Miscellanea ,
POCHE
PAROLE
PER
CAPIRCI
ALLA
PRIMA
.
Questo
libro
non
è
per
gli
strategici
e
molto
meno
pei
letterati
;
un
cruscante
,
leggendolo
,
avrebbe
di
che
arricciare
il
naso
moltissime
volte
;
un
soldato
di
quelli
che
vanno
per
la
maggiore
,
giurerebbe
che
lo
scrivente
sa
di
arte
di
guerra
,
quanto
sa
d
'
ortografia
un
'
analfabeta
;
nè
io
dicerto
vorrei
sfegatarmi
per
far
cambiar
loro
opinione
;
io
non
l
'
ho
mai
pretesa
a
linguista
ed
ho
una
vecchia
ruggine
con
chi
si
arrovella
,
per
studiare
il
sistema
di
ammazzare
più
gente
che
può
.
I
miei
non
sono
che
appunti
;
appunti
presi
al
chiaro
di
luna
,
nel
silenzio
degli
avamposti
o
nel
cicaleggio
giocondo
e
spigliato
della
caserma
;
tra
il
fischiar
delle
palle
e
le
canzoni
entusiastiche
,
tra
una
bestemmia
e
una
lacrima
,
in
mezzo
alla
baldoria
e
ai
cadaveri
,
ai
generosi
proponimenti
e
alle
continue
disillusioni
,
nasce
spontanea
in
chiunque
abbia
del
cuore
,
una
filosofia
che
l
'
arcigno
e
pettoruto
pedante
non
crederebbe
possibile
in
una
vita
scapigliata
,
chiassona
,
piena
d
'
emozioni
,
ma
sempre
senza
pensieri
,
quale
è
la
vita
del
campo
.
E
di
tali
riflessioni
,
ispirate
dai
fatti
ora
tristi
,
ora
gloriosi
,
di
cui
fummo
gran
parte
,
può
essere
che
qua
e
là
se
ne
trovino
anche
in
questi
appunti
,
che
raffazzonati
alla
meglio
,
ora
ardisco
di
offrire
ai
miei
buoni
lettori
,
persuaso
che
,
se
non
avranno
altro
merito
,
avranno
certamente
quello
di
essere
dettati
dalla
verità
,
mai
da
rancore
o
da
invidia
.
Se
arrivato
all
'
ultima
pagina
,
qualcuno
che
avrà
avuto
l
'
eroismo
di
seguirmi
fin
là
,
volgerà
un
pensiero
pietoso
ai
poveri
martiri
,
che
ignorati
si
giacciono
nell
'
estese
pianure
sotto
Fontaine
e
Talant
e
resterà
persuaso
che
i
pochi
,
i
quali
per
la
causa
più
santa
che
si
sia
dibattuta
in
questi
ultimi
tempi
lasciarono
interessi
e
famiglia
,
quantunque
disconosciuti
e
non
aiutati
da
chi
aveva
il
dovere
di
aiutarli
,
hanno
fatto
tutto
quello
che
umanamente
era
loro
possibile
per
far
trionfare
la
idea
,
battendosi
da
prodi
,
e
non
mostrandosi
indegni
di
quella
camicia
rossa
,
che
da
gente
abietta
e
codarda
si
voleva
condannare
al
Bargello
,
io
sarò
più
che
contento
,
io
potrò
dire
che
il
mio
povero
libro
ha
raggiunto
il
suo
scopo
.
CAPITOLO
I
.
-
Bada
bene
che
domani
ti
aspettiamo
a
Livorno
.
-
Non
ne
dubitate
...
Brucio
anche
io
dal
desiderio
di
lasciar
queste
lastre
.
-
Allora
siamo
intesi
?
-
Intesisissimi
.
-
A
domani
dunque
!
...
E
tutti
,
e
tre
ci
stringemmo
vicendevolmente
la
mano
,
e
si
stava
per
congedarci
,
quando
tutto
a
un
tratto
un
prolungato
mormorio
ci
giunge
all
'
orecchio
:
è
un
accorrere
di
gente
,
uno
spalancarsi
improvviso
di
finestre
e
di
usciali
di
botteghe
vicine
,
un
domandare
e
un
rispondere
,
un
incomposto
gridìo
di
ragazzi
,
un
esclamare
di
donne
,
continuo
e
in
tuono
di
spavento
.
-
Che
ci
sia
la
rivoluzione
?
-
Domandò
un
mio
compagno
che
da
circa
quindici
giorni
non
sognava
che
sangue
e
trambusti
.
Senza
rispondere
alla
strana
supposizione
,
mossi
dalla
curiosità
escimmo
tutti
dalla
bottega
di
caffè
,
nella
quale
eravamo
seduti
.
Qual
magnifico
spettacolo
non
ci
si
offerse
alla
vista
!
Era
terminato
di
piovere
ed
il
cielo
era
tutto
rosso
,
infuocato
,
quasichè
fosse
avolto
in
un
lenzuolo
d
'
amianto
;
i
popolani
,
tutti
a
bocca
spalancata
tenevano
la
testa
all
'
insù
,
e
distornavano
gli
sguardi
dall
'
alto
,
solamente
por
occhieggiarsi
tra
loro
,
lambiccando
il
cervello
e
arrapinandosi
,
per
spiegare
il
fenomeno
,
che
per
la
prima
volta
vedevano
,
e
di
cui
non
erano
mai
giunti
a
farsi
un
'
idea
.
I
lettori
si
rammenteranno
dell
'
Aurora
boreale
che
apparve
ai
venticinque
dell
'
ottobre
decorso
;
la
sera
appunto
del
venticinque
d
'
ottobre
era
l
'
ultima
che
,
a
nostro
giudizio
,
dovevamo
passare
in
Firenze
.
-
Anche
il
cielo
si
tinge
di
rosso
-
Gridò
il
solito
compagno
,
provocando
un
'
occhiataccia
dal
padron
di
bottega
,
il
quale
dacché
aveva
raggruzzolato
la
miseria
di
un
mezzo
milione
si
era
buttato
,
anima
e
corpo
,
nella
categoria
dei
ben
pensanti
-
Allegri
ragazzi
-
Continuò
collo
stesso
tuono
di
voce
lo
scapato
-
Gli
augurii
,
non
potrebbero
essere
migliori
...
Evviva
il
rosso
!
-
Evviva
!
-
Rispondemmo
noi
tutti
,
contenti
come
pasque
per
la
nuova
distrazione
che
ci
dava
quel
caso
inopinato
e
maraviglioso
che
faceva
inorridire
dallo
spavento
il
superstizioso
fellak
e
la
donnicciola
dei
nostri
camaldoli
;
due
selvaggi
in
questo
secolo
in
cui
non
si
fa
che
ragionare
di
civiltà
.
Dopo
pochi
minuti
,
lasciai
i
miei
compagni
,
e
prima
di
ridurmi
a
casa
,
ebbi
vaghezza
di
vedere
,
forse
per
l
'
ultima
volta
,
il
lungarno
.
Era
deserto
!
Non
sto
a
ripetere
tutti
i
pensieri
che
,
ispirati
dalla
solitudine
,
si
accavallavano
e
si
cozzavano
nel
mio
cervello
in
ebollizione
:
finalmente
si
poteva
partire
,
e
partire
per
la
Repubblica
...
finalmente
era
venuto
il
momento
di
far
vedere
ai
nostri
nemici
che
non
si
era
buoni
soltanto
a
declamare
per
i
caffè
e
per
le
bettole
,
finalmente
si
realizzava
quel
sogno
che
da
tanto
tempo
vagheggiavamo
nel
più
segreto
dei
nostri
pensieri
.
E
dire
che
i
pezzi
grossi
della
democrazia
,
tutti
,
come
un
sol
uomo
ci
avevano
sconsigliato
.
Ma
che
vogliono
dunque
-
ripeteva
tra
me
-
questi
vecchi
che
coi
loro
scritti
,
colle
loro
opere
sono
stati
i
primi
a
farci
amar
la
repubblica
?
-
Lasciar
solo
là
,
tra
un
popolo
straniero
,
Garibaldi
e
farci
sfuggire
una
sì
bella
occasione
....
Ma
che
vogliono
dunque
costoro
?
....
Alla
fine
soccorrendo
la
Francia
,
noi
non
adempiamo
che
al
nostro
dovere
;
si
soccorre
la
nostra
sorella
maggiore
,
la
patria
delle
grandi
iniziative
,
quella
che
ci
ha
istruito
colle
sue
opere
,
che
ci
ha
dato
sollazzo
coi
suoi
romanzi
,
che
ha
fatto
le
spese
dei
nostri
teatri
,
che
dal
campo
sereno
e
grandioso
della
scienza
a
quello
frivolo
della
moda
ci
ha
dato
ogni
cosa
;
se
ci
è
di
mezzo
quel
maledetto
affare
di
Montana
,
che
colpa
ce
ne
ha
la
Francia
,
che
colpa
ce
ne
hanno
i
discendenti
di
Voltaire
e
di
Danton
,
i
figli
di
quella
Nazione
che
ha
proclamato
per
prima
in
faccia
all
'
attonito
mondo
i
diritti
dell
'
uomo
?
....
Oh
!
la
sarebbe
bella
,
se
i
nostri
soldati
fossero
mandati
in
China
o
in
qualunque
parte
del
mondo
,
a
puntellare
un
monarca
imbecille
e
codardo
,
oh
!
la
sarebbe
bella
,
che
se
ne
avesse
a
fare
un
carico
a
noi
!
...
Eppoi
andare
contro
un
re
per
la
grazia
di
Dio
,
noi
che
non
crediamo
in
Dio
e
non
abbiamo
i
re
nelle
nostre
simpatie
;
aiutare
un
governo
che
ha
i
palloni
volanti
per
posta
e
per
soldato
chiunque
è
buono
di
portare
un
fucile
;
utilizzare
a
prò
di
causa
santissima
una
vita
noiosa
e
disutile
,
traversare
il
Mediterraneo
,
veder
città
e
paesi
che
tante
volte
abbiamo
sentito
nominare
nei
libri
,
e
che
tante
volte
abbiamo
desiderato
vedere
,
riabbracciare
i
vecchi
compagni
con
cui
in
altro
tempo
si
è
diviso
i
pericoli
e
l
'
emozioni
delle
battaglie
;
inebriarsi
di
nuovo
tra
la
polvere
,
il
fumo
e
l
'
assordante
rumore
dei
combatimenti
;
e
udire
le
grida
dei
prodi
,
che
si
lanciano
,
come
un
sol
'
uomo
,
alla
carica
e
unirsi
a
loro
e
vederli
...
vederli
da
vicino
i
terribili
soldati
che
fan
tremare
l
'
Europa
,
misurarsi
con
essi
,
picchiarsi
,
vincere
,
morire
forse
anche
pel
nostro
ideale
....
Oh
!
le
care
fantasie
che
mi
carezzavano
l
'
immaginazione
,
sotto
quel
Cielo
di
fiamme
,
sul
quale
proprio
davanti
ai
miei
occhi
staccava
superbamente
modesto
,
il
tempio
monumentale
di
san
Miniato
-
Anche
là
sono
morti
dei
repubblicani
-
Io
dissi
con
compiacenza
a
me
stesso
-
anche
là
fu
combattuta
l
'
aspra
tenzone
che
da
tanto
tempo
agita
l
'
umanità
...
Essi
son
morti
,
ma
vivono
eterni
nella
memoria
del
popolo
.
Oh
!
toccasse
a
noi
la
lor
sorte
!
Insomma
d
'
idea
in
idea
,
di
fantasticaggine
in
fantasticaggine
,
chi
sa
dove
sarei
andato
a
cascare
,
se
,
più
macchinalmente
che
altro
,
non
mi
fossi
ritrovato
sulla
piazzetta
,
dove
era
la
mia
abitazione
-
Eccolo
-
Gridò
una
voce
ben
nota
,
appena
spuntai
dall
'
angolo
della
via
.
-
Eccolo
!
-
Ripresero
altre
voci
;
I
miei
due
amici
,
a
cui
se
ne
erano
aggiunti
altri
due
,
avevan
fatto
un
capannello
davanti
al
mio
uscio
e
mi
avvidi
alla
prima
che
mi
aspettavano
.
-
Abbiamo
creduto
bene
di
venir
tutti
da
te
;
così
domani
saremo
sicuri
di
svegliarci
e
non
recheremo
disturbo
ai
nostri
padroni
di
casa
...
-
Lo
recherete
al
mio
-
Interruppi
....
-
Non
importa
;
già
ora
siamo
liberi
;
abbasso
i
padroni
...
-
Specialmente
quelli
di
casa
,
che
se
si
tarda
a
pagarli
,
diventano
peggio
di
jene
.
-
Su
..
su
;
gridarono
tutti
.
-
Su
!
-
Gridai
anche
io
,
facendo
di
necessità
virtù
;
che
oramai
o
girellare
tutta
la
notte
,
o
portare
in
casa
mia
quell
'
indiavolati
.
S
'
immagini
il
lettore
,
che
cosa
divenisse
in
pochi
minuti
quella
camera
;
tutti
fumavano
come
cammini
,
ed
io
in
un
cantuccio
davo
fuoco
a
certi
appunti
,
coi
quali
sera
per
sera
confidavo
alla
carta
le
impressioni
provate
durante
il
corso
della
giornata
.
Il
mio
letto
era
piccolo
per
uno
solo
e
in
lunghezza
non
avea
niente
da
invidiare
al
celebre
di
Procuste
;
cotesta
sera
ci
entrarono
in
quattro
,
e
non
potendo
dormire
,
come
è
più
che
naturale
,
cominciarono
a
tirarsi
spinte
e
pedate
tra
loro
,
facendo
un
baccano
da
mettere
in
sussulto
il
vicinato
:
ora
uno
stivale
colpiva
negli
stinchi
qualcuno
,
provocando
certi
moccoli
da
fare
arrossire
un
vetturino
;
ora
si
sentiva
un
'
urlaccio
,
che
traeva
l
'
origine
da
un
gentil
pizzicotto
;
ora
un
guanciale
cadeva
,
a
mo
'
di
bomba
,
sul
tavolino
,
rovesciando
il
calamaio
sul
tappeto
,
che
,
se
non
era
Turco
,
non
era
meno
diletto
al
padrone
di
casa
che
ci
passava
davanti
intiere
mezz
'
ore
in
ammirazione
;
ed
ad
accrescere
il
diavoleto
,
risate
omeriche
,
grida
incomposte
,
esclamazioni
più
o
meno
frizzanti
,
ma
non
certamente
autorizzate
dal
Galateo
di
Monsignor
della
Casa
.
Il
più
rivoluzionario
dei
miei
amici
si
avvolse
dignitosamente
nel
lenzuolo
,
quasichè
fosse
un
peplo
;
le
forme
del
futuro
difensore
della
Repubblica
Francese
non
erano
greche
di
certo
;
i
suoi
stinchi
potevano
benissimo
scambiarsi
per
fusi
,
e
tutto
l
'
insieme
ti
dava
un
'
idea
esattissima
di
un
Cristo
del
Cimabue
.
-
Cantiamo
la
Marsigliese
-
Gridò
E
tutti
,
con
certe
voci
da
birboni
,
che
non
le
può
immaginare
all
'
infuori
di
chi
l
'
abbia
sentite
,
cominciarono
il
celebre
inno
di
Rouget
de
l
'
Isle
:
Allons
,
enfants
de
la
patrie
,
con
quel
che
segue
.
-
Signori
per
carità
-
Urlava
con
voce
più
delle
nostre
stuonata
,
la
padrona
di
casa
dall
'
uscio
vicino
.
-
Questa
è
una
vera
porcheria
-
Di
rimando
aggiungeva
l
'
inquilino
della
stanza
di
contro
-
Quando
si
ha
la
sbornia
,
la
si
va
a
digerire
in
campagna
.
-
A
chi
la
dice
briaco
?
-
Protestava
,
offeso
nella
sua
dignità
,
il
Romano
dal
letto
.
-
Misuri
i
termini
.
Vociavano
gli
altri
.
-
Per
chi
la
ci
ha
preso
?
-
Bellino
lui
!
...
Fa
il
feroce
,
perché
è
dietro
la
porta
.
-
Giù
la
porta
.
-
Alle
barricate
!
...
-
Alle
barricate
!
...
Descrivervi
la
pioggia
di
proiettili
d
'
ogni
genere
che
fu
scaraventata
su
quell
'
uscio
,
sarebbe
cosa
impossibile
;
era
un
turbine
di
stivaletti
,
di
libri
,
di
guanciali
,
di
spazzole
;
il
malcapitato
se
ne
andò
battendo
a
più
riprese
la
porta
e
protestando
che
andava
a
far
rapporto
alla
delegazione
vicina
.
-
E
ora
,
saranno
soddisfatti
!
-
Esclamò
la
padrona
,
sempre
dietro
le
scene
.
Per
nostra
buona
fortuna
il
chiarore
bianchiccio
dell
'
alba
,
si
fece
vedere
tra
gli
spiragli
delle
nostre
finestre
,
ed
i
miei
compagni
partirono
allegri
e
contenti
,
dopo
averci
scambiato
la
promessa
di
vedersi
tra
otto
ore
in
via
Grande
a
Livorno
,
chè
le
mie
occupazioni
esigevano
che
io
mi
dovessi
trattenere
tutta
la
mattina
a
Firenze
.
Andai
per
dormire
,
ma
avevo
fatto
i
conti
senza
l
'
oste
,
e
questa
volta
la
parte
dell
'
oste
doveva
esser
sostenuta
dalla
mia
vecchia
padrona
di
casa
,
la
quale
mi
caricò
di
rimprocci
,
mi
torturò
coi
suoi
omei
,
mi
seccò
colle
sue
geremiate
-
Noi
si
cercava
di
rovinarla
,
il
nostro
non
era
agire
da
persone
educate
.
-
Io
presi
pretesto
da
tutte
queste
lamentazioni
,
per
restituire
la
chiave
,
uscii
,
senza
ascoltare
scusa
veruna
,
disbrigate
in
fretta
e
furia
le
mie
faccenduole
mi
avviai
,
diritto
come
un
fuso
,
alla
stazione
,
ed
aspettando
il
magico
fischio
che
doveva
annunziarmi
la
partenza
dalla
moribonda
capitale
del
felicissimo
regno
degli
analfabeti
,
mi
rincantucciai
in
un
vagone
.
-
Era
tempo
!
-
Esclamerà
il
lettore
e
non
avrà
tutti
i
torti
.
Ci
moviamo
:
qual
felicità
!
Eppure
credevo
di
dover
provare
un
po
'
più
d
'
allegrezza
:
il
Cielo
era
d
'
un
colore
plumbeo
e
,
per
quanto
tu
aguzzassi
lo
sguardo
,
non
giungevi
a
vedere
un
solo
strappo
che
ti
facesse
sperare
il
sereno
:
eppoi
,
non
lo
so
,
partendo
non
si
può
fare
a
meno
di
risentire
una
certa
malinconia
....
son
troppe
le
reminiscenze
che
vengono
a
assalirti
,
tutte
di
un
colpo
;
il
minimo
nonnulla
prende
le
proporzioni
delle
cose
più
grandi
;
ci
si
rammenta
i
più
inconcludenti
discorsi
,
si
ripensa
alle
passeggiate
gradite
,
ai
geniali
convegni
,
alle
conversazioni
che
eravamo
soliti
di
frequentare
;
gli
stessi
dispiaceri
che
abbiamo
provato
ci
sembrano
meno
crudeli
;
e
nelle
nostre
fantasie
si
affollano
invece
le
gentili
esibizioni
degli
amici
,
gli
affettuosi
conforti
delle
nostre
belle
,
i
favori
che
ti
fu
dato
ricevere
,
frequentando
la
società
;
le
vie
per
le
quali
eri
solito
passeggiare
le
ti
sfilano
davanti
,
coi
suoi
negozi
,
colle
sue
gentili
passeggiatrici
che
ti
sono
divenute
familiari
,
quantunque
tu
non
le
abbia
mai
avvicinate
:
e
davanti
ai
tuoi
occhi
che
distrattamente
si
affissano
sugli
alberi
,
i
quali
sembra
che
friggano
indietro
impauriti
a
veder
passare
la
macchina
,
sfilano
ad
uno
ad
uno
,
quasiché
fossero
figure
di
lanterna
magica
,
i
volti
di
tutti
coloro
che
ti
conoscono
,
che
tu
conosci
,
o
che
hai
veduto
anche
soltanto
una
volta
:
le
occupazioni
che
poco
fa
riguardavi
come
un
martirio
,
ora
ti
sembrano
,
care
...
E
quando
tornerò
?
...
E
se
non
tornassi
più
?
....
Quante
cose
saranno
cambiate
,
nel
primo
caso
....
chi
mi
compiangerà
nel
secondo
?
!
..
Oh
!
In
questi
momenti
si
comprende
l
'
eroismo
di
chi
per
una
idea
può
lasciare
una
madre
!
-
Livorno
-
Grida
la
guardia
.
-
Già
....
a
Livorno
-
Pensai
tra
me
e
me
-
Ed
io
che
credeva
di
essermi
mosso
da
pochi
minuti
!
Chi
avevo
avuto
per
compagni
di
viaggio
?
io
non
me
lo
ricordo
;
probabilmente
mi
devono
aver
preso
per
matto
.
Scendo
e
vado
di
corsa
in
via
Grande
,
ove
avevo
l
'
appuntamento
a
Livorno
;
il
Consolato
Francese
doveva
darci
modo
di
pervenire
sicuramente
a
Marsiglia
;
chè
la
questura
Livornese
,
diretta
dal
celebre
Bolis
stava
con
tanto
d
'
occhi
sgranati
,
affinchè
nessuno
salisse
sui
vapori
francesi
,
importunando
e
viaggiatori
,
e
marinari
,
e
facchini
di
porto
,
fino
a
tanto
che
questi
non
avessero
dati
schiarimenti
più
che
lampanti
sull
'
esser
loro
,
o
sulle
faccende
che
li
facevano
stare
sul
mare
;
anche
muniti
di
biglietto
,
si
correva
rischio
di
esser
mandati
e
con
cattivo
garbo
,
di
dove
si
era
venuti
,
e
i
passaporti
non
si
volevano
più
concedere
ad
alcuno
.
Sicuro
che
gli
amici
avessero
fatto
le
pratiche
,
che
ci
era
stato
consigliato
di
fare
,
io
sentii
sollevarmi
un
gran
peso
dal
cuore
,
appenachè
potei
muovere
un
passo
nella
città
;
rincontrai
quasi
subito
gli
altri
,
ma
,
ahimè
qual
delusione
!
....
Le
loro
ridenti
fisonomie
erano
diventate
oscure
;
nessuno
di
loro
osava
indirizzare
una
parola
al
compagno
,
e
tutti
mi
accolsero
con
quella
musoneria
con
cui
i
popoli
accolgono
un
re
,
dopo
un
manifesto
del
sindaco
,
che
invita
a
rimettere
anche
un
tanto
di
tasca
per
le
spese
del
ricevimento
.
-
Che
ci
è
di
nuovo
?
-
Domandai
con
ansia
,
a
quelli
che
mi
avevano
fatto
un
cerchio
all
'
intorno
.
-
Che
ci
è
di
nuovo
?
-
Proferì
con
rabbia
,
il
più
secco
e
più
bisbetico
-
Perdio
!
....
Vieni
al
Consolato
e
vedrai
....
E
avrebbe
a
andar
benino
,
davvero
!
-
Andrà
come
doveva
andare
-
Soggiunse
un
'
altro
-
Quando
alla
testa
ci
si
vuol
metter
certa
gente
....
Quando
si
vuol
proceder
sempre
con
certa
maniera
....
Già
lo
dicevo
io
...
tutte
le
volte
che
ci
siam
fidati
dei
Francesi
si
è
fatto
proprio
un
bel
bollo
.
-
Ma
insomma
cosa
ci
è
?
...
si
parte
?
....
-
Sì
....
per
Firenze
,
o
per
dir
meglio
per
le
Murate
!
-
Ma
....
come
?
-
Vieni
....
vieni
con
noi
e
ti
si
ripete
,
vedrai
.
Non
intendendo
alcuna
cosa
,
ma
volendomi
per
lo
meno
sincerare
su
una
sventura
,
che
non
conoscevo
e
che
ci
minacciava
,
seguii
colla
coda
tra
le
gambe
,
i
bravi
ragazzi
.
Arrivammo
in
due
salti
alla
sede
del
Consolato
;
in
faccia
alla
porta
una
folla
innumerevole
di
popolani
chiassava
,
si
agitava
,
gestiva
;
qualcuno
,
senza
far
tanti
discorsi
,
si
era
già
messa
la
camicia
rossa
sotto
la
giacchetta
;
un
andare
o
venire
,
un
rimescolarsi
continuo
,
un
'
accalcarsi
intorno
a
qualche
povera
vittima
che
esciva
dal
portone
,
un
vociar
di
ragazzi
che
a
capanelli
osservavano
la
scena
,
e
gridavano
incessantamente
:
Viva
Garibaldi
....
Per
una
spedizione
fatta
in
tutta
segretezza
il
principio
non
poteva
esser
migliore
!
-
Ma
che
vi
è
dunque
?
-
Domandai
a
un
mio
compagno
.
-
Il
console
non
si
fa
vedere
,
il
cancelliere
,
nuovo
Pilato
,
dice
che
se
ne
lava
le
mani
,
e
tutta
questa
gente
è
rimasta
come
la
celebre
statua
di
Tenete
.
-
E
che
abbiamo
da
fare
?
-
Va
tu
,
che
sai
alla
meglio
bestemmiare
un
po
'
di
francese
,
scongiura
quella
gente
a
prendere
una
decisione
;
lo
vedi
meglio
di
me
,
qui
,
se
non
si
schizza
tutti
in
domo
Petri
è
un
vero
miracolo
.
Con
quale
animo
andassi
,
se
lo
può
di
leggieri
immaginare
il
lettore
;
chi
ben
comincia
è
alla
metà
dell
'
opera
,
dicevano
i
nostri
nonni
che
non
era
baggei
,
e
cominciare
peggio
di
noi
,
credo
,
sarebbe
stata
cosa
impossibile
.
Mi
feci
annunziare
al
cancelliere
,
e
poco
dopo
venivo
introdotto
.
Il
cancelliere
era
un
bel
giovinetto
;
aveva
una
fisonomia
distinta
ed
aristocratica
e
mi
accolse
con
tutta
l
'
educazione
possibile
;
pure
sin
da
bel
principio
mi
avvidi
,
che
la
mia
presenza
gli
riusciva
incresciosa
più
di
quella
di
un
creditore
,
e
rimasi
convinto
che
la
camicia
rossa
non
era
di
certo
una
delle
simpatie
più
sentite
di
quell
'
impiegato
.
Difatti
il
nuovo
governo
della
Repubblica
Francese
aveva
lasciato
al
suo
posto
tutti
i
vecchi
funzionari
,
i
quali
in
quel
bailamme
non
sapendo
a
qual
Santo
votarsi
cercavano
di
restare
in
bilico
,
come
meglio
sapevano
,
fermi
però
nella
idea
di
non
compromettersi
;
mettetete
anche
un
po
'
d
'
affezzione
alla
dinastia
che
aveva
loro
dato
quel
posto
....
eppoi
ditemi
se
questa
trascuraggine
del
governo
repubblicano
non
ha
dicerto
influito
a
che
fosse
sì
scarso
il
numero
degli
Italiani
,
che
mossi
da
un
'
idea
generosa
,
hanno
pugnato
e
gloriosamente
pugnato
sui
campi
di
Francia
.
-
Capisco
digià
,
perché
viene
.
-
Mi
disse
pel
primo
e
facendomi
segno
di
sedere
,
il
cancelliere
-
Con
mio
gran
rincrescimento
:
però
,
sono
obbligato
di
dirle
che
non
possiamo
far
niente
per
loro
.
-
Ma
se
a
Firenze
ci
hanno
inviato
qui
!
....
-
A
Firenze
hanno
perduto
certamente
il
cervello
....
Le
pare
,
che
noi
vogliamo
suscitare
una
questione
di
diritto
internazionale
....
-
Ma
anche
noi
,
le
ripeto
siamo
stati
spediti
direttamente
e
a
colpo
,
sicuro
:
di
più
sappiamo
che
l
'
altra
sera
partirono
altri
volontarii
,
mandati
da
loro
,
e
si
ha
diritto
d
'
andare
anche
noi
.
-
Per
me
si
figuri
le
manderei
subito
-
Aggiunse
l
'
altro
con
un
sorriso
ed
io
credendo
immediatamente
a
quest
'
ultimo
desiderio
di
lui
che
parlava
,
ma
non
volendo
darmi
per
vinto
,
esclamai
:
Ma
è
così
,
che
l
'
Ambasciata
Francese
di
Firenze
mantiene
le
proprie
promesse
?
-
Noi
non
abbiamo
ricevuto
ordini
dall
'
Ambasciata
...
-
Ma
pure
l
'
altra
sera
partirono
...
-
Non
glielo
nego
,
ma
sapesse
le
rimostranze
della
questura
...
-
Ebbene
:
su
noi
può
fidare
,
noi
non
la
comprometteremo
...
ci
dia
l
'
imbarco
...
lei
vede
lo
scopo
pel
quale
partiamo
...
-
Si
provvedano
dei
loro
passaporti
...
-
Se
non
gli
vogliono
dare
.
-
Prenda
un
mio
consiglio
...
lei
mi
pare
un
giovane
a
modo
,
torni
a
casa
...
Metz
,
se
non
ha
capitolato
,
poco
può
stare
a
farlo
...
accetti
un
mio
consiglio
,
glielo
ripeto
,
torni
a
Firenze
.
-
A
Firenze
poi
no
!
..
-
È
la
meglio
!
-
Mi
meraviglio
che
un
Francese
..
-
Allora
faccia
lei
-
secco
,
secco
ed
alzandosi
,
per
farmi
veder
che
l
'
uggivo
,
mi
proferì
il
cancelliere
.
Disanimato
,
e
non
volendo
attaccare
una
briga
che
poteva
mandare
a
voto
tutti
i
nostri
disegni
,
salutai
appena
il
mio
consigliere
,
e
gabellandolo
per
imperialista
e
anche
,
peggio
,
scesi
di
corsa
la
scala
,
e
preso
a
braccetto
un
mio
amico
,
partii
con
gli
altri
dalla
piazzetta
del
Consolato
.
Andare
bisognava
andare
;
a
dispetto
del
mondo
e
delle
circostanze
;
una
nuova
poesia
si
aggiungeva
a
quella
immensa
che
ci
aveva
sostenuto
fino
a
quel
punto
;
sfuggire
i
questurini
,
farla
in
barba
alle
autorità
costituite
,
sfidare
un
nuovo
pericolo
,
raggiungere
il
nostro
scopo
,
giusto
appunto
,
quando
i
pusilli
,
scoraggiati
sarebbero
tornati
indietro
,
...
era
troppo
bella
,
troppo
attraente
la
prospettiva
,
per
poter
stare
un
sol
'
attimo
dubbiosi
su
ciò
che
dovevamo
intraprendere
.
Io
esposi
queste
idee
agli
amici
,
e
,
godo
dire
,
che
queste
idee
furono
accolte
con
entusiasmo
:
ma
a
che
parte
rivolgersi
per
ottenere
l
'
intento
?
Quali
passi
potevamo
tentare
con
sicurezza
?
Quale
speranze
ci
sorridevano
?
Quali
probabilità
di
successo
?
Noi
non
lo
sapevamo
,
il
romanticismo
di
una
avventura
,
che
offriva
in
se
stessa
tanti
pericoli
,
ci
sorrideva
certamente
e
noi
eravamo
contenti
:
contenti
come
il
povero
diavolo
,
abbandonato
da
tutti
che
incerto
dell
'
indomani
,
si
addormenta
tranquillamente
sull
'
erba
di
un
viottolo
,
sotto
un
cielo
sereno
e
popolato
di
stelle
,
sognando
pace
,
agiatezza
,
fortuna
...
Oh
!
l
'
idea
dì
un
dovere
che
si
compie
,
malgrado
gli
ostacoli
che
frappongono
gli
uomini
e
la
sorte
,
fa
piovere
in
seno
una
consolazione
che
intender
non
la
può
chi
non
l
'
abbia
provata
.
Andammo
all
'
Agenzia
dei
vapori
della
compagnia
Valery
,
e
per
quanto
scongiurassimo
l
'
agente
,
ci
fu
impossibile
ottener
da
lui
,
anche
pagandolo
il
doppio
,
un
biglietto
di
imbarco
.
Gli
ordini
della
questura
erano
precisi
.
-
Noi
glielo
daremmo
anche
gratis
,
ci
ripetevano
quegli
impiegati
,
ma
...
Quel
ma
era
tanto
eloquente
,
che
noi
non
aggiungemmo
parola
.
Con
un
po
'
di
sconforto
nell
'
anima
,
dopo
aver
girellato
a
casaccio
un
'
altra
mezz
'
ora
afiaccolati
e
cascanti
ci
butammo
sulle
panche
di
un
caffè
di
Via
Grande
;
un
tavoleggiante
,
giovinetto
che
avrà
avuto
appena
appena
quindici
anni
,
dopo
averci
ben
bene
sbirciato
,
venne
da
me
e
chiamommi
dapparte
.
-
Lei
vuole
imbarcarsi
per
la
Francia
?
Mi
sussurrò
a
bassissima
voce
.
-
Sì
-
risposi
io
francamente
,
chè
non
potevo
credere
in
sì
giovine
età
nequizia
veruna
.
-
Ebbene
...
le
dò
il
mezzo
d
'
imbarco
.
-
Non
scherzi
?
-
Sulla
mia
parola
d
'
onore
..
Aspetti
un
momentino
e
le
porto
l
'
uomo
per
la
quale
!
....
.
-
Bravo
,
e
se
farai
bene
ti
prometto
una
buona
mancia
.
Il
giovinetto
se
ne
andò
saltellante
e
fece
poco
dopo
ritornò
,
accompagnato
da
un
barcaiolo
,
un
pezzo
di
diavolone
,
tarchiato
e
traverso
;
che
era
un
piacere
a
vederlo
;
intanto
io
aveva
messo
i
compagni
a
parte
della
peregrina
scoperta
e
,
quando
questi
ultimi
videro
avvicinarsi
quel
colosso
in
giacchetta
,
gli
si
fecero
incontro
con
una
grazia
e
con
certe
fisonomie
così
gentilmente
ridenti
,
che
si
poteva
credere
che
non
un
omaccio
,
ma
la
più
vaga
figlia
di
Eva
fosse
entrata
in
quel
mentre
nel
nostro
caffè
.
-
Dunque
loro
vogliono
,
andare
?
Dandomi
una
seconda
,
stretta
di
mano
,
cominciò
a
dirmi
il
barcaiolo
.
-
Sicuro
!
-
Rispondemmo
noi
tutti
-
Ma
vediamo
tante
difficoltà
.
-
Si
fidino
di
me
,
che
non
fo
per
dire
,
ma
lo
può
domandare
a
tutta
la
piazza
sono
uno
di
quei
buoni
..
si
figurino
,
ho
fatte
tutte
le
campagne
e
anche
Aspromonte
e
Mentana
e
se
non
fosse
perchè
;
perchè
...
e
questo
non
è
nulla
:
quello
che
ho
fatto
per
salvare
i
compromessi
politici
!
...
Le
son
cose
che
forse
non
le
crederebbero
...
Hanno
fatto
bene
a
rivolgersi
a
me
,
perchè
ci
è
di
gran
canaglia
tra
i
barchettaioli
e
..
e
....
-
E
insomma
t
'
impegni
di
farci
entrare
in
un
bastimento
,
deludendo
la
vigilanza
delle
guardie
?
...
-
Se
me
ne
impegno
....
Faccian
conto
di
esserci
sopra
...
-
Tu
potrai
contare
sulla
nostra
riconoscenza
.
-
Oh
!
io
per
il
partito
darei
un
bicchier
del
mio
sangue
.
-
Dopo
ti
daremo
qualche
cosa
....
-
Oh
!
mi
contento
di
un
trentino
per
uno
:
-
Così
poco
!
-
Esclamammo
noi
,
credendo
che
ragionasse
di
centesimi
:
-
Sicuro
,
...
vedono
che
mi
adatto
:
per
lor
signori
cosa
son
trenta
franchi
?
Ammirammo
tutti
insieme
lo
spìrito
patriottico
che
ci
faceva
pagare
150
lire
,
quello
che
nella
stagione
dei
bagni
si
ottiene
a
dir
molto
con
ottanta
centesimi
;
pure
,
strìngemmo
la
mano
al
generoso
,
dicendogli
che
ci
saremmo
riveduti
più
tardi
;
poichè
eravamo
decisi
,
con
nostro
gran
sacrifizio
,
ad
appigliarci
a
quest
'
ultimo
partito
,
se
gli
altri
ci
fossero
falliti
.
-
Ci
movemmo
dal
caffè
,
e
vedemmo
un
insolito
brulichìo
in
quella
contrada
,
sempre
brulicante
di
popolo
:
che
è
,
che
non
è
?
...
Hanno
arrestato
un
maggiore
Garibaldino
:
la
questura
si
era
avveduta
,
e
non
ci
voleva
una
gran
fatica
,
che
molti
giovanotti
volevano
partire
per
la
Francia
e
cominciava
a
allungar
le
sue
grinfe
.
Lo
sconforto
cominciava
a
impossessarsi
anche
di
noi
.
-
Ettore
-
Sento
gridarmi
vicino
.
Mi
voltai
e
vidi
il
Colonnello
Perelli
.
-
Dunque
si
parte
?
Gli
domandai
immediatamente
.
-
Parli
a
bassa
voce
...
chè
io
son
tenuto
d
'
occhio
,
guardi
,
ecco
subito
due
musi
proibiti
che
ci
osservano
...
-
Ma
dunque
?
-
Dunque
venga
stasera
,
alla
Locanda
della
Luna
.
-
Ma
ci
è
speranza
?
-
Credo
che
ci
sia
sicurezza
...
A
rivederci
-
A
rivederci
a
stasera
..
-
Allegri
amici
,
dissi
subito
appena
ebbi
lasciato
il
mio
interlocutore
-
Allegri
amici
,
le
speranze
non
che
diminuire
,
prendono
tutte
le
probalità
di
un
vicino
successo
..
Andiamo
a
mangiare
all
'
Ardenza
.
Senza
rispondere
alle
mille
domande
colle
quali
mi
oppressero
gli
altri
,
che
tutti
di
certo
conoscevano
il
colonnello
,
accesi
un
sigaro
,
e
strascinai
i
reluttanti
all
'
Ardenza
.
CAPITOLO
II
Il
sole
,
avvolgendosi
in
un
lenzuolo
di
porpora
,
si
era
coricato
dietro
le
ultime
linee
del
tranquillissimo
mare
;
non
la
più
piccola
nube
nel
cielo
,
non
il
più
leggiero
maroso
in
quella
superficie
azzurra
,
e
dolcemente
increspata
dal
venticello
della
sera
che
ci
carezzava
la
faccia
:
l
'
isola
della
Gorgona
appariva
modestamente
su
quel
sereno
Orizzonte
,
nel
quale
cominciava
qua
e
là
a
apparir
qualche
stella
,
tutto
ispirava
una
calma
e
una
pace
divina
;
il
creato
ti
sembrava
quasi
un
'
arpa
sterminata
,
da
cui
si
elevasse
un
canto
grandioso
:
il
canto
dell
'
accordo
e
dell
'
armonia
delle
sfere
.
Era
insomma
l
'
ora
che
la
giovinetta
,
la
quale
non
ha
ancora
fatto
all
'
amore
,
prova
desiderio
di
piangere
,
senza
farsene
una
ragione
e
contempla
malinconicamente
il
fiorellino
che
sboccia
e
la
foglia
che
cade
,
e
risponde
con
meno
affetto
agli
amplessi
materni
,
chè
il
cuore
in
quel
momento
vuole
qualchecosa
di
più
di
quello
che
ha
avuto
fin
qui
;
era
l
'
ora
in
cui
il
perduto
,
l
'
irreconciliabile
,
quello
che
non
ha
niente
da
perdere
,
rianda
tutte
le
opere
buone
che
ha
fatto
,
si
sente
superbo
di
trovare
nella
sua
vita
più
pagine
onorevoli
che
tristi
,
ripensa
a
coloro
che
languono
,
non
invidia
quelli
che
godono
,
e
affissando
gli
sguardi
alla
nuvoletta
diafana
che
va
sfumandosi
nell
'
azzurro
padiglione
dei
cieli
,
finisce
col
dire
a
se
stesso
:
sien
pur
gli
uomini
dappoco
e
malvagii
,
io
ho
in
me
un
patrimonio
d
'
affetto
che
mi
rende
contento
;
il
borghese
a
quest
'
ora
sorbisce
sibariticamente
una
buona
tazza
di
Moka
per
digerire
il
pranzo
.
Esatto
più
di
un
'
impiegato
il
giorno
della
riscossione
della
paga
,
lasciai
la
trattoria
e
mi
avviai
,
pian
pianino
,
in
via
Grande
esaminando
distrattamente
il
bello
spettacolo
che
mi
si
offriva
davanti
e
le
nuvolette
grigiastre
che
mi
uscivano
di
bocca
a
causa
del
sigaro
.
Arrivai
alla
Locanda
della
Luna
,
e
dopo
essermi
fatto
annunziare
dal
cameriere
,
passai
in
un
salotto
,
dove
,
intorno
ad
un
tavolino
nel
quale
erano
varie
bottiglie
stappate
se
ne
stavano
a
chiacchiera
tre
o
quattro
individui
che
formavano
una
specie
di
stato
Maggiore
del
Colonnello
Perelli
.
Con
mia
gran
meraviglia
vidi
tra
loro
una
giovine
donna
.
Il
Colonnello
era
più
brusco
del
solito
e
,
appena
mi
vide
,
si
affrettò
a
parlarmi
in
tal
modo
:
Anche
lei
vorrà
sapere
qualche
cosa
..
me
lo
immagino
..
ma
per
ora
,
purtroppo
,
siamo
sempre
alle
solite
:
vede
,
qui
siamo
in
un
piccolo
consiglio
di
famiglia
e
cerchiamo
....
-
Se
fossi
un
uomo
io
!
..
Saltò
a
dire
la
giovine
donna
,
la
quale
era
la
moglie
di
quel
Gagliano
,
arrestato
poco
tempo
avanti
ed
ora
nascosto
in
casa
,
perché
tenuto
d
'
occhio
dalla
questura
e
deciso
a
partire
,
con
noi
.
-
Se
foste
un
uomo
voi
!
-
Borbottò
il
Colonnello
,
-
quando
non
ci
son
mezzi
...
-
Garibaldi
,
quando
ha
voluto
,
è
riuscito
.
-
Se
si
andasse
avanti
colle
chiacchiere
!
....
-
Eppoi
tutti
questi
giovani
che
sono
qua
?
-
Li
ho
fatti
partire
io
...
forse
?
-
Non
dico
questo
:
ma
è
un
fatto
che
non
hanno
avuto
che
cinque
lire
:
quattro
e
novantacinque
ne
hanno
spese
pel
viaggio
e
cominciano
a
far
chiasso
,
perché
non
si
sono
anche
sdigiunati
e
qua
non
conoscon
nessuno
...
Quello
che
sentivo
era
Vangelo
!
...
se
certi
comitati
avessero
agito
un
poco
più
sul
serio
,
non
si
avrebbe
avuto
a
deplorare
tanti
scangei
,
certa
gente
non
avrebbe
gongolato
e
nell
'
armata
dei
Vosgi
avremmo
avuto
più
soldati
e
più
buoni
.
-
E
dunque
,
cosa
facciamo
?
-
Ripeterono
tutti
guardandosi
.
A
tale
interrogazione
mi
cascaron
le
braccia
;
anche
qui
dunque
non
si
sapeva
a
qual
gancio
attaccarsi
,
anche
qui
si
passava
il
tempo
,
cullandosi
tra
le
illusioni
e
le
ipotesi
,
come
nel
nostro
modesto
cerchio
di
amici
.
Dopo
essere
stati
un
poco
in
silenzio
,
entrò
quasi
di
corsa
,
nella
stanza
un
tale
che
già
si
era
accomodato
a
fare
da
ordinanza
al
Colonnello
;
proferì
sommessamente
alcune
parole
al
padrone
:
questi
ci
parve
soddisfatto
ed
infatti
poco
dopo
con
tuono
brioso
ci
disse
:
Signori
,
domani
arriva
il
Var
,
chi
è
buono
di
salirci
,
va
in
Francia
..
Confido
nella
vostra
accortezza
e
nel
vostro
coraggio
...
Io
tento
di
salire
pel
primo
...
A
domani
!
Non
dormimmo
in
tutta
la
notte
e
appena
fu
giorno
,
andammo
al
porto
e
prendemmo
una
barca
.
Un
forte
libeccio
aveva
cominciato
a
soffiare
;
il
mare
era
agitatissimo
ed
i
cavalloni
sbalzavano
di
qua
di
là
,
di
sotto
di
sopra
la
nostra
barchetta
,
spruzzandoci
più
o
meno
impetuosamente
il
volto
,
e
procurandoci
quel
malessere
interno
che
è
il
primo
principio
del
mal
di
mare
..
-
Oggi
me
li
guadagno
-
Ci
diceva
il
barcaiolo
.
-
E
vogliono
girar
molto
tempo
!
-
Fino
a
che
non
arriva
il
vapore
!
-
E
un
casca
un
cencio
...
Se
arriverà
a
mezzogiorno
...
O
che
anche
loro
vogliono
andare
in
Francia
?
...
A
me
lo
possono
dire
.
-
Ebbene
..
sì
..
vogliamo
andare
in
Francia
.
-
Me
l
'
avevano
a
dire
!
....
Guardino
,
due
barche
piene
di
guardie
.
-
È
vero
...
e
ora
cosa
si
fa
?
-
Non
si
sgomentino
...
Figureranno
di
pescare
...
Prendano
le
lenze
!
Noi
prendemmo
questi
ordigni
e
,
tramutati
lì
per
lì
in
pescatori
,
cominciammo
,
con
una
serietà
unica
,
un
'
operazione
che
dentro
di
noi
ci
faceva
scompisciar
dalle
risa
.
Io
credo
che
i
pesci
fossero
i
primi
a
canzonarci
;
e
'
si
vedevano
guizzare
a
fior
d
'
acqua
,
proprio
vicini
ali
'
esca
fatale
,
poi
,
facevan
cilecca
e
ci
lasciavano
con
un
palmo
di
naso
.
Non
so
quanto
durasse
questo
divertimento
;
mi
rammento
però
che
ci
venne
un
'
appetito
diabolico
;
il
nostro
Caronte
,
da
uomo
saggio
,
capì
per
aria
l
'
antifona
e
ci
condusse
a
dei
vicini
barconi
,
dove
per
lo
più
mangiano
i
marinari
e
i
facchini
del
porto
.
Uno
stoccafisso
,
rifatto
colle
cipolle
,
ci
sembrò
più
gustoso
di
un
manicaretto
,
apprestato
da
Tomson
;
ci
bevemmo
due
fiaschi
di
vino
,
e
ci
sentimmo
raddoppiati
in
coraggio
e
in
costanza
.
Intanto
il
libeccio
seguitava
a
infuriare
;
il
mare
era
divenuto
addirittura
cattivo
;
si
troncavano
gli
alberi
delle
piccole
navi
vicine
,
si
vedeva
volare
dei
cappelli
,
che
appartenevano
agli
imprudenti
che
troppo
si
erano
accostati
all
'
infido
elemento
...
la
cosa
cominciava
ad
essere
non
troppo
graziosa
;
in
quell
'
aspettativa
i
minuti
ci
sembravano
ore
;
non
avevamo
alcuna
notizia
dei
moltissimi
nostri
compagni
e
non
il
più
piccolo
indizio
ci
faceva
sperare
che
si
avvicinasse
il
tanto
desiderato
bastimento
.
Ecco
una
striscia
di
fumo
!
...
Un
oggetto
nero
,
che
ingrandisce
a
vista
d
'
occhi
si
approssima
..
è
il
Var
,
si
grida
tutti
con
un
urlo
di
contentezza
che
si
sprigiona
dalle
più
intime
viscere
,
è
il
Var
,
il
momento
supremo
è
venuto
,
coraggio
!
Il
battello
si
accosta
ad
un
brigantino
,
che
ha
bandiera
Greca
;
in
un
fiat
è
circondato
dalle
guardie
.
Cominciano
le
difficoltà
,
noi
siamo
decisi
a
superarle
.
-
Se
non
li
metto
sù
,
che
Santa
Lucia
benedetta
mi
faccia
perder
la
vista
degli
occhi
!
-
Grida
il
barcaiolo
,
diventato
entusiasta
dopo
l
'
ultimo
fiasco
.
Si
traversò
arditamente
la
fila
dei
bastimenti
,
e
,
allorché
,
fummo
vicini
alle
guardie
,
ci
sdraiammo
nel
fondo
del
nostro
piccolo
schifo
,
l
'
uno
sull
'
altro
,
proprio
alla
maniera
dei
fichi
secchi
;
poi
,
scongiurato
il
pericolo
,
si
girò
dietro
ad
una
tartana
che
combaciava
perfettamente
col
brigantino
:
i
questurini
che
non
sono
mai
stati
ritenuti
per
aquile
d
'
intelligenza
,
non
avevan
posto
attenzione
alla
manovra
e
si
poteva
cominciare
a
credere
che
la
nostra
intrapresa
cominciasse
ad
avere
molte
probabilità
di
sicuro
successo
.
-
Ed
ora
,
come
si
sale
?
-
Domandai
io
,
molto
imbarazzato
nel
non
vedere
alcuna
fune
.
-
Si
va
per
la
catena
dell
'
ancora
-
Aggiunse
immediatamente
e
con
tuono
esaltato
lo
Stefani
,
il
compagno
più
secco
e
più
susurrone
tra
tutti
coloro
che
erano
venuti
con
noi
da
Firenze
.
La
proposizione
fu
accettata
di
subito
ed
io
che
non
ho
mai
brillato
per
la
mia
sveltezza
e
molto
meno
per
le
mie
movenze
ginnastiche
,
mi
aggrappai
alla
catena
di
ferro
e
a
forza
di
urti
e
di
spinte
arrivai
ad
andar
ruzzoloni
e
facendo
un
gran
tonfo
sul
cassero
della
tartana
:
riavuto
appena
dal
colpo
mi
avvidi
che
ero
molto
al
disotto
del
livello
dei
miei
amici
,
saliti
dietro
di
me
;
infatti
caduto
sopra
un
monte
d
'
avena
,
per
quanti
sforzi
facessi
,
non
giungevo
a
capo
di
trarmi
d
'
impaccio
,
chè
ogni
sforzo
ad
altro
non
era
valevole
che
a
farmi
affondare
di
più
.
Dopo
essere
stato
ripescato
alla
meglio
dagli
altri
,
saltammo
tutti
insieme
sul
brigantino
.
Pochi
passi
di
più
ed
i
nostri
voti
erano
esauditi
:
un
maledetto
cagnaccio
comincia
a
abbaiare
e
finisce
coll
'
attaccarsi
alle
polpe
di
mio
fratello
.
Si
tenta
l
'
ultimo
colpo
:
il
mio
fratello
lascia
al
famelico
cane
un
straccio
dei
suoi
pantaloni
...
E
dire
che
sperava
con
questi
di
far
tanta
figura
,
quando
sarebbe
sceso
a
Marsiglia
!
Il
salto
riesce
,
siamo
a
bordo
del
Var
:
i
marinari
ci
accolgono
tra
le
loro
braccia
,
la
gioia
ci
rende
frenetici
e
tutti
insieme
confondiamo
le
nostre
aspirazioni
,
le
nostre
speranze
,
i
nostri
voti
più
cari
,
al
magico
grido
di
viva
la
repubblica
.
-
Giù
,
giù
-
Ci
gridarono
quei
bravi
figli
del
mare
,
appena
che
fu
terminato
quello
slancio
di
esultanza
,
e
ci
buttarono
a
viva
forza
nella
carbonia
.
S
'
immagini
un
po
'
il
lettore
la
nostra
situazione
,
in
quell
'
atmosfera
soffocante
,
e
a
quella
polvere
,
che
ci
ridusse
in
pochi
momenti
in
uno
stato
veramente
deplorevole
;
di
più
si
aggiunga
lo
spettacolo
non
troppo
gradito
che
ci
si
presentava
alla
vista
dall
'
unico
finestrino
,
pel
quale
prendeva
aria
questa
stamberga
;
un
andare
e
venire
di
barche
su
cui
facevano
bella
mostra
di
loro
tutte
le
faccie
più
proibite
della
Cristianità
,
e
pennacchi
di
carabinieri
e
monture
di
guardie
di
pubblica
sicurezza
...
Fortuna
che
siamo
protetti
dalla
bandiera
francese
-
si
diceva
tra
noi
-
e
qui
il
Reale
Governo
Italiano
non
conta
un
bel
corno
.
Ogni
poco
veniva
a
noi
qualcheduno
dell
'
equipaggio
e
ci
esortava
a
soffrire
con
pazienza
.
L
'
equipaggio
,
composto
quasi
tutto
da
originarii
della
Linguadoca
,
naturalmente
parlava
francese
;
di
qui
grande
imbroglio
nei
nostri
,
i
quali
per
farsi
capire
francesizzavano
l
'
italiano
,
creando
una
lingua
ibrida
,
bastarda
,
che
ci
faceva
crepar
dalle
risa
:
lingua
che
si
perfezionò
in
Francia
e
che
ha
fatto
dire
,
bene
a
ragione
,
ultimamente
al
Bizzoni
,
che
,
se
fosse
continuata
la
campagna
il
mondo
avrebbe
annoverato
un
idioma
di
più
;
quello
dei
volontarii
.
Da
un
paio
d
'
ore
si
era
in
quei
triboli
,
quando
si
vide
arrivare
il
Perelli
;
che
nell
'
ascensione
aveva
perduto
il
suo
cappello
a
cilindro
...
-
Cosa
fanno
qui
loro
?
-
Ci
disse
.
-
Lo
vede
:
siamo
nascosti
.
-
Vengano
su
nelle
cabine
...
ci
siamo
tutti
noi
...
Contenti
,
come
uno
che
abbia
beccato
un
terno
,
salimmo
.
Quale
non
fu
la
nostra
sorpresa
,
quando
vedemmo
quasi
tutti
i
nostri
amici
!
-
O
tutte
le
guardie
cosa
facevano
lì
intorno
?
...
La
.
questura
ci
dava
l
'
idea
di
quei
mariti
baggei
che
stanno
in
fazione
,
difaccia
all
'
uscio
di
casa
,
mentre
il
cicisbeo
della
moglie
passa
dalla
finestra
.
Una
gran
risata
echeggia
da
un
capo
all
'
altro
del
ponte
...
Che
è
,
che
non
è
?
...
È
comparso
un
individuo
:
in
perfetto
costume
di
Adamo
:
per
risparmiare
la
spesa
del
barchettaiolo
,
oppure
per
non
esporsi
al
pericolo
di
perder
qualche
cosa
,
come
noi
tutti
,
aveva
preferito
buttarsi
a
noto
nel
mare
;
Era
un
bel
giovinotto
e
ci
riuscì
subito
simpatico
per
lo
strano
modo
con
cui
a
noi
si
presentava
.
Povero
diavolo
!
...
Io
lo
dovea
rivedere
,
ma
col
cranio
fracassato
da
una
palla
prussiana
,
sulla
gran
via
di
Parigi
,
sotto
Talant
,
e
mi
rincresce
di
non
sapere
il
suo
nome
,
perché
rammentandolo
,
forse
a
lui
darebbe
un
pensiero
pietoso
qualche
anima
buona
!
Mi
conforta
però
,
la
persuasione
che
chiunque
lo
abbia
veduto
in
quel
giorno
,
non
potrà
così
facilmente
obliarlo
,
e
,
leggendo
queste
modeste
mie
righe
,
capirà
alla
prima
di
chi
voglio
parlare
.
-
Signori
mi
rincresce
-
Venne
adirci
il
capitano
-
ma
per
stasera
è
impossibile
la
partenza
-
Il
libeccio
è
tremendo
ed
io
non
ho
intenzione
di
mettermi
in
sicuro
pericolo
.
-
Ma
noi
...
saremo
sicuri
?
-
Domandò
uno
.
-
Sulla
mia
parola
d
'
uomo
onesto
,
nessuno
potrà
farsi
bello
di
avere
insultato
la
bandiera
francese
,
qui
dove
sono
io
...
se
non
viene
il
console
a
bordo
,
e
se
egli
pel
primo
non
mi
ordina
di
assistere
ad
una
flagrante
violazione
del
diritto
delle
genti
,
i
questurini
prima
di
toccare
uno
solo
di
loro
,
dovranno
passare
sul
mio
cadavere
.
-
Grazie
,
capitano
-
Gridammo
noi
tutti
-
Voi
siete
un
vero
Francese
.
-
E
a
che
ora
si
mangia
?
-
Chiese
sbadigliando
uno
dei
nostri
,
a
cui
le
idee
non
facevano
dimenticare
di
essere
uomo
.
-
Alle
cinque
....
ci
è
il
pranzo
dei
viaggiatori
....
-
Noi
veniamo
tutti
a
quello
...
non
è
vero
compagni
?
-
Sì
-
Risposero
gli
altri
all
'
unisono
.
Io
mi
azzardai
allora
di
salire
:
e
rincattucciato
dietro
il
parapetto
del
bastimento
,
diedi
un
'
occhiata
alla
riva
vicina
:
qualche
facchino
passeggiava
distrattamente
in
su
e
in
giu
,
nessuno
osservava
il
nostro
battello
;
tutto
a
un
tratto
uno
scialle
rosso
e
uno
nero
,
compariscono
sulla
via
;
due
donnine
dalla
taglia
svelta
e
slanciata
si
appoggiano
all
'
impalancato
che
circonda
il
porto
ed
affissano
i
loro
occhi
sul
Var
.
Chi
sieno
queste
due
creature
?
-
Pensai
tra
me
e
me
e
cominciai
a
figurarmele
bellissime
,
e
mi
parvero
gli
angeli
del
buon
'
augurio
che
fossero
venute
li
a
darci
il
buon
viaggio
;
ma
poi
un
altro
pensiero
mi
sopraggiunse
:
Povere
donne
!
..
Devono
essere
di
certo
parenti
,
amiche
di
qualcuno
che
è
insieme
con
noi
,
e
sfidano
questo
vento
e
questa
indiavolata
stagione
,
purché
loro
sia
dato
vederlo
,
fosse
anche
per
l
'
ultima
volta
:
povere
donne
!
...
Per
noi
uomini
la
gloria
,
le
improvvise
e
belle
emozioni
,
lo
stordimento
che
ci
procurano
e
i
nuovi
piaceri
e
le
nuove
occupazioni
,
le
gioie
dell
'
orgoglio
soddisfatto
,
per
esse
la
solitudine
,
la
lontananza
delle
care
persone
,
la
continua
ansia
di
saperle
in
pericolo
.
Tornai
giù
e
dopo
poco
ci
movemmo
tutti
per
il
pranzo
:
nel
ripassare
io
vidi
i
due
fantastici
scialli
.
Il
trovarci
tutti
insieme
a
mangiare
sul
Var
,
dopo
le
belle
cose
che
ci
erano
accadute
,
non
poteva
fare
a
meno
di
darci
un
brio
,
una
parlantina
,
un
ebbrezza
,
che
,
chiunque
ha
in
zucca
un
pò
di
mitidio
,
comprenderà
perfettamente
alla
prima
.
I
nostri
appetiti
erano
qualche
cosa
di
classico
ed
il
cameriere
di
bordo
ci
guardava
con
certi
occhi
stralunati
,
pensando
certamente
che
,
su
ogni
giorno
gli
fossero
capitati
di
tali
avventori
,
prudenza
avrebbe
voluto
,
che
l
'
ordinario
fosse
a
dir
poco
,
raddoppiato
.
Cominciarono
i
brindisi
;
i
ricordi
più
cari
s
'
intrecciavano
coi
più
generosi
propositi
:
ora
uno
parlava
degli
occhi
celesti
della
graziosa
biondina
che
aveva
lasciato
a
Firenze
,
ora
un
altro
giurava
di
non
aver
comprato
un
revolver
perché
era
sicuro
di
prenderlo
al
primo
ufficiale
prussiano
,
che
gli
si
fosse
presentato
davanti
e
che
avrebbe
ucciso
dicerto
.
-
Evviva
,
Evviva
.
Che
c
'
è
?
Entra
nella
stanza
Gagliano
!
Un
altro
fiasco
che
hanno
fatto
le
guardie
!
-
Ieri
passò
da
Firenze
Ricciotti
;
là
-
dice
-
troveremo
lassù
anche
lui
!
-
Evviva
Ricciotti
-
Gridano
tutti
.
-
E
Menotti
,
e
Garibaldi
e
tutti
i
bravi
Italiani
che
ci
han
preceduto
!
.
Dopo
poco
entra
Tito
Strocchi
,
giornalista
repubblicano
e
valoroso
soldato
,
che
tanto
onore
si
è
fatto
dappoi
.
-
Ma
dunque
ci
siamo
tutti
!
-
Tutti
-
Urlano
entrando
alla
lor
volta
il
Rossi
e
il
Piccini
.
-
Anche
tu
!
-
Dicemmo
a
quest
'
ultimo
-
E
come
hai
fatto
stronco
,
come
sei
,
ad
arrampicarti
?
-
Eh
!
Le
guardie
di
finanza
son
dalla
nostra
e
ci
hanno
insegnato
la
strada
:
Figuratevi
che
noi
siamo
passati
per
la
scaletta
,
proprio
,
come
se
si
fosse
viaggiatori
!
-
Ma
le
guardie
ci
son
sempre
?
-
Se
ci
sono
!
..
E
bisogna
vederli
quei
poveri
diavoli
a
questo
brezzone
...
infilan
le
pispole
,
come
se
si
fosse
in
pieno
gennaio
!
-
Anche
voi
però
...
-
Non
ve
lo
neghiamo
,
il
freddo
ci
è
entrato
nell
'
ossa
.
-
Del
cognac
del
cognac
!
...
-
E
il
cameriere
ci
portò
una
bottiglia
polverosa
dì
vecchio
cognac
,
che
avrebbe
messo
energia
anche
a
un
deputato
del
terzo
partito
.
E
qui
bevi
;
bevi
in
un
modo
incredibile
;
in
un
momento
il
tavolo
fu
pieno
di
bottiglie
e
quando
andai
per
distendermi
nella
mia
cabina
vedevo
tre
o
quattro
colonnelli
,
una
ventina
di
lumi
,
e
un
centinaio
di
persone
,
tra
le
quali
apparivano
circondati
da
un
'
aureola
i
due
scialli
che
mi
avevano
fatta
tanta
impressione
,
pochi
momenti
innanzi
.
Tale
era
il
mio
sonno
e
,
diciamolo
pure
,
l
'
alterazione
in
me
prodotta
dal
vino
che
quando
mi
destai
,
il
sole
era
già
alto
.
Salii
a
poppa
della
nave
dove
trovai
il
povero
Rossi
che
contemplava
astrattamente
l
'
immensa
superficie
del
mare
,
divenuto
di
nuovo
tranquillissimo
;
tutto
era
celeste
e
l
'
onde
venivano
a
baciare
colla
loro
spuma
bianchiccia
,
la
carena
del
nostro
battello
:
si
sarebbe
di
momento
in
momento
aspettato
che
qualche
Nereide
sbucasse
a
fior
d
'
acqua
per
rammentare
ai
mortali
le
dolcezze
del
buon
tempo
antico
.
Il
colonello
Perelli
,
da
vero
vecchio
militare
,
sapendo
quanto
il
tempo
è
prezioso
non
se
ne
stava
con
le
mani
in
mano
ma
dava
prova
di
una
instancabile
attività
;
già
aveva
costituito
le
squadre
,
nominandone
i
capi
,
già
aveva
pensato
al
modo
di
provvedere
il
vitto
per
tutta
quella
gente
(
chè
nella
nottata
il
numero
dei
volontarii
era
asceso
fino
a
cento
)
ed
aveva
in
serbo
per
tutti
buone
speranze
e
conforti
.
La
salle
à
manger
era
stata
trasformata
in
ufficio
di
stato
maggiore
ed
io
fui
incaricato
a
compilare
il
primo
ordine
del
giorno
.
Cominciavo
a
scrivere
,
quando
scesero
nella
stanza
l
'
agente
della
compagnia
accompagnato
dal
capitano
;
mi
domandarono
dove
si
trovasse
il
Colonnello
ed
io
mi
mossi
per
andarlo
a
chiamare
.
Salii
immediatamente
e
trovai
il
Perelli
a
tu
per
tu
con
una
vecchietta
,
tutta
pepe
e
tutta
piangente
.
-
Queste
sono
infamie
e
il
governo
dovrebbe
mandarli
in
galera
....
non
si
strappano
così
i
figliuoli
alle
povere
mamme
che
hanno
fatto
tanti
sacrifizii
per
mantenerli
.
-
L
'
ho
forse
chiamato
io
il
suo
figliuolo
?
borbottava
l
'
altro
stizzito
.
-
Non
lo
so
,
ma
lo
voglio
!
-
Ebbene
,
se
lo
trova
,
che
se
lo
riprenda
!
-
Loro
me
l
'
hanno
nascosto
,
ho
girato
per
tutto
e
non
mi
è
stato
possibile
di
trovarlo
,
-
E
allora
?
-
E
allora
?
!
allora
me
l
'
hanno
a
rendere
,
e
mi
meraviglio
di
lei
che
non
è
più
dell
'
erba
d
'
oggi
e
che
dovrebbe
avere
un
po
'
di
cuore
e
un
po
'
di
cervello
.
-
Ma
,
se
il
nome
del
suo
figliolo
non
comparisce
nel
ruolo
!
....
-
Quel
birbone
ne
avrà
dato
uno
falso
...
-
Colonnello
,
interruppi
io
,
c
'
è
il
capitano
e
l
'
agente
che
lo
desiderano
.
-
Vado
....
mi
sbrighi
lei
questa
donna
.
Cercai
di
persuadere
e
di
consolare
alla
meglio
quella
povera
madre
che
mi
rispondeva
con
impertinenze
da
levare
il
pelo
:
feci
guardare
nei
buchi
più
ascosi
della
nave
,
ma
non
potei
rintracciare
suo
figlio
.
Allora
la
donnicciola
impallidì
e
non
potendo
resistere
alla
pena
e
allo
stringimento
di
cuore
mi
cadde
fra
le
braccia
svenuta
.
Un
vecchio
che
l
'
aveva
accompagnata
in
barchetta
e
che
seppi
dopo
esser
marito
di
lei
,
saltò
infuriato
sul
ponte
facendo
un
baccano
indiavolato
,
minacciando
tutti
e
bestemmiando
peggio
di
un
turco
.
La
mia
posizione
,
se
era
interessante
era
anche
molto
noiosa
.
I
volontarii
si
erano
affollati
intorno
all
'
energumeno
e
di
momento
in
momento
stava
per
nascere
una
pubblicità
spaventevole
.
Riavutomi
un
pochino
dalle
stupore
,
fui
preso
da
rabbia
indicibile
e
mi
venne
voglia
perfino
di
scaraventare
in
mare
l
'
incomodo
fardello
che
mi
gravava
le
braccia
.
-
Oh
!
andremo
in
questura
!
...
-
Proferì
il
vecchio
strascinandosi
dietro
la
moglie
che
s
'
era
riavuta
e
che
urlava
a
squarciagola
:
birbanti
,
ladri
,
assassini
,
il
giusto
Dio
verrà
anche
per
voi
!
Appena
rimessi
da
quella
brutta
impressione
,
vedemmo
capitare
altre
due
donne
.
Capimmo
,
pur
troppo
,
per
aria
quello
che
volevano
anche
loro
.
Io
cominciai
a
credere
di
assistere
ad
una
processione
di
streghe
e
mi
persuasi
che
il
nostro
orizzonte
cominciava
a
oscurarsi
davvero
.
Una
dell
'
ultime
venute
vide
il
suo
figliolo
e
noi
glielo
restituimmo
.
Ecco
un
'
altro
scandalo
!
Il
figliolo
non
voleva
andare
a
nessun
costo
e
si
mise
a
correre
come
uno
spiritato
offrendo
un
gradito
spettacolo
alle
guardie
che
ci
circondavano
e
che
si
erano
tutte
rizzate
per
goder
meglio
la
scena
,
urlando
ad
ogni
poco
:
piglialo
piglialo
.
Non
si
creda
calunnia
il
contegno
che
io
attribuisco
alle
guardie
:
chiunque
è
stato
sul
Var
può
fare
ampia
testimonianza
che
esse
fino
dal
bel
principio
della
mattina
erano
completamente
ubriache
.
A
viva
forza
spingemmo
il
recalcitrante
figliuolo
,
giù
dal
battello
;
appena
però
egli
si
assise
nella
barchetta
che
aveva
accompagnato
sua
madre
,
fu
circondato
dai
carabinieri
i
quali
non
curando
i
pianti
,
i
lamenti
,
le
disperazioni
delle
disgraziatissima
donna
,
lo
condussero
verso
le
carceri
.
-
Si
nascondano
si
nascondano
per
carità
,
l
'
ha
raccomandato
anche
il
signor
Colonnello
.
-
Venne
a
gridarci
con
voce
angosciosa
il
cameriere
di
bordo
.
-
Che
c
'
è
dunque
?
-
C
'
è
che
la
polizia
vuole
acchiapparli
...
-
È
una
storiella
!
...
-
È
la
verità
,
se
lo
assicurino
.
-
Ma
il
Colonnello
?
-
È
nascosto
.
-
E
tutti
gli
altri
?
-
Hanno
seguito
l
'
esempio
del
Capo
...
si
nascondano
anche
loro
...
o
che
vorrebbero
comprometterci
tutti
col
rimanere
in
così
pochi
sul
ponte
?
Ci
guardammo
difatti
e
con
nostra
sorpresa
il
brulichìo
che
ci
eravamo
abituati
a
vedere
,
era
scomparso
e
tutti
i
nostri
compagni
,
come
per
incanto
,
si
erano
dileguati
.
Anche
noi
ci
buttammo
gattoni
verso
la
carbonaia
e
poco
dopo
i
miei
amici
vi
erano
già
scesi
:
ero
per
seguitarli
,
quando
sentii
bussare
dietro
la
porta
della
vicina
cabina
e
la
voce
del
Colonnello
mi
disse
:
Noi
siamo
qui
,
venga
anche
lei
.
La
porta
si
schiuse
ed
io
entrai
.
Eravamo
in
sette
in
una
stanzuccia
dove
a
mala
pena
ci
si
poteva
rigirare
in
tre
!
la
grotta
di
Monsummanno
era
al
paragone
una
cantina
in
tempo
d
'
estate
!
mai
bagno
a
vapore
ha
ottenuto
l
'
efficacia
diretta
che
produceva
in
noi
quell
'
ambiente
!
i
nostri
abiti
e
le
nostre
camice
sembravano
inzuppate
nell
'
acqua
:
se
le
autorità
costituite
avessero
saputo
i
nostri
tormenti
,
benevole
come
sono
verso
noi
scavezzacolli
,
scommetto
che
invece
di
arrestarci
ci
avrebbero
lasciato
diverse
ore
in
quel
bagno
;
se
non
altro
per
avere
il
gusto
di
aprire
la
porta
a
trovarci
in
uno
stato
di
liquefazione
completa
.
-
Ma
cos
'
è
accaduto
,
di
nuovo
?
Domandai
a
bassa
voce
.
-
È
accaduto
che
la
questura
lasciava
liberamente
partire
noi
sette
o
otto
,
purché
prima
le
avessimo
,
consegnato
tutti
questi
bravi
ragazzi
....
Io
ho
sdegnosamente
rifiutato
questa
proposta
.
-
Bravissimo
!
-
E
ora
?
-
Ora
credo
che
sieno
andati
a
riportare
la
mia
risposta
al
questore
.
-
O
guardiamo
,
se
Bolis
è
tanto
birro
da
violare
anche
la
bandiera
francese
.
-
Prima
di
farlo
vorrà
pensarci
due
volte
.
-
E
perché
?
..
I
ciuchi
hanno
sempre
dato
pedate
ai
leoni
morenti
...
ma
per
qual
causa
stiamo
nascosti
?
-
Il
capitano
è
sceso
a
terra
;
se
gli
rilasciano
le
patenti
,
in
meno
di
un
'
ora
si
prenderà
il
largo
.
-
Speriamolo
...
perché
qui
non
siamo
di
certo
in
un
letto
di
rose
.
Passa
mezz
'
ora
,
un
'
ora
e
nessuna
notizia
:
si
comincia
a
udir
qualche
rumore
;
poi
di
sotto
la
fortezza
ci
giunge
all
'
orecchio
un
sussurro
inusitato
;
poniamo
,
l
'
occhio
al
finestrino
della
cabina
:
il
mare
è
popolato
di
barche
,
e
le
barche
,
son
popolate
d
'
angioli
custodi
in
lucerna
;
affollatìssima
è
tutta
la
spiaggia
:
sul
cassero
un
calpestìo
concitato
e
in
senso
diverso
,
poi
reclamazioni
a
cui
si
risponde
dalla
parte
del
popolo
con
fischiate
non
interrotte
;
un
battere
di
sciabole
,
uno
sbatacchiare
di
porte
....
pur
troppo
non
vi
era
più
dubbio
alcuno
,
il
grande
atto
si
era
consumato
,
e
gli
eroici
campioni
del
Regio
Governo
Italiano
potevano
annoverate
una
gloria
di
più
tra
tutte
le
altre
che
li
ha
resi
famosi
.
Sprangammo
la
porta
;
ci
rannicchiammo
nelle
cucciette
e
,
rattenendo
il
respiro
,
facendoci
piccini
piccini
coll
'
ansia
e
la
trepidazione
nell
'
anima
,
collo
sconforto
nel
cuore
,
incerti
di
ciò
che
ci
sarebbe
accaduto
tra
pochi
minuti
,
ma
decisi
a
giocare
di
tutto
,
attendevamo
di
momento
in
momento
di
veder
saltare
la
porta
.
Trascorre
un
altra
mezz
'
ora
;
si
ascolta
il
rumore
dei
disgraziati
che
sono
stati
avvinghiati
pei
primi
dai
falchi
del
Bolis
:
si
compiangono
,
ma
quale
fortuna
,
se
noi
potessimo
uscir
loro
dalle
unghie
!
..
Il
vapore
è
in
movimento
...
Che
si
parta
davvero
?
Non
si
osa
credere
a
noi
stessi
,
ma
alle
fine
ci
si
persuade
che
si
va
...
Si
va
,
ripetiamo
tutti
tra
noi
,
e
sentiamo
tra
ciglio
e
ciglio
l
'
umor
di
una
lacrima
-
Ci
si
ferma
di
nuovo
!
...
-
Esclama
un
nostro
compagno
,
e
pur
troppo
,
ci
si
convinse
di
subito
della
triste
verità
.
Una
testa
comparisce
al
nostro
finestrino
;
era
la
testa
di
un
questurino
,
che
da
abile
esploratore
,
si
era
arrampicato
al
difuori
del
bastimento
,
ed
aveva
scoperto
il
nostro
nascondiglio
.
-
Signori
,
non
resistano
-
Ci
disse
con
voce
rauca
.
-
Nessuno
rispose
;
egli
se
ne
andò
...
Oh
!
avessimo
avuto
un
revolver
!
-
Lei
deve
aprirci
la
porta
-
Ripeteva
intanto
sul
cassero
una
vocina
melliflua
,
a
cui
rispondeva
l
'
accento
ben
cognito
del
capitano
:
Mi
rincresce
,
ma
fu
perduta
la
chiave
...
l
'
assicuro
però
che
quello
è
il
mio
spogliatoio
...
-
Io
ho
l
'
ordine
di
perquisire
ogni
cosa
..
si
mandi
pel
magnano
del
porto
.
Intanto
una
tempesta
di
colpi
si
sprigionava
su
quel
povero
uscio
.
-
È
impossibile
trovare
il
magnano
-
Diceva
poco
dopo
un
'
altra
voce
.
-
Signori
-
Gridava
allora
al
buco
della
nostra
serratura
quello
che
poco
fa
parlava
col
capitano
.
-
Signori
,
io
li
prego
a
non
commettere
imprudenze
,
si
arrendano
colle
buone
;
partire
è
impossibile
,
non
facciano
perdere
un
tempo
prezioso
al
capitano
.
Che
fare
?
Qualunque
resistenza
sarebbe
stata
inutile
e
non
ci
poteva
riuscir
che
dannosa
;
ci
guardammo
in
faccia
(
che
facce
!
il
condannato
che
vien
trascinato
al
patibolo
ne
può
dare
un
'
idea
!
)
e
con
mano
tremante
il
più
vicino
alla
porta
tirò
la
stanghetta
.
Un
'
ooh
prolungato
e
di
soddisfazione
ci
accolse
,
appena
che
comparimmo
.
Dalla
scena
che
si
presentò
allora
ai
nostri
occhi
,
un
pittore
avrebbe
potuto
prendere
argomento
per
un
bellissimo
quadro
ed
un
letterato
per
una
magnifica
descrizione
.
Una
lunga
fila
di
carabinieri
e
di
questurini
occupava
tutto
il
lato
del
bastimento
che
era
dicontro
alla
nostra
cabina
;
più
avanti
il
giudice
d
'
istruzione
colla
ciarpa
turchina
,
Bolis
raggiante
di
contentezza
,
e
un
nuvolo
di
delegati
e
d
'
applicati
di
Pubblica
Sicurezza
che
si
davano
un
moto
,
un
daffare
indicibile
,
e
si
pavoneggiavano
,
esponendo
al
rispettabile
pubblico
ed
all
'
inclita
guarnigione
le
fasce
tricolori
che
avevano
a
tracolla
,
come
segno
indiscutibile
della
loro
autorità
.
Il
capitano
serio
serio
rivolgeva
delle
parole
concitatissime
al
console
,
che
appoggiato
ad
un
tavolino
,
con
una
fisonomia
di
tramontana
guardava
distrattamente
il
cancelliere
che
redigeva
il
processo
verbale
.
Tra
le
squarciate
nuvole
si
era
fatta
strada
la
luna
;
e
,
pareva
,
che
ci
mandasse
un
compassionevole
sguardo
;
sulla
spiaggia
uno
scintillio
di
baionette
,
sulle
quali
si
ripercoteva
il
malinconico
raggio
della
poetica
face
dei
cuori
sensibili
e
degli
innamorati
,
ci
abbarbagliava
la
vista
e
ci
rendeva
sicuri
che
molta
truppa
era
sotto
l
'
armi
è
che
la
questura
di
Livorno
non
aveva
trascurato
verun
provvedimento
perché
i
pesciolini
non
le
scappassero
di
rete
.
Una
lunga
processione
di
barche
solcava
le
onde
tranquille
del
mare
sulla
cui
superfice
una
miriade
di
atomi
luminosi
,
frequenti
più
delle
stelle
del
cielo
,
avrebbe
fatto
nascer
la
voglia
di
intonare
un
bel
canto
alla
natura
,
se
natura
ed
uomini
non
si
fossero
mostrati
,
così
accanitamente
contrarii
ad
una
impresa
che
tanto
avevamo
sospirato
e
che
,
purtroppo
,
così
miseramente
finiva
.
Le
trombe
che
suonavano
la
ritirata
sui
bastioni
della
vicina
fortezza
ci
suonavano
in
cuore
meste
,
come
il
pensiero
che
manda
in
queill
'
ora
il
coscritto
alla
madre
,
alla
casetta
paterna
,
alle
occupazioni
di
un
tempo
:
meste
come
quella
luna
,
come
quei
visi
lunghi
dei
nostri
compagni
che
ci
passavano
davanti
colla
respettiva
accompagnatura
,
come
i
popolani
che
vedendo
la
loro
impotenza
a
salvarci
ci
guardavano
da
riva
con
occhi
stralunati
e
pregni
di
lacrime
.
-
Ma
Gagliano
...
Gagliano
dove
è
?
...
Noi
credevamo
che
fosse
tra
loro
?
...
Esclamò
Bolis
,
dopo
averci
ben
bene
sbirciati
;
-
E
perché
han
fatto
resistenza
?
Ci
domandò
con
un
sorrisetto
volpino
il
giudice
d
'
Istruzione
.
-
Perché
!
...
-
Rispondemmo
noi
tutti
a
una
voce
e
in
tuono
di
meraviglia
..
-
Sì
...
quando
sapranno
tutto
,
chi
sa
,
che
non
sieno
i
primi
a
ringraziarci
...
-
Ringraziarlo
di
averci
arrestati
?
-
Sissignori
...
Oggi
è
venuta
la
notizia
della
capitolazione
di
Metz
.
Quest
'
ultima
sassata
che
,
così
benignamente
ci
si
scagliava
nel
nostro
infortunio
,
ci
fece
nascere
lì
per
lì
una
tal
rabbia
contro
quegli
arnesacci
di
una
bottega
fallita
,
che
loro
volgemmo
disdegnosamente
le
spalle
.
Già
...
è
egli
possibile
che
le
idee
di
sacrifizio
,
di
abnegazione
,
di
generosità
,
possano
esser
comprese
anche
alla
lontana
,
da
un
birro
?
-
L
'
ho
,
l
'
ho
preso
!
..
-
Saltando
come
un
burattino
,
e
fregandosi
le
mani
,
strillò
con
la
sua
vocina
da
pettegola
il
Fassio
,
avvicinandosi
a
noi
.
Questo
Fassio
e
uno
dei
più
famigerati
ispettori
di
Pubblica
Sicurezza
che
si
abbia
in
Italia
;
Garibaldino
nel
1860
,
come
succede
di
tutti
gli
apostati
,
ora
è
diventato
la
più
gran
colonna
della
sbirraglia
italiana
.
-
Che
qualcuno
di
noi
avesse
in
tasca
una
mitragliatrice
?
-
Pensai
tra
me
e
me
-
O
che
tra
i
nostri
compagni
si
sia
mescolato
sotto
mentite
spoglie
qualche
gran
malfattore
?
!
Difatti
l
'
aria
del
Fassio
me
lo
faceva
sperare
;
Cristoforo
Colombo
che
dal
ponte
del
suo
bastimento
vede
baluginare
qualche
cosa
,
che
ha
sembianza
di
terra
;
Moltke
a
Sadowa
che
riceve
l
'
annunzio
dell
'
arrivo
del
corpo
d
'
armata
del
bon
Fritz
,
ci
possono
dare
a
malapena
un
'
immagine
della
beatitudine
che
provava
in
quel
momento
il
rinnegato
democratico
.
Dietro
di
lui
si
vide
arrivare
lemme
lemme
il
Gagliano
in
uno
stato
tale
,
che
,
se
ne
avessimo
avuta
la
voglia
ci
avrebbe
fatto
crepar
dalle
risa
.
Nero
,
per
lo
meno
come
uno
spazzacamino
,
stizzito
come
un
giocator
di
Mako
che
fa
l
'
ultima
cista
,
senza
azzardarsi
nemmeno
di
farci
un
saluto
,
il
povero
uomo
passò
a
capo
basso
davanti
alle
autorità
e
fu
fatto
immediatamente
scendere
in
una
barchetta
,
dietro
la
quale
in
un
'
altra
fummo
messi
io
,
mio
fratello
,
il
Colonello
ed
un
giovinetto
,
che
ancora
non
conoscevo
.
-
Viva
la
libertà
d
'
Italia
!
-
Si
gridava
tutti
come
pazzi
per
via
,
ed
i
carabinieri
non
ardivano
di
dirci
una
sillaba
;
anzi
dalle
loro
fisonomie
si
vedeva
chiaramente
che
avrebbero
lasciato
quell
'
incarico
alle
guardie
di
questura
,
che
,
tutte
impettite
,
boriose
si
tenevano
dell
'
arresto
di
giovani
inermi
nello
stesso
modo
che
avrebbero
fatto
,
se
avessero
vinto
la
battaglia
,
più
aspra
che
si
sia
combattuta
,
dacché
mondo
è
mondo
.
Giunti
vicini
alla
Sanità
,
dove
vedevamo
sbarcare
tutti
gli
altri
,
un
carabiniere
mi
toccò
dolcemente
nel
braccio
e
mi
accennò
un
vaporino
,
la
cui
camminiera
faceva
fumo
.
-
Vede
quello
là
?
-
Mi
disse
-
Era
preparato
per
loro
,
qualora
avessero
preso
il
largo
.
Guardai
e
quello
spauracchio
mi
fece
sorridere
;
il
grande
edifizio
navale
non
aveva
che
due
cannoni
,
uno
per
parte
e
di
un
calibro
così
modesto
,
che
sembravano
,
piuttosto
giocattoli
da
bimbi
che
utensili
da
guerra
.
Oh
!
...
se
si
fosse
usciti
dal
posto
,
se
si
avesse
cominciato
a
filare
...
se
erano
buoni
a
acchiapparci
con
quel
trabiccolo
,
sarei
stato
contento
di
perder
la
testa
!
..
La
barca
si
fermò
:
noi
scendemmo
.
Diedi
un
'
ultimo
sguardo
al
porto
,
vidi
il
cammino
del
Var
che
fumava
,
e
il
battello
che
era
in
movimento
!
Oh
come
in
quell
'
istante
il
mio
pensiero
ricorse
alle
cabine
,
dove
ci
eravamo
sdraiati
la
sera
avanti
alla
medesima
ora
:
oh
!
come
desiderai
che
il
tempo
ritornasse
indietro
di
poche
ore
soltanto
per
non
essere
sicuro
della
barbara
realtà
,
che
ci
opprimeva
in
quel
mentre
.
Moltissima
gente
si
era
affollata
a
due
lati
della
porta
che
conduceva
all
'
uffizio
della
delegazione
del
porto
.
Tra
questa
gente
io
vidi
di
nuovo
i
due
scialli
...
Ma
dunque
,
non
ci
abbonderanno
più
queste
donne
?
I
volontari
erano
stati
ammassati
,
pigiati
in
una
stanzuccia
;
una
guardia
,
con
un
coraggio
da
eroe
,
distribuiva
ogni
tanto
qualche
pedata
a
chi
più
susurrone
e
più
curioso
degli
altri
si
azzardava
a
rivolgere
qualche
interrogazione
.
È
un
fatto
:
la
polizia
degli
antichi
sovranucci
,
che
i
monarchici
d
'
oggi
gabellano
per
tiranni
e
per
despoti
,
non
hanno
mai
usato
dei
modi
schifosi
che
usano
i
questurini
del
nostro
beatissimo
regno
:
quando
uno
capita
per
caso
tra
le
loro
mani
,
può
attaccare
un
voto
,
se
per
lo
meno
non
ci
lascia
una
costola
,
chè
questa
gente
è
molto
feroce
...
quando
l
'
individuo
è
in
ceppi
e
puzza
un
tantino
di
repubblicano
!
...
Chiuder
gli
occhi
sui
gallinai
,
fare
il
manutengolo
ai
ladri
è
permesso
,
ma
lasciare
in
santa
pace
un
soggetto
pericoloso
,
un
uomo
che
sbraita
sempre
perchè
vuole
esser
riconosciuto
per
uomo
...
oh
!
questo
è
troppo
!
E
il
paterno
governo
,
simile
al
giusto
Dio
che
fa
cader
la
grandine
e
i
fulmini
sul
campo
dei
peccatori
,
deve
aggravar
la
mano
su
coloro
che
hanno
le
sfacciataggine
di
urlare
quando
tutti
dormono
:
i
galantuomini
non
devono
essere
svegliati
...
lo
impedisce
anche
il
regolamento
di
Pulizia
!
Coroniamoci
adunque
di
elleboro
,
sorbiamo
il
papavero
che
giorno
per
giorno
ci
ammanniscono
i
giornali
governativi
e
,
dacchè
non
abbiamo
il
coraggio
di
fare
,
abbiamo
almeno
il
buon
senso
di
darci
ad
un
sonno
profondo
.
Un
vecchietto
,
con
li
occhiali
d
'
oro
più
giù
che
a
metà
del
naso
,
rincantucciato
in
uno
sgabbiolo
di
legno
che
faceva
le
veci
di
scrittoio
,
via
via
che
si
passava
ci
chiedeva
il
nostro
nome
,
quello
dei
nostri
parenti
,
il
nostro
domicilio
e
la
nostra
,
professione
.
-
Possono
partire
-
Gridò
poco
dopo
con
voce
tonante
il
Bolis
,
Giove
Tonante
di
quell
'
Olimpo
di
birracchioli
e
di
guardie
di
tutte
le
qualità
e
di
tutte
le
dimensioni
.
Un
applauso
prolungato
fece
eco
a
queste
parole
;
i
giovinotti
credavano
di
essere
liberi
...
Poveri
grulli
!
...
Quale
storia
ci
ha
mai
fatto
sapere
che
il
gatto
si
lasci
scappare
il
sorcio
dalle
unghie
?
-
Avanti
!
...
-
Urlarono
con
mala
grazia
a
loro
volta
le
guardie
...
-
O
dove
si
va
?
-
Cercò
qualcheduno
.
-
Loro
non
lo
devono
sapere
.
A
noi
,
come
presi
insieme
col
colonnello
,
fu
fatto
il
favore
di
farci
passare
nella
caserma
dei
carabinieri
;
ci
si
disse
,
in
attesa
di
ordini
superiori
...
Intanto
gli
altri
traversavano
via
Grande
,
tutta
gremita
di
popolo
che
li
accompagnava
con
applausi
frenetici
;
ci
volle
del
buono
e
del
bello
per
sconsigliare
i
popolani
a
non
far
qualche
pazzia
,
ed
essi
allora
non
potendo
fare
altro
,
si
mostrarono
generosissimi
con
quei
poveri
diavoli
che
venivano
trasferiti
alle
carceri
;
e
fu
una
pioggia
continua
di
sigari
,
di
pezzi
di
pane
,
d
'
involti
di
companatico
,
e
persino
di
foglietti
da
mezzo
franco
e
da
un
franco
.
Oh
!
...
il
popolo
è
generoso
,
il
popolo
ha
la
magnanimità
per
istinto
,
e
,
se
si
lascia
abbindolare
dai
farabutti
,
al
momento
buono
,
quasi
per
miracolo
,
sente
spingersi
avanti
dalla
voce
del
dovere
,
del
progresso
,
della
libertà
;
rinnegando
le
massime
false
,
che
gli
son
volute
inoculare
nelle
scuole
governative
e
nei
così
detti
giornali
popolari
che
vivono
sulle
spese
segrete
del
ministero
,
egli
al
primo
indizio
di
lotta
vicina
,
come
un
uomo
solo
corre
al
suo
posto
.
Oggi
protesta
con
gli
urli
alle
guardie
e
colle
picchiate
di
mano
ai
prigionieri
,
domani
muore
,
santificando
il
principio
democratico
,
sulle
barricate
.
Perdendo
lo
vedrete
marcire
nelle
,
carceri
,
e
soffrire
per
le
vie
,
vincendo
voi
lo
vedrete
al
lavoro
!
I
carabinieri
ci
accolsero
con
tutta
la
gentilezza
immaginabile
,
ci
domandarono
,
se
si
aveva
bisogno
di
qualche
cosa
,
e
noi
che
,
come
uomini
,
dopo
tante
ore
dì
disagio
si
aveva
diritto
ad
avere
appetito
,
ordinammo
del
salame
,
del
prosciutto
e
due
fiaschi
di
vino
.
Incontrammo
in
quella
stanza
lo
Strocchi
;
anche
egli
aveva
ricevuto
lo
strano
favore
di
essere
trattato
un
pò
meglio
del
rimanente
della
spedizione
.
Chi
era
stato
la
causa
diretta
dell
'
invasione
del
Var
?
Io
non
lo
saprei
dire
.
Hanno
qualche
carattere
di
verità
le
accuse
che
si
son
palleggiati
l
'
uno
con
l
'
altro
a
vicenda
diversi
individui
che
facevano
parte
della
nostra
mandata
!
Io
credo
di
no
:
credo
soltanto
che
il
governo
Italiano
,
il
quale
ha
sempre
in
serbo
un
granello
d
'
incenso
per
chi
trionfa
ed
è
forte
,
siccome
,
è
uso
di
tutti
i
codardi
,
sìa
sempre
disposto
a
tirar
sassate
da
orbi
a
tutti
quelli
che
per
propria
disgrazia
si
trovano
a
terra
;
e
così
,
mentre
or
non
sono
pochi
anni
,
per
non
violare
la
bandiera
Imperiale
di
Francia
si
lasciavano
tranquillamente
a
bordo
dell
'
Authion
i
fratelli
La
Gala
:
in
pieno
1870
si
aveva
il
coraggio
di
buttar
giù
porte
,
scassinar
serrature
e
strappare
a
viva
forza
dei
giovani
generosi
,
che
dovevano
essere
sacri
,
perché
protetti
dallo
stendardo
di
una
nazione
amica
,
di
un
governo
che
si
era
riconosciuto
,
ma
che
versava
in
pericoli
immensi
-
E
dove
ci
mandano
?
-
Domandammo
al
brigadiere
dei
carabinieri
,
dopo
che
avemmo
veduto
un
soldato
,
latore
di
un
piego
,
che
fu
letto
attentamente
dal
capoposto
.
-
Io
devo
trasmetterli
ai
Domenicani
.
-
Sicché
proprio
in
prigione
?
-
Pur
troppo
!
Un
lungo
silenzio
tenne
dietro
a
queste
parole
.
Creder
di
andare
in
Francia
e
sgusciare
diritti
come
fusi
in
prigione
,
era
una
cosa
che
non
ci
si
aspettava
di
certo
,
e
,
per
quanto
tutti
,
chi
più
chi
meno
ci
si
piccasse
di
esser
filosofi
,
per
quanto
dopo
l
'
arresto
questa
soluzione
fosse
l
'
unica
prevedibile
,
una
tal
notizia
dettaci
lì
a
bruciapelo
,
mentre
il
ritardo
ci
aveva
fatto
rinascere
in
cuore
un
po
'
di
speranza
,
ci
mise
a
tutti
un
diavolo
por
capello
.
-
Si
facciano
coraggio
-
Ci
diceva
il
brigadiere
-
Prendano
le
cose
con
calma
...
tutt
'
al
più
sarà
il
male
di
qualche
settimana
!
Qualche
settimana
!
-
E
gli
pareva
di
dir
poco
al
buon
'
uomo
!
...
Rinunziare
alla
vita
,
alle
nostre
speranze
,
non
goder
più
di
quella
libertà
,
che
è
prima
attributo
di
ogni
essere
,
ma
sia
pur
per
un
'
ora
,
per
chi
sente
qualcosa
,
è
sempre
un
supplizio
.
-
Entri
,
entri
,
ma
mi
raccomando
non
faccia
scene
-
Così
diceva
,
introducendo
nella
stanza
la
moglie
di
Gagliano
,
un
carabiniere
.
-
Veramente
!
...
-
Borbottò
alzandosi
il
brigadiere
...
-
Lasci
correre
-
Ci
affrettammo
a
proferire
noi
tutti
-
nessuno
parlerà
di
questo
colloquio
.
-
Ti
hanno
messo
le
manette
,
questi
vili
,
eh
?
-
E
tu
non
hai
avuto
cuore
di
bucar
loro
la
pancia
?
-
Gettandosi
al
collo
del
marito
,
e
frammischiando
al
suo
dire
qualche
singhiozzo
,
esclamava
l
'
arditissima
donna
.
Perdemmo
un
cinque
minuti
a
persuaderla
che
non
eranvi
state
manette
,
ed
allora
lei
,
facendoci
dei
segni
,
ci
fece
capire
che
,
se
avevamo
qualche
cosa
di
compromettente
,
le
si
consegnasse
:
ed
in
fatti
,
colto
il
momento
che
i
carabinieri
non
ci
guardavano
,
demmo
a
lei
certe
lettere
,
che
,
se
ci
fossero
state
trovate
addosso
,
non
ci
avrebbero
certamente
servito
di
raccomandazione
presso
quella
gente
,
che
si
doveva
bazzicare
fra
poco
tempo
.
La
presenza
di
una
donna
in
quell
'
ora
tristissima
,
in
mezzo
ai
carabinieri
,
dopo
tutte
le
emozioni
che
si
era
subito
durante
il
corso
di
quella
giornata
memorabile
ci
procurò
un
sollievo
,
e
uno
stringimento
di
cuore
,
che
non
mi
provo
nemmeno
a
descrivere
;
e
quando
la
ci
stese
la
mano
e
con
voce
resa
tremula
dalla
voglia
di
piangere
,
ci
disse
:
coraggio
,
io
mi
sentii
inumidite
le
ciglia
e
provai
l
'
inenarrabile
voluttà
di
una
lacrima
.
-
Le
carrozze
son
pronte
!
-
Partiamo
!
-
Meno
male
che
marciamo
en
grands
seigneurs
.
-
Di
'
piuttosto
,
come
i
malfattori
che
vanno
alla
Corte
d
'
Assise
...
-
Eh
!
...
loro
ed
i
principi
sono
i
soli
che
hanno
diritto
di
avere
una
scorta
!
Gli
estremi
si
toccano
...
-
E
si
rassomigliano
!
Si
montò
nelle
carrozze
e
dopo
un
breve
tratto
di
via
ci
fermammo
:
si
sentì
cigolare
una
porta
...
Eravamo
giunti
ai
Domenicani
.
CAPITOLO
III
.
La
prigione
!
...
È
mai
vissuta
creatura
umana
,
dirò
con
Guerrazzi
,
che
sollevando
le
pupille
verso
il
soffitto
di
una
di
quelle
stamberghe
,
in
cui
,
per
ravvederlo
,
s
'
incretinisce
il
colpevole
,
non
abbia
esclamato
esser
questa
l
'
invenzione
più
barbara
,
che
mai
sia
mulinata
nel
cervello
dell
'
uomo
?
Quattordici
passi
di
lunghezza
;
sei
di
larghezza
:
una
finestra
alta
cinque
piedi
da
terra
,
e
dalla
cui
ferriata
a
quadrelli
vedi
sempre
quel
medesimo
strappo
di
Cielo
,
quella
medesima
tettoia
dell
'
edifizio
difaccia
,
quella
medesima
stella
che
sera
per
sera
,
qual
malinconica
amica
,
par
che
venga
a
darti
un
saluto
,
un
conforto
ed
una
speranza
;
un
pagliericcio
per
sdraiarsi
:
una
brocca
d
'
acqua
per
bere
;
in
quanto
a
mangiare
...
ci
sono
le
mani
che
paiono
fatte
apposta
per
questo
!
...
Il
rumore
del
mondo
,
in
mezzo
al
quale
ti
trovi
ma
che
,
almeno
per
ora
è
morto
per
te
,
viene
a
colpirti
gli
orecchi
nella
tua
solitudine
ed
ora
qualche
allegra
canzone
ti
rammenta
i
bei
tempi
che
unito
agli
amici
andavi
a
far
la
serenata
sotto
i
balconi
della
tua
bella
:
ora
i
concerti
di
una
musica
militare
t
'
inebriano
,
ti
rapiscono
in
pensieri
l
'
uno
più
dell
'
altro
impetuosi
:
ora
il
frastuono
della
via
,
le
urla
dei
venditori
,
il
continuo
passare
delle
carrozze
ti
riportano
i
momenti
in
cui
tu
pur
passeggiavi
,
in
cui
tu
pure
davi
alla
sfuggita
un
occhiata
alle
belle
signore
che
come
Dee
ti
passavano
innanzi
agli
occhi
,
trasportate
da
'
loro
cocchi
:
insomma
un
cumulo
di
reminiscenze
che
ti
straziano
l
'
anima
:
è
un
martirio
che
fa
deperire
e
qualche
volta
impazzire
l
'
uomo
d
'
ingegno
e
di
cuore
,
e
che
indurisce
viepiù
chi
è
incallito
nel
vizio
.
Aggiungete
a
tutto
questo
l
'
obbligo
di
restare
lì
chiuso
,
mentre
,
alla
semplice
idea
di
esser
costretto
a
fare
una
cosa
,
fosse
pure
la
più
gradita
,
si
prova
una
certa
repugnanza
che
ci
fa
entrar
le
paturnie
.
Perchè
invece
di
una
severità
che
non
dà
alcun
resultato
,
non
si
cerca
di
ricondurre
sulla
buona
via
quello
,
che
ne
è
lontano
,
a
forza
di
cure
amorevoli
?
Quando
si
è
messo
il
colpevole
nell
'
impossibilità
di
nuocere
alla
società
,
a
che
prò
aggravare
la
mano
sopra
di
lui
,
e
incessantemente
torturarlo
?
...
Io
fò
una
scommessa
;
se
domani
un
domatore
di
fiere
uccidesse
così
per
ghiribizzo
un
leone
che
ha
in
gabbia
,
o
si
divertisse
a
martoriarlo
a
colpi
di
spillo
,
i
filantropi
non
la
farebbero
più
finita
colle
loro
proteste
:
i
giornali
partoribbero
articoli
sopra
articoli
e
se
ne
farebbe
quasi
quasi
una
questione
di
Stato
.
Qui
invece
abbiamo
degli
uomini
che
sentono
,
amano
,
che
hanno
peccato
per
inesperienza
,
per
fatalità
,
ma
che
per
ora
non
possono
tornare
a
peccare
:
una
delle
due
...
o
questi
uomini
si
credono
capaci
di
ravvedimento
,
o
no
:
in
questo
ultimo
caso
uccideteli
:
nel
primo
cercate
d
'
istruirli
,
fate
loro
conoscere
quanto
sia
migliore
la
strada
della
virtù
da
quella
del
vizio
,
educateli
col
lavoro
,
metteteli
in
un
'
isola
incolta
e
provvedete
che
quest
'
isola
affidata
alle
loro
mani
,
addivenga
ridente
,
ubertosa
...
fate
loro
conoscere
l
'
agiatezza
,
la
calma
,
la
soddisfazione
del
buono
operaio
,
eppoi
restituiteli
alla
società
,
che
potrà
a
ben
diritto
vantarsi
di
avere
acquistato
dei
buoni
cittadini
in
quelli
che
fin
ora
non
eran
che
rei
!
...
Anche
per
legge
fisica
quanta
più
è
la
repressione
,
tanta
maggiore
è
la
reazione
.
Chiedo
scusa
ai
lettori
di
aver
loro
fatto
ingozzare
questa
tirata
,
che
a
qualcuno
farà
l
'
effetto
del
cavolo
in
una
merenda
;
d
'
altronde
qui
si
parla
di
una
carcere
,
qual
migliore
occasione
per
spifferare
le
riflessioni
che
si
son
covate
in
quella
solitudine
e
in
contatto
di
quei
disgraziati
?
In
quanto
a
noi
,
grazie
all
'
amabilità
del
capo
guardiano
dello
stabilimento
,
fu
cercato
di
renderci
meno
dura
che
fosse
possibile
la
prigionia
.
Ci
misero
in
sei
in
una
stanza
;
lasciarono
che
si
fumasse
a
nostro
bell
'
agio
:
ci
si
passavano
i
giornali
,
dove
tra
le
altre
cose
apprendemmo
l
'
infame
tradimento
del
generale
cortigiano
Bazaine
:
non
ci
era
fatta
alcuna
restrizione
nel
mangiare
e
nel
bere
:
ci
si
trattava
insomma
coi
guanti
,
e
inservienti
e
guardiani
,
lungi
dal
far
pompa
di
quelle
mosse
scortesi
di
cui
sì
spesso
e
sì
volentieri
fanno
pompa
coi
carcerati
di
bassa
estrazione
,
si
perdevano
in
scappellature
ed
inchini
e
venivano
due
tre
volte
per
ora
a
domandarci
,
se
si
abbisognava
di
qualche
cosa
.
Era
compassione
questa
,
o
,
piuttosto
come
succede
in
qualunque
circostanza
nel
mondo
anche
là
si
venerava
l
'
abito
,
anche
là
avendoci
veduti
insieme
col
Colonnello
e
per
questo
scambiandoci
forse
per
uno
stato
Maggiore
,
si
cercava
entrare
nelle
nostre
buone
grazie
,
perchè
si
aveva
la
ferma
credenza
che
eravamo
pezzi
grossi
?
...
Io
credo
che
quest
'
ultima
sia
la
ragione
più
giusta
e
più
esatta
delle
preferenze
che
si
avevano
per
noi
.
Quell
'
ingegno
ferace
,
che
tanto
predominava
sugli
altri
per
lo
spirito
d
'
osservazione
e
che
così
presto
doveva
esser
rapito
all
'
Italia
,
intendo
parlare
di
Carlo
Bini
,
nelle
sue
riflessioni
sui
prigionieri
ha
dettato
delle
pagine
maravigliose
per
la
verità
sulle
distinzioni
sociali
,
che
con
scrupolo
sono
venerate
ancora
nelle
carceri
.
Povero
!
...
t
'
hanno
condotto
qui
,
tu
devi
aver
peccato
di
certo
;
va
'
giù
nel
buglione
,
là
troverai
degli
amici
e
dei
degni
compagni
...
e
spesso
per
spingerlo
più
presto
gli
si
amministra
gentilmente
una
pedata
che
il
meschinello
riceve
,
grattandosi
il
capo
!
Sarà
innocente
...
E
che
importa
?
...
Lo
si
manda
giù
tra
la
feccia
,
tra
i
borsaioli
,
tra
i
ladri
d
'
ogni
qualità
e
d
'
ogni
risma
;
gli
si
fanno
degli
sgarbi
premeditati
,
gli
si
ride
sul
muso
quando
protesta
della
propria
innocenza
;
si
tiene
a
stecchetto
di
pane
,
si
fa
mangiare
mezz
'
ora
dopo
quella
prescritta
dai
regolamenti
,
si
cerca
infine
di
rendere
più
triste
,
più
penosa
la
di
lui
posizione
:
mai
una
parola
d
'
affetto
per
lui
,
sempre
un
ghigno
,
sempre
una
maledizione
...
E
se
fosse
innocente
!
...
Per
un
signore
poi
è
un
altro
paio
di
maniche
:
inchini
,
conforti
,
agevolezze
:
il
caffè
e
latte
la
mattina
,
la
bottiglia
per
pranzo
,
e
qualche
volta
anche
il
the
per
la
sera
...
oh
,
come
è
rispettata
l
'
eguaglianza
a
questi
lumi
di
luna
!
Dunque
,
come
ho
detto
,
eravamo
in
cinque
in
una
prigione
.
Gagliano
,
il
Colonnello
,
mio
fratello
,
io
ed
un
giovinetto
Perugino
,
che
per
la
prima
volta
si
moveva
da
casa
,
e
che
era
innamorato
come
un
ciuco
di
una
ballerina
cui
aveva
promesso
per
quanto
prima
l
'
anello
nuziale
.
Il
primo
giorno
,
non
vedendo
alcuna
probabilità
di
un
interrogatorio
,
non
facemmo
che
scrivere
.
Scrivemmo
al
console
,
a
una
dozzina
di
deputati
,
a
una
mezza
dozzina
dì
giornalisti
,
e
perfino
al
Lanza
:
in
tutti
i
nostri
scritti
si
protestava
contro
la
patente
ingiustizia
,
di
cui
eravamo
stati
le
vittime
,
e
si
scongiurava
,
affinchè
fosse
troncato
quello
stato
penoso
,
che
,
temevamo
,
si
prolungasse
ancora
per
un
lasso
di
tempo
,
non
indifferente
.
Uno
dei
nostri
,
che
era
stato
diverse
volte
in
prigione
sempre
per
affari
politici
,
ci
iniziò
nei
misteri
della
vita
non
troppo
geniale
del
carcere
,
e
c
'
insegnò
tra
le
altre
cose
un
mezzo
sicuro
,
per
comunicare
con
gli
altri
infelici
,
quantunque
fossero
in
stanze
dalla
nostra
lontane
:
il
nome
tecnico
di
questo
nuovo
sistema
di
comunicazione
è
il
cavallo
;
si
attacca
ad
un
sasso
o
a
un
pezzo
di
legno
una
cartolina
,
in
cui
si
scrive
,
quello
che
vogliamo
;
si
avvolge
poi
tutto
ad
un
filo
e
dalla
finestra
si
lancia
,
dove
si
ha
intenzione
di
farlo
recapitare
;
i
prigionieri
,
nella
solitudine
aguzzano
tanto
l
'
ingegno
,
addiventano
così
maestri
nella
precauzione
,
che
se
si
ingannano
una
volta
sola
,
in
questo
nuovo
bersaglio
,
si
può
assicurare
che
è
una
fatalità
.
Inutile
il
dire
,
che
noi
ci
servimmo
di
questo
mezzo
spessissimo
,
e
sul
principio
facemmo
delle
matte
risate
,
alle
spalle
di
qualcheduno
il
quale
più
che
si
piccava
ad
essere
gran
tiratore
,
più
ne
mandava
di
fuori
.
"
Come
son
lunghe
,
eterne
L
'
ore
del
prigionier
!
"
Canta
il
tenore
nel
secondo
atto
del
Pipelet
,
e
se
noi
non
cantavamo
queste
parole
,
se
ne
comprendeva
però
in
quei
momenti
tutta
la
desolante
verità
.
Addormentarsi
colle
galline
,
essere
in
piedi
ai
primi
chiaror
dell
'
alba
;
appena
desti
,
eccoti
ad
assalirci
la
spaventevole
idea
di
quattordici
o
quindici
ore
d
'
inerzia
forzata
;
oh
,
almeno
oggi
tuonasse
,
infuriasse
una
gran
tempesta
...
sarebbe
una
distrazione
!
..
Oh
!
se
si
avesse
nel
cuore
la
mansuetudine
pecoresca
del
Pellico
,
chè
potremmo
passare
ore
intiere
,
facendo
asceticamente
delle
contemplazioni
sulle
tele
di
ragno
,
che
in
sì
gran
numero
e
,
a
mò
di
tendoni
,
adornano
la
volta
della
nostra
abitazione
!
Oh
!
venisse
un
nuovo
carceriere
gobbo
,
sbilenco
,
rachitico
,
o
per
lo
meno
tartaglione
si
potrebbe
ridere
qualche
tempo
per
conto
suo
...
Ma
no
signori
,
sempre
i
medesimi
volti
,
sempre
il
medesimo
cielo
nè
sereno
,
nè
brusco
,
sempre
qualche
pezzetto
di
ragnatelo
che
ci
dà
fastidio
,
cadendo
ed
appiccicandosi
sui
nasi
respettivi
.
Si
fece
delle
palle
colla
midolla
di
pane
e
ci
si
mise
a
giocare
alle
boccie
...
Ci
si
annoiava
mortalmente
;
si
tentava
attaccare
una
discussione
filosofica
o
letteraria
...
sul
più
bello
un
prolungato
sbadiglio
faceva
uscir
di
carreggiata
l
'
oratore
e
lo
squarcio
di
poesia
e
di
eloquenza
finiva
con
una
solita
imprecazione
,
dove
non
si
risparmiava
nessuno
.
L
'
unico
che
vivesse
estraneo
a
tutto
quello
che
si
svolgeva
dinanzi
a
noi
,
era
il
giovinetto
che
tesseva
omelie
,
ripensando
alla
sua
bella
ed
ai
dolci
momenti
che
era
solito
passare
con
lei
.
A
questi
sproloqui
,
noi
assumendo
la
dignità
di
uomini
stagionati
,
e
che
hanno
corso
per
tutti
i
versi
la
cavallina
,
facevamo
tener
dietro
delle
dissertazioni
serio
-
facete
,
e
dei
consigli
che
le
più
volte
facevano
diventar
rossa
come
una
ciliegia
la
faccia
del
pudibondo
giovinetto
il
quale
terminava
ogni
suo
dire
,
sacrando
per
tutti
gli
Dei
,
che
la
gentile
fanciulla
,
malgrado
tutti
gli
ostacoli
,
avrebbe
finito
per
diventare
sua
moglie
.
E
infatti
,
oggi
tornato
di
Francia
,
ho
saputo
la
grata
novella
del
felice
connubio
che
amore
sparga
sempre
di
rose
il
beato
talamo
in
cui
piange
la
ragione
e
la
democrazia
:
che
quel
giovine
infondo
aveva
cuore
,
e
si
entusiasmava
per
le
idee
generose
.
Gagliano
pareva
poi
,
che
avesse
in
corpo
un
'
organino
;
cominciava
a
ciabare
la
mattina
a
bruzzico
e
durava
a
sfringuellare
fino
all
'
undici
e
anche
a
mezzanotte
;
se
noi
si
dormiva
lui
non
si
perdeva
d
'
animo
e
con
una
costanza
degna
di
miglior
causa
,
discorreva
solo
,
trinciando
l
'
aria
con
gesti
agitati
,
e
ripetendo
ordini
del
giorno
e
proclami
di
là
da
venire
:
ei
s
'
era
fitto
in
capo
di
costituire
una
compagnia
che
si
doveva
chiamare
dei
cacciatori
del
Varo
,
egli
l
'
avrebbe
costituita
,
appena
che
ci
si
fossero
schiuse
le
porte
.
La
questura
che
seppe
forse
il
progetto
,
e
che
,
da
abile
maestra
,
sa
quanto
va
maturato
un
disegno
perchè
possa
riuscire
,
mentre
dava
la
via
,
pochi
giorni
dopo
,
a
tutti
noi
,
riteneva
in
chiusa
per
altri
tre
mesi
il
povero
capitano
di
quella
compagnia
,
la
quale
,
come
direbbero
le
nostre
donnicciole
,
restò
sempre
nella
mente
di
Dio
.
Ci
si
faceva
prendere
aria
due
volte
per
giorno
:
la
prima
volta
lungo
i
corridoi
circondati
da
terrazzini
,
da
cui
è
intersecato
lo
stabilimento
:
la
seconda
su
,
in
un
piccolo
belvedere
dal
quale
si
godeva
di
un
colpo
d
'
occhio
incantevole
.
Sui
muri
dei
corridoii
,
come
su
quelli
della
terrazza
non
si
vedevano
che
scritti
in
lapis
:
erano
ricordi
,
conforti
scambievoli
dei
prigionieri
:
geroglifici
indecifrabili
,
ma
che
forse
contenevano
rivelazioni
per
chi
era
d
'
intesa
:
accidenti
alle
spie
e
morte
ai
birri
erano
quasi
sempre
il
ritornello
obbligato
di
questi
sfoghi
.
Su
in
terrazza
trovammo
anche
dei
versi
:
quantunque
si
sia
detto
,
e
ridetto
fino
a
sazietà
che
la
solitudine
fa
crescere
il
bernoccolo
poetico
,
anche
a
coloro
che
da
mamma
natura
non
hanno
avuto
un
tal
dono
,
l
'
apparizione
di
queste
strofe
fu
salutata
da
noi
con
un
hourrà
clamoroso
,
che
fece
venire
in
fretta
e
furia
i
guardiani
a
domandar
cosa
fosse
avvenuto
.
I
versi
eramo
mediocri
,
ma
giudicando
dal
modo
col
quale
erano
scritti
,
si
poteva
giurare
che
quello
che
li
aveva
vergati
aveva
fatto
anche
troppo
e
che
aveva
un
'
anima
molto
più
sensibile
di
tutte
le
altre
che
si
trovavano
in
quelle
catapecchie
.
I
versi
son
questi
;
ve
li
riscrivo
tali
e
quali
,
chiedendo
scusa
all
'
anonimo
autore
dell
'
indiscrezione
,
e
ai
miei
lettori
qualora
non
andassero
loro
a
fagiuolo
.
Campanella
che
rammenti
Al
dolente
prigioniero
I
dolori
ed
i
tormenti
Di
una
vita
,
che
finì
...
Deh
!
Riporta
al
mio
pensiero
Le
speranze
d
'
altri
dì
.
Di
quei
dì
,
che
una
tranquilla
Gioia
al
Cielo
mi
rapia
:
Fissa
in
Lei
la
mia
pupilla
Comprendevo
la
beltà
,
Comprendevo
la
poesia
Sentia
in
cuor
la
libertà
Or
son
morto
,
o
campanella
Suona
,
suona
a
funerale
Più
non
veggo
la
mia
bella
Più
non
palpita
il
mio
onor
Sul
mio
letto
sepolcrale
Suona
i
tocchi
del
dolor
E
qui
il
poeta
finiva
e
la
parola
dolor
con
cui
avea
terminato
tu
la
vedevi
ripetuta
ai
quattro
angoli
dell
'
ode
!
...
Sia
stato
un
malfattore
colui
che
vergò
questi
versi
?
...
Se
anche
lo
fu
,
è
certo
che
fu
più
infelice
di
quello
che
fosse
colpevole
!
Passammo
altri
due
giorni
in
questa
completa
atonia
;
già
tre
giorni
che
eravamo
separati
da
tutti
,
già
tre
giorni
col
timore
che
i
nostri
compagni
avessero
bruciato
delle
cartuccie
contro
i
Prussiani
!
...
Finalmente
venne
l
'
interrogatorio
:
un
interrogatorio
pro
forma
,
dove
ognuno
rispondeva
a
casaccio
tutto
quello
che
gli
veniva
alla
bocca
,
dove
s
'
inventavano
scuse
così
magre
e
storie
così
bambinesche
,
che
sarebbero
cadute
al
primo
soffio
di
un
accusatore
,
fosse
anche
il
più
dozzinale
.
Entrammo
dal
giudice
colla
speranza
:
si
credeva
che
finito
l
'
interrogatorio
ci
avrebbero
rimandato
:
invece
quale
non
fu
la
nostra
sorpresa
,
quando
ci
vedemmo
di
nuovo
rinchiudere
nell
'
aborrita
stamberga
,
che
ci
aveva
accolto
fino
a
quel
giorno
?
-
Non
ci
mandano
via
che
a
guerra
finita
-
Borbottò
stizzosamente
uno
di
noi
.
Chinammo
tutti
la
testa
,
che
tale
cominciava
a
diventare
l
'
universale
credenza
.
E
passò
un
altro
giorno
,
eppoi
un
altro
:
era
il
tre
di
novembre
;
la
vigilia
eravamo
stati
di
un
umor
perfidissimo
;
senza
provare
alcuno
dei
sentimenti
dettati
dalla
religione
,
quelle
campane
che
invitavano
a
andare
a
commemorare
i
defunti
,
ci
facevano
pensare
ai
nostri
poveri
morti
,
a
quelli
che
caddero
per
le
nostre
idee
,
a
quelli
che
cadevano
in
quel
mentre
per
far
scudo
coi
loro
corpi
a
una
pericolante
repubblica
,
per
opporre
un
'
argine
all
'
irrompente
valanga
dei
venduti
soldati
della
monarchia
degli
Hokenzöllern
...
Noi
eravamo
mesti
,
e
si
passava
intere
mezz
'
ore
difaccia
alle
quadrelle
dell
'
inferriata
,
tanto
per
vedere
quel
miserabile
lembo
di
Cielo
:
orizzonte
rimpiccolito
come
quello
dell
'
idee
che
ci
bollivano
in
testa
e
che
non
si
potevano
espandere
.
Il
tre
novembre
fu
un
gran
movimento
pei
corridoi
,
un
via
vai
continuato
e
un
accorrere
di
guardiani
.
Qual
nuova
avventura
era
giunta
a
disturbare
la
quiete
monotona
di
quel
sepolcro
di
vivi
?
...
Il
caso
era
nuovo
.
Rossi
,
Piccini
,
Stefani
ed
altri
Fiorentini
avevano
avuto
l
'
idea
bizzarra
di
commemorare
i
caduti
a
Montana
;
ne
correva
l
'
anniversario
,
e
loro
,
come
avanzi
degli
Chassepots
di
De
Failly
,
non
ultima
celebrità
di
Sédan
,
vollero
degnamente
onorarlo
;
coi
pagliericci
improvvisarono
un
catafalco
,
ci
posero
sopra
una
camicia
di
flanella
rossa
,
lo
circondarono
con
venticinque
candele
steariche
,
comprate
la
sera
avanti
,
eppoi
attaccarono
un
cartello
nel
quale
a
parole
cubitali
era
scritto
:
Ai
Martiri
di
Mentana
I
superstiti
Repubblicani
S
'
immagini
un
pò
il
buon
lettore
,
quando
i
guardiani
entrarono
nella
prigione
,
per
portare
il
becchime
a
quegli
uccelli
ingabbiati
.
Vedere
tutti
quei
lumi
,
poi
quel
catafalco
...
e
'
era
da
fare
andare
in
bestia
il
secondino
più
mansueto
che
abbia
mai
esercitato
questa
nobile
professione
!
Subito
un
reclamo
dal
direttore
,
il
quale
seguito
dal
capo
guardiano
,
dallo
stato
maggiore
e
da
un
nuvolo
di
carcerieri
si
presenta
maestosamente
sulle
soglie
delle
profanata
stanzaccia
.
-
Questo
è
troppo
!
...
Io
sono
buono
,
ma
non
lo
sono
tre
volte
...
Impongo
loro
di
tor
via
quel
cartello
rivoluzionario
...
-
Ma
noi
non
diamo
noia
a
nessuno
,
e
poi
qui
chi
lo
vede
?
-
Non
importa
...
Lascino
pure
il
catafalco
,
ma
levino
il
cartello
!
-
Ma
se
nessuno
può
leggerlo
!
...
-
Io
ho
usato
troppe
gentilezze
con
loro
-
questo
scandalo
non
lo
subisco
...
-
Ma
,
se
non
v
'
è
scandalo
!
Insomma
per
il
buon
della
pace
,
fa
necessario
tor
via
quel
disgraziato
cartello
.
-
È
un
fatto
,
chiaro
,
lampante
e
arci
che
provatissimo
:
i
governi
che
pericolano
hanno
paura
dei
morti
,
eguali
in
tutto
e
per
tutto
all
'
infermo
incurabile
che
fa
il
viso
serio
solamente
a
sentir
parlare
di
morte
.
In
premio
di
non
aver
preso
parte
alle
dimostrazioni
sovvertitrici
dei
nostri
amici
,
quel
giorno
noi
fummo
mandati
a
prender
aria
un
'
ora
più
presto
.
Una
dolce
sorpresa
ci
attendeva
sulla
terrazza
:
arrampicandoci
sull
'
inferriata
,
e
spenzolandoci
come
meglio
si
poteva
,
si
vide
sedute
sulla
spalletta
di
un
fosso
che
attraversava
la
via
,
le
due
fate
dai
magici
scialli
,
che
tanto
mi
avevano
dato
a
riflettere
sul
Var
:
esse
guardavano
in
su
;
era
certo
che
qualche
prigioniero
,
aveva
portato
con
se
molta
parte
di
cuore
di
quelle
creature
che
credevamo
vezzosissime
e
che
le
ci
apparivano
come
una
visione
,
nei
momenti
più
climaterici
di
quella
intrapresa
.
Ci
si
perdeva
,
come
di
solito
,
in
congetture
su
quelle
apparizioni
,
quando
venne
un
custode
e
con
ilare
fisonomia
,
ci
disse
:
Giù
,
giù
nella
stanza
del
capo
guardiano
.
-
Ci
son
novità
?
-
Eccome
!
-
Loro
son
liberi
.
-
Liberi
!
-
Urlammo
noi
e
ci
stringemmo
l
'
un
l
'
altro
la
mano
.
O
libertà
!
...
Prima
tra
tutti
gli
affetti
e
le
aspirazioni
dell
'
uomo
,
senza
te
è
impossibile
vivere
,
e
solamente
si
giunge
a
comprendere
tutta
la
tua
dolcezza
ineffabile
,
allorquando
per
disgrazia
ti
si
è
perduta
;
ridotti
allo
stato
di
cose
,
costretti
a
reprimere
i
battiti
del
cuore
,
le
concezioni
del
cervello
,
gli
slanci
che
suol
produrre
l
'
intelligenza
,
a
te
si
ripensa
come
lo
stanco
e
affaticato
peregrino
,
in
una
montagna
o
in
mezzo
al
deserto
ripensa
all
'
agiatezza
della
sua
casa
,
ai
dolci
riguardi
dei
parenti
lontani
.
Tanta
è
la
gioia
che
si
sente
nel
ricuperarti
,
che
si
tornerebbe
a
soffrire
gli
istanti
penosi
,
che
abbiamo
sofferti
,
pur
di
provare
l
'
inenarrabile
felicità
,
che
si
prova
in
quell
'
istante
divino
.
Scendemmo
a
rotta
di
collo
le
scale
,
entrammo
nel
corridoio
,
dove
di
subito
fummo
circondati
dai
nostri
compagni
,
che
ci
abbracciavano
,
ci
baciavano
,
ci
opprimevano
di
mille
domande
;
chi
troverebbe
parole
per
descrivere
l
'
emozione
di
quel
momento
solenne
?
Non
era
il
tornare
a
vivere
che
ci
sorridesse
soltanto
:
era
l
'
idea
che
prima
o
poi
si
avrebbe
raggiunto
nostro
padre
,
che
tale
deve
considerarsi
da
un
giovane
l
'
eroe
leggendario
della
libertà
e
del
progresso
,
che
tale
deve
essere
riguardato
da
tutti
coloro
che
soffrono
,
il
prode
general
Garibaldi
.
Fassio
,
incaricato
dalla
questura
ad
assistere
alla
nostra
liberazione
,
volle
farci
sospirare
,
più
che
fosse
possibile
,
un
tanto
agognato
momento
!
Eravamo
una
lunghissima
fila
,
ognuno
che
usciva
dalla
stanza
provocava
in
tutti
un
sospirone
che
si
poteva
tradurre
in
queste
parole
:
Lui
felice
...
ed
io
pure
,
che
mi
avvicino
alla
liberazione
!
Venne
la
mia
volta
.
Entrai
:
Il
commissario
mi
abbordò
subito
con
queste
parole
:
Lei
è
di
Firenze
?
-
Sissignore
!
-
Vuoi
fare
il
viaggio
a
spesa
sue
,
o
a
conto
della
questura
?
-
Ma
io
voglio
restare
in
Livorno
-
È
impossibile
!
-
Se
ci
ho
i
miei
interessi
!
-
Non
importa
:
lei
è
di
Firenze
e
deve
tornare
a
Firenze
!
-
Ma
questa
è
bella
!
-
O
bella
,
o
brutta
...
tali
son
gli
ordini
.
Strana
logica
invero
questa
della
polizia
!
se
nel
mio
interrogatorio
avessi
detto
di
essere
del
Missisipì
chi
sa
che
la
questura
non
mi
avesse
spedito
gratis
fino
a
quelle
lontane
regioni
!
...
Ah
!
averlo
pensato
!
!
A
tutti
gli
altri
fu
fatta
la
medesima
proposizione
:
tutti
accettammo
di
andare
a
spese
nostre
,
decisi
di
tentare
ogni
via
per
sfuggire
ai
questurini
.
-
Domani
si
presenteranno
al
questore
in
Firenze
-
Disse
allora
il
Fassio
con
tuono
burbanzoso
e
poi
volgendosi
al
Piccini
aggiunse
:
lei
mi
par
più
serio
degli
altri
,
farà
da
capo
squadra
...
Alla
stazione
gli
accompagneranno
le
guardie
,
nè
li
lascieranno
fino
a
che
non
avranno
preso
il
biglietto
.
Un
'
altra
speranza
che
si
dileguava
!
Bisognerà
tornare
per
forza
donde
eravamo
partiti
con
tutta
allegrezza
.
-
Possono
andare
...
e
si
sbrighino
perchè
il
vapore
parte
a
momenti
..
Dei
picchi
ripetuti
all
'
uscio
della
nostra
antica
carcere
,
richiamano
l
'
universale
attenzione
verso
quel
posto
.
È
Gagliano
che
protesta
all
'
ingiustizia
e
all
'
infamia
:
è
il
povero
Gagliano
che
solo
vien
rilasciato
ai
Domenicani
per
conto
della
questura
-
Scrivete
sui
giornali
-
Egli
vociava
-
Fate
nota
la
nuova
ingiustizia
,
dite
che
mi
si
vuoi
rovinare
da
questa
canaglia
.
-
Nessuno
porgeva
ascolto
,
alle
di
lui
querele
,
qualcuno
rideva
:
l
'
uomo
che
esce
da
un
pericolo
diventa
egoista
.
-
Via
,
via
-
ci
disse
il
nostro
accompagnatore
,
una
specie
di
Don
Checco
,
scalcinato
come
un
poeta
,
e
zoppicante
,
come
un
verso
sciolto
di
qualche
genio
incompreso
.
Demmo
un
'
ultimo
sguardo
alla
stanzaccia
che
ci
aveva
racchiusi
quei
giorni
,
e
,
cosa
strana
,
provammo
un
certo
dispiacere
ad
abbandonarla
.
Quanti
pensieri
,
quanti
generosi
proponimenti
,
quanti
ricordi
,
quante
speranze
non
ci
avevano
agitato
là
entro
!
Quando
io
esco
di
prigione
,
e
lo
so
benissimo
grazie
al
benigno
nostro
governo
,
io
provo
il
medesimo
effetto
di
quando
esco
di
un
bastimento
.
Mi
gira
la
testa
e
le
gambe
mi
reggono
appena
....
quella
sera
mi
pareva
di
essere
addirittura
ubriaco
.
Ed
anche
senza
parere
ubriaca
,
io
credo
che
la
nostra
comitiva
avesse
in
se
tanto
di
umoristico
da
farsi
guardare
da
chiunque
passava
.
Figuratevi
:
prima
Don
Checco
con
una
mazza
gigantesca
,
su
cui
si
appoggiava
,
ma
che
non
era
valevole
a
farlo
passar
per
meno
zoppo
di
quello
che
era
:
poi
il
Colonnello
in
cappello
a
cilindro
coi
due
tubi
di
latta
,
in
cui
erano
le
carte
geografiche
,
ma
che
di
notte
gli
davano
un
'
idea
di
Sesto
Caio
Baccelli
,
con
gli
annessi
canochiali
;
dietro
a
loro
il
giovinetto
innamorato
con
due
valigione
,
che
erano
vote
,
ma
che
egli
aveva
portato
con
se
per
dar
polvere
negli
occhi
alla
pulizia
;
in
coda
noi
altri
urlando
,
chiassando
,
facendo
le
fiche
a
quel
povero
diavolo
,
che
tentava
attaccar
discorso
con
tutti
,
senza
che
nessuno
gli
rispondesse
:
in
poche
parole
egli
sembrava
un
precettore
che
conduce
a
passeggiare
una
mandata
di
birichini
,
e
scommetto
che
in
quell
'
ora
,
avvedutosi
della
parte
redicola
che
sosteneva
,
avrebbe
mandato
in
quel
paese
Bolis
,
la
Francia
,
il
Ministero
e
gli
eroi
della
libertà
.
Arrivati
alla
ferrovia
,
le
guardie
ci
fecero
ala
,
nè
si
allontanarono
,
fino
a
che
non
avemmo
presi
i
biglietti
.
-
Dunque
a
rivederli
,
signori
-
Traendo
un
sospiro
di
contentezza
ci
disse
il
delegato
.
-
Dica
addio
!
-
Riprendemmo
,
noi
tutti
.
-
Grazie
dell
'
accompagnatura
!
-
Proferiva
uno
in
tuon
di
burla
.
-
La
ci
saluti
Bolis
...
-
Al
piacere
di
non
riverirla
mai
più
..
E
via
di
seguito
con
espressioni
più
o
meno
frizzanti
,
tutte
all
'
indirizo
di
quel
'
infelice
che
impappinato
come
un
pulcino
nella
stoppa
,
voltandosi
ad
ora
ad
ora
per
darci
una
sbirciata
più
o
meno
benevola
,
se
ne
andò
quatto
quatto
e
colla
coda
tra
le
gambe
.
Entrammo
nella
stazione
:
quelli
che
viaggiavano
a
conto
della
questura
erano
stati
ficcati
in
due
vagoni
di
terza
classe
,
e
cantavano
:
cantavano
dalla
rabbia
o
dal
piacere
?
Non
saprei
dirlo
davvero
,
ma
è
un
fatto
che
un
uomo
che
si
trova
in
una
situazione
eccezionale
,
prova
un
refrigerio
,
stuonando
un
'
arietta
;
i
ragazzi
che
hanno
paura
a
andar
soli
in
una
stanza
canticchiano
,
i
poveri
coscritti
cercano
alle
canzoni
montagnole
,
e
ai
patriottici
inni
quel
coraggio
che
invano
cercherebbero
al
cuore
.
Ecco
i
due
scialli
!
..
Ecco
le
due
donne
che
ci
hanno
fatto
tanto
almanaccare
colla
testa
sul
Var
e
in
prigione
!
-
Oh
!
finalmente
ci
è
dato
avvicinarle
!
Sono
la
madre
e
la
sorella
dì
un
'
arrestato
,
mi
sussurra
uno
,
che
ho
accanto
.
Mi
approssimo
a
loro
.
Qual
delusione
!
La
madre
è
sbilenca
,
le
mancano
due
denti
davanti
ed
ha
una
bazza
,
come
quella
del
barone
Ricasoli
.
E
la
figlia
?
Mi
risparmino
i
lettori
l
'
orrore
di
descriverla
!
..
Un
viso
da
leticare
il
giallo
alle
carote
,
un
personale
impossibile
,
due
mani
che
certamente
non
sarebbero
state
sproporzionate
per
il
Biancone
di
piazza
.
Mi
fecero
mille
complimenti
,
mi
volevano
presentare
il
figliuolo
e
il
fratello
:
io
con
una
scusa
qualunque
voltai
loro
gentilmente
le
spalle
,
che
amavo
credere
il
nostro
compagno
di
sventura
,
gobbo
,
sciancato
,
ridicolo
,
per
potere
almeno
avere
il
vanto
di
aver
conosciuta
la
famiglia
più
brutta
,
che
in
questi
tempi
Borgiani
,
passeggi
sotto
la
cappa
del
Cielo
!
Pochi
minuti
dopo
,
si
entra
tutti
nel
convoglio
:
Piccini
che
doveva
essere
,
il
capo
squadra
ci
sfugge
:
il
treno
è
in
movimento
e
noi
ci
si
trova
,
spinte
e
sponte
,
trasportati
a
Firenze
.
CAPITOLO
IV
.
Essere
in
Firenze
,
e
ricominciare
a
studiare
le
strade
per
tornare
in
Francia
fu
tutt
'
una
.
Il
male
si
era
,
che
le
nostre
piccole
risorse
avevano
avuto
un
colpo
tremendo
,
e
che
la
questura
aguzzava
,
come
Argo
cento
occhi
per
spiare
i
nostri
movimenti
più
piccoli
,
le
nostre
più
segrete
conventincole
.
Non
si
credano
esagerate
le
mie
parole
:
per
il
malaugurato
affare
di
Livorno
si
era
cominciato
un
processo
,
e
si
adopravano
nelle
sfere
governative
a
tutt
'
uomo
per
mandarlo
avanti
o
di
riffe
o
di
raffe
:
si
voleva
infatti
far
vedere
alla
Prussia
come
in
Italia
fossero
ligi
al
principio
di
neutralità
e
come
il
governo
non
dividesse
per
nulla
le
idee
piazzaiole
di
quello
scomunicato
di
Garibaldi
.
Noi
dal
canto
noStro
non
stavamo
con
le
mani
in
mano
,
e
,
tra
le
altre
cose
(
vedete
,
come
eravamo
poeti
)
si
cercò
di
organizzare
in
Firenze
una
compagnia
tutta
Toscana
,
che
si
sarebbe
chiamata
dei
carabinieri
dell
'
Arno
.
Un
tal
disegno
ci
portò
per
le
lunghe
:
e
tra
proposte
,
decisioni
,
consigli
si
perse
un
tempo
prezioso
.
Mentre
nell
'
Atene
dell
'
Arno
,
quantunque
muniti
delle
più
belle
intenzioni
,
non
si
dava
nè
in
tinche
,
nè
in
ceci
,
il
coraggioso
e
bravo
Ricciotti
compieva
la
romanzesca
impresa
di
Chantillon
.
La
democrazia
e
tutti
coloro
che
sentono
amore
per
l
'
Italia
,
applaudivano
calorosamente
il
giovane
condottiero
,
che
con
un
pugno
di
uomini
,
sorprendeva
,
notte
tempo
,
ottocento
Prussiani
,
ne
faceva
più
che
quatTrocento
prigionieri
,
e
toglieva
loro
buon
numero
di
cavalli
e
di
armi
.
Garibaldi
,
dopo
aver
costituito
il
suo
microscopico
esercito
a
Dôle
,
si
era
portato
ad
Autun
,
e
dopo
avere
ottenuto
splendidi
resultati
a
Lantenay
,
si
era
spinto
fin
sotto
Dijon
,
ed
avrebbe
certamente
occupato
questa
città
,
se
l
'
imperizia
e
la
codardia
della
guardia
mobile
non
lo
avesse
obbligato
a
ritirarsi
fino
nella
città
,
da
dove
si
era
partito
con
tanta
speranza
nel
cuore
.
I
Prussiani
avevano
cercato
di
sorprenderlo
,
capitando
all
'
impensata
in
Autun
,
ma
grazie
all
'
esattezza
dei
tiri
delle
batterie
da
montagna
che
l
'
illustre
generale
aveva
sotto
i
suoi
ordini
ed
al
valore
dei
giovani
volontarii
,
i
tremendi
soldati
che
facevano
paura
a
tutta
l
'
Europa
,
dopo
averne
buscate
come
ciuchi
,
si
erano
refugati
a
rotto
di
collo
dentro
Dijon
,
dove
il
generale
Werder
aveva
piantato
il
suo
quartier
generale
.
Queste
notizie
che
leggevamo
sui
giornali
erano
tante
stilettate
per
noi
;
già
varii
dei
nostri
compagni
erano
partiti
alla
spicciolata
per
la
Francia
.
Io
mi
rammento
che
in
quei
giorni
mi
vergognavo
ad
uscir
soltanto
di
casa
:
mi
pareva
che
tutta
quella
gente
che
era
conscia
della
mia
prima
partenza
mi
ridesse
sul
muso
,
e
che
dentro
di
se
mi
rimproverasse
quell
'
ineRzia
,
che
d
'
altronde
era
la
conseguenza
logica
della
mia
situazione
.
Finalmente
un
giorno
capitò
da
me
,
che
in
quel
momento
avevo
già
dismesso
il
pensiero
di
poter
prender
parte
alla
campagna
di
Francia
,
il
Bocconi
,
e
,
senza
che
io
prOferissi
nemmeno
una
parola
mi
disse
:
Sei
sempre
deciso
di
venire
in
Francia
?
-
Sicuro
!
-
Gli
risposi
.
-
Allora
domani
l
'
altro
partiamo
.
-
Non
burli
?
-
Ti
parlo
del
miglior
senno
possibile
...
ci
stai
sempre
.
?
-
Se
ci
stò
!
...
-
Allora
siamo
in
cinque
,
-
Ma
,
ai
fondi
?
-
Ci
è
chi
provvederà
...
-
Tanto
meglio
!
E
fissammo
di
vederci
due
sere
dopo
al
Caffè
Ferruccio
;
chè
l
'
ora
della
nostra
partenza
era
alle
quattro
del
mattino
,
ed
era
deciso
che
saremmo
andati
a
Genova
per
via
di
terra
,
non
essendo
cosa
ben
fatta
il
tentar
di
ripassar
da
Livorno
,
dove
il
questore
Bolis
comandava
tutt
'
ora
a
bacchetta
.
La
sera
che
dovevamo
partire
me
ne
andai
solo
solo
all
'
Arena
Merini
...
pardon
al
teatro
Principe
Umberto
;
chiacchierai
cogli
amici
,
mi
mostrai
più
di
buon
'
umore
di
quello
che
ero
realmente
,
dissi
male
degli
Italiani
che
erano
andati
in
Francia
,
e
protestai
di
riconoscer
di
avere
io
fatto
malissimo
a
partire
la
prima
volta
.
Che
volete
?
I
casi
che
mi
erano
accaduti
antecedentemente
mi
rendevano
sempre
più
convinto
,
che
a
voler
che
un
'
impresa
vada
per
il
suo
verso
,
è
necessaria
un
pò
di
gesuiteria
,
e
che
una
persona
che
crede
di
andare
avanti
colla
buona
fede
,
e
collo
spifferare
tutto
quello
che
ha
sullo
stomaco
,
in
generale
finisce
coll
'
avere
il
male
,
il
malanno
e
l
'
uscio
addosso
.
Salutai
gli
amici
e
verso
mezzanotte
mi
ridussi
al
caffè
Ferruccio
.
I
miei
quattro
compagni
,
non
avevano
mancato
all
'
appello
e
cominciavano
a
susurrare
della
mia
tardanza
;
alcune
nostre
conoscenze
fiorentine
,
colle
quali
potevamo
fidarsi
a
chiusi
occhi
,
si
erano
assise
al
nostro
tavolino
,
e
sotto
voce
ci
davano
qualche
conforto
,
o
si
lamentavano
di
non
poterci
seguire
.
Il
caffè
si
chiuse
alle
due
,
ed
i
nostri
amici
partirono
.
Qui
cominciarono
le
dolenti
note
.
Sembra
una
cosa
incredibile
,
ma
in
Firenze
capitale
d
'
Italia
,
fu
impossibile
di
trovare
un
locale
che
fosse
aperto
in
quell
'
ora
.
Un
nevischio
impertinente
ci
filtrava
nell
'
ossa
,
e
ci
batteva
sulla
faccia
,
procurandoci
dei
brividi
che
erano
salutati
da
veementissime
apostrofi
.
Come
furono
lunghe
quelle
due
ore
!
...
E
con
qual
gioia
non
si
salutò
,
l
'
aprirsi
dei
cancelli
delle
stazione
.
Gli
Ebrei
che
giunsero
finalmente
a
mettere
il
piede
nella
terra
promessa
,
dovevano
forse
aver
provato
la
medesima
gioia
...
maggiore
è
impossibile
.
-
Prudenza
,
ragazzi
-
Ci
dice
a
bassissima
voce
il
Materassi
,
uno
dei
nostri
.
-
Che
ci
è
?
Proferimmo
tutti
spaventati
.
-
Guardate
!
-
E
ci
accennò
colla
mano
una
delle
più
celebri
guardie
di
sicurezza
Fiorentine
,
che
prendeva
il
biglietto
.
Soprapensieri
,
come
eravamo
noi
tutti
,
cominciammo
a
temere
!
...
Ci
si
buttò
in
un
vagone
,
e
dopo
un
'
ora
eravamo
a
Pistoia
.
Altro
intoppo
!
...
Viene
una
guardia
e
ci
annunzia
che
dovremo
restar
lì
fermi
,
a
dir
poco
due
ore
.
La
neve
impediva
che
il
treno
procedesse
,
fino
a
che
una
macchina
non
fosse
andatA
ad
esplorare
la
ferrovia
.
Difatti
per
quanto
tu
stendessi
lo
sguardo
,
non
ti
era
dato
di
vedere
che
un
bianco
lenzuolo
:
bianchi
erano
i
monti
lontani
;
bianche
le
collinette
vicine
!
gli
alberi
più
alti
sembravano
pianticelle
di
giardino
,
ed
invece
di
essere
in
quella
località
così
ricca
di
vegetazione
tu
avresti
,
a
buon
diritto
,
creduto
di
essere
ai
piedi
delle
Alpi
.
Per
digerire
il
male
umore
,
e
per
farci
passare
il
freddo
dalle
ossa
,
bevemmo
un
par
di
bicchieri
di
Cognak
,
che
era
proprio
un
castigo
di
cielo
,
ma
che
fu
bevuto
da
noi
con
quella
filosofia
con
cui
si
trangugia
una
medicina
.
Le
due
ore
sì
tramutarono
in
più
di
tre
,
finalmente
venne
le
famosa
locomotiva
:
rimontammo
nel
nostro
vagone
,
e
insieme
con
noi
rimontò
la
guardia
di
pubblica
sicurezza
.
Che
si
avesse
a
fare
la
seconda
di
cambio
?
-
si
pensava
tutti
tra
noi
,
ma
nessuno
ardiva
dirlo
a
un
compagno
.
Maggiore
il
nostro
desiderio
di
sbrigarsi
,
minore
la
velocità
eon
la
quale
si
andava
:
la
neve
infatti
più
che
ci
si
avvicinava
all
'
Appennino
prendeva
delle
proporzioni
imponenti
;
a
tutte
le
stazioni
intermedie
bisognava
fermarsi
una
buona
ora
:
ad
ogni
fermata
si
trangugiava
un
bicchierino
d
'
acqua
vite
.
-
Aqua
vitae
,
la
chiamavan
gli
antichi
-
Declamava
il
Materassi
,
vecchio
soldato
-
per
mettere
anima
in
corpo
par
fatta
apposta
.
Si
cominciò
a
traversare
gallerie
e
a
percorrer
viadotti
!
..
Quali
considerazioni
non
vengono
in
mente
al
maestoso
spettacolo
,
che
scienza
ed
arte
offrono
innanzi
ai
nostri
occhi
!
..
E
pensare
che
un
secolo
fa
,
sarebbe
stato
trattato
da
pazzo
,
chiunque
avesse
predetto
la
magica
impresa
,
e
pensare
che
il
primo
Napoleone
,
il
genio
della
tirannide
,
rise
sulla
faccia
a
colui
che
gli
proponeva
il
sublime
ritrovato
dell
'
umana
potenza
!
..
Ma
così
è
;
disgraziato
chi
trionfa
alla
prima
:
l
'
umanità
è
codarda
coi
grandi
,
e
ne
attua
solamente
i
grandiosi
disegni
allorquando
essi
non
sono
che
polvere
!
Giovanni
Uss
,
Galileo
,
i
Parigini
della
Comune
,
ce
ne
possono
e
ce
ne
potranno
dare
un
'
esempio
.
Corri
adunque
,
o
macchina
apportatrice
di
civiltà
e
di
grandezza
:
corri
,
che
tu
ci
rappresenti
il
progresso
che
non
cura
gli
intoppi
o
che
li
debella
;
gli
ostacoli
cadono
a
te
davanti
:
tu
ti
fai
strada
tra
le
impraticabili
montagne
,
in
mezzo
alle
più
folte
boscaglie
;
superi
fiumi
,
traversi
estese
pianure
,
riunisci
e
fai
conoscer
tra
loro
popoli
diversi
di
costumanze
,
di
tradizioni
,
e
generalizzi
l
'
idee
generose
,
a
dispetto
del
prete
che
ti
stigmatizzò
,
quando
nascesti
;
a
dispetto
del
retrogrado
che
in
te
vide
l
'
annunzio
di
sua
prossima
morte
.
A
Pracchia
ci
dovemmo
trattenere
altre
due
ore
;
anche
a
questa
fermata
della
nostra
via
Crucis
ripetemmo
la
parola
sacramentale
,
che
proferì
anche
Cristo
dopo
essere
stato
inchiodato
,
la
parola
:
Sitio
,
Malgrado
però
questa
nostra
manìa
di
confortarsi
le
intirizzite
viscere
a
forza
di
liquore
non
potemmo
fare
a
meno
di
ammirare
l
'
inponente
panorama
che
ci
si
stendeva
davanti
.
Dalla
finestra
del
bugigattolo
in
cui
ci
eravamo
refugiati
si
godeva
un
immenso
spettacolo
.
Le
punte
accuminate
dei
monti
,
gli
scoscesi
burroni
erano
tutti
bianchi
,
come
l
'
immensa
volta
del
cielo
:
gli
sconfinati
orizzonti
che
ci
si
stendevano
innanzi
a
noi
ci
rendevano
piccini
,
piccini
;
i
castelli
,
i
villaggi
,
lo
chiese
che
così
di
frequente
si
trovano
in
quelle
catene
di
monti
,
si
alzavano
forse
un
metro
dal
suolo
e
ti
apparivano
quasi
informi
ammassi
di
neve
.
Manfredi
,
che
s
'
ispira
all
'
orridezza
della
natura
,
ci
appariva
,
ombra
incresciosa
e
vagabonda
su
quel
candido
strato
,
e
ci
faceva
volgere
tutti
i
nostri
pensieri
alla
fantasia
più
che
umana
di
Byron
!
L
'
aspettativa
era
lunga
;
è
un
fatto
che
in
certi
momenti
si
prova
la
voluttà
di
bamboleggiare
:
gli
uomini
più
grandi
hanno
in
comune
coi
collegiali
moltissimi
divertimenti
...
«Deh.,
fa
che
io
possa
ritornar
bambino
A
te
daccanto
!
scriveva
un
mio
amico
che
non
credeva
più
a
nulla
;
e
noi
che
non
eravamo
guariti
e
che
ancora
si
credeva
a
qualche
cosa
,
incominciammo
una
guerra
a
palle
di
neve
:
guerra
che
se
non
ebbe
le
conseguenze
terrIbili
che
ebbero
le
altre
di
cui
facemmo
parte
,
ci
riusciva
più
fastidiosa
,
quando
qualche
proiettile
veniva
a
spiaccicarsi
sulle
nostre
faccie
.
I
macchinisti
col
muso
nero
,
i
lavoranti
colla
faccia
tutta
unta
(
rimedio
per
scongiurare
la
forza
del
freddo
)
stavano
a
guardare
con
maraviglia
,
e
s
'
interessavano
alle
peripezie
del
combattimento
.
Nel
più
bello
della
lotta
mi
si
avvicina
una
donna
e
tendendomi
la
mano
mi
chiede
un
'
elemosina
.
Abituato
all
'
accattonaggio
delle
grandi
città
,
io
rifiutai
la
richiesta
.
-
Se
sapesse
....
Io
ho
il
genero
e
la
nuora
malata
e
sei
nipotini
che
moiono
di
fame
e
di
freddo
.
-
Solite
storie
-
Interruppe
uno
dei
nostri
alzando
le
spalle
.
-
Storie
!
-
Borbottò
piangendo
la
povera
vecchia
-
Storie
!
vengano
a
vedere
e
saranno
persuasi
.
Seguimmo
la
povera
;
in
una
capannuccia
tutta
coperta
di
neve
,
sopra
un
monte
di
strame
,
vedemmo
una
donna
ancora
giovine
,
forse
anche
bella
,
circondata
da
quattro
bambini
assiderati
dal
freddo
.
Uu
fetore
immenso
,
una
miseria
che
metteva
spavento
:
tutto
insieme
uno
spettacolo
che
faceva
venir
voglia
di
piangere
.
Poveri
disgraziati
,
mentre
il
ricco
annoiato
profonde
le
migliaia
di
lire
ai
piedi
di
una
ballerina
,
o
per
avere
una
bella
pariglia
,
e
finimenti
magnifici
alle
passeggiate
ed
ai
corsi
,
essi
morivano
di
fame
,
non
si
sdigiunavano
nemmeno
tutti
i
giorni
,
perché
il
marito
dell
'
afflitta
giacente
,
dopo
aver
lavorato
come
un
ciuco
,
era
caduto
da
varii
mesi
ammalato
e
i
di
lui
padroni
gli
avevano
sospeso
il
salario
.
Noi
avevamo
pochi
quattrini
,
questi
pochi
ci
servivano
appena
per
fare
il
viaggio
e
purnonostante
non
potemmo
fare
a
meno
di
dare
il
nostro
piccolo
obolo
,
per
questa
miseria
che
ci
faceva
piangere
il
cuore
.
Oh
!
se
tutti
andando
a
prendere
un
punch
,
o
fumando
un
sigaro
(
vedete
che
prendo
le
più
piccole
spese
)
pensassero
che
con
quei
pochi
soldi
si
potrebbe
procurare
un
tozzo
di
pane
a
tanta
gente
che
è
degna
di
aiuto
e
che
langue
nella
più
tremenda
miseria
,
oh
!
scommetto
che
allora
i
vizi
scomparirebbero
,
che
nessuno
avrebbe
cuore
di
abusar
del
superfluo
,
mentre
tanti
fratelli
mancano
del
necessario
:
Il
fischio
della
macchina
che
arrivava
ci
annunziò
che
l
'
ora
della
partenza
era
giunta
;
lasciammo
la
casa
del
dolore
e
non
potendo
esser
più
allegri
,
chiotti
,
chiotti
rientrammo
nel
treno
,
che
dopo
due
o
tre
ore
ci
lasciava
a
Bologna
.
A
Bologna
fu
mestieri
fermarsi
fino
al
giorno
dipoi
;
s
'
immagini
chiunque
ha
fior
di
senno
,
con
qual
malumore
:
malumore
che
ci
cresceva
a
mille
doppi
,
vedendo
come
la
celebra
guardia
di
sicurezza
seguisse
come
un
cagnolino
tutte
le
nostre
pedate
.
La
mattina
all
'
alba
partimmo
;
mi
sembra
inutile
descrivere
ai
miei
buoni
lettori
il
lungo
viaggio
che
avemmo
a
fare
da
Bologna
a
Genova
;
le
famose
avventure
in
ferrovia
,
che
sono
così
spesso
tirate
in
ballo
dai
romanzieri
,
per
me
sono
favole
belle
e
buone
;
noi
fummo
trasportati
,
nell
'
identico
modo
con
cui
son
trasportati
i
bauli
.
Avemmo
a
compagni
dei
mercanti
,
dei
contadini
e
dei
soldati
in
congedo
;
ci
fermammo
per
far
colazione
,
come
tutti
gli
altri
a
Piacenza
;
mangiammo
di
nuovo
a
Tortona
;
bevemmo
una
buona
bottiglia
di
vino
a
Novi
,
non
potemmo
fare
a
meno
di
ammirare
la
magnifica
vallata
di
Serravalle
,
schiudemmo
i
cuori
alle
più
liete
speranze
,
osservando
l
'
infinito
numero
di
fabbriche
di
San
Pier
'
d
'
Arena
,
e
scendemmo
a
Genova
nelle
prime
ore
della
notte
.
La
luna
illuminava
il
bel
monumento
di
Cristoforo
Colombo
che
è
sulla
piazza
della
stazione
.
Noi
volgemmo
un
saluto
a
quel
grande
,
che
in
ricompensa
di
un
nuovo
mondo
si
ebbe
le
catene
da
un
re
,
e
ci
persuademmo
,
che
per
volger
di
secoli
e
per
variare
di
avvenimenti
l
'
umanità
non
è
punto
cambiata
.
Nostro
primo
pensiero
fu
di
recarci
da
un
certo
individuo
,
che
ci
doveva
dare
il
mezzo
sicuro
,
perché
si
potesse
muovere
senza
disturbi
alla
volta
di
Francia
.
Ci
aveva
dato
una
lettera
di
raccomandazione
per
questo
genio
benefico
,
Andrea
Pieri
,
uno
dei
nostri
buoni
amici
Fiorentini
,
giovane
egregio
e
provato
patriotta
,
di
cui
la
democrazia
piange
a
lacrime
amare
la
perdita
.
Trovammo
quasi
subito
la
tanto
desiderata
persona
,
e
secolui
ci
riducemmo
in
una
bettoluccìa
non
molto
distante
dal
teatro
Carlo
Felice
,
bettoluccia
frequentata
soltanto
dai
marinari
,
e
da
qualche
facchino
di
porto
.
-
Noi
si
vuoLpartir
subito
-
Fu
il
primo
discorso
che
facemmo
.
-
Non
dubitatE
...
domani
sera
voi
partirete
...
Domattina
...
uno
di
voi
verrà
con
me
e
combineremo
ogni
cosa
.
-
Va
bene
!
-
Ma
saremo
disturbati
qua
in
Genova
?
...
Dimandai
io
che
avevo
sempre
fisse
in
mente
le
persecuziOni
con
cui
ci
onorava
il
Bolis
a
Livorno
.
-
Loro
possono
andare
tranquillamente
...
Si
figurino
in
quest
'
ultimo
mese
ne
ho
già
imbarcati
più
di
duecentocinquanta
...
Mi
rincresce
non
poter
nominare
questo
giovine
che
con
tanta
abnegazione
si
prestava
,
per
procurare
dei
difensori
alla
Francese
repubblica
;
egli
in
oggi
è
uno
dei
miei
amici
più
cari
,
ma
,
se
lo
nominassi
,
domani
forse
non
avrebbe
più
pane
e
quello
che
è
peggio
,
non
l
'
avrebbe
nemmeno
la
sua
numerosa
famiglia
.
Quanti
,
oh
!
quanti
sono
obbligati
a
nascondere
le
idee
generose
che
loro
bollono
in
cuore
,
per
la
miseria
e
per
il
bisogno
!
Non
vi
disperate
però
,
o
povere
vittime
,
che
ce
lo
ha
lasciato
detto
anche
Giusti
:
«
Tra
i
salmi
dell
'
uffizio
C
'
è
anche
il
Dies
irae
O
che
non
ha
a
venire
Il
giorno
del
giudizio
?
!
Si
dormì
in
un
Albergo
,
a
cui
c
'
indirizzò
il
nostro
amico
;
il
proprietario
,
i
camerieri
la
pensavano
come
noi
e
terminammo
la
serata
,
cullandoci
tra
le
più
belle
illusioni
e
facendo
i
più
attraenti
progetti
per
l
'
avvenire
.
Al
mattino
Materassi
andò
a
fissare
per
la
partenza
;
noi
andammo
a
vedere
i
magnifici
giardini
dell
'
Acquasola
ed
ammirammo
tutta
la
poesia
di
una
magnifica
giornata
;
il
mare
,
la
terra
,
il
cielo
erano
ridenti
,
ridenti
come
il
nostro
pensiero
,
che
spaziava
in
quell
'
Oceano
di
luce
,
in
quel
verde
sterminato
delle
miriadi
di
piante
che
ci
circondava
,
e
che
traeva
da
tanta
magnificenza
di
natura
nuova
forza
per
tentare
l
'
impresa
,
e
certa
speranza
di
sicura
riuscita
.
-
Stasera
alle
otto
si
parte
!
-
Ci
disse
a
pranzo
il
Materassi
.
-
Ma
come
?
-
Andremo
ad
uno
ad
uno
al
battello
...
Io
vo
per
il
primo
:
voi
mi
seguirete
.
Sull
'
imbrunire
ci
avviammo
al
porto
;
il
porto
di
Genova
è
senza
dubbio
il
primo
d
'
Italia
:
il
continuo
movimento
,
l
'
affaccendarsi
di
migliaia
di
persone
,
lo
sterminato
numero
di
navi
che
vi
sono
ancorate
,
lo
sterminato
numero
di
vapori
che
s
'
incrociano
arrivando
e
partendo
,
disegnando
sull
'
Orizzonte
una
lunga
striscia
di
fumo
,
ti
rendono
certo
di
essere
in
uno
degli
emporii
commerciali
tra
i
più
accreditati
in
Europa
.
A
terra
hai
il
lavoro
,
in
mare
hai
il
vapore
:
le
due
leve
che
rialzeranno
l
'
umanità
fino
all
'
altezza
dei
suoi
gloriosi
destini
;
l
'
attività
individuale
e
la
scienza
!
Se
i
barcaioli
di
Livorno
ci
si
erano
mostrati
usurai
e
sordidi
,
quelli
di
Genova
ci
sorpresero
per
il
loro
galantomismo
.
-
Lei
va
in
Francia
?
-
Mi
domandò
quello
che
guidava
la
mia
barca
.
-
Sì
-
Gli
risposi
.
E
lui
,
zitto
come
un
muro
.
-
Quanto
devi
avere
?
-
Gli
domandai
quando
fui
giunto
alla
scala
del
bastimento
.
-
Mi
,
darà
mezzo
franco
.
-
Soltanto
!
-
Esclamai
io
con
sorpresa
.
-
È
il
mio
avere
.
Io
gli
diedi
due
franchi
,
egli
mi
pose
in
mano
il
resto
e
si
offese
quando
gli
dissi
che
del
resto
io
intendeva
fargli
un
regalo
.
A
bordo
,
mi
buttarono
giù
tra
le
cabine
dei
marinari
.
Dove
erano
gli
altri
?
Sul
bastimento
di
certo
,
e
se
non
li
vedevo
quella
sera
,
li
avrei
veduti
quando
l
'
aria
fosse
più
libera
!
Noi
eravamo
nientemeno
che
sul
Conte
Cavour
,
vapore
italianissimo
e
appartenente
alla
compagnia
Aquarone
.
Mi
sdraiai
alla
meglio
iN
una
cabina
,
quando
entrò
nella
stanza
un
tale
,
che
mi
fu
presentato
con
queste
parole
da
un
marinaro
:
anche
lui
,
viene
in
Francia
.
-
E
di
dove
viene
?
-
Io
gli
richiesi
.
-
Vengo
da
Milano
,
ed
ho
fatto
a
piedi
fin
qui
tutta
la
strada
...
-
E
come
mai
?
-
Io
ero
nei
cavalleggeri
Monferrato
e
son
disertore
!
Io
lo
guardai
e
sentii
compassione
di
lui
;
io
non
ho
mai
creduto
che
l
'
impresa
di
Francia
potesse
riuscire
,
e
,
se
andavo
,
era
solamente
perché
reputavo
un
delitto
per
un
republicano
il
non
accorrere
là
dove
si
pugnava
e
si
moriva
eroicamente
intorno
al
glorioso
vessillo
dell
'
umana
emancipazione
.
Morire
è
nulla
per
chi
ha
un
poco
dì
cuore
:
ma
andando
alla
guerra
ci
son
più
probabilità
di
restare
che
di
andare
tra
i
più
,
e
se
quel
povero
diavolo
l
'
avesse
scampata
,
che
avrebbe
fatto
?
In
Italia
non
poteva
tornare
dicerto
,
in
Francia
non
sapendo
una
parola
di
lingua
francese
sarebbe
morto
di
fame
...
Oh
!
quanti
eroi
vivono
e
moiono
ignorati
,
in
questo
secolo
falso
in
cui
si
inneggia
all
'
effetto
scenico
dei
bugiardi
eroismi
.
Questa
volta
ci
si
muoveva
davvero
;
allorché
io
ne
fui
proprio
sicuro
mi
addormentai
profondamente
.
Quando
al
mattino
mi
destai
noi
eravamo
fermi
.
-
Venga
pur
su
dai
suoi
compagni
,
mi
disse
un
mozzo
.
-
Ma
perché
ci
siamo
fermati
?
-
Siamo
a
Savona
:
ci
fermiamo
fino
a
stasera
.
-
E
avremo
altre
soste
avanti
di
arrivare
a
Marsiglia
?
-
Oh
!
...
sissignore
!
Per
lo
meno
si
sta
dieci
ore
a
san
Maurizio
.
I
miei
compagni
,
secondo
il
solito
,
più
fortunati
di
me
,
erano
stati
messi
nelle
cabine
di
prima
classe
.
Io
li
trovai
nel
così
detto
salone
,
nel
quale
ci
si
rigirava
appena
,
tanto
era
piccolo
!
...
ma
pure
lo
avevan
battezzato
come
salone
.
Prendemmo
un
caffè
,
e
si
assise
con
noi
un
Pollacco
,
che
bisticciava
alla
peggio
un
po
'
di
francese
:
egli
ci
disse
che
veniva
in
Francia
,
e
che
era
già
stato
ufficiale
di
cavalleria
nell
'
esercito
Austriaco
e
Prussiano
,
e
per
convalidare
ciò
che
diceva
,
ci
mostrò
una
fotografia
,
che
aveva
in
tasca
,
dove
era
rappresentato
in
alta
montura
di
ussero
.
Alla
nostra
domanda
se
pur
egli
avesse
intenzione
di
arruolarsi
con
Garibaldi
,
fece
una
smorfia
.
e
portestandoci
di
amare
i
volontari
,
ma
di
trovarsi
al
mo
posto
soltanto
tra
truppe
disciplinate
,
ci
fece
noto
il
suo
divisamente
di
entrare
nell
'
esercito
di
Bourbaki
,
allora
in
formazione
,
io
credo
,
a
Châlons
.
Era
intanto
sceso
giù
da
noi
il
macchinista
,
un
bel
tipo
di
Francese
meridionale
:
un
repubblicano
a
prova
di
bomba
,
che
faceva
parte
del
Comitato
di
Marsiglia
e
che
anzi
s
'
incaricava
di
condurre
più
gente
che
gli
fosse
possibile
in
quest
'
ultima
città
.
La
testa
di
quest
'
uomo
era
molto
espressiva
;
fronte
spaziosa
e
barba
foltissima
;
con
un
berretto
Frigio
sul
capo
ti
rassomigliava
perfettamente
uno
di
quei
celebri
convenzionali
che
tanto
impaurirono
ed
entusiasmarono
la
Francia
sullo
scorcio
del
secolo
decimottavo
.
Franco
e
leale
egli
cantava
le
cose
come
le
sentiva
,
per
cui
alle
parole
del
Polacco
,
che
aveva
terminato
il
discorso
con
mille
elogi
dell
'
eserciti
permanenti
,
sola
speranza
di
una
nazione
in
pericolo
(
sic
)
alzava
furiosamente
le
spalle
,
e
finì
borbottando
:
Noi
non
andiamo
d
'
accordo
.
-
E
come
è
vestita
la
cavalleria
in
Francia
?
Gli
domandò
il
discendente
di
Sobieskj
,
che
persino
in
viaggio
era
di
un
'
eleganza
ineccezionabile
.
-
Da
soldato
!
-
Rispose
l
'
altro
bruscamente
e
volgendosi
a
noi
ci
disse
a
bassa
voce
e
in
genovese
-
Dev
'
essere
un
imbecille
,
un
soldato
di
ventura
.
Tale
opinione
ci
fu
poco
dopo
convalidata
;
il
nostro
compagno
di
viaggio
cominciò
a
parlarci
delle
sue
conquiste
,
dei
cavalli
che
aveva
lasciato
a
Vienna
e
degli
illustri
parenti
che
aveva
lasciato
a
Berlino
,
e
terminò
mostrandoci
il
ritratto
della
sua
maitresse
,
una
bella
bionda
che
non
in
fotografia
,
ma
in
carne
ed
ossa
avremmo
desiderato
avere
davanti
.
Durante
tutta
la
campagna
non
vidi
più
questo
Pollacco
;
probabilmente
come
tanti
altri
avventurieri
avendo
veduta
la
malaparata
sarà
andato
in
cerca
di
fortuna
migliore
:
chè
la
campagna
di
Francia
ebbe
questo
di
buono
:
pochi
volontarii
,
ma
i
pochi
ispirati
e
che
dicevano
e
facevano
davvero
...
ne
diano
prova
luminosa
le
migliaia
dei
cadaveri
che
abbiamo
lasciato
lassù
.
A
mezzogiorno
preciso
il
vapore
si
mosse
;
tutti
salimmo
in
coverta
.
La
giornata
era
superba
,
il
panorama
incantevole
.
Il
nostro
battello
,
che
si
poteva
chiamare
un
guscio
,
tanto
era
piccolo
,
costeggiava
la
bella
riviera
che
è
una
delle
prime
bellezze
della
bellissima
Italia
;
noi
non
ci
scostammo
mai
più
di
cinquanta
passi
da
riva
;
si
passava
adunque
vicinissimi
a
quei
seni
,
a
quei
golfi
che
s
'
intersecano
nelle
montagne
,
ora
ridenti
per
il
verde
delle
piante
,
ora
tristi
per
il
cenerognolo
dei
molti
uliveti
,
ora
orride
per
il
colore
rossiccio
delle
pietre
e
per
la
mancanza
di
abitazioni
;
i
cento
villaggi
,
i
pittoreschi
castelli
che
si
vedevano
spuntare
qua
e
là
,
e
dominare
superbi
sulle
vette
delle
colline
e
dei
monti
;
le
capannuccie
dei
pescatori
a
cui
ad
ora
ad
ora
si
scorgeva
legata
qualche
barchetta
,
le
onde
leggermente
increspate
dal
venticello
che
rapiva
i
profumi
dalle
piante
del
lido
,
e
li
offriva
a
noi
ricreandoci
,
gli
alcioni
che
apparivano
a
fior
d
'
acqua
,
che
si
tuffavano
e
riapparivano
scuotendo
le
ali
immense
,
e
il
cielo
tutto
sereno
,
celeste
come
l
'
estesa
superficie
del
mare
ci
facevano
credere
di
essere
in
primavera
,
e
ci
facevano
mandare
un
saluto
dal
profondo
dell
'
anima
alla
terra
dell
'
amore
e
della
poesia
,
a
quell
'
Italia
che
si
biasimava
,
si
vituperava
vivendoci
,
ma
che
ora
si
sentiva
di
amare
più
di
noi
stessi
.
E
a
farlo
apposta
sembrava
che
l
'
Italia
,
quasi
amante
che
si
voglia
tradire
,
si
facesse
bella
di
tutti
i
suoi
vezzi
per
renderci
più
amara
la
dipartita
.
Ci
fermammo
di
nuovo
a
san
Maurizio
,
e
fu
forza
il
pernottarci
.
Mi
condonino
i
lettori
la
noia
di
tutti
questi
ragguagli
:
ne
soffrimmo
tanta
noi
della
noia
...
che
possono
pazientare
,
anche
loro
,
poiché
poco
più
ora
manca
alla
fine
di
questa
escursione
marittima
.
Il
mare
si
fece
cattivo
:
un
colpo
di
vento
portò
via
tutte
le
panche
che
erano
a
poppa
e
dove
ci
eravamo
seduti
il
dì
innanzi
:
il
nostro
stato
era
deplorevole
:
lascio
dapparte
certe
descrizioni
che
urterebbero
il
delicato
sentire
dei
miei
lettori
e
delle
mie
buone
lettrici
;
lo
stesso
Capitano
non
sapeva
più
che
pesci
si
prendere
:
l
'
equipaggio
giurava
per
tutti
i
Santi
del
Calendario
Cattolico
di
non
essersi
mai
ritrovato
in
acque
sì
brutte
.
A
Tolone
si
sobbalzava
tanto
nelle
nostre
cabine
che
si
arrivava
a
picchiare
capate
terribili
nelle
asse
del
soffitto
;
è
per
sopramercato
si
era
anche
nel
colmo
della
notte
.
È
impossibile
descrivere
l
'
irritazione
di
cui
eravamo
in
preda
:
lo
sconforto
si
era
impossessato
di
noi
,
e
ci
si
aspettava
di
momento
in
momento
di
trovar
la
tomba
,
ora
che
si
era
arrivati
in
Francia
.
Il
tempo
si
calmò
;
altre
cinque
ore
di
viaggio
,
eppoi
il
Capitano
ci
chiamò
sul
ponte
.
Corremmo
tutti
.
Un
bosco
d
'
antenne
occupava
tutto
il
porto
:
una
magnifica
città
ci
si
stendeva
davanti
in
mezzo
a
due
picchi
,
sul
primo
dei
quali
si
vedeva
il
campanile
di
una
chiesuola
.
-
Quella
è
la
Madonna
della
Guardia
-
ci
disse
il
Capitano
.
-
Loro
sono
a
Marsiglia
.
Finalmente
ci
si
era
!
CAPITOLO
V
.
Andammo
subito
al
Comitato
;
non
ci
era
nessuno
:
se
ne
domandò
la
ragione
,
ci
risposero
che
era
domenica
;
si
cominciava
benino
!
Facendo
di
necessità
virtù
,
deliberammo
di
tornarci
il
giorno
dopo
,
e
intanto
andammo
a
passeggiare
per
la
città
:
Non
posso
negare
che
più
che
mi
inoltravo
in
quelle
magnifiche
strade
,
più
osservavo
il
chiasso
,
il
movimento
,
il
lusso
,
il
fare
spigliato
di
quella
popolazione
,
più
mi
sentivo
in
preda
d
'
impressioni
bruttissime
.
Non
che
essere
in
una
Nazione
,
tanto
bistrattata
,
tanto
avvilita
,
tanto
depressa
come
era
allora
la
Francia
,
tu
avresti
creduto
trovarti
in
un
paese
dove
tutte
le
cose
vadano
a
meraviglia
,
dove
non
si
sia
nemmeno
alla
lontana
sentito
parlare
di
guerra
.
Molti
giovanotti
avevano
il
berretto
da
guardia
nazionale
,
ma
molti
ancora
se
la
passeggiavano
tranquilli
e
contenti
,
a
braccio
di
signore
di
virtù
più
o
meno
problematica
,
e
occupavano
cianciando
,
chiassando
e
ridendo
i
tavolini
che
sono
al
difuori
dei
molti
caffè
,
che
si
trovano
nella
magnifica
strada
della
Canobiere
.
Ai
cafès
chantants
,
si
cantava
la
Marsigliese
,
le
chant
du
depart
tutte
canzoni
patriotiche
...
ma
pur
si
cantava
;
alla
Maison
doré
si
ballava
sempre
patriotticamente
il
cancan
:
tutte
le
cocottes
di
Parigi
,
allontanate
da
quella
citta
a
causa
dell
'
assedio
,
erano
piovute
là
a
Marsiglia
,
dove
abbassando
le
loro
pretese
,
avevano
trovato
ammiratori
a
iosa
;
erano
aperti
tre
teatri
;
sui
boulevards
tutte
le
sere
suonava
la
banda
;
unico
indizio
di
vita
belligera
noi
lo
trovammo
in
certi
cartelli
che
erano
attaccati
a
tutte
le
cantonate
;
cartelli
ove
era
scritto
a
lettere
cubitali
:
Parigi
non
si
arrenderà
mai
;
del
resto
,
come
ho
detto
,
un
'
indifferenza
da
fare
schifo
,
una
corruzione
che
non
ci
faceva
mai
presupporre
che
un
Trochu
avesse
la
sfacciataggine
di
qualificarla
all
'
Assemblea
per
Italiana
.
Se
si
fa
un
paragone
tra
qualunque
delle
nostre
città
nel
1866
e
Marsiglia
nel
1871
,
bisogna
in
coscienza
affermare
che
noi
,
quantunque
corrotti
,
siamo
molto
,
ma
molto
superiori
,
se
non
altro
nell
'
amore
di
patria
,
alla
città
più
spinta
del
mezzogiorno
della
Francia
.
Né
solamente
le
classi
agiate
se
la
spassavano
,
bastava
andare
sul
porto
per
potere
esser
certi
se
quel
popolo
lì
,
aveva
intenzione
di
concorrere
alla
guerra
!
Le
infinite
baracche
dei
saltimbanchi
,
i
giuochi
improvvisati
lungo
la
strada
,
la
gente
che
si
affollava
intorno
ad
un
vaporino
che
conduceva
intorno
il
porto
,
i
cantastorie
ambulanti
ci
offrivano
un
bel
colpo
d
'
occhio
,
ma
ci
raffermavano
sempre
più
nella
nostra
opinione
.
È
vero
che
tra
gli
altri
sollazzi
vedemmo
anche
un
tiro
al
bersaglio
e
in
questo
servivano
di
mira
due
Prussiani
più
grandi
del
naturale
;
ma
a
che
prò
sciupare
la
polvere
contro
i
Prussiani
di
carta
,
quando
si
fuggiva
a
rotta
di
collo
davanti
a
quelli
di
ciccia
?
La
molta
gente
che
interrogammo
,
ci
rispose
facendo
voti
,
per
la
pace
;
il
commercio
incagliato
,
i
guadagni
diminuiti
parlavano
nel
cuore
di
tutti
quegli
uomini
,
più
della
voce
della
patria
tradita
.
Noi
pensammo
che
era
ben
difficile
che
la
Francia
potesse
pigliare
una
rivincita
.
In
mezzo
alla
folla
vedemmo
qua
e
là
confusi
ed
incerti
alcuni
Turcos
ed
alcuni
Zuavi
,
zoppicanti
e
con
volti
emaciati
.
Erano
feriti
;
erano
avanzi
gloriosi
di
Wissembourg
,
di
Woërt
,
di
Gravelotte
.
Abituati
a
vedere
questi
fieri
soldati
,
allorché
nel
cinquantanove
baldanzosi
e
trionfanti
traversarono
l
'
Italia
,
noi
provammo
un
senso
di
dolore
nel
vederli
ridotti
in
tale
stato
.
I
ragazzacci
del
popolo
non
di
rado
li
accompagnavano
colle
loro
fischiate
,
o
facevano
loro
degli
scherzi
da
far
rivoltare
lo
stomaco
agli
uomini
più
abboccati
del
mondo
:
la
sventura
dovrebbe
esser
sacra
.
La
popolazione
di
Marsiglia
l
'
aveva
maledettamente
con
l
'
armata
:
mentre
uomini
,
donne
,
fanciulli
si
affollavano
lungo
le
vie
e
guardavano
con
ammirazione
la
guardia
Nazionale
,
che
faceva
crepar
dalle
risa
,
tutti
avevano
sempre
pronto
un
frizzo
,
un
insulto
per
quei
poveri
diavoli
del
60°
reggimento
,
che
allora
si
ricostituiva
in
quella
città
:
li
chiamavano
i
soldati
di
Napoleone
,
e
tutti
erano
all
'
unisono
per
dichiarare
quest
'
ultimo
come
un
traditore
,
come
l
'
unica
causa
di
tutti
i
disastri
che
avevano
ridotto
al
lumicino
la
patria
degli
eroi
del
novantadue
e
degli
espugnatori
di
Malakoff
.
Un
po
'
sconfortati
continuammo
a
girellare
,
ma
è
un
fatto
che
quella
varietà
,
quel
movimento
ci
stordiva
in
modo
,
che
queste
cose
le
quali
,
or
ripensando
mi
danno
fastidio
,
terminarono
col
non
farmi
nè
caldo
nè
freddo
e
col
darmi
gusto
.
Rintoppammo
sul
porto
il
nostro
compagno
di
viaggio
,
disertore
dall
'
esercito
Italiano
.
-
Vadano
al
Comitato
-
Ci
disse
-
perché
fra
poco
si
parte
..
-
Dici
davvero
?
-
Sul
mio
onore
.
E
noi
ci
avviammo
al
celebre
Comitato
che
aveva
la
sua
sede
sulla
piazza
della
prefettura
.
Un
gruppo
di
giovani
dal
portamento
spigliato
,
era
sulla
cantonata
e
faceva
pervenire
ai
nostri
orecchi
il
dolce
suono
della
gentile
favella
del
sì
.
Saranno
stati
all
'
incirca
una
cinquanta
ed
erano
tutti
Italiani
,
qualcuno
aveva
il
berretto
rosso
:
tutti
vestivano
ancora
con
abiti
cittadineschi
.
Fummo
accolti
da
loro
come
fratelli
:
in
quei
momenti
s
'
improvvisano
le
amicizie
,
e
il
tu
alla
quacquera
di
primo
acchito
,
soave
reminiscenza
dell
'
Università
,
predomina
su
tutta
la
linea
:
nè
si
creda
che
queste
amicizie
che
si
concludono
in
un
quarto
d
'
ora
,
sfumino
come
tutte
le
amicizie
del
mondo
,
poiché
sono
le
più
inalterabili
,
perché
dopo
molti
anni
quando
l
'
uomo
vive
nel
passato
e
chiede
un
conforto
e
una
lacrima
al
sacro
patrimonio
d
'
affetto
che
ha
raccolto
qua
in
terra
,
ripensa
a
questi
amici
di
gloria
e
di
sventura
come
l
'
esule
,
o
il
prigioniero
ripensano
alla
casetta
paterna
.
Tutti
erano
allegri
...
si
andava
incontro
a
un
nemico
formidabile
,
si
era
certi
della
difficoltà
di
vincere
,
si
sapeva
che
probabilmente
metà
di
noi
avrebbe
pagato
col
sangue
le
idee
che
ci
bollivano
in
testa
,
ma
che
c
'
importava
?
Anche
il
sacrificio
ha
le
sue
voluttà
e
sono
più
inebrianti
di
quelle
della
gioia
.
-
Stasera
non
possono
partire
.
-
Venne
a
dirci
un
coso
sbilenco
,
che
doveva
essere
addetto
al
Comitato
.
-
Daccapo
-
Urlarono
i
giovani
e
proruppero
in
fischi
.
-
Domani
sera
partiranno
di
sicuro
-
Proferì
a
malapena
quel
corvo
del
malaugurio
e
se
la
svignò
alla
chetichella
.
-
Pazienza
ragazzi
bisogna
assuefarsi
alle
disillusioni
;
venite
con
me
alla
vicina
taverna
e
là
faremmo
passare
la
malinconia
,
trangugiando
un
buon
bicchier
di
vino
caldo
.
Quello
che
parlava
era
un
bel
tipo
di
militare
;
era
già
vestito
da
Garibaldino
e
camminava
un
po
'
zoppo
.
-
Evviva
il
Mago
!
-
Gridarono
tutti
.
-
Venite
con
me
sempre
,
o
ragazzi
,
e
vedrete
che
anche
al
fuoco
non
vi
farò
scomparire
.
-
Eh
!
lo
sappiamo
che
tu
sei
un
eroe
...
-
Che
eri
all
'
attacco
di
Dijon
...
-
E
che
ci
fosti
ferito
.
-
Evviva
i
prodi
soldati
!
-
Evviva
.
E
cantando
patriottiche
cantiche
ce
ne
andammo
tutti
alla
vicina
taverna
,
dove
due
fior
di
ragazze
dispensavano
bibite
e
sorrisi
agli
avventori
,
che
ne
andavano
in
solluchero
a
questo
connubio
cotanto
attraente
.
A
Marsiglia
,
il
vin
caldo
e
il
Cognak
costano
la
miserabile
somma
di
10
centesimi
,
e
si
noti
bene
che
le
bibite
non
si
amministrano
omeopaticamente
come
da
noi
.
-
Se
ci
fossero
certi
amici
!
-
Esclamò
il
Materassi
,
quando
giunse
a
cognizione
di
questa
consolante
notizia
.
-
Mago
,
su
...
giacché
non
sappiamo
come
passare
il
tempo
,
raccontaci
i
fatti
gloriosi
di
cui
è
già
stato
eroe
Garibaldi
...
Noi
ci
istruiremo
e
le
ore
ci
trascorreranno
,
come
se
fossero
minuti
.
-
Che
volete
...
che
dica
...
-
Di
quello
che
sai
:
raccontaci
come
si
portano
i
nostri
,
quale
è
la
nostra
organizzazione
,
e
se
infine
i
soldati
Prussiani
sono
poi
quella
gente
famosa
da
far
tremare
tutto
il
mondo
...
-
In
quanto
a
questi
vi
assicuro
che
non
fanno
di
noccioli
e
che
tirano
diritto
,
e
che
son
duri
come
montagne
,
ma
,
poiché
volete
saper
proprio
ogni
cosa
,
vi
spiffero
tutto
dall
'
a
alla
z
pregandovi
a
scusarmi
se
non
parlo
in
punta
di
forchetta
.
Tutti
fecero
silenzio
e
il
sergente
(
il
Mago
era
sergente
)
,
incominciò
:
Figuratevi
che
si
era
in
Autun
.
Il
clima
di
Francia
è
pazzo
come
gli
abitanti
.
A
Dôle
non
aveva
fatto
che
piovere
,
a
Autun
era
un
freddo
che
ci
pareva
di
essere
in
Siberia
.
Noi
stemmo
sei
giorni
all
'
avamposti
e
vi
assicuro
di
aver
provato
certi
brezzoni
,
che
al
solo
ricordarli
mi
sento
gelato
.
Riunita
tutta
la
legione
,
si
partì
col
nostro
Vecchio
per
Arnay
le
Duc
.
-
O
in
che
legione
eri
?
-
Interruppe
uno
.
-
Io
ero
con
Tanara
;
un
bravo
uomo
,
ragazzi
,
un
uomo
,
del
genere
del
quale
ce
ne
vorrebbe
dimolti
nella
democrazia
,
uno
di
quei
pochi
insomma
che
si
seguono
volentieri
,
quando
cominciano
a
fischiare
le
palle
!
..
Tornando
a
bomba
:
vi
dirò
che
da
Arnay
le
Duc
,
girammo
come
l
'
Ebreo
Errante
,
per
tutti
quei
paesuoli
,
sempre
in
cerca
dei
Prussiani
che
non
si
vedevano
mai
...
Che
marcie
,
figliuoli
!
..
Non
dubitate
,
che
chi
potrà
raccontare
questa
campagna
,
potrà
esserne
altero
e
potrà
dire
di
esser
sfuggito
alle
unghie
del
diavolo
.
Il
giorno
ventiquattro
entrammo
in
Malin
,
abbandonato
poco
prima
dai
Prussiani
;
pernottammo
alla
stazione
,
e
Garibaldi
,
il
bravo
uomo
,
era
là
..
in
mezzo
a
noi
,
a
farci
coraggio
,
a
prometterci
che
ci
saremmo
fatti
onore
.
Il
freddo
era
intenso
,
acutssimo
e
il
nostro
Vecchio
era
sorridente
,
sereno
,
come
se
fosse
stato
nella
stanza
più
bella
e
più
riscaldata
del
suo
quartier
generale
.
Gli
abitanti
cercavano
di
renderci
meno
dure
le
privazioni
colle
loro
gentilezze
:
e
si
affannavano
a
portarci
da
mangiare
,
e
da
bere
;
le
donne
,
anche
delle
classi
non
basse
,
ci
portavano
il
pane
ed
il
vino
e
ci
stringevano
la
mano
.
L
'
era
una
cosa
da
far
piangere
i
sassi
...
ve
l
'
assicuro
.
All
'
alba
partimmo
e
ci
frastagliammo
compagnie
per
compagnie
nei
borghi
diversi
,
adiacenti
a
Malin
.
Così
passammo
l
'
intera
giornata
:
sul
far
della
sera
venne
ordine
immediato
di
partenza
,
e
difatti
tutti
insieme
si
andò
a
Lantenay
.
Qui
trovammo
un
infinità
di
guardie
mobili
,
qualche
pezzo
di
artiglieria
,
un
mezzo
squadrone
di
Chasseurs
d
'
Afrique
e
varii
corpi
di
volontari
.
Garibaldi
alloggiò
al
castello
;
noi
ci
fermammo
proprio
sotto
di
lui
e
per
riscaldarci
facemmo
degli
immensi
falò
.
I
Prussiani
erano
al
di
là
di
una
foresta
che
si
stende
sull
'
alture
del
Nord
Ovest
del
Castello
;
in
linea
retta
tra
noi
e
loro
non
ci
correva
nemmanco
un
chilometro
.
La
mattina
del
ventisei
oltre
la
paga
ci
diedero
dei
pezzi
di
capretto
che
erano
stati
requisiti
;
ma
sul
più
bello
,
allorché
si
cominciava
ad
assaporare
questa
vivanda
così
patriarcale
,
suonò
l
'
assemblea
,
e
in
un
minuto
bisognò
correre
ai
ranghi
,
lasciando
sul
terreno
e
nelle
case
più
di
metà
di
quel
cibo
,
che
con
tanta
veemenza
veniva
reclamato
dai
nostri
stomachi
vuoti
.
Appena
arrivati
al
castello
,
vedemmo
Garibaldi
a
cavallo
:
era
seguito
da
Menotti
,
da
Bordone
,
da
Canzio
.
Il
Vecchio
diede
qualche
ordine
,
poi
seguito
dai
suoi
e
da
alcune
guide
ci
precedette
,
inoltrandosi
al
trotto
verso
l
'
estremità
della
foresta
;
dopo
brevi
istanti
noi
ci
avanzammo
.
Pigliammo
una
viuzza
e
in
poco
tempo
raggiungemmo
lo
stato
maggiore
.
Allora
si
ordinò
a
due
compagnie
del
primo
battaglione
,
tra
le
quali
alla
mia
,
di
occupare
l
'
altipiano
e
di
stenderci
in
catena
.
Nell
'
eseguire
quest
'
ordine
voltai
i
miei
occhi
a
destra
e
vidi
in
terra
sdraiato
il
prode
Garibaldi
.
Egli
si
riposava
:
lì
a
cento
passi
da
noi
..
Io
non
sono
un
poeta
,
sono
un
ignorante
,
un
soldataccio
cresciuto
tra
bestemmie
della
caserma
,
ma
che
volete
,
non
ve
lo
nascondo
,
veder
quel
vecchio
,
malato
,
quell
'
uomo
della
cui
fama
è
pieno
il
mondo
e
che
si
è
già
conquistata
l
'
immortalità
,
vederlo
,
dico
lì
sdraiato
come
uno
di
noi
,
con
quella
faccia
di
santo
,
a
pochi
passi
dalla
morte
,
io
sentii
inumidirmi
le
ciglia
e
piansi
come
una
donnicciuola
,
o
come
un
abatino
.
Due
batterie
,
una
da
campagna
e
l
'
altra
da
montagna
,
presero
posizione
accanto
a
noi
.
Poco
distante
tuonava
il
cannone
;
erano
le
truppe
di
Bossak
e
di
Ricciotti
,
almeno
lo
credo
,
che
disturbavano
le
mosse
del
nemico
.
Che
magnifico
spettacolo
ci
si
presentò
agli
occhi
,
quando
principiammo
a
guardare
!
Una
vallata
ubertosissima
di
vegetazione
si
stendeva
sotto
di
noi
;
i
battaglioni
Bavaresi
e
Prussiani
formavano
un
'
estesa
e
ben
compatta
colonna
;
gli
ulani
correvan
da
un
estremo
all
'
altro
di
quella
linea
,
che
sembrava
di
ferro
,
tanto
era
nera
:
ma
colle
nostre
complessioni
e
coi
nostri
comandanti
si
ammacca
anche
il
ferro
!
..
Venne
l
'
ordine
infatti
di
avanzarsi
.
Il
terreno
che
dovevamo
percorrere
era
pieno
d
'
intoppi
:
era
un
avvicendarsi
di
piccoli
scaglioni
che
qualche
volta
ci
facevano
andare
a
gambe
levate
.
I
Francs
Tireurs
si
erano
internati
nella
foresta
e
appoggiavano
i
nostri
movimenti
.
Dopo
poco
trovammo
dietro
uno
dei
tanti
rialzi
gli
Chasseurs
d
'
Afrique
che
erano
in
esplorazione
.
Una
scarica
a
bruciapelo
eseguita
dai
Prussiani
,
li
fece
retrocedere
;
allora
occupammo
noi
la
sommità
abbandonata
dalla
nostra
cavalleria
.
Il
rombo
del
cannone
si
fece
sentire
da
tutte
e
due
le
parti
,
i
Prussiani
rispondevano
ai
nostri
con
accanimento
:
le
palle
,
le
bombe
ci
smaniavano
di
sopra
,
di
sotto
,
intorno
al
capo
,
alle
gambe
:
ogni
poco
i
superiori
ci
ordinavano
di
sdraiarci
per
terra
,
Una
rachetta
portò
via
la
coscia
del
bravo
luogotenente
Dell
'
Isola
aiutante
di
Menotti
.
Il
nostro
capitano
Morelli
era
sempre
alla
testa
della
compagnia
e
diè
prova
di
un
sangue
freddo
,
che
,
come
vecchio
soldato
,
io
vi
dichiaro
rarissimo
.
Pigliammo
d
'
assalto
un
paesetto
,
lo
traversammo
a
baionetta
calata
,
in
mezzo
agli
applausi
di
quei
buoni
abitanti
.
I
Prussiani
si
ritiravano
colle
loro
artiglierie
:
apriamo
il
cuore
alla
gioia
,
guardiamo
e
si
vede
in
capo
alla
strada
il
Generale
;
ma
dunque
quest
'
uomo
è
per
tutto
,
quest
'
uomo
è
miracoloso
,
quest
'
uomo
è
invulnerabile
!
..
Gridano
i
volontari
,
e
poi
,
tutti
prorompono
in
acclamazioni
all
'
illustre
condottiero
.
Garibaldi
ci
salutava
col
suo
solito
sorriso
,
poi
,
chiamata
una
tromba
,
si
fece
dare
un
poco
da
bere
,
e
bevve
l
'
acqua
di
una
vicina
pozzanghera
.
Intanto
il
cielo
aveva
aperto
le
sue
cateratte
,
ed
una
pioggia
diabolica
c
'
inzuppava
maledettamente
i
vestiti
,
e
ci
rendeva
assai
malagevole
il
camminare
a
causa
del
fango
che
produceva
.
Facemmo
alto
in
un
luogo
disabitato
e
scoperto
;
quivi
sfilò
innanzi
ai
nostri
occhi
tutto
il
piccolo
esercito
che
aveva
sotto
di
se
Garibaldi
.
Passato
che
fu
,
venne
anche
per
noi
l
'
ordine
di
avanzarci
senza
sapere
ove
si
andasse
e
senza
nemmeno
curarsene
:
che
il
buon
soldato
non
deve
mai
discutere
,
nè
sofisticare
su
quanto
ordinano
i
superiori
.
Dopo
aver
camminato
un
poco
,
noi
del
battaglione
,
comandato
da
Ciotti
,
arrivammo
in
un
piccolo
villaggio
situato
al
Nord
di
Lantenay
,
e
qui
dalla
bocca
stessa
dei
villici
sapemmo
che
i
Prussiani
,
prima
di
partire
,
avevan
fatto
man
salva
di
tutto
il
bestiame
.
Di
cibo
non
ci
era
da
parlarne
,
e
noi
si
aveva
un
appetito
numero
uno
;
una
sola
botteguccia
era
aperta
,
ma
anche
in
questa
non
si
trovavano
che
pochi
pezzucci
di
pane
;
li
dividemmo
da
buoni
fratelli
,
ma
appena
si
cominciavano
a
divorare
,
eccoti
di
nuovo
l
'
ordine
d
'
immediata
partenza
.
Ragazzi
miei
,
non
è
il
fuoco
che
costituisce
lo
amaro
di
una
campagna
,
chè
anzi
ne
è
la
pagina
bella
;
sono
le
privazióni
e
gli
stenti
,
a
cui
però
di
buon
grado
deve
assoggettarsi
il
soldato
dell
'
idea
.
