi come restò , quando vide la Principessa così bella e così riccamente vestita ! Al suo aspetto nobile e modesto , la prese per una Dea . La foga della passione , che provò in quell ' istante , fu così forte , che avrebbe dicerto sfondata la porta , se non l ' avesse trattenuto il rispetto che gl ' ispirava quell ' angiolo di donna . Se ne venne via a gran passi per quell ' andito oscuro e tetro , ma lo fece per andar subito ad informarsi chi era la persona che stava in quella piccola cameruccia . Gli risposero che era una servaccia , chiamata Pelle d ' Asino , a motivo della pelle colla quale si vestiva , e che era tutt ' unta e bisunta da fare schifo a guardarla e a parlarci , e che l ' avevano presa proprio per compassione per mandarla dietro ai montoni e ai tacchini . Il Principe , poco soddisfatto di questo schiarimento , s ' accorse subito che quella gente ordinaria non ne sapeva di più , e che era fiato buttato via stare a interrogarla . Se ne tornò al palazzo di suo padre , innamorato da non potersi dir quanto , e coll ' immagine fissa dinanzi agli occhi , di quella creatura divina che aveva veduto dal buco della serratura . Egli si pentiva di non aver picchiato alla porta : ma fece giuro che un ' altra volta non gli sarebbe più accaduto . Intanto il gran subbuglio del sangue cagionato dall ' amore , gli messe addosso nella nottata un febbrone da cavalli , che in poche ore lo ridusse al lumicino . La Regina sua madre , che non aveva altri figliuoli che quello , si dava alla disperazione , vedendo tornare inutili tutti i rimedi : e invano prometteva ai medici grandi ricompense : essi adoperavano tutta la loro arte , ma non bastava a guarire il Principe . Alla fine indovinarono che questa gran malattia derivava da qualche passione segreta , e ne avvertirono la Regina ; la quale , tutta tenerezza per il suo figlio , venne a scongiurarlo di palesare la cagione del suo male , col dire che quand ' anche si fosse trattato di cedergli la corona , il Re suo padre sarebbe sceso dal trono senza rammarico , pur di vederlo contento ; e che se egli avesse desiderato in moglie una Principessa , avrebbe fatto qualunque sacrificio perché la potesse avere , anche se fossero stati in guerra col padre di essa e che ci fossero giusti motivi di rancore ; ma che per carità lo scongiuravano a non lasciarsi morire perché dalla vita sua dipendeva la loro . La Regina desolata non poté finire questo discorso commovente senza bagnare il viso del Principe con un diluvio di lacrime . " Signora " , prese a dire il Principe con un fil di voce , " io non sono un figlio tanto snaturato da desiderare la corona del padre mio : Dio voglia che egli campi ancora cent ' anni , e che io possa essere il più fedele e il più rispettoso dei suoi sudditi ! In quanto alla Principessa che mi offrite , non ho pensato ancora ad ammogliarmi : ma quando fosse , potete ben credere che , sommesso come sono , farei sempre la vostra volontà , qualunque cosa me ne dovesse costare . " " Ah ! figlio mio " , riprese la Regina , " nessuna cosa ci parrà grave , pur di salvarti la vita : ma , mio caro figlio , salva la vita mia e quella del padre tuo , facendoci conoscere il tuo desiderio , e stai sicuro che sarai contentato . " " Ebbene , signora " , disse egli , " poiché volete per forza che vi manifesti il mio desiderio , vi obbedirò ; tanto più che mi parrebbe un delitto di mettere in pericolo la vita di due esseri , che mi sono carissimi . Ebbene , madre mia , io desidero che Pelle d ' Asino mi faccia un piatto dolce : e quando sarà fatto , che mi sia portato qui . " La Regina , sentendo un nome così bizzarro , domandò chi fosse questa Pelle d ' Asino . " Signora " , rispose uno de ' suoi ufficiali , che per caso l ' aveva veduta , " è la bestia più brutta , dopo il lupo : un muso tinto , un sudiciume che abita nella vostra fattoria e che custodisce i tacchini . " " Questo non vuol dir nulla " , disse la Regina , " forse il mio figlio , tornando da caccia , avrà mangiato della sua pasticceria : sarà un capriccio da malati : ma infine io voglio che Pelle d ' Asino ( poiché questa Pelle d ' Asino esiste ) gli faccia subito un pasticcio . " Si mandò alla fattoria e fu fatta venire Pelle d ' Asino , per ordinarle un pasticcio per il Principe , e perché ci mettesse tutta la sua bravura . Alcuni scrittori pretendono che proprio in quel punto , in cui il Principe pose l ' occhio al buco della serratura , gli occhi di Pelle d ' Asino se ne avvidero ; e che dopo , affacciatasi alla sua finestrina , e visto questo Principe così giovane , così bello , e così ben formato , ne avesse serbata l ' immagine scolpita nel cuore , e che spesso e volentieri questo ricordo le fosse costato qualche grosso sospiro ! Fatto sta che Pelle d ' Asino , o l ' avesse voluto , o avesse solamente sentito dire un gran bene di lui , era tutta contenta di aver trovata la via per farsi conoscere . Si chiuse nella sua cameretta : gettò in un canto quella pellaccia sudicia , si lavò ben bene il viso e le mani , ravviò i suoi biondi capelli , s ' infilò una bella vitina di argento luccicante e una sottana della stessa roba , e si messe a fare il pasticcio tanto desiderato . Prese del fior di farina , delle uova e del burro freschissimo . E mentre lavorava a impastarlo , fosse caso o altro , un anello che aveva in dito le cascò nella pasta e vi rimase dentro . Appena il pasticcio fu cotto , si rimesse addosso la sua orribile Pelle d ' Asino e consegnò il pasticcio all ' ufficiale , al quale chiese le nuove del Principe : ma questi non si degnò nemmeno di rispondere , e corse subito dal Principe col pasticcio . Il Principe glielo prese avidamente dalle mani e lo mangiò con tanta voracità , che i medici , lì presenti , dissero subito che questa fame da lupi non era punto un buon segno . Difatti ci corse poco che il Principe non rimanesse strozzato dall ' anello , che trovò in una fetta del pasticcio : ma gli riuscì di cavarselo di bocca con molta destrezza , e così rallentò un poco anche la furia del mangiare , esaminando il bellissimo smeraldo incastonato in un cerchietto d ' oro , il quale era così tanto stretto , che egli giudicò non potesse star bene altro che al ditino più grazioso e più affascinante del mondo . Baciò mille volte l ' anello , lo messe sotto il capezzale , e ogni tantino , quando credeva di non esser visto da nessuno , lo tirava fuori per guardarlo . Non si può dire quanto si tormentasse il cervello per immaginare il modo di arrivare a conoscere colei , alla quale questo anello andasse bene . Non osava sperare che se egli avesse domandato di Pelle d ' Asino , di quella cioè che gli aveva fatto il pasticcio da lui richiesto , gliel ' avrebbero fatta venire ; e non aveva neppure il coraggio di palesare ad anima viva ciò che aveva veduto dal buco della serratura , per paura che lo canzonassero e lo pigliassero per un visionario . Il fatto egli è che tutti questi pensieri lo tormentarono tanto e poi tanto , che gli si riprese una grossa febbre : e i medici , non sapendo più che cosa dire , dichiararono alla Regina che il suo figliuolo era malato di amore . La Regina andò subito dal figlio , insieme col Re , che non sapeva darsi pace . " Figlio , mio caro figlio " , disse il Re , addoloratissimo , " palesa pure il nome di quella che tu vuoi , ché noi facciamo giuro di dartela , foss ' anche la più vile fra tutte le schiave della terra . " La Regina , abbracciandolo , gli ripeté il giuro del Re . Il Principe , intenerito dai pianti e dalle carezze degli autori de ' suoi giorni : " Padre mio e madre mia " , disse loro , " io non penso punto a stringere un legame , che possa farvi dispiacere , e la prova , che dico il vero " , soggiunse cavando lo smeraldo di sotto il capezzale , " è questa , che io sposerò la donna a cui quest ' anello potrà entrare in dito , chiunque ella sia ; né c ' è da sospettare che quella che avrà un ditino così grazioso e sottile possa essere una marrana o una contadina " . Il Re e la Regina presero in mano l ' anello , lo esaminarono con molta curiosità , e finirono col dire come diceva il Principe , cioè , che non poteva andar bene , se non a una fanciulla di buona famiglia . Allora il Re , abbracciato il Principe e scongiuratolo di guarire , uscì di camera e fece dare nei tamburi , nei pifferi e nelle trombe per tutta la città e bandire col mezzo dei suoi araldi che non c ' era da far altro che venire al palazzo per provarsi un anello , e che quella a cui sarebbe tornato preciso , avrebbe sposato l ' erede al trono . Prima arrivarono le Principesse : poi le Duchesse , le Marchese e le Baronesse ; ma ebbero tutte un bell ' assottigliarsi le dita : non ce ne fu una che potesse infilarsi l ' anello . Convenne scendere alle modistine , le quali , sebbene graziose , avevano i diti troppo grossi . Il Principe che cominciava a star meglio , faceva da se stesso la prova . Si venne finalmente alle cameriere ; e anche queste fecero la figura di tutte le altre . Non c ' era più nessuna donna che non si fosse provata invano a mettersi l ' anello , allorché il Principe volle che venissero le cuoche , le sguattere e le pecoraie : e tutte gli furono menate dinanzi ; ma i loro ditoni grossi e tozzi non poterono passare nell ' anello , al di là dell ' ugna . " È stata fatta venire quella Pelle d ' Asino che , giorni addietro , mi fece un dolce ? " , domandò il Principe . Tutti si messero a ridere e risposero di no , perché era troppo sudicia e da far schifo . " Cercatela subito " , disse il Re , " non sarà detto mai che io abbia fatta una sola eccezione . " Ridendo e burlando , corsero in cerca della tacchinaia . L ' infanta , che aveva sentito i tamburi e il bando degli araldi d ' arme , s ' era già figurata che il suo anello fosse la causa di tutto questo diavoleto ; essa amava il Principe , e perché il vero amore è timido e modesto , così stava sempre colla paura che qualche dama non avesse un ditino piccolo come il suo , per cui fu per lei una grande allegrezza quando vennero a cercarla e a battere alla sua porta . Fin dal momento che ella era venuta a sapere che si cercava un dito , al quale andasse bene il suo anello , una vaga speranza l ' aveva consigliata a pettinarsi con più amore del solito e a mettersi il suo bel busto d ' argento , con la sottana tutta gale e ricami d ' argento e seminata di smeraldi . Appena sentì bussare alla porta e chiamarsi per andare dal Re , lesta come un baleno si rimise la sua pelle d ' asino e aprì . Gli uomini di corte , pigliandola in canzonatura , le dissero che il Re la cercava , per farle sposare suo figlio ; quindi in mezzo alle più matte risate , la condussero dal Principe : il quale , stupefatto anch ' esso dallo strano abbigliamento della fanciulla , non voleva credere che fosse quella medesima che aveva veduto coi propri occhi , così sfolgorante e così bella ! Tristo e confuso di aver preso questo granchio a secco madornale : " Siete voi " , le domandò , " che abitate in fondo di quel corridoio oscuro , nel terzo cortile della fattoria ? " . " Sissignore ! " , rispose . " Fatemi vedere la vostra mano " , disse egli tremando e con un grosso sospiro . Indovinate ora voi chi rimase più meravigliato di tutti ? Fu il Re e la Regina , furono tutti i ciamberlani e i grandi della Corte , quando videro uscir fuori di sotto a quella pelle nera e bisunta , una manina delicata , bianca e color di rosa , dove l ' anello senza molta fatica poté infilarsi nel più bel ditino del mondo ; quindi per un leggero movimento fatto dall ' infanta , la pelle cadde , ed ella apparve di una bellezza così abbagliante , che il Principe , sebbene ancora molto debole , si gettò ai suoi piedi e l ' abbracciò con tanto ardore , che la fece arrossire ; ma nessuno quasi se ne accorse , perché il Re e la Regina vennero ad abbracciarla anch ' essi con grandissima tenerezza , e le chiesero se fosse contenta di sposare il loro figliuolo . La Principessa , confusa da tante carezze e dall ' amore che le dimostrava questo bel Principe , stava per ringraziare , quand ' ecco che il soffitto della sala si aprì , e la fata Lilla , calandosi dentro a un carro intrecciato coi rami e coi fiori del suo nome , raccontò con una grazia infinita tutta l ' istoria dell ' infanta . Il Re e la Regina lietissimi di sapere che Pelle d ' Asino era una gran Principessa , raddoppiarono le attenzioni , ma il Principe si mostrò sempre più sensibile alle virtù della Principessa , e il suo amore si accrebbe per tutte le cose che aveva sentito dire . La sua impazienza di sposare la Principessa era così forte , che non le lasciò nemmeno il tempo di fare i preparativi convenienti per questo augusto imeneo . Il Re e la Regina , innamorati della loro nuora , le facevano mille carezze e la tenevano sempre stretta fra le loro braccia . Ella aveva dichiarato che non poteva sposare il Principe senza il consenso del Re suo padre ; per cui egli fu il primo ad essere invitato , senza dirgli per altro il nome della sposa : la fata Lilla che , com ' è naturale , era quella che regolava ogni cosa , aveva voluto così , per evitare tutte le conseguenze . Arrivarono Principi e Re da tutti i paesi ; chi in portantina , chi in calesse ; i più lontani vennero a cavallo sopra elefanti , sopra tigri e sopra aquile ; ma il più magnifico e il più potente di tutti fu il padre dell ' infanta , il quale , per buona fortuna , aveva dimenticato il suo amore stranissimo e aveva sposato una Regina , vedova e molto bella . L ' infanta andò a incontrarlo ; ed egli la riconobbe subito e l ' abbracciò con gran tenerezza , prima che ella avesse il tempo di gettarsi ai suoi piedi . Il Re e la Regina gli presentarono il loro figlio , al quale egli fece un sacco di garbatezze . Le nozze furono celebrate con uno scialo da non potersi descrivere . I giovani sposi , poco curanti di tutte queste magnificenze , non vedevano e non pensavano altro che a se stessi . Il Re , padre del Principe , fece incoronare suo figlio lo stesso giorno , e baciandogli la mano , lo collocò sul trono , malgrado la resistenza opposta da questo buonissimo figliuolo : ma bisognò ubbidire . Le feste di questi illustri sponsali durarono più di tre mesi ; ma l ' amore dei giovani sposi durerebbe anch ' oggi , tanto si volevano bene , se non fossero morti cent ' anni dopo . La storia di Pelle d ' Asino è un po ' difficile a pigliarla per vera ; ma finché nel mondo ci saranno nonne , mamme e ragazzi , se la ricorderanno tutti con piacere . Le Fate C ' era una volta una vedova che aveva due figliuole . La maggiore somigliava tutta alla mamma , di lineamenti e di carattere , e chi vedeva lei , vedeva sua madre , tale e quale . Tutte e due erano tanto antipatiche e così gonfie di superbia , che nessuno le voleva avvicinare . Viverci insieme poi , era impossibile addirittura . La più giovane invece , per la dolcezza dei modi e per la bontà del cuore , era tutta il ritratto del suo babbo ... e tanto bella poi , tanto bella , che non si sarebbe trovata l ' eguale . E naturalmente , poiché ogni simile ama il suo simile , quella madre andava pazza per la figliuola maggiore ; e sentiva per quell ' altra un ' avversione , una ripugnanza spaventevole . La faceva mangiare in cucina , e tutte le fatiche e i servizi di casa toccavano a lei . Fra le altre cose , bisognava che quella povera ragazza andasse due volte al giorno ad attingere acqua a una fontana distante più d ' un miglio e mezzo , e ne riportasse una brocca piena . Un giorno , mentre stava appunto lì alla fonte , le apparve accanto una povera vecchia che la pregò in carità di darle da bere . " Ma volentieri , nonnina mia ... " rispose la bella fanciulla " aspettate ; vi sciacquo la brocca ... " E subito dette alla mezzina una bella risciacquata , la riempì di acqua fresca , e gliela presentò sostenendola in alto con le sue proprie mani , affinché la vecchiarella bevesse con tutto il suo comodo . Quand ' ebbe bevuto , disse la nonnina : " Tu sei tanto bella , quanto buona e quanto per benino , figliuola mia , che non posso fare a meno di lasciarti un dono " . Quella era una Fata , che aveva preso la forma di una povera vecchia di campagna per vedere fin dove arrivava la bontà della giovinetta . E continuò : " Ti do per dono che ad ogni parola che pronunzierai ti esca di bocca o un fiore o una pietra preziosa " . La ragazza arrivò a casa con la brocca piena , qualche minuto più tardi ; la mamma le fece un baccano del diavolo per quel piccolo ritardo . " Mamma , abbi pazienza , ti domando scusa ... " , disse la figliuola tutta umile , e intanto che parlava le uscirono di bocca due rose , due perle e due brillanti grossi . " Ma che roba è questa !...", esclamò la madre stupefatta , " sbaglio o tu sputi perle e brillanti ! ... O come mai , figlia mia ?..." Era la prima volta in tutta la sua vita che la chiamava così , e in tono affettuoso . La fanciulla raccontò ingenuamente quel che le era accaduto alla fontana ; e durante il racconto , figuratevi i rubini e i topazi che le caddero già dalla bocca ! " Oh , che fortuna ... " , disse la madre , " bisogna che ci mandi subito anche quest ' altra . Senti , Cecchina , guarda che cosa esce dalla bocca della tua sorella quando parla . Ti piacerebbe avere anche per te lo stesso dono ? ... Basta che tu vada alla fonte ; e se una vecchia ti chiede da bere , daglielo con buona maniera . " " E non ci mancherebbe altro !...", rispose quella sbadata . " Andare alla fontana ora ! " " Ti dico che tu ci vada ... e subito " , gridò la mamma . Brontolò , brontolò ; ma brontolando prese la strada portando con sé la più bella fiasca d ' argento che fosse in casa . La superbia , capite , e l ' infingardaggine ! ... Appena arrivata alla fonte , eccoti apparire una gran signora vestita magnificamente , che le chiede un sorso d ' acqua . Era la medesima Fata apparsa poco prima a quell ' altra sorella ; ma aveva preso l ' aspetto e il vestiario di una principessa , per vedere fino a quale punto giungeva la malcreanza di quella pettegola . " O sta ' a vedere ... " , rispose la superba , " che son venuta qui per dar da bere a voi ! ... Sicuro ! ... per abbeverare vostra Signora , non per altro ! ... Guardate , se avete sete , la fonte eccola lì . " " Avete poca educazione , ragazza ... " , rispose la Fata senza adirarsi punto , " e giacché siete così sgarbata , vi do per dono che ad ogni parola pronunziata da voi vi esca di bocca un rospo o una serpe . " Appena la mammina la vide tornare da lontano , le gridò a piena gola : " Dunque , Cecchina , com ' è andata ? " . " Non mi seccate , mamma !...", replicò la monella ; e sputò due vipere e due rospacci . " O Dio ! ... che vedo !...", esclamò la madre . " La colpa deve essere tutta di tua sorella , ma me la pagherà ... " E si mosse per picchiarla . Quella povera figliuola fuggì via di rincorsa e andò a rifugiarsi nella foresta vicina . Il figliuolo del Re che ritornava da caccia la incontrò per un viottolo , e vedendola così bella , le domandò che cosa faceva in quel luogo sola sola , e perché piangeva tanto . " La mamma ... " , disse lei , " m ' ha mandato via di casa e mi voleva picchiare ... " Il figliuolo del Re , che vide uscire da quella bocchina cinque o sei perle e altrettanti brillanti , la pregò di raccontare come mai era possibile una cosa tanto meravigliosa . E la ragazza raccontò per filo e per segno tutto quello che le era accaduto . Il Principe reale se ne innamorò subito e considerando che il dono della Fata valeva più di qualunque grossa dote che potesse avere un ' altra donna , la condusse senz ' altro al palazzo del Re suo padre e se la sposò . Quell ' altra sorella frattanto si fece talmente odiare da tutti , che sua madre stessa la cacciò via di casa ; e la disgraziata dopo aver corso invano cercando chi acconsentisse a riceverla andò a morire sul confine del bosco . MORALE Gli smeraldi , le perle , ed i diamanti Abbaglian gli occhi col vivo splendore ; Ma le dolci parole e i dolci pianti Hanno spesso più forza e più valore . ALTRA MORALE La cortesia che le bell ' alme accende , Costa talora acerbi affanni e pene ; Ma presto o tardi la virtù risplende , E quando men ci pensa il premio ottiene . Cappuccetto Rosso C ' era una volta in un villaggio una bambina , la più carina che si potesse mai vedere . La sua mamma n ' era matta , e la sua nonna anche di pìù . Quella buona donna di sua madre le aveva fatto fare un cappuccetto rosso , il quale le tornava così bene a viso , che la chiamavano dappertutto Cappuccetto Rosso . Un giorno sua madre , avendo cavate di forno alcune stiacciate , le disse : " Va ' un po ' a vedere come sta la tua nonna , perché mi hanno detto che era un po ' incomodata : e intanto portale questa stiacciata e questo vasetto di burro " . Cappuccetto Rosso , senza farselo dire due volte , partì per andare dalla sua nonna , la quale stava in un altro villaggio . E passando per un bosco s ' imbatté in quella buona lana del Lupo , il quale avrebbe avuto una gran voglia di mangiarsela ; ma poi non ebbe il coraggio di farlo , a motivo di certi taglialegna che erano lì nella foresta . Egli le domandò dove andava . La povera bambina , che non sapeva quanto sia pericoloso fermarsi per dar retta al Lupo , gli disse : " Vo a vedere la mia nonna e a portarle una stiacciata , con questo vasetto di burro , che le manda la mamma mia " . " Sta molto lontana di qui ? " , disse il Lupo . " Oh , altro ! " , disse Cappuccetto Rosso . " La sta laggiù , passato quel mulino , che si vede di qui , nella prima casa , al principio del villaggio . " " Benissimo " , disse il Lupo , " voglio venire a vederla anch ' io . Io piglierò da questa parte , e tu da quell ' altra , e faremo a chi arriva più presto . " Il Lupo si messe a correre per la sua strada , che era una scorciatoia , con quanta forza avea nelle gambe : e la bambina se ne andò per la sua strada , che era la più lunga , baloccandosi a cogliere le nocciuole , a dar dietro alle farfalle , e a fare dei mazzetti con tutti i fiorellini , che incontrava lungo la via . Il Lupo in due salti arrivò a casa della nonna e bussò . " Toc , toc . " " Chi è ? " " Sono la vostra bambina , son Cappuccetto Rosso " , disse il Lupo , contraffacendone la voce , " e vengo a portarvi una stiacciata e un vasetto di burro , che vi manda la mamma mia . " La buona nonna , che era a letto perché non si sentiva troppo bene , gli gridò : " Tira la stanghetta , e la porta si aprirà " . Il Lupo tirò la stanghetta , e la porta si aprì . Appena dentro , si gettò sulla buona donna e la divorò in men che non si dice , perché erano tre giorni che non s ' era sdigiunato . Quindi rinchiuse la porta e andò a mettersi nel letto della nonna , aspettando che arrivasse Cappuccetto Rosso , che , di lì a poco , venne a picchiare alla porta . " Toc , toc . " " Chi è ? " Cappuccetto Rosso , che sentì il vocione grosso del Lupo , ebbe dapprincipio un po ' di paura ; ma credendo che la sua nonna fosse infreddata rispose : " Sono la vostra bambina , son Cappuccetto Rosso , che vengo a portarvi una stiacciata e un vasetto di burro , che vi manda la mamma mia " . Il Lupo gridò di dentro , assottigliando un po ' la voce : " Tira la stanghetta e la porta si aprirà . " Cappuccetto Rosso tirò la stanghetta e la porta si aprì . Il Lupo , vistala entrare , le disse , nascondendosi sotto le coperte : " Posa la stiacciata e il vasetto di burro sulla madia e vieni a letto con me " . Cappuccetto Rosso si spogliò ed entrò nel letto , dove ebbe una gran sorpresa nel vedere com ' era fatta la sua nonna , quando era tutta spogliata . E cominciò a dire : " O nonna mia , che braccia grandi che avete ! " . " Gli è per abbracciarti meglio , bambina mia . " " O nonna mia , che gambe grandi che avete ! " " Gli è per correr meglio , bambina mia . " " O nonna mia , che orecchie grandi che avete ! " " Gli è per sentirci meglio , bambina mia . " " O nonna mia , che occhioni grandi che avete ! " " Gli è per vederci meglio , bambina mia . " " O nonna mia , che denti grandi che avete ! " " Gli è per mangiarti meglio . " E nel dir così , quel malanno di Lupo si gettò sul povero Cappuccetto Rosso , e ne fece un boccone . La storia di Cappuccetto Rosso fa vedere ai giovinetti e alle giovinette , e segnatamente alle giovinette , che non bisogna mai fermarsi a discorrere per la strada con gente che non si conosce : perché dei lupi ce n ' è dappertutto e di diverse specie , e i più pericolosi sono appunto quelli che hanno faccia di persone garbate e piene di complimenti e di belle maniere . Il gatto con gli stivali Un mugnaio , venuto a morte , non lasciò altri beni ai suoi tre figliuoli che aveva , se non il suo mulino , il suo asino e il suo gatto . Così le divisioni furono presto fatte : né ci fu bisogno dell ' avvocato e del notaro ; i quali , com ' è naturale , si sarebbero mangiata in un boccone tutt ' intera la piccola eredità . Il maggiore ebbe il mulino . Il secondo , l ' asino . E il minore dei fratelli ebbe solamente il gatto . Quest ' ultimo non sapeva darsi pace , per essergli toccata una parte così meschina . " I miei fratelli " , faceva egli a dire , " potranno tirarsi avanti onestamente , menando vita in comune : ma quanto a me , quando avrò mangiato il mio gatto , e fattomi un manicotto della sua pelle , bisognerà che mi rassegni a morir di fame . " Il gatto , che sentiva questi discorsi , e faceva finta di non darsene per inteso , gli disse con viso serio e tranquillo : " Non vi date alla disperazione , padron mio ! Voi non dovete far altro che trovarmi un sacco e farmi fare un paio di stivali per andare nel bosco ; e dopo vi farò vedere che nella parte che vi è toccata , non siete stato trattato tanto male quanto forse credete " . Sebbene il padrone del gatto non pigliasse queste parole per moneta contante , a ogni modo gli aveva visto fare tanti giuochi di destrezza nel prendere i topi , or col mettersi penzoloni , attaccato per i piedi , or col fare il morto , nascosto dentro la farina , che finì coll ' aver qualche speranza di trovare in lui un po ' di aiuto nelle sue miserie . Appena il gatto ebbe ciò che voleva , s ' infilò bravamente gli stivali , e mettendosi il sacco al collo , prese le corde colle zampe davanti e se ne andò in una conigliera , dove c ' erano moltissimi conigli . Pose dentro al sacco un po ' di crusca e della cicerbita : e sdraiandosi per terra come se fosse morto , aspettò che qualche giovine coniglio , ancora novizio dei chiapperelli del mondo , venisse a ficcarsi nel sacco per la gola di mangiare la roba che c ' era dentro . Appena si fu sdraiato , ebbe subito la grazia . Eccoti un coniglio , giovane d ' anni e di giudizio , che entrò dentro al sacco : e il bravo gatto , tirando subito la funicella , lo prese e l ' uccise senza pietà né misericordia . Tutto glorioso della preda fatta andò dal Re , e chiese di parlargli . Lo fecero salire nei quartieri del Re , dove entrato che fu fece una gran riverenza al Re , e gli disse : " Ecco , Sire , un coniglio di conigliera che il signor marchese di Carabà " , era il nome che gli era piaciuto di dare al suo padrone , " mi ha incaricato di presentarvi da parte sua " . " Di ' al tuo padrone " rispose il Re " che lo ringrazio e che mi ha fatto un vero regalo . " Un ' altra volta andò a nascondersi fra il grano , tenendo sempre il suo sacco aperto ; e appena ci furono entrate dentro due pernici , tirò la corda e le acchiappò tutte e due . Corse quindi a presentarle al Re , come aveva fatto per il coniglio di conigliera . Il Re gradì moltissimo anche le due pernici e gli fece dare la mancia . Il gatto in questo modo continuò per due o tre mesi a portare di tanto in tanto ai Re la selvaggina della caccia del suo padrone . Un giorno avendo saputo che il Re doveva recarsi a passeggiare lungo la riva del fiume insieme alla sua figlia , la più bella Principessa del mondo , disse al suo padrone : " Se date retta a un mio consiglio , la vostra fortuna è fatta : voi dovete andare a bagnarvi nel fiume , e precisamente nel posto che vi dirò io : quanto al resto , lasciate fare a me " . Il marchese di Carabà fece tutto quello che gli consigliò il suo gatto , senza sapere a che cosa gli avrebbe potuto giovare . Mentre egli si bagnava , il Re passò di là ; e il gatto si messe a gridare con quanta ne aveva in gola : " Aiuto , aiuto ! affoga il marchese di Carabà " . A queste grida , il Re messe il capo fuori dallo sportello della carrozza e , riconosciuto il gatto , che tante volte gli aveva portato la selvaggina , ordinò alle guardie che corressero subito in aiuto del marchese di Carabà . Intanto che tiravano su , fuori dell ' acqua , il povero Marchese , il gatto avvicinandosi alla carrozza raccontò al Re che mentre il suo padrone si bagnava , i ladri erano venuti a portargli via i suoi vestiti , sebbene avesse gridato al ladro con tutta la forza dei polmoni . Il furbo trincato aveva nascosto i panni sotto un pietrone . Il Re diè ordine subito agli ufficiali della sua guardaroba di andare a prendere uno dei più sfarzosi vestiari per il marchese di Carabà . Il Re gli usò mille carezze , e siccome l ' abito che gli avevano portato in quel momento faceva spiccare i pregi della sua persona ( perché era bello e benissimo fatto ) , la Principessa lo trovò simpatico e di suo genio : e bastarono poche occhiate del marchese di Carabà , molto rispettose ma abbastanza tenere , perché ella ne rimanesse innamorata cotta . Volle il Re che salisse nella sua carrozza , e facesse la passeggiata con essi . Il gatto , contentissimo di vedere che il suo disegno cominciava a pigliar colore , s ' avviò avanti ; e avendo incontrato dei contadini , che segavano , disse loro : " Buona gente che segate il fieno , se non dite al Re che il prato segato da voi appartiene al marchese di Carabà , sarete tutti affettati fini fini come carne da far polpette " . Il Re infatti domandò ai segatori di chi fosse il prato che segavano . " È del marchese di Carabà " , dissero tutti a una voce perché la minaccia del gatto li aveva impauriti . " Voi avete di bei possessi " , disse il Re al marchese di Carabà . " Lo vedete da voi , Sire " , rispose il Marchese . " Questa è una prateria , che non c ' è anno che non mi dia una raccolta abbondantissima . " Il bravo gatto , che faceva sempre da battistrada , incontrò dei mietitori , e disse loro : " Buona gente che segate il grano , se non direte che tutto questo grano appartiene al signor marchese di Carabà , sarete stritolati fini fini come carne da far polpette " . Il Re , che passò pochi minuti dopo , volle sapere a chi appartenesse tutto il grano che vedeva . " È del signor marchese di Carabà " , risposero i mietitori . E il Re se ne rallegrò col Marchese . Il gatto , che trottava sempre avanti la carrozza , ripeteva sempre le medesime cose a tutti quelli che incontrava lungo la strada ; e il Re rimaneva meravigliato dei grandi possessi del signor marchese di Carabà . Finalmente il gatto arrivò a un bel castello , di cui era padrone un orco , il più ricco che si fosse mai veduto ; perché tutte le terre , che il Re aveva attraversate , dipendevano da questo castello . Il gatto s ' ingegnò di sapere chi era quest ' uomo , e che cosa sapesse fare : e domandò di potergli parlare , dicendo che gli sarebbe parso sconvenienza passare così accosto al suo castello senza rendergli omaggio e riverenza . L ' orco l ' accolse con tutta quella cortesia che può avere un orco ; e gli offrì da riposarsi . " Mi hanno assicurato " , disse il gatto , " che voi avete la virtù di potervi cambiare in ogni specie d ' animali ; e che vi potete , per dirne una , trasformare in leone e in elefante . " " Verissimo ! " , rispose l ' orco bruscamente , " e per darvene una prova , mi vedrete diventare un leone . " Il gatto fu così spaventato dal vedersi dinanzi agli occhi un leone , che s ' arrampicò subito su per le grondaie , ma non senza fatica e pericolo , a cagione dei suoi stivali , che non erano buoni a nulla per camminare sulle grondaie de ' tetti . Di lì a poco , quando il gatto si avvide che l ' orco aveva ripresa la sua forma di prima , calò a basso e confessò di avere avuto una gran paura . " Mi hanno per di più assicurato " , disse il gatto , " ma questa mi par troppo grossa e non la posso bere , che voi avete anche la virtù di prendere la forma dei più piccoli animali ; come sarebbe a dire , di cambiarvi , per esempio , in un topo o in una talpa : ma anche queste son cose , lasciate che ve lo ripeta , che mi paiono sogni dell ' altro mondo ! " " Sogni ? " , disse l ' orco . " Ora vi farò veder io !..." E nel dir così , si cangiò in sorcio , e si messe a correre per la stanza . Ma il gatto , lesto come un baleno , gli s ' avventò addosso e lo mangiò . Intanto il Re che , passando da quella parte , vide il bel castello dell ' orco , volle entrarvi . Il gatto , che sentì il rumore della carrozza che passava sul ponte - levatoio del castello , corse incontro al Re e gli disse : " Vostra Maestà sia la benvenuta in questo castello del signor marchese di Carabà " . " Come ! signor Marchese ! " , esclamò il Re . " Anche questo castello è vostro ? Non c ' è nulla di più bello di questo palazzo e delle fabbriche che lo circondano ; visitiamolo all ' interno , se non vi scomoda . " Il Marchese dette la mano alla Principessa ; e seguendo il Re , che era salito il primo , entrarono in una gran sala , dove trovarono imbandita una magnifica merenda , che l ' orco aveva fatta preparare per certi suoi amici che dovevano venire a trovarlo , ma che non avevano ardito di entrar nel castello , perché sapevano che c ' era il Re . Il Re , contento da non potersi dire , delle belle doti del marchese di Carabà , al pari della sua figlia , che n ' era pazza , e vedendo i grandi possessi che aveva , dopo aver vuotato quattro o cinque bicchieri , gli disse : " Signor Marchese ! se volete diventare mio genero , non sta che a voi " . Il marchese , con mille reverenze , gradì l ' alto onore fattogli dal Re , e il giorno dopo sposò la Principessa . Il gatto diventò gran signore , e se seguitò a dar la caccia ai topi , lo fece unicamente per passatempo . Godersi in pace una ricca eredità , passata di padre in figlio , è sempre una bella cosa : ma per i giovani , l ' industria , l ' abilità e la svegliatezza d ' ingegno valgono più d ' ogni altra fortuna ereditata . Da questo lato , la storia del gatto del signor marchese di Carabà è molto istruttiva , segnatamente per i gatti e per i marchesi di Carabà . Enrichetto dal ciuffo C ' era una volta una Regina , la quale partorì un figliuolo così brutto e così male imbastito , da far dubitare per un pezzo se avesse fattezze di bestia o di cristiano . Una fata , che si trovò presente al parto , dette per sicuro che egli avrebbe avuto molto spirito : e aggiunse di più , che in grazia di un certo dono particolare , fattogli da lei , avrebbe potuto trasfondere altrettanta dose di spirito e d ' intelligenza in quella persona , chiunque si fosse , che egli avesse amato sopra tutte le altre . Questa cosa consolò un poco la povera Regina , la quale non poteva darsi pace di aver messo al mondo un brutto marmocchio a quel modo ! Il fatto egli è , che appena il fanciullo cominciò a spiccicar parola , disse delle cose molto aggiustate : e in tutto quello che faceva , mostrava un so che di così aggraziato , che piaceva e dava nel genio a tutti . Mi dimenticava di dire che egli nacque con un ciuffettino di capelli sulla testa : e per questo lo chiamarono Enrichetto dal ciuffo : perché Enrichetto era il suo nome di battesimo . In capo a sette o otto anni , la Regina di uno Stato vicino partorì due bambine . La prima , che venne al mondo , era più bella del Sole ; e la Regina ne sentì un ' allegrezza così grande , da far temere per la sua salute . La stessa fata , che aveva assistito alla nascita di Enrichetto dal ciuffo , si trovò presente anche a quest ' altra : e per moderare la gioia della Regina , le dichiarò che la piccola Principessa non avrebbe avuto neppur l ' ombra dello spirito , per cui sarebbe stata tanto stupida , quanto era bella . La Regina rimase molto male di questa cosa : ma pochi momenti dopo ebbe un altro dispiacere anche più grosso , nel vedere che la seconda figlia , che aveva partorito , era talmente brutta da fare paura . " Non vi disperate , signora " , le disse la fata , " la vostra figlia sarà ricompensata per un altro verso ; essa avrà tanto spirito , da non avvedersi nemmeno della bellezza che non l ' è toccata . " " Dio voglia che sia così ! " , rispose la Regina , " ma non ci sarebbe modo di fare avere un po ' di spirito anche alla maggiore che è tanto bella ? " " Per quanto allo spirito , o signora , io non ci posso far nulla " , disse la fata , " ma posso tutto per la parte della bellezza ; e siccome non c ' è cosa al mondo che non farei per vedervi contenta , così le concederò in dono la virtù di far diventare bella la persona che più sarà di suo genio . " A mano a mano che le due Principesse crescevano , crescevano con esse i loro pregi , fino al punto che non si parlava d ' altro che della bellezza della più grande e dello spirito della minore . È vero però che anche i loro difetti si facevano più vistosi , coll ' andare in là degli anni . La minore imbruttiva a occhiate , e la maggiore diventava stupida un giorno più dell ' altro , e non sapeva rispondere alle domande che le venivano fatte , o rispondeva delle giuccherie . Oltre a questo ell ' era così smanierata e senza garbo né grazia , che non era buona di posare quattro vasi di porcellana sul camminetto senza romperne qualcuno , né d ' accostarsi alla bocca un bicchier d ' acqua senza versarselo mezzo sul vestito . Sebbene la bellezza sia un gran vantaggio per una fanciulla , pure è un fatto che la sorella minore aveva sempre il disopra sull ' altra , in società e in tutte le conversazioni . Sul primo , tutti si voltavano dalla parte della più bella per vederla e ammirarla ; ma dopo pochi minuti la lasciavano per andare da quella che aveva più spirito , a sentire le cose graziose che diceva : e faceva maraviglia di vedere come in meno di un quarto d ' ora la maggiore non avesse più nessuno dintorno a sé , mentre tutti erano a far corona intorno alla sorella minore . La maggiore , sebbene molto stupida , si avvide di questa cosa : e avrebbe dato volentieri tutta la sua bellezza , per avere la metà dello spirito della sorella . La Regina , quantunque fosse prudente , non seppe stare dallo sgridarla piu volte delle sue grullerie : e questa cosa fece tanta pena alla povera Principessa , che si sentì come morire . Un giorno , che era andata nel bosco a piangere la sua disgrazia , vide venirsi incontro un omiciattolo brutto e spiacente quanto mai , ma vestito con grandissima eleganza . Era il giovane principe Enrichetto dal ciuffo , il quale innamoratosi di lei al solo vederne i ritratti che giravano per tutto il mondo , aveva abbandonato il regno di suo padre per avere il piacere di vederla e di parlarle . Contentissimo di trovarla sola , si avvicinò a lei con tutto il rispetto e la gentilezza immaginabile . E avendo udito che essa era molto afflitta , dopo i soliti complimenti d ' uso le disse : " Io non so comprendere , o Regina , come essendo voi così bella come siete , possiate essere triste come apparite ; perché , sebbene io possa vantarmi di aver veduto un ' infinità di belle donne , posso dire di non averne vista una sola , la cui bellezza si avvicinasse alla vostra " . " A voi piace dir così ! " , rispose la Principessa , e non disse altro . " La bellezza " , riprese Enrichetto dal ciuffo , " è un dono così grande , che deve compensare di tutto il resto ; e quando la si possiede , non vedo nessun ' altra cosa che possa recarci afflizione . " " Vorrei " , rispose la Principessa , " essere brutta quanto voi e avere dello spirito ; piuttosto che avere la bellezza che ho , ed essere una stupida come sono . " " Non c ' è nulla , o signora , che dia segno di aver dello spirito , quanto il credere di non averne : egli è uno di quei pregi , che per la sua indole singolare , più se ne ha , e più si crede di esserne mancanti . " " Io non m ' intendo di queste cose " , disse la Principessa , " ma so benissimo che io sono una grande imbecille , ed ecco la cagione del dolore , che mi farà morire . " " Se non è che questo che vi tormenta , o signora , io posso facilmente metter fine alla vostra afflizione . " " E come fare ? " , disse la Principessa , " Io ho il potere " , disse Enrichetto dal ciuffo , " di trasfondere tutto lo spirito , che può desiderarsi , in quella persona che io dovrò amare sopra le altre ; e siccome voi siete quella , così dipende da voi di possedere tanto spirito , quanto se ne può avere , solo che siate contenta di sposarmi . " La Principessa rimase come una statua , e non rispose sillaba . " Vedo bene " , rispose Enrichetto dal ciuffo , " che questa mia proposta non vi è andata punto a genio : e non me ne faccio nessuna meraviglia ; ma vi lascio un anno intero , perché possiate prendere una risoluzione . " La Principessa aveva così poco spirito , e al tempo stesso sentiva tanta voglia di averne , che s ' immaginò che la fine dell ' anno non sarebbe arrivata mai , e così accettò la proposizione che le veniva fatta . Appena ebbe promesso a Enrichetto dal ciuffo che dentro un anno e in quello stesso giorno l ' avrebbe sposato , si sentì subito molto diversa da quella di prima ; e provò una facilità incredibile a dire tutte le cose che voleva dire , e a dirle in un modo grazioso , spontaneo e naturale . Cominciò da questo momento a metter su una conversazione elegante e ben condotta con Enrichetto dal ciuffo , nella quale essa brillò con tanta vivacità , che a questi nacque il dubbio di averle dato più spirito di quello che se ne fosse serbato per sé . Ritornata che fu al palazzo , la Corte non sapeva che pensare di un cambiamento così improvviso e straordinario ; dappoiché , per quante sguaiataggini le avevano udito dire in passato , ora la sentivano dire altrettante cose spiritosissime e piene di buon senso . Tutta la Corte n ' ebbe un ' allegrezza tale da non figurarselo . Non ci fu la sorella minore , che non ne restasse contenta , perché non avendo più sulla maggiore il disopra dello spirito , faceva ora accanto a lei la figura meschinissima d ' una bertuccia . Il Re si lasciava guidare da lei , e qualche volta andava fino a tener consiglio nel suo quartiere . La diceria di questo cambiamento essendosi sparsa all ' intorno , tutti i giovani principi degli Stati vicini fecero a gara per arrivare a farsi amare , e quasi tutti la chiesero in sposa ma essa non trovava chi avesse abbastanza spirito , e faceva lo stesso viso a tutte le offerte di matrimonio , senza impegnarsi con alcuno . Intanto se ne presentò uno così potente , così ricco , e così spiritoso e bello della persona , che ella non poté stare dal sentire una certa inclinazione per lui . Suo padre , che se n ' era avveduto , le disse che la lasciava padrona di scegliersi lo sposo a modo suo , e che non aveva da far altro che far conoscere la sua volontà . E siccome accade che più uno ha dello spirito , e più si trova impensierito a pigliare una risoluzione stabile in certe faccende , essa , dopo aver ringraziato suo padre , domandò che le fosse dato un po ' di tempo per poterci pensar sopra . E per caso andò a passeggiare in quel bosco dove aveva incontrato Enrichetto dal ciuffo , per avere il modo di pensare comodamente alla risoluzione da prendere . Mentr ' ella passeggiava tutt ' immersa ne ' suoi pensieri sentì sotto i piedi un rumore sordo , come di molte persone che vadano e vengano , e si dieno un gran da fare . Avendo teso l ' orecchio con più attenzione , sentì qualcuno che diceva : " Passami codesta caldaia " ; e un altro : " Metti della legna sul fuoco " . La terra si aprì in quel momento , ed ella vide sotto i suoi piedi come una gran cucina piena di cuochi , di sguatteri e d ' ogni sorta di gente necessaria per allestire una gran festa . E di lì uscì fuori una schiera di venti o trenta rosticcieri , che andarono a piantarsi in un viale del bosco , intorno a una lunghissima tavola , e tutti colla ghiotta in mano e colla coda di volpe sull ' orecchio si posero a lavorare a tempo di musica , sul motivo di una graziosa canzone . La Principessa , stupita di quello spettacolo , domandò loro per chi fossero in tanto lavorìo . " Lavoriamo " , rispose il capoccia della brigata , " per il signor Enrichetto dal ciuffo , che domani è sposo . " La Principessa , sempre più meravigliata , e ricordandosi a un tratto che un anno fa , e in quello stesso giorno , aveva promesso di sposare il principe Enrichetto dal ciuffo , credé di cascare dalle nuvole . La ragione della sua dimenticanza stava in questo che , quando promise , era sempre la solita stupida , e acquistando in seguito lo spirito che il Principe le aveva dato , non si ricordava più di tutte le sue grullerie . Non aveva fatto ancora trenta passi , seguitando la sua passeggiata , che s ' imbatté in Enrichetto dal ciuffo , il quale si faceva avanti tutto sgargiante e magnifico , come un Principe che vada a nozze . " Eccomi qui , signora " , egli disse , " puntuale alla mia parola : e non ho il minimo dubbio che voi siate venuta qui per mantenere la vostra , e per far di me , col dono della vostra mano , il mortale più felice di questa terra . " " Vi confesserò francamente " , rispose la Principessa , " che su questa cosa non ho presa ancora nessuna risoluzione ; e ho paura che , se dovrò prenderne una , non sarà mai quella che desiderate . " " Voi mi fate stupire , o signora " , disse Enrichetto dal ciuffo . " Lo capisco " , disse la Principessa , " difatti mi troverei in un grandissimo impiccio , se avessi da fare con un uomo brutale e senza spirito . Una Principessa mi ha dato la sua parola , egli mi direbbe ; e una volta che mi ha promesso , bisogna bene che mi sposi . Ma poiché la persona colla quale parlo , è la persona più spiritosa di questo mondo , così sono sicura che vorrà capacitarsi della ragione . Voi sapete che anche allora , quand ' ero stupida , non sapevo risolvermi a doversi sposare ; e vi par egli possibile che ora , dopo tutto lo spirito che mi avete dato , e che mi ha resa di più difficile contentatura , di quel che fossi prima , possa oggi prendere una risoluzione che non sono stata buona di prendere per il passato ? Se vi premeva tanto di sposarmi , avete avuto un gran torto a togliermi dalla mia stupidaggine , e a farmi aprire gli occhi , perché ci vedessi meglio d ' una volta . " " Se un uomo senza spirito " , rispose Enrichetto dal ciuffo , " sarebbe ben accolto , stando a quello che dite , quando venisse a rinfacciarvi la parola mancata , o perché volete che io non debba valermi degli stessi mezzi , per una cosa nella quale è riposta la felicità di tutta la mia vita ? Vi pare egli ragionevole che le persone di spirito debbano trovarsi in peggiore condizione di quelle che non ne hanno ? E potete pretenderlo voi ? voi che ne avete tanto e che avete tanto desiderato di averne ? Ma veniamo al sodo , se vi contentate . All ' infuori della mia bruttezza , c ' è forse in me qualche cosa che vi dispiaccia ? Siete forse scontenta della mia nascita , del mio spirito , del mio carattere , delle mie maniere ? " " Tutt ' altro " , rispose la Principessa , " anzi , tutte le cose che avete nominate , sono appunto quelle che mi piacciono in voi . " " Quand ' è così " , rispose Enrichetto dal ciuffo , " sono felice , perché non sta che a voi a fare di me il più bello e il più grazioso degli uomini . " " Ma come può accader questo ? " , chiese la Principessa . " Il come è facile " , rispose Enrichetto dal ciuffo . " Basta che voi mi amiate tanto , da desiderare che ciò accada : e perché , o signora , non vi nasca dubbio su quello che dico , sappiate che la medesima fata , che nel giorno della mia nascita mi fece il dono di rendere spiritosa la persona che più mi fosse piaciuta , diede a voi pure quello di far diventare bello colui che amerete , e al quale vorrete far di genio e volentieri questo favore . " " Se la cosa sta come la raccontate " , disse la Principessa , " vi desidero con tutto il cuore che diventiate il Principe più simpatico e più bello del mondo , e per quanto è da me , ve ne faccio pienissimo dono . " La Principessa aveva appena finito di dire queste parole , che subito Enrichetto dal ciuffo apparve ai suoi occhi il più bell ' uomo della terra , e il meglio formato , e il più amabile di quanti se ne fossero mai veduti . Vogliono alcuni che questo cambiamento avvenisse non già per gl ' incanti della fata , ma unicamente per merito dell ' amore . E dicono che la Principessa , avendo ripensato meglio alla costanza del suo cuore e della sua mente , non vide più le deformità personali di lui , né la bruttezza del suo viso : talché il gobbo che egli aveva di dietro , le sembrò quella specie di rotondità e di floridezza d ' aspetto di chi dà nell ' ingrassare : e invece di vederlo zoppicare orribilmente , come aveva fatto fino allora , le parve che avesse un ' andatura aggraziata e un po ' buttata su una parte , che le piaceva moltissimo . Fu detto fra le altre cose , che gli occhi di lui , che erano guerci , le parvero più brillanti ; e che finisse col mettersi in testa che quel modo storto di guardare fosse il segno di un violento accesso di amore : e che perfino il naso di lui , grosso e rosso come un peperone , accennasse a qualche cosa di serio e di marziale . Fatto sta che la Principessa gli promise , lì sul tamburo , che l ' avrebbe sposato , purché ne avesse ottenuto il consenso dal Re suo padre . Il Re , avendo saputo che la sua figlia aveva moltissima stima per Enrichetto dal ciuffo , che egli del resto conosceva per un Principe spiritosissimo e pieno di giudizio , lo accettò con piacere per suo genero . Il giorno dipoi furono fatte le nozze , come Enrichetto dal ciuffo aveva preveduto , e a seconda degli ordini che egli medesimo aveva già dato da molto tempo prima . Questa sembrerebbe una favola ; eppure è una storia . Tutto ci par bello nella persona amata , anche i difetti : tutto ci par grazioso , anche le sguaiataggini . La storia d ' Enrichetto dal ciuffo è vecchia quanto il mondo . La Bella dai capelli d ' oro C ' era una volta la figlia di un Re , la quale era tanto bella , che in tutto il mondo non si dava l ' eguale ; e per cagione di questa sua grande bellezza , la chiamavano la Bella dai capelli d ' oro , perché i suoi capelli erano più fini dell ' oro , e biondi e pettinati a meraviglia le scendevano giù fino ai piedi . Essa andava sempre coperta dai suoi capelli inanellati , con in capo una ghirlanda di fiori e con delle vesti tutte tempestate di diamanti e di perle , tanto che era impossibile vederla e non restarne invaghiti . In quelle vicinanze c ' era un giovane Re , il quale non aveva moglie , ed era molto ricco e molto bello della persona . Quando egli venne a sapere tutte le belle cose che si dicevano della Bella dai capelli d ' oro , sebbene non l ' avesse ancora veduta , se ne innamorò così forte , che non beveva né mangiava più ; finché un bel giorno , fatto animo risoluto , pensò di mandare un ambasciatore per chiederla in isposa . Fece fabbricare apposta una magnifica carrozza per il suo ambasciatore : gli dette più di cento cavalli e cento servitori , e si raccomandò a più non posso perché gli conducesse la Principessa . Appena l ' ambasciatore ebbe preso congedo dal Re e si fu messo in viaggio , alla Corte non si parlava d ' altro : e il Re , che non dubitava punto che la Principessa non volesse acconsentire ai suoi desideri , cominciò subito a farle allestire degli abiti bellissimi e dei mobili di gran valore . Intanto che erano dietro a questi preparativi , l ' ambasciatore , che era arrivato alla Corte della Bella dai capelli d ' oro , recitò il suo bravo discorso ; ma sia che la Principessa in quel giorno non fosse di buon umore , sia che il complimento non le andasse a genio , fatto sta che rispose all ' ambasciatore di ringraziare il Re e di dirgli che non aveva voglia di maritarsi . L ' ambasciarore se ne partì dalla Principessa dispiacentissimo di non poterla condur seco : e riportò indietro tutti i regali , che doveva presentarle da parte del Re : perché la Prilicipessa era molto onesta , e sapeva che alle ragazze non sta bene di accettare i regali dai giovinotti . Per cui non volle gradire né i diamanti né le altre cose ; e solo per non scontentare il Re , accettò una carta di spilli d ' Inghilterra . Quando l ' ambasciatore fu tornato alla capitale dove il suo Re lo aspettava con tanta impazienza , tutti rimasero male dal vedere che non avesse condotto seco la Principessa , e il Re si messe a piangere come un ragazzo , né c ' era verso di consolarlo . Si trovava lì , alla Corte , un giovinetto bello come il sole , il più grazioso di tutti gli abitanti del Regno . A cagione appunto delle sue belle maniere e del suo spirito , lo chiamavano " Avvenente " . Tutti gli volevano bene , meno gli invidiosi , che si rodevano dalla rabbia perché il Re lo colmava di favori e lo metteva a parte d ' ogni suo segreto . Accade che Avvenente si trovò in un crocchio di persone , che parlavano del ritorno dell ' ambasciatore e dicevano che non era stato buono a nulla ; allora egli disse , senza badarci tanto né quanto : " Se il Re avesse mandato me dalla Bella dai capelli d ' oro , son sicuro che ella sarebbe venuta meco " . Senza metter tempo in mezzo quei malanni risoffiarono subito queste parole al Re e gli dissero : " Sapete , o Sire , che cosa ha detto Avvenente ? ha detto che se aveste mandato lui dalla Bella dai capelli d ' oro , egli si riprometteva di condurla seco . Vedete quant ' è maligno ! e ' pretende di essere più bello di voi , e vorrebbe dare ad intendere che la Principessa si sarebbe tanto invaghita di lui , da seguitarlo da per tutto " . Ecco il Re che va in bestia e si riscalda in modo da perdere il lume degli occhi : " Ah ! ah ! " , egli dice , " dunque questo bel mugherino si piglia giuoco della mia disgrazia ? dunque si stima da più di me ? Olà : mettetelo subito nella gran torre , e che lì ci muoia di fame " . Le guardie del Re andarono da Avvenente , il quale non si ricordava nemmeno di quello che aveva detto : lo trascinarono in prigione e gli fecero mille angherie . Questo povero giovine non aveva che un po ' di paglia a uso di letto : e certo vi sarebbe morto , senza una piccola fontana , che scaturiva a piè della torre , dove egli pigliava qualche sorso d ' acqua per rinfrescarsi un poco , perché la fame gli aveva seccata la gola . Un giorno , non potendone più , diceva sospirando : " Di che mai si lamenta il Re ? Fra tutti i suoi sudditi non ce n ' è uno che , quanto me , gli sia fedele . Non ho ricordanza di averlo offeso mai ! " . Il Re , per caso , passando vicino alla torre , sentì i lamenti di colui che aveva tanto amato , e si fermò per stare in orecchio : quantunque i cortigiani , che erano con lui , e che l ' avevano a morte con Avvenente , dicessero al Re : " Che idea è la vostra , o Sire ? non sapete che è un malanno ? " . E il Re rispose : " Lasciatemi qui : voglio sentire quello che dice " . E avendo sentito i lamenti di lui , gli occhi gli s ' empirono di pianto : aprì la porta della torre , e lo chiamò . Avvenente , tutto desolato , andò a buttarsi ai ginocchi del Re , e gli baciò i piedi . " Che cosa v ' ho fatto , o Sire " , egli disse , " per meritarmi sì duri trattamenti ? " " Tu ti sei preso giuoco di me e del mio ambasciatore " , rispose il Re , " tu ti sei lasciato uscir di bocca che , se avessi mandato te dalla Bella dai capelli d ' oro , ti saresti stimato da tanto da menarla teco . " " È vero , Sire " , disse Avvenente , " io le avrei raccontato così bene le vostre virtù e i vostri pregi , che son sicuro che ella non avrebbe saputo come resistere ; e in tutto questo non mi par che ci sia cosa che possa offendervi . " Il Re riconobbe , difatto , di aver torto : dette un ' occhiata a coloro , che gli avevano messo in disgrazia il suo favorito , e lo menò con sé , non senza pentirsi amaramente del gran dispiacere che gli aveva dato . Dopo averlo invitato a una lauta cena , lo chiamò nel suo gabinetto e gli disse : " Avvenente , io amo sempre la Bella dai capelli d ' oro ; il suo rifiuto non mi ha levato di speranza , ma non so che strada mi prendere per indurla a diventare mia sposa . Ho una gran voglia di mandar te , per vedere se tu fossi buono di venirne a capo " . Avvenente rispose che era dispostissimo a obbedirlo in ogni cosa , e che sarebbe partito subito , anche l ' indomani . " Oh ! " , disse il Re , " ti voglio dare una splendida accompagnatura ... " " Non mi par punto necessaria " , egli rispose , " quanto a me , mi basta e me n ' avanza d ' un bel cavallo e di qualche lettera da poter presentare da parte vostra . " Il Re non poté stare dall ' abbracciarlo per la gran contentezza di vederlo così pronto e sollecito a partire . Egli prese congedo dal Re e dai suoi amici un lunedì mattina , e si pose in viaggio per compiere la sua ambasciata da sé solo , senza fare vistosità e senza fracasso . Lungo la strada non faceva altro che studiare tutti i modi per impegnare la Bella dai capelli d ' oro a divenire la sposa del Re . Portava in tasca un piccolo calamaio , e quando gli veniva qualche bel pensierino da incastrare nel suo discorso , scendeva da cavallo e si metteva sotto un albero per pigliarne ricordo prima che gli passasse dalla memoria . Una mattina , che era partito sul far del giorno , passando da una gran prateria , gli venne in mente un ' idea gentile e graziosa ; e sceso subito di sella , andò a mettersi sotto una sfilata di salici e di pioppi , piantati lungo un piccolo ruscello che scorreva all ' orlo del prato . Quand ' ebbe finito di scrivere si voltò a guardare da tutte le parti , tanto era contento di trovarsi in un luogo così delizioso ! Quand ' ecco che vide sull ' erba un Carpione color dell ' oro , che boccheggiava e non ne poteva più , perché , per la gola di chiappare dei moscerini , aveva fatto un salto così lungo e così fuor dell ' acqua , che era andato a ricascare sull ' erba , dove stava quasi per morire . Avvenente n ' ebbe compassione , e sebbene fosse giorno di magro e potesse fargli comodo per il suo desinare , lo prese e lo rimesse perbenino nella corrente del fiume . Appena il nostro Carpione sentì il fresco dell ' acqua , cominciò a scodinzolare dall ' allegrezza e andò subito a fondo : ma poi , ritornato a fior d ' acqua , disse , avvicinandosi tutto vispo alla riva : " Avvenente , io vi ringrazio del servizio che mi avete reso ; senza di voi sarei morto e voi mi avete salvato . Io non sono un ingrato e saprò ricambiarvi ! " . Dopo questo complimento sparì sott ' acqua : e Avvenente rimase molto maravigliato dello spirito e della buona creanza del Carpione . Un altro giorno , mentre seguitava il suo viaggio , s ' imbatté in un Corvo ridotto a mal partito : questo povero uccello era inseguito da un ' Aquila smisurata , gran divoratrice di Corvi ; e stava lì lì per essere agguantato , e l ' Aquila l ' avrebbe inghiottito come un chicco di canapa , se Avvenente non si fosse mosso a compassione della povera bestia . " Ecco " , gli disse , " che al solito i più forti opprimono i più deboli . Che ragione ha l ' Aquila di mangiare il Corvo ? " E preso l ' arco che portava sempre seco , e una freccia , puntò la mira contro l ' Aquila e crac ! le scagliò la freccia nel corpo e la passò da parte a parte . L ' Aquila cadde giù morta , e il Corvo , tutt ' allegro , andandosi a posare in cima a un ramo : " Avvenente " , gli disse , " voi siete stato molto generoso d ' essere venuto in aiuto a me , che sono un povero uccello : ma non avete trovato un ingrato ; all ' occorrenza saprò ricambiarvi ! " . Avvenente ammirò il buon cuore del Corvo , e continuò la sua strada . Una mattina , che albeggiava appena e non vedeva nemmeno dove mettesse i piedi , nel traversare un gran bosco , sentì un Gufo che strillava come un disperato . " Ohe ! " , egli disse , " ecco un Gufo al quale deve essere capitato qualche brutto malanno . " Guarda di qui , guarda di là , finalmente gli venne fatto di vedere alcune reti , che erano state tese la notte per acchiappare gli uccelli . " Che miseria ! " , egli disse , " si vede proprio che gli uomini sono fatti apposta per tormentarsi gli uni cogli altri , e per non lasciar ben avere tanti poveri animali , che non hanno fatto loro nessun male e nessun dispetto . " Cavò fuori il suo coltello e tagliò le funicelle delle reti . Il Gufo prese il volo , ma ricalando subito a tiro di schioppo : " Avvenente " , egli disse , " non ho bisogno di perdermi in parole per dirvi la gratitudine che sento per voi . Il fatto parla da sé . I cacciatori stavano lì per arrivare : senza il vostro soccorso , mi avrebbero preso e ammazzato . Ma io ho un cuore riconoscente , e saprò ricambiarvi " . Ecco le tre avventure più strepitose che accadessero al buon Avvenente durante il suo viaggio . Egli aveva tanta passione di arrivar presto , che , appena giunto , andò subito al palazzo della Bella dai capelli d ' oro . Il palazzo era pieno di meraviglie . Diamanti ammontati come sassi : abiti magnifici , argenterie , confetti , dolci e ogni grazia di Dio : di modo che Avvenente pensava dentro di sé che se la Principessa si fosse decisa a lasciare tutte quelle magnificenze per venire a stare col Re suo padrone , bisognava proprio dire che gli era toccata una gran fortuna . Si messe un vestito di broccato e delle penne bianche e carnicine : si pettinò , s ' incipriò , si lavò il viso : si infilò intorno al collo una ricca sciarpa , tutta ricamata , con un piccolo paniere e con dentro un bel canino , che esso aveva comprato , passando da Bologna . Avvenente era così bello della persona e così grazioso , e ogni cosa che faceva , lo faceva con tanto garbo , che quando si presentò alla porta del palazzo , tutte le guardie gli strisciarono una gran riverenza , e corsero ad annunziare alla Bella dai capelli d ' oro , che Avvenente , l ' ambasciatore del Re suo vicino , domandava la grazia di poterla vedere . Subito che intese il nome d ' Avvenente , la Principessa disse : " Questo nome m ' è di buon augurio : scommetto che dev ' essere un giovane grazioso e da piacere " . " Oh davvero , Signora ! " , dissero tutte le dame d ' onore . " Noi l ' abbiamo veduto dall ' ultimo piano , dove s ' era a mettere in ordine la vostra biancheria : e tutto il tempo che s ' è trattenuto sotto le nostre finestre , non siamo state più buone a far nulla . " " Vi fa un bell ' onore " , replicò la Bella dai capelli d ' oro , " di passare il vostro tempo a guardare i giovanotti . Animo , via ! mi si porti subito il mio vestito di gala , di raso blu , a ricami ; mi si sparpaglino con grazia i miei capelli biondi : mi si faccia una ghirlanda di fiori freschi , si tirino fuori le mie scarpine col tacco rilevato e il mio ventaglio ; si spazzi la mia camera e si spolveri il mio trono ; perché io voglio che si dica dappertutto che io sono davvero la Bella dai capelli d 'oro." Ecco tutte le donne in gran moto per abbigliarla come una Regina : e tanto si danno da fare , che s ' urtano fra di loro e non concludono nulla di buono . Finalmente la Principessa passò nella sala dei grandi specchi per rimirarsi e vedere se al suo abbigliamento mancasse qualche cosa ; poi salì sul trono , tutto d ' oro , d ' avorio e d ' ebano , che mandava un profumo delizioso , e ordinò alle donne di prendere degli strumenti e di mettersi a cantare , ma con una certa discrezione , per non cavar di cervello la gente . Quando Avvenente fu condotto nella sala di udienza , restò così fuori di sé dalla meraviglia , che dopo ha raccontato molte volte che non poteva quasi aprir bocca per parlare . Nondimeno si fece coraggio : disse il suo discorso come non si poteva dir meglio , e pregò la Principessa di non dargli il dispiacere di doversene tornar via senza di lei . " Garbato Avvenente " , disse la Principessa , " le ragioni che mi avete dette sono eccellenti e io sarei contenta di fare un favore a voi , piuttosto che a qualunqu ' altra persona , Ma bisogna che sappiate che un mese fa andai a passeggiare colle mie dame di compagnia lungo il fiume , e siccome mi fu servita la colazione , così nel cavarmi il guanto , mi uscì l ' anello dal dito e disgraziatamente cadde nell ' acqua . Quest ' anello mi è più caro del regno . Lascio immaginare a voi il dispiacere che provai ! E ora ho fatto giuro di non dare ascolto a nessuna trattativa di matrimonio , se l ' ambasciatore che verrà a portarmi lo sposo non mi riporti prima il mio anello . Tocca a voi a decidere su quello che volete fare ; perché se duraste a parlarmene quindici giorni e quindici notti in fila , non arrivereste mai a farmi cambiare di sentimento . " Avvenente rimase mezzo intontito a questa risposta : le fece una gran riverenza e la pregò di voler gradire il canino , il paniere e la sciarpa ; ma essa rispose che non accettava nessun regalo e che pensasse alle cose che gli aveva dette . Quando fu tornato a casa , se ne andò a letto senza prendere nemmeno un boccone da cena : e il canino , che si chiamava Caprioletto , non volle cenare neanche lui e andò a cucciarsi accanto al padrone . Tutta la notte , quanto fu lunga , Avvenente non fece altro che sospirare . " Dove poss ' io ripescare un anello , che , un mese fa , è cascato nel fiume ? " , esso diceva . " Sarebbe una pazzia soltanto a provarsi ! Si vede bene che la Principessa lo ha detto apposta per mettermi nell ' impossibilità di poterla ubbidire . " E tornava a sospirare e a dare in tutte le smanie . Caprioletto , che lo sentiva , gli disse : " Caro padrone , fatemi un piacere : non disperate ancora della vostra buona fortuna . Voi siete un giovine troppo carino , per non dover essere fortunato . Appena farà giorno , andiamo subito in riva al fiume " . Avvenente gli dette colla mano due buffetti e non rispose sillaba : finché stanco e rifinito dalla passione , si addormentò . Caprioletto , quando vide i primi chiarori dell ' alba , cominciò tanto a sgambettare , che lo svegliò e gli disse : " Animo , padrone , vestitevi : e usciamo ! " . Avvenente non desiderava di meglio . Si alza , si veste , scende nel giardino e dal giardino s ' incammina un passo dietro l ' altro verso il fiume , dove si mette a passeggiare col suo cappello sugli occhi e colle braccia incrociate , pensando al brutto momento di dover ripartire , quand ' ecco che a un tratto sente una voce che lo chiama : " Avvenente ! Avvenente ! " . Si volta a guardare da tutte le parti e non vede anima viva . Credé di aver sognato . Si rimette a passeggiare , e daccapo la solita voce a chiamarlo : " Avvenente ! Avvenente ! " . " Chi è che mi chiama ? " , diss ' egli . Caprioletto , che era molto piccino , e così poteva guardare nell ' acqua a piccolissima distanza , gli rispose : " Datemi del bugiardo se non è un Carpione , color dell ' oro , quello laggiù in fondo " . Detto fatto , un grosso Carpio venne su a fior d ' acqua e gli disse : " Voi mi avete salvato la vita nei prati degli Alzieri , dove io senza di voi sarei rimasto morto , e vi promisi un ricambio . Pigliate , caro Avvenente , ecco qui l ' anello della Bella dai capelli d ' oro " . Egli si chinò e tirò fuori l ' anello dalla gola del Carpio e lo ringraziò a mille doppi . E invece di tornare a casa , andò difilato al palazzo , in compagnia di Caprioletto , che era contento come una pasqua per aver consigliato il suo padrone a venire sulla sponda del fiume . Fu annunziato alla Principessa che Avvenente desiderava di vederla . " Ahimè ! povero giovane ! " , diss ' ella , " e ' vien da me per congedarsi . Avrà capito che ciò che io voglio da lui è impossibile , e partirà per andare a raccontarlo al suo padrone . " Avvenente , appena introdotto , le presentò l ' anello dicendo : " Ecco , o Principessa , il vostro comando è stato obbedito : sareste ora tanto compiacente di prendere per vostro sposo il mio augusto padrone ? " . Quand ' ella vide il suo anello , sano e salvo come se non fosse stato toccato , rimase meravigliata : ma tanto meravigliata , che credeva di sognare . " Davvero " , ella disse , " grazioso Avvenente ! Si vede proprio che voi avete una fata dalla vostra altrimenti questi miracoli non si fanno . " " Signora " , egli replicò , " io non so di fate : ma so che ho un gran desiderio di contentare ogni vostra voglia . " " Poiché avete questa buona volontà " , ella continuò " rendetemi un altro gran servizio , senza di che non c ' è caso che io possa risolvermi a prendere marito . C ' è un Principe , non lontano di qui , detto Galifrone , il quale si è messo in testa di volermi sposare . Egli mi ha fatto conoscere la sua intenzione con minacce paurose , dicendo che se io non lo voglio , metterà lo scompiglio e la desolazione ne ' miei Stati . Ma ditemi un po ' voi , se potrei dargli retta . Figuratevi che è un gigante più grande di una gran torre ; ed è capace di mangiare un uomo come una scimmia mangerebbe una castagna . Quando va in giro per la campagna , si mette in tasca dei piccoli cannoni , dei quali poi si serve come se fossero pistole : e quando parla forte , fa diventar sorde tutte le persone che gli stanno vicine . Gli mandai a dire che non avevo voglia di maritarmi e che mi scusasse : ma non per questo ha smesso di perseguitarmi : ammazza i miei sudditi , e prima d ' ogni cosa bisogna che voi vi battiate con lui , e che mi portiate la sua testa . " Avvenente rimase sbalordito da questo discorso : stette un po ' soprappensiero ; poi disse : " Ebbene , o signora ! io mi batterò con Galifrone . Credo che ne toccherò io ! A ogni modo , morirò da valoroso " . La Principessa restò meravigliatissima : e gli disse un monte di cose , per vedere di stornarlo da questa impresa . Ma non valse a nulla . Egli se ne venne via , per mettersi subito in cerca delle armi e di tutto l ' occorrente . Quand ' ebbe ciò che voleva , ripose Caprioletto nel solito panierino , montò sul suo bel cavallo e andò nel paese di Galifrone . A quanti incontrava per via , domandava a tutti notizie di lui : e tutti gli dicevano che era un vero demonio , e che faceva spavento soltanto a doverlo avvicinare . Caprioletto , per fargli coraggio , gli diceva : " Caro padrone , in quel mentre che vi batterete , io anderò a mordergli le gambe : lui si chinerà per levarmi di tra i piedi , e intanto voi l ' ammazzerete " . Avvenente ammirava lo spirito del suo canino : ma sapeva bene che il suo aiuto non sarebbe stato in ragione del bisogno . Finalmente arrivò in vicinanza del castello di Galifrone : tutte le strade erano seminate d ' ossa e di carcasse d ' uomini , che esso aveva divorati o fatti in pezzi . Né dové aspettarlo molto tempo , perché lo vide comparire di dietro al bosco . La sua testa sorpassava gli alberi più alti , e con una voce spaventosa cantava : Chi mi porta dei teneri bambini Da farli scricchiolare sotto il dente ? Ne ho bisogno di tanti e poi di tanti . Che in tutto il mondo non ce n ' è bastanti . E subito Avvenente , a botta e risposta , si messe a cantare : Fatti avanti , c ' è Avvenente Che saprà strapparti i denti ; Non è un colosso di figura , Ma di te non ha paura . Le rime non tornavano precise : ma bisogna riflettere che la strofa la improvvisò in fretta e in furia , ed è un miracolo se non la fece anche più brutta , per la paura che gli era entrata in corpo . Quando Galifrone sentì questa risposta , si voltò di qua e di là , e vide Avvenente colla spada nel pugno della mano , che gli disse per giunta tre o quattro parolacce , per farlo andare in bestia più che mai . Non ci mancava altro ! Egli prese una furia così spaventosa , che , afferrata una mazza tutta di ferro , avrebbe ucciso con un colpo solo il delicato Avvenente , senza il caso di un Corvo che venne a posarglisi sulla testa e gli dette negli occhi una beccata così aggiustata , che glieli cavò di netto . Il sangue gli grondava giù per il viso : e infuriato da far paura , picchiava mazzate a diritto e a rovescio . Intanto Avvenente , scansandosi a tempo , gli tirava dei colpi di spada , ficcandogliela in corpo fino all ' impugnatura : e tanto era il sangue , che il gigante perdeva dalle sue molte ferite , che finalmente stramazzò per terra . Avvenente gli tagliò subito la testa , tutto allegro di avere avuto questa bella fortuna ; e il Corvo che s ' era posato sul ramo d ' un albero , gli disse : " Io non ho dimenticato il servizio che mi rendeste , uccidendo l ' Aquila che mi dava addosso . Vi promisi di contraccambiarvi , e credo di aver pagato il mio debito " . " Sono io che vi debbo tutto , signor Corvo " , rispose Avvenente , " e mi dichiaro vostro buon servitore . " Poi montò subito a cavallo , col carico della spaventosa testa di Galifrone . Quando arrivò in città , tutta la gente gli andava dietro gridando : " Ecco il bravo Avvenente , che ritorna dall ' aver morto il gigante Galifrone " e la Principessa , che sentiva questo baccano e tremava dalla paura che venissero a dargli la nuova della morte di Avvenente , non aveva fiato di chiedere che cosa fosse avvenuto . Ma in quel punto ella vide entrare Avvenente , colla testa del gigante , che metteva ancora spavento , quantunque non potesse più fare alcun male . " Signora " , egli disse , " il vostro nemico è morto . Voglio sperare che ora non direte più di no al Re , mio augusto padrone . " " Ah ! senza dubbio " , replicò la Bella dai capelli d ' oro , " che io gli dirò sempre di no , se voi prima della mia partenza non trovate il modo di portarmi l ' acqua della caverna tenebrosa . C ' è qui , poco distante , una grotta profonda che gira più di cento chilometri . Ci stanno sull ' ingresso due draghi che ne impediscono l ' entrata . Buttano fiamme di fuoco dalla bocca e dagli occhi . Quando poi siamo dentro alla grotta , si trova una gran buca nella quale bisogna scendere , ed è piena di rospi , di biacchi , di ramarri e di altri serpenti . In fondo a questa buca c ' è una piccola nicchia , dalla quale scaturisce la fontana della bellezza e della salute : io voglio a tutti i costi di quell ' acqua . Ogni cosa che si lava con quell ' acqua diventa meravigliosa : se siamo belle , si rimane sempre belle : se brutte , si diventa belle : se siamo giovani , si resta giovani : se vecchie , si ringiovanisce . Vedete bene , caro Avvenente , che io non posso lasciare il mio Regno , senza portar meco un poco di quell ' acqua lì . " " Signora " , egli rispose ; " voi siete tanto bella , che quest ' acqua per voi mi pare affatto inutile : ma io sono un ambasciatore disgraziato , di cui volete la morte . Io vado a cercarvi ciò che voi desiderate , colla certezza nel cuore di non tornare più indietro . " La Bella dai capelli d ' oro non cambiò per questo di proposito : e il povero Avvenente partì col suo canino Caprioletto per andare alla grotta tenebrosa , a cercarvi l ' acqua della bellezza . Tutti quelli che lo incontravano lungo la strada , dicevano : " Che peccato vedere un giovane tanto grazioso correre così spensieratamente in bocca alla morte : egli se ne va alla grotta da sé solo : ma quand ' anche fossero cento , non verrebbero a capo di nulla . Perché la Principessa s ' incaponisce a volere l ' impossibile ? " . Egli seguitava a camminare , e non diceva parola : ma era triste , molto triste . Arrivato verso la cima della montagna , si sedette per ripigliar fiato , e lasciò il cavallo a pascere e Caprioletto a correr dietro alle mosche . Egli sapeva che la grotta tenebrosa non era molto distante di là , e guardava se per caso l ' avesse potuta scoprire ; quand ' ecco che vide un enorme scoglio , nero come l ' inchiostro , di dove usciva un fumo densissimo , e di lì a poco uno dei draghi che buttava fuoco dagli occhi e dalla gola . Il drago aveva il corpo verde e giallo , dei grossi unghioni e una coda lunghissima , che s ' attorcigliava in più di cento giri . Caprioletto vide anch ' egli ogni cosa , e non sapeva dove nascondersi : la povera bestia era mezza morta dalla paura . Avvenente , fatto oramai animo di morire , cavò fuori la sua spada e s ' avviò colla sua boccetta , che la Bella dai capelli d ' oro gli aveva dato , per riempirla coll ' acqua della bellezza . Egli disse al suo canino Caprioletto : " Per me è finita ! io non potrò mai arrivare a prendere di quest ' acqua , che è custodita dai draghi ; quando sarò morto , riempi la boccetta col mio sangue e portala alla Principessa , perché ella possa vedere quanto mi costa il servirla : e dopo vai a trovare il Re mio padrone , e raccontagli la mia disgrazia " . Mentre diceva così , sentì una voce che lo chiamava : " Avvenente ! Avvenente ! " . Egli disse : " Chi mi chiama ? " , e vide un Gufo nel buco d ' un albero vecchio , che gli disse : " Voi mi avete liberato dalle reti de ' cacciatori , dov ' ero rimasto preso : e mi salvaste la vita . Promisi di rendervi il contraccambio , e il momento è giunto . Datemi la vostra boccetta : io conosco tutti gli andirivieni della grotta tenebrosa : anderò io a prendervi l ' acqua della bellezza " . Figuratevi se questa cosa gli fece piacere ! Lo lascio pensare a voi . Avvenente gli dette subito la sua boccetta e il Gufo entrò nella grotta , come sarebbe entrato in casa sua . E in meno d ' un quarto d ' ora tornò e riportò la boccetta piena e tappata . Ad Avvenente parve d ' aver toccato il cielo con un dito : ringraziò il Gufo dal profondo del cuore e , risalita la montagna , prese tutt ' allegro la strada che menava alla città . Andò subito al palazzo e presentò la boccetta alla Bella dai capelli d ' oro , la quale non ebbe più nulla da ridire . Ella ringraziò Avvenente , e diè l ' ordine che fosse allestita ogni cosa per la partenza . Poi si messe in viaggio con lui : e strada facendo , finì col persuadersi che il giovinetto era molto grazioso ; e qualche volta gli diceva : " Se aveste voluto , vi avrei fatto Re e non saremmo partiti mai dai miei Stati " . Ma egli rispose : " Rinunzierei a tutti i troni della terra , piuttosto che dare un dispiacere così forte al mio Re : sebbene voi siate più bella del sole " . Finalmente giunsero alla Capitale , e il Re , sapendo che la Bella dai capelli d ' oro stava per arrivare , andò a incontrarla e le presentò i più bei regali del mondo . Furono fatte le nozze , e con tanta gala e magnificenza , che si durò a discorrerne per un pezzo ; ma la Bella dai capelli d ' oro , che in fondo al cuore era innamorata di Avvenente , non poteva stare senza vederlo e l ' aveva sempre sulla bocca . Ella diceva al Re : " Se non era Avvenente , io non sarei dicerto venuta qui : egli ha fatto per me delle cose , da non potersi credere ; e voi dovete essergli grato " . Gl ' invidiosi che sentivano questi discorsi della Regina andavano dopo bisbigliando al Re : " Voi non siete geloso ; eppure avreste motivo di esserlo . La Regina è così innamorata di Avvenente , che non mangia né beve più ; essa non fa altro che parlar di lui e della grande riconoscenza che voi dovete avergli : come se chiunque altro aveste mandato , nel posto suo , non avesse saputo fare altrettanto " . E il Re disse : " Davvero , che me ne sono accorto anch ' io . Che sia preso subito e imprigionato nella torre , coi ferri ai piedi e alle mani " . Avvenente fu preso e , in ricompensa di aver così bene servito il Re , fu chiuso nella torre coi ferri ai piedi e alle mani . La sola persona che egli vedesse , era il guardiano della carcere ; il quale gli gettava da una buca un pezzo di pan nero e un po ' d ' acqua in una ciotola di terra . Ma il suo piccolo Caprioletto non lo abbandonava mai , e veniva a fargli coraggio e a portargli tutte le nuove che correvano per la città . Quando la Bella dai capelli d ' oro venne a risapere la disgrazia di Avvenente , andò a buttarsi ai piedi del Re , e colle lacrime agli occhi lo pregò a farlo levare di prigione . Ma più essa si raccomandava , e più il Re s ' intristiva , pensando fra sé e sé : " È segno che ne è innamorata " e così non intendeva né ragioni né preghiere . Il Re finì col mettersi in testa di non essere abbastanza bello agli occhi della Regina : e gli venne l ' idea di lavarsi il viso coll ' acqua della bellezza , per vedere se in questo modo gli fosse riuscito di farsi amare un poco di più . Quest ' acqua stava sul caminetto nella camera della Regina , che la teneva lì , per averla sempre sott ' occhio ; ma una delle sue cameriere , volendo ammazzare un ragno con una spazzolata , fece cascare disgraziatamente la boccetta , la quale si ruppe , e l ' acqua se n ' andò tutta per la terra . La cameriera ripuli ogni cosa in fretta e furia , e non sapendo come rimediarla , si ricordò di aver visto nel gabinetto del Re un ' altra boccetta somigliantissima e piena d ' acqua chiara , tale e quale come l ' acqua della bellezza . Non parendo suo fatto , la prese senza star a dir nulla e la posò sul camminetto della Regina . L ' acqua che era nel gabinetto del Re serviva per far morire i Principi e i grandi Signori , quando ne avevano fatta qualcuna delle grosse . Invece di tagliar loro la testa o impiccarli , si bagnava loro il viso con quest ' acqua : e così si addormentavano e non si svegliavano più . Una sera , dunque , il Re prese la boccetta e si strofinò ben bene il viso . Dopo si addormentò e morì . Il piccolo Caprioletto , che fu uno dei primi a sapere il caso , andò subito a raccontarlo ad Avvenente , il quale gli disse di andare di corsa dalla Bella dai capelli d ' oro e di pregarla a volersi ricordare del povero prigioniero . Caprioletto sgattaiolò fra mezzo alle gambe della folla , perché alla Corte c ' era un gran via - vai e una gran diceria per la morte del Re , e disse alla Regina : " Signora , non vi scordate del povero Avvenente " . Ella si rammentò subito di tutti i patimenti che aveva sofferti per lei , e della sua gran fidatezza . Uscì senza farne parola con alcuno , e andò diritto alla torre , dove sciolse da se stessa le catene dalle mani e dai piedi d ' Avvenente : e mettendogli una corona in capo e un manto reale sulle spalle , disse : " Venite , mio caro Avvenente , io vi faccio Re , e vi prendo per mio sposo " . Egli si gettò ai suoi piedi e la ringraziò : e tutti si chiamarono fortunati di averlo per sovrano . Le nozze furono fatte con grandissima magnificenza , e la Bella dai capelli d ' oro visse molti anni col suo bell ' Avvenente , tutti e due felici e contenti , da non poterselo figurare . Si vuole che Avvenente lasciasse ai suoi figli un libro di ricordi : un libro curioso , perché aveva tutte le pagine bianche , meno l ' ultima , sulla quale aveva scritto di proprio pugno le seguenti parole : " Se per caso qualche povero diavolo ricorre a te per essere aiutato , tu aiutalo : né badare com ' è vestito , né se abbia viso di persona da poterti rendere , un giorno o l ' altro , il piacere che gli fai . Sulle opere buone e generose non si mercanteggia mai : né bisogna farle coll ' intenzione di ripigliarci sopra il frutto e l ' usura . A ogni modo , tieni sempre a mente che un benefizio fatto non è mai perduto " . L ' uccello turchino C ' era una volta un Re , molto ricco di quattrini e di terre : la sua moglie morì , ed egli ne fu inconsolabile . Per otto giorni intieri si chiuse in un piccolo salottino , dove picchiava il capo nel muro , tanto era il dolore che gli straziava l ' anima ; per paura che finisse coll ' ammazzarsi , furono accomodate delle materasse fra il muro e i parati della stanza . Così poteva sbatacchiarsi a suo piacere , e non c ' era caso che potesse farsi del male . Tutti i suoi sudditi si messero d ' accordo per andare a trovarlo e dirgli quelle ragioni credute più adatte , per iscuoterlo dalla sua tristezza . Alcuni prepararono dei discorsi molto seri : altri uscirono fuori con delle cose piacevoli e anche allegre : ma tutte queste ciarle non fecero su lui né caldo né freddo . Esso non badava neppure a quello che gli dicevano . Alla fine gli si presentò , fra gli altri , una donna tutta abbrunata e coperta di veli neri , di mantiglie e di strascichi da gran lutto , la quale piangeva e singhiozzava così forte , e con urli così acuti e sfogati , che il Re ne rimase sbalordito . Ella gli disse che non aveva intenzione di fare come gli altri : e che andava non per iscemargli il suo dolore , ma piuttosto per accrescerlo , perché non sapeva che ci potesse essere una cosa più giusta nel mondo di quella di piangere una buona moglie perduta : e che ella , a cui era toccato il migliore di tutti i mariti , faceva conto di piangerlo , finché avesse avuto lacrime e occhi . A questo punto , raddoppiò le sue grida e i suoi pianti , e il Re , sull ' esempio di lei , si messe a berciare come un bambino . Egli la ricevé meglio di tutti gli altri : e le raccontò la storia delle belle doti della sua cara defunta , mentre ella faceva altrettanto dei pregi del suo caro defunto ; e discorsero tanto e tanto , che nessuno dei due sapeva più che cosa si dire sul conto della loro grande afflizione . Quando la furba vedovella si accorse che l ' argomento era agli sgoccioli , alzò un pochino il velo e il Re poté ricrearsi la vista nel mirare questa bella sconsolata , che sotto due lunghe ciglia nerissime girava e muoveva con moltissim ' arte un paio d ' occhi , grandi e turchini , come l ' azzurro d ' un cielo stellato . Il suo carnato era sempre fresco . Il Re cominciò a guardarla con molta attenzione : a un poco per volta , parlò meno della sua moglie , e fini col non parlarne più . La vedova badava a dire di voler piangere sempre il suo marito : e il Re la consigliava a non voler rendere eterno il suo dolore . Per farla corta , tutti cascarono dalle nuvole , nel sentire che il Re l ' aveva sposata , e che il nero s ' era cambiato in verde e in color di rosa . Spesso e volentieri basta conoscere il debole delle persone , per impadronirsi del loro cuore e farne quel che ci pare e piace . Il Re , dal suo primo matrimonio , non aveva avuto che una sola figlia , la quale passava per l ' ottava meraviglia del mondo ; e si chiamava Fiorina , perché somigliava alla Flora , tanto era fresca , giovine e bella . Ella non portava mai vestiti sfarzosi ; preferiva invece la seta leggera , con qualche fermaglio di pietre preziose e molte ghirlande di fiori , che facevano una figura magnifica intorno ai suoi bellissimi capelli . Aveva quindici anni , quando il Re si rimaritò . La novella Regina mandò a prendere una sua figlia , che era stata allevata in casa della sua comare , la fata Sussio : ma non per questo era diventata più bella e più graziosa . La fata ci aveva messo un grand ' impegno : ma senza concluder nulla di buono : nondimeno le voleva moltissimo bene . La chiamavano Trotona , perché aveva sul viso delle macchie rossastre , come quelle della trota : i suoi capelli erano così grassi e imbiosimati , da non giovarsene a toccarli e dalla sua pelle giallastra gocciolava l ' unto . La Regina le voleva un bene dell ' anima e non aveva altro in bocca che la sua cara Trotona ; e perché Fiorina era stata in ogni cosa molto più favorita della sua figlia , ne sentiva una grande spina al cuore , e faceva di tutto per mettere Fiorina in uggia al padre . Non c ' era giorno che la Regina e Trotona non inventassero qualche marachella a danno di Fiorina ; ma la Principessa , così dolce di carattere e piena di spirito , ci passava sopra e faceva finta di non darsene per intesa . Il Re disse un giorno alla Regina che Trotona e Fiorina erano tutte e due da marito , e che appena si fosse presentato un Principe in Corte , bisognava fare in modo di dargliene una . " Io voglio " , disse la Regina , " che mia figlia sia maritata la prima : ha più anni della vostra , e siccome è anche mille volte più graziosa , così non c ' è nemmeno da esitare e da pensarci sopra . " Il Re , a cui non piaceva mettersi a tu per tu , disse che per parte sua era contentissimo , e che la lasciava padrona di fare e disfare . Di lì a poco tempo si venne a sapere che stava per giungere il Re Grazioso . Non c ' era ricordanza d ' un altro Re più galante e più splendido di lui . Il suo spirito e la sua persona rispondevano a capello al suo nome . Appena la Regina venne a saperlo , messe subito in moto tutte le sarte e tutti i lavoranti di mode , per allestire il corredo alla sua Trotona . Di più , pregò il Re a non fare nessun vestito di nuovo a Fiorina ; e , messa su la cameriera di lei , le fece portar via tutti i suoi abiti , le pettinature e le gioie , il giorno stesso in cui arrivò il Principe Grazioso ; e così Fiorina , quando andò per vestirsi , non trovò nemmeno il biracchio d ' un nastro e mandò alle botteghe , per comprare delle stoffe : ma risposero che la Regina aveva loro proibito che le fosse venduta la più piccola cosa . Ragione per cui ella si trovò con un vestituccio da casa , abbastanza indecente , e n ' ebbe tanta vergogna che , all ' arrivo del Re Grazioso , andò a rincattucciarsi in un angolo della sala . La Regina lo ricevé con grandi salamelecchi e gli presentò sua figlia , che era più risplendente del sole , e più brutta del solito , a cagione dei tanti fronzoli che aveva addosso . Il Re si voltò da un ' altra parte per non vederla : e la Regina intestata a credere che gli piacesse troppo e che non volesse impegnarsi , cercava tutti i mezzi per mettergliela dinanzi agli occhi . Egli domandò se non vi fosse anche un ' altra Principessa , chiamata Fiorina . " Si , " disse Trotona indicandola col dito " eccola là che si nasconde , perché è una broccola . " Fiorina arrossì e diventò bella , ma tanto bella , che il Re Grazioso ne rimase abbagliato . Si alzò subito , fece un grand ' inchino alla Principessa , e le disse : " La vostra bellezza è tale , che non ha bisogno di fronzoli e di altri ornamenti . " " Signore " , ella rispose , " vi giuro che non è mia abitudine di portare dei vestiti sconvenienti , come questo : e mi avreste fatto un gran regalo a non voltarvi verso di me . " " Impossibile " , esclamò Grazioso , " che una Principessa così meravigliosa , trovandosi presente in qualche luogo , si possano avere degli occhi per le altre , e non per lei ! " " Ah ! " , disse la Regina stizzita , " spendo proprio bene il mio tempo a stare a sentire i vostri discorsi . Credetelo a me , signore : Fiorina è già abbastanza civetta e non ha bisogno di essere stuzzicata con tante galanterie . " Il Re Grazioso capì per aria le ragioni che facevano parlare così la Regina ; ma non essendo uomo da peritarsi o da pigliar soggezione , lasciò libero sfogo alla sua ammirazione per Fiorina , e ci parlò insieme per tre ore di seguito . La Regina che aveva un diavolo per capello e Trotona che non sapeva darsi pace di vedersi preferita la Principessa , andarono tutte e due a lamentarsi risentitamente dal Re e lo costrinsero a consentire che Fiorina venisse rinchiusa in una torre per tutto il tempo che il Re Grazioso fosse rimasto alla Corte , perché così non avessero modo di vedersi fra loro . Detto fatto , appena Fiorina fu tornata nella sua stanza , quattro uomini mascherati la portarono in cima alla torre e ce la lasciarono nella più grande costernazione , perché ella capiva benissimo che con questo tiro si voleva toglierle l ' occasione di piacere al Re , il quale piaceva già tanto a lei , che avrebbe desiderato averlo per suo sposo . Il Re Grazioso , che non sapeva nulla della violenza usata alla Principessa , aspettava smaniando l ' ora di poterla rivedere . Parlò di lei alle persone che il Re gli aveva messo dintorno per dargli un corteggio d ' onore ; ma queste , per ordine della Regina , gliene dissero tutto il male possibile : che era una fraschetta , una capricciosa , d ' indole cattiva , il supplizio dei conoscenti e dei servitori , che non si poteva essere più sudici di lei e che spingeva la spilorceria fino al segno di vestirsi peggio d ' una pecoraia , piuttosto che comprarsi delle belle stoffe , coi denari che le passava suo padre . A sentire tutte queste storie , Grazioso si rodeva dentro di sé , e aveva certi scatti di collera , che durava fatica a frenarli . " No " , diceva esso fra sé e sé , " non è possibile che il cielo abbia messo un ' anima così volgare in quell ' opera così bella della natura . Sia pure che quando la vidi , non fosse vestita con molta decenza , ma il rossore che n ' ebbe , prova abbastanza che quella non è la sua abitudine . Come può essere cattiva , con quell ' aria di modestia e di dolcezza che innamora ? non mi va giù : e credo invece che la Regina ne dica tanto male apposta . Le matrigne ci sono per qualche cosa in questo mondo : e quanto alla Principessa Trotona , è una così brutta versiera , che non mi farebbe punto specie se invidiasse a morte la più perfetta fra tutte le creature . " Mentre egli fantasticava così , i cortigiani che gli stavano dintorno capirono dalla sua cera , che a dirgli male di Fiorina , non gli avevano fatto un gran piacere . Ce ne fu uno più svelto degli altri , il quale mutando linguaggio e registro , per arrivare a conoscere i sentimenti del Re si fece a dire le più belle cose sul conto della Principessa . A quelle parole , egli si svegliò come da un sonno profondo , prese parte alla conversazione e la gioia brillò sul suo viso . Amore , Amore , ... quant ' è difficile a saperti nascondere ! Tu fai capolino dappertutto : sulle labbra di un amante , ne ' suoi occhi , nel suono della sua voce : quando si ama davvero , il silenzio e la conversazione , la gioia e la tristezza , tutto palesa quello che si sente dentro . La Regina impaziente di sapere se il Re Grazioso fosse rimasto fortemente preso di Fiorina , mandò a chiamare coloro che egli aveva ammessi alla sua confidenza e passò il resto della notte a interrogarli . Tutte le cose che essi le raccontavano valevano a confermarla sempre più nell ' idea che il Re amasse Fiorina . Ma che cosa vi dirò io dell ' abbattimento di spirito della povera Principessa ? Ella stava distesa per terra nella parte più alta di quell ' orribile torre , dove era stata portata quasi di peso dagli uomini mascherati . " Sarei meno da compiangere " , diceva essa , " se mi avessero rinchiusa qui , prima di conoscere quel simpatico Re . La memoria che serbo di lui non può servire che a far crescere i miei tormenti . Si vede bene che la Regina mi tratta in questo modo per impedirmi di poterlo vedere . Povera me ! quanto mi dovrà costar cara questa po ' di bellezza che il cielo mi ha dato ! " E dopo piangeva , e piangeva tanto dirottamente , che la sua stessa nemica ne avrebbe avuto pietà , se avesse veduto il suo dolore . E così passò la nottata . La Regina , che voleva amicarsi il Re a furia di moine e di segni particolari di riguardo e d ' attenzione , gli mandò degli abiti splendidissimi , d ' una magnificenza senza pari e tagliati sulla moda del paese : e più , le insegne dei cavalieri dell ' Amore , ordine cavalleresco istituito dal Re , per voler di lei , il giorno stesso del loro matrimonio . Era un cuore d ' oro , smaltato color di fiamma , contornato da parecchie frecce e trapassato da una di queste , col motto : " una sola mi ferisce " . La Regina aveva fatto tagliare per il Re Grazioso un rubino grosso come un uovo di struzzo : ogni freccia era di un solo diamante , lungo quanto un dito , e la catena alla quale era appeso il cuore , tutta fatta di perle , delle quali la più piccola pesava un mezzo chilogrammo : insomma , dacché mondo è mondo , non s ' era mai veduto nulla d ' eguale . A quella vista il Re rimase così stupito , che per qualche minuto non seppe trovare il verso di dire una parola . Nel tempo medesimo gli fu presentato un libro , di cui i fogli erano in carta velina , con miniature meravigliose e la copertina tutta d ' oro e carica di gemme , e dove erano scritti con un linguaggio molto appassionato e galante gli statuti dell ' Ordine de ' Cavalieri d ' Amore . Dissero al Re che la Principessa , da lui veduta , lo pregava a voler essere suo cavaliere ; e che intanto gli mandava questi regali . A queste parole , egli osò lusingarsi che questa Principessa fosse appunto quella amata da lui . " Come ! " , esclamò egli , " la bella Principessa Fiorina pensa a me in una maniera così generosa e cortese ? " " Signore " , gli dissero , " voi pigliate sbaglio sul nome ; noi veniamo qui da parte dell ' amabile Trotona . " " È la Trotona che mi vuole per suo cavaliere ? " , disse il Re , con una fisionomia seria e ghiacciata " mi dispiace di non potere accettare tanto onore , ma un sovrano non è padrone di prendere gl ' impegni che vorrebbe . Io conosco i doveri d ' un cavaliere , e vorrei adempirli tutti : preferisco dunque non avere la grazia , che ella mi offre , piuttosto che dovermene rendere indegno . " E rimesse subito nella cestina il cuore , la catena e il libro , e rimandò ogni cosa alla Regina , la quale ci corse poco che , insieme a sua figlia , non affogasse della bile per il modo disprezzante col quale il Re straniero aveva accolto un favore così singolare . Appena Grazioso ebbe il tempo di recarsi dal Re e dalla Regina , entrò nel loro appartamento colla speranza di trovarvi Fiorina . La cercò cogli occhi dappertutto : e quando sentiva qualcuno entrare nella stanza , si voltava subito a guardare ; si vedeva che era inquieto , e di cattivo umore . La maliziosa Regina aveva indovinato appuntino quel che il Principe rimuginava nel cuore , ma faceva l ' indifferente come non ne sapesse nulla . Essa gli parlava di partite di piacere ; ed egli rispondeva a rovescio . Alla fine Grazioso domandò dove fosse la Principessa Fiorina . " Signore " , gli disse fieramente la Regina , " il Re suo padre le ha proibito di uscire dalle sue stanze , fino a tanto che mia figlia non abbia preso marito . " " E qual motivo " , replicò il Re , " vi può essere , per tener prigioniera la bella Principessa ? " " Non lo so " , disse la Regina , " e quand ' anche lo sapessi non mi crederei punto obbligata a dirvelo . " Al Re era salita la bizza fino alla punta dei capelli . Dava delle occhiatacce , di traverso , a Trotona , e pensava fra sé che era per colpa di quel mostriciattolo , se gli era stato tolto il piacere di veder la Principessa . Si congedò in quattro e quattr ' otto dalla Regina , perché la sua presenza gli faceva male al cuore . Quando fu tornato nella sua camera , disse a un giovane Principe che lo aveva accompagnato e al quale voleva un gran bene , di spendere tutto quello che ci fosse voluto , pur di tirargli dalla sua qualche cameriera della Principessa , e aver così il modo di parlarle un solo momento . Questo Principe trovò senza fatica alcune dame di Corte che s ' intesero con lui : e fra le tante , ce ne fu una che gli dètte per sicuro che quella sera stessa Fiorina sarebbe stata a una finestrina bassa , che dava sul giardino ; e che di lì il Principe avrebbe potuto parlarle : s ' intende bene , adoperando tutte le cautele da non essere scoperto , perché , diceva essa , il Re e la Regina sono tanto severi , che se scoprissero che io ho tenuto di mano agli amori del Principe Grazioso , per me sarebbe morte sicura . Il Principe , contento da non potersi dire di aver menata la cosa fino a quel punto , le promise tutto quello che volle , e corse a fare la sua parte col Re , avvertendolo dell ' ora fissata per il ritrovo . Ma la confidente , che era di malafede , andò subito a risoffiare ogni cosa alla Regina , e si messe ai suoi ordini . Il primo pensiero della Regina fu quello di mandare la propria figlia alla piccola finestra ; e la imbeccò così bene , che Trotona , sebbene fosse una grande stupida , non dimenticò un etto di quello che doveva dire e fare . La notte era così buia , che sarebbe stato impossibile al Re di accorgersi della trappoleria , quand ' anche non avesse avuto ragione di credersi sicuro del fatto suo : di modo che si avvicinò alla finestra con un trasporto di gioia incredibile . E lì disse a Trotona tutte quelle cose che avrebbe dette a Fiorina , per assicurarla del suo grand ' amore . Trotona , profittando dell ' equivoco , gli rispose che era la creatura più infelice di questo mondo , a motivo di una matrigna così spietata e che avrebbe dovuto passarne ancora chi sa quante , prima che la figlia di lei non si fosse maritata . Il Re disse e giurò che se ella lo avesse voluto per suo sposo , sarebbe stato più che felice di metterla a parte della sua corona e del suo cuore . E nel dir questo , si cavò un anello di dito e infilandolo nel dito a Trotona aggiunse che quello era un pegno eterno della sua fede , e che stava a lei fissare l ' ora della partenza . Trotona rispose , come meglio poté , a tutte queste calorose premure . Egli s ' era accorto benissimo che nelle risposte di lei non c ' era un chicco di buon senso : la quale cosa gli avrebbe fatto dispiacere , se già non fosse stato persuaso che la paura dell ' apparizione improvvisa della Regina doveva essere la cagione di quei discorsi sconclusionati . Egli la lasciò , a patto che sarebbe tornata il giorno dopo : ed ella promise con tutto il cuore . La Regina , saputo il buon esito del primo colloquio , cominciò a sperar bene . Di fatto , fissato il giorno della partenza , il Re la venne a prendere in un cocchio volante , tirato da ranocchi alati , regalo fattogli da un Mago amico suo . La notte era buia di molto . Trotona uscì misteriosamente da una piccola porta , e il Re , che la stava attendendo , la prese fra le sue braccia e le giurò cento e cento volte fedeltà eterna ! Ma siccome non si sentiva in vena di seguitare a volare per lungo tempo nel suo cocchio volante , senza sposare la Principessa , che amava tanto , così le chiese dove voleva che si facessero le nozze : ella rispose che aveva per comare una fata chiamata Sussio , molto conosciuta , ed era suo avviso di andare al castello di lei . Il Re non sapeva la strada , ma bastò che dicesse ai suoi grossi ranocchi : conducetemi là . Essi sapevano la carta geografica dell ' Universo , e in pochi minuti portarono lui e la Trotona dalla fata Sussio . Il castello era così bene illuminato , che il Re , arrivandovi , si sarebbe subito avvisto del suo errore , se la Principessa non avesse avuto la malizia di coprirsi tutta col velo . Chiese della comare : la chiamò a quattr ' occhi , e le raccontò il come e il quando avesse ingannato il Principe Grazioso , pregandola a fare in modo di rabbonirlo . " Ah ! figlia mia ! " , disse la fata , " la cosa non sarà facile : egli ama troppo Fiorina , e son sicura che ci farà disperare , e dimolto . " Intanto il Re le aspettava in una sala , le cui pareti erano di diamanti , così nitide e così trasparenti , da lasciargli vedere , a traverso di essi , la Sussio e Trotona , che parlavano fra di loro . Credé di sognare . " Possibile " , diceva , " che io sia stato tradito ? O sono i diavoli , che hanno portata qui questa nemica della nostra gioia ? Vien ' ella forse per avvelenare il nostro matrimonio ? E la mia diletta Fiorina non si vede venire ! Chi sa che il padre suo non l ' abbia inseguita fin qui ! " Molte altre cose gli passavano per la testa , che lo mettevano in grande agitazione ; ma il peggio fu quando le due donne entrarono nella sala , e che Sussio gli disse con voce di comando : " Re Grazioso , ecco qui la Principessa Trotona , alla quale avete dato la vostra parola , essa è mia figlioccia , e desidero che la sposiate subito " . " Io " , esclamò il Principe , " io sposare quel brutto scarabocchio ? Si vede proprio che mi avete preso per un uomo di pasta frolla , a farmi certi discorsi . Sappiate intanto che io non le ho fatta nessuna promessa , e se ella dice il contrario , si merita il titolo ... " " Non proseguite " , disse Sussio , " e badate bene di non mancarmi di rispetto . " " Sia pure " , replicò il Re , " che io debba rispettarvi , per quanto può meritarlo una fata : ma voglio peraltro che mi rendiate la mia Principessa . " " E non son io la tua Principessa , spergiuro ? " , disse Trotona , mostrandogli l ' anello , " A chi l ' hai tu dato quest ' anello in pegno di fede ? Con chi hai parlato alla piccola finestra , se non con me ? " " Come mai ? " , egli rispose , " dunque sono stato tradito ... ingannato ? No , mille volte no ! Non voglio essere la vittima e lo zimbello degli altri . Su , su , ranocchi ! miei bravi ranocchi ! voglio partir subito . " " Non è una cosa che possiate farla senza il permesso mio " , disse Sussio . Ella lo toccò , e i suoi piedi si attaccarono all ' impiantito , come se ci fossero rimasti inchiodati . " Quand ' anco mi lapidaste " , le disse il Re , " quand ' anche mi scorticaste vivo , non sarò mai d ' altri che di Fiorina ; la mia risoluzione è presa , e fate pure di me quello che più vi piace . " Sussio messe in opera tutto , dolcezze , maniere , promesse , preghiere ; Trotona pianse , strillò , singhiozzò , andò in convulsioni , e si calmò . Il Re non aprì più bocca , e guardandole tutte e due con grandissimo disprezzo , non rispose sillaba alle loro cicalate . E così passarono venti giorni e venti notti , senza che le due donne si chetassero un minuto , e senza che sentissero il bisogno di mangiare , di dormire e di mettersi a sedere . Alla fine Sussio , stanca morta da non poterne più , disse al Re : " Ebbene , voi siete un ostinataccio , né c ' è verso di farvi intendere la ragione : scegliete dunque : o sett ' anni di penitenza , per aver dato la vostra parola senza mantenerla , o sposare la mia figlioccia " . Il Re , che fin allora aveva serbato un profondo silenzio , gridò subito : " Fate di me tutto quel che volete , purché io sia liberato da questa sguaiata " . " Sguaiato voi " , replicò Trotona inviperita . " Ci vuol davvero una bella faccia fresca , come la vostra , sovranuccio da un soldo la serqua , a venire con un equipaggio da ranocchiai fino nel mio paese , per dirmi delle insolenze e per mancarmi di parola . Se aveste un brindello d ' onore , terreste forse questo contegno ? " " I vostri rimproveri mi straziano l ' anima " disse il Re , in atto di canzonatura . " Capisco anch ' io che ho un gran torto a non sposare questa bella fanciulla ! " " No , no , non la sposerai mai " , gridò Sussio tutta stizzita . " A te non rimane altre che volare da questa finestra , perché per sett ' anni interi tu sarai l ' uccello turchino . " A queste parole il Re cominciò a cambiare d ' aspetto ; le braccia si vestono di penne e formano le due ali : le gambe e i piedi diventano neri e sottili ; gli crescono delle unghie appuntate ; il corpo si assottiglia e si cuopre tutto di lunghe piume finissime e macchiate di turchino ; gli occhi si fanno tondi e brillano come due soli ; il naso ha preso il garbo di un becco d ' avorio ; sul suo capo spunta un ciuffetto bianco , in forma di diadema ; canta da innamorare e parla nello stesso modo . Ridotto in quello stato , manda un grido di dolore nel vedersi così trasfigurato e , pigliando il volo a ali spiegate , fugge dal funesto palazzo di Sussio . Pieno l ' anima di tristezza infinita , va svolazzando di ramo in ramo , scegliendo a preferenza gli alberi consacrati all ' amore o alla malinconia ; e ora si posa sui mirti , ora sui cipressi : e canta delle arie pietose , colle quali piange sulla sua trista sorte e su quella di Fiorina . " Dove l ' avranno nascosta i suoi nemici ? " , egli diceva , " che sarà mai accaduto di quella bella infelice ? Il cuore spietato della Regina l ' avrà lasciata ancora in vita ? Dove potrò cercarla ? E sarò dunque condannato a passare sette anni senza di lei ? Forse in questo tempo le daranno uno sposo , e io perderò per sempre l ' unica speranza che mi faccia cara la vita . " Questi pensieri accuoravano così forte l ' uccello turchino , che gli venne voglia di lasciarsi morire . Intanto la Sussio aveva rimandato Trotona dalla Regina madre , la quale stava in gran pensiero sul come fosse andato a finire lo sposalizio . Ma quando vide la figlia , e che riseppe da lei tutto l ' accaduto , prese una furia spaventosa , la quale di contraccolpo andò a ricascare sulla povera Fiorina . " Voglio " , ella disse , " che abbia da pentirsi più di una volta di aver saputo innamorare il Re Grazioso . " Ella salì nella torre insieme con Trotona , la quale era vestita de ' suoi abiti più sfarzosi : e portava in capo una corona di brillanti e le reggevano lo strascico del manto reale tre figli de ' più ricchi baroni dello Stato . Nel dito grosso aveva l ' anello del Re Grazioso , quello stesso che aveva dato nell ' occhio a Fiorina , il giorno che parlarono insieme . Ella rimase sbalordita e non sapeva cosa pensare , nel vedere Trotona in tutta quella gala . " Ecco mia figlia " , disse la Regina , " che è venuta a portarvi i regali delle sue nozze ; essa è stata sposa del Re Grazioso , il quale ne è innamorato morto : non c ' è da figurarsi una coppia più felice di loro !..." E nel dir così , furono spiegate davanti alla Principessa le stoffe d ' oro e d ' argento , le trine , i nastri , le pietre preziose che stavano in una gran cesta di filigrana d ' oro . Nel presentarla di tutte queste cose , Trotona s ' ingegnò di metterle sott ' occhio l ' anello del Re ; per cui la Principessa Fiorina non poteva ormai più dubitare della sua disgrazia . Ella gridò con l ' accento della disperazione che le togliessero davanti agli occhi tutti quei regali tanto funesti ; che non voleva più vestire , altro che di nero ; o piuttosto morire subito . E cadde svenuta . La crudele Regina , contentissima del tiro fatto , non volle che le fosse prestato alcun soccorso ; la lasciò sola in quello stato compassionevole , e corse malignamente a raccontare al Re che sua figlia era talmente invasata dall ' amore , fino al segno di commettere delle stravaganze senz ' esempio : e che bisognava stare attenti , perché non potesse fuggire dalla torre . Il Re rispose che era padrona di regolare questa faccenda a modo suo , e che , quanto a lui , non avrebbe avuto nulla da ridire in contrario . Quando la Principessa si fu riavuta dallo svenimento e poté ripensare al contegno , che tenevano con lei , ai mali trattamenti che riceveva dall ' indegna matrigna e alla speranza perduta per sempre di sposare il Re Grazioso , il suo dolore si fece così acuto , che pianse tutta la notte : e affacciatasi alla finestra , si sfogò in lamenti che straziavano il cuore . Quando vide albeggiare , richiuse la finestra e seguitò a piangere . La notte di poi aprì la finestra , e sospirando e singhiozzando versò un fiume di lagrime ; ma appena fatto giorno tornò a nascondersi nella sua stanza . Intanto il Re Grazioso , o per meglio dire , il bell ' uccello turchino , non finiva mai di svolazzare intorno al palazzo : egli pensava che la sua cara Principessa vi era rinchiusa : e se i lamenti di lei erano strazianti , i suoi non lo erano di meno . Egli si avvicinava alle finestre più che poteva , per metter gli occhi dentro alle stanze : ma la paura che Trotona non lo scorgesse e non le nascesse il sospetto che fosse lui , lo teneva indietro dal fare quanto avrebbe voluto . " Ci va della mia vita " , diceva egli fra sé , " e se quelle due versiere mi scuoprissero , sarebbero capaci di qualunque vendetta ; e così bisognerebbe o che io mi allontanassi di qui o che mettessi a repentaglio i miei giorni . " Questi ragionamenti lo persuasero a pigliare tutte le precauzioni immaginabili , e , per il solito , cantava soltanto di notte . Rimpetto alla finestra , dove stava Fiorina , c ' era un cipresso di una grandezza maravigliosa : l ' uccello turchino venne a posarvisi sopra . Appena si fu posato , sentì una voce che si lamentava in questo modo : " Dovrò ancora soffrire per molto tempo ? e la morte non verrà a liberarmi da queste pene ? Quelli che hanno paura della morte , se la vedono arrivare anche troppo presto : io la desidero , e la crudele mi sfugge . Ah ! Regina senza cuore ! che t ' ho io fatto per tenermi così iniquamente imprigionata ? Non puoi inventare altri modi per martoriarmi ? Oramai non ti manca altro che farmi vedere coi propri miei occhi , la felicità che gode la sua indegna figlia col Re Grazioso " . L ' uccello turchino non aveva perso una sillaba di questo lamento : ne rimase stupito , e aspettò con una smania indicibile che il sole si levasse , per vedere la donna che si disperava tanto . Ma quando il sole si levò , ella aveva già richiusa la finestra , e s ' era ritirata . L ' uccello , curioso , fu puntuale a tornare la sera dopo . Era chiaro di luna . E vide una fanciulla alla finestra della torre , che ricominciava la storia de ' suoi affanni . " Oh , sorte , sorte ! " , diceva essa , " tu che mi cullasti nella speranza d ' un trono : tu che mi avevi reso l ' amore del padre mio , che t ' ho mai fatto , per dovermi sommergere in quest ' oceano di grandi amarezze ? È proprio scritto che si debba cominciare fin da un ' età così giovane , come la mia , a provare la tua incostanza ? Ritorna , o barbara , ritorna da me : io non ti domando che una grazia sola ; poni fine al mio spietato destino . " L ' uccello turchino stava tutto in orecchi , e più ascoltava , più si persuadeva che la donna che lamentavasi a quel modo , doveva essere la sua graziosa Principessa . E le disse : " Adorata Fiorina , maraviglia de ' nostri giorni , perché volete por fine così repentinamente ai vostri ? C ' è sempre speranza di trovare un rimedio alle vostre afflizioni " . " Come ? ... chi è che mi volge queste parole di consolazione ? " diss ' ella . " Un Re infelice " , rispose l ' uccello , " il quale vi ama e non amerà che voi sola . " " Un Re che mi ama ? " , ella soggiunse , " non sarebbe per caso un laccio teso da ' miei nemici ? Ma , in fin dei conti , che cosa ci guadagnerebbe la Regina ? Se ella vuol conoscere i miei sentimenti , son pronta a dirglieli colla mia stessa bocca . " " No , Principessa mia " , rispose l ' uccello , " l ' amante che vi parla non è capace di un tradimento . " Nel dir queste parole , andò a posarsi sulla finestra . Fiorina dapprincipio ebbe una gran paura di un uccello così singolare , che parlava con tant ' anima , come se fosse un uomo , sebbene avesse una vocina compagna a quella dell ' usignolo ; ma la bellezza delle sue penne , e più che altro le cose gentili che le disse , la rassicurarono . " M ' è egli dunque concesso di potervi rivedere , Principessa mia ? " , esclamò . " Posso io bearmi in tanta contentezza , senza morire di gioia ? Ma , ohimè ! quanto questa gioia è avvelenata dal vedervi costì in prigione , e dallo stato , nel quale l ' iniqua Sussio mi ha trasfigurito per sette anni ! " " E voi chi siete , grazioso uccello ? " , disse la Principessa , facendogli delle carezze . " Voi avete pronunziato il mio nome " , soggiunse il Re , " e fate finta di non riconoscermi ? " " Come ! " , disse la Principessa . " Possibile , che il più gran Re del mondo ! ... possibile che il Re Grazioso si sia cambiato in quest ' uccellino ? " " Ohimè ! Pur troppo è così , mia bella Fiorina " , egli riprese a dire , " e l ' unica cosa che in tanta disgrazia mi sia di sollievo , gli è di sapere che ho preferito questo martirio a quello di dover rinunziare alla gran passione che ho per voi . " " Per me ? " , disse Fiorina . " Ah ! per carità , non cercate di ingannarmi . Lo so , lo so , che avete sposato Trotona : ho riconosciuto il vostro anello nel suo dito : l ' ho veduta tutta fiammante dei vostri brillanti . Essa è venuta a insultarmi qui , in questa orribile prigione , carica del peso di una corona e di un manto reale , avuto in dono da voi , mentre io ero carica di catene e di ferri !..." " E voi vedeste Trotona in questo abbigliamento ? " , interruppe il Re , " ed essa e sua madre ebbero tanta sfacciataggine da dirvi che tutti quei gioielli erano un regalo mio ? Oh cielo ! si può essere più sfacciatamente bugiardi di così ? E non potermi vendicare come vorrei ! ... Sappiate dunque che tentarono di mettermi in mezzo : che , valendosi del vostro nome , mi fecero rapire quella brutta megera di Trotona ; ma , appena avvistomi dello sbaglio , l ' ho piantata lì , e ho preferito piuttosto diventare per sette anni l ' uccello turchino , che mancare alla fede che vi ho giurata . " Fiorina provava un piacere così grande , udendo parlare in questo modo il suo caro amante , che non sentiva più i tormenti della sua prigionia . Che cosa mai non gli seppe dire per consolarlo del suo tristo caso e per accertarlo che ella avrebbe fatto per lui , ciò che esso aveva fatto per lei ? Il giorno cominciava a farsi chiaro . Molti ufficiali della corte erano già alzati : e l ' uccello turchino e la Principessa parlavano ancora fitto fitto fra loro . Alla fine si separarono con gran dispiacere , dopo essersi scambiata la promessa che tutte le notti si sarebbero riveduti . La gioia di ritrovarsi insieme fu tanto grande , da non potersi ridire . Ciascuno , per la sua parte , ringraziava l ' amore e la fortuna . Intanto Fiorina stava in pensiero per l ' uccello turchino . " Chi me lo assicura dai cacciatori , o dalle grinfie di qualche aquila o di qualche avvoltoio affamato , capace di mangiarselo con tanto gusto , come se non fosse un gran Re ? Oh Dio ! che sarebbe di me , meschina , se le sue penne fini e leggiere , portate dal vento , giungessero fino nel mio carcere per annunziarmi la sciagura , che io temo sempre ? " Questo tristo pensiero fece sì che la Principessa non poté chiudere un occhio ; perché , quando si ama davvero , le paure pigliano l ' aspetto di verità , e quel che prima pareva impossibile diventa possibilissimo ; e fu così , che ella passò tutta la giornata a piangere , finché non venne l ' ora fissata per andare a mettersi alla finestra . Il grazioso uccello , nascosto dentro lo spacco d ' un albero , in tutto il giorno non aveva fatto altro che pensare alla sua bella Principessa . " Quanto sono contento " , diceva egli , " di averla ritrovata : e com ' è premurosa per me ! Le gentilezze che mi usa , le sento tutte qui nel cuore ! " L ' appassionato amante contava fino al minuto secondo il tempo della sua penitenza , che gli impediva di sposarla ; e si struggeva più che mai dal desiderio di veder finita la sua condanna . E perché voleva usare a Fiorina tutte quelle galanterie , che aveva in poter suo di fare , volò fino alla capitale del suo regno , andò nel suo palazzo , entrò nel suo gabinetto dal buco d ' un vetro rotto : prese un paio d ' orecchini di diamanti , così belli e così perfetti , da non trovarli eguali , e li portò la sera a Fiorina , pregandola di volerseli mettere . " Me li metterei " , diss ' ella , " se voi mi vedeste di giorno ; ma siccome non vi parlo che di notte , così non me li metterò . " L ' uccello le promise di fare in modo di venire alla Torre nell ' ora che ella avesse voluto : allora s ' infilò gli orecchini , e passarono tutta la notte in colloqui fra loro , come avevano fatto la sera avanti . Il giorno dopo l ' uccello tornò nel suo regno : andò al palazzo , entrò nel suo gabinetto per il solito vetro rotto , e portò via con sé i più splendidi braccialetti che si fossero mai visti : erano formati di uno smeraldo tutto di un pezzo , sfaccettato e bucato nel mezzo per potervi passare la mano e il braccio . " Credete forse " , gli disse la Principessa , " che il mio amore per voi abbia bisogno di essere coltivato a furia di regali ? Ah ! si vede proprio che mi conoscete male ! " " No , o signora " , replicò egli , " io non ho mai creduto che i ninnoli che vi offro sieno necessari per conservarmi il bene che mi volete ; ma sarei mortificato , se trascurassi la più piccola occasione per mostrarvi l ' attenzione che ho per voi : e poi , quando non mi avete dinanzi agli occhi , questi piccoli gioielli saranno buoni a richiamarmi alla vostra memoria . " Fiorina , dal canto suo , gli disse un ' infinità di cose gentili , alle quali egli ne rispose mille altre , più gentili che mai . La notte seguente l ' uccello turchino si fece un obbligo di portare alla sua bella un orologio , d ' una giusta grandezza , che stava dentro a una perla ; eppure la materia era vinta dall ' eccellenza del lavoro . " È inutile " , diss ' ella con grazia squisita , " di venirmi a regalare un orologio . Quando voi siete lontano da me , le ore mi paiono eterne : quando siete con me , passano come un sogno . Come posso fare a dar loro una misura giusta ? " " Ohimè , Principessa mia " , esclamò l ' uccello turchino , " io la penso precisamente come voi su questo punto , perché in quanto a sensibilità di cuore son sicuro di non restare indietro a nessuno . Difatti , vedendo quel che soffrite per conservarmi il vostro cuore , sono in grado di giudicare che avete portato l ' amicizia e la stima all ' estremo limite , dove possono arrivare . " Quando appariva il giorno , l ' uccello volava dentro lo spacco del suo albero , e li si nutriva di frutti . Qualche volta cantava delle belle ariette : il suo canto innamorava i passanti , che lo udivano , senza che potessero vedere alcuno . Così si sparse la voce che lì dintorno ci fossero degli spiriti . E questa credenza si diffuse tanto , che nessuno aveva più coraggio di entrare nel bosco . Si raccontavano mille avventure favolose , accadute in quel luogo : e lo spavento generale fu cagione della maggior sicurezza dell ' uccello turchino . Non passava giorno , senza che egli facesse un regalo a Fiorina : ora un vezzo di perle : ora anelli con brillanti , di finissimo lavoro : ora fermagli di diamanti , spilloni , mazzolini di pietre preziose , colorite a imitazione dei fiori , libri piacevoli e medaglie : per farla corta , essa aveva messo insieme un ammasso di ricchezze maravigliose . Con queste si adornava soltanto la notte per far piacere al Re : il giorno , non sapendo dove riporle , le nascondeva dentro al saccone del letto . In questo modo scorsero due anni , senza che Fiorina avesse da lagnarsi una sola volta della sua prigionia . E come poteva lagnarsene ? Essa aveva la consolazione di parlare tutte le notti con la persona amata ; né c ' è ricordanza che fra due innamorati si sieno mai scambiate tante paroline