Noi
eravamo
stanchi
,
le
gambe
non
ci
reggevano
più
,
i
respiri
si
elevavano
a
mala
pena
dal
petto
,
ma
il
nostro
lavoro
non
era
terminato
,
bisognava
finirlo
,
come
volea
Garibaldi
,
e
o
male
o
bene
noi
lo
facemmo
ed
ecco
come
andò
.
Il
Generale
voleva
sorprendere
Digione
,
ed
era
sicuro
d
'
impadronirsene
con
uno
dei
suoi
colpi
di
mano
e
vi
garantisco
che
sarebbe
riuscito
....
Oh
!
mille
valorosi
di
più
o
duemila
vigliacchi
di
meno
,
e
avreste
veduto
!
Noi
ci
inoltrammo
silenziosi
lungo
la
strada
;
avevamo
avuto
il
comando
di
non
scaricare
il
fucile
;
quatti
quatti
senza
respirare
nemmeno
,
col
cuore
che
ci
batteva
forte
forte
,
procedevamo
in
mezzo
a
quel
buio
d
'
inferno
;
nessun
rumore
si
sentiva
all
'
intorno
:
un
acquazzone
tremendo
ci
percoteva
da
tutti
i
lati
.
Noi
marciavamo
per
primi
insieme
ad
una
compagnia
di
Francs
tireurs
,
dietro
a
noi
venivano
diversi
battaglioni
di
guardie
mobili
e
l
'
artiglieria
.
Così
giungemmo
fino
a
un
kilometro
dalla
città
;
pareva
che
i
Prussiani
non
si
fossero
anche
accorti
di
noi
;
un
subitaneo
schioppettìo
di
fucilate
ci
rese
sicuri
che
la
nostra
avanguardia
era
alle
prese
cogli
avamposti
dell
'
inimico
.
I
nostri
superiori
ci
diedero
l
'
ordine
che
ad
ogni
scarica
,
ci
buttassimo
nei
fossi
che
fiancheggiavano
la
strada
;
questi
erano
pieni
d
'
acqua
,
e
allorché
il
lampo
annunziatore
delle
palle
vicine
si
faceva
vedere
in
quel
buio
,
noi
prendevamo
dei
bagni
,
nè
troppo
comodi
in
quella
stagione
,
nè
troppo
puliti
.
Però
di
tratto
in
tratto
ci
si
avanzava
,
tra
quel
diavoleto
:
le
nostre
trombe
suonavano
avanti
;
avanti
,
gridavano
gli
ufficiali
;
avanti
si
gridava
noi
tutti
,
e
come
un
sol
uomo
,
ci
spingevamo
,
ci
accalcavamo
,
per
quella
strada
che
poco
dopo
doveva
essere
ingombra
da
mucchi
di
deformati
cadaveri
.
Già
qualche
ferito
emetteva
grida
strazianti
,
già
l
'
aria
s
'
impregnava
di
quel
simpatico
odore
di
polvere
che
suole
accompagnare
i
combattimenti
,
già
il
lontano
rullo
del
tamburo
,
il
subito
guizzo
che
pari
a
lingua
di
fuoco
si
ripercuoteva
per
tutta
quella
estensione
,
e
il
fischio
non
interrotto
mai
delle
micidialissime
palle
nemiche
,
ci
rendeva
sicuri
che
assistevamo
ad
un
'
imponente
battaglia
.
Le
scariche
dei
Prussiani
di
minuto
in
minuto
crescevano
d
'
intensità
,
eppure
noi
fedeli
ai
nostri
ordini
non
ci
azzardavamo
a
far
uso
delle
nostre
armi
,
quando
quei
vili
delle
guardie
mobili
cominciarono
a
scappare
e
a
tirar
fucilate
all
'
indietro
,
fucilate
che
colpivano
noi
,
non
i
Prussiani
.
L
'
impresa
a
quel
momento
si
poteva
chiamare
fallita
;
un
uomo
prudente
,
uno
che
va
col
successo
si
sarebbe
ritirato
,
ma
Garibaldi
era
lì
in
prima
fila
,
ma
noi
si
vedeva
fuggire
i
Francesi
e
volevamo
far
vedere
quanto
più
di
loro
valessero
i
calunniati
Italiani
,
epperciò
con
l
'
entusiasmo
di
chi
sa
di
sacrificarsi
per
una
idea
generosa
si
stava
fermi
,
al
nostro
posto
.
E
lì
morì
il
povero
tenente
,
Anzillotti
;
lì
morì
il
bravo
Del
Pino
uno
dei
ragazzì
più
buoni
e
più
coraggiosi
che
io
m
'
abbia
conosciuto
,
e
certo
uno
dei
migliori
della
mia
compagnia
.
Non
vi
sto
a
dire
il
numero
dei
feriti
,
i
Carabinieri
Genovesi
furono
decimati
...
gli
Italiani
si
battevano
e
si
battevano
da
eroi
.
Fu
giuocoforza
il
ritirarsi
;
mai
ritirata
poteva
cominciare
con
tanto
disordine
;
si
correva
all
'
impazzata
pei
campi
,
ogni
poco
,
si
cadeva
per
terra
,
ogni
poco
ci
si
trovava
a
mezza
gamba
nell
'
acqua
,
e
tutto
questo
sotto
un
fuoco
continuo
di
mitragliatrici
,
di
cannoni
,
di
moschetterìa
.
Giunto
a
capo
di
una
viuzza
,
fui
scaraventato
per
terra
:
tentai
di
rialzarmi
,
mi
fu
impossibile
poco
dopo
io
era
fuori
dei
sensi
;
non
so
quanto
durò
,
il
mio
sbalordimento
;
quando
mi
riebbi
mi
trovai
sopra
un
barroccio
che
mi
portò
all
'
ambulanza
d
'
Autun
,
da
dove
fui
trasferito
a
Lione
.
Un
'
impertinentissima
scheggia
di
mitraglia
mi
aveva
forato
la
coscia
.
Ottenuto
un
permesso
di
convalescenza
,
ho
fatto
un
mesetto
di
villeggiatura
a
Nizza
,
e
ora
me
ne
torno
lassù
,
che
,
grazie
al
Cielo
,
della
forza
per
battermi
coi
Prussiani
ne
ho
sempre
,
perché
,
sappiatelo
ragazzi
,
una
battaglia
è
uno
di
quei
divertimenti
che
non
capitano
ad
ogni
canto
di
gallo
;
si
può
morire
,
ma
dove
volete
trovarmi
una
cosa
più
bella
di
morire
,
in
mezzo
al
fumo
,
al
rumore
,
alle
trombe
e
alla
gloria
...
eh
!
via
dunque
,
venite
con
me
,
e
vi
farete
onore
,
il
vecchio
Mago
ha
veduto
troppe
volte
da
vicino
la
morte
,
perché
vi
possa
far
fare
una
figuraccia
indecente
.
-
Evviva
il
Mago
!
-
Gridarono
tutti
e
tutti
picchiarono
il
bicchiere
tra
loro
.
Dopo
aver
discorso
un
'
altra
buona
mezz
'
ora
,
dopo
aver
domandato
tutto
il
domandabile
al
brav
'
uomo
che
aveva
già
veduto
i
Prussiani
,
ci
congedammo
da
quell
'
allegra
compagnia
e
ci
avviammo
all
'
albergo
.
-
Ma
se
ci
mandassero
con
Frapolli
!
-
Esclamò
uno
di
noi
per
la
strada
.
-
Che
...
Parleremo
ben
chiaro
al
Comitato
,
noi
intendiamo
di
batterci
e
non
di
fare
il
framassone
a
cento
miglia
dal
teatro
della
guerra
.
-
E
però
va
specificato
-
ci
disse
uno
che
per
buona
fortuna
era
venuto
dalla
taverna
con
noi
-
Perché
quei
signori
che
spediscono
sono
tutti
una
zuppa
e
un
pan
molle
con
quelli
arfasatti
e
se
voi
state
zitti
,
vi
trovate
di
certo
mistificati
.
Noi
ringraziammo
il
gentile
consigliero
e
ci
addormentammo
decisi
di
raggiungere
tra
poche
ore
il
generale
,
e
l
'
Armata
dei
Vosgi
.
CAPITOLO
VI
.
Il
giorno
seguente
,
appena
fu
un
'
ora
da
persone
educate
,
andammo
dal
Comitato
.
Dopo
molta
anticamera
,
chè
anche
nella
democrazia
quando
si
comincia
a
salire
si
assume
tutte
le
belle
e
gentili
maniere
le
quali
distinguono
l
'
aristocrazia
,
fummo
introdotti
in
quel
sinedrio
di
senno
e
di
patriottismo
,
e
ci
trovammo
davanti
al
presidente
Panni
,
un
omaccino
tarchiato
colla
barba
lunga
,
nato
a
Firenze
ma
domiciliato
da
vario
tempo
a
causa
di
affari
a
Marsiglia
.
Tanto
lui
come
il
segretario
Lalli
,
si
davano
tutto
il
tuono
di
persone
importanti
,
ci
squadravano
dall
'
alto
in
basso
con
una
prosopopea
da
commissarii
di
polizia
,
e
parlavano
della
guerra
colla
medesima
autorità
,
che
avrebbero
adoperato
se
fossero
stati
generali
d
'
armata
o
per
lo
meno
,
capi
di
stato
maggiore
....
.
Adempiute
le
formalità
,
di
quella
specie
di
arruolamento
che
si
firmava
presso
di
loro
,
noi
facemmo
noto
a
quella
gente
,
il
nostro
proposito
di
andare
diretti
al
quartier
generale
dì
Garibaldi
.
-
Loro
possono
andare
anche
con
Frapolli
-
Ci
disse
il
segretario
-
Tutte
le
vertenze
sono
accomodate
e
i
due
generali
,
glielo
assicuro
io
,
camminano
verso
la
medesima
mêta
.
-
Sono
belle
assicurazioni
,
ma
noi
abbiamo
deciso
di
raggiungere
Garibaldi
e
vogliamo
andare
a
Digione
.
-
Facciano
come
vogliono
;
stasera
partono
una
cinquantina
di
volontarii
...
potranno
andare
anche
loro
-
Borbottò
il
presidente
,
non
nascondendo
un
senso
di
malumore
e
di
contrarietà
:
poi
,
rivoltosi
ad
Omero
Piccini
,
fratello
di
quello
che
era
sul
Var
e
in
prigione
con
noi
,
gli
proferì
in
tuono
brusco
:
Lei
non
può
andare
.
-
E
perché
?
-
Non
lo
vede
...
è
un
ragazzo
.
Difatti
il
nostro
compagno
aveva
17
anni
.
-
Eppure
,
interrompemmo
noi
,
è
già
stato
a
Mentana
.
-
Allora
faccia
lei
...
Stasera
alle
dieci
sieno
qui
...
se
vogliono
partire
.
Cosa
dovevamo
fare
per
giungere
alle
dieci
?
..
Entrammo
nella
taverna
della
sera
avanti
...
Ah
!
così
ci
fosse
venuto
un
granchio
alle
gambe
!
..
Rivedemmo
le
simpatiche
Ebi
che
con
tanta
grazia
porgevano
il
nettare
agli
avventori
,
entusiasti
delle
loro
bellezze
,
le
rivedemmo
,
e
ci
attaccammo
discorso
;
si
parlò
della
guerra
,
della
Francia
,
delle
donne
Italiane
,
che
esse
dicevano
bellissime
,
delle
prossime
emozioni
del
campo
,
della
moda
,
dei
vestiti
corti
,
del
ciuco
ammaestrato
che
facevano
vedere
sul
porto
,
della
guardia
mobile
,
dell
'
esercito
di
Bourbaki
e
dei
pasticcini
di
Strasburgo
che
non
arrivavano
più
.
Erano
discorsi
le
più
volte
senza
senso
comune
,
ma
che
servivano
ammirabilmente
per
farci
ammazzare
alla
meno
peggio
qualche
ora
.
Il
male
si
fu
,
che
le
parole
erano
accompagnate
dalle
libazioni
:
le
libazioni
c
'
indussero
a
fare
il
dejuner
,
questo
tirò
dietro
da
se
lo
Champagne
...
Avevamo
cominciato
a
sdrucciolare
su
una
sgamba
viuzza
e
ormai
bisognava
ruzzolare
a
rotta
di
collo
per
tutta
la
china
.
Il
piacere
di
esser
giunti
finalmente
in
quella
Francia
,
che
da
tanto
tempo
agognavamo
,
il
trovarsi
accanto
a
quelle
vaghe
ragazze
,
la
generosità
dei
vini
che
avevamo
trincato
,
la
gioventù
che
ci
bolliva
nel
cuore
,
ci
avevano
sprigionato
tale
un
'
allegrezza
dalle
più
intime
fibre
,
che
,
non
sapendo
più
quello
che
si
faceva
,
ridevamo
senza
alcuna
ragione
,
folleggiavamo
come
se
fossimo
tornati
bambini
,
si
faceva
le
più
strane
proposte
e
tutte
venivano
approvate
.
-
Andiamo
tutti
in
barca
sul
porto
.
-
Sì
...
sì
...
sul
porto
.
E
prese
a
braccetto
le
due
silfidi
,
ci
avviammo
versò
il
mare
,
traversammo
la
popolosa
città
e
poco
dopo
eravamo
in
barchetta
.
Io
ero
divenuto
il
cavaliere
servente
o
per
dir
meglio
il
consigliere
intimo
della
più
giovine
delle
due
vezzose
sorelle
.
Essa
chiamavasi
Aissa
,
e
nella
sua
vita
disordinata
,
aveva
veduto
l
'
Affrica
,
la
Spagna
,
l
'
Italia
sempre
con
nuovi
amanti
,
e
cercando
soltanto
la
voluttà
vertiginosa
dell
'
orgia
;
senza
curarsi
nè
punto
nè
poco
del
mondo
,
delle
convenienze
sociali
e
di
quel
buon
nome
che
si
acquista
soltanto
col
rispetto
dell
'
apparenze
,
la
capricciosissima
figlia
d
'
Eva
,
siccome
farfalla
,
dì
fiore
in
fiore
aveva
libato
in
tutte
le
sue
forme
svariate
l
'
emozioni
e
i
piaceri
ed
ora
annoiata
di
tutto
e
di
tutti
continuava
la
sregolata
sua
vita
,
per
far
fronte
alle
spese
pazze
che
sono
la
logica
conseguenza
degli
sbalordimenti
procacciati
a
bella
posta
per
obliare
il
presente
e
per
non
pensare
all
'
avvenire
.
La
taverna
non
era
che
un
pretesto
;
la
vecchia
padrona
teneva
quelle
ragazze
per
accalappiare
i
merlotti
,
e
mentre
ritraeva
da
loro
dei
lucri
non
indifferenti
,
mentre
non
lesinava
il
denaro
per
vestirle
con
tutto
il
lusso
immaginabile
,
mai
era
larga
con
esse
dell
'
oro
che
così
indegnamente
guadagnava
.
Aissa
del
resto
era
simpaticissima
;
aveva
in
sé
qualche
cosa
di
Orientale
;
i
suoi
occhi
nerissimi
ed
umidi
sempre
indicavano
chiaramente
la
di
lei
voluttà
:
due
labbra
tumide
che
reclamavano
un
bacìo
;
due
mani
da
principessa
;
un
piedino
da
vera
Andalusa
;
insomma
un
boccone
da
fare
escire
dai
gangheri
un
anacoreta
!
Il
mare
era
tranquillo
:
la
campana
della
Madonna
della
Guardia
sonava
lentamente
;
ora
l
'
ora
poetica
delle
ricordanze
;
cento
barchette
in
qua
e
là
solcavano
le
onde
.
Noi
ci
sentivamo
commossi
;
su
'
di
un
piccolo
schifo
,
un
sonatore
girovago
,
uno
di
quei
Napoletani
che
strascinano
per
i
caffè
il
biblico
strumento
degli
antichi
profeti
,
fece
echeggiare
per
l
'
aere
una
canzonetta
patetica
,
molle
,
meridionale
e
noi
rammentammo
l
'
Italia
,
le
sue
belle
costiere
profumate
d
'
aranci
,
il
movimento
delle
nostre
città
,
le
amate
fisonomie
dei
nostri
amici
,
e
dei
nostri
congiunti
...
la
commozione
era
al
colmo
e
il
bello
si
è
che
al
pari
di
noi
erano
intenerite
le
nostre
compagne
...
E
perché
ciò
ha
da
essere
strano
?
..
Le
reminiscenze
sono
il
patrimonio
degli
sventurati
,
e
pari
alla
rugiada
del
cielo
vivificano
i
cuori
...
quelle
povere
donne
erano
certamente
sventurate
,
e
più
oneste
di
tante
che
scroccano
il
nome
d
'
oneste
nel
mondo
,
sentivano
la
santa
voluttà
di
una
lacrima
,
e
trovavano
una
scusa
ai
loro
trascorsi
,
immerse
nell
'
imponente
,
nel
sublime
spettacolo
della
calma
natura
.
La
nostra
,
escursione
si
prolungò
per
più
di
due
ore
;
il
momento
;
della
partenza
si
avvicinava
a
gran
passi
;
era
mestieri
dirci
addio
.
Riaccompagnammo
a
casa
le
donne
.
-
Vi
prometto
di
raggiungervi
-
Mi
disse
Aissa
,
stringendomi
forte
forte
la
mano
.
Io
la
guardai
e
sorrisi
:
non
credevo
punto
al
coraggio
di
quell
'
eroina
...
Col
tempo
però
come
vedranno
i
lettori
,
fui
completamente
disingannato
;
e
solo
per
tal
causa
ho
riportato
questo
episodio
della
nostra
breve
dimora
a
Marsiglia
:
episodio
che
sarebbe
stato
proprio
un
di
più
,
se
non
fosse
collegato
con
altri
che
si
svolgeranno
a
Digione
...
-
Bisogna
pagare
il
conto
-
Disse
un
di
noi
.
Oh
!
la
crudele
parola
!
..
Oh
!
la
bruttissima
prosa
dopo
tante
ore
di
non
interrotta
poesia
!
..
Ci
guardammo
in
faccia
l
'
uno
l
'
altro
!
Che
una
donna
gravida
non
vegga
mai
,
per
l
'
amore
dei
suoi
futuri
nati
,
delle
fisonomie
come
avevano
in
quel
momento
,
i
miei
compagni
...
Le
nostre
risorse
erano
tanto
limitate
,
che
se
noi
ne
fossimo
usciti
puliti
,
ci
era
di
che
attaccare
un
voto
.
Il
conto
era
di
102
franchi
:
tra
tutti
ne
avevamo
104
:
se
ci
fossimo
trattenuti
un
'
ora
di
più
si
restava
in
pegno
a
Marsiglia
!
E
la
bella
prospettiva
che
avevamo
davanti
:
intraprendere
un
viaggio
di
due
giorni
con
due
franchi
in
saccoccia
...
o
negatemi
che
in
Francia
il
divertirsi
non
costi
salato
!
Baci
,
saluti
strette
di
mano
,
e
poi
di
galoppo
al
Comitato
.
-
E
se
non
si
partisse
...
che
facciamo
senza
quattrini
?
-
Ma
!
-
Preferì
filosoficamente
il
Materassi
,
e
noi
a
nostra
volta
ripetemmo
la
filosofica
esclamazione
...
Per
buona
fortuna
quella
sera
pareva
che
si
dovesse
partire
certamente
:
erano
già
stati
distribuiti
i
berretti
rossi
ed
i
Garibaldini
,
schierati
in
due
file
lungo
la
strada
attendevano
il
luogotenente
che
doveva
accompagnarli
fino
a
Digione
.
I
volontari
erano
allegri
,
cantavano
a
squarciagola
,
e
negli
intermezzi
cianciavano
,
politicavano
,
facevano
infine
un
brusio
indiavolato
;
un
Milanese
ponendosi
ambe
le
mani
alla
bocca
imitava
perfettamente
il
fischio
del
vapore
,
un
altro
faceva
da
cane
,
abbaiando
e
guaendo
con
tanta
naturalezza
da
chiamar
per
la
strada
tutti
i
cani
che
giravano
per
quei
dintorni
.
Era
insomma
una
scena
deliziosissima
e
il
tenente
non
si
vedeva
.
Ognuno
che
abbia
frequentato
per
poco
i
volontari
,
sa
quanto
sia
susurrone
e
incontentabile
questo
elemento
,
quando
è
lontano
dal
fuoco
;
quindi
facilissimo
e
immaginarsi
quali
recriminazioni
,
quale
sussurro
provocasse
questa
inopinata
tardanza
.
Prima
furono
proteste
,
poi
fischi
acutissimi
:
finalmente
calci
e
pugni
alla
porta
.
-
Noi
non
si
vuol
fare
il
comodo
dì
nessuno
!
-
Si
comincia
male
!
Tali
erano
a
un
dipresso
le
espressioni
di
quella
gente
stizzita
,
e
a
rinforzare
la
dose
il
Mago
dava
degli
schiarimenti
sul
comitato
e
sulle
spilorcerie
ed
angherie
da
questo
commesse
per
il
passato
.
Figuratevi
,
diceva
,
che
a
me
diede
a
portare
venti
uomini
a
Dôle
,
e
mi
diedero
una
lira
per
uomo
...
Di
qui
bisognava
andare
a
Mouchard
,
ventiquattro
ore
di
strada
,
lì
bisognava
dormire
e
poi
partire
il
giorno
dopo
per
la
destinazione
...
vi
raccomando
quello
che
dovevo
fare
...
E
lo
stesso
che
a
me
è
succeduto
a
tutti
i
capi
squadra
...
Oh
!
hanno
un
gran
talento
quei
signori
di
sù
!
...
-
Abbasso
...
Abbasso
questi
grulli
-
Urlavano
tutti
-
Son
Frapollini
...
Giù
i
traditori
!
Chi
sa
dove
avremmo
finito
,
se
fortunatamente
non
avessimo
udito
degli
altri
rumori
e
più
intensi
dei
nostri
sulla
piazza
vicina
.
Cosa
era
succeduto
?
..
Noi
non
vedevamo
che
delle
guardie
mobili
,
che
venivano
via
a
rotta
di
collo
.
Rompemmo
le
righe
ed
andammo
a
vedere
cosa
era
.
Un
battaglione
delle
guardie
mobilizzate
delle
Bouches
du
Rhôn
aveva
rifiutato
partire
,
ed
aveva
lasciato
soli
sulla
piazza
,
il
maggiore
e
tre
o
quattro
altri
ufficiali
di
buona
volontà
;
uno
di
questi
si
mordeva
le
mani
e
piangeva
...
Oh
!
ne
avea
ben
ragione
:
A
vedere
quel
branco
di
vili
che
fuggivano
piuttosto
di
andare
a
difender
la
patria
,
ci
era
da
esecrare
l
'
umanità
,
di
vergognarsi
di
esser
uomini
per
non
avere
a
compagni
quella
canaglia
.
Vedendo
l
'
inutilità
della
nostra
presenza
,
tornammo
indietro
,
e
dopo
pochi
minuti
fummo
consolati
dalla
venuta
del
tenente
.
Il
nostro
accompagnatore
era
grasso
e
rubizzo
,
e
avrebbe
fatto
più
figura
vestito
da
canonico
che
da
garibaldino
.
Lo
accompagnava
una
bella
ed
elegantissima
signora
,
che
sapemmo
,
essere
la
di
lui
indivisibile
compagna
;
non
si
creda
che
quella
donna
fosse
un
'
eroina
,
giacchè
quel
tenente
in
tutta
la
campagna
avrà
forse
veduto
il
fumo
del
camminetto
:
quello
dei
combattimenti
no
certo
;
tutti
i
suoi
incarichi
si
limitavano
ad
accompagnare
i
volontari
da
Marsiglia
al
quartier
generale
;
non
nego
con
questo
che
certi
impieghi
sono
indispensabili
,
ma
io
vorrei
vederci
dei
vecchi
e
non
dei
giovani
tarchiati
e
robusti
,
come
giusto
appunto
era
il
nostro
duce
provvisorio
.
Si
fece
l
'
appello
,
eppoi
a
quattro
a
quattro
ci
movemmo
per
andare
alla
stazione
.
Che
l
'
Italia
sia
la
terra
del
canto
,
non
può
esser
dicerto
impugnato
da
chiunque
ha
fatto
anche
una
sola
campagna
;
il
soldato
Italiano
appena
si
muove
canta
,
canta
andando
all
'
attacco
,
come
quando
è
in
ritirata
,
canta
nei
malinconici
stanzoni
della
caserma
,
come
in
mezzo
alle
strade
,
quando
sa
di
partire
;
parta
per
una
guarnigione
,
parta
per
andare
alla
guerra
.
«
Non
pianger
,
mio
tesoro
Forse
ritornerò
»
Cantavamo
in
coro
noi
tutti
;
e
le
finestre
si
spalancavano
,
si
illuminavano
,
ci
offrivano
dei
leggiadri
visetti
,
degli
occhi
superbi
che
ci
lanciavano
occhiate
tanto
benigne
da
farci
commuovere
;
il
nostro
contegno
non
poteva
non
esser
paragonato
a
quello
dei
mobili
delle
Bouches
du
Rhôn
,
e
chiunque
ha
un
po
'
di
mitidio
può
di
leggieri
comprendere
quanto
un
tal
paragone
resultasse
per
noi
favorevole
.
Il
lunghissimo
tratto
di
via
che
è
tra
la
prefettura
e
la
stazione
ci
passò
in
un
baleno
;
in
una
carrozza
sul
piazzale
della
ferrovia
vedemmo
la
simpatica
Aissa
che
ci
buttò
un
bacio
sulla
punta
delle
dita
.
Se
quel
bacio
non
era
precisamente
il
castissimo
bacio
degli
angeli
,
è
innegabile
che
per
noi
era
assai
caro
.
Salutammo
gentilmente
quella
donna
;
il
sapere
che
qualcuno
serba
dolce
ricordanza
di
noi
,
ci
fa
piovere
in
cuore
un
sentimento
di
gratitudine
,
e
in
quei
momenti
che
,
volere
o
non
volere
,
non
sono
così
facili
a
ripetersi
nella
vita
di
un
uomo
,
magnifichiamo
certe
cose
alle
quali
in
certi
altri
non
daremmo
alcuna
entità
.
-
Avanti
,
march
-
Gridò
con
voce
stentorea
il
lilliputtiano
segretario
del
comitato
...
e
tutti
noi
gli
si
tenne
dietro
nella
stazione
....
Vedendo
otto
vagoni
a
nostra
disposizione
fummo
colpiti
da
una
dolce
meraviglia
.
Fin
allora
avevamo
veduto
i
soldati
ammonticchiati
l
'
uno
sull
'
altro
nei
vagoni
di
terza
classe
:
noi
tutt
'
al
più
eravamo
quattro
per
scompartimento
;
ci
era
posto
da
sdraiarsi
e
di
attaccare
anche
un
sonnellino
.
Ah
!
..
quanto
sono
fallaci
le
speranze
del
mondo
!
..
Ah
!
..
la
speranza
meretrice
della
vita
,
dirò
con
Francesco
Domenico
!
...
La
nostra
gioia
,
il
nostro
benessere
doveva
protrarsi
fino
alla
prima
stazione
,
e
questa
è
appena
a
venti
minuti
di
distanza
,
da
Marsiglia
.
Vienna
,
Avignone
,
Remoully
dovevano
vomitare
sul
nostro
disgraziatissimo
treno
una
congerie
di
mobilizzati
.
L
'
educazione
pare
che
non
entrasse
nella
teoria
che
s
'
insegnava
a
questi
campagnuoli
del
mezzogiorno
dell
'
antica
terra
dei
Druidi
.
Infatti
entravano
in
frotta
e
senza
garbo
nè
grazia
in
quei
vagoni
che
avevamo
avuto
l
'
illusione
di
credere
nostra
proprietà
;
entravano
pestandoci
i
piedi
,
sedendosi
sulle
nostre
ginocchia
con
l
'
indifierenza
di
una
donna
del
mondo
galante
,
non
però
colla
di
lei
grazia
,
nè
colla
di
lei
leggerezza
.
Fra
tutte
le
sventure
che
possono
capitare
a
un
viaggiatore
,
io
credo
,
non
esserne
alcuna
che
possa
stare
a
confronto
colla
compagnia
di
un
mobilizzato
della
campagna
.
Se
lo
immaginino
un
poco
i
lettori
:
questi
eroi
avevano
sulle
spalle
un
magazzino
,
una
vera
montagna
d
'
involti
,
di
fagotti
e
di
fagottini
;
erano
muniti
di
due
o
tre
paia
di
scarpe
;
pretendevano
di
stare
a
baionetta
in
canna
anche
tra
noi
,
anche
in
quelli
sgabuzzini
;
avevano
chi
il
cane
,
chi
un
uccello
in
gabbia
,
tutti
poi
indispensabilmente
delle
pagnotte
stragrandi
;
si
piantavano
a
sedere
,
e
per
quante
gomitate
,
per
quanti
urtoni
loro
si
amministrassero
,
non
ci
era
verso
di
farli
muovere
un
solo
centimetro
;
i
più
attaccavano
sonno
e
russavano
come
contrabbassi
;
quei
pochi
che
erano
desti
non
ci
rispondevano
,
e
si
lamentavano
tra
loro
del
governo
che
li
strappava
alle
ordinarie
occupazioni
.
I
nostri
compagni
di
viaggio
erano
vestiti
in
mille
maniere
;
ve
ne
erano
col
cappello
alla
spagnola
,
col
gasco
e
col
berretto
;
ve
ne
erano
dei
bigi
,
dei
neri
,
dei
verdi
,
dei
turchini
;
avevano
tutti
il
fucile
all
'
antica
ed
in
pessimo
stato
.
Siamo
giusti
!
..
Se
le
guardie
mobili
hanno
fatto
nella
campagna
del
1871
una
figura
non
invidiabile
,
non
ne
sono
del
tutto
colpevoli
.
Comandate
dal
nipote
del
sindaco
,
dallo
speziale
del
luogo
,
dal
Beniamino
della
moglie
del
sottoprefetto
,
insomma
da
tutti
ufficiali
creati
per
dato
e
fatto
dell
'
impero
,
e
che
non
ne
sapevano
un
acca
:
armate
con
certi
fucili
che
avevano
più
apparenza
di
schizzettoni
che
di
armi
micidiali
:
disilluse
di
tutto
,
persuase
di
esser
tradite
e
condotte
al
macello
(
persuasione
che
io
credo
loro
avessero
inoculata
i
preti
)
dolenti
di
avere
a
trascurare
i
loro
interessi
per
una
patria
,
che
finora
non
conoscevano
,
esse
non
potevano
fare
eroismi
:
l
'
eroismo
richiede
la
convinzione
:
l
'
eroismo
nasce
dalla
virtù
cittadina
.
Appena
cominciò
a
farsi
giorno
cominciammo
a
vedere
le
colline
circostanti
a
Lione
;
colline
che
nelle
belle
stagioni
devono
essere
amenissime
;
ubertose
per
viti
dell
'
altezza
di
un
palmo
,
così
fitte
tra
loro
da
farti
sembrare
quei
campi
un
'
estesa
brughiera
,
bagnate
da
un
'
infinità
di
ruscelletti
che
scorrono
placidamente
alle
loro
falde
,
per
perdersi
poi
nella
Loira
o
nel
Rodano
.
A
tutte
le
stazioni
eravi
un
movimento
indicibile
:
un
andare
e
venire
di
soldati
e
di
guardie
nazionali
:
uno
stringersi
di
mano
,
un
baciarsi
tra
loro
nei
vari
gruppi
che
facevano
ressa
intorno
a
quei
che
partivano
.
Finalmente
si
cominciò
a
vedere
un
'
infinità
di
cammini
di
fabbriche
;
poi
una
miriade
di
case
e
di
palazzi
;
finalmente
si
trascorse
in
mezzo
ad
immensi
magazzini
.
Eravamo
arrivati
a
Lione
.
Sotto
la
magnifica
stazione
ci
si
mise
in
rango
e
il
tenente
ci
fece
un
'
arringa
che
non
aveva
certo
nessuna
parentela
,
neppure
alla
più
lontana
,
con
quello
di
Demostene
o
di
Napoleone
primo
.
Fece
l
'
eroe
,
magnificò
le
gesta
dei
Garibaldini
nostri
predecessori
,
sfoggiò
di
tutti
i
luoghi
comuni
che
si
sono
inventati
dal
quarantotto
a
questa
parte
,
e
tutto
questo
per
dirci
che
bisognava
rimanere
fino
alla
sera
a
Lione
,
e
che
coloro
i
quali
non
sarebbero
partiti
,
sarebbero
restati
!
Questa
peregrina
scoperta
del
nostro
duce
ci
fece
acquistare
una
grande
opinione
sul
di
lui
talento
;
lo
salutammo
perciò
con
rispetto
,
e
contenti
di
vedere
anche
questa
nuova
città
,
e
di
paragonarla
con
quella
che
avevamo
lasciato
da
così
poco
tempo
,
scendemmo
la
gradinata
che
è
davanti
all
'
edifizio
e
ci
trovammo
nella
magnifica
piazza
con
due
fontane
,
che
gli
sta
dicontro
.
CAPITOLO
VII
.
Lione
era
seria
;
non
il
brio
di
Marsiglia
per
le
sue
vie
sempre
affollate
di
popolo
,
non
il
più
piccolo
movimento
d
'
allegria
negli
eleganti
caffè
:
moltissimi
negozi
chiusi
,
poche
le
donne
abbigliate
con
galanteria
ed
anche
queste
non
curate
;
un
affacendarsi
continuo
vicino
alla
prefettura
ed
alla
Mairie
per
sapere
i
dispacci
,
per
strappare
la
notizia
più
piccola
agli
uscieri
,
ai
galoppini
,
a
qualche
soldato
.
Quasi
tutti
coloro
che
si
incontrava
,
avevano
il
berretto
da
guardia
nazionale
,
alcuno
non
abbandonava
mai
il
fucile
;
tutti
poi
erano
muniti
di
sciabole
o
di
pistole
;
vedemmo
diversi
a
braccetto
delle
loro
mogli
,
armati
fino
a
denti
,
agitarsi
a
mo
'
degli
ubriachi
e
vociare
a
squarciagola
:
Ah
,.,
si
viennent
les
Prussiens
!
,
...
Era
proprio
così
;
nessuno
si
sarebbe
mosso
per
andare
a
incontrare
il
nemico
,
ma
guai
a
lui
se
avesse
osato
di
presentarsi
fiu
sotto
le
mura
!
Le
fortificazioni
si
rinforzavano
;
sulle
piazze
si
vedevano
parchi
d
'
artiglieria
,
e
capannoni
di
legno
che
servivano
di
rimesse
ai
cavalli
;
fanteria
,
lancieri
,
pollacchi
,
mobilizzati
,
compagnie
addette
alle
mitragliatrici
...
;
un
esercito
insomma
;
uniformi
per
tutti
i
gusti
;
una
idea
tale
di
resistenza
da
mettere
anima
in
corpo
all
'
uomo
più
vigliacco
del
mondo
-
Ma
come
mai
ne
hanno
buscate
-
Si
diceva
tra
noi
-
con
tutti
questi
soldati
che
abbiamo
veduto
in
due
giorni
?
Spuntava
in
qua
e
là
,
ma
raramente
,
per
le
vie
anche
qualche
berretto
da
Garibaldino
.
-
E
come
mai
siete
qua
?
-
Domandammo
ad
uno
di
quelli
che
ci
avevano
colpito
con
tale
sorpresa
.
-
Siam
qua
con
Frapolli
-
Ci
rispose
questi
ingenuamente
.
-
O
perché
non
raggiungete
il
generale
?
-
Lo
raggiungeremo
quanto
prima
.
-
E
chi
ve
lo
ha
detto
?
..
-
Il
nostro
capo
!
-
Ed
è
qui
in
Lione
il
vostro
capo
?
-
Sì
..
oggi
anzi
è
a
un
banchetto
Massonico
.
-
Questo
ci
fa
piacere
!
..
I
Francesi
a
quel
che
pare
,
trattano
bene
gli
Italiani
..
-
Oh
!
In
quanto
a
cotesto
non
ci
è
da
fare
eccezioni
...
Si
figurino
:
in
quattro
mesi
sarà
il
centesimo
banchetto
a
a
cui
assiste
il
nostro
generale
...
e
quando
ci
ha
menato
anche
noi
,
le
abbiamo
fatte
noi
pure
le
belle
strippate
e
le
belle
bevute
!
-
Empitevi
tutti
!
-
Esclamai
io
un
poco
irritato
-
Empitevi
e
così
serbando
la
pancia
ai
fichi
,
mentre
i
vostri
fratelli
arrischieranno
la
vita
per
battere
i
Prussiani
,
voi
batterete
i
pasticciai
e
il
Bordeaux
risparmiando
dell
'
esistenze
così
utili
all
'
umanità
pericolante
.
Il
nostro
interlocutore
non
mi
rispose
,
ci
disse
addio
e
se
ne
andò
:
noi
pure
ce
ne
andammo
verso
una
trattoria
,
dove
mangiammo
in
fretta
e
furia
per
poter
dare
un
'
occhiata
alle
bellezze
principali
della
città
.
Per
tutto
dove
andavamo
si
trovava
una
piccola
cassetta
,
su
cui
in
grossi
caratteri
era
scritto
:
Sécours
aux
blessées
;
per
tutto
dove
andavamo
per
lo
spaccio
delle
manifatture
non
vedevamo
che
donne
:
ciò
non
ci
recò
alcuna
sorpresa
,
perché
anche
nella
scioperata
Marsiglia
,
avevamo
veduto
adottato
lo
stesso
sistema
.
In
Francia
non
si
vedono
come
da
noi
degli
uomini
incaricati
di
dar
sigari
agli
avventori
,
di
misurare
le
tele
,
le
stoffe
,
di
contare
i
punti
del
biliardo
,
di
fare
insomma
tutte
quelle
piccole
cose
che
possono
esser
fatte
benissimo
da
donne
e
che
troppo
impugnano
al
posto
che
l
'
uomo
deve
avere
in
società
a
causa
della
di
lui
forza
,
e
delle
di
lui
attività
.
Gli
uomini
lavorano
nelle
fabbriche
,
passano
le
loro
giornate
nelle
officine
,
accudiscono
ai
loro
interessi
,
ma
non
tolgono
certi
lavori
da
nulla
alle
femmine
,
ma
si
vergognerebbero
ad
esser
impiegati
in
certe
funzioni
,
che
si
compiono
oziando
.
La
sera
si
avvicinava
;
noi
prendemmo
direzione
verso
la
ferrovia
:
passando
sul
quai
sul
Rodano
(
passeggiata
che
ci
rammentava
Firenze
e
i
nostri
lungarni
)
facemmo
una
breve
sosta
ad
una
taverna
per
bere
un
bicchiere
di
vin
caldo
.
Qui
vedo
il
lettore
alzare
le
spalle
,
farmi
il
viso
dell
'
arme
e
susurrare
stizzosamente
:
«
Ma
dunque
non
facevate
che
bere
?
...
E
invece
di
vergognacene
ora
ve
ne
fate
bello
,
come
se
ciò
costituisse
una
delle
più
predilette
occupazioni
della
vostra
esistenza
»
.
Non
vi
nego
quest
'
ultima
verità
:
per
me
il
generoso
umore
della
vite
è
il
solo
amico
dell
'
uomo
;
per
lui
si
dimenticano
gli
affanni
,
le
codardie
,
le
ignominie
di
questa
società
di
buffoni
,
per
lui
i
tradimenti
amorosi
finiscono
col
non
farci
nè
caldo
,
nè
freddo
:
per
lui
germogliano
a
mille
e
mille
nel
cuore
le
magnanime
idee
,
e
nel
cervello
le
ardite
concezioni
.
Chi
sa
dirmi
quante
idee
ci
sono
in
un
fiasco
di
vino
?
...
Esclamava
il
compianto
Ugo
Tarchetti
,
uno
di
quei
perduti
che
cadono
avvizziti
per
esuberanza
di
cuore
;
noi
lasciamo
al
buon
Evio
le
ispirazioni
delle
quali
era
così
prodigo
a
Orazio
e
a
Plutarco
,
noi
gli
chiediamo
solamente
l
'
oblio
.
Nella
stanza
di
aspetto
della
ferrovia
,
dove
ci
riducemmo
quasi
subito
,
al
nostro
arrivo
si
aggirava
una
folla
stragrande
:
quel
movimento
c
'
inebriava
:
in
un
canto
del
salone
noi
vedemmo
un
gran
cartello
dove
a
caratteri
cubitali
era
scritto
:
Qui
si
dà
da
mangiare
e
da
bere
ai
soldati
di
passaggio
.
Credo
inutile
il
dire
che
quell
'
appello
non
trovava
dei
sordi
;
intorno
a
quella
porta
era
un
'
accalcarsi
,
specialmente
di
mobilizzati
da
far
rabbia
:
a
onor
del
vero
anche
qualche
Garibaldino
non
fece
il
restìo
:
l
'
amico
disertore
,
da
volpe
vecchia
,
rinnovò
un
par
di
volte
,
e
ci
magnificò
poco
dopo
la
squisitezza
dei
cibi
,
il
gentile
contegno
ed
i
modi
aggraziati
delle
belle
ragazzine
che
li
distribuivano
,
la
succulenza
dei
consommés
e
delle
gelatine
,
apprestate
per
i
feriti
,
ma
che
egli
aveva
assaggiato
,
facendo
lo
zoppo
.
L
'
esempio
dì
lui
venne
tosto
imitato
da
moltissimi
dei
nostri
commilitoni
:
una
valanga
di
storpi
e
di
zoppi
si
rovesciò
sul
desco
,
dove
le
vivande
erano
apprestate
;
una
tal
cosa
mi
fece
provare
una
forte
repugnanza
,
e
mi
fece
disperare
di
quei
soldati
che
mentivano
per
una
zuppa
.
Fortuna
che
al
fuoco
si
portarono
dappoi
tanto
eroicamente
da
farmi
attribuire
a
semplice
giovanile
vaghezza
,
quello
che
in
quel
mentre
mi
aveva
prodotta
un
'
impressione
tanto
spiacevole
!
Se
da
un
lato
avevamo
questo
brutto
spettacolo
,
dall
'
altro
lato
però
ci
consolava
la
vista
ed
il
cuore
un
esempio
di
carità
cittadina
,
che
vorrei
potere
eternare
.
Questo
esempio
ci
veniva
dato
da
donne
;
già
la
più
bella
metà
del
genere
umano
fu
,
è
,
e
sarà
sempre
in
prima
linea
laddove
trionfa
sovrana
la
santa
religione
dall
'
affetto
.
Cinque
,
o
sei
signore
,
tutte
vestite
di
nero
,
tutte
colla
fascia
al
braccio
,
distintivo
dell
'
ambulanze
,
giravano
per
ogni
verso
,
si
affaticavano
a
far
complimenti
onde
raccogliere
offerte
per
i
feriti
.
Il
portamento
distinto
,
il
loro
modo
gentile
di
chiedere
,
la
squisita
educazione
che
trapelava
dai
loro
discorsi
più
inconcludenti
ci
resero
certi
che
quelle
donne
appartenevano
ad
elevatissimo
rango
:
stuzzicare
la
sensibilità
,
mettere
in
opera
anche
un
po
'
dì
civetteria
per
fare
più
quattrini
per
i
poveri
diavoli
che
scontavano
la
pena
di
aver
troppo
amato
la
patria
e
l
'
umanità
...
ecco
quale
era
lo
scopo
di
queste
generose
,
e
si
sforzavano
di
raggiungerlo
con
la
abnegazione
dell
'
apostolo
,
colla
poesia
che
suole
essere
ispirata
dall
'
idea
di
fate
un
'
opera
buona
.
Bisognava
vedere
con
che
grazia
le
vi
levavano
di
tasca
il
denaro
!
...
se
un
ministro
delle
finanze
avesse
di
tali
esattori
il
nostro
impareggiabile
pareggio
sarebbe
pareggiato
!
....
bisognava
vederle
queste
care
donnine
,
abituate
all
'
atmosfera
profumata
dei
saloni
,
al
linguaggio
adulatore
dei
felici
del
mondo
,
bisognava
vederle
,
ripeto
,
discorrere
confidenzialmente
coll
'
operaio
dalla
giubba
sdrucita
,
colla
popolana
i
cui
vestituccì
emanavano
degli
effluvi
tutt
'
altro
che
aristocratici
,
ringraziarli
con
amabile
sorriso
,
infonder
loro
speranza
,
promettere
di
occuparsi
dei
loro
cari
che
erano
al
campo
,
stringer
loro
cordialmente
la
destra
.
Spiccava
sopra
tutte
le
altre
per
autorità
una
vecchia
matrona
:
una
di
quelle
matrone
dell
'
antico
stampo
,
che
fedeli
alle
tradizioni
cingevano
la
spada
ai
loro
figliuoli
,
quando
si
trattava
di
difendere
il
re
e
la
patria
;
la
di
lei
fisonomia
avrebbe
ispirato
rispetto
all
'
uomo
più
screanzato
del
mondo
.
Passò
vicino
a
me
,
io
le
feci
cenno
dì
avvicinarmisi
e
nello
stesso
tempo
mi
avvicinai
verso
di
lei
.
-
Cosa
bramate
?
-
Mi
domandò
per
la
prima
.
-
Vorrei
fare
la
mia
piccola
offerta
-
Apro
una
parentesi
;
la
mia
borsa
sì
era
rafforzata
di
poche
lire
,
datemi
da
mio
fratello
che
fortunatamente
non
aveva
preso
parte
alle
nostre
poetiche
smancerie
di
Marsiglia
.
-
Ma
voi
siete
soldato
?
-
Mi
disse
con
meraviglia
la
signora
-
voi
pure
potrete
esser
ferito
....
-
Speriamo
di
no
!
-
Ve
lo
auguro
...
Ma
perché
espropriarvi
di
una
somma
che
può
farvi
comodo
?
Provai
un
leggero
imbarazzo
;
la
mia
scappata
poteva
costarmi
salata
:
la
mia
dignità
m
'
imponeva
un
ultimo
sacrifizio
;
si
parlava
di
una
somma
...
ed
era
precisamente
quello
che
avrei
desiderato
in
quel
momento
;
posi
mano
alla
borsa
e
diedi
due
lire
che
mi
escivano
dagli
occhi
;
ma
pure
tentai
di
richiamare
un
sorriso
sul
labbro
e
dissi
:
È
l
'
offerta
della
vedova
...
-
La
più
gradita
al
Signore
;
-
Ma
non
probabilmente
ai
feriti
.
La
mia
interlocutrice
fe
'
una
boccaccia
,
e
poi
riprese
di
subito
:
Voi
siete
Italiano
?
-
Sì
...
signora
.
-
Me
ne
ero
accorto
al
vostro
disprezzo
per
le
cose
sacre
.
Rimasi
di
sasso
;
che
avessi
avuto
anche
a
subirmi
una
romanzina
in
tutte
le
regole
?
la
signora
difatti
con
voce
calma
,
accento
di
madre
,
cominciò
a
dirmi
:
Voi
siete
giovane
,
e
son
sicura
che
diventerete
un
bravo
soldato
,
ma
anche
voi
pur
troppo
siete
affetto
dalla
malattia
che
condurrà
a
perdizione
il
vostro
bel
paese
.
Ma
che
vi
ha
fatto
quel
povero
vecchio
di
Pio
IX
per
entrargli
nella
sua
città
a
forza
di
cannonate
,
per
tenerlo
prigioniero
nel
Vaticano
?
-
E
perché
prender
Roma
?
Non
è
dessa
la
città
di
san
Pietro
,
del
Cattolicismo
,
di
tutti
coloro
che
si
son
dedicati
a
questa
sublime
religione
che
ha
per
precetto
di
dimenticare
le
offese
,
di
amare
tutti
come
noi
stessi
,
di
sollevare
quelli
che
soffrono
?
Un
amico
un
pochino
più
scettico
di
me
,
presente
al
colloquio
,
mi
susurrò
negli
orecchi
:
Questa
non
è
una
donna
,
è
un
priore
di
campagna
.
Io
invece
che
non
credo
a
nulla
,
compresi
quello
che
passava
nel
cuore
della
vecchia
signora
,
e
piuttosto
che
attaccare
una
disputa
con
una
che
aveva
tutta
la
poesia
della
fede
,
che
mi
simpatizzava
per
il
modo
con
cui
ne
faceva
propaganda
,
mi
contentai
di
dirle
che
non
si
andava
daccordo
.
-
Io
torno
alle
mie
elemosine
-
Allora
la
mi
replicò
-
spero
però
che
resteremo
amici
!
-
Sarò
onorato
di
una
tale
fortuna
.
-
Se
restate
in
Lione
...
-
Io
parto
stasera
!
...
Ed
ecco
ci
è
là
il
nostro
tenente
che
ci
fa
cenno
di
seguirlo
.
-
A
rivederci
...
A
rivedervi
colla
commenda
...
e
vestito
da
capitano
!
-
Potevate
dire
addirittura
da
generale
!
-
E
perché
no
?
...
Il
soldato
francese
ha
in
tasca
il
bastone
da
maresciallo
!
Io
mi
rammentai
che
ci
avevo
pochi
soldi
soltanto
e
mi
passò
la
poesia
.
La
signora
sorridendomi
si
era
allontanata
.
-
Dove
si
va
tenente
?
-
Non
so
,
se
a
Autun
o
a
Digione
.
-
Come
...
lei
non
lo
sa
?
...
O
per
che
direzione
si
parte
?
-
Ma
!
...
-
O
chi
ce
lo
deve
dire
?
-
Il
quartier
generale
doveva
trasferirsi
a
Digione
,
non
so
se
abbia
avuto
ancora
luogo
un
tal
trasferimento
.
Lo
dimanderemo
al
capo
stazione
.
-
Al
capo
stazione
!
...
-
Si
ripetè
tutti
meravigliati
-
Per
vedere
di
queste
cose
bisognava
venir
proprio
in
Francia
!
E
in
Italia
che
dicevamo
nel
1867
di
aver
raggiunto
l
'
apice
della
confusione
!
Un
innocentissimo
capo
stazione
ridotto
lì
per
lì
a
capo
di
stato
maggiore
per
provvedere
al
movimento
dei
corpi
che
son
di
passaggio
,
ci
riesciva
proprio
nuova
di
zecca
!
E
qui
al
solito
tutti
i
discorsi
di
convenzione
che
si
ripetono
in
tutte
le
campagne
.
-
E
se
il
capo
stazione
ci
tradisse
?
-
E
se
fosse
una
spia
dei
Prussiani
?
-
O
anche
che
non
ne
sappia
nulla
sarà
un
bel
lavoro
!
-
Ma
chi
è
quest
'
imbecille
di
tenente
che
non
prende
nemmeno
ordini
?
-
Ve
lo
diceva
che
era
anche
lui
della
cricca
!
-
Già
...
e
ora
cerca
tutti
i
mezzi
per
farci
restar
con
Frapolli
.
-
Abbasso
Frapolli
!
-
Abbasso
il
tenente
!
E
qualcuno
gridò
anche
:
Abbasso
il
capo
stazione
!
...
Povero
uomo
!
...
come
ci
apparve
impappinato
quando
si
vide
fatto
segno
di
quel
fuoco
di
fila
d
'
interrogazioni
,
alla
maggior
parte
delle
quali
non
sapeva
cosa
rispondere
!
-
Li
assicuro
che
Garibaldi
è
a
Digione
-
Badava
a
protestare
.
-
Allora
a
Digione
!
-
Gridammo
tutti
.
-
A
Digione
-
Ripetè
,
come
eco
,
il
duce
nostro
!
-
Ma
non
so
-
Riprese
il
capo
stazione
-
no
so
,
se
ci
potranno
arrivare
,
se
le
linee
saranno
libere
...
tante
volte
i
Prussiani
...
sono
così
accidentati
quei
soldatacci
di
Bismark
!
-
Eh
!
non
importa
...
noi
si
va
.
-
Faccian
loro
!
-
Arrivederlo
e
stia
bene
!
-
E
tutti
via
di
corsa
in
un
treno
che
era
lì
pronto
.
-
Ma
dove
vanno
,
dove
vanno
signori
?
-
Gridava
con
tuono
di
raccomandazione
quella
povera
vittima
dell
'
ignoranza
del
tenente
e
dei
nostri
capricci
-
Quel
treno
lì
va
a
Marsiglia
:
montino
in
quell
'
altro
!
-
Sanno
,
cosa
è
-
Proferì
stizzosamente
allora
il
nostro
accompagnatore
-
io
con
loro
non
ci
voglio
star
più
,
e
me
ne
lavo
le
mani
fino
da
questa
momento
:
ecco
la
loro
paga
.
Nessuno
protestò
;
nessuno
scongiurò
il
tenente
a
ritirare
quello
che
aveva
detto
;
ma
egli
,
dopo
averci
dato
un
franco
a
testa
,
montò
per
il
primo
in
un
vagone
di
prima
classe
,
mentre
noi
fummo
di
nuovo
pigiati
in
una
di
quelle
gabbie
che
a
vederle
sembrano
molto
più
atte
a
ricettar
delle
bestie
che
dei
Cristiani
...
o
degli
Ebrei
.
Il
benefico
Morfeo
,
ausiliato
potentemente
dalla
fatica
e
dallo
strapazzo
che
ci
avevano
martoriati
in
quei
giorni
,
scosse
i
suoi
papaveri
intorno
a
noi
,
che
ci
addormentammo
saporitamente
.
Con
qual
voluttà
si
dormiva
!
non
il
più
piccolo
sogno
,
nè
piacevole
nè
triste
,
veniva
a
turbare
la
nostra
quiete
di
morte
:
come
si
deve
esser
felici
,
quando
siam
morti
!
Non
sentire
,
non
vedere
più
nulla
,
esser
nulla
...
ecco
quello
che
devono
anelare
le
anime
generose
,
trambasciate
,
sbattute
in
quest
'
orrenda
burrasca
del
mondo
,
dove
giungono
a
salvamento
solamente
gli
ipocriti
e
i
vili
.
Un
urtone
rompe
l
'
incanto
di
quella
calma
.
Che
è
?
Siamo
giunti
a
Tournus
:
sono
le
nove
e
bisogna
trattenersi
fino
alle
due
.
Meno
male
che
troveremo
qualche
caffè
,
qualche
bettola
,
pensammo
tra
noi
e
forse
potremo
anche
riposare
su
coltri
più
o
meno
sprimacciate
quattro
ore
.
«
Chi
mi
darà
la
voce
e
la
parola
,
»
Per
stimmatizzare
degnamente
questo
iniquo
paesucolo
,
in
cui
ci
faceva
capitare
la
nostra
malvagia
fortuna
.
Io
consacro
Tournus
all
'
esecrazione
di
tutta
la
gente
per
bene
;
io
auguro
ai
di
lei
cittadini
che
il
naso
ghiacci
loro
,
come
ci
si
era
ghiacciato
a
noi
quella
sera
.
La
camera
dei
deputati
quando
parla
Michelini
è
il
luogo
più
popolato
del
mondo
appetto
a
Tournus
:
noi
non
ponemmo
vedere
un
abitante
;
picchiammo
a
due
o
tre
osterie
,
non
ci
vollero
rispondere
:
tirammo
pedate
da
orbi
alle
porte
,
vennero
i
gendarmi
a
pregarci
gentilmente
che
si
smettesse
;
non
un
caffè
aperto
,
non
una
finestra
illuminata
,
non
il
minimo
indizio
di
vita
.
Persino
l
'
orologio
del
campanile
della
chiesa
.
maggiore
era
fermo
e
segnava
le
sette
.
Nel
mentre
che
noi
avevamo
dormito
in
vagone
,
la
neve
era
cominciata
a
cadere
ed
ora
ricopriva
col
suo
bianco
lenzuolo
tutte
le
circostanti
pianure
;
il
freddo
,
il
malessere
in
cui
uno
si
trova
quando
viene
svegliato
di
soprassalto
,
il
desio
intenso
di
bere
che
ci
accompagnava
,
come
l
'
angelo
custode
accompagna
un
cattolicone
di
quelli
coi
fiocchi
,
ci
avevano
procreato
un
'
arsione
,
come
se
si
fosse
attraversato
il
deserto
;
e
anelavamo
un
centellino
di
vino
,
come
in
circostanze
normali
si
anelerebbe
un
milione
.
I
cittadini
di
Tournus
non
dovevano
aver
molto
in
pratica
l
'
Evangelo
;
battete
e
vi
sarà
aperto
,
diceva
il
divino
maestro
,
e
noi
battemmo
colle
mani
,
coi
piedi
,
colle
mazze
:
battemmo
ovunque
eravi
un
'
insegna
d
'
albergo
e
di
trattoria
,
nessuno
ci
rispose
:
in
qualche
casa
si
sentiva
metter
la
spranga
.
Tornammo
tutti
sconsolati
alla
stazione
:
la
trovammo
piena
di
gente
sdraiata
,
che
cantava
in
coro
una
litania
d
'
invettive
all
'
indirizzo
di
questo
sconsacrato
paese
.
-
Ma
non
vi
è
un
Restaurant
?
-
Domandammo
a
una
guardia
.
-
Una
volta
ci
era
...
-
Ed
ora
!
-
Lo
chiusero
al
principiar
della
guerra
!
-
E
per
bere
come
si
potrebbe
fare
?
-
Uhm
!
...
Guardino
là
ci
è
una
vivandiera
.
Guardammo
verso
il
punto
che
ci
accennava
quell
'
uomo
e
vedemmo
difatti
un
pezzo
di
ciccia
del
peso
di
un
centinaio
di
chilogrammi
:
quest
'
informe
ammasso
di
carne
in
sottanina
e
cappello
con
piume
,
ci
sembrò
bella
come
un
angelo
,
come
l
'
Angelo
che
insegnò
alla
povera
Agar
la
benefica
polla
che
doveva
rinfrancare
di
spirito
e
di
vita
l
'
assetato
Ismaele
.
Le
chiedemmo
da
bere
...
-
Non
ce
ne
ho
che
pochi
bicchierini
...
ma
sono
per
quelli
della
mia
compagnia
.
-
Va
benissimo
!
...
Borbottammo
noi
,
emettendo
un
sospiro
,
che
non
poteva
sembrare
enigmatico
a
chicchessia
!
-
Meno
male
che
poco
ci
abbiamo
da
attendere
!
-
Esclamò
uno
di
noi
.
Aveva
appena
terminato
di
dirlo
,
quando
venne
una
guardia
e
coll
'
accento
più
naturale
del
mondo
ebbe
il
coraggio
di
dirci
:
Il
treno
di
Lione
è
in
ritardo
,
bisognerà
che
aspettino
altre
due
ore
.
Noi
eravamo
prostrati
...
Andammo
alla
pompa
che
è
lì
a
pochi
passi
per
rinfrescare
la
macchina
:
uno
si
mise
a
tirare
come
un
facchino
e
gli
altri
bevettero
,
bevettero
con
rabbia
,
quasi
per
protestare
che
,
se
la
fortuna
ci
era
avara
di
vino
e
di
liquori
,
essi
se
la
ridevano
di
lei
e
gliela
facevano
in
barba
.
Poi
si
andò
nel
magazzino
,
ci
sdraiammo
alla
meglio
su
certi
cassoni
che
vi
erano
e
sonnacchiammo
malamente
quelle
maledettissime
due
ore
.
Il
fischio
della
locomitiva
ci
richiamò
a
noi
stessi
e
dopo
pochi
minuti
eravamo
tutti
al
nostro
posto
.
Già
da
vario
tempo
avevo
cominciato
a
inebriarmi
delle
mille
fantasmagorie
che
sogliono
produrre
i
beati
momenti
del
dormiveglia
,
quando
il
treno
si
fermò
;
e
vidi
baluginare
dentro
il
nostro
vagone
,
all
'
incerto
chiarore
del
lumicino
,
due
fisonomie
eteree
,
due
di
quelle
fisonomie
che
ti
strappano
di
bocca
un
grido
di
ammirazione
,
tanto
le
ti
sembrano
sovrumane
:
senza
trarre
il
respiro
,
io
le
contemplava
estatico
e
pensavo
che
seguitasse
una
di
quelle
belle
visioni
che
tanto
mi
avevano
entusiasmata
la
testa
,
pochi
momenti
innanzi
:
ma
quale
non
fu
la
mia
meraviglia
,
allorché
io
sentii
posarmi
sulle
spalle
una
manina
gentile
,
allorché
un
alito
profumato
mi
carezzò
dolcemente
la
faccia
?
-
Ma
è
egli
vero
quello
che
si
svolge
davanti
a
me
?
-
Riflettevo
,
quando
una
vocina
simpatica
,
che
mi
s
'
insinuava
proprio
nel
cuore
,
mi
rivolse
queste
parole
:
-
Tenete
...
Voi
dovete
averne
bisogno
.
E
del
pane
,
del
salame
e
una
bottiglia
di
vino
generoso
furono
lasciate
a
nostra
disposizione
da
quelle
simpatiche
fate
.
Eravamo
arrivati
a
Macon
,
e
le
signore
addette
all
'
uffizio
del
soccorso
ai
feriti
,
portavano
,
come
d
'
ordinario
,
qualchecosa
per
ristorare
i
soldati
di
passaggio
.
Erano
le
sei
della
mattina
:
faceva
un
freddo
tremendo
,
persino
i
vecchi
soldati
,
imbacuccati
fino
alla
punta
del
naso
,
sbraitavano
contro
una
stagione
sì
perfida
,
e
quelle
donne
,
e
quelle
signorine
erano
là
da
tutta
la
notte
,
portavano
quell
'
immensi
canestri
con
una
disinvoltura
e
con
una
grazia
che
forse
si
vede
adoprare
da
chi
porta
un
mazzo
di
fiori
:
gelavano
dal
freddo
,
ma
pure
sorridevano
:
morivano
dal
sonno
,
ma
pure
avevano
una
parola
di
conforto
,
una
di
speranza
per
noi
.
Ah
!
La
donna
!
..
I
miei
lettori
avranno
osservato
che
io
non
l
'
ho
punto
risparmiata
ai
Francesi
,
che
io
ho
detto
di
loro
tutto
quello
che
sentivo
,
che
ho
esposto
alla
libera
le
mie
impressioni
sul
loro
contegno
,
e
che
l
'
ho
chiamati
degeneri
,
corrotti
,
indegni
della
fama
che
si
erano
scroccati
in
Europa
,
ma
in
quanto
alle
donne
bisogna
convenire
,
che
avevano
tutta
l
'
abnegazione
,
tutti
i
riguardi
,
tutte
le
doti
,
tutte
le
delicatezze
di
una
madre
,
e
tutto
il
coraggio
delle
donne
spartane
:
coraggio
che
le
ha
spinte
a
curare
in
prima
fila
i
feriti
,
e
che
poi
ha
fatto
loro
incontrare
la
morte
sulle
barricate
,
quando
Thiers
ha
iniquamente
schiacciato
e
soffocato
nel
sangue
la
generosa
Parigi
.
Ah
!
non
si
chiamino
utopie
gli
sforzi
generosi
di
certi
publicisti
che
vogliono
collocare
la
donna
nel
posto
che
le
si
spetta
:
le
donne
hanno
già
fatto
abbastanza
per
mostrarsene
degne
,
che
anzi
alla
prova
io
le
ho
vedute
riuscir
sempre
a
mille
doppi
dell
'
uomo
.
Questo
avvenimento
,
così
inopinato
,
mi
riconciliò
lì
per
lì
colla
Francia
,
con
me
,
con
la
sorte
:
ringraziai
alla
peggio
quelle
vezzose
signore
e
mi
misi
a
mangiare
con
un
'
appetito
da
cointeressato
.
Ci
si
mosse
quasi
subito
:
i
volontari
salutarono
con
applausi
fregorosi
quella
città
che
si
era
mostrata
tanto
ospitale
con
noi
.
Intanto
albeggiava
;
la
giornata
almeno
per
quello
che
se
ne
poteva
preconizzare
doveva
essere
uggiosissima
:
il
cielo
pareva
di
piombo
,
la
terra
era
coperta
di
neve
,
grossi
stormi
di
corvi
alleggiavano
per
quei
dintorni
.
Sulla
spianata
di
Baune
io
vidi
un
corazziere
in
alta
tenuta
,
ritto
,
stecchito
al
piede
di
un
albero
.
Gli
enormi
cipressi
,
tutti
nevicati
fuori
che
in
punta
,
dove
tuttora
mostravansi
verdi
cupi
,
mi
sembravano
tanti
scheletri
giganteschi
col
morione
delle
vecchie
guardie
i
quali
ghignando
sbirciassero
quello
omuncolo
coperto
di
ferro
e
che
in
faccia
a
loro
stava
nella
medesima
proporzione
di
un
granello
di
rena
a
una
piramide
dei
Faraoni
.
Dopo
un
'
ora
ci
si
fermava
e
questa
volta
ci
si
fermava
definitivamente
.
Per
somma
ventura
di
quei
dieci
o
dodici
lettori
che
hanno
avuto
la
più
che
cristiana
pazienza
di
seguirmi
fin
qui
,
noi
eravamo
giunti
a
Digione
,
a
quella
Digione
che
poco
dopo
doveva
illustrare
il
sangue
di
tanti
prodi
Italiani
e
che
allora
ci
appariva
in
mezzo
alla
nebbia
coi
suoi
gotici
campanili
,
colla
sua
semplice
guglia
di
San
Benigno
,
come
apparisce
un
'
Oasi
a
chi
si
è
sperso
nell
'
ampio
deserto
,
come
apparisce
la
meta
allo
stanco
auriga
che
già
comincia
a
disperar
del
trionfo
.
La
stazione
era
ingombra
di
cannoni
,
di
casse
,
dell
'
ambulanza
,
di
bagagli
di
tutte
le
dimensioni
che
appartenevano
alle
truppe
ed
ai
battaglioni
che
di
poco
ci
avevano
preceduto
.
Due
o
tre
sentinelle
di
guardie
mobili
passeggiavano
per
lungo
sull
'
ambulatorio
,
facendo
sfoggio
di
una
prosopopea
,
che
te
li
avrebbe
fatti
gabellare
per
eroi
;
d
'
altronde
eravamo
in
prima
linea
,
e
quando
il
nemico
non
attacca
,
ci
si
può
prendere
la
scesa
di
testa
di
farla
da
gente
feroce
e
terribile
,
-
In
rango
-
Gridò
il
nostro
ufficiale
con
una
voce
da
baritono
molto
sfogata
,
e
sfoderando
per
la
prima
volta
la
Durlindana
.
Questo
movimento
in
altre
circostanze
ci
avrebbe
fatti
scompisciare
dalle
risa
:
in
quel
momento
eravamo
troppo
felici
per
aver
raggiunto
lo
scopo
delle
nostre
fatiche
,
e
dei
nostri
dolori
,
per
poter
nemmeno
prestare
attenzione
a
questa
spacconata
.
Per
quattro
fianco
destro
,
avanti
marchs
!
E
mettendoci
alla
peggio
per
quattro
,
escimmo
dalla
stazione
dietro
all
'
ardente
condottiero
,
infilammo
il
viale
dei
Platani
che
vi
conduce
,
e
passando
di
sotto
all
'
Arco
che
fu
inalzato
ad
onore
dello
strenuisissimo
Principe
di
Condè
,
entrammo
nel
capoluogo
delle
Côte
d
'
Or
.
CAPITOLO
VIII
.
Traversammo
la
città
e
nella
nostra
traversata
non
ci
fu
dato
vedere
alcuno
amico
,
nè
tampoco
alcuno
che
rivestisse
la
divisa
di
Garibaldino
;
in
quell
'
ora
così
mattinale
,
i
componenti
dell
'
Armata
dei
Vosgi
,
o
erano
occupati
in
recognizioni
ed
esercizi
,
oppure
se
la
dormivano
saporitamente
.
Felici
questi
ultimi
...
noi
cascavamo
dal
sonno
!
ci
portarono
al
quartier
generale
che
era
proprio
in
fondo
della
città
al
lato
opposto
della
ferrovia
;
il
generale
Garibaldi
abitava
il
palazzo
della
prefettura
,
dove
erano
stati
anche
impiantati
gli
uffizi
dello
stato
maggiore
.
Vedemmo
alla
porta
in
fazione
un
carabiniere
genovese
ed
una
guardia
nazionale
.
Il
rivedere
la
simpatica
camicia
rossa
,
ci
fece
nascere
in
cuore
un
'
emozione
dolcissima
;
i
nostri
timori
di
non
arrivare
in
tempo
eransi
dileguati
:
entrammo
nel
cortile
ilari
,
e
svelti
,
proprio
come
se
uscissimo
allora
da
un
morbido
letto
.
Il
tenente
andò
a
prendere
ordini
;
poco
dopo
tornò
e
ci
disse
:
Loro
possono
andare
per
la
città
:
per
ora
non
è
stata
data
alcuna
disposizione
per
loro
;
a
mezzogiorno
sulla
piazza
delle
Mairie
io
farò
le
paghe
:
Dopo
queste
poche
parole
,
se
ne
andarono
tutti
,
e
si
stava
per
andarsene
anche
noi
dell
'
esigua
combriccola
,
che
si
era
mossa
da
Firenze
,
quando
ci
sentimmo
chiamare
su
di
verso
il
terrazzo
e
avemmo
appena
tempo
di
voltarci
che
si
era
abbracciati
e
baciati
...
-
Ne
eravamo
sicuri
!
-
Credevamo
dì
trovarvi
quassù
.
Guardammo
e
vedemmo
il
Piccini
e
lo
Stefani
già
vestiti
da
Garibaldini
,
che
ci
salutavano
così
affettuosamente
.
-
O
Rossi
?
...
Domandammo
noi
altri
.
-
Rossi
è
a
lavorare
...
Riatta
tutti
i
fucili
della
compagnia
...
Lo
vedremo
più
tardi
!
-
O
come
mai
siete
arrivati
a
raggiunger
Garibaldi
?
-
È
una
cosa
lunga
!
-
Allora
ne
riparleremo
stasera
,
perché
noi
si
ha
un
'
appetito
birbone
,
e
si
ha
una
voglia
di
dormire
grandissima
.
-
Per
dormire
non
ci
è
bisogno
d
'
andare
all
'
albergo
.
-
Davvero
?
-
Sicuro
!
..
Venite
con
noi
dal
mair
ed
avrete
un
biglietto
d
'
alloggio
...
qui
in
Francia
,
in
tempo
di
guerra
,
i
militari
hanno
questo
diritto
.
-
Evviva
la
Francia
!
..
Gridammo
noi
,
sedotti
ed
entusiasmati
dall
'
idea
di
non
spendere
quei
pochi
piccioli
che
ci
erano
rimasti
,
onde
procurarci
una
stanza
.
-
Venite
dunque
con
me
-
Disse
il
Piccini
e
tutti
noi
lo
seguimmo
verso
la
piazza
maggiore
della
città
.
Durante
il
nostro
tragitto
cominciammo
a
farci
un
idea
del
corpo
d
'
armata
che
era
stato
affidato
all
'
eroe
dei
due
mondi
;
vedemmo
i
Franchi
tiratori
,
i
Mobilitati
,
gli
Spagnoli
,
la
Croce
di
Nizza
,
le
Guide
:
i
costumi
,
gli
abbigliamenti
di
questi
giovani
soldati
della
libertà
,
formavano
un
contrasto
così
bizzarramente
artistico
,
che
ti
faceva
credere
di
essere
in
un
mondo
nuovo
,
in
un
mondo
variato
;
ad
ogni
cantonata
tu
vedevi
un
nuovo
vestiario
:
pareva
quasi
di
avere
in
faccia
agli
occhi
un
caleidiscopio
continuo
;
chi
aveva
in
cuore
un
po
'
di
sentimento
di
artista
,
lo
si
poteva
facilmente
conoscere
dal
modo
con
cui
portava
le
piume
al
cappello
e
la
svelta
casacca
;
una
collezione
di
penne
di
tutte
le
qualità
;
dall
'
aristocraticissima
penna
di
pavone
,
alla
plebea
di
gallina
,
che
forse
rammentava
un
allungamento
di
mano
non
permesso
dal
Codice
,
tu
vedevi
brillare
sui
cappelli
di
questi
amabili
matti
,
ogni
specie
di
questi
arnesi
indispensabili
agli
animali
che
s
'
elevano
dal
suolo
.
I
Franchi
Tiratori
ci
offrivano
l
'
esattissima
riproduzione
dei
volontari
Italiani
del
1860
e
del
1866;
tra
loro
spiccavano
delle
distintissime
fisonomie
:
tra
loro
figurava
in
mezzo
ai
figli
della
montagna
l
'
artista
,
in
mezzo
all
'
uomo
del
lavoro
abbronzato
dal
fumo
dell
'
officine
,
il
generoso
milionaro
abbronzato
dal
sole
:
tutti
erano
rappresentati
in
quelle
file
,
che
lo
spirito
potente
dell
'
amore
di
libertà
affratella
nel
momento
supremo
,
in
cui
questa
libertà
versa
in
pericolo
,
coloro
che
sentono
rispondere
generosamente
il
loro
cuore
all
'
appello
dei
santi
principii
,
che
saranno
il
Vangelo
dell
'
Umanità
.
Una
tal
vista
rallegrò
i
nostri
spiriti
:
il
sonno
si
era
dileguato
,
si
era
dileguato
lo
strapazzo
,
si
era
dileguata
la
fame
.
O
divini
entusiasmi
di
colui
che
affronta
la
morte
per
un
'
idea
generosa
,
perché
siete
svaniti
,
e
così
presto
svaniti
?
..
Siamo
forse
diventati
vecchi
in
due
mesi
?
..
Le
nostre
fibre
non
si
commuovono
forse
tuttora
alla
corrente
magnetica
,
che
infonde
le
voce
del
dovere
,
della
patria
,
della
società
conculcata
?
Chi
sa
....
L
'
atonia
in
cui
viviamo
ci
ripiomba
in
uno
scetticismo
che
voglio
credere
temporaneo
...
Tornino
i
giorni
felici
,
torni
il
santo
momento
di
una
rivoluzione
,
e
scettici
o
no
,
ci
troveremo
al
nostro
posto
!
Utilizzare
la
vita
a
prò
di
chi
langue
:
ecco
quale
deve
essere
in
tanta
tristezza
di
tempi
,
il
programma
per
chi
ha
cuore
e
coscienza
.
Andammo
alla
Mairie
e
volendo
render
meno
dura
che
fosse
possibile
la
situazione
,
che
ci
si
preparava
,
approfittandoci
dei
nosti
abiti
cittadineschi
,
demmo
a
bere
all
'
impiegato
che
eravamo
ufficiali
,
e
ci
fu
sul
tamburo
steso
un
biglietto
d
'
alloggio
per
uno
dei
primari
palazzi
di
Digione
,
nientemeno
che
il
palazzo
de
Beverant
.
Qui
fummo
accolti
gentilissimamente
da
una
vecchia
signora
,
che
ci
condusse
in
un
magnifico
appartamento
e
c
'
insegnò
uno
stanzino
tutto
pieno
di
legna
,
dicendoci
che
con
quel
freddo
ci
avrebbero
fatto
assai
comodo
!
Eppoi
la
simpatica
vecchia
si
intrattenne
con
noi
in
amichevole
conversazione
;
la
ci
disse
le
cose
le
più
gentili
,
ci
salutò
come
gli
angioli
salvatori
di
quel
disgraziato
paese
...
E
i
nostri
buoni
governanti
d
'
Italia
che
ci
riguardavano
come
diavoli
,
ed
i
malvoni
che
ci
tenevano
a
rispettosa
.
distanza
,
che
ci
gabellavano
per
scavezzacolli
,
per
beceri
,
per
intrattabili
?
..
Proprio
il
caso
da
dire
nemo
propheta
in
patria
,
e
se
i
benigni
nostri
avversarii
avessero
udito
le
gentili
proteste
a
nostro
riguardo
indirizzateci
da
quella
donna
,
appartenente
alla
più
pura
aristocrazia
della
Francia
,
scommetto
la
testa
che
alla
lor
volta
sarebbero
divenuti
frementi
.
L
'
ospite
nostra
ci
ragguagliò
su
certe
prodezze
che
avevano
commesso
i
soldati
di
re
Guglielmo
nella
prima
occupazione
della
città
;
il
comando
generale
gliene
aveva
messi
in
palazzo
cinquantasei
:
e
tutti
spadroneggiavano
peggio
che
se
fossero
in
una
caserma
;
accendevano
il
fuoco
e
facevano
da
cucina
nelle
magnifiche
camere
;
avevan
ridotto
il
giardino
a
maneggio
per
i
cavalli
:
pretendevano
le
legna
,
e
qualche
giorno
persino
il
vino
e
la
carne
.
L
'
amor
nazionale
avrà
forse
fatto
esagerare
un
poco
quella
signora
,
ma
è
un
fatto
che
molti
tra
i
soldati
della
grazia
di
Dio
ne
fecero
di
quelle
di
pelle
di
becco
,
a
detta
di
tutti
;
tutti
però
concordavano
nell
'
affermare
,
che
questa
gente
,
la
quale
dicerto
non
era
stata
restia
nel
far
pompa
di
prepotenza
verso
il
popolo
inerme
,
era
rispettosissima
,
educatissima
verso
il
sesso
gentile
.
Sapemmo
anche
per
mezzo
della
nostra
interlocutrice
,
quanto
fu
lo
spavento
da
cui
fu
colto
il
generale
Werder
,
quando
Garibaldi
tentò
di
sorprenderlo
la
sera
del
26
novembre
:
tutti
i
cariaggi
erano
stati
preparati
,
tutte
le
disposizioni
per
una
ritirata
erano
state
ordinate
in
men
che
si
dice
;
i
soldati
avevan
fatto
fagotto
:
i
battaglioni
di
riserva
erano
adunati
nelle
piazze
,
e
di
momento
in
momento
altro
non
si
attendeva
che
l
'
ordine
della
partenza
.
La
signora
ci
rese
informati
di
un
episodio
,
che
poi
ci
fu
dato
raccogliere
anche
da
tutti
gli
altri
cittadini
che
avvicinammo
;
episodio
ben
meschino
a
paragone
di
quelli
che
si
svolsero
in
quel
maraviglioso
periodo
di
storia
che
farà
stupire
i
nostri
posteri
,
ma
che
ci
si
dava
come
ragione
principale
dello
sgombro
della
città
da
parte
dei
soldati
Germanici
.
Io
credo
però
che
quello
che
ci
si
raccontava
,
come
verità
indiscutibile
,
non
fosse
altro
che
una
di
quelle
storielle
,
che
nascono
non
si
sa
come
,
che
si
propagano
con
facilità
straordinaria
in
un
momento
in
cui
una
nazione
ha
perso
la
bussola
,
ma
che
cadon
di
subito
di
faccia
alle
riflessioni
che
può
ispirare
il
più
volgare
buon
senso
.
Secondo
questi
discorsi
il
buon
Werder
,
che
è
un
cattolicone
coi
fiocchi
,
uno
di
quei
cattolici
per
cui
il
regno
dei
cieli
è
spalancato
come
per
tutti
i
poveri
di
spirito
,
dopo
un
lungo
colloquio
che
aveva
avuto
col
vescovo
di
Djon
,
degno
servo
dì
Dio
,
avrebbe
preso
le
sue
carabattole
e
cheto
come
un
olio
,
spaventato
dalle
minaccie
dei
fulmini
dell
'
ira
divina
aveva
trasferito
le
sue
tende
ben
lontano
da
quella
città
,
dove
sarebbe
piovuto
acqua
bollente
se
egli
si
fosse
piccato
di
continuare
un
occupazione
in
odio
alle
tremende
divinità
che
reggono
il
mondo
.
Le
frequenti
visite
che
il
generale
Badese
con
un
unzione
veramente
apostolica
faceva
al
vescovo
,
l
'
intimità
più
che
fraterna
che
esisteva
tra
questi
due
personaggi
,
il
patriottismo
ben
noto
del
pastore
che
aveva
sotto
la
sua
tutela
i
buoni
abitanti
delle
Côte
d
'
Or
furono
dicerto
la
ragione
precipua
per
cui
nacquero
e
presero
voga
queste
chiacchiere
di
nessuna
entità
.
Io
non
posso
credere
che
un
capo
di
stato
maggiore
,
reputatissimo
come
è
il
signor
Moltk
,
possa
ritenere
ai
suoi
ordini
un
sagrestano
che
si
lascia
imbecherare
dalle
fandonie
impossibili
di
un
porporato
qualunque
.
Dopo
aver
bevuto
dell
'
eccellente
Wermuth
,
lasciammo
il
palazzo
,
che
cominciavamo
a
riguardar
come
nostro
,
e
rientrammo
in
quelle
strade
,
dove
un
continuo
viavai
di
soldati
,
di
cavalieri
,
di
carri
,
d
'
artiglierie
produceva
un
chiasso
,
una
confusione
che
c
'
inebriava
,
mentre
avrebbe
fatto
venire
un
'
emicrania
solenne
al
pacifico
e
ben
pasciuto
gaudente
,
che
per
caso
si
fosse
trovato
lassù
.
Arrivati
appena
nella
rue
Condé
,
via
principale
della
città
,
degli
applausi
entusiastici
ci
colpiron
gli
orecchi
;
poi
un
correre
concitato
di
ragazzi
e
di
donne
;
uno
spalancarsi
di
finestre
;
un
'
affollarsi
repente
lungo
i
marciapiedi
,
ed
un
gridìo
unanime
,
pieno
,
che
ci
produsse
immediatamente
una
commozione
indicibile
.
Vive
Galibardi
(
!
)
Vìve
le
premier
defenseur
de
la
France
.
Il
primo
soldato
della
libertà
dei
popoli
passava
per
quella
strada
,
ed
il
popolo
che
in
tutto
il
mondo
fa
sempre
sentire
la
generosa
sua
voce
in
favore
dei
generosi
che
alla
libertà
dedicano
la
loro
intiera
esistenza
,
accoglieva
come
si
conveniva
,
ben
differente
dai
grandi
del
mondo
che
dispregiano
sempre
,
chi
è
grande
davvero
.
Garibaldi
!
...
Chi
può
rammentare
questo
nome
,
chi
le
gesta
famose
dell
'
eroe
divenuto
già
leggendario
,
senza
sentirsi
dì
subito
rapito
in
una
commozione
divina
?
...
Eccolo
là
,
questo
vecchio
figlio
della
rivoluzione
,
sempre
giovine
quando
si
tratta
di
rispondere
ai
di
lei
magnanimi
appelli
!
Eccolo
là
quell
'
uomo
,
che
nel
suo
splendido
passato
dall
'
ultima
Montevideo
alla
vicina
Mentana
è
stato
sempre
in
prima
fila
per
la
causa
divina
dell
'
Umanità
!
...
A
che
mi
si
rammentano
i
grandi
,
a
che
mi
si
rammentano
gli
eroi
?
Pari
al
sole
che
quando
sorge
col
suo
Oceano
di
luce
fa
oscurare
le
stelle
,
quest
'
uomo
ha
fatto
oscurare
la
fama
di
tutti
quelli
che
lo
precessero
.
I
posteri
lo
crederanno
un
mito
:
perché
la
fortuna
ha
dato
a
questi
tempi
un
Garibaldi
,
quando
non
ci
ha
dato
un
Plutarco
per
rammentarne
degnamente
le
gesta
?
Ma
i
buoni
popolani
son
pronti
a
rammentarlo
degnamente
ai
lor
figli
,
ad
insegnar
loro
a
venerarlo
come
quelli
da
cui
dipende
la
felicità
,
l
'
avvenire
di
quelli
che
soffrono
!
Io
per
me
,
le
poche
volte
che
mi
è
stato
dato
incontrarlo
mi
son
sentito
le
lacrime
agli
occhi
ed
egli
mi
è
trasvolato
davanti
come
un
eroe
dei
tempi
sublimi
,
in
cui
i
Cincinnati
e
i
Fabbrizi
lasciavano
la
spada
dopo
aver
salvato
la
patria
,
per
tornare
alle
glebe
natie
,
O
alle
officine
rese
sacre
dal
sudore
di
quelli
operai
,
che
veramente
erano
grandi
per
il
lavoro
e
per
la
virtù
cittadina
.
Benedetto
da
tutti
quelli
che
amano
;
implorato
,
come
una
speme
da
tutti
quegli
che
soffrono
;
terribile
ai
tiranni
;
sempre
presente
agli
schiavi
;
invano
tenteranno
d
'
abbatterlo
i
Giuda
politici
,
che
si
inspirano
ai
fondi
segreti
del
ministero
,
mai
alle
azioni
generose
.
Il
Generale
era
in
carrozza
con
l
'
indivisibile
Basso
;
ambedue
erano
vestiti
in
borghese
:
Garibaldi
aveva
un
cappello
alla
calabrese
bigio
ed
il
punch
che
sempre
lo
ho
accompagnato
in
tutte
le
campagne
;
dietro
alla
carrozza
venivano
a
cavallo
il
maggiore
Fontana
dello
stato
maggiore
,
e
il
capitano
Galeazzi
delle
Guide
,
aiutante
di
campo
.
Il
Generale
sorrideva
a
quei
popolani
che
l
'
applaudivano
con
tanto
entusiasmo
,
e
li
salutava
gentilmente
con
le
mani
.
Il
popolo
di
Digione
accompagnava
sempre
con
dimostrazioni
d
'
affetto
il
Generale
,
e
quello
che
si
vedeva
,
si
doveva
d
'
ora
in
là
ripetere
ogni
giorno
davanti
ai
nostri
occhi
.
Poco
dopo
che
noi
ci
eravamo
commossi
ad
un
tale
spettacolo
,
dovevamo
esser
sorpresi
da
un
'
incontro
non
meno
gradito
di
quello
del
nostro
Generale
.
Trovammo
Rossi
,
nostro
compagno
sul
Var
,
uno
di
quei
pochi
Fiorentini
,
che
sempre
fedeli
al
principio
Repubblicano
,
avevano
subito
gli
oltraggi
dei
giornali
dello
sbruffo
,
e
l
'
ire
delle
questura
,
e
che
ora
,
coerenti
al
proprio
principio
,
dopo
mille
peripezie
,
che
più
tardi
racconterò
ai
miei
lettori
,
era
pervenuto
a
raggiungere
gli
stendardi
della
,
libertà
e
della
emancipazione
sociale
.
Il
Rossi
era
ingrassato
in
una
tal
maniera
,
che
noi
durammo
fatica
a
riconoscerlo
:
sembrava
più
un
Domenicano
che
un
Garibaldino
;
gli
si
leggeva
in
volto
la
contentezza
dell
'
uomo
che
dopo
tante
fatiche
,
ha
potuto
raggiungere
uno
scopo
per
tanto
tempo
da
lui
vagheggiato
.
Andammo
tutti
insieme
a
pranzo
:
lì
sapemmo
a
un
'
incirca
tutto
l
'
andamento
preciso
dell
'
Armata
dei
Vosgi
:
questo
mucchio
di
uomini
,
abbastanza
omeopatico
,
a
cui
superbamente
si
regalava
il
titolo
d
'
armata
,
era
allora
diviso
in
quattro
brigate
:
la
prima
sotto
il
comando
del
generale
Bossak
,
aveva
il
suo
quartier
generale
a
Fontaine
,
paesetto
,
a
circa
due
kilometri
di
distanza
da
Digione
:
la
seconda
,
anticamente
comandata
da
Delpeche
,
ed
ora
comandata
dal
Lobbia
,
si
era
avviata
verso
Langres
,
e
non
si
sapevano
notizie
precise
sul
di
lei
conto
:
la
terza
,
generale
Menotti
,
era
a
Talant
,
e
ne
formavano
parte
le
due
legioni
italiane
sotto
gli
ordini
di
Tanara
e
Ravelli
:
Ricciotti
con
la
quarta
brigata
era
dalle
parte
di
Poully
,
lato
Nord
Est
della
città
.
Le
traversie
che
ebbero
a
subire
Rossi
e
Piccini
,
Squaglia
e
Baldassini
per
giungere
in
Francia
,
ci
furono
raccontate
a
quel
desinare
e
meritano
,
credo
,
l
'
attenzione
dei
lettori
,
se
non
altro
perché
questo
serva
ad
assicurarli
del
come
,
quando
si
nutrono
certe
idee
,
si
affronta
qualunque
pericolo
da
quel
partito
che
i
troculenti
avversarii
,
hanno
osato
qualificare
per
gente
che
non
ha
nulla
da
perdere
e
che
si
pasce
solamente
di
trambusti
perché
in
questi
ci
è
da
pescare
nel
torbido
,
Rossi
e
gli
altri
,
dopo
il
nostro
arresto
restarono
in
Livorno
e
giungendo
ad
eludere
quell
'
oculatissima
pulizia
,
poterono
giungere
al
momento
bramato
di
imbarcarsi
su
una
piccola
barca
,
colla
quale
si
accingevano
a
intraprendere
una
traversata
che
mette
in
pensiero
l
'
indolente
e
pacifico
borghese
che
deve
farla
in
piroscafo
.
Perseguitati
dalla
polizia
che
non
si
ristava
un
momento
da
pedinarli
,
con
un
tempo
indiavolato
essi
poterono
imbarcarsi
verso
mezzanotte
,
due
miglia
lontani
da
Livorno
.
Il
mare
metteva
spavento
:
ognuno
potrà
facilmente
rammemorarsi
di
quanto
furono
sconsocrate
le
giornate
che
nell
'
anno
passato
annunciarono
l
'
inverno
;
perfido
il
clima
,
continue
le
pioggie
,
mai
interrotte
le
burrasche
;
ora
mi
si
mettano
otto
o
dieci
persone
sopra
uno
schifo
,
atto
solamente
a
fare
delle
passeggiate
,
eppoi
se
ne
tragga
l
'
unica
conseguenza
possibile
,
e
la
non
può
esser
che
questa
:
i
bravi
giovani
erano
decisi
a
giocare
di
tutto
per
raggiungere
il
loro
scopo
,
e
possedevano
tempra
,
da
reputarsi
più
che
miracolosa
in
questi
tempi
di
unversali
debolezze
e
di
codardia
inesprimibile
.
Certo
che
chiunque
avesse
veduto
quel
piccolo
legno
,
sbattuto
in
mezzo
agli
spaventevoli
cavalloni
,
sempre
a
un
pelo
per
far
cuffia
,
sempre
frisando
gli
scogli
,
sempre
a
pochi
passi
dalla
morte
,
non
poteva
fare
a
meno
di
esser
colpito
da
tanta
sublimità
,
da
tanta
abnegazione
,
da
tanto
coraggio
...
Oh
!
non
mi
si
dica
,
che
ai
dì
d
'
oggi
l
'
antica
virtù
è
un
mito
nel
mondo
...
oh
!
no
...
la
virtù
esiste
:
sarà
a
bella
posta
obliata
;
si
tenterà
di
farla
passare
per
pazzia
,
ma
a
dispetto
di
chi
non
lo
vuole
,
essa
trova
sempre
dei
seguaci
,
dei
seguaci
che
vivono
e
muoiono
ignorati
,
ma
che
sono
anche
troppo
superbi
per
ottenere
tale
oblio
,
nel
secolo
in
cui
i
ciarlatani
di
professione
,
i
codardi
e
colpevoli
servitori
delle
corti
e
del
vizio
sono
portati
in
palma
di
mano
da
una
folla
più
di
loro
codarda
e
colpevole
!
La
virtù
la
vìve
,
ma
per
volerla
rintracciare
,
bisogna
andare
tra
quella
gente
che
è
posta
in
quarantina
dalla
società
degli
uomini
serii
,
bisogna
rintracciarla
nei
bassi
fondi
sociali
,
tra
la
gente
che
soffre
,
lavora
e
muore
di
fame
;
simile
in
tutto
alle
perle
che
non
si
trovano
che
tra
la
melma
.
Il
vento
impetuosissimo
,
i
marosi
che
in
conseguenza
di
questo
avevano
raggiunto
tutto
ciò
che
può
esservi
di
più
orribile
per
il
marinaro
,
l
'
albero
maestro
troncato
costrinsero
i
nostri
giovani
amici
a
fermarsi
a
Vada
,
piccolo
paese
della
Maremma
,
distante
a
dir
molto
mezza
giornata
di
cammino
da
Livorno
.
Attorniati
immediatamente
dai
carabinieri
,
essi
dovettero
ai
sentimenti
generosi
dei
buoni
popolani
di
lassù
,
il
potersi
ridurre
in
salvo
:
si
rifugiarono
diffatti
in
un
'
abbaino
,
alle
cui
finestre
non
erano
imposte
,
nè
vetri
,
e
che
aveva
tanto
basso
il
soffitto
da
costringere
chiunque
v
'
entrasse
,
ad
andarvi
carponi
.
Vi
doverono
star
sette
giorni
:
senza
un
pagliericcio
,
senza
un
brodo
che
loro
ravvivasse
le
forze
già
esauste
;
costretti
a
dormire
,
l
'
uno
l
'
altro
abbracciati
,
per
scongiurare
la
veemenza
del
freddo
Siberico
,
confortandosi
e
prendendo
animo
all
'
idea
del
santissimo
sacrificio
che
per
santissimo
intento
essi
in
quel
mentre
facevano
,
passarono
in
quella
dolorosissima
situazione
degli
istanti
divini
.
Riattato
il
piccolo
navicello
,
essi
a
notte
inoltrata
poteron
ripartire
:
a
bordo
vi
erano
viveri
,
ma
essendo
durato
il
viaggio
per
altri
sedici
giorni
,
i
futuri
difensori
della
repubblica
,
soffrirono
anche
la
fame
ed
arrivarono
sfiniti
,
cascanti
,
dopo
cento
altre
peripezie
a
Bastia
.
Nella
capitale
della
Corsica
,
Rossi
,
Piccini
,
e
i
compagni
,
trovarono
una
perfidissima
accoglienza
:
tutti
ci
dichiararono
umanimemente
che
quegli
abitanti
,
devoti
alla
causa
Napoleonica
,
appena
che
ebbero
odorato
,
che
i
giovinetti
,
sbarcati
dal
quel
navicello
,
stracciati
,
ed
in
cattivissimo
,
stato
,
erano
dei
Garibaldini
,
non
fecero
che
guardarli
in
cagnesco
,
non
risparmiando
loro
certi
atti
villani
,
che
sarebbero
stati
degnamente
rintuzzati
,
se
in
quei
momenti
ragioni
potentissime
non
avessero
consigliato
sangue
freddo
e
prudenza
.
Ricevuti
come
cani
alla
prefettura
,
trattati
,
quasi
come
pazzi
al
comando
di
piazza
,
guardati
con
diffidenza
dal
Mair
,
essi
non
si
perdettero
di
coraggio
e
fiduciosi
nel
proverbio
che
l
'
importuno
vince
l
'
avaro
,
tanto
almanaccarono
,
tanto
scombussolarono
,
usando
ora
buone
maniere
,
ora
sgarbi
,
pregando
e
protestando
,
che
alla
fine
furono
imbarcati
sopra
un
piroscafo
,
e
inviati
a
Marsiglia
,
dove
si
erano
già
costituiti
i
due
celebri
comitati
Garibaldini
.
Credendo
dì
aver
toccato
il
cielo
con
un
dito
,
i
bravi
nostri
amici
salutarono
Marsiglia
,
come
il
fanciullo
che
si
è
perduto
nel
bosco
,
saluta
il
cammino
della
casa
paterna
.
E
furono
accolti
a
braccia
aperte
dal
Comitato
,
ed
i
membri
di
questo
furono
loro
cortesi
d
'
incoraggiamenti
e
di
belle
parole
;
nè
quando
accamparono
il
loro
desiderio
di
partir
prontamente
,
fu
fatta
l
'
obiezione
più
piccola
...
Meno
male
che
la
fortuna
qualche
volta
corona
felicemente
gli
sforzi
di
chi
ha
sofferto
-
Pensavano
i
nostri
,
entusiasmati
..
-
Oh
sì
,
che
la
pensavano
bene
!
Essi
non
erano
giunti
che
alla
prima
stazione
del
Calvario
che
doveva
menare
,
qualcuno
di
loro
alla
morte
,
e
credevano
invece
di
aver
preso
possesso
della
terra
Promessa
.
Frapolli
aveva
in
quell
'
epoca
il
suo
quartier
generale
a
Chambery
,
e
già
stava
instituendo
un
primo
battaglione
di
fanteria
a
Montmèlian
nell
'
estrema
Savoia
.
Là
furono
diretti
i
nostri
amici
,
i
quali
,
non
sapendo
ancora
,
quanto
fosse
discorde
il
celebre
grande
Oriente
della
Massoneria
dai
disegni
del
Generale
,
andarono
alla
loro
destinazione
,
allegri
e
contenti
,
con
la
ferma
convinzione
di
raggiungere
tra
pochi
giorni
,
l
'
invitto
capo
dell
'
armata
dei
Vosgi
.
Arrivati
alle
loro
destinazione
essi
trovarono
tra
i
componenti
del
battaglione
lo
Stefani
,
venuto
via
pochi
giorni
avanti
di
Firenze
.
Quattrocento
giovinetti
erano
già
adunati
,
ma
nessuno
di
loro
aveva
arme
,
nessuno
di
loro
aveva
il
più
piccolo
distintivo
che
potesse
contrassegnarli
,
come
soldati
.
I
superiori
,
si
sfogavano
,
a
rammentare
ogni
giorno
,
che
presto
anche
loro
sarebbero
andati
in
prima
linea
,
e
intanto
esortavano
i
dipendenti
a
fare
delle
esercitazioni
,
le
quali
tutte
,
si
compendiavano
in
gite
di
15
,
16
e
persino
20
chilometri
,
su
quei
monti
,
dove
la
neve
si
alzava
sette
o
otto
metri
dal
suolo
.
I
continui
strapazzi
,
tutti
infruttuosi
,
il
rigido
clima
di
quelle
alpine
ragioni
influirono
maledettamente
sulla
salute
di
quei
poveri
diavoli
di
cui
molti
ne
andarono
allo
spedale
,
mentre
gli
ufficiali
passavano
allegre
serate
,
ravvivati
da
cene
Lucullesche
,
che
il
loro
capo
scroccava
ai
buoni
Massoni
di
quelle
montagne
;
ragione
questa
per
cui
ogni
ufficiale
che
dipendeva
dal
buon
Frapolli
si
faceva
di
subito
iniziare
ai
misteri
della
Massoneria
!
Fu
dato
il
comando
del
battaglione
al
Perla
,
a
quest
'
eroe
che
ora
è
una
delle
più
belle
figure
nel
Panteon
dei
martiri
della
libertà
:
Perla
,
valoroso
soldato
delle
nostre
guerre
dell
'
Indipendenza
,
patriotta
di
romana
virtù
,
comandando
una
frazione
del
microscopico
esercito
del
Frapolli
,
non
si
rese
certamente
complice
dei
bassi
intrighi
del
suo
superiore
,
e
lo
mostrò
chiaramente
quando
tra
i
primi
,
raggiunse
la
legione
del
Garibaldi
tra
cui
doveva
incontrare
così
gloriosamente
la
morte
.
Rossi
,
Piccini
,
Stefani
,
in
ricompensa
di
aver
servito
altre
volte
,
furono
fatti
sergenti
,
ma
il
tempo
passava
(
erano
già
scorse
due
settimane
)
e
ancora
non
si
veniva
a
capo
di
nulla
;
unica
cosa
fatta
,
fu
l
'
abbigliamento
per
i
volontari
:
i
giovani
cominciavano
a
mormorare
:
le
notizie
degli
scontri
che
aveva
sostenuto
Garibaldi
erano
giunte
fin
là
,
e
troppo
repugnava
a
giovine
gente
restare
in
un
deposito
,
mentre
i
fratelli
si
misuravano
coll
'
inimico
e
spargevano
di
nobile
sangue
gli
ubertosi
vigneti
della
Borgogna
.
Tutte
le
sere
in
caserma
succedevano
concitatissime
conversazioni
;
si
proferivano
gridi
che
non
erano
certo
d
'
ammirazione
per
i
comandanti
;
si
fischiavano
gli
accaniti
difensori
degli
ufficiali
,
era
insomma
una
confusione
da
metter
pensiero
a
chi
era
incaricato
di
condurre
tutta
quell
'
accolta
di
gente
:
una
di
queste
sere
,
proprio
all
'
impensata
,
capitò
a
Montmelian
Frapolli
ed
ordinò
una
rivista
per
il
giorno
dipoi
.
Dopo
aver
squadrato
,
così
per
pretesto
,
ad
uno
ad
uno
i
suoi
dipendenti
,
il
Frapolli
fece
formare
il
quadrato
,
e
piantandosi
in
mezzo
alle
file
,
sciorinò
tutto
d
'
un
fiato
un
lungo
discorso
,
dove
chi
capì
un
acca
potè
chiamarsi
ben
fortunato
.
Parlò
di
trame
e
di
cospirazioni
,
protestò
di
esser
calunniato
,
di
andar
d
'
accordo
con
Garibaldi
,
ma
che
però
non
bisognava
sposarsi
a
quest
'
ultimo
,
poiché
dei
guerrieri
bravi
ce
ne
erano
anche
più
di
lui
,
poiché
era
succeduta
la
rivoluzione
anche
nell
'
armi
e
nella
strategia
e
che
perciò
ci
voleva
gente
nuova
.
Un
lungo
mormorio
ed
anche
qualche
fischio
accolsero
le
strampalate
parole
del
generale
,
che
alzando
,
bruscamente
le
spalle
e
borbottando
,
non
so
quali
inpertinenze
,
si
ritirò
seguito
dal
suo
stato
maggiore
.
Giunto
il
battaglione
alla
caserma
,
Piccini
,
incoraggiato
e
sostenuto
da
Rossi
e
Stefani
,
scrisse
addirittura
una
lettera
a
Garibaldi
,
lettera
nella
,
quale
si
metteva
chiaramente
a
nudo
la
situazione
e
si
chiedevano
consigli
su
ciò
che
era
da
operarsi
:
qualora
non
forse
pervenuta
alcuna
risposta
i
tre
amici
avevano
deciso
di
disertare
.
Come
furono
lunghi
i
cinque
giorni
d
'
aspettativa
!
quante
polemiche
,
quante
questioni
anche
serie
non
accaddero
in
quel
breve
lasso
di
tempo
!
i
soldati
cominciavano
a
perder
la
fiducia
nel
loro
capo
,
dacché
subodoravano
che
tra
lui
e
il
grande
Italiano
non
ci
era
più
quell
'
accordo
,
che
solo
può
produrre
buoni
resultati
;
finalmente
venne
il
colpo
dì
grazia
,
e
questo
colpo
fu
giusto
appunto
la
lettera
con
cui
Canzio
a
nome
del
Generale
rispondeva
a
Piccini
.
Frapolli
vi
tradisce
,
Frapolli
è
un
'
inviato
del
Governo
Italiano
,
che
tenta
di
seminare
la
zizzania
nel
campo
degli
eroi
delle
libertà
-
Tale
era
a
un
dipresso
il
sunto
dello
scritto
di
Canzio
.
Un
fulmine
e
questa
lettera
potevano
produrre
il
medesimo
effetto
.
I
volontarii
si
ragunarono
tumultuosamente
:
siamo
traditi
:
abbasso
i
traditori
:
viva
Garibaldi
vogliamo
partire
...
ecco
le
grida
che
sorgevano
da
tutti
quei
petti
,
ecco
le
convinzioni
che
tutti
quei
giovani
esprimevano
proprio
all
'
unisono
:
invano
gli
ufficiali
con
preghiere
,
con
moine
,
con
minaccie
pretendono
di
far
rientrare
in
caserma
i
sottoposti
e
di
ridurli
a
dovere
;
invano
si
rammenta
loro
la
causa
che
sostengono
e
che
può
esser
compromessa
con
moti
intempestivi
e
con
deliberazioni
inprovvise
:
oramai
tutti
son
rimasti
troppo
scottati
dalle
buone
parole
,
oramai
tutti
son
stanchi
di
lasciarsi
abbindolare
di
più
;
gli
ufficiali
sono
obbligati
ad
andarsene
scorbacchiati
e
confusi
;
nè
potevano
quei
bravi
avanzi
delle
guerre
della
libertà
disapprovare
in
cuor
loro
l
'
impazienza
generosa
di
quei
bravi
ragazzi
:
difatti
la
maggior
parte
degli
ufficiali
raggiunse
poco
dopo
l
'
armata
,
e
si
portò
eroicamente
:
rimasero
solamente
quegli
eroi
che
fanno
la
guerra
per
diventare
ricconi
,
che
fuggono
al
fuoco
,
ma
che
sono
i
primi
ad
attaccarsi
i
ciondoli
del
valor
militare
sul
petto
.
Dalla
rivoluzionaria
assemblea
,
fu
conchiuso
d
'
inviare
una
sommissione
al
Generale
e
fargli
noto
,
come
idea
decisa
di
tutti
,
fosse
il
raggiungere
i
fratelli
che
si
trovavano
in
faccia
al
nemico
.
Eletti
a
far
parte
di
questa
commissione
furono
appunto
i
tre
nostri
amici
Rossi
,
Piccini
,
Stefani
.
Essi
portaronsi
immediatamente
a
Chambery
,
dove
si
abboccarono
col
colonnello
Pais
,
una
delle
onestissime
persone
e
dei
repubblicani
distinti
che
era
rimasto
acchiappato
dalle
reti
del
Frapolli
.
Pais
cominciò
col
fare
qualche
appunto
al
quartier
generale
,
deplorò
le
parole
del
Canzio
,
esortò
i
nostri
giovani
a
non
volere
attizzare
quel
fuoco
,
che
divampando
avrebbe
distrutto
la
reputazione
di
patriotti
distinti
e
forse
anche
l
'
esito
della
intrapresa
repubblicana
.
I
tre
furono
irremovibili
:
vedendo
allora
il
Colonnello
come
qualunque
parola
sarebbe
stata
vana
a
trattenerli
,
permise
loro
di
allontanarsi
dal
battaglione
,
anzi
li
pregò
a
presentarsi
al
quartiere
generale
,
allora
in
Autun
,
e
a
scongiurare
coloro
che
comandavano
l
'
armata
dei
Vosgi
a
prendere
una
definitiva
risoluzione
affinchè
cessasse
quel
fatale
dualismo
che
poteva
condurre
a
così
triste
,
a
così
deplorevoli
consequenze
.
Accompagnati
alla
stazione
dagli
applausi
di
tutti
i
compagni
,
ed
imbarcatisi
,
dopo
un
viaggio
lungo
,
anzichenò
a
causa
dell
'
interruzioni
ferroviarie
,
i
nostri
amici
arrivarono
al
capoluogo
del
Giura
,
alla
città
che
fu
culla
del
noto
Mac
Mahon
,
e
senza
por
tempo
di
mezzo
,
si
recarono
alla
sede
del
quartier
generale
.
Lobbia
e
Canzio
accolsero
i
nuovi
venuti
più
che
se
fossero
amici
,
proprio
come
se
fossero
stati
fratelli
.
Tutti
erano
indignati
per
il
contegno
tenuto
dal
Frapolli
:
difatti
nessuno
poteva
farsi
una
ragione
del
come
quest
'
uomo
daccordo
coi
Comitati
accaparasse
per
se
tutta
la
miglior
gioventù
che
veniva
d
'
Italia
,
e
la
forzasse
all
'
inazione
,
alla
vita
coruttrice
della
caserma
e
della
guarnigione
,
mentre
il
generale
Garibaldi
non
faceva
che
raccomandarsi
a
tutte
le
parti
,
perché
gli
inviassero
dell
'
uomini
.
No
!
Non
erano
induzioni
fallaci
,
non
erano
calunnie
,
quelle
che
si
formulavano
sopra
quest
'
uomo
.
La
ragione
ridicola
che
accamparono
alcuni
miei
amici
,
svanisce
davanti
al
primo
soffio
del
più
volgare
buon
senso
.
Frapolli
,
dicevano
questi
,
vuol
risparmiare
il
sangue
di
tanti
generosi
:
ha
preso
il
grado
di
generale
per
impedire
degli
inutili
combattimenti
;
Frapolli
a
tale
scopo
è
stato
inviato
dalle
Massonerie
.
Io
non
voglio
credere
che
un
'
associazione
che
ha
per
base
l
'
amore
del
vero
e
dell
'
umanità
,
abbia
non
che
autorizzato
,
permesso
,
che
uno
dei
suoi
più
influenti
fratelli
la
facesse
o
da
Don
Basilio
o
da
Arlecchino
in
momenti
in
cui
il
sangue
correva
a
ruscelli
e
in
cui
si
poteva
finalmente
risolvere
il
gran
problema
dell
'
emancipazione
dei
popoli
.
Io
credo
coi
più
,
che
Frapolli
non
fosse
che
un
'
ambizioso
di
bassissima
lega
;
un
innocuo
coniglio
che
per
poco
tempo
si
era
provato
a
indossare
una
veste
da
leone
,
che
aveva
riconosciuto
troppo
pesante
per
lui
;
un
ciarlatano
qualunque
,
uso
in
Italia
a
recitare
due
parti
in
commedia
,
deputato
e
tribuno
,
scenziato
e
generale
,
capace
di
tutto
fuori
che
di
far
tacere
la
sua
sperticata
superbia
,
ed
a
combattere
sotto
gli
ordini
di
chi
ne
sapeva
più
di
lui
,
di
chi
più
di
lui
ne
aveva
il
diritto
.
Canzio
in
special
modo
era
irritatissimo
:
disse
ai
nostri
amici
che
a
giorni
sarebbe
partito
,
come
infatti
partì
,
per
condurre
via
tutti
gli
uomini
che
erano
adunati
a
Chambery
e
a
Montmelian
.
Rossi
,
Piccini
,
e
Stefani
non
vollero
tornare
donde
erano
venuti
,
quantunque
loro
si
facessero
conoscere
delle
prospettive
di
avanzamenti
sicuri
;
troppo
contenti
di
aver
finalmente
raggiunto
Garibaldi
,
di
aver
potuto
riabbracciare
i
vecchi
compagni
d
'
arme
e
di
trovarsi
con
loro
,
essi
si
strapparono
i
galloni
di
sergente
ed
entrarono
semplici
soldati
nella
compagnia
dei
Carabinieri
Genovesi
,
compagnia
che
si
costituiva
allora
sotto
gli
ordini
del
distinto
capitano
Razzeto
.
Dopo
due
o
tre
giorni
il
quartier
generale
erasi
trasferito
a
Digione
ed
i
tre
nostri
amici
,
insieme
al
prode
comandante
dell
'
armata
dei
Vosgi
(
chè
la
compagnia
dei
Carabinieri
Genovesi
mai
si
staccava
da
lui
)
erano
venuti
in
questa
città
.
Tale
a
un
dipresso
fu
la
narrazione
che
a
pezzi
e
bocconi
strappammo
durante
il
desinare
ai
nostri
compagni
,
che
si
mostravano
di
un
buon
'
umore
e
di
una
gaiezza
invidiabile
.
Entrarono
nella
trattoria
e
si
unirono
con
noi
Mecheri
e
Ghino
Polese
,
appartenenti
ambedue
alle
Guide
,
e
già
in
Francia
ambedue
fino
dai
primi
principii
della
campagna
.
E
qui
furono
lunghi
discorsi
,
domande
spesse
,
ripetute
,
alla
maggior
parte
delle
quali
era
impossibile
dare
una
risposta
,
tanto
rapidamente
le
si
succedevano
;
era
una
conversazione
briosa
,
scapigliata
,
attraente
;
e
a
renderla
più
allegra
e
più
rumorosa
influiva
non
poco
lo
squisito
nettare
,
che
producono
i
vigneti
della
Côte
d
'
Or
,
incantevole
soggiorno
per
chi
adora
il
dio
Bacco
.
Prometto
che
sarà
l
'
ultima
volta
che
mi
perdo
nel
cantare
le
glorie
del
vino
;
hanno
ragione
,
purtroppo
coloro
,
che
dicono
che
noi
abbiamo
troppo
presenti
le
libazioni
che
abbiamo
fatto
nell
'
ospitale
Borgogna
,
e
che
ad
ogni
poco
io
apparisco
più
un
ubriaco
che
uno
scrittore
:
ma
mi
crederei
uno
scrittore
macchiato
della
più
nera
ingratitudine
,
se
io
non
ti
rammentassi
o
liquore
color
d
'
ambra
,
che
c
'
ispirasti
tante
magnanime
idee
,
che
ci
mantenesti
in
tanta
salute
per
la
modica
somma
di
cinquanta
centesimi
per
bottiglia
,
mentre
qua
adulterato
,
bisogna
pagarti
tre
o
quattro
franchi
..
Noi
secondo
l
'
abitudinaccia
nostra
si
diceva
male
di
tutto
e
di
tutti
,
si
stroncava
per
passatempo
qualche
reputazione
,
si
prendevano
in
burletta
certe
cose
che
,
convengo
pel
primo
,
sarebbe
stato
assai
meglio
pigliare
sul
serio
.
Le
nostre
lingue
sono
un
po
'
lunghe
...
d
'
altronde
è
un
difetto
organico
,
che
si
sviluppa
frequentando
la
società
!
...
Il
Rossi
soltanto
non
prendeva
parte
alcuna
alle
nostre
maldicenze
;
anzi
con
fare
affettuoso
e
paterno
ci
faceva
delle
reprimende
che
per
lo
più
terminavano
in
lirismi
ed
in
voti
di
esagerate
speranze
per
l
'
avvenire
.
Il
Rossi
aveva
la
fede
e
l
'
energia
di
un
apostolo
,
la
fermezza
di
un
cospiratore
,
il
fanatismo
del
martire
.
Sempre
eguale
a
se
stesso
:
nella
sua
officina
a
Firenze
,
nelle
prigioni
che
spesse
volte
aveva
assaggiato
per
non
voler
troppo
bene
al
presente
ordine
di
cose
,
nei
combattimenti
dove
aveva
a
incontrare
poco
dopo
tanto
gloriosamente
la
morte
,
egli
avrebbe
creduto
di
peccare
smentendo
se
stesso
,
anche
così
per
far
chiasso
in
una
conversazione
d
'
amici
.
A
sentir
lui
era
certo
il
trionfo
della
repubblica
,
non
solamente
in
Francia
ma
in
un
'
altro
paese
dove
egli
era
sicuro
che
Garibaldi
ci
avrebbe
portato
appena
distrigati
gli
ultimi
conti
coi
fedeli
alleati
della
Grazia
di
Dio
.
Figuratevi
in
quella
combriccola
di
scapestrati
,
quale
effetto
facessero
le
parole
calme
,
dolci
di
questo
giovine
la
cui
perdita
ha
lasciato
tanto
voto
nelle
file
dell
'
esiguo
partito
democratico
della
mìa
bella
Firenze
.
È
inutile
:
il
Rossi
parlava
come
un
santo
,
ma
quella
sera
doveva
essere
baccano
:
si
festeggiava
il
nostro
arrivo
e
non
poteva
essere
a
meno
!
...
Squaglia
,
Baldassini
,
una
caterva
di
Livornesi
ci
raggiunsero
,
e
tutti
insieme
rammentandoci
le
vaghe
colline
della
nostra
Toscana
,
il
nostro
bel
cielo
,
il
volto
delle
nostre
ragazze
,
idealizzato
dalla
lontananza
,
le
chiassose
baldorie
e
le
ribotte
di
un
tempo
,
incominciammo
a
intronare
quegli
stornelli
,
che
si
sentono
tante
volte
sulle
labbra
gentili
delle
nostre
donne
del
popolo
:
stornelli
d
'
amore
,
malinconici
come
il
ricordo
di
una
svanita
illusione
,
modesti
e
simpatici
come
i
fiorellini
dei
campi
che
l
'
hanno
ispirati
,
poeticamente
rozzi
,
come
coloro
che
senza
alcuna
istruzione
l
'
hanno
composti
.
Dagli
stornelli
passammo
alle
ardenti
canzoni
ed
agli
inni
:
la
Rondinella
di
Mentana
,
l
'
inno
di
Garibaldi
,
la
Marsigliese
...
Era
la
voce
dell
'
Umanità
e
della
Patria
,
che
sorgeva
gigante
ad
oscurare
quella
della
città
e
della
famiglia
,
e
che
in
mezzo
alla
orgia
ci
faceva
ricordar
di
essere
uomini
.
Escimmo
cantando
:
quella
sera
ci
si
sentiva
felici
:
i
popolani
si
accalcavano
al
nostro
passaggio
e
ci
accompagnavano
coi
loro
applausi
:
noi
italiani
in
Francia
abbiamo
molta
fama
musicale
,
molta
più
di
quella
che
ci
si
merita
:
qualcuno
di
noi
per
esempio
stuonava
più
di
un
secondo
tenore
del
teatro
Nazionale
,
eppure
sentimmo
ripetere
che
mai
coro
più
accordato
del
nostro
erasi
sentito
in
Digione
...
Chi
si
contenta
gode
!
L
'
orologio
battè
mezzanotte
:
l
'
ora
era
più
che
canonica
:
bisognava
ritirarsi
:
Rossi
che
voleva
sapere
l
'
andamento
generale
delle
cose
d
'
Italia
,
e
i
progressi
,
che
vi
aveva
fatto
l
'
idea
,
e
come
le
masse
accogliessero
le
notizie
di
Francia
,
volle
in
tutti
i
modi
accompagnarci
a
casa
.
Povero
Rossi
!
...
Venne
con
noi
,
cominciò
a
domandare
...
ma
noi
con
poco
rispetto
attaccammo
un
sonno
da
paragonarsi
solamente
a
quello
di
un
lettore
delle
Perseveranza
,
ed
egli
continuò
a
gestire
,
e
scalmanarsi
per
una
buona
mezz
'
ora
,
in
mezzo
alle
note
più
o
meno
sfogate
delle
nostre
trachee
cambiate
lì
per
lì
in
contrabbassi
.
CAPITOLO
IX
.
L
'
aver
ritrovato
i
nostri
amici
,
la
contentezza
di
poter
passare
qualche
ora
con
loro
ci
aveva
fatto
dimenticare
il
ritrovo
,
a
cui
eravamo
stati
invitati
il
dì
innanzi
dal
nostro
ufficiale
.
Un
vecchio
soldato
arriccerà
il
naso
a
questa
notizia
,
e
dirà
,
come
di
solito
,
che
primo
ed
essenziale
requisito
di
coloro
che
bramano
farsi
onore
e
debellare
il
nemico
è
la
disciplina
:
ma
noi
che
abbiamo
a
noia
il
veder
l
'
uomo
ridotto
allo
stato
di
macchina
,
noi
che
siamo
persuasi
che
l
'
affezione
a
un
'
idea
può
benissimo
generare
l
'
eroe
,
che
non
hanno
mai
generato
le
ridicole
e
assurde
pedanterie
,
noi
credemmo
di
non
aver
dicerto
peccato
,
se
in
quel
primo
giorno
eravamo
stati
sordi
all
'
invito
,
decisi
di
raggiungere
al
domani
la
compagnia
,
o
il
battaglione
a
cui
eravamo
stati
aggregati
.
Perciò
appena
albeggiò
,
escimmo
di
casa
e
ci
avviammo
verso
il
centro
della
città
per
sapere
le
notizie
che
ci
riguardavano
.
La
piazza
della
Mairie
,
era
una
delle
più
belle
piazze
di
Digione
:
notevole
per
un
gran
numero
di
baracche
e
di
banchi
dove
alcune
donne
,
tutte
brutte
,
ad
eccezione
di
una
sola
,
facevano
spaccio
,
di
sigari
,
di
caffè
e
di
liquori
.
I
volontarii
si
affollavano
intorno
a
loro
,
e
non
avevano
torto
:
lì
con
dieci
centesimi
,
avevano
quello
che
nelle
botteghe
costava
quaranta
e
anche
cinquanta
centesimi
.
Ad
uno
di
questi
banchi
trovammo
il
nostro
tenente
:
meno
male
!
..
questo
incontro
ci
rispiarmava
il
fastidio
di
dover
interrogare
altra
gente
e
di
dovere
impazzare
per
rinvenire
la
caserma
.
-
Scusi
tanto
...
-
Noi
principiammo
,
avvicinandolo
,
ma
egli
tagliò
ogni
discorso
dicendoci
:
-
Ieri
non
si
fece
nulla
....
.
Vengano
oggi
a
mezzogiorno
...
è
l
'
ora
delle
paga
:
credo
che
nessuno
mancherà
.
-
Duuque
a
Mezzogiorno
?
-
Sì
.
-
E
dove
è
il
nostro
quartiere
?
-
Vadano
alla
Madaleine
e
là
troveranno
i
loro
ufficiali
...
Loro
non
dipendono
più
da
me
...
Io
appena
che
ho
accompagnato
le
spedizioni
,
me
ne
lavo
le
mani
,
-
A
rivederlo
!
-
A
rivederci
!
Andammo
allora
al
quartier
generale
;
per
quella
mattina
,
non
pareva
che
alcuna
cosa
alla
più
lontana
indicasse
qualche
probabilità
di
un
attacco
da
parte
del
nemico
.
I
Prussiani
difatti
avevano
sgombrato
Digione
,
per
concentrarsi
;
si
aspettava
,
che
dopo
tanti
giorni
di
quiete
una
gran
massa
di
Tedeschi
,
col
solito
sistema
che
ha
sempre
guidato
i
movimenti
di
Moltk
,
piombasse
sulla
città
principale
delle
Côte
d
'
Or
.
Dicevasi
anche
che
a
ciò
fosse
stato
pescelto
il
corpo
d
'
armata
del
principe
Federigo
Carlo
,
perché
a
Versailles
si
voleva
finirla
una
volta
con
questa
riunione
accogliticcia
di
giovanastri
che
rompevano
anche
troppo
le
scatole
alle
truppe
più
agguerrite
e
più
disciplinate
del
mondo
;
ad
ogni
modo
,
e
lasciando
da
parte
qualunque
interpetrazione
a
cui
dava
luogo
questa
continua
inazione
dei
nostri
nemici
,
quello
che
si
può
accertare
si
è
che
questi
si
erano
allontanati
parecchi
kilometri
da
Digione
;
le
nostre
scorrerie
,
le
recognizioni
che
senza
posa
facevano
le
truppe
di
linea
,
mai
si
erano
scontrate
con
loro
,
e
tutti
insieme
concordavano
nell
'
affermare
che
di
Prussiani
non
ci
era
il
minimo
segno
in
tutti
i
dintorni
.
Garibaldi
non
si
lasciava
sfuggire
questa
bella
occasione
che
gli
fornivano
i
propri
avversarii
:
tutti
gli
uomini
che
dipendevano
dai
suoi
ordini
a
poco
a
poco
si
riunivano
nella
città
dove
egli
aveva
posto
il
quartier
generale
;
come
abbiamo
veduto
,
il
brigadiere
Lobbia
era
stato
da
lui
inviato
verso
la
direzione
di
Langres
dal
lato
di
Parigi
;
Canzio
era
partito
per
definire
la
questione
con
Frapolli
e
portare
all
'
Armata
dei
Vosgi
,
tutti
quei
volontari
che
fino
allora
si
erano
tenuti
lontani
dal
teatro
della
guerra
.
Le
circostanti
colline
formavano
oggetto
di
studii
speciali
e
si
fortificavano
alla
meglio
,
come
lo
consentivano
gli
scarsissimi
mezzi
di
cui
il
governo
era
largo
con
l
'
armata
guidata
dall
'
invitto
Eroe
dei
due
mondi
.
Tutte
le
mattine
alle
quattro
il
generale
esplorava
la
linea
dei
nostri
avamposti
.
Esso
percorreva
l
'
immensa
estensione
in
carrozza
e
sempre
accompagnato
da
Basso
:
poi
si
riduceva
al
quartier
generale
da
cui
era
ben
raro
che
si
muovesse
durante
la
giornata
.
Il
povero
vecchio
era
torturato
dai
dolori
attritici
:
ben
di
rado
egli
abbandonava
le
grucce
,
ma
pure
si
vedeva
sempre
sorridere
,
sempre
incoraggiare
i
soldati
,
beato
di
potere
offrire
anche
una
volta
il
suo
braccio
in
difesa
dei
santi
principii
,
di
cui
è
sempre
stato
il
più
infaticabile
apostolo
e
il
più
temuto
sostegno
.
Ah
!
..
quanto
ben
differenti
da
lui
erano
certi
arfasatti
che
si
erano
ficcati
nello
stato
maggiore
e
pei
quali
chiunque
è
amico
della
verità
,
deve
avere
delle
parole
assai
dure
e
dei
rimproveri
che
nessuno
può
tacciare
d
'
esagerati
,
perché
naturali
in
chiunque
abbia
potuto
conoscere
vita
,
morte
e
miracoli
di
quella
gente
che
si
muove
solamente
da
casa
per
speculare
e
per
farsi
ricca
nel
mentre
che
una
nazione
illaguidisce
od
è
per
subire
le
più
grande
delle
sventure
che
la
possa
colpire
,
voglio
dire
le
schiavitù
.
Gli
appartenenti
allo
stato
maggior
generale
,
in
buon
numero
erano
francesi
;
io
non
intendo
minimamente
attaccare
gli
stati
maggiori
delle
brigate
,
dove
un
Castellazzo
,
un
Bizzoni
,
un
Sant
'
Ambrogio
,
un
Vichard
,
un
Canessa
,
e
tanti
altri
,
di
cui
noi
non
potemmo
sapere
il
nome
,
si
coprirono
di
gloria
e
si
mostrarono
pari
alle
generosissime
idee
che
sempre
gli
hanno
guidati
.
Io
parlo
soltanto
di
quei
famosi
strategici
,
che
dipendevano
direttamente
dal
generale
Bordone
.
Qui
devo
dire
alcune
parole
di
questo
generale
da
alcuni
troppo
abbattuto
,
da
altri
troppo
esaltato
.
Io
non
voglio
riandare
la
vita
passata
del
nostro
capo
di
stato
maggiore
;
mio
compito
è
il
riveder
le
buccie
a
coloro
che
giraron
nel
manico
durante
il
periodo
che
noi
fummo
in
Francia
e
non
quello
di
nototmizzare
le
faccende
trascorse
che
a
noi
non
riguardano
,
e
delle
quali
noi
non
abbiamo
a
curarsi
:
noi
pensiamo
che
chi
ha
intenzione
di
far
bene
,
e
traduce
in
atto
questa
intenzione
,
certamente
si
riabilita
da
ogni
peccato
che
possa
aver
contaminato
la
di
lui
fama
antecedente
.
Bordone
era
zelantissimo
per
il
bene
dei
suoi
sottoposti
:
Bordone
aguzzava
di
minuto
in
minuto
il
suo
ingegno
,
si
arrovellava
,
non
dormiva
pur
di
fare
all
'
esercito
Garibaldino
tutte
quelle
agevolezze
che
da
lui
dipendevano
.
Infaticabile
sempre
,
importuno
col
governo
di
Tours
egli
era
giunto
ad
ottenere
armi
,
denaro
,
concessioni
.
Di
più
,
se
si
pensa
,
che
rimanendo
lui
nel
suo
posto
,
toglieva
all
'
ambizioso
Frapolli
ogni
speranza
di
poter
comandare
a
bacchetta
,
bisogna
convenire
che
la
cosa
migliore
per
noi
era
che
rimanesse
quello
che
ci
era
,
invece
che
venisse
fuori
uno
nuovo
che
probabilmente
avrebbe
mandato
in
perdizione
le
nostre
povere
cose
.
Lobbia
avendo
lasciato
lo
stato
maggiore
per
assumere
il
comando
della
seconda
brigata
aveva
condotto
con
se
il
Castellazzo
,
nome
a
cui
qualunque
elogio
sarebbe
superfluo
;
caro
a
chi
ama
la
letteratura
,
come
a
chi
ama
la
guerra
;
eroe
in
tutte
le
battaglie
che
si
son
combattute
,
autore
del
Tito
Vezio
negli
ozi
della
pace
,
in
quegli
ozi
dove
tanta
gente
che
fa
professione
di
far
le
campagne
si
butta
sull
'
imbraca
e
fa
rivoltare
lo
stomaco
alle
persone
perbene
.
Partiti
questi
,
lo
stato
maggiore
rimase
molto
,
ma
molto
barbino
.
Mi
rincresce
dover
dir
male
di
nostri
compagni
,
me
ne
piange
il
cuore
,
ma
il
culto
della
verità
deve
esser
sacro
per
chi
scrive
e
le
segrete
tendenze
dell
'
anima
devono
essergli
sacrificate
.
La
più
completa
assenza
di
nozioni
strategiche
si
poteva
chiaramente
osservare
in
quelle
sale
dove
si
dormiva
di
giorno
e
dove
molte
volte
si
giocava
di
notte
:
cosa
quest
'
ultima
che
fece
esclamare
ad
uno
dei
nostri
amici
assai
noto
per
le
freddure
,
che
stato
maggiore
più
solerte
del
nostro
era
inpossibile
ritrovare
,
avendo
i
suoi
membri
ad
ogni
ora
in
mano
le
carte
.
Una
caterva
di
giovanotti
raggruzzolati
non
si
sa
come
,
certa
gente
di
cui
è
bene
non
dir
cosa
alcuna
,
poiché
stando
alle
dicerie
generali
,
i
di
lei
fatti
insudicerebbero
troppo
le
pagine
di
qualsivoglia
libro
...
ecco
a
un
dipresso
,
fatte
poche
eccezioni
,
quale
era
il
corteggio
di
Bordone
.
Oh
!
se
non
fosse
stata
la
mente
del
Generale
,
il
valore
e
l
'
intelligenza
dei
quattro
che
comandavano
le
brigate
,
l
'
innegabile
slancio
dei
volontari
,
per
il
nostro
stato
maggiore
se
ne
poteva
passar
delle
belle
,
e
i
Prussiani
potevano
agevolmente
circondarci
in
Digione
,
come
avevano
circondato
a
Metz
il
famigerato
Bazaine
.
La
maggior
parte
degli
ufficiali
,
che
dovevano
provvedere
alle
sorti
della
armata
,
e
che
dovrebbero
avere
avuto
l
'
attribuzione
di
fare
i
piani
di
guerra
,
oltre
l
'
esser
digiuni
di
qualunque
nozione
d
'
arte
militare
,
lo
erano
anche
del
minimo
odore
di
polvere
:
tra
gli
altri
per
esempio
il
figlio
di
Bordone
finì
la
campagna
come
capitano
:
era
un
giovanotto
che
poteva
aver
tutt
'
al
più
ventitre
anni
e
che
per
la
prima
volta
si
spingeva
davanti
al
fuoco
....
delle
stufe
del
quartiere
generale
!
Del
resto
di
questi
ufficiali
improvvisati
ve
ne
era
un
sacco
e
una
sporta
.
Conobbi
un
volontario
che
di
motuproprio
si
mise
il
berretto
di
luogotenente
e
poco
dopo
ottenne
quel
grado
;
non
vi
è
esagerazione
a
dire
che
quando
arrivammo
a
Digione
,
trovammo
più
ufficiali
che
soldati
:
i
sarti
e
i
cappellai
di
lassù
,
che
avevano
buon
naso
,
riempivano
lo
vetrine
di
monture
e
di
berretti
più
o
meno
gallonati
.
Fin
qui
non
ci
sarebbe
statò
gran
male
;
ma
il
male
appariva
manifestamente
ad
ogni
persona
,
quando
si
pensava
che
molti
e
molti
che
a
forza
di
fatiche
e
di
sangue
erano
giunti
a
conquistarsi
un
grado
nelle
altre
campagne
,
non
si
erano
voluti
riconoscere
o
si
erano
portati
tanto
pel
naso
che
essi
troppo
disdegnando
di
sembrare
accattoni
e
in
cerca
di
una
posizione
,
preferivano
servire
da
semplici
soldati
.
Il
nostro
Generale
era
del
tutto
estraneo
a
queste
brutture
,
le
quali
possono
sembrare
a
qualcuno
inverosimili
,
ma
che
sono
vere
come
la
luce
del
sole
.
Materassi
,
Pacini
(
per
non
citare
molti
altri
)
capitani
nelle
altre
campagne
,
non
ebbero
alcun
grado
,
furono
appagati
però
con
molte
promesse
,
con
molte
proteste
di
buone
intenzioni
,
ma
,
come
dicevano
i
nostri
antichi
,
di
buone
intenzioni
è
lastricato
anche
l
'
Inferno
.
Io
non
sono
estraneo
all
'
idea
di
accogliere
gente
nuova
nelle
file
di
quei
che
comandano
;
il
principio
di
rispettare
l
'
anzianità
per
me
deve
cedere
a
quello
di
rispettare
il
merito
:
si
facciano
pure
dei
nuovi
ufficiali
,
si
cerchi
pure
di
ringiovanire
i
ranghi
della
democrazia
militante
,
ma
per
attuare
questo
nobile
proposito
si
possono
scegliere
tanti
e
tanti
avanzi
della
mitraglia
,
tanti
e
tanti
che
tuttora
soffrenti
per
antiche
ferite
son
corsi
di
nuovo
in
faccia
al
nemico
,
e
non
coloro
che
non
fanno
altro
che
salire
e
scendere
le
scale
degli
astri
maggiori
dell
'
Orizzonte
Garibaldino
,
lisciando
tutti
,
strofinandosi
a
tutti
,
menando
buona
ogui
sciocchezza
,
ogni
spavalderia
,
purché
venga
dall
'
alto
....
Dopo
aver
confabulato
con
varii
amici
nel
cortile
del
quartier
generale
,
vedendo
che
l
'
orologio
segnava
le
undici
e
mezzo
,
ci
movemmo
verso
la
Madaleine
,
ansiosi
di
sapere
in
qual
maniera
ci
avessero
cucinati
.
Impazzamo
una
buona
mezza
ora
per
rintracciare
questa
caserma
,
che
non
era
caserma
ma
un
antica
prigione
,
e
che
era
situata
al
lato
opposto
della
città
.
Tra
una
caserma
e
una
prigione
io
non
so
trovare
differenza
alcuna
e
perciò
trovai
più
che
coerente
colui
che
aveva
fatta
la
scelta
.
Una
scala
,
mezza
rovinata
,
per
la
quale
era
necessario
andar
di
sghimbescio
,
portava
ad
una
specie
di
torrione
,
il
cui
interno
era
costituito
da
una
stanza
,
più
larga
che
lunga
;
il
pavimento
era
tutto
coperto
di
paglia
,
sulla
quale
si
vedevano
sdraiati
una
cinquantina
di
volontarii
che
aspettavano
a
braccia
aperte
l
'
arrivo
dell
'
ufficiale
pagatore
.
Tra
questi
volontarii
alcuni
parlavano
francese
:
sarà
una
ridicolezza
,
ma
io
la
voglio
confessare
tale
e
quale
ai
lettori
;
d
'
altronde
,
dirò
con
Terenzio
:
Ego
homo
sum
et
nihil
humanum
a
me
alienum
puto
;
Io
provai
un
pò
di
rabbia
a
veder
vestiti
colla
camicia
rossa
individui
che
non
appartenevano
all
'
Italia
;
saranno
stati
fior
di
soldati
,
eccellenti
ragazzi
,
patriotti
e
repubblicani
a
prova
di
bomba
,
ma
abituato
a
diffidare
degli
altri
,
m
'
annoiava
un
pensiero
:
Chi
sa
,
se
noi
avessimo
vinto
che
tutto
il
vanto
della
vittoria
non
fosse
attribuito
a
quei
Francesi
che
erano
nelle
nostre
file
,
e
che
invece
tutte
le
invettive
non
si
fossero
volte
al
nostro
indirizzo
,
qualora
le
sorti
dell
'
armi
non
ci
fossero
state
propizie
?
!
Eppoi
chi
si
sacrifica
per
un
'
idea
buona
,
non
può
fare
a
meno
di
nutrire
una
certa
ambizione
,
ed
io
sentiva
quella
di
far
parte
di
un
corpo
esclusivamente
composto
d
'
Italiani
,
se
non
altro
per
mostrare
che
pochi
o
molti
,
anche
nella
nostra
patria
vi
sono
dei
giovani
sempre
pronti
a
versare
il
lor
sangue
per
la
repubblica
.
Tale
idea
,
rafforzata
,
anche
dell
'
altra
che
forse
ci
avrebbero
tenuto
in
quel
deposito
per
chi
sa
quanto
tempo
,
mi
fece
prendere
il
proponimento
deciso
di
girar
largo
e
cercare
un
'
altro
corpo
,
dove
vi
fosse
la
certezza
di
prender
parte
al
primo
combattimento
che
sarebbe
succeduto
.
Il
tenente
Zauli
venne
poco
dopo
:
fece
la
chiama
,
diè
la
paga
e
poi
annunziò
che
in
quel
giorno
avremmo
goduto
della
libertà
più
assoluta
.
Eravamo
tuttora
lungo
la
scala
,
allorché
comunicai
ai
miei
amici
le
mie
impressioni
,
e
tutti
accolsero
i
miei
progetti
;
appena
fummo
esciti
,
ci
capitò
proprio
la
palla
al
balzo
!
Mecheri
,
Polese
,
ci
dissero
,
senza
che
noi
loro
facessimo
interrogazione
alcuna
,
di
entrar
nelle
guide
,
di
cui
si
stava
formando
il
quarto
squadrone
,
e
noi
senza
frapporre
tempo
di
mezzo
andammo
alla
foreria
,
dove
c
'
inscrivemmo
nei
ruoli
.
Possedere
un
cavallo
e
seguitare
sempre
il
Generale
,
per
uno
che
è
abituato
a
andare
a
piedi
e
a
venerare
più
d
'
ogni
altro
uomo
nel
mondo
Garibaldi
non
ci
poteva
esser
prospettiva
più
attraente
.
In
seguito
si
vedrà
,
come
anche
questa
bella
visione
non
fosse
per
noi
che
una
Fata
Morgana
.
CAPITOLO
X
.
Le
guide
si
erano
costituite
a
Dôle
sotto
gli
auspicii
del
capitano
Farlatti
:
da
bel
principio
non
furono
che
uno
squadrone
,
poi
due
;
poi
tre
:
ed
ora
il
quarto
,
come
abbiamo
detto
pocanzi
,
era
in
via
di
gestazione
;
così
Farlatti
da
capitano
era
divenuto
maggiore
;
per
terminare
la
campagna
come
tenente
colonnello
:
nel
momento
in
cui
noi
si
arrivava
,
i
primi
tre
squadroni
facevano
parte
della
Brigata
Lobbia
,
ed
erano
con
questo
partiti
alla
volta
di
Langres
.
Come
ben
si
vede
,
le
guide
facevano
il
servizio
di
cavalleria
,
e
non
erano
incaricate
minimamente
delle
missioni
a
loro
speciali
:
per
le
esplorazioni
erano
sempre
in
giù
e
in
su
gli
Chasseurs
d
'
Afrique
e
gli
Ussari
;
e
ciò
da
un
lato
era
più
che
naturale
:
pochissimi
nelle
nostre
file
sapevano
parlare
il
francese
e
anche
tra
questi
alcuni
ne
basticciavano
solamente
qualche
parola
a
casaccio
...
ora
era
egli
possibile
che
per
questo
mezzo
si
potessero
sapere
informazioni
sicure
,
notizie
esatte
,
ricevute
dai
paesetti
dove
trasitavano
nelle
loro
escursioni
?
Le
guide
non
dovevano
essere
un
reggimento
,
ma
tutt
'
al
più
uno
squadrone
,
come
era
nel
1866
,
uno
squadrone
costituito
dall
'
eletta
dell
'
armata
...
pochi
ma
intelligenti
.
Nel
nostro
squadrone
poi
era
un
vero
bailamme
:
cinquantaquattro
uomini
con
diciassette
cavalli
,
di
cui
undici
tanto
malati
da
non
potersi
muovere
dalle
scuderie
;
nessun
vestiario
;
tanto
cavalli
che
vestiarii
si
aspettavano
di
momento
in
momento
,
i
primi
da
Chambery
dove
Canzio
e
Tironi
erano
andati
per
levarli
a
Frapolli
,
i
secondi
d
'
Autun
.
Figuratevi
dunque
una
cavalleria
di
persone
in
cilindro
,
in
papalina
e
col
cappello
alla
Pouff
,
eppoi
ditemi
che
noi
non
avevamo
qualche
rassomiglianza
,
se
non
altro
nella
tenuta
,
con
i
celebri
eroi
del
novantadue
.
A
capo
di
quest
'
accozzaglia
di
gente
poco
cavalleresca
,
almeno
all
'
aspetto
,
era
il
tenente
Ricci
,
buon
patriotta
di
Forlì
,
ferito
ad
Aspromonte
,
e
reputato
assai
dal
Generale
.
Il
Ricci
però
,
se
era
tra
i
primi
quando
si
trattava
di
condurre
al
fuoco
i
soldati
,
non
si
vedeva
mai
alla
caserma
e
lasciava
andare
le
cose
,
o
male
o
bene
,
per
il
loro
verso
.
Spadroneggiava
per
tale
ragione
al
nostro
comando
,
il
sottotenente
Miquelf
,
francese
corto
di
vista
ma
pieno
d
'
ambizioncine
da
femminuccia
:
sulla
sua
carta
da
visita
si
qualificava
per
ingegnere
,
per
sottotenente
e
per
*
*
*
...
questa
cuspide
,
mi
rammento
fece
nascer
discussioni
tra
noi
più
che
ne
abbia
fatte
nascere
quella
famosa
che
si
vuole
o
non
si
vuole
appiccicare
alla
facciata
del
Duomo
.
Miquelf
era
sempre
in
foreria
a
romper
le
scatole
agli
scribaccini
e
a
dettare
ordini
del
giorno
.
Un
prestigiatore
,
congedandosi
dalla
società
che
lo
ha
onorato
,
suole
fare
apparir
mazzi
di
fiori
dalle
maniche
,
dalle
punte
degli
stivali
,
dai
capelli
,
dal
naso
...
il
nostro
sottotenente
,
senza
essere
prestigiatore
,
aveva
un
ordine
del
giorno
nel
berrettino
,
uno
in
tutte
le
tasche
,
uno
sotto
il
panciotto
,
insomma
un
ammasso
,
una
farragine
di
disposizioni
,
di
preghiere
,
di
comandi
gli
scaturivano
da
tutte
le
parti
,
e
sciorinava
paragrafi
e
pagine
intiere
di
scritto
,
mezzo
francese
,
mezzo
italiano
,
e
faceva
sgelare
,
ogni
pochino
il
foriere
,
facendoglieli
leggere
a
noi
.
Tre
appelli
ogni
giorno
,
la
passeggiata
ai
cavalli
,
la
fienata
,
il
passamano
,
la
guardia
alla
scuderia
;
a
dar
retta
a
lui
ci
sarebbe
rimasto
appena
appena
un
poco
di
tempo
per
mangiare
un
boccone
e
invece
...
invece
nella
nostra
caserma
c
'
era
gente
come
a
una
lezione
popolare
;
le
trombe
che
,
secondo
la
sacra
scrittura
,
fecero
muovere
le
mura
di
Gerico
non
erano
buone
a
far
muovere
verso
il
quartiere
una
sola
Guida
,
e
,
se
tu
avessi
voluto
trovare
qualcuno
che
apparteneva
a
questo
rispettabile
corpo
,
tu
lo
dovevi
andare
a
cercare
in
qualche
biliardo
o
in
qualche
caffè
,
o
sulla
piazza
principale
,
dove
delle
gentili
venditrici
per
spacciare
Cognach
e
acquavite
avevano
innalzato
delle
baracche
proprio
in
faccie
al
magnifico
palazzo
dei
vecchi
duchi
della
Borgogna
.
Tutti
i
servizi
erano
disinpegnati
da
tre
o
quattro
zelanti
di
...
farsi
pagare
dai
commilitoni
più
o
meno
indolenti
!
Nessuna
notizia
si
aveva
intanto
sulle
mosse
del
nemico
;
continuava
e
pigliava
piede
la
voce
che
i
Prussiani
si
riconcentrassero
sotto
gli
ordini
del
principe
Federigo
Carlo
per
marciare
poi
separatamente
verso
il
mezzogiorno
della
Francia
,
tagliar
fuori
il
Bourbaki
,
e
sbaragliare
le
nostre
file
e
terminare
così
la
campagna
contemporaneamente
alla
resa
di
Parigi
.
Garibaldi
continuava
ad
approfittarsi
di
questa
tregua
per
concentrare
a
sua
volta
la
piccola
armata
dei
Vosgi
.
La
brigata
Menotti
e
Bossak
erano
in
Digione
:
si
temeva
in
quei
giorni
per
Ricciotti
,
del
quale
non
si
sapevano
sicure
novelle
,
quantunque
si
bucinasse
di
scontri
e
di
prigionieri
fatti
da
lui
:
Lobbia
erasi
troppo
inoltrato
ed
oramai
era
inutile
lo
sperare
di
congiungersi
a
lui
.
Canzio
,
coi
soldati
che
avrebbe
portato
da
Chambery
e
da
Lione
doveva
costituire
la
quinta
brigata
;
eransi
anche
radunate
ventimila
guardie
nazionali
mobili
capitanate
da
Pelissier
...
ma
di
queste
sarebbe
meglio
il
non
farne
menzione
:
mai
caricaturista
può
avere
ideato
dei
tipi
più
grotteschi
di
loro
;
gli
stessi
popolani
non
potevano
fare
a
meno
di
ridere
in
vederli
passare
:
certe
fisonomie
di
paura
,
certe
arie
d
'
imbecillità
da
non
farteli
dimenticare
,
neppure
avendo
la
fortuna
di
campar
quanto
Matusalemme
:
Loro
non
vedevano
che
Tedeschi
,
non
sognavano
che
agguati
:
gli
Ulani
si
presentavano
difaccìa
alle
loro
immaginazioni
alterate
come
le
versiere
e
le
streghe
ai
ragazzi
;
se
passava
un
di
noi
ci
affollavano
con
mille
domande
,
alla
quali
noi
rispondevamo
sempre
col
dipingere
la
situazione
con
colori
molto
più
foschi
di
quello
che
era
realmente
;
e
allora
si
vedevano
picchiarsi
il
capo
e
poi
andar
via
sconsolati
e
quasi
piangenti
:
e
quel
che
è
peggio
arrestavano
a
casaccio
per
spie
persone
onorabilissime
e
militari
d
'
ogni
corpo
:
un
giorno
ci
volle
del
buono
e
del
bello
a
salvare
delle
loro
unghie
tre
delle
nostre
Guide
,
che
essendo
Pollacche
,
parlavano
in
modo
da
essere
scambiate
per
Tedesche
.
Sei
piccole
mitragliatrici
(
che
non
furono
mai
adoperate
)
erano
state
pure
aggiunte
all
'
armata
dei
Vosgi
;
il
Colonnello
Olivier
,
comandante
dell
'
Artiglieria
,
ed
il
maggiore
Sartorio
del
Genio
avevano
fatto
qualche
lavoro
di
fortificazione
passeggiera
sulle
due
colline
di
Fontain
e
dì
Talant
,
e
queste
due
formidabili
posizioni
,
secondo
tutte
le
probabilità
,
avrebbero
dato
molto
daffare
ai
nostri
avversarii
,
qualora
ne
avessero
tentato
l
'
attacco
.
La
fiducia
insomma
dei
Digionesi
in
quel
momento
era
giunta
al
massimo
grado
:
difatti
alla
sottoprefettura
ogni
giorno
veniva
affisso
un
bullettino
in
cui
Bourbaki
annunciava
una
vittoria
:
Gambetta
aveva
fatto
sapere
a
tutta
l
'
Europa
che
l
'
uomo
della
situazione
era
venuto
e
che
quest
'
uomo
era
Chanzy
:
le
notizie
di
Parigi
erano
rassicuranti
:
Trochu
giurava
di
tornare
cadavere
piuttosto
che
vinto
:
Faidherbe
non
si
ritirava
...
il
buon
popolo
che
,
malgrado
disillusioni
su
disillusioni
,
ha
sempre
bevuto
grosso
,
aveva
tutte
le
buone
ragioni
di
cullarsi
in
liete
speranze
.
Eppoi
tutti
i
giorni
,
il
bravo
colonnello
Lhoste
coi
suoi
Francs
tireurs
faceva
qualche
prigioniero
e
questi
attraversavano
Digione
,
e
il
popolino
,
sempre
pronto
a
credere
e
ad
esagerare
,
chi
sa
quali
idee
rimuginava
di
sicura
vendetta
e
di
più
che
sicuro
trionfo
!
La
vita
di
quei
primi
giorni
per
noi
non
fu
di
certo
una
vita
color
di
rose
:
il
freddo
era
a
trentadue
gradi
,
tre
sentinelle
gelarono
agli
avamposti
;
molti
volontarii
erano
negli
ospedali
assiderati
in
qualche
parte
del
corpo
e
di
più
ogni
giorno
noi
eravamo
sconcertati
dal
tristo
spettacolo
di
una
infinità
di
bare
e
di
casse
da
morto
;
il
vaiolo
ed
il
tifo
infierivano
,
e
,
come
se
fosse
poco
la
guerra
,
diradavano
le
file
dei
generosi
campioni
della
libertà
.
-
Se
si
torna
è
un
miracolo
-
ripetevamo
tra
noi
-
qui
ci
è
il
tifo
,
il
vaiolo
e
i
Prussiani
.
Era
tanto
spaventevole
l
'
idea
di
morire
di
malattia
,
che
tra
i
flagelli
che
ci
minacciavano
si
ponevano
in
ultima
linea
i
Prussiani
:
la
sorte
voleva
ben
esperimentare
la
tempra
dei
giovani
soldati
e
questi
hanno
resistito
alla
prova
.
Basti
il
dire
che
si
era
tutti
infreddati
...
Oh
!
la
prosa
desolante
di
una
ostinata
infreddatura
!
In
certi
momenti
invece
di
essere
tra
seguaci
di
Marte
,
si
poteva
creder
benissimo
di
essere
in
un
ospedale
di
tisici
al
terzo
stadio
.
Ma
non
cessavano
per
questo
le
burlette
,
ed
era
un
ridere
continuato
alle
spalle
di
qualcuno
che
se
la
prendeva
,
un
avvicendarsi
di
prognostici
di
cattivissimo
augurio
che
terminavano
con
una
bevuta
alla
salute
di
tutti
noi
altri
...
anche
questi
erano
mezzi
per
cacciare
la
noia
di
quei
giorni
monotoni
!
Eppoi
Digione
offriva
delle
distrazioni
anche
in
tempo
di
guerra
e
coi
nemici
alle
porte
.
Nel
palazzo
ducale
eravi
un
museo
,
nel
quale
non
facevano
difetto
artistici
capolavori
;
l
'
arte
italiana
vi
era
degnamente
rappresentata
da
alcuni
quadri
di
Guido
Beni
,
da
una
Sacra
famiglia
di
Andrea
del
Sarto
,
e
da
piccole
pitture
dei
Caracci
e
del
Francia
;
una
bellisima
collezzione
di
litografie
all
'
acqua
forte
,
delle
statue
moderne
di
qualche
valore
,
diversi
busti
di
uomini
celebri
,
tra
cui
quello
di
Piron
,
celui
qui
ne
fut
riên
,
pas
même
academicien
,
i
superbi
mausolei
dei
duchi
della
Borgogna
offrivano
a
chi
desiderava
di
ammazzare
il
tempo
un
divertimento
geniale
e
istruttivo
.
Un
bellissimo
quadro
di
una
battaglia
era
sfondato
...
ci
dissero
che
autori
di
tale
barbarie
erano
stati
i
Badesi
nella
prima
occupazione
;
i
soldati
delle
monarchie
,
quando
vincono
,
diventano
Vandali
.
Una
biblioteca
,
assai
fornita
di
libri
,
dava
un
'
altro
passatempo
a
chi
voleva
far
l
'
uomo
grave
:
per
gli
scapati
ci
era
il
Caffè
di
Parigi
,
dove
si
beveva
e
si
giocava
:
lì
era
il
convegno
del
fior
fiore
dell
'
armata
:
lì
vedevi
l
'
elegante
ufficiale
di
stato
maggiore
,
lo
svelto
Franc
tireur
,
mobilizzato
sornione
,
lo
scapigliato
volontario
,
tutti
affratellati
davanti
,
a
un
banco
di
lansquenet
,
o
in
una
partita
al
Carambolo
.
Le
prime
ore
della
sera
noi
le
passavamo
al
Restaurant
,
cianciando
tra
noi
e
mangiando
e
bevendo
.
Dopo
si
andava
in
una
bottega
di
tabaccaio
,
vicina
al
nostro
palazzo
,
cioè
al
palazzo
della
nostra
ospite
:
bottega
dove
avevamo
rinvenuto
una
gentile
donnina
,
che
ci
incantava
per
il
suo
spirito
e
per
la
sua
educazione
.
Questa
graziosa
ragazza
che
la
nostra
buona
fortuna
ci
aveva
fatto
incontrare
,
era
figlia
di
un
colonnello
che
era
stato
fatto
prigioniero
a
Sedan
;
suo
zio
generale
,
era
pur
egli
prigioniero
e
ferito
gravemente
a
una
coscia
;
ora
la
stava
in
casa
della
tabaccaia
che
l
'
aveva
veduta
bambina
e
che
l
'
amava
come
una
mamma
.
Parlava
di
piani
di
guerra
con
la
medesima
facilità
che
la
quale
un
'
altra
donna
parlerebbe
di
crochet
,
d
'
orli
,
o
di
ricami
;
non
aveva
alcuna
fiducia
del
Bourbaki
,
disperava
delle
sorti
di
Francia
e
attendeva
un
combattimento
per
poter
recar
soccorso
ai
feriti
,
tra
l
'
imperversare
della
mitraglia
.
Un
tipo
curioso
,
ma
piena
d
'
ardimento
.
Una
volta
diede
in
presenza
nostra
uno
schiaffo
ad
un
mobilizzato
della
Provenza
,
perché
le
aveva
detto
che
era
amica
dei
Prussiani
;
correva
tutto
il
giorno
per
gli
ospedali
,
spendeva
le
sue
piccole
risorse
in
quelle
ghiottonerie
che
son
tanto
gradite
ai
convalescenti
e
si
sdegnava
se
qualcuno
le
proponeva
di
accompagnarla
in
queste
pietose
escursioni
:
presto
divenimmo
di
lei
amici
..
era
tanto
carina
,
che
non
avremmo
meritato
scusa
veruna
a
trascurarla
.
Dopo
cinque
o
sei
giorni
,
dacché
eravamo
arrivati
,
fummo
rallegrati
dai
concenti
più
o
meno
armoniosi
di
trombe
che
suonavano
marcie
Italiane
:
era
la
legione
Tanara
,
che
veniva
per
fermarsi
qualche
giorno
in
città
.
I
volontari
marciavano
come
vecchi
soldati
e
avevano
un
piglio
guerresco
da
farteli
cari
;
il
primo
battaglione
era
comandato
da
Ciotti
;
il
secondo
dal
simpatico
Erba
;
questo
aveva
una
bandiera
tutta
rossa
sulla
quale
in
lettere
d
'
oro
stava
scritto
:
Patatrac
.
I
cittadini
ogni
poco
ci
fermavano
per
domandarci
che
significava
quella
arcana
parola
,
e
noi
rispondevamo
loro
che
significava
ciò
che
era
tanto
bramato
da
noi
,
ciò
che
ora
il
procuratore
del
re
non
mi
permette
di
far
sapere
ai
lettori
.
La
maggior
parte
dei
componenti
delle
legioni
appartenevano
alle
provincie
settentrionali
d
'
Italia
;
tra
gli
ufficiali
erano
molti
dei
compromessi
negli
affari
di
Pavia
,
commilitoni
e
fratelli
d
'
idea
del
martire
Barsanti
.
Dietro
pochi
passi
da
loro
io
vidi
l
'
Imbriani
...
Povero
Giorgio
!
...
Come
io
ti
vidi
contento
,
per
aver
raggiunto
finalmente
le
schiere
dei
generosi
difensori
di
quel
principio
che
avevi
sempre
adorato
!
..
Con
quale
affetto
tu
non
mi
stringesti
la
mano
,
vedendo
che
io
pure
non
avevo
mancato
all
'
appello
?
Eri
giovane
,
forte
:
l
'
avvenire
ti
si
dipingeva
davanti
con
i
colori
più
rosei
,
eppure
un
presentimento
vago
,
indefinito
ad
ora
ad
ora
ti
sorgeva
nella
anima
«
chi
sa
per
quanti
di
noi
sarà
tomba
questa
città
»
tu
mi
dicesti
;
e
lo
doveva
essere
anche
per
te
;
ed
in
mezzo
al
combattimento
mi
doveva
giungere
la
novella
della
tua
fine
;
che
,
ardimentoso
come
eri
,
tu
dovevi
morire
tra
i
primi
,
ed
io
non
era
a
te
vicino
per
poterti
dare
l
'
ultimo
bacio
dell
'
amicizia
,
per
poter
raccogliere
il
tuo
estremo
sospiro
!
Erano
due
anni
che
non
ci
si
vedeva
:
ci
avevamo
lasciati
ad
un
banchetto
,
dove
si
era
inneggiato
alla
Repubblica
e
alle
barricate
,
ora
ci
si
doveva
ritrovare
per
essere
eternamente
divisi
.
Eternamente
!
..
Oh
!
la
dura
parola
per
chi
ti
ha
conosciuto
!
Ora
giaci
nell
'
Italia
tua
,
vicino
al
tuo
mare
,
sotto
la
volta
del
tuo
splendido
cielo
,
là
dove
la
poesia
di
una
natura
sempre
maestosa
aveva
fatto
germogliare
nel
tuo
cuore
la
fede
per
la
quale
ora
giaci
cadavere
...
Tanto
meglio
...
non
contamineranno
l
'
urna
del
martire
le
codarde
calunnie
e
le
turpi
accuse
dei
vili
,
pei
quali
noi
affrontavamo
la
morte
e
che
erano
ben
lontani
da
ogni
pericolo
.
Addio
,
giovane
di
tempra
romana
,
addio
figlio
prediletto
della
democrazia
...
possa
l
'
esempio
delle
tue
virtù
procacciarti
degli
emulatori
ed
il
fiore
della
speranza
sorga
sul
tuo
sepolcro
,
o
fiore
più
bello
,
troppo
presto
staccato
dalla
ghirlanda
delle
nostre
speranze
!
CAPITOLO
XI
.
Ricciotti
arrivava
in
questo
frattempo
a
Digione
,
dopo
aver
sostenuto
diversi
piccoli
scontri
con
recognizioni
nemiche
,
scontri
in
cui
aveva
sempre
ottenuto
indiscutibili
vantaggi
;
il
di
lui
arrivo
fu
per
noi
una
vera
festa
:
il
giovine
ed
ardito
condottiero
che
già
erasi
acquistata
tanta
gloria
in
questa
campagna
,
troppo
ci
aveva
fatto
temere
per
il
suo
troppo
coraggio
ed
era
di
troppa
utilità
al
nostro
esercito
,
perchè
non
ne
valutassimo
l
'
arrivo
come
un
lieto
avvenimento
.
Dipiù
nella
sua
brigata
noi
avevamo
amici
carissimi
:
lo
Strocchi
,
l
'
Orlandi
,
Cardini
erano
nei
Francs
chavaliers
de
Chatillon
,
squadrone
di
cavalleria
che
il
prode
e
simpatico
figlio
di
Garibaldi
aveva
organizzato
dopo
la
memorabile
impresa
che
aggiunse
non
poco
lustro
alle
armi
italiane
.
Quasi
nel
medesimo
tempo
arrivava
da
Chambery
il
simpatico
Canzio
,
portando
seco
circa
duecento
uomini
,
che
uniti
a
quelli
del
deposito
,
a
cui
eravamo
stati
ascritti
in
principio
,
formarono
un
battaglione
sotto
gli
ordini
del
maggiore
Perla
,
battaglione
che
fu
denominato
dei
Cacciatori
di
Marsala
.
Cavallotti
,
Rossi
di
Lodi
e
tanti
altri
generosi
si
trovavano
in
quelle
file
:
essi
avevano
lasciato
il
Frapolli
per
essere
in
prima
linea
.
La
gioia
di
questi
arrivi
fu
per
noi
un
po
'
amareggiata
dalla
notizia
che
i
famosi
cavalli
che
dovevano
arrivare
con
Canzio
,
sarebbero
arrivati
due
o
tre
giorni
dopo
...
se
ci
avessero
detto
che
non
dovevano
arrivare
mai
,
saremmo
usciti
addirittura
dai
gangheri
e
chi
sa
quale
determinazione
avremmo
preso
!
Ai
nuovi
volontarii
furono
distribuite
delle
carabine
Weincester
,
bellissime
armi
ma
che
forse
esigevano
un
po
'
troppo
perizia
in
chi
le
adoperava
;
avevano
esse
diciotto
colpi
di
riserva
,
erano
elegantissime
e
quando
se
ne
vedeva
una
in
mano
di
qualche
Garibaldino
,
ci
si
affollava
intorno
a
lui
,
e
con
noi
si
affollavano
a
bocca
spalancata
i
buoni
popolani
della
città
;
difatti
nelle
piazze
,
nelle
vie
principali
tu
non
avresti
veduto
che
gruppetti
di
gente
,
e
in
mezzo
a
questi
un
volontario
che
dava
tutte
le
spiegazioni
possibili
e
immaginabili
in
mezzo
allo
stupore
e
alla
soddisfazione
generale
.
Bisogna
esser
giusti
:
nell
'
ultimo
periodo
della
campagna
i
volontarii
non
erano
armati
malaccio
:
i
Carabinieri
Genovesi
avevano
per
esempio
delle
buone
carabine
Spencer
,
con
sette
colpi
di
riserva
nel
calcio
:
unico
danno
come
diceva
,
poco
anzi
,
era
la
difficoltà
con
cui
potevano
adoperarsi
da
mani
inesperte
;
per
cui
avrei
reputato
cosa
molto
migliore
il
dispensare
fino
dal
bel
principio
quei
Remingtons
che
furono
dispensati
,
come
sempre
succede
,
quando
non
ce
ne
era
più
alcun
bisogno
.
Ai
nostri
soldati
non
si
distribuiva
alcun
rancio
:
si
dava
loro
un
franco
il
giorno
,
se
erano
di
fanteria
;
uno
e
venticinque
centesimi
,
se
di
cavalleria
:
questo
provvedimento
,
se
era
molto
noioso
per
quando
le
truppe
si
trovavano
in
marcia
o
nei
passetti
,
era
assai
comodo
per
quando
le
si
trovavano
in
Digione
.
I
cittadini
non
si
potevano
infatti
mostrare
nè
più
ospitali
,
nè
più
generosi
:
accoglievano
a
braccia
aperte
nelle
loro
case
i
giovani
loro
difensori
e
li
trattavano
cavalierescamente
.
Gran
bella
città
Digione
-
mi
diceva
un
mio
amico
-
anche
con
pochi
soldi
ci
è
da
farsi
un
peculio
!
...
È
un
fatto
che
gli
abitanti
delle
Côte
d
'
Or
ci
volevano
un
ben
dell
'
anima
;
bastava
che
le
trombe
del
Tanara
suonassero
la
ritirata
perché
s
'
improvvisasse
una
dimostrazione
con
grandi
evviva
a
Garibaldi
e
all
'
Italia
;
allorchè
fu
data
onorata
sepoltura
nel
cimitero
alla
salma
del
bravo
tenente
Anzillotti
,
tutta
la
popolazione
prese
parte
alla
cerimonia
pietosa
,
ed
assistè
religiosamente
ai
discorsi
del
Tanara
e
di
Canzio
,
quantunque
fossero
proferiti
in
lingua
italiana
:
si
erano
troppo
assaggiati
i
soldati
della
grazia
di
Dio
per
non
fare
buon
viso
ai
soldati
della
Libertà
.
La
concentrazione
di
truppe
continuava
:
giungeva
pure
in
Digione
l
'
altra
legione
italiana
comandata
dal
Bavelli
:
questa
era
costituita
di
tre
battaglioni
,
della
forza
di
circa
quattrocento
uomini
per
ciascheduno
;
se
il
nome
del
comandante
giungeva
a
tutti
nuovissimo
,
vi
erano
sotto
di
lui
bravi
soldati
e
bene
esperimentati
patriotti
.
I
maggiori
Pastoris
,
Ravá
,
i
capitani
Becherucci
,
Romanelli
,
Sartori
,
il
tenente
Ademollo
e
tanti
altri
che
non
cito
,
perchè
ciò
troppo
mi
trarrebbe
fuori
dal
seminato
.
La
legione
era
organizzata
militarmente
più
di
ogni
altra
;
aveva
anche
una
piccola
fanfara
,
nè
eccellente
,
nè
perfida
,
ma
lassù
applauditissima
.
Il
trovarsi
tutti
riuniti
produsse
un
brio
generale
:
mai
le
strade
della
capitale
della
vecchia
Borgogna
hanno
assistito
a
un
movimento
,
a
un
brusio
simile
a
quello
di
queste
belle
serate
:
ogni
poco
si
riconosceva
qualcuno
:
ogni
poco
uno
schioppettio
di
baci
ti
solleticava
dolcemente
l
'
orecchio
;
e
conforti
reciproci
,
e
augurii
di
future
vittorie
,
e
strette
di
mano
e
ricordi
del
passato
s
'
incrociavano
,
si
avvicendevano
tra
i
varii
individui
.
Oh
!
...
Chi
ci
rende
quei
momenti
felici
in
cui
non
si
pon
mente
al
domani
,
in
cui
,
tanto
vicini
alla
morte
,
si
ritrova
la
calma
e
l
'
allegria
del
fanciullo
,
in
cui
lasciata
ogni
maschera
di
convenienze
sociali
,
si
parla
col
cuore
sulla
bocca
,
e
si
dà
l
'
ultimo
soldo
all
'
amico
,
persuasi
di
non
fare
nemmeno
una
gentilezza
,
ma
di
adempire
a
un
dovere
!
..
E
ancora
qui
dal
tavolino
della
mia
camera
,
raffazzonando
questi
appunti
,
io
vi
veggo
sfilare
a
me
davanti
,
o
simpatici
volti
dei
miei
compagni
d
'
arme
,
e
mi
par
d
'
esser
tornato
in
mezzo
alle
vie
rallegrate
dal
vostro
chiasso
e
dalle
vostre
canzoni
:
molti
di
voi
non
sono
più
,
ma
se
soltanto
chi
lascia
eredità
d
'
affetto
ha
gioia
dall
'
urna
,
voi
vivrete
eternamente
nella
memoria
del
popolo
,
come
vi
giuro
,
che
eternamente
vivrete
nella
mia
.
All
'
oscuro
,
come
eravamo
,
sui
movimenti
del
nemico
,
tutti
noi
eravamo
convinti
che
Garibaldi
avesse
intenzione
di
tentare
un
gran
colpo
.
È
pur
la
brutta
cosa
esser
soldato
!
...
Non
saper
mai
nulla
su
quello
che
hanno
intenzione
di
fare
i
superiori
ed
avere
in
capo
una
curiosità
,
come
avevo
io
!
La
nostra
perplessità
non
poteva
durare
molto
a
lungo
:
la
domenica
,
15
gennaio
,
una
guida
che
doveva
portare
un
dispaccio
al
Maggiore
Farlatti
,
tornò
quasi
subito
,
annunciandoci
che
a
poco
più
di
tre
chilometri
dalla
città
vi
erano
i
Prussiani
.
In
questa
stessa
domenica
,
passeggiando
lungo
il
viale
del
Parco
,
bellissima
passeggiata
con
un
getto
d
'
acqua
assai
da
ammirarsi
,
mi
sentii
toccar
leggermente
sulle
spalle
.
Mi
voltai
immediatamente
,
e
non
potei
fare
a
meno
di
proferire
un
grido
di
stupore
.
Quella
mano
che
mi
aveva
così
gentilmente
toccato
,
era
la
mano
d
'
Aissa
.
La
gentile
ragazza
indossava
un
bellissimo
costume
da
vivandiera
,
tutto
in
velluto
nero
;
il
suo
piedino
aristocratico
faceva
mostra
di
tutta
la
sua
eleganza
,
a
causa
della
corta
sottana
;
un
piccolo
rewolver
le
stava
alla
cintola
...
era
insomma
un
bel
tipo
.
-
Voi
qui
?
-
Le
dissi
.
-
Mi
credevate
incapace
di
mantenere
una
promessa
.
-
No
...
ma
...
e
con
chi
siete
?
-
Sono
con
i
mobilizzati
dell
'
Isere
...
non
vedete
,
son
vivandiera
!
-
Mi
rallegro
con
voi
...
E
ci
potremo
vedere
?
-
Chi
sa
...
ora
vi
lascio
!
-
Restate
un
pochino
...
-
È
impossibile
...
son
là
col
mio
...
col
mio
...
non
so
come
chiamarlo
...
è
geloso
come
una
jena
...
A
rivederci
.
Le
strinsi
la
mano
,
e
guardai
questo
...
non
so
come
chiamarlo
...
e
vidi
un
capitano
della
guardia
mobile
,
brutto
come
un
brigadiere
delle
guardie
di
sicurezza
o
poco
meno
;
piccolo
e
grasso
come
una
botte
.
Capii
la
di
lui
gelosia
...
e
lo
compiansi
:
egli
non
era
che
un
pas
per
tout
per
la
avvenente
fanciulla
,
che
aveva
trovato
modo
di
distrarsi
e
di
essere
utile
a
quella
società
,
dalla
quale
aveva
ricevuto
tanti
sgarbi
e
alla
quale
aveva
fino
allora
arrecati
tanti
danni
.
Avevo
appena
veduta
questa
vecchia
conoscenza
(
dico
vecchia
perché
una
conoscenza
di
un
mese
in
quegli
eccezionali
momenti
si
può
dichiarare
per
antichissima
)
quando
cominciò
a
cadere
a
larghi
fiocchi
la
neve
,
e
questa
persistè
ostinatamente
fino
alla
sera
:
ci
alzammo
al
mattino
dipoi
e
continuava
la
poco
aggradevole
sinfonia
:
il
neigait
,
il
neigait
,
il
neigait
,
proprio
come
nella
ritirata
di
Russia
,
così
ammirabilmente
dipinta
da
Victor
Hugo
nei
suoi
Chatiments
.
Figuratevi
,
quale
allegria
non
fosse
per
noi
,
il
vedere
tutti
quei
tetti
acuminati
,
candidi
come
l
'
anima
di
una
verginella
;
il
passeggiare
quelle
vie
,
quelle
piazze
dove
si
affondava
fino
a
mezza
gamba
,
l
'
ammirare
i
nasi
dei
nostri
compagni
di
sventura
rossi
come
peperoni
,
seccati
chi
sa
da
quanti
anni
!
..
Ed
il
cielo
ci
fece
questa
burletta
fino
a
notte
avanzata
;
decisamente
il
cielo
sapendoci
nemici
del
trono
come
dell
'
altare
,
ci
voleva
amministrare
una
di
quelle
lezioncine
paterne
,
che
ci
facevano
ricordare
la
dottrina
Cristiana
del
cardinal
Bellarmino
.
Quella
sera
noi
non
potevamo
godere
:
poiché
ci
ricorrevano
al
pensiero
quei
disgraziati
nostri
fratelli
che
si
trovavano
accampati
o
agli
avamposti
.
Poveri
diavoli
-
si
susurrava
,
scaldandoci
davanti
a
un
bel
fuoco
-
Poveri
diavoli
,
quanti
di
loro
hanno
con
gioia
abbandonate
tutte
le
dolcezze
di
una
vita
beata
,
e
forse
ci
sarà
chi
oserà
mettere
in
dubbio
la
purezza
delle
loro
intenzioni
,
la
lealtà
dei
loro
propositi
,
la
fede
che
li
ha
sostenuti
in
mezzo
a
quest
'
avvicendarsi
perpetuo
di
peripezie
,
che
a
malapena
si
credono
nell
'
udirle
narrare
?
!
Meno
male
,
che
la
bestemmia
dei
tristi
giunge
più
cara
agli
orecchi
di
chi
fa
il
proprio
dovere
,
della
lode
dei
buoni
.
Declami
pure
,
rida
pure
la
gente
che
non
si
muove
da
casa
se
non
quando
vi
è
la
prospettiva
di
un
grande
interesse
...
l
'
armata
dei
Vosgi
ha
troppo
la
coscienza
di
quello
che
ha
fatto
per
poter
dare
ascolto
ai
ragli
e
agli
impotenti
grugniti
dei
pravi
.
CAPITOLO
XII
.
Così
giungemmo
al
dì
17
gennaio
dell
'
anno
di
Grazia
milleottocentosettanta
.
Il
cielo
si
era
un
po
'
rischiarato
:
ci
destammo
un
poco
più
tardi
del
solito
,
poiché
in
dormiveglia
ci
sentivamo
solleticare
gli
orecchi
dal
monotono
tic
tac
dell
'
acqua
che
sgocciolava
dai
tetti
,
su
cui
si
sfaceva
la
neve
.
Andammo
al
quartiere
,
nulla
di
nuovo
;
allora
lasciati
i
compagni
,
me
ne
tornai
a
casa
a
tener
compagnia
al
Materassi
che
avendo
mandato
ad
allargare
uno
stivale
,
si
trovava
nella
dura
situazione
o
di
marciare
a
pie
'
nudo
,
o
di
aspettare
il
comodo
del
cittadino
calzolaio
;
sdraiato
in
poltrona
,
ed
in
faccia
ad
un
camminetto
le
cui
fiammate
eloquentemente
addimostravano
le
prodigalità
...
dei
nostri
padroni
di
casa
.
Materassi
aveva
prescelto
quest
'
ultimo
partito
,
e
con
una
posa
tra
il
Pachà
e
il
cuor
contento
aspirava
voluttuosamente
le
boccate
di
fumo
,
di
una
pipa
da
dieci
soldi
,
che
riteneva
come
un
ricordo
di
Lione
.
Io
era
sdraiato
su
di
un
'
altra
poltrona
davanti
a
lui
:
si
discorse
per
due
ore
buone
:
si
discorse
delle
nostre
padroncine
di
casa
che
tutti
ci
elogiavano
e
che
noi
non
avevamo
per
anche
vedute
:
si
fecero
un
centinaio
di
progetti
per
giungere
ad
ammirare
queste
famose
beltà
:
si
parlò
di
una
nuova
mitragliatrice
che
avrebbe
ottenuto
portentossimi
effetti
:
questo
nuovo
ordigno
di
guerra
,
invece
di
mitraglia
,
doveva
vomitar
dei
marenghi
,
e
le
truppe
dell
'
inimico
sarebbero
state
sbaragliate
più
presto
...
ma
sul
più
bello
della
discussione
,
sentimmo
un
gran
rumore
per
le
scale
:
l
'
uscio
s
'
aprì
improvvisamente
,
la
nostra
padrona
,
con
una
fisonomia
da
metter
paura
in
corpo
all
'
uomo
più
sconclusionato
del
mondo
,
si
buttò
ai
nostri
piedi
,
gridando
a
squarciagola
:
Les
Prussiens
,
Les
Prussiens
!
-
Les
Prussiens
?
!
-
Grida
il
Materassi
-
Che
siano
giù
per
le
scale
?
!
-
Ma
dove
..
ma
come
..
ma
quando
?
-
Per
carità
partite
.
-
Oh
!
non
abbiamo
bisogno
delle
vostre
preghiere
!
Prendo
le
scale
e
vado
..
-
Va
'
..
prima
a
pigliarmi
lo
stivale
..
eppoi
partiremo
insieme
.
-
Ma
ora
..
-
Permetteresti
che
io
non
venissi
con
voi
?
-
Hai
ragione
:
in
due
salti
,
vado
e
torno
Scendo
in
strada
:
un
movimento
da
dar
la
vertigine
:
un
correre
da
tutte
le
parti
:
un
ritirarsi
continuo
dei
cittadini
dentro
le
porte
:
a
tutte
le
cantonate
squilli
di
tromba
che
chiamavano
a
raccolta
;
e
un
chiudersi
di
botteghe
,
un
vocìo
di
donne
che
dalle
finestre
si
raccomandavano
..
insomma
una
desolazione
,
uno
spavento
tale
da
non
farsene
idea
;
spavento
e
desolazione
che
non
hanno
altro
riscontro
all
'
infuori
di
quello
prodotto
da
false
notizie
nella
serata
del
ventitre
.
Via
via
che
mi
inoltravo
verso
la
piazza
,
vedevo
battaglioni
di
guardia
mobile
che
s
'
indirizzavano
verso
le
porte
della
città
;
il
contegno
di
queste
genti
non
era
bellicoso
di
certo
e
sembravano
più
montoni
condotti
al
macello
,
che
difensori
di
un
sacrosanto
principio
.
Difaccia
alla
Mairie
incontrai
la
legione
Tanara
:
i
Garibaldini
cantavano
.
Addio
mia
bella
addio
e
interrompevano
l
'
inni
,
soltanto
per
prorompere
in
acclamazioni
entusiastiche
alla
Repubblica
e
a
Garibaldi
.
Eppoi
mi
trasvolarono
difaccia
agli
occhi
due
batterie
con
i
cavalli
a
trotto
serrato
;
quindi
venne
la
volta
della
brigata
Ricciotti
;
il
simpatico
giovane
era
alla
testa
,
ed
i
suoi
Francs
tireurs
,
col
volto
raggiante
di
gioia
,
colla
testa
alta
,
col
passo
accelerato
,
quasiché
loro
tardasse
il
trovarsi
a
fronte
col
'
oppressor
della
Francia
,
avevano
intuonato
il
magnifico
inno
dello
Chenier
:
C
'
est
la
republique
,
qui
nous
apelle
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
Un
Francais
doit
vivre
pour
elle
Et
pour
elle
un
Français
doit
mourir
.
-
Dunque
ci
siamo
per
davvero
?
-
Dicevo
tra
me
e
me
,
esaltato
anche
io
dalla
febbre
generale
,
trascinato
dal
potentissimo
fascino
dell
'
entusiasmo
-
A
rivederci
a
fra
poco
,
o
giovani
soldati
della
libertà
,
o
eroica
falange
dei
pochi
che
tra
l
'
ignavia
dei
più
vogliono
essere
gli
apostoli
,
i
rivendicatori
dell
'
umanità
conculcata
!
...
molti
di
voi
stasera
non
risponderanno
all
'
appello
,
le
vostre
file
diraderà
la
mitraglia
:
siete
giovani
,
ardenti
,
pieni
di
salute
tra
poco
sarete
mutilati
....
e
che
importa
?
..
Il
vostro
nome
resterà
eterno
sulle
labbra
dei
reietti
e
dei
diseredati
,
unica
gente
che
ha
cuore
,
essi
insegneranno
ad
adorarvi
,
siccome
martiri
,
ai
figli
,
e
voi
non
morirete
del
tutto
...
"
....
...
Ai
generosi
,
"
"
Giusta
di
gloria
dispensiera
è
morte
.
"
Arrivai
dal
ciabattino
;
lo
stivale
era
nell
'
identico
stato
di
quando
era
entrato
in
bottega
;
lo
agguantai
non
senza
stiacciar
qualche
moccolo
e
a
passi
di
corsa
ripresi
la
via
.
Io
sono
molto
nervoso
,
e
la
fantasia
in
me
è
proprio
un
cavallo
che
non
sente
alcun
freno
:
quel
movimento
,
quelle
grida
,
quell
'
entusiasmo
mi
avevano
dato
il
capogiro
ed
io
saltava
come
un
pazzo
,
agitando
lo
stivale
,
in
mezzo
alla
folla
.
O
..
sentite
un
po
'
cosa
mi
va
a
capitare
per
dato
e
fatto
di
quei
baggei
di
mobilizzati
,
allucinati
,
secondo
il
solito
,
da
una
paura
birbona
!
....
Il
vedere
un
'
individuo
,
vestito
metà
da
cittadino
e
metà
da
soldato
,
vederlo
andare
di
corsa
ed
esaminando
la
di
lui
fisonomia
che
certo
non
era
francese
,
fece
nascere
in
quei
cervelli
balzani
l
'
idea
che
l
'
individuo
in
questione
non
fosse
che
una
spia
dei
Prussiani
.
Immaginatevi
dunque
che
bella
improvvista
mi
si
preparava
:
giacché
colui
che
veniva
preso
di
mira
non
era
altri
che
il
signor
Mestesso
.
Chi
sa
da
quanto
tempo
io
era
pedinato
da
coloro
che
invece
di
correre
in
faccia
al
nemico
preferivano
restare
in
città
,
ad
arrestare
chi
voleva
andarci
;
io
non
mi
era
minimamente
avveduto
di
nulla
.
Allo
svolto
di
Rue
Piron
,
mi
rattiene
nella
disordinata
mia
fuga
,
un
braccio
che
mi
avvinghia
alle
spalle
:
mi
volto
per
rispondere
per
le
rime
,
al
villano
che
si
azzardava
fermarmi
e
mi
veggo
in
men
che
si
dice
,
circondato
da
una
folla
di
gente
,
che
mi
squadrava
in
cagnesco
,
e
che
emetteva
grida
tutt
'
altro
che
rassicuranti
.
-
Cosa
volete
?
-
Proferii
io
maravigliato
.
-
C
'
est
un
espion
...
c
'
est
un
Prussien
!
-
Ma
no
...
io
sono
un
Garibaldino
!
-
Risposi
in
francese
.
-
Non
è
vero
..
non
è
vero
!
-
Urlava
più
che
mai
indemoniata
la
folla
..
-
Me
vi
dico
di
sì
...
ve
lo
garantisco
.
-
Alla
Mairie
,
alla
Mairie
-
Dalli
alla
spia
!
...
-
Abbasso
i
Prussiani
!
-
Caput
a
Bismarck
!
Non
ci
è
che
dire
io
doveva
esser
proprio
una
spia
;
garantisco
che
in
tre
campagne
,
e
tra
le
mille
peripezie
che
hanno
agitato
la
mia
esistenza
,
garantisco
di
non
aver
mai
passato
un
momento
più
brutto
di
quello
.
La
folla
si
aumentava
a
vista
d
'
occhio
e
di
momento
in
momento
diventava
più
minacciosa
:
mi
aspettavo
di
udir
gridare
:
à
la
lanterne
e
di
sentirmi
appiccare
ad
uno
dei
prossimi
lampioni
.
Per
buona
fortuna
passò
il
nostro
tenente
,
che
attirato
dal
chiasso
,
si
avvicinò
per
curiosità
al
gruppo
tumultuante
;
non
sto
a
descrivere
lo
stupore
dal
quale
fu
preso
,
vedendomi
in
mezzo
a
quei
disperati
;
il
tenente
era
in
alta
montura
e
tutti
gli
fecero
largo
.
-
Che
c
'
è
?
-
Mi
domandò
-
Si
figuri
,
che
mi
hanno
preso
per
una
spia
!
-
Baie
!
-
Sul
mio
onore
.
Il
tenente
che
ne
avea
pochi
degli
spiccioli
fece
allora
una
paternale
numero
uno
,
a
quei
mobilizzati
che
pretendevano
di
fare
il
sopracciò
a
tre
chilometri
dal
campo
di
battaglia
:
questi
accettarono
la
reprimenda
a
viso
basso
e
confuso
e
ci
lasciarono
passare
.
Appena
scongiurato
il
pericolo
,
io
mi
rivolsi
al
mio
salvatore
e
gli
domandai
:
Ma
dunque
ci
si
batte
sul
serio
?
-
Sembra
di
sì
...
Anzi
venga
con
me
al
quartier
generale
,
che
presto
partiremo
anche
noi
!
-
A
piedi
?
-
Ben
'
inteso
:
quando
non
ci
sono
cavalli
!
-
Vado
ad
avvertire
Materassi
e
vengo
subito
.
-
Gli
raccomando
sbrigarsi
!
-
Non
dubiti
:
vado
e
torno
!
Materassi
mi
accolse
con
un
diluvio
d
'
imprecazioni
,
a
causa
del
ritardo
:
l
'
imprecazioni
arrivarono
poi
al
grado
superlativo
,
quando
io
gli
mostrai
lo
stivale
,
preciso
come
l
'
aveva
dato
al
mattino
.
Che
fare
?
Tempo
da
perdere
non
ce
ne
era
dicerto
:
bisognò
prendere
un
'
eroico
proponimento
,
e
con
un
rasoio
spaccarlo
sopra
la
fiocca
...
Se
Materassi
avesse
saputo
che
doveva
terminare
la
campagna
con
quello
spacco
,
non
troppo
elegante
,
chi
sa
,
se
avrebbe
avuto
il
braccio
tanto
fermo
!
In
due
salti
si
arriva
al
quartier
generale
,
i
nostri
compagni
erano
già
partiti
:
si
domanda
alle
sentinelle
per
dove
hanno
preso
ed
esse
c
'
indicano
la
vicina
strada
della
stazione
;
allunghiamo
il
passo
e
tentiamo
raggiungerli
:
per
la
strada
non
s
'
incontra
nessuno
:
tutto
è
calma
all
'
intorno
ed
un
combattimento
non
può
essere
ancora
incominciato
:
meno
male
,
pensiamo
tra
noi
,
sentiremo
il
primo
saluto
,
ma
più
ci
si
avvicina
,
maggiore
è
il
silenzio
,
Fatto
appena
un
chilometro
,
sempre
per
una
strada
,
fiancheggiata
da
campi
che
ci
sembrano
incolti
,
e
da
estese
pianure
,
su
cui
si
alzavano
a
poca
distanza
da
noi
i
due
promontorii
di
Fontain
e
Talant
,
cominciammo
a
vedere
dei
Franchi
tiratori
,
delle
Guardie
mobili
,
dei
Garibaldini
tra
cui
qualche
Guida
.
Domandiamo
il
perché
se
ne
tornano
,
ed
essi
ci
rispondono
che
tra
poco
tutte
le
truppe
rientreranno
in
Digione
:
che
i
Prussiani
che
erano
alla
viste
,
nonché
avanzare
,
si
son
ritirati
,
e
che
gli
Chasseurs
han
preso
due
cavalli
ai
cavalieri
nemici
.
Queste
informazioni
erano
più
che
veridiche
:
pochi
momenti
dopo
,
passava
il
Generale
e
lo
stato
maggiore
;
noi
rientrammo
in
città
,
insieme
alla
legione
Tanara
,
le
cui
trombe
suonavano
gioiosamente
.
Non
si
era
trattato
che
di
un
falso
allarme
:
un
falso
allarme
equivale
ad
un
appuntamento
al
quale
manchi
la
bella
dei
nostri
pensieri
:
io
preferisco
cinque
battaglie
,
ad
una
sola
delle
ore
penose
dell
'
aspettativa
.
Quella
sera
la
città
fu
ravvivata
da
un
chiasso
dei
più
clamorosi
:
o
male
o
bene
si
era
veduto
che
dei
Prussiani
ce
ne
era
dintorno
a
noi
,
e
così
avevamo
acquistato
la
certezza
di
potersi
levare
il
pizzicore
dalle
mani
;
non
mi
provo
nemmeno
a
raccontare
tutte
le
strampalerie
che
furono
proferite
:
tutti
volevan
dir
la
sua
su
quella
sorpresa
dell
'
inimico
:
chi
diceva
che
era
un
corpo
sbandato
,
chi
che
avevano
avuto
paura
,
chi
che
credevano
pigliarci
all
'
impensata
:
in
tutti
però
era
certezza
,
che
poco
poteva
tardare
una
battaglia
.
La
mattina
dipoi
,
mentre
eravamo
a
chiacchierare
sul
più
sul
meno
sulla
piazza
delle
Mairie
,
vedemmo
il
colonnello
Bossi
con
due
guide
,
e
dietro
a
loro
una
diecina
di
prigionieri
Prussiani
.
Appartenevano
tutti
al
61
Reggimento
,
e
procedevano
stupidi
e
mogi
in
mezzo
a
due
file
di
popolo
che
non
risparmiava
di
tanto
ia
tanto
qualche
espressione
poco
gentile
al
loro
indirizzo
.
Cercammo
avvicinarli
:
le
maggior
parte
di
loro
bisticciava
alla
peggio
il
francese
:
ci
parlarono
delle
loro
famiglie
,
come
ne
parlerebbe
un
ragazzo
lontano
:
ci
chiesero
con
infantile
curiosità
dove
li
avrebbero
mandati
,
e
ci
domandarono
se
era
loro
permesso
di
accender
la
pipa
e
fumare
.
Io
ho
osservato
che
nessuna
altra
categoria
di
persone
è
disposta
a
bamboleggiare
,
come
i
soldati
:
il
pifferaro
Scozzese
tra
l
'
imperversare
della
mitraglia
a
Waterloo
ripeteva
le
canzonette
delle
montagne
native
;
il
coscritto
bacia
i
ragazzi
che
incontra
e
gli
porta
in
braccio
con
quella
delicatezza
con
cui
non
son
use
a
portarli
le
serve
:
il
prigioniero
,
tra
le
schiere
nemiche
,
spesso
tra
i
fischi
del
popolo
,
si
perde
in
che
sa
quali
vaneggiamenti
,
e
fuma
imperturbabile
.
Così
è
:
i
regolamenti
militari
o
sviluppano
la
malinconia
in
modo
da
render
gli
uomini
stupidi
,
o
gli
rendono
feroci
più
delle
belve
.
Quanto
saremo
civili
,
quando
avremo
abolite
le
caserme
,
questo
ricettacolo
di
gente
che
divora
la
parte
più
grossa
del
ben
essere
di
tutti
,
a
beneficio
di
quello
di
un
solo
!
Questo
piccolo
incidente
ci
rallegrò
un
pochetto
,
ma
la
nostra
allegria
crebbe
a
mille
doppi
per
una
buona
notizia
che
ci
fu
comunicata
ai
quartier
generale
.
In
un
piccolo
villaggio
poco
distante
da
Fontain
una
recognizione
Prussiana
si
era
impadronita
di
centoventi
capi
di
bestiame
,
è
poi
se
ne
era
andata
zitta
zitta
e
quasi
di
corsa
.
Il
coraggiosissimo
colonnello
Lhoste
dei
Franchi
Tiratori
da
alcuni
paesani
era
stato
informato
del
furto
che
avevano
commesso
i
campioni
della
Grazia
di
Dio
e
della
legittimità
.
Appiattatosi
con
molti
suoi
uomini
in
una
boscaglia
attese
al
varco
i
predoni
,
e
mentre
questi
se
ne
andavano
sicuri
e
canticchiando
a
bassa
voce
certe
canzoni
che
se
erano
tedesche
,
non
avevano
niente
che
fare
colle
ispirate
melodie
che
si
sentono
sulle
rive
del
Danubio
e
del
Reno
,
una
scarica
a
bruciapelo
originò
una
confusione
universale
.
Chi
cadde
nei
fossati
vicini
,
chi
urlò
come
uno
spiritato
,
qualcuno
rimase
ferito
,
e
morti
furono
pochissimi
...
chiunque
era
in
grado
di
farlo
,
se
l
'
era
battuta
senza
rifiatare
nemmeno
.
Così
fu
ripreso
tutto
il
bestiame
,
e
il
bravo
Lhoste
coi
bravissimi
suoi
volontari
tornò
nel
villaggio
in
mezzo
alle
benedizioni
e
agli
applausi
di
quei
paesani
.
Non
ci
era
che
dire
:
i
Franchi
Tiratori
non
potevano
fare
a
meno
di
addiventare
gli
enfants
cheríes
delle
popolazioni
:
già
si
sapeva
come
essi
nel
novembre
avevano
ritolto
ai
Prussiani
,
piombando
loro
addosso
all
'
impensata
,
un
centinaio
di
Garibaldini
che
traducevano
prigionieri
:
già
si
sapeva
con
quanto
ardimento
essi
disseminavansi
nelle
boscaglie
e
dietro
le
siepi
,
da
dove
con
un
fuoco
alla
spicciolata
scombuiavano
i
nemici
,
più
che
,
se
si
fossero
trovati
in
aperta
battaglia
:
già
a
tutti
era
noto
come
i
Prussiani
ripetessero
sempre
,
che
non
avrebbero
dato
quartiere
a
questi
bravi
figli
di
Francia
ed
ai
Garibaldini
,
mentre
trattavano
da
buoni
figlioli
gli
appartenenti
alla
Guardia
mobile
;
insomma
il
nome
di
Franc
tireur
ispirava
in
tutti
rispetto
,
e
tutti
si
fermavano
a
veder
passare
questa
eletta
della
gioventù
francese
che
per
guerreggiare
poteva
dare
dei
punti
alla
truppa
più
agguerrita
d
'
Europa
.
Erano
così
svelti
,
così
simpatici
,
così
pieni
di
vita
che
c
'
era
da
andarne
matti
per
l
'
entusiasmo
!
Il
battaglione
condotto
da
Canzio
a
cui
dei
nostri
erano
rimasti
soltanto
mio
fratello
ed
Omero
Piccini
,
fu
battezzato
col
glorioso
nome
di
cacciatori
di
Marsala
,
e
il
comando
ne
fu
dato
allo
strenuissimo
Perla
.
I
Cacciatori
di
Marsala
,
i
Carabinieri
Genovesi
e
alcuni
battaglioni
dei
mobilizzati
dell
'
Isere
formarono
la
quinta
brigata
,
al
cui
stato
maggiore
Canzio
chiamò
tra
gli
altri
il
Canessa
.
Questi
erano
graditissimi
avvenimenti
per
noi
;
ma
il
dolce
ci
doveva
essere
amareggiato
e
non
poco
.
«
Ahi
sventura
,
sventura
,
sventura
Quei
celebri
cavalli
che
si
attendevano
a
braccia
aperte
,
che
dovevano
esser
per
noi
la
realizzazione
di
tanti
e
sì
prolungati
desiderii
,
i
celebri
cavalli
sfumarono
come
i
140
milioni
dell
'
Onorevole
Mezzanotte
.
Tironi
era
rimasto
a
Remoully
,
dove
organizzava
uno
squadrone
di
cavalleria
per
la
nugva
brigata
e
noi
rimanevamo
a
piedi
...
A
piedi
!
..
Oh
la
desolante
parola
!
Dunque
saremo
d
'
ora
in
là
un
corpo
ibrido
,
di
nuovo
genere
?
Squadrone
,
speroni
,
grandi
stivali
e
niente
altro
.
Fortuna
che
per
chi
lo
vuoi
trovare
un
fucile
ci
è
sempre
,
e
noi
fin
d
'
allora
proponemmo
d
'
attenerci
a
questo
partito
,
che
fu
dipoi
attuato
a
puntino
.
CAPITOLO
XIII
Il
19
gennaio
,
sul
far
del
giorno
tutte
le
truppe
che
erano
in
Digione
presero
la
campagna
:
i
Carabinieri
Genovesi
furono
mandati
d
'
avanposto
,
a
circa
tre
chilometri
dalla
porta
Sant
'
Apollinare
,
poco
distante
da
una
piccola
borgata
.
Essi
piazzarono
le
loro
vedette
dietro
un
muricciolo
,
e
poi
si
buttarono
distesi
nel
campo
,
come
loro
era
stato
ordinato
;
I
Cacciatori
di
Marsala
presero
posizione
sulla
loro
destra
sempre
dietro
quel
piccolo
muro
che
cingeva
quelle
coltivazioni
:
In
faccia
dietro
le
case
eravi
una
fitta
boscaglia
.
Il
Generale
si
era
portato
tra
i
primi
lassù
...
tutto
in
fine
annunciava
per
quel
giorno
un
combattimento
;
ma
anche
per
questa
volta
la
speranza
degli
animosi
doveva
esser
delusa
.
Noi
fummo
,
consegnati
al
quartier
generale
e
passammo
tre
o
quattro
ore
di
noia
,
di
pena
,
di
continua
ansietà
;
interrompeva
solamente
la
monotonia
di
quell
'
angosciosa
situazione
,
l
'
ordine
di
portare
qualche
dispaccio
al
comando
d
'
artiglieria
,
alla
Marie
,
a
qualche
caserma
.
Non
si
può
immaginare
,
non
che
descrivere
quale
voglia
ci
prendesse
tante
volte
,
di
dissigillare
quei
dispacci
,
e
di
giunger
così
a
capir
qualche
cosa
anche
noi
...
in
quel
momento
si
sentiva
rifluire
nelle
nostre
vene
il
pretto
sangue
di
quell
'
Eva
che
per
vera
curiosità
si
giuocò
il
Paradiso
Terrestre
.
Lo
stare
inattivi
,
mentre
si
presume
che
i
nostri
amici
agiscano
come
si
conviene
,
per
chi
ha
un
poco
di
cuore
è
un
vero
supplizio
di
Tantalo
:
per
cui
nel
cortile
dove
eravamo
,
cominciò
a
farsi
un
susurro
:
questo
susurro
prese
delle
proporzioni
imponenti
,
in
tal
modo
imponenti
che
,
lasciati
due
o
tre
pel
servizio
,
il
Ricci
ci
disse
di
seguirlo
,
e
tutti
contenti
prendemmo
con
lui
,
il
primo
viottolo
che
è
fuor
della
porta
,
sicuri
con
ciò
di
accorciare
la
via
.
Arrivammo
difatti
in
poco
più
di
mezz
'
ora
alle
prime
linee
dei
nostri
;
vedemmo
il
Generale
e
Canzio
che
,
ritto
in
mezzo
alla
via
,
osservava
tranquillamente
col
suo
canocchiale
le
mosse
del
nemico
:
si
distinguevano
infatti
in
lontananza
sopra
una
piccola
spianata
diversi
cavalieri
prussiani
,
(
certo
uno
stato
maggiore
)
e
al
principiare
della
foresta
ogni
tanto
abbarbagliava
la
vista
il
luccichio
di
qualche
fucile
o
baionetta
:
la
fanteria
prussiana
doveva
esser
ricovrata
là
entro
.
Ci
dissero
di
buttarci
,
come
tutti
gli
altri
,
per
terra
:
la
cosa
era
un
po
'
incomoda
a
causa
del
fango
prodotto
dalla
neve
che
si
sgelava
,
ma
à
la
guerre
comme
à
la
guerre
:
quella
non
era
l
'
ora
certo
di
pretenderla
a
damerini
.
Cominciammo
poco
dopo
a
sentir
fischiar
delle
palle
,
i
nostri
avamposti
risposero
...
poi
tutto
finì
e
fu
un
silenzio
lungo
,
ostinato
fino
sull
'
imbrunire
:
quella
gente
a
cavallo
che
ci
aveva
colpito
le
vista
,
appena
che
eravamo
arrivati
,
si
era
dileguata
.
Una
guida
di
Ricciotti
,
il
quale
con
tutta
la
sua
brigata
era
alla
nostra
sinistra
,
si
avanzò
arditamente
per
esplorare
,
e
venne
ricevuta
da
una
potentissima
scarica
:
la
credevamo
morta
,
quando
la
vedemmo
apparire
trionfante
,
avendo
perduto
soltanto
il
cappello
.
Garibaldi
tornò
verso
la
città
e
noi
lo
seguimmo
:
i
Genovesi
rimasero
d
'
avamposto
fino
al
mattino
dipoi
.
Quando
rientrammo
in
Digione
eravamo
in
uno
stato
compassionevole
:
impiastricciati
di
fango
dalla
punta
dei
capelli
a
quella
degli
stivali
...
eppure
le
belle
donnine
ci
salutavano
e
ci
sorridevano
con
grazia
:
la
vezzosa
fata
che
passava
le
sue
giornate
dalla
tabaccaia
ci
volle
offrire
per
forza
dei
sigari
scelti
,
e
ci
mostrò
con
fierezza
romana
,
una
cappa
d
'
incerato
alla
manica
della
quale
faceva
uno
stacco
molto
sentito
la
fascia
bianca
colla
croce
rossa
del
soccorso
ai
feriti
.
Giunti
a
casa
trovammo
sul
camminetto
una
bottiglia
di
vecchio
Borgogna
che
in
quel
momento
ci
apparve
più
cara
di
tutte
le
moine
.
Oh
!
non
erano
sconoscenti
i
buoni
abitanti
della
Còte
d
'
Or
!
Le
gentilezze
di
cui
ci
erano
prodighi
infondevano
nuovo
ardore
nei
nostri
petti
,
e
tutti
noi
anelevamo
un
combattimento
per
mostrare
che
non
eravamo
indegni
della
fiducia
che
in
noi
riponeasi
.
E
il
combattimento
poco
poteva
tardare
:
la
era
questione
non
di
giorni
,
ma
d
'
ore
:
se
per
due
volte
di
seguito
avevamo
tenuto
la
difensiva
,
alla
fine
attaccheremo
noi
-
si
pensava
.
Garibaldi
non
è
uomo
da
lasciarsi
posar
mosche
sul
naso
!
-
Erano
istanti
di
febbrile
ansietà
:
specialmente
la
notte
;
ad
ogni
rumore
ci
si
alzava
dal
letto
,
si
correva
alla
finestra
,
si
tendeva
l
'
orecchio
:
poi
quasi
dubitando
delle
nostre
facoltà
auricolari
,
ci
s
'
infilava
alla
peggio
la
giubba
,
si
scendeva
in
strada
,
si
correva
alla
piazza
...
tutto
silenzio
....
tutti
dormivano
...
e
allora
a
rifare
i
nostri
passi
,
ed
a
darsi
del
bambino
,
del
grullo
,
dell
'
uomo
che
s
'
impressiona
per
niente
,
e
a
giurare
di
non
muoversi
più
sino
a
che
non
venissero
le
trombe
a
suonare
sotto
le
finestre
di
case
...
sì
...
bei
proponimenti
,
superbi
disegni
!
Batte
una
porta
,
una
folata
di
vento
agita
gli
alberi
del
giardino
,
i
cavalli
della
vicina
scuderia
urtano
nella
mangiatoia
colla
testa
,
o
scalpitano
sulle
pietre
del
pavimento
..
ed
eccoci
di
nuovo
in
balìa
delle
nostre
fisime
..
-
E
se
ritornassi
fuori
?
..
Lasciare
il
calduccino
delle
lenzuola
per
andare
a
scivolare
sul
diaccio
e
a
battere
i
denti
,
mentre
vi
sono
tutte
le
probabilità
che
non
ci
sia
nulla
di
serio
!
..
Già
i
Prussiani
dì
notte
non
hanno
mai
attaccato
...
ma
se
questa
volta
attaccassero
,
se
si
facesse
sul
serio
?
..
Permetterò
che
i
miei
compagni
si
ammazzino
,
compiano
il
loro
dovere
,
ed
io
starò
qui
,
poltrone
,
a
sciogliere
un
'
inno
alla
beatitudine
del
dolce
far
niente
?
...
Oh
!
no
,
sarebbe
troppo
egoismo
,
confessiamolo
pure
,
troppa
vigliaccheria
...
se
non
dormo
stanotte
,
dormirò
domani
,
non
son
mica
venuto
quassù
per
stare
in
panciolle
!
Bisogna
andare
...
-
E
via
un
'
altra
volta
giù
in
strada
e
via
a
correre
come
un
matto
,
ad
arrapinarsi
,
a
ficcare
per
tutto
il
naso
,
che
era
divenuto
un
vero
pezzo
gelato
...
e
allora
addio
di
nuovo
belle
volontà
,
addio
proponimenti
di
passar
l
'
intera
nottata
ad
aspettare
quelli
che
non
venivano
,
e
dì
nuovo
nel
letto
coll
'
idea
fissa
di
non
addormentarsi
e
invece
appisolarsi
di
subito
,
destandosi
però
ad
ogni
momento
,
e
tendendo
l
'
orecchio
,
come
le
esterrefatte
madri
descritte
dal
Foscolo
.
La
nottata
passò
,
e
nulla
di
nuovo
ci
annunziò
il
giorno
seguente
;
i
Carabinieri
Genovesi
tornarono
dagli
avamposti
,
le
legioni
italiane
non
si
mossero
neppure
;
per
ora
tutto
annunziava
riposo
.
Che
giornata
triste
,
uggiosa
,
pesante
!
il
cielo
era
oscuro
,
la
neve
caduta
nei
giorni
decorsi
era
ghiacciata
,
da
un
lato
all
'
altro
delle
vie
si
poteva
patinare
e
furono
fatti
sdruccioloni
tremendi
.
Ci
dissero
di
star
pronti
per
il
domani
;
noi
trascorremmo
cinque
o
sei
ore
a
chiacchera
davanti
il
camminetto
fumando
,
ragionando
di
Firenze
,
che
ci
appariva
come
un
sogno
lontano
e
delle
feste
da
ballo
in
cui
saranno
stati
immersi
i
nostri
amici
,
allora
nel
pieno
sviluppo
del
Carnovale
.
Non
si
sperava
che
ci
rammentassero
:
un
giro
di
wals
,
una
stretta
di
mano
,
un
'
occhiata
procace
per
la
gioventù
d
'
oggi
ha
molto
più
attrazione
della
lotta
tra
l
'
Umanità
e
i
suoi
carnefici
.
Andammo
a
desinare
e
trovammo
la
trattoria
,
più
piena
del
solito
;
si
assisero
al
mio
tavolino
Rossi
,
Squaglia
,
Piccini
e
Stefani
:
eravamo
tutti
uggiosi
:
pareva
quasi
si
divinasse
che
erano
l
'
ultime
ore
che
si
ragionava
con
qualcuno
di
quelli
che
erano
tra
noi
.
Venne
a
noi
vicino
il
Maggiore
Pastoris
,
accompagnato
da
un
'
elegantissima
signora
:
Pastoris
ci
disse
che
,
quantunque
in
permesso
,
egli
non
aveva
potuto
resistere
all
'
idea
che
di
ora
in
ora
potea
nascere
qualche
attacco
e
che
non
poteva
star
più
lontano
da
noi
.
Bevemmo
allegramente
tutti
:
eravamo
sul
più
bello
degli
anni
,
tutti
ci
si
sentiva
bollire
nel
sangue
l
'
energia
e
l
'
attività
..
non
dovevano
passare
venti
ore
,
e
Pastoris
,
Rossi
,
Squaglia
,
dovevano
esser
cadaveri
!
Ci
ritirammo
più
di
buon
'
ora
del
solito
,
nè
,
quella
sera
ci
demmo
alle
baldorie
,
a
noi
consuete
.
Io
non
credo
ai
presentimenti
.
Napoleone
a
Waterloo
preconizzava
un
secondo
Austerlitz
,
ma
o
fosse
il
tempo
,
o
la
noia
,
o
qualunque
altra
ragione
,
il
fatto
è
che
quella
sera
eravamo
di
pessimo
umore
.
CAPITOLO
XIV
.
Ed
eccoci
all
'
Epopea
.
O
giorni
sublimi
,
che
resterete
onorati
fino
a
che
il
cuore
dei
generosi
palpiterà
alla
memoria
delle
azioni
magnanime
e
dei
leggendarii
eroismi
,
al
rammemorarvi
qual
fremito
nuovo
non
m
'
infondete
in
tutte
le
fibre
!
..
La
penna
trema
nelle
mie
mani
:
troppo
sono
inferiore
all
'
alto
subietto
!
..
Eschilo
solo
,
il
possente
cantor
di
Prometeo
,
potrebbe
degnamente
parlare
di
voi
,
giovani
,
cui
rodeva
il
cuore
,
più
tenace
del
favoloso
avvoltoio
l
'
inestinguibile
desio
di
redimere
l
'
Umanità
:
ma
ad
Eschilo
sorridevano
intorno
le
Grazie
,
abitatrici
perenni
degli
incantati
recessi
della
poetica
Grecia
,
ma
ad
Eschilo
ritornato
dal
combattimento
non
faceva
difetto
l
'
applauso
ed
il
conforto
dei
suoi
cittadini
entusiasti
,
mentre
noi
,
privi
della
scintilla
creatrice
del
Genio
,
scriviamo
tra
gente
che
non
comprende
virtù
,
che
ha
pronti
per
noi
i
dardi
avvelenati
del
sarcasmo
e
della
maldicenza
,
che
,
sempre
presta
a
giudicare
una
intrapresa
dall
'
esito
,
corona
di
lauro
e
porta
in
trionfo
i
fortunosi
al
Campidoglio
,
ed
accenna
ai
disgraziati
la
vicina
rupe
Tarpea
.
Oh
!
..
questa
umanità
che
dava
in
premio
a
Socrate
la
cicuta
,
a
Dante
l
'
esilio
,
a
Galileo
la
tortura
,
la
prigione
a
Camoens
,
il
rogo
a
Huss
e
a
Savanarola
,
e
la
forca
a
Jon
Brownh
,
questa
umanità
può
e
deve
serbare
un
assoluto
silenzio
sulle
eroiche
vittime
della
Borgogna
:
meglio
così
;
il
piagnisteo
di
plebi
codarde
,
sarebbe
un
insulto
a
quei
prodi
,
e
dalle
loro
ossa
sorgerebbe
una
rampogna
all
'
ingnavia
dei
contemporanei
;
quando
i
vivi
son
morti
,
parlano
un
'
eloquente
linguaggio
gli
estinti
;
qualche
volta
un
cimitero
ha
demolito
una
reggia
.
Giunto
a
questo
punto
supremo
dei
miei
meschini
ricordi
,
quanto
mi
grava
il
non
aver
sortito
dal
caso
una
di
quelle
intelligenze
,
che
,
come
aquile
,
si
elevano
al
disopra
dello
stupido
gregge
degli
umani
!
Qui
cade
ogni
scetticismo
,
qui
ogni
dubbio
non
che
follìa
sarebbe
delitto
.
Esiste
,
esiste
la
fede
,
l
'
abnegazione
,
la
virtù
anche
in
questo
secolo
nel
quale
ci
s
'
inchina
ai
subiti
guadagni
,
alle
problematiche
fortune
,
all
'
oro
,
nel
quale
si
calcolano
i
benefizi
di
una
battaglia
da
quanto
rialza
la
borsa
.
Io
ti
ho
veduta
,
o
sacra
primavera
d
'
Italia
:
io
ti
ho
veduta
affrontar
sorridendo
la
morte
,
correre
incontro
ai
cannoni
con
la
stessa
vaghezza
con
cui
una
fanciullina
corre
a
cogliere
un
fiore
,
accompagnare
con
guerresche
canzoni
il
fischio
delle
palle
,
perdere
l
'
ultima
stilla
di
sangue
,
col
volto
ispirato
,
coll
'
occhio
raggiante
,
come
chi
sa
di
riabilitare
,
morendo
,
l
'
umanità
che
lo
spregia
:
io
ti
ho
veduta
e
d
'
ora
in
avanti
in
mezzo
alle
delusioni
continue
,
alle
ambizioni
codarde
,
ai
vaneggiamenti
ridicoli
di
questa
società
trista
ed
ipocrita
,
il
tuo
glorioso
ricordo
infonderà
nuova
lena
al
mio
spirito
,
mi
raffermerà
sempre
più
in
quei
santi
principii
che
mi
sono
di
guida
,
mi
farà
affrontare
,
se
pur
ne
è
duopo
,
a
mia
volta
la
morte
...
La
morte
?
..
Oh
!
ben
felice
chi
la
può
incontrare
col
vostro
eroismo
!
Calate
,
o
corvi
dall
'
alte
montagne
e
dalle
folte
foreste
vicine
...
i
re
della
terra
vi
apprestano
per
oggi
un
sontuoso
banchetto
:
i
re
della
terra
son
vostri
degni
fratelli
,
e
non
si
mostreranno
oggi
dammeno
della
fama
di
splendidi
,
per
cui
l
'
inalzano
a
'
sette
cieli
i
cortigiani
ed
i
giornalisti
venduti
.
Da
una
parte
è
l
'
avvenire
,
la
gioventù
!
dall
'
altra
il
passato
,
il
calcolo
freddo
,
impassibile
come
il
destino
.
In
oggi
chi
troverà
il
sistema
di
distruggere
reggimenti
intieri
in
un
colpo
avrà
lauri
,
corone
,
commende
ed
archi
trionfali
...
i
medici
condotti
,
questi
poveri
figli
della
scienza
che
sfidano
l
'
inclemenza
delle
stagioni
,
i
disagi
delle
montagne
,
stentano
la
vita
e
maledicano
la
fecondità
delle
loro
compagne
di
sventura
e
di
triboli
...
oh
,
è
pur
giusta
la
giustizia
dei
re
,
ma
qualche
volta
può
anche
sbagliare
i
suoi
calcoli
!
Il
progresso
infrange
l
'
edifizio
granitico
inalzato
dall
'
oscurantismo
e
sorretto
dalla
violenza
:
il
progresso
debella
ogni
ostacolo
,
apparisca
pur
formidabile
.
Quando
si
fora
il
Moncenisio
e
si
taglia
l
'
istmo
di
Suez
,
potrà
l
'
umanità
soffermarsi
difaccia
alla
barriera
di
un
privilegio
,
più
d
'
ogni
altro
schifoso
,
perché
tenuto
su
da
baionette
tuttora
rosseggianti
di
sangue
?
Che
si
coronino
adunque
d
'
elleboro
,
che
danzino
,
come
pazzi
,
sull
'
orlo
della
voragine
,
che
si
inebrino
ai
baci
comprati
delle
loro
Odalische
,
che
votino
allegramente
quei
calici
dove
il
rosso
licore
dovrebbe
rammentar
loro
il
sangue
di
popolo
,
da
loro
indegnamente
versato
...
il
Dies
irae
ha
da
giunger
per
tutti
,
la
scienza
ha
già
segnato
nell
'
aule
dei
re
il
Mane
,
Tekel
,
Fares
,
ed
incapaci
di
rinvenire
nell
'
estremo
momento
il
coraggio
di
Sardanapalo
,
noi
li
vedremo
ricchi
accattoni
girellare
nel
mondo
,
sfuggiti
da
tutti
come
belve
feroci
,
impotenti
e
rabbiosi
!
..
Brillava
ancora
qua
e
là
per
il
cielo
qualche
stella
,
che
man
mano
sbiancandosi
andava
a
svanire
nell
'
infinito
come
un
generoso
proposito
di
una
anima
debole
,
e
noi
eravamo
al
quartier
generale
.
Passammo
lì
molte
ore
senza
alcuna
novella
,
quando
ci
fu
detto
che
anche
per
quel
giorno
non
eravi
alcuna
cosa
di
nuovo
;
ma
che
però
,
stessimo
pronti
per
il
domani
che
nel
domani
avremmo
avuto
una
grande
,
una
decisiva
battaglia
.
Rossi
,
Piccini
,
gli
altri
nostri
amici
della
Compagnia
Genovese
,
ci
confermarono
l
'
esattezza
di
ciò
che
si
sentiva
e
tutt
'
insieme
giurammo
di
pigliare
la
sera
una
sbornia
solenne
,
per
rassomigliare
almeno
in
qualche
cosa
a
Leonida
e
ai
suoi
trecento
spartani
che
,
come
ognuno
sa
,
banchettarono
allegramente
prima
di
farsi
incontro
alle
tremende
falangi
di
Serse
,
dandosi
appuntamento
pel
dì
dopo
all
'
inferno
...
e
nessuno
di
loro
mancò
alla
propria
parola
...
Beati
quei
tempi
!
Sul
mezzogiorno
però
a
tutti
i
canti
della
città
suonarono
le
trombe
;
i
soldati
furono
in
fretta
e
in
furia
mandati
fuori
della
città
...
il
cannone
tuonava
:
questa
volta
ci
si
era
davvero
.
Tutti
si
corse
come
un
sol
uomo
,
al
palazzo
della
prefettura
:
là
trovammo
il
nostro
tenente
Ricci
-
Si
vuole
andare
-
Gridammo
a
coro
pieno
-
Andremo
,
rispose
lui
,
anche
senza
arme
,
e
poco
dopo
tutti
ci
movemmo
,
senza
curarsi
nemmeno
di
avere
un
fucile
.
Passammo
dalla
Porta
sant
'
Apollinare
dove
trovammo
Bordone
con
tutti
i
suoi
ufficiali
:
prendemmo
a
passo
di
corsa
un
viottolo
,
desiosi
di
anticipare
il
momento
,
che
anelavamo
da
sì
gran
tempo
.
Ad
ogni
minuto
il
rimbombo
dell
'
artiglieria
,
rassembrava
una
voce
potente
che
ci
accusasse
di
essere
lontani
dal
pericolo
:
i
circostanti
campi
erano
ghiacciati
:
ghiacciati
i
fossi
che
fiancheggiavano
la
via
,
eppure
si
sudava
,
eppure
il
cuore
ci
batteva
forte
forte
nel
petto
e
noi
avevamo
la
lingua
fuori
.
Ad
ogni
colpo
un
sol
grido
elevavasi
da
tutti
noi
,
un
sol
grido
che
chiaramente
mostrava
la
nostra
animazione
,
la
nostra
bramosia
,
il
grido
di
:
Avanti
!
A
mezzo
chilometro
dalla
città
,
incominciammo
a
trovare
delle
guardie
mobili
,
o
appiattate
,
o
che
si
ritiravano
:
noi
non
facemmo
loro
alcun
rimprovero
,
ma
invece
con
la
più
buona
maniera
del
mondo
,
si
richiedevano
del
loro
fucile
.
Molti
lo
diedero
assai
volentieri
;
molti
altri
,
inorridisco
a
dirlo
,
ce
la
venderono
:
pochi
,
messi
su
dall
'
esempio
,
ci
seguitarono
.
E
intanto
pochi
passi
ci
mancavano
ancora
per
arrivare
a
Fontain
;
una
salita
,
molto
erta
,
e
ci
si
era
;
facemmo
quella
salita
di
corsa
.
Al
limitare
del
paese
,
due
palle
attraversarono
la
via
;
i
più
giovani
abbassarono
istintivamente
la
testa
,
noi
godemmo
per
aver
raggiunto
finalmente
la
meta
.
Fontain
era
desolato
:
chiuse
tutte
le
case
,
non
un
abitante
per
le
due
o
tre
vie
che
costituiscono
questa
borgata
.
Prendemmo
la
prima
strada
che
ci
si
parò
innanzi
alla
vista
,
ed
arrivammo
ad
una
piazzetta
,
che
è
proprio
sotto
alla
piccola
collina
,
sulla
quale
è
situata
la
chiesa
.
La
mitraglia
imperversava
,
al
nostro
arrivo
:
i
piccoli
muri
che
custodivano
i
vicini
giardini
,
erano
battuti
,
scalcinati
,
rovinati
addirittura
da
quest
'
uragano
di
nuovo
genere
:
andare
in
mezzo
alla
spianata
sarebbe
stato
impossibile
;
meno
male
che
fu
l
'
affare
di
pochi
secondi
!
...
Addossati
a
una
cancellata
di
un
giardino
,
lì
trovammo
Kane
,
Niklatz
è
le
altre
due
guide
che
erano
state
attaccate
al
seguito
del
generale
Bossak
..
Kane
mi
trasse
dapparte
,
e
mi
sussurrò
negli
orecchi
:
Si
crede
morto
Bassak
:
è
da
stamani
che
noi
non
l
'
abbiamo
veduto
....
Montammo
su
alla
chiesa
,
una
sezione
d
'
artiglieria
stava
ai
due
lati
della
modesta
parrocchia
;
il
colonnello
Olivier
,
assisteva
alle
operazioni
dei
suoi
cannonieri
:
e
a
pochi
passi
da
lui
,
con
un
sangue
freddo
invidiabile
,
col
suo
breviario
sotto
il
braccio
se
ne
stava
il
prior
di
Fontain
.
Il
fuoco
degli
assalitori
era
diminuito
;
di
tanto
in
tanto
qualche
nuvoletta
di
fumo
appariva
improvvisamente
sul
Orizzonte
,
e
qualche
scaglia
veniva
a
cadere
ai
nostri
piedi
.
-
Datemi
un
po
'
il
canocchiale
-
Domandai
a
un
'
artigliere
,
un
bellissimo
giovane
.
-
Tenete
mi
disse
e
non
fu
capace
di
darmelo
che
una
palla
gli
faceva
schizzare
il
cervello
...
Fu
l
'
unica
palla
di
fucile
che
sentimmo
ronzare
in
Fontain
,
Intanto
un
vivissimo
fuoco
di
moschetteria
cominciò
a
sentirsi
dalla
parte
della
vicina
Talant
.
Talant
e
Fontain
son
due
collinette
isolate
,
che
si
elevano
in
una
estesa
pianura
,
frastagliata
qua
e
là
da
piccoli
rialzi
,
e
nel
cui
fondo
è
il
piccolo
paese
di
Daix
,
che
era
stato
sgombrato
al
mattino
da
due
battaglioni
di
guardia
mobile
che
l
'
aveano
in
custodia
.
I
Prussiani
si
erano
spinti
verso
Fontain
,
poi
ritirandosi
con
una
mossa
improvvisa
,
si
erano
ricostituiti
dietro
il
villaggio
di
Daix
,
per
piombare
in
grandi
masse
sopra
Talant
:
per
conseguenza
il
fuoco
di
fronte
a
noi
potea
dirsi
quasi
cessato
;
mentre
cominciava
,
e
senza
posa
,
sulla
nostra
sinistra
.
-
Che
facciamo
?
-
Domandammo
al
Ricci
.
-
Andiamo
laggiù
...
E
tutti
scendemmo
la
strada
e
per
far
più
presto
entrammo
nei
campi
:
lì
cominciò
la
bella
sinfonia
delle
palle
...
Addio
Italia
,
pensammo
tra
noi
,
addio
occupazioni
della
nostra
vita
scapata
...
un
grido
ci
tolse
alle
reflessioni
...
il
povero
Gaido
,
colpito
in
mezzo
del
cuore
,
cadeva
a
pochi
passi
da
noi
.
Si
procede
...
riscontriamo
un
ferito
che
vien
trasportato
a
braccia
alla
vicina
ambulanza
...
Ciao
ragazzi
,
ci
dice
,
viva
la
Repubblica
e
noi
si
procede
ancora
e
vediamo
il
prode
capitano
Vichard
,
capo
di
stato
maggiore
del
Bossak
,
dilaniato
da
cinque
ferite
.
-
Portalo
all
'
ambulanza
-
Mi
grida
il
tenente
.
-
Ma
...
-
Poi
ci
raggiungerai
...
tu
sai
dove
siamo
!
E
io
e
il
Bocconi
,
preso
a
braccetto
il
Vichard
,
rifacemmo
quella
via
sempre
in
mezzo
all
'
imperversar
delle
palle
,
almanaccammo
una
buona
mezz
'
ora
per
trovare
questa
benedetta
ambulanza
,
e
quando
ci
fummo
arrivati
,
fummo
dolorosamente
sorpresi
nell
'
osservare
,
che
punto
più
esposto
di
quello
alle
palle
era
impossibile
il
ritrovare
;
lì
ci
era
addirittura
una
grandine
e
molti
feriti
,
credo
,
vi
ricevessero
il
colpo
di
grazia
.
Dopo
poco
raggiungemmo
i
compagni
....
Ed
ora
spingiamoci
sotto
Talant
,
dove
aveva
da
essere
la
sublime
ecatombe
,
dove
Garibaldi
in
persona
,
a
cavallo
,
in
prima
linea
capitanava
il
combattimento
.
Nei
campi
sulla
destra
del
paese
avevano
preso
posizione
,
e
si
accingevano
a
rintuzzare
l
'
assalto
dei
Prussiani
,
la
Compagnia
Genovese
(
capitano
Razzeto
)
i
Cacciatori
Spagnoli
,
del
cui
capitano
sono
rincrescevole
di
non
sapere
il
nome
,
e
gli
Egiziani
,
comandati
da
Zauli
.
I
cacciatori
di
Marsala
erano
in
sostegno
di
queste
compagnie
.
La
legione
Tanara
era
dall
'
altro
lato
della
via
,
mentre
Ravelli
coi
suoi
era
in
riserva
nel
paese
.
Tutta
la
terza
e
quinta
brigata
erano
insomma
lassù
.
Dai
vigneti
,
dalle
ville
poco
distanti
i
Prussiani
cominciarono
un
fuoco
d
'
inferno
:
gli
alberi
erano
scheggiati
ad
ogni
minuto
;
le
siepi
si
stroncavano
,
producendo
un
fracasso
indescrivibile
:
ogni
poco
si
spengeva
per
sempre
una
generosissima
vita
;
ogni
poco
erano
gemiti
,
strida
,
imprecazioni
;
gli
strazianti
lamenti
degli
uomini
avevano
riscontro
in
que
'
dei
cavalli
...
povere
bestie
innocenti
,
che
ad
ogni
poco
cadevano
stramazzoni
per
terra
in
quella
grandinata
di
proiettili
,
che
di
minuto
in
minuto
raddoppiava
d
'
intensità
.
I
nostri
erano
imperterriti
come
vecchi
soldati
:
gli
Spagnoli
ammirabili
;
nelle
legioni
Italiane
non
mancavano
spiritosaggini
,
nè
arguzie
..
-
Guarda
,
se
con
quegli
elmi
non
paiono
civiconi
del
quarantotto
!
-
Diceva
uno
.
-
Mirali
bene
...
che
vadano
a
godere
della
sua
grazia
di
Dio
!
-
Coraggio
amici
,
si
gioca
l
'
ultima
carta
...
o
si
sballa
o
saremo
eroi
.
Conforti
reciproci
,
incoraggiamenti
non
mancavano
certo
in
quelle
file
che
decimava
la
morte
.
I
Prussiani
avevano
fatto
delle
feritoie
in
un
muro
difaccia
e
con
tutta
la
sicurezza
possibile
miravano
come
se
fossero
al
bersaglio
.
Nella
prima
mezz
'
ora
,
Squaglia
ebbe
una
palla
in
bocca
che
poco
dopo
lo
rese
cadavere
.
Povero
Squaglia
!
...
Quasichè
presentisse
la
morte
aveva
dato
a
tutti
i
compagni
la
sua
carta
di
visita
con
l
'
indirizzo
preciso
della
propria
famiglia
.
Canzio
,
come
sempre
elegantissimo
,
se
ne
stava
in
capo
alla
via
,
puntando
i
nemici
col
canocchiale
,
indifferente
come
se
puntasse
una
bella
donna
al
teatro
.
Canessa
era
a
pochi
passi
da
lui
.
Menotti
,
Bizzoni
,
Tanara
,
Erba
trapassavano
recando
ordini
,
incoraggiando
col
loro
contegno
i
più
timidi
in
mezzo
a
quel
turbine
di
palle
di
ogni
qualità
,
che
ci
aveva
ridotti
,
alla
lettera
,
sordi
.
Garibaldi
esposto
come
tutti
gli
altri
,
più
di
tutti
gli
altri
alle
micidialissimo
scariche
del
nemico
,
era
sorridente
,
tranquillo
e
faceva
nascere
nel
cuore
d
'
ognuno
un
sentimento
tale
di
dignità
e
di
rispetto
che
credo
,
sarebbe
stato
per
chiunque
impossibile
il
mancare
al
proprio
dovere
.
I
nostri
si
mandarono
a
dare
due
cariche
alla
baionetta
,
cariche
che
furono
ricevute
accanitamente
dal
nemico
...
Quante
nobili
vite
non
furono
spente
!
..
Il
terreno
era
chiazzato
di
sangue
,
ad
ogni
passo
impediva
l
'
andare
un
cadavere
,
via
via
che
si
procedeva
i
morti
erano
ammonticchiati
l
'
uno
sull
'
altro
.
E
intanto
si
avvicinava
la
sera
;
e
un
'
acqua
fine
fine
ci
filtrava
nell
'
essa
;
fu
allora
che
vidi
Mis
Wite
Mario
passeggiare
intrepidamente
lì
proprio
in
prima
fila
con
un
sangue
freddo
da
fare
invidia
a
un
vecchio
soldato
;
chiunque
ha
preso
parte
alle
tremende
giornate
di
Digione
,
deve
serbare
eterna
memoria
di
questa
eroina
,
che
abbiamo
veduta
trasvolarci
davanti
,
come
un
'
esempio
vivente
di
quanto
può
fare
una
donna
animata
da
generosi
propositi
;
lei
hanno
ammirata
al
proprio
fianco
i
combattenti
,
lei
hanno
salutata
come
affettuosa
sorella
i
feriti
;
lei
hanno
riverito
gli
stessi
nemici
,
in
mezzo
ai
quali
passava
dalle
nostre
file
,
per
poter
recare
un
sollievo
a
chi
era
in
angustie
,
per
potere
avere
informazioni
sicure
su
certe
cose
che
rimanevano
al
buio
.
Mai
la
morte
ha
mietute
tante
vite
magnanime
in
pochi
momenti
,
come
quella
sera
a
Talant
.
Gli
Spagnoli
si
erano
ridotti
ad
un
piccolo
nucleo
ed
avevano
perduto
i
loro
ufficiali
,
lo
stesso
era
degl
'
Egiziani
il
cui
prode
tenente
Zauli
giaceva
ferito
;
morto
il
bravo
tenente
Gniecco
dei
Genovesi
,
ed
esanimi
al
suolo
giacevano
già
Salomoni
,
Imbriani
,
Settignani
,
e
Pastoris
.
L
'
ecatombe
stava
per
compiersi
:
a
quelli
in
prima
linea
mancavano
le
munizioni
,
e
l
'
ostinatezza
dei
Prussiani
raddoppiava
:
mentre
difatti
essi
avevano
sgombrato
quasi
tutto
l
'
esteso
terreno
che
ci
stava
dicontro
,
si
agglomeravano
in
faccia
a
Talant
,
a
Talant
i
di
cui
difensori
oramai
potevansi
calcolare
a
poche
centinaie
.
Avevano
i
nostri
avversarii
occupata
una
cascina
al
disotto
del
paese
,
e
si
avanzavano
a
pelettoni
serrati
,
e
tirando
su
noi
con
una
continuità
straordinaria
.
Vien
dato
al
battaglione
dei
Cacciatori
di
Marsala
l
'
ordine
di
avanzarsi
e
di
caricare
il
nemico
.
Lo
strenuissimo
Perla
col
volto
raggiante
,
con
piglio
da
infonder
coraggio
ad
un
morto
si
pone
alla
testa
.
Genovesi
,
Egiziani
,
Spagnoli
,
quelli
delle
altre
legioni
,
tutti
si
raggranellano
dietro
di
lui
,
tutti
sono
ansiosi
di
morire
da
forti
o
di
veder
rinculare
il
nemico
.
Molti
non
hanno
più
cariche
molti
sono
sfiniti
dalla
stanchezza
,
molti
non
resistono
più
in
mezzo
a
quella
desolazione
e
vanno
incontro
a
una
palla
tanto
per
finirla
una
volta
con
questo
mondo
codardo
;
avanti
,
gridano
gli
ufficiali
,
avanti
ripetono
i
più
animosi
,
avanti
grida
nel
cuore
l
'
amore
dell
'
umanità
e
della
repubblica
,
avanti
la
voce
del
dovere
e
tutti
,
come
un
sol
'
uomo
,
si
accingono
alla
titanica
impresa
.
Cinquecento
cori
battevano
in
quell
'
istante
all
'
unisono
!
...
Viva
la
Repubblica
,
viva
Garibaldi
...
giù
la
baionetta
ed
a
passo
di
corsa
contro
i
soldati
di
re
Guglielmo
.
Il
fumo
impedisce
la
vista
:
in
quella
penombra
,
prodotta
anche
dall
'
ora
divenuta
tarda
,
ad
ogni
secondo
si
vedono
guizzare
immense
strisce
di
fuoco
;
si
procede
pestando
i
cadaveri
e
seminando
a
ogni
poco
di
nuovi
cadaveri
il
suolo
;
i
Prussiani
essi
pure
si
avanzano
,
ma
lentamente
;
il
cozzarsi
è
divenuto
inevitabile
e
sarà
un
cozzo
tremendo
.
Lo
slancio
dei
nostri
è
impetuoso
...
troppo
impetuoso
:
Perla
,
il
veterano
di
tutte
le
campagne
dell
'
indipendenza
stramazza
per
terra
mortalmente
ferito
:
Cavallotti
è
morto
;
moribondo
il
tenente
Rossi
di
Lodi
:
i
soli
cacciatori
di
Marsala
hanno
17
ufficiali
fuori
di
combattimento
.
I
Prussiani
si
asserragliano
in
due
casette
;
vien
dato
anche
ai
nostri
l
'
ordine
di
ritirarsi
;
rimanendo
la
sola
legione
Ravelli
a
guardia
di
Talant
...
-
Vieni
via
-
Grida
il
Piccini
al
Rossi
,
quando
tutti
si
erano
ritirati
.
-
Fammi
utilizzare
anche
le
ultime
due
cariche
che
mi
sono
restate
-
Questi
rispose
...
e
si
avanzò
verso
il
nemico
.
Un
vivissimo
fuoco
di
moschetteria
,
l
'
ultimo
che
si
eseguisse
in
quel
punto
,
uccise
il
nostro
amico
diletto
,
il
nostro
compagno
di
tante
sventure
e
di
tante
peripezie
.
Nessuno
più
lo
rivide
:
il
giorno
dipoi
sapemmo
da
una
guida
che
egli
era
morto
in
conseguenza
di
tre
ferite
:
due
nel
petto
ed
una
nella
faccia
.
Ci
ritirammo
;
il
cielo
era
ingombrato
qua
e
là
da
densi
nuvoloni
;
gli
alberi
sembravano
giganteschi
;
al
fragore
prolungato
di
poco
fa
era
succeduto
un
silenzio
cupo
,
lugubre
,
interotto
solamente
a
lunghi
intervalli
da
qualche
colpo
;
rientrammo
nella
gran
strada
e
qui
un
viavai
di
carri
,
d
'
ambulanze
,
sopra
uno
dei
quali
vidi
la
simpatica
donnina
che
avevamo
veduto
dalla
tabaccaia
,
e
trasporti
di
feriti
,
e
imprecazioni
di
morenti
,
e
un
chiamarsi
ad
alta
voce
tra
i
carri
e
un
domandarsi
informazione
,
accolte
ora
da
sospiri
,
ora
da
bestemmie
,
ora
da
un
«
meno
male
»
proferito
in
senso
stizzoso
e
soddisfatto
;
nei
campi
adiacenti
si
vedevano
a
quell
'
incerto
chiarore
molti
cadaveri
;
la
luna
si
mostrava
timidamente
in
mezzo
alle
nubi
.
Mi
venne
in
mente
la
leggenda
popolare
che
sostiene
Caino
esser
stato
relegato
nella
luna
;
le
macchie
di
questo
pianeta
mi
sembravano
in
quella
sera
proprio
gli
occhi
di
questo
primo
fratricida
,
che
ora
allegravasi
a
quella
strage
fraterna
.
Su
un
carrettone
vedemmo
insieme
a
tanti
altri
lo
Stefani
che
era
stato
ferito
in
un
braccio
;
noi
c
'
inoltravamo
serii
serii
in
mezzo
a
quelle
confusione
;
nessuno
avrebbe
potuto
scherzare
:
un
giovinetto
si
azzardò
di
intuonar
sottovoce
una
cantilena
fu
acremente
ripreso
:
erano
troppi
i
morti
che
avevamo
veduti
a
quell
'
ora
,
eran
troppe
le
perdite
che
ci
facevano
sanguinare
l
'
anima
a
tutti
e
,
ce
lo
perdonino
gli
spiriti
forti
,
noi
si
sentiva
voglia
di
piangere
.
Io
comprendo
in
certi
momenti
l
'
indispensabilità
di
una
guerra
,
comprendo
che
nel
fervore
delle
pugne
ci
s
'
inebrii
più
che
se
prendessimo
parte
a
una
scena
d
'
amore
e
di
ardentissimo
amore
,
ma
,
quando
tutto
ritorna
nella
solita
calma
;
quando
girando
gli
occhi
non
vedi
che
informi
ammassi
di
carne
che
saran
putrefatti
tra
poco
,
e
che
poco
tempo
fa
sentivano
,
amavano
,
speravano
;
quando
ripensi
al
dolore
,
alla
disperazione
di
migliaia
di
madri
e
di
vedove
,
se
non
detesti
questa
macelleria
d
'
innocenti
,
questa
violazione
delle
più
care
affezioni
e
dei
legami
più
sacri
,
bisogna
dire
che
la
natura
ti
ha
dotato
di
un
cuore
di
pietra
!
..
I
Chinesi
,
che
noi
abbiamo
avuto
il
coraggio
di
chiamar
barbari
sino
a
questi
ultimi
tempi
,
fino
dall
'
età
più
lontane
,
come
ci
dice
Laotsu
,
imponevano
ai
loro
generali
di
mettersi
in
lutto
,
appenachè
avevano
vinto
una
battaglia
:
noi
che
ci
si
becca
il
titolo
di
umanissimi
e
di
civilizzati
inalziamo
sulle
nostre
piazze
monumenti
ai
generali
,
anche
quando
hanno
perduto
,
purché
abbiano
tirato
a
far
ciccia
.
Evviva
la
civiltà
!
Entrati
in
Digione
,
con
grandissima
nostra
sorpresa
,
trovammo
aperte
tutte
le
botteghe
;
andammo
alla
solita
trattoria
...
era
quasi
deserta
;
quanti
di
quelli
che
erano
soliti
a
frequentarci
non
avevano
lasciato
la
vita
,
nel
breve
volgere
di
otto
o
dieci
ore
!
...
Ogni
persona
che
entrava
,
erano
domande
,
grida
di
sorpresa
,
strette
di
mano
:
e
solamente
allora
si
cominciava
a
forza
di
racconti
a
sapere
gli
episodi
gloriosi
del
combattimento
,
le
perdite
che
avevamo
subito
,
l
'
andamento
preciso
della
battaglia
.
-
Il
tale
...
?
domandava
qualcuno
;
è
morto
,
gli
si
rispondeva
;
e
il
tale
altro
?
...
Morto
anche
lui
...
e
tutti
a
sforzarci
a
sorridere
per
far
gli
uomini
forti
,
ma
il
sorriso
moriva
sul
labbro
e
ci
si
sentiva
invece
un
groppo
alla
gola
che
ci
faceva
discorrere
stentatamente
,
e
avremmo
pianto
così
volentieri
,
se
il
pianto
non
fosse
qualificato
per
una
debolezza
da
donnicciole
.
Le
guide
del
generale
Bossak
ci
annunziarono
la
morte
di
questo
eroico
figlio
della
Polonia
;
come
erano
commosse
via
via
che
procedevano
nel
loro
racconto
!
Non
era
un
superiore
quello
che
avevano
perduto
,
era
un
fratello
:
Bossak
aveva
voluto
dar
loro
di
sua
tasca
ogni
giorno
il
doppio
della
paga
che
le
ricevevano
dal
corpo
;
ogni
giorno
le
voleva
a
mensa
con
lui
;
il
primo
dell
'
anno
fe
'
loro
presente
di
qualche
marengo
:
una
volta
che
la
brigata
mancava
di
viveri
provvide
,
sempre
a
sue
spese
,
affinchè
nessuno
soffrisse
la
fame
.
La
democrazia
faceva
una
perdita
irreparabile
con
la
morte
di
lui
;
figlio
di
una
delle
più
illustri
famiglie
Pollacche
,
si
era
posto
a
capo
della
rivoluzione
nel
1864
,
ed
esule
in
Svizzera
confezionava
le
cartoline
da
spagnolette
,
tanto
per
tirare
avanti
onoratamente
la
sua
famigliola
.
Appenachè
seppe
esser
la
Francia
divenuta
repubblica
,
si
mise
a
di
lei
servizio
,
e
nella
mattina
di
questo
giorno
glorioso
,
spintosi
alla
testa
di
una
ventina
di
guardie
mobili
,
più
arditamente
di
quello
che
sogliono
fare
tutti
i
generali
,
aveva
incontrato
la
morte
,
suggellando
col
sangue
la
sua
vita
esemplare
.
Verso
le
dieci
io
volli
ridurmi
a
casa
:
la
stanchezza
mia
è
indescrivibile
;
appena
in
strada
incontrai
i
Carabinieri
Genovesi
:
saranno
stati
una
trentina
;
gli
Spagnoli
che
li
seguiano
erano
tutt
'
al
più
venticinque
:
quante
vittime
in
quella
giornata
:
quante
nazioni
non
affratellava
quel
sangue
generoso
sparso
in
prò
di
una
repubblica
!
Arrivato
a
casa
,
mi
scinsi
la
sciabola
:
non
guardai
nemmeno
una
vecchia
bottiglia
che
ci
aveva
apprestato
la
padrona
di
casa
,
meditai
molto
,
riandai
tutti
i
più
piccoli
episodii
della
strage
a
cui
avevo
assistito
,
poi
cominciai
ad
appisolarmi
e
un
benefico
sonno
mi
tolse
alle
ansie
,
alle
dolorose
.
ricordanze
,
alle
considerazioni
più
o
meno
filosofiche
.
«
La
gioia
dei
profani
È
un
fumo
passeggier
.
»
Mi
desto
di
soprassalto
è
sento
di
nuovo
suonar
delle
trombe
;
credo
sul
principio
che
ciò
non
sia
che
un
giuoco
della
mia
alterata
immaginazione
:
aguzzo
l
'
orecchio
,
vò
alla
fine
-
stra
,
la
schiudo
...
Non
ci
è
che
dire
...
sono
trombe
che
ci
chiamano
un
'
altra
volta
a
raccolta
-
Ci
siamo
,
dico
tra
me
e
non
senza
imprecazioni
,
mi
ricingo
la
durlindana
e
scendo
in
mezzo
alla
via
.
Doveva
esser
suonata
di
poco
la
mezzanotte
.
I
soldati
si
avviano
verso
la
stazione
;
io
tenni
lor
dietro
.
-
Che
ci
è
?
-
I
Prussiani
si
avanzano
...
hanno
avuto
rinforzi
.
-
O
non
si
erano
ritirati
?
-
Sì
...
ma
ora
ritornano
.
-
E
noi
?
-
Si
batte
in
ritirata
.
-
È
impossibile
...
Garibaldi
si
farà
ammazzare
ma
non
vorrà
dar
loro
questa
soddisfazione
.
-
Eppure
vedrete
...
vi
dico
che
si
va
a
Lione
.
-
Smettete
,
pazzo
!
-
Non
è
vero
!
-
Se
hai
paura
,
và
a
letto
.
-
È
impossibile
!
...
Insomma
a
forza
di
queste
discussioni
,
si
era
giunti
al
cimitero
che
è
quasi
difaccia
alla
ferrovia
.
Lì
trovammo
Garibaldi
in
carrozza
,
tutto
lo
stato
maggiore
e
alcuni
battaglioni
schierati
.
Degli
scorridori
prendevano
la
via
onde
attinger
notizie
,
o
recar
dei
dispacci
.
Il
freddo
era
tremendo
;
tutti
si
batteva
i
denti
,
ci
si
strisciava
le
mani
,
si
passava
infine
un
quarto
d
'
ora
più
climaterico
di
quello
di
Rabelais
.
Fortunamente
,
dopo
informazioni
ricevute
,
il
Generale
ci
rimandò
tutti
a
dormire
:
non
era
stato
che
un
'
equivoco
,
di
cui
noi
avevamo
pagato
le
spese
.
Mezz
'
ora
dopo
,
a
dir
molto
,
si
dormiva
di
nuovo
tranquillamente
.
CAPITOLO
XV
.
Quattro
ore
di
sonno
,
e
poi
via
di
corsa
in
quartiere
:
quelli
erano
giorni
che
si
poteva
affermare
di
essere
esempii
viventi
della
teoria
di
là
da
venire
,
del
moto
perpetuo
.
La
nostra
scuderia
aveva
due
nuovi
ospiti
;
due
cavalli
che
Mecheri
e
Ghino
Polese
avevano
preso
sul
campo
:
questi
due
giovani
,
il
giorno
innanzi
,
distaccandosi
con
tre
o
quattro
altri
da
noi
,
erano
corsi
in
prima
fila
,
ed
avevano
ottenuto
dai
presenti
gli
elogii
più
ampi
per
il
loro
sangue
freddo
e
il
loro
coraggio
:
Ghino
,
da
quel
capo
ameno
che
era
,
tra
una
scarica
e
l
'
altra
,
nel
turbinio
dello
palle
faceva
un
minuetto
,
destando
unanimi
sorrisi
d
'
ammirazione
...
non
dico
di
più
,
perché
non
si
abbia
a
dire
che
l
'
amicizia
ha
potere
di
convertir
noialtri
scapati
in
società
di
mutua
ammirazione
;
chi
li
ha
veduti
non
potrà
dire
che
come
me
:
con
loro
fu
ferito
assai
gravemente
il
nostro
caporal
furiere
Pianigiani
,
giovinetto
Livornese
quasi
bambino
,
ma
che
per
fermezza
poteva
dar
dei
punti
a
un
vecchio
militare
;
il
Mattei
,
guida
pur
egli
,
fu
ferito
a
una
coscia
da
un
colpo
di
mitragliatrice
,
mentre
si
disponeva
ad
andare
all
'
attacco
.
Raggranello
altri
ragguagli
del
giorno
innanzi
:
delle
quindici
guide
che
si
erano
mosse
a
piedi
col
tenente
Ricci
,
due
erano
morte
e
sette
ferite
:
il
nostro
deposito
avea
dato
il
suo
contingente
alla
carneficina
.
Nella
nottata
due
nostri
caporali
,
Luperi
e
Aribaud
avevan
fatto
prigioniero
il
nipote
del
generale
Werder
,
che
si
era
addormentato
in
una
casetta
.
Mi
si
parla
di
un
Romagnolo
,
Salvadore
Caimi
,
che
,
giacente
in
letto
all
'
ospedale
,
e
dato
per
spacciato
da
medici
,
essendo
afflitto
da
perfidissimo
vaiolo
,
all
'
udire
il
cannone
saltò
giù
,
si
rinpannucciò
alla
meglio
,
e
corse
in
prima
fila
,
ove
morì
,
ma
non
colpito
da
palla
:
tutti
hanno
da
raccontare
qualche
eroismo
che
hanno
veduto
,
qualche
atto
di
valore
di
cui
furono
parte
:
manco
male
,
non
avranno
più
il
coraggio
di
dire
che
gli
Italiani
non
si
battono
!
I
preti
,
strano
a
dirsi
erano
stati
pel
contegno
loro
ammirabili
;
alcuni
signori
dei
paesi
a
noi
vicini
si
erano
mescolati
ai
soldati
,
ed
alcuni
erano
caduti
vittime
del
loro
amore
di
patria
.
Se
la
perdita
di
molti
nostri
compagni
ci
faceva
essere
di
malumore
,
ci
era
anche
di
che
rifarsi
la
bocca
!
Ci
pongono
in
libertà
,
raccomandandoci
di
non
scostarsi
tanto
dal
quartier
generale
:
approfitto
di
questo
intermezzo
per
recarmi
a
far
visita
al
ferito
Stefani
;
la
ferita
era
leggerissima
,
e
lo
avevano
di
nuovo
portato
nella
sua
casa
,
che
serviva
anche
d
'
ambulanza
.
Ci
trovai
mio
fratello
,
diversi
della
compagnia
Genovese
;
tutti
seduti
intorno
al
fuoco
facevano
piani
di
guerra
,
discutevano
i
comandi
del
giorno
avanti
,
rammentavano
i
morti
,
godevano
ed
erano
sorpresi
di
averla
scapolata
e
giuravano
che
fuoco
indiavolato
,
come
quello
sotto
Talant
era
più
che
impossibile
,
avesse
di
nuovo
a
farsi
sentire
.
Vollero
di
riffa
che
io
facessi
una
corrispondenza
per
un
giornale
di
Firenze
e
tutti
ci
vollero
mettere
lo
zampino
....
immaginatevi
che
brodo
lungo
la
venne
a
riuscire
,
e
come
mostrasse
eloquentemente
che
chi
la
scriveva
non
era
un
Montecuccoli
,
nè
un
Napoleone
....
pure
ci
sembrò
un
capolavoro
di
descrizione
,
una
vera
pagina
di
dottrina
strategica
...
ci
si
contentava
di
tanto
poco
,
dopo
una
batosta
così
indiavolata
!
A
interrompere
la
nostra
ammirazione
,
capita
in
mezzo
a
noi
,
come
una
bomba
,
il
Piccini
;
aveva
l
'
amico
un
viso
di
tramontana
da
metterci
i
brividi
addosso
e
non
aveva
torto
;
partito
a
bruzzico
insieme
al
Baldassini
per
rinvenire
il
cadavere
del
suo
già
indivisibile
Rossi
,
per
quanto
avesse
frugato
,
gli
era
stato
impossibile
effettuare
questo
disegno
;
nelle
sue
investigazioni
il
giovine
Garibaldino
erasi
spinto
tanto
in
avanti
,
che
si
era
in
una
strada
incontrato
con
una
squadra
di
Prussiani
,
che
gli
aveva
fatto
una
scarica
addosso
,
scarica
alla
quale
con
favoloso
coraggio
aveva
risposto
con
due
o
tre
colpi
,
rimanendo
illeso
proprio
per
uno
di
quei
miracoli
del
caso
che
non
si
sanno
spiegare
.
A
quel
che
ci
diceva
,
anche
in
quel
giorno
avremmo
avuto
battaglia
sicura
;
confermò
questa
idea
anche
l
'
amico
Mecheri
,
che
andato
a
Fontain
a
restituire
quel
cavallo
che
si
era
appropriato
il
dì
innanzi
,
aveva
udito
un
rumore
vivissimo
di
fucileria
agli
estremi
avamposti
.
Bisogna
confessare
che
queste
notizie
non
furono
accolte
con
molto
entusiasmo
da
noi
;
quel
giorno
avremmo
bramato
di
riposare
;
..
si
riposò
anche
Dio
,
secondo
i
cattolici
:
ma
pure
se
ci
fosse
l
'
ordine
,
se
Garibaldi
si
fosse
battuto
,
senza
essere
onnipotenti
come
il
Dio
dei
Cattolici
,
noi
eravamo
tomi
da
cacciar
la
stanchezza
e
di
fare
quello
che
dovevamo
fare
.
Andammo
però
alla
prefettura
.
Il
cortile
di
questa
dava
l
'
esattissima
idea
del
vestibolo
del
l
'
Inferno
di
Dante
;
non
mancavano
le
diverse
lingue
,
le
favelle
orribili
,
le
voci
alte
e
fioche
di
chi
dava
schiarimenti
,
di
chi
chiedeva
informazioni
,
di
chi
narrava
i
fatti
del
giorno
innanzi
,
nè
mancò
il
suon
di
mani
,
quando
comparve
la
nobile
figura
di
Garibaldi
sorridente
più
dell
'
ordinario
.
Montò
in
carrozza
svelto
,
come
ai
suoi
bei
tempi
e
montò
insieme
con
lui
,
secondo
il
solito
,
Basso
.
Ci
salutò
affettuosamente
;
poi
ci
disse
:
Oggi
avremo
vittoria
.
Parlò
Spagnuolo
con
due
o
tre
figli
d
'
Iberia
che
erano
poco
distanti
dal
nostro
gruppo
,
e
si
rallegrò
con
loro
per
lo
splendido
contegno
che
essi
avevano
tenuto
il
dì
innanzi
:
poi
i
cavalli
si
misero
al
trotto
,
il
generale
si
tolse
il
cappello
in
mezzo
alle
acclamazioni
,
e
,
partì
seguito
da
alcuni
ufficiali
di
stato
maggiore
.
Aveva
appena
oltrepassata
la
porta
che
un
colpo
dì
cannone
ci
annunziò
che
anche
per
quel
giorno
ci
si
era
.
I
Prussiani
,
mentre
potevano
attaccare
Digione
al
Nord
Ovest
,
la
dalla
Ferme
de
Poully
,
pianura
senza
la
minima
ombra
di
fortificazione
,
commettendo
un
'
errore
che
non
si
sa
comprendere
nei
vincitori
di
Sadowa
e
di
Sedan
,
si
ostinarono
a
tornare
all
'
attacco
di
Talant
,
precisamente
come
il
ventuno
.
La
brigata
Menotti
avveva
a
sostenere
adunque
l
'
attacco
e
il
degno
figlio
dell
'
eroe
dei
due
mondi
ebbe
tutti
gli
onori
di
quella
giornata
;
diverse
compagnie
di
Franchi
Tiratori
e
qualche
pezzo
d
'
artiglieria
avevano
durante
la
notte
rinforzate
le
file
che
dipendevano
da
lui
.
Le
legioni
Italiane
rimasero
in
seconda
fila
;
ma
varii
se
la
svignarono
alla
chetichella
dai
ranghi
,
e
corsero
tra
il
fischiar
delle
palle
e
l
'
imperversare
della
mitraglia
,
presentendo
quasi
che
la
vittoria
annunziata
da
Garibaldi
doveva
avere
la
più
ampia
realizzazione
.
I
colpi
dell
'
artiglierie
si
succedevano
senza
tregua
:
i
cittadini
non
se
ne
addavano
;
quel
giorno
tutti
avevan
fiducia
.
Materassi
e
Polese
erano
al
seguito
del
generale
,
io
,
Mecheri
,
Bocconi
pigliammo
a
piedi
la
via
e
ci
incamminammo
verso
Talant
.
Al
principiar
della
strada
incontraMO
il
maggior
Sartorio
che
provvedeva
a
che
fossero
presto
recate
a
compimento
molte
barricate
che
s
'
inalzavano
da
operai
,
requisiti
a
tale
scopo
.
Era
una
vera
giornata
di
primavera
:
il
sole
era
splendido
,
senza
una
nuvola
il
cielo
:
i
due
paesetti
di
Fontain
e
Talant
,
con
le
due
vaghe
colline
,
staccavano
sul
fondo
azzurro
del
cielo
e
invitavano
più
a
godere
di
quell
'
aria
purissima
,
e
ad
inebriarsi
in
quell
'
oceano
di
luce
che
ad
andare
a
scannarsi
.
Splendi
pure
,
con
tutta
la
potenza
degli
animatori
tuoi
raggi
,
o
ministro
maggiore
della
madre
natura
,
oggi
almeno
rischiarerai
il
trionfo
della
Libertà
!
A
poco
più
di
mezzo
chilometro
dalla
città
,
vedemmo
cinque
o
sei
cavalli
morti
;
da
uno
di
questi
si
partiva
una
striscia
di
sangue
,
che
,
come
la
mistica
colonna
che
guidò
nel
deserto
gli
Isrealiti
,
doveva
guidare
i
nostri
passi
fino
a
Talant
.
A
piè
della
scala
di
una
casuccia
,
vedemmo
steso
morto
un
giovine
Garibaldino
;
un
campagnolo
ci
mostrò
una
lettera
che
aveva
trovato
nelle
di
lui
tasche
...
era
una
lettera
della
sua
mamma
;
la
povera
donna
sperava
di
riabbracciare
suo
figlio
nelle
feste
di
Ceppo
:
la
data
di
quella
lettera
era
di
novembre
ed
il
giovine
l
'
aveva
tenuta
sul
cuore
tutto
quel
tempo
!
Arrivammo
alle
nostre
batterie
;
il
fumo
impediva
di
poter
scorgere
ciò
che
avveniva
nel
versante
a
noi
sottoposto
;
un
ronzio
impertinente
di
palle
ci
rendeva
avvertiti
che
i
nemici
non
erano
molto
lontani
.
Garibaldi
,
MeNotti
,
Bizzoni
,
Sant
'
Ambrogio
in
quel
momento
eran
là
.
Troviamo
lo
Strocchi
che
ci
avevano
dato
per
ferito
,
lo
abbracciamo
e
si
aggiunge
con
noi
.
Il
Generale
era
sceso
di
carrozza
,
esaminava
i
tiri
dell
'
artiglieria
e
dava
consigli
agli
artiglieri
.
Uno
di
marina
,
che
faceva
il
servizio
ai
pezzi
,
puntò
due
volte
il
cannone
e
fece
due
tiri
ammirevoli
:
le
nostre
perdite
erano
fin
allora
pochissime
e
i
nostri
nemici
,
non
che
avanzare
,
perdevano
di
momento
in
momento
terreno
;
allora
fu
comandata
la
carica
alla
baionetta
.
I
Franchi
tiratori
si
lanciarono
,
come
leoni
,
all
'
attacco
:
due
zuavi
li
procedevano
di
qualche
passo
,
agitando
,
a
mò
di
bandiera
,
i
guidoni
delle
compagnie
a
cui
erano
stati
ascritti
.
Il
momento
era
sublime
!
Il
fumo
si
era
dileguato
ed
il
sole
ripercotendo
i
suoi
raggi
sugli
elmi
dei
nostri
avversari
,
faceva
apparire
qua
e
là
dei
subiti
guizzi
di
luce
,
da
farteli
scambiare
per
lampi
.
Un
gridìo
continuo
,
entusiastico
,
un
prorompere
di
fucilate
...
eppoi
i
soldati
di
re
Guglielmo
,
pestati
,
inseguiti
colla
baionetta
alle
reni
,
abbandonavano
a
rotta
di
collo
il
campo
di
battaglia
,
seminando
il
terreno
di
fucili
,
d
'
elmi
,
di
feriti
e
di
morti
,
e
ritirandosi
per
tre
chilometri
buoni
:
tra
gli
altri
trofei
furono
presi
sette
fuRgoni
d
'
ambulanza
del
valore
di
circa
novantamila
franchi
.
Il
bravo
colonnello
Lhoste
però
,
caricando
arditamente
alla
testa
dei
suoi
audaci
Franchi
Tiratori
veniva
mortalmente
ferito
.
La
battaglia
era
compiuta
,
la
vittoria
aveva
sorriso
all
'
indomito
coraggio
,
allo
slancio
più
che
umano
dei
volontari
della
repubblica
.
Tornammo
subito
indietro
per
annunziare
la
grata
novella
;
quale
non
fu
la
nostra
maraviglia
,
quando
,
fatti
pochi
passi
dal
campo
,
incontrammo
delle
signore
che
si
erano
spinte
arditamente
fino
lassù
;
signore
che
infangavano
nelle
pozzanghere
i
loro
stivaletti
aristocratici
e
che
ci
salutavano
sventolando
i
fazzoletti
,
sorridendoci
con
un
'
angelica
grazia
.
Non
era
gioia
,
non
era
entusiasmo
quello
da
cui
era
presa
Digione
la
sera
del
ventidue
...
era
ebbrezza
,
delirio
:
a
mezzo
chilometro
dalla
città
era
già
affollata
la
via
;
donne
vecchi
,
ragazzi
ci
saltavano
al
collo
,
ci
prendevano
tra
le
mani
la
testa
ci
sollevavano
dal
peso
delle
anni
,
ci
insegnavano
l
'
un
l
'
altro
,
gridando
a
squarciagola
:
Vive
les
Galibardiens
,
vive
Galibardi
,
vive
l
'
Italie
.
Ci
portavano
quasi
in
collo
dal
mezzo
di
strada
nelle
trattorie
,
e
lì
ci
offrivano
da
bere
,
nè
ci
era
versi
di
rifiutarlo
;
da
ogni
parte
strette
di
mano
,
da
ogni
parte
baci
:
«
come
sono
giovani
»
si
sentiva
ripeter
da
una
parte
;
son
dei
bravi
soldati
,
si
ripeteva
dall
'
altra
...
oh
!
divini
momenti
,
oh
!
dolci
soddisfazioni
di
chi
compie
un
dovere
,
capaci
di
riabilitare
la
persona
più
turpe
,
capaci
di
fare
un
eroe
del
più
pusillanime
.
Ma
echeggia
un
grido
potente
,
non
interrotto
,
che
fa
rintronare
da
un
capo
all
'
altro
la
strada
;
le
finestre
si
spalancano
con
forza
;
le
vecchie
,
rimaste
uniche
in
casa
,
si
affacciano
,
si
spenzolano
,
agitano
le
loro
pezzole
;
un
fremito
nuovo
di
gioventù
rianima
quelle
fibre
affralite
dagli
anni
:
non
è
il
vincitore
d
'
ingiuste
battaglie
quello
che
passa
,
è
l
'
apostolo
delle
cause
giuste
,
è
il
propugnatore
dell
'
umanità
,
è
l
'
eroe
leggendario
,
l
'
uomo
incorrotto
che
con
un
pugno
di
ragazzacci
fa
retrocedere
i
soldati
che
han
fatto
tremare
l
'
Europa
...
è
Garibaldi
.
-
Viva
Garibaldi
-
Gridano
tutti
,
e
popolani
,
soldati
si
buttano
verso
di
lui
,
vanno
quasi
sotto
i
cavalli
e
le
rote
della
carrozza
:
tutti
vorrebbero
stringergli
la
mano
,
tutti
vorrebbero
divorarlo
dai
baci
!
-
Gridate
:
viva
la
repubblica
-
Grida
il
buon
vecchio
-
e
non
sa
riparare
a
salutare
,
e
sorridere
.
I
soldati
che
tornano
hanno
tutti
un
'
elmo
,
un
fucile
preso
ai
Prussiani
;
un
giovinetto
ha
un
piffero
e
fischia
un
'
arietta
in
mezzo
agli
applausi
di
tutti
.
Passano
dei
prigionieri
;
tutti
gli
guardano
,
ma
nessuno
alza
un
grido
...
il
popolo
sente
la
generosità
per
istinto
!
Per
tutte
le
piazze
è
baldoria
:
per
tutto
si
canta
,
si
grida
,
si
applaude
:
sulla
piazza
del
teatro
si
da
fuoco
persino
a
dei
mortaletti
:
la
fiducia
generale
è
rinata
;
gli
elmi
dei
Prussiani
coll
'
annesso
parafulmine
fanno
le
spese
di
tutta
la
sera
;
contento
dell
'
oggi
,
nessuno
cura
il
domani
e
tutti
dimenticano
l
'
ieri
.
Si
va
a
portare
il
fausto
annunzio
allo
Stefani
;
sul
principio
credeva
che
si
scherzasse
:
gli
avevano
nientemeno
dato
a
bere
che
si
trattava
di
fare
una
capitolazione
e
che
i
Prussiani
si
avanzavano
verso
Digione
a
marcia
forzata
.
Io
era
stanco
morto
:
tutte
quelle
emozioni
,
tutte
quelle
fatiche
mi
avevano
prostrato
:
mi
pareva
che
la
vita
mi
sfuggisse
ed
in
camera
del
mio
amico
ferito
ebbi
un
trabocco
di
sangue
.
-
O
guardiamo
,
se
dopo
che
ti
han
risparmiato
la
palle
,
vieni
qui
a
far
la
morte
della
signora
delle
Camelie
?
Mi
disse
il
Materassi
,
che
non
si
reggeva
più
dalla
fatica
,
essendo
stato
in
giro
tutta
la
notte
,
e
a
cavallo
tutto
il
giorno
.
-
Non
gli
risposi
,
perché
quest
'
ultimo
incidente
mi
faceva
uscir
proprio
dai
gangheri
.
Cheto
,
cheto
me
ne
andai
e
neppur
mezz
'
ora
dopo
mi
sdraiavo
sul
letto
.
CAPITOLO
XVI
.
Per
quanto
facessi
,
mi
fu
impossibile
in
quella
nottata
il
provare
un
poco
di
sonno
.
La
testa
mi
ardeva
,
la
febbre
in
certi
momenti
mi
procurava
la
celeste
voluttà
del
delirio
;
ora
mi
pareva
di
essere
in
mezzo
alla
mischia
,
di
vedere
i
nostri
giovani
battaglioni
avanzarsi
,
sgominare
le
schiere
nemiche
,
ed
annusavo
a
piene
narici
il
simpatico
odor
della
polvere
,
e
m
'
inebriavo
ai
mille
episodii
di
un
combattimento
e
di
una
vittoria
;
ora
mi
pareva
di
essere
tornato
in
mezzo
ai
miei
cari
,
e
li
vedevo
a
me
d
'
intorno
,
raccolti
,
pendere
ansiosi
dai
miei
labbri
,
interessarsi
alle
vicende
delle
battaglie
,
alle
storie
che
raccontavo
e
vedevo
brillar
delle
lacrime
,
spuntar
dei
sorrisi
....
.
Finalmente
venne
il
mattino
,
e
parve
che
la
luce
,
come
fugava
le
tenebre
,
fugasse
da
me
i
vaneggiamenti
della
immaginazione
malata
.
Mi
alzai
ed
uscii
;
quelli
non
mi
sembravano
giorni
da
poltrir
sulle
piume
.
A
tutte
le
cantonate
della
città
era
affisso
un
'
ordine
del
giorno
di
Garibaldi
;
ordine
del
giorno
nel
quale
l
'
illustre
comandante
dei
volontarii
,
nonché
inorgoglirsi
ai
fumi
delle
vittorie
e
proclamare
i
suoi
soldati
per
eroi
,
raccomandava
a
loro
di
moderare
la
foga
dei
dì
passati
,
di
non
attaccare
in
massa
il
nemico
,
ma
sì
in
pochi
,
alla
spicciolata
,
e
spronava
in
special
modo
gli
ufficiali
ad
adempiere
un
poco
di
più
il
proprio
dovere
.
Alla
porta
del
quartiere
delle
Guide
,
vidi
il
Materassi
che
scendeva
da
cavallo
;
mi
accolse
a
braccia
aperta
e
mi
mostrò
delle
bottiglie
di
vino
generoso
,
urlando
:
Ecco
lo
specifico
per
la
tua
malattia
!
Quel
vino
era
stato
trovato
nelle
ambulanze
PrussianE
e
doveva
far
le
spese
di
un
mattiniero
banchetto
che
imbandimmo
lì
sul
tamburo
.
Era
mezzogiorno
e
,
malgrado
tutte
le
dicerio
,
si
cominciava
a
credere
che
per
quel
giorno
gli
oppressori
della
Francia
non
ci
avrebbero
molestato
.
Finito
il
pasto
,
ce
ne
andammo
tutti
a
trovare
lo
Stefani
;
dopo
poco
che
eravamo
entrati
nella
di
lui
camera
,
mi
si
cominciò
ad
abbagliare
la
vista
,
sentii
al
palato
un
sapore
di
sangue
,
tossii
a
più
riprese
e
caddi
sfinito
sopra
il
divano
.
Non
so
quanto
stessi
in
quello
stato
in
cui
più
non
sentivo
la
vita
:
quando
cominciai
a
comprender
qualchecosa
tuonava
il
cannone
,
e
lo
Stefani
,
mezzo
vestito
,
stava
per
alzarsi
da
letto
.
-
Si
son
riattaccati
?
..
Domandai
-
Altro
che
riattaccati
!
..
Affacciati
alla
finestra
e
guarda
,
Guardai
...
confesso
di
non
aver
mai
assistito
a
un
così
sconfortante
spettacolo
!
..
La
gente
scappava
a
rotta
di
collo
per
tutte
le
vie
;
le
porte
si
chiudevano
ermeticamente
;
le
finestre
erano
pure
ermeticamente
tappate
;
ogni
poco
qualche
guardia
nazionale
,
o
senza
fucile
,
o
senza
cappello
,
traversava
a
passo
accelerato
davanti
a
noi
,
battendosi
il
capo
,
proferendo
gridi
di
lamento
o
d
'
imprecazione
;
donne
piangenti
che
si
portavano
dietro
i
bambini
,
carri
che
si
caricavano
,
ufficiali
d
'
intendenza
che
a
gran
passi
si
avviavano
in
direzione
del
quartier
generale
....
-
Ma
dunque
siamo
in
completa
disfatta
?
-
Dissi
trA
me
,
e
inpaziente
,
colla
più
dolorosa
angoscia
nell
'
anima
,
col
dubbio
che
mi
torturava
il
cervello
,
presi
la
mia
sciabola
,
ed
andai
anche
io
per
strada
,
deciso
di
correre
alla
prefettura
,
e
di
là
portarmi
sul
campo
.
Sulla
piazza
del
teatro
,
vidi
quattro
batterie
di
cannoni
guardate
da
due
o
tre
guardie
mobili
..
Erano
nuove
artiglierie
arrivate
allora
allora
dalle
fabbriche
di
Lione
e
del
Creusot
...
osservandole
bene
,
lo
si
sarebbe
agevolmente
compreso
,
ma
in
quel
momento
,
in
quell
'
esitazione
le
credei
anche
io
,
come
il
popolo
,
un
indizio
di
ritirata
.
Ma
donde
venivano
queste
paure
?
I
nostri
avevan
forse
perduto
?
..
No
;
come
vedremo
tra
poco
:
ma
alcuni
battaglioni
di
guardia
nazionale
presi
dal
panico
a
quel
terzo
assalto
dei
nostri
nemici
,
atterriti
anche
dal
numero
con
cui
questa
volta
si
erano
presentati
,
non
ascoltando
più
alcun
comando
,
avevano
retrocesso
,
e
,
siccome
,
valanga
erano
piombati
per
le
vie
della
città
,
travolgendo
coloro
che
volevano
impedire
questa
ignobile
fuga
e
facendo
nascere
l
'
allarme
e
lo
spavento
per
ogni
dove
.
I
Prussiani
,
avvedendosi
del
grave
errore
che
avevano
commesso
nei
giorni
antecedenti
,
e
pensando
forse
che
le
nostre
truppe
fossero
,
almeno
per
le
maggior
parte
,
agglomerate
in
Fontain
e
Talant
(
posizioni
contro
le
quali
essi
si
erano
rotte
le
corna
)
si
concentrarono
in
grandi
masse
e
prendendo
la
strada
di
Langres
si
spinsero
infino
al
castello
di
Poully
.
Garibaldi
aveva
ordinato
alla
brigata
Canzio
,
di
avanzarsi
verso
la
direzione
,
da
cui
venne
difatti
il
nemico
,
il
quale
,
fugati
ben
facilmente
i
mobilizzati
,
che
sparsero
poi
tanta
desolazione
in
città
,
erano
giunti
persino
ad
accerchiare
in
una
prossima
masseria
l
'
ardito
Ricciotti
,
che
coi
suoi
bravi
Franchi
Tiratori
,
faceva
una
resistenza
eroica
,
seminando
la
morte
tra
quelle
schiere
che
non
si
azzardavano
ad
assalirlo
e
tenute
a
rispettosa
distanza
dal
ben
nutrito
fuoco
di
fila
,
che
a
loro
opponevano
dalle
finestre
,
dalle
feritoie
,
dalle
siepi
questi
giovani
soldati
della
libertà
.
I
figli
di
Garibaldi
si
mostrarono
degni
del
loro
genitore
,
e
la
Francia
ha
da
serbar
eterna
memoria
del
loro
coraggio
,
delle
loro
abnegazione
,
dalla
loro
bravura
.
Le
bombe
solcavano
l
'
aria
,
già
impregnata
di
fumo
:
il
sibilo
delle
palle
non
avea
tregua
alcuna
;
i
carabinieri
Genovesi
,
i
cacciatori
di
Marsala
,
(
tutta
la
quinta
brigata
)
sdraiati
pei
campi
o
nelle
vicine
praterie
non
facevano
uso
alcuno
delle
armi
.
Canzio
osservava
impassibilmente
le
masse
nemiche
,
ed
ogni
tanto
andava
da
Garibaldi
,
con
cui
confabulava
.
Tutto
ad
un
tratto
guizza
,
come
un
lampo
dall
'
uno
all
'
altro
dei
militi
,
una
notizia
;
un
fremito
generale
si
comunica
di
fila
in
fila
,
come
,
se
tutti
quegli
uomini
subissero
l
'
influenza
di
una
pila
Galvanica
:
Canzio
concitato
,
col
viso
raggiante
,
si
alza
,
grida
a
tutti
i
suoi
uomini
:
Ricciotti
è
circondato
,
salviamolo
,
e
,
come
l
'
ultimo
dei
suoi
subalterni
,
si
lancia
eroicamente
alla
carica
.
La
cavalleria
Prussiana
si
schiera
in
ordine
di
battaglia
difaccia
ai
nostri
;
due
tiri
di
cannone
bene
aggiustati
bastano
a
metterla
in
fuga
,
prima
ancora
che
si
ponga
al
trotto
contro
di
noi
;
altri
colpi
a
mitraglia
sbaragliano
i
battaglioni
nemici
che
si
ammassano
,
si
urtano
,
si
infrangano
contro
la
masseria
,
le
cui
mura
sembrano
di
fuoco
;
i
Genovesi
,
i
cacciatori
di
Marsala
,
gli
Egiziani
,
gli
Spagnuoli
e
persino
due
battaglioni
di
mobilizzati
di
Saone
Loire
animati
dal
nobile
esempio
dei
volontari
,
si
spingono
dietro
il
prode
Canzio
alla
baionetta
,
gridando
viva
la
repubblica
,
viva
la
Francia
,
viva
Garibaldi
e
intonando
la
Marsigliese
e
l
'
inno
d
'
Italia
.
Che
spettacolo
imponente
...
al
solo
pensarci
si
provano
le
vertigini
,
e
quasi
si
crede
di
avere
assistito
a
una
fantasmagoria
.
La
brigata
Ricciotti
si
spinge
eroicamente
fuori
della
masseria
e
arditamente
dà
di
cozzo
nelle
file
Prussiane
:
da
tutte
le
parti
è
una
carneficina
terribile
;
i
cadaveri
si
addensano
sopra
i
cadaveri
;
là
affusti
di
cannoni
stroncati
,
qua
siepi
distrutte
,
alberi
sbarbicati
dal
terreno
;
per
terra
frantumi
di
bombe
,
pozze
di
sangue
,
ossa
scheggiate
,
rimasugli
schifosi
di
corpi
umani
;
i
Prussiani
non
possono
più
reggere
;
è
troppo
formidabile
l
'
urto
dei
nostri
soldati
e
non
che
compatte
colonne
di
uomini
,
sfonderebbe
le
muraglie
d
'
acciaio
.
Le
file
a
noi
dicontro
,
piegano
,
indietreggiano
,
si
sparpagliano
eppoi
si
danno
a
disperatissima
fuga
.
Tito
Strocchi
e
il
capitano
Rostain
di
Grenoble
,
raccolgono
allora
in
mezzo
ai
cadaveri
di
un
picchetto
che
avevano
sbaragliato
,
terminando
tutte
le
cariche
dei
loro
Spencers
,
sempre
tra
l
'
infuriare
delle
palle
nemiche
,
lo
stendardo
del
61
Reggimento
Guglielmo
;
reggimento
che
in
quel
giorno
fu
quasi
disfatto
.
Io
era
arrivato
poco
prima
dell
'
ultima
carica
;
uscito
appena
di
Digione
cominciai
a
imbattermi
in
mobilizzati
senza
il
più
piccolo
vestigio
d
'
armi
,
che
se
la
ritornavano
tranquillamente
in
città
:
fatti
pochi
passi
vidi
la
strada
tutta
seminata
di
sacchi
,
buttati
là
da
questi
prodi
onde
correr
meglio
e
scappare
:
poi
il
consueto
corteggio
di
feriti
e
di
vetture
d
'
ambulanze
:
e
il
capitano
Galeazzi
e
l
'
Orlandi
con
la
sciabola
in
pugno
,
e
con
due
o
tre
guide
che
piattonavano
i
fuggitivi
e
che
si
sforzavano
dì
rimandarli
al
lor
posto
:
finalmente
i
nostri
compagni
che
si
battevano
accanitamente
e
che
si
disponevano
all
'
attacco
.
Garibaldi
corse
subito
sul
luogo
dove
era
stata
definita
la
tremenda
tenzone
,
e
dove
era
accaduto
l
'
orrendo
macello
;
tutti
gli
furono
intorno
;
tutti
vollero
dire
qualchecosa
...
pochi
e
ben
pochi
furono
capaci
di
articolare
un
monosillabo
;
la
gioia
di
quel
momento
è
inesprimile
;
nessuno
sentiva
più
la
fatica
;
eravamo
tra
mucchi
immensi
di
morti
,
si
sentiva
qualche
fucilata
lontana
,
indizio
che
i
soldati
della
grazia
di
Dio
erano
molto
ma
molto
distanti
da
noi
e
che
se
la
battevano
disperatamente
:
avevamo
preso
una
bandiera
:
più
bella
vittoria
noi
non
la
potevamo
sperare
,
ed
ora
se
ne
aspirava
a
pieni
polmoni
tutta
la
voluttà
.
Perché
non
poterono
dividere
le
nostre
letizie
tanti
generosi
che
ora
giacevano
cadaveri
,
perché
non
le
doveva
dividere
il
buon
Ferraris
il
medico
del
generale
,
che
dopo
aver
recato
un
ordine
,
pochi
momenti
avanti
era
morto
?
Mentre
Garibaldi
,
dopo
aver
risposto
ai
più
vicini
,
stava
per
congedarsi
da
noi
e
tornare
in
Digione
,
una
scarica
quasi
a
bruciapelo
c
'
involse
tutti
in
un
turbine
di
proiettili
che
fortunatamente
non
colpirono
alcuno
.
Fu
fatto
voltare
la
carrozza
e
il
Generale
fu
fatto
immediatamente
ritirare
.
Da
chi
ci
veniva
fatta
quella
sorpresa
?
..
Io
non
lo
so
;
certo
che
gli
autori
ne
ebbero
poco
gusto
;
i
volontarii
si
gettarono
con
rabbia
verso
la
parte
da
cui
così
stranamente
eravamo
stati
salutati
,
e
probabilmente
altri
cadaveri
si
aggiungevano
ai
molti
che
ingombravano
il
circostante
terreno
.
I
Genovesi
e
i
cacciatori
di
Marsala
,
dovevano
pernottare
nelle
loro
posizioni
:
salutai
caramente
i
miei
amici
,
ed
appoggiato
al
braccio
di
uno
dei
Francs
chevaliers
de
Chautillon
piano
piano
me
ne
tornai
verso
la
città
,
persuaso
di
assistere
,
se
pur
era
possibile
,
ed
una
dimostrazione
e
ad
un
entusiasmo
maggiore
di
quelli
precedenti
.
Avevo
sbagliato
i
miei
calcoli
!
..
Si
aveva
un
bel
dire
ai
cittadini
che
avevamo
conquistato
una
bandiera
,
che
la
nostra
era
stata
una
completa
vittoria
,
che
i
Prussiani
erano
lontani
chi
sa
quante
miglia
,
oramai
lo
spavento
si
era
loro
infiltrato
nel
cuore
,
oramai
vedevano
le
cose
dietro
il
prisma
della
paura
:
poche
botteghe
si
riaprirono
;
pochissime
donne
si
azzardarono
a
far
capolino
dalle
finestre
;
difaccia
alla
Prefettura
e
alle
Mairie
vi
erano
i
soliti
capannelli
susurroni
,
insistenti
:
fu
insomma
necessario
che
il
Mair
facesse
battere
i
tamburi
a
tutte
le
cantonate
,
ed
ivi
dal
banditore
annunziare
ai
Digionesi
che
potevano
andare
a
letto
,
e
prender
sonno
tranquilli
,
poiché
I
Prussiani
erano
stati
respinti
su
tutta
la
linea
.
-
Dietro
questa
confortante
pubblicazione
,
ricominciammo
a
veder
del
movimento
per
le
strade
;
si
riaprirono
i
caffè
e
la
città
riprese
il
suo
aspetto
normale
.
CAPITOLO
XVII
.
Alla
mattina
del
ventiquattro
la
bandiera
Prussiana
fu
mostrata
a
tutte
le
truppe
e
suscitò
ovunque
l
'
entusiasmo
più
vivo
;
quella
bandiera
era
nuovissima
,
tutta
in
seta
,
magnifica
.
La
popolazione
Digionese
,
accortasi
dell
'
errore
meschino
in
cui
l
'
avevano
fatta
cadere
la
sera
precedente
alcuni
vigliacchi
,
non
si
restava
dal
magnificare
il
nostro
coraggio
ed
aumentava
verso
di
noi
di
dimostrazioni
affettuose
e
gentili
;
sapemmo
che
causa
principale
dello
sgomento
e
dell
'
allarme
era
stato
il
colonnello
dei
mobilizzati
dell
'
Alta
Savoja
,
che
al
primo
rumore
del
combattimento
,
era
corso
con
diversi
suoi
uomini
alla
ferrovia
,
e
lì
aveva
preteso
che
di
riffe
o
di
raffe
si
mettesse
in
pronto
un
convoglio
,
onde
partire
alla
volta
di
Lione
.
Tutto
ci
faceva
sicuri
che
i
Prussiani
non
avrebbero
riattaccato
;
i
nostri
amici
erano
all
'
avamposti
;
pensammo
bene
di
far
loro
una
visita
e
intanto
dare
un
'
occhiata
al
terreno
,
dove
poche
ore
avanti
erasi
combattuta
la
sanguinosa
battaglia
,
alla
quale
eravamo
stati
presenti
.
Qual
tremando
spettacolo
non
ci
offersero
quei
campi
!
Se
io
avessi
la
potenza
descrittiva
di
poterli
ritrarre
al
vero
,
farei
inorridire
i
lettori
...
fortuna
che
non
l
'
ho
,
e
così
risparmio
loro
un
'
emozione
ben
cruda
!
Il
più
sfegatato
paladino
della
guerra
,
ammenoché
non
fosse
un
mostro
,
non
avrebbe
potuto
fare
a
meno
di
fremere
davanti
a
quella
carneficina
autorizzata
dalle
così
dette
gente
civili
.
In
qualche
punto
i
cadaveri
erano
a
strati
;
pochi
i
nostri
,
moltissimi
quelli
Prussiani
;
i
Tedeschi
si
erano
battuti
come
eroi
;
nel
posto
dove
fu
rinvenuta
la
bandiera
si
contavano
uno
accanto
all
'
altro
più
di
novanta
cadaveri
,
tra
i
quali
quello
di
un
maggiore
;
la
prateria
,
la
strada
,
i
viottoli
erano
ingombri
di
elmi
,
di
fucili
,
di
sacchi
;
ogni
passo
che
noi
si
faceva
eravamo
sicuri
d
'
inciampare
in
un
morto
...
Quanta
gioventù
,
quanta
vita
dileguata
in
un
soffio
!
...
Erano
imberbi
adolescenti
,
uomini
tarchiati
;
tutti
avranno
lasciato
nelle
proprie
case
una
sposa
,
una
moglie
,
una
madre
:
queste
povere
donne
ogni
giorno
saranno
accorse
al
giungere
della
posta
,
avranno
divorato
coi
baci
le
righe
,
che
tra
le
fastidiose
occupazioni
del
campo
,
scrivevano
i
loro
cari
:
le
avranno
aspettate
anche
il
domani
quelle
benedette
righe
,
che
loro
facevano
spuntare
tra
ciglio
e
ciglio
una
lacrima
e
l
'
avranno
aspettate
invano
,
e
invano
anche
domani
,
e
così
via
di
seguito
per
chi
sa
quanto
tempo
,
eppoi
finiranno
col
vestirsi
a
bruno
,
col
piangere
,
col
pregare
,
coll
'
imprecare
a
chi
ordinò
,
a
chi
volle
,
a
chi
fece
la
guerra
:
ma
re
Guglielmo
sarà
salutato
imperator
di
Germania
,
ma
Napoleone
goderà
in
santa
pace
nei
beati
ozi
di
Londra
i
milioni
carpiti
alla
disgraziatissima
Francia
!
Oh
!
avessi
avuto
la
virtù
d
'
Ezzecchiello
!
Oh
avessi
potuto
trasfondere
la
vita
in
quegli
esanimi
corpi
!
...
Sorgete
,
avrei
voluto
gridare
con
voce
tuonante
,
sorgete
ed
imprecate
alle
arpie
coronate
,
ai
potenti
del
mondo
;
tornate
nelle
vostre
città
,
nei
vostri
villaggi
,
nelle
vostre
famiglie
,
predicate
che
si
ha
da
esser
tutti
fratelli
,
che
non
si
deve
sprecar
più
tanto
coraggio
per
soddisfare
l
'
ambizione
di
quelli
che
ci
opprimono
,
che
si
deve
abolire
il
macello
di
creature
innocenti
,
fatte
apposta
per
amarsi
tra
loro
,
l
'
une
all
'
altre
simpatiche
,
perché
legate
dal
santo
vincolo
della
sventura
...
Se
Traupmann
con
otto
omicidii
fece
rabbrividire
tutto
il
mondo
civile
,
perché
si
devono
dar
ghirlande
d
'
alloro
a
chi
,
a
sangue
freddo
,
ne
fa
sgozzar
centomila
?
E
mi
pareva
difatti
che
quei
morti
si
levassero
giganti
,
e
colle
braccie
poderose
scaraventassero
nel
vano
i
tarlati
troni
delle
tirannidi
umane
.
Garibaldi
traversò
la
via
in
carrozza
con
Canzio
;
i
due
illustri
e
prodi
soldati
,
arrivati
che
furono
al
punto
di
cui
parlo
,
furono
pur
essi
commossi
:
no
...
non
era
soddisfazione
,
come
dicevano
alcuni
,
quella
che
brillava
sui
loro
volto
,
io
credo
che
fosse
disgusto
.
Il
guerriero
è
inesorabile
,
quando
fischiano
le
palle
,
ma
è
commosso
al
vedere
le
prove
di
un
valore
,
che
il
caso
non
ha
compensato
,
ma
che
è
innegabile
.
Poco
distante
lì
avevan
passata
tutta
la
notte
i
Carabinieri
Genovesi
.
Piccini
ci
accolse
ridendo
...
Oh
!
la
bella
istoria
che
ho
da
contarvi
!
-
-
Raccontacela
.
-
In
poche
parole
vi
sbrigo
...
vedete
quella
casetta
?
...
Terminata
la
mia
guardia
sono
andato
lì
per
riposarmi
...
ci
erano
tre
Prussiani
morti
ed
io
mi
sdraiai
in
mezzo
a
loro
;
appena
steso
per
terra
,
è
inutile
che
vi
dica
,
che
attaccai
un
sonno
birbone
:
mi
ero
addormentato
di
poco
,
quando
mi
parve
sentirmi
girellare
d
'
intorno
,
non
mi
volli
scomodare
a
aprir
gli
occhi
,
e
il
calpestio
,
non
che
cessare
,
accresceva
:
una
mano
poco
delicatamente
si
posò
sul
mio
petto
,
mentre
un
'
altra
si
avvicinava
con
gran
celerità
alla
mia
tasca
;
mi
alzo
allora
,
come
di
soprassalto
e
do
un
grand
'
urlo
:
Chi
è
?
...
Non
sono
mica
morto
io
,
perché
mi
abbiate
a
frugare
!
...
Un
grido
disperato
e
una
fuga
generale
tenne
dietro
alle
mie
parole
:
seguii
i
fuggitivi
e
trovai
due
della
mia
compagnia
che
esercitavano
questo
mestiere
proficuo
sì
,
ma
schifoso
...
-
E
domandaste
loro
,
se
avevano
trovato
molta
roba
?
-
Sì
...
mi
risposero
anzi
che
tutti
quelli
che
avevano
frugato
avevano
in
tasca
la
bibbia
,
e
moltissimi
la
carta
geografica
.
Era
verità
:
nessun
bass
'
uffiziale
era
sprovveduto
della
carta
di
Francia
:
è
così
che
si
vincono
le
battaglie
,
e
non
come
si
fece
nel
beatissimo
regno
d
'
Italia
nella
vergognosissima
guerra
del
66
,
ove
le
carte
non
erano
conosciute
nemmeno
di
vista
dai
colonnelli
di
stato
maggiore
..
Dopo
avere
scambiato
qualche
altra
parola
partimmo
dalle
linee
dei
Genovesi
e
andammo
per
tornare
a
Digione
:
avevamo
fatti
appena
pochi
passi
,
che
sentimmo
dei
gemiti
poco
distanti
da
noi
:
questi
gemiti
venivano
da
una
specie
di
casaccia
che
era
al
principiar
di
una
viottola
:
quella
casaccia
non
doveva
servire
di
abitazione
ad
alcuno
,
nemmeno
in
tempo
di
pace
;
era
bassa
,
piccola
,
e
non
aveva
finestre
.
Il
desiderio
di
giovare
a
qualcuno
,
l
'
idea
che
forse
si
poteva
trovare
lì
qualche
amico
,
ci
fecero
entrare
risolutamente
in
quella
catapecchia
.
Sopra
una
barca
di
concio
vedemmo
all
'
incerta
luce
che
veniva
dalla
piccola
porta
,
un
'
involucro
di
carne
;
da
questo
partivano
i
lamenti
e
,
cosa
strana
,
questi
lamenti
non
ci
parvero
d
'
uomo
;
ma
che
lì
dentro
ci
fosse
una
donna
?
-
accesi
con
mano
tremante
un
fiammifero
,
mi
appressai
...
un
urlo
mi
partì
dalla
strozza
,
il
lume
mi
cadde
di
mano
,
chè
io
non
poteva
credere
a
ciò
che
mi
si
parava
davanti
;
era
,
purtroppo
,
una
povera
donna
colei
che
si
lamentava
in
tal
guisa
e
in
quella
povera
donna
io
riconobbi
Aissa
.
-
Aissa
,
Aissa
-
Le
dissi
e
fui
incapace
di
proferire
altre
parole
.
La
moribonda
mi
guardò
attentamente
,
direi
quasi
con
ostinazione
;
si
pose
una
mano
sul
cuore
,
come
per
reprimerne
i
palpiti
,
stiè
un
poco
senza
articolare
parole
,
poi
faticosamente
,
senza
riconoscermi
,
sussurrò
a
bassissima
voce
:
portatemi
fuori
!
Interrogai
con
un
'
occhiata
i
compagni
;
vedendo
com
'
essi
erano
propensi
ad
esaudire
quest
'
ultimo
voto
di
quella
bella
creatura
,
la
presi
amorevolmente
pel
capo
,
mentre
gli
altri
adagino
adagino
la
sollevarono
pei
piedi
,
e
la
deponemmo
su
di
un
praticello
,
dove
l
'
erbetta
era
tutta
ingemmata
dalle
stille
della
mattiniera
rugiada
,
e
dove
rimpercotevasi
un
vagabondo
rAggio
di
sole
,
che
si
era
fatto
strada
tra
le
nuvole
che
tutto
ingombravano
il
cielo
.
Aissa
era
rimasta
prostrata
;
gli
occhi
le
si
erano
chiusi
;
come
era
bella
!
...
Soffusa
di
un
pallore
che
faceva
apparire
le
di
lei
carni
di
cera
;
coi
magnifici
capelli
neri
disciolti
lungo
le
spalle
,
tu
l
'
avreste
creduta
l
'
angelo
della
grazia
e
della
bellezza
,
morto
esso
pure
in
tanto
turbinio
di
barbarie
!
Poco
più
sotto
del
cuore
,
uno
straccio
nell
'
abito
,
delle
goccie
di
sangue
rappreso
indicavano
dove
l
'
avesse
colpita
il
piombo
nemico
!
In
quell
'
istante
la
si
sarebbe
detta
già
morta
,
se
un
'
anelito
frequente
muovendo
ad
ogni
poco
il
busto
di
lei
non
avesse
ispirato
la
certezza
,
che
ancora
non
si
era
dileguato
il
soffio
animatore
di
quella
materia
.
La
discinsi
;
feci
portare
da
uno
dei
nostri
dell
'
acqua
:
con
questa
le
bagnai
ambe
le
teMpia
,
e
poi
colla
faccia
proprio
sopra
la
sua
,
mi
misi
a
spiare
il
momento
,
in
cui
ella
sarebbe
tornata
ad
essere
in
se
.
-
Chiamino
un
medico
!
...
Sentii
esclamare
una
voce
.
-
Bravo
-
Gridai
io
in
tuono
d
'
assentimento
,
ma
senza
muovermi
...
e
uno
in
fretta
e
furia
andò
per
il
medico
.
L
'
aria
fresca
rianimò
la
bella
dolente
;
Aissa
aprì
le
sue
luci
;
girò
lo
sguardo
per
le
circostanti
campagne
e
addiventò
pensierosa
:
in
quel
momento
forse
le
tornarono
in
mente
i
molti
fatti
del
lugubre
dramma
,
a
cui
ella
aveva
assistito
negli
ultimi
giorni
,
mi
osservò
lungamente
,
un
sorriso
sfiorò
le
di
lei
labbra
sbiancate
...
ella
mi
aveva
riconosciuto
.
-
Vedete
se
ho
bene
adempiuto
alla
promessa
che
io
vi
feci
a
Marsiglia
.
-
Ma
dove
siete
stata
ferita
?
-
Qui
...
-
La
rispose
accennandomi
,
dove
avevo
veduto
il
sangue
rappreso
.
-
Ed
è
grave
?
-
Io
credo
che
sia
mortale
...
lo
spero
Restai
annichilito
;
sperar
nella
morte
in
quell
'
età
,
con
quella
bellezza
,
con
quel
carattere
ardente
e
leggiero
che
tanto
mi
aveva
sorpreso
fino
dal
giorno
che
la
conobbi
!
...
Un
fremito
mi
aveva
invaso
ogni
fibra
,
volevo
persuadermi
di
assistere
ad
una
allucinazione
mentale
e
avrei
dato
la
mia
vita
,
pur
di
non
assistere
a
questo
tristissimo
episodio
,
che
doveva
avere
lo
scioglimento
in
faccia
ai
miei
occhi
.
-
A
che
mi
guardate
così
stranamente
?
-
con
voce
sempre
più
tremula
continuò
la
moribonda
-
Oh
!
lo
so
cosa
pensate
tra
voi
!
...
Me
lo
immagino
...
ma
se
sapeste
,
quanto
mi
sorride
il
lasciar
questa
vita
,
che
mi
opprime
come
la
camicia
di
forza
del
galeotto
...
-
Oh
!
quante
volte
ho
proposto
di
farla
finita
per
sempre
e
sul
più
bello
mi
è
mancato
il
coraggio
!
-
Ma
voi
non
morrete
-
Interruppi
io
-
voi
siete
sul
fiorire
degli
anni
,
siete
robusta
,
la
vostra
ferita
non
è
tanto
grave
...
-
È
mortale
..
lo
sento
!
...
Non
sprecate
le
vostre
cure
per
me
...
sentite
...
là
...
come
urla
quel
povero
soldato
ferito
...
vedete
,
scommetto
che
lui
ha
o
una
mamma
,
o
una
sposa
...
allora
si
soffre
a
lasciare
la
terra
,
ma
io
...
io
..
-
Voi
potrete
trovar
degli
amici
-
Degli
amici
?
!
..
Ma
dove
?
..
Ma
come
?
..
Ma
chi
?
..
-
Io
per
esempio
!
-
Voi
traverserete
il
mare
,
tornerete
in
mezzo
ai
cari
vostri
,
e
presto
,
come
tutti
gli
altri
,
vi
dimenticherete
di
me
...
Noi
donne
galanti
,
alla
moda
non
sappiamo
,
non
c
'
immaginiamo
neppure
l
'
amicizia
;
l
'
amicizia
richiede
del
cuore
e
a
noi
ce
l
'
hanno
strappato
i
signori
di
cui
siamo
i
giocattoli
.
Chi
ci
ha
mai
inculcata
la
santa
religione
dell
'
affetto
,
delle
fede
?
Chi
ci
ha
mai
rammentato
di
esser
donne
?
ripensando
al
passato
una
nube
qualche
volta
passava
sulle
nostre
fronti
...
«
Le
vostre
fronti
son
fatte
per
baci
e
per
i
diademi
,
»
ci
dicevano
i
felici
del
mondo
,
e
a
noi
diamanti
,
abiti
,
ricchezze
...
qualche
volta
la
miseria
degli
altri
ci
strappava
dal
ciglio
una
lacrima
.
«
i
vostri
occhi
non
son
fatti
per
piangere
,
son
fatti
per
brillare
di
voluttà
e
di
piacere
,
»
ci
ripetevano
i
nostri
adoratori
e
a
noi
le
inebrianti
emozioni
dell
'
orgia
.
L
'
artigiano
che
ci
disprezza
perché
colla
prostituzione
si
ha
quello
che
egli
non
giungerà
mai
ad
aver
col
lavoro
,
ci
addita
alle
sue
figlie
,
come
vampiri
,
come
mostri
e
queste
ci
salutano
colle
loro
fischiate
;
i
nostri
protettori
quando
si
son
sbizzarriti
con
noi
vanno
a
cercarne
delle
altre
,
noi
ricorriamo
a
spese
matte
,
a
piaceri
che
abbruciano
:
i
denari
van
via
,
e
viene
l
'
età
:
la
prima
grinza
fa
fuggire
l
'
ultimo
adoratore
e
...
e
...
se
non
morissi
qui
,
se
continuassi
a
vivere
,
tra
pochi
anni
,
obliata
da
tutti
,
morirei
nel
fondo
di
uno
spedale
...
eccolo
l
'
avvenire
di
noi
povere
colpevoli
coperte
d
'
oro
e
di
gemme
!
Fortuna
che
questa
palla
ha
troncato
tanta
colpa
e
tanta
miseria
!
..
Ve
lo
ripeto
,
ve
ne
scongiuro
....
andate
a
soccorrere
quel
povero
soldato
....
forse
potrete
risparmiare
un
gran
dolore
ad
una
povera
madre
,
pensate
alla
vostra
che
ora
prega
per
voi
in
Italia
...
Oh
se
avanti
di
morire
il
Cielo
volesse
concedermi
là
santa
voluttà
di
una
lacrima
!
Le
mani
d
'
Aissa
cominciavano
ad
agghiacciarsi
,
e
posandosi
sulle
mie
,
mi
producevano
la
medesima
impressione
,
come
quando
si
tocca
una
serpe
.
-
Oh
!
..
un
tempo
...
io
ve
lo
voglio
dire
...
un
tempo
io
non
era
cattiva
!
-
La
proseguì
con
tuono
più
flebile
-
Amai
troppo
,
credei
troppo
...
e
ne
ho
scontato
anche
troppo
la
pena
.
Ah
!
avessi
dato
retta
alla
mamma
...
fatemi
il
piacere
,
levatemi
dal
seno
,
la
crocellina
che
è
attaccata
a
questo
piccolo
nastro
.
,
ce
la
conservo
da
tanto
tempo
e
quando
i
miei
amanti
ci
ridevano
sopra
,
io
correva
a
nascondermi
e
la
baciavo
,
la
baciavo
colle
lacrime
agli
occhi
e
col
cuore
che
mi
si
stringeva
dalla
pena
...
vi
raccomando
di
lasciarmela
indosso
anche
quando
sarò
morta
:
è
il
più
caro
ricordo
che
io
abbia
...
l
'
ebbi
da
lei
,
una
sera
,
una
bella
sera
di
estate
:
eravamo
sull
'
aja
,
e
ci
era
stato
il
prete
a
benedire
il
ricolto
;
l
'
immagine
della
madonna
era
illuminata
,
un
'
andirivieni
di
lucciole
faceva
sembrare
illuminate
anche
le
siepi
,
i
contadini
cantavano
le
litanie
,
io
accarezzavo
il
vecchio
Bibi
perché
non
abbaiasse
;
la
mamma
,
finita
la
preghiera
,
mi
venne
vicina
,
mi
baciò
e
mi
attaccò
al
collo
questa
crocetta
...
da
quella
sera
non
lo
ho
più
abbandonata
e
quando
ero
per
darmi
in
braccio
alla
disperazione
,
quando
dentro
me
meditavo
qualche
vendetta
terribile
,
quando
avevo
commesso
una
colpa
,
guardavo
quella
crocetta
e
mi
tornavano
in
mente
l
'
aja
,
il
prete
,
le
litanie
,
il
vecchio
Bibi
,
i
bei
tempi
insomma
in
cui
ero
giovine
,
in
cui
ero
buona
,
e
vendetta
,
disperazione
,
come
per
incanto
,
sparivano
,
e
le
colpe
mi
sembravano
meno
gravi
,
perché
mi
sembrava
vedere
la
mamma
che
pregava
per
me
,
che
sorridente
additavami
il
cielo
...
quel
cielo
che
si
acquista
soltanto
coll
'
espiazione
,
e
colle
sofferenze
.
Lo
spirito
che
aveva
animato
quella
donna
a
proferire
il
lungo
discorso
,
via
via
che
la
parlava
sembrava
che
l
'
abbandonasse
;
l
'
affievolita
voce
,
il
faticoso
respiro
che
aveva
preso
tutte
le
parvenze
del
rantolo
mi
convinsero
che
ormai
niente
vi
era
da
sperare
,
che
oramai
gli
istanti
di
quella
vaga
creatura
erano
contati
!
La
squilla
della
vicina
parrocchia
di
Fontain
si
fè
modestamente
sentire
;
i
tocchi
di
quella
campana
mi
scesero
in
cuore
mesti
,
siccome
la
preghiera
pei
moribondi
:
traversò
il
viottolo
a
noi
vicino
una
vecchia
cenciosa
che
portava
per
mano
un
ragazzo
...
-
Nonna
-
disse
quest
'
ultimo
-
cosa
fa
tutta
quella
gente
sdraiata
?
-
Povero
bimbo
-
rispose
la
vecchia
-
quelli
che
vedi
son
morti
-
E
non
si
risveglieranno
mai
...
mai
più
?
...
Mai
più
!
Il
bambino
chinò
gli
occhi
e
poi
si
rimpiattò
nel
fossato
...
intanto
uno
stormo
di
corvi
volteggiò
intorno
a
noi
!
...
la
nonna
si
mise
in
ginocchio
e
pregò
:
il
fanciullo
urlava
e
piangeva
!
Uu
prete
col
brevario
sotto
il
braccio
si
avvicinò
,
quasi
pauroso
,
alla
moribonda
:
io
gli
additai
la
crocellina
che
essa
si
era
portata
alle
labbra
,
egli
se
ne
andò
,
al
soldato
che
era
per
morire
poco
distante
da
noi
,
ed
intuonò
ad
alta
voce
le
preci
dei
moribondi
.
Cessa
,
o
prete
,
dalla
stolta
cantilena
;
tu
per
il
primo
,
dando
un
'
occhiata
all
'
intorno
,
devi
convincerti
di
quanto
le
tue
preci
sono
bugiarde
!
Se
fossevi
un
Dio
,
potrebbe
egli
permettere
un
tanto
massacro
?
...
È
vero
che
voi
,
sacerdoti
l
'
avete
chiamato
Sabbaot
,
il
Dio
degli
eserciti
e
delle
battaglie
;
è
vero
che
a
lui
in
altri
tempi
avete
offerte
vittime
umane
;
è
vero
che
nel
suo
santo
nome
avete
fatto
sgozzare
dai
vostri
sicari
le
donne
e
i
fanciulli
a
Perugia
,
i
giovani
generosi
a
Mentana
,
i
padri
di
famiglia
nelle
mura
stesse
di
Roma
;
ma
è
vero
puranche
che
i
popoli
hanno
pieno
diritto
d
'
odiarlo
e
d
'
abbatterlo
,
schifati
alla
idea
delle
carneficine
che
voi
avete
perpetrato
nel
nome
di
lui
,
schifati
all
'
idea
del
privilegio
e
della
rapina
che
avete
benedetto
,
e
resi
sacri
sotto
la
protezione
di
questa
divinità
,
che
,
onnipotente
,
avrebbe
creato
il
male
.
O
prete
,
se
tu
fossi
convinto
,
agiresti
in
altra
maniera
:
cessa
adunque
dall
'
ipocrita
prece
:
noi
,
come
te
,
non
crediamo
al
tuo
Dio
!
Gli
stormi
dei
corvi
raddoppiavano
;
la
nebbia
sollevandosi
a
poco
a
poco
dall
'
estreme
linee
di
quell
'
estesa
pianura
aveva
offuscato
il
sole
e
i
grandi
alberi
della
strada
maestra
in
quell
'
incerto
barlume
sembravano
giganti
che
osservassero
con
fiero
cipiglio
quella
scena
d
'
orrore
:
dei
carrettoni
traversavano
innanzi
a
noi
,
come
una
triste
visione
di
mente
impaurita
;
questi
carrettoni
erano
colmi
di
cadaveri
e
i
carrettieri
,
sferzando
i
cavalli
,
fischiettavano
le
ariette
dei
villaggi
natii
;
ogni
tanto
qualche
lurida
faccia
,
tale
da
farti
ribrezzo
solamente
a
pensarci
,
appariva
in
mezzo
ai
solchi
,
nei
cespugli
,
tra
le
siepi
,
disopra
al
ciglione
dei
fossi
,
che
non
pochi
erano
quelli
che
giravano
per
frugare
i
cadaveri
.
Aissa
mi
strinse
forte
forte
la
mano
;
parve
che
a
furia
di
baci
volesse
divorare
la
crocellina
:
si
sforzò
di
richiamare
sulle
labbra
un
sorriso
e
gli
occhi
invece
le
si
empirono
di
lacrime
,
proferì
mestamente
:
a
rivederci
,
chinò
il
capo
,
sembrò
addormentarsi
,
e
si
addormentò
difatti
per
non
destarsi
mai
più
.
Il
bambino
si
era
fatto
animo
,
era
saltato
dal
fosso
ed
era
venuto
a
vederla
,
la
volle
toccare
con
infantile
curiosità
;
la
sentì
fredda
come
una
pietra
,
e
rimase
impietrito
;
il
prete
e
la
vecchia
continuavano
a
biascicare
orazioni
,
e
i
corvi
si
erano
tanto
a
noi
avvicinati
da
sfiorarci
il
capo
con
le
nerissime
ali
.
Nello
stesso
tempo
esalava
l
'
estremo
respiro
il
soldato
vicino
,
susurrando
a
fior
di
labbra
il
gentil
nome
di
Greetchein
.
Greetchein
!
...
Mi
passò
innanzi
alla
mente
la
poetica
creazione
di
Göethe
e
vidi
in
un
remoto
abituro
una
bionda
fanciulla
che
in
quel
momento
fissando
il
cielo
,
pregava
per
l
'
amico
lontano
e
che
già
pregustava
le
gioie
inenarrabili
di
un
sospirato
ritorno
,
che
l
'
affetto
immenso
di
vergine
suole
ispirare
fiducia
;
l
'
amico
lontano
muore
invece
esecrato
da
tutti
;
muore
in
terra
straniera
,
in
terra
che
egli
calpestò
vincitore
e
su
cui
battè
prepotentemente
la
sciabola
;
muore
proferendo
il
nome
di
lei
,
senza
che
alcuno
possa
portarle
questa
notizia
,
che
le
sarebbe
non
lieve
conforto
nelle
future
afflizioni
.
Vestiti
a
bruno
,
o
bionda
fanciulla
,
ed
impara
ad
esecrare
i
tiranni
:
vestiti
a
bruno
e
grida
insieme
con
me
:
Maledetta
la
guerra
!
Come
erano
belli
quei
due
cadaveri
!
...
Tutti
e
due
erano
morti
,
ispirandosi
a
reminiscenze
soavi
...
tutti
e
due
assorti
nell
'
ideale
sorridendo
eran
morti
!
...
Io
correva
dall
'
uno
all
'
altro
,
mi
chinavo
su
loro
,
li
contemplavo
,
avrei
voluto
trasfondere
nel
suo
corpo
il
mio
spirito
vitale
onde
di
nuovo
animare
tanta
gioventù
,
tanta
forza
,
tanta
bellezza
...
mi
sembrava
che
il
cervello
avesse
a
darmi
volta
:
i
miei
compagni
mi
trascinaron
via
a
forza
dal
triste
spettacolo
:
quando
rinvenni
dallo
stupore
aveva
fatto
più
che
mezza
strada
per
arrivare
a
Digione
.
La
febbre
mi
aveva
occupato
tutte
le
membra
.
-
Và
a
letto
-
Mi
dissero
.
-
Sì
-
Risposi
,
deciso
di
dare
ascolto
a
un
tal
consiglio
e
lasciai
gli
amici
.
Arrivato
appena
in
città
trovai
alla
porta
del
quartier
generale
Materassi
,
Piccini
e
alcuni
altri
.
-
Vieni
con
noi
-
Mi
dissero
.
-
E
dove
?
-
Si
va
a
vedere
i
morti
che
hanno
già
portato
in
città
chi
sa
che
non
rinveniamo
,
il
cadavere
di
qualche
amico
,
di
qualche
conoscente
.
Quantunque
la
scena
a
cui
ci
si
preparava
ad
assistere
offrisse
una
prospettiva
tutt
'
altro
che
ridente
in
special
modo
per
un
'
ammalato
,
come
ero
io
,
un
po
'
per
bruttissima
curiosità
(
ripeto
ai
lettori
che
io
non
bramo
di
farmi
meglio
di
quello
che
sono
)
un
po
'
per
non
sembrare
da
meno
degli
altri
,
un
po
'
per
una
vaga
speranza
di
ritrovar
forse
una
memoria
da
consegnare
ai
parenti
lontani
di
qualche
estinto
,
seguii
la
comitiva
che
si
accingeva
a
questa
visita
lugubre
.
Durante
il
tragitto
,
mi
fu
raccontata
la
storia
luttuosissima
del
capitano
dei
Franchi
Tiratori
,
rinvenuto
cadavere
e
tutto
bruciato
nel
castello
di
Poully
.
Garibaldi
aveva
ordinato
un
inchiesta
su
tale
nuova
barbarie
:
io
qui
non
voglio
discutere
,
nè
avrei
dati
bastanti
per
farlo
,
se
sieno
o
no
vere
le
spiegazioni
,
che
pretese
dare
il
Governo
Prussiano
con
una
nota
pubblicata
su
quasi
tutti
i
giornali
del
mondo
:
quello
che
è
certo
si
è
che
l
'
ufficiale
aveva
le
mani
legate
,
che
covoni
di
paglia
già
incendiati
erano
a
poca
distanza
da
lui
e
che
l
'
infelice
,
come
ben
si
può
osservare
dalla
fotografia
,
era
tutto
coperto
d
'
ustioni
,
all
'
infuori
del
capo
.
Con
ciò
non
intendo
lanciare
un
'
accusa
generale
a
tutto
il
popolo
Germanico
;
il
soldato
abbrutito
nella
caserma
,
a
qualunque
nazione
appartenga
,
spesso
e
volentieri
cessa
di
essere
un
uomo
per
addiventare
la
belva
la
più
sanguinaria
.
Passata
di
poco
la
porta
Sant
'
Apollinare
,
avanti
di
giungere
alla
barriera
vi
è
il
convento
dei
Cappucini
:
ivi
erano
stati
messi
i
cadaveri
,
forse
perchè
si
potessero
riconoscere
a
bell
'
agio
dagli
amici
.
Prima
d
'
entrare
la
nostra
vista
fu
dolorosamente
colpita
da
due
carrettoni
,
zeppi
di
morti
Prussiani
;
quale
di
questi
ciondolava
una
gamba
,
quale
una
mano
;
l
'
insieme
ti
offriva
l
'
idea
di
una
gran
montagna
di
carne
;
il
pavimento
era
tutto
cosperso
di
sangue
,
che
alcune
ferite
tuttora
gocciavano
.
Entrammo
in
una
piccola
stanza
;
sopra
due
tavoloni
erano
stesi
una
ventina
di
Garibaldini
,
tutti
privi
di
vita
;
tra
questi
lo
Squaglia
,
sorridente
come
vivesse
tuttora
;
la
maggior
parte
mancava
di
qualchecosa
di
vestiario
:
gli
avvoltoi
della
gloria
,
avevano
,
come
pocofà
si
è
veduto
,
fatto
man
bassa
sulle
più
piccole
inezie
,
purché
vi
fosse
da
ricavar
qualche
soldo
.
Noi
procedevamo
in
silenzio
:
solo
il
Piccini
,
incaponito
di
ritrovare
il
Rossi
,
esaminava
ad
uno
ad
uno
i
cadaveri
,
passava
per
far
più
presto
disopra
alle
tavole
,
sempre
con
viso
imperturabile
,
e
con
un
sangue
freddo
da
essere
ammirato
.
La
seconda
stanza
era
grandissima
:
avrà
contenuto
più
di
settanta
morti
,
disposti
non
colla
medesima
precisione
di
quelli
che
giacevano
nella
prima
;
qui
vi
erano
Guardie
Mobili
,
Franchi
Tiratori
,
Garibaldini
ed
anche
qualche
Prussiano
:
vedemmo
tra
gli
altri
il
povero
Pastoris
col
cranio
tutto
fracassato
;
il
prode
maggiore
era
stato
spogliato
fino
della
camicia
;
questa
profanazione
mi
fece
ribrezzo
,
e
aggiunta
al
desolante
spettacolo
a
cui
fino
dal
primo
mattino
assistevo
,
ebbe
potenza
di
farmi
rinforzare
la
febbre
,
che
credevo
di
aver
fugata
;
frequenti
brividi
lungo
le
reni
,
mi
rendevano
omai
più
che
certo
di
questa
nuova
peripezia
che
veniva
a
conturbarmi
.
Ci
fu
impossibile
ritrovare
il
Rossi
;
domandammo
schiarimenti
ai
guardiani
e
questi
ci
risposero
che
forse
la
salma
del
nostro
amico
doveva
essere
nella
stanza
di
quelli
che
erano
morti
di
vaiolo
.
Avanti
di
partire
non
potei
fare
a
meno
di
rivolgere
uno
sguardo
a
tutta
quella
gioventù
,
che
si
era
dileguata
come
una
meteora
nel
cielo
;
un
raggio
di
gloria
,
uno
sprazzo
di
luce
eppoi
il
nulla
.
Quante
illusioni
,
quante
speranze
,
quanti
pensieri
non
si
erano
spenti
,
per
sempre
in
quella
clade
sanguinosissima
!
Chi
sa
che
tra
quelli
non
vi
fosse
uno
nato
a
creare
qualche
nuovo
ordinamento
sociale
,
e
che
invece
finirà
per
procreare
un
cavolo
,
una
pianta
d
'
ortica
?
Felice
lui
!
che
,
se
grande
fosse
riuscito
realmente
,
avrebbe
imprecato
alla
vita
,
angariato
dai
ghigni
e
dalle
calunnie
dei
contemporanei
.
Quante
madri
,
quante
sorelle
abbrunate
-
pensavo
dentro
di
me
e
continuando
a
guardare
i
cadaveri
,
sentivo
commuovermi
non
tanto
per
loro
,
quanto
per
le
care
persone
che
avevano
lasciato
.
La
democrazia
Italiana
,
credo
bene
ripeterlo
,
ha
lasciato
un
degno
e
glorioso
contingente
sui
campi
di
Francia
;
la
democrazia
Italiana
,
come
sempre
,
anche
nel
1871
ha
immolato
al
principio
repubblicano
,
i
cuori
più
giovani
ed
entusiasti
,
le
immaginazioni
più
fervide
,
le
intelligenze
più
belle
.
Una
pleiade
di
generosi
scompare
ogni
volta
che
la
coscienza
dell
'
umanità
si
risveglia
,
ogni
volta
che
si
traducono
in
atto
le
sante
credenze
,
le
così
dette
utopie
dei
pochi
ispirati
che
ci
han
preceduto
:
solo
col
sangue
rinvigoriscono
le
idee
.
E
sangue
di
eroi
onorò
le
strade
ed
i
campi
dell
'
ubertosa
Borgogna
,
e
una
pleiade
di
magnanimi
figli
d
'
Italia
scomparve
,
lasciando
di
se
imperituro
ricordo
in
chiunque
abbia
il
core
informato
al
gentil
culto
delle
azioni
generose
.
Perla
,
Pastoris
,
Settignani
,
Cavallotti
,
Ferraris
,
Gnecco
,
Imbriani
,
Zauli
,
Salomoni
,
Canovi
,
Zerbini
,
Anzillotti
,
Caimi
,
Ricci
,
Giordano
,
Valduta
,
Resegotti
...
dall
'
Alpi
all
'
estrema
Sicilia
la
calunniata
Penisola
ebbe
un
figlio
,
per
ogni
città
,
per
ogni
paese
,
da
offrire
in
olocausto
al
sacrosanto
principio
.
Firenze
ebbe
nove
morti
:
Rossi
,
Squaglia
,
Viti
,
Aterini
,
Carli
,
Pini
,
Scali
,
Cortopassi
e
Signorini
;
la
vicina
Pistoia
su
sette
volontarii
ebbe
a
piangerne
quattro
:
Biechi
,
Ferrarini
,
Bongi
e
Lanciotti
.
Se
io
avessi
appunti
precisi
,
vorrei
citar
tutti
i
martiri
,
e
ben
si
avvedrebbero
gli
odierni
politicanti
di
Francia
,
i
generali
famosi
,
allora
rincatucciati
per
la
paura
,
e
in
oggi
spavaldi
,
ben
si
avvedrebbero
,
dico
,
che
l
'
italiana
democrazia
non
mancò
al
proprio
dovere
e
che
,
superando
ostacoli
a
lei
frapposti
dalla
mancanza
di
mezzi
e
dalla
vigilanza
la
più
sospettosa
del
timido
governo
del
re
,
corse
volenterosa
all
'
appello
.
Ed
i
Digionesi
con
quel
buon
senso
che
suol
distinguere
i
popoli
,
non
tardarono
a
esserne
più
che
convinti
ed
a
dimostrarcelo
con
ripetuti
segni
di
sincera
affezione
.
Nel
ridurmi
a
casa
difatti
ebbi
la
prova
più
luminosa
della
fiducia
generale
che
si
nutriva
in
Garibaldi
ed
in
noi
;
dappertutto
non
si
faceva
che
domandar
notìzie
e
porgere
elogi
all
'
eroico
Ricciotti
e
alla
sua
valorosa
brigata
;
i
nomi
di
Menotti
,
di
Canzio
volavano
accompagnati
da
lodi
,
per
tutte
le
bocche
;
e
le
donne
con
quel
sentimento
gentile
,
che
ci
rende
caramente
diletto
quel
sesso
che
,
sembra
,
esser
stato
messo
quaggiù
per
asciugare
le
lacrime
e
per
darci
un
pietoso
conforto
in
mezzo
alle
disillusioni
e
all
'
affanni
,
accoppiavano
a
questi
nomi
,
omai
resi
gloriosi
,
quello
non
meno
caro
,
quantunque
modesto
,
di
Teresita
.
È
stato
detto
che
la
superstizione
è
la
poesia
dell
'
ignoranza
:
io
,
quando
vidi
in
capo
alla
strada
,
dove
abitavo
,
le
donne
affollarsi
a
pregare
davanti
a
un
'
immagine
,
per
Garibaldi
,
per
noi
,
per
la
Francia
,
aspirai
tutto
il
profumo
di
questa
ingenua
poesia
,
e
rimasi
a
contemplare
estatico
quel
gruppo
,
che
avrebbe
offerto
a
un
pittore
un
'
invidiabile
quadretto
di
genere
,
e
che
a
me
offriva
un
certo
tal
qual
refrigerio
di
cui
non
so
farmi
ragione
.
Il
male
però
progrediva
spaventosamente
:
mi
martellavano
le
tempie
;
avevo
perduto
la
voce
,
le
gambe
mi
reggevano
appena
.
Passando
dalla
bottega
della
tabaccaia
,
vi
entrai
,
e
mi
buttai
rifinito
su
di
una
seggiola
.
La
graziosa
fanciulla
,
affidata
alle
cure
della
bottegaia
,
si
svestiva
in
quel
mentre
della
sua
cappa
di
appartenente
all
'
ambulanza
;
aveva
già
visitato
tutti
gli
ospedali
della
città
,
aveva
già
fatto
amicizia
con
tutti
i
feriti
Prussiani
:
mi
disse
tutto
questo
d
'
un
fiato
,
senza
che
la
potessi
interrompere
;
quando
io
cominciai
a
parlare
,
la
buona
ragazza
sentendo
la
mìa
voce
roca
,
esaminandomi
fissamente
nel
volto
,
con
tono
affettuoso
mi
disse
:
Ma
voi
avete
bisogno
delle
mie
cure
...
voi
siete
malato
.
-
Che
...
non
è
nulla
!
-
Oh
voi
dovete
curarvi
...
andare
a
letto
!
-
Vi
pare
...
qui
...
in
faccia
al
nemico
...
-
Il
nemico
ha
di
catti
a
rifarsi
di
forze
,
e
credo
che
non
avrà
intenzione
di
riattaccare
.
-
Ammettiamolo
pure
:
Ma
che
vorreste
...
che
io
passassi
uno
,
due
,
forse
tre
giorni
solo
,
come
un
cane
?
...
-
Siete
ingiusto
...
voi
dimenticate
gli
amici
...
-
Son
tutti
occupati
...
-
E
...
le
amiche
?
Ficcandomi
gli
occhi
negli
occhi
proferì
la
ragazza
.
-
Le
amiche
!
-
Sì
andate
ed
ei
vi
prometto
di
venirvi
a
far
visita
,
di
passare
la
maggior
parte
della
giornata
da
voi
.
-
Davvero
?
-
Sul
mio
onore
...
via
,
via
andate
...
non
fate
il
bambino
...
il
vostro
sarebbe
un
eroismo
inutile
...
-
E
tanti
altri
bei
discorsi
,
che
uniti
al
male
che
mi
sentivo
in
dosso
,
e
alla
voglia
di
aver
dei
colloqui
intimi
con
quella
gentile
infermiera
,
di
cui
avevo
imparato
ad
ammirare
il
carattere
,
mi
persuasero
a
cacciarmi
nel
letto
,
deciso
però
di
non
badare
a
prescrizione
veruna
del
medico
,
o
di
chicchessia
,
qualora
avessi
udito
suonare
a
raccolta
le
trombe
,
o
tuonare
il
cannone
.
Dopo
poco
ero
a
letto
;
a
letto
,
con
una
tazza
di
tisana
a
me
vicina
sul
comodino
,
apprestatami
dalla
mia
gentilissima
ospite
.
CAPITOLO
XVIII
.
Se
il
trovarsi
ammalato
lontano
dai
suoi
,
in
terra
dove
siamo
sconosciuti
,
nella
solitudine
,
che
,
a
detta
di
Pascal
,
fa
giocare
persino
alle
carte
con
se
medesimi
,
in
generale
è
una
disgrazia
,
godo
nel
dire
che
io
feci
eccezione
alla
regola
.
La
solitudine
che
io
temeva
,
non
l
'
ebbi
a
provare
che
in
qualche
momento
,
gentili
premure
,
assistenza
più
che
fraterna
,
riguardi
inconcepibili
non
mi
fecer
difetto
ed
io
serberò
riconoscenza
indelebile
per
le
generose
creature
che
,
ispirandosi
al
santo
amor
della
patria
e
dell
'
umanità
,
con
le
loro
attenzioni
resero
meno
tristi
le
travagliate
ore
di
un
povero
malato
.
Se
questi
miei
ricordi
varcassero
le
Alpi
,
io
l
'
avrei
caro
soltanto
per
mostrare
ai
miei
pietosi
assistenti
che
sotto
la
camicia
Rossa
del
Garibaldino
non
batte
il
cuore
di
un
ingrato
,
ma
che
,
finché
campa
,
egli
serba
una
soave
reminiscenza
di
chi
gli
fece
del
bene
.
Appena
da
un
'
ora
ero
in
letto
,
quando
capitò
la
mia
vaga
vicina
in
perfetto
abbigliamento
da
infermiera
:
andò
al
camminetto
,
attizzò
il
fuoco
e
mi
preparò
della
nuova
tisana
;
poi
mi
disse
che
più
tardi
avrebbe
portato
anche
il
medico
,
e
cominciò
a
tirar
fuori
boccette
d
'
essenze
,
scatole
di
pasticche
e
,
quel
che
più
m
'
importava
dei
libri
...
e
che
libri
!
...
Le
poesie
di
Alfredo
di
Musset
e
un
paio
di
romanzi
di
Walter
Scott
;
un
libro
è
un
grande
amico
nella
solitudine
ed
io
salutai
quei
libri
con
la
medesima
gioia
con
cui
si
salutano
gli
amici
più
cari
.
Per
quella
sera
però
non
potei
leggere
:
le
palpebre
mi
si
erano
appesantite
:
un
sonno
profondo
,
prodotto
dalle
febbre
,
mi
rese
inerte
durante
tutta
la
notte
.
Al
mattino
stavo
un
pò
meglio
;
pregai
Materassi
e
Bocconi
che
stavano
di
casa
con
me
di
tenermi
informato
a
puntino
di
quanto
sarebbe
successo
,
e
di
non
por
tempo
in
mezzo
per
venire
a
avvisarmi
,
se
vi
fosse
stata
la
probabilità
di
un
nuovo
attacco
.
Cosa
d
'
altronde
poco
probabile
,
chè
i
Prussiani
ne
avevano
buscate
anche
troppe
!
Erano
trascorse
due
ore
buone
e
nessuna
notizia
erami
per
anco
arrivata
:
io
tentava
,
per
passare
il
tempo
di
legger
qualchecosa
,
ma
,
quantunque
ciò
che
leggevo
fosse
bellissimo
,
il
mio
pensiero
volava
lontano
lontano
,
nientemeno
che
fino
a
Firenze
.
I
miei
occhi
percorrevano
macchinalmente
quelle
linee
stampate
,
le
mie
mani
sempre
macchinalmente
sfogliavano
quelle
pagine
,
ma
io
non
mi
occupava
per
nulla
di
ciò
che
credevo
leggere
,
che
anzi
leggevo
di
certo
.
Pensavo
alla
mia
povera
mamma
già
morta
:
chi
le
avesse
detto
,
quando
proibiva
al
bambino
di
correre
,
di
pigliar
fresco
,
di
saltare
,
chi
l
'
avesse
detto
che
il
bambino
diventato
uomo
,
si
avesse
a
trovare
nella
situazione
nella
quale
mi
trovavo
io
in
quel
momento
?
...
Povere
mamme
...
povere
le
vostre
cure
!
...
sarà
una
stranezza
la
mia
:
ammiro
la
donna
spartana
,
ma
anco
molto
di
più
la
povera
vecchia
che
,
da
vera
bacchettona
,
si
strascina
a
malapena
a
un
'
altare
,
onde
implorar
dal
Cielo
che
mai
certe
ideacce
frullino
nella
mente
di
quel
figliuolo
,
a
cui
vol
tanto
bene
...
Eppoi
la
solitudine
mi
spaventava
.
-
O
cosa
fanno
tutti
i
miei
amici
?
..
Perche
non
vengono
?
...
E
se
si
battessero
?
...
Oh
così
la
non
può
durare
...
oh
!
molto
meglio
una
palla
e
farla
finita
per
sempre
!
...
Fu
bussato
dolcemente
alla
porta
.
Quale
non
fu
la
mia
sorpresa
,
quando
,
dopo
aver
detto
:
entrate
,
io
vidi
comparire
in
compagnia
della
vecchia
padrona
,
due
graziose
figurine
,
di
donna
degne
proprio
dell
'
elegante
pennello
dell
'
ispirato
Wattau
.
Le
principesse
invisibili
si
erano
finalmente
degnate
di
scendere
dall
'
Olimpo
per
visitare
un
mortale
...
quelle
due
signorine
erano
le
figlie
del
proprietario
del
nostro
ricco
palazzo
:
le
medesime
,
per
veder
le
quali
avevamo
tanto
almanaccato
nelle
molte
ore
d
'
ozio
che
avevano
preceduto
le
tre
giornate
di
combattimento
.
La
fama
questa
volta
non
era
bugiarda
;
vi
assicuro
che
erano
proprio
carine
;
modeste
,
educate
,
geniali
...
tanta
fu
la
mia
sorpresa
che
non
sapevo
cosa
dire
,
e
sul
primo
devo
aver
fatto
la
figura
del
collegiale
più
candido
che
sia
mai
scappato
dall
'
unghie
dei
reverendissimi
maestri
.
Si
trattennero
una
mezzora
;
dissero
,
secondo
il
solito
,
ira
di
Dio
dei
Prussiani
,
canzonarono
i
moblots
inalzarono
al
cielo
i
Garibaldini
;
parlarono
dell
'
Italia
e
del
desiderio
intensissimo
che
aveano
di
vederla
,
mi
fecero
con
mille
moine
trangugiare
altri
due
bicchieri
di
tisana
,
e
protestando
di
non
volere
più
oltre
importunarmi
,
si
accomiatarono
,
promettendomi
di
tornar
la
sera
a
farmi
visita
.
Ero
tutt
'
ora
sotto
la
dolce
impressione
di
questa
visita
inaspettata
,
quando
con
strepito
immenso
entrò
Materassi
,
seguito
da
uno
sciame
di
Guide
.
-
Notizie
?
-
Domandai
subitamente
.
-
Nessuna
.
-
La
cronaca
del
giorno
?
-
Ah
...
La
Corte
Marziale
ha
condannato
a
dodici
anni
di
galera
una
guardia
mobile
che
non
ha
voluto
ricevere
un
'
ordine
dal
suo
tenente
.
-
Hai
detto
una
guardia
mobile
?
-
Benissimo
!
...
Meglio
in
galera
che
averli
tra
i
piedi
!
-
Approvato
-
Urlarono
tutti
.
-
Di
più
-
Continuò
il
Materassi
-
Sembra
che
i
Prussiani
marcino
su
Dòle
...
tentando
così
di
prenderci
in
mezzo
...
-
O
di
avere
altre
briscole
!
-
Speriamo
che
debba
succeder
così
!
Del
resto
per
oggi
puoi
restar
tranquillamente
a
letto
;
da
tutti
i
lati
della
città
per
ben
molte
miglia
è
impossibile
rintracciare
un
Tedesco
,
e
noi
siamo
venuti
qui
per
far
l
'
ora
di
andare
al
trasporto
di
Ferraris
...
credi
che
per
oggi
non
ci
è
timore
di
alcuna
cosa
!
...
Dopo
poco
entrarono
in
camera
mio
fratello
,
i
due
Piccini
e
vari
altri
;
si
poteva
creder
benissimo
di
essere
in
una
caserma
;
per
ammazzare
il
tempo
vari
si
posero
a
giocare
alle
carte
:
alcuni
altri
chiesero
aiuto
alle
muse
,
e
si
misero
a
sciorinare
ottave
,
sonetti
,
rispetti
con
una
facilità
più
che
Arcadica
.
Fra
le
altre
birbonate
,
sentii
un
rispetto
non
molto
bruttaccio
,
e
lo
regalo
ai
lettori
,
se
non
altro
onde
mostrare
che
a
tu
per
tu
colla
morte
,
colla
corte
Marziale
,
e
col
linguaggio
barbino
dei
superiori
e
dei
regolamenti
,
qualcuno
alla
meglio
o
alla
peggio
trovava
il
momento
di
dedicarsi
alle
arti
gentili
.
Il
rispetto
era
dedicato
ai
Franchi
Tiratori
,
a
questi
Beniamini
della
situazione
.
Eccolo
:
«
Son
della
patria
un
Franco
tiratore
E
vo
pei
monti
a
caccia
dei
Prussiani
:
Amor
mi
spinge
contro
all
'
oppressore
,
Amor
dei
cari
miei
,
che
or
son
lontani
:
Tra
il
fragor
dei
fucili
e
del
cannone
,
Siccome
a
nozze
,
corro
alla
tenzone
:
Venga
l
'
Ulano
dall
'
acuta
lancia
...
Io
non
ritiro
il
piè
...
Viva
la
Francia
!
Vengan
di
Prussia
i
difensor
più
saldi
...
Io
qui
l
'
attendo
...
Evviva
Garibaldi
!
»
Ogni
tanto
la
padrona
di
casa
,
veniva
a
pigliar
mie
notizie
,
dava
un
'
occhiata
a
quei
gruppi
e
se
ne
andava
proferendo
con
amabil
sorriso
:
Oh
les
braves
garcons
!
L
'
ora
di
assistere
alla
cerimonia
pietosa
in
onore
del
compianto
Ferraris
si
avvicinava
a
gran
passi
,
e
i
miei
amici
mi
lasciaron
solo
di
nuovo
:
questa
partenza
che
lì
per
lì
mi
uggiva
non
poco
,
doveva
procacciarmi
un
paio
d
'
ore
di
felicità
,
se
almeno
la
felicità
si
valuta
dalla
maggiore
o
minor
prestezza
con
la
quale
volan
gli
istanti
...
quelle
due
ore
mi
sembrarono
infatti
appena
un
minuto
,
ed
eccone
la
ragione
.
Leggevo
con
più
attenzione
del
solito
una
delle
più
bella
poesie
del
Musset
,
poesia
un
po
'
materialista
,
se
vogliamo
,
ma
non
per
questo
meno
ispirata
;
il
fino
contorno
di
una
gamba
elegante
,
ed
il
piccolo
piede
di
una
figlia
d
'
Eva
,
attraente
come
la
colpa
,
erano
ivi
tratteggiate
con
una
finezza
indicibile
dal
poeta
più
simpatico
della
Francia
moderna
:
il
mio
pensiero
vagava
per
orizzonti
tutt
'
altro
che
Platonici
e
la
mia
immaginazione
esaltata
riandava
i
bei
piedini
ed
i
fini
contorni
di
certe
gambe
,
che
lo
zeffiro
compiacente
come
un
ufficiale
d
'
ordinanza
di
un
re
,
tante
volte
aveva
svelato
al
povero
bohème
che
dalla
porta
di
un
caffè
vede
a
trasvolarsi
davanti
,
come
una
visione
,
le
belle
del
mondo
privilegiato
.
Leggera
quasi
farfalla
,
senza
che
io
la
veda
,
si
è
avvicinata
al
mio
letto
la
gentile
infermiera
,
la
pietosa
visitatrice
di
tutte
le
ambulanze
:
Essa
mi
guarda
in
silenzio
;
alla
mia
volta
io
la
guardo
e
sto
zitto
.
Per
cotesto
,
si
principia
benino
!
Finalmente
lei
rompe
il
ghiaccio
,
e
colla
sua
vocina
simpatica
la
comincia
:
Non
ho
potuto
portare
il
medico
,
come
vi
avevo
promesso
.
-
Non
importa
...
-
Vi
sentite
meglio
?
-
Tanto
meglio
che
domani
mattina
esco
di
casa
.
-
Voi
non
commetterete
questa
pazzia
!
Ve
lo
proibisco
in
nome
di
vostra
madre
...
pensate
alla
povera
donna
che
forse
vi
aspetta
...
-
Mia
madre
è
morta
!
Proferisco
un
po
'
commosso
all
'
evocazione
di
tale
ricordo
..
-
A
vostro
padre
...
-
Continua
più
affettuosamente
la
cara
fanciulla
.
-
È
morto
!
-
Replico
in
tuono
brusco
-
Dunque
siete
orfano
?
..
-
Purtroppo
!
-
Avrete
una
bella
però
?
...
confessatelo
?
-
No
.
-
È
impossibile
!
-
Ve
lo
garantisco
.
Osservo
che
la
mia
interlocutrice
arrossisce
molto
facilmente
ed
ha
un
nasino
rétroussé
graziosissimo
.
Altri
due
minuti
di
silenzio
.
-
Ebbene
vi
farò
da
sorella
.
Come
vi
chiamate
?
-
Ettore
..
e
voi
?
-
Luisa
!
-
Ho
appunto
una
sorella
che
si
chiama
come
voi
.
-
Benissimo
!
..
Allora
ci
faremo
confidenze
reciproche
.
-
Va
bene
?
-
A
meraviglia
!
Cominciate
voi
,
che
mi
avete
fatto
tante
domande
e
rispondetemi
a
tuono
...
E
voi
...
?
Non
mi
azzardo
a
continuare
,
ma
l
'
altra
capisce
alla
prima
e
volendo
soddisfare
a
quel
sentimento
di
vanità
,
prerogativa
del
sesso
debole
in
generale
e
delle
Francesi
in
particolare
,
si
affretta
a
rispondermi
:
Ah
!
..
Io
appena
sarà
finita
la
guerra
ho
da
essere
sposa
..
-
E
chi
è
il
fortunato
?
..
-
È
...
Ve
lo
do
a
indovinare
tra
mille
...
-
Non
saprei
...
qui
non
conosco
nessuno
.
-
È
nientemeno
che
un
ufficiale
Badese
.
-
Un
vostro
nemico
?
-
Io
non
ho
alcun
nemico
.
-
Ma
...
che
so
io
...
un
oppressore
.
-
Che
ci
han
che
fare
quei
poveri
diavoli
!
..
Oh
!
sentiste
come
la
pensa
anche
lui
!
...
scommetto
,
che
se
vi
avvicinaste
,
in
pochissimo
tempo
diventereste
amici
del
cuore
.
È
tanto
buono
,
è
così
generoso
!
-
Sarà
..
ma
dove
l
'
avete
conosciuto
?
-
Qui
all
'
epoca
dell
'
occupazione
:
egli
mi
chiese
in
tutte
le
regole
ed
io
acconsentii
.
Cosa
strana
,
egoistica
,
tutto
quel
che
volete
!
Io
non
sentivo
nulla
per
quella
donna
,
ma
provai
dispetto
ad
udir
quella
confessione
,
che
così
ingenuamente
venivami
fatta
:
per
cui
non
potei
fare
a
meno
di
diventar
brusco
;
Luisa
se
ne
avvide
e
per
placarmi
si
chinò
su
me
e
le
di
lei
labbra
sfioraron
le
mie
;
non
l
'
avesse
mai
fatto
!
..
un
fuoco
di
fila
di
baci
,
tutt
'
altro
che
fraterni
,
echeggiò
sotto
il
padiglione
nuziale
che
adornava
il
mio
letto
.
Povero
ufficiale
Badese
,
io
mi
prevaleva
un
po
'
troppo
dei
diritti
del
vincitore
,
ma
ora
ti
auguro
un
brevetto
di
colonnello
,
una
croce
dell
'
aquila
nera
,
un
'
eredità
di
un
mezzo
milione
,
purché
tu
renda
felice
la
mia
assidua
assistente
!
Era
tanto
carina
,
quando
partì
,
imbacuccata
nel
suo
water
-
proof
!
Giunta
alla
porta
tornò
indietro
,
si
levò
di
tasca
una
medaglina
,
me
l
'
attaccò
al
collo
...
io
la
lasciai
fare
:
era
una
medaglia
della
vergine
madre
...
oh
!
religione
!
...
Eppure
non
ho
mai
abbandonato
quel
microscopico
pezzetto
d
'
argento
:
non
fremano
i
liberi
pensatori
:
io
tengo
molto
alla
religione
...
dei
gentili
ricordi
!
Partita
lei
,
tornarono
le
padroncine
e
insieme
alla
vecchia
vollero
servire
il
mio
desinare
da
ammalato
:
le
più
squisite
galanterie
,
che
l
'
arte
e
l
'
umana
ghiottoneria
hanno
inventato
pei
convalescenti
,
mi
si
portarono
davanti
;
a
siffatta
gentilezza
,
a
vedere
intorno
a
me
le
due
creaturine
che
sembravano
angeli
,
mi
vennero
le
lacrime
agli
occhi
.
Gli
spiriti
forti
hanno
poco
da
ridere
:
Campanella
,
il
quale
non
era
certo
un
debole
nè
una
donnicciola
,
rifugiatosi
a
Marsiglia
per
sfuggire
alle
persecuzioni
ha
confessato
di
aver
sostenuto
a
ciglio
asciutto
prigionia
e
tortura
e
di
aver
pianto
sperimentando
l
'
opera
benefica
dell
'
illustre
Pereiscius
che
l
'
ospitò
:
ed
io
che
avevo
non
un
Pereiscius
,
ma
delle
donne
e
molto
belline
,
per
ospiti
e
che
ancora
non
ho
provato
torture
,
potevo
piangere
come
il
celebre
perseguitato
dalla
Corte
di
Roma
.
«
Cosa
bella
e
mortal
passa
e
non
dura
»
.
La
campana
dei
vespri
mi
rapì
la
genial
compagnia
:
in
quella
famiglia
erano
religiosissimi
,
come
in
quasi
tutte
le
famiglie
delle
classi
aristocratiche
e
borghesi
di
Francia
.
Mai
ho
maledetto
San
Paolino
di
Nola
e
la
sua
sconsacrata
invenzione
delle
campane
,
come
lo
feci
in
quella
sera
.
E
a
rincarar
la
dose
del
mio
malumore
,
capitarono
gli
amici
.
Avevano
accompagnato
la
salma
del
Ferraris
,
ma
,
colla
teorica
degli
antichi
Romani
,
dopo
i
funerali
erano
andati
alle
mense
,
e
ciò
si
vedeva
chiaramente
dalle
accese
loro
fisonomie
,
dal
lor
modo
di
muovere
i
passi
.
Il
Piccini
entrò
traballando
,
e
parlando
un
francese
che
non
si
capiva
nè
da
Italiani
nè
da
Francesi
:
ogni
poco
interrompeva
il
bisticcio
per
vociare
:
le
saucisson
de
Lyon
...
en
avant
Garibaldiens
...
Cosa
credeva
di
dire
,
non
giungemmo
mai
a
capirlo
nemmeno
da
lui
!
...
Il
Dio
Bacco
l
'
aveva
inalzato
,
a
dir
poco
,
alla
ventesima
potenza
dell
'
ebrietà
,
e
quando
si
mise
a
sedere
attaccò
un
tal
sonno
,
che
per
portarlo
via
ci
vollero
persino
dei
pugni
.
Giunsi
a
comprendere
in
tanto
baccano
che
il
funebre
trasporto
era
stato
imponentissimo
e
che
Canzio
aveva
proferito
generose
e
ben
degne
parole
sulla
tomba
del
figlio
prediletto
della
democrazia
Torinese
.
Dopo
aver
rimesso
un
polmone
,
o
poco
meno
,
per
mandar
via
di
camera
tutti
quegli
indiavolati
mi
addormentai
saporitamente
...
Con
poche
ore
di
riguardo
e
di
calma
il
mio
male
era
passato
.
CAPITOLO
XIX
.
Non
ascoltando
i
consigli
degli
amici
,
io
me
ne
andai
il
giorno
dipoi
,
secondo
il
solito
,
al
quartiere
,
e
secondo
il
solito
,
non
vi
rinvenni
alcuno
.
Facendo
necessità
virtù
,
mi
misi
a
girellar
per
la
piazza
,
molto
più
deserta
dell
'
ordinario
.
I
volontarii
erano
stanchi
e
dopo
essersi
battuti
,
come
leoni
sul
campo
,
avevano
anche
ragione
,
se
voleano
riposarsi
:
si
sapeva
che
i
nostri
esploratori
erano
giunti
fino
a
Messigny
senza
rintracciare
il
più
piccolo
vestigio
dell
'
inimico
,
e
il
Garibaldino
ha
un
'
avversione
pronuziatissima
per
far
l
'
eroe
per
chiassata
.
Tutti
coloro
che
han
fegato
sono
scansafatiche
per
eccellenza
:
può
sembrare
alla
prima
un
'
assurdo
,
ma
ho
provato
che
è
vero
.
Dopo
poco
rintoppai
il
nostro
tenente
Ricci
,
che
aveva
domicilio
e
stanza
d
'
ordini
su
quella
piazza
.
-
Il
generale
è
contentissimo
di
voi
-
Mi
disse
con
la
soddisfazione
sul
volto
-
Dovreste
fare
un
ordin
del
giorno
?
-
Chi
?
...
io
?
-
No
...
Miquelf
...
-
O
non
sei
tu
il
comandante
il
deposito
?
-
Che
deposito
d
'
Egitto
!
-
e
qui
una
bestemmia
in
Romagnolo
-
io
non
ne
voglio
saper
nulla
...
che
faccia
lui
,
che
sa
tutto
-
e
qui
una
litania
d
'
improperi
alle
spalle
del
sottotenente
.
Era
sempre
così
;
una
lotta
continua
,
un
ricambiarsi
perpetuo
d
'
impertinenze
,
che
ci
facevano
godere
amenissime
scene
:
Miquelf
non
sapeva
l
'
Italiano
,
il
Ricci
non
conosceva
neanche
di
vista
il
Francese
,
per
cui
noi
si
rideva
e
le
cose
del
deposito
andavano
a
vanvera
.
Dopo
essermi
assicurato
che
nulla
di
nuovo
eravi
al
quartier
generale
,
lasciai
il
mio
tenente
,
e
presi
la
Rue
Condè
.
Vidi
alle
cantonate
delle
città
una
nuova
sentenza
della
corte
marziale
;
questo
tribunale
,
istituito
dal
dittatore
Gambetta
,
continuava
a
terrorizzare
l
'
esercito
,
e
solo
,
mercè
l
'
influenza
benigna
di
Garibaldi
,
ora
si
addimostrava
assai
più
benevole
di
quando
fu
impiantato
;
sul
principio
non
erano
che
sentenze
di
morte
:
per
il
nonnulla
più
piccolo
non
si
esitava
a
decretare
la
fucilazione
di
un
soldato
:
in
Autun
fu
ucciso
perfino
un
volontario
,
che
,
affamato
,
aveva
rubato
una
gallina
...
A
Digione
per
colpe
così
gravi
,
ci
si
contentava
di
mandar
l
'
uomo
in
galera
!
Lo
spirito
bizzarro
dei
Garibaldini
però
aveva
ridotto
a
materia
di
scherzo
questo
tribunale
il
cui
nome
faceva
venir
la
pelle
d
'
oca
ai
birbanti
.
Il
gran
giudice
veniva
chiamato
Bertoldino
:
il
codazzo
dei
sommi
consulenti
erano
additati
come
le
comparse
della
giustizia
,
o
come
le
guardie
di
sicurezza
della
libertà
.
Guardia
di
sicurezza
nel
linguaggio
di
uno
scavezzacollo
significa
,
un
animale
irragionevole
che
ha
del
pagliaccio
e
delle
birbante
,
del
coniglio
e
dell
'
uccello
da
preda
,
sempre
ridicolo
e
spregevole
specialmente
poi
quando
vuol
fare
l
'
eroe
.
Leggevo
la
sentenza
,
quando
mi
sentii
battere
sulla
spalla
e
vidi
Tito
Strocchi
con
un
berrettino
da
sottotenente
.
-
Mi
rallegro
!
-
Esclamai
,
stringendogli
la
mano
.
-
Cosa
vuoi
?
!
Bisogna
rassegnarsi
:
con
questo
alluvione
di
gradi
non
ci
è
ombrello
che
tenga
.
-
Ma
tu
te
lo
meriti
-
Interruppi
io
,
volendo
far
rimarcare
all
'
amico
la
sua
troppa
modestia
-
Ti
hanno
promosso
per
il
tuo
contegno
del
ventitrè
?
-
Sì
...
anzi
volevano
in
tutti
i
modi
portarmi
da
Garibaldi
,
ma
io
mi
vergogno
.
O
anima
eccezionale
!
...
O
vera
mosca
bianca
in
quel
turbinio
di
ambiziosi
sfacciati
!
...
Il
vero
merito
è
modesto
,
ed
è
abbastanza
soddisfatto
dalle
voce
della
coscienza
.
Battano
pur
la
gran
cassa
i
ciarlatani
e
gli
eroi
di
professione
,
facciano
pubblicare
ai
quattro
venti
le
loro
mirabili
gesta
,
chi
ha
fatto
realmente
il
proprio
dovere
non
si
cura
se
l
'
opinione
pubblica
fischi
od
applauda
,
troppo
è
convinto
che
quest
'
opinione
ha
avuto
sempre
un
ghigno
per
il
grande
,
una
lode
e
un
'
applauso
pel
miserabile
.
Digione
era
allegra
:
un
'
insolito
viavai
di
gente
percorreva
le
strade
:
le
donne
venivano
sull
'
uscio
delle
botteghe
per
vederci
passare
e
tutte
avevano
un
sorriso
,
un
complimento
per
noi
...
per
niente
non
avevamo
debellato
i
più
celebri
soldati
della
Pomerania
!
...
Oh
!
giorni
!
...
O
dolcezze
perdute
,
o
memorie
!
...
Dirò
con
quel
povero
Renato
così
tradito
dalla
moglie
e
da
Piave
!
Vicino
alle
caserme
osservai
un
'
affaccendarsi
e
un
movimento
indicibile
.
Si
temeva
forse
che
i
Prussiani
ci
riattaccassero
?
Nemmeno
per
sogno
!
Si
trattava
di
armare
tutti
i
soldati
,
a
qualunque
corpo
appartenessero
,
colle
carabine
Remington
e
in
quell
'
ora
appunto
si
distribuivano
quest
'
armi
.
Questo
provvedimento
fu
commendevolissimo
:
con
tante
specie
di
fucili
,
così
differenti
tra
loro
il
provveder
le
cartucce
per
tutti
,
era
una
cosa
assai
malagevole
:
di
più
,
mi
pare
averlo
detto
altra
volta
,
le
carabine
Wincester
esigevano
una
pratica
d
'
armi
,
una
avvedutezza
in
chi
le
possedeva
,
come
non
si
può
che
raramente
trovare
in
un
corpo
di
giovinetti
,
la
maggior
parte
dei
quali
è
inesperta
al
maneggio
delle
armi
;
nè
minori
cure
esigevano
le
Spencer
,
per
cui
si
trovò
nei
combattimenti
chi
dopo
tre
o
quattro
colpi
si
ridusse
all
'
impossibilità
di
tirare
.
Il
Remington
non
offre
difficoltà
alcuna
,
nè
alcun
pericolo
in
chi
lo
maneggia
.
Il
provvedimento
adunque
fu
magnifico
:
peccato
che
fosse
preso
,
quando
,
pur
troppo
,
non
aveva
ad
esservi
alcun
bisogno
di
armi
.
È
una
cosa
buffa
:
Mi
rammento
che
anche
in
Tirolo
si
cominciò
a
cambiare
gli
schioppettoni
dei
volontarii
in
buone
carabine
di
precisione
,
quando
era
già
segnato
l
'
armistizio
.
Son
le
solite
cose
che
toccano
a
quel
povero
uomo
di
Garibaldi
.
Al
quartier
generale
mi
si
notifica
che
dopo
tre
giorni
è
stato
rinvenuto
il
cadavere
del
prode
Bossak
,
e
che
gli
si
apprestano
funerali
solenni
:
non
funerali
preteschi
,
veli
,
che
di
tali
sciocchezze
all
'
armata
dei
Vosgi
non
se
ne
facevano
di
certo
,
ma
invece
un
'
accompagnatura
con
tutta
la
pompa
che
si
conviene
ad
un
generale
morto
in
battaglia
.
Al
quartier
generale
saluto
affettuosamente
il
capitano
Bacherucci
,
il
cui
battaglione
della
legione
Barelli
,
si
è
coperto
di
gloria
a
Talant
,
sostenendo
sulle
prime
ore
della
sera
l
'
urto
formidabile
degli
irrompenti
battaglioni
Prussiani
e
scaricando
fino
all
'
ultimo
colpo
:
fa
parte
di
quel
battaglione
anche
il
capitano
Romanelli
d
'
Arezzo
,
giovine
veterano
della
guerra
dell
'
Indipendenza
,
e
patriotta
di
tempra
Spartana
;
è
l
'
uomo
più
piccolo
dell
'
armata
dei
Vosgi
,
ma
forse
dei
più
grandi
per
coraggio
:
mi
dicono
che
in
faccia
al
fuoco
ha
voltato
il
cappotto
dalla
parte
della
fodera
rossa
ed
in
tal
modo
ha
sostenuto
per
più
di
mezz
'
ora
l
'
ostinato
fuoco
di
fila
delle
compagnie
nemiche
.
Un
altro
capitano
,
Nizzardo
credo
,
che
è
lì
con
gli
amici
,
con
una
franchezza
piuttosto
brusca
,
senza
conoscermi
,
mi
stringe
forte
forte
la
mano
e
mi
dice
:
finora
credevo
che
le
Guide
non
fossero
buone
che
a
farsi
vedere
per
i
caffè
,
o
a
far
la
corte
a
queste
pettegole
...
ma
l
'
altro
giorno
,
vi
ho
vedute
come
noi
col
fucile
,
tra
il
fischiar
delle
palle
,
bravi
figliuoli
,
vi
rimetto
la
stima
.
Ritrovai
molto
dopo
questo
capitano
,
ma
,
con
mia
grande
meraviglia
,
lo
riconobbi
accanito
più
di
prima
nel
suo
odio
contro
le
Guide
.
Le
penne
dei
nostri
cappelli
erano
il
suo
cauchemar
.
Bisogna
sentire
che
cosa
non
ne
diceva
!
...
E
se
la
bravura
del
nostro
corpo
si
doveva
argomentar
dalle
nostre
penne
,
convengo
che
l
'
amico
non
avea
tutti
i
torti
.
Mai
collezione
più
originale
può
essere
veduta
nel
mondo
!
Chi
ne
aveva
una
lunga
lunga
:
chi
così
piccola
che
per
vederla
ci
volevan
le
lenti
d
'
ingrandimento
:
chi
le
aveva
rossa
,
chi
nera
,
chi
verde
ed
uno
perfino
se
l
'
era
messa
celeste
:
aggiungete
il
colore
sfacciato
dei
molti
cordoni
che
ornavano
la
nostra
uniforme
,
eppoi
ditemi
,
se
capitando
in
pieno
veglione
a
un
teatro
,
non
ci
era
proprio
da
scambiarci
per
una
mascherata
.
-
Se
fossi
io
nei
piedi
del
Generale
-
Borbottò
lasciandomi
il
vecchio
ufficiale
-
vi
pianterei
tutti
nel
treno
.
-
Io
mi
augurai
che
quel
vecchio
non
diventasse
mai
un
pezzo
grosso
nella
nostra
piccola
armata
.
Ritorno
a
bomba
per
far
sapere
ai
lettori
che
la
legione
Ravelli
,
che
noi
non
incontrammo
nel
combattimento
si
era
comportata
strenuame
.
Ravelli
era
stato
leggermente
ferito
,
erano
morti
gli
ufficiali
Giomi
,
Mauroner
,
Falchiero
,
Leviski
e
molti
altri
di
cui
non
so
i
nomi
;
stragrandi
erano
state
le
perdite
della
bassa
forza
.
Lasciai
gli
amici
e
il
capitano
e
mi
avviai
verso
casa
.
Per
quel
giorno
la
repubblica
non
era
in
pericolo
.
Mi
fermai
a
dire
due
sciocchezze
con
la
tabaccaia
;
la
Luisa
mi
rimproverò
perché
io
era
uscito
,
io
le
accennai
che
ritornavo
in
casa
;
ci
si
bisticciò
,
si
fece
la
pace
,
si
rise
eppoi
andai
in
camera
a
scaldarmi
.
Non
sentendo
più
dentro
me
alcun
'
indizio
di
malattia
,
la
sera
me
ne
andai
al
solito
Restaurant
;
vi
entrai
tristo
:
ripensavo
che
l
'
ultima
volta
ci
ero
entrato
insieme
con
Rossi
!
Appena
aprii
l
'
uscio
,
sentii
un
grand
'
urlo
un
urlo
,
come
di
chi
prova
paura
.
Mai
erami
successo
in
tutta
la
vita
di
venire
accolto
in
quel
modo
nè
sapea
farmene
ragione
,
per
quanto
mi
scervellassi
.
L
'
urlo
era
stato
proferito
dalla
proprietaria
,
che
finora
si
era
mostrata
gentilissima
ed
educatissima
a
nostro
riguardo
.
-
O
non
siete
morto
?
-
Mi
disse
finalmente
di
dietro
il
banco
l
'
ostessa
.
-
Ma
io
credo
di
no
!
-
Risposi
immediatamente
.
-
È
impossibile
!
-
Questa
replicò
,
turandosi
gli
occhi
,
quasiché
si
trovasse
al
cospetto
di
un
'
ombra
.
Non
starò
a
riportare
tutte
le
spiegazioni
;
basti
il
sapere
che
gli
amici
mi
avevano
dato
per
morto
,
onde
assister
più
tardi
a
questa
burletta
,
«
On
est
toujours
trâhi
,
què
par
les
siens
.
Come
eran
lunghe
le
serate
a
Digione
!
Cosa
fare
?
...
Gli
altri
ammazzavano
il
tempo
col
fare
frequenti
libazioni
in
onore
del
generoso
paese
che
ci
ospitava
e
del
vino
che
produceva
:
io
non
era
in
stato
di
farlo
:
mi
misi
a
chiacchiera
colla
padrona
ed
insieme
combinammo
che
le
avrei
insegnato
la
lingua
italiana
.
Io
non
so
chi
abbia
inventato
l
'
accento
;
ma
vi
assicuro
che
,
se
gli
arrivassero
le
maledizioni
che
dentro
di
me
gli
scagliai
nel
mio
periodo
magistrale
,
egli
chiederebbe
un
permesso
al
Padre
Eterno
per
fare
una
scappatina
nel
mondo
di
qua
,
onde
sfidarmi
a
duello
...
fu
una
vera
desolazione
!
...
Dite
lunedì
-
dicevo
alla
mia
graziosa
scolara
;
e
lei
:
Lunedi
:
dite
casa
,
e
lei
casà
;
in
sette
o
otto
lezioni
insomma
non
arrivò
che
a
proferire
la
sera
che
noi
partimmo
:
Buonà
serà
.
Povero
fiato
!
...
È
vero
che
se
ci
si
perdeva
di
fiato
,
ci
si
risparmiava
di
borsa
,
e
quello
che
nelle
prime
sere
io
ed
i
miei
compagni
si
pagava
tre
franchi
,
nelle
ultime
si
pagava
un
franco
e
mezzo
e
anche
meno
.
A
proposito
di
mangiare
devo
far
notare
ai
gastronomi
che
avessero
intenzione
di
andare
a
Digione
due
grandi
inconvenienti
:
primo
la
eterna
zuppa
,
che
come
in
tutta
la
Francia
,
si
mangia
indispensabilmente
,
quasichè
non
vi
fossero
fabbricatori
di
paste
:
secondo
l
'
ora
regolare
,
indiscutibile
del
dejuner
e
del
pranzo
.
Un
povero
disgraziato
che
capita
in
città
dopo
le
undici
,
abbia
pure
le
saccoccie
rigurgitanti
di
maranghi
,
farà
la
fine
del
conte
Ugolino
.
Dopo
aver
provato
all
'
albergatrice
che
almeno
per
ora
non
ero
anche
morto
,
ce
ne
andammo
al
café
de
la
Paix
,
dove
un
subisso
di
mobili
raccontavano
mirabilia
degli
ultimi
fatti
.
Tra
questi
predominava
un
capitano
lungo
come
una
pertica
,
elegante
come
un
perfetto
dandy
.
-
Guarda
ha
la
croce
di
Mentana
!
-
Mi
dice
all
'
orecchio
il
furiere
Quaranta
che
in
quella
sera
ci
aveva
accompagnato
.
-
Lascialo
stare
-
Gli
risposi
io
immediatamente
,
ma
conoscendo
l
'
umor
delle
bestie
,
fino
da
quel
momento
previdi
dei
guai
.
Godo
dire
che
i
miei
amici
furono
delicatissimi
e
che
per
parte
nostra
non
sarebbe
nato
certamente
diverbio
di
sorta
.
Si
lasciaron
cadere
inosservate
le
solite
fanfaronate
francesi
,
si
lasciò
correre
su
certi
eroismi
di
cui
si
facevano
belli
questi
Don
Chisciotte
da
dieci
al
centesimo
;
ma
quando
in
mezzo
all
'
attenzione
generale
,
il
gallonato
cosaccio
si
lasciò
scappare
di
bocca
:
Les
Garibaldiens
sont
dès
aventuriers
,
ci
alzammo
tutti
contemporaneamente
da
sedere
e
ci
avvicinammo
a
questi
guerrieri
da
caffè
.
Scommetto
che
il
capitano
non
ci
aveva
veduti
:
me
lo
fa
credere
la
sua
fisonomia
pallida
e
sconvolta
,
che
fece
,
appena
che
ci
vide
vicini
.
-
Rèpetez
,
Monsìeur
,
ce
que
vous
aves
dit
?
-
Urlò
come
un
indemoniato
il
Quaranta
.
-
Je
vous
assùre
...
-
Ah
..
lache
-
E
un
potente
manrovescio
fe
'
capitombolare
sotto
il
biliardo
lo
spilungone
.
Ci
si
era
:
battaglia
campale
:
volavano
banchetti
,
tazze
,
piattini
:
fu
rotto
uno
specchio
e
chi
sa
quanti
bicchieri
:
le
guardie
mobili
sul
primo
tennero
fermo
,
poi
,
peste
e
malconcie
,
se
la
diedero
a
gambe
.
Al
capitano
fu
perfino
tolta
la
sciabola
;
gli
fu
levata
dal
petto
la
croce
e
gli
fu
battuta
sul
naso
.
Che
gusto
schiaffeggiare
un
'
eroe
di
Mentana
,
sputare
in
faccia
a
un
difensore
del
papa
!
..
E
come
se
ne
andò
scorbacchiato
e
confuso
!
...
Traballava
come
un
briaco
e
non
si
azzardava
ad
alzar
gli
occhi
.
Noi
eravamo
rimasti
padroni
del
campo
:
in
cinque
avevamo
messo
in
fuga
una
ventina
di
moblots
.
Che
bella
vittoria
!
E
dire
che
la
padrona
pretendeva
che
le
si
rifacesse
le
spese
dei
danni
,
che
aveale
recato
il
combattimento
!
...
Da
quando
in
qua
il
vincitore
paga
qualche
cosa
dopo
una
battaglia
?
Nella
terra
di
Brenno
,
si
dovrebbe
conoscere
il
tradizionale
:
Veh
victis
!
CAPITOLO
XX
.
Il
giorno
ventisette
gennaio
si
presentò
colla
solita
mancanza
di
ogni
e
qualunque
movimento
strategico
.
Finivo
di
sorbire
un
'
eccellente
tazza
di
caffè
,
quando
vidi
entrare
nella
bottega
il
Perelli
,
sergente
del
nostro
squadrone
,
un
Meneghino
puro
sangue
,
impavido
al
fuoco
,
susurrone
sempre
.
-
Oui
ti
-
Mi
disse
abbordandomi
-
Ti
è
passata
la
malattia
?
..
-
Mi
pare
!
-
Allora
in
servizio
...
-
Questo
poi
...
-
Meno
osservazioni
...
-
E
che
ho
a
fare
!
-
Devi
portare
questo
plico
a
Fontaine
,
quando
sei
lassù
,
piglia
pure
una
cotta
...
te
lo
concedo
.
-
Ma
dimmi
perché
non
ci
vai
tu
?
-
Ecco
lascierò
il
tuono
di
superiore
e
te
lo
chiederò
in
piacere
...
sai
quante
volte
ti
ho
risparmiato
la
guardia
...
se
tu
conoscessi
le
occupazioni
che
ho
!
...
Figurati
,
bisogna
che
contenti
tre
o
quattro
ragazze
...
-
Scusate
,
se
è
poco
!
-
Eh
!
...
non
è
niente
!
non
fo
che
pigliare
la
rivincita
di
ciò
che
fecero
i
Francesi
da
noi
nel
cinquantanove
...
d
'
altronde
i
Garibaldini
son
troppo
necessari
all
'
Umanità
e
per
conto
mio
,
cerco
tutte
le
strade
per
eternarne
la
razza
...
-
Va
bene
...
dunque
parto
!
-
Addio
!
Il
plico
che
avevo
a
portare
era
per
un
certo
Meyssac
o
Meglac
salvo
errore
,
maggiore
dei
mobilizzati
dell
'
Ain
.
Mi
aggrego
il
tromba
delle
Guide
,
un
Romagnolo
che
ha
la
pretesa
di
far
dello
spirito
.
Infatti
,
passando
sotto
la
chiesa
di
Nôtre
Dame
,
chiesa
mezzo
rovinata
,
la
sbircia
ben
bene
eppoi
dice
:
I
Francesi
non
credono
alla
verginità
di
Maria
...
-
E
perchè
?
-
Perchè
in
tal
caso
la
chiamerebbero
nôtre
demoiselle
!
Chiedo
scusa
ai
lettori
per
il
disgraziatissimo
tromba
.
Passammo
la
barriera
e
rivedemmo
quei
luoghi
tanto
illustrati
dai
recenti
combattimenti
;
non
un
cadavere
si
vedeva
per
l
'
immensa
estensione
:
solo
qualche
albero
stroncato
,
qualche
muro
disfatto
,
qualche
casa
scortecciata
,
crivellata
dalle
palle
faceva
supporre
la
tremenda
tenzone
che
si
era
svolta
in
quei
luoghi
.
Un
sole
bellissimo
,
come
mai
avevamo
veduto
dacché
eravamo
arrivati
in
Francia
,
ripercoteva
i
suoi
raggi
in
quella
campagna
squallida
e
tetra
,
o
che
forse
tale
ci
appariva
al
ricordo
di
tante
generose
esistenze
che
ivi
erano
state
tolte
alla
patria
,
agli
amici
per
saziare
la
indomabile
sete
di
sangue
che
suole
distinguere
i
re
.
Giunti
a
Fontain
andammo
per
informazioni
alla
scuola
,
che
per
la
prima
ci
si
parava
davanti
.
Domandammo
ad
un
uomo
in
blouse
turchina
che
era
sulla
porta
,
dove
si
trovasse
il
maestro
.
Con
nostra
gran
sorpresa
ei
ci
rispose
che
il
maestro
era
lui
.
Tutte
le
attribuzioni
che
Sue
nel
Martino
il
Trovatello
dà
ai
maestri
campagnoli
non
sono
che
vere
,
come
vero
purtroppo
è
il
meschino
stipendio
con
cui
vengono
retribuiti
nella
grande
Nation
.
Il
maestro
rimette
l
'
orologio
della
parrocchia
,
suona
le
campane
,
pulisce
il
giardino
,
spazza
le
scale
,
fa
tutto
...
tutto
quello
che
troppo
repugna
al
gran
ministero
dell
'
insegnamento
.
È
una
cosa
desolante
!
...
Nei
più
piccoli
borghi
è
proibita
la
mendicità
,
e
si
fa
languir
quasi
di
fame
questo
pover
'
uomo
che
suda
,
che
si
affatica
per
provvedere
il
pane
intellettuale
ai
poveri
Paria
della
montagna
.
Il
maestro
fu
con
noi
gentilissimo
,
conosceva
il
posto
a
cui
noi
dovevamo
arrivare
,
e
c
'
insegnò
una
scorcitoia
;
questa
scorcitoia
doveva
procurarci
degli
impicci
gravissimi
.
Avevamo
appena
passato
un
viottolo
,
che
una
voce
imponente
,
ci
grida
:
Qui
vive
,
e
cinque
o
sei
canne
di
fucili
si
abbassano
in
nostra
direzione
,
procurandoci
col
loro
barbaglio
una
sensazione
non
troppo
piacevole
.
-
France
!
-
Gridammo
io
e
il
tromba
,
proprio
all
'
unisono
.
-
Alto
...
o
fò
fuoco
!
-
Per
Cristo
!
-
Strilla
il
tromba
-
E
'
son
capaci
di
farlo
!
..
questi
mobili
lontani
dal
fuoco
sono
capaci
di
tutto
.
-
Dove
è
il
capoposto
?
Cominciai
io
avvicinandomi
.
-
Present
-
Declamò
con
burbanza
un
ghiozzo
,
rinfagottato
sotto
un
involto
di
panni
...
un
vero
sacco
di
panni
sudici
legato
in
mezzo
:
e
dietro
a
lui
altri
cinque
o
sei
che
non
aveano
da
invidiargli
nulla
in
bellezza
ed
in
eleganza
si
presentarono
a
noi
con
baionetta
calata
,
e
con
quel
piglio
da
eroe
che
suole
assumere
l
'
uomo
che
esponendosi
a
un
pericolo
è
sicuro
della
vittoria
.
-
A
noi
-
replicai
io
immediatamente
-
Ci
ho
qui
un
plico
da
consegnare
al
vostro
capitano
,
conducetemi
a
lui
,
chè
non
ho
tempo
da
perdere
.
-
Assicuratevi
bene
di
loro
-
Comandò
ai
suoi
uomini
il
capoposto
,
e
poi
rivoltosi
a
noi
con
fare
sdegnoso
,
borbottò
:
seguiteci
.
Il
capitano
era
in
una
specie
di
bettola
,
ridotta
lì
per
lì
in
stanza
d
'
ordine
;
era
un
coso
rimpresciuttito
,
che
parea
proprio
dovesse
regger
l
'
anima
coi
denti
:
sdraiato
su
di
una
poltrona
impagliata
,
teneva
tra
le
labbra
la
pipa
,
di
cui
si
divertiva
ad
esaminare
con
certa
voluttà
le
nuvolette
grigiastre
di
fumo
,
che
man
mano
andavano
a
dileguarsi
in
quell
'
ambiente
.
Consegnai
il
mio
plico
;
Monsieur
,
così
lo
chiamavano
con
grande
unzione
i
suoi
sottoposti
,
prima
mi
sbirciò
ben
bene
con
tale
ostinazione
che
mi
ridestava
il
pizzicor
nelle
mani
,
poi
cominciò
a
capolvogere
,
e
spiegazzare
quel
povero
foglio
in
tutti
i
versi
,
finalmente
si
decise
a
porvi
gli
occhi
.
Per
maledetta
disgrazia
quell
'
ordine
era
stata
fatto
in
lapis
:
di
qui
non
sto
a
dire
quanto
aumentassero
i
sospetti
in
quella
zuccaccia
ignorante
.
-
C
'
est
un
affair
tres
serieux
-
Proferì
rivoltandosi
al
sergente
Ces
coquins
de
Prussiens
ont
trop
d
'
espions
...
-
poi
di
nuovo
girando
la
faccia
verso
di
me
,
mi
domandò
:
Vous
etes
Polonais
?
-
Non
,
monsieur
,
je
suis
Italien
.
-
Attendes
-
E
senza
dire
ai
nè
bai
,
ci
lasciò
in
asso
in
mezzo
a
quei
mammalucchi
.
Si
aspettò
cinque
minuti
,
se
ne
aspettò
dieci
,
l
'
affare
cominciava
a
diventar
serio
davvero
:
ogni
poco
venivano
a
frotte
dei
mobili
e
ci
guardavano
,
come
se
fossimo
bestie
feroci
:
le
donne
di
casa
,
una
vecchia
e
una
fanciullina
avevano
a
nostro
riguardo
lo
stesso
contegno
:
sbaglio
,
la
fanciullina
ci
faceva
le
boccacce
.
-
O
bada
...
che
le
do
uno
scappellotto
-
Mi
diceva
il
tromba
digrignando
i
denti
.
Io
non
gli
rispondeva
:
se
però
fossero
arrivati
al
Perelli
,
che
ci
aveva
mandati
lassù
,
tutti
gli
accidenti
che
gli
augurai
in
quella
mezz
'
ora
,
il
povero
diavolo
chi
sa
mai
quante
volte
avrebbe
fatto
il
fatale
viaggio
che
gli
avevano
risparmiato
le
palle
prussiane
.
Esaminando
però
tanto
per
ammazzare
la
noia
e
il
malumore
quei
gruppi
di
mobilizzati
che
convenivano
in
quella
stanza
,
sempre
più
mi
convincevo
della
decadenza
tanto
fisica
e
morale
della
disgraziata
nazione
francese
.
Quella
gente
rachitica
,
mingherlina
,
paurosa
non
si
poteva
certamente
chiamare
la
genia
dei
Cimbri
e
dei
Galli
,
l
'
orgia
e
il
deboscio
han
dato
il
colpo
di
grazia
all
'
antica
terra
di
Brenno
e
dei
Druidi
,
l
'
orgia
e
il
deboscio
hanno
ridotto
una
baracca
dei
burattini
la
così
detta
signora
del
mondo
:
qualche
bel
tipo
raramente
si
trova
nei
campagnoli
,
ma
la
gioventù
delle
città
muove
a
schifo
.
Per
me
la
generazione
è
un
diritto
pubblico
,
non
un
diritto
privato
,
e
se
ogni
giorno
si
fanno
,
delle
leggi
per
il
miglioramento
della
razza
equina
e
canina
,
perché
non
si
hanno
da
istituire
delle
leggi
che
provvedano
al
miglioramento
della
razza
umana
?
L
'
uomo
è
il
re
della
natura
,
dicevano
gli
antichi
:
oh
sì
,
che
la
dissero
grossa
...
tra
un
leone
ed
un
gobbo
non
può
esser
dubbio
su
chi
ha
aspetto
più
sovrano
!
E
il
tempo
passava
e
non
il
più
piccolo
indìzio
che
avesse
a
cessare
la
nostra
prigionia
.
-
Si
può
mangiare
?
Domandai
ad
uno
.
Questi
alzò
disdegnosamente
le
spalle
e
se
ne
andò
-
O
guardiamo
,
se
questi
pezzi
d
'
ira
di
Dio
finiscono
col
farci
far
la
morte
del
conte
Ugolino
?
Dopo
un
ora
rientrò
l
'
invitto
duce
,
seguito
da
una
scorta
tutt
'
armata
,
che
ci
prese
nel
mezzo
.
-
E
ora
che
ci
fanno
?
Mi
domandò
con
emozione
il
tromba
.
-
Scommetto
che
ci
fucilano
qui
sulla
piazza
...
raccomandati
l
'
anima
-
Io
gli
risposi
per
ridere
...
Ma
che
brutta
faccia
non
fece
a
tale
annunzio
il
mio
compagno
di
sventura
!
-
Per
Cristo
!
...
Esser
fucilato
dai
Francesi
non
me
l
'
aspettavo
.
I
mobili
ci
accompagnavano
con
fischi
ed
imprecazioni
a
cui
facevano
eco
i
borghigiani
di
tutto
Fontain
che
si
erano
accalcati
lungo
la
via
.
Vidi
che
i
nostri
carnefici
avevano
intenzione
di
ricondurci
in
città
:
per
nostra
buona
fortuna
un
capitano
Nizzardo
tutto
vestito
di
rosso
,
ci
vide
,
ci
riconobbe
(
eravamo
stati
insieme
il
giorno
ventuno
)
fece
una
partaccia
al
capoposto
,
ci
tolse
di
mezzo
ai
soldati
e
ci
condusse
a
bere
con
lui
.
Ci
raggiunse
il
maestro
di
scuola
e
ci
chiese
un
milione
di
scuse
per
averci
cacciati
in
quel
laberinto
.
Gli
facemmo
toccare
il
bicchiere
con
noi
,
e
tutti
insieme
propinammo
alla
felicità
della
Francia
,
di
quella
Francia
i
cui
figli
ci
trattavano
con
tanto
riguardo
.
In
fretta
e
furia
tornammo
a
Digione
al
nostro
quartiere
:
là
ci
furono
date
due
novità
:
la
prima
che
erano
stati
incorporati
nelle
guide
quei
quattro
Pollacchi
,
che
erano
di
scorta
al
generale
Bossak
:
questi
disgraziati
non
sapevano
un
ette
nè
d
'
italiano
,
nè
di
francese
e
poco
tardarono
a
diventare
i
buffoni
dello
squadrone
:
ci
sembravano
bravi
ragazzi
:
ci
guardavano
attoniti
,
ci
offrivano
il
loro
tabacco
,
e
divennero
poi
i
cirenei
del
servizio
:
la
seconda
si
fu
che
Miquelf
con
otto
guide
era
partito
insieme
colla
colonna
dei
Franchi
Tiratori
Alsaziani
,
comandata
dal
maggiore
Bun
,
allo
scopo
di
far
saltare
alcuni
ponti
che
erano
nelle
vicinanze
.
Se
la
partenza
di
Miquelf
ci
fece
tutti
respirare
dalla
contentezza
,
il
perdere
anche
per
pochi
giorni
Materassi
e
altri
amici
lasciò
un
voto
intorno
a
noi
.
Una
ben
più
dolorosa
notizia
doveva
però
poco
dopo
recarci
turbamento
:
il
generale
Cremmer
aveva
abbandonato
Dôle
,
lasciandoci
così
quasi
accerchiati
dai
Prussiani
,
rimanendo
libera
,
al
caso
di
una
ritirata
,
soltanto
la
via
di
Lyon
.
Il
generale
Cremmer
pareva
messo
a
bella
posta
a
noi
vicino
per
scombuiare
i
disegni
del
pro
'
Garibaldi
:
a
Baune
attaccando
intepestivamente
il
fuoco
e
non
volendo
servirsi
dell
'
aiuto
del
nostro
piccolo
esercito
aveva
dovuto
ritirarsi
,
mettendo
i
nostri
in
falsa
posizione
:
ora
era
la
causa
vera
dell
'
ultimo
disastro
di
Francia
,
poiché
l
'
armata
di
Bourbaki
nella
disastrosissima
sua
ritirata
avrebbe
potuto
appoggiarsi
a
questo
paese
,
invece
che
di
gettarsi
in
Svizzera
.
Il
governo
della
difesa
nazionale
cominciava
a
prendere
in
considerazione
la
fin
qui
disdegnata
armata
dei
Vosgi
,
e
si
bucinava
in
quei
giorni
che
la
somma
delle
cose
militari
sarebbe
rimessa
nelle
mani
del
general
Garibaldi
:
ottimo
provvedimento
che
,
ne
siamo
certi
,
avrebbe
salvata
la
Francia
e
che
in
allora
reclamava
ogni
ceto
di
cittadini
.
Parigi
non
ancora
arresa
e
coi
suoi
trecentomila
uomini
,
gli
eserciti
dì
Chanzy
e
di
Faidherbe
,
lo
spirito
pubblico
rialzato
con
le
tre
ultime
vittorie
,
una
direzione
franca
,
ardita
,
incorruttibile
non
potevano
non
influire
contro
un
esercito
da
otto
mesi
entrato
in
campagna
,
vittorioso
sì
ma
omai
stanco
di
guerreggiare
in
terra
straniera
,
ma
omai
affralito
dalle
intemperie
del
cielo
,
dalle
malattie
,
dalle
morti
;
io
credo
infine
che
più
fiducia
in
Garibaldi
avrebbe
servito
per
salvare
la
Francia
;
è
una
idea
,
come
un
'
altra
,
e
perché
non
l
'
han
voluta
attuare
,
io
ho
tutto
il
diritto
di
gabellarla
per
ottima
.
Non
vennero
rinforzi
di
uomini
,
ma
furono
però
a
noi
spedite
,
e
giunsero
in
quel
giorno
in
città
,
nuove
batterie
che
,
almeno
a
vederle
,
prometteano
assai
;
Quella
sera
dopo
il
pranzo
ci
saltò
il
ticchio
di
dar
dietro
a
qualche
figlia
del
piacere
,
di
cui
vi
era
in
Digione
un
vero
formicolaio
.
O
sia
che
molte
bocche
vote
di
Parigi
fossero
piovute
nella
capitale
della
vecchia
Borgogna
,
o
che
piuttosto
tutta
quanta
la
Francia
sìa
appestata
da
una
corruzzione
ributtante
,
è
un
fatto
più
che
provato
che
il
cinismo
con
cui
ti
abbordavano
,
che
la
franchezza
con
cui
di
caffè
in
caffè
,
di
bottega
in
bottega
queste
disgraziate
trascinavano
le
loro
grazie
e
la
loro
prestituzione
era
tale
,
che
non
potevi
fare
a
meno
di
sentir
dentro
di
te
un
disgusto
che
non
eri
capace
di
mascherare
:
no
,
non
è
stata
l
'
abilità
degli
strategi
Germanici
quella
che
ha
debellato
la
Francia
,
lo
torno
a
ripetere
a
rischio
di
passar
per
un
predicatore
noioso
,
è
stata
la
corruzione
aiutata
e
sorretta
da
un
governo
corrotto
che
voleva
distrarre
,
divertendolo
,
il
popolo
dalle
materie
di
stato
.
In
Italia
non
ci
si
può
fare
un
'
idea
di
cosa
erano
le
strade
di
Digione
sulle
prime
ore
di
sera
;
bisogna
aver
veduto
quelle
giovinette
che
col
sorriso
più
provocante
fermavano
vecchi
,
giovani
,
soldati
e
ufficiali
,
che
li
prendevano
a
braccietto
,
che
proferivano
i
più
laidi
discorsi
con
una
indifferenza
,
con
una
leggerezza
da
darti
la
nausea
,
e
tutto
per
scroccare
una
cena
.
Io
non
sono
un
puritano
:
quando
si
tratta
di
scherzare
ci
sto
,
ve
lo
provi
il
mio
contegno
di
questa
sera
,
ma
se
è
permesso
ad
un
soldato
approfittarsi
delle
circostanze
,
in
un
pubblicista
,
se
tale
pur
posso
chiamarmi
,
sarebbe
delitto
il
non
alzare
la
voce
su
certi
scandoli
che
deturpano
l
'
umanità
.
Tenemmo
dietro
a
due
giovinette
e
secoloro
entrammo
in
una
via
che
rimane
sotto
i
bastioni
della
città
.
La
porta
della
Maison
du
Plaisir
era
tutta
crivellata
da
colpi
di
revolwer
.
Gli
ufficiali
prussiani
,
superbi
e
sguaiati
,
come
tutti
i
conquistatóri
,
avevan
provato
diletto
a
rovinar
tutti
gli
usci
,
e
tutte
le
vetrate
di
quella
strada
dedicate
al
piacere
.
Aggiunsi
anche
questo
a
tutti
gli
altri
soprusi
che
avevano
commesso
i
soldati
della
grazia
di
Dio
,
e
mi
tornarono
in
mente
le
parole
dell
'
inno
di
Handt
:
Dove
non
radica
straniero
vezzo
Dove
ha
l
'
onesto
stima
:
e
al
disprezzo
Il
vil
si
danna
...
È
sol
sol
'
ella
L
'
intiera
ed
una
Germania
è
quella
.
È
deliberato
che
i
poeti
non
abbino
ad
imbroccarne
una
sola
.
Lo
stendardo
Germanico
,
finchè
è
nelle
mani
di
un
re
,
rappresenterà
l
'
oppressione
come
tutti
gli
altri
stendardi
monarchici
.
Entrammo
in
una
bella
sala
,
circondata
da
divani
in
velluto
,
tutti
occupati
da
moblots
d
'
ogni
grado
,
intenti
a
ber
della
birra
e
a
far
la
corte
alle
damigelle
:
una
ventina
di
bottiglie
stappate
erano
disposte
in
batteria
sul
tavolino
;
sei
erano
le
disgraziate
,
passabili
ma
avvizzite
;
in
un
canto
ve
ne
era
una
ubriaca
;
quasi
tutti
fumavano
cigarettes
;
predominava
sulle
altre
un
'
Alsaziana
,
bella
,
ma
stupida
...
una
vera
rosa
del
Bengala
;
bellezza
senza
profumo
:
la
degnava
solamente
con
gli
ufficialetti
,
a
cui
ogni
poco
chiedeva
da
bere
.
Il
nostro
ingresso
non
provocò
certamente
una
dimostrazione
:
le
donne
rimasero
indifferenti
:
i
moblots
facendoci
il
viso
dell
'
arme
ogni
tanto
ci
occhiavano
a
squarciasacco
:
per
far
qualchecosa
ordinammo
da
bere
e
uno
dei
nostri
andò
al
pianoforte
.
Gli
illustri
campioni
di
Francia
si
misero
a
ballare
...
ci
pareva
di
assistere
al
ballo
dell
'
orsi
:
come
è
ridicolo
un
'
uomo
che
balla
sul
serio
!
..
I
nostri
cantavano
:
tutto
andava
benissimo
,
quando
uno
dei
nostri
,
un
po
'
allegro
,
ci
disse
:
Scommettiamo
che
mi
metto
a
far
la
corte
a
quel
biondino
difaccia
.
Detto
fatto
,
la
proposta
venne
accolta
:
era
deciso
che
i
moblots
fossero
gli
jocrisses
del
momento
;
di
più
il
biondino
in
questione
era
un
'
individuo
rubicondo
e
pasciuto
,
un
traccagnotto
che
avrebbe
fatto
figura
a
vender
castagne
e
polenta
in
mezzo
ai
buzzurri
;
le
stesse
donne
mentre
ne
accettavano
le
gentilezze
lo
canzonavano
dietro
alle
spalle
.
Il
nostro
amico
gli
va
risolutamente
daccanto
!
tutti
noi
ci
avviciniamo
per
goder
la
scenetta
:
lo
guarda
con
un
occhio
di
triglia
da
fare
sdilinquere
una
pulzellona
,
e
a
fior
di
labbra
,
pigliando
una
posa
da
Paolo
nella
Francesca
,
gli
dice
:
Combien
tu
es
gentil
!
..
-
Que
ce
que
vous
dites
?
-
Riprese
l
'
altro
di
subito
,
e
l
'
innamorato
con
più
anima
gli
ripetè
le
frase
.
Immaginatevi
come
rimanesse
il
povero
grullo
!
Da
bel
principio
non
sapeva
che
pesci
si
prendere
,
guardò
un
paio
di
volte
il
soffitto
,
diventò
rosso
come
una
ciligia
,
eppoi
si
decise
a
far
l
'
Indiano
,
ma
l
'
altro
gli
posò
gentilmente
sulla
spalla
una
mano
.
-
Vous
vous
trompez
-
Borbottava
allora
-
je
vous
assure
..
je
vous
prie
ne
me
fâcher
d
'
avantage
.
Quando
ecco
che
uno
dei
nostri
per
compire
il
mazzo
leva
di
sul
tavolino
il
tappeto
e
lo
butta
sul
lume
.
quindi
buio
pesto
,
buio
come
in
cantina
:
ed
i
nostri
si
misero
ad
abballottare
donne
e
guardie
mobili
:
e
fu
un
'
urtarsi
,
uno
spingere
un
'
inciampare
,
un
ruzzolarsi
per
terra
;
strida
,
bestemmie
,
risate
,
un
vero
pandemonio
.
Ansioso
di
terminare
la
burla
,
giunsi
a
farmi
strada
in
mezzo
a
quel
diascoleto
:
a
tentoni
trovai
il
tavolino
,
tolsi
via
il
tappeto
e
la
luce
fu
fatta
.
I
moblots
accettarono
la
burla
:
bisogna
convenire
che
non
sangue
,
ma
acqua
di
malva
avevano
nelle
loro
vene
.
CAPITOLO
XXI
.
A
causa
della
presa
di
Dôle
fu
necessario
che
le
nostre
truppe
,
eseguendo
nuovi
movimenti
,
occupassero
le
posizioni
situate
al
Sud
Est
di
Digione
,
posizioni
fino
allora
sguernite
.
La
brigata
Menotti
traversò
la
città
,
portandosi
da
Talant
al
suo
nuovo
destino
.
Nel
comando
dei
Francs
Tireurs
réunis
era
succeduto
al
bravo
Lhoste
l
'
Italiano
Baghino
:
qualche
volontario
da
Marsiglia
o
da
Lione
era
giunto
a
rafforzare
le
file
delle
nostre
compagnie
,
già
abbastanza
stremate
nell
'
ultimi
fatti
.
La
mattina
del
ventotto
il
generale
Garibaldi
passò
in
rivista
la
brigata
di
Canzio
:
le
truppe
erano
schierate
in
battaglia
lungo
il
viale
del
Parco
:
il
nostro
generale
più
sorridente
del
solito
traversò
in
carrozza
sulla
loro
fronte
;
quindi
assistè
a
vederle
sfilare
.
I
battaglioni
dei
mobili
passandogli
davanti
lo
acclamarono
,
plutone
per
plutone
,
con
entusiasmo
;
i
cacciatori
di
Marsala
,
i
carabinieri
Genovesi
,
questi
giovani
eroi
,
procederono
come
vecchi
soldati
e
il
prode
vecchio
si
fè
più
sereno
,
guardando
quei
veterani
sul
fiorire
degli
anni
.
Nel
tempo
che
io
pure
guardava
un
così
consolante
spettacolo
,
mi
sentii
chiamare
,
e
volgendomi
vidi
il
fratello
di
Perelli
che
mi
salutò
caramente
:
egli
aveva
il
braccio
al
collo
:
sapevo
che
era
stato
ferito
e
fui
felice
di
vederlo
così
presto
sulla
via
di
guarigione
.