graziose , come accadeva fra loro . Benché ella non vedesse anima viva e l ' uccello passasse le giornate rinchiuso dentro lo spacco dell ' albero , nondimeno avevano sempre mille cose nuove da raccontarsi ; la materia era inesauribile , perché il loro cuore e il loro spirito fornivano abbondantemente il soggetto dei lunghi colloqui . Intanto la maliziosa Regina , che la teneva così crudelmente imprigionata , si dava un gran da fare per vedere di maritare la figlia . Mandava ambasciatori a proporla a tutti i principi , dei quali sapeva il nome : ma appena gli ambasciatori arrivavano , si trovavano congedati senza tante cerimonie . " Oh ! se si trattasse della Principessa Fiorina " , dicevan loro , " sareste ricevuti a braccia aperte : ma in quanto a Trotona , può farsi monaca se vuole ; ché nessuno si opporrà dicerto . " A sentire questi discorsi , la madre e la figlia andavano su tutte le furie e se la pigliavano contro la povera Principessa , vittima delle loro persecuzioni . " Come ! " , dicevano esse , " sebbene chiusa in prigione , quest ' insolente sarà dunque per noi un bastone fra i piedi ? Come perdonarle i brutti tiri , che ci fa tutti i giorni ? Bisogna dire che ell ' abbia delle corrispondenze segrete nei paesi stranieri : in questo caso , per lo meno , è rea di Stato : trattiamola dunque come tale , e si faccia di tutto per convincerla del suo delitto . " Il loro conciliabolo finì così tardi , che era già mezzanotte suonata , quando si decisero a salire nella torre per interrogarla . Essa per l ' appunto stava alla finestra , coll ' uccello turchino , ornata delle sue gemme , e coi suoi belissimi capelli pettinati con tutta quella attenzione , che non è punto naturale nella persona afflitta da un gran dolore . La sua camera e il suo letto erano seminati di fiori , e qualche pasticca di Spagna , che essa aveva bruciato pochi momenti prima , spandeva per la stanza un buonissimo odore . La Regina messe l ' orecchio alla porta , e le parve sentir cantare un ' aria a due voci : perché anche Fiorina aveva una voce angelica . Le parole di quest ' aria le parvero molto tenere , e dicevano press ' a poco così : " Come è trista la nostra sorte : e quanti affanni ci costa il nostro amore ! ... Ma invano si provano a vincere tanta fermezza : a dispetto dei nostri nemici , i nostri cuori rimarranno uniti per sempre . " Questo piccolo concerto fu chiuso da alcuni sospiri . " Ah ! Trotona mia , siamo tradite ! " esclamò la Regina spalancando screanzatamente l ' uscio ed entrando nella camera . Come restò Fiorina a quella vista ! Chiuse subito la finestra , per dar tempo al real uccello di volar via . Le stava più a cuore la salvezza di lui , che la propria : ma egli non ebbe la forza di allontanarsi : col suo sguardo penetrantissimo , aveva capito il pericolo al quale si trovava esposta la Principessa . Egli aveva vista la Regina e Trotona : che dolore per lui di non essere in grado di difendere la sua bella ! Le due megere si avventarono su di essa , come se la volessero mangiare . " Si sanno le vostre trame contro lo Stato ! " , esclamò la Regina . " Non sperate che il vostro grado basti a salvarvi dal meritato castigo . " " E con chi posso aver tramato , o signora ? " replicò la Principessa . " Da due anni in qua , non siete forse voi la mia carceriera ? Ho mai vedute altre persone , fuor di quelle mandatemi da voi ? " Mentre parlava così la Regina e sua figlia la guardavano con tanto d ' occhi . Erano rimaste abbagliate dalla sua bellezza meravigliosa e dalla sua acconciatura veramente straordinaria . " E chi vi ha dato , o signora " , disse la Regina , " tutte codeste pietre preziose , che brillano come il sole ? Volete forse darci ad intendere che in questa torre ci sono delle miniere ? " " Ce l ' ho trovate " , disse Fiorina , " è tutto quello che io ne so . " La Regina la guardò fissa negli occhi , per iscuoprire ciò che passava nel fondo del suo cuore . " Noi non ci lasceremo infinocchiare da voi " , disse la Regina . " Voi credete di darcela a bere : ma noi sappiamo benissimo , Principessa , tutto quello che fate dalla mattina alla sera : e queste gioie vi furono regalate , per mettervi su , e per impegnarvi a vendere il regno di vostro padre . " " Davvero , che sono in uno stato da poter vendere i regni !...", essa rispose , con un sorriso di sdegno . " Una povera Principessa che languisce nei ferri da tanto tempo , è proprio la persona che ci vuole , per macchinare i complotti di Stato . " " E come va dunque " , replicò la Regina , " che siete così tutta agghindata , come una civettuola , e che la vostra camera è piena di profumi , e che la vostra persona è così magnifica e risplendente , che a Corte non potreste fare una figura migliore ? " " Ho molto tempo da perdere " , disse la Principessa , " per cui non c ' è nulla di strano se ne spendo un poco a farmi bella : ne passo tanto a piangere sulla mia disgrazia , che non c ' è ragione di rimproverarmi . " " Animo , via " , disse la Regina , " vediamo un po ' se questa innocentina , non abbia per caso qualche corrispondenza coi nemici dello Stato . " E da se stessa si mise a frugare dappertutto : e arrivata al saccone , che ella fece vuotare , ci trovò dentro una quantità così sterminata di diamanti , perle , rubini , smeraldi e topazi , che ella non sapeva raccapezzarsi di dove fossero usciti . E perché aveva fissato dentro di sé di mettere in qualche nascondiglio della stanza alcune carte , che potessero compromettere la Principessa , così quando nessuno ci badava , le nascose nel camminetto ; ma per buona fortuna l ' uccello turchino , dal posto dove s ' era posato , ci vedeva meglio di una lince e udiva ogni cosa ; per cui gridò : " Guàrdati , Fiorina : ecco la tua nemica che ti prepara un tradimento " . Questa voce così inattesa spaventò la Regina a tal punto , che non osò fare quanto aveva meditato . " Vedete bene , signora " , disse la Principessa , " che gli spiriti che volano per l ' aria , sono tutti per me . " " Io credo piuttosto " , disse la Regina fuori di sé dalla collera " che ci sieno dei diavoli , che vi vogliono bene : ma , a loro marcio dispetto , vostro padre saprà farsi giustizia . " " Dio volesse " , esclamò Fiorina , " che io non avessi da temere altro che il furore di mio padre : ma quello che mi spaventa , è il vostro , o signora . " La Regina se ne andò via tutta sottosopra per le cose che aveva vedute e sentite , e tenne consiglio sul da farsi contro la Principessa . Alcuni consiglieri le fecero notare , che , nel caso che qualche fata o qualche mago avessero preso la Principessa sotto la loro protezione , il vero segreto per irritarli sarebbe stato quello di tormentare più che mai la Principessa ; e che , in fin dei conti , bisognava scuoprire a ogni costo la ragione del suo armeggìo . La Regina dette il benestare a questo consiglio : e mandò a dormire nella camera della Principessa una giovinetta , che pareva l ' innocenza in persona , col dire che c ' era mandata apposta per servirla . Ma come restar presi a un chiapperello così grossolano ? La Principessa , fin dal primo giorno , la ritenne per una spia e n ' ebbe un grandissimo dispiacere . " Come ! " , essa diceva , " io dunque non potrò più parlare a questo uccello turchino , che è tutto l ' amor mio ? Era esso , che mi aiutava a sopportare le mie sciagure : e io lo consolava nelle sue . Il nostro amore ci compensava di tutto . Che avverrà di lui ? che cosa sarà di me ? " E pensando a tutto questo , piangeva come una vite tagliata . Non aveva coraggio di affacciarsi alla finestra , sebbene lo sentisse svolazzare lì dintorno ; perché si struggeva dalla voglia di aprirgli , ma temeva di mettere in pericolo la vita del suo caro amante . Passò un mese intero , senza che essa si facesse vedere : e intanto l ' uccello turchino si dava alla disperazione , e piangeva e si lamentava da far pietà ! D ' altra parte , come poteva fare a vivere , lui , senza la sua Principessa ? Non aveva mai provato , come allora , i tormenti della lontananza e quelli della sua metamorfosi . Invano cercava qualche pretesto per consolarsi : dopo essersi lambiccato il cervello , non trovava nulla che valesse a dargli un po ' di conforto . La spia della Principessa , che da un mese non chiudeva occhio né giorno né notte , si sentì alla fine così presa dal sonno che si addormentò profondamente . Quando Fiorina se ne accorse , aprì la sua finestrina , e disse : Uccello turchino , color del cielo , Vola e ritorna subito a me . Sono queste le sue precise parole , e non c ' è stata cambiata una virgola . Appena l ' uccello la sentì , volò subito sulla finestra . Che gioia quando si rividero ! e quante cose avevano da dirsi ! Mille e mille volte ripeterono le loro tenerezze e i loro giuramenti di fedeltà ! La Principessa non poté trattenere le lacrime ; l ' amante s ' intenerì , e fece di tutto per consolarla . Venuta finalmente l ' ora di lasciarsi , senza che la carceriera sorvegliante si fosse ancora svegliata , si dettero l ' addio più tenero e più commovente che possa immaginarsi . La spia si addormentò anche il giorno dopo , e la Principessa , puntuale , andò alla finestra e disse , come la volta avanti : Uccello turchino , color del cielo , Vola e ritorna subito a me . E subito l ' uccello venne , e quella notte passò come l ' altra avanti , senza rumori e senza improvvisate , con grandissima soddisfazione dei nostri amanti ; i quali si figurarono che la sorvegliante avrebbe preso tanto gusto a dormire , da poter ripetere la medesima storia tutte le sere . Di fatto , anche la terza sera passò felicemente : ma alla quarta , la dormigliona avendo sentito un po ' di rumore , senza dar segno di nulla si pose in orecchio ; e guardando bene , vide al chiaro di luna il più bell ' uccello dell ' universo , che stava a parlare colla Principessa , e la carezzava colle zampine e le dava delle beccatine amorose : e fra le altre , sentì molte di quelle cosine che si dicevano fra loro e ne rimase molto maravigliata , perché l ' uccello parlava come se fosse un innamorato , e Fiorina gli rispondeva con grande tenerezza . Sul far del giorno si dissero addio : e quasi il cuore presagisse loro qualche vicina disgrazia , non trovavano il verso di lasciarsi . La Principessa si gettò sul suo letto tutta piangente , e il Re tornò dentro allo spacco dell ' albero . La sorvegliante corse dalla Regina , e le raccontò quanto aveva visto e sentito . La Regina mandò a chiamare Trotona e la sua confidente , e dopo un lungo ciarlare conclusero che l ' uccello turchino doveva essere il Re Grazioso . " Che vergogna " , esclamò la Regina , " che vergogna , figlia mia ! questa Principessa insolente , che io credeva rifinita dai dispiaceri , se ne sta godendo tranquillamente gli amorosi colloqui del vostro ingrato ! Ah ! voglio vendicarmi , e la vendetta dev ' essere di quelle da ricordarsene per un pezzo . " Trotona la pregò di non perdere neppure un minuto , e siccome in questa faccenda le pareva di essere più interessata della stessa Regina , così sentiva andarsi in deliquio dalla contentezza , soltanto a pensare al martirio che avrebbero dovuto patire i due disgraziati amanti . La Regina rimandò alla torre la spia , con ordine di non dar segni né di sospetto né di curiosità ; e anzi , di mostrarsi più addormentata del solito . Infatti andò a letto di prima sera , e russava e russava , tanto che la Principessa , ingannata a quel modo , aprì la finestra e disse : Uccello turchino , color del cielo , Vola e ritorna subito a me . Ma invano essa lo chiamò , per quanto fu lunga la notte : ei non comparve mai , perché la trista Regina aveva fatto attaccare ai cipressi delle spade , dei coltelli , dei rasoi , dei pugnali : motivo per cui , quando egli venne a buttarsi a volo su quelle piante , si tagliò i piedi e le ali : e tutto ferito , com ' era , arrivò a stento all ' albero suo , lasciando dietro a sé una lunga striscia di sangue ! Oh ! perché , bella Principessa , non eravate presente per soccorrere l ' uccello reale ? Ma ella sarebbe morta se l ' avesse veduto in quello stato da far compassione ! Fisso nell ' idea che questo brutto scherzo gli venisse fatto per colpa di Fiorina , non volle prendere nessuna cura per la sua vita . " Ah spietata ! " , diceva egli dolorosamente , " è così che ricompensi la passione più pura e più tenera , che siasi mai data al mondo ? Se volevi la mia morte , perché non domandarmela colla tua bocca ? La morte , data da te , mi sarebbe stata cara ! Con quanto amore e con quante confidenze io veniva a trovarti ! Io soffriva per te , e soffriva senza lamentarmi . Come ! e avesti cuore di sacrificarmi alla più crudele di tutte le donne ? Essa era la nostra comune nemica , e tu hai fatto la pace con essa a spese mie ? Sei tu , Fiorina , sei tu che mi ferisci di pugnale ! Tu hai preso in prestito la mano di Trotona e l ' hai portata fino al mio cuore ! " Questi funesti pensieri lo angustiarono tanto , che risolvé di morire . Ma il Mago , suo amico , avendo veduto tornare a casa i ranocchi volanti , col carro , senza avere nessuna notizia del Re , si mise in così gran pensiero che potesse essergli accaduta qualche disgrazia , che fece otto volte il giro della terra per trovarlo ; e non lo trovò . Stava per cominciare il nono giro , allorché traversando il bosco , dov ' era l ' uccello turchino , suonò a distesa il corno , secondo le regole prescritte : e dopo gridò per cinque volte con quanta ne aveva in gola : " Re Grazioso ! Re Grazioso , dove siete voi ? " . Il Re riconobbe la voce del suo migliore amico : " Accostatevi a quest ' albero " , egli disse " e vedrete lo sventurato Re , al quale volete tanto bene , immerso nel proprio sangue ! " . Il Mago , sbalordito , guardò da tutte le parti , senza che potesse veder nulla . " Io sono l ' uccello turchino " , disse il Re con voce sfinita e languente . A queste parole il Mago lo trovò senza fatica nel suo piccolo nido . Chiunque altro fuori di lui si sarebbe maravigliato molto di più : ma egli conosceva tutti gli artifici della magia . Bastarono poche parole che disse , per far cessare il sangue che grondava ancora : e con alcune erbe trovate nel bosco , e sulle quali mormorò alcune formule magiche , guarì il Re così perbene , che pareva non fosse stato nemmeno graffiato . Quindi lo pregò a volergli raccontare per quale avventura era diventato uccello , e chi l ' aveva ferito così crudelmente ! Il Re contentò la sua curiosità , e gli disse che era Fiorina quella che aveva rivelato il mistero amoroso delle visite segrete che ei le faceva , e che per amicarsi la Regina , ella aveva acconsentito a lasciar mettere fra i rami del cipresso i pugnali e i rasoi , che l ' avevano tagliato e fatto quasi a pezzetti : si sfogò molte volte sull ' infedeltà della Principessa e giurò che avrebbe avuto più caro a morire , piuttosto che conoscere un cuore tanto cattivo . Il Mago , si scatenò contro Fiorina e contro tutte le donne , e consigliò il Re a dimenticarla affatto . " Che disgrazia sarebbe la vostra " , diss ' egli , " se vi ostinaste a voler bene a quell ' ingrata ! Dopo quello che vi ha fatto , c ' è da aspettarsene di tutti i colori . " L ' uccello turchino , su questo punto , non andava d ' accordo perché egli era ancora troppo innamorato di Fiorina : e il Mago , che gli leggeva nel cuore , sebbene facesse di tutto per dissimulare i propri sentimenti , gli cantò una canzonetta graziosa che diceva su per giù così : " Quando si ha nell ' anima una grande spina , sono inutili i discorsi e i ragionamenti ; si dà retta soltanto al nostro dolore e non ai consigli degli altri . Bisogna lasciar fare al tempo , perché per ogni cosa c ' è un momento opportuno , e fino a tanto che questo momento non è arrivato , è inutile tormentarsi lo spirito con ingegnosi ripieghi " . L ' uccello turchino se ne persuase , e pregò l ' amico di portarlo a casa sua e di metterlo in una gabbia , dove fosse al sicuro dalle unghie del gatto e da ogni arme pericolosa . Ma saltò su a dire il Mago : " Vi rassegnate dunque a restare ancora per cinque anni in uno stato così compassionevole e si poco confacente ai vostri interessi e alla vostra dignità ? Perché dovete sapere che avete dei nemici i quali giurano e spergiurano che siete morto e vogliono invadere il vostro regno ; e ho una gran paura che questo regno lo dobbiate perdere avanti di aver ripreso le vostre vere sembianze " . " Non potrò andare nel mio palazzo " , egli replicò , " e governare secondo il solito , come facevo prima ? " " Oh ! " , esclamò l ' amico , " è difficile . C ' è chi è contento di obbedire a un uomo , ma non intende obbedire a un pappagallo , c ' è chi oggi vi teme , perché siete un Re circondato di grandezze e di fasto , e che domani vi strapperebbe le penne , se vi vedesse trasformato in un uccello . " " Ah , umana debolezza ! oh , prestigio di un brillante esteriore !...", esclamò il Re , " sebbene tu non significhi nulla per il merito e le virtù , non cessi per questo di avere una potenza affascinatrice , dalla quale è difficilissimo difendersi . Ebbene " , egli continuò , " mostriamoci filosofi , e disprezziamo quello che non si può avere : la nostra risoluzione non sarà delle peggiori . " " Io non mi do per vinto così alla prima " , disse il Mago , " e spero ancora di trovare qualche buon espediente , che faccia al caso nostro . " Intanto Fiorina , la povera Fiorina , desolata di non rivedere il Re , passava le giornate e le nottate alla finestra , ripetendo senza tregua : Uccello turchino , color del cielo , Vola e ritorna subito a me . La presenza della sorvegliante non le dava più soggezione ; la sua disperazione era arrivata a tal punto , che non aveva riguardi per nessuno . " Che n ' è stato di voi , Re Grazioso ? " , esclamava , " forse i nostri comuni nemici vi hanno fatto provare i tristi effetti della loro rabbia ? siete forse stato sacrificato al loro furore ? Povera me ! me meschina ! non siete forse più vivo ? non potrò dunque rivedervi mai più ? Oppure stanco delle mie tante sciagure , m ' avete abbandonata alla dura sorte che mi perseguita ? " E quante lacrime e quanti singhiozzi tenevano dietro a questi pietosi lamenti ! E come le ore parevano eterne , per la lontananza del caro amante ! La Principessa abbattuta , malata , divenuta magra e tale da non riconoscersi più da quella di prima , aveva appena tanto fiato da reggersi in piedi . Ella era persuasa che al Re fosse capitata ogni maggior disgrazia che possa darsi sulla terra . La Regina e Trotona gongolavano e il piacere di vedersi vendicate era più forte in loro del dolore provato per l ' offesa ricevuta . E alla fin fine , qual era poi questa offesa ? Il Re Grazioso non aveva voluto sposare una brutta befana , che doveva essergli antipatica e odiosa per mille ragioni . In questo frattempo il padre di Fiorina , che era in là cogli anni , si ammalò e morì . La fortuna della Regina e della sua figlia allora cambiò d ' aspetto ; tutti le riguardavano come due imbroglione che avessero abusato del loro ascendente , e il popolo ammutinato corse al palazzo a domandare la Principessa Fiorina , proclamandola per sua sovrana . La Regina irritata voleva trattare la cosa con grande alterigia ; si affacciò al balcone e minacciò i rivoltosi . In quel punto , la sommossa diventa generale : si sfondano le porte del suo quartiere , si saccheggia tutto , e la lasciano morta a sassate . Trotona si rifugiò presso la Sussio , perché correva lo stesso pericolo della madre . I grandi del regno si radunarono subito , e salirono sulla torre dove era la Principessa molto malata . Ella non sapeva nulla né della morte di suo padre , né della brutta fine toccata alla sua nemica . Quando sentì tutto quel rumore credé in buona fede che venissero a prenderla per condurla alla morte . E non ebbe nessuna paura , perché al giorno che aveva perduto l ' uccello turchino , la vita per lei era diventata odiosa . Ma i suoi sudditi , gettandosi ai suoi piedi , le dettero a conoscere il cambiamento che era accaduto nella sua fortuna . Ella non se ne fece né in qua né in là . La portarono nel suo palazzo , e lì la incoronarono . Le grandi attenzioni che le furono usate e la passione che aveva di rivedere l ' uccello turchino contribuirono molto a farla rimettere in salute e a darle abbastanza forza per nominare un consiglio che avesse cura del regno durante la sua assenza : quindi prese con sé mille milioni di pietre preziose , e una notte se ne partì , tutta sola , senza che alcuno sapesse per dove s ' era incamminata . Il Mago , che aveva preso a cuore gli affari del Re Grazioso , non avendo tanto potere da distruggere l ' incantesimo che la Sussio aveva fatto , pensò bene di andarla a trovare e proporle qualche accomodamento , per vedere se ella avesse voluto rendere al Re la sua sembianza naturale ; e senza mettere tempo in mezzo attaccò i suoi ranocchi e volò dalla fata , la quale in quel momento stava discorrendo con Trotona . Da un mago a una fata non c ' è un grande stacco . Essi si conoscevano già da circa seicent ' anni , e in questo lasso di tempo erano stati fra loro mille volte amici e mille volte si erano guastati . " Che desidera il mio compare ? " , ella gli disse . ( È questo il nome che si danno tutti , fra di loro . ) " Posso esservi utile in qualche cosa che dipenda da me ? " " Sì , comare mia " , disse il Mago . " Voi potete far tutto per rendermi contento . Si tratta del mio migliore amico : di un Re , che voi avete reso infelice . " " Ah ! intendo , compare " , disse Sussio , " me ne dispiace proprio nell ' anima , ma non c ' è da sperar grazia per lui , fin tanto che si ostina a non volere sposare la mia figlioccia : eccola qui bella e fresca , come vedete . Ora tocca a lui a decidersi . " Al Mago gli restò la parola in bocca , tanto la ragazza gli parve brutta : nondimeno non trovava il verso di venirsene via senza aver combinato qualcosa , segnatamente perché il Re , dal giorno che era in gabbia , aveva corso mille pericoli . Il chiodo , dove la gabbia stava attaccata , s ' era rotto : la gabbia era cascata per terra , e sua maestà , colle penne , nella caduta s ' era fatto molto male . Il gatto , che si trovava presente a questo caso , gli dette una graffiata nell ' occhio , e ci corse poco non l ' accecasse . Un ' altra volta s ' erano scordati di dargli da bere , ed era già a tocco e non tocco di beccarsi una bella pipita , se per fortuna non giungevano in tempo a salvarlo con alcune gocce d ' acqua . Un frugolo di scimmiotto , scappato non si sa di dove , gli pettinò ben bene le penne attraverso i ferri della gabbia , strapazzandolo senza nessun complimento , come se fosse stata una gazza o un merlo . Ma la cosa più triste di tutte era questa : che egli stava a un pelo per perdere il trono , perché i suoi eredi ne inventavano ogni giorno una delle nuove , pur di provare come e qualmente egli fosse morto e morto davvero . Alla fine il Mago combinò con la comare Sussio , che ella condurrebbe Trotona nel palazzo del Re Grazioso , che lì vi resterebbe alcuni mesi , durante i quali il Re doveva prendere una risoluzione circa allo sposarla : e intanto la fata renderebbe al Re la sua figura naturale , salvo sempre a farlo tornare uccello , nel caso che si fosse ostinato a non voler sposare la sua figlioccia . La fata diede a Trotona dei vestiti d ' oro e d ' argento ; quindi la fece montare in groppa , dietro a sé , sopra un drago , e si recarono al regno di Re Grazioso , il quale vi giungeva , anche lui , in quello stesso punto insieme al Mago suo amico . Con tre colpi di bacchetta , egli ritornò quello stesso che era stato prima , bello , amabile , spiritoso , magnifico : ma gli costava salata questa diminuzione di penitenza , perché il solo pensiero di sposare Trotona gli metteva i brividi addosso . Il Mago aveva un bel persuadere colle migliori ragioni di questo mondo : ma tutti i suoi discorsi lasciavano il tempo com ' era ! Il Re si dava meno pensiero delle cure di Stato , che di trovare ogni ammennicolo per mandare in lungo il termine fissato dalla Sussio per le nozze con Trotona . Intanto la Regina Fiorina , coi capelli tutti sciolti e arruffati apposta per nascondersi il viso , con un cappello di paglia in capo e con un sacco di tela sulle spalle cominciò il suo viaggio un po ' a piedi e un po ' a cavallo , ora per mare , ora per terra . Faceva dappertutto le più minute ricerche : ma non sapendo con certezza che strada prendere , temeva sempre di andare da una parte , mentre il suo Re pigliava da quell ' altra . Un giorno , essendosi fermata sull ' orlo d ' una fontana le cui acque cristalline rimbalzavano sopra un letto di sassolini minutissimi , le venne voglia di lavarsi i piedi . Si sedé sull ' erba , e raccolti e fermati i capelli con un nastro , tuffò i piedi dentro l ' acqua . A vederla , c ' era da scambiarla con Diana che si bagna di ritorno dalla caccia . In quel mentre passò di lì una vecchierella , tutta ripiegata , la quale si appoggiava a un grosso bastone : si fermò , e le disse : " Che fate costì , mia bella figliuola ? Mi fa male a vedervi sola così ! " . " Non son sola , mia buona nonna " , rispose la Regina , " sono invece in numerosa compagnia , perché ho qui con me un mondo di disinganni , d ' inquietudini e di dispiaceri . " E nel dir così , i suoi occhi si empirono di pianto . " Come ? così giovine , e piangete ! " , disse la buona vecchina . " Animo , figlia mia , non vi date alla disperazione . Raccontatemi sinceramente quello che avete , e spero di consolarvi . " La Regina non se lo fece dire due volte : le raccontò le sue disgrazie , la parte che in tutta questa faccenda vi aveva avuto la Sussio , e finalmente le disse che andava in cerca dell ' uccello turchino . La vecchierella si rizza sulla persona , piglia un altro contegno , cambia improvvisamente di figura e apparisce giovine , bella , magnificamente vestita : poi guardando la Regina con un grazioso sorriso : " Incomparabile Fiorina " , le dice , " il Re che voi cercate non è più uccello : mia sorella Sussio gli ha rese le sue prime sembianze : e ora trovasi nel suo regno . Non state a tormentarvi più : perché voi arriverete a veder coronate le vostre speranze . Eccovi quattro uova : nei grandi bisogni della vita le romperete , e ci troverete dentro delle cose che vi saranno di un grande aiuto " . Detto questo , sparì . Fiorina si sentì rinascere a queste parole ; ripose le uova nel sacco , e s ' incamminò verso il regno di Grazioso . Dopo aver camminato otto giorni e otto notti , giunse a piè di una montagna d ' un ' altezza prodigiosa , tutta quanta d ' avorio e così tagliata a picco , che non c ' era verso di arrampicarcisi sopra , senza cadere . Ella fece mille sforzi inutili : sdrucciolava , si affaticava ; finché , disperata di vedersi di fronte un ostacolo insormontabile , andò a sdraiarsi appiè della montagna , colla ferma risoluzione di lasciarsi morire ; quand ' ecco che si ricordò degli uovi avuti dalla fata . Ne prese uno e disse : " Vediamo un po ' , se promettendomi i soccorsi de ' quali avessi avuto bisogna , si fosse burlata di me " . Appena rotto l ' uovo , vennero fuori alcuni piccoli ganci d ' oro , che ella si attaccò ai piedi e alle mani . E con l ' aiuto di questi poté salire senza fatica sulla montagna d ' avorio ; perché i ganci facevano presa , e le impedivano di sdrucciolare in basso . Quando fu sulla vetta , ecco nuove difficoltà per incominciare a calare al piano : perché tutta la vallata non era altro che un grandissimo specchio di cristallo . Vi erano lì dintorno più di sessantamila donne , che si miravano in esso con grandissimo diletto , perché bisogna sapere che lo specchio aveva dieci chilometri di larghezza e venti di lunghezza . Ciascuna vi si vedeva riflessa secondo il suo desiderio : quella di capelli rossi appariva bionda : la vecchia si vedeva giovine : la giovine pareva anche più giovine ; in una parola , questo specchio nascondeva così bene i difetti , che le donne correvano a specchiarvisi dalle cinque parti del mondo . Bisogna aver visto le smorfie e i bocchini tondi , che facevano la maggior parte di quelle civettuole ; c ' era da scoppiar dalle risa . E non per questo gli uomini ci si affollavano in minor numero : perché lo specchio faceva un gran comodo anche a loro . A chi regalava bellissimi capelli : a chi un personale alto ed elegante , o una cert ' aria marziale , o una fisionomia simpatica e bella . Essi ridevano delle donne e le donne non se ne stavano dal ridere alle loro spalle : per cui la montagna veniva chiamata con molti nomi differenti . Nessuno era stato mai capace di toccarne la cima : e quando vi scorsero Fiorina , le donne si messero tutte a strillare come tante calandre : " Dove va mai quella sfacciata ? " , dicevano esse . " Quella lì dev ' essere tanto imprudente , da mettere i piedi anche sul nostro specchio . Vedrete che dopo pochi passi , ce lo manderà in bricioli . " E così facevano un diavoleto da cavar di cervello . La Regina non sapeva come fare , perché vedeva un gran pericolo nel dovere scendere da quella altezza : allora ruppe un altr ' ovo , dal quale uscirono fuori due piccioni e un cocchio , che tutt ' a un tratto diventò tanto grande , da poterci entrar dentro comodamente : e in questo modo i piccioni con molta leggerezza calarono giù al basso la Regina , senza che accadesse nulla di male . Ella disse ai suoi bravi piccioni : " Miei piccoli amici , se voi sarete tanto cortesi di portarmi fino sul posto dove il Re Grazioso tiene la sua corte , non troverete in me un ' ingrata " . I piccioni , cortesi e obbedienti , volarono giorno e notte finché non furono arrivati alle porte della città . Così Fiorina smontò , e diede a ciascuno di essi un dolcissimo bacio , che costava più di una corona reale . Oh , come le batteva il cuore , mettendo il piede in città ! Per non essere riconosciuta , si insudiciò il viso ; e chiese a quelli che passavano per la strada , dove avrebbe potuto vedere il Re . Alcuni si messero a ridere . " Vedere il Re ? " , le dicevano , " davvero eh ! e che vuoi tu da lui , mio bel Muso - sudicio ? Vai , vai piuttosto a lavarti : perché i tuoi occhi non sono degni di vedere un gran monarca a quel modo . " La Regina non rispose : si allontanò pian piano : e tornò daccapo a domandare a quelli che incontrava , dove avrebbe potuto mettersi per vedere il Re . " Domani deve venire al tempio con la Principessa Trotona " , le risposero , " perché finalmente ha consentito di sposarla . " " Cielo , quale notizia ! Trotona , l ' indegna Trotona sul punto di sposare il Re ! " , Fiorina credette di morire e non aveva più fiato né per parlare né per andare avanti . Entrò sotto una porta , e sedutasi sopra una pietra , col viso coperto dai capelli e dal suo cappello di paglia , cominciò a dire : " Sfortunata che io sono ! Eccomi venuta qui per far più bello il trionfo della mia rivale e per vedere coi miei occhi la sua contentezza ! Fu dunque a cagione di lei , che l ' uccello turchino non venne più a vedermi ? Era dunque per quella brutta strega , che mi faceva la più nera di tutte le infedeltà , mentre io , rifinita dal dolore , mi logorava dalla passione per la conservazione dei suoi giorni ? Il traditore s ' era cambiato ... Ricordandosi di me , come se non m ' avesse visto mai , lasciava che io mi struggessi per la sua lontananza , senza darsi punto pensiero della mia !..." . Quando si ha il cuore grosso dai dispiaceri , è raro che si senta il bisogno di mangiare . La Regina cercò un po ' di albergo : e si coricò , senza prendere un boccone . Si alzò col sole e corse al tempio ; ma prima di poterci entrare dové subire molte manieracce dalle guardie e dai soldati . Vide il trono del Re e quello di Trotona , che era già considerata come Regina . Che dolore per un ' anima sensibile e appassionata , come quella di Fiorina ! Si avvicinò al trono della sua rivale , e lì stette in piedi , appoggiata a una colonna di marmo . Il Re arrivò il primo , più bello e più amabile di quello che fosse stato mai in tutta la vita . Trotona venne dopo , vestita con gran magnificenza , ma brutta da far paura . Ella guardò la Regina con un certo cipiglio " E chi sei tu " , le disse , " che ardisci di avvicinarti alla mia augusta persona e al mio trono d ' oro ? " " Io mi chiamo Viso - sudicio " , diss ' ella , " son venuta di lontano per vendervi delle cose rare . " E cominciò a frugare nel suo sacco di tela , e tirò fuori i braccialetti di smeraldo che il Re Grazioso le aveva regalati . " Oh ! oh ! " , esclamò Trotona , " carini codesti pezzi di bicchiere ; me li vendi per cinque soldi ? " " Fateli prima vedere a chi se ne intende , o signora , e poi sul prezzo ci accomoderemo . " Trotona , che amava il Re con maggior tenerezza di quel che poteva attendersi da quella foca , e non le pareva vero di trovare delle occasioni per parlargli , si avanzò fino al trono di lui e gli mostrò i braccialetti , pregandolo a dire il suo sentimento . Alla vista di quei braccialetti , egli si ricordò di quelli che aveva dato a Fiorina : diventò bianco , sospirò , e stette per un po ' di tempo senza rispondere : alla fine , temendo di far vedere il turbamento dell ' animo , fece su di sé un grande sforzo e rispose : " Questi braccialetti , secondo me , valgono quanto tutto il mio regno : credevo che nel nondo ve ne fosse un paio solo ; ma ora vedo che ce ne sono degli altri " . Trotona tornò sul suo trono , dove ci faceva la figura di un ' ostrica attaccata al suo guscio ; e chiese alla Regina quanto , senza rubare , avrebbe preteso de ' suoi braccialetti . " Se doveste pagarmeli , o signora , vi sarebbe d ' un grande scomodo : vi propongo piuttosto un altro patto . Ottenetemi il favore di dormire una notte nella sala degli Echi , che è nel palazzo del Re , e io vi cedo gli smeraldi . " " Magari , Viso - sudicio ! " , disse Trotona , buttandosi via dalle risate come una sguaiata , e mostrando certi denti più lunghi di quelli d ' un cinghiale . Il Re non si dette pensiero di sapere di dove venivano quei braccialetti , un po ' perché gli era indifferente la venditrice ( che non destava davvero nessuna curiosità ) , ma segnatamente per il disgusto invincibile che provava a discorrere con Trotona . Ora bisogna sapere , che in quel tempo che egli era sempre uccello turchino , una tal volta gli era venuto fatto di raccontare alla Principessa come proprio sotto al suo quartiere reale c ' era una piccola sala che si chiamava la sala degli Echi ; costruita in un modo così ingegnoso , che tutto ciò che vi si diceva sottovoce , era sentito benissimo dal Re quando si trovava a letto nella sua camera ; per cui Fiorina non poteva immaginare un miglior mezzo di questo , per potergli rimproverare la sua infedeltà . Per ordine di Trotona la condussero nella sala degli Echi , dov ' ella dette principio ai suoi lamenti e ai suoi rimproveri così : " La sciagura , alla quale non voleva credere , pur troppo è certa , barbaro uccello turchino ! tu ti sei scordato di me : tu ami la mia indegna rivale . I braccialetti , che ebbi dalla tua mano reale , non furono capaci di richiamarmi alla tua memoria : tanto io sono lontana dal tuo pensiero ! " . E qui i singhiozzi le tolsero la parola : quand ' essa riebbe fiato da parlare , ricominciò daccapo e continuò fino alla mattina . I camerieri , avendola sentita piangere e sospirare tutta la notte , andarono a raccontarlo a Trotona : la quale le domandò la ragione di tutto il lamentìo che aveva fatto . La Regina rispose che aveva dormito profondamente e che dormendo le accadeva per il solito di sognare e di parlare a voce alta . Quanto al Re , per una strana fatalità non aveva sentito nulla : e questo derivava , perché dal giorno che incominciò la sua passione per Fiorina , aveva perduti i sonni ; e quando la sera andava a letto , gli davano dell ' oppio per farlo riposare . La Regina passò una gran parte del giorno così inquieta , da non potersi dir quanto . " Se mi ha sentito " , diceva fra sé , " come si può dare al mondo un ' indifferenza più atroce della sua ? Se poi non mi ha sentito , in qual altro modo potrò far giungere la mia voce fino a lui ? " Gioielli e cose d ' arte veramente rare e straordinarie non ne aveva più : perché le pietre preziose sono sempre belle , ma ci bisognava qualcosa che sapesse stuzzicare il gusto di Trotona . Allora ricorse ai suoi uovi e ne ruppe uno . Ecco che scappò subito fuori una carrozzina d ' acciaio lustro , tutta ornata di fregi d ' oro in rilievo ; alla carrozzina erano attaccati sei sorci verdi , guidati da un grosso topo color di rosa , mentre il battistrada , anch ' esso della famiglia topesca , era d ' una bella tinta grigio - perla . Dentro alla carrozza c ' erano quattro marionette più vispe e più graziose di quelle che si vedono sui teatrini alle grandi fiere di Padova e di Sinigaglia , e facevano delle cose molto sorprendenti , in specie due piccole egiziane , le quali ballavano la sarabanda e il minuetto meglio di tutte le ballerine della Pergola e della Scala . La Regina rimase a bocca aperta a vedere questo capolavoro dell ' arte negromantica : ma non fece motto fino alla sera , che era l ' ora che Trotona andava alla passeggiata . Allora si mise in un viale a far galoppare i suoi sorci che tiravano la carrozza , gli altri topi e le marionette . Questa novità fece tanta meraviglia a Trotona , che cominciò a gridare : " Viso - sudicio ! ehi , Viso - sudicio ! li vuoi cinque soldi per la tua carrozza e per il tuo equipaggio topinesco ? " . " Domandate ai letterati e ai sapienti di questo regno " , disse Fiorina " che cosa può valere una meraviglia simile , e io me ne starò al parere del più capace fra loro . " Trotona , prepotente in ogni cosa , rispose : " Non mi star più a stomacare colla tua sudicia presenza ; dimmi il prezzo , e finiscila " . " Dormire ancora un ' altra volta nella sala degli Echi " , disse Fiorina , " ecco tutto quello che vi domando . " " Va ' , povera bestia " , replicò Trotona , " non ti sarà negato . " E voltandosi alle sue dame , disse : " Questa stupida creatura non sa ricavare nessun guadagno dalla vendita di tante belle rarità ! " . Venne la notte . Fiorina disse tutto quello che si può immaginare di più tenero e di appassionato , ma fu lo stesso che dirlo al muro , come la notte avanti , perché il Re non lasciava mai di prendere la sua solita bevanda coll ' oppio . I camerieri dicevano fra loro : " Questa campagnola , non c ' è caso , dev ' esser grulla : che cos ' è tutto questo cicalìo che fa la notte ? " . " Peraltro " , osservavano alcuni , " nelle cose che dice , c ' è del buon senso e della passione . " Fiorina aspettò colla febbre addosso che venisse il giorno , per vedere l ' effetto prodotto da ' suoi discorsi . " Pur troppo " , essa diceva , " questo spietato è diventato sordo alla mia voce ! Non riconosce più la voce della sua cara Fiorina ? Ah ! che vergogna , ostinarsi ancora a volergli bene ! Egli mi disprezza , e me lo merito . Sì , mi sta bene . " Però tutti questi ragionamenti tornavano inutili . Ella non poteva guarire della sua passione . Nel sacco non le rimaneva che un solo uovo , dal quale potesse sperare qualche soccorso . Lo ruppe e ne uscì fuori un pasticcio di sei uccelli lardellati , cotti e benissimo rosolati ; eppure , con tutto questo , cantavano da innamorare , predicavano la buona ventura e sapevano di medicina meglio di Esculapio . La Regina restò stupita di una cosa tanto meravigliosa , e se ne andò col suo pasticcio parlante nell ' anticamera di Trotona . Mentr ' essa aspettava di poter passare , uno de ' camerieri le si avvicinò e le disse : " Ma non sapete , mio bel Viso - sudicio , che se il Re non pigliasse l ' oppio per dormire , voi lo cavereste di cervello con tutto il chiacchierio che fate nella notte ? " . Fiorina allora capì subito la ragione perché il Re non l ' aveva udita , e disse al cameriere : " Sono tanto sicura di non disturbare i sonni del Re , che stasera , nel caso che io dorma nella sala degli Echi , se non gli darete nemmeno una goccia d ' oppio , tutte queste perle e diamanti saranno per voi " . Il cameriere accettò e dette la sua parola . Dopo pochi minuti arrivò Trotona e vide la Regina che faceva finta di voler mangiare il suo pasticcio . " Che cosa fai costì , Viso - sudicio ? " le disse . " Signora " , rispose Fiorina , " son qui che mangio astrologhi , musici e dottori di medicina . " In quello stesso momento gli uccelli cominciarono a cantare dolcemente , come tante sirene ; poi gridavano : " Buttateci una piccola moneta d ' argento e vi diremo la buona ventura " , Un anatrotto , che torreggiava sugli altri , disse più forte di tutti : " Qua , qua , qua , qua ; io sono medico , io guarisco la gente da tutti i mali e da tutte le pazzie , fuori che da quella d ' amore " . Trotona sbalordita da questo portento non veduto mai in vita sua , gridò , sagrando come un vetturino : " Affeddìo , che bel pasticcio ! Lo voglio per me . Qua , Visosudicio : quanto ne chiedi ? " . " Il solito prezzo " , ella disse , " dormire nella sala degli Echi , e nient 'altro." " Sta bene , e ti voglio dar per giunta anche questa moneta " , disse Trotona , fuor di sé dall ' allegrezza di avere avuto il pasticcio . Fiorina se ne va via ringraziando , tutta contenta per la speranza che questa volta il Re avrebbe sentita la sua voce . Appena venne la notte , ella si fece condurre nella sala degli Echi , colla passione che la struggeva che il cameriere mantenesse la parola e che , invece di dare al Re il solito oppio , gli mettesse innanzi qualche altra bevanda da tenerlo desto ; quando poté figurarsi che tutti dormissero , ella ricominciò i suoi pietosi lamenti : " A quanto pericolo non sono io andata incontro " , ella diceva , " per venirti a cercare , mentre tu mi fuggi e vuoi sposare Trotona ! Che t ' ho io fatto , crudele , per scordarti così i tuoi giuramenti ? Rammentati almeno qualche volta della tua metamorfosi , del mio amore e dei nostri teneri colloqui ! " . Ella ripeté questi colloqui a uno a uno , e con tanta fedeltà di memoria , da far vedere che per lei non c ' era altra cosa al mondo che le fosse più cara di questi ricordi . Il Re non dormiva punto , e sentiva così distintamente la voce di Fiorina e tutte le sue parole , che non sapeva raccapezzarsi da dove venissero : ma il suo cuore , teneramente commosso , gli fece ricordare così al vivo l ' immagine della sua incomparabile Principessa , che nel trovarsi ora diviso da lei sentì il medesimo dolore di quando i coltelli lo ferirono fra i rami del cipresso . E anch ' esso si mise a parlare sullo stesso tono della Regina , e disse : " Ah ! Principessa troppo crudele per un amante che vi adorava ! com ' è egli mai possibile che mi abbiate sacrificato ai nostri comuni nemici ?..." . Fiorina udì le cose che il Re diceva , e non si stette dal rispondergli e dal fargli sapere che s ' egli avesse voluto degnarsi di chiamare presso di sé Viso - sudicio , avrebbe potuto aver la spiegazione di tanti misteri , fin allora inesplicabili per lui . A queste parole il Re , impaziente , chiamò uno dei suoi camerieri , e gli disse se fosse stato possibile di trovargli subito Viso - sudicio e di condurgliela lì . Il cameriere rispose che la cosa poteva farsi in un batter d ' occhio , perché Viso - sudicio era a dormire nella sala degli Echi . Il Re non sapeva che cosa si pensare . Come poteva mai figurarsi che una sì gran Regina , come Fiorina , potesse trovarsi trasfigurata a quel modo ? E come credere che Viso - sudicio avesse la voce della Regina e conoscesse tutti i suoi segreti più intimi , se ella non fosse stata la Regina stessa ? Tormentato da questi sospetti si alzò dal letto , si vestì in fretta e furia , e per una scaletta segreta scese nella sala degli Echi . La Regina aveva levata la chiave : ma il Re ne aveva una che apriva tutte le porte del palazzo . La trovò vestita con una veste leggerissima di seta bianca , che essa era solita portare sotto i suoi panni sudici e strappati ; i suoi bellissimi capelli le scendevano per le spalle ; era distesa sopra un canapè , e una lampada , in lontananza , mandava all ' intorno un pallido sbattimento di luce . Il Re entrò dentro all ' improvviso ; e la passione dell ' amore vincendo tutti i suoi risentimenti , appena l ' ebbe riconosciuta , andò a gettarsi a ' suoi piedi , le bagnò le mani del suo pianto e credette di morire di gioia , di dolore e di mille pensieri diversi che , tutti in una volta , gli si affollarono alla memoria . La Regina non fu meno commossa di lui ; ed ebbe una tal serratura al cuore , che sentiva mancarsi il respiro . Ella guardava fisso fisso il Re , senza dir parola ; e quand ' ebbe la forza di poter parlare , non ebbe quella per fargli dei rimproveri . La gran contentezza di rivederlo le fece dimenticare per un momento tutte le ragioni , che essa credeva fondatissime , di lagnarsi di lui . Alla fine ogni cosa venne in chiaro , tutti e due a vicenda si trovarono giustificati ; il loro amore riprese al disopra , e l ' unica spina , che ormai li tormentasse , era la fata Sussio . Ma in questo frattempo giunse il Mago , grande amico del Re , in compagnia d ' una famosa fata , la quale era appunto quella che aveva dato le quattro uova a Fiorina . Scambiati i primi complimenti d ' uso , il mago e la fata dissero chiaro e tondo che essendosi trovati d ' accordo a riunire i loro poteri in favore del Re e della Regina , la fata Sussio non poteva far altro che un bel nulla contro di essi ; e che per conseguenza non c ' erano più ostacoli per mandare in lungo le loro nozze . Ci vuol poco a figurarsi l ' allegrezza dei due giovani amanti . Appena si fece giorno , la voce si sparse per il palazzo , e tutti furono contenti di vedere la bella Fiorina . Il rumore di questa notizia essendo arrivato fino agli orecchi di Trotona , questa corse subito dal Re : e come rimase brutta , quando gli vide al fianco la sua odiata rivale ! Mentre stava per aprir bocca e per dir loro un sacco di vituperi , il mago e la fata la trasformarono in una maiala , perché così le rimanesse un poco della sua fisionomia e del suo brutto vizio di grugnire . Ella fuggì via , grugnendo sempre fin giù nel cortile , dove fu accolta da uno scoppio di risate , che la messero all ' ultima disperazione . Il Re Grazioso e la Regina Fiorina , liberati finalmente dalla presenza di una così odiosa persona , non pensarono più che a festeggiare le loro nozze : le quali spiccarono per buon gusto e magnificenza : e c ' è da immaginarsi facilmente la felicità dei due sposi , dopo tanti dispiaceri e tante traversie . Domandatelo al Re Grazioso , ed egli vi risponderà : meglio diventare uccelli turchini , corvi e anche anatre palustri , piuttosto che sposare una Trotona , alla quale non si voglia bene . Peccato che non si trovi sempre un mago o una fata per mandare a monte tanti matrimoni , dove l ' amore non c ' entra per nulla ! La Gatta Bianca C ' era una volta un Re il quale aveva tre figli : tre pezzi di giovanotti forti e coraggiosi ; ed egli si era messo paura che volessero salire sul trono prima della sua morte : tanto più , che stando a certe voci che correvano , i suoi figli cercavano dappertutto di farsi dei partigiani per impadronirsi del regno . Il Re cominciava a essere un po ' in là cogli anni , ma essendo ancora verde di spirito e sano di mente , non se la sentiva punto di cedere loro un posto , occupato da lui con tanta dignità . Pensò , dunque , che il miglior partito per vivere tranquillo fosse quello di tenerli a bocca dolce a furia di promesse , che egli avrebbe saputo sempre deludere e mandare in fumo . Li chiamò nel suo gabinetto , e dopo aver parlato alla buona di varie cose , saltò fuori col dire : " Miei cari figli , voi converrete meco che la mia età avanzata non mi permette più di accudire agli affari di Stato con lo stesso impegno d ' una volta ; temo che i miei sudditi ne abbiano a risentire i danni , ed è per questo che ho deciso di mettere la corona sul capo a uno di voi tre . Peraltro è ben giusto che in compenso di un regalo simile , voi dobbiate cercare di compiacermi nel disegno , che oramai ho fatto , di ritirarmi in campagna . Mi pare che un canino vispo , fido , grazioso potrebbe tenermi un ' ottima compagnia : così , senza stare a scegliere il figlio maggiore piuttosto del minore , io vi dichiaro che quello che di voi tre mi porterà il canino più bello , quello sarà il mio erede " . I principi restarono sorpresi del capriccio del loro padre per un canino , ma i due minori vi trovarono il loro tornaconto ed accettarono con piacere la commissione di andare in cerca di un cane . Quanto al figlio maggiore , era troppo timido e troppo rispettoso per far valere i suoi diritti . Presero quindi congedo dal Re , il quale li fornì d ' oro e di pietre preziose , soggiungendo che fra un anno , né più né meno , in quello stesso giorno e alla medesima ora , dovessero tornare a portargli ciascuno il suo canino . Prima di mettersi in viaggio i tre fratelli andarono a un castello , discosto appena un miglio dalla città . Menarono seco gli amici e fecero gran baldoria , giurandosi tutti e tre amicizia eterna , e restando intesi che in questa faccenda avrebbero ciascuno tirato avanti per il fatto suo , senza gelosie e rancori , e che in ogni caso il più fortunato avrebbe sempre tenuto a parte gli altri due della sua fortuna . E così partirono , dopo aver fissato che al ritorno si sarebbero ritrovati nello stesso castello , per poi recarsi tutti insieme dal Re . Non vollero con sé nessuno , e cambiarono di nome per non essere riconosciuti . Ciascuno prese una via diversa . I due maggiori ebbero molte avventure ; ma io racconterò soltanto quelle del minore . Il quale era grazioso , d ' umore allegro e piacevole , una bella testa , fisonomia signorile , fattezze regolari , bei denti e moltissima destrezza in tutti quegli esercizi , che completano l ' educazione di un gentiluomo . Cantava con gusto , suonava il liuto e la chitarra da incantare , maneggiava la tavolozza , era insomma un cavaliere compitissimo e di un coraggio che rasentava la temerità . Non passava giorno che non comprasse cani grandi , piccoli , levrieri , bull - dogs , da caccia , spagnuoli , barboni . Se ne aveva uno bello e ne trovava un altro più bello , lasciava il primo per tenersi l ' altro : perché gli sarebbe stato impossibile , solo com ' era , di menarsi dietro trenta o quarantamila cani ; ed egli non voleva con sé nessuno strascico di gentiluomini o di servitori o di paggi . Camminava e camminava , senza sapere neanche lui dove andasse , quand ' ecco che una volta si trovò sorpreso dalla notte , dai tuoni e da un gran rovescio d ' acqua nel mezzo d ' una foresta , dove non raccapezzava più nemmeno la strada che doveva fare . Prese il primo viottolo che gli capitò fra i piedi , e dopo aver camminato un pezzo , poté scorgere un po ' di luce ; e da questa si figurò che , non molto lontano , ci dovesse essere qualche casa , dove avrebbe potuto mettersi al coperto fino al giorno . Guidato così da quella po ' di luce che vedeva , giunse alla porta di un castello , il più magnifico che si possa immaginare . La porta era d ' oro , coperta di carbonchi , il cui bagliore limpido e smagliante illuminava tutti i dintorni . E questa era la luce che il Principe aveva veduto di lontano . I muri erano di porcellana trasparente sulla quale , dipinta in colori , si vedeva la storia di tutte le fate dalla creazione del mondo in poi ; né vi erano dimenticate le famose avventure di Pelle d ' Asino , di Finetta , del Melarancio , di Graziosa , della Bella addormentata nel bosco , di Serpentino Verde e di cent ' altri . Gli fece grandissimo piacere di riconoscervi anche il Principe Folletto , perché era suo zio all ' uso di Brettagna . La pioggia e la stagione indiavolata gli levarono la voglia di trattenersi più a lungo in un luogo , dove si bagnava tutto fino all ' ossa , senza contare che dove non giungeva il riflesso luminoso dei carbonchi , non ci si vedeva proprio di qui a lì . Tornò alla porta d ' oro , e vide uno zampetto di capriolo attaccato in fondo a una piccola catena tutta di diamanti : e non poté di meno di restare a bocca aperta , non tanto per la magnificenza di quel cordone da campanello , quanto per la gran sicurezza colla quale vivevano in quel palazzo . " Perché " , faceva egli a dire , " che ci vorrebbe per i ladri a staccare la catenella e portar via i carbonchi ? Sarebbe il vero modo di diventar ricchi una volta per tutte . " Tirò lo zampetto di capriolo : subito sentì suonare una campanella , che allo squillo gli parve d ' oro o d ' argento . Di lì a un minuto la porta si aprì , senza che egli potesse veder altro che una dozzina di mani per aria , ciascuna delle quali teneva una fiaccola accesa . A quella vista restò così intontito , che non sapeva risolversi a entrare , quando sentì altre mani , che lo spingevano per dietro , e anche con una certa tal qual violenza . Egli entrò là dentro a malincuore , e per ogni buon fine e rispetto portò la mano all ' impugnatura della spada : quand ' ecco , che traversando un vestibolo , tutto incrostato di porfido e di lapislazzuli , sentì due voci angeliche che cantavano così : Delle man . , che vedete Non vi prenda sospetto : Ché sotto questo tetto Non c ' é da temer nulla . Se non le seducenti Grazie di un bel visino ; Caso che il vostro cuore Non voglia rimaner schiavo d ' amore . Egli non poté immaginarsi che lo invitassero con tanta buona grazia , per fargli poi un brutto tiro : per cui , sentendosi sospinto verso una gran porta di corallo , che si aprì al suo avvicinarsi , entrò in una gran sala , tutta di madreperla ; e quindi passò in altre sale ornate in mille maniere differenti e così ricche di pitture e di marmi preziosi , da farlo restare sbalordito . Migliaia e migliaia di lumi , che dal soffitto arrivavano fino a terra , illuminavano altri quartieri ; anche questi pieni di lampadari , di luci a riflesso e di ventole gremite di candele . Per farla corta , era una tal maraviglia da crederla un sogno . Dopo aver traversato una fila di sessanta stanze , le mani che lo guidavano lo fecero fermare , ed esso vide una poltrona grande e molto comoda , che si accostò da sé sola al camminetto . In quel mentre il fuoco si accese : e le mani che gli sembravano bellissime , bianche , piccole , bofficette e ben proporzionate , cominciarono a spogliarlo : perché , com ' ho detto poco fa , era tutto fradicio mézzo e c ' era il caso di fargli prendere un ' infreddatura . Gli fu presentato senza che egli vedesse alcuno , una camicia così bella , che era proprio una camicia da sposi , insieme a una veste da camera , di stoffa trapunta d ' oro e ricamata di piccoli smeraldi , che formavano degli arabeschi e delle cifre . Le mani , senza corpo , gli avvicinarono una toeletta , che era una vera maraviglia : e lo pettinarono con tanta leggerezza e con tanta maestria , che rimase contentissimo . Poi lo rivestirono tutto , non coi panni di lui , ma con gli altri abiti molto più belli . Egli stava ammirando , senza fiatare , tutto quello che accadeva sotto i suoi occhi , e di tanto in tanto aveva qualche brivido di paura , che non poteva vincere a nessun costo . Quando l ' ebbero incipriato , pettinato , profumato , vestito in gala , e fatto più bello d ' un amore , le solite mani lo condussero in una sala magnifica per i mobili e per le dorature . In giro alle pareti si vedeva la storia dei gatti più famosi . Rodilardo appiccato pei piedi , nel Consiglio dei Topi : il Gatto cogli stivali , marchese di Carabà : il Gatto scrivano : il Gatto cambiato in donna , i Sorci mutati in gatti : il Sabbato e tutte le sue stregherie ; insomma non c ' era cosa più originale di questi quadri . La tavola era apparecchiata , con sopra due posate e due tovagliolini , ciascuno dei quali col suo laccetto d ' oro : la dispensa faceva restare a bocca aperta per la quantità di vasi di cristallo di monte e di altre pietre preziose . Il Principe non sapeva per chi fossero quelle due posate , quando vide alcuni gatti che andavano a pigliar posto in una piccola orchestra fatta apposta per loro : uno portava un libro pieno di capperi e di note le più strane del mondo : un altro teneva in mano un quaderno arrotolato , per battere il tempo : gli altri avevano delle piccole chitarre . Tutt ' a un tratto , ciascuno di essi cominciò a miagolare in diversi toni e a grattare coll ' unghie le corde della chitarra . Il Principe avrebbe quasi creduto di esser capitato all ' inferno , se non gli fosse parso che il palazzo fosse troppo meraviglioso per dar motivo a simili sospetti : e non potendo far altro , si tappava gli orecchi e si buttava via dalle risate , a vedere i gesti e le boccacce di quei musicanti di una razza nuova . Mentre stava pensando alle tante cose che gli erano accadute in questo castello , vide entrare una figurina non più alta di mezzo braccio . Questa specie di bambolina era coperta dalla testa ai piedi da un lungo velo di crespo nero . L ' accompagnavano due gatti , anch ' essi abbrunati , col mantello e la spada al fianco . E dietro a loro , un numeroso corteggio di gatti , che portavano trappole e gabbie piene di sorci e di topi . Il Principe era fuori di sé dallo stupore , e non sapeva che cosa pensare . Intanto la bambolina si avvicinò e si tolse il velo : sicché egli poté vedere la più bella gattina , fra quante ce ne furono e ce ne saranno mai . Ella appariva molto giovine e molto afflitta : e faceva un miagolìo così dolce e così carino , che andava proprio al cuore . Ella disse al Principe : " Figlio di Re , tu sei il benvenuto . La mia miagolante maestà ti vede con piacere " . " Signora Gatta " , disse il principe " voi siete molto buona a farmi sì cortese accoglienza ; ma voi non mi avete l ' aria di essere una bestiolina come tutte le altre : il dono della parola e il bel castello che possedete , ne sono una prova lampante . " " Figlio di Re " , riprese la Gatta , " ti prego , non mi dire dei complimenti . Io sono semplice di modi e di parole : ma ho un buon cuore . Animo ! " continuò ella " si serva subito in tavola ; e i musicanti tacciano , perché tanto il Principe non intende nulla di quello che dicono . " " Dicono forse qualche cosa ? " , domandò egli . " Ma sicuro " , ella soggiunse , " perché qui ci sono dei letterati , che hanno moltissimo spirito : e se resterete un poco fra noi , ve ne persuaderete facilmente . " " Basta sentirvi discorrere , per crederlo subito " , disse il Principe con molta galanteria , " ed è per questo , o signora , che io vi stimo una gatta veramente singolare . " Fu portata la cena : la quale era servita da quelle stesse mani , appartenenti a corpi invisibili . Si rifecero dal mettere in tavola due pasticci : uno di piccioncini e l ' altro di sorci grassi come ortolani . La vista di quest ' ultimo pasticcio fece perdere al Principe la voglia di assaggiare il primo ; per il sospetto che tutti e due fossero stati cucinati dallo stesso cuoco , e con le medesime rigaglie : ma la gattina , vedendogli far boccuccia , indovinò la sua idea e lo accertò che la sua cucina era fatta a parte , e che poteva mangiare tranquillamente le pietanze , che gli avessero messo dinanzi , senza scrupolo di trovarci dentro o topi o sorci . Il Principe non se lo fece dire due volte , persuaso che la bella Gattina non poteva avere nessun motivo per dargli ad intendere una cosa per un ' altra . E mentre mangiava gli venne fatto notare che ella aveva un piccolo ritratto in avorio , attaccato a una zampa , e gli fece specie . La pregò se avesse voluto mostrarglielo , credendo che fosse il ritratto di padron Buricchio . Ma rimase oltremodo stupito nel vedere che era un giovine così bello , da non credere che la natura n ' avesse formato un altro compagno : e il ritratto somigliava tanto a lui , che se gliel ' avessero dipinto apposta , non poteva esser più vero e più parlante . Ella sospirò : e facendosi anche più trista , serbò un profondo silenzio . Il Principe capì che ci doveva esser sotto qualche cosa di misterioso e di straordinario , ma non ebbe cuore di chiedere spiegazioni , per paura di far dispiacere alla Gatta e di affliggerla più che mai . Egli le parlò di tutte le novità che sapeva , e la trovò istruttissima degl ' interessi delle case principesche e di tutti i fatti che accadevano nel mondo . Alzati da cena , la Gatta Bianca invitò il suo ospite a voler passare in una gran sala , dove c ' era un teatro sul quale davano un balletto dodici gatti e dodici scimmie . Gli uni erano vestiti da mori , le altre da chinesi . È facile immaginarsi i salti e le capriole che facevano , e i graffi e le zampate che di tanto in tanto si scambiavano fra loro . La serata finì così . Gatta Bianca dette la buona notte al suo ospite : e le mani , che l ' avevano condotto fin lì , lo ripresero e lo menarono in un quartiere , che era tutto differente da quello che aveva visto . Poteva dirsi più elegante che magnifico : ed era tappezzato , di cima in fondo , di ali di farfalle , i cui variati colori formavano mille fiori diversi . Vi erano pure delle penne di uccelli rarissimi , e che forse non si sono veduti altro che in quel luogo . I letti erano di velo , e ornati con bellissimi fiocchi di nastro ; e dappertutto grandi specchi , che andavano dall ' impiantito al soffitto , e messi dentro a cornici cesellate d ' oro e che rappresentavano migliaia e migliaia di piccoli amorini . Il Principe entrò a letto senza fare una parola , perché era impossibile attaccare un po ' di conversazione colle mani che lo servivano . Dormì poco e fu svegliato da un rumore confuso . Le mani , lì pronte , lo tirarono subito fuori del letto e gli messero addosso un vestito da caccia . Dette un ' occhiata giù , nella corte del castello , e vide più di cinquecento gatti , dei quali alcuni tenevano i levrieri al guinzaglio , e gli altri suonavano il corno . Era una gran festa : Gatta Bianca andava alla caccia , e voleva che il Principe fosse della partita . Le solite mani , addette al suo servizio , gli presentarono un cavallo di legno , che correva a briglia sciolta e che sapeva andare al passo , che era uno stupore . Egli stintignava un poco a montarci sopra , dicendo che era quasi lo stesso che fargli fare la figura di cavaliere errante come Don Chisciotte : ma la sua mala voglia gli giovò poco : si trovò messo di peso sul cavallo di legno , il quale aveva una gualdrappa e una sella a ricami d ' oro e di diamanti . Gatta Bianca cavalcava uno scimmiotto , il più bello e il più fiero che si potesse mai vedere ; essa aveva lasciato il suo gran velo e portava in testa un berretto da amazzone , che le dava una cert ' aria di spavalderia , che metteva paura a tutti i sorci del vicinato . Non c ' è stata mai un ' altra caccia divertente come quella : i gatti correvano più dei conigli e delle lepri : e così , quando chiappavano qualche animale , Gatta Bianca voleva che lo mangiassero dinanzi a lei , e questa cosa dava luogo a mille giuochi piacevolissimi di agilità e di destrezza . E nemmeno gli uccelli , dal canto loro , erano sicuri : perché i gattini s ' arrampicavano su per gli alberi : e il bravo scimmiotto portava Gatta Bianca fin dentro ai nidi dell ' Aquile , perché disponesse a piacer suo delle piccole Altezze aquiline . Finita la caccia , ella prese un corno lungo un dito , ma che mandava un suono così chiaro e sfogato , da farsi sentire benissimo alla distanza di cento miglia . Quand ' ebbe fatti due o tre squilli di corno , si vide circondata da tutti i gatti del paese : alcuni arrivarono per aria , portati in cocchio : altri venivano per acqua , dentro le barche : insomma era uno spettacolo non mai veduto . Quasi tutti erano vestiti in diversi modi . Gatta Bianca , accompagnata da questo pomposo corteggio , ritornò al palazzo e pregò il Principe a venirvi anche lui . Egli gradì l ' invito , sebbene tutto questo gattaio gli sapesse un po ' troppo di sabbato e di stregheria , e la Gatta parlante gli paresse più strana e più inconcepibile di tutto il resto . Appena entrata nel palazzo , le portarono il suo velo nero . Cenò col Principe , il quale aveva una fame che parevano due , e mangiò per quattro . Furono portati dei liquori , che egli gustò volentieri , ma che gli fecero dimenticare , lì per lì , il canino che doveva portare al Re . Da quel momento in poi non aveva altro pensiero che stare a miagolare con Gatta Bianca : o , come chi dicesse , a tenerle buona e fidata compagnia : tutti i giorni passarono in feste piacevoli , ora alla pesca , ora alla caccia : eppoi balli , tornei e altri spassi , che lo divertivano moltissimo . Spesso e volentieri la bella Gatta faceva dei versi e delle canzonette in uno stile così appassionato , da far capire che aveva il cuore sensibile e che certe cose non si sanno dire , senza essere innamorati : ma il suo segretario , che era un vecchio soriano , aveva una mano di scritto così brutta , che sebbene le opere di lei sieno state conservate , oggi è impossibile leggerle e raccapezzarvi dentro qualche cosa . Il Principe si era scordato di tutto , perfino del suo paese . Le solite mani , rammentate tante volte , continuavano a servirlo . Qualche volta si pentiva di non essere un gatto , per poter passare tutta la vita in così amabile compagnia " Povero me ! " , diceva egli a Gatta Bianca , " come sarei disperato se dovessi lasciarvi ; vi amo tanto ! o diventate donna , o fatemi diventare un gatto ! " Ella pigliava in chiasso queste parole , e gli dava delle risposte così ambigue e sibilline , da non ricavarci un numero . Un anno passa presto , in ispecie quando non si hanno né seccature né pensieri : e quando si sta bene di salute e ci manca il tempo per potersi annoiare . Gatta Bianca sapeva il giorno in cui egli doveva tornare a casa , e perché egli non ci pensava più , credé ben fatto ricordarglielo . " Sai tu " , ella gli disse , " che ti restano tre giorni solamente , per cercare il canino tanto desiderato da tuo padre , e che i tuoi fratelli ne hanno trovati dei bellissimi ? " Il Principe ritornò in sé , e maravigliandosi della sua negligenza : " Per quale incantesimo piacevole " disse " ho potuto scordarmi di una cosa , che mi stava a cuore al disopra di tutte le altre ? Ce ne va della mia gloria e della mia fortuna . Dove troverò un canino , proprio come ci vuole , per guadagnare un Regno , e un cavallo così scappatore da arrivare in tempo ? " . E incominciò a inquietarsi e a mettersi di cattivo umore . Gatta Bianca , con una vocina carezzevole , gli disse : " Figlio di Re , non ti dare alla disperazione : io sono fra i tuoi buoni amici : puoi trattenerti qui ancora un giorno , perché sebbene da qui al tuo paese ci sieno più di duemila miglia , il bravo cavallo di legno ti ci porterà in meno di dodici ore " . " Vi ringrazio , mia bella Gatta " , disse il Principe , " peraltro non mi basta di tornare da mio padre , ma bisogna che gli porti anche un canino . " " Tieni " , gli disse Gatta Bianca , " eccoti una ghianda , dove ce ne troverai dentro uno assai più bello della stessa canicola . " " Via , via , signora Gatta " , disse il Principe , " Vostra Maestà si piglia giuoco di me . " " Avvicina la ghianda all ' orecchio " , ella soggiunse , " e lo sentirai abbaiare . " Esso obbedì ; e sentì subito il canino che faceva : bu ! bu ! Il Principe saltava dalla contentezza : perché un canino , che può entrare in una ghianda , bisogna che sia piccino davvero . Egli voleva aprirla , perché si struggeva di vederlo ; ma Gatta Bianca gli disse che per la strada avrebbe potuto sentir freddo e che era meglio aspettare che fosse dinanzi al Re suo padre . Il Principe la ringraziò mille volte e poi dell ' altro : e gli dette un addio che veniva proprio dal cuore . " Vi giuro " , egli soggiunse " che i giorni mi son passati come un lampo ; volere o non volere , sento che mi dispiace a lasciarvi ; e sebbene voi siate qui la sovrana , e i gatti che vi corteggiano sieno più spiritosi e galanti dei nostri , io non mi perito a invitarvi a venir via con me . " La Gatta , a questa proposta , rispose con un profondo sospiro . Si lasciarono . Il Principe arrivò il primo nel luogo , dove co ' suoi fratelli era stato fissato il ritrovo . Dopo poco arrivarono anche gli altri e rimasero maravigliati nel vedere un cavallo di legno , che caracollava meglio di quelli delle scuole d ' equitazione . Il Principe andò loro incontro : si abbracciarono ripetutamente e si raccontarono le avventure dei loro viaggi : ma il nostro Principe non disse tutta la verità circa a quanto gli era accaduto , e mostrò ai fratelli un canucciaccio mezzo spelacchiato , dicendo che gli era parso così grazioso , che aveva pensato di portarlo a suo padre . Per quanto si volessero bene tra fratelli e fratelli , nondimeno i due maggiori sentirono un gran piacere della cattiva scelta fatta dal minore ; e perché erano a tavola , si davano di nascosto nel piede , come per dire che da lui non avevano nulla da temere . Il giorno dopo partirono tutti e tre insieme , nella medesima carrozza . I due figli maggiori del Re avevano in alcuni panieri dei canini così belli e così delicati , che pareva non si dovessero toccare , per paura di sciuparli . Il minore aveva il suo cane spelacchiato , così inzaccherato di mota , che nessuno lo voleva accosto . Appena arrivati al palazzo , tutti furono loro dintorno per dargli il ben tornato : quindi passarono nelle stanze del Re . Esso non sapeva in favore di chi decidersi , perché i due cani presentati dai suoi figli maggiori erano pari a bellezza : e già i due fratelli si disputavano il vantaggio della successione al trono , quando ecco che il Principe trovò il mezzo di metterli d ' accordo , cavando fuori di tasca la ghianda , che Gatta Bianca gli aveva dato . Apertala in presenza di tutti , ciascuno poté vedere un canino , accovacciato nel cotone , il quale sarebbe passato attraverso a un anello da dito , senza nemmeno toccarlo . Il Principe lo posò in terra , ed egli si mise a ballare la sarabanda con accompagnamento di nacchere e con tanta grazia e leggerezza , come non avrebbe saputo far meglio , la più celebre ballerina spagnuola . Esso era di mille colori , tutti diversi , e il pellame e gli orecchi gli toccavano terra . Il Re rimase un po ' male , perché era proprio impossibile trovar da ridire qualche cosa sulla bellezza di quel cagnolino . A ogni modo egli non aveva punta voglia di disfarsi della sua corona : ogni rosone di essa gli era mille volte più caro di tutti i cani dell ' universo . Disse dunque ai suoi figliuoli di essere arcicontento di tutto quello che avevano fatto : ma siccome eran riusciti così bene nella prima prova , voleva avere un altro saggio della loro abilità , prima di mantenere la parola data ; per cui dava loro tempo un anno a cercargli una pezza di tela così fine e sottile , da passar tutta dalla cruna di un ago , di quelli da ricamo . Tutti e tre sentirono male la cosa di doversi rifar da capo a cercare . I due principi , i cui cani erano meno belli di quello del fratello minore , si rassegnarono . Ognuno se n ' andò per il suo viaggio e senza perdersi in tante tenerezze come la prima volta , perché il bel cagnolino era stato cagione di un certo raffreddamento fra loro . Il nostro Principe rimontò sul suo cavallo , e senza curarsi di altri aiuti , all ' infuori di quelli che poteva attendere dalla Gatta Bianca , partì alla gran carriera e ritornò al castello , dov ' ella gli aveva fatto così buon viso e lieta accoglienza . Trovò che tutte le porte erano spalancate e le mura risplendenti per centomila fiaccole accese , che facevano un effetto meraviglioso . Le solite mani , che l ' avevano servito sempre con tanta puntualità , gli si fecero incontro : e presa la briglia del bravo cavallo di legno , lo portarono alla scuderia , mentre il Principe si avviava verso la camera di Gatta Bianca . Ella stava coricata dentro a una piccola cestina sopra un guanciale di seta , bianca come la neve . La sua pettinatura era un po ' trascurata e la fisonomia abbattuta e trista : ma appena visto il Principe , fece mille salti e mille sgambetti , per fargli intendere la gioia che provava . " Per quante ragioni avessi per credere al tuo ritorno " , diss ' ella , " ti confesso , o figlio di Re , che ci contavo assai poco : per il solito sono così disgraziata ne ' miei desideri , che questa volta mi par proprio di aver avuto una vera fortuna . " Il Principe , in ricambio , le fece mille carezze : e le raccontò l ' esito del suo viaggio , che forse ella già sapeva meglio di lui ; e venne a dire come qualmente il Re voleva una pezza di tela che potesse passare dalla cruna d ' un ago ; che questa cosa a lui gli pareva impossibile , ma che a ogni modo voleva tentarla , ripromettendosi miracoli dalla buona amicizia e dall ' aiuto di lei . Gatta Bianca , pigliando una cert ' aria di serietà , rispose che non era una faccenda da darsene pensiero : che , per buona fortuna , aveva nel suo castello delle Gatte che filavano benissimo : che essa pure vi avrebbe messo lo zampino , per mandare avanti il lavoro ; in una parola che egli poteva starsene tranquillo , e che avrebbe trovato lì quello che cercava , senza bisogno di andare a girellone per il mondo . In quel punto apparirono le mani , le quali portavano delle fiaccole : e il Principe andando dietro a esse , insieme con Gatta Bianca , entrò in una magnifica terrazza coperta , che dava lungo un gran fiume , sul quale furono incendiati bellissimi fuochi d ' artifizio . Vi si dovevano bruciare quattro gatti , ai quali era stato fatto un processo in tutte le regole . Erano accusati di aver mangiato l ' arrosto preparato per la cena di Gatta Bianca , il suo formaggio e il suo latte : e di aver cospirato contro la sua real persona insieme con Martafaccio e l ' Eremita , famosi topi di quella contrada e tenuti per tali anche da La - Fontaine , scrittore degnissimo di fede ; ma , con tutto questo , si sapeva che nel processo c ' erano stati molti pasticci , e che quasi tutti i testimoni avevano preso il boccone . Fatto sta , che il Principe ottenne per loro la grazia : e i fuochi d ' artifizio non bruciarono nessuno : e dei razzi e delle girandole a quel modo , non se ne sono mai più vedute . Dopo i fuochi fu imbandita una cena , che il Principe gustò assai più delle girandole e dei razzi , perché aveva una fame da lupi , per la ragione che il suo cavallo di legno l ' aveva fatto correr tanto , come se fosse stato in strada ferrata , e anche più . I giorni passavano e si somigliavano : feste dalla mattina alla sera , e sempre differenti , colle quali l ' ingegnosa Gatta Bianca teneva allegro il suo ospite : e forse non c ' è stato un altro mortale , che si sia tanto divertito , non avendo con sé altra compagnia che quella dei gatti . Gli è vero che Gatta Bianca aveva uno spirito grazioso , seducente e adattato a ogni cosa ; ella ne sapeva più di quel che è lecito saperne a un gatto : e il Principe molte volte ne rimaneva stupito . " No " , esso le diceva , " le meraviglie che mi vien fatto di notare in voi , non sono punto naturali : se voi mi amate davvero , carissima Micina , ditemi per quale miracolo pensate e parlate con tanta finezza di buon senso , da rendervi degna di sedere fra i begl ' ingegni delle più celebrate Accademie . " " Finiscila con queste domande , figlio di Re " , ella gli disse , " a me non è lecito risponderti : tu puoi almanaccare quanto ti pare e piace : padronissimo ! Ti basti soltanto sapere che avrò sempre per te una zampina col guanto di velluto : e che ogni cosa che ti riguarda sarà come se fosse una cosa mia . " Questo second ' anno passò , senza addarsene , come il primo . Il Principe non aveva tempo di desiderare un oggetto , che le solite mani , sempre pronte , glielo portavano subito : sia che si trattasse di libri , di gemme , di quadri , di medaglie antiche : insomma egli non doveva far altro che dire : " voglio il tal bigiù , che è nel gabinetto intimo del Mogol o del Re di Persia , o la tale statua di Corinto o di Grecia " che subito vedeva comparirsi davanti ciò che desiderava , senza sapere né chi gliel ' avesse portata , né di dove venisse . Ecco una virtù magica , che ha le sue attrattive e che , non foss ' altro per passatempo , ci farebbe nascere la voglia di diventare i padroni dei più bei tesori della terra . Gatta Bianca , che non perdeva mai d ' occhio gl ' interessi del Principe , lo avvertì che il tempo della sua partenza si avvicinava e che poteva stare tranquillo in quanto alla pezza di tela tanto desiderata , perché essa gliene aveva tessuta una maravigliosa : aggiungendo che questa volta voleva regalargli un equipaggio degno di lui . E senza dargli tempo di rispondere , l ' obbligò a guardar giù nel cortile del castello . E lì , infatti , vi era una carrozza scoperta , tutta d ' oro smaltato , color fuoco , con mille imprese galanti dipinte sopra , che facevano piacere agli occhi e alla mente . V ' erano attaccati quattro per quattro , dodici cavalli bianchi come la neve , carichi di gualdrappe di velluto rosso fiammante , ricamate a diamanti e guarnite di fibbie e di piastrelle d ' oro . La carrozza era foderata dentro colla stessa magnificenza ed aveva un seguito d ' altre cento carrozze a otto cavalli , tutte piene di signori di grande apparenza e splendidamente vestiti . V ' era di scorta un reggimento di mille guardie del corpo , le cui uniformi erano così coperte di ricami e di alamari , che il panno non si distingueva più : e la cosa singolare era questa : che il ritratto della Gatta Bianca si vedeva da per tutto , sugli stemmi della carrozza , sull ' uniforme delle guardie , e perfino attaccato con un nastro all ' occhiello dell ' abito dei cortigiani , come la insegna di un nuovo ordine cavalleresco , di cui essa gli avesse onorati . " Ora parti pure " , diss ' ella al Principe , " e presentati al Re tuo padre in codest ' arnese abbagliante ; e che la tua magnificenza da gran signore lo metta in suggezione tanto da non aver cuore di ricusarti il trono che ti sei meritato . Eccoti una noce : guarda bene di non schiacciarla , finché non sarai alla presenza di lui : dentro ci troverai la pezza di tela , che m ' hai domandata . " " Graziosa Bianchina " , egli rispose , " vi giuro che sono talmente preso dalle vostre gentilezze per me , che , se foste contenta , preferirei di passar la mia vita con voi , a tutte le grandezzate che mi aspettano fuori di qui . " " Figlio di Re " , ella soggiunse , " io credo alla bontà del tuo cuore , merce rara fra i Principi : perché essi vogliono essere amati da tutti , e non amar nessuno . Ma tu sei l ' eccezione della regola . Io ti tengo conto del bene che dimostri di volere a una Gattina Bianca , la quale in fondo in fondo , non è buona ad altro che a prender topi . " Il Principe le baciò la zampetta e partì . Se già non si sapesse come il cavallo di legno gli avesse fatto fare duemila miglia in meno di quarantott ' ore , ora si stenterebbe a credere la gran furia che messe per arrivare in tempo . Se non che la stessa potenza che animava il cavallo di legno , spronò talmente anche gli altri , che non restarono per la strada più di ventiquattr ' ore . Non fecero neppure una fermata , finché non furono giunti dal Re , dove già i due fratelli maggiori si trovavano : i quali , non vedendo arrivare il fratello minore , gongolavano del suo ritardo e bisbigliavano fra loro sottovoce : " Questa è una bazza per noi : o è morto o è malato : e così avremo un rivale di meno , nella successione al trono " . Senza perder tempo spiegarono le loro tele , le quali , a dir la verità , erano tanto fini , da passar dalla cruna di un ago grosso : ma per in quanto alla cruna di un ago sottile , era inutile parlarne ; e il Re , tutto contento di aver trovato questo attaccagnolo , mostrò loro l ' ago che egli aveva prescelto e che per ordine suo i magistrati avevano recato dal Tesoro della città , dov ' era stato gelosamente custodito . Nacque un gran diverbio : e tutti vollero dire la sua . Gli amici de ' Principi , e segnatamente quelli del maggiore , la cui tela senza dubbio era la più bella , sostenevano che il Re aveva messo fuori una gretola , dove c ' era mescolata molta dose di furberia e di malafede . Alla fine , per troncare ogni pettegolezzo , si sentì per la città il rumore allegro e cadenzato di una fanfara di trombe , timballi e clarinetti : era il nostro Principe , che arrivava col suo splendido corteggio . Il Re e i suoi due figli fecero tanto d ' occhio alla vista di uno spettacolo così sorprendente . Appena ebbe salutato rispettosamente il padre suo e abbracciati i fratelli , cavò fuori da una scatola , tutta incrostata di rubini , la noce : e la schiacciò . Egli si aspettava di trovarci la pezza di tela , tanto decantata : ma invece c ' era una nocciuola ; schiacciò anche questa , e rimase stupito di trovarci dentro un nocciolo di ciliegia . Tutti si guardarono in viso : il Re se la rideva sotto i baffi e si divertiva alle spalle del figlio , il quale era stato tanto baccello da credere di poter portare una pezza di tela dentro a una noce ; ma perché non ci doveva credere , quando già gli era stato dato un canino che entrava tutto in una ghianda ? Egli schiacciò anche il nocciolo di ciliegia , il quale era tutto pieno della sua mandorlina . Allora cominciò per la sala un gran bisbiglìo : e non si sentiva altro che questo ritornello : " Il Principe cadetto l ' hanno preso a godere !..." . Egli non rispose nulla alle insolenti freddure dei cortigiani . Aprì in mezzo la mandorlina , e ci trovò un chicco di miglio . Oh ! allora poi , per dir la verità , cominciò anch ' esso a dubitare e masticò fra i denti , " Ah ! Gatta Bianca , Gatta Bianca , tu me l ' hai fatta !..." In questo punto sentì sulla mano un ' unghiata di gatto , che lo graffiò così bene da fargli uscire il sangue . Egli non sapeva se quell ' unghiata fosse per dargli coraggio o per consigliarlo a smettere : a ogni modo aprì il chicco di miglio , e lo stupore di tutti non fu piccolo davvero quando ne tirò fuori una pezza di tela di mille metri così meravigliosa , che c ' erano dipinti sopra ogni maniera d ' uccelli , di pesci , di animali , con gli alberi , i frutti e le piante della terra , gli scogli , le rarità e le conchiglie del mare , il sole , la luna , le stelle , gli astri e i pianeti del cielo . E c ' erano anche i ritratti dei Re e dei Sovrani che regnavano allora nel mondo : e quelli delle loro mogli , dei figliuoli e di tutti i loro sudditi , senza che vi fossero dimenticati i più infimi , fra gli straccioni e gli sbarazzini di strada . Ciascuno , nel suo stato , rappresentava il personaggio che doveva rappresentare , ed era vestito alla foggia del suo paese . Quando il Re ebbe visto questa pezza di tela , si fece bianco in viso , come s ' era fatto rosso il Principe , nel mentre che la cercava . Tanto il Re che i due Principi maggiori serbavano un cupo silenzio , sebbene a più riprese si trovassero forzati a dire che in tutto quanto il mondo non c ' era un ' altra cosa , che potesse agguagliarsi alla bellezza e alla rarità di questa tela . Il Re lasciò andare un gran sospiro e voltandosi a ' suoi figli , disse loro : " Non potete figurarvi la mia consolazione , nel vedere la deferenza che avete per me : io desidero dunque che vi mettiate a una novella prova . Andate a viaggiare ancora un anno , e colui che in capo all ' anno menerà seco la più bella fanciulla , quello la sposerà e sarà incoronato Re il giorno stesso delle sue nozze ; perché , in fin dei conti , è una necessità che il mio successore abbia moglie : e faccio giuro e prometto che questa volta sarà l ' ultima e non manderò più per le lunghe la ricompensa promessa " . Questa qui , a guardarla bene , era una ingiustizia bella e buona a carico del nostro Principe . Il cagnolino e la pezza di tela , invece di un regno , ne meritavano dieci ; ma il Principe aveva un carattere così ben fatto , che non volle mettersi in urto col padre suo : e senza rifiatare , rimontò in carrozza e via . Il suo corteggio lo seguì , ed egli tornò dalla sua cara Gatta Bianca . Ella sapeva il giorno e il minuto che doveva arrivare ; per tutta la strada c ' era la fiorita e mille bracieri con sostanze odorose fumavano fuori e dentro al castello . Essa se ne stava seduta sopra un tappeto di Persia , sotto un baldacchino di broccato d ' oro in una galleria , dalla quale poteva vederlo ritornare . Fu ricevuto dalle solite mani , che l ' avevano sempre servito . Tutti i gatti si arrampicarono su per le grondaie , per dargli il ben tornato , con un miagolio da straziare gli orecchi . " Ebbene , figlio di Re " , ella gli disse , " eccoti tornato qui , e senza corona . " " Signora " , egli rispose , " la vostra buona grazia mi aveva messo in caso di guadagnarmela : ma ho capito che il Re avrebbe più dispiacere a disfarsene di quello che io avessi gusto a possederla . " " Non importa " , ella soggiunse , " non bisogna trascurar nulla per meritarla ; io ti aiuterò anche questa volta , e poiché bisogna che tu meni alla corte di tuo padre una bella fanciulla , penserò io a cercartene una che ti faccia vincere il premio : intanto divertiamoci , ed è per questo che ho ordinato un combattimento navale fra i miei gatti e i terribili topi del paese . I miei gatti si troveranno un po ' impappinati nei loro movimenti , perché hanno paura dell ' acqua ; ma senza di questo , essi avrebbero troppo il disopra : e , per quanto si può , bisogna cercare di bilanciare le forze . " Il Principe ammirò la prudenza della signora Micina : le fece i suoi mirallegri e andò con essa sopra una gran terrazza che dava sul mare , I vascelli dei gatti consistevano in grandi pezzi di sughero , sui quali vogavano abbastanza comodamente . I topi avevan riuniti e legati insieme molti gusci d ' ovo e questi erano le loro navi . Il combattimento fu accanito e crudele : i topi si buttavano nell ' acqua e nuotavano con più maestria dei gatti : e così ben più di venti volte si trovarono a essere vincitori e vinti : ma Minagorbio , ammiraglio della flotta gattesca , ridusse l ' armata topina all ' ultima disperazione , e si mangiò con molto gusto il generale della flotta nemica , che era un vecchio topo di grande esperienza , il quale aveva fatto per tre volte il giro del mondo sopra grossi vascelli dove egli non era né capitano , né marinaio , ma semplice leccalardo . Gatta Bianca non volle che quei poveri disgraziati fossero interamente distrutti . Essa aveva politica e pensava che se in paese non ci fossero più stati né topi né sorci , i suoi sudditi sarebbero vissuti in un ozio , che poteva alla lunga diventare pericoloso , Il Principe passò anche quest ' anno , come i due precedenti , andando a caccia , alla pesca e giuocando : perché bisogna sapere che Gatta Bianca era bravissima al giuoco degli scacchi . Egli , di tanto in tanto , non poteva stare dal farle delle domande incalzanti , per arrivare a scuoprire per qual miracolo ella avesse il dono di poter parlare . E avrebbe voluto sapere se era una fata , e se fosse stata cambiata in gatta , al seguito di una metamorfosi : ma siccome non c ' era caso che ella dicesse mai quello che non voleva dire , così rispondeva sempre quel tanto che voleva rispondere , e dava delle risposte tronche e senza significato , ragione per cui egli dové persuadersi che Gatta Bianca non voleva metterlo a parte del suo segreto . Non c ' è una cosa che passi tanto presto , quanto i giorni felici : e se la Gatta Bianca non fosse stata lei a darsi il pensiero di tenere a mente il tempo preciso di far ritorno alla Corte , non c ' è dubbio che il Principe se lo sarebbe dimenticato bene e meglio . Alla vigilia della partenza ella lo avvertì che dipendeva da lui , se avesse voluto menar seco una delle più belle principesse del mondo ; che era giunta finalmente l ' ora di distruggere il fatale incantesimo ordito dalle fate e che per questo bisognava che egli si risolvesse a tagliar a lei la testa e la coda , e a gettarle subito sul fuoco . " Io ? " , esclamò , " Bianchina ! amor mio ! e sarò io tanto spietato da uccidervi ? Ah ! vedo bene che volete mettere il mio cuore alla prova : ma siate pur certa che esso non è capace di mancare alla amicizia e alla riconoscenza che vi deve , " " No , figlio di Re " , ella riprese , " io non sospetto in te nemmeno l ' ombra dell ' ingratitudine ; ti conosco troppo : ma non sta né a me né a te a regolare in questo caso i nostri destini : fai quello che ti dico e saremo felici . Sulla mia parola di gatta onorata e perbene , ti farò vedere che ti sono amica ... " Al solo pensiero di dover tagliare la testa alla sua Gattina , tanto carina e graziosa , il giovane Principe sentì venirsi per due o tre volte le lacrime agli occhi . Disse tutto quel più che seppe dire di affettuoso , per essere dispensato , ma essa , intestata , rispondeva che voleva morire per le sue mani ; e che questo era l ' unico mezzo per impedire ai fratelli di lui d ' impadronirsi della corona : insomma , insisté tanto e poi tanto , che alla fine egli tirò fuori la spada e con mano tremante tagliò la testa e la coda della sua buona amica . In quel punto stesso si trovò presente alla più bella metamorfosi che si possa immaginare . Il corpo di Gatta Bianca cominciò a ingrandire e tutt ' a un tratto diventò una fanciulla : meraviglia da non potersi descrivere a parole , e unica forse al mondo . I suoi occhi rubavano i cuori , e la sua dolcezza li teneva legati : la sua figura era maestosa , l ' aspetto nobile e modesto , lo spirito seducente , le maniere cortesi : e per dir tutto in una parola , ell ' era al disopra di tutto ciò che vi può essere di amabile e di grazioso sulla terra . Il Principe , a vederla , rimase preso da un grande stupore : ma da uno stupore così piacevole , che credette di essere incantato . Non poteva spiccar parola : pareva che gli occhi non gli bastassero per guardarla , e la lingua legata non trovava il verso di esprimere la sua meraviglia ; la quale si accrebbe di mille doppi , quand ' egli vide entrare una folla straordinaria di dame e di cavalieri , colla loro brava pelle di gatto o di gatta , gettata sulle spalle , che andavano a prosternarsi ai piedi della Regina , e a darle segno della loro gioia per vederla tornata nel suo primo stato naturale . Essa li ricevé con tutta quella bontà , che rivelava l ' eccellente pasta del suo cuore e del suo carattere , e dopo essersi trattenuta un poco con essi , ordinò che la lasciassero sola col Principe , al quale parlò così : Non vi mettete in capo , o signore , che io sia stata sempre gatta : e che la mia nascita sia oscura fra gli uomini . Mio padre era Re e padrone di sei regni . Egli amava teneramente mia madre , e la lasciava liberissima di fare tutto ciò che le passava per la mente , La passione dominante di mia madre era quella di viaggiare : per cui , sebbene incinta di me , intraprese una gita per andare a vedere una montagna , della quale aveva sentito dire cose dell ' altro mondo . E mentr ' era per via , le fu detto che lì in que ' pressi c ' era un castello di fate , il più bello fra quanti se ne conoscevano ; o almeno creduto tale per una antichissima tradizione ; perché non essendovi mai entrato nessuno , non potevasi giudicarne che dal di fuori : ma la cosa che si sapeva per certo era questa , che le fate avevano nel loro giardino certe frutta così delicate e saporite , come non se ne sono mangiate mai . Ecco subito che alla Regina mia madre nacque una gran voglia di assaggiarle , e si avviò verso quella parte . Giunse alla porta di questo magnifico palazzo , tutto risplendente d ' oro e di azzurro : ma bussò inutilmente . Non comparve anima viva : si sarebbe detto che erano tutti morti . Quest ' indugi servivano a farle crescere la voglia ; sicché mandò in cerca di scale per iscavalcare i muri del giardino ; e la cosa sarebbe riuscita bene , se i muri non si fossero alzati lì per lì , e senza vedere una mano che ci lavorasse . Si prese allora il ripiego di mettere le scale le une sulle altre ! ma finirono di fracassarsi sotto il peso di quelli che ci salivano sopra , i quali , cadendo giù , rimanevano morti o stroppiati . La Regina era disperata . Vedeva i grandi alberi carichi di frutta , che essa credeva deliziose , e voleva cavarsene la voglia , o morire : e per questo , fece rizzare dinanzi al castello parecchie tende signorili e di gran lusso , e vi si trattenne sei settimane con tutta la sua Corte . Non dormiva né mangiava più : non faceva altro che sospirare , parlando sempre della frutta del giardino inaccessibile , finché si ammalò , senza trovare chi potesse sollevarla del suo male , perché le inesorabili fate non si fecero mai vedere , dopo che ella si era attendata in vicinanza del loro castello . Tutti i suoi uffiziali si affliggevano dimolto : non si sentivano che pianti e sospiri da tutte le parti , mentre la Regina moribonda chiedeva delle frutta a quelli che la servivano , ma non ne voleva di altra specie , all ' infuori di quelle che le venivano negate . Una notte , mentre era in un mezzo dormiveglia , aprì gli occhi e svegliandosi vide una vecchiettina decrepita e brutta più del peccato , seduta in una poltrona accanto al capezzale del suo letto . Si maravigliò che le sue dame avessero lasciata passare una sconosciuta nella sua camera ; quando questa le disse : " A noi ci pare che la tua Maestà sia molto indiscreta , a incaponirsi a voler mangiare per forza le nostre frutta ; ma perché ci va di mezzo la tua vita preziosa , le mie sorelle e io acconsentiremo a dartene tante , quante ne potrai portare , finché starai qui : ma a un patto : al patto che tu ci faccia un regalo " . " Ah ! mia buona nonna " , gridò la Regina , " chiedete e domandate ! io son pronta a darvi il mio regno , il mio cuore , l ' anima mia , purché mi cavi la voglia delle vostre frutta : a nessun prezzo mi parranno care . " " Noi vogliamo " , diss ' ella , " che tua Maestà ci dia la figlia che porti nel seno . Quando sarà nata , verremo a pigliarla e l ' alleveremo noi : non c ' è virtù , bellezza o sapienza , che essa non possa avere per mezzo nostro , in una parola sarà nostra figlia e noi la faremo felice : ma intendiamoci bene : la tua Maestà non potrà rivederla fino al giorno che non si sarà maritata . Se il patto ti garba , io ti guarisco subito , menandoti qui nei pomari del nostro giardino : non badare che sia notte ; ci vedrai abbastanza , per iscegliere le frutta che vorrai . Se il patto non ti va , buona notte , signora Regina e scappo a letto . " " Per quanto sia dura la legge che m ' imponete " , rispose la Regina , " l ' accetto piuttosto che morire , perché è più che certo che mi rimane appena un giorno di vita , e morendo io , la figlia mia morirebbe con me . Guaritemi , sapiente fata " , ella seguitò a dire " e non mi fate perdere nemmeno un minuto per arrivare al godimento della grazia che mi avete fatta . " La fata la toccò con una bacchettina d ' oro , dicendo : " Che la tua Maestà sia libera da tutti i mali , che la tengono inchiodata nel letto " . A queste parole le parve di trovarsi alleggerita da una veste di piombo , pesante e dura , che le toglieva il respiro , e che in certi punti sentiva pesarla anche di più , perché forse era lì la sede del male . Fece chiamare tutte le sue dame e disse loro , con viso sorridente , che stava benissimo , che si voleva levar subito , che finalmente le porte del castello , serrate a chiavistello , e a doppia mandata , si sarebbero aperte per lei , perché potesse mangiare le belle frutta del giardino e portarne via con sé , quante ne avesse volute . Fra tutte quelle dame , non ce ne fu una sola la quale non sospettasse che la Regina fosse caduta in delirio , e che in quel momento sognasse a occhi aperti le frutta tanto desiderate : per cui , invece di risponderle a tono , si misero a piangere e fecero svegliare tutti i medici , perché venissero a vederla . Quest ' indugio faceva inquietare la Regina , la quale domandava i suoi vestiti , e nessuno si muoveva ; e la cosa andò tanto in là che finì col lasciarsi pigliare dalla bizza e diventò rossa come una ciliegia . Alcuni badavano a dire che era effetto della febbre : ma i medici , essendo finalmente arrivati , e dopo averle tastato il polso e fatte le solite cerimonie di uso , non poterono far di meno di dichiarare che era tornata in perfettissima salute . Le sue donne accortesi del granchio a secco che avevano preso per troppo zelo , cercarono di riparare al mal fatto , vestendola da capo a piedi in quattro e quattr ' otto . Le chiesero perdono : tutto fu accomodato : ed essa si affrettò a seguire la vecchia fata che l ' aveva aspettata fin allora . Entrò nel palazzo , dove non ci mancava nulla per essere il più bel palazzo del mondo : " E voi , o signore , non penerete a crederlo " , soggiunse Gatta Bianca , " quando vi avrò detto che è quello stesso , dove oggi io e voi ci troviamo " . Due altre fate , un po ' meno vecchie di quella che conduceva mia madre , vennero a riceverla alla porta e le fecero un ' accoglienza , che pareva proprio una festa . Essa le pregò di menarla subito nel giardino e precisamente a quelle spalliere , dove avrebbe potuto trovare i frutti migliori . " Sono tutti buoni nello stesso modo " , risposero le fate , " e se non fosse che tu vuoi cavarti il gusto di coglierli colle tue mani , noi non avremmo da fare altro che chiamarli e farteli venire fin qui ! " " Oh ! ve ne supplico , signore mie " , esclamò la Regina " fate che io abbia la contentezza di vedere una cosa così meravigliosa e fuori dell 'usuale." La più vecchia delle due fate si pose un dito in bocca e fece tre fischi : poi gridò " albicocche , pesche , noci , prugnole , pere , poponi , uva mascadella , mele , arance , limoni , uva spina , fragole , lamponi , correte tutti al mio comando ! " . " Ma " , osservò la Regina , " tutte codeste frutta vengono in diverse stagioni dell ' anno ! " " Nei nostri orti non è così " , esse risposero , " noi abbiamo sempre ogni sorta di frutta della terra : sempre buone , sempre mature , e non vanno mai a male . " In quel frattempo le frutta arrivarono , rotolandosi , arrampicandosi le une sulle altre , senza mescolarsi e senza insudiciarsi ; sicché la Regina , che si struggeva di levarsene la voglia , vi si buttò sopra , e prese le prime che le capitarono sotto mano . Non le mangiò : ma le divorò . Quando fu piena fino alla gola , pregò le fate di lasciarla andare alla spalliera , per poterle scegliere coll ' occhio prima di coglierle . " Volentieri " , risposero le fate , " ma rammentate la promessa che avete fatta : ormai non c ' è più tempo per tornare indietro . " " Io son così persuasa " , ella riprese a dire , " che qui da voi si faccia una vita d ' oro e mi pare che questo palazzo sia tanto bello , che se non fosse per il gran bene che voglio al Re mio marito , mi metterei d ' accordo per restarci anch ' io : vedete dunque se è mai possibile che io possa pentirmi di quel che ho detto . " Le fate , tutte contente da non si credere , le apersero i loro giardini e i recinti più appartati ; e tanto essa ci si trovò bene , che vi si trattenne tre giorni e tre notti , senza allontanarsi di lì un minuto . Fece una gran provvista di frutta e ne colse quante ne poté cogliere : e perché sapeva che non andavano a male , ne fece caricare quattromila muli che condusse seco . Al dono delle frutta le fate vollero aggiungere quello dei corbelli e delle ceste d ' oro , d ' un lavoro finissimo che pareva fatto col fiato : le promisero che mi avrebbero allevata da Principessa , come io era , che mi avrebbero data un ' educazione perfetta , e a suo tempo scelto uno sposo . Le dissero di più che ella sarebbe stata avvertita del giorno delle nozze , e che contavano sul sicuro che non sarebbe mancata . Il Re fu lieto del ritorno della Regina e tutta la Corte le dimostrò la sua gioia . Ogni giorno erano balli , mascherate , tornei e feste , dove le frutta portate dalla Regina venivano distribuite , come un regalo prelibato . Il Re stesso le preferiva a ogni altra cosa . Esso non sapeva nulla del patto che la Regina aveva combinato colle fate , e le domandava in quali paesi era stata per trovare di quelle delizie . Essa ora rispondeva che le aveva trovate sopra un ' alta montagna , quasi inaccessibile : ora che nascevano in vallate : e qualche volta inventava che crescevano in un giardino o in mezzo a una gran foresta . Il Re non sapeva spiegarsi tante contraddizioni . Interrogava coloro che l ' avevano accompagnata , ma questi non osavano fiatare per avere avuto la proibizione di dire una sola mezza parola su questa avventura . Alla fine la Regina , inquieta della promessa fatta alle fate e vedendo avvicinarsi il tempo del parto , fu presa da un gran mal umore : non faceva altro che sospirare e si struggeva a vista , come una candela . Il Re se ne impensierì , e incominciò a insistere colla Regina , per sapere la cagione della sua gran tristezza : e batti oggi , batti domani , finalmente essa gli raccontò tutto quello che era passato fra lei e le fate e com ' essa avesse promesso loro la figlia che stava per mettere alla luce . " Come ! " , esclamò il Re , " noi non abbiamo figliuoli : voi sapete quanto io li desideri , e per la gola di mangiare due o tre mele , siete stata capace di promettere vostra figlia ? Bisogna proprio dire che non mi volete un filo di bene . " E lì cominciò a farle dei rimproveri e ne disse tante e tante , che la mia povera madre fu quasi per morir di dolore . E come se questo fosse poco , la fece chiudere in una torre e messe delle guardie dappertutto perché non potesser barattar parola con anima viva , all ' infuori degli uffiziali destinati a servirla : e volle che fossero cambiate tutte quelle persone del servizio che l ' avevano accompagnata al castello delle fate . Quest ' urto fra il Re e la Regina gettò in Corte una gran costernazione . Ciascuno riponeva i suoi abiti di gala per vestirne dei più adattati all ' afflizione generale . Dal canto suo il Re si mostrava inesorabile : non volle più vedere sua moglie : e appena fui nata , mi fece portare nel suo palazzo per esservi allevata , mentre mia madre era sempre in prigione e nel massimo squallore . Peraltro le fate non ignoravano quello che accadeva : e se la presero molto a male e volevano avermi a tutti i costi , perché mi riguardavano come cosa loro , e stimavano che il ritenermi in Corte fosse lo stesso che commettere un furto a loro danno . Prima di pigliarsi una vendetta coi fiocchi e proporzionata al loro dispetto , esse mandarono al Re una celebre ambasceria per ammonirlo a ridare la libertà alla Regina e a riammetterla nelle sue buone grazie , e per pregarlo al tempo stesso di consegnar me ai loro ambasciatori . E questi ambasciatori erano nani schifosi e di una figura così stronca e piccina , che non ebbero nemmeno la sorte di poter capacitare il Re delle loro ragioni . Egli li messe fuori dell ' uscio senza tanti complimenti , e se non facevano presto a scappare , chi lo sa come sarebbe finita . Quando le fate seppero il contegno di mio padre , presero una bizza da non si credere : e dopo aver mandato nei sei regni tutti i malanni immaginabili , vi scatenarono un drago orribile , il quale sputava veleno per tutto dove passava ; mangiava bestie e cristiani , e soltanto col fiato faceva seccare tutti gli alberi e tutte le piante . Il Re era disperato . Si consultò con tutti i savi dello Stato per trovare il modo di liberare i suoi sudditi da tante sciagure , dalle quali erano tribolati . Chi gli suggerì di mandare a cercare per tutto il mondo i migliori medici e i rimedi più accreditati : altri invece lo consigliava a promettere la grazia della vita a tutti i condannati a morte , a patto che andassero a combattere il drago . Al Re piacque il consiglio , e lo accettò : ma non ne ricavò nessun vantaggio , perché la mortalità infieriva di bene in meglio , e quanti andavano contro il drago , erano tutti divorati vivi : sicché non gli rimase altro ripiego , che ricorrere a una fata , che lo aveva avuto sempre sotto la sua protezione fin da ragazzo . Essa era vecchia decrepita e non si levava quasi più dal letto : andò a casa di lei e le fece mille rimproveri perché lo lasciava tartassare a quel modo dal destino , senza venire in suo aiuto . " Come volete voi che io faccia ? " , gli diss ' ella , " voi avete inasprite le mie sorelle ; esse hanno tanto potere , quanto me , e non c ' è caso che fra noi ci si dia addosso . Pensate piuttosto a rabbonirle , dando loro la vostra figlia : questa Principessina è cosa loro . Voi avete chiuso la Regina in un buco di prigione : che vi ha ella fatto quella donna così amabile , per essere trattata tanto male ? Animo , da bravo : mantenete la promessa di vostra moglie , e allora vi pioverà addosso ogni felicità . " Il Re , mio padre , mi voleva un gran bene : ma non vedendo altro verso per salvare i suoi regni e per liberarsi dal drago fatale , finì col dire alla sua amica che s ' era convinto delle buone ragioni e che non aveva più difficoltà a darmi in mano alle fate , tanto più che essa lo assicurava che sarei stata accarezzata e allevata da Principessa , par mio ; che avrebbe ripresa con sé la Regina e che la fata non aveva da far altro che dirgli a chi doveva consegnarmi , perché io fossi portata al castello delle fate . " Bisogna portarla " , gli rispose , " sulla montagna dei fiori : e voi potete trattenervi lì , a una certa distanza , per assistere alle feste che saranno fatte . " Il Re le disse che dentro otto giorni ci sarebbe andato insieme colla Regina ; e che intanto poteva avvisare le fate sue sorelle , perché si preparassero a quello che volevano fare . Tornato che fu al palazzo , mandò a riprendere la Regina con tanta premura e tanta pompa , quanta era stata la rabbia colla quale l ' aveva fatta imprigionare . Essa era così abbattuta e malandata , che il Re avrebbe penato a riconoscerla , se il suo cuore non gli avesse detto che era quella medesima persona in altri tempi tanto amata da lui . La scongiurò colle lacrime agli occhi di dimenticare i grandi dispiaceri che le aveva cagionati , col dire che sarebbero stati i primi e gli ultimi . Ella rispose che se li era meritati , per l ' imprudenza di aver promesso la figlia alle fate : e che in quel tempo non aveva altra scusa , se non lo stato interessante in cui si trovava . Alla fine il Re le palesò la sua intenzione , che era quella di consegnarmi in mano alle fate ; ma la Regina , per la sua parte , si oppose . Era proprio il caso di dire che il diavolo ci aveva messo le corna , e che io doveva essere il pomo della discordia fra mio padre e mia madre . Quando ebbe pianto e singhiozzato ben bene senza ottener nulla ( perché mio padre ne vedeva le funeste conseguenze e i nostri sudditi continuavano a morire a branchi , come se fossero responsabili degli errori della nostra famiglia ) , diceva dunque che quando mia madre ebbe pianto e singhiozzato ben bene , si rassegnò e acconsentì a ogni cosa e si allestirono i preparativi per la cerimonia della consegna . Fui messa in una culla di madreperla , ornata di tutte quelle galanterie che l ' arte può immaginare . Erano ghirlande di fiori e festoni in giro in giro : e i fiori erano pietre preziose , i cui vari colori , al riflesso del sole , lampeggiavano in modo da far male agli occhi . La magnificenza del mio abbigliamento sorpassava , se si può dire , quella della culla : tutte le trine delle mie fasce erano fatte di grosse perle . Ventiquattro principesse reali mi portavano sopra una specie di barella leggerissima ; la loro acconciatura usciva affatto dal comune , ma non era stato permesso di usare altri colori che il bianco , come per alludere alla mia innocenza . Tutte le persone della Corte , schierate per ordine e per grado , mi accompagnavano . Mentre si saliva la montagna si fece sentire una sinfonia melodiosa , che si avvicinava sempre ; finché comparvero le fate in numero di trentasei ; esse avevano pregate le loro buone amiche di pigliar parte alla festa . Ciascuna era seduta in una conchiglia più grande di quella di Venere , quando uscì dal mare ; e pariglie di cavalli marini , che non erano avvezzi a camminare per terra , strascicavano quelle brutte vecchie con tanta pompa , come se fossero state le più grandi Regine dell ' universo . Esse portarono un ramo d ' ulivo , per significare al Re che la sua sommissione aveva trovato grazia al loro cospetto : e allorché mi ebbero presa in collo , furono tali e tante le loro carezze , che pareva non avessero altra passione , che quella di rendermi felice . Il drago , che aveva servito a vendicarle contro mio padre , veniva dietro di loro , attaccato con una catena tutta di diamanti . Esse mi abballottarono fra le loro braccia , mi fecero mille carezze , mi dotarono d ' ogni ben di Dio : e quindi incominciarono la ridda delle streghe . È un ballo molto allegro : né c ' è da figurarsi i salti e gli sgambetti che fecero quelle vecchie zittellone : dopo di che il drago , che aveva mangiato tanta gente , si avvicinò strisciando per terra . Le tre fate , alle quali mia madre mi aveva promesso , vi si sedettero sopra , misero la mia culla fra di loro , e toccato il drago con una bacchetta , questo spiegò le sue grand ' ali fatte a scaglia , più sottili del crespo finissimo e variopinte di mille bizzarri colori . Fu in questo modo che le fate tornarono al loro castello . Mia madre vedendomi per aria sulla groppa del drago , non poté trattenersi dal mandare altissime grida . Il Re la consolò col dire che dalla fata sua amica era stato assicurato che non mi sarebbe accaduto nulla di male , e che anzi si sarebbe avuto di me la stessa cura , come se fossi rimasta nel mio proprio palazzo . Ella si dette pace , sebbene fosse per lei una grande afflizione quella di dovermi perdere per sì lungo tempo e per cagion sua : tanto è vero che , se non fosse stata presa dalla voglia di assaggiare i frutti del giardino , io sarei cresciuta nel regno di mio padre e non avrei avuto tutti i dispiaceri , che mi resta ancora da raccontarvi . Sappiate dunque , figlio di Re , che le mie custodi avevano fabbricata apposta una torre , nella quale vi erano molti begli appartamenti per tutte le stagioni ; mobili magnifici , libri piacevolissimi , ma nemmeno una porta ; sicché bisognava entrare dalle finestre , le quali erano a tanta altezza da far venire il capogiro . Sopra la torre si trovava un bel giardino ornato di fiori , di fontane e di pergolati di verzura , che riparavano dai bollori della canicola . In questo luogo le fate mi allevavano con tali cure , da sorpassare quanto avevano promesso alla Regina . I miei vestiti erano tagliati secondo il gusto della moda : e tanto ricchi e magnifici che , vedendomi , si sarebbe creduto che io fossi in giorno di nozze . Le fate m ' insegnarono tutte quelle cose , che si addicevano alla mia età e alla mia nascita ; né io davo loro molto da fare , perché avevo la facilità d ' imparare alla prima . La dolcezza del mio carattere le aveva innamorate : e perché io non aveva mai veduto nessun altro , intendo benissimo che sarei rimasta tranquillamente in quello stato per tutto il rimanente della vita . Esse venivano sempre a trovarmi , montate sul famoso drago che sapete : non mi rammentavano mai né il Re né la Regina ; e siccome mi chiamavano la loro figlia , io credeva di esserlo davvero . Per potermi divertire mi avevano dato un cane e un pappagallo , i quali avevano il dono della parola e parlavano come due avvocati . Nella torre non c ' era con me nessun altro . Un lato di questa torre era fabbricato sopra una strada molto avvallata e tutta coperta di alberi ; di modo che dal giorno che vi fui rinchiusa non avevo mai veduto passarvi anima viva . Ma un giorno , essendo alla finestra a ciarlare col cane e col pappagallo , mi parve di sentire qualche rumore : guardai da tutte le parti e finalmente mi venne fatto di vedere un giovine cavaliere , che si era fermato per ascoltare la nostra conversazione . Io non avevo veduto altri uomini , altro che dipinti , sicché non mi dispiaceva punto quest ' occasione altrettanto propizia quanto inaspettata . Senza pensare alle mille miglia al pericolo che andava unito alla soddisfazione di ammirare un oggetto così piacevole , mi spenzolai in fuori per vederlo meglio ; e più lo guardavo e più ci pigliavo gusto . Egli mi fece una gran riverenza , fissò i suoi occhi su me e mi parve che si stillasse il cervello per trovare il modo di potermi parlare ; perché la mia finestra era altissima ed egli aveva paura di essere scoperto , sapendo bene che io mi trovavo nel giardino delle fate . Il sole calò tutt ' a un tratto : o per dir la cosa come sta , si fece notte senza che ce ne avvedessimo ; per due o tre volte egli si portò il corno alla bocca e mi rallegrò con qualche suonatina ; poi se ne andò , senza che io potessi vedere nemmeno che strada pigliasse , tanto la notte era buia . Io rimasi come estatica , e non provai più il solito piacere a far conversazione col mio cane e col mio pappagallo . Essi mi dicevano le cose più carine del mondo , perché le bestie fatate sono piene di spirito , ma io avevo la testa chi sa dove , né conoscevo punto l ' arte di simulare . Il pappagallo se ne accorse : ma furbo com ' era , non fece trapelar nulla di quello che rimuginava per il capo . Fui puntuale a levarmi col sole : corsi alla finestra e fu per me una gratissima sorpresa quella di vedere il giovine cavaliere a piè della torre . Egli vestiva un abito magnifico : e in questo suo lusso mi lusingai di averci un po ' di merito anch ' io , e colsi nel segno . Egli mi parlò con una specie di tromba , o , come chi dicesse , con un portavoce , e mi disse che essendo stato fin allora indifferente a tutte le bellezze che aveva vedute , ora si sentiva tutt ' a un tratto ferito talmente dalla mia , da non sapere quel che sarebbe di lui , se non potesse vedermi tutti i giorni . Questo complimento mi fece un gran piacere , e fui dolentissima di non potergli rispondere , perché mi sarebbe toccato a gridar forte e col rischio di essere sentita prima dalle fate , che da lui . Avevo in mano dei fiori : e glieli gettai ; egli gradì il picciol dono come un favore insigne : li baciò più volte e mi ringraziò . Mi chiese quindi se sarei contenta che egli venisse tutti i giorni e alla stess ' ora sotto la mia finestra , e se io volessi essere tanto cortese da gettargli qualche cosa . Io aveva un anello di turchine : me lo levai lesta lesta dal dito e glielo buttai con molta fretta , facendogli segno di andarsene come il vento . E la ragione era che dall ' altra parte avevo sentito la fata Violenta che , a cavallo al drago , veniva a portarmi la colazione . La prima cosa che disse entrando in camera mia , furono queste parole : " Sento l ' odore della voce d ' un uomo : cerca , drago ! " . Figuratevi se mi rimase sangue nelle vene ! Ero più morta che viva dalla paura che il drago , passando per l ' altra finestra , non si mettesse a dar dietro al cavaliere pel quale io già sentivo una mezza passione . " Davvero " , diss ' io , " mia buona mamma ( perché la vecchia fata voleva che la chiamassi così ) , davvero che mi sembrate in venia di celiare , dicendo che sentite l ' odore della voce di un uomo : forse che la voce ha un odore ? e quand ' anche l ' avesse , chi volete che sia il temerario da arrisicarsi a salire in cima a questa torre ? " " Dici bene , figlia mia , dici bene " , ella rispose , " e mi fa piacere di sentirti ragionare a codesto modo . Capisco anch ' io che dev ' essere l ' odio che sento per tutti gli uomini , quello che mi fa crederli vicini anche quando sono lontani . " Mi diede la colazione e la rocca ; poi soggiunse : " Quando avrai finito di mangiare , mettiti lì e fila ; ieri non facesti nulla : e le mie sorelle se l ' hanno per male " . Difatto il giorno innanzi ero stata tanto occupata col cavaliere sconosciuto , che non toccai né la rocca né il fuso . Appena se ne fu ita , gettai via la rocca con una specie di dispetto e montai su in cima alla torre , per vedere più lontano che fosse possibile . Avevo con me un eccellente canocchiale : nulla all ' intorno m ' impediva la vista : ero padrona di voltarmi e di guardare da tutte le parti , quand ' ecco che mi venne fatto di scoprire il mio cavaliere in vetta a una montagna . Egli si riposava sotto un ricco padiglione di broccato d ' oro ed era circondato da una numerosissima Corte . Pensai subito che dovesse essere il figlio di qualche Re , vicino al palazzo delle fate . E perché avevo paura che tornando egli sotto la torre potesse essere scoperto dal terribile drago , così andai a prendere il mio pappagallo e gli ordinai di volare in cima a quella montagna , dove avrebbe trovato quel cavaliere che aveva parlato con me , al quale doveva dire da parte mia di non tornare sotto le finestre a motivo che , da quanto m ' ero accorta , le fate stavano con tanto d ' occhi e gli potevano fare un brutto scherzo . Il pappagallo compì la sua commissione da vero pappagallo di spirito . Rimasero tutti stupiti di vederlo venire ad ali spiegate e posarsi sulla spalla del Principe per parlargli sotto voce all ' orecchio . Il Principe gradì per un verso l ' ambasciata : e per un altro verso gli dispiacque . La cura che mi pigliavo di lui , faceva bene al suo cuore ; ma tutte le difficoltà che incontrava per potermi parlare lo disanimavano , senza distoglierlo peraltro dal disegno che egli aveva fatto di piacermi . Rivolse cento domande al pappagallo : e il pappagallo , curioso di sua natura , ne fece altrettante a lui . Il Re gli dette per me un anello in cambio di quello colla turchina : e anche il suo era una turchina , ma molto più bella della mia : era tagliata a cuore e contornata di brillanti . " È giusto " , egli soggiunse , " che io vi tratti da ambasciatore . Eccovi in regalo il mio ritratto ; ma non lo fate vedere a nessuno , fuori che alla vostra cara padroncina . " E dicendo così , attaccò il ritratto sotto l ' ala del pappagallo , il quale portò nel becco l ' anello che aveva per me . Io aspettavo il ritorno del mio corriere verde , con un ' impazienza che non avevo provata mai . Egli mi disse che la persona , dalla quale lo avevo mandato , era un gran Re ; che gli aveva fatto un ' accoglienza coi fiocchi : che esso non poteva vivere senza di me : e che sebbene ci fosse un gran pericolo a venire sotto la mia torre , io poteva esser certa che egli era preparato a tutto , piuttosto che rinunziare a vedermi . Queste cose mi messero addosso un gran malessere ; e cominciai a piangere come una bambina . Pappagallo e il canino Titì s ' ingegnavano di farmi coraggio , perché mi volevano un gran bene . Quindi Pappagallo mi presentò l ' anello del Principe , e mi fece vedere il ritratto . Confesso che non ho sentito mai tanta consolazione , quanta n ' ebbi nel considerare da vicino e sotto gli occhi colui che non avevo veduto altro che da lontano . Mi parve anche più grazioso che non mi fosse parso dapprima ; e cento pensieri , parte piacevoli e parte tristi , mi si affollarono nel capo e m ' entrò nel sangue un ' irrequietezza straordinaria . Le fate vennero a trovarmi e se ne accorsero . Esse dissero fra loro che senza dubbio io doveva annoiarmi e che bisognava cercarmi uno sposo della loro razza . Ne nominarono diversi : ma si fermarono sul piccolo Re Migonetto , il cui regno era cinquecentomila miglia distante di lì , ma questo non era un ostacolo serio . Pappagallo sentì questo bel fissato , e venendo subito a rifischiarmelo , mi disse : " Mi fareste proprio pietà , cara padrona , se vi toccasse per marito il Re Migonetto : egli è un fagotto di panni sudici da far paura : il Re , che voi amate , non lo piglierebbe nemmeno per suo Tira - stivali " . " Di ' , Pappagallo , e tu l ' hai visto ? " " Se l ' ho visto ? " , egli soggiunse , " figuratevi che sono stato allevato sopra un ramo insieme a lui . " " Come sopra un ramo ? " , domandai io . " Sissignora ! perché bisogna sapere che egli ha i piedi di Aquilotto . " Quei discorsi mi fecero un gran male . Guardavo il bel ritratto del Re , e pensavo che egli non lo aveva regalato a Pappagallo se non perché io lo potessi vedere : e quando lo confrontavo con quello di Migonetto mi cascavano le braccia e piuttosto che sposare quello scimmiotto mi veniva voglia di lasciarmi morire . Non chiusi un occhio in tutta la notte . Pappagallo e Titì mi tennero un po ' di compagnia . A giorno mi appisolai : ma il canino , che aveva un buon naso , sentì che il Re era giù a piè della torre . Svegliò Pappagallo e gli disse : " Scommetto che già a basso c ' è il Re " . Pappagallo rispose : " Chetati , chiacchierone ! perché stai sempre cogli occhi aperti e cogli orecchi per aria ? ti dispiace che gli altri riposino un poco ? " . " Eppure " , insisté il buon cane , " scommetto che c 'è." " E io ti dico che non c ' è " , replicò il Pappagallo , " non sono forse stato io che gli ho proibito di venir qui da parte della Principessa ? " " Una bella proibizione davvero ! " , gridò il canino , " un uomo che ama non consulta che il suo cuore . " E nel dir così cominciò a strapazzargli con tanta poca grazia le ali , che Pappagallo perse i cocci sul serio . Gli urli di tutti e due mi svegliarono : e saputo il motivo del battibecco non corsi , no , ma volai alla finestra : e vidi il Re che mi stendeva le braccia e col mezzo del portavoce mi disse non poter più vivere senza di me , e mi scongiurava per ora a fare in modo o di venir via dalla torre o di farci entrare anche lui , chiamando in testimonio tutti gli Dei dell ' Olimpo che mi avrebbe sposata subito , e che io sarei diventata una delle più grandi Regine dell ' Universo . Ordinai a Pappagallo di andargli a dire che quello che mi chiedeva era impossibile : ma che nondimeno dietro la parola data e i giuramenti fatti , mi sarei ingegnata di renderlo felice : peraltro mi raccomandavo perché non venisse