Rammento
ai
lettori
questo
mio
amico
che
di
diciassette
anni
era
là
in
mezzo
a
noi
,
lo
rammento
perché
nel
raccontarmi
come
buscò
quella
palla
adoperò
con
me
una
verità
da
reputarsi
impossibile
.
-
Alle
prime
palle
ebbi
una
paura
birbona
-
mi
disse
il
buon
ragazzino
-
pensai
alla
mia
povera
mamma
,
che
mi
proibiva
di
saltare
,
di
pigliare
il
fresco
,
che
stava
in
pensiero
,
quando
tornavo
tardi
,
e
che
ora
non
era
più
buona
a
proteggermi
...
mi
addossai
a
im
muro
tutto
rannicchiato
,
facendomi
piccino
,
piccino
e
ci
stetti
qualche
minuto
:
passarono
gli
Egiziani
,
uno
di
loro
mi
disse
:
sei
un
vile
;
mi
saltò
il
rossore
alla
faccia
,
avrei
ucciso
quell
'
uomo
,
poi
vidi
che
aveva
ragione
,
ripensai
anche
allora
alla
mamma
,
alla
mamma
che
piuttosto
di
vedermi
infamato
,
piuttosto
di
piangere
su
me
vivo
avrebbe
pianto
sulla
mia
tomba
,
e
mi
accodai
all
'
Egiziani
,
con
loro
mi
stesi
lungo
i
vigneti
,
con
loro
sostenni
due
ore
di
fuoco
,
con
loro
caricai
alla
baionetta
,
fino
a
che
mi
sentii
percuotere
questo
braccio
,
come
da
una
bastonata
e
caddi
per
terra
...
ero
ferito
!
...
La
rivista
era
terminata
:
allegri
e
contenti
tornammo
in
città
;
l
'
eccellente
spirito
da
cui
erano
animate
indistintamente
le
truppe
,
la
fisonomia
sorridente
di
Garibaldi
,
il
piglio
ardito
e
simpatico
di
Canzio
,
la
memoria
dei
generosi
amici
nostri
che
ci
avevano
dimostrato
come
si
deve
morire
allorché
siam
guidati
da
magnanimi
proponimenti
,
una
certa
tal
quale
ambizione
di
avere
assistito
ad
uno
dei
drammi
più
splendidi
dell
'
Epopea
Garibaldesca
,
sempre
più
ci
stimolava
ad
adempire
scrupolosamente
il
nostro
dovere
,
sempre
più
ci
rendeva
sicuri
di
brillanti
,
di
memorabili
trionfi
:
ma
a
che
serve
la
fede
,
quando
i
traditori
ed
i
mercanti
di
popolo
paralizzano
coll
'
alito
gelato
del
calcolo
le
sublimi
abnegazioni
delle
minoranze
da
loro
dette
fazioni
?
Mentre
l
'
avvenire
ci
si
dipingeva
davanti
con
i
colori
più
rosei
,
mentre
germogliava
viepiù
gigante
nel
petto
dei
prodi
l
'
inestinguibile
desio
di
quella
gloria
che
sola
è
da
rispettarsi
,
perché
nasce
nel
sacrificio
e
nel
sacrifizio
consolidasi
,
Favre
coi
suoi
prestigiatori
camuffati
da
repubblicani
,
segnava
la
vergogna
della
Francia
:
la
patria
di
Danton
diventava
la
cloaca
dei
Cesari
;
il
berretto
frigio
che
aveva
sul
capo
le
si
tramutava
,
in
meno
che
lo
si
dice
,
nell
'
ignobile
berretto
del
galeotto
;
ed
un
tal
berretto
nelle
ultime
circostanze
a
me
parve
il
più
adatto
,
che
i
popoli
che
hanno
sentimento
vero
di
libertà
e
di
giustizia
sanno
morire
sotto
le
ruine
delle
loro
città
:
informino
Sagunto
,
Saragozza
e
Missolungi
:
i
popoli
invece
,
i
quali
sono
corrotti
,
vigliaccamente
si
accasciano
sotto
le
verghe
dei
Napoleonidi
,
o
sotto
alle
bombe
a
petrolio
dei
manigoldi
di
un
Thiers
.
Chiami
pur
vandali
i
primi
e
civili
i
secondi
la
stampa
venduta
;
tra
il
vandalismo
di
cruenta
ma
eroica
protesta
e
il
civismo
di
chi
si
appoggia
alla
prepotente
codardia
della
forza
,
io
m
'
inchinerò
sempre
,
io
sempre
mi
farò
di
cappello
al
primiero
.
Ma
a
noi
non
doveva
esser
noto
per
anche
il
grande
avvenimento
che
fece
andare
in
solluchero
i
borsaioli
(
vedi
negozianti
di
borsa
che
alla
fine
è
tutta
una
zuppa
e
un
pan
mollo
)
e
tutti
gli
Arlecchini
quattrinai
di
questa
valle
di
trappolerie
.
Una
nazione
che
cade
fa
arrichire
un
banchiere
:
il
pianto
delle
vedove
e
degli
orfanelli
che
reclaman
vendetta
e
che
son
costretti
a
piegare
il
capo
alla
tremenda
necessità
della
forza
fa
alzare
il
sessantacinque
al
settanta
:
vinca
il
nemico
:
se
rialzano
i
fondi
,
ben
vengano
l
'
umiliazione
,
le
rapine
,
gli
incendii
;
s
'
impingui
la
borsa
,
e
poi
si
balli
il
cancan
colle
baldracche
più
laide
tra
le
rovine
tuttora
fumanti
della
nostra
povera
patria
,
tra
i
cadaveri
dei
nostri
fratelli
che
avendo
sortito
dal
caso
un
generoso
carattere
hanno
preferito
all
'
ignominia
la
morte
...
son
storie
vecchie
quanto
Noè
,
ne
convengo
,
ma
son
vere
come
è
vera
la
luce
del
sole
...
oh
!
benedetta
l
'
aristocrazia
dell
'
oro
,
del
prezioso
metallo
che
solamente
qualche
scalzacane
ha
potuto
qualificare
per
vile
:
oh
,
benedetto
il
trionfo
della
classe
borghese
,
di
quella
classe
che
ha
per
patria
le
mura
del
proprio
negozio
,
o
del
palazzo
carpito
a
forza
di
scrocchi
e
d
'
usure
a
un
rampollo
di
magnanimi
lombi
,
che
si
è
giocato
a
bambara
gli
averi
e
la
reputazione
dei
vetusti
parenti
!
I
nobili
dei
tempi
andati
avevano
,
se
non
altro
,
delle
tradizioni
alle
quali
si
mostravano
ligissimi
;
spinti
da
queste
(
inutile
sarebbe
il
negarlo
)
hanno
regalato
al
mondo
degli
eroici
tratti
,
che
giocoforza
è
ammirare
;
noblesse
oblige
:
tale
era
la
loro
divisa
,
e
si
facevano
uccidere
per
quel
re
,
a
cui
avevano
giurato
devozione
illimitata
;
per
un
sorriso
,
per
un
'
occhiata
,
per
una
sciarpa
della
bella
dei
loro
pensieri
col
sorriso
sul
volto
andavano
incontro
,
al
pauroso
fantasma
degli
spiriti
deboli
,
alla
morte
:
loro
cantava
il
trovatore
nella
mesta
ballata
,
o
nell
'
ispirato
inno
di
guerra
:
loro
salutavano
come
protettori
gli
artisti
....
erano
nel
falso
,
dovevano
cadere
,
chè
la
legge
del
progresso
non
ammette
ostacolo
alcuno
,
sia
pure
attraente
;
ma
era
un
falso
splendido
,
era
un
falso
del
quale
,
nostro
malgrado
,
non
potevamo
non
ammirare
in
qualche
parte
la
cavalleria
;
esso
ci
rammentava
la
Tavola
Rotonda
,
le
crociate
,
le
battaglie
di
Luigi
XIV
;
e
quando
quest
'
aristrocrazia
si
vide
impotente
ad
impedire
la
marcia
del
progresso
ella
cadde
eroicamente
,
cospergendo
di
sangue
glorioso
i
campi
della
Vendea
:
questo
sangue
segnó
la
morte
del
nobilume
:
in
oggi
i
rampolli
degli
antenati
magnanimi
o
funghiscono
nella
loro
castella
,
o
fanno
da
comparse
nel
Club
.
Ma
l
'
aristocrazia
dell
'
oro
?
Nata
nel
lurido
bugigattolo
di
uno
strozzino
,
cresciuta
nella
stanza
di
affari
di
un
ladro
intendente
,
rinvigorita
nello
splendido
palazzo
di
un
commendatore
banchiere
che
pur
ieri
vendeva
i
cenci
o
raccattava
le
cicche
,
vergognosa
del
proprio
passato
,
piena
di
sospetti
per
l
'
avvenire
,
codardamente
accanita
alla
sola
idea
di
perdere
o
di
scapitare
su
dei
capitali
accumulati
a
forza
d
'
infamie
,
e
di
bassezze
,
è
lei
sola
il
vero
sostegno
delle
tirannidi
,
è
lei
sola
che
fa
cadere
nel
fango
i
popoli
più
gloriosi
,
è
a
lei
sola
che
si
devono
attribuire
i
disastri
del
mondo
:
poiché
,
se
l
'
antica
aristocrazia
a
un
'
idea
falsissima
sacrificava
e
vita
e
agiatezza
,
la
moderna
all
'
agiatezza
e
alla
vita
sacrifica
tutto
.
Io
non
ammetto
nemmeno
la
così
detta
aristocrazia
dell
'
intelligenza
:
il
nascer
savi
è
caso
e
non
virtù
,
dirò
parafrasando
i
celebri
versi
del
Metastasio
;
ed
allora
?
mi
domanderà
qualcheduno
:
allora
,
rispondo
,
io
non
ammetto
che
una
sola
aristocrazia
,
aristocrazia
basata
sull
'
eguaglianza
,
l
'
aristocrazia
del
lavoro
!
...
Mi
scusino
i
lettori
,
se
io
vado
di
palo
in
frasca
:
mi
scusino
le
lettrici
che
potranno
ravvisare
in
me
più
un
predicatore
noioso
,
che
un
narratore
giocondo
;
tra
i
miei
appunti
ho
trovato
anche
queste
linee
e
non
sono
stato
buono
di
sacrificarle
;
non
saprei
dirne
il
motivo
;
ma
per
non
fare
brontolare
nessuno
rientro
a
gran
carriera
in
carreggiata
.
Mecheri
,
Materassi
,
Piccini
,
Bocconi
ed
io
eravamo
nella
nostra
camera
,
sognando
tra
una
boccata
e
l
'
altra
di
fumo
nuove
battaglie
,
e
per
conseguenza
nuovi
trionfi
.
«
Quando
il
vecchio
passa
in
rassegna
i
soldati
,
si
pensava
tra
noi
,
ci
è
sempre
per
aria
qualche
cosa
di
grosso
»
.
Per
tranquillizzare
gli
amici
e
i
parenti
si
scrivevano
lettere
nelle
quali
si
magnificava
il
bel
cielo
che
ci
faceva
credere
di
essere
in
primavera
(
come
han
sentito
i
lettori
erano
giornataccie
piovose
da
metter
l
'
uggia
in
corpo
anche
ad
un
'
ombrellaio
)
;
si
descriveva
i
nostri
adipi
che
addivenivano
d
'
ora
in
ora
da
canonici
,
si
dava
ad
intendere
che
si
apprestavano
feste
da
ballo
.
Chi
parlava
di
andare
a
Parigi
,
chi
di
riprendere
Metz
,
chi
di
schizzare
diritti
diritti
a
Berlino
...
...
Oh
degli
eventi
umani
Antiveder
bugiardo
!
Spalancando
la
porta
con
una
pedata
,
entra
in
camera
Ghino
Polese
con
un
viso
da
far
rizzare
i
bordoni
all
'
uomo
più
apatista
del
mondo
.
-
Che
è
?
-
Gli
si
grida
tutti
a
una
voce
.
-
È
...
-
e
qui
un
moccolo
da
Livornese
puro
sangue
-
È
...
che
si
tratta
nientemeno
...
-
Di
assedio
della
città
?
-
Peggio
...
potremmo
morire
con
le
armi
alla
mano
.
-
I
Prussiani
son
entrati
?
-
Ma
peggio
!
-
Ma
cosa
dunque
...
per
carità
!
-
Ci
è
l
'
armistizio
!
...
Un
fulmine
che
fosse
caduto
in
mezzo
a
noi
poteva
produrre
il
medesimo
effetto
.
Prima
un
silenzio
di
morte
,
poi
una
salpa
d
'
imprecazioni
;
tutte
allo
stesso
indirizzo
.
-
Ma
sei
ben
sicuro
di
quello
che
dici
?
-
Me
lo
ha
assicurato
un
'
ufficiale
di
stato
maggiore
...
-
È
impossibile
!
Parigi
si
difenderà
fino
all
'
ultima
pietra
.
-
Parigi
ha
capitolato
!
...
Altro
silenzio
,
poi
tutti
mossi
dallo
stesso
pensiero
giù
a
rotta
di
collo
per
la
scala
,
onde
portarci
al
quartier
generale
.
Sulla
cantonata
incontriamo
la
vaga
Luisa
...
Dites
donc
...
proferisce
ed
io
secco
secco
la
congedo
con
un
«
non
ho
tempo
da
perdere
»
e
continuo
la
via
...
Dei
gruppi
concitati
s
'
incontrano
in
qua
e
là
...
la
parola
vile
errava
dì
bocca
in
bocca
.
-
E
Favre
che
giurava
che
finchè
esistesse
una
pietra
di
queste
città
l
'
invasore
avrebbe
trovato
un
baluardo
.
-
Ed
è
stato
lui
che
ha
segnato
la
capitolazione
.
-
E
noi
cosa
faremo
?
-
Gridava
un
disertore
dall
'
esercito
.
-
Imparerete
a
servire
la
Francia
-
Di
rimando
rispondeva
un
Gallofobo
.
E
i
popolani
abbassavano
il
capo
,
quando
noi
si
passava
,
che
la
maggioranza
dei
Digionesi
era
republicana
:
e
lo
svelto
ed
allegro
Garibaldino
era
divenuto
sornione
e
lo
vedevi
trascorrere
colle
mani
in
tasca
,
col
berretto
sugli
occhi
e
mordendosi
i
labbri
,
e
ad
ogni
poco
sentivi
ripetere
,
commiserandoli
,
i
nomi
dei
prodi
caduti
...
solo
i
volti
dei
moblots
brillavano
per
insueta
gaiezza
...
non
ci
era
più
dubbio
.
Colle
gambe
che
ci
facevano
cilecca
arrivammo
alla
prefettura
;
una
folla
di
gente
si
accalcava
intorno
alle
due
colonne
che
son
di
fianco
alla
porta
,
e
su
cui
si
attaccavano
i
dispacci
e
le
comunicazioni
officiali
:
tutti
si
alzavano
in
piedi
,
e
,
quando
erano
pervenuti
a
leggere
,
si
ritiravano
mandando
imprecazioni
e
grattandosi
il
capo
.
Si
sarebbe
detto
che
le
magiche
parole
del
convito
di
Baldassare
fossero
là
,
scolpite
su
quei
marmi
e
che
tutti
coloro
che
vi
si
avvicinavano
ne
risentissero
i
terribili
effetti
.
Due
sole
righe
di
scritto
:
due
righe
che
contenevano
però
la
più
dolorosa
notizia
per
chiunque
preferisce
la
dignità
al
beato
vivere
-
«
Oggi
è
stato
concluso
un
'
armistizio
di
ventun
giorno
»
.
E
dire
che
mani
francesi
non
avevan
rifiutato
di
firmare
un
patto
,
che
segnava
lo
stigma
sulla
fronte
di
quella
nazione
che
fin
'
ora
come
il
favoloso
Dio
dell
'
Olimpo
bastava
muovesse
le
ciglia
per
fare
allibire
il
mondo
tutto
dalla
paura
;
e
dire
che
un
Favre
era
stato
tra
i
manipolatori
di
tale
infamia
!
Oh
,
allora
si
vide
chiaramente
che
il
vecchio
republicano
aveva
ciurlato
nel
manico
,
oh
!
fin
d
'
allora
la
gente
dal
cervello
sottile
preconizzava
nel
difensore
d
'
Orsini
,
nel
montagnardo
dell
'
Impero
uno
dei
tanti
carnefici
che
hanno
straziato
la
Francia
.
Impotente
contro
i
Prussiani
,
si
macchiò
nel
sangue
dei
suoi
cittadini
:
ora
si
è
ritirato
,
ma
non
tanto
lontano
che
a
lui
non
pervenga
l
'
eco
dei
pianti
e
dell
'
imprecazioni
delle
migliaia
d
'
orfani
e
di
vedove
che
per
lui
son
ridotte
a
stendere
la
mano
!
Ma
di
maggiore
infamia
si
doveva
macchiare
Favre
contro
Garibaldi
e
di
ciò
sapranno
tra
poco
i
lettori
.
L
'
armistizio
fu
la
testa
di
Medusa
dell
'
entusiasmo
nostro
;
io
vidi
qualcuno
piangere
:
la
maggior
parte
si
sbizzariva
lanciando
improperii
a
Favre
e
alla
Francia
:
quella
sera
non
canti
per
le
vie
,
non
le
allegre
conversazioni
dei
giorni
passati
,
ma
una
musoneria
generale
...
non
vi
era
più
fede
!
Un
'
ordine
del
giorno
di
Garibaldi
nel
quale
ci
si
esortava
ad
addestrarsi
nelle
armi
,
ad
attender
preparati
il
momento
della
riscossa
,
fece
credere
a
diversi
che
non
sarebbe
stata
cosa
impossibile
il
potersi
di
nuovo
misurare
col
nemico
e
ciò
fece
rinascere
un
poco
quella
gaiezza
di
cui
davano
tanta
prova
ne
'
dì
del
pericolo
i
Garibaldini
.
Per
conto
mio
non
mi
illudevo
:
armistizio
non
poteva
significare
che
pace
disonorante
:
la
resa
di
Parigi
lo
diceva
troppo
chiaràmente
,
eppoi
da
quando
in
qua
i
seguaci
di
Garibaldi
potranno
ottenere
un
completo
trionfo
?
..
Gli
unitari
d
'
oggi
non
lo
relegarono
nel
60
a
Caprera
,
mentre
volava
alla
conquista
di
Roma
?
Gli
arfasatti
che
gli
si
caccian
sempre
davanti
non
gli
han
fatto
sgombrare
il
Tirolo
,
quando
palmo
a
palmo
lo
aveva
conquistato
,
mentre
a
Lissa
e
Custoza
veniva
oltraggiata
la
bandiera
italiana
?
..
Non
fu
il
prode
Generale
ferito
da
piombo
italiano
a
Aspromonte
?
..
Non
fu
lasciato
dopo
la
vittoria
di
Monterotondo
,
solo
a
Mentana
e
si
lasciarono
scannare
i
suoi
generosi
,
mentre
trentamila
uomini
di
truppa
italiana
erano
sul
confine
?
Non
si
è
sempre
cercato
di
sfruttare
i
suoi
trionfi
,
facendolo
poi
passare
quasi
per
un
pazzo
per
un
avventuriere
?
Non
si
è
avuto
il
coraggio
di
stampare
,
che
lo
si
aveva
aiutato
,
mentre
si
era
tentato
ogni
mezzo
per
avversarlo
o
per
screditarlo
?
..
I
repubblicani
francesi
erano
presso
a
poco
gli
stessi
pagliacci
dei
consorti
italiani
,
ed
era
da
prevedersi
quello
che
era
avvenuto
,
quello
che
avvenne
dipoi
.
Ma
muovan
pur
guerra
le
anime
vili
e
i
livreati
pigmei
a
quest
'
uomo
che
da
solo
basterebbe
a
riabilitare
la
società
,
tentino
pure
di
schiacciarlo
e
di
avvilirlo
,
Garibaldi
vincerà
sempra
in
nome
della
libertà
,
vincerà
anche
perdendo
perché
il
suo
nome
oramai
rappresenta
una
idea
e
le
idee
non
si
vìncono
.
CAPITOLO
XXII
.
Passammo
il
lunedì
svogliatamente
,
senza
conclusione
alcuna
:
fino
allora
il
pensiero
dell
'
Italia
di
rado
balenava
nella
nostra
mente
,
ma
dall
'
ora
fatale
in
cui
cominciò
a
tenzonarci
nel
capo
il
dubbio
che
non
avremmo
fatto
più
alcuna
cosa
,
vennero
ad
assalirci
tutte
ad
un
tratto
le
care
affezioni
alle
quali
avevamo
dato
un
'
addio
,
ed
un
cocente
desiderio
di
rivarcare
le
Alpi
occupò
le
nostre
anime
.
-
Noi
abbiamo
finito
di
combattere
-
Dicevo
alla
vaga
Luisa
che
colla
testolina
chinata
sempre
osava
appena
guardarci
.
-
Oh
!
voi
siete
felice
..
voi
rivedrete
la
vostra
bella
io
me
la
immagino
...
una
charmante
pétite
Italienne
.
-
No
,
assicuratevelo
,
io
non
son
punto
felice
!
-
E
perché
?
-
Voi
...
Francese
...
mi
potete
domandare
il
perchè
?
-
Io
Francese
vedo
che
siamo
traditi
.
-
E
...
e
..
-
gridai
io
dimenticandomi
di
parlare
con
una
donna
.
-
Ed
ho
pianto
-
Sussurrò
lei
con
le
lacrime
agli
occhi
.
-
Vi
ricorderete
di
me
?
-
Sempre
...
ci
avete
il
vostro
ritratto
?
-
No
!
-
Me
lo
manderete
?
-
Ve
lo
prometto
!
-
Grazie
...
io
voglio
tanto
bene
ai
Garibaldini
.
Questa
parola
fu
un
balsamo
per
l
'
esacerbato
mio
spirito
;
di
cosa
non
è
capace
una
donna
?
...
Per
niente
gli
antichi
non
immaginarono
Ercole
che
fila
ai
piedi
di
Onfale
.
E
così
venne
il
martedì
,
giornata
che
noi
credevamo
simile
alle
altre
che
ci
aspettavano
,
per
monotomia
e
che
grazie
alla
lealtà
dei
governanti
francesi
doveva
esser
pregna
per
noi
di
avvenimenti
di
nuovissimo
genere
.
Usciti
di
casa
riscontrammo
la
legione
Ravelli
,
che
colla
musica
in
testa
marciava
verso
la
direzione
della
barriera
del
Parco
.
-
Dove
andate
?
-
Domandai
al
capitano
Becherucci
che
si
era
staccato
dalla
sua
compagnia
per
salutarmi
.
-
Ma
...
sento
un
presentimento
che
mi
dice
che
ci
si
avvia
verso
l
'
Italia
.
Il
mio
amico
doveva
esser
profeta
.
Erano
appena
le
undici
e
Mecheri
,
Ghino
ed
io
mangiavamo
delle
paste
in
una
bottega
di
faccia
al
teatro
.
Digione
era
piena
di
pasticcerie
,
dove
si
mangiavano
dei
pasticcetti
eccellenti
.
Tutto
ad
un
tratto
,
quando
meno
lo
si
aspettava
,
vedemmo
formarsi
dei
capannelli
di
gente
che
discorreva
con
animazione
:
poi
ci
giunsero
agli
orecchi
dei
colpi
d
'
artiglieria
:
credevamo
sognare
:
si
pagò
il
conto
,
si
andò
in
strada
e
cercammo
raccapezzare
qualchecosa
tra
le
mille
versioni
che
si
davano
del
fatto
inopinato
.
-
I
Prussiani
si
avanzano
...
-
O
l
'
armistizio
?
-
Quei
barbari
non
rispettano
niente
!
-
No
...
è
Menotti
che
di
motuproproprio
ha
attaccato
il
fuoco
.
-
Ed
ora
espone
la
città
a
chi
sa
quale
disastro
!
-
È
impossibile
-
Urlammo
noi
-
Menotti
sa
il
suo
dovere
.
-
È
vero
,
è
vero
-
Ripetevano
allora
i
popolani
e
davano
del
grullo
a
chi
aveva
accampato
un
così
sciocco
discorso
.
-
Qui
non
si
saprà
nulla
-
Disse
Mecheri
-
andiamo
alla
caserma
che
è
a
pochi
passi
.
Era
così
giusto
questo
consiglio
che
non
differimmo
un
'
istante
a
metterlo
in
pratica
.
Alla
caserma
il
foriere
aveva
fatta
caricare
tutte
le
casse
e
i
registri
su
di
un
carro
a
cui
era
già
stata
attaccata
la
rozza
più
arrembata
della
nostra
scuderia
.
-
Partiamo
?
-
Si
domandò
,
appena
giungemmo
.
-
Non
lo
so
.
-
E
allora
a
cosa
servono
questi
preparativi
?
-
Questi
preparativi
?
...
Gli
ho
fatti
per
precauzione
...
però
ho
mandato
a
prendere
ordini
al
quartier
generale
...
-
O
il
tenente
?
-
Non
l
'
ho
veduto
-
E
tutti
gli
altri
?
-
Nemmeno
per
sogno
!
Frattanto
le
trombe
della
compagnia
delle
mitragliatrici
,
compagnia
che
aveva
stanza
poco
distante
da
noi
,
suonavano
a
raccolta
e
poco
dopo
i
soldati
della
medesima
si
muovevano
in
completa
assetto
di
marcia
.
Poco
dopo
gli
Usseri
,
nostri
vicini
di
caserma
,
montavano
a
cavallo
e
partivano
a
mezzotrotto
.
Decidemmo
di
prendere
la
stessa
direzione
,
allorché
vedemmo
venire
a
noi
il
sottotenente
Mussi
e
il
caporale
Luperi
,
che
essendosi
portati
fuori
della
città
per
recare
una
lettera
al
colonnello
Tanara
,
ci
ragguagliarono
,
essere
cominciato
un
fuoco
abbastanza
lento
tra
le
due
artiglierie
.
Ci
dissero
essere
ottimo
lo
spirito
dei
volontari
,
ma
che
nessuno
sapeva
farsi
ragione
,
del
come
i
Prussiani
,
violando
i
trattati
si
avanzassero
verso
di
noi
con
colonne
strapotentissime
.
Tra
gli
altri
Garibaldini
in
faccia
al
nemico
si
trovava
quel
giorno
il
bravo
Pais
,
che
deposto
il
berretto
da
colonnello
e
,
messosene
uno
di
pelo
,
marciava
come
un
semplice
soldato
,
munito
di
carabina
.
Dopo
essere
stato
destituito
da
Frapolli
,
l
'
integro
patriotta
,
l
'
onesto
repubblicano
era
corso
là
dove
aveva
spedito
tanti
uomini
che
non
si
volevano
far
partire
,
esponendosi
fino
d
'
allora
ad
essere
destituito
e
a
subire
un
consiglio
di
guerra
.
Si
andò
alla
prefettura
;
v
'
incontrammo
Ricci
che
ci
ordinò
di
star
pronti
;
domandammo
ragione
di
quel
diascoleto
ed
ei
ce
lo
spiegò
con
poche
parole
.
Il
governo
della
difesa
Nazionale
,
non
ultima
disgrazia
della
disgraziatissima
Francia
,
non
aveva
compreso
nel
patto
proposto
i
dipartimenti
della
Côte
d
'
Or
,
del
Doubs
e
del
Jura
.
Quindi
sospensione
d
'
ostilità
per
tutti
gli
eserciti
fuori
che
per
il
nostro
:
si
voleva
avere
il
gusto
di
vedere
sconfitti
anche
i
pochi
cialtroni
che
sapevano
farsi
ammazzare
,
perchè
non
avevano
niente
da
perdere
...
a
detta
di
loro
!
-
Nessuno
avviso
era
stato
comunicato
a
Garibaldi
su
questa
clausola
dello
iniquo
contratto
:
così
si
ricompensava
l
'
eroe
generoso
,
che
unico
aveva
vinto
,
che
unico
aveva
strappato
una
bandiera
ai
Prussiani
:
così
si
ricompensava
l
'
ardente
figlio
della
libertà
,
che
,
pur
di
porre
il
suo
braccio
a
disposizione
della
repubblica
,
aveva
dimenticato
le
prodezze
francesi
del
1849
,
le
maraviglie
degli
Chassepots
che
il
vile
de
Failly
aveva
provato
contro
i
petti
dei
generosi
figli
d
'
Italia
a
Mentana
.
Sorpresi
da
imponenti
colonne
nemiche
nelle
loro
posizioni
,
i
nostri
sarebbero
caduti
vittime
dell
'
infame
tranello
e
già
i
Prussiani
triplicati
di
numero
pregustavano
le
gioie
di
una
facile
vittoria
,
ma
i
traditori
francesi
e
i
generali
nemici
avevano
fatto
i
conti
senza
Garibaldi
:
non
mi
si
venga
ad
impugnare
la
valentia
strategica
dell
'
illustre
Italiano
,
non
mi
si
dica
che
solo
alla
fortuna
e
al
coraggio
si
debbano
i
grandi
trionfi
che
egli
ha
riportato
:
quel
giorno
si
videro
chiaramente
le
sue
virtù
militari
,
ed
egli
fu
più
grande
nella
precipitosa
ritirata
dalla
Borgogna
che
nelle
tre
celebri
giornate
che
tanta
gloria
aggiunsero
alla
nostra
povera
Italia
.
I
nemici
furono
tenuti
a
bada
per
tutto
il
giorno
dai
nostri
cannoni
:
Menotti
,
i
suoi
ufficiali
facevano
da
puntatori
,
e
in
questo
tempo
le
truppe
si
avviavano
verso
Chagny
.
-
Ma
sicché
dobbiam
proprio
partire
?
-
Domandammo
al
nostro
tenente
che
ci
dava
tutti
questi
ragguagli
.
-
Purtroppo
.
Andammo
a
casa
:
facemmo
in
pochi
momenti
il
nostro
modesto
bagaglio
e
senza
avere
il
coraggio
dì
salutare
i
nostri
ospiti
,
scendemmo
a
rotta
di
collo
le
scale
.
-
Ou
allez
vous
?
-
Ci
domandò
allorché
ci
vide
passare
la
Luisa
,
sorpresa
in
vederci
in
perfetta
tenuta
di
marcia
.
-
Andiamo
a
batterci
-
Rispondemmo
noi
tutti
.
-
Vraiment
?
-
Sulla
nostra
parola
!
-
Sayes
prudents
-
susurrò
a
mezza
bocca
e
volle
a
ogni
costo
baciarmi
alla
presenza
di
tutti
.
Gli
angioli
del
Signore
,
favoleggiati
dai
buoni
credenti
,
non
avrebbero
avuto
di
che
velarsi
la
faccia
,
e
quel
bacio
doveva
esser
l
'
ultimo
che
io
riceveva
dalla
vezzosa
fanciulla
.
Arriviamo
al
quartier
generale
,
il
partire
dei
carri
aveva
prodotto
un
'
adunanza
insolita
di
gente
davanti
alla
porta
:
tra
le
molte
persone
scorgo
le
due
gentili
figliole
della
nostra
padrona
di
casa
:
cerco
sfuggirle
:
mi
chiamano
:
non
vi
è
dubbio
,
esse
pure
mi
ripeteranno
l
'
importuna
e
dolorosa
richiesta
.
-
Dove
andate
?
-
Partiamo
.
-
Sul
serio
?
-
Così
non
fosse
!
-
Ma
la
ragione
?
...
-
Chiedetela
a
Favre
ed
agli
altri
vigliacchi
che
volevano
ricompensarci
di
quel
poco
che
abbiamo
fatto
,
mettendoci
in
trappola
.
Le
ragazze
mi
guardaron
fisse
negli
occhi
,
poi
chinarono
i
proprii
e
si
tacquero
;
e
in
questo
tempo
mille
altre
domande
sullo
stesso
tenore
si
rivolgevano
a
noi
,
e
noi
ci
sfogavamo
a
dire
tutto
il
male
possibile
degli
eroi
da
commedia
che
per
vigliaccheria
rovinavano
in
quel
momento
la
Francia
,
ed
i
Digionesi
facevano
eco
alle
nostre
invettive
.
Arriva
il
Piccini
tutto
sonnacchioso
.
Che
ci
è
di
nuovo
?
-
Proferisce
con
uno
sbadiglio
.
-
C
'
è
di
nuovo
che
noi
si
parte
.
-
E
perché
?
-
Perché
non
siamo
compresi
nell
'
armistizio
.
-
O
la
mia
compagnia
?
-
Sarà
partita
.
-
Ed
io
?
-
Vieni
con
noi
!
-
Vengo
subito
:
vo
a
dire
addio
a
due
bambine
e
vi
raggiungo
.
E
via
a
gran
carriera
.
-
Le
Guide
alla
Stazione
-
Grida
poco
dopo
il
Ricci
-
la
tromba
vada
suonando
per
chiamar
gli
sbandati
.
A
quattro
a
quattro
,
con
accompagnamento
di
tromba
e
di
bestemmie
,
traversando
la
città
le
cui
botteghe
eransi
chiuse
ad
un
tratto
,
arrivammo
al
gran
piazzale
,
dove
si
doveva
attendere
quei
pochi
che
avevano
un
cavallo
e
che
dovevano
ricevere
ordini
sull
'
itinerario
che
avevasi
da
percorrere
per
recarsi
a
Chagny
.
Sul
piazzale
vi
era
una
confusione
indicibile
:
cariaggi
,
cannoni
,
trasvolavano
tra
l
'
incerto
chiarore
(
era
sorta
la
notte
)
a
noi
davanti
,
provocando
esclamazioni
che
io
non
riporto
per
non
fare
arrossire
la
mia
leggitrice
:
tutti
eravamo
stizziti
e
non
si
cercava
che
un
pretesto
qualunque
onde
dar
sfogo
alla
bile
.
Un
vivandiere
della
guardia
mobile
arrota
col
suo
baroccio
un
di
noi
...
-
Figlio
di
un
cane
!
...
Accidenti
a
te
e
alla
Francia
...
Strilla
l
'
offeso
e
un
concerto
di
fischiate
si
fa
udire
per
quell
'
aure
.
I
moblots
si
erano
addossati
ai
lati
della
piazza
,
mettendo
in
fasci
i
loro
fucili
e
intuonando
ad
ora
ad
ora
la
Marsigliese
...
ci
voleva
il
loro
coraggio
!
...
Questi
canti
che
mai
eransi
da
loro
uditi
,
durante
il
pericolo
,
fecero
saltare
a
qualcuno
dei
nostri
più
bizzoso
,
il
pulcino
,
e
quindi
lotte
con
scambi
di
pugni
,
subito
appacificate
dai
superiori
:
qualcuno
altro
per
far
la
burletta
si
divertiva
a
vociare
:
Les
Prussiens
,
les
Prussiens
e
compagnie
intere
scappavano
,
poco
curandosi
dei
loro
armamenti
:
ma
allorché
potemmo
ammirare
una
fuga
dirotta
,
si
fu
,
quando
un
cavallo
del
treno
,
lasciato
in
balìa
di
se
stesso
si
diè
a
saltare
a
scavezzacollo
in
mezzo
alla
piazza
.
Un
grido
immenso
,
un
'
urtarsi
,
un
rovesciarsi
addosso
ai
fasci
di
armi
,
una
Babilonia
insomma
da
far
perder
la
testa
.
Ricciotti
era
vicino
all
'
arco
di
trionfo
,
battendo
i
piedi
e
sbuffando
:
poco
più
in
là
un
volontario
consolava
in
Italiano
un
bel
fior
di
ragazza
che
si
struggeva
in
lacrime
;
a
poca
distanza
una
guida
per
smaltire
il
malumore
si
divertiva
a
pestare
i
calli
,
di
alcuni
mobilizzati
che
si
erano
sdraiati
.
Il
cannone
era
cessato
:
la
notte
era
fredda
,
ma
tranquillissima
;
un
bel
chiaro
di
luna
faceva
spiccare
sul
fondo
stellato
,
nel
quale
errava
qua
e
là
qualche
vagabonda
nuvoletta
bianca
e
diafana
,
le
purissime
linee
della
guglia
di
San
Benigno
...
Le
case
non
apparivano
che
incerte
masse
nere
ad
ora
ad
ora
intramezzate
da
un
lumicino
,
o
dall
'
argenteo
riflesso
dei
raggi
ripercossi
sui
vetri
:
un
chiarore
confuso
s
'
inalzava
sui
tetti
.
O
Digione
,
o
Digione
come
mi
apparivi
cara
in
quel
tristo
momento
!
...
Come
mi
si
strinse
il
cuore
al
pensiero
di
doverti
lasciare
!
Il
sangue
generoso
dei
nostri
compagni
morti
nelle
fertili
pianure
che
ti
ricingono
ti
ha
legata
all
'
Italia
!
...
Le
gentilezze
che
tu
facesti
ai
suoi
cari
,
le
cure
assidue
,
più
che
fraterne
che
hanno
da
te
ricevuto
i
nostri
feriti
hanno
a
te
legato
l
'
Italia
-
Oh
!
venga
il
nemico
-
Io
pensava
tra
me
nell
'
esaltazione
del
dispiacere
-
venga
e
mi
uccida
qui
,
proprio
sotto
quest
'
arco
...
Oh
!
che
io
possa
morire
piuttostochè
di
accingermi
a
questa
dipartita
fatale
,
che
mi
fa
sprezzare
l
'
umanità
,
che
mi
fa
vergognare
di
essere
uomo
.
-
Su
...
su
...
non
ci
è
tempo
da
perdere
-
Mi
grida
il
foriere
-
Alla
stazione
.
-
Partiamo
col
treno
?
...
-
Sì
nello
stesso
convoglio
del
Generale
.
Con
uno
sforzo
sovrumano
arriviamo
a
varcare
i
cancelli
:
un
'
infinità
di
mobilizzati
ed
anche
qualche
Italiano
,
o
di
riffe
o
di
raffe
,
pretendevano
forzare
la
consegna
e
risparmiarsi
,
assoggettandosi
a
degli
urtoni
o
al
pericolo
di
qualche
partaccia
,
una
trentina
di
kilometri
da
farsi
colla
cavalcatura
di
San
Francesco
.
Arriviamo
sotto
la
stazione
:
lì
troviamo
qualche
aiutante
del
Generale
,
diversi
ufficiali
di
stato
maggiore
e
un
convoglio
a
cui
era
già
stata
attaccata
la
macchina
..
quel
convoglio
però
non
era
per
noi
,
esso
era
stato
serbato
ai
feriti
.
Garibaldi
non
era
anche
giunto
:
il
generoso
eroe
dei
due
mondi
voleva
partire
soltanto
,
allorché
sarebbe
stato
sicuro
che
nessuno
dei
suoi
cari
,
sofferente
,
potesse
cadere
nelle
mani
dell
'
inimico
.
Appena
partito
il
treno
,
cominciano
ad
arrivare
nuovi
stroppi
:
si
buttano
sulle
panche
della
stazione
gemendo
ed
urlando
;
alcune
donne
prestano
loro
qualche
soccorso
o
qualche
conforto
.
Si
appresta
un
'
altro
convoglio
-
Speriamo
sia
il
nostro
dice
qualcuno
;
si
domanda
al
capo
stazione
,
o
a
una
guardia
qualunque
e
ci
risponde
negativamente
.
Allora
la
solita
storia
delle
mille
chiacchiere
inutili
.
-
O
sta
a
vedere
,
che
ci
prendono
come
salami
!
-
Sentite
ma
certe
ostinazioni
non
le
si
capiscono
.
-
E
se
andassimo
in
quel
treno
lì
?
-
Ma
noi
si
ha
l
'
ordine
di
star
qui
.
-
Eppoi
abbandonereste
il
nostro
vecchio
?
-
E
se
fosse
partito
?
Un
grido
di
disapprovazione
copriva
queste
ultime
parole
,
e
il
disgraziato
che
sbadatamente
le
aveva
proferite
,
ebbe
dicatti
a
rincantucciarsi
e
a
non
farsi
più
vivo
durante
tutto
il
viaggio
.
Qualcuno
più
furbo
di
lui
,
ma
con
la
stessa
tremarella
,
mentre
gli
altri
si
perderono
in
chiacchiere
,
facendo
lo
zoppo
od
il
monco
,
entrò
in
qualche
vagone
,
gabbando
le
guardie
e
anticipando
il
momento
di
scappar
di
mano
a
quei
Prussiani
che
l
'
esaltata
immaginazione
facea
vedere
a
pochi
passi
.
La
locomotiva
dà
un
fischio
,
ed
il
triste
convoglio
dei
feriti
si
dilegua
ai
nostri
occhi
.
La
stazione
resta
un
po
'
più
libera
!
..
Si
attacca
la
carrozza
del
Generale
;
è
un
vagone
di
prima
,
a
cui
fa
seguito
uno
di
seconda
per
lo
stato
maggiore
:
è
preceduto
da
due
carri
per
i
bagagli
.
Entrano
il
colonnello
Bossi
e
il
Capitano
Galeazzi
.
-
Guide
-
Dice
quest
'
ultimo
-
Che
nessuno
monti
in
questo
convoglio
..
ad
eccezione
di
voi
...
-
E
dove
andremo
?
-
Su
..
tra
i
bagagli
.
Prendiamo
d
'
assalto
i
due
carri
,
dove
ci
accomodiamo
alla
meglio
.
Dopo
pochi
minuti
subito
una
questione
in
capo
del
carro
..
-
Giù
...
sacramento
!
Che
c
'
è
?
-
Siamo
Italiani
come
voi
,
Dio
....
.
-
C
'
è
l
'
ordine
di
non
far
salire
che
Guide
.
-
E
noi
siamo
della
legione
Tanara
..
della
legione
di
ferro
..
-
O
di
ferro
o
di
rame
noi
rispettiamo
gli
ordini
.
-
E
noi
siamo
qui
...
-
Giù
...
giù
.
E
qui
qualche
colpo
di
mano
e
qualche
pedata
:
quindi
gran
discussione
di
ufficiali
,
a
cui
finiamo
col
prender
parte
noi
tutti
.
-
Dagli
ragione
-
Mi
dice
un
Livornese
-
Non
vedi
che
fiasca
di
vino
hanno
a
tracolla
...
per
strada
fa
comodo
.
Si
urla
,
si
strepita
..
molti
scendono
,
poi
risalgono
e
i
due
non
van
via
...
-
Il
Generale
-
Grida
una
voce
.
Tutto
tace
e
nessuno
più
pensa
al
meschino
incidente
.
All
'
udire
che
ci
è
Garibaldi
,
mi
si
prende
uno
stringimento
di
cuore
,
e
mi
spenzolo
dal
carro
onde
meglio
vederlo
.
Povero
eroe
!
..
Come
ti
han
ricompensato
i
falsi
repubblicani
di
Francia
,
ma
tu
sai
deludere
le
inique
lor
mire
,
ma
tu
sai
sventare
i
loro
infami
tranelli
!
Garibaldi
era
serio
,
ma
,
come
sempre
,
sereno
,
ma
come
sempre
spirante
dal
volto
una
bontà
che
è
impossibile
descrivere
:
lo
accompagnava
il
generale
Bordone
,
che
non
partì
con
noi
:
a
poca
distanza
da
lui
venivano
il
maggior
Fontana
e
il
tenente
Grossi
.
Tutti
quelli
,
che
erano
sotto
la
stazione
si
levarono
il
cappello
:
il
Generale
,
appoggiandosi
su
un
bastoncello
,
stiè
un
pò
fermo
e
girò
uno
sguardo
malinconico
all
'
intorno
.
Parlò
a
lungo
con
un
signore
,
tutto
vestito
di
nero
,
con
barba
,
(
credo
il
sindaco
od
il
prefetto
)
poi
si
mosse
per
montar
nel
vagone
.
Un
vecchio
venerando
gl
'
impedisce
l
'
andare
per
serrargli
la
mano
.
Il
Generale
lo
guarda
,
poi
ricambia
affettuosamente
la
stretta
.
Non
so
perché
,
ma
ho
voglia
di
piangere
.
Tutti
ci
sentiamo
commossi
:
un
guardatreno
grida
:
Vive
Galibardi
...
nessuno
risponde
:
in
quell
'
istante
ogni
evviva
era
superfluo
:
la
vera
grandezza
disdegna
le
facili
manifestazioni
del
volgo
.
Il
Generale
è
in
carrozza
:
la
locomitiva
fischia
:
siamo
in
movimento
.
Do
un
'
ultima
occhiata
a
Digione
,
appena
mosso
,
nè
mi
sento
capace
di
staccar
più
gli
occhi
da
lei
.
Quanti
ricordi
,
quanta
parte
di
cuore
noi
non
lasciamo
là
entro
!
Come
mi
tornarono
in
mente
in
quel
brutto
istante
tutti
gli
sforzi
che
avevamo
fatto
per
giungere
in
Francia
,
come
mi
apparvero
caramente
dilette
le
peripezie
che
ci
avevano
conturbato
,
come
desideravo
che
il
tempo
avesse
potenza
di
tornare
indietro
tre
mesi
per
provare
di
nuovo
le
belle
emozioni
che
tanto
mi
apparvero
gradite
in
allora
!
Oh
!
come
mi
sembrarono
giusti
i
versi
del
gentile
poeta
:
«
Les
chants
,
que
on
les
entend
le
soir
dans
la
campagne
«
Plus
ils
vont
s
'
eloignant
,
plus
leur
charme
nous
gagne
....
«
Ainsi
de
souvenirs
qui
bercent
nôtre
coeur
!
Erano
dolci
memorie
quelle
che
cullavano
il
mio
spirito
affralito
,
e
nella
dolce
serenità
del
ricordo
lontano
io
giungevo
a
raccapezzare
un
po
'
di
quella
poesia
che
purtroppo
erasi
estinta
!
Garibaldi
,
non
è
inutile
il
ripeterlo
,
si
mostrò
abilissimo
generale
nella
precipitosa
nostra
ritirata
:
niente
restò
in
mano
a
un
nemico
che
ci
capitò
addosso
,
quando
meno
lo
si
aspettava
:
il
primo
febbraio
la
Côte
d
'
Or
era
sgombra
assolutamente
dall
'
armata
dei
Vosgi
.
CAPITOLO
XXIII
.
Batteva
mezzanotte
e
noi
ci
fermavamo
a
Chagny
:
non
una
persona
era
nella
stazione
:
Garibaldi
e
il
suo
seguito
si
ritirarono
nella
stanza
di
aspetto
dei
viaggiatori
di
seconda
classe
.
Una
guardia
mi
battè
sulle
spalle
e
accennandomi
il
Generale
che
entrava
in
quella
stanza
,
sorreggendosi
al
braccio
del
capitano
Galeazzi
,
con
voce
commossa
mi
disse
:
Cinque
uomini
,
come
quello
,
e
la
Francia
era
salva
!
Per
tutta
risposta
io
gli
strinsi
calorosamente
la
mano
.
Il
breve
viaggio
che
avevamo
dovuto
fare
in
ferrovia
era
stato
più
che
sufficiente
per
aggrappirmi
tutte
le
membra
,
poiché
quel
diabolico
freddo
che
ci
aveva
perseguitato
,
durante
tutta
la
campagna
,
non
aveva
la
minima
volontà
di
cessare
;
ci
buttammo
per
questa
potentissima
ragione
nel
caffè
dove
fortunatamente
vi
era
una
stufa
,
e
cercammo
di
riscaldarci
alla
meglio
.
-
E
non
potremo
andare
in
città
?
-
Azzardò
qualcuno
di
domandare
al
Ricci
.
-
Noi
dobbiamo
stare
a
guardia
del
Generale
.
-
E
sia
-
Rispondemmo
in
coro
,
ordinando
una
,
o
più
bottiglie
di
vino
.
Poco
dopo
vedemmo
Garibaldi
che
ascendeva
la
piccola
scala
,
che
è
in
fondo
al
caffè
della
stazione
di
Chagny
:
l
'
uomo
eroico
ci
volse
uno
sguardo
,
uno
di
quelli
sguardi
mestamente
soavi
,
nei
quali
è
compreso
un
poema
:
noi
tutti
lo
capimmo
alla
prima
e
istintivamente
ci
levammo
il
cappello
:
era
impossibile
non
venerare
l
'
eroe
che
per
un
'
idea
aveva
affrontato
nella
vecchiezza
disagii
,
fatiche
inesprimibili
,
era
impossibile
non
venerare
l
'
uomo
che
così
infamemente
ricompensato
,
collo
sconforto
nell
'
anima
,
aveva
un
'
occhiata
di
conforto
per
noi
:
quella
semplice
occhiata
ci
rendeva
più
grandi
,
più
generosi
.
Ah
!
..
non
mi
scappi
fuori
una
scuola
novellina
a
sostenere
che
i
popoli
si
debbano
solamente
muovere
per
gl
'
interessi
materiali
:
oh
...
non
mi
si
dica
che
il
correre
dietro
ai
sogni
e
alle
generose
utopie
addimostra
un
'
ingenuità
d
'
animo
quasi
primitiva
!
..
Io
li
capisco
sogni
siffatti
,
io
li
capisco
tanto
,
che
ne
sono
entusiasta
.
Oh
,
mi
si
lasci
morire
per
una
di
queste
generose
utopie
,
mi
si
facciano
provare
tutte
le
asprezze
della
vita
disagiata
del
campo
,
tutte
le
emozioni
di
colui
che
dice
un
addio
per
il
vagheggiato
ideale
alle
dolcezze
della
vita
;
in
oggi
che
si
fa
guerra
ad
oltranza
alla
poesia
,
oh
,
si
lasci
questo
piccolo
scampo
a
chi
vuole
appartarsi
da
questa
società
di
calunniati
e
di
calunniatori
,
di
strozzini
e
di
morti
di
fame
,
oh
!
ci
si
permetta
di
utilizzare
delle
vite
,
forse
disutili
,
per
le
nostre
aspirazioni
,
che
si
potranno
mettere
in
ridicolo
,
ma
sulla
cui
santità
nessuno
onesto
potrà
nutrire
sospetto
veruno
!
Erano
passati
pochi
minuti
,
allorché
un
ufficiale
ci
notificò
,
che
non
ordine
ma
desiderio
del
nostro
generale
era
quello
che
si
andasse
a
riposare
in
città
:
tanto
Garibaldi
al
contrario
dei
soliti
generali
pieni
di
boria
ha
carità
,
dei
suoi
sottoposti
!
Non
vi
sto
a
dire
come
questo
desiderio
corrispondesse
al
nostro
,
pure
tutti
noi
ad
una
voce
dicemmo
che
nessuno
avrebbe
abbandonato
quel
luogo
,
tenendosi
tutti
troppo
onorati
di
mostrare
al
grande
uomo
,
quanto
fosse
la
nostra
riconoscenza
e
il
nostro
rispetto
per
lui
.
-
No
,
no
-
Ci
ripetè
l
'
ufficiale
-
Qui
non
vi
è
alcun
pericolo
:
qui
non
vi
è
bisogno
di
guardie
:
Garibaldi
si
avrebbe
molto
per
male
,
se
voi
non
lo
secondaste
.
E
allora
?
....
Via
a
rotta
di
collo
in
paese
.
CAPITOLO
XXIV
.
Tutto
era
calmo
:
il
rumore
dei
nostri
squadroni
e
dei
nostri
sproni
turbava
soltanto
il
sepolcrale
silenzio
in
cui
erano
avvolte
le
poche
vie
di
Chagny
:
nella
quiete
quasi
lugubre
di
quella
serata
a
mille
doppi
sembrava
più
potente
il
rumore
prodotto
da
noi
,
e
ripercosso
dall
'
eco
:
s
'
illuminò
qualche
finestra
,
ma
per
pochi
minuti
:
il
pacifico
cittadino
,
rassicurato
che
non
vi
era
nulla
a
temere
,
spengeva
il
lume
e
tornava
di
certo
a
gustare
il
calduccio
delle
coltri
,
quel
calduccino
che
io
cominciava
a
vagheggiare
come
un
sogno
irrealizzabile
.
Con
molta
fatica
si
perviene
a
trovare
la
Mairie
:
meno
male
che
le
finestre
sono
illuminate
.
I
nostri
capi
,
riflettiamo
fra
noi
,
avranno
telegrafato
,
e
gli
alloggi
saranno
già
pronti
.
Le
nostre
induzioni
erano
,
come
d
'
ordinario
,
falsissime
.
-
Dove
è
il
Maire
?
...
Domandiamo
a
un
villanzone
che
scaldandosi
le
mani
alla
stufa
andava
tanto
in
brodo
di
giuggiole
da
non
avvedersi
nemmeno
che
noi
eravamo
entrati
.
-
Son
io
-
Ci
risponde
questo
con
certo
sussiego
.
Cosa
desiderano
?
-
Cosa
desideriamo
?
....
Ci
vuoi
poco
a
capirlo
!
...
Un
biglietto
d
'
alloggio
.
-
Sapristi
!
,
..
Vi
pare
ora
conveniente
?
-
Siamo
arrivati
ora
!
...
-
Ma
ora
dormono
tutti
:
-
Poco
importa
!
...
Li
sveglieremo
.
-
Ma
...
guardino
!
-
Pretenderebbe
che
sì
dormisse
in
strada
?
..
-
Dopo
quello
che
si
è
fatto
per
voi
?
-
Aggiunse
un
amico
in
pretto
Livornese
-
Ah
!
Francesi
,
Francesi
,
se
si
fosse
,
mondo
birbone
,
soldati
del
vostro
schifoso
imperatore
o
del
papa
...
Il
Maire
confuso
,
senza
capire
un
'
acca
all
'
ultimo
discorso
,
andò
a
un
tavolino
per
stendere
i
famosi
biglietti
.
Un
urtone
spalanca
la
porta
,
ed
un
'
altra
mandata
dei
nostri
si
butta
addosso
al
tavolino
....
I
nuovi
venuti
son
la
bellezza
di
diciassette
,
tra
cui
una
vivandiera
.
-
Sapristi
-
Ripete
il
sindaco
con
voce
stizzita
-
C
'
est
impossible
loger
tout
ce
mond
là
!
...
Descrivere
il
bailamme
che
succede
a
tale
esclamazione
sarebbe
cosa
impossibile
:
tutti
parlano
a
un
tempo
,
tutti
intendono
snocciolare
le
loro
brave
ragioni
,
e
quel
pover
'
uomo
,
che
rappresenta
l
'
autorità
,
pare
il
sor
Cecchino
.
-
Ecco
come
ci
ricompensano
-
Continua
a
vociare
il
Livornese
.
-
Vogliamo
giustizia
-
Interrompe
un
altro
.
-
Io
voglio
soltanto
un
alloggio
....
-
Vous
étes
un
cochon
...
E
giù
di
seguito
sullo
stesso
tenore
.
Io
e
Bocconi
arriviamo
a
strappare
di
mano
il
primo
biglietto
vergato
e
via
di
galoppo
...
-
Rue
Saint
Antoin
?
-
Domandiamo
al
primo
che
passa
.
-
C
'
est
là
bas
.
-
Questo
ci
risponde
e
va
via
a
passi
concitati
.
Arriviamo
alla
destinazione
:
Numero
41
si
picchia
:
silenzio
glaciale
:
si
ripicchia
,
la
stessa
accoglienza
:
allora
pedate
;
è
poco
anche
questo
:
son
morti
dunque
in
questa
casa
?
Si
sfoderano
gli
squadroni
e
si
comincia
una
sinfonia
infernale
alla
porta
del
mal
capitato
,
che
il
municipio
ci
aveva
destinato
per
ospite
.
-
Mon
Dieu
-
strilla
una
voce
femminea
-
Il
y
a
donc
de
Prussiens
?
-
Siamo
Italiani
...
il
cittadino
Bicornet
abita
qui
?
-
Sì
cittadini
...
ma
è
a
letto
!
-
Si
svegli
!
-
E
cosa
volete
?
-
Abbiamo
il
biglietto
d
'
alloggio
...
-
C
'
est
impossible
!
..
Noi
abbiamo
di
già
uno
zuavo
...
-
Solite
storie
!
...
Aprite
o
vi
sfondiamo
la
porta
!
-
Nom
de
Dieu
!
...
veniamo
,
veniamo
.
Non
ho
mai
veduto
in
mia
vita
una
fisonomia
più
ridicola
di
quella
del
cittadino
Bicornet
.
Cogli
occhi
tuttora
fra
il
sonno
,
con
un
berretto
da
notte
dal
quale
scappavano
fuori
due
orecchi
che
non
avrebbero
minimamente
stuonato
sulla
testa
di
un
coniglio
,
il
povero
diavolo
,
basso
e
traccagnotto
come
un
fattore
ti
dava
l
'
idea
di
Don
Bartolo
,
quando
rimane
immobile
coma
una
statua
nel
finale
del
primo
atto
del
Barbiere
di
Siviglia
.
-
Cittadini
...
fratelli
...
amici
...
Italiani
...
sul
mio
onore
è
impossibile
che
vi
possa
albergare
.
-
E
perché
?
-
Guardate
...
e
,
se
siete
giusti
,
giudicherete
da
voi
stessi
.
Guardammo
:
in
quella
miserabile
stamberga
difatti
noi
non
scorgemmo
che
un
meschino
lettuccio
,
su
cui
era
disteso
un
bel
giovine
dalla
barba
bruna
,
probabilmente
lo
zuavo
,
il
quale
aveva
tuttora
il
braccio
al
collo
;
una
vecchiarella
sdraiata
su
di
un
pagliericcio
alzò
la
testa
al
nostro
arrivo
e
ci
guardò
con
occhi
stralunati
.
-
Signori
-
Ci
disse
il
giovine
-
Il
buon
soldato
deve
aver
sempre
rispetto
...
Guardate
se
il
mio
ospite
non
vi
diceva
la
verità
...
-
Non
ve
la
rifate
con
noi
,
ma
col
Maire
,
perché
c
'
invia
qui
,
quando
ci
siete
voi
.
-
Il
Maire
l
'
ha
presa
con
noi
-
Borbottò
il
buon
'
uomo
-
Al
principio
della
guerra
ebbe
il
coraggio
un
giorno
di
mandarmene
quindici
!
-
E
noi
che
faremo
?
-
Domandammo
in
tuono
di
compassione
a
Monsieur
Bicornet
.
-
Aspettate
-
Disse
questi
dopo
aver
riflettuto
-
venite
con
me
alla
Mairie
e
vi
fo
fare
un
biglietto
per
un
mio
amico
.
-
Tentiamo
anche
questa
.
-
Riflttemmo
noi
due
e
col
buon
'
uomo
rifacemmo
i
nostri
passi
.
Il
Maire
non
oppose
alcun
osservazione
al
cambiamento
dell
'
alloggio
,
e
noi
insieme
con
Bicornet
,
andammo
in
fondo
al
paese
in
una
meschina
casupola
,
alla
cui
porta
il
nostro
accompagnatore
bussò
replicatamente
.
Quello
che
doveva
albergarci
era
un
macchinista
della
ferrovia
;
egli
ci
accolse
con
un
sorriso
gentile
,
e
,
appena
passati
,
si
mise
a
rifarci
un
lettuccio
che
era
a
un
lato
della
stanza
,
mentre
nel
fondo
della
medesima
dispiegava
tutta
la
sua
pompa
un
letto
nunziale
,
dalle
cui
coltre
vedemmo
scappar
fuori
una
testa
di
donna
,
giovine
certo
,
bella
non
sì
poteva
propriare
,
poiché
il
lumicino
che
era
stato
acceso
al
nostro
arrivo
non
aveva
la
potenza
di
rischiarare
quella
stanza
,
quantunque
la
fosse
stretta
e
corta
come
una
carcere
.
Rifatto
il
letto
,
il
macchinista
con
franchezza
tutta
popolana
ci
disse
:
Ora
spogliatevi
e
dormite
,
che
dovrete
averne
bisogno
....
Buona
sera
!
Lo
spogliarsi
in
faccia
a
una
donna
che
ci
vedeva
per
la
prima
volta
,
ci
arrecava
un
certo
fastidio
:
pure
la
necessità
era
troppo
imperiosa
,
e
dopo
pochi
minuti
noi
stiravamo
le
nostre
membra
intirizzite
sotto
le
lenzuola
.
Il
sonno
si
ostinava
a
non
venire
,
quasichè
il
caso
volesse
proprio
farci
assistere
a
un
tormento
di
nuovo
genere
,
al
supplizio
di
Tantalo
riveduto
e
corretto
per
conto
nostro
....
Prima
delle
dolci
parole
tra
i
coniugi
,
poi
uno
scoccar
di
baci
....
Noiato
dalla
scena
che
rappresentavo
,
feci
un
solennissimo
starnuto
;
ahi
non
bastò
;
degli
interrotti
sospiri
....
Diedi
nel
braccio
al
Bocconi
,
egli
era
desto
come
me
,
e
finimmo
con
un
'
omerico
scoppio
di
risa
.
D
'
allora
in
poi
fu
silenzio
e
noi
attaccammo
un
sonno
magnifico
!
CAPITOLO
XXV
.
Chagny
fu
per
noi
una
vera
desolazione
:
fortuna
che
ci
si
trattenne
soltanto
due
giorni
.
Immaginatevi
un
paesucolo
più
sudicio
di
quelli
del
Napoletano
:
degli
abitanti
a
cui
non
pareva
vero
di
esserci
prodighi
di
sgarbi
e
d
'
impertinenze
,
e
non
avrete
immaginato
che
una
metà
delle
nostre
noie
.
L
'
intiera
armata
dei
Vosgi
si
riversò
,
come
valanga
,
su
queste
prime
case
del
dipartimento
della
Saône
et
Loire
ed
all
'
ora
in
cui
noi
ci
alzammo
da
letto
ci
fu
impossibile
il
rinvenire
,
neppure
a
peso
d
'
oro
,
un
tozzo
di
pane
.
I
soldati
affaticati
dalla
lunghissima
marcia
si
buttavano
lungo
le
strade
:
i
carriaggi
si
succedevano
a
ogni
minuto
:
a
ogni
minuto
vedevi
un
via
vai
di
ufficiali
di
stato
maggiore
,
di
staffette
,
di
batterie
;
alle
botteghe
di
fornaio
,
ai
caffè
,
ai
restaurants
una
pigia
di
persone
concitate
che
bestemmiavano
e
facevano
ai
pugni
tra
loro
;
noi
eravamo
affamati
,
ci
avevano
detto
al
quartier
generale
che
per
quel
giorno
saremmo
rimasti
in
paese
,
e
non
si
trovava
un
tozzo
di
pane
per
sfamarci
....
Oh
!
la
dolorosa
situazione
....
In
campagna
,
alla
guerra
,
ci
si
adatta
l
'
idea
del
sacrificio
,
di
un
dovere
da
compiersi
offre
soddisfazioni
più
belle
dì
quelle
di
un
bisogno
naturale
soddisfatto
,
ma
sicuri
di
non
scaricare
più
il
fucile
,
testimoni
di
una
pace
disonorevolissima
che
veniva
vigliaccamente
subita
da
una
nazione
,
fin
'
ora
rispettabile
,
noi
ci
sfogavamo
con
imprecazioni
,
e
forse
saremmo
stati
anche
capaci
di
qualche
malestro
,
pur
di
fugare
la
minima
sofferenza
.
Finalmente
,
verso
le
due
,
mi
riescì
d
'
agguantare
in
un
'
osteria
di
sesto
ordine
una
bella
bistecca
e
la
mangiai
senza
pane
.
La
sera
andai
a
dormire
in
una
chiesa
,
poiché
il
biglietto
d
'
alloggio
era
per
un
giorno
soltanto
.
Verso
le
due
erano
arrivati
i
nostri
compagni
delle
Guide
che
avevano
cavallo
.
Il
giorno
dipoi
partenza
di
tutte
le
truppe
:
Garibaldi
accompagnato
dal
suo
stato
maggiore
partì
per
Chalons
sur
-
Saone
:
noi
avemmo
l
'
ordine
di
rimanere
.
Nella
giornata
liti
immense
con
i
Francesi
.
Ghino
dà
dei
pugni
al
caporale
Aribaud
,
questi
scappa
e
vuol
protestare
:
subissato
dai
nostri
discorsi
tace
.
Il
tenente
Raffoni
insolentisce
un
capitano
delle
guardie
mobili
ed
uno
dei
carabinieri
;
lo
traducono
alla
corte
marziale
:
salta
fuori
un
nuvolo
di
testimoni
ed
è
assoluto
.
Noi
siamo
chiamati
di
guardia
al
quartier
generale
;
alcuni
,
essendo
restati
soli
in
paese
,
cominciano
a
mormorare
ed
a
dire
che
i
Prussiani
sono
a
quattro
passi
e
che
ci
faranno
viaggiar
gratis
fino
a
Berlino
;
improvvisiamo
una
cenetta
in
corpo
di
guardia
rallegrata
da
Ricci
e
Fabbri
che
pretendono
parlare
francese
e
che
attaccano
briga
con
un
Ussero
di
piantone
,
che
si
permette
di
sedere
con
noi
dopo
essersi
permesso
di
russare
come
un
violoncello
antecedentemente
.
L
'
ordinanza
di
Bordone
ci
porta
una
forma
di
cacio
,
e
noi
,
andando
nella
stanza
di
ordini
,
rubiamo
due
bottiglie
di
vino
generoso
,
riservato
per
gli
ufficiali
di
stato
maggiore
.
Gismondi
,
un
Genovese
rovinato
nella
faccia
da
una
palla
a
Monterotondo
,
si
aggiunge
a
noi
e
porta
due
altre
bottiglie
di
vino
...
quindi
baldoria
generale
.
Nel
più
bello
del
chiasso
,
si
schiude
la
porta
con
impeto
e
vediamo
ritto
,
stecchito
davanti
a
noi
,
truce
come
lo
spettro
di
Banco
il
generale
Bordone
.
Stupore
generale
,
e
relativi
moccoli
a
fior
di
labbra
.
Il
generale
ci
da
una
sbirciata
e
invece
di
farci
un
rimprovero
,
si
rivolge
al
nostro
tenente
e
gli
dice
:
Mandi
un
sergente
e
quattro
uomini
a
rimetter
l
'
ordine
in
casa
di
questo
povero
vecchio
,
dove
sono
entrati
tre
Franchi
Tiratori
,
pretendendo
farci
di
tutto
un
po
'
.
Mecheri
,
sergente
,
e
tre
o
quattro
di
noi
ci
moviamo
col
vecchio
che
era
rimasto
a
caso
nell
'
ombra
:
eccoci
ridotti
anche
carabinieri
!
Non
nego
,
che
un
tale
incarico
mi
andava
poco
a
sangue
:
io
non
ho
mai
nutrito
una
decisa
simpatia
per
gli
agenti
della
legge
,
che
d
'
altronde
sono
riveriti
come
angeli
custodi
da
tanti
che
meriterebbero
di
andare
in
prigione
assai
più
di
quelli
che
ci
vanno
:
eppoi
...
il
vecchio
che
ci
accompagnava
,
mi
aveva
una
fisonomia
proibita
:
qualche
cosa
di
prete
smesso
o
di
mezzano
amoroso
.
Arriviamo
alla
casa
:
per
le
scale
non
ci
è
lume
e
nessuno
ha
fiammiferi
....
si
comincia
benino
!
...
-
Mi
piglino
per
una
falda
e
salgano
.
-
Ci
dice
il
vecchio
.
Ci
si
attacca
tutti
alla
falda
....
maledizione
!
...
la
scala
è
a
chiocciola
e
la
falda
a
una
voltata
resta
in
mano
a
uno
dei
nostri
.
-
Mon
Dieu
!
-
Grida
la
povera
vittima
di
quelle
tenebre
.
-
La
ci
tenga
un
lume
!
-
si
contenta
di
aggiungere
con
filosofia
l
'
autore
dell
'
eccidio
.
La
moglie
del
vecchio
,
avvisata
forse
dal
chiasso
improvviso
,
ci
comparisce
davanti
con
una
lucernina
.
Quantunque
la
nuova
venuta
fosse
in
perfetto
deshabillè
non
ci
faceva
peccare
di
gola
.
Credo
che
donna
più
brutta
non
sia
stata
mai
messa
al
mondo
per
dar
di
bugiardi
a
coloro
che
asseriscono
esser
la
donna
l
'
ideale
della
creazione
.
Tra
moglie
e
marito
avevano
tutti
i
requisiti
per
farsi
odiar
cordialmente
.
-
Aiuto
...
carità
...
protezione
-
Urlava
la
megera
.
Entrammo
colle
mani
sull
'
elsa
dei
nostri
squadroni
:
credevamo
di
trovare
tre
indemoniati
:
quale
non
fu
la
nostra
meraviglia
?
Ci
vennero
incontro
tre
buoni
figliuoli
,
che
cominciarono
col
chiederci
scusa
di
averci
disturbati
,
narrandoci
per
filo
e
per
segno
tutti
i
particolari
del
disgustoso
incidente
.
Provvisti
di
biglietto
d
'
alloggio
,
essi
si
erano
presentati
al
padrone
di
quella
bicocca
ed
egli
aveva
negato
con
mal
garbo
di
ricettarli
;
gli
avevano
detto
che
erano
stanchi
,
che
avrebbero
anche
pagato
,
ed
egli
duro
come
un
Tedesco
.
Allora
loro
,
esasperati
,
erano
entrati
per
forza
in
camera
ed
avevano
approfittato
del
divano
ove
si
erano
addormentati
.
Il
vecchio
era
uno
sfegatato
Napoleonista
,
e
giurava
che
a
'
tempi
della
tirannide
non
si
offendeva
la
pudicizia
di
una
signora
,
svestendosi
innanzi
a
lei
.
A
tale
protesta
nessuno
potè
trattenere
le
risa
:
persuademmo
i
giovani
a
venir
via
,
si
diè
due
prese
d
'
imbecille
al
tarpano
,
e
tutti
insieme
si
andò
in
una
vicina
casetta
,
dove
bevemmo
di
nuovo
.
Tra
un
bicchiere
e
l
'
altro
,
sapemmo
che
i
Prussiani
avevano
fatto
fuoco
sull
'
ultimo
convoglio
di
Garibaldini
che
era
partito
da
Digione
,
convoglio
nel
quale
tra
gli
altri
si
trovava
il
Piccini
:
nessuno
fu
offeso
ad
eccezione
del
Macchinista
che
restò
morto
sul
colpo
.
Il
giorno
dopo
,
noi
partivamo
da
Chagny
,
diretti
a
Chalons
sur
-
Saone
,
dove
si
trasferì
il
quartier
generale
.
L
'
annunzio
della
partenza
fu
salutato
da
tutti
,
con
gioia
inesprimibile
.
Se
io
avessi
un
nemico
accanito
,
lo
manderei
a
domicilio
coatto
a
Chagny
,
certo
che
dopo
poche
ore
implorerebbe
la
pena
di
morte
.
CAPITOLO
XXVI
.
Prima
di
terminare
il
racconto
è
necessario
che
io
parli
della
seconda
brigata
,
comandata
dal
Lobbia
,
di
questa
brigata
che
,
quantunque
lontana
dalle
altre
e
perciò
non
abbastanza
rammentata
nelle
molte
memorie
che
si
son
pubblicate
sulla
campagna
di
Francia
,
non
si
è
meno
coperta
di
gloria
,
nè
ha
meno
faticato
delle
altre
.
I
dati
della
relazione
che
io
farò
ai
miei
lettori
,
mi
furono
forniti
a
Chalons
da
un
distintissimo
ufficiale
di
stato
maggiore
che
era
al
seguito
del
colonnello
Lobbia
,
e
il
pubblico
avanti
di
parlare
del
nostro
soggiorno
in
quella
città
,
poiché
avendo
fin
'
ora
discorso
di
guerra
e
dovendo
d
'
ora
in
là
discorrere
di
pace
,
qui
mi
sembrano
nel
posto
più
adatto
.
Sul
finire
del
dicembre
,
erano
in
Soulieu
il
colonnello
di
cavalleria
Bossi
,
il
maggiore
Farlatti
con
uno
squadrone
di
Guide
e
una
piccola
compagnia
di
pionieri
comandati
da
Kauffman
:
questa
spedizione
aveva
per
scopo
di
danneggiare
le
comunicazioni
dei
Prussiani
,
appunto
sulle
famose
linee
che
dovevano
servire
all
'
esercito
di
Manteuffel
per
venire
a
combattere
le
truppe
di
Bourbaki
.
Oltre
ad
altri
ingegni
di
guerra
,
il
capitano
Kauffman
avea
con
se
due
furgoni
pieni
di
materia
incendiaria
e
di
dinamite
,
che
dovevano
servire
a
una
importantissima
operazione
della
quale
si
faceva
un
gran
segreto
;
e
che
consisteva
noi
far
saltare
un
tunnel
della
ferrovia
di
Strasburgo
.
Pare
che
tra
Kauffman
e
Bossi
non
s
'
intendessero
molto
e
le
operazioni
non
procedendo
,
come
avrebbero
dovuto
,
Garibaldi
richiamò
quest
'
ultimo
al
quartier
generale
e
diede
un
tale
incarico
al
colonnello
di
stato
maggiore
Lobbia
,
nominandolo
brigadiere
e
destinandolo
al
comando
della
seconda
brigata
.
Questa
era
costituita
nel
modo
seguente
:
Stato
Maggiore
Uff
.
7
Uom
.
14
Genio
»
3
»
20
Guide
»
9
»
150
Francs
tireurs
de
la
Bigorde
»
3
»
35
Égalitè
»
12
»
175
Chasseurs
d
'
Orient
»
16
»
270
Marin
»
4
»
55
Atlas
»
4
»
60
Guerillas
Marseilles
»
18
»
280
Uff
.
75
Uom
.
1059
Lobbia
partì
da
Autun
,
conducendo
con
se
per
ufficiali
di
stato
maggiore
il
capitano
Pozzi
ed
i
tenenti
Scipione
,
Primerano
e
Bonomi
:
partì
secoloro
il
signor
Visitelli
,
corrispondente
del
Dayl
Neuw
.
Il
capo
squadrone
Castellazzo
partiva
per
Chatau
Chinon
,
Clamecy
e
Vermenton
,
incaricato
di
tenere
relazione
tra
la
brigata
Ricciotti
e
Lobbia
e
sorvegliarne
le
operazioni
,
servendosi
dei
telegrafi
e
di
tutti
gli
altri
mezzi
che
le
sottoprefetture
e
i
sindaci
dovevano
mettere
a
di
lui
disposizione
.
Da
Autun
la
seconda
brigata
si
portò
a
Soulieu
per
Lucenay
,
quindi
a
Precy
e
a
Vitteau
.
La
marcia
è
lunga
e
fu
resa
più
disagevole
dall
'
immensa
quantità
d
'
impedimenti
che
venivano
dietro
ai
soldati
e
che
occupavano
a
dir
poco
tre
chilometri
di
spazio
:
carri
con
gli
equipaggi
dei
soldati
,
barrocci
,
trabiccoli
dei
vivandieri
...
donne
...
insomma
una
vera
marcia
di
barbari
!
Le
compagnie
dei
Francs
tìreurs
erano
scarse
:
ve
ne
erano
persino
di
dieci
uomini
,
ma
anche
queste
avevano
tre
o
quattro
ufficiali
...
già
,
se
durava
un
altro
pochino
la
campagna
di
Francia
avremmo
finito
coll
'
avere
diecimila
generali
e
nemmeno
una
tromba
!
...
Mentre
Lobbia
marciava
verso
Vitteau
,
Ricciotti
aveva
che
fare
coi
Prussiani
di
Montbard
.
Questo
paese
era
difeso
da
4000
uomini
e
6
pezzi
di
cannone
.
L
'
ardimentoso
figlio
di
Garibaldi
tentò
l
'
assalto
,
il
giorno
6
di
gennaio
.
Sul
più
bello
dell
'
impresa
egli
però
si
vide
accerchiato
dai
Prussiani
che
in
forza
di
2000
uomini
avevano
intanto
marciato
sopra
a
Semour
.
Ricciotti
tenne
fermo
fino
alla
sera
,
e
ritiratosi
a
Montfort
per
sentieri
appena
tracciati
,
potè
sul
mattino
eludere
la
vigilanza
dei
nemici
che
lo
volean
prigioniero
e
si
ritirò
sano
e
salvo
presso
Les
Lommes
.
La
seconda
brigata
,
a
cui
Castellazzo
aveva
comunicato
l
'
ordine
del
Generale
di
fare
un
movimento
in
avanti
per
distrigare
Ricciotti
,
potè
continuare
la
sua
via
e
di
concerto
colla
quarta
brigata
che
pur
si
ritirava
per
la
medesima
strada
verso
Digione
,
potè
manovrare
così
bene
da
schiudersi
l
'
adito
in
mezzo
alle
colonne
nemiche
che
già
si
avanzavano
numerose
per
le
vie
di
Chatillon
,
Aignay
le
Duc
e
Precy
;
era
una
marcia
difficilissima
,
di
fianco
,
che
avrebbe
potuto
compromettere
la
sicurezza
di
quella
brigata
,
se
questa
non
avesse
avuto
la
precauzione
molto
giusta
di
proteggersi
sul
suo
lato
sinistro
per
mezzo
della
cavalleria
dì
Farlatti
che
eseguì
egregiamente
questo
difficilissimo
compito
.
Al
villaggio
di
Marai
-
sur
-
Tille
la
brigata
Ricciotti
si
divise
da
quella
di
Lobbia
,
essendo
stata
la
prima
richiamata
a
Digione
e
dovendo
proseguire
la
seconda
per
il
compito
a
lei
designato
.
Qui
raggiunse
la
colonna
il
capo
squadrone
Castellazzo
.
Egli
veniva
da
Grancey
le
Chateau
,
dove
poco
corse
che
rimanesse
prigioniero
colla
somma
di
90,000
lire
.
Lobbia
lo
aveva
infatti
mandato
a
prender
denari
a
Digione
,
e
aveva
fissato
di
attenderlo
a
Grancey
.
Castellazzo
attendeva
da
parecchio
tempo
e
nessuno
arrivava
:
i
Prussiani
avendo
saputo
dalle
chiacchiere
dei
borghigiani
qualche
cosa
,
mandano
venticinque
usseri
nel
paese
;
e
,
mentre
il
nostro
amico
aveva
fatto
attaccar
la
carrozza
,
i
cinque
uomini
dell
'
avanguardia
nemica
annunciano
al
capoposto
che
non
vi
erano
Garibaldini
.
Senza
por
tempo
in
mezzo
,
senza
aspettare
che
gli
usseri
si
ricredessero
dal
loro
sbaglio
,
Castellazzo
salta
in
carrozza
,
e
prendendo
un
altra
via
gli
riesce
di
raggiungere
il
corpo
.
Erano
novantamila
lire
che
egli
salvava
dagli
artigli
dei
soldati
di
re
Guglielmo
:
certo
che
se
questi
l
'
avessero
potuto
immaginare
,
per
un
uomo
solo
erano
capaci
di
assediare
il
paese
.
La
seconda
brigata
da
Maray
-
sur
Tille
si
recò
a
Selongey
diretta
per
Langres
.
Siccome
però
numerosi
si
avanzavano
i
nemici
dalla
parte
di
Grancey
,
minacciando
di
tagliare
la
strada
di
Prauthoy
,
Lobbia
con
ottimo
intendimento
fe
'
fare
alla
sua
truppa
il
giro
di
Fontaine
Francaise
e
di
Champly
recandosi
a
Chalindrey
ed
a
Langres
,
dove
arrivò
il
15
di
gennaio
,
sempre
attorniato
dai
Prussiani
,
con
una
felicità
veramente
meravigliosa
.
A
Langres
,
dietro
ordini
del
Generale
,
furono
lasciati
tutti
i
bagagli
,
compresi
i
due
furgoni
di
dinamite
e
il
capitano
Kaupffeman
.
La
brigata
si
pose
a
campo
pei
boschi
di
Bouchemin
,
di
Marat
e
di
Faverolle
,
minacciando
le
comunicazioni
prussiane
di
Chaumont
,
Arc
en
Barroi
,
e
Auberive
sulle
quali
passavano
le
truppe
dirette
a
Digione
.
L
'
incertezza
del
generale
francese
Meyer
,
il
quale
negò
ogni
appoggio
,
diede
meno
importanza
di
quello
che
si
meritava
,
al
movimento
:
avendo
perciò
il
brigadiere
dovuto
rinunciare
all
'
idea
di
attaccare
Chaumont
,
occupato
da
6000
uomini
,
troppi
al
certo
pel
di
lui
piccolo
effettivo
,
portavasi
il
22
a
Perrogney
e
Pierre
Fontaine
e
,
di
lì
passando
per
Auberive
,
muoveva
alla
testa
della
cavalleria
sopra
il
villaggio
di
Germain
per
sorprendervi
quel
posto
.
Tra
i
due
paesi
sono
tre
chilometri
di
scesa
e
tutto
il
terreno
era
una
crosta
di
ghiaccio
:
ad
onta
di
questo
la
distanza
fu
percorsa
in
una
carica
sola
a
carriera
sfrenata
:
guai
,
se
un
cavallo
fosse
caduto
!
...
Non
poteva
fare
a
meno
di
succedere
un
monte
generale
,
una
vera
cuffia
,
come
si
direbbe
in
termine
basso
.
Il
nemico
che
stava
poco
sulle
intese
,
parve
che
non
avesse
nemmeno
tempo
di
montare
a
cavallo
:
gli
Usseri
Rossi
si
erano
ammucchiati
nella
scuderia
;
i
meno
,
incerti
se
avessero
a
difendersi
o
a
darsi
prigionieri
,
i
più
,
cercando
nascondersi
in
tutti
i
buchi
e
perfino
nel
fieno
.
Furono
presi
12
uomini
e
15
cavalli
:
gli
uomini
erano
superbi
:
alti
,
benissimo
vestiti
e
riccamente
equipaggiati
:
quasi
tutti
del
Posen
;
le
loro
pipe
,
pagate
ben
inteso
a
pronti
contanti
,
furono
i
trofei
più
ricercati
della
vittoria
.
Dopo
questo
brillante
episodio
,
Lobbia
tornò
a
Auberive
,
da
cui
si
mosse
dirigendosi
verso
Vaillant
:
a
poca
distanza
da
questo
villaggio
giunse
la
notizia
che
il
sindaco
del
medesimo
veniva
trascinato
a
Prauthoy
da
una
trentina
di
ulani
:
nuova
carica
sul
ghiaccio
:
gli
ulani
lasciano
la
preda
e
via
a
carriera
verso
Esnoms
,
e
siccome
chi
corre
corre
e
chi
fugge
vola
,
quando
i
nostri
arrivarono
a
quel
paese
,
i
nemici
erano
già
a
Prauthoy
.
Gli
oggetti
requisiti
ed
il
sindaco
rimasero
a
noi
,
e
quest
'
ultimo
offrì
in
Vaillant
un
pranzo
Lucullesco
agli
ufficiali
di
stato
maggiore
.
La
notte
fa
passata
a
Pierre
Fontaine
;
il
25
,
avvisato
che
una
sessantina
di
Prussiani
che
facevano
scorta
a
un
centinaio
di
prigionieri
francesi
,
dirigevansi
da
Prauthoy
sopra
Auberive
,
il
colonnello
Lobbia
con
cinque
ufficiali
del
suo
stato
maggiore
e
con
una
compagnia
di
Francs
Tireurs
faceva
un
'
imboscata
nella
foresta
di
Mont
'
Avoir
per
sorprendere
il
convoglio
:
verso
sera
però
gli
esploratori
avvertirono
che
i
nemici
avevan
presa
altra
strada
,
quella
di
Grancey
.
Avanti
di
continuare
,
sento
il
dovere
di
esporre
un
fatto
che
torna
a
grandissimo
onore
del
Lobbia
.
Allorchè
nel
giorno
precedente
imbandite
le
mense
,
altro
non
si
aspettava
all
'
infuori
che
il
colonnello
si
assidesse
nel
posto
d
'
onore
,
egli
domandò
se
era
stato
pensato
ai
prigionieri
,
ed
avendo
ottenuta
una
risposta
negativa
,
energicamente
protestò
,
minacciando
di
non
prender
parte
alla
mensa
,
qualora
non
si
trattassero
con
umanità
quelle
povere
vittime
della
fortuna
guerresca
;
nè
qui
si
arrestò
l
'
uomo
generoso
:
a
sua
iniziativa
fu
fatta
una
colletta
tra
gli
ufficiali
,
colletta
che
fruttò
un
sette
franchi
a
testa
pei
prigionieri
:
e
questi
,
vedendosi
fatti
segno
di
tal
gentilezza
,
sentendosi
sempre
palpitare
il
cuore
anche
sotto
la
tunica
di
gregario
,
piansero
,
piansero
come
fanciulli
e
gridarono
:
Viva
Garibaldi
,
Viva
l
'
Italia
.
Povera
gente
!
...
Lontana
da
suoi
,
in
un
paese
che
del
bene
non
gliene
voleva
dicerto
,
paurosa
di
tutto
,
al
balsamo
della
consolazione
sentiva
stemprarsi
quel
gelo
,
che
le
si
era
voluto
addensare
sull
'
anima
dagli
stupidi
ed
infami
regolamenti
che
vorrebbero
fare
degli
uomini
la
macchina
più
iniqua
,
che
torturi
la
povera
umanità
!
La
notte
Lobbia
,
Castellazzo
,
Pozzi
e
due
ufficiali
di
stato
maggiore
s
'
incamminarono
verso
Vaillant
:
gli
altri
li
seguitavano
a
un
chilometro
di
distanza
:
giunti
a
due
chilometri
da
Vaillant
,
quattro
ombre
,
silenziose
come
quell
'
oscurità
,
si
avanzano
...
si
dà
loro
l
'
alto
:
Castellazzo
si
avanza
arditamente
,
e
domanda
chi
sono
.
Essi
esitano
a
rispondere
.
Pozzi
grida
:
sono
Prussiani
,
abbassate
le
armi
....
ed
i
quattro
ubbidiscono
senza
far
motto
.
Si
disarmano
e
poi
vengono
consegnati
ad
una
compagnia
che
si
avanza
a
passo
di
corsa
.
Passata
quella
notte
a
Vaillant
,
l
'
indomani
la
brigata
si
portò
di
nuovo
a
Pierre
Fontaine
e
di
qui
passò
ad
Augeres
,
dove
la
sera
del
27
arrivarono
due
compagnie
di
linea
con
parecchi
ufficiali
,
inviati
dal
generale
Meyer
onde
coadiuvare
i
garibaldini
nell
'
attacco
di
Prauthoy
:
il
rinforzo
era
comandato
dal
capitano
Mas
,
vecchio
soldato
d
'
Affrica
.
Fu
tenuto
consiglio
di
guerra
nella
stanza
da
letto
del
sindaco
:
vi
assistevano
Lobbia
,
Castellazzo
,
Pozzi
e
altri
due
di
stato
maggiore
.
Il
Mas
era
un
po
'
in
bernecche
,
e
invasato
dai
sacri
furori
che
il
Dio
Bacco
suole
prodigare
ai
suoi
fedeli
seguaci
,
si
riprometteva
con
le
sue
due
compagnie
di
mangiare
in
un
colpo
tutti
i
Prussiani
;
domandava
soltanto
un
po
'
di
tempo
per
far
prendere
il
caffè
ai
soldati
.
Castellazzo
osservò
che
era
assai
meglio
che
lo
prendessero
dopo
aver
mangiato
i
Prussiani
,
per
aiutare
la
digestione
..
Mas
,
con
serietà
imperturbabile
,
chiese
allora
che
i
suoi
dipendenti
fossero
messi
al
posto
d
'
onore
(
all
'
avanguardia
)
.
Lobbia
accettò
e
commosso
da
tanto
eroismo
,
fè
la
consueta
grimace
,
Castellazzo
citò
i
versi
del
Miles
gloriosus
di
Plauto
:
....
..
virum
Fortem
,
atque
fortunatum
et
forma
regia
,
tum
bellator
Mars
Haud
ausit
dicere
:
neque
aequiparare
suas
virtutes
ad
tuas
.
Il
vecchio
soldato
non
sapendo
che
si
rispondere
a
quel
complimento
in
lingua
a
lui
incognita
;
scambiando
forse
Mars
per
Mas
fa
'
una
gran
riverenza
e
si
avvolse
in
dignitoso
silenzio
.
Alle
11
di
sera
tutti
erano
a
cavallo
:
per
sentieri
tutti
incrostati
di
ghiaccio
la
brigata
arrivò
a
Lucenay
.
Mentre
sul
viso
dei
coraggiosi
si
leggeva
chiaramente
l
'
ansia
,
il
desio
prepotente
di
misurarsi
coll
'
inimico
,
i
soldati
di
linea
perdevano
un
tempo
prezioso
a
prendere
il
caffè
e
a
fare
il
chilo
.
Dopo
mille
e
mille
sollecitazioni
a
partire
,
alla
fine
si
avviarono
:
si
avviarono
,
ma
con
tale
un
passo
da
tartarughe
,
che
invece
di
arrivare
,
come
era
stato
previsto
,
a
Prauthoy
alle
quattro
di
notte
,
ebbero
il
fresco
cuore
d
'
arrivarci
alle
sei
del
mattino
.
Aveva
preso
stanza
in
questo
villaggio
il
2°
battaglione
del
61
reggimento
Guglielmo
di
Pomerania
:
battaglione
che
apparteneva
giusto
appunto
,
come
rammenteranno
i
lettori
,
a
quel
reggimento
che
tanto
era
stato
battuto
il
giorno
23
alla
masseria
di
Poully
e
la
di
cui
bandiera
era
già
in
nostra
mano
:
800
fanti
,
50
cavalli
e
varii
cariaggi
:
tale
era
l
'
effettivo
di
cui
disponeva
il
nemico
.
Le
compagnie
di
linea
francese
aveano
avuto
l
'
ordine
di
penetrare
nel
villaggio
,
senza
trar
colpo
;
esse
invece
si
fermarono
a
trecento
passi
dal
medesimo
e
per
avvisare
il
nemico
si
misero
a
sparare
alle
passere
.
Convenne
allora
far
di
necessità
virtù
:
si
spiegarono
le
colonne
e
ci
si
accinse
a
dare
l
'
assalto
.
I
Prussiani
avevano
occupate
le
case
,
il
cimitero
,
la
chiesa
e
di
là
facevano
un
fuoco
d
'
inferno
.
Gli
Chasseurs
de
Lyon
e
le
guide
(
per
la
maggior
parte
italiane
)
si
portarono
eroicamente
:
qualche
altra
compagnia
fe
'
il
proprio
dovere
,
qualcuna
,
purtroppo
,
scappò
,
sparando
all
'
aria
,
o
,
quel
che
è
peggio
,
addosso
agli
ufficiali
di
stato
maggiore
che
cercavano
arrestarle
nella
corsa
disordinata
.
Ad
onta
però
di
tal
confusione
la
costanza
dei
pochi
prevalse
e
dopo
quattro
ore
circa
di
fuoco
,
i
Prussiani
,
perduto
il
loro
comandante
e
dopo
aver
lasciato
sul
campo
un
centinaio
tra
morti
e
feriti
si
salvarono
con
dirottissima
fuga
pei
campi
.
La
giornata
era
vinta
.
Noi
avemmo
49
morti
e
62
feriti
:
gli
avversarii
oltre
i
morti
e
i
feriti
,
lasciarono
nelle
nostre
mani
14
cavalli
,
73
prigionieri
,
14
cariaggi
d
'
avena
e
di
pane
,
una
ingente
quantità
d
'
oggetti
rubati
tra
cui
orologi
,
bauli
e
argenteria
,
200
fucili
,
la
contabilità
,
la
cassa
con
1,500
talleri
,
un
furgone
da
munizioni
e
diversi
carri
d
'
ambulanza
.
Tutto
insieme
fu
uno
dei
fatti
più
brillanti
della
campagna
di
Francia
e
se
monsieur
Mas
,
il
miles
gloriosus
,
avesse
secondato
a
dovere
il
resto
della
brigata
,
sarebbe
rimasta
prigioniera
l
'
intera
colonna
Prussiana
.
Inutile
il
dire
che
Castellazzo
in
quel
giorno
si
condusse
da
eroe
:
chiunque
l
'
ha
veduto
in
altre
campagne
,
può
e
deve
giustamente
argomentarlo
:
Pozzi
e
Farlatti
riscossero
l
'
ammirazione
di
tutti
,
e
non
ultimo
certo
tra
i
valorosi
si
addimostrò
il
signor
Visitelli
,
il
corrispondente
del
Dayly
News
.
Per
quel
giorno
e
per
la
notte
vegnente
si
trattennero
gli
stanchi
soldati
in
Prauthoy
;
il
domani
si
portarono
a
Langres
,
onde
accompagnare
i
prigionieri
,
riportare
la
preda
e
apprestarsi
a
nuove
avventure
.
Il
31
Lobbia
si
spinse
e
Neully
l
'
Eveque
a
12
chilometri
da
Langres
:
il
nemico
si
era
raccolto
in
forze
a
Montigny
le
Roi
e
la
2a
nostra
brigata
si
preparava
per
andargli
a
fare
una
delle
solite
visite
,
quando
arrivarono
anche
lassù
le
prime
notizie
dell
'
armistizio
.
Il
generale
Meyer
,
protestando
di
eseguire
scrupolosamente
i
decreti
del
suo
governo
,
non
permise
alcun
movimento
e
così
la
brigata
Lobbia
restò
isolata
dal
rimanente
dell
'
armata
dei
Vosgi
,
nè
si
seppe
più
alcuna
notizia
di
lei
,
fino
a
che
il
Castellazzo
,
travestitosi
da
contadino
,
dando
prova
di
un
favoloso
coraggio
,
traversò
imperterritamente
le
linee
prussiane
,
e
portandosi
a
Autun
,
venne
di
là
a
Chalons
-
sur
Saône
,
latore
di
notizie
e
dispacci
.
Terminato
che
fu
l
'
armistizio
e
conclusa
la
pace
,
la
brigata
Lobbia
con
lascia
passare
Prussiano
passò
in
mezzo
alle
schiere
nemiche
che
le
resero
gli
onori
militari
:
da
Langres
venne
a
Chalons
,
dove
furono
tolti
persino
i
mantelli
alle
Guide
,
che
così
bene
avevano
adempiuto
il
loro
incarico
,
che
tanto
si
erano
coperte
di
gloria
per
difendere
quella
Repubblica
Francese
che
ora
in
tal
modo
le
ricompensava
.
CAPITOLO
XXVII
.
Torniamo
a
noi
:
i
giorni
delle
belle
emozioni
erano
cessati
:
prolungare
dettagliatamente
questa
mia
storia
,
sarebbe
un
voler
portare
il
cane
per
l
'
aia
,
e
terminerei
rendendomi
assai
più
noioso
di
quello
che
son
riuscito
fin
qui
....
ed
è
tutto
dire
!
..
Pure
,
qualche
episodio
della
nostra
guarnigione
,
qualche
sbozzo
alla
peggio
di
certe
scene
,
che
,
se
non
altro
,
possono
illuminare
qualcuno
sullo
spirito
che
dominava
allora
in
Francia
,
non
sembreranno
superflui
ai
lettori
e
serviranno
,
quasi
di
cornice
al
quadro
che
male
o
bene
ho
tentato
di
tratteggiare
sin
qui
:
stacco
perciò
dal
mio
libriccino
di
appunti
le
pagine
meno
seccanti
e
ben
volentieri
le
offro
a
quei
Cirenei
,
che
hanno
subito
il
peso
della
mia
croce
per
tanto
tempo
,
dando
prova
in
tal
modo
di
più
che
cristiana
pazienza
.
Chalons
ha
da
essere
un
soggiorno
incantevole
;
ha
strade
e
piazze
pulite
,
eleganti
e
con
sfarzosi
negozii
:
il
suo
quai
sur
la
Saône
rammenta
i
nostri
lungarni
:
il
fiume
è
però
più
bello
e
più
tranquillo
dell
'
Arno
:
sul
far
della
sera
quando
arriva
Parisièn
,
il
piccolo
piroscafo
che
viene
da
Lione
,
disegnando
una
striscia
di
fumo
sulle
limpide
plaghe
del
cielo
sereno
,
si
gode
una
incantevole
poesia
e
troviamo
artisticamente
superbi
i
visi
sin
'
allora
simpatici
semplicemente
delle
cittadine
:
Il
desiderio
di
rivedere
l
'
Italia
si
fa
più
vivo
...
a
che
ci
tengono
qua
,
se
non
ci
è
più
da
menare
le
mani
?
Vien
dato
a
me
e
a
Gismondi
un
biglietto
d
'
alloggio
per
un
palazzo
in
Rue
aux
Fievres
:
il
nome
non
è
di
buon
'
augurio
:
Troviamo
un
prete
,
un
vecchio
signore
ed
una
ragazza
nè
bella
,
nè
brutta
:
fanno
mille
difficoltà
:
Gismondi
va
in
bestia
,
e
piglia
quest
'
occasione
per
dire
:
maledetta
la
Francia
!
...
-
Parlate
Italiano
?
-
ci
dice
subito
la
ragazza
:
l
'
amico
rimane
di
sasso
:
e
allora
sappiamo
che
la
ragazza
ha
studiato
la
nostra
lingua
tre
anni
;
cosa
che
non
impedisce
di
scambiarla
,
quando
pronunzia
,
per
un
'
Abissina
.
Dopo
mille
daddoli
,
ci
accomodano
nella
camera
delle
cameriere
.
Meno
male
.
Oltre
il
quartier
generale
ha
stanza
in
Chalons
l
'
eroica
brigata
Ricciotti
:
ritroviamo
lo
Strocchi
,
l
'
Orlandi
e
altri
amici
.
Si
passano
le
giornate
aux
Vendange
de
Bourgogne
,
dove
una
ragazza
robusta
e
impertinentemente
carina
serve
da
pranzo
,
e
mesce
gli
asenzii
e
i
cognak
.
Mademoiselle
Marie
,
après
la
guerre
je
vous
epouse
si
sente
ripetere
ad
ogni
minuto
e
con
tutto
questo
ci
si
noia
,
come
a
un
pezzo
di
musica
dell
'
Avvenire
.
Meno
male
,
che
a
giorni
sono
l
'
elezioni
;
l
'
agitazione
politica
ci
stordirà
,
eppoi
chi
può
predire
di
cosa
sieno
gravide
l
'
urne
.
Questa
è
carina
!
Viene
da
me
il
solito
tromba
Romagnolo
:
mi
chiama
in
disparte
eppoi
mi
dice
con
importanza
.
:
-
Chat
in
Francese
non
vuoi
dire
altro
che
gatto
?
-
Di
certo
.
-
E
pigeon
piccione
?
-
È
innegabile
!
-
Dovevo
immaginarlo
!
...
Esclamava
allora
in
tuono
tragico
,
battendosi
il
capo
.
-
Che
ti
è
successo
?
!
-
Proruppi
io
stimolato
dalla
curiosità
-
Versa
in
seno
dell
'
amicizia
quello
che
ti
grava
nel
cuore
.
-
Se
tu
sapessi
....
io
faceva
la
caccia
a
una
bella
bambina
:
ed
ero
,
cioè
credevo
di
esser
corrisposto
...
stamani
vo
in
casa
,
l
'
abbraccio
,
lei
non
si
muove
,
ma
nel
più
bello
,
nel
calore
dei
discorsi
,
mi
ha
cominciato
a
dire
:
Mon
chat
,
mon
pigeon
dunque
vuole
in
tutti
i
modi
battezzarmi
per
una
bestia
..
io
era
indeciso
,
ma
ora
...
-
Son
le
gentilezze
che
usano
le
innamorate
di
qua
..
-
Forse
perché
riconoscono
quelli
che
ronzan
loro
dintorno
,
ma
io
non
sono
del
mazzo
e
protesto
.
Un
proclama
di
Gambetta
,
affisso
alle
cantonate
,
invita
i
cittadini
ad
accorrere
unanimi
alle
urne
,
chiama
sosta
la
sospensione
dell
'
arme
,
non
risparmiando
certe
spavalderie
che
non
dovrebbero
essere
più
di
moda
.
Interrogo
difatti
varie
persone
e
tutte
mi
rispondono
,
facendo
voti
per
la
pace
,
e
arrivando
perfino
a
confessare
che
preferiscono
la
caduta
della
repubblica
a
nuove
guerre
e
a
nuovi
disastri
.
Ah
!
...
Francia
,
Francia
come
sei
caduta
nel
basso
:
perché
non
ritrovasti
in
tanto
sterminio
l
'
eroismo
di
Missolungi
?
...
Io
non
ti
posso
stimare
.
Il
sottoprefetto
di
Chalons
è
una
pasta
di
zucchero
:
Corso
,
è
contrarissimo
a
Napoleone
:
sottoprefetto
è
un
sansculot
di
prima
forza
!
Oggi
ero
di
guardia
:
si
è
trattenuto
un
poco
con
me
sul
terrazzo
:
mi
ha
parlato
della
Francia
colle
lacrime
agli
occhi
ed
ha
finito
con
accenti
di
disperazione
.
Sul
far
della
notte
ha
mandato
una
damigiana
di
vino
e
del
salame
ai
soldati
.
Garibaldi
si
è
ritirato
a
un
chilometro
dalla
città
:
noi
non
sappiamo
che
pesci
si
prendere
:
cominciano
i
bullettini
dell
'
elezioni
:
si
ritiene
che
uscirà
eletto
Garibaldi
.
Tornano
Miquelf
;
Materassi
e
le
altre
Guide
,
che
si
credevano
già
putrefatte
,
o
per
lo
meno
nelle
mani
nemiche
.
Materassi
ci
racconta
che
hanno
fatto
saltare
due
ponti
,
che
hanno
visitato
un
visibilio
di
paesi
,
ricevuti
sempre
bene
,
ma
sempre
costretti
ad
udire
discorsi
in
favor
della
pace
.
Non
ci
è
caso
:
la
Francia
è
sfiduciata
,
la
Francia
è
come
colui
che
,
finita
ogni
risorsa
,
preferisce
portar
la
livrea
di
coloro
che
l
'
hanno
spogliato
e
non
sa
trovare
il
coraggio
di
uccidersi
.
La
corruzione
di
Chalons
non
la
cede
per
nulla
a
quella
di
Digione
.
Il
quai
è
un
continuo
viavai
di
donnette
che
ti
lanciano
occhiate
assassine
.
Non
vi
è
soldato
che
non
abbia
un
'
amante
.
O
mariti
Italiani
che
nel
1859
coronaste
d
'
alloro
i
vincitori
di
Magenta
e
ne
aveste
in
ricambio
altre
corone
,
gioite
:
i
vostri
compatriotti
sanno
ben
vendicarvi
!
Il
maggiore
di
piazza
è
un
militarista
accanito
:
mi
ha
fermato
nella
grande
rue
perché
non
l
'
ho
salutato
.
Ha
minacciato
di
far
sciogliere
le
guide
,
perché
vanno
di
trotto
al
passeggio
e
perché
non
vanno
alla
piazza
a
prender
l
'
ordine
del
giorno
.
Sì
....
i
nostri
soldati
non
sono
venuti
per
questi
servizii
vigliacchi
-
urla
Ghino
allorché
riferisco
la
commissione
-
ci
pare
ora
di
tornare
in
Italia
!
..
E
nessuno
va
al
comando
di
piazza
.
Giorno
dell
'
elezioni
:
le
sale
ove
sono
le
urne
riboccano
di
gente
:
vedo
due
liste
di
candidati
:
in
una
figura
Garibaldi
nell
'
altra
Mac
Mahon
:
non
riescono
nè
l
'
uno
nè
l
'
altro
nel
dipartimento
di
Saône
et
Loire
.
Garibaldi
è
eletto
però
in
cinque
dipartimenti
ed
ottiene
in
tutti
gli
altri
splendidissime
votazioni
.
La
sera
delle
elezioni
più
animazione
e
più
chiasso
nelle
trattorie
e
nei
caffè
.
Chi
la
vuol
lessa
chi
arrosto
:
tutti
però
si
aspettano
una
Camera
molto
meno
peggiore
di
quella
che
resulta
realmente
.
I
coscritti
della
nuova
classe
,
preceduti
da
un
tamburone
attraversano
la
città
,
gridando
:
Viva
Garibaldi
,
Viva
la
guerra
,
Viva
la
Francia
.
A
che
tanto
entusiasmo
?
..
Son
tutti
giovani
di
18
e
19
anni
,
perché
non
hanno
preso
il
fucile
,
quando
la
patria
era
in
pericolo
?
..
Uno
spilungone
,
vero
pagliaccio
,
ha
in
testa
un
morione
da
guardia
imperiale
e
agita
una
canna
da
capo
tamburo
...
Ah
,
Francesi
,
quando
sarete
più
serii
?
!
..
A
che
conservare
quella
blague
schifosa
che
vi
rendeva
spregevoli
anche
a
dì
del
trionfo
?
Meditate
sulle
vostre
sventure
,
e
non
fate
gli
eroi
quando
ne
è
passato
il
tempo
,
se
non
volete
rassomigliare
...
«
Al
nobile
guitto
«
Che
senza
un
quattrino
«
Ostenta
il
diritto
«
Di
andare
al
casino
Giunge
il
maggior
Tironi
a
fare
uomini
pel
suo
squadrone
dei
Cacciatori
d
'
Italia
che
si
costituisce
a
Reumelly
:
è
indirizzato
al
nostro
corpo
:
si
consegnano
a
lui
tutti
i
Francesi
che
figurano
nei
nostri
quadri
.
Tra
questi
infatti
ci
è
della
robaccia
in
tutta
l
'
estensione
del
termine
:
tra
gli
altri
il
sergente
di
scuderia
che
converte
la
biada
dei
cavalli
in
bottiglie
d
'
eccellente
Borgogna
:
i
nostri
cavalli
sono
ridotti
allo
stato
di
quello
dell
'
Apocalisse
.
Rimasti
tra
noi
,
in
famiglia
,
si
respira
un
po
'
più
liberamente
.
Arrivano
da
Marsiglia
un
centinaio
d
'
Italiani
,
che
il
maggior
Pennazzi
,
aggregherà
alla
compagnia
Egiziana
.
Arrivano
a
tempo
....
.
per
ritornare
con
gli
altri
in
Italia
!
Giungono
pure
due
o
tre
che
son
disertati
dal
Frapolli
:
ci
raccontano
come
in
Lione
dei
volgari
truffatori
e
dei
veri
e
proprii
malandrini
da
strada
disonorino
il
nome
italiano
in
tal
guisa
da
veder
scritto
a
parole
cubitali
lungo
le
vie
:
Defendue
la
chémise
rouge
.
Ricomincia
un
po
'
di
vaiolo
!
ne
è
attaccato
anche
il
nostro
foriere
:
morire
ora
...
la
sarebbe
birbona
!
..
Garibaldi
parte
per
Bordeaux
onde
intervenire
all
'
assemblea
:
lo
accompagnano
Fontana
,
Gattorno
,
Vivaldi
Pasqua
e
Galeazzi
.
Menotti
arrivato
al
mattino
piglia
il
comando
dell
'
armata
dei
Vosgi
interinalmente
:
è
con
lui
Bizzoni
.
Mi
alzo
più
presto
del
solito
,
e
vo
'
dalla
bella
Marie
a
bever
la
goutte
-
Socci
-
Mi
grida
una
voce
di
basso
profondo
:
mi
volto
e
veggo
Galliano
-
Tu
qui
....
ora
?
-
Vienci
prima
,
se
ti
riesce
!
...
il
sor
Bolis
mi
ha
tenuto
fin
ora
in
prigione
:
appena
sono
stato
libero
,
son
venuto
qua
con
dieci
uomini
.
-
Ma
ora
torniamo
indietro
....
-
Neanche
per
sogno
io
li
sò
i
progetti
del
generale
....
se
tu
sapessi
!
....
-
Che
c
'
è
?
-
C
'
è
...
ma
per
ora
non
lo
dire
a
nessuno
....
c
'
è
,
che
ora
si
scende
in
Nizza
,
si
proclama
la
repubblica
....
-
Sogni
!
-
Vedrai
.
-
E
t
'
han
fatto
nulla
?
-
Son
capitano
-
Si
bagneranno
i
galloni
?
-
Lasciami
prender
l
'
entrata
in
campagna
.
-
E
a
qual
corpo
ti
hanno
aggregato
?
-
A
qual
corpo
?
!
...
A
dirtela
non
lo
so
neppure
io
.
-
Tanto
meglio
....
Una
triste
notizia
;
il
colonnello
Bossi
,
mentre
accingevasi
a
partire
da
Chalons
è
assalito
da
un
trabocco
di
sangue
e
cade
tra
le
braccia
dell
'
ufficiale
di
stato
maggiore
che
lo
ha
accompagnato
alla
stazione
.
Bossi
era
un
vecchio
soldato
:
franco
e
leale
;
non
troppo
ben
visto
dai
proprii
dipendenti
per
la
sua
rigidezza
,
ma
patriotta
di
antica
tempra
e
di
coraggio
prodigioso
.
Veterano
di
tutte
le
campagne
d
'
Italia
lasciava
colla
sua
morte
un
voto
molto
sensibile
nelle
file
della
democrazia
militante
.
Passeggio
svagolato
sul
Quai
:
sento
fermarmi
,
mi
volto
credendo
ravvisare
un
amico
e
invece
vedo
un
vecchio
di
fisonomia
rispettabile
,
che
porta
all
'
occhiello
la
fettuccia
rossa
della
legione
d
'
onore
.
Siete
Italiano
?
....
Mi
domanda
nel
nostro
idioma
.
-
Sissignore
,
rispondo
-
Volete
venire
a
farvi
il
ritratto
?
-
Io
lo
sbircio
bene
bene
,
e
quasi
quasi
suppongo
che
sia
un
pazzo
.
-
La
mia
domanda
è
assai
strana
,
si
affretta
a
soggiungere
-
ma
io
sto
facendo
un
'
Album
dove
intendo
far
collezione
de
'
figurini
dei
differenti
corpi
dell
'
Armata
dei
Vosgi
.
-
Sicché
io
dovrei
venire
?
....
-
A
fare
da
figurino
delle
Guide
.
-
perché
no
?
!
-
Borbotto
:
dopo
tutto
è
bellina
!
Non
potendo
farla
da
eroe
sono
utile
almeno
a
far
da
figurino
!
....
Mezz
'
ora
dopo
in
eroico
atteggiamento
sono
in
posa
difaccia
a
Monsieur
Philip
che
mi
parla
di
Firenze
da
lui
veduta
,
or
sono
trent
'
anni
,
che
mi
offre
un
punch
eccellente
,
e
che
mi
fa
vedere
un
piccolo
album
tascabile
,
sul
quale
en
passant
per
la
via
,
ha
schizzato
dieci
o
dodici
caricature
di
Garibaldini
tra
cui
quelle
di
tre
miei
amici
,
ripresi
alla
perfezione
.
Esco
dal
pittore
e
vedo
davanti
al
quartier
generale
:
una
folla
straordinaria
di
gente
:
i
ragazzi
si
aggrappano
alla
cancellata
del
giardino
:
i
popolani
formano
dei
crocchi
:
tutti
discorrono
concitatamente
e
sgranano
certi
occhi
da
non
avere
invidia
con
quelli
di
un
bue
,
nella
direzione
del
palazzo
.
Che
è
,
che
non
è
?
Mille
dubbi
tenzonano
nella
mia
mente
:
mi
faccio
largo
tra
la
calca
a
forza
di
urtoni
,
tratto
male
le
sentinelle
che
volevano
precludermi
il
passo
,
e
tocco
,
come
si
suol
dire
,
il
Cielo
con
un
dito
,
quando
posso
sbirciare
una
guida
,
a
cui
immediatamente
domando
:
Che
è
successo
di
nuovo
?
-
Nulla
,
sono
arrivati
due
parlamentarii
Prussiani
....
l
'
armistizio
è
stato
protratto
e
vengono
a
fissare
le
linee
di
demarcazione
.
-
Non
chiedo
altre
spiegazioni
e
vo
su
nella
sala
d
'
ordini
:
tutti
gli
ufficiali
leggono
pacificamente
i
giornali
;
qualcuno
si
scalda
al
camminetto
:
ciò
non
mi
produce
alcun
senso
,
gli
avevo
veduti
usare
in
tal
modo
nelle
circostanze
supreme
,
possono
fare
così
anche
ora
!
ragioniamo
con
alcuni
altri
coi
due
bassi
ufficiali
che
hanno
accompagnato
il
colonnello
di
stato
maggiore
che
fa
da
parlamentario
:
con
nostra
maraviglia
li
troviamo
istruitissimi
:
ci
parlano
con
rispetto
degli
Italiani
,
ci
dicono
francamente
che
senza
di
noi
sarebbero
andati
a
Lione
,
ma
ci
dichiarano
con
altrettanta
franchezza
,
che
da
noi
non
si
aspettavano
simile
ingratitudine
,
da
noi
che
eravamo
andati
a
Venezia
soltanto
per
dato
e
fatto
della
Prussia
.
Questa
è
proprio
carina
!
....
I
Francesi
ce
ne
dicono
di
tutte
un
po
'
,
perchè
ci
siamo
dimenticati
di
Magenta
e
di
Solferino
,
non
accorrendo
come
un
'
uomo
solo
dall
'
Alpi
a
Lilibeo
,
a
dar
due
botte
ai
Prussiani
:
i
Prussiani
ci
gabellano
addirittura
per
ingrati
perché
abbiam
loro
strappato
uno
stendardo
a
Digione
.
La
morale
?
....
La
morale
è
questa
:
Guai
a
coloro
che
hanno
bisogno
di
una
mano
per
sollevarsi
;
fortunati
coloro
che
sanno
fare
da
se
:
chi
fa
da
se
fa
per
tre
,
dice
un
proverbio
e
i
proverbii
,
a
detta
di
Salomone
,
sono
la
sapienza
dei
popoli
.
Dopo
un
lungo
colloquio
il
parlamentario
ritorna
verso
la
Côte
d
'
Or
:
il
popolo
lo
saluta
con
fischi
.
Assai
brutta
idea
si
devono
aver
fatta
quei
Tedeschi
della
civiltà
Francese
;
un
popolo
deve
essere
feroce
nella
lotta
d
'
indipendenza
,
ma
dee
mai
sempre
rispettare
il
diritto
delle
genti
e
,
cessati
i
guai
,
ha
da
ravvisare
un
fratello
in
colui
che
ridotto
macchina
nelle
mani
di
un
re
,
può
avergli
fatto
del
male
.
Ci
giungono
notizie
dì
Bordeaux
....
e
che
brutte
notizie
!
....
Le
nostre
previsioni
non
sono
andate
fallite
.
La
Francia
accasciata
sotto
la
vigliaccheria
,
ha
mandato
al
corpo
Legislativo
l
'
assemblea
più
retrograda
che
immaginar
si
possa
.
Lo
spirito
generoso
delle
città
è
stato
soffocato
dall
'
alito
maligno
della
reazione
provinciale
.
Niente
di
strano
:
tutti
in
Chalons
a
mò
d
'
esempio
desiderano
la
pace
,
riaccetterebbero
Napoleone
pur
di
non
vedere
un
Prussiano
:
il
mio
amico
pittore
tratta
di
buffone
Gambetta
,
il
padrone
di
casa
maledice
la
repubblica
perché
ha
i
suoi
campi
occupati
dal
nemico
:
nessuno
prenderebbe
un
fucile
per
ricacciare
gli
stranieri
oltre
Reno
....
I
popoli
hanno
il
governo
che
si
meritano
:
in
nazioni
come
la
Francia
corrotte
,
son
degni
presidenti
i
Thiers
,
e
veri
rappresentanti
i
ruraux
di
Versailles
.
Si
leggono
i
giornali
:
Garibaldi
è
stato
ricevuto
iniquamente
nell
'
Assemblea
:
gli
si
è
vietato
persino
di
discorrere
:
una
voce
sola
ha
tuonato
in
mezzo
ai
codardi
in
difesa
dell
'
eroe
:
è
la
voce
generosa
che
si
elevò
da
Guernesey
in
favore
dei
caduti
di
Mentana
,
è
la
voce
che
ha
agitato
le
fibre
della
decrepita
Europa
,
e
che
ha
fatto
allibire
sui
troni
i
regnanti
:
è
la
voce
di
Victor
Hugo
;
fra
tanti
cialtroni
Garibaldi
non
poteva
esser
compreso
degnamente
che
dall
'
autore
dei
Miserabili
.
Il
Generale
dava
le
sue
dimissioni
.
Queste
notizie
finiscono
di
rovinare
il
morale
dei
volontarii
.
Nessuno
presta
servigio
,
tutti
vogliono
tornare
in
Italia
.
Vedo
aux
Vendanges
de
Bourgogne
Castellazzo
:
mi
perdoni
l
'
egregio
amico
,
ma
lo
avevo
scambiato
per
un
barocciaio
.
Ha
un
cappellaccio
di
pelo
e
una
casacca
pure
di
pelo
.
Gli
parlo
:
egli
,
con
quell
'
abbigliamento
,
è
riuscito
a
deludere
la
sorveglianza
del
nemico
ed
ha
attraversato
le
file
prussiane
.
Anche
lui
è
sfiduciato
e
mi
dice
che
in
quanto
al
partire
per
noi
può
essere
questione
di
giorni
.
Siamo
chiamati
in
quartiere
:
il
nostro
tenente
dice
di
averci
a
fare
una
importantissima
comunicazione
e
fa
leggere
al
foriere
il
seguente
ordine
del
giorno
:
«
Ai
bravi
dell
'
Armata
dei
Vosgi
.
Io
vi
lascio
con
dolore
,
miei
bravi
,
e
sono
costretto
a
tal
separazione
da
circostanze
imperiose
.
Ritornando
ai
vostri
focolari
raccontate
alle
vostre
famiglie
i
lavori
,
le
fatiche
,
i
combattimenti
che
abbiamo
sostenuti
insieme
per
la
santa
causa
della
repubblica
.
Dite
loro
sopratutto
che
aveste
un
capo
che
vi
amava
come
figli
e
che
andava
orgoglioso
della
vostra
bravura
.
A
rivederci
in
circostanze
migliori
.
GIUSEPPE
GARIBALDI
Terminata
questa
lettura
,
do
un
'
occhiata
ai
compagni
,
vedo
degli
occhi
lustri
e
non
posso
fare
a
meno
di
notare
un
silenzio
molto
eloquente
:
non
vi
è
che
dire
;
i
miei
compagni
sono
tutti
commossi
,
quanto
lo
sono
io
.
Le
generose
parole
dell
'
eroe
sono
scese
nel
cuore
di
tutti
:
ci
insultino
pure
i
Giuda
politici
,
i
prezzolati
campioni
della
Monarchia
,
ci
chiamino
vagabondi
e
gente
che
non
ha
nulla
da
perdere
,
le
nostre
fatiche
non
potevano
esser
meglio
ricompensate
,
le
nostre
idee
non
potevano
esser
meglio
comprese
.
Una
sola
parola
di
elogio
sgorgata
dalle
labbra
intemerate
di
Garibaldi
vale
di
più
di
tutti
i
belati
della
mandra
comprata
;
il
nostro
non
è
feticismo
,
non
è
un
moto
idolatra
,
è
la
giusta
estimazione
che
gli
uomini
di
cuore
devono
mai
sempre
nutrire
per
coloro
che
hanno
tanta
benemerenza
verso
l
'
umanità
,
per
coloro
la
di
cui
vita
è
stata
sempre
un
continuo
sacrifizio
,
una
continua
abnegazione
in
favore
delle
magnanime
idee
.
Si
legge
anche
un
ordine
del
giorno
di
Bordone
;
non
manca
pur
questo
di
generosità
,
ma
quali
parole
possono
fare
effetto
dopo
quelle
del
Romito
di
Caprera
?
Tornano
da
Digione
alcuni
nostri
feriti
,
tra
i
quali
Pianigiani
.
Non
si
lagnano
del
contegno
dei
Prussiani
,
e
fanno
molti
elogii
di
quello
del
popolo
,
sempre
repubblicano
anche
in
presenza
degli
invasori
.
Ci
parlano
della
magnificenza
dei
funerali
del
Perla
.
Un
battaglione
Prussiano
ha
reso
gli
onori
militari
alla
salma
:
tutta
la
popolazione
è
corsa
lungo
le
vie
da
cui
è
passato
il
funebre
corteo
;
la
madre
del
prode
maggiore
non
ha
curato
i
lunghi
disagii
del
viaggio
ed
è
corsa
onde
essere
in
tempo
a
far
meno
triste
l
'
agonia
del
figliuolo
;
essa
lo
ha
accompagnato
al
sepolcro
.
Povera
donna
!
..
se
tuo
figlio
è
morto
gloriosamente
,
se
il
di
lui
nome
sarà
eternamente
celebrato
tra
quello
dei
martiri
della
libertà
,
tu
non
cessi
di
esser
madre
e
hai
diritto
di
piangere
:
le
lacrime
delle
madri
sono
la
rugiada
benefica
che
fa
rinvigorire
le
magnanime
idee
.
Distruggiamo
i
tiranni
e
nessuna
avrà
da
piangere
su
di
un
figlio
innanzi
tempo
rubato
all
'
avvenire
e
alla
patria
.
È
partito
per
Avignone
il
terzo
degli
usseri
.
Erano
buoni
figliuoli
e
durante
la
campagna
hanno
fatto
un
servizio
di
ferro
Li
abbiamo
accompagnati
alla
stazione
:
hanno
voluto
abbracciarci
e
ci
hanno
lasciato
gridando
:
Viva
l
'
Italia
,
rammentatevi
di
noi
!
...
Non
temete
,
bravi
figliuoli
,
noi
non
potremo
dimenticarvi
:
noi
vi
abbiamo
veduto
volare
intrepidamente
di
faccia
al
nemico
,
noi
abbiamo
spezzato
il
poco
pane
con
voi
,
noi
vi
si
siamo
affezionati
nelle
fatiche
,
nei
disagi
che
abbiamo
sostenuti
per
la
repubblica
...
certe
cose
le
non
si
dimenticano
mai
!
Un
'
altra
bellina
!
...
L
'
amico
Kane
si
trova
senza
quattrini
e
sente
tutta
la
necessità
di
fare
un
pranzo
lucullesco
.
Cosa
inventa
?
Va
da
Monsieur
Coq
,
il
nostro
cittadino
trattore
,
e
a
faccia
tosta
gli
annunzia
di
esser
passato
ufficiale
.
Monsieur
Coq
lo
guarda
con
aria
d
'
ammirazione
e
gli
dà
il
mi
rallegro
.
Kane
gli
fa
osservare
la
necessità
di
dare
un
banchetto
agli
amici
,
e
,
consenziente
il
trattore
,
ordina
un
lautissimo
desinare
da
pagarsi
appena
riscossa
l
'
entrata
in
campagna
.
Io
sono
del
bel
numero
uno
degli
invitati
.
Il
giorno
dopo
,
si
hanno
da
vendere
i
cavalli
di
rimonta
e
,
a
farlo
apposta
,
tra
le
povere
vittime
designate
per
condurli
in
giro
e
per
trovar
compratori
è
designato
anche
l
'
apocrifo
ufficiale
.
Non
senza
stiacciare
dei
moccoli
,
il
disgraziato
agguanta
le
redini
di
uno
dei
più
sghangherati
Bucefali
e
va
cogli
altri
sotto
l
'
obelisco
della
Piazza
per
portarlo
all
'
incanto
.
Noi
cerchiamo
in
tutti
i
modi
di
far
prender
cappello
al
nostro
amico
:
ora
gli
si
da
la
baia
,
ora
si
esige
che
metta
al
trotto
la
bestia
:
sul
più
bello
delle
nostre
burlette
,
capita
in
mezzo
a
noi
,
come
lo
spettro
di
Banco
,
il
povero
Monsieur
Coq
,
vede
il
preteso
ufficiale
che
fa
quel
basso
servizio
,
fa
un
urlaccio
e
rimane
come
Don
Bartolo
:
dal
canto
suo
Kane
non
sa
quali
pesci
si
prendere
,
e
ci
dà
certe
occhiate
da
commuovere
i
sassi
,
ma
che
ci
fanno
scompisciar
dalle
risa
.
Silenzio
di
un
paio
di
minuti
,
finalmente
l
'
amico
nostro
si
risolve
,
empie
di
chiacchere
la
testa
dell
'
oste
e
te
lo
ingarbuglia
in
modo
tale
da
persuaderlo
a
comprare
il
cavallo
e
così
tra
sconto
,
tra
senseria
ed
altri
ammennicoli
,
chi
ha
avuto
ha
avuto
e
tutti
rimangon
contenti
!
Il
comando
dell
'
Armata
dei
Vosgi
è
passato
nelle
mani
del
vice
ammiraglio
Penohat
.
In
tempo
di
rivoluzione
niente
di
strano
che
un
uomo
di
mare
comandi
un
armata
di
terra
....
eppoi
,
ce
lo
han
ripetuto
,
egli
viene
per
scioglierci
.
Laus
Deo
:
ci
leveremo
alla
fine
da
questa
vita
noiosa
,
di
cui
le
feste
improvvisate
all
'
Hotel
du
Parc
,
le
facili
conquiste
delle
Veneri
appassite
che
passeggiano
sui
Quais
,
la
maldicenza
su
tutto
e
su
tutti
,
compendiano
tutte
le
fasi
.
Se
si
restasse
un
altro
mese
,
ci
abbrutiremmo
di
più
degli
ubriachi
d
'
assenzio
che
riscontriamo
ogni
mattina
,
quando
ci
si
leva
dal
letto
.
Questi
ultimi
non
sono
pochi
.
L
'
uso
dell
'
assenzio
è
stata
una
delle
rovine
di
Francia
.
Altri
due
parlamentari
Prussiani
!
La
popolazione
s
'
insospettisce
:
la
strada
infaccia
al
quartiere
generale
è
gremita
di
gente
:
si
sussurra
,
si
grida
:
bisogna
rinforzare
la
guardia
al
cancello
.
I
parlamentari
partono
quasi
subito
e
la
calma
si
ristabilisce
.
Alcuni
dicono
che
il
nemico
concede
altri
otto
giorni
d
'
armistizio
,
purché
sia
occupato
anche
il
dipartimento
di
Saone
e
Loire
...
Vedremo
!
Vien
l
'
ordine
di
restituire
i
nostri
cavalli
e
di
portarli
al
deposito
di
rimonta
a
Macon
.
Buon
segno
!
..
Io
sono
incaricato
della
missione
,
prendo
meco
dieci
uomini
e
vo
per
quella
direzione
.
Appena
arrivati
,
sentiamo
tutti
un
gran
desiderio
di
mangiare
e
di
vedere
una
nuova
città
.
Lasciamo
nei
vagoni
i
cavalli
,
senza
curarci
di
dar
loro
quel
pasto
che
tanto
si
anela
per
noi
ed
a
corsa
entriamo
in
Macon
:
si
questiona
col
sindaco
per
aver
il
biglietto
d
'
alloggio
;
finalmente
ci
vien
concesso
,
io
vado
in
casa
di
una
bellissima
vedova
:
mi
metto
a
dormire
in
uno
stanzino
accanto
alla
sua
camera
;
però
prima
lei
chiude
l
'
uscio
con
doppio
giro
di
chiave
;
le
precauzioni
non
sono
mai
troppe
!
Al
mattino
ci
rammentiamo
dei
cavalli
:
si
vanno
a
prendere
e
ci
si
monta
a
pelo
per
condurli
al
deposito
.
Ci
riceve
un
vecchio
capitano
che
ci
guarda
a
squarciasacco
,
arricciandosi
i
lunghi
mustacchi
,
e
battendo
il
frustino
sugli
stivali
.
Ci
ordina
di
metter
le
bestie
in
una
vastissima
scuderia
.
Maledizione
!
Queste
hanno
tanta
fame
che
si
mettono
a
dar
dentate
al
legno
della
mangiatoia
.
Si
figurino
i
lettori
quali
occhi
piantasse
nei
nostri
il
capitano
!
Sbuffò
come
un
istrice
,
bestemmiò
un
paio
di
sacres
tonners
e
poi
in
tuono
burbero
ci
chiese
:
Ma
da
quanto
tempo
non
mangiavano
questi
cavalli
?
-
Fingi
di
non
capire
il
francese
,
mi
sussurra
un
vecchio
merlo
che
ho
accanto
.
Così
faccio
,
non
rispondo
ad
alcuna
domanda
,
il
vecchio
soldato
ci
manda
al
diavolo
e
noi
andiamo
a
desinare
.
Il
nostro
pasto
si
prolunga
tanto
,
che
non
solo
non
possiamo
veder
la
città
,
ma
arriviamo
a
buco
per
la
partenza
del
treno
.
Appena
scesi
dalla
stazione
di
Chalons
,
ci
colpisce
la
vista
un
insolito
brulichio
di
persone
:
la
vasta
piazza
dell
'
obelisco
è
occupata
da
capannelli
che
si
agitano
,
si
sbracciano
,
discorrono
ad
altissima
voce
.
Domandiamo
a
qualcuno
che
cosa
è
avvenuto
:
ci
si
risponde
che
domani
i
Prussiani
saranno
in
città
.
Ci
si
stringe
nelle
spalle
e
si
entra
nella
grande
Rue
:
questa
è
tanto
affollata
che
bisogna
procedervi
a
forza
di
spinte
;
per
pervenire
alla
sottoprefettura
ci
è
necessaria
una
buona
mezzora
.
Il
popolo
è
più
abbattuto
che
mai
:
qualcuno
si
azzarda
a
proferire
a
bassa
voce
la
parola
tradimento
.
Pesco
altre
notizie
:
oggi
scade
l
'
ultima
proroga
dell
'
armistizio
,
nessuno
avviso
è
venuto
,
niente
di
più
facile
che
ricomincino
l
'
ostilità
.
Incontro
finalmente
il
nostro
tenente
-
Stia
pronto
a
partire
,
mi
dice
-
Verso
Chagny
?
-
Nemmen
per
idea
,
noi
andiamo
a
Macon
-
O
i
Prussiani
?
-
Ci
crede
anche
lei
?
...
Va
via
il
quartiere
generale
,
ecco
tutto
;
in
settimana
ci
danno
il
congedo
,
fra
quindici
giorni
siamo
in
Italia
-
E
si
parte
?
-
Domattina
alle
quattro
.
-
La
partenza
dello
stato
maggiore
aveva
prodotto
quel
panico
da
cui
era
occupata
tutta
la
città
.
Vo
a
casa
:
per
via
non
posso
fare
a
meno
di
pensare
a
tutti
gli
addii
,
a
tutte
le
promesse
,
a
tutti
i
pianti
che
si
faranno
nel
corso
di
questa
nottata
;
sento
la
voluttà
di
non
lasciare
nemmeno
uno
spicchio
di
cuore
in
questa
graziosa
città
.
Annunzio
ai
miei
ospiti
la
mia
vicina
partenza
;
mi
dicono
le
solite
cose
e
mi
offrono
da
bere
;
passo
in
salotto
e
mi
trovo
in
compagnia
con
un
prete
che
dice
ira
di
Dio
di
Vittorio
Emanuele
perchè
ha
osato
di
entrare
nell
'
eterna
città
:
messo
a
punto
,
è
la
prima
volta
che
faccio
il
realista
(
che
il
Cielo
me
lo
perdoni
!
)
:
nasce
un
battibecco
,
i
padroni
di
casa
mi
fanno
il
viso
dell
'
arme
:
mi
avveggo
che
se
domani
non
partissi
loro
troverebbero
qualche
pretesto
per
mettermi
gentilmente
alla
porta
.
Vo
in
camera
è
comincio
a
fare
i
fagotti
:
sento
bussare
dolcemente
alla
porta
e
vedo
entrare
Maguelonne
,
un
bel
tipo
provenzale
,
una
delle
bonnes
della
famiglia
.
È
in
completo
deshabillè
le
domando
cosa
desidera
-
Son
venuta
ad
aiutarvi
,
mi
risponde
con
una
mossa
provocante
e
lanciandomi
un
'
occhiata
assassina
-
Capisco
l
'
antifona
,
ma
mi
ha
messo
tanto
malumore
la
disputa
col
curato
,
ma
son
tanto
felice
di
andarmene
che
risolvo
di
far
l
'
indiano
per
vedere
se
la
appetitosa
fanciulla
mi
si
leva
d
'
intorno
.
E
pensare
che
il
mio
compagno
d
'
abitazione
le
he
fatto
una
corte
spietata
e
che
dopo
un
'
infinità
di
salamelecchi
non
è
giunto
a
ricever
da
lei
che
...
uno
schiaffo
.
Proprio
la
fortuna
favorisce
i
poltroni
!
Prima
il
solito
discorso
della
mia
amante
italiana
,
poi
le
solite
proteste
d
'
affetto
ai
soldati
,
mille
bei
discorsi
insomma
a
'
quali
rispondo
,
come
le
mura
testimoni
di
quel
colloquio
.
Il
vecchio
Giuseppe
Ebreo
è
un
Don
Giovanni
a
paragone
mio
...
in
questa
sera
.
Terminato
che
ho
d
'
accomodar
la
mia
roba
,
cogli
occhi
fissi
in
terra
,
che
alzandoli
ho
paura
di
perdere
la
tramontana
,
auguro
la
buona
notte
all
'
inaspettata
visitatrice
.
Oh
!
disillusione
!
...
Essa
mi
stende
graziosamente
la
mano
e
con
un
tuono
di
voce
gentile
mi
dice
:
E
non
avete
da
dar
nulla
alla
bonne
?
Alzo
gli
occhi
;
la
stoccata
fa
perder
la
poesia
;
le
do
uno
scudo
che
m
'
esce
dal
cuore
e
vo
per
darle
anche
un
abbraccio
...
è
troppo
tardi
:
lo
schiaffo
del
mio
povero
compagno
riceve
una
seconda
edizione
nella
mia
povera
guancia
!
...
vo
a
letto
bestemmiando
,
mentre
sento
nella
stanza
accanto
le
risate
della
birichina
.
Mi
alzo
elle
quattro
:
è
un
buio
d
'
inferno
:
per
rischiararmi
la
vista
prendo
due
gouttes
,
poi
vo
di
corsa
alla
foreria
.
I
nostri
sono
già
in
rango
:
si
aspetta
mezz
'
ora
,
cominciamo
a
impazientirsi
....
dopo
un
'
ora
eccoti
l
'
ordine
che
partiremo
alle
dieci
.
Rinunzio
a
descrìvere
la
salva
d
'
imprecazioni
con
cui
viene
accolto
un
tale
annunzio
!
Si
va
al
caffè
;
trovo
un
campagnolo
che
mi
si
appiccica
:
va
a
Belfort
,
suo
fratello
fa
parte
di
quella
eroica
guarnigione
che
sola
in
tutta
la
campagna
ha
capitolato
coll
'
onore
dell
'
armi
;
sarà
morto
,
sarà
ferito
il
povero
diavolo
?
Il
mio
nuovo
conoscente
non
ne
sa
un
'
acca
,
ma
spera
ed
è
allegro
come
uno
sposo
novello
;
mi
invita
ad
ogni
costo
a
far
colazione
con
lui
;
la
colazione
è
sì
lauta
che
le
trombe
chiamano
a
raccolta
e
noi
non
abbiamo
ancora
finito
di
trincare
.
Esco
mezzo
in
bernecche
,
mi
accodo
agli
altri
;
appena
arrivato
sotto
la
stazione
schizzo
in
un
vagone
di
prima
;
cinque
minuti
dopo
mi
addormento
saporitamente
per
destarmi
a
Macon
.
CAPITOLO
XXVIII
.
Mi
perdonino
i
lettori
,
se
tanto
li
ho
intrattenuti
con
certi
dettagli
di
minima
importanza
e
forse
tali
da
raffreddar
l
'
interesse
di
questa
mia
narrazione
,
se
pure
da
qualcuno
di
facile
contentatura
ci
si
può
ravvisare
dell
'
interesse
:
oramai
avevo
buttato
giù
queste
note
e
non
ho
potuto
resistere
al
desiderio
di
pubblicarle
:
nella
vita
oziosa
,
monotona
che
siamo
,
purtroppo
,
costretti
a
condurre
in
Italia
,
le
reminiscenze
di
un
tempo
che
,
se
non
era
bellissimo
,
ci
offriva
almeno
il
destro
di
poter
favellare
col
cuore
sulle
labbra
e
dire
cogli
amici
ad
alta
voce
i
propositi
ardenti
che
ci
bollivano
in
seno
,
senza
aver
paura
dei
birri
e
del
procuratore
del
re
,
parlano
una
voce
così
eloquente
al
mio
cuore
,
che
il
più
piccolo
nonnulla
di
tale
epoca
,
che
in
tanta
degradazione
io
veggo
passarmi
davanti
agli
occhi
della
fantasia
,
caramente
diletta
come
una
illusione
svanita
,
o
come
un
sogno
perduto
,
m
'
ispira
un
'
affezione
che
non
saprei
abbastanza
spiegare
,
ed
egoista
come
tutti
gli
uomini
che
sono
sotto
l
'
impressione
di
un
'
affetto
dimentico
gli
altri
per
non
deliziar
che
me
stesso
.
Fatte
alla
peggio
queste
mie
scuse
,
ritorno
al
racconto
che
,
grazie
al
cielo
,
è
quasi
giunto
al
suo
termine
.
Macon
è
il
capoluogo
del
dipartimento
di
Sâone
et
Loire
;
in
tempi
di
pace
è
celebre
per
il
buffet
della
stazione
e
per
le
mode
originali
delle
sue
donne
del
popolo
;
in
tempo
di
guerra
noi
vi
trovammo
delle
gentilissime
signore
che
rivolgevano
ogni
cura
per
alleviare
i
feriti
e
per
recar
conforto
ai
soldati
di
passaggio
:
in
tempo
d
'
armistizio
,
come
ci
si
capitava
ora
,
non
rinvenimmo
che
di
bei
caffè
,
delle
donne
eleganti
e
un
giornale
Buonapartista
ad
oltranza
,
che
ci
screditava
facendo
di
noi
certe
biografie
imposibili
,
piene
di
una
filza
di
menzogne
.
Non
sto
a
dire
qual
folla
di
gente
invadessero
i
pacifici
uffizi
della
Mairie
,
appena
noi
fummo
arrivati
.
Il
Maire
protestava
sbuffava
,
sudava
:
tutti
volevano
esser
serviti
alla
prima
ed
egli
non
serviva
nessuno
:
per
temperamento
fu
deciso
di
dare
solamente
i
biglietti
d
'
alloggio
agli
ufficiali
:
mi
fo
prestare
il
berretto
al
tenente
Mussi
e
in
poco
tempo
non
che
con
uno
mi
trovo
con
quattro
biglietti
in
saccoccia
.
Il
primo
di
questi
era
per
un
marchese
,
il
secondo
per
un
droghiere
,
il
terzo
per
un
macchinista
della
ferrovia
.
Preferii
quest
'
ultimo
:
piccato
ad
osservare
,
volevo
conoscere
intimamente
i
sentimenti
del
popolo
e
di
più
provavo
il
bisogno
di
ritemprar
la
mia
anima
in
una
atmosfera
serena
,
in
quella
calma
che
sempre
si
trova
nel
tugurio
del
povero
,
quasi
mai
nella
dorata
magione
del
ricco
Nababbo
.
Nè
mal
mi
era
apposto
:
una
fanciulla
dall
'
aria
ingenua
,
dal
vestitino
d
'
indiana
mi
ricevè
con
aria
franca
,
poi
l
'
andò
a
chiamare
la
mamma
:
questa
era
una
vecchiarella
che
si
perse
in
inchini
,
che
mi
sgranò
in
faccia
due
occhioni
grossi
come
pan
tondi
quando
seppe
che
io
era
nato
in
Italia
e
che
per
andare
da
Macon
ai
confini
d
'
Italia
ci
erano
più
di
duecento
miglia
:
le
due
donne
mi
prepararono
una
cameretta
pulita
,
modesta
,
degna
di
accogliere
una
vergine
:
non
so
perché
,
ma
quell
'
aria
mi
purificava
,
e
non
trovavo
verso
di
staccarmi
da
quelle
due
donnicciole
che
parlavano
il
linguaggio
dell
'
ignoranza
,
l
'
unico
che
si
parte
veramente
dal
cuore
.
Noi
eravamo
andati
a
Macon
per
disciogliersi
;
pure
ci
trattennero
due
giorni
in
un
ozio
increscioso
:
a
romper
la
monotonia
di
quelle
lunghe
ore
venne
il
Journal
de
Macon
.
In
un
articolo
pieno
di
bile
la
più
velenosa
,
il
venduto
imbrattator
di
carte
si
scagliava
su
noi
in
modo
veramente
indecente
.
Dopo
aver
detto
ira
di
Dio
di
Garibaldi
e
Gambetta
,
l
'
articolista
aveva
lo
spudorato
coraggio
di
chiamarci
i
cavalieri
erranti
della
repubblica
,
i
fannulloni
Italiani
che
erano
andati
in
Francia
a
fare
i
signori
,
gli
spavaldi
guerrieri
che
non
avevano
mai
veduto
il
fuoco
ma
,
che
trattavano
il
dipartimento
di
Saône
e
Loire
,
come
se
fosse
un
paese
conquistato
.
Mettere
una
mano
in
un
alveare
e
scrivere
quella
robaccia
fu
la
medesima
cosa
!
In
poche
ore
più
di
trecento
Garibaldini
corsero
all
'
ufficio
del
malcapitato
giornale
:
un
pagliaccio
qualunque
,
allibito
dalla
paura
,
si
scusava
,
si
profondeva
in
mille
proteste
,
dava
insomma
tal
prova
di
vigliaccheria
,
che
nessuno
dei
nostri
volle
sporcarsi
le
mani
col
dargliele
sul
muso
.
Il
giorno
dopo
il
giornale
escì
fuori
colle
due
prime
colonne
in
bianco
:
più
sotto
vi
era
una
protesta
,
in
cui
si
dichiarava
che
la
libera
stampa
deve
tacere
là
dove
regna
la
sciabola
.
È
un
fatto
:
i
giornalisti
codardi
e
venduti
son
come
i
rospi
,
bisogna
schiacciarli
.
Dopo
tale
incidente
cominciava
a
rinascere
in
noi
il
malumore
.
A
che
ci
trattengono
?
si
cominciava
a
dire
tra
noi
;
forse
non
è
finita
la
guerra
?
...
Non
veggono
forse
come
noi
cominciamo
a
trovarci
in
una
situazione
abbastanza
anormale
?
....
E
qui
gli
stessi
lamenti
,
e
gli
stessi
lunghi
discorsi
,
da
cui
,
stringi
stringi
,
non
si
poteva
rilevare
che
l
'
immenso
desiderio
che
occupava
noi
tutti
di
rivedere
al
più
presto
l
'
Italia
.
Alcuni
avevano
già
indossato
abiti
cittadineschi
:
non
vi
erano
più
appelli
,
non
si
salutavano
più
i
superiori
;
ai
caffè
erano
liti
continue
e
baruffe
da
dare
scandalo
alla
popolazione
:
alcuni
per
distrarsi
si
affidavano
all
'
opera
energica
del
vieux
Mecon
e
quindi
sbornie
a
cascare
su
tutta
la
linea
.
Era
infine
una
vitaccia
inconcludente
che
ci
rovinava
la
salute
e
che
ci
faceva
mandare
in
quel
paese
da
tutti
coloro
che
amano
la
pace
.
Arriva
finalmente
la
legione
Ravelli
per
essere
disarmata
;
lo
stesso
giorno
disarmano
noi
,
promettendoci
pel
dì
dopo
due
mesi
di
paga
e
il
congedo
.
Due
mesi
di
paga
e
a
spese
nostre
il
viaggio
!
....
E
pensare
che
il
soldato
avea
un
franco
il
giorno
!
....
La
repubblica
Francese
non
fu
certamente
prodiga
con
coloro
che
così
prodigalmente
avevano
esposto
la
vita
per
lei
.
Pure
quella
sera
fu
baldoria
:
si
trattava
di
tornare
in
Italia
,
di
riveder
la
famiglia
,
gli
amici
,
e
non
osavamo
misurare
col
pensiero
quelle
poche
ore
che
ci
dividevano
dall
'
istante
bramato
,
tanto
era
la
nostra
bramosia
d
'
arrivarvi
:
mai
ho
sentito
l
'
amor
di
patria
,
come
quando
ne
sono
stato
lontano
:
so
anche
io
che
l
'
idea
falsa
della
nazionalità
deve
o
prima
o
poi
cedere
in
faccia
a
quella
santissima
dell
'
umanità
,
ma
che
volete
?
Noi
,
che
abbiamo
avuto
la
disgrazia
di
nascere
in
un
periodo
di
transizione
,
noi
che
siamo
stati
tirati
su
colle
idee
vecchie
,
noi
che
abbiamo
veduto
il
sacrificio
di
tanti
martiri
,
che
abbiamo
assistito
alle
lotte
generose
che
i
giovani
più
magnanimi
hanno
intrapreso
contro
i
governi
e
contro
gli
eserciti
stranieri
per
raffermare
il
principio
della
nazionale
unità
,
non
abbiamo
potuto
non
affezzionarci
a
quella
patria
che
ci
hanno
insegnato
a
rispettare
più
di
noi
stessi
gli
scritti
di
tanti
filosofi
ed
il
sangue
di
tanti
eroi
.
Capisco
tutto
l
'
immensa
poesia
del
futuro
,
mi
sento
capace
di
sacrificarmi
per
la
causa
della
libertà
in
qualunque
luogo
la
vegga
risorgere
o
la
vegga
in
pericolo
,
ma
a
conti
fatti
se
a
qualche
straniero
saltasse
il
ticchio
di
voler
venire
a
spadroneggiare
di
qua
dall
'
Alpi
mi
sento
pure
capace
d
'
impugnare
un
fucile
anche
colla
monarchia
e
forse
collo
stesso
entusiasmo
,
con
cui
lo
facemmo
nel
1866
.
Non
vi
nego
che
in
ciò
si
possa
riscontrare
della
contradizione
,
ma
a
certi
sentimenti
non
si
comanda
ed
il
cuore
,
vero
rivoluzionario
,
non
si
può
piegare
alle
disquisizioni
dei
dottrinari
,
i
quali
per
predicare
son
usi
a
dar
dei
punti
a
Fra
Girolamo
,
buon
'
anima
sua
,
per
fare
sono
più
impotenti
dei
poveri
Eunuchi
.
Furono
disarmate
le
legioni
Italiane
(
mi
dimenticavo
di
dire
che
era
arrivata
anche
quella
del
valoroso
Tanara
)
furono
disarmati
i
Franc
Tireurs
:
molti
di
questi
ultimi
non
volevano
depositare
le
loro
armi
:
gli
Spagnoli
minacciarono
un
ammutinamento
«
con
queste
armi
noi
vogliamo
passare
i
Pirenei
e
mandare
a
gallina
quel
buffone
che
l
'
Europa
ha
voluto
regalarci
per
re
»
tali
a
un
dipresso
erano
i
loro
discorsi
.
E
quando
,
ridotti
a
buon
partito
dai
consigli
dei
superiori
,
si
decisero
di
sciogliersi
pacificamente
,
ci
vollero
stringer
la
mano
e
dicendoci
addio
aveano
le
lacrime
agli
occhi
.
Voi
ci
diceste
addio
,
o
giovani
generosi
che
nei
giorni
del
pericolo
ci
siamo
abituati
ad
amare
come
fratelli
,
ma
io
,
e
con
me
tutti
i
miei
compagni
d
'
arme
,
vi
diciamo
:
a
rivederci
.
La
libertà
non
ha
ancora
piantato
radici
nella
decrepita
Europa
,
e
poco
può
tardare
un
nuovo
appello
che
richiami
i
generosi
di
qualunque
nazione
ai
santi
combattimenti
a
prò
di
un
'
idea
.
In
quel
giorno
io
sono
sicuro
di
rivedervi
,
io
sono
sicuro
di
tornare
a
divider
con
voi
le
lunghe
fatiche
,
i
diuturni
disagii
,
forse
anche
la
morte
,
ne
sono
sicuro
,
perchè
io
vi
ho
veduti
intrepidi
difaccia
al
fuoco
dell
'
inimico
,
sublimi
nei
sacrifizii
,
sempre
pari
ai
principii
magnanimi
che
vi
covano
in
seno
.
A
rivederci
adunque
,
o
figli
prediletti
della
libertà
,
o
generosi
precursori
di
quel
beato
avvenire
in
cui
tutti
saremo
più
che
compagni
fratelli
,
in
cui
non
ci
saranno
le
guerre
,
in
cui
ogni
uomo
sarà
eguale
davanti
all
'
altro
uomo
.
Posando
le
vostre
carabine
,
tornando
alle
vostre
case
,
parlate
ai
fratelli
,
agli
amici
le
sante
parole
del
vero
,
dell
'
eguaglianza
,
della
giustizia
:
battaglieri
in
tempo
di
guerra
,
siate
apostoli
in
tempo
di
pace
...
A
rivederci
per
poco
,
a
rivederci
...
allorchè
tuonerà
di
nuovo
il
cannone
,
allorchè
un
altro
popolo
sorga
dal
fango
,
dove
lo
han
tenuto
i
suoi
re
,
ed
abbia
la
forza
d
'
insorgere
,
nessuno
di
noi
mancherà
all
'
appello
glorioso
;
le
file
dei
soldati
della
libertà
saranno
rinforzate
dai
nuovi
campioni
,
ma
io
sono
sicuro
di
ritrovarvi
al
vostro
posto
,
di
ristringervi
la
mano
tra
il
fischiar
delle
palle
è
il
gemitio
dei
feriti
!
..
A
rivederci
!
Miquelf
ci
chiama
in
fretta
e
furia
,
ci
da
i
due
mesi
di
paga
e
ci
ordina
di
partire
il
giorno
dopo
col
treno
delle
quattro
e
quaranta
antimeridiane
.
Decidiamo
di
non
andare
a
dormire
:
vo
a
casa
,
faccio
alla
meglio
il
mio
piccolo
involto
,
bacio
tutta
la
famiglia
dei
miei
ospiti
,
torno
dagli
amici
,
che
sono
au
soleil
couchaut
,
trattoria
dove
si
mangia
benissimo
,
e
beviamo
un
'
infinità
di
bottiglie
.
Il
primo
giorno
che
arrivammo
a
Marsiglia
avevamo
cercato
allegria
al
Dio
Bacco
:
se
non
altro
per
debito
di
riconoscenza
,
dovevamo
offrirgli
copiose
libazioni
anche
nelle
ultime
ore
che
ci
si
tratteneva
nelle
terre
di
Francia
.
A
mezzanotte
si
chiuse
la
trattoria
;
girellammo
per
persi
un
'
oretta
nelle
deserte
vie
di
Macon
:
per
passare
le
altre
tre
,
ed
essendo
abbastanza
assonnati
,
credemmo
che
non
sarebbe
stato
cosa
malfatta
sonnecchiare
un
pochino
,
ma
quasi
tutti
avevamo
detto
addio
a
coloro
che
ci
avevano
ospitato
;
per
cui
ci
riducemmo
in
dodici
nella
camera
di
un
nostro
amico
:
la
notte
antecedente
alla
mia
partenza
di
Firenze
aveva
un
degno
riscontro
nell
'
ultima
che
passavamo
lassù
.
Quattro
saltaron
sul
letto
,
gli
altri
,
me
compreso
,
si
buttaron
per
terra
facendo
un
diavoleto
indescrivibile
.
Nessuno
potè
dormire
:
tutti
ci
perdevamo
in
congetture
più
o
meno
umoristiche
sulle
accoglienze
che
avremmo
avuto
in
Italia
.
Suonarono
le
tre
e
ci
avviammo
alla
stazione
:
si
bevve
per
l
'
ultima
volta
una
buona
bottiglia
di
vieux
Macon
e
poi
ci
buttammo
nei
vagoni
a
noi
destinati
.
La
macchina
fischia
:
il
treno
è
in
movimento
:
ci
spenzoliamo
,
quantunque
sia
sempre
buio
,
per
dare
un
ultimo
saluto
alla
città
,
e
non
possiamo
a
meno
di
ripeter
tra
noi
:
Povera
Francia
!
Si
cammina
,
si
cammina
per
tutta
la
mattinata
;
traversiamo
l
'
Est
della
Francia
:
si
arriva
alla
Savoja
:
traversiamo
i
suoi
monti
,
siamo
colpiti
dall
'
immensa
poesia
che
fanno
piover
nel
cuore
le
folte
boscaglie
,
gli
scoscesi
macigni
,
il
verde
cupo
degli
alberi
,
tutt
'
a
un
tratto
intramezzati
da
estese
pianure
di
neve
.
La
ferrovia
va
per
lungo
spazio
sul
lago
di
Chautillon
:
quel
lago
stretto
,
monotono
,
lungo
:
quella
neve
,
quella
solitudine
così
bella
nella
sua
orridezza
ha
qualcosa
d
'
imponente
:
quanto
volentieri
me
ne
anderei
sul
muricciolo
di
quella
chiesetta
che
sbuca
sulla
cima
del
promontorio
:
La
è
circondata
da
pini
:
una
cascata
che
va
a
versarsi
nel
lago
scaturisce
a
pochi
passi
da
lei
e
di
lassù
ci
deve
essere
un
incantevole
colpo
d
'
occhio
.
Delle
mandre
di
pecore
s
'
inerpicano
sui
sassi
che
le
fanno
ghirlanda
:
il
montanino
vi
corre
per
dare
un
pensiero
ai
suoi
morti
e
poi
ne
ritorna
cantando
le
ispirate
canzoni
che
suol
dettare
ne
'
vergini
cuori
la
poesia
dell
'
aperta
campagna
....
ah
!
come
sarei
felice
di
viver
lassù
,
lontano
dal
rumore
del
mondo
,
solo
con
le
mie
meditazioni
,
salutando
con
un
inno
il
sole
che
nasce
,
ritrovando
una
lacrima
,
quando
la
squilla
della
sera
che
invita
a
pregar
pei
morti
ripercotesse
quell
'
aure
calme
,
che
t
'
incitano
a
esser
buono
e
a
sperare
.
Mi
avveggo
che
io
,
fumatore
per
eccellenza
,
ho
da
due
ore
il
sigaro
spento
e
che
non
ho
importunato
alcun
'
amico
per
avere
un
fiammifero
.
Giungiamo
a
Chambery
;
ci
tratteniamo
alcuni
minuti
:
tanto
,
perchè
le
gentili
signore
della
capitale
della
Savoia
ci
offrano
una
refezioncella
,
a
cui
facciamo
onore
con
un
'
appetito
invidiabile
.
Altre
montagne
,
altri
boschi
,
Montmelian
in
lontananza
,
ecco
cosa
ci
offre
il
breve
tragitto
che
da
Chambery
ha
da
farsi
per
arrivare
a
Saint
Michel
.
Qui
ci
si
ferma
una
buona
mezz
'
ora
:
fa
un
freddo
indiavolato
:
ci
sembra
di
esser
ritornati
ai
primi
giorni
della
campagna
:
si
monta
nel
treno
Fell
,
e
ci
si
accinge
a
traversare
le
Alpi
.
Il
passeggio
delle
Alpi
colla
ferrovia
Fell
è
una
cosa
imponente
:
il
pauroso
che
si
affaccia
al
vagone
in
tal
traversata
,
son
persuaso
,
che
passa
un
cattivo
momento
:
ma
per
noi
,
che
tanto
poco
curiamo
i
pericoli
,
vi
assicuro
che
è
uno
dei
più
attraenti
spettacoli
.
Trovarsi
in
cima
a
burroni
tanto
scoscesi
da
perder
gli
occhi
per
volerne
rintracciare
la
fine
,
vedere
ogni
tanto
qualche
picco
,
passare
in
mezzo
a
una
neve
perenne
,
osservare
le
centinaia
di
croci
che
in
ricordo
di
disgrazie
avvenute
son
seminate
lungo
la
via
,
ti
da
un
ebbrezza
da
farti
pigliare
la
vertigine
.
Ah
!
potenza
del
progresso
!
...
Quell
'
Alpi
che
Annibale
e
Napoleone
giunsero
solamente
a
valicare
con
tanta
iattura
dei
suoi
,
or
si
sorpassano
in
poco
più
di
quattro
ore
,
e
,
quando
sarà
compiuto
il
foro
del
Moncenisio
,
i
cui
lavori
non
possiamo
a
meno
di
ammirare
anche
trasvolando
quassù
,
il
più
imbecille
dei
commessi
viaggiatori
supererà
i
baluardi
della
natura
,
fino
ora
detti
insuperabili
,
nel
medesimo
tempo
che
agli
eroi
ci
voleva
per
muovere
solamente
di
un
passo
una
balestra
o
un
cannone
.
Traversiamo
Modane
:
Modane
è
un
grazioso
,
bizzarro
e
pittoresco
paesucolo
di
case
di
legno
,
di
capanne
fatte
alla
peggio
,
ove
abita
la
gran
quantità
degli
operai
che
sono
occupati
ai
lavori
della
ferrovia
.
Ci
si
beve
una
grappa
eccellente
:
le
donne
vi
posson
trovare
a
qualunque
ora
un
buon
bicchiere
di
latte
.
Il
nostro
guardatreni
scende
e
ne
sale
uno
nuovo
,
il
quale
fa
presto
amicizia
con
noi
:
ci
dice
in
buona
lingua
Italiana
che
alla
mattina
ha
accompagnato
tre
ufficiali
dello
stato
maggiore
italiano
e
che
uno
scese
più
avanti
per
studiar
quelle
posizioni
.
Gran
meraviglia
da
parte
nostra
:
tre
ufficiali
di
stato
maggiore
che
studiano
,
ma
dunque
in
Italia
voglion
morire
?
!
Vediamo
il
forte
d
'
Esilles
.
-
Ora
siamo
in
Italia
-
Mi
dice
il
guardatreni
.
Sento
allargarmi
il
cuore
:
un
senso
di
dolcezza
mi
corre
di
fibra
in
fibra
e
ripeto
,
entusiasta
agli
amici
:
Siamo
in
Italia
.
-
E
ora
?
-
Mi
risponde
uno
in
tuono
di
dubbiosa
ansietà
.
-
E
ora
che
?
...
Di
rimando
rispondo
.
-
Come
ci
tratteranno
i
nostri
padroni
?
Restai
pensieroso
,
ma
uno
,
certamente
più
giovine
e
per
conseguenza
più
poeta
di
me
,
prese
la
parola
e
schiccherò
questo
bel
discorsino
.
Come
vuoi
che
ci
trattino
?
...
Io
lassù
in
Francia
ho
letto
dei
giornali
e
tutti
dicevano
bene
di
noi
e
celebravano
le
vittorie
di
Garibaldi
:
la
nostra
gloria
,
assicuratevelo
,
ha
avuto
un
'
eco
potente
nelle
nostre
città
,
quantunque
avvilite
e
prostrate
sotto
il
falso
sistema
che
le
corrompe
,
tenendole
schiave
:
noi
non
siamo
fuggiti
:
reietti
dal
governo
Francese
,
pochi
,
senz
'
arme
abbiamo
vinto
:
i
nostri
compagni
più
cari
,
i
giovini
in
cui
l
'
Italia
riponeva
ogni
sua
speranza
si
son
lasciati
cadaveri
:
la
morte
ha
falciato
nelle
nostre
file
con
più
animazione
di
quella
con
cui
il
colono
falcia
le
spiche
:
poveri
siamo
partiti
,
più
poveri
siamo
tornati
:
abbiamo
affrontato
fatiche
che
a
narrarle
soltanto
possono
sembrare
impossibili
,
abbiamo
fatto
sempre
il
nostro
dovere
...
come
vuoi
che
ci
accolga
il
nostro
popolo
,
come
vuoi
che
ci
accolga
il
nostro
governo
?
Abbiamo
forse
fatto
disonore
all
'
Italia
?
le
glorie
della
camicia
rossa
non
sono
state
oscurate
:
il
nostro
debito
di
graditudine
verso
la
Francia
è
stato
pagato
;
abbiam
vinto
,
abbiam
tolto
una
bandiera
al
nemico
ah
!
non
temete
:
il
governo
Italiano
non
si
darà
per
inteso
del
nostro
arrivo
,
e
non
ci
farà
dei
soprusi
...
è
impossibile
!
...
La
gloria
Italiana
si
è
arricchita
di
una
nuova
pagina
,
e
chiunque
si
sente
balzare
nel
petto
un
cuore
che
risponda
degnamente
a
'
sentimenti
italiani
,
non
potrà
che
applaudirci
.
-
Va
bene
-
Gridammo
noi
tutti
solleticati
a
tale
speranza
-
Va
bene
-
Viva
l
'
Italia
!
-
Evviva
tutti
coloro
che
non
son
mai
mancati
al
proprio
dovere
!
...
-
E
che
gli
avversarii
onesti
sono
in
obbligo
di
rispettare
...
-
Come
farà
il
governo
Italiano
!
-
Susa
!
...
-
Grida
in
perfetto
accento
piemontese
la
guardia
della
stazione
.
-
Ci
siamo
!
-
Si
grida
noi
tutti
,
emettendo
un
sospiro
di
contentezza
.
Scendiamo
,
anche
avanti
che
il
treno
si
fermi
:
calpestiamo
con
compiacenza
la
terra
italiana
,
le
parole
semibarbare
di
due
o
tre
paesani
che
ci
stringono
la
mano
,
ci
sembrano
una
musica
paradisiaca
...
-
Facciano
il
piacere
di
venire
con
noi
-
Mi
dice
battendomi
sulla
spalla
,
un
carabiniere
.
-
E
dove
si
ha
andare
?
...
-
Dal
sor
Delegato
...
-
Ho
capito
...
Povero
amico
!
...
Come
hai
speso
bene
il
tuo
fiato
,
quando
ci
hai
voluto
convincere
sulle
buone
grazie
che
il
governo
Italiano
avrebbe
usato
a
nostro
riguardo
!
...
Seguitiamo
dunque
i
carabinieri
e
andiamo
dal
sor
Delegato
...
FINE
Miscellanea ,
INTRODUZIONE
Motivo
dell
'
enciclica
:
la
questione
operaia
1
.
L
'
ardente
brama
di
novità
che
da
gran
tempo
ha
cominciato
ad
agitare
i
popoli
,
doveva
naturalmente
dall
'
ordine
politico
passare
nell
'
ordine
simile
dell
'
economia
sociale
.
E
difatti
i
portentosi
progressi
delle
arti
e
i
nuovi
metodi
dell
'
industria
;
le
mutate
relazioni
tra
padroni
ed
operai
;
l
'
essersi
accumulata
la
ricchezza
in
poche
mani
e
largamente
estesa
la
povertà
;
il
sentimento
delle
proprie
forze
divenuto
nelle
classi
lavoratrici
più
vivo
,
e
l
'
unione
tra
loro
più
intima
;
questo
insieme
di
cose
,
con
l
'
aggiunta
dei
peggiorati
costumi
,
hanno
fatto
scoppiare
il
conflitto
.
Il
quale
è
di
tale
e
tanta
gravità
che
tiene
sospesi
gli
animi
in
trepida
aspettazione
e
affatica
l
'
ingegno
dei
dotti
,
i
congressi
dei
sapienti
,
le
assemblee
popolari
,
le
deliberazioni
dei
legislatori
,
i
consigli
dei
principi
,
tanto
che
oggi
non
vi
è
questione
che
maggiormente
interessi
il
mondo
.
Pertanto
,
venerabili
fratelli
,
ciò
che
altre
volte
facemmo
a
bene
della
Chiesa
e
a
comune
salvezza
con
le
nostre
lettere
encicliche
sui
Poteri
pubblici
,
la
Libertà
umana
,
la
Costituzione
cristiana
degli
Stati
,
ed
altri
simili
argomenti
che
ci
parvero
opportuni
ad
abbattere
errori
funesti
,
la
medesima
cosa
crediamo
di
dover
fare
adesso
per
gli
stessi
motivi
sulla
questione
operaia
.
Trattammo
già
questa
materia
,
come
ce
ne
venne
l
'
occasione
più
di
una
volta
:
ma
la
coscienza
dell
'
apostolico
nostro
ministero
ci
muove
a
trattarla
ora
,
di
proposito
e
in
pieno
,
al
fine
di
mettere
in
rilievo
i
principi
con
cui
,
secondo
giustizia
ed
equità
,
si
deve
risolvere
la
questione
.
Questione
difficile
e
pericolosa
.
Difficile
,
perché
ardua
cosa
è
segnare
i
precisi
confini
nelle
relazioni
tra
proprietari
e
proletari
,
tra
capitale
e
lavoro
.
Pericolosa
perché
uomini
turbolenti
ed
astuti
,
si
sforzano
ovunque
di
falsare
i
giudizi
e
volgere
la
questione
stessa
a
perturbamento
dei
popoli
.
2
.
Comunque
sia
,
è
chiaro
,
ed
in
ciò
si
accordano
tutti
,
come
sia
di
estrema
necessità
venir
in
aiuto
senza
indugio
e
con
opportuni
provvedimenti
ai
proletari
,
che
per
la
maggior
parte
si
trovano
in
assai
misere
condizioni
,
indegne
dell
'
uomo
.
Poiché
,
soppresse
nel
secolo
passato
le
corporazioni
di
arti
e
mestieri
,
senza
nulla
sostituire
in
loro
vece
,
nel
tempo
stesso
che
le
istituzioni
e
le
leggi
venivano
allontanandosi
dallo
spirito
cristiano
,
avvenne
che
poco
a
poco
gli
operai
rimanessero
soli
e
indifesi
in
balda
della
cupidigia
dei
padroni
e
di
una
sfrenata
concorrenza
.
Accrebbe
il
male
un
'
usura
divoratrice
che
,
sebbene
condannata
tante
volte
dalla
Chiesa
.
,
continua
lo
stesso
,
sotto
altro
colore
,
a
causa
di
ingordi
speculatori
.
Si
aggiunga
il
monopolio
della
produzione
e
del
commercio
,
tanto
che
un
piccolissimo
numero
di
straricchi
hanno
imposto
all
'
infinita
moltitudine
dei
proletari
un
gioco
poco
meno
che
servile
.
PARTE
PRIMA
IL
SOCIALISMO
,
FALSO
RIMEDIO
La
soluzione
socialista
inaccettabile
dagli
operai
3
.
A
rimedio
di
questi
disordini
,
i
socialisti
,
attizzando
nei
poveri
l
'
odio
ai
ricchi
,
pretendono
si
debba
abolire
la
proprietà
,
e
far
di
tutti
i
particolari
patrimoni
un
patrimonio
comune
,
da
amministrarsi
per
mezzo
del
municipio
e
dello
stato
.
Con
questa
trasformazione
della
proprietà
da
personale
in
collettiva
,
e
con
l
'
eguale
distribuzione
degli
utili
e
degli
agi
tra
i
cittadini
,
credono
che
il
male
sia
radicalmente
riparato
.
Ma
questa
via
,
non
che
risolvere
le
contese
,
non
fa
che
danneggiare
gli
stessi
operai
,
ed
è
inoltre
ingiusta
per
molti
motivi
,
giacché
manomette
i
diritti
dei
legittimi
proprietari
,
altera
le
competenze
degli
uffici
dello
Stato
,
e
scompiglia
tutto
l
'
ordine
sociale
.
4
.
E
infatti
non
è
difficile
capire
che
lo
scopo
del
lavoro
,
il
fine
prossimo
che
si
propone
l
'
artigiano
,
è
la
proprietà
privata
.
Poiché
se
egli
impiega
le
sue
forze
e
la
sua
industria
a
vantaggio
altrui
,
lo
fa
per
procurarsi
il
necessario
alla
vita
:
e
però
con
il
suo
lavoro
acquista
un
vero
e
perfetto
diritto
,
non
solo
di
esigere
,
ma
d
'
investire
come
vuole
,
la
dovuta
mercede
.
Se
dunque
con
le
sue
economie
è
riuscito
a
far
dei
risparmi
e
,
per
meglio
assicurarli
,
li
ha
investiti
in
un
terreno
,
questo
terreno
non
è
infine
altra
cosa
che
la
mercede
medesima
travestita
di
forma
,
e
conseguente
proprietà
sua
,
né
più
né
meno
che
la
stessa
mercede
.
Ora
in
questo
appunto
,
come
ognuno
sa
,
consiste
la
proprietà
,
sia
mobile
che
stabile
.
Con
l
'
accumulare
pertanto
ogni
proprietà
particolare
,
i
socialisti
,
togliendo
all
'
operaio
la
libertà
di
investire
le
proprie
mercedi
,
gli
rapiscono
il
diritto
e
la
speranza
di
trarre
vantaggio
dal
patrimonio
domestico
e
di
migliorare
il
proprio
stato
,
e
ne
rendono
perciò
più
infelice
la
condizione
.
5
.
Il
peggio
si
è
che
il
rimedio
da
costoro
proposto
è
una
aperta
ingiustizia
,
giacché
la
proprietà
prenata
è
diritto
di
natura
.
Poiché
anche
in
questo
passa
gran
differenza
tra
l
'
uomo
e
il
bruto
.
Il
bruto
non
governa
sé
stesso
;
ma
due
istinti
lo
reggono
e
governano
,
i
quali
da
una
parte
ne
tengono
desta
l
'
attività
e
ne
svolgono
le
forze
,
dall
'
altra
terminano
e
circoscrivono
ogni
suo
movimento
;
cioè
l
'
istinto
della
conservazione
propria
,
e
l
'
istinto
della
conservazione
della
propria
specie
.
A
conseguire
questi
due
fini
,
basta
al
bruto
l
'
uso
di
quei
determinati
mezzi
che
trova
intorno
a
sé
;
né
potrebbe
mirare
più
lontano
,
perché
mosso
unicamente
dal
senso
e
dal
particolare
sensibile
.
Ben
diversa
è
la
natura
dell
'
uomo
.
Possedendo
egli
la
vita
sensitiva
nella
sua
pienezza
,
da
questo
lato
anche
a
lui
è
dato
,
almeno
quanto
agli
altri
animali
,
di
usufruire
dei
beni
della
natura
materiale
.
Ma
l
'
animalità
in
tutta
la
sua
estensione
,
lungi
dal
circoscrivere
la
natura
umana
,
le
è
di
gran
lunga
inferiore
,
e
fatta
per
esserle
soggetta
.
Il
gran
privilegio
dell
'
uomo
,
ciò
che
lo
costituisce
tale
o
lo
distingue
essenzialmente
dal
bruto
,
è
l
'
intelligenza
,
ossia
la
ragione
.
E
appunto
perché
ragionevole
,
si
deve
concedere
all
'
uomo
qualche
cosa
di
più
che
il
semplice
uso
dei
beni
della
terra
,
comune
anche
agli
altri
animali
:
e
questo
non
può
essere
altro
che
il
diritto
di
proprietà
stabile
;
né
proprietà
soltanto
di
quelle
cose
che
si
consumano
usandole
,
ma
anche
di
quelle
che
l
'
uso
non
consuma
.
La
proprietà
privata
è
di
diritto
naturale
6
.
Ciò
riesce
più
evidente
se
si
penetra
maggiormente
nell
'
umana
natura
.
Per
la
sterminata
ampiezza
del
suo
conoscimento
,
che
abbraccia
,
oltre
il
presente
,
anche
l
'
avvenire
,
e
per
la
sua
libertà
,
l
'
uomo
sotto
la
legge
eterna
e
la
provvidenza
universale
di
Dio
,
è
provvidenza
a
sé
stesso
.
Egli
deve
dunque
poter
scegliere
i
mezzi
che
giudica
più
propri
al
mantenimento
della
sua
vita
,
non
solo
per
il
momento
che
passa
,
ma
per
il
tempo
futuro
.
Ciò
vale
quanto
dire
che
,
oltre
il
dominio
dei
frutti
che
dà
la
terra
,
spetta
all
'
uomo
la
proprietà
della
terra
stessa
,
dal
cui
seno
fecondo
deve
essergli
somministrato
il
necessario
ai
suoi
bisogni
futuri
.
Giacché
i
bisogni
dell
'
uomo
hanno
,
per
così
dire
,
una
vicenda
di
perpetui
ritorni
e
,
soddisfatti
oggi
,
rinascono
domani
.
Pertanto
la
natura
deve
aver
dato
all
'
uomo
il
diritto
a
beni
stabili
e
perenni
,
proporzionati
alla
perennità
del
soccorso
di
cui
egli
abbisogna
,
beni
che
può
somministrargli
solamente
la
terra
,
con
la
sua
inesauribile
fecondità
.
Non
v
'
è
ragione
di
ricorrere
alla
provvidenza
dello
Stato
perché
l
'
uomo
è
anteriore
alto
Stato
:
quindi
prima
che
si
formasse
il
civile
consorzio
egli
dovette
aver
da
natura
il
diritto
di
provvedere
a
sé
stesso
.
7
.
L
'
aver
poi
Iddio
dato
la
terra
a
uso
e
godimento
di
tutto
il
genere
umano
,
non
si
oppone
per
nulla
al
diritto
della
privata
proprietà
;
poiché
quel
dono
egli
lo
fece
a
tutti
,
non
perché
ognuno
ne
avesse
un
comune
e
promiscuo
dominio
,
bensì
in
quanto
non
assegnò
nessuna
parte
del
suolo
determinatamente
ad
alcuno
,
lasciando
ciò
all
'
industria
degli
uomini
e
al
diritto
speciale
dei
popoli
.
La
terra
,
per
altro
,
sebbene
divisa
tra
i
privati
,
resta
nondimeno
a
servizio
e
beneficio
di
tutti
,
non
essendovi
uomo
al
mondo
che
non
riceva
alimento
da
essi
.
Chi
non
ha
beni
propri
vi
supplisce
con
il
lavoro
;
tanto
che
si
può
affermare
con
verità
che
il
mezzo
universale
per
provvedere
alla
vita
è
il
lavoro
,
impiegato
o
nel
coltivare
un
terreno
proprio
,
o
nell
'
esercitare
un
'
arte
,
la
cui
mercede
in
ultimo
si
ricava
dai
molteplici
frutti
della
terra
e
in
essi
viene
commutata
.
Ed
è
questa
un
'
altra
prova
che
la
proprietà
privata
è
conforme
alla
natura
.
Il
necessario
al
mantenimento
e
al
perfezionamento
della
vita
umana
la
terra
ce
lo
somministra
largamente
,
ma
ce
lo
somministra
a
questa
condizione
,
che
l
'
uomo
la
coltivi
e
le
sia
largo
di
provvide
cure
.
Ora
,
posto
che
a
conseguire
i
beni
della
natura
l
'
uomo
impieghi
l
'
industria
della
mente
e
le
forze
del
corpo
,
con
ciò
stesso
egli
riunisce
in
sé
quella
parte
della
natura
corporea
che
ridusse
a
cultura
,
e
in
cui
lasciò
come
impressa
una
impronta
della
sua
personalità
,
sicché
giustamente
può
tenerla
per
sua
ed
imporre
agli
altri
l
'
obbligo
di
rispettarla
.
La
proprietà
privata
sancita
dalle
leggi
umane
e
divine
8
.
Così
evidenti
sono
tali
ragioni
,
che
non
si
sa
capire
come
abbiano
potuto
trovar
contraddizioni
presso
alcuni
,
i
quali
,
rinfrescando
vecchie
utopie
,
concedono
bensì
all
'
uomo
l
'
uso
del
suolo
e
dei
vari
frutti
dei
campi
,
ma
del
suolo
ove
egli
ha
fabbricato
e
del
campo
che
ha
coltivato
gli
negano
la
proprietà
.
Non
si
accorgono
costoro
che
in
questa
maniera
vengono
a
defraudare
l
'
uomo
degli
effetti
del
suo
lavoro
.
Giacché
il
campo
dissodato
dalla
mano
e
dall
'
arte
del
coltivato
non
è
più
quello
di
prima
,
da
silvestre
è
divenuto
fruttifero
,
da
sterile
ferace
.
Questi
miglioramenti
prendono
talmente
corpo
in
quel
terreno
che
la
maggior
parte
di
essi
ne
sono
inseparabili
.
Ora
,
che
giustizia
sarebbe
questa
,
che
un
altro
il
quale
non
ha
lavorato
subentrasse
a
goderne
i
frutti
?
Come
l
'
effetto
appartiene
alla
sua
causa
,
così
il
frutto
del
lavoro
deve
appartenere
a
chi
lavora
.
A
ragione
pertanto
il
genere
umano
,
senza
affatto
curarsi
dei
pochi
contraddittori
e
con
l
'
occhio
fisso
alla
legge
di
natura
,
trova
in
questa
legge
medesima
il
fondamento
della
divisione
dei
beni
;
e
riconoscendo
che
la
proprietà
privata
è
sommamente
consona
alla
natura
dell
'
uomo
e
alla
pacifica
convivenza
sociale
,
l
'
ha
solennemente
sancita
mediante
la
pratica
di
tutti
i
secoli
.
E
le
leggi
civili
che
,
quando
sono
giuste
,
derivano
la
propria
autorità
ed
efficacia
dalla
stessa
legge
naturale
(
1
)
,
confermano
tale
diritto
e
lo
assicurano
con
la
pubblica
forza
.
Né
manca
il
suggello
della
legge
divina
,
la
quale
vieta
strettissimamente
perfino
il
desiderio
della
roba
altrui
:
Non
desiderare
la
moglie
del
prossimo
tuo
:
non
la
casa
,
non
il
podere
,
non
la
serva
,
non
il
bue
,
non
l
'
asino
,
non
alcuna
cosa
di
tutte
quelle
che
a
lui
appartengono
(
2
)
.
La
libertà
dell
'
uomo
9
.
Questo
diritto
individuale
cresce
di
valore
se
lo
consideriamo
nei
riguardi
del
consorzio
domestico
.
Libera
all
'
uomo
è
l
'
elezione
del
proprio
stato
:
Egli
può
a
suo
piacere
seguire
il
consiglio
evangelico
della
verginità
o
legarsi
in
matrimonio
.
Naturale
e
primitivo
è
il
diritto
al
coniugio
e
nessuna
legge
umana
può
abolirlo
,
né
può
limitarne
,
comunque
sia
,
lo
scopo
a
cui
Iddio
l
'
ha
ordinato
quando
disse
:
Crescete
e
moltiplicatevi
(
3
)
.
Ecco
pertanto
la
famiglia
,
ossia
la
società
domestica
,
società
piccola
ma
vera
,
e
anteriore
a
ogni
civile
società
;
perciò
con
diritti
e
obbligazioni
indipendenti
dallo
Stato
.
Ora
,
quello
che
dicemmo
in
ordine
al
diritto
di
proprietà
inerente
all
'
individuo
va
applicato
all
'
uomo
come
capo
di
famiglia
:
anzi
tale
diritto
in
lui
è
tanto
più
forte
quanto
più
estesa
e
completa
è
nel
consorzio
domestico
la
sua
personalità
.
Famiglia
e
Stato
10
.
Per
legge
inviolabile
di
natura
incombe
al
padre
il
mantenimento
della
prole
:
e
per
impulso
della
natura
medesima
,
che
gli
fa
scorgere
nei
figli
una
immagine
di
sé
e
quasi
una
espansione
e
continuazione
della
sua
persona
,
egli
è
spinto
a
provvederli
in
modo
che
nel
difficile
corso
della
vita
possano
onestamente
far
fronte
ai
propri
bisogni
:
cosa
impossibile
a
ottenersi
se
non
mediante
l
'
acquisto
dei
beni
fruttiferi
,
ch
'
egli
poi
trasmette
loro
in
eredità
.
Come
la
convivenza
civile
così
la
famiglia
,
secondo
quello
che
abbiamo
detto
,
è
una
società
retta
da
potere
proprio
,
che
è
quello
paterno
.
Entro
i
limiti
determinati
dal
fine
suo
,
la
famiglia
ha
dunque
,
per
la
scelta
e
l
'
uso
dei
mezzi
necessari
alla
sua
conservazione
e
alla
sua
legittima
indipendenza
,
diritti
almeno
eguali
a
quelli
della
società
civile
.
Diciamo
almeno
eguali
,
perché
essendo
il
consorzio
domestico
logicamente
e
storicamente
anteriore
al
civile
,
anteriori
altresì
e
più
naturali
ne
debbono
essere
i
diritti
e
i
doveri
.
Che
se
l
'
uomo
,
se
la
famiglia
,
entrando
a
far
parte
della
società
civile
,
trovassero
nello
Stato
non
aiuto
,
ma
offesa
,
non
tutela
,
ma
diminuzione
dei
propri
diritti
,
la
civile
convivenza
sarebbe
piuttosto
da
fuggire
che
da
desiderare
.
Lo
Stato
e
il
suo
intervento
nella
famiglia
11
.
È
dunque
un
errore
grande
e
dannoso
volere
che
lo
Stato
possa
intervenire
a
suo
talento
nel
santuario
della
famiglia
.
Certo
,
se
qualche
famiglia
si
trova
per
avventura
in
si
gravi
strettezze
che
da
sé
stessa
non
le
è
affatto
possibile
uscirne
,
è
giusto
in
tali
frangenti
l
'
intervento
dei
pubblici
poteri
,
giacché
ciascuna
famiglia
è
parte
del
corpo
sociale
.
Similmente
in
caso
di
gravi
discordie
nelle
relazioni
scambievoli
tra
i
membri
di
una
famiglia
intervenga
lo
Stato
e
renda
a
ciascuno
il
suo
,
poiché
questo
non
è
usurpare
i
diritti
dei
cittadini
,
ma
assicurarli
e
tutelarli
secondo
la
retta
giustizia
.
Qui
però
deve
arrestarsi
lo
Stato
;
la
natura
non
gli
consente
di
andare
oltre
.
La
patria
potestà
non
può
lo
Stato
né
annientarla
né
assorbirla
,
poiché
nasce
dalla
sorgente
stessa
della
vita
umana
.
I
figli
sono
qualche
cosa
del
padre
,
una
espansione
,
per
così
dire
,
della
sua
personalità
e
,
a
parlare
propriamente
,
essi
entrano
a
far
parte
del
civile
consorzio
non
da
sé
medesimi
,
bensì
mediante
la
famiglia
in
cui
sono
nati
.
È
appunto
per
questa
ragione
che
,
essendo
i
figli
naturalmente
qualcosa
del
padre
...
prima
dell
'
uso
della
ragione
stanno
sotto
la
cura
dei
genitori
.
(
4
)
Ora
,
i
socialisti
,
sostituendo
alla
provvidenza
dei
genitori
quella
dello
Stato
,
vanno
contro
la
giustizia
naturale
e
disciolgono
la
compagine
delle
famiglie
.
La
soluzione
socialista
è
nociva
alla
stessa
società
12
.
Ed
oltre
l
'
ingiustizia
,
troppo
chiaro
appare
quale
confusione
e
scompiglio
ne
seguirebbe
in
tutti
gli
ordini
della
cittadinanza
,
e
quale
dura
e
odiosa
schiavitù
nei
cittadini
.
Si
aprirebbe
la
via
agli
asti
,
alle
recriminazioni
,
alle
discordie
:
le
fonti
stesse
della
ricchezza
,
inaridirebbero
,
tolto
ogni
stimolo
all
'
ingegno
e
all
'
industria
individuale
:
e
la
sognata
uguaglianza
non
sarebbe
di
fatto
che
una
condizione
universale
di
abiezione
e
di
miseria
.
Tutte
queste
ragioni
danno
diritto
a
concludere
che
la
comunanza
dei
beni
proposta
dal
socialismo
va
del
tutto
rigettata
,
perché
nuoce
a
quei
medesimi
a
cui
si
deve
recar
soccorso
,
offende
i
diritti
naturali
di
ciascuno
,
altera
gli
uffici
dello
Stato
e
turba
la
pace
comune
.
Resti
fermo
adunque
,
che
nell
'
opera
di
migliorare
le
sorti
delle
classi
operaie
,
deve
porsi
come
fondamento
inconcusso
il
diritto
di
proprietà
privata
.
Presupposto
ciò
,
esporremo
donde
si
abbia
a
trarre
il
rimedio
.
PARTE
SECONDA
IL
VERO
RIMEDIO
:
L
'
UNIONE
DELLE
ASSOCIAZIONI
A
)
L
'
opera
della
Chiesa
13
.
Entriamo
fiduciosi
in
questo
argomento
,
e
di
nostro
pieno
diritto
;
giacché
si
tratta
di
questione
di
cui
non
è
possibile
trovare
una
risoluzione
che
valga
senza
ricorrere
alla
religione
e
alla
Chiesa
.
E
poiché
la
cura
della
religione
e
la
dispensazione
dei
mezzi
che
sono
in
potere
della
Chiesa
è
affidata
principalmente
a
noi
,
ci
parrebbe
di
mancare
al
nostro
ufficio
,
tacendo
.
Certamente
la
soluzione
di
si
arduo
problema
richiede
il
concorso
e
l
'
efficace
cooperazione
anche
degli
altri
:
vogliamo
dire
dei
governanti
,
dei
padroni
e
dei
ricchi
,
come
pure
degli
stessi
proletari
che
vi
sono
direttamente
interessati
:
ma
senza
esitazione
alcuna
affermiamo
che
,
se
si
prescinde
dall
'
azione
della
Chiesa
,
tutti
gli
sforzi
riusciranno
vani
.
Difatti
la
Chiesa
è
quella
che
trae
dal
Vangelo
dottrine
atte
a
comporre
,
o
certamente
a
rendere
assai
meno
aspro
il
conflitto
:
essa
procura
con
gli
insegnamenti
suoi
,
non
solo
d
'
illuminare
la
mente
,
ma
d
'
informare
la
vita
e
i
costumi
di
ognuno
:
con
un
gran
numero
di
benefiche
istituzioni
migliora
le
condizioni
medesime
del
proletario
;
vuole
e
brama
che
i
consigli
e
le
forze
di
tutte
le
classi
sociali
si
colleghino
e
vengano
convogliate
insieme
al
fine
di
provvedere
meglio
che
sia
possibile
agli
interessi
degli
operai
;
e
crede
che
,
entro
i
debiti
termini
,
debbano
volgersi
a
questo
scopo
le
stesse
leggi
e
l
'
autorità
dello
Stato
.
1
-
Necessità
delle
ineguaglianze
sociali
e
del
lavoro
faticoso
14
.
Si
stabilisca
dunque
in
primo
luogo
questo
principio
,
che
si
deve
sopportare
la
condizione
propria
dell
'
umanità
:
togliere
dal
mondo
le
disparità
sociali
,
è
cosa
impossibile
.
Lo
tentano
,
è
vero
,
i
socialisti
,
ma
ogni
tentativo
contro
la
natura
delle
cose
riesce
inutile
.
Poiché
la
più
grande
varietà
esiste
per
natura
tra
gli
uomini
:
non
tutti
posseggono
lo
stesso
ingegno
,
la
stessa
solerzia
,
non
la
sanità
,
non
le
forze
in
pari
grado
:
e
da
queste
inevitabili
differenze
nasce
di
necessità
la
differenza
delle
condizioni
sociali
.
E
ciò
torna
a
vantaggio
sia
dei
privati
che
del
civile
consorzio
,
perché
la
vita
sociale
abbisogna
di
attitudini
varie
e
di
uffici
diversi
,
e
l
'
impulso
principale
,
che
muove
gli
uomini
ad
esercitare
tali
uffici
,
è
la
disparità
dello
stato
.
Quanto
al
lavoro
,
l
'
uomo
nello
stato
medesimo
d
'
innocenza
non
sarebbe
rimasto
inoperoso
:
se
non
che
,
quello
che
allora
avrebbe
liberamente
fatto
la
volontà
a
ricreazione
dell
'
animo
,
lo
impose
poi
,
ad
espiazione
del
peccato
,
non
senza
fatica
e
molestia
,
la
necessità
,
secondo
quell
'
oracolo
divino
:
Sia
maledetta
la
terra
nel
tuo
lavoro
;
mangerai
di
essa
in
fatica
tutti
i
giorni
della
tua
vita
(
5
)
.
Similmente
il
dolore
non
mancherà
mai
sulla
terra
;
perché
aspre
,
dure
,
difficili
a
sopportarsi
sono
le
ree
conseguenze
del
peccato
,
le
quali
,
si
voglia
o
no
,
accompagnano
l
'
uomo
fino
alla
tomba
.
Patire
e
sopportare
è
dunque
il
retaggio
dell
'
uomo
;
e
qualunque
cosa
si
faccia
e
si
tenti
,
non
v
'
è
forza
né
arte
che
possa
togliere
del
tutto
le
sofferenze
del
mondo
.
Coloro
che
dicono
di
poterlo
fare
e
promettono
alle
misere
genti
una
vita
scevra
di
dolore
e
di
pene
,
tutta
pace
e
diletto
,
illudono
il
popolo
e
lo
trascinano
per
una
via
che
conduce
a
dolori
più
grandi
di
quelli
attuali
.
La
cosa
migliore
è
guardare
le
cose
umane
quali
sono
e
nel
medesimo
tempo
cercare
altrove
,
come
dicemmo
,
il
rimedio
ai
mali
.
2
-
Necessità
della
concordia
15
.
Nella
presente
questione
,
lo
scandalo
maggiore
è
questo
:
supporre
una
classe
sociale
nemica
naturalmente
dell
'
altra
;
quasi
che
la
natura
abbia
fatto
i
ricchi
e
i
proletari
per
battagliare
tra
loro
un
duello
implacabile
;
cosa
tanto
contraria
alla
ragione
e
alla
verità
.
In
vece
è
verissimo
che
,
come
nel
corpo
umano
le
varie
membra
si
accordano
insieme
e
formano
quell
'
armonico
temperamento
che
si
chiama
simmetria
,
così
la
natura
volle
che
nel
civile
consorzio
armonizzassero
tra
loro
quelle
due
classi
,
e
ne
risultasse
l
'
equilibrio
.
L
'
una
ha
bisogno
assoluto
dell
'
altra
:
né
il
capitale
può
stare
senza
il
lavoro
,
né
il
lavoro
senza
il
capitale
.
La
concordia
fa
la
bellezza
e
l
'
ordine
delle
cose
,
mentre
un
perpetuo
conflitto
non
può
dare
che
confusione
e
barbarie
.
Ora
,
a
comporre
il
dissidio
,
anzi
a
svellerne
le
stesse
radici
,
il
cristianesimo
ha
una
ricchezza
di
forza
meravigliosa
.
3
-
Relazioni
tra
le
classi
sociali
a
)
giustizia
16
.
Innanzi
tutto
,
l
'
insegnamento
cristiano
,
di
cui
è
interprete
e
custode
la
Chiesa
,
è
potentissimo
a
conciliare
e
mettere
in
accordo
fra
loro
i
ricchi
e
i
proletari
,
ricordando
agli
uni
e
agli
altri
i
mutui
doveri
incominciando
da
quello
imposto
dalla
giustizia
.
Obblighi
di
giustizia
,
quanto
al
proletario
e
all
'
operaio
,
sono
questi
:
prestare
interamente
e
fedelmente
l
'
opera
che
liberamente
e
secondo
equità
fu
pattuita
;
non
recar
danno
alla
roba
,
né
offesa
alla
persona
dei
padroni
;
nella
difesa
stessa
dei
propri
diritti
astenersi
da
atti
violenti
,
né
mai
trasformarla
in
ammutinamento
;
non
mescolarsi
con
uomini
malvagi
,
promettitori
di
cose
grandi
,
senza
altro
frutto
che
quello
di
inutili
pentimenti
e
di
perdite
rovinose
.
E
questi
sono
i
doveri
dei
capitalisti
e
dei
padroni
:
non
tenere
gli
operai
schiavi
;
rispettare
in
essi
la
dignità
della
persona
umana
,
nobilitata
dal
carattere
cristiano
.
Agli
occhi
della
ragione
e
della
fede
il
lavoro
non
degrada
l
'
uomo
,
ma
anzi
lo
nobilita
col
metterlo
in
grado
di
vivere
onestamente
con
l
'
opera
propria
.
Quello
che
veramente
è
indegno
dell
'
uomo
è
di
abusarne
come
di
cosa
a
scopo
di
guadagno
,
né
stimarlo
più
di
quello
che
valgono
i
suoi
nervi
e
le
sue
forze
.
Viene
similmente
comandato
che
nei
proletari
si
deve
aver
riguardo
alla
religione
e
ai
beni
dell
'
anima
.
È
obbligo
perciò
dei
padroni
lasciare
all
'
operaio
comodità
e
tempo
che
bastino
a
compiere
i
doveri
religiosi
;
non
esporlo
a
seduzioni
corrompitrici
e
a
pericoli
di
scandalo
;
non
alienarlo
dallo
spirito
di
famiglia
e
dall
'
amore
del
risparmio
;
non
imporgli
lavori
sproporzionati
alle
forze
,
o
mal
confacenti
con
l
'
età
e
con
il
sesso
.
17
.
Principalissimo
poi
tra
i
loro
doveri
è
dare
a
ciascuno
la
giusta
mercede
.
Il
determinarla
secondo
giustizia
dipende
da
molte
considerazioni
:
ma
in
generale
si
ricordino
i
capitalisti
e
i
padroni
che
le
umane
leggi
non
permettono
di
opprimere
per
utile
proprio
i
bisognosi
e
gli
infelici
,
e
di
trafficare
sulla
miseria
del
prossimo
.
Defraudare
poi
la
dovuta
mercede
è
colpa
così
enorme
che
grida
vendetta
al
cospetto
di
Dio
.
Ecco
,
la
mercede
degli
operai
...
che
fu
defraudata
da
voi
,
grida
;
e
questo
grido
ha
ferito
le
orecchie
del
Signore
degli
eserciti
(
6
)
.