sotto la torre tutti i giorni : a lungo andare la cosa si sarebbe scoperta , e allora le fate non avrebbero avuto né pietà né misericordia . Se ne andò col cuore pieno di gioia e di speranza , e io mi trovai in una grande afflizione di spirito , ripensando a quanto avevo promesso . Come uscire dalla torre , che non aveva neppure il segno di una porta , senz ' altro aiuto che Pappagallo e Titì , ed essendo io così giovane , così poco esperta e così paurosa ? ... La mia risoluzione , dunque , fu quella di cimentarmi a tentare una prova , dalla quale non avrei saputo levarci le gambe , e lo mandai a dire al Re col mezzo di Pappagallo . Egli , di prim ' impeto , voleva uccidersi dinanzi ai suoi occhi : ma poi lo incaricò di persuadermi e di andarlo a veder morire o di consolarlo nella sua passione . " Sire ! " , esclamò l ' ambasciatore colle penne , " la mia padrona è più che persuasa delle vostre parole ... Non è che manchi di buona volontà ! Se potesse !..." Quando tornò a ridirmi quel che era accaduto , mi afflissi più che mai . Entrò la fata Violenta e mi trovò cogli occhi rossi : allora cominciò a dire che io aveva pianto e che se non confessavo il motivo , mi avrebbe bruciata viva ; perché tutte le sue minacce erano sempre spaventose . Risposi , tremando come una foglia , che m ' ero annoiata a filare e che avrei preso volentieri un po ' di spago , per far delle reti e chiappare gli uccellini che venivano a beccare la frutta del mio giardino . " È questo , figlia mia " , ella disse " tutto quello che desideri ? allora non piangerai più : ti porterò tanto spago da non sapere dove metterlo . " E detto fatto , me lo portò la sera stessa : e intanto mi avvertì di pensare a farmi bella e a non piangere , perché il Re Migonetto stava per arrivare da un momento all ' altro . A questa notizia mi vennero i brividi per le spalle , ma non rifiatai . Appena fu fuori della stanza cominciai a fare qualche lacciuolo ; ma l ' intenzione mia era di fare una scala di corda , la quale mi riuscì benissimo senza che ne avessi mai vedute . Peraltro la fata non mi portava mai tanto spago , quant ' era il bisogno , e mi badava a dire : " Ma , figlia mia , il tuo lavoro è come la tela di Penelope : non va avanti di una maglia e sei sempre a chiedermi dell ' altro spago " . " O mia buona mammina " , rispondevo io , " voi discorrete bene : ma non vedete che io non so proprio che cosa annaspo e che butto sul fuoco il mio lavoro ? Avete paura che vi faccia fallire per un po ' di spago ? " Il mio modo ingenuo di fare la metteva di buon umore , sebbene fosse di un carattere insoffribile e veramente crudele . Col mezzo di Pappagallo mandai a dire al Re di venire una tal sera sotto le finestre della torre ; che ci troverebbe la scala e che il resto l ' avrebbe saputo lì sul posto . Infatti attaccai per bene la scala , risoluta com ' ero a fuggirmene con lui ; ma appena egli la vide , senza darmi tempo di scendere , salì su in un batter d ' occhio , mentr ' io stavo mettendo in ordine ogni cosa per la fuga . La vista di lui mi fece provare tanta gioia , che non pensai più al pericolo che ci stava sul capo . Mi rinnuovò i suoi giuramenti e mi scongiurò di non differire più in là ad accettarlo per mio sposo . Pappagallo e Titì , pregati da me , ci fecero da testimoni . Non c ' è esempio di una festa di nozze celebrata con tanta semplicità fra due persone di grado così elevato , né c ' è ricordanza di due cuori più soddisfatti e contenti dei nostri . Non era ancora spuntata l ' alba , quando il Re mi lasciò : io gli avevo raccontato l ' orribile disegno delle fate di volermi maritata al Re Migonetto ; gliene feci il ritratto e n ' ebbe più ribrezzo di me . Appena partito lui , le ore mi parvero anni . Corsi alla finestra e lo accompagnai cogli occhi , sebbene facesse ancora buio . Ma quale non fu il mio stupore , nel vedere per aria un cocchio tirato da salamandre alate , che correvano a rotta di collo , tanto che l ' occhio poteva appena seguirle ! Questo carro era scortato da un nuvolo di guardie , montate sopra tanti struzzi . Non ebbi tempo di rendermi ragione di chi corresse per l ' aria a quel modo , ma mi figurai subito che dovesse essere o un mago o una fata . Di lì a poco , la fata Violenta entrò nella mia camera . " Ho da darti delle buone nuove " , ella mi disse , " il tuo amante è arrivato qui da poche ore : preparati a riceverlo ; eccoti dei vestiti e dei finimenti di pietre preziose . " " E chi mai vi ha detto " , risposi un po ' risentita " che io voglia maritarmi ? Non è davvero la mia intenzione . Il Re Migonetto può tornarsene di dove è venuto , ché per me è padronissimo : fra me e lui non ci pigliamo di certo . " " Sentite ! sentite ! " , disse la fata , " o che non mi si mette a far la difficile ? vorrei un po ' sapere che cosa armeggi con quel cervellino ! Alle corte , con me non si scherza ; o tu lo sposi , o io ... " " O voi ? ... sentiamo un po ' che cosa voi mi farete ? " , soggiunsi , diventando rossa scarlatta fino alla punta dei capelli per l ' impertinenze che mi aveva dette , " che mai mi può accader di peggio che esser tenuta in una torre , in compagnia di un cane e di un pappagallo e coll ' obbligo di vedere sette o otto volte il giorno la figura di un drago spaventoso ? " " Oh ? sconoscente , che non sei altro ! " , disse la fata , " vai là , che meritavi proprio tutti i pensieri e le pene , che ci siamo date per te ! Già , io l ' avevo detto da un pezzo alle mie sorelle : ne avremo una bella ricompensa !..." Ella andò a trovarle e raccontò loro quello che era passato fra noi due , e rimasero scandalizzate . Pappagallo e Titì mi dissero , a tanto di lettere , che se io seguitavo a battere quella strada , mi sarei trovata a dei brutti guai . Ma in quel momento mi sentivo così orgogliosa di possedere il cuore di un gran Re , che le fate non mi facevano paura , e che i consigli dei miei piccoli amici mi entravano da un orecchio e mi passavano da quell ' altro . Restai vestita , com ' era , né mi volli mettere un nastro in più ; anzi , per farlo apposta , mi spettinai tutta per parere a Migonetto una vera befana . L ' incontro accadde sulla terrazza . Egli vi giunse nel suo cocchio di fuoco . Dei nani piccini ne ho veduti , ma un nanerucolo a quel modo lì , mai ! Per camminare si serviva nello stesso tempo delle zampe d ' aquila e dei ginocchi , perché non aveva ossa nelle gambe ; e si teneva ritto sopra due grucce , tutte di diamanti . Aveva un manto reale di circa un metro di lunghezza : eppure ne strascicava per terra almeno due buoni terzi . Invece di testa , un grande zuccone che pareva uno staio e un naso così screanzato , che ci stavano sopra una dozzina d ' uccelli : ed egli si divertiva a sentirli cantare . La barba pareva un bosco e i canarini ci facevano dentro il nido ; gli orecchi gli passavano di un metro al disopra del capo ; cosa peraltro di cui nessuno si avvedeva , a cagione della smisurata corona a punta che portava in testa , per comparire più alto . Le fiamme che mandava il carro arrostivano le frutte , seccavano i fiori e inaridivano le fontane del mio giardino . Egli mi venne incontro a braccia aperte ; ma io non mi mossi né punto né poco ; per cui bisognò che il suo scudiere gli desse di braccio . E quando si provò ad avvicinarsi scappai in camera e chiusi la porta e le finestre : sicché Migonetto dové andarsene colle fate , le quali mi avrebbero cavato gli occhi dalla bile . Esse gli chiesero mille e mille scuse della mia ruvidezza ; e per abbonirlo , perché era un arnese da far paura , pensarono di condurlo la notte in camera mia , mentr ' io dormivo : di legarmi i piedi e le mani e di mettermi così nel carro infuocato , perché potesse menarmi seco . Quando ebbero tutto fissato e combinato , tornarono da me ; e mi ripresero leggermente della mia condotta , contentandosi solo di dirmi che in qualche modo bisognava rimediare al malfatto . Tutti questi rimproveri giulebbati e in pelle in pelle , dettero nel naso a Pappagallo e Titì . " Volete che vi parli chiaro , padrona ? " , disse il mio cane , " il cuore non mi dice nulla di buono . Queste signore fate son certa gente ... che Iddio ci liberi tutti , e segnatamente dalla Violenta . " Io risi di tutta questa paura e stavo sulle spinte aspettando il mio sposo , il quale si struggeva troppo di vedermi per non essere puntuale ai fissati . Gli gettai la scala di corda col fermo proponimento di fuggirmene con lui . Egli montò , leggero come una piuma , e mi disse tante e poi tante cose gentili e appassionate , che anch ' oggi non ho cuore di richiamarmele alla memoria . Mentre si stava parlando insieme , tranquilli e sicuri , come se fossimo stati nel palazzo di lui , vedemmo sfondare con un gran colpo la finestra della camera . Le fate entrarono dentro montate sul loro drago : Migonetto le seguiva sul suo solito cocchio di fuoco , tirandosi dietro tutte le sue guardie a cavallo agli struzzi . Il Re , senza impallidire , messe mano alla spada e non ebbe altro pensiero che quello di difendermi nella più terribile avventura che mi potesse capitare . Ebbene ... debbo dirvelo , caro signore ? quelle spietate creature gli aizzarono contro il drago , che se lo divorò vivo vivo dinanzi ai miei occhi . Fuori di me per la sciagura sua e mia , mi gettai in bocca all ' orribile mostro , perché m ' inghiottisse , come avea inghiottito la persona che era tutto l ' amor mio : e l ' avrebbe fatto volentieri : ma le fate , più crudeli di lui , glielo proibirono . Esse gridarono insieme : " Bisogna serbarla a tormenti più lunghi : una morte sollecita e pronta è quasi uno zuccherino per una creatura così indegna e scellerata " . Mi toccarono , e mi vidi trasformata in Gatta Bianca : quindi mi condussero in questo palazzo , che era di mio padre , cambiarono in gatti e in gatte tutti i signori e tutte le dame del Regno , e a parecchi lasciarono soltanto le mani : e così mi ridussero nello stato lacrimevole in cui mi trovaste , facendomi sapere il segreto della mia nascita , la morte di mio padre , quella di mia madre , e come io non avrei potuto essere liberata dalla mia figura di gatta , se non da un Principe che somigliasse come due gocce d ' acqua a quello che mi era stato rapito . E voi , o signore , siete il suo ritratto vivo e parlante : le stesse fattezze , la stessa fisonomia , perfino lo stesso suono di voce . Appena vi vidi per la prima volta , ne rimasi colpita : io sapevo tutto quello che doveva accadere , come so quello che accadrà , e però vi dico che le mie pene stanno per finire . " E le mie , bella Regina , dovranno ancora durare un pezzo ? " , domandò il Principe , gettandosi ai suoi piedi , " Io vi amo , o signore , più della mia vita , E questo è il momento di partire per andare da vostro padre : vedremo quali sono i suoi sentimenti verso di me , e se è disposto a rendervi contento . " Ella uscì : il Principe le dette la mano : e insieme con lui montò in una carrozza molto più bella e magnifica di tutte quelle che aveva avuto fin allora . Il resto dell ' equipaggio non ci scompariva : basti dire che tutti i ferri dei cavalli erano di smeraldi e i chiodi di diamanti . Da quella volta in poi non s ' è visto più nulla di simile . Inutile star qui a ripetere i colloqui , che ebbero insieme il Principe e la Regina . Ella era di una bontà singolare e di uno spirito finissimo : e il giovane Principe valeva quanto lei : sicché non potevano pensare e dire altro che un monte di bellissime cose . Giunti in vicinanza del castello , dove dovevano trovarsi i due fratelli maggiori del Principe , la Regina entrò in un piccolo blocco di cristallo di monte , di cui tutte le sfaccettature erano guarnite d ' oro e di rubini . Tutt ' all ' intorno era circondato di tendine per impedire ai curiosi di guardar dentro , ed era portato a barella da giovinotti di bellissimo aspetto e vestiti splendidamente . Il Principe rimase nella sua bella carrozza ; e di lì poté vedere i suoi fratelli che se la passeggiavano a braccetto di due Principesse d ' una bellezza da sbalordire . Appena lo riconobbero , gli andarono incontro per fargli festa e domandarono se anche esso aveva condotto la sua dama . Al che rispose che era stato così disgraziato , che in tutto il viaggio non si era imbattuto altro che in donne bruttissime ; e tutto ciò che gli era capitato di meglio da portar seco , era una gatta bianca . Essi si misero a ridere della sua semplicità . " Una gatta ! " dicevano essi " come mai una gatta ? avete forse paura che i topi ci mangino il palazzo ? " Il Principe soggiunse che capiva bene che non era prudenza di portare un simile regalo a suo padre . E così , fra una parola e l ' altra , s ' incamminarono verso la città . I due fratelli maggiori salirono colle loro Principesse in due carrozze tutte d ' oro e di lapislazzoli : i cavalli portavano in capo dei pennacchi e altri ornamenti : per farla corta , nulla di più splendido di questa cavalcata . Dietro a loro veniva il nostro giovine Principe : e quindi il blocco di cristallo di monte , che tutti guardavano con grandissima ammirazione . I cortigiani corsero subito ad avvisare il Re dell ' arrivo dei Principi . " Hanno con sé delle belle donne ? " , domandò il Re . " Non s ' è veduto mai nulla d 'eguale!..." A quanto pare , questa risposta non garbò troppo al Re . I due Principi si affrettarono a salire le scale colle loro Principesse , che erano due occhi di sole . Il Re li ricevette benissimo , e non sapeva a quale delle due dovesse dare la preferenza . Voltatosi al minore dei figli , gli domandò : " Come va che questa volta siete tornato solo ? " . " Vostra Maestà vedrà dentro questo cristallo una gattina bianca , che miagola con tanta grazia e che ha le zampine più morbide del velluto , e son sicuro che le piacerà " , rispose il Principe . Il Re sorrise e si mosse per aprire da se stesso il blocco di cristallo . Ma appena si fu accostato , la Regina toccò una molla , sicché il blocco andò tutto in minutissimi pezzettini ed ella apparve fuori come il sole dopo essere stato un po ' di tempo nascosto fra i nuvoli : i suoi capelli biondi erano sparsi per le spalle e in grandi riccioli le cadevano giù fino ai piedi . In capo aveva tutti fiori : e la sua veste era di leggerissimo velo bianco foderato di seta rosa . Si alzò e fece una profonda riverenza al Re , il quale nel colmo dell ' ammirazione non poté frenarsi dall ' esclamare : " Ecco veramente la donna senza confronto , e che merita davvero la mia corona " . " Signore " , ella disse , " io non son venuta qui per togliervi un trono che sì degnamente occupate : sono nata con sei regni : permettete anzi che io ne offra uno a voi e uno per uno ai vostri figli . In ricompensa non vi domando altro che la vostra amicizia e questo giovine Principe per mio sposo . I tre regni , che avanzano , sono più che sufficienti per noi . " Il Re e tutta la Corte fecero un baccano con urli di ammirazione e di allegrezza incredibile . Le nozze si celebrarono subito , e quelle dei due fratelli ugualmente : motivo per cui per diversi mesi furono feste , baldorie , divertimenti e corte bandita . Poscia ciascuno partì per andare a governare i propri Stati : e la bella Gatta Bianca si immortalò non tanto per la bontà e per la generosità del suo cuore quanto per il suo raro merito e per la sua gran bellezza . La cronaca di quel tempo racconta che Gatta Bianca diventò il modello delle buone mogli e delle madri sagge e perbene . E io ci credo . Dal trist ' esempio avuto in casa , essa aveva imparato a sue spese che le follie e i capricci delle mamme spesse volte sono cagione di grandi dispiaceri per i figliuoli . La Cervia nel bosco C ' era una volta un Re e una Regina che stavano fra loro d ' accordo come due anime in un nocciolo : si amavano teneramente ed erano adorati dai loro sudditi ; ma alla felicità completa degli uni e degli altri mancava una cosa : un erede al trono . La Regina , la quale sapeva che il Re l ' avrebbe amata il doppio se avesse avuto un figlio , non lasciava mai in primavera di andare a bere certe acque che si dicevano miracolose per aver figliuoli . A queste acque ci correva la gente in folla da ogni parte ; e il numero dei forestieri era così stragrande , che ci si trovavano di tutti i paesi del mondo . In un gran bosco , dove si andava a beverle , c ' erano parecchie fontane : le quali erano di marmo o di porfido , perché tutti gareggiavano a chi le faceva più belle . Un giorno che la Regina stava seduta sull ' orlo d ' una fontana , ordinò alle sue dame di compagnia di allontanarsi e di lasciarla sola e poi cominciò i suoi soliti piagnistei . " Come sono disgraziata " , diceva essa , " di non aver figli ! sono ormai cinque anni che chiedo la grazia di averne uno ; e ancora non ho potuto averla . Dovrò dunque morire senza provare questa consolazione ? " Mentre parlava così , osservò che l ' acqua della fontana era tutta mossa ; poi venne fuori un grosso gambero e le disse : " O gran Regina ! finalmente avrete la grazia desiderata . Dovete sapere che qui vicino c ' è un magnifico palazzo fabbricato dalle fate : ma è impossibile trovarlo , perché circondato da nuvole foltissime attraverso alle quali non passa occhio mortale : a ogni modo , siccome io sono vostro servitore umilissimo , eccomi qui pronto a menarvici se volete fidarvi alla guida di un povero gambero " . La Regina lo stette a sentire senza interromperlo , perché la cosa di vedere un gambero che discorreva , l ' aveva sbalordita dalla meraviglia : quindi gli disse che avrebbe gradita volentieri la sua offerta , ma che non sapeva , come lui , camminare all ' indietro . Il gambero sorrise e prese subito l ' aspetto di una bella vecchietta . " Ecco fatto , o signora " , le disse , " così non cammineremo più all ' indietro . Ma vi domando una grazia : tenetemi sempre per una delle vostre amiche , perché io non desidero altro che di esservi utile a qualche cosa . " Uscì dalla fontana senza avere una goccia di acqua addosso : il suo vestito era bianco , foderato di seta cremisi , e i capelli grigi annodati dietro con nastri verdi . Non s ' era vista mai vecchietta galante a quel modo ! Salutò la Regina , che volle abbracciarla ; e senza mettere tempo in mezzo , la fece prendere per una viottola del bosco , con molta meraviglia della Regina stessa : la quale sebbene fosse venuta nel bosco migliaia di volte , non era mai passata per quella viottola lì . E come avrebbe fatto a potervi passare ? Quella era la strada delle fate , per andare alla fontana , e per il solito era tutta chiusa da ronchi e da pruneti : ma appena la Regina e la sua guida vi ebbero messo il piede , le rose sbocciarono improvvisamente dai rosai , i gelsomini e gli aranci intrecciarono i loro rami per formare un pergolato coperto di foglie e di fiori , e migliaia di uccelli di varie specie , posati sui rami degli alberi , sfringuellarono allegramente . Non si era ancora riavuta dallo stupore , che la Regina si trovò abbacinati gli occhi dallo splendore abbagliante di un palazzo tutto di diamanti ; le mura , i tetti , i soffitti , i pavimenti , i giardini , le finestre e perfino le stesse terrazze erano tutte di diamanti . Nel delirio della sua ammirazione , ella non poté trattenersi dal mandare un urlo di sorpresa , e chiese all ' elegante vecchietta , che l ' accompagnava , se ciò che aveva dinanzi agli occhi era sogno o verità . " Non c ' è nulla di più vero , o signora " , ella rispose . E subito le porte del palazzo si aprirono , e uscirono fuori sei fate : e quali fate ! Di più belle e di più magnifiche non se n ' erano vedute in tutto il loro reame . Vennero tutte a fare una profonda riverenza alla Regina : e ciascuna le presentò un fiore di pietre preziose , per poter formare un mazzo : c ' era una rosa , un tulipano , un anemone , un ' aquilegia , un garofano e un melagrano . " Signora " , le dissero , " noi non possiamo darvi un maggior segno della nostra venerazione , che permettendovi di venirci qui a visitare : noi siamo molto liete di farvi sapere che avrete una bella Principessa , alla quale metterete il nome di Desiderata , perché bisogna pur convenire che è un gran pezzo che la desiderate . Quando verrà alla luce , ricordatevi di chiamarci , perché vogliamo arricchirla di tutte le più belle doti ; e per invitarci a venire , non dovete far altro che prendere in mano il mazzo , che ora vi diamo , e nominare a uno a uno tutti i fiori , pensando a noi . State sicura che in un batter d ' occhio saremo tutte nella vostra camera . " La Regina , fuori di sé dall ' allegrezza , si gettò al collo alle fate ; e gli abbracciamenti durarono una mezz ' ora buona . Quand ' ebbero finito , pregarono la Regina a passare nel loro palazzo , del quale non si possono ridire a parole tutte le meraviglie . Figuratevi che per fabbricarlo avevano preso l ' architetto del palazzo del sole , il quale aveva rifatto in piccolo quello che era in grande il palazzo del sole . La Regina , non potendo reggere a così vivo bagliore , era costretta ogni tantino a chiudere gli occhi . La condussero nel loro giardino , e frutta più belle non se n ' erano mai sognate ! Albicocche più grosse della testa di un ragazzo , e certe ciliegie , che per mangiarne una , bisognava farla in quattro pezzi ; e d ' un sapore così squisito , che la Regina , dopo che l ' ebbe assaggiate , non volle mangiarne d ' altra specie in tempo di vita sua . Tra tante meraviglie , c ' era anche un boschetto di alberi finti e artificiali , i quali crescevano e mettevano le foglie alla pari di tutti gli altri . Impossibile ridire tutte le esclamazioni di stupore della Regina , i discorsi che fece sulla Principessina Desiderata e i ringraziamenti alle gentili persone che avevano voluto darle una notizia così gradita : basti questo , che non fu dimenticata nessuna parola di gratitudine e nessuna espressione di tenerezza . La fata della fontana n ' ebbe la sua parte , come di santa ragione le toccava . La Regina si trattenne nel palazzo fino alla sera : e innamoratissima della musica , le fecero sentire delle voci angeliche . Fu quasi affogata dai regali e dopo aver ringraziato mille volte quelle grandi signore , se ne venne via insieme colla fata della fontana . Tutte le persone della Corte , impensierite , la cercavano di qui e di là : e nessuno poteva immaginarsi dove trovarla . Ci fu perfino chi sospettò che fosse stata rapita da qualche ardito forestiero , tanto più che era ancora giovane e nel fior della bellezza . Quando la videro tornata , com ' è da figurarselo fu per tutti una grandissima festa : e perché anch ' essa sentiva nel cuore una consolazione immensa per le buone speranze avute , così nel suo conversare c ' era non so che di allegro e di gioiale che innamorava . La fata della fontana la lasciò che era quasi vicina a casa ; e nell ' atto di dirsi addio , raddoppiarono le carezze e i complimenti . La Regina , trattenutasi ancora per una settimana a bevere le acque , non lasciò un giorno senza ritornare al palazzo delle fate colla sua elegante vecchietta , la quale tutte le volte si mostrava da principio in forma di gambero , e finiva poi col prendere la sua figura naturale . La Regina , partita che fu , divenne incinta , e mise alla luce una Principessa , alla quale dette il nome di Desiderata : e preso subito il mazzo , che aveva avuto in regalo , nominò a uno a uno tutti i fiori che lo componevano , ed ecco che sul momento si videro arrivare le fate . Ciascuna di esse aveva un cocchio differente dall ' altro : uno era d ' ebano , tirato da colombi bianchi ; alcuni erano d ' avorio , attaccati a piccoli cervi , e altri di cedro , e altri di legno - rosa . Questo era l ' equipaggio che solevano usare in segno d ' alleanza e di pace ; perché , quand ' erano in collera , si servivano soltanto di draghi volanti , di serpenti che buttavano fiamme dalla gola e dagli occhi , di leoni , di leopardi e di pantere , in groppa alle quali si facevano portare da un capo all ' altro del mondo in meno tempo che non ci voglia a dire buon giorno o buon anno . Ma questa volta esse erano in pace e di buonissimo umore . La Regina le vide entrare nella sua camera , che avevano una cera molto lieta e maestosa : e dietro di loro , le nane e i nani del corteggio , tutti carichi di regali . Dopo abbracciata la Regina e baciata la Principessina , spiegarono il corredino , fatto di una tela così fine e così resistente da bastare cent ' anni , senza pericolo che diventasse lisa ; le fate la filavano da sé nelle ore d ' ozio . Quanto alle trine erano di maggior valore della tela stessa : vi si vedeva in essa raffigurata , o coll ' ago o col fuso , tutta la storia del mondo ; dopo di questa messero in mostra le fasce e le coperte , ricamate apposta con le loro proprie mani : e in queste erano rappresentati mille di quei giuochetti svariatissimi , che servono per baloccare i ragazzi . Dacché al mondo ci sono ricamatori e ricamatrici , non s ' era mai veduta una cosa meravigliosa come quella tela . Ma quando fu messa fuori la culla , allora la Regina non poté frenarsi dal cacciare un grido di stupore , tanto quella culla sorpassava , per magnificenza , tutto il rimanente . Era fatta d ' un legno che costava centomila scudi la libbra . La sorreggevano quattro amorini : quattro veri capolavori , dove l ' arte aveva vinto la materia , sebbene fossero tutti rubini e diamanti , da non potersi dire quanto valevano . Questi amorini erano stati animati dalle fate ; per cui quando la bambina strillava , la cullavano dolcemente e l ' addormentavano , e ciò faceva un grandissimo comodo anche alla balia . Le fate presero la Principessina e se la messero sui ginocchi : la fasciarono e la baciarono più di cento volte , perché era di già tanto bella , che bastava vederla , per mangiarla dai baci . Quando si accorsero che aveva bisogno di poppare , batterono la loro bacchetta in terra , e comparve subito una balia , quale ci voleva per una così graziosa lattante . Restava oramai soltanto da dotarla : e le fate si spicciarono a fare anche questo ; chi le diede la virtù , chi la grazia ; la terza , una bellezza maravigliosa ; la quarta , le augurò ogni fortuna ; la quinta , buona salute ; e l ' ultima , la facilità di riuscir bene in tutte quelle cose che avesse preso a fare . La Regina , contentissima , non rifiniva dal ringraziarle di tanti favori prodigati alla Principessina ; quand ' ecco che videro entrare in camera un gambero così grosso , che passava appena dalla porta . " Oh ! ingratissima Regina " , disse il gambero , " com ' è egli possibile che vi siate dimenticata così presto della fata della fontana e del gran servizio che vi ho reso , menandovi dalle mie sorelle ? Come ! voi le avete invitate tutte , e me sola avete lasciata da parte ? Pur troppo ne aveva un presentimento , e fu per questo che mi trovai obbligata a prendere la figura d ' un gambero la prima volta che vi parlai , appunto per farvi notare che la vostra amicizia , invece di progredire , avrebbe camminato all 'indietro." La Regina , disperata per la smemoraggine commessa , la interruppe e le chiese perdono . Ella disse che aveva creduto di nominare il suo fiore , come quelli di tutte le altre ; che era stato il mazzetto di fiori di pietre preziose quello che l ' aveva ingannata : e che essa non era capace di dimenticarsi i grandi favori ricevuti ; e che , per conseguenza , la pregava e la scongiurava a non privarla della sua amicizia , e segnatamente a mostrarsi benigna verso la Principessina . Tutte le fate , per la paura che volesse dotarla di miseria e di disgrazie , fecero coro alla Regina per vedere di abbonirla . " Cara sorella " , le dissero , " Vostra Altezza non si mostri sdegnata contro una Regina , che non ebbe mai in mente di farvi il più piccolo sgarbo ; lasciate , di grazia , codesta buccia di gambero e fatevi vedere in tutta la vostra bellezza . " Come è stato detto , la fata della fontana era un po ' civetta , e a sentirsi lodare dalle sorelle si ammansì un poco e diventò più agevole . " Ebbene " , disse , " non farò a Desiderata tutto il male che avrei voluto : perché vi giuro che era mia intenzione di rovinarla affatto , e nessuno avrebbe potuto impedirmelo ; nondimeno voglio annunziarvi una cosa : se ella vedrà la luce del sole , prima che abbia compiti quindici anni , dovrà pentirsene amaramente e forse ci rimetterà la vita . " Il pianto della Regina e le preghiere delle illustri fate non valsero a smuoverla di un capello dalla sua sentenza . Ella si ritirò camminando all ' indietro , perché non aveva voluto lasciare la sua sopravveste di gambero . Quando si fu allontanata dalla camera , la povera Regina chiese alle fate se ci fosse verso di salvare la figlia dalle disgrazie che le erano state minacciate . Esse tennero consiglio fra loro , e dopo aver messi avanti parecchi partiti , finalmente si attennero a questo : che , cioè , bisognava fabbricare un gran palazzo senza porte e senza finestre ; con una porta d ' ingresso sotterranea , e custodirvi lì dentro la Principessina fino a tanto che non avesse raggiunto l ' età fatale , per esser fuori da ogni pericolo . Tre colpi di bacchetta bastarono per cominciare e finire questo vasto edifizio . All ' esterno era tutto di marmo bianco e verde : e i soffitti e gl ' impiantiti tutti di diamanti e di smeraldi , che raffiguravano fiori , uccelli e mille altre cose graziose . Le pareti erano tappezzate di velluto di vari colori , ricamato dalle fate colle loro mani : e perché esse sapevano di storia , s ' erano prese il gusto di rappresentarvi i fatti storici più belli e più notevoli : c ' era dipinto il passato e l ' avvenire , e in parecchi arazzi si vedevano effigiate le gesta dei più grandi Re della terra . Le brave fate avevano immaginato questo modo ingegnoso per insegnare più facilmente alla giovine Principessa i vari casi della vita degli eroi e degli altri mortali . Tutta la casa , nell ' interno , era rischiarata soltanto a forza di lampade : ma ce n ' erano tante e poi tante , che pareva fosse giorno chiaro da un anno all ' altro . Vi furono introdotti tutti i maestri , dei quali ella poteva aver bisogno per istruirsi e perfezionarsi ; e il suo spirito , la sua svegliatezza e il suo buon senso arrivavano a intendere molte cose , anche prima che le fossero insegnate : ragion per cui i maestri rimanevano strasecolati per le cose bellissime che essa sapeva dire in una età , nella quale gli altri ragazzi sanno appena chiamare babbo e mamma . E questa è una prova che le fate non accordano la loro protezione , per tirar su degli stupidi e degl ' ignoranti ! Se la vivacità del suo spirito innamorava tutti coloro che l ' avvicinavano , la sua bellezza non faceva di meno , e sapeva amicarsi le persone più insensibili e i cuori più duri . La Regina madre non l ' avrebbe lasciata un solo minuto , se il suo dovere non l ' avesse tenuta presso il Re . Di tanto in tanto le buone fate venivano a vedere la Principessa e le portavano in regalo cose rarissime e vestiti sfarzosi ed eleganti , che parevano fatti per le nozze di qualche Principessa , non meno bella di Desiderata . Ma fra tutte le fate che le volevano bene , quella che le voleva più di tutte era Tulipano , la quale non rifiniva mai di raccomandare alla Regina che non le lasciasse vedere la luce del giorno prima di aver toccato i quindici anni . " La nostra sorella , quella della fontana , è vendicativa " , diceva Tulipano , " avremo un bel pigliarci tutte le cure per questa fanciulla ; ma se ella può , state certa che le farà del male ; e per questa ragione bisogna , o signora , che voi siate vigilante , e di molto . " La Regina dal canto suo prometteva di vegliare continuamente sopra una cosa di tanto rilievo : ma avvicinandosi il tempo nel quale la sua cara figlia doveva uscire dal castello , le fece fare il ritratto , e il ritratto fu portato a mostra nelle più grandi Corti dell ' universo . Al solo vederlo , non vi fu Principe che non si mostrasse preso di ammirazione : ma fra gli altri ve ne fu uno che ne rimase talmente invaghito , da non sapersene più distaccare . Lo portò nel suo gabinetto , e si chiuse dentro insieme col ritratto , e parlandogli come se fosse vivo e potesse intenderlo , gli diceva le cose più appassionate di questo mondo . Il Re , non vedendo più il figliuolo , domandò che cosa facesse e come passasse il suo tempo , e perché non fosse più del suo solito buon umore . Qualche cortigiano , di quelli che chiacchierano volentieri , e ve ne sono parecchi con questo vizio , gli fece intendere che c ' era il caso che al Principe desse volta il cervello , perché passava le giornate intere chiuso nel suo gabinetto , e lì discorreva da sé solo , come se vi fosse stato qualcuno insieme con lui . Il Re sentì questa cosa con dispiacere : " Com ' è egli possibile " , diceva ai suoi confidenti , " che mio figlio perda così il giudizio ? lui , che ne ha avuto sempre tanto ! Voi sapete che finora esso è stato l ' ammirazione di tutti , e io non vedo ne ' suoi occhi alcun segno di pazzia o di aberrazione mentale : soltanto mi pare diventato più pensieroso . Bisogna che io lo interroghi da me : forse cosi arriverò a scoprire qual è la fissazione che s ' è messa per il capo " . Detto fatto , mandò per esso , e quindi ordinò a tutti che uscissero dalla sala . Dopo vari discorsi , ai quali il Principe non stava attento o rispondeva a rovescio , il Re gli domandò il motivo che aveva portato tanto cambiamento nelle sue abitudini e nel suo carattere . Il Principe , parendogli che gli fosse capitata la palla al balzo , si gettò ai suoi piedi , e gli disse : " Voi avete fissato di farmi sposare la Principessa Nera : in questo legame di parentela voi troverete dei vantaggi , che io non posso promettervi con quello della Principessa Desiderata ; ma , o signore , io trovo in questa fanciulla tante grazie e tante attrattive , quante l ' altra non ne possiede davvero " . " E dove le avete vedute ? " , chiese il Re . " Tanto dell ' una che dell ' altra , mi sono stati portati i ritratti " , rispose il Principe Guerriero ( era questo il suo nome , dacché aveva vinto tre grandi battaglie ) , " e vi confesso che la mia passione per la principessa Desiderata è così forte , che se voi non ritirate la parola data alla Principessa Nera , non mi rimane altro che morire : felice sempre di perdere la vita , una volta perduta la speranza di essere lo sposo di quella che amo . " " È dunque con un ritratto " , riprese gravemente il Re , " che passate il vostro tempo a fare certi colloqui , che vi rendono ridicolo agli occhi di tutti i cortigiani ? Essi vi credono svanito il cervello , e se sapeste quello che si dice di voi , non avreste faccia di parlare a questo modo di simili ragazzate ! " " Io non ho ragione di rimproverarmi una sì bella fiamma " , replicò il Principe , " quando avrete veduto il ritratto di questa graziosa Principessa , son sicuro che compatirete la passione che sento per lei . " " Andate a prenderlo subito " esclamò il Re , con tanto risentimento , che dava a dividere la bizza che lo rodeva dentro . Se il Principe non avesse avuta la certezza che nessuna bellezza al mondo poteva stare a fronte di quella di Desiderata , sarebbe rimasto un po ' male . Invece andò subito nel suo gabinetto , e poi tornò al Re . Il Re rimase maravigliato quanto il figlio . " Ah ! " , diss ' egli , " mio caro Guerriero , io approvo la vostra scelta ; quando alla mia Corte ci sarà una Principessa così graziosa , mi sentirò anch ' io ringiovanito . Fin da questo momento mando subito degli ambasciatori dalla Principessa Nera per isciogliermi della parola data : e quand ' anche dovessi tirarmi sulle braccia una guerra a morte , preferisco di farla finita una buona volta per tutte . " Il Principe baciò rispettosamente le mani del padre e gli abbracciò i ginocchi . La sua gioia era tanta , che pareva diventato un altro . Pregò e ripregò il padre a mandare degli ambasciatori non soltanto alla Principessa Nera , ma anche a Desiderata , raccomandandosi che per quest ' ultima fosse scelto l ' uomo più capace e più ricco del Regno , perché in questa grande occasione era necessario fare una splendida figura , e ottenere ciò che si voleva . Il Re pose gli occhi su Beccafico . Era un gran signore , eloquente quanto Cicerone , e con centomila lire di rendita . Beccafico voleva un gran bene al principe Guerriero , e per andargli a genio , si fece fare il più splendido equipaggio e le più belle livree che si possa immaginare . La sua fretta per allestire i preparativi del viaggio fu grandissima , perché l ' amore del Principe cresceva a occhio di giorno in giorno , ed esso era sempre lì a punzecchiarlo perché partisse . " Ricordatevi " , gli diceva in tutta confidenza , " che c ' è di mezzo la vita mia , e che io perdo il lume della ragione tutte le volte che penso al caso che il padre di questa Principessa potrebbe impegnarsi con qualcun altro , senza aver modo di tornare indietro : e che allora io dovrei perderla per sempre . " Beccafico lo rassicurava , non foss ' altro per pigliar tempo ; perché dopo le grandi spese alle quali era andato incontro , voleva almeno farsene onore . Menò seco ottanta carrozze tutte risplendenti d ' oro e di brillanti , e dipinte con certe miniature , da fare scomparire le miniature più finite che si sieno vedute mai : c ' erano , per di più , altre cinquecento carrozze : ventiquattromila paggi a cavallo , vestiti come tanti principi : e il resto del corteggio non era da sfigurare in mezzo a quella magnificenza . Quando l ' ambasciatore ebbe dal Principe l ' udienza di congedo , questo l ' abbracciò come un suo fratello , e gli disse : " Pensate , mio caro Beccafico , che la mia vita dipende dal matrimonio che andate a combinare : dite tutto quel che più sapete , e conducete con voi la Principessa , che è l ' anima dell ' anima mia " . E gli consegnò mille regali da offrirle , nei quali spiccavano in egual modo l ' eleganza e la ricchezza ; erano tutte allegorie amorose , incise su gemme e diamanti : orologi incrostati di carbonchi , con sopra le cifre di Desiderata : braccialetti di rubini modellati in forma di cuori : insomma , non c ' era cosa alla quale non avesse pensato , per trovare il modo di piacerle . L ' ambasciatore portava seco il ritratto del Principe , dipinto con tanta bravura e maestria , che non gli mancava nemmeno la parola , e faceva dei complimenti pieni di grazia e di brio . È vero che non sapeva rispondere a tutto quello che gli si domandava : ma di questo non ce n ' era un gran bisogno . Beccafico , per la parte sua , promise al Principe che avrebbe fatto l ' impossibile per vederlo contento , e soggiunse che aveva con sé moltissimo denaro : e caso mai gli avessero negata la Principessa , avrebbe trovato il mezzo di comprare qualcuna delle sue cameriere e l ' avrebbe rapita . " Ah ! " , esclamò il Principe , " non lo dite neanche per celia : son sicuro che ella si chiamerebbe offesa da un modo di fare così poco rispettoso ! " Beccafico non stette a dir altro , e partì . La gran diceria del suo viaggio arrivò prima di lui : il Re e la Regina ne furono lietissimi , perché stimavano molto il suo sovrano e conoscevano gli atti di valore del Principe Guerriero , e , in particolar modo , il suo merito personale ; motivo per cui non avrebbero potuto trovare un partito più degno per la loro figlia , neanche a cercarlo apposta nelle cinque parti del mondo . Fu apprestato un palazzo per alloggiarvi Beccafico , e vennero dati gli ordini perché tutta la Corte si mostrasse in abito di gran gala . Il Re e la Regina avevano pensato di far vedere all ' ambasciatore la Principessa Desiderata : ma la fata Tulipano venne a trovare la Regina e le disse : " Guardatevi bene , Regina , da menare Beccafico dalla nostra figliuola " , era solita di chiamarla così , " non conviene che egli la veda tanto presto e non bisogna mandarla al Re , che l ' ha domandata in sposa , finché non abbia compiti i quindici anni ! perché , badate bene a quello che vi dico , se ella esce fuori prima del tempo , si troverà a sentirsi cascare addosso qualche grosso malanno " . La Regina abbracciò la buona Tulipano : le promise di darle retta , e senza perder tempo andarono insieme dalla Principessa . Intanto arrivò l ' ambasciatore . Il suo seguito durò ventitré ore a passare , perché egli aveva seicentomila muli , colle sonagliere e i ferri d ' oro e gualdrappe di velluto e di broccato ricamate in perle . Lungo la strada c ' era un pigia - pigia da non farsene idea , e tutti correvano per vederlo . Il Re e la Regina gli andarono incontro , tanto erano contenti della sua venuta . Salteremo a pié pari le cose che egli disse , i complimenti che si scambiarono , perché ci vuol poco a figurarseli : ma quando egli domandò di presentare i suoi omaggi alla Principessa , rimase molto male nel sentirsi negata la grazia . " Signor Beccafico " , disse il Re , " se vi ricusiamo una cosa che pare così giusta , credetelo , non è un capriccio : e perché ne siate persuaso , bisogna raccontarvi la strana avventura di nostra figlia . Una fata , dal giorno che nacque , la prese a noia e la minacciò di mille guai , se ella avesse veduto la luce del sole prima di toccare i quindici anni : noi dunque la teniamo chiusa in un palazzo , che ha i suoi quartieri più belli sotto terra . Era nostra idea di menarvici ma la fata Tulipano ci ha comandato di non fare nulla . " " Come mai , Sire ! " , replicò l ' ambasciatore , " e io dunque dovrò avere il dispiacere di tornarmene indietro senza di lei ? Voi l ' accordaste al Re mio signore per il suo figlio : ella è aspettata con vivissima impazienza : e sarà possibile che voi vi lasciate imporre da certe fanciullaggini , come sono le predizioni delle fate ? Ecco qui il ritratto del Principe Guerriero , che ho l ' ordine di presentarvi : e il ritratto è così somigliante , che quando lo guardo mi par di vedere le stesso Principe in persona . " E cosi dicendo , lo scoprì . Il ritratto , che era stato ammaestrato soltanto per parlare alla Principessa , disse : " Bella Desiderata , non potete figurarvi con quanto ardore io vi attenda ! venite subito alla nostra Corte , e abbellitela con quelle grazie che vi fanno unica al mondo ! " . Il ritratto non disse altro : e il Re e la Regina rimasero tanto meravigliati , che pregarono Beccafico a darglielo , per portarlo a far vedere alla Principessa . A lui non gli parve vero , e consegnò subito il ritratto nelle loro mani . La Regina non aveva mai fatto cenno alla figlia di ciò che accadeva in Corte ; ed anzi aveva proibito alle dame che le stavano intorno di dirle la più piccola cosa sull ' arrivo dell ' ambasciatore : ma esse non l ' avevano ubbidita , e la Principessa sapeva già che si stava combinando un gran matrimonio ; peraltro era tanto prudente , da fare in modo che la madre non si avvedesse di nulla . Quando questa le ebbe mostrato il ritratto del Principe , che parlava , e che le fece un complimento non so se più tenero o più grazioso , ella rimase molto sorpresa , perché non aveva mai veduto nulla di simile ; e la bella fisonomia del Principe , l ' aspetto sveglio e la regolarità delle fattezze non la stupivano meno delle cose che aveva dette il ritratto parlante . " Vi dispiacerebbe " , le disse la Regina , " di avere uno sposo che somigliasse a questo Principe ? " " Signora " , ella rispose , " non tocca a me a scegliere : sarò sempre contenta di colui che vi piacerà destinarmi . " " Ma pure " , insisté la Regina , " se la sorte cadesse su lui , non vi stimereste felice ? " Ella arrossì , abbassò gli occhi e non rispose nulla . La Regina la prese fra le braccia e la baciò più e più volte , né poté frenarsi dal versare alcune lacrime , pensando che stava sul punto di doverla perdere , perché non le mancavano oramai che tre mesi soli a compiere i quindici anni : e nascondendole il suo dispiacere , la mise al fatto di tutto quanto la riguardava nell ' ambasciata di Beccafico : e fra le altre cose , le dette anche i regali che erano stati portati per lei . Essa li ammirò : lodò con finezza di gusto le cose più singolari ; ma ogni pochino i suoi occhi si divagavano , per andare a posarsi sul ritratto del Principe , con un diletto fin ' allora non provato mai . L ' ambasciatore , vedendo che perdeva il suo tempo a insistere perché gli dessero la Principessa , e che si contentavano soltanto di promettergliela , ma in modo solenne da non poterne dubitare , si trattenne pochi giorni presso il Re , e tornò per la posta a render conto al padrone del suo operato . Quando il Principe venne a sapere che la sua Desiderata non poteva averla prima di tre mesi , dette in tali sfoghi di dolore , che rattristarono tutta la Corte : non dormiva più : non mangiava nulla e diventò tristo e pensieroso : perse il suo bel colore : passava le giornate intere sdraiato su un canapè , nel suo gabinetto , a contemplare il ritratto della Principessa : le scriveva ogni cinque minuti e porgeva le lettere al ritratto , come se questo le sapesse leggere . Alla fine le sue forze s ' indebolirono a poco a poco , e cadde gravemente malato : né ci fu bisogno di medico o di chirurgo per indovinare la cagione del male . Il Re si disperava ; egli amava teneramente suo figlio , e si trovava sul punto di perderlo . Che afflizione per lui ! Né vedeva rimedio alcuno che valesse a salvargli il Principe , il quale non domandava altro che la sua Desiderata : senza di essa non gli restava che morire . In faccia alla gravità del caso egli prese la risoluzione di andare a trovare il Re e la Regina , che gli avevano promesso la figlia , affine di scongiurarli a muoversi a compassione dello stato in cui s ' era ridotto il Principe , e a non mandare più in lungo le nozze ; le quali non si sarebbero fatte più , quand ' essi si fossero incaponiti a volere aspettare che la Principessa avesse compito i quindici anni . Questo passo era straordinario per un Re , ma sarebbe stata una cosa anche più straordinaria se egli avesse lasciato morire il figlio , che gli era più caro delle pupille degli occhi . Peraltro s ' inciampò in una difficoltà insormontabile : e questa era l ' età molto avanzata del Re , la quale non gli acconsentiva se non di viaggiare in portantina : e questa cosa si combinava male coll ' impazienza del figlio : per cui egli mandò per la posta il suo fido Beccafico e scrisse delle lettere commoventissime per impegnare il Re e la Regina a contentarlo nei suoi desideri . Intanto Desiderata non provava minor piacere a contemplare il ritratto del Re , che questi non provasse a guardare quello di lei . Ogni tantino ella andava nella stanza dove era stato messo , e sebbene s ' ingegnasse di celare i sentimenti del suo cuore , c ' era chi sapeva indovinarli ; e , fra gli altri , Viola - a - ciocche e Spinalunga , che erano le sue damigelle d ' onore , si accorsero di quella specie d ' irrequietezza che cominciava a tormentarla . Viola - a - ciocche l ' amava di sincero amore e l ' era fidatissima ; mentre Spinalunga aveva sempre covato una gelosia segreta per le belle virtù e per lo splendido stato della Principessa . La madre di Spinalunga aveva allevata la Principessa , e dopo essere stata sua governante , era divenuta sua dama d ' onore . Ella dunque avrebbe dovuto amarla , come la cosa più cara di questo mondo : ma idolatrando essa la propria figlia , e vedendo l ' odio di questa per la bella Principessa , non poteva , neanch ' essa , volerle bene . L ' ambasciatore , che era stato spedito alla Corte della Principessa Nera , non vi trovò lieta accoglienza , subito che si venne a sapere la bella parte che doveva fare . Questa negra era la creatura più vendicativa che possa immaginarsi ; e le parve di non essere trattata troppo cavallerescamente a sentirsi dire sul viso , dopo le promesse e gl ' impegni presi , che essa rimaneva ringraziata e messa in libertà . Ella aveva veduto il ritratto del Principe , e s ' era fitta in capo di voler lui a ogni costo : perché le donne nere , quando si ragiona d ' amore , diventano le donne più ostinate del mondo . " Come , signor ambasciatore " , ella disse , " forse il vostro Re non mi crede abbastanza ricca o abbastanza bella ? Girate per i miei Stati e difficilmente ne troverete de ' più vasti ; entrate nel mio tesoro reale e vedrete tant ' oro , quanto non se n ' è mai cavato da tutte le miniere del Perù ; date finalmente un ' occhiata al color morato del mio viso , alle mie labbra tumide , al mio naso schiacciato , eppoi ditemi se una donna , per esser bella , non bisogna che sia fatta così ! " " Signora " , rispose l ' ambasciatore , il quale aveva una gran paura d ' essere bastonato , peggio che in Turchia , " io biasimo il procedere del mio Sovrano , per quanto è lecito di farlo a un suddito : e se il cielo mi avesse dato il più bel trono dell ' universo , saprei ben io la persona alla quale offrirlo ! " " Queste parole vi salvano la vita " , ella disse , " avevo fissato di cominciare da voi la mia vendetta ; ma mi sarebbe parsa un ' ingiustizia , perché in fin de ' conti non siete voi la cagione dello sleale procedere del vostro Principe : andate , e ditegli da parte mia che mi fa un vero regalo a sciogliersi con me , perché io non me la sono mai detta con le persone poco di buono . " L ' ambasciatore , che non vedeva l ' ora di essere congedato , prese queste parole a volo ; e via a gambe . Ma la Negra era troppo stizzita contro il Principe Guerriero , per potergli perdonare . Salì sopra un cocchio d ' avorio tirato da sei struzzi , i quali facevano dieci miglia l ' ora . Andò al palazzo della fata della fontana , che era la sua comare e la migliore amica che avesse : e dopo averle raccontata la sua avventura , la pregò colle braccia in croce perché l ' aiutasse a pigliarsi una vendetta . La fata si lasciò commuovere dal dolore della figlioccia ; guardò nel libro , dove si dice tutto , e così venne subito a sapere che il Principe Guerriero lasciava la Principessa Nera per motivo di Desiderata , che egli amava perdutamente , e che era stato perfino malato dalla gran passione di non poterla vedere . Bastò questa cosa per riaccendere nel cuore alla fata quella collera , che oramai era quasi spenta ; tanto che si poteva sperare , che non avendo più veduto la Principessa dal giorno che nacque , non avrebbe più pensato a farle del male , senza gl ' incitamenti di quella brutta moraccia . " Come ! " , gridò la fata , " dunque questa sciaguratissima Desiderata s ' è messa in capo di farmi sempre dei dispetti ? No , no , vezzosa Principessa : no , carina mia ; non soffrirò mai che ti si faccia un affronto . Il cielo e tutti gli elementi piglieranno parte in questa cosa . Torna pure a casa e fidati alla parola della tua buona comare . " La Principessa la ringraziò e le fece dei doni di frutte e di fiori , che furono moltissimo graditi . Intanto l ' ambasciatore Beccafico si avanzava a spron battuto verso la città , dove stava il padre di Desiderata : e appena giunto andò a gettarsi ai piedi del Re e della Regina ; versò un torrente di lacrime e disse con un linguaggio da intenerire i sassi , che il Principe Guerriero sarebbe morto , se gl ' indugiavano il piacere di vedere la Principessa : che oramai non mancavano più che tre soli mesi per compire i quindici anni ; che non c ' era pericolo che in un tempo così corto potesse accadere qualche disgrazia : che si prendeva la libertà di rammentare che questa eccessiva credulità per certe fandonie faceva torto alla maestà reale : in una parola , tanto seppe dire e tanto seppe fare , che finì col persuaderli tutti e due . Prova ne sia che anche essi s ' intenerirono e piansero , ripensando al pietoso stato in cui s ' era ridotto il Principe : e finirono col dire che pigliavano qualche giorno di tempo prima di dargli una risposta di benestare . Esso allora replicò che non poteva concedere che poche ore , perché il suo padrone era oramai ridotto al lumicino , e s ' era fitto in capo che la Principessa non lo potesse soffrire e fosse essa medesima che studiasse tutti gli ammennicoli per rimandare la partenza dall ' oggi al domani . Allora gli fu detto che nella serata avrebbe saputo quello che si poteva fare . La Regina corse subito al palazzo della sua cara figlia , e le raccontò ogni cosa . Desiderata sentì un gran dolore : ebbe una stretta al cuore e svenne . Così la Regina poté conoscere tutta la passione del suo amore per il Principe . " Non ti dar tanto alla disperazione , bambina mia " , ella le disse , " tu hai la virtù di poterlo guarire : la sola cosa che mi tenga in pensiero , sono le minacce fatte dalla fata della fontana al momento della tua nascita . " " Voglio sperare , o signora " , ella riprese , " che ci debba essere qualche ripiego , per ingannare questa fata malandrina . Non potrei , per dirne una , partire in una carrozza tutta chiusa , dove non potessi vedere la luce del giorno ? questa carrozza l ' aprirebbero soltanto la notte , per darci da mangiare , e così arriverei felicemente a casa del Principe Guerriero . " Il ripiego piacque molto alla Regina : ne parlò al Re , il quale lo approvò : e così mandarono a chiamare Beccafico , perché andasse subito a Corte , dove gli dettero per cosa sicura che la Principessa sarebbe partita prestissimo ; e gli dissero di recarsi intanto a dare la buona novella al suo padrone , aggiungendo che per amor di far presto , avrebbero tralasciato di farle il corredo e i ricchissimi vestiti , quali si addicevano al suo grado di Principessa . L ' ambasciatore , che non capiva nella pelle dalla contentezza , si gettò di nuovo ai piedi delle loro Maestà per ringraziarle , e partì subito senza aver veduto la Principessa . Non c ' è dubbio che ella avrebbe sentito un gran dolore nello staccarsi dal padre e dalla madre , se fosse stata meno viva in lei la prevenzione a favore del Principe : ma si danno nella vita certi sentimenti così prepotenti , che fanno tacere tutti gli altri . Le prepararono una carrozza foderata al di fuori di velluto , ornato di grandi borchie d ' oro ; e al di dentro di broccato ricamato d ' argento e color di rosa . Non vi erano cristalli ; la carrozza era molto grande , tutta chiusa come una scatola ; e uno dei primi signori del Regno teneva in custodia le chiavi , che aprivano la serratura degli sportelli . E perché un seguito troppo numeroso poteva essere d ' impiccio , furono scelti pochi ufficiali per accompagnarla : e dopo averle date le più belle gemme del mondo e alcuni ricchissimi vestiti , e dopo gli addii , che fecero quasi soffocare dai pianti e dai singhiozzi il Re , la Regina e tutta la Corte , la chiusero nella carrozza , insieme alle sue dame d ' onore Viola - a - ciocche e Spinalunga . Bisogna ricordarsi che Spinalunga non voleva punto bene a Desiderata ; ma invece ne voleva moltissimo al Principe Guerriero , del quale aveva veduto il ritratto parlante . Il dardo che l ' aveva ferita era così acuto , che , nel partire , disse a sua madre che morirebbe di dolore , se accadesse il matrimonio della Principessa , e che se voleva salvarla dalla sua tristissima sorte , bisognava trovasse il verso di mandare all ' aria ogni cosa . Sua madre , che era dama d ' onore , le disse di darsi pace , che avrebbe cercato il modo di consolarla e di farla felice . Quando la Regina fu sul punto di staccarsi dalla sua figlia , che partiva , la raccomandò , non si può dir quanto , a questa femmina trista . " Questo prezioso deposito " , diss ' ella , " lo confido alle vostre mani . Mi è più caro della vita ! abbiate cura della salute di mia figlia , e soprattutto guardate bene che non vegga mai la luce del giorno . Sarebbe finita per lei ! Voi sapete da quali sciagure è minacciata , e però ho fissato coll ' ambasciatore del Principe Guerriero che , fino a tanto che non abbia quindici anni compiti , la terranno in un castello , dove non possa vedere altra luce che quella dei lampadari . " La Regina affogò di regali questa dama , per impegnarla a stare attaccata fedelmente alle sue istruzioni , ed ella dal canto suo promise di vegliare alla conservazione della Principessa , e di renderle minutissimo conto di tutto , appena fossero arrivate . A questo modo il Re e la Regina , fidandosi di averla raccomandata bene , non ebbero alcun pensiero per la loro cara figlia , e così sentirono meno il dolore del distacco ; ma Spinalunga , che dagli ufficiali incaricati di aprire tutte le sere la carrozza per servire la cena alla Principessa , aveva saputo che si avvicinavano alla città dov ' erano aspettate , cominciò a metter su la madre perché compisse il suo tristo disegno , prima che il Re e il Principe venissero loro incontro e mancasse il tempo di fare il gran colpo . Cosicché , quando fu circa l ' ora del mezzogiorno e quando i raggi del sole saettavano con maggior forza , ella tagliò di netto con un gran coltello fatto apposta , che aveva portato seco , l ' imperiale della carrozza dove stavano rinserrate . Fu quella la prima volta che la Principessa Desiderata vide la luce del giorno . Appena l ' ebbe vista , mandò un sospiro e si precipitò fuori della carrozza , trasmutata in una Cervia bianca : e a quel modo si messe a correre fino alla vicina foresta , dove si nascose in un luogo folto e oscuro , per potervi piangere , senza essere vista da alcuno , le grazie , i bei lineamenti e la elegante figura , che aveva perduta . La fata della fontana , che dirigeva questa strana avventura , vedendo che tutti quelli che accompagnavano la Principessa si davano un gran moto , gli uni per seguirla , gli altri per correre alla città e fare avvertito il Principe Guerriero della disgrazia accaduta , messe sottosopra cielo e terra : talché i lampi e i tuoni impaurirono anche i più coraggiosi : e in grazia del suo portentoso sapere , riuscì a trasportare quelle persone molto lontano di lì , togliendole in questo modo da un luogo , dove la loro presenza non le faceva punto piacere . Le sole che restassero , furono la dama d ' onore , Spinalunga e Viola - a - ciocche . Quest ' ultima corse dietro alla sua padrona , facendo risuonare il bosco del nome di lei e de ' suoi acuti lamenti . Le altre due , contentissime di vedersi libere , non persero un minuto per fare quanto avevano già fissato . Spinalunga s ' infilò i vestiti di Desiderata . Il manto reale , che doveva servire per le nozze , era d ' una ricchezza da non potersi dire , e la corona aveva dei diamanti grossi due o tre volte il pugno della mano . Il suo scettro era d ' un rubino d ' un sol pezzo : e il globo che teneva nell ' altra mano , una perla grossa quanto il capo d ' un bambino . Tutte cose bellissime a vedersi e pesantissime a portarsi addosso : ma bisognava non lasciare indietro nessuno degli ornamenti reali , una volta che Spinalunga voleva farsi credere la Principessa . In quest ' abbigliamento , Spinalunga , seguita dalla madre che le reggeva lo strascico , si avviò verso la città . La falsa Principessa camminava con passo maestoso . Ella era sicura che sarebbe venuta gente a incontrarla ; difatti , non avevano ancora fatta molta strada , che scorsero un drappello di cavalleria , e in mezzo due portantine luccicanti di oro e di gemme , portate da piccoli muli , ornati di lunghi pennacchi verdi ( perché il verde era il colore favorito della Principessa ) . Il Re che stava in una portantina , e il Principe malato nell ' altra , non sapevano che cosa pensare di queste dame , che venivano incontro a loro . I più curiosi galopparono innanzi , e dalla ricchezza dei vestiti giudicarono che dovessero essere due signore di gran riguardo . Scesero da cavallo e le salutarono con molto rispetto . " Fatemi la grazia " disse loro Spinalunga " di sapermi dire chi c ' è dentro quelle portantine . " " Signora " , essi risposero , " c ' è il Re e il Principe suo figlio , che vanno incontro alla Principessa Desiderata . " " Allora vi prego " , continuò ella , " di andare a dir loro che la Principessa è qui . Una fata , che è nemica della mia felicità , ha sparpagliato e disperso tutti coloro che mi accompagnavano a furia di tuoni , di lampi e di prodigi paurosi : ma ecco qui la mia dama d ' onore , la quale è incaricata di presentare le lettere del Re mio padre e di tenere in custodia le mie gioie . " I cavalieri , a queste parole , baciarono subito il lembo della sua veste e andarono di corsa a dire al Re che la Principessa si avvicinava . " Come ! " , egli esclamò , " ella se ne viene a piedi e di pieno giorno ? " Essi gli raccontarono ciò che ella aveva detto loro . Il Principe , che smaniava d ' impazienza , li chiamò , dicendo loro con gran premura : " Non è un prodigio di bellezza ? un vero miracolo ? una Principessa senza confronti ? " . Nessuno rispose : per cui il Principe ne rimase stupito . " Si vede proprio " , egli riprese , " che dovendo dirne troppo bene , preferite piuttosto non dir nulla . " " Signore , voi la vedrete da voi " , disse il più ardito di essi , " sarà che lo strapazzo del viaggio l ' abbia un po ' trasfigurita . " Il Principe rimase di stucco : se fosse stato più in forze , si sarebbe buttato giù dalla portantina per correre ad appagare la sua impazienza e la sua curiosità . Il Re scese a piedi , e avanzandosi con tutto il corteggio raggiunse la falsa Principessa . Vederla , gettare un grido e tirarsi indietro di qualche passo , fu un punto solo . " Chi vedo mai ? " , egli disse , " ma questa è una vera perfidia . " " Sire " , disse la dama d ' onore avanzandosi a faccia fresca , " ecco qui la Principessa Desiderata con le lettere del Re e della Regina . Io rimetto pure nelle vostre mani la cassetta delle gioie , che mi fu consegnata sul punto di partire . " Il Re serbò un silenzio sinistro e cupo ; e il Principe , appoggiandosi al braccio di Beccafico , si avvicinò a Spinalunga . Dio degli Dei ! come dové egli restare , vedendo una fanciulla di una statura così sperticata da far paura ? Essa era così lunga , che gli abiti della Principessa le toccavano appena il ginocchio ; secca come un uscio ; col naso che somigliava al becco ricurvo di un pappagallo , e rosso e lustro in cima come un peperone . Denti più neri e più disuniti di quelli , non se n ' è visti mai : in una parola , ell ' era tanto brutta , quanto Desiderata era bella . Il Principe , che aveva sempre dinanzi agli occhi l ' immagine della sua cara Principessa , al vedere questa brutta befana rimase imbietolito : non aveva fiato né per muoversi né per dire una mezza parola . Soltanto , dopo averla guardata un poco cogli occhi fuor della testa , si volse al Re ed esclamò : " Io sono tradito ! Il maraviglioso ritratto sul quale ho vincolata la mia libertà non ha che veder nulla con la persona che ci è stata inviata . Hanno preteso ingannarmi ? ci sono riusciti : ma a me mi costerà la vita " . " Che cosa intendete dire , o signore ? " , disse Spinalunga . " Chi è che ha cercato di ingannarvi ? sappiate , o signore , che sposando me , non vi hanno ingannato davvero . " Tanta sfacciataggine e tanta arroganza non aveva esempio . Per parte sua , anche la dama d ' onore rincarava la dose : " Oh ! mia bella Principessa " , esclamava , " dove siamo mai capitate ? È forse in questo modo , che si accoglie una Principessa par vostro ? Quale incostanza ! e che razza di procedere !...Il Re vostro padre saprà farsene render ragione " . " Tocca a noi farsi rendere ragione " , ribatté il Re , " egli ci aveva promesso una bella Principessa e ci manda invece un sacco d ' ossi , una mummia da fare scappare dallo spavento : ora non mi fa più specie che egli abbia tenuto nascosto questo bel tesoro per quindici anni di seguito : aspettava che capitasse il merlotto : e la disgrazia è capitata su noi : ma staremo a vedere come finirà . " " Ma quale insolenza ! " , esclamò la falsa Principessa . " Quanto sono sventurata di esser venuta qui , sulla parola di questa razza di gente ! Guardate un po ' il gran delitto di essersi fatta ritrattare un po ' più bella del vero ! Non sono forse cose che accadono tutti i giorni ? Se per queste piccole marachelle i Principi rimandassero indietro le loro fidanzate , poche ma poche bene se ne mariterebbero . " Il Re e il Principe , colla bizza fino alla punta dei capelli , non si degnarono risponderle : salirono ciascuno nella loro portantina , mentre una guardia del corpo , senza tanti complimenti , messe in groppa al cavallo , dietro di sé , la Principessa : la dama d ' onore ebbe lo stesso trattamento : e così furono menate in città , dove per ordine del Re furono chiuse nel Castello delle Tre Punte . Il Principe Guerriero restò così sbalordito da questo colpo , che tutta la pena gli si rinserrò in fondo al cuore . Quand ' ebbe fiato per parlare , che cosa mai non disse del suo tristo destino ? Egli era sempre innamorato come prima , ma non gli restava per oggetto della sua passione che un bugiardo ritratto . Tutte le sue speranze andate in fumo : tutte le sue illusioni intorno alla Principessa Desiderata , svanite ! Non c ' era disperazione da potersi agguagliare alla sua . La Corte gli era divenuta un soggiorno insoffribile , e pensò , appena ristabilitosi un po ' in salute , di fuggirsene di nascosto in un luogo solitario e passarvi tutto il resto della sua misera vita . Confidò questa sua idea soltanto al fido Beccafico , nella certezza che questi lo seguirebbe dappertutto : e lo scelse apposta per avere una persona colla quale potersi sfogare più liberamente che con chiunque altro , del brutto tiro che aveva dovuto patire . Appena si sentì un po ' meglio , partì dalla Corte , lasciando sulla tavola del suo gabinetto una lunga lettera pel Re , colla quale lo avvertiva che sarebbe tornato appena avesse ritrovato un po ' di quiete di spirito : ma intanto lo scongiurava di pensare alla vendetta di tutti e due , e di tener sempre in prigione quello spauracchio di Principessa . È facile immaginarsi il dolore del Re nel ricevere questa lettera . Credette morir di dolore per la lontananza di un figlio , così adorato . Mentre tutti s ' ingegnavano di consolarlo , il Principe e Beccafico facevano strada : finché in capo a tre giorni si trovarono in una gran foresta , così oscura per la spessezza delle piante e così seducente per la freschezza dell ' erbe e per i ruscelletti e i fili d ' acqua , che scorrevano in tutti i versi , che il Principe , rifinito dal lungo cammino , non essendosi ancora rimesso perbene in forze smontò da cavallo e si sdraiò malinconicamente per terra , reggendosi il capo con la mano , e per la debolezza avendo appena fiato di parlare . " Signore " , gli disse Beccafico , " mentre vi riposate un poco , io anderò in cerca di qualche frutto perché possiate rinfrescarvi : e intanto darò un ' occhiata per farmi un ' idea del luogo dove ci troviamo . " Il Principe non rispose , ma gli fece segno col capo , come per dirgli : " Sta bene " . Egli è ormai un bel pezzo che abbiamo lasciata la Cervia nel bosco , voglio dire l ' incomparabile Principessa . Ella pianse , come può piangere una cervia all ' ultima disperazione , quando si accorse delle sue nuove forme , specchiandosi nell ' acqua di una fontana . " Come ! e son io , proprio io ? " , essa diceva , " ed è per l ' appunto oggi , che mi trovo ridotta a subire la più trista avventura che possa mai toccare a un ' innocente Principessa come me , per capriccio e colpa delle fate ? E quanto dovrà durare questa metamorfosi ? E dove nascondermi , perché i leoni , gli orsi e i lupi non mi divorino ? Come potrò io cibarmi d ' erba ? " E via di questo passo , faceva a se stessa mille domande , e provava il più acerbo dolore che mai si possa . Se qualche cosa poteva consolarla , era il vedere che essa era una bella cervia , nello stesso modo che era stata una bella Principessa . Spinta dalla fame , Desiderata si messe a mangiar l ' erba con molto appetito : e non sapeva intendere come questa cosa potesse stare . Quindi si accoccolò sul muschio : intanto si fece notte , senza addarsene : ed essa la passò in mezzo a spaventi così terribili , da non poterseli figurare . Sentiva le bestie feroci a pochi passi di distanza ; e scordandosi di esser Cervia , provava ad arrampicarsi su per gli alberi . I primi chiarori del giorno la rassicurarono un poco : ammirò la levata del sole : e il sole gli pareva così maraviglioso , che non finiva mai di guardarlo . Tutte le grandi cose , che ne aveva sentite dire , le sembravano molto inferiori a quel che vedeva . Era questo l ' unico svago che avesse in quel luogo deserto . Per parecchi giorni vi restò sola sola . La fata Tulipano , che aveva sempre voluto bene a questa Principessa , si appassionava di cuore per la sua disgrazia ; ma d ' altra parte , essa era molto indispettita che tanto la Regina come la figlia avessero fatto così poco conto de ' suoi consigli : perché , se vi ricordate , la buona fata aveva ripetuto loro più volte che se la Principessa fosse partita prima de ' quindici anni compiti , sarebbe andata incontro a qualche malanno . A ogni modo non volle lasciarla in balìa alle ire della fata della fontana , e fu essa stessa che guidò i passi di Viola - a - ciocche verso la foresta , perché questa fida confidente potesse consolarla nella sua terribile sventura . La bella Cervia se ne andava , un passo dietro l ' altro , lungo un fiumiciattolo , quando Viola - a - ciocche , non avendo più gambe per camminare , si coricò per pigliare un po ' di riposo . Tutta afflitta , stava almanaccando colla testa da qual parte volgersi per potersi imbattere nella sua cara Principessa . Appena la Cervia l ' ebbe vista , fece tutto un salto , e passata dall ' altra parte del fiume , che era abbastanza largo e profondo , venne a gettarsi addosso a Viola - a - ciocche e le fece un ' infinità di carezze . Ella rimase stupita , non sapendo se le bestie di quel luogo avessero una simpatia particolare per gli uomini tanto da diventare umane , o se la Cervia la conoscesse ; perché a dirla tale e quale , non accade tutti i giorni di vedere una Cervia che faccia con tanto garbo e con tanta cortesia gli onori della foresta . Dopo averla guardata attentamente , si accorse con molta maraviglia che da ' suoi occhi sgorgavano alcuni grossi lacrimoni ; per cui non ebbe più l ' ombra del dubbio che quella fosse la sua cara Principessa . Le prese le zampe e gliele baciò collo stesso rispetto e colla medesima tenerezza , come le avrebbe baciato le mani . Provò a parlare e s ' avvide che la Cervia la intendeva benissimo : ma non poteva risponderle ; e allora le lacrime e i sospiri raddoppiarono da una parte e dall ' altra . Viola - a - ciocche promise alla sua padrona che non l ' avrebbe abbandonata mai : la Cervia le fece mille piccoli segni col capo e cogli occhi , per farle intendere che ne sarebbe contentissima , e che questa cosa la consolerebbe in parte delle sue pene . Erano state insieme tutta la giornata , quando la Cervietta ebbe paura che la sua fida Viola - a - ciocche potesse aver bisogno di mangiare , e la menò in un certo punto della foresta , dove aveva veduto alcune frutta selvatiche ma saporite . Viola - a - ciocche ne mangiò moltissime , perché si sentiva morire dalla fame ; ma quand ' ebbe finita la sua cena , fu presa da una grande inquietudine , perché non sapeva dove si sarebbero ricoverate per dormire . Restare in mezzo alla foresta , esposte a tutti i pericoli , non era nemmeno da pensarci . " Non avete paura , graziosa Cervia " , ella disse , " a passare la nottata qui ? " La Cervia alzò gli occhi al cielo e sospirò . " Ma pure " , continuò Viola - a - ciocche , " voi avete già percorso una parte di questa vasta solitudine : non vi son , per caso , punte capanne , un carbonaio , un taglialegna , un eremitaggio ? " La Cervia fece col capo di no . " Oh Dei ! " , esclamò Viola - a - ciocche , " domani non sarò più viva : quand ' anche avessi la sorte di scansare le tigri e gli orsi , son sicura che basterebbe la paura per uccidermi . E non crediate , mia cara Principessa , che mi dispiaccia per me di perdere la vita : me ne dispiace per voi . Povera me ! Lasciarvi in questi luoghi , senza un ' anima che vi consoli ! Si può immaginare più trista cosa ? " La Cervietta si mise a piangere : ella singhiozzava come potrebbe fare una persona . Le sue lacrime toccarono il cuore alla fata Tulipano , che in fondo l ' amava teneramente e che , nonostante la sua disobbedienza , aveva sempre vegliato alla conservazione di lei : per cui , apparendole tutt ' a un tratto , le disse : " Non ho nessuna voglia di farvi dei rimproveri : lo stato in cui vi trovate mi fa troppa pena " . Cervietta e Viola - a - ciocche la interruppero , gettandosi ai suoi ginocchi : la prima le baciava le mani e le faceva le carezze più graziose di questo mondo : mentre l ' altra la scongiurava a muoversi a pietà della Principessa , rendendole le sue sembianze naturali . " Ciò non dipende da me " , disse Tulipano ; " colei che le fece tanto male ha molto potere ; ma io abbrevierò il tempo della sua penitenza : e per addolcirla un poco , appena si farà notte ella lascerà le spoglie di Cervia ; ma ai primi chiarori dell ' alba , bisognerà che le riprenda daccapo e corra per la pianura e per la foresta , come le altre Cervie . " Cessare di essere Cervia durante la notte , era già qualcosa , anzi molto : e la Principessa dette a dividere la sua allegrezza a furia di salti e di capriole , che messero di buon umore la fata . " Pigliate " , diss ' ella , " per questa viottola , e troverete una capanna abbastanza decente per questi luoghi campestri . " Ciò detto , sparì . Viola - a - ciocche obbedì , e insieme con la Cervia entrò nella viottola , che era lì a pochi passi , e trovarono una vecchia seduta sulla soglia della porta , che stava ultimando un canestro di giunchi . Viola - a - ciocche la salutò : " Vorreste voi , mia buona nonna " , le disse , " darmi un po ' d ' ospitalità insieme a questa Cervia ? " . " Ma sì , figlia mia , che ti ospiterò volentieri : entra pure colla tua Cervia . " E detto fatto , le menò subito in una graziosa camerina , che aveva le pareti e l ' impiantito di tavole di ciliegio : ci erano due letti di tela bianca : biancheria finissima , e ogni altra cosa così semplice e linda , che la Principessa ha raccontato dopo di non aver mai trovato nulla che fosse più di suo gusto . Quando fu notte buia Desiderata cessò di essere cervia : abbracciò più di cento volte la sua cara Viola - a - ciocche ; la ringraziò per l ' affezione che l ' aveva impegnata a seguire la sua fortuna , e le promise di farla felice , appena la sua penitenza fosse finita . La vecchia venne a bussare con molto garbino alla porta e , senza entrare , dette a Viola - a - ciocche dei frutti squisiti , de ' quali ne mangiò anche Desiderata , e con un grande appetito : quindi andarono a letto , ma appena giorno , Desiderata essendo ritornata Cervia , cominciò a grattare coi piedi la porta , perché Viola - a - ciocche le aprisse . All ' atto di separarsi , tutte e due si scambiarono i segni di un vivo dispiacere , sebbene il distacco fosse di poche ore : e la Cervia , lanciatasi nel fitto del bosco , cominciò a correre , secondo il suo solito . Mi par di aver detto che il Principe Guerriero si era fermato nella foresta , e che Beccafico girava in qua e in là , in cerca di frutti . Era già molto tardi , quand ' esso capitò alla casina della buona donna , di cui si è già parlato . Esso si presentò con modi molto cortesi e le chiese quelle cose che gli abbisognavano per il suo padrone . La vecchina fece in un lampo a empirgli un corbello di frutta , e glielo dette dicendogli : " Ho paura che se passate la notte qui , a cielo scoperto , vi capiterà qualche disgrazia : io non posso offrirvi che una povera stanzuccia : se non altro , sarete al sicuro dai leoni " . Beccafico la ringraziò , e le disse che era in compagnia di un amico , e che andava a proporgli di andare a casa di lei : difatti seppe pigliare il Principe così per il suo verso , che questi si lasciò menare alla casa della buona donna . La trovarono , che era ancora sulla porta : ed essa , in punta di piedi , li menò in una camera , compagna a quella della Principessa , e tutte e due così accosto l ' una all ' altra , che erano separate da un semplice tramezzo . Il Principe passò la notte inquietissimo , secondo il solito : ma appena il sole gli batté nell ' imposte della finestra , si alzò , e per isvagarsi dall ' uggia che aveva addosso andò nella foresta , dicendo a Beccafico di non seguirlo . Camminò una mezza giornata , senza neanche sapere dove andasse ; finché capitò in un praticello , abbastanza grande , tutto coperto d ' alberi e d ' erba di muschio . In quel punto sbucò fuori una Cervia , ed egli non poté resistere alla voglia d ' inseguirla , perché la caccia era la sua passione prediletta : sebbene ora non fosse più come una volta , dacché aveva nel cuore quest ' altra spina . Pur nondimeno si messe dietro alla Cervia , e di tanto in tanto le tirava coll ' arco dei dardi , che la gelavano dalla paura , quantunque non le facessero il più piccolo male : perché bisogna sapere che la sua amica Tulipano vegliava in sua difesa : e non ci voleva di meno della mano soccorritrice di una fata per salvarla dalla morte , sotto una pioggia di colpi così bene assestati . Non è possibile essere stracchi , come lo era la Principessa delle Cervie , così poco avvezza a questo nuovo esercizio . Alla fine ebbe la fortuna di svoltare a secco per una viottola , dove il pericoloso cacciatore , avendola persa di vista e sentendosi anch ' esso stanco morto , non si ostinò a darle dietro . Passata in questo modo la giornata , la povera Cervia vide con gioia avvicinarsi l ' ora di tornare a casa : difatti s ' incamminò verso la capanna dove Viola - a - ciocche l ' aspettava con impazienza . Entrata in camera , si buttò sul letto , rifinita e grondante di sudore . Viola - a - ciocche le faceva un monte di carezze e si struggeva di sapere che cosa le fosse accaduto . Essendo venuto il momento di perdere la sua buccia di Cervia , la bella Principessa riprese la sua vera sembianza e gettando le braccia al collo della sua amica del cuore : " Povera me ! " , disse ella , " io credeva di dover temere soltanto la fata della fontana e le bestie feroci della foresta : ma oggi sono stata insegnita da un giovine cacciatore : l ' ho appena veduto , tanto io fuggivo a gambe : mille dardi mi minacciavano una morte inevitabile , e mi son salvata , non so neppur io come " . " Non vi conviene più andar fuori , mia bella Principessa " ; disse Viola - a - ciocche , " date retta a me : passate in questa camera il tempo fatale della vostra penitenza , io anderò qui alla città più vicina a comprarvi dei libri perché abbiate uno svago : leggeremo i nuovi racconti che hanno scritto sulle fate , e faremo dei versi e delle canzonette . " " Taci , mia cara figlia " , riprese la Principessa , " mi basta la cara immagine del Principe Guerriero , per farmi passare piacevolmente le giornate intere ; ma quella stessa potenza che mi condanna durante il giorno alla trista condizione di Cervia , mi forza , malgrado mio , a fare quello che fanno le cervie : io corro , salto e mangio l ' erba com ' esse , e in quel tempo lì , una camera sarebbe per me una prigione insoffribile . " Era così affaticata dalla caccia che chiese da mangiare : e dopo , i suoi begli occhi si chiusero fino allo spuntar dell ' alba . Appena si accorse che faceva giorno , accadde la solita metamorfosi ed ella riprese la via della foresta . Il Principe dal canto suo era tornato sulla sera a raggiungere il suo grande amico . " Ho passato la giornata " , gli disse , " a dar dietro alla più bella Cervia che abbia mai veduto : più di cento volte essa mi ha fatto cilecca con una sveltezza straordinaria : e sì che ho tirato giusto , né so capire com ' abbia fatto a scansare i miei colpi . Domani a giorno vo ' tornare a cercarla , e questa volta non mi scappa . " Infatti il giovane Principe che faceva di tutto per divagarsi da un ' idea che oramai credeva un sogno , vedendo che la caccia per lui era una gran distrazione , andò di buonissim ' ora nello stesso punto dove aveva trovato la Cervia ; ma essa aveva pensato bene di non andarvi , per paura si rinnovasse il brutto caso del giorno innanzi . Il Principe guardava di qua e di là , e seguitava a camminare ; finché , essendo un po ' accaldato , non gli parve vero di trovare delle mele , che al colore erano bellissime ; ne colse , ne mangiò e di lì a poco si addormentò come un ghiro , sdraiato sull ' erbetta fresca e all ' ombra di alcuni alberi , sui quali molti uccelletti pareva che si fossero dati il punto di ritrovo . Mentre dormiva , la nostra timida Cervia , sempre in cerca di luoghi solitari , passò da quella parte . Se l ' avesse veduto subito , forse sarebbe scappata : ma trovandosi , senza addarsene , a passare rasente a lui , non poté stare dal guardarlo : e il suo sonno gli parve così profondo , che si sentì tanto sicura da fermarsi con tutto il comodo a contemplarne i bei lineamenti . Oh Dei ! Come restò quando l ' ebbe riconosciuto ! Quella diletta immagine era scolpita troppo nel suo cuore , perché potesse averla dimenticata in sì poco tempo . Amore , amore , che pretendi da lei ? Vuoi tu che Cervietta si esponga a perdere la vita per mano del Principe ? Non dubitare , lo farà ; essa non ha più testa per pensare alla propria sicurezza . Si accovacciò a pochi passi distante da lui , e i suoi occhi , innamorati a guardarlo , non sapevano staccarsi un minuto solo : sospirava e mandava dei piccoli gemiti ; finché , fattasi un po ' di coraggio , si avvicinò tanto , che quasi lo toccava : quand ' egli si svegliò a un tratto . La sua meraviglia fu grande . Riconobbe la Cervia che gli aveva dato tanto da fare , e che aveva cercato per tutta la foresta : e trovarsela ora così vicina , gli parve quasi un miracolo . Essa non aspettò che egli tentasse di prenderla , ma fuggì con quanto ne avea nelle gambe ; ed egli , dietro alla gran carriera . Di tanto in tanto si fermavano per ripigliar fiato , perché la bella Cervia era stanca del giorno innanzi , e lo stesso era del Principe . Ma ciò che faceva rallentare di più la corsa della Cervia , era ... ohimè , debbo dirlo ? era il gran dispiacere di allontanarsi da colui , che l ' aveva ferita più coi suoi pregi che colle sue frecce . Egli la vedeva ogni pochino voltarsi col capo verso di lui , come per chiedergli se voleva che ella perisse per i suoi colpi : e quando egli era a tocco e non tocco per raggiungerla , ella ripigliava nuova forza per scappare . " Oh ! se tu potessi intendermi , Cervietta mia " , gridava il Principe , " tu non mi fuggiresti a questo modo ! Io ti amo ; io ti voglio dar da mangiare . Tu sei carina , e io voglio aver cura di te . " Ma il vento portava via le parole , per cui non arrivavano fino agli orecchi di Cervia . Alla fine , dopo aver fatto il giro della foresta , ella , non avendo più fiato da correre , rallentò il passo : il Principe invece raddoppiò il suo e la raggiunse con una gioia , della quale non si credeva più capace . Vide subito che ella aveva finite le sue forze : era tutta sdraiata per terra , come una povera bestiola , mezza morta , non aspettando altro che finire la vita per le mani del suo vincitore . Ma esso , invece di mostrarsi crudele , cominciò a carezzarla . " Bella Cervia " , le disse , " non aver paura : vo ' condurti meco , e devi star sempre con me . " Tagliò apposta alcuni rami d ' albero : li piegò con garbo , li ricuoprì di muschi e vi sparse su delle rose , colte da una macchia che era tutta fiorita . Prese quindi la Cervia fra le sue braccia , le fece appoggiare il capo sul collo e andò a posarla amorosamente sul lettino erboso , fatto da lui . Poi si sedette accanto cercando qua e là dei fili d ' erba , che le presentava alla bocca , e che ella mangiava nella sua mano . Sebbene non sperasse punto di essere inteso , il Principe continuava a parlare : ed ella , per quanto grande fosse il piacere che provava nel vederlo , s ' inquietava per l ' avvicinarsi della notte . " Che sarà mai " , diceva fra sé e sé , " caso mi vedesse tutt ' a un tratto cambiar di sembianza ? O fuggirà spaventato , o , se non fugge , che avverrà di me , trovandomi sola sola in mezzo a questa foresta ? " Ella si lambiccava il cervello per trovare il modo di mettersi in salvo , quand ' egli stesso le agevolò la strada : perché , nel timore che la Cervia patisse la sete , se ne andò a cercare un qualche ruscello , per menarvela ; ma in quel mentre che stava cercando , ella se la dette a gambe e giunse alla capanna , dove Viola - a - ciocche l ' aspettava . Si gettò di nuovo sul letto ; sopravvenne la notte , la sua metamorfosi cessò e prese a raccontare la sua avventura . " Lo crederai , mia cara ? " , ella disse all ' amica , " il mio Principe Guerriero è qui , proprio qui in questa foresta ; è lui che da due giorni mi dà la caccia , e che , dopo avermi presa , mi ha fatto mille carezze . Oh ! com ' è poco somigliante il ritratto che me ne fecero ! Egli è cento volte più bello ; quello stesso disordine , che sogliono avere i cacciatori negli abiti e nella persona , non toglie nulla alla sua fisonomia geniale : anzi , gli dona un certo non so che , da non potersi ridire a parole . Non son io forse una gran disgraziata a dover fuggire questo Principe ? egli che mi fu destinato da ' miei genitori ? egli che mi ama ed è riamato . Non ci mancava altro che una fata , che mi pigliasse a noia fin dalla mia nascita , per avvelenarmi tutti i giorni della mia vita !..." E dette in un gran pianto . Viola - a - ciocche la consolò e le fece sperare che quanto prima le sue pene si cambierebbero in tante allegrezze . Il Principe , appena ebbe trovato una fonte , tornò subito dalla sua cara Cervia : ma la Cervia non era più dove l ' aveva lasciata . La cercò dappertutto , ma inutilmente , e se la prese con lei , come se l ' avesse creduta capace di ragionare . " Com ' è mai possibile " , egli esclamò , " che io debba aver sempre dei motivi di lagnarmi di questo sesso volubile e ingannatore ? " E tornò dalla buona vecchia col cuore amareggiato : raccontò al suo fido amico l ' avventura , e tacciò la Cervia d ' ingratitudine . Beccafico non poté far di meno di ridere della bizza del Principe , e gli consigliò di punire la Cervia , la prima volta che gli capitasse sotto . " Rimango qui apposta , " rispose il Principe " dopo ripartiremo per altri paesi più lontani . " Si fece daccapo giorno , e col giorno la Principessa riprese la figura di Cervia bianca . Ella non sapeva a qual partito appigliarsi : o andare negli stessi luoghi , dove il Principe era solito cacciare ; o tenere una strada diversa , per non incontrarlo . Scelse quest ' ultimo partito , e si allontanò dimolto , ma dimolto assai : ma il giovane Principe , furbo quanto lei , indovinò che essa avrebbe usata questa piccola astuzia ; ed ecco che te la coglie calda calda nel più fitto della foresta , dove essa credeva di essere sicura da ogni pericolo . Appena essa lo vede , schizza in piedi , scavalca le macchie , e impaurita anche di più per il caso del giorno avanti , fugge via come il vento , ma in quella che sta per traversare una viottola , il Principe la mira così giusto , che le pianta una freccia nella gamba . Ella sentì un gran male , e non avendo più forza per correre , si lasciò cadere per terra . Questa trista catastrofe non poteva scansarsi , perché la fata della fontana l ' aveva decretata avanti , come lo scioglimento della strana avventura . Il Principe si avvicinò e fu preso da un vivo dolore nel vedere la Cervia che grondava sangue ; strappò alcune erbe , le accomodò sulla ferita , per diminuirne lo spasimo , e preparò un nuovo letto di rami e di foglie . Egli teneva la testa di Cervietta sulle ginocchia : " E non sei tu , cervellino volubile " , le disse , " la cagione della disgrazia che ti è toccata ? Che ti aveva io fatto di male , ieri , da abbandonarmi a quel modo ? Ma oggi non mi scappi , perché ti porterò con me " . La Cervia non rispose nulla : e che cosa poteva dire ? Aveva torto e non poteva parlare ; sebbene non sia sempre vero che quelli che hanno torto , stiano zitti . Il Principe la finiva dalle carezze . " Come mi dispiace di averti ferita " , le diceva , " tu mi odierai e io voglio invece che tu mi ami . " A sentirlo , pareva che una voce segreta gl ' ispirasse quelle cose che egli diceva a Cervietta . Intanto si fece l ' ora di tornare dalla buona vecchia . Egli prese la sua preda , e non fu per lui piccola fatica quella di portarla addosso , o di condurla a mano , o di strascinarsela dietro . Essa non voleva in nessun modo andar con lui . " Che sarà di me ? " , diceva , " come ! e dovrò trovarmi sola con questo Principe ? No : piuttosto la morte . " Ella faceva la morta e gli spiombava le spalle col peso : il Principe era in un lago di sudore e colla lingua fuori dalla fatica : e sebbene la capanna non fosse molto distante , sentiva che non ci sarebbe potuto arrivare , senza qualcuno che gli avesse dato una mano . Pensò di chiamare il suo fido Beccafico : ma prima di abbandonare la preda , la legò ben bene con alcuni nastri a pié d ' un albero , per paura che non gli scappasse . Ohimè ! Chi poteva mai figurarsi che la più bella Principessa del mondo sarebbe un giorno trattata in questo modo da un Principe che l ' adorava ? Essa si provò inutilmente a strappare i nastri ; ma i suoi sforzi non facevano che stringerli di più , e stava sul punto di strozzarsi con un nodo scorsoio , che le stringeva la gola , quando volle il caso che Viola - a - ciocche , stanca di starsene chiusa in camera , uscì per prendere una boccata d ' aria e passò sul luogo , dov ' era la Cervia bianca che si dibatteva . Come rimase a vedere la sua cara Principessa in quello stato ! Non poté scioglierla tanto presto , come avrebbe voluto , perché i nastri erano fermati con molti nodi : e mentre stava per menarla via , ritornò il Principe insieme con Beccafico . " Per quanto grande sia il rispetto che posso aver per voi , o signora " , le disse il Principe , " permettetemi di oppormi al furto che volete farmi . Questa Cervia l ' ho ferita io , è mia ; io le voglio bene e vi supplico di lasciarmela . " " Signore " , rispose con bella maniera Viola - a - ciocche , che era compitissima e graziosa quanto mai , " questa Cervia apparteneva a me prima che fosse vostra : rinunzierei piuttosto alla vita , che a lei ; e se volete vedere come ella mi conosce , non dovete far altro che lasciarla un po ' in libertà . Animo , mia bella Bianchina , abbracciami " , diss ' ella : e Cervietta le si gettò colle zampe al collo . " Baciami qui , su questa gota ! " , ed essa ubbidì . " Toccami dalla parte del cuore " , ed essa ci portò la zampina . " Fai un sospiro " ed essa sospirò . Il Principe non poté dubitare di quanto affermava Viola - a - ciocche . " Io ve la rendo " , diss ' egli garbatamente , " ma vi confesso che lo faccio a malincuore . " Ella se n ' andò via subito colla sua Cervia . Tanto l ' una che l ' altra non sapevano che il Principe albergasse sotto lo stesso tetto : egli le pedinava a una certa distanza , e restò maravigliato vedendole entrare dalla buona vecchia , che stava appunto aspettandole . Dopo pochi minuti vi giunse anch ' esso : e spinto da un moto di curiosità , di cui era cagione la Cervia bianca , domandò alla vecchia chi fosse la giovane signora : e questa disse che non la conosceva né punto né poco , che l ' aveva presa in casa colla sua Cervia , che pagava bene , e che viveva ritiratissima . Beccafico volle bracare , e domandò dov ' era la camera di quella signora : e gli fu risposto che era vicina alla sua e separata soltanto da un semplice intavolato . Quando il Principe fu nella sua stanza , Beccafico gli disse , o che egli s ' ingannava all ' ingrosso , o quella fanciulla doveva essere stata colla Principessa Desiderata : e che si ricordava di averla veduta a Corte , quando vi andò ambasciatore . " Perché mi richiamate alla mente questi tristi ricordi ? " , disse il Principe , " per quale stranissimo caso volete voi che ella si trovi qui ? " " Ecco ciò che non vi so dire , signor mio " , soggiunse Beccafico , " ma mi struggo di vederla un ' altra volta : e poiché siamo divisi da un tramezzo di legno , voglio farci un buco . " " Mi pare una curiosità inutile " , disse il Principe mestamente , perché le parole di Beccafico gli avevano rinnuovato tutti i suoi dolori : e aperta la finestra , che guardava nel bosco , diventò pensieroso . Intanto Beccafico lavorava , e in pochi minuti fece un buco abbastanza grande da poter vedere la graziosa Principessa , la quale era vestita di un abito di broccato d ' argento , sparso di fiori color rosa , ricamati in oro e smeraldi : i suoi capelli cadevano giù in grandi riccioli , sul più bel collo , che si possa vedere ; il suo carnato brillava de ' più vivi colori e gli occhi innamoravano a guardarli . Viola - a - ciocche stava in ginocchio davanti a lei , e con alcune strisce di tela fasciava il braccio della Principessa , dal quale il sangue colava in grande abbondanza : e tutte e due parevano in gran pensiero per questa ferita . " Lasciami morire " , diceva la Principessa , " meglio la morte , che questa vita disgraziata , che mi tocca a fare . Che si canzona ! esser Cervia tutto il giorno : veder colui , al quale sono destinata , senza potergli parlare , senza fargli conoscere la mia fatale sciagura . Ahimè ! se tu sapessi le cose appassionate che mi ha detto , sotto la mia figura di Cervia ; se tu sentissi la sua voce , se tu vedessi i suoi modi nobili e seducenti , tu mi compiangeresti anche più che tu non faccia , per essere in tale stato da non potergli spiegare il mio crudele destino . " Immaginatevi lo stupore di Beccafico a vedere e sentire di queste cose . Corse dal Principe , e tirandolo via dalla finestra , con un trasporto di gioia indicibile : " Oh signore " , esclamò , " spiccatevi a metter l ' occhio al buco di quest ' intavolato , e vedrete il vero originale del ritratto , che ha formato per tanto tempo la vostra delizia " . Il Principe guardò e riconobbe subito la sua Principessa ; e forse sarebbe morto di gioia , se non gli fosse venuto il sospetto di esser vittima di qualche incantesimo ; difatti , come mettere d ' accordo un incontro così maraviglioso col fatto di Spinalunga e sua madre chiuse nel castello delle Tre Punte , una col nome di Desiderata e l ' altra con quello di sua dama d ' onore ? Ma la passione lo lusingava , senza contare che abbiamo tutti un grandissimo garbo a credere ciò che si desidera . Fatto sta che nel caso suo , non c ' era da uscirne : o morir d ' impazienza o accertarsi della verità . Senza mettere tempo in mezzo , egli andò a bussare con molta manierina alla porta della camera , dov ' era la Principessa . Viola - a - ciocche , non sospettando che potesse esser altri che la buona vecchia , e avendo anzi bisogno del suo aiuto per fasciare il braccio della sua padrona , corse subito ad aprire , e figuratevi come restò nel trovarsi a faccia a faccia col Principe , il quale andò a gettarsi ai piedi di Desiderata . Era tale e tanta la commozione del suo animo , che non poté fare un discorso filato e ammodo : per cui , sebbene mi sia ingegnato di sapere che cosa balbettasse in quei primi momenti , non c ' è stato nessuno che me l ' abbia saputo dire . La Principessa non fu meno arruffata di lui nelle sue risposte : ma l ' amore , che spesso e volentieri fa da interprete fra i mutoli , c ' entrò di mezzo e li persuase tutti e due che avevano detto le cose più spiritose e più appassionate di questo mondo . Lacrime , sospiri , giuramenti , e perfino alcuni graziosi sorrisi : insomma , ci fu un po ' di tutto . La nottata passò così : si fece giorno , senza che Desiderata se n ' accorgesse nemmeno , ed essa non divenne più Cervia . Non c ' è da potersi immaginare la sua allegrezza , appena se ne avvide : ed essa voleva troppo bene al Principe , per indugiare a dirgliene il motivo : e così cominciò a raccontare la sua storia , e lo fece con tanta grazia e con tanta eloquenza naturale , da mettere in soggezione i primi avvocati del mondo . " Come ! " , esclamò il Principe , " siete dunque voi , mia graziosissima Principessa , quella che io ho ferito sotto la sembianza di una Cervia bianca ? Che cosa debbo fare per espiare un tal delitto ? Vi basta che io muoia di dolore , qui sotto i vostri occhi ? " Egli era così mortificato , che il dispiacere gli si vedeva dipinto sul viso . Desiderata ci pativa e sentiva più dolore di questa cosa che della sua ferita ; e voleva persuaderlo che si trattava di una sgraffiatura da non darsene l ' ombra del pensiero e che , in fin dei conti , ella non poteva dolersi di un male che era stato cagione per lei di tanta felicità . Il modo col quale egli parlava era così affettuoso , che non si poteva dubitare della verità delle sue parole . E perché anch ' essa , alla sua volta , potesse essere istruita di ogni cosa , il Principe le raccontò la trappoleria usata da Spinalunga e da sua madre , aggiungendo che bisognava mandar subito a dire al Re suo padre la fortuna che egli aveva avuto di poterla finalmente trovare , perché il Re si preparava appunto a muovere una guerra micidiale , per ottenere soddisfazione del grand ' affronto che credeva di aver ricevuto . Desiderata lo pregò di scrivergli una lettera e di mandargliela per Beccafico , e la cosa stava per essere fatta , quand ' ecco che la foresta tutt ' a un tratto risuonò di una fanfara squillante di trombe , cornette , timballi e tamburi . E parve di sentir passare gran gente lì vicino alla capanna . Il Principe si affacciò alla finestra e riconobbe molti ufficiali , le sue bandiere e i suoi alfieri ; ai quali ordinò di far alto e aspettarlo . Fu per quei soldati una sorpresa graditissima : perché tutti credevano che il loro Principe si sarebbe messo alla testa , per andare a vendicarsi del padre di Desiderata . Il padre del Principe , sebbene carico d ' anni , li comandava in persona . Egli si faceva portare in una lettiga di velluto ricamato in oro : e dietro a lui , un carro scoperto , dov ' erano Spinalunga e sua madre . Appena veduta la lettiga , il Principe corse subito là , e il Re , stendendogli le braccia , l ' abbracciò con una tenerezza veramente paterna . " E di dove venite , mio caro figlio ? " , domandò il vecchio , " come mai avete potuto lasciarmi nella grande afflizione , cagionatami dalla vostra lontananza ? " " Signore " , disse il Principe , " degnatevi di ascoltarmi . " Il Re scese subito dalla sua portantina , e ritiratosi in un luogo appartato , il Principe gli raccontò il fortunato incontro che aveva fatto e le furberie di Spinalunga . Il Re , tutto contento di questa bella avventura , alzò le braccia e gli occhi al cielo in atto di rendimento di grazie : e vide in questo frattempo farsi avanti la Principessa Desiderata , più bella e più risplendente di tutti gli astri riuniti insieme . Ella montava un superbo cavallo , che caracollava continuamente : cento piume di diversi colori le ornavano il capo e i più grossi diamanti del mondo erano sparsi sul suo abito , vestita com ' era da cacciatrice . Viola - a - ciocche , che la seguiva , non stava meno bene di lei : e questo era tutto effetto della protezione di Tulipano , la quale aveva condotto ogni cosa con molta accuratezza e buon successo . Era essa che aveva fabbricata la graziosa capanna di legno per favorire la Principessa , e sotto le sembianze di vecchia , l ' aveva poi regalata per parecchi giorni . Dopo che il Principe ebbe riconosciuti i suoi soldati , e mentre andava a trovare il Re suo padre , la fata entrò nella camera di Desiderata : le soffiò sul braccio per guarirla della ferita : e le diede gli splendidi vestiti , coi quali ella si mostrò agli occhi del Re , che ne rimase tanto meravigliato , da stentare a credere che fosse una persona mortale . Egli le disse tutto quello che si può immaginare di più grazioso e gentile in un caso simile , e la scongiurò a non differire più a lungo ai suoi sudditi il piacere di averla per Regina . " Perché " , egli continuò a dire , " io sono determinato a cedere il mio regno al Principe Guerriero , per renderlo in questo modo più degno di voi . " Desiderata gli rispose con tutta quella gentilezza , che c ' è da aspettarsi da una persona squisitamente educata : quindi , gettando gli occhi sulle due prigioniere che erano nel carro e che si nascondevano il viso colle mani , ell ' ebbe la generosità di chiedere la loro grazia , e che lo stesso carro servisse a condurle dove avessero voluto andare . Il Re acconsentì al suo desiderio ; ma dové ammirare il bel cuore di Desiderata e ne fece i più grandi elogi del mondo . Fu dato ordine all ' armata di tornare indietro . Il Principe montò a cavallo per accompagnare la sua bella Principessa : e giunti alla capitale furono ricevuti con mille gridi di gioia . Si allestirono i preparativi per il giorno delle nozze : giorno che fu una vera solennità , per la presenza delle sei fate amiche e propizie alla Principessa . Esse le fecero i più ricchi regali , che mai si possano immaginare e fra gli altri , il magnifico palazzo nel quale la Regina era stata a visitarle , apparve a un tratto per aria , portato da cinquantamila Amorini , i quali lo posarono in una bella pianura , sulla riva del fiume . Dopo un tal dono , era impossibile farne altri di maggior valore . Il fido Beccafico pregò il suo signore di mettere per lui una buona parola con Viola - a - ciocche , e di unirlo con essa , quand ' egli avesse sposato la Principessa : ed egli lo fece volentieri . E così a questa cara fanciulla non parve vero di trovare un ' occasione coi fiocchi , arrivata appena in un paese straniero . La fata Tulipano , che aveva le mani bucate anche più delle sue sorelle , le regalò quattro miniere d ' oro nelle Indie , perché non s ' avesse a dire che il suo marito era più ricco di lei . Le nozze del Principe durarono parecchi mesi : ogni giorno c ' era qualche festa di nuovo , e per tutto non si faceva altro che cantare le avventure di Cervia bianca . Se tutti i racconti delle fate dovessero aver per forza una morale , questo racconto qui non saprebbe proprio dove andare a pescarla . Salvo sempre il caso che Cervia bianca , colla storia pietosa delle sue disgrazie , non abbia preteso di far vedere alle giovinette i grandi pericoli che ci sono , a volere uscire prima del tempo fuori dell ' ombra delle pareti domestiche , per entrare nella luce abbagliante del gran mondo . Il Principe Amato C ' era una volta un Re , il quale era proprio una persona tanto perbene , che i suoi sudditi lo chiamavano il Re buono . Un giorno , mentre trovavasi a caccia , accadde che un coniglio bambino , che stava lì per essere ucciso dai cani , venne a gettarsi fra le sue braccia . Il Re fece delle carezze alla povera bestiolina e disse : " Giacché si è messo sotto la mia protezione , non voglio che nessuno gli faccia del male " . E portò il piccolo coniglio nel suo palazzo , e gli fece dare una bella stanzina e delle erbe eccellenti da mangiare . Nella notte , quando fu solo in camera , il Re vide apparire una bella donna , la quale non era vestita con abiti ricamati d ' oro e d ' argento , ma la sua veste era bianca come la neve , e portava in testa una corona di rose bianche . Il buon Re rimase molto maravigliato nel vedere questa signora , tanto più che l ' uscio di camera era chiuso , né sapeva capacitarsi come diavolo avesse fatto a passar dentro . " Io sono la fata Candida , e passando per il bosco mentre eravate a caccia , volli vedere se veramente siete quel buon Re , che tutti dicono . A questo fine presi la figura di un piccolo coniglio e mi messi in salvo fra le vostre braccia : perché so che chi sente pietà per le bestie , la sente anche per gli uomini : e se mi aveste ricusato il vostro soccorso , vi avrei tenuto per un cattivo . Vi ringrazio dunque del bene che mi avete fatto , e contate che io sarò sempre vostra buonissima amica . Voi non dovete far altro che chiedere , e tutto vi sarà accordato " . " Signora " , disse il buon Re , " poiché siete una fata , voi dovete leggermi in cuore quel che desidero . Io non ho che un figlio solo , al quale voglio un bene dell ' anima , tanto che lo chiamano tutti il Principe Amato . Se mi volete fare un regalo , pigliate a benvolere questo mio figlio . " " Con tutto il cuore " , rispose la fata , " io posso fare del vostro figlio o il più bel Principe del mondo , o il più ricco , o il più potente . Scegliete voi . " " Nulla di tutto questo " , replicò il buon Re , " quanto a me , vi sarò obbligatissimo se vorrete farne il migliore dei Principi . A che gli servirebbe di esser bello , ricco e padrone di tutti i regni del mondo , se fosse cattivo ? Voi sapete meglio di me che sarebbe un disgraziato , perché non c ' è che la virtù che renda veramente felici . " " Avete mille ragioni " , rispose Candida , " ma non è in mio potere di far diventar buono il Principe Amato , a suo dispetto : se vuol esser virtuoso , bisogna che anch ' esso ci metta dell ' impegno e della buona volontà . Tutto quel più che posso promettervi è di dargli dei buoni consigli , di riprenderlo quando farà male : e anche di castigarlo , se non voglia correggersi o punirsi da sé . " Il buon Re fu arcicontento di questa promessa , e dopo poco morì . Amato pianse moltissimo il padre , perché era tutta la sua affezione , e avrebbe dato volentieri regni , oro , argento , ogni cosa insomma , per poterlo salvare : ma non era possibile . Due giorni dopo la morte del Re , mentre Amato era a letto , Candida gli apparve e gli disse : " Ho promesso a vostro padre di esservi buona amica ; e in segno che voglio mantenere la mia parola , eccomi qua a farvi un regalo " . E nel dir così , infilò un anellino nel dito di Amato e gli disse : " Tenete conto di quest ' anello : è più prezioso dei brillanti ; ogni volta che sarete per fare una cattiva azione , vi pungerà il dito : ma se nonostante la puntura , vi ostinerete nel male , perderete la mia amicizia e diventerò vostra nemica " . Dette queste parole , Candida sparì e lasciò Amato fuori di sé dallo stupore . Per qualche tempo egli fu così ammodo e perbene , che non sentì mai bucarsi dall ' anello : e questa cosa lo rendeva tanto contento , che al suo nome di Amato , che già portava , gli venne aggiunto anche quello di Felice . Accadde però che in quei giorni essendo andato a caccia e non avendo morto nessun animale , entrò di cattivissimo umore . Allora gli parve che l ' anello gli pigiasse , così non ci badò né tanto né quanto . Entrato che fu nella sua camera , la canina Bibì gli venne incontro , tutta saltellante in atto di fargli festa , ma egli le disse : " Passa a cuccia ! Ho altro per il capo che le tue carezze " . Ma la povera canina che non capiva nulla di quel che diceva , gli tirava il vestito per obbligarlo almeno a voltarsi a guardarla . Questo bastò per fargli perdere la pazienza e le lasciò andare una gran pedata . In quel momento l ' anello lo punse così forte , come se fosse stato uno spillo . Egli ne restò confuso , e tutto rosso dalla vergogna andò a nascondersi in un canto della sua camera . E intanto pensava : " Io credo che la fata abbia voglia di burlarsi di me : che male ci può essere a dare una pedata a una bestia che viene a seccarmi ? siamo giusti : a che mi servirebbe di essere il sovrano di un grand ' impero , se non fossi neanche padrone di picchiare il mio cane ? " . " Io non mi burlo di voi " , disse una voce che rispondeva al pensiero di Amato , " voi avete commesso tre errori , invece di uno : siete entrato di cattivo umore , perché vorreste tutte le cose a modo vostro e perché credete che le bestie e gli uomini sieno creati apposta per ubbidirvi ; siete andato in furia , e anche questa è una cosa bruttissima ; in terzo luogo , vi siete mostrato crudele con una povera bestiuola , che non si meritava davvero di essere presa a calci . Lo so anch ' io che voi siete molto al di sopra di un cane , ma se fosse lecito e ragionevole che i grandi potessero maltrattare la gente che sta al disotto di loro , io potrei in questo momento battervi e anche uccidervi ; perché una fata è da più d ' un uomo . Il vantaggio di trovarsi padroni di un grande impero , non sta nel poter far tutto il male che si vuole , ma tutto il bene che si può . " Amato riconobbe il suo errore e diè parola di emendarsene . Ma fu come dire al vento . Bisogna sapere che fin da bambino era stato allevato da una sciocca governante , che lo aveva avvezzato male . Se voleva una cosa , non doveva far altro che piangere , imbizzirsi , pestare i piedi e quella lo contentava subito , e così ne faceva un ostinato , da non poterci campare . Fra le altre cose , essa passava le giornate intere a dirgli e ripetergli che un giorno sarebbe diventato Re , e che i Re erano felicissimi perché tutti gli uomini dovevano ubbidirli e venerarli , e perché erano padroni di cavarsi tutti i capricci che frullavano loro per la testa . Quand ' Amato crebbe e fu in caso di ragionare , riconobbe da sé che non c ' era cosa tanto brutta , come quella di mostrarsi disprezzanti , orgogliosi e testardi . E si studiò di correggersi , ma ormai si era tirato su con tutti questi difetti , e quando si è presa una cattiva piega è difficile abbandonarla . Non si può dire , peraltro , che in fondo in fondo fosse cattivo di cuore : ché anzi , quando aveva commesso qualche errore , piangeva dal dispetto e diceva : " Quanto son disgraziato di dover combattere tutti i giorni contro la mia superbia e contro il mio naturale bizzoso . Se da ragazzo mi avessero sgridato , ora non mi ritroverei a questo dispiacere " . L ' anello lo pungeva spesso , e allora , se egli stava facendo un ' azione non bella , si fermava subito : altre volte invece non ci badava e tirava avanti : e la cosa curiosa era questa : che per i piccoli falli , l ' anello lo pungeva poco : ma quando poi si mostrava cattivo davvero , allora gli faceva uscire il sangue dal dito . Alla fine perse la pazienza e volendo essere un malanno quanto gli pareva e piaceva , gettò via l ' anello . Liberato dalla seccatura di sentirsi bucare , credé di essere il mortale più felice della terra . Si buttò allo sbaraglio e ne fece di ogni risma e colore : talché diventò un vero rompicollo e nessuno lo poteva soffrire . Un giorno che Amato era alla passeggiata , vide una fanciulla tanto bella che esso si messe subito nell ' idea di volerla sposare . Si chiamava Zelia ed era una ragazzina tanto perbene , quanto era bella . Amato si figurava che a Zelia sarebbe parso di toccare il cielo con un dito a poter diventare una gran Regina ; ma la fanciulla invece gli disse senza tanti complimenti : " Sire , io sono una povera contadinella e senza un soldo di dote : eppure , sebbene nuda bruca , non vi sposerò mai " . " Che forse non vi piaccio ? " , le domandò Amato un tantino commosso . " No , mio Principe " , rispose Zelia , " per me siete bellissimo , come lo siete difatti : ma a che vi gioverebbe la vostra bellezza , le vostre ricchezze , i bei vestiti e le belle carrozze che avete , se i vostri cattivi portamenti mi costringessero tutti i giorni a pigliarvi in uggia e dispetto ? " Amato s ' imbestialì contro Zelia e ordinò a ' suoi ufficiali di condurla per forza al palazzo . Quanto fu lunga la giornata , non seppe darsi pace di vedersi così disprezzato da questa fanciulla : ma perché le voleva bene , non trovava il verso di maltrattarla . Fra i cattivi compagni di Amato , c ' era un suo fratello di latte , col quale si confidava in tutto e per tutto . Quest ' uomo , che aveva delle passioni volgarissime , com ' era volgare la sua nascita , accarezzava le passioni del padrone e lo metteva sempre per la cattiva strada . Nel vedere che Amato era di umore tristo , gli domandò la cagione della sua tristezza . E avendogli il Principe risposto che non sapeva rassegnarsi al disprezzo di Zelia , e che aveva fatto giuro di emendarsi de ' suoi difetti , perché per piacere a lei bisognava essere persone oneste e virtuose , quel malanno uscì fuori col dirgli : " Siete molto ma molto buono , a usar tanti riguardi con quella ragazzuccia : se fossi io ne ' vostri panni , saprei quel che fare per costringerla a ubbidirmi : ricordatevi che siete Re e che vi farebbe un gran torto a darla vinta ai capricci di una contadina , la quale dovrebbe stimarsi felice di essere ammessa fra le vostre schiave . Cominciate a tenerla a stecchetto , a pane e acqua : rinserratela in una prigione e , se perfidia a non volervi sposare , fatela morire in mezzo ai tormenti , non foss ' altro per insegnare agli altri a chinare il capo ai vostri voleri . Se si viene a risapere che vi siete lasciato imporre da una monella , ci rimetterete un tanto di reputazione , e i vostri sudditi non si ricorderanno più che sono al mondo apposta per servirvi " . " Ma " , chiese Amato , " non sarei ugualmente portato per bocca , se facessi morire un ' innocente ? Perché , in fin dei conti , Zelia non è rea di alcun delitto . " " Chi si ribella ai vostri comandi , non è mai innocente " , riprese il malvagio consigliere , " ma dato anche che dobbiate commettere un ' ingiustizia , è sempre meglio far sapere che siete ingiusto , di quello che s ' abbia a dire che sia lecito qualche volta mancarvi di rispetto e di sommissione . " Il cortigiano stuzzicava Amato nel suo debole ; e la paura di veder diminuita la propria autorità fece tanto effetto sull ' animo del Re , da far tacere le buone intenzioni che egli aveva avuto di darsi al buono . Difatti fissò la sera stessa di andare nella camera della villanella e di pigliarla colle cattive , caso si fosse ostinata a non volerlo sposare . Il fratello di latte di Amato , per evitare il pericolo che avesse a pentirsi , riunì tre giovani signorotti , tristi da quanto lui , per fare un ' orgia in compagnia del Re : e cenando insieme s ' ingegnarono di farlo bere come una spugna , perché questo povero Principe perdesse affatto il lume della ragione . Durante la cena lo messero su contro Zelia e gli rinfacciarono tante e tante volte la sua debolezza di carattere , che alla fine egli si alzò da tavola giurando e spergiurando che voleva essere ubbidito , e subito : o se no , il giorno dopo l ' avrebbe fatta vendere sul mercato come una schiava . Quando Amato entrò nella camera della fanciulla , restò sorpreso di non trovarcela : tanto più che egli stesso aveva la chiave in tasca . Prese una furia bestiale , e giurò lo sterminio di tutti quelli che avessero dato mano alla fuga di Zelia . I suoi compagni di vizio , nel sentire un discorso simile , pensarono di trar partito dal suo cieco furore , per rovinare un gentiluomo , che era stato aio di Amato . Questo brav ' uomo si era preso qualche volta la libertà di ammonire il Re de ' suoi difetti , perché gli voleva bene come a un figlio . Amato cominciò col ringraziarlo ; ma poi impazientitosi di vedersi contraddetto , finì col credere che fosse unicamente per ispirito di opposizione , se l ' aio suo lo ripigliava di certi mancamenti : mentre tutti gli altri non facevano che lodarlo e dirne un gran bene . Amato gli ordinò di allontanarsi dalla Corte : peraltro , malgrado quest ' ordine , gli rendeva giustizia , ripetendo che era un onest ' uomo , e sebbene non lo avesse più nelle sue buone grazie , si sentiva obbligato , a suo marcio dispetto , a doverlo stimare . I suoi amici stavano sempre colla paura che un giorno o l ' altro gli pigliasse l ' estro di richiamare l ' aio ; finché credettero di aver trovato il bandolo per levarselo affatto di fra i piedi . E per far questo , dettero ad intendere al Re che Solimano ( era il nome di quella degna persona ) si era vantato di rendere la libertà a Zelia . Tre individui , comprati con mance e regali , raccontarono di aver sentito questo discorso dalla bocca stessa di Solimano ; talché il Principe perse il lume degli occhi : comandò al suo fratello di latte di mandare dei soldati , perché gli conducessero dinanzi il suo aio e governatore , ammanettato come un assassino . Dato quest ' ordine , Amato se ne tornò nella sua camera ; ma appena fu dentro , la terra tremò : si sentì un tuono spaventoso e Candida apparve dinanzi a ' suoi occhi . " Avevo promesso a vostro padre " , diss ' ella con voce severa , " di darvi dei consigli , e di punirvi , se aveste ricusato seguirli . Questi consigli voi li avete disprezzati e a voi non rimane altro che l ' aspetto di uomo ; perché i vostri difetti vi hanno trasformato in un mostro da far ribrezzo al cielo e alla terra . È tempo che io mantenga la mia promessa e che vi punisca . Io dunque vi condanno a diventare simile alle bestie , colle quali avete in comune le inclinazioni . Vi siete reso simile al leone per la collera violenta ; al lupo per la voracità ; al serpente straziando colui che vi aveva fatto da secondo padre ; al toro per la vostra brutalità . Nel vostro nuovo aspetto , serberete un po ' delle forme e del carattere di tutti questi animali . " Appena la fata ebbe finito di dir così , Amato si vide subito , con suo grandissimo spavento , trasformato e diventato tale e quale aveva ordinato la fata . La sua testa era di leone , le corna di toro , i piedi di lupo e la coda di vipera . E nello stesso tempo si trovò in mezzo a un gran bosco , proprio sull ' orlo di una fontana , dove poté specchiarsi e vedere la sua orribile figura : e sentì una voce che gli disse : " Guarda un po ' lo stato in cui ti hanno ridotti i vizi : eppure la tua anima è anche più brutta dello stesso corpo " . Amato riconobbe la voce di Candida e in un accesso di furore si voltò per lanciarsi contro di lei e divorarla , se avesse potuto ; ma non vide anima viva , e la stessa voce gli disse : " Io mi rido della tua impotenza e de ' tuoi furori . Io confonderò il tuo orgoglio , rendendoti lo zimbello de ' tuoi stessi sudditi " . Amato pensò che , allontanandosi da quella fontana , avrebbe trovato un po ' di rifrigerio ai suoi tormenti : non foss ' altro non avrebbe avuto più dinanzi agli occhi la sua bruttezza e la sua deformità : e detto fatto , s ' inoltrò nel bosco ; ma dopo pochi passi cascò dentro una buca , scavata apposta per prendere gli orsi , e in quel punto stesso alcuni cacciatori , che stavano nascosti sugli alberi , scesero e , dopo averlo incatenato , lo menarono alla capitale del suo regno . E lungo la strada mandava mille imprecazioni , mordeva le catene e faceva la bava dalla rabbia , mentre avrebbe fatto meglio a riconoscere che quel castigo se l ' era chiamato addosso unicamente per colpa sua . Nell ' avvicinarsi alla città , dove lo conducevano , vide grandi feste di allegrezza pubblica : e i cacciatori avendo chiesto che cosa ci fosse di nuovo , fu loro risposto che quel principe Amato , che si divertiva a tormentare i suoi sudditi , era stato incenerito da un fulmine nella sua camera . Così la raccontavano , e così la credevano . " Gli Dei " , aggiungevano altri , " non potevano patire più a lungo gli eccessi della sua malvagità , e ne hanno liberata la terra . Quattro signori , complici di lui , credevano di profittarne e di spartirsi fra loro il regno : ma il popolo che sapeva che erano stati essi coi loro tristi consigli che avevano traviato il Re , li ha fatti a pezzi ed ha offerto il trono a Solimano , che quel malanno di Amato voleva far morire a ogni costo . Il degno gentiluomo è stato incoronato poco fa , e noi festeggiamo questo giorno , come quello della liberazione del regno : perché Solimano è una gran brava persona e si prepara a ricondurre fra noi la pace e l 'abbondanza." Nel sentire questi discorsi , Amato fremeva di rabbia ; ma si trovò a peggio , quando giunse sulla gran piazza davanti al suo palazzo . Fu lì che vide Solimano assiso sopra un magnifico trono e tutto il popolo a desiderargli una lunga vita , per riparare al gran male fatto dal suo predecessore . Solimano fece segno colla mano per chiedere un po ' di silenzio , e disse al popolo : " Io ho accettato la corona che mi avete offerta , ma l ' ho fatto per serbarla al principe Amato . Egli non è morto , come ve l ' hanno dato ad intendere . Lo so da una fata , e forse un giorno lo rivedremo buono e virtuoso com ' era stato nella sua prima giovinezza . Ohimè ! " seguitò a dire colle lacrime agli occhi " gli adulatori lo avevano sedotto . Io conosceva bene il suo cuore , che era fatto per la virtù : e senza i malvagi suggerimenti di coloro che gli stavano accosto , egli sarebbe stato un buon padre a tutti voi . Detestate i suoi vizi , ma compiangetelo ; e tutti insieme preghiamo gli Dei perché ce lo rendano . In quanto a me , mi stimerei ben fortunato di dare tutto il mio sangue per vederlo risalire sul trono , con tutte le virtù degne di un gran sovrano " . Le parole di Solimano toccarono il cuore di Amato . Egli conobbe allora quanto fosse sincero l ' affetto e fedeltà di quest ' uomo : e per la prima volta rinfacciò a se stesso la propria colpa . Appena ebbe dato retta a questo segno di ravvedimento , cominciò a sentirsi calmare quella rabbia che lo rodeva vivo ; e ripensando ai falli commessi nella vita , si capacitò che non era stato punito in ragione del merito . Smesse , intanto , di sbatacchiarsi dentro la gabbia di ferro dov ' era incatenato , e diventò agevole come un agnello . Fu portato in un gran serraglio , dove si tenevano tutti i mostri e gli animali feroci e venne rinchiuso insieme cogli altri . Amato fece allora un animo risoluto e cominciò a voler riparare al mal fatto , col mostrarsi obbediente e sommesso al guardiano che l ' aveva in custodia . Ma costui era un omaccio , e quando aveva le paturne , lo bastonava senza motivo e senza discrezione , sebbene ei fosse docilissimo e alla mano . Un bel giorno che il guardiano s ' era addormentato accadde che una tigre , rotta la gabbia , si avventò su di esso per divorarlo . Amato , nel primo momento , provò una specie di contentezza , nel vedere che stava per essere liberato dal suo persecutore : ma si pentì subito di questo sentimento e desiderò di trovarsi libero . " Io sento " , diss ' egli , " che sarei capace di rendere ben per male , salvando la vita a quel disgraziato . " Appena ebbe formato questo desiderio , vide aperta la sua gabbia di ferro : ed egli si slanciò dalla parte di quell ' uomo che si era già svegliato e che si difendeva contro la tigre . Quando il guardiano vide anche il mostro , si fece bell ' e spedito : ma il suo spavento si cambiò presto in allegrezza , perché il mostro benefico si gettò sulla tigre , la strangolò , e dopo andò ad accovacciarsi ai piedi del guardiano che aveva liberato . In segno di gratitudine , quell ' uomo stava chinandosi per fare delle carezze al mostro , che gli aveva reso un sì gran favore , quando sentì una voce che disse : " Una buona azione non resta mai senza ricompensa " e nel tempo stesso , invece del mostro , vide ai suoi piedi un grazioso canino . Amato , lietissimo di questa sua nuova trasformazione , cominciò a fare un monte di feste al guardiano , il quale lo prese in collo e lo portò al Re , a cui raccontò per filo e per segno tutta questa meraviglia ; la Regina volle il cane per sé e Amato sarebbe stato felice di questo suo nuovo stato , se avesse potuto dimenticarsi di essere uomo e sovrano . La Regina era tutto il giorno a carezzarlo : ma per paura che crescesse troppo , consultò i medici di Corte , i quali la consigliarono di dargli soltanto del pane e in piccolissima dose . Il povero cane sentiva rifinirsi dalla fame dodici ore del giorno : ma bisognava rassegnarsi , e zitti . Una volta , che gli avevano portato il solito panino per la colazione , gli venne l ' estro di andarlo a mangiare nel giardino del palazzo e presolo coi denti si avviò verso un ruscello , che egli conosceva e che era piuttosto lontano : ma arrivato sul posto , il ruscello non c ' era più e trovò invece un palazzo , le cui mura esterne risplendevano tutte d ' oro e di pietre preziose . Vi vedeva entrare una gran folla di donne e di uomini , magnificamente vestiti : e dentro si cantava , si suonava , si mangiava fior di pietanze : ma tutti quelli che poi uscivano di lì , erano pallidi , rifiniti , coperti di bolle e mezzi nudi , perché i loro vestiti cascavano a pezzi . Alcuni nell ' uscir fuori cadevano morti ; altri si allontanavano con grande stento e fatica ; altri rimanevano per terra , sfiniti dalla fame , e chiedevano un boccone di pane a quelli che entravano in questa casa ; i quali non si voltavano neppure a guardarli . Amato si accostò a una giovinetta , la quale cercava di strappare un po ' d ' erba per mangiarla . Mosso a compassione , il Principe disse fra sé e sé : " Il mio appetito è grande , non c ' è che dire ; ma non per questo morrò di fame di qui all ' ora di desinare : per cui se io mi levassi dalla bocca la mia colazione per darla a quella povera creatura , forse le salverei la vita " . Risolvé di dar retta a questa buona ispirazione e andò a mettere il suo panino nelle mani della giovinetta , che se lo portò alla bocca con grandissima avidità . In un batter d ' occhio parve riavuta da morte a vita , e Amato , contento di averla aiutata in tempo , stava per tornare al palazzo , quando sentì delle grida acutissime e vide Zelia fra le mani di quattro uomini , che la trascinavano verso questa bella casa , dove la fecero entrar per forza . Amato in quel punto provò un gran dispiacere a non aver più la figura di un mostro , ché allora non gli sarebbe mancato il modo di soccorrere Zelia : ma debol canino com ' era , non poté far altro che abbaiare contro i rapitori e provarsi a dar loro alle gambe . Lo mandarono indietro a furia di calci : e nondimeno non si volle allontanare di lì , per la passione di sapere che cosa sarebbe avvenuto di Zelia . Egli si sentiva pesare sulla coscienza tutte le disgrazie di quella povera fanciulla . " Ohimè " , diceva dentro di sé , " io son qui che me la piglio con quelli che l ' hanno rapita ! ... ma non commisi anch ' io lo stesso delitto ? E se la giustizia divina non ci fosse entrata di mezzo , non l ' avrei trattata con altrettanta indegnità ? " Questi pensieri di Amato furono interrotti da un rumore , che veniva fatto al disopra della sua testa . Si voltò in su , vide una finestra che si apriva , e la sua gioia fu grandissima quando scorse Zelia che da questa finestra gettava giù un piatto di vivande così ben cucinate , da far tornare l ' appetito a un morto . La finestra si richiuse subito , e Amato che in tutta la giornata non aveva trovato il modo di sdigiunarsi , pensò che era venuto il momento buono per rimettere il tempo perso . E già si preparava ad attaccare il dente in quelle pietanze , quando la giovinetta alla quale aveva dato il panino , cacciò un grido e avendolo preso fra le braccia : " Povera bestiolina " , gli disse , " non ti accostare alla bocca quella sorta di cibi . Questo è il palazzo della Voluttà ; e tutto ciò che esce di lì dentro , è avvelenato " . Nel tempo stesso Amato sentì una voce che disse : " Tu vedi come una buona azione non resta mai senza ricompensa " . E subito si trovò cangiato in un bel piccioncino bianco . Si ricordò allora che questo era il colore di Candida , e cominciò a sperare che finalmente ella volesse rammentarlo nelle sue buone grazie . Il suo primo pensiero fu quello di avvicinarsi a Zelia , e levatosi a volo per aria , girò intorno a tutta la casa , e vide con gioia che c ' era una finestra aperta . Ma ebbe un bel frugare la casa in tutti i cantucci : Zelia non la poté trovare . Disperato di averla smarrita , fece giuro di non fermarsi un momento solo , fino a tanto che l ' avesse incontrata . E per più giorni volò e volò , finché entrato in un deserto vide una caverna , e per curiosità vi si accostò . Quale non fu la sua gioia nello scorgere Zelia , che seduta accanto a un venerabile Eremita , faceva con lui un frugalissimo pasto . Amato , nell ' impeto della passione , volò sulla spalla della graziosa contadinella , e dava a vedere colle sue carezze il gran piacere che provava nel rivederla . Zelia , innamorata della dolcezza di questo animalino , lo lisciava delicatamente colla mano , e sebbene non pensasse di essere intesa , gli disse che gradiva il dono che le faceva di se stesso , e che gli avrebbe voluto sempre bene . " Che avete mai fatto , Zelia ? " , le disse l ' Eremita . " In questo modo avete impegnato la vostra parola . " " Sì , graziosa pastorella " , le disse Amato il quale riprese in quel momento la sua forma naturale , " la fine della mia metamorfosi dipendeva dal vostro consenso alla nostra unione . Voi mi avete promesso di amarmi sempre : confermate la mia felicità e io corro a scongiurare la fata Candida , mia protettrice , perché mi renda quella figura , sotto la quale ebbi la fortuna di piacervi . " " Voi non dovete temere per nulla la sua incostanza " , gli disse Candida , e lasciò cadere le spoglie d ' Eremita , sotto le quali s ' era nascosta , per apparire ai loro occhi tale , qual era difatti . " Zelia vi amò appena vi vide , ma i vostri vizi la costrinsero a nascondere la inclinazione che sentiva per voi . Il cambiamento avvenuto ora nel vostro cuore , la fa padrona di dare libero sfogo a tutta la sua tenerezza . Voi sarete felici , perché la vostra unione sarà fondata sulla virtù . " Amato e Zelia si erano gettati ai piedi di Candida . Il Principe non rifiniva di ringraziarla della sua bontà , e Zelia , oltremodo contenta di sapere che Amato detestava i propri trascorsi , tornava a ripetergli il grande amore che sentiva per lui . " Alzatevi , figli miei " , disse loro la fata , " che io voglio trasportarvi nel vostro palazzo per rendere ad Amato una corona , della quale i suoi vizi l ' avevano reso indegno . " Appena dette queste parole , si trovarono tutti nella camera di Solimano , il quale lietissimo di rivedere il suo diletto padrone divenuto virtuoso , gli cedé il trono e restò il più fedele de ' suoi sudditi . Amato regnò lungo tempo con Zelia : e si racconta che fu così scrupoloso nell ' adempimento dei propri doveri , che l ' anello che aveva ripreso , non lo punse nemmeno una volta sola , in modo da fargli far sangue . La Bella e la Bestia C ' era una volta un mercante che era ricco sfondato . Aveva sei figliuoli , tre maschi e tre femmine ; e siccome era un uomo che sapeva il vivere del mondo , non risparmiò nulla per educarli e diede loro ogni sorta di maestri . Le sue figlie erano bellissime : la minore soprattutto era una maraviglia , e da piccola la chiamavano la bella bambina , e di qui le rimase il soprannome di Bella , che fu poi cagione di gran gelosia per le sue sorelle . Questa figlia minore , oltr ' essere la più bella , era anche la più buona delle altre . Le due maggiori , perché erano ricche , avevano molto fumo ; si davano l ' aria di grandi signore , e non gradivano la compagnia delle figlie degli altri negozianti , ma se la dicevano soltanto col nobilume . Andavano dappertutto : ai balli , alle commedie , alle passeggiate ; e si ridevano della sorella minore , perché spendeva una gran parte del suo tempo nella lettura dei buoni libri . E perché si sapeva che erano molto ricche , parecchi negozianti , di quelli grossi davvero , le chiesero in mogli ; ma la maggiore e la seconda dissero chiaro e tondo che non si sarebbero mai maritate , se non fosse capitato loro un Duca o a dir poco un Conte . La Bella ( oramai vi ho detto che questo era il nome ) , la Bella , dunque , ringraziò con molta buona maniera coloro che volevano sposarla : e disse che era troppo giovane e che voleva tener compagnia ancora per qualche anno al suo genitore . Quand ' ecco che tutto a un tratto il mercante fece un gran fallimento e non gli rimase altro che una piccola casa assai lontana dalla città . Disse allora ai suoi figli , colle lacrime agli occhi , che bisognava rassegnarsi e andare ad abitare in quella casetta dove , mettendosi tutti a fare i contadini , avrebbero potuto campare e tirarsi avanti . Le due ragazze più anziane risposero che non volevano saperne nulla di lasciare la città , dov ' avevano molti amanti , ai quali non sarebbe parso vero di poterle sposare , anche senza un soldo di dote . Ma le povere figliuole s ' ingannavano all ' ingrosso perché , quando furono povere , tutti i loro amanti girarono largo . E siccome , a motivo della loro superbia , non erano in generale ben vedute , cosi dicevano tutti : " Non meritano compassione : è giusta che abbiano dovuto ripiegare le corna ; che vadano ora a fare le grandi signore dietro le pecore e i montoni ! " . Ma nel tempo stesso tutti dicevano : " Quanto alla Bella , ci rincresce proprio della sua disgrazia : è una gran buona figliuola ! è così alla mano coi poveri , e tanto amorosa e gentile ! " . Ci furono fra gli altri parecchi gentiluomini che la volevano sposare , sebbene non avesse più un soldo di dote : ma essa disse che non sapeva risolversi a lasciare il suo povero padre nella disgrazia , e che sarebbe andata con lui fra i campi , per consolarlo e dargli una mano nelle fatiche . La povera Bella , da principio , era rimasta molto male dell ' aver perduto ogni ben di fortuna ; ma poi si consolò col dire fra sé e sé : " Quand ' anche mi struggessi dal pianto , non varrebbe a farmi ricattare quello che ho perso : dunque è meglio cercare di essere felici , anche senza un centesimo in tasca " . Appena arrivati alla casa di campagna , il mercante e le sue tre figlie si dettero subito a lavorare i campi . La Bella si alzava la mattina alle quattro , avanti giorno , e si dava il pensiero di ripulir la casa e di preparare la colazione e il desinare per la famiglia . Sul primo ci pativa un poco , perché non era avvezza a strapazzarsi come una serva : ma di lì in capo a due mesi si fece più robusta e , faticando tutto il giorno , acquistò una salute di ferro . Quando aveva finite le sue faccende , si metteva a leggere o a suonare la spinetta : o anche canterellava e filava . Le sue sorelle , invece , s ' annoiavano da non averne idea : si levavano alle dieci della mattina , girellavano tutto il giorno e trovavano una specie di svago a rimpiangere i bei vestiti e la bella società di una volta . " Guarda un po ' " , dicevano fra loro , " come è stupida la nostra sorella minore : e che caratteraccio triviale ! Essa è contenta come una pasqua di trovarsi nella sua disgraziata condizione !..." Ma il buon mercante non la pensava così . Egli sapeva che Bella aveva molto più garbo delle sue sorelle a fare spicco in società : e ammirava la virtù di questa giovinetta e segnatamente la sua rassegnazione ; perché bisogna sapere che le sue sorelle , non contente di buttare addosso a lei tutte le faccende della casa , la punzecchiavano continuamente con mille parole insolenti . Era corso un anno dacché questa famiglia viveva lontana dalla città , quando il mercante ebbe una lettera nella quale gli si diceva che un bastimento , carico di mercanzie , di sua proprietà , era arrivato felicemente ! Ci scattò poco che questa notizia non facesse dar la balta al cervello alle due ragazze maggiori , le quali speravano così di poter lasciare la campagna , dove morivano dalla noia : e quando videro il padre sul punto di partire , lo pregarono che portasse loro dei vestiti , delle mantelline , dei cappellini e altri gingilli di moda . La Bella non gli chiese nulla , perché aveva già capito che tutto il valsente delle merci arrivate non sarebbe bastato a contentare i capricci delle sue sorelle . " E tu non vuoi che ti compri nulla ? " , le disse suo padre . " Poiché siete tanto buono da pensare a me " , ella rispose , " fatemi il piacere di portarmi una rosa : che in questi posti non ci fanno . " Non vuol dir già che alla Bella premesse la rosa : ma lo fece , per non criticare col suo esempio la condotta delle sorelle ; le quali avrebbero detto che non chiedeva nulla , per farsi distinguere e dar nell ' occhio . Il buon uomo partì , ma appena giunto , ebbe a sostenere un processo a causa delle sue mercanzie : e dopo mille seccature , se ne tornò indietro più povero di prima . Gli restavano da fare non più di trenta miglia per arrivare a casa , e già si consolava nel pensiero di rivedere la sua famigliola ; ma dovendo traversare un gran bosco , si smarrì e perdé la strada . La neve fioccava da far paura , e soffiava un vento così strapazzone , che lo gettò per due volte giù da cavallo . Venuta la notte , egli cominciò a credere di dover morire o di fame e di freddo , o divorato dai lupi , che si sentivano urlare a poca distanza . Quando a un tratto , nel voltar l ' occhio verso il fondo di una lunga sfilata d ' alberi , vide una gran fiamma che pareva lontana lontana . S ' avviò da quella parte , e poté distinguere che quella luce usciva da un gran palazzo , che era tutto illuminato . Il mercante ringraziò il cielo del soccorso mandatogli e si affrettò per giungere a questo castello ; ma rimase grandemente stupito di non trovarci anima viva . Il suo cavallo , che gli andava dietro , avendo visto una bella scuderia aperta , entrò dentro ; e trovatovi fieno e biada , il povero animale , che moriva di fame , vi si buttò sopra con grandissima avidità . Il mercante lo legò alla greppia : e s ' avviò verso la casa , dove non trovò nessuno . Ma entrato che fu in una gran sala , vi trovò un bel fuoco acceso , una tavola apparecchiata e con molte pietanze : ma c ' era una posata sola . Essendo bagnato fino al midollo dell ' ossa , per la neve e la molt ' acqua che aveva preso , si avvicinò al fuoco per asciugarsi , dicendo fra sé : " Il padrone di casa e i suoi domestici mi scuseranno della libertà che mi prendo ! Sono sicuro che staranno poco ad arrivare " . Aspetta , aspetta e nessuno veniva : finché suonarono le undici e ancora non s ' era visto alcuno . Allora non potendo più stare alle mosse , dalla gran fame prese un pollastro e , tremando dalla paura , lo mangiò in due bocconi . Bevve anche qualche sorso di vino , e messo su un po ' di coraggio , uscì dalla sala e traversò molti quartieri splendidamente tappezzati e ammobiliati . Alla fine trovò una camera dove c ' era un buon letto : e perché era mezzanotte suonata e si sentiva stanco morto , prese il partito di chiuder l ' uscio e di coricarsi . La mattina dopo si svegliò verso le dieci : e figuratevi come rimase , quando trovò un vestito molto decente nel posto dove aveva lasciato il suo , che era tutto logoro e cascava a pezzi . " Si vede bene " , egli disse , " che in questo palazzo ci sta di casa qualche buona fata , che si è mossa a compassione di me . " Si affacciò alla finestra e non vide più un filo di neve , ma pergolati di bellissimi fiori , che innamoravano soltanto a guardarli . Ritornò nella gran sala , dove la sera avanti aveva cenato e vide una piccola tavola , con sopra una chicchera e un vaso di cioccolata . " Grazie tante " , diss ' egli a voce alta , " grazie tante , signora fata , della garbatezza di aver pensato alla mia colazione . " Il buon uomo , quand ' ebbe preso la cioccolata , uscì per andare dal suo cavallo ; e passando sotto un pergolato di rose si ricordò che la Bella gliene aveva chiesta una , e staccò un tralcio dove ce n ' erano parecchie bell ' e sbocciate . In quel punto stesso sentì un gran rumore e vide venirsi incontro una bestia così spaventosa , che ci corse poco non cascasse svenuto : " Voi siete molto ingrato " , disse la Bestia con una voce da far rabbrividire , " vi ho salvata la vita accogliendovi nel mio castello , e in ricambio voi mi rubate le mie rose , che è per l ' appunto la cosa che io amo soprattutto in questo mondo . Per riparare al mal fatto non vi resta altro che morire : vi do tempo un quarto d ' ora per chiedere perdono a Dio " . Il mercante si gettò in ginocchio e a mani giunte prese a dire alla Bestia : " Monsignore , perdonatemi : non credevo davvero di offendervi a cogliere una rosa per una delle mie figlie , che me l ' aveva domandata " . " Non mi chiamo Monsignore " , rispose il mostro , " ma Bestia . I complimenti non fanno per me ; io voglio che ognuno parli come la pensa : per cui non vi mettete in capo d ' intenerirmi colle vostre moine . Mi avete detto che avete delle figliuole : ebbene , io potrò perdonarvi a patto che una di codeste figliuole venga qui a morire volontariamente nel posto vostro . Non una parola di più ; partite , e caso le vostre figlie ricusassero di morire per voi , giurate che dentro tre mesi ritornerete . " Quel pover ' uomo non aveva punta intenzione di sacrificare alcuna delle sue figlie al brutto mostro , ma pensò dentro di sé : " Non foss ' altro avrò almeno la consolazione di poterle abbracciare un ' altra volta " . Fece giuro di tornare , e la Bestia gli disse che poteva partire a piacer suo . " Ma non voglio " , soggiunge , " che tu debba andartene colle mani vuote . Ritorna nella camera dove hai dormito ; ci troverai un gran baule vuoto ; ché io penserò a fartelo portare fino a casa . " Detto questo , la Bestia se ne andò , e il buon uomo disse fra sé e sé : " Almeno , se ho da morire , potrò lasciare un boccon di pane a ' miei poveri ragazzi " . E tornò nella camera dove aveva dormito , e avendovi trovato delle monete d ' oro a corbellini , ne empì il baule , di cui gli aveva parlato la Bestia : quindi lo chiuse , e ripreso il cavallo lasciato nella scuderia , uscì dal palazzo con tanto malessere addosso , quanta era la gioia colla quale vi era entrato . Il cavallo prese da sé uno dei viottoli della foresta , e in poche ore il buon uomo arrivò alla sua casetta . I suoi figli gli furono tutti d ' intorno : ma invece di mostrarsi lieto alle loro carezze , il mercante li guardava e gli cascavano i lacrimoni dagli occhi . Egli aveva in mano il tralcio di rose , che portava a Bella : e nel darglielo , disse : " Bella , pigliate queste rose : ma costeranno molto care al vostro povero padre ! " . E così raccontò alla famiglia il brutto caso che gli era capitato . A quella storia le due sorelle maggiori si messero a berciare e dissero mille cosacce a Bella , la quale non piangeva né punto né poco . " Ecco le conseguenze " , esse dicevano , " dell ' orgoglio di questa monella : perché anche lei non fece come noi e non chiese dei vestiti ? Nient ' affatto ! la signorina voleva distinguersi . E ora è lei la cagione della morte di suo padre e non se ne fa né in qua né in là . " " Sarebbe inutile " , soggiunse Bella , " e perché dovrei piangere la morte di mio padre ? Egli non morirà una volta che il mostro si contenta di accettare in cambio una delle sue figlie ; io voglio mettermi in balìa del suo furore : e sono molto felice , perché così potrò avere la contentezza di salvare il padre mio e di provargli il gran bene che gli ho sempre voluto . " " No , sorella mia " , le dissero i suoi tre fratelli , " tu non morirai : noi anderemo a trovare il mostro , e periremo sotto i suoi colpi , se non saremo buoni di ucciderlo . " " Non lo sperate , ragazzi miei " , disse loro il mercante , " la potenza di questa Bestia è così sterminata , che non c ' è caso di poterla uccidere . Mi fa una vera consolazione il buon cuore di Bella : ma non voglio mandarla a morire . Io son vecchio ; non mi resta che poco tempo da vivere ; così , male che vada , posso scorciarmi di qualche anno la vita ; cosa che non rimpiango punto , perché lo faccio per amor vostro , miei cari figliuoli . " " Vi do la mia parola , padre mio " , disse Bella , " che voi non anderete a quel palazzo , senza di me : voi non mi potete impedire di seguirvi . Sebbene giovane , io non sono molto attaccata alla vita , e preferisco esser divorata da quel mostro , che morire dalla pena che mi farebbe la vostra perdita . " Ebbero un bel dire , ma la Bella volle a ogni costo partire anche lei per il palazzo del mostro ; e alle sorelle non parve vero , perché si rodevano di gelosia per le belle doti della sorella minore . Il mercante era così stonato dal dolore di dover perdere la figlia , che non gli passò per il capo neppure il baule che egli aveva riempito di monete d ' oro . Ma appena fu in camera restò grandemente stupito di trovarlo al piè del letto . Risolvette di non dir nulla in casa di essere diventato ricco , per paura che le figlie si mettessero in testa di voler tornare in città , mentre egli aveva fatto conto di voler morire in quella campagna . Peraltro confidò il segreto a Bella , la quale gli raccontò come nel tempo che era stato lontano , alcuni gentiluomini fossero venuti per casa e come , fra questi , ve ne fossero due che amoreggiavano colle sue sorelle . Si raccomandò al padre che le maritasse ; perché essa era tanto buona di cuore , che le amava tutte e due , e perdonava loro tutto il male che le avevano fatto . Quelle due cattive si strofinarono gli occhi colla cipolla per farsi venire i lucciconi , al momento che Bella partì con suo padre : ma i fratelli piangevano davvero : e anche il mercante . La sola che non piangesse era Bella , la quale non voleva inciprignire il dolore di tutti gli altri . Il cavallo prese la via del palazzo , e sul far della sera cominciarono di lontano a vederlo illuminato , tale e quale come la prima volta . Il cavallo andò da sé solo nella scuderia : e il buon uomo entrò con sua figlia nella gran sala , dove trovarono una gran tavola magnificamente apparecchiata per due . Il mercante non sapeva da che verso rifarsi per mangiare ; ma la Bella , sforzandosi di parer tranquilla , si messe a tavola e lo servì : poi diceva dentro di sé : " Capisco bene che la Bestia vuole ingrassarmi prima di far di me un boccone ! me n ' accorgo dalla maniera con cui mi tratta " . Quand ' ebbero cenato , udirono un gran fracasso e il mercante , colle lagrime agli occhi , disse addio alla sua povera figlia , perché sapeva che la Bestia era lì lì per arrivare . La Bella , alla vista di quell ' orribile figura , sentì fare un cavallone al sangue : ma s ' ingegnò di non darlo a divedere : e quando il mostro le domandò s ' era venuta da lui volentieri , rispose con voce tremante di sì . " Davvero che siete molto buona " , disse la Bestia , " e io vi sono riconoscentissimo . Buon uomo ! domani partirete , e Dio vi guardi dal tornare in questo luogo . Addio , Bella . " " Addio , Bestia " , ella rispose . E il mostro sparì . " Oh ! figlia mia " , disse il mercante abbracciandola e baciandola , " io son mezzo morto dalla paura . Fai a modo mio ; lasciami morir qui . " " No , padre mio " , rispose la Bella con fermezza , " voi partirete domani mattina , e mi abbandonerete all ' aiuto del cielo . Il cielo forse avrà compassione di me !..." L ' uno e l ' altro andarono a letto , coll ' idea che in tutta la notte non sarebbero stati buoni a chiudere un occhio , ma invece , appena si furono coricati nei loro letti , si addormentarono come ghiri . E la Bella vide in sogno una Regina , la quale le disse : " O Bella , io son contenta del vostro buon cuore . La nobile azione che fate , dando la vita per quella di vostro padre , non rimarrà senza premio " . Quando la Bella si svegliò , raccontò il sogno a suo padre , e sebbene questa cosa lo rinfrancasse un poco , non bastò peraltro a trattenerlo dal dare in grandissimi pianti , quando gli fu forza staccarsi dalla sua figlia adorata . Partito che fu , la Bella andò a sedersi nella gran sala ; e anche essa cominciò a piangere ; ma essendo molto coraggiosa , si raccomandò a Dio e fece conto di non darsi tanto alla disperazione per quel poco di tempo che le restava ancora da vivere : perché ella credeva fermamente che la Bestia sarebbe venuta a mangiarla nella serata . Intanto , mentre aspettava , pensò bene di girare e di visitare il castello , del quale non poteva starsi dall ' ammirare le grandi bellezze . E figuratevi se rimase a bocca aperta , quando vide una porta sulla quale c ' era scritto : Quartiere della Bella . Aprì in fretta e in furia questa porta e fu abbagliata dalle magnificenze che vi erano dentro ; ma ciò che maggiormente la colpì , fu la vista di una gran biblioteca , di un clavicembalo e di molti quaderni di musica . " Si vede proprio che non vogliono che io mi annoi " , disse fra sé e sé ; quindi pensò : " Se io dovessi albergare qui un giorno solamente , non mi avrebbero ammannito tutte queste belle cose " . Questo pensiero rianimò il suo coraggio . Ella aprì la biblioteca e vide un libro sul quale era scritto a lettere d ' oro : " Desiderate e comandate ; voi siete qui signora e padrona !..." . " Meschina me ! " , diss ' ella , " io non ho altro desiderio che di vedere il mio povero padre e di sapere che cos ' è di lui in questo momento ! " Queste parole le aveva dette dentro di sé , ma quale non fu il suo stupore , quando gettando gli occhi sopra uno specchio , vi mirò la sua casa , e per l ' appunto in quel momento in cui vi giungeva suo padre con un viso da far pietà . Le sue sorelle gli andavano incontro ; e malgrado le smorfie che facevano per parere afflitte , mostravano sul viso e a fior di pelle la contentezza provata per la perdita della loro sorella . Dopo un minuto sparì ogni cosa , ma la Bella non poté far di meno di pensare che la Bestia era molto compiacente , e che non aveva nulla da temere da essa . A mezzogiorno trovò la tavola bell ' e apparecchiata : e durante il pranzo udì un ' eccellente musica , senza che potesse vedere alcuno . La sera mentre stava per mettersi a tavola , sentì il fracasso che faceva la Bestia e fu presa da un tremito di paura : " Bella " , le disse il mostro , " siete contenta che io stia a vedervi mentre cenate ? " . " Non siete voi il padrone ? " , rispose la Bella , tremando . " No " , replicò la Bestia , " qui non c ' è altri padroni che voi ; se vi sono importuno , non dovete far altro che dirmelo e me ne anderò subito . Ditemi una cosa : non è vero che io vi sembro molto brutto ? " " È vero , sì " , rispose Bella , " perché io non sono avvezza di dire una cosa per un ' altra ; peraltro vi credo buonissimo di cuore . " " Avete ragione " , disse il mostro , " ma oltre all ' essere brutto io non ho punto spirito , e so benissimo d ' essere una Bestia . " " Non è mai una Bestia " , rispose Bella , " colui che crede di non avere spirito . Gl ' imbecilli non arriveranno mai a capire questa cosa . " " Su dunque , mangiate , Bella " , le disse il mostro , " e cercate tutti i mezzi per non annoiarvi nella vostra casa : perché tutto quello che vedete qui , è roba vostra : e io sarei mortificato se non vi sapessi contenta . " " Voi avete molta bontà per me " , disse la Bella , " e sono contentissima del vostro cuore : quando ci penso non mi sembrate nemmeno tanto brutto . " " Oh ! per questo " , rispose la Bestia , " il cuore è buono : ma io sono un mostro ! " " Conosco degli uomini che sono più mostri di voi " , disse Bella , " e quanto a me , mi piacete più voi con codesta vostra figura , di tant ' altri che , sotto l ' aspetto d ' uomo , nascondono un cuore falso , corrotto e sconoscente . " " Se avessi un po ' di spirito " , disse la Bestia , " farei un complimento per ringraziarvi : ma io sono uno stupido ; e tutto quel che posso dirvi è che vi sono obbligato . " La Bella cenò di buon appetito . Essa non aveva quasi più paura del mostro ; ma fu lì lì per morire di spavento , quando egli le disse : " Bella , volete esser mia moglie ? " . Ella stette un po ' di tempo senza rispondere : aveva paura di svegliare la collera del mostro con un rifiuto ; a ogni modo disse con voce tremante : " No , Bestia " . A questa risposta il povero mostro volle mandar fuori un sospiro e gli venne fatto un sibilo così spaventoso , che ne rintronò tutto il palazzo . Ma la Bella fu presto rassicurata , perché la Bestia , dopo averle detto " addio , dunque , Bella " , uscì dalla camera voltandosi indietro tre o quattro volte per poterla ancora vedere . Quando la Bella fu sola cominciò a sentire una gran compassione per la povera Bestia , e diceva : " Che peccato che sia così brutta , mentre sarebbe tanto buona ! " . La Bella , per tre mesi , menò in questo palazzo una vita abbastanza tranquilla . Tutte le sere la Bestia andava a farle visita , e durante la cena si tratteneva con lei , facendo mostra di molto buon senso , ma giammai di ciò che si chiama spirito fra le persone del mondo galante . Ogni giorno che passava , la Bella scopriva nuovi pregi nel mostro . A furia di vederlo , aveva fatto l ' occhio alle sue bruttezze , e invece di temere il momento della sua visita , ella guardava spesso l ' orologio per vedere quanto mancava alle nove , perché la Bestia a quell ' ora era sempre precisa . Una sola cosa metteva di mal umore la Bella ; ed era che tutte le sere , avanti di andare a letto , il mostro le domandava se voleva essere sua moglie , e rimaneva mortificatissimo quand ' essa rispondeva di no . Ella disse un giorno : " Voi mi fate una gran pena , Bestia ; vorrei potervi sposare , ma sono troppo sincera per darvi a sperare una cosa che non sarà mai . Io sarò sempre vostra buon ' amica . Contentatevi di questo " . " Per forza ! " rispose la Bestia . " Io son giusto . Io so che sono orrendo : ma vi voglio un gran bene . A ogni modo , io mi chiamo abbastanza fortunato se vi adattate a restar qui : promettetemi che non mi lascerete mai . " La Bella a queste parole fece il viso rosso . Ella aveva visto nello specchio che suo padre era malato dal dolore di averla perduta , e desiderava rivederlo . " Io potrei benissimo promettervi " diss ' ella alla Bestia " di non lasciarvi più per sempre ; ma mi struggo tanto di rivedere il padre mio , che morirei di crepacuore se mi rifiutaste questo piacere . " " Vorrei piuttosto morire " , disse il mostro , " che darvi un dispiacere ; io vi manderò da vostro padre : voi resterete con lui e la vostra Bestia morirà di dolore . " " No " , rispose la Bella piangendo , " io vi voglio troppo bene per essere cagione della vostra morte . Vi prometto di ritornare fra otto giorni . Mi avete fatto vedere che le mie sorelle sono maritate e che i miei fratelli sono partiti per l ' armata . Il mio povero padre è rimasto solo ; lasciatemi almeno una settimana con lui . " " Domattina ci sarete " , disse la Bestia , " ricordatevi delle vostre promesse . Quando vorrete tornare , non dovete far altro che posare il vostro anello sopra la tavola nell ' andare a letto . Addio , Bella . " La Bestia , mentre parlava così , sospirò secondo il suo uso solito , e la Bella andò a letto , tutta dispiacente di avergli dato questo dolore . Quando si svegliò la mattina dopo , si trovò in casa di suo padre ; e avendo suonato il campanello accanto al letto , vide venire la serva , la quale cacciò un grand ' urlo di sorpresa . Il buon uomo di suo padre , a quell ' urlo , corse subito , e nel rivederla , ci mancò poco non morisse dalla contentezza : e stettero abbracciati per più di un quarto d ' ora . Sfogate le prime tenerezze , la Bella pensò che non aveva vestiti per potersi levare , ma la serva le disse di aver trovato nella stanzaa accanto un gran baule pieno di vestiti , tutti d ' oro e ornati di brillanti . La Bella ringraziò la buona Bestia delle sue attenzioni : scelse fra quei vestiti il meno vistoso e ordinò alla serva di riporre gli altri , dei quali intendeva farne un regalo alle sorelle : ma appena ell ' ebbe pronunziate queste parole , il baule sparì . Peraltro suo padre avendole detto che la Bestia voleva che ella serbasse per sé ogni cosa , il baule ritornò al suo posto . La Bella si vestì , e in questo mentre furono avvertite le sue sorelle , le quali corsero subito insieme ai cari mariti . Tutte e due avevano combinato molto male ! La maggiore aveva sposato un gentiluomo , bello come un amore , ma tanto innamorato di sé , che dalla mattina alla sera non faceva altro che guardarsi allo specchio , senza curarsi né punto né poco della bellezza della moglie . La seconda aveva sposato un uomo che aveva molto spirito , ma se ne serviva soltanto per essere la disperazione di tutte le donne , cominciando da sua moglie . Le sorelle di Bella quando la videro vestita come una Regina e bella come un occhio di sole , se non creparono dalla rabbia , fu un miracolo . Ella ebbe un bell ' accarezzarle ; nulla poté ammansire la loro gelosia ; la quale anzi si accrebbe a cento doppi , quando raccontò quanto era felice . La due invidiose scesero in giardino per potersi sfogare a piangere , e dicevano : " O perché quella ragazzuccia è più fortunata di noi ? Non siamo forse più graziose e più belle di lei ? " . " Cara sorella " , disse la maggiore , " mi viene un ' idea : facciamo di tutto per trattenerla qui per più di otto giorni ; la sua stupida Bestia anderà sulle furie per la parola non mantenuta e forse la divorerà per castigarla . " " Dici bene , sorella " , rispose l ' altra , " ma perché la cosa riesca , bisogna cercare di ammaliarla con molte moine . " Preso questo partito , risalirono in casa tutt ' e due e cominciarono a fare tante e poi tante garbatezze alla sorella , che questa ne pianse di consolazione . Passati che furono gli otto giorni , le due sorelle si strapparono i capelli e diedero segni di disperazione per la partenza di lei , che ella finì col promettere di trattenersi altri otto giorni . Intanto la Bella rimproverava a se stessa il dolore che stava per dare alla sua povera Bestia , che essa amava davvero e che ora era dispiacente di non poterla vedere . La decima notte che ella passò in casa del padre , sognò di trovarsi nel palazzo e di vedere la Bestia distesa sull ' erba , vicina a morire , e che le rinfacciava la sua ingratitudine . Bella si destò tutt ' a un tratto e pianse : " Non son io molto cattiva " essa diceva " di dare questo dispiacere a una Bestia , che è stata tanto buona con me ? È colpa sua se è così brutta e se ha poco spirito ? Ella è buona : e questo val più d ' ogni cosa . Perché non ho io voluto sposarlo ? Io sarei più felice con lui che le mie sorelle coi loro mariti . Non è la bellezza né lo spirito di un marito che rendono felice una donna ; ma la bontà del carattere , la virtù e le buone maniere : e la Bestia ha tutte queste belle cose . Io non sento amore per essa ma la stimo , e ho per lei amicizia e riconoscenza . Ma non debbo renderla disgraziata : questa ingratitudine sarebbe per me un rimorso per tutta la vita " . Dette queste parole , la Bella si leva , mette l ' anello sulla tavola e ritorna a letto . Appena coricata si addormentò e , svegliandosi la mattina , vide con gioia di essere nel palazzo della Bestia . Si messe i vestiti più belli per andarle a genio anche di più , e s ' annoiò mortalmente nella smania di aspettare che arrivassero le nove ore di sera : ma l ' orologio ebbe un bel suonare le nove : la Bestia non comparve . La Bella allora temé di averle cagionato la morte : e disperata si dette a girare per tutto il palazzo , mandando altissimi pianti . Dopo aver cercato dappertutto , si ricordò del sogno e corse in giardino , vicino al fiume , dove dormendo , l ' aveva veduta . E difatti fu lì che trovò la povera Bestia distesa per terra priva di sensi : talché la credette morta . Senza provar ribrezzo di quella brutta figura , si gettò tutta sopra lei , e avendo sentito che il cuore batteva sempre , prese dal fiume un po ' d ' acqua e le bagnò la testa . La Bestia aprì gli occhi e disse alla Bella : " Voi avete dimenticata la vostra promessa : e il gran dolore di avervi perduta mi ha fatto decidere a lasciarmi morir di fame : ma ora muoio contenta , perché ho avuto la consolazione di potervi rivedere " . " No , mia cara Bestia , voi non morirete " , le disse la Bella , " voi vivrete per diventare mio sposo : da questo momento io vi do la mia mano , e giuro che non sarò d ' altri che di voi . Ohimè ! io credeva di non aver per voi che dell ' amicizia , ma il dolore che sento mi fa credere che non potrei più vivere senza vedervi . " Appena la Bella ebbe pronunziato queste parole , ecco che tutto il castello appare risplendente di lumi : i fuochi di artifizio , la musica , ogni cosa annunziava una gran festa . Ma queste meraviglie non incantarono punto i suoi occhi : ella si voltò verso la sua cara Bestia , il cui pericolo la teneva in tanta agitazione . E quale fu il suo stupore ! La Bestia era sparita , ed essa non vide ai suoi piedi che un Principe bello come un amore , il quale la ringraziava per aver rotto il suo incantesimo . Sebbene questo Principe meritasse tutte le sue premure , ella non poté stare dal chiedergli dove fosse la Bestia . " Eccola ai vostri piedi " , le disse il Principe , " una fata maligna mi aveva condannato a restare sotto quell ' aspetto finché una bella fanciulla non avesse acconsentito a sposarmi , e mi aveva per di più proibito di far mostra di spirito . Così in tutto il mondo non ci voleva che voi , per lasciarsi innamorare dalla bontà del mio carattere : ed offrendovi la mia corona , non posso sdebitarmi del gran bene che mi avete fatto . " La Bella , piacevolmente sorpresa , porse la mano al bel Principe perché si rialzasse in piedi . E andarono insieme al castello , dov ' essa ci mancò poco non si sentisse svenire dalla gioia , trovando nella gran sala il padre suo e tutta la sua famiglia , tra sportata al castello da quella bella Signora che le era apparsa in sogno . " Bella " , le disse questa Signora , che era una fata e di quelle coi fiocchi , " venite a ricevere la ricompensa della vostra buona scelta : voi avete preferito la virtù alla bellezza e allo spirito , e meritate per questo di trovare tutte quelle cose raccolte in una sola persona . Voi state per diventare una gran Regina : ma spero che il trono non vi farà scordare le vostre virtù . Quanto a voi , mie care signore " disse la fata alle due sorelle della Bella " conosco il vostro cuore e tutta la cattiveria che c ' è dentro : diventerete due statue ; ma nondimeno serberete il lume della ragione sotto la vostra forma di pietra . Starete alla porta del palazzo di vostra sorella ; e non vi impongo altra pena che quella di essere testimoni della sua felicità . Non potrete ritornare nello stato primiero , se non quando riconoscerete i vostri errori : ma ho una gran paura che dobbiate restare statue per sempre . Si può correggere l ' orgoglio , le bizze , la gola , la pigrizia ; ma la conversione di un cuore invidioso e cattivo è una specie di miracolo . " Nel dir così , diede un colpo di bacchetta , e tutti quelli che erano in quella sala , furono trasportati negli Stati del Principe . I suoi sudditi lo rividero con gioia , ed esso sposò la Bella , che visse con lui lungamente e in una felicità perfetta , perché era fondata sulla virtù .
LETTERE MERIDIONALI ( VILLARI PASQUALE , 1878 )
Miscellanea ,
LA CAMORRA Mio caro Dina Negli scorsi mesi raccolsi alcune notizie intorno allo stato delle classi più povere , specialmente nelle province meridionali . Se a te non pare inutile affatto , ti pregherei di concedermi che le pubblichi nel tuo giornale , tanto pregiato in Italia . Debbo però dire , innanzi tutto , che nel raccogliere queste notizie io ho avuto lo scopo di provare che la camorra , il brigantaggio , la mafia sono la conseguenza logica , naturale , necessaria di un certo stato sociale , senza modificare il quale è inutile sperare di poter distruggere quei mali . So che molti lo ammettono , ma pochi se ne formano un concetto chiaro . Sono ben lontano dallo sperare di potere , con alcune lettere , risolvere problemi d ’ una sì grande importanza e difficoltà . Credo però che anche pochi fatti ed esempi possano spronare ad altre nuove ricerche . A che gioveranno queste ricerche ? Sarà sperabile portare qualche rimedio ai mali ? Lo vedremo in appresso . Intanto , per cominciare dalla camorra , noterò che la legge di sicurezza pubblica suppone che il camorrista non faccia altro che guadagnare indebitamente sul lavoro altrui . Invece esso minaccia ed intimidisce , né sempre per solo guadagno ; impone tasse ; prende l ’ altrui senza pagare ; ma ancora impone ad altri il commetter delitti ; ne commette egli stesso , obbligando altri a dichiararsene autore ; protegge i colpevoli contro la giustizia ; esercita il suo mestiere , se così può chiamarsi , su tutto : nelle vie , nelle case , nei ridotti , sul lavoro , sui delitti , sul gioco . L ’ organizzazione più perfetta della camorra trovasi nelle carceri , dove il camorrista regna . E così , spesso si crede di punirlo , quando gli si dà solo il modo di continuare meglio l ’ opera sua . Ma quello ancora che la legge non sembra sospettare , e che molti ignorano , si è che la camorra non si esercita solo negli ordini inferiori della società : vi sono anche camorristi in guanti bianchi ed abito nero , i cui nomi e i cui delitti da molti pubblicamente si ripetono . Le forme che la camorra piglia nei diversi luoghi e fra le diverse persone che la esercitano , sono infinitamente varie . Non è lungo tempo io scrissi ad un vice - sindaco di Napoli , amante del suo paese , antico liberale , patriotta provato : – Mi dici qualche cosa della camorra ? Va essa avanti o indietro ; comincia ad essere davvero estirpata ? – Egli mi fece una risposta che non riferisco tutta , perché a molti parrebbe una dipintura esagerata dei fatti . Copio solo la conclusione della lettera . « Moltissime ordinanze municipali non possono qui attecchire , se non convengono agl ’ interessi della camorra . Napoli comincia a ripulirsi dacché la camorra con i suoi appaItatori ne trae guadagno . Ed io , come vice - sindaco di ... , ho potuto obbligare 1.157 proprietarii a restaurare ed imbiancare le loro case e le ville , che sono cinte di mura , dacché , senza che sapessi , la camorra locale ha diretto , di comune accordo col mio usciere l ’ operazione » . Questo stato di cose fa paura , spaventa sempre più , quando si esamina più da vicino , e se ne vede tutta l ’ estensione . Perché la camorra divenga possibile , occorre che vi sia un certo numero di cittadini , o anche una classe intera , che si pieghi alle minacce di pochi o di molti , che siano organizzati . Una volta che questo fatto , per qualche tempo , si avvera in proporzioni abbastanza larghe , riesce facile assai capire in che modo la malattia si estenda a poco a poco , e pigli forme diverse , secondo che penetra nei diversi ordini della società . Il male è contagioso come il bene , e l ’ oppressione , specialmente quella esercitata dalla camorra , corrompe l ’ oppresso e l ’ oppressore , e corrompe ancora chi resta lungamente spettatore di questo stato di cose , senza reagire con tutte le sue forze . Perciò importa conoscere dove questa oppressione comincia e si può esercitare più impunemente , perché ivi è la prima radice del male , dalla quale tutto il resto deriva , perché ivi , se è possibile , bisogna portare il rimedio . La città di Napoli è , fra molte , quella in cui la bassa plebe si trova , non voglio dire nella maggiore miseria , perché ciò non è il peggio ; ma nel più grande abbandono , nel maggiore avvilimento , nel più doloroso abbrutimento . Contro di essa tutto era permesso sotto il regime borbonico , Il galantuomo poteva , senza temer nulla , quando era di giorno e nella pubblica via , usare il suo bastone , perché la polizia pigliava in queste occasioni sempre le sue parti . Le limosine date a larga mano dai privati ; dai conventi , che distribuivano la minestra ; dalle Opere pie ; anche dal Governo , che distribuiva pane , alimentavano la miseria e la rendevano permanente . La camorra cosi nasceva naturalmente in mezzo a questi uomini ; era il loro governo naturale , ed era perciò favorita , sostenuta dai Borboni , come un mezzo di ordine . Qui il camorrista atterriva , minacciava e regnava . Qui egli prendeva i giovanetti di 14 o 16 anni , per insegnar loro a rubare il fazzoletto , che restava a lui , dando in cambio , e come per favore , qualche soldo . Qui egli poteva fare degli uomini e delle donne quello che voleva . E siccome spesso faceva con le sue anche le altrui vendette , così qualche volta non solo incuteva terrore , ma ispirava ammirazione ed affetto in quegli stessi che opprimeva . Cominciata la malattia , si poté subito diffondere . Una volta che questo spettacolo non disgustò più , l ’ oppressione e la violenza non parvero un delitto , e le esercitarono molti che in altre condizioni sociali avrebbero trovato nella loro coscienza un ostacolo invincibile . Per comprendere la verità di quello che dico , e per poter ragionare in buona fede su questi fatti , occorrerebbe prima di tutto andare a vedere coi propri occhi dove e come vivono le più povere famiglie . Si tratta d ’ una popolazione enorme , che si divide in categorie diverse , ciascuna delle quali ha caratteri , costumi , sventure proprie . Cito degli esempi , ed il lettore non si stanchi se , pur avendo io stesso veduto molti fatti , riferisco le parole di alcuni che andarono espressamente a visitare i poveri . Lo scorso dicembre io scrissi ad un architetto , che era stato più volte adoperato dal Municipio di Napoli , pregandolo che mi dicesse qualche cosa di quelli che si chiamano colà i fondaci , nei quali abita la più misera gente , e che sono disprezzati dalle donne stesse del popolo . Per ingiuriarsi fra loro , l ’ una chiama l ’ altra funnachéra ( abitante dei fondaci ) . « Questi fondaci ( egli rispondeva ) hanno generalmente un androne , senza uscio di strada , ed un piccolo cortiletto , ambedue sudicissimi , i quali mettono in una grandissima quantità di pessime abitazioni , molto al di sotto degli stessi canili , le quali tutte , e specialmente quelle in terreno , sono prive di aria , di luce , ed umidissime . In essi vivono ammonticchiate parecchie migliaia di persone , talmente avvilite dalla miseria , che somigliano più a bruti che ad uomini . In quei covi , nei quali non si può entrare per il puzzo che tramandano immondizie ammassate da tempi immemorabili , si vede spesso solamente un mucchio di paglia , destinata a far dormire un ’ intera famiglia , maschi e femmine tutti insieme . Di cessi non se ne parla , perché a ciò bastano le strade vicine ed i cortili . Solamente in due o tre fondaci , dei molti visitati da me , le donne esercitano la miserabile arte di fare stuoie , o impagliare sedie ; negli altri tutti non si vede nessuno a lavorare , ma solo spettri seminudi ed oziosi . A me accadde d ’ incontrare in parecchi fondaci , donne che vagano per i cortili , con la sola camicia indosso , che pur veniva giù a brani . Infine la più terribile miseriatrova ricetto in questi fabbricati , dove non manca mai qualcuna delle più abbiette e luride case di prostituzione . Nella nostra città sono n ° 94 fondaci , come potrai vedere dall ’ elenco che t ’ invio ; sicché , calcolando che ognuno sia abitato da n ° 100 persone ( e con questo numero mi metto al disotto del vero ) , sarebbero circa 9.400 questi esseri infelici . I peggiori fondaci sono quelli che si trovano nei quartieri di Pendino , Porto e Mercato , 51 in tutto . Gli altri sono migliori , ma di poco . Ognuno di essi ha il suo proprio nome : Barettari , Tentella , S . Crispino , Scanna - sorci , Divino Amore , Presèpe , Pisciavino , Del Pozzillo , Abate , Crocefisso , Degli schiavi , ecc . L ’ ultimo parmi il nome più adatto » . Il lettore ha mai sentito parlare degli spagari di Napoli , e delle grotte in cui abitavano ? Questa gente forma una classe numerosa , non chiede la limosina , lavora , ha un mestiere . Nel tempo del colera , pochi anni sono , furono chiuse quelle luride tane , che erano la loro unica dimora . Tuttavia , mesi sono , pregai una persona amica di andare colà dov ’ erano una volta le grotte , e vedere ; trovandole ancora chiuse , cercasse dove abitavano gli spagari , e li visitasse . Riferisco qui due delle lettere ricevute . Sono dello scorso novembre . « Ieri trovai una delle così dette grotte degli spagari , la più parte essendo ormai chiuse . Essa sta in sul principio delle Rampe di Brancaccio , quando si discende . Il suo ingresso non annunzia l ’ orrore che vi si trova . Somiglia alle catacombe di S . Gennaro , se non che è assai più lurida e meschina . Vi si cammina col lume , e solo di tanto in tanto , ma assai di rado , vi sono delle aperture , balconcini e finestre , che mettono , due nei giardini di Francavilla , altre in umide corti . Tutta questa grotta è gremita di letti , l ’ uno dall ’ altro poco più discosti di quel che sono nelle sale dell ’ ospedale degl ’ Incurabili . Ad eccezione di qualcuno , sono tutti letti assai grandi , da contenere più persone . Sarebbe impossibile descriverne il sudiciume e la povertà . Una perfetta armonia è tra quei luridi canili , l ’ orribile grotta e gli abbrutiti abitanti , e tutti insieme sembrano formare un mondo a parte , che non possa andare altrimenti da quello che va . Fra gli abitanti v ’ è una certa gerarchia . Accanto alle poche finestre , là dove arriva qualche raggio di sole , si trova un poco meno di miseria ; dove però non arriva la luce , ivi chi si avanza col lume , vede una miseria indescrivibile . Ed è singolare come anche qui , quelli che stanno meglio compatiscano e quasi disprezzino quelli che stanno peggio . Vivono in questo luogo famiglie , e sono circa 100 persone il sudiciume è tale , che la vista colà d ’ una conca col bucato , mi rallegrò in modo che mi parve un ’ oasi nel deserto . Vicino alle finestre si paga sino a 10 lire il mese , dove manca la luce si discende fino a 25 soldi . Hanno l ’ aria , più che di gente infelice , di gente abbrutita . Quando fa bel tempo , escono a guisa di formiche , e si spandono al sole . Tutta questa gentemi piativano d ’ intorno , domandando misericordia , e dicendo che erano obbligati a restar lì senza luce , senz ’ aria , senza medici . Quando sono ammalati , essi dicono , restano abbandonati fino a che muoiono o vanno all ’ ospedale . La persona che subaffitta questo locale , e vi fa su un buonissimo guadagno , si è persino ricusata di fare le più necessarie riparazioni , e così non di rado la pioggia inonda la grotta » . Aggiungo una seconda lettera della stessa persona . « Andai in un altro luogo , che è una volta al di sotto del Corso Vittorio Emanuele , con mura che la chiudono dai due lati , e formano così uno strano ricovero . Ivi erano molti a lavorare lo spago , la più parte giovani figlie di capispagari , le quali però non vi dormivano . Una grande e commoventissima miseria mi colpì allora sino al fondo dell ’ anima . Una povera vedova di poco più che 30 anni , d ’ un aspetto che dimostrava essere ella già stata bella , aveva cinque bambini , un giovanetto di 12 anni , e quattro bimbe , l ’ ultima delle quali di 3 anni appena : tutti assai belli . Erano stati una volta agiati , perché figli d ’ un operaio che guadagnava bene , ma che era morto sollevando alcuni pesi troppo gravi alle sue forze . La donna , che nella sua infanzia aveva fatto la spagara , è tornata ora all ’ antico mestiere , col quale guadagna dieci soldi al giorno , tranne quando pel gran freddo , non potendo muovere le mani irrigidite , non riesce a fare quel tanto che deve . I bambini girano le ruote per le altre donne , e guadagnano ciascuno un soldo , col quale comprano castagne secche , e così si sostentano fino a sera , quando , venendo pagati i dieci soldi alla madre , mangiano tutti qualche altra cosa . Dormono in un angolo di questo locale , sopra alcune foglie secche . Non hanno neppur l ’ idea d ’ una coperta o d ’ un panno per ricoprirsi . La notte si mettono tutti rannicchiati , l ’ uno sull ’ altro , e tremano di freddo : non hanno lume . La donna mi mostrò i cenci che li coprivano , in molti punti rosi dai topi piccoli e grossi , che nel colmo della notte camminano sui loro corpi . Allora i bambini , spaventati , gridano e piangono . Ed essa , battendo con una pietra sul muro , cerca con quel rumore di spaventare ed allontanare i topi , che non vede . Quella donna deve essere onesta e buona , perché il pensiero che più di tutti la turbava era la riuscita dei figli . Essa teme che il primo , il quale ha già 12 anni , ed è già molto vivo , possa presto divenire un cattivo soggetto » . Se è vero quel che dice il Quetelet , che assai spesso è la società quella che mette il coltello in mano al colpevole , e se questo giovanetto divenisse un giorno assassino , non avrebbe egli il diritto di dire alla società : lo ho ammazzato un uomo ; ma tu avevi già prima ammazzato la mia coscienza ? Potrei continuare questa descrizione sino all ’ infinito , ed aggiungere lettere a lettere , fatti a fatti , sempre vari , sempre brutali , sempre orribili . Ma non voglio stancare la pazienza del lettore . Su questa povera gente tutti abusano . Il tugurio in cui abitano , le misere ruote con cui lavorano lo spago , la canapa di cui si servono , nulla appartiene ad essi ; per ogni cosa debbono pagare , e pagare ad uomini che gli opprimono , li tormentano , non hanno di loro alcuna pietà , e vivono guadagnando sulla loro abbrutita miseria . Basta avvicinarsi a questi luoghi , per essere circondati da una folla che chiede l ’ elemosina , e , senza essere interrogata , racconta la varia lliade delle sue miserie . Qui bisogna venire a studiare , per convincersi che la camorra comincia a nascere , non come uno stato anormale di cose , ma come il solo stato normale e possibile . Supponendo domani imprigionati tutti i camorristi , la camorra sarebbe ricostituita la sera , perché nessuno l ’ ha mai creata , ed essa nasce come forma naturale di questa società . Intanto qui si recluta la popolazione enorme de ’ piccoli ladri , i quali rubano a vantaggio dei loro capi ; e quando vanno a centinaia nelle prigioni , costituiscono anche là il popolo della camorra , perché ivi essa ha pure i suoi sovrani , le sue assemblee e la sua gerarchia , non meno potenti , non meno audaci che fuori . Il guadagno del camorrista si fa allora sulle fave nere , sul pane nero di cui il carcerato povero deve rilasciare una parte ; colui che ha dei soldi rilascia tutto , per comprare dalla camorra qualche cosa di meglio , spesso ancora per ricomprare quello che ha venduto . Ma a che pro , mi si può dire , questa lunga geremiata ? Si sa che la miseria c ’ è , e che è orribile . C ’ è stata e ci sarà sempre dappertutto , insieme coi delitti . Lo so anch ’ io che vi sono uomini , ai quali se si mostra una moltitudine che affoga nella miseria , nella fame e nella corruzione , hanno sempre la stessa risposta : – Bisogna aver fede nella libertà . IL SECOLO , IL PROGRESSO , I LUMI ! – Con questa gente io non so ne ho voglia di ragionare . A loro non saprei dire che una cosa sola : – Spegnete i vostri lumi e andate a letto . Contentatevi di sentire ogni giorno ripetere dagl ’ Inglesi e dai Tedeschi , che i popoli latini conoscono la forma e non la sostanza della libertà , perché non hanno mai voluto capire che popolo libero è quello solamente , in cui i potenti e i ricchi fanno un perenne sacrifizio di loro stessi ai poveri e ai deboli . E non vogliono capire che una plebe misera e corrotta corrompe tutta la società ; sicché è nel loro interesse , in quello della moralità propria e dei propri figli , combattere questo male con tutta la energia possibile . – lo parlo invece a coloro che , senza illusioni , credono utile e necessario studiare il male per cercarne i rimedi . E questi , certo , sono molti , complessi , difficili . Accennerò a qualcuno di quelli che mi sembrano più evidenti , e comincerò dal più difficile di tutti , quello che richiede maggior tempo e danaro . A Napoli v ’ è una quistione colossale , che nasce dalla costruzione stessa della città . Questa condizione di cose peggiorò molto dal tempo in cui , invece di fare , come pel passato , scorrere le acque che piovono , a rigagnoli o a fiumi per le strade , si costruirono assai malamente le fogne , nelle quali , per mancanza di pozzi neri , va ogni cosa . Le materie restano ora , quando non piove , ferme , e le loro esalazioni miasmatiche si sentono per le vie , entrano pei condotti nelle case . Quando invece viene la pioggia , sono portate al mare , che bagna le rive così incantevoli e così popolose della città : ivi in tempo di calma si fermano , e lo scirocco rimanda indietro i miasmi . Il rimedio è difficile , perché manca l ’ acqua , ed in molti luoghi il livello delle strade è uguale a quello del mare . Intanto le febbri intermittenti fanno strage nella misera popolazione . Le Guide inglesi e tedesche hanno sempre un capitolo sulla lebbre napoletana , di cui nei tempi passati non parlavano punto . Gli alberghi abbandonano la marina e salgono sulla collina . Si aggiunga a questo , che la mancanza di spazio costringe la povera gente a vivere accatastata in tugurii spaventevoli ; onde in nessun paese della terra si vedono più chiare le terribili conseguenze della teoria del Malthus . Qui anche la parte meno misera del popolo abita nei bassi , i quali non solamente sono senza aria e senza luce , ma son tali che spesso , per entrarvi , si discendono alcuni scalini , onde la malsana umidità . S ’ aggiunga poi che anche oggi si continuano a costruire questi bassi nel medesimo modo e si capirà come il primo e più difficile problema risguardi l ’ igiene generale della città , la costruzione delle case pei poveri , pei quali dal 59 ad oggi non si è fatto nulla . Si pensi che molti dei più miseri vivevano e vivono accattando , ricevendo sussidii , quando non fanno di peggio . Queste limosine e sussidii sono ora scemati , perché un governo libero non può distribuire il pane , e perché le Corporazioni religiose furono sciolte . Si consideri che il prezzo dei viveri e delle case è cresciuto , mentre l ’ aumento della mano d ’ opera non giova a chi non aveva e non ha mestiere , e si dica poi se rimedia al male la scuola elementare , a cui del resto questa gente non va e non può andare . La sua condizione certo non è migliorata , forse è peggiorata . Di ciò io sono più che convinto , per quel che ho visto coi miei occhi . In questo stato di cose , i rimedii principali e più facili sono due . Estirpare la camorra , la quale deve essere ritenuta come una piaga sociale assai più profonda di quel che ora si suppone . Per riuscirvi , bisogna prima studiarla e conoscerla bene ; bisogna poi che la legge la determini meglio , e renda così possibile il colpirla in tutte le sue forme . I colpi dovrebbero essere più fieri , più inesorabili contro coloro che non sono popolo , e pur la esercitano e ne profittano . Il camorrista dovrebbe nelle carceri essere isolato , o mandato in quelle dell ’ Italia settentrionale ; altrimenti la prigionia , se non è un premio , non è certo una pena per lui . Da alcuni mesi il governo è rientrato in una via di rigore , che aveva , secondo me , a torto abbandonata per lungo tempo . Bisognerebbe che questo rigore fosse permanente , che continuasse nella prigione , e avesse , per quanto è possibile , l ’ aiuto di una legge di pubblica sicurezza , con qualche articolo aggiunto a quel troppo semplice articolo 120 , il quale si contenta di mettere fra le persone sospette coloro che « esigono danaro abitualmente ed illecitamente sugli altrui guadagni » . A torto si è creduto di aver così definito la camorra , che invece sfugge facilmente alla pena . Ogni sforzo sarà però vano se , nel tempo stesso in cui si cerca di estirpare il male con mezzi repressivi , non si adoprano efficacemente i mezzi preventivi . lo non mi stancherò mai di ripeterlo : finché dura lo stato presente di cose , la camorra è la forma naturale e necessaria della società che ho descritto . Mille volte estirpata , rinascerà mille volte . Quella plebe infelice , che con leggi repressive noi a poco a poco liberiamo dai suoi oppressori , deve essere con leggi preventive spinta , costretta al lavoro . Non bisogna contentarsi di aiutarla con quelle infinite limosine che aprono spesso una nuova piaga sociale , perché alimentano l ’ ozio ed il vagabondaggio . Non bisogna dire e ripetere , che a tutto rimedia la scuola elementare , la quale in questi casi non rimedia nulla . Si guardi un poco a quello che avviene naturalmente , quando si trovano a Napoli uomini veramente pietosi e benemeriti , che conoscono i mali del loro popolo . Alfonso Casanova , che da pochi anni abbiamo perduto , fu giustamente amato come un santo . La sua Opera pei fanciulli usciti dagli Asili era fondata collo scopo di cercare i piccoli vagabondi , ed insegnar loro , insieme con l ’ alfabeto , un mestiere . Tutti riconobbero che quello era il bisogno vero del paese , tutti l ’ aiutarono e l ’ amarono , quasi l ’ adorarono . Altri tentarono l ’ impresa con uguale fortuna , perché la carità cittadina non è mancata mai colà . E se il Governo vuol davvero operare , deve imitare questi esempi suggeriti dalla natura stessa delle cose . Come la camorra è un male che sorge spontaneo , e però tanto più profondo , in un certo stato sociale , così questi tentativi sono lo sforzo generoso e spontaneo della società stessa per redimersi . Bisogna combattere la prima , aiutare i secondi . Il Governo deve prendere le cose come sono , entrare nella via suggerita dall ’ esperienza della gente onesta del paese , e lasciar da un lato le teorie . E il danaro non manca , se una volta si vorrà ammettere che le infinite Opere pie elemosiniere , le quali così spesso sono più uno stimolo che un rimedio alla miseria , debbano tutte essere trasformate in modo da ottenere il loro scopo con la previdenza , dando col pane , e come condizione sine qua non , l ’ insegnamento e l ’ obbligo del lavoro . E perché si veda quanto questo male sia generale , e non paia che io voglia prendere tutti gli esempi dal Mezzogiorno d ’ Italia , ne citerò uno del Settentrione 185 . Nella Rivista Veneta ( vol . IV , fasc . 5° , 1874 ) è stato poco fa pubblicato dal professore Cecchetti dell ’ Archivio dei Frari , un lavoro in cui si dànno alcune statistiche assai eloquenti . Dal 1766 al 1789 si trova che Venezia ebbe una media di 2.000 poveri . Le cose sono da allora in poi talmente peggiorate , che nel 1860 erano nei registri di beneficenza inscritti 31.890 individui , in una popolazione di 123.102 abitanti . Nel 1861 la popolazione discese a 122.565 , e gl ’ inscritti alla beneficenza salirono a 32.422 . Nel 1867 la popolazione discese a 120.889 e nel catalogo della beneficenza erano registrati 33.978 individui . Questi erano nel 1869 , 35.000; nel 1870 , 35.728; nel 1871 , 36.200 . E qui finisce la statistica , non senza notare che bisogna , per l ’ anno 1871 , aggiungere circa 700 poveri vergognosi , i quali rappresentano 186 altrettante famiglie . È vero che negli ultimi anni la popolazione di Venezia ebbe qualche lieve aumento , essendo nel 1871 salita a 128.901 abitanti ; ma in sostanza dai calcoli ufficiali del signor Cecchetti risulta un continuo aumento di poveri , e risulta che un terzo circa della popolazione di Venezia è ora sussidiato 187 dalla beneficenza , o almeno scritto nei registri come meritevole di sussidio 188 . Ho sentito molti e molti domandare : Perché lo spirito intraprendente , operoso , audace qualche volta sino all ’ eroismo , degli antichi Veneti , non è ancora cominciato a risorgere colla libertà 189 ? Le ragioni sono infinite . Però tra le ragioni , a mio avviso , non è ultima questa , che la carità cittadina ha accumulato infiniti tesori , i quali sono ora destinati ad impedire che quello spirito risorga . Dopo ciò l ’ eterna risposta deve essere sempre : Vedremo , provvederemo , faremo ? Cioè , lasceremo fare , lasceremo passare ? Intanto la stampa straniera ci domanda : – Quando l ’ Italia sarà finalmente civile ? – E se questo è quello che segue a Venezia , che cosa deve seguire a Napoli , città tanto più grande , tanto più malmenata ! Lo dica l ’ esercito sterminato di poveri che vive colà senza lavoro . Qualcuno darà loro da mangiare , se di fame non muoiono . Sì , è la carità , ma una carità che uccide , che demoralizza , che abbrutisce . – E voi , mi si dirà , avete la ingenuità di credere che in breve si può rimediare a mali così gravi e profondi ? Non vedete che ci vuole un secolo ? – Sì , lo vedo , ma vedo ancora che se cominceremo domani , ci vorrà un secolo ed un giorno . E per ora vedo ancora che , quando torno a Napoli , il mondo è mutato per me e per i miei amici . La parola è libera , la stampa è libera , molte vie si sono aperte dinanzi a me . La differenza è come dalla notte al giorno ; se dovessi tornare al passato , mi parrebbe di scendere nella tomba . Abbandono le strade centrali , vado nei quartieri bassi , e ritrovo le cose come le lasciarono i Borboni . I fondaci Scanna - sorci , Tentella , San Crispino , Pisciavino , del Pozzillo , ecc . sono là sempre gli stessi , coi medesimi infelici , forse ancora più oppressi , più affamati di prima . Tutta la differenza , se mai , sta in ciò , che il muro esterno fu imbiancato . E sono allora tentato di domandare a me stesso : Ah ! dunque la libertà che tu volevi , era una libertà per tuo uso e consumo solamente ? Tuo affez . P . VILLARI - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - LA MAFIA Mio caro Dina In questa lettera comincerò a ragionare dei mali che affliggono la Sicilia . La cosa è molto ardua per me , che conosco assai poco il paese . Ed è più ardua in se stessa , perché le opinioni su questo argomento , anche tra coloro che nacquero e vissero nell ’ Isola , sono disparatissime . Io andrò quindi assai cauto . Metterò sotto gli occhi del lettore i fatti che potei raccogliere , esporrò le conclusioni a cui sono venuto , e il modo , il processo logico con cui v ’ arrivai . Il lettore potrà da se fare le sue osservazioni , e giudicare le mie . Prima di tutto , voglio notare che ogni anno a me accade di ricevere lettere di giovani professori , i quali , invitati dal Governo ad andare in qualche liceo o ginnasio della Sicilia , mi chiedono ansiosamente , in nome loro e delle famiglie , notizia dei paesi cui sono destinati . lo mi rivolgo allora a qualche Siciliano amico , e domando . Sono stato molte volte maravigliato nel ricevere una risposta , che sembra esprimere come un giudizio popolare . Se io chiedevo di paesi delle province di Catania o di Siracusa , quasi sempre la risposta era : – Paesi buonissimi , si sta come in Toscana , si può andare coll ’ oro in mano . – Se invece chiedevo di paesi della Sicilia occidentale , specialmente delle province di Girgenti e di Caltanissetta , la risposta era spesso : – Eh ! paesi di solfare , bisogna stare attenti – . Egli è noto che la Sicilia vien travagliata da quelle piaghe sociali , di cui tanto si parla adesso , principalmente nella sua parte occidentale . Qui appunto , non occupandoci per ora di Palermo che dà luogo ad altre considerazioni , è il centro delle solfare , che , dopo l ’ agricoltura , sono la più grande e ricca industria di quell ’ isola , industria che occupa molte migliaia di lavoranti d ’ ogni sesso ed età . Ed è noto che il lavoro delle solfare è fatto in un modo che molto spesso si può dire iniquo . Non solamente non si pigliano in esse tutti i necessarii provvedimenti a salvare la vita degli operai , che qualche volta restano soffocati dai gas che n ’ emanano , ed anche si accendono ; sepolti sotto le volte che cadono , perché male costruite , o perché l ’ intraprenditore ha fatto assottigliare i pilastri , per cavarne altro minerale : ma segue di peggio ancora . La creatura umana è sottoposta ad un lavoro che , descritto ogni giorno , sembra ogni giorno più crudele e quasi impossibile . Centinaia e centinaia di fanciulli e fanciulle scendono per ripide scarpe e disagevoli scale , cavate in un suolo franoso e spesso bagnato . Arrivati nel fondo della miniera , sono caricati del minerale , che debbono riportare su , a schiena , col pericolo , sdrucciolando su quel terreno ripido e mal fido , di andar giù e perder la vita . Quelli di maggiore età vengono su , mandando grida strazianti ; i fanciulli arrivano piangendo . È noto a tutti , è stato mille volte ripetuto , che questo lavoro fa strage indescrivibile fra quella gente . Molti ne muoiono ; moltissimi ne restano storpiati , deformi o malati per tutta la vita . Le statistiche lo provarono ad esuberanza , la leva militare ha dato un numero spaventoso di riformati , l ’ inchiesta industriale ha raccolto tutte le notizie che si possono desiderare . È cosa che mette terrore . Il Congresso di Milano , l ’ onorevole Di Cesarò , l ’ onorevole Luzzatti ed altri levarono un grido generoso di protesta e di dolore contro queste enormità , le quali sono tanto più gravi , quanto più colla salute si distrugge la moralità di quelle popolazioni . Gli organismi deboli rimangono distrutti , i forti sopravvivono per comandare , tiranneggiare , opprimere fanciulli e fanciulle accatastati in quegli oscuri androni , dove ogni cosa può succedere . L ’ uomo si abbruti sce , si demoralizza e diviene facilmente un nemico della società , che lo tratta così spietatamente . Abbiamo qui dunque una prima sorgente del male . Si vede cogli occhi , si tocca con mano in che modo la moralità di certe classi sociali venga distrutta . Segue in Sicilia quello che era cominciato a seguire in tutti i paesi di miniere , con qualche differenza però . Altrove si pensò subito a porvi rimedio con leggi , che proteggono l ’ operaio e specialmente il fanciullo , il quale non deve lavorare oltre un certo numero di ore , non deve essere sottoposto a lavori che lo ammazzano o lo demoralizzano . La vita e la moralità dell ’ operaio furono efficacemente protette ; il male fu fermato nel suo cammino . Dal 1859 fino ad oggi , a noi è invece mancato il coraggio , la previdenza necessaria a fare la legge che tanti avevano già fatta . Essa si discute ora negli Ufficii , e , com ’ è naturale , tutti l ’ approvano . Ci sarà però il tempo d ’ approvarla e discuterla anche in Parlamento , in questa sessione ? O sarà la Camera troppo occupata , troppo stanca , troppo sopraffatta ? E , approvata una volta questa legge , avrà il Governo la ferma volontà di farla eseguire ? Si leverà certo nelle miniere un grido di protesta , e sarà invocato il sacro nome della libertà violata . Gli operai picconieri grideranno che col proibire il lavoro dei fanciulli , sarà diminuito il guadagno degli adulti . Le madri grideranno che s ’ impedisce ai loro figli di guadagnarsi un pane , e che così essi morranno di fame . I gabellotti o appaltatori strepiteranno che si mandano in rovina le loro industrie ; che è ingiustizia senza nome l ’ obbligarli a condurre i lavori , scavare le volte , ecc . in un modo piuttosto che in un altro . E i sacri adoratori delle armonie economiche grideranno che tutto è compenso : il male che si voleva impedire da un lato , si produrrà in un altro , e intanto la libertà , che sola poteva rimediare a tutto , è stata violata . Ma quale libertà ? Quella che dà al picconiere il diritto di ammazzare o demoralizzare i fanciulli , per guadagnare qualche scudo di più ? Sono queste le armonie desiderate ? Ma come , diranno forse allora gli uomini pratici , volete voi governare con tutto il paese contro di voi ? In verità mi pare che se abbiamo saputo , quando è stato inevitabile , imporre la leva ed il macinato colla forza , dovremmo saper fare e far rispettare le leggi certo non meno sacre , che proteggono i deboli e la pubblica moralità . Altrimenti è inutile domandare : perché seguono tanti delitti , perché non c ’ è sicurezza pubblica ? Anche questa è un ’ armonia fra causa ed effetto . E se da un lato noi dobbiamo , per necessità inesorabile delle nostre finanze , mantenere il lotto che corrompe il popolo , e da un altro lasciare che chi vuole l ’ opprima e lo corrompa , cosa sarà mai di esso e di noi ? Il giorno in cui l ’ Italia si dichiarasse impotente a rispettare ed a far rispettare le leggi più elementari della giustizia , essa avrebbe pronunziata la propria condanna di morte ; avrebbe in faccia all ’ umanità confessato che non ha il diritto di esistere . Che importerebbe infatti all ’ umanità un ’ Italia unita e libera piuttosto che divisa ed oppressa , se la nostra libertà dichiarasse che , per esistere , deve permettere che i sacri diritti dei deboli vengano ogni giorno violati ? La quistione siciliana si presenta in tutta la sua spaventosa gravità nella provincia di Palermo , dove uno stato sociale , che ancora non si conosce abbastanza , produce non la camorra , ma la mafia . Questa è stata studiata e descritta con molti particolari , prima dal barone Turrisi - Colonna , poi dall ’ onorevole Tommasi - Crudeli e da altri , in opuscoli nei quali sono esaminati anco i diversi elementi storici che contribuirono a generare ed accrescere il male . Sarebbe inutile veire qui a ripetere ciò che essi hanno già detto . E del resto , non è il sapere quel che fa la mafia e come lo fa , e neppure il conoscere quali sono gli elementi ad essa estranei , che la promuovono e le aumentano vigore , ciò che a noi più importa . Son cose in gran parte già note . Questa mafia non ha statuti scritti , non è una società segreta ; si potrebbe dire quasi che non è un ’ associazione ; è una camorra d ’ un genere particolare ; s ’ è formata per generazione spontanea . A noi importa sapere come e perché nasce e si mantiene così vigorosa , più audace assai che la camorra . La mafia guadagna , si vendica , ammazza , riesce persino a produrre sommosse popolari . Chi comanda e chi obbedisce , chi sono gli oppressi e chi sono gli oppressori ? È difficile farsi un ’ idea degli ostacoli che si ritrovano , quando si vuol ricevere o dare una risposta precisa a queste domande . Ognuno ha una opinione o un ’ idea diversa . Ho letto un gran numero di libri e di opuscoli , ho interrogato molti Siciliani e molti stranieri residenti nell ’ Isola da lungo tempo : la varietà delle opinioni cresceva ogni giorno . Un Inglese da parecchi anni dimorante in Palermo , mi scriveva più volte che , senza provvedimenti eccezionali , era ridicolo pensare di poter ristabilire colà la pubblica sicurezza . Interrogato però da me sopra varie questioni , egli , uomo dotto , intelligente , molto pratico di affari , rispondeva schietto di non essere in grado di darmi alcuna cognizione sicura . Inviò le mie domande ad un altro Inglese , già da lungo tempo residente nell ’ interno dell ’ Isola , ivi mescolato in molti affari , ed uomo accorto : he has a long head , he is your man , egli è assai accorto , è il vostro uomo , diceva il mio amico . La risposta fu , che era molto difficile il conoscere davvero l ’ origine prima ed il carattere della mafia : i passati Governi , le rivoluzioni , la mancanza di strade e di opere pubbliche , ecc ecc . Una sola cosa era certa , egli scriveva , e cioè che i provvedimenti eccezionali , farebbero più male che bene . Il rimedio stava nel tempo , nelle opere pubbliche , cui la Sicilia aveva diritto , e finalmente nelle scuole , l ’ eterna panacea di tutti i mali . I due Inglesi si neutralizzavano , ed io restavo come prima . Un giorno ero immerso nella lettura degli opuscoli sulla Sicilia , quando m ’ arrivò la notizia che il prof . Caruso , siciliano , non nato , ma educato a Palermo , e che ora insegna agronomia nell ’ Università di Pisa , dalla cattedra e nella scuola illustrata dal Cuppari , aveva accennato alla questione in un suo pubblico discorso , letto nella solenne apertura dell ’ anno accademico 1873-74 . Scrissi subito per avere il discorso , e vi trovai in pochi periodi accennato , che nella Sicilia v ’ era una grossa quistione sociale , derivante dalla grande coltura e dalla miseria del contadino . « La rivoluzione di Palermo nel 1866 , egli diceva , non fu politica , ma sociale , si perché non aveva nessuna bandiera politica certa , si perché il contingente più numeroso lo forniva la campagna , mandando in quella sventurata città coorti di opranti affamati , desiderosi di arricchirsi » . Unico rimedio ai mali , continuava il Caruso , sarebbe l ’ introduzione di quel contratto di mezzerìa , secondo il quale è coltivata la Toscana , e col quale si fanno al contadino condizioni eccellenti . E subito , nell ’ Accademia dei Georgofili , l ’ ex - deputato E . Rubieri annunziò con parole di elogio questo discorso , ricordando come egli avea nel 1868 , dopo un viaggio in Sicilia , sostenuto la medesima idea nel suo libro : Sulle condizioni agrarie , economiche e sociali della Sicilia e della Maremma Pisana . Lo lessi con avidità anche questo lavoro , e da tutto ciò ricevei una profonda impressione , perché mi ero già prima convinto che la questione del brigantaggio nelle provincie napoletane , era una questione agraria e sociale . Ma quale non fu la mia meraviglia , quando , raccolti gli appunti per quel che riguardava in ispecie la provincia di Palermo , interrogando alcuni Siciliani che mi parevano autorevoli vidi che si mettevano a ridere sgangheratamente . In tutto questo , essi dicevano , non c ’ è una sola parola di vero . Come ! noi oppressori dei contadini ? Ma se siamo noi oppressi dai contadini ! È la mafia che impedisce a noi d ’ andare a vedere i nostri fondi . Il tale , il tale altro da 10 anni non ha potuto vedere le sue terre , che sono amministrate e guardate dai mafiosi , dalle cui mani non può levarle senza pericolo di vita . A questo s ’ aggiunse una notizia singolarissima , la cui verità ho potuto in molti modi accertare . Il maggior numero di delitti si commette da abitanti dei dintorni di Palermo , che per lo più non sono poveri , spesso anzi contadini censuarii o proprietarii , che coltivano mirabilmente i loro giardini d ’ aranci . Nella Conca d ’ Oro l ’ agricoltura prospera ; la grande proprietà non esiste ; il contadino è agiato , mafioso , e commette un gran numero di delitti . lo non volevo credere a questa notizia , che sembrava sovvertire tutti quanti i principii dell ’ economia politica e della scienza sociale ; ma la riscontrai in mille modi , ed in mille modi mi fu riconfermata . Ripigliai , rilessi da capo i miei opuscoli e i libri sulla Sicilia , per vedere se era possibile raccapezzarsi . Negli Annali d ’ agricoltura siciliana trovai ripetuto , che l ’ agricoltura e la prosperità materiale da lungo tempo hanno fatto molti progressi nei dintorni di Palermo . Nell ’ opuscolo del Turrisi Colonna sulla Sicurezza Pubblica in Sicilia , trovai confermato che il centro principale , la vera sede della mafia è nei dintorni di Palermo ; di là essa stende le sue fila nella città . Qui il basso popolo non è avvilito ed oppresso ; ma piuttosto sanguinario , pronto al coltello ; aderisce alla mafia , e ne va orgoglioso . Il contadino agiato ed il borghese , come dicono colà , di Monreale , di Partinico , ecc . ; i gabellotti o affittuarii , e le guardie rurali di quei medesimi luoghi sono quelli che costituiscono il nucleo principale della mafia . Questa dunque stende le sue più profonde radici nella campagna , mentre la camorra le stende nella città . Dentro Palermo voi potete di giorno e di notte passeggiare impunemente ; se v ’ allontanate un miglio dalle porte , anche oggi , mi dicono , voi non siete sicuro d ’ arrivare a Monreale . A tali notizie bisogna aggiungerne un ’ altra , che è pure di massima importanza per conoscere le condizioni dell ’ Isola . Questa va divisa in più zone , che sono fra loro assai diverse . Nell ’ interno v ’ è la grande coltura . Ivi sono feudi o latifondi , ivi sono i miseri proletarii , ivi l ’ agricoltura è in uno stato primitivo ; mancano le acque , l ’ aria è cattiva , il fertile suolo della Sicilia pare spesso una maremma , e v ’ è poco più che la coltura dei cereali . Vicino alle coste , specialmente presso le città , e massime nei dintorni di Palermo , la scena muta affatto . Qui sono giardini , piccola coltura , agricoltura progredita , spesso contadini censuarii o proprietarii , quasi tutti intelligenti , eppure prontissimi ai delitti . A questi s ’ uniscono gabellotti e guardiani , anch ’ essi agiati , anch ’ essi pronti al delitto . Ora in che relazione si trovan fra loro i cittadini , questi borghesi , gabellotti , guardiani , ecc . , ed il proletario dell ’ interno dell ’ Isola ? Ecco il nuovo problema che mi si affacciava . Dopo mille domande e lettere scritte per arrivare alla soluzione del problema , la risposta che più mi parve avvicinarsi al vero mi fu data da un patriotta siciliano , stato ufficiale prima di Garibaldi e poi dell ’ esercito regolare , il quale fece un piccolo giro nei dintorni di Palermo , per poi rispondere più esattamente alle mie domande . Il lettore legga con attenzione la lettera di questo amico , e vi troverà qualche notizia importante a risolvere l ’ arduo problema . Non dimentichi però che scrittore parla de visu , per ciò che risguarda , una parte sola dei dintorni di Palermo . « In Sicilia bisogna distinguere due classi di contadini , uno che abita verso le coste , dove le terre sono più coltivate e meglio divise , e dove il contadino assai spesso possiede la sua porzioncella coltivata o a viti o ad olivi o ad agrumi o a sommacco . Così , per esempio , nella Conca di Palermo i quattro decimi dei contadini sono piccoli censuarii o proprietarii , e nel territorio che si dice della Sala di Partinico , o meglio quella parte della costa che si bagna nel golfo di Castellamare , gli otto decimi dei contadini sono quasi tutti in questa condizione . Tanto ciò è vero , che si è calcolato , che se , per esempio , a Partinico i contadini non fossero analfabeti , potrebbero tutti essere elettori amministrativi o politici , perché tutti pagano la tassa richiesta dalle leggi . Ne vuole saper una ? I Comuni di Monreale e di Partinico sono quelli , in cui le basse classi o meglio il contadinume si trova più che in tutti gli altri Comuni della provincia in uno stato di agiatezza . Ora in questi due paesi appunto gli omicidii sono più spessi e più efferati . La vera classe di contadini che , addetta alla seminagione del frumento , il novanta per cento nulla possiede , e si trova a discrezione di un burbero padrone , è quella che abita l ’ interno dell ’ Isola , dove sono i latifondi , coltivati da uomini che vivono come schiavi . Per rispondere , con notizie certe , ai quesiti propostimi da lei , io piglio ad esempio per tutti Piana dei Greci . Gli abitanti si dividono in tre classi : – galantuomini o boiardi ; borgesi o contadini un po ’ agiati , che fanno da affittuarii , e villani o giornalieri . Circa quattro famiglie di boiardi e sei di borgesi fanno negozio di grano , hanno preso in affitto gli ex - feudi dei signori di Palermo , dando ogni anno a coltivare le terre , in piccole porzioni , ai poveri contadini . Le forme di questi subaffitti sono varie , ma quasi tutte d ’ un anno od a brevissima scadenza , e sempre il feudo viene diviso in piccole porzioni . A mezzerìa si dice quando il contadino , coltivando il grano , dà metà del prodotto al padrone , che piglia poi dalla metà del contadino il prezzo per la guardia rurale , fissandolo egli stesso . Dicesi a terraggio , quando il contadino s ’ obbliga a dar tante salme di grano per salma di terreno . In questi casi , se si anticipa il grano per seminare , si ripiglia con un interesse del 25% . Dicesi a maggese , quando si consegna al contadino il pezzo di terra già arato . Egli lo semina , e dà poi tante salme di grano , secondo il patto fissato nell ’ anno . Di quello che avanza , piglia solo la metà , l ’ altra va al padrone . Anche in questo caso , il grano per la semina è dato in prestito dal padrone al 25% . Quando questi patti onerosi hanno rovinato il contadino , esso diventa giornaliero , e guadagna da L . 1,70 a L . 2 al giorno ; nel tempo della mietitura anche 3 . Cessati i lavori resta senza guadagno . Alcuni dei boiardi e dei borghesi si contentano vivere delle loro rendite ; ma gli altri pigliano in affitto i feudi , negoziano di grano , ed esercitano un ’ usura spaventosa sui contadini . Lo stato dei contadini nell ’ interno dell ’ Isola è deplorevolissimo . In massima parte sono proletarii , che debbono ogni giorno camminar molte miglia , per arrivare al luogo del lavoro . Altra relazione tra essi e i loro padroni non v ’ è , che quella dell ’ usura e della spogliazione , di oppressi e di oppressori . Se viene l ’ annata cattiva , il contadino torna dall ’ aia piangendo , colla sola vanga sulle spalle . E quando l ’ annata è buona , gli usurai suppliscono alla grandine , alle cavallette , alle tempeste , agli uragani . I contadini sono un esercito di barbari nel cuore dell ’ Isola , ed insorgono non tanto per odio contro il Governo presente , quanto per vendicarsi di tutte le soperchierie , le usure e le ingiurie che soffrono , ed odiano ogni Governo , perché credono che ogni Governo puntelli i loro oppressori » . Noi abbiamo dunque tre classi distinte . In Palermo sono i grandi possessori dei vasti latifondi o ex - feudi , e nei dintorni abitano contadini agiati , dai quali sorge o accanto ai quali si forma una classe di gabellotti , di guardiani e di negozianti di grano . I primi sono spesso vittime della mafia , se con essa non s ’ intendono ; fra i secondi essa recluta i suoi soldati , i terzi ne sono capitani . Nell ’ interno dell ’ Isola si trovano i feudi e i contadini più poveri o proletarii . I borgesi arricchiti , i proprietarii negozianti pigliano a gabella gli ex - feudi , che subaffittano ai contadini , dividendo le vaste tenute in porzioni , delle quali serbano per se stessi la migliore , e fanno contratti di subaffitto , diversi , ma sempre onerosissimi al contadino . E aggiungono poi l ’ usura , che ordinariamente arriva al 25% , spesso sale ad un interesse assai maggiore . Inoltre negoziano in grano . Messa da parte l ’ usura , i contratti sono tali , che i calcoli degli agronomi siciliani dimostrano ( prof . G . Caruso , Studii sull ’ industria dei cereali in Sicilia : Palermo , 1870 ) che il contadino , nei casi ordinarii , non può trovare i mezzi necessarii alla vita . Perciò egli deve indebitarsi e cadere in mano dell ’ usuraio , di cui è fatto schiavo , fino a che non si getta al brigantaggio , quando non diviene proletario , per peggiorare anche il suo stato . Egli allora percorre la feconda terra siciliana , senz ’ altro che una zappa sulla spalla , carico d ’ un cumulo di debiti . Si pensi che la coltura dei cereali si estende a 77 per cento di tutta la superficie dell ’ Isola , e si capirà a che cosa arrivi questo esercito d ’ infelici , che sono come gli schiavi dell ’ usuraio e dell ’ affittuario . Fra i tiranni dei contadini sono le guardie campestri , gente pronta alle armi ed ai delitti , e sono ancora quei contadini più audaci , che hanno qualche vendetta da fare , o sperano trovar coi delitti maggiore agiatezza : così la potenza della mafia è costituita . Essa forma come un muro tra il contadino ed il proprietario , e li tiene sempre divisi , perché il giorno in cui venissero in diretta relazione fra loro , la sua potenza sarebbe distrutta . Spesso al proprietario è imposta la guardia de ’ suoi campi , e colui che deve prenderli in affitto . Chiunque minaccia un tale stato di cose , corre pericolo di vita . I delitti sono continui in questa classe , che pure non è data per mestiere al brigantaggio ; ma lavora la terra , fa i suoi affari con intelligenza , mantiene il suo predominio col terrore . Oggi , dietro una siepe , tirano una fucilata al viandante od al vicino rivale ; domani vangano tranquillamente i loro campi d ’ agrumi , o attendono nella città ai propri commerci . La base , le radici più profonde della loro potenza sono nell ’ interno dell ’ Isola , fra i contadini che opprimono e su cui guadagnano ; ma questa potenza si estende e si esercita anche nella città , dove la mafia ha i suoi aderenti , perché v ’ ha ancora i suoi interessi . A Palermo , infatti , sono i proprietari ; a Palermo si vende il grano e si trovano i capitali ; a Palermo vive una plebe pronta al coltello , che può , all ’ occorrenza , dare braccio . E così la mafia è qualche volta divenuta come un Governo più forte del Governo . Il mafioso dipende in apparenza dal proprietario ; ma in conseguenza dalla forza che gli viene dall ’ associazione , in cui il proprietario stesso si trova qualche volta attirato , egli riesce di fatto ad esser il padrone . E abbiamo visto perfino che la mafia promosse una rivoluzione , alla testa della quale pose alcuni proprietarii , prima che avessero il tempo di pensare a trovar modo di separarsene . Ammesso questo stato di cose , tutte le osservazioni fatte dal barone Turrisi , dal Tommasi - Crudeli e da molti altri spiegano chiaramente in che modo il male sia andato sempre crescendo . Gli abitanti dei dintorni di Palermo discendono per lo più da famiglie d ’ antichi bravi dei baroni , e quindi tra di essi la tradizione del sangue è antica . Chi è d ’ accordo colla mafia è sicuro ; chi la comanda è padrone di una forza grandissima , e può mantenere l ’ ordine , o promuovere una rivolta . Perciò i Borboni governarono colla mafia , ed anche la rivoluzione ricorse ad essa , che poté subito armare contadini e popolo , porsi alla loro testa e rovesciare il Governo stabilito . Le compagnie d ’ armi , istituite in tutti i tempi a mantenere l ’ ordine , furono reclutate nella medesima classe , e non spegnevano i delitti ; ma quasi gli organizzavano fra certi limiti , con certe norme , perché il nuovo guadagno che facevano come stipendiati del Governo , e la nuova autorità acquistata , servissero a sempre meglio consolidare il proprio potere . La pubblica sicurezza venne affidata alla mafia , dandole così in mano la società , e questo sistema che pur troppo fu lungamente seguito , rese sempre più forte l ’ associazione che si voleva distruggere . È ben noto che i problemi sociali non sono problemi di matematica ; gli elementi che li costituiscono sono varii e moltiplici , s ’ intrecciano e si confondono fra loro . La divisione di classi da noi osservata , neanche nella Sicilia occidentale si trova sempre esattamente disegnata e distinta ; le condizioni qualche volta s ’ alterano e si modificano , ma pure assai spesso gli effetti sembrano o sono identici . Basta che le radici del male siano fortemente e profondamente costituite in una parte del paese , perché questo male sorga e si propaghi . Ma dove le condizioni dell ’ Isola radicalmente si modificano , ivi esso scomparisce o muta natura . La Sicilia occidentale adunque è travagliata da due grandi calamità : lo stato delle sue ricche solfare , e la mafia che nasce dalle condizioni speciali della sua agricoltura . Perché le cose sono nella Sicilia orientale tanto diverse ? Ivi mancano le solfare ; ivi le condizioni geografiche ed agronomiche sono d ’ altra natura . Il terreno più montuoso e meno fertile ha dato luogo a molti contratti di colonìa parziaria , che è sempre più mite della terraggerìa o della mezzerìa di Palermo . A Catania , è vero , la coltura dei cereali arriva sin quasi alle porte della città ; ma questo appunto , cioè la mancanza d ’ una zona intermedia di terreno più fecondo , ha impedito che sorga una classe di contadini più agiati , da cui poi i gabellotti e mercanti oppressori . Sono miseri proletarii , sottoposti ad una tirannia diversa , simile a quella che troviamo nella Basilicata o in altre province del continente meridionale ; arrivano , lavorano la terra senza portare disordini . L ’ estrema miseria gli spinge qualche volta al brigantaggio , ma non possono costituire la mafia . S ’ aggiunga poi che a Palermo si trovano i più grandi possessori di latifondi , il che più facilmente dà modo al gabellotto di guadagnare col subaffitto dei vastissimi ex - feudi ; e si capirà , io credo , in che modo i dintorni della capitale dell ’ Isola abbiano il triste privilegio d ’ essere il centro della mafia . Ed ora quale è il rimedio contro questi mali ? Qui si presenta un problema che spaventa , per l ’ estensione che prende , come vedremo , non solo in Sicilia , ma in tutta l ’ Italia , specialmente meridionale . È chiaro intanto che i rimedii son sempre di due sorta : repressivi e preventivi . Bisogna , non v ’ ha dubbio , punire severamente i delitti con pronta ed esemplare giustizia ; ma anche qui la prigionia è inutile , se non s ’ isola o non si manda lontano il condannato . A riuscire però coi soli mezzi repressivi , bisognerebbe portare la repressione fino allo sterminio . Allora , di certo , col terrore cesserebbero i delitti , salvo sempre a vedere , se quelle condizioni che hanno prodotto il male , restando le stesse , non lo riprodurrebbero in breve . Ma lo sterminio porta un consumo spaventevole di forze , ed un Governo civile non può decidersi a ciò . Occorre il dispotismo . Noi dobbiamo dunque assalire il nemico da due lati : punire e reprimere prontamente , esemplarmente ; ma nello stesso tempo prevenire . In che modo ? Bisogna curare la malattia nella sua sorgente prima . Il Governo deve avere il coraggio di presentarsi come colui che vuol redimere gli oppressi dal terrore e dalla tirannide che pesa su di essi . È vero o non è vero quello che dicono gli agronomi siciliani , che cioè i contratti agrarii fatti col terraggiere , col mezzadro ecc . sono iniqui ? Se è vero , è necessario cercare qualche rimedio a ciò , sia con mezzi legislativi , e con un ’ azione energica del Governo in difesa della giustizia e dei deboli ; sia con una pubblica opinione più illuminata , o con altro mezzo qualunque . Se a questo non si può riescire , non è sperabile di potere estirpare il male . Quando i contratti agrarii assicurassero al contadino , con una maggiore indipendenza , un ’ equa retribuzione , e lo ponessero in relazione amichevole col proprietario , il guadagno della mafia e con esso la sua potenza e la sua ragione di essere sarebbero distrutti . È possibile , è sperabile arrivare allo scopo ? Ecco l ’ arduo problema . La quistione si allarga ora immensamente , perché nelle province napoletane , dove non troviamo la mafia , il contadino geme sotto un ’ altra forma di miseria e di oppressione , che esiste pure nella Sicilia orientale , e dalla quale derivano conseguenze diverse , ma pure gravissime . Invece della mafia abbiamo il brigantaggio , che ci presenta la quistione agraria sotto un altro aspetto . Ed anche qui l ’ unico rimedio possibile è sempre lo stesso : la repressione esemplare e pronta dei colpevoli da un lato , la redenzione degli oppressi dall ’ altro . E la difficoltà gravissima è anche la stessa , cioè : può lo Stato far nuove leggi , per determinare le forme e le condizioni dei contratti agrari ? Facendole , conseguirebbe lo scopo ? O è sperabile invece che basti il naturale progresso della pubblica opinione e dei costumi , ed è necessario affidarsi solo a ciò ? Di questo ti dirò qualche cosa , dopo aver parlato del brigantaggio . Tuo affez . P . VILLARI - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - IL BRIGANTAGGIO Mio caro Dina lo suppongo il lettore persuaso già che la mafia abbia le sue radici principali nella campagna , e che a distruggerla sia necessario veramente migliorare le condizioni delle migliaia d ’ agricoltori , che lavorano nell ’ interno dell ’ Isola i 77% del suolo siciliano . E allora vedo subito nascere uno spavento e una diffidenza grandissima . Da un lato sento dire : Sono mali a cui non può rimediare che il tempo , la forza generale delle cose . Da un altro lato sento con maggiore insistenza affermare : Volete dunque sollevare in Italia una quistione sociale ? Fra i tanti nostri guai questo ci mancava ancora . Avevamo la pace interna , e voi vorreste ora scatenare su di noi così terribili calamità . Sarebbe davvero un gran delitto contro la patria , l ’ alimentare nei contadini speranze che non possono mai essere soddisfatte . Essi sono la classe di gran lunga più numerosa e meno civile ; se si sollevassero , chi potrebbe loro resistere ? Prima di tutto bisogna bene intendersi su di ciò , perché queste opinioni molto diffuse hanno davvero impedito che la quistione venisse finora seriamente e chiaramente discussa . Se per questioni sociali s ’ intendono quelle che vediamo travagliare così crudelmente le altre nazioni , allora di certo ne siamo per fortuna liberi . Perché esse sorgano , occorre che siasi già fatto un grande progresso nell ’ industria , nell ’ agricoltura e nel commercio ; progresso che fra noi non esiste , e meno che mai in quelle provincie di cui ora più particolarmente ci occupiamo . Quando noi domandiamo che si porti qualche aiuto all ’ infima plebe di Napoli , che vive senza mestiere , vogliamo solo spingerla fino al lavoro ed all ’ industria ; quando domandiamo che il contadino esca dalla sua condizione di schiavo , in cui trovasi in alcuni luoghi , vogliamo solo condurlo fino alla sua indipendenza . Là dove si cominciano a discutere pericolose teorie , siamo già fuori del nostro argomento . Che se , per la possibilità che queste teorie sorgano , si dovesse rinunziare a promuovere il progresso morale e materiale delle popolazioni abbandonate e povere , allora solamente il tacerne sarebbe dovere . Chi vorrà sostenerlo ? Se però non abbiamo , ne dobbiamo per ora temere il socialismo , il comunismo e l ’ internazionalismo , è poi certo che non abbiamo alcuna questione sociale , ma solo la pace interna per tutto ? Non c ’ è questione politica che progredisca davvero senza questioni sociali , perché la mutazione del Governo , senza una trasformazione progressiva della società , sarebbe opera affatto vana . E poi quale è la pace che abbiamo nelle provincie di cui si ragiona ? Sono segni di ordine e di pace la camorra , la mafia ed il brigantaggio ? A Zurigo , a Ginevra , in molte città della Svizzera , è ben vero , si sono più volte agitate le moltitudini con teorie sovversive , e sarebbe certo la più grande calamità se queste teorie si diffondessero tra noi . Ma nella Svizzera voi potete traversare di giorno e di notte monti , valli e boschi , senza quasi mai trovare un gendarme , e senza mai temere ne per la vostra vita , ne per la vostra proprietà , se anche siete carico d ’ oro . Potremo proprio dire che ivi la pace sociale sia turbata , e che fra noi sia invece perfetta , quando pensiamo che in alcune delle nostre province non si può camminare senza essere circondati di guardie armate , e vi sono uomini che , in mezzo alla libertà , sono poco meno che schiavi ? E da un altro lato abbiamo noi esaminato tutti i danni di un tale stato di cose ? La insurrezione è un pericolo ; ma l ’ ozio , l ’ inerzia , il vagabondaggio e l ’ abbrutimento sono un pericolo non meno grave , specialmente per un popolo che vuol esser libero . Il dispotismo si fonda sopra una società che lavora poco e spende poco ; può quindi più facilmente tollerare l ’ ozio e l ’ abbrutimento ; spesso ne ha anche bisogno per la sua sicurezza . Ma un popolo libero è invece un popolo che lavora e spende molto . Se noi avessimo prima trasformata la nostra società , per far poi la rivoluzione politica , non ci troveremmo nelle condizioni in cui siamo , appunto per aver fatto solo una rivoluzione politica , colla quale si sono mutati il Governo e l ’ amministrazione . Le spese sono a un tratto immensamente cresciute , senza che la produzione cresca del pari . E questo stato di cose porta un deficit finanziario , il quale non sarà colmato neppur quando colle imposte avremo pareggiato le spese alle entrate . La più piccola scossa farà riapparire il disavanzo , e le economie necessarie ma forzate , che faremo per alcuni anni , saranno a lungo impossibili , se vorremo accrescere il benessere materiale e morale . Ma da un altro Iato neppure le spese saranno possibili , se un aumento di lavoro e di produzione non comincerà nel paese . È un circolo vizioso , di certo ; ma è pur chiaro che , per andare innanzi , bisogna uscirne . E senza redimere quelle classi numerose , che nell ’ abbrutimento in cui sono , non lavorano punto so o fanno un lavoro improduttivo , il problema non sarà mai risoluto . Questo è per noi non solamente un debito d ’ onore , ma è pure un nostro interesse : noi non faremo mai davvero e permanentemente il pareggio finanziario , senza prima fare il pareggio morale . Il problema è più grave che non si crede . Se dentro o vicino alle città troviamo i mali più sopra esaminati , questi diventano maggiori nella campagna . Si pensi un poco che l ’ Italia è un paese agrario , e che i contadini sono più di un terzo della sua popolazione . Si pensi che la leva degli anni scorsi , trovava che più del 60% dei coscritti erano agricoltori , e il censimento del 1861 dimostra che gli agricoltori sono assai più della metà della gente che in Italia esercita un mestiere , una professione , un ufficio qualunque , o sia più della metà della gente che lavora e produce . E allora si vedrà quanto sia impor - tante esaminare il problema anche da questo Iato . Il brigantaggio è il male più grave che possiamo osservare nelle nostre campagne . Esso certamente , com ’ è ben noto , può dirsi la conseguenza d ’ una questione agraria e sociale , che travaglia quasi tutte le province meridionali . La Relazione scritta dall ’ on . Massari ( Sessione del 1863 , N . 58 , Atti del Parlamento ) dice : « Le prime cause adunque del brigantaggio sono le cause predisponenti . E prima fra tutte , la condizione sociale , lo stato economico del campagnuolo , che in quelle province appunto dove il brigantaggio ha raggiunto proporzioni maggiori , è assai infelice ... Il contadino non ha nessun vincolo che lo stringa alla terra . » Mangiano un pane « che non mangerebbero i cani » diceva il direttore del demanio e tasse . Nelle carceri di Capitanata , e così altrove , quasi tutti i briganti sono contadini proletarii . Le bande del Caruso e del Crocco , molte volte distrutte , si ricostituirono senza difficoltà con nuovi venuti ; e in una medesima provincia si osservava , che là dove il contadino stava peggio , ivi grande era il contingente dato al brigantaggio ; dove la sua condizione migliorava , ivi il brigantaggio scemava o spariva . Anzi nell ’ Abruzzo , per la sola ragione che il contadino ridotto alla miseria ed alla disperazione , può andare a lavorare la terra della campagna romana , dove piglia le febbri e spesso vi lascia le ossa lo stato delle cose muta sostanzialmente . Questa emigrazione impedisce l ’ esistenza del brigantaggio , e prova come esso nasca non da una brutale tendenza al delitto , ma da una vera e propria disperazione . « Il brigantaggio , conchiudeva l ’ on . Massari , diventa in tal guisa la protesta selvaggia e brutale della miseria contro antiche e secolari ingiustizie » . E nella Camera dei deputati , il 31 luglio 1863 , l ’ on . Castagnola , che era stato pur esso membro della Commissione d ’ inchiesta in un discorso assai note vole e pratico , confermava ampiamente le stesse conclusioni . Il generale Govone , interrogato sul perché le popolazioni dimostravano tanta simpatia al brigante , aveva risposto semplicemente : « I cafoni veggono nel brigante il vindice dei torti che la società loro infligge » . L ’ onorevole Castagnola era stato giustamente maravigliato di trovare in quelle popolose città due classi solamente , proprietarii e proletarii , o come dicono , galantuomini e cafoni . Si scende dal gran signore al nullatenente , e l ’ odio fra queste classi gli pareva profondo , sebbene represso . « È il Medio Evo sotto i nostri occhi » , esclamava egli nella Camera . Veniva poi ad esaminare le molteplici cause del brigantaggio , e concludeva : « Vi è la questione sociale , per sciogliere la quale converrebbe promuovere il benessere delle popolazioni , fare strade , far cessare l ’ usura , istituire dei Monti frumentarii , far nascere il credito agricolo ... Questi sarebbero i rimedii radicali » . Per distruggere il brigantaggio noi abbiamo fatto scorrere il sangue a fiumi , ma ai rimedii radicali abbiamo poco pensato . In questa , come in molte altre cose , l ’ urgenza dei mezzi repressivi ci ha fatto mettere da parte i mezzi preventivi , i quali soli possono impedire la riproduzione di un male , che certo non è spento e durerà un pezzo . In politica noi siamo stati buoni chirurgi e pessimi medici . Molte amputazioni abbiamo fatte col ferro , molti tumori cancerosi estirpati col fuoco , di rado abbiamo pensato a purificare il sangue . Chi può mettere in dubbio che il nuovo Governo abbia aperto gran numero di scuole , costruito molte strade e fatto opere pubbliche ? Ma le condizioni sociali del contadino non furono soggetto di alcuno studio , ne di alcun provvedimento che valesse direttamente a migliorarne le condizioni . Uno solo dei provvedimenti iniziati tendeva direttamente a questo scopo , ed era la vendita dei beni ecclesiastici in piccoli lotti , e la divisione di alcuni beni demaniali . Ciò poteva ed era inteso a creare una classe di contadini proprietarii , il che sarebbe stato grande benefìzio per quelle provincie . Ma senza entrare in minuti particolari , noteremo per ora che il risultato fu assai diverso dallo sperato ; perché è un fatto che quelle terre , in uno o in un altro modo , andarono e vanno rapidamente ad accrescere i vasti latifondi dei grandi proprietarii , e la nuova classe di contadini non si forma . Il problema per noi è ora il seguente : dal 1860 ad oggi , questi contadini che ci vengono descritti come schiavi della gleba , ingiustamente , crudelmente oppressi , hanno o non hanno cominciato visibilmente a migliorare la propria condizione ? A risolvere una tale questione , senza accuse irritanti o ingiuste per alcuno , dobbiamo un momento fare astrazione dalla natura individuale degli uomini , ed indagare se le condizioni nuove li spingono al bene con una forza assai maggiore che nel passato ; se obbligano i tristi , gli avidi a fermarsi nei soprusi , cui s ’ erano per lungo abuso educati . Non bisogna dimenticare che , quando una società ha preso il suo indirizzo , non è più in potere di alcuni uomini buoni e generosi il fermarla o deviarla dal pericoloso cammino . Si forma un ’ atmosfera che tutti respirano , si creano interessi collegati che resistono potentemente e violentemente . Ne è raro il caso di vedere quegli stessi , in favore dei quali si vorrebbe operare , per diffidenza o per ignoranza reagire , ed anche far causa comune coi loro tiranni , combattere quelli che vorrebbero essere i loro benefattori . È un fatto che segue ogni giorno , ed è bene ricordarlo . Con maraviglia lo straniero osserva nelle province meridionali molte città popolose , in cui si trovano poche famiglie di ricchi proprietarii , il più delle volte imparentati fra loro , in mezzo ad una moltitudine di proletarii , che sono i contadini . Salvo qualche impiegato , altri ordini di cittadini non vi sono . La campagna è deserta , i suoi lavoratori formano il popolo delle città . Non v ’ è industria , non v ’ è borghesia , non v ’ è pubblica opinione che freni i proprietarii , che sono i padroni assoluti di quella moltitudine , la quale dipende da essi per la sua sussistenza , e se viene abbandonata , non ha modo alcuno di vivere . È ben vero che anche il proprietario ha bisogno del contadino . Ma là dove la popolazione non è scarsa , e le braccia non mancano al lavoro , o abbondano , come spesso avviene in quelle province , quale è la conseguenza di un tale stato di cose ? La scienza economica lo ha quasi matematicamente dimostrato . Il salario del contadino sarà ridotto a ciò che è strettamente necessario , perché egli possa vivere per continuare il lavoro . Se l ’ industria non apre una valvola di sicurezza , il contadino sarà ben presto condotto allo stato di servo della gleba , o anche peggio . Ne ciò deve attribuirsi a colpa di coloro che nelle provincie meridionali sono i possessori del suolo . È invece una conseguenza inesorabile di quello stato sociale , simile ad altre ben più funeste e più crudeli , che si videro in Irlanda venire da una situazione non molto diversa . Una emigrazione in massa , ed una fame spaventosa decimarono colà la popolazione in modo da non avere riscontro nella storia , sotto un Governo che nessuno vorrà credere meno civile e meno intelligente del nostro . Or si pensi al tempo che durò una simile condizione di cose nelle province meridionali ; s ’ aggiunga un Governo come quello dei Borboni , che ridusse l ’ antagonismo di classi a sistema , ne fece base e fondamento della sua autorità , della sua forza , e si capirà il disordine morale e sociale che dove seguirne . Ho sentito citare esempii di persone che avevano fatto tirare una fucilata a qualche contadino , aggiustando poi facilmente la faccenda col Governo , che in fondo alimentava gli odii . Esso fu chiamato , come ognun si ricorda , la negazione di Dio e della moralità . Certo non mancavano gli onesti ed i nemici di un tale stato di cose , come i fatti più volte provarono . Ma chi può negare che la pubblica moralità doveva soffrirne ? L ’ America ha dimostrato col suo esempio , che la schiavitù dei negri in molti casi noceva più di tutto al padrone dello schiavo , perché esso veniva corrotto dal dominio ingiusto che esercitava . Non doveva corrompere un dominio illimitato , esercitato non sui negri , ma sopra uomini della stessa stirpe ? Ora se tale è lo stato in cui la rivoluzione trovò le province meridionali , quali furono le conseguenze del nuovo Governo ? che cosa fece per esse ? Nessuno vorrà certo negare i grandi benefizii che portò al paese . Ma io qui mi occupo di una sola classe di cittadini . I lavori pubblici adoperarono per un momento alcune braccia , ma non crearono un ’ industria ne una borghesia nuova . Le strade fecero rialzare i prezzi delle derrate , ma non mutarono in modo alcuno le condizioni sociali del contadino . Le città ed i borghi sono oggi pur troppo quel che erano prima , e le condizioni , le relazioni degli abitatori restarono sempre le stesse . Il Governo costituzionale è in sostanza il regno della borghesia . La classe dei proprietarii , in mancanza d ’ altro , divenne la classe governante , e i municipii , le provincie , le opere pie , la polizia rurale furono nelle sue mani . Chi circonda il prefetto , chi illumina i Ministri , su chi si appoggiano essi colà ? E se il dominio che quella classe esercitava era dispotico , e se esso è restato illimitato , senza alcun nuovo freno , ma colla giunta di nuove forze , quali debbono esserne le conseguenze , quali sarebbero in ogni altro paese della terra , fra qualunque generazione di uomini ? Ognuno può immaginarlo da sé . Fra poco , io credo , verrà alla luce un lavoro scritto dal signor Leopoldo Franchetti , il quale ben due volte ha fatto un viaggio nelle province meridionali , espressamente per conoscere lo stato degli agricoltori colà , e , com ’ è naturale , fu dolorosamente scandalezzato nel vedere cose che dovevano sembrare impossibili a lui , nativo della Toscana , dove il contadino non solo è un uomo indipendente e libero , ma è il vero socio del suo padrone , e di poco si crede inferiore a lui . Rammento che , quando seppi della sua prima gita , mi nacque un vivo desiderio di parlargli . Avendolo incontrato in un salotto , fummo presentati l ’ uno all ’ altro , e mi avvidi subito che anch ’ esso desiderava parlarmi , per fare a me la domanda stessa che io voleva fare a lui . Esaminando lo stato della più povera plebe di Napoli , esaminando lo stato dei più miseri contadini , io m ’ ero persuaso che la maggior parte di essi , se non si trovavano nella medesima miseria ed oppressione che sotto i Borboni , avevano con la nuova libertà peggiorato la lor sorte . La cosa mi pareva talmente sconfortante , talmente enorme , che cercavo un ’ autorità imparziale , la quale avesse potuto smentire una opinione che quasi mi umiliava . Un Toscano che , lontano da ogni interesse personale , da ogni amor proprio provinciale , aveva , per solo fine patriottico e filantropico , fatto un viaggio in quelle regioni , mi pareva l ’ uomo di cui avevo bisogno . Ma ognuno può immaginare qual fu la mia maraviglia , quando m ’ accorsi ch ’ egli aveva riportato di colà la stessa penosa impressione , e cercava in me uno che sapesse persuadergli il contrario . Fui costretto a dirgli : lo non sono il vostro uomo . Ripetete piuttosto il vostro viaggio , andate in altre province , e mettete di nuovo alla prova le vostre osservazioni . Egli era stato negli Abruzzi e nel Molise ; andò , come aveva già divisato di fare , nelle Calabrie e nella Basilicata ; è tornato colla prima opinione ancora più ribadita , Il suo libro del resto verrà fra poco in luce , ed ognuno potrà vedere su quali fatti è fondata la sua convinzione . Per ora il lettore faccia il conto che crede di questo involontario ed inconsapevole accordo di opinioni individuali , sopra una questione tanto complessa e tanto difficile a determinare . lo mi restringo a riportare qui la conclusione d ’ una lunga lettera , che il signor Franchetti ebbe allora la gentilezza di scrivermi : « Del resto , qualunque ne sia la cagione , credo che si possa affermare il fatto che , in regola generale , i contadini di quelle provincie ( Abruzzi e Molise ) sono per il loro vitto , d ’ anno in anno , nella dipendenza assoluta dei proprietarii , dipendenza che si manifesta non solo nella durezza delle condizioni dei contratti agricoli , ma ancora nella indeterminatezza di alcune delle loro clausole , che riportano la mente al tempo del servaggio . Il padrone , per citare un esempio , ha diritto illimitato di esigere prestazioni in opera dai suoi contadini , e ne usa largamente ... È adunque forza conchiudere che , durando le cose come adesso , la classe inferiore , per ora ignorante della moralità , piuttosto che positivamente immorale , vedendo la classe agiata pesare così gravemente su di essa , acquisterà colla istruzione che gli si vuol dare , o una immoralità cosciente di se , o un odio ancora più profondo pei signori e pel Governo , che sarà pieno di pericoli per l ’ ordine avvenire » . Si pensi un poco alle conseguenze logiche di queste osservazioni . Il contadino napoletano è dunque in uno stato d ’ abbrutimento , e quasi di servaggio . Per incivilirlo noi non abbiamo adesso che l ’ istruzione , e questa non darà alcun frutto , o costituirà un pericolo sociale per l ’ avvenire . Ciò spiega i pochi risultati che si ottengono , ciò spiega le paure che in alcuni destano le scuole . Descrivere minutamente quale sia lo stato degli agricoltori nell ’ Italia meridionale , sarebbe qui opera impossibile , perché queste condizioni e le forme dei contratti agrarii mutano non solo da provincia a provincia , ma sono infinite e diverse in una stessa provincia , non essendovi ne una legge , ne una consuetudine che domini per tutto . A trattare tollerabilmente il soggetto , bisognerebbe scrivere dei volumi . lo perciò mi contento di citare alla rinfusa alcuni esempii , alcune notizie avute da persone del luogo , o che ivi si trovano . Un giovane e pregiato economista delle Puglie , interrogato da me sulla condizione in cui erano nel suo paese i lavoratori dei latifondi , mi scriveva : « I contadini addetti alla coltivazione di questi lontani latifondi , vi stanno quasi tutto l ’ anno , venendo chi ogni quindici , chi ogni ventidue giorni a rivedere in città la moglie , i figli e la propria casa . In campagna vivono in un camerone a terreno , dormendo in nicchie scavate nel muro intorno intorno . Hanno , senz ’ altro , un sacco di paglia , su cui dormono vestiti ; anzi non si spogliano mai . Li comanda un massaro , che somministra ogni giorno a ciascuno , per conto del padrone , un pane nerastro e schiacciato , del peso d ’ un chilogramma , che si chiama Questo contadino lavora dall ’ alba fino al tramonto ; alle 10 del mattino riposa mezz ’ ora , e mangia un po ’ del suo pane . Alla sera , cessato il lavoro , il massaro mette sopra un gran fuoco , che è in fondo al camerone , una gran caldaia , in cui fa bollire dell ’ acqua con pochissimo sale . In questo mezzo i contadini si dispongono in fila , affettano il pane che mettono in scodelle di legno , in cui il massaro versa un po ’ dell ’ acqua salata , con qualche goccia di olio . Questa è la zuppa di tutto l ’ anno , che chiamano acqua - sale . Ne altro cibo hanno mai , salvo nel tempo della mietitura , quando s ’ aggiungono da uno a due litri e mezzo di vinello , per metterli in grado di sostenere le più dure fatiche . E questi contadini serbano ogni giorno un pezzo del loro chilogramma di panrozzo , che vendono o portano a casa per mantenere la famiglia , insieme con lo stipendio di circa 132 lire all ’ anno , con di più un mezzo tomolo di grano e mezzo tomolo di fave , che loro spetta secondo il raccolto » . Questi , aggiungeva il mio amico , sono i contadini che più facilmente si dànno al furto ed alle grassazioni . E chi vorrà meravigliarsene ? Ma io non voglio tralasciar di notare che questa gente così male compensata , è tra quelle che in Europa lavorano di più . Ricordo di aver letto una tale osservazione in un ’ inchiesta inglese fatta per ordine di lord Palmerston . Ho conosciuto anche un Tedesco , occupato molto nella escavazione di miniere , il quale , essendo andato a passare alcuni mesi di riposo nelle campagne napoletane , mi disse un giorno a Firenze : – Il dolce far niente degl ’ Italiani , almeno là dove io sono stato , è una calunnia atroce . Sarebbe impossibile piegare il nostro contadino o il nostro operaio ad un lavoro così duro e prolungato , come quello che fanno i vostri contadini . – Il Franchetti , che è tornato di là con opinioni ben altro che favorevoli a noi , mi ha mille volte ripetuto : – È facile assai trovarne che lavorino meglio ; è impossibile trovarne che lavorino di più . – Ed è questa appunto la gente che nel paese del dolce far niente è messa dalla società a tale disperazione da gettarsi al brigantaggio . Che lo facciano assai di mala voglia , c ’ è un fatto , ripeto , che lo dimostra chiaro , ed è l ’ emigrazione nella Campagna romana . Un contadino abruzzese , che pure aveva tirato qualche colpo di coltello , e che trovavasi in estrema miseria , fu interrogato dal sig . Franchetti : – Se le cose per te continuassero così , ti getteresti al brigantaggio ? – No . andrei a lavorare nella Campagna romana , come fanno gli altri . – E quale è questa vita che preferiscono a quella che menano sui loro campi nativi ? Ognuno può vederlo , per poco che s ’ allontani da Roma . In mezzo alla malaria , accanto ai pantani , lavorano tutto il giorno , e discendono . per dormire , in tane da lupi , dove pigliano le febbri . e poi tornano a casa ben più che decimati . La scorsa settimana , mi raccontava un nobile romano , arrivò nella mia tenuta qualche centinaio di questi infelici . Avevano fatto otto ore di viaggio , chiusi e stipati nei vagoni delle merci , in piedi sempre , uomini , donne e bambini , col patto stipulato , che a nessuno di loro dovesse essere permesso di scendere per via , neppure una sola volta . Fra non molto saranno ridotti a pochi , perché vengono qui a seminare le loro ossa , non tanto a causa della malaria , quanto a causa della vita cui sono condannati . – Io non mi fermo a descrivere questi infelici , che ognuno può andare a vedere se vuole . Basta guardarli per sentirsi arrossire . Rammento il giorno , in cui venivo a Roma in uno dei piccoli vapori del Tevere . Fermatici in un punto per qualche minuto , si vide sopra una vicina e molto ripida altura , un povero vecchio , il quale , accorgendosi di non essere in tempo ad imbarcarsi , si gettò senz ’ altro dall ’ altura , ed arrivò rotolando insino alla riva . Era appunto un contadino abruzzese , che nei lavori dei campi si era rotto un braccio ; aveva prese le febbri , ed andava a morire all ’ ospedale . Mi par di vederlo ancora : la sua faccia era rassegnata e tranquilla in quei tormenti ; stringeva per dolore le labbra ; stringeva i pugni , ma non mandò un lamento . La sua storia è la storia di migliaia d ’ infelici . E se questa è la vita che preferiscono , qual sarà quella che fuggono ? Ripeto che mi sarebbe impossibile di qui dare un ragguaglio esatto di tutte le forme di contratti agrarii , prevalenti nelle province meridionali . E quando pur facessi , sarebbe poco meno che inutile . Il contratto più diffuso è l ’ affitto in danaro o in generi ; trovasi anche la mezzeria , e trovansi altre delle forme più note e più