Da
ultimo
è
dovere
dei
ricchi
non
danneggiare
i
piccoli
risparmi
dell
'
operaio
né
con
violenza
né
con
frodi
né
con
usure
manifeste
o
nascoste
;
questo
dovere
è
tanto
più
rigoroso
,
quanto
più
debole
e
mal
difeso
è
l
'
operaio
e
più
sacrosanta
la
sua
piccola
sostanza
.
L
'
osservanza
di
questi
precetti
non
basterà
essa
sola
a
mitigare
l
'
asprezza
e
a
far
cessare
le
cagioni
del
dissidio
?
b
)
carità
18
.
Ma
la
Chiesa
,
guidata
dagli
insegnamenti
e
dall
'
esempio
di
Cristo
,
mira
più
in
alto
,
cioè
a
riavvicinare
il
più
possibile
le
due
classi
,
e
a
renderle
amiche
.
Le
cose
del
tempo
non
è
possibile
intenderle
e
valutarle
a
dovere
,
se
l
'
animo
non
si
eleva
ad
un
'
altra
vita
,
ossia
a
quella
eterna
,
senza
la
quale
la
vera
nozione
del
bene
morale
necessariamente
si
dilegua
,
anzi
l
'
intera
creazione
diventa
un
mistero
inspiegabile
.
Quello
pertanto
che
la
natura
stessa
ci
detta
,
nel
cristianesimo
è
un
dogma
su
cui
come
principale
fondamento
poggia
tutto
l
'
edificio
della
religione
:
cioè
che
la
vera
vita
dell
'
uomo
è
quella
del
mondo
avvenire
.
Poiché
Iddio
non
ci
ha
creati
per
questi
beni
fragili
e
caduchi
,
ma
per
quelli
celesti
ed
eterni
;
e
la
terra
ci
fu
data
da
Lui
come
luogo
di
esilio
,
non
come
patria
.
Che
tu
abbia
in
abbondanza
ricchezze
ed
altri
beni
terreni
o
che
ne
sia
privo
,
ciò
all
'
eterna
felicità
non
importa
nulla
;
ma
il
buono
o
cattivo
uso
di
quei
beni
,
questo
è
ciò
che
sommamente
importa
.
Le
varie
tribolazioni
di
cui
è
intessuta
la
vita
di
quaggiù
,
Gesù
Cristo
,
che
pur
ci
ha
redenti
con
redenzione
copiosa
,
non
le
ha
tolte
;
le
ha
convertite
in
stimolo
di
virtù
e
in
maniera
di
merito
,
tanto
che
nessun
figlio
di
Adamo
può
giungere
al
cielo
se
non
segue
le
orme
sanguinose
di
Lui
.
Se
persevereremo
,
regneremo
insieme
(
7
)
.
Accettando
volontariamente
sopra
di
sé
travagli
e
dolori
,
egli
ne
ha
mitigato
l
'
acerbità
in
modo
meraviglioso
,
e
non
solo
con
l
'
esempio
ma
con
la
sua
grazia
e
con
la
speranza
del
premio
proposto
,
ci
ha
reso
più
facile
il
patire
.
Poiché
quella
che
attualmente
è
una
momentanea
e
leggera
tribolazione
nostra
,
opera
in
noi
un
eterno
e
sopra
ogni
misura
smisurato
peso
di
gloria
(
8
)
.
I
fortunati
del
secolo
sono
dunque
avvertiti
che
le
ricchezze
non
li
liberano
dal
dolore
e
che
esse
per
la
felicità
avvenire
,
non
che
giovare
,
nuocciono
(
9
)
;
che
i
ricchi
debbono
tremare
,
pensando
alle
minacce
straordinariamente
severe
di
Gesù
Cristo
(
10
)
;
che
dell
'
uso
dei
loro
beni
avranno
un
giorno
da
rendere
rigorosissimo
conto
al
Dio
giudice
.
c
)
la
vera
utilità
delle
ricchezze
19
.
In
ordine
all
'
uso
delle
ricchezze
,
eccellente
e
importantissima
è
la
dottrina
che
,
se
pure
fu
intravveduta
dalla
filosofia
,
venne
però
insegnata
a
perfezione
dalla
Chiesa
;
la
quale
inoltre
procura
che
non
rimanga
pura
speculazione
,
ma
discenda
nella
pratica
e
informi
la
vita
.
Il
fondamento
di
tale
dottrina
sta
in
ciò
:
che
nella
ricchezza
si
suole
distinguere
il
possesso
legittimo
dal
legittimo
uso
.
Naturale
diritto
dell
'
uomo
è
,
come
vedemmo
,
la
privata
proprietà
dei
beni
e
l
'
esercitare
questo
diritto
é
,
specialmente
nella
vita
socievole
,
non
pur
lecito
,
ma
assolutamente
necessario
.
E
'
lecito
,
dice
san
Tommaso
,
anzi
necessario
all
'
umana
vita
che
l
'
uomo
abbia
la
proprietà
dei
beni
(
11
)
.
Ma
se
inoltre
si
domandi
quale
debba
essere
l
'
uso
di
tali
beni
,
la
Chiesa
per
bocca
del
santo
Dottore
non
esita
a
rispondere
che
,
per
questo
rispetto
,
l
'
uomo
non
deve
possedere
i
beni
esterni
come
propri
,
bensì
come
comuni
,
in
modo
che
facilmente
li
comunichi
all
'
altrui
necessità
.
Onde
l
'
Apostolo
dice
:
Comanda
ai
ricchi
di
questo
secolo
di
dare
e
comunicare
facilmente
il
proprio
(
12
)
.
Nessuno
,
Certo
,
é
tenuto
a
soccorrere
gli
altri
con
le
cose
necessarie
a
sé
e
ai
suoi
,
anzi
neppure
con
ciò
che
è
necessario
alla
convivenza
e
al
decoro
del
proprio
stato
,
perché
nessuno
deve
vivere
in
modo
non
conveniente
(
13
)
.
Ma
soddisfatte
le
necessità
e
la
convenienza
è
dovere
soccorrere
col
superfluo
i
bisognosi
.
Quello
che
sopravanza
date
in
elemosina
(
14
)
.
Eccetto
il
caso
di
estrema
necessità
,
questi
,
è
vero
,
non
sono
obblighi
di
giustizia
,
ma
di
carità
cristiana
il
cui
adempimento
non
si
può
certamente
esigere
per
via
giuridica
,
ma
sopra
le
leggi
e
i
giudizi
degli
uomini
sta
la
legge
e
il
giudizio
di
Cristo
,
il
quale
inculca
in
molti
modi
la
pratica
del
dono
generoso
e
insegna
:
E
'
più
bello
dare
che
ricevere
(
15
)
,
e
terrà
per
fatta
o
negata
a
sé
la
carità
fatta
o
negata
ai
bisognosi
:
Quanto
faceste
ad
uno
dei
minimi
di
questi
miei
fratelli
,
a
me
lo
faceste
(
16
)
.
In
conclusione
,
chiunque
ha
ricevuto
dalla
munificenza
di
Dio
copia
maggiore
di
beni
,
sia
esteriori
e
corporali
sia
spirituali
,
a
questo
fine
li
ha
ricevuti
,
di
servirsene
al
perfezionamento
proprio
,
e
nel
medesimo
tempo
come
ministro
della
divina
provvidenza
a
vantaggio
altrui
:
Chi
ha
dunque
ingegno
,
badi
di
non
tacere
;
chi
ha
abbondanza
di
roba
,
si
guardi
dall
'
essere
troppo
duro
di
mano
nell
'
esercizio
della
misericordia
;
chi
ha
un
'
arte
per
vivere
,
ne
partecipi
al
prossimo
l
'
uso
e
l
'
utilità
(
17
)
.
d
)
vantaggi
della
povertà
20
.
Ai
poveri
poi
,
la
Chiesa
insegna
che
innanzi
a
Dio
non
è
cosa
che
rechi
vergogna
né
la
povertà
né
il
dover
vivere
di
lavoro
.
Gesù
Cristo
confermò
questa
verità
con
1'esempio
suo
mentre
,
a
salute
degli
uomini
,
essendo
ricco
,
si
fece
povero
(
18
)
ed
essendo
Figlio
di
Dio
,
e
Dio
egli
stesso
,
volle
comparire
ed
essere
creduto
figlio
di
un
falegname
,
anzi
non
ricusò
di
passare
lavorando
la
maggior
parte
della
sua
vita
:
Non
è
costui
il
fabbro
,
il
figlio
di
Maria
?
(
19
)
Mirando
la
divinità
di
questo
esempio
,
si
comprende
più
facilmente
che
la
vera
dignità
e
grandezza
dell
'
uomo
è
tutta
morale
,
ossia
riposta
nella
virtù
;
che
la
virtù
è
patrimonio
comune
,
conseguibile
ugualmente
dai
grandi
e
dai
piccoli
,
dai
ricchi
e
dai
proletari
;
che
solo
alle
opere
virtuose
,
in
chiunque
si
trovino
,
è
serbato
il
premio
dell
'
eterna
beatitudine
.
Diciamo
di
più
per
gli
infelici
pare
che
Iddio
abbia
una
particolare
predilezione
poiché
Gesù
Cristo
chiama
beati
i
poveri
(
20
)
;
in
.
vita
amorosamente
a
venire
da
lui
per
conforto
,
quanti
sono
stretti
dal
peso
degli
affanni
(
21
)
;
i
deboli
e
i
perseguitati
abbraccia
con
atto
di
carità
specialissima
.
Queste
verità
sono
molto
efficaci
ad
abbassar
l
'
orgoglio
dei
fortunati
e
togliere
all
'
avvilimento
i
miseri
,
ad
ispirare
indulgenza
negli
uni
e
modestia
negli
altri
.
Così
le
distanze
,
tanto
care
all
'
orgoglio
,
si
accorciano
;
né
riesce
difficile
ottenere
che
le
due
classi
,
stringendosi
la
mano
,
scendano
ad
amichevole
accordo
.
e
)
fraternità
cristiana
21
.
Ma
esse
,
obbedendo
alla
legge
evangelica
,
non
saranno
paghe
di
una
semplice
amicizia
,
ma
vorranno
darsi
l
'
amplesso
dell
'
amore
fraterno
.
Poiché
conosceranno
e
sentiranno
che
tutti
gli
uomini
hanno
origine
da
Dio
,
Padre
comune
;
che
tutti
tendono
a
Dio
,
fine
supremo
,
che
solo
può
rendere
perfettamente
felici
gli
uomini
e
gli
angeli
;
che
tutti
sono
stati
ugualmente
redenti
da
Gesù
Cristo
e
chiamati
alla
dignità
della
figliolanza
divina
,
in
modo
che
non
solo
tra
loro
,
ma
con
Cristo
Signore
,
primogenito
fra
molti
fratelli
,
sono
congiunti
col
vincolo
di
una
santa
fraternità
.
Conosceranno
e
sentiranno
che
i
beni
di
natura
e
di
grazia
sono
patrimonio
comune
del
genere
umano
e
che
nessuno
,
senza
proprio
merito
,
verrà
diseredato
dal
retaggio
dei
beni
celesti
:
perché
se
tutti
figli
,
dunque
tutti
eredi
;
eredi
di
Dio
,
e
coeredi
di
Gesù
Cristo
(
22
)
.
Ecco
1'ideale
dei
diritti
e
dei
doveri
contenuto
nel
Vangelo
.
Se
esso
prevalesse
nel
mondo
,
non
cesserebbe
subito
ogni
dissidio
e
non
tornerebbe
forse
la
pace
?
4
-
Mezzi
positivi
a
)
la
diffusione
della
dottrina
cristiana
22
.
Se
non
che
la
Chiesa
,
non
contenta
di
additare
il
rimedio
,
l
'
applica
ella
stessa
con
la
materna
sua
mano
.
Poiché
ella
é
tutta
intenta
a
educare
e
formare
gli
uomini
a
queste
massime
,
procurando
che
le
acque
salutari
della
sua
dottrina
scorrano
largamente
e
vadano
per
mezzo
dei
Vescovi
e
del
Clero
ad
irrigare
tutta
quanta
la
terra
.
Nel
tempo
stesso
si
studia
di
penetrare
negli
animi
e
di
piegare
le
volontà
,
perché
si
lascino
governare
dai
divini
precetti
.
E
in
quest
'
arte
,
che
é
di
capitale
importanza
,
poiché
ne
dipende
ogni
vantaggio
,
la
Chiesa
sola
ha
vera
efficacia
.
Infatti
,
gli
strumenti
che
adopera
a
muovere
gli
animi
le
furono
dati
a
questo
fine
da
Gesù
Cristo
,
ed
hanno
in
sé
virtù
divina
;
si
che
essi
soli
possono
penetrare
nelle
intime
fibre
dei
cuori
,
e
far
si
che
gli
uomini
obbediscano
alla
voce
del
dovere
,
tengano
a
freno
le
passioni
,
amino
con
supremo
e
singolare
amore
Iddio
e
il
prossimo
,
e
abbattano
coraggiosamente
tutti
gli
ostacoli
che
attraversano
il
cammino
della
virtù
.
b
)
il
rinnovamento
della
società
Basta
su
ciò
accennar
di
passaggio
agli
esempi
antichi
.
Ricordiamo
fatti
e
cose
poste
fuori
di
ogni
dubbio
:
cioè
che
per
opera
del
cristianesimo
fu
trasformata
da
capo
a
fondo
la
società
;
che
questa
trasformazione
fu
un
vero
progresso
del
genere
umano
,
anzi
una
risurrezione
dalla
morte
alla
vita
morale
,
e
un
perfezionamento
non
mai
visto
per
l
'
innanzi
né
sperabile
maggiore
per
l
'
avvenire
;
e
finalmente
che
Gesù
Cristo
è
il
principio
e
il
termine
di
questi
benefizi
,
i
quali
,
scaturiti
da
lui
,
a
lui
vanno
riferiti
.
Avendo
il
mondo
mediante
la
luce
evangelica
appreso
il
gran
mistero
dell
'
incarnazione
del
Verbo
e
dell
'
umana
redenzione
,
la
vita
di
Gesù
Cristo
Dio
e
uomo
si
trasfuse
nella
civile
società
che
ne
fu
permeata
con
la
fede
,
i
precetti
,
le
leggi
di
lui
.
Perciò
,
se
ai
mali
del
mondo
v
'
è
un
rimedio
,
questi
non
può
essere
altro
che
il
ritorno
alla
vita
e
ai
costumi
cristiani
.
È
un
solenne
principio
questo
,
che
per
riformare
una
società
in
decadenza
,
è
necessario
riportarla
ai
principi
che
le
hanno
dato
l
'
essere
,
la
perfezione
di
ogni
società
è
riposta
nello
sforzo
di
arrivare
al
suo
scopo
:
in
modo
che
il
principio
generatore
dei
moti
e
delle
azioni
sociali
sia
il
medesimo
che
ha
generato
l
'
associazione
.
Quindi
deviare
dallo
scopo
primitivo
è
corruzione
;
tornare
ad
esso
è
salvezza
.
E
questo
è
vero
,
come
di
tutto
il
consorzio
civile
,
così
della
classe
lavoratrice
,
che
ne
è
la
parte
più
numerosa
.
c
)
la
beneficenza
della
Chiesa
23
.
Né
si
creda
che
le
premure
della
Chiesa
siano
così
interamente
e
unicamente
rivolte
alla
salvezza
delle
anime
,
da
trascurare
ciò
che
appartiene
alla
vita
morale
e
terrena
.
Ella
vuole
e
procura
che
soprattutto
i
proletari
emergano
dal
loro
infelice
stato
,
e
migliorino
la
condizione
di
vita
.
E
questo
essa
fa
innanzi
tutto
indirettamente
,
chiamando
e
insegnando
a
tutti
gli
uomini
la
virtù
.
I
costumi
cristiani
,
quando
siano
tali
davvero
,
contribuiscono
anch
'
essi
di
per
sé
alla
prosperità
terrena
,
perché
attirano
le
benedizioni
di
Dio
,
principio
e
fonte
di
ogni
bene
;
infrenano
la
cupidigia
della
roba
e
la
sete
dei
piaceri
(
23
)
,
veri
flagelli
che
rendono
misero
l
'
uomo
nella
abbondanza
stessa
di
ogni
cosa
;
contenti
di
una
vita
frugale
,
suppliscono
alla
scarsezza
del
censo
col
risparmio
,
lontani
dai
vizi
,
che
non
solo
consumano
le
piccole
,
ma
anche
le
grandi
sostanze
,
e
mandano
in
rovina
i
più
lauti
patrimoni
.
24
.
Ma
vi
è
di
più
:
la
Chiesa
concorre
direttamente
al
bene
dei
proletari
col
creare
e
promuovere
quanto
può
conferire
al
loro
sollievo
,
e
in
questo
tanto
si
è
segnalata
,
da
riscuoter
l
'
ammirazione
e
gli
encomi
degli
stessi
nemici
.
Nel
cuore
dei
primi
cristiani
la
carità
fraterna
era
così
potente
che
i
più
facoltosi
si
privavano
spessissimo
del
proprio
per
soccorrere
gli
altri
;
tanto
che
non
vi
era
tra
loro
nessun
bisognoso
(
24
)
.
Ai
diaconi
,
ordine
istituito
appositamente
per
questo
,
era
affidato
dagli
apostoli
l
'
ufficio
di
esercitare
la
quotidiana
beneficenza
e
l
'
apostolo
Paolo
,
benché
gravato
dalla
cura
di
tutte
le
Chiese
,
non
dubitava
di
intraprendere
faticosi
viaggi
,
per
recare
di
sua
mano
ai
cristiani
poveri
le
elemosine
da
lui
raccolte
.
Tertulliano
chiama
depositi
della
pietà
le
offerte
che
si
facevano
spontaneamente
dai
fedeli
di
ciascuna
adunanza
,
perché
destinate
a
soccorrere
e
dar
sepoltura
agli
indigenti
,
sovvenire
i
poveri
orfani
d
'
ambo
i
sessi
,
i
vecchi
e
i
naufraghi
(
25
)
.
Da
lì
poco
a
poco
si
formò
il
patrimonio
,
che
la
Chiesa
guardò
sempre
con
religiosa
cura
come
patrimonio
della
povera
gente
.
La
quale
anzi
,
con
nuovi
e
determinati
soccorsi
,
venne
perfino
liberata
dalla
vergogna
di
chiedere
.
Giacché
,
madre
comune
dei
poveri
e
dei
ricchi
,
ispirando
e
suscitando
dappertutto
l
'
eroismo
della
carità
,
la
Chiesa
creò
sodalizi
religiosi
ed
altri
benefici
istituti
,
che
non
lasciarono
quasi
alcuna
specie
di
miseria
senza
aiuto
e
conforto
.
Molti
oggi
,
come
già
fecero
i
gentili
,
biasimano
la
Chiesa
perfino
di
questa
carità
squisita
,
e
si
è
creduto
bene
di
sostituire
a
questa
la
beneficenza
legale
.
Ma
non
è
umana
industria
che
possa
supplire
la
carità
cristiana
,
tutta
consacrata
al
bene
altrui
.
Ed
essa
non
può
essere
se
non
virtù
della
Chiesa
,
perché
è
virtù
che
sgorga
solamente
dal
cuore
santissimo
di
Gesù
Cristo
:
e
si
allontana
da
Gesù
Cristo
chi
si
allontana
dalla
Chiesa
.
B
)
L
'
opera
dello
Stato
25
.
A
risolvere
peraltro
la
questione
operaia
,
non
vi
è
dubbio
che
si
richiedano
altresì
i
mezzi
umani
.
Tutti
quelli
che
vi
sono
interessati
debbono
concorrervi
ciascuno
per
la
sua
parte
:
e
ciò
ad
esempio
di
quell
'
ordine
provvidenziale
che
governa
il
mondo
;
poiché
d
'
ordinario
si
vede
che
ogni
buon
effetto
è
prodotto
dall
'
armoniosa
cooperazione
di
tutte
le
cause
da
cui
esso
dipende
.
Vediamo
dunque
quale
debba
essere
il
concorso
dello
Stato
.
Noi
parliamo
dello
Stato
non
come
è
sostituito
o
come
funziona
in
questa
o
in
quella
nazione
,
ma
dello
Stato
nel
suo
vero
concetto
,
quale
si
desume
dai
principi
della
retta
ragione
,
in
perfetta
armonia
con
le
dottrine
cattoliche
,
come
noi
medesimi
esponemmo
nella
enciclica
sulla
Costituzione
cristiana
degli
Stati
(
enc
.
Immortale
Dei
)
.
1
-
Il
diritto
d
'
intervento
dello
Stato
26
.
I
governanti
dunque
debbono
in
primo
luogo
concorrervi
in
maniera
generale
con
tutto
il
complesso
delle
leggi
e
delle
istituzioni
politiche
,
ordinando
e
amministrando
lo
Stato
in
modo
che
ne
risulti
naturalmente
la
pubblica
e
privata
prosperità
.
Questo
infatti
è
l
'
ufficio
della
civile
prudenza
e
il
dovere
dei
reggitori
dei
popoli
.
Ora
,
la
prosperità
delle
nazioni
deriva
specialmente
dai
buoni
costumi
,
dal
buon
assetto
della
famiglia
,
dall
'
osservanza
della
religione
e
della
giustizia
,
dall
'
imposizione
moderata
e
dall
'
equa
distribuzione
dei
pubblici
oneri
,
dal
progresso
delle
industrie
e
del
commercio
,
dal
fiorire
dell
'
agricoltura
e
da
altre
simili
cose
,
le
quali
,
quanto
maggiormente
promosse
,
tanto
più
felici
rendono
i
popoli
.
Anche
solo
per
questa
via
,
può
dunque
lo
Stato
grandemente
concorrere
,
come
al
benessere
delle
altre
classi
,
così
a
quello
dei
proletari
;
e
ciò
di
suo
pieno
diritto
e
senza
dar
sospetto
d
'
indebite
ingerenze
;
giacché
provvedere
al
bene
comune
è
ufficio
e
competenza
dello
Stato
.
E
quanto
maggiore
sarà
la
somma
dei
vantaggi
procurati
per
questa
generale
provvidenza
,
tanto
minore
bisogno
vi
sarà
di
tentare
altre
vie
a
salvezza
degli
operai
.
a
)
per
il
bene
comune
27
.
Ma
bisogna
inoltre
considerare
una
cosa
che
tocca
più
da
vicino
la
questione
:
che
cioè
lo
Stato
è
una
armoniosa
unità
che
abbraccia
del
pari
le
infime
e
le
alte
classi
.
I
proletari
né
di
più
né
di
meno
dei
ricchi
sono
cittadini
per
diritto
naturale
,
membri
veri
e
viventi
onde
si
compone
,
mediante
le
famiglie
,
il
corpo
sociale
:
per
non
dire
che
ne
sono
il
maggior
numero
.
Ora
,
essendo
assurdo
provvedere
ad
una
parte
di
cittadini
e
trascurare
l
'
altra
,
è
stretto
dovere
dello
Stato
prendersi
la
dovuta
cura
del
benessere
degli
operai
;
non
facendolo
,
si
offende
la
giustizia
che
vuole
si
renda
a
ciascuno
il
suo
,
Onde
saggiamente
avverte
san
Tommaso
:
Siccome
la
parte
e
il
tutto
fanno
in
certo
modo
una
sola
cosa
,
così
ciò
che
è
del
tutto
è
in
qualche
maniera
della
parte
(
26
)
.
Perciò
tra
i
molti
e
gravi
doveri
dei
governanti
solleciti
del
bene
pubblico
,
primeggia
quello
di
provvedere
ugualmente
ad
ogni
ordine
di
cittadini
,
osservando
con
inviolabile
imparzialità
la
giustizia
cosiddetta
distributiva
.
b
)
per
il
bene
degli
operai
Sebbene
tutti
i
cittadini
senza
eccezione
alcuna
,
debbano
cooperare
al
benessere
comune
che
poi
,
naturalmente
,
ridonda
a
beneficio
dei
singoli
,
tuttavia
la
cooperazione
non
può
essere
in
tutti
né
uguale
né
la
stessa
.
Per
quanto
si
mutino
e
rimutino
le
forme
di
governo
,
vi
sarà
sempre
quella
varietà
e
disparità
di
condizione
senza
la
quale
non
può
darsi
e
neanche
concepirsi
il
consorzio
umano
.
Vi
saranno
sempre
pubblici
ministri
,
legislatori
,
giudici
,
insomma
uomini
tali
che
governano
la
nazione
in
pace
,
e
la
difendono
in
guerra
;
ed
è
facile
capire
che
,
essendo
costoro
la
causa
più
prossima
ed
efficace
del
bene
comune
,
formano
la
parte
principale
della
nazione
.
Non
possono
allo
stesso
modo
e
con
gli
stessi
uffici
cooperare
al
bene
comune
gli
artigiani
;
tuttavia
vi
concorrono
anch
'
essi
potentemente
con
i
loro
servizi
,
benché
in
modo
indiretto
.
Certo
,
il
bene
sociale
,
dovendo
essere
nel
suo
conseguimento
un
bene
perfezionativo
dei
cittadini
in
quanto
sono
uomini
,
va
principalmente
riposto
nella
virtù
.
Nondimeno
,
in
ogni
società
ben
ordinata
deve
trovarsi
una
sufficiente
abbondanza
dei
beni
corporali
,
l
'
uso
dei
quali
è
necessario
all
'
esercizio
della
virtù
(
27
)
.
Ora
,
a
darci
questi
beni
è
di
necessità
ed
efficacia
somma
l
'
opera
e
l
'
arte
dei
proletari
,
o
si
applichi
all
'
agricoltura
,
o
si
eserciti
nelle
officine
.
Somma
,
diciamo
,
poiché
si
può
affermare
con
verità
che
il
lavoro
degli
operai
è
quello
che
forma
la
ricchezza
nazionale
.
È
quindi
giusto
che
il
governo
s
'
interessi
dell
'
operaio
,
facendo
si
che
egli
partecipi
ín
qualche
misura
di
quella
ricchezza
che
esso
medesimo
produce
,
cosicché
abbia
vitto
,
vestito
e
un
genere
di
vita
meno
disagiato
.
Si
favorisca
dunque
al
massimo
ciò
che
può
in
qualche
modo
migliorare
la
condizione
di
lui
,
sicuri
che
questa
provvidenza
,
anziché
nuocere
a
qualcuno
,
gioverà
a
tutti
,
essendo
interesse
universale
che
non
rimangano
nella
miseria
coloro
da
cui
provengono
vantaggi
di
tanto
rilievo
.
2
-
Norme
e
limiti
del
diritto
d
'
intervento
28
.
Non
è
giusto
,
come
abbiamo
detto
,
che
il
cittadino
e
la
famiglia
siano
assorbiti
dallo
Stato
:
è
giusto
invece
che
si
lasci
all
'
uno
e
all
'
altra
tanta
indipendenza
di
operare
quanta
se
ne
può
,
salvo
il
bene
comune
e
gli
altrui
diritti
.
Tuttavia
,
i
governanti
debbono
tutelare
la
società
e
le
sue
parti
.
La
società
,
perché
la
tutela
di
questa
fu
da
natura
commessa
al
sommo
potere
,
tanto
che
la
salute
pubblica
non
è
solo
legge
suprema
,
ma
unica
e
totale
ragione
della
pubblica
autorità
;
le
parti
,
poi
,
perché
filosofia
e
Vangelo
si
accordano
a
insegnare
che
il
governo
è
istituito
da
natura
non
a
beneficio
dei
governanti
,
bensì
dei
governati
.
E
perché
il
potere
politico
viene
da
Dio
ed
è
una
certa
quale
partecipazione
della
divina
sovranità
,
deve
amministrarsi
sull
'
esempio
di
questa
,
che
con
paterna
cura
provvede
non
meno
alle
particolari
creature
che
a
tutto
l
'
universo
.
Se
dunque
alla
società
o
a
qualche
sua
parte
è
stato
recato
o
sovrasta
un
danno
che
non
si
possa
in
altro
modo
riparare
o
impedire
,
si
rende
necessario
l
'
intervento
dello
Stato
.
29
.
Ora
,
interessa
il
privato
come
il
pubblico
bene
che
sia
mantenuto
l
'
ordine
e
la
tranquillità
pubblica
;
che
la
famiglia
sia
ordinata
conforme
alla
legge
di
Dio
e
ai
principi
di
natura
;
che
sia
rispettata
e
praticata
la
religione
;
che
fioriscano
i
costumi
pubblici
e
privati
;
che
sia
inviolabilmente
osservata
la
giustizia
;
che
una
classe
di
cittadini
non
opprima
l
'
altra
;
che
crescano
sani
e
robusti
i
cittadini
,
atti
a
onorare
e
a
difendere
,
se
occorre
,
la
patria
.
Perciò
,
se
a
causa
di
ammutinamenti
o
di
scioperi
si
temono
disordini
pubblici
;
se
tra
i
proletari
sono
sostanzialmente
turbate
le
naturali
relazioni
della
famiglia
;
se
la
religione
non
é
rispettata
nell
'
operaio
,
negandogli
agio
e
tempo
sufficiente
a
compierne
i
doveri
;
se
per
la
promiscuità
del
sesso
ed
altri
incentivi
al
male
l
'
integrità
dei
costumi
corre
pericolo
nelle
officine
;
se
la
classe
lavoratrice
viene
oppressa
con
ingiusti
pesi
dai
padroni
o
avvilita
da
fatti
contrari
alla
personalità
e
dignità
umana
;
se
con
il
lavoro
eccessivi
o
non
conveniente
al
sesso
e
all
'
età
,
si
reca
danno
alla
sanità
dei
lavoratori
;
in
questi
casi
si
deve
adoperare
,
entro
i
debiti
confini
,
la
forza
e
l
'
autorità
delle
leggi
.
I
quali
fini
sono
determinati
dalla
causa
medesima
che
esige
l
'
intervento
dello
Stato
;
e
ciò
significa
che
le
leggi
non
devono
andare
al
di
là
di
ciò
che
richiede
il
riparo
dei
mali
o
la
rimozione
del
pericolo
.
I
diritti
vanno
debitamente
protetti
in
chiunque
li
possieda
e
il
pubblico
potere
deve
assicurare
a
ciascuno
il
suo
,
con
impedirne
o
punirne
le
violazioni
.
Se
non
che
,
nel
tutelare
le
ragioni
dei
privati
,
si
deve
avere
un
riguardo
speciale
ai
deboli
e
ai
poveri
.
Il
ceto
dei
ricchi
,
forte
per
sé
stesso
,
abbisogna
meno
della
pubblica
difesa
;
le
misere
plebi
,
che
mancano
di
sostegno
proprio
,
hanno
speciale
necessità
di
trovarlo
nel
patrocinio
dello
Stato
.
Perciò
agli
operai
,
che
sono
nel
numero
dei
deboli
e
dei
bisognosi
,
lo
Stato
deve
di
preferenza
rivolgere
le
cure
e
le
provvidenze
sue
.
3
-
Casi
particolari
d
'
intervento
a
)
difesa
della
proprietà
privata
30
.
Ma
giova
discendere
espressamente
ad
alcuni
particolari
di
maggiore
importanza
.
Principalissimo
è
questo
:
i
governi
devono
per
mezzo
di
sagge
leggi
assicurare
la
proprietà
privata
.
Oggi
specialmente
,
in
tanto
ardore
di
sfrenate
cupidigie
,
bisogna
che
le
popolazioni
siano
tenute
a
freno
;
perché
,
se
la
giustizia
consente
a
loro
di
adoperarsi
a
migliorare
le
loro
sorti
,
né
la
giustizia
né
il
pubblico
bene
consentono
che
si
rechi
danno
ad
altri
nella
roba
,
e
sotto
colore
di
non
so
quale
eguaglianza
si
invada
l
'
altrui
.
Certo
,
la
massima
parte
degli
operai
vorrebbe
migliorare
la
propria
condizione
onestamente
,
senza
far
torto
ad
alcuni
;
tuttavia
non
sono
pochi
coloro
i
quali
,
imbevuti
di
massime
false
e
smaniosi
di
novità
,
cercano
ad
ogni
costo
di
eccitare
tumulti
e
sospingere
gli
altri
alla
violenza
.
Intervenga
dunque
l
'
autorità
dello
Stato
e
,
posto
freno
ai
sobillatori
,
preservi
i
buoni
operai
dal
pericolo
della
seduzione
e
i
legittimi
padroni
da
quello
dello
spogliamento
.
b
)
difesa
del
lavoro
1
)
contro
lo
sciopero
31
.
Il
troppo
lungo
e
gravoso
lavoro
e
la
mercede
giudicata
scarsa
porgono
non
di
rado
agli
operai
motivo
di
sciopero
.
A
questo
disordine
grave
e
frequente
occorre
che
ripari
lo
Stato
,
perché
tali
scioperi
non
recano
danno
solamente
ai
padroni
e
agli
operai
medesimi
,
ma
al
commercio
e
ai
comuni
interessi
e
,
per
le
violenze
e
i
tumulti
a
cui
d
'
ordinario
danno
occasione
,
mettono
spesso
a
rischio
la
pubblica
tranquillità
.
Il
rimedio
,
poi
,
in
questa
parte
,
più
efficace
e
salutare
,
si
é
prevenire
il
male
con
l
'
autorità
delle
leggi
e
impedire
lo
scoppio
,
rimovendo
a
tempo
le
cause
da
cui
si
prevede
che
possa
nascere
il
conflitto
tra
operai
e
padroni
.
2
)
condizioni
di
lavoro
32
.
Molte
cose
parimenti
lo
Stato
deve
proteggere
nell
'
operaio
,
e
prima
di
tutto
i
beni
dell
'
anima
.
La
vita
di
quaggiù
,
benché
buona
e
desiderabile
,
non
è
il
fine
per
cui
noi
siamo
stati
creati
,
ma
via
e
mezzo
a
perfezionare
la
vita
dello
spirito
con
la
cognizione
del
vero
e
con
la
pratica
del
bene
.
Lo
spirito
è
quello
che
porta
scolpita
in
sé
l
'
immagine
e
la
somiglianza
divina
,
ed
in
cui
risiede
quella
superiorità
in
virtù
della
quale
fu
imposto
all
'
uomo
di
signoreggiare
le
creature
inferiori
,
e
di
far
servire
all
'
utilità
sua
le
terre
tutte
ed
i
mari
.
Riempite
la
terra
e
rendetela
a
voi
soggetta
:
signoreggiate
i
pesci
del
mare
e
gli
uccelli
dell
'
aria
e
tutti
gli
animali
che
si
muovono
sopra
la
terra
(
28
)
.
In
questo
tutti
gli
uomini
sono
uguali
,
né
esistono
differenze
tra
ricchi
e
poveri
,
padroni
e
servi
,
monarchi
e
sudditi
,
perché
lo
stesso
è
il
Signore
di
tutti
(
29
)
.
A
nessuno
è
lecito
violare
impunemente
la
dignità
dell
'
uomo
,
di
cui
Dio
stesso
dispone
con
grande
riverenza
,
né
attraversargli
la
via
a
quel
perfezionamento
che
è
ordinato
all
'
acquisto
della
vita
eterna
.
Che
anzi
,
neanche
di
sua
libera
elezione
potrebbe
l
'
uomo
rinunziare
ad
esser
trattato
secondo
la
sua
natura
,
ed
accettare
la
schiavitù
dello
spirito
,
perché
non
si
tratta
di
diritti
dei
quali
sia
libero
l
'
esercizio
,
bensì
di
doveri
verso
Dio
assolutamente
inviolabili
.
Di
qui
segue
la
necessità
del
riposo
festivo
.
Sotto
questo
nome
non
s
'
intenda
uno
stare
in
ozio
più
a
lungo
,
e
molto
meno
una
totale
inazione
quale
si
desidera
da
molti
,
fomite
di
vizi
e
occasione
di
spreco
,
ma
un
riposo
consacrato
dalla
religione
.
Unito
alla
religione
,
il
riposo
toglie
l
'
uomo
ai
lavori
e
alle
faccende
della
vita
ordinaria
per
richiamarlo
al
pensiero
dei
beni
celesti
e
al
culto
dovuto
alla
Maestà
divina
.
Questa
è
principalmente
la
natura
,
questo
il
fine
del
riposo
festivo
,
che
Iddio
con
legge
speciale
,
prescrisse
all
'
uomo
nel
Vecchio
Testamento
,
dicendogli
:
Ricordati
di
santificare
il
giorno
di
sabato
(
30
)
e
che
egli
stesso
insegnò
di
fatto
,
quando
nel
settimo
giorno
,
creato
l
'
uomo
,
si
riposò
dalle
opere
della
creazione
:
Riposò
nel
giorno
settimo
da
tutte
le
opere
che
aveva
fatte
(
31
)
.
33
.
Quanto
alla
tutela
dei
beni
temporali
ed
esteriori
prima
di
tutto
è
dovere
sottrarre
il
povero
operaio
all
'
inumanità
di
avidi
speculatori
,
che
per
guadagno
abusano
senza
alcuna
discrezione
delle
persone
come
fossero
cose
.
Non
è
giusto
né
umano
esigere
dall
'
uomo
tanto
lavoro
da
farne
inebetire
la
mente
per
troppa
fatica
e
da
fiaccarne
il
corpo
.
Come
la
sua
natura
,
così
l
'
attività
dell
'
uomo
è
limitata
e
circoscritta
entro
confini
ben
stabiliti
,
oltre
i
quali
non
può
andare
.
L
'
esercizio
e
l
'
uso
l
'
affina
,
a
condizione
però
che
di
quando
in
quando
venga
sospeso
,
per
dar
luogo
al
riposo
.
Non
deve
dunque
il
lavoro
prolungarsi
più
di
quanto
lo
comportino
le
forze
.
Il
determinare
la
quantità
del
riposo
dipende
dalla
qualità
del
lavoro
,
dalle
circostanze
di
tempo
e
di
luogo
,
dalla
stessa
complessione
e
sanità
degli
operai
.
Ad
esempio
,
il
lavoro
dei
minatori
che
estraggono
dalla
terra
pietra
,
ferro
,
rame
e
altre
materie
nascoste
nel
sottosuolo
,
essendo
più
grave
e
nocivo
alla
salute
,
va
compensato
con
una
durata
più
breve
.
Si
deve
avere
ancor
riguardo
alle
stagioni
,
perché
non
di
rado
un
lavoro
,
facilmente
sopportabile
in
una
stagione
,
è
in
un
'
altra
o
del
tutto
insopportabile
o
tale
che
sí
sopporta
con
difficoltà
.
Infine
,
un
lavoro
proporzionato
all
'
uomo
alto
e
robusto
,
non
é
ragionevole
che
s
'
imponga
a
una
donna
o
a
un
fanciullo
.
Anzi
,
quanto
ai
fanciulli
,
si
badi
a
non
ammetterli
nelle
officine
prima
che
l
'
età
ne
abbia
sufficientemente
sviluppate
le
forze
fisiche
,
intellettuali
e
morali
.
Le
forze
,
che
nella
puerizia
sbocciano
simili
all
'
erba
in
fiore
,
un
movimento
precoce
le
sciupa
,
e
allora
si
rende
impossibile
la
stessa
educazione
dei
fanciulli
.
Così
,
certe
specie
di
lavoro
non
si
addicono
alle
donne
,
fatte
da
natura
per
í
lavori
domestici
,
í
quali
grandemente
proteggono
l
'
onestà
del
sesso
debole
,
e
hanno
naturale
corrispondenza
con
l
'
educazione
dei
figli
e
il
benessere
della
casa
.
In
generale
si
tenga
questa
regola
,
che
la
quantità
del
riposo
necessario
all
'
operaio
deve
essere
proporzionata
alla
quantità
delle
forze
consumate
nel
lavoro
,
perché
le
forze
consumate
con
l
'
uso
debbono
venire
riparate
col
riposo
.
In
ogni
convenzione
stipulata
tra
padroni
e
operai
vi
è
sempre
la
condizione
o
espressa
o
sottintesa
dell
'
uno
e
dell
'
altro
riposo
;
un
patto
contrario
sarebbe
immorale
,
non
essendo
lecito
a
nessuno
chiedere
o
permettere
la
violazione
dei
doveri
che
lo
stringono
a
Dio
e
a
sé
stesso
.
3
)
la
questione
del
salario
34
.
Tocchiamo
ora
un
punto
di
grande
importanza
,
e
che
va
inteso
bene
per
non
cadere
in
uno
dei
due
estremi
opposti
.
La
quantità
del
salario
,
si
dice
,
la
determina
il
libero
consenso
delle
parti
:
sicché
il
padrone
,
pagata
la
mercede
,
ha
fatto
la
sua
parte
,
né
sembra
sia
debitore
di
altro
.
Si
commette
ingiustizia
solo
quando
o
il
padrone
non
paga
l
'
intera
mercede
o
l
'
operaio
non
presta
tutta
l
'
opera
pattuita
;
e
solo
a
tutela
di
questi
diritti
,
e
non
per
altre
ragioni
,
è
lecito
l
'
intervento
dello
Stato
.
A
questo
ragionamento
,
un
giusto
estimatore
delle
cose
non
può
consentire
né
facilmente
né
in
tutto
;
perché
esso
non
guarda
la
cosa
sotto
ogni
aspetto
;
vi
mancano
alcune
considerazioni
di
grande
importanza
.
Il
lavoro
è
l
'
attività
umana
ordinata
a
provvedere
ai
bisogni
della
vita
,
e
specialmente
alla
conservazione
:
Tu
mangerai
pane
nel
sudore
della
tua
fronte
(
32
)
.
Ha
dunque
il
lavoro
dell
'
uomo
come
due
caratteri
impressigli
da
natura
,
cioè
di
essere
personale
,
perché
la
forza
attiva
è
inerente
alla
persona
,
e
del
tutto
proprio
di
chi
la
esercita
e
al
cui
vantaggio
fu
data
;
poi
di
essere
necessario
,
perché
il
frutto
del
lavoro
è
necessario
all
'
uomo
per
il
mantenimento
della
vita
,
mantenimento
che
è
un
dovere
imprescindibile
imposto
dalla
natura
.
Ora
,
se
si
guarda
solo
l
'
aspetto
della
personalità
,
non
v
'
è
dubbio
che
può
l
'
operaio
pattuire
una
mercede
inferiore
al
giusto
,
poiché
siccome
egli
offre
volontariamente
l
'
opera
,
così
può
,
volendo
,
contentarsi
di
un
tenue
salario
o
rinunziarvi
del
tutto
.
Ben
diversa
è
la
cosa
se
con
la
personalità
si
considera
la
necessità
:
due
cose
logicamente
distinte
,
ma
realmente
inseparabili
.
Infatti
,
conservarsi
in
vita
è
dovere
,
a
cui
nessuno
può
mancare
senza
colpa
.
Di
qui
nasce
,
come
necessaria
conseguenza
,
il
diritto
di
procurarsi
i
mezzi
di
sostentamento
,
che
nella
povera
gente
sí
riducono
al
salario
del
proprio
lavoro
.
L
'
operaio
e
il
padrone
allora
formino
pure
di
comune
consenso
il
patto
e
nominatamente
la
quantità
della
mercede
;
vi
entra
però
sempre
un
elemento
di
giustizia
naturale
,
anteriore
e
superiore
alla
libera
volontà
dei
contraenti
,
ed
è
che
il
quantitativo
della
mercede
non
deve
essere
inferiore
al
sostentamento
dell
'
operaio
,
frugale
si
intende
,
e
di
retti
costumi
.
Se
costui
,
costretto
dalla
necessità
o
per
timore
di
peggio
,
accetta
patti
più
duri
i
quali
,
perché
imposti
dal
proprietario
o
dall
'
imprenditore
,
volenti
o
nolenti
debbono
essere
accettati
,
è
chiaro
che
subisce
una
violenza
,
contro
la
quale
la
giustizia
protesta
.
Del
resto
,
in
queste
ed
altre
simili
cose
,
quali
sono
l
'
orario
di
lavoro
,
le
cautele
da
prendere
,
per
garantire
nelle
officine
la
vita
dell
'
operaio
,
affinché
l
'
autorità
non
s
'
ingerisca
indebitamente
,
specie
in
tanta
varietà
di
cose
,
di
tempi
e
di
luoghi
,
sarà
più
opportuno
riservare
la
decisione
ai
collegi
di
cui
parleremo
più
avanti
,
o
usare
altri
mezzi
che
salvino
,
secondo
giustizia
,
le
ragioni
degli
operai
,
limitandosi
lo
Stato
ad
aggiungervi
,
quando
il
caso
lo
richiede
,
tutela
ed
appoggio
.
c
)
educazione
al
risparmio
35
.
Quando
l
'
operaio
riceve
un
salario
sufficiente
a
mantenere
sé
stesso
e
la
sua
famiglia
in
una
certa
quale
agiatezza
,
se
egli
è
saggio
,
penserà
naturalmente
a
risparmiare
e
,
assecondando
l
'
impulso
della
stessa
natura
,
farà
in
modo
che
sopravanzi
alle
spese
una
parte
da
impiegare
nell
'
acquisto
di
qualche
piccola
proprietà
.
Poiché
abbiamo
dimostrato
che
l
'
inviolabilità
del
diritto
di
proprietà
è
indispensabile
per
la
soluzione
pratica
ed
efficace
della
questione
operaia
.
Pertanto
le
leggi
devono
favorire
questo
diritto
,
e
fare
in
modo
che
cresca
il
più
possibile
il
numero
dei
proprietari
.
Da
qui
risulterebbero
grandi
vantaggi
,
e
in
primo
luogo
una
più
equa
ripartizione
della
ricchezza
nazionale
.
La
rivoluzione
ha
prodotto
la
divisione
della
società
come
in
due
caste
,
tra
le
quali
ha
scavato
un
abisso
.
Da
una
parte
una
fazione
strapotente
perché
straricca
,
la
quale
,
avendo
in
mano
ogni
sorta
di
produzione
e
commercio
,
sfrutta
per
sé
tutte
le
sorgenti
della
ricchezza
,
ed
esercita
pure
nell
'
andamento
dello
Stato
una
grande
influenza
.
Dall
'
altra
una
moltitudine
misera
e
debole
,
dall
'
animo
esacerbato
e
pronto
sempre
a
tumulti
.
Ora
,
se
in
questa
moltitudine
s
'
incoraggia
l
'
industria
con
la
speranza
di
poter
acquistare
stabili
proprietà
,
una
classe
verrà
avvicinandosi
poco
a
poco
all
'
altra
,
togliendo
l
'
immensa
distanza
tra
la
somma
povertà
e
la
somma
ricchezza
.
Oltre
a
ciò
,
dalla
terra
si
ricaverà
abbondanza
di
prodotti
molto
maggiore
.
Quando
gli
uomini
sanno
di
lavorare
in
proprio
,
faticano
con
più
alacrità
e
ardore
,
anzi
si
affezionano
al
campo
coltivato
di
propria
mano
,
da
cui
attendono
,
per
sé
e
per
la
famiglia
,
non
solo
gli
alimenti
ma
una
certa
agiatezza
.
Ed
è
facile
capire
come
questa
alacrità
giovi
moltissimo
ad
accrescere
la
produzione
del
suolo
e
la
ricchezza
della
nazione
.
Ne
seguirà
un
terzo
vantaggio
,
cioè
l
'
attaccamento
al
luogo
natio
;
infatti
non
si
cambierebbe
la
patria
con
un
paese
straniero
,
se
quella
desse
di
che
vivere
agiatamente
ai
suoi
figli
.
Si
avverta
peraltro
che
tali
vantaggi
dipendono
da
questa
condizione
,
che
la
privata
proprietà
non
venga
oppressa
da
imposte
eccessive
.
Siccome
il
diritto
della
proprietà
privata
deriva
non
da
una
legge
umana
ma
da
quella
naturale
,
lo
Stato
non
può
annientarlo
,
ma
solamente
temperarne
l
'
uso
e
armonizzarlo
col
bene
comune
.
È
ingiustizia
ed
inumanità
esigere
dai
privati
più
del
dovere
sotto
pretesto
di
imposte
.
C
)
L
'
opera
delle
associazioni
1
-
Necessità
della
collaborazione
di
tutti
36
.
Finalmente
,
a
dirimere
la
questione
operaia
possono
contribuire
molto
i
capitalisti
e
gli
operai
medesimi
con
istituzioni
ordinate
a
porgere
opportuni
soccorsi
ai
bisognosi
e
ad
avvicinare
e
udire
le
due
classi
tra
loro
.
Tali
sono
le
società
di
mutuo
soccorso
;
le
molteplici
assicurazioni
private
destinate
a
prendersi
cura
dell
'
operaio
,
della
vedova
,
dei
figli
orfani
,
nei
casi
d
'
improvvisi
infortuni
,
d
'
infermità
,
o
di
altro
umano
accidente
;
i
patronati
per
i
fanciulli
d
'
ambo
i
sessi
,
per
la
gioventù
e
per
gli
adulti
.
Tengono
però
il
primo
posto
le
corporazioni
di
arti
e
mestieri
che
nel
loro
complesso
contengono
quasi
tutte
le
altre
istituzioni
.
Evidentissimi
furono
presso
i
nostri
antenati
i
vantaggi
di
tali
corporazioni
,
e
non
solo
a
pro
degli
artieri
,
ma
come
attestano
documenti
in
gran
numero
,
ad
onore
e
perfezionamento
delle
arti
medesime
.
I
progressi
della
cultura
,
le
nuove
abitudini
e
i
cresciuti
bisogni
della
vita
esigono
che
queste
corporazioni
si
adattino
alle
condizioni
attuali
.
Vediamo
con
piacere
formarsi
ovunque
associazioni
di
questo
genere
,
sia
di
soli
operai
sia
miste
di
operai
e
padroni
,
ed
è
desiderabile
che
crescano
di
numero
e
di
operosità
.
Sebbene
ne
abbiamo
parlato
più
volte
,
ci
piace
ritornarvi
sopra
per
mostrarne
l
'
opportunità
,
la
legittimità
,
la
forma
del
loro
ordinamento
e
la
loro
azione
.
2
-
Il
diritto
all
'
associazione
è
naturale
37
.
Il
sentimento
della
propria
debolezza
spinge
l
'
uomo
a
voler
unire
la
sua
opera
all
'
altrui
.
La
Scrittura
dice
:
E
'
meglio
essere
in
due
che
uno
solo
;
perché
due
hanno
maggior
vantaggio
nel
loro
lavoro
.
Se
uno
cade
,
è
sostenuto
dall
'
altro
.
Guai
a
chi
è
solo
;
se
cade
non
ha
una
mano
che
lo
sollevi
(
33
)
.
E
altrove
:
il
fratello
aiutato
dal
fratello
è
simile
a
una
città
fortificata
(
34
)
.
L
'
istinto
di
questa
naturale
inclinazione
lo
muove
,
come
alla
società
civile
,
così
ad
altre
particolari
società
,
piccole
certamente
e
non
perfette
,
ma
pur
società
vere
.
Fra
queste
e
quella
corre
grandissima
differenza
per
la
diversità
dei
loro
fini
prossimi
.
Il
fine
della
società
civile
è
universale
,
perché
è
quello
che
riguarda
il
bene
comune
,
a
cui
tutti
e
singoli
i
cittadini
hanno
diritto
nella
debita
proporzione
.
Perciò
è
chiamata
pubblica
;
per
essa
gli
uomini
si
mettono
in
mutua
comunicazione
al
fine
di
formare
uno
Stato
(
35
)
.
Al
contrario
le
altre
società
che
sorgono
in
seno
a
quella
si
dicono
e
sono
private
,
perché
hanno
per
scopo
l
'
utile
privato
dei
loro
soci
.
Società
privata
è
quella
che
si
forma
per
concludere
affari
privati
,
come
quando
due
o
tre
si
uniscono
a
scopo
di
commercio
(
36
)
.
38
.
Ora
,
sebbene
queste
private
associazioni
esistano
dentro
la
Stato
e
ne
siano
come
tante
parti
,
tuttavia
in
generale
,
e
assolutamente
parlando
,
non
può
lo
Stato
proibirne
la
formazione
.
Poiché
il
diritto
di
unirsi
in
società
l
'
uomo
l
'
ha
da
natura
,
e
i
diritti
naturali
lo
Stato
deve
tutelarli
,
non
distruggerli
.
Vietando
tali
associazioni
,
egli
contraddirebbe
sé
stesso
,
perché
l
'
origine
del
consorzio
civile
,
come
degli
altri
consorzi
,
sta
appunto
nella
naturale
socialità
dell
'
uomo
.
Si
danno
però
casi
che
rendono
legittimo
e
doveroso
il
divieto
.
Quando
società
particolari
si
prefiggono
un
fine
apertamente
contrario
all
'
onestà
,
alla
giustizia
,
alla
sicurezza
del
consorzio
civile
,
legittimamente
vi
si
oppone
lo
Stato
,
o
vietando
che
si
formino
o
sciogliendole
se
sono
formate
;
è
necessario
però
procedere
in
ciò
con
somma
cautela
per
non
invadere
i
diritti
dei
cittadini
,
e
non
fare
il
male
sotto
pretesto
del
pubblico
bene
.
Poiché
le
leggi
non
obbligano
se
non
in
quanto
sono
conformi
alla
retta
ragione
,
e
perciò
stesso
alla
legge
eterna
di
Dio
(
37
)
.
39
.
E
qui
il
nostro
pensiero
va
ai
sodalizi
,
collegi
e
ordini
religiosi
di
tante
specie
a
cui
dà
vita
l
'
autorità
della
Chiesa
e
la
pietà
dei
fedeli
;
e
con
quanto
vantaggio
del
genere
umano
,
lo
attesta
la
storia
anche
ai
nostri
giorni
.
Tali
società
,
considerate
al
solo
lume
della
ragione
,
avendo
un
fine
onesto
,
sono
per
diritto
di
natura
evidentemente
legittime
.
In
quanto
poi
riguardano
la
religione
,
non
sottostanno
che
all
'
autorità
della
Chiesa
.
Non
può
dunque
lo
Stato
arrogarsi
più
quelle
competenza
alcuna
,
né
rivendicarne
a
sé
l
'
amministrazione
;
ha
però
il
dovere
di
rispettarle
,
conservarle
e
,
se
occorre
,
difenderle
.
Ma
quanto
diversamente
si
agisce
,
soprattutto
ai
nostri
tempi
!
In
molti
luoghi
e
in
molti
modi
lo
Stato
ha
leso
i
diritti
di
tali
comunità
,
avendole
sottoposte
alle
leggi
civili
a
private
di
giuridica
personalità
,
o
spogliate
dei
loro
beni
.
Nei
quali
beni
la
Chiesa
aveva
il
diritto
suo
,
come
ognuno
dei
soci
,
e
similmente
quelli
che
li
avevano
destinati
per
un
dato
fine
,
e
quelli
al
cui
vantaggio
e
sollievo
erano
destinati
.
Non
possiamo
dunque
astenerci
dal
deplorare
spogliazioni
sì
ingiuste
e
dannose
,
tanto
più
che
vediamo
proibite
società
cattoliche
,
tranquille
e
utilissime
,
nel
tempo
stesso
che
si
proclama
altamente
il
diritto
di
associazione
;
mentre
in
realtà
tale
diritto
vieni
largamente
concesso
a
uomini
apertamente
congiurati
ai
danni
della
religione
e
dello
Stato
.
40
.
Certe
società
diversissime
,
costituite
specialmente
di
operai
,
vanno
oggi
moltiplicandosi
sempre
più
.
Di
molte
,
tra
queste
,
non
è
qui
luogo
di
indagar
l
'
origine
,
lo
scopo
,
i
procedimenti
.
È
opinione
comune
però
,
confermata
da
molti
indizi
,
che
il
più
delle
volte
sono
rette
da
capi
occulti
,
con
organizzazione
contraria
allo
spirito
cristiano
e
al
bene
pubblico
;
costoro
con
il
monopolio
delle
industrie
costringono
chi
rifiuta
di
accomunarsi
a
loro
,
a
pagar
caro
il
rifiuto
.
In
tale
stato
di
cose
gli
operai
cristiani
non
hanno
che
due
vie
:
o
iscriversi
a
società
pericolose
alla
religione
o
formarne
di
proprie
e
unire
così
le
loro
forze
per
sottrarsi
coraggiosamente
a
sì
ingiusta
e
intollerabile
oppressione
.
Ora
,
potrà
mai
esitare
sulla
scelta
di
questo
secondo
partito
,
chi
non
vuole
mettere
a
repentaglio
il
massimo
bene
dell
'
uomo
?
3
-
Favorire
i
congressi
cattolici
41
.
Degnissimi
d
'
encomio
sono
molti
tra
i
cattolici
che
,
conosciute
le
esigenze
dei
tempi
,
fanno
ogni
sforzo
per
migliorare
onestamente
le
condizioni
degli
operai
.
E
presane
in
mano
la
causa
,
si
studiano
di
accrescerne
il
benessere
individuale
e
domestico
;
di
regolare
,
secondo
equità
,
le
relazioni
tra
lavoratori
e
padroni
;
di
tener
viva
e
profondamente
radicata
negli
uni
e
negli
altri
il
senso
del
dovere
e
l
'
osservanza
dei
precetti
evangelici
;
precetti
che
,
allontanando
l
'
animo
da
ogni
sorta
di
eccessi
,
lo
inducono
alla
moderazione
e
,
tra
la
più
grande
diversità
di
persone
e
di
cose
,
mantengono
l
'
armonia
nella
vita
civile
.
A
tal
fine
vediamo
che
spesso
si
radunano
dei
congressi
,
ove
uomini
saggi
si
comunicano
le
idee
,
uniscono
le
forze
,
si
consultano
intorno
agli
espedienti
migliori
,
Altri
s
'
ingegnano
di
stringere
opportunamente
in
società
le
varie
classi
operaie
;
le
aiutano
col
consiglio
e
i
mezzi
e
procurano
loro
un
lavoro
onesto
e
redditizio
.
Coraggio
e
protezione
vi
aggiungono
i
vescovi
,
e
sotto
la
loro
dipendenza
molti
dell
'
uno
e
dell
'
altro
clero
attendono
con
zelo
al
bene
spirituale
degli
associati
.
Non
mancano
finalmente
i
cattolici
benestanti
che
,
fatta
causa
comune
coi
lavoratori
,
non
risparmiano
spese
per
fondare
e
largamente
diffondere
associazioni
che
aiutino
l
'
operaio
non
solo
a
provvedere
col
suo
lavoro
ai
bisogni
presenti
,
ma
ad
assicurarsi
ancora
per
l
'
avvenire
un
riposo
onorato
e
tranquillo
.
I
vantaggi
che
tanti
e
sì
volenterosi
sforzi
hanno
recato
al
pubblico
bene
,
sono
così
noti
che
non
occorre
parlarne
.
Di
qui
attingiamo
motivi
a
bene
sperare
dell
'
avvenire
,
purché
tali
società
fioriscano
sempre
più
,
e
siano
saggiamente
ordinate
.
Lo
Stato
difenda
queste
associazioni
legittime
dei
cittadini
;
non
si
intrometta
però
nell
'
intimo
della
loro
organizzazione
e
disciplina
,
perché
il
movimento
vitale
nasce
da
un
principio
intrinseco
,
e
gli
impulsi
esterni
facilmente
lo
soffocano
.
4
-
Autonomia
e
disciplina
delle
associazioni
42
.
Questa
sapiente
organizzazione
e
disciplina
è
assolutamente
necessaria
perché
vi
sia
unità
di
azione
e
d
'
indirizzo
.
Se
hanno
pertanto
i
cittadini
,
come
l
'
hanno
di
fatto
,
libero
diritto
di
legarsi
in
società
,
debbono
avere
altresì
uguale
diritto
di
scegliere
per
i
loro
consorzi
quell
'
ordinamento
che
giudicano
più
confacente
al
loro
fine
.
Quale
esso
debba
essere
nelle
singole
sue
parti
,
non
crediamo
si
possa
definire
con
regole
certe
e
precise
,
dovendosi
determinare
piuttosto
dall
'
indole
di
ciascun
popolo
,
dall
'
esperienza
e
abitudine
,
dalla
quantità
e
produttività
dei
lavori
,
dallo
sviluppo
commerciale
,
nonché
da
altre
circostanze
,
delle
quali
la
prudenza
deve
tener
conto
.
In
sostanza
,
si
può
stabilire
come
regola
generale
e
costante
che
le
associazioni
degli
operai
si
devono
ordinare
e
governare
in
modo
da
somministrare
i
mezzi
più
adatti
ed
efficaci
al
conseguimento
del
fine
,
il
quale
consiste
in
questo
,
che
ciascuno
degli
associati
ne
tragga
il
maggior
aumento
possibile
di
benessere
fisico
,
economico
,
morale
.
È
evidente
poi
,
che
conviene
aver
di
mira
,
come
scopo
speciale
,
il
perfezionamento
religioso
e
morale
,
e
che
a
questo
perfezionamento
si
deve
indirizzare
tutta
la
disciplina
sociale
.
Altrimenti
tali
associazioni
degenerano
facilmente
in
altra
natura
,
né
si
mantengono
superiori
a
quelle
in
cui
della
religione
non
si
tiene
conto
alcuno
.
Del
resto
,
che
gioverebbe
all
'
operaio
l
'
aver
trovato
nella
società
di
che
vivere
bene
,
se
l
'
anima
sua
,
per
mancanza
di
alimento
adatto
,
corresse
pericolo
di
morire
?
Che
giova
all
'
uomo
l
'
acquisto
di
tutto
il
mondo
con
pregiudizio
dell
'
anima
sua
?
(
38
)
.
Questo
,
secondo
l
'
insegnamento
di
Gesù
Cristo
,
é
il
carattere
che
distingue
il
cristiano
dal
pagano
:
I
pagani
cercano
tutte
queste
cose
...
voi
cercate
prima
di
tutto
il
regno
di
Dio
e
la
sua
giustizia
,
e
gli
altri
beni
vi
saranno
dati
per
giunta
(
39
)
.
Prendendo
adunque
da
Dio
il
principio
,
si
dia
una
larga
parte
all
'
istruzione
religiosa
,
affinché
ciascuno
conosca
i
propri
doveri
verso
Dio
;
sappia
bene
ciò
che
deve
credere
,
sperare
e
fare
per
salvarsi
;
e
sia
ben
premunito
contro
gli
errori
correnti
e
le
seduzioni
corruttrici
.
L
'
operaio
venga
animato
al
culto
di
Dio
e
all
'
amore
della
pietà
,
e
specialmente
all
'
osservanza
dei
giorni
festivi
.
Impari
a
venerare
e
amare
la
Chiesa
,
madre
comune
di
tutti
,
come
pure
a
obbedire
ai
precetti
di
lei
,
e
a
frequentare
i
sacramenti
,
mezzi
divini
di
giustificazione
e
di
santità
.
5
-
Diritti
e
doveri
degli
associati
43
.
Posto
il
fondamento
degli
statuti
sociali
nella
religione
,
è
aperta
la
strada
a
regolare
le
mutue
relazioni
dei
soci
per
la
tranquillità
della
loro
convivenza
e
del
loro
benessere
economico
.
Gli
incarichi
si
distribuiscano
in
modo
conveniente
agli
interessi
comuni
,
e
con
tale
armonia
che
la
diversità
non
pregiudichi
l
'
unità
.
E
'
sommamente
importante
che
codesti
incarichi
vengano
distribuiti
con
intelligenza
e
chiaramente
determinati
,
perché
nessuno
dei
soci
rimanga
offeso
.
I
beni
comuni
della
società
siano
amministrati
con
integrità
,
così
che
i
soccorsi
vengano
distribuiti
a
ciascuno
secondo
i
bisogni
;
e
i
diritti
e
i
doveri
dei
padroni
armonizzino
con
i
diritti
e
i
doveri
degli
operai
.
Quando
poi
gli
uni
o
gli
altri
si
credono
lesi
,
è
desiderabile
che
trovino
nella
stessa
associazione
uomini
retti
e
competenti
,
al
cui
giudizio
,
in
forza
degli
statuti
,
si
debbano
sottomettere
.
Si
dovrà
ancora
provvedere
che
all
'
operaio
non
manchi
mai
il
lavoro
,
e
vi
siano
fondi
disponibili
per
venire
in
aiuto
di
ciascuno
,
non
solamente
nelle
improvvise
e
inattese
crisi
dell
'
industria
,
ma
altresì
nei
casi
di
infermità
,
di
vecchiaia
,
di
infortunio
.
Quando
tali
statuti
sono
volontariamente
abbracciati
,
si
é
già
sufficientemente
provveduto
al
benessere
materiale
e
morale
delle
classi
inferiori
;
e
le
società
cattoliche
potranno
esercitare
non
piccola
influenza
sulla
prosperità
della
stessa
società
civile
.
Dal
passato
possiamo
prudentemente
prevedere
l
'
avvenire
.
Le
umane
generazioni
si
succedono
,
ma
le
pagine
della
loro
storia
si
rassomigliano
grandemente
,
perché
gli
avvenimenti
sono
governati
da
quella
Provvidenza
suprema
la
quale
volge
e
indirizza
tutte
le
umane
vicende
a
quel
fine
che
ella
si
prefisse
nella
creazione
della
umana
famiglia
.
Agli
inizi
della
Chiesa
i
pagani
stimavano
disonore
il
vivere
di
elemosine
o
di
lavoro
,
come
tacevano
la
maggior
parte
dei
cristiani
.
Se
non
che
,
poveri
e
deboli
,
riuscirono
a
conciliarsi
le
simpatie
dei
ricchi
e
il
patrocinio
dei
potenti
.
Era
bello
vederli
attivi
,
laboriosi
,
pacifici
,
giusti
,
portati
come
esempio
,
e
singolarmente
pieni
di
carità
.
A
tale
spettacolo
di
vita
e
di
condotta
si
dileguò
ogni
pregiudizio
,
ammutolì
la
maldicenza
dei
malevoli
,
e
le
menzogne
di
una
inveterata
superstizione
cedettero
il
posto
alla
verità
cristiana
.
6
-
Le
questioni
operaie
risolte
dalle
loro
associazioni
44
.
Si
agita
ai
nostri
giorni
la
questione
operaia
,
la
cui
buona
o
cattiva
soluzione
interessa
sommamente
lo
Stato
.
Gli
operai
cristiani
la
sceglieranno
bene
,
se
uniti
in
associazione
,
e
saggiamente
diretti
,
seguiranno
quella
medesima
strada
che
con
tanto
vantaggio
di
loro
stessi
e
della
società
,
tennero
i
loro
antenati
.
Poiché
,
sebbene
così
prepotente
sia
negli
uomini
la
forza
dei
pregiudizi
e
delle
passioni
,
nondimeno
,
se
la
pravità
del
volere
non
ha
spento
in
essi
il
senso
dell
'
onesto
,
non
potranno
non
provare
un
sentimento
benevolo
verso
gli
operai
quando
li
scorgono
laboriosi
,
moderati
,
pronti
a
mettere
l
'
onestà
al
di
sopra
del
lucro
e
la
coscienza
del
dovere
innanzi
a
ogni
altra
cosa
.
Ne
seguirà
poi
un
altro
vantaggio
,
quello
cioè
di
infondere
speranza
e
facilità
di
ravvedimento
a
quegli
operai
ai
quali
manca
o
la
fede
o
la
buona
condotta
secondo
la
fede
.
Il
più
delle
volte
questi
poveretti
capiscono
bene
di
essere
stati
ingannati
da
false
speranze
e
da
vane
illusioni
.
Sentono
che
da
cupidi
padroni
vengono
trattati
in
modo
molto
inumano
e
quasi
non
sono
valutati
più
di
quello
che
producono
lavorando
;
nella
società
,
in
cui
si
trovano
irretiti
,
invece
di
carità
e
di
affetto
fraterno
,
regnano
le
discordie
intestine
,
compagne
indivisibili
della
povertà
orgogliosa
e
incredula
.
Affranti
nel
corpo
e
nello
spirito
,
molti
di
loro
vorrebbero
scuotere
il
giogo
di
si
abietta
servitù
;
ma
non
osano
per
rispetto
umano
o
per
timore
della
miseria
.
Ora
a
tutti
costoro
potrebbero
recare
grande
giovamento
le
associazioni
cattoliche
,
se
agevolando
ad
essi
il
cammino
,
li
inviteranno
,
esitanti
,
al
loro
seno
,
e
rinsaviti
,
porgeranno
loro
patrocinio
e
soccorso
.
CONCLUSIONE
La
carità
,
regina
delle
virtù
sociali
45
.
Ecco
,
venerabili
fratelli
,
da
chi
e
in
che
modo
si
debba
concorrere
alla
soluzione
di
sì
arduo
problema
.
Ciascuno
faccia
la
parte
che
gli
spetta
e
non
indugi
,
perché
il
ritardo
potrebbe
rendere
più
difficile
la
cura
di
un
male
già
tanto
grave
.
I
governi
vi
si
adoperino
con
buone
leggi
e
saggi
provvedimenti
;
i
capitalisti
e
padroni
abbiano
sempre
presenti
i
loro
doveri
;
i
proletari
,
che
vi
sono
direttamente
interessati
,
facciano
,
nei
limiti
del
giusto
,
quanto
possono
;
e
poiché
,
come
abbiamo
detto
da
principio
,
il
vero
e
radicale
rimedio
non
può
venire
che
dalla
religione
,
si
persuadano
tutti
quanti
della
necessità
di
tornare
alla
vita
cristiana
,
senza
la
quale
gli
stessi
argomenti
stimati
più
efficaci
,
si
dimostreranno
scarsi
al
bisogno
.
Quanto
alla
Chiesa
,
essa
non
lascerà
mancare
mai
e
in
nessun
modo
l
'
opera
sua
,
la
quale
tornerà
tanto
più
efficace
quanto
più
sarà
libera
,
e
di
questo
devono
persuadersi
specialmente
coloro
che
hanno
il
dovere
di
provvedere
al
bene
dei
popoli
.
Vi
pongano
tutta
la
forza
dell
'
animo
e
la
generosità
dello
zelo
i
ministri
del
santuario
;
e
guidati
dall
'
autorità
e
dall
'
esempio
vostro
,
venerabili
fratelli
,
non
si
stanchino
di
inculcare
a
tutte
le
classi
della
società
le
massime
del
Vangelo
;
impegnino
le
loro
energie
a
salvezza
dei
popoli
,
e
soprattutto
alimentino
in
sé
e
accendano
negli
altri
,
nei
grandi
e
nei
piccoli
,
la
carità
,
signora
e
regina
di
tutte
le
virtù
.
La
salvezza
desiderata
dev
'
essere
principalmente
frutto
di
una
effusione
di
carità
;
intendiamo
dire
quella
carità
cristiana
che
compendia
in
sé
tutto
il
Vangelo
e
che
,
pronta
sempre
a
sacrificarsi
per
il
prossimo
,
è
il
più
sicuro
antidoto
contro
l
'
orgoglio
e
l
'
egoismo
del
secolo
.
Già
san
Paolo
ne
tratteggiò
i
lineamenti
con
quelle
parole
:
La
carità
è
longanime
,
è
benigna
;
non
cerca
il
suo
tornaconto
:
tutto
soffre
,
tutto
sostiene
(
40
)
.
Auspice
dei
celesti
favori
e
pegno
della
nostra
benevolenza
,
a
ciascuno
di
voi
,
venerabili
fratelli
,
al
vostro
clero
e
al
vostro
popolo
,
con
grande
affetto
nel
Signore
impartiamo
l
'
apostolica
benedizione
.
Dato
a
Roma
presso
san
Pietro
,
il
giorno
15
maggio
1891
,
anno
decimoquarto
del
nostro
pontificato
.
LEONE
PP
.
XIII
(
1
)
Cfr
.
S
.
Th
.
I
-
I
,
q
.
95
,
a
.
4
.
(
2
)
Deut
5,21
.
(
3
)
Gen
1,28
.
(
4
)
S
.
Th
.
II
-
II
,
q
.
10
,
a
.
12
.
(
5
)
Gen
3,17
.
(
6
)
Giac
5,4
.
(
7
)
2
Tim
2,12
.
(
8
)
2Cor
4,17
.
(
9
)
Cfr
.
Mat
19,23-24
.
(
10
)
Cfr
.
Luc
6,24-25
.
(
11
)
S
.
Th
.
III
-
II
,
q
.
66
,
a
.
2
.
(
12
)
Ivi
.
(
13
)
.
S
.
Th
.
II
-
II
,
q
.
32
,
a
.
6
.
(
14
)
Luc
11,41
.
(
15
)
At
20,35
.
(
16
)
Mat
25,40
.
(
17
)
S
.
Greg
.
M
.
,
In
Evang
.
hom
9
,
n
.
7
(
18
)
2Cor
8,9
.
(
19
)
Mar
6,3
.
(
20
)
Cfr
.
Mat
5,3
.
(
21
)
Mat
11,28
.
(
22
)
Rom
8,17
.
(
23
)
Cfr
.
1Tim
6,10
.
(
24
)
At
4,34
.
(
25
)
Apolog
,
2.39
.
(
26
)
S
.
Th
.
II
-
II
,
q
.
61
,
a
.
1
ad
2
.
(
27
)
S
.
Th
.
,
De
reg
,
princ
.
I,17
.
(
28
)
Gen
1,28
.
(
29
)
Rom
10,12
.
(
30
)
Es
20,8
.
(
31
)
Gen
2,2
.
(
32
)
Gen
3,19
.
(
33
)
Eccl
4,9-10
.
(
34
)
Prov
18,19
.
(
35
)
S
,
Th
.
,
Contra
impugn
.
Dei
cultum
et
religionem
,
c
.
II
.
(
36
)
Ivi
.
(
37
)
Cfr
.
S
.
Th
.
I
-
II
,
q
.
13
,
a
.
3
.
(
38
)
Mat
16,26
.
(
39
)
Mat
6,32-33
.
(
40
)
1
Cor
13,4-7
.
Miscellanea ,
PARTE
PRIMA
IL
PRIMO
CADAVERE
DEL
6
MAGGIO
1898
Era
venerdì
.
S
andava
via
per
l
atmosfera
tepida
come
tanti
punti
interrogativi
.
Gli
uni
guardavano
in
faccia
agli
altri
e
tutti
sentivano
dell
inquietudine
dell
Italia
agitata
dalla
fame
.
Pavia
come
Sesto
Fiorentino
e
come
Soresina
,
aveva
avuto
i
suoi
ciottoli
innaffiati
dalla
strage
militare
.
Il
povero
Muzio
Mussi
,
il
figlio
del
vice
presidente
della
Camera
,
era
stato
tramazzato
al
suolo
a
ventitre
anni
e
la
notizia
angosciosa
,
propalata
dai
giornali
,
passava
sui
nervi
della
cittadinanza
come
una
scarica
d
indignazione
.
In
mezzo
alle
piazze
,
lungo
le
vie
,
si
temeva
e
si
presentiva
la
fucilata
.
La
conversazione
sentiva
del
momento
.
Era
una
conversazione
animata
,
concitata
,
che
lasciava
udire
un
po
della
campana
a
martello
.
La
gente
parlava
a
monosillabi
tragici
,
coi
gesti
che
facevano
sobbalzare
il
pensiero
,
con
l
atto
finale
della
mano
in
aria
che
traduceva
l
impotenza
e
la
minaccia
.
Nei
sobborghi
,
dove
è
più
fitta
la
popolazione
operaia
,
sarebbe
bastata
un
po
di
retorica
calda
per
mettere
sottosopra
il
sangue
cittadino
che
spumeggiava
nelle
vene
.
Con
tanta
irritazione
che
si
andava
accumulando
per
i
quartieri
di
ora
in
ora
,
a
ogni
telegramma
che
annunciava
che
il
governo
curava
,
dappertutto
,
lo
stomaco
vuoto
con
la
balistite
,
Milano
avrebbe
avuto
bisogno
di
uomini
prudenti
che
avessero
saputo
,
con
dolcezza
,
togliere
e
non
aggiungere
combustibile
alla
catasta
che
aspettava
lo
zolfino
.
Invece
la
metropoli
lombarda
ha
avuto
Vigoni
,
Negri
,
Minozzi
,
Prina
,
Winspeare
e
Bava
Beccaris
,
regi
lenoni
che
vedevano
in
ogni
aggruppamento
di
operai
masse
di
rivoltosi
o
di
congiurati
,
imbecilli
feroci
che
avrebbero
livragato
tutti
coloro
che
non
fossero
caduti
ai
loro
piedi
a
implorare
la
vita
.
Senza
costoro
,
senza
agenti
di
pubblica
sicurezza
,
senza
soldati
,
è
certo
che
io
non
sarei
qui
a
cucire
insieme
i
brandelli
sanguinolenti
della
pagina
che
ha
iniziato
le
giornate
di
Bava
Beccaris
,
il
vecchio
rimbambito
che
nasconde
la
testa
nella
sabbia
come
la
testuggine
per
non
udire
le
maledizioni
che
imperversano
intorno
al
suo
capo
.
Alla
mattina
,
come
tutte
le
altre
mattine
,
i
grandi
stabilimenti
dei
dintorni
di
Ponte
Seveso
,
spalancarono
i
portoni
e
i
proletari
vi
entrarono
a
frotte
per
non
uscire
che
a
mezzogiorno
.
Nelle
fabbriche
si
era
lavorato
con
disattenzione
e
si
era
chiacchierato
molto
sugli
avvenimenti
.
In
via
Galilei
,
il
contingente
dei
lavoratori
,
come
il
solito
,
ingrossava
di
minuto
in
minuto
.
Poiché
vi
si
fermavano
come
negli
altri
giorni
,
quelli
del
Pirelli
,
quelli
del
Grondona
,
quelli
dello
Stigler
,
quelli
del
Vago
,
quelli
dell
Elvetica
e
quelli
di
altri
stabilimenti
vicini
,
così
non
era
una
meraviglia
se
si
vedeva
in
quella
via
e
nelle
adiacenze
una
massa
nera
di
diecimila
persone
.
In
mezzo
a
tanta
gente
che
discuteva
,
alcuni
operai
e
parecchi
ragazzi
distribuivano
il
manifesto
pubblicato
la
sera
prima
dal
partito
socialista
,
manifesto
redatto
dalla
penna
turatiana
che
sentiva
il
momento
e
mandava
in
piazza
la
protesta
d
«
intonazione
-
repubblicana
»
,
,
come
dissero
il
Secolo
e
L
Italia
del
Popolo
.
Ma
per
gli
agenti
non
educati
all
agitazione
costituzionale
e
resi
prepotenti
dall
incoraggiamento
dei
superiori
,
un
semplice
foglio
volante
che
riassuma
la
condizione
miserabile
del
proletariato
diventa
una
perturbazione
pubblica
,
un
delitto
.
Due
agenti
della
squadra
volante
,
certo
Rossi
e
certo
Domenico
Viola
,
detto
il
calabrese
,
si
avvicinarono
ai
distributori
,
strapparono
loro
di
mano
gli
stampati
e
ne
arrestarono
due
.
Potete
immaginarvi
il
subbuglio
.
Uomini
e
donne
si
misero
a
gridare
:
molla
!
molla
!
Ma
il
Viola
,
che
era
il
Prina
della
bassa
forza
,
tirò
via
con
la
sua
preda
fino
in
via
Napo
Torriani
,
fermandosi
al
numero
24
,
la
sede
della
questura
del
quartiere
.
-
Io
ero
sul
posto
,
-
mi
disse
un
testimone
oculare
,
capo
sala
in
una
Sezione
dello
Stabilimento
Pirelli
.
-
Alcuni
compagni
mi
invitarono
a
trovare
il
mezzo
di
liberare
gli
arrestati
,
i
quali
erano
seguiti
da
una
moltitudine
di
tre
o
quattro
mila
persone
.
Avviandomi
presso
la
sezione
di
questura
trovai
Carlo
della
Valle
,
l
omino
che
amministrava
la
Lotta
di
Classe
e
si
poteva
dire
l
anima
del
partito
.
Ci
trovammo
in
via
Vittor
Pisani
e
andammo
senza
indugio
a
parlare
col
delegato
.
Intanto
di
fuori
si
urlava
e
si
scagliavano
sassate
incessanti
contro
lo
stemma
al
di
sopra
dell
entrata
.
Dicemmo
al
delegato
che
i
ragazzi
arrestati
erano
dello
Stabilimento
Pirelli
e
che
secondo
noi
non
avevano
commesso
che
qualche
ragazzata
.
E
il
delegato
ci
promise
che
dopo
aver
consultato
il
questore
,
sarebbero
stati
messi
in
libertà
.
Uscimmo
mentre
i
fischi
degli
stabilimenti
chiamavano
al
lavoro
.
Il
largo
del
Trotter
e
le
vie
adiacenti
erano
gremite
.
Ci
avviammo
verso
l
edificio
dei
sordo
-
muti
e
al
largo
del
Trotter
vedemmo
venire
il
Viola
,
con
la
rivoltella
in
mano
,
seguito
da
altri
sei
o
sette
poliziotti
in
borghese
,
che
tenevano
in
mano
lo
stesso
strumento
della
civiltà
moderna
.
I
cagnotti
in
borghese
saltavano
da
una
parte
e
dall
altra
,
puntando
le
bocche
da
fuoco
alla
faccia
delle
donne
e
degli
uomini
,
minacciandoli
e
dicendo
loro
ingiurie
che
facevano
impallidire
e
rimescolare
il
sangue
.
-
Mascalzoni
!
Vaianne
!
Con
tanta
confusione
,
non
so
più
se
sia
stato
il
Viola
o
un
suo
collega
.
So
che
uno
di
loro
si
avventò
contro
una
delle
ragazze
che
aveva
agitato
il
foulard
rosso
che
si
era
tolta
dal
collo
,
percuotendola
alla
fronte
con
il
calcio
della
rivoltella
.
Non
ricordo
bene
il
nome
della
sventurata
.
Ma
credo
si
chiamasse
Marietta
,
una
ragazza
dai
fianchi
opulenti
e
dalle
braccia
che
non
avevano
paura
.
La
Marietta
,
uscita
dallo
stordimento
,
con
la
faccia
rigata
di
sangue
,
con
la
bocca
tutta
agitata
che
gridava
:
assassini
!
assassini
!
,
divenne
una
demonia
che
non
si
sapeva
più
come
tenere
,
perché
voleva
rincorrere
e
agguantare
il
malandrino
e
punirlo
come
meritava
.
Ma
io
e
alcune
sue
compagne
riuscimmo
a
trattenerla
e
a
trascinarla
allo
stabilimento
a
farsi
medicare
nell
ambulanza
interna
.
Intanto
che
la
si
medicava
gli
operai
e
le
operaie
entrati
volevano
uscire
di
nuovo
perché
di
fuori
si
gridava
con
insistenza
che
si
doveva
smettere
di
lavorare
.
Il
direttore
dello
stabilimento
,
signor
Emilio
Calcagni
,
e
l
ispettore
dell
ordine
interno
,
signor
Cavalli
,
correvano
da
una
parte
all
altra
dell
edificio
raccomandando
a
tutti
la
calma
e
supplicando
ciascuno
di
dare
il
buon
esempio
e
riprendere
il
lavoro
.
Così
io
,
pur
sapendo
che
dovevano
venire
Turati
e
Rondani
,
stati
chiamati
d
urgenza
dal
della
Valle
e
dal
compagno
Songia
,
dovetti
acconciarmi
a
rimanere
chiuso
nello
stabilimento
!
Io
e
gli
altri
di
dentro
,
parevamo
sugli
aghi
.
Il
lavoro
che
si
faceva
era
un
lavoro
meccanico
.
La
mente
era
di
fuori
,
attorno
,
con
le
orecchie
che
venivano
perturbate
dalle
grida
che
si
udivano
nell
aria
:
abbasso
i
birri
!
morte
al
Viola
!
-
l
agente
esacrato
in
tutto
il
quartiere
per
il
suo
carattere
malvagio
e
violento
e
perché
si
diceva
da
tutti
che
era
stato
lui
a
menare
il
calcio
del
revolver
sulla
fronte
dell
operaia
ferita
.
Tra
le
due
e
le
due
e
mezzo
,
riuscii
a
mettermi
alla
grata
di
una
delle
finestre
che
guardano
in
Ponte
Seveso
,
proprio
tra
il
numero
ventitre
e
venticinque
dello
stabilimento
.
Era
giunto
il
Turati
e
per
i
fori
vedevo
che
era
sulle
spalle
di
due
giovani
tarchiati
,
con
la
mano
appoggiata
all
albero
,
che
parlava
a
pochi
passi
dall
ufficio
postale
.
-
Come
deputato
del
vostro
collegio
,
invoco
da
voi
calma
e
pazienza
.
Non
la
pazienza
dell
asino
,
intendiamoci
,
ma
una
pazienza
di
alcuni
momenti
,
affinché
in
nome
vostro
,
se
lo
consentite
,
noi
possiamo
trattare
con
le
autorità
per
la
liberazione
dell
arrestato
.
L
arrestato
era
Angelo
Amadio
,
detto
el
pompierin
,
di
diciannove
anni
.
Mezz
ora
dopo
ritornò
Turati
e
riparlò
alla
folla
su
per
giù
con
queste
parole
:
-
Sentite
,
compagni
.
Noi
abbiamo
saputo
che
ormai
questore
e
prefetto
non
possono
farci
nulla
.
L
arrestato
che
fu
trovato
coi
sassi
in
mano
...
(
Molte
voci
gridarono
:
No
,
non
è
vero
!
)
...
Credo
anch
io
,
anzi
mi
auguro
che
non
sia
vero
.
Ma
ora
l
arrestato
è
nelle
mani
del
procuratore
del
re
,
e
io
mi
recherò
da
lui
.
Ci
fu
una
lunga
pausa
.
-
Ascoltate
ora
un
mio
consiglio
,
o
compagni
!
Qualunque
possa
essere
la
risposta
,
ve
lo
dico
in
coscienza
,
non
dovete
insistere
.
Questo
non
è
il
giorno
.
(
Fu
interrotto
da
una
voce
:
E
quand
l
è
ch
el
vegnarà
el
dì
?
)
.
Ho
detto
che
questo
non
è
il
giorno
;
perché
tutto
è
preparato
per
le
più
feroci
repressioni
.
Il
popolo
deve
essere
abile
e
scegliere
lui
il
giorno
in
cui
si
crederà
preparato
e
organizzato
per
la
vittoria
.
Non
è
oggi
il
giorno
per
la
battaglia
in
piazza
(
grida
e
interruzione
in
vario
senso
)
.
Sono
di
parere
che
dobbiamo
limitarci
a
una
cosa
per
volta
.
Ora
dobbiamo
liberare
un
nostro
compagno
,
insistiamo
per
la
sua
liberazione
.
E
siccome
la
massa
era
assai
eccitata
e
le
pareva
poco
quello
che
le
offriva
il
deputato
del
quinto
collegio
,
così
il
Turati
fu
obbligato
a
ripetere
quello
che
aveva
detto
.
-
Vi
ripeto
,
compagni
,
non
dobbiamo
lasciar
scegliere
all
autorità
il
giorno
della
battaglia
.
Oggi
vi
dico
che
sarebbe
massacro
!
Fidatevi
di
me
in
questo
momento
:
oggi
è
una
rovina
!
Contentatevi
della
scarcerazione
.
La
cosa
si
era
fatta
seria
.
Su
circa
tremila
operai
non
ne
erano
entrati
,
tra
uomini
e
donne
ottocento
.
In
uno
dei
cortili
erano
stati
introdotti
,
alla
chetichella
,
un
centinaio
di
soldati
,
i
quali
caricavano
i
fucili
.
Di
fuori
,
in
giro
per
l
edificio
,
tutte
le
entrate
e
tutte
le
uscite
erano
bloccate
da
un
cordone
di
quattro
file
di
soldati
.
Il
fischio
delle
sei
fu
un
sollievo
per
tutti
.
Uscimmo
alla
spicciolata
,
passando
per
la
corte
zeppa
di
soldati
di
fanteria
,
dai
corridoi
che
precedono
la
porta
d
uscita
,
e
poi
tramezzo
agli
altri
soldati
allineati
sui
marciapiedi
.
Vidi
di
nuovo
il
Turati
,
il
Rondani
e
un
altro
che
non
ricordo
in
una
carrozza
scoperta
.
L
onorevole
Turati
annunciava
a
tutti
che
l
Amadio
sarebbe
stato
messo
in
libertà
prima
di
sera
.
Scomparsa
la
carrozza
e
gli
oratori
per
la
via
Galilei
,
la
moltitudine
pigiata
si
ruppe
e
la
maggioranza
,
che
abita
nei
paraggi
di
Corso
Loreto
e
alla
Cascina
Rotole
e
nelle
vicinanze
della
chiesa
di
San
Francesco
,
si
avviò
per
la
via
Napo
Torriani
-
anche
per
vedere
che
cosa
si
faceva
alla
sezione
di
P.S.
Fra
la
moltitudine
che
si
avviava
verso
casa
,
rasentando
la
sezione
di
P.S.
,
l
ultima
casa
della
via
in
faccia
al
Trotter
,
era
l
operaio
Silvestro
Savoldi
,
un
uomo
di
circa
trentacinque
anni
,
bassotto
,
tarchiato
,
dai
capelli
castano
chiari
,
con
due
baffoni
che
tiravano
al
rossiccio
,
con
due
occhi
che
lampeggiavano
.
È
impossibile
dire
,
in
mezzo
a
tanta
gente
,
se
era
un
tumultuante
o
un
operaio
che
rincasasse
.
Ma
la
gente
che
lo
ha
veduto
prima
di
cadere
,
mi
ha
assicurato
che
andava
via
lentamente
senza
badare
a
quello
che
avveniva
.
Dal
Trotter
,
dove
era
stata
chiusa
,
a
mezzogiorno
,
la
truppa
,
usciva
un
plotone
del
cinquantasettesimo
fanteria
,
attraversava
il
piazzale
Andrea
Doria
e
procedeva
verso
Napo
Torriani
coi
fucili
a
crociat
-
et
.
Il
grosso
dei
dimostranti
era
lungo
il
marciapiedi
dalla
parte
opposta
alla
caserma
dei
questurini
.
I
curiosi
si
erano
assiepati
a
dieci
metri
di
distanza
dalla
truppa
che
aveva
fatto
alt
,
e
qua
e
là
si
movevano
gli
individui
che
lanciavano
sassi
allo
stemma
questurinesco
.
Pare
che
qualche
sassata
abbia
raggiunto
anche
qualche
soldato
.
Fu
come
il
segnale
.
Si
udì
lo
squillo
di
tromba
.
Si
vide
il
fuggi
fuggi
,
e
si
sentì
il
ran
ran
che
spaventava
,
che
infuriava
,
che
sollevava
grida
disperate
da
tutte
le
parti
e
lanciava
in
aria
una
nube
bianca
in
un
silenzio
sepolcrale
.
Fu
allora
che
anch
io
gridai
come
la
Marietta
:
assassini
!
assassini
!
Far
seguire
allo
squillo
le
fucilate
,
senza
il
tempo
di
vuotare
la
via
a
gambe
levate
,
è
un
delitto
senza
nome
.
Non
vi
so
dire
se
il
fuoco
sia
stato
iniziato
dai
soldati
o
dai
questurini
.
Ma
se
tra
l
uno
e
l
altro
non
c
è
stato
attimo
di
mezzo
,
le
rivoltelle
e
i
fucili
devono
aver
incominciato
insieme
.
Non
erano
ancora
le
sei
e
mezzo
e
il
povero
Savoldi
che
credeva
di
andare
in
Corso
Loreto
,
40
,
era
vicino
all
altro
mondo
.
Stavano
per
suonare
le
sei
e
mezzo
e
il
disgraziato
giungeva
proprio
al
malaugurato
portone
della
sede
della
sezione
di
questura
,
dove
dovevano
essere
appiattati
gli
agenti
della
squadra
volante
.
I
dimostranti
di
fuori
schiamazzavano
e
domandavano
a
gola
piena
se
erano
stati
messi
in
libertà
gli
arrestati
.
E
in
questo
mentre
si
vide
sbucare
il
Viola
con
la
bocca
spalancata
e
la
rivoltella
tesa
verso
la
moltitudine
.
Il
Savoldi
,
sorpreso
,
vacillò
e
cadde
col
sangue
che
gli
usciva
a
fiotti
dalla
tempia
sinistra
.
Il
suo
assassino
non
ebbe
tempo
di
ritornare
indietro
a
leccarsi
le
labbra
,
perché
una
palla
all
inguine
lo
stese
al
suolo
cadavere
.
I
due
cadaveri
mi
avevano
terrorizzato
.
Non
ebbi
un
gesummaria
!
né
per
il
primo
né
per
il
secondo
.
Mi
batteva
il
cuore
,
mi
sentivo
in
fiamme
.
In
quel
momento
non
ho
potuto
fare
supposizioni
.
Ma
non
appena
mi
trovai
fuori
della
zona
dei
disastri
umani
mi
venne
spontanea
l
interrogazione
,
da
chi
era
stato
ammazzato
il
Viola
.
Da
chi
?
Dalla
folla
:
no
;
perché
nessuno
di
essa
possedeva
un
arma
da
fuoco
.
Dalla
truppa
?
No
,
perché
la
ferita
non
è
stata
fatta
da
una
pallottola
a
balistite
.
E
da
chi
allora
?
Mi
è
stato
spiegato
più
tardi
da
uno
che
ha
aiutato
a
raccoglierlo
.
È
una
supposizione
,
ma
pare
che
il
questurino
voltatosi
per
ritornare
a
corsa
sotto
la
porta
sia
stato
colpito
dalla
rivoltella
di
un
collega
che
lo
aiutava
a
sfollare
con
le
palle
di
piombo
.
La
stessa
persona
mi
ha
dato
l
altra
supposizione
,
che
la
prima
revolverata
del
Viola
sia
partita
proprio
tra
lo
squillo
e
la
scarica
,
come
un
incitazione
,
un
avviso
di
far
fuoco
.
Sia
avvenuto
in
un
modo
o
nell
altro
,
la
moltitudine
non
ha
avuto
tempo
di
mettersi
in
salvo
.
Dopo
le
tre
scariche
militari
corsi
dov
era
il
Savoldi
e
là
,
io
e
altri
amici
lo
raccogliemmo
,
prendendolo
per
i
piedi
e
per
le
ascelle
.
Respirava
ancora
e
lo
chiamammo
per
nome
.
-
Silvestro
?
Savoldi
?
Egli
guardava
,
con
gli
occhi
istupiditi
dalla
morte
che
lo
invadeva
,
senza
rispondere
.
Lo
riprendemmo
e
ci
avviammo
verso
il
Ponte
Seveso
per
vedere
se
era
possibile
farlo
medicare
nell
infermeria
dello
stabilimento
Pirelli
.
Ma
la
porta
era
chiusa
e
la
linea
dei
soldati
non
ci
permetteva
di
avvicinarci
allo
stabilimento
.
Senz
altro
decidemmo
di
metterlo
sul
tram
,
avviato
alla
Piazza
del
Duomo
per
il
Corso
di
Porta
Nuova
.
Fu
una
scena
pietosa
.
Scomodammo
la
gente
e
,
sorreggendolo
davanti
e
dietro
,
riuscimmo
a
tirarlo
sulla
carrozza
,
adagiarlo
lungo
il
cuscino
e
mettergli
la
testa
insanguinata
sulle
ginocchia
di
uno
di
noi
.
Il
tram
non
si
era
ancora
mosso
che
il
Savoldi
tirò
un
sospiro
lungo
che
ci
andò
al
cuore
,
e
chiuse
gli
occhi
.
Il
tram
andava
e
le
nostre
mani
palpavano
sul
suo
cuore
come
se
avessimo
voluto
che
continuasse
a
battere
e
a
mantenersi
caldo
.
Ma
la
pelle
andava
raffreddandosi
e
quando
fummo
in
piazza
Mercanti
il
medico
di
guardia
ci
mandò
via
con
un
bisillabo
:
morto
!
Il
padre
di
cinque
o
sei
figli
era
morto
.
E
noi
,
angosciati
,
ricaricammo
il
primo
cadavere
delle
giornate
di
Milano
sul
tram
che
andava
a
Porta
Volta
e
dal
luogo
di
sosta
lo
portammo
a
braccia
,
al
Cimitero
Monumentale
.
Ritornato
a
casa
seppi
che
la
balistite
aveva
lasciato
sul
terreno
delle
donne
e
degli
uomini
feriti
,
due
dei
quali
morirono
prima
o
subito
dopo
l
aurora
.
L
eccidio
di
Bava
Beccaris
era
incominciato
.
LA
PIAZZA
DEL
DUOMO
IL
VENERDI
SERA
Che
scena
!
La
nuvolaglia
si
voltolava
su
se
stessa
e
il
cielo
rumoreggiava
di
tanto
in
tanto
e
faceva
sentire
i
sordi
boati
che
annunciavano
l
uragano
.
Savoldi
,
l
operaio
dello
Stabilimento
Pirelli
,
era
appena
passato
coi
compagni
che
lo
accompagnavano
a
Musocco
.
La
moltitudine
che
aveva
veduto
il
tram
di
Porta
Volta
che
infilava
via
Carlo
Alberto
,
accorse
a
vederlo
.
Era
tenuto
su
dalle
braccia
degli
amici
sotto
le
ascelle
per
dargli
aria
di
passeggero
,
ma
si
vedeva
che
era
floscio
e
andato
.
Gli
occhi
erano
spenti
,
la
pelle
della
faccia
era
morta
da
far
paura
e
tutta
la
bocca
semiaperta
era
dissanguata
.
Vennero
consigliati
di
adagiarlo
lungo
e
disteso
.
Il
tram
andava
e
l
indignazione
incominciava
.
Il
cadavere
era
in
tutte
le
conversazioni
.
Pochi
lo
conoscevano
,
ma
tutti
sapevano
che
era
un
operaio
che
aveva
lavorato
fino
a
quando
la
campana
lo
aveva
messo
alla
porta
.
La
piazza
si
gremiva
,
i
portici
erano
quasi
affollati
,
la
fanteria
aveva
bloccato
le
entrate
della
Galleria
e
nell
interno
si
vedevano
gli
agenti
e
i
delegati
di
P
..
S
.
con
la
ciarpa
del
mestiere
che
andavano
e
venivano
o
sostavano
in
certi
punti
come
in
attesa
di
altri
ordini
.
A
qualche
passo
dalla
scalinata
della
cattedrale
,
dove
erano
i
bersaglieri
col
calcio
del
fucile
a
terra
,
ci
fu
un
tentativo
di
discorso
.
Non
ebbi
tempo
di
vedere
1oratore
sulle
spalle
di
un
gruppo
di
giovani
,
che
una
voce
imperiosa
lo
aveva
fatto
scomparire
.
-
Giù
,
giù
!
o
faccio
suonare
la
tromba
!
Eravamo
tutti
eccitati
,
tutti
in
un
atmosfera
ardente
.
Guai
se
in
quel
momento
un
Desmoulins
della
strada
avesse
buttato
nella
calca
una
scintilla
verbale
e
ci
avesse
spinti
alla
rivoluzione
!
Ci
sarebbe
stata
una
conflagrazione
sociale
.
Inaspriti
dal
dolore
,
l
incendio
sarebbe
diventato
generale
.
Invece
,
anche
con
la
truppa
che
urtava
la
folla
da
una
parte
e
dall
altra
per
separarla
e
disperderla
nelle
vie
adiacenti
,
prevalse
la
prudenza
.
Senza
lasciarsi
frazionare
si
muoveva
tutt
insieme
come
una
massa
enorme
.
Qua
e
là
si
respirava
a
disagio
.
Maledizione
di
Dio
!
Come
nelle
giornate
del
Colpo
di
Stato
a
Parigi
,
il
temporale
scioglieva
il
problema
di
spazzare
la
piazza
tutta
agitata
dalla
fermentazione
cittadina
.
Tra
le
otto
e
le
otto
e
mezzo
si
è
udito
come
uno
squarciamento
di
cateratte
.
Pareva
che
le
folgori
passassero
lacerando
il
cielo
e
prorompessero
lungo
la
corsa
con
esplosioni
di
tuoni
e
lampi
che
illuminassero
tutta
la
volta
sottosopra
.
Fu
un
diluvio
.
L
acqua
veniva
giù
a
rovesci
col
chiasso
dei
filoni
che
si
rompevano
sui
tetti
e
sul
selciato
.
La
gente
si
salvava
pigiandosi
sotto
i
portici
meridionali
e
settentrionali
e
per
gli
svolti
delle
vie
che
li
lambiscono
.
I
cordoni
militari
che
bloccavano
la
Galleria
venivano
rotti
dalla
lenta
fiumana
che
non
poteva
più
tornare
indietro
.
Lo
straripamento
era
così
possente
che
si
sono
dimezzati
o
frazionati
senza
resistenza
.
Nessuna
forza
avrebbe
potuto
trattenerla
.
Una
volta
ingorgati
nel
grande
tunnel
non
si
camminava
,
si
era
portati
e
si
andava
via
adagio
adagio
come
voleva
la
corrente
umana
.
Agli
ottagoni
la
respirazione
era
affannosa
.
Ci
si
sentiva
premuti
da
tutte
le
parti
.
Tuttavia
si
sentiva
l
inno
dei
lavoratori
cantato
da
mille
voci
.
Vicino
al
Gnocchi
era
un
impalcato
che
avrebbe
potuto
servire
benissimo
da
piattaforma
.
Più
d
uno
s
era
messo
tra
le
travi
con
la
voglia
di
sgolare
l
orazione
rivoluzionaria
,
ma
non
c
è
stato
verso
.
Gli
agenti
e
i
carabinieri
non
davano
tregua
a
coloro
che
avevano
la
gola
piena
di
prosa
veemente
.
Gli
squilli
facevano
il
resto
.
Tumultuavano
l
ambiente
,
respingevano
la
moltitudine
e
facevano
larghi
che
si
riempivano
quasi
simultaneamente
.
Ho
veduto
Zavattari
con
la
sua
bella
faccia
sincera
entrare
dalla
parte
della
Scala
,
dopo
che
era
stato
sul
balcone
municipale
a
pacificare
i
cittadini
con
gli
altri
oratori
.
L
interruzione
della
piazza
e
gli
squilli
erano
impotenti
a
rarefare
la
ressa
.
Le
trombe
con
la
loro
violenza
che
incalzava
alla
fuga
,
irritavano
e
indemoniavano
.
Alle
dieci
molta
gente
spinta
e
risospinta
era
rimasta
fuori
della
Galleria
e
si
era
avviata
a
domicilio
.
I
questurini
rincorrevano
i
dimostranti
più
clamorosi
e
facevano
arresti
.
Gli
arrestati
passavano
tra
gli
agenti
che
li
tenevano
per
il
colletto
o
per
le
braccia
.
Le
grida
di
molla
!
molla
!
moltiplicavano
il
numero
di
coloro
che
venivano
violentati
fino
a
San
Fedele
.
Alcuni
arrestati
s
imputavano
e
urlavano
e
si
scuotevano
per
divincolarsi
dai
tentacoli
polizieschi
.
L
odio
di
classe
si
era
manifestato
con
tutta
la
sua
perversione
.
I
signori
della
Brasera
Milanese
,
dal
balcone
del
terzo
piano
al
di
sopra
del
negozio
Munster
,
riversavano
sulla
folla
parecchi
secchi
d
acqua
.
La
gente
,
esasperata
,
volgeva
in
alto
i
visi
stravolti
dalla
collera
con
i
pugni
chiusi
e
la
bocca
divenuta
un
vulcano
d
improperi
.
I
più
lontani
,
quelli
dell
angolo
,
tiravano
al
balcone
sassi
che
precipitavano
per
la
parete
della
galleria
con
un
baccano
indiavolato
.
Senza
le
corse
e
le
rincorse
dei
questurini
e
dei
carabinieri
con
gli
squilli
di
tromba
,
avrebbero
scontata
la
loro
buaggine
pericolosa
con
la
morte
del
Prina
.
Guai
se
la
folla
avesse
saputo
da
qual
parte
si
saliva
per
entrare
nei
loro
clubs
!
Così
non
c
è
stato
che
uno
scambio
di
villanie
.
Ma
i
signori
che
hanno
irritata
la
gente
,
la
devono
aver
veduta
brutta
.
Perché
c
è
stato
un
momento
in
cui
ho
creduto
che
gli
epiteti
vergognosi
e
sanguinosi
che
le
buttavano
sopra
con
i
loro
scaracchi
la
inducesse
a
farsi
largo
attraverso
il
Campari
per
uscire
sulla
scala
esterna
e
salire
tumultuosamente
a
scaraventarli
dal
balcone
.
Gli
squilli
devono
aver
interrotto
il
pensiero
.
Verso
mezzanotte
tutti
erano
stanchi
,
tutti
avevano
bisogno
di
riposare
,
tutti
sentivano
la
necessità
di
una
sosta
.
Mai
come
in
quella
notte
la
piazza
della
Scala
,
la
Galleria
e
la
piazza
del
Duomo
sono
state
così
silenziose
.
Parevan
luoghi
disabitati
.
Quanti
ne
avevano
arrestati
!
mucchi
.
A
mucchi
son
stati
chiusi
nei
camerotti
puzzolenti
della
questura
di
San
Fedele
.
LE
PRIME
FUCILATE
IN
PIAZZA
DEL
DUOMO
(
dal
mio
diario
)
7
Maggio
.
-
Mi
alzo
,
sono
inquieto
,
ho
ancora
nella
testa
le
grida
e
le
scene
di
ieri
sera
durante
e
dopo
l
acquazzone
indiavolato
che
ha
fatto
scappare
tutti
dai
luoghi
aperti
,
e
sciolta
la
dimostrazione
prima
che
si
adunasse
.
In
Galleria
Vittorio
Emanuele
ci
sono
stati
momenti
terribili
.
Squilli
,
moltitudini
che
si
riversavano
da
una
parte
all
altra
,
aggruppamenti
che
si
disfacevano
in
un
fiato
e
si
ricomponevano
a
qualche
passo
di
distanza
.
Rivedo
i
provocatori
della
Brasera
con
spavento
.
Con
l
irritazione
incandescente
dappertutto
,
i
signoracci
,
in
alto
,
si
abbandonavano
allo
spasso
di
aggiungere
combustibile
per
l
incendio
,
buttando
giù
sulle
moltitudini
parole
oscene
e
villane
e
mostrando
i
pugni
chiusi
.
Ah
,
birbe
!
C
è
stato
un
attimo
in
cui
ho
veduto
nell
atmosfera
irritata
la
guerra
civile
.
I
mascalzoni
che
apparivano
e
scomparivano
dietro
i
vetri
rovesciavano
sui
capannelli
che
sostavano
e
passavano
secchi
d
acqua
.
Scellerati
!
Anche
in
casa
si
sente
che
siamo
in
tempi
anormali
.
C
è
un
inquietudine
,
c
è
un
malessere
,
c
è
qualcosa
che
non
so
spiegare
.
Sei
amici
sono
saliti
a
trovarmi
terrorizzati
.
C
è
tra
loro
un
deputato
.
Sembrano
tutti
in
preda
alla
febbre
.
A
loro
sembra
impossibile
che
io
sia
ancora
al
largo
.
Va
via
!
mi
dice
qualcuno
.
Mettiti
al
sicuro
.
Non
ci
penso
neanche
.
Rido
e
faccio
la
punta
al
lapis
che
voglio
mettermi
in
tasca
per
andare
in
giro
a
raccogliere
gli
avvenimenti
.
Non
capita
tutti
i
giorni
di
passare
in
mezzo
al
casaldiavolo
militare
con
la
matita
che
lo
raccoglie
.
La
matita
nelle
giornate
di
sommossa
è
forte
,
più
forte
dei
cannoni
a
tiro
rapido
.
Victor
Hugo
,
con
la
matita
che
Baudin
gli
ha
prestato
prima
di
morire
sulla
barricata
della
via
Santa
Margherita
,
ha
inchiodato
i
nomi
dei
malfattori
del
2
dicembre
alla
vergogna
dei
secoli
.
La
storia
di
un
delitto
è
un
libro
immortale
.
A
proposito
:
e
perché
non
lo
ha
pubblicato
subito
,
quando
gli
episodi
fumavano
del
sangue
delle
vittime
,
quando
gli
attori
principali
del
Colpo
di
Stato
suscitavano
ancora
gli
orrori
,
gli
spasimi
?
Io
non
voglio
imitarlo
.
Lui
ha
saputo
tener
il
manoscritto
chiuso
nell
armadio
per
venticinque
anni
.
Io
andrò
subito
alla
ricerca
di
una
stamperia
.
Voglio
la
scena
nell
atmosfera
in
cui
si
è
svolta
.
Ho
letto
la
Lombardia
con
disgusto
.
Ah
,
che
prosaccia
da
sentina
!
È
un
giornale
che
non
mi
è
mai
piaciuto
.
L
ho
sempre
considerato
un
fogliuolaccio
mal
messo
insieme
e
scritto
coi
piedi
.
Ha
lo
stile
del
negoziante
di
notizie
.
Ora
che
puzza
di
questura
mi
fa
recere
.
I
suoi
redattori
sono
caconi
.
Vorrebbero
essere
un
po
con
tutti
,
tranne
che
coi
«
sovversivi
»
o
coi
«
formidabili
nemici
delle
istituzioni
»
.
Non
c
è
che
la
presenza
del
cronista
che
la
lasci
vivere
nell
equivoco
.
Con
lui
,
iscritto
al
partito
socialista
,
non
si
ha
il
coraggio
di
metterla
tra
i
quotidiani
forcaioli
.
Ma
il
socialismo
del
cronista
del
Lombardia
è
un
socialista
ventraiuolo
.
Tant
è
vero
che
non
ha
mai
saputo
rinunciare
al
mensile
del
Popolo
Romano
di
Chauvet
.
Si
dice
che
il
cronista
è
apolitico
.
Imbecilli
.
Nella
notizia
o
nella
manipolazione
della
notizia
è
il
colore
.
Che
bella
giornata
!
Esco
.
La
portinaia
mi
saluta
con
aria
timida
.
Essa
ha
avuto
delle
visite
che
la
impensieriscono
.
-
Chi
erano
?
-
Facce
sinistre
.
Si
sente
per
le
vie
che
c
è
qualcosa
d
insolito
.
La
gente
è
affrettata
.
Sono
in
giro
molti
soldati
,
numerosi
questurini
,
parecchi
carabinieri
.
Ho
veduto
uno
squadrone
di
cavalleria
che
andava
verso
Porta
Garibaldi
.
Svolto
in
Via
Dante
e
svolto
alla
volta
di
Largo
Cairoli
.
Di
fianco
all
Eden
,
tra
il
monumento
e
l
ingresso
del
teatro
,
è
piazzata
una
batteria
di
cannoni
con
le
bocche
alte
verso
l
arteria
nuova
che
conduce
in
piazza
del
Duomo
.
La
gente
si
ferma
,
interroga
gli
artiglieri
e
va
via
senza
risposta
.
I
soldati
sembrano
accigliati
e
i
loro
superiori
hanno
l
aria
truce
.
Sentiamo
un
ran
ran
che
passa
come
per
i
tetti
.
Le
persone
guardano
in
aria
.
Nulla
.
Ma
il
ran
ran
è
entrato
in
tutti
come
un
brivido
.
I
passanti
raddoppiano
di
gamba
e
si
disperdono
per
le
vie
in
direzioni
opposte
ai
cannonieri
.
Ho
incontrato
un
amico
,
pallido
come
un
morto
...
Mi
ha
veduto
;
mi
ha
dovuto
vedere
,
e
non
mi
ha
salutato
.
Non
gliene
faccio
colpa
.
Con
Bava
Beccaris
il
saluto
può
costare
la
prigione
.
Tutte
le
muraglie
,
tutti
gli
assiti
sono
coperti
dagli
avvisi
di
questo
generale
che
ha
assunto
il
linguaggio
brutale
del
soldato
pronto
al
fuoco
.
In
uno
di
essi
dice
:
«
Milanesi
!
I
disordini
che
da
ieri
funestano
questa
città
vanno
prendendo
l
aspetto
di
una
vera
sommossa
,
e
perciò
,
a
seconda
degli
ordini
ministeriali
,
assumo
la
direzione
superiore
per
il
ristabilimento
dell
ordine
pubblico
.
«
Consiglio
i
cittadini
di
starsene
nelle
loro
case
affinché
le
truppe
abbiano
a
trovarsi
di
fronte
ai
soli
dimostranti
e
possano
così
agire
con
la
maggiore
vigoria
»
.
Ha
copiato
,
con
qualche
variante
,
il
generale
di
Saint
Arnaud
delle
famose
giornate
napoleoniche
.
«
Pas
des
curieux
inutiles
dans
les
rues
:
impediscono
i
movimenti
dei
valorosi
soldati
che
vi
proteggono
con
le
loro
baionette
»
.
Plagiario
!
La
città
dei
quarantottisti
è
senza
coraggio
.
Pare
che
tutto
il
sangue
delle
sue
arterie
sia
stato
convertito
in
acqua
.
La
popolazione
legge
e
fila
.
Non
c
è
una
mano
capace
di
strappare
gli
avvisi
che
riassumono
la
tracotanza
del
soldataccio
che
io
rovescerei
da
cavallo
se
lo
incontrassi
.
L
opinione
pubblica
è
sempre
rappresentata
dai
giornali
,
specialmente
nelle
giornate
di
torbidi
.
E
il
coraggio
dei
giornali
è
zero
.
Sbaglio
.
Nella
Perseveranza
e
nel
Corriere
della
Sera
è
il
coraggio
poliziesco
.
Aizzano
.
Nell
una
e
nell
altro
è
il
rancore
della
vendetta
.
Additano
i
confratelli
per
il
massacro
.
Sono
i
suggeritori
di
Bava
Beccaris
.
Tanto
la
prima
che
il
secondo
vanno
in
giro
carichi
della
prosa
melmosa
dei
loro
pennivendoli
.
Chi
sono
?
Dietro
il
redattore
responsabile
della
Perseveranza
,
è
una
turba
di
malviventi
intellettuali
dell
aristocrazia
milanese
,
il
cui
capo
è
Gaetano
Negri
,
l
uomo
dalle
esasperazioni
sociali
.
Il
direttore
del
Corriere
è
un
tipaccio
che
fa
il
gradasso
al
dorso
di
Bava
Beccaris
.
Figlio
di
un
procuratore
generale
che
esecrava
e
massacrava
i
giornali
che
non
idolatravano
le
«
istituzioni
»
,
,
ha
sentito
,
in
questi
giorni
di
baldoria
militare
,
la
collera
velenosa
del
padre
.
I
suoi
articoli
sono
dell
odio
in
fermentazione
.
La
sua
faccia
di
bonaccione
è
una
maschera
,
è
il
Prina
del
giornalismo
.
Terrorizza
i
terrorizzati
.
Emile
de
Girardin
mi
sbroncia
.
Egli
non
era
un
giacobino
,
ma
è
stato
solidale
con
la
stampa
insorta
contro
gli
arrestatori
e
i
massacratori
dei
repubblicani
che
volevano
conservare
la
Repubblica
.
Il
tipaccio
è
Domenico
Oliva
.
Godete
,
o
Giboyer
,
i
vostri
giornali
vanno
a
ruba
.
È
la
vostra
vendemmia
amministrativa
.
Bava
Beccaris
ha
parlato
ed
ecco
i
giornali
dell
ordine
invasi
dalla
paralisi
agitante
.
Pennivendoli
,
mangiapani
,
caratteri
di
zucchero
candito
,
vilissime
creature
che
non
avete
fede
che
nella
mesata
,
a
voi
,
sul
vostro
viso
,
gli
scaracchi
della
mia
indignazione
.
Io
vado
in
tutte
le
stamperie
che
conosco
,
a
implorare
la
grazia
di
stamparmi
un
bollettino
che
rimetta
in
piedi
i
ventraioli
in
ginocchio
,
i
pavidi
rappresentanti
del
quotidiano
divenuti
umili
servitori
di
Bava
Beccaris
.
Vergogna
,
vergogna
!
Hanno
tutti
paura
.
A
tutti
preme
il
pane
,
a
tutti
preme
la
famiglia
,
a
tutti
preme
la
quiete
,
a
tutti
preme
il
proprio
stabilimento
e
intanto
la
libertà
del
cittadino
muore
,
e
nessuno
è
più
sicuro
in
casa
sua
!
Ecco
che
sono
incominciati
gli
arresti
,
ecco
che
vanno
in
prigione
a
frotte
,
ecco
che
i
soldati
,
i
carabinieri
,
i
questurini
,
i
graduati
,
gli
ufficiali
non
sono
più
che
della
sbirraglia
che
agguanta
i
passanti
,
che
snida
la
gioventù
nelle
case
,
che
strappa
gli
sposi
dalle
braccia
delle
donne
piangenti
,
che
urta
brutalmente
i
bimbi
con
le
braccia
avviticchiate
alle
gambe
dei
padri
e
dei
fratelli
.
Il
mio
pensiero
è
in
fiamme
come
quello
di
Desmoulins
.
Mi
agita
,
mi
solleva
,
mi
grida
:
vile
!
rivoltati
,
alle
armi
!
alle
armi
!
ma
tutta
la
gente
tace
,
tutta
la
gente
si
lascia
condurre
in
prigione
e
tutti
i
giornalisti
applaudono
alle
vigliaccherie
di
Bava
Beccaris
e
mi
guardano
con
l
occhio
truce
del
rinnegato
.
Io
sono
solo
,
incapace
perfino
di
appendermi
ad
una
fune
di
campana
per
suonare
a
stormo
,
perché
tutte
le
chiese
sono
chiuse
,
ermeticamente
chiuse
.
Anche
il
dio
cattolico
partecipa
al
delitto
!
Oh
disperazione
di
questa
mia
giornata
di
torture
che
sciupo
nell
impotenza
senza
trovare
accenti
virili
che
diano
l
anima
dei
combattenti
del
48
alle
generazioni
di
cinquant
anni
dopo
!
Più
tardi
,
dopo
il
ran
ran
,
i
passanti
sembrano
degli
sconosciuti
.
Nessuno
dice
addio
all
altro
.
Vanno
via
rasente
ai
muri
come
incalzati
da
un
vento
impetuoso
.
Invece
c
è
un
sole
che
abbrustolisce
.
Io
sono
nel
sole
che
scalda
la
mia
desolazione
.
La
paura
è
nell
aria
.
Qua
e
là
si
chiudono
le
imposte
.
Pare
che
tutta
la
gente
stia
per
andare
in
campagna
.
Buon
viaggio
!
Mi
trovo
in
via
S
.
Vincenzino
.
Non
c
è
nessuno
,
non
c
è
anima
viva
.
Che
cos
ho
anch
io
?
Sono
inquieto
,
nervoso
,
trasalisco
per
nulla
.
Mi
si
è
chiamato
?
Chi
mi
ha
chiamato
?
Mi
sono
voltato
indietro
convinto
di
aver
qualcuno
alle
calcagna
.
Parola
d
onore
,
ho
tremato
.
Vile
!
Prima
di
sbucare
in
via
Meravigli
vedo
passare
un
delegato
con
la
sciarpa
lungo
il
panciotto
,
un
ufficiale
con
la
spada
sguainata
e
un
drappello
di
soldati
a
baionetta
in
canna
.
Dove
vanno
?
Raddoppio
il
passo
sulle
loro
pedate
.
Passano
e
sollevano
il
vespaio
nel
cervello
dei
passanti
.
Si
fanno
tutte
le
supposizioni
.
Il
parrucchiere
di
via
Meravigli
chiude
in
fretta
,
come
quando
si
ha
paura
che
la
tempesta
infuri
sui
vetri
.
Raggiungo
il
drappello
in
Santa
Maria
Porta
.
Il
delegato
si
volta
e
mi
fa
voltare
dall
altra
parte
con
un
gesto
.
Tutti
gli
ordigni
di
questura
sono
diventati
onnipotenti
.
Soldati
,
disse
egli
additandomi
,
fatelo
tornare
indietro
.
E
i
soldati
si
preparavano
a
curvare
gli
arnesi
della
civiltà
moderna
.
Non
c
è
bisogno
,
mi
dissi
mentalmente
.
La
disubbidienza
può
costarmi
una
fucilata
senza
che
alcuno
mi
raccolga
e
agiti
il
mio
cadavere
come
una
bandiera
.
Sono
in
giro
come
un
matto
.
Non
ho
direzione
.
In
corso
Magenta
vedo
altri
perduti
che
vengono
alla
mia
volta
e
io
li
evito
svoltando
in
via
San
Giovanni
sul
Muro
.
Al
margine
del
vicolo
dello
stesso
nome
sono
due
cenciose
della
bassa
prostituzione
che
aspettano
il
gozzovigliatore
che
faccia
guadagnar
loro
il
morsello
dell
esistenza
.
Sono
sudicione
che
fanno
ribrezzo
come
faceva
ribrezzo
la
Gervasa
,
prima
di
crepare
di
svaccamento
fra
le
gambe
del
beccamorto
.
Il
teatro
Dal
Verme
è
chiuso
,
la
chiesuola
più
in
giù
,
lungo
il
marciapiede
opposto
,
è
chiusa
,
le
ultime
imposte
si
chiudono
.
Non
si
vede
nulla
e
si
sente
che
lo
spavento
è
nelle
abitazioni
e
nella
strada
.
Non
smetto
di
camminare
.
Passo
un
altra
volta
al
Largo
Cairoli
.
L
Eden
traduce
il
momento
.
È
completamente
vuoto
.
Gli
artiglieri
sono
come
sull
attenti
.
Un
altro
ran
ran
rapido
,
precipitato
,
si
perde
via
come
in
fondo
a
un
bosco
.
Che
c
è
?
Cosa
c
è
?
Si
combatte
?
La
guerra
civile
è
nelle
vie
?
Mi
passa
per
la
schiena
un
brivido
.
Sono
in
piazza
Castello
,
dal
lato
di
Porta
Garibaldi
.
Mi
è
stato
detto
che
il
quartiere
popolare
è
già
tutto
in
faccende
per
le
barricate
.
Ran
,
ran
,
ran
!
Cerco
col
naso
e
con
gli
occhi
l
ombra
del
fumo
delle
fucilate
e
trovo
Vincenzo
Maresti
,
col
suo
cappello
nero
,
floscio
,
piatto
,
a
larga
tesa
,
piantato
sull
occhio
,
con
la
sua
giacca
accarezzata
alla
schiena
con
la
duttilità
del
panno
che
non
fa
pieghe
,
con
le
sue
gambe
lunghe
lunghe
,
con
quella
sua
faccia
abbronzata
anche
d
inverno
.
Senza
tirar
fuori
le
mani
dalle
tasche
mi
assicura
che
in
Porta
Garibaldi
c
è
fermento
.
Gli
pareva
di
camminare
su
di
un
terreno
infocato
.
A
ogni
momento
si
aspettava
un
grido
o
una
sollevazione
.
C
è
gente
a
frotte
.
Si
capisce
che
si
sono
vuotati
gli
opifici
.
La
direzione
generale
è
verso
il
Duomo
.
Maresti
mi
induce
a
cambiar
strada
e
filo
con
lui
in
via
Orefici
,
la
via
delle
catapecchie
in
demolizione
,
zuppa
di
femminacce
ulcerate
fino
agli
occhi
.
È
una
via
brutta
,
con
l
acciottolato
sempre
ricoperto
da
uno
strato
limaccioso
,
sempre
pieno
di
pozzanghere
e
di
prostitute
in
agguato
ad
aspettare
il
maschio
.
Dal
giorno
che
venne
decretato
il
suo
disfacimento
i
vecchi
orefici
,
che
vendevano
spadine
e
bucole
alle
brianzuole
,
se
ne
sono
andati
,
e
ogni
casupola
è
diventata
il
covo
della
prostituzione
che
si
sguinzaglia
di
notte
come
lupa
affamata
.
Anche
adesso
,
che
la
via
è
sottosopra
e
tumultuata
,
si
sente
l
odore
fetido
della
carne
sdrucita
e
vendereccia
che
attutisce
ancora
i
sensi
indiavolati
dei
briaconi
che
passano
.
Al
diavolo
il
carnimonio
!
Mi
spingo
avanti
,
dove
la
gente
è
più
fitta
e
calcando
cerco
di
mettermi
in
prima
fila
.
Sono
respinto
da
una
ondata
che
si
rovescia
indietro
,
spinta
da
un
altra
ondata
che
non
vedo
.
Riesco
vicino
al
muro
della
casa
che
lambisce
la
piazza
del
Duomo
,
senza
vedere
nulla
di
quello
che
avviene
al
di
là
della
barriera
umana
.
Maresti
,
più
alto
di
me
,
ha
veduto
che
c
è
un
cordone
che
va
dalla
offelleria
al
monumento
.
La
folla
che
mi
pigia
e
mi
toglie
la
respirazione
è
composta
in
maggioranza
di
operai
impazienti
di
attraversare
la
piazza
.
Pare
che
la
moltitudine
che
vorrebbe
irrompere
sia
trattenuta
dagli
alpini
.
Rizzandomi
sulla
punta
dei
piedi
vedo
,
attraverso
le
teste
che
si
protendono
,
la
scala
Porta
,
piegata
verso
la
coda
del
cavallo
del
monumento
,
come
vedo
dei
ragazzi
appollaiati
sui
gradini
di
legno
per
godersi
lo
spettacolo
della
piazza
popolata
di
gente
e
di
soldati
.
Ora
ci
vedo
bene
.
In
fondo
,
in
fondo
,
rasente
gli
scalini
della
cattedrale
,
c
è
una
moltitudine
di
cavalli
insellati
,
con
la
testa
nel
fieno
in
terra
e
dei
pezzi
di
cannoni
,
allineati
dalla
parte
del
palazzo
reale
,
con
le
bocche
spalancate
sul
Duomo
.
Si
ricomincia
a
ridiventare
inquieti
.
Maresti
ha
bisogno
di
rompere
la
diga
,
passare
in
Carlo
Alberto
e
andare
in
via
dell
Unione
,
dove
è
la
sede
del
partito
socialista
e
la
direzione
della
Lotta
di
classe
.
Il
non
si
passa
è
infrangibile
.
Io
provo
gli
spasimi
.
Sono
come
sugli
aghi
.
Sento
un
bisogno
prepotente
di
andare
in
mezzo
all
avvenimento
.
Inutile
.
I
soldati
sono
torvi
.
O
non
rispondono
o
rispondono
con
monosillabi
che
passano
le
orecchie
come
colpi
di
fucile
.
Il
momento
diventa
grave
.
Noi
che
volevamo
passare
siamo
obbligati
a
trattenere
gli
audaci
che
vorrebbero
rompere
il
cordone
,
anche
quando
i
soldati
spaventano
col
loro
indietro
.
-
Indietro
!
Sono
le
due
e
mezzo
o
le
due
e
mezzo
circa
.
C
è
ressa
e
non
posso
guardare
l
orologio
.
I
bersaglieri
allineati
hanno
sempre
il
fucile
col
calcio
in
terra
.
Ma
sono
lì
sull
attenti
,
in
attesa
di
un
ordine
.
Ecco
il
terrore
.
I
soldati
hanno
come
ricevuto
un
ordine
.
Si
impallidisce
,
siamo
tutti
stravolti
.
Quelli
in
prima
fila
si
rovesciano
sugli
altri
alla
schiena
come
indemoniati
.
Fermi
tutti
!
urla
Maresti
con
il
suo
vocione
,
credendo
di
riuscire
a
sedare
il
panico
e
a
trattenere
compatta
la
diga
.
Ma
la
diga
è
rotta
dalla
punta
della
baionetta
.
La
gente
si
rovescia
per
via
Orefici
e
scappa
,
sparpagliata
.
Le
donne
gridano
e
alcune
si
rifugiano
negli
edifici
che
hanno
chiusi
i
portoni
.
Non
si
capisce
più
niente
.
Gli
uni
rincorrono
gli
altri
senza
sapere
il
perché
della
fuga
generale
.
Io
arrivo
all
angolo
di
piazza
Mercanti
trafelato
.
Mi
pare
di
aver
veduto
la
morte
,
di
aver
udito
dei
rantoli
,
di
essere
passato
attraverso
un
fiat
spaventoso
.
Uomini
e
donne
si
voltano
indietro
biancastri
,
con
gli
occhi
spiritati
dalla
corsa
e
con
la
bocca
che
dice
e
ripete
:
Che
paura
,
oh
che
paura
,
madonna
santa
!
Passato
lo
stordimento
mi
risovvengo
d
aver
veduto
,
proprio
nell
ultimo
momento
,
Bava
Beccaris
a
cavallo
,
dietro
i
bersaglieri
,
che
dava
ordini
all
ufficiale
che
lo
seguiva
con
un
trombettiere
a
cavallo
.
Era
proprio
Bava
Beccaris
?
A
me
parve
lui
.
La
gente
puntava
col
dito
e
lo
additava
col
nome
.
A
ogni
modo
era
il
generale
,
che
stava
per
iniziare
il
massacro
.
Come
avviene
sempre
nei
tumulti
,
non
appena
i
soldati
sono
ritornati
al
loro
posto
,
gli
scappati
si
radunano
a
poco
a
poco
allo
stesso
luogo
,
credendo
che
l
ordine
di
andarsene
non
sia
imperativo
.
Ma
l
illusione
non
dura
molto
.
-
Indietro
!
Indietro
!
Il
nostro
posto
è
preso
un
altra
volta
dai
soldati
con
la
baionetta
piegata
verso
il
sedere
delle
persone
che
cercano
di
distrigarsi
dalla
ressa
.
La
gente
perde
la
testa
.
Tutte
le
porte
della
via
Orefici
si
chiudono
con
gli
inquilini
determinati
a
non
aprire
.
Così
non
c
è
più
scampo
.
Crudeli
!
A
noi
,
in
mezzo
la
strada
,
non
resta
più
che
combattere
o
lasciarci
sorprendere
dalle
scariche
.
Combattere
?
con
che
cosa
?
Tutte
le
finestre
hanno
le
imposte
chiuse
.
Molte
donne
gridano
come
scalmanate
,
svengono
,
cadono
con
dei
gesummaria
!
Io
non
ho
ancora
capito
bene
il
perché
dello
scompiglio
.
Ecco
,
la
punizione
è
incominciata
.
Non
ho
ancora
fatto
quattro
passi
e
siamo
perduti
.
Le
scariche
sono
nell
aria
.
Odo
le
fucilate
.
Si
tira
,
si
tira
sul
popolo
.
Un
altra
scarica
.
Sull
angolo
di
via
Ratti
mi
volto
mettendo
fuori
la
testa
.
È
una
nube
bianca
che
mi
nasconde
tutto
ciò
che
c
è
di
visibile
in
piazza
.
Pare
che
i
soldati
vengano
verso
la
via
Orefici
.
Vedo
indubbiamente
dei
monturati
in
atteggiamento
di
far
fuoco
.
Mi
pare
di
aver
udito
un
altra
scarica
.
I
fuggiti
si
sono
dispersi
in
direzione
della
via
Dante
o
sono
scomparsi
dall
arco
della
piazza
Mercanti
,
o
sono
gli
uni
sulle
calcagna
degli
altri
,
per
la
via
Ratti
,
per
la
via
Spadari
,
per
la
via
della
Rosa
,
per
piazza
della
Rosa
,
per
la
via
Ambrosiana
,
per
la
via
delle
Asole
e
per
piazza
S
.
Sepolcro
.
Il
terrore
è
indicibile
,
le
donne
sbalordite
,
scolorate
,
disfatte
,
trascinano
gli
uomini
ostinati
con
la
voce
della
disperazione
,
e
gli
uomini
sembrano
allucinati
.
Hanno
gli
occhi
fuori
dell
orbita
,
la
faccia
cadaverica
e
sembrano
intontiti
e
incapaci
di
riprendere
il
passo
.
Lo
sgomento
mi
impedisce
di
muovermi
.
Mi
avvio
.
In
via
Spadari
trovo
il
delirio
.
Si
capisce
che
il
fuoco
è
avvenuto
in
via
Torino
o
che
le
scariche
sono
state
fatte
in
quella
direzione
.
Tutta
la
folla
viene
verso
di
noi
.
Arriva
ansante
,
esterefatta
,
con
esclamazioni
che
lasciano
indovinare
il
dramma
.
Qualche
donna
o
qualche
uomo
sembra
impazzito
:
Gesticola
e
piange
.
Intanto
che
si
corre
,
guardo
.
La
casa
tollerata
è
chiusa
.
Tutte
le
porte
e
non
poche
finestre
sono
chiuse
,
la
farmacia
Tenca
,
sull
angolo
di
via
della
Rosa
,
è
chiusa
.
Si
sente
un
altra
fucilata
.
Qualcuno
giunge
con
la
notizia
che
il
popolo
si
difende
,
ma
nessuno
gli
crede
.
Come
?
Egli
non
sa
rispondere
:
certo
è
che
la
gente
continua
a
venire
alla
nostra
volta
come
se
fosse
inseguita
.
Ho
perduto
Maresti
,
ma
rivedo
il
suo
cappello
nero
che
torreggia
sulla
calca
.
Un
altro
scompiglio
.
La
moltitudine
che
viene
dalla
via
Torino
non
conserva
più
nulla
della
dignità
umana
.
L
orgoglio
personale
è
naufragato
.
Tutti
corrono
,
corrono
,
corrono
e
poi
si
fermano
come
soffocati
,
incominciando
le
parole
senza
finirle
,
tirando
su
il
grembiule
per
asciugarsi
gli
occhi
,
mettendo
le
mani
alla
fronte
con
accenti
disperati
,
restando
lì
istupiditi
,
insensati
,
pallidi
come
la
morte
,
senza
riuscire
a
riaversi
.
Che
cosa
avviene
?
Nessuno
parla
,
nessuno
sa
spiegarsi
,
nessuno
sa
raccontare
che
cosa
sia
avvenuto
.
Parlate
,
in
nome
del
vostro
dio
!
-
Largo
!
Largo
!
Indietro
!
Indietro
!
via
!
via
!
E
tutti
sono
ripresi
dalla
vertigine
della
corsa
e
tutti
corrono
e
corrono
,
andando
gli
uni
sui
piedi
degli
altri
,
spingendo
,
sgomitando
,
rovesciando
,
passando
sui
corpi
dei
caduti
senza
ascoltare
le
grida
,
andando
innanzi
come
tanti
ciechi
,
come
tanti
pazzi
.
-
Largo
!
Largo
!
Indietro
!
Indietro
!
via
!
via
!
Credevamo
che
fosse
la
folla
dei
soldati
che
spazzasse
la
via
.
Invece
sono
i
primi
feriti
sulle
braccia
del
popolo
,
raccolti
dal
popolo
,
portati
via
dal
luogo
micidiale
dal
popolo
.
I
primi
due
caduti
che
veggo
hanno
l
aria
di
operai
.
l
uno
è
abbandonato
di
peso
sulle
braccia
di
due
che
lo
sorreggono
e
sfiorano
le
labbra
smorte
,
gli
occhi
che
incominciano
a
chiudersi
,
la
pelle
del
volto
che
scolorisce
e
assume
un
non
so
che
di
diafano
.
L
altro
ha
il
viso
cosparso
di
sangue
e
si
dice
che
sia
pure
ferito
al
ventre
o
alle
gambe
.
Il
disgraziato
non
parla
.
Ha
le
braccia
abbandonate
sulle
spalle
di
uno
dei
due
che
lo
portano
,
e
le
gambe
penzoloni
.
Egli
è
come
seduto
.
Diventa
paonazzo
.
Chi
è
?
Come
si
chiama
?
Nessuno
lo
conosce
.
Il
piombo
lo
ha
fatto
stramazzare
.
Non
si
ha
tempo
di
intenerire
per
alcuno
.
Un
ferito
è
seguito
da
un
altro
.
È
una
ragazza
che
giunge
col
grembiule
in
una
sola
macchia
di
sangue
.
La
si
circonda
.
Pare
uscita
da
un
macello
.
la
si
crede
sventrata
.
È
abbattuta
,
piange
,
risponde
coi
singhiozzi
.
Finalmente
ci
toglie
l
oppressione
raccontandoci
che
tutto
il
sangue
del
grembiule
è
di
un
ragazzo
caduto
durante
il
primo
parapiglia
.
Il
poveretto
era
come
scallottato
.
Non
ha
potuto
passare
senza
raccoglierlo
.
Poi
glielo
hanno
portato
via
.
Tre
,
quattro
,
dieci
mani
se
ne
sono
impadronite
.
Tutti
i
momenti
arrivano
persone
in
fuga
.
Si
grida
:
alla
farmacia
!
alla
farmacia
!
È
un
mucchio
di
gente
intorno
a
un
ferito
o
morto
che
sia
,
e
si
grida
:
alla
farmacia
!
alla
farmacia
!
E
i
portatori
si
rivolgono
verso
la
farmacia
Tenca
e
l
ondata
nera
che
incominciava
a
incavallarsi
o
a
sovrapporsi
si
avvia
rapidamente
verso
lo
stesso
punto
.
La
bottega
chiusa
è
come
presa
d
assalto
.
Si
picchia
coi
piedi
,
con
le
mani
,
coi
bastoni
.
Si
prega
,
si
supplica
:
aprite
in
nome
del
cielo
!
Ci
sono
dei
feriti
,
aprite
!
Tutte
le
modulazioni
di
voce
non
commuovono
lo
speziale
.
Il
popolo
perde
la
pazienza
e
si
serve
delle
spalle
.
Aprite
,
abbiate
pietà
della
povera
gente
!
La
spallata
di
un
giovane
tarchiato
ne
fa
tremare
,
scricchiolare
le
ante
.
Largo
!
si
grida
.
Non
si
vuol
aprire
e
la
si
sfonda
.
E
dopo
una
spallata
,
un
altra
e
un
altra
ancora
,
tutte
accompagnate
da
maledizioni
e
da
grida
di
speranze
a
ogni
piegatura
.
Ma
le
ante
resistono
.
Nessuno
risponde
.
L
esasperazione
diventa
generale
.
Il
farmacista
crudele
è
chiamato
con
tutti
i
nomi
del
vocabolario
della
vigliaccheria
.
Silenzio
!
Udite
!
Qualcuno
viene
:
si
respira
.
Siamo
salvi
.
Attenti
,
ecco
si
apre
l
usciuolo
.
Fate
presto
,
ci
sono
feriti
,
per
amor
di
Dio
!
L
usciuolo
si
richiude
come
uno
schiaffo
.
Si
aspetta
a
prorompere
.
Si
crede
che
l
abbia
chiuso
per
spalancare
la
bottega
.
Si
aspetta
con
trepidazione
.
Coloro
che
hanno
sulle
braccia
i
feriti
grondano
sudore
.
Non
ne
possono
più
.
Si
mette
l
orecchio
alla
bottega
.
Nessun
fracasso
.
Dopo
due
minuti
di
ansia
la
folla
si
scarica
.
Gli
improperii
si
succedono
agli
improperii
.
Si
tendono
i
pugni
,
si
guarda
in
aria
,
si
ha
ancora
una
parvenza
di
speranza
,
ma
la
bottega
rimane
chiusa
.
Oh
!
la
vita
degli
uomini
!
Dunque
un
farmacista
non
è
obbligato
,
in
momenti
come
questi
,
di
aprire
e
soccorrere
chi
muore
,
chi
è
sorpreso
dagli
accidenti
della
strada
?
Ora
non
è
tempo
di
considerazione
.
Registro
il
delitto
per
ricordarmene
e
filo
.
Più
tardi
.
La
cosa
più
strana
di
questo
momento
tragico
è
il
pubblico
.
Il
pubblico
pare
reduce
da
una
corsa
affannosa
o
esca
da
un
sogno
.
È
come
trasecolato
.
È
per
le
strade
come
un
punto
interrogativo
.
La
sua
mente
è
confusa
,
le
sue
idee
sono
ingarbugliate
,
la
sua
lingua
è
in
moto
automaticamente
.
Ascolto
parole
slegate
,
affastellate
,
turbolente
.
Mi
trovo
faccia
a
faccia
con
degli
esaltati
,
mi
fermo
con
donne
e
uomini
che
hanno
perduto
la
memoria
di
ciò
che
è
avvenuto
.
Sono
lì
istupiditi
,
con
le
mani
in
mano
,
con
gli
occhi
imbambolati
,
come
se
aspettassero
o
cercassero
qualche
cosa
.
Che
cosa
avete
udito
,
che
cosa
avete
veduto
,
cosa
vi
hanno
fatto
?
Mi
si
lascia
pensare
quello
che
voglio
.
Non
riesco
a
cavar
loro
di
bocca
un
ette
.
Vado
innanzi
verso
la
parte
che
lambisce
via
Torino
.
C
è
folla
.
Vedo
che
svoltano
in
via
Spadari
altri
feriti
portati
a
braccia
e
altri
sorpresi
o
febbricitanti
o
esaltati
che
vanno
dalla
parte
opposta
con
esclamazioni
d
orrore
.
Raccolgo
un
episodio
.
Una
moglie
vede
il
marito
sorretto
da
tre
o
quattro
persone
,
scoppia
con
un
oh
Dio
,
e
sviene
!
Il
marito
non
è
che
malconcio
da
qualche
piede
che
gli
è
passato
sopra
durante
una
delle
scariche
.
Le
gelosie
della
casa
delle
perdute
in
fine
della
via
sono
semichiuse
e
si
vedono
le
donne
coi
gomiti
ai
davanzali
e
gli
occhi
nella
parte
dischiusa
a
curiosare
con
la
sigaretta
in
bocca
.
Neanche
la
sollevazione
riesce
a
far
loro
dimenticare
il
mestiere
.
Accidenti
alla
carnaccia
postribolare
!
La
sventura
cittadina
è
diffusa
.
Milano
sta
per
diventare
un
immensa
cassa
da
morto
,
un
gigantesco
serbatoio
di
sangue
.
È
un
giovane
che
passa
portato
da
quattro
uomini
.
La
sua
testa
segna
i
movimenti
dei
portatori
.
Le
braccia
sono
senza
vita
.
È
terreo
,
stralunato
,
con
la
bocca
appassita
come
in
un
atmosfera
ardente
.
Non
c
è
sangue
,
ha
il
panciotto
slacciato
e
la
camicia
macchiata
di
rosso
all
ombelico
.
Lo
si
lascia
passare
senza
ventate
di
collera
.
Non
si
ode
che
qualche
espressione
di
dolore
.
O
Bava
Beccaris
ha
succhiato
tutto
il
coraggio
milanese
,
riducendo
i
cittadini
a
dei
Giovanni
Bongé
,
o
il
pubblico
incomincia
ad
abituarsi
alla
strage
.
Gli
uomini
non
sono
più
uomini
.
Il
fucile
è
il
sovrano
,
è
il
padrone
della
nostra
vita
.
Uno
scappa
e
tutti
si
danno
alla
fuga
.
Un
semplice
grido
infuria
tutte
le
gambe
.
Nessuno
combatte
,
nessuno
vuol
combattere
.
Le
gocce
e
le
chiazze
disperse
per
via
Spadari
,
segnano
il
passaggio
delle
vittime
.
Il
sangue
coagulato
sui
marciapiedi
inorridisce
.
I
sassi
dinnanzi
l
osteria
riassumono
una
salassata
.
Pare
una
piazza
rossastra
.
Chi
passa
rabbrividisce
.
Mi
sovvengo
che
abbiamo
dei
deputati
.
E
gli
onorevoli
e
i
nostri
uomini
di
parata
,
dove
sono
?
cosa
fanno
?
I
nostri
deputati
non
sono
dei
Baudin
.
I
Baudin
sono
dell
eroismo
storico
o
vecchio
.
Non
sono
più
di
moda
.
Loro
morivano
.
I
nostri
vogliono
vivere
.
Questa
mattina
uno
di
loro
mi
diceva
che
l
asilo
più
sicuro
per
gli
uomini
in
«
vista
»
è
il
cellulare
.
Tanta
prudenza
in
un
parlamentare
della
montagna
mi
ha
costernato
.
Dell
altro
panico
.
Chi
ha
diffuso
lo
spavento
?
Si
è
udito
o
ci
è
parso
di
udire
una
voce
e
ci
siamo
mossi
tutti
,
alla
rinfusa
a
correre
.
Più
di
tre
quarti
della
via
sono
rimasti
vuoti
.
È
come
se
fossimo
stati
cacciati
in
fondo
da
un
irruzione
di
vento
infiammato
.
Ci
siamo
trovati
ammucchiati
,
sudati
,
tremanti
,
senza
saperne
la
ragione
.
Vedo
un
ferito
in
piazza
della
Rosa
e
seguo
coloro
che
lo
portano
.
Ha
una
palla
nella
gamba
.
Il
suo
passaggio
fa
chiudere
l
ultima
porta
che
poteva
ospitare
i
fuggenti
.
È
quella
dove
è
il
cicchettaio
dello
scotum
.
I
portatori
vanno
innanzi
col
passo
cadenzato
degli
uomini
di
fatica
con
un
peso
enorme
sulle
braccia
.
Il
ferito
soffre
,
si
lamenta
e
vorrebbe
muoversi
,
ma
il
dolore
lo
tiene
inchiodato
dove
si
trova
.
In
certi
momenti
di
spasimo
la
sua
faccia
dimagrata
ha
delle
contrazioni
.
Svoltano
alla
via
Ambrosiana
e
si
fermano
alla
prima
porticina
senza
numero
.
Picchiano
,
chiamano
,
si
apre
.
È
l
entrata
di
fianco
dell
osteria
sull
angolo
con
la
facciata
in
piazza
della
Rosa
.
Non
ho
che
il
tempo
di
darvi
un
occhiata
.
È
una
stanza
buia
con
un
tinone
in
un
angolo
della
parete
,
un
tavolo
in
mezzo
e
degli
uomini
in
piedi
.
Il
ferito
è
accolto
con
gridi
soffocati
.
Faccio
per
entrare
,
mi
si
respinge
e
l
uscio
si
chiude
.
Per
un
minuto
rimango
sotto
la
finestra
e
ascolto
il
sussurro
delle
voci
sommesse
,
spaventate
della
gente
che
si
è
salvata
nel
retrobottega
.
La
mia
memoria
funziona
male
.
Non
mi
ricordo
dove
ho
salutato
Maresti
.
Mi
pare
che
fosse
qui
con
me
,
perché
ho
per
i
timpani
la
sua
voce
con
gli
addii
.
Ma
ora
mi
ricordo
.
È
svoltato
.
Lo
vedo
ancora
.
Non
potendo
prendere
la
direzione
della
via
Unione
,
si
è
avviato
per
S
.
Sepolcro
,
ha
scantonato
,
si
è
trovato
in
Santa
Maria
Fulcorina
e
si
è
allontanato
dal
teatro
delle
operazioni
militari
perché
la
vedeva
brutta
.
Il
pensiero
mi
urta
,
m
incalza
,
mi
spinge
in
piazza
del
Duomo
,
da
dove
viene
come
un
silenzio
di
morte
,
e
m
incammino
,
rasente
il
muro
,
verso
le
Asole
.
All
imbocco
trovo
il
genio
del
momento
,
un
eroe
delle
perturbazioni
sociali
,
uno
di
quegli
uomini
che
sprecano
la
vita
in
un
attimo
senza
domandarne
il
prezzo
.
Pare
un
personaggio
da
romanzo
.
È
un
uomo
di
trentacinque
anni
,
forte
come
un
torello
.
Sulla
sua
faccia
è
la
determinazione
.
La
sua
voce
è
la
voce
dell
insorto
.
È
una
voce
che
fa
chiudere
tutte
le
finestre
,
tutte
le
botteghe
,
tutte
le
porte
.
I
passanti
hanno
paura
di
lui
e
ritornano
indietro
.
Egli
incomincia
buttando
la
giacca
vicino
alla
panca
dei
facchini
e
rimboccandosi
le
maniche
.
Si
sentono
gli
echi
delle
fucilate
.
Intanto
che
egli
si
snuda
le
braccia
va
in
su
e
in
giù
,
gridando
e
supplicando
gli
abitanti
di
buttargli
giù
le
masserizie
.
È
un
poeta
del
selciato
.
-
Buttate
giù
la
mobilia
,
i
materassi
,
buttate
giù
tutto
per
la
barricata
!
La
sua
audacia
mi
sbalordisce
.
È
il
primo
uomo
che
si
rivolta
contro
il
Magnan
delle
nostre
vie
.
Pare
una
sfida
ambulante
.
È
lui
che
inizia
il
duello
col
generale
che
uccide
.
La
sua
incoscienza
ha
del
grottesco
e
del
sublime
.
Nessuno
gli
presta
mano
.
Egli
ingiuria
i
fuggiaschi
:
vigliacchi
!
Ma
i
vigliacchi
non
si
voltano
indietro
.
Io
ascolto
l
improperio
che
m
incendia
la
faccia
,
ma
non
abbandono
il
muro
di
riparo
che
mi
permette
di
mettere
gli
occhi
,
quando
voglio
,
nella
via
delle
Asole
.
-
Vigliacchi
!
Vedo
in
via
Torino
come
un
polverio
bianco
e
ho
per
le
nari
un
odore
di
fucilate
.
L
uomo
del
popolo
s
impadronisce
dello
spazio
che
l
attraversa
dal
margine
di
via
delle
Asole
ai
margini
di
via
dell
Unione
con
la
panca
dei
facchini
che
stanzionano
sotto
le
finestre
dell
albergo
del
Pozzo
.
Dalla
via
dell
Unione
viene
un
carro
a
due
ruote
carico
di
pietre
.
L
eroe
ne
stacca
il
cavallo
che
manda
via
col
carrettiere
e
da
solo
,
con
la
spalla
alla
ruota
e
le
mani
ai
raggi
della
ruota
,
lo
rovescia
e
lo
gira
vuoto
,
lasciandone
le
stanghe
verso
le
Asole
.
Poi
lo
protegge
colle
pietre
,
senza
badare
che
là
in
fondo
,
verso
piazza
del
Duomo
,
è
ancora
schierata
la
fanteria
che
ha
fatto
un
fuoco
micidiale
.
Io
mi
avvicino
all
estremità
della
via
trasversale
e
lo
ammiro
estatico
.
-
Vigliacco
,
alla
barricata
!
Ha
ragione
.
Dinanzi
a
lui
siamo
tutte
creature
di
gesso
.
Egli
scrive
da
solo
una
pagina
indimenticabile
.
In
quel
simulacro
di
barricata
è
la
protesta
,
la
furia
,
la
rivolta
del
popolo
.
È
la
violenza
contro
la
violenza
;
la
forza
contro
la
forza
.
Mentre
assisto
a
tanto
sacrificio
io
mi
limito
a
far
delle
note
,
riparato
nella
rientratura
dell
albergo
del
Pozzo
,
senza
accorgermi
che
registro
la
mia
vigliaccheria
.
Il
giudice
istruttore
del
massacro
è
inutile
quando
si
muore
.
Tuttavia
continuo
.
Io
mi
sono
dato
il
compito
di
registrare
tutto
e
salto
dall
altra
parte
,
dove
è
la
trattoria
della
Candidezza
in
argine
alla
via
dell
Unione
,
luogo
che
mi
dà
modo
di
occhieggiare
da
una
parte
e
dall
altra
lungo
via
Torino
.
Il
popolano
,
l
eroe
della
barricata
,
è
ritornato
in
via
delle
Asole
per
compiere
il
suo
capolavoro
.
Egli
è
alla
ricerca
di
seggiole
,
di
imposte
,
di
tavoli
,
di
bauli
,
di
madie
,
di
credenze
,
di
letti
,
di
armadi
.
Vuota
le
abitazioni
.
Se
non
volete
dare
la
vita
sacrificate
almeno
le
masserizie
.
Giù
,
giù
tutto
!
Domani
la
libertà
vi
ripagherà
a
mille
doppi
il
miserabile
costo
delle
suppellettili
!
Lo
sconosciuto
strepita
presso
le
botteghe
e
le
porte
con
una
pietra
tolta
dalla
barricata
e
passa
e
ripassa
in
mezzo
alla
via
con
la
faccia
in
alto
,
con
le
braccia
spalancate
a
domandare
dappertutto
la
pietà
di
un
mobile
qualunque
per
la
barricata
.
Nessuno
apre
la
finestra
,
nessuna
bottega
si
schiude
,
nessuno
risponde
al
suo
invito
.
Egli
non
si
stanca
,
egli
non
è
preso
dal
panico
della
gente
che
si
salva
da
tutte
le
parti
;
egli
va
a
riprendere
la
panca
,
sale
e
comincia
a
staccare
le
imposte
dell
albergo
del
Pozzo
.
Gli
aiuti
vengono
.
Dall
ultima
finestra
di
una
casupola
a
destra
viene
precipitato
un
pagliericcio
che
gli
fa
battere
le
mani
.
È
sempre
la
povera
gente
che
si
commuove
.
La
barricata
rimane
una
povera
barricata
.
Essa
non
può
proteggere
che
qualche
individuo
in
terra
supino
o
a
boccone
.
Non
è
che
a
Parigi
che
si
formano
alte
quattro
o
cinque
piani
e
larghe
come
le
vie
.
La
mia
attenzione
è
distratta
da
due
nuovi
personaggi
che
sbucano
dalla
via
Sant
Alessandro
e
vengono
alla
mia
volta
rasente
gli
edifici
.
Si
fermano
a
un
negozio
chiuso
.
Non
riesco
subito
a
capire
che
cosa
stiano
facendo
,
perché
si
piegano
,
si
alzano
come
se
stessero
facendo
sforzi
erculei
.
Ho
udito
un
altra
scarica
e
l
aria
calda
che
si
è
levata
dal
suolo
mi
è
passata
sul
volto
e
mi
ha
ghiacciato
il
sangue
.
I
due
che
lavoravano
alla
bottega
chiusa
non
si
sono
neppur
mossi
.
Tutta
la
loro
precauzione
è
stata
di
premersi
all
insenatura
della
bottega
per
evitare
la
sfuriata
delle
palle
.
È
stata
una
scarica
di
fucili
?
Noi
siamo
tutti
sovreccitati
.
Noi
distinguiamo
la
cannonata
dalle
fucilate
collettive
.
Siamo
qui
in
parecchi
,
lividi
dalla
paura
.
Di
tanto
in
tanto
ci
voltiamo
indietro
per
non
essere
sorpresi
alle
spalle
dai
soldati
che
venissero
dalla
via
del
Falcone
.
La
barricata
migliora
ma
non
ha
nulla
ancora
della
costruzione
di
difesa
.
I
due
alla
bottega
staccano
uno
dei
coperchi
di
legno
alle
alte
vetrine
di
fianco
con
un
crac
!
crac
!
Le
loro
mani
sono
di
ferro
.
Se
le
ante
non
cedono
,
schiantano
.
Giungono
una
signora
e
una
bambina
spaventate
.
Vorrebbero
passare
dall
altra
parte
per
rincasare
.
Io
le
spavento
.
Faccio
loro
una
questione
di
vita
o
di
morte
.
La
madre
è
ansiosa
di
arrivare
a
casa
per
aver
notizie
del
marito
che
non
sa
dove
sia
.
Ma
io
le
dico
se
preferisce
rivederlo
più
tardi
o
arrischiare
di
rimanere
nella
strada
,
magari
morta
con
la
figlia
.
Ritorna
indietro
,
verso
Porta
Romana
.
La
barricata
non
arriva
a
toccare
i
due
punti
opposti
,
vi
si
passa
a
destra
e
a
sinistra
.
È
assolutamente
primitiva
,
ma
l
eroe
non
può
tramutarsi
in
un
carrozzone
.
Ah
,
se
ci
fossero
ancora
gli
omnibus
!
Parevano
fatti
a
posta
.
Le
finestruole
avrebbero
servito
da
feritoie
,
da
merli
,
dietro
i
quali
i
barricatisti
avrebbero
potuto
continuare
il
fuoco
...
Ohimè
!
I
lavoratori
alle
botteghe
si
moltiplicano
,
Con
le
punte
delle
aste
strappate
alle
botteghe
,
rompono
le
vetrine
e
le
bacheche
.
Alcuni
rubano
.
Si
mettono
nel
seno
camicie
,
fazzoletti
,
cravatte
,
gingilli
di
similoro
.
Lo
ha
detto
anche
Maupas
.
Le
sommosse
,
i
combattenti
di
strada
,
le
insurrezioni
chiamano
alla
superficie
i
bisognisti
,
gli
affamati
,
la
plebe
che
vive
come
vive
,
i
poveri
diavoli
che
crescono
fra
un
furto
e
l
altro
.
Le
tribolazioni
cittadine
danno
loro
un
po
d
abbondanza
.
Ma
con
che
rischio
s
imbottiscono
della
roba
rubata
!
Vedete
,
si
spara
e
loro
continuano
a
far
bottino
!
Alcuni
vogliono
migliorare
la
barricata
con
la
reclame
alle
muraglie
.
Le
lastre
di
ferro
sembrano
di
pasta
frolla
.
Le
schiodano
con
una
facilità
maravigliosa
.
Le
strappano
,
le
alzano
,
si
staccano
e
passano
tra
le
mani
di
coloro
che
le
portano
alla
barricata
.
Le
saracinesche
venivano
frantumate
.
Si
va
sui
tetti
.
È
l
irritazione
che
entra
in
scena
.
Le
fucilate
hanno
preparato
il
combustibile
nei
cervelli
e
i
morti
e
i
feriti
gli
danno
il
fuoco
.
Vedo
in
lontananza
gente
che
sfonda
gli
sportelli
dei
portoni
e
sale
a
frotte
.
È
ritornato
il
48
.
Il
tipo
di
Carlo
Porta
è
una
fantasticheria
.
Il
coraggio
è
ritornato
.
C
è
gara
per
la
morte
.
Giovani
e
maturi
si
contendono
l
entrata
.
Pochi
minuti
dopo
mi
valgo
dell
attimo
di
tregua
per
lasciare
il
mio
posto
di
vedetta
e
avviarmi
alla
lesta
verso
piazza
del
Duomo
,
addossandomi
alle
botteghe
,
dietro
le
quali
e
sopra
le
quali
si
svolge
indubbiamente
il
dramma
della
paura
,
della
gente
intanata
,
degli
uomini
che
si
aggruppano
e
si
abbracciano
come
nei
momenti
supremi
.
Le
mie
gambe
sembrano
consapevoli
del
pericolo
.
Vanno
innanzi
a
stento
come
se
fossero
cariche
di
piombo
.
Capisco
di
essere
in
combustione
.
La
mia
pelle
brucia
.
I
polsi
e
le
tempia
mi
scottano
.
Pure
metto
un
piede
dopo
l
altro
sul
marciapiedi
incandescente
e
tiro
via
,
sempre
in
direzione
della
strage
,
tenendomi
rasente
alle
botteghe
e
alle
muraglie
,
coi
nervi
tutti
agitati
,
col
cuore
che
pulsa
con
veemenza
.
Più
di
una
voce
intima
mi
incalza
di
ritornare
sulla
strada
fatta
e
non
mi
volto
indietro
per
lo
sbigottimento
.
Ho
l
idea
fissa
che
voltando
la
schiena
si
ecciti
il
soldato
a
far
fuoco
.
I
miei
occhi
traballano
,
vedono
doppio
,
travedono
.
Il
cambiamento
dei
soldati
che
hanno
fatto
fuoco
,
con
altri
soldati
,
mi
diventa
un
esercito
in
confusione
.
Più
mi
avvicino
verso
la
linea
militare
che
blocca
il
passo
e
più
io
non
sono
più
io
.
Sono
sottosopra
.
Passo
attraverso
emozioni
che
non
ho
mai
provato
.
Ora
è
un
ondata
fredda
che
mi
va
dal
dorso
alle
gambe
,
e
ora
mi
pare
il
trasudare
come
in
un
bagno
turco
.
Il
dramma
che
si
svolge
negli
appartamenti
delle
case
che
fiancheggio
mi
si
rinnova
nella
testa
e
la
commozione
mi
riprende
.
Ne
odo
il
trambusto
,
la
disperazione
,
i
gemiti
,
le
parole
monche
che
spariscono
e
ricacciano
in
gola
le
grida
che
vorrebbero
esplodere
.
Vedo
famiglie
intere
curve
,
con
le
orecchie
tese
,
con
le
mani
nel
vuoto
che
misurano
a
tutti
la
respirazione
e
impongono
ai
più
sovreccitati
di
padroneggiarsi
.
Il
cambiamento
dei
soldati
è
un
movimento
di
precauzione
.
Il
generale
Del
Majno
...
È
il
Del
Majno
?
No
,
no
,
ci
vedo
bene
adesso
.
È
Bava
Beccaris
.
Lo
vedo
come
in
una
fotografia
.
Ci
potrà
essere
anche
il
Del
Majno
sotto
i
suoi
ordini
.
Ma
quello
che
ha
ordinato
di
far
fuoco
,
di
compiere
la
strage
è
Bava
Beccaris
.
Anche
se
non
lo
si
vede
lo
si
sente
.
Il
suo
nome
è
nell
aria
.
È
lui
,
è
proprio
lui
.
Ah
,
se
potessi
averlo
nelle
mani
!
Bava
Beccaris
in
questo
momento
è
orribile
.
La
sua
faccia
è
una
ditta
patibolare
.
È
una
faccia
carnosa
.
I
suoi
baffoni
grigi
con
il
mento
tutto
coperto
dello
stesso
colore
dei
baffi
,
rammentano
la
figura
di
Napoleone
III
.
Egli
intuisce
,
fiuta
nell
aria
il
mormorio
sordo
del
popolo
contenuto
alle
imboccature
,
il
quale
aspetta
un
gesto
,
una
parola
,
un
grido
per
prorompere
,
straripare
,
invadere
la
piazza
e
travolgere
tutti
nel
sangue
della
guerra
civile
.
Forse
è
una
mia
supposizione
...
Forse
nessuno
si
muove
neanche
se
frustato
dallo
scudiscio
.
C
è
qui
una
donna
del
selciato
...
È
inutile
,
non
posso
servirmi
dell
eufemismo
neppure
quando
si
tratta
di
un
eroina
.
C
è
qui
una
perduta
che
ha
compiuto
un
atto
così
eroico
che
basta
da
sè
solo
a
incendiare
i
cervelli
di
entusiasmo
.
I
soldati
del
47°
fanteria
avevano
ancora
i
fucili
della
scarica
spianati
.
La
stradaiuola
,
rimasta
in
piedi
,
raccolse
un
sasso
dal
suolo
sterrato
e
andò
,
armata
del
proiettile
di
Balilla
,
come
una
furia
sul
muso
dell
ufficiale
per
romperglielo
.
-
Vigliacchi
!
disse
con
uno
scotimento
di
testa
e
in
atto
di
scagliare
la
sassata
.
L
ufficiale
,
bianco
di
terrore
,
rimase
nell
atteggiamento
arcigno
di
chi
ha
compiuto
un
atto
feroce
ed
è
pronto
a
ripeterlo
.
Non
si
mosse
,
non
ebbe
una
parola
,
lasciò
la
punta
della
spada
nel
terriccio
.
Se
un
giorno
avrò
modo
di
farmi
ascoltare
dai
miei
concittadini
,
inizierò
una
sottoscrizione
per
te
,
o
donna
.
Tu
sì
che
hai
avuto
del
coraggio
,
del
coraggio
impulsivo
,
se
vuoi
,
ma
del
coraggio
,
accidenti
!
In
battaglia
sono
gli
impulsivi
che
compiono
i
prodigi
.
Tu
non
ti
sei
consultata
.
Tu
ti
sei
abbandonata
ai
tuoi
nervi
e
i
tuoi
nervi
ti
hanno
precipitata
sul
sasso
e
scaraventata
sul
militare
che
convertiva
le
vie
e
le
piazze
in
campi
di
rovine
e
di
sciagure
umane
.
Ti
vedo
ancora
bella
come
una
dea
,
circonfusa
in
un
aureola
di
gloria
,
con
le
trecce
dei
capelli
biondi
quasi
sfatte
,
con
la
faccia
imporporata
di
salute
,
col
seno
che
ansa
dinanzi
le
bocche
di
fuoco
,
col
pugno
teso
che
stringe
il
proiettile
della
vendetta
popolare
.
In
un
momento
di
fuga
generale
ti
sei
elevato
un
monumento
.
Ma
per
la
nostra
società
non
sei
monumentabile
.
Tu
non
sei
che
un
ordigno
di
sfogo
.
Passata
la
commozione
cittadina
e
il
trambusto
della
legge
eccezionale
che
impera
sulla
legge
generale
,
passeggerai
ancora
dalle
due
alle
quattro
di
ogni
pomeriggio
per
i
portici
della
Galleria
in
cerca
di
uomini
(
)
.
Giù
dal
marciapiede
,
dinanzi
le
botteghe
del
Rituali
,
c
è
una
pioggia
di
copricapi
.
Rappresentano
la
sorpresa
,
lo
scompiglio
,
lo
sbigottimento
,
il
terrore
.
È
una
tragedia
senza
sangue
.
Non
c
è
nessuno
e
spaventano
e
fanno
correre
mentalmente
dietro
i
loro
proprietari
.
Saranno
morti
,
saranno
vivi
?
Sono
una
quarantina
di
cappelli
e
berretti
di
tutte
le
fogge
e
di
tutti
i
colori
.
C
è
il
cappello
floscio
,
disorlato
,
gualcito
,
con
dei
buchi
.
C
è
il
cappello
duro
,
ammaccato
,
impolverato
,
infangato
.
C
è
il
cappello
femminile
coi
fiori
appassiti
,
con
l
ala
che
ha
subito
lo
strappo
e
la
furia
del
momento
.
C
è
il
berretto
negro
,
piegato
su
se
stesso
come
un
morto
.
Sul
marciapiede
la
scena
intetra
e
si
completa
.
Le
pietre
sono
insanguinate
.
Ci
sono
corpi
immobili
.
Nessuno
si
muove
,
nessuno
fiata
.
Alcuni
sono
bocconi
con
le
braccia
larghe
,
con
le
mani
piatte
,
con
le
gambe
contorte
l
una
sull
altra
.
Altri
sono
supini
,
con
gli
occhi
chiusi
,
con
le
guance
e
le
labbra
dissanguate
,
coi
capelli
abbaruffati
come
in
una
zuffa
,
coi
piedi
da
tutte
le
parti
.
Fra
i
cinque
distesi
l
un
dietro
l
altro
come
se
fossero
rovesciati
da
un
vento
furioso
,
c
è
un
vecchio
con
la
faccia
patita
,
con
la
barba
sporca
di
terra
,
la
fronte
spruzzata
di
sangue
,
la
bocca
aperta
come
una
gola
di
carne
smunta
e
accanto
a
lui
è
un
giovanotto
svaligiato
della
vita
,
con
gli
occhi
ingrossati
dalla
violenza
che
li
ha
resi
inservibili
,
con
la
testa
squarciata
,
scallottata
.
Intorno
a
lui
è
la
strage
.
La
materia
del
suo
cervello
è
andata
un
po
dappertutto
.
È
spruzzata
sul
muro
,
è
cosparsa
sulla
pietra
,
è
rimasta
impegolata
nei
capelli
,
si
è
avviluppata
nel
sangue
in
fondo
al
berretto
.
È
una
testa
che
fa
raccapricciare
e
voltare
altrove
.
Nell
angolo
,
al
numero
due
,
dove
finisce
la
piazza
del
Duomo
e
incomincia
la
via
Torino
sono
due
zoccoli
,
uno
intriso
di
sangue
e
l
altro
capovolto
.
Non
vedo
piedi
senza
scarpe
.
Sono
dunque
di
una
ragazza
o
di
un
ragazzo
che
si
è
posto
in
salvo
.
La
tragedia
diventa
sempre
più
spaventevole
.
Pare
una
carneficina
.
Ci
sono
le
tracce
di
una
lotta
sanguinosa
.
A
ogni
passo
si
trasalisce
.
Ci
sono
gocce
di
sangue
rappreso
,
pezzi
di
cervello
impiaccistrati
di
spruzzi
sanguinosi
.
Ecco
là
un
occhio
.
Chi
è
stato
sdocchiato
?
Ecco
là
un
orecchio
e
l
orlo
di
un
orecchio
.
Di
chi
sono
?
Chi
li
ha
perduti
?
Giù
dal
marciapiede
,
lungo
il
negozio
degli
oggetti
casalinghi
di
L
.
Giannoni
,
le
palle
a
balistite
hanno
infuriato
come
una
gragnuola
di
piombo
che
turbina
intorno
agli
alberi
umani
.
Hanno
sorpreso
la
moltitudine
delle
persone
che
fuggivano
dopo
lo
squillo
ordinato
dal
capitano
del
47°
e
sono
cadute
le
une
sulle
altre
.
Ci
fu
un
momento
di
silenzio
terribile
.
Anche
i
vivi
rimasero
sepolti
sotto
i
morti
,
svenuti
o
inconsci
.
Il
quadro
è
indescrivibile
.
I
corpi
ammucchiati
o
sparsi
sono
quindici
o
diciotto
.
Sono
stati
sbattuti
in
terra
in
tutte
le
pose
.
Di
fianco
,
sulla
schiena
,
colle
labbra
sui
sassi
,
con
le
braccia
spalancate
,
con
la
bocca
al
cielo
che
non
so
più
se
sia
azzurro
,
scialbo
o
rosso
come
il
sangue
dei
morti
.
Il
sole
sui
cadaveri
pare
un
ingiuria
o
un
insulto
atroce
.
Mette
in
fuga
tutto
ciò
che
è
tragico
e
lascia
in
terra
lo
scherno
,
lo
sberleffo
,
la
derisione
.
Il
sole
sui
cadaveri
li
spoetizza
,
porta
via
loro
l
aria
funebre
,
li
rende
ignobili
.
I
raggi
diventano
triviali
.
Ne
abbrustoliscono
e
ne
ingialliscono
i
capelli
,
ne
rendono
gli
occhi
mostruosamente
vitrei
,
si
fermano
sulle
loro
bocche
stinte
o
paonazze
come
una
orribile
fiammata
impotente
a
scaldarle
e
a
colorirle
e
danno
una
chiarezza
alla
loro
pelle
inanimata
,
che
rabbrividisce
.
Il
sole
d
oggi
è
crudele
.
Si
diffonde
per
i
loro
abiti
come
una
gozzoviglia
...
Dà
risalto
a
tutto
.
Agli
strappi
,
alle
scuciture
,
agli
occhielli
sdrusciti
,
ai
lucidi
delle
maniche
e
delle
ginocchia
,
ai
bottoni
spellati
,
ai
baveri
unti
e
bisunti
.
Oh
,
povera
gente
!
Sono
morti
,
proprio
morti
,
senza
speranza
di
resurrezione
.
Quanti
sono
?
Ne
vedo
un
mucchio
che
mi
pare
un
piazzale
.
Saranno
diciotto
o
venti
e
la
mia
fantasia
eccitata
dal
sangue
se
ne
figura
un
cimitero
.
Tranne
uno
o
due
dei
quali
non
vedo
che
le
scarpe
e
le
braccia
,
mi
sembrano
tutti
pitocchi
,
tutti
spiantati
,
tutti
poveri
.
Sono
denutriti
,
sono
ditte
di
miseria
,
sono
problemi
sociali
stramazzati
al
suolo
come
sacchi
di
cenci
.
Le
loro
mani
sono
documenti
.
Rivelano
i
disagi
della
loro
esistenza
tribolata
.
Fra
loro
è
uno
scallottato
.
La
superficie
cranica
è
stata
dispersa
in
frantumi
.
Se
ne
vedono
le
fibrille
sui
due
grandi
vetri
del
Giannoni
,
fin
su
in
alto
dove
è
la
ditta
e
dappertutto
.
In
fondo
al
cappello
cencioso
è
rimasta
una
poltiglia
sanguinosa
piena
di
peli
.
I
grandi
cristalli
di
questo
negozio
sono
stati
forati
dalle
palle
.
Lo
spessore
ha
impedito
che
andassero
in
frantumi
.
Resiste
più
il
cristallo
che
il
fusto
umano
.
C
è
uno
spettatore
che
si
preoccupa
se
i
lastroni
verranno
pagati
.
E
che
importa
,
sciagurato
!
La
folla
è
sempre
la
folla
.
Non
si
sa
da
dove
sbuchi
,
ma
sbuca
,
ma
corre
dovunque
sono
feriti
o
morti
.
Qui
,
dov
è
il
mucchio
,
si
lavora
a
tutt
uomo
.
Si
disseppelisce
,
si
agita
questo
o
quello
come
per
restituirgli
la
vita
e
si
buttano
in
aria
bestemmie
scultoree
.
Un
tale
,
un
giovanotto
,
prima
di
dar
mano
al
trasporto
,
si
mette
nella
saccoccia
della
giacca
il
copricapo
con
la
materia
rossastra
di
uno
a
cui
è
stata
portata
via
la
superficie
del
capo
.
A
me
suscita
un
senso
d
orrore
,
ma
lui
,
il
giovanotto
,
è
un
documentista
.
Andrà
per
le
redazioni
dei
giornali
a
farlo
vedere
.
C
è
un
morto
che
risuscita
,
è
sotto
la
catasta
umana
.
È
un
giovane
di
23
o
24
anni
,
alto
con
i
baffetti
chiari
.
È
intontito
.
Spalanca
gli
occhi
senza
muoversi
.
Siete
ferito
?
Non
risponde
.
Lo
si
scuote
e
lo
si
riscuote
,
e
gli
si
danno
buffetti
e
schiaffetti
,
senza
riuscire
a
farlo
rinsensare
.
Che
cosa
avete
?
E
lui
rimane
sul
dorso
senza
parola
.
Lo
si
prende
per
le
spalle
e
lo
si
rialza
di
peso
.
È
un
sacco
di
carne
che
non
vuole
stare
in
piedi
.
Su
,
perdio
!
Lo
si
solleva
due
o
tre
volte
come
un
calcasassi
e
riprende
la
parola
.
Vi
sentite
male
,
vi
siete
fatto
male
?
Egli
è
ancora
istupidito
dall
avvenimento
,
ma
incomincia
a
palparsi
,
a
toccarsi
,
a
domandarsi
che
cosa
gli
è
accaduto
.
Per
un
minuto
buono
rimane
smemorato
.
Non
si
ricorda
di
nulla
.
E
a
poco
a
poco
gli
ritorna
la
memoria
e
con
la
memoria
gli
si
colorisce
l
avvenimento
.
Doveva
andare
in
Verziere
.
Ha
fatto
di
tutto
per
passare
dalla
via
Orefici
,
o
dal
passaggio
degli
Orefici
senza
riuscirvi
.
Rifece
la
strada
,
prese
la
piazza
della
Rosa
,
svoltò
in
via
delle
Asole
e
subito
dopo
fu
in
via
Torino
.
I
soldati
non
avevano
ancor
fatto
fuoco
e
la
gente
si
avvicinava
ai
monturati
senza
pensare
alla
catastrofe
umana
.
Lui
,
poi
,
un
richiamato
che
doveva
presentarsi
all
indomani
al
Castello
,
aveva
meno
paura
degli
altri
.
Fu
un
imprudenza
.
Giunto
dinanzi
alle
due
schiere
che
bloccavano
il
passaggio
,
s
avvicinò
a
un
sottufficiale
per
domandargli
se
avesse
potuto
usargli
la
cortesia
di
lasciarlo
andare
oltre
.
In
quei
giorni
i
soldati
che
chiudevano
la
via
all
altezza
del
negozio
del
signor
Rituali
,
erano
tutti
accigliati
e
nessuno
rispondeva
.
Allora
,
mi
dice
il
testimonio
oculare
,
quello
tratto
dal
mucchio
dei
cadaveri
,
mi
trovai
coi
curiosi
che
bighellonavano
dinanzi
i
soldati
chiacchierando
e
sperando
di
poter
andare
al
di
là
della
linea
.
Alla
mia
destra
c
erano
persone
che
facevano
commenti
sullo
sfoggio
esagerato
di
soldati
,
senza
però
inveire
o
dire
parole
sconvenienti
contro
chicchessia
,
e
alla
mia
sinistra
si
formava
e
si
sfaceva
un
gruppo
di
ragazzi
,
i
quali
,
in
tono
scherzoso
e
bonario
,
volevano
indurre
il
capitano
a
permettere
loro
di
raggiungere
i
compagni
sulla
scala
Porta
,
da
dove
si
poteva
assistere
allo
spettacolo
senza
pericolo
.
Se
mai
lo
avessero
importunato
,
egli
avrebbe
potuto
farli
scappare
come
un
nugolo
di
passere
,
con
un
solo
movimento
di
sciabola
.
Il
capitano
del
47°
fanteria
era
arrogante
,
brutale
e
guardava
tutti
noi
in
cagnesco
.
Taluni
dei
ragazzi
hanno
cercato
di
passare
tra
le
file
dei
soldati
,
così
,
ridendo
,
senza
spingere
.
Non
so
che
cosa
abbia
potuto
decidere
il
capitano
a
dar
ordine
di
far
fuoco
.
Io
non
ho
visto
alcun
movimento
.
Sono
abbastanza
alto
e
potevo
vedere
benissimo
se
qualche
contingente
di
insorti
fosse
stato
in
marcia
verso
i
soldati
.
Il
daltonismo
del
capitano
fu
forse
la
causa
dello
sparo
.
Con
un
aria
minacciosa
e
un
comando
che
non
ammetteva
discussione
,
il
capitano
ordinò
uno
squillo
seguito
subito
dal
fuoco
di
due
file
fitte
di
soldati
.
Il
valoroso
sottufficiale
al
quale
avevo
domandato
con
tanta
gentilezza
il
permesso
di
andare
oltre
,
mi
puntò
la
bocca
del
fucile
alla
mia
bocca
.
Che
cosa
è
avvenuto
di
me
?
Fu
il
freddo
della
canna
?
Non
vi
posso
dire
nulla
,
né
come
sono
caduto
,
né
perché
mi
sono
trovato
fra
tanti
cadaveri
,
con
dei
cadaveri
sullo
stomaco
.
Aspettate
.
Dio
mio
,
sono
minuti
che
invecchiano
di
dieci
anni
.
Lasciate
che
mi
raccapezzi
;
adesso
incomincio
a
vedere
più
chiaro
.
Sì
,
mi
sono
risvegliato
e
rinsensai
pochi
minuti
dopo
.
Mi
sentivo
addosso
un
peso
enorme
e
mi
pareva
di
soffocare
.
Per
quanti
sforzi
facessi
non
riuscii
a
levarmi
che
aiutato
dalle
persone
.
Ero
circondato
da
feriti
che
imploravano
soccorso
,
e
da
morti
che
mi
guardavano
in
faccia
con
la
loro
faccia
gelata
e
coi
loro
occhi
ingrossati
e
spaventati
dalla
morte
.
Non
dimenticherò
mai
quello
dalla
testa
scallottata
.
Il
disgraziato
era
tutto
impillaccherato
del
suo
sangue
.
I
capelli
alle
pareti
craniche
ne
erano
incatramati
e
le
guance
e
il
collo
ne
erano
lastricati
.
Giaceva
come
un
orrore
.
In
quel
momento
non
ho
potuto
trattenermi
in
gola
la
parola
concitata
.
Io
ho
detto
qualche
cosa
contro
i
soldati
,
ho
detto
che
non
avrei
mai
fatto
il
soldato
.
Il
ricordo
lo
fa
ricadere
nel
silenzio
.
Egli
è
commosso
,
agitato
.
Gli
dico
che
è
tutto
insanguinato
.
Ha
del
sangue
e
delle
cervella
sui
calzoni
,
sulla
giacca
,
sul
cappello
.
Se
vi
prendono
così
come
siete
,
sarete
fucilato
.
Nascondetevi
al
primo
portone
aperto
.
Egli
mi
guarda
,
si
accorge
finalmente
di
avere
una
scheggia
di
palla
nel
braccio
sinistro
e
senza
darmi
retta
prende
la
rincorsa
e
mi
lascia
con
le
persone
che
ascoltavano
la
sua
narrazione
con
i
pallori
della
morte
.
Corre
come
un
disperato
e
svolta
alla
prima
via
trasversale
.
Io
e
alcuni
altri
ritorniamo
indietro
a
vedere
il
popolo
che
portava
via
i
feriti
e
aiutava
a
caricare
i
morti
sul
furgone
militare
.
C
è
un
uomo
in
manica
di
camicia
che
pare
diventato
matto
.
Egli
va
sotto
le
finestre
a
gridare
,
con
le
nove
dita
in
alto
,
il
numero
dei
morti
.
Sono
nove
,
hanno
ammazzato
nove
persone
!
Più
tardi
.
Sono
quasi
le
sei
.
Il
sole
sta
per
scomparire
completamente
.
I
fatti
della
giornata
hanno
triplicata
l
esasperazione
cittadina
.
Corre
voce
che
la
questura
abbia
invasa
la
redazione
dell
Italia
del
Popolo
.
Per
andare
in
San
Pietro
all
Orto
dove
sono
i
suoi
uffici
,
faccio
un
giro
che
completa
la
mia
stanchezza
.
È
vero
.
Tutti
i
redattori
sono
sotto
chiave
in
un
camerotto
di
San
Fedele
.
Si
dice
che
si
siano
trovate
le
file
del
complotto
rivoluzionario
.
Hanno
sequestrato
documenti
che
compromettono
molte
persone
-
uno
dei
quali
è
il
biglietto
da
visita
dell
avvocato
Gian
Paolo
Garavaglia
-
che
dava
appuntamento
in
redazione
al
deputato
Filippo
Turati
.
Ma
dunque
?
Io
mi
ci
perdo
.
C
è
o
non
c
è
questa
rivoluzione
?
Bava
Beccaris
diventa
atroce
di
ora
in
ora
.
Egli
non
sta
quieto
un
minuto
.
Dopo
il
massacro
,
la
soppressione
di
un
giornale
,
e
dopo
la
soppressione
del
giornale
,
la
proclamazione
dello
stato
d
assedio
.
Fra
poco
il
generale
sarà
il
nostro
padrone
.
Egli
potrà
disporre
di
noi
come
se
fossimo
del
bestiame
.
Il
manifesto
che
ho
potuto
leggere
in
bozze
,
sarà
affisso
su
tutte
le
muraglie
questa
sera
alle
dieci
.
Lo
trascrivo
tale
e
quale
,
perché
esso
riassume
la
coercizione
militare
che
incomincerà
ad
affliggere
e
a
martoriare
i
cittadini
domani
.
Per
il
generale
le
armi
sono
del
denaro
contante
.
Esse
dovranno
essere
versate
alla
questura
...
Leggete
.
«
Per
lo
stato
d
assedio
proclamato
in
questa
provincia
con
R
.
Decreto
del
7
corrente
,
assumo
i
pieni
poteri
,
nella
qualità
di
Regio
Commissario
straordinario
e
decreto
quanto
segue
:
1
Sono
annullati
tutti
i
permessi
di
porto
d
armi
;
quelli
che
possedessero
armi
da
fuoco
dovranno
versarle
nel
circondario
di
Milano
,
a
questa
questura
centrale
e
per
altri
Circondari
alle
rispettive
Sottoprefetture
.
Le
armi
appartenenti
ad
abitanti
della
città
di
Milano
e
sobborghi
dovranno
essere
consegnate
non
più
tardi
della
mezzanotte
dell8
al
9
corrente
,
quelle
del
circondario
di
Milano
e
degli
altri
Circondari
entro
24
ore
dall
affissione
del
presente
Manifesto
.
Trascorso
tale
termine
i
detentori
di
armi
da
fuoco
saranno
deferiti
al
Tribunale
Militare
.
2
Rimane
vietato
ogni
assembramento
per
le
vie
,
e
gli
abitanti
dovranno
rincasare
non
più
tardi
delle
ore
23
.
3
Finché
durano
gli
attuali
disordini
i
pubblici
esercizi
verranno
chiusi
alle
ore
21
.
4
Sotto
la
responsabilità
dei
vari
inquilini
,
verificandosi
conflitti
per
le
vie
,
si
dovranno
chiudere
le
persiane
che
prospettano
le
vie
medesime
.
5
I
telegrammi
privati
che
danno
informazioni
sui
presenti
disordini
non
saranno
ammessi
se
non
dietro
il
visto
di
questo
Comando
.
6
I
contravventori
alle
presenti
disposizioni
,
saranno
deferiti
ai
Tribunali
Militari
,
come
pure
vi
saranno
deferiti
i
rivoltosi
.
7
Le
autorità
dipendenti
cureranno
l
esecuzione
del
presente
Decreto
.
Milano
7
maggio
1898
Il
Regio
Commissario
Generale
Bava
.
Parecchi
giorni
dopo
,
mentre
i
Tribunali
di
Guerra
erano
al
lavoro
,
ho
potuto
rivedere
il
poveraccio
rimasto
sepolto
sotto
i
morti
in
margine
al
negozio
del
Giannoni
.
Era
in
Castello
vestito
da
alpino
.
Non
potendo
parlarmi
mi
ha
fatto
pervenire
una
narrazione
di
quello
che
gli
è
capitato
nella
giornata
.
«
Uscii
di
casa
,
mi
scriveva
,
circa
le
8
e
mezzo
.
Passai
per
il
corso
V.E.
e
il
corso
Venezia
leggendo
la
Perseveranza
,
il
giornale
che
costa
5
centesimi
dall
ascensione
di
Bava
Beccaris
.
Vi
trovai
i
fatti
di
via
Napo
Torriani
.
Giunsi
in
via
Panfilo
Castaldi
,
senza
avere
notato
nulla
di
straordinario
.
Verso
le
undici
ho
dovuto
andare
per
i
miei
lavori
a
porta
Vittoria
.
Rincasai
e
feci
colazione
.
Non
avevo
ancora
in
bocca
il
boccone
che
è
venuta
in
casa
una
inquilina
con
aria
disperata
a
raccontarmi
che
in
piazza
del
Duomo
c
era
la
rivoluzione
.
Non
ho
potuto
continuare
.
In
pochi
minuti
mi
trovai
all
angolo
del
palazzo
reale
,
verso
via
Rastrelli
.
C
era
gente
sparsa
un
po
dappertutto
.
Il
primo
accenno
che
c
era
qualche
cosa
me
lo
ha
dato
un
ufficiale
medico
che
andava
alla
volta
del
palazzo
reale
,
passando
dalla
gradinata
del
Duomo
.
Egli
era
seguito
da
tutta
una
ragazzaglia
che
schiamazzava
come
quando
è
alle
calcagna
di
un
ubriaco
.
«
In
quel
tempo
si
stava
mettendo
giù
il
binario
per
il
tram
a
Porta
Vittoria
.
La
via
era
tutta
sossopra
fin
giù
quasi
in
piazza
Fontana
.
I
ragazzi
si
sono
caricate
le
tasche
di
sassi
.
Li
dissuasi
a
servirsene
contro
l
ufficiale
.
M
accorsi
che
intorno
loro
c
erano
due
o
tre
persone
col
bastoncino
in
mano
.
Tirate
,
dissero
ai
ragazzi
i
due
o
tre
impertinenti
,
e
voi
badate
ai
fatti
vostri
.
Chi
erano
?
L
ho
saputo
dopo
dagli
stessi
monelli
.
Erano
due
agenti
di
questura
,
due
provocatori
,
due
accenditori
,
come
si
dice
in
gergo
.
Così
non
appena
apparve
un
ufficiale
alla
finestra
sopra
l
entrata
del
palazzo
reale
,
si
misero
a
lanciare
le
munizioni
che
avevano
in
saccoccia
da
quella
parte
.
Poi
si
avviarono
in
via
Carlo
Alberto
e
in
via
Cappellari
a
ricominciare
la
sassaiola
.
Notai
l
accanimento
contro
le
finestre
della
ditta
Colombo
e
Menotti
.
Allungai
il
passo
fino
al
ponte
di
porta
Ticinese
.
Ho
trovato
gente
che
andava
e
veniva
meco
tutti
i
giorni
e
null
altro
.
Nemmeno
l
ombra
di
una
sollevazione
.
Rifeci
la
strada
curiosando
.
Si
vedeva
un
po
d
inquietudine
.
Tutti
s
aspettavano
qualche
cosa
ma
nessuno
mi
sapeva
dire
il
perché
doveva
avvenire
.
Dalla
via
Spadari
alla
via
Orefici
ho
trovato
gli
spazi
gremiti
.
Tutta
gente
che
voleva
vedere
.
Via
Orefici
era
ingorgata
.
Passai
e
trovai
schierata
una
compagnia
del
57°
.
Siccome
ero
un
richiamato
e
dovevo
presentarmi
all
indomani
,
così
mi
misi
a
chiacchierare
coi
soldati
vicini
.
Non
sospettai
neanche
che
ci
fosse
in
aria
odore
di
polvere
.
Me
ne
andai
convinto
che
sciupavo
il
mio
tempo
.
Non
avevo
fatto
una
ventina
di
passi
che
udii
uno
squillo
e
simultaneamente
una
scarica
di
fucileria
.
Non
è
stato
possibile
voltarmi
.
La
gente
infuriata
mi
spinse
fin
quasi
all
angolo
di
via
Spadari
.
Venni
rovesciato
;
mi
sentii
addosso
i
piedi
delle
persone
che
passavano
,
perdetti
i
sensi
.
Mi
risvegliai
fra
una
quantità
di
bastoni
,
di
ombrelli
,
di
cappelli
,
di
roba
perduta
.
Guardavo
e
vedevo
gente
in
terra
come
uno
che
non
si
muoveva
.
Richiusi
gli
occhi
e
passai
come
attraverso
un
altro
deliquio
.
So
che
qualcuno
mi
ha
tirato
di
sotto
a
coloro
che
mi
stavano
sopra
e
che
mi
ha
fatto
rinvenire
»
..
Riprendo
la
narrazione
della
strada
,
solo
perché
ho
dimenticato
il
documento
più
importante
della
giornata
.
È
il
manifesto
del
sindaco
.
Cittadini
,
Luttuosi
avvenimenti
hanno
funestato
la
città
.
Milano
che
pensa
e
lavora
non
può
essere
solidale
con
coloro
che
,
obliosi
d
ogni
dovere
,
attentano
alla
pubblica
pace
.
Si
stringano
i
buoni
fra
loro
,
e
,
rispettosi
dei
fratelli
dell
esercito
,
che
sapranno
difendere
l
ordine
pubblico
loro
affidato
,
facciano
che
Milano
torni
alla
sua
industre
tranquillità
che
la
rese
fin
qui
rispettata
e
invidiata
.
La
Rappresentanza
cittadina
,
facendo
questo
appello
,
confida
che
le
sue
parole
non
rimarranno
inascoltate
.
Il
Sindaco
Vigoni
.
LA
SCENA
PIU
TRAGICA
DEL
7
MAGGIO
98
Scrivo
all
indomani
dell
avvenimento
,
ma
ne
sono
ancora
tutto
sgomentato
.
Ero
lì
in
via
Valpetrosa
che
non
sapevo
proprio
quanti
ne
avessi
in
tasca
.
Le
poche
botteghe
erano
chiuse
come
i
portoni
delle
case
.
Non
c
era
aperta
che
la
bottega
del
fumista
Pietro
Lomazzi
del
numero
8
,
la
casa
di
faccia
alla
via
che
si
curva
leggermente
fino
al
margine
di
via
Torino
.
La
Valpetrosa
era
come
il
rifugio
delle
persone
che
capitavano
in
via
Torino
e
si
trovavano
subito
in
mezzo
alle
palle
che
sibilavano
da
tutte
le
parti
.
Entravano
trafelate
e
bianche
come
il
latte
.
Uomini
e
donne
erano
tutti
esterrefatti
.
Balbettavano
,
monologavano
,
parlavano
come
a
se
stessi
.
Alcune
donne
entravano
col
grembiule
sulla
testa
come
se
avessero
voluto
proteggersela
dalla
grandine
di
piombo
che
prorompeva
e
saltellava
per
le
tegole
o
schiantava
imposte
o
andava
alle
muraglie
col
fracasso
di
una
sfuriata
di
pam
!
pam
!
Coloro
che
avevano
paura
o
fretta
di
rincasare
sostavano
per
assicurarsi
se
erano
illesi
o
vivi
e
riprendevano
la
rincorsa
per
la
piazza
San
Sepolcro
.
Io
e
parecchi
altri
facevamo
delle
scappate
fino
alla
estremità
della
via
e
mettevamo
la
testa
in
via
Torino
,
allungando
il
collo
da
una
parte
e
dall
altra
per
vedere
che
cosa
avveniva
e
dove
il
fuoco
era
più
assassino
.
Con
il
corpo
in
via
Valpetrosa
e
la
testa
in
via
Torino
mi
pareva
che
il
combattimento
fosse
accanito
.
Udivo
un
fragore
come
di
tegole
che
cadevano
dall
alto
e
si
frantumavano
e
degli
spari
ora
simultanei
e
ora
isolati
.
I
colpi
isolati
mi
davano
l
idea
della
caccia
all
uomo
.
Mi
figuravo
i
soldati
in
catena
,
addossati
alle
facciate
delle
case
o
sotto
le
entrature
dei
portoni
chiusi
con
la
mano
sul
grilletto
del
fucile
in
posizione
di
far
fuoco
.
Durante
questi
intervalli
che
mi
facevano
passare
attimi
spasmodici
mi
spingevo
sul
marciapiede
e
qualche
volta
dal
marciapiede
fino
a
mezzo
alla
strada
,
adocchiando
da
una
parte
e
dall
altra
e
ritornando
di
corsa
in
Valpetrosa
,
non
appena
udivo
i
proiettili
che
infuriavano
per
l
aria
o
mi
pareva
di
sentire
sulla
faccia
la
ventata
calda
di
una
palla
passata
via
come
una
saetta
.
A
sinistra
,
cioè
verso
la
piazza
del
Duomo
,
mentre
le
scariche
davano
l
idea
della
guerra
civile
,
avveniva
il
saccheggio
alle
vetrine
delle
botteghe
.
Erano
pochi
ladruncoli
che
le
scoperchiavano
con
le
mani
o
con
una
spranga
di
ferro
strappata
o
dischiodata
da
una
delle
imposte
chiuse
col
lucchetto
.
Si
sentivano
i
crack
del
legname
che
si
schiantava
e
il
frastuono
dei
vetri
che
frantumavano
con
le
punte
delle
imposte
o
coi
pugni
nudi
addirittura
.
Nell
aria
infuocata
della
guerra
di
strada
perdevo
di
vista
il
ladro
,
e
non
vedevo
che
l
eroe
.
Tutta
Milano
scappava
,
si
tappava
in
casa
,
si
nascondeva
nei
solai
,
nelle
cantine
o
nelle
stanze
più
lontane
e
loro
,
gli
inquilini
degli
abissi
più
profondi
della
vita
sociale
,
continuavano
a
esercitare
la
loro
professione
senza
neppure
darsi
pensiero
del
diavolerio
militare
.
La
paura
degli
altri
era
il
loro
coraggio
.
A
pochi
passi
di
distanza
si
uccideva
e
loro
si
imbottivano
di
camicie
,
di
mutande
,
di
merletti
,
di
cianfrusaglie
,
di
quello
che
capitava
loro
tra
le
mani
.
Ho
veduto
uno
di
quei
ragazzotti
ritornare
indietro
a
raccogliere
uno
degli
ombrelli
caduto
dalla
vetrina
dei
fratelli
Guarnaschelli
,
almeno
se
non
ho
scambiato
una
bottega
per
l
altra
,
come
se
si
fosse
trattato
di
roba
sua
.
Il
ragazzotto
lo
raccolse
e
senza
affrettare
il
passo
se
lo
trascinò
dietro
come
uno
a
zonzo
,
svoltando
nella
via
che
conduce
in
piazza
di
Sant
Alessandro
.
Era
in
lui
l
imperturbabilità
di
Gavroche
,
quando
involava
la
giberna
di
cartucce
ai
soldati
per
portare
la
munizione
ai
«
camerati
»
sulla
barricata
.
A
destra
il
pam
!
pam
!
degli
spari
si
era
come
allontanato
.
Pareva
che
i
soldati
facessero
fuoco
marciando
verso
il
Carrobbio
.
Anche
la
caduta
dei
coppi
non
era
più
così
fracassosa
e
tempestosa
.
Tendendo
l
orecchio
udivo
che
si
era
andata
rallentando
,
come
se
il
fucile
avesse
diminuito
il
numero
dei
combattenti
sui
tetti
.
Qualche
tegola
però
si
rompeva
ancora
sul
selciato
con
rumore
.
Mi
arrischiai
a
passare
dall
altra
parte
mettendomi
colle
spalle
al
pilastro
dell
arco
del
palazzo
chiuso
che
porta
il
numero
ventinove
,
con
la
faccia
un
po
protesa
per
vedere
che
cosa
avvenisse
dalla
parte
opposta
.
Ma
c
era
l
angolo
di
via
della
Palla
che
impediva
ai
miei
occhi
di
andare
oltre
.
Passando
di
corsa
ho
potuto
convincermi
che
prima
di
arrivare
al
Carrobbio
la
battaglia
a
tegole
e
a
palle
di
piombo
doveva
essere
stata
disperata
.
Nel
momento
in
cui
sono
passato
non
c
era
un
anima
.
Il
silenzio
e
il
vuoto
riassumevano
il
terrore
.
Pareva
che
i
cittadini
avessero
consumato
l
ultimo
coppo
prima
di
lasciarsi
ammazzare
.
Tutto
il
selciato
era
letteralmente
coperto
di
tegole
,
di
coppi
infranti
,
di
sassi
,
di
cocci
,
di
polvere
rossa
.
I
soldati
al
di
là
del
materiale
di
combattimento
erano
in
agguato
sotto
le
porte
o
distesi
lungo
i
muri
,
con
gli
occhi
ai
tetti
e
il
fucile
in
atto
di
far
fuoco
.
Con
un
salto
fui
all
angolo
di
via
Palla
,
di
fronte
alla
madonna
che
deve
aver
servito
di
bersaglio
a
qualche
alpino
.
Il
proiettile
a
balistite
l
ha
colpita
sotto
il
braccio
,
bruciacchiandone
l
orlo
del
foro
.
La
balistite
distrugge
pure
la
religione
o
la
superstizione
incastrata
nelle
muraglie
delle
case
.
Pam
!
È
meglio
che
le
palle
buchino
i
corpi
delle
madonne
dipinte
che
delle
madonne
vive
.
Stavo
cercando
se
vi
fosse
per
la
tela
qualche
altra
ferita
,
quando
una
voce
bruca
e
brutale
mi
diede
la
levata
con
degli
imperativi
che
non
ammettevano
discussione
.
Non
mi
volsi
neanche
indietro
.
Ho
udito
che
dovevo
andarmene
o
si
sarebbe
fatto
fuoco
.
In
un
balzo
mi
trovai
in
S
.
Maurilio
.
In
fondo
vedevo
persone
che
correvano
,
ma
la
parte
verso
il
corso
era
completamente
deserta
.
Coi
soldati
in
giro
il
pericolo
diventava
sempre
più
grave
.
In
San
Maurilio
udivo
distintamente
che
il
fuoco
era
ricominciato
e
continuava
con
maggiore
insistenza
.
A
ogni
sparo
o
a
ogni
scarica
sentivo
la
risposta
fragorosa
che
veniva
lanciata
dai
tetti
.
Erano
tegole
o
mattoni
che
andavano
a
farsi
in
pezzi
sulle
muraglie
o
sulle
botteghe
o
sui
marciapiedi
.
Mi
giungeva
l
eco
di
edifici
in
demolizione
.
Il
combattimento
che
mi
disseppelliva
il
materiale
storico
che
mi
si
era
adagiato
nella
testa
leggendo
i
tumulti
popolari
di
parecchie
nazioni
,
mi
attirava
.
Io
pensavo
al
modo
di
trovarmi
vicino
o
di
vederlo
da
qualche
altura
ed
entrai
al
numero
uno
,
dove
avevo
veduto
comparire
alla
spicciolata
parecchi
giovani
.
È
una
porta
lunga
e
stretta
,
divisa
da
un
cancello
di
ferro
che
si
può
sfasciare
con
una
spallata
.
A
sinistra
,
dietro
il
cancello
,
è
l
entrata
laterale
dell
osteria
.
Il
cortile
è
angusto
,
sente
di
chiuso
,
ha
una
pompa
vicino
alla
latrina
e
due
latrine
a
fianco
dell
edificio
che
paiono
sospese
alle
muraglie
.
La
portinaia
è
al
primo
piano
,
vicino
alla
prima
scala
.
È
una
donna
piuttosto
alta
,
con
la
faccia
allungata
.
Era
sull
uscio
tutta
spaventata
.
Non
aveva
mai
visto
salire
e
discendere
tante
persone
.
Tremava
a
ogni
interrogazione
.
Le
domandai
se
sapeva
che
cosa
andava
di
sopra
a
fare
la
gente
che
avevo
visto
scomparire
nel
budello
buio
di
sotto
,
ma
la
povera
donna
rispondeva
che
non
ne
sapeva
nulla
.
Era
una
giornata
di
tribolazione
che
il
Signore
le
aveva
mandato
per
punirla
di
qualche
peccato
.
La
curiosità
di
vedere
o
il
desiderio
di
trovarmi
un
osservatorio
,
mi
fece
infilare
la
seconda
scala
.
Dopo
pochi
gradini
mi
fermai
terrorizzato
.
Intuii
il
dramma
che
si
svolgeva
o
che
si
era
svolto
all
ultimo
piano
.
La
ringhiera
del
ballatoio
dell
ultimo
piano
comunicava
con
una
vasta
terrazza
,
sulla
quale
i
vicini
salgono
a
distendere
al
sole
la
biancheria
che
lavano
dabbasso
nel
lavello
della
pompa
.
Con
uno
sforzo
qualunque
dalla
terrazza
si
può
salire
sul
tetto
alla
portata
delle
mani
,
e
dal
tetto
bassissimo
è
facile
saltare
sul
tetto
più
alto
,
correre
da
una
casa
all
altra
,
riparandosi
dietro
i
comignoli
tutte
le
volte
che
ci
fosse
bisogno
di
salvarsi
dalle
palle
micidiali
.
Io
sentivo
sulla
mia
testa
una
moltitudine
di
piedi
pesanti
che
faceva
tremare
l
edificio
e
delle
voci
confuse
che
traducevano
il
subbuglio
.
Pareva
che
i
corpi
si
urtassero
l
un
l
altro
per
sostenere
un
peso
enorme
,
un
peso
di
piombo
.
Su
,
su
,
si
diceva
,
sta
su
,
per
la
madonna
!
Ma
pare
che
l
uomo
che
volevano
che
stesse
in
piedi
,
si
lasciasse
andare
su
se
stesso
come
morto
.
Venivano
giù
tutti
assieme
ingorgandosi
nelle
stretture
spingendosi
per
la
scala
e
scambiandosi
parole
concitate
,
come
se
avessero
avuto
paura
di
venire
colti
col
documento
sulle
braccia
di
esser
stati
sui
tetti
.
Tanto
più
si
avvicinavano
al
piano
inferiore
,
quanto
più
il
rumore
tumultuoso
delle
loro
scarpe
si
attutiva
e
diventava
lugubre
.
Pareva
la
discesa
di
gente
che
andasse
al
patibolo
.
Io
passavo
e
riandavo
attraverso
tutte
le
sensazioni
.
Mi
figuravo
il
combattimento
per
i
tetti
,
cogli
insorti
gattoni
sulle
tegole
,
che
strisciavano
fino
alle
grondaie
,
fin
dove
è
la
vertigine
e
vedevo
il
materiale
di
guerra
passare
di
mano
in
mano
,
fino
agli
eroi
al
margine
del
precipizio
,
e
vedevo
gli
eroi
rotolare
dalla
tettoia
,
con
alte
strida
d
orrore
che
turbavano
l
aria
.
Vedevo
una
scena
più
spaventevole
dell
altra
.
Vedevo
i
rappresentanti
del
coraggio
popolare
che
andavano
giù
al
posto
dei
caduti
e
tutti
gli
altri
che
riprendevano
il
movimento
isocrono
di
passare
da
una
fila
all
altra
le
tegole
nel
silenzio
e
nell
ansia
fino
a
quando
quelli
al
margine
precipitavano
come
i
primi
o
giacevano
supini
,
senza
vita
,
sull
altura
pensile
,
con
l
ultimo
coppo
nella
mano
che
irrigidiva
.
La
moltitudine
discendeva
,
e
la
mia
visione
si
insanguinava
e
diventava
spaventosa
e
il
mio
pensiero
si
attorcigliava
come
sotto
l
azione
di
un
dolore
intenso
.
Quando
mi
furono
vicini
ero
come
assiderato
dallo
strazio
.
Guardavo
istupidito
e
lasciavo
passare
il
gruppo
che
sorreggeva
il
giovine
che
incadaveriva
ad
ogni
gradino
,
che
moriva
con
la
faccia
bianca
.
come
la
farina
,
con
gli
occhi
smorti
che
si
travolgevano
,
con
le
guance
che
assumevano
la
durezza
del
marmo
,
con
le
labbra
che
si
scoloravano
e
diventavano
violacee
,
e
si
aprivano
per
lasciar
passare
l
alito
della
vita
.
Il
su
!
su
!
dei
compagni
,
che
non
volevano
che
morisse
sulle
loro
braccia
,
che
avevano
bisogno
di
portarlo
altrove
,
perché
nessuno
voleva
sul
piano
un
uomo
che
potesse
diventare
la
sventura
di
tutti
,
mi
scosse
,
mi
ridette
i
sensi
.
Molti
di
loro
che
aveva
intorno
avevano
la
camicia
fatta
a
ventriera
piena
di
sassi
.
Erano
saliti
e
discesi
coi
proiettili
della
strada
che
non
avevano
potuto
consumare
.
I
soldati
di
Bava
Beccaris
erano
andati
sui
tetti
delle
case
dall
altra
parte
della
via
e
a
colpi
di
balistite
li
avevano
fatti
scappare
,
prima
di
dar
loro
tempo
di
accendersi
con
un
lanciamento
senza
tregua
e
resistere
fino
alla
morte
.
Io
mi
misi
alle
loro
calcagna
e
discesi
con
loro
e
dietro
loro
subivo
tutta
la
loro
disperazione
di
non
essere
già
lontano
un
miglio
.
Il
terrore
di
incontrarsi
faccia
a
faccia
con
delegati
o
questurini
in
borghese
,
o
soldati
alla
ricerca
di
rivoltosi
,
rianimava
le
loro
gambe
stracche
,
e
le
voci
incitavano
il
ferito
al
ventre
a
stare
in
piedi
,
a
camminare
,
a
correre
,
a
nascondersi
.
-
Su
,
su
!
che
siamo
vicini
!
Io
li
vedo
ancora
sbucare
nella
via
,
rossi
come
se
fossero
usciti
da
un
forno
e
sbandarsi
in
un
fiato
a
rotta
di
collo
.
Solo
i
due
compagni
,
con
le
ascelle
del
ferito
sulle
braccia
hanno
dovuto
continuare
la
parte
dell
eroe
,
andando
via
adagio
adagio
col
moribondo
,
scuotendolo
,
facendolo
sussultare
e
traballare
e
dicendogli
di
stare
in
piedi
se
non
voleva
essere
arrestato
.
Andavano
via
come
tre
amici
,
braccio
sotto
braccio
,
e
io
tenevo
loro
dietro
con
gli
occhi
ai
piedi
che
descrivevano
nel
mezzo
della
strada
gli
orrori
di
una
vita
che
si
spengeva
.
I
piedi
che
si
lasciavano
tirar
dietro
,
scappucciavano
,
si
contorcevano
,
voltavano
la
suola
dalla
parte
opposta
,
urtavano
contro
i
sassi
,
sfioravano
il
suolo
,
piegavano
,
puntavano
le
punte
nei
solchi
dell
acciottolato
come
piedi
morti
.
Io
sono
rincasato
vecchio
di
cento
anni
.
Ho
veduto
i
cadaveri
buttati
sulle
spiagge
dei
mari
a
dozzina
,
ho
veduto
morire
gente
sui
campi
di
battaglia
,
ma
non
ho
mai
subito
il
terrore
che
mi
ha
fatto
subire
un
uomo
calato
da
un
tetto
e
sorretto
dai
combattenti
e
fatto
andare
per
le
strade
come
un
fusto
di
carne
morta
.
Il
cadavere
che
cammina
e
piega
su
se
stesso
con
la
testa
che
va
da
una
parte
all
altra
,
toglie
il
respiro
.
Si
allibisce
come
in
mezzo
ai
fantasmi
dell
incubo
notturno
.
UNA
PAGINA
SCONOSCIUTA
Il
pomeriggio
della
seconda
giornata
del
maggio
novantotto
,
è
stato
per
tutti
una
sorpresa
.
Coi
serra
serra
del
giorno
prima
,
durante
i
quali
sono
caduti
morti
un
questurino
e
un
operaio
,
c
era
in
giro
qualche
apprensione
,
ma
nessun
Mathieu
de
la
Drôme
avrebbe
preveduto
che
due
o
tre
ore
dopo
si
sarebbero
fatte
le
fucilate
per
le
vie
come
in
tempo
di
rivoluzione
.
La
gente
che
passava
e
vedeva
la
truppa
che
si
sparpagliava
per
le
arterie
principali
veniva
presa
dal
panico
ma
non
correva
fino
alla
disperazione
.
Più
tardi
le
notizie
si
facevano
e
si
sfacevano
.
Chi
narrava
di
aver
assistito
al
massacro
e
chi
smentiva
il
narratore
.
La
cosa
curiosa
di
tutti
i
momenti
tragici
della
vita
pubblica
,
è
che
nessuno
era
sicuro
di
quello
che
raccontava
..
Le
persone
che
asserivano
di
aver
l
eco
della
scarica
nelle
orecchie
,
si
lasciavano
poi
convincere
dagli
altri
che
lo
sbigottimento
aveva
dato
loro
una
fantasia
spaventata
.
Mi
ricordo
come
se
fosse
adesso
.
Un
uomo
tutto
grigio
,
tutto
tremante
,
diceva
balbettando
che
cinque
o
sei
operai
erano
andati
uno
sull
altro
fulminati
da
una
scarica
militare
.
Il
ricordo
della
scena
lo
faceva
piangere
in
un
modo
convulsonario
.
Un
altro
presente
lo
guardava
meravigliato
e
si
convinceva
di
essere
davanti
ad
un
pazzoide
.
Era
passato
lui
dallo
stesso
punto
,
alla
stessa
ora
,
e
non
vi
aveva
veduto
anima
viva
.
Si
trattava
di
un
caso
di
allucinazione
?
Certi
spargitori
di
notizie
false
dovrebbero
essere
arrestati
,
si
diceva
.
Si
fa
presto
a
disonorare
la
truppa
.
In
quel
momento
tutti
avevano
bisogno
di
credere
che
i
soldati
fossero
incapaci
di
ubbidire
ad
ordini
selvaggi
e
il
vecchio
incominciò
a
titubare
,
a
credere
di
aver
straveduto
e
a
ritirarsi
dal
capannello
come
un
diffamatore
colto
in
piena
calunnia
.
Di
vero
non
c
era
che
un
berretto
che
passava
da
un
centro
all
altro
,
per
ricomparire
più
tardi
con
la
materia
cerebrale
di
un
pitocco
buttato
in
terra
col
cranio
sfracellato
.
Verso
l
imbrunire
le
notizie
erano
sempre
allo
stato
confusionario
,
ma
i
cittadini
prudenti
rincasavano
in
fretta
e
in
furia
,
sbalorditi
e
disperati
.
Nessuno
o
pochi
sapevano
quello
che
era
avvenuto
dalle
due
a
sera
,
ma
tutti
sentivano
che
c
era
stato
qualche
cosa
di
grave
,
di
sanguinoso
,
di
furioso
,
che
bisognava
salvarsi
o
caricare
il
fucile
per
difendersi
.
Io
ero
violento
contro
me
stesso
.
Avevo
veduto
,
avevo
negli
occhi
i
morti
e
i
feriti
,
negli
orecchi
gli
spari
e
i
rantoli
ed
ero
per
la
strada
pallido
di
collera
a
fare
nodi
alla
cordicella
che
avevo
tra
le
dita
per
contenermi
.
Tutti
i
nostri
uomini
pubblici
,
tutti
i
nostri
grandi
,
tutti
i
nostri
deputati
,
tutti
i
nostri
consiglieri
,
tutti
i
nostri
giornalisti
,
tutti
i
nostri
personaggi
,
sono
rimasti
assenti
,
non
si
sono
fatti
vivi
,
hanno
ignorato
che
nella
via
i
soldati
ammazzavano
il
popolo
disarmato
,
il
popolo
che
non
sapeva
nulla
.
Quanta
viltà
!
I
nostri
uomini
politici
non
sono
eroi
che
ai
banchetti
.
Lamartine
nel
48
e
Victor
Hugo
nel
51
non
hanno
insegnato
loro
niente
.
L
uno
e
l
altro
,
illustri
,
hanno
osato
passare
tra
selve
di
baionette
,
quando
le
baionette
facevano
strage
;
l
uno
e
l
altro
sono
rimasti
imperturbabili
sotto
la
grandine
di
piombo
;
l
uno
e
l
altro
hanno
saputo
apostrofare
la
truppa
che
non
fraternizzava
col
popolo
.
I
deputati
del
51
hanno
fatto
le
barricate
.
Baudin
vi
è
rimasto
.
I
nostri
non
hanno
neanche
l
età
senile
che
li
scusi
davanti
la
storia
.
In
quel
momento
che
io
pensavo
alle
crudeltà
militari
e
buttavo
in
terra
tutti
gli
idoli
della
vita
pubblica
milanese
,
facevo
mentalmente
un
manifesto
da
affiggersi
per
ricomporre
il
coraggio
cittadino
se
ve
ne
fosse
rimasto
.
Proprio
in
quell
attimo
mi
sono
trovato
a
faccia
a
faccia
con
un
medico
che
mi
diede
l
appuntamento
per
la
sera
in
una
trattoria
dove
solevamo
pranzare
qualche
volta
.
Qualcuno
gli
aveva
raccontato
che
ero
stato
in
giro
a
raccogliere
episodi
con
la
matita
e
perciò
alla
riunione
che
doveva
aver
luogo
ero
indispensabile
.
Dove
?
Non
lo
sapeva
neppure
lui
.
Non
si
supponevano
spie
fra
noi
,
ma
le
preoccupazioni
in
momenti
così
turbati
erano
necessarie
.
Il
segreto
in
tante
bocche
è
sempre
un
pericolo
.
Alle
volte
,
o
per
mania
di
darsi
dell
importanza
o
per
fiducia
con
chi
si
parla
,
si
fanno
confidenze
che
diventano
di
tutti
.
Ci
salutammo
e
ci
ritrovammo
a
tavola
con
un
giovane
deputato
che
rappresenta
anche
ora
un
collegio
piemontese
.
La
trattoria
sentiva
della
giornata
.
Molti
posti
erano
vuoti
.
Coloro
che
mangiavano
parevano
costernati
,
o
tacevano
o
conversavano
sottovoce
con
una
sobrietà
di
parole
che
dava
all
ambiente
un
non
so
che
di
lugubre
.
Ci
separammo
con
l
intesa
di
andare
ciascuno
per
nostro
conto
alla
redazione
di
un
giornale
,
dove
saremmo
stati
ricevuti
dalla
persona
incaricata
di
dirci
il
luogo
della
riunione
.
Vi
trovai
molte
facce
sconosciute
,
facce
garibaldine
,
facce
democratiche
e
un
via
vai
di
gente
che
andava
e
veniva
.
Anche
la
redazione
traduceva
la
giornata
del
diavolo
.
Le
figure
passavano
tristi
e
mute
,
poi
ripassavano
con
lo
stesso
contegno
riguardoso
delle
persone
che
non
vogliono
essere
interrogate
.
Tuttavia
sovente
l
amicizia
interrompeva
la
musoneria
e
costringeva
a
parlare
.
Si
sentiva
un
po
di
tutto
.
Chi
diceva
con
la
voce
dimessa
che
non
c
era
più
nulla
da
fare
,
perché
ormai
la
libertà
dei
cittadini
era
alla
mercè
del
comandante
della
truppa
di
Milano
,
e
chi
raccontava
che
gli
insorti
avevano
dato
fuoco
al
palazzo
Saporiti
dopo
di
aver
fatta
una
gigantesca
barricata
sul
corso
Venezia
,
e
chi
faceva
venir
su
la
pelle
d
oca
con
mucchi
di
cadaveri
portati
via
dal
luogo
del
disastro
a
braccia
di
popolo
.
Da
tutte
quelle
narrazioni
contraddittorie
le
mie
illusioni
continuavano
a
volar
via
,
Qualcuno
aggiungeva
che
erano
incominciati
gli
arresti
a
domicilio
e
aggiungeva
panico
a
panico
.
I
più
prudenti
prendevano
la
via
del
loro
domicilio
senza
voltarsi
indietro
.
Ce
ne
andammo
alla
spicciolata
come
eravamo
entrati
.
Io
e
il
mio
amico
deputato
prendemmo
la
via
dell
Ospedale
Maggiore
,
attraversammo
il
corso
di
Porta
Romana
,
infilammo
una
delle
vie
che
lo
lambiscono
e
seguitammo
a
camminare
in
direzione
di
San
Celso
.
La
via
era
piuttosto
deserta
e
il
medico
che
prestava
il
suo
appartamento
per
il
convegno
era
dabbasso
in
strada
che
additava
la
porta
agli
aspettati
e
adocchiava
se
sbucasse
da
qualche
parte
la
polizia
.
La
portinaia
era
di
cera
.
Tremava
.
Essa
è
quella
tale
stata
citata
al
Tribunale
per
riconoscere
se
la
signora
Kuliscioff
fosse
stata
la
donna
velata
,
cercata
invano
per
provare
il
complotto
.
Salimmo
un
altra
scala
dopo
il
primo
piano
,
suonammo
e
ci
venne
aperto
.
Passati
dall
anticamera
al
salotto
di
riunione
vi
trovammo
un
po
di
tutti
i
colori
politici
,
dal
rivoluzionario
scarlatto
al
radicale
pallidissimo
.
Capi
di
organizzazioni
operaie
,
deputati
socialisti
,
deputati
repubblicani
,
deputati
radicali
,
consiglieri
municipali
,
qualche
ex
-
assessore
municipale
,
direttori
di
giornali
,
giornalisti
,
avvocati
,
ingegneri
,
medici
,
persone
che
si
occupano
di
politica
e
di
questioni
sociali
,
leaders
di
questa
e
di
quella
piattaforma
.
l
uscio
non
stava
mai
quieto
.
Ogni
momento
si
apriva
e
lasciava
passare
due
o
tre
persone
.
Sovente
passavano
nel
salottino
senza
salutare
alcuno
,
qualche
volta
stringevano
le
mani
di
qualche
amico
e
davano
la
buona
sera
.
Pochi
minuti
dopo
non
c
era
più
posto
che
sul
pavimento
e
l
uscio
non
aveva
cessato
di
andare
avanti
e
indietro
.
Coloro
che
entravano
dovevano
contentarsi
di
rimanere
all
entrata
o
nel
corridoio
che
faceva
da
anticamera
.
Siccome
nessuno
degli
invitati
sapeva
dove
e
con
chi
si
sarebbe
trovato
,
così
ho
veduto
molte
facce
diventare
smorte
o
biancastre
o
paonazze
.
Alcuni
non
sapevano
neppure
in
casa
di
chi
si
trovavano
.
La
maggioranza
era
terrorizzata
,
l
inquietudine
di
alcuni
era
tale
che
pareva
che
avessero
i
piedi
sugli
aghi
,
la
casa
del
medico
pareva
un
braciere
.
Vi
si
respirava
un
aria
ardente
.
Parecchi
sono
entrati
e
sono
usciti
senza
dire
parola
.
In
quasi
tutti
era
la
preoccupazione
di
un
irruzione
di
poliziotti
.
Se
non
fosse
stata
una
vergogna
assentarsi
dopo
essere
stati
veduti
,
parecchi
avrebbero
preso
la
scala
.
Tutti
assieme
rappresentavano
la
fortuna
di
Di
Rudini
,
di
Bava
Beccaris
e
di
Minozzi
,
il
questore
.
Per
tutti
loro
saremmo
stati
il
complotto
,
i
preparatori
dell
insurrezione
,
i
capi
della
rivolta
.
Non
ci
fu
scelta
di
presidente
,
ma
uno
dei
presenti
si
incaricò
di
dirigere
la
discussione
.
Ascoltavo
e
tutte
le
mie
illusioni
se
ne
andavano
.
In
nessuno
era
l
idea
della
resistenza
.
Scarlatto
o
rosso
l
oratore
era
mansueto
,
timido
,
capace
di
sciorinare
tutte
le
platitudes
della
prudenza
.
Non
c
era
niente
da
fare
e
si
mancava
di
tutto
.
L
idea
più
forte
era
quella
di
affiggere
un
avviso
per
pacificare
la
popolazione
e
impedirle
di
farsi
ammazzare
così
stupidamente
,
come
spettatori
a
mani
vuote
,
mentre
i
soldati
scaricavano
senza
pronunciare
una
parola
.
Il
manifesto
per
pacificare
la
gente
aggredita
a
colpi
di
balistite
mi
sembrava
ingiurioso
.
Qualcuno
ha
manifestato
la
rancida
idea
giacobina
.
La
truppa
fraternizzi
col
popolo
!
La
truppa
non
fraternizza
mai
col
popolo
!
Se
ha
fraternizzato
è
cosa
del
passato
.
È
cosa
del
48
.
Non
è
che
a
Parigi
,
al
tempo
di
Luigi
Filippo
,
che
si
è
veduto
simile
spettacolo
.
Gli
ostaggi
!
Chi
ha
parlato
di
ostaggi
?
È
roba
da
cartisti
.
Allora
si
credeva
che
nascondendo
Wellington
e
gli
altri
ministri
,
e
gli
altri
personaggi
ufficiali
,
e
il
principe
di
Galles
,
si
potesse
costringere
il
Parlamento
a
concedere
la
carta
della
loro
riforma
.
Ma
adesso
?
Morto
o
scomparso
un
ministro
se
ne
fa
un
altro
.
Che
cosa
hanno
giovato
gli
ostaggi
ai
comunardi
?
La
loro
morte
ha
affrettato
il
trionfo
di
Thiers
.
Un
moto
simultaneo
?
Ferrovecchi
!
Quando
voi
vi
sarete
impadroniti
di
Bava
Beccaris
,
del
prefetto
,
del
sindaco
,
della
giunta
,
del
questore
e
di
tutti
coloro
che
contano
per
qualche
cosa
nel
mondo
ufficiale
,
e
vi
sarete
contemporaneamente
impadroniti
,
diciamo
,
della
polveriera
,
delle
caserme
,
dei
telegrafi
,
della
questura
,
delle
carceri
per
liberare
i
prigionieri
politici
,
delle
banche
,
perché
la
guerra
senza
munizione
monetaria
è
impossibile
,
quando
,
diciamo
,
avrete
tagliate
tutte
le
comunicazioni
e
avrete
eliminate
tutte
le
teste
governative
,
voi
vi
troverete
in
una
condizione
peggiore
di
prima
.
Sarete
imbarazzati
della
vittoria
.
L
insurrezione
milanese
del
48
,
si
è
trovata
,
su
per
giù
,
nelle
stesse
condizioni
.
I
capi
del
movimento
si
sono
contentati
di
conquistare
Milano
,
e
così
i
nuovi
contingenti
austriaci
venuti
dal
di
fuori
li
hanno
sopraffatti
.
Neanche
un
rovescio
di
dinamite
sui
soldati
potrebbe
salvare
dal
disastro
.
All
indomani
la
città
sarebbe
bloccata
e
bombardata
.
La
colpa
cadrebbe
sulle
nostre
teste
.
Non
c
è
nulla
da
fare
.
Una
sollevazione
generale
spontanea
?
Voi
avete
udito
.
Non
ci
sono
neanche
i
ferrovieri
.
I
ferrovieri
rifiutano
di
abbandonare
i
treni
.
Allora
che
cosa
sono
venuti
a
fare
?
E
se
non
ci
sono
loro
che
sono
organizzati
e
disciplinati
,
chi
volete
che
insorga
?
Gli
impiegati
,
gli
esercenti
,
i
negozianti
,
gli
industriali
tenuti
lontani
da
ogni
movimento
insurrezionale
dai
loro
istinti
e
dai
loro
interessi
?
Una
scampanellata
ha
agitato
tutti
i
nervi
e
precipitata
la
discussione
.
Era
entrata
una
signora
velata
a
prendere
il
marito
deputato
e
dietro
lei
eran
giunti
due
o
tre
altri
a
far
gelare
il
sangue
.
Si
continuava
ad
arrestare
a
domicilio
.
Alcuni
si
valsero
del
momento
di
commozione
per
prendere
la
scala
.
Guai
se
la
polizia
ci
avesse
sorpresi
.
Nessuno
avrebbe
cavato
dalla
testa
pubblica
che
l
adunanza
avesse
intendimenti
insurrezionali
.
Le
figure
più
note
della
democrazia
milanese
sarebbero
state
sotto
chiave
e
tutti
sarebbero
stati
convinti
che
i
propositi
dei
radunati
erano
rivoluzionari
.
Proprio
non
ci
rimaneva
che
scioglierci
e
dirci
addio
.
L
affissione
di
un
manifesto
di
pacificazione
era
pericoloso
.
Poteva
dar
ragione
a
Bava
Beccaris
.
Non
c
era
alternativa
:
o
mettersi
alla
testa
della
rivolta
,
se
fosse
una
rivolta
,
o
tacere
e
lasciare
che
gli
avvenimenti
si
svolgessero
da
sè
.
Il
padrone
di
casa
era
ansioso
.
Le
pattuglie
erano
in
giro
.
La
portinaia
era
sottosopra
.
Ci
si
è
raccomandato
di
andarcene
alla
spicciolata
come
vi
eravamo
venuti
.
In
pochi
minuti
fummo
tutti
dispersi
.
Io
ero
con
tre
o
quattro
alla
distanza
di
dieci
o
dodici
passi
l
uno
dall
altro
.
Alcuni
minuti
di
ritardo
e
saremmo
stati
tutti
in
gabbia
.
Il
delegato
,
o
l
ispettore
che
fosse
,
con
una
frotta
di
questurini
in
borghese
,
era
avviato
al
domicilio
del
medico
,
o
in
quella
direzione
.
Ci
disperdemmo
vicino
al
Baj
.
Durante
la
notte
molti
dei
convenuti
si
sono
dati
alla
fuga
,
alcuni
sono
stati
arrestati
,
parecchi
sono
stati
ghermiti
più
tardi
e
non
pochi
sono
rimasti
ignoti
.
La
riunione
è
stata
sospettata
o
scoperta
quando
eravamo
tutti
al
largo
,
compreso
il
padrone
dell
appartamento
che
ci
aveva
ospitati
,
il
quale
era
già
in
viaggio
per
la
via
di
Lugano
.
La
portinaia
fortunatamente
ha
fatto
la
stupida
per
progetto
o
non
ha
potuto
compromettere
alcuno
,
perché
quella
gente
non
era
mai
passata
dalla
sua
portineria
.
Ella
non
ha
saputo
dire
alla
polizia
se
non
che
erano
salite
molte
persone
dal
dottore
e
che
fra
le
molte
persone
era
una
signora
coperta
da
un
fittissimo
velo
.
La
si
è
cercata
per
tutta
Milano
.
Con
essa
si
sarebbe
messo
assieme
il
complotto
,
la
congiura
,
la
cospirazione
,
il
proposito
di
insorgere
.
Ma
la
signora
è
rimasta
sconosciuta
e
i
tribunali
militari
,
dopo
che
la
portinaia
non
ha
saputo
riconoscere
nella
signora
Kuliscioff
la
signora
velata
,
hanno
dovuto
abbandonare
il
clou
del
processo
dei
giornalisti
e
dei
deputati
:
vale
a
dire
l
intesa
per
rovesciare
la
monarchia
e
dare
all
ltalia
una
repubblica
.
Ho
taciuto
tutti
i
nomi
perché
non
sono
autorizzato
a
pubblicarli
.
Così
taccio
anche
quello
della
signora
,
dicendo
solo
che
la
donna
velata
non
era
proprio
la
signora
Anna
Kuliscioff
.
LE
CANNONATE
IN
CORSO
COMO
Domenica
,
8
maggio
98
.
Sono
venuto
a
casa
spaventato
.
Nel
pomeriggio
d
oggi
,
il
ponte
dello
Scalo
Merci
,
si
era
affollato
di
persone
che
volevano
vedere
cosa
facesse
l
ufficiale
col
cannone
e
coi
soldati
al
dazio
di
Porta
Garibaldi
.
Si
era
lì
tutti
a
chiacchierare
,
quando
vedemmo
come
un
movimento
intorno
alla
bocca
da
fuoco
che
mette
paura
.
Non
eravamo
ancora
usciti
dalla
sorpresa
,
che
udimmo
l
esplosione
di
un
colpo
a
salve
.
La
moltitudine
,
quantunque
non
potesse
essere
udita
,
scoppiò
nelle
grida
indignate
,
e
non
pochi
tesero
le
braccia
come
per
minacciarlo
..
L
artigliere
era
al
lavoro
e
noi
credevamo
che
stesse
preparando
un
altra
scarica
a
salve
.
Passarono
cinque
minuti
di
ansie
terribili
.
Malgrado
l
illusione
in
tutti
noi
,
che
non
si
sarebbe
osato
scaricare
della
mitraglia
,
eravamo
tutti
silenziosi
.
Il
secondo
colpo
sollevò
una
nube
che
ci
tolse
dalla
vista
soldati
,
cannone
e
ufficiale
.
Prima
o
durante
il
rumoreggiamento
,
un
uomo
attraversava
la
piazza
dello
Scalo
Merci
con
la
propria
figlia
di
nove
anni
.
I
particolari
li
ho
saputi
quando
siamo
accorsi
ad
aiutarlo
.
La
ragazzina
è
stata
colpita
alla
fronte
.
Il
padre
non
ebbe
che
un
grido
di
dolore
.
Si
precipitò
su
lei
per
sollevarla
.
Ma
una
volta
che
se
l
ebbe
tra
le
braccia
,
l
uomo
svenne
.
Piegò
sulle
gambe
e
andò
a
sbattere
la
fronte
sul
selciato
.
Lo
aiutammo
ad
alzarsi
.
Qualcuno
raccolse
la
morticina
e
non
pochi
seguirono
il
padre
,
il
quale
ha
continuato
a
piangere
fino
all
abitazione
.
Non
ci
eravamo
accorti
che
al
tempo
stesso
uno
stalliere
,
il
quale
aveva
appena
finito
di
dare
da
mangiare
e
da
bere
alle
bestie
e
divorarsi
la
solita
scodella
di
minestra
,
avviato
all
osteria
in
faccia
a
berne
un
quinto
,
aveva
subito
la
stessa
sorte
.
Non
aveva
fatto
che
tre
o
quattro
passi
che
precipitava
a
terra
con
il
ventre
squarciato
dalla
mitraglia
.
Più
innanzi
trovammo
un
giovane
tedesco
,
del
quale
non
ho
saputo
scrivere
il
nome
,
colpito
al
cuore
da
un
proiettile
,
mentre
era
uscito
di
casa
a
comperarsi
un
sigaro
.
Tutto
sommato
,
la
seconda
cannonata
ha
lasciato
in
terra
tre
cadaveri
.
L
ASSALTO
AL
CONVENTO
Nove
maggio
.
Sono
a
zonzo
,
come
gli
altri
giorni
,
col
lapis
e
il
libro
delle
note
in
saccoccia
.
Mi
darei
dei
pugni
.
Ho
dimenticato
a
casa
il
kodak
,
che
mi
avrebbe
aiutato
a
raccogliere
le
scene
della
strada
.
La
giornata
è
splendida
,
ma
il
sole
non
riesce
a
far
rifiorire
le
guance
della
popolazione
terrorizzata
.
La
gente
è
smorta
,
biancastra
,
inquieta
.
Ciascuno
va
via
per
la
sua
strada
,
senza
voltarsi
indietro
,
senza
salutare
gli
amici
.
È
come
se
uno
sospettasse
dell
altro
.
In
ogni
persona
che
passa
si
fiuta
un
insorto
o
un
delatore
.
Le
muraglie
sono
impiastrate
di
avvisi
di
tutte
le
dimensioni
.
È
Bava
Beccaris
che
ingiunge
alle
masse
i
suoi
ordini
,
senza
punto
far
sussultare
i
nervi
della
popolazione
.
C
è
qualcuno
che
mormora
.
Ma
gli
altri
che
leggono
gli
cacciano
gli
occhi
negli
occhi
come
se
volessero
divorarlo
.
Nella
fraseologia
del
generale
,
c
è
sempre
del
padrone
che
parla
al
servo
e
dell
imbecille
che
dalla
scuola
militare
non
ha
portato
via
che
la
brutalità
del
mestiere
.
Egli
invita
i
cittadini
a
versare
le
armi
da
fuoco
,
come
se
i
fucili
,
gli
spadoni
e
i
fioretti
fossero
sacchi
di
noci
o
bottiglie
di
liquori
,
o
fiaschi
di
vino
!
Durante
le
sommosse
popolari
l
aristocrazia
e
la
borghesia
inglesi
vanno
direttamente
alla
sezione
di
polizia
a
prestare
giuramento
e
a
cingersi
i
fianchi
del
conciapopolo
,
il
quale
è
un
randello
corto
che
spacca
la
testa
del
rivoltoso
al
primo
colpo
.
I
policemen
non
sono
per
le
vie
e
per
gli
squares
dei
tumulti
soli
,
abbandonati
al
disprezzo
della
folla
che
mugge
contro
i
nemici
dei
suoi
diritti
.
Escono
dalle
caserme
con
le
upper
classes
,
con
dei
pari
,
degli
ammiragli
,
dei
generali
,
dei
deputati
,
degli
avvocati
,
dei
medici
,
dei
banchieri
e
col
resto
dei
cani
grossi
della
terrocrazia
e
della
plutocrazia
.
Le
upper
classes
della
paneropoli
,
si
contentano
invece
di
lasciare
il
loro
biglietto
di
visita
alla
residenza
del
generale
Bava
Beccaris
,
il
quale
è
,
come
tutti
sanno
,
nel
palazzo
del
comando
militare
in
via
Brera
,
15
.
Un
biglietto
di
visita
costa
poco
e
sopprime
la
noia
di
un
probabile
conflitto
con
le
moltitudini
.
Leggo
la
Perseveranza
-
il
quotidiano
della
consorteria
milanese
,
che
incomincia
questa
mane
la
vitaccia
a
cinque
centesimi
.
In
questo
giorno
è
un
giornale
che
sbalordisce
.
Non
è
più
il
leone
sdentato
e
invecchiato
nella
gabbia
del
serraglio
.
È
un
leone
in
piedi
che
rugge
squassando
la
giubba
e
guarda
la
«
plebe
»
con
la
minaccia
negli
occhi
torvi
.
Dal
primo
giorno
dei
tumulti
,
la
Perseveranza
ha
buttato
via
ogni
solidarietà
professionale
.
È
divenuto
un
foglio
fratricida
.
Si
presenta
ogni
mattina
al
pubblico
,
con
le
mani
gocciolanti
del
sangue
dei
colleghi
che
ha
sgozzato
nella
notte
.
Le
sue
colonne
sono
piene
di
delazioni
.
Essa
incita
gli
agenti
a
piombare
sui
difensori
della
libertà
di
stampa
.
La
maggioranza
dei
giornalisti
milanesi
è
composta
di
forcaioli
.
Non
pensa
che
col
ventre
.
Manderebbe
al
patibolo
tutti
noi
che
abbiamo
l
audacia
di
prendere
i
ventraioli
della
penna
di
redazione
a
pedate
.
I
vostri
nomi
sono
registrati
nel
mio
diario
.
In
questo
momento
di
disgusto
mi
ricordo
con
compiacenza
della
Parigi
giornalistica
delle
giornate
di
luglio
,
dei
giornalisti
del
30
,
i
quali
rimasero
uniti
a
difendere
i
diritti
della
libertà
di
scrivere
contro
le
ordinanze
reali
che
volevano
distruggerla
.
Piuttosto
che
subire
il
bavaglio
,
hanno
preferito
lasciare
la
penna
in
redazione
e
discendere
nelle
vie
a
combattere
sulle
barricate
fino
a
monarchia
finita
.
I
soldati
fraternizzarono
coi
«
rivoltosi
»
per
il
rispetto
alla
Carta
,
e
Carlo
X
dovette
scappare
dal
«
cervello
del
mondo
»
di
notte
,
come
un
ladro
.
Piazza
San
Fedele
è
popolata
.
Ci
sono
qua
e
là
dei
capannelli
che
chiacchierano
.
I
gradini
del
teatro
Manzoni
e
della
chiesa
in
faccia
sono
gremiti
di
spettatori
.
Intorno
al
monumento
discutono
parecchi
signori
dal
solino
lucido
e
dalle
mani
inguantate
.
Approvano
l
energia
del
generale
e
dicono
che
Milano
finalmente
ha
trovato
la
mano
di
ferro
che
le
mancava
.
Ma
aggiungono
che
avrebbe
dovuto
risparmiare
Turati
«
perché
non
è
mica
uno
scalmanato
che
vada
in
piazza
con
una
palata
di
parole
roventi
a
rimescolare
il
fondaccio
delle
passioni
volgari
della
plebaglia
.
Egli
è
un
intellettuale
con
idee
che
non
sono
le
nostre
,
ma
che
si
possono
discutere
»
.
Si
aspetta
la
solita
processione
degli
arrestati
del
giorno
prima
.
È
uno
spettacolo
desolante
questo
di
assistere
alla
sfilata
di
sessanta
o
ottanta
individui
,
legati
a
due
a
due
,
circondati
dalla
cavalleria
,
dai
carabinieri
e
dagli
agenti
di
pubblica
sicurezza
,
con
la
bocca
della
rivoltella
che
li
guarda
in
bocca
.
Il
pensiero
che
la
distrazione
possa
farne
scattare
qualcuna
,
mi
fa
sentire
il
tormento
degli
aghi
nella
pelle
.
Perché
fate
loro
attraversare
mezza
Milano
a
piedi
,
a
rischio
di
trovare
qualche
esaltato
che
gridi
viva
o
abbasso
qualche
nome
?
Per
procombere
su
loro
ed
ammazzarli
?
Mi
sento
male
a
pensarci
.
No
,
oggi
non
voglio
vederla
.
Mi
bastano
quelle
di
ieri
e
dell
altro
ieri
.
Filo
per
Santa
Radegonda
e
mi
fermo
rasente
il
Duomo
,
cogli
occhi
verso
la
piazza
.
È
occupata
militarmente
e
i
soldati
hanno
l
aria
di
poveracci
che
non
hanno
riposato
nel
proprio
letto
.
Coloro
che
tentano
di
flanellare
lungo
i
cordoni
militari
,
vengono
mandati
al
diavolo
con
la
voce
rude
che
sente
del
momento
.
Domando
il
permesso
all
ufficiale
vicino
ai
magazzini
del
Bocconi
di
attraversare
la
Galleria
per
salire
all
associazione
della
stampa
.
Gli
presento
la
tessera
sulla
quale
è
incollata
la
mia
fotografia
.
Non
si
può
.
Non
è
permesso
.
Gli
ordini
militari
non
si
discutono
,
e
volto
indietro
per
il
corso
Vittorio
Emanuele
.
Non
sono
ancora
vicino
al
ristorante
dell
Orologio
,
che
la
gente
si
mette
a
scappare
in
tutte
le
direzioni
e
i
negozi
semichiusi
si
chiudono
precipitosamente
,
come
se
un
esercito
di
pitocchi
stesse
per
irrompere
a
dare
il
sacco
alle
botteghe
.
Il
fuggi
fuggi
fa
andare
gli
uni
addosso
agli
altri
e
il
panico
corre
per
il
corso
a
mettere
tutti
sossopra
.
Si
chiudono
le
porte
,
si
chiudono
le
finestre
e
si
lasciano
i
pedoni
senza
un
rifugio
per
salvarsi
dai
pericoli
della
strada
.
Qualche
signora
che
non
sa
allungare
il
passo
o
decidersi
a
raccogliere
le
vesti
ed
imitare
le
altre
,
si
spaventa
,
scolorisce
e
pronuncia
parole
che
racchiudono
la
sua
desolazione
di
essersi
lasciata
sorprendere
dalla
sciagura
cittadina
.
Si
senton
le
ruote
dei
carri
pesanti
che
sussultano
lungo
l
acciottolato
e
le
zampe
dei
cavalli
enormi
che
sdrucciolano
di
tanto
in
tanto
sulle
pietre
dei
ruotabili
.
Sono
due
cannoni
di
grosso
calibro
accompagnati
dai
carri
con
gli
attrezzi
e
con
la
munizione
.
Vanno
via
al
trotto
e
lasciano
supporre
che
siano
avviati
verso
il
teatro
della
insurrezione
.
All
annuncio
che
vengono
i
cannoni
,
San
Pietro
all
Orto
-
ove
erano
gli
uffici
dell
Italia
del
Popolo
-
perde
la
testa
.
Donne
e
uomini
gridano
,
piangono
e
si
inseguono
come
invasi
dal
terrore
.
Una
delle
cuoche
della
casa
tollerata
si
dispera
,
percuotendo
coi
pugni
la
porta
che
non
vuole
aprirsi
,
neppure
dopo
aver
premuto
e
ripremuto
il
bottocino
del
campanello
elettrico
.
La
lattaia
,
a
qualche
passo
di
distanza
,
sviene
sul
gradino
della
bottega
che
stava
per
chiudere
.
A
mano
a
mano
che
i
cannoni
e
le
mitragliere
si
avanzano
,
la
gente
infuriata
svolta
in
S
.
Pietro
all
Orto
e
completa
il
quadro
di
una
popolazione
tribolata
dalla
guerra
civile
.
Si
sentono
gli
sbatacchiamenti
delle
ultime
porte
,
delle
ultime
imposte
,
delle
ultime
botteghe
aperte
.
Non
si
vedono
che
gambe
in
fuga
.
Il
corso
è
quasi
deserto
.
Passano
tre
lancieri
,
l
uno
dietro
l
altro
,
a
pancia
a
terra
e
scompaiono
per
la
via
Monforte
.
Gli
artiglieri
a
cavallo
frustano
le
bestie
;
e
le
bestie
infuriate
divorano
la
via
,
e
i
cannonieri
,
appoggiati
agli
affusti
,
hanno
assunto
un
atteggiamento
più
bellicoso
.
Svoltano
a
destra
sul
naviglio
.
Io
torno
indietro
e
imbocco
,
come
i
lancieri
,
la
via
Monforte
,
scavata
nel
mezzo
per
i
lavori
di
tubazione
,
fin
quasi
al
ponte
di
San
Damiano
.
Oltre
il
ponte
la
via
Monforte
non
ha
che
due
o
tre
bottegucce
del
polentaio
,
del
giornalaio
,
di
un
merciaiuolo
di
cianfrusaglie
,
eccetera
.
Il
resto
è
popolato
di
residenze
signorili
.
A
destra
,
quasi
in
faccia
alla
via
Conservatorio
,
è
il
superbo
Palazzo
della
Prefettura
,
col
suo
balcone
immenso
,
sorretto
dalle
colonne
a
scanalature
.
Arrivo
proprio
in
tempo
a
vedere
un
reggimento
o
parte
di
un
reggimento
di
fanteria
che
va
verso
il
dazio
spacchettando
le
cartucce
nella
giberna
.
Sembrano
soldati
che
vengano
da
lontano
.
Sono
impolverati
fino
ai
capelli
e
taluni
piegano
sotto
il
peso
dello
zaino
e
del
fucile
.
A
due
passi
dalla
Prefettura
c
è
il
via
vai
della
giornata
di
perturbazione
cittadina
.
Via
Monforte
non
subisce
la
paura
degli
abitanti
delle
altre
vie
.
Vicino
al
rappresentante
del
governo
la
gente
si
sente
più
sicura
.
I
balconi
sono
pigiati
di
signori
e
di
signore
che
applaudono
entusiasticamente
ai
soldati
che
passano
.
Da
una
parte
e
dall
altra
,
si
vedono
i
fazzoletti
candidi
che
agitano
l
aria
e
le
manine
che
si
aprono
come
se
lasciassero
cadere
dei
fiori
.
I
soldati
tirano
innanzi
senza
guardare
in
alto
.
Solo
gli
ufficiali
danno
segno
di
compiacimento
.
Si
parla
di
studenti
venuti
da
Pavia
a
ingrossare
il
numero
dei
rivoltosi
,
nascosti
nelle
cascine
di
Acquabella
e
accampati
nelle
vicinanze
.
Se
ne
discorre
e
si
allibisce
,
affrettando
il
passo
.
Alcuni
squilli
di
tromba
mi
fanno
ritornare
presso
il
ponte
di
San
Damiano
.
Mi
pare
di
essere
bloccato
al
centro
delle
operazioni
militari
.
Continuano
gli
squilli
.
È
un
generale
con
degli
altri
ufficiali
a
cavallo
,
seguito
dai
trombettieri
e
parecchi
lancieri
.
Alcuni
mi
dicono
che
sia
il
generale
Bava
Beccaris
in
persona
.
Ma
i
più
lo
credono
Ponza
di
San
Martino
.
Può
darsi
che
sia
invece
né
l
uno
né
l
altro
.
Il
generale
e
gli
ufficiali
entrano
in
via
Monforte
colle
spade
sguainate
e
ciascuno
di
loro
grida
dappertutto
:
«
Chiudete
le
finestre
o
faccio
tirare
!
»
.
I
cavalli
caracollano
,
s
impennano
,
nitriscono
e
tentano
di
prendere
la
mano
ai
cavalieri
.
La
gente
,
colle
mani
calde
del
battimani
fragoroso
che
aveva
salutato
la
truppa
,
scompare
chiudendo
le
imposte
.
I
passanti
vengono
respinti
verso
il
ponte
.
Gli
imbocchi
delle
vie
trasversali
si
chiudono
con
mucchi
di
soldati
.
Si
prepara
qualche
cosa
di
grosso
.
L
entrata
al
ponte
ha
una
siepe
di
monturati
che
impedisce
il
passaggio
.
Si
allineano
i
soldati
anche
davanti
il
portone
della
prefettura
.
Al
limitare
c
è
ressa
.
Vedo
gruppi
di
persone
che
si
sciolgono
e
si
rifanno
o
si
perdono
dietro
le
colonne
.
Qui
al
cordone
di
San
Damiano
c
è
voluto
del
fiato
per
indurre
i
soldati
a
lasciar
passare
i
fattorini
con
manate
di
telegrammi
.
Sono
le
undici
e
mezzo
.
Incominciano
le
fucilate
di
Porta
Monforte
.
Si
sentono
colpi
a
intervalli
.
Dal
mio
posto
vedo
una
nube
di
polvere
bianca
verso
il
dazio
e
dei
cavalli
che
sbucano
e
ritornano
nella
nuvolaglia
qualche
volta
illuminata
dalle
esplosioni
.
Dei
signori
che
stanno
in
via
del
Conservatorio
vogliono
assolutamente
passare
.
Le
famiglie
,
sapendoli
per
le
strade
,
devono
essere
inquiete
.
-
Signor
ufficiale
,
ci
faccia
passare
o
accompagnare
.
Ecco
il
nostro
biglietto
di
visita
.
-
Mi
duole
,
ma
ho
ordini
severi
:
non
si
passa
.
Il
fuoco
fuori
di
Porta
Monforte
diventa
accelerato
.
Pam
,
pam
,
pam
!
Pam
,
pam
,
pam
,
pam
!
La
commozione
diventa
generale
.
Tuona
il
cannone
.
Indietro
!
Indietro
!
Con
le
cannonate
che
imperversano
per
l
aria
,
ho
tempo
di
fare
delle
considerazioni
giornalistiche
!
È
un
mio
debole
di
sostenere
i
diritti
della
penna
pubblica
,
dovunque
si
tenta
metterli
in
dubbio
o
sopprimerli
.
Le
autorità
militari
vedono
nel
reporter
un
intruso
o
un
nemico
.
Lo
respingono
dappertutto
come
un
rognoso
.
Questi
signori
non
hanno
ancora
capito
ch
egli
è
lo
strumento
più
utile
dei
popoli
che
non
hanno
vergogna
di
far
sapere
al
mondo
come
si
svolga
la
vita
nazionale
.
Il
reporter
è
il
raccoglitore
degli
avvenimenti
che
si
compiono
sotto
i
suoi
occhi
.
È
impersonale
.
Voi
fate
bene
,
e
il
fatto
,
ch
egli
serve
caldo
al
pubblico
,
vi
copre
di
elogi
e
vi
circonda
di
ammirazione
.
Voi
fate
male
,
e
la
gente
col
documento
che
egli
ha
diffuso
,
vi
critica
,
vi
biasima
e
magari
vi
stramaledice
,
come
perturbatori
della
quiete
pubblica
o
come
autori
di
sventure
cittadine
.
Carlo
Houard
Russel
,
il
reporter
della
guerra
in
Crimea
,
ha
fatto
piangere
il
Regno
Unito
,
con
le
rivelazioni
ch
egli
metteva
assieme
sulle
alture
di
Alma
,
di
Balaclava
e
davanti
a
Sebastopoli
,
vivendo
in
mezzo
ai
soldati
,
chiacchierando
cogli
ufficiali
,
conversando
coi
superiori
che
sapevano
di
strategia
,
e
passando
delle
ore
coi
medici
e
col
personale
addetto
alle
ambulanze
.
Senza
di
lui
,
migliaia
di
soldati
di
più
si
conterebbero
tra
le
vittime
del
colera
,
della
fame
e
delle
bocche
da
fuoco
.
Senza
di
lui
,
lord
Ragan
sarebbe
passato
alla
storia
assai
più
che
come
il
mutilato
di
Waterloo
,
come
l
eroe
degli
eserciti
alleati
che
hanno
combattuto
per
la
conquista
di
Sabastopoli
-
il
grande
arsenale
russo
del
mar
Nero
.
Invece
le
lettere
di
Russel
lo
hanno
fatto
nicchiare
tra
i
generali
confusionarii
,
che
perdono
la
testa
come
Bazaine
,
pur
essendo
circondati
da
un
materiale
di
guerra
che
basterebbe
a
condurli
alla
vittoria
.
È
un
supplizio
crudele
quello
di
stare
qui
,
al
margine
del
teatro
di
guerra
,
con
le
orecchie
rintronate
da
un
fuoco
incessante
di
fucileria
,
a
straziarvi
col
pensiero
che
a
pochi
passi
dai
vostri
piedi
si
combatte
disperatamente
,
senza
poter
rompere
il
cordone
militare
!
Farei
in
due
la
mia
tessera
giornalistica
!
Ma
dunque
,
o
colleghi
,
avete
o
non
avete
conquistato
il
diritto
professionale
di
passare
dovunque
?
Corro
,
corro
lungo
il
naviglio
verso
porta
Vittoria
,
con
l
idea
di
voltare
in
via
Stella
e
riuscire
a
percorrere
fin
sotto
i
casini
daziarii
di
Porta
Monforte
.
Non
incontro
che
una
ragazza
e
una
bimba
che
chiamano
tutti
i
nomi
del
vicinato
senza
commuovere
alcuno
.
-
Luigia
,
Giovanna
,
Marta
,
aprite
,
fate
presto
,
per
amor
di
Dio
!
L
egoismo
li
ha
resi
tutti
sordi
.
Loro
sono
in
casa
,
rannicchiati
come
tanti
conigli
,
e
chi
è
fuori
,
crepi
!
Col
battaglio
del
portone
metto
a
rumore
il
casone
.
-
Aprite
,
in
nome
della
legge
!
Si
apre
,
e
io
continuo
il
mio
itinerario
.
Avvicinandomi
all
estremità
del
naviglio
,
le
fucilate
si
fanno
sentire
una
dopo
l
altra
,
come
se
i
soldati
fossero
dietro
qualche
riparo
a
far
fuoco
contro
i
passanti
rimasti
per
la
strada
.
Sull
angolo
di
via
Francesco
Sforza
,
è
un
gruppo
di
gente
,
addossato
alla
bottega
della
farmacia
chiusa
,
che
non
sa
più
da
che
parte
avviarsi
.
Sul
ponte
Vittoria
le
palle
passano
fischiando
e
,
al
dorso
,
dove
incomincia
il
corso
Vittoria
,
è
la
cavalleria
che
scorrazza
inseguendo
chiunque
col
revolver
alla
mano
e
il
grido
:
indietro
,
indietro
!
Una
vecchia
del
gruppo
continua
a
farsi
il
segno
della
croce
.
Giunge
,
trafelata
,
vicino
alla
farmacia
,
una
lavandaia
,
che
abita
in
via
della
Cerva
,
cioè
giù
dal
ponte
,
a
destra
del
Verziere
.
Vuole
assolutamente
rincasare
.
Ha
dei
figli
e
le
preme
di
sapere
dove
siano
i
suoi
figli
.
-
Fanno
fuoco
,
badate
,
Teresa
,
ritornate
indietro
!
Ella
,
la
grandigliona
non
ha
paura
.
Protetta
dal
grembiule
,
che
si
è
tirato
sulla
testa
,
prende
la
rincorsa
e
scompare
,
seguita
dai
pam
!
pam
!
che
vengono
dalla
via
Stella
.
-
Gesumaria
!
gridano
le
donne
dall
altra
parte
.
Dal
naviglio
di
San
Damiano
,
arrivano
al
mio
posto
due
donne
esterrefatte
che
abitano
nel
corso
Lodi
,
fuori
di
Porta
Romana
.
Sono
inquiete
per
le
loro
famiglie
,
e
anche
loro
,
come
la
lavandaia
,
vogliono
passare
attraverso
i
pericoli
,
a
costo
di
perdere
la
vita
.
Cerco
di
far
entrare
nella
loro
testa
che
è
meglio
rivedere
la
famiglia
un
po
più
tardi
che
lasciarsi
ammazzare
.
Spreco
il
fiato
.
Raccolgono
le
vesti
e
passano
di
corsa
il
ponte
.
-
Pam
,
pam
,
pam
!
Passate
incolumi
,
le
persone
addossate
alla
farmacia
si
convincono
che
i
soldati
tirano
in
aria
.
-
Andiamo
,
andiamo
,
che
fanno
per
spaventarci
!
E
il
gruppo
si
scioglie
e
sbuca
sul
ponte
,
come
una
filata
di
fannulloni
,
che
vanno
per
il
sole
a
scaldarsi
.
Una
scarica
di
fucili
li
scompiglia
.
Scappano
in
tutte
le
direzione
.
È
un
fuggi
fuggi
,
un
si
salvi
chi
può
.
Una
ragazza
precipita
a
terra
dallo
spavento
e
completa
la
scena
del
terrore
.
Un
operaio
,
che
la
vede
in
pericolo
,
ritorna
indietro
,
gettandosi
sulle
mani
per
evitare
le
pallottole
.
Raccoglie
la
fanciulla
sul
fianco
e
se
la
trascina
giù
dal
ponte
,
rasentando
la
muraglia
.
Io
mi
rifugio
nell
osteria
di
fianco
.
Vi
si
entra
discendendo
due
gradini
.
Ha
l
aria
d
una
taverna
dei
vecchi
romanzieri
.
È
tetra
,
si
sente
il
soffitto
sulla
testa
,
e
ha
i
tavoli
popolati
di
facce
che
paiono
ditte
di
gente
istupidite
votando
i
bicchieri
.
Sono
invece
persone
che
si
sono
salvate
scappando
«
per
lasciare
passare
la
tempesta
»
.
Nessuno
ha
voglia
di
parlare
.
Ogni
fucilata
si
ripercuote
sul
loro
sistema
nervoso
come
una
bastonata
.
Entra
l
avvocato
Crosti
della
Lombardia
,
Ha
l
aria
di
un
uomo
che
ha
buttato
via
più
di
una
notte
.
I
tumulti
non
gli
hanno
dato
tregua
.
Ci
salutiamo
con
un
semplice
ciao
.
Ci
mettiamo
sul
tavolo
sotto
un
finestrone
a
inferriata
che
guarda
in
via
Stella
.
Assistiamo
per
alcuni
minuti
al
va
e
vieni
di
corsa
degli
uomini
e
delle
donne
in
cerca
di
rifugio
.
Le
fucilate
continuano
alla
spicciolata
,
rimbombano
spesso
sulle
pareti
come
schiaffi
.
Incalzato
dalla
mia
idea
di
voler
assistere
al
combattimento
tra
la
truppa
e
gli
insorti
,
rifaccio
il
naviglio
e
non
svolto
che
in
via
della
Passione
.
L
arteria
è
deserta
.
Le
imposte
sono
chiuse
ermeticamente
.
Non
trovo
che
un
pitocco
sdraiato
sulla
pietra
di
una
cavità
sulla
facciata
di
un
edificio
.
Giungo
dinanzi
alla
chiesa
della
Passione
.
Un
caporale
e
due
soldati
sono
distesi
lungo
l
imboccatura
di
via
Vincenzo
Bellini
.
Al
di
là
è
il
bastione
sotto
il
quale
è
lo
stabilimento
Ricordi
.
Mi
si
ingiunge
di
andarmene
.
Per
il
cielo
è
una
gazzarra
di
spari
.
Filo
per
la
via
Conservatorio
verso
via
Stella
.
È
caduta
una
palla
dalla
parte
opposta
al
mio
marciapiede
.
Non
c
è
un
portone
aperto
.
Non
ho
paura
,
ma
non
sono
tranquillo
.
A
metà
via
,
entra
da
via
Stella
un
signore
bassotto
,
abbottonato
nello
stifelius
,
con
la
faccia
spaventata
,
che
mi
interrompe
il
cammino
con
un
imperativo
brutale
.
-
Indietro
!
Indietro
!
..
-
Chi
siete
?
-
Ve
lo
faccio
sapere
subito
chi
sono
.
Soldati
,
fuoco
!
Discutere
coi
signori
che
vi
possono
scaricare
mezzo
chilogrammo
di
polvere
nello
stomaco
,
è
da
insensati
.
Non
mi
faccio
ripetere
la
ingiunzione
,
e
mogio
mogio
riprendo
la
via
fatta
.
Mi
pare
di
non
avere
più
sangue
nelle
vene
.
A
ogni
passo
mi
aspetto
di
precipitare
fulminato
dai
proiettili
.
Sono
perduto
.
Mi
trovo
in
mezzo
ad
una
rete
di
sentinelle
.
Da
tutte
le
parti
si
grida
:
Indietro
!
Indietro
!
Due
cavalleggeri
irrompono
dalla
via
Monforte
,
con
le
lance
piegate
e
m
inseguono
spronando
i
cavalli
.
-
Via
!
via
!
Indietro
!
Indietro
!
I
proiettili
saltellano
freneticamente
per
le
tegole
dei
tetti
.
Riesco
in
via
..
della
Passione
più
morto
che
vivo
.
Il
cencioso
continua
a
dormire
.
Rieccomi
di
nuovo
sul
ponte
di
San
Damiano
.
Al
palazzo
della
prefettura
c
è
un
andirivieni
che
traduce
il
tumulto
intorno
allo
stato
maggiore
in
margine
al
campo
di
battaglia
.
Il
fuoco
continua
.
Ci
sono
persone
che
si
staccano
e
vengono
alla
nostra
volta
.
Tra
loro
sono
il
signor
Elia
Fumagalli
,
un
ricco
industriale
,
almeno
così
mi
si
dice
,
e
l
ingegnere
Macchi
,
un
proprietario
di
case
al
Foro
Bonaparte
e
un
uomo
assolutamente
d
ordine
.
Tutti
questi
signori
sono
stati
trattenuti
nel
casino
daziario
,
ov
è
il
comandante
,
per
più
d
un
ora
.
Il
loro
racconto
è
sommario
,
ma
rivela
una
pagina
dei
tumulti
che
stanno
scrivendo
le
bocche
del
cannoni
e
dei
fucili
.
Il
signor
Fumagalli
dice
che
passava
dalla
via
Guicciardini
-
la
prima
a
destra
del
corso
Concordia
,
fuori
Porta
Monforte
in
una
vettura
aperta
,
col
procuratore
Enrico
Pirolli
.
Essi
vennero
fatti
discendere
tra
le
undici
e
le
undici
e
un
quarto
,
e
condotti
al
dazio
,
ove
trovarono
l
ingegnere
Macchi
,
arrestato
un
po
prima
di
loro
.
Mentre
erano
nel
casino
daziario
,
il
comandante
era
tutto
in
faccende
a
dare
le
disposizioni
dell
attacco
imminente
.
L
ingegnere
Macchi
,
il
quale
non
sembra
mica
uno
scervellato
,
fece
coraggiosamente
delle
osservazioni
;
come
per
convincere
l
ufficiale
superiore
che
i
rivoltosi
,
se
c
erano
,
dovevano
essere
altrove
.
Lui
,
personalmente
,
non
ne
aveva
veduto
uno
.
Le
osservazioni
dell
ingegnere
erano
fatte
tra
un
complimento
e
una
scusa
perché
il
momento
scottava
e
perché
il
comandante
,
che
aveva
la
sua
cavalleria
che
batteva
la
campagna
,
poteva
essere
in
grado
di
saperne
più
di
un
borghese
.
Fu
così
che
parecchi
di
questi
signori
assistettero
alle
fucilate
fatte
contro
le
persiane
di
alcune
finestre
del
palazzo
a
sinistra
,
quasi
di
faccia
al
casino
daziario
,
che
lambisce
il
bastione
di
Porta
Venezia
.
L
ingegnere
Macchi
aveva
fatto
di
tutto
per
assicurare
i
signori
ufficiali
che
le
loro
informazioni
non
potevano
essere
esatte
,
perché
in
quel
casone
signorile
abitavano
buonissime
famiglie
,
ch
egli
conosceva
personalmente
.
E
,
dicendolo
,
dava
la
sua
parola
d
onore
,
che
non
erano
famiglie
che
si
occupassero
di
dimostrazioni
.
Aggiungeva
anche
che
dietro
le
persiane
agitate
,
contro
le
quali
si
voleva
far
fuoco
,
era
l
abitazione
di
un
ottimo
padre
di
famiglia
,
che
sedeva
tutti
i
giorni
nel
seggiolone
di
giudice
di
tribunale
.
Ma
il
tenente
incaricato
di
ordinare
il
fuoco
non
volle
sentire
ragioni
.
Era
nella
testa
delle
autorità
daziarie
,
della
sicurezza
pubblica
e
militare
,
che
dalle
finestre
del
giudice
di
tribunale
erano
usciti
dei
colpi
di
revolver
e
di
fucile
.
Non
potendo
reggere
allo
strazio
di
vedere
la
truppa
che
tirava
contro
le
finestre
degli
amici
,
l
ingegnere
Macchi
prese
per
un
braccio
il
signor
Fumagalli
,
e
tutti
e
due
rientrarono
nel
casino
daziario
ad
aspettare
che
il
comandante
si
persuadesse
della
loro
innocenza
.
Intanto
che
erano
chiusi
nell
anticamera
dell
ufficio
,
gli
squilli
di
tromba
e
le
cannonate
li
facevano
impallidire
.
I
due
cannoni
che
vomitavano
la
mitraglia
micidiale
erano
appostati
colla
bocca
verso
corso
Concordia
.
Il
secondo
,
a
pochi
passi
dal
marciapiede
sinistro
del
piazzale
Monforte
,
tirava
sul
convento
dei
Cappuccini
.
Dopo
i
due
squilli
,
udirono
quattro
cannonate
:
la
prima
fece
sussultare
i
vetri
del
casino
dove
erano
,
e
l
ultima
diede
a
tutto
l
edificio
uno
scotimento
,
che
fece
traballare
il
suolo
sotto
i
loro
piedi
.
Intanto
che
i
proiettili
imperversavano
per
l
aria
,
nel
casino
daziario
si
diceva
che
gli
studenti
di
Pavia
avevano
fatto
le
fucilate
con
la
truppa
schierata
lungo
i
cancelli
di
Porta
Venezia
.
Si
parlava
di
un
fuoco
disperato
.
Inseguiti
,
si
sarebbero
nascosti
nel
convento
e
nella
chiesa
dei
frati
,
da
dove
vennero
sloggiati
dalla
mitraglia
.
Poi
si
sarebbero
dispersi
per
le
cascine
di
Acquabella
,
lasciando
a
torno
gli
avamposti
in
bicicletta
.
Cessato
il
fuoco
,
l
incaricato
militare
annunciò
a
tutti
che
erano
liberi
di
andarsene
«
perché
di
loro
non
aveva
dubbio
alcuno
»
.
Saputo
che
erano
persone
per
bene
,
il
comandante
li
fece
scortare
fin
dove
cessava
il
pericolo
.
Lieti
di
poter
correre
a
casa
a
tranquillizzare
le
famiglie
,
i
signori
vollero
manifestare
la
loro
gratitudine
ai
soldati
con
un
beveraggio
.
L
ingegnere
Macchi
fu
il
primo
ad
iniziare
il
movimento
con
un
biglietto
da
cinque
o
da
dieci
.
Gli
altri
lo
imitarono
con
dei
biglietti
da
una
o
da
due
lire
.
Il
soldato
che
aveva
ricevuto
il
denaro
,
senza
protestare
,
diede
l
esempio
che
i
soldati
non
si
lasciano
pagare
,
per
nessun
servigio
.
Non
appena
al
primo
cordone
,
li
denunciò
in
massa
all
ufficiale
di
picchetto
,
come
tanti
corruttori
.
Ci
volle
del
bello
e
del
buono
per
farlo
placare
e
fargli
capire
che
loro
,
non
potendo
offrire
alla
scorta
né
bibite
né
bevande
,
avevano
voluto
contribuire
con
qualche
cosa
,
perché
se
le
comprassero
.
Spiegato
l
equivoco
,
il
tenente
li
lasciò
passare
.
L
AMBIENTE
Il
convento
,
destinato
a
signoreggiare
gli
avvenimenti
della
quarta
giornata
,
non
è
«
quasi
nascosto
tra
gli
alti
fabbricati
»
,
,
come
vorrebbe
uno
sciocco
redattore
della
Lega
Lombarda
,
che
riempie
le
colonne
della
«
Milano
durante
i
tumulti
»
di
inesattezze
delittuose
e
di
sentimenti
anti
-
cristiani
.
È
un
edificio
che
in
piazza
Monforte
nessuno
può
evitare
di
vedere
.
Ha
il
fianco
destro
completamente
libero
,
che
margina
il
principio
di
corso
Concordia
e
la
fronte
che
corre
lungo
il
viale
,
che
porta
il
nome
del
centro
ov
è
accampata
la
truppa
.
La
parte
della
cinta
del
cortile
,
dimezzata
dal
cancello
di
ferro
,
è
sul
rialzo
dei
pedoni
,
sotto
il
quale
è
il
binario
del
tram
.
Il
viale
è
largo
e
a
due
binari
,
e
il
convento
ha
di
faccia
il
casone
della
farmacia
,
che
incomincia
il
viale
interrotto
dal
piazzale
,
sul
rialzo
dei
pedoni
,
dalla
parte
opposta
.
L
interno
del
cortile
può
essere
descritto
da
un
ragazzo
.
Dinanzi
il
cancello
è
la
chiesuola
del
Sacro
Cuore
con
il
suo
pronao
rustico
,
sotto
cui
seggono
tutti
i
giorni
i
poveri
che
mangiano
la
minestra
distribuita
dai
frati
.
A
destra
è
la
muraglia
addosso
alla
quale
i
pitocchi
si
appoggiano
o
si
distendono
a
mezzodì
,
col
cucchiaio
di
legno
nella
mano
sul
ventre
che
borbotta
.
Nell
angolo
è
l
entrata
al
convento
propriamente
detto
.
Tra
il
limitare
e
la
postierla
è
un
andito
piuttosto
buio
con
lo
sportello
a
sinistra
,
dal
quale
sbuca
la
testa
simpatica
del
frate
Melitone
che
scodella
la
minestra
e
aggiunge
,
per
i
più
affamati
,
fette
di
polenta
e
tozzi
di
pane
.
All
altro
fianco
del
cortile
è
un
portone
che
non
si
apre
che
quando
la
frateria
riceve
i
carri
carichi
di
legna
o
di
fieno
o
di
paglia
o
di
farina
o
di
pasta
.
Dall
angolo
di
questo
portone
della
muraglia
parallela
all
altra
sono
due
abitazioni
:
quella
del
coronaio
e
quella
del
signor
Roveda
,
un
vecchietto
di
70
e
più
anni
,
che
passa
la
vecchiaia
giocondata
dalla
presenza
della
moglie
e
di
cinque
figli
.
È
una
famiglia
della
quale
tutti
vi
parlano
bene
.
Il
coronaio
è
un
uomo
alto
e
brutto
.
Ha
il
naso
grosso
e
gualcito
degli
ubriaconi
.
Al
momento
dell
invasione
militare
,
egli
era
in
casa
con
le
convulsioni
.
Le
palle
percotevano
fragorosamente
le
sue
gelosie
e
il
suo
uscio
d
entrata
.
Di
sopra
,
sua
sorella
,
gravemente
ammalata
,
piangeva
dirottamente
dalla
paura
.
Calci
del
fucile
gli
fecero
aprire
.
-
In
ginocchio
!
-
gli
gridò
l
ufficiale
piantandogli
in
faccia
la
bocca
della
rivoltella
.
E
il
povero
coronaio
,
con
la
pelle
lividastra
,
si
lasciò
andare
sulle
ginocchia
colle
mani
giunte
.
-
Dove
sono
i
rivoltosi
?
-
Non
lo
so
,
signor
tenente
.
E
il
tenente
lo
fece
arrestare
.
Il
capo
dei
mendicanti
è
il
Cerina
,
un
tipo
che
io
ho
dovuto
studiare
più
di
una
volta
nella
mia
Milano
sconosciuta
e
Milano
moderna
.
È
un
ex
-
librivendolo
disgustato
della
vita
ladra
che
lo
obbliga
,
a
70
anni
e
impotente
,
a
dormire
sotto
un
cielo
indiavolato
,
o
sui
gradini
delle
chiese
,
o
in
fondo
agli
angiporti
,
o
con
le
spalle
al
pilastro
d
un
arcata
qualunque
,
nelle
notti
ch
egli
chiama
polari
.
Pare
un
Aronne
.
La
sua
barba
,
folta
e
fluente
,
gli
tiene
caldo
lo
stomaco
,
e
la
sua
capigliatura
,
che
ingrigia
adagio
adagio
,
documenta
la
sua
discesa
nell
inferno
sociale
.
Il
suo
sogno
è
di
rialzarsi
con
una
bracciata
di
libri
vecchi
o
arcivecchi
.
Mi
diceva
l
altro
giorno
che
,
se
non
gli
avessero
arrestato
il
suo
amico
Carlo
Romussi
,
direttore
del
Secolo
,
a
quest
ora
la
sua
fortuna
sarebbe
fatta
.
Prima
dell
arresto
gli
aveva
promesso
una
carriolata
di
classici
della
biblioteca
Sonzogno
.
La
sua
predilezione
per
i
frati
del
convento
del
viale
Monforte
è
spiegabilissima
.
In
mezzo
alla
pitoccaglia
,
egli
è
ancora
qualche
cosa
.
A
mezzogiorno
il
buon
Cerina
diventa
una
specie
di
caporale
di
un
pelottone
di
pezzenti
.
Separa
gli
spiantati
dalle
spiantate
,
mette
in
fila
gli
uni
e
le
altre
e
lascia
prendere
a
ciascuno
di
loro
una
scodella
di
minestra
fumante
.
«
Non
faccio
per
dire
ma
è
minestra
di
brodo
che
sente
della
pestata
di
lardo
.
A
me
piace
e
piace
anche
ai
miei
colleghi
»
..
Il
portinaio
è
frate
Daniele
.
Un
uomo
alto
e
ossuto
,
con
gli
occhiacci
della
gente
che
porta
nel
petto
il
male
crudele
che
manda
sollecitamente
all
altro
mondo
.
È
stato
parecchi
anni
al
Chilì
,
ove
prese
una
febbriciattola
che
lo
tormenta
ancora
.
Il
suo
italiano
ha
molto
del
bergamasco
.
È
di
una
intelligenza
più
che
comune
.
Non
posso
mettere
in
dubbio
la
sua
vocazione
religiosa
,
perché
indossa
la
tonaca
da
una
filata
d
anni
.
Ma
non
sono
sicuro
ch
egli
sia
capace
di
capire
quello
che
legge
,
se
pure
legge
.
Coi
poverelli
è
di
una
bontà
femminile
.
Fino
a
caldaia
vuota
non
nega
mai
una
scodellata
di
minestra
a
chi
gli
riporge
la
ciotola
per
saziarsi
.
I
mangiatori
di
minestra
appartengono
ai
due
sessi
.
Le
donne
sono
malvestite
,
stracciate
,
piene
di
pezze
,
coi
piedi
negli
zoccoli
che
piegano
sui
sassi
.
La
loro
faccia
riassume
un
secolo
di
patimenti
.
Talune
entrano
dinoccolate
,
coi
bimbi
sulle
braccia
,
che
paiono
sacchetti
di
carne
morta
,
o
coi
piccini
a
mano
,
che
strascinano
dietro
come
il
bastone
gli
sfaccendati
.
I
bimbi
,
abituati
ai
pasti
irregolari
e
a
tutte
le
sofferenze
degli
adulti
,
hanno
perso
il
vezzo
di
piangere
.
Sono
piccini
,
stracchi
,
stremati
,
spolpati
,
anemici
,
biancastri
,
che
fanno
andar
via
la
voglia
di
vederli
.
Sono
sporchi
,
puzzolenti
con
la
mucidaglia
assecchita
sotto
i
nasucci
pavonazzi
,
con
gli
occhi
incatramati
di
secrezioni
,
con
le
manine
vischiose
,
coi
pannolini
a
sbrendoli
,
che
penzolano
pieni
di
cacherie
.
Le
madri
non
sono
vecchie
.
Sembrano
donne
state
sorprese
sullo
stradone
dalla
bufera
,
che
ha
loro
portato
via
la
fioritura
dalle
guance
.
Non
hanno
più
nulla
.
Sono
volti
scarni
,
mammelle
vuote
,
fianchi
sfiancati
.
Il
loro
occhio
smarrito
traduce
la
fame
.
Gli
straccioni
sono
vecchi
e
giovani
.
C
è
chi
ha
il
piede
nella
fossa
e
chi
lo
ha
appena
alla
soglia
della
vita
.
Indossano
abiti
frustati
da
tre
o
quattro
generazioni
.
Giacchettoni
scuciti
,
chiazzati
di
untume
,
coi
baveri
impegolati
dal
sudiciume
delle
zazzere
.
Cappelli
stinti
,
sforacchiati
,
con
la
tesa
staccata
giù
per
la
nuca
o
per
l
orecchio
.
Calzoni
consumati
,
che
perdono
il
sedere
,
che
mostrano
le
ginocchia
,
che
lasciano
vedere
i
malleoli
impaltati
.
Qualcuno
sembra
un
viandante
che
abbia
sospeso
il
cammino
per
ristorarsi
lo
stomaco
.
Porta
appeso
alla
schiena
il
parapioggia
di
cotone
mezzo
marcio
,
colle
bacchette
che
scappano
fuori
da
tutte
le
parti
,
e
qualche
altro
scalcagnato
tiene
sotto
il
braccio
il
fagotto
dei
propri
cenci
.
A
scarpe
stanno
tutti
male
.
Sono
sfondate
,
slabbrate
,
piene
di
buchi
e
di
cicatrici
.
I
loro
padroni
vanno
via
lemme
lemme
,
come
se
avessero
i
piedi
piagati
o
le
dita
suggellate
di
calli
scellerati
.
Passata
la
postierla
vi
trovate
sotto
i
portici
che
inquadrano
il
primo
giardino
.
La
floricoltura
non
deve
essere
spasso
dei
frati
scalzi
,
perché
non
si
vedono
che
alberelle
morenti
o
tisiche
,
o
campanule
rosse
come
nei
prati
.
Lungo
il
portico
,
a
sinistra
,
è
l
entrata
dei
cappuccini
nella
chiesa
.
Al
di
là
è
un
altro
«
giardino
»
,
incorniciato
da
portici
identici
a
quelli
del
primo
.
È
un
po
più
rifiorito
dell
altro
ed
è
riservato
ai
soli
«
padri
»
e
agli
«
studenti
»
.
Sotto
i
portici
sono
la
«
scuola
di
eloquenza
»
e
il
«
refettorio
»
.
Gli
studenti
non
superano
la
dozzina
.
Non
so
che
cosa
imparino
,
perché
,
interrogandoli
,
mi
salutarono
e
non
mi
risposero
.
Avranno
forse
qualche
regola
speciale
,
che
non
permette
loro
di
parlare
coi
civili
!
...
Appena
ritornati
dalla
prigionia
,
vi
sembravano
tanti
smemorati
che
avessero
dimenticato
tutto
in
una
notte
,
o
individui
cresciuti
in
un
isolotto
disabitato
e
senza
comunicazioni
col
mondo
.
Le
pareti
dei
portici
del
primo
e
del
secondo
giardino
,
sono
illustrate
da
oleografie
che
rappresentano
tutte
le
tradizioni
dei
...
padri
...
che
li
precedettero
.
Sono
orribili
frati
del
500
!
con
la
palma
in
mano
,
con
la
bocca
aperta
,
con
le
braccia
slargate
,
dinanzi
le
apparizioni
di
dio
e
della
madonna
o
di
qualche
altro
demonio
santificato
.
Alcuni
volano
,
altri
sono
coi
piedi
nell
aria
e
con
le
mani
che
stanno
per
aggrapparsi
alla
nuvolaglia
celeste
.
Sono
tutti
frati
inebriati
,
estasiati
,
imparadisati
.
Le
biografie
sotto
le
illustrazioni
,
fanno
scompisciare
dalle
risa
anche
le
persone
che
vogliono
essere
serie
ad
ogni
costo
..
Il
caporale
maggiore
,
che
dall
alto
del
carretto
ha
scambiato
i
cenciosi
per
una
banda
di
ribelli
,
ha
pure
sentito
un
colpo
di
fucile
,
che
gli
parve
uscito
dalla
folla
del
cortile
.
Fu
forse
questa
esplosione
che
lo
fece
saltare
in
terra
terrorizzato
.
Il
testimonio
che
non
vuole
essere
riconosciuto
,
mi
raccontò
l
assalto
al
convento
senza
fremere
e
senza
una
parola
di
biasimo
o
di
lode
per
alcuno
.
-
Dopo
le
comunicazioni
del
caporale
maggiore
,
la
truppa
circondò
il
convento
e
incominciò
un
fuoco
di
colpi
secchi
e
insistenti
.
Gli
inquilini
delle
case
,
che
udivano
lo
strepito
delle
palle
,
credevano
che
i
soldati
stessero
contendendo
il
terreno
ai
rivoltosi
,
comandati
,
come
dicevano
alcuni
,
dal
Pirolini
repubblicano
.
Siccome
non
compariva
nessuno
,
aumentarono
le
scariche
.
Dietro
le
griglie
della
mia
casa
,
non
vedevo
che
fumo
e
non
sentivo
che
un
pam
!
pam
!
che
infuriava
e
una
gragnuola
di
proiettili
che
penetrava
negli
edifici
,
frantumava
i
vetri
,
faceva
cadere
tegole
o
portava
via
tocchi
di
grondaie
.
Le
palle
si
rovesciavano
sul
convento
a
centinaia
per
volta
,
con
un
accanimento
che
gelava
il
sangue
.
Tutti
poi
,
dalle
case
vicine
,
credevano
a
una
resistenza
inaudita
e
pensavano
alla
strage
.
Alle
fucilate
si
aggiunse
il
cannone
.
Buum
!
Buuummm
!
-
Lo
spavento
delle
famiglie
fa
venir
su
la
pelle
d
oca
anche
adesso
.
Non
abituate
a
trovarsi
così
vicine
ai
combattimenti
di
uomini
contro
uomini
,
le
donne
gridavano
,
si
stringevano
al
petto
i
figli
e
si
nascondevano
,
dove
l
entrata
dei
proiettili
era
meno
probabile
.
-
Buumm
!
Buuuummmm
!
-
Le
cannonate
si
prolungavano
nell
aria
e
diffondevano
il
terrore
.
Furono
per
me
,
e
credo
per
tutti
,
momenti
crudeli
.
Mi
aspettavo
una
scarica
di
cannone
nel
salotto
,
ove
mi
trovavo
,
di
minuto
in
minuto
.
Deploravo
di
non
aver
mandato
la
moglie
e
i
figli
altrove
.
Ma
poi
dicevo
che
non
ne
avevo
colpa
.
La
muraglia
venne
sfondata
in
due
minuti
.
Il
cannone
aveva
fatto
una
larga
breccia
,
nella
prima
muraglia
vicino
al
pilastro
del
cancello
,
dalla
quale
potevano
passare
tre
uomini
assieme
.
I
soldati
entrarono
nel
cortile
a
baionetta
in
canna
al
grido
di
:
vittoria
!
vittoria
!
Non
vi
trovarono
che
gli
ultimi
poveri
che
fuggivano
,
dopo
aver
aiutato
a
spalancare
la
postierla
,
e
tre
cadaveri
.
Il
primo
,
mi
disse
il
Cerina
,
che
era
presente
,
venne
ucciso
mentre
metteva
in
bocca
l
ultima
cucchiaiata
di
pasta
.
Era
addossato
al
muro
vicino
al
pisciatoio
e
cadde
in
terra
morto
con
la
tazzina
in
mano
.
Il
secondo
credevano
che
fosse
diventato
matto
.
Prese
la
rincorsa
,
fece
quattro
o
cinque
passi
verso
il
centro
del
cortile
e
precipitò
supino
come
un
sacco
di
stracci
.
Egli
era
morto
come
l
altro
.
Il
terzo
irrigidiva
sotto
il
portico
della
chiesa
,
stiracchiandosi
con
dei
moti
convulsi
.
Un
altro
mendicante
era
stato
colpito
durante
le
prime
fucilate
a
pochi
passi
dal
cancello
,
evidentemente
in
cammino
per
entrare
a
mangiare
la
minestra
.
I
tre
del
cortile
erano
vecchiotti
.
La
loro
esistenza
era
forse
inutile
!
Dio
li
abbia
in
gloria
!
-
Il
cancello
era
aperto
o
chiuso
?
-
Chiuso
.
La
chiave
era
nella
mia
tasca
.
Dal
principio
dei
tumulti
,
i
frati
avevano
creduto
che
le
precauzioni
non
fossero
mai
troppe
.
-
Cerina
-
mi
dissero
-
voi
conoscete
quasi
tutta
la
«
nostra
famiglia
»
che
viene
a
mangiare
a
mezzogiorno
.
Non
aprite
che
ai
nostri
amici
.
-
Avreste
aperto
anche
ai
soldati
,
suppongo
,
se
ve
lo
avessero
ordinato
.
-
Subito
.
Non
avrebbero
avuto
da
dirmi
che
questo
:
«Aprite.!»
perché
il
cancello
venisse
loro
spalancato
.
IL
MENDICANTE
CERINA
RACCONTA
LA
SCENA
SPAVENTOSA
Luigi
Cerina
,
con
la
sua
deposizione
alla
buona
,
c
introduce
nell
intimità
del
dramma
.
«
Le
turbolenze
dei
primi
due
giorni
mi
avevano
insegnato
un
po
di
prudenza
.
Dopo
la
sollevazione
di
Porta
Ticinese
,
consigliai
i
frati
a
sospendere
la
distribuzione
della
minestra
.
Dicevo
loro
che
la
ragazzaglia
avrebbe
potuto
mischiarsi
coi
mendicanti
e
far
nascere
qualche
cosa
di
grosso
nel
convento
.
I
frati
,
buoni
,
isolati
dagli
avvenimenti
,
pensavano
più
allo
stomaco
dei
loro
ospiti
che
alla
perturbazione
cittadina
.
Essi
si
credevano
lontani
mille
miglia
dalle
operazioni
militari
.
Così
non
furono
del
mio
parere
,
e
bisogna
convenire
che
non
avevano
tutti
i
torti
.
Chiudere
il
cancello
ai
mangiaminestra
era
facile
,
ma
dove
avrebbero
trovato
da
mangiare
tutti
questi
poveri
cristi
la
cui
esistenza
era
basata
sulla
tazzina
calda
che
dava
loro
il
convento
?
Sospendendo
la
distribuzione
,
avevano
poi
paura
di
venire
biasimati
e
di
contribuire
,
senza
volerlo
,
a
dare
il
combustibile
alle
barricate
.
I
cenciosi
,
la
cui
maggioranza
era
composta
di
giovani
,
avrebbero
potuto
fare
del
baccano
e
abbandonarsi
cogli
altri
al
malfare
.
Questo
solo
pensiero
dava
loro
i
brividi
.
A
ogni
modo
mi
dissero
:
Voi
,
Cerina
,
che
li
conoscete
tutti
,
resterete
al
convento
.
E
,
dicendomelo
,
mi
affidavano
le
chiavi
del
cancello
d
entrata
,
coll
ingiunzione
di
non
far
entrare
che
forestieri
e
pitocchi
.
I
forestieri
sono
i
frati
che
passano
da
Milano
e
sostano
al
convento
una
notte
o
due
prima
di
riprendere
il
viaggio
.
«
Vi
ho
detto
dei
tre
morti
nel
cortile
.
La
confusione
di
quel
momento
non
era
poco
e
posso
avere
straveduto
.
Ma
,
se
i
miei
occhi
non
mi
hanno
tradito
,
potete
dire
che
le
prime
duecento
o
trecento
fucilate
hanno
fatto
,
nell
interno
tre
vittime
.
Il
terzo
mendicante
venne
raggiunto
non
so
dove
da
una
palla
,
mentre
finiva
di
vuotare
la
ciotola
sotto
il
piccolo
portico
della
chiesuola
.
Egli
mangiava
seduto
sulle
calcagna
.
Rovesciato
,
supino
,
si
agitava
,
come
se
avesse
avuto
le
convulsioni
.
Può
darsi
che
non
fosse
che
ferito
.
Era
vecchio
,
bassotto
,
sciancato
.
Alloggiava
presso
qualcuno
in
via
Stella
.
Non
l
ho
più
veduto
in
nessuna
parte
.
«
I
pitocchi
,
presi
dal
panico
,
si
erano
pigiati
nell
andito
e
calcati
uno
sull
altro
lungo
l
entrata
del
convento
.
Tutti
assieme
facevano
compassione
.
I
proiettili
cadevano
da
ogni
parte
e
noi
non
avevamo
per
coprirci
che
le
nostre
mani
e
per
proteggerci
che
le
nostre
preghiere
.
Le
donne
coi
bimbi
piangevano
e
nascondevano
la
testa
delle
loro
creature
con
le
braccia
.
Gli
uomini
cercavano
di
ficcare
la
faccia
tra
le
spalle
degli
altri
.
«
Con
lo
spavento
,
la
lotta
per
la
conservazione
della
propria
esistenza
era
diventata
generale
ed
accanita
.
Ciascuno
di
noi
cercava
di
mettersi
più
al
sicuro
che
poteva
,
spingendosi
innanzi
,
magari
brutalmente
,
facendosi
largo
coi
pugni
chiusi
,
risospingendo
i
più
audaci
che
prendevano
gli
uomini
e
le
donne
per
le
spalle
per
aprirsi
la
via
verso
la
postierla
.
«
La
scarica
,
che
ci
fece
sussultare
sul
suolo
,
finì
per
incalzarci
tutti
a
cercare
un
rifugio
al
di
là
dell
assito
.
Si
gridava
come
disperati
.
-
Oh
,
Signore
!
Oh
,
Madonna
!
salvateci
!
salvateci
!
-
Ci
ammazzano
!
salvate
i
poveri
diavoli
che
non
hanno
fatto
niente
di
male
!
«
E
un
altra
scarica
,
che
mi
parve
una
cannonata
,
ci
fece
perdere
la
bussola
.
Infuriati
dal
parossismo
,
non
ci
furono
più
riguardi
nè
per
un
sesso
nè
per
l
altro
.
Si
spingeva
e
si
calcava
come
si
poteva
.
La
postierla
subiva
le
ondate
impetuose
senza
cedere
.
Allora
diventammo
tutti
pazzi
.
-
Aprite
!
Aprite
!
-
Oh
,
Dio
,
si
muore
!
«
E
in
un
momento
supremo
,
come
se
tutte
le
forze
riunite
si
fossero
rovesciate
verso
un
punto
,
le
lastre
di
ferro
dei
catenacci
che
ci
precludevano
la
via
del
rifugio
si
staccarono
quasi
fossero
state
di
pasta
frolla
,
e
l
uscio
della
postierla
andò
al
suolo
con
un
fracasso
che
fece
scappare
gli
ultimi
frati
in
coro
.
«
L
invasione
fu
un
attimo
indescrivibile
.
Si
fuggiva
come
quando
si
è
inseguiti
dall
acqua
straripata
dal
fiume
.
A
gambe
levate
,
senza
pensare
ai
caduti
,
senza
voltarci
indietro
,
infilando
la
scala
che
sale
o
discende
,
svoltando
a
destra
o
a
sinistra
,
tappandoci
in
una
latrina
,
in
una
cella
rimasta
aperta
,
nascondendoci
nel
solaio
,
nella
paglia
della
stalla
,
o
buttandoci
attraverso
le
fascine
della
legnaia
nel
cortile
del
fabbricato
rustico
.
Tutto
era
buono
per
salvarci
.
Un
buco
,
una
tana
,
un
sottoscala
,
un
armadio
o
il
porcile
.
«
Il
rimbombo
delle
cannonate
entrava
nel
monastero
come
una
sciagura
cittadina
,
che
rincupiva
per
il
porticato
e
si
schiantava
sull
alto
della
muraglia
in
fondo
,
come
un
immenso
piatto
di
rame
che
andava
in
frantumi
.
«
Ero
riuscito
ad
accovacciarmi
sull
ultimo
scalino
della
cantina
,
ove
trovai
due
frati
laici
che
tremavano
come
foglie
.
Dopo
di
me
discesero
due
altri
mendicanti
.
Nessuno
di
noi
fiatava
.
Il
cannone
pareva
che
avesse
cessato
.
Non
si
sentivano
più
che
fucilate
che
rumoreggiavano
in
varie
direzioni
.
Un
minuto
dopo
udivamo
i
soldati
che
sacramentavano
per
i
portici
,
dicendo
parole
che
la
mia
bocca
educata
non
può
ripetere
.
Confesso
che
il
minuto
ci
parve
un
secolo
.
Avevamo
paura
che
i
fucili
ci
ammazzassero
giù
al
buio
come
tanti
conigli
.
Eravamo
così
appiattati
l
uno
addosso
all
altro
,
quando
una
voce
dall
alto
della
scala
ci
gelò
il
sangue
nelle
vene
.
-
Arrendetevi
!
Arrendetevi
!
«
Con
la
voce
si
faceva
sentire
una
spada
sguainata
che
percoteva
il
muro
.
-
Arrendetevi
!
«
Era
un
capitano
che
discendeva
,
accompagnato
da
parecchi
soldati
che
avevano
il
fucile
con
la
baionetta
inastata
.
-
Arrendetevi
!
«
Mi
feci
coraggio
e
risposi
:
-
Cosa
vuole
che
«
rendiamo
»
,
,
signor
capitano
?
Semm
tutt
poveritt
.
«
Il
capitano
mi
prese
per
un
braccio
e
mi
trascinò
su
per
la
scala
,
buttandomi
in
mezzo
agli
altri
già
stati
radunati
sotto
il
portico
in
mezzo
a
un
nugolo
di
soldati
.
«
Intanto
soldati
e
superiori
frugavano
il
convento
dal
soffitto
alla
base
.
Snidavano
quelli
che
erano
riusciti
a
trovare
un
nascondiglio
e
cercavano
le
armi
.
Noi
eravamo
stati
palpeggiati
fino
ai
capelli
,
e
per
fortuna
nessuno
di
noi
aveva
in
saccoccia
un
coltello
.
«
A
intervalli
di
minuti
,
alcuni
soldati
venivano
con
qualche
frate
o
qualche
pidocchioso
che
avevano
scovato
in
una
parte
recondita
dell
edificio
.
«
Una
volta
che
fummo
tutti
sotto
il
portico
,
ci
si
ordinò
di
andare
in
Chiesa
.
I
frati
laici
erano
dietro
i
padri
.
Noi
eravamo
in
coda
a
tutti
.
«
Colui
che
aveva
dato
il
comando
era
un
ufficiale
più
che
energico
.
La
sua
voce
faceva
accapponare
la
pelle
e
le
sue
parole
passavano
nelle
orecchie
come
potenti
schiaffi
.
«
Entrando
in
chiesa
,
sentii
uno
sparo
di
fucile
.
Mi
pare
che
venisse
dalla
stanza
attigua
al
coro
.
Lo
hanno
udito
anche
quelli
vicino
a
me
.
Ma
,
come
ho
detto
,
nessuno
di
noi
aveva
la
testa
a
segno
.
Eravamo
terrorizzati
e
potevamo
benissimo
scambiare
una
fucilata
per
una
cannonata
.
«
Entrammo
in
coro
come
gente
che
va
al
patibolo
.
Chi
piangeva
dirottamente
,
chi
singhiozzava
in
un
modo
da
rompere
il
cuore
,
chi
raccomandava
l
anima
a
Dio
e
chi
mormorava
preci
con
le
mani
giunte
o
coi
polsi
incrociati
e
le
mani
piatte
sul
petto
.
Le
donne
tenevano
fra
le
braccia
i
bimbi
come
una
preghiera
.
«
I
soldati
erano
sfilati
dinanzi
a
questo
esercito
di
piangenti
col
fucile
a
baionetta
in
canna
puntato
verso
il
loro
petto
.
Ciascuno
di
noi
aveva
paura
che
un
grido
,
un
gesto
facesse
prorompere
tutte
quelle
bocche
di
fuoco
in
una
volta
sola
.
Io
sono
un
povero
infelice
senza
colori
sulla
tavolozza
.
Ma
forse
anche
coloro
che
l
hanno
più
ricca
della
mia
riusciranno
difficilmente
a
tradurre
in
poche
parole
lo
stato
dell
animo
nostro
in
quei
minuti
di
trepidazione
angosciosa
.
«
Pare
che
nella
mente
dell
ufficiale
fosse
l
idea
di
farci
fucilare
in
massa
.
Ci
credeva
rivoltosi
,
finti
mendicanti
,
falsi
frati
tutti
truccati
per
la
rivoluzione
.
Parecchi
della
comitiva
erano
sulle
ginocchia
e
pregavano
con
la
sollecitudine
della
gente
che
non
ha
tempo
da
perdere
o
si
sente
la
morte
alla
schiena
.
Alle
madri
si
riempivano
gli
occhi
.
C
era
una
donna
che
aveva
due
piccini
attaccati
alle
vesti
,
che
piangevano
,
e
un
altro
al
seno
che
strillava
.
E
c
era
pure
un
padre
che
aveva
tre
figli
.
Era
un
uomo
che
si
era
ammalato
ed
era
caduto
nell
ultima
miseria
.
«
L
ansia
era
stata
protratta
fino
allo
svenimento
.
Alcuni
dinanzi
le
baionette
cominciarono
a
sentirsi
male
.
-
Fermi
!
Fermi
!
«
Fu
il
nostro
salvatore
.
Era
un
tenente
...
sul
grado
posso
anche
sbagliarmi
.
Era
un
tenente
di
fanteria
che
entrava
col
revolver
in
mano
.
-
Capitano
!
Che
cosa
fa
!
non
vede
che
sono
tutti
poveri
?
«
La
voce
del
tenente
rianimò
tutti
,
e
tutti
si
misero
a
dire
m
coro
:
-
Grazia
,
grazia
,
scior
tenente
,
che
alcuni
chiamavan
maggiore
!
Dio
lo
benedica
!
Dio
gliene
renda
merito
!
Che
Dio
el
ghe
daga
del
ben
!
«
E
,
se
avessimo
potuto
,
ci
saremmo
prostrati
ai
suoi
piedi
e
gli
avremmo
baciate
le
scarpe
.
«
Senza
di
lui
saremmo
tutti
morti
.
Cinque
minuti
più
tardi
e
il
coro
sarebbe
stato
uno
stanzone
di
cadaveri
.
Nelle
mie
preghiere
non
dimenticherò
mai
il
mio
salvatore
.
«
Circondati
dai
soldati
uscimmo
tutti
e
ci
avviammo
alla
prefettura
di
via
Monforte
,
pallidi
e
invecchiati
di
dieci
anni
»
.
«
Scusi
,
mi
son
dimenticato
di
dirle
che
a
mezzogiorno
in
punto
ho
aperto
il
cancello
del
cortile
del
convento
a
tre
negozianti
che
mi
scongiuravano
.
-
Oh
signor
,
ch
el
ne
salva
che
fan
i
sciupettad
!
«
Apersi
loro
e
vennero
arrestati
con
tutti
gli
altri
.
L
arresto
è
stato
per
loro
un
fastidio
.
Ma
senza
di
me
a
quest
ora
sarebbero
al
cimitero
di
Musocco
»
..
LE
RIVELAZIONI
DI
PADRE
ISAIA
Io
ero
dinanzi
la
cinta
del
viale
Monforte
,
e
dicevo
,
tra
me
e
me
,
che
era
proprio
un
peccato
che
scomparisse
una
muraglia
storica
.
Se
fossi
ricco
,
mi
andavo
ripetendo
,
la
comprerei
e
la
regalerei
a
un
museo
che
avesse
per
compito
di
conservare
i
monumenti
che
rappresentano
una
pagina
della
vita
pubblica
.
Con
queste
idee
,
mi
trovai
alla
postierla
del
convento
,
col
cordone
del
campanello
in
mano
,
determinato
a
lamentarmi
col
padre
Isaia
,
un
sacerdote
cappuccino
che
avevo
intervistato
più
di
una
volta
.
Il
frate
portinaio
non
è
più
quello
.
Egli
è
stato
cambiato
subito
dopo
le
giornate
di
maggio
,
perché
il
povero
Daniele
è
ancora
ammalato
di
paura
.
Mentre
si
facevano
le
fucilate
,
il
poveraccio
era
nella
stanza
contigua
all
entrata
a
scodellare
la
minestra
ai
poveri
,
come
tutti
gli
altri
giorni
.
Quello
d
oggi
non
è
così
alto
,
ma
non
è
meno
gentile
dell
altro
.
Tutte
le
volte
che
mi
vede
sorride
,
e
va
difilato
ad
annunciarmi
a
qualche
padre
.
-
Ho
bisogno
di
parlare
col
padre
Isaia
.
-
Vado
di
sopra
a
vedere
,
ma
credo
che
sia
in
coro
.
Il
padre
discese
con
un
giornale
religioso
in
mano
che
si
era
occupato
di
un
mio
articolo
:
era
l
Unità
Cattolica
.
-
Perché
non
me
li
mandate
mai
questi
vostri
articoli
?
mi
disse
egli
,
tendendomi
le
due
mani
,
col
trasporto
d
un
amicizia
sentita
.
Lo
fotografo
con
due
colpi
di
lapis
,
mentre
diamo
una
capatina
in
coro
.
È
tutt
assieme
una
figura
simpatica
e
vigorosa
.
La
sua
faccia
,
larga
e
massiccia
,
è
spruzzata
dalla
lucentezza
degli
occhioni
,
che
traducono
la
bonarietà
e
la
salute
.
Sull
altura
della
callotta
che
pare
appesa
alla
nuca
,
è
accoccolato
un
ciuffetto
di
capelli
abbaruffati
,
il
quale
documenta
che
è
ancora
in
lui
la
fierezza
del
cittadino
.
Le
sue
orecchie
alte
,
coi
padiglioni
larghi
e
ammantati
di
rosso
come
i
lobi
,
rivelano
l
uomo
che
si
tuffa
con
piacere
nell
acqua
lustrale
.
La
sua
barba
fluente
è
una
ditta
fratesca
.
È
una
distesa
di
peli
morbidi
filettata
di
qualche
capello
che
ingrigia
ai
margini
delle
due
punte
.
Usciti
dal
coro
girammo
per
il
porticato
e
infilammo
la
scala
che
conduce
alla
sua
cella
.
-
È
vero
,
padre
,
che
avete
venduto
il
terreno
sul
quale
è
la
muraglia
con
la
breccia
tappata
?
-
È
vero
che
abbiamo
venduto
del
terreno
per
fabbricare
un
altro
convento
fuori
di
Porta
Magenta
,
alla
Maddalena
Grande
.
Ma
quasi
tutta
la
facciata
lungo
il
viale
è
rimasta
nostra
.
La
breccia
rimane
tale
e
quale
.
Una
chiazza
bianca
coperta
del
lastrone
di
metallo
per
gli
avvisi
sacri
.
La
breccia
era
rasente
il
pilastro
destro
della
cancellata
.
Giungendo
al
piano
superiore
,
incontrammo
tre
frati
,
i
quali
si
prostrano
ai
piedi
del
padre
Isaia
con
un
abbandono
supplichevole
,
curvando
la
testa
fin
quasi
a
terra
e
non
alzandosi
che
dopo
avergli
baciato
la
mano
con
effusione
.
Capii
ch
egli
era
il
padre
vicario
.
La
cella
di
ogni
padre
ha
un
motto
stampato
su
una
striscia
di
cartone
inchiodata
all
uscio
.
Quello
del
padre
vicario
è
questo
:
Si
omni
anno
unum
vitium
extirparemus
,
cis
viri
perfecti
efficiemur
:
se
ogni
anno
estirperemo
un
vizio
,
diventeremo
,
quaggiù
,
uomini
perfetti
.
La
cella
numero
3
del
padre
Isaia
-
come
quella
di
tutti
gli
altri
inquilini
del
convento
-
non
ha
spazio
che
per
una
persona
.
Si
entra
uno
dietro
l
altro
.
La
finestra
che
dà
sull
ortaglia
è
in
faccia
all
uscio
.
A
sinistra
,
è
un
lettuccio
di
acero
con
un
semplice
pagliericcio
poco
soffice
,
nascosto
sotto
una
coperta
di
lana
colorata
.
Ai
piedi
del
letto
,
è
un
inginocchiatoio
,
con
lo
schienale
sormontato
da
un
asse
lucida
e
giallognola
come
il
resto
che
serve
da
leggio
o
da
tavolo
di
lavoro
.
A
destra
è
un
piccolo
scaffale
,
pieno
di
libri
religiosi
,
agganciato
alla
parete
.
Intanto
che
il
padre
Isaia
sfogliava
il
libro
che
gli
avevano
portato
,
io
pensavo
alle
due
baionettate
che
aveva
ricevuto
senza
punto
accorgersene
.
Non
era
uno
smemorato
,
non
aveva
perduto
la
conoscenza
né
prima
né
dopo
l
avvenimento
;
era
rimasto
calmo
anche
quando
era
stato
adagiato
nel
letto
dell
Ospedale
Maggiore
,
e
tuttavia
non
sapeva
spiegarsi
come
le
baionette
gli
fossero
entrate
nelle
carni
e
lo
avessero
inondato
di
sangue
.
-
Proprio
,
padre
vicario
,
non
avete
sentito
né
dolore
,
né
il
freddo
dell
acciaio
che
penetrava
nel
corpo
?
-
Non
ho
sentito
nulla
,
proprio
nulla
.
Mi
sono
sentito
spossato
solo
vicino
alla
breccia
.
Là
,
dinanzi
al
muro
squarciato
,
incominciai
a
respirare
affannosamente
.
Pareva
che
avessi
sullo
stomaco
una
specie
di
oppressione
.
Non
appena
mi
trovai
sotto
l
atrio
del
palazzo
prefettizio
,
domandai
da
bere
,
perché
mi
sentivo
la
gola
che
bruciava
,
e
una
sedia
perché
non
potevo
stare
più
in
piedi
.
Dovevo
essere
pallido
come
un
morto
perché
parecchi
mi
domandavano
se
mi
sentivo
male
.
Io
rispondevo
che
mi
pareva
d
essere
invaso
da
un
languore
che
mi
faceva
desiderare
un
giaciglio
.
Mi
si
condusse
all
Ospedale
ove
mi
si
domandò
che
cosa
avevo
.
Risposi
che
potevo
essere
un
po
agitato
e
li
pregavo
con
insistenza
perché
mi
salassassero
subito
o
mi
mettessero
le
sanguisughe
.
Nella
sala
dell
ambulanza
medica
mi
si
rifece
la
domanda
di
prima
.
-
Che
cosa
si
sente
?
-
Nulla
.
Sono
un
po
fiacco
,
un
po
spossato
.
Pare
che
mi
manchi
il
fiato
.
-
Non
è
ferito
?
-
Nossignore
.
-
Eppure
dove
c
è
sangue
c
è
ferita
.
Non
vede
che
perde
sangue
?
-
Avevo
i
sandali
inaffiati
di
sangue
.
-
Provi
a
levarsi
la
tonaca
.
-
Non
ero
più
che
un
immensa
macchia
rossa
.
Il
panno
della
sottoveste
,
movendosi
,
si
era
inzuppato
e
mi
aveva
insudiciato
tutta
la
pelle
.
Mi
si
voleva
mandare
all
ambulanza
chirurgica
,
ma
per
la
gentilezza
del
carissimo
dottor
Conti
mi
adagiarono
nell
infermeria
ove
si
constatò
che
ero
stato
bucato
da
due
colpi
di
baionetta
.
Uno
mi
era
stato
dato
a
sinistra
,
in
direzione
del
polmone
,
e
un
altro
lungo
la
stessa
parte
dell
inguine
.
Mi
medicarono
e
vi
rimasi
più
di
dieci
giorni
.
-
Che
cosa
avevate
fatto
per
trattarvi
a
colpi
di
baionetta
?
Il
cappuccino
rimase
pensoso
.
Pareva
che
non
avesse
voglia
di
rimestare
il
passato
.
L
esitazione
non
durò
che
pochi
secondi
.
Egli
si
convinse
che
non
poteva
tacere
..
La
storia
è
storia
,
e
nessuno
ha
diritto
di
sopprimerla
.
-
Io
parlo
pro
veritate
.
Quando
entrarono
i
soldati
mi
trovavo
nella
stanzettina
vicino
alla
postierla
d
entrata
a
lavare
la
ferita
alla
gamba
di
un
pitocco
,
che
non
aveva
potuto
finire
di
mangiare
la
minestra
.
Gliela
fasciai
in
fretta
e
in
furia
per
impedire
l
emorragia
e
poi
uscii
con
la
bottiglia
dell
aceto
in
mano
.
L
invasione
militare
dopo
le
cannonate
non
mi
poteva
sorprendere
.
Deposi
la
bottiglia
sul
murello
dei
vani
tra
le
colonne
del
portico
,
voltai
a
destra
e
tentai
di
raggiungere
la
testa
dei
soldati
-
che
andavano
in
su
,
.
all
impazzata
,
coi
fucili
e
le
baionette
in
canna
puntati
verso
il
petto
dei
poveri
diavoli
ch
essi
credevano
rivoltosi
-
per
assicurare
l
ufficiale
che
li
comandava
che
in
convento
non
c
era
anima
viva
,
tranne
i
frati
e
i
poveri
venuti
a
mangiare
la
minestra
.
I
soldati
era
eccitati
.
Schiamazzavano
e
dicevano
parole
ingiuriose
.
-
Per
esempio
?
-
Non
posso
ripeterle
.
-
Ripetetele
,
padre
,
in
nome
della
storia
!
Non
ci
fu
verso
di
fargliele
ripetere
.
-
Per
istornare
qualche
terribile
eccidio
,
pensai
di
parlare
al
primo
ufficiale
che
mi
fosse
capitato
,
vedendo
che
i
soldati
correvano
con
gli
occhi
smarriti
,
terrorizzati
.
-
Ritornai
verso
la
stanzuccia
,
dove
avevo
lasciato
il
ferito
,
e
mi
imbattei
appunto
in
un
ufficiale
che
stava
in
coda
ai
soldati
,
e
mostrandogli
la
caldaia
della
minestra
lo
pregai
che
non
facesse
alcun
male
a
quei
poverelli
che
erano
venuti
per
sfamarsi
.
Se
mi
ricordo
bene
,
era
un
tenente
.
Mi
guardò
in
faccia
come
per
scovare
il
ribelle
e
poi
,
con
un
«
frataccio
cane
!
»
mi
agguantò
per
il
collo
della
tonaca
e
mi
piantò
la
canna
del
suo
revolver
al
ventre
.
Forse
sarà
stata
la
mia
impressione
.
Mi
pareva
che
il
suo
dito
cercasse
il
grilletto
.
Col
coraggio
della
gente
che
difende
la
propria
esistenza
,
gli
contorsi
la
mano
e
lo
costrinsi
a
mettere
la
canna
nel
vuoto
.
Egli
si
mise
a
scuotermi
senza
mai
abbandonare
il
colletto
della
veste
e
con
dei
continui
tentativi
di
rimettermi
l
arma
nella
posizione
di
potermi
uccidere
.
Si
trattava
della
mia
vita
e
io
gliela
contesi
con
tutte
le
mie
forze
.
-
Permettetemi
,
padre
,
di
stringervi
la
mano
.
Io
avevo
bisogno
di
una
pausa
per
sottrarmi
alle
sensazioni
dolorose
.
-
Il
tenente
insisteva
ed
io
non
abbandonavo
mai
la
canna
.
-
Mi
bruttava
di
villanie
e
io
gli
rispondevo
che
si
sbagliava
e
che
non
ero
un
«
frataccio
cane
»
.
Per
il
collo
della
tonaca
egli
mi
trascinava
sempre
verso
l
uscita
.
Io
pensavo
in
quel
momento
che
egli
volesse
condurmi
nel
cortile
e
farmi
fucilare
dai
soldati
.
-
Signor
ufficiale
,
gli
dissi
,
non
mi
faccia
questa
figura
.
Se
vuole
uccidermi
mi
uccida
qui
subito
,
senza
condurmi
di
fuori
.
Sarebbe
uno
strazio
inutile
.
Se
devo
morire
,
è
meglio
che
muoia
nella
casa
dei
miei
fratelli
.
-
Io
pregavo
,
e
l
ufficiale
,
invece
di
darmi
retta
,
mi
scoteva
e
mi
trascinava
a
colpi
per
il
cortile
.
Mi
credevo
perduto
.
-
Il
suo
pensiero
doveva
essere
quello
di
farmi
ammazzare
dai
soldati
.
Senza
mai
abbandonare
la
canna
del
revolver
,
cercavo
di
proteggere
il
mio
col
suo
corpo
.
E
lui
,
l
ufficiale
,
impiegava
tutti
i
suoi
sforzi
per
mettermi
alla
mercè
dei
fucili
.
-
Giunti
al
fianco
della
breccia
,
egli
fu
lì
lì
per
finirmi
.
-
Io
gli
dissi
che
infine
non
ero
che
un
povero
frate
stato
colto
a
medicare
un
ferito
.
-
Creda
,
signor
tenente
,
che
nel
convento
non
ci
furono
mai
nè
insorti
,
nè
armi
da
fuoco
.
-
Passò
nella
sua
mente
un
dubbio
?
Non
ve
lo
saprei
dire
.
La
verità
è
che
le
sue
parole
mi
rivelarono
ch
egli
mi
stava
proprio
mandando
all
altro
mondo
.
-
Con
disprezzo
,
come
quando
si
abbandona
un
nemico
indegno
perfino
dell
ultimo
supplizio
,
mi
disse
:
-
Per
questa
volta
ti
perdono
!
-
Con
una
fiatata
che
riassumeva
il
sacrificio
che
compiva
,
mi
buttò
per
il
buco
della
breccia
,
chiamando
i
soldati
.
Stramazzai
bocconi
,
colle
mani
che
mi
salvarono
la
faccia
.
Alzandomi
vidi
che
il
mio
piede
era
insanguinato
.
Non
mi
allarmai
,
perché
supponevo
il
sangue
uscito
dalla
scorticatura
che
mi
feci
cadendo
.
-
Fuori
della
breccia
è
stato
uno
spavento
.
Ogni
soldato
aveva
una
sudiceria
da
buttarmi
in
faccia
:
e
quello
che
mi
fece
più
pena
,
fu
di
veder
un
maggiore
,
credo
,
d
artiglieria
,
alto
,
magro
,
ruvido
,
che
portava
appesa
all
occhiello
una
lente
(
caramella
)
,
il
quale
,
incontrandomi
sul
piazzale
Monforte
,
alla
preghiera
di
rimandarmi
libero
perché
ero
innocente
,
con
burbero
cipiglio
mi
minacciò
con
la
mano
in
aria
un
manrovescio
,
e
...
Il
mio
contegno
di
frate
che
non
aveva
paura
di
morire
non
aveva
presa
su
di
loro
.
-
Figlio
si
di
p
!
.
-
Consegnatelo
-
disse
ad
alta
voce
il
superiore
ai
soldati
al
di
là
della
breccia
-
agli
alpini
.
-
Venni
preso
brutalmente
per
le
braccia
da
due
soldati
,
che
mi
incalzavano
con
le
parole
più
svergognate
del
postribolo
.
Il
terzo
,
il
caporale
,
mi
diceva
:
-
Avanti
,
frataccio
!
-
e
mi
teneva
la
punta
della
baionetta
alle
reni
.
-
Mi
pareva
di
perdere
il
cingolo
e
tentai
con
le
mani
di
tirarmelo
in
alto
,
avendo
già
perduti
i
grani
della
corona
fratesca
.
-
Sta
fermo
-
mi
disse
uno
dei
soldati
-
o
ti
brucio
le
cervella
!
-
Da
viale
Monforte
alla
via
Vivaio
,
mi
copersero
di
tutto
ciò
che
potete
immaginare
di
sconcio
e
di
osceno
.
-
Sull
angolo
della
via
Vivaio
erano
altri
soldati
e
un
capitano
.
Mi
duole
di
non
sapere
il
nome
del
superiore
.
Fu
il
primo
gentiluomo
che
incontrai
dopo
la
mia
sciagura
.
-
Badi
,
signor
capitano
,
che
è
un
rivoltoso
.
-
Non
importa
,
non
occupatevene
.
È
nelle
mie
mani
.
Alpini
,
conducetelo
alla
prefettura
.
-
Anche
gli
alpini
mi
trattarono
con
tutti
i
riguardi
.
Invece
di
trascinarmi
per
le
braccia
,
mi
lasciarono
libero
e
ingiunsero
ai
soldati
di
prima
di
lasciarmi
stare
,
perché
ero
sotto
la
loro
responsabilità
.
-
Il
prefetto
Winspeare
,
non
appena
mi
vide
entrare
,
mi
venne
incontro
dicendo
:
-
Come
,
mi
arrestate
anche
i
frati
?
-
I
soldati
del
viale
Monforte
gli
dissero
che
ero
un
rivoltoso
stato
colto
col
fucile
in
mano
.
-
Dov
è
questo
fucile
?
domandò
il
prefetto
.
-
Non
sappiamo
,
perché
questo
individuo
ci
venne
consegnato
dal
tenente
.
-
Mentre
io
stavo
dando
la
spiegazione
al
signor
prefetto
della
nostra
innocenza
e
che
dal
convento
non
poteva
essere
partito
alcun
colpo
di
fuoco
per
la
semplice
ragione
che
non
vi
erano
né
armi
né
armati
,
eccomi
ancora
davanti
quell
ufficiale
d
artiglieria
,
col
medesimo
atto
del
manrovescio
,
gridando
che
aveva
veduto
partire
il
colpo
dal
Convento
lui
stesso
!
...
-
Non
ci
sono
stati
altri
frati
,
padre
vicario
,
all
Ospedale
?
-
C
è
stato
frate
Alessandrino
,
il
vecchietto
che
le
ho
fatto
vedere
dabbasso
.
La
nocca
di
qualcuno
ci
interruppe
.
-
Ave
-
rispose
padre
Isaia
.
Entrò
un
frate
laico
a
portargli
un
piego
suggellato
.
Mi
voltai
dalla
parte
della
finestra
a
schizzare
il
frate
laico
Alessandrino
,
col
quale
avevo
parlato
più
di
una
volta
.
È
un
ometto
di
settanta
e
più
anni
,
mingherlino
,
ha
la
faccia
lentamente
consumata
dai
digiuni
,
con
gli
occhi
celesti
nelle
occhiaie
vizze
,
con
una
punta
di
barba
grigiastra
al
mento
e
dei
peli
dello
stesso
colore
disseminati
per
il
labbro
superiore
.
È
ammalato
da
un
pezzo
,
passa
il
tempo
tra
un
orazione
e
l
altra
,
pregando
il
signore
di
volergli
bene
.
Il
giornalista
lo
spaventa
più
del
diavolo
.
Mi
vedeva
e
scappava
.
Un
giorno
che
mi
aveva
sorpreso
col
lapis
e
il
note
book
in
mano
,
corse
ad
inginocchiarsi
all
altare
in
coro
e
ritornò
una
ventina
di
minuti
dopo
a
pregarmi
di
non
fargli
del
male
,
di
lasciarlo
stare
,
perché
lui
aveva
bisogno
,
per
la
sua
salute
,
di
una
grande
quiete
,
e
a
scongiurarmi
in
nome
del
Signore
Iddio
,
di
non
metterlo
sul
giornale
,
perché
lui
,
dopo
tutto
,
non
sapeva
nulla
,
non
aveva
fatto
nulla
e
non
voleva
dir
nulla
.
Era
un
uomo
che
aveva
paura
,
che
si
spaventava
per
delle
inezie
e
che
godeva
la
pace
del
coro
,
quando
era
vuoto
.
I
soldati
lo
facevano
rabbrividire
solo
a
pensarci
.
Non
appena
li
seppe
nel
convento
,
scomparve
dietro
il
coro
,
passò
in
chiesa
e
passò
sul
pulpito
,
rimanendovi
appiattito
sotto
la
croce
,
senza
quasi
respirare
,
per
timore
di
farsi
sentire
.
Se
lo
avessero
lasciato
sarebbe
rimasto
là
a
costo
di
morire
in
ginocchio
.
Invece
i
soldati
e
un
ufficiale
lo
hanno
scoperto
e
trascinato
giù
per
la
tonaca
.
Il
terrore
era
così
immenso
in
lui
che
tremava
tutto
e
dal
Convento
alla
Prefettura
venne
portato
a
braccia
da
due
giovani
frati
.
Il
prefetto
,
quando
vi
giunse
cogli
altri
,
lo
mandò
subito
all
ospedale
.
Padre
Isaia
aveva
finito
di
leggere
e
io
di
scrivere
.
-
Lo
hanno
trattato
bene
,
padre
,
all
ospedale
?
-
Con
tutti
i
riguardi
..
Le
monache
della
sala
di
San
Lazzaro
erano
di
una
gentilezza
materna
;
le
infermiere
e
gli
infermieri
nonostante
il
grande
lavoro
,
mi
usavano
speciali
riguardi
e
non
so
trovar
parole
di
gratitudine
e
di
ringraziamento
per
i
bravi
signori
medici
e
chirurghi
che
con
tanta
pazienza
e
delicatezza
mi
assistettero
nei
dieci
giorni
che
vi
dimorai
.
Sissignore
,
c
era
ordine
di
non
lasciarci
parlare
con
alcuno
senza
speciale
permesso
.
-
Dunque
sono
rimasti
tutto
il
tempo
senza
una
visita
?
-
Sono
venute
a
trovarci
parecchie
persone
,
come
il
Prevosto
di
Sant
Alessandro
,
di
S
.
Stefano
,
Monsignor
Montegagra
,
il
Cardinale
,
Monsignor
Nasoni
e
Magistretti
,
il
Conte
Greppi
,
il
nobile
Corti
,
D
.
Battista
,
le
contesse
Sormani
e
Sola
,
il
marchese
Cornaggia
eccetera
eccetera
eccetera
che
or
tutti
non
ricordo
...
il
deputato
Piola
,
per
esempio
.
-
Non
è
mai
stato
interrogato
?
-
Sissignore
,
sono
stato
interrogato
da
un
capitano
,
il
quale
fu
gentilissimo
.
Fu
lui
anzi
a
dirmi
che
almeno
una
baionettata
dovevo
averla
presa
in
convento
...
-
C
era
anche
il
tenente
che
lo
aveva
trascinato
e
buttato
attraverso
il
buco
della
breccia
?
-
C
era
,
e
mi
sembrava
alquanto
mortificato
...
Si
bussò
un
altra
volta
all
uscio
.
-
Ave
.
L
APPELLO
DEI
SOLDATI
Dieci
maggio
.
Sono
in
piedi
di
buon
mattino
.
Ho
buttato
giù
alcune
note
inaffiate
di
sangue
e
sono
uscito
.
Il
sole
è
rutilante
.
Questi
fasci
di
luce
calda
mi
fanno
male
.
Vorrei
che
lo
stesso
cielo
fosse
annuvolato
come
il
mio
cervello
.
Io
sono
tetro
,
sono
triste
,
sono
un
funerale
.
Darei
dieci
anni
di
vita
per
dimenticare
di
aver
vissuto
ieri
.
A
ogni
passo
il
lunedì
mi
risorge
nella
testa
affollata
di
cadaveri
e
dilagata
di
sangue
.
Le
muraglie
sono
tappezzate
di
decreti
di
Bava
Beccaris
.
I
«
Vogliamo
»
di
Napoleone
I
sentono
del
genio
dell
autore
.
I
suoi
proclami
sono
modelli
di
stile
vigoroso
.
È
tutta
una
prosa
,
la
prosa
napoleonica
,
che
si
legge
con
ammirazione
anche
a
tanti
anni
di
distanza
.
La
prosa
di
Bava
Beccaris
è
piena
di
solecismi
volgari
.
È
prosa
piatta
e
amanuense
.
Quando
mi
parla
di
provvedere
alla
«
confezione
del
rancio
giornaliero
»
,
mi
pare
di
essere
a
tu
per
tu
con
uno
speziale
di
campagna
abituato
a
«
confezionare
»
il
lattovario
,
o
alla
presenza
di
una
sarta
,
,
«
confezionista
»
d
abiti
.
Questo
«
appello
»
per
domandare
gratis
o
con
buoni
a
«
richiesta
»
la
«
concessione
temporanea
delle
cucine
e
di
quanto
occorra
per
la
cottura
del
vitto
»
,
è
un
altro
documento
della
sua
buaggine
e
del
suo
cuore
.
Questo
imbecille
si
crede
assediato
dagli
insorti
.
Non
si
ricorda
di
ieri
che
per
i
soldati
.
Il
pubblico
ricco
è
con
lui
.
Ha
aperto
la
borsa
con
entusiasmo
.
Si
vedono
dappertutto
breaks
carichi
di
viveri
da
distribuire
alla
truppa
accampata
per
le
piazze
.
Il
merito
di
aver
suscitato
direi
quasi
del
fanatismo
per
soccorrere
i
soldati
non
è
tutto
del
commissario
che
ci
ha
ingiunto
di
andare
a
dormire
alle
undici
precise
.
Ma
è
anche
del
tenente
generale
Genova
di
Revel
,
presidente
del
circolo
militare
,
che
ha
pubblicato
il
seguente
«
appello
»
:
«
Una
lunga
esperienza
di
servizio
militare
mi
rende
consapevole
di
quanto
debbono
soffrire
i
militari
comandati
alla
tutela
dell
ordine
ed
a
reprimere
il
saccheggio
.
«
Mancanza
di
riposo
,
di
rancio
regolare
e
l
ansietà
di
vedersi
attaccati
dai
rivoluzionari
affrangono
il
fisico
di
quei
bravi
giovani
sostenuti
unicamente
dal
sentimento
del
dovere
.
«
Devo
quindi
fare
appello
a
coloro
che
vorranno
associarsi
ad
una
sottoscrizione
per
alleggerire
le
loro
dolorose
fatiche
»
..
L
esperienza
militare
del
generale
è
nei
suoi
ricordi
e
io
non
ho
punto
voglia
di
metterla
in
dubbio
.
Sarà
stata
lunga
e
lunghissima
.
Ma
volerci
far
credere
che
in
Milano
,
con
un
generale
che
abbia
la
testa
sulle
spalle
,
non
si
sappia
mica
come
dare
il
rancio
quotidiano
a
ventimila
soldati
,
è
semplicemente
ridicolo
.
Non
è
necessario
di
avere
studiato
l
organizzazione
militare
attraverso
i
libri
di
Moltke
per
sapere
che
con
dei
denari
in
saccoccia
,
dei
magazzini
pieni
,
dei
fornai
ad
ogni
angolo
,
e
degli
alberghi
e
delle
osterie
e
dei
macellai
a
ogni
due
passi
di
ciascuna
via
,
si
può
mangiare
dappertutto
-
anche
in
piazza
del
Duomo
-
e
bene
.
Generale
,
godetevi
il
riposo
se
ve
lo
siete
meritato
,
ma
non
venite
fuori
a
dirci
sciocchezze
.
Se
Bava
Beccaris
,
che
la
storia
giudicherà
come
un
sanguinario
,
non
aveva
tempo
di
occuparsene
,
doveva
dirlo
al
buon
Consonni
dell
Orologio
-
un
restaurant
frequentato
anche
dai
gros
bonnets
dell
esercito
-
.
Bastava
dirgli
che
voleva
ventimila
ranci
al
giorno
per
essere
sicuro
che
non
uno
dei
suoi
soldati
avrebbe
patito
la
fame
.
E
poi
vorreste
dirmi
che
la
cittadinanza
che
ha
il
superfluo
,
non
ha
già
fatto
spontaneamente
quello
che
voialtri
due
generali
la
incitate
a
fare
?
Leggete
la
Perseveranza
di
stamane
:
«
Dobbiamo
aggiungere
che
già
molto
fece
la
cittadinanza
per
i
soldati
.
Dovunque
un
drappello
,
una
compagnia
,
un
battaglione
faceva
sosta
esausto
,
assonnato
,
assetato
,
esercenti
e
famiglie
distribuivano
pane
,
cibi
e
bibite
»
.
Che
cosa
vi
aspettavate
di
più
?
La
dimostrazione
?
Ecco
,
la
«
Unione
popolare
milanese
»
di
piazza
San
Pietro
e
Lino
4
che
vi
compiace
.
Essa
con
altri
due
circoli
monarchici
ha
aperto
due
sottoscrizioni
:
«
l
una
per
un
voto
di
plauso
e
di
ringraziamento
all
esercito
che
con
tanta
abnegazione
lotta
per
ristabilire
l
ordine
pubblico
»
-
l
altra
«
per
sussidiare
le
famiglie
dei
soldati
vittime
del
loro
dovere
»
..
Ma
io
sciupo
il
tempo
a
dimostrare
ai
generali
che
a
Milano
con
un
sistema
organizzato
la
truppa
poteva
mangiare
bene
,
ieri
,
ieri
l
altro
e
sempre
.
I
due
mattoidi
dell
esercito
vorrebbero
farci
credere
che
l
assedio
di
Milano
non
differisce
dall
assedio
parigino
quando
si
misuravano
le
razioni
di
asini
,
di
cani
,
di
ratti
,
di
topi
,
quando
il
pane
era
un
miscuglio
di
patate
,
di
piselli
secchi
,
di
fagiuoli
avariati
,
di
avena
,
di
segala
spolverata
,
di
farina
di
frumento
,
quando
la
carne
di
cavallo
era
divenuta
una
leccornia
dell
ambiente
,
quando
i
gatti
erano
le
lepri
di
tutti
i
grandi
restaurant
,
quando
un
coniglio
costava
60
franchi
,
un
oca
140
,
un
tacchino
180
,
l
ultimo
montone
1164
!
Ah
,
burloni
!
generali
burloni
!
Qualche
giorno
dopo
sono
passato
dalla
via
Tre
Alberghi
,
dove
la
Perseveranza
ha
i
suoi
uffici
.
Indovinate
chi
ho
veduto
salirvi
.
Il
generale
Bava
Beccaris
in
persona
.
Egli
è
il
padrone
di
andare
dove
vuole
.
Io
registro
semplicemente
ch
egli
faceva
visite
alla
Perseveranza
.
Ecco
tutto
.
Gli
arresti
notturni
sono
infiniti
.
I
cittadini
che
si
dimenticano
che
Bava
Beccaris
non
scherza
,
perdono
il
tempo
a
ciaramellare
per
le
vie
e
si
trovano
alle
undici
nella
rete
delle
pattuglie
.
Soldati
e
questurini
vi
domandano
nome
e
cognome
,
chi
siete
,
dove
andate
evi
conducono
a
San
Fedele
.
Per
questa
semplice
infrazione
si
passano
delle
notti
nei
cameroni
polizieschi
e
si
arrischia
di
andare
al
Castello
o
al
cellulare
come
rivoltosi
.
Ho
assistito
a
scene
strazianti
.
Un
povero
garzone
di
osteria
che
aveva
travasato
il
vino
nella
cantina
del
padrone
venne
agguantato
cinque
minuti
dopo
le
undici
con
lo
sparato
della
camicia
inaffiato
di
rosso
.
L
ho
trovato
nel
camerotto
della
sezione
di
questura
di
S
.
Simpliciano
che
si
disperava
e
diceva
ad
alta
voce
che
lui
non
poteva
stare
in
prigione
perché
aveva
a
casa
moglie
e
figli
che
lo
aspettavano
!
Il
suo
caso
era
così
crudele
che
faceva
pietà
anche
ai
questurini
.
Uno
di
essi
a
mezzogiorno
gli
portò
una
tazzina
di
pasta
condita
con
del
pane
e
un
quinto
di
vino
.
È
stata
una
gentilezza
di
cuore
e
la
registro
.
I
borghesi
che
applaudiscono
Bava
Beccaris
possono
invece
girellare
a
tutte
le
ore
.
Per
loro
non
c
è
coprifuoco
.
Col
passe
-
partout
vanno
dove
vogliono
e
quando
vogliono
.
Copio
quello
che
era
stato
rilasciato
,
per
ragioni
professionali
,
al
signor
Romolo
Agosti
-
l
ex
segretario
dell
Associazione
Lombarda
dei
giornalisti
.
È
un
documento
che
completa
la
giornata
.
È
sormontato
dallo
stemma
reale
,
ha
il
bollo
del
«
Comando
del
III
Corpo
d
armata
»
e
vi
si
legge
:
REGIO
COMMISSARIO
STRAORDINARIO
Si
autorizza
il
libero
transito
al
signor
Romolo
Agosti
per
recarsi
dall
interno
all
esterno
della
città
e
viceversa
anche
nelle
ore
di
notte
.
Milano
12
maggio
1898
D
ordine
del
tenente
generale
R
.
Commissario
Straordinario
BATTILANI
I
MORTI
E
I
FERITI
DEL
9
MAGGIO
Li
riassumo
in
una
ventina
di
morti
e
una
quarantina
di
feriti
.
Non
posso
darne
il
numero
esatto
perché
tutte
le
volte
che
ripasso
sul
terreno
della
mia
inchiesta
trovo
dei
cadaveri
e
dei
feriti
che
avevo
lasciato
per
la
strada
.
Il
dottor
Sigismondo
Arkel
,
il
quale
era
in
giro
con
la
truppa
a
soccorrere
i
feriti
,
contò
,
dal
convento
all
Acquabella
,
sette
morti
e
diciotto
feriti
.
Egli
mi
diceva
che
i
morti
erano
quasi
tutti
colpiti
nella
regione
del
petto
.
Nessuno
all
addome
.
-
Questo
vuol
dire
,
o
signore
,
che
si
tirava
sui
passanti
a
poca
distanza
.
Tra
i
disgraziati
che
caddero
fulminati
dai
proiettili
militari
non
uno
fece
nascere
il
sospetto
di
essere
stato
un
rivoltoso
.
Erano
operai
,
come
il
falegname
Antonelli
di
via
Nino
Bixio
,
o
dei
buoni
borghesi
,
come
il
salsamentario
Giuseppe
Colombo
di
via
Sottocorno
17
,
il
quale
perdette
la
vita
stando
alla
finestra
a
chiacchierare
con
la
figlia
che
perdette
un
occhio
.
Non
uno
dei
soldati
che
presero
parte
a
questa
sedicente
battaglia
coi
rivoltosi
è
ritornato
in
caserma
ferito
o
contuso
.
PARTE
SECONDA
L
ARRESTO
DEI
REDATTORI
DELL
«
ITALIA
DEL
POPOLO
»
NARRATO
DA
UN
TESTIMONE
A
me
pare
una
scena
che
inchiuda
Bava
Beccaris
.
Una
di
quelle
scene
che
sì
svolgono
con
una
rapidità
straordinaria
,
e
lasciano
dovunque
tracce
di
un
momento
che
passa
alla
storia
.
Rifacendola
per
il
tuo
libro
,
il
mio
pensiero
si
commuove
e
si
contrista
come
dinanzi
una
sventura
.
Gli
è
come
rivivere
l
ora
tragica
,
in
cui
la
stampa
si
lasciava
strangolare
senza
neppure
il
grido
della
resistenza
legale
.
Ma
non
perdiamoci
in
considerazioni
.
Tu
non
ne
vuoi
.
Voialtri
del
giornalismo
moderno
non
volete
che
il
fatto
nudo
e
crudo
.
Io
crepo
a
digerire
i
fatti
nella
prosa
arida
.
Ma
sia
fatta
la
volontà
di
quelli
che
sentono
l
avvenire
del
quotidiano
diverso
dal
mio
.
La
giornata
era
il
7
maggio
1898
-
una
giornata
piena
di
sole
.
I
fatti
di
Ponte
Seveso
e
di
via
Napo
Torriani
avevano
fatto
scrivere
al
direttore
dell
Italia
del
Popolo
l
ormai
famoso
trafiletto
intitolato
:
«
Ne
erano
assetati
»
.
Lo
salto
senza
commenti
,
perché
tu
non
hai
bisogno
di
essere
sequestrato
.
Tu
non
godi
i
privilegi
del
Corriere
della
Sera
,
neppure
in
tempi
ordinari
.
Il
Corriere
della
Sera
,
il
quale
nei
giorni
di
Bava
Beccaris
è
stato
fratricida
,
ha
potuto
,
senza
molestia
di
sorta
,
darlo
e
ridarlo
,
tale
e
quale
,
ai
suoi
lettori
,
in
tre
edizioni
consecutive
.
Il
proposito
del
giornale
di
via
Soncino
Merati
non
può
essere
sfuggito
ad
alcuno
.
Lo
pubblicava
e
ripubblicava
con
l
intenzione
assassina
d
infuriare
la
mano
militare
contro
i
redattori
del
giornale
di
S
.
Pietro
all
Orto
.
Questa
è
storia
.
Potevano
essere
le
quattro
e
mezzo
.
Mi
sentivo
spossato
dalla
fame
e
dal
lavoro
e
la
testa
confusa
dagli
avvenimenti
.
In
redazione
c
era
stato
l
andirivieni
della
commozione
cittadina
.
Sembrava
una
sala
d
aspetto
.
La
gente
era
andata
e
venuta
sbalordita
,
concitata
,
terrorizzata
.
Gli
sconosciuti
entravano
,
raccontavano
con
la
parola
spaventata
dal
loro
spavento
o
esaltata
dalla
loro
esaltazione
e
scomparivano
,
senza
magari
lasciarsi
mai
più
vedere
.
Erano
i
reporters
spontanei
delle
giornate
tumultuose
.
I
locali
dell
Italia
del
Popolo
li
conosci
.
Si
entrava
dal
portone
della
casa
di
via
S
.
Pietro
all
Orto
,
si
saliva
al
primo
piano
,
si
passava
dallo
stanzone
amministrativo
,
si
voltava
a
sinistra
,
si
entrava
nella
sala
di
redazione
,
e
si
vedeva
il
direttore
spingendo
l
uscio
in
fondo
alla
parete
di
fronte
.
Il
reportage
spontaneo
era
cessato
.
Nella
direzione
si
trovavano
Chiesi
e
Federici
-
in
redazione
Ulisse
Cermenati
e
l
avvocato
Valentini
,
il
quale
,
come
sai
,
scriveva
,
in
quei
giorni
,
degli
articoli
finanziarii
.
Il
Seneci
era
dabbasso
in
tipografia
che
lasciava
andare
a
casa
gli
operai
,
raccomandando
loro
di
ritornare
per
l
edizione
di
notte
.
Di
fuori
,
dinanzi
il
locale
di
distribuzione
,
la
folla
degli
strilloni
aspettava
con
impazienza
l
ultima
edizione
della
giornata
.
Ne
avevano
vendute
delle
bracciate
nella
mattina
e
nel
pomeriggio
,
e
s
impromettevano
di
spacciarne
assai
più
nella
sera
.
Il
pubblico
era
ansioso
di
sapere
che
cosa
avveniva
,
ma
la
cronaca
di
qualunque
giornale
non
gli
portava
che
fatti
slegati
e
non
gli
diceva
come
avevano
avuto
principio
,
se
erano
inanellati
e
perché
continuavano
.
La
via
di
S
.
Pietro
all
Orto
venne
occupata
militarmente
.
Non
pensavamo
neanche
che
si
trattasse
di
noi
.
Io
poi
,
che
avevo
dovuto
essere
da
una
parte
e
dall
altra
e
mi
ero
convinto
che
Milano
stava
per
diventare
una
rete
di
cordoni
militari
,
tirai
via
a
chiacchierare
sui
tumulti
spaventosi
senza
badare
a
ciò
che
avveniva
nella
strada
.
I
fatti
ci
assorbivano
.
Come
si
erano
compiuti
?
Chi
li
aveva
provocati
?
C
era
stato
scambio
di
fucilate
?
Chi
sarà
stato
il
primo
a
far
fuoco
?
Annegavamo
nelle
supposizioni
senza
venire
in
chiaro
di
nulla
.
Il
tavolo
del
cronista
rigurgitava
di
note
sanguinose
,
ma
nessuna
ci
dava
la
chiave
della
giornata
.
La
nostra
conversazione
venne
interrotta
da
una
moltitudine
di
piedi
che
sentivamo
venire
alla
nostra
volta
.
Erano
il
viceispettore
Prina
,
il
delegato
Gislon
e
parecchi
agenti
in
borghese
che
invadevano
gli
uffici
dell
Italia
del
Popolo
.
Le
prime
parole
che
ci
dissero
furono
che
il
giornale
era
sequestrato
.
Una
notizia
che
ci
lasciò
tranquilli
.
Non
era
la
prima
volta
che
ci
si
capitava
addosso
coi
sequestri
.
Ma
il
Prina
non
ci
permise
di
tirare
il
fiato
liberamente
,
senza
aggiungere
che
era
dolente
di
comunicarci
«
la
cessazione
del
giornale
fino
a
nuovo
ordine
»
.
Il
direttore
rimase
senza
sorpresa
.
Passammo
in
stamperia
.
Assistevano
alla
scomposizione
del
giornale
Chiesi
,
Federici
,
Cermenati
e
Seneci
.
Prima
di
risalire
negli
uffici
il
Prina
diede
ordine
di
non
permettere
l
uscita
ad
alcuno
.
In
redazione
ci
disse
:
-
Ci
rincresce
,
ma
siamo
incaricati
di
fare
una
perquisizione
.
-
Nessuno
di
noi
rispose
.
Tanto
e
tanto
il
nostro
consenso
o
la
nostra
protesta
non
avrebbe
contato
per
nulla
.
Si
misero
a
perquisire
.
Guardavano
nei
cassetti
del
direttore
e
dei
redattori
,
leggevano
o
scorrevano
affrettatamente
i
manoscritti
,
raccoglievano
le
cartelle
scritte
o
incominciate
per
i
tavoli
e
frugavano
e
adocchiavano
dappertutto
.
Intanto
che
avveniva
questa
operazione
,
Federici
si
era
affacciato
alla
finestra
,
proprio
nel
momento
in
cui
De
Andreis
riusciva
,
nella
sua
qualità
di
deputato
,
a
passare
il
cordone
militare
.
Si
protese
e
gli
disse
:
-
Hanno
sequestrato
il
giornale
e
stanno
facendo
una
perquisizione
.
Vieni
di
sopra
.
Due
minuti
dopo
era
anche
lui
in
redazione
.
Terminata
la
perquisizione
,
il
Federici
chiese
,
come
di
legge
,
che
si
facesse
il
verbale
delle
cose
sequestrate
.
Uno
dei
funzionarii
rispose
:
-
Lo
faremo
in
questura
,
dove
abbiamo
l
incarico
di
accompagnarli
.
Loro
signori
sono
invitati
dal
questore
per
delle
comunicazioni
.
Carmenati
:
Allora
vuol
dire
che
siamo
tutti
in
arresto
.
Gislon
:
Non
abbiamo
quest
ordine
,
non
credo
ci
sia
probabilità
d
arresto
.
De
Andreis
:
Come
deputato
protesto
per
la
perquisizione
e
per
la
violazione
di
domicilio
,
senza
mandato
dell
autorità
giudiziaria
.
Suggellati
i
pacchi
dei
manoscritti
sequestrati
,
il
Prina
invitò
Chiesi
,
Federici
,
Cermenati
,
l
avvocato
Valentini
e
Seneci
ad
andare
con
loro
a
S
.
Fedele
.
Seneci
,
in
pantofole
,
domandò
il
permesso
di
mettersi
le
scarpe
.
-
Faccia
.
De
Andreis
:
Vengo
anch
io
.
Prina
:
Scusi
,
onorevole
,
ma
io
non
ho
ordini
che
riguardino
lei
.
De
Andreis
:
Io
voglio
andare
dove
vanno
i
miei
amici
.
Prina
:
Se
crede
,
s
accomodi
.
Cermenati
:
Se
non
siamo
in
arresto
,
noi
non
vogliamo
essere
accompagnati
dagli
agenti
di
P.S.
Il
delegato
Gislon
li
fece
allontanare
.
In
via
Soncino
Merati
,
dinanzi
l
entrata
del
Corriere
della
Sera
,
incontrammo
Colautti
.
Il
Chiesi
,
incrociando
i
polsi
,
gli
fece
segno
che
eravamo
in
arresto
.
-
Ci
siamo
!
Colautti
rispose
,
con
un
gesto
,
che
non
poteva
essere
.
In
S
.
Paolo
,
Seneci
entrò
dal
tabaccaio
a
bere
una
bibita
.
Era
stato
in
tipografia
e
nel
locale
di
distribuzione
tutto
il
giorno
,
e
aveva
sete
.
I
funzionari
non
lo
aspettarono
neanche
.
Ci
raggiunse
correndo
.
Questo
fatto
ci
lasciò
credere
che
non
eravamo
in
arresto
.
Che
si
tratti
solo
di
dirci
che
la
stampa
subirà
la
censura
preventiva
da
qualche
impiegato
di
questura
?
In
questura
ci
si
lasciò
in
un
anticamera
.
-
Aspettino
;
saranno
ricevuti
dal
questore
non
appena
sarà
libero
.
Aspettammo
una
buona
mezz
ora
,
facendo
mille
supposizioni
.
Annoiati
di
essere
trattenuti
tanto
tempo
,
incominciammo
a
mormorare
.
Ma
dunque
?
Ci
prendono
per
dei
domestici
,
questi
signori
di
questura
!
Facciano
presto
,
ci
dicano
se
siamo
in
arresto
,
se
siamo
liberi
,
e
che
cosa
vogliono
da
noi
.
Entrò
un
impiegato
ad
invitarci
di
andare
con
lui
.
-
Tutti
,
meno
l
onorevole
De
Andreis
.
De
Andreis
non
voleva
saperne
di
aria
libera
.
Si
mise
a
protestare
con
parole
vibrate
e
a
dichiarare
ch
egli
sarebbe
andato
dove
andavano
i
suoi
amici
.
E
tutti
noi
,
compreso
l
on
.
De
Andreis
,
passammo
in
un
altra
stanza
,
dove
ci
si
trattenne
un
altra
buona
mezz
ora
.
Aspettavamo
e
parlavamo
sottovoce
.
Perché
in
questa
seconda
anticamera
eravamo
tenuti
d
occhio
da
un
agente
in
borghese
,
seduto
in
mezzo
a
noi
come
un
muto
.
Conversando
,
si
almanaccava
sul
tempo
che
ci
avrebbero
fatto
perdere
.
Federici
manifestava
la
sua
opinione
che
anche
De
Andreis
sarebbe
stato
trattenuto
.
Qualche
altro
pregava
quest
ultimo
a
prendere
l
uscio
intanto
che
era
libero
.
-
Libero
ci
potrai
essere
più
utile
che
non
chiuso
in
carcere
con
noi
.
Fu
testardo
e
rimase
.
Alle
sei
e
mezzo
circa
entrò
un
vecchio
impiegato
a
dirci
queste
parole
:
-
Sono
spiacente
di
comunicar
loro
che
,
essendo
stato
proclamato
in
questo
momento
lo
stato
d
assedio
,
loro
signori
sono
tutti
in
arresto
.
Ci
fu
un
irruzione
di
guardie
in
borghese
le
quali
,
senza
tanti
complimenti
,
ci
presero
per
la
manica
.
Protestammo
e
dicemmo
che
non
era
il
modo
di
trattare
persone
che
non
volevano
fuggire
,
e
i
delegati
ordinarono
agli
agenti
di
lasciarci
andare
.
Discendemmo
ed
entrammo
nell
ufficio
del
delegato
Eula
,
il
quale
,
per
essere
sinceri
,
ci
trattò
con
la
massima
gentilezza
.
Ci
sequestrò
carte
e
matite
che
avevamo
nelle
tasche
.
ci
lasciò
denari
,
orologi
e
anelli
e
ci
fece
firmare
il
verbale
,
porgendo
ad
ognuno
la
penna
.
-
Già
che
ci
deve
mandare
in
guardina
,
ci
potrà
mandare
anche
da
mangiare
.
-
Senza
dubbio
.
E
il
delegato
promise
che
ci
avrebbe
fatto
portare
qualcosa
dall
Orologio
.
-
Devono
avere
un
po
di
pazienza
,
perché
in
questo
momento
ho
molte
cose
da
fare
.
Ci
si
chiuse
nel
camerotto
riservato
alle
donne
,
il
quale
,
secondo
l
espressione
dell
Eula
,
era
«
il
meno
peggio
»
.
Avevamo
fame
ma
non
aspettammo
molto
.
Tre
quarti
d
ora
dopo
si
spalancava
l
uscio
ed
entravano
roast
-
beef
,
un
fiasco
di
vino
,
del
formaggio
,
della
frutta
e
delle
sigarette
.
Mangiando
si
chiacchierava
e
si
rideva
.
De
Andreis
era
di
opinione
che
avrebbero
montata
qualche
macchina
per
tenerci
in
prigione
.
Federici
fumava
disperatamente
una
sigaretta
dopo
l
altra
per
cambiare
l
odore
dell
ambiente
.
Chiesi
si
contentò
di
dire
che
avrebbe
pagato
il
conto
.
Un
po
più
tardi
Seneci
ci
faceva
sapere
che
non
aveva
mai
dormito
così
bene
.
-
Vi
raccomando
di
ravvolgervi
la
testa
nel
fazzoletto
,
se
non
volete
che
certe
bestioline
vi
vadano
nelle
orecchie
.
Cermenati
si
allungò
sul
tavolato
con
una
frase
tragica
:
-
Così
giovane
e
già
tanto
galeotto
!
Qualche
minuto
dopo
,
ricordandosi
d
essere
stato
dilettante
drammatico
,
si
drizzò
in
piedi
e
si
mise
a
declamare
un
po
d
Amleto
:
Potesse
,
oh
!
questa
troppo
salda
carne
Che
mi
veste
,
scomporsi
,
andar
diffusa
,
Sfarsi
come
rugiada
!
Il
carceriere
,
lungo
il
corridoio
,
ci
impose
il
silenzio
.
-
Signori
,
faccian
silenzio
!
Ci
addormentammo
.
Tra
le
dodici
e
mezzo
e
la
una
venimmo
svegliati
dal
fracasso
che
si
fece
a
schiudere
l
uscio
.
Entrarono
,
tra
la
sorpresa
generale
,
l
avvocato
Carlo
Romussi
e
il
professore
Emilio
Girardi
,
accompagnati
dalla
guardia
carceraria
che
portava
la
lanterna
fumosa
.
Romussi
:
Ho
ottenuto
il
permesso
di
venirvi
a
trovare
coll
amico
Girardi
.
E
giacché
ci
siamo
,
vogliamo
tenervi
compagnia
fino
a
domattina
.
Girardi
andò
sul
tavolato
con
un
:
dio
cane
!
Seneci
fece
loro
la
raccomandazione
del
fazzoletto
.
Romussi
ci
raccontò
che
gli
agenti
erano
andati
al
Secolo
a
perquisire
la
redazione
,
a
far
scomporre
il
giornale
e
ad
arrestare
tutti
i
redattori
che
vi
si
trovavano
.
Non
vi
hanno
trovato
che
il
direttore
ed
un
redattore
.
Negli
uffici
vi
erano
parecchie
persone
,
come
l
Antongini
e
il
Missori
.
Ma
nessuno
di
loro
venne
arrestato
.
L
episodio
storico
dell
arresto
del
direttore
del
Secolo
fu
quello
della
sedia
.
Romussi
era
al
suo
tavolo
che
scriveva
non
so
più
che
cosa
sulle
ultime
notizie
.
Il
delegato
,
col
codazzo
dei
questurini
in
borghese
,
gli
annunciò
la
perquisizione
e
credo
anche
la
sospensione
del
giornale
.
Romussi
disse
qualche
parola
sulla
libertà
di
stampa
e
lasciò
che
l
uomo
di
questura
andasse
a
mettere
sottosopra
il
suo
cassetto
e
a
rovistare
le
carte
del
tavolo
unito
a
quello
di
lavoro
.
Per
la
maledetta
abitudine
di
Romussi
di
accumulare
i
manoscritti
,
gli
sequestrarono
un
numero
infinito
di
carte
e
di
lettere
,
non
poche
delle
quali
dovevano
essere
di
Cavallotti
.
Suggellati
i
pacchi
e
fatto
il
verbale
di
sequestro
,
Romussi
e
Girardi
vennero
invitati
in
questura
.
Romussi
,
prima
d
andarsene
,
voleva
scrivere
due
righe
non
so
se
alla
moglie
o
ai
colleghi
.
Prima
di
sedere
buttò
via
la
penna
con
la
quale
aveva
scritto
il
delegato
,
diede
un
calcio
alla
sedia
,
sulla
quale
era
stato
seduto
e
ordinò
al
portiere
di
portarla
via
subito
e
di
bruciarla
.
-
Portamene
un
altra
e
dammi
un
altra
penna
.
Alla
mattina
ci
svegliammo
con
le
ossa
rotte
.
Avevamo
sulla
faccia
il
colore
di
una
notte
trambasciata
.
Ci
eravamo
coricati
sul
tavolazzo
,
vestiti
come
eravamo
entrati
,
e
lungo
la
notte
il
sonno
ci
era
stato
interrotto
centinaia
di
volte
.
Dal
fracasso
degli
usci
che
si
aprivano
e
si
chiudevano
,
dal
trambusto
,
nel
cortile
,
dei
soldati
che
pareva
arrivassero
ogni
quarto
d
ora
,
dai
piedi
che
tumultuavano
sotto
il
portico
e
dalle
voci
che
giungevano
a
noi
come
di
gente
ammutinata
.
Verso
le
dieci
antimeridiane
il
delegato
Eula
ci
annunciò
che
era
giunto
l
ordine
della
traduzione
al
cellulare
.
Venimmo
chiamati
a
due
a
due
,
e
a
due
a
due
venimmo
legati
,
polso
a
polso
,
con
una
catenella
,
da
un
maresciallo
dei
carabinieri
alto
e
spalluto
.
Eravamo
così
appaiati
:
Valentini
e
Chiesi
,
Seneci
e
Federici
,
Cermenati
e
Romussi
,
De
Andreis
e
Girardi
.
Uscimmo
ed
entrammo
in
una
folla
di
circa
ottanta
arrestati
.
Il
balcone
del
palazzo
di
questura
era
gremito
di
altri
monturati
con
alcuni
borghesi
.
Non
posso
dire
se
vi
era
Bava
Beccaris
,
perché
non
lo
avevo
mai
visto
neppure
sulla
fotografia
.
C
era
certamente
il
questore
.
Un
uomo
magrettino
c
ha
ha
l
aria
di
essere
gobbo
.
I
grandi
gallonati
parlavano
tra
loro
e
gli
uni
ci
additavano
agli
altri
col
dito
puntato
verso
noi
.
Prima
che
il
convoglio
si
mettesse
in
moto
,
il
delegato
Birondi
disse
a
tutti
:
-
Non
salutino
alcuno
e
non
parlino
,
perché
ho
ordini
severissimi
.
Eravamo
tutti
a
piedi
,
circondati
dai
carabinieri
e
dai
soldati
di
cavalleria
col
revolver
in
pugno
.
Qua
e
là
c
erano
parecchi
questurini
.
C
incamminammo
verso
le
undici
.
L
itinerario
fu
questo
:
piazza
S
.
Fedele
,
piazza
della
Scala
,
Santa
Margherita
,
via
Mercanti
,
via
Dante
,
foro
Bonaparte
,
S
.
Gerolamo
,
S
.
Vittore
,
via
Filangieri
.
Gustavo
Chiesi
abita
in
foro
Bonaparte
93
.
I
suoi
vecchi
genitori
erano
alla
finestra
che
si
asciugavano
le
lagrime
col
fazzoletto
.
Nessun
altro
incidente
.
Sai
come
si
è
ricevuti
al
Cellulare
.
De
Andreis
,
il
quale
si
sentiva
male
per
il
lungo
digiuno
,
domandò
subito
da
mangiare
.
Gli
altri
lo
imitarono
.
Impolverati
,
sudati
,
passati
traverso
un
ora
piena
di
pericoli
,
avevamo
una
sete
da
cani
trafelati
.
L
Astengo
,
il
direttore
,
ci
fece
portare
dell
acqua
con
del
fernet
dal
bettoliniere
.
Ci
si
separò
in
tante
celle
e
ci
si
riunì
in
un
cellone
a
mangiare
.
Mangiammo
del
salame
,
della
pasta
al
sugo
,
dell
arrosto
e
del
formaggio
e
bevemmo
del
vino
comune
.
Eravamo
serviti
da
due
scopini
e
sorvegliati
da
due
guardie
carcerarie
.
Terminato
il
pasto
,
venimmo
visitati
dal
cappellano
,
accompagnato
dal
direttore
.
Subito
dopo
Federici
,
Cermenati
,
Seneci
,
Valentini
e
De
Andreis
vennero
cellularizzati
in
infermeria
.
Romussi
e
Chiesi
vennero
chiusi
in
celle
separate
al
secondo
raggio
.
Il
secondo
giorno
vedemmo
arrivare
in
infermeria
i
deputati
Turati
e
Bissolati
.
Il
resto
ti
è
troppo
noto
perché
io
sciupi
dell
inchiostro
.
IL
SOCCORSO
È
una
scena
piangevole
che
potete
vedere
ogni
mercoledì
e
ogni
domenica
,
tra
le
dieci
e
la
una
,
sulla
piazzetta
Filangeri
,
dinanzi
l
edificio
della
sventura
sociale
.
Ma
in
un
giorno
o
nell
altro
non
troverete
mai
la
folla
delle
giornate
di
Bava
Beccaris
,
quando
ciascun
cittadino
aveva
paura
di
non
essere
più
cittadino
e
ogni
donna
poteva
essere
disgiunta
dall
uomo
da
un
ordine
imperativo
o
da
una
mano
brutale
.
La
mia
pagina
è
una
fotografia
senza
ritocchi
di
una
di
queste
domeniche
.
L
orologio
di
un
campanile
suonava
le
otto
e
il
sole
bruciava
le
cervella
.
Sul
piazzale
si
vedevano
alcune
carriole
cariche
di
frutta
acerbe
o
sfatte
,
di
dolci
perseguitati
dalle
mosche
e
di
cose
mangerecce
coperte
di
polvere
.
Il
portone
traduceva
un
corpo
di
guardia
improvvisato
in
una
città
insorta
,
Un
portone
coll
andirivieni
della
gente
che
fa
paura
.
C
erano
soldati
in
piedi
,
soldati
che
riposavano
sulla
paglia
sternita
nei
fianchi
,
soldati
che
entravano
e
uscivano
,
soldati
che
si
asciugavano
la
fronte
e
si
aggiustavano
la
giberna
sul
ventre
.
Si
vedevano
andare
e
venire
secondini
,
guardie
di
finanza
,
delegati
,
questurini
,
carabinieri
,
ufficiali
,
autorità
carcerarie
,
autorità
militari
-
tutte
persone
che
ricordavano
il
momento
,
persone
dalla
faccia
feroce
,
persone
che
passavano
come
ventate
di
collera
,
persone
pronte
a
venire
alle
mani
col
primo
che
avesse
detto
una
corbelleria
.
L
ufficiale
di
guardia
pareva
,
col
pensiero
,
a
spasso
.
Con
la
ciarpa
azzurra
a
tracolla
,
seduto
sulla
sedia
addossata
al
pilastro
con
una
gamba
sopra
l
altra
,
si
ninnolava
buttando
in
alto
il
fumo
diafano
della
sigaretta
.
Le
donne
giungevano
sole
e
a
gruppi
con
i
fagotti
,
i
canestri
e
le
corbe
piene
di
roba
e
si
appoggiavano
al
muro
della
carcere
o
andavano
ad
occupare
i
sedili
di
granito
della
piazzetta
o
si
aggruppavano
alle
altre
aggruppate
nel
largo
in
faccia
al
bastione
.
Tra
le
popolane
dal
faccione
prosperoso
e
dalle
maniche
rimboccate
sull
avambraccio
bronzato
,
c
erano
vecchie
che
si
reggevano
a
mala
pena
in
piedi
,
teste
che
riassumevano
la
primavera
nella
chiarezza
mattinale
e
figure
dalla
faccia
bianca
o
scolorata
che
uscivano
dalla
moltitudine
con
le
loro
vesti
e
i
loro
cappelli
neri
come
tante
ditte
di
un
ufficio
mortuario
.
Imperava
il
dolore
.
Ah
,
se
si
potesse
uscire
dal
dolore
come
si
esce
dalle
porte
cittadine
!
Il
dolore
distruggeva
la
ripugnanza
delle
vestite
bene
per
le
vestite
male
e
assorellava
le
donne
colpite
da
una
sventura
comune
.
Tutte
queste
mamme
,
tutte
queste
spose
,
tutte
queste
amanti
,
tutte
queste
sorelle
vedute
assieme
storcevano
il
cuore
e
facevano
venir
sulle
labbra
una
parola
tragica
,
una
bestemmia
brunita
dal
rancore
,
una
maledizione
che
si
rompeva
nella
testa
col
suono
della
lastra
di
metallo
che
la
martellata
manda
in
frantumi
.
Riproducevano
l
afflizione
,
l
ambascia
,
il
dietroscena
domestico
,
il
naufragio
femminile
,
la
devozione
sublime
delle
donne
affezionate
agli
uomini
chiusi
laggiù
,
oltre
il
portone
,
al
di
là
dei
cancelli
,
negli
sgabuzzini
del
lugubre
edificio
imbevuto
delle
lagrime
dell
esercito
della
sventura
,
che
ha
patito
più
del
Cristo
in
croce
.
Nei
loro
occhi
non
era
l
ardimento
.
Nei
loro
occhi
era
la
stupefazione
,
lo
sbalordimento
,
l
umiliazione
.
Povere
donne
!
Erano
donne
abbattute
,
costernate
,
vinte
dal
supremo
cordoglio
che
non
le
lasciava
disfogare
la
piena
del
loro
martirio
.
I
carrettoni
chiusi
scompigliavano
e
buttavano
manate
di
nero
sulla
tela
lugubre
che
s
allargava
a
ogni
minuto
.
I
traballamenti
delle
ruote
andavano
sul
cuore
della
moltitudine
come
fitte
che
si
sprofondavano
nelle
ferite
palpitanti
e
sollevavano
in
tutti
il
vespaio
delle
supposizioni
.
A
ogni
sussulto
si
correva
involontariamente
col
pensiero
nelle
cellette
del
veicolo
che
accarezzavano
l
arrestato
come
la
guaina
accarezza
la
lama
,
a
palpeggiare
gli
incassati
come
se
si
avesse
avuto
paura
che
si
fossero
rotta
la
testa
o
stessero
in
lotta
coll
ultimo
alito
di
vita
.
Chi
saranno
?
E
l
interrogazione
faceva
rabbrividire
.
Forse
saranno
dei
ladruncoli
o
dei
rivoluzionari
o
degli
innocenti
usciti
dalle
braccia
della
famiglia
,
rimasta
in
casa
a
piangere
la
loro
sciagura
!
E
i
veicoli
della
tortura
scomparivano
e
lasciavano
le
donne
più
avvilite
di
prima
.
Questa
campana
!
Si
aspettava
la
campana
del
soccorso
,
la
campana
che
doveva
far
dimenticare
ai
cellularizzati
la
smisurata
intelligenza
malvagia
degli
uomini
,
degli
uomini
che
hanno
per
idealità
il
male
,
la
campana
che
consolava
lo
stomaco
di
chi
mangia
poco
e
male
.
Fate
presto
,
in
nome
del
Signore
.
Spalancate
il
cancello
,
prendetevi
la
corba
delle
vivande
divenute
fredde
lungo
la
strada
,
divenute
immangiabili
aspettando
qui
sul
selciato
due
ore
,
tutto
un
secolo
.
Siate
buoni
,
siate
caritatevoli
con
le
povere
donne
trambasciate
!
Il
convoglio
degli
arrestati
che
veniva
verso
il
Cellulare
a
piedi
suscitava
in
ogni
seno
un
orrore
indicibile
.
Non
poche
donne
erano
state
obbligate
a
chiudere
gli
occhi
come
quando
si
riceve
un
ondata
di
luce
in
pieno
viso
.
Era
una
banda
che
falciava
gli
ideali
di
redenzione
più
modesti
.
Sfilavano
appaiati
ai
polsi
come
individui
usciti
da
un
porcaio
o
da
un
sotterraneo
,
con
le
ragnatele
sulle
spalle
,
con
l
umidore
nella
gonfiezza
sotto
gli
occhi
,
con
i
capelli
irrigiditi
in
una
zuffa
spaventosa
.
Erano
laidi
,
stracciati
,
dilaniati
dai
patimenti
.
Circondati
da
questurini
,
da
carabinieri
e
dai
soldati
,
il
loro
volto
assumeva
il
colore
acceso
degli
aggressori
di
strada
che
stramazzano
i
viandanti
a
coltellate
.
Alcuni
,
con
gli
abiti
che
non
avevano
perduta
tutta
l
eleganza
e
con
la
faccia
cadaverica
fino
alla
fronte
,
davano
l
idea
degli
insorti
colti
sulle
barricate
colle
mani
odoranti
la
polvere
.
Altri
,
a
piedi
nudi
,
coi
gomiti
all
aria
come
le
ginocchia
,
traducevano
la
loro
vita
grama
di
poveracci
che
basivano
sul
marciapiede
e
stendevano
la
mano
ai
passanti
,
Le
donne
si
lasciavano
commuovere
.
Alcune
singhiozzavano
e
dicevano
che
era
meglio
morire
che
vedersi
trattati
come
birbaccioni
che
avevano
fatto
del
male
.
Altre
si
mordevano
le
labbra
e
si
scricchiolavano
le
dita
per
reprimere
la
sensazione
che
dava
loro
stille
di
sudore
e
faceva
loro
pulsare
le
tempie
dal
disgusto
e
dalla
furia
.
Non
mancavano
più
che
cinque
minuti
.
La
calca
piegava
verso
l
entrata
.
La
prima
fila
,
spinta
dai
nuovi
venuti
che
si
cercavano
un
posto
al
centro
tra
le
proteste
generali
,
andava
più
di
una
volta
sul
cordone
militare
che
non
si
rompeva
.
La
ragazzaglia
aveva
dimenticato
la
tensione
dell
angoscia
generale
e
si
era
abbandonata
al
chiasso
,
e
le
donne
,
le
più
attempate
,
che
si
straccavano
a
stare
in
piedi
,
mormoravano
con
la
voce
piagnolosa
.
Proprio
,
non
si
aveva
pietà
per
le
donne
dei
poveri
prigionieri
.
Con
tanta
gente
che
soffre
e
con
tanti
soccorsi
,
la
direzione
non
s
era
commossa
.
Continuava
a
ricevere
alla
stessa
ora
,
nelle
stesse
ore
,
come
se
nulla
fosse
avvenuto
di
straordinario
.
Inzuccherate
il
veleno
,
o
signori
!
Ci
farete
penare
meno
,
ci
farete
!
Non
ci
voleva
un
gran
giudizio
per
capire
che
bisognava
far
porta
un
po
prima
.
Pazienza
!
pazienza
!
pazienza
!
Sì
,
pazienza
se
si
avesse
avuto
il
buon
senso
di
mettere
alla
porta
un
cristiano
che
non
strapazzasse
tutti
come
tanti
servitori
!
Ma
no
!
Ci
avevano
lasciato
quell
anticristo
di
vecchio
sciancato
che
aveva
l
anima
nera
con
le
povere
donne
.
Tutte
le
volte
che
si
doveva
passare
sotto
un
volpone
di
quella
fatta
ingrossava
il
cuore
davvero
.
Era
un
secondino
ripugnante
,
col
collo
che
si
gonfiava
come
quello
del
serpente
quando
va
in
collera
,
con
la
faccia
ridotta
a
una
grossa
cipolla
ammaccata
.
Bastava
spremerla
per
vederla
colare
di
marcia
.
Dio
non
poteva
dare
del
bene
a
questi
mostri
verdi
come
la
bile
.
Respingeva
la
gente
dilatando
la
gola
e
dicendo
parole
che
facevano
andare
il
sangue
in
acqua
.
Pazienza
.
Si
era
nelle
sue
mani
e
non
c
era
che
dire
.
Anche
quegli
altri
del
soccorso
erano
buone
lane
.
Non
sapevano
dove
stava
di
casa
la
buona
maniera
.
Bastava
non
aprir
bene
il
canestro
o
avere
dimenticato
di
fare
la
lista
come
volevano
loro
per
vederli
dar
fuori
come
vipere
.
-
L
ultima
volta
m
hanno
mandata
a
casa
la
figlia
tutta
piangente
.
Era
uscita
dalla
coda
per
isbaglio
.
Si
sa
,
una
povera
tosa
non
può
sapere
i
regolamenti
.
L
hanno
mandata
in
fila
con
un
codazzo
di
rimproveri
come
se
fosse
stata
la
loro
figliuola
!
Forconi
!
Non
hanno
creanza
,
non
hanno
.
Ci
vorrebbe
...
Lo
so
io
cosa
ci
vorrebbe
.
Acqua
in
bocca
,
che
i
tempi
sono
tristi
.
-
A
me
mi
è
toccato
il
peggio
.
Mi
hanno
lasciato
il
mio
Alberto
per
ultimo
perché
non
aveva
la
lista
scritta
.
Noi
,
povera
gente
,
non
si
ha
tempo
di
scrivere
.
Loro
hanno
un
bel
dire
.
Vorrei
vederli
al
nostro
posto
.
La
ragione
volete
che
ve
la
dica
io
?
Hanno
la
bocca
larga
come
quella
dei
coccodrilli
e
i
denti
in
gola
.
Quella
è
la
ragione
.
Ma
i
miei
denari
li
mangio
io
.
Sissignori
,
li
mangio
io
.
C
è
già
troppo
da
fare
colle
disgrazie
che
ci
manda
il
Signore
,
per
avere
da
pensare
a
queste
sanguisughe
che
ci
beverebbero
tutto
il
sangue
in
una
volta
!
-
Se
ci
fossero
delle
persone
con
due
dita
di
testa
ci
lascierebbero
entrare
senza
farci
fare
anticamera
e
senza
buttar
all
aria
i
cesti
come
se
fosse
roba
rubata
.
Tirano
fuori
tutto
,
mettono
le
mani
in
tutto
,
cacciano
il
risotto
nel
salame
,
la
torta
nello
stufato
,
le
ciliege
nell
insalata
e
l
arrosto
nella
minestra
.
Ci
vuole
dello
stomaco
a
mangiare
il
soccorso
.
-
Non
ditelo
a
me
,
per
amor
del
cielo
,
che
ho
veduto
quello
che
voialtri
forse
non
avete
veduto
.
Ho
veduto
al
di
là
del
terzo
cancello
come
si
trattano
i
cesti
.
Non
ne
avete
idea
.
Non
ci
sarebbe
che
la
morte
che
potrebbe
farmi
dimenticare
il
disgusto
che
ho
provato
in
quella
mattina
che
ho
assistito
al
tanto
scempio
.
Credetelo
,
in
certi
luoghi
si
ha
più
considerazione
per
i
torsoli
che
si
gettano
ai
maiali
.
Vuotavano
i
canestri
come
se
fossero
stati
sacchi
di
patate
.
Rovesciavano
sul
tavolo
tazzine
,
piatti
,
scodelle
,
tegami
,
stoviglie
,
senza
badare
se
il
condimento
dell
insalata
andava
sul
minestrone
o
se
la
marmellata
si
versava
sull
arrosto
.
Erano
sgarbati
che
facevano
venire
la
rabbia
.
Ma
quando
si
ha
bisogno
di
loro
,
bisogna
tacere
.
È
una
grande
punizione
questa
che
Dio
ci
ha
mandata
.
Con
lo
stesso
coltellaccio
facevano
tutto
.
Assaggiavano
,
tagliavano
,
mettevano
sottosopra
.
Con
lo
stesso
coltello
infarinato
e
impiastricciato
di
intingoli
affettavano
la
pera
,
rivoltavano
la
minestra
e
il
risotto
,
dimezzavano
il
pane
,
facevano
in
due
i
limoni
,
sparavano
i
polli
,
dividevano
lo
stracotto
,
mettendosi
in
bocca
ora
una
fetta
di
coratella
,
ora
una
striscia
di
anitra
,
tra
le
risate
che
facevano
male
.
Riducevano
le
torte
e
i
pasticci
,
fatti
in
casa
chissà
con
quanti
sacrifici
,
in
una
condizione
compassionevole
.
Siate
poveri
diavoli
e
vedrete
come
è
dura
la
vita
.
Voi
state
a
casa
a
darvi
del
male
per
mettere
assieme
un
pranzetto
come
si
deve
,
per
il
povero
diavolo
che
avete
in
prigione
,
correte
come
una
disperata
o
prendete
l
omnibus
per
farglielo
mangiare
caldo
,
e
poi
vedete
che
tutto
va
alla
malora
,
che
tutto
diventa
freddo
,
che
tutto
si
mescola
,
le
cose
giulebbate
con
la
carne
arrostita
nel
brodo
succoso
e
la
cipollata
col
fegato
nel
piatto
delle
fragole
o
dei
lamponi
grossi
come
le
more
.
Portate
le
uova
fresche
per
tirar
su
lo
stomaco
a
chi
ne
ha
tanto
bisogno
e
poi
venite
a
sapere
che
gli
sono
arrivate
in
cella
sfracellate
,
coi
tuorli
dispersi
per
le
vivande
.
È
una
grande
punizione
questa
che
Dio
ci
ha
mandata
!
Ah
sì
,
non
credevo
che
si
potesse
penare
tanto
a
questo
mondo
!
Si
fa
di
tutto
per
risparmiare
i
soldi
per
un
cartoccio
di
tabacco
e
al
colloquio
vi
si
dice
che
non
avete
cuore
di
lasciare
il
vostro
uomo
senza
una
pipata
per
passare
il
tempo
che
non
passa
mai
!
-
I
sigari
o
il
tabacco
,
pazienza
.
Se
non
si
fuma
,
non
si
crepa
.
A
me
è
andato
perduto
il
cesto
,
una
volta
dopo
l
altra
,
per
due
o
tre
giorni
.
Se
non
ci
fosse
stata
una
buona
guardia
,
mio
marito
sarebbe
morto
consunto
di
fame
.
Con
una
pagnotta
di
regalo
ha
potuto
tirar
innanzi
e
scrivermi
per
domandarmi
se
ero
morta
,
se
l
avevo
dimenticato
.
È
stato
un
vero
crepacuore
.
Gli
avevo
mandato
un
pranzo
da
far
risuscitare
i
morti
,
un
cesto
pieno
di
grazia
di
Dio
,
e
lui
,
povero
diavolo
,
era
rimasto
in
cella
a
straziare
il
mio
nome
onorato
con
delle
ingiurie
che
non
meritavo
.
Avete
ragione
voi
,
Antonia
.
È
una
grande
punizione
questa
che
Dio
ci
ha
mandato
!
Finalmente
!
I
primi
rintocchi
rovesciarono
la
folla
verso
il
banco
delle
guardie
.
La
gente
sgomitava
,
si
sbuttonava
,
si
riversava
tenendo
in
alto
i
canestri
,
protendendo
le
borse
e
i
fagotti
,
pregando
di
accettare
la
corba
e
supplicando
gli
agenti
a
essere
buoni
,
che
erano
lì
da
un
pezzo
con
la
roba
gelata
.
Le
guardie
non
avevano
tempo
da
ascoltare
storie
.
Prima
della
una
dovevano
verificare
circa
mille
soccorsi
.
Prendevano
quelli
che
capitavano
loro
alle
mani
,
senza
guardare
e
senza
commuoversi
.
Chi
non
rispondeva
sollecitamente
alle
domande
,
veniva
lasciato
col
pranzo
in
mano
.
Ogni
donna
era
obbligata
a
dire
,
in
fretta
e
in
furia
,
nome
e
cognome
del
detenuto
,
il
numero
della
cella
,
se
il
padre
e
la
madre
erano
morti
o
vivi
.
-
Cella
89
,
Giuseppe
Agesilao
,
del
fu
Pietro
e
della
vivente
Teresa
Baragni
.
-
Avete
fatta
la
lista
?
E
il
braccio
di
chi
non
poteva
farla
vedere
,
veniva
scansato
e
buttato
dall
altra
parte
.
Alla
una
pomeridiana
,
le
donne
giunte
tardi
o
rimaste
tra
quelle
che
non
avevano
potuto
consegnare
i
fagotti
,
piangevano
dirottamente
.
La
campana
aveva
chiusa
la
consegna
e
la
campana
non
aveva
budella
.
Era
un
grande
dolore
rifare
la
strada
con
il
mangiare
,
dopo
aver
fatto
tanta
fatica
e
avere
speso
tutto
quello
che
c
era
in
casa
per
consolare
i
poveri
cristi
in
prigione
.
-
Aveva
ragione
Antonia
di
dire
che
era
una
grande
punizione
questa
che
Dio
ci
aveva
mandato
!
IL
DIARIO
DI
UN
MESE
DI
CELLULARE
La
mia
cella
è
una
fornace
.
Ho
il
sole
sulla
muraglia
esterna
dal
sorgere
al
tramonto
del
sole
.
Subisco
una
trasudazione
che
mi
snerva
.
Preferisco
però
l
isolamento
alla
compagnia
della
stanza
intermedia
.
Coi
miei
compagni
sarei
divenuto
uno
scemoide
.
A
poco
a
poco
il
loro
linguaggio
antintellettuale
e
trivialmente
sbracato
sarebbe
divenuto
il
mio
.
In
otto
giorni
mi
ero
già
abituato
a
passeggiare
sull
ammattonato
fracido
dei
loro
sputacchiamenti
.
Gli
habitués
del
carcere
manifestano
ogni
giorno
,
alle
finestre
,
i
loro
rancori
contro
i
cosiddetti
rivoluzionari
.
La
polizia
ne
ha
fatte
delle
retate
e
l
autorità
carceraria
ha
dovuto
affollarli
nelle
celle
.
Ci
accusano
di
essere
gli
autori
delle
loro
disgrazie
.
Dicono
che
i
giudici
,
in
conseguenza
dei
tumulti
,
sono
diventati
eccessivamente
severi
.
Coloro
che
in
tempi
ordinarii
se
la
sarebbero
cavata
con
delle
settimane
o
dei
mesi
,
ritornano
al
Cellulare
con
degli
anni
di
lavori
forzati
e
di
sorveglianza
.
-
La
sorveglianza
-
disse
uno
di
loro
-
conduce
al
domino
(
domicilio
coatto
)
.
Il
capoguardia
è
uno
sbilucione
con
tanto
di
pancia
.
In
questo
momento
è
impossibile
dire
se
egli
sia
un
burbero
con
del
cuore
o
se
sia
in
lui
l
anima
dell
aguzzino
.
Perché
il
personale
di
custodia
è
come
invaso
dalla
paura
di
riuscire
mite
.
Parla
a
monosillabi
,
ha
una
voce
che
sente
del
carceriere
e
preferisce
dire
di
no
ai
detenuti
che
gli
domandano
qualche
cosa
.
Ieri
,
dopo
tanta
insistenza
,
ho
ottenuto
il
permesso
di
tagliarmi
le
unghie
vellutate
e
lunghe
.
Ma
ho
dovuto
tagliarmele
alla
presenza
di
questo
omaccione
che
rintuzza
ogni
desiderio
col
regolamento
.
Il
suo
ufficio
è
un
bugigattolo
in
faccia
all
ufficio
di
matricola
.
È
in
esso
che
ho
avuto
il
primo
colloquio
.
Il
capo
metteva
la
sua
faccia
tra
la
mia
e
quella
del
mio
amico
.
Ci
teneva
addosso
gli
occhi
semichiusi
e
ci
interrompeva
tutte
le
volte
che
tentavamo
di
parlare
degli
avvenimenti
e
di
scambiarci
notizie
che
sapevano
tutti
.
Gli
ho
ridomandato
una
cella
a
pagamento
per
avere
il
chiaro
alla
sera
,
la
materassa
sulla
branda
e
un
tavolino
con
la
scranna
.
-
Ce
ne
sarebbero
così
delle
persone
che
vorrebbero
questi
comodi
!
Abbiamo
faticato
a
trasformare
una
cella
a
pagamento
per
don
Davide
Albertario
,
venuto
qui
il
24
.
Con
un
prete
non
potevamo
fare
diversamente
.
Con
le
guardie
occupatissime
siamo
anzi
obbligati
a
mandarlo
al
passeggio
solo
per
impedire
che
qualche
mascalzone
lo
insulti
.
Si
sa
,
il
Cellulare
non
è
un
collegio
.
È
suonata
la
campana
che
annuncia
la
distribuzione
del
pane
.
I
prigionieri
la
chiamano
la
«
voce
di
Dio
»
.
È
un
minuto
di
raccoglimento
.
Le
finestre
diventano
quelle
di
un
edificio
disabitato
.
Non
si
sente
più
un
anima
.
I
detenuti
sono
all
uscio
ad
aspettare
che
si
apra
l
usciuolo
con
la
parola
che
li
invade
di
piacere
:
«
Pane
»
!
Il
distributore
che
è
uno
scopino
la
ripete
a
ogni
pagnotta
che
passa
per
il
buco
.
Lo
ricevo
anch
io
,
ma
lo
passo
,
colombando
,
al
delinquente
vicino
alla
mia
cella
che
ha
sempre
fame
.
È
un
ragazzo
di
diciassette
anni
,
scolorato
come
un
onanista
,
e
già
recidivo
.
L
ultimo
furto
lo
ha
consumato
nello
studio
del
capomastro
suo
padrone
.
Egli
si
aspetta
il
dibattimento
di
giorno
in
giorno
.
La
vita
carceraria
è
fatta
per
imbestiare
le
persone
più
buone
e
più
altamente
educate
.
Dall
oggi
all
indomani
si
passa
dal
finimento
da
tavola
alla
scodella
di
terraglia
del
cane
dell
accattone
orbo
.
Non
c
è
più
biancheria
,
non
ci
sono
più
posate
,
non
ci
sono
più
cristalli
,
non
ci
sono
più
tondi
,
più
tondini
,
più
fruttiere
,
più
portampolle
,
più
insalatiere
,
più
portastecchi
.
Non
c
è
più
che
il
maiale
con
un
pezzaccio
di
legno
scavato
malamente
in
fondo
.
Come
,
o
signori
,
ma
io
sono
un
inquisito
,
sono
una
persona
che
deve
essere
creduta
innocente
fino
all
ultima
parola
della
Cassazione
,
e
voi
mi
punite
mettendomi
in
mano
uno
scopino
disfatto
e
laido
perché
mi
scopi
la
cella
,
e
voi
mi
obbligate
,
con
le
mie
mani
abituate
ai
guanti
,
a
portare
fuori
e
dentro
la
mia
tana
il
vasone
da
notte
come
un
latrinaio
qualunque
!
No
,
accidenti
,
no
,
mi
ribello
!
capite
,
mi
ribello
!
Voi
non
siete
autorizzati
a
punirmi
.
Voi
dovete
rispettare
in
me
il
cittadino
anche
se
fossi
uno
squartadonne
.
Ho
perduto
.
Mi
è
toccato
proprio
scopare
e
mettere
fuori
le
porcherie
con
le
mie
mani
.
La
guardia
al
mio
no
!
di
stamane
se
n
è
andata
chiudendomi
l
uscio
sui
piedi
.
Ella
mi
avrebbe
fatto
marcire
nella
puzza
e
nel
sudiciume
.
Potevo
ringraziare
Dio
-
diceva
-
che
non
mi
aveva
fatto
rapporto
.
I
superiori
mi
avrebbero
convinto
che
avevo
torto
,
con
dei
giorni
di
pane
e
acqua
.
Sia
fatta
la
volontà
degli
altri
.
Ma
se
divento
io
direttore
generale
delle
carceri
!
....
Noiosi
!
gente
noiosa
!
Sono
entrati
per
la
seconda
volta
i
battitori
e
mi
hanno
stordito
.
Battono
i
ferri
delle
finestre
con
un
gusto
e
con
dei
finali
che
spaccano
la
testa
.
Tirlic
-
tirlac
,
tirlic
-
tirlac
,
tirlac
,
tirlac
!
Tirlic
,
tirlac
,
tirlic
-
tirlac
,
tirlac
,
tirlac
,
tirlac
,
tirlac
tirlac
,
lac
,
lac
,
lac
,
lac
,
lac
!
Di
che
cosa
avete
paura
?
Come
è
possibile
che
io
possa
segare
o
schiantare
i
bastoni
di
ferro
se
mi
avete
fatto
svestire
e
se
vi
siete
assicurati
che
non
è
a
mia
disposizione
neppure
un
chiodo
?
Se
le
vostre
guardie
non
sono
corrotte
,
voi
potete
smettere
di
sciupare
il
tempo
e
il
personale
per
rintronarmi
le
orecchie
!
Mi
è
rimasto
in
mano
il
manico
del
chiccherotto
e
la
terraglia
è
andata
in
frantumi
.
È
come
se
avessi
rotto
una
caraffa
di
cristallo
finissimo
.
C
è
tutto
il
Cellulare
sottosopra
.
Il
secondino
di
servizio
guardò
i
cocci
con
aria
di
sospetto
,
fece
un
annotazione
e
richiuse
l
uscio
.
Rividi
lo
stesso
agente
con
un
sottocapo
,
il
quale
entrò
a
dare
un
occhiatina
ai
frantumi
.
-
Come
avete
fatto
a
romperla
?
-
Cadde
.
Me
ne
faccia
dare
un
altra
a
mie
spese
.
-
Uhm
!
Stamattina
sono
stato
chiamato
ad
«
udienza
»
.
Tra
le
sette
e
le
otto
il
direttore
viene
al
centro
della
carcere
;
va
in
una
stanza
che
partecipa
della
rotonda
lambita
dagli
esagoni
e
dà
«
udienza
»
..
Coloro
che
si
sono
fatti
iscrivere
e
coloro
che
sono
stati
iscritti
a
loro
insaputa
,
escono
dalla
cella
al
suono
della
campana
che
chiama
a
«
udienza
»
,
discendono
e
si
fermano
sulla
punta
del
raggio
,
dove
aspettano
che
Minosse
vada
in
sedia
.
È
una
mezz
ora
che
l
ho
veduto
.
Il
direttore
era
seduto
a
un
tavolo
di
cucina
,
con
la
faccia
sullo
sfogliazzo
e
le
braccia
sul
tavolo
come
pesi
in
riposo
.
Con
una
mano
faceva
dei
segni
rossi
in
margine
al
nome
e
con
l
altra
andava
alla
ricerca
della
pagina
.
-
Come
avete
fatto
a
romperla
?
-
Mi
restò
il
manico
in
mano
.
Mi
entrò
negli
occhi
come
per
precipitarsi
negli
abissi
della
mia
coscienza
e
risalirne
con
la
bugia
in
mano
.
-
Andate
!
mi
disse
.
Ho
saputo
dopo
che
ero
stato
condannato
a
pagarla
.
Non
sono
i
venti
o
i
trenta
centesimi
che
mi
fanno
sprecare
l
inchiostro
.
Ma
io
domando
se
è
giustizia
di
farmi
pagare
un
chiccherotto
che
mi
si
è
dato
slabbrato
e
pieno
di
crepe
e
che
aveva
servito
a
chi
sa
quanti
detenuti
.
Vi
pare
,
o
signor
direttore
,
è
giusto
che
un
poveraccio
sconti
col
digiuno
un
avvenimento
che
può
avvenire
a
voi
,
alle
vostre
figlie
,
alla
vostra
signora
,
alla
vostra
serva
,
a
tutti
coloro
che
bevono
?
Mi
tocca
proprio
dare
dell
animale
all
avvocato
Guglielmo
Gambarotta
.
È
qui
nel
mio
raggio
,
sullo
stesso
piano
,
ha
la
cella
piena
di
volumi
,
mi
ha
lasciato
supporre
che
mi
avrebbe
fatto
fare
un
indigestione
di
libri
e
poi
mi
tiene
qui
a
penare
e
ad
aspettarli
ad
ogni
piede
che
passa
!
Che
la
guardia
non
abbia
voluto
prenderli
?
Ma
e
la
«
colomba
»
,
non
ha
ancora
imparato
a
«
colombare
»
?
Non
ho
ancora
finito
di
scrivere
l
interrogazione
che
sono
stato
chiamato
alla
spia
da
una
voce
sconosciuta
.
-
L
avvocato
Gambarotta
è
uscito
.
Lo
saluta
.
-
Chi
siete
?
Nessuna
risposta
.
La
sua
uscita
mi
lasciò
fantasticare
.
Che
si
sia
incominciata
la
scarcerazione
degli
innocenti
?
Il
passeggio
è
monotono
.
È
come
un
altra
cella
scoperchiata
.
Il
gruppo
dei
passeggi
è
di
venti
raggi
che
fanno
capo
a
una
rotonda
di
mattoni
,
circondata
di
pietre
,
sull
alto
della
quale
è
la
guardia
seduta
che
sorveglia
i
detenuti
.
In
direzione
opposta
i
raggi
si
slargano
fino
a
far
posto
a
una
filata
di
otto
uomini
,
l
uno
a
gomito
dell
altro
.
Il
cancello
dalla
parte
più
larga
del
passeggio
ha
un
lastrone
di
ferro
che
impedisce
di
vedere
il
viso
di
chi
passa
.
I
muri
divisori
sono
alti
quattro
metri
,
così
che
i
passeggiatori
di
un
passeggio
non
possono
vedere
,
né
capire
quello
che
dicono
,
i
passeggiatori
di
un
altro
.
In
venti
raggi
passeggiano
dagli
ottanta
ai
cento
individui
.
Una
volta
che
i
raggi
sono
popolati
,
la
guardia
discende
la
scaletta
che
conduce
alla
sua
altura
con
una
manata
di
fidibus
,
li
accende
e
li
distribuisce
,
di
raggio
in
raggio
,
ai
fumatori
.
-
Fuoco
!
Chiusi
tra
queste
pareti
vi
accorgete
subito
che
il
detenuto
che
possegga
un
pezzo
di
matita
lascia
traccia
della
sua
passeggiata
,
quantunque
sia
proibitissimo
insudiciare
o
scrivere
sui
muri
.
In
questi
segni
grafici
io
non
vedo
né
il
grafomane
,
né
il
delinquente
.
Vedo
semplicemente
l
individuo
che
dice
sul
muro
quello
che
non
può
dire
su
un
pezzetto
di
carta
.
Supponete
che
un
condannato
di
ieri
possa
credere
che
i
suoi
amici
,
oggi
o
domani
,
passeranno
per
lo
stesso
passeggio
.
Non
esiterà
un
minuto
a
scrivere
:
«
Amici
,
salute
.
Condannato
a
14
anni
e
otto
mesi
.
Uscirò
il
1913
.
Coraggio
!
Salutatemi
la
Nina
.
Addio
»
.
Si
è
detto
che
la
muraglia
è
il
libro
della
canaglia
,
perché
vi
si
leggono
ideacce
che
non
possono
nascere
nel
cervello
dei
galantuomini
.
È
dubbio
.
Io
vorrei
vedere
costoro
per
qualche
anno
nello
stesso
ambiente
.
A
nessuno
di
noi
,
liberi
,
viene
in
mente
di
scarabocchiare
sui
muri
i
«
morte
al
boia
!
»
State
in
prigione
e
vi
vedrete
un
giorno
o
l
altro
trascinati
a
manifestare
il
vostro
odio
contro
la
spia
che
vi
avrà
denunciato
,
o
al
giudice
per
salvarsi
,
o
alla
guardia
per
ingraziarsela
,
o
al
direttore
per
ottenere
qualche
favore
.
Le
stesse
guardie
carcerarie
,
le
quali
sovente
sono
vittime
dello
spionaggio
,
partecipano
di
questo
sentimento
che
erompe
e
trova
il
suo
sfogo
sulle
muraglie
delle
casematte
,
degli
ergastoli
,
dei
bagni
di
tutto
il
mondo
.
In
Francia
i
delatori
sono
perseguitati
sulle
muraglie
come
in
Italia
.
-
«
Mort
aux
vaches
!
»
Ci
è
toccata
la
prima
ora
di
passeggio
.
Si
esce
volentieri
alla
mattina
,
specialmente
quando
si
ha
avuto
una
notte
fosforescente
come
quella
passata
.
Non
sarebbe
mancata
che
l
imprudenza
di
un
solfanello
per
metterci
in
mezzo
alle
fiamme
.
I
miei
compagni
sono
quelli
di
ieri
.
Passeggiavano
col
piacere
delle
persone
che
godono
mezzo
mondo
a
sentirsi
in
mezzo
all
aria
fresca
.
Il
detenuto
che
ha
i
capelli
ritti
come
setole
piantate
nella
testa
,
spingeva
innanzi
la
faccia
per
sentirsela
alitare
sugli
occhi
.
Andavamo
in
su
e
in
giù
fumacchiando
e
sparlando
della
direzione
.
Un
compagno
ci
raccontava
che
in
un
libro
,
che
gli
aveva
prestato
il
cappellano
,
era
detto
che
al
bagno
di
Tolone
i
forzati
avevano
due
arie
di
un
ora
ciascuna
.
Qui
invece
ci
si
lesina
anche
quella
poca
ora
regolamentare
.
Col
sistema
della
direzione
che
ci
conta
l
ora
dal
primo
tocco
della
campana
d
uscita
al
primo
tocco
della
campana
d
entrata
,
il
prigioniero
del
Cellulare
non
sta
mai
a
passeggio
più
di
cinquanta
minuti
.
Non
c
è
errore
e
ve
lo
dimostro
.
Siamo
in
un
raggio
di
cento
persone
.
Ci
sono
due
o
tre
guardie
di
servizio
.
Le
celle
non
si
possono
spalancare
che
tirando
indietro
il
catenaccio
.
Mettete
quattro
o
sei
mani
ad
aprirle
tutte
,
e
poi
ditemi
se
gli
ultimi
non
devono
uscire
otto
o
dieci
minuti
dopo
.
La
rientrata
ha
gli
stessi
inconvenienti
.
Perché
i
primi
a
uscire
sono
anche
i
primi
a
rientrare
.
Il
regolamento
non
è
oscuro
.
Dice
chiaro
e
tondo
che
ci
si
deve
,
nei
giorni
feriali
,
«
almeno
un
ora
»
e
maggior
tempo
«
alla
domenica
»
.
Invece
alla
domenica
ci
si
rubano
degli
altri
minuti
.
Nei
giorni
domenicali
non
si
sta
mai
a
passeggio
più
di
tre
quarti
d
ora
.
La
ragione
è
che
si
aumentano
i
servizi
con
lo
stesso
personale
di
sorveglianza
.
È
facile
capire
perché
non
si
protesta
.
Prima
di
tutto
non
è
possibile
trovarsi
d
accordo
in
un
carcere
che
ha
tanti
detenuti
che
vanno
e
vengono
in
un
giorno
.
Poi
si
farebbe
del
male
alle
guardie
che
stanno
più
male
di
noi
che
abbiamo
svaligiato
o
assassinato
qualcuno
.
Hanno
un
servizio
di
diciassette
o
diciotto
ore
sulle
ventiquattro
e
pagano
,
con
le
trattenute
sullo
stipendio
ridevole
,
i
pisolini
notturni
,
e
le
mancanze
che
fuori
di
questo
luogo
farebbero
storcere
le
budella
dalle
risa
.
La
barba
lunga
mi
ha
sempre
fatto
schifo
.
Al
largo
me
la
faccio
radere
una
volta
al
giorno
.
In
questo
periodo
di
Bava
Beccaris
ho
dovuto
lasciarmela
crescere
quattordici
giorni
.
I
peli
mi
pungevano
come
tante
pagliuzze
.
Adesso
sono
sbarbato
e
non
mi
pento
.
Ma
vi
so
dire
che
ho
passato
un
brutto
momento
.
È
entrato
nella
mia
cella
un
uomo
che
mi
pareva
avesse
gli
occhi
lucidi
del
bevitore
.
Il
suo
alito
puzzava
di
grappa
e
le
maniche
della
sua
giacca
sucida
erano
lastricate
del
pattume
del
mestiere
.
A
ogni
movimento
sputava
in
terra
la
saliva
negra
della
cicca
che
egli
rivolgeva
come
un
boccone
sotto
i
denti
.
Mi
ha
messo
al
collo
uno
straccio
sporco
come
un
cencio
di
cucina
.
Gli
aveva
servito
per
sbarbare
un
raggio
intiero
.
A
ogni
rasoiata
sudavo
come
sotto
un
operazione
chirurgica
.
Avevo
sempre
paura
di
vedermi
cadere
..
una
sleppa
di
carne
insanguinata
.
Sbatteva
sul
pavimento
,
che
avevo
reso
lucido
con
le
mie
braccia
,
le
ditate
della
spuma
coi
peli
che
si
era
accumulata
sul
suo
rasoio
.
Il
suo
modo
era
spiccio
.
Dalla
eminenza
dello
zigomo
passava
per
la
guancia
come
una
strisciata
di
rasoio
.
Lascia
peli
dappertutto
,
specialmente
dove
il
rasoio
non
può
scorrere
liberamente
,
come
nella
pozzetta
del
mento
.
Mi
brucia
la
pelle
della
faccia
come
se
fosse
stata
scorticata
e
ho
ancora
per
il
naso
l
odore
putrilaginoso
del
suo
sapone
orribile
.
NOTERELLE
DEL
MIO
AMICO
ALLA
MATRICOLA
Maggio
1898
So
quanto
deve
avere
sofferto
in
una
stanza
con
degli
altri
di
un
altra
condizione
.
Ma
non
ho
potuto
aiutarla
.
Dalla
sua
entrata
sono
avvenute
cose
incredibili
.
Il
personale
di
custodia
è
terrorizzato
.
Noi
scrivanelli
non
abbiamo
più
modo
di
entrare
nei
raggi
dei
politici
.
L
Astengo
se
n
è
andato
.
Era
un
direttore
umano
.
Il
suo
delitto
è
di
avere
permesso
ai
più
grossi
detenuti
politici
di
pranzare
insieme
.
Siccome
non
ci
sono
locali
sufficienti
e
siccome
anche
nella
cella
i
prigionieri
sono
appaiati
per
mancanza
di
spazio
,
così
non
si
capisce
il
rigore
della
direzione
carceraria
di
Roma
.
Provvisoriamente
ha
preso
il
suo
posto
l
ispettore
De
Luca
.
È
uomo
di
cuore
.
Se
ce
lo
lasciano
non
abbiamo
perduto
nulla
.
Ha
fatto
migliorare
il
vitto
e
non
punisce
che
quelli
che
vogliono
proprio
essere
puniti
.
È
la
prima
volta
che
mi
capita
di
vedere
una
testa
direttiva
che
riconosce
i
diritti
dei
carcerati
.
Di
solito
i
direttori
dei
nostri
giudiziari
sono
un
po
come
i
direttori
delle
caserme
dei
forzati
in
Siberia
,
descritti
dal
Dostoïewsky
-
un
autore
che
non
mi
lascia
mai
uscire
dalla
tristezza
.
Individui
che
hanno
sempre
bisogno
di
passare
sul
regolamento
per
schiacciare
qualcuno
o
levare
qualche
cosa
a
qualcun
altro
.
Ho
ricevuto
la
sua
noticina
.
Si
fidi
pure
.
È
un
uomo
che
per
me
andrebbe
nel
fuoco
.
La
guardia
che
sorveglia
la
sua
cella
non
è
cattiva
,
ma
dice
tutto
quello
che
avviene
nel
suo
raggio
.
È
dunque
pericolosa
.
Non
ci
sono
stanze
a
pagamento
a
pagarle
un
occhio
.
È
inutile
strepitare
.
Procuri
di
adattarsi
.
Sono
momenti
eccezionali
.
Il
suo
pranzo
è
andato
per
due
giorni
in
qualche
altra
cella
.
Si
consoli
che
lo
avrà
mangiato
un
povero
diavolo
.
La
confusione
è
inevitabile
.
C
è
una
media
di
settecento
soccorsi
al
giorno
.
Si
raccomandi
alla
madonna
perché
non
le
capiti
qualcosa
di
peggio
.
Va
bene
,
va
bene
.
Dia
sempre
retta
ai
miei
suggerimenti
.
Io
la
so
più
lunga
di
lei
e
non
lo
dico
per
vantarmi
.
Lo
dico
perché
la
mia
esperienza
è
più
lunga
della
sua
.
Ascolti
attentamente
.
Un
buon
prigioniero
deve
essere
sempre
pronto
a
subire
la
perquisizione
.
Ravvolga
i
miei
fogliolini
nella
carta
incerata
che
le
mando
e
appenda
il
sacchetto
dove
la
camicia
è
più
nascosta
.
In
queste
giornate
di
sorprese
è
una
precauzione
necessaria
.
Sugli
arrestati
di
maggio
non
posso
giovarle
molto
,
perché
una
volta
registrati
noi
non
abbiamo
più
alcuna
comunicazione
con
loro
.
Il
giorno
sette
,
cioè
sabato
,
eravamo
qui
che
aspettavamo
,
di
minuto
in
minuto
,
gli
arrestati
della
giornata
.
Ma
non
abbiamo
registrato
che
quattro
imputati
di
delitti
comuni
,
completamente
estranei
ai
tumulti
.
Non
ricordo
bene
la
data
dei
primi
rivoltosi
capitati
al
Cellulare
.
So
che
i
primi
sono
entrati
alle
sei
ore
mattina
,
la
seconda
o
terza
giornata
che
fosse
dei
tumulti
di
Milano
.
Erano
gli
arrestati
di
Porta
Ticinese
.
Sono
giunti
in
uno
stato
da
far
pietà
ai
sassi
.
Erano
stati
trattenuti
,
nella
caserma
di
S
.
Eustorgio
,
più
di
quarant
ore
colle
manette
ai
polsi
.
È
un
po
troppo
.
Non
siamo
mica
in
Russia
.
La
mia
speranza
era
il
dubbio
.
Non
volevo
credere
che
ci
fosse
gente
con
tanto
di
pelo
sullo
stomaco
.
Ho
interrogato
coloro
che
li
avevano
accompagnati
al
Cellulare
.
Il
fatto
è
vero
.
Le
autorità
militari
,
senza
locali
adatti
,
avevano
dovuto
assicurarsi
dei
barricatisti
con
le
manette
.
Poca
gente
di
buono
e
fra
loro
parecchi
già
noti
ai
nostri
registri
.
Il
grosso
convoglio
degli
arrestati
è
stato
quello
di
domenica
.
Parlo
sempre
delle
quattro
giornate
.
Era
accompagnato
dal
delegato
Birondi
.
Egli
entrò
nella
nostra
stanza
smorto
che
faceva
paura
.
Ci
si
diceva
che
aveva
sofferto
orribilmente
a
passare
per
le
vie
con
tanti
arrestati
e
cogli
ordini
severi
che
avevano
soldati
e
agenti
di
P
.
S
.
Un
molla
!
molla
!
di
qualche
matto
al
largo
poteva
far
nascere
chi
sa
che
tragedia
.
Tra
gli
arrestati
c
erano
il
deputato
De
Andreis
,
il
direttore
dell
ltalia
del
Popolo
,
l
avvocato
Federici
,
Valentini
,
ex
direttore
della
Sera
,
Ulisse
Cermenati
dell
ltalia
del
Popolo
e
il
professore
Gilardi
del
Secolo
.
Lunedì
ho
registrato
gli
onorevoli
Turati
e
Bissolati
e
la
dottora
Anna
Kuliscioff
.
Il
Turati
,
non
appena
libero
dalle
manette
,
ci
disse
che
non
era
nuovo
ai
nostri
registri
.
Era
stato
qui
,
non
so
quando
,
a
scontare
una
sentenza
per
un
reato
di
stampa
.
L
avvocato
Leonida
Bissolati
,
direttore
dell
Avanti
!
,
parla
con
la
grazia
di
una
signora
altamente
educata
.
È
tutt
assieme
una
faccia
intelligente
ammantata
di
un
ombra
spirituale
.
So
che
ha
tradotto
Carlo
Marx
con
un
suo
amico
cremonese
.
Ma
non
ho
mai
potuto
leggerlo
.
Non
c
è
ancora
nella
nostra
biblioteca
.
Se
avrà
occasione
di
vederlo
me
lo
saluti
tanto
e
gli
dica
della
mia
simpatia
per
lui
.
La
dottora
venne
registrata
dopo
.
Io
non
l
ho
veduta
.
Ma
mi
s
è
detto
che
essa
è
venuta
qui
in
vestaglia
.
È
stata
arrestata
alle
cinque
del
mattino
in
casa
sua
e
non
le
si
è
dato
tempo
neppure
di
acconciarsi
alla
meglio
.
La
sua
guardiana
mi
ha
raccontato
che
la
prima
cosa
che
fece
in
cella
fu
di
accendere
una
sigaretta
.
Ho
saputo
che
è
una
fumatrice
instancabile
.
È
avvenuto
quello
che
doveva
avvenire
.
Coi
continui
arresti
non
sappiamo
più
dove
mettere
gli
arrestati
.
Ieri
eravamo
1048
.
Il
numero
eccessivo
ha
obbligato
il
direttore
a
ficcarne
,
parecchi
,
tre
per
cella
,
coi
pagliericci
in
terra
.
Fortuna
che
non
fa
troppo
caldo
.
L
ultimo
pesce
grosso
che
registrai
fu
don
Davide
Albertario
.
È
alto
,
dalle
forme
erculee
.
Venne
da
San
Fedele
con
una
comitiva
di
venti
individui
della
peggior
specie
.
Quasi
tutti
recidivi
.
Per
impedire
agli
screanzati
di
dirgli
qualche
insolenza
,
il
direttore
lo
manda
al
passeggio
solo
.
Mangia
bene
e
riceve
il
pranzo
e
la
colazione
da
una
trattoria
esterna
.
Fuma
anche
lui
come
un
turco
.
Dopo
alcuni
giorni
gli
concessero
,
come
ai
deputati
e
ai
giornalisti
,
carta
,
penna
e
calamaio
.
Scrive
tutto
il
giorno
ed
è
sempre
in
nota
per
della
carta
.
Deve
essere
un
grafomane
.
Domenica
si
sarà
accorto
che
diceva
messa
un
altra
voce
.
Il
cappellano
Enrico
Villa
è
stato
sospeso
e
non
può
più
mettere
piede
nel
carcere
..
Al
suo
posto
officiava
un
frate
.
Lei
sa
che
io
sono
religioso
e
può
darsi
che
pecchi
d
indulgenza
.
Ma
credo
che
sia
impossibile
trovare
un
cappellano
come
don
Enrico
.
Era
un
sacerdote
che
adempiva
al
suo
ministero
con
entusiasmo
.
Lo
si
vedeva
andare
e
venire
come
il
moto
perpetuo
.
Appena
uno
era
in
cella
,
andava
a
trovarlo
,
a
consolarlo
,
a
incoraggiarlo
.
Non
lasciava
mai
alcuno
senza
libri
e
diceva
a
tutti
parole
che
aiutavano
a
tirare
innanzi
la
vitaccia
del
cellularizzato
.
Il
nuovo
direttore
è
tra
noi
come
un
flagello
.
Non
dissimula
.
È
una
sovrapotenza
assoluta
,
arricchita
dalla
funzione
di
punire
.
È
in
lui
come
una
spaventevole
rettitudine
.
Respira
il
dolore
degli
altri
come
una
donna
virtuosa
la
spiritualità
dell
incenso
.
La
sua
vanteria
è
di
essere
il
direttore
che
ha
fatto
mangiare
,
come
si
esprime
lui
,
più
cella
di
rigore
ai
detenuti
di
tutti
i
direttori
d
Italia
.
Le
guardie
che
vogliono
entrare
nelle
sue
grazie
devono
dargli
ogni
mattina
prova
del
loro
zelo
.
Non
si
sono
mai
visti
tanti
puniti
a
pane
ed
acqua
come
in
questi
giorni
.
Se
qualcuno
si
lamenta
dicendo
che
la
sua
infrazione
non
è
di
quelle
punibili
col
regolamento
,
il
direttore
gli
risponde
,
in
modo
piuttosto
brusco
,
che
il
regolamento
interno
del
carcere
lo
fa
lui
,
perché
ne
è
il
giudice
e
il
responsabile
.
Il
mio
compagno
all
ufficio
di
matricola
è
stato
castigato
stamane
con
dieci
giorni
di
camicia
di
forza
.
La
sua
mancanza
era
grave
.
Aveva
dato
uno
schiaffo
a
un
collega
che
lo
aveva
accusato
di
poltroneria
in
questi
giorni
che
non
abbiamo
avuto
tempo
neanche
di
dormire
!
Era
qui
con
me
da
diciannove
mesi
.
Lavorava
come
un
negro
ed
era
forse
,
tra
noi
,
il
più
intelligente
.
Dopo
un
semestre
di
tirocinio
gratis
il
suo
«
stipendio
»
,
per
un
lavoro
di
diciotto
ore
sulle
ventiquattro
,
era
di
dodici
lire
il
mese
.
Aspetti
a
dire
che
non
c
era
male
.
Perché
il
governo
,
sulle
dodici
lire
guadagnate
dal
detenuto
,
se
ne
prende
sette
e
venti
.
Non
ho
mai
capito
perché
il
governo
si
trattiene
sui
guadagni
dei
carcerati
il
sessanta
per
cento
.
Per
me
è
una
truffa
.
E
lo
dirò
sempre
,
anche
se
si
tenterà
di
convincermi
del
contrario
,
come
si
è
già
fatto
,
mettendomi
nella
camicia
di
forza
.
Rubare
al
detenuto
è
il
più
delittuoso
dei
delitti
.
Non
le
pare
?
La
camicia
di
forza
è
di
tela
grossolana
come
quella
delle
brande
dei
soldati
e
va
giù
fin
quasi
alle
ginocchia
.
Gli
occhielli
per
stringervi
il
condannato
al
supplizio
corrono
per
il
dorso
da
una
estremità
all
altra
.
Le
maniche
non
hanno
uscita
per
le
mani
.
Il
supplizio
maggiore
è
intorno
al
collo
.
È
una
tela
rigida
che
lo
sega
.
Se
le
guardie
incaricate
di
chiudervi
l
individuo
non
sono
umane
,
la
camicia
di
forza
diventa
una
vera
tortura
.
Io
credevo
di
non
arrivare
alla
fine
.
Vi
respiravo
con
una
fatica
rantolosa
e
lo
stringimento
mi
dava
una
molestia
che
mi
faceva
impazzire
.
Dopo
qualche
ora
passata
con
le
braccia
legate
sulla
schiena
,
come
Gesù
Cristo
,
diventai
furioso
.
Gridavo
,
mi
rotolavo
per
il
suolo
della
cella
buia
e
sotterranea
con
degli
sforzi
per
liberarmi
dal
camiciotto
che
mi
dava
un
tormento
spasmodico
,
ma
nessuno
veniva
a
calmarmi
o
a
vedermi
.
Non
fu
che
il
sonno
che
mi
diede
un
po
di
requie
.
Molti
dei
condannati
al
camiciotto
che
sopprime
ogni
movimento
,
implorano
la
commutazione
del
castigo
.
Preferiscono
un
periodo
più
lungo
di
camerella
con
pane
e
acqua
alla
tela
che
pigia
le
carni
su
se
stesse
con
intendimenti
assassini
.
Ma
è
difficile
che
si
riesca
ad
ammansare
i
direttori
.
La
clemenza
non
è
il
loro
forte
.
Ho
conosciuto
un
detenuto
,
imbestialito
dagli
spasimi
atroci
,
che
portò
via
coi
denti
un
pezzo
del
tavolato
sul
quale
doveva
dormire
.
La
maggioranza
tace
.
Essa
soffre
il
supplizio
senza
mandare
un
lamento
.
Ci
sono
individui
che
si
farebbero
attanagliare
piuttosto
che
domandare
perdono
al
loro
carnefice
,
come
ci
sono
nature
che
possono
resistere
a
tutte
le
pene
dell
inferno
.
Il
regolamento
è
meno
scellerato
dei
loro
interpreti
.
Esso
dà
dei
riposi
anche
alla
camicia
di
forza
e
ingiunge
che
dopo
quarantotto
ore
consecutive
rimanga
inoperosa
per
ventiquattro
.
Le
infrazioni
di
poco
conto
,
come
le
infrazioni
al
silenzio
,
sono
punite
secondo
il
sistema
del
direttore
.
LA
PAGINA
INTIMA
DEL
PROCESSO
AI
GIORNALISTI
Il
processo
dei
ventiquattro
è
stato
chiamato
dei
giornalisti
per
fare
del
lusso
(
)
.
In
verità
,
i
giornalisti
rappresentavano
la
minoranza
.
Tanto
è
vero
che
ciascuno
di
loro
leggeva
l
atto
d
accusa
facendo
tanto
d
occhi
.
-
Come
,
che
c
entro
io
con
costoro
?
Si
conobbero
,
o
almeno
si
videro
,
alle
tre
del
mattino
del
15
giugno
1898
,
nella
stanza
ove
si
«
caricano
e
si
scaricano
»
gli
arrestati
che
vanno
e
vengono
dal
Cellulare
.
Fuori
e
dentro
c
era
ressa
di
carabinieri
silenziosi
,
tetri
,
colle
mani
piene
di
ferri
.
Il
loro
capo
era
un
capitano
con
l
occhialino
nel
cavo
dell
orbita
,
con
una
cera
accigliata
,
con
due
baffi
marziali
,
che
passava
da
una
parte
all
altra
,
col
frustino
in
mano
,
facendo
risuonare
gli
speroni
degli
alti
stivali
alla
scudiera
,
mentre
assisteva
all
ammanettamento
.
Romussi
pareva
un
po
più
ingrigiato
.
Era
ilare
,
salutava
gli
amici
e
presentava
i
polsi
al
suo
ammanettatore
con
la
faccia
illuminata
dal
sorriso
.
I
carabinieri
giovani
che
adempivano
a
questo
servizio
erano
più
spietati
dei
vecchi
.
Continuavano
a
dare
dei
giri
anche
quando
si
diceva
loro
che
i
polsi
facevano
sangue
.
Don
Davide
era
conosciuto
da
tutti
,
ma
lui
,
personalmente
,
non
conosceva
che
l
avvocato
Romussi
,
Valera
e
Zavattari
.
Non
si
capiva
se
era
seccato
in
mezzo
a
tanti
ignoti
che
lo
guardavano
come
una
bestia
rara
.
Il
capitano
lo
squadrò
dal
capo
ai
piedi
,
gli
girò
intorno
col
fare
di
un
domatore
di
belve
,
e
si
voltò
dall
altra
,
parte
percotendo
leggermente
lo
stivalone
.
Si
capiva
che
l
aveva
su
coi
preti
o
che
ci
aveva
gusto
a
vederne
uno
nelle
peste
.
Don
Davide
pareva
imbronciato
.
Rispondeva
al
buon
giorno
di
qualche
amico
con
la
voce
grossa
di
chi
è
in
collera
con
se
stesso
.
La
sua
veste
talare
ambrosiana
e
il
suo
paltò
di
panno
nero
sentivano
il
bisogno
di
parecchie
spazzolate
.
Indossava
la
veste
,
cinta
dalla
fascia
di
seta
nera
,
dal
giorno
in
cui
dieci
tra
carabinieri
e
soldati
di
linea
entrarono
nella
casa
paterna
di
Filighera
ad
arrestarlo
.
Il
suo
paltò
polveroso
era
stato
buttato
nell
angolo
della
cella
dal
momento
che
vi
era
entrato
.
L
avvocato
Bortolo
Federici
,
noto
a
molti
come
repubblicano
,
attirava
l
attenzione
di
parecchi
per
il
suo
cappello
Oberdan
nero
,
sopra
un
«
completo
»
caffè
scuro
.
Zavattari
era
abbattuto
,
dimagrato
,
colle
guance
infossate
e
biancastre
e
con
le
mani
che
tremavano
come
se
avesse
avuto
la
febbre
.
A
uno
degli
arrestati
,
che
aveva
dato
il
buon
giorno
,
rispose
che
era
ammalato
,
gravemente
ammalato
e
che
,
se
non
lo
si
lasciava
andare
presto
,
sarebbe
morto
in
prigione
.
Fu
una
nota
che
diffuse
un
po
di
tristezza
in
coloro
che
gli
erano
vicini
.
I
carrettoni
che
li
portavano
al
Castello
erano
nicchie
che
obbligavano
gli
ammanettati
a
stare
con
le
labbra
ai
fori
della
respirazione
.
Smontarono
nel
cortile
ducale
pallidi
come
cadaveri
.
Il
primo
a
discendere
fu
del
Vecchio
,
un
omettino
che
nessuno
,
prima
dell
accusa
,
aveva
sospettato
che
fosse
un
leone
capace
di
arringare
la
folla
sulle
barricate
.
Girava
gli
occhi
come
trasecolato
.
Non
sapeva
trovare
una
parola
e
non
seppe
trovarla
neanche
al
processo
.
Accompagnati
da
molti
carabinieri
,
si
fecero
passare
in
mezzo
a
due
file
di
soldati
a
salire
per
le
scale
anguste
,
al
primo
e
al
secondo
piano
,
disperdendoli
per
gli
stanzoni
anticamente
occupati
dalla
Corte
degli
Sforza
.
Lungo
la
ringhiera
del
primo
piano
,
avevano
messo
Chiesi
,
Seneci
,
Cermenati
,
Federici
,
Valera
,
Lallici
,
Ghiglioni
,
Romussi
.
Al
secondo
piano
,
Lazzari
,
Valsecchi
,
Zavattari
,
qualche
altro
socialista
,
parecchi
anarchici
e
il
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
,
il
quale
occupava
la
stanza
N
.
10
,
colla
finestra
sul
tetto
che
gli
lasciava
entrare
l
aria
,
il
vento
e
la
pioggia
.
Il
primo
temporale
della
seconda
notte
lo
obbligò
a
salvarsi
dall
acqua
torrenziale
che
lo
aveva
sorpreso
in
letto
in
mutande
.
I
buchi
al
centro
degli
usci
dei
ventiquattro
processandi
permettevano
di
andare
cogli
occhi
negli
stanzoni
in
faccia
,
gremiti
di
arrestati
.
Davano
a
volte
l
impressione
di
un
immenso
lazzaretto
pieno
di
colerosi
,
e
a
volte
di
lunghi
corridoi
affollati
di
insorti
che
agitavano
entusiasticamente
i
cappelli
,
i
fazzoletti
e
le
mani
.
All
uscio
di
ciascuno
dei
ventiquattro
,
era
una
sentinella
.
Al
minimo
rumore
che
la
seccava
,
metteva
la
bocca
al
buco
e
diceva
:
-
Eh
,
fate
silenzio
o
vi
mando
dentro
una
pallottola
!
Più
di
uno
degli
arrestati
,
per
proteggersi
dalla
«
pallottola
»
,
,
è
stato
obbligato
a
far
chiamare
il
capoposto
.
Don
Davide
,
che
non
ha
mai
avuto
paura
di
farla
a
pugni
con
coloro
che
lo
hanno
insultato
e
come
uomo
e
come
prete
,
nella
sua
stanza
si
sentiva
a
disagio
.
Temeva
sempre
che
un
Misdea
qualunque
o
una
sentinella
che
esagerasse
nella
consegna
lo
allungasse
cadavere
.
Una
sera
,
mentre
passeggiava
fumando
un
virginia
,
una
sentinella
,
che
doveva
essere
anticlericale
,
continuava
a
perseguitarlo
dalla
spia
dicendogli
di
non
fare
fracasso
,
di
buttare
via
il
sigaro
che
era
proibito
fumare
e
di
andare
a
letto
se
non
voleva
che
ve
lo
mandasse
lui
.
Il
sacerdote
,
che
non
aveva
angolo
che
non
fosse
visibile
alla
bocca
di
fuoco
,
venne
preso
da
una
specie
di
panico
che
lo
obbligò
a
chiamare
ad
alta
voce
il
capoposto
,
il
quale
,
per
fortuna
,
era
un
chierico
.
I
ventiquattro
,
dopo
dieci
ore
di
processo
,
ritornavano
in
camera
sfiniti
o
stracchi
morti
,
mangiavano
un
boccone
e
si
buttavano
sul
pagliericcio
con
la
speranza
d
addormentarsi
subito
e
dimenticare
ciò
che
avevano
sentito
nella
giornata
.
Le
venti
o
trenta
sentinelle
,
alla
distanza
di
pochi
passi
l
una
dall
altra
,
alle
otto
precise
incominciavano
a
gridare
con
delle
voci
sgangherate
:
Sentinella
all
ertaaa
!
-
All
erta
stooo
!
Sentinella
all
ertaaa
!
-
All
erta
stooo
!
-
Sentinella
all
ertaaa
!
-
All
erta
stooo
!
-
Sentinella
all
ertaaaaaaaa
!
-
all
erta
stoooooooo
!
-
Sentinella
all
ertaaaaaaa
!
-
All
erta
stooooooooooooooooo
!
Una
voce
seguiva
l
altra
con
degli
o
e
degli
a
larghi
che
spesso
morivano
nell
aria
come
un
agonia
e
talvolta
si
rompevano
con
un
fracasso
che
metteva
sottosopra
il
cervello
dei
detenuti
che
non
potevano
dormire
.
E
dopo
dieci
o
quindici
minuti
di
riposo
,
ricominciavano
a
gettare
le
voci
per
lo
spazio
più
sgangherate
di
prima
.
Gli
accusati
si
alzavano
al
suono
della
campana
con
le
occhiaie
della
gente
che
patisce
d
insonnia
.
Il
direttore
del
Secolo
,
che
non
può
dormire
che
al
buio
e
in
luogo
tranquillo
,
tormentato
dalle
grida
degli
incappottati
,
si
voltava
e
si
rivoltava
anche
quando
aveva
preso
un
po
di
solfonal
o
di
trional
.
Il
Chiesi
,
che
non
sa
leggere
in
letto
perché
gli
si
chiudono
subito
gli
occhi
,
in
Castello
aveva
dei
momenti
di
disperazione
perché
non
gli
si
concedeva
il
riposo
notturno
.
Ulisse
Cermenati
,
che
sa
stare
ritto
sulle
gambe
,
andava
al
processo
dinoccolato
e
pieno
di
sonno
,
e
Federici
raccontava
agli
amici
che
accendeva
,
spegneva
e
riaccendeva
il
lume
con
dei
tentativi
di
passare
la
notte
leggendo
.
Si
credeva
che
il
processo
fosse
ancora
più
sommario
di
quello
che
è
stato
.
E
ognuno
che
aveva
qualcosa
da
dire
si
era
alzato
nell
ultima
notte
prima
dell
alba
,
col
permesso
del
capoguardia
,
a
buttar
giù
qualche
nota
.
Alcuni
dei
ventiquattro
avrebbero
voluto
che
si
fosse
andati
al
Tribunale
col
proposito
dell
on
.
A
.
Costa
,
quando
era
tra
gli
arrestati
al
Cellulare
.
Lasciarsi
trascinare
dinanzi
il
Tribunale
di
guerra
senza
dire
una
parola
.
Ma
quest
idea
non
ha
potuto
prevalere
,
un
po
perché
non
si
conoscevano
tutti
,
un
po
perché
nessuno
poteva
comunicare
coll
altro
e
un
po
perché
gli
accusati
appartenevano
a
diversi
partiti
in
lotta
fra
di
loro
.
Valera
,
andata
a
male
la
proposta
del
silenzio
,
credeva
che
sarebbe
stato
utile
,
per
suo
conto
,
di
servirsi
del
sistema
di
O
Donovan
Rossa
,
cioè
di
guadagnar
tempo
e
provare
,
con
la
lettura
dei
documenti
sparsi
per
i
libri
e
per
i
giornali
,
che
l
Italia
era
gravida
di
socialismo
.
Ma
il
tampone
presidenziale
gli
è
stato
messo
in
bocca
tante
volte
che
dovette
sedere
come
un
uomo
letteralmente
imbavagliato
.
Il
sistema
di
O
Donovan
Rossa
,
il
quale
,
tra
parentesi
,
non
era
ancora
il
capo
dei
dinamitardi
,
era
di
valersi
del
Tribunale
per
far
conoscere
al
popolo
la
condizione
del
suo
paese
e
protrarre
il
giorno
della
sentenza
con
la
lettura
della
storia
irlandese
attraverso
gli
ottantatrè
Acts
o
leggi
eccezionali
,
che
avevano
coercizzata
la
nazione
per
punirla
di
domandare
con
insistenza
la
libertà
che
avevano
gli
Inglesi
.
Dopo
tre
giorni
il
giudice
tappò
la
bocca
al
feniano
,
ma
il
suo
sistema
divenne
un
arma
poderosa
nella
Camera
dei
Comuni
,
ove
i
parnellisti
costringevano
i
deputati
coercizionisti
ad
assistere
a
delle
sedute
parlamentari
che
duravano
perfino
quarantadue
ore
e
impedivano
ai
ministri
,
per
delle
settimane
e
dei
mesi
,
di
far
votare
i
bills
che
dovevano
imbavagliare
gli
Irlandesi
.
Don
Davide
,
che
era
sempre
stato
tenuto
separato
dagli
altri
e
che
anche
al
Cellulare
si
mandava
al
passeggio
da
solo
,
si
era
preparata
un
autodifesa
di
circa
venti
o
venticinque
fogli
da
protocollo
,
per
provare
,
con
grande
semplicità
,
la
sua
innocenza
.
Cominciava
dal
dire
di
ignorare
il
perché
era
stato
arrestato
,
carcerato
e
condotto
al
Tribunale
,
e
tirava
via
affermando
che
,
né
direttamente
,
né
indirettamente
,
aveva
mai
preso
parte
ai
tumulti
.
«
Non
solo
,
diceva
egli
in
terza
persona
,
né
indirettamente
,
né
direttamente
non
ha
preso
parte
a
tumulti
,
ma
sempre
in
vita
sua
usò
dello
scritto
e
della
parola
per
l
ordine
nella
religione
,
maestra
di
rispetto
,
fonte
di
civiltà
e
di
proprietà
.
Lo
stesso
avvocato
fiscale
che
lo
incolpa
di
fini
speciali
,
confessa
di
non
sapere
il
perché
lo
si
perseguita
.
Fini
speciali
?
Dunque
,
non
connivenze
con
altri
partiti
,
ma
un
azione
solitaria
.
Quale
?
Repubblicana
,
no
;
socialista
,
no
;
dunque
?
Distruzione
dell
Italia
attuale
e
ricostituzione
del
poter
temporale
del
papa
;
questo
,
suppone
l
accusatore
.
Ora
,
questo
è
assurdo
,
perché
don
Davide
Albertario
in
proposito
ha
per
programma
di
attenersi
a
quello
che
gli
altri
poteri
,
l
ecclesiastico
e
il
laicale
,
concertino
tra
di
loro
.
«
Domando
dunque
,
concludeva
don
Davide
,
che
mi
si
lasci
libero
al
mio
lavoro
benefico
,
al
mio
altare
,
alla
mia
famiglia
.
Sono
cittadino
e
sacerdote
e
scrittore
che
ha
fatto
il
suo
dovere
.
Non
rapitemi
la
libertà
.
L
onore
,
né
voi
né
nessuno
me
lo
rapiranno
giammai
.
Rimandatemi
al
mio
luogo
di
lavoro
»
.
Romussi
,
che
,
come
tutti
sanno
,
è
un
lavoratore
instancabile
,
si
era
alzato
alle
due
antimeridiane
a
gettar
giù
cartelle
sopra
cartelle
,
dolendosi
,
di
tanto
in
tanto
,
di
non
avere
avuto
con
sè
la
collezione
del
Secolo
per
poter
documentare
la
sua
vita
di
giornalista
.
Ciononostante
,
scrisse
un
mucchio
di
cartelle
che
sono
state
distrutte
o
perdute
.
Al
Castello
vi
doveva
essere
un
raccoglitore
di
manoscritti
.
Perché
di
tanto
in
tanto
si
sentiva
qualcuno
dei
ventiquattro
lamentarsi
di
avere
smarrito
dei
foglietti
pieni
delle
idee
che
intendeva
svolgere
al
Tribunale
militare
.
Don
Davide
fu
il
più
sventurato
di
tutti
.
Perché
,
oltre
all
avere
sciupata
la
fatica
per
l
autodifesa
,
trovò
che
una
mano
ignota
gli
aveva
involato
dalla
valigia
un
manoscritto
ch
egli
aveva
preparato
nelle
lugubri
giornate
al
Cellulare
e
che
intendeva
pubblicare
subito
dopo
la
sentenza
.
Egli
ha
potuto
far
avere
a
me
una
di
queste
cartelle
,
scritta
con
una
calligrafia
quasi
femminile
e
piena
di
parole
feroci
contro
quelli
che
chiama
i
suoi
delatori
.
La
cosa
più
noiosa
durante
gli
otto
giorni
di
processo
erano
le
manette
.
A
tutti
noi
si
mettevano
i
ferri
quando
si
usciva
dalla
stanza
per
andare
al
tribunale
nel
cortile
della
Rocchetta
,
quando
dal
tribunale
si
era
accompagnati
nella
stanza
a
far
colazione
,
quando
ci
si
riconduceva
sul
banco
degli
accusati
e
quando
ci
si
riconsegnava
al
secondino
per
essere
chiusi
in
prigione
fino
all
indomani
alla
stessa
ora
.
Lungo
il
passaggio
tra
un
cortile
e
l
altro
,
v
era
sempre
folla
.
In
quello
ducale
,
era
una
siepe
di
ufficiali
che
amavano
vedere
da
vicino
queste
persone
pubbliche
che
avevano
scritto
delittuosamente
nel
giornale
socialista
,
repubblicano
,
radicale
,
liberale
,
cattolico
.
In
quello
della
Rocchetta
,
era
la
moltitudine
,
composta
di
curiosi
,
di
amici
,
di
preti
,
di
soldati
,
che
sgomitava
per
mettersi
in
prima
fila
a
vedere
,
salutare
,
commuoversi
,
piangere
.
Si
vedevano
persone
che
si
tergevano
le
lagrime
col
dorso
della
mano
,
persone
che
agitavano
il
cappello
per
dir
loro
:
coraggio
!
e
persone
che
levavano
in
alto
le
mani
giunte
per
tradurre
la
loro
desolazione
.
La
prima
volta
che
riattraversavano
il
cortile
della
Rocchetta
per
salire
a
colazione
,
vi
fu
un
fotografo
che
sentiva
indubbiamente
la
prepotenza
della
funzione
del
giornalismo
moderno
di
riprodurre
la
vita
sociale
illustrata
.
Si
staccò
da
un
capannello
e
si
presentò
colla
sua
macchina
sullo
stomaco
dinanzi
i
primi
due
dei
ventiquattro
,
i
quali
erano
il
direttore
del
Secolo
e
il
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
colle
mani
legate
assieme
.
Romussi
si
mise
un
braccio
attraverso
il
naso
e
don
Davide
si
tirò
il
cappello
sugli
occhi
voltandosi
di
fianco
-
entrambi
per
tradurre
la
loro
indignazione
e
per
impedirgli
di
esercitare
la
sua
professione
.
Anche
adesso
che
correggo
le
bozze
mi
duole
di
questo
loro
scatto
antigiornalistico
.
Perché
ci
hanno
soppresso
uno
dei
documenti
più
preziosi
delle
giornate
di
Bava
Beccaris
.
Se
fossi
direttore
di
giornale
vorrei
che
tutti
i
miei
corrispondenti
avessero
l
audacia
del
fotografo
giornalista
.
Allora
sarei
sicuro
che
il
mio
quotidiano
sarebbe
il
primo
quotidiano
d
Italia
.
Tra
la
folla
degli
avvocati
accorsi
a
dare
l
ultimo
addio
ai
condannati
,
si
distingueva
il
Majno
che
camminava
con
l
ombrello
in
una
mano
e
il
cappello
nell
altra
,
salutando
dappertutto
:
«
Addio
,
Chiesi
,
ciao
,
Federici
,
coraggio
,
Romussi
,
sta
allegro
,
Valera
,
arrivederci
presto
,
don
Davide
,
ecc
.
»
.
Nei
suoi
addii
era
lo
strazio
di
un
avvocato
e
di
un
amico
reso
impotente
dalla
legge
marziale
.
Questa
traversata
fu
un
attimo
solenne
,
indimenticabile
che
fece
piangere
più
di
uno
dei
diciannove
che
ritornarono
in
camera
carichi
di
mesi
e
di
anni
.
La
Kuliscioff
non
ha
mai
partecipato
a
questi
strazi
e
a
queste
consolazioni
,
perché
la
sua
residenza
rimase
sempre
al
Cellulare
.
Ne
veniva
e
vi
ritornava
in
brougham
,
vestita
di
nero
come
un
funerale
.
Il
suo
contegno
è
stato
di
donna
equilibrata
.
Nelle
poche
parole
che
le
si
permise
di
dire
,
non
si
occupò
che
delle
sue
idee
marxiste
.
Il
resto
sembrava
per
lei
estraneo
.
Di
tanto
in
tanto
si
assentava
per
fumare
una
sigaretta
.
D
altronde
,
non
era
la
prima
volta
che
essa
passava
delle
giornate
in
prigione
.
Era
già
stata
nelle
carceri
parigine
e
poi
per
più
di
due
anni
nelle
prigioni
d
Italia
.
Poche
ore
dopo
la
sentenza
,
gli
anarchici
vennero
mandati
a
Finalborgo
,
e
i
giornalisti
partirono
il
giorno
seguente
,
cioè
alle
11
della
sera
del
ventitrè
.
Alla
Stazione
Centrale
,
c
era
una
folla
enorme
ch
era
riuscita
a
sapere
l
ora
della
partenza
.
Ma
i
carabinieri
fecero
entrare
i
condannati
dalla
parte
opposta
-
evitando
di
passare
sulla
prima
piattaforma
,
piena
di
amici
che
volevano
salutarci
.
Tra
gli
intimi
di
Romussi
,
vi
era
il
professore
Pietro
Panzeri
,
direttore
dell
Istituto
dei
rachitici
,
che
piangeva
come
un
ragazzo
.
Il
vagone
cellulare
era
nuovo
e
pennelleggiato
di
fresco
.
Perdeva
un
odore
di
vernice
che
faceva
turare
il
naso
.
Don
Albertario
,
grosso
come
era
,
non
riuscì
a
mettere
il
piede
sul
predellino
che
aiutato
.
Nello
sforzo
gli
cadde
il
cappello
da
prete
:
istintivamente
tentò
di
raccoglierlo
,
ma
si
avvide
tosto
di
essere
ammanettato
ed
alzò
gli
occhi
al
cielo
.
Nessuno
disse
una
parola
.
Pareva
che
la
vita
fosse
finita
sul
montatoio
.
Ciascuno
,
ravvolto
nel
proprio
dolore
come
in
un
mantello
,
sentiva
gli
strazii
delle
famiglie
che
singhiozzavano
sotto
la
tettoia
.
IN
VAGONE
CELLULARE
Viaggio
notturno
da
Milano
a
Finalborgo
la
notte
dal
24
al
25
giugno
1898
.
Mentre
i
carabinieri
si
preparavano
a
metterci
i
ferri
per
avviarci
alla
casa
di
pena
a
scontare
le
sentenze
militari
,
ciascuno
di
noi
pensava
,
involontariamente
,
al
carrozzone
che
ci
doveva
condurre
dal
Castello
alla
Stazione
Centrale
.
Nessuno
di
noi
aveva
potuto
dimenticare
la
nicchia
nella
quale
,
venendo
dal
Cellulare
,
aveva
subìto
,
per
più
di
mezz
ora
,
lo
strazio
di
pencolare
tra
la
vita
e
la
morte
per
mancanza
d
aria
!
I
ferri
ci
distrassero
.
I
carabinieri
adempivano
alla
funzione
di
ammanettarci
,
incalzati
dal
«
fate
presto
!
»
del
tenente
dei
carabinieri
,
che
ci
guardava
con
la
caramella
nell
occhio
.
L
ordine
era
di
ammanettarci
a
fior
di
pelle
.
E
chi
si
lamentava
riceveva
la
buona
misura
di
qualche
altro
giro
di
vite
.
Io
protestai
.
Dissi
che
non
era
possibile
che
ci
fosse
ordine
di
stringerci
i
polsi
fino
a
farceli
sprizzare
di
sangue
.
Mi
si
fece
tacere
,
assicurandomi
che
alla
stazione
mi
sarebbero
stati
allargati
.
Chiusi
nel
carrozzone
,
credevamo
di
morire
.
C
era
un
fetore
che
dava
il
capogiro
.
La
cella
era
angusta
,
buia
,
col
sedile
di
legno
cosparso
di
crostini
di
pane
e
coi
fori
per
l
aria
che
parevano
tappati
.
Il
veicolo
ci
sballottava
in
un
modo
crudele
.
Quando
le
ruote
sussultavano
sui
sassi
o
attraversavano
i
binari
,
ci
sembrava
che
il
carrozzone
stesse
per
rovesciarci
sulla
strada
.
Non
abituati
a
questi
viaggi
di
punizione
,
sognavamo
il
treno
.
Alla
stazione
ci
si
fece
discendere
passandoci
sotto
l
ascella
,
a
zig
-
zag
,
una
catena
che
ci
teneva
uno
dietro
l
altro
e
ci
impediva
di
pensare
alla
fuga
.
Per
scappare
bisognava
che
il
condannato
si
trascinasse
dietro
tutti
gli
altri
.
Eravamo
così
male
informati
sul
trasporto
del
bestiame
di
galera
,
che
credevamo
sul
serio
che
ci
avrebbero
fatti
viaggiare
in
un
vagone
di
terza
classe
.
Invece
fummo
disillusi
non
appena
ci
trovammo
in
quella
specie
di
corridoio
lungo
due
filate
di
celle
.
A
mano
a
mano
che
si
saliva
,
si
veniva
spinti
e
incassati
dal
carabiniere
che
aspettava
il
condannato
dietro
l
uscio
.
L
operazione
di
cellularizzarci
veniva
fatta
in
un
modo
fracassoso
.
Si
schiudevano
gli
usci
con
collera
,
si
bestemmiava
contro
i
catenacci
che
cigolavano
senza
andare
avanti
o
indietro
,
si
ingiungeva
il
silenzio
con
degli
imperativi
brutali
a
coloro
che
volevano
sapere
dove
diavolo
ci
si
mandava
,
e
si
sbattevano
sulla
faccia
gli
usci
come
tanti
schiaffi
ribaldi
.
Rimanemmo
per
qualche
minuto
sbalorditi
.
Io
mi
trovavo
in
una
cella
di
mezzo
,
tra
Romussi
e
don
Davide
Albertario
.
Chiesi
era
in
faccia
al
direttore
del
Secolo
e
io
potevo
vederlo
,
attraverso
la
ferriata
,
di
profilo
.
L
avvocato
Federici
era
in
una
delle
prime
celle
della
fila
a
destra
e
gli
altri
,
compresi
due
che
non
conoscevo
,
erano
sparsi
nelle
celle
in
fondo
.
Aspettavamo
con
ansia
che
venissero
a
liberarci
le
mani
indolenzite
dal
peso
del
ferro
che
diventava
sempre
più
enorme
.
Faceva
un
caldo
eccessivo
.
Nella
tana
inverniciata
il
giorno
prima
,
coll
uscio
sulle
ginocchia
che
non
ci
permetteva
né
di
allungare
,
né
di
incavalcare
le
gambe
,
si
respirava
un
aria
pestilenziale
e
si
sudava
come
in
un
forno
.
L
indugio
del
treno
a
mettersi
in
moto
era
per
noi
un
vero
supplizio
.
Speravamo
che
,
lanciandosi
nello
spazio
,
folate
d
aria
sarebbero
venute
ad
attutirci
la
sete
e
a
rinfrescarci
la
faccia
.
Finalmente
il
treno
si
era
mosso
.
La
lentezza
e
le
prime
fermate
ci
fecero
capire
ch
eravamo
attaccati
a
un
treno
omnibus
.
Il
treno
,
che
s
incammina
adagio
adagio
e
sosta
a
tutte
le
stazioni
,
diventa
una
tortura
per
i
poveracci
calcati
nelle
nicchie
che
lasciano
respirare
a
disagio
e
intetrano
l
ultima
scena
dei
condannati
sulla
via
della
espiazione
.
Invece
delle
buffate
d
aria
fresca
che
non
venivano
,
né
potevano
venire
,
perché
il
nostro
vagone
era
l
ultimo
e
aveva
le
aperture
in
faccia
a
due
altri
,
fummo
obbligati
a
incominciare
una
lotta
disperata
contro
l
usciuolo
dell
inferriara
a
scacchi
,
che
si
chiudeva
e
minacciava
di
soffocarci
a
ogni
scossa
.
-
Signori
carabinieri
,
facciano
il
piacere
di
fermarci
l
usciuolo
!
I
signori
carabinieri
non
potevano
essere
umani
con
noi
,
perché
avevano
ricevuto
ordini
imperiosi
di
essere
severi
e
perché
temevano
,
a
ogni
stazione
,
di
trovarsi
alla
presenza
di
qualche
ufficiale
incaricato
di
«
dare
un
occhiata
ai
polli
nella
stia
»
.
Ma
per
l
usciuolo
facevano
proprio
di
tutto
per
inchiodarlo
alla
parete
e
spesso
sacramentavano
contro
la
compagnia
ferroviaria
che
si
era
dimenticata
di
configgervi
la
molla
o
l
uncino
per
tenerlo
aperto
.
Di
tanto
in
tanto
veniva
qualcuno
di
loro
a
sbattercelo
indietro
con
un
sostantivo
energico
.
Ma
il
più
delle
volte
dovevamo
respingerlo
noi
con
la
punta
delle
dita
.
Alla
stazione
di
Pavia
,
una
voce
umana
riuscì
a
intenerirci
fino
alle
lagrime
.
-
Signor
Romussi
,
signor
Chiesi
,
posso
fare
qualche
cosa
per
loro
e
per
i
loro
compagni
?
La
persona
che
parlava
era
invisibile
.
Si
sentiva
solamente
che
la
sua
voce
era
commossa
.
A
così
poca
distanza
,
eravamo
già
tutti
stracchi
morti
per
la
posizione
incomoda
in
cui
ci
teneva
la
celletta
,
per
i
ferri
che
ci
avevano
intormentite
le
braccia
e
per
l
arsura
che
ci
faceva
dire
a
ogni
minuto
:
-
Signori
carabinieri
,
un
po
d
acqua
!
La
voce
dello
sconosciuto
ci
era
andata
al
cuore
come
una
consolazione
.
C
era
dunque
qualcuno
che
pensava
ai
poveri
diavoli
che
soffrivano
.
Romussi
,
interpretando
il
pensiero
di
tutti
,
con
una
voce
che
avrebbe
impietosito
i
sassi
,
disse
:
-
Se
ci
potesse
dare
una
gasosa
!
Lo
sconosciuto
ci
rispose
con
dei
singulti
.
Era
troppo
tardi
.
Il
ristorante
era
chiuso
e
il
treno
stava
per
partire
.
-
Addio
e
coraggio
!
ci
disse
lo
sconosciuto
con
degli
altri
singhiozzi
.
Lungo
questo
viaggio
indimenticabile
ci
domandavamo
di
tanto
in
tanto
l
un
l
altro
se
eravamo
vivi
.
Chiesi
:
Come
stai
,
Fritz
?
Federici
:
Bene
.
-
Don
Davide
,
dormite
?
-
Magari
potessi
dormire
!
-
Romussi
,
come
ti
senti
?
-
Maledettamente
male
.
Non
avrei
mai
creduto
che
il
trasporto
dei
prigionieri
fosse
fatto
in
questo
modo
.
Siamo
trattati
peggio
delle
bestie
.
-
Pazienza
,
che
non
siamo
lontani
da
Sampierdarena
.
Guardando
nelle
celle
della
fila
opposta
mi
si
agghiacciava
il
sangue
.
La
testa
dei
cellularizzati
che
ubbidiva
al
moto
del
treno
si
delinquentizzava
in
un
modo
spaventevole
.
Pareva
la
testa
di
un
mostro
.
Illuminata
dalla
luce
fosca
che
tremolava
,
assumeva
proporzioni
spaventevoli
.
La
fronte
si
allungava
sovente
con
delle
gibbosità
che
facevano
abbassare
le
palpebre
dalla
paura
.
Gli
occhi
ingrossavano
e
venivano
alla
superficie
con
una
luminosità
feroce
.
La
bocca
,
sbadigliando
,
spalancava
un
abisso
circondato
da
una
dentiera
enorme
che
digrignava
come
quella
di
un
teschio
appeso
nella
penombra
.
Lazzari
sembrava
una
iena
in
agguato
.
Lungo
le
gallerie
avevamo
il
fumo
della
macchina
che
entrava
nelle
celle
a
volumi
a
ubriacarci
e
ad
avvelenarci
le
ultime
ore
.
-
Signori
carabinieri
,
un
po
d
acqua
.
Io
muoio
dalla
sete
!
A
Sampierdarena
il
cuore
del
brigadiere
si
lasciò
intenerire
dalla
voce
piangevole
dei
condannati
.
-
Ci
faccia
dare
un
caffè
,
signor
brigadiere
.
Sia
buono
.
-
Dio
gliene
renderà
merito
,
gli
disse
don
Davide
che
tirava
il
fiato
come
un
uomo
che
si
sente
morire
.
Il
carabiniere
con
la
caffettiera
in
una
mano
e
la
chicchera
nell
altra
ci
conciliò
con
l
umanità
che
sembrava
composta
di
tigri
.
Ci
si
aperse
la
cella
e
ce
lo
si
versò
in
bocca
a
sorsi
,
con
una
pazienza
materna
.
Bravo
carabiniere
!
Discendemmo
a
Finalmarina
come
gente
scampata
a
un
pericolo
.
Aprivamo
la
bocca
per
sorseggiare
l
aria
e
ci
auguravamo
che
il
reclusorio
fosse
lontano
lontano
per
aver
tempo
di
sgranchirci
le
gambe
e
di
rimetterci
dallo
sbalordimento
di
un
vagone
che
chiamavamo
assassino
.
Qualche
mese
dopo
,
nella
quinta
camerata
del
reclusorio
di
Finalborgo
,
ricordando
questo
episodio
della
nostra
vita
carceraria
,
i
direttori
del
Secolo
,
dell
Osservatore
Cattolico
e
dell
Italia
del
popolo
si
strinsero
la
mano
e
promisero
che
,
non
appena
ritornati
al
largo
,
avrebbero
intrapresa
la
campagna
contro
questa
abbominazione
che
si
chiama
vagone
cellulare
.
L
ARRIVO
AL
RECLUSORIO
Alla
stazione
di
Finalmarina
non
c
erano
che
cinque
o
sei
persone
,
compresi
due
preti
.
Eravamo
disfatti
.
Avevamo
gli
occhi
della
gente
che
non
ha
dormito
,
i
capelli
spettinati
,
le
guance
cadaveriche
e
le
punte
dei
baffi
piegate
come
una
desolazione
.
Il
sole
ci
illuminava
le
lividure
ai
polsi
che
avevano
assunto
un
colore
nerastro
.
Ci
si
passò
la
catena
da
un
braccio
all
altro
e
fiancheggiati
dai
carabinieri
e
seguiti
dai
facchini
coi
fagotti
,
ci
avviammo
verso
il
reclusorio
.
Il
silenzio
intristiva
la
scena
.
Attraversammo
il
binario
,
continuammo
lungo
la
linea
ferroviaria
fin
quasi
all
imboccatura
di
un
tunnel
e
voltammo
a
destra
,
per
lo
stradone
carrozzabile
che
i
finalborghigiani
chiamano
delle
«
catene
»
,
perché
è
percorso
dai
galeotti
che
vanno
e
vengono
dalla
Casa
di
pena
.
I
carabinieri
ci
stavano
ai
panni
e
ci
incalzavano
con
degli
avanti
!
È
per
loro
il
momento
più
trepido
.
Anche
legati
come
cani
,
potrebbe
saltare
in
testa
a
qualcuno
di
darsi
alla
fuga
.
Sprofondavamo
i
piedi
nella
polvere
alta
,
sollevando
un
pulviscolo
che
ci
imbiancava
e
ci
andava
per
la
gola
e
per
le
nari
come
un
prurito
che
ci
raddoppiava
il
malessere
.
Rasentavamo
Capra
Zoppa
perseguitati
da
un
arsura
indicibile
.
Ciascuno
di
noi
sognava
una
sorsata
di
latte
o
un
altra
chicchera
di
caffè
per
snebbiarci
il
cervello
.
Quando
fummo
a
metà
strada
,
al
dorso
di
un
parapetto
,
trovammo
un
giovine
che
aveva
l
aria
di
un
chierico
e
piangeva
come
un
ragazzo
.
Forse
sapeva
chi
eravamo
o
forse
provava
una
commozione
violenta
dinanzi
un
prete
alto
e
spalluto
che
passava
incatenato
come
un
grassatore
.
Dopo
una
ventina
di
minuti
,
vedevamo
sorgere
a
destra
la
torre
quadrata
del
malaugurato
edificio
nel
quale
dovevamo
passare
tanto
tempo
.
Svoltammo
il
ponte
,
passammo
tra
mezzo
alla
folla
,
infilammo
il
viottolo
tortuoso
a
sinistra
e
,
dopo
pochi
passi
,
ci
trovammo
alla
porta
del
reclusorio
di
Finalborgo
.
L
entrata
è
quella
di
un
portone
qualunque
.
Non
dà
l
impressione
di
una
tomba
di
vivi
,
neppure
pensando
alle
sentinelle
di
guardia
.
Ci
si
tolsero
i
ferri
tra
due
cancelli
che
inchiudono
l
ufficio
del
capoguardia
e
ci
si
domandò
se
avevamo
bisogno
di
qualche
cosa
.
-
Dell
acqua
,
rispondemmo
.
Ce
ne
portarono
due
bottiglie
e
i
secondini
,
con
la
premura
di
dissetarci
,
ci
diedero
l
impressione
di
persone
che
non
incrudeliscono
col
Regolamento
.
Anche
colle
mani
libere
,
sembravamo
galeotti
autentici
.
Romussi
,
coll
ala
del
cappello
floscio
che
gli
ombreggiava
la
faccia
fuligginosa
,
col
solino
gualcito
e
annerito
dal
sudore
e
coi
baffi
sottosopra
,
aveva
assunto
l
aspetto
di
un
uomo
feroce
.
Chiesi
,
colla
barba
e
coi
capelli
impolverati
e
coi
neracci
della
notte
perduta
sotto
gli
occhi
,
pareva
un
capo
ciurma
invecchiato
di
dieci
anni
in
poche
ore
.
Don
Davide
in
un
altro
luogo
avrebbe
fatto
scompisciare
dalle
risa
.
Aveva
l
aria
di
un
Ernani
passato
attraverso
il
polverone
della
strada
.
Al
margine
del
cubicolo
,
colla
tesa
del
tricorno
pelosa
e
abbandonata
dalle
stringhe
,
colla
collarina
scomparsa
sotto
il
merinos
,
col
panciotto
dai
bottoni
escoriati
pieno
di
chiazze
,
colla
veste
talare
ammantata
di
polvere
e
colle
scarpe
scalcagnate
e
coperte
d
uno
strato
bianco
,
faceva
compassione
.
Sulla
sua
faccia
erano
tutti
i
patimenti
di
uno
strazio
inenarrabile
.
I
carabinieri
consegnarono
le
buste
dei
nostri
denari
al
capoguardia
,
il
quale
si
mise
a
registrarle
,
ci
salutarono
e
noi
passammo
nello
stanzone
a
pianterreno
intitolato
«
banchi
di
rigore
»
.
Lo
stanzone
,
colle
due
finestrucole
che
davano
sul
viottolo
,
era
buio
.
Col
suo
immenso
lastrone
infisso
lungo
la
parete
,
cogli
anelloni
sotto
il
rialzo
dei
piedi
al
disopra
della
testa
,
faceva
rabbrividire
.
Si
vedeva
che
eravamo
proprio
in
una
casa
di
pena
.
Ogni
ìnfrazione
al
regolamento
voleva
dire
andare
sul
tavolato
di
pietra
incatenato
alle
mani
e
ai
piedi
.
Il
capoguardia
non
ci
fece
cattiva
impressione
.
Era
alto
,
piuttosto
magro
,
con
una
voce
che
faceva
sentire
il
twang
americano
e
con
un
accento
leggermente
meridionale
.
Valera
lo
battezzò
subito
per
il
Javert
del
reclusorio
,
per
un
Regolamento
ambulante
,
per
il
funzionario
che
si
sarebbe
stroncata
la
vita
piuttosto
che
violarlo
.
E
attraverso
i
mesi
che
siamo
rimasti
sotto
la
sua
sorveglianza
non
abbiamo
avuto
occasione
di
modificare
il
giudizio
valerano
.
Egli
è
rimasto
,
per
tutti
noi
,
l
uomo
-
regolamento
,
guidato
da
uno
zinzino
di
buon
senso
.
Prima
di
noi
,
in
altre
galere
,
egli
aveva
avuto
sotto
di
sè
Amilcare
Cipriani
e
De
Felice
.
Per
ammazzare
il
tempo
e
impedire
agli
amici
di
pensare
che
stavamo
per
diventare
dei
numeri
di
matricola
,
mi
misi
a
narrar
loro
la
fuga
del
principe
Krapotkine
dall
ospedale
dei
detenuti
di
San
Nicola
di
Pietroburgo
.
Fu
un
grido
unanime
di
protesta
.
Era
una
fuga
che
sapevano
tutti
a
memoria
.
Sapevano
della
stanzetta
al
terzo
piano
dirimpetto
all
ospedale
,
del
violino
che
suonava
che
la
via
era
libera
e
la
carrozza
di
fuori
ad
aspettarlo
,
e
dei
passi
guadagnati
sulla
sentinella
coi
famosi
due
lati
del
triangolo
.
Entrò
il
capoguardia
mentre
don
Davide
e
Federici
,
dall
alto
del
tavolato
,
cercavano
di
capire
dalla
finestruola
da
che
parte
dell
edificio
penale
ci
trovavamo
.
Egli
aveva
in
mano
un
opuscolo
.
-
Loro
sono
persone
educate
.
Questo
è
il
Regolamento
.
Lo
leggano
e
procurino
di
non
violarlo
per
non
obbligarci
a
infligger
loro
delle
punizioni
.
Rientrò
il
capo
con
una
guardia
che
portava
il
misuratore
e
con
un
altra
che
aveva
sotto
il
braccio
il
mastro
dei
delinquenti
.
-
Adesso
,
dobbiamo
registrarli
e
prendere
loro
la
misura
.
Ci
lasciammo
registrare
e
misurate
con
la
docilità
delle
pecore
.
Non
eravamo
mica
in
galera
per
romperci
la
testa
contro
gli
articoli
del
regolamento
.
Il
primo
a
sottomettersi
fu
Chiesi
e
l
ultimo
Achille
Ghiglioni
,
l
uomo
terribile
che
aveva
messo
sossopra
tutto
Niguarda
con
una
Cooperativa
di
commestibili
di
trecento
o
quattrocento
lire
!
L
attraction
,
sulla
piattaforma
del
misuratore
con
l
asta
che
discendeva
sulla
testa
,
era
don
Davide
,
il
quale
,
tra
noi
,
aveva
raggiunto
l
altezza
massima
.
Sul
misuratore
,
con
le
cosce
voluminose
e
la
grandiosità
del
torace
,
egli
aveva
più
del
granatiere
che
del
sacerdote
.
Finita
questa
operazione
,
ci
si
annunciò
il
bagno
.
Era
quello
che
desideravamo
.
Dopo
tanti
giorni
di
processo
,
tante
notti
passate
sul
saccone
in
terra
e
un
viaggio
che
ci
aveva
diminuito
di
peso
,
un
bagno
era
la
suprema
delle
consolazioni
corporali
.
Vi
andammo
l
uno
dopo
l
altro
senza
ritornare
ai
«
banchi
di
rigore
»
.
Il
bagno
era
in
un
angolo
della
vasta
cucina
,
ove
cuoce
la
minestra
quotidiana
dei
condannati
,
diviso
da
una
coperta
appesa
a
due
chiodi
.
Ciascuno
di
noi
dovette
svestirsi
e
tuffarsi
nell
acqua
alla
presenza
di
una
guardia
incaricata
di
tener
sempre
gli
occhi
sul
recluso
.
Don
Davide
ebbe
delle
ritrosie
.
Egli
non
seppe
decidersi
a
liberarsi
degli
ultimi
indumenti
che
quando
la
guardia
si
rassegnò
a
voltare
la
faccia
dall
altra
parte
.
FILIPPO
TURATI
Il
criterio
nostro
è
questo
;
ogni
provvedimento
sarà
vano
se
non
sia
assicurata
al
Paese
piena
ed
intera
libertà
:
libertà
di
propaganda
,
di
pensiero
,
d
'
associazione
,
d
'
organizzazione
,
a
tutte
le
classi
della
società
.
(
(
Dal
primo
discorso
alla
Camera
)
.
L
ho
conosciuto
nell
ottanta
o
nell
ottantuno
.
Io
caricavo
l
appendice
della
Plebe
di
Bignami
della
zavorra
umana
che
scovavo
e
raccoglievo
negli
angiporti
e
nelle
stamberghe
,
e
lui
riempiva
le
colonne
di
una
terapeutica
che
inchiudeva
,
colle
spinte
e
controspinte
romagnosiane
,
i
germi
della
giustizia
sociale
.
Era
forse
la
prima
volta
che
la
democrazia
adulta
leggeva
in
un
giornale
socialista
che
la
questione
criminale
è
intimamente
connessa
colla
questione
economica
.
Con
un
centinaio
di
pagine
intitolate
Il
delitto
e
la
questione
sociale
il
Turati
si
rivelava
un
naturalista
della
scienza
penale
,
un
verista
che
studiava
oggettivamente
l
uomo
delinquente
,
un
sociologo
che
accusava
la
società
di
essere
«
complice
impune
dei
misfatti
che
freddamente
puniva
»
.
Egli
credeva
fino
d
allora
che
l
ordinamento
punitivo
fosse
essenzialmente
transitorio
e
che
il
delitto
troverebbe
la
sua
cura
in
uno
Stato
che
volesse
«
a
tutti
garantito
il
frutto
integrale
del
proprio
lavoro
»
.
Il
suo
cruccio
erano
i
suoi
nervi
.
I
nervi
non
gli
davano
requie
.
Non
lo
lasciavano
dormire
,
non
lo
lasciavano
lavorare
e
gli
distruggevano
il
pensiero
di
prepararsi
un
futuro
intellettuale
.
Egli
si
diceva
sfibrato
,
fiacco
,
senza
attività
cerebrale
.
Doveva
morire
.
Sarebbe
morto
fra
due
o
tre
anni
o
fra
due
o
tre
mesi
,
non
lasciando
di
sè
che
«
misere
strofe
»
ai
suoi
cari
.
Tutti
i
medici
l
avevano
abbandonato
.
Egli
era
un
nevrastenico
.
La
sua
era
una
nevrosi
inguaribile
.
Pazienza
.
E
ci
salutava
commosso
e
ritornava
,
sfiduciato
,
alla
sua
villa
di
S
.
Croce
,
a
due
passi
da
Como
,
colle
tasche
e
le
valige
piene
di
libri
che
aveva
comperato
dal
Dumolard
o
che
gli
aveva
dato
a
prestito
il
suo
e
il
mio
amico
intimo
Felice
Cameroni
-
il
critico
che
aveva
incominciato
a
predicare
lo
zolismo
nell
appendice
del
Sole
.
Durante
questa
battaglia
accanita
tra
lui
e
il
suo
sistema
nervoso
egli
,
come
il
dott
.
Pascal
,
si
preparava
silenziosamente
i
dossiers
coi
quali
avrebbe
poi
intrapresa
la
campagna
per
liberare
la
società
borghese
dalle
sofferenze
sociali
.
Condannato
da
una
malattia
implacabile
,
consumava
le
sue
ultime
ore
nel
laboratorio
della
putredine
sociale
a
cercare
i
parassiti
distruttori
che
saccheggiano
l
organismo
umano
.
Morente
,
sentiva
,
come
Pascal
,
la
voluttà
e
la
grandiosità
della
vita
,
della
vita
sana
,
economicamente
e
moralmente
sana
.
Oui
,
je
crois
au
triomphe
final
de
la
vie
.
Egli
leggeva
,
postillava
,
ammucchiava
note
sopra
note
e
maturava
nel
cervello
allargato
dallo
studio
febbrile
la
rivista
alla
quale
diede
poi
tutta
la
sua
intelligenza
.
Con
la
tendenza
a
credersi
esternamente
ammalato
e
dotato
della
pigrizia
del
divoratore
di
libri
che
non
darebbe
mai
mano
alla
penna
della
produzione
,
il
Turati
sarebbe
forse
divenuto
un
frutto
secco
o
rimasto
un
autore
stitico
s
egli
non
avesse
potuto
fondere
la
sua
esistenza
con
quella
di
una
donna
capace
di
agitargli
lo
spirito
cogli
stessi
ideali
e
di
piegarlo
a
un
lavoro
meno
sbandato
e
più
omogeneo
.
E
questa
donna
fu
Anna
Kuliscioff
.
È
lei
che
lo
ha
incalzato
,
che
lo
ha
fortificato
,
che
lo
ha
imparadisato
.
Lei
e
lui
e
la
Critica
Sociale
non
si
distinguono
più
.
La
Critica
Sociale
,
Filippo
Turati
e
Anna
Kuliscioff
non
sono
più
che
un
nome
.
L
una
e
l
altro
e
l
altra
si
completano
.
la
Critica
Sociale
è
fatta
della
loro
carne
,
nutrita
del
loro
ingegno
,
calda
dei
loro
pensieri
.
In
essa
è
la
redenzione
degli
uomini
,
è
la
pace
nel
benessere
economico
,
è
il
trionfo
della
felicità
della
specie
sull
egoismo
e
sugli
interessi
degli
individui
.
La
Critica
Sociale
è
stata
l
università
della
generazione
crescente
.
È
essa
che
ha
dato
a
quasi
tutti
noi
la
«
coscienza
sociale
»
.
Nata
il
quindici
gennaio
1891
,
quando
il
socialismo
scientifico
era
un
lusso
per
i
superuomini
delle
scienze
economiche
,
fece
nascere
nella
gioventù
la
fede
nell
uguaglianza
di
condizione
e
un
bisogno
prepotente
di
gettarsi
negli
studi
che
devono
avere
per
risultato
la
sconfitta
della
borghesia
e
l
elevazione
del
proletariato
.
La
bibbia
di
Filippo
Turati
è
il
Capitale
.
Non
c
è
altro
di
più
nutriente
.
Dal
Capitale
si
esce
uomini
completi
.
Un
giorno
che
gli
si
è
domandato
di
dire
pubblicamente
quale
libro
avrebbe
raccomandato
a
chi
fosse
condannato
a
portarsi
seco
in
un
eremo
tre
soli
volumi
,
egli
rispose
ripetendo
tre
volte
il
Capitale
.
Con
questo
libro
che
egli
paragona
o
mette
al
disopra
al
Darwin
s
Journal
,
la
gioventù
entra
nella
vita
corazzata
di
altruismo
,
con
una
idea
chiara
dello
Stato
a
base
di
produzione
socializzata
.
Ammiratore
convinto
del
grande
novatore
della
scienza
sociale
,
egli
è
,
necessariamente
,
entusiasta
dei
socialisti
tedeschi
-
tali
erompenti
,
dice
lui
,
dal
forte
ceppo
scientifico
di
Carlo
Marx
-
i
quali
,
con
la
loro
marcia
gloriosa
,
hanno
infuturato
il
più
grande
fatto
e
l
esempio
più
significante
della
storia
contemporanea
.
Cresciuto
in
un
ambiente
prefettizio
-
idolatrato
dalla
mamma
-
con
un
avvenire
trionfale
nel
foro
milanese
-
circondato
dagli
agi
della
vita
,
egli
preferì
discendere
nell
agone
sociale
a
lottare
per
l
esistenza
collettiva
-
a
sostenere
i
diritti
dei
proletari
incatenati
agli
anelloni
del
salario
-
ad
agitare
il
programma
marxista
che
deve
eliminare
dalla
società
i
ricchi
e
i
poveri
.
Lui
,
coi
nervi
che
gli
impedivano
un
occupazione
costante
,
si
dedicò
a
un
lavoro
febbrile
-
a
un
lavoro
che
aumentava
in
ragione
degli
anni
-
a
un
lavoro
che
lo
cacciava
dalla
redazione
sulla
piattaforma
pubblica
-
e
dall
angolo
del
correttore
di
bozze
nel
girone
legislativo
.
Perdutamente
innamorato
dei
suoi
ideali
,
egli
non
sospettava
che
sarebbe
venuto
il
giorno
in
cui
i
suoi
nemici
-
che
sono
anche
i
nostri
-
lo
avrebbero
sorpreso
sulla
strada
e
svaligiato
di
tutto
.
È
stato
mandato
al
reclusorio
di
Pallanza
come
incitatore
di
tumulti
e
come
un
demagogo
che
mette
un
po
di
barricata
in
ogni
frase
.
Ma
non
c
è
nessuno
che
abbia
mai
sentito
come
lui
tanta
avversione
per
la
turbolenza
oratoria
che
sprona
alla
battaglia
ogni
minuto
e
per
i
«
discorsi
che
acclamano
la
rivoluzione
,
sovreccitano
i
sentimenti
delle
masse
e
fanno
sbottonare
le
stifelius
di
un
delegato
di
pubblica
sicurezza
»
.
No
,
il
bavardage
épouvantable
degli
esaltati
non
ha
mai
fatto
parte
del
suo
bagaglio
di
piattaforma
.
Il
socialismo
in
bocca
di
costoro
non
può
impensierire
alcuno
.
Dovrebbe
impensierire
i
suoi
nemici
quando
si
ritrae
dal
palcoscenico
dei
teatri
diurni
per
entrare
nel
laboratorio
«
a
notomizzare
col
bisturi
della
scienza
il
carcame
sociale
steso
sul
tavolaccio
della
statistica
e
della
disciplina
positiva
»
.
Allora
sì
.
Allora
gli
statisti
dovrebbero
proprio
incominciare
a
sentire
delle
apprensioni
.
«
Perché
quei
miti
pensatori
,
nutriti
di
cifre
e
di
sillogismi
,
onesti
,
riservati
,
impeccabili
sovente
nella
vita
privata
,
magari
un
po
puritani
e
un
po
quacqueri
se
se
ne
gratta
la
scorza
,
quei
sacerdoti
dell
altruismo
,
quei
mangiatori
d
hascisch
dell
ideale
,
hanno
più
dinamite
nella
loro
parola
e
nella
scatola
ch
è
sotto
il
loro
cappello
,
che
non
ne
sia
nelle
tasche
dei
feniani
e
nelle
cantine
di
Pietroburgo
:
con
quest
aggravante
che
,
di
cotesta
nitroglicerina
spirituale
,
non
c
è
doganiere
o
segugio
di
polizia
dal
fiuto
fine
che
ne
possa
sentire
l
odore
e
mettervi
sopra
la
zampa
.
Quando
il
moderno
Anteo
-
come
il
Colaianni
definisce
il
socialismo
-
che
ad
ogni
caduta
risorge
più
vigoroso
,
agguerritosi
negli
studi
e
nel
raccoglimento
,
uscirà
in
piazza
con
idee
mature
e
propositi
determinati
,
è
allora
che
sarà
davvero
formidabile
,
quanto
prima
era
innocuo
»
(
)
.
Nell
ambiente
parlamentare
egli
era
una
forza
legislativa
-
una
voce
gagliarda
che
domanda
giustizia
per
gli
affamati
di
pane
,
di
libertà
e
di
pensiero
-
un
ragionatore
che
sa
disorientare
i
legislatori
borghesi
,
i
quali
non
vogliono
convincersi
che
la
società
degli
sfruttatori
s
avvia
verso
il
periodo
della
sua
naturale
decomposizione
.
Eloquente
,
con
una
dizione
esatta
,
egli
sa
far
ingoiare
,
con
garbo
,
agli
onorevoli
tutto
quel
diavolo
che
vuole
,
spruzzando
la
sua
prosa
tersa
ed
elegante
di
una
ironia
e
di
un
sarcasmo
che
non
trovate
se
non
in
bocca
degli
oratori
altamente
educati
.
I
discorsi
di
Sheridan
si
leggevano
una
sola
volta
e
si
mettevano
in
libreria
.
Quelli
di
Filippo
Turati
si
leggono
e
si
consultano
sovente
come
quelli
di
Burke
,
perché
sono
densi
di
pensieri
,
pronunciati
in
una
lingua
che
dovrebbe
far
testo
nelle
scuole
,
caldi
dell
anima
dell
oratore
che
vuole
condurci
ad
espropriare
la
società
a
beneficio
di
tutti
.
Va
sulla
piattaforma
con
riluttanza
.
Preferisce
il
tavolino
di
redazione
al
palco
dinanzi
la
folla
che
lo
saluta
col
battimano
fragoroso
e
lo
ascolta
a
bocca
aperta
.
Nemico
dei
parolai
e
degli
smargiassoni
che
sciolgono
i
problemi
con
qualche
frase
alcoolizzata
,
non
capisce
la
piattaforma
che
quando
si
ha
qualcosa
da
dire
.
È
una
tolda
che
lo
impensierisce
,
che
lo
mette
in
orgasmo
,
che
lo
obbliga
a
buttar
giù
note
,
a
raccogliere
fatti
,
a
pulire
della
prosa
che
andrà
perduta
per
l
aria
,
perduta
fino
a
quando
avremo
anche
noi
il
quotidiano
che
darà
il
discorso
tale
e
quale
è
pronunciato
.
Ma
una
volta
che
egli
è
in
piedi
,
pieno
dell
argomento
,
il
suo
discorso
esce
come
dal
libro
di
un
grande
uomo
.
Tutti
lo
hanno
sentito
parlare
.
La
sua
eloquenza
non
è
l
eloquenza
bolsa
che
va
in
giro
per
il
comizio
a
mendicare
gli
applausi
.
È
l
eloquenza
di
un
grande
oratore
.
Qualche
volta
pare
una
tempesta
di
pensieri
.
I
suoi
periodi
snodati
,
brevi
,
vigorosi
sull
uditorio
come
un
uragano
intellettuale
.
La
sua
penna
di
giornalista
,
che
gli
ha
conquistato
un
mondo
di
lettori
,
è
una
penna
che
cesella
ed
ubbidisce
al
padrone
.
Non
è
mai
sbrigliata
anche
quando
è
virulenta
o
infuria
sull
avversario
.
Produce
uno
stile
nervoso
-
uno
stile
che
ti
mette
sottosopra
il
sangue
-
che
ti
accarezza
-
che
ti
schiaffeggia
-
che
ti
intenerisce
.
Ha
immagini
scultorie
,
grandiose
,
indimenticabili
.
Adesso
che
i
nervi
lo
lasciano
tranquillo
,
la
sua
salute
si
è
rinvigorita
e
le
sue
forze
intellettuali
si
sono
triplicate
.
Egli
è
diventato
un
lavoratore
metodico
come
l
autore
dei
Rougon
-
Macquart
.
Vi
può
dire
coll
orologio
alla
mano
il
manoscritto
che
vi
potrà
consegnare
in
un
mese
per
un
anno
di
seguito
.
Veste
male
,
non
è
mai
stato
vestito
bene
.
Da
giovane
andava
per
le
vie
coi
calzoni
che
gli
lasciavano
vedere
tutto
il
corame
della
scarpa
,
con
una
giacca
o
un
paletot
che
lo
tirava
da
tutte
le
parti
e
un
cappello
floscio
che
lasciava
vedere
il
suo
alto
disprezzo
per
la
spazzola
e
il
copricapo
nuovo
.
Il
nodo
della
cravatta
traduceva
l
uomo
che
non
si
guarda
mai
nello
specchio
;
era
mal
fatto
e
andava
da
tutte
le
parti
,
tranne
che
sotto
il
bottone
del
solino
spesso
sgualcito
.
Parecchi
di
noi
che
scrivevamo
nella
Farfalla
lo
credevamo
un
bohémien
eternamente
alla
caccia
di
un
louis
d
or
come
gli
eroi
di
Murger
.
Lo
si
vedeva
e
si
pensava
all
assalto
alla
borsa
.
Ma
lui
ci
stringeva
la
mano
,
ci
parlava
di
qualche
pubblicazione
e
ci
salutava
senza
domandarci
nulla
.
La
giornata
dopo
che
il
Giarelli
lo
aveva
fatto
diventare
celebre
presentandolo
ai
lettori
della
Ragione
come
autore
del
Mago
-
un
canto
che
sentiva
del
profumo
dei
suoi
anni
e
che
sgretolava
il
vecchio
mondo
come
il
canto
satanico
di
Carducci
-
lo
pregai
di
prestarmi
un
libro
.
-
Figurati
!
Mi
lasciai
trascinare
a
casa
sua
con
uno
stringimento
di
cuore
.
Mi
aspettavo
di
vedermi
spalancato
l
uscio
di
un
uomo
in
mare
.
Credevo
di
trovarlo
in
una
soffitta
che
venisse
inaffiata
dalla
pioggia
,
con
una
dozzina
di
volumi
pieni
di
ditate
untuose
per
il
suolo
,
con
dei
fogli
imbrattati
di
inchiostro
su
un
tavolo
che
non
sta
mai
quieto
,
con
una
seggiola
sventrata
,
con
una
camicia
sudicia
appesa
alla
parete
e
un
paio
di
ciabatte
squinternate
vicino
a
un
saccone
di
foglie
di
granturco
sui
cavalletti
di
legno
.
All
entrata
diventai
di
tutti
i
colori
.
La
sua
casa
in
via
Gesù
era
di
quelle
che
respirano
il
benessere
degli
inquilini
.
La
portinaia
lo
salutò
con
una
mezza
riverenza
,
lo
chiamò
signor
dottore
,
e
gli
lasciò
prendere
un
mucchio
di
lettere
da
un
casellario
che
rivelava
l
ambiente
signorile
.
Salimmo
per
uno
scalone
,
entrammo
per
l
uscio
aperto
da
una
cameriera
e
mi
trovai
coi
piedi
sul
tappeto
,
in
un
salotto
sontuoso
,
circondato
da
mobili
eleganti
,
cogli
occhi
che
andavano
da
una
tela
di
qualche
sommità
del
pennello
ai
bibelots
di
un
étagère
superba
.
La
mamma
non
pareva
la
mamma
di
un
figlio
che
si
trascurava
negli
abiti
fino
all
indecenza
.
La
guardavo
e
pensavo
alla
castellana
:
alla
signora
alta
,
coi
capelli
bipartiti
come
una
Madonna
,
con
la
faccia
signorilmente
lunga
,
con
l
abito
nero
giù
a
piombo
,
illuminato
intorno
al
collo
dal
pizzo
antico
e
illustrato
al
seno
da
una
nidiata
di
solitari
sepolti
nelle
trine
.
Nella
penombra
del
salotto
le
sue
dita
affusolate
si
muovevano
e
perdevano
faville
dappertutto
.
Se
avessi
qualcosa
da
amministrare
e
potessi
indurre
Filippo
Turati
a
prendersi
cura
del
mio
patrimonio
,
non
esiterei
un
minuto
ad
affidargli
la
mia
amministrazione
.
In
pochi
anni
sarei
sicuro
di
andare
verso
la
ricchezza
che
ride
dei
rovesci
degli
altri
.
Egli
è
un
ragioniere
consumato
.
Ha
l
occhio
nell
avvenire
ed
è
di
una
esattezza
direi
quasi
scrupolosa
.
Questa
abilità
,
che
in
un
uomo
di
cifre
diventerebbe
una
virtù
grandiosa
,
in
lui
è
un
difetto
che
gli
costa
una
somma
enorme
di
lavoro
intellettuale
perduto
.
Mi
sento
male
quando
vedo
il
direttore
della
Critica
Sociale
scrivere
gli
indirizzi
degli
abbonati
,
registrare
gli
incassi
,
impaccare
libri
e
correre
alla
posta
carico
come
un
facchino
.
Ma
lui
non
smetterà
mai
.
Egli
chiama
tutto
questo
una
distrazione
.
Abituato
a
non
darsi
al
riposo
,
continuerebbe
a
scrivere
e
diventerebbe
prolisso
e
slavato
come
un
pennivendolo
da
ottanta
lire
il
mese
.
Fuma
dalla
mattina
alla
sera
.
Terminata
una
sigaretta
ne
accende
un
altra
e
continua
così
fino
al
momento
di
addormentarsi
.
Alcuni
che
non
lo
conoscono
bene
sospettano
in
lui
il
tirchione
che
si
lascerebbe
ammazzare
piuttosto
che
metter
fuori
un
centesimo
o
offrire
una
bibita
agli
intimi
che
vanno
a
trovarlo
.
È
un
errore
grossolano
.
Filippo
Turati
non
è
uno
sciupone
.
Ma
coloro
che
frequentano
la
sua
casa
sanno
che
la
sua
tavola
è
sempre
popolata
di
amici
e
che
la
sua
mano
mette
sempre
nella
mano
dei
bisognisti
dei
biglietti
di
banca
.
Una
sola
volta
l
ho
veduto
seccato
di
sapersi
all
uscio
persone
che
hanno
bisogno
di
dirgli
una
parola
.
Stava
facendo
colazione
e
questi
signori
lo
avevano
fatto
smettere
sei
volte
.
Alla
settima
rifiutò
di
muoversi
.
-
Ah
,
per
oggi
basta
,
perdio
!
Ditegli
che
non
ci
sono
,
ditegli
!
Poi
,
dopo
qualche
boccone
,
si
trovò
pentito
.
-
Era
forse
uno
che
meritava
più
degli
altri
.
La
ragione
è
che
ne
ho
troppi
.
Da
un
po
di
tempo
il
mio
uscio
sembra
l
uscio
del
duca
Scotti
.
È
buono
,
generoso
,
leale
,
capace
di
amicizie
vere
,
sentite
.
Il
socialismo
è
la
sua
anima
,
la
sua
fede
,
il
suo
ideale
.
Per
esso
ha
combattuto
-
per
esso
soffre
-
per
esso
sarà
pronto
domani
e
sempre
a
morire
.
IL
CUBICOLO
Passando
per
il
corridoio
dei
cubicoli
,
vidi
nel
secondo
Chiesi
,
nel
terzo
Romussi
,
nel
quarto
Federici
,
e
nel
quinto
don
Davide
.
Credo
di
essere
diventato
pallido
come
un
morto
.
Veduti
col
viso
ai
due
bastoni
di
ferro
in
croce
dell
uscio
,
mi
parvero
delle
bestie
o
delle
ditte
di
un
museo
di
criminali
.
Le
loro
facce
non
erano
più
che
grinte
spaventevoli
,
con
delle
mascelle
enormi
,
degli
occhi
biechi
,
delle
fronti
con
tutte
le
stimmate
del
delinquente
nato
.
Entrai
nel
sesto
.
Dopo
di
me
,
venivano
Achille
Ghiglioni
e
Costantino
Lazzari
.
Il
cubicolo
era
completamente
vuoto
.
Non
vi
trovai
che
una
lastra
d
ardesia
,
larga
poco
più
del
corpo
d
un
uomo
,
infissa
nella
parete
a
destra
.
Mi
distesi
carico
di
emozioni
,
chiudendo
gli
occhi
come
per
obbliarmi
.
Sarebbe
bastata
una
parola
qualunque
per
farmi
piangere
.
Non
avevo
paura
,
ma
tutto
ciò
che
si
compiva
nel
silenzio
di
quell
attimo
mi
commoveva
fino
alla
gola
.
Vi
rimasi
assopito
non
so
più
quanti
minuti
.
Mi
risvegliai
spossato
.
Il
cubicolo
era
così
tetro
e
angusto
che
mi
ricordai
delle
camerucce
dei
famosi
forni
di
Monza
,
ove
i
Visconti
avevano
scontato
i
loro
mesi
di
prigionia
.
Per
muovermi
,
non
avevo
che
uno
spazio
di
un
metro
e
sessanta
di
lunghezza
e
un
metro
circa
di
larghezza
.
Era
alto
,
con
una
finestrolina
sopra
la
porta
che
riceveva
la
luce
scialba
del
corridoio
chiuso
e
largo
poco
più
della
tana
.
Per
vederci
malamente
dovevo
stare
cogli
occhi
alla
inferriata
.
Nessuno
dei
miei
compagni
fiatava
.
Si
capiva
che
attraversavano
anche
loro
il
momento
della
prostrazione
.
Sentii
Chiesi
che
domandava
a
Fritz
come
stava
.
-
Bene
,
grazie
.
Nacque
subito
il
dialogo
.
Romussi
:
Mi
pare
di
essere
in
un
antro
.
È
possibile
che
ci
si
facciano
passare
degli
anni
in
questo
buco
?
Federici
:
lo
tranquillava
assicurandolo
che
la
segregazione
personale
non
poteva
durare
più
di
un
sesto
della
pena
.
Romussi
:
Saccorotto
!
Ci
dici
poco
a
vivere
in
questa
tana
per
sette
od
otto
mesi
?
Ho
tentato
di
leggere
col
libro
alla
ferriata
,
ma
ho
dovuto
smettere
.
Vi
avrei
lasciata
la
vista
...
Chiamammo
due
o
tre
volte
don
Davide
senza
averne
risposta
.
Credevamo
che
dormisse
.
Invece
,
il
povero
prete
,
entrato
nel
cubicolo
,
non
seppe
più
reggere
.
Pianse
dirottamente
.
Pianse
nel
silenzio
soffocando
i
singhiozzi
per
non
farsi
sentire
dai
colleghi
,
pregando
Dio
di
aiutarlo
in
un
momento
di
tanta
ambascia
.
Io
,
che
personalmente
lo
conoscevo
da
parecchi
anni
e
che
durante
il
processo
avevo
ribadita
l
amicizia
,
inquieto
del
suo
silenzio
,
gridai
:
-
Don
Davide
?
Che
cosa
fate
?
Dormite
?
Rispose
con
una
voce
cavernosa
che
non
dormiva
.
Non
aveva
bisogno
che
un
po
di
calma
per
riaversi
da
tutte
quelle
emozioni
che
stavano
per
strangolarlo
.
Fummo
sorpresi
dalla
guardia
con
le
scarpe
di
cimossa
,
la
quale
ci
spiava
in
agguato
.
-
Silenzio
!
gridò
imperiosamente
il
secondino
.
Mezz
ora
dopo
venne
il
direttore
a
vederci
,
cubicolo
per
cubicolo
,
col
cappello
in
testa
e
la
voce
che
sentiva
dell
uomo
abituato
a
parlare
coi
galeotti
.
Così
fu
anche
in
seguito
.
Venne
sempre
nella
nostra
camerata
col
cappello
in
testa
e
col
linguaggio
dell
uomo
che
vuole
essere
temuto
e
vuole
essere
considerato
un
domatore
di
dannati
alla
galera
.
Uscito
il
direttore
dal
corridoio
,
entrò
nel
cubicolo
un
pagliericcio
di
crine
vegetale
puntato
,
assolutamente
insufficiente
anche
per
un
corpo
mingherlino
come
quello
di
Romussi
.
Mancava
ai
piedi
di
mezzo
braccio
e
bisognava
addormentarsi
sul
fianco
e
con
la
faccia
al
muro
,
se
non
si
voleva
cadere
sull
impiantito
.
-
Pane
!
Trasalimmo
.
Era
un
galeotto
con
la
catena
a
parecchie
maglie
,
accompagnato
da
una
guardia
,
che
andava
di
buco
in
buco
a
distribuire
la
pagnotta
.
Il
pane
regio
-
come
lo
chiamavamo
-
parve
a
tutti
noi
immangiabile
.
Dovevamo
avere
fame
,
perché
eravamo
ancora
con
l
ultima
costoletta
e
l
ultimo
risotto
che
avevamo
mangiato
al
Castello
.
Romussi
mi
fece
sapere
che
aveva
divorata
la
sua
pagnotta
fino
all
ultima
briciola
.
Coi
suoi
denti
da
mastino
e
il
suo
apparecchio
digestivo
sempre
in
ordine
,
ne
avrebbe
mangiata
un
altra
.
Gli
altri
la
sbriciolarono
.
-
Minestra
!
-
Uh
!
-
sentii
dire
.
Era
un
uh
!
che
traduceva
la
nausea
.
Nessuno
di
noi
seppe
ingoiare
la
minestra
.
Guardai
che
cosa
mi
aveva
scodellato
nella
gamella
.
Vidi
una
pasta
che
mi
pareva
esalasse
un
non
so
che
di
tufaceo
e
una
broda
piena
di
scandellature
gialle
alla
superficie
.
Tutto
assieme
mi
faceva
recere
.
L
afa
del
pomeriggio
ci
rendeva
inquieti
e
ci
faceva
sentire
un
bisogno
prepotente
di
uscire
all
aria
a
vedere
un
po
di
cielo
.
Verso
sera
,
ci
si
portò
una
coperta
,
un
fiaschetto
d
acqua
,
un
catino
di
zinco
ed
un
asciugatoio
ruvido
a
quadrettoni
colorati
,
largo
come
un
fazzoletto
.
Alle
cinque
,
per
noi
era
notte
fatta
.
Ci
augurammo
la
buona
sera
.
Mi
adagiai
sul
pagliericcio
nella
speranza
di
addormentarmi
.
La
tristezza
aumentava
in
ragione
della
oscurità
che
andava
diffondendosi
nel
cubicolo
.
Verso
le
nove
,
sentii
due
mandate
all
uscio
del
portico
.
Era
la
ronda
.
La
ronda
è
composta
di
un
sottocapo
e
di
due
guardie
,
una
delle
quali
porta
la
lanterna
fumosa
e
puzzolente
.
Entra
in
ogni
cubicolo
tre
volte
per
notte
,
sbatte
in
faccia
la
luce
della
lanterna
,
dà
un
occhiata
alla
finestra
e
alla
ferriata
e
se
ne
va
richiudendo
l
uscio
a
chiave
.
Ci
vogliono
dei
mesi
prima
di
abituarsi
a
queste
sorprese
notturne
.
Romussi
non
poteva
dormire
che
con
dei
narcotici
.
Gli
sbatacchiamenti
gli
davano
sui
nervi
.
Il
secondo
giorno
fu
più
triste
.
Ci
eravamo
alzati
all
alba
,
chiamati
dalla
campana
come
gente
che
non
aveva
tempo
da
perdere
e
poi
ci
si
era
lasciati
nella
capponaia
a
cellucce
senza
darci
un
libro
,
senza
dirci
una
parola
,
senza
lasciarci
sperare
che
all
indomani
saremmo
usciti
.
Bisogna
proprio
essere
aguzzini
che
gustano
la
voluttà
dell
altrui
sventura
,
per
tenere
degli
infelici
cento
e
più
ore
sotto
l
impressione
che
il
sesto
della
loro
sentenza
verrà
consumata
in
una
tana
senza
luce
e
senz
aria
!
Nel
cubicolo
siamo
rimasti
due
giorni
e
mezzo
.
Durante
questo
primo
periodo
,
non
abbiamo
visto
che
una
ombra
che
passò
dalla
nostra
cella
con
una
parola
per
ogni
buco
:
coraggio
!
L
ombra
era
il
cappellano
.
Uscimmo
storditi
.
Ci
palpavamo
la
nuca
e
guardavamo
il
cielo
come
abbacinati
.
Erano
bastati
due
giorni
e
mezzo
per
solcarci
le
guance
e
imbrutirci
come
gente
che
si
levasse
da
una
sbornia
potentissima
.
Ci
scambiammo
su
per
giù
gli
stessi
pensieri
.
-
Credetti
di
morire
,
sapete
.
Mancavo
d
aria
:
avevo
bisogno
di
moto
e
di
luce
,
soprattutto
di
luce
,
soprattutto
di
moto
,
soprattutto
d
aria
.
Don
Davide
aveva
avuto
delle
nausee
che
lo
avevano
impensierito
.
-
Ci
fu
un
momento
in
cui
dovetti
raccogliermi
e
pregare
il
Signore
Iddio
.
Costantino
Lazzari
aveva
l
aria
di
uno
smemorato
.
Si
palpeggiava
il
collo
e
continuava
a
battere
i
piedi
in
terra
come
per
ridar
loro
la
circolazione
del
sangue
.
Ci
si
condusse
al
passeggio
in
un
cortiletto
che
sentiva
del
luogo
.
Non
avevamo
che
uno
spazio
di
pochi
passi
inquadrato
da
muraglie
giallognole
,
scrostate
e
sbullettate
.
Col
dorso
verso
la
torricella
,
dalle
finte
finestre
,
che
usciva
da
un
angolo
dell
edificio
,
vedevamo
un
largo
verde
di
Capra
Zoppa
.
La
torricella
era
triste
e
ci
ricordava
che
in
essa
erano
le
celle
più
orribili
del
reclusorio
.
Al
lato
opposto
della
porticina
d
entrata
del
portico
,
è
la
muraglia
con
le
finestruole
a
mezzaluna
e
a
doppia
inferriata
,
dietro
la
quale
è
una
filata
di
cubicoli
.
Quante
volte
,
durante
la
passeggiata
,
abbiamo
sentito
gli
inquilini
dei
cubicoli
prorompere
in
pianti
dirotti
!
Nella
muraglia
che
taglia
il
cortile
,
è
un
pozzo
chiazzato
di
verde
.
Le
due
diane
dipinte
sul
muro
sono
gli
orologi
solari
dei
reclusi
.
L
una
segna
il
corso
del
sole
dalle
7
del
mattino
a
mezzogiorno
,
ed
ha
per
epigrafe
:
Sic
mea
vita
fugit
!
Una
condanna
atroce
,
dicevamo
al
passeggio
,
per
i
poveri
prigionieri
che
portano
tanti
problemi
nella
testa
,
e
sono
costretti
a
sciupare
il
tempo
con
le
mani
in
mano
!
L
altra
,
adorna
dei
segni
dello
zodiaco
,
si
accontenta
di
avvisare
i
galeotti
al
passeggio
che
senza
sole
non
serve
a
niente
:
Sine
sole
,
sileo
.
Le
dita
della
destra
battute
sul
palmo
della
mano
sinistra
di
un
sottocapo
ci
avvertirono
che
la
nostra
ora
d
aria
era
terminata
.
NELLA
QUINTA
CAMERATA
Nella
quinta
camerata
entrammo
il
27
giugno
1898
.
È
al
primo
piano
.
Vi
si
sale
curvando
la
testa
nel
buco
di
un
enorme
cancello
di
ferro
,
la
cui
porticina
è
aperta
e
chiusa
a
chiave
a
ogni
passaggio
di
forzati
e
di
reclusi
da
un
cerbero
negli
abiti
di
guardia
carceraria
.
Col
piede
nell
antiporto
che
mette
nell
intimità
dell
edificio
,
subìte
la
sensazione
che
state
per
essere
perduti
nella
vasta
tomba
del
reclusorio
.
Al
margine
di
tanti
stanzoni
affollati
di
numeri
di
matricola
,
non
sentite
alito
di
vita
.
Vi
sembra
di
essere
nell
androne
di
un
convento
spopolato
.
La
voce
di
un
vivo
diventa
sonora
e
vi
fa
rabbrividire
.
Dal
buio
dell
antiporto
,
si
sale
a
tentoni
per
il
buio
pesto
di
due
scale
,
si
riesce
in
una
specie
di
pianerottolo
fosco
come
la
nebbia
e
si
sbuca
in
un
corridoio
chiaro
,
in
fondo
al
quale
è
la
quinta
camerata
a
fianco
di
altre
camerate
.
Vi
entrammo
l
uno
dopo
l
altro
accompagnati
da
una
guardia
e
da
un
sottocapo
.
L
entrata
è
un
altro
cancello
di
ferro
,
foderato
nella
parte
superiore
da
un
lastrone
munito
di
spia
,
che
sopprime
il
di
fuori
fino
alla
distanza
di
un
mezzo
metro
da
terra
.
Di
modo
che
i
secondini
,
accosciati
negli
angoli
,
possono
assistere
ai
movimenti
dei
piedi
,
oppure
coll
occhio
al
buco
vedere
tutti
i
condannati
che
escono
dalla
rete
del
regolamento
.
La
nostra
camerata
non
ha
che
la
spia
nella
fodera
del
cancello
.
Ma
le
altre
ne
hanno
due
anche
nelle
muraglie
che
le
fiancheggiano
.
La
guardia
le
scopre
all
insaputa
dei
reclusi
e
li
sorprende
fuori
di
posto
o
a
chiacchierare
o
a
giuocare
a
dama
colle
pedine
di
mollica
di
pane
.
Di
tanto
in
tanto
la
udite
che
ingiunge
loro
di
stare
quieti
o
zitti
.
-
Fate
silenzio
,
voi
,
numero
tale
,
se
non
volete
andare
in
«
camerella
»
!
La
guardia
di
Finalborgo
fa
il
suo
dovere
senza
esagerazione
e
senza
imbestialire
contro
la
ciurma
che
ha
delinquito
.
Ma
è
possibile
,
dite
,
di
rimanere
in
un
camerone
di
settanta
o
ottanta
individui
per
delle
settimane
,
per
dei
mesi
,
per
degli
anni
,
con
una
mano
nell
altra
,
col
pensiero
istupidito
,
senza
mai
lasciarsi
scappare
una
parola
,
un
interrogazione
,
un
grido
che
viene
su
dall
anima
in
un
momento
di
crepacuore
?
No
,
non
è
possibile
.
Me
lo
disse
tutto
il
personale
del
penitenziario
di
Dublino
quando
ero
là
a
visitare
i
dinamitardi
e
gli
altri
condannati
alla
servitù
penale
.
La
lingua
non
sa
acconciarsi
alla
paralisi
completa
.
Me
lo
disse
e
lo
scrisse
il
principe
di
Krapotkine
che
ha
scontato
la
condanna
francese
nella
Maison
centrale
di
Clairvaux
.
«
Questo
sistema
-
diceva
-
è
così
contrario
alla
natura
umana
che
non
poteva
essere
mantenuto
che
a
forza
di
punizioni
.
Nei
tre
anni
che
passai
a
Clairvaux
,
il
sistema
era
caduto
en
désuétude
.
Lo
si
era
abbandonato
a
poco
a
poco
,
a
condizione
che
le
conversazioni
all
atelier
e
alla
passeggiata
non
fossero
troppo
rumorose
»
.
Volete
un
documento
che
le
punizioni
non
riuscirono
,
né
riusciranno
mai
a
far
perdere
agli
inquilini
delle
carceri
l
abitudine
di
parlare
?
Ero
al
Cellulare
quando
il
signor
Sampò
prese
il
posto
del
signor
Astengo
.
I
detenuti
conversavano
senza
vedersi
,
stando
alla
ferriata
della
finestra
;
Il
nuovo
direttore
si
mise
a
infliggere
delle
settimane
e
dei
quindici
giorni
di
pane
ed
acqua
,
con
l
aggiunta
magari
della
cella
di
rigore
,
ai
violatori
del
silenzio
.
Credete
che
ci
sia
riuscito
?
Dalla
conversazione
di
finestra
in
finestra
era
stato
eliminato
il
linguaggio
stomachevole
.
Ma
il
chiacchierìo
era
rinato
pochi
giorni
dopo
con
maggior
vigore
di
prima
.
E
quale
castigo
,
o
signori
carcerieri
,
riuscirebbe
mai
a
tappare
la
bocca
ai
prigionieri
subito
dopo
la
sveglia
e
mentre
squilla
la
campana
del
silenzio
?
Voi
sentite
mille
bocche
in
una
volta
che
si
scambiano
dei
buon
giorno
commoventi
,
degli
addii
pieni
di
cuore
,
dei
Saluti
che
inchiudono
il
«
coraggio
!
»
o
il
«
non
pensarci
che
passeranno
anche
questi
mesi
!
»
-
Ciao
,
Biscella
!
-
Addio
,
Lumaghin
!
-
Giuliano
,
dormi
bene
!
Una
sera
ci
sono
cascato
anch
io
.
Un
detenuto
.
sopra
o
vicino
alla
mia
cella
si
mise
a
gridare
:
-
Numero
tale
?
-
Che
cosa
hai
fatto
?
Non
risposi
.
-
Buona
sera
.
-
Buona
notte
.
Questo
semplice
dialogo
mi
fece
affiggere
sul
dorso
dell
uscio
della
mia
cella
che
il
direttore
mi
aveva
punito
con
dieci
giorni
di
pane
ed
acqua
!
Dopo
il
Cellulare
,
il
Castello
e
il
cubicolo
,
la
quinta
camerata
dell
ex
convento
dei
frati
,
dell
ordine
di
san
Domenico
,
ci
parve
un
paradiso
.
la
percorrevamo
in
lungo
e
in
largo
con
delle
fiatate
di
soddisfazione
.
Finalmente
qui
si
respira
!
le
pareti
erano
pulite
,
imbiancate
di
fresco
,
con
del
verde
che
girava
tutto
intorno
a
un
metro
d
altezza
.
Le
finestre
a
doppia
inferriata
,
coi
famosi
cassoni
,
che
non
ci
lasciavano
vedere
dall
alto
che
un
profilo
di
Capra
Zoppa
,
diventarono
,
per
noi
,
delle
aperture
illimitate
che
lasciavano
entrare
aria
a
volumi
.
Le
brande
lungo
il
dorso
del
camerone
assunsero
la
forma
di
letti
elastici
,
con
dei
materassi
sprimacciati
,
sui
quali
si
poteva
adagiare
il
corpo
affranto
dai
patimenti
,
con
un
guanciale
soffice
che
pareva
appena
uscito
dalle
mani
del
materassaio
.
Guardavamo
tutto
con
compiacenza
.
Paragonavamo
l
asse
al
disopra
delle
brande
,
che
correva
lungo
la
parete
,
a
una
elegante
guardaroba
o
a
una
comodissima
dispensa
.
Ciascuno
di
noi
aveva
un
largo
spazio
per
ammonticchiarvi
la
biancheria
e
i
libri
,
per
mettervi
il
catinetto
di
zinco
,
la
fiaschetta
impagliata
,
la
brocca
per
bere
,
la
spazzola
e
la
pettinina
,
la
gamella
con
inciso
il
nostro
numero
di
matricola
e
la
pagnotta
che
ci
avrebbero
portata
tepida
due
volte
il
giorno
.
Il
sole
completava
la
nostra
contentezza
.
Vi
entrava
un
po
di
sbieco
dalla
prima
finestra
e
veniva
a
frangersi
sui
bastoni
di
ferro
della
seconda
,
lasciando
cadere
dei
barbagli
fino
al
suolo
e
portandoci
del
calore
e
della
gaiezza
che
si
diffondeva
dappertutto
.
La
sola
noia
del
luogo
erano
le
mosche
-
delle
mosche
grosse
come
quelle
che
vivacchiano
intorno
ai
letami
-
delle
mosche
pesanti
che
aleggiavano
con
un
ronzìo
greve
,
che
parevano
sonnolente
anche
nell
aria
,
che
si
fermavano
sul
nostro
naso
,
sulle
nostre
orecchie
,
sul
nostro
collo
,
sulle
nostre
labbra
,
sulle
nostre
mani
,
senza
paura
di
essere
schiacciate
dalla
nostra
collera
.
Si
cacciavano
via
e
ritornavano
a
noi
con
una
insistenza
feroce
e
con
una
ostinatezza
che
ci
faceva
perdere
la
pazienza
.
Più
e
più
di
una
volta
fummo
obbligati
a
rincorrerle
e
a
dar
loro
una
caccia
disperata
coi
fazzoletti
,
inseguendole
fino
alla
inferriata
.
Ma
era
della
fatica
sprecata
.
Ricomparivano
a
sciami
più
inviperite
di
prima
.
Erano
le
nostre
arpie
.
In
camerata
non
eravamo
più
che
delle
cifre
.
Gustavo
Chiesi
era
divenuto
il
numero
2555
,
Carlo
Romussi
il
2556
,
don
Davide
Albertario
il
2557
,
Bortolo
Federici
il
2558
,
Paolo
Valera
il
2559
,
Costantino
Lazzari
il
2560
e
Achille
Ghiglione
il
2561
.
La
prima
volta
che
si
spalancò
il
nostro
cancello
e
che
entrò
un
sottocapo
con
due
galeotti
a
fare
la
distribuzione
degli
asciugatoi
e
delle
lenzuola
,
ci
fu
un
po
di
confusione
.
Nessuno
era
ancora
riuscito
a
tenersi
a
mente
il
proprio
numero
di
matricola
e
a
convincersi
che
non
eravamo
più
che
dei
numeri
.
-
2555
?
-
Presente
!
A
mano
a
mano
che
si
veniva
chiamati
,
si
andava
vicino
al
cancello
a
ricevere
la
«
biancheria
»
.
Per
asciugarci
la
faccia
e
tutto
il
corpo
,
ci
avevano
dato
una
pezzuola
di
canape
ruvidissima
,
a
rigoni
spaventevoli
,
a
listoni
alternati
,
che
andavano
dal
bigio
al
cioccolato
-
due
colori
che
porto
nella
testa
con
orrore
.
Perché
sono
le
striscie
che
rappresentano
la
casa
di
pena
e
riassumono
l
emblema
del
reclusorio
.
Sono
i
colori
della
camicia
,
i
colori
delle
lenzuola
,
i
colori
del
saccone
,
i
colori
del
tascapane
,
i
colori
delle
mutande
,
i
colori
del
berretto
,
i
colori
della
casacca
e
i
colori
dei
calzoni
.
Per
tutto
il
tempo
della
condanna
non
si
vedono
che
dei
clowns
.
Delle
schiene
a
rigoni
,
delle
braccia
a
rigoni
,
delle
gambe
a
striscie
e
delle
teste
col
copricapo
listato
di
caffè
e
di
bigio
con
dei
puntini
che
paiono
tante
punzecchiature
di
pulci
.
Il
numero
di
matricola
aveva
ingrossato
il
cuore
di
alcuni
miei
compagni
.
Romussi
si
era
seduto
sul
suo
sedile
di
legno
con
le
lenzuola
sulle
braccia
l
asciugatoio
in
mano
dicendo
:
«
Saccorotto
!
»
Don
Davide
,
di
temperamento
sensibilissimo
,
che
si
lascia
commuovere
,
o
trasportare
,
o
abbattere
dagli
avvenimenti
,
sarebbe
dato
fuori
a
piangere
se
non
fossimo
stati
presenti
.
Gli
pareva
impossibile
,
come
diceva
lui
,
che
un
sacerdote
,
che
indossava
la
veste
talare
da
trentasei
anni
,
questa
veste
,
aggiungeva
,
«
che
mi
fu
compagna
e
amica
nei
tempi
lieti
e
tristi
»
,
potesse
essere
diventato
il
2557
,
con
la
gamella
matricolata
e
con
la
branda
in
una
camerata
comune
ch
egli
doveva
calare
e
piegare
al
suono
di
una
campana
!
Era
inutile
abbandonarci
alle
malinconie
.
Perché
non
eravamo
che
alla
titillazione
del
sistema
.
Ci
aspettavano
ben
altre
sorprese
.
Costantino
Lazzari
si
era
seduto
,
come
al
solito
,
tra
due
brande
senza
dire
una
parola
.
Egli
si
teneva
come
isolato
.
Non
aveva
confidenza
in
alcuno
e
nel
suo
angolo
era
il
suo
mondo
.
Se
qualcuno
lo
interrogava
,
rispondeva
come
un
mastino
irritato
.
Una
volta
che
gli
domandai
se
aveva
qualche
dispiacere
,
mi
rispose
di
occuparmi
delle
cose
mie
!
-
2559
?
-
Presente
!
Presi
la
mia
biancheria
e
me
la
appesi
dando
in
una
risata
che
mise
quasi
tutti
di
buon
umore
.
Noi
credevamo
che
nei
penitenziarii
i
forzati
e
i
reclusi
venissero
abbandonati
al
rimorso
dei
loro
misfatti
,
e
non
vedessero
che
la
mano
incaricata
di
stendere
loro
dal
buco
la
pagnotta
,
la
minestra
e
l
acqua
.
Invece
,
in
una
camerata
di
galera
,
si
è
come
in
una
sala
di
ufficio
telegrafico
.
C
è
sempre
gente
che
va
e
viene
.
Alla
mattina
,
quando
avete
ancora
gli
occhi
ingarbugliati
,
vi
dovete
mettere
sul
guardavoi
,
nello
spazio
delle
brande
,
per
la
«
conta
»
.
Si
spalanca
il
cancello
ed
entrano
tre
guardie
seguite
da
un
sottocapo
o
da
una
guardia
scelta
che
vanno
fino
in
fondo
alla
muraglia
,
contando
,
mentre
passano
,
uno
,
due
,
tre
,
quattro
,
cinque
,
sei
e
sette
.
È
la
consegna
dei
reclusi
dalla
guardia
notturna
alla
guardia
diurna
.
Escono
,
si
chiude
e
si
schiude
di
nuovo
il
cancello
per
i
reclusi
che
vengono
a
portar
via
il
mastello
dell
acqua
sporca
,
per
il
recluso
che
viene
a
prendere
il
barile
dell
acqua
,
per
il
forzato
che
vuota
il
«
bugliolo
»
e
il
pitalone
.
Il
«
bugliolo
»
è
il
recipiente
di
legno
con
coperchio
del
liquido
puzzolente
.
Scoperchiandolo
,
vi
sentite
in
faccia
la
tanfata
pestifera
delle
uova
putrefatte
.
Il
«
pitalone
»
delle
altre
camerate
è
un
enorme
mastello
che
rimane
negli
angoli
e
passa
per
i
corridoi
come
una
cloaca
.
Nel
reclusorio
di
Finalborgo
non
ci
sono
latrine
!
Quando
si
vuotano
e
passano
dinanzi
i
cancelli
,
si
è
come
in
mezzo
ai
bonzoni
dei
pozzi
neri
che
si
scaricano
.
Il
fluido
nauseabondo
vi
sommerge
come
un
edificio
coperto
fino
ai
coppi
di
materie
fecali
.
Credete
di
essere
lasciato
in
pace
ed
ecco
il
delinquente
che
viene
col
secchione
del
latte
a
mescervene
nella
brocca
cinque
centesimi
.
Rimane
chiuso
per
cinque
minuti
e
poi
si
riapre
per
lasciar
entrare
il
recluso
con
la
pagnotta
.
-
Pane
!
State
per
mettervi
a
sedere
e
si
spalanca
un
altra
volta
il
cancello
.
È
il
sottocapo
che
batte
le
dita
della
destra
sul
palmo
della
sinistra
dicendo
:
aria
!
Ritornati
dal
passeggio
,
viene
a
farvi
visita
il
forzato
della
spesa
.
La
spesa
non
durava
mai
meno
di
quindici
minuti
.
Era
la
cosa
più
difficile
di
questo
mondo
.
Ogni
mattina
si
doveva
sciogliere
il
problema
come
si
poteva
vivere
all
indomani
con
25
centesimi
,
se
si
era
condannati
alla
reclusione
come
il
2555
e
il
2556
,
o
con
35
centesimi
se
si
era
condannati
alla
detenzione
come
gli
altri
numeri
di
matricola
della
nostra
camerata
.
Il
2555
rinunciava
di
solito
al
vino
.
Un
quarto
di
vino
costava
nove
centesimi
.
Era
del
lusso
.
E
si
faceva
registrare
per
due
«
uova
al
tegame
»
-
cioè
per
22
centesimi
.
Il
resto
lo
scialava
in
frutta
.
Il
2256
non
rinunziava
alla
bibita
.
Senza
una
golata
di
vino
non
avrebbe
saputo
ingoiare
tutte
le
porcherie
del
bettolino
.
La
lista
della
spesa
includeva
anche
il
caffè
.
Il
2557
e
il
2559
persistettero
per
più
di
una
mattina
a
berne
mezza
razione
di
cinque
centesimi
.
Ma
dovettero
rinunciarvi
.
Era
un
acqua
colorata
e
tepida
di
un
sapore
che
faceva
fare
gli
occhiacci
.
Lo
si
inghiottiva
come
una
medicina
disgustosa
.
Il
2557
non
lasciò
mai
il
suo
mezzo
litro
di
vino
di
18
centesimi
,
anche
quando
il
vino
era
acre
o
imbevibile
come
l
aceto
.
Egli
aveva
uno
stomaco
di
ferro
,
ma
senza
una
goccia
di
vino
non
avrebbe
potuto
digerire
i
piatti
del
menu
carcerario
.
Il
nostro
piatto
di
forza
erano
i
gnocchi
di
dodici
centesimi
conditi
coll
olio
,
puah
!
che
sentiva
della
colatura
della
lucerna
.
Il
lunedì
avevamo
la
leccornia
di
200
grammi
di
bue
in
umido
per
ventotto
centesimi
e
di
100
per
quattordici
.
La
carne
era
dura
come
il
corame
,
e
il
2556
diceva
appunto
che
ci
volevano
i
suoi
denti
o
i
denti
del
leone
per
masticarla
.
Nel
sugo
pepato
,
pepatissimo
,
bisognava
mollificare
il
pane
,
guardando
altrove
e
mangiando
a
occhi
chiusi
.
Il
sugo
era
una
miscela
che
sapeva
di
un
po
di
tutto
e
che
diventava
succolento
in
ragione
dello
sgrassamento
che
si
compiva
in
noi
sotto
il
regime
di
una
dieta
di
ferro
.
Non
ho
veduto
sbatterlo
via
con
indignazione
che
una
volta
.
-
Aristocratico
!
aristocraticone
!
gridammo
in
coro
al
2558
-
Bravi
!
guardateci
in
fondo
!
C
era
un
semplice
scarafaggio
in
decomposizione
!
Lo
regalammo
al
forzato
latrinaio
,
avvertendolo
della
nausea
in
fondo
.
Lo
prese
come
un
intingolo
regale
,
leccandosi
le
dita
e
curvandosi
con
la
fraseologia
dei
ringraziamenti
sentiti
.
Ne
avessero
tutti
i
giorni
i
galeotti
di
queste
vivande
che
rifocillano
lo
stomaco
e
rincarnano
gli
ischeletriti
!
-
La
nostra
sentenza
-
ci
disse
-
sembrerebbe
meno
dura
.
Il
secondo
moto
di
violenza
che
ricordo
fu
quello
del
2557
.
Era
una
domenica
e
indossavamo
già
la
casacca
galeottesca
.
In
domenica
,
in
luogo
della
minestra
delle
undici
,
c
è
la
carne
e
il
brodo
.
Eravamo
seduti
al
desco
.
Il
2557
aveva
sbocconcellata
un
po
di
pagnotta
nel
brodo
,
come
gli
altri
.
In
un
attimo
lo
vedemmo
alzarsi
con
un
impeto
di
revulsione
,
suggellato
da
un
porci
!
Egli
si
era
drizzato
in
piedi
come
un
fusto
d
orgoglio
,
aveva
preso
la
gamella
ed
era
andato
alla
spia
del
cancello
.
-
Dite
al
signor
direttore
che
non
sono
un
maiale
!
Questa
carne
puzza
come
una
carogna
!
Fu
un
sottosopra
.
Siccome
,
in
fondo
,
volevano
tutti
bene
al
2557
,
un
po
perché
era
un
sacerdote
,
un
po
perché
era
un
bell
uomo
,
e
un
po
perché
era
buono
,
così
venne
su
subito
il
sottocapo
a
constatare
il
reato
d
incipiente
putrefazione
e
a
dirgli
che
gli
avrebbe
mandato
di
sopra
una
sleppa
di
manzo
eccellente
.
Noi
però
non
gli
abbiamo
perdonato
lo
scatto
che
ci
aveva
tolto
l
appetito
.
Il
2555
lo
pregò
di
leggere
il
«
manuale
del
buon
sacerdote
»
..
-
È
doloroso
che
un
secolare
vi
debba
richiamare
ai
doveri
che
vi
impone
la
vostra
veste
.
Mangiate
quello
che
vi
portano
;
siate
umile
,
siate
modesto
,
siate
paziente
e
perdonate
a
tutti
coloro
che
vi
fanno
del
male
.
Andare
sulle
furie
per
un
po
di
carne
«
passata
»
,
è
da
uomo
volgare
.
-
Avevo
fame
!
capite
che
avevo
fame
!
Ho
52
anni
,
sono
alto
e
grosso
e
mi
tocca
mangiare
la
razione
comune
,
la
razione
della
gente
mingherlina
,
piccola
,
senza
il
mio
apparecchio
digestivo
!
È
vero
o
non
è
vero
che
c
è
voluto
più
stoffa
per
vestirmi
?
È
vero
o
non
è
vero
che
c
è
il
supplemento
al
vitto
per
gli
uomini
della
mia
proporzione
anche
nelle
caserme
?
È
dunque
naturale
che
mi
si
dovrebbe
trattare
con
una
dieta
diversa
.
-
Voi
vorreste
dei
privilegi
!
-
Abbasso
i
privilegi
!
-
Privilegio
!
gridai
anch
io
.
-
Privilegio
!
Chi
è
mingherlino
non
può
mangiare
come
mangia
un
uomo
dalle
mie
proporzioni
!
Anche
senza
avere
l
apparecchio
digestivo
del
2557
,
in
galera
si
patisce
la
fame
pur
avendo
i
mezzi
per
il
sopravitto
.
Se
poi
non
se
ne
hanno
,
si
diminuisce
di
peso
di
giorno
in
giorno
.
Con
600
grammi
di
pane
cento
volte
inferiore
a
quello
del
soldato
,
e
150
grammi
di
pasta
sempre
scellerata
.
un
condannato
si
sente
i
crampi
nello
stomaco
più
di
una
volta
in
24
ore
.
In
tutte
le
camerate
si
ripete
la
stessa
storia
:
-
«
Ho
fame
,
si
ha
fame
,
abbiamo
fame
»
.
I
trentacinque
minorenni
della
nona
camerata
,
quasi
in
faccia
alla
nostra
,
ci
impietosivano
.
E
tutte
le
volte
che
potevamo
,
mandavamo
loro
le
nostre
pagnotte
e
la
nostra
minestra
.
Senza
le
nostre
cinque
o
sei
o
sette
o
dieci
pagnotte
al
giorno
avrebbero
fatto
della
fame
tutti
i
giorni
.
Perché
in
prigione
si
patisce
inesorabilmente
la
fame
.
Tanto
è
vero
che
in
prigione
si
soffre
del
digiuno
prolungato
,
che
il
2556
-
cioè
il
direttore
del
Secolo
-
mi
disse
,
la
seconda
volta
che
fummo
al
Cellulare
,
queste
testuali
parole
che
trovo
registrate
nel
mio
diario
:
-
Una
buona
novità
introdotta
dal
direttore
cav
.
Codebò
è
quella
di
avere
diviso
la
distribuzione
della
minestra
e
del
pane
.
Certi
prigionieri
,
giovinotti
robusti
,
mangiavano
d
un
colpo
i
600
grammi
di
pane
,
e
alla
sera
si
trovavano
tormentati
dalla
fame
.
Egli
pensò
di
distribuirlo
in
due
riprese
:
alle
10
e
alle
3
.
Così
pure
divise
la
minestra
quotidiana
.
I
detenuti
,
con
questo
sistema
,
hanno
un
cibo
caldo
,
benefico
,
specialmente
d
inverno
.
Ma
anche
così
si
pativa
.
Con
una
quantità
insufficiente
e
una
qualità
abbominevole
non
era
possibile
uscire
dal
regno
della
fame
.
NEQUIZIE
REGOLAMENTARI
Gli
entusiasmi
per
la
quinta
camerata
non
potevano
durare
a
lungo
.
Chiudetemi
in
un
salotto
elegante
con
le
inferriate
a
scacchi
e
il
cancello
di
ferro
,
e
vedrete
che
in
pochi
giorni
i
mobili
mi
diventeranno
odiosi
e
l
ambiente
senza
uscita
mi
incendierà
il
cervello
e
mi
ridurrà
in
un
angolo
a
imbecillire
nella
mia
impotenza
.
Il
silenzio
è
obbligatorio
:
disteso
a
caratteri
neri
sul
fondo
bianco
della
muraglia
in
faccia
al
cancello
,
diveniva
,
di
ora
in
ora
,
odioso
e
intollerabile
per
dei
giornalisti
che
avevano
passata
la
vita
tra
il
chiasso
delle
redazioni
.
Era
una
ingiunzione
che
ci
riduceva
a
una
ragazzaglia
di
casa
di
correzione
.
Vivere
con
degli
amici
-
e
degli
intellettuali
come
i
miei
compagni
-
è
una
vera
consolazione
e
spesso
anche
un
istruzione
.
La
loro
parola
vi
va
per
le
orecchie
come
una
carezza
,
vi
solleva
lo
spirito
abbattuto
,
vi
distrae
e
vi
porta
in
mezzo
ai
ricordi
tumultuosi
della
loro
professione
battagliera
.
Ma
sempre
,
sempre
,
senza
mai
un
minuto
di
isolamento
,
diventa
,
spesso
,
una
pena
e
una
tortura
!
Vi
fa
male
di
vedere
loro
crescere
lentamente
le
unghie
sudice
senza
aver
modo
di
offrir
loro
la
limettina
per
tenerle
regolate
e
pulite
,
e
di
assistere
a
tutto
ciò
che
fuori
di
galera
si
fa
nel
bagno
,
alla
latrina
,
nello
spogliatoio
e
nella
stanza
da
letto
.
E
vi
sentite
desolati
di
udire
la
bestemmia
di
qualche
vostro
compagno
che
aveva
l
abitudine
di
lavarsi
i
denti
collo
spazzolino
.
-
Che
male
ci
sarebbe
-
incominciava
a
dire
qualcuno
di
noi
-
se
la
direzione
mi
permettesse
uno
spazzolino
e
della
polvere
e
dell
acqua
dentifricia
?
-
E
che
strappo
si
farebbe
al
regolamento
se
io
,
prete
,
continuassi
a
indossare
quella
divisa
di
sacerdote
che
io
credo
di
non
avere
disonorata
?
-
Capisco
la
punizione
.
-
Io
no
,
non
la
capisco
.
Se
capisco
qualche
cosa
è
la
mia
separazione
dalla
società
che
posso
avere
offesa
.
La
punizione
che
mi
distrugge
è
un
delitto
.
E
lo
griderò
dai
tetti
,
o
meglio
dal
giornale
,
non
appena
al
largo
.
-
Lasciami
dire
.
Io
posso
capire
la
punizione
.
Ti
va
?
Ma
la
raffinatezza
di
sopprimermi
le
sigarette
se
ho
l
abitudine
di
fumare
,
di
mandarmi
a
dormire
all
ora
delle
galline
invece
di
lasciarmi
lavorare
o
studiare
,
di
costringermi
a
stare
sul
saccone
duro
come
una
pietra
per
dieci
o
dodici
ore
,
di
non
permettermi
una
locomozione
che
mi
mantenga
sano
,
di
tenermi
in
piedi
con
una
nutrizione
che
mi
restituirà
alla
mia
famiglia
,
e
alla
società
,
idiota
e
incapace
di
guadagnarmi
l
esistenza
?
-
Taci
!
C
è
raffinatezza
più
diabolica
di
quella
di
romperti
violentemente
la
comunicazione
epistolare
con
tutto
il
mondo
che
hai
conosciuto
,
che
conosci
,
che
ti
ama
e
continua
a
volerti
bene
,
anche
dopo
la
condanna
dei
tribunali
di
guerra
?
Raffinatezza
più
triste
,
più
sciagurata
di
quella
di
impedirti
di
scrivere
a
tua
moglie
,
a
tua
madre
,
ai
tuoi
figli
,
a
coloro
che
ti
amano
e
che
ti
piangono
e
che
ti
idolatrano
,
se
non
una
volta
ogni
tre
mesi
,
se
sei
alla
reclusione
,
o
una
volta
al
mese
,
se
sei
alla
detenzione
?
E
anche
questa
lettera
mensile
e
trimestrale
non
è
un
altra
tortura
?
Tu
non
puoi
parlare
,
ti
si
dice
,
che
dei
tuoi
interessi
.
Non
è
un
interesse
dire
,
per
esempio
,
ai
tuoi
di
casa
di
non
addolorarsi
perché
ti
si
è
mandato
alla
reclusione
innocente
?
No
,
perché
insulteresti
la
giustizia
.
Non
è
un
interesse
parlare
di
ciò
che
fai
e
di
ciò
che
vedi
,
della
tua
salute
,
se
stai
bene
o
male
?
No
,
perché
il
condannato
non
deve
parlare
di
quello
che
avviene
nella
casa
di
pena
!
Più
di
una
volta
,
io
e
don
Davide
abbiamo
dovuto
discendere
in
direzione
a
riprenderci
la
lettera
coll
ordine
di
riscriverla
senza
qualche
frase
contraria
al
regolamento
.
Per
due
settimane
ero
stato
malaccio
.
Mi
sentivo
debole
e
non
sapevo
più
digerire
la
pagnotta
e
la
pasta
del
penitenziario
.
Scrissi
nella
lettera
della
mia
indisposizione
,
aggiungendo
«
che
adesso
stavo
bene
»
.
Si
poteva
essere
più
modesti
?
La
direzione
trovò
modo
di
farmela
rifare
.
-
Non
le
pare
,
signor
direttore
,
o
signor
capo
,
che
questa
sia
una
notizia
di
carattere
intimo
?
-
No
,
perché
il
recluso
non
deve
occuparsi
di
ciò
che
avviene
nel
reclusorio
.
-
Aguzzini
!
gridai
mentalmente
.
Aguzzini
!
E
le
lettere
che
ci
pervenivano
dal
di
fuori
?
Bastava
un
accenno
alla
vita
pubblica
,
un
alito
dell
agitazione
che
si
faceva
a
favore
dei
condannati
,
un
allusione
a
una
prossima
amnistia
,
una
frase
ministeriale
,
il
pensiero
di
un
deputato
,
l
opinione
di
un
giornale
,
perché
la
mano
della
direzione
corresse
sul
delitto
con
la
penna
carica
di
inchiostro
a
coprire
tutto
di
nero
.
Ho
veduto
delle
lettere
piene
di
chiazze
,
piene
di
rigoni
che
sgrammaticavano
la
dicitura
o
sopprimevano
le
parole
che
potevano
suscitare
delle
speranze
o
lasciar
trapelare
la
commozione
pubblica
.
Qualche
volta
la
mano
diventava
brutale
e
allora
recideva
il
foglio
alla
testa
o
alle
gambe
o
lo
metteva
spietatamente
in
un
cassetto
senza
neanche
dire
crepa
al
numero
di
matricola
al
quale
era
indirizzato
!
Una
scena
che
avrebbe
fatto
piangere
gli
amici
,
se
avessero
potuto
mettere
l
occhio
alla
spia
della
nostra
camerata
,
era
quella
dei
pasti
dei
primi
tempi
.
Gli
abiti
dei
sette
amici
,
che
aspettavano
il
monosillabo
della
Cassazione
per
uscire
o
per
indossare
la
casacca
galeottesca
,
si
erano
consumati
e
malconciati
.
C
erano
delle
maniche
sdrucite
,
dei
calzoni
sfilacciati
agli
orli
,
degli
occhielli
sfatti
o
che
si
sfacevano
,
delle
ginocchia
e
dei
gomiti
lucidi
o
maculati
di
larghi
oleosi
e
dei
baveri
sui
quali
si
era
andata
accumulando
la
forfora
di
una
cute
che
nessun
parrucchiere
spazzolava
da
un
pezzo
.
Don
Davide
pareva
uno
di
quei
preti
descritti
dal
Porta
.
Colla
veste
piena
di
macchie
,
colle
calze
rotte
,
colle
brache
stralucide
che
perdevano
,
col
nero
,
dei
brandelli
,
e
con
la
collarina
inamidata
da
tanto
tempo
che
lasciava
vedere
il
giallo
delle
trasudazioni
del
collo
.
Abituati
al
tovagliolo
e
alla
posata
lucente
sul
candore
diffuso
per
la
tavola
,
la
mobilia
della
nostra
sala
da
pranzo
si
riduceva
a
una
lunga
panca
dalla
quale
sbucavano
,
di
tanto
in
tanto
,
gli
insetti
rossicci
che
la
povera
gente
chiama
cimici
,
e
a
dei
sedili
di
legno
rotondi
,
le
cui
capocchie
laceravano
di
frequente
i
calzoni
dell
avvocato
Romussi
.
Mettevamo
la
panca
vicino
alla
seconda
finestra
e
sedevamo
quattro
da
una
parte
e
tre
dall
altra
.
Coi
tozzi
di
pane
sparsi
qua
e
là
lungo
la
panca
,
colla
gamella
fumante
sul
palmo
della
mano
sinistra
!
e
un
moncone
di
cucchiaio
di
legno
greggio
col
quale
tentavamo
di
sbasoffiar
via
una
pasta
scondita
o
condita
fino
al
disgusto
,
potevamo
essere
copiati
per
un
mucchio
di
pitocchi
di
frateria
che
si
scalda
lo
stomaco
colla
minestra
del
convento
.
Ho
parlato
delle
cimici
,
perché
ne
ho
trovate
dappertutto
.
Nei
camerotti
polizieschi
,
nelle
celle
del
Cellulare
di
Milano
,
nelle
stanze
del
carcere
giudiziario
di
Genova
e
nello
stanzone
del
penitenziario
di
Finalborgo
.
Dopo
la
condanna
,
il
Turati
occupava
,
al
Cellulare
,
una
stanza
spaziosa
e
ariosa
nell
esagono
del
secondo
raggio
.
Io
,
De
Andreis
,
Romussi
e
Federici
passavamo
parte
della
giornata
con
lui
.
Nessuno
di
noi
poteva
adagiarsi
sul
suo
letto
a
pagamento
,
senza
che
venissero
alla
superficie
filate
di
queste
schifose
bestioline
che
fanno
pancia
col
vostro
sangue
.
Mi
diceva
Turati
che
di
notte
sciupava
il
tempo
con
questi
puzzolentissimi
insetti
che
non
lo
lasciavano
dormire
.
Tre
o
quattro
giorni
prima
che
andasse
alla
reclusione
,
il
direttore
,
impressionato
dal
suo
tormento
,
gli
fece
imbiancare
il
cellone
e
passare
alle
fiamme
il
letto
di
ferro
.
-
Ne
ho
trovate
,
ci
diceva
lo
scopino
incaricato
di
farli
morire
col
fuoco
,
a
nidiate
.
Morivano
mandando
un
odore
pestilenziale
che
mi
dava
le
vertigini
.
Un
ora
dopo
questo
nettamento
e
questa
pulitura
,
ne
vedemmo
tre
che
andavano
via
,
pian
piano
,
per
il
cuscino
!
Nelle
vecchie
carceri
di
Genova
non
mi
sono
fermato
che
15
ore
.
Se
vi
fossi
rimasto
di
più
,
ne
sarei
uscito
dissanguato
.
Venivano
fuori
a
frotte
.
Il
soffitto
ne
era
pieno
e
negli
angoli
delle
pareti
si
potevano
prendere
a
manate
.
Alla
notte
,
per
paura
che
mi
andassero
nelle
orecchie
,
o
su
per
il
naso
,
o
in
bocca
,
fui
costretto
ad
alzarmi
.
Il
letto
ne
formicolava
.
Potevo
coglierle
a
manate
al
buio
.
Sdraiato
non
mi
lasciavano
quieto
.
Le
mie
mani
precipitavano
sulle
gambe
,
sul
petto
,
e
le
rincorrevano
per
il
corpo
senza
riuscire
mai
a
liberarmene
.
Come
erano
spietate
le
cimici
del
carcere
giudiziario
di
Genova
!
In
questo
carcere
maledetto
,
non
ebbi
coraggio
di
mangiare
,
ma
ebbi
l
imprudenza
di
comandare
un
caffè
.
Ritirandolo
dal
buco
dell
uscio
me
ne
caddero
tre
nella
chicchera
e
due
nel
piattino
.
Buttai
via
la
bevanda
dal
disgusto
.
Nello
stanzone
di
Finalborgo
formicolavano
per
i
cornicioni
,
si
sorprendevano
sulle
pareti
,
si
trovavano
in
letto
,
nelle
screpolature
dei
muri
,
nelle
commessure
delle
finestre
,
e
perfino
nelle
crepe
del
tavolo
.
L
ambiente
ha
una
grande
influenza
sugli
individui
.
Anche
l
uomo
cresciuto
nella
reggia
,
nelle
tombe
penali
diventa
,
a
poco
a
poco
,
un
porco
.
Dopo
due
o
tre
mesi
non
è
più
schifiltoso
e
non
si
meraviglia
più
di
nulla
.
Si
abitua
a
mangiare
le
cose
meno
mangiative
o
più
repulsive
con
le
mani
,
a
pulirsi
le
dite
nella
giacca
,
a
vedersi
gli
orli
delle
unghie
calcate
di
sudicerie
nere
,
a
lavarsi
maledettamente
male
in
un
cucchiaio
d
acqua
senza
sentirsi
invaso
dal
malessere
,
a
considerare
i
pidocchi
come
amici
di
casa
e
a
prendere
delicatamente
le
cimici
senza
contorsioni
e
travolgimenti
d
occhi
.
Se
volete
convincervi
che
l
ambiente
agisce
potentemente
sull
individuo
,
invitate
un
ex
recluso
a
pranzo
.
Osservatelo
attentamente
quando
mangia
e
lo
sorprenderete
più
di
una
volta
in
flagrante
violazione
delle
regole
più
comuni
della
persona
allevata
bene
.
DON
DAVIDE
ALBERTARIO
Se
il
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
fosse
stato
ministro
della
chiesa
anglicana
,
a
quest
ora
egli
sarebbe
padre
di
una
nidiata
di
figli
.
Perché
le
misses
non
gli
avrebbero
permesso
di
consumare
la
gioventù
nel
celibato
,
in
un
paese
ove
il
servo
di
Dio
prende
moglie
come
qualunque
altro
mortale
.
Fisicamente
è
più
corazziere
che
sacerdote
.
È
un
bell
uomo
alto
,
spalluto
,
con
un
petto
che
traduce
la
sua
salute
di
ferro
,
piantato
su
due
gambe
poderose
,
che
fanno
tremare
le
pareti
della
quinta
camerata
di
Finalborgo
quand
egli
passeggia
conciato
o
disperato
di
sapersi
un
leone
in
gabbia
.
La
dieta
della
fame
non
è
riuscita
a
smagrarlo
,
o
a
chiazzargli
di
lividure
le
guance
voluminose
,
o
a
fargli
nascere
delle
rughe
sulla
fronte
.
I
suoi
52
anni
sembrano
38
.
Ha
la
carnagione
di
un
prelato
in
fiore
,
gli
occhioni
luminosi
che
rivelano
la
bontà
del
suo
animo
ed
è
dotato
di
una
forza
che
mi
piegava
in
due
non
appena
mi
mettevo
a
lottare
con
lui
.
La
sua
attività
cerebrale
è
prodigiosa
.
Non
appena
gli
furono
concessi
gli
strumenti
di
lavoro
,
la
sua
mano
non
è
stata
più
quieta
.
Con
una
corrispondenza
che
avrebbe
tenuto
occupati
tre
segretari
,
egli
trovò
modo
,
in
due
mesi
,
di
riempire
587
fogli
di
protocollo
,
che
rappresentano
l
opera
sua
di
prete
,
di
giornalista
,
di
predicatore
e
di
recluso
.
Senza
essersi
completamente
sbottonato
,
come
in
una
autobiografia
,
i
lettori
-
se
i
manoscritti
verranno
pubblicati
-
vi
troveranno
il
polemista
che
si
ferma
dove
incomincia
l
invettiva
,
il
letterato
che
si
sdraia
con
compiacimento
nel
suo
letto
intellettuale
,
l
oratore
che
ripassa
pieno
di
letizia
attraverso
le
sue
orazioni
trionfali
,
il
sacerdote
che
sta
ritto
sulla
tolda
della
sua
nave
cattolica
,
agitando
il
suo
programma
che
si
riassume
nella
formola
«
col
papa
e
per
il
papa
»
.
È
nato
nella
provincia
di
Pavia
,
studiò
all
Università
gregoriana
-
frequentata
dagli
stranieri
che
si
avviano
alla
carriera
ecclesiastica
.
Si
laureò
in
sacra
teologia
nel
1868
,
in
diritto
canonico
nel
1869
e
a
23
anni
venne
consacrato
sacerdote
dall
arcivescovo
di
Milano
,
mons
.
Calabiana
,
unitamente
al
suo
compagno
di
infanzia
,
il
padre
Zocchi
,
il
noto
scrittore
della
Civiltà
Cattolica
e
uno
dei
più
insigni
oratori
della
predicazione
sacra
.
L
Osservatore
Cattolico
si
può
dire
sia
stato
il
suo
bimbo
adottivo
.
Incominciò
a
volergli
bene
nel
1869
e
continuò
ad
amarlo
e
a
nutrirlo
col
suo
ingegno
fino
al
giorno
in
cui
Bava
Beccaris
mandò
i
carabinieri
e
i
soldati
ad
arrestarlo
come
un
malandrino
qualunque
nella
casa
paterna
.
Io
non
posso
dire
di
essere
un
lettore
costante
di
fogli
religiosi
.
Ma
credo
che
non
ci
sia
in
Italia
un
giornale
del
partito
che
possa
essere
paragonato
al
quotidiano
di
don
Davide
.
È
un
giornale
che
sente
tutta
la
modernità
professionale
senza
perdere
del
suo
concetto
fondamentale
,
che
è
la
necessità
della
chiesa
cattolica
.
È
redatto
bene
,
redatto
da
giovani
che
lo
seminano
di
idee
col
ventilabro
e
che
riempiono
le
sue
colonne
di
uno
stile
spigliato
,
nervoso
,
che
non
lascia
mai
giù
le
ali
sui
guazzi
sociali
per
paura
di
sporcare
chi
legge
.
È
interessante
per
ogni
lettore
.
Vi
trovate
l
appendice
drammatica
,
l
appendice
letteraria
,
l
articolo
politico
,
il
trafiletto
,
la
cronaca
,
gli
avvenimenti
internazionali
e
una
larga
piattaforma
per
i
servizi
municipali
-
per
le
questioni
operaie
-
per
i
problemi
dell
avvenire
.
L
Osservatore
Cattolico
è
stato
condannato
nella
persona
del
suo
direttore
per
queste
motivazioni
:
1.°
perché
ha
con
fine
ironia
combattuta
la
monarchia
;
2.°
perché
si
è
unito
ai
repubblicani
e
ai
socialisti
e
agli
anarchici
per
demolire
le
istituzioni
dello
Stato
;
3.°
perché
ha
eccitato
all
odio
i
contadini
contro
i
signori
e
contro
altre
classi
sociali
;
4.°
perché
ha
educato
il
clero
alla
vita
battagliera
invece
che
alla
missione
di
pace
alla
quale
è
destinato
da
Cristo
.
-
Che
c
è
di
vero
,
don
Davide
,
in
tutto
questo
?
-
Per
capire
la
portata
della
motivazione
della
sentenza
che
mi
ha
relegato
per
tre
anni
in
questo
reclusorio
,
bisogna
conoscere
la
natura
del
mio
giornale
.
L
Osservatore
Cattolico
è
anzitutto
un
giornale
che
si
dedica
alla
propaganda
e
alla
difesa
della
chiesa
cattolica
e
del
papa
.
Siccome
l
Italia
è
aderente
a
questa
chiesa
,
così
si
deve
ritenere
necessaria
la
religione
al
bene
sociale
,
per
la
vita
presente
e
per
la
vita
futura
,
come
si
deve
ritenere
necessario
che
essa
sia
tenuta
in
onore
e
non
perda
influenza
.
Questo
è
il
caposaldo
del
programma
del
mio
giornale
nel
rapporto
religioso
.
«
Nel
rapporto
politico
io
,
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
,
sono
indifferente
alla
forma
monarchica
o
repubblicana
di
governo
.
Do
la
preferenza
a
quella
forma
in
cui
i
governanti
sono
col
mio
programma
religioso
,
al
quale
subordino
tutto
il
resto
.
Quindi
è
una
bugia
dire
che
io
combatta
la
monarchia
,
come
è
una
brutta
invenzione
quella
di
accusarmi
di
complicità
coi
repubblicani
e
socialisti
e
anarchici
.
In
un
ambiente
monarchico
io
lavoro
in
mezzo
al
popolo
,
perché
il
governo
abbia
a
cessare
dall
opposizione
contro
il
papa
e
contro
la
religione
e
abbia
a
promuovere
la
pace
religiosa
nel
paese
.
«
Il
mio
programma
sociale
è
ampio
e
generoso
.
Io
accetto
tutto
ciò
che
nei
postulati
del
socialismo
è
compatibile
colle
dottrine
della
chiesa
cattolica
e
mi
adopero
per
attuarlo
formando
l
opinione
in
questo
senso
.
Deploro
il
concetto
fondamentale
materialista
del
socialismo
,
deploro
che
non
ammetta
le
verità
cattoliche
,
perché
il
materialismo
e
la
negazione
delle
verità
cattoliche
scavano
un
abisso
tra
il
cattolicismo
e
il
socialismo
.
L
Osservatore
Cattolico
combatte
la
speculazione
che
impoverisce
,
combatte
l
usura
,
invoca
provvedimenti
di
Stato
che
salvaguardino
i
diritti
e
gli
interessi
delle
classi
inferiori
e
ne
migliorino
le
condizioni
.
Esso
però
rifugge
dallo
Stato
collettivista
.
Tutto
questo
vogliamo
ottenere
con
la
persuasione
della
propaganda
pacifica
,
con
la
carità
generosa
,
col
mezzo
delle
autorità
e
delle
leggi
.
Credetelo
,
è
una
calunnia
dire
che
io
ecciti
all
odio
o
alla
discordia
.
«
Da
questo
potete
argomentare
del
valore
delle
motivazioni
della
sentenza
del
Tribunale
militare
.
No
,
non
sussiste
la
fine
ironia
contro
la
monarchia
,
non
sussiste
la
congiura
con
altri
partiti
contro
le
istituzioni
,
non
sussiste
l
eccitazione
di
odio
tra
le
varie
classi
sociali
,
non
sussiste
l
educazione
del
clero
in
senso
opposto
alla
missione
assegnatagli
da
Cristo
.
Non
sussiste
nulla
di
nulla
.
Di
vero
non
c
è
che
questo
:
che
si
è
mandato
in
galera
un
innocente
.
«
Volete
una
prova
che
il
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
non
ha
tentato
di
sviare
dal
retto
sentiero
il
clero
italiano
?
Da
che
sono
nella
casacca
del
galeotto
,
sua
santità
il
papa
mi
ha
mandato
la
benedizione
più
di
una
volta
,
e
una
medaglia
d
oro
che
tengo
carissima
,
centinaia
di
vescovi
,
da
ogni
parte
d
Italia
,
scrissero
a
me
e
a
mia
sorella
lettere
affettuosissime
,
sacerdoti
e
vescovi
-
come
quello
di
Savona
-
sono
venuti
a
trovarmi
e
a
ogni
distribuzione
postale
ricevo
,
come
avete
veduto
,
un
mucchio
di
lettere
e
di
telegrammi
.
Se
non
ci
fossero
di
mezzo
i
patimenti
di
questa
vitaccia
,
che
sopprime
il
sacerdote
e
distrugge
l
uomo
,
direi
che
il
Tribunale
di
guerra
mi
ha
reso
un
segnalato
servigio
»
.
L
affezione
per
sua
sorella
è
nota
a
tutti
coloro
che
leggono
le
sue
lettere
datate
da
Finalborgo
e
indirizzate
alla
«
cara
Teresa
»
.
Sono
lettere
castrate
e
scritte
nella
condizione
di
un
uomo
che
non
può
dire
quello
che
sente
e
che
vuole
.
Ma
in
esse
è
il
pathos
di
un
anima
addolorata
.
C
è
la
tenerezza
di
chi
soffre
della
separazione
e
della
lontananza
.
E
la
sorella
lo
ricambia
di
pari
affetto
.
La
sua
assenza
è
il
suo
strazio
.
Per
liberarlo
,
ha
messo
sossopra
mezzo
mondo
.
Ha
mandato
una
lunga
epistola
all
episcopato
italiano
-
ha
scritto
al
presidente
dei
ministri
e
ha
fatto
bussare
,
a
insaputa
del
fratello
,
fino
alle
porte
reali
.
In
mezzo
a
noi
,
don
Davide
,
non
ha
mai
fatto
sentire
il
prete
.
Egli
era
un
compagno
che
prendeva
parte
alla
discussione
.
che
si
adattava
in
un
modo
mirabile
alla
vita
comune
,
e
che
rideva
delle
nostre
risate
come
un
giovialone
che
non
si
ricorda
della
condanna
.
STUDIO
GALEOTTESCO
L
uguaglianza
di
trattamento
non
impediva
ai
forzati
di
avere
una
grande
simpatia
per
gli
inquilini
della
quinta
camerata
e
di
manifestarla
tutte
le
volte
che
capitava
loro
l
occasione
.
Alla
mattina
e
alla
sera
,
per
esempio
,
venti
o
trenta
forzati
addetti
ai
lavori
del
reclusorio
passeggiavano
nel
cortile
sotto
le
nostre
finestre
.
Il
tintinnìo
delle
loro
catene
ci
chiamava
al
davanzale
,
cogli
occhi
tra
il
cassone
e
la
ferriata
.
E
loro
,
passeggiando
,
con
dei
cenni
rapidi
,
con
degli
inchini
che
nessuno
,
all
infuori
di
noi
,
poteva
avvertire
,
con
dei
palpeggiamenti
di
berretta
che
parevan
grattamenti
di
capo
,
con
dei
rovesci
d
occhi
che
mi
andavano
al
cuore
,
o
dei
movimenti
di
labbra
che
sfuggivano
alla
sorveglianza
,
ci
salutavano
,
ci
davano
il
buon
giorno
e
la
buona
sera
,
ci
infondevano
coraggio
e
ci
traducevano
la
loro
impotenza
a
fare
qualche
cosa
per
noi
.
La
loro
passeggiata
era
per
me
uno
studio
.
Notavo
il
loro
modo
di
andare
in
su
e
in
giù
e
chiamavo
Romussi
e
don
Davide
Albertario
a
constatare
che
il
loro
passo
rivelava
il
galeotto
.
Dimostravo
loro
come
un
Jean
Valjean
avrebbe
potuto
essere
scoperto
dal
segugio
di
polizia
anche
vent
anni
dopo
,
vestito
con
eleganza
,
in
una
sala
immensa
affollata
di
signori
che
la
percorressero
conversando
.
Si
vedeva
che
il
piede
,
il
quale
aveva
l
anellone
della
catena
appesa
al
fianco
o
attorcigliata
intorno
la
caviglia
,
indugiava
uno
zinzino
più
dell
altro
a
muoversi
,
e
sfiorava
assai
più
il
suolo
del
sinistro
,
come
se
l
uno
dei
due
fosse
carico
di
piombo
.
Aggiungevo
un
altra
osservazione
sui
passi
.
Nei
passi
è
l
uomo
che
è
stato
in
branca
,
cioè
incatenato
con
un
altro
per
degli
anni
e
costretto
a
esercitare
le
gambe
in
uno
spazio
di
pochi
metri
.
Contraggono
un
abitudine
indimenticabile
.
Adesso
che
sono
disgiunti
e
che
è
a
loro
disposizione
un
terreno
venti
volte
più
largo
della
cella
,
consumano
l
ora
di
passeggio
come
prima
,
gomito
contro
gomito
,
con
un
movimento
di
tre
o
quattro
passi
avanti
e
indietro
,
voltandosi
come
quando
erano
appaiati
,
cioè
senza
urtarsi
e
senza
spostarsi
.
I
tipi
di
forzati
,
che
abbiamo
conosciuto
più
da
vicino
e
che
possiamo
presentare
al
pubblico
come
nostri
amici
,
erano
i
«
mozzi
»
o
coloro
che
adempivano
alle
funzioni
domestiche
.
Il
129
era
il
latrinaio
-
un
galeotto
che
riassumeva
il
suo
delitto
come
un
grande
artista
.
Si
passava
la
mano
sulla
fronte
e
lo
paragonava
a
«
un
temporale
»
,
a
«
una
notte
buia
»
,
a
«
una
tempesta
»
.
Fu
l
uragano
dei
sensi
che
gli
fece
recidere
la
gola
alla
padrona
ch
egli
serviva
come
cocchiere
a
Ferrara
.
Egli
la
voleva
o
viva
o
morta
.
E
se
la
baciò
durante
il
«
temporale
»
tepida
ancora
di
vita
,
con
gli
occhi
spalancati
che
pareva
una
strega
.
Egli
è
ormai
tranquillo
e
non
pensa
più
,
come
gli
altri
,
a
rientrare
nel
mondo
dal
quale
venne
scacciato
.
Per
lui
,
«
stare
qui
o
altrove
,
è
lo
stesso
.
In
qualche
luogo
,
mi
diceva
,
bisogna
stare
»
.
Veduto
da
vicino
,
con
gli
occhi
nelle
buche
della
sua
faccia
massiccia
e
larga
,
si
prova
la
repulsione
di
chi
si
sente
a
tu
per
tu
con
un
sanguinario
.
Dalle
sue
linee
facciali
sbuca
il
violento
,
ghiotto
dell
altro
sesso
.
Ha
delle
occhiate
diaboliche
,
lambite
dalle
rughettine
che
infittiscono
e
si
gonfiano
quando
spalanca
la
bocca
per
la
risata
che
pare
uno
scroscio
.
Le
sue
mandibole
voluminose
completano
l
orrore
con
la
zucca
enorme
,
calva
alla
superficie
,
leggermente
schiacciata
alle
pareti
.
Intorno
alle
sue
labbra
carnose
,
è
diffuso
il
cinismo
che
si
prolunga
fino
alla
radice
del
naso
,
dove
incomincia
una
fronte
spaziosa
,
fuggente
,
giallognola
,
la
quale
si
increspa
ogni
volta
che
parla
.
Ha
le
gambe
arcuate
ed
ha
sempre
fame
.
Tutte
le
volte
che
veniva
nella
nostra
camerata
gli
davamo
parecchie
pagnotte
.
Veduto
da
lontano
,
immobile
,
nel
sole
,
con
le
mani
sulle
reni
e
le
pupille
velate
o
addormentate
nel
fondo
cristallino
,
ha
l
aria
di
un
uomo
impagliato
.
Un
altro
tipo
curioso
sotto
parecchi
aspetti
,
era
l
infermiere
che
veniva
nella
nostra
camerata
nei
pomeriggi
della
caldura
a
inaffiarla
di
acido
antisettico
per
tentare
di
salvarci
dalle
mosche
inique
e
dalle
cimici
implacabili
.
È
un
forzato
di
cuore
,
che
si
trova
in
galera
per
avere
creduto
nella
fedeltà
della
donna
.
È
piccolo
,
tozzo
,
giallastro
,
con
una
fronte
bassa
,
rugosa
e
senza
fughe
,
con
delle
pupille
che
stanno
spegnendosi
nelle
occhiaie
fonde
,
con
un
naso
camuso
,
delle
guance
che
incominciano
a
piegarsi
e
a
incresparsi
come
cortine
vecchie
e
una
bocca
che
spalanca
una
voragine
di
fuoco
pallido
e
lascia
vedere
le
gengive
quasi
sguernite
.
Non
ci
fu
ammalato
che
non
mi
abbia
parlato
con
entusiasmo
di
questa
perla
di
condannato
che
nessun
direttore
o
capo
guardia
è
mai
riuscito
a
punire
in
ventisette
anni
di
carriera
dolorosa
.
Me
lo
si
raccomandava
dicendomi
che
in
infermeria
,
senza
di
lui
,
si
poteva
morire
.
Egli
è
una
suora
di
carità
,
un
fratello
che
va
dovunque
si
soffre
.
Accorre
al
letto
degli
infermi
con
sollecitudine
materna
,
si
alza
di
notte
se
qualcuno
si
sente
male
,
e
,
con
quel
poco
che
il
medico
mette
a
sua
disposizione
,
cerca
di
lenire
i
dolori
altrui
.
Avete
la
schiena
tormentata
dai
reumatismi
?
È
la
sua
mano
che
viene
a
battervela
,
a
spalmarvela
di
una
goccia
d
olio
come
un
allievo
del
professor
Panzeri
,
o
a
pennelleggiarvela
magari
con
della
tintura
di
iodio
,
se
ne
ha
nell
armadio
e
se
il
medico
lo
ha
ordinato
.
Avete
un
dente
che
vi
strazia
?
Eccolo
pronto
con
la
tenaglia
.
Non
è
un
cavadenti
di
professione
,
ma
ha
la
praticaccia
del
frate
che
sdenta
il
pubblico
senza
passare
gli
esami
.
Per
provare
la
bontà
del
193
,
non
ho
da
citare
che
tre
testimoni
che
non
lo
dimenticheranno
facilmente
.
Gaspare
Giucchetto
,
minorenne
,
Giovanni
Vedani
,
di
32
anni
,
e
Angelo
Vanoni
di
Luino
,
come
il
Vedani
,
e
padre
di
tanti
figli
.
Il
primo
aveva
ricevuto
una
palla
al
petto
con
lesione
,
pare
,
al
polmone
;
il
secondo
era
stato
colpito
allo
stinco
,
e
il
terzo
aveva
lo
stomaco
perforato
nel
corpo
.
Io
li
ho
veduti
in
infermeria
,
subito
dopo
il
loro
arrivo
.
Erano
giunti
a
Finalborgo
in
una
condizione
da
commuovere
le
pietre
.
Straziati
dai
dolori
,
con
le
ferite
ancora
aperte
e
col
Vedani
che
non
poteva
e
non
può
,
credo
,
neppure
oggi
,
stare
in
piedi
,
perché
la
ferita
continua
a
produrre
materia
purulenta
.
In
una
infermeria
,
dove
non
ci
sono
che
alcuni
letti
,
una
cassetta
di
polverine
,
un
vasetto
di
tintura
di
iodio
e
della
liquerizia
per
i
catarri
stomacali
e
le
tossi
che
non
lasciano
dormire
,
anche
un
infermiere
come
il
193
non
può
fare
molto
.
Ma
li
curava
da
cristiano
,
lavando
,
fasciando
loro
le
ferite
,
aiutandoli
a
mangiare
,
curvandosi
a
ogni
minuto
per
spostare
la
gamba
al
Vedani
,
la
testa
al
Giucchetto
e
le
spalle
a
Vanoni
,
il
quale
Vanoni
era
diventato
tetro
,
perseguitato
dal
pensiero
che
il
suo
polmone
fosse
stato
toccato
dal
proiettile
.
Mi
diceva
che
«
si
sentiva
il
polmone
in
sussulto
»
.
Il
Gaspare
Giucchetto
portava
il
numero
di
matricola
2749;
il
Giovanni
Vedani
il
2731
,
e
l
Angelo
Vanoni
il
2747
.
Don
Davide
Albertario
non
è
stato
in
infermeria
che
quattro
o
cinque
giorni
a
trangugiare
due
o
tre
drastici
per
liberarsi
da
una
tenia
che
noi
chiamavamo
,
per
ridere
,
un
«
serpente
boa
»
..
Il
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
ritornò
nella
quinta
camerata
pieno
di
entusiasmo
per
il
193
che
lo
aveva
curato
come
una
madre
.
Gli
stava
alle
calcagna
quando
era
in
piedi
,
gli
andava
intorno
quando
era
nell
altra
stanza
a
scrivere
e
sedeva
di
notte
,
per
delle
ore
,
vicino
al
suo
letto
,
a
vegliare
i
suoi
movimenti
.
Il
193
è
vecchio
,
è
nelle
mani
della
giustizia
dal
25
luglio
1873
e
la
sua
condotta
è
sempre
stata
irreprensibile
.
Se
io
fossi
nel
ministro
di
grazia
e
giustizia
direi
:
basta
!
E
lo
lascerei
andare
al
suo
paese
di
Ariano
di
Puglia
,
a
morire
in
santa
pace
,
sotto
gli
occhi
di
sua
sorella
,
che
gli
vuol
bene
,
tanto
bene
.
Il
nostro
barbiere
era
un
altro
omicida
,
condannato
a
trenta
anni
.
Nel
reclusorio
sembrava
mite
,
gentile
,
afflitto
soltanto
di
trovarsi
in
mezzo
a
tanta
zavorra
umana
.
Era
pallido
,
emaciato
,
colle
sfumature
,
intorno
gli
occhi
,
degli
individui
che
portano
nei
polmoni
i
bacilli
della
morte
.
I
suoi
colpettini
di
tosse
mi
davano
la
sensazione
penosa
di
essere
accanto
a
un
moribondo
.
La
sua
faccia
era
repulsiva
per
la
carne
scrofolosa
gualcita
dal
coltello
anatomico
,
per
le
contrazioni
che
gli
avevano
lasciato
il
segno
sulle
guance
scarne
e
sulle
palpebre
rosse
e
senza
peli
.
Ci
considerava
uomini
superiori
e
ci
radeva
con
una
delicatezza
femminile
,
raccontandoci
sovente
il
suo
amore
sventurato
.
A
diciannove
anni
si
era
ammogliato
con
una
giovane
che
ne
aveva
diciotto
.
Dopo
la
cerimonia
nuziale
la
sposa
gli
raccontò
che
un
altro
-
un
«
civile
»
-
l
aveva
delibata
a
tredici
.
Fu
una
notte
burrascosa
quella
della
sua
confessione
.
La
poveretta
gli
buttava
le
braccia
al
collo
piangendo
dirottamente
e
gli
domandava
perdono
.
La
colpa
non
era
stata
sua
.
A
tredici
anni
non
si
ha
la
testa
e
una
ragazza
si
lascia
saccheggiare
della
verginità
come
un
viandante
dai
malandrini
.
Lui
la
consolò
con
una
sfuriata
di
baci
,
impromettendosi
di
obbligare
il
«
civile
»
a
farle
la
dote
.
Chi
rompe
paga
,
era
la
sua
morale
.
All
indomani
andò
a
trovare
il
«
ganzo
»
e
a
dirgli
come
stavano
le
cose
.
Il
«
civile
»
promise
di
pagare
.
Ma
i
denari
non
venivano
mai
.
Allora
ritornò
a
ripicchiare
allo
stesso
uscio
e
a
esigere
la
promessa
.
Il
«
civile
»
gli
rise
in
faccia
.
-
Adesso
che
l
hai
,
tienila
!
Gli
«
calò
una
benda
sugli
occhi
»
e
lo
uccise
come
un
dissoluto
malvagio
.
-
Il
mio
dolore
massimo
è
di
essere
stato
creduto
capace
di
premeditare
il
delitto
.
«
Ero
andato
da
lui
per
riscuotere
,
non
per
ammazzarlo
.
Il
mio
fu
un
impeto
di
passione
.
Lo
dissi
al
presidente
del
mio
processo
»
.
Ora
ne
era
pentito
.
Non
potendo
andare
dalla
famiglia
,
come
fra
Cristoforo
,
a
domandarle
perdono
,
le
mandò
una
lettera
bagnata
delle
sue
lagrime
.
-
La
famiglia
mi
ha
perdonato
,
il
parroco
del
mio
paese
lo
ha
fatto
sapere
a
tutti
dal
pulpito
,
ma
il
governo
tace
ancora
.
Ah
,
è
duro
il
governo
coi
poveri
condannati
!
Una
volta
che
siamo
pentiti
dovrebbe
permetterci
di
riabilitarci
.
Invece
ci
lascia
morire
in
galera
o
ci
manda
fuori
quando
non
siamo
più
che
dei
carcami
da
ricoveri
.
«
Porto
la
catena
e
la
giacca
rossa
da
diciannove
anni
e
morirò
forse
in
galera
.
Sia
fatta
la
volontà
di
Dio
!
Ma
mi
dispiace
,
credano
,
di
non
rivedere
più
il
mio
paese
!
»
E
il
dolore
gli
fece
sputare
del
catarro
sanguinoso
.
Il
sei
settembre
,
il
giorno
in
cui
ci
rase
i
baffi
,
era
commosso
come
un
minorenne
perduto
,
nel
buco
di
una
cella
di
rigore
.
Egli
sapeva
che
cosa
volevano
dire
questi
crepacuori
.
Nei
baffi
era
l
uomo
.
Radendoli
,
radeva
il
cittadino
e
non
lasciava
dietro
il
rasoio
che
un
numero
di
matricola
.
Eravamo
in
sette
e
l
operazione
durò
più
di
un
ora
.
Andammo
uno
dietro
l
altro
dal
barbitonsore
,
senza
dirci
una
parola
.
Ciascuno
di
noi
sembrava
compreso
del
sacrificio
,
tranne
forse
Gustavo
Chiesi
,
il
quale
conservò
sempre
l
attitudine
dello
stoico
.
Sotto
il
rasoio
a
più
d
uno
di
noi
si
riempirono
gli
occhi
.
Federici
e
don
Davide
furono
del
numero
.
Non
si
aveva
paura
,
nessuno
pensava
alla
paura
,
ma
l
emozione
,
più
forte
di
tutti
,
rompeva
la
diga
.
Mentre
mi
si
radeva
,
con
la
guardia
carceraria
seduta
in
faccia
,
mi
venivano
le
lagrime
in
bocca
come
a
un
bimbo
sculacciato
!
-
Coraggio
!
diceva
a
ciascuno
di
noi
il
barbiere
.
I
baffi
e
la
barba
ricresceranno
più
vigorosi
di
prima
.
-
E
voi
,
don
Davide
,
gli
domandai
qualche
giorno
dopo
,
perché
avete
pianto
,
se
non
avete
mai
avuto
baffi
e
se
vi
facevate
radere
il
labbro
superiore
anche
prima
?
-
Perché
mi
si
infliggeva
una
punizione
infamante
.
Perché
mi
si
riduceva
il
2557
.
Dall
emozione
profonda
passammo
all
ilarità
clamorosa
.
A
mano
a
mano
che
uno
di
noi
rientrava
nel
camerone
con
la
faccia
galeottizzata
,
si
scoppiava
in
una
risata
sonora
.
Sembravamo
dei
mostri
.
Salve
le
proporzioni
individuali
e
la
voce
,
potevamo
benissimo
scambiarci
per
dei
galeotti
sconosciuti
.
Il
solo
che
non
avesse
alterato
la
figura
era
il
sacerdote
.
Gli
altri
pareva
che
fossero
stati
in
un
altra
stanza
a
truccarsi
o
a
cambiarsi
la
testa
.
Gustavo
Chiesi
,
grasso
e
grosso
,
aveva
del
frate
Melitone
.
Il
buon
Suzzani
-
che
si
chiamava
,
con
compiacenza
,
«
compagno
di
Carlo
Marx
»
-
aveva
assunta
l
aria
d
un
abatino
pieno
di
modestia
.
Costantino
Lazzari
era
uscito
dalle
mani
del
parrucchiere
una
edizione
peggiorata
.
L
avvocato
Federici
si
era
trasformato
in
un
santocchione
che
sginocchia
per
le
chiese
.
Ghiglione
era
ritornato
in
mezzo
a
noi
come
un
uccello
di
rapina
.
Il
suo
naso
lungo
si
era
prolungato
e
la
punta
appariva
più
adunca
di
prima
.
I
peli
scomparsi
dalla
guancia
sinistra
gli
avevano
lasciato
all
aria
una
prominenza
che
gli
delinquentizzava
la
faccia
.
Il
nostro
barbiere
è
nato
sotto
una
cattiva
stella
.
Egli
ci
sbarbava
direi
quasi
con
orgoglio
.
Considerava
il
sabato
il
più
bel
giorno
della
sua
vita
,
perché
poteva
scambiare
qualche
parola
con
noi
.
Ma
venne
il
giorno
triste
della
partenza
.
Il
direttore
lo
aveva
destinato
per
il
reclusorio
di
Finalmarina
.
Trovò
modo
di
venirci
a
salutare
.
Strinse
la
mano
a
ciascuno
di
noi
con
la
voce
che
tremava
.
Addio
,
si
ricordino
di
me
,
del
povero
barbiere
pentito
del
suo
fallo
.
E
lo
sentimmo
che
si
allontanava
col
singhiozzo
che
egli
tentava
di
soffocare
nel
fazzoletto
a
quadrettoni
.
IL
CONDANNATO
IN
TRADUZIONE
Il
mio
viaggio
da
Finalborgo
a
Milano
,
per
subire
un
altro
processo
,
mi
ha
dato
modo
di
studiare
una
delle
pagine
più
dolorose
della
vitaccia
del
bestiame
che
passa
da
una
galera
all
altra
.
Ricordo
tutto
,
come
se
fosse
adesso
.
Era
il
27
luglio
,
una
giornata
afosa
.
Io
e
alcuni
abitanti
della
quinta
camerata
stavamo
con
la
gamella
capovolta
,
sul
mastello
dell
acqua
sporca
,
per
lasciar
colare
la
pasta
dalla
brodaglia
maculata
di
scandellature
.
Entrò
il
sottocapo
Osmiani
a
scompigliarci
.
Era
l
uomo
più
serio
del
personale
di
custodia
.
Non
sciupava
parole
.
Ci
chiamava
guardando
in
terra
e
tenendo
l
indice
della
sinistra
in
alto
.
-
2559
!
-
Presente
!
Ero
già
pronto
.
Mi
lasciai
baciare
teneramente
dagli
amici
,
presi
il
fagotto
sotto
il
braccio
e
uscii
con
la
gola
rasa
di
commozione
.
Per
evitare
il
disastro
di
una
gita
galeottesca
avevo
fatto
di
tutto
.
Avevo
detto
al
direttore
che
soffrivo
e
che
non
ero
in
grado
di
rimettermi
in
un
vagone
cellulare
.
Ma
non
ci
fu
verso
.
Il
medico
,
dopo
avermi
palpeggiato
,
come
se
fossi
stato
di
straccio
,
mi
trovò
sanissimo
.
Il
mio
compagno
di
viaggio
era
uno
della
«
rivoluzione
»
.
Egli
era
stato
colto
in
piazza
di
Luino
durante
i
tumulti
e
condannato
dal
tribunale
militare
a
sei
anni
di
reclusione
.
-
Vi
rincresce
?
-
Sì
,
perché
sono
innocente
e
perché
ero
l
aiuto
dei
miei
genitori
.
Facemmo
la
strada
a
piedi
.
I
veicoli
ci
empivano
gli
occhi
e
la
bocca
di
polverone
bianco
e
la
gente
voltava
via
la
faccia
inorridita
.
Un
nugolo
di
studentesse
sull
omnibus
a
giardiniera
ci
fece
venire
le
vampe
della
vergogna
alla
faccia
.
-
Come
sono
brutti
!
E
non
avevano
torto
.
Il
più
bel
giovine
d
Italia
,
che
esca
da
un
reclusorio
,
spaventa
.
In
pochi
mesi
il
reclusorio
te
lo
rende
irriconoscibile
.
Eravamo
giunti
tre
quarti
d
ora
prima
del
treno
.
Ne
ero
contentissimo
.
Era
dell
aria
fresca
guadagnata
.
I
carabinieri
,
invece
di
chiuderci
nella
stanza
di
sicurezza
,
ci
lasciarono
sul
margine
del
binario
della
stazione
.
Grazie
!
Ebbi
tempo
di
fumare
tre
sigarette
.
In
questo
frattempo
,
vennero
alla
mia
volta
alcuni
signori
a
domandarmi
se
ero
il
tale
.
-
Sissignori
,
risposi
a
colui
che
mi
aveva
interrogato
.
I
signori
si
tolsero
il
cappello
e
si
curvarono
leggermente
.
-
Scusino
,
dissi
loro
,
commosso
;
ma
io
non
li
conosco
.
-
Non
importa
.
Noi
sappiamo
chi
è
lei
.
Rimasero
lungo
il
binario
fino
alla
partenza
del
treno
,
salutandomi
con
un
altra
scappellata
.
Il
vagone
cellulare
del
mio
secondo
viaggio
apparteneva
al
tipo
vecchio
.
Era
composto
di
venti
celle
,
divise
da
un
piccolo
corridoio
longitudinale
,
con
un
largo
all
entrata
per
i
rappresentanti
dell
arma
regia
.
Una
volta
entrati
,
si
è
sommersi
nella
penombra
anche
col
sole
allo
zenit
,
perché
non
ci
sono
finestre
alle
pareti
dei
fianchi
.
La
cella
era
più
angusta
e
più
nauseosa
di
quella
che
mi
aveva
condotto
nel
reclusorio
.
Col
sedile
di
legno
e
con
le
pareti
insudiciate
di
sputacchi
e
di
mucillaggine
nasale
,
mi
sentivo
in
una
cassa
da
morto
in
piedi
,
con
un
traversino
sotto
il
sedere
.
Il
legno
mi
accarezzava
dappertutto
.
I
piedi
stavano
più
male
.
Si
trovavano
sopra
uno
strato
molle
e
viscido
e
non
potevo
alzarli
.
Per
quanto
facessi
,
non
riuscivo
a
tener
su
le
ginocchia
sull
uscio
.
Si
respirava
l
atmosfera
riscaldata
dall
alito
dei
detenuti
.
Lo
sfiatatoio
era
il
contrario
di
un
conduttore
d
aria
.
Si
crepava
dal
caldo
e
i
malviventi
imploravano
un
sorso
d
acqua
.
Non
so
da
dove
venivano
perché
a
tutte
le
stazioni
se
ne
caricavano
e
in
alcune
se
ne
scaricavano
.
Il
brigadiere
che
aveva
in
consegna
le
stie
,
era
un
uomo
tarchiato
con
una
faccia
da
simpaticone
.
Quando
gli
si
diceva
di
essere
buono
e
di
provvedere
gli
assetati
di
un
fiasco
d
acqua
,
andava
sulle
furie
dicendo
che
non
voleva
essere
buono
.
I
buoni
non
facevano
carriera
e
lui
era
già
sulla
lista
dei
futuri
marescialli
.
-
Consideratemi
cattivo
e
mi
troverete
buonissimo
.
E
io
,
davvero
,
ero
della
sua
opinione
.
In
fondo
alla
mia
nicchia
,
lo
consideravo
uno
di
quegli
arnesi
di
sentina
che
godono
a
far
patire
la
gente
tribolata
,
come
godevano
i
carabinieri
dell
Andalusia
del
1893-94
,
i
quali
davano
pane
e
merluzzo
ai
morenti
di
sete
e
nerbate
a
coloro
che
desistevano
dal
correre
intorno
la
stanza
giorno
e
notte
!
Un
po
più
in
là
,
dovetti
ricredermi
.
Egli
non
era
la
iena
che
supponevo
.
A
una
stazione
intorno
il
collo
della
riviera
di
levante
,
si
era
lasciato
impietosire
da
tutte
le
voci
che
gli
dicevano
:
-
Sia
buono
,
signor
brigadiere
!
E
mi
ha
fatto
piacere
.
Perché
è
sempre
una
consolazione
sapere
che
un
uomo
rinsavisce
o
si
stanca
del
piacere
di
torturare
gli
impotenti
.
Il
brigadiere
fece
discendere
il
carabiniere
a
riempire
il
fiasco
e
ordinò
che
se
ne
desse
una
golata
a
ciascuno
.
Per
dissetarvi
,
il
carabiniere
è
obbligato
ad
aprire
la
cella
con
un
catenaccio
che
cigola
dalla
ruggine
e
non
scorre
che
con
dei
calci
,
e
a
versarvi
l
acqua
in
gola
.
Se
il
carabiniere
non
è
gentile
,
il
liquido
gorgoglia
,
trabocca
dalle
labbra
e
va
giù
a
biscia
per
lo
stomaco
.
Io
avevo
sete
,
ma
non
ho
voluto
suggere
al
cannello
comune
.
Pensavo
alla
infezione
.
Ma
ho
dovuto
pentirmene
.
Un
ora
dopo
mi
sarei
lasciato
inaffiare
il
gorgozzule
anche
da
un
cannello
imbrattato
dalle
labbra
di
una
generazione
!
Lungo
il
tragitto
è
avvenuta
una
delle
solite
scene
stomachevoli
di
questi
trasporti
.
Un
poveraccio
in
traduzione
si
sentiva
incalzato
da
una
urgenza
corporale
.
-
Signor
brigadiere
,
mi
faccia
smanettare
che
non
ne
posso
proprio
più
.
-
Fate
silenzio
o
vi
metterò
le
catene
ai
piedi
!
Sul
pavimento
della
celluccia
,
Sono
gli
anelli
infissi
nel
pavimento
per
incatenare
i
furiosi
o
i
pericolosi
o
i
prepotenti
.
Il
galeotto
turturato
dai
dolori
di
pancia
era
vicino
alla
mia
cella
.
Udivo
che
si
moveva
e
si
lamentava
.
Qualche
minuto
dopo
,
l
ambiente
era
pestifero
.
Il
miserabile
si
era
sgravato
come
aveva
potuto
.
Gli
inquilini
gli
diedero
dell
animale
a
braccio
di
panno
e
del
porco
senza
fine
,
ma
lui
si
difese
dicendo
che
si
fa
presto
a
rimproverare
quando
non
si
è
nella
stessa
condizione
.
I
discorsi
che
si
facevano
erano
noiosissimi
.
I
condannati
non
si
occupano
che
di
pane
,
di
reclusori
,
di
regolamenti
,
di
minestra
,
di
punizioni
,
di
guardie
buone
e
cattive
e
di
direttori
con
o
senza
peli
sullo
stomaco
.
Per
me
,
erano
però
discorsi
utilissimi
.
Perché
mi
rivelavano
la
vita
intima
del
detenuto
.
Il
mio
vis
-
à
-
vis
,
per
esempio
,
raccontava
che
le
giornate
di
traduzione
volevano
dire
,
per
loro
,
la
fame
completa
..
«
Di
solito
,
diceva
,
ci
si
fa
partire
dal
carcere
alle
quattro
antimeridiane
con
una
pagnotta
di
seicento
grammi
di
pane
stantio
,
e
nessuno
pensa
più
a
noi
se
non
all
indomani
per
darci
un
altra
pagnotta
e
rimetterci
in
viaggio
.
Se
la
si
dimenticasse
nel
vagone
o
la
si
perdesse
mentre
si
va
dall
omnibus
al
vagone
,
felicenotte
.
Bisognerebbe
rimanere
digiuni
fino
all
altra
distribuzione
.
Non
si
capisce
perché
il
trasloco
da
una
galera
all
altra
faccia
perdere
il
diritto
alla
minestra
.
«
La
gente
onesta
che
viaggia
tutto
il
giorno
,
quando
arriva
,
si
mette
a
tavola
e
si
ristora
con
dell
acqua
fresca
sulla
faccia
e
un
buon
pranzo
inaffiato
bene
.
Noi
galeotti
arriviamo
,
ci
si
registra
e
ci
si
chiude
in
una
stanzaccia
con
quattro
o
cinque
pagliericci
in
terra
.
Tutta
la
nostra
consolazione
è
un
secchio
d
acqua
nell
angolo
,
stato
riempito
magari
il
giorno
prima
.
Quando
sono
nel
penitenziario
ho
diritto
,
coi
miei
denari
,
a
una
spesa
di
cose
mangerecce
di
venticinque
centesimi
.
Perché
il
viaggio
mi
fa
perdere
questo
diritto
?
»
E
il
condannato
concluse
dicendo
che
le
giornate
di
traduzione
sono
,
per
il
ventre
del
recluso
,
le
più
desolanti
.
Lo
si
dimentica
.
A
Genova
ci
si
fece
discendere
dopo
che
il
treno
si
era
vuotato
.
Ci
dovevano
essere
,
col
nostro
,
altri
vagoni
cellulari
,
perché
la
«
catena
»
si
era
ingrossata
.
Potevamo
essere
una
cinquantina
,
compresa
una
reclusa
.
La
donna
,
che
aveva
le
mani
slegate
,
non
era
trattenuta
dal
giro
della
catena
comune
.
Ci
seguiva
.
Era
una
donna
brutta
,
bassotta
,
con
tanti
capelli
neri
e
con
le
labbra
sottili
della
sanguinaria
.
La
maggioranza
era
in
borghese
,
in
viaggio
per
la
casa
di
espiazione
.
I
reclusi
,
col
loro
abito
carnevalesco
,
colorivano
la
scena
,
e
i
galeotti
,
col
tintinnìo
della
catena
che
penzolava
loro
dal
fianco
,
la
intetravano
.
Tutti
assieme
,
circondati
da
un
nugolo
di
carabinieri
,
facevamo
paura
.
Sembravamo
il
rifiuto
delle
classi
sociali
.
Una
banda
di
ladri
e
di
assassini
stati
colti
con
le
mani
nel
sangue
delle
vittime
.
C
erano
grinte
che
facevano
rabbrividire
anche
me
che
vi
avevo
fatto
l
occhio
.
Fuori
della
stazione
ci
aspettava
una
folla
enorme
.
Passammo
tra
i
commenti
degli
spettatori
e
filammo
,
in
linea
,
per
tre
o
quattrocento
passi
,
fin
dove
ci
aspettavano
i
veicoli
.
Le
vetture
erano
meno
crudeli
delle
carrozze
cellulari
.
Erano
omnibus
lunghi
,
a
giardiniera
,
col
tendone
che
giungeva
a
filo
dell
orlo
del
veicolo
.
Col
tendone
legato
alla
sponda
,
non
potevamo
vedere
,
curvandoci
,
che
i
sassi
o
le
pietre
della
strada
e
il
lucido
del
mare
conturbato
quando
lo
rasentavamo
.
Eravamo
pigiati
,
quasi
l
uno
sull
altro
,
ma
rinfrescati
,
di
tanto
in
tanto
,
da
una
buffata
d
aria
marina
.
L
impressione
che
si
subiva
era
però
più
spaventevole
di
quella
di
essere
chiusi
nel
carrozzone
cellulare
.
Perché
quando
il
veicolo
passava
sui
sassi
metteva
in
rivoluzione
le
budella
e
quando
sterzava
pareva
che
stesse
per
riversarci
nella
via
sottostante
o
nel
mare
.
A
un
certo
punto
,
i
cavalli
smisero
il
trotto
.
La
salita
era
divenuta
faticosa
e
i
vetturali
facevano
schioccare
la
frusta
.
Nessuno
dei
miei
colleghi
aveva
mai
fatto
tappa
al
carcere
giudiziario
di
Genova
e
così
nessuno
sapeva
se
era
lontano
o
vicino
.
Dalla
salita
,
credevamo
tutti
che
fosse
fuori
,
lontano
qualche
miglio
dalla
cinta
cittadina
.
Mentre
si
facevano
queste
supposizioni
,
sentimmo
le
voci
che
fermarono
i
cavalli
.
..
La
discesa
fu
più
difficile
.
Uscendo
dal
buio
,
col
fagotto
nella
mano
legata
con
l
altra
,
e
la
catena
intorno
all
ascella
tirata
da
quelli
che
precedono
e
seguono
,
si
mette
il
piede
sul
predellino
con
la
paura
di
scavigliare
o
di
ruzzolare
sul
selciato
.
Nella
luce
dei
lampioni
foschi
e
delle
fiamme
libere
dei
becchi
a
gas
delle
botteghe
che
sembravano
cave
,
ero
come
disorientato
.
Ci
volle
uno
strappo
di
catena
per
convincermi
che
facevo
parte
del
convoglio
di
galera
.
La
via
era
ripida
e
tortuosa
.
Si
saliva
lentamente
e
si
passava
attraverso
ondate
di
luce
sfacciata
.
La
gente
del
quartiere
non
sembrava
interessata
di
una
«
catena
»
che
indubbiamente
assomigliava
alle
altre
degli
altri
giorni
.
Le
donne
rimanevano
sedute
in
terra
dinanzi
la
porta
delle
loro
abitazioni
o
sul
gradino
all
entrata
dei
loro
negozi
,
e
gli
uomini
,
in
manica
di
camicia
,
continuavano
a
pipare
e
a
chiacchierare
tra
di
loro
senza
degnarci
di
un
occhiata
.
Carichi
del
fagotto
,
con
la
catenella
che
tirava
ora
indietro
e
ora
innanzi
,
si
saliva
sudando
.
Al
secondo
svolto
di
via
,
incontrammo
due
portatrici
con
due
pesi
enormi
sul
capo
che
facevano
tremolare
i
loro
fianchi
possenti
.
Non
abituato
a
vedere
le
teste
femminili
calcate
alla
superficie
da
un
quintale
di
roba
,
mi
parve
di
passare
attraverso
un
popolo
barbaro
che
delle
donne
facesse
dei
ronzini
.
Arrivai
in
faccia
a
un
portone
spalancato
e
sormontato
dallo
stemma
del
carcere
giudiziario
,
con
la
lingua
che
penzolava
dai
denti
come
quella
di
un
cane
.
Ero
digiuno
,
con
la
bocca
secca
.
La
lingua
mi
sembrava
un
pezzo
di
carne
dalla
pelle
ruvida
in
bocca
come
un
castigo
.
A
sinistra
dell
entrata
,
era
un
tubetto
di
ottone
che
usciva
arcuato
dal
muro
e
lasciava
cadere
una
colonnuccia
d
acqua
.
Il
rumore
della
caduta
sulla
pietra
decompose
la
catena
.
Malgrado
gli
ordini
imperiosi
dei
carabinieri
che
avevano
fretta
di
sbarazzarsi
di
noi
per
andare
a
cena
,
nessuno
volle
muoversi
prima
di
essersi
saziato
di
acqua
fresca
.
Quando
venne
la
mia
volta
,
rimasi
disilluso
.
Per
la
mia
bocca
,
era
un
acqua
di
un
sapore
marcioso
.
Dopo
una
risciacquata
e
una
golata
,
la
buttai
in
terra
come
se
fosse
stato
un
liquido
avvelenato
.
Puah
!
Lo
smanettamento
,
la
consegna
delle
buste
coi
denari
e
la
registrazione
dei
detenuti
durò
una
buona
mezz
ora
.
I
viaggiatori
sembravano
stracchi
morti
.
Nessuno
diceva
una
parola
.
Qualcuno
sbocconcellava
la
pagnotta
e
qualche
altro
rimaneva
in
piedi
.
Io
fui
l
ultimo
,
perché
mi
ero
posto
dietro
tutti
,
sulla
panca
in
giro
dello
stanzone
immenso
.
Mi
si
conosceva
di
nome
e
questo
mi
suscitava
la
speranza
che
avrei
potuto
indurli
a
farmi
comperare
qualche
vivanda
per
la
cena
.
Ma
era
troppo
tardi
.
Erano
quasi
le
nove
.
E
i
detenuti
,
a
quest
ora
,
dovevano
avere
la
pancia
piena
.
Se
avessero
potuto
aiutarmi
,
lo
avrebbero
fatto
volentieri
.
La
sola
cosa
,
che
potevano
fare
per
me
,
era
di
mettermi
in
una
stanza
solo
e
di
offrirmi
un
bicchiere
d
acqua
fresca
con
del
limone
del
loro
fiasco
.
Accettai
tutto
con
dei
grazie
e
mi
lasciai
condurre
di
sopra
da
un
secondino
che
mi
aperse
e
mi
chiuse
in
una
stanza
.
Delle
cimici
che
divoravano
il
soffitto
,
annerivano
le
pareti
e
muovevano
il
pagliericcio
,
ho
già
parlato
.
ANNA
KULISCIOFF
È
una
donna
nuova
.
Imbevuta
di
idee
proibite
,
uscì
dalla
società
dello
zar
come
una
rivoltosa
che
non
ha
paura
di
stroncare
i
legami
che
la
legano
al
mondo
pieno
di
pregiudizi
e
di
ingiustizie
.
Fortificata
dall
esempio
delle
nichiliste
delle
classi
superiori
del
suo
tempo
,
le
quali
abbandonavano
la
casa
patema
come
le
mogli
del
teatro
di
Ibsen
abbandonano
la
casa
maritale
,
Anna
Kuliscioff
,
consumato
il
periodo
della
propaganda
pratica
per
la
campagna
russa
,
si
avviò
verso
l
esilio
,
con
l
anima
piena
di
negazioni
,
con
la
fede
nell
avvenire
,
determinata
a
compiere
la
sua
evoluzione
intellettuale
in
mezzo
alla
gente
latina
in
lotta
per
la
rigenerazione
sociale
.
La
Kuliscioff
è
stata
la
prima
nichilista
che
ho
conosciuto
.
Le
venni
presentato
da
Benoit
Malon
,
a
Lugano
,
quando
il
comunardo
scriveva
,
se
mi
ricordo
bene
,
la
Revue
Socialiste
,
l
organo
massimo
,
in
allora
,
delle
alte
intelligenze
dell
emigrazione
rivoluzionaria
.
La
Kuliscioff
poteva
essere
intorno
ai
venti
anni
.
Mi
parve
una
vergine
slava
.
Con
una
testa
da
madonna
,
con
la
carnagione
bianca
imporporata
di
salute
,
con
le
trecce
lunghe
,
di
un
biondo
luminoso
,
per
le
spalle
,
mi
faceva
pensare
alle
donne
graziose
dei
preraffaelliti
che
in
quei
giorni
ammiravo
come
uno
narcotizzato
dai
loro
colori
.
Malon
parlava
,
e
io
mi
perdevo
negli
occhi
della
nichilista
,
inondati
di
quella
malinconia
che
va
al
cuore
come
una
nota
soave
,
al
punto
da
farmi
riprendere
da
una
voce
grave
-
una
voce
che
mi
insegnava
che
un
socialista
non
deve
contemplare
una
signorina
viva
come
si
farebbe
con
una
figura
sulla
tela
.
Seppi
dopo
molte
cose
di
lei
.
Della
sua
agitazione
,
dei
suoi
studi
,
della
sua
prigionia
,
del
suo
sfratto
dall
Italia
,
dei
suoi
amori
,
della
Rivista
Internazionale
del
Socialismo
ch
essa
pubblicava
con
Costa
,
della
nascita
della
sua
Andreina
,
delle
sue
tribolazioni
,
della
sua
laurea
di
dottora
,
della
sua
unione
con
Turati
,
della
sua
malattia
crudele
,
ma
non
la
vidi
più
che
nel
95
,
cooperatrice
e
collaboratrice
della
Critica
Sociale
.
Nel
78
il
mio
pensiero
si
genufletteva
alla
bellezza
.
Oggi
,
esso
si
inchina
alla
pensatrice
.
Migliaia
di
donne
,
in
mezzo
agli
uragani
della
sua
esistenza
fortunosa
,
sarebbero
naufragate
cento
volte
.
Anna
Kuliscioff
è
sempre
rimasta
in
faccia
alle
procelle
come
una
sfida
.