generalmente adottate altrove . Ma sono le condizioni speciali e varie , imposte a ciascuno di questi contratti , le molte modificazioni che essi subiscono , quelle che ne costituiscono l ’ essenza , e fanno si che , con qualunque di essi , il contadino si trovi quasi sempre nella stessa oppressione . Una simile osservazione fu fatta dall ’ onorevole Gladstone , quando egli propose la legge che modificava e vincolava a certe norme i contratti agrarii dell ’ Irlanda . Gli fu osservato allora , che le stesse leggi , i medesimi contratti prevalevano in Inghilterra ; perché dunque la nuova legge solo per l ’ Irlanda ? Egli poté facilmente e vittoriosamente rispondere , che solo lo scheletro di questi contratti era identi co nei due paesi ; le condizioni in apparenza accessorie e le modificazioni diverse gli avevano alterati in modo , che le medesime forme portavano nell ’ Irlanda calamità ignote all ’ Inghilterra . E ciò non per le differenze che pur son sempre nella natura degli uomini , giacche il proprietario inglese in Irlanda faceva peggio degli altri ; ma perché l ’ Inghilterra è un paese industriale , e quindi il contadino trova aperta un ’ altra via , per la quale può scampare alla tirannide del proprietario ; l ’ Irlanda invece è , come l ’ Italia meridionale , un paese dato esclusivamente all ’ agricoltura , e quindi non v ’ è scampo possibile . Un amico da me interrogato , raccolse molte notizie sulle province di Chieti e di Teramo . Egli mi scriveva , che colà era abbastanza diffusa la mezzeria . Il prodotto dell ’ ulivo va diviso in tre parti , di cui due al padrone , una al colono o soccio , come lo chiamano . Il mosto va diviso in parti uguali , e così le frutta , ma di queste il contadino deve dare , in denaro , il valore della parte che spetta al padrone . Pel grano le condizioni mutano : si raddoppia , si triplica la quantità che deve dare il contadino , secondo che cresce la fertilità del suolo . Non mancano esempii di contadini obbligati a pagare al padrone il fitto della casa colonica , costruita con fieno e terreno cretaceo impastati . Ne ciò basta . « Si usa eziandio generalmente d ’ imporre ai socci certe piccole prestazioni , come di uova , galline , galli d ’ India , agnelli pasquali , allevamento di qualche maiale per uso di famiglia , ecc . Queste prestazioni variano assolutamente secondo l ’ umore dei padroni . Sono però sempre da considerarsi come un discreto contrappelo » . Così scriveva l ’ amico abruzzese . Chi potrebbe paragonare questa mezzeria con la toscana ? Non hanno di comune fra loro altro che il nome . Ma non basta ancora . Nei tempi di cattiva raccolta il soccio non può pagare . E allora , se deve dar danaro , si fissa un interesse che ascende al 12 per cento ; se deve dar grano , i padroni più benevoli esigono alla fine dell ’ anno la così detta colmatura , che è una mezzetta , o il sesto di più . Gli altri , e sono il maggior numero , vogliono esser pagati in danaro , e fissano il valore del grano dovuto , pigliando per norma il prezzo che ha nel maggio , che segue alla cattiva raccolta , cioè il mese in cui questo prezzo è più alto . Il mio amico scriveva nell ’ aprile del 1874 , quando la raccolta era stata assai cattiva , e continuava così : « Se quest ’ anno , come pare , sarà buona , e se il contratto porta 10 salme di grano all ’ anno , si può calcolare che il contadino dovrà darne 10 per questo anno , e 16 per l ’ anno passato , 26 in tutto . Piove e i contadini per la gioia non entrano nei loro panni ; dicono che la terra è in ottime condizioni . Non sanno , tanto l ’ abitudine e l ’ ignoranza sono potenti , che la terra frutterà questo anno , ma non per loro . Sic vos non vobis » . E più oltre conchiudeva con queste parole : « Oggi noi a Chieti siamo , alla lettera , assediati da gente dei villaggi e da vecchi delle campagne , che vanno in giro accattando , e nei giorni di mercato , il volto sparuto dei contadini dice che essi trascinano la vita a gran fatica . Non ha guari è stato trovato morto per fame un contadino di San Valentino , in territorio di Chieti , nelle pianure di Pescara , presso una cappella detta di Santa Filomena . Due mesi fa ho visto io un contadino , piuttosto vecchio , giacente per terra , estenuato dalla fame , innanzi alla porta dell ’ ospedale civile . Non sono molti giorni , nella piazza detta della Cavallerizza , ne ho visto un altro disteso per terra , che sembrava morto , con una gran folla di gente attorno . Dimandato che fosse , n ’ ebbi questa risposta : Signore , la fame ! E si badi che il contadino abruzzese è sobrio e laborioso . Dacché s ’ è introdotto il gran turco , si ciba solo di questo , che , per colmo di sventura , è salito quest ’ anno a 10 duca ti la salma » . E aggiungo che in alcune delle nostre province , essere messo a pane di grano , significa essere vicino a morire , spedito dai medici . Perfino nel linguaggio s ’ è stampata in eterno la storia delle nostre vergogne . Un altro amico , che raccolse notizie nei soli circondarii di Sulmona , Aquila e Cittaducale , mi scriveva : « Il rischio della cattiva raccolta è , per patto , ordinariamente a carico dell ’ affittuario , il quale spesso trova il suo unico schermo nella impotenza a pagare . Nel circondario di Sulmona i contadini stipulano con frequenza affitti a lunga scadenza , per mettere le terre a vigna , impiegandovi assai più le loro fatiche che i capitali , che non hanno . Spirato il termine dell ’ affitto , qualche volta il proprietario rimborsa al colono tutte le migliorie ; più spesso ne rimborsa la sola metà . Non è però raro il caso in cui il proprietario si riserba libera facoltà di compensare in tutto o in parte le migliorie , o d ’ invitare il colono a distruggerle , se vuole . Negli altri due circondarii , di miglioramenti non si tien conto , perché gli affitti sono troppo brevi per supporli possibili . Può succedere invece il contrario » . E di queste condizioni , che sole dànno un ’ idea precisa dello stato in cui si trova il contadino , qualunque sia la forma generale di contratto , se ne potrebbe citare un numero infinito . Il signor Franchetti , percorrendo le Calabrie e la Basilicata , ha trovato in alcuni luoghi un contratto di miglioria , col quale il proprietario , concesso in affitto un terreno incolto , dopo otto anni dà al contadino solo un terzo della differenza che si trova fra il valore del fondo incolto e il valore del fondo messo a coltura . Altrove non si dava più di un settimo . In altri luoghi trovò che il contadino doveva pagare al proprietario il diritto di guardia del fondo , guardia che quegli volentieri avrebbe fatta da se . La pagava in tanto grano , del quale solo una parte veniva dal proprietario data al guardiano . « E anche qui » , egli dice , « immensi sono i servigi arbitrarii che rendono più duro il contratto » . La cosa va all ’ infinito . La società intera qualche volta sembra costituita a danno del contadino , non per volontà individuale di alcuno , ma come per legge inevitabile di natura . La malignità umana , però , come può bene immaginarsi , non manca mai . Il Monte frumentario è destinato a dare , con equo interesse , il grano al povero coltivatore , nel tempo della semina o negli anni di carestia . Ciò farebbe concorrenza all ’ usura , largamente esercitata colà . Ma lo speculatore , e qualche volta anche il proprietario , trovano modo d ’ avere essi il grano , per darlo al povero con interesse assai maggiore . L ’ emigrazione in America , cominciata nella Basilicata , osservò il Franchetti nel suo viaggio , apre una nuova strada al povero agricoltore . Molti di essi tornano con qualche capitale , comprano un piccolo podere ed una casa ; ma quello che è più , hanno acquistata indipendenza maggiore , una sicurezza di loro stessi . In conseguenza di ciò , il prezzo della mano d ’ opera aumenta , e il proprietario subito guarda l ’ emigrazione come una vera calamità per la sua provincia , e , quando può , cerca d ’ impedirla . Questo stato di cose , dove più , dove meno , si ritrova in tutte le province meridionali del continente , ed anche in qualche parte della Sicilia ; come non mancano nel continente esempii di quel sistema di subaffitti che abbiamo osservati nell ’ Isola , ma non vi hanno mai la medesima importanza ed estensione . La conseguenza naturale di tutto ciò è il brigantaggio . Quando al contadino napoletano manca assolutamente il lavoro , e la fame lo assale , ne trova altra via aperta dinanzi a se , incomincia a rubare , e se è abbastanza audace , s ’ unisce a qualche banda di briganti . I capi sono per lo più uomini che hanno ricevuto ancora qualche più grave ingiuria personale , e vogliono vendicarla : questa almeno suole essere l ’ origine o il pretesto . E qui finisco la già troppo lunga lettera . Nell ’ altra parlerò dei rimedii . Tuo affez . P . VILLARI I RIMEDII Mio caro Dina I rimedii repressivi di questo stato di cose sono tanto noti , e furono da noi tanto adoperati , da non esservi bisogno di parlarne ancora . Quali sono i rimedii preventivi , quelli che l ’ on . Castagnola chiamava i soli radicali ? L ’ immensità della quistione spaventa , e l ’ audacia manca non solo ai nostri uomini politici ; ma , quello che è più , anche ai nostri uomini di scienza , molti dei quali affermano che la speranza di mettervi mano è una illusione , e delle più pericolose . Se queste opinioni trovano appoggio nell ’ ignoranza e nell ’ egoismo di molti proprietarii , è inutile dirlo . La natura umana è sempre la stessa . Il mio amico di Chieti mi scriveva : « Il primo proprietario , uomo intelligente ed agiato , a cui mi rivolsi per cominciare a raccogliere le desiderate informazioni , arricciò il naso ; corrugò la fronte ; non seppe e non volle nascondere il suo malcontento , quando udì da me , che si volevano tutte le notizie che valessero a mettere in rilievo la poco prospera condizione dei contadini » . E in fondo non è da meravigliarsene . Il proprietario si trova isolato in mezzo ad un esercito di contadini . La sottomissione di questi è immensa ; ma è fondata solo sull ’ antica persuasione che il proprietario può tutto , che il Governo , i tribunali , la polizia dipendono da lui , o sono una sola cosa con lui . E però il contadino non osa far nulla senza sentire il padrone ; non si presenta neppure all ’ autorità che lo invita , ne obbedisce agli ordini che riceve da essa , senza prima aver sentito l ’ avviso del padrone . Ma tutto ciò non nasce da affetto o da stima . Egli si potrebbe inginocchiare dinanzi al suo padrone con lo stesso sentimento con cui l ’ Indiano adora la tempesta o il fulmine . Il giorno in cui questo incanto fosse sciolto , il contadino sorgerebbe a vendicarsi ferocemente coll ’ odio lungamente represso , colle sue brutali passioni . Qualche volta , in fatti , si sono viste quelle orde di schiavi trasformarsi istantaneamente in orde di cannibali . Questo ci obbliga ad esser molto cauti , ma ci obbliga ancora a meditare sul cumulo di odii che andiamo raccogliendo , e sulle conseguenze morali e sociali che possono avere . Noi del resto possiamo liberamente ragionare di ciò , e discuterne nei libri o nei giornali , certi che non una parola arriverà insino a quella gente analfabeta , che neppure intenderebbe il nostro linguaggio . Per parte mia posso dire , che anche a me moltissimi proprietarii non seppero nascondere il loro malcontento , quando chiedevo notizie collo scopo che non celavo a nessuno . Ma da un altro lato le risposte non mancarono mai , e molti viaggiarono , scrissero ad amici , raccolsero notizie , opuscoli , tutto quello che potevo desiderare . La quistione preoccupa seriamente molti , sia per uno spirito di filantropia e di umanità , sia per la convinzione che sotto un governo libero l ’ antico stato di cose non può durare a lungo , e che è savio consiglio apparecchiarne la graduata trasformazione , piuttosto che aspettare il tempo in cui un ’ improvvisa catastrofe faccia , in un giorno , pagare le colpe di secoli . La quistione agraria l ’ ebbero i Romani , ed ognuno sa con quali terribili risultati . L ’ ebbero anche le nazioni moderne . Alcune ne uscirono per mezzo di sanguinose rivoluzioni , altre le prevenirono con una savia legislazione . Fra queste dobbiamo , prima di tutte , citare la Prussia , la quale , dopo le umiliazioni patite dalla Francia , si pose a ricostituire la propria potenza sopra tre basi : istruzione obbligatoria , servizio militare obbligatorio , riforma agraria . Le due leggi del 1807 e del 1811 costituiscono ciò che tutti i Trattati di economia politica chiamano la legislazione classica dello Stein e dell ’ Hardenberg , ciò che le storie nazionali della Prussia chiamano una delle pietre angolari della forza del paese . La proprietà fu sciolta dai mille vincoli artificiali che l ’ inceppavano , il servaggio fu abolito , ed il servo non solo divenne libero , ma ancora proprietario d ’ un terzo e qualche volta della metà del suolo che coltivava , lasciando il resto in proprietà libera al padrone . Lo scopo che si voleva ottenere era chiaramente esposto nella legge stessa : creare una nuova classe di agricoltori che accrescesse forza al paese . E si ottenne . Senza quelle leggi , la Prussia non avrebbe potuto fare più tardi i prodigi che ha fatti . Se però la Prussia si fosse ristretta solo a quello che abbiamo detto più sopra , ne sarebbe seguito ciò che è avvenuto nelle province meridionali , colla divisione dei beni demaniali . Gli antichi proprietarii avrebbero ricomperata , a basso prezzo , la parte del contadino , che privo di capitali , non avrebbe potuto coltivarla , e sarebbero divenuti padroni assoluti della terra , coltivata da proletarii ridotti ben presto alla condizione poco meno che di schiavi . Invece , la Prussia aggiunse due cose di capitale so importanza : una magistratura locale , che decidesse sommariamente e paternamente le liti insorte fra gli agricoltori ed i ricchi proprietarii ; un ’ istituzione mirabile di Banche destinate ad anticipare al contadino i capitali per coltivare la terra e fare nuovi acquisti , con un interesse così mite che , pagando il 5% , si ammortizzava il capitale in meno di 50 anni . Per fare tutto ciò , occorse una serie di provvedimenti , che , incominciati nel 1807 e nel 1811 , finirono solo nel 1850 . Allora però la trasformazione fu compiuta , e la Prussia cominciò a sfidare il mondo , pel sentimento cresciuto della propria forza . La divisione delle terre divenne utile solamente per mezzo dell ’ istituzione delle Banche e delle magistrature speciali e locali . L ’ impresa colossale dell ’ abolizione del servaggio in Russia fu condotta coi medesimi principii , pigliando cioè a modello la classica legislazione della Prussia . Ma il paese che , per questo lato , più trova riscontro con le nostre province meridionali , è l ’ Irlanda , fatta eccezione , ben s ’ intende , della questione politica e religiosa , nella quale non v ’ è alcun riscontro possibile . Restringiamoci perciò alla sola questione agraria . L ’ lrlanda è un paese dedito all ’ agricoltura , senza alcuna industria d ’ importanza ; un paese di proletarii oppressi crudelmente dai proprietarii , che non hanno o non vogliono spendere capitali per coltivare i loro fondi . I contratti sono in apparenza simili a quelli dell ’ Inghilterra , ma le condizioni e modificazioni speciali li avevano ridotti a tale , che il contadino emigrava o moriva di fame . I delitti agrarii moltiplicavano spaventosamente ; i magistrati non erano sicuri ; la pubblica opinione delle moltitudini proteggeva l ’ assassino , che riguardava come un vendicatore dei torti ricevuti dalla società . Quando l ’ Inghilterra fu costretta a sospendere in Irlanda I ’ Habeas corpus , ed a venire a provvedimenti repressivi pel Fenianismo , che pigliava proporzioni gigantesche , non esitò punto ad adoperare il ferro ed il fuoco . Ma non si contentò di questo : – Noi abbiamo , ella disse , un debito d ’ onore verso l ’ Irlanda , dobbiamo pagarlo ; dobbiamo riparare ai torti che essa ha ricevuti da noi . – Io lascio , per ora , da un lato la radicale riforma della Chiesa inglese in Irlanda , e mi restringo solo alla legge agraria . L ’ Inghilterra affrontò coraggiosamente il primo problema che si presentava : se lo Stato cioè abbia il diritto di limitare con norme legislative la libertà dei contratti . Il 15 febbraio 1850 , il Gladstone , primo ministro d ’ un paese che è più di tutti in Europa contrario all ’ ingerenza dello Stato , diceva , in mezzo all ’ assenso generale della Camera dei Comuni , queste memorabili parole : « Nessuno apprezza più altamente di noi la libertà dei contratti ; essa è la radice di ogni condizione normale della società . Ma anche in quelle condizioni sociali , che noi riconosciamo come normali , non è possibile concedere illimitata libertà di contratto . La legislazione inglese è piena di queste ingerenze dello Stato , ed il Parlamento ha dimostrato una decisa tendenza a moltiplicarle . Voi non permettete nelle officine , che il padrone impieghi l ’ operaio con tutte le condizioni che questi accetterebbe ; voi non permettete che lo shipmaster trasporti gli emigrati , con ogni specie di quei contratti che pure ambedue accetterebbero . E il caso dell ’ Irlanda è anco più grave , perché questi contratti , quantunque nominalmente liberi , tali non sono nel fatto , per le condizioni speciali del paese . Anche nei casi in cui la legge ha lasciato l ’ Irlandese pienamente libero , le condizioni in cui si trova lo hanno privato della sua libertà ; ed è però divenuto nostro stretto dovere l ’ intervenire per difenderlo . In un paese dove le braccia abbondano , e non v ’ è altra industria che l ’ agricoltura , il contadino non è più libero nel fare il contratto col padrone . Può essere perciò necessario di prescrivere con legge , fra certi limiti , i termini e le condizioni dei contratti agrarii » . E la legge fu approvata . Per esporla minutamente , bisognerebbe cominciare col descrivere le condizioni speciali dell ’ agricoltura in Irlanda , e le forme dei contratti agrarii , che sono colà diversissimi dai nostri . Ma per ora basti osservare che la legge , senza seguire alcuna teoria , prima di tutto determina e sanziona una forma di contratto , che l ’ esperienza di secoli ha dimostrata vantaggiosa al contadino irlandese ( Ulster custom ) . Sarebbe se un nostro legislatore sanzionasse le norme della mezzeria toscana , le quali ora sono anch ’ esse regolate solo dalla consuetudine . Ma il Parlamento inglese si guardò bene dal rendere obbligatoria per tutti una sola forma di contratto . Invece , lasciando libere quelle che esistevano , si restrinse ad annullare tutte le condizioni che giudicò contrarie alla giustizia ed al pubblico bene . I miglioramenti portati nel fondo dal contadino , che prima anda vano quasi sempre ad esclusivo vantaggio del proprietario , debbono , secondo la nuova legge , essere da questo invece pagati al contadino . Il contratto con cui questi facesse rinunzia d ’ un tale risarcimento , è nullo . Il proprietario non può , senza ragioni giustificate e determinate , mandar via il contadino che ha preso in affitto la terra , ed è tenuto a rifarlo dei danni che gli reca , licenziandolo senza ragione . La legge tende a prolungare i termini dell ’ affitto sino a 30 anni , risguardando quelli a breve scadenza come dannosi , e tende a spronare il contadino a migliorare la cultura dei campi , a suo proprio vantaggio . Ma anche qui il legislatore inglese capì , ed il Gladstone dichiarò in Parlamento , che tutto sarebbe stato inutile senza una magistratura speciale paterna , locale , che decidesse le mille liti che possono insorgere fra il proprietario ed il contadino , il quale non oserà mai chiamare innanzi ai tribunali ordinari il suo padrone , per muovergli una lite . E a ciò si aggiunse ancora l ’ anticipazione fatta dallo Stato al contadino , dei capitali necessarii , a condizioni non molto diverse che in Prussia . I tre cardini della riforma erano cosi solidamente posti , e poco dopo si vide , che nell ’ Associazione per le scienze sociali , gli stessi Irlandesi dichiaravano , che la legge aveva subito cominciato a portare buoni frutti , e la loro esperienza suggeriva già alcuni modi per migliorarla . Che tutto ciò non valga a calmare gli odii e le passioni politiche , ben s ’ intende , perché altre ne sono le cagioni . Ma fra noi fortunamente questi odii non esistono . Certo non è solo l ’ ltalia meridionale quella in cui il contadino soffre ingiustamente . Dobbiamo far eccezione della Toscana , là dove le antiche repubbliche intelligenti , democratiche e civilissime lasciarono tali germi , che la mezzeria è divenuta un contratto che salva da ogni pericolo sociale nell ’ avvenire , e rende impossibile qualunque diffusione di teorie sovversive . Per la provincia di Venezia basta leggere il libro dell ’ avv . Carlo Stivanello ( Proprietarii e Coltivator : Venezia 1873 ) , premiato dall ’ Istituto Veneto , per trovarvi la descrizione dei miseri casolari di canna e di loto , nei quali abita il bracciante . « In questi casolari , egli dice , si recluta la popolazione dei furti , necessario supplemento ai miseri guadagni , e vivono le torme dei poveri , che infestano i mercati e le città , e che sfilano in lunga processione , il sabato , dinanzi alle abitazioni » . ( Pag . 151 ) . Lo stesso autore ci parla di quei contratti a fiamma e fuoco , coi quali l ’ agricoltore è obbligato a rinunziare ad ogni ristoro contro la carestia , la grandine , la tempesta ; di quelli coi quali rinunzia ad ogni compenso pei miglioramenti recati al fondo , e di molti altri contrarii alla giustizia , al bene generale , al progresso dell ’ agricoltura . « Il proprietario , nella stolta credenza che l ’ abilità dell ’ amministratore avveduto consista nello stipulare patti che strozzino l ’ altro contraente , ha inventato molte clausole , le quali aggravano la condizione del conduttore » ( Pag . 173-4 ) . Il libro finisce col domandare un ’ inchiesta agraria , la quale , secondo l ’ autore , metterebbe in evidenza la necessità assoluta di provvedimenti legislativi in difesa degli agricoltori e dell ’ agricoltura , che egli chiama la povera Cenerentola del Regno d ’ Italia . L ’ onorevole Jacini fece nel 1855 una dolorosa descrizione delle popolazioni agrarie , specialmente nella Bassa Lombardia , dove intorno alla ricca , intelligente e patriottica Milano , vivono i più miseri contadini , fra i quali le febbri e la pellagra fanno stragi crudeli ; dove s ’ è risoluto il singolare problema d ’ unire la più ricca produzione colla maggiore miseria del coltivatore . E nel descrivere a quali miserie esso è qualche volta ridotto dal proprietario , esclama : « È una tale iniquità che la sola giustizia umana non basterebbe a punirla » ( Ediz . 1856 , pag . 197 ) . Egli proponeva allora un Codice agrario e la istituzione dei Probi Viri . Ciò risponderebbe in parte alle norme sui contratti , ed alla magistratura speciale stabilite dell ’ Inghilterra in Irlanda . Aggiungendovi le istituzioni efficaci di credito agrario , si avrebbero i capi principali della riforma inglese . Quel libro fu assai popolare , forse perché appariva come una protesta contro l ’ Austria . Quando il Governo è venuto nelle nostre mani , che cosa abbiamo fatto ? Nulla e poi nulla . E quel che è peggio ancora , l ’ opinione di molti è contraria ad ogni riforma di questo genere . L ’ indifferenza sulle miserie dei milioni di uomini che lavorano la terra in campagna , e delle migliaia che si abbrutiscono nelle città , non è credibile . Eppure solo pensando ad essi si può crescere davvero la nostra produzione economica , pareggiare permanentemente le nostre finanze . Eppoi non sono essi che formano il nostro esercito , la nostra marineria militare ? È cosa di poca importanza renderli civili ? Quali sono i giornali , quanti i libri o gli opuscoli che parlano di loro ? La nostra letteratura , la nostra scienza e la nostra politica sembrano del pari indifferenti su questo problema , che racchiude il nostro avvenire economico e morale . Il male esiste in molte province , ma nelle Meridionali ha proporzioni assai maggiori . Per parte mia sono convinto che la quistione , fra non molto , diverrà gravissima , e s ’ imporrà a tutti ; che i provvedimenti legislativi saranno riconosciuti necessarii , se non si vorrà affrontare il pericolo d ’ una catastrofe sociale , la quale può nascere non solo da sommosse sfrenate , ma anche da inerzia ed abbandono prolungati . Presto si vedrà , io credo , che in alcune province occorre proteggere l ’ agricoltore col fissare norme pei contratti , col dichiarare in esse nulle alcune condizioni assolutamente ingiuste e dannose . E sarà necessario ancora , colla istituzione di arbitri o di una magistratura speciale , assicurare l ’ applicazione di quelle norme . Il credito agrario deve anch ’ essere istituito efficacemente , se si vuole liberare il contadino dall ’ usura , e rendere possibile una classe di agricoltori proletarii . Intanto è utile illuminare la pubblica opinione , rivelando le nostre piaghe e le nostre vergogne , senza paura del ridicolo o del discredito , che si cercherà di gettare su quelli che oseranno parlare . La libera stampa e la scienza hanno da lungo tempo imparato ad affrontare questi ostacoli negli altri paesi , e debbono affrontarli anche fra noi . Quasi tutte le grandi verità sociali cominciarono coll ’ essere prima dichiarate assurde , per sembrare poi probabili , e divenire finalmente evidenti a tutti . Senza il coraggio di sfidare il ridicolo , o di esporsi alla taccia di visionarii , molti progressi sarebbero stati impossibili , e molte calamità non si sarebbero evitate . Del resto , basta parlare con gli uomini che conoscono appena lo stato delle cose , per convincersi come la necessità di una riforma sia già nella coscienza di molti , i quali ancora esitano a dirlo apertamente , quantunque convintissimi . È bene di certo che questa riforma venga dall ’ alto , prima che sia richiesta dalle moltitudini ; è bene che il Governo la inizii e la diriga . Questo è il solo mezzo , a mio credere , con cui esso potrà vincere il sentimento di crescente opposizione che si è formato in quelle province , e che può nascere da ignoranza e da poco tatto politico ; ma che certo trascina ancora molti uomini onesti , moderati e patriotti , i quali vedono che il Governo redentore non ha il coraggio di redimere , che il Governo della libertà lascia che gli oppressi siano calpestati . Senza l ’ aiuto del Parlamento , senza l ’ intervento dello Stato , non c ’ è virtù o iniziativa privata che basti a risolvere questi problemi colossali . Molti sono perciò coloro i quali non si peritano d ’ affermare , che il Governo presente sia tutto a benefizio d ’ una sola classe , e non la più numerosa , della società . E quando si dice loro : camorra , mafia ; rispondono : consorteria . Queste opinioni bisogna coi fatti sradicarle . Il Tocqueville afferma che due cose fanno ai popoli operare grandi imprese : la religione ed il patriottismo . La religione si può dire quasi spenta in Italia ; dove non è superstizione , è abito tradizionale , non è fede viva . E quanto al patriottismo , che forma esso deve prendere ora , a quale nobile scopo indirizzarsi ? L ’ Italia è unita , è libera , è indipendente ; conquiste non ne vogliamo , né possiamo farne ; una guerra di difesa è impossibile , perché nessuno ci assale . Che cosa dunque vogliamo ? Bisogna rivolgere tutta l ’ attenzione all ’ interno , ciò è ben chiaro ; ma la vita di una nazione non può restringersi tutta ai soli computi del pareggio . Noi potremmo essere uniti , liberi , indipendenti , colle finanze in equilibrio , e pure formare una nazione senza significato nel mondo . Occorre che un nuovo spirito ci animi , che un nuovo ideale baleni dinanzi a noi . E questo ideale è la giustizia sociale , che dobbiamo compiere prima che ci sia domandata . È necessario ridestare in noi quella vita morale , senza cui una nazione non ha scopo , non esiste . Ed è necessario al nostro bene materiale e morale . Senza liberare gli oppressi , non aumenterà fra noi il lavoro , non crescerà la produzione , non avremo la forza e la ricchezza necessarie ad una grande nazione . L ’ uomo che vive in mezzo agli schiavi , accanto agli oppressi e corrotti , senza resistere , senza reagire , senza combattere , è un uomo immorale che ogni giorno decade . La camorra , la mafia ed il brigantaggio diventano inevitabili . Sotto una o un ’ altra forma salgono in alto , si diffondono nel paese , ne consumano la midolla spinale , demoralizzandolo . Con un governo dispotico le conseguenze del male non sono così gravi , perché gli ostacoli sono indipendenti dalla nostra volontà , perché c ’ è un altro nemico da combattere , un altro ideale a cui mirare . Chiunque , infatti , oggi esamina se stesso , s ’ accorgerà , se è stato patriotta , che la sua condizione nella società era nel passato più morale che non è oggi . Allora c ’ erano una guerra , una speranza , un sacrifizio ed un pericolo continuo che sollevavano lo spirito nostro . Oggi è invece una lotta di partiti , e qualche volta d ’ interessi , senza un Dio a cui sacrificare la nostra esistenza . Questo Dio era allora la patria , che oggi sembra divenuta libera per toglierci il nostro ideale . Ciò vuol dire che la libertà non ha ancora messo radici abbastanza profonde in Italia , è rimasta solo alla superficie , solo nella vita politica , ancora non è penetrata nella vita sociale ed individuale . Si permetta a me , che sono insegnante , di citare un esempio cavato appunto dalla scuola , che infine è poi l ’ officina in cui si forma il cittadino . Molte volte mi è stato chiesto : Credete proprio che con tutti questi maestri e professori , con tutti questi metodi e programmi nuovi , la generazione che sorge saprà e varrà più di quella che la precedette ? Sarebbe essa capace di far l ’ Italia , come I ’ abbiam fatta noi ? lo non dubito che la nuova generazione impari più e meglio di noi . Ma se varrà di più , è una quistione assai diversa . I nostri professori , i nostri libri eran peggiori , e s ’ imparava meno . Ma nella nostra scuola v ’ era qualche cosa di sacro che manca oggi . Il giorno in cui capitava nelle nostre mani un Berchet , un Colletta , un Niccolini , quel giorno la nostra piccola stanza s ’ illuminava , e uno spirito ignoto ci rivelava cose che non sono in alcun programma . Tra professori e scolari era una segreta intelligenza , per la quale ciò che si taceva valeva più di ciò che si diceva . Questo incanto è oggi sparito , gli antichi Dei sono rovesciati sui loro altari , senza che alcuna nuova Divinità venga a prendere il loro posto . L ’ alunno non vede dinanzi a se che una professione o un impiego ; i più eletti pensano alla scienza . Ma ciò neppur basta , perché la scienza stessa ha bisogno d ’ essere destinata a qualche cosa di più alto , da cui possa essere come santificata . Nella nostra vita tutto ciò che non è santificato , viene profanato . Il vuoto che io vedo nel la scuola , parmi che sia anche nella società , perché è nel cuore del cittadino . A noi manca come l ’ aria da respirare , perché dopo una vita di sacrifizii , non troviamo più nulla a cui sacrificarci . Eppure l ’ aiutar coloro che soffrono vicino a noi , è il nostro dovere ; è il nostro interesse supremo , urgente , e ci restituirebbe l ’ ideale perduto . Ed ora mi resta solo di rispondere ad una obbiezione , che alcuni , per patriottismo , non fanno , ma che pure tengono celata nel loro cuore . – Fortunatamente , essi dicono fra se , non tutta l ’ Italia è nelle condizioni in cui sono le Province Meridionali . Se laggiù il contadino ed il povero sono in così pessimo stato , se la gente colta manca al suo dovere , non reagendo e non migliorando questo stato di cose , peggio per loro ; resteranno ancora un pezzo nello stato di semibarbari . Nell ’ Italia centrale e superiore saremo , come siamo , civili . – lo lascio che molte piaghe , come ho già accennato , sono anche nell ’ Italia centrale e superiore . Voglio ammettere , per ipotesi , quel che non potrei discutere ne combattere ora , che l ’ Italia cioè sia divisa nel modo che i poco benevoli oppositori pretendono . Ma , per poter tirare da un tale stato di cose , la conseguenza a cui essi vorrebbero giungere , bisognavano averci pensato prima , lasciando intatto il muro della China , che avevano costruito i Borboni . Dopo l ’ unità d ’ Italia , tutto si è mescolato nell ’ esercito , nella marineria , nella magistratura , nell ’ amministrazione , ecc . La colpa delle province più civili che , a tutta possa , non aiutano le meno civili , è uguale a quella delle classi più colte ed agiate che , in una medesima società , abbandonano a se stesse le più ignoranti e derelitte . E le conseguenze sono le stesse . Oggi il contadino che va a morire nell ’ Agro Romano , o che soffre la fame nel suo paese , e il povero che vegeta nei tugurii di Napoli , possono dire a noi ed a voi : Dopo l ’ unità e la libertà d ’ Italia non avete più scampo ; o voi riuscite a render noi civili , o noi riusciremo a render barbari voi , E noi uomini del Mezzogiorno abbiamo il diritto di dire a quelli dell ’ Italia superiore e centrale : La vostra e la nostra indifferenza sarebbero del pari immorali e colpevoli . Ora non mi resta che chiederti scusa delle troppe parole , e ringraziarti . Addio Roma , 20 marzo 1875 . Tuo affez . P . VILLARI
RICORDI DI PARIGI ( DE_AMICIS EDMONDO , 1879 )
Miscellanea ,
IL PRIMO GIORNO A PARIGI Eccomi preso daccapo a quest ' immensa rete dorata , in cui ogni tanto bisogna cascare , volere o non volere . La prima volta ci restai quattro mesi , dibattendomi disperatamente , e benedissi il giorno che ne uscii . Ma vedo che la colpa era tutta mia , ora che ci ritorno .... composto a nobile quiete , perchè guai a chi viene a Parigi troppo giovane , senza uno scopo fermo , colla testa in tumulto e colle tasche vuote ! Ora vedo Parigi serenamente , e la vedo a traverso all ' anima d ' un caro amico , che mi fa risentire più vive e più fresche tutte le impressioni della prima volta . Ed ecco quelle del primo giorno , come le può rendere una mente stanca e una penna presa ad imprestito dall ' albergatore . Prima d ' esser condotto all ' Esposizione , bisogna che il lettore entri con noi in Parigi ; daremo insieme un ' occhiata al teatro prima di voltarci verso il palco scenico . Siamo discesi alla stazione della strada ferrata di Lione , alle otto della mattina , con un tempo bellissimo . E ci trovammo subito imbarazzati . Avevamo letto nei giornali che i fiaccherai di Parigi spingevano le loro pretese fino al punto di non voler più trasportare persone grasse . Io feci osservare al Giacosa che noi due eravamo fatti apposta per provocare e giustificare un rifiuto sdegnoso dal più cortese dei fiaccherai . Egli s ' impensierì , io pure . Avevamo indosso , per giunta , due spolverine che c ' ingrossavano spietatamente . Come fare ? Non c ' era che da tentare di produrre un po ' d ' illusione avvicinandosi a una carrozza a passo di contraddanza e interpellando l ' uomo con una voce in falsetto . Il tentativo riuscì . Il fiaccheraio ci rivolse uno sguardo inquieto , ma ci lasciò salire , e si diresse rapidamente verso i boulevards . Dovevamo andare fino al boulevard degli Italiani , ossia diritti al centro di Parigi passando per la più ammirabile delle sue strade , La prima impressione è gradevole . È la grande piazza irregolare della Bastiglia , spettacolosa e tumultuosa , nella quale sboccano quattro boulevards e dieci vie , e da cui si sente rumoreggiar sordamente il vasto sobborgo di Sant ' Antonio . Ma s ' è ancora intronati dallo strepito della grande Stazione lugubre , dove s ' è discesi rotti e sonnolenti ; e quel vasto spazio pieno di luce , quei mille colori , la grande colonna di Luglio , gli alberi , il viavai rapidissimo delle carrozze e della folla , s ' intravvedono appena . È il primo soffio impetuoso e sonoro della vita di Parigi , e si riceve a occhi socchiusi . Non si comincia a veder nettamente che nel boulevard Beaumarchais . Qui comincia ad apparire Parigi . La via larghissima , la doppia fila degli alberi , le case allegre ; tutto è nitido e fresco , e da tutto spira un ' aria giovanile . Si riconoscono al primo sguardo mille piccole raffinatezze di comodità e d ' eleganza , che rivelano un popolo pieno di bisogni e di capricci , per il quale il superfluo è più indispensabile del necessario e che gode la vita con un ' arte ingegnosa . È la buvette tutta risplendente di vetri e di metalli , è il piccolo caffè pieno di pretese signorili , è la piccola trattoria che ostenta i ghiottumi squisiti del gran restaurant , sono mille piccole botteghe , linde e ridenti , che fanno a soverchiarsi le une le altre a furia di colori , di mostre , d ' iscrizioni , di fantocci , di piccole gale e di piccoli vezzi . Fra le due file degli alberi è un andirivieni di carrozze , di grandi carri , di carrozzoni tirati da macchine a vapore , e d ' omnibus altissimi , carichi di gente , che sobbalzano sul selciato ineguale con un fracasso assordante . Ma è un movimento diverso da quello di Londra . Il luogo aperto e verde , i visi , le voci , i colori , danno a quel tramestìo l ' aspetto più di un divertimento che di un lavoro . E poi la popolazione non è nuova . Son tutte figure conosciute , che fanno sorridere . È Gervaise che s ' affaccia alla porta della bottega col ferro in mano , è monsieur Joyeuse che va all ' ufficio fantasticando una gratificazione , è Pipelet che legge la Gazzetta , è Frédéric che passa sotto le finestre di Bernerette la sartina del Murger , è la merciaia del Kock , è il gamin di Vittor Hugo , o il Prudhomme del Monnier , è ' l ' homme d ' affaire del Balzac , è l ' operaio dello Zola . Eccoli tutti ! Come ci accorgiamo che , anche lontani le mille miglia , si viveva nella immensa cinta di Parigi ! Sono le otto e mezzo , e la grande giornata della grande città , - giornata per Parigi , mese per chi arriva , - è già cominciata , calda e clamorosa come una battaglia . Di là dal clamore della strada , si sente confusamente la voce profonda degli enormi quartieri nascosti , come il muggito d ' un mare mascherato dalle dune . S ' è appena usciti dal boulevard Beaumarchais , non s ' è ancora arrivati in fondo al boulevard delle Figlie del Calvario , e già s ' indovina , si sente , si respira , sto per dire , l ' immensità di Parigi . E si pensa con stupore a quelle cittadine solitarie e silenziose , da cui s ' è partiti ; che si chiamano Torino o Milano o Firenze ; dove si stava tutti a uscio e bottega , e si viveva quasi in famiglia . Ieri vogavamo in un laghetto ; oggi navighiamo in un oceano . Si è fatto un po ' più d ' un miglio , s ' entra nel boulevard du Temple . Qui la strada larghissima s ' allarga ancora , le case s ' innalzano , le vie laterali s ' allungano . La maestà di Parigi comincia ad apparire . E così , andando innanzi , tutto cresce di proporzioni e s ' ingentilisce . Cominciano a sfilare i teatri : il Circo olimpico , il Lyrique , la Gaîtè , les Folies ; i caffè eleganti , i grandi « magazzini » , le trattorie signorili ; e la folla va pigliando un aspetto più schiettamente parigino . Il movimento è notevolmente maggiore che nei tempi ordinarii . La nostra carrozza è costretta a fermarsi ogni momento per aspettare che la lunga fila che la precede si metta in moto . Gli omnibus di tutte le forme , che paion case ambulanti , s ' incalzano . La gente s ' incrocia correndo in tutte le direzioni come se giocasse a bomba da una parte all ' altra della strada , e sui due marciapiedi passano due processioni non interrotte . S ' entra nel boulevard Saint Martin . È un altro passo innanzi sulla via dell ' eleganza e della grandezza . I chioschi variopinti si fanno più fitti , le botteghe più splendide , i caffè più pomposi . I terrazzini e le righinette delle case si coprono di cubitali caratteri dorati che danno a ogni facciata l ' aspetto del frontispizio d ' un libro gigantesco . I frontoni dei teatri , gli archi delle gallerie di passaggio , gli edifizi rivestiti di legno fino ai primi piani , le trattorie che s ' aprono sulla strada in forma di tempietti e di teatri luccicanti di specchi , si succedono senza interstizii , gli uni congiunti agli altri , come una sola bottega sterminata . Mille ornamenti , mille gingilli , mille richiami , vistosi , capricciosi , ciarlataneschi , sporgono , dondolano , si rizzano da tutte le parti , luccicano a tutte le altezze , confusamente , dietro agli alberi , che stendono i loro rami frondosi sui chioschetti , sui sedili dei marciapiedi , sulle piccole stazioni degli omnibus , sulle fontane , sui tavolini esterni dei caffè , sulle tende ricamate delle botteghe , sulle gradinate marmoree dei teatri . Al boulevard Saint Martin succede il boulevard St . Denis . La grande strada s ' abbassa , si rialza , si stringe , riceve dalle grandi arterie dei popolosi quartieri vicini ondate di cavalli e di gente , e si stende davanti a noi , a perdita d ' occhi , brulicante di carrozze e nera di folla , divisa in tre parti da due enormi ghirlande di verzura che la riempiono d ' ombra e di freschezza . Son tre quarti d ' ora che si va a passo a passo , serpeggiando , rasentando file interminabili di carrozze che danno l ' immagine di favolosi cortei nuziali che si estendano da un capo all ' altro di Parigi . Si entra nel boulevard Bonne nouvelle , e cresce ancora il formicolìo , il ronzìo , lo strepito ; la pompa dei grandi « magazzini » che schierano sulla strada le vetrate enormi ; l ' ostentazione della réclame , che sale dai primi piani ai secondi , ai terzi , ai cornicioni , ai tetti ; le vetrine diventan sale , le merci preziose s ' ammucchiano , i cartelloni multicolori si moltiplicano , i muri delle case spariscono sotto una decorazione smagliante , puerile e magnifica che seduce e stanca lo sguardo . Non è una strada per cui si passa ; è una successione di piazze , una sola immensa piazza parata a festa , dove rigurgita una moltitudine che ha addosso l ' argento vivo . Tutto è aperto , trasparente , messo in vista , come in un grande mercato signorile all ' aria libera . Lo sguardo penetra fin nelle ultime sale delle botteghe straricche , fino ai comptoirs lontani dei lunghi caffè bianchi e dorati , e nelle stanze alte dei restaurants principeschi , e abbraccia a ogni leggerissimo cambiamento di direzione , mille bellezze , mille sorprese , mille minuzie pompose , una varietà infinita di tesori , di ghiottonerie , di giocattoli , di opere d ' arte , di bagattelle rovinose , di tentazioni di ogni specie , da cui non si libera che per ricadervi dall ' altra parte della strada , o per ricrearsi lungo le due file senza fine di chioschi , scaccheggiati di tutti i colori d ' arlecchino , coperti d ' iscrizioni e di figure grottesche , tappezzati di giornali d ' ogni paese e di ogni forma , che danno al vasto boulevard l ' apparenza bizzarra e simpatica d ' una grande fiera letteraria carnovalesca . E intanto dal boulevard Bonne nouvelle si entra nel boulevard Poissonniére , e lo spettacolo si fa sempre più vario , più ampio e più ricco . E s ' è già percorsa una lunghezza di quattromila metri ; provando di più in più un vivo sentimento nuovo , che non è sola meraviglia , ma una scontentezza confusa , un rammarico pieno di desiderii , l ' amarezza del giovinetto che si sente umiliato al suo primo entrare nel mondo , una specie di delusione d ' amor proprio , che si esprime in occhiate pietose e stizzose sulla miseria del proprio bagaglio , messo là alla berlina , sulla cassetta della carrozza , in mezzo a quel lusso insolente . E finalmente s ' entra nel boulevard Montmartre , a cui fa seguito quello degl ' Italiani , quello delle Capucines , e quello della Madeleine . Ah ! ceco il cuore ardente di Parigi , la via massima dei trionfi mondani , il grande teatro delle ambizioni e delle dissolutezze famose , dove affluisce l ' oro , il vizio e la follia dai quattro angoli della terra ! Qui è la pompa suprema , è la metropoli della metropoli , la reggia aperta e perpetua di Parigi , a cui tutto aspira e tutto tende . Qui la strada diventa piazza , il marciapiede diventa strada , la bottega diventa museo ; il caffè , teatro ; l ' eleganza , fasto ; lo splendore , sfolgorìo ; la vita , febbre . I cavalli passano a stormi e la folla a torrenti . Vetri , insegne , avvisi , porte , facciate , tutto s ' innalza , s ' allarga , s ' inargenta , s ' indora , s ' illumina . È una gara di sfarzo e di appariscenza che tocca la follia . V ' è la pulizia olandese , la gaiezza d ' un giardino , e tutta la varietà di colori d ' un bazar orientale . Pare una sola smisurata sala d ' un museo enorme , dove gli ori , le gemme , le trine , i fiori , i cristalli , i bronzi , i quadri , tutti i capolavori delle industrie , tutte le seduzioni delle arti , tutte le gale della ricchezza , tutti i capricci della moda si affollano o si ostentano con una profusione che sgomenta e una grazia d ' esposizione che innamora . Le lastre gigantesche di cristallo o gli specchi innumerevoli , le rivestiture di legno nitidissimo che salgono fino a mezzo degli edifizi , riflettono ogni cosa . Le grandi iscrizioni d ' oro corrono lungo tutti i rilievi delle facciate , come i versetti del Corano sulle pareti delle moschee . L ' occhio non trova spazio dove riposare . Da ogni parte brillano i nomi illustri nel regno dei piaceri e della moda ; i titoli dei restaurants , celebrati da Nuova York a Pietroburgo ; gli alberghi dei principi e dei Cresi ; le botteghe di cui si apre la porta colla mano tremante . Per tutto un lusso aristocratico , provocante e sfacciato , che dice : - Spendi , spandi e godi - e nello stesso tempo suscita e umilia i desiderii . Non vi è nessuna bellezza monumentale . È una specie di magnificenza teatrale e femminea , una maestà d ' apparato , eccessiva , e piena di civetteria e di superbia , che sbalordisce ed abbaglia come un immenso tremolìo di punti luminosi ; ed esprime appunto la natura della grande città opulenta e lasciva , che lavora per furore di godimento e di gloria . Ci si prova una certa soggezione . Non par di passare in un luogo pubblico , tanta è la nitidezza e la pompa . La folla stessa vi passa con una certa grazia contegnosa come per una grandissima sala , scivolando sull ' asfalto , senza rumore , come sopra un tappeto . I bottegai stanno dietro alle colossali vetrine con una dignità di gran signori , come se non aspettassero che avventori milionari . Persino le venditrici di giornali dei chioschi sono atteggiate a una certa altezza letteraria . Par che tutti siano compresi della sovranità del luogo , e che tutti si studino di aggiungere colla propria persona una pennellata ben intonata al gran quadro dei boulevards . Gran quadro davvero ! E si possono accumulare col pensiero , fin che si vuole , tutte le immagini sparse che se ne ritrovano nelle nostre città più floride ; ma non si riuscirà mai , chi non l ' abbia visto , nè a rappresentarsi lo spettacolo di quella fiumana vivente che scorre senza posa tra quelle due interminabili pareti di cristallo , in mezzo a quel verde e a quell ' oro , accanto a quel turbinio fragoroso di cavalli e di ruote , in quella strada ampissima di cui non si vede la fine ; nè a formarsi una giusta idea della figura che facevano là in mezzo le nostre miserabili valigie di letterati . Appena s ' ebbe ripreso fiato all ' albergo si tornò sui boulevards , davanti al Cafè Riche , attirati come farfalle al lume , senz ' accorgercene . Strano ! Mi pareva d ' essere a Parigi da una settimana . La folla però ha un aspetto alquanto diverso dai tempi ordinarii . Abbondano le faccie esotiche , i vestiti da viaggio , le famiglie di provincia , affaticate e stupite ; i visi bruni del mezzogiorno e le barbe e le capigliature biondissime del settentrione . Sul ponte di Costantinopoli si vede sfilare tutto l ' Oriente ; qua tutto l ' Occidente . Le solite gonnelle sono come smarrite in quel pelago . Di tratto in tratto si vede una faccia giapponese , un negro , un turbante , un cencio orientale ; ma è subito travolto dal fiotto nero della folla in cilindro . Ho notato molti soggetti di quella innumerevole famiglia dei grandi uomini falliti , che tutti riconoscono a primo aspetto : figure strane , col viso smunto e gli occhiali , coi capelli cadenti sulle spalle , vestiti di nero , bisunti , con uno scartafaccio sotto il braccio : sognatori di tutti i paesi venuti a Parigi in questa grande occasione a tentare il terno della gloria e della ricchezza con una invenzione meccanica o un capolavoro letterario . Questo è il grande torrente dove annegano tutte le glorie di mezza taglia . « Celebrità » di provincia e « illustrazioni » nazionali , gran personaggi gallonati e blasonati , e principi e ricconi , dieci per una crazia ! Non si vedono nè faccie superbe , nè sorrisi di vanità soddisfatta . Son tutte goccie indistinte dell ' onda inesauribile , a cui non sovrastano che i giganti . E si capisce da che molle formidabili , debba prendere impulso l ' ambizione della gloria per sollevarsi su questo pandemonio , e con che rabbiosa ostinazione si rodano i cervelli per trovare la parola ed il grido che faccia voltare le centomila teste di questa folla meravigliosa ! E si prova un piacere a esser là su quel lastrico sparso d ' ambizioni stritolate e di glorie morte , su cui altre ambizioni si rizzano e altre forze si provano , senza posa ; si gode di trovarsi là , come in mezzo a una gigantesca officina vibrante e sonora ; di sentirsi aggregato anche per poco , molecola viva , al grande corpo intorno a cui tutto gravita ; di respirare una boccata d ' aria su quella torre di Babele , assistendo da un gradino della scala sterminata al lavoro immenso , confortati dal dolce pensiero .... che si scapperà fra quindici giorni . Poi facciamo una corsa di due ore , in carrozza , descrivendo un immenso zig - zag sulla destra della Senna , per veder circolare la vita nelle arterie minori di Parigi . Rivedo con vivo piacere quel verdeggiante e splendido boulevard di Sebastopoli e di Strasburgo , che par fatto per il passaggio trionfale d ' un esercito , e quella infinita via Lafayette , in cui le due striscie nere della folla si perdono allo sguardo in una lontananza vaporosa dove pare che cominci un ' altra metropoli . Ripasso per quelle smisurate spaccature di Parigi , che si chiamano il boulevard Haussman , il boulevard Malesherbes , il boulevard Magenta , il boulevard Principe Eugenio , in cui si sprofonda lo sguardo con un fremito , come in un abisso , afferrando per un braccio il compagno . Andiamo al Rondpoint de l ' Etoile a veder fuggire in tutte le direzioni , come una corona di raggi , le grandi vie che dividono in una rosa di quattordici allegri quartieri triangolari la decima parte di Parigi . Ritorniamo nel cuore della città : percorriamo la rete inestricabile delle piccole vie , piene di rumori , smaglianti di vetrine e affollate di memorie ; tutte obliquità e svolti maliziosi , che preparano le grandi vedute inaspettate dei quadrivi pieni di luce e delle vie monumentali , chiuse in fondo da una mole magnifica , che sovrasta alla città come una montagna di granito cesellato . Per tutto è una fuga di carrozze cariche di bagagli , e visi sonnolenti e polverosi di nuovi arrivati , che s ' affacciano agli sportelli a interrogare quel caos ; e vicino alle stazioni , file di viaggiatori a piedi , che s ' inseguono colla valigia in mano , come se uno l ' avesse rubata all ' altro . Non c ' è un momento di riposo , nè per l ' orecchio , nè per l ' occhio , nè per il pensiero . Sperate di bere la vostra birra in pace davanti a un caffè quasi vuoto . Illusione . La réclame vi perseguita . Il primo che passa vi mette in mano una lirica che comincia con un ' invettiva contro l ' Internazionale e finisce coll ' invitarvi a comprare un soprabito da Monsieur Armangan , coupeur émérite ; e un momento dopo vi trovate tra le mani un sonetto che vi promette un biglietto per l ' Esposizione se andate a ordinare un paio di stivali in via Rougemont . Per liberarvene alzate gli occhi . Oh Dio ! Passa una carrozza dorata di réclame coi servitori in livrea , che vi propone dei cilindri al ribasso . Guardate in fondo alla strada . Che ! A mezzo miglio di distanza , c ' è una réclame a caratteri titanici del Petit journal , - « seicento mila esemplari al giorno , tre milioni di lettori » - che vi fa l ' effetto d ' un urlo nell ' orecchio . Alzate gli occhi al cielo , allora ! Ma non c ' è di libero nemmeno il cielo . Al di sopra del più alto tetto del quartiere , si disegna nell ' azzurro , in sottili e altissimi caratteri di ferro , il nome d ' un artista delle nuvole che vuol farvi la fotografia . Non c ' è dunque altro che tener gli occhi inchiodati sul tavolino ! No , nemmeno ! Il tavolino è diviso in tanti quadretti colorati e stampati , che vi offrono delle tinture e delle pomate . Torcete il volto stizziti .... Ah disgraziati ! La spalliera della seggiola vi raccomanda un guantaio . Non resta altro rifugio che guardarsi i piedi , dunque ! No , non resta neppure questo rifugio . Sotto i vostri piedi , sull ' asfalto , c ' è un avviso a stampatello che vuol farvi mangiare alla casalinga in via della Chaussée d ' Antin . Camminando un ' ora , si legge , senza volerlo , un mezzo volume . È una inesauribile decorazione grafica variopinta ed enorme aiutata da immagini grottesche di diavoli e di fantocci alti come case , che v ' assedia , vi opprime , vi fa maledire l ' alfabeto . Quel Petit journal , per esempio , che copre mezza Parigi ! Ma bisogna o ammazzarsi o comprarlo . Tutto ciò che vi si mette in mano , dal biglietto del battello al contrassegno della seggiola su cui riposate le ossa nel giardino pubblico , tutto nasconde l ' insidia della réclame . Persino le pareti dei tempietti , dove non s ' entra che per forza , parlano , offrono , raccomandano . Ci sono in tutti gli angoli mille bocche che vi chiamano e mille mani che v ' accennano . È una rete che avvolge tutta Parigi . E tutto è economico . Potete spendere fino all ' ultimo centesimo credendo sempre di fare economia . Ma quanta varietà di oggetti e di spettacoli ! Nello spazio di quindici passi vedete una corona di diamanti , un mazzo spropositato di camelie , un mucchio di tartarughe vive , un quadro a olio , una coppia di signorine automatiche che nuotano in una vaschetta di latta , un vestimento completo da contentare l ' uomo « più scrupolosamente elegante » per otto lire e cinquanta centesimi , un numero del Journal des abrutis con un articolo a doppio taglio sull ' esposizione delle vacche , un gabinetto per gli esperimenti del fonografo , e un bottegaio che dà il volo a un nuvolo di farfalle di penna per adescare i bimbi che passano . A ogni tratto vedete schierate tutte le faccie illustri della Francia . Non c ' è città che in questo genere d ' esposizione eguagli Parigi . L ' Hugo , l ' Augier , mademoiselle Judic , il Littré , il Coquelin , il Dufaure , il Daudet , sono in tutt ' i buchi . Incontrate dei visi d ' amici da tutte le parti . E nessuna impressione , neanche dei luoghi , è veramente nuova . Parigi non si vede mai per la prima volta ; si rivede . Non ricorda nessuna città italiana ; eppure non par straniera , tanto vi si ritrovano fitte le reminiscenze della nostra vita intellettuale . Un amico vi dice : - Ecco la casa del Sardou , ecco il palazzo del Gambetta , ecco le finestre del Dumas , ecco l ' ufficio del Figaro - e a voi vien naturale di rispondere : Eh ! lo sapevo . - Così riconoscendo mille cose e mille aspetti , continuiamo a girare , rapidamente , in mezzo a incrociamenti di legni da cui non vedo come usciremo , a traverso a folle serrate che ci arrestano all ' improvviso , nelle ombre deliziose del Parco Monceaux , intorno alle grandi arcate leggiere delle Halles , davanti agli immensi « magazzini di novità » assiepati di carrozze , intravvedendo , di lontano , ora un fianco del teatro dell ' Opera , ora il colonnato della Borsa , ora la tettoia enorme d ' una Stazione , ora un palazzo incendiato dalla Comune , ora la cupola dorata degli Invalidi , e dicendoci l ' un l ' altro mille cose , e le stesse cose , e con la più viva espansione , senza pronunziare una parola e senza ricambiarci uno sguardo . Avevo inteso dire che uno straniero a Parigi non si accorge quasi che ci sia l ' Esposizione . Baie . Tutto conduce il pensiero all ' Esposizione . Le torri del Trocadero si vedono effigiate da tutte le parti , come se mille migliaia di specchi le riflettessero , e l ' immagine del Campo di Marte vi si presenta per mille vie e sotto mille forme . Tutta la popolazione sembra ed è infatti d ' accordo per fare ben riescire la festa . V ' è un raffinamento universale di cortesia . Tutti fanno la loro parte . Fin l ' ultimo bottegaio sente la dignità dell ' ospite ; si legge in viso a ogni parigino la soddisfazione d ' essere « azionista » del teatro in cui si offre al mondo il grande spettacolo , e la coscienza di essere un oggetto d ' ammirazione . Il che serve moltissimo a rendersi davvero ammirabili . La grande città fa il bocchino , è premurosa , vuol contentar tutti . E infatti a tutti i bisogni , a tutti i desiderii , a tutti i capricci , ha provvisto , in mille modi , a ogni prezzo e a ogni passo . Per questa « festa del lavoro » c ' è la febbre . Il lavoro , la pace , la grande fratellanza , la grande ospitalità fraterna , risuonano da ogni parte . E forse , anzi certo , vi si nasconde sotto un altro sentimento . È l ' amor proprio ferito in un ' altra gloria , che s ' afferra tutto alla gloria presente , per compensarsi della passata ; ed esalta con tutte le sue forze il primato che le rimane , per gettare l ' oscurità su quello , in fondo al cuore forse più caro , che ha perduto . È nondimeno prodigioso il vedere questa città , che parve un giorno caduta in fondo , sotto il peso di tutte le maledizioni di Dio , dopo sette anni , così splendida , così superba , così piena di sangue , d ' oro e di gloria ! E si prova un sentimento inaspettato arrivandoci . S ' era partiti per l ' Esposizione ; era lo scopo , la prima cosa . Appena arrivati , diventa l ' ultima . Parigi che l ' ha fatta , l ' ammazza . Si pensa , sì , che c ' è laggiù , in fondo alla grande città , uno smisurato palazzo posticcio che contiene molte bellissime cose ; ma ci si pensa quasi con dispetto , come a un importuno che voglia contendervi e turbarvi il godimento di Parigi . Il primo giorno , l ' immagine delle Torri del Trocadero m ' era odiosa . Così al Campo di Marte , estatici davanti a una bellissima ragazza inglese che lavora , degnate appena d ' uno sguardo la macchinetta ingegnosa che luccica sotto le sue mani . Arriviamo finalmente sulla Senna . Che largo e sano respiro ! E come è sempre bella questa grande strada azzurra che fugge , riflettendo i colori allegri delle sue mille case galleggianti , fra le due alte rive coronate di colossi di pietra ! Davanti e dietro di noi i ponti lunghissimi confondono i loro archi d ' ogni forma , e le strisce nere della folla che brulica dietro ai loro parapetti ; sotto , i battelli stipati di teste s ' inseguono ; frotte di gente scendono continuamente dalle gradinate delle rive e fanno ressa agli scali ; e la voce confusa della moltitudine si mesce ai canti delle mille donne affollate nei lavatoi , al suono dei corni e delle campanelle , allo strepito delle carrozze dei quais , al lamento del fiume e al mormorio degli alberi delle due rive , agitati da un ' arietta vivace che fa sentire la freschezza della campagna e del mare . Anche la Senna lavora per « la gran festa della pace » e par che spieghi più benevolmente dell ' usato , in mezzo alle due Parigi che la guardano , la sua maestà regale e materna . Qui il mio compagno non potè resistere alla tentazione di Nôtre Dame , e salimmo sulla cima d ' una delle due torri per vedere « il mostro . » Ottima cosa che mette i pensieri in calma . Bisogna almeno dominarle , queste mostruose città , in quel solo modo che ci è possibile : collo sguardo . Salimmo sulla punta del tetto della torre di sinistra , dove Quasimodo delirava a cavallo alla campana , e ci afferrammo all ' asta di ferro . Che immensità gloriosa ! Parigi empie l ' orizzonte e par che voglia coprire tutta la terra colle smisurate onde immobili e grigie dei suoi tetti e delle sue mura . Il cielo era inquieto . Le nuvole gettavano qua e là ombre fosche che coprivano spazi grandi come Roma ; e in altre parti apparivano montagne , grandi vallate e vastissimi altipiani di case dorate dal sole . La Senna luccicava come una sciarpa d ' argento da un capo all ' altro di Parigi , rigata di nero dai suoi trenta ponti , che parevan fili tesi tra le due rive , e punteggiata appena dai suoi cento battelli , che parevano foglioline natanti . Sotto , la mole delicata e triste della cattedrale , le due isole , piazze nereggianti di formiche , lo scheletro del futuro Hôtel de ville , simile a una grande gabbia d ' uccelli , e la réclame smisurata e insolente d ' un mercante d ' abiti fatti che sfondava gli occhi a mille e duecento metri di distanza . Qua e là , le grandi macchie dei cimiteri , dei giardini e dei parchi ; isole verdi in quell ' oceano . Lontano , all ' orizzonte , a traverso a brume violacee leggerissime , contorni incerti di vasti sobborghi fumanti , dietro i quali non si vede più , ma s ' indovina ancora Parigi ; da un ' altra parte , altri sobborghi enormi , affollati sulle alture , come eserciti pronti a discendere , pieni di tristezze e di minaccie ; a valle della Senna , in una chiarezza un po ' velata , come in un vasto polverio luminoso , a tre miglia da noi , le architetture colossali e trasparenti del Campo di Marte . Che belli slanci vertiginosi dello sguardo da Belleville a Ivry , dal bosco di Boulogne a Pantin , da Courbevoie al bosco di Vincennes , saltando di cupola in cupola , di torre in torre , di colosso in colosso , di memoria in memoria , di secolo in secolo , accompagnati , come da una musica , dall ' immenso respiro di Parigi ! Povero e caro nido della mia famigliuola , dove sei ? Poi il mio amico mi disse : - Ridiscendiamo nell ' inferno - e tornammo a tuffarci nell ' oscurità dell ' interminabile scala a chiocciola , dove un rintocco inaspettato della grande campana di Luigi XIV ci fece tremare le vene e i polsi come un colpo di cannone . E ritornammo sui boulevards . Era l ' ora del desinare . In quell ' ora il movimento è tale da non poterne dare un ' idea . Le carrozze passano a sei di fronte , a cinquanta di fila , a grandi gruppi , a masse fitte e serrate che si sparpagliano qua e là verso le vie laterali , e par che escano le une dalle altre , come razzi , levando un rumore cupo e monotono , come d ' un solo enorme treno di strada ferrata che passi senza fine . Allora tutta la vita gaia di Parigi si riversa là da tutte le strade vicine , dalle gallerie , dalle piazze ; arrivano e si scaricano i cento omnibus del Trocadero ; le carrozze e la folla a piedi che viene dagli scali della Senna ; flutti di gente che attraversa la strada di corsa arrischiando le ossa , s ' accalca sui marciapiedi , assalta i chioschi da cui si spandono miriadi di giornali , si disputa le sedie davanti ai caffè e rigurgita all ' imboccatura delle strade . Si accendono i primi lumi . Il grande banchetto comincia . Da tutte le parti tintinnano e scintillano i cristalli e le posate sulle tovaglie bianchissime , distese in vista di tutti . Zaffate d ' odori ghiotti escono dai grandi restaurants , di cui si vanno illuminando le finestre dei piani superiori , lasciando vedere scorci di sale luccicanti e ombre di donne che guizzano dietro le tende di trina . Un ' aria calda e molle , come di teatro , si spande , pregna d ' odor di sigari d ' Avana , dell ' odore acuto dell ' assenzio che verdeggia in diecimila bicchieri , delle fragranze che escono dalle botteghe di fiori , di muschio , di vesti profumate , di capigliature femminili ; - un odore proprio dei boulevards di Parigi , misto di grand ' albergo e d ' alcova , - che dà alla testa . Le carrozze si fermano ; le cocottes dai lunghi strascichi discendono , fra due ali di curiosi , e spariscono come freccie nelle porte delle trattorie . Fra la folla dei caffè suonano le risa argentine e forzate di quelle che siedono a crocchio . Le « coppie » fendono audacemente la calca . La gente comincia a serrarsi , in doppia fila , alle porte dei teatri . La circolazione è interrotta ogni momento . Bisogna camminare a zig - zag , a passetti , respingendo dolcemente gomiti e toraci , fra una selva di cilindri e di gibus , fra i soprabiti neri , le giubbe , i gran panciotti spettorati e le camicie ricamate , badando sempre ai piedini e alle code , in mezzo a un mormorìo sordo , diffuso , affrettato , sul quale echeggiano i colpi sonori delle bottiglie stappate , dentro un polverìo finissimo che vien su da quel terribile asfalto che brucia i talloni alle ragazze . Non è più un andirivieni di gente ; è un ribollimento , un rimescolìo febbrile , come se sotto la strada divampasse una fornace immensa . È un ozio che pare un lavoro , una festa faticosa , come una smania e un timore di tutti di non arrivare in tempo a prender posto al gran convito . Il vastissimo spazio non basta più alla moltitudine nera , elegante , nervosa , sensuale , profumata , piena d ' oro e d ' appetiti , che cerca con tutti i sensi tutti i piaceri . E di minuto in minuto lo spettacolo si ravviva . Il via vai delle carrozze somiglia alla fuga disordinata delle salmerie d ' un esercito in rotta ; i caffè risuonano come officine ; all ' ombra degli alberi si stringono i dolci colloqui ; tutto s ' agita e freme in quella mezza oscurità , non ancor vinta dall ' illuminazione notturna ; e un non so che di voluttuoso spira nell ' aria , mentre la notte di Parigi , carica di follie e di peccati , prepara le sue insidie famose . Quello è davvero il momento in cui la grande città s ' impadronisce di voi e vi soggioga , se anche foste l ' uomo più austero della terra . È il lenocinio gallico del Gioberti . È una mano invisibile che v ' accarezza , una voce dolce che vi parla nell ' orecchio , una scintilla che vi corre nelle vene , una voglia impetuosa di tuffarvi in quel vortice , e d 'annegarvi...; passata la quale si va a desinare benissimo a due lire e settantacinque . E anche il desinare è uno spettacolo per chi si ritrova impensatamente , come accadde a noi , in una trattoria vasta e rischiarata come un teatro , formata d ' una sala unica , cinta d ' una larghissima galleria , dove si sfamano insieme cinquecento persone , rumoreggiando come una grande assemblea di buon umore . E dopo vien l ' ultima scena della meravigliosa rappresentazione cominciata alle otto della mattina in piazza della Bastiglia : la notte di Parigi . Ritorniamo nel cuore della città . Qui par che faccia giorno daccapo . Non è un ' illuminazione ; è un incendio . I boulevards ardono . Tutto il pian terreno degli edifizi sembra in fuoco . Socchiudendo gli occhi , par di vedere a destra e a sinistra due file di fornaci fiammanti . Le botteghe gettano dei fasci di luce vivissima fino a metà della strada e avvolgono la folla come in una polvere d ' oro . Da tutte le parti piovono raggi e chiarori diffusi che fanno brillare i caratteri dorati e i rivestimenti lucidi delle facciate , come se tutto fosse fosforescente . I chioschi , che si allungano in due file senza fine , rischiarati di dentro , coi loro vetri di mille colori , simili a enormi lanterne chinesi piantate in terra , o a teatrini trasparenti di marionette , danno alla strada l ' aspetto fantastico e puerile d ' una festa orientale I riflessi infiniti dei cristalli , i mille punti luminosi che traspaiono fra i rami degli alberi , le iscrizioni di fuoco che splendono sui frontoni dei teatri , il movimento rapidissimo delle innumerevoli fiammelle delle carrozze , che sembrano miriadi di lucciole mulinate dal vento , le lanterne porporine degli omnibus , le grandi sale ardenti aperte sulla strada , le botteghe che somigliano a cave d ' oro e d ' argento incandescente , le centomila finestre illuminate , gli alberi che paiono accesi ; tutti questi splendori teatrali , frastagliati dalla verzura , che lascia vedere ora sì ora no le illuminazioni lontane , e presenta lo spettacolo ad apparizioni successive ; tutta questa luce rotta , rispecchiata , variopinta , mobilissima , piovuta e saettata , raccolta a torrenti e sparpagliata a stelle e a diamanti , produce la prima volta un ' impressione di cui non si può dare l ' idea . Par di vedere un solo immenso fuoco d ' artifizio , che debba spegnersi improvvisamente , e lasciar tutta la città sepolta nel fumo . Sui marciapiedi non c ' è una riga d ' ombra ; ci si ritroverebbe una spilla . Tutti i visi sono rischiarati . Si vede la propria immagine riflessa da tutte le parti . Si vede tutto , in fondo ai caffè , sino agli ultimi specchi delle sale riposte , incisi dai diamanti delle belle peccatrici . Nella folla abbonda il bel sesso che di giorno pareva sopraffatto e disperso . Gli sguardi languidi e interrogativi s ' incrociano e gareggiano . Davanti a ogni caffè c ' è la platea d ' un teatro , di cui il boulevard è il palcoscenico . Tutti i visi sono rivolti verso la strada . Ed è curioso : fuor che le carrozze , non si sente nessun forte rumore . Si guarda molto e si parla poco , o a bassa voce , come per rispetto al luogo , o perchè la gran luce impone un certo riserbo . V ' è una specie di silenzio signorile . Andate innanzi , innanzi , sempre in mezzo a un incendio , tra una folla immobile e una folla seduta , e vi sembra di passare di salone in salone , in un immenso palazzo scoperto , o per un seguito di vastissimi patios spagnuoli , fra le pompe d ' una veglia , in mezzo a un milione di invitati , senza sapere quando arriverete all ' uscita , se pur c ' è un ' uscita . E intanto , passo passo , arrivate sulla piazza dell ' Opéra . E qui Parigi notturna vi fa uno dei suoi più bei colpi di scena . Avete dinanzi la facciata del Teatro , enorme e spudorata , risplendente di lampade colossali negli intercolonni elegantissimi ; dinanzi alla quale sboccano le vie Auber e Halévy ; a destra la gran fornace del boulevard degli Italiani ; a sinistra il boulevard infocato delle Cappuccine che si prolunga fra i due muri ardenti del boulevard della Maddalena ; e voltandovi , vedete tre grandi vie divergenti che v ' abbagliano come tre abissi luminosi : la via della Pace , tutta smagliante d ' ori e di gioielli , in fondo alla quale si drizza sul cielo stellato la mole nera della colonna Vendôme ; l ' Avenue dell ' Opéra inondata di luce elettrica ; la via Quattro settembre lucente di mille fiammelle ; e sette file continue di carrozze che vengono dai due boulevards e dalle cinque strade , incrociandosi furiosamente sulla piazza , e una folla che accorre e una folla che fugge , sotto una pioggia di luce rossa e di luce bianchissima , diffusa da grandi globi di cristallo spulito , che fan l ' effetto di ghirlande e di corone di lune piene , e colorano gli alberi , gli alti edifizi , la moltitudine , dei riflessi bizzarri e misteriosi della scena finale d ' un ballo fantastico . Qui proprio si prova per qualche momento una sensazione che somiglia a quella dell ' hasciss . Quella rosa di strade sfolgoranti , che conducono al Théâtre français , alle Tuileries , alla Concordia , ai Campi Elisi , che vi portano ciascuna una voce della gran festa di Parigi , che vi chiamano e che v ' attirano da sette parti come le entrate maestose di sette palazzi fatati , vi accendono nel cervello o nelle ossa il furore dei piaceri . Vorreste veder tutto ed esser da per tutto ad un tempo ; a sentire dalla bocca del grande Got l ' efface sublime dei Fourchambault a folleggiare a Mabille , a nuotare nella Senna , a cenare alla Maison dorée ; vorreste volare di palco scenico in palco scenico , di ballo in ballo , di giardino in giardino , di splendore in splendore , e profondere l ' oro , lo champagne e i bons mots , e vivere dieci anni in una notte . Eppure non è questo il più bello spettacolo della notte . Si va innanzi fino alla Maddalena , si svolta in Rue royale , si sbocca in piazza della Concordia , e là si lascia sfuggire la più alta e più allegra esclamazione di meraviglia che strappi Parigi dalle labbra d ' uno straniero . Non c ' è sicuramente un ' altra piazza di città europea dove la grazia , la luce , l ' arte , la natura , s ' aiutino così mirabilmente fra loro per formare uno spettacolo che rapisca l ' immaginazione . A primo aspetto non si raccapezza nulla , nè i confini della piazza , nè le distanze , nè dove si sia , nè che cosa si veda . È uno sterminato teatro aperto , in mezzo a uno sterminato giardino ardente , che fa pensare all ' accampamento illuminato di un esercito di trecento mila uomini . Ma quando si è arrivati nel centro della piazza , ai piedi dell ' obelisco di Sesostri , fra le due fontane monumentali , e si vede a destra , in mezzo ai due grandi edifizii a colonne del Gabriel , la splendida Via reale , chiusa in fondo dalla facciata superba della Maddalena ; a sinistra il ponte della Concordia che sbocca in faccia al palazzo del Corpo legislativo , imbiancato da un torrente di luce elettrica ; dall ' altra parte la vasta macchia bruna dei giardini imperiali , inghirlandati di lumi , in fondo a cui nereggiano le rovine delle Tuilerie ; e dalla parte opposta il viale maestoso dei Campi Elisi , chiuso dall ' arco altissimo della Stella , picchiettato di foco dalle lanterne di diecimila carrozze e fiancheggiato da due boschi sparsi di caffè e di teatri sfolgoranti ; quando s ' abbraccia con un sguardo le rive illuminate della Senna , i giardini , i monumenti , la folla immensa e sparsa che viene dal ponte , dai boulevards , dai boschetti , dai quais , dai teatri , e brulica confusamente da tutti i lati della piazza , in quella luce strana , fra i zampilli e le cascate d ' acqua argentata , in mezzo alle statue , ai candelabri giganteschi , alle colonne rostrali , alla verzura , nell ' aria limpida e odorosa di una bella notte d ' estate ; allora si sente tutta la bellezza di quel luogo unico al mondo , e non si può a meno di gridare : - Ah Parigi ! Maledetta e cara Parigi ! Sirena sfrontata ! È dunque proprio una verità che bisogna fuggirti come una furia o adorarti come una dea ? Di là ci spingemmo ancora nei giardini dei Campi Elisi , a girare fra i teatri a cielo aperto , i chioschi , gli alcazar , i circhi , i concerti , le giostre , per interminabili viali affollati , da cui si sentivano i suoni fragorosi delle orchestre , gli applausi e le risate delle vaste platee trincanti , e le voci in falsetto delle cantatrici di canzonette , delle quali si vedevano a traverso i cespugli le nudità opulente e gli abiti zingareschi , in mezzo allo splendore dei palchi scenici inquadrati fra le piante . E volevamo andare sino in fondo . Ma più s ' andava innanzi , più quel baccanale notturno s ' allargava e s ' allungava ; dietro a ogni gruppo d ' alberi saltava fuori un nuovo teatro e una nuova luminaria , ad ogni svolto di viale ci trovavamo in faccia a una nuova baldoria ; e d ' altra parte il mio buon Giacosa mi domandava grazia da un pezzo , con voce lamentevole , dicendomi che gli occhi gli si chiudevano e che la testa non gli si reggeva più sulle spalle . Allora si ritornò in piazza della Concordia , si restò un momento in contemplazione davanti a quella meraviglia di via di Rivoli , rischiarata per la lunghezza di due miglia come una sala da ballo , e si rientrò a mezzanotte sonata nei boulevards , ancora risplendenti , affollati , rumorosi , allegri come sul far della sera , come se la giornata ardente di Parigi cominciasse allora , come se la grande città avesse ucciso il sonno per sempre e fosse condannata da Dio al supplizio d ' una festa eterna . E di là trasportammo le nostre salme all ' albergo . Ecco come passò il nostro primo giorno a Parigi . UNO SGUARDO ALL ' ESPOSIZIONE La prima volta che entrai nel recinto dell ' Esposizione dalla parte del Trocadero , mi fermai qualche minuto in mezzo al ponte di Jena per cercare una similitudine , che rendesse ai miei lettori futuri un ' immagine fedele di quello spettacolo . E mi venne in mente di paragonare il senso che si prova entrando là dentro , a quello che si proverebbe capitando in una gran piazza dove da una parte sonassero le orchestre del Nouvel - Opéra e dell ' Opéra - Comique , dall ' altra le bande di dieci reggimenti , e nel mezzo tutti gli strumenti musicali della terra , dal nuovo pianoforte a doppia tastiera rovesciata fino al corno e al tamburino dei selvaggi , accompagnati dai trilli in falsetto di mille soprani da cafè chantant , dallo strepito d ' una grandine di petardi e dal rimbombo lontano del cannone . Non è una similitudine da Antologia ; ma dà un ' idea della cosa . Infatti , arrivando sul ponte di Jena , si sente il bisogno di chiuder gli occhi per qualche momento , come arrivando su quella piazza si sentirebbe il bisogno di tapparsi le orecchie . Si resta nello stesso tempo meravigliati , stizziti , confusi e esilarati ; che so io ? - incerti fra l ' applauso e la scrollata di spalle , fra l ' ammirazione e la delusione ; in una di quelle incertezze in cui , per solito , dopo aver lungamente meditato , si prende la risoluzione di accendere il sigaro . Figuratevi , da una parte , sopra un ' altura , quell ' enorme spacconata architettonica del palazzo del Trocadero , con una cupola più alta di quella di San Pietro , fiancheggiata da due torri che arieggiano il campanile , il minareto ed il faro ; con quella pancia odiosa e quelle due grandi ali graziosissime , colle sue cento colonnine greche , coi suoi padiglioni moreschi , coi suoi archi bizantini ; colorito e decorato come una reggia indiana , da cui precipita un torrente d ' acqua in mezzo a una corona di statue dorate : - un arco d ' anfiteatro immenso che corona l ' orizzonte e schiaccia intorno a sè tutte le altezze . Dalla parte opposta , a una grande distanza , rappresentatevi quell ' altro smisurato edificio di vetro e di ferro , dipinto , stemmato , dorato , imbandierato , scintillante , coi suoi tre grandi padiglioni trasparenti , colle sue statue colossali , colle sue sessanta porte , maestoso come un tempio e leggiero come una sola immensa tenda d ' un popolo vagabondo . Fra questi due enormi edifizi teatrali , raffiguratevi quel gran fiume e quel gran ponte ; e a destra e a sinistra del fiume , un labirinto indescrivibile d ' orti e di giardini , di roccie e di laghi , di salite , di discese , di grotte , d ' acquarii , di fontane , di scali , di viali fiancheggiati da statue : una miniatura di mondo ; una pianura e un ' altura su cui ogni popolo della terra ha deposto il suo balocco ; un presepio internazionale , popolato di botteghe e di caffè africani ed asiatici , di villini , di musei e d ' officine , in mezzo alle quali una piccola città barbaresca alza i suoi minareti bianchi e le sue cupole verdi , e i tetti chinesi , i chioschi di Siam , le terrazze persiane , i bazar di Egitto e del Marocco , e innumerevoli edifizi di pietra , di marmo , di legno , di vetro , di ferro , di tutti i paesi , di tutte le forme e di tutti i colori , sorgono l ' uno accanto all ' altro e l ' un sull ' altro , formando come un modellino di città cosmopolita , fabbricata , per esperimento , dentro a un gran giardino botanico , per esser poi rifatta più grande . Rappresentatevi questo spettacolo e la popolazione stranissima di venditori e di guardiani che lo anima : tutti quei neri ambigui , quegli arabi impariginati , quell ' orientalume ritinto , quell ' Africa da comparsa , quell ' Asia da camera ottica , tutta quella barbarie ripulita , inverniciata e messa in vetrina col nastrino rosso al collo ; e quell ' inesauribile folla nera di curiosi che girano lentamente , coll ' andatura stracca e gli occhi languidi , guardando da tutte le parti senza saper dove battere il capo .... Ebbene ? Che cosa dirne ? Non ci manca che il teatrino di Guignol . È un grande Broeck assai più bello , senza dubbio , e più svariato di quello d ' Olanda ; una bella enciclopedia figurata per i ragazzi studiosi : proprio da far domandare se è da vendere prima che il 1879 butti in aria ogni cosa con un gran colpo di scopa ; uno spettacolo unico al mondo , veramente ; immenso , splendido e bruttino , che innamora . Il primo senso schietto di meraviglia si prova entrando nel vestibolo del palazzo del Campo di Marte . Par d ' entrare in una enorme navata di cattedrale scintillante d ' oro e innondata di luce . È più lungo d ' un terzo della navata maggiore di San Pietro , e l ' Arco della Stella potrebbe ripararsi sotto le volte dei suoi padiglioni senza urtarvi la fronte . Qui si comincia a sentire il ronzio profondo della folla di dentro , che somiglia a quello d ' una città in festa . La gente si aggruppa intorno alla statua equestre di Carlo Magno , davanti al tempietto classico delle porcellane di Sévres , ai piedi dell ' altissimo trofeo del Canadà , che s ' innalza all ' estremità del vestibolo come un ' antica torre d ' assedio , e una doppia processione sale e scende per le scale di quel bizzarro palazzo indiano , sostenuto da cento colonnine e coronato da dieci cupole , nel quale bisogna entrare assolutamente per accertarsi che non c ' è una nidiata di principessine dell ' Indostan da rapire . Un gruppo di curiosi affascinati circonda la vetrina dei diamanti reali d ' Inghilterra , fra i quali scintilla sopra un diadema il Kandevassy famoso , del valore di tre milioni di lire , abbagliante e perfido come la pupilla fissa d ' una fata , che nello stesso punto vi arda il cuore e vi danni l ' anima . Ma tutto è oscurato dai tesori favolosi delle Indie , da quel monte di armature , di coppe , di vassoi , di selle , di tappeti , di narghilè , sfolgoranti d ' oro , d ' argento e di gemme , che fan pensare alle ricchezze d ' una di quelle regine insensate delle leggende arabe , dai capricci immensi e inesorabili , che stancano le bacchette onnipotenti dei genii . E veramente quando si pensa che son tutti doni spontanei di principi o di popoli , ci si crede , senz ' alcun dubbio ; ma si guarda intorno involontariamente , con una vaga idea di trovar là , a ' piedi della statua equestre del principe di Galles , tutti i donatori scamiciati e legati . E si pensa pure , qualche volta , se in tutto quel tratto di vestibolo pieno di tesori , compreso fra il palazzo indiano e la statua del principe , accatastandoli bene dal pavimento alla volta , pigiandoli , non lasciandoci nemmeno un piccolissimo vano , ci starebbe la metà degli scheletri dei morti di fame nelle Indie al tempo dell ' ultima carestia . Dato uno sguardo al vestibolo , m ' affacciai subito con viva curiosità alla porta interna che dà sulla via delle nazioni Sì , è un po ' una cosa da teatrino , ma bella ; un grazioso scherzo combinato da venti popoli , ingegnosamente ; mezzo mondo veduto di scorcio ; la via d ' una grande città di là da venire , in un tempo di fratellanza universale , quando saranno sparite le patrie . A primo aspetto non sembra che una splendida bizzarria , e si pensa che il mondo ha avuto un quarto d ' ora di buon umore . Tutta quella linea così mattamente spezzettata di tetti acutissimi , di torricciuole gotiche , di chioschetti e di campanili , di guglie e di piramidi , quella fuga di facciate di colori vivissimi , lucenti di mosaici e di dorature , ornate di stemmi , decorate di statue , coronate di bandierine che s ' aprono in colonnati ed in portici e sporgono in terrazze a balaustri , in balconi vetrati , in loggie aeree , in scale esterne e in gradinate , fra aiuole di fiori e zampilli di fontane ; quella fila di villini , di reggie , di chiostri , di palazzine , dei quali non si riconosce subito nè la nazionalità nè lo stile , non destano da principio che un senso di confusione piacevole , come il frastuono allegro d ' una festa . Ma dopo la prima corsa , quando si son riconosciuti gli edifizi , lo spettacolo muta significato . Allora da ognuna di quelle facciate esce un ' idea , l ' espressione di un sentimento diverso della vita , e come un soffio d ' aria d ' un altro cielo e d ' un altro secolo , che bisbiglia nomi d ' imperatori e di poeti , e porta il suono di musiche lontane , piene di pensieri e di memorie . E fanno una impressione strana tutti quei belli edifizi muti e senza vita . Pure che dentro vi si prepari qualche cosa , e che al sonare di mezzogiorno , come da tante cassette di orologi , debbano affacciarsi improvvisamente a tutte quelle finestre e a tutte quelle porte , e correre lungo le balaustrate , castellani inglesi e borgomastri fiamminghi , girolamiti del Portogallo e sacerdoti dell ' Elefante bianco , mandarini e sultane , e ateniesi del tempo di Pericle e gentildonne italiane del quattordicesimo secolo , e fatte le loro riverenze automatiche , rientrare alla battuta dell ' ultim ' ora . La via è lunghissima . Stando a metà si vede appena in fondo , confusamente , la facciata rossa e bianca dei Paesi Bassi e la ricchissima porta claustrale del Portogallo , accanto alla quale i piccoli Stati africani ed asiatici aggruppano le loro bizzarre architetture variopinte , schiacciate dall ' edifizio elegante ed altiero dell ' America del Sud . Più in qua signoreggia il palazzo del Belgio , severo e magnifico , colle sue belle colonne di marmo scuro , dai capitelli dorati ; e fra il Belgio aristocratico e la Danimarca pensierosa , fa capolino timidamente , come una prigioniera , la piccola Grecia bianca e gentile . Alcune facciate par che abbiano un senso politico . La Svizzera slancia innanzi bruscamente , con una specie d ' insolenza democratica , il suo enorme tetto bernese accanto alla mole giallastra della santa Russia , che affetta la superbia minacciosa d ' un castello imperiale . Fra il lungo porticato austriaco e la faccia nera e fantastica della China , s ' alza la Spagna arabescata e dorata dei Califfi ; e fanno uno strano senso , dopo le due casette semplici e quasi melanconiche della Scandinavia , le arcate teatrali d ' Italia , messe in rilievo dalle tende purpuree ; dietro alle quali salta fuori inaspettatamente la facciata rustica del Giappone colle sue grandi carte geografiche piene di pretensione scolaresca . E finalmente , più vicino all ' entrata , dan nell ' occhio gli Stati Uniti sdegnosi , che non vollero prender parte alla gara , contentandosi di esporre fieramente i loro cinquanta stemmi repubblicani sopra una piccola casa bianca e vetrata , accanto alla quale s ' alzano i cinque edifizi graziosi dell ' Inghilterra . Una folla di stranieri che vanno e vengono , tutti col viso rivolto dalla stessa parte , cercando curiosamente l ' immagine della patria , e riconoscendola con un sorriso , dà a questa strana via un aspetto amabile d ' allegrezza , e come un ' aria di pace e di cortesia , che mette il desiderio di distribuire strette di mano da tutte le parti , e di fondare un giornaletto settimanale per intimare il disarmo dell ' Europa . Per prima cosa entrai nell ' immenso palazzo coperto delle « sezioni straniere » e mi trovai in mezzo al magnifico disordine dell ' Esposizione d ' Inghilterra . Qui la prima idea che passa per il capo è di voltar le spalle e di tornarsene a casa . Il primo giorno si passa fra tutte quelle meraviglie inglesi con una indifferenza di cretini . Si gira per un pezzo in mezzo ai cristallami purissimi , alle ceramiche , alle orerie , ai mobili , a oggetti d ' arte improntati delle ispirazioni di tutti i tempi o di tutti i popoli ; frutti dell ' ingegno e della pazienza , che riuniscono la bellezza e l ' utile , e accusano il lusso severo d ' un ' aristocrazia straricca e fedele alle sue tradizioni , e l ' osservazione variatissima di un popolo sparso per tutta la terra ; e qui si sente l ' aria delle grandi officine di Manchester , là si vive un istante in un castello delle rive del Tamigi , più in là spira la poesia intima e quieta dell ' home modesto , che aspetta la fortuna dal navigatore lontano . Si passa fra le grandi alghe marine del Capo di Buona Speranza , fra i canguri e gli eucalipti di Victoria e della Nuova Galles , fra i minerali di Queensland , fra i gioielli bizzarri dell ' Australia del Sud , tra un ' esposizione interminabile di flore , di faune , di industrie e di costumi di tutte le colonie dell ' immenso regno , e non s ' è ancora arrivati in fondo che s ' è già fatto cento volte col pensiero il giro del globo , e s ' è sazii . Ma ogni cambiamento di « sezione » fa l ' effetto di una rinfrescata alla fronte . Cento passi più in là , è un altro mondo . Vi trovate improvvisamente davanti a uno spettacolo nuovissimo . È da ogni parte un sollevarsi e un abbassarsi di letti chirurgici , un allargarsi e un restringersi di sedie , che sembravan vive , per le operazioni oculistiche ; un girar di tavole anatomiche , un aprirsi di dentiere , un alzarsi di ferri minacciosi e feroci , uno scricchiolio e uno scintillamento che mette freddo nelle ossa . Non c ' è bisogno di chiedere in che parte del mondo ci si trovi . L ' oreficeria solida , i vasi enormi d ' argento , gli orologi dei minatori della California , i trofei delle ascie di Boston , i congegni elettrici , le carte monetate , le vetrine irte di ferro e le mitragliatrici formidabili ; una certa fierezza poderosa e rude di cose utili , annunzia l ' esposizione degli Stati Uniti , non so se rallegrata o rattristata da una musica fragorosa d ' organi , d ' armonium e di pianoforti , la quale seconda mirabilmente le divagazioni della fantasia in mezzo ai mille oggetti che ricordano le lotte e i lavori immani dei coloni nelle solitudini del nuovo mondo . Ma un nuovo spettacolo cancella subito questa impressione violenta , La ricchezza dei legni scolpiti delle vetrine annunzia il paese delle grandi foreste , e mille immagini rammentano la dolce tristezza dei bei laghi coronati di montagne irte di pini e bianche di neve . In mezzo ai prodotti delle miniere di Falum e ai blocchi di nikel , si alzano i trofei di pelliccie , circondati di teste d ' orsi , di lontre e di castori ; le stufe colossali , le piramidi nere di bottiglie sferiche , i pattini , i cordami , e i grandi mucchi di fiammiferi svedesi ; ai quali succedono le ceramiche in cui brilla un riflesso pallido dei mari boreali , e i mille oggetti scolpiti dai contadini norvegi nelle veglie interminabili delle notti d ' inverno . Immagini e colori che presentano tutti insieme un gran quadro malinconico , nel quale matte appena un sorriso la bianchezza argentea delle filigrane di Cristiania , come uno spiraglio sereno in un cielo rannuvolato . Lo spiraglio però s ' allarga improvvisamente all ' uscire dalle sale della Scandinavia , e alle brume boreali succede in un batter d ' occhio l ' ampio sereno immacolato di un cielo primaverile ; un popolo di statue candide , uno sfolgorìo diffuso di cristalli , un luccichio di sete e di musaici , un riso di colori e di forme , davanti a cui tutti i visi si rischiarano , tutti i cuori s ' allargano , e tutte le bocche dicono : - Italia - prima che gli occhi ne abbiano letto l ' annunzio . È un vero colpo di scena , al quale segue immediatamente un altro non meno meraviglioso . Passate la soglia d ' una porta : avete fatto un viaggio di mare di due mesi . Siete in un altro emisfero . Vi trovate dinanzi a un ideale artistico nuovo , che urta e scompiglia violentemente tutte le immagini che vi si sono affollate nel capo fino a quel punto ; in mezzo a visi esotici , a oggetti strani , a combinazioni inaspettate di colori , a prodotti bizzarri d ' industrie enigmatiche , che mandano profumi sconosciuti , e destano a poco a poco , oltre la curiosità , un ' ammirazione accresciuta di non so che simpatia intima , come di natura . È il Giappone , la Francia dell ' Asia , che espone i suoi vasi colossali dipinti su fondo d ' oro , i salotti arredati di mobili di porcellana , i quadri di seta ricamati a uccelli e a fiorami , le intarsiature d ' avorio , di lacca e di bronzo , e mille piccole meraviglie innominabili ; e in ogni cosa quella nitidezza cristallina , quella perfezione disperata delle minuzie , quella finezza aristocratica di colori , quell ' ingenuità gentile d ' immaginazione femminea , che è l ' impronta propria e indimenticabile dell ' arte sua . Il Giappone prepara alla China ; ma è in ogni modo un gran salto . Alla musica dei colori succede il tumulto , al grazioso il grottesco , al finito il tormentato , alla varietà la confusione , al capriccio la follia . Al primo entrare , la vista rimane offesa . In mezzo ai mobili di mille forme sconosciute , di legno di rosa o di legno di ferro , intarsiati di avorio o di madreperla , cesellati con una pazienza prodigiosa , si rizzano i baldacchini purpurei , i paraventi dipinti di giardini misteriosi , i parafuochi ricamati di farfalle argentee e di uccelli dorati , le pagode a sette piani coperte di chimere e di mostri , i chioschi snelli dai tetti arrovesciati e frangiati , su cui spenzolano dalla vôlta le enormi lanterne fantastiche , simili a tempietti aerei d ' oro e di corallo , fra le pareti coperte di grandi stendardi di seta gialla ornati di caratteri cabalistici di velluto nero ; dai quali , abbassando lo sguardo , si ritrovano le portantine delle dame , i bottoni dei mandarini , le scarpette ricurve , le pipe da oppio , le bacchettine da riso , i bizzarri strumenti di musica , e immagini della vita chinese d ' ogni tempo e d ' ogni ceto , che appagano cento curiosità , svegliandone mille , e metton la testa in tumulto . Ah ! come si riposa l ' occhio e la mente uscendo dalla porta rossa di Pekino ! Par di tornare nella propria patria , in mezzo ai fratelli e agli amici . Siviglia canta , Granata sorride , Barcellona lavora . Alla prima occhiata riconosco le mie belle amiche dei venticinque anni . Ecco la chitarra di Figaro , ecco i pugnali di Toledo , ecco le mantiglie insidiose , le scarpettine calamitate , i ventagli che parlano , i bustini che fanno scattare le braccia , le stoffe pittoresche della Catalogna e dell ' Andalusia , e i vasi moreschi , e i ricami di seta dei chiostri antichi , e gli svelti fantaccini di Espartero e di Prim , che drizzano i loro graziosi cappelletti alla Ros in mezzo ai cannoni che fulmineranno il terzo esercito di don Carlos . Ma è una visione fuggitiva . Passano i Pirenei , passano le Alpi ; uno scintillio diffuso di cristallami , che mandano riflessi di tutti i metalli e di tutte le perle , fra cui brilla da ogni parte il widerkomme verde , stemmato e coronato , annunzia la Boemia . Si va innanzi fra la mostra splendida dell ' orologeria viennese e i ricchi mobili improntati del gusto del cinquecento e del gusto nuovissimo , sposati graziosamente ; a traverso a un museo di pipe splendide , in mezzo a mucchi di saponi del Danubio , dell ' apparenza di formaggi e di frutti , fra i tessuti di vetro e i prodotti delle miniere d ' Ungheria , che mostra la novità preziosa del suo opale nero ; e poi .... dove si riesce ? Siamo nell ' estremo settentrione o nell ' estremo oriente ? Si può credere l ' uno e l ' altro . Son due spettacoli in uno . Di qua , le pietre preziose della Siberia , i grandi blocchi di malachite dell ' Ural , gli orsi bianchi , e la volpe azzurra , le stufe enormi , le stoffe porporine di Mosca , mille scene dipinte della vita russa , intima e grave , e saggi ingegnosi di nuovi metodi d ' insegnamento , che rivelano una cultura fiorente ; di là , i vestiarii briganteschi e splendidi del Caucaso , i pugnali e i gioielli barbarici , e un barlume del cielo di Tartaria e un riflesso del sole di Persia ; e poi l ' oreficeria e la ceramica dall ' impronta bizantina , fra cui brillano i grandi piatti di mosaico a fondo d ' oro , nuova gloria di Mosca : una esposizione varia e tumultuosa che conduce il pensiero a salti , d ' oggetto in oggetto , dalle rive della Vistola alla muraglia della China , e lascia quasi sgomenti dinanzi all ' immagine dell ' Impero smisurato e deforme . Improvvisamente un alito d ' aria montanina vi porta una vaga fragranza d ' Italia , e vi ritrovate in mezzo a mille cose e a mille colori famigliari al vostro sguardo . La Svizzera c ' è tutta , verde , fresca , nevosa , vigorosa , ricca e contenta . Ginevra ha mandato i suoi orologi , Neufchâtel i suoi gioielli , Choume le sue maioliche , Glaris le sue indiane , Zurigo le sue sete , Interlaken le sue sculture , Vevey i suoi sigari , e San Gallo e Appenzel hanno riempito una vasta sala dei loro ricami insuperabili , davanti a cui s ' accalca una folla meravigliata . Ma di qui s ' intravvede già , nelle sale vicine , l ' arte e la splendidezza d ' un popolo più fine e più opulento . Qui decorazioni d ' appartamenti principeschi , pulpiti e seggioloni di cori , prodigiosamente scolpiti , che si riflettono nei palchetti intarsiati e negli specchi colossali , in mezzo ai bronzi e ai pianoforti ; e una ceramica superba che riproduce i grandi capolavori della pittura nazionale . Le trine di Malines riempiono della loro grazia aerea ed aristocratica una sala affollata di signore che gettan lampi dagli occhi . Dalle pareti pendon le tappezzerie istoriate d ' Ingelmunter , le belle armi di Lièges , vicino alle sculture in legno di Spa e ai prodotti metallurgici della Vecchia montagna ; dopo i quali si può prendere un po ' di respiro in un gabinetto di Re Leopoldo , scolpito in legno di quercia , che fa sinceramente desiderare , per un ' oretta al giorno , la corona del Belgio . E poi un contrasto curiosissimo : le esposizioni di due paesi profondamente diversi , che par che si guardino l ' un l ' altro , stupiti di trovarsi di fronte . Figuratevi da una parte le pelli degli orsi bianchi uccisi dai navigatori danesi in mezzo ai ghiacci polari , dall ' altra i tappeti fatti a mano dalle belle fanciulle brune nei villaggi irradiati del Peloponneso ; di qui i legni della foresta di Dodona , di là gli zoccoli delle grosse contadine di Fionia ; a destra i marmi delle miniere del Laurium , che rammentano le glorie dello scalpello antico ; a sinistra le reti dei pescatori del Baltico , che fanno sentire nella mente echi lontani di canzoni pie e melanconiche ; e dirimpetto alle immagini degli oggetti ritrovati negli scavi delle terre famose , di fronte alla poesia delle rovine immortali e delle ceneri glorificate dal mondo , i visi pacati , i costumi semplici , le feste patriarcali di un popolo grave e paziente , industrioso ed economo , che ispira l ' amore del lavoro tranquillo e della vita oscura e raccolta . Di là dalla Danimarca , s ' apre un nuovo infinito orizzonte , dinanzi al quale il visitatore si arresta , e gli balenano alla mente i pampas sterminati , le tempeste di sabbia , i nembi di cavallette , gli armenti innumerevoli , i viali deserti fiancheggiati da monumenti titanici di pietra , e le foreste senza fine e le immense valli solitarie su cui sorge appena l ' aurora della vita umana , e qua e là , dietro un velo di nebbia , faccie mostruose e stupefatte , di Incas , che tendon l ' orecchio agli squilli vittoriosi della civiltà che s ' avanza . Qui è un labirinto di sale e di gallerie , che vi conducono dal Perù all ' Uraguay , dall ' Uraguay a Venezuela , a Nicaragua , al Messico , a San Salvador ad Haiti , alla Bolivia , tra i mobili di Buenos Ayres e gli abbigliamenti delle signore di Lima , fra i cappelli di foglie di sen , le stoffe d ' alpaga e i tappeti di lama , in mezzo alle canne di zucchero , ai bambù , alle liane , alle scaglie di coccodrillo , agl ' idoli informi , alle memorie dei primi conquistatori ; fin che il quadro selvaggio e grandioso , che vi riempie di pensieri solenni , s ' interrompe bruscamente fra i mille colori ridenti e i mille ninnoli puerili d ' un bazar musulmano , da cui , fra due pesanti cortine , s ' intravvedono le pareti misteriose d ' un arem . Eccovi a Tunisi . E oramai , per un pezzo , non uscirete dai paesi « prediletti dal sole » . Ecco le graziose decorazioni moresche dell ' impero dei Sceriffi , accanto al quale la Persia mostra i suoi tappeti regali e le sue ricche armi damascate . Poi un piccolo gruppo di paesi semifavolosi , e un visibilio di cose indescrivibili , che mi par di aver viste sognando : Annam coi suoi mobili grotteschi e coi suoi ventagli incredibili ; Bankok coi suoi strumenti d ' una musica dell ' altro mondo e colle maschere mostruose dei suoi attori drammatici ; Cambodge .... Ah ! è bravo chi si ricorda di Cambodge . E dopo la favola vien la barzelletta , gli stati putti , i nani della festa , che si rizzano l ' uno sulle spalle dell ' altro , in Via delle nazioni , per parer di statura : Monaco che offre una tavola , Lussemburgo che mostra dei banchi di scuola , Andorre che presenta le sue leggi , San Marino che fa vedere una macchinetta . Qui l ' Esposizione volge un poco all ' ameno . Ma si ripiglia immediatamente , ricca e severa , colle arcate del chiosco di Belem e colle mura dell ' abbazia di Bathala , fra i modelli dell ' antica architettura portoghese sopravvissuta al terremoto famoso , negli splendidi vasi moreschi , nelle sculture in legno , nelle belle stuoie di Lisbona e nelle innumerevoli figurine d ' argilla dipinte , che rivelano tipi , foggie e costumi , e vi fanno vivere un ' ora nella città di Camoens in via do Chiado a al paseio don Pedro de Alcantara , in mezzo ai fidalgos , ai marinai , ai toreros , e ai tagliacantoni inferraiolati e alle belle ragazze brune del Bairro alto . E finalmente lo spettacolo cambia per l ' ultima volta . Si rientra nella nebbia del settentrione in mezzo a un popolo ben coperto e ben pasciuto , che trinca , fuma e lavora , col corpo e coll ' anima in pace , e qui si ritrovano le sue dighe e i suoi canali , le sue stanzine piene di comodi , le sue grosse massaie , le sue tavole apparecchiate , i mercati e le scuole , i ponti e le slitte : tutta l ' Olanda , umida e grigia , nella quale termina il mondo e la visione faticosa svanisce . Usciti di qui , è bene scappare , se si può , a prender le doccie nella più vicina casa di bagni , e poi si ritorna per vedere « la sezione francese . » Fatto il conto , è una passeggiata di ottomila passi . Son circa duecento sale , varie di colore e di gradazione di luce , ma quasi tutte rischiarate da una luce soave , in cui l ' occhio si riposa . Ora par d ' essere in una reggia , ora in un museo , ora in una chiesa , ora in un ' Accademia . La Francia si prese , in spazio , la parte del leone ; ma seppe mostrarsene degna . Una delle mostre più belle è quella dei cristallami , in una vastissima sala bianca e azzurrina , che attira gli sguardi da tutte le parti . È una foresta di cristallo inondata di luce , un palazzo di ghiaccio traforato e niellato , tutto trasparenza e leggerezza , nel quale brillano i colori di tutti i fiori e di tutte le conchiglie , e lampeggia l ' oro e l ' argento , fra un barbaglio diffuso di scintille diamantine e un ' incrociamento d ' iridi infinite , che fa socchiudere gli occhi . Lascio ad altri la descrizione dei grandi lampadarii dalle miriadi di prismi , dei candelabri e dei vasi cesellati , delle bottiglie e delle tazze elegantissime color di cielo , di sangue e di neve , delle imitazioni di Murano del Baccarat o dei famosi vetri , smaltati del Broccard . Io mi ristringo ad esprimere una matta ammirazione per la leggerezza miracolosa dei servizi da tavola di Clichy , fabbricati proprio per un banchetto di regine di diciott ' anni , bionde e sottili come creature d ' un sogno . Ah ! detesto il grosso banchiere che metterà quella grazia davanti ai suoi grossi amici della Borsa , sulla mensa del giorno di Natale ! I tesori più preziosi dell ' Esposizione son quasi tutti là presso . Fatti pochi passi , si arriva nello scompartimento dei gioielli , che è un solo enorme scrigno , che contiene ottanta milioni di lire in perle e in diamanti ; pieno di rarità bizzarre e di lavori meravigliosamente delicati , da far desiderare a un osservatore onesto d ' aver le mani legate ; e nelle sale dell ' oreficeria , in mezzo ai vasi e alle statuette da salotti reali , alle posate d ' oro , agli altari sfolgoranti , a mille piccoli capolavori da grandi borse che metterebbero il furore del lusso casalingo in un Arabo del deserto . Arrivati là s ' è chiamati in un ' altra parte da una musica strana . È un gran numero di uccelli meccanici , che fischiano , pigolano e trillano , aprendo il becco e dimenando graziosamente la testa e la coda , per annunziare l ' esposizione dell ' orologeria ; nella quale son raccolti i più bei lavori dei quarantamila operai di Besançon , dagli orologi microscopici che si possono spedire alla fidanzata nella busta d ' una lettera , ai macchinoni che vi suonano a festa l ' ora dei dolci appuntamenti coi rintocchi d ' una campana da cattedrale . Quasi tutti gli scompartimenti sono preannunziati da qualche cosa . Arrivati a un certo punto , sentite un fracasso Indemoniato d ' organi , di clarini , di violoncelli , di trombe , che sembra un ' orchestra di pazzi : è l ' esposizione degli strumenti di musica . Passate per le sale delle tappezzerie e dei tappeti , decorate di nero : a un tratto un ' aria infocata vi soffia nel viso , la decorazione si fa rossa di fiamma , vi ritrovate in mezzo ai forni , ai fornelli , ai cammini , alle cucine a gaz , alle lampade fotoelettriche , ai caloriferi e alle stufe che allungano in tutte le direzioni le loro gigantesche braccia nere , e danno alla sala l ' aspetto cupo d ' un ' officina . Ma qui vi sentite già dare al capo un misto di profumi femminei , che vi mettono in ribollimento l ' immaginazione , e un passo più là siete nell ' esposizione seducente delle profumerie , splendida di mille colori , dove , chiudendo gli occhi , sognate in un minuto secondo tutti i peccati mortali di Parigi , Questi contrasti son frequentissimi . Girate , per esempio , nello scompartimento del così detto article de Paris , pieno di cofanetti , di pettini , di canestrini , di scrignetti , d ' infiniti ninnoli graziosi e preziosi , che esprimono tutte le più raffinate mollezze della vita signorile , e già vi sentite come viziati da mille desiderii da bellimbusto e da donnetta : ecco tutt ' a un tratto una raffica brutale di vento oceanico e un coro di voci rudi e sinistre , che vi dà una scossa alle fibre . Siete entrati in una vasta sala decorata selvaggiamente di reti e di cordami enormi , in mezzo ai prodotti delle colonie francesi , tra le lancie e le freccie , tra gli uccelli strani e i feticci mostruosi , tra i bambù della Martinica e i piedi d ' elefante della Cocincina ; tra i vegetali del Senegal e i lavori dei deportati della Nuova Caledonia ; tra mille cose che vi raccontano storie di fatiche , di dolori e di pericoli , da cui uscite pensierosi e ritemperati . Di qui ritornate nella civiltà , fra le meraviglie della ceramica , in una sala che presenta l ' aspetto di una galleria di quadri ; nella quale si vedono gli appassionati senza quattrini cogli occhi fuor della testa . Qui c ' è la varietà e la ricchezza d ' un industria fiorente , piena di speranze e d ' ardimenti , a cui sorride la fortuna : imitazioni dell ' antico , tradizioni ringiovanite , vittorie nuove dell ' arte , come lo smalto a fondo d ' oro e il rosso ottenuto mirabilmente ; busti e statue , paesaggi , figurine , fiori , ritratti , d ' un colorito fresco e possente , che paiono pitture ad olio ; le pareti coperte di terre cotte , di porcellane , di lave smaltate , di cammini altissimi , e d ' ogni sorta di decorazioni colossali , che promettono alla nuova ceramica uno splendido avvenire di conquiste sull ' architettura ; già incominciate , di fatto , nel palazzo stesso dell ' Esposizione . Poi vengono le regioni che s ' attraversano di corsa ; selve di lame sguainate e irte , e file di sale in cui non son che fili e tessuti ; dove grazie alla solitudine , potete prendere l ' andatura libera del viandante dalle ossa rotte . Improvvisamente vi fermate davanti alla magnificenza delle sete : sete di tutti i colori e di tutti i disegni , antiche e nuove , fra cui risplendono quelle ricamate d ' oro e d ' argento , che piglieranno la via dell ' Oriente , per esser tagliate in caffettani e in calzoncini per le belle donne degli arem . Qui , per le signore , comincia il regno della tentazione . Le più riserbate non riescono a padroneggiarsi . È una cosa amenissima vedere gli sguardi languidi , sentire i sospiri amorosi e le esclamazioni irresistibili di meraviglia , che suonano dinanzi a quelle vetrine . S ' entra nelle sale delle trine , dove c ' è il lavoro di cinquecento mila mani di donna ; veli e gale da imperatrici , che si manderebbero in aria con un soffio , quadri di pizzo pieni di figurine aeree , ombrellini e ventagli che paion fatti di ragnateli , e ricami di fata , vere pitture dell ' ago , che farebbero domandare su due piedi , come un re delle Mille e una notte , la mano della ricamatrice incognita , a rischio di legarsi a un rosticcio . Poi si capita in un giardino d ' Andalusia nei primi giorni di maggio , in mezzo alle penne e ai fiori ; e di là fra i vestimenti dei due sessi , da cacciatore e da amazzone , da ballo , da bagno , da nozze , da morte , pei ministri , per le commedianti e pei putti ; meraviglie d ' eleganza e di gusto , dinanzi a cui si vedono dei sarti di provincia immobili , in atto di profondo scoraggiamento . Qui c ' è un ' alcova misteriosa , tutta bianca , azzurrina e rosea , rischiarata da una luce languidissima , in cui vi sloghereste le braccia a abbracciare , tanti e così gentili e così provocanti sono i bustini da verginelle , da matrone , da belle trentenni nervose e da maschiette cresciute tutt ' a un tratto , che vi svelano i più preziosi segreti della bellezza femminile d ' ogni età e d ' ogni complessione . Di là si ritorna fra i ventagli dipinti da artisti celebri che fanno fresco al viso e al pensiero con paesaggi deliziosi delle Alpi e del Reno ; poi in un bazar di calzature che rivende quelle di Stambul , dove potete passare un ' ora piacevole a calzare piedini immaginarii di principesse circasse e di marchesine spagnuole ; poi fra gli scialli dorati della Compagnia delle Indie ; poi nelle sale degli oggetti da viaggio e da accampamento , che fanno ribollire il sangue dei vagabondi ; poi nell ' esposizione dei giocattoli ; dove tutto move , strepita , salta , canta , tintinna , da far disperare tutti i bebés dell ' universo . Ma è la profusione delle cose che sgomenta . Entrate fra le bretelle : c ' è da imbretellare tutti i giubilati d ' Italia ; tra i legacci : ce ne sono da provvedere tutti gli innamorati della Frisia per i loro regali di nozze . Così nella galleria lunghissima delle arti liberali , decorata con una semplicità severa , dalla sala delle missioni giù giù fra le biblioteche e le mappe , fra gli strumenti chirurgici e i modelli anatomici , dove s ' arrestano pochi visitatori silenziosi , che meditano e notano . Qui c ' è la splendida esposizione libraria della Francia , prima fra tutte , dove gli editori espongono sulle pareti , come titoli di nobiltà , gli elenchi interminabili degli autori illustri a cui prestarono i tipi : una collezione di gioielli del Plon , del Didot , del Jouvet , dell ' Hachette , che annunzia al mondo il connubio desiderato e glorioso del genio dell ' Ariosto e dell ' ispirazione del Dorè ; e le legature delicate e magnifiche del Rossigneux , dinanzi a cui la mano si slancia prima al portamonete , e poi si alza a dare una grattatina rassegnata alla barba . E via , a traverso all ' esposizione brillante delle armi , nelle sale della scultura dei metalli , che è un vasto museo d ' orologi monumentali di bronzo , di statue d ' argento di grandezza umana , di candelabri , di lampade e di lanterne da vestiboli di reggia ; a cui tien dietro , in una doppia fila senza fine di saloni aperti come teatri , la mostra meravigliosa del mobilio , nella quale s ' alternano colle bizzarrie graziose della moda le forme correttamente eleganti del rinascimento ; dopo di che non resta che la galleria dei prodotti . Ci avete però un quarto d ' ora di cammino fra i lavori ciclopici dell ' industria metallurgica , fra migliaia di tubi enormi che presentan l ' aspetto delle pareti d ' una grotta di basalto , a traverso a foreste di ferro e di rame , in mezzo alle opere innumerevoli della galvanoplastica , fra cui torreggia il vaso colossale del Dorè ; e via via , il museo statuario del Cristophle , una montagna di pelliccie , una selva di penne , un palazzo di corallo , e i prodotti chimici , e le pelli , e che so io ? Verso la fine la stessa stanchezza vi mette le ali ai piedi , le sale fuggono , gli oggetti si confondono ; se ci fosse un treno di strada ferrata , pigliereste il treno ; e quando arrivate in fondo , dareste la testa per uno scudo , ma proprio colla sicurezza di fare un buonissimo affare . Facciamo un sonnellino sopra uno dei mille divani del Campo di Marte e poi ritorniamo nel mare magno . Io esprimo le mie impressioni del primo giorno , semplicemente . Ebbene , ciò che mi fece più meraviglia non sono le cose esposte ; è l ' arte dell ' esposizione . Qui davvero bisogna ammirare l ' inesauribile fecondità dell ' immaginazione umana . L ' esposizione dei mezzi d ' esposizione sarebbe per sè sola una cosa da sbalordire . Figuratevi dei grandi chioschi di legno scolpiti , leggieri che paiono di carta o di paglia ; delle vetrine cesellate , per la mostra dei fili di Scozia , che costano mille sterline l ' una ; delle case di vetro , degli archi trionfali , delle specie di colossali trionfi da tavola , carichi di oggetti , che potrebbero stare in mezzo a una piazza . Il cotone è disposto in forma di tabernacoli e di cappelle commemorative ; le spille , a milioni , in trofei ; l ' allume di potassa a muraglie ; la cera di Spagna in torri alte come case ; i tappeti in piramidi che toccan la vôlta ; la glicerina modellata in busti d ' uomini celebri ; il sapone fuso in colonne monumentali d ' apparenza marmorea ; i tubi di ferro congiunti in forma di organi titanici o di chiesuole di stile gotico , le marmitte in obelischi egizii , i cilindri di rame in colonnati babilonesi , le funi telegrafiche in campanili . V ' è una gara di bizzarrie architettoniche spinta a un segno che fa ridere . Un mercante di stoffe fabbrica un castello di materasse ? L ' orologiaio vicino innalza una piramide di duemila casse d ' orologi . Un olandese espone un tempio di stearina che può contenere venti persone , colle sue statue e colle sue gradinate ? E un francese costruisce un tempio di cristallo sorretto da sei colonne e circondato da una balaustrata , che costa venticinque mila napoleoni . Un profumiere inglese consacra una palazzina ai suoi cosmetici e alle sue boccette ? E un chiodaio parigino rappresenta con nient ' altro che coi suoi chiodi dalla testa dorata , il palazzo del Trocadero colla sua cupola , colle gallerie e colla cascata . Un liquorista d ' Amsterdam fa colle sue bottigline un altare da cattedrale ? E un profumiere di Rotterdam gli fa zampillare davanti una fontana d ' acqua di Colonia . Questo per attirare gli sguardi e i quattrini . Aggiungete una infinità di medaglie d ' onore e di documenti d ' ogni sorta , esposti dai venditori , molti dei quali mettono persino in mostra le fotografie e le lettere di complimento dei loro clienti . Altri s ' aiutano con mezzi meccanici . I gibus s ' alzano e s ' abbassano da sè , manine di cera suggellano le lettere , i trofei rotano , gli automi vi chiamano , le scatole musicali vi ricreano , gli espositori v ' apostrofano o vi spiegano . Ci son poi i colossi che fan presso a poco lo stesso ufficio . In ogni Esposizione c ' è un certo numero di queste grandi fanciullaggini . Qui c ' è una bottiglia spropositata di vino di Champagne che basterebbe a ubbriacare un battaglione di bersaglieri ; là un cavaturaccioli mostruoso che par fatto per tirar su i tetti . Nell ' esposizione francese delle lame un coltellaccio damascato davanti al quale le più grandi navajas della Spagna non paiono che temperini . V ' è una botte francese che contiene quattrocento ettolitri , una ungherese che ne contiene mille , e quella della fabbrica di Champagne che è capace di settantacinque mila bottiglie . Vi son gli specchi di ventisette metri quadrati di superficie ; rotaie d ' un sol pezzo di cinquanta metri , e fili metallici lunghi venticinque chilometri . Aggiungete ancora il martello smisurato del Creusot che pesa ottantamila chilogrammi ; e il girarrosto gigantesco della casa Baudon , che vi arrostisce venti capretti per volta . Poi le meraviglie della pazienza umana : i coltellini microscopici , colle loro belle guaine , che stanno in cento e quattro dentro un nocciolo di ciliegia ; i tappeti orientali fatti di sei mila frammenti ; il cassettone spagnuolo composto di tre milioni e mezzo di pezzetti di legno ; le stoffe da cinquecento lire il metro , fatte a cinque centimetri il giorno ; il servizio da tavola degli Stati Uniti , a cui lavorarono per diciotto mesi duecento operai ; la fontana scolpita a cui lavorò un contadino scozzese per sette anni . E in fine le stranezze , i ghiribizzi dell ' ingegno umano , del genere dell ' ago di refe d ' Emilio Praga . Questi avrebbe potuto fare alla sua amante , in quella certa poesia , tutte quest ' altre domande . Vuoi un pendolo che ti faccia vento ? un orologio fatto con un girasole , da cui esca un ragno ad acchiappare una mosca ? un mobile che ti si trasformi sotto le mani , a tuo piacere , in bigliardo , in scrivania , in scacchiera e in tavola da mangiare ? una barca vera con remi e timone , da portar sotto il braccio al lago di Como ? un portamonete che tiri delle pistolettate ? la carta dell ' Europa in un fazzoletto ? un paio di stivaletti di squame di pesce ? un letto di ceralacca ? una poltrona di cristallo ? un violino di maiolica ? un velocipede a vapore ? Qui c ' è tutto : gli orologi magici , le trottole miracolose , le bambole che parlan francese , le spagnuole di legno che v ' insegnano a maneggiare il ventaglio .... Non ci manca proprio altro che l ' ago di Emilio Praga . E le cose belle dunque ! Infinite ; ma un po ' care . Non c ' è mezzo di mobiliarsi una casa a proprio gusto , fantasticando , senza profondere un milioncino in un quarto d ' ora . A ogni passo trovate un mobile che vi incapriccia , e sareste quasi tentati di fare uno sproposito ; ma avvicinandovi al cartellino del prezzo , vedete dietro a un uno che vi dà un filo di speranza quattro maledettissimi zeri che paiono quattro bocche spalancate che vi sghignazzino in faccia . È un continuo supplizio di Tantalo . Non c ' è che un solo conforto : che molte cose son già comprate . Avete messo gli occhi sopra un meraviglioso servizio da tavola della casa Cristophle , che vale quattrocento mila lire ; ma ve l ' ha buffato il duca di Santoña . Così la duchessa v ' ha liberato dalla tentazione di portar a casa una splendida veste Colbert e Aleçon , che avrebbe spazzato netto il vostro piccolo patrimonio . Il gran vaso di malachite ornato d ' oro , della sezione russa , alto tre metri , ve l ' ha portato via il principe Demidoff . Il più bel paio di stivaletti trinati di tutta l ' Esposizione sono della principessa di Metternich , i due più bei manicotti di volpe nera appartengono alla principessa di Galles , e l ' Imperatore d ' Austria ha già messo il suo augusto suggello sopra un impareggiabile cofano d ' argento cesellato , che sarebbe stato la vostra delizia . Ci rimane però dell ' altro . Io mi permetterei di suggerire alle signore facili a contentarsi un graziosissimo velo di trina dell ' esposizione belga , fatto con un filo che costa cinquemila scudi il chilogramma ; e agli sposi di giudizio un letto chinese di legno di rosa intarsiato d ' avorio che costa poco più di una villetta passabile sulle rive del lago di Como . Alla porta della camera si potrebbero mettere le due tende di seta ricamate d ' oro e d ' argento , che sono in vendita nell ' esposizione austriaca per mille e duecento napoleoni . C ' è la comodità di poter comprare delle sale intere , anzi degl ' interi appartamenti , d ' ogni stile e d ' ogni paese , lì su due piedi , d ' un colpo , con un gran risparmio di tempo e di seccature . E ci sono pure delle ammirabili cose per le borse modeste . Lo zaffiro del Rouvenat , circondato di diamanti , si può avere con un milione e mezzo ; e stiracchiando un poco , si può anche ottenere a un prezzo ragionevole un curiosissimo diamante tagliato in forma di una lanterna a gaz e incastonato in un candelabro d ' oro microscopico , ch ' è una vera bellezza . Tutte cose che sulle prime fanno girare un po ' il capo , ma poi si scrollano le spalle , e si tira via senza badarci , dicendo : - corbellerie , corbellerie - coll ' indifferenza d ' un franco .... impostore . E si va a vedere l ' esposizione dei prodotti alimentari , meno pericolosa per la fantasia : una passeggiata d ' un miglio , o poco meno . Chiudete gli occhi , pigliatevi la testa fra le mani , e cercate di rappresentarvi tutto quanto di più strano e di più raro può mettersi in corpo un uomo senza rischiare la vita : c ' è tutto . Potete bere , a quindici centesimi , un bicchiere delle quattordici sorgenti d ' acqua minerale della Francia , o un bicchiere d ' acqua delle Termopili , nella sezione greca , o birra della Danimarca che ha fatto il giro del mondo ; o se preferite i vini , vino di Champagne che si fa sotto i vostri occhi , tutti i vini della Spagna in bottigline graziose da mezza lira , che vi vende una bella ragazza di Jerez ; e vini di Porto e di Madera , imbottigliati nel 1792 , a cento lire la bottiglia , compresi i documenti