Dagli
avvenimenti
che
volevano
inghiottirla
,
usciva
sempre
più
forte
,
più
saggia
,
più
preparata
a
sgomberare
la
società
del
passato
per
far
largo
all
avvenire
.
Neppure
la
sua
malattia
implacabile
seppe
vincerla
.
Di
tanto
in
tanto
si
diffonde
,
tra
gli
amici
,
una
notizia
funebre
.
La
Kuliscioff
sta
male
-
la
Kuliscioff
ha
poco
da
vivere
-
la
Kuliscioff
è
in
fine
di
vita
.
E
poi
non
se
ne
sa
più
nulla
.
Non
si
parla
più
del
suo
male
implacabile
.
La
si
rivede
,
con
la
sigaretta
in
bocca
,
al
tavolino
dell
amministrazione
o
della
redazione
a
lavorare
come
una
negra
.
Avveniva
,
su
per
giù
,
la
stessa
cosa
con
la
Harriet
Martineau
-
la
grande
giornalista
inglese
del
tempo
chartista
.
Questa
collaboratrice
del
Daily
News
era
così
sicura
di
essere
agli
sgoccioli
della
vita
,
che
in
un
momento
disperato
si
mise
a
scrivere
la
propria
autobiografia
,
incominciando
dall
ultimo
capitolo
per
paura
di
non
finirla
.
La
Martineau
ebbe
tempo
di
completarla
e
di
lasciarla
negli
armadi
dell
editore
per
venti
anni
.
Per
venti
anni
i
suoi
amici
si
aspettavano
,
ogni
mattina
,
di
leggere
nei
giornali
la
fine
della
giornalista
che
ha
prodotto
più
di
ogni
altro
uomo
del
suo
tempo
(
)
.
Nel
98
è
capitato
alla
Kuliscioff
quello
che
un
secolo
prima
era
capitato
a
madame
Roland
.
Di
vedersi
svegliata
all
alba
dagli
agenti
di
pubblica
sicurezza
e
di
andarsene
in
prigione
nella
vestaglia
.
Nelle
poche
parole
ch
essa
pronunciò
dinanzi
il
Tribunale
militare
è
tutta
la
donna
che
ho
presentato
.
Compendiano
il
suo
cuore
,
la
sua
modestia
e
il
suo
carattere
.
Leggetele
,
vi
troverete
la
indifferenza
tragica
per
tutto
ciò
che
riguarda
l
imputata
-
la
serenità
della
martire
che
crede
,
che
persiste
a
credere
,
che
crederà
sempre
che
nel
socialismo
sia
la
rigenerazione
sociale
.
«
La
mia
azione
nel
partito
socialista
era
molto
limitata
e
molto
modesta
.
Se
verranno
fuori
dei
fatti
a
mio
carico
io
ne
assumo
fin
d
ora
la
responsabilità
.
Io
sono
socialista
da
quasi
25
anni
,
ma
in
Italia
non
feci
nessuna
propaganda
,
sia
per
una
certa
delicatezza
verso
un
paese
presso
il
quale
sono
ospitata
,
sia
per
la
paura
di
essere
sfrattata
.
Io
sono
poi
invalida
da
un
anno
,
e
sono
obbligata
a
rimanere
sempre
in
casa
.
In
questa
condizione
come
volete
che
io
sia
in
caso
di
fare
propaganda
?
»
In
letteratura
io
e
la
Kuliscioff
siamo
divisi
da
un
abisso
.
Ella
,
se
l
ho
capita
bene
,
sente
ancora
dell
affezione
per
la
vita
romanzesca
intessuta
dalla
fantasia
dell
autore
e
drappeggiata
nella
fraseologia
che
non
lascia
esalare
i
cattivi
odori
dell
ambiente
.
Io
sono
più
rude
.
Spalanco
tutte
le
porte
,
discendo
in
qualunque
fogna
e
mi
servo
del
linguaggio
dei
personaggi
che
riproduco
.
Il
mio
temperamento
mi
trascina
ad
essere
sincero
in
ogni
manifestazione
della
vita
senza
preoccuparmi
se
farò
smettere
di
leggere
o
chiudere
il
libro
anche
agli
amici
che
mi
vogliono
bene
.
La
ragione
di
questo
nostro
dissenso
letterario
è
che
in
fondo
alla
Kuliscioff
è
rimasto
un
po
d
idealismo
e
un
po
di
misticismo
.
Ella
dà
la
preferenza
al
libro
che
lascia
vivere
qualche
illusione
e
che
non
svergina
o
smaga
brutalmente
chi
legge
,
e
crede
alla
immortalità
dell
anima
.
Non
mi
meraviglierei
domani
di
saperla
spiritista
.
Sul
terreno
delle
questioni
economiche
essa
torreggia
.
E
il
futuro
storico
del
socialismo
italiano
lascerebbe
un
gran
vuoto
nel
suo
lavoro
s
egli
non
ci
dicesse
l
influenza
che
questa
donna
ha
esercitato
sul
movimento
di
quest
ultimi
venti
anni
.
Nel
resto
la
Kuliscioff
è
donna
capace
di
grandi
amori
e
di
odii
inestinguibili
(
)
.
GLI
ULTIMI
GIORNI
DEI
DEPUTATI
E
DEI
GIORNALISTI
AL
CELLULARE
Turati
,
De
Andreis
,
Romussi
,
Federici
e
Valera
si
sono
riveduti
,
dopo
tante
noie
,
con
dei
baci
,
degli
abbracci
e
delle
strette
di
mano
,
nel
cellone
esagonale
B
,
numero
2
,
del
secondo
raggio
.
Gli
ultimi
tre
erano
giunti
dal
reclusorio
di
Finalborgo
e
i
due
deputati
erano
ancora
sbalorditi
dai
dodici
anni
di
reclusione
che
aveva
inflitto
loro
il
Tribunale
militare
.
La
loro
vita
era
piuttosto
agitata
.
Si
alzavano
,
alla
mattina
,
mezz
ora
prima
dell
alba
e
ciascheduno
nella
propria
cella
,
dopo
il
caffè
,
si
metteva
al
lavoro
.
Turati
aveva
sempre
un
mucchio
di
lettere
da
scrivere
e
un
numero
infinito
di
Riviste
da
leggere
;
Romussi
,
il
quale
sdrucciolava
dal
letto
sempre
di
buon
umore
,
era
sommerso
nelle
opere
di
Carlo
Cattaneo
;
del
quale
stava
facendo
uno
studio
;
De
Andreis
,
l
uomo
che
non
pensava
mai
alla
condanna
,
aveva
del
lavoro
fin
sopra
i
capelli
.
Leggeva
dei
poeti
inglesi
,
tedeschi
e
francesi
-
tre
lingue
ch
egli
deve
sapere
benissimo
-
,
studiava
o
piuttosto
correggeva
il
suo
latino
con
lo
Schultz
alla
mano
e
dedicava
parecchie
ore
a
un
lavoro
di
elettricità
che
deve
avere
veduto
la
luce
prima
che
gli
abbiano
spalancate
le
porte
del
reclusorio
di
Alessandria
.
Federici
si
nutriva
di
storia
e
negli
intervalli
rileggeva
l
opera
massima
di
Giuseppe
Ferrari
,
del
quale
è
sempre
stato
ammiratore
fervente
.
Valera
studiava
o
fingeva
di
studiare
il
tedesco
e
passava
attraverso
la
Social
England
di
Traill
-
volumi
che
incominciano
col
Conquistatore
e
finiscono
col
regno
della
regina
Vittoria
,
e
dànno
una
pittura
esatta
della
vita
intima
e
pubblica
di
un
popolo
che
non
ha
più
freni
né
per
la
penna
del
giornale
e
del
libro
né
per
la
lingua
della
piattaforma
.
Alle
otto
antimeridiane
,
si
trovavano
tutti
nel
raggio
del
passeggio
-
un
raggio
angustissimo
-
si
davano
il
buon
giorno
,
si
dicevano
se
avevano
dormito
bene
o
male
-
la
maggioranza
pativa
di
insonnia
-
si
comunicavano
le
notizie
portate
loro
dalle
ultime
visite
e
dalle
ultime
lettere
e
poi
incominciavano
la
conversazione
,
la
quale
era
sempre
interessante
anche
quando
,
per
ridere
,
discutevano
della
possibilità
di
una
evasione
,
citando
quelle
storiche
di
Napoleone
III
,
di
Rochefort
,
dei
prigionieri
politici
della
monarchia
di
luglio
,
di
Krapotkine
,
di
Bakunine
,
ecc
.
,
ecc
.
Ritornavano
in
cella
a
lavorare
per
un
paio
d
ore
e
poi
,
alle
undici
,
ciascheduno
usciva
con
la
sedia
,
col
tovagliolo
,
con
la
forchetta
e
col
cucchiaio
di
legno
e
andava
a
far
colazione
nel
cellone
turatiano
.
La
loro
colazione
alla
forchetta
era
modestissima
.
Quando
non
ordinavano
il
risotto
alla
certosina
o
la
polenta
col
fegato
in
comune
,
Romussi
mangiava
i
tagliatelli
al
sugo
e
la
costoletta
coll
osso
,
Turati
un
piatto
di
carne
e
due
uova
strapazzate
,
De
Andreis
vi
aggiungeva
un
po
di
gorgonzola
,
Federici
faceva
precedere
al
pollo
o
al
fegato
la
zuppa
alla
pavese
e
Valera
alternava
le
uova
al
tegame
con
la
pasta
al
burro
ben
cotta
.
La
discussione
si
animava
bevendo
qualche
bicchiere
di
vino
buono
delle
bottiglie
che
mandavano
gli
amici
,
mangiando
dei
dolci
che
inviavano
la
mamma
di
Turati
,
o
la
signora
di
Federici
o
di
Romussi
-
e
fumando
le
sigarette
che
trovavano
un
po
dappertutto
.
Qualche
volta
capitavano
loro
,
durante
la
giornata
,
dei
cestelli
di
frutta
fresca
,
dei
panettoni
che
obbligavano
De
Andreis
a
mettere
sul
tavolo
la
bottiglia
di
barolo
che
Turati
dimenticava
nell
angolo
.
Il
deputato
di
Milano
non
voleva
mai
bere
.
Egli
diceva
che
gli
astemi
vivono
più
a
lungo
e
sani
come
corni
.
Ma
si
insisteva
e
lui
beveva
,
versandoselo
in
gola
come
una
medicina
che
gli
faceva
stralunare
gli
occhi
.
Il
discorso
eterno
era
la
Cassazione
che
li
teneva
sugli
aghi
.
Ma
facciano
presto
!
Mandateci
in
galera
,
dicevano
,
ma
,
fate
presto
in
nome
di
Dio
!
Nessuno
si
lasciava
cullare
dalla
speranza
che
i
magistrati
dall
alto
tribunale
avrebbero
accolto
il
ricorso
.
Tuttavia
,
quando
andava
Majno
a
trovare
qualcuno
di
loro
,
rinasceva
la
discussione
con
un
po
di
fede
.
-
Me
l
ha
detto
lui
adesso
!
Egli
si
crede
,
legalmente
,
in
una
botte
di
ferro
.
-
Volete
che
Majno
non
sappia
quello
che
dice
?
De
Andreis
faceva
il
suo
solito
risolino
e
voltava
le
pagine
del
libro
che
aveva
fra
le
mani
.
Per
lui
,
erano
chiacchiere
inutili
.
E
si
metteva
a
sviluppare
il
suo
programma
di
condannato
a
dodici
anni
con
una
indifferenza
che
faceva
scappare
la
pazienza
a
Turati
,
il
quale
non
voleva
assolutamente
diventare
un
eroe
della
casa
di
pena
.
Dodici
anni
sono
lunghi
,
eterni
,
sono
la
vita
di
un
uomo
!
È
un
errore
,
aggiungeva
il
Turati
,
credere
che
si
possa
lavorare
serenamente
in
queste
condizioni
,
quando
si
manca
di
tutto
,
quando
si
deve
vivere
in
un
buco
ove
si
soffoca
d
estate
e
si
gela
d
inverno
,
con
venticinque
centesimi
al
giorno
!
Romussi
metteva
sul
tappeto
la
questione
del
viaggio
.
Egli
,
che
si
ricordava
del
vagone
cellulare
che
lo
aveva
condotto
a
Finalborgo
con
degli
scotimenti
di
testa
,
vedeva
avvicinarsi
il
giorno
della
partenza
con
orrore
.
Gli
rincresceva
di
lasciarsi
chiudere
in
quella
specie
di
cassa
da
morto
.
Ma
non
avrebbe
ceduto
.
No
,
non
avrebbe
ceduto
!
Se
il
Governo
voleva
disonorarsi
,
tanto
peggio
per
lui
.
E
andava
sotto
la
finestra
a
dare
delle
puntate
di
scarpa
nel
muro
.
-
No
,
no
,
e
poi
no
!
non
mi
lascerò
commuovere
dalle
lagrime
di
mia
moglie
e
di
mia
figlia
.
Non
voglio
andare
nel
vagone
a
mie
spese
per
salvare
Pelloux
dall
infamia
di
trattare
i
giornalisti
come
delinquenti
comuni
!
-
Ci
lasceremo
tagliare
i
baffi
e
indossare
l
abito
del
recluso
?
La
Kuliscioff
,
che
Turati
vedeva
spesso
nella
stanza
dei
colloqui
speciali
,
era
determinata
a
sostenere
una
battaglia
in
favore
dell
abito
del
condannato
politico
.
Essa
aveva
già
detto
al
capoguardia
che
nessuna
guardiana
avrebbe
osato
metterle
le
mani
addosso
per
farle
indossare
la
veste
abbominevole
della
reclusa
.
Federici
non
ne
era
molto
interessato
.
Egli
diceva
che
non
si
disonoravano
i
condannati
politici
indossando
la
toletta
del
condannato
comune
.
Sono
quelli
che
la
impongono
loro
che
si
disonorano
.
La
preoccupazione
sua
era
piuttosto
se
si
dovesse
lasciare
sola
la
Kuliscioff
a
sostenere
la
lotta
per
l
abito
.
Valera
ricordava
che
anche
i
deputati
irlandesi
,
ai
tempi
delle
ultime
leggi
eccezionali
,
erano
divisi
su
questa
questione
.
Il
più
accanito
fu
O
Brien
-
l
ex
direttore
dell
United
Ireland
.
Egli
la
considerava
una
grande
battaglia
politica
e
la
sostenne
non
lasciandosi
svestire
che
dopo
lotte
disperate
tra
lui
e
gli
aguzzini
di
Kilmainham
-
prigione
di
Dublino
.
Ci
vollero
otto
carcerieri
a
strappargli
la
giacca
ed
il
panciotto
.
E
i
calzoni
,
otto
giorni
.
Egli
stette
otto
giorni
in
cella
,
in
camicia
,
senza
coperta
e
senza
pagliericcio
d
inverno
,
a
costo
di
crepare
di
freddo
e
di
starnuti
.
Ma
poi
ha
dovuto
finire
per
lasciarsi
vestire
come
gli
altri
.
Mandéville
,
il
quale
ha
voluto
imitarlo
,
è
uscito
sconquassato
dai
pugni
ed
è
morto
.
E
gli
altri
deputati
-
Hooper
,
Sheehy
e
Carew
-
che
non
hanno
resistito
come
O
Brien
,
dopo
il
pugilato
in
carcere
,
non
sono
stati
più
loro
.
Anche
al
Parlamento
non
si
son
fatti
più
sentire
che
come
votanti
.
L
amico
Michele
Davitt
,
che
è
ora
alla
Camera
dei
Comuni
ed
è
stato
alla
servitù
penale
,
come
feniano
,
per
sette
anni
,
non
dava
alcuna
importanza
agli
sforzi
di
O
Brien
.
Mi
raccontava
che
era
del
tempo
sciupato
.
L
Irlanda
aveva
altro
da
fare
che
occuparsi
dei
calzoni
di
O
Brien
!
A
mano
a
mano
che
si
avvicinavano
alla
decisione
della
Cassazione
,
i
colloqui
si
succedevano
ai
colloqui
in
un
modo
straordinario
.
Erano
parenti
,
amici
,
compagni
di
lavoro
che
andavano
al
Cellulare
come
in
processione
.
Pei
condannati
,
era
uno
strazio
.
Passavano
da
un
abbraccio
all
altro
commossi
della
commozione
altrui
.
Toccava
ai
condannati
far
coraggio
ai
visitatori
!
Il
Turati
risaliva
qualche
volta
sfatto
.
-
È
un
supplizio
.
A
momenti
,
mi
facevano
piangere
!
Romussi
,
più
di
una
volta
,
entrava
nel
cellone
colle
lagrime
negli
occhi
.
Federici
rientrava
e
si
metteva
a
passeggiare
colle
mani
imbracciate
.
De
Andreis
invece
si
toglieva
la
giacca
-
lui
non
stava
mai
che
in
maniche
di
camicia
-
la
metteva
con
cura
sul
letto
di
Turati
,
accendeva
una
sigaretta
e
ricominciava
a
mandare
a
memoria
delle
declinazioni
latine
!
Il
giorno
in
cui
si
seppe
l
esito
della
Cassazione
mangiarono
con
maggior
appetito
senza
punto
discuterlo
.
Lo
sapevano
anche
prima
.
Il
ricorso
per
loro
non
era
stato
che
un
modo
per
guadagnar
tempo
e
per
aderire
alla
volontà
dei
parenti
e
degli
amici
che
volevano
che
si
andasse
fino
in
fondo
.
Il
dolore
comune
erano
le
centocinquanta
lire
!
-
Queste
sì
,
disse
De
Andreis
,
che
sono
state
sciupate
!
-
Rubate
!
dicevo
io
.
Dopo
la
parola
della
Cassazione
fu
davvero
una
pena
.
Nessuno
era
riuscito
a
dir
loro
il
giorno
della
partenza
e
ogni
sera
si
separavano
coll
ambascia
di
non
rivedersi
più
per
del
tempo
.
-
Ci
manderanno
assieme
?
Turati
aveva
una
pallida
speranza
di
rimanere
al
Cellulare
con
la
compagna
della
sua
vita
o
di
andare
a
Pallanza
,
dove
la
sua
buona
mamma
avrebbe
potuto
andarlo
a
vedere
di
tanto
in
tanto
senza
fare
un
lungo
viaggio
.
Romussi
aveva
paura
di
ritornare
a
Finalborgo
,
un
luogo
maledettamente
umido
,
lontano
da
Milano
,
ove
gli
sarebbero
ritornati
i
dolori
artritici
.
Federici
era
considerato
il
fortunato
dei
fortunati
.
Lui
aveva
già
scontato
quattro
mesi
dei
dodici
che
gli
avevano
appioppati
e
lo
avrebbero
lasciato
a
Milano
,
senza
dubbio
,
a
far
compagnia
al
Maffi
,
il
quale
era
entrato
a
fare
il
sesto
nel
cellone
da
pochi
giorni
.
Forse
non
lo
si
sarebbe
neppure
galeottizzato
.
-
Te
fortunato
!
gli
dicevano
.
Di
giorno
in
giorno
,
ne
passarono
dodici
.
Dodici
giorni
di
ansie
crudeli
.
Facevano
il
pacco
alla
sera
,
dopo
essersi
salutati
con
un
abbraccio
fraterno
,
e
lo
sfacevano
alla
mattina
,
ricominciando
il
lavoro
di
suggestionarsi
l
un
l
altro
.
L
ultima
sera
,
disperati
di
non
partire
mai
e
determinati
a
non
pensare
più
alla
partenza
,
si
proposero
di
mangiare
tutti
assieme
il
pollo
alla
cacciatora
.
-
Allora
,
disse
Romussi
,
vedrete
che
ci
manderanno
via
.
Il
pollo
alla
cacciatora
è
sempre
stato
l
ordine
di
partenza
.
In
Castello
abbiamo
ordinato
il
pollo
alla
cacciatora
e
ci
hanno
fatto
partire
prima
di
mangiarlo
.
Lo
abbiamo
comandato
a
Finalborgo
e
ci
hanno
rinviati
a
Milano
.
Alle
due
e
mezzo
della
notte
del
4
settembre
il
capoguardia
andò
nelle
celle
dei
condannati
politici
a
dir
loro
di
alzarsi
in
fretta
che
si
doveva
partire
.
Alle
tre
si
trovavano
nell
ottagono
Romussi
,
De
Andreis
,
Federici
e
Valera
.
La
cella
di
Turati
era
illuminata
.
Vennero
ammanettati
e
cellularizzati
nell
omnibus
che
li
aspettava
.
Alla
stazione
centrale
si
fecero
prima
uscire
De
Andreis
e
Romussi
.
Quando
discesero
dal
predellino
della
vettura
Valera
e
Federici
,
gli
altri
due
erano
scomparsi
.
Turati
lo
si
fece
partire
per
Pallanza
mezz
ora
dopo
,
in
un
omnibus
piccolo
,
che
lo
aspettava
nello
stesso
cortile
.
Egli
si
era
portato
via
il
materiale
per
scrivere
un
libro
sul
socialismo
italiano
.
Ma
poi
,
ricordatosi
della
sua
idea
fissa
,
che
in
galera
non
si
scrive
,
smise
l
idea
per
rimpinzarsi
di
libri
.
LA
«
COLOMBA
»
E
IL
LINGUAGGIO
DEI
DETENUTI
La
«
colomba
»
e
il
linguaggio
dei
detenuti
non
si
possono
capire
bene
che
dopo
sei
mesi
di
cella
in
una
casa
di
pena
o
in
un
carcere
giudiziario
,
dove
la
voce
degli
inquilini
è
perseguitata
dalle
punizioni
che
macerano
lo
stomaco
e
riducono
in
una
tana
sotterranea
come
tanti
animali
.
Una
volta
che
siete
passati
attraverso
questo
periodo
di
segregazione
completa
,
con
le
guardie
di
custodia
quasi
sempre
in
agguato
per
sorprendervi
in
flagrante
violazione
del
regolamento
,
voi
entrate
nel
periodo
di
adattamento
e
incominciate
a
imparare
tutte
le
astuzie
che
vi
aiutano
a
modificare
la
disciplina
antisociale
che
impera
nell
ambiente
dei
reclusi
.
La
preparazione
alla
vita
carceraria
,
nell
isolamento
senza
interruzione
,
vi
ha
resi
più
sensibili
.
La
caduta
di
un
fazzoletto
vi
fa
trasalire
come
il
chiavone
che
entri
nella
toppa
.
Ci
sono
momenti
in
cui
vi
pare
di
poter
sentire
le
pulsazioni
del
cuore
degli
individui
che
abitano
ai
fianchi
della
vostra
abitazione
.
L
udito
vi
si
raffina
in
un
modo
che
nessuna
zampa
di
gatto
può
avvicinarsi
all
uscio
a
vostra
insaputa
.
A
furia
di
ascoltare
le
pedate
dell
individuo
che
vi
passeggia
sulla
testa
,
siete
in
grado
di
distinguere
il
suo
stato
d
animo
,
di
indovinare
quando
il
suo
pensiero
è
tranquillo
o
rassegnato
o
quand
esso
è
sottosopra
o
imperversa
per
il
suo
cervello
come
una
tempesta
.
Un
addio
sommesso
,
uscito
da
una
di
quelle
buche
che
chiamano
finestre
,
vi
giunge
all
orecchio
con
tutti
i
larghi
della
voce
squillante
e
sonora
.
L
alito
diventa
,
per
il
recluso
,
un
suono
;
che
va
giù
a
remigarvi
nell
anima
come
un
notturno
tenero
ed
elegiaco
di
Chopin
.
Dotati
di
questa
percezione
,
voi
sentite
nell
aria
la
voce
di
un
sepolto
come
un
armonia
lamentosa
uscita
da
un
organo
toccato
da
una
mano
raffinata
.
È
lui
che
chiama
in
aiuto
la
vostra
«
colomba
»
,
perché
ha
bisogno
di
sapere
o
di
comunicarvi
una
notizia
,
perché
i
crampi
del
suo
stomaco
lo
obbligano
a
cercarvi
un
tozzo
della
vostra
pagnotta
,
perché
ha
una
voglia
matta
di
accendere
la
pipa
o
il
sigaro
,
o
perché
desidera
farvi
leggere
un
giornale
che
gli
è
riuscito
di
avere
per
la
via
della
via
.
La
«
colomba
»
è
una
funicella
o
un
attorcigliamento
di
stracci
,
di
striscie
di
fazzoletti
o
di
camicie
,
o
di
liste
di
lana
o
di
panno
sfilacciate
.
Tutto
è
buono
,
purché
si
riesca
a
mettere
assieme
una
specie
di
corda
lunga
tre
piani
di
Cellulare
.
Per
coloro
che
sono
condannati
in
un
carcere
giudiziario
e
quindi
senza
biancheria
propria
,
la
«
colomba
»
diventa
un
problema
che
non
può
sciogliere
che
la
pazienza
o
qualche
detenuto
sotto
processo
capace
di
regalarvi
il
materiale
per
farla
.
Con
la
pazienza
potete
rarefare
il
tessuto
della
coperta
-
del
letto
,
del
pagliericcio
,
dell
asciugamano
,
del
fazzoletto
e
magari
degli
abiti
che
indossate
.
Una
volta
che
siete
padroni
di
una
«
colomba
»
,
voi
potete
mettervi
tra
i
prigionieri
,
diremo
così
,
agiati
.
Voi
possedete
un
tesoro
che
vi
permette
di
comunicare
con
tutte
le
finestre
della
facciata
dell
edificio
che
vi
ospita
e
delle
facciate
degli
altri
raggi
congiunti
col
vostro
.
Mi
spiego
con
un
esempio
.
Supponete
che
io
occupi
una
cella
al
primo
piano
di
un
ambiente
di
cento
finestre
.
Le
finestre
sentono
dell
aguzzino
.
Vedute
all
esterno
,
sembrano
grandi
buche
da
lettere
incorniciate
in
un
rialzo
di
granito
.
All
interno
,
spaventano
il
novizio
.
Hanno
l
inferriata
staccata
dal
pietrone
che
si
protende
in
fuori
e
impedisce
di
vedere
le
altre
finestre
e
di
agguantare
la
funicella
che
penzolasse
dinanzi
.
Io
ho
un
solfanello
e
tutti
gli
altri
miei
colleghi
della
mala
vita
vogliono
fumare
.
Il
solfanello
del
buon
prigioniero
deve
sempre
essere
di
legno
.
Con
uno
spillo
,
del
quale
un
vecchio
frequentatore
di
carcere
deve
essere
munito
,
a
costo
di
nasconderselo
nella
pelle
,
lo
apro
in
quattro
.
Metto
i
tre
quarti
nel
ripostiglio
più
recondito
della
cella
,
e
mi
servo
dell
altro
per
accendere
un
po
di
lisca
ravvolta
in
un
mucchietto
di
filacce
per
impedirgli
di
divampare
.
Con
poco
solfo
sulla
capocchia
,
sarei
un
cretino
se
mi
dimenticassi
dell
esperienza
dei
miei
colleghi
.
La
quale
è
che
non
si
deve
mai
passare
allo
sfregamento
senza
prima
avere
strofinato
ben
bene
un
bottone
di
metallo
o
un
chiodo
delle
scarpe
o
un
legno
qualunque
.
Sfregando
leggermente
sulla
parte
calda
o
infocata
voi
potete
scommettere
che
farete
pipare
tutti
.
I
miei
amici
del
Cellulare
sono
tutti
pronti
e
non
aspettano
che
il
segnale
,
che
può
essere
uno
starnuto
,
o
un
colpo
di
tosse
,
o
anche
una
battuta
di
mano
.
Accendo
il
mio
virginia
,
tossisco
,
metto
fuori
dalla
finestra
la
scopetta
e
aspetto
la
fune
dalla
finestra
del
terzo
piano
perpendicolare
alla
mia
.
Tutto
ciò
avviene
in
un
modo
rapidissimo
.
Alla
estremità
della
«
colomba
»
è
un
peso
o
un
sasso
nel
sacchetto
o
nel
mucchietto
di
cenci
.
Lo
tiro
a
me
con
la
scopetta
,
vi
lego
il
sacchetto
con
la
lisca
che
fumacchia
internamente
adagio
adagio
,
sale
,
si
ferma
alla
seconda
finestra
ove
è
atteso
,
riprende
la
via
e
scompare
nella
cella
di
colui
che
mi
ha
lasciato
giù
la
fune
.
Costui
se
ne
serve
e
poi
getta
il
sacchetto
attaccato
alla
fune
sulla
scopetta
della
cella
a
fianco
.
È
questo
il
movimento
più
difficile
della
«
colomba
»
..
Ma
la
mano
abituata
vi
riesce
al
primo
colpo
.
Il
compagno
che
l
ha
presa
ne
stacca
il
sacchetto
dalla
funicella
che
viene
ritirata
,
lo
appende
alla
sua
«
colomba
»
,
se
ne
serve
e
lo
lascia
cadere
dalla
prima
alla
seconda
finestra
,
ove
sosta
come
accenditoio
e
riprende
la
discesa
per
fermarsi
alla
terza
finestra
dove
avviene
la
stessa
operazione
di
staccarlo
da
una
«
colomba
»
per
attaccarlo
a
un
altra
e
gettarlo
sullo
scopino
della
finestra
a
fianco
.
Mi
sono
servito
dell
esempio
più
difficile
.
Gli
esempi
facili
sono
con
le
finestre
sopra
o
sotto
o
a
fianco
della
mia
.
Se
non
ci
sono
le
piantelle
(
guardie
)
nel
cortile
che
adocchiano
,
io
sono
sicuro
,
con
la
«
colomba
»
,
di
soccorrere
e
di
poter
essere
soccorso
.
Il
linguaggio
dei
detenuti
è
di
una
semplicità
alfabetica
.
Lo
si
impara
in
mezzo
minuto
.
Ma
non
si
può
servirsene
che
dopo
avere
esercitato
i
pugni
sulla
parete
per
dei
mesi
.
Le
lettere
dell
alfabeto
del
prigioniero
sono
ventuno
e
ciascuna
di
esse
corrisponde
a
un
numero
:
a
b
c
d
e
f
g
h
i
l
m
n
o
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
p
q
r
s
t
u
v
z
.
14
15
16
17
18
19
20
21
.
Io
e
un
altro
siamo
in
due
celle
divise
da
un
muro
.
Non
ci
conosciamo
,
non
ci
siamo
mai
visti
e
forse
non
ci
vedremo
mai
.
Ma
l
uno
desidera
di
sapere
chi
è
l
altro
e
tutt
e
due
vogliamo
narrarci
la
storia
dei
nostri
delitti
.
Se
io
batto
undici
volte
,
voi
avrete
capito
che
ho
battuto
una
m
,
mentre
se
non
do
che
tre
colpi
avrò
segnato
il
c
.
Sono
io
che
invito
il
compagno
dell
altra
cella
a
fare
conoscenza
o
a
parlare
con
me
.
Incomincio
con
una
sfuriata
di
pugni
che
pare
traduca
dell
allegria
.
Egli
mi
risponde
con
altrettante
battute
precipitate
che
rappresentano
il
saluto
.
Lo
interrogo
con
due
colpi
secchi
e
serrati
che
vogliono
dire
:
sei
pronto
?
Egli
mi
risponde
con
due
battute
l
una
dietro
l
altra
che
equivalgono
a
«
sono
pronto
,
parla
»
.
Supponete
ch
io
voglia
domandargli
:
-
Chi
sei
?
Batto
prima
tre
colpi
,
poi
otto
,
poi
nove
,
poi
diciassette
,
poi
cinque
,
poi
nove
.
Tra
una
lettera
e
l
altra
c
è
una
pausa
per
dar
tempo
al
mio
compagno
di
battere
due
colpi
e
farmi
sapere
che
ha
capito
.
In
meno
di
dieci
minuti
io
,
colla
rapidità
delle
battute
,
posso
fargli
sapere
chi
sono
,
che
cosa
ho
fatto
,
quante
volte
sono
stato
condannato
,
se
ho
l
amante
,
se
sono
ammogliato
,
quando
finirà
la
mia
sentenza
e
in
che
modo
uscirò
senza
finirla
.
La
conversazione
termina
sempre
con
una
sfuriata
di
battute
da
una
parte
e
dall
altra
,
come
uno
scambio
di
saluti
.
Mi
sono
spiegato
?
Di
sera
,
verso
l
ora
della
campana
,
le
muraglie
delle
celle
diventano
i
nostri
pianoforti
.
I
nostri
pugni
sprigionano
fughe
commosse
,
preludii
che
vanno
nel
sangue
come
tessuti
di
tenerezza
,
arie
,
duetti
,
finali
che
si
diffondono
nella
grandiosità
dell
ombra
,
come
una
fusione
di
poesia
e
di
musica
.
CARLO
ROMUSSI
Non
si
sa
se
la
sua
mano
e
la
sua
testa
c
entrino
per
qualche
cosa
nella
sua
sempiterna
attività
prodigiosa
.
Si
sa
ch
egli
è
una
macchinetta
automobile
che
riempie
un
foglio
dopo
l
altro
tutte
le
volte
che
c
è
da
scrivere
.
Al
suo
tavolo
di
redazione
voi
vedete
sempre
proti
e
compositori
che
aspettano
originali
.
Supponete
ch
egli
stia
scrivendo
un
articolo
sulla
esposizione
artistica
.
Gli
si
dice
che
mancano
ancora
due
pagine
a
compilare
il
numero
unico
per
i
bagni
.
Consegna
il
manoscritto
sull
arte
,
corre
difilato
alla
stazione
balneare
senza
rivedere
lo
stampone
per
riattaccare
il
filo
interrotto
e
pochi
minuti
dopo
riprende
l
opuscolo
sui
doveri
dei
cittadini
ch
egli
deve
finire
per
domani
,
o
la
prefazione
agli
scritti
di
Carlo
Cattaneo
che
ha
promesso
fino
da
ieri
l
altro
.
Intanto
che
scrive
,
passa
e
ripassa
dinanzi
il
suo
tavolo
la
popolazione
che
lavora
intorno
al
giornale
e
alla
casa
editoriale
.
Impiegati
,
fattorini
,
portieri
,
telegrafiste
,
traduttori
,
personaggi
d
amministrazione
.
Lo
si
interroga
,
lo
si
interrompe
,
gli
si
annunciano
visite
,
gli
si
rammentano
nomi
o
fatti
.
Ci
sono
persone
che
hanno
bisogno
di
vedere
il
signor
direttore
,
amici
che
vanno
a
trovare
Romussi
,
zuppificatori
che
vogliono
infliggergli
certe
idee
su
date
questioni
,
veterani
del
partito
che
salgono
per
stringergli
la
mano
e
interessarsi
della
sua
salute
o
della
salute
della
sua
signora
,
archeologi
che
seggono
sulla
scranna
che
trovano
per
conversare
e
buttargli
,
tra
un
periodo
e
l
altro
,
un
monumento
storico
che
è
stato
scoperto
,
o
che
si
minaccia
di
demolire
o
che
stanno
illustrando
.
Nel
momento
in
cui
si
crede
stia
per
incominciare
la
quiete
,
entra
un
filantropo
a
squadernargli
un
progetto
che
deve
commuovere
e
vuotare
le
tasche
ai
cittadini
,
o
un
segretario
di
qualche
circolo
o
di
qualche
associazione
operaia
che
vuole
assolutamente
ch
egli
tenga
una
conferenza
sul
risorgimento
del
Comune
o
sulla
battaglia
di
Legnano
,
o
un
disgraziato
che
è
ansioso
di
leggere
stampato
il
manoscritto
che
gli
ha
portato
da
tante
settimane
.
-
E
questo
mio
articolo
,
signor
Romussi
!
-
È
sul
«
bancone
»
.
C
è
tanta
materia
da
perdere
la
testa
.
Ecco
,
veda
,
buttiamo
via
dei
telegrammi
per
mancanza
di
spazio
.
-
Il
signor
Edoardo
Sonzogno
lo
chiama
dabbasso
.
Butta
lì
la
penna
,
passa
dagli
usci
come
una
folata
di
vento
che
schiuda
e
chiuda
fracassosamente
,
ritorna
di
sopra
stropicciandosi
le
mani
o
rosso
fino
alle
tempie
,
e
ricomincia
l
articolo
su
Crispi
,
parlando
tra
lui
e
il
manoscritto
,
come
se
stesse
dettandolo
,
spesso
posando
la
voce
più
fortemente
su
una
sillaba
che
su
l
altra
.
-
L
onorevole
Crispi
è
una
vera
sfortuna
per
l
Italia
.
Questa
vita
quotidiana
,
capace
di
ammazzare
due
o
tre
uomini
,
è
per
lui
un
passatempo
.
Il
lavoro
ponderoso
,
quello
nel
quale
è
necessario
ch
egli
metta
i
suoi
studi
e
la
sua
intelligenza
,
lo
fa
a
casa
,
mentre
altri
dormono
o
si
divertono
.
Dalle
sei
alle
dieci
del
mattino
o
per
parecchie
ore
del
pomeriggio
,
egli
non
si
occupa
che
di
archeologia
,
di
storia
,
di
letteratura
:
Scrive
:
Milano
nei
suoi
monumenti
,
Milano
che
sfugge
,
Petrarca
a
Milano
,
uno
studio
sul
Trionfo
della
libertà
di
Manzoni
,
Sant
Ambrogio
o
mette
assieme
un
volume
di
poesie
dialettali
e
italiane
che
la
musa
satirica
e
bernesca
produsse
prima
e
durante
le
barricate
del
1848
,
eccetera
,
eccetera
,
eccetera
,
eccetera
,
eccetera
.
Se
sono
bene
informato
,
egli
è
al
Secolo
da
ventinove
o
trent
anni
.
Vi
è
entrato
in
un
modo
curioso
.
Moneta
era
alla
ricerca
di
un
redattore
che
avesse
delle
qualità
giornalistiche
e
una
coltura
che
andasse
al
di
là
di
quella
dei
soliti
giornalisti
improvvisati
.
Un
giorno
trovò
per
la
strada
Leopoldo
Marenco
,
il
romantico
del
palcoscenico
d
allora
.
-
Senta
,
professore
,
non
saprebbe
mica
aiutarmi
a
scovare
un
giovane
che
abbia
imparato
qualche
cosa
e
facilità
di
scrivere
?
Il
professore
di
letteratura
si
passò
la
mano
sulla
fronte
.
-
Eh
,
proprio
,
è
difficile
.
Ne
ho
conosciuto
uno
,
quello
sì
...
Era
un
diavolo
che
sapeva
scrivere
drammi
,
novelle
,
brani
di
storia
,
biografie
...
La
sua
penna
andava
come
il
vento
.
-
Se
è
morto
non
parliamone
.
-
È
vivo
.
Ma
non
so
dove
sia
andato
a
finire
.
Aspetti
,
deve
essere
a
Pavia
.
Credo
che
studii
legge
.
Certamente
non
vorrà
smettere
per
fare
il
giornalista
.
In
allora
,
per
spiegare
la
frase
dell
autore
della
Celeste
,
non
erano
che
gli
scapigliati
che
si
compiacessero
di
prendere
delle
sbornie
coll
inchiostro
di
redazione
.
Erano
giovani
pieni
di
coraggio
e
anche
d
ingegno
o
degli
studiosi
che
volevano
farsi
largo
,
ma
irregolari
nella
vita
e
nel
lavoro
.
Nessun
direttore
poteva
contare
sul
loro
articolo
pel
numero
di
domani
.
Gli
editori
pagavano
poco
o
niente
e
i
giornalisti
di
professione
,
come
è
naturale
,
non
esistevano
.
Non
esisteva
che
la
bohême
chiassosa
,
buontempona
,
nottivaga
,
capace
di
annunciare
in
prima
colonna
e
in
corpo
dieci
che
i
redattori
avevano
orgiato
e
non
potevano
quindi
scrivere
l
articolo
di
fondo
o
l
appendice
drammatica
!
Un
anno
dopo
,
Moneta
rivide
il
padre
del
Falconiere
e
lo
pregò
di
procurargli
un
giovanotto
che
avesse
la
stoffa
del
giornalista
.
-
Fra
i
miei
scolari
passati
e
presenti
non
ne
conosco
uno
.
Non
potrei
suggerirle
che
quello
dell
anno
scorso
.
Quello
là
ha
tutte
le
attitudini
per
uno
scrittore
di
giornale
.
Ha
una
penna
pronta
,
sollecita
,
che
si
piega
a
tutte
le
movenze
di
uno
stile
facile
.
Ha
letto
molto
.
È
una
biblioteca
ambulante
.
-
Me
lo
mandi
,
dunque
!
-
Vedrò
di
cercarne
l
indirizzo
.
Un
giorno
,
in
cui
il
pensiero
di
Moneta
era
lontano
le
mille
miglia
dal
redattore
che
gli
doveva
mandare
il
Marenco
,
si
sentì
annunciare
il
dottor
Carlo
Romussi
.
-
Passi
.
Fisicamente
non
gli
fece
una
grande
impressione
.
Non
gli
si
era
presentato
che
un
omino
il
quale
non
lasciava
supporre
in
sè
tanta
resistenza
al
lavoro
.
In
due
parole
s
intesero
.
Il
Romussi
faceva
pratica
d
avvocato
ed
accettava
volentieri
di
passare
a
teatro
le
serate
come
critico
d
arte
.
Moneta
voleva
qualcosa
di
più
di
un
critico
d
arte
,
ma
per
il
momento
si
accontentava
.
È
inutile
ch
io
dica
dei
suoi
ideali
drammatici
.
Tutti
sanno
che
il
Romussi
in
arte
e
in
letteratura
non
è
stato
figlio
del
suo
tempo
.
Egli
è
entrato
nel
giornalismo
come
un
vecchio
che
sente
e
difende
le
glorie
virtuose
del
passato
.
Assoluto
come
tutti
quelli
che
credono
di
avere
il
monopolio
della
verità
,
ha
sempre
dato
addosso
o
ignorato
la
gioventù
che
ha
portato
sul
palcoscenico
e
nel
romanzo
o
sulla
tela
o
nel
marmo
la
vita
con
le
sue
grandezze
e
coi
suoi
orrori
.
Zola
fu
uno
dei
suoi
boicottati
fin
a
ier
l
altro
.
La
Duse
,
per
lui
,
è
rimasta
un
artistaccia
di
provincia
.
Ibsen
non
gli
uscirà
mai
dalla
penna
che
come
un
degenerato
del
teatro
.
La
fortuna
del
Secolo
data
dalla
guerra
franco
-
germanica
.
Il
Moneta
simpatizzava
per
la
Francia
antimperiale
e
la
tiratura
salì
vertiginosamente
dalle
otto
alle
venticinque
mila
.
Era
un
trionfo
giornalistico
che
bisognava
conservare
migliorando
il
servizio
.
E
Moneta
assunse
,
come
cronista
a
ottanta
lire
il
mese
,
l
avvocato
Carlo
Romussi
.
Il
suo
primo
articolo
fece
scalpore
.
Gli
altri
giornali
avevano
narrato
il
giorno
antecedente
un
grave
scandalo
contro
un
patrizio
milanese
.
Moneta
,
giudizioso
e
temperato
,
non
volle
lasciar
correre
la
notizia
se
non
dopo
essersi
informato
personalmente
che
esisteva
una
querela
e
che
c
erano
i
genitori
i
quali
affermavano
che
la
loro
figlia
minorenne
era
stata
deflorata
da
un
duca
.
Romussi
non
fu
che
l
esecutore
.
Avuto
l
incarico
dalla
direzione
,
si
mise
al
tavolino
a
fianco
della
vecchia
scrivania
del
direttore
e
scrisse
più
di
una
colonna
colorita
,
spigliata
,
nervosa
,
paragonando
il
violatore
di
fanciulle
al
Borgia
crapulone
.
Venuta
la
minaccia
di
una
querela
per
diffamazione
,
e
sinceratisi
,
con
le
visite
mediche
,
che
la
ragazza
era
virgo
intacta
,
il
Secolo
trangugiò
uno
di
quei
rospi
vivi
che
non
lasciano
sopravvivere
che
la
buona
fede
del
giornale
.
La
cronaca
composta
di
note
aride
e
di
fatterelli
che
facevano
sbadigliare
,
divenne
,
nelle
mani
del
Romussi
,
una
rubrica
importantissima
.
A
poco
a
poco
del
Broglio
del
Pungolo
-
il
quale
passava
per
il
cronista
sommo
della
Risottopoli
per
le
sue
noterelle
patrie
e
per
avere
introdotto
,
tra
i
fatti
cittadini
,
le
notizie
che
la
questura
comunicava
a
lui
solo
-
non
rimase
più
nulla
.
La
cronaca
si
era
elevata
,
Romussi
l
aveva
intellettualizzata
,
allungata
,
drammatizzata
e
resa
indispensabile
.
Con
lui
i
pennivendoli
più
sfacciati
della
cronaca
cittadina
sono
stati
obbligati
a
divenire
più
prudenti
o
a
frenare
la
loro
ingordigia
.
Egli
è
ora
direttore
del
Secolo
,
di
quasi
cento
mila
copie
,
ma
io
,
a
costo
di
farmi
lapidare
,
persisto
a
credere
che
sia
in
lui
più
l
uomo
di
lettere
che
il
giornalista
.
Chi
ha
letto
i
suoi
lavori
e
specialmente
Milano
nei
suoi
monumenti
-
un
opera
che
quando
sarà
terminata
rappresenterà
la
sua
gloria
-
non
può
venire
che
a
questa
conclusione
.
Egli
è
un
illustratore
passionato
.
Charles
Dickens
è
stato
il
primo
direttore
del
Daily
-
News
a
due
mila
ghinee
l
anno
.
Ma
anche
i
suoi
più
grandi
ammiratori
hanno
dovuto
convenire
che
la
sua
tendenza
era
verso
l
immortale
Pickwick
.
Romussi
è
sempre
pronto
a
buttar
giù
,
lì
per
lì
,
qualunque
soggetto
.
Ma
il
giornalismo
moderno
non
si
contenta
della
vitesse
della
penna
.
Esso
esige
tutta
l
attività
di
un
uomo
anche
se
quest
uomo
non
scrive
mai
un
articolo
.
I
più
grandi
direttori
dei
più
grandi
giornali
del
mondo
scrivono
pochissimo
.
John
Dilane
,
l
autore
,
si
può
dire
,
del
Times
dei
nostri
giorni
,
non
fu
mai
a
writer
.
Non
scrisse
che
qualche
articolo
tra
un
anno
e
l
altro
.
Ma
i
suoi
biografi
sono
concordi
nel
dire
che
egli
era
il
Times
.
Carlo
Romussi
è
pieno
di
cuore
,
ha
ridondanza
di
affetti
ed
è
un
amico
,
se
vi
dà
veramente
la
sua
amicizia
,
prezioso
.
Egli
è
capace
di
dedicarvi
l
esistenza
.
La
sua
intimità
con
Cavallotti
,
la
sua
affezione
per
Cavallotti
,
la
sua
idolatria
per
Cavallotti
sono
cose
di
ieri
.
Nessuna
donna
ha
amato
il
poeta
anticesareo
coi
trasporti
del
direttore
del
Secolo
.
Per
degli
anni
egli
non
ha
veduto
che
cogli
occhi
di
lui
,
non
ha
palpitato
che
col
cuore
di
lui
e
non
ha
avventato
un
idea
politica
che
non
fosse
un
idea
cavallottiana
.
Ed
è
stato
un
errore
.
La
devozione
di
Pilorge
per
Chateaubriand
mi
commuove
.
L
uomo
privato
può
darsi
il
lusso
dell
adorazione
.
L
uomo
pubblico
,
il
direttore
di
un
giornale
,
non
può
sposare
un
uomo
con
le
sue
virtù
,
con
i
suoi
difetti
,
con
le
sue
aspirazioni
,
con
le
sue
beghe
personali
.
L
uomo
è
un
individuo
,
il
giornale
è
una
istituzione
,
è
un
veicolo
che
deve
andare
in
casa
di
tutti
come
un
informatore
.
Cavallotti
può
odiare
il
socialismo
e
i
socialisti
fin
che
gli
pare
e
piace
.
Il
Secolo
non
può
,
non
deve
seguirlo
.
E
con
Romussi
,
ipnotizzato
da
Cavallotti
,
il
Secolo
ha
ignorato
per
degli
anni
il
socialismo
e
i
socialisti
.
Non
ne
ha
più
parlato
.
Per
lui
non
esistevano
o
non
erano
mai
esistiti
o
erano
morti
.
Boicottare
un
partito
per
delle
bizze
personali
vuol
dire
rendere
un
cattivo
servizio
ai
lettori
che
pagano
per
essere
informati
di
tutti
gli
avvenimenti
e
alla
amministrazione
che
pubblica
il
giornale
per
arricchire
il
suo
editore
o
dare
grossi
dividendi
agli
azionisti
.
Boicottate
un
uomo
pubblico
o
un
partito
o
una
notizia
e
voi
sopprimerete
dei
lettori
.
Il
giornale
,
che
non
è
superiore
ai
rancori
personali
,
che
non
sa
essere
imparziale
cogli
amici
e
coi
nemici
,
che
ha
delle
antipatie
e
delle
simpatie
,
che
omette
questo
fatto
ed
esclude
quest
altro
,
perde
il
diritto
a
questo
nome
.
Diventa
l
organo
di
Tizio
o
di
Caio
,
ma
non
è
più
un
giornale
nel
significato
professionale
.
Carlo
Romussi
è
nato
a
Milano
il
10
dicembre
1847
.
LA
TRISTEZZA
DI
NATALE
Ci
siamo
alzati
,
come
gli
altri
giorni
,
al
suono
del
din
din
,
dan
dan
della
campana
del
reclusorio
.
I
miei
compagni
parevano
tante
mutrie
.
Rispondevano
al
buon
giorno
e
agli
augurii
con
dei
buon
giorno
e
degli
augurii
secchi
,
come
gente
che
si
sarebbe
morsicata
se
non
ci
fosse
stato
di
mezzo
il
galateo
.
Don
Davide
andò
a
dire
le
tre
messe
alle
muraglie
della
cappelletta
addossata
alla
muraglia
dell
infermeria
,
dicendo
di
non
aspettarlo
che
non
avrebbe
bevuto
il
caffè
al
ritorno
.
L
intervallo
tra
il
caffè
e
l
aria
fu
sepolcrale
.
Passeggiavamo
in
su
e
in
giù
,
con
le
mani
sulla
schiena
,
con
la
faccia
rabbuiata
e
con
gli
occhi
che
parevano
altrove
.
Il
latrinaio
,
che
ci
aveva
salutati
con
tutti
i
complimenti
che
aveva
potuto
raccogliere
la
sua
testa
,
rimase
senza
risposta
.
-
Signori
,
buon
Natale
e
tanti
anni
come
questi
!
Parecchi
di
noi
lo
avrebbero
sprofondato
.
Asino
porco
di
un
amazza
donne
,
non
è
buono
neanche
di
essere
gentile
!
Va
all
inferno
!
-
Aria
!
-
Ci
lasci
almeno
prendere
il
caffè
,
signor
sottocapo
.
Un
minuto
,
meno
di
un
minuto
.
Il
caffè
era
squisito
.
Era
stato
fatto
dalla
mano
maestra
del
Federici
che
non
lo
beveva
.
Don
Davide
prese
la
chicchera
senza
ricordarsi
dell
ordine
che
aveva
dato
.
Il
moka
ci
lasciò
immusoniti
più
di
prima
.
Andammo
all
aria
come
a
un
funerale
.
Nel
cortile
eravamo
sbandati
.
Ciascuno
passeggiava
per
proprio
conto
.
Pareva
che
l
uno
non
volesse
avere
contatto
con
l
altro
.
Ritornammo
nella
camerata
accigliati
e
taciturni
.
Chiesi
sedette
sulla
branda
piegata
e
si
sprofondò
in
una
Histoire
de
la
Commune
illustrata
,
don
Davide
si
sommerse
nel
Breviarium
romanum
che
teneva
sempre
sul
tavolo
,
Federici
aperse
il
Dodo
-
un
romanzo
che
riproduce
la
vita
intima
inglese
e
lascia
sentire
l
odore
della
classe
che
dipinge
.
Lazzari
si
rimise
sulla
figura
che
stava
disegnando
con
gli
occhi
torvi
e
l
aria
di
un
mastino
che
avrebbe
addentato
il
polpaccio
del
primo
che
gli
si
fosse
avvicinato
.
Suzzani
ricominciò
a
percorrere
lo
stanzone
senza
zuffolare
l
inno
dei
lavoratori
,
la
sua
aria
favorita
che
ci
regalava
dalla
mattina
alla
sera
senza
perdere
di
lena
-
e
Ghiglione
,
il
tremendo
Ghiglione
che
aveva
sobillato
con
fervore
i
terrazzani
di
Niguarda
,
si
era
gettato
a
capofitto
in
un
manuale
di
musica
da
quindici
centesimi
.
La
colazione
passò
nel
silenzio
.
Ciascuno
mangiava
quello
che
aveva
ordinato
senza
dire
una
parola
.
La
sola
cosa
in
comune
fu
una
bottiglia
della
cassetta
che
ci
aveva
inviato
il
buon
Quadrio
,
direttore
della
Valtellina
di
Sondrio
.
Era
un
vino
eccellente
che
non
bevevamo
da
un
pezzo
.
-
Buono
,
dissi
vuotando
il
bicchiere
.
Nessuno
rispose
.
Pareva
avessi
detto
loro
una
insolenza
.
Dopo
la
colazione
entrò
il
sottocapo
con
un
immenso
pacco
di
lettere
e
di
biglietti
di
visita
e
una
manata
di
telegrammi
.
Si
buttarono
loro
sopra
come
avari
che
ricuperino
il
sacco
dei
denari
che
credevano
perduto
per
sempre
,
e
si
ingolfarono
nella
lettura
intima
senza
lasciar
trapelare
un
pensiero
dei
tanti
pensieri
che
erano
loro
giunti
.
Le
sole
cose
che
riferivano
erano
i
saluti
o
gli
augurii
nei
quali
fossimo
compresi
tutti
od
alcuni
di
noi
.
-
Il
tale
vi
saluta
tutti
!
-
L
Aliprandi
saluta
anche
te
,
Paolino
.
-
Grazie
.
-
Il
tale
augura
a
tutti
buon
Natale
!
Tra
i
tanti
telegrammi
ricevuti
nella
giornata
ricordo
quelli
di
Bertolazzi
,
i
quali
riuscirono
a
smutriare
qualcuno
.
-
Buon
Bertolazzi
!
-
Buonissimo
!
Lungo
l
asse
che
correva
al
dorso
della
parete
erano
parecchi
panettoni
.
Furono
essi
che
incominciarono
a
dar
vita
alla
conversazione
.
-
Che
ce
ne
facciamo
?
Non
possiamo
mangiarceli
tutti
.
-
E
se
ne
dessimo
uno
ai
poveri
forzati
?
I
reclusi
del
maggio
ricevono
qualche
cosa
,
hanno
forse
ricevuto
tutti
qualche
cosa
.
Mentre
i
perpetui
e
gli
a
tempo
con
la
catena
,
non
sono
ricordati
neppure
dai
parenti
.
Chi
ha
vergogna
di
loro
e
chi
li
dimentica
come
individui
morti
.
E
se
ne
dessimo
una
fetta
,
a
tutti
loro
?
C
è
questo
del
Mascarini
,
offelliere
di
Milano
,
mandato
a
don
Davide
.
È
grosso
come
un
cetaceo
.
Federici
non
si
fece
ripetere
l
interrogazione
.
Se
lo
portò
sul
tavolo
e
con
una
cordicella
si
mise
ad
affettarlo
.
-
Quanti
sono
?
-
Ventinove
o
trenta
.
Incaricammo
di
distribuirlo
don
Davide
Albertario
.
Fu
una
scena
commovente
-
una
scena
che
inumidì
gli
occhi
di
tutti
coloro
che
hanno
potuto
essere
presenti
.
I
forzati
si
alzarono
in
piedi
,
rimanendo
vicini
al
loro
stramazzo
,
visibilmente
commossi
.
Era
forse
la
prima
volta
in
tanti
anni
che
sentivano
parole
dolci
pronunciate
da
una
persona
che
li
capiva
.
«
A
nome
dei
miei
compagni
della
quinta
camerata
-
disse
loro
don
Davide
-
vi
dirigo
il
saluto
in
questo
giorno
di
pace
;
come
prete
,
io
vi
auguro
la
benedizione
di
Gesù
Cristo
che
consoli
il
vostro
cuore
:
accettate
questo
segno
dei
sentimenti
del
nostro
cuore
desideroso
del
vostro
bene
»
.
E
incominciò
subito
la
distribuzione
.
I
volti
duri
dei
galeotti
si
ingentilivano
.
Dal
loro
occhio
scendevano
le
lagrime
.
Don
Davide
piangeva
e
noi
,
che
vedevamo
tutto
dalla
nostra
cancellata
,
eravamo
profondamente
inteneriti
.
Si
rimaneva
a
bocca
aperta
dinanzi
alla
commozione
di
tanti
galeotti
che
avevano
scannati
gli
uomini
,
massacrate
le
donne
,
fatto
in
quattro
i
padroni
e
distrutte
le
famiglie
a
colpi
di
coltello
.
Don
Davide
mi
prese
sotto
il
braccio
e
mi
disse
:
-
Avete
notato
che
piangevano
?
Dinanzi
al
prete
vestito
d
assassino
come
loro
,
reo
solo
di
avere
professata
la
sua
fede
con
maggiore
sincerità
e
fervore
,
si
sono
sentiti
le
lagrime
agli
occhi
.
Non
sono
dunque
completamente
perduti
.
Credetemi
,
l
uomo
che
ha
ancora
la
rugiada
del
cuore
,
è
ancora
un
essere
redimibile
.
Sembravano
degli
agnelli
.
Perché
non
vi
sarà
maniera
di
rendere
duraturi
nell
anima
di
quegli
sventurati
questi
nobili
sentimenti
e
di
ricondurli
alla
buona
via
?
«
Ve
lo
giuro
sull
anima
mia
:
non
dimenticherò
mai
questo
momento
del
Natale
in
galera
.
È
un
episodio
che
mi
resterà
nella
memoria
in
eterno
.
Mi
hanno
intenerito
come
un
fanciullo
»
.
-
Diamo
loro
un
altro
panettone
.
-
Se
si
potesse
,
figuratevi
!
Durante
la
giornata
abbiamo
avuto
la
visita
del
capo
guardia
prima
e
del
direttore
poi
.
Il
primo
ci
parlò
delle
sue
noie
con
dei
prigionieri
politici
nello
stabilimento
.
Per
suo
conto
avrebbe
voluto
che
ci
avessero
lasciati
andare
oggi
piuttosto
che
domani
.
Non
c
era
più
modo
di
aver
pace
.
Parevamo
gente
in
relazione
con
tutto
il
mondo
.
Una
volta
non
si
vedevano
i
portalettere
che
per
la
Direzione
.
Adesso
il
reclusorio
è
diventato
un
ufficio
postale
.
Vi
arrivano
carri
di
pacchi
postali
,
furgoni
di
biglietti
di
visita
,
centinaia
di
vaglia
e
di
cartoline
-
vaglia
,
specialmente
per
don
Davide
,
mucchi
di
telegrammi
.
Stamattina
ne
abbiamo
ricevuti
più
di
cento
.
E
non
sono
mica
gli
altri
che
li
registrano
.
Tocca
ai
poveracci
dell
amministrazione
.
Non
c
è
più
tempo
neanche
di
mangiare
.
Si
sciupa
un
paio
di
scarpe
al
giorno
.
Si
sale
,
si
discende
e
non
la
si
finisce
mai
.
E
lui
,
per
compenso
,
si
trova
con
le
scarpe
rotte
da
pagare
.
Il
bel
mestiere
che
ha
scelto
!
Doveva
fare
...
Basta
,
ora
è
troppo
tardi
.
Le
responsabilità
poi
sono
tutte
sulle
sue
spalle
.
Speriamo
che
oggi
la
vada
bene
e
non
accadano
disordini
.
Sarebbe
lui
la
vittima
.
Perchè
il
capo
guardia
dovrebbe
essere
dappertutto
.
Dabbasso
,
a
ricevere
,
a
rispondere
,
a
registrare
,
e
di
sopra
,
con
un
occhio
in
ciascuna
camerata
.
Bel
mestiere
che
è
fare
il
capo
guardia
con
poco
più
di
tre
franchi
al
giorno
!
Speriamo
che
tutto
passi
via
tranquillo
e
che
si
lasci
fare
un
po
di
Natale
anche
al
capo
guardia
...
-
Senta
,
signor
capo
guardia
,
non
si
potrebbe
mica
avere
qualche
sigaretta
di
quelle
che
mi
hanno
ritirate
?
-
Quest
altro
,
adesso
!
Vorrebbe
la
gallina
e
poi
anche
l
ovo
.
Vorrebbe
farmi
nascere
la
rivoluzione
.
Una
sigaretta
...
guai
se
si
sentisse
il
fumo
...
Tutti
gli
altri
vorrebbero
fumare
.
Si
starebbe
freschi
.
Mancherebbe
che
ci
fosse
anche
il
permesso
della
sigaretta
per
far
diventare
il
reclusorio
uno
spaccio
di
tabacchi
.
Il
direttore
era
stato
in
tutte
le
camerate
a
fare
una
specie
di
predicozzo
sui
doveri
del
condannato
e
a
incoraggiare
i
reclusi
a
sperare
nella
grazia
sovrana
.
Lo
ascoltavano
in
silenzio
,
in
piedi
,
tra
una
branda
e
l
altra
,
e
lo
lasciavano
voltar
fuori
con
dei
viva
l
amnistia
!
che
forse
lo
facevano
sorridere
.
A
noi
non
disse
che
qualche
parola
insignificante
e
non
parlò
,
con
deferenza
,
che
col
Chiesi
,
il
quale
sembrava
nelle
sue
grazie
.
Io
lo
vedo
ancora
passarci
in
rivista
col
cappello
calcato
in
testa
,
col
bavero
del
paltò
alzato
e
con
le
mani
in
tasca
.
Col
suo
sguardo
truce
e
la
sua
voce
da
terrorizzatore
,
non
mi
invogliava
a
vederlo
,
tra
noi
,
per
un
pezzo
.
Noi
poi
,
escluso
sempre
il
Chiesi
,
non
avevamo
ragione
di
essergli
riconoscenti
.
A
Federici
aveva
negato
parecchie
cose
che
lo
avevano
fatto
imbestialire
più
di
una
volta
.
A
Lazzari
aveva
fatto
sequestrare
tutti
i
suoi
disegni
dopo
che
erano
stati
finiti
.
Tra
gli
altri
eravi
un
don
Davide
vestito
da
galeotto
e
alcune
guardie
alla
nostra
cancellata
,
che
avrebbero
potuto
illustrare
qualche
pagina
del
mio
libro
.
A
me
non
lasciò
mai
scrivere
una
lettera
senza
farmela
copiare
e
ricopiare
per
delle
inezie
o
delle
parole
contrarie
al
suo
gusto
letterario
.
A
don
Davide
ne
fece
di
quelle
da
farlo
venire
di
sopra
con
gli
occhi
pieni
di
pianto
.
Una
volta
che
il
direttore
dell
Osservatore
Cattolico
si
era
permesso
di
mettere
,
per
distrazione
,
le
dita
sulla
scrivania
del
direttore
,
il
signor
Reoboamo
Codebò
gli
disse
in
tono
grave
:
-
2557
,
tenete
giù
le
mani
!
Un
altra
volta
...
Ma
non
ricordo
più
bene
il
perché
.
So
che
gli
si
doveva
comunicare
qualche
risposta
ministeriale
a
una
sua
domanda
e
che
la
comunicazione
gli
era
stata
fatta
in
un
modo
brutale
o
da
fargli
capire
ch
egli
non
era
più
che
un
numero
di
matricola
.
Eravamo
nel
periodo
della
fame
,
quando
stavamo
in
piedi
con
la
pagnotta
e
la
minestra
.
Noi
eravamo
già
tutti
intorno
la
panca
che
ci
serviva
da
tavola
.
Ritornò
di
sopra
con
la
faccia
che
pareva
un
temporale
.
-
Che
cosa
vi
è
accaduto
?
Stette
in
forse
se
mangiare
o
buttar
via
la
gamella
.
-
Mi
è
accaduto
...
Mi
è
accaduto
che
mi
si
è
detto
chiaro
e
tondo
che
io
non
devo
considerarmi
ormai
più
che
il
2557
e
io
ho
dato
fuori
.
Sissignori
,
ho
dato
fuori
!
Dunque
,
dissi
al
direttore
,
mi
considerano
e
intendono
trattarmi
come
un
vero
delinquente
?
Sia
!
La
prego
però
di
darmi
la
carta
per
scrivere
al
ministro
Pelloux
che
mi
faccia
fucilare
!
Laggiù
non
si
conosce
che
cosa
sia
la
dignità
umana
e
io
gliela
farò
imparare
!
!
Noi
ci
guardammo
tutti
in
faccia
come
spaventati
.
Non
lo
avevamo
mai
veduto
con
gli
occhi
stralunati
e
le
guance
convulsionate
dallo
sdegno
.
-
Calmatevi
,
don
Davide
.
-
Anche
il
direttore
dopo
avere
veduto
che
mi
aveva
indignato
mi
ha
detto
di
calmarmi
.
Non
si
è
più
padroni
di
sè
quando
ci
si
dicono
certe
cose
!
-
Mangiate
la
minestra
che
è
quasi
fredda
e
passate
sopra
alle
parole
che
vi
possono
dire
in
un
luogo
come
questo
.
-
Siete
o
non
siete
il
2557
?
-
gli
diss
io
ridendo
e
facendolo
ridere
.
-
Lo
sono
.
E
si
mise
a
manducare
.
La
novità
del
giorno
di
Natale
è
stata
che
abbiamo
potuto
,
per
la
prima
volta
,
mangiare
sulla
tovaglia
candida
,
avere
il
tovagliolo
candidissimo
e
servirci
dei
cucchiai
,
delle
forchette
e
dei
cucchiaini
di
metallo
.
Era
della
roba
che
ci
aiutava
a
rientrare
nella
società
che
stavamo
per
dimenticare
.
Mancavano
a
completare
la
tavola
imbandita
i
coltelli
-
arnesi
pericolosi
per
della
gente
in
galera
.
L
allegria
era
assente
.
Si
iniziò
il
pranzo
con
un
bicchiere
di
vino
bianco
di
botte
e
con
del
prosciutto
tagliato
di
fresco
.
Assaggiammo
una
minestra
stata
cotta
sul
fornello
della
trattoria
esterna
e
attaccammo
,
con
qualche
appetito
,
un
tacchino
di
Filighera
e
dei
polli
stati
allevati
in
Liguria
,
che
mandavamo
giù
tra
una
forchettata
e
l
altra
di
insalata
giovine
.
Giungemmo
al
zabaglione
dopo
avere
vuotate
parecchie
bottiglie
valtellinesi
,
senza
dire
una
parola
che
valesse
la
pena
di
essere
ricordata
sul
palinsesto
della
mia
memoria
.
Il
pensiero
dei
miei
compagni
era
probabilmente
intorno
il
collo
dei
loro
cari
.
Chiesi
pensava
alla
sua
mamma
,
Federici
alla
sua
signora
e
alla
sua
bimba
che
spasimava
di
vedere
,
don
Davide
alla
sua
Teresa
,
la
sorella
che
lo
idolatra
e
Suzzani
a
sua
madre
che
nominava
sovente
.
Potevamo
star
su
fino
alle
dieci
.
Alle
otto
eravamo
tutti
a
letto
.
Chiesi
russava
maialescamente
da
dieci
minuti
.
GUSTAVO
CHIESI
Gustavo
Chiesi
è
uscito
dalle
pagine
di
Mazzini
.
Tutto
ciò
che
è
regio
non
entra
nei
suoi
ideali
.
Tutto
ciò
che
è
frivolo
non
partecipa
della
sua
esistenza
.
Le
sue
alte
aspirazioni
sono
per
una
Repubblica
di
repubblicani
ammodernati
dalla
vita
pubblica
.
In
un
periodo
di
specialisti
,
egli
è
rimasto
l
uomo
di
una
coltura
straordinaria
.
Volgendosi
verso
la
montagna
della
sua
produzione
,
si
può
credere
che
egli
abbia
dato
fondo
all
universo
.
Si
è
occupato
,
con
competenza
,
di
tutto
lo
scibile
umano
.
Di
storia
,
di
scienza
,
di
letteratura
,
di
invenzioni
,
di
geografia
,
di
arte
,
di
navigazione
,
di
questioni
agrarie
,
di
strategia
militare
,
di
industria
,
di
drammatica
,
di
legislazione
.
Egli
ha
biografato
mezzo
mondo
.
Da
Dante
a
Cimarosa
,
da
Leonardo
da
Vinci
a
Cavour
,
a
Cantù
,
a
Crispi
.
Non
c
è
uomo
illustre
nella
storia
e
nel
rinascimento
patrio
che
non
sia
entrato
nella
sua
collezione
illustrata
.
Self
-
made
man
del
giornalismo
italiano
,
egli
si
è
scelto
un
motto
inglese
adatto
alla
sua
pertinacia
di
lavoratore
:
time
is
money
-
il
tempo
è
danaro
.
Con
una
testa
costantemente
in
eruzione
e
convinto
che
«
la
volontà
è
l
anima
dell
ingegno
e
la
vittoria
del
progresso
»
,
egli
resiste
al
tavolo
fino
ai
crampi
nella
mano
.
Passa
indifferentemente
da
un
soggetto
all
altro
,
senza
bisogno
di
sosta
.
Smette
l
articolo
politico
e
riprende
la
continuazione
dell
appendice
,
consegna
al
proto
la
pagina
critica
e
si
riversa
sull
Italia
irredenta
-
una
pubblicazione
che
deve
«
tener
vivo
nelle
masse
il
sentimento
della
loro
nazionalità
,
il
retaggio
sacro
della
lingua
,
la
speranza
di
una
rivendicazione
avvenire
»
.
È
difficile
trascinarlo
in
una
conversazione
che
gli
faccia
perdere
il
tempo
e
il
danaro
,
ma
una
volta
ch
egli
si
decida
per
il
riposo
,
vi
trovate
con
un
causeur
nel
vero
senso
della
parola
,
con
un
uomo
il
quale
sembra
non
abbia
fatto
altro
nella
vita
che
occuparsi
di
salotti
aristocratici
o
di
aneddoti
politici
o
di
musica
wagneriana
.
Verso
sera
,
quando
si
aspettava
la
luce
elettrica
o
si
flanellava
,
gli
abitatori
della
quinta
camerata
lo
ascoltavano
tra
una
meraviglia
e
l
altra
.
Pareva
Villemesant
o
Rochefort
che
stesse
dettando
le
sue
memorie
.
Si
andava
dall
Africa
-
ove
era
stato
due
volte
come
corrispondente
del
Secolo
-
al
palcoscenico
di
una
prima
donna
che
ha
fatto
storia
-
nel
dietroscena
di
Caprera
quando
donna
Francesca
rimase
col
generale
-
alla
redazione
di
un
giornale
che
si
ricorda
ancora
-
a
un
periodo
tumultuoso
che
egli
sapeva
rimettere
in
piedi
tale
e
quale
,
colla
data
,
cogli
incidenti
,
cogli
attori
principali
,
sceneggiando
il
disastro
o
il
trionfo
coi
colori
di
una
tavolozza
arciricca
.
Un
semplice
paesucolo
sconosciuto
diventava
nella
sua
bocca
di
un
interesse
sommo
.
Ce
lo
circondava
delle
industrie
e
degli
uomini
della
regione
e
ci
diceva
l
avvenimento
che
lo
aveva
reso
celebre
.
Pur
pensando
a
Cavallotti
quasi
balbuziente
,
dubito
che
il
Chiesi
abbia
qualità
oratorie
.
Gli
mancano
i
mezzi
vocali
e
l
inconsapevolezza
di
Castelar
che
sa
stare
sulla
piattaforma
con
la
tranquillità
di
uno
scrittore
a
tavolino
.
Il
processo
del
tribunale
di
guerra
è
riuscito
a
propalare
assai
più
il
suo
carattere
,
la
sua
produzione
letteraria
,
la
sua
attività
giornalistica
.
Prima
,
quantunque
avesse
scritto
una
ventina
di
romanzi
,
descritta
l
Italia
da
un
capo
all
altro
,
il
suo
nome
non
era
nelle
moltitudini
come
oggi
.
Giornalista
che
aveva
nutrito
una
legione
di
giornali
,
gli
mancava
la
simpatia
nazionale
che
gli
ha
data
una
condanna
la
quale
ha
fatto
fremere
anche
coloro
che
sono
agli
antipodi
de
suoi
ideali
politici
.
In
Gustavo
Chiesi
è
l
imperturbabilità
grandiosa
di
Danton
che
dice
al
carnefice
di
mostrare
la
sua
testa
al
popolo
.
È
rimasto
sul
banco
degli
accusati
di
un
tribunale
militare
come
uno
stoico
.
Se
ha
aperto
bocca
,
non
è
stato
per
proteggere
la
sua
prosa
giornalistica
,
ma
per
salvare
i
suoi
cooperatori
e
adempiere
al
dovere
di
direttore
.
-
Io
non
ho
da
dire
che
due
brevi
cose
.
«
Primo
,
ringrazio
i
miei
difensori
per
la
grande
dottrina
colla
quale
mi
hanno
difeso
.
(
Era
stato
difeso
dai
tenenti
Giglio
e
Corselli
)
.
Secondo
,
dichiaro
sulla
mia
parola
d
onore
che
il
Cermenati
si
recò
a
Pavia
e
a
Piacenza
soltanto
in
qualità
di
redattore
del
giornale
,
e
per
nessun
altra
ragione
»
.
E
quando
Bacci
,
il
sostituto
avvocato
generale
in
missione
,
escluse
dal
numero
dei
colpevoli
Ulisse
Cermenati
e
Arnaldo
Seneci
,
amministratore
dell
Italia
del
popolo
,
sulla
faccia
del
direttore
si
diffuse
la
consolazione
.
Egli
respirava
più
liberamente
.
La
reclusione
degli
amici
gli
sarebbe
pesata
sul
cuore
come
un
martirio
.
In
galera
nessuno
lo
ha
mai
sentito
lamentarsi
.
Egli
lavorava
dalla
mattina
alla
sera
e
non
sostava
che
per
pensare
alla
vecchia
madre
che
lo
piangeva
disperatamente
.
Pochi
idolatrano
la
famiglia
dei
genitori
e
contribuiscono
al
suo
benessere
come
Gustavo
Chiesi
.
Egli
è
stato
eletto
deputato
mentre
era
nel
reclusorio
di
Finalborgo
e
Forlì
continuerà
ad
eleggerlo
per
un
pezzo
,
perché
Gustavo
Chiesi
non
è
di
coloro
che
si
abbandonano
subito
dopo
che
la
giustizia
delle
masse
ha
stravinto
la
giustizia
delle
classi
.
Conosciuto
,
lo
si
ama
per
la
sua
intelligenza
;
per
la
sua
bontà
e
per
la
saldezza
dei
suoi
principii
.
In
questi
tempi
di
uomini
di
carta
pesta
,
un
uomo
di
bronzo
,
come
Gustavo
Chiesi
,
diventa
,
in
un
ambiente
legislativo
come
il
nostro
,
un
tesoro
nazionale
.
Tiene
in
piedi
anche
i
legislatori
di
pasta
frolla
.
È
dotto
,
è
una
biblioteca
ambulante
ed
è
una
penna
incorruttibile
che
perseguita
i
corrotti
.
A
FINALBORGO
STUDIO
DEGLI
ALTRI
GALEOTTI
Ci
fu
un
galeotto
che
ci
disilluse
tutti
.
Era
il
cuoco
del
bettolino
-
un
buon
diavolo
cogli
occhioni
pieni
di
lampeggiamenti
e
con
le
ganasce
lardose
.
Aveva
per
noi
della
vera
affezione
.
Coi
pochi
centesimi
che
potevamo
spendere
,
si
struggeva
per
farci
mangiare
meno
scelleratamente
che
poteva
.
Soprattutto
era
pulito
.
Ci
portava
alla
mattina
una
minestra
per
venticinque
centesimi
,
la
quale
,
in
galera
,
potevamo
dire
buona
e
delle
porzioni
di
gnocchi
di
patate
che
mandavano
in
visibilio
Romussi
.
-
Neanche
la
mia
cuoca
saprebbe
cucinarli
così
bene
!
Gustavo
Chiesi
,
che
si
interessava
assai
poco
della
vita
del
reclusorio
e
che
giurava
,
di
tanto
in
tanto
,
che
non
avrebbe
mai
scritto
una
riga
sulla
sua
prigionia
,
aveva
della
tenerezza
per
il
cuoco
.
Ci
diceva
che
,
se
andava
fuori
,
voleva
fare
qualcosa
per
lui
,
perché
lo
meritava
.
Sapevamo
che
era
un
fratricida
,
ma
avevamo
la
sua
parola
d
onore
ch
egli
era
innocente
.
Secondo
lui
,
non
fu
che
il
caso
che
lo
fece
trovare
nella
stanza
ove
un
altro
suo
fratello
scannava
il
terzo
.
In
galera
poi
non
si
può
pretendere
di
trovare
delle
mani
immacolate
.
Una
mattina
che
avevamo
più
fame
del
solito
,
lo
aspettavamo
andando
in
su
e
in
giù
per
la
camerata
e
gettando
occhiate
per
il
corridoio
attraverso
la
spia
.
-
Ma
questo
cuoco
?
Giunse
in
vece
sua
un
recluso
dei
fatti
di
maggio
.
Che
aveva
?
Era
egli
ammalato
?
Nessuno
ne
sapeva
niente
e
nessuno
ci
voleva
dire
niente
.
Alle
nostre
interrogazioni
,
si
rispondeva
con
smorfie
che
suscitavano
una
curiosità
maggiore
.
Che
cosa
gli
era
capitato
?
Il
direttore
lo
aveva
condannato
a
quindici
giorni
di
cella
di
rigore
e
di
camicia
di
forza
.
Che
cosa
aveva
fatto
?
Quando
lo
sapemmo
,
lo
buttammo
tutti
idealmente
dalla
finestra
,
come
si
fa
con
una
persona
della
quale
non
si
voglia
più
ricordarsi
.
Egli
si
era
appaiato
con
uno
della
sua
specie
.
Dopo
quest
uomo
triviale
che
ci
ha
trascinati
nei
bassifondi
della
malavita
,
è
una
consolazione
ritornare
alla
superficie
dove
sono
esseri
di
una
morale
un
po
più
sostenuta
.
Il
598
era
il
modello
di
tutti
quanti
ho
conosciuti
.
Egli
gode
la
fiducia
del
direttore
e
non
ne
abusa
.
È
fedele
,
è
rispettoso
,
è
astemio
e
lavora
dalla
mattina
alla
sera
come
un
martire
.
Va
da
un
corridoio
all
altro
senz
essere
accompagnato
dalla
guardia
.
È
il
solo
che
esca
tutti
i
giorni
dallo
stabilimento
-
accompagnato
,
si
intende
,
dall
agente
di
custodia
-
a
portare
la
corrispondenza
alla
direzione
dei
reclusori
ed
è
il
solo
che
vada
fino
a
Finalmarina
a
prendere
i
medicinali
.
Un
giorno
,
mentre
il
buon
Pascotto
stava
spolverando
la
lampada
della
nostra
camerata
,
gli
domandai
perché
non
scappava
.
-
Voi
non
avete
più
che
dodici
anni
da
fare
.
Ma
pensate
che
la
vita
è
breve
,
accidempoli
!
Nei
vostri
panni
io
non
esiterei
un
minuto
.
Mi
servirei
della
casacca
per
insaccarvi
la
testa
del
mio
guardiano
e
obbligarlo
a
sciupare
del
tempo
a
districarsela
e
poi
direi
:
gambe
mie
aiutatemi
!
Continuerei
a
fuggire
senza
mai
voltarmi
indietro
.
Non
smise
neanche
di
strofinare
la
lampada
.
Per
lui
erano
tutte
sciocchezze
.
Lui
non
era
uomo
da
lasciarsi
scaldare
la
testa
.
Prima
di
tutto
aveva
la
sua
pena
da
espiare
e
non
intendeva
sottrarvisi
se
non
gli
si
faceva
la
grazia
.
Aveva
violata
la
legge
e
la
legge
doveva
essere
rispettata
.
Ai
suoi
tempi
era
stato
un
bulo
e
anche
un
grassatore
di
strada
.
Ma
adesso
aveva
fatto
giudizio
ed
era
,
per
lui
,
un
piacere
mantenersi
sulla
via
retta
.
La
fuga
poi
,
per
un
povero
cristo
,
era
una
ridicolaggine
.
Come
si
poteva
scappare
colla
catena
o
cogli
abiti
del
galeotto
?
-
E
quando
siete
al
largo
e
cercato
dappertutto
dagli
agenti
di
polizia
,
dove
andate
a
nascondervi
?
La
vita
del
fuggiasco
è
più
grama
di
quella
del
recluso
.
Credetelo
.
E
come
troverete
da
mangiare
in
giro
,
senza
amicizie
e
senza
denari
?
Rubando
.
E
io
non
farò
mai
più
il
ladro
.
Egli
mi
rispondeva
da
uomo
emendato
,
e
il
mio
pensiero
incanagliva
e
trepidava
,
preparandosi
una
fuga
clamorosa
e
spettacolosa
.
Lui
mi
parlava
di
ridicolaggine
e
di
catena
,
e
io
sentivo
il
mare
che
si
frangeva
fracassosamente
sulla
spiaggia
di
Finalmarina
.
Lui
si
vedeva
inseguito
dai
cagnotti
sguinzagliati
dalla
giustizia
che
non
dà
tregua
,
e
io
mi
gettavo
sul
mare
supino
e
,
a
forza
di
gambe
,
raggiungevo
la
nave
straniera
che
mi
accoglieva
a
bordo
a
braccia
aperte
.
Il
598
si
vedeva
impacciato
,
perseguitato
e
morto
di
fame
.
Io
mi
sentivo
libero
,
sulla
piattaforma
inglese
o
americana
,
circondato
da
migliaia
di
persone
che
mi
salutavano
con
dei
battimani
fragorosi
e
mi
riempivano
le
tasche
di
dollari
o
di
sterline
udendomi
raccontare
le
avventure
della
mia
fuga
e
il
periodo
della
fame
de
miei
amici
della
quinta
camerata
!
Il
77
era
il
lavandaio
.
Era
alto
come
un
palo
telegrafico
,
secco
come
il
merluzzo
e
giallognolo
come
la
pelle
di
un
giapponese
.
Con
il
suo
collo
esile
,
sormontato
da
una
testa
poco
voluminosa
,
con
le
sue
braccia
lunghe
appese
alle
spalle
come
cose
floscie
giù
rasente
il
corpo
,
con
la
sua
faccia
piena
di
rientrature
,
pareva
uno
scheletro
ambulante
.
Gli
occhi
,
nascosti
nelle
occhiaie
profonde
sotto
le
tettoie
ossute
e
pelose
,
sembravano
focolari
di
delinquenza
.
Erano
in
essi
i
guizzi
del
delitto
che
facevano
passare
per
la
schiena
l
aria
fredda
.
Tutte
le
volte
che
lo
guardavo
,
mi
obbligava
a
liberarmi
dai
fremiti
che
mi
suscitava
con
degli
scotimenti
di
spalle
.
La
sua
bocca
a
culo
di
gallina
e
il
suo
mento
che
tirava
da
sinistra
a
destra
,
mi
riassumevano
il
tipo
del
luogo
.
Aveva
la
mano
denutrita
e
le
dita
lunghe
del
fantasma
.
Si
muovevano
come
tentacoli
.
Prendevano
la
biancheria
sporca
con
un
movimento
meccanico
.
Sul
cuore
del
77
era
il
listone
nero
del
suo
trasporto
,
e
sulla
sua
testa
gibbosa
era
il
berretto
giallo
a
spicchio
che
lo
incadaveriva
.
Come
tutti
i
sanguinarii
,
era
di
modi
carezzosi
.
Parlava
con
dolcezza
e
non
si
lamentava
mai
della
sua
sorte
.
Una
volta
che
gli
domandai
se
pensava
di
rientrare
nella
vita
sociale
,
mi
offerse
una
presa
di
tabacco
con
una
spallata
di
sprezzo
.
Pareva
volesse
dire
:
Società
ingrata
,
non
avrai
le
mie
ossa
!
I
suoi
compagni
mi
dicevano
che
era
religiosissimo
.
Non
mangiava
mai
senza
farsi
il
segno
della
croce
e
non
andava
mai
sulla
branda
senza
prima
essersi
inginocchiato
a
ringraziare
il
Signore
Iddio
di
averlo
mantenuto
buono
anche
in
quella
giornata
.
Tra
tutti
i
condannati
della
quinta
camerata
preferiva
don
Davide
.
Il
sacerdote
nel
camiciotto
del
recluso
gli
faceva
sanguinare
l
anima
.
Non
gli
pareva
giusto
che
un
uomo
di
«
talento
»
,
come
diceva
lui
,
fosse
in
prigione
per
avere
del
«
talento
»
.
Don
Davide
si
soffiava
il
naso
sovente
a
Finalborgo
.
Aveva
preso
un
raffreddore
che
gli
era
divenuto
cronico
.
E
il
lavandaio
,
di
nascosto
,
gli
lavava
un
fazzoletto
al
giorno
e
glielo
portava
pulito
e
piegato
come
una
cosa
proibita
dal
regolamento
.
L
udito
del
77
era
molto
difettoso
.
C
era
un
recluso
che
aveva
già
scontato
otto
anni
e
che
anche
nel
saio
della
casa
di
pena
non
aveva
perduto
la
caratteristica
del
mestiere
che
esercitava
prima
di
essersi
intriso
le
mani
nel
sangue
dei
suoi
simili
.
Lo
si
vedeva
e
si
pensava
al
palcoscenico
.
Egli
non
poteva
essere
che
un
calcascene
.
Il
suo
viso
era
una
ditta
teatrale
.
Una
di
quelle
facce
grassottelle
di
venticinque
anni
,
con
la
carne
biancastra
della
gente
che
va
a
letto
quando
la
notte
sfittisce
,
con
l
ombreggiatura
per
la
mezza
faccia
della
barba
fitta
e
nera
che
ha
subìto
il
contrappelo
e
con
gli
occhioni
dalle
pupille
fulgide
nella
vivezza
lattiginosa
che
inondano
l
assieme
di
una
bontà
infinita
.
La
sua
vita
di
«
scrivanello
»
-
una
vita
che
lo
lascia
libero
tutto
il
giorno
e
gran
parte
della
notte
-
non
gli
ha
fatto
dimenticare
che
gli
mancano
quattro
anni
,
anni
che
egli
chiamava
quattro
secoli
anche
quando
gli
si
diceva
che
la
sua
liberazione
non
poteva
essere
lontana
.
Le
lettere
che
riceveva
dalla
famiglia
gli
rinverdivano
le
speranze
ogni
tre
mesi
,
ma
,
tra
l
una
e
.
l
altra
del
trimestre
,
aveva
dei
momenti
neri
di
ipocondria
.
Gli
pareva
che
più
nessuno
pensasse
a
lui
.
Prima
che
venisse
l
indulto
me
ne
fece
leggere
una
la
quale
gli
dava
l
idea
che
finalmente
il
sovrano
si
era
commosso
del
suo
stato
.
Egli
era
convinto
che
S
.
M
.
stava
per
firmare
la
sua
grazia
.
Ma
il
giorno
che
mi
vide
partire
senza
novità
per
lui
,
ricadde
nella
disperazione
.
-
«
Non
mi
dimentichi
!
»
mi
disse
.
E
dicendolo
si
asciugava
gli
occhi
,
volgendosi
dall
altra
parte
.
«
Se
posso
ritornare
a
casa
,
le
assicuro
che
non
mi
vedranno
più
in
questi
luoghi
.
L
ho
scontata
troppo
cara
per
dimenticare
la
vita
del
recluso
.
Poi
ho
la
mamma
e
la
sorella
che
mi
vogliono
un
bene
dell
anima
.
Lei
ha
letto
l
ultima
loro
lettera
e
può
dire
se
hanno
del
cuore
»
.
Di
mattina
,
era
addetto
al
medico
.
Registrava
la
medicina
da
mandarsi
a
prendere
.
Dopo
,
andava
per
le
camerate
a
raccogliere
le
ordinazioni
mangerecce
,
e
nel
pomeriggio
,
fino
magari
dopo
la
mezzanotte
,
rimaneva
con
un
galeotto
perpetuo
a
preparare
gli
specchietti
del
movimento
amministrativo
quotidiano
.
Il
suo
numero
di
matricola
era
il
2107
.
Prima
dell
attore
veniva
da
noi
,
col
libro
della
spesa
e
il
calamaio
attaccato
per
un
lembo
di
pelle
al
bottone
della
giacca
,
uno
scrivanello
che
aveva
ammazzato
un
carabiniere
il
quale
lo
aveva
sorpreso
a
svaligiare
una
carbona
(
casa
)
fuori
di
porta
Magenta
.
L
omicidio
gli
aveva
dato
modo
di
rimanere
fuori
dalle
unghie
della
giustizia
per
parecchi
mesi
.
Ma
la
gatta
,
anche
dopo
una
paura
maledetta
,
va
al
lardo
fin
che
vi
lascia
lo
zampino
.
E
un
bel
giorno
lo
agguantarono
con
degli
altri
ladri
o
degli
altri
grassatori
e
lo
mandarono
in
galera
con
una
sentenza
di
vent
anni
.
Era
recidivo
,
qualche
colpo
gli
era
andato
bene
e
sapeva
adattarsi
all
ambiente
in
un
modo
meraviglioso
.
Quando
la
direzione
non
lo
imbestialiva
coi
conti
che
gli
aveva
affidato
,
non
si
accorgeva
di
essere
in
un
reclusorio
.
Lasciava
l
ufficio
verso
mezzanotte
e
dalla
spia
della
nostra
camerata
lo
rivedevamo
al
lavoro
prima
delle
quattro
.
Qualche
volta
,
se
la
guardia
che
lo
accompagnava
non
gli
era
vicino
,
gli
dicevo
che
faceva
male
a
lavorare
tante
ore
in
un
periodo
in
cui
gli
operai
che
mangiano
meglio
si
agitavano
per
un
orario
quotidiano
di
otto
.
Vi
ammalerete
e
andrete
al
cimitero
senza
rivedere
Milano
.
Mi
rispose
che
stava
meglio
in
ufficio
che
in
infermeria
,
ove
poteva
coricarsi
e
alzarsi
presto
senza
svegliare
alcuno
.
L
infermeria
è
uno
stanzone
lunghissimo
con
delle
finestre
libere
dai
cassoni
e
con
due
filate
di
letti
quasi
sempre
vuoti
.
-
Come
,
vi
lamentate
di
dormire
sulla
materassa
?
-
Non
mi
lamento
,
ma
lei
non
sa
...
-
Datemi
del
voi
,
gli
dissi
celiando
.
Sapete
bene
che
il
regolamento
proibisce
ai
detenuti
di
servirsi
di
un
pronome
che
non
sia
di
seconda
persona
plurale
.
-
Giusto
,
voi
non
sapete
che
in
letto
-
anche
sulla
materassa
-
sto
male
.
È
l
unica
cosa
alla
quale
non
sono
mai
riuscito
ad
abituarmi
.
Il
galeotto
è
incatenato
alla
branda
.
Ora
,
mettetevi
nella
mia
posizione
,
e
vedrete
che
darete
la
preferenza
al
pisolino
sulla
scranna
dello
scrivanello
.
La
lunghezza
della
catena
non
mi
permette
che
di
mettere
il
piede
in
terra
dalla
parte
dell
anello
e
di
rimanere
,
se
non
voglio
scorticarmi
,
in
una
posizione
supina
.
Il
letto
,
per
me
,
è
una
tortura
.
Fu
lui
che
ci
iniziò
ai
pasti
dei
peperoni
,
dei
pomidori
,
dell
insalata
di
cipolle
e
di
patate
coll
aglio
e
di
fagiolini
tirati
fuori
dalla
pasta
del
convento
,
quando
la
minestra
era
coi
fagioli
.
Egli
è
piuttosto
piccolo
,
con
la
pelle
sulla
faccia
scura
e
butterata
,
con
gli
occhi
un
po
loschi
e
con
le
estremità
del
taglio
della
bocca
non
esattamente
equidistanti
.
È
tutt
assieme
una
figura
rapace
.
Lo
abbiamo
perduto
per
avere
alzato
il
gomito
.
Poco
abituato
a
bere
,
un
giorno
era
riuscito
ad
ubriacarsi
.
Lo
trovai
nel
letto
della
infermeria
incatenato
alla
branda
,
con
la
cuffia
di
cotone
bianco
sulla
fronte
,
che
stava
aspettando
la
sbriacatura
.
-
Che
cosa
fate
?
gli
domandai
.
-
Non
ho
potuto
alzarmi
alla
solita
ora
per
un
po
di
vino
brusco
.
Accidenti
al
vino
brusco
!
All
indomani
,
o
qualche
giorno
dopo
,
il
direttore
lo
mandò
nell
altro
reclusorio
a
mia
insaputa
e
io
non
ho
potuto
restituirgli
lo
Stecchetti
che
mi
aveva
imprestato
per
passare
il
tempo
.
Lo
scrivanello
lo
sapeva
quasi
tutto
a
memoria
.
COSTANTINO
LAZZARI
Tra
l
ottanta
e
l
ottantatrè
i
pionieri
del
movimento
marxista
continuavano
a
battere
il
chiodo
che
,
se
si
voleva
organizzare
i
mestieri
,
bisognava
costituire
un
partito
puramente
operaio
,
il
quale
,
a
suo
tempo
,
avrebbe
potuto
trasformarsi
in
partito
socialista
italiano
.
Parecchi
operai
,
che
studiavano
e
frequentavano
i
circoli
di
studi
sociali
,
si
misero
a
concionare
in
questo
senso
,
e
subito
dopo
la
morte
di
Carlo
Marx
la
loro
organizzazione
si
potè
dire
iniziata
.
Ormai
,
si
disse
,
l
operaio
farà
da
sè
.
Chiunque
si
occupava
di
questioni
sociali
e
non
aveva
i
calli
del
lavoratore
alle
mani
,
veniva
considerato
una
specie
d
intruso
.
Lo
si
vedeva
negli
angoli
dei
meetings
come
un
rognoso
.
Coi
pregiudizi
che
pullulavano
nella
testa
operaia
e
con
la
stampa
che
blatterava
di
progresso
e
dava
eternamente
ragione
agli
intascatori
di
lavoro
non
pagato
,
senza
un
giornale
che
stimolasse
,
che
aiutasse
,
che
confortasse
,
che
difendesse
e
che
rivelasse
la
vita
che
si
svolgeva
negli
stabilimenti
padronali
,
gli
operai
non
avrebbero
potuto
tener
duro
.
Un
giornale
era
necessario
.
Senza
di
esso
sarebbero
stati
calunniati
,
schiacciati
.
Non
si
domandarono
neanche
chi
di
loro
sapeva
scrivere
o
chi
di
loro
sapeva
mettere
assieme
un
foglio
qualunque
.
L
esperienza
li
avrebbe
fatti
andare
sulle
pedate
degli
altri
.
Il
loro
partito
era
nuovo
e
nuovi
dovevano
essere
gli
scrittori
.
Non
si
trattava
di
scrivere
in
ghingheri
.
Si
trattava
semplicemente
di
dire
chiaro
e
tondo
che
cosa
volevano
,
dove
tendevano
,
a
che
cosa
aspiravano
.
Non
altro
.
E
il
Fascio
Operaio
-
voce
dei
figli
del
lavoro
-
il
29
luglio
1883
era
già
nelle
mani
del
pubblico
.
Lo
scopo
della
pubblicazione
era
condensato
in
queste
parole
di
Malon
stampate
a
destra
,
in
corpo
otto
,
sotto
il
titolo
del
giornale
:
«
Se
non
pensano
a
far
da
loro
gli
operai
italiani
non
saranno
mai
emancipati
»
.
Nel
primo
articolo
intitolato
«
chi
siamo
e
che
cosa
vogliamo
»
,
dicevano
apertamente
che
erano
«
operai
nel
più
stretto
senso
della
parola
,
cioè
,
operai
manovali
»
.
«
Siamo
i
figli
di
quella
immensa
moltitudine
a
cui
la
vita
non
è
concessa
che
a
patto
di
una
perenne
produzione
-
di
quella
classe
che
lavora
e
soffre
,
senza
adeguati
compensi
-
che
vede
il
frutto
delle
proprie
fatiche
aumentare
le
ricchezze
dei
capitalisti
»
.
L
attività
dei
redattori
del
Fascio
Operaio
era
infaticabile
.
Restando
al
lavoro
,
tenevano
conferenze
ogni
sera
,
organizzavano
la
lega
di
resistenza
ogni
volta
si
trovavano
coi
compagni
,
e
scrivevano
articoli
ogni
settimana
.
In
due
mesi
la
«
voce
dei
figli
del
lavoro
»
seppe
preparare
e
inaugurare
un
Congresso
operaio
a
cui
il
Fascio
mandava
il
suo
saluto
«
perché
i
congressisti
erano
puramente
dei
lavoratori
che
si
ispiravano
alla
loro
coscienza
di
lavoratori
».«Siate
uomini
nuovi
,
diceva
loro
.
Due
siano
le
vostre
stelle
polari
.
L
eguaglianza
di
tutti
gli
uomini
in
faccia
alla
giustizia
e
l
indipendenza
della
personalità
umana
»
.
Il
Fascio
Operaio
discuteva
i
problemi
operai
,
polemizzava
coi
giornali
che
si
occupavano
dei
redattori
e
dei
loro
articoli
,
decomponeva
,
a
poco
a
poco
,
il
Consolato
operaio
nelle
mani
dei
romussiani
,
e
attaccava
,
con
qualche
violenza
,
la
democrazia
al
dorso
del
Secolo
,
chiamandola
«
vile
»
.
Cavallotti
,
che
fino
dai
tempi
del
Gazzettino
Rosa
aveva
imitato
don
Margotti
,
tenendo
nella
sua
casa
il
casellario
degli
uomini
pubblici
-
casellario
che
se
venisse
pubblicato
adesso
sorprenderebbe
molti
e
susciterebbe
polemiche
infinite
-
si
era
occupato
anche
dei
redattori
del
Fascio
e
specialmente
di
Costantino
Lazzari
,
il
quale
,
oltre
essere
il
redattore
capo
del
Fascio
,
era
l
anima
del
partito
operaio
.
Per
capire
l
importanza
dell
accusa
contro
Costantino
Lazzari
,
bisogna
ricordarsi
che
nell86
Cavallotti
aveva
già
assunto
il
carattere
di
leader
parlamentare
ed
aveva
già
iniziato
il
sistema
di
inseguire
e
snidare
i
corrotti
dovunque
li
trovava
o
li
sapeva
.
Nel
salone
dei
Giardini
Pubblici
,
ove
aveva
finito
di
parlare
Cavallotti
sulle
elezioni
generali
,
non
appena
il
redattore
capo
del
Fascio
si
permise
di
domandare
la
parola
,
si
sentirono
voci
spaventevoli
.
-
Fuori
le
spie
!
fuori
le
spie
!
Chi
erano
le
spie
?
I
redattori
del
Fascio
.
Ma
l
indiziato
era
Costantino
Lazzari
.
Tanto
è
vero
che
nel
questionario
,
che
invitava
Cavallotti
a
dare
«
risposte
categoriche
in
nome
della
verità
e
della
giustizia
»
,
c
era
questa
interrogazione
:
-
È
giusto
paragonare
il
compagno
Lazzari
ad
un
agente
di
polizia
?
Cavallotti
non
volle
mai
smentire
l
accusa
e
non
volle
mai
dire
pubblicamente
su
quale
documento
era
basata
,
Ma
tutti
gli
amici
dell
autore
di
Anticaglie
sapevano
e
sanno
che
l
accusa
era
basta
su
una
ricevuta
di
cinquecento
lire
,
firmata
da
Costantino
Lazzari
,
nelle
mani
di
Nicotera
,
ministro
dell
interno
.
Chiunque
di
noi
l
avesse
veduta
senza
cercare
altro
,
non
avrebbe
potuto
venire
ad
altra
conclusione
.
Cioè
che
Costantino
Lazzari
non
aveva
schifo
dei
fondi
segreti
.
Ma
la
cosa
non
è
così
.
E
ne
parlo
appunto
per
distruggere
una
calunnia
che
perseguita
Lazzari
da
parecchi
anni
.
Non
lo
si
può
dire
prudente
,
questo
no
.
Prendere
del
danaro
per
un
partito
senza
domandare
da
che
parte
venga
,
con
la
scusa
che
il
denaro
non
ha
«
odore
»
,
è
un
po
arrischiato
.
Ma
in
verità
Costantino
Lazzari
entrò
come
un
sorcio
nella
trappola
.
Non
sapeva
del
tranello
.
Gli
si
esibirono
cinquecento
lire
per
il
partito
in
un
momento
elettorale
,
le
prese
,
e
le
consegnò
intatte
al
partito
senza
curarsi
d
altro
.
Un
fatto
consimile
è
avvenuto
tra
i
socialisti
di
Londra
.
I
tories
diedero
parecchie
centinaia
di
sterline
a
un
leader
socialista
per
moltiplicare
le
candidature
socialiste
tra
il
candidato
tory
e
il
candidato
liberale
.
Il
giuoco
era
che
col
terzo
candidato
i
liberali
avrebbero
perduto
i
voti
che
venivano
dati
ai
socialisti
e
quindi
qua
e
là
dei
collegi
.
Si
gridò
al
tory
money
,
come
qui
si
gridò
alla
spia
.
Ma
il
leader
inglese
e
il
leader
italiano
poterono
salvarsi
mostrando
,
come
Walpole
,
le
mani
pulite
.
Dopo
questo
fatto
il
Fascio
Operaio
-
del
quale
parlo
perché
è
come
parlare
di
Costantino
Lazzari
-
e
il
partito
operaio
subirono
le
violenze
prefettizie
e
passarono
attraverso
un
uragano
indemoniato
.
Il
Comitato
Centrale
del
partito
operaio
italiano
venne
sciolto
,
il
Fascio
Operaio
sospeso
e
la
redazione
intiera
messa
sotto
chiave
al
Cellulare
per
ottanta
giorni
.
I
condannati
furono
cinque
,
tra
i
quali
Costantino
Lazzari
,
a
tre
mesi
di
carcere
e
a
trecento
lire
di
multa
.
E
il
Fascio
Operaio
risorse
,
dicendo
che
«
il
socialismo
è
un
gigante
che
nessuna
forza
può
vincere
»
.
In
Costantino
Lazzari
è
rimasta
l
avversione
del
Fascio
Operaio
per
gli
«
intrusi
»
.
Un
socialista
dottore
o
avvocato
o
scrittore
o
ingegnere
o
architetto
gli
fa
torcere
il
viso
dall
altra
parte
.
Ha
per
tutti
costoro
un
antipatia
invincibile
.
Li
chiama
i
socialisti
dal
panciotto
bianco
o
i
socialisti
dal
gilé
de
gess
.
Si
dice
che
la
gratitudine
non
sia
il
suo
forte
.
Ma
è
indubitato
ch
egli
,
giovanissimo
,
si
è
dato
la
briga
di
soccorrere
la
sua
famiglia
povera
,
e
di
mantenere
alle
scuole
di
Milano
una
sua
sorella
e
un
suo
fratello
.
Ha
rinunciato
alla
carriera
commerciale
per
dedicarsi
completamente
al
socialismo
.
Ma
le
vicissitudini
dell
esistenza
tribolata
gli
hanno
fatto
riprendere
la
via
di
prima
.
Egli
è
ora
commesso
viaggiatore
.
È
stato
in
prigione
più
di
una
volta
.
Egli
era
nell
Umbria
ed
è
andato
in
galera
per
i
tumulti
di
Milano
!
Ha
un
istruzione
tumultuaria
,
è
un
conferenziere
improvvisatore
,
ha
una
tendenza
sentita
verso
la
misantropia
,
ed
è
disgustato
degli
uomini
e
della
vita
.
Se
dovessi
riassumere
Lazzari
,
direi
,
con
Tommaso
Grossi
,
ch
egli
è
un
«
orso
mal
leccato
»
.
SI
MUORE
DI
FAME
Per
ricordarmi
di
queste
giornate
negre
,
ammuchiavo
le
mie
impressioni
sui
margini
,
sui
frontispizi
e
sotto
e
sopra
gli
indici
dei
libri
.
Mi
servivo
di
un
moncone
di
lapis
che
tenevo
nascosto
tra
il
dorso
e
la
legatura
di
un
volume
,
il
quale
rimaneva
con
me
giorno
e
notte
.
I
libri
che
giovano
di
più
al
prigioniero
sono
quelli
che
offrono
più
spazio
.
Quelli
che
hanno
cinque
o
sei
pagine
bianche
prima
di
arrivare
alla
prefazione
,
che
incominciano
e
finiscono
i
capitoli
con
dei
vuoti
preziosi
,
che
sono
stampati
in
modo
da
lasciarvi
una
linea
tra
una
riga
e
l
altra
e
che
terminano
in
fondo
col
lusso
della
entratura
.
A
me
,
per
esempio
,
sono
stati
di
grande
giovamento
la
grammatica
tedesca
del
dottor
Friedmann
e
le
Ascensioni
Umane
del
Fogazzaro
.
Mi
hanno
permesso
di
scrivere
un
volume
su
ciascun
volume
.
Se
dovessi
ritornare
in
prigione
e
qualcuno
volesse
regalarmi
qualche
libro
,
non
dimentichi
di
dare
un
occhiata
agli
spazi
.
Copio
,
o
meglio
completo
i
periodi
coi
riempitivi
che
lasciavo
fuori
per
economia
.
«
Il
periodo
della
fame
venne
inaugurato
stamane
,
sei
settembre
.
Se
lo
avessi
saputo
prima
,
ieri
sera
mi
sarei
imbottito
con
un
pranzo
luculliano
.
Non
si
è
mai
contenti
.
Era
una
giornata
che
ci
aspettavamo
di
minuto
in
minuto
,
ed
ora
che
è
giunta
troviamo
che
è
giunta
troppo
presto
.
Io
poi
,
che
non
ho
tanti
denari
da
spendere
,
non
dovrei
tormentarmi
con
queste
seccature
di
gola
.
Tanto
più
che
mi
rincresce
di
stare
a
tavola
cogli
amici
,
che
non
sono
capaci
di
mangiare
in
santa
pace
il
loro
pranzo
,
senza
costringermi
,
con
la
massima
gentilezza
,
ad
assaggiare
un
po
di
questa
o
di
quella
pietanza
.
Adesso
siamo
pari
.
La
nostra
mensa
è
diventata
la
mensa
degli
uguali
.
«
Che
cani
!
Ci
hanno
portato
via
penne
,
calamai
e
lapis
.
Sono
venuti
a
prendere
i
libri
per
registrarli
.
Ho
domandato
il
permesso
di
scrivere
una
lettera
per
comunicare
agli
amici
l
avvenimento
,
ma
mi
si
è
detto
che
il
regolamento
non
mi
autorizza
a
scriverne
che
una
al
mese
.
Chiesi
,
che
è
alla
reclusione
,
non
può
scriverne
che
una
ogni
tre
.
A
proposito
,
egli
è
alla
reclusione
,
e
rimane
con
noi
.
Dunque
non
c
è
differenza
che
nelle
spese
e
nelle
lettere
.
Lui
può
spendere
venticinque
centesimi
e
noi
,
alla
detenzione
,
trentacinque
.
«
Non
riuscirete
mai
,
signori
aguzzini
,
a
farmi
capire
l
utilità
sociale
di
impedirci
di
scrivere
per
tenerci
qui
a
guardarci
l
un
l
altro
.
Seguitiamo
a
chiacchierare
sulla
dieta
.
Nessuno
ha
paura
.
Se
non
sono
morti
quelli
con
la
catena
che
la
subiscono
da
anni
senza
migliorarla
col
sopravitto
,
vuol
dire
che
non
si
muore
.
«
Le
latrine
sono
indecenze
primitive
.
Mi
sono
messo
con
la
faccia
alla
ferriata
della
prima
finestra
e
sono
stato
lì
per
recere
.
Sotto
,
nel
cortile
,
è
un
mastellone
nascosto
da
un
murello
a
curva
,
che
lascia
venir
su
una
puzza
velenosa
.
È
il
mastellone
dei
condannati
addetti
ai
lavori
domestici
.
Il
direttore
di
questa
casa
di
pena
deve
avere
l
olfatto
molto
ottuso
.
In
tutto
il
penitenziario
non
c
è
una
latrina
.
Ciascuno
fa
i
suoi
bisogni
come
in
un
bosco
.
Peggio
che
in
un
bosco
.
Perché
qui
non
potete
alzarvi
e
andarvene
via
.
Qui
vi
si
lascia
il
mastellone
che
riceve
il
materiale
di
tutta
la
camerata
tutto
il
giorno
e
tutta
la
notte
.
Non
lo
vuotano
che
alla
mattina
e
nel
pomeriggio
.
Noi
,
per
fortuna
,
non
siamo
che
in
sette
.
Immaginatevi
il
fetore
costante
di
una
camerata
di
settanta
o
ottanta
individui
!
C
è
però
un
guaio
anche
nella
nostra
.
In
alto
alla
parete
sono
due
finestrucole
che
comunicano
con
una
camerata
piena
di
reclusi
.
Di
notte
e
di
giorno
riceviamo
la
loro
atmosfera
appestata
e
siamo
condannati
a
sentirli
trullare
come
maiali
!
«
Non
è
la
prima
volta
che
mangio
la
pagnotta
,
ma
era
un
pezzo
che
non
la
sbocconcellavo
.
Me
la
hanno
portata
e
mi
sono
ricordato
degli
ultimi
tozzi
di
pane
bianco
che
ho
dato
al
recluso
che
ci
porta
il
barile
dell
acqua
.
Come
sarebbero
buoni
,
adesso
!
In
un
reclusorio
non
mi
aspetto
il
pane
di
fantasia
.
Ma
certamente
mi
aspetterei
un
pane
migliore
di
questo
.
I
cavalli
ne
mangiano
del
più
buono
.
Le
nostre
sono
pagnotte
di
mollica
ammassicciata
.
Non
è
la
mollica
pastosa
,
duttile
,
allungabile
,
come
quella
del
pane
dei
signori
.
È
una
mollica
friabile
,
di
un
colore
brunastro
e
di
un
sapore
sciapito
.
«
Ho
sempre
sentito
dire
che
la
crosta
solida
è
un
indizio
della
bontà
del
pane
.
Dev
essere
abbondante
,
fitta
,
resistente
,
cotta
bene
.
Questa
è
molle
,
sottile
,
che
si
stacca
senza
fatica
,
che
ritiene
la
ditata
non
appena
la
premete
leggermente
.
Ha
un
colore
tra
il
rosso
-
bruno
e
il
giallo
-
dorato
.
«
Fanno
sul
serio
.
È
cessata
anche
la
pulizia
domestica
.
Prima
ci
facevano
scopare
la
camerata
e
lavare
la
gamella
dai
galeotti
.
Adesso
ci
si
è
detto
che
la
cuccagna
è
finita
.
Benissimo
.
Non
marciremo
neanche
per
questo
.
Il
male
è
che
con
la
minestra
condita
d
olio
la
latta
rimane
unta
.
Senza
acqua
calda
ci
ungiamo
come
guatteri
e
ce
le
laviamo
male
.
Ciascuno
di
noi
si
è
scelta
la
giornata
di
pulizia
.
Lunedì
Lazzari
,
martedì
Federici
,
mercoledì
Valera
,
giovedì
Chiesi
,
venerdì
Ghiglione
,
sabato
don
Davide
,
domenica
Suzzani
.
È
un
movimento
igienico
.
Si
puliscono
e
si
mettono
a
posto
i
tavoli
e
si
scopa
due
volte
il
giorno
.
I
più
volonterosi
e
i
più
abili
sono
indubbiamente
Lazzari
e
Federici
.
Entrambi
scopano
adagio
,
passano
l
arnese
sotto
le
brande
,
si
fermano
a
far
uscire
i
crostini
dalle
connessure
tra
mattone
e
mattone
e
tra
pietra
e
pietra
e
si
tirano
a
dietro
il
materiale
fino
in
fondo
,
senza
lasciare
per
la
via
polvere
o
briciole
.
Scopa
bene
anche
don
Davide
,
ma
non
con
la
diligenza
degli
altri
due
.
Se
al
sabato
si
dimentica
del
suo
turno
,
il
Chiesi
gli
grida
subito
alle
spalle
:
«
-
Non
più
privilegi
e
non
più
privilegiati
!
«
Il
Ghiglione
,
campagnolo
,
scopa
male
,
lo
fa
di
mala
voglia
e
pulisce
i
tavoli
come
un
uomo
che
si
senta
umiliato
.
«
La
direzione
di
qualunque
casa
penale
vende
ogni
mese
la
Rivista
di
discipline
carcerarie
,
diretta
dal
Beltrani
-
Scalia
,
direttore
delle
carceri
(
ora
,
come
si
sa
,
ha
preso
il
suo
posto
il
Canevelli
)
.
lo
scopo
della
rivista
è
pio
.
È
di
assistere
con
delle
sottoscrizioni
i
figliuoli
derelitti
dei
condannati
.
Una
cosa
la
quale
vi
suggerisce
che
la
società
punisce
più
i
figli
che
i
genitori
.
Perché
mette
sotto
chiave
i
secondi
e
lascia
sulla
strada
i
primi
.
«
Le
ultime
pagine
sono
occupate
dal
movimento
dei
liberati
dagli
stabilimenti
penali
durante
il
mese
.
In
agosto
hanno
lasciato
uscire
54
uomini
e
6
donne
per
grazia
sovrana
,
299
uomini
e
12
donne
per
indulto
e
31
maschi
e
2
femmine
condizionalmente
.
«
La
tabella
dei
liberati
condizionalmente
prova
che
l
Italia
è
più
crudele
d
ogni
altra
nazione
.
L
Inghilterra
,
punto
tenera
pei
suoi
delinquenti
,
dà
loro
modo
,
colla
buona
condotta
e
col
lavoro
persistente
,
di
guadagnarsi
tre
mesi
su
ogni
anno
.
Conquistandosi
il
numero
fisso
di
marchette
,
il
condannato
,
poniamo
,
a
sei
anni
,
è
sicuro
di
non
rimanere
in
carcere
che
quattro
anni
e
mezzo
.
Il
nostro
sistema
non
assicura
nulla
al
condannato
e
premia
la
condotta
incensurata
con
una
lesineria
che
fa
piangere
.
Deduce
,
su
per
giù
,
da
un
anno
a
un
anno
e
mezzo
per
ogni
dieci
anni
di
galera
!
«
Ne
scelgo
uno
.
N.A.
,
di
Napoli
,
contadino
,
condannato
a
dodici
anni
,
è
uscito
a
37
anni
,
dopo
avere
scontato
una
pena
di
undici
anni
ed
un
mese
!
«
Nella
stessa
tabella
si
nota
che
la
donna
subisce
gli
stessi
rigori
.
A.L.
,
di
Palermo
,
entrata
nella
casa
di
pena
a
38
anni
,
con
una
condanna
di
vent
anni
per
omicidio
,
è
uscita
dopo
una
pena
di
diciotto
di
lavori
forzati
.
Che
tigri
!
«
Aggiungo
che
la
liberazione
dei
condannati
non
dovrebbe
mai
essere
lasciata
all
arbitrio
del
direttore
-
il
quale
è
,
novantanove
volte
su
cento
,
parziale
e
crudele
.
«
Non
so
se
dipende
dalla
dieta
.
Ma
con
una
dieta
scellerata
e
insufficiente
ho
perduto
persino
la
voglia
di
leggere
.
In
un
mese
non
sono
riuscito
a
rileggere
il
primo
volume
dei
dieci
anni
di
Louis
Blanc
.
Sbadiglio
spesso
,
e
spesso
,
dopo
una
specie
di
torsione
alla
regione
epigastrica
,
mi
istupidisco
in
un
sopore
che
mi
spaventa
.
I
miei
amici
di
camerata
mi
dicono
che
mangio
troppo
poco
e
che
butto
via
troppo
sovente
la
minestra
.
Non
so
che
farci
.
È
una
minestra
che
mi
ripugna
e
che
non
so
ingoiare
né
asciutta
né
col
brodo
.
Ci
sono
dei
cani
liberi
che
la
lascerebbero
nella
scodella
.
Ho
notato
una
certa
sonnolenza
anche
negli
altri
.
Più
di
una
volta
ho
veduto
Federici
fermarsi
sulla
pagina
,
coi
gomiti
sul
tavolo
e
la
faccia
nelle
palme
.
Alle
undici
antimeridiane
d
ieri
ho
sorpreso
don
Davide
che
dormigliava
sul
breviario
.
Anche
Lazzari
subisce
la
stessa
legge
di
prostrazione
.
Rimane
assopito
per
delle
ore
.
Forse
è
perché
egli
legge
troppo
di
notte
.
In
Chiesi
ho
notato
che
la
sua
respirazione
notturna
è
diventata
più
rantolosa
.
«
Ci
hanno
portato
di
sopra
delle
lettere
piene
di
cancellature
.
A
noi
che
abbiamo
il
limone
per
disseppellire
le
parole
dai
neracci
del
direttore
,
importa
poco
.
Ma
mi
piacerebbe
che
qualcuno
mi
rivelasse
l
utilità
di
queste
soppressioni
di
parole
.
Una
volta
che
siamo
condannati
,
che
cosa
deve
importare
a
voi
che
qualcuno
ci
faccia
sapere
un
breve
minuto
della
vita
del
mondo
dal
quale
siamo
stati
espulsi
con
tanta
violenza
?
È
una
cretineria
da
mettersi
con
le
altre
che
si
commettono
in
questi
luoghi
.
«
Il
mio
amico
Mario
Borsa
,
corrispondente
londinese
del
Secolo
,
mi
manda
una
rivista
mensile
per
tenermi
al
corrente
dei
grandi
fatti
europei
.
Una
rivista
estera
non
può
impensierire
alcuno
.
Qui
impensierisce
.
Il
direttore
mi
ha
fatto
chiamare
in
direzione
per
dirmi
che
non
poteva
darmela
perché
ci
sono
in
essa
articoli
che
si
occupano
di
cose
che
non
devo
sapere
!
Suppongo
per
un
minuto
che
vi
sia
qualche
narrazione
sui
fatti
di
maggio
.
Nossignore
,
me
la
nega
perché
vi
è
un
articolo
sulla
guerra
tra
gli
Stati
Uniti
e
la
Spagna
!
Sono
o
non
sono
un
giornalista
?
Una
società
.
che
corregge
e
non
abbia
per
compito
di
mandarmi
fuori
imbecille
,
dovrebbe
procurarmi
,
anche
a
proprie
spese
,
le
riviste
e
di
giornali
che
mi
dovrebbero
tenere
al
corrente
di
tutto
ciò
che
avviene
.
Non
vi
pare
?
Anche
al
Chiesi
hanno
trattenuto
delle
riviste
francesi
per
le
stesse
ragioni
.
Asini
!
«
Piove
.
Quando
piove
,
il
condannato
perde
il
diritto
all
aria
e
al
moto
delle
gambe
.
Senza
uscire
dalla
gabbia
si
diventa
di
umore
nero
.
È
una
meraviglia
che
uno
non
s
avventi
sull
altro
.
Ci
si
tiene
nella
camerata
sino
a
quando
il
cielo
si
rasserena
.
E
in
questa
regione
,
quando
incomincia
a
diluviare
,
è
capace
di
tirare
innanzi
senza
interruzione
per
una
settimana
.
Nella
camerata
al
dorso
della
nostra
sembrano
diventati
tanti
leticoni
indiavolati
.
Di
tanto
in
tanto
qualcuno
si
sfoga
gridando
:
aria
!
In
uno
stabilimento
di
tanta
gente
ci
dovrebbe
essere
anche
il
passeggio
coperto
.
Ma
non
ci
si
pensa
.
Perché
il
bestiame
in
galera
può
crepare
senza
inumidire
l
occhio
sociale
.
«
La
visita
del
medico
che
abbiamo
avuta
ieri
l
altro
mi
ha
fatto
un
effetto
strano
.
Mi
parve
un
uomo
incaricato
di
venire
a
vedere
se
avevamo
ancora
delle
giornate
da
vivere
.
Sì
,
o
signori
aguzzini
,
siamo
languidi
più
di
ieri
,
ma
non
siamo
ancora
moribondi
.
Anche
col
vitto
insufficiente
possiamo
vivere
degli
anni
.
«
La
nota
di
ieri
è
stata
un
po
baldanzosa
.
Si
indebolisce
lentamente
e
lentamente
mi
pare
che
si
perda
la
memoria
.
Stamane
,
parlando
degli
affamati
americani
al
polo
Nord
,
non
ho
saputo
rammentarmi
il
nome
del
generale
che
venne
trovato
inconscio
vicino
al
cadavere
di
un
nero
che
gli
era
stato
fedelissimo
.
E
non
me
lo
ricordo
neppure
adesso
.
Questo
fatto
mi
mette
addosso
del
freddo
.
Credo
che
a
grado
a
grado
ci
avviamo
verso
l
abolizione
della
intelligenza
.
Usciremo
delle
pagine
bianche
.
Non
sapremo
più
neppure
di
essere
stati
in
prigione
!
«
Siamo
calati
tutti
di
peso
.
Il
pancione
di
don
Davide
è
rientrato
di
molto
.
Forse
sarà
l
effetto
della
rasatura
dei
baffi
,
ma
il
naso
di
ciascuno
di
noi
mi
riproduce
il
naso
dell
allampanato
.
Anche
il
Federici
è
dimagrito
.
Parla
poco
e
fa
dei
pisolini
ripetuti
con
pochi
intervalli
.
A
Chiesi
si
sono
formate
le
scodellette
sotto
gli
occhi
.
Il
naso
di
Ghiglione
pare
il
becco
adunco
dell
aquila
.
La
faccia
di
Suzzani
è
accesa
e
si
è
spiritualizzata
.
Egli
mi
ha
detto
che
si
sente
di
tanto
in
tanto
dei
dolori
dietro
l
orecchio
destro
.
Noto
tutto
senza
spiegare
nulla
.
Lazzari
ha
avuto
degli
stringimenti
pilorici
.
Dorme
poco
,
e
durante
il
sonno
parla
con
delle
interiezioni
di
dolore
.
«
A
me
non
passa
più
nulla
.
Federici
mi
ha
dato
un
cucchiaio
della
sua
magnesia
effervescente
.
Per
una
concessione
speciale
egli
può
tenersene
un
vaso
e
farselo
riempire
quando
è
vuoto
.
Se
ne
prende
una
cucchiaiata
ogni
mattina
in
due
dita
d
acqua
.
Mi
ha
fatto
bene
.
Ho
potuto
trangugiare
la
gamella
di
pasta
senza
gli
impeti
di
repulsione
.
Sento
che
mi
ritornano
le
forze
.
Leggo
e
più
rapidamente
.
Ieri
ero
proprio
in
uno
stato
compassionevole
.
Ho
dovuto
domandare
il
permesso
di
adagiarmi
sulla
branda
.
Mi
sentivo
vicino
al
deliquio
.
Sdraiato
,
ebbi
degli
assopimenti
leggeri
.
Mi
pareva
di
essere
in
decomposizione
.
Rimasi
più
di
tre
ore
col
dorso
completamente
abbandonato
allo
stramazzo
.
Non
sentivo
più
che
il
languore
delle
braccia
ed
un
certo
calore
insolito
alle
tempia
.
«
Il
grido
che
si
muore
di
fame
è
nell
aria
.
-
Tutte
le
camerate
ci
fanno
chiedere
dei
bocconi
di
pane
.
Noi
,
che
soffriamo
un
po
tutti
di
inedia
,
mandiamo
gli
avanzi
delle
nostre
pagnotte
ai
35
minorenni
della
camerata
quasi
in
faccia
alla
nostra
.
Tra
loro
sono
pochissimi
quelli
che
possono
spendere
per
il
sopravitto
.
Devono
essere
tutti
poveri
o
figli
di
poveri
.
Don
Davide
,
che
ha
tra
loro
il
suo
chierico
,
va
a
dir
messa
spesso
collo
schianto
del
cuore
.
Gli
rincresce
di
non
avere
sempre
un
boccone
di
pane
da
dargli
.
Quel
ragazzo
patisce
la
fame
sotto
la
sorveglianza
governativa
!
Se
fossi
direttore
dello
stabilimento
butterei
via
lo
stipendio
.
Non
saprei
mangiare
coi
piedi
sotto
la
tavola
senza
pensare
al
battaglione
di
affamati
sotto
la
mia
custodia
.
Il
grido
dei
minorenni
mi
sospenderebbe
il
boccone
in
gola
.
«
Stanotte
sono
stato
svegliato
da
un
grido
acuto
di
qualcuno
che
stava
male
nella
camerata
al
dorso
della
nostra
.
Non
ci
ha
lasciato
più
dormire
.
Aveva
il
rantolo
bronchiale
ed
emetteva
gemiti
che
si
ripetevano
anche
dopo
che
la
guardia
gli
vociava
dalla
spia
:
«
-
Fate
silenzio
,
che
domani
andrete
dal
medico
!
«
Un
compagno
deve
averlo
soccorso
con
una
goccia
d
acqua
.
Ho
sentito
i
suoi
piedi
nudi
che
correvano
da
una
parte
all
altra
.
«
Come
deve
essere
triste
morire
in
questo
luogo
!
«
La
luce
misurata
dai
cassoni
alle
finestre
finisce
per
indebolirci
la
vista
.
A
me
si
è
dilatata
la
pupilla
e
Lazzari
si
lamenta
di
non
avere
un
paio
d
occhiali
.
L
indebolimento
gli
ha
come
paralizzato
i
nervi
ottici
.
«
Alla
domenica
c
è
sempre
speranza
di
rifarsi
lo
stomaco
con
una
gamella
di
brodo
e
250
grammi
di
carne
.
È
sovente
una
grande
disillusione
.
Più
di
una
volta
si
è
obbligati
a
sbattere
via
tutto
.
Il
brodo
è
grasso
con
gli
occhi
dell
olio
alla
superficie
che
fanno
venir
voglia
di
vomitare
,
o
è
magro
come
l
acqua
bollente
.
Manca
sempre
il
sale
.
Quello
di
stamane
vale
un
fico
secco
.
La
carne
è
peggiore
.
La
carne
di
questa
domenica
è
squamosa
,
sciapita
,
dura
come
il
corame
.
L
ho
voltata
e
rivoltata
sotto
i
denti
senza
riuscire
a
masticarla
.
Pazienza
,
aspetterò
quella
di
domenica
ventura
.
Siamo
sotto
l
azione
del
regime
forcaiolo
da
qualche
mese
e
non
abbiamo
veduto
neppur
l
ombra
della
commissione
.
Questi
signori
che
assumono
una
carica
così
importante
e
poi
la
trascurano
,
meriterebbero
un
po
di
reclusione
.
la
loro
assenza
dovrebbe
essere
considerata
un
delitto
.
Ah
,
se
fossi
io
il
loro
giudice
!
Farei
mozzar
loro
le
orecchie
come
ai
tempi
della
buona
Elisabetta
.
«
Il
pane
di
stamane
è
esecrabile
.
Sente
dell
acido
del
lievito
che
ha
tentato
di
farlo
levare
prestamente
.
Mi
par
di
sentire
il
gesso
sotto
i
denti
.
la
mollica
umida
ha
qua
e
là
dei
punti
biancastri
che
rivelano
la
qualità
infame
della
farina
.
Ghiglione
ci
consola
dicendoci
che
prima
,
quando
lo
facevano
i
galeotti
nello
stabilimento
,
era
più
buono
.
Adesso
,
coll
appalto
,
è
malcotto
,
pesante
,
indigeribile
.
l
indigestione
di
un
pane
come
questo
produce
a
tutti
noi
effetti
straordinari
.
Sembra
che
ci
fermenti
nel
ventre
.
Un
ora
dopo
ci
sentiamo
tutti
gravidi
.
Lo
si
fa
con
una
farina
di
quarta
o
quinta
qualità
e
con
poco
o
nessun
glutine
.
Preferisco
ancora
la
pagnotta
che
i
signori
danno
ai
cavalli
.
«
Anche
i
galeotti
che
lo
mangiano
da
tanti
anni
se
ne
lamentano
e
farebbero
un
«
fuori
!
fuori
!
»
se
non
avessero
paura
di
un
rincrudimento
di
rigore
.
Sarei
contento
che
una
volta
o
l
altra
mi
si
processasse
per
diffamazione
.
Io
non
domanderei
che
la
testimonianza
dei
sei
compagni
della
quinta
camerata
e
il
permesso
di
citare
una
cinquantina
di
galeotti
e
un
centinaio
di
reclusi
.
Proverei
come
due
e
due
fa
quattro
che
la
qualità
del
pane
è
infimissima
e
che
alla
reclusione
si
imbecillisce
dalla
fame
.
Sarebbe
uno
dei
processi
più
emozionanti
di
questo
secolo
.
«
Ho
trovato
modo
di
eliminare
la
pasta
dal
mio
cibo
quotidiano
.
Non
sapevo
mandarne
giù
che
qualche
cucchiaiata
e
con
ripugnanza
.
Un
galeotto
mi
ha
raccontato
ch
egli
vive
da
anni
con
l
insalata
di
patate
e
cipolle
.
Mi
sono
messo
sulle
sue
pedate
una
settimana
e
non
mi
trovo
malcontento
.
Qualche
volta
mi
sento
sazio
.
Le
patate
potrebbero
però
essere
più
buone
.
Ne
butto
via
una
su
tre
.
Si
vede
che
sono
il
rifiuto
delle
corbe
.
Quasi
tutti
ci
siamo
dati
all
insalata
di
patate
e
cipolle
.
L
olio
è
troppo
cattivo
e
peserebbe
troppo
sui
miei
trentacinque
centesimi
.
La
condisco
col
sale
e
coll
aceto
.
Più
di
una
volta
vi
aggiungiamo
i
fagiuoli
che
troviamo
nella
minestra
di
pasta
.
Sono
fagiuoli
bianchi
.
Compero
pure
qualche
spicchio
d
aglio
.
Ho
dovuto
eliminare
definitivamente
anche
il
pane
.
Non
potevo
più
ingoiarlo
.
Abbiamo
protestato
sovente
e
qualcuno
di
noi
se
ne
lamentò
col
direttore
e
col
sottocapo
.
Ma
all
indomani
ritorna
peggio
di
prima
.
C
è
stato
un
giorno
che
non
lo
si
volle
in
nessuna
camerata
.
Molti
rifiutanti
vennero
castigati
con
della
cella
di
rigore
.
In
prigione
non
si
sa
come
fare
.
Se
si
protesta
si
è
puniti
e
se
non
si
richiama
con
questa
misura
l
attenzione
dell
autorità
carceraria
,
si
mangia
come
bestie
.
«
Tutto
il
mio
essere
sta
in
piedi
con
trentacinque
centesimi
al
giorno
.
Ecco
come
li
ho
spesi
stamane
.
Ho
comperato
cinque
centesimi
di
sapone
,
dieci
di
pane
bianco
,
cinque
di
patate
,
tre
di
cipolle
,
due
d
aglio
,
tre
di
sale
,
cinque
di
fichi
secchi
e
due
di
carta
per
la
pulizia
.
La
carta
per
i
bisogni
corporali
e
il
sapone
non
dovrebbero
essere
a
spese
del
condannato
.
Come
?
volete
educarmi
,
e
mi
impedite
di
tenermi
pulito
e
di
lavarmi
come
si
lavano
tutti
i
cristiani
!
I
fichi
secchi
ho
dovuto
gettarli
nelle
immondizie
che
raccogliamo
nell
angolo
.
Li
aprivo
,
e
uscivano
i
bachi
.
Don
Davide
,
mi
fece
dimenticare
i
fichi
con
un
motto
latino
.
Sursum
corda
.
Sit
gressus
ad
superiora
;
melius
est
ascendere
.
In
alto
i
cuori
.
Volgiamo
i
passi
alle
regioni
superiori
;
è
miglior
cosa
salire
.
«
Siamo
fortunati
che
non
c
è
specchio
.
Ci
spaventeremmo
.
Sento
che
la
pelle
della
faccia
mi
stiracchia
da
tutte
le
parti
.
«
Ho
dovuto
comperarmi
due
centesimi
di
refe
per
trasportarmi
il
bottone
dei
calzoni
.
Senza
bretelle
,
li
perdo
.
Sono
diventato
magro
,
magro
.
Ho
i
miei
dubbi
che
si
esca
tutti
.
Ho
sempre
avuto
schifo
dei
sorci
.
Ma
se
ce
ne
fosse
uno
abbrustolito
lo
mangerei
con
l
appetito
dei
parigini
durante
l
assedio
della
loro
capitale
.
È
strano
che
non
ci
siano
topi
in
questo
vecchio
edificio
.
Noi
non
ne
abbiamo
mai
veduto
uno
.
Ci
sono
parecchi
gatti
.
Ma
rimangono
tutti
nel
cortile
e
sono
sotto
la
protezione
di
una
guardia
alta
,
addetta
alle
celle
di
rigore
.
Un
gatticidio
potrebbe
costarmi
parecchi
mesi
di
cella
di
rigore
e
di
camicia
di
forza
.
«
La
ciarla
si
è
ammorzata
.
Non
parliamo
più
tanto
.
Una
lettera
suscitava
,
settimane
sono
,
una
discussione
che
durava
delle
ore
.
Adesso
la
si
legge
e
la
si
lega
con
le
altre
.
Sembriamo
tanti
nevrastenici
.
La
nostra
conversazione
è
diventata
monosillabica
.
Ci
guardiamo
difficilmente
in
faccia
.
«
Ho
comunicato
a
Federici
i
miei
timori
.
Ho
paura
di
uscire
idiota
.
Ci
sono
dei
momenti
in
cui
sono
obbligato
a
mettermi
la
mano
sulla
testa
per
paura
che
mi
scappi
il
pensiero
..
Egli
mi
disse
che
è
dovuto
alla
mia
cocciutaggine
di
non
voler
mangiare
abbastanza
.
In
carcere
bisogna
essere
alliatrofago
.
Inghiottire
ogni
cosa
,
anche
se
ributtante
.
Con
trentacinque
centesimi
non
si
può
vivere
.
E
con
trentacinque
centesimi
mi
compero
il
limone
,
il
sapone
,
il
refe
,
gli
aghi
e
i
bottoni
che
perdo
.
I
bottoni
sembrano
stati
attaccati
con
gli
sputi
.
Son
sempre
in
terra
.
Questa
mane
al
passeggio
mi
sono
lustrato
le
scarpe
.
Il
sottocapo
mi
disse
che
erano
indecenti
.
Erano
ormai
divenute
rosse
.
«
Ha
ragione
Federici
.
E
poi
tutti
i
giorni
insalata
!
Son
tre
giorni
che
mi
brucia
lo
stomaco
e
non
la
mangio
più
con
lo
stesso
piacere
.
Mi
dànno
100
grammi
di
bue
in
umido
per
quattordici
centesimi
.
Ma
è
necessario
uno
stomaco
foderato
di
rame
per
trangugiarlo
.
A
me
ha
provocato
la
nausea
.
«
Ho
notato
che
Federici
verso
gli
ultimi
del
mese
diventa
più
cupo
.
Pare
che
incominci
a
pensare
al
suo
colloquio
.
Non
sono
che
lui
e
don
Davide
che
hanno
la
consolazione
di
vedere
qualcuno
che
non
sia
di
questa
casa
maledetta
.
Dopo
il
colloquio
con
la
sua
signora
,
Federici
risale
gaio
,
amico
di
tutti
,
coi
saluti
per
tutti
.
«
Come
mi
farebbe
bene
una
goccia
di
cognac
!
Mi
tirerebbe
su
lo
stomaco
e
mi
ridarebbe
le
forze
perdute
.
Il
mio
corpo
deve
avere
una
calorificazione
incompleta
.
Stanotte
mi
sentivo
freddo
.
O
piuttosto
mi
pareva
di
avere
in
me
un
umidore
freddo
che
mi
andava
dalla
radice
dei
capelli
alle
unghie
dei
piedi
.
«
Provavo
la
sensazione
di
un
organismo
che
sta
raffreddandosi
.
Sommerso
nell
ombra
e
nel
silenzio
m
intenerivo
.
Mi
sentivo
le
lagrime
in
gola
e
non
piangevo
.
Che
cosa
pagherei
a
essere
un
fisiologo
consumato
!
Potrei
uscire
con
un
diario
completo
sulle
sensazioni
della
fame
.
A
me
pare
che
ne
risentano
tutti
gli
organi
.
Sono
spossato
dappertutto
.
Il
cervello
pare
vuoto
,
la
testa
è
indolenzita
e
pesa
due
volte
,
le
braccia
sentono
il
bisogno
di
rimanere
adagiate
,
i
polpacci
delle
gambe
paiono
carichi
di
piombo
e
i
piedi
mi
dànno
l
idea
che
stiano
per
slogarsi
.
E
tuttavia
,
dopo
i
primi
giorni
,
non
ho
mai
provato
le
insurrezioni
di
una
fame
canina
.
Mastico
senza
piacere
come
un
automa
.
«
I
miei
movimenti
sono
diventati
lenti
e
faccio
fatica
a
tener
aperti
gli
occhi
.
Sono
determinato
a
rifarmi
con
la
pagnotta
,
ma
la
mia
determinazione
non
val
nulla
dinanzi
all
atonia
dell
apparecchio
digestivo
.
La
forza
digestiva
è
come
interrotta
.
Ieri
sera
stavo
facendo
il
letto
e
ho
dovuto
sedere
sul
materasso
due
volte
.
Mi
sembravo
vicino
al
deliquio
.
Federici
è
stato
buono
anche
questa
volta
.
Mi
ha
dato
un
cucchiaio
di
magnesia
effervescente
.
L
ho
bevuta
col
piacere
che
dà
lo
champagne
.
Ho
respirato
più
liberamente
.
«
Ghiglione
è
andato
dal
medico
.
Non
ci
ha
detto
nulla
.
È
egli
ammalato
?
Non
è
ammalato
?
«
Vi
sono
andato
anch
io
,
ma
solo
per
domandargli
il
permesso
di
un
bagno
.
Io
mi
immergo
sempre
con
piacere
nell
acqua
.
Non
capisco
come
le
persone
possano
tirare
innanzi
degli
anni
senza
mai
buttarsi
addosso
un
secchio
d
acqua
.
Pulitevi
,
se
volete
star
sani
!
«
Nessuno
dorme
profondamente
,
l
insonnia
è
generale
.
Qualcuno
parla
o
straparla
.
Stanotte
ho
dovuto
confessare
alla
guardia
scelta
di
ronda
che
stavo
proprio
male
.
È
andato
in
infermeria
e
mi
ha
portato
una
polverina
di
bismuto
e
magnesia
.
È
un
infermeria
che
non
ha
nulla
.
Tutti
gli
ammalati
sono
curati
con
delle
polverine
di
calomelano
,
di
bismuto
e
magnesia
e
di
bicarbonato
di
soda
.
C
è
qualche
pennellata
di
tintura
di
iodio
per
i
reumatismi
e
i
dolori
acutissimi
e
basta
.
Il
cavadenti
è
un
condannato
.
È
un
vero
miracolo
che
egli
non
abbia
mai
smascellato
qualcuno
.
Il
suo
sistema
è
questo
:
mette
la
testa
del
paziente
sulle
ginocchia
,
gli
guarda
in
bocca
,
si
fa
puntare
col
dito
il
dente
cariato
,
l
agguanta
con
la
tenaglia
e
tira
.
Spesso
,
nello
sforzo
,
si
levano
in
piedi
operatore
e
paziente
e
l
uno
segue
l
altro
fino
alla
parete
.
A
una
di
queste
operazioni
era
presente
don
Davide
.
«
Siamo
salvi
o
per
lo
meno
siamo
salvi
per
un
po
di
giorni
.
La
signora
di
Federici
è
riuscita
a
far
passare
del
cioccolatte
.
Deve
avere
sgelato
il
cuore
della
direzione
.
Federici
ha
incominciato
subito
col
distribuirne
due
pezzi
a
ciascuno
di
noi
.
Mi
sentii
immediatamente
ristorato
.
E
non
ne
ho
mangiato
che
uno
.
Il
secondo
sono
stato
capace
di
tenerlo
in
tasca
fino
alle
sei
di
sera
.
Poi
ho
cominciato
a
scartocciarlo
con
l
intenzione
di
non
rosicchiarne
che
un
angolo
e
non
ho
smesso
che
a
tavoletta
finita
.
Ingordo
!
«
Ho
passato
una
buona
notte
e
alla
mattina
mi
sono
messo
a
leggere
di
gusto
.
Credendo
che
fosse
permesso
a
tutti
di
mangiare
del
cioccolatte
,
ho
scritto
subito
a
casa
di
mandarmene
due
chilogrammi
.
Son
stato
chiamato
dal
capo
,
il
quale
era
incaricato
dal
direttore
di
farmi
sapere
che
il
cioccolatte
non
è
nel
regolamento
.
Al
Federici
venne
dato
perché
era
giunto
come
pacco
postale
e
a
sua
insaputa
.
Se
giungesse
anche
a
me
,
a
mia
insaputa
,
si
potrebbe
fare
lo
stesso
.
«
Ci
sono
state
annunciate
delle
cassette
di
biscotti
.
Sarebbero
stati
provvidenziali
.
Li
abbiamo
aspettati
per
due
giorni
.
La
direzione
ci
ha
fatto
comunicare
che
potevamo
rimandarli
a
chi
ce
li
aveva
spediti
o
regalarli
all
ospedale
di
Finalborgo
.
Non
potendo
mangiarli
noi
,
abbiamo
votato
per
gli
ammalati
.
«
Federici
ci
tiene
in
piedi
col
suo
cioccolatte
.
Non
appena
ci
si
porta
la
pagnotta
,
egli
va
da
tutti
con
una
tavoletta
e
li
costringe
ad
accettarla
.
Una
tavoletta
di
cioccolatte
in
galera
,
nella
nostra
condizione
,
val
un
tesoro
.
Pochi
se
ne
disfarebbero
con
tanta
sollecitudine
.
Bisogna
avere
del
cuore
per
compiere
sacrifici
come
questi
.
«
Novità
.
Ci
deve
essere
qualcuno
che
lavora
per
noi
.
Il
periodo
della
fame
che
produce
le
allucinazioni
è
finito
.
È
venuto
un
ordine
che
ci
permette
di
spendere
settantacinque
centesimi
al
giorno
.
Abbiamo
subito
domandato
il
permesso
di
farci
fare
,
a
nostre
spese
,
una
minestra
collettiva
da
venticinque
centesimi
ciascuno
.
Ci
è
stata
concessa
.
«
Incominciamo
a
smutriarci
.
Facciamo
delle
spanciate
di
baccalà
fritto
per
venti
centesimi
.
Beviamo
quasi
tutti
un
quarto
di
vino
per
nove
centesimi
.
È
brusco
,
accidente
se
è
brusco
!
Io
e
Lazzari
siamo
ritornati
al
pane
bianco
.
Anche
Chiesi
e
Suzzani
si
son
dati
al
pane
bianco
.
Don
Davide
e
Federici
resistono
e
continuano
col
pane
della
casa
.
Il
piatto
più
buono
sono
le
uova
al
burro
arrostite
,
per
ventidue
centesimi
.
Vi
manca
però
il
burro
e
se
c
è
lo
vedono
appena
.
Non
poche
volte
sono
putrefatte
,
ma
a
lamentarsi
ce
le
cambiano
.
Ci
si
dà
una
tazza
di
caffè
per
dieci
centesimi
.
È
una
tazza
di
un
boccalino
,
ma
imbevibile
.
Io
e
don
Davide
abbiamo
tenuto
duro
per
qualche
settimana
,
ma
abbiamo
dovuto
rinunciare
anche
a
questo
lusso
.
Nella
tariffa
dei
generi
in
vendita
nella
dispensa
,
è
stata
introdotta
la
polenta
.
Con
otto
centesimi
ce
ne
danno
trecento
grammi
.
È
buona
.
Con
ventisei
centesimi
di
salsiccia
in
umido
e
una
sleppa
di
polenta
,
inaffiata
dal
quinto
di
vino
,
non
si
crepa
.
Mi
duole
che
la
concessione
della
spesa
sia
stata
accordata
alla
sola
nostra
camerata
.
E
le
altre
,
non
sono
piene
di
reclusi
stati
condannati
dagli
stessi
tribunali
militari
per
un
identico
delitto
?
«
Sette
dicembre
.
Non
si
muore
più
di
fame
.
Il
Governo
ci
ha
inviato
il
commendatore
Berardi
a
comunicarci
personalmente
che
da
oggi
possiamo
mangiare
e
spendere
quello
che
vogliamo
noi
.
Egli
è
già
stato
a
comunicare
la
stessa
notizia
al
Romussi
e
al
De
Andreis
nel
reclusorio
di
Alessandria
e
a
Turati
in
quello
di
Pallanza
.
«
Ecco
che
cosa
mi
ha
detto
:
-
Io
sono
un
ispettore
inviato
dal
Ministero
.
So
che
lei
adesso
non
può
spendere
che
settantacinque
centesimi
e
che
questo
aumento
non
le
è
stato
concesso
che
pochi
giorni
sono
.
Da
oggi
io
posso
comunicarle
ch
ella
può
spendere
per
il
suo
vitto
cinque
o
anche
dieci
lire
al
giorno
,
se
lo
desidera
.
Non
c
è
limite
.
Se
non
le
piace
la
cucina
del
reclusorio
può
servirsi
dell
osteria
o
dell
albergo
di
fuori
.
Desidera
qualcosa
altro
?
«
Uno
dopo
l
altro
gli
domandammo
due
arie
,
cioè
due
ore
di
passeggio
.
Perché
un
ora
sola
,
lesinata
anche
quella
,
non
ci
dava
esercizio
sufficiente
per
conservarci
sani
:
-
Concesso
,
rispose
a
ciascuno
di
noi
.
Desidera
qualche
cos
altro
?
-
Se
si
potesse
fumare
qualche
sigaretta
.
-
Lo
domanderò
al
direttore
.
Se
fossero
completamente
separati
dagli
altri
,
non
esiterei
a
dire
di
sì
senza
interrogarlo
.
Lei
sa
che
cosa
voglia
dire
il
vizio
di
fumare
.
Gli
altri
che
sentissero
il
fumo
impazzirebbero
e
farebbero
un
chiasso
,
indemoniato
e
non
avrebbero
torto
.
D
altro
?
-
Lei
sa
che
noi
siamo
tutti
bevitori
di
caffè
.
Se
ci
permettesse
di
comperarci
la
macchinetta
,
il
caffè
,
lo
zuccaro
,
lo
spirito
e
di
farcelo
quando
vogliamo
noi
,
in
camerata
?
-
Concesso
.
D
altro
?
-
Scusi
,
se
abuso
.
-
Faccia
,
perché
io
sono
venuto
qui
per
contentarli
.
-
Grazie
.
Senta
,
ci
sono
libri
che
il
signor
direttore
non
ci
consegna
perché
si
ostina
a
considerarli
immorali
o
pornografici
.
Lei
sa
che
noi
siamo
abituati
a
leggere
tutto
.
-
Concesso
.
D
altro
?
«
Mi
curvai
.
Egli
mi
strinse
la
mano
.
Così
va
fatto
»
.
.
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
..
«
Sono
uscito
con
l
indulto
.
L
indulto
è
una
remissione
di
pena
,
è
un
perdono
.
Chi
ve
lo
ha
domandato
?
E
se
non
ve
l
ho
domandato
perché
non
mi
date
il
permesso
di
rifiutarlo
?
Non
so
che
farmene
del
vostro
perdono
.
«
Sono
uscito
arciconvinto
che
nei
reclusori
italiani
si
istupidisce
la
gente
con
la
fame
.
«
Un
anno
di
reclusione
,
con
seicento
grammi
di
pane
in
due
razioni
e
due
mezze
gamelle
di
pasta
in
brodo
al
giorno
,
basta
per
ritornare
alla
società
secchi
come
chiodi
e
col
cervello
completamente
rammollito
»
.
PS
.
-
Permettetemi
di
aggiungere
due
parole
alle
note
di
Finalborgo
.
Sono
stato
perdonato
,
non
è
vero
?
Ma
,
o
signori
,
o
cosa
direste
se
io
,
legge
,
vi
mettessi
sotto
chiave
per
dei
mesi
e
poi
vi
perdonassi
?
C
è
stato
un
processo
,
lo
so
.
Non
siamo
mica
stati
mandati
alla
reclusione
così
alla
cieca
.
Ci
si
è
detto
che
avevamo
commesso
un
delitto
.
Ma
anche
noi
,
o
signori
,
abbiamo
detto
e
ridiciamo
che
ci
si
è
mandati
in
galera
innocenti
.
E
se
siamo
stati
mandati
in
galera
innocenti
,
non
c
è
che
una
via
alla
riparazione
.
Rifare
il
processo
,
restituirci
quello
che
ci
si
è
tolto
e
risarcirci
dei
danni
.
Il
risarcimento
dei
danni
vogliamo
,
o
signori
,
che
ci
avete
mandati
in
galera
e
ci
avete
lasciati
fuori
come
mendichi
che
avessero
limosinato
l
indulto
.
Non
altro
.
PARTE
TERZA
ACHILLE
GHIGLIONI
Sono
sicuro
che
se
Achille
Ghiglioni
dovesse
autobiografarsi
,
si
presenterebbe
ai
lettori
come
un
uomo
senza
importanza
.
Al
Castello
,
nella
stanza
lungo
il
ballatoio
che
dà
sul
cortile
della
Rocchetta
egli
,
con
grande
modestia
,
si
meravigliava
di
trovarsi
impigliato
nel
processo
dei
giornalisti
.
Con
noi
,
nella
quinta
camerata
di
Finalborgo
,
è
stato
il
modello
degli
uomini
industriosi
.
Si
alzava
e
si
metteva
al
lavoro
.
In
un
giorno
egli
studiava
,
senza
mai
stancarsi
,
un
po
di
tedesco
,
un
po
di
olandese
,
un
po
di
spagnuolo
,
un
po
di
musica
,
un
po
di
manuale
del
capomastro
,
un
po
di
stenografia
,
un
po
di
disegno
,
un
po
di
computisteria
,
un
po
di
letteratura
moderna
,
un
po
di
Porta
e
un
po
di
altre
cose
che
non
ricordo
.
Egli
è
entrato
ed
è
uscito
un
tenace
cooperatore
.
IO
E
FEDERICI
RITORNIAMO
A
FINALBORGO
La
«
catena
»
era
composta
di
noi
due
.
Il
vagone
cellulare
era
nuovo
e
non
puzzava
di
biacca
.
Le
celle
erano
assai
più
comode
delle
altre
del
primo
viaggio
.
I
carabinieri
non
sembravano
cattivi
diavoli
.
I
ferri
erano
noiosi
,
ma
non
ci
pigiavano
i
polsi
come
le
altre
volte
.
Chiusi
nelle
due
celle
in
fondo
,
l
una
in
faccia
all
altra
,
vicini
alla
finestra
del
vagone
,
non
mancavamo
di
qualche
boccata
d
aria
.
Ricordandomi
dei
due
viaggi
,
mi
dicevo
contento
.
-
Almeno
qui
,
non
si
crepa
.
Mi
misi
in
bocca
una
sigaretta
con
un
po
di
fatica
e
con
un
po
di
fatica
riuscii
ad
accendermi
lo
zolfanello
.
Federici
attraversava
la
tempesta
.
Era
tetro
,
non
diceva
nulla
e
non
rispondeva
alle
mie
interrogazioni
,
che
volevano
distrarlo
,
se
non
con
dei
monosillabi
che
non
invitavano
alla
conversazione
.
Forse
si
sentiva
umiliato
a
rifare
la
strada
che
conduceva
a
un
reclusorio
dal
quale
era
uscito
con
tanto
piacere
,
dove
erano
persone
che
non
amava
rivedere
o
persone
con
le
quali
non
avrebbe
scambiato
una
parola
,
gli
fosse
costata
la
lingua
.
Verso
Sampierdarena
i
lineamenti
facciali
di
Federici
assunsero
una
parvenza
di
dolcezza
.
L
uomo
stava
per
convincersi
che
era
inutile
lottare
contro
l
invisibile
.
Eravamo
nelle
mani
di
sconosciuti
che
ci
sbalestravano
da
una
parte
e
dall
altra
e
bisognava
adattarsi
.
Anche
a
me
sarebbe
piaciuto
andare
in
un
altro
reclusorio
,
dove
avrei
potuto
raccogliere
del
materiale
nuovo
,
dove
avrei
potuto
fare
la
vera
vita
del
galeotto
con
dei
galeotti
autentici
,
dove
avrei
potuto
studiare
tipi
che
nella
quinta
camerata
non
avrei
mai
trovato
.
Ma
pazienza
,
ormai
mi
hanno
abituato
a
fare
la
volontà
degli
altri
.
A
Sampierdarena
il
nostro
vagone
venne
staccato
e
lasciato
fuori
dalla
tettoia
.
C
era
un
intervallo
di
due
ore
e
mezza
.
Era
un
altra
punizione
che
avremmo
scontata
se
i
carabinieri
non
avessero
avuto
fame
.
Avevano
appetito
,
volevano
mangiare
col
sedere
sulla
scranna
,
e
dare
anche
a
noi
il
modo
di
far
colazione
più
comodamente
che
ammanettati
nella
cella
.
Ci
domandarono
se
volevamo
cavarcela
con
qualche
cosa
di
asciutto
in
cella
o
se
preferivamo
di
andare
alla
sezione
dei
carabinieri
con
loro
.
Io
non
esitai
un
minuto
a
votare
per
l
uscita
.
L
idea
di
muovermi
e
di
respirare
l
aria
libera
mi
metteva
gli
aghi
nelle
gambe
.
L
indugio
di
un
attimo
mi
diventava
un
supplizio
.
Mi
faceva
salire
le
fiamme
alla
faccia
e
mi
dava
l
impressione
che
soffocavo
.
Federici
era
riluttante
.
Lui
e
Romussi
,
nel
viaggio
di
traduzione
,
avevano
imparato
che
per
le
strade
di
giorno
,
si
attira
l
attenzione
di
tutti
i
passanti
.
Vinse
l
aria
libera
.
Uscimmo
e
fummo
contenti
.
La
gente
sostava
sulle
botteghe
,
i
ragazzi
ci
correvano
dietro
,
i
passanti
si
fermavano
a
vederci
,
alcuni
commentavano
,
ma
noi
passavamo
senza
darcene
pensiero
.
Ormai
ci
avevamo
fatto
il
callo
.
-
Chi
ci
conosce
ci
conosce
e
chi
non
ci
conosce
felice
notte
.
Giunti
alla
sede
dei
carabinieri
ci
si
chiuse
in
uno
stambugio
buio
più
di
una
cantina
,
esalante
la
mefite
.
Incominciavamo
a
dolerci
di
non
essere
rimasti
in
gabbia
.
-
Piuttosto
che
mangiare
in
questo
luogo
,
preferisco
la
fame
.
-
Anch
io
.
Ma
vedrai
che
non
saranno
tanto
cani
.
Stavano
a
farci
preparare
la
tavola
.
Facemmo
colazione
nella
loro
cucina
,
la
quale
aveva
una
larga
apertura
verso
il
cortile
.
Mangiammo
due
ossi
buchi
indimenticabili
.
Erano
eccellenti
.
Bevemmo
del
vino
eccellentissimo
,
e
facemmo
scomparire
un
pezzo
di
formaggio
di
gorgonzola
bianco
e
un
alzata
di
uva
e
pesche
saporitissime
.
-
Vogliono
anche
il
caffè
?
-
Vada
per
il
caffè
!
-
La
Cassazione
ha
parlato
e
può
darsi
che
questa
sia
l
ultima
colazione
dell
uomo
libero
.
-
Non
pensiamoci
.
Ce
ne
sono
tanti
in
galera
e
non
sono
morti
.
I
carabinieri
dicevano
anche
loro
che
la
bestia
non
era
poi
così
brutta
come
la
si
dipinge
.
-
E
poi
loro
!
ci
si
diceva
.
Usciranno
più
presto
di
quello
che
credono
.
C
è
tanta
agitazione
per
il
paese
.
-
Sembra
che
non
ci
siamo
che
noi
in
prigione
!
Il
maresciallo
della
caserma
era
un
uomo
tarchiato
,
con
una
faccia
grossa
e
grassa
da
bonaccione
.
-
Li
condurrò
alla
stazione
in
carrozza
per
non
farli
passare
traverso
la
folla
.
-
Grazie
.
-
Pagheranno
la
vettura
!
-
S
intende
.
Alla
stazione
venimmo
circondati
da
una
moltitudine
che
aumentava
di
minuto
in
minuto
.
Entrammo
in
un
vagone
di
terza
classe
.
È
stata
una
vera
sorpresa
.
Non
eravamo
mai
stati
così
bene
.
Prima
che
suonasse
il
campanello
della
partenza
,
un
signore
ottenne
il
permesso
di
salire
sul
predellino
a
stringere
la
mano
a
Federici
.
-
Faccia
buon
viaggio
.
-
Grazie
.
Il
signore
era
commosso
.
Federici
con
le
mani
legate
non
aveva
potuto
stringergliela
come
avrebbe
voluto
.
-
Partenza
!
Il
maresciallo
ci
salutò
con
un
gesto
della
mano
.
Al
reclusorio
trovai
il
capo
guardia
in
collera
.
-
Lei
si
lascia
intervistare
!
-
Da
chi
?
-
Lei
si
lascia
intervistare
dai
giornalisti
per
dir
male
del
Reclusorio
.
Mi
vennero
in
mente
parecchi
giornalisti
che
erano
venuti
a
trovarmi
nel
camerotto
indecente
della
Corte
d
Appello
di
via
Clerici
.
Chi
sa
che
cosa
mi
avranno
fatto
dire
!
-
Lei
si
lamenta
!
-
Certamente
che
io
sto
meglio
fuori
.
-
Non
doveva
entrare
se
non
le
piaceva
!
-
Non
ci
sono
venuto
spontaneamente
.
-
E
va
bene
,
loro
hanno
sempre
ragione
!
-
Mi
faccia
leggere
questa
intervista
e
le
dirò
se
quello
che
ho
detto
è
esatto
.
-
Gliela
farà
leggere
il
direttore
!
I
LAVORATORI
DELLA
QUINTA
CAMERATA
Erano
dei
mesi
che
intisichivamo
dietro
la
speranza
che
un
giorno
o
l
altro
ci
avrebbero
restituiti
il
calamaio
e
la
penna
.
Senza
la
distrazione
di
vuotarci
la
testa
coll
inchiostro
,
non
sapevamo
che
infelicitarci
con
discussioni
pessimistiche
o
nere
fino
in
fondo
.
Non
vedevamo
che
delusione
e
dolore
.
Anche
quando
traluceva
qualche
lampo
,
si
finiva
per
intetrarci
o
immusonirci
assai
più
che
seduti
sotto
le
finestre
di
faccia
a
Capra
Zoppa
,
senza
una
parola
.
Non
ci
si
proibiva
di
leggere
.
Ma
si
legge
male
in
una
camerata
e
in
una
camerata
ove
gli
individui
sono
padroni
di
fare
quello
che
vogliono
.
Tu
leggi
,
e
gli
altri
chiacchierano
.
Tu
1eggi
,
e
due
amici
ti
passano
innanzi
e
indietro
sussurrandoti
il
coro
:
A
casa
,
a
casa
,
amici
,
Ove
v
aspettano
,
Le
vostre
spose
.
Tu
leggi
,
e
un
compagno
zufola
e
rizufola
per
il
lungo
e
per
il
largo
,
per
delle
ore
,
l
Inno
dei
lavoratori
e
subito
dopo
un
altro
,
te
ne
canticchia
la
prima
quartina
,
ricominciandola
con
sempre
crescente
piacere
:
Su
fratelli
,
su
compagni
,
Su
venite
in
fitta
schiera
,
Sulla
libera
bandiera
Splende
il
sol
dell
avvenir
.
Tu
leggi
,
e
due
altri
passeggiano
,
come
in
una
caserma
,
o
lungo
un
corridoio
,
o
nel
cortile
,
con
le
braccia
sulla
schiena
,
battendo
i
tacchi
,
scombussolandoti
il
pensiero
col
tremuoto
dei
piedi
.
Tu
leggi
,
ed
ecco
un
animale
che
si
sveglia
di
soprassalto
,
con
dei
versi
in
bocca
:
Me
non
nato
a
percuotere
Le
dure
illustri
porte
,
Nudo
accorrà
,
ma
libero
,
Il
regno
della
morte
.
Tu
leggi
,
e
nasce
una
conversazione
che
ti
prorompe
nel
cervello
come
una
gazzarra
di
voci
,
ma
che
finisce
per
piacerti
e
uncinarti
a
prendervi
parte
.
Tu
leggi
,
e
un
prigioniero
si
sbottona
e
ricorda
aneddoti
contemporanei
che
ti
fanno
chiudere
il
libro
,
tanto
sono
interessanti
.
Tu
leggi
,
e
un
agente
del
reclusorio
ti
chiama
dabbasso
,
in
direzione
,
per
una
cosa
che
ti
si
poteva
dire
con
un
monosillabo
,
o
anche
fra
cento
anni
.
Tu
leggi
,
ed
entrano
i
battitori
a
scomodarti
e
a
rintronarti
le
orecchie
.
Tu
leggi
,
e
suona
la
campana
della
distribuzione
della
minestra
e
del
pane
.
Tu
leggi
...
Credetelo
,
in
una
camerata
perdete
l
illusione
di
potervi
sommergere
in
un
libro
per
ritornare
alla
vita
rifocillato
di
qualche
cosa
.
Col
permesso
di
scrivere
,
il
nostro
tempo
penale
si
accumulava
e
si
accorciava
rapidamente
.
Qualche
volta
si
avrebbe
voluto
che
la
giornata
di
diciassette
ore
fosse
più
lunga
,
per
avere
modo
di
prolungare
la
gioia
del
lavoro
.
C
era
tra
noi
la
gara
degli
operai
a
cottimo
.
Ci
si
alzava
e
ciascuno
andava
al
proprio
posto
.
Chiesi
e
Federici
avevano
un
tavolo
nello
spazio
in
fondo
,
a
fianco
della
finestra
.
Il
primo
scriveva
dalla
mattina
alla
sera
,
senza
mai
smettere
che
all
ora
dei
pasti
o
quando
aveva
bisogno
di
stiracchiarsi
le
braccia
,
appendendosi
al
bastone
più
alto
dell
inferriata
.
Senza
i
libri
necessari
per
un
opera
descrittiva
,
o
storica
,
o
politica
,
egli
si
era
votato
interamente
al
romanzo
-
un
lavoro
,
da
quello
che
vedevo
,
che
non
gli
costava
che
la
fatica
manuale
.
Non
è
mai
a
secco
né
di
idee
né
di
scene
.
Dotato
di
un
apparecchio
digestivo
che
non
gli
annoia
il
cervello
,
e
arciricco
di
vocaboli
,
egli
poteva
prendere
la
penna
ad
ogni
minuto
,
digiuno
o
col
boccone
in
bocca
,
quando
pioveva
a
diluvio
e
quando
il
sole
si
riversava
nella
nostra
camerata
come
un
allegria
.
Alla
mattina
riprendeva
il
filo
del
racconto
senza
neppure
degnarsi
di
leggere
l
ultima
frase
e
,
dopo
la
colazione
,
il
passeggio
e
il
pranzo
,
ricominciava
come
se
non
vi
fosse
stata
interruzione
.
Il
Sue
si
popolava
il
tavolo
,
sul
quale
scriveva
,
di
pupazzi
per
tenere
a
mente
i
personaggi
che
gli
nascevano
a
mano
a
mano
che
entrava
nella
intimità
del
romanzo
.
Gustavo
Chiesi
ha
potuto
completare
Il
Corpo
di
Ballo
-
un
romanzo
d
ambiente
che
racchiude
tutta
la
popolazione
del
palcoscenico
della
Scala
-
senza
sciupare
più
di
alcuni
nomi
scritti
sul
cartone
dei
fogli
che
produceva
.
Il
suo
modo
di
composizione
è
dei
più
semplici
.
Incomincia
la
prima
riga
e
tira
via
senza
mai
voltarsi
indietro
,
cioè
senza
mai
dare
un
occhiata
alle
cartelle
che
la
sua
penna
ha
ammonticchiato
.
Non
cancella
che
di
rado
,
una
volta
o
due
alla
settimana
.
Non
potendo
leggere
il
suo
manoscritto
per
la
sua
calligrafia
illeggibile
,
non
lavora
di
lima
che
sulle
bozze
.
Ma
è
difficile
ch
egli
si
permetta
di
alterare
una
frase
.
Sul
suo
stampone
non
vedete
ai
margini
che
poche
correzioni
o
dei
segni
che
paiono
lasciati
giù
da
una
mosca
che
lo
abbia
percorso
con
le
zampe
umide
d
inchiostro
.
Perché
la
frase
gli
esce
limpida
,
corretta
e
brunita
,
come
da
una
officina
.
In
pochi
mesi
ha
scritto
tre
romanzi
,
letto
parecchi
volumi
e
mantenuta
una
corrispondenza
abbastanza
voluminosa
.
Il
secondo
,
cioè
Federici
,
si
alzava
sempre
prima
di
ogni
altro
,
un
po
perché
amava
il
pediluvio
quotidiano
,
e
un
po
perché
gli
piaceva
diguazzare
nel
catino
più
lungamente
degli
altri
.
Iniziava
i
suoi
lavori
con
una
spanciata
di
verbi
inglesi
,
che
egli
si
trangugiava
tranquillamente
,
tra
un
passo
e
l
altro
,
fatti
colla
leggerezza
e
la
mollezza
della
gallina
che
non
disturba
.
Lo
si
vedeva
andare
in
su
e
in
giù
,
rasente
le
brande
,
colla
grammatica
sotto
gli
occhiali
scintillanti
,
o
chiusa
con
l
indice
tra
le
pagine
,
con
la
sinistra
sul
collo
della
destra
o
cogli
occhi
che
vagolavano
per
il
soffitto
come
quelli
dell
inspirato
o
dell
uomo
che
manda
versi
o
prosa
a
memoria
.
Dopo
la
distribuzione
del
pane
,
la
quale
avveniva
verso
le
ore
otto
,
sedeva
e
si
metteva
di
schiena
al
lavoro
di
traduzione
,
divorando
un
esercizio
dopo
l
altro
,
senza
magari
dire
una
parola
.
E
noi
,
fino
a
quando
non
si
sapeva
di
che
umore
si
era
alzato
,
ci
guardavamo
bene
dal
buttargli
l
amo
della
ciarla
.
Perché
,
malgrado
la
gentilezza
e
la
squisitezza
d
animo
,
il
Federici
era
il
compagno
più
difficile
della
camerata
.
Non
si
sapeva
mai
da
che
parte
pigliarlo
.
Proprio
nel
momento
in
cui
lo
credevate
il
vostro
migliore
amico
,
poteva
scattare
per
un
nonnulla
o
vi
poteva
tappare
la
bocca
con
una
di
quelle
parole
solenni
che
arrivano
alla
testa
come
un
pietrone
,
o
vi
poteva
isolare
per
un
tempo
indeterminato
,
senza
mai
accorgersi
della
vostra
presenza
,
anche
se
vi
trovavate
gomito
a
gomito
o
a
faccia
a
faccia
,
allo
stesso
tavolo
.
Terminato
il
boicottaggio
,
risentivate
l
amico
che
vi
dava
il
buon
giorno
,
che
spartiva
i
suoi
cinque
centesimi
di
frutta
con
voi
,
che
vi
dava
,
se
ne
aveva
,
con
la
miglior
grazia
del
mondo
,
un
pezzo
del
suo
cioccolatte
eccellentissimo
,
o
che
si
metteva
con
voi
al
passeggio
,
ingolfandovi
in
una
conversazione
piacevole
e
spesso
istruttiva
.
Il
tempo
che
gli
lasciava
l
inglese
lo
consumava
nella
lettura
.
Leggeva
romanzi
,
filosofia
,
storia
e
tutto
ciò
che
di
buono
gli
capitava
tra
le
mani
.
In
musica
mi
parve
più
che
un
orecchiante
o
un
buongustaio
.
Canticchiava
sovente
le
arie
popolari
o
più
conosciute
delle
opere
moderne
-
sapeva
dei
pezzi
di
Wagner
come
e
assai
più
del
Chiesi
che
aveva
propalato
e
difeso
il
maestro
di
musica
dell
avvenire
con
uno
studio
,
e
correggeva
le
voci
stonate
degli
altri
che
volevano
imitarlo
.
Don
Davide
incominciava
dopo
la
messa
.
Prima
della
messa
passeggiava
impaziente
.
Se
la
guardia
,
che
doveva
accompagnarlo
nella
cappelletta
,
ch
egli
aveva
l
audacia
di
paragonare
a
un
oasi
nei
claustri
del
dolore
,
tardava
un
po
,
diventava
nervoso
.
Anche
noi
,
il
mattino
,
non
appena
in
piedi
,
sentivamo
un
bisogno
immenso
di
uscire
da
uno
stanzone
dal
quale
l
afa
se
ne
andava
assai
lentamente
.
Per
il
2557
un
minuto
diventava
un
secolo
.
Percorreva
la
camerata
a
passi
lunghi
,
con
le
mani
sul
dorso
,
sotto
la
giacca
,
con
la
faccia
torva
.
Lo
si
chiamava
e
si
fingeva
di
credere
ch
egli
andasse
a
compiere
i
suoi
uffici
divini
fuori
del
reclusorio
.
-
Don
Davide
,
fate
il
piacere
di
comperarmi
trenta
centesimi
di
sigarette
virginia
.
-
Don
Davide
,
se
vedete
il
pollivendolo
,
mandateci
a
casa
un
anitra
,
sgrassata
,
come
quella
della
settimana
scorsa
.
-
Don
Davide
,
non
dimenticate
di
passare
dall
oste
che
siamo
senza
vino
.
-
Don
Davide
,
se
trovate
del
pesce
fresco
,
mandatene
a
casa
una
padellata
.
Rientrava
ilare
e
pieno
di
scuse
.
Ci
diceva
che
il
pescivendolo
era
alla
spiaggia
,
che
il
tabaccaio
era
andato
alla
dispensa
e
che
il
pollivendolo
non
veniva
in
paese
che
tre
volte
la
settimana
.
Si
metteva
al
lavoro
senza
indugio
.
Il
suo
tavolino
era
tra
il
finestrone
e
la
sua
branda
.
Si
perdeva
sui
suoi
fogli
di
protocollo
fino
a
colazione
.
Durante
il
lavoro
taceva
volentieri
,
ma
non
andava
in
collera
se
lo
si
interrompeva
e
se
si
faceva
di
tutto
per
fargli
perdere
del
tempo
.
Chiesi
:
Don
Davide
,
come
state
?
Don
Davide
:
Bene
,
grazie
.
Chiesi
:
Che
cosa
supponete
che
stiano
dicendo
,
in
questo
momento
,
De
Andreis
e
Romussi
?
Don
Davide
:
È
difficile
indovinarlo
.
Chiesi
:
Ve
lo
dirò
io
che
cosa
stanno
pensando
.
Stanno
pensando
a
una
chicchera
di
caffè
buono
,
magari
con
una
goccia
di
grappa
buonissima
.
Don
Davide
:
Piacerebbe
anche
a
me
,
adesso
una
tazza
di
caffè
caldo
con
uno
spruzzo
di
grappa
di
quella
che
ho
a
casa
mia
,
a
Filighera
!
Riprendevano
il
lavoro
e
poi
ricominciavano
il
dialogo
.
Don
Davide
:
Che
opinione
hai
tu
questa
mattina
sull
amnistia
?
Chiesi
:
Conosco
Pelloux
.
È
un
soldato
,
ma
un
soldato
che
ha
sempre
fatto
parte
della
sinistra
.
È
impossibile
ch
egli
si
mangi
il
passato
in
un
boccone
.
Lascerà
passare
la
tempesta
per
contentare
un
po
i
fanatici
e
poi
,
alla
prima
occasione
,
metterà
nel
discorso
reale
,
per
guadagnare
della
popolarità
al
re
,
l
amnistia
.
Interveniva
qualcuno
di
noi
a
dire
che
un
soldato
non
poteva
dar
torto
ai
soldati
.
-
L
amnistia
che
cosa
vorrebbe
dire
?
Che
le
sentenze
militari
sono
state
ingiuste
.
E
questo
un
generale
non
lo
può
dire
.
Chiesi
:
Tu
non
conosci
Pelloux
.
Nella
sua
vita
parlamentare
ha
dimostrato
più
di
una
volta
di
non
essere
quello
che
gli
inglesi
chiamano
un
martinet
della
caserma
.
L
esercito
non
può
fargli
dimenticare
che
c
è
della
gente
che
soffre
ingiustamente
.
Don
Davide
:
Vedremo
.
Chiesi
:
Non
si
tratta
di
voi
,
don
Davide
.
Voi
siete
qui
per
«
fini
speciali
»
.
Don
Davide
intingeva
la
penna
con
un
risolino
,
la
piegava
dolcemente
sul
pezzetto
di
carta
che
si
teneva
a
destra
,
e
si
rimetteva
a
scrivere
.
Nessuno
ha
mai
potuto
leggere
una
riga
dei
suoi
manoscritti
.
Ma
dai
discorsi
si
sapeva
ch
egli
riempiva
le
pagine
di
impressioni
,
di
reminiscenze
,
di
note
autobiografiche
,
di
vita
giornalistica
,
di
articoli
di
polemica
e
di
sfoghi
poetici
.
La
sua
calligrafia
non
fa
mettere
gli
occhiali
.
È
nitida
e
arieggia
l
inglesino
.
Non
è
quella
dello
scrittore
che
va
via
all
impazzata
e
lascia
agli
altri
la
briga
di
capirla
.
Se
il
pane
terroso
non
gli
aveva
fatto
peso
o
non
gli
aveva
gonfiato
il
ventre
,
il
pensiero
gli
si
sgomitolava
senza
interruzioni
.
Giornalista
col
fondaccio
letterario
,
gli
piace
,
quando
non
è
infuriato
dalla
rotativa
,
rifare
il
manoscritto
,
senza
toccarlo
troppo
o
levargli
la
naturalezza
della
prosa
spontanea
.
Il
suo
stile
è
pastoso
,
la
sua
prosa
calda
,
la
sua
penna
duttile
,
il
suo
periodo
limpido
come
un
cristallo
.
Con
qualche
predilezione
per
la
frase
pariniana
,
rifugge
dalle
inversioni
del
poeta
del
Giorno
,
che
svogliano
il
lettore
.
L
ingiustizia
gli
scalda
il
calamaio
egli
fa
produrre
una
prosa
vigorosa
,
senza
ridondanze
e
senza
i
plebeismi
del
Baretti
.
Con
o
senza
collera
egli
non
è
mai
volgare
.
Il
suo
ingegno
poliedrico
fa
pensare
a
don
Margotti
.
La
tendenza
sentita
negli
scritti
di
don
Davide
è
la
mestizia
o
piuttosto
l
emozione
.
Le
tre
mila
lettere
ch
egli
ha
scritto
durante
la
sua
prigionia
-
lettere
che
potrebbero
formare
,
per
il
pubblico
cattolico
,
un
epistolario
interessantissimo
-
ne
sono
un
documento
.
Sono
in
esse
la
sua
bontà
infinita
,
lo
spandimento
,
della
sua
anima
mal
rassegnata
a
stare
in
prigione
,
l
affezione
intensa
per
la
gente
ch
egli
ama
e
che
lo
ama
,
il
perdono
incommensurato
per
tutti
gli
avversari
pentiti
che
gli
hanno
tribolata
l
esistenza
a
52
anni
,
proprio
quando
,
diceva
lui
,
si
ha
bisogno
di
un
po
di
vita
buona
.
In
prigione
non
ha
mai
avuto
rimpianti
.
Egli
è
sempre
stato
orgoglioso
del
suo
passato
.
Non
ha
mai
avuto
che
parole
d
amore
per
la
sua
penna
che
l
ha
mandato
«
tra
i
ferri
anziché
adattarsi
a
mentire
e
adulare
»
,
come
non
ha
avuto
che
trasporti
per
il
suo
Osservatore
Cattolico
«
divenutogli
più
che
mai
prezioso
,
ora
che
gli
ha
procurato
il
carcere
,
e
dato
occasione
di
soffrire
per
la
causa
che
difende
e
dimostrare
che
seriamente
anche
in
faccia
alla
morte
,
la
difende
e
la
difenderà
sempre
»
.
Costantino
Lazzari
consolava
i
suoi
ozii
forzati
nel
silenzio
,
nella
lettura
,
nel
disegno
.
Taceva
per
delle
ore
,
leggeva
volumi
ponderosi
senza
sbadigliare
,
rileggeva
i
Promessi
Sposi
con
piacere
,
la
Vita
di
Benvenuto
Cellini
direi
quasi
con
entusiasmo
e
il
Sant
Ambrogio
di
Romussi
,
superbamente
illustrato
,
con
ammirazione
,
e
disegnava
,
disegnava
sempre
.
Disegnava
galeotti
,
secondini
,
reclusi
,
frontoni
del
reclusorio
,
compagni
di
camerata
.
Copiava
danzatrici
,
madonne
,
bimbi
,
uomini
illustri
,
donne
celebri
,
quello
che
trovava
nelle
riviste
e
nei
libri
illustrati
.
Con
la
tenacia
del
volere
è
potere
,
dell
uomo
che
vuoi
riuscire
ad
ogni
costo
,
la
sua
matita
faceva
progressi
meravigliosi
.
Le
sue
figure
prendevano
forma
,
diventavano
vive
,
assumevano
la
grazia
dell
arte
.
-
Perché
non
smetti
di
fare
il
commesso
viaggiatore
e
non
ti
dai
interamente
al
lapis
che
ti
serve
così
bene
e
che
ti
darebbe
una
vita
meno
stentata
?
Perché
era
troppo
tardi
,
perché
non
aveva
fantasia
,
perché
l
artista
,
per
essere
tale
,
non
deve
essere
tormentato
dai
bisogni
urgenti
della
vita
,
perché
altri
lo
precedevano
di
parecchie
miglia
.
Non
so
s
egli
abbia
continuato
e
se
continui
.
So
che
,
se
all
abilità
del
disegno
egli
potesse
aggiungere
la
sollecitudine
,
potrebbe
diventare
un
giornalista
che
illustra
i
suoi
e
gli
articoli
degli
altri
.
Egli
non
è
l
ultimo
dei
ritrattisti
.
Ha
disegnato
un
don
Davide
seduto
,
vestito
da
galeotto
,
il
quale
resterà
il
suo
capolavoro
di
Finalborgo
.
Ci
ha
dato
una
mezza
figura
di
Chiesi
mirabile
e
un
Suzzani
intiero
,
con
la
gamella
in
mano
,
che
non
dimenticherò
facilmente
.
Ma
io
sciupo
le
parole
come
il
padre
di
Cellini
che
voleva
fare
del
figlio
un
suonatore
di
flauto
e
di
cornetta
.
Cellini
lo
contentava
di
tanto
in
tanto
,
con
qualche
pifferata
.
Ma
continuava
per
la
sua
strada
a
cesellare
.
Così
sarà
di
Costantino
.
Egli
diventerà
tutto
fuorché
un
artista
.
Le
ore
della
sera
erano
le
più
tranquille
.
Si
passava
come
dall
inferno
al
paradiso
.
Federici
,
Chiesi
e
don
Davide
-
il
primo
in
mezzo
e
gli
altri
due
in
faccia
-
avevano
una
lampada
a
petrolio
in
comune
sui
loro
due
tavoli
riuniti
.
Noi
quattro
ci
servivamo
della
lampaduccia
a
luce
elettrica
,
la
cui
poverezza
di
luce
ci
faceva
chinare
sovente
gli
occhi
,
o
ci
lasciava
per
due
minuti
sotto
un
rossore
crudele
.
Migliorammo
la
nostra
condizione
quando
a
furia
di
guardarla
ci
accorgemmo
che
aveva
del
filo
attorcigliato
che
ci
poteva
servire
per
allungarla
fin
quasi
al
tavolo
.
Tutto
sommato
,
erano
ore
deliziose
.
Il
chiasso
delle
camerate
vicine
alla
nostra
cessava
con
la
campana
del
silenzio
.
Salvo
qualche
gola
che
sprigionava
versi
da
dannato
o
qualche
voce
che
dava
fuori
nel
sonno
o
qualche
disgraziato
che
manifestava
i
suoi
tormenti
fisici
con
degli
:
oh
Signor
!
femm
murì
,
femm
!
,
potevamo
supporci
in
un
sepolcro
.
Si
poteva
sentire
la
penna
di
qualcuno
che
s
impuntava
sulla
carta
,
o
il
piede
di
cimossa
di
un
sottocapo
in
giro
a
origliare
e
a
guardare
attraverso
i
pertugi
,
o
la
respirazione
di
un
recluso
al
di
là
della
parete
,
male
adagiato
.
Lo
starnuto
di
Lazzari
,
fatto
a
bella
posta
per
ricordarci
che
eravamo
vivi
,
ci
faceva
trasalire
o
sussultare
come
quando
si
sentono
sulle
spalle
le
mani
degli
sconosciuti
che
vi
dichiarano
in
arresto
in
nome
della
legge
.
Si
lavorava
immersi
nel
lavoro
.
Chiesi
a
mettere
in
iscena
i
suoi
ballabili
,
don
Davide
a
scrivere
una
epistola
dopo
l
altra
per
vivere
di
ricordi
e
riallacciare
i
legami
col
mondo
che
lo
conosceva
.
Lazzari
a
riprodurre
il
momento
storico
dei
tre
lavoratori
con
un
disegno
grandioso
che
toccava
e
ritoccava
ogni
sera
senza
dirlo
mai
finito
,
Ghiglione
a
illustrare
le
parole
di
un
dizionario
tedesco
con
l
idea
froebeliana
che
chi
legge
Himmel
accanto
a
una
chiazza
di
cielo
e
Frau
dinanzi
a
una
testa
di
fanciulla
,
impara
una
lingua
a
vapore
e
non
la
dimentica
più
mai
.
-
Come
farai
,
gli
domandavo
,
a
illustrare
ich
habe
kein
Geld
?
-
In
un
modo
semplice
.
Mettendo
tra
le
parole
un
individuo
che
si
fruga
svogliatamente
nelle
tasche
.
-
Ma
il
tuo
dizionario
diventerà
una
montagna
!
Federici
allargava
la
zona
dei
suoi
studi
nella
letteratura
di
altre
lingue
,
in
manica
di
camicia
,
senza
mai
smettere
,
senza
mai
aprire
bocca
,
come
se
fosse
stato
obbligato
dal
regolamento
carcerario
a
divorarsi
un
dato
numero
di
pagine
,
e
Giovanni
Suzzani
si
sprofondava
nei
romanzi
dell
editore
Aliprandi
,
scoppiando
talvolta
in
risate
così
plateali
e
così
rumorose
che
costringevano
il
secondino
di
guardia
a
buttare
per
il
buco
un
ordine
imperioso
:
-
Silenzio
!
In
certe
sere
...
In
certe
sere
nessuno
lasciava
cadere
un
libro
,
nessuno
tossiva
,
nessuno
si
muoveva
come
se
avessimo
saputo
che
avevamo
alle
spalle
gli
occhi
e
le
orecchie
degli
agenti
incaricati
della
sorveglianza
notturna
.
Ci
capitava
addosso
la
ronda
,
col
lanternone
fumoso
,
come
una
sorpresa
che
metteva
freddo
.
-
Sono
le
dieci
!
Non
ce
lo
facevamo
dire
due
volte
.
In
un
minuto
spostavamo
i
tavoli
,
mettevamo
carta
e
libri
al
posto
,
lasciavamo
giù
le
brande
,
facevamo
il
letto
e
ci
buttavamo
sul
pagliericcio
senza
aver
modo
di
cambiare
la
camicia
.
Chiesi
era
sempre
il
primo
a
toccare
le
lenzuola
.
Adagiato
,
con
la
guancia
sul
guanciale
,
incominciava
subito
a
ruggire
come
una
belva
con
una
palla
nella
testa
.
Don
Davide
non
dormiva
subito
.
In
letto
,
con
una
coperta
che
non
lo
copriva
completamente
né
da
una
parte
né
dall
altra
,
sembrava
un
enorme
cetaceo
a
mezz
acqua
.
Si
voltava
faticosamente
come
un
pachiderma
.
Federici
si
metteva
sul
fianco
,
con
un
libro
in
mano
,
in
una
posizione
da
ricevere
la
luce
sulle
pagine
e
continuava
la
lettura
per
un
altra
mezz
ora
.
Poi
mi
diceva
:
-
Ciao
,
Paolino
,
dormi
bene
.
-
Ciao
.
Lazzari
,
santone
,
con
gli
occhiali
che
gli
aveva
prestato
l
amico
Scannatopi
e
che
gli
davano
l
aria
di
una
vecchia
in
collera
,
si
dava
furiosamente
alla
lettura
,
leggendo
cento
,
centocinquanta
pagine
di
un
fiato
,
lasciandosi
magari
sorprendere
dalla
seconda
ronda
col
libro
in
mano
.
Dove
siamo
adesso
stiamo
assai
meglio
che
nella
quinta
camerata
.
Ma
pochi
di
noi
,
rientrati
in
questa
vita
vertiginosa
,
rigodranno
la
pace
delle
serate
intellettuali
del
reclusorio
di
Finalborgo
.
L
uomo
è
un
animale
che
rimpiange
perfino
la
galera
!
ULISSE
CERMENATI
Non
so
se
sia
in
lui
il
giornalismo
nuovo
.
So
che
è
giovine
e
che
il
giornalismo
lo
ha
stregato
.
Anche
dopo
che
la
professione
gli
ha
fatto
rasentare
la
porta
del
reclusorio
,
non
sa
staccarsene
.
Con
la
penna
del
giornalista
gli
pare
di
essere
più
uomo
.
Dal
processo
è
uscito
di
carattere
piuttosto
timido
.
È
buono
come
un
marzapane
e
ricco
al
di
là
delle
cento
mila
lire
,
ma
gli
manca
l
audacia
giacobina
.
Tutti
i
testi
,
compreso
il
sindaco
di
Lecco
,
ce
lo
profilarono
con
parole
che
andavano
al
cuore
.
Lo
stesso
Plutarco
di
S
.
Fedele
non
seppe
o
non
volle
adagiarlo
nei
colori
foschi
delle
altre
biografie
.
Sul
banco
degli
accusati
lo
consideravamo
un
problema
professionale
.
Dalla
sua
condanna
o
dalla
sua
assoluzione
si
doveva
sapere
se
un
giornale
potesse
inviare
sul
teatro
di
una
sommossa
i
suoi
redattori
,
senza
che
la
legge
dei
tribunali
militari
li
considerasse
dei
partecipanti
côlti
con
le
armi
alla
mano
.
-
Dopo
l
assoluzione
,
gli
domandai
un
giorno
che
facevamo
colazione
al
Savini
con
un
amico
,
che
cosa
ti
è
avvenuto
?
-
Nulla
.
Io
,
Seneci
,
Zavattari
,
del
Vecchio
,
socialista
,
e
Invernizzi
,
anarchico
,
fummo
accompagnati
a
San
Fedele
da
due
agenti
di
P
.
S
.
in
borghese
,
in
due
carrozze
a
nostre
spese
.
Nella
prima
erano
del
Vecchio
e
Zavattari
,
nella
seconda
io
e
gli
altri
due
.
Alla
porta
della
questura
c
era
la
signora
Seneci
,
colorata
dalla
morte
,
che
aspettava
il
marito
con
la
paura
di
perderlo
un
altra
volta
.
L
lnvernizzi
e
il
del
Vecchio
vennero
rinchiusi
in
un
camerotto
per
ordine
del
viceispettore
Prina
.
Zavattari
e
Seneci
vennero
rilasciati
dopo
le
solite
formalità
.
Zavattari
,
quando
l
ispettore
Latini
gli
fece
un
interrogazione
,
divenne
un
po
agitato
.
Non
voleva
sentire
più
niente
.
Voleva
andarsene
sui
monti
e
non
pensare
al
brutto
sogno
attraverso
il
quale
era
passato
.
Io
fui
sfrattato
dalla
provincia
di
Milano
,
entro
le
ventiquattro
ore
.
All
uscita
trovai
l
ing
.
Ongania
,
sindaco
di
Lecco
,
e
l
avv
.
Ignazio
Dell
Oro
che
mi
aspettavano
.
Stavamo
per
andarcene
,
quando
il
vetturale
che
mi
aveva
condotto
alla
questura
mi
ricordò
la
corsa
.
-
Dica
,
e
la
corsa
?
Non
mi
si
avevano
ancora
restituiti
i
denari
.
Il
mio
amico
sindaco
tirò
fuori
subito
il
portafogli
.
Vetturale
:
Scusi
,
lei
è
forse
uno
del
processo
dei
giornalisti
?
-
Sissignore
.
Diede
una
frustata
al
cavallo
e
via
senza
la
corsa
.
-
Ho
anch
io
un
cuore
,
diss
egli
scappando
.
Miscellanea ,
16
ottobre
1943
Fino
a
poche
settimane
prima
,
ogni
venerdì
sera
,
all
'
accendersi
della
prima
stella
,
si
spalancavano
tutte
grandi
le
grandi
porte
della
Sinagoga
,
quelle
verso
la
piazza
del
Tempio
.
Perché
le
grandi
porte
,
invece
delle
bussole
laterali
e
un
po
'
recondite
come
tutte
le
altre
sere
?
Perché
invece
degli
sparuti
candelabri
a
sette
bracci
,
quello
sfavillare
di
tutte
quante
le
luci
,
che
traeva
fiamme
dagli
ori
,
splendore
dagli
stucchi
-
-
gli
stemmi
di
Davide
,
i
nodi
di
Salomone
,
le
Trombe
del
Giubileo
-
-
e
sontuosi
bagliori
dal
broccato
della
cortina
appesa
davanti
all
'
Arca
Santa
,
all
'
Arca
del
Patto
col
Signore
?
Perché
ogni
venerdì
,
all
'
accendersi
della
prima
stella
,
si
celebrava
il
ritorno
del
Sabbato
.
Non
la
macilenta
salmodia
del
cantore
sperduto
sul
lontano
altare
;
ma
dall
'
alto
della
cantoria
,
nella
romba
osannante
dell
'
organo
,
il
coro
dei
fanciulli
gloriava
un
cantico
di
sacra
tenerezza
,
l
'
inno
dell
'
antico
cabbalista
,
«
Lehà
Dodì
Lichrà
Calà
»
:
Vieni
,
o
amico
,
vieni
incontro
al
Sabbato
...
Era
il
mistico
invito
ad
accogliere
il
Sabbato
che
giunge
,
che
giunge
come
una
sposa
.
Giungeva
invece
nell
'
ex
Ghetto
di
Roma
,
la
sera
di
quel
venerdì
15
ottobre
,
una
donna
vestita
di
nero
,
scarmigliata
,
sciatta
,
fradicia
di
pioggia
.
Non
può
esprimersi
,
l
'
agitazione
le
ingorga
le
parole
,
le
fa
una
bava
sulla
bocca
.
È
venuta
da
Trastevere
di
corsa
.
Poco
fa
,
da
una
signora
presso
la
quale
va
a
mezzo
servizio
,
ha
veduto
la
moglie
di
un
carabiniere
,
e
questa
le
ha
detto
che
il
marito
,
il
carabiniere
,
ha
veduto
un
tedesco
,
e
questo
tedesco
aveva
in
mano
una
lista
di
200
capi
famiglia
ebrei
,
da
portar
via
con
tutte
le
famiglie
.
Gli
ebrei
di
rione
Regola
hanno
conservato
l
'
abitudine
di
coricarsi
per
tempo
.
Poco
dopo
scesa
la
sera
,
sono
già
tutti
in
casa
.
Forse
la
memoria
di
un
antico
coprifuoco
è
rimasta
nel
loro
sangue
;
di
quando
,
al
cadere
delle
tenebre
,
i
cancelli
del
Ghetto
stridevano
con
una
inveterata
monotonia
che
forse
l
'
abitudine
aveva
resa
familiare
e
dolce
,
a
rammentare
che
la
notte
non
era
per
gli
ebrei
,
che
per
loro
la
notte
era
pericolo
di
essere
presi
,
multati
,
imprigionati
,
battuti
.
Così
questi
ebrei
,
accusati
di
tramare
nell
'
ombra
contro
l
'
ordine
e
la
sicurezza
del
mondo
,
sono
invece
da
tempo
delle
creature
diurne
.
Di
primo
mattino
,
non
appena
un
barlume
di
giorno
,
viscido
e
grigio
come
le
loro
case
,
comincia
a
far
leva
sui
cornicioni
,
come
un
apriscatole
,
per
incidersi
uno
spiraglio
sui
vicoli
sottostanti
,
già
li
trovi
tutti
per
via
,
questi
ebrei
,
e
berciano
,
e
si
chiamano
a
gran
voce
per
nome
,
e
combinano
,
e
litigano
,
e
discutono
,
e
intavolano
trattative
e