storici « debitamente legalizzati . » E se il vino di ottantasei anni vi par troppo giovane , trovate nella sezione francese , in mezzo a una corona di sorelle nonagenarie , una bottiglia di vin del Giura del 1774 , coronata di semprevive , a un prezzo da convenirsi . Trovate il chiosco dei vini di Sicilia e il chiosco dei vini di Guiro ; tutti i vini d ' Australia nella capanna da minatore eretta dal governo di Malbourne ; e nella sezione delle colonie inglesi , il misterioso vino di Costanza , del Capo di Buona Speranza , e l ' enigmatico vino del Romitaggio della nuova Galles , fatto con uva secca . Ci avete il vino di Schiraz nella sezione di Persia , il vino di Corinto accanto all ' acqua delle Termopili , e potete gustare un Tokai squisito nella trattoria rustica dell ' Ungheria , al suono d ' una banda di zingari . Per mangiare poi non c ' è che da chiedere . Nei padiglioni delle colonie francesi una creola vi dà l ' ananasso , una mulatta vi dà il banano , un negro la vaniglia . Potete mangiare della marmellata del Canadà e intingere in un bicchiere del famoso Sant ' Uberto di Vittoria dei biscotti che hanno attraversato l ' Atlantico . Potete scegliere fra i pesci celebrati della Norvegia e i maiali illustri di Chicago . Potete fare anche meglio : prendervi un pezzo di carne cruda venuta dall ' Uraguay , ma fresca e sanguinante che par della mattina , e andarvela a far cuocere voi stessi collo specchio ustorio dell ' Università di Tours , nella galleria delle arti liberali di Francia . Poi ci sono le trattorie olandesi , americane , inglesi e spagnuole . Avete al vostro servizio cento bei pezzi di ragazze vestite di nero e di bianco in un monumentale bouillon Duval che pare un tempio delle Indie . Se avete un debole per la Russia , potete andare alla trattoria russa dove da manine polacche , moscovite , armene , caucasee v ' è servito il vero kumysy venuto dalle steppe dell ' Ural , o l ' acqua igienica della Neva , o la colebiaka d ' erbaggi e di pesce , o qualche altro pasticcio russo - turco condito con vin di Cipro . Per dolci la Francia vi offre il palazzo di Fontainebleau e delle cattedrali gotiche di zucchero , e dei mazzi gustosissimi di rose e di violette , che sembran colte un ' ora prima . Dopo il desinare , ricevete il caffè gratis dalla repubblica del Guatemala , se pure non preferite quello scelto e tritato dalle negre di Venezuela . E poi , per rincette , potete sorseggiare un bitter di nuova invenzione che vi porge una svizzera in costume di Berna all ' ombra d ' un chioschetto signorile ; o andare nel chiosco olandese , dove tre belle frisone rosee , col casco dorato , vi fanno sentire il curasò o lo scidam ; o arrischiarvi a gustare il liquor di fichi nel padiglione del Marocco , rallegrato dagli strimpellamenti di tre suonatori , uno dei quali pesa centonovanta chilogrammi a stomaco vuoto ; o mettervi fra le labbra un sigaro di nuovo genere che invece d ' un nuvoletto di fumo vi caccia in bocca un bicchierino di cognac . Ne avete abbastanza ? Ma voi volete fumare . Ebbene , ci sono i sigari avvelenati della Repubblica d ' Andorre , e la magnifica esposizione dei sigari di Cuba , d ' ogni grandezza e di ogni forma , dorati , stemmati , odorosi , - veri lavoretti d ' arte - profusi a miriadi , - davanti ai quali il fumatore italiano estenuato dai patimenti passa « sospirando e fremendo . » Tutta questa doppia galleria dei prodotti alimentari è ammirabile per varietà e per ricchezza . È un ' architettura interminabile di bottiglie che s ' alzano in torri , in scale a chiocciola , in gradinate multicolori e scintillanti ; una moltitudine di tempietti splendidi d ' oro e di cristalli , che potrebbero coprire delle statue di numi , e coprono dei porci salati ; una magnificenza di teatrini , d ' altari , di troni , di biblioteche , pieni di ghiottumi così graziosamente disposti e decorati , che il gran pittore delle Halles di Parigi ne potrebbe cavare un quadro meraviglioso per uno dei suoi romanzi avvenire . Lo spettacolo più bello è quello che presenta la gente . A certe ore il recinto dell ' Esposizione è più popolato di molte grandi città . I visitatori entrano per venti porte . I viali , i vestiboli , le gallerie , i passaggi traversali , e il labirinto infinito delle sale del campo di Marte , è tutto un brulicame nero , in cui c ' è da fare a non perdersi . Specialmente nelle « sezioni estere » , dove i venditori formano da sè soli una specie d ' esposizione antropologica dilettevolissima , C ' è un gran numero di belle ragazze inglesi che lavorano ai loro registri , intente e impassibili , in mezzo a quel via vai , come se fossero in casa propria . I Giapponesi , - vestiti all ' europea , - chiaccherano rano e giocano , seduti intorno ai loro tavolini , allegri , forse con un po ' d ' ostentazione , per darsi l ' aria di gente che si sente benissimo al suo posto nel cuore della civiltà occidentale ; e infatti hanno già preso tanto l ' aria di casa , che quasi nessuno li guarda . I Chinesi , invece , hanno sempre intorno un cerchio di curiosi , ai quali rivolgono di tratto in tratto uno sguardo sprezzante , che rivela , come un lampo , la superbia cocciuta della loro razza ; e poi ripigliano la loro impassibilità di idoli , da cui li smuove soltanto la voce dei compratori . Si vedon dei mercanti orientali , in turbante , che strascicano le loro ciabatte in mezzo a tutte quelle meraviglie , guardando intorno oziosamente colla stessa stupida e irritante indifferenza che mostrerebbero nelle loro vecchie baracche di bazar . Tratto tratto se ne trovano tre o quattro estatici davanti a una faccia di cartapesta o a una marionetta che allarga le braccia . Ci son molti algerini : arabi , mori , negri . S ' incontrano delle brigatelle di spahi , ravvolti nei loro grandi mantelli bianchi ; ma non son più le faccie baldanzose del 1859 . L ' orgoglio del vecchio esercito d ' Africa non brilla più nei loro grandi occhi neri . Come cambia i volti una guerra perduta ! Qua e là si vede pure qualche faccia color di rame , e qualche vestimento arlecchinesco dei paesi confinanti colla China . Oltre a questo c ' è una moltitudine immobile e muta di gente d ' ogni paese , che produce una strana illusione . Ogni momento rasentate col gomito qualcuno , che vi pare una persona viva , ed è un grosso fantoccio colorito e vestito di tutto punto , che vi fa restare a bocca aperta . Ci sono dei selvaggi del Perù , degli indigeni d ' Australia colle loro grandi capigliature , lanose , dei guerrieri medioevali , delle signore vestite in gala , dei soldati italiani , delle contadine di Danimarca , delle lavandaie malesi , delle guardie civili di Spagna , e annamiti e indiani e cafri e ottentotti , che vi si parano dinanzi improvvisamente , e vi fissano in volto i loro occhi trasognati , come fantasime . Lo spettacolo è ancora variato e rallegrato da un gran numero di signore che girano su poltrone a ruote o su carrozzine da bimbi , tirate davanti da un servitore , spinte per la spalliera dai mariti , fiancheggiate dai ragazzi ; matrone poderose , le cui rotondità sporgono da tutte le parti fuori del piccolo veicolo , lunghissime zitelle inglesi che ci stanno tutte raggruppate , colle ginocchia aguzze all ' altezza del mento ; signoroni decrepiti che godono là , probabilmente , l ' ultimo piacere della vita ; vecchie patrizie paralitiche , e putti meravigliosamente biondi e rosati dei paesi nordici , che formano tutti insieme , in quel labirinto di vie fiancheggiate da case di vetro , una specie di corso in burletta , degno della matita del Cham . Nella Via delle nazioni , all ' ombra delle capannette di paglia , molta gente fa colezione sulle ginocchia come per viaggio , e i bimbi vanno a prender acqua alle fontane del Giappone e dell ' Italia ; altri sgranocchiano pane e prosciutto camminando ; delle coppie coniugali dormono saporitamente sui sedili in mezzo alla folla ; e altre coppie , che hanno portato i loro amori all ' Esposizione , si servono di due capannine avvicinate per farsi qualche carezza di contrabbando . È un divertimento poi , nelle sale , studiare i varii tipi dei visitatori . Ci sono i cavalli matti che scorazzano da tutte le parti senza vedere una maledetta , presi da una specie d ' esaltazione febbrile , e i visitatori pazienti , che si son fatti un programma , che muovono un passo ogni quarto d ' ora , che meditano sui cataloghi , che guardano , fiutano e discutono ogni menoma cosa , che impiegheranno probabilmente sei mesi a fare il giro di tutto il Campo di Marte . Tra gli espositori , si vedono i visi radianti dei fortunati , che hanno trovato là gloria e fortuna , e troneggiano sui loro banchi in mezzo alla folla dei curiosi e dei compratori ; e i poveri diavoli trascurati , seduti nei loro cantucci solitarii , colla testa bassa e la faccia malinconica , che meditano sulle speranze perdute . Nelle ultime sale , i divani son tutti occupati dai visitatori spossati . Si vedono delle famiglie intere di buoni provinciali , sfiniti , sbalorditi , istupiditi ; i papà tutti in acqua , le mamme che soffocano , le ragazze ingobbite , i piccini morti di sonno ; proprio da farsi domandare : - Ma chi v ' ha consigliato di venire all ' Esposizione , disgraziati ? - L ' affollamento maggiore è sotto le grandi arcate delle Belle arti , e intorno al Padiglione della città di Parigi , che drizza i suoi sei frontoni imbandierati nel mezzo del Campo di Marte . Qui è il luogo di convegno dello « stato maggiore » dell ' Esposizione . Qui fanno crocchio gli artisti e i commissarii di tutti i paesi , gli operai si radunano e si sciolgono , i critici tagliano l ' aria coi gesti cattedratici , i giornalisti notano , i disegnatori schizzano , le discussioni fervono , i curiosi cercano i visi illustri , i nuovi arrivati si ritrovano , le « celebrità » dell ' Esposizione passano fra le scappellate e gli inchini . Ecco qui monsieur Hardy , per esempio , l ' architetto del Palazzo del Campo di Marte ; ecco là monsieur Duval , direttore dei lavori idraulici , e i signori Bourdais e Davioud , architetti del Palazzo del Trocadero . E purchè abbiate una faccia un po ' straordinaria , e due amici ai fianchi , che vi parlino in atto rispettoso , potete passare facilissimamente per un principe o per un re che visita l ' Esposizione in stretto incognito , e sentirvi intorno , qua e là , un mormorio sommesso da vestibolo di Corte . C ' è da cavarsi tutti i gusti , da soddisfare tutti i bisogni e da riparare a tutti gli accidenti . Potete telegrafare a casa , scrivere le vostre lettere , fare il bagno , prendere di tanto in tanto una scossetta elettrica , farvi pesare , portare , fotografare , profumare , curare ; ci sono stazioni di pompieri , corpi di guardia , farmacie , infermerie : non manca che il camposanto . Ci son poi le ore fisse per lo studio e per le esperienze scientifiche , e allora i visitatori accorrono e s ' affollano in quei dati punti . Qui , nella sezione francese , si comunicano al pubblico le opere della biblioteca del Corpo insegnante ; più in là un professore spiega i modelli anatomici ; nella sezione russa si fanno gli esperimenti del passaggio dell ' aria a traverso i muri ; un medico americano fa funzionare i mobili chirurgici ; un dentista opera l ' estrazione della carie con uno strumento a vapore . Si può andare ad assistere alla fabbricazione delle sigarette di Francia , a veder fare la carta dalla fabbrica Darblay , a vedere le esperienze della luce elettrica nel padiglione russo , o quelle del riscaldamento e dell ' illuminazione nel parco del Campo di Marte . Altri vanno a vedere alla prova il telefono Bell , o l ' apparecchio telegrafico che trasmette con un solo filo duecento cinquanta dispacci in un ' ora , o il semaforo del nostro Pellegrino ; oppure a leggere i vecchi processi per stregoneria esposti nel padiglione del Ministero degl ' interni di Francia . Intanto dei maestri spiegano i nuovi metodi d ' insegnamento , tutti gl ' inventori di qualche cosa hanno il loro circolo di uditori , tutte le nuove macchinette sono in movimento , gli album colossali si aprono , le carte geografiche si spiegano , i mappamondi girano , mille strumenti suonano ; da ogni parte c ' è uno spettacolo , una scuola o una conferenza ; l ' Esposizione è diventata un enorme ateneo internazionale che ci dà per venti soldi tutto lo scibile umano . Quella che attira più gente , a tutte le ore , è l ' esposizione delle belle arti . Ma a me manca quasi il coraggio d ' entrarvi . Mi conforta soltanto il pensiero di non aver da rendere che l ' impressione confusa della prima visita . Sono diciassette pinacoteche in una successione di padiglioni che si estendono da un ' estremità all ' altra del Campo di Marte ; - il mondo intero - qui si può dire propriamente , - il passato e il presente , le visioni dell ' avvenire , le battaglie , le feste , i martirii , le grida d ' angoscia e le risate pazze ; tutta la grande commedia umana con l ' infinita varietà delle scene tra cui si svolge , dalla reggia alla capanna , dai deserti di ghiaccio ai deserti di sabbia , dalle più sublimi altezze alle più arcane profondità della terra . Questa è la parte dell ' Esposizione dove si ricevono le impressioni più vive . Quanti occhi rossi ho veduti , quante espressioni di pietà , di dolore , d ' orrore , e quanti bei sorrisi di bei volti che mi rimasero nella memoria come un riflesso dei quadri ! Il museo enorme s ' apre colla esposizione della scultura di Francia , a cui seguono le sale dell ' Inghilterra . Qui , a dirla schiettamente , di tutta quella pittura corretta , pallida , diafana , di colori limpidi , piena di pensieri delicati e di belle minuzie , ricordo soltanto quella splendida glorificazione della vecchiezza guerriera , dell ' Herkomer , intitolata gl ' Invalidi di Chelsea , dinanzi ai quali si chinerebbe la fronte in atto di venerazione ; i poveri di Londra , di Luke Fildes , che m ' hanno fatto sentire il freddo d ' una notte di gennaio e l ' angoscia della miseria senza tetto ; e il Daniele tra i leoni di Briton Rivière , nel quale la tranquillità sublime dell ' uomo in cospetto di quel gruppo di belve fameliche , ma affascinate , soggiogate , schiacciate da una forza sovrumana e invisibile , è resa con una potenza che mette in cuore lo sgomento misterioso del prodigio . Dinanzi a cento altri quadri , passo frettolosamente , spinto dall ' impazienza di arrivare all ' Italia , dove trovo una folla sorridente che amoreggia colle statue . Sento uno che brontola : - E dire che tutte queste cosettine ci vengono dalla patria di Michelangelo ! - Ma tutti i visi intorno esprimono un sentimento d ' ammirazione amorosa e serena . Davanti ai quadri del De Nittis , il pittore ardito e fine di Parigi e di Londra , c ' è un gruppo di curiosi che si disputano lo spazio ; e s ' indovina dal movimento dei volti , dalla vivacità dei gesti , dalla concitazione dei dialoghi , quel cozzo forte di giudizi contrarii , da cui scaturiscono le scintille che vanno a formare le aureole . Un tale dice : - Belle pagine di giornale illustrato ! - Ma l ' aria dei boulevards si respira , l ' umidità del Tamigi si sente , l ' ora s ' indovina , i visi si riconoscono , tutta quella vita si vive . Nell ' altra sala guardo intorno se c ' è il Pasini , per gridargli : - Salve , o fratello del sole ! - Il suo forte e splendido Oriente è là , vagheggiato da cento occhi pensierosi . E vorrei vedere il Michetti , quel caro viso di scapigliato di genio , per stringergli la guancia tra l ' indice e il pollice , e dirgli che adoro le gambine pazze delle sue bagnanti e l ' azzurro favoloso della sua marina . Ed ecco finalmente Jenner . Qui osservo una cosa singolare . La gente che entra con un sorriso sulle labbra , si ferma e corruga la fronte . Tutti i visi , fuggitivamente , riflettono il viso intento e risoluto di Jenner , come se tutti , per un momento , si sentissero nelle mani la lancetta benefica del dottore e il braccio renitente del bambino ; e tutti pensano , e nessuno parla , e chi s ' è già allontanato , o si sofferma o ritorna , come tirato indietro a forza dal filo tenace d ' un pensiero . Che cara soddisfazione ! E ne provo un ' altra subito nella sala vicina incontrando il viso onesto e benevolo del Monteverde il quale mi accompagna fino alla frontiera d ' Italia . E di là vo innanzi nelle sale della pittura straniera , dove il cielo si rannuvola e l ' aria si raffredda . La Svezia e la Norvegia hanno dipinto i loro crepuscoli melanconici , mattinate grigie di autunno , chiarori strani di luna su mari strani , e pescatori e naufragi in cui si mostra maggiore dell ' arte l ' amore dolce e profondo della patria , colorato d ' un sentimento di tristezza virile : centocinquanta quadri dominati tutti dai « Soldati svedesi che portano il cadavere di re Carlo XII » giù per la china d ' una via solitaria , nella neve , sanguinosi , tristi , superbi ; bel quadro semplice e solenne dell ' Oederstrom , concepito da un ' anima di poeta e sentito da un cuor di soldato . Seguono gli Stati Uniti . Il colosso dalle cento teste ha ancora la sua grossa mano di lavoratore un po ' restìa al pennello . Io non ricordo che la risata della bella donna dell ' Hamilton , e le faccie buffe dei ridacchioni del Brown . Il più degli altri quadri tradiscono i pittori scappati di casa , che hanno rifatta la pelle a Parigi , a Dusseldorf , a Monaco , a Roma , - e preso il colore - ma dilavato - della nuova patria . E subito dopo , la Francia ... che ha messo il mondo a soqquadro . La storia , la leggenda , la mitologia , il cristianesimo , l ' epopea napoleonica e la vita mondana , il ritratto , la miniatura e il quadro smisurato ; l ' audacia pazza e la pedanteria fradicia ; c ' è ogni cosa ; ma sopra tutto una ricchezza grande d ' invenzione e di pensiero , che rivela l ' aiuto potente d ' una letteratura immaginosa e popolare , d ' un sentimento drammatico vivo e diffuso , e della vita varia , piena , appassionata , tumultuosa d ' una metropoli enorme . Nelle prime sale intravvedo i quadri sentimentali , leccati , del Bouguerau . Il Dorè v ' ha messo una delle sue mille visioni d ' un mondo arcano , in cui si riconosce appena qualche forma vaga di cose e di creature terrene . Poi vien la storia dotta e severa d ' Albert Maignan , e quella immaginosa , confusa , vista come a traverso il velo d ' un sogno , in una grande lontananza di spazio e di tempo , dell ' Isabey . In un ' altra sala si drizza davanti a Massimiano Ercole il fantasma spaventoso di San Sebastiano , del Boulanger , e il Moreau affatica e tormenta le fantasie coi suoi sogni biblici e mitologici pieni di terrori , d ' illusioni e d ' enimmi , che restano conflitti nella memoria come le formule misteriose e sinistre di uno scongiuro . Poi si succedono i ritratti pieni di vita e di forza . Il Dubufe presenta Emilio Augier , il Gounod , il Dumas ; il Durand presenta il Girardin ; il Perrin espone il Daudet ; e il Thiers rivive gloriosamente nella tela del Bonnat , davanti a cui si accalca la folla . Un ' altra folla silenziosa e immobile annunzia nella medesima sala le miniature meravigliose del Meissonnier . Più in là sorridono le patrizie eleganti del Cabanel , e il Laurens strappa un sospiro presentando insieme , nel suo nobilissimo Marceau , la bellezza , l ' eroismo e la morte . Andando innanzi , trovo quella meravigliosa curvatura di schiene che ha fatto sorridere il mondo : l ' Eminence grise del Gerôme ; e il giustiziere formidabile del povero Henri Regnault : quadro splendido e triste , che serve di coperchio a un sepolcro . E in fine le gigantesche e tragiche tele di Benjamin Constant : Respha che respinge l ' avoltoio dal patibolo dei figli di Saul e Maometto II che irrompe in Costantinopoli fra le rovine e la morte ; nella stessa sala , dove lo schiavo avvelenato del Sylvestre agonizza sotto gli occhi di Nerone impassibile , e il Davide del Ferrier solleva la testa mostruosa del gigante . E in fondo strepita e ride il grande baccanale del Duval . Di là si esce affaticati e confusi , come dalla rappresentazione d ' una tragedia dello Shakespeare , e s ' entra fra i vasti quadri storici dell ' Austria - Ungheria , splendidi d ' armi , d ' oro e di sete , e in mezzo ai grandi ritratti alla Velasquez e alla Van Dyck , che danno al luogo l ' aspetto grave e magnifico d ' una reggia . Qui vorrei baciare in fronte il Munkacsy , che dipinse quella divina testa del Milton , e gridare un viva sonoro davanti all ' enorme , splendida , tumultuosa , temeraria tela del Makart , tutta irradiata dal viso bianco di Carlo V , su cui brilla un pensiero vasto come il suo regno , e un ' espressione indimenticabile di grazia giovanile e di maestà serena , che ci fa aggiungere un applauso al clamore del suo trionfo . Ed ecco Don Chisciotte , le manolas , i majos , i ritratti graziosi del Madrazo e la Lucrezia romana del Plasencia , in cui guizza un lampo degli ardimenti del Goya . Ma c ' è una parete dinanzi alla quale il cuore si stringe . Povero e caro Fortuny , bel fiore di Siviglia sbocciato al sole di Roma ! I suoi capolavori son là , caldi , luminosi , pieni di riso e di vita , divorati cogli occhi da una folla commossa , ed egli è sotterra . E così il povero Zamoïcis non può più venir a godere del trionfo delle sue belle scene di monaci e di pazzi , come nelle sale austriache non può più affacciarsi il Cermak per veder scintillare e inumidirsi mille occhi davanti al suo glorioso Montenegrino ferito . Quanti cari e nobili artisti mancano alla festa ! Lo sguardo li cerca ancora tra la folla mentre il pensiero corre ai cimiteri lontani , e i loro quadri spandono intorno la tristezza dell ' ultimo addio . Delle sale successive non conservo che una reminiscenza vaga di mari in tempesta , di steppe illuminate dalla luna , di tramonti solenni sopra immense solitudini di neve , e paesaggi tristi di Finlandia e d ' Ukrania , fra cui m ' appariscono confusamente i volti minacciosi d ' Ivan il Terribile e di Pietro il Grande , e i cadaveri insanguinati dei martiri bulgari . Qui l ' arte pare che riposi un poco per rialzarsi più vigorosa e più ardita . E si rialza infatti nel Belgio , ricca , ispirata , improntata d ' un carattere proprio , nudrita di forti studi e di tradizioni gloriose . A . Stevens e il Villems espongono i loro quadri di costumi , mirabili di grazia e di colorito , e I . Stevens i suoi cani inimitabili ; il Wauters o il Cluysenaar superano trionfalmente gli alti pericoli del quadro storico e le difficoltà delicate del ritratto ; e altri cento artisti gareggiano con una varietà stupenda di paesaggi pieni di poesia , di marine melanconiche , di teste adorabili di fanciulli , di scherzi arguti , di fantasie gentili , che sollevano la mente ed allargano il cuore . Poi il Portogallo e la Grecia ; grandi nomi , piccole cose . Eppure ci son dei quadretti trascurati e spregiati , che lasciano un ' impressione indelebile , come la madre megarese del Rallis , quella povera moglie di pescatore seduta nella sua povera stanza , che tien le mani incrocicchiate e gli occhi fissi sopra una culla vuota , fatta di quattro tavole rozze , in atto di dire ; - Non c ' è più ! - mentre i pannilini ancora freschi fanno comprendere che l ' han portato via poco prima , e su quella desolazione scende per la finestra aperta il raggio allegro dell ' alba che lo svegliava ogni giorno : espressione manchevole forse , ma d ' un sentimento sublime , che mette nel petto il tremito d ' un singhiozzo . Dopo la Grecia vien la pittura facile e fresca della Svizzera , svariata di cento stili ; immagine vera d ' un paese di cento pezzi e d ' una famiglia d ' artisti vaganti alla ricerca d ' un ideale , d ' una scuola , d ' un centro di sentimenti e di idee ; che frammischiano alla loro patria dal rozzo fianco , alle cascate , alle gole , ai ghiacciai , agli uragani delle Alpi , le rive ridenti di Sorrento , le architetture arabescate del Cairo , le solitudini ardenti della Siria , la campagna desolata di Roma , e ogni sorta di ricordi della loro vita varia e avventurosa ; somigliante a quella degli avi loro , che vestirono la divisa di tutti i principi e versarono sangue per tutte le bandiere , Alla Svizzera tien dietro la Danimarca , che ricorda al mondo le sue glorie guerriere , colla battaglia d ' Isted , del Sonne , e colla battaglia navale di Lemern , del Mastrand . Ma è bello , è commovente il veder passare tutti questi popoli , ognuno dei quali mostra con amore e con alterezza i suoi soldati , i suoi re , le suo belle donne , i suoi bimbi , le sue cattedrali , le sue montagne . L ' impulso di simpatia che non si sentirebbe per ciascuno , visto a parte , si sente per tutti , vedendoli insieme ; e il cuore risponde e acconsente a tutti quei palpiti d ' amor di patria con un ' espansione d ' affetto che abbraccia il mondo . Gli altri quadri danesi son paesaggi che rendono effetti pallidi di sole sopra campagne nevose , su parchi e su castelli feudali , e su grandi boschi , e scene intime di costumi , sentite ingenuamente e rese con fedeltà scrupolosa , che lasciano nella memoria mille immagini di volti , di atteggiamenti , di oggetti , di faccende , come farebbe il soggiorno d ' un mese in Danimarca . E di qui riesco , quasi senza avvedermene , nelle sale dell ' Olanda , dinanzi a una pittura che par velata dai vapori delle grandi pianure allagate , e vedo infatti vagamente , come a traverso un velo , i poveri e gli infermi dell ' Israels , il pittore della sventura ; le belle marine del Mesdag , i polders del Gabriel , i gatti di Enrichetta Ronner , e cento altri quadri grigi , foschi , umidi , di cattivo umore , fra i quali cerco inutilmente un raggio della luce miracolosa del Rembrandt o un riflesso del grande riso irresistibile dello Steen . Ultima è la vasta sala della Germania , magnifica e triste , nella quale si avverte , appena entrati , il vuoto enorme lasciato dal Kaulbach . Ma è una pittura poderosa , ringiovanita a tutte le sorgenti vive , fortificata di larghi studi , varia , ardita , virile , piena di sentimento , finissima d ' osservazione e d ' intenti , che desta un ' ammirazione pensierosa e scuote il cuore nelle sue più intime fibre . Non scorderò mai più , certo , nè le teste vive e parlanti dello Knaus , nè l ' officina ardente del Menzel , nè i superbi cosacchi del Brandt , nè la profonda tristezza del Battesimo dell ' Hoff , nè il comicissimo riso dei soldati e delle nutrici del Werner , nè la madre e il padre ammirabili dell ' Hildebrand che interrogano il volto smorto del bimbo infermo sgomentati da un presentimento tremendo . E con questa tristezza nel cuore , esco dall ' Esposizione delle Belle Arti . Ma mi venne un altro pensiero , appena fui fuori . Mi si affacciarono alla mente i mille artisti di cui avevo visto le opere , sconosciuti e famosi , giovani che mandaron là la loro prima ispirazione e vecchi che ci lasciarono l ' ultima ; li vidi sparsi per tutto il mondo , nei loro studi pieni di luce , aperti sulle campagne solitarie , sui giardini , sul mare e sulle vie rumorose ; e pensai quanta vita avevano versato fra tutti in quelle cento sale ch ' io avevo attraversate di corsa , quanta parte dell ' anima loro c ' era in quelle tele e in quei marmi innumerevoli , quante ispirazioni d ' amanti e di spose , quante veglie , quante meditazioni , quanti pennelli spezzati , quanto sangue di cuori trafitti , quante reminiscenze d ' avventure e di pellegrinazioni lontane , che vasta epopea d ' amori , di dolori , di trionfi e di miserie ; e quanti eran già calati nel sepolcro , consunti dalla febbre tremenda dell ' arte , e quanti altri vi sarebbero discesi ancor giovani e pieni di speranze ; e che immenso tesoro d ' immagini di sentimenti e di idee portavan via da quel luogo milioni di visitatori di tutta la terra ; e pensando a queste cose , collo sguardo rivolto a quella lunga fila di padiglioni , mi sentii compreso improvvisamente d ' un sentimento di affetto e di gratitudine così vivo , che se in quel momento mi passava a tiro un pittore , il primo venuto , gli saltavo al collo com ' è vero il sole . L ' ultima sala delle belle arti mette nella galleria del lavoro . Non si può immaginare un più strano cambiamento di scena . Qui tutto è agitazione e strepito . Si vedono le piccole industrie all ' opera . C ' è un gran numero di banchi circolari e quadrati , che servono insieme d ' officina e di bottega , dove lavorano continuamente uomini , donne e ragazzi , in mezzo a una folla di curiosi , che formano una catena non interrotta di grandi anelli neri mobilissimi da una estremità all ' altra dell ' immensa sala . Qui si lavora l ' oro , la tartaruga , l ' avorio , la madreperla , si fabbricano gli oggetti di filigrana , si fanno i ventagli , le spazzole , i portamonete , gli orologi . C ' è , fra gli altri , un gruppo d ' operaie che fabbricano le bambole con una rapidità di prestigiatrici , e altre che fanno i fiori di stoffa , di smalto , di penne d ' uccelli del tropico , con una sveltezza ed un garbo , che par di vederli sbocciare fra le loro dita . In altre parti si tesse la seta , si dipinge la porcellana , si lavora il rame , si fa la guttaperca , si fabbricano le pipe di schiuma . In un angolo si vedono le pazienti manine normanne lavorare la trina . Nel mezzo della sala si taglia il diamante . Qui piovono i biglietti di visita , là le spille , più in là i bottoni ; da una parte si fanno le treccie e i chignons , dall ' altra i canestrini e le scatolette di paglia . Un gruppo d ' indiani , col capo coperto di enormi turbanti variopinti , lavorano agli scialli . È una lunghissima fila di piccoli fornelli , di macchinette vibranti , di fiammelle di gaz , di teste chine , di mani in moto , di gente che interroga e di gente che spiega ; un chiacchierio , un affaccendamento allegro , un lavorio accelerato e sonoro , che mette la smania di far qualche cosa . E la vôlta altissima ripercuote rumorosamente i sibili acuti che paiono grida di gioia infantile , il picchiettio cadenzato di cento martelli , lo stridore delle lime e delle seghe e mille tintinni cristallini e metallici , e il ronzìo sordo della moltitudine che passa a processioni , a turbe , a gruppi , come un esercito sbandato , per riversarsi nei giardini esterni o nelle gallerie delle macchine . Qui lo spettacolo è degno d ' un ' ode di Vittor Hugo . Sul primo momento par di essere sotto una delle immense tettoie arcate delle stazioni di Londra . Son due gallerie lunghe come il Campo di Marte , larghe novanta uomini di fronte , e piene di luce , nelle quali mille macchine enormi , un esercito di ciclopi di metallo , minacciosi e splendidi , alzano le teste , le braccia , le mazze , le lame , fitte e intricate , fino alle vôlte altissime , producendo il fragore d ' una battaglia . Una immensa trasformazione di cose si compie da tutte le parti . Il foglio di carta esce in buste da lettera , lo spago in corde , il bronzo in medaglie , il filo di ottone in spille , il filo di lana in calze , il pezzo di legno in frammenti di mobili ; la ricamatrice svizzera ricama con trecento aghi , il papirografo inglese riproduce trecento esemplari d ' un manoscritto , la macchina dei saponi taglia i cubi , gl ' involta e li pesa ; la macchina del Marinoni mette fuori i giornali piegati ; le gigantesche filatrici di Birmingham e di Manchester lavorano accanto alle macchine d ' estrazione delle miniere ; la grande macchina da ghiaccio getta il suo furioso soffio gelato in mezzo agli aliti di fuoco delle macchine da gaz ; altre lavorano i diamanti , altre lacerano e torcono il metallo come una pasta , altre lavano , raffinano , travasano , disegnano , dipingono , scrivono ; in ogni parte freme una vita meravigliosa ed orribile di mostri di cento bocche e di cento mani , che irrita i nervi , introna le orecchie e confonde l ' immaginazione . Qua e là si vede la materia informe sparire nel ventre tenebroso di quei colossi , riapparire in alto , dopo qualche momento , già mezzo lavorata , e come portata in trionfo , e poi rinascondersi , ricacciata giù sdegnosamente a subire le ultime violenze .... Qui lavorano delle braccia di gigante , là delle dita di fata . In una parte il lavoro si presenta sotto l ' aspetto d ' una distruzione furiosa , fra denti enormi di ferro e artigli d ' acciaio , che stritolano e sbranano con un fracasso d ' inferno , in cui si sente un suono confuso di lamenti umani ; in mezzo a un roteggio intricato , vertiginoso , feroce , che sbricciolerebbe un titano come un gingillo di vetro . In un ' altra parte il mostro mansueto accarezza la materia prigioniera , la palleggia , la lambisce , la liscia , delicatamente , lentamente , in silenzio , come se facesse per gioco . Altre macchine colossali , come quelle da maglie , fanno movimenti strani e misteriosi , d ' apparenza quasi umana , con una certa grazia languida d ' ondulazioni femminee ; che ispirano un senso inesplicabile di ripugnanza , come se fossero esseri viventi dei quali non sì riuscisse ad afferrare la forma . Fra le grandi membra di tutti questi lavoratori smisurati , s ' agita come una vita segreta un indescrivibile lavorio di rotine che sembrano immobili , di seghe che paion fili , di congegni delicatissimi e quasi invisibili , che vibrano , tremano , trepidano , e ingigantiscono ancora , col paragone della loro umile piccolezza , le ruote enormi , le cerniere colossali , le caldaie titaniche , le correggie spropositate , le gru , gli stantuffi , i tubi mostruosi , che si slanciano in alto come colonne monumentali , e si succedono in una fila senza fine , presentando l ' aspetto di non so che bizzarra e deforme città di metallo , in cui si dibatta fra le catene una legione di dannati o di pazzi . Ma anche l ' uomo lavora ; un gran numero di donne cuciscono colle macchinette ; intorno alle grandi macchine vigilano degli operai , e meccanici e artefici di tutti i paesi , vestiti trascuratamente , osservano , notano , si caccian per tutto , fra gli stantuffi e le ruote , a rischio della vita ; fra i quali si vedono qua e là delle faccie scarne e pallide , ma piene di vita , su cui lampeggia una volontà di ferro e un ' ambizione implacabile . Chi sa ! operai oscuri oggi , forse inventori gloriosi domani . Tutta l ' enorme galleria è piena dell ' immenso affanno del lavoro . E sulle prime quell ' agitazione affatica e rattrista . Ma a poco a poco , facendovi l ' udito e fermandovi il pensiero , in quel fragore pauroso di fischi , di sbuffi , di scoppii , di scricchiolamenti , di gemiti e d ' ululati , si sente la voce profonda delle moltitudini , le grida eccitatrici della lotta e l ' urrà formidabile della vittoria umana . L ' uomo che , entrando , s ' era sentito schiacciato , riacquista la coscienza di sè , e contempla quell ' immensa forza , suscitata e disciplinata dal suo pensiero , con un fremito d ' alterezza , in cui tutto l ' essere suo si rinvigorisce e s ' innalza . E quello smisurato arsenale di armi pacifiche , le bandiere grandi come vele di nave che spenzolano dalla vôlta , gonfiate dall ' aria commossa dalle ruote innumerevoli , quei monumenti selvaggi di cordami e di reti , le piramidi delle zappe che servirono a dissodare i deserti del nuovo emisfero , i trofei degli strumenti per la pesca dei grandi cetacei dei mari polari , i tronchi giganteschi delle foreste vergini , le armature colossali dei palombari , le torri di merci , e i fari giranti tra i nuvoli di fumo , i getti d ' acqua e le pioggie vaporose delle macchine a vapore , questo maestoso e terribile spettacolo , salutato dalle detonazioni delle macchine da gaz , dagli squilli delle trombe marine e dalle note solenni degli organi lontani , che portano in quell ' inferno la poesia della speranza e della preghiera , a poco a poco s ' impadronisce di voi , vi fa vibrare tutte le facoltà dello spirito , vi fa scattare tutte le molle dell ' operosità e del coraggio , vi accende nel cuore la febbre della battaglia , e vi fa uscire di là colla mente piena di disegni audaci e di risoluzioni gloriose . Dalla galleria delle macchine francesi si viene in un lunghissimo viale tutto vermiglio di rose , e di là .... Ma non c ' è un lettore ragionevole il quale pretenda da me la descrizione dei così detti « annessi » del palazzo del Campo di Marte ; che formano essi soli una seconda Esposizione universale . Sono due miglia di giardini , d ' orti , di tettoie , di padiglioni , di case rustiche , in cui ricomincia la serie dei musei e delle officine ; e c ' è da girar per un mese . Qui si trattengono soltanto gli «specialisti.» La maggior parte dei visitatori non ci va che per rinfrescarsi la testa all ' aria libera . Ma là c ' è da farsi un concetto di quel che costò la costruzione di quella gran città passeggiera , e di quello che costa continuamente il farla vivere . È una cosa che sgomenta davvero . Bisogna considerare prima il grande lavoro del livellamento , per il quale si smossero o si trasportarono cinquecentomila metri cubi di terra ; rappresentarsi l ' enorme trincea che serpeggia sotto il palazzo del Campo di Marte , e distribuisce in sedici grandi correnti l ' aria addensata dai venditori ; abbracciare col pensiero l ' azione poderosa dei grandi « generatori » che provvedono il vapore alle macchine motrici ; il lavoro titanico delle trenta macchine motrici che trasmettono la vita a tutte le macchine dell ' Esposizione ; il movimento continuo delle formidabili trombe aspiranti che assorbono dei torrenti dalla Senna e li rispandono , per un labirinto di canali e di serbatoi sotterranei , ai condotti del Campo di Marte , ai bacini , alle fontane , agli acquarii , agli ascensori delle torri , alla cascata del Trocadero ; rappresentarsi la rete infinita di strade ferrate che coprì quello spazio durante i lavori di costruzione , e le macchine innumerevoli che aiutarono le braccia dell ' uomo al collocamento delle cose enormi ; poi richiamare alla mente il lavoro immenso e febbrile dell ' ultimo mese , un esercito d ' operai d ' ogni paese , formicolanti sull ' orlo dei tetti , sulla sommità delle cupole , nelle profondità della terra , sospesi alle corde , ritti sulle impalcature vertiginose , a gruppi , a catene , a sciami , di giorno , di notte , al lume delle fiaccole , al bagliore della luce elettrica , in mezzo a nuvoli di polvere e di vapori , sollecitati da mille voci in cento lingue , in mezzo al frastuono d ' un mare in tempesta e ai fremiti d ' impazienza del mondo , - e infine ricordarsi che ne uscì quasi inaspettatamente quel meraviglioso caravanserai di cento popoli , pieno di tesori , di vegetazione e di vita , - e che ventiquattro mesi prima non c ' era là che un deserto ; - allora non si frena più quel sentimento d ' ammirazione che , al primo entrare , era stato turbato da un effetto spiacevole d ' apparenza . Ma questo grande spettacolo bisogna vederlo la sera dalle alte gallerie del Trocadero . Lassù , abbracciando con uno sguardo solo , come dalla cima d ' un monte , quella vastissima spianata piena di memorie , che vide le feste simboliche della Rivoluzione e senti gli urrà degli eserciti di Marengo e di Waterloo ; quel palazzo enorme e magnifico , su cui sventolano tutte le bandiere della terra ; il grande fiume , i vasti parchi , i mille tetti , i cento torrenti umani che serpeggiano nel recinto immenso , inondato dalla luce dorata e calda del tramonto ; la mente si apre a mille nuovi pensieri . Si pensa ai milioni di creature umane che lavorarono per riempire quello sterminato museo , dagli artisti gloriosi nel mondo ai lavoratori solitarii e sconosciuti dei tugurii ; alle mille cose là raccolte , su cui è caduta la lacrima dell ' operaia e stillato il sudore del forzato ; ai tesori conquistati a prezzo di vite innumerevoli ; alle vittorie conseguite dal lavoro accumulato di dieci generazioni ; alle ricchezze dei re , ai quaderni dei bimbi , alle sculture informi degli schiavi , confusi tutti , sotto quelle vôlte , in una specie di santa eguaglianza al cospetto del mondo ; ai viaggi favolosi che fecero quei lavori e quei prodotti , calati sulle slitte dalle montagne , portati dalle carovane a traverso alle foreste e ai deserti , cavati dal fondo del mare e dalle viscere della terra , trasportati per i fiumi immensi e fra le tempeste degli oceani , come a un sacro pellegrinaggio ; alle mille speranze che li accompagnarono , alle mille ambizioni che vi si fondano , alle idee infinite che scaturiranno dai confronti , ai nuovi ardimenti che nasceranno dai trionfi , ai racconti favolosi che si ripeteranno fin sotto le capanne delle più remote colonie ; e finalmente che , grazie a tutto ciò , mille mani che non si sarebbero mai incontrate , si strinsero ; che per un tempo molti odii , come in virtù d ' una tregua di Dio , si quetarono ; che milioni d ' uomini , accorsi qui , si rispanderanno per tutta la terra portando un tesoro di nomi cari , prima ignorati , di nuove ammirazioni , di nuove simpatie , di nuove sperante , e un sentimento più grande e più potente dell ' amor di patria . Si pensano queste cose e si applaude senza dubbio , in quei momenti , con più vivo entusiasmo all ' Esposizione ; ma più che all ' Esposizione si benedice a questa augusta legge , a questo immortale e santo affanno : il Lavoro . E si vorrebbe vederlo , come un nume , simboleggiato in una statua smisurata e splendida , che avesse i piedi nelle viscere del globo e la testa più alta delle montagne , e dirgli : - Gloria a te , secondo creatore della terra , Signore formidabile e dolce . Noi consacriamo a te il vigore della gioventù , la tenacia dell ' età virile , la saggezza della vecchiaia , il nostro entusiasmo , le nostre speranze , il nostro sangue ; e tu tempera i dolori , fortifica gli affetti , rasserena le anime , prodiga le sante alterezze , dispensa i riposi fecondi , affratella gli uomini , pacifica il mondo , sublime amico e divino Consolatore ! VITTOR HUGO I . V ' è uno scrittore , in Francia , salito in questi ultimi anni a un tal grado di gloria e di potenza che nessun ' ambizione letteraria può aver mai sognato d ' arrivare più alto . Egli è , per consenso quasi universale , il primo poeta vivente d ' Europa . Ha quasi ottant ' anni : è nato il secondo anno del secolo . Le siècle avait deux ans . Era già celebre cinquant ' anni sono , quando Alessandro Dumas diceva ai suoi amici , parlando di lui : - Nous sommes tous flambés - e non aveva , inteso che il dramma Marion Delorme . Il suo nome e le sue opere sono sparsi per tutta la terra . D ' un nuovo suo libro spariscono centomila esemplari in pochi giorni . I suoi lavori giovanili sono ancora ricercati oggi come quando annunziarono per la prima volta il suo nome all ' Europa . Tutti i suoi cinquanta volumi sono pieni di gioventù e di vita come se fossero venuti alla luce , tutti insieme , pochi anni sono . La vita di quest ' uomo è stata una guerra continua ; una guerra letteraria , prima , bandita dal teatro ; una guerra politica , dopo , rotta nelle assemblee e proseguita in esilio : l ' una contro il classicismo , l ' altra contro un imperatore ; tutt ' e due vinte da lui . Nessun altro scrittore del suo tempo fu più di lui combattuto , e nessun altro sedette , vecchio , sopra un più alto piedestallo di spoglie nemiche . Falangi d ' avversarii furiosi gli attraversarono la strada ; - egli passò - e quelli disparvero . I suoi grandi rivali discesero l ' un dopo l ' altro nel sepolcro , sotto i suoi occhi . Una serie di sventure tragiche disperse la sua famiglia : tutti i rami della quercia caddero l ' un sull ' altro fulminati ; il vecchio tronco rimase saldo ed immobile . Egli passò per tutte le prove : fu povero , fu perseguitato , fu proscritto , - solo - vagabondo - vituperato - deriso ; ma continuò impassibilmente , con una ostinazione meravigliosa , il suo enorme lavoro . In tempi in cui pareva finito , si rialzò tutt ' a un tratto , trasfigurato , con opere piene di nuove forze e di nuove , promesse . Su tutte le vie della letteratura mise l ' impronta dei suoi passi giganteschi . Non tentò , assalì tutti i campi dell ' arte , e v ' irruppe tempestando , rovesciando , sfracellando , lasciando da ogni parte le traccie di una battaglia . Alla tribuna , nel teatro , in tribunale , in patria , in esilio , nella poesia e nella critica , giovane e settuagenario , fu sempre ad un modo , audace , ostinato , sfrenato , provocatore , rude , furioso , selvaggio . E suscitò degli eserciti di nemici , ma si trascinò dietro degli eserciti . Una legione di scrittori fanatici e devoti gli si strinse e gli si stringe intorno , e combatte in sua difesa e nel suo nome . Mille ingegni eletti , in varii tempi , non brillarono d ' altra luce che del riflesso del suo genio ; altri , attratti nella sua orbita , sparirono nel suo seno ; altri s ' affaticarono inutilmente , tutta la vita , per levarsi dalla fronte l ' impronta ch ' egli v ' aveva stampata . La pittura , la scultura e la musica s ' impadronirono delle creazioni della sua mente , e le resero popolari , per la seconda volta , in tutti i paesi civili . Una ricchezza enorme d ' immagini , di sentenze , di traslati , di modi , di forme nuove dell ' arte , profusa da lui , circola , vive e fruttifica in tutte le letterature d ' Europa . Egli è da mezzo secolo argomento continuo di discussioni ardenti e feconde . Quasi tutte le nuove questioni letterarie o hanno radice nelle sue opere o vi girano intorno forzatamente , ed egli presiede , innominato e invisibile , a tutte le contese . Ma ora le contese , per quello che riguarda lui , almeno in Francia , sono quasi affatto cessate . La sua età , le sue sventure , la sua immensa fama , la vitalità poderosa delle sue opere , rinvigorita da recenti trionfi , la popolarità grande del suo nome tenuta viva continuamente dalla sua parola e dalla sua presenza , lo hanno messo quasi al di fuori e al di sopra della critica . I suoi più acerrimi nemici letterarii d ' un tempo tacciono ; i suoi più accaniti avversarii politici saettano il repubblicano , ma rispettano il poeta , come una gloria della Francia . Chi non lo riconosce come poeta drammatico , lo ammette come romanziere ; chi lo respinge come romanziere , lo adora come poeta lirico ; altri che detestano il suo gusto letterario , accettano le sue idee ; altri che combattono le sue idee , sono entusiasmati della sua forma ; chi non ammira nessuna delle sue opere partitamente , ammira ed esalta la vastità grandiosa dell ' edifizio che formano tutte insieme : nessuno gli contesta il genio ; nessuno , parlandone cogli stranieri , si mostra incurante od ostile all ' omaggio che gli vien reso ; e anche chi l ' odia , ne è altero . Oltre a ciò , l ' aura politica del momento gli è favorevole . Egli è un poeta popolare e un tribuno vittorioso , e porta sulla corona d ' alloro come un ' aureola sacra di genio tutelare della patria . È arrivato a quel punto culminante della gloria , oltre il quale non si può più salire che morendo . La sua casa è come una reggia . Scrittori ed artisti di tutti i paesi , principi ed operai , donne e giovanetti , entusiasti ardenti , vanno a visitarlo . Ogni sua apparizione in pubblico è un trionfo . La sua immagine è da per tutto , il suo nome suona ad ogni proposito . Si parla già di lui come d ' una gloria consacrata dai secoli , e gli si prodigan già quelle lodi smisurate e solenni che non si concedono che ai morti . Ed egli è ancora pieno di vita , di forza , d ' idee , di disegni , ed annunzia ogni momento la pubblicazione d ' un ' opera nuova . Ecco l ' uomo di cui intendo di scrivere oggi . Dopo l ' Esposizione universale , Vittor Hugo . Un argomento val l ' altro , mi pare . II . Io credo , esprimendo quello che penso di Vittor Hugo , d ' esprimere presso a poco quello che ne pensano tutti i giovani del mio tempo . Non c ' è nessuno di noi , certamente , che non si ricordi dei giorni in cui divorò , giovanetto , i primi volumi dell ' Hugo che gli caddero fra le mani . È stata senza dubbio per tutti una emozione nuova , profonda , confusa , indimenticabile . Tutti ci siamo , domandati tratto tratto , interrompendo la lettura : - Che uomo è costui ? - Nello stesso tempo dolce e tremendo , fantastico e profondo , insensato e sublime , egli mette accanto a una stramberia rettorica che rivolta , la rivelazione d ' una grande verità che fa dare un grido di stupore . Colla stessa potenza ci fa sentire la dolcezza del bacio di due amanti e l ' orrore di un delitto . È ingenuo come un fanciullo , è truce come un uomo di sangue , è affettuoso come una donna , è mistico come un profeta , è violento come un oratore della Convenzione , è triste come un uomo senz ' affetti e senza speranze . In cento pagine ci mostra cento faccie . Egli sa esprimere tutto : sensazioni vaghe dell ' infanzia , su cui s ' era mille volte tormentato invano il nostro pensiero ; i primi inesplicabili turbamenti amorosi della pubertà , le lotte più intime del cuore della fanciulla e della coscienza dell ' assassino ; profondità segrete dell ' anima , che sentivamo in noi , ma in cui l ' occhio della nostra mente non era mai penetrato ; sfumature di sentimenti che credevamo ribelli al linguaggio umano . Egli abbraccia colla mente tutto l ' universo . Ha , se si può dire , due anime che spaziano contemporaneamente in due mondi , e ogni opera sua porta l ' impronta di questa sua doppia natura . Chi non ha fatto mille volte quest ' osservazione ? In alto v ' è quel suo eterno ciel bleu che ricorre ad ogni pagina , i firmamenti mille volte percorsi , gli astri continuamente invocati , gli angeli , le aurore , gli oceani di luce , mille sogni e mille visioni della vita futura , un mondo tutto ideale , in cui egli si sprofonda come un estatico , trasportando con sè il lettore abbarbagliato e stordito ; e sotto , dei mari neri e tempestosi , tenebre su tenebre , la sua eterna ombre , i suoi abîmes , i suoi gouffres , il bagno , la cloaca , la corte dei miracoli , il carnefice , il rospo , la putredine , la deformità , la miseria , tutto quanto v ' ha di più orribile e di più immondo sopra la terra . Il campo della sua creazione non ha confini . Ravvicinate Cosetta e Lucrezia Borgia , Rolando della Leggenda dei secoli e Quasimodo , Dea e Maria Tudor , Gavroche e Carlo V , le sue vergini morte a quindici anni , i suoi galeotti , i suoi sultani , le sue guardie imperiali , i suoi pezzenti , i suoi frati , e vi parrà d ' aver dinanzi l ' opera non d ' un solo , ma d ' una legione di poeti . Riandate rapidamente tutte le sue creazioni : esse lasciano l ' impressione d ' un ' enorme epopea di frammenti , che risale da Caino a Napoleone il grande , e una memoria confusa di amori divini , di lotte titaniche , di miserie inaudite , di morti orrende , viste come a traverso a una bruma paurosa , rotta qua e là da torrenti di luce , in cui formicola una miriade di personaggi metà creature reali e metà fantasmi , che sconvolgono l ' immaginazione , Tutte le opere sue son come colorate dal riflesso d ' una vita arcana ch ' egli abbia vissuta , altre volte , in un mondo arcano , al quale par che alluda vagamente ad ogni pagina , e alle cui porte s ' affaccia continuamente , impaziente dei confini che gli sono assegnati sulla terra , Una fantasmagoria immensa di cose ignote all ' umanità par che lo tormenti di continuo , come una visione febbrile . Tutto quello che v ' è di più strano e di più oscuro sul limite che separa il mondo reale dal mondo dei sogni , egli lo cerca , lo studia e lo fa suo . I re favolosi dell ' Asia , le superstizioni di tutti i secoli , le leggende più bizzarre di tutti i paesi , i paesaggi più tetri della terra , i mostri più orribili del mare , i fenomeni più spaventosi della natura , le agonie più tragiche , tutte le stregonerie , tutti i delirii , tutte le allucinazioni della mente umana sono passate per la sua penna . Egli vede tutto per non so che prisma meraviglioso ; a traverso il quale , per contro , il lettore vede sempre lui . In fondo a tutte le sue scene e dietro tutti i suoi personaggi spunta la sua testa enorme e superba . Quasi tutte le sue creature portano l ' impronta colossale del suo suggello , e parlano il linguaggio del genio ; sono , come lui , grandi poeti o grandi sognatori ; statue , a cui ha stampato sulla fronte il suo nome ; larve dai contorni più che umani , che si vedono ingigantite come a traverso le nebbie dei mari polari , o accese della luce d ' una glorificazione teatrale che le trasfigura , Così Javert , Gymplaine , Triboulet , Simoudain , Gilliat , Giosiana , Ursus , Quasimodo , Jean Valjean . Così il suo Napoleone III , rappresentato come un volgare malfattore , tutto d ' un pezzo , liricamente . Pochi i personaggi d ' ossa e di carne , che abbiano la nostra statura e la nostra voce . E così la sua cattedrale di Notre Dame , convertita da lui in un monumento enorme e formidabile come una montagna delle Alpi . Tutte le sue creazioni sono , com ' egli dice delle onde di un oceano in tempesta , mélanges de montagne et de songe . Solo nel primo momento della concezione è osservatore tranquillo e fedele ; poi la sua natura invincibilmente lirica irrompe , ed egli afferra colla mano poderosa la sua creatura , e la trasporta al di sopra della terra . Dalla prima all ' ultima pagina è sempre presente , despota orgoglioso e violento , e ci fa della lettura una lotta . Ci caccia innanzi a spintoni , ci solleva , ci stramazza , ci rialza , ci scrolla , ci umilia , ci travolge nella sua fuga precipitosa , senza dar segno d ' avvedersi che noi esistiamo . Balziamo rapidissimamente fra i più opposti sentimenti che può suscitar la lettura , dalla noia irritata all ' entusiasmo ardente , come palleggiati dalla sua mano . Eterne pagine si succedono in cui l ' Hugo non è più lui , Egli travia , erra a tentoni nelle tenebre , e delira . Non sentiamo più la parola dell ' uomo ; ma l ' urlo o il balbettio del forsennato . E i periodi enormi cascano sui periodi enormi , a valanghe , oscuri e pesanti , o i piccoli incisi sui piccoli incisi , fitti e rabbiosi come la grandine , e s ' incalzano e s ' affollano confusamente le assurdità , le vacuità , le iperboli pazze e le pedanterie . Vittor Hugo pedante ! Eppure sì ; quando ci esprime cento volte l ' idea che abbiamo afferrata alla prima , quando ci mostra lentamente e ostinatamente , una per una , le mille faccette d ' una pietra ch ' egli crede un tesoro e ch ' è un diamante falso . E in quel frattempo , mentre sonnecchiamo o fremiamo , ci si affacciano alla menti ; le analisi spietate dei critici , lo ire dei classicisti , gli anatemi dei pedanti , gli scherni dei suoi infiniti avversarii , e stiamo per dir : - Han ragione ! - Ma che ! Arrivati in fondo alla pagina , v ' è un pensiero che ci fa balzare in piedi e gridare : - No , per Dio ! Hanno torto ! - ; una frase che ci s ' inchioda nel cervello e nel cuore per tutta la vita ; una parola sublime , che ci compensa di tutto . E l ' Hugo è di nuovo là ritto e gigante sul piedestallo che vacillava . Questa è la sua grande potenza : lo scatto improvviso , la parola impreveduta che ci rimescola , il lampo inaspettato che illumina la vasta regione sconosciuta , la porta bruscamente aperta e richiusa per la quale intravvediamo il prodigio , un gran coup dans la poitrine , come direbbe lo Zola , che ci toglie per un momento il respiro , e ci lascia rotti e sgomenti . Non è l ' aquila che si libra sull ' ali ; è il masso che erompe dal vulcano , tocca le nubi e ricasca . La sua arte è quasi tutta qui : un lungo lavorìo paziente che prepara un effetto inatteso . Egli non ha riguardi per noi mentre prepara ; ci strapazza e ci provoca ; è un lavoratore sprezzante e brutale ; non bada nè alle nostre impazienze , nè alle nostre censure . I suoi difetti sono grandi come il suo genio ; non nèi , ma gobbe colossali , che ci fan torcere il viso . L ' architettura della più parte dei suoi romanzi è deforme . Sono episodi spropositati , spedienti brutali , inverosimiglianze sfrontatamente accumulate , fili di racconti pazzamente spezzati e riannodati ; divagazioni , o piuttosto corse furiose , di cui non si vede la meta , e che fanno presentire a ogni passo un precipizio . Ma egli vuol condurvi là , dove vuole , e vi trascina , renitenti , barcollando ed ansando , calpestando la ragione , il buon gusto , il buon senso , la verità . E a un certo punto vi svincolate gridando : - No , Hugo , non ti seguo ! - e lo lasciate fuggir solo . Dov ' è andato ? È caduto ? Ah ! eccolo là , sull ' altura , colla fronte dorata dal sole . Ha vinto e ha ragione . Ma egli ha tutto per combattere e per vincere : ha l ' audacia , la forza e le armi ; ha il genio e la pazienza ; è nato poeta e s ' è fatto ; ha scavato dentro a sè stesso , con mano pertinace , la vena più profonda dei suoi tesori ; ogni opera sua è un immenso , lavoro di scavazione , a cui si assiste leggendo , e si sente il formidabile affanno del suo respiro . È una strana cosa veramente l ' arte sua . Egli non ci presenta il lavoro fatto , il risultamento netto ed ultimo dei suoi sforzi , l ' ultima idea a cui è arrivato per una successione d ' idee ; ma ci fa seguire tutto il processo intimo del suo pensiero , ci fa contare e toccare prima tutte le pietre con cui innalzerà l ' edifizio , ci fa assistere a tutti i suoi tentativi inutili , a tutti i crollamenti successivi delle parti mal fabbricate , e vediamo poi l ' edifizio compiuto , ma circondato e ingombro dei ruderi , ch ' egli disdegna di spazzare . Il suo lavoro è uno strano accoppiamento di pazienza da musicista e di furia da pittore ispirato . Egli scrive come il Goya dipingeva . Ora minia , liscia , accarezza l ' opera propria , lento , quasi sonnolento , minuto , scrupoloso ; si diverte a stendere elenchi accurati di nomi e di cose , a spiegare il proprio concetto con similitudini interminabili diligentemente condotte ; procede colle seste , cerca le simmetrie , dice , corregge , aggiunge , modifica , rettifica , sfuma , cesella , brunisce . A un tratto il soffio della grande ispirazione lo investe , e allora butta via il pennello delicato , e , come il Goya faceva , dipinge a furia con quello che gli casca fra le mani , spande i colori colle spugne , getta le grandi macchie cogli strofinacci e le scope , dà i tocchi di sentimento a colpi furiosi di pollice che sfondan la tela . Il suo stile è tutto rilievi acuti , rialti di granito , punte di ferro e vene d ' oro , pieno d ' asprezze e d ' affondamenti oscuri , rotto qua e là in grandi squarci , da cui si vedono prospetti confusi e lontani ; ora semplice fino all ' ingenuità scolaresca , ora architettato coll ' arte sapiente d ' un pensatore ; a volta a volta acqua limpida e mare in burrasca , su cui errano nuvole rosee che riflettono il sole o nuvole nere da cui si sprigiona la folgore . Le immagini nuove e potenti pullulano a miriadi sotto la sua penna , e le idee gli erompono dal capo armate , impennacchiate , sfolgoranti ; e sonanti , qualche volta offuscate dalla ricchezza e schiacciate dal peso dell ' armatura . Egli non spende , profonde a piene mani , sperpera i tesori inesauribili della sua potenza espressiva col furore d ' un giuocatore forsennato . La lingua sua non gli basta . Egli toglie ad imprestito il gergo della plebe , la lingua furfantina delle galere , il balbettio informe ed illogico dei bambini ; tempesta la sua prosa di parole straniere di cento popoli e di traslati proprii di tutte le letterature ; e si fabbrica superbamente un linguaggio suo , tutto colori e scintille , pieno d ' enimmi e di licenze , di laconismi potenti e di delicatezze inimitabili ; secondo il bisogno , triviale , tecnico , accademico , vaporoso , brutale , solenne ; così che lette le sue opere , non par d ' aver sentito parlare la lingua di un solo popolo e d ' un solo secolo , ma una vasta e confusa lingua d ' un tempo avvenire , per la quale non ci sia nulla d ' inesprimibile e di straniero . Di questa potenza espressiva , come del coraggio del suo genio , egli abusa , e allora s ' impiglia e si ravvolge nel proprio pensiero , e vi s ' aggira come in un labirinto , senza trovarne l ' uscita . Ma anche nei suoi smarrimenti è grande . Anche in quelle pagine affaticate , tormentate , astruse , in cui volendo esprimere l ' inesprimibile , tenta da tutte le parti il proprio concetto , e accumula metafore su metafore , paragoni su paragoni , e ricorre inutilmente al suo misterioso linguaggio di tenebre e di luce , d ' ombre e d ' abissi , di inconnu e di insondable , e tutta la sua fortissima e ricchissima lingua non basta a render nemmeno una pallida idea di quel non so che di immane e di mostruoso che ha nel capo ; in quelle pagine i freddi pedanti trovano con gioia una presa assai facile alla critica che distrugge e deride ; ma l ' anima dell ' artista vi sente l ' anelito del titano che lotta con una potenza sovrumana , e assiste a quegli sforzi poderosi con un sentimento di stupore e di rispetto , come a uno di quegli spettacoli in cui un uomo rischia la vita . Eppure si , leggendo le opere sue , accade qualche volta che , arrivati a un certo punto , lo squilibrio delle facoltà , la continua prevalenza della fantasia sfrenata sulla ragione , la eccessiva frequenza delle aberrazioni e delle cadute , vi stanca ; i lampi di genio non bastano più a compensarvi dei continui sacrifizii che deve fare il vostro buon senso ; siete sazii , sdegnati , qualche volta nauseati ; sentite il bisogno di riposarvi da quella tortura ; ritornate con piacere ai vostri scrittori sensati , rigorosi , sempre eguali ; respirate , vi ritrovate nel mondo reale , benedite la logica , riacquistate la vostra dignità d ' uomini e di lettori . E lasciate in un canto l ' Hugo per mesi , e qualche volta per anni , e vi pare d ' esservene staccati per sempre . Ma che ! Egli v ' aspetta . Un giorno arriva finalmente in cui , tutt ' a un tratto , un entusiasmo a cui volete un ' eco , un dolore che domanda un conforto , un bisogno istintivo di strano o di terribile , vi risospinge verso quei libri . E allora tutti gli entusiasmi sopiti si ridestano tumultuosamente . Egli v ' afferra di nuovo , vi soggioga , siete suoi , rivivete in lui per un altro periodo della vostra vita . È perchè le somme linee delle opere sue sono veramente d ' un genio . L ' abuso ch ' egli fa d ' un concetto sublime , alla lettura , v ' offende ; ma spariti dalla memoria i particolari errati o eccessivi , il concetto vi resta incancellabile , e più s ' appura col tempo , più vi pare che ingrandisca , e ingrandisce davvero . Le sue grandi idee e i suoi grandi sentimenti son grandi tanto che sovrastano ai difetti infiniti dell ' arte sua , come le colonne d ' un tempio antico ai rottami ammucchiati ai suoi piedi . E di qui nasce il fatto strano ch ' egli ha più ammiratori ardenti delle sue creazioni che lettori fedeli dei suoi volumi , e che moltissimi ammiratori suoi non lo conoscono che nei frammenti delle sue opere , o nelle ispirazioni che v ' hanno attinte le altre arti . Chi strapperà più dalla memoria umana Ernani , Triboulet , il campanaro di Nôtre Dame , l ' amore di Ruy Blas , la disperazione di Fantina ? E chi può scordare i brividi di terrore ch ' egli ci ha fatto correre per le vene , e le lacrime che ci ha fatto sgorgare dagli occhi ? Poichè egli può tutto , ed è grande nella tragedia e insuperabile nell ' idillio . Noi tutti abbiamo sentito scricchiolare le ossa d ' Esmeralda nel letto della tortura , e abbiamo visto faccia a faccia la morte , quando ce la presenta orrenda come in Claudio Frollo appeso al cornicione della cattedrale , o furiosa come sulla barricata di via Saint - Denis , o epica come sul campo di Waterloo , o infinitamente triste come nelle nevi della Russia , o solennemente lugubre , come nel naufragio dei Comprachicos . Ed è lo stess ' uomo che fa vibrare sovrumanamente le corde più delicate dell ' anima ; l ' autore del Revenant su cui milioni di madri singhiozzarono , l ' autore di quel celeste Idillio di Rue Plumet , di quella santa agonia di Jean Valjean , che strazia l ' anima , e di quei versi meravigliosi , in cui Triboulet spande piangendo l ' immensa ed umile tenerezza del suo amore di padre . No , mai parole più dolci , preghiere più soavi , grida d ' amore più appassionate , slanci d ' affetto e di generosità più nobili e più potenti , sono usciti da un cuore di poeta . E allora Vittor Hugo è grande , buono , venerabile , augusto , e non c ' è anima umana che in quelle pagine non l ' abbia benedetto ed amato . In momenti solenni della vita , accanto al letto d ' un moribondo , durante una grande battaglia della coscienza , i suoi versi ripassano per la mente , come lampi , e risuonano all ' orecchio consigli d ' un amico affettuoso e severo che ci dica : - Sii uomo ! - Poichè egli ha tutto sentito , tutto compreso e tutto detto ; ha le disperazioni tremende e le rassegnazioni sublimi ; non v ' è dolore umano a cui non abbia detto una parola di conforto ; non c ' è sventura al mondo su cui non abbia fatto versare delle lagrime . Egli è il patrocinatore amoroso e terribile di tutte le miserie , dei diseredati dalla natura e degli abbandonati dal mondo , di chi non ha pane , di chi non ha patria , di chi non ha libertà , di chi non ha speranze , di chi non ha luce . Questa è la sua grandezza vera e incontestabile . Non c ' è altro scrittore moderno che abbia esercitato con una maggior quantità d ' opere e con una più intrepida ostinazione questo glorioso apostolato ; che abbia maneggiato un pennello più potente per dipingere le miserie , un coltello anatomico più affilato per aprire i cuori straziati , uno scalpello più magistrale per scolpire gli eroi della sventura , un ferro più rovente per segnare la fronte di chi fa soffrire , una mano più delicata per accarezzare la fronte di chi soffre . Egli è il grande assalitore e il grande difensore ; ha combattuto su tutte le arene ; è salito su tutte le sommità ed è sceso in tutte le bassure . E questo è ammirabile in lui , che per quanto sia disceso , non s ' è mai abbassato . La sua mano è rimasta incontaminata fra tutte le sozzure in cui sguazzò la sua penna . Egli non ha mai prostituito l ' arte sua . È austero e superbo . Non s ' inflette e non ride . Il suo riso non è che una maschera , dietro la quale s ' intravvede sempre il suo volto pallido e accigliato . Una specie di tristezza fatale pesa su tutte le opere sue . Anche nella sua grande e costante aspirazione alla virtù , alla concordia , alla pace , alla redenzione degli oppressi e degli infelici , v ' è qualcosa di malinconico e di tetro , come se le mancasse l ' alimento della speranza . Tutti i suoi libri terminano con un grido straziante . Tutte le voci che escono dalle sue opere formano , riunite , un lamento solenne , misto di preghiera e di minaccia . La sua stessa credenza in Dio , quella ch ' egli chiama la suprema certezza della sua ragione , è forse piuttosto un ' aspirazione potentissima del suo cuore e un pascolo immenso della sua immaginazione smisurata , che una fede ferma , in cui la sua anima si riposi : la fede è una sorgente , a lui necessaria , di torrenti di poesia , e Dio è un personaggio dei suoi romanzi e dei suoi canti . Da qualunque lato si guardi , apparisce in lui qualcosa di strano e di non chiaramente esplicabile . L ' uomo non emerge netto dallo scrittore . Si stende la mano a toccarlo , e invece della carne umana , si sente una sostanza nuova al tatto , che fa rimanere perplessi . La sua figura , velata , s ' innalza , s ' abbassa , s ' avvicina , s ' allontana , e non presenta mai per tanto tempo i contorni fermi e precisi , da poterseli fissare immutabilmente nel pensiero . E così v ' affaticate per anni intorno alle sue opere senza riuscir mai a formarvene un giudizio che non abbiate di tratto in tratto a mutare . Esse offrono mille parti scoperte alla critica d ' un fanciullo , e presentano mille aspetti irresistibili all ' ammirazione dell ' uomo . C ' è poco da obbiettare a chi le lacera senza remissione , non si sa che cosa opporre a chi n ' è entusiasta appassionato . Distruggetele col ragionamento : esse si rialzano da sè , a poco a poco , nella vostra mente , più maestose e più salde . Disponetevi invece ad adorarle ciecamente , e sarete ogni momento costretti a soffocare mille voci di protesta che usciranno dal vostro cuore e dalla vostra ragione . Una sola cosa è fuor di dubbio , ed è che non si può rifiutare a quest ' uomo il titolo augusto e solenne di Genio . Il più ostinato avversario suo sente , in fondo a sè stesso , chè la qualificazione di « ingegno » , da qualunque attributo accompagnata , non basta per lui . Potete preferirgli una legione d ' altri ingegni viventi ; ma siete costretti a riconoscere che alle mille teste di quella legione sovrasta la sua . Potete voltargli le spalle , ma non potete fare un passo senza mettere il piede sulla sua ombra . Ma è difficile credere che la ripugnanza dell ' indole , o la disparità del gusto e delle idee , o l ' odio di parte possano tanto in un uomo da fargli negare la grandezza che presentano insieme le creazioni , le lotte , i trionfi , gli errori e gli ardimenti di questo vecchio formidabile . Per me , penso ai suoi cinquanta volumi , pieni d ' ispirazioni e di fatiche , in cui si rivela col genio prepotente una volontà indomabile o una tempra fisica d ' acciaio ; penso ai torrenti di vita che uscirono dal suo petto , all ' amore immenso che profuse , alle ire selvaggie e agli odii implacabili che provocò e che gli infuriarono nell ' anima ; ricorro la sua vita da quando giocava , ragazzo , sotto gli occhi di sua madre , noi giardino delle Feuillantines ; lo vedo , sedicenne , quando scriveva in quindici giorni , per guadagnare una scommessa , le pagine ardenti di Bug - Jargal ; penso a quando comprò il primo scialle a sua moglie coi denari dell ' Han d ' Islanda ; me lo raffiguro , fiero e impassibile , in mezzo alle tempeste delle assemblee scatenate dalla sua parola temeraria ; lo vedo servire umilmente i quaranta bambini poveri seduti alla sua mensa a Hauteville - house ; me lo rappresento grave e triste , in mezzo alla folla , dinanzi ai cento sepolcri illustri su cui fece sentire la sua parola piena di maestà e di dolcezza ; lo vedo per le vie di Parigi , in mezzo alla moltitudine riverente , costernato e invecchiato , seguire i feretri dei suoi figli ; lo vedo in quelle sue veglie febbrili , ch ' egli descrisse così potentemente , quando di lontano , nel silenzio della notte , sentiva squillare il corno di Silva ed echeggiare il grido di Gennaro ; lo vedo assistere nel Teatro francese , dopo mezzo secolo dalla prima rappresentazione , al trionfo clamoroso dell ' Hernani , salutato dai primi scrittori e dai primi artisti della Francia , come il loro Principe rieletto e riconsacrato ; penso al suo Oriente splendido , al suo Medio evo tremendo , alla Preghiera per tutti , all ' infanta che perde la rosa mentre Filippo II perde l ' Armada , alla carica dei corazzieri della guardia contro i quadrati del Wellington , alla scarpetta d ' Esmeralda , all ' agonia d ' Eponina , a tutte le creature del mondo arcano , sfolgorante , immenso che uscì dal suo capo ; al suo esilio , alle sue sventure , ai suoi settantasette anni , - e sento una mano che mi fa curvare la fronte . III . " Vittor Hugo è certamente uno di quelli scrittori che ispirano un più ardente desiderio di vederli ; perchè i suoi cento aspetti di scrittore ci fanno domandare ogni momento a quale di essi corrisponda il suo aspetto d ' uomo . Sarà il viso dell ' Hugo che ci fa inorridire o quello dell ' Hugo che ci fa piangere ? E ci riesce ugualmente difficile rappresentarcelo benevolo e rappresentarcelo truce . Io mi ricordo d ' aver passato molte ore , giovanotto , all ' ombra d ' un giardino , con un suo libro tra le mani , cercando di dipingermelo coll ' immaginazione , e componendo e ricomponendo cento volte il suo viso e la sua persona , senza trovar mai una figura che m ' appagasse . Il suo spettro , di forme incerte , mi stava sempre davanti . Quest ' uomo era un enimma per me . Io non sapevo bene rendermi conto del sentimento che m ' ispirava . Alle volte mi pareva che , vedendolo , gli sarei corso incontro coll ' espansione di un figlio e mi sarei strette le sue mani sul cuore ; altre volte mi pareva che , incontrandolo improvvisamente , mi sarei scansato con un sentimento di diffidenza e di timore , e avrei detto sommessamente ai miei vicini : - Indietro ! Hugo passa . - Che so io ? Era l ' uomo che m ' aveva spinto cento volte , col cuore gonfio di tenerezza , tra , le braccia di mia madre ; ma era anche l ' uomo che m ' aveva fatto balzar sul letto , più volte , nel cuor della notte , atterrito dall ' apparizione improvvisa dei cinque cataletti di Lucrezia Borgia . Sentivo per lui un affetto pieno di trepidazione e di sospetto . Ma il desiderio di vederlo era ardente , e andò crescendo cogli anni . Quanta è la potenza del genio ! Voi arrivate in una città enorme , trascorrete di divertimento in divertimento , d ' emozione in emozione , in mezzo a un popolo immenso e tumultuoso , fra gente di ogni paese , fra i capolavori delle arti e delle industrie di unta la terra , fra mille spettacoli , mille pompe o mille seduzioni . Ebbene , tutto questo non è per voi che una cosa secondaria . Fra quell ' immenso spettacolo e voi si drizza il fantasma di un uomo che non avete mai visto , che non vedrete forse mai , che non sa nemmeno che siate al mondo ; e questo fantasma occupa tutta la vostra mente e tutto il vostro cuore . In quell ' oceano di teste , voi non cercate che la sua . A ogni vecchio che passi , il quale vi rammenti alla lontana la sua immagine , una voce intima vi dice : - È lui ! - e il vostro sangue si rimescola . Tutta quell ' enorme città non vi parla che di quell ' uomo . Le torri della Cattedrale sono popolate dei fantasmi della sua mente , ad ogni svolto di strada vi si affaccia una creatura della sua immaginazioni , i frontoni dei teatri vi rammentano i suoi trionfi , gli alberi dei giardini vi bisbigliano i suoi versi e le acque della Senna vi mormorano il suo nome . E allora prendete una risoluzione eroica e rivolgete una domanda , da lungo tempo meditata , a un amico . E non si può dire l ' effetto che vi fanno queste cinque semplicissime parole : - Via di Clichy , numero venti . IV . V ' è una considerazione però , che rende titubanti molti ammiratori che desiderano di visitare Vittor Hugo ; ed è l ' accusa che gli si fa d ' avere un immenso orgoglio . Certo è che egli sente altissimamente di sè , e non lo nasconde . Tutti sanno quello che disse , ancor giovane , all ' attrice Mars , che si permetteva , alle prove dell ' Hernani , di criticare i suoi versi . - Signorina , voi dimenticate con chi avete da fare . Voi avete un grande ingegno ; non lo nego ; ma ho un grande ingegno . anch ' io , e merito qualche riguardo . - Io lascio ad altri il risolvere questa quistione : se , in qualche caso , uno smisurato sentimento di sè non sia un elemento del genio : quello che dà l ' impulso ai grandi ardimenti ; e se , ammessa la indole artistica di Vittor Hugo , sia possibile concepire un Vittor Hugo modesto . Mi ristringo a considerare il fatto . Si , Vittor Hugo dev ' essere sovranamente orgoglioso . Si riconosce da mille segni . Egli , per esempio , - è cosa notissima , - non ammette la critica . Il genio , dice , è blocco . Bisogna accettarlo intero o respingerlo intero . L ' opera del genio è un tempio in cui si deve entrare col capo scoperto , e in silenzio . On ne chicane pas le génie . Ammirate , ringraziate e tacete . Il genio non ha difetti . I suoi difetti sono il rovescio delle sue qualità . Ecco tutto . Egli lo ha detto a chiare note nel suo libro sullo Shakespeare , nel quale s ' è servito del tragico inglese per dire al mondo quello che pensa di se stesso . Il ritratto ch ' egli traccia dello Shakespeare è il ritratto suo ; quella deificazione che egli fa del genio , la quale per un uomo che creda in Dio è quasi sacrilega , è , insomma , la sua apoteosi ; in quell ' oceano a cui paragona i grandi poeti , si vede riflessa , prima d ' ogni altra , la sua grandezza ; quella montagna che ha tutti i climi e tutte le vegetazioni , è Vittor Hugo . In quegli elenchi , ch ' egli fa ad ogni pagina , dei genii di tutti i tempi e di , tutti i paesi , da Giobbe al Voltaire , si capisce , si giurerebbe che , arrivato all ' ultimo nome , è stato , lì sul punto d ' aggiungervi il suo , e che non lo fece , non per modestia , ma per salvare , come , suol dirsi , le convenienze . Egli tratta tutti quei grandi da pari a pari . Tutti i genii , d ' altra parte . - è una sua idea , - sono uguali . La regione dei genii è la regione dell ' eguaglianza . Egli parla di Dante come d ' un fratello . Ma oltre a queste ci sono mille altre manifestazioni della coscienza ch ' egli ha della sua grandezza : l ' ardimento , superbo con cui mette le mani nella scienza e con cui affronta , passando , i più alti problemi della filosofia ; la baldanza con cui ostenta le sue licenze letterarie , come se fosse certo che , coniate da lui , saranno moneta corrente e ricchezza comune ; l ' intonazione solenne delle sue prefazioni , che , annunziano l ' opera come un avvenimento sociale ; la cura scrupolosa con cui raccoglie o fa raccogliere tutte le sue minime parole e gli atti più insignificanti della sua vita . Quando vuol fare il modesto riesce all ' effetto opposto , tanto inesperto è in quell ' arte , e tanto è abituato a passar la misura in ogni cosa . Come quando comincia una lettera : « Un oscuro lavoratore . » E così , sotto la forzata pacatezza con cui risponde alle osservazioni di Lamartine sui Miserabili , si sente il ruggito soffocato del leone ferito . La sua stessa prodigalità nella lode tradisce l ' uomo che crede di gettarla tanto dall ' alto , da non aver da temere l ' orgoglio che ne potrà nascere , se anche crescesse smisurato . E poi egli rivela l ' animo suo candidamente . In un ' occasione in cui non volle lasciar rappresentare un suo dramma perchè un altro aveva trattato lo stesso soggetto , disse : - Non voglio esser paragonato , - A un editore che gli proponeva di pubblicare una scelta delle sue poesie , rispose : - Voi mi avete l ' aria d ' un uomo che , mostrando in una mano dei sassi raccolti sul Monte Bianco , creda di poter dire alla gente : Ecco il Monte Bianco . - Egli si considera al di sopra d ' ogni confronto possibile con qualunque scrittore contemporaneo . Non piglia , infatti , alcuna parte in quella guerra continua che si movono gli scrittori di Francia a motti arguti e maligni , che scorticano senza far stridere , e fanno il giro di Parigi . Se ne sta in disparte , muto . E non sarebbe atto , d ' altra parte , a questa specie di guerra . Dicono : perchè non ha «spirito.» Egli ha risposto acerbamente a questa critica . - Dire che un uomo di genio non ha spirito , è una gran consolazione per i moltissimi uomini di spirito che non hanno genio . - Ma la critica è giusta forse , benchè si trovino nei suoi discorsi parlamentari dei mirabili esempi di risposte improvvise a botte inaspettate . Il suo scherno ha spesso il conio del grande ingegno ; ma non provoca il riso salato e pepato della vera arguzia francese . Lo stiletto sottile dell ' ironia sfugge dalle sue mani di colosso ; egli non è atto che a dare i grandi colpi di mazza che sfracellano il casco e la testa . E poi oramai si ritiene quasi al di sopra della letteratura . Si riguarda quasi come un sacerdote di tutte le genti , sopravvissuto , per decreto della Provvidenza , a mille prove e a mille sventure , per vegliare sull ' umanità . Questo apparisce lucidamente dalle sue apostrofi ai popoli , dalle sue intimazioni ai monarchi , dal tono di profezia che dà ai suoi presentimenti , dalla forma di responso che dà alle sue sentenze , dal carattere di minaccia che dà ai suoi rimproveri , da tutto il suo linguaggio spezzato in affermazioni altiere e in giudizii assoluti , come se ogni sua proposizione fosse un decreto , da incidersi sul bronzo o nel marmo per le generazioni avvenire . Tutte queste cose , o sapute prima o intese dire , fanno lungamente esitar lo straniero che vuol andare a battere alla sua porta . Certo che , dopo la prima esitanza , si fanno delle riflessioni incoraggianti . Si pensa , per esempio , che il sentimento che ci trattiene dal presentarci a un uomo orgoglioso che ammiriamo , non è , in fondo , che un sentimento d ' orgoglio . Poi si pensa a quanti scrittorelli miserabili di mente e di cuore , a quanti pedanti fradici e impotenti , a quanti imbrattacarte sconosciuti di villaggio non si sentono da meno di Vittor Hugo . E infine ci si dice che è una pazza presunzione la nostra , di credere che a noi , messi in luogo suo , non darebbe punto al capo la gloria di primo poeta d ' Europa . E allora si ripiglia coraggio . Ma pure è una cosa che spaventa quel presentarsi là sconosciuti , senz ' altra scusa che l ' impulso del cuore , davanti a un uomo famoso nel mondo , nella grande città che lo festeggia , in casa sua , in mezzo a una folla di ammiratori , per dirgli ... che cosa ? Voglio vedervi ! V . E non ostante , una mattina , mi trovai senza avvedermene nel cortile della casa N . ° 20 di via Clichy , in faccia al finestrino del portinaio , e sentii con un certo stupore , come se parlasse un altro , la mia voce che diceva : - Sta qui Vittor Hugo ? - Ero ben certo che stava là ; eppure restai un po ' meravigliato nel sentirmi rispondere : - Si signore , al secondo piano - coll ' accento della più fredda indifferenza . Mi parve molto strano che a quel portinaio paresse tanto naturale che là ci stesse Vittor Hugo . Poi , tutt ' a un tratto , mi parve un ' assurdissima cosa l ' andarmi a presentare a quell ' uomo in quella maniera . E dissi forte a me stesso : - Ma tu sei matto ! - e rimasi profondamente assorto , per qualche minuto , nella contemplazione d ' un gatto che dormiva sopra una finestra del pian terreno . E l ' ho da dire tal quale ? Sentivo un leggierissimo tremito nelle ginocchia , come se mi fosse già passata da un pezzo l ' ora della colezione . Poi non ricordo più bene . So che m ' accorsi improvvisamente che salivo le scale ; ma colla profonda sicurezza che , arrivato alla porta , sarei tornato giù senza sonare . Salivo lentamente ; sopra uno scalino mi sentivo un coraggio da leone ; sopra un altro scalino mi pigliava la tentazione di voltar le spalle e di scappar come un ladro . Mi fermai due o tre volte per asciugarmi la fronte , che stillava . Oh mai nessun alpinista , ne son sicuro , ha fatto un ' ascensione più affannosa di quella ! Avrei voluto tornar indietro ; ma non potevo . Che so io ? C ' erano Cinquecento De Amicis , di tutte le stature , che ingombravano la scala dietro di me , affollati e stretti come acciughe tra il muro e la ringhiera , che mi dicevano tutt ' insieme a bassa voce ; - Avanti ! - All ' improvviso , come se fino allora avessi pensato a tutt ' altro , mi trovai ai piedi dell ' ultima branca di scala , in faccia alla porta . Allora non so come , bruscamente , tutte le paure sparirono . Sentii un impulso potente che mi diedero insieme mille ricordi dell ' adolescenza e della giovinezza , il sangue mi diede un tuffo violento , Cosetta mi mormorò : - Coraggio ! - Ernani mi disse : - Sali ! - Gennaro mi gridò : - Suona ! - E suonai . - Dio eterno ! Mi parve di sentir sonare a distesa , per un quarto d ' ora filato , la gran campana di Notre Dâme , e stetti là trepidante come se quel suono dovesse aver messo sottosopra mezza Parigi . Finalmente nello stesso punto sentii l ' impressione d ' un pugno nel petto e vidi spalancarsi la porta . Mi trovai dinanzi una governante , una bella donna , vestita con garbo . In un angolo dell ' anticamera due servitori lucidavano dei candelieri d ' argento . Per una porta aperta si vedeva in un ' altra stanza una tavola mezzo sparecchiata , con un giornale nel mezzo , Cose insignificanti e indimenticabili . Domandai alla governante con una voce da tenore sgolato se stava là Vittor Hugo . Mi rispose di sì , con un ' indifferenza , anche lei , che mi fece gran meraviglia . Domandai se avrebbe potuto ricevermi . Mi rispose che era ancora a letto . Io rimasi là , senza parola , scombussolato . L ' idea di aver da fare un ' altra volta l ' ascensione di quella montagna , mi sgomentava . Ma la governante doveva esser abituata a veder dei giovani presentarsi così , col viso un po ' alterato , alla porta del suo padrone , e a indovinare dal viso il sentimento che li moveva ; perchè mi diede un ' occhiata tra sorridente e pietosa , come se volesse dire : - Ho capito ! Sei uno dei tanti - e soggiunse con un accento benevolo : - Credo però che sia svegliato .... posso domandargli quando la potrà ricevere - e senza darmi tempo di rispondere , disparve . A me pareva di sognare o di essere briaco . Mi sfuggiva il sentimento della realtà . Mi domandavo se il Vittor Hugo ch ' era nella stanza accanto fosse proprio quel Vittor Hugo che io cercavo , e non mi pareva possibile . E avrei voluto , infatti , che non fosse possibile . Mi pareva d ' aver commesso un atto insensato . - Ma cosa ho fatto ! - mi dicevo . - Bisogna che mi abbia dato volta il cervello . E cosa seguirà adesso ? - E pensando ch ' era possibile ch ' egli non mi volesse ricevere , mi sentivo salire delle ondate di sangue alla testa . Improvvisamente la governante ricomparve e disse gentilmente : - Il signor Vittor Hugo la riceverà con piacere questa sera alle nove e mezzo . - Ah , governante adorata ! Bisogna ch ' io risalga a vent ' anni fa , quando dopo aver aspettato per tre ore , immobile davanti a una porta , una parola che doveva darmi tre mesi di libertà e di piaceri o tre mesi di schiavitù e di umiliazione , usciva finalmente il segretario della Commissione a dirmi solennemente : - Promosso ! - ; bisogna ch ' io risalga a uno di quei giorni , per poter dire d ' aver sentito altre volte un allargamento di polmoni così delizioso , una soddisfazione così piena , una così matta voglia di scender le scale a cinque gradini per volta , come quella che m ' hai fatto provar tu , con quelle quattordici benedette parole , o governante dell ' anima mia . VI . E dalle nove e mezzo della mattina alle nove e mezzo della sera fui re di Francia . Ah , Vittor Hugo superbo , Vittor Hugo comunardo , Vittor Hugo energumeno , Vittor Hugo matto ; che baie ! Tutti questi Vittor Hugo della critica o della calunnia , col berretto frigio o colle corna dell ' orgoglio satanico , erano spariti dalla mia mente . Per me non c ' era più che un solo Hugo , il grande poeta amoroso e sdegnoso , pieno di consigli fortissimi e di sante consolazioni ; l ' uomo che m ' aveva fatto delirare d ' amore da giovanetto ; che m ' aveva fatto pensare e lottare da uomo ; il poeta di cui le strofe fulminee m ' eran sonate nel cuore sul campo di battaglia come grida eccitatrici d ' un generale lontano ; lo scrittore che aveva mille volte schiacciato il mio misero orgoglio d ' impiastrafogli , facendomi provare non so che voluttà acre e salutare nell ' umiliazione , che mi acquietava l ' anima ; l ' autore di cui parlando m ' era sgorgata mille volte dal cuore commosso la parola facile e calda che m ' aveva cattivato delle simpatie ; l ' artista che mi aveva aiutato a esprimere mille sentimenti e a render l ' immagine di mille cose che senza di lui mi sarebbero forse rimaste sepolte per sempre nell ' anima ; lo scrittore di cui in Spagna , in Grecia , sul Reno , sul Bosforo , sul mare , mi ricorreva ogni momento alla memoria un pensiero o una immagine , che rischiarava , formulava e commentava la mia emozione ; il poeta dei fanciulli , il consolatore delle madri sventurate , il cantore delle morti gloriose , il grande pittore dei cieli e degli oceani ; oggetto di vent ' anni , di studio , di curiosità e di discussioni ; mille volte abbandonato , mille volte ripreso , mille volte difeso ; Galeotto d ' amori gentili , auspice d ' amicizie ardenti , compagno di veglie febbrili e provocatore di scoppi di pianto disperati ; l ' uomo , insomma , in cui avevo vissuto una gran parte della parte più bella della mia vita ; che m ' aveva trasfuso nelle vene il suo sangue , e delle cui opere mi ero fatto ossa , nervi e cervello . Questo era il Vittor Hugo che mi vedevo davanti , e ad ogni ora che passava , mi pareva che la sua figura si innalzasse di un palmo e che il mio cuore ringiovanisse d ' un anno . VII . Eppure , ecco un problema per gli scrutatori del cuore umano . Verso sera , un ' ora prima d ' andare , tutt ' a un tratto mi si fece dentro come un silenzio mortale . Mi sentii improvvisamente vuoto , asciutto e freddo . Mi parve che , comparendo davanti a Vittor Hugo , non avrei sentito la menoma scossa , nè trovato una parola da dire . E ne rimasi atterrito . Poichè , insomma , non c ' è che una commozione profonda e visibile che giustifichi l ' audacia di quelle visite : quando la commozione manca , par che si vada là per curiosità , e la pura curiosità , in quei casi , è sfrontatezza . Che cosa sono questi ammutolimenti improvvisi del cuore ? Forse che il cuore s ' addormenta , stanco della commozione , per ripigliar nuove forze ? Io non so . So che avevo un bell ' eccitarmi , e richiamare alla mente tutti i pensieri e tutti i sentimenti della mattina ; ogni sforzo era inutile ; per quanto mi soffiassi dentro , non riuscivo a sollevare una scintilla ; e salii le scale con una indifferenza che mi costernava . - Sono istupidito , - mi domandavo , - o son malato ? Ed ora che cosa dirò ? - La stizza mi divorava ; mi sarei morso le mani e dato dei pugni nella testa . E mi ricordo ch ' ero ancora in questo stato quando la porta s ' aperse e mi trovai nell ' anticamera illuminata da una lampada appesa al soffitto . Ma fu quello , grazie al cielo , l ' ultimo momento . La governante mi domandò il nome per andare ad annunziarmi . Il suono del mio nome pronunziato da me , e ripetuto da lei , in quella stanza , mi svegliò , come se qualcuno m ' avesse chiamato ; la mia mente si rischiarò e un torrente di vita mi affluì al cuore . La donna aperse una porta e disparve . Per la porta semiaperta uscì un suono confuso di voci allegre e forti , da cui capii che si stava terminando di cenare . In mezzo a quel vocio afferrai due parole : - La philosophie indienne .... - Ebbi appena il tempo di pensare : Oh numi ! Che cosa dirò se mi attaccano sulla filosofia indiana ? La porta si richiuse . Mi parve che seguisse un silenzio profondo . La governante faceva l ' imbasciata . I minuti secondi mi sembravano quarti d ' ora . Quel silenzio mi pareva tremendo . Finalmente la donna ricomparve , mi accennò di seguirla , guardandomi curiosamente , come se il mio viso avesse qualche cosa di strano ; mi fece passare per un corridoio , spinse leggermente il battente d ' una porta e mi disse sottovoce : - Entrate , signore . Il signor Vittor Hugo è là . - Stetti un momento immobile . Mi sentivo .... poco bene . Se la governante m ' avesse guardato in viso , m ' avrebbe offerto un bicchiere d ' acqua . - Animo ! - dissi poi a me stesso ; sollevai una tenda , feci un passo innanzi e mi trovai in faccia a Vittor Hugo . Era in piedi , solo , immobile . Che cosa gli dissi ? A diciott ' anni , in quelle occasioni , si versano delle lagrime . Il pianto è la grande e dolce eloquenza della prima giovinezza . Ma a trent ' anni non si piange più . A trent ' anni si domina la commozione senza soffocarla , e si parla . L ' entusiasmo trabocca , altero di sè stesso , in parole ardite e virili ; la fronte si alza , l ' occhio divampa , la voce vibra , l ' anima grandeggia . Che cos ' abbia detto , non so . Qualcuno mi suggeriva nell ' orecchio , rapidamente , delle parole ardenti , che io ripetevo colla voce tremante e sonora , provando una immensa dolcezza nel cuore , e vedendo davanti a me , in confuso , una testa bianca che mi pareva enorme , e due pupille fisse nelle mie che pigliavano a grado a grado una espressione di curiosità e di benevolenza . Tutt ' a un tratto tacqui , come se una mano mi avesse afferrato alla gola e restai col respiro sospeso , Allora la mia affettuosa ammirazione di venti anni , la costanza del mio ardente desiderio , le mie trepidazioni di quel giorno , le mie inquietudini dei giorni innanzi , i miei terrori di fanciullo , le mie veglie di giovanetto , le mie febbri di uomo , le mie umiliazioni di scrittore ebbero un grande compenso . La mano che scrisse Notre Dame , e la Lègende des siècles strinse la mia . E subito dopo provai un secondo sentimento , forse più dolce del primo . La mano sinistra del grande poeta raggiunse la destra , e la mia mano calda e tremante rimase per qualche momento tra le sue . Seguì un breve silenzio , durante il quale sentii il suono del mio respiro , come se avessi fatto una corsa . Poi sentii la sua voce ; una voce grave , ma dolce , in cui mi parve di sentire mille voci , e che mi stupì , come se , udendola , vedessi comparire Vittor Hugo per la seconda volta . - Siete il benvenuto in casa mia , signore - disse . - Voi avete cuore . Siete un amico . Avete fatto bene a presentarvi così . Vi ringrazio con tutta l ' anima . Non volete mica lasciarmi subito , non è vero ? Voi resterete con me tutta la sera . Poi mi domandò : - Di che paese siete ? Inteso ch ' ero italiano , mi guardò fisso . Poi mi prese di nuovo la mano , mi fece sedere e sedette . Che cosa dirgli , Dio buono ! A un uomo così , quando gli avete espresso con tutta l ' anima quello che sentite per lui , lì su due piedi , nel primo impeto dell ' entusiasmo , gli avete detto tutto . Non rimane che rivolgergli delle domande . Ma che cosa fargli dire ch ' egli non abbia scritto ? Conoscete da tanti anni tutti i suoi più intimi pensieri , ogni domanda par che sia oziosa , e poi quando si ha appena tanto animo da rispondere , non si può averne abbastanza da interrogare . Perciò rimasi lì , senza parola . E d ' altra parte , che cosa poteva dire a me , lui ? Nondimeno , per levarmi d ' imbarazzo , mi fece parecchie domande intorno alle mie impressioni di Parigi , all ' Esposizione , all ' Italia ; domande che , invece di togliermi d ' imbarazzo , mi ci avrebbero messo fino agli occhi , se non mi fossi accorto che , da osservatore fine degli uomini , egli badava assai più alla viva commozione che trapelava dalla mia voce incerta , dalle mie risposte monosillabiche e dal mio sguardo fisso che io divorava , che non al senso di quello che io dicevo . E mi guardava con una cert ' aria affettuosa , corrugando le sopracciglia e socchiudendo gli occhi per aguzzare lo sguardo , e sorridendo leggerissimamente , come se si compiacesse dell ' effetto che mi produceva , e mi dicesse in cuor suo : - Guardami , via ; levatene un po ' la voglia , povero giovane , perchè te la leggo proprio sul viso , e m ' hai l ' aria d ' un buon diavolo sincero . E l ' osservai infatti , in quei pochi minuti , attentissimamente ; ma non potei vederlo bene che più tardi perchè il lume non gli batteva sul viso . È di statura media , leggermente curvo , tarchiato . Ha la testa grossa , ma ben fatta ; fronte vasta , collo di toro , spalle larghe , mani corte e grosse , e una carnagione rossigna da cui traspira la salute e la forza . Tutta la sua persona ha qualcosa di poderoso e d ' atletico , come il suo genio . Ha i capelli irti e fitti , la barba intera e corta , bianchissima ; gli occhi lunghi e stretti , un po ' obliqui , come i fauni ; il che dà al suo viso un aspetto un po ' strano . Se siano neri o azzurri , non ricordo . Sono occhi vivissimi e mobilissimi , che paiono socchiusi , e appariscono soltanto come due punti scintillanti , che quando fissano , penetrano in fondo all ' anima . Aveva una giacchetta d ' orleans nero e il suo solito panciotto oscuro , abbottonato fin sotto il mento . La prima impressione che mi fece fu d ' un uomo abitualmente triste . - Ora staremo un po ' insieme , - mi disse , dopo avermi fatto qualche altra domanda , - e poi verrete di là con me , nel salotto , dove conoscerete alcuni degli uomini più notevoli della Francia . In che città abitate , in Italia ? Diedi la mia risposta in fretta , e nello stesso punto mi prese una grande paura . - Se mi domandasse qual è la mia professione ! - dissi tra me . E mi sentii diventar rosso fino alla radice dei capelli . Fortunatamente per me , mentre apriva la bocca per interrogare , entrò gente . Allora assistetti a una scena , o piuttosto a una serie di scene tra amene e commoventi , che mi diedero un ' idea di cosa dev ' essere la giornata di Vittor Hugo , e mi compensarono di non aver potuto continuare la conversazione a quattr ' occhi . Un signore venne innanzi , e dopo di lui , a intervalli di pochi minuti , vari altri , di età diversa , i quali vedevano tutti Vittor Hugo per la prima volta , e avevan chiesto per lettera quel giorno stesso , da quanto m ' accorsi , d ' essere ricevuti . Uno veniva per domandare il permesso d ' una ristampa di non so che poesia , un altro a chiedere una spiegazione intorno alla variante della scena di un dramma ; un terzo a chiedere la licenza di dedicare un ' opera ; un quarto , un bel giovane belga , con una lunga cicatrice sul viso , si trovava nei miei stessissimi panni : veniva , mosso dalla ammirazione , non per altro che per veder Vittor Hugo . D ' altri non mi ricordo . Ebbene , ebbi la consolazione di vedere che giovani e vecchi , francesi e stranieri , si presentavano presso a poco nel medesimo stato in cui mi trovava io al momento di passare la soglia . Le loro facce esprimevano , tutte una viva emozione , e tutti più o meno , spiccicavano le parole con molta fatica . E ammirai la dolcezza di modi di Vittor Hugo . A ognuno andava incontro e gli stendeva la mano con un atto cordiale e semplice . Ma non si ricordava , naturalmente , del nome di nessuno . Fingeva però di ricordarsene . - Mi ricordo benissimo - diceva - ; senza dubbio . Voi siete molto amabile con me , signore . - Faceva seder tutti e stava a sentire , l ' un dopo l ' altro , i loro discorsi balbettati e imbrogliati , assentendo di tratto in tratto col capo . Non lo vidi mai sorridere . Pareva stanco , - Ma sicuro , - diceva infine , con voce dolce , - avrete quello che desiderate . Posso esservi utile in qualche cos ' altro ? - Parlando con quello della variante , mi fece strabiliare . Si trattava , se non sbaglio , d ' una scena del Roi s ' amuse . Egli se la ricordava verso per verso , e ne recitò speditamente una decina per rammentarsene uno che nel primo momento non gli era venuto alla mente . La sua memoria prodigiosa , del resto , si rivela nella immensa ricchezza della sua lingua e nelle citazioni infinite delle sue opere . Per ultimo si fece innanzi il giovane belga , timidamente , tormentando con tutt ' e due le mani l ' ala del suo cappello cilindrico , e disse con voce commossa , fissando in viso a Vittor Hugo due occhi azzurri e umidi : - Signore ! Io son venuto a Parigi per vedervi . Sono di Bruges . Non avevo il coraggio di presentarmi . Mio padre mi scrisse : - Va , Vittor Hugo è grande e buono ; non rifiuterà di riceverti . - E allora vi scrissi . Vi ringrazio . Mi sarei contentato di vedervi passare per la strada . Io vi debbo uno dei più bei giorni della mia vita , signore ! - Disse queste poche parole con una semplicità e una grazia , da farsi baciare sulla fronte . Vittor Hugo gli rispose non so che cosa , affettuosamente , mettendogli una mano sulla spalla . Il suo viso sfolgorò . Tutti gli altri , in disparte , tacevano . Poi Vittor Hugo ci guardò tutti , l ' un dopo l ' altro , benevolmente ; tutti gli tenevan gli occhi addosso , nessuno fiatava , egli parve un po ' imbarazzato e sorrise ; e fu per qualche momento una scena muta , ma piena di vita e di poesia , di cui serberò il ricordo e sentirò la gentilezza per sempre . Poi alcuni si congedarono e Vittor Hugo fece entrar gli altri nel salotto accanto , stringendo la mano a tutti , mentre gli passavano davanti . Questo secondo salotto era pieno di gente , la maggior parte amici di casa . Era un salotto di grandezza media , piuttosto basso , tappezzato di rosso , mobiliato signorilmente , senza pompa . Da una parte c ' eran quattro sofà disposti a semicircolo , un po ' discosti l ' un dall ' altro , intorno a un camminetto di marmo ; sul camminetto , un antico specchio ; sulle pareti , nessun quadro . La casa , tutto considerato , non mi parve una casa da poeta milionario . C ' era però nella decorazione una predominanza di rosso cupo e di rosso sanguigno , che armonizzava col genio del padrone . La gente sparsa per la sala formava un quadro assai curioso . Il primo che mi diede nell ' occhio , per la macchia stranissima che formava in quel quadro , - come certe parole bizzarre in una bella pagina dell ' Hugo , - fu un mulatto di forme colossali , in giubba e cravatta bianca , che sfogliava un album . E gli domando scusa , ma voglio dir la verità , ed è che al primo vederlo pensai a quell ' Homére - Hogu , nègre , che fa uno spicco così pittoresco nell ' elenco nominativo della banda di Patron - Minette , nei Miserabili . Mi fu detto poi ch ' era un collaboratore della Petite Presse , pieno d ' ingegno , e molto stimato . In un angolo c ' era un gruppo di giovani che discorrevano fitto , ridendo elegantemente : belle fronti , occhi vivi , capigliature poetiche , atteggiamenti d ' attori corretti ; da cui argomentai che fossero dei così detti Parnassiens , poeti dell ' arte per l ' arte , o meglio del verso pel verso , che hanno per capo il De Lisle ; e formano un drappello di paggi nella corte di Vittor Hugo . Mi fu poi indicato , infatti , in mezzo a loro , un poeta di quella famiglia , Catullus Mendes , del quale avevo già osservato il viso espressivo e simpatico , e i lunghi capelli alla nazzarena . Da un ' altra parte c ' era un crocchio d ' uomini maturi , quasi tutti d ' alta statura , fra cui alcune belle teste grigie , dai profili arditi , nelle quali mi parve di riconoscere quell ' impronta particolare d ' austerità e di tristezza , che lasciano le traversie della vita politica , e che rammenta un po ' la fierezza pensierosa dei vecchi capitani di bastimento . C ' erano due sole signore , sedute vicino al camminetto ; una che m ' è sfuggita affatto alla memoria , e un ' altra che m ' è rimasta impressa profondamente : una signora di forti membra , di capelli bianchissimi , di viso grande e aperto , illuminato da due occhi profondi , taciturna ; una dama del Velasquez , senza gorgiera . Era quella mademoiselle Drouet , attrice potente , che rappresentò per la prima volta Lucrezia Borgia , nel 1833 , al teatro della Porte Saint - Martin , dove , come tutti sanno , quel terribile dramma scritto in sei settimane riportò un trionfo meraviglioso , V ' erano altri personaggi , che mi parvero stranieri , e che avevan l ' aria un po ' impacciata di chi si trova in una casa illustre per la prima volta . Quasi tutti parlavano . Quando entrò Vittor Hugo tutti tacquero . Egli sedette vicino al camminetto , sopra un sofà , e gli altri gli formarono intorno un grande semicerchio . Allora potei vederlo e sentirlo bene . Non so come , la conversazione cadde sul Congresso letterario . Vittor Hugo , interrogato , espose qualcuna delle idee che avrebbe svolte nel suo discorso inaugurale . Ebbene , riconobbi ch ' era vero , con mia sorpresa , quello che m ' era stato detto del suo modo di parlare in privato . Io m ' aspettavo di sentire le antitesi , i grandi traslati , la forma concettosa e paradossale , e l ' intonazione imperativa che è nei suoi scritti , specialmente degli ultimi anni . Nulla di tutto questo , È difficile immaginare un linguaggio più semplice , un tuono più modesto , un modo di porgere più naturale di quello ch ' egli usava in quella conversazione . Per non aver l ' aria di parlare in cattedra , discorreva guardando in viso uno solo , e a bassa voce . - Ecco quello che io direi - diceva - quello che credo di poter dire ; ditemi voi se vi pare che sia a proposito . - Non gestiva affatto ; teneva tutt ' e due le mani sulle ginocchia . Solo di tratto in tratto si grattava la fronte con un dito : movimento che gli è abituale . E dicono che anche discutendo di letteratura , in crocchio ristrettissimo , e toccando le quistioni più ardenti , parla colla medesima semplicità . Di che bisogna concludere proprio che , scrivendo , nell ' esaltazione della fantasia , egli cangi quasi di natura , o che parli di freddo proposito quell ' altro linguaggio perchè lo creda più alto e più efficace . Mentre parlava , tutti stavano intenti . Mi fece senso il tuono più che rispettoso , quasi timido , con cui gli rivolgevano la parola anche coloro che parevano suoi famigliari . Nessuno l ' interrogava senza dire : Mon maître - Mon cher maître , - Uno disse : - grand maître . - Non vidi mai uno scrittore celebre circondato da uno stuolo d ' ammiratori , che somigliasse , come quello , al corteo d ' un monarca . È mio dovere d ' aggiungere , però , che non vidi mai sul suo viso nemmeno un lampo , che esprimesse compiacenza vanitosa dell ' ammirazione che lo circondava . È vero , d ' altra parte , che c ' è abituato da cinquant ' anni . Un grande lume rischiarava in pieno il suo viso , e io non potevo saziarmi di guardarlo , tanto mi pareva singolare . Il viso , di Vittor Hugo , infatti , per me , è ancora un problema . È un viso che ha due fisonomie . Quando è serio , è serissimo , quasi cupo ; pare un viso che non abbia mai riso , non solo , ma che non possa ridere ; e i suoi occhi guardano la gente con un ' espressione che mette inquietudine . Gli si direbbe : - Hugo , fatemi la grazia di guardare da un ' altra parte . - Sono gli occhi d ' un giudice glaciale o d ' un duellante più forte di voi , che voglia affascinarvi collo sguardo . In quei momenti mettetegli , col pensiero , un turbante bianco sul capo : è un vecchio sceicco ; mettetegli un casco : è un vecchio soldato ; mettetegli una corona : è un vecchio re vendicativo e inesorabile . Ha non so che dell ' austerità d ' un sacerdote e della tetraggine d ' un mago . Ha una faccia leonina . Quando apre la bocca , par che ne debba uscire un ruggito , e quando alza il pugno robusto , par che non debba abbassarlo che per stritolar qualche cosa . In quei momenti sul suo viso si legge la storia di tutte le sue lotte e di tutti i suoi dolori , la tenacia ferrea della sua natura , le simpatie tetre della sua immaginazione , i suoi fornati , i suoi feretri , i suoi spettri , le sue ire , i suoi odii ; tutta l ' ombre , come egli direbbe , tutto il côte noir delle opere sue . Ma a un tratto , come m ' accadde di vedere quella sera , mentre un tale gli raccontava un aneddoto comico d ' un fiaccheraio di Parigi , egli dà in una risata così fresca e così allegra , mostrando tutti i suoi denti uniti , piccoli e bianchi ; e in quel riso i suoi occhi e la sua bocca pigliano un ' espressione così giovanile e così ingenua , che non si riconosce più l ' uomo di prima , e si riman là stupiti , come se gli fosse caduta dal viso una maschera , e si vedesse per la prima volta il vero Hugo . E in quei momenti vedete , come per uno spiraglio , dietro di lui , Deruchette , Guillormand , Mademoiselle Lise , Don Cesare di Bazan , Gavroche , i suoi angeli , il suo ciel bleu , e tutto il suo mondo luminoso e soave . Ma non sono che lampi , rari sul suo viso come nei suoi libri ; dopo di che egli riprende il suo aspetto pensieroso e tetro , come se meditasse la catastrofe d ' uno dei suoi drammi sanguinosi . E più si guarda , meno si può credere che sia quello stesso Hugo di mezzo secolo fa , magro , biondo , gentile , al quale gli editori e i direttori di teatro che andavano a cercare a casa l ' autore dell ' Ernani , dicevano : - Fateci il favore di chiamar vostro padre . Mentre Vittor Hugo parlava a bassa voce con un suo vicino , io attaccai discorso con un signore accanto a me , un uomo sulla cinquantina , d ' una bella fisonomia d ' artista ; il quale , dopo poche parole , mi disse ch ' era amico di Vittor Hugo , e che qualche volta scriveva delle lettere in nome suo . Fra le altre cose gli parlai dell ' emozione che avevo provata la mattina salendo le scale . - Perchè mai ? - mi domandò gentilmente . - Vittor Hugo è così dolce , così affabile con tutti ! Egli ha il cuore d ' una fanciulla e i modi d ' un bambino . Tutto quello che v ' è di aspro e di terribile nei suoi libri è uscito dalla sua grande immaginazione , non dal suo cuore . Non vedete che gli trapela la dolcezza dal viso ? Guardatelo . Lo guardai . In quel momento appunto era così accigliato e così fosco , che non avrei osato sostenere il suo sguardo . - È vero - risposi . Poi mi parlò delle sue abitudini . - Egli ha le abitudini più semplici di questo mondo - disse . - Non lo avete mai incontrato sull ' imperiale dell ' omnibus di via Clichy ? Di tanto in tanto va a far un giro per Parigi nell ' omnibus che passa per la sua strada , in specie quando ha bisogno di scrivere . Ritrovarsi così in mezzo al popolo , rivedere tanti luoghi pieni di memorie per lui , contemplare Parigi di volo , dall ' alto , all ' aria fresca della mattina , lo ispira . In quel momento colsi a volo una frase di Vittor Hugo che mi rimase impressa . - L ' Académie - diceva - qui est pleine de bonté pour moi . - E mi ricordai di quello che avevo inteso dire : che in non so quale occasione , comparendo lui all ' Accademia , tutti gli accademici , caso rarissimo , si alzarono in piedi . E il mio vicino continuò : - Egli lavora ogni giorno , lavora sempre . Dalla mattina quando si leva fino alle quattro dopo mezzogiorno , è a tavolino . Il suo cervello è sempre in attività . La creazione , per lui , è un bisogno . E anche quando non si sente ispirato , lavora , com ' egli dice , pour se faire la main . La giornata non gli basta per mettere sulla carta tutto quello che gli ribolle nella testa e nel cuore . Ma il buon Dio gli darà lunga vita ed egli ci darà ancora venti volumi . Udendo queste parole , non potevo trattenermi dal guardare quel vecchio meraviglioso , come una creatura d ' un altro mondo , e al pensare ch ' egli lavorava ancora , a quell ' età , con un vigore che io non avevo mai avuto , e che lavorava già in quella maniera venticinque anni prima ch ' io fossi nato , mi sentii annichilito . Intanto Vittor Hugo parlava di molte piccole occupazioni che sovente gli portavan via la giornata senza che quasi se n ' accorgesse , e diceva con voce stanca , ma bonariamente : - Je n ' ai pas un minute á moi , vous le voyez bien . E tutti risposero a una voce : - È vero . Poi un po ' l ' uno e un po ' l ' altro ricominciarono a raccontare delle barzellette , col proposito espresso , credo , di rallegrarlo ; ma ci riuscivano di rado . Di tratto in tratto egli girava lo sguardo intorno , e lo fissava su di me o sul giovane belga , come se s ' accorgesse soltanto in quel momento che noi eravamo là , e per toglierci questo sospetto , ci salutava con un sorriso benevolo e rapido , che voleva dire : - Non vi scordo . - Poi gli ridiscendeva sul viso , come una visiera , la sua tristezza . E intanto io spiavo l ' occasione di potergli dir qualche cosa in un cantuccio , che nessun altro sentisse . Ah ! non mi mancavano mica , allora , le cose da dirgli . Il coraggio m ' era venuto , mille domande mi s ' affollavano . Avrei dato un anno della mia vita per poter esser solo un ' ora con lui , e afferrarlo per le mani , e dirgli sfrontatamente , guardandolo fisso : - Ma insomma , Hugo ! Io voglio leggerti dentro ! Che cosa ti senti nel sangue quando scrivi ? Che cosa vedi intorno a te , per aria ; che voce senti , che ti parla nell ' orecchio quando crei ? Che cosa fai nella tua stanza , quando ti splende alla mente una di quelle grandi idee che fanno il giro della terra , e quando ti sgorga dalla penna uno di quei versi che vanno al cuore come un colpo di pugnale o come il grido d ' un angelo ? Dove l ' hai conosciuta la tua Rose della vieille chanson du Printemps , che mi ha fatto sospirare per un anno ? Di dove t ' è uscito quello spaventoso Mazzeppa , di cui vedo perpetuamente la fuga ? Come l ' hai sognata la Fidanzata del Timballiere ? Di dove l ' hai cavato Quasimodo ? Rivelami dunque uno dei tuoi mille segreti . Parlami di Fantina , parlami del Petit roi de Galice , dimmi qualche cosa del marchese di Lantenac , spiegami come t ' è apparso lo spettro che t ' ispirò quella spietata pioggia di sangue sulla testa del parricida Kanut , e quell ' orribile occhio di fuoco che insegue Caino ; dimmi in che parte dell ' inferno hai scovato l ' amore del prete Claudio e in che parte del cielo hai visto il viso bianco di Dea ! Parlami della tua infanzia , delle prime rivelazioni del tuo genio , di quando il Chateaubriand ti chiamò fanciullo sublime ; raccontami delle tue veglie tempestose ; dimmi se gridi quando ti balenano le immagini che sgomentano , dimmi se piangi quando scrivi le parole che strappano i singhiozzi , descrivimi le tue torture , le tue ebbrezze e le tue furie , dimmi che cosa pensi e che cosa sei , vecchio misterioso e tremendo ! E pensando queste cose andavo cercando una frase molto significante con cui cominciare il discorso , nel caso che il destro si presentasse . La fortuna m ' assistè . Vittor Hugo uscì per un momento , poi tornò vicino al camminetto e mi sedette accanto . La conversazione s ' era rotta in molte conversazioni . Il momento non poteva essere più opportuno . Cento interrogazioni mi corsero in un punto alle labbra , e cominciai arditamente : - Signore ! Vittor Hugo si voltò cortesemente , mi mise una mano sopra un ginocchio e mi guardò in atto d ' aspettazione . Che cosa volete ! Sono disgrazie che possono capitare a tutti . Vi ricordate del sarto letterato dei Promessi sposi , che dopo aver studiate mille belle cose da dire al cardinal Federigo per farsi onore , arrivato il momento , non sa dir altro che un : - Si figuri ! - di cui rimane avvilito per tutta la vita ? Ebbene , mi duole il dirlo , e lo dico per castigarmi : io feci la stessissima figura di quel sarto ; anzi una figura cento volte più trista . Lo sguardo fisso di Vittor Hugo mi turbò , tutte le mie belle idee scapparono , e non dissi altro che questo ... Insomma , bisogna ch ' io lo dica . Io gli domandai se era stato a vedere l ' Esposizione ! E rimasi là fulminato dalla mia domanda . Non ricordo più che cosa Vittor Hugo m ' abbia risposto . Ricordo soltanto che , qualche momento dopo , parlando dell ' Esposizione , disse : - C ' est un beau joujou . - Mais c ' est immense , savez vous , mon maître , - gli osservò un tale . Ed egli rispose sorridendo : - c ' est un immense joujou . Queste parole , presso a poco , mi parve di sentire dal cupo fondo della mia umiliazione . E non osai più aprir bocca . Vittor Hugo , poco dopo , cambiò di posto , le conversazioni parziali tornarono a confondersi in una sola : l ' occasione era perduta . Ma mi consolai presto . Vittor Hugo ricominciò a parlare , ed io socchiudendo gli occhi e guardando in alto , per essere un po ' solo con me stesso , cominciai a riandare tutte le belle emozioni di cui ero debitore a quell ' uomo , accompagnando il mio pensiero al suono dolce e grave della sua voce ; e pensavo alle letture di Notre Dâme fatte di nascosto dietro i banchi della scuola , alle tante volte che avevo baciato i volumi delle Contemplazioni sotto un capanno di gelsomini , nel giardino della mia casa paterna ; ai versi suoi che solevo declamare sotto la tenda , di notte , in mezzo al silenzio degli accampamenti ; al batticuore che avevo provato la prima volta che m ' era caduto sotto gli occhi un suo informe ritratto in litografia ; all ' immensa distanza che sentivo tra lui e il mio desiderio di conoscerlo , nella piccola città di provincia dove avevo letto il suo primo libro ; a un giorno che , ancora ragazzo , avevo fatto ridere mio padre domandandogli : - E se comparisse tutt ' a un tratto Vittor Hugo , mentre noi siamo a tavola , che cosa faresti ? - ; e tutti questi ricordi lontani , evocati là , vicino a lui , mi commovevano , e ripetevo tra me : - Ed ora l ' ho conosciuto , lo conosco , sono nella sua casa ; questa voce che sento è la sua ; - egli è qui , - a un passo da me . Ma è proprio vero ? - E aprivo gli occhi e dicevo : - Eccolo lì , il mio caro e terribile Hugo ; non è mica un sogno , per Dio ! Mentre m ' abbandonavo a questi pensieri , sentii tutt ' a un tratto che tutti s ' alzavano e salutavano . M ' avvicinai anch ' io a Vittor Hugo , gli presi la destra con tutt ' e due le mani .... e non potei dire una parola . Ma egli mi guardò e mi comprese , e disse , stringendomi la mano , e fissandomi con uno sguardo sorridente e un po ' triste : - Addio , caro signore . Poi soggiunse : - No , addio . A rivederci , non è vero ? Non so .... mi par d ' aver fatto la bestialità di rispondere : A rivederci . E uscii di là commosso , felice , con un po ' di melanconia , e molto confuso , dando una fiancata in un seggiolone . VIII . Questa è l ' impressione che mi fece Vittor Hugo in casa sua . Ma non l ' avrei visto intero , se non l ' avessi visto in pubblico , in una di quelle solennità , nelle quali , qualunque siano , la sua presenza è lo spettacolo più curiosamente desiderato . Lo vidi nel teatro del Châtelet quando pronunziò il suo discorso di presidente per l ' inaugurazione del Congresso letterario . Un ' ora prima che comparisse , quel vasto teatro era già affollato . La platea era piena di scrittori e d ' artisti d ' ogni paese , fra cui s ' incrociavano gli sguardi curiosi , i cenni e le interrogazioni , conoscendo ciascuno , in quella folla , moltissimi nomi e pochissimi visi , ed essendo desiderio di tutti di completare in quella bella occasione le proprie conoscenze . Si vedeva un gran movimento di teste canute e di teste giovanili , di begli occhi pieni di pensiero , di visi che s ' avvicinavano e si sorridevano , di chiome nere che si chinavano dinanzi alle chiome bianche , di mani che si cercavano e si stringevano ; e si sentiva parlare tutte le lingue , e correre in ogni parte un fremito di vita , che rallegrava . Sul vasto palco scenico illuminato , v ' erano i delegati di tutte le nazioni , dalla Svezia all ' Italia , e dalla repubblica di San Salvador alla Russia : un grande stato maggiore di poeti , di romanzieri , di dotti , d ' uomini di Stato , di pubblicisti e d ' editori , fra cui spiccava il viso fine e sorridente del Turghenieff , la bella testa ardita di Edmondo About e la figura simpatica di Jules Simon , bersagliati da mille sguardi . Ma la grande curiosità era di vedere Vittor Hugo . C ' erano centinaia di stranieri che non l ' avevano mai visto ; il suo nome suonava su tutte le labbra ; quasi tutti gli sguardi eran rivolti dalla parte del palco dove doveva apparire . Ad ogni movimento che si facesse tra le scene , seguiva un rimescolìo profondo in tutto il teatro . Era bello e consolante vedere una curiosità così ardente in quella gran folla così varia di sangue , e pensare che chi la provocava era un vecchio poeta . Improvvisamente tutti i delegati s ' alzarono , fra tutte quelle teste grigie e bianche si vide apparire una testa più bianca di tutte , e uno scoppio formidabile d ' applausi - uno di quegli applausi che debbono destare nell ' anima di chi li riceve un senso quasi di sgomento , e che ripercuotendosi nell ' anima di chi applaudisce , v ' ingigantiscono il sentimento che li ha fatti prorompere ; - un solo immenso applauso , tempestoso , ostinato , interminabile , fece tremare il teatro . Sul viso di Vittor Hugo passò un lampo - un lampo solo - ma che rivelò tutta l ' anima sua . Subito dopo riprese il suo aspetto abituale di gravità . S ' avvicinò alla ribalta . a passi un po ' incerti , circondato dal suo illustre corteo , si mise accanto a un tavolino , e cominciò a leggere il suo discorso , scritto a caratteri enormi sopra grandissimi fogli . Non fu uno dei suoi discorsi più felici ; ma non è qui il luogo di giudicarlo . Lesse lentamente , ad alta voce , spiccando con arte perfetta ogni frase , ogni parola , ogni sillaba . La sua voce è ancora gagliarda e sonora , benchè nei lunghi periodi s ' affievolisca un poco , e gli sfugga qualche volta in note acute e stridenti . Ebbe dei momenti stupendi . Quando disse : - Voi siete gli ambasciatori dello spirito umano in questa grande Parigi ; siate i benvenuti ; la Francia vi saluta , - disse le ultime parole con un accento pieno di nobiltà e con un gesto largo e vigoroso , che scosse tutto il teatro . Quando disse : - Hommes du passé , prenez - en votre parti , nous ne vous craignons pas , - e così dicendo , scrollò e levò in alto , come un leone , la sua testa possente , e fissò gli occhi fulminei in fondo alla sala , in aria di sfida e di minaccia , e restò qualche momento immobile in quell ' atto , col viso infocato , in mezzo a un silenzio profondo ; fu veramente bello e terribile come un canto dei suoi Châtiments , e un brivido corse per la platea . Poi il suo discorso pieno fino a quel punto di collere sorde , si raddolcì sull ' argomento dell ' amnistia , e allora la sua voce mutò suono , e parve quella d ' un altro , e quelle nobili parole : - Tutte le feste son fraterne ; una festa non è festa se non perdona a qualcuno , - le disse con un accento inesprimibilmente soave di pietà e di preghiera , che suscitò nella folla un violento fremito di consenso , cento volte più eloquente dell ' applauso . E infine dicendo quella frase : - V ' è una cosa più grande di qualunque trionfo , ed è lo spettacolo della patria che apre le braccia e del proscritto che appare all ' orizzonte , - colorì il suo pensiero con un atto solenne della mano e con uno sguardo dolcissimo e triste , che provocò un uragano d ' applausi e di grida . Dopo di lui , parlarono molti altri , terminando tutti i loro discorsi con un saluto riverente al grande maestro ; ma egli non diede segno alcune di commozione . Solo di tratto in tratto la sua fronte si rischiarava ; ma tornava subito a corrugarsi , come se il pensiero ostinato e implacabile , che l ' aveva lasciato libero un momento , si fosse daccapo impadronito di lui . Finito l ' ultimo discorso , si alzò e s ' avviò per uscire . E allora tuonò un ultimo applauso , più caldo , più fragoroso e più persistente del primo , accompagnato da uno scoppio , di grida d ' entusiasmo , che lo costrinsero a soffermarsi . Non era un applauso al discorso ; era un applauso alle Orientali e alla Leggenda , era un tributo di gratitudine al poeta dei grandi affetti , un saluto all ' antico lottatore , un buon augurio al settuagenario , un addio all ' uomo che molti non avrebbero mai più riveduto . - Egli rispose con un lungo sguardo e disparve . IX . Ecco Vittor Hugo come io lo vidi , nel colmo delle sua gloria . Le generazioni avvenire lo vedranno alla stessa altezza ? I più ne dubitano . Ma il tempo non potrà far di più che spolparlo : la sua ossatura colossale rimarrà diritta , come un enorme albero sfrondato , sull ' orizzonte della storia letteraria del secolo , e legioni d ' ingegni voleranno colle penne cadute dalle sue ali . Egli è uno di quegli scrittori poderosi , che si presentano alla posterità insanguinati , scapigliati ed ansanti , portando sul proprio stemma i titoli delle loro opere come nomi di battaglie vinte o di disastri gloriosi o di sublimi follie , e la posterità li saluta con riverenza , come grandi atleti feriti . Egli sarà certo ammirato almeno come uno dei più strani fenomeni letterari del suo tempo , e uno degli esempi più meravigliosi della forza e dell ' ardimento dell ' ingegno umano.Il est bon , come disse egli stesso , quel ' on trouve sur les sommets ces grands exemples d ' audace . Egli ha mostrato le altezze a cui il genio può salire e ha rischiarato i precipizii in cui il genio rovina . Ha fatto pensare e palpitare per mezzo secolo milioni di creature umane . Quando non rimanesse altro di lui , rimarrebbe come un fatto storico la sua popolarità immensa fra tutte le genti , come un esempio consolante dell ' eco che può trovare nell ' umanità la parola d ' un uomo che non ha altra forza che la parola . Ma egli rimarrà saldo e superbo sopra una sommità solitaria , e quanto più la letteratura , nel suo paese e in tutta Europa , s ' affonderà nello scetticismo , nella sensualità e nella putredine , e più parrà alta e nobile la sua figura lontana . E la giornata del grande lavoratore non è per anco finita . Ora par che attraversi un triste periodo . Dio voglia che ne esca , e che noi sentiamo ancora per molti anni la sua voce potente , che commosse già la giovinezza dei nostri padri . Essa ci dirà fino all ' ultimo momento qualche cosa di grande e di vero . L ' abbiamo intesa da fanciulli ; vorremmo intenderla ancora « quando l ' albero comincierà a rendere alla terra le sue foglie morte . » Noi gli facciamo quest ' augurio . Noi speriamo che il grande poeta , sorto coll ' alba dell ' ottocento , accompagni il secolo fino al tramonto ; che il suo genio risplenda fin che batterà il suo cuore , e che l ' Europa raccolga insieme l ' ultimo soffio della sua vita secolare e l ' ultimo canto della sua epopea immortale . EMILIO ZOLA I . Una volta , in un vagone , vidi un francese che leggeva un libro con grande attenzione , facendo di tanto in tanto un segno di stupore . Tutt ' a un tratto , mentre cercavo di leggere il titolo sulla copertina , esclamò : - Ah ! c ' est dégoûtant ! - e cacciò il libro nella valigia , con un atto di sdegno e di disprezzo . Rimase qualche minuto sopra pensiero ; poi riaperse la valigia , riprese il libro e ricominciò a leggere . Poteva aver letto un paio di pagine , quando diede improvvisamente in una grande risata , e voltandosi verso il suo vicino , disse : - Ah ! caro mio , c ' è qui una descrizione d ' un pranzo di nozze che è una vera meraviglia ! - Poi continuò la lettura , dando a vedere in mille modi che ci provava un gusto infinito . Il libro era l ' Assommoir . Quello che accadde a quel francese leggendo l ' Assommoir , accade a quasi tutti alla prima lettura dei romanzi dello Zola . Bisogna vincere il primo senso di ripugnanza : poi , qualunque sia l ' ultimo giudizio che si porta sullo scrittore , si è contenti d ' averlo letto , e si conclude che si doveva leggere . Il primo effetto che produce , in specie dopo la lettura d ' altri romanzi , è come quello che si prova all ' uscire da un teatro caldo e profumato , ricevendo nel viso il soffio fresco dell ' aria aperta , il quale dà una sensazione viva di piacere , anche quando porta un cattivo odore . Letti i romanzi suoi , pare che in tutti gli altri , anche nei più veri , ci sia un velo tra il lettore e le cose ; e che ci corra la stessa differenza che fra visi umani , gli uni ritratti in una tela e gli altri riflessi in uno specchio . Par di vedere e di toccare la Verità per la prima volta . Certo che , per quanto si abbia lo stomaco forte e le nez solide ; come Gervaise all ' ospedale , qualche volta bisogna fare un salto indietro , come a una fiatata improvvisa d ' aria pestifera . Ma anche in quei punti , come quasi ad ogni pagina , nell ' atto stesso che protestiamo furiosamente : - Questo è troppo ! - c ' è un diavolo dentro di noi che ride e strepita e se la gode mattamente , a nostro dispetto . Si prova lo stesso piacere che a sentir parlare un uomo infinitamente schietto , anche quando sia brutale ; un uomo che esprime , come dice Otello , la sua peggiore idea colla sua peggiore parola , che descrive quello che vede , che ripete quello che ascolta , che dice quello che pensa , che racconta quello che è , senza nessun riguardo di nessunissima natura , come se parlasse a sè stesso . Alla buon ' ora . Fin dalle prime righe , si sa con chi s ' ha da fare . I delicati si ritirino . È un affar convenuto : egli non tacerà nulla , non abbellirà nulla , non velerà nulla , nè sentimenti , nè pensieri , nè discorsi , nè atti , nè luoghi . Sarà un romanziere giudice , chirurgo , casista , fisiologo , perito fiscale , che solleverà tutti i veli , e metterà le mani in tutte le vergogne , e darà il nome proprio a tutte le cose , freddamente , non badando , anzi meravigliandosi altamente della vostra meraviglia . E così è in fatti . Nell ' ordine morale , egli svela dei suoi personaggi fin quei profondissimi sentimenti , che sogliono essere per tutti segreti eterni , quando non si bisbiglino tremando nel finestrino d ' un confessionale ; nell ' ordine materiale , ci fa sentire tutti gli odori , tutti i sapori e tutti i contatti ; e in fatto di lingua ci fa grazia appena di quelle pochissime parole assolutamente impronunziabili , che i ragazzi viziosi cercano di soppiatto nei vocabolari . Su questa via nessuno è mai andato più in là , e non si sa proprio se si debba ammirare di più il suo ingegno o il suo coraggio . Fra le miriadi di personaggi di romanzo che abbiamo nella memoria , i suoi rimangono come affollati in disparte , e sono i più grossi e i più palpabili di tutti . Non li abbiamo solamente visti passare e sentiti discorrere ; ci siamo strofinati contro di loro , abbiamo sentito il loro fiato , l ' odore delle loro carni e dei loro panni ; abbiamo visto circolare il sangue sotto la loro pelle ; sappiamo in che atteggiamento dormono , che cosa mangiano , come si vestono e come si spogliano ; conosciamo il loro temperamento al pari del nostro , le predilezioni più segrete dei loro sensi , le escandescenze più turpi del loro linguaggio , il gesto , la smorfia , le macchie della camicia , le scaglie della cute e il sudiciume delle unghie . E come i personaggi , ci stampa nella mente i luoghi , poichè contempla tutte le cose collo stesso sguardo , che abbraccia tutto , e le riproduce colla stessa arte , a cui non sfugge nulla . In una stanza già disegnata e dipinta , si sposta il lume ; egli interrompe il racconto per dirci dove guizza e in che cosa si frange , nella nuova direzione , il raggio della fiammella , e come luccicano , in un angolo oscuro , le gambe d ' una seggiola e i cardini d ' una porta . Dalla descrizione d ' una bottega ci fa capire che è sonato da poco mezzogiorno , o che manca un ' ora circa al tramonto . Nota tutte le ombre , tutte le macchie di sole , tutte le sfumature di colore che si succedono d ' ora in ora sulla parete , e rende ogni cosa con una così meravigliosa evidenza , che cinque anni dopo la lettura , ci ricorderemo dell ' apparenza che presentava una tappezzeria , verso le cinque di sera , quando le tendine della finestra erano calate , e dell ' azione che esercitava quella apparenza sull ' animo d ' un personaggio ch ' era seduto in un angolo di quella stanza . Non dimentica nulla , e dà vita ad ogni cosa , e non c ' è cosa dinanzi a cui il suo pennello onnipotente s ' arresti ; nè i mucchi di biancheria sudicia , nè i vomiti dei briachi , nè la carne fradicia , nè i cadaveri disfatti . Ci fa uscire col mal di capo dall ' alcova profumata di Renée , e ci fa stare un ' ora in una bottega da salumaio , in compagnia della bella Lisa , dal seno saldo e immobile che pare un ventre , in mezzo alle teste di porco affondate nella gelatina , alle scatole di sardelle , che trasudano l ' olio , ai prosciutti sanguinanti , al vitello lardato e ai pasticci di fegato di lepre , dipinti , o piuttosto dati a fiutare e a toccare in maniera , che , terminata la lettura , si lascia il libro , senz ' avvedersene , e si cerca colle mani la catinella . E via via , il buon odore delle spalle di Nana , l ' odor di pescheria delle sottane della bella normanna , il puzzo dell ' alito di Boit - sans - soif , il tanfo del baule di Lantier ; egli ci fa sentir tutto , inesorabilmente , aprendoci le narici a forza coll ' asticciuola della penna ; e descrive il parco del Paradou fiore per fiore , il mercato di Sant ' Eustachio pesce per pesce , la bottega di madame Lecoeur cacio per cacio , e il pranzo di Gervaise boccone per boccone . Nella stessa maniera procede riguardo alle occupazioni dei suoi personaggi , alle quali ci fa assistere , spiegandole minutamente , di qualunque natura esse siano , in modo che s ' impara dai suoi romanzi , come da Guide pratiche d ' arti e mestieri , a fare i biroldi , a lavorar da ferraio , a stirar le camicie , a trinciare i polli , a saldar le grondaie , a servire la messa , a dirigere una contraddanza . Fra tutte queste cose , in tutti questi luoghi , di cui si respira 1'aria , e in cui si vede e si tocca tutto , si muove una folla svariatissima , di signore corrotte fino alla midolla , d ' operai incarogniti , di bottegaie sboccate , di banchieri bindoli , di preti bricconi , di sgualdrinelle , di bellimbusti , di mascalzoni e di sudicioni d ' ogni tinta e d ' ogni pelo , - fra i quali apparisce qua e là , rara avis , qualche faccia di galantuomo , - : e lì fanno fra tutti un po ' di tutto , dal furto all ' incesto , girando fra il codice penale e l ' ospedale o il monte di pietà e la taverna , a traverso a tutte le passioni e a tutti gli abbrutimenti , fitti nel fango fino al mento , in un ' aria densa e grave , ravvivata appena di tempo in tempo dal soffio d ' un affetto gentile , e agitata alternatamene da alti cachinni plebei e da grida strazianti di affamati e di moribondi . E malgrado ciò , egli è uno scrittore morale . Si può affermarlo risolutamente . Emilio Zola è uno dei romanzieri più morali della Francia . E fa davvero stupore che ci sia chi lo mette in dubbio . Del vizio egli fa sentire il puzzo , non il profumo ; le sue nudità son nudità di tavola anatomica , che non ispirano il menomo pensiero sensuale ; non c ' è nessuno dei suoi libri , neanche il più crudo , che non lasci nell ' animo netta , ferma , immutabile l ' avversione o il disprezzo per le basse passioni che vi sono trattate . Egli non è , come il Dumas figlio , legato da un ' invincibile simpatia ai suoi mostri di donne , a cui dice : - Infami - ad alta voce o - care - a fior di labbra . Egli mette il vizio alla berlina , nudo , brutalmente , senza ipocrisia e senza pietà , e standone tanto lontano che non lo sfiora neanche coi panni . Forzato dalla sua mano , è il vizio stesso che dice : - sputate e passate . - I suoi romanzi , come dice egli stesso , sono veramente « morale in azione . » Lo scandalo che n ' esce non è che per gli occhi e per gli orecchi . E come si tien fuori , come uomo , dalla melma che rimescola colla penna , si tien fuori completamente , come scrittore , dai personaggi che crea . Non c ' è forse altro romanziere moderno che si rimpiatti più abilmente di lui nelle opere proprie . Letti tutti i suoi romanzi , non si capisce chi sia e che cosa sia . È un osservatore profondo , è un pittore strapotente , è uno scrittore meraviglioso , forte , senza rispetti umani , brusco , risoluto , ardito , un po ' di malumore e poco benevolo ; ma non si sa altro . Soltanto , benchè non si veda mai a traverso le pagine del suoi libri il suo viso intero , si intravvede però la sua fronte segnata da una ruga diritta o profonda , o s ' indovina ch ' egli deve aver visto da vicino una gran parte delle miserie e delle prostituzioni che descrive . E pare un uomo , il quale essendo stato offeso dal mondo , se ne vendichi strappandogli la maschera e mostrando per la prima volta com ' è : in gran parte odioso e schifoso . Una persuasione profonda lo guida e lo fa forte : che si debba dire e descrivere la verità ; dirla e descriverla ad ogni proposito , a qualunque costo , qualunque essa sia , tutta , sempre , senza transazioni , sfrontatamente . Ha in questo anche lui , come dice dello Shakespeare Vittor Hugo , une sorte de parti pris gigantesque . A questo « partito preso » adatta conseguentemente l ' arte sua , che viene ad essere una riproduzione piuttosto che una creazione ; ed è infatti un ' arte tranquilla , paziente , metodica , che non manda grandi lampi , ma che rischiara ogni cosa , d ' una luce eguale , da tutte le parti ; ardimentosa , ma guardinga nei suoi ardimenti ; sempre sicura dei fatti propri ; che s ' alza poco , ma non casca mai , e procede a passo lento , ma per una via direttissima , verso un termine che vede chiarissimamente . I suoi romanzi non son quasi romanzi . Non hanno scheletro , o appena la colonna vertebrale . Provate a raccontarne uno : è impossibile . Sono composti d ' una quantità enorme di particolari , che vi sfuggono in gran parte dopo la lettura , come i mille quadretti senza soggetto d ' un museo olandese . Perciò si rileggono con piacere . Vi si aspetta di pagina in pagina un grosso fatto , che ci fugge davanti , e non si raggiunge mai . Non vi accade mai un urto forte di affetti , d ' interessi , di persone , che tenga l ' animo sospeso , e da cui tutto il romanzo dipenda . Non ci sono punti alti , da cui si domini con uno sguardo un grande spazio ; è una continua pianura in cui si cammina a capo chino , deviando ogni momento e arrestandosi ad ogni passo ad osservare la pietra , l ' insetto , l ' orma , il filo d ' erba . I suoi personaggi non agiscono quasi . La maggior parte non sono necessarii a quella qualsiasi azione che si svolge nel romanzo . Non son personaggi che recitino la commedia ; son gente intesa alle proprie faccende , colta colla fotografia istantanea , senza che se n ' accorga . Nel romanzo c ' è qualche mese o qualche anno della vita di ciascuno . Li vedete vivere , ciascuno per conto proprio , e ciascuno v ' interessa principalmente per sè medesimo ; poco o punto per quello che ha che fare cogli altri . Di qui nasce la grande efficacia dello Zola . Di quanto difetta il suo romanzo in orditura , di tanto abbonda in verità . Non ci si vede la mano del romanziere che sceglie i fatti , che li accomoda per congegnarli , che li nasconde l ' un dietro l ' altro per sorprenderci , e che prepara un grande effetto con mille piccoli sacrifizi della verosimiglianza e della ragione . Il racconto va da sè , in modo che non par possibile altrimenti , e sembra una esposizione semplice del vero , non solo per i caratteri , ma anche per la natura dei fatti , e per l ' ordine in cui si succedono . Si legge e par di stare alla finestra , e di assistere ai mille piccoli accidenti della vita della strada . Perciò quasi tutti i romanzieri , in confronto suo , fanno un po ' l ' effetto di giocatori di bussolotti . E non avendo la preoccupazione comune degli scrittori di romanzo , d ' annodare e di districare molte fila e di tirarle da varie parti ad un punto , è libero di rivolgere tutte le sue facoltà al proprio fine , che è di ritrarre dal vero , e può così raggiungere in quest ' arte un grado altissimo di potenza . Non ha , d ' altra parte , delle facoltà molto varie ; e lo sente ; e quindi aguzza e fortifica mirabilmente quelle che possiede , per supplire al difetto delle altre . E si può mettere in dubbio se questo difetto sia a deplorarsi , che forse una più vasta immaginazione avrebbe dimezzato da un altro lato la sua potenza , distraendo una parte delle sue forze dalla descrizione e dall ' analisi . Dotato invece come si ritrova , egli concepisce il romanzo in maniera , che il suo concetto e il suo scopo , non inceppano menomamente la libertà del suo lavoro . Inteso ad una scena e ad un dialogo , par che dimentichi il romanzo ; è tutto lì ; vi si sprofonda e vi lavora con tutta l ' anima sua . Il dialogo procede senza scopo , la scena si svolge senza vincoli , e perciò son sempre , l ' uno e l ' altra verissimi . Intanto egli coglie a volo mille nonnulla , il carro che passa , la nuvola che nasconde il sole , il vento che agita la tenda , il riflesso d ' uno specchio , un rumore lontano , e il lettore stesso , dimenticando ogni altra cosa , vive tutto collo scrittore in quel momento e in quel luogo , e vi prova una illusione piacevolissima , che non gli lascia desiderare null ' altro . Con questa facoltà di dar rilievo a ogni menoma cosa , e lavorando , come fa , ordinato e paziente , riesce insuperabile nell ' arte delle gradazioni , nell ' esporre , per una serie di transizioni finissime , la trasformazione lenta e completa d ' un carattere o d ' uno stato di cose , in modo che il lettore va innanzi , con lui , senz ' accorgersene , a piccolissimi passi , e prova poi un sentimento di profonda meraviglia , quando arriva alla fine , e riconosce , voltandosi indietro , che ha fatto un immenso cammino . La efficacia grande di parecchi suoi romanzi consiste , quasi intera in quest ' arte . I suoi romanzi son fatti a maglia : una maglia fittissima di piccoli episodi , formati di dialoghi rotti e di descrizioni a ritornello , in cui ogni parola ha colore e sapore , e ogni inciso fa punta , e in ogni periodo c ' è , per così dire , tutto lo scrittore . È raro che ci si provi una emozione fortissima e improvvisa . È forse unica nei suoi romanzi la scena desolante e sublime del Monsieur , écoutez donc , di Gervaise , quando s ' offre a chi passa , moribonda di fame , e quando si sfama , piangendo , sotto gli occhi di Goujet . Quasi sempre , leggendo , si prova un seguito di sensazioni acri di piacere , di piccole scosse e di sorprese che lasciano l ' animo incerto ; qui una risata , là un brivido di ribrezzo , un po ' d ' impazienza , una meraviglia grande per una descrizione prodigiosamente viva , una stretta al cuore per una piaga umana spietatamente denudata , e un leggiero stupore continuo dalla prima all ' ultima pagina , come allo svolgersi d ' una serie di vedute d ' un paese nuovo . Son romanzi che si fiutano , che si assaporano a centellini , come bicchieri di liquore , e che lasciano l ' alito forte e il palato insensibile ai dolciumi . A ciò contribuisce in gran parte il suo stile , solido , sempre stretto al pensiero , pieno d ' artifizi ingegnosissimi , accortamente nascosti sotto un certo andamento uniforme , padroneggiato sempre dallo scrittore , stupendamente imitativo dei movimenti e dei suoni , risoluto ed armonico , che par accompagnato dal picchio cadenzato d ' un pugno di ferro sul tavolino , e in cui si sente il respiro largo e tranquillo d ' un giovane poderoso . La forza , infatti , è la dote preminente dello Zola , e chiunque voglia definirlo dice per prima cosa : - È potente . Ognuno dei suoi romanzi è un grand tour de force , un peso enorme ch ' egli solleva lentamente e rimette lentamente per terra , facendo quanto è in lui per dissimulare lo sforzo . Letta l ' ultima pagina , vien fatto di dire : - Hein ? quelle poigne ! - come quei tre beoni dell ' Assommoir , a proposito del marchese che aveva steso in terra tre facchini a colpi di testa nel ventre . Ed è strana veramente l ' apparizione di questo romanziere in maniche di camicia , dal petto irsuto e dalla voce rude , che dice tutto a tutti , in piena piazza , impudentissimamente ; la sua apparizione improvvisa in mezzo a una folla di romanzieri in abito nero , ben educati e sorridenti , che dicono mille oscenità in forma decente , in romanzetti color di rosa fatti per le alcove e per le scene . Questo è il suo più alto merito . Egli ha buttato in aria con un calcio tutti i vasetti della toeletta letteraria e ha lavato con uno strofinaccio di tela greggia la faccia imbellettata della Verità : Ha fatto il primo romanzo popolare che abbia veramente « l ' odore del popolo . » Ha aggredito quasi tutte le classi sociali , flagellando a sangue la grettezza maligna delle piccole città di provincia , la furfanteria dei faccendieri d ' alto bordo ; la corruzione ingioiellata , l ' intrigo politico , l ' armeggio del prete ambizioso , la freddezza crudele dell ' egoismo bottegaio , l ' ozio , la ghiottoneria ; la lascivia , con una tale potenza , che quantunque preceduto su questa via da altri scrittori ammirabili , vi parve entrato per il primo , e i flagellati si sentirono riaprire le ferite antiche con uno spasimo non mai provato . Compiendo quest ' ufficio , si è forse spinto qualche volta di là dall ' arte ; ma aperse all ' arte nuovi spiragli , per cui si vedono nuovi orizzonti , e insegnò colori , colpi di scalpello , sfumature , forme , mezzi d ' ogni natura , da cui potranno trarre un vantaggio immenso altri mille ingegni , benchè avviati , per un ' altra strada , ad una meta affatto diversa . E non c ' è da temere che derivi da lui una scuola eccessiva e funesta , poichè la facoltà descrittiva , che è la sua dominante , non può arrivare più in là sulla via che egli percorre , nè il culto della verità nuda avere un sacerdote più intrepido e più fedele . Gli imitatori cadranno miserabilmente sulle sue orme , sfiancati , ed egli rimarrà solo dov ' è giunto sull ' ultimo confine dell ' arte sua , ritto a filo sopra un precipizio , nel quale chi vorrà passargli innanzi a ogni costo , cadrà a capofitto . Ma non si può pronunciare su di lui , per ora , l ' ultimo giudizio . Non ha che trentasette anni , è ancora nel fiore della sua gioventù di scrittore , ed è possibile che si trasformi crescendo di statura . È vero che la strada per cui s ' è messo è così profondamente incassata e inclinata , che non si capisce come ne possa uscire . Ma è certo che ci si proverà , e se non riuscirà nel suo intento , noi assisteremo almeno a uno di quegli sforzi potenti , e avremo da lui uno di quei « capolavori sbagliati » che non destano minor meraviglia dei grandi trionfi . II La sua storia letteraria è una delle più curiose di questi tempi . I suoi primi lavori furono i Contes à Ninon , scritti a ventidue anni e pubblicati molto tempo dopo . Lì c ' è ancora lo Zola imberbe , con una lagrima negli occhi e un sorriso sulle labbra , appena turbato da una leggera espressione di tristezza . Non tiene affatto a questi racconti , e s ' arrabbia coi critici che , o sinceramente o malignamente , dicono di preferirli ai suoi romanzi . A un tale che gli espresse tempo fa questo giudizio , rispose : - Vi ringrazio ; ma se venite a casa mia vi farò vedere certi miei componimenti di terza grammatica , che vi piaceranno anche di più . - I suoi primi romanzi furono quei quattro arditissimi , fra cui Thérèse Raquin , ora un po ' dimenticati , che vennero definiti da un critico « letteratura putrida . » C ' era già lo Zola uomo ; ma solamente dalla cintola in su . Le sue grandi facoltà artistiche , già spiegate , ma non ancora sicure , sentivano il bisogno di reggersi sopra argomenti mostruosi , che attirassero per sè soli l ' attenzione . Si vedeva però già in quei romanzi uno scrittore imperterrito , ch ' era risoluto a farsi largo a colpi di gomito , e che aveva il gomito di bronzo . Uno di quei romanzi , Madeleine Férat , che s ' aggira sopra un fatto osservato dall ' autore , d ' una ragazza la quale , abbandonata dall ' uomo che ama , ne sposa un altro ; ed ha parecchi anni dopo un figliuolo che somiglia al primo , gli suggerì l ' idea di scrivere quella serie di romanzi fisiologici , che intitolò Histoire naturelle et sociale d ' une famille sous le second Empire ; e fin dal primo giorno gli balenò alla mente tutto il lavoro , e tracciò l ' albero genealogico che pubblicò poi nella Page d ' amour . Credevo che fosse anche questa una delle tante ostentazioni di « un disegno vasto ed antico » con cui gli autori cercano d ' ingrandire nel pubblico il concetto delle proprie opere ; ma i manoscritti , ch ' ebbi l ' onore di vedere , mi disingannarono . Fin dal primo principio egli stese l ' elenco dei personaggi principali della famiglia Rougon - Macquart , e destinò a ciascuno la sua carriera , proponendosi di dimostrare in tutti gli effetti dell ' origine , dell ' educazione , della classe sociale , dei luoghi , delle circostanze , del tempo . I primi romanzi di questo nuovo « ciclo » non ottennero molto successo . I linguisti , gli stilisti , tutti coloro che sorseggiano i libri con un palato letterario , ci sentirono della forza , ci trovarono del bello e ci presentirono del meglio ; ma non sospettarono che ci fosse sotto un romanziere di primo ordine . Lo Zola se ne indispettì , e gettò allora un guanto di sfida a Parigi , pubblicando quella famosa Curée , in cui è manifesta la risoluzione di levar rumore a ogni costo ; quello splendido e orrendo saturnale di mascalzoni in guanti bianchi , in cui il meno turpe degli amori è l ' amor d ' un figliastro per la matrigna e la donna più onesta è una mezzana . Il romanzo , infatti , fece chiasso ; si gridò allo scandalo , come si grida a Parigi , per educazione ; ma si lesse il libro avidamente , e quel nome esotico di Zola suonò per qualche tempo da tutte le parti . Ma non fu nemmen quello un successo come egli aspettava o desiderava . E fu anche minore per i romanzi posteriori . Lo spaccio era scarso ; la cerchia dei lettori , ristretta , e lo Zola , che sentiva in sè l ' originalità e la forza d ' un romanziere popolare , se ne rodeva . Ma non si perdeva d ' animo . - Non sono abituato , - scriveva , - ad aspettare una ricompensa immediata dai miei lavori . Da dieci anni pubblico dei romanzi senza tender l ' orecchio al rumore che fanno cadendo nella folla . Quando ce ne sarà un mucchio , la gente che passa sarà ben forzata a fermarsi . - La sua fama , non di meno , andava allargandosi , benchè lentamente , In Russia , dove si tien dietro con simpatia a tutte le novità più ardite della letteratura francese , era già notissimo , e tenuto in gran conto . Ma questo non gli bastava . Egli aveva bisogno d ' un successo clamoroso e durevole , che lo sollevasse d ' un balzo , e per sempre , dalla schiera degli « scrittori di talento » che si salutano confidenzialmente con un atto della mano . E ottenne finalmente il suo intento coll ' Assommoir Cominciarono a pubblicarlo in appendice nel Bien public ; ma dovettero lasciarlo a mezzo , tante furono lo proteste che lanciarono gli abbonati contro quell '«orrore.» Allora fu pubblicato tutto intero in un giornale letterario , e prima che fosse finito cominciarono quelle calde polemiche , che divennero ardenti dopo la pubblicazione del volume , e che saranno ricordate sempre come una delle più furiose battaglie letterarie dei tempi presenti . Queste polemiche diedero un impulso potente al successo del romanzo . Fu un successo strepitoso , enorme , incredibile . Erano anni che non s ' era più sentito , a proposito d ' un libro , un fracasso di quella fatta . Per lungo tempo tutta Parigi non parlò d ' altro che dell ' Assommoir ; lo si sentiva discutere ad alta voce nei caffè , nei teatri , nei club , nei gabinetti di lettura , persino nelle botteghe ; e c ' erano gli ammiratori fanatici , ma erano assai di più gli avversati acerrimi . La brutalità inaudita di quel romanzo parve una provocazione , una ceffata a Parigi , una calunnia contro il popolo francese ; e si chiamava il libro una « sudicieria da prendere colle molle » , un « aborto mostruoso , » un ' « azione da galera . » Si scagliarono contro l ' autore tutte le litanie delle ingiurie , da quella di nemico della patria , a quella d ' « égoutier littéraire » e di porco pretto sputato , senza giri di frase . Le riviste teatrali della fin dell ' anno lo rappresentarono nei panni d ' uno spazzaturaio che andava raccattando le immondizie colla fiocina per le vie di Parigi . Ce n ' ètait plus de la critique , com ' egli disse : c ' ètait , du massacre . Gli negavano l ' ingegno , l ' originalità , lo stile , persino la grammatica ; c ' era chi non lo voleva nemmeno discutere ; poco mancò che non gli si facessero delle provocazioni personali per la strada . E si spandevano intorno alla sua persona le più stravaganti e più odiose dicerie : che , era un sacco di vizi , un mezzo bruto , un uomo , senza cuore come Lantier , un beone come Coupeau , un sudicione come Bec - Salé , una brutta faccia come il suo père Bezougue , il becchino . Ma intanto le edizioni succedevano alle edizioni ; i buongustai spassionati dicevano a bassa voce che il romanzo era un capolavoro ; il popolo parigino lo leggeva con passione , perchè ci trovava il suo boulevard , la sua buvette , la sua bottega , la sua vita dipinta insuperabilmente , con colori nuovi e tocchi di pennello , in confronto ai quali tutti gli altri gli parevano sbiaditi ; e i critici più arrabbiati erano costretti a riconoscere che in quelle pagine tanto bersagliate c ' era qualche cosa contro cui si sarebbero rintuzzate eternamente le punte delle loro freccie . Il grande successo dell ' Assommoir fece ricercare gli altri romanzi , e si può dire che lo Zola diventò celebre allora . La sua celebrità vera non data che da tre anni . Egli stesso scrisse poco tempo fa a un suo ammiratore d ' Italia : - On ne m ' a pas gâté en France . Il n ' y a pas longtemps qu ' on m ' y salue . È però una celebrità singolare la sua . Un immenso « pubblico » lo ammira , ma d ' un ' ammirazione in cui c ' è un po ' di broncio e un po ' di diffidenza , e lo guarda di lontano , come un orso male addomesticato . Ha un grande ingegno , non c ' è che fare ; bisogna pure rassegnarsi a dirlo e a lasciarlo dire . Egli è ancora a Parigi il lion du jour , e non ha che un rivale , il Daudet , che non è però della sua tarchiutura ; ma si trattano coi guanti , reciprocamente , per non destare sospetti . Lo Zola però non si vale , e par che non si curi della sua celebrità . Non si fa innanzi ; vive raccolto , nel suo cantuccio , con sua moglie , con sua madre e coi suoi bambini . Pochi lo conoscono di vista ed è raro il trovare un suo ritratto . Non frequenta la società , se non quando ci deve andare per studiarla , e quando non ci va con questo scopo si secca : non va che dall ' editore Charpentier , che ha una splendida casa , e dà delle feste splendide a cui interviene anche il Gambetta . Non appartiene a nessuna consorteria . Non sta a Parigi che l ' inverno ; l ' estate va in campagna per lavorare tranquillo . Una volta stava all ' estremità dell ' Avenue Clichy , luogo opportunissimo per studiare il popolo dell ' Assommoir ; ora sta in via di Boulogne , dove stava il Ruffini , poco lontano dalla casa del Sardou . III . Per mezzo del mio caro amico Parodi , ebbi l ' onore di conoscere lo Zola , e di passar con lui parecchie ore in casa sua . È un giovane ben piantato ; solidement bâti ; un po ' somigliante , nella travatura delle membra , a Vittor Hugo ; più grasso , non molto alto , ritto come una colonna , pallidissimo ; e la sua pallidezza apparisce anche maggiore per effetto della barba e dei cappelli neri , che gli stanno ritti sulla fronte come peli di spazzola . È curioso che quasi tutti coloro che vedono il ritratto dello Zola dicono : - Questo viso non mi riesce nuovo . - Ha il viso rotondo , un naso audace , gli occhi scuri e vivi , che guardano con una espressione scrutatrice , fieramente - , la testa d ' un pensatore e il corpo d ' un atleta , - e mani ben fatte e salde , di quelle che si stringono e si ritengono strette con piacere . Mi rammentò a primo aspetto il suo Gueule - d ' or , e mi parve che sarebbe stato in grado di fare le stesse prodezze sopra l ' incudine . La sua corporatura gagliarda era messa meglio in evidenza dal suo vestimento . Era in babbuccie , senza colletto e senza cravatta , con una giacchetta ampia e sbottonata , che lasciava vedere un largo torace sporgente , atto a rompere l ' onda degli odii e delle ire letterarie . In tutto il tempo che rimasi con lui non lo vidi mai ridere . Mi ricevette cortesemente , con una certa franchezza soldatesca , senza le solite formule di complimento . Appena fummo seduti , prese in mano un tagliacarte fatto a pugnale , colla guaina , e lo ritenne finchè durò la conversazione , sguainandolo e ringuainandolo continuamente con un gesto vivace . Eravamo nel suo studio : una bella sala piena di luce , decorata di molti quadri a olio ; da cui s ' indovinava l ' uomo che ama molto la casa e che vive molto solo . Certe descrizioni , infatti , di stanze calde e piene di comodi , che si trovano nei suoi romanzi , non possono essere fatte che da un uomo che sta volentieri nel suo nido , in mezzo a tutte le raffinatezze della buona vita casalinga . Aveva davanti un grande tavolino coperto di carte e di libri , disposti con ordine , e sparso di molti piccoli oggetti luccicanti , di forma graziosa , come il tagliacarte ; che rivelavano un fino gusto artistico . Tutta la sala indicava l ' agiatezza elegante dello scrittore parigino in voga . In una parete c ' era un suo grande ritratto a olio , di quando aveva ventisei anni . Parlò per prima cosa della lingua italiana . - Mi rincresce , - disse , - di non poter leggere libri italiani . Noi altri francesi , in questo , siamo proprio da compiangere . Non sappiamo nessuna lingua . Ma io l ' italiano lo dovrei sapere , essendo figliuolo d ' un italiano . - E ci accennò lo studio critico della nostra Emma sopra la Page d ' amour , pubblicato dall ' Antologia , dicendo che era costretto a farselo tradurre perchè , essendosi provato a leggerlo , la metà del senso gli era sfuggita . Si rassegnino dunque i nostri coraggiosi traduttori dell ' Assommoir ; lo Zola non è in grado di compensare i loro sudori con una lode sincera . Poi diede al Parodi due risposte monosillabiche in cui si rivelò tutta la franchezza della sua natura . Il Parodi aveva inteso dire d ' una discussione sopra il Chateaubriand seguita a tavola fra il Turghenieff , lo Zola , il Flaubert e uno dei fratelli Goncourt ; che questa discussione era durata sei ore , ardentissima , e che due dei commensali avevano difeso l ' autore del Genio del Cristianesimo contro gli altri due , i quali negavano che fosse un grande scrittore . Gli pareva che lo Zola fosse stato uno dei difensori , e lo interrogò per accertarsene . E allora segui questo curioso dialogo : - Vous aimez beaucoup Chateaubriand ? - Non - Vous avez beaucoup lu Chateaubriand ? - Non . - Allora non siete voi che l ' avete difeso nella vostra discussione col signor Turghenieff ? - Jamais . I difensori del Chateaubriand erano stati il Turghenieff e il Flaubert ; lo Zola e il Goncourt l ' avevano ostinatamente combattuto . Tutti e quattro sogliono fare colazione insieme una volta al mese , e ogni volta nasce fra loro una discussione di quel genere , che li tiene inchiodati a tavola per mezza giornata . Questa fu l ' introduzione ; dopo la quale lo Zola fu costretto a parlare esclusivamente dello Zola . Il mio buon amico gli aveva detto il giorno avanti , annunziandogli la mia visita : - Preparatevi a subire un interrogatorio in tutto le regole , - ed egli aveva risposto gentilmente : - Son bell ' e preparato . - Si cominciò dunque l ' interrogatorio . Ma non lo feci io ; non l ' avrei mai osato : lo fece il mio amico con un garbo squisito , e lo Zola cominciò a parlare di sè , senza preamboli , naturalissimamente , come se parlasse d ' un altro . Non c ' è da dire se stavo inteso con tutta l ' anima alle sue parole . Eppure , nel punto che cominciò a parlare , fui colto da una distrazione che mi fece patir la tortura , Non so come , mi balenò alla mente quella comicissima scena della Faute de l ' abbé Mouret , quando il vecchio ateo Jeanbernat dà un carico di legnate al frataccio Archangias , al lume della luna , e mi prese tutt ' a un tratto così terribile bisogno di ridere , che dovetti mordermi le labbra a sangue per non scoppiare . Parlò prima della sua famiglia . La madre di suo padre era candiota , e suo padre Francesco Zola , di Treviso . Dopo la pubblicazione dell ' Assommoir egli ricevette dal Veneto parecchie lettere di parenti lontani che non conosceva . Parlò con amore di suo padre . Era ingegnere militare nell ' esercito austriaco ; era assai colto ; sapeva lo spagnuolo , l ' inglese , il francese , il tedesco ; pubblicò vari scritti scientifici , che lo Zola conserva , e ce ne mostrò uno con alterezza . Non ricordo in che anno , ma ancora assai giovane , lasciò il servizio militare e si mise a far l ' ingegnere civile . Andò in Germania , dove lavorò alla costruzione d ' una delle prime strade ferrate ; poi in Inghilterra , poi a Marsiglia , donde fece varie escursioni in Algeria , sempre lavorando . Da Marsiglia fu chiamato a Parigi per le fortificazioni . Qui si ammogliò e qui nacque Emilio Zola , che rimase a Parigi fino all ' età di tre anni . Poi la famiglia andò a stabilirsi a Aix , dove Francesco Zola lavorò alla costruzione d ' un gran canale , che fu battezzato col suo nome o lo serba ancora . Il padre Zola possedeva una gran parte delle « azioni » di questo canale ; circa centocinquantamila lire . Morto lui , la società fallì , e alla stretta dei conti , pagati i creditori , non rimase alla vedova che un piccolissimo capitale . Il figliuolo Emilio provò perciò la strettezza fin da ragazzo , ed ebbe una giovinezza poco lieta . A diciott ' anni venne a Parigi a cercar fortuna , e qui cominciò , per lui una serie di prove durissime . Fu per qualche tempo impiegato nella casa Hachette , prima a cento lire il mese , poi a cento cinquanta , poi a duecento . Poi fu collaboratore del Figaro . Dopo poco tempo , perdette quel posto , e rimase sul lastrico . Arrivato a questo punto lo Zola tagliò corto , ma capii da certi lampi de ' suoi occhi e da certi suoi stringimenti di labbra , che quello dev ' esser stato un periodo tremendo della sua vita . S ' ingegnò di campare scribacchiando qua e là ; ma ne cavava appena tanto da reggersi , e non tutti i giorni . Fu quello il tempo in cui fece quegli studi tristi e profondi sul popolo parigino , che appariscono particolarmente nell ' Assommoir e nel Ventre de Paris . Visse in mezzo alla povera gente , abitò in parecchie di quelle case operaie che descrisse poi maestrevolmente nell ' Assommoir ; - in una , fra le altre , dove stavano trecento operai dei più miserabili ; - studiò il vizio e la fame , conobbe delle Nana , faticò , digiunò , pianse , si perdette d ' animo , lottò con coraggio ; ma infine il suo carattere si fortificò in quella vita , e ne uscì armato e preparato alle battaglie che lo aspettavano nella grande arena dell ' arte . All ' età della leva , però , non era ancora nè francese nè italiano , e poteva scegliere fra le due nazionalità . - Ma ero nato qui , - disse - avevo qui molti ricordi e molti legami ; cominciavo ad aprirmi una strada ; amavo il luogo dove avevo sofferto ; scelsi per patria la Francia . Questa è la sua prima vita d ' uomo . La sua prima vita letteraria non è meno singolare , ed egli la espose colla medesima franchezza , continuando a giocare col pugnaletto . Cominciò tardi le sue scuole perchè aveva poca salute . - Studiai poco , - disse ; - prendevo dei premi ; ma ero un cattivo scolaro . - Sentì il primo impulso a scrivere verso i quattordici anni . Era in Umanità . Scrisse fra le altre cose un romanzo sulle Crociate , che conserva ancora , e mise in versi dei lunghi squarci di prosa del Chateaubriand ; cosa che deve sconcertare alquanto i critici che vogliono ad ogni costo veder gl ' indizii dell ' indole d ' un grande scrittore anche nelle prime manifestazioni dell ' ingegno adolescente . Le sue prime letture furono Walter Scott e Vittor Hugo . - Lessi i due autori insieme - disse - ma senza sentir gran fatto la differenza , perchè non capivo ancora nè lo stile nè la lingua di Vittor Hugo . - Poi cominciò a leggere il Balzac . E anche questa è strana . Il Balzac l ' annoiò ; gli pareva lungo , pesante , poco « interessante » ; non lo capì e non lo fece suo che lungo tempo dopo . Fin qui nessuna lettura gli aveva lasciata una profonda impressione . Più tardi , quando cominciò a leggere pensando , i suoi tre scrittori prediletti furono il Musset , il Flaubert e il Taine . Nel Musset non si vede chiaramente che cosa abbia attinto , se non è il sentimento di certe finezze voluttuose della vita signorile , ch ' egli esprime però senza compiacenza , da artista profondo , ma freddo . Del Flaubert non occorre dire : è l ' arte medesima , spinta più in là , più minuziosa , più cruda , più vistosamente colorita , e anche più faticosa . Del Taine ritrae specialmente nell ' analisi . Il suo metodo è quello seguito dal Taine nello studio sopra il Balzac ; procede come lui ordinato , serrato , cadenzato , a passi eguali e pesanti ; dal che deriva , a giudizio di alcuni , un certo difetto di sveltezza al suo stile , che è in ispecial modo apparente nei suoi ultimi libri . Egli ha un po ' , come si dice in Francia , le pas de l ' éléphant . L ' azione poi che esercitò su di lui il Balzac è immensa e visibilissima in tutte le sue opere . Egli l ' adora , è suo figlio , e se ne gloria . All ' apparire dei suoi primi romanzi , tutti pronunziarono il nome del Balzac . Il Charpentier lo presentava agli amici dicendo : - Ecco un nuovo Balzac . - Perciò toccò appena di volo di questo suo padre letterario , come se la cosa dovesse essere sottintesa . Dei suoi studii non disse altro . Non deve avere coltura classica , poichè confessò egli stesso d ' essersi trovato imbarazzato a leggere certi libri in latino volgare ; e in questo è alla pari con molti dei più illustri scrittori francesi di questi tempi . Ma fece la sua educazione da sè stesso ; studiò combattendo , come i generali della rivoluzione ; studia man mano che ha da scrivere un romanzo , per quel romanzo , tutte le quistioni che v ' hanno attinenza , come faceva George Sand ; legge continuamente , forzato dalle esigenze imperiose della polemica ; ha sulla punta delle dita tutto il romanzo di questo secolo , conosce profondamente Parigi , padroneggia insuperabilmente la lingua - e pensa . Si venne poi al più importante degli argomenti . Il Parodi gli domandò ex - abrupto come faceva a fare il romanzo . Era proprio un toccarlo sul vivo . Sguainò quasi tutto il suo pugnaletto , lo ricacciò con forza nel fodero , e cominciò a parlare speditamente , animandosi a grado a grado . Ecco , - disse , - come faccio il romanzo , Non lo faccio affatto . Lascio che si faccia da sè . Io non so inventare dei fatti ; mi manca assolutamente questo genere di immaginazione . Se mi metto a tavolino per cercare un intreccio , una tela qualsiasi di romanzo , sto anche lì tre giorni a stillarmi il cervello , colla testa fra le mani , ci perdo la bussola e non riesco a nulla . Perciò ho preso la risoluzione di non occuparmi mai del soggetto . Comincio a lavorare al mio romanzo , senza sapere nè che avvenimenti vi si svolgeranno , nè che personaggi vi avranno parte , nè quale sarà il principio e la fine . Conosco soltanto il mio protagonista , il mio Rougon o Macquart , uomo o donna ; che è una conoscenza antica . Mi occupo anzi tutto di lui , medito sul suo temperamento , sulla famiglia da cui è nato , sulle prime impressioni che può aver ricevute , e sulla classe sociale in cui ho stabilito che debba vivere . Questa è la mia occupazione più importante : studiare la gente con cui questo personaggio avrà che fare , i luoghi in cui dovrà trovarsi , l ' aria che dovrà respirare , la sua professione , le sue abitudini , fin le più insignificanti occupazioni a cui dedicherà i ritagli della sua giornata . Mettendomi a studiare queste cose , mi balena subito alla mente una serie di descrizioni che possono trovar luogo nel romanzo , e che saranno come lo pietre miliari della strada che debbo percorrere . Ora , per esempio , sto scrivendo Nana : una cocotte . Non so ancora affatto che cosa seguirà di lei . Ma so già tutte le descrizioni che ci saranno nel mio romanzo . Mi son domandato prima di ogni cosa : - Dove va una cocotte ? - Va ai teatri , alle prime rappresentazioni . Sta bene . Ecco cominciato il romanzo . Il primo capitolo sarà la descrizione d ' una prima rappresentazione in uno dei nostri teatri eleganti . Per far questo bisogna che studi . Vado a parecchie prime rappresentazioni . Domani sera vado alla Gaité . Studio la platea , i palchi , il palcoscenico ; osservo tutti i più minuti particolari della vita delle scene ; assisto alla toeletta d ' un ' attrice , e tornato a casa , abbozzo la mia descrizione . Una cocotte va alle corse , a un grand prix . Ecco un ' altra descrizione che metterò nel romanzo , a una conveniente distanza dalla prima . Vado a studiare un grand prix . Una cocotte frequenta i gran restaurants . Mi metto a studiare i gran restaurants . Frequento quei luoghi per qualche tempo . Osservo , interrogo , noto , indovino . E così avanti fin che non abbia studiato tutti gli aspetti di quella parte di mondo in cui suole agitarsi la vita d ' una donna di quella fatta . Dopo due o tre mesi di questo studio , mi sono impadronito di quella maniera di vita : la vedo , la sento , la vivo nella mia testa , per modo che son sicuro di dare il mio romanzo il colore e il profumo proprio di quel mondo . Oltrecchè , vivendo per qualche tempo , come ho fatto , in quella cerchia sociale , ho conosciute delle persone che vi appartengono , ho inteso raccontare dei fatti veri , so quello che vi suole accadere , ho imparato il linguaggio che vi si parla , ho in capo una quantità di tipi , di scene , di frammenti di dialogo , di episodi d ' avvenimenti , che formano come un romanzo confuso di mille pezzi staccati ed informi . Allora mi riman da fare quello che per me è più difficile : legare con un solo filo , alla meglio , tutte quelle reminiscenze e tutte quelle impressioni sparse . È un lavoro quasi sempre lungo . Ma io mi ci metto flemmaticamente , e invece d ' adoperarci l ' immaginazione , ci adopero la logica . Ragiono tra me , e scrivo i miei soliloqui , parola per parola , tali e quali mi vengono , in modo che , letti da un altro , parrebbero una stranissima cosa . Il tale fa questo . Che cosa nasce solitamente da un fatto di questa natura ? Quest ' altro fatto , Quest ' altro fatto è tale che possa interessare quell ' altra persona ? Certamente . È dunque logico che quest ' altra persona reagisca in quest ' altra maniera , E allora può intervenire un nuovo personaggio ; quel tale , per esempio , che ho conosciuto in quel tal luogo , quella tal sera . Cerco di ogni più piccolo avvenimento le conseguenze immediate ; quello che deriva logicamente , naturalmente , inevitabilmente dal carattere e dalla situazione dei miei personaggi . Faccio il lavoro d ' un commissario di polizia che da qualche indizio voglia riuscire a scoprire gli autori d ' un delitto misterioso . Incontro nondimeno , assai sovente , molte difficoltà . Alle volte non ci sono più che due sottilissimi fili da annodare , una conseguenza semplicissima da dedurre , e non ci riesco , e mi affatico e m ' inquieto inutilmente . Allora smetto di pensarci , perchè so che è tempo perduto . Passano due , tre , quattro giorni . Una bella mattina , finalmente , mentre fo colazione e penso ad altro , tutto a un tratto i due fili si riannodano , la conseguenza è trovata , tutte le difficoltà sono sciolte . Allora un torrente di luce scorre su tutto il romanzo . Un flot de lumière coule sur tout le roman . Vedo tutto e tutto è fatto . Riacquisto la mia serenità , son sicuro del fatto mio , non mi resta più a fare che la parte tutta piacevole del mio lavoro . E mi ci metto tranquillamente , metodicamente , coll ' orario alla mano , come un muratore . Scrivo ogni giorno quel tanto ; tre pagine di stampa ; non una riga di più , e la mattina solamente . Scrivo quasi senza correggere perchè son mesi che rumino tutto , e appena scritto , metto le pagine da parte , e non le rivedo più che stampate . E posso calcolare infallibilmente il giorno che finirò . Ho impiegato sei mesi a scrivere Une page d ' Amour ; un anno a scriver l ' Assommoir . - L ' Assommoir , - soggiunse poi , dando un colpo della mano aperta sul manico del pugnale , - è stato la mia tortura . È quello che m ' ha fatto penare di più per mettere insieme i pochissimi fatti su cui si regge . Avevo in mente di fare un romanzo sull ' alcoolismo . Non sapevo altro . Avevo preso un monte di note sugli effetti dell ' abuso dei liquori . Avevo fissato di far morire un beone della morte di cui muore Coupeau . Non sapevo però chi sarebbe stato la vittima , e anche prima di cercarla , andai all ' ospedale di Sant ' Anna a studiare la malattia e la morte , come un medico . Poi assegnai a Gervaise il mestiere di lavandaia , e pensai subito a quella descrizione del lavatoio che misi nel romanzo ; che è la descrizione d ' un lavatoio vero , in cui passai molte ore . Poi , senza saper nulla del Goujet , che immaginai in seguito , pensai di valermi dei ricordi d ' un ' officina di fabbro ferraio , dove avevo passato delle mezze giornate da ragazzo , e che è accennata nei Contes à Ninon . Così , prima d ' aver fatto la tela del romanzo , avevo già concepita la descrizione di un pranzo nella bottega di Gervaise , e quella della visita al museo del Louvre . Avevo già studiate le mie bettole , l ' Assommoir di père Colombe , le botteghe , l ' Hôtel Bonc œ ur , ogni cosa . Quando tutto il rimanente fu predisposto , cominciai a occuparmi di quello che doveva accadere ; e feci questo ragionamento , scrivendolo . Gervaise viene a Parigi con Lantier , suo amante . Che cosa seguirà ? Lantier è un pessimo soggetto : la pianta . E poi ? Lo credereste che mi sono intoppato qui , e che non andai più avanti per vari giorni ? Dopo vari giorni feci un altro passo . Gervaise è giovane ; è naturale che si rimariti ; si rimarita , sposa un operaio , Coupeau . Ecco quello che morirà a Sant ' Anna . Ma qui rimasi in asso da capo . Per mettere a posto i personaggi e le scene che avevo in mente , per dare un ' ossatura qualunque al romanzo , mi occorreva ancora un fatto , uno solo , che facesse nodo coi due precedenti . Questi tre soli fatti mi bastavano ; il rimanente era tutto trovato , preparato , e come già scritto per disteso nella mia mente . Ma questo terzo fatto non riuscivo a raccappezzarlo . Passai varii giorni agitato e scontento . Una mattina , improvvisamene , mi balena un ' idea . Lantier ritrova Gervaise , - fa amicizia con Coupeau , - s ' installa in casa sua .... et alors il s ' établit un ménage a trois , comme j ' en ai vu plusieurs ; e ne segue la rovina . Respirai . Il romanzo era fatto . Detto questo , aperse un cassetto , prese un fascio di manoscritti e me li mise sotto gli occhi . Erano i primi studi dell ' Assommoir , in tanti foglietti volanti . Sui primi fogli c ' era uno schizzo dei personaggi : appunti sulla persona , sul temperamento , sull ' indole . Ci trovai lo « specchio caratteristico » di Gervaise , di Coupeau , di maman Coupeau , dei Lorilleux , dei Boche , di Goujet , di madame Lérat : c ' eran tutti . Parevano note d ' un registro di questura , scritte in linguaggio laconico , e liberissimo , come quello del romanzo , e interpolate di brevi ragionamenti , come : - Nato così , educato così ; si porterà in questo modo . - In un luogo c ' era scritto : - E che può far altro una canaglia di questa specie ? - M ' è rimasto impresso , fra gli altri , lo schizzo di Lantier , che era un filza d ' aggettivi , che formavano una gradazione crescente d ' ingiurie : - grossier , sensuel , brutal , egoiste , polisson . - In alcuni punti c ' era detto : - servirsi del tale - una persona conosciuta dall ' autore . Tutto scritto in caratteri grossi e chiari , e con ordine . Poi mi caddero sotto gli occhi gli schizzi dei luoghi , fatti a penna , accuratamente , come un disegno d ' ingegnere . Ce n ' era un mucchio : tutto l ' Assommoir disegnato : le strade del quartiere in cui si svolge il romanzo , colle cantonate , e coll ' indicazione delle botteghe ; i zig - zag che faceva Gervaise per scansare i creditori ; le scappate domenicali di Nana ; le pellegrinazioni della comitiva dei briaconi di bastringue in bastringue e di bousingot in bousingot ; l ' ospedale e il macello , fra cui andava e veniva , in quella terribile sera , la povera stiratrice straziata dalla fame . La gran casa del Marescot era tracciata minutissimamente ; tutto l ' ultimo piano ; i pianerottoli , le finestre , lo stambugio del becchino , la buca di père Bru , tutti quei corridori lugubri , in cui si sentiva un souffle de crevaison , quei muri che risonavano come pancie vuote , quelle porte da cui usciva una perpetua musica di legnate e di strilli di mioches morti di fame . C ' era pure la pianta della bottega di Gervaise , stanza per stanza , coll ' indicazione dei letti e delle tavole , in alcuni punti cancellata e corretta . Si vedeva che lo Zola ci s ' era divertito per ore e per ore , dimenticando forse anche il romanzo , tutto immerso nella sua finzione , come in un proprio ricordo . Su altri fogli c ' erano appunti di vario genere . Ne notai due principalmente : - venti pagine di descrizione della tal cosa , - dodici pagine di descrizione della tal scena , da dividersi in tre parti . - Si capisce che aveva la descrizione in capo , formulata prima d ' essere fatta , e che se la sentiva sonar dentro cadenzata e misurata , come un ' arietta a cui dovesse ancora trovare le parole . Son meno rare di quello che si pensi , queste maniere di lavorare , anche in cose d ' immaginazione , col compasso . Lo Zola è un grande meccanico . Si vede come le sue descrizioni procedono simmetricamente , a riprese , separate qualche volta da una specie d ' intercalare , messo là perchè il lettore ripigli rifiato , e divise in parti quasi uguali ; come quella dei fiori del parco nella Faute de l ' abbé Mouret , quella del temporale nella Page d ' amour , quella della morte del Coupeau nell ' Assommoir . Si direbbe che la sua mente , per lavorar poi tranquilla e libera intorno alle minuzie , ha bisogno di tracciarsi prima i confini netti del suo lavoro , di sapere esattamente in quali punti potrà riposare , e quasi che estensione e che forma presenterà nella stampa il lavoro proprio . Quando la materia gli cresce , la recide per farla rientrare in quella forma , o quando gli manca , fa un sforzo per tirarla a quel segno . È un invincibile amore delle proporzioni armoniche , che qualche volta può generare prolissità ; ma che spesso , costringendo il pensiero ad insistere sul suo soggetto , renda l ' opera più profonda e più completa . C ' erano , oltre a queste , delle note estratte dalla Réforme sociale en France del Le Play , dall ' Hérédité naturelleel dottor Lucas , e da altre opere di cui si valse per scrivere il suo romanzo ; Le sublime , fra le altre , che dopo la pubblicazione dell ' Assommoir fu ristampato e riletto ; poichè è un privilegio dei capolavori quello di mettere in onore anche le opere mediocri di cui si sono giovati . Lo interrogammo intorno ai suoi studi di lingua . Ne parlò con molta compiacenza . Si crede generalmente che abbia studiato l ' argot nel popolo ; sì , in parte ; ma più nei dizionarii speciali , che son parecchi , e buonissimi ; come imparò in special modo dai dizionari d ' arti e mestieri quella ricchissima terminologia d ' officina e di bottega , che è nei suoi romanzi popolari . Ma per scrivere l ' argot non bastava consultare il dizionario ; bisognava saperlo , ossia rifarselo . Si fece perciò un dizionario diviso a soggetti , e vi andò man mano registrando le parole e le frasi che trovava nei libri e che raccattava per la strada . Scrivendo Assommoir , prima di trattare un soggetto , scorreva la parte corrispondente del dizionario ; poi scriveva tenendolo sotto gli occhi , e cancellava con un lapis rosso ogni frase , via via che la metteva nel libro , per evitar di ripeterla . - Io son un uomo paziente , vedete , - disse poi ; - lavoro colla placidità d ' un vecchio compilatore ; provo piacere anche nelle occupazioni più materiali ; prendo amore alle mie note e ai miei scartafacci ; mi cullo nel mio lavoro , e mi ci trovo bene , come un pigro nella sua poltrona . Lo strano è che diceva tutte queste cose senza sorridere ; ma nemmeno con un barlume di sorriso . Il suo viso pallidissimo non ebbe mai una di quelle mille espressioni convenzionali di amabilità o di gaiezza , che si usano dalle persone più fredde per dar colore alla conversazione . In verità non ricordo d ' aver mai visto al mondo un viso più «indipendente.» Faceva un solo movimento di tratto in tratto : dilatava le narici e stringeva i denti , facendo risaltar le mascelle ; il che gli dava un ' espressione più vigorosa di risoluzione e di fierezza . Parlò del successo dell ' Assommoir . Disse che , mentre scriveva quel romanzo , era le mille miglia lontano dal prevedere il chiasso che fece . Era stato costretto a interromperlo per una malattia della sua signora ; ci s ' era poi rimesso di mala voglia ; il cuore non gliene diceva bene . Di più , un amico di cui egli faceva gran conto , letto il manoscritto , gli aveva presagito un mezzo fiasco . A lui stesso pareva che il soggetto non fosse «interessante.» Lasciò indovinare , insomma , che nemmeno dopo il suo grande successo , non era quello il romanzo a cui teneva di più . - Qual è dunque ? - gli domandai . La sua risposta mi diede una grande soddisfazione . - Le ventre de Paris , - rispose . E infatti la storia di quel grasso e iniquo pettegolezzo plebeo , che finisce per perdere un povero galantuomo , e che si svolge dalla prima all ' ultima pagina in quel singolarissimo teatro delle Halles , pieno di colori , di sapori e d ' odori , fra quelle pescivendole dalle rotondità enormi e impudenti , fra quegli amori annidati nei legumi e nelle penne di pollo , in mezzo a quello strano intreccio di rivalità bottegaie e di congiure repubblicane , m ' è sempre parsa una delle più originali e delle più felici invenzioni dell ' ingegno francese . Venne a parlare delle critiche che si fecero all ' Assommoir . Anche parlando , egli sceglie sempre la frase più dura e più recisa per esprimere il proprio pensiero . Accennando a una scuola che non gli va a genio , disse : - Vedrete che famoso colpo di scopa ci daremo dentro ! - In ogni sua parola si sente il suo carattere fortemente temprato , non solo alle resistenze ostinate , ma agli assalti temerarii . Nelle sue critiche , infatti , dà addosso a tutti . Ne raccolse parecchie in un volume e le intitolò : - I miei odii . - Si capisce . Deve tutto a sè stesso , è passato per tutte le prove , è coperto di cicatrici : la battaglia è la sua vita ; vuole la gloria , ma strappata a forza ; e accompagnata dal fragore della tempesta . Le critiche più spietate non fanno che irritare il suo coraggio . Gli gridarono la croce per le crudità della Curée ; egli andò del doppio più in là nell ' Assommoir . Prova una feroce voluttà nel provocare il pubblico . « Gli insuccessi » non gli passano nemmeno la prima pelle . Avanti ! - disse dopo una delle sue più grandi cadute - ; io sono a terra ; ma l ' arte è in piedi . Forse che la battaglia è perduta perchè il soldato è ferito ? Al lavoro , e ricominciamo ! - E dice il fatto suo alla critica , alla sua maniera . - La critica francese manca d ' intelligenza - ; nientemeno . - Non ci sono in tutta la Francia che tre o quattro uomini capaci di giudicare un libro . - Gli altri o giudicano con tutti i pregiudizii letterarii degli sciocchi , o sono pretti impostori . - Ha questo gran difetto , - come gli diceva un amico : - che quando parla con un imbecille , gli fa capire immediatamente che è un imbecille ; - difetto , - dice , - che gli chiuderà sempre tutte le porte . Ma a lui non importa d ' essere , amato . Egli considera il pubblico come il suo nemico naturale . Che serve accarezzarlo ? È una mala bestia che risponde alle carezze coi morsi . Tanto vale mostrargli i denti e fargli vedere che non sono meno forti dei suoi . Latri a sua posta , purchè ci segua . Eppure s ' ingannano quelli che argomentano da questa sua asprezza di carattere ch ' egli non abbia cuore . Tutti i suoi amici intimi lo affermano . In casa , colla sua famiglia , è un altro Zola ; ha pochi amici , ma li ama fortemente ; non è espansivo , ma servizievole . E scrive delle lettere piene di sentimento . Ha un cuore affettuoso , sotto una corazza d ' acciaio . Spiegò poi meglio il concetto che ha del pubblico , parlando della vendita dei libri a Parigi . - Qui non si fa nulla , - disse , smettendo per la prima volta il pugnale , ma riafferrandolo subito , - nulla , se non si fa chiasso . Bisogna essere discussi , maltrattati , levati in alto dal bollore delle ire nemiche . Il parigino non compra quasi mai il libro spontaneamente , per un sentimento proprio di curiosità ; non lo compra che quando glie ne hanno intronate le orecchie , quando è diventato come un avvenimento da cronaca , del quale bisogna saper dir qualche cosa in conversazione . Pur che se ne parli , comunque se ne parli , è una fortuna . La critica vivifica tutto ; non c ' è che il silenzio che uccida . Parigi è un oceano ; ma un oceano in cui la calma perde , e la burrasca salva . Come si può scuotere altrimenti l ' indifferenza di questa enorme città tutta intenta ai suoi affari e ai suoi piaceri , ad ammassar quattrini e a profonderli ? Essa non sente che i ruggiti e le cannonate . E guai a chi non ha coraggio ! È quello che mi diceva il Parodi : - Qui non si stima chi mostra di non stimare sè stesso . Per prima cosa bisogna affermare risolutamente il proprio diritto alla gloria . Chi si fa piccino , è perduto . Guai al modesto ! E lo Zola non è nè modesto , nè orgoglioso ; è schietto . Colla stessa schiettezza con cui riconosce i lati deboli del suo ingegno , come si è visto , ne dice i lati forti . Parlando dei suoi studi dal vero dice : - Non ho però bisogno di veder tutto ; un aspetto mi basta , gli altri li indovino ; qui sta l ' ingegno . - Quando scriveva la Page d ' amour , diceva : - Farò piangere tutta Parigi . - Difendendo una sua commedia caduta dice : - Perchè è caduta ? Perchè il pubblico s ' aspettava dall ' autore dei Rougon - Macquart una commedia straordinaria , di primissimo ordine ; qualcosa di miracoloso . - Ma dice questo con una sicurezza e con una semplicità , che non vien nemmeno in capo di accusarlo di presunzione . E in ciò si rivela appunto la sua natura italiana , meno inverniciata della francese , come si rivela nelle sue critiche , in cui dice le più dure cose senza giri di frase e senza epiteti lenitivi , e paccia le pillole amare senza dorarle ; cosa che ripugna all ' indole della critica parigina . Ed è italiano anche in questo , che ha la nostra causticità genuina , consistente più nella cosa che nella parola , e non il vero spirito francese . E lo riconosce e se ne vanta . - Je n ' ai pas cet entortillement d ' esprit . - Je ne sais parler le papotage à la mode . - Io detesto i bons mots e il pubblico li adora . Questa è la grande ragione per cui non ci possiamo intendere . Accennò pure , di volo , alla gran quistione del realismo e dell ' idealismo . Su questo argomento rispetto profondamente le opinioni di uno scrittore come lo Zola . Ma a queste professioni di fede irremovibile e a queste bandiere sventolate con tanto furore , ci credo poco . Uno scrittore si trova a scrivere in una data maniera perchè la sua indole , la sua educazione , le condizioni della sua vita lo spinsero da quella parte . Quando ha fatto per quella via un lungo cammino , quando ha speso in quella forma d ' arte un gran tesoro di forze , e v ' ha riportato dei trionfi , e s ' è persuaso che non andrà mai innanzi altrettanto in una direzione diversa , allora alza la sua insegna e dice : - In hoc signo vinces . - Ma che diverrebbe l ' arte se tutti lo seguissero ? Mi vien sempre in mente quella sentenza del Rénan : - Il mondo è uno spettacolo che Dio dà a sè stesso . Per carità , non facciamolo tutto d ' un colore , se non vogliamo annoiarci anche noi . - C ' è posto per tutti - come diceva Silvio Pellico - e nessuno se ne vuol persuadere . - Non capisco come ci sia della gente d ' ingegno che picchia sulla testa a una parte dell ' umanità unicamente perchè non sente e non esprime la vita come essi la sentono e la esprimono . È come se i magri volessero mettere al bando dell ' umanità i grassi ; e i linfatici , i nervosi . In fondo , chi non vede chiaramente che è una guerra che certe facoltà dello spirito fanno ad altre facoltà ? Emilio Zola , non men degli altri , non fa che tirar l ' acqua al suo mulino , Egli dirà , per esempio , che la tragedia greca è realistica , e che non si deve descrivere che quello che si vede o che s ' è visto , e che quando si mette un albero sulla scena , dev ' essere un albero vero ; e forse , in cuor suo , sorriderà di queste affermazioni . E quando qualcuno lo coglierà in contraddizione , risponderà ingenuamente : - Que voulez vous ? Il faut bien avoir un drapeau . - Siamo d ' accordo ; ma è quasi sempre la bandiera , non della propria fede , ma del proprio ingegno . E lo stesso Zola è sempre realista , anche quando dà cuore e mente agli alberi e ai fiori ? A un uomo come lui si può ben dire quello che si pensa . Parlò pure del teatro . Disse che era falsa la notizia data dai giornali , che egli avesse incaricato due commediografi , di cui non ricordo il nome , di fare un dramma dell ' Assommoir . S ' era parlato pure , a questo proposito , della Curée , per la cui protagonista , Renée , la celebre attrice Sarah Bernard aveva manifestato una gran simpatia . Ma dei suoi romanzi , uno solo , finora , Thérèse Raquin , fu convertito da lui stesso in un dramma , nel quale è riuscita una fortissima scena la descrizione di quella tremenda notte nuziale di Teresa e di Laurent , fra cui s ' interpone il fantasma schifoso del marito annegato . Il Teatro però esercita anche sullo Zola un ' attrazione irresistibile e inebriante , come su tutti gli scrittori moderni , ai quali nessuna gloria letteraria pare bastevole , se non è coronata da un trionfo sulle scene . Poichè a Parigi , la città più teatrale del mondo , una vittoria drammatica dà d ' un solo tratto la fama e la fortuna che non dà il buon successo di dieci libri . A questo scopo egli converge perciò tutti i suoi sforzi . La sua grande ambizione è di fare un Assommoir teatrale . Finora non lavorò , si può dire , che per prepararsi a questa gran prova . Non ebbe successi notevoli ; cadde più d ' una volta ; ma persiste tenacemente . E s ' affatica a sgombrarsi il passo colla critica , battendo in breccia la commedia alla moda , la comédie d ' intrigue , ce joujou donné au public , ce jeu de patience , che egli vorrebbe ricondurre alla forma antica , alla comicità di buona lega , la quale consiste tutta nei tipi e nelle situazioni , e non in quello spirito fouetté en neige , rélevé d ' une pointe de musc , che piace per la novità , e che non saprà più di nulla fra cinque anni ; ai caratteri largamente sviluppati in un ' azione semplice e logica , alle analisi libere e profonde , e ai dialoghi sciolti da ogni convenzione ; a una forma insomma , in cui possano spiegarsi e prevalere le sue forti facoltà di romanziere . E propugnando queste teorie , difende ostinatamente i suoi lavori drammatici . Un amico andò a visitarlo dopo la caduta del suo Bouton de rose al Palais Royal , e lo trovò a tavolino con davanti un mucchio di fogli scritti . - Che cosa fate ? - gli domandò , - Vous comprenez - rispose - je ne veux pus lâcher ma pièce . - » Stava facendo una difesa del Bouton de Rose , curiosissima , nella quale si rivela il suo carattere meglio che in un epistolario di cinque volumi . Cominciò coll ' esporre il soggetto della commedia , ricavata in parte dai Contes drólatiques del Balzac , e come si svolse nella sua mente , e le ragioni d ' ogni personaggio e d ' ogni scena . E poi : - Sta bene - disse - il dramma è caduto . - Riferisco presso a poco le sue parole . - Io accetto altamente tutte le responsabilità . Questo dramma m ' è diventato caro per la brutalità odiosa con cui fu trattato . Lo scatenamento feroce della folla l ' ha rialzato e ingrandito ai miei occhi . Più tardi ci sarà appello : i processi letterari sono suscettibili di cassazione . Il pubblico non ha voluto capire il mio lavoro , perchè non vi ha trovato quella specie di vis comica che vi cercava , che è un fiore tutto parigino , sbocciato sui marciapiedi dei boulevards . Ha trovato il mio spirito grossolano ! Diavolo ! Come si fa a sopportare la franchezza d ' un uomo che viene avanti con un stile diretto e che chiama le cose col loro nome ? Già , il sapore dell ' antico racconto francese non si sente più ; non si capiscono più quei tipi : io avrei dovuto mettere un avviso a stampa sulla schiena dei miei personaggi . E poi una buona metà del teatro faceva voti ardenti perchè il mio Bouton de rose capitombolasse . Erano andati là come si va nella baracca d ' un domatore di fiere , col segreto desiderio di vedermi divorare . Io mi son fatti molti nemici colle mie critiche teatrali , in cui la sincerità è la mia sola forza . Chi giudica i lavori degli altri , s ' espone alle rappresaglie . I vaudevillisti vessati e i drammaturghi esasperati si son detti : - Finalmente ! Lo andremo a giudicare una volta , questo terribile uomo ! Nell ' orchestra c ' erano dei signori che si mostravano reciprocamente le chiavi . C ' era poi un ' altra ragione . Io sono romanziere . Questo basta . Riuscendo nel teatro , avrei occupato troppo posto . Bisognava impedire . E d ' altra parte era giusto che io espiassi le quarantadue edizioni dell ' Assommoir e le diciasette edizioni della Page d ' amour . - Schiacciamolo , - si son detti . E l ' han fatto . Si ascoltò il primo atto , si fischiò : il secondo e non si volle sentire il terzo . Il fracasso era tale che i critici non potevano neppur sentire il nome dei personaggi ; alcune innocentissime parole di argot scoppiarono nel teatro come bombe ; i muri minacciavano di crollare ; non si capiva più nulla . E così sono stato ammazzato . Ora non ho più nè rancore nè tristezza . Ma il giorno dopo non riuscii a soffocare un sentimento di giusta indignazione . Credevo che la seconda sera la commedia non sarebbe arrivata di là dal secondo atto . Mi pareva che il pubblico pagante dovesse completare il disastro . Andai al teatro , a ora tarda , e salendo le scale , interrogai un artista : - Ebbene , vanno in collera , di sopra ? - L ' artista mi rispose sorridendo : - Ma no , signore ! Tutti i frizzi sono gustati . La salle est superbe , e si smascella dalle risa . - Ed era vero ; non si sentiva una disapprovazione ; il successo era enorme . Io rimasi là per tutto un atto , ad ascoltare quelle risa , e soffocavo , mi sentivo venir le lagrime agli occhi . Pensavo al teatro della sera prima , e mi domandavo il perchè di quella inesplicabile brutalità , dal momento che il vero pubblico faceva al mio lavoro una accoglienza tanto diversa . Questi sono i fatti . Mi diano una spiegazione i critici sinceri . Il Bouton de rose ebbe quattro rappresentazioni ; l ' incasso maggiore fu quello della seconda . Per che ragione , se è lecito ? Perchè la stampa non aveva ancora parlato e il pubblico veniva e rideva con confidenza . Il terzo giorno la critica comincia il suo lavoro di strangolamento ; una prima scarica di articoli furibondi ferisce la commedia al cuore ; e allora la gente esita e s ' allontana da un ' opera che non una voce difende e che i più tolleranti gettano nel fango . I pochi curiosi che si arrischiano , si divertono sinceramente ; l ' effetto cresce ad ogni rappresentazione ; gli artisti , rinfrancati , recitano con un accordo maraviglioso . Che importa ? Lo strangolamento è riuscito ; il pubblico della prima sera ha stretto la corda e la critica ha dato l ' ultimo strappo . Eppure ! Eppure il Bouton de rose resiste solidamente sulle scene pur che ci sia chi si degni di sentirlo . Io credo che sia ben fatto , che certe situazioni siano comiche e originali , e che il tempo gli darà ragione . Un tale , la prima sera , nei corridoi del teatro diceva ad alta voce : - Ebbene , farà ancora il critico teatrale Emilio Zola ? - Perdio se lo farò ancora ! E più ardentemente di prima , potete andarne sicuri . La conversazione cadde ancora una volta sui romanzi , e lo Zola soddisfece parecchie mie vivissime curiosità . I suoi personaggi son quasi tutti ricordi , conoscenze sue d ' altri tempi ; alcuni già abbozzati nei Contes à Ninon . Il Lantier , per esempio , lo conobbe in carne ed ossa , ed è infatti uno dei caratteri più stupendamente veri dell ' Assommoir . L ' idea del frate Archangias della Faute de l ' abbé Mouret , di quel comicissimo villanaccio incappucciato , che predica la religione con un linguaggio da facchino ubbriaco , gli venne dall ' aver letto in un giornale di provincia , d ' un certo frate , maestro di scuola , stato condannato dai tribunali per abuso .... di forza . Certe rispostaccie date dall ' accusato ai giudici gli avevano presentato il carattere bell ' e fatto . Poichè si parlava di quel romanzo , non potei trattenermi dall ' esprimergli la mia viva ammirazione per quelle splendide pagine , in cui descrisse i rapimenti religiosi del giovane prete dinanzi all ' immagine della Vergine ; pagine degne davvero d ' un grande poeta . - Voi non potete immaginare , - mi rispose , - la fatica che mi costò quel benedetto abate Mouret . Per poterlo descrivere all ' altare , andai parecchie volte a sentire tre o quattro messe di seguito a Nôtre Dame . Per la sua educazione religiosa consultai molti preti . Nessuno però mi volle o mi seppe dare tutte le spiegazioni di cui avevo bisogno . Misi sottosopra delle botteghe di librai cattolici ; mi digerii dei grossi volumi di Cerimoniali religiosi e di Manuali da curati di campagna . Ma non mi pareva ancora di possedere abbastanza la materia . Un prete spretato , finalmente , completò le mie cognizioni . Gli domandai se aveva fatto pure degli studi così accurati e così pratici per descrivere la vita delle halles , le botteghe di formaggi , il lavoro delle stiratrici , le discussioni del Parlamento , le ribotte degli operai . - Necessariamente , - rispose . - E per descrivere il temporale della Page d ' amour ? - Per descrivere il temporale , mi asciugai parecchie volte tutta l ' acqua che Dio ha mandata , osservando Parigi dalle torri di Nôtre Dame . Gli domandai se era mai stato presente a una battaglia . Disse di no , e questo mi fece gran meraviglia , perchè nella descrizione del combattimento fra gl ' insorti e le truppe imperiali , nella Fortune des Rougons , si sente il fischio delle palle e si vede il disordine e la morte , come nessun scrittore li ha mai resi . Da ultimo venne a parlare dei suoi romanzi futuri , e in questo discorso si animò più che non avesse fatto fino allora ; il suo viso si colorò d ' un leggero rossore , la sua voce si rinvigorì , e non dico come lavorasse il pugnaletto . Egli farà un romanzo in cui descriverà la vita militare francese , com ' è . Questo solleverà una tempesta ; gli daranno del nemico della Francia ; sta bene . Il suo romanzo sarà intitolato Le soldat , e conterrà una grande descrizione della battaglia di Sédan . Egli andrà apposta a Sédan , ci starà quindici giorni , studierà il terreno con una guida palmo per palmo , e forse .... ne uscirà qualche cosa . In un altro romanzo metterà la descrizione d ' una morte per combustione spontanea , d ' un bevitore . Altri l ' han fatta ; egli la farà a modo suo . L ' uomo avrà l ' abitudine di passare la sera accanto al camino , colla pipa in bocca , e piglierà fuoco accendendo la pipa . Egli descriverà tutto - e dicendo questo corrugò le sopracciglia e gli lampeggiarono gli occhi , come se vedesse in quel punto lo spettacolo orrendo . - La gente di casa entrerà la mattina nella stanza e non troverà più che la pipa e une poignée de quelque chose . Poi scriverà un romanzo che avrà per soggetto il commercio , i « grandi magazzini » come il Louvre e il Bon Marchè , la lotta del grande commercio col piccolo , dei milioni coi cento mila franchi : un soggetto vasto e originale , pieno di nuovi colori , di nuovi tipi e di nuove scene , col quale tratterà a ferro rovente una nuova piaga di Parigi . Poi un altro romanzo : le lotte dell ' ingegno per aprirsi una strada nel mondo , un drappello di giovani che vanno a cercar fortuna a Parigi , la vita giornalistica , la vita letteraria , l ' arte , la critica , la miseria in abito decente , le febbri , le disperazioni e i trionfi del giovane di genio , divorato dall ' ambizione e dalla fame : una storia in cui riverserà tutto il sangue che uscì dalle ferite del suo cuore di vent ' anni . E infine un romanzo più originale di tutti , che si svolgerà sopra una rete di strade ferrate : una grande stazione in cui s ' incrocieranno dieci strade , e per ogni « binario » correrà un episodio , e si riannoderanno tutti alla stazione principale , e tutto il romanzo avrà il colore dei luoghi , e vi si sentirà , come un accompagnamento musicale , lo strepito di quella vita precipitosa , e vi sarà l ' amore nel vagone , l ' accidente nella galleria , il lavoro della locomotiva , l ' incontro , l ' urto , il disastro , la fuga ; tutto quel mondo nero , fumoso e rumoroso , nel quale egli vive col pensiero da lungo tempo . E saran tutti romanzi del « ciclo » Rougon Macquart . Egli ne ha già nella mente , come una visione , mille scene : abbozzi confusi , pagine lucidissime , catastrofi tremende e avventure comiche e descrizioni sfolgoranti , che gli ribollono dentro senza posa , e sono l ' alimento vitale dell ' anima sua . Ha ancora otto romanzi da scrivere . Quando la storia dei Rougon Macquart sarà finita , egli spera che , giudicando l ' opera intera , la critica gli renderà giustizia . Intanto lavora tranquillamente , e va diritto alla sua meta , senza guardar nè indietro nè ai lati , Il suo studio è la sua cittadella , nella quale egli sì sente sicuro , e scorda il mondo , tutto assorto nelle graves jouissances de la recherche du vrai . - Vedete , - disse in fine , - io sono un uomo tutto di casa . Non son buono a nulla se non ho la mia penna , il mio calamaio , quel quadro là davanti agli occhi , questo panchettino qui sotto i piedi . Portato fuor del mio nido , son finito . Ecco perchè non ho passione per viaggiare . Quando arrivo in una nuova città , mi segue sempre la medesima cosa . Mi chiudo nella mia camera d ' albergo , tiro fuori i miei libri e leggo per tre giorni filati senza mettere il naso fuor dell ' uscio . Il quarto giorno m ' affaccio alla finestra e conto le persone che passano . Il quinto giorno riparto . - C ' è un viaggio però - soggiunse - che farò sicurissimamente : un viaggio in Italia . - Quando ? - gli domandai ansiosamente . - Quando avrò finito Nana , - rispose . - Probabilmente la ventura primavera . È un mio antico desiderio . E domandò infatti quali erano i mesi propizii per fare un viaggio in Italia colla famiglia . È inutile che io dica se lo scongiurai di non cambiar proposito , e con che piacere intravvidi lontano una mensa splendida , coronata di realisti e d ' idealisti italiani d ' ogni età e d ' ogni colore , affratellati almeno una sera per onorare un grande ingegno e un carattere forte e sincero . E intanto egli continuava a discorrere , in piedi , vicino alla porta , colla sua amabile e virile franchezza , coi suoi gesti risoluti , col suo bel viso pallido e fiero , e veduto così sul fondo del suo studio elegante , pieno di libri e di carte , e dorato da un raggio di sole , dava l ' immagine d ' un bellissimo quadro , che rappresentasse l ' ingegno , la fortuna e la forza ; e il gridio dei due piccoli Zola che giocavano nella stanza accanto , vi aggiungeva una nota di gentilezza , che lo rendeva più nobile e più caro . E mi suonano sempre all ' orecchio le ultime parole che mi disse sulla soglia , stringendomi la destra con una mano e tenendo su coll ' altra la tenda della porta : - Je suis toujours très - sensible aux poignées de main amicales qui me viennent des étrangers ; mais ce n ' est pas d ' un étranger que me vient la vôtre ; c ' est de l ' Italie , de ma première patrie , ou est né mon père . Adieu ! PARIGI Per quanto si stia volentieri a Parigi viene un giorno in cui la città diventa antipatica . Passata la febbre dei primi giorni , quando si comincia a entrare un po ' addentro a quella vita tumultuosa , si prova un disinganno , come al vedere la città la mattina per tempo , mentre è ancora scarmigliata e insonnita . Com ' è brutta Parigi in quell ' ora ! Quei boulevards famosi , così sfolgoranti poche ore prima , non sono più che uno stradone irregolare , fiancheggiato da case misere , alte e basse , sbiadite , annerite , sformate sulla sommità da un orribile disordine di camini altissimi , che paiono la travatura di edifizi non finiti ; e ogni cosa essendo ancora chiusa e velata da un po ' di nebbia , non si vede che un grande spazio solitario e grigio , nel quale non si riconoscono più , a primo aspetto , i luoghi più noti ; e tutto pare invecchiato , logoro e pieno di pentimenti e di tristezze ; a cui sembra che vogliano sfuggire le rare carrozze che passano rapidamente , come peccatrici sorprese dall ' alba e dalla vergogna , dopo l ' ultima orgia del carnovale . - Son questi i boulevards ? - si dice con un senso di rammarico , davanti a quel miserabile spettacolo . E così dopo qualche mese di vita parigina si dice : - Questa è Parigi ? Ma i primi mesi sono bellissimi , in specie per i cambiamenti che seguono in noi . Si prova subito un raddoppiamento d ' attività fisica per effetto del raddoppiamento di valore del tempo , e l ' orologio , fino allora sprezzato , assume la direzione della vita . Tre giorni dopo l ' arrivo , senza che ce n ' accorgiamo , la cadenza abituale del nostro passo è già accelerata , e il giro del nostro sguardo , ingrandito . Tutto , anche il divertimento , richiede previdenza e cura ; ogni passo ha il suo scopo ; ogni giornata ci si presenta , fin dallo svegliarsi , divisa e ordinata in una serie di occupazioni ; e non ci rimane più alcuno di quei piccoli ozii , i quali , come in una marcia militare i riposi irregolari , infiacchiscono invece di ristorare le forze . La più torpida pigrizia è scossa e vinta . La vita sensuale e la vita intellettuale si intrecciano così sottilmente , e ci allacciano la giornata in una rete così fitta di piaceri e di pensieri , che non è più possibile stricarsene . Una curiosità smaniosa di mille cose s ' impadronisce di noi , e ci fa correre dalla mattina alla sera coll ' interrogazione sulle labbra e colla borsa in mano , come affamati in cerca di alimento . Il delitto clamoroso , il re che passa , l ' astro che si spegne , la gloria che sorge , la solennità scientifica , il libro nuovo , il nuovo quadro , il nuovo scandalo , le grida di stupore e le alte risate di Parigi , si succedono così rapidamente che non c ' è neppur il tempo di voltarsi a dare uno sguardo a ogni cosa ; e siamo costretti a difendere faticosamente la nostra libertà di spirito , se vogliamo attendere a un qualsiasi lavoro . Tutto precipita e la menoma sosta produce una piena . Stiamo quarant ' otto ore in casa ; è come starci un mese in una città italiana . Uscendo , troviamo cento nuove cose nei luoghi soliti dove davamo una capatina , e cento nei discorsi del nostro crocchio d ' amici ; e torniamo a casa con una retata di notizie e d ' idee , ciascuna già bollata d ' un giudizio arguto , e come battuta in moneta spicciola , da potersi spendere immediatamente . In capo a pochi giorni ci troviamo nelle condizioni d ' ogni buon « borghese » parigino : scambiamo cioè per dottrina e per spirito nostro tutta la dottrina e tutto lo spirito che ci corre intorno , tanto sentiamo nel serra serra di quella moltitudine che si rimescola vertiginosamente , il calore e il palpito della vita di tutti . Per quanto si viva in disparte , la grande città ci parla nell ' orecchio continuamente , ci accende il viso col suo fiato , ci costringe a poco a poco a pensare e a vivere a modo suo , e ci attacca tutte le sue sensualità . Dopo quindici giorni lo straniero più restio fa già la gobba , come il gatto , sotto la sua mano profumata . Si sentono come i fumi d ' un vino traditore , che salgono a grado a grado alla testa ; un ' irritazione voluttuosa , provocata dalla furia di quella vita , dallo sfolgorio , dagli odori , dalla cucina afrodisiaca , dagli spettacoli eccitanti , dalla forma acuta in cui ogni nuova idea ci ferisce ; e non è passato un mese , che quel ritornello eterno di tutte le canzonette , - la bella donnina , il teatro e la cenetta - ci s ' è piantato nella testa tirannicamente , e tutti i nostri pensieri gli battono le ali dintorno . Abbiamo già dinanzi un altro ideale di vita , da quello che avevamo arrivando , più facile allo spirito , più difficile alla borsa , verso il quale la nostra coscienza ha già fatto , prima che ce n ' accorgiamo , mille piccole transazioni codarde . Certo non bisogna avere in sè cagioni di grandi dolori , perchè è tremendo per chi è in terra sentirsi passare addosso quell ' immensa folla che corre ai piaceri . Ma Parigi è per la gioventù , per la salute e per la fortuna , e dà loro quello che nessun ' altra città al mondo può dare . Certi stati d ' animo , in fatti , brevi , ma deliziosi , sono specialissimi di quella vita : come è passare in carrozza per una delle strade più splendide e più rumorose , verso sera , sotto un bel cielo azzurro lavato di fresco da un temporale di primavera , pensando che ci aspetta dopo la corsa una bella mensa coronata di spalle bianche e tempestata di frizzi , e dopo la mensa , una nuova commedia dell ' Augier , e poi un ' ora in un crocchio d ' amici colti ed amabili al caffè Tortoni , e in fine , a letto , un capitolo d ' un nuovo romanzo del Flaubert , tra riga e riga del quale penseremo già alla gita che faremo a Saint - Cloud la mattina seguente . In nessun ' altra città si danno delle ore così piene zeppe di sensazioni e di aspettazioni piacevoli . Non l ' ora , ma il quarto d ' ora è pieno di promesse misteriose e d ' indovinelli , che tengono l ' animo sospeso nella speranza di qualche cosa d ' impreveduto : supremo alimento della vita . Abbiamo un amico al Giappone di cui non sappiamo nulla da anni ? Mettiamoci davanti al Grand Cafè tra le quattro o le cinque : non è mica improbabile che lo vediamo passare . Là abbiamo tutto di prima mano . Siamo all ' avanguardia , tra i primi dell ' esercito umano a veder la faccia della nuova idea che s ' avanza , le calcagna dell ' errore che fugge , la nuova direzione del cammino dopo la svolta ; e subito s ' innesta sul nostro amor proprio una specie di vanagloria parigina , di cui ci spoglieremo alla stazione partendo ; ma che s ' impadronisce anche di coloro che detestano la città sin dal primo giorno . Ed è inutile tentar di fuggire a quel turbinìo d ' idee e di discorsi . La discussione ci aspetta a cento varchi , ci provoca coll ' arguzia , colla canzonatura , col paradosso , collo sproposito , e costringe l ' uomo più apatico a farsi soldato in quella battaglia . Da principio si rimane sopraffatti , e per quanto si possegga la lingua , non si trova più la parola . Ai pranzi , in special modo , verso la fine , quando tutti i visi si colorano , non si ardisce slanciare il proprio in mezzo ai mille razzi matti di quelle conversazioni precipitose e sonore . Il sorriso canzonatorio della bella signora , che par che si serva di noi , nuovi a quel mondo , per fare i suoi esperimenti in anima vili , e la disinvoltura del giovanotto artisticamente pettinato , un po ' maligno , e sempre lì coll ' arco teso per coglier a volo il ridicolo , ci troncano i nervi ; e ci sentiamo tornar su gli ultimi resti della timidità e della zoticaggine del collegio , e a dispetto di qualche capello grigio , arrossiamo . Ma poi dalla cassettina dei liquori spiccia anche per noi uno zampillo dell ' eloquenza argentina dei conviti , e un piccolo trionfo riportato là , in quella terribile arena , ci pare il primo trionfo legittimo della nostra vita . E ogni giorno sentiamo d ' acquistare qualche cosa . La lingua si snoda , ed anche parlando il linguaggio proprio riusciamo a trovare di più in più facilmente , in quella conversazione che è sempre una gara di destrezza , la formola più breve e più lucida del nostro pensiero ; lo scherzo s ' affila , confricato come è sempre , come lama a lama , con uno scherzo rivale ; il senso comico , continuamente esercitato , s ' affina ; e a poco a poco ci si attacca col riso parigino la filosofia allegramente coraggiosa del boulevardier , per cui il mondo comincia alla Porta Saint Martin e termina alla Madeleine . Ma già il piccolo carico di cure e di rammarichi che avevamo portato da casa , c ' è stato strappato via , appena arrivati , dalla prima ondata di quel mare enorme e non lo vediamo più che come un punto nero molto lontano da noi . Intanto la catena degli amici si allunga rapidamente ; pigliarne delle nuove abitudini ; tutte le nostre debolezze trovano la fossetta morbida in cui adagiarsi ; allo sgomento che ci dava la grandezza di Parigi succede l ' allegrezza della libertà che deriva appunto da quella grandezza ; lo strepito che ci frastornava da principio , finisce per accarezzarci l ' orecchio come il rumore di un ' enorme cascata d ' acqua ; quella immensa magnificenza posticcia finisce per sedurci come la poesia maestrevolmente inorpellata d ' un seicentista d ' ingegno ; il nostro passo comincia a sonare sul marciapiede dei boulevards , come dice lo Zola , avec des familiarités particulières ; facciamo la mente al bisticcio , il palato alle salse , l ' occhio ai visi imbellettati , l ' orecchio ai canti in falsetto ; si compie in noi a poco a poco una profonda e deliziosa depravazione di gusti ; fin che un bel giorno ci accorgiamo d ' essere Parigini fin nel midollo delle ossa . Eh ! allora , durante quel primo tempo della luna di miele , si scusa tutto . La corruzione ! Fanno ridere . Accorrono là gli scapestrati da tutte le plaghe dei venti , affamati di vizio , e ci fanno ira di Dio , rabbiosi che non ci si possa fare di peggio , e quando si son vuotati la borsa e le ossa , tornano nei loro paesi e gridano : - Che lupanare ! - Ah sì , tocca davvero alle altre grandi città d ' Europa a gridare allo scandalo : le ipocrite ! E poi « la leggerezza ! » È vero ; ma « i gravi pensieri » di altri popoli ci rammentano un po ' i pensieri di quel tal poeta tedesco , canzonato dall ' Heine ; quei pensieri celibi , che si fanno il caffè da sè e la barba da sè , e vanno a cogliere dei fiori pel proprio giorno onomastico nel giardino di Brandeburgo . E poi « la blague ! » Ma se già si è appiccicata a noi , stranieri , nel soggiorno d ' un mese , e ne portan via tutti un pochino , per il proprio consumo , quando tornano nelle loro patrie modeste ! Ma s ' ha ben altro da fare che difender Parigi mentre ci agitiamo fra le sue braccia . Il tempo vola , non vogliamo perderne un ' ora , abbiamo mille cose da cercare , da studiare , da godere ; ci piglia la furia di far entrar in ogni giornata , come il ladro nel sacco , tutta la ricchezza che vi può capire ; un demone implacabile ci caccia a sferzate di salotto in salotto , dal teatro all ' accademia , dall ' uomo illustre al bouquiniste , dal caffè al museo , dalla sala da ballo all ' ufficio del giornale ; e la sera , quando la grande città ci ha detto e dato tutto quello che le abbiamo domandato , sempre amabile e allegra ; quando sediamo a cena cogli amici , stanchi , ma contenti di sentirci la nostra preda nella testa e nel cuore , e ci cominciano a scoppiettare intorno le arguzie e gli aneddoti , e il primo bicchiere di Champagne ci tinge di color d ' oro tutti i ricordi della giornata ; allora con che slancio d ' entusiasmo salutiamo la grande Parigi , l ' ospite amorosa e magnifica , che a tutti apre le braccia , e profonde ridendo baci , oro ed idee , e rinfiamma in tutti i cuori col suo soffio giovanile il furore della gloria e l ' amore della vita ! Ma dopo alcuni mesi , che cambiamento ! Comincia a nascervi in cuore una piccola antipatia per una cosa insignificantissima ; poi ve ne salta su ogni giorno una nuova ; e in capo a un mese scappereste da Parigi mandandole il famoso saluto del Montesquieu a Genova ; Adieu .... séjour détestable ; Il n ' y a pas de plaisir comparable A celui de te quitter . È davvero un rivolgimento d ' idee stranissimo ; ma segue , credo , a quasi tutti . Una bella mattina comincia per rivoltarvi uno scipitissimo calembourg , cento volte rifatto , del giornale che leggete tutti i giorni . La mattina dopo vi urta i nervi il sorriso rassegato della padrona del vostro Hôtel che somiglia a tutti i sorrisi che vi si fanno a Parigi da per tutto dove andate a portar dei denari ; o per la strada , osservate che è intollerabilmente brutta l ' uniforme dei gendarmi . Poi via via , pigliate in tasca l ' impiegatessa cogli occhiali e coi baffi che vi domanda il nome , la patria e la professione per vendervi un biglietto pel Théâtre français ; vi fa pizzicare le mani la goffa albagìa dei concierges , l ' impertinenza di quei ridicoli camerieri in gonnella bianca , la brutalità dei fiaccherai , e la boria da grand ' uomo di tout ce qui est un peu fonctionnaire . E quei dieci mascalzoni pagati , che in tutti i teatri , tutte le sere , vogliono farvi ammirare a suono d ' applausi quel dato verso ? E quelle eterne romanze , cantate da voci di gallina spennata viva , che vi tocca a ingoiare in tutte le case ? Poi vi ristucca quel desinare a bocconcini numerati e classificati , tutta quella esposizione di prezzi , a centesimi , quel non so che di gretto e di pedantesco , da collegio - convitto , mascherato d ' un lusso di baracca da fiera ; quell ' eterno sacrifizio d ' ogni cosa all ' apparenza , quell ' eleganza leccata e pretenziosa , quel puzzo perpetuo di marchand de vin e di cosmetici , quegli spicchi di case , quelle scalette a chiocciola , quelle scatole di botteghe , quelle stie di teatri , quella réclame da saltimbanchi , quella pompa da bazar , la fontanella misera , l ' albero tisico , il muro nero , l ' asfalto fangoso ; e appena fuori del centro , quei sobborghi immensi e uniformi , quegli spazii interminabili che non sono nè città nè campagna , sparsi di casoni solitarii e tristi , e quei giardinetti da asilo infantile , e quei villaggi da palco scenico . Ed è questa la grande Parigi ? Se un terremoto fa crollare tutte le vetrine e una pioggia ardente cancella tutte le dorature , che cosa ci resta ? Dov ' è la ricchezza di Genova , la bellezza di Firenze , la grazia di Venezia , la maestà di Roma ? Vi piace davvero quella vanagloriosa parodia di S . Pietro che è il Panteon , o quel tempiaccio greco - romano della Borsa , o quell ' enorme e splendida caserma di cavalleria delle Tuileries , e la decorazione da Opéra comique della piazza della Concordia , e le facciate dei teatrini rococò , e le torri in forma di clarini giganteschi , e le cupole fatte sul modello del berretto dei jokey ? E questa è la città che « riassume » Atene , Roma , Tiro , Ninive e Babilonia ? Gomorra e Sodoma , sì , davvero . E non lo dite per la grandezza , della corruzione , ma per la sua insolenza . Ognuno ha il suo impiccato all ' uscio , ci s ' intende , ma est modus in rebus . In casa vostra almeno , come vi dice anche qualche francese , elles se conduisent bien . Ma dove sì vede , fuorchè là , una doppia fila di lupanari aperti sulla strada , colle belle esposte sul marciapiede , che alzano lo stivaletto ad altezze .... vertiginose , e mille restaurants , dove si gettano i mots crus da una parte all ' altra della sala , o giocan di scherma coi piedi , sotto la tavola , coll ' amico del cuore , a puntate pericolose ? E che « genere » ! Andate alle Folies Bergère : vi par di sentir ridere delle macchinette ; sembra che abbian fatto tutte un corso di civetteria dalla stessa maestra ; non movono un pelo senza uno scopo ; regolano l ' arte della seduzione col termometro , per non sciuparla , e la fan salire d ' un grado alla volta , e hanno una tariffa per grado . Il sangue , poi ! « Tra due guancie impiastrate un mezzo naso . » La bellezza è tutta nelle carrozze chiuse o nei salotti inaccessibili ; alla luce del sole non ci sono che le acciughe Di lussuria anelanti e semivive o i donnoni che scoppian nel busto , immobili dietro ai comptoirs , come grosse gatte , con quei faccioni antigeometrici , che non dicono il bellissimo nulla . E il sesso mascolino , dunque ! Quel formicolìo di gommeux , mostre di uomini , con quei vestiti da modellini di sarto , da cui spunta la cocca del fazzoletto e la punta della borsina e il guantino e il mazzettino ; environnés , come dice il Dumas , d ' une légére atmosphère de perruquier ; senza spalle , senza petto , senza testa , senza sangue , che paiono fatti apposta per essere scappellati con una pedata da una ballerina del Valentino ! E che ragazzaglia tutti quanti , giovani e vecchi , di tutte le classi ! Trecento « cittadini » si affacciano alle spallette d ' un ponte per veder lavare un cane ; passa un tamburo , s ' affolla mezzo mondo ; e mille persone , in una stazione di strada ferrata , fanno un fracasso interminabile di battimani , d ' urli e di risa perchè è caduto il cappello a un guardatreni ; e guardatevi bene dal tossire , perchè possono mettersi a tossire tutti e mille insieme per tre quarti d ' ora . E che democratici ! Oh questo sì ; democratici nel sangue , e fierissimi sprezzatori d ' ogni vanità , come monsieur Poirier . Il vostro amico intimo , per desinare faccia a faccia con voi , in casa propria , si mette il nastro all ' occhiello ; il ricco negoziante di telerie vi annunzia col viso radiante , come un trionfo della casa , che avrà a pranzo un sotto prefetto dègommé ; i sergents de ville si pigliano impunemente , colla folla , delle licenze manesche di cui basterebbe una mezza , fra noi , a provocare un sottosopra ; e il popolo sovrano , nelle feste pubbliche , è fermato a tutti i varchi a furia di sentinelle e di barricate , scacciato , malmenato con una brutalità , che persino l ' aristocratico Figaro , il giornale che concilia con tanto garbo la descrizione d ' una santa comunione e l ' aneddoto della fille aux cheveux carotte , si sente in dovere di levare un grido d ' indignazione . E dove s ' è mai vista una letteratura più spasimante per il blasone ; scrittori che si lascino venire così ingenuamente l ' acquolina sulle labbra al suono di un titolo gentilizio , e che mettano più stemmi e più boria aristocratica nelle loro creazioni ? Quando ci libereranno dai loro eterni visconti e dalle loro eterne marchese questi ostinati frustasalotti ? Non ce n ' hanno ancora imbanditi abbastanza di quei loro « protagonisti » nobili , giovani , belli , spiritosi , coraggiosi , spadaccini , irresistibili , che hanno tutti i doni di Dio « même une jolie voix de tènor ? » E ghiotti di ciondoli , Dio buono ! Quel povero Paul de Kock , che a settantaquattro anni scrive venti pagine per provare che non gl ' importa nulla di non aver ricevuto la Legion d ' onore , e ha quasi voglia di piangere ! E dov ' è un altro paese democratico , in cui gli scrittori coprano d ' un ridicolo così sanguinosamente ingiurioso intere classi della cittadinanza , dove l ' epiteto di bourgeois abbia assunto , in mente di coloro stessi a cui spetta , un significato più aristocraticamente sprezzante , e dove basti un nome , solo perchè ha il suggello plebeo , a far scoppiare dalle risa una platea ? Ma cos ' è dunque questo bizzarro impasto di contraddizioni , il Parigino ? Chi lo sa ? Afferratelo ; vi sguiscia di mano . Presentategli il bandolo d ' una di quelle quistioni in cui si rivela un uomo , ed egli , astutamente , lo rimette in mano a voi con un colpo di mano da prestigiatore . Hanno spirito : ce lo cantano in tutti i tuoni , ed è vero . Ma fino a un certo segno . Hanno un ricchissimo corredo di proposizioni e di giri di frase , arguti , svelti , elasticissimi , con cui se la cavano dalle strette più difficili , e tagliano la parola a uno spirito più profondo ma meno destro . Ci sono molti Parigini , certo , che sono spiritosissimi ; ma questi lavorano per tutti . La superiorità loro è che il grosso della popolazione è un eccellente conduttore di questa specie d ' elettricità dell ' ingegno , per cui il motto arguto detto da uno la mattina , girando con rapidità meravigliosa , diventa proprietà di mille la sera , e ciascuno è sempre ricco di tutta la ricchezza circolante . Ma che il gamin di Parigi sia proprio di tanto più arguto del vallione di Napoli e del becerino di Firenze ? E come ci studiano ! Si preparano per i pranzi , vanno alla conversazione col repertorio già scelto e ordinato , e conducono il discorso a zig zag , a salti , a giravolte , a sgambetti , con un ' arte infinita , per metter fuori , in quel dato momento , il gran tesoro d ' una corbelleria . E questi spiritosi di seconda mano si somiglian tutti ; sentito un commis voyageur , ne avete sentito mille . Ci son certi ingredienti e un certo meccanismo per distillare quello spirito , che una volta scoperti , è finita , come delle botte « di riserva » degli schermitori . Ma ci tengono ! Fa pietà e dispetto davvero , vedere il vecchio acciaccoso , affetto d ' incipiente delirium tremens , che quando è riuscito , nella folla , a infilare un giochetto di parole che fa sorridere cinque grulli , rialza la fronte sfolgorante di gloria e di gioia , e se ne va beato per una settimana ! E poi questa mania universale di fair de l ' esprit che castra il pensiero , che fa dir tante goffaggini , e sacrificare così spesso la ragione , la dignità e l ' amicizia a un succés di cinque minuti , è come un velo continuamente sventolato davanti al pensiero , che intorbida la vista delle anime . Potete mai sapere che cosa rimpiatti un uomo dietro quello scherzo eterno ? Ma ci son ben altri veli tra il Parigino e voi . Il Parigino « della buona società » sembra un uomo , come suol dirsi , alla mano ; ma non lo è affatto . È raro che proviate con lui il piacere d ' una conversazione famigliarissima e liberissima . Preoccupato , com ' è sempre , dal pensiero di essere un oggetto di curiosità e di studio per lo straniero , sta in guardia , regola il gesto e il sorriso , studia l ' inflessione della voce , pensa continuamente a giustificare l ' ammirazione che presuppone in voi , e ha sempre un po ' della civetteria della donna e della vanità dell ' artista . Ogni momento vi vien la voglia di dirgli : - Ma leviamoci i guanti una volta ! - La sua natura corrisponde al suo modo di vestire , che , anche quando è modesto , ha qualche piccolissima cosa che tradisce la ricercatezza effeminata del bellimbusto . Egli è gentile senza dubbio , ma d ' una gentilezza che vi tiene in là , come la mano leggiera d ' una ragazza che non vuol essere toccata . Vada per lo Spagnuolo , il quale fa sentire la sua superiorità con una vanteria colossale , sballata tanto dall ' alto , che vi passa al di sopra della testa . Ma il Parigino vi umilia delicatamente , a colpi di spilla , con quel perpetuo sorriso aguzzo di chi assaggia una salsa piccante , facendovi delle interrogazioni sbadate , colorite d ' una curiosità benevola delle cose vostre . Oh poveri Italiani , com ' è conciato , a Parigi , il vostro povero amor proprio ! Se non nominate proprio Dante , Michelangelo e Raffaello , per tutto il rimanente non ne caverete altro che un : - Qu ' est ce que c ' est que ça ? Il deputato papista vi domanda se Civitavecchia è rimasta al Papa . Il buon padre di famiglia vede i briganti col fucile a tracolla che fumano tranquillamente un Avana davanti al Caffè d ' Europa a Napoli . Il gentiluomo è stato in Italia , senza dubbio ; ma per poter causer Italie colla bella signora , nel vano della finestra , dopo desinare ; o per appendere il ciondolo Italia , alla catenella delle sue cognizioni , e farlo saltellar nella mano nei momenti d ' ozio , con quelle solite formule , che ogni Francese possiede , sul paesaggio , sul quadro e sull ' albergo . Il famoso De Forcade diceva del Manzoni , a tavola : - Il a du talent . - Quasi vi domanderebbero : - Ma che proprio si può nascere in Italia ? - Quest ' idea d ' esser nato a Parigi , d ' aver avuto questo segno di predilezione da Dio , sta in cima a tutti i pensieri del Parigino , come una stella , che irradia tutta la sua vita d ' una consolazione celeste . La benevolenza ch ' egli dimostra a tutti gli stranieri , è ispirata in gran parte da un sentimento di commiserazione , e i suoi odii contro di essi non sono profondi , appunto perchè considera i suoi nemici abbastanza puniti dalla sorte , che non li fece nascere dove egli è nato . Perciò adora tutte le fanciullaggini e tutti i vizii della sua città , e ne va superbo , solo perchè sono fanciullaggini e vizii di Parigi , che per lui sta sopra alla critica umana . E si può dare una città capitale che sputi più audacemente in faccia al popolo della provincia , rappresentato dai suoi scrittori come un ammasso di cretini ? e scrittori che incensino la loro città con una impudenza più oltraggiosa , non solo per ogni altro amor proprio nazionale , ma per la dignità umana ? E vi dicono in faccia , dal palco scenico , che i fumi dei suoi camini sono le idee dell ' universo ! Tutti sono prostrati col ventre a terra davanti a questa enorme cortigiana , madre e nutrice di tutte le vanità ; della vanità smaniosa di piacerle , prima fra tutte , di ottenere da lei , a qualunque costo , almeno uno sguardo ; di quella vanità vigliacca che spinge uno scrittore a dichiararsi , nella prefazione d ' un romanzo infame , capace di tutte le turpitudini e di tutti i delitti di Eliogabalo e di Nerone . Pigliate dunque sul serio le loro prefazioni piene di smorfie , di puerilità , di spacconate , di imposture . La vanità li appesta tutti . Non c ' è in tutta la letteratura contemporanea uno di quei caratteri grandi , modesti , benevoli , logici , che uniscono allo splendore della mente la dignità della vita ; una di quelle figure alte e candide , davanti a cui si scopre la fronte senza esitazione e senza reticenze , e il cui nome è un titolo di nobiltà e un conforto per il genere umano . Tutto è dominato e guasto dalla mania della pose : pose nella letteratura , pose nella religione , pose nell ' amore , pose anche nei più grandi dolori . Una sensualità immensa e morbosa costituisce il fondo di tutta quella vita , e si rivela nelle lettere , nella musica , nell ' architettura , nelle mode , nel suono delle voci , negli sguardi , persino nelle andature . Godere ! Tutto il resto non è che un mezzo per arrivarci . Da un capo all ' altro di quegli splendidi boulevards suona una enorme risata di scherno per tutti gli scrupoli e per tutti i pudori dell ' anima umana . E viene un giorno , infine , in cui quella vita v ' indigna ; un giorno in cui vi sentite rabbiosamente stanchi di quell ' immenso teatro , impregnato d ' odor di gaz e di pasciulì , dove ogni spettacolo finisce in una canzonetta ; un giorno in cui siete stufi di bisticci , di blague , d ' intingoli , di tinture , di réclame , di voci fesse , di sorrisi falsi , di piaceri comprati ; e allora l ' odiate , quella città svergognata , e vi pare che per purificarvi da tre mesi di quella vita , dovreste vivere un anno sulla sommità d ' una montagna , e provate una smania irresistibile di correre ai campi aperti e all ' aria pura , di sentir l ' odore della terra , di rinverginarvi l ' anima e il sangue nella solitudine , faccia a faccia colla natura . La sfuriata è fatta : sta bene . Facciamoci in là perchè passi , come dicono gli Spagnuoli . A Parigi si può dire quello che si vuole : essa non ci bada più di quello che gli elefanti dei suoi giardini zoologici badino ai fanciulli che portano sul dorso nei giorni di festa . E poi non son queste le ultime impressioni di Parigi . Al periodo in cui si vede roseo e a quello in cui si vede nero ne succede un terzo che è un ritorno verso il primo ; il periodo in cui si comincia a vivere pacatamente in un cerchio d ' amicizie scelte e provate . E convien dirlo : l ' amico trovato là , il buono e schietto Francese , vale veramente per due . In nessun altro Europeo trovate un ' armonia più amabile della mente , del cuore e delle maniere . Fra l ' amicizia più espansiva che profonda degli europei meridionali o quella profonda , ma chiusa , dei nordici , preferite la sua , calda e forte ad un tempo , e piena di giocondità e di delicatezze . Com ' è bello , quando s ' è stanchi del tumulto della grande città , la sera , andare sull ' altra riva della Senna , in una strada silenziosa , a ritrovare la piccola famiglia tranquilla , che vive come in una isoletta in mezzo a quel mare turbolento ! Che care accoglienze vi ricevete , che schietta giovialità trovate a quella mensa signorilmente modesta , e come vi riposa il vostro spirito ! Parigi stessa vi offre mille scampi ai suoi pericoli e mille rimedi alle sue febbri . Dopo le notti ardenti vi slanciate con un piacere inesprimibile a traverso ai suoi bellissimi boschi , per i sobborghi ridenti della Senna , dove trovate l ' allegria delle feste campagnole , e nei suoi vasti giardini , in mezzo a un formicolìo immenso di fanciulli ; o per una di quelle sue avenues enormi e solitarie , in cui il cuore e il pensiero s ' allargano , e l ' immagine trista della Babilonia dei boulevards vi appare infinitamente lontana . E per tutto trovate un popolo che più si studia , più rivela dei difetti ; ma in cui ogni difetto ha per riscontro una qualità ammirabile . È un popolo frivolo , ma in cui una parola nobile e risoluta trova sempre un eco . C ' è sempre una via aperta e sicura per arrivare al suo cuore . Non c ' è alto sentimento o bella idea che non trovi presa istantaneamente nell ' anima sua . La sua intelligenza agilissima rende mirabilmente facili e piacevoli tutte le comunicazioni del pensiero . La parola sfuggevole , la sfumatura , la mezza intenzione , il sottinteso , l ' accento , il cenno ; tutto coglie a volo . Mille persone riunite hanno un ' anima sola per comprendere e per sentire . È impossibile non sentirsi presi da simpatia per quelle sue feste , per quelle tumultuose baraonde , in cui l ' allegrezza eguaglia tutte le età e tutte le condizioni , e una folla innumerevole non è più che una sola immensa radunata di amici spensierati e felici . Il più cocciuto nemico bisogna che rompa in uno scoppio d ' ilarità e che spalanchi il cuore alla benevolenza . Perchè sotto quella fanciullaggine del Parigino , in fondo , c ' è necessariamente della bontà , come sotto una bella spuma un buon vino . Egli è naturalmente franco , anche se i suoi modi non lo paiono ; non diffidente ; più facile a essere ingannato che a ingannare ; inclinato a perdonare le offese , conciliante , sdegnoso dei rancori meschini e di tutte le piccole grettezze della vita . È costantemente , per sua natura , nello stato d ' animo in cui si trovano tutti dopo un banchetto festoso , in cui il vino sia colato a profusione : disposto e pronto in egual modo a commettere un grosso sproposito e una grande azione , ad abbracciare un nemico accanito e a provocare il vicino per una parola , a fare una enorme buffonata ritto sulla tavola e a impietosirsi per il piccolo mendicante che domanda un pezzo di pane alla porta . Uscito fuori dal piccolo cerchio della sua vita ordinaria , lo spettacolo della vita immensa di Parigi esalta tutte le sue facoltà e tutti i suoi sentimenti buoni e cattivi . Un effetto simile lo proviamo noi pure . L ' ingrandimento delle proporzioni di tutte le cose ci dà a poco a poco un altro concetto delle cose stesse . La corruzione medesima , enorme e splendida , finisce per sedurci come un vasto e svariatissimo campo di studio , più di quello che ci respinga per la sua laidezza ; e ci abituiamo a considerarla quasi come una forma utile della vita , come una grande e terribile scuola , che chiude un tesoro infinito d ' esperienze e d ' idee , e fa scattare la molla di mille ingegni potenti . Nelle sale del Bullier , in mezzo al turbinio di trecento ragazze , che ballano tutte insieme cantando a una voce Perruque blonde , invece d ' un grido contro la corruzione , ci esce dal cuore un inno ardente alla gioventù e alla vita . Stomacati dei paesi dove non c ' è d ' originale nemmeno il vizio e il suo linguaggio , là troviamo almeno la assenza della forma più schifosa e più vile della corruzione , che è la manìa di fingerla per vanagloria , mentre non s ' ha nè la forza nè il modo di goderla nella sua tremenda pienezza . E a poco a poco ci persuadiamo che molte che credevamo malattie colpevoli , non sono là che efflorescenze d ' un sangue troppo ricco ; mentre non sono che mancanza di vitalità certe virtù negative di cui menano vanto in faccia a Parigi altri popoli ; ai quali si potrebbe dire come la Messalina del Cossa a Silio : - Siete tanto corrotti che non sopportate la grandezza del vizio . - E così in tutti i campi della vita , trovate là con un sentimento misto di rammarico per voi e di ammirazione per Parigi , l ' originale di mille cose di cui in casa vostra non avevate visto che il fac simile , ridotto a forma tascabile per la gente minuta . E vi sentite disposti a perdonar molto all ' orgoglio , quando osservate da vicino le cose , e potete mettervi nei panni d ' un popolo che si vede scimmiottato dall ' universo ; che vede raccolte e portate in giro le briciole della sua mensa , glorificate opere fatte coi ritagli delle sue ; innalzati dei busti , in certi tempi e in certi luoghi , a gente che non ha altro merito che di essere abbonata alla Revue des deux Mondes ; rubacchiata la sua lingua e rivomitata cruda in molte lingue straniere ; messo a sacco il suo romanzo e il suo teatro ; tesoreggiati tutti i pettegolezzi della sua storia e della sua cronaca ; conosciuta la sua città come la palma della mano ; Tortoni più famoso di molti monumenti immortali ; la Maison dorée in cima ai sogni dei dissipati di tutta la terra ; contraffatti i suoi modi , ripetute le sue risate , ricalcati i suoi scherzi , adorati i suoi capricci ; e si capisce anche come si stizzisca quando qualcuno dei suoi più pedanti scolari gli tira il calcio dell ' asino . Come stupirsi che non si occupi che di sè un paese così sfegatatamente adulato , a fatti se non a parole ? E non riesce tutto a danno suo od altrui questo difetto poichè deriva dal conoscere profondamente le cose proprie , dall ' amarle anche d ' un amore eccessivo , e dal credere che il mondo intero ne faccia la medesima stima , quel che di caldo , di colorito , di originale , di vitale , che mette in tutte le manifestazioni di sè stesso . Ha un minor campo da percorrere , come diceva di sè lo Schiller al Goethe ; ma lo percorre perciò in minor tempo in tutte le sue parti . Quindi un inseguirsi e un congiungersi continuo d ' idee e di sforzi diretti al medesimo segno , una frequenza grande di attriti da cui esce luce e calore ; ogni palmo di spazio disputato da mille contendenti ; invece del cammino la corsa , invece della controversia la mischia ; e in questa mischia perpetua , buttato via tutto il bagaglio superfluo , tutto fatto arma di offesa e di difesa , sfrondato il pensiero , stretto il linguaggio , precipitata l ' azione ; arte e vita ugualmente ardite e rapide , e tutto incoraggiato dalla gran voce festiva della grande città , che parla ad acutissime note cristalline , intese da tutta la terra . E più ci s ' addentra nello studio di quella vita , più si rimane meravigliati vedendo l ' immenso lavoro che si fa sotto quell ' apparenza di dissipazione universale ; quanti lavoratori sudano nella solitudine ; quanti si preparano alla lotta pubblica , nell ' oscurità , con incredibili fatiche ; come ogni maniera d ' ingegno , non solo , ma qualsiasi parzialissima facoltà appena più che mediocre , trovi là il modo d ' esercitarsi con vantaggio proprio e comune ; come a ogni ingegno si formi subito intorno spontaneamente un cerchio d ' intelligenze colte ed amiche che lo aiutano a estrinsecarsi e a salire ; come ogni menoma promessa di riuscita nel campo dell ' intelligenza , desti intorno a sè , in tutte le classi della cittadinanza , un sentimento gentile di curiosità e di rispetto , e strappi a tutti quel tributo anticipato di gloria , che concorre mirabilmente a farla diventare realtà ; che impulso strapotente sia alle forze umane la certezza dell ' improvviso e largo cambiamento di fortuna che produce là il vero « successo » ; come sia grande e inebbriante in quella città il trionfo dell ' ingegno , che appena salutato da lei , riceve saluti di ammiratori ignoti e offerte e consigli da ogni parte del mondo ; come all ' uomo caduto sopra una via , rimangano aperte cento altre vie , solo che si rassegni ad abbassare d ' un piccolissimo grado le sue pretensioni alla gloria ; come la natura obbliosa della grande città , che non lasciando addormentar nessuno sopra un solo trionfo , obbliga tutti a ripresentarsi continuamente alla gara , produca quelle vite meravigliosamente operose , quelle vecchiaie ostinatamente battagliere , il cui esempio mette il furore del lavoro nelle generazioni seguenti ; e infine che enorme quantità si ritrovi là di lavoro non finito , di prove , di abbozzi , di materiale sciupato dagli uni , ma non inutile per chi verrà , e di creazioni pregevoli , in tutti i campi , ma condannate a morire dove sorgono , perchè schiacciate dall ' abbondanza del meglio . Quando s ' è osservato tutto ciò , il soggiorno di Parigi riesce caro ed utile solo per veder lavorare quella macchina immensa , per vedere come essa leviga , perfeziona , trasforma , spreme , stritola l ' inesauribile materiale d ' ingegno , di ricchezza , di gioventù , d ' ambizione , di coraggio , che la Francia e il mondo gettano continuamente fra le sue ruote formidabili , e come versa dalla parte opposta grandi nomi , celebrità sventrate , capolavori , parole immortali , ossa rotte , armi , gemme e trastulli , che la Francia e il mondo s ' affannano a raccogliere e a commentare . Fate dunque i censori addosso a questo colosso ! Strillate contro i suoi operai perchè bevono l ' assenzio e cantano in falsetto e hanno la donnina che li aspetta alla porta . Che pedanteria ! Ma non è neppur questa l ' ultima impressione che si riceve da Parigi . Standovi lungo tempo , si passa ancora per la trafila di altri entusiasmi e di altri disinganni . Molte sere ritornerete a casa , fra quelle file interminabili di lumi , malinconici , uggiti a morte di tutto , con un rabbioso amor di patria nel cuore . Poi vi riconcilierete colla città in una bella giornata d ' autunno , assistendo a una di quelle sue espansioni clamorose di gioia che rasserenano le anime più fosche . Un ' altra volta una piccola umiliazione , uno stupido gioco di parole ripetuto da un milione di bocche , uno spettacolo d ' un ' oscenità stomachevole , un cielo chiuso e plumbeo che fa mutar aspetto a ogni cosa , vi risolleveranno dentro tutte le antipatie e tutte le stizze con una tale violenza , che vorreste veder sparire quella città come un accampamento portato via da un uragano . Ma vi vergognerete improvvisamente di quell ' odio un altro giorno , pensando all ' enormità del vuoto che vi rimarrebbe nella mente se ne uscisse a un tratto tutto ciò che quella città vi ci ha messo dalla vostra infanzia fino a quel giorno . Fino all ' ultimo momento Parigi vi farà mille dispetti e mille carezze , come una bella donna nervosa , e voi proverete tutti gli alti e bassi d ' una passione : oggi a ' suoi piedi , umili ; domani presi dal furore di morderla e di insultarla , e poi daccapo a chiederle perdono , affascinati . Ma sentirete ogni giorno più stringersi il legame che v ' unisce a lei . E si sente più che mai quando si parte , la sera che si passa per l ' ultima volta , rapidamente , in mezzo a quell ' immenso splendore dei boulevards , a cui succede tutt ' a un tratto la mezza oscurità lugubre d ' una stazione enorme e nuda . Allora , per quanto si desideri di riveder la patria , si è presi da una grande tristezza all ' idea di ritornare in quel piccolo dormitorio di città da cui si è partiti , e si porge l ' orecchio per l ' ultima volta al tumulto lontano di Parigi con uno struggimento inesprimibile di desiderio e d ' invidia . E dal fondo del vagone , al buio , rivedete la città , come l ' avete vista una bella mattina di luglio da una torre di Nôtre Dame ; attraversata dall ' enorme arco azzurro della Senna , coi suoi lontani orizzonti violacei , immensa e fumante , nel punto in cui dalla piazza sottoposta i tamburi d ' un reggimento vi mandavano su un eco della battaglia di Magenta . Oh ! bella e tremenda peccatrice - esclamate allora - io t ' assolvo , e a rischio della dannazione dell ' anima , t ' amo ! FINE
Miscellanea ,
INTRODUZIONE 1 . Quarant ' anni sono passati dalla pubblicazione della magistrale enciclica Rerum Novarum di Leone XIII , Nostro Predecessore di v . m . , e tutto il mondo cattolico , mosso da un impeto di calda riconoscenza , ha preso a celebrarne la commemorazione con uno splendore degno del memorabile documento . 2 . Vero è che a quell ' insigne testimonianza di sollecitudine pastorale il Nostro Predecessore aveva già in certo modo spianata la via con altre encicliche , come quella sui fondamenti della società umana , la famiglia cioè e il venerando Sacramento del matrimonio ( enc . Arcanum del 10 febbraio 1880 ) ; sull ' origine del potere civile ( enciclica Diuturnum del 29 giugno 1881 ) ; sull ' ordine delle sue relazioni con la Chiesa ( enc . Immortale Dei del l ° novembre 1885 ) ; sui principali doveri del cittadino cristiano ( enc . Sapientiae Christianae del 10 gennaio 1890 ) ; contro gli errori del socialismo ( enc . Quod apostolici muneris del 28 dicembre 1878 ) e la prava dottrina intorno all ' umana libertà ( enc . Libertas del 20 giugno 1888 ) e altre di ugual genere , dove Leone XIII aveva già espresso ampiamente il suo pensiero . Ma l ' enciclica Rerum Novarum , rispetto alle altre , ebbe questo di proprio , che allora appunto quando ciò era sommamente opportuno e anzi necessario , diede a tutto il genere umano norme sicurissime , per la debita soluzione degli ardui problemi della società umana , che vanno sotto il nome di questione sociale . L ' occasione della « Rerum Novarum » 3 . E veramente , verso la fine del secolo XIX , il nuovo sistema economico da poco introdotto e i nuovi incrementi dell ' industria erano giunti a far sì che la società in quasi tutte le nazioni apparisse sempre più recisamente divisa in due classi : l ' una , esigua di numero , che godeva di quasi tutte le comodità in sì grande abbondanza apportate dalle invenzioni moderne ; l ' altra , composta da una immensa moltitudine di operai i quali , oppressi da rovinosa penuria , indarno s ' affannavano per uscire dalle loro strettezze . 4 . A tale condizione di cose non trovavano certo difficoltà ad adattarsi coloro che , ben forniti di ricchezze , la ritenevano effetto necessario delle leggi economiche e perciò volevano affidata soltanto alla carità la cura di sovvenire agli indigenti , come se alla carità toccasse l ' obbligo di stendere un velo sulla violazione manifesta della giustizia , sebbene tollerata non solo , ma talvolta sancita dai legislatori . Ma di tale condizione invece erano più che mai insofferenti gli operai oppressi dalla ingiusta sorte e perciò ricusavano di restare più a lungo sotto quel giogo troppo pesante . Alcuni perciò , abbandonandosi all ' impeto di malvagi consigli , miravano a una totale rivoluzione della società , mentre altri , trattenuti da una solida educazione cristiana a non trascorrere in così insani propositi , persistevano tuttavia nel credere che molte cose in questa materia fossero da riformare interamente e al più presto . 5 . Né altrimenti pensavano quei molti cattolici , e sacerdoti e laici , i quali , mossi da un sentimento di una carità certamente ammirabile , si sentivano già da lungo tempo sospinti a lenire l ' immeritata indigenza dei proletari , né riuscivano in alcun modo a persuadersi come un così forte e ingiusto divario nella distribuzione dei beni temporali potesse davvero corrispondere ai disegni del sapientissimo Creatore . 6 . In tale disordine lacrimevole della società essi cercavano bensì con sincerità un pronto rimedio e una salda difesa contro i pericoli peggiori : ma per la fiacchezza della mente umana anche nei migliori , vedendosi respinti da una parte quasi perniciosi novatori , dall ' altra intralciati dagli stessi compagni di opere buone , ma seguaci di altre idee , esitando tra le varie opinioni , non sapevano dove rivolgersi . 7 . In così grande urto e dissenso di animi , mentre dall ' una parte e dall ' altra si dibatteva , e non sempre pacificamente , la controversia , gli occhi di tutti , come in tante altre occasioni , si volgevano alla Cattedra di Pietro , deposito sacro di ogni verità , da cui si diffondono le parole di salute in tutto il mondo ; e accorrendo , con insolita frequenza , ai piedi del Vicario di Cristo in terra , sì gli studiosi di cose sociali , come i datori di lavoro e gli stessi operai , andavano supplicando unanimi perché fosse loro finalmente additata una via sicura . 8 . Tutto ciò il prudentissimo Pontefice ponderò a lungo tra sé al cospetto di Dio , richiese consiglio ai più esperti , vagliò attentamente gli argomenti che si portavano da una parte e dall ' altra , e in ultimo , ascoltando la voce della coscienza dell ' ufficio Apostolico ( enc . Rerum novarum del 15 maggio 1891 ) , per non sembrare , tacendo , di mancare al proprio dovere ( cfr . Rerum novarum n . 13 ) , deliberò in virtù del divino magistero , a lui affidato , di rivolgere la parola a tutta la Chiesa , anzi a tutta l ' umana società 9 . Risonò dunque , il 15 maggio 1897 , quella tanto desiderata voce , la quale , non atterrita dalle difficoltà dell ' argomento , né affievolita dalla vecchiaia , ma anzi rafforzata da ridestato vigore , ammaestrò l ' umana famiglia a tentare nuove vie in materia di dottrina sociale . Punti fondamentali della « Rerum Novarum » 10 . Voi conoscete , venerabili Fratelli e diletti Figli , anzi avete familiare la mirabile dottrina onde l ' enciclica Rerum novarum resterà gloriosa nei ricordi dei secoli . In essa l ' ottimo Pastore , lamentando che una sì grande parte degli uomini , si trovano ingiustamente in uno stato misero e calamitoso , con animo invitto prende a tutelare egli stesso in persona la causa degli operai che le circostanze hanno consegnati soli e indifesi alla inumanità dei padroni e alla sfrenata cupidigia della concorrenza ( enc . Rerum novarum , n . 2 ) , senza chiedere aiuto alcuno né al liberalismo né al socialismo , dei quali l ' uno si era mostrato affatto incapace di dare soluzione legittima alla questione sociale , l ' altro proponeva un rimedio che , di gran lunga peggiore del male , avrebbe gettato in maggiori pericoli la società umana . 11 . Il Pontefice dunque , nel pieno esercizio del suo diritto e quale buon custode della Religione e dispensatore di quanto con essa in stretto vincolo si connette , trattandosi di un problema del quale nessuna soluzione plausibile si potrebbe dare , senza richiamarsi alla Religione e alla Chiesa ( cfr . enc . Rerum novarum , n . 13 ) , partendo unicamente dagli immutabili principi attinti dal tesoro della retta ragione e della divina Rivelazione , con tutta sicurezza e come avente autorità ( Mt 7,29 ) , indicò e proclamò i diritti e i doveri dai quali conviene che vicendevolmente si sentano vincolati e ricchi e proletari , e capitalisti e prestatori d ' opera ( enc . Rerum novarum , n . 12 ) , come pure le parti rispettive della Chiesa , dei poteri pubblici e anche di coloro che più vi si trovano interessati . 12 . Né quella voce apostolica risonò invano ; che anzi l ' udirono con stupore e l ' accolsero con il più grande fervore non solo i figli obbedienti della Chiesa , ma anche un buon numero di uomini lontani dalla verità e dall ' unità della fede e quasi tutti coloro che d ' allora in poi s ' occuparono della questione sociale ed economica , sia come studiosi privati , sia come pubblici legislatori . 13 . Ma più di tutti accolsero con giubilo quell ' enciclica gli operai cristiani , i quali si sentirono patrocinati e difesi dalla più alta Autorità della terra , e tutti quei generosi , i quali già da lungo tempo sollecitati di recare sollievo alla condizione degli operai , sino allora non avevano trovato quasi altro che la noncuranza degli uni e persino gli odiosi sospetti , per non dire l ' aperta ostilità di molti altri . Meritatamente dunque tutti costoro d ' allora in poi tennero sempre in tanto onore quell ' enciclica che è venuto in uso di commemorarla ogni anno nei vari paesi con varie manifestazioni di gratitudine . 14 . Tuttavia la dottrina di Leone XIII , così nobile , così profonda e così inaudita al mondo , non poteva non produrre anche in alcuni cattolici una certa impressione di sgomento , anzi di molestia e per taluni anche di scandalo . Essa infatti affrontava coraggiosamente gli idoli del liberalismo e li rovesciava , non teneva in nessun conto pregiudizi inveterati , preveniva i tempi oltre ogni aspettazione ; ond ' è che i troppo tenaci dell ' antico disdegnavano questa nuova filosofia sociale , i pusillanimi paventavano di ascendere a tanta altezza ; taluno anche vi fu , che pure ammirando questa luce , la riputava come un ideale chimerico di perfezione più desiderabile che attuabile . Scopo della presente enciclica 15 . Per queste ragioni , venerabili Fratelli e diletti Figli , mentre con tanto ardore da tutto il mondo , e specialmente dagli operai cattolici , che d ' ogni parte convengono in quest ' alma Città , si va solennemente celebrando la commemorazione del quarantesimo anniversario della enciclica Rerum novarum , stimiamo opportuno di servirCi di questa ricorrenza , per ricordare i grandi beni che da quella enciclica ridondarono alla Chiesa , anzi a tutta l ' umana società ; per rivendicare la dottrina di tanto Maestro sulla questione sociale ed economica , contro alcuni dubbi sorti in tempi recenti e per svolgerla con maggior ampiezza in questo o in quel punto ; e infine , dopo una accurata disamina dell ' economia moderna e del socialismo , per scoprire la radice del presente disagio sociale , e insieme additare la sola via di una salutare restaurazione , cioè la cristiana riforma dei costumi . Queste cose , che ci proponiamo di trattare , costituiranno i tre punti , nell ' esposizione dei quali si svolgerà tutta intera la presente enciclica . I - Frutti dell ' enciclica « RERUM NOVARUM » 16 . E anzitutto , per cominciare di là donde avevamo appunto in animo di esordire , seguendo l ' avvertimento di sant ' Ambrogio che diceva non esservi nessun dovere maggiore del ringraziare ( S . Ambrogio , De excessu fratris sui Satyri , lib . I , 44 ) , non possiamo trattenerci dal rendere amplissime grazie a Dio onnipotente per gli insigni benefici dell ' enciclica leoniana , provenuti alla Chiesa e all ' umana società . I quali benefici se volessimo anche di volo accennare , dovremmo richiamare alla memoria quasi tutta la storia dell ' ultimo quarantennio per quanto riguarda la questione sociale . Ma li possiamo tutti ridurre a tre capi principali , secondo le tre classi di aiuti che il Nostro Antecessore desiderava per il compimento della sua grande opera restauratrice . 1 - L ' opera della Chiesa 17 . In primo luogo lo stesso Leone XIII aveva splendidamente dichiarato che cosa si dovesse aspettare dalla Chiesa : Difatti la Chiesa è quella che trae dal Vangelo dottrine atte a comporre o certo a rendere assai meno aspro il conflitto ; essa procura con gli insegnamenti suoi , non pur di illuminare la mente , ma d ' informare la vita e i costumi di ognuno ; essa con un gran numero di benefiche istituzioni migliora le condizioni medesime del proletario ( enc . Rerum novarum , n . 13 ) . a ) nella dottrina 18 . Ora la Chiesa non lasciò stagnare nell ' inerzia queste preziose fonti , ma a esse attinse copiosamente per il bene comune della pace desiderata . Lo stesso Leone infatti e i suoi Successori non desistettero mai dal proclamare e inculcare ripetutamente , ora a voce , ora con gli scritti , la dottrina stessa dell ' enciclica Rerum novarum sulle materie sociali ed economiche , e adattarla opportunamente secondo le esigenze delle circostanze dei tempi , mostrando sempre carità di padri e costanza di pastori nella difesa massima dei poveri e dei deboli . Lo stesso fecero tanti Vescovi , spiegando la medesima dottrina con assiduità e saggezza , chiarendola con i loro commenti , e applicandola alle condizioni dei paesi diversi , giusta la mente e le istruzioni della Santa Sede . 19 . Non fa quindi meraviglia che sotto il magistero e la guida della Chiesa molti uomini dotti , ecclesiastici e laici , prendessero a trattare con ardore la scienza sociale ed economica secondo le esigenze dei nostri tempi , mossi particolarmente dall ' intento di opporre con più efficacia la dottrina immutata e immutabile , della Chiesa alle nuove necessità . 20 . Così , additata e rischiarata la via dall ' enciclica leoniana , ne sorse una vera sociologia cattolica , che viene ogni giorno alacremente coltivata e arricchita da quelle scelte persone che abbiamo chiamato ausiliari della Chiesa . E questi non la lasciano già confinata all ' ombra di eruditi convegni , ma la espongono alla pubblica luce , come ne danno splendida prova le scuole istituite e frequentate con molta utilità nelle Università cattoliche , nelle Accademie , nei Seminari ; e i congressi o « settimane » sociali , tenuti con una certa frequenza e fecondi di lieti frutti ; e l ' istituzione di circoli di studi e infine la larga e industriosa diffusione di scritti sani e opportuni . 21 . Né va ristretto a questi limiti il bene derivato dal documento leoniano ; perché gli insegnamenti della enciclica Rerum novarum a poco a poco fecero breccia anche in persone che , stando fuori della cattolica unità , non riconoscono il potere della Chiesa ; sicché i principi cattolici della sociologia penetrarono a poco a poco nel patrimonio di tutta la società . E non raramente avviene che le eterne verità , tanto altamente proclamate dal Nostro Predecessore di f . m . , non solamente siano riferite e sostenute in giornali e libri anche cattolici , ma altresì nelle Camere legislative e nelle aule dei Tribunali . 22 . Che più ? Dopo l ' immane guerra , quando i governanti delle nazioni principali , al fine di reintegrare una vera e stabile pace con un totale riassetto delle condizioni sociali , ebbero sancito fra le altre norme allora stabilite quelle che dovevano regolare secondo equità e giustizia il lavoro degli operai , tra quelle norme non ne ammisero forse molte , così concordanti coi principi e i moniti leoniani , da sembrare di proposito dedotte da quelli ? E veramente l ' enciclica Rerum novarum resta un monumento memorando a cui si possono applicare con diritto le parole di Isaia : Alzerà un vessillo alle nazioni ( Is 11 , 12 ) . b ) nella pratica applicazione 23 . Frattanto , mentre le prescrizioni leoniane , previe le investigazioni scientifiche , avevano larga diffusione nelle menti , si venne pure alla loro applicazione pratica . E anzitutto con un ' operosa benevolenza si rivolsero tutte le cure alla elevazione di quella classe di uomini , che , per i moderni progressi dell ' industria cresciuti immensamente , non occupava ancora nella società umana un posto o grado conveniente , e perciò giaceva quasi trascurata e disprezzata ; la classe operaia , diciamo , alla cui cultura , seguendo l ' esempio dell ' Episcopato , lavorarono assai alacremente con gran profitto delle anime , sacerdoti dell ' uno e dell ' altro clero , quantunque già sopraffatti da altre cure pastorali . E questa costante fatica , intrapresa per informare a spirito cristiano gli operai , proponendo loro con chiarezza i diritti e i doveri della propria classe , giovò pure in gran maniera a renderli più consapevoli della loro vera dignità e abili a progredire per vie legittime e feconde nel campo sociale ed economico , e a divenire altresì guide degli altri . 24 . Quindi un più sicuro rifornimento di più copiosi mezzi di vita ; giacché non solo si moltiplicarono mirabilmente le opere di beneficenza e di carità secondo le esortazioni del Pontefice , ma si vennero pure istituendo dappertutto associazioni nuove e sempre più numerose nelle quali , col consiglio della Chiesa e per lo più sotto la guida di sacerdoti , si danno e ricevono mutua assistenza e aiuto operai , artieri , contadini , salariati di ogni specie . 2 - L ' opera dello Stato 25 . Quanto al potere civile , Leone XIII , superando arditamente i limiti segnati dal liberalismo , insegna coraggiosamente che esso non è puramente un guardiano dell ' ordine e del diritto , ma deve adoperarsi in modo che con tutto il complesso delle leggi e delle politiche istituzioni ordinando e amministrando lo Stato , ne risulti naturalmente la pubblica e privata prosperità ( enc . Rerum novarum , n . 26 ) . E ' bensì vero che si deve lasciare la loro giusta libertà di azione alle famiglie e agli individui , ma questo senza danno del pubblico bene e senza offesa di persona . Spetta poi ai reggitori dello Stato difendere la comunità e le parti di essa , ma nella protezione dei diritti stessi dei privati si deve tener conto principalmente dei deboli e dei poveri . Perché , come dice il Nostro Antecessore , il ceto dei ricchi , forte per sè stesso , abbisogna meno della pubblica difesa : le misere plebi invece , che mancano di sostegno proprio , hanno somma necessità di trovarlo nel patrocinio dello Stato . E però agli operai , che sono nel numero dei deboli e bisognosi , deve lo Stato a preferenza rivolgere le cure e la provvidenza sua ( enciclica Rerum novarum , n . 29 ) . 26 . Non neghiamo che alcuni reggitori di popoli , anche prima dell ' enciclica di Leone XIII , provvidero ad alcune necessità più urgenti degli operai e repressero le ingiustizie più atroci a loro fatte . Ma è certo che allora finalmente , quando risonò dalla Cattedra di Pietro la parola pontificia per tutto il mondo , i reggitori dei popoli , fatti più consci del proprio dovere , rivolsero i pensieri e l ' attenzione loro a promuovere una più intensa politica sociale . 27 . In verità l ' enciclica Rerum novarum , mentre vacillavano le massime del liberalismo , che da lungo tempo intralciavano l ' opera efficace dei governanti , mosse i popoli stessi a promuovere con più sincerità e più impegno la politica sociale , e indusse i migliori tra i cattolici a prestare in questo il loro utile concorso ai reggitori dello Stato sicché spesso si dimostrarono nelle Camere legislative sostenitori illustri di questa nuova politica ; anzi le stesse leggi sociali moderne furono non di rado proposte ai voti dei rappresentanti della nazione e la loro esecuzione fu richiesta e caldeggiata da ministri della Chiesa , imbevuti degli insegnamenti leoniani . 28 . Da tale continua ed indefessa fatica sorse un nuovo ramo della disciplina giuridica del tutto ignorato nei tempi passati , il quale difende con forza i sacri diritti dei lavoratori che loro provengono dalla dignità di uomini e di cristiani ; giacché queste leggi si propongono la protezione degli interessi dei lavoratori , massime delle donne e dei fanciulli : l ' anima , la sanità , le forze , la famiglia , la casa , le officine , la paga , gli infortuni del lavoro ; in una parola tutto ciò che tocca la vita e la famiglia dei lavoratori . Che se tali statuti non si accordano dappertutto e in ogni cosa con le norme di Leone XIII , non si può tuttavia negare che in molti punti vi si sente una eco dell ' enciclica Rerum novarum , alla quale pertanto è da attribuirsi in parte assai notevole la migliorata condizione dei lavoratori . 3 - L ' opera delle parti interessate 29 . Insegnava per ultimo il sapientissimo Pontefice come i padroni e gli operai medesimi possono recarvi un gran contributo , con istituzioni cioè ordinate a porgere opportuni soccorsi ai bisognosi e ad avvicinare e unire le due classi tra loro ( enc . Rerum novarum , n . 36 ) . Ma il primo posto tra tali istituzioni egli voleva attribuito alle corporazioni che abbracciano o i soli operai o gli operai e i padroni insieme . E nell ' illustrarle e raccomandarle insiste a lungo , dichiarandone con mirabile sapienza , la natura , la causa , l ' opportunità , i diritti , i doveri , le leggi . 30 . Quegli insegnamenti furono pubblicati in un tempo veramente opportuno ; quando in parecchie nazioni i pubblici poteri , totalmente asserviti al liberalismo , poco favorivano , anzi avversavano apertamente le menzionate associazioni di operai : e mentre riconoscevano consimili associazioni di altre classi e le proteggevano , con ingiustizia esosa negavano il diritto naturale di associarsi proprio a quelli che più ne avevano bisogno per difendersi dallo sfruttamento dei potenti . Né mancava tra gli stessi cattolici chi mettesse in sospetto i tentativi di formare siffatte organizzazioni , quasi sapessero di un certo spirito socialistico o sovversivo . a ) associazioni dei lavoratori 31 . Sono dunque sommamente raccomandabili le norme date autorevolmente da Leone XIII , perché valsero a infrangere le opposizioni e dissipare i sospetti . E d ' importanza anche maggiore riuscirono per aver esse esortato i lavoratori cristiani a stringere fra di loro simili organizzazioni , secondo la varietà dei mestieri insegnandone loro il modo , e molti di essi validamente rassodarono nella via del dovere , mentre erano fortemente adescati dalle associazioni dei socialisti , le quali , con incredibile impudenza , si spacciavano per uniche tutrici e vindici degli umili e degli oppressi . 32 . Ma assai opportunamente l ' enciclica Rerum novarum dichiarava che , nel fondare tali associazioni , queste si dovevano ordinare e governare in modo da somministrare i mezzi più adatti e spediti al conseguimento del fine , il quale consiste in questo , che ciascuno degli associati ne tragga il maggior aumento possibile di benessere fisico , economico , morale ; ed è evidente che bisogna avere di mira , come . scopo principale il perfezionamento religioso e morale , e che a questo perfezionamento vuolsi indirizzare tutta la disciplina sociale ( enc . Rerum novarum , n . 42 ) . Poiché , posto il fondamento nella religione , è aperta la strada a regolare le mutue attinenze dei soci per la tranquillità della loro convivenza e per il loro benessere economico ( enc . Rerum novarum , n . 43 ) . 33 . Ad istituire simili sodalizi , si consacrarono dappertutto con lodevole ardore sacerdoti e laici in gran numero , bramosi di attuare davvero integralmente il disegno di Leone XIII . E così queste associazioni formarono dei lavoratori schiettamente cristiani , i quali sapevano ben congiungere insieme la diligente pratica del loro mestiere coi salutari precetti della religione , e difendere con efficacia e fermezza i propri interessi e diritti temporali , mantenendo il debito ossequio alla giustizia e il sincero intento di cooperare con le altre classi della società al rinnovamento cristiano di tutta la vita sociale . 34 . Questi consigli poi e questi moniti di Leone XIII , furono messi in atto dove in un modo dove in un altro , secondo le varie circostanze nei vari luoghi . Così in alcuni paesi una stessa associazione si propose di raggiungere tutti quanti gli scopi assegnati dal Pontefice ; in altre , così richiedendo e consigliando le condizioni locali , si venne a una certa divisione di lavoro e furono istituite distinte associazioni , di cui le une si assumessero la difesa dei diritti e dei legittimi vantaggi dei soci nei contratti di lavoro , altre si occupassero del vicendevole aiuto da prestarsi nelle cose economiche , altre finalmente si dedicassero tutte alla cura dei doveri morali e religiosi e di altri obblighi simili . 35 . Questo secondo metodo fu adoperato principalmente là dove i cattolici non potevano formare sindacati cattolici , perché impediti o dalle leggi del paese o da altre tali istituzioni economiche , o da quel lacrimevole dissidio delle intelligenze e dei cuori , tanto largamente disseminato nella società moderna , e dalla stringente necessità di resistere con fronte unico alle schiere irrompenti dei partiti sovversivi . In tali circostanze pare che i cattolici siano quasi costretti ad iscriversi a sindacati neutri , i quali tuttavia professino sempre la giustizia e l ' equità e lascino ai loro soci cattolici la piena libertà di provvedere alla propria coscienza e di obbedire alle leggi della Chiesa . Spetta però ai Vescovi , dove secondo le circostanze credano necessarie tali associazioni e le vedano non pericolose per la religione , acconsentire che gli operai cattolici vi aderiscano , avendo sempre l ' occhio ai principi e alle garanzie , che il Nostro Predecessore Pio X , di s . m . , raccomandava ( Pio X , enc . Singulari quadam , del 24 sett . 1912 ) : delle quali garanzie la prima e principale sia questa , che insieme con quei sindacati , sempre vi siano altri sodalizi , i quali si adoperino con diligenza a educare profondamente i loro soci nella parte religiosa e morale , affinché questi possano d . i poi compenetrare le associazioni sindacali di quel buono spirito , con cui si devono reggere in tutta la loro condotta ; e cosi avverrà che tali sodalizi rechino ottimi frutti , anche oltre la cerchia dei loro soci . 36 . All ' enciclica leoniana dunque si deve attribuire se queste associazioni di lavoratori fiorirono dappertutto in tal modo , che ormai , sebbene purtroppo ancora inferiori di numero alle corporazioni dei socialisti e dei comunisti , raccolgono una grandissima moltitudine di operai e possono vigorosamente rivendicare i diritti e le aspirazioni legittime dei lavoratori cristiani , tanto nell ' interno della propria nazione , quanto in convegni più estesi , e con ciò promuovere i salutari principi cristiani intorno alla società . b ) associazioni fra altre classi 37 . Oltre ciò , le verità tanto saggiamente discusse e validarnente propugnate da Leone XIII , circa il diritto naturale di associazioni , si cominciarono ad applicare con facilità anche ad altre associazioni e non solo a quelle degli operai ; onde alla stessa enciclica leoniana si deve in non poca parte il tanto rifiorire di simili utilissime associazioni ; anche tra agricoltori e altre classi felicemente si unisce al vantaggio economico la cultura delle anime . c ) associazioni padronali 38 . Non si può dire lo stesso delle Associazioni vivamente desiderate dal Nostro Antecessore , tra gli imprenditori di lavoro e gli industriali . Che se di queste dobbiamo lamentare la scarsezza , ciò non si deve attribuire unicamente alla volontà delle persone , ma alle difficoltà molto più gravi che si oppongono a consimili associazioni e che Noi conosciamo benissimo e teniamo nel giusto conto . Ci arride tuttavia la ferma speranza che anche questi impedimenti si possano tra breve rimuovere , e fin d ' ora con intima consolazione del cuore Nostro salutiamo alcuni non inutili tentativi fatti in questa parte , i cui frutti copiosi ripromettono una più ricca messe in avvenire ( cfr . Lettera della Sacra Congregazione del Concilio al Vescovo di Lilla , 5 giugno 1929 ) . 4 - Conclusione : la « Rerum Novarum » magna charta dell ' ordine sociale 39 . Tutti questi benefici dell ' enciclica leoniana , venerabili Fratelli e diletti Figli , da noi accennati piuttosto che ricordati , sorvolando piuttosto che illustrando , sono tanti e così grandi che dimostrano chiaramente come quell ' immortale documento sia ben lungi dal rappresentarci un ideale di società umano bellissimo sì , ma fantastico e troppo lontano dalle vere esigenze economiche dei nostri tempi e per ciò stesso inattuabile . Per contrario , essi dimostrano che il Nostro Antecessore attinse dal Vangelo , e perciò da una sorgente sempre viva e vitale , quelle dottrine che possono , se non subito comporre , mitigare almeno in gran parte quella lotta esiziale e intestina che dilania la famiglia umana . Che poi una parte di quel buon seme , tanto copiosamente sparso or sono quaranta anni , sia caduta in terra buona , vediamo dalle messi lietissime che la Chiesa di Cristo , e quindi l ' intero gregge umano , con la grazia di Dio , ne ha raccolto a sua salvezza . E ben a ragione si può dire che l ' enciclica leoniana nella lunga esperienza si è dimostrata come la Magna Charta , sulla quale deve posare tutta l ' attività cristiana del campo sociale come sul proprio fondamento . Coloro poi che mostrano di fare poco conto di quell ' enciclica e della sua commemorazione , bisogna ben dire che , o bestemmiano quel che non sanno , o non capiscono quello di cui hanno solo una superficiale cognizione , o se la capiscono meritano d ' essere solennemente tacciati d ' ingiustizia e di ingratitudine . 40 . Se non che , nello stesso decorso di anni , essendo sorti alcuni dubbi circa la retta interpretazione di parecchi punti dell ' enciclica leoniana o circa le conseguenze da trarsene , dubbi che hanno dato origine a controversie non sempre serene fra gli stessi cattolici ; e d ' altra parte le nuove necessità dei nostri tempi e la mutata condizione delle cose richiedendo una più accurata applicazione della dottrina leoniana o anche qualche aggiunta , cogliamo ben volentieri questa opportuna occasione per soddisfare , quanto è da Noi , ai dubbi e alle esigenze dei tempi moderni , secondo l ' apostolico Nostro mandato per cui siamo a tutti debitori ( cfr . Rom 1 , 14 ) . II - LA DOTTRINA DELLA CHIESA IN MATERIA SOCIALE ED ECONOMICA 41 . Ma prima di iniziare a dare queste spiegazioni , occorre premettere il principio , già da Leone XIII con rara chiarezza stabilito , che cioè risiede in Noi il diritto e il dovere di giudicare con suprema autorità intorno a siffatte questioni sociali ed economiche ( enc . Rerum novarum , n . 13 ) . Certo alla Chiesa non fu affidato l ' ufficio di guidare gli uomini a una felicità solamente temporale e caduca , ma all ' eterna . Anzi non vuole né deve la Chiesa senza giusta causa ingerirsi nella direzione delle cose puramente umane ( enc . Ubi arcano del 23 dicembre l922 ) . In nessun modo però può rinunziare all ' ufficio da Dio assegnatole , d ' intervenire con la sua autorità , non nelle cose tecniche , per le quali non ha né i mezzi adatti né la missione di trattare , ma in tutto ciò che ha attinenza con la morale . Infatti in questa materia , il deposito della verità a Noi commesso da Dio e il dovere gravissimo impostoCi di divulgare e di interpretare tutta la legge morale ed anche di esigerne opportunamente ed importunamente l ' osservanza , sottopongono ed assoggettano al supremo Nostro giudizio tanto l ' ordine sociale , quanto l ' economico . 42 . Sebbene l ' economia e la disciplina morale , ciascuna nel suo ambito , si appoggino sui principi propri , sarebbe errore affermare che l ' ordine economico e l ' ordine morale siano così disparati ed estranei l ' uno all ' altro , che il primo in nessun modo dipenda dal secondo . Certo , le leggi , che si dicono economiche , tratte dalla natura stessa delle cose e dall ' indole dell ' anima e del corpo umano , stabiliscono quali limiti nel campo economico il potere dell ' uomo non possa e quali possa raggiungere , e con quali mezzi ; e la stessa ragione , dalla natura delle cose e da quella individuale e sociale dell ' uomo , chiaramente deduce quale sia il fine da Dio Creatore proposto a tutto l ' ordine economico . 43 . Soltanto la legge morale è quella la quale , come ci intima di cercare nel complesso delle nostre azioni il fine supremo ed ultimo , così nei particolari generi di operosità ci dice di cercare quei fini speciali , che a quest ' ordine di operazioni sono stati prefissi dalla natura , o meglio , da Dio , autore della natura , e di subordinare armonicamente questi fini particolari al fine supremo . E ove a tal legge da noi fedelmente si obbedisca , avverrà che tutti i fini particolari , tanto individuali quanto sociali , in materia economica perseguiti , si inseriranno convenientemente nell ' ordine universale dei fini , e salendo per quelli come per altrettanti gradini , raggiungeremo il fine ultimo di tutte le cose , che è Dio , bene supremo e inesauribile per se stesso e per noi . 1 - Il dominio o diritto di proprietà 44 . Ed ora , per venire ai singoli punti , cominciamo dal dominio o diritto di proprietà . Voi conoscete , venerabili Fratelli e diletti Figli , come il Nostro Predecessore di f . m . , abbia difeso gagliardamente il diritto di proprietà contro gli errori dei socialisti del suo tempo , dimostrando che l ' abolizione della proprietà privata tornerebbe , non a vantaggio , ma a estrema rovina della classe operaia . E poiché vi ha di quelli che , con la più ingiuriosa delle calunnie , accusano il Sommo Pontefice e la Chiesa stessa , quasi abbia preso o prenda ancora le parti dei ricchi contro i proletari , e poiché tra i cattolici stessi si riscontrano dissensi intorno alla vera e schietta sentenza leoniana , Ci sembra bene ribattere ogni calunnia contro quella dottrina , che è la cattolica , su questo argomento , e difenderla da false interpretazioni . a ) sua indole individuale e sociale 45 . In primo luogo , si ha da ritenere per certo , che né Leone XIII né i teologi che insegnarono sotto la guida e il vigile magistero della Chiesa , negarono mai o misero in dubbio la doppia specie di proprietà , detta individuale e sociale , secondo che riguarda gli individui o spetta al bene comune ; ma hanno sempre unanimemente affermato che il diritto del dominio privato viene largito agli uomini dalla natura , cioè dal Creatore stesso , sia perché gli individui possano provvedere a sé e alla famiglia , sia perché , grazie a tale istituto , i beni del Creatore , essendo destinati a tutta l ' umana famiglia , servano veramente a questo fino ; il che in nessun modo si potrebbe ottenere senza l ' osservanza di un ordine certo e determinato . 46 . Pertanto occorre guardarsi diligentemente dall ' urtare contro un doppio scoglio . Giacché , come negando o affievolendo il carattere sociale e pubblico del diritto di proprietà si cade e si rasenta il cosiddetto « individualismo » , così respingendo e attenuando il carattere privato e individuale del medesimo diritto , necessariamente si precipita nel « collettivismo » o almeno si sconfina verso le sue teorie . E chi non tenga presente queste considerazioni , va logicamente a cadere negli scogli del modernismo murale , giuridico e sociale , da Noi denunciati nella Nostra prima enciclica ( enc . Ubi arcano del 23 dicembre 1922 ) . E di ciò si persuadano coloro specialmente che , amanti delle novità , non si peritano d ' incolpare la Chiesa con vituperose calunnie , quasi abbia permesso che nella dottrina dei teologi s ' infiltrasse il concetto pagano della proprietà , al quale bisognerebbe assolutamente sostituire un altro , che con strana ignoranza essi chiamano cristiano . b ) doveri inerenti alla proprietà 47 . Per contenere poi nei giusti limiti le controversie , sorti ultimamente intorno alla proprietà e ai doveri a essa inerenti , rimanga fermo anzitutto il fondamento stabilito da Leone XIII : che il diritto cioè di proprietà si distingue dall ' uso di esso ( enc . Rerum novarum , n . 19 ) . La giustizia , infatti , che si dice commutativa , vuole che sia scrupolosamente mantenuta la divisione dei beni , e che non si invada il diritto altrui col trapassare i limiti del dominio proprio ; che poi i padroni non usino se non onestamente della proprietà , ciò non è ufficio di questa speciale giustizia , ma di altre virtù , dei cui doveri non si può esigere l ' adempimento per vie giuridiche ( cfr . enc . Rerum novarum , n . 19 ) . Onde a torto certuni pretendono che la proprietà e l ' onesto uso di essa siano ristretti dentro gli stessi confini ; e molto più è contrario a verità il dire che il diritto di proprietà venga meno o si perda per l ' abuso o il non uso che se ne faccia . 48 . Per il che compiono opera salutare e degna di ogni encomio tutti quelli che , salva la concordia degli animi e l ' integrità della dottrina , quale fu sempre predicata dalla Chiesa , si studiano di definire l ' intima natura e i limiti di questi doveri , coi quali o il diritto stesso di proprietà ovvero l ' uso o l ' esercizio del dominio vengono circoscritti dalle necessità della convivenza sociale . S ' ingannano invece ed errano coloro che si studiano di sminuire talmente il carattere individuale della proprietà , da giungere di fatto a distruggerla . c ) poteri dello Stato sulla proprietà 49 . E veramente dal carattere stesso della proprietà , che abbiamo detta individuale insieme e sociale , si deduce che in questa materia gli uomini debbono aver riguardo non solo al proprio vantaggio , ma altresì al bene comune . La determinazione poi di questi doveri in particolare e secondo le circostanze , e quando non sono già indicati dalla legge di natura , è ufficio dei pubblici poteri . Onde la pubblica autorità può con maggior cura specificare , considerata la vera necessità del bene comune e tenendo sempre innanzi agli occhi la legge naturale e divina , che cosa sia lecito ai possidenti e che cosa no , nell ' uso dei propri beni . Anzi Leone XIII aveva sapientemente sentenziato : avere Dio lasciato all ' industria degli uomini e alle istituzioni dei popoli la delimitazione delle proprietà private ( enc . Rerum novarum , n . 7 ) . E invero , come dalla storia si provi che , al pari degli altri elementi della vita sociale , la proprietà non sia affatto immobile . Noi stessi già lo dichiarammo con le seguenti parole : Quante diverse forme concrete ha avuto la proprietà dalla primitiva forma dei popoli selvaggi , della quale ancora ai dì nostri si può avere una certa esperienza , a quella proprietà nei tempi e nelle forme patriarcali , e poi via via nelle diverse forme tiranniche ( diciamo nel significato classico della parola ) , poi attraverso le forme feudali , poi in quelle monarchiche e in tutte le forme susseguenti dell ' età moderna ( Alloc . al Comitato dell 'A.C . per l ' Italia , 16 maggio 1926 ) . La pubblica autorità però , come è evidente , non può usare arbitrariamente di tale suo diritto ; poichè bisogna che rimanga sempre intatto e inviolato il diritto naturale di proprietà privata e di trasmissione ereditaria dei propri beni , diritto che lo Stato non può sopprimere , perché l ' uomo é anteriore allo Stato ( enc . Rerum novarum , n . 6 ) , ed anche perché il domestico consorzio è logicamente e storicamente anteriore al civile ( enc . Rerum novarum , n . l0 ) . Perciò il sapientissimo Pontetice aveva già dichiarato non essere lecito allo Stato di aggravare tanto con imposte e tasse esorbitanti la proprietà privata da renderla quasi stremata . Poichè non derivando il diritto di proprietà privata da legge umana , ma da legge naturale , lo Stato non può annientarlo , ma semplicemente temperarne l ' uso e armonizzarlo col bene comune ( enc . Rerum novarum , n . 35 ) . Quando poi la pubblica autorità mette così d ' accordo i primati domìni con le necessità del bene comune , non fa opera ostile ma piuttosto amichevole verso i padroni privati , come quella che in tal modo validamente impedisce che il privato possesso dei beni , voluto dal sapientissimo Autore della natura a sussidio della vita umana , generi danni intollerabili e così vada in rovina ; né abolisce i privati possessi , ma li assicura ; né indebolisce la proprietà privata , ma la rinvigorisce . d ) i redditi liberi 50 . Non sono neppure abbandonate per intero al capriccio dell ' uomo le libere entrate di lui , quelle cioè di cui egli non abbisogna per un tenore di vita conveniente e decorosa ; ché anzi la sacra Scrittura e i santi Padri chiarissimamente e continuamente denunciano ai ricchi il gravissimo precetto da cui sono tenuti , di esercitare l ' elemosina , la beneficenza , la liberalità . 51 . L ' impiegare però più copiosi proventi in opere che diano più larga opportunità di lavoro , purché tale lavoro sia per procurare beni veramente utili , dai principi dell ' Angelico Dottore ( cfr . S . Thom . , Summ . Theol . , II - II , q . 134 ) si può dedurre che non solo ciò è immune da ogni vizio o morale imperfezione , ma deve ritenersi per opera cospicua della virtù della magnificenza , in tutto corrispondente alle necessità dei tempi . e ) titoli della proprietà 52 . Che la proprietà poi originariamente si acquisti e con l ' occupazione di una cosa senza padrone ( res nullius ) e con l ' industria e il lavoro , ossia con la « specificazione » , come si suol dire , è chiaramente attestato sia dalla tradizione di tutti i tempi , sia dall ' insegnamento del Pontefice Leone XIII , Nostro Predecessore . Non si reca infatti torto a nessuno , checché alcuni dicano in contrario , quando si prende possesso di una cosa che è in balia del pubblico , ossia non è di nessuno ; l ' industria poi che da un uomo si eserciti in proprio nome e con la quale si aggiunga una nuova forma o un aumento di valore , basta da sola perché questi frutti si aggiudichino a chi vi ha lavorato attorno . 2 - Capitale e lavoro 53 . Assai diversa è la natura del lavoro , che si presta ad altri e si esercita sopra il capitale altrui . A questo lavoro soprattutto si addice quel che Leone XIII disse essere cosa verissima : cioè che non d ' altronde è prodotta la pubblica ricchezza , se non dal lavoro degli operai ( enc . Rerum novarum , n . 37 ) . Non vediamo noi infatti con gli occhi nostri , come l ' ingente somma dei beni , di cui è fatta la ricchezza degli uomini , esce prodotta dalle mani degli operai , le quali o lavorano da sole , o mirabilmente moltiplicano la loro efficienza valendosi di strumenti , ossia di macchine ? Non v ' è anzi chi ignori come nessun popolo mai dalla penuria e dall ' indigenza sia arrivato a una migliore o più alta fortuna , se non mediante un grande lavoro compiuto insieme da tutti quelli del paese , tanto da coloro che dirigono , quanto da coloro che eseguiscono . Ma non meno chiaro apparisce che quei sommi sforzi sarebbero riusciti del tutto inutili , anzi non sarebbe stato neppure possibile il tentarli , se Dio Creatore di tutti non avesse prima largito , per sua bontà , le ricchezze e il capitale naturale , i sussidi e le forze della natura . Che cosa è infatti lavorare se non adoperare ed esercitare le forze dell ' animo e del corpo , circa queste cose e con queste cose medesime ? Richiede poi la legge di natura e la volontà di Dio , dopo la promulgazione di questa legge , che si osservi il retto ordine nell ' applicare agli usi umani il capitale naturale ; e tale ordine consiste in ciò , che ogni cosa abbia il suo padrone . 54 . Di qui avviene che , tolto il caso che altri lavorino intorno al proprio capitale , tanto l ' opera altrui quanto l ' altrui capitale debbono associarsi in un comune consorzio , perché l ' uno senza l ' altro non valgono a produrre nulla . Il che fu bene osservato da Leone XIII , quando scrisse : Non può sussistere capitale senza lavoro , né lavoro senza capitale ( enc . Rerum novarum , n . 16 ) . Per cui è del tutto falso ascrivere o al solo capitale o al solo lavoro ciò che si ottiene con l ' opera unita dell ' uno e dell ' altro ; ed è affatto ingiusto che l ' uno arroghi a sé quel che si fa , negando l ' efficacia dell ' altro . a ) ingiuste rivendicazioni del capitale 55 . Per lungo tempo certamente il capitale troppo aggiudicò a sé stesso . Quanto veniva prodotto e i frutti che se ne ricavavano , ogni cosa il capitale prendeva per sé , lasciando appena all ' operaio tanto che bastasse a ristorare le forze e a riprodurre . Giacché andavano dicendo che per una legge economica affatto ineluttabile , tutta la somma del capitale apparteneva ai ricchi , e per la stessa legge gli operai dovevano rimanere in perpetuo nella condizione di proletari , costretti cioè a un tenore di vita precario e meschino . E ' bensì vero che con questi principi dei liberali , che volgarmente si denominano di Manchester , l ' azione pratica non si accordava né sempre né dappertutto ; pure non si può negare che gli istituti economico - sociali avevano mostrato di piegare verso quei principi con vero e costante sforzo . Ora , che queste false opinioni , questi fallaci supposti siano stati fortemente combattuti , e non da coloro solo che per essi venivano privati del naturale diritto di procurarsi una migliore condizione di vita , nessuno vi sarà che se ne meravigli . b ) ingiuste rivendicazioni del lavoro 56 . Perciò agli operai angariati , si accostarono i cosiddetti intellettuali , contrapponendo a una legge immaginaria un principio morale parimenti immaginario : che cioè quanto si produce e si percepisce di reddito , trattone quel tante che basti a risarcire e riprodurre il capitale , si deve di diritto all ' operaio . Questo errore , quanto è più lusinghevole di quello di vari socialisti , i quali affermano che tutto ciò che serve alla produzione si ha da trasfondere allo Stato , o come dicono da « socializzare » , tanto è più pericoloso e più atto a ingannare gli incauti : blando veleno , che fu avidamente sorbito da molti , che un aperto socialismo non aveva mai potuto trarre in inganno . c ) principio direttivo di giusta ripartizione 57 . Certo , ad impedire che con queste false teorie non si chiudesse l ' adito alla giustizia e alla pace tanto per il capitale quanto per il lavoro , avrebbero dovuto giovare le sapienti parole del Nostro Predecessore , che cioè la terra , sebbene divisa tra i privati , resta nondimeno a servizio e utilità di tutti , ( enc . Rerum novarum , n . 7 ) . E ciò stesso Noi pure abbiamo insegnato poc ' anzi nel riaffermare che la spartizione dei beni in private proprietà è stabilita dalla natura stessa , affinché le cose create possano dare agli uomini tale comune utilità stabilmente e con ordine . Il che conviene tenere di continuo presente , se non si vuole uscire dal retto sentiero della verità . 58 . Ora , non ogni distribuzione di beni e di ricchezze tra gli uomini è tale da ottenere il fine inteso da Dio o pienamente o con quella perfezione che si deve . Onde è necessario che le ricchezze le quali si amplificano di continuo grazie ai progressi economici e sociali , vengano attribuite ai singoli individui e alle classi in modo che resti salva quella comune utilità di tutti , lodata da Leone XIII , ovvero , per dirla con altre parole , perché si serbi integro il bene comune dell ' intera società . Per questa legge di giustizia sociale non può una classe escludere l ' altra dalla partecipazione degli utili . Che se perciò è violata questa legge dalla classe dei ricchi , quando spensierati nell ' abbondanza dei loro beni stimano naturale quell ' ordine di cose , che riesce tutto a loro favore e niente a favore dell ' operaio ; è non meno violata dalla classe proletaria , quando , aizzata per la violazione della giustizia e tutta intesa a rivendicare il suo solo diritto , di cui è conscia , esige tutto per sé , siccome prodotto dalle sue mani , e quindi combatte e vuole abolita la proprietà e i redditi o proventi non procacciati con il lavoro , di qualunque genere siano o di qualsiasi ufficio facciano le veci nell ' umana convivenza , e ciò non per altra ragione se non perché son tali . 59 . E a questo proposito occorre osservare che fuori di argomento e bene a torto applicano alcuni le parole dell ' Apostolo : chi non vuole lavorare non mangi ( 2 Tess 3 , 10 ) , perché la sentenza dell ' Apostolo è proferita contro quelli che si astengono dal lavoro , quando potrebbero e dovrebbero lavorare , e ammonisce a usare alacremente del tempo e delle forze del corpo e dell ' anima , né aggravare gli altri , quando da noi stessi ci possiamo provvedere ; ma non insegna punto che il lavoro sia l ' unico titolo per ricevere vitto e proventi ( cfr . 2 Tess 3,8-10 ) . 60 . A ciascuno dunque si deve attribuire la sua parte di beni e bisogna procurare che la distribuzione dei beni creati , la quale ognuno vede quanto ora sia causa di disagio , per il grande squilibrio fra i pochi straricchi e gli innumerevoli indigenti , venga ricondotta alla conformità con le norme del bene comune e della giustizia sociale . 3 - La elevazione dei proletari 61 . Tale è l ' intento che il Nostro Predecessore proclamò doversi raggiungere : la elevazione del proletario . E ciò si deve asserire tanto più forte e ripetere tanto più instantemente , in quanto non di rado le prescrizioni così salutari del Pontefice furono messe in dimenticanza , o perché di proposito passate sotto silenzio , o perché l ' eseguirle si reputò non possibile , mentre pure e si possono e si debbono eseguire . Né sono esse diventate ai nostri giorni meno sagge ed efficaci perché meno imperversa oggi quell ' orrendo « pauperismo » da Leone XIII considerato . Certo , la condizione degli operai s ' è fatta migliore e più equa . massime negli Stati più colti e nelle Nazioni più grandi , dove non si può dire che tutti gli operai siano afflitti dalla miseria o travagliati dal bisogno . Ma dopo che le arti meccaniche e le industrie dell ' uomo sono penetrate e si sono diffuse con tanta rapidità in regioni senza numero , tanto nelle terre che si dicono nuove , quanto nei regni del lontano Oriente , già famosi per antichissima civiltà , è cresciuta smisuratamente la moltitudine dei proletari bisognosi , e i loro gemiti gridano a Dio dalla terra . S ' aggiunga il grandissimo esercito di braccianti della campagna , ridotti ad una infima condizione di vita e privi di speranza d ' ottenere mai alcuna porzione di suolo ( enc . Rerum novarum , n . 35 ) e quindi sottoposti in perpetuo alla condizione proletaria , se non si adoperino rimedi convenevoli ed efficaci . 62 . Ma benché sia verissimo che la condizione proletaria debba ben distinguersi dal pauperismo , pure la stessa foltissima moltitudine dei proletari è un argomento ineluttabile , che le ricchezze tanto copiosamente cresciute in questo nostro secolo detto dell ' industrialismo , non sono rettamente distribuite e applicate alle diverse classi di uomini . 63 , È necessario dunque con tutte le forze procurare che in avvenire i capitali guadagnati non si accumulino se non con equa proporzione presso i ricchi , e si distribuiscano con una certa ampiezza fra i prestatori di opera , non perché questi rallentino nel lavoro , essendo l ' uomo nato al lavoro come l ' uccello al volo , ma perché con la economia aiutino il loro avere , e amministrando con saggezza l ' aumentata proprietà possano più facilmente e tranquillamente sostenere i pesi della famiglia , e usciti da quell ' incerta sorte di vita , in cui si dibatte il proletariato , non solo siano in grado di sopportare le vicende della vita , ma possano ripromettersi che alla loro morte saranno convenientemente provveduti quelli che lasciano dopo di sé . 64 . Tutti questi suggerimenti furono dal Nostro Predecessore non soltanto insinuati , ma apertamente proclamati e Noi con questa Nostra Enciclica torniamo a vivamente inculcarli . Che se ora non si prende finalmente a metterli in esecuzione senza indugio e con ogni vigore , niuno potrebbe ripromettersi passibile un ' efficace difesa dell ' ordine pubblico e della tranquillità sociale contro i seminatori di novità sovversive . 4 - Il giusto salario 65 . Ma tale attuazione non sarà possibile se i proletari non giungeranno , con la diligenza e con il risparmio , a farsi un qualche modesto patrimonio , come abbiamo detto riferendoci alla dottrina del Nostro Predecessore Leone XIII . Orbene , chi per guadagnarsi il vitto e il necessario alla vita altro non ha che il lavoro , come potrà , pur vivendo parcamente , mettersi da parte qualche fortuna se non con la paga , che trae dal lavoro ? Affrontiamo dunque la questione del salario , da Leone XIII definita assai importante ( enc . Rerum novarum , n . 34 ) , svolgendone e dichiarandone , ove occorra , la dottrina e i precetti . A ) il contratto di lavoro non è di sua natura ingiusto 66 . E da prima l ' affermazione che il contratto di offerta di prestazione d ' opera sia di sua natura ingiusto , e quindi si debba sostituire con contratto di società , è affermazione gratuita e calunniosa contro il Nostro Predecessore , la cui enciclica Rerum novarum non solo lo ammette , ma ne tratta a lungo sul modo di disciplinarlo secondo le norme della giustizia . 67 . Tuttavia , nelle odierne condizioni sociali , stimiamo sia cosa più prudente che , quando è possibile , il contratto del lavoro venga temperato alquanto col contratto di società , come già si è incominciato a fare in diverse maniere , con non poco vantaggio degli operai stessi e dei padroni . Così gli operai diventano cointeressati o nella proprietà o nell ' amministrazione , e compartecipi in certa misura dei lucri percepiti . 68 . Né la giusta proporzione del salario deve calcolarsi da un solo titolo , ma da più , come già sapientemente aveva dichiarato Leone XIII scrivendo : Il determinare la mercede secondo la giustizia dipende da molte considerazioni ( enc . Rerum novarum , n . 17 ) . Con le quali parole fin da allora confutò la leggerezza di coloro i quali credono facilmente , ricorrendo a un ' unica misura , e questa , ben lontana dalla realtà . 69 . Sono certamente in errore coloro i quali non dubitano di proclamare come principio , che tanto vale il lavoro ed altrettanto deve essere rimunerato , quanto valgono i frutti da esso prodotti , e perciò il prestatore del lavoro ha il diritto di esigere quanto si è ottenuto col suo lavoro : principio la cui assurdità apparisce anche da quanto abbiamo esposto , trattando della proprietà . B ) carattere individuale e sociale del lavoro 70 . Ora è facile intendere che oltre al carattere personale e individuale deve considerarsi il carattere sociale , come della proprietà , così anche del lavoro , massime di quello che per contratto si cede ad altri ; giacché se non sussiste un corpo veramente sociale o organico , se un ordine sociale e giuridico non tutela l ' esercizio del lavoro , se le varie parti , le une dipendenti dalle altre , non si collegano fra di loro e mutuamente non si compiono , se , quel che è più , non si associano , quasi a formare una cosa sola , l ' intelligenza , il capitale , il lavoro , l ' umana attività non può produrre i suoi frutti ; e quindi non si potrà valutare giustamente né retribuire adeguatamente , dove non si tenga conto della sua natura sociale e individuale . C ) tre punti da tener presenti 71 . Da questo doppio carattere , insito nella natura stessa del lavoro umano , sgorgano gravissime conseguenze , a norma delle quali il salario vuole essere regolato e determinato . a ) il sostentamento dell ' operaio e della sua famiglia 72 . In primo luogo , all ' operaio si deve dare una mercede che basti al sostentamento di lui e della sua famiglia ( cfr . enc . Casti connubii del 31 dicembre 1930 ) . È bensì giusto che anche il resto della famiglia , ciascuno secondo le sue forze , contribuisca al comune Sostentamento , come già si vede in pratica specialmente nelle famiglie dei contadini , e anche in molte di quelle degli artigiani e dei piccoli commercianti ; ma non bisogna che si abusi dell ' età dei fanciulli né della debolezza della donna . Le madri di famiglia prestino l ' opera loro in casa sopra tutto o nelle vicinanze della casa , attendendo alle faccende domestiche . Che poi le madri di famiglia , per la scarsezza del salario del padre , siano costrette ad esercitare un ' arte lucrativa fuori delle pareti domestiche , trascurando così le incombenze e i doveri loro propri , e particolarmente la cura e l ' educazione dei loro bambini , è un pessimo disordine , che si deve con ogni sforzo eliminare . Bisogna dunque fare di tutto perché i padri di famiglia percepiscano una mercede tale che basti per provvedere convenientemente alle comuni necessità domestiche . Che se nelle presenti circostanze della società ciò non sempre si potrà fare , la giustizia sociale richiede che s ' introducano quanto prima quelle mutazioni che assicurino ad ogni operaio adulto siffatti salari . Sono altresì meritevoli di lode tutti quelli che con saggio e utile divisamento hanno sperimentato e tentano diverse vie , onde la mercede del lavoro si retribuisca con tale corrispondenza ai pesi della famiglia , che , aumentando questi , anche quella si somministri più larga ; e anzi , se occorra , si soddisfaccia alle necessità straordinarie . b ) la condizione dell ' azienda 73 . Nello stabilire la quantità della mercede si deve tener conto anche dello stato dell ' azienda e dell ' imprenditore di essa ; perché è ingiusto chiedere esagerati salari , quando l ' azienda non li può sopportare senza la rovina propria e la conseguente calamità degli operai . È però vero che se il minor guadagno che essa fa è dovuto a indolenza , a inesattezza e a noncuranza del progresso tecnico ed economico , questa non sarebbe da stimarsi giusta causa per diminuire la mercede agli operai . Che se l ' azienda medesima non ha tante entrate che bastino per dare un equo salario agli operai , o perché è oppressa da ingiusti gravami , o perché è costretta a vendere i suoi prodotti ad un prezzo minore del giusto , coloro che così la opprimono si fanno rei di grave colpa ; perché costoro privano della giusta mercede gli operai ; i quali , spinti dalla necessità , sono costretti a contentarsi di un salario inferiore al giusto . 74 . Tutti adunque , e operai e padroni , in unione di forza e di mente , si adoperino a vincere tutti gli ostacoli e le difficoltà , e siano aiutati in quest ' opera tanto salutare dalla sapiente provvidenza dei pubblici poteri . Che se poi il caso fosse arrivato all ' estremo , allora dovrà deliberarsi se l ' azienda possa proseguire nella sua impresa , o se sia da provvedere in altro modo agli operai . Nel qual punto , che è certo gravissimo , bisogna che si stringa ed operi efficacemente una certa colleganza e concordia cristiana tra padroni e operai . c ) La necessità del bene comune 75 . Finalmente la quantità del salario deve contemperarsi col pubblico bene economico . Già abbiamo detto quanto giovi a questa prosperità o bene comune , che gli operai mettano da parte la porzione di salario , che loro sopravanza alle spese necessarie , per giungere a poco a poco a un modesto patrimonio ; ma non è da trascurare un altro punto di importanza forse non minore e ai nostri tempi affatto necessario , che cioè a coloro i quali e possono e vogliono lavorare , si dia opportunità di lavorare . E questo non poco dipende dalla determinazione del salario ; la quale , come può giovare là dove è mantenuta tra giusti limiti , così alla sua volta può nuocere se li eccede . Chi non sa infatti che la troppa tenuità e la soverchia altezza dei salari è stata la cagione per la quale gli operai non potessero aver lavorato ? Il quale inconveniente , riscontratosi specialmente nei tempi del Nostro Pontificato in danno di molti , gettò gli operai nella miseria e nelle tentazioni , mandò in rovina la prosperità delle città e mise in pericolo la pace e la tranquillità di tutto il mondo . È contrario dunque alla giustizia sociale che , per badare al proprio vantaggio senza aver riguardo al bene comune , il salario degli operai venga troppo abbassato o troppo innalzato ; e la medesima giustizia richiede che , nel consenso delle menti e delle volontà , per quanto è possibile , il salario venga temperato in maniera che a quanti più è possibile , sia dato di prestare l ' opera loro e percepire i frutti convenienti per il sostentamento della vita . 76 . A ciò parimenti giova la giusta proporzione tra i salari ; con la quale va strettamente congiunta la giusta proporzione dei prezzi , a cui si vendono i prodotti delle diverse arti , quali sono stimate l ' agricoltura , l ' industria e simili . Con la conveniente osservanza di queste cautele , le diverse arti si comporranno e si uniranno come in un sol corpo , e come tra membra si presteranno vicendevolmente aiuto e perfezione . Giacché allora l ' economia sociale veramente sussisterà e otterrà i suoi fini , quando a tutti e singoli i soci saranno somministrati tutti i beni che si possono apprestare con le forze e i sussidi della natura , con l ' arte tecnica , con la costituzione sociale del fatto economico ; i quali beni debbono essere tanti quanti sono necessari sia a soddisfare ai bisogni e alle oneste comodità , sia promuovere tra gli uomini quella più felice condizione di vita , che , quando la cosa si faccia prudentemente , non solo non è d ' ostacolo alla virtù , ma grandemente la favorisce ( cfr . S . Th . , De regimine principum , 1 , 15; enc . Rerum novarum , n . 27 ) . 5 - Restaurazione dell ' ordine sociale 77 . Le indicazioni finora date intorno all ' equa divisione dei beni e alla giustizia dei salari riguardano gli individui e solo per indiretto toccano l ' ordine sociale , alla cui restaurazione soprattutto secondo i principi della sana filosofia e i precetti altissimi della legge evangelica che lo perfezionano , applicò ogni sua cura e attenzione il Nostro Antecessore Leone XIII . 78 . Fu allora aperta la via ; ma perché siano perfezionate molte cose che ancora restano da fare e ne ridondino più copiosi ancora e più lieti vantaggi all ' umana famiglia , sono soprattutto necessarie due cose : la riforma delle istituzioni e la emendazione dei costumi . a ) riforma delle istituzioni 79 . E quando parliamo di riforma delle istituzioni , pensiamo primieramente allo Stato , non perché dall ' opera sua si debba aspettare tutta la salvezza , ma perché , per il vizio dell ' individualismo , come abbiamo detto , le cose si trovano ridotte a tal punto , che abbattuta e quasi estinta l ' antica ricca forma di vita sociale , svoltasi un tempo mediante un complesso di associazioni diverse , restano di fronte quasi soli gli individui e lo Stato . E siffatta deformazione dell ' ordine sociale reca non piccolo danno allo Stato medesimo , sul quale vengono a ricadere tutti i pesi , che quelle distrutte corporazioni non possono più portare , onde si trova oppresso da una infinità di carichi e di affari . 80 . È vero certamente e ben dimostrato dalla storia , che , per la mutazione delle circostanze , molte cose non si possono più compiere se non da grandi associazioni , laddove prima si eseguivano anche delle piccole . Ma deve tuttavia restare saldo il principio importantissimo nella filosofa sociale : che siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l ' industria propria per affidarlo alla comunità , così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare . Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società ; perché l ' oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale , non già distruggerle e assorbirle . 81 . Perciò è necessario che l ' autorità suprema dello stato , rimetta ad associazioni minori e inferiori il disbrigo degli affari e delle cure di minor momento , dalle quali essa del resto sarebbe più che mai distratta ; e allora essa potrà eseguire con più libertà , con più forza ed efficacia le parti che a lei solo spettano , perché essa sola può compierle ; di direzione cioè , di vigilanza di incitamento , di repressione , a seconda dei casi e delle necessità . Si persuadano dunque fermamente gli uomini di governo , che quanto più perfettamente sarà mantenuto l ' ordine gerarchico tra le diverse associazioni , conforme al principio della funzione suppletiva dell ' attività sociale , tanto più forte riuscirà l ' autorità e la potenza sociale , e perciò anche più felice e più prospera la condizione dello Stato stesso . 82 . Questa poi deve essere la prima mira , questo lo sforzo dello Stato e dei migliori cittadini ; mettere fine alle competizioni delle due classi opposte , risvegliare e promuovere una cordiale cooperazione delle varie professioni dei cittadini . b ) concordia delle classi 83 . La politica sociale porrà dunque ogni studio a ricostruire le professioni stesse ; giacché la società umana si trova al presente in uno stato violento , quindi instabile e vacillante , perchè appunto si fonda su classi di diverse tendenze , fra loro opposte e propense , quindi , a lotte e inimicizie . 84 . E per verità , quantunque il lavoro , come spiega egregiamente il Nostre Predecessore nella sua enciclica ( enc . Rerum novarum , n . 16 ) , non sia una vile merce , anzi vi si debba riconoscere la dignità umana dell ' operaio e quindi non sia da mercanteggiare come una merce qualsiasi , tuttavia , come stanno ora le cose , nel mercato del lavoro l ' offerta e la domanda divide gli uomini come in due schiere ; e la disunione che ne segue trasforma il mercato come in un campo di lotta , ove le due parti si combattono accanitamente . E a questo grave disordine , che porta al precipizio l ' intera società , ognuno vede quanto sia necessario portare rimedio . Ma la guarigione perfetta si potrà ottenere allora soltanto , quando , tolta di mezzo una tale lotta , le membra del corpo sociale si trovino bene assestate , e costituiscano le varie professioni , a cui ciascuno dei cittadini aderisca non secondo l ' ufficio che ha nel mercato del lavoro , ma secondo le diverse parti sociali . che i singoli esercitano . Avviene infatti per impulso di natura che , siccome quanti si trovano congiunti per vicinanza di luogo si uniscono a formare municipi , così quelli che si applicano ad un ' arte medesima formino collegi o corpi sociali ; di modo che questo corporazioni , con diritto loro proprio , da molti si sogliono dire , se non essenziali alla società civile , almeno naturali . 85 . Siccome poi l ' ordine , come ragiona ottimamente san Tommaso ( cfr . S . Thom . , Contra Gent . , 3 , 71; cfr . Summ . Theol . , I , q . 65 , a . 2 , i . c . ) , è l ' unità che risulta dall ' opportuna disposizione di molte cose , il vero e genuino ordine sociale esige che i vari membri della società siano collegati in ordine ad una sola cosa per mezzo di qualche saldo vincolo . La qual forza di coesione si trova infatti tanto nell ' identità dei beni da prodursi o dei servizi , da farsi , in cui converge il lavoro riunito dai datori e prestatori di lavoro della stessa categoria , quanto in quel bene comune , a cui tutte le varie classi , ciascuna per la parte sua , devono unitamente e amichevolmente concorrere . E questa concordia sarà tanto più forte e più efficace , quanto più fedelmente i singoli uomini e i vari corpi professionali si studieranno di esercitare la propria professione e di segnalarsi in essa . 86 . Dal che facilmente si deduce che in tali corporazioni primeggiano di gran lunga le cose che sono comuni a tutta la categoria . Tra esse poi principalissima è il promuovere più che mai intensamente la cooperazione della intiera corporazione dell ' arte al bene comune , cioè alla salvezza e prosperità pubblica della nazione . Quanto agli affari invece , in cui si devono specialmente procurare e tutelare i vantaggi e gli svantaggi speciali dei padroni e degli artieri , se occorrerà deliberazione , dovrà farsi dagli uni e dagli altri separatamente . 87 . Appena occorre ricordare che , con la debita proporzione , si può applicare alle corporazioni professionali quanto Leone XIII insegnò circa la forma del regime politico , che cioè resta libera la scelta di quella forma che meglio aggrada , purché si provveda alla giustizia e alle esigenze del bene comune ( enc . Immortale Dei del 1° novembre 1885 ) . 88 . Orbene , a quel modo che gli abitanti di un municipio usano associarsi per fini svariatissimi , e a tali associazioni ognuno è libero di dare o non dare il suo nome , così quelli che attendono all ' arte medesima , si uniranno pure fra loro in associazioni libere per quegli scopi che in qualche modo vanno connessi con l ' esercizio di quell ' arte . Ma poiché su tali libere associazioni già furono date ben chiare e distinte spiegazioni nell ' enciclica del Nostro Predecessore di illustre memoria , crediamo che basti ora inculcare questo solo : che l ' uomo ha libertà non solo di formare queste associazioni che sono di ordine e di diritto privato , ma anche di introdurvi quell ' ordinamento e quelle leggi che si giudichino le meglio conducenti al fine ( enc . Rerum novarum , n . 42 ) . E la stessa libertà si ha da rivendicare per le fondazioni di associazioni che sorpassino i limiti delle singole arti . Le libere associazioni poi , che già fioriscono e portano frutti salutari , si debbono aprire la via alla formazione di quelle corporazioni più perfette , di cui abbiamo già fatto menzione , e con ogni loro energia promuoverle secondo le norme della sociologia cristiana . c ) principio direttivo dell ' economia 89 . Un ' altra cosa ancora si deve procurare , che è molto connessa con la precedente . A quel modo cioè che l ' unità della società umana non può fondarsi nella opposizione di classe , cosi il retto ordine dell ' economia non può essere abbandonato alla libera concorrenza delle forze . Da questo capo anzi , come da fonte avvelenata , sono derivati tutti gli errori della scienza economica individualistica , la quale dimenticando o ignorando che l ' economia ha un suo carattere sociale , non meno che morale , ritenne che l ' autorità pubblica la dovesse stimare e lasciare assolutamente libera a sé , come quella che nel mercato o libera concorrenza doveva trovare il suo principio direttivo o timone proprio , secondo cui si sarebbe diretta molto più perfettamente che per qualsiasi intelligenza creata . Se non che la libera concorrenza , quantunque sia cosa equa certamente e utile se contenuta nei limiti bene determinati ; non può essere in alcun modo il timone dell ' economia ; il che è dimostrato anche troppo dall ' esperienza , quando furono applicate nella pratica le norme dello spirito individualistico . È dunque al tutto necessario che l ' economia torni a regolarsi secondo un vero ed efficace suo principio direttivo . Ma tale ufficio molto meno può essere preso da quella supremazia economica , che in questi ultimi tempi è andata sostituendosi alla libera concorrenza ; poiché , essendo essa una forza cieca e una energia violenta , per diventare utile agli uomini ha bisogno di essere sapientemente frenata e guidata . Si devono quindi ricercare più alti e più nobili principi da cui questa egemonia possa essere vigorosamente e totalmente governata : e tali sono la giustizia e la carità sociali . Perciò è necessario che alla giustizia sociale si ispirino le istituzioni dei popoli , anzi di tutta la vita della società ; e più ancora è necessario che questa giustizia sia davvero efficace , ossia costituisca un ordine giuridico e sociale a cui l ' economia tutta si conformi . La carità sociale poi deve essere come l ' anima di questo ordine , alla cui tutela e rivendicazione efficace deve attendere l ' autorità pubblica ; e lo potrà fare tanto più facilmente se si sbrigherà da quei pesi che non le sono propri , come abbiamo sopra dichiarato . 90 . Che , anzi , conviene che le varie nazioni , unendo propositi e forze insieme , giacché nel campo economico stanno in mutua dipendenza e debbono aiutarsi a vicenda , si sforzino di promuovere con sagge convenzioni e istituzioni una felice cooperazione di economia internazionale . 91 . Pertanto , se le membra del corpo sociale saranno così rinfrancate , e ne verrà raddrizzato il principio direttivo quale timone della economia sociale , si potrà dire in qualche modo dell ' ordine sociale ciò che dice l ' Apostolo del corpo mistico di Gesù Cristo : che tutto il corpo compaginato e connesso per via di tutte le giunture di comunicazione , in virtù della proporzionata operazione sopra di ciascun membro , prende l ' aumento proprio del corpo per la sua perfezione mediante la carità ( Ef 4 , 16 ) . 92 . Recentemente , come tutti sanno , venne iniziata una speciale organizzazione sindacale e corporativa , la quale , data la materia di questa Nostra Lettera enciclica , richiede da Noi qualche cenno e anche qualche opportuna considerazione . 93 . Lo Stato riconosce giuridicamente il sindacato e non senza carattere monopolistico , in quanto che esso solo , così riconosciuto , può rappresentare rispettivamente gli operai e i padroni , esso solo concludere contratti e patti di lavoro . L ' iscrizione al sindacato è facoltativa , ed è soltanto in questo senso che l ' organizzazione sindacale può dirsi libera ; giacché la quota sindacale e certe speciali tasse sono obbligatorie per tutti gli appartenenti a una data categoria , siano essi operai o padroni , come per tutti sono obbligatori i contratti di lavoro stipulati dal sindacato giuridico . Vero è che venne autorevolmente dichiarato che il sindacato giuridico non escluse l ' esistenza di associazioni professionali di fatto . 94 . Le Corporazioni sono costituite dai rappresentanti dei sindacati degli operai e dei padroni della medesima arte e professione , e , come veri e propri organi ed istituzioni di Stato , dirigono e coordinano i sindacati nelle cose di interesse comune . 95 . Lo sciopero è vietato ; se le parti non si possono accordare , interviene il Magistrato . 96 . Basta poca riflessione per vedere i vantaggi dell ' ordinamento per quanto sommariamente indicato ; la pacifica collaborazione delle classi , la repressione delle organizzazioni e dei conati socialisti , l ' azione moderatrice di une speciale magistratura . Per non trascurare nulla in argomento di tanta importanza , ed in armonia con i principi generali qui sopra richiamati , e con quello che inibito aggiungeremo , dobbiamo pur dire che vediamo non mancare chi teme che lo Stato si sostituisca alle libere attività invece di limitarsi alla necessaria e sufficiente assistenza ed aiuto , che il nuovo ordinamento sindacale e corporativo abbia carattere eccessivamente burocratico e politico , e che , nonostante gli accennati vantaggi generali , possa servire a particolari intenti politici piuttosto che all ' avviamento ed inizio di un migliore assetto sociale . 97 . Noi crediamo che a raggiungere quest ' altro nobilissimo intento , con vero e stabile beneficio generale , sia necessaria innanzi e soprattutto la benedizione di Dio e poi la collaborazione di tutte le buone volontà . Crediamo ancora e per necessaria conseguenza che l ' intento stesso sarà tanto più sicuramente raggiunto quanta più largo sarà il contributo delle competenze tecniche , professionali e sociali e più ancora dei principi cattolici e della loro pratica , da parte , non dell ' Azione Cattolica ( che non intende svolgere attività strettamente sindacali o politiche ) , ma da parte di quei figli Nostri che 1'Azione Cattolica squisitamente forma a quei principi ed al loro apostolato sotto la guida ed il Magistero della Chiesa ; della Chiesa , la quale anche sul terreno più sopra accennato , come dovunque si agitano e regolano questioni morali , non può dimenticare o negligere il mandato di custodia e di magistero divinamente conferitole . 98 . Se non che , quanto abbiamo detto circa la restaurazione e il perfezionamento dell ' ordine sociale , non potrà essere attuato in nessun modo , senza una riforma dei costumi come la storia stessa ce ne dà splendida testimonianza . Vi fu un tempo infatti in cui vigeva un ordinamento sociale che , sebbene non del tutto perfetto e in ogni sua parte irreprensibile , riusciva tuttavia conforme in qualche modo alla retta ragione , secondo le condizioni e la necessità dei tempi . Ora quell ' ordinamento è già da gran tempo scomparso ; e ciò veramente non perché non abbia potuto , col progredire , svolgersi e adattarsi alle mutate condizioni e necessità di cose e in qualche modo venire dilatandosi , ma perché piuttosto gli uomini induriti dall ' egoismo ricusarono di allargare , come avrebbero dovuto , secondo il crescente numero della moltitudine , i quadri di quell ' ordinamento , o perché , traviati dalla falsa libertà e da altri errori e intolleranti di qualsiasi autorità , si sforzarono di scuotere da sé ogni restrizione . 99 . Resta adunque che , dopo aver nuovamente chiamato in giudizio l ' odierno regime economico , e il suo acerrimo accusatore , il socialismo , e aver dato giusta ed esplicita sentenza sull ' uno e sull ' altro , indaghiamo più a fondo la radice di tanti mali e ne indichiamo il primo e più necessario rimedio , cioè la riforma dei costumi . III - MUTAZIONI PROFONDE DELLA SOCIETA ' DOPO LEONE XIII 100 . E veramente profonde sono le mutazioni che dai tempi di Leone XIII in qua hanno subìto tanto il regime economico quanto il socialismo . E anzitutto , che le condizioni economiche siano profondamente trasformate è una cosa a tutti evidente . E voi sapete , venerabili Fratelli e diletti Figli , che il Nostro Predecessore di f . m . nella sua enciclica contemplava soprattutto quell ' ordinamento economico con cui generalmente si contribuisce all ' attività economica dagli uni col capitale , dagli altri con il lavoro , secondo che egli definiva con felice espressione : Non può esservi capitale senza lavoro né lavoro senza capitale ( enc . Rerum novarum , n . l5 ) . 1 - Mutazioni nell ' ordinamento economico a ) relazioni fra capitale e operai 101 . Orbene , Leone XIII adottò ogni mezzo per disciplinare questo ordinamento economico , secondo le norme della rettitudine ; sicché è evidente che esso non è in sé da condannarsi . E infatti non è di sua natura vizioso : allora però viola il retto ordine , quando il capitale vincola a sé gli operai , ossia la classe proletaria , col fine e con la condizione di sfruttare a suo arbitrio e vantaggio le imprese e quindi l ' economia tutta , senza far caso , né della dignità umana degli operai , né del carattere sociale dell ' economia , né della stessa giustizia sociale e del bene comune . 102 . Vero è che neppure oggi è questo il solo ordinamento economico vigente in ogni luogo ; un ' altra forma vi è che abbraccia ancora grande moltitudine di persone , importante per numero e potere , quale , ad esempio , la classe degli agricoltori , in cui la maggior parte del genere umano si procura con probo e onesto lavoro quanto è necessario alla vita . Anche essa ha le sue angustie e le sue difficoltà , alle quali allude il Nostro Predecessore in parecchi tratti della sua enciclica e Noi pure in questa vi abbiamo più di una volta accennato . b ) capitalismo industriale 103 . Ma , l ' ordinamento capitalistico dell ' economia , col dilatarsi dell ' industrialismo per tutto il mondo , dopo l ' enciclica di Leone XIII si è venuto esso pure allargando per ogni dove , a tal punto da invadere e penetrare anche nelle condizioni economiche e sociali di quelli che si trovano fuori della sua cerchia , introducendovi in certo modo la sua impronta . 104 . Perciò quando invitiamo a studiare le trasformazioni che l ' ordinamento capitalistico dell ' economia subì dopo il tempo di Leone XIII , non solamente procuriamo il bene di coloro che abitane in paesi dominati dal capitale e dall ' industria , ma di tutto intero il genere umano . c ) concentrazione della ricchezza 105 . E in primo luogo ciò che ferisce gli occhi è che ai nostri tempi non vi è solo concentrazione della ricchezza , ma l ' accumularsi altresì di una potenza enorme , di una dispotica padronanza dell ' economia in mano di pochi , e questi sovente neppure proprietari , ma solo depositari e amministratori del capitale , di cui essi però dispongono a loro grado e piacimento . 106 . Questo potere diviene più che mai dispotico in quelli che , tenendo in pugno il danaro , la fanno da padroni ; onde sono in qualche modo i distributori del sangue stesso , di cui vive l ' organismo economico , e hanno in mano , per così dire , l ' anima dell ' economia , sicché nessuno , contro la loro volontà , potrebbe nemmeno respirare . 107 . Una tale concentrazione di forze e di potere , che è quasi la nota specifica della economia contemporanea , è il frutto naturale di quella sfrenata libertà di concorrenza che lascia sopravvivere solo i più forti , cioè , spesso i più violenti nella lotta e i meno curanti della coscienza . 108 . A sua volta poi la concentrazione stessa di ricchezze e di potenza genera tre specie di lotta per il predominio : dapprima si combatte per la prevalenza economica ; di poi si contrasta accanitamente per il predominio sul potere politico , per valersi delle sue forze e della sua influenza nelle competizioni economiche ; infine si lotta tra gli stessi Stati , o perchè le nazioni adoperano le loro forze e la potenza politica a promuovere i vantaggi economici dei propri cittadini , o perché applicano il potere e le forze economiche a troncare le questioni politiche sorte fra le nazioni . d ) funeste conseguenze 109 . Ultime conseguenze dello spirito individualistico nella vita economica sono poi quelle che voi stessi , venerabili Fratelli e diletti Figli , vedete e deplorate ; la libera concorrenza cioè si è da se stessa distrutta ; alla libertà del mercato è sottentrata la egemonia economica ; alla bramosia del lucro è seguita la sfrenata cupidigia del predominio ; e tutta l ' economia è così divenuta orribilmente dura , inesorabile , crudele . A ciò si aggiungono i danni gravissimi che sgorgano dalla deplorevole confusione delle ingerenze e servizi propri dell ' autorità pubblica con quelli della economia stessa : quale , per citarne uno solo tra i più importanti , l ' abbassarsi della dignità dello Stato , che si fa servo e docile strumento delle passioni e ambizione umane , mentre dovrebbe assidersi quale sovrano e arbitro delle cose , libero da ogni passione di partito e intento al solo bene comune e alla giustizia . Nell ' ordine poi delle relazioni internazionali , da una stessa fonte sgorgò una doppia corrente : da una parte , il nazionalismo o anche l ' imperialismo economico ; dall ' altra non meno funesto ed esecrabile , l ' internazionalismo bancario o imperialismo internazionale del denaro , per cui la patria è dove si sta bene . e ) i rimedi 110 . Ora , con quali mezzi si possa rimediare a un male così profondo , già l ' abbiamo indicato nella seconda parte di questa enciclica , dove ne abbiamo trattato di proposito sotto l ' aspetto dottrinale : qui ci basterà ricordare la sostanza del Nostro insegnamento . Essendo dunque l ' ordinamento economico moderno fondato particolarmente sul capitale e sul lavoro , devono essere conosciuti e praticati i precetti della retta ragione , ossia della filosofia sociale cristiana , concernenti i due elementi menzionati e le loro relazioni . Così , per evitare l ' estremo dell ' individualismo da una parte , come del socialismo dall ' altra , si dovrà soprattutto avere riguardo del pari alla doppia natura , individuale e sociale propria , tanto del capitale o della proprietà , quanto del lavoro . Le relazioni quindi fra l ' uno e l ' altro devono essere regolate secondo le leggi di una esattissima giustizia commutativa , appoggiata alla carità cristiana . È necessario che la libera concorrenza , confinata in ragionevoli e giusti limiti , e più ancora che la potenza economica siano di fatto soggetti all ' autorità pubblica , in ciò che concerne l ' ufficio di questa . Infine le istituzioni dei popoli dovranno venire adattando la società tutta quanta alle esigenze del bene comune cioè alle leggi della giustizia sociale ; onde seguirà necessariamente che una sezione così importante della vita sociale , qual è l ' attività economica , verrà a sua volta ricondotta ad un ordine sano e bene equilibrato . 2 - Trasformazione del socialismo 111 . Non meno profonda che quella dell ' ordinamento economico è la trasformazione che dal tempo di Leone XIII ebbe il socialismo , con cui specialmente lottò il Nostro Predecessore . Allora infatti esso poteva quasi dirsi uno e propugnatore di principi dottrinali ben definiti o raccolti in un sistema : ora invece va diviso in due partiti principali , discordanti per lo più fra loro e inimicissimi , ma pur tali che nessuno dei due si scosta dal fondamento proprio di ogni socialismo , e contrario alla fede cristiana . a ) socialismo più violento o comunismo 112 . Un partito infatti del socialismo andò soggetto alla trasformazione stessa che abbiamo spiegato sopra , rispetto all ' economia capitalistica , e precipitò nel comunismo ; il quale insegna e persegue due punti , né già per vie occulte o per raggiri , ma alla luce aperta e con tutti i mezzi , anche più violenti una lotta di classe la più accanita e l ' abolizione assoluta della proprietà privata . E nel perseguire i due intenti non v ' ha cosa che esso non ardisca , niente che rispetti : e dove si è impadronito del potere , si dimostra tanto più crudele e selvaggio , che sembra cosa incredibile e mostruosa . Di che sono prova le stragi spaventose e le rovine che esso ha accumulato sopra vastissimi paesi dell ' Europa Orientale e dell ' Asia . Quanto poi sia nemico dichiarato della santa Chiesa , e di Dio stesso , è cosa purtroppo dimostrata dall ' esperienza e a tutti notissima . Non crediamo perciò necessario premunire i figli buoni e fedeli della Chiesa contro la natura empia e ingiusta del Comunismo ; ma non possiamo tuttavia , senza un profondo dolore , vedere l ' incuria e l ' indifferenza di coloro che mostrano di non dar peso ai pericoli imminenti , e con una passiva fiacchezza lasciano che si propaghino per ogni parte quegli errori , da cui sarà condotta a morte la società tutta intera con le stragi e la violenza . Ma soprattutto meritano di essere condannati coloro che trascurano di sopprimere o trasformare quelle condizioni di cose , che esasperano gli animi dei popoli e preparano con ciò la via alla rivoluzione e alla rovina della società . b ) socialismo più mite 113 . Più moderato è l ' altro partito che ha conservato il nome di socialismo ; giacché non solo professa di rigettare il ricorso alla violenza , ma se non ripudia la lotta di classe e l ' abolizione della proprietà privata , la mitiga almeno con attenuazioni e temperamenti . Si direbbe quindi che , spaventato dei suoi principi e delle conseguenze che ne trae il comunismo , il socialismo si pieghi e in qualche modo si avvicini a quelle verità che la tradizione cristiana ha sempre solennemente insegnate ; poiché non si può negare che le sue rivendicazioni si accostino talvolta , e molto da vicino , a quelle che propongono a ragione i riformatori cristiani della società . c ) la lotta di classe 114 . La lotta di classe , infatti , quando si astenga dagli atti di inimicizia e dall ' odio vicendevole , si trasforma a poco a poco in una onesta discussione , fondata nella ricerca della giustizia : discussione che non è certo quella felice pace sociale che tutti vagheggiano , ma che può e deve essere un punto di partenza per giungere alla mutua cooperazione delle classi . Così anche la guerra dichiarata alla proprietà privata si viene sempre più calmando e restringendosi a tal segno , che alla fine non viene più assalita in sé la proprietà dei mezzi di produzione , ma una certa egemonia sociale , che la proprietà contro ogni diritto si è arrogata e usurpata . E infatti tale supremazia non deve essere propria dei semplici padroni , ma del pubblico potere . Con ciò si può giungere insensibilmente fino al punto che le massime del socialismo più moderato non discordino più dai voti e dalle rivendicazioni di coloro che , fondati sui principi cristiani , si studiano di riformare la società umana . E in verità si può ben sostenere , a ragione , esservi certe categorie di beni da riservarsi solo ai pubblici poteri , quando portano seco una tale preponderanza economica , che non si possa lasciare in mano ai privati cittadini senza pericolo del bene comune . 115 . Cotali giuste rivendicazioni e desideri non hanno più nulla che ripugni alla verità cattolica e molto meno sono rivendicazioni proprie del socialismo . Quelli dunque che a queste sole mirano , non hanno ragione di dare il nome al socialismo . 116 . Né perciò si dovrà credere che quei partiti o gruppi di socialisti , che non sono comunisti , si siano ricreduti tutti a tal segno , o di fatto o nel loro programma . No , perché essi per lo più , non rigettano né la lotta di classe , né l ' abolizione della proprietà , ma solo la vogliono in qualche modo mitigata . Senonché , essendosi i loro falsi principi così mitigati e in qualche modo cancellati , ne sorge , o piuttosto viene mosso da qualcuno , il dubbio : se per caso anche i principi della verità cristiana non si possano in qualche modo mitigare o temperare , per andare così incontro al socialismo e quasi per una via media accordarsi insieme . E vi ha di quelli che nutrono la vana speranza di trarre a noi in questo modo i socialisti . Vana speranza , diciamo . Quelli , infatti , che vogliono essere apostoli tra i socialisti , devono professare apertamente e sinceramente , nella sua pienezza e integrità , la verità cristiana , ed in nessuna maniera usare connivenza con gli errori . Che , se veramente vogliono essere banditori del Vangelo , devono studiarsi anzitutto di far vedere ai socialisti che le loro rivendicazioni , in quanto hanno di giusto , si possono molto più validamente sostenere coi principi della fede cristiana e molto più efficacemente promuovere con le forze della cristiana carità . d ) socialismo e cristianesimo 117 . Ma che dire nel caso che , rispetto alla lotta di classe e alla proprietà privata , il socialismo sia realmente così mitigato e corretto da non aver più nulla che gli si possa rimproverare su questi punti ? Ha con ciò forse rinunziato ai suoi principi , alla sua natura contraria alla religione cristiana ? Qui sta il punto , su cui molte anime si trovano esitanti . E non pochi sono pure i cattolici , i quali ben conoscendo come i principi cristiani non possono essere né abbandonati , né cancellati , sembrano rivolgere lo sguardo a questa Santa Sede e domandare con ansia , che decidiamo se questo socialismo si sia ricreduto dei suoi errori a tal segno , che senza pregiudizio di nessun principio cristiano , si possa ammettere e in qualche modo battezzare . Ora per soddisfare , secondo la Nostra sollecitudine paterna , a questi desideri , proclamiamo che il socialismo , sia considerato come dottrina , sia considerato come fatto storico , sia come « azione » , se resta veramente socialismo , anche dopo aver ceduto alla verità e alla giustizia su questi punti che abbiamo detto , non può conciliarsi con gli insegnamenti della Chiesa cattolica . Giacché il suo concetto della società è quanto può dirsi opposto alla verità cristiana . 118 . Infatti , secondo la dottrina cristiana , il fine per cui l ' uomo dotato di una natura socievole , si trova su questa terra , è questo che , vivendo in società e sotto un ' autorità sociale ordinata da Dio ( cfr . Rom 13,1 ) , coltivi e svolga pienamente tutte le sue facoltà a lode e gloria del Creatore ; e adempiendo fedelmente i doveri della sua professioni o della sua vocazione , qualunque sia , giunga alla felicità temporale ed insieme alla eterna . Il socialismo al contrario , ignorando o trascurando del tutto questo fine sublime , sia dell ' uomo come della società , suppone che l ' umano consorzia non sia istituito se non in vista del solo benessere . 119 . Infatti , da ciò che una divisione conveniente del lavoro , più efficacemente che lo sforzo diviso degli individui , assicura la produzione , i socialisti deducono che l ' attività economica , nella quale essi considerano solamente il fine materiale , deve per necessità essere condotta socialmente . E da siffatta necessità , secondo essi , deriva che gli uomini sono costretti , per ciò che riguarda la produzione , a sottomettersi interamente alla società ; anzi il possedere una maggiore abbondanza di ricchezze che possa servire alle comodità della vita , è stimato tanto che gli si debbono posporre i beni più alti dell ' uomo , specialmente la libertà , sacrificandoli tutti alle esigenze di una produzione più efficace . Questo pregiudizio dell ' ordinamento « socializzato » della produzione portato alla dignità umana , essi credono che sarà largamente compensato dall ' abbondanza dei beni , che gli individui ne ritrarranno per poterli applicare alle comodità e alle convenienze della vita secondo i loro piaceri . La società dunque , qual è immaginata dal socialismo , non può esistere né concepirsi disgiunta da una costrizione veramente eccessiva , e d ' altra parte resta in balia di una licenza non meno falsa , perché mancante di una vera autorità sociale : poiché questa non può fondarsi sui vantaggi temporanei e materiali , ma solo può venire da Dio Creatore e fine ultimo di tutte le case ( enc . Diuturnum del 9 giugno 1881 ) . 120 . Che se il socialismo , come tutti gli errori , ammette pure qualche parte di vero ( il che del resto non fu mai negato dai Sommi Pontefici ) , esso tuttavia si fonda su una dottrina della società umana , tutta sua propria e discordante dal vero cristianesimo . Socialismo religioso e socialismo cristiano sono dunque termini contraddittori : nessuno può essere buon cattolico ad un tempo e vero socialista . 121 . Tutte queste verità pertanto , da Noi richiamate e confermate solennemente con la Nostra autorità , si debbono applicare del pari a una totale nuova forma o condotta del socialismo poco nota finora in verità , ma che al presente si va diffondendo tra molti gruppi di socialisti . Esso attende soprattutto a informare di sé gli animi e i costumi ; particolarmente alletta sotto colore di amicizia la tenera infanzia per trascinarla , seco , ma abbraccia altresì la moltitudine degli uomini adulti ; per formare in fine « l ' uomo socialistico » , sul quale vuole appoggiare l ' umana società plasmata secondo le massime del socialismo . 122 . Senonché , avendo Noi spiegato già largamente nella Nostra enciclica Divini illius Magistri su quali principi si fondi e quali fini intenda l ' educazione cristiana ( enc . Divini illius Magistri del 31 dicembre 1929 ) , è tanto chiaro ed evidente che ad essi contraddice quanto fa e cerca il socialismo educatore , che non occorre altra dichiarazione . Ma quanto siano gravi e terribili i pericoli che questo socialismo porta seco , sembra che l ' ignorino o non vi diano gran peso coloro che non si curano punto di resistervi con zelo e coraggio secondo la gravità della cosa . È Nostro dovere pastorale quindi mettere costoro in guardia dal danno gravissimo e imminente , e si ricordino tutti che di cotesto socialismo educatore è padre bensì il liberalismo , ma l ' erede è e sarà il bolscevismo . e ) diserzione dei cattolici verso il socialismo 123 . Da ciò , venerabili Fratelli , voi potete intendere , con quanto dolore vediamo , in taluni paesi specialmente , non pochi dei Nostri figli - di cui non possiamo persuaderci che abbiano abbandonato del tutto la vera fede e la buona volontà - aver disertato il campo della Chiesa per passare alle file del socialismo : gli uni professandosi apertamente socialisti e professandone le dottrine ; gli altri per indifferenza , o anche con ripugnanza , per aggregarsi alle associazioni che si professano o sono di fatto socialistiche . 124 . Con paterna ansietà Noi andiamo pensando e investigando come sia potuto accadere una tanta aberrazione , e Ci sembra di sentire che molti di essi Ci rispondano a loro scusa : la Chiesa e quelli che alla Chiesa si proclamano più aderenti , favoriscono i ricchi , trascurando gli operai e non se ne dànno pensiero alcuno : perciò questi hanno dovuto , al fine di provvedere a sé , aggregarsi alle schiere dei socialisti . 125 . Ed è questa , senza dubbio , cosa ben lacrimevole , venerabili Fratelli , che vi siano stati e ancora vi siano di quelli che , dicendosi cattolici , quasi non ricordino la legge sublime della giustizia e della carità , la quale non solamente ci prescrive di dare a ciascuno quello che gli tocca , ma ancora di soccorrere ai nostri fratelli indigenti come a Cristo medesimo ( Lett . di S . Giacomo , c . 2 ) ; e , cosa ancora più grave , per ansia di guadagno non temono di opprimere i lavoratori . E vi ha pure chi abusa della religione stessa , facendo del suo nome un paravento alle proprie ingiuste vessazioni per potersi sottrarre alle rivendicazioni pienamente giustificate degli operai . Noi non cesseremo mai di riprovare una simile condotta ; poiché sono costoro la causa per cui la Chiesa , senza averlo punto meritato , ha potuto aver l ' apparenza , e quindi essere accusata , di prendere parte per i ricchi e di non aver alcun senso di pietà per le pene di quelli che si trovano come diseredati della loro parte di benessere in questa vita . Ma che questa apparenza e questa accusa sia immeritata ed ingiusta , tutta la storia della Chiesa dà testimonianza ; e l ' enciclica stessa , di cui celebriamo l ' anniversario , è la più splendida prova della somma ingiustizia di simili contumelie e calunnie , lanciate contro la Chiesa e i suoi insegnamenti . f ) paterno invito a ritornare 126 . Ma per quanto provocati dagli insulti e trafitti nel cuore di padre , siamo ben lungi dal rigettare da Noi questi figli , sebbene così miseramente traviati e lontani dalla verità e dalla salvezza . Con tutto l ' ardore anzi e con tutta la più viva sollecitudine li invitiamo a ritornare al materno seno della Chiesa . E Dio faccia che prestino orecchio alla Nostra voce ! Ritornino donde sono partiti , alla casa cioè del Padre e ivi perseverino dove è il loro proprio luogo , tra le file cioè di quelli che seguendo gli insegnamenti di Leone XIII , da Noi ora solennemente rinnovati , si studiano di restaurare la società secondo lo spirito della Chiesa , rassodandovi la giustizia e la carità sociale . E si persuadano essi che non potranno mai trovare altrove una felicità maggiore , anche su questa terra , se non vicino a Colui che per amore nostro « essendo ricco , diventò povero , affinché dalla povertà di Lui diventassimo ricchi » ( 2 Cor 8,9 ) , che fu povero e in mezzo alle fatiche fino dalla sua giovinezza , che invita a sé tutti gli oppressi dalla fatica e dalle afflizioni per dar loro un pieno conforto nella carità del suo Cuore ( Mt 11,28 ) ; e che infine , senza accettazione di persone , richiederà di più da quelli ai quali avrà dato di più ( cfr . Luc 12,48 ) , e renderà a ciascuno secondo il suo operato ( Mat 16,27 ) . 3 - Rinnovamento dei costumi 127 . Ma se consideriamo la cosa con più diligenza e più a fondo , chiaramente vediamo che a questa tanto desiderata restaurazione sociale deve precedere l ' interno rinnovamento dello spirito cristiano , dal quale purtroppo si sono allontanati tanti di coloro che si occupano di cose economiche ; se no , tutti gli sforzi cadranno a vuoto , non costruendosi l ' edificio sulla roccia , ma su la mobile arena ( cfr . Mat 7,24 ) . 128 . E infatti , venerabili Fratelli e diletti figli , abbiamo dato uno sguardo all ' odierno ordinamento economico , e l ' abbiamo trovato guasto profondamente . Di poi , richiamato a nuovo esame il comunismo e il socialismo , e tutte le loro forme , anche più mitigate , abbiamo trovato che sono molto lontani dagli insegnamenti del Vangelo . 129 . Quindi , per usare le parole del Nostro Predecessore , se un rimedio si vuole dare alla società umana , questo non sarà altro che il ritorno alla vita e alle istituzioni cristiane ( enc . Rerum novarum , n . 22 ) . Giacché questo solo può distogliere gli occhi degli uomini affascinati e al tutto immersi nelle cose transitorie di questo mondo , e innalzarli al cielo : questo solo può portare efficace rimedio alla troppa sollecitudine per i beni caduchi , che è l ' origine di tutti i vizi . Del quale rimedio chi può negare che la società umana non abbia al presente un sommo bisogno ? a ) il principale disordine dell ' odierno sistema : il danno delle anime 130 . Tutti restano quasi unicamente atterriti dagli sconvolgimenti , dalle stragi , dalle rovine temporali . Ma se consideriamo i fatti con occhio cristiano , com ' è dovere , che cosa sono tutti questi mali in paragone della rovina delle anime ? Eppure si può dire senza temerità essere tale oggi l ' andamento della vita sociale ed economica , che un numero grandissimo di persone trova le difficoltà più gravi nell ' attendere a quell ' uno necessario all ' opera capitale fra tutte , quella della propria salute eterna . 131 . Di queste innumerevoli pecorelle costituiti Pastore e Tutore dal Principe dei Pastori , che le redense col suo sangue , non possiamo contemplare con indifferenza tale sommo pericolo ; che anzi , memori dell ' ufficio pastorale , con paterna sollecitudine andiamo di continuo ripensando come recare ad esse aiuto , ricorrendo altresì allo studio indefesso di altri , che vi sono impegnati per debito di giustizia e di carità . Che cosa gioverebbe infatti che gli uomini con più saggio uso delle ricchezze si rendessero più capaci di fare acquisto anche di tutto il mondo , se poi ne ricevessero danno per l ' anima ? ( cfr . Mat 15,26 ) . Che cosa gioverebbe insegnar loro sicuri principi intorno alla economia , se poi si lasciano trascinare dalla sfrenata cupidigia e dal gretto amore proprio a tal segno che pur avendo udito gli ordini del Signore , abbiano poi a fare tutto all ' opposto ! ( cfr . Fudic . 2,17 ) . b ) cause del danno spirituale 132 . Questa defezione della vita sociale ed economica dalla legge cristiana e l ' apostasia che ne consegue di molti operai dalla fede cattolica , hanno la loro radice e la loro fonte negli affetti disordinati dell ' anima , triste conseguenza del peccato originale che ha distrutto l ' equilibrio meraviglioso delle facoltà umane ; sicché l ' uomo facilmente trascinato da perverse cupidigie , viene fortemente spinto ad anteporre i beni caduchi di questo mondo a quelli imperituri del cielo . Di qui una sete insaziabile di ricchezze e di beni temporali che , se in ogni tempo fu solita a spingere gli uomini a trasgredire le leggi di Dio e calpestare i diritti del prossimo , oggi col moderno ordinamento economico , offre alla fragilità umana incentivi assai più numerosi . E poiché l ' instabilità della vita economica e specialmente del suo organismo , richiede uno sforzo sommo e continuo di quanti vi si applicano , alcuni vi hanno indurito la coscienza a tal segno che si danno a credere lecita l ' aumentare i guadagni in qualsiasi modo e difendere poi con ogni mezzo dalle repentine vicende della fortuna le ricchezze accumulate con tanti sforzi . I facili guadagni , che l ' anarchia del mercato apre a tutti , allettano moltissimi allo scambio e alla vendita , e costoro unicamente agognando di fare guadagni pronti e con minima fatica , con la sfrenata speculazione fanno salire e abbassare i prezzi secondo il capriccio e l ' avidità loro , con tanta frequenza , che mandano fallite tutte le sagge previsioni dei produttori . Le disposizioni giuridiche poi , ordinate a favorire la cooperazione dei capitali , mentre dividono la responsabilità e restringono il rischio del negoziare , hanno dato ansa alla più biasimevole licenza ; giacché vediamo che , scemato l ' obbligo di dare i conti , viene attenuato il senso di responsabilità nelle anime , e sotto la coperta difesa di una società che chiamano anonima , si commettono le peggiori ingiustizie e frodi , e i dirigenti di queste associazioni economiche , dimentichi dei loro impegni , tradiscono non rare volte i diritti di quelli di cui avevano preso ad amministrare i risparmi . Né per ultimo si può omettere di condannare quegli ingannatori che , non curandosi di soddisfare alle oneste esigenze di chi si vale dell ' opera loro , non si peritano invece di aizzare le cupidigie umane , per venirle poi sfruttando a proprio guadagno . 133 . Questi così gravi inconvenienti non potevano essere emendati , o piuttosto prevenuti , se non da una severa disciplina morale , rigidamente mantenuta dall ' autorità sociale . Ma questa purtroppo mancò . Infatti , avendo il nuovo ordinamento economico cominciato appunto quando le massime del razionalismo erano penetrate in molti e vi avevano messo radici , ne nacque in breve una scienza economica separata dalla legge morale ; e per conseguenza alle passioni umane si lasciò libero il freno . Quindi avvenne che in molto maggior numero di prima furono quelli che non si diedero più pensiero di altro che di accrescere ad ogni costo la loro fortuna , e cercando sopra tutte le cose e in tutto i loro propri interessi , non si fecero coscienza neppure dei più gravi delitti contro gli altri . I primi poi che si misero per questa via larga . che conduce alla perdizione ( cfr . Mat 7,13 ) , trovarono molti imitatori della loro iniquità sia per l ' esempio della loro appariscente riuscita , sia per il fasto insolito delle loro ricchezze , sia per il deridere che fecero , quasi vittima di scrupoli insulsi , la coscienza altrui , sia infine schiacciando i loro competitori più timorosi . 134 . Così , traviando dal retto sentiero i dirigenti della economia , fu naturale che anche il volgo degli operai venisse precipitando nello stesso abisso , e ciò tanto più che molti sovraintendenti delle officine sfruttavano i loro operai , come semplici macchine , senza curarsi delle loro anime , anzi neppure pensando ai loro interessi superiori . E in verità fa orrore il considerare i gravissimi pericoli a cui sono esposti nelle moderne officine i costumi degli operai ( dei giovani specialmente ) e il pudore delle giovani e delle donne , gli impedimenti che spesso il presente ordinamento economico e soprattutto le condizioni affatto irrazionali dell ' abitazione recano all ' unione e alla intimità della vita di famiglia ; alle difficoltà di santificare debitamente i giorni di festa ; all ' universale indebolimento di quel senso veramente cristiano , onde prima anche persone rozze e ignoranti , sapevano elevarsi ad alti ideali , laddove ora è sottentrata l ' unica ansia di procacciarsi comecchessia la vita quotidiana . E così il lavoro corporale , che la divina Provvidenza , anche dopo il peccato originale , aveva stabilito come esercizio in bene del corpo insieme e dell ' anima , si viene convertendo in uno strumento di perversione : la materia inerte , cioè esce nobilitata dalla fabbrica , le persone invece si corrompono e si avviliscono . 4 - Rimedi a ) cristianizzazione della vita economica 135 . A una strage così dolorosa di anime , che durando farà cadere a vuoto ogni sforzo di rigenerazione della società , non si può rimediare altrimenti se non col ritorno manifesto e sincero degli uomini alla dottrina evangelica , ai precetti cioè di Colui che solo ha parole di vita eterna ( cfr . Giov 6,70 ) , e quindi parole tali che , passando cielo e terra , esse non passeranno mai ( cfr . Mat 24,35 ) . Così quanti sono veramente sperimentati nelle cose sociali , invocano con ardore quella che chiamano perfetta « realizzazione » della vita economica . Ma un tale ordinamento , che Noi pure ardentemente desideriamo e con fervido studio promuoviamo , riuscirà incompleto e imperfetto , se tutte le forme dell ' attività umana amichevolmente non si accordano ad imitare ed a raggiungere , per quanto è dato all ' uomo , la meravigliosa unità del disegno divino ; quell ' ordine perfetto , diciamo , che a gran voce la Chiesa proclama e la stessa retta ragione richiede : che cioè le cose tutte siano indirizzate a Dio come a primo supremo termine di ogni attività creata , e tutti i beni creati siano riguardati come semplici mezzi , dei quali in tanto si deve far uso in quanto conducono al fine supremo . 136 . Né si deve credere che perciò le professioni lucrative siano meno stimate ovvero ritenute come poco conformi alla dignità umana . Al contrario , anzi , noi impariamo a riconoscere in esse con venerazione la manifesta volontà del Creatore , il quale ha posto l ' uomo sulla terra perché la venga lavorando , facendola servire alle sue molteplici necessità . Né si proibisce a quelli che attendono alla produzione , l ' accrescere nei giusti e debiti modi la loro fortuna ; anzi la Chiesa insegna essere giusto che chiunque serve alla comunità e l ' arricchisce con l ' accrescere i beni della comunità stessa , ne divenga anch ' egli più ricco , secondo la sua condizione , purché tutto ciò si cerchi col debito ossequio alla legge di Dio e senza danno dei diritti altrui e se ne faccia un uso conforme all ' ordine della fede e della retta ragione . 137 . Che se queste norme saranno da tutti , in ogni luogo e sempre mantenute , non solamente la produzione e l ' acquisto dei beni , ma anche l ' uso delle ricchezze , che ora si vede così spesso disordinato , verrà tosto ricondotto nei limiti della equità e della giusta distribuzione . Così alla sordida cupidigia dei soli interessi propri , che è l ' obbrobrio e il grande peccato del nostro secolo , si opporrà davvero e col fatto la regola , soavissima insieme ed efficacissima , della moderazione cristiana , onde l ' uomo deve cercare anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia , ritenendo per certo che i beni temporali gli saranno dati per giunta , in quanto avrà bisogno , in forza della sicura promessa della liberalità divina ( cfr . Mat 6,33 ) . b ) legge della carità 138 . Se non che per assicurare appieno queste riforme , è necessario che si aggiunga alla legge della giustizia , la legge della carità la quale è il vincolo della perfezione ( Col 3,14 ) . Quanto dunque s ' ingannano quei riformatori imprudenti , i quali solo curando l ' osservanza della giustizia e della sola giustizia commutativa , rigettano con alterigia il concorso della carità ! Certo , la carità non può essere chiamata a fare le veci della giustizia , dovuta per obbligo e iniquamente negata . Ma quando pure si supponga che ciascuno abbia ottenuto tutto ciò che gli spetta di diritto , resterà sempre un campo larghissimo alla carità . La sola giustizia , infatti , anche osservata con la maggiore fedeltà , potrà bene togliere di mezzo le cause dei conflitti sociali , non già unire i cuori e stringere insieme la volontà . 139 . Ora tutte le istituzioni ordinate a consolidare la pace e promuovere il mutuo soccorso tra gli uomini , per quanto sembrino perfette , hanno il loro precipuo fondamento di sodezza nel legame vicendevole , delle volontà onde i soci vanno uniti fra loro ; e mancando questo , come spesso vediamo per esperienza , riescono vane le migliori prescrizioni . Una vera intesa di tutti ad uno stesso bene comune non potrà dunque aversi altrimenti , che quando tutte le parti della società sentano di essere membri di una sola grande famiglia e figli di uno stesso Padre celeste , anzi di essere un solo corpo in Cristo e membri gli uni degli altri ( Rom 12,0 ) in modo che se un membro patisce , patiscono insieme tutti gli altri ( 1Cor 12,26 ) . Allora soltanto i ricchi e gli altri dirigenti muteranno la primitiva loro freddezza verso i loro fratelli più poveri , in calda e operosa affezione ; ne accoglieranno le giuste domande con volto benigno e cuore largo , e , al bisogno , ne perdoneranno anche cordialmente le colpe e gli errori . Gli operai poi , dal loro canto , deposto sinceramente ogni sentimento di odio e di invidia , che i fautori della lotta di classe sfruttano tanto astutamente , non solo non disdegneranno il posto loro assegnato dalla Provvidenza divina nella società umana , ma l ' avranno anzi in gran pregio , perché ben consapevoli di cooperare davvero utilmente e onoratamente , ciascuno secondo il proprio grado e ufficio , al bene comune , e seguendo in ciò più da vicino gli esempi di Colui che , essendo Dio , ha voluto essere sulla terra un operaio e stimato figlio di operaio . c ) difficoltà dell ' impresa 140 . Da questa nuova diffusione pertanto dello spirito evangelico nel mondo , che è spirito di moderazione cristiana , e di carità universale , sorgerà , speriamo , quella piena e desideratissima restaurazione della umana società in Cristo e quella pace di Cristo nel regno di Cristo a cui fin dall ' inizio del Nostro Pontificato abbiamo fermamente proposto di consacrare tutte le Nostre cure e la Nostra pastorale sollecitudine ( cfr . lett . enc . Ubi arcano del 23 dicembre 1922 ) . E voi pure , venerabili Fratelli , che insieme con Noi per mandato dello Spirito Santo governate la Chiesa di Dio ( cfr . At 20,28 ) , con molto lodevole zelo allo stesso intento , come a cosa capitale e al presente più necessaria che mai , indefessamente lavorate , in tutte quante le parti del mondo , anche nei paesi delle sacre Missioni tra gl ' infedeli . A voi dunque siano date le meritate lodi , ed insieme con voi a quelli tutti , siano chierici o laici , che vediamo con gioia esservi ogni giorno compagni e validi cooperatori della stessa opera grandiosa . Diciamo i diletti figli Nostri iscritti all ' Azione Cattolica , i quali con particolare studio si occupano con Noi della questione sociale , in quanto questa spetta e compete alla Chiesa , per la sua stessa divina istituzione . E Noi li esortiamo tutti caldamente . nel Signore che non tralascino fatiche , non si lascino vincere da difficoltà , ma crescano ogni giorno più nello zelo e nel vigore ( cfr . Deut 31,7 ) . Ardua , per certo , è l ' impresa che loro proponiamo , giacché ben sappiamo che da una parte e dall ' altra , sia tra le classi superiori come tra le inferiori della società , si oppongono in gran numero ostacoli e difficoltà da superare ; ma non perciò si perdano essi di animo , né si lascino a nessun conto distogliere dal proposito . L ' affrontare aspre battaglie è proprio dei cristiani ; sostenere gravi fatiche è proprio di quelli che , quali buoni soldati di Cristo , lo seguono più da vicino ( cfr . 2 Tim . 2,3 ) . 141 . Fidati dunque nell ' onnipotente aiuto di Colui che vuole salvi gli uomini tutti ( cfr . Tim . 2,4 ) , procuriamo con tutte le forze di giovare a quelle anime infelici , lontane da Dio , e distaccandole dalle cure temporali , nelle quali troppo si avviluppano , insegniamo loro a volgere con fiducia il desiderio alle cose eterne . Il che talvolta si otterrà più agevolmente di quanto a prima vista non sembrava forse sperabile ; poiché , se nell ' intimo dell ' uomo anche più rotto all ' iniquità si nascondono , come favilla sotto la cenere , delle mirabili forze spirituali , testimoni non dubbi di quell ' anima naturalmente cristiana , quanto più nel cuore di tanti altri che furono indotti in errore piuttosto per ignoranza e per le circostanze esteriori . 142 . Del resto , alcuni lieti indizi di sociale rinnovamento si presagiscono già nelle stesse ordinate schiere degli operai , tra cui con somma Nostra allegrezza , vediamo anche folti stuoli di giovani cattolici , i quali con docilità ricevono le ispirazioni della grazia divina e con incredibile zelo si studiano di guadagnare a Cristo i propri compagni . Né meritano minor lode i capi delle associazioni operaie , i quali , posposti i propri interessi e unicamente solleciti del bene dei propri compagni si sforzano di conciliare e promuovere con prudenza le loro giuste rivendicazioni con la prosperità di tutta la maestranza , né per qualsivoglia impedimento o aspetto si lasciano rimuovere da questo nobile impiego . Che anzi vediamo pure in gran numero giovani destinati o per ingegno o per ricchezze ad occupare tra poco un bel posto tra i dirigenti della società , i quali si applicano con più intenso studio alle questioni sociali , e danno liete speranze di dedicarsi un giorno pienamente all ' opera della restaurazione sociale . d ) la via da seguire 143 . Le condizioni presenti , venerabili Fratelli , ci additano la via che occorre tenere . Come in altre età della storia della Chiesa , noi dobbiamo lottare con un mondo ricaduto in gran parte nel paganesimo . Ora per ricondurre a Cristo le classi diverse di uomini che l ' hanno rinnegato , è necessario anzitutto scegliere nel loro seno e formare ausiliari della Chiesa , che ne comprendano lo spirito e i desideri e sappiano parlare ai loro cuori con senso di fraterno amore . I primi ed immediati apostoli degli operai , devono essere operai ; industriali e commercianti , gli apostoli degli industriali e degli uomini di commercio . 144 . A Voi soprattutto , venerabili Fratelli , e al vostro Clero spetta cercare con diligenza , scegliere con prudenza , formare ed istruire con opportunità questa schiera di laici apostoli , sia di operai come di padroni . Un ' opera certamente ardua s ' impone ai sacerdoti , e per sostenerla , tutti quelli che crescono nelle speranze della Chiesa , debbono venirsi preparando con lo studio assiduo delle cose sociali . Ma soprattutto è necessario che quelli da Voi applicati in modo particolare a questo ministero , si mostrino tali , cioè forniti di tanto squisito senso di giustizia , da opporsi con una costanza del tutto virile , alle rivendicazioni esorbitanti ed alle ingiustizie , da qualunque parte vengano ; è necessario che siano segnalati per prudenza e discrezione lontana da qualsiasi esagerazione ; ma specialmente che siano intimamente compenetrati della carità di Cristo , che sola vale a sottomettere con forza e soavità i cuori e le volontà degli uomini alle leggi della giustizia e dell ' equità . Questa è la via già più di una volta raccomandata dal felice esito , e che ora si deve seguire con ogni alacrità e senza titubanze . 145 . Quanto poi ai cari figli Nostri scelti ad un ' opera così grande , vivamente li esortiamo nel Signore a consacrarsi totalmente alla formazione delle anime loro affidate ; e nell ' adempimento di questo ufficio il più sacerdotale ed apostolico , con opportunità si avvalgano di tutti i mezzi più efficaci dell ' educazione cristiana , come istruzione della gioventù , istituzione di cristiane associazioni , fondazioni di circoli di studio , conformi alla regola della fede . Ma soprattutto facciano grande stima e applichino al bene dei loro discepoli quel mezzo preziosissimo di rinnovamento individuale e sociale che Noi abbiamo additato negli Esercizi spirituali con . l ' enciclica Mens Nostra . Nella quale enciclica abbiamo esplicitamente ricordato e caldamente raccomandato , con gli Esercizi a pro dei laici tutti , anche i Ritiri in specie utilissimi per gli operai ( enc . Mens Nostra del 20 dicembre 1929 ) . In questa scuola dello spirito infatti non solo si formano gli ottimi cristiani , ma anche si addestrano i veri apostoli per qualsiasi condizione di vita , riscaldandosi alla fiamma del Cuore di Gesù Cristo . Da questa scuola , come gli Apostoli dal Cenacolo di Gerusalemme , usciranno uomini fortissimi nella fede , di costanza invitta nelle persecuzioni , ardenti di zelo e premurosi unicamente di propagare per ogni dove il regno di Cristo . 146 . E certamente , ai nostri tempi più che mai si ha bisogno di tali valorosi soldati di Cristo che si affatichino con tutte le forze a preservare la famiglia umana dalla spaventosa rovina che la incoglierebbe , se , col disprezzo degli insegnamenti del Vangelo , si lasciasse prevalere un ordine di cose che conculcano le leggi della natura non meno che quelle di Dio . La Chiesa di Cristo edificata sulla pietra incrollabile , non ha nulla da temere per sé , ben sapendo che le porte dell ' inferno non prevarranno mai contro di essa ( cfr . Mat 16,18 ) ; sicura come é , per la prova dell ' esperienza di tanti secoli , che dalle tempeste anche più violente uscirà sempre più forte e gloriosa di nuovi trionfi . Ma il suo cuore di madre non può non commuoversi ai mali innumerevoli che queste tempeste accumulerebbero sopra migliaia di uomini , e soprattutto agli enormi danni spirituali che ne sgorgherebbero a rovina di tante anime redente dal sangue di Cristo . 147 . Tutto dunque deve essere tentato per distogliere la società umana da mali così grandi . A ciò debbono tendere le nostre fatiche , a ciò le nostre cure e le nostre continue e ferventi preghiere a Dio . Perché mediante il soccorso della grazia divina noi abbiamo in mano la sorte della famiglia umana . 148 . Non permettiamo dunque , venerabili Fratelli e diletti Figli , che i figliuoli di questo secolo si mostrino più accorti , nel loro genere , di noi i quali per divina bontà siamo i figliuoli della luce ( cfr . Luc 16,18 ) . Noi infatti vediamo con quale meravigliosa sagacia si adoperino a scegliersi aderenti operosi e formarseli atti a diffondere sempre più largamente i loro errori fra tutte le classi e in tutte le parti del mondo . Quando poi prendono ad impugnare la Chiesa di Cristo , li vediamo mettere a tacere le varie loro interne dissenzioni e costituire come un solo concorde esercito per raggiungere con l ' unione delle forze il comune intento . e ) unione e cooperazione di tutti i buoni 149 . Ora , nessuno certamente ignora a quante e quanto grandi opere si stenda dappertutto l ' indefesso zelo dei cattolici , sia in ordine al bene sociale ed economico , sia in materia scolastica e religiosa . Ma questa azione mirabile e faticosa non di rado perde di efficacia per la troppa dispersione delle forze . Si uniscano dunque tutti gli uomini di buona volontà quanti sotto la guida dei Pastori della Chiesa amano di combattere questa buona e pacifica battaglia di Cristo ; e tutti , sotto la guida ed il magistero della Chiesa , secondo il genio , le forze , la condizione di ciascuno , cerchino di contribuire in qualche misura a quella cristiana restaurazione della società , che Leone XIII auspicò con l ' immortale enciclica Rerum novarum ; non mirando a se stesso e agli interessi propri , ma a quelli di Gesù Cristo ( cfr . Fil 2,21 ) ; non , pretendendo di imporre le proprie idee , comunque belle ed opportune esse sembrino , ma mostrandosi disposti a rinunziarvi per il bene comune , affinché in tutto e soprattutto Cristo regni , Cristo imperi , e al quale sia onore e gloria e potere nei secoli ( cfr . Apoc 5,13 ) . Benedizione finale 150 . E perché così felicemente avvenga , a Voi tutti , venerabili Fratelli e diletti figli , quanti fate parte dell ' immensa famiglia cattolica a Noi affidata , ma con un particolare affetto del Nostro cuore agli operai e a quanti altri lavorano nelle arti manuali , dalla divina Provvidenza a Noi più vivamente raccomandati , come pure ai padroni ed imprenditori cristiani , impartiamo con paterno amore l ' Apostolica Benedizione . Dato a Roma , presso san Pietro , il 15 maggio 1931 , anno decimo del Nostro Pontificato . PIO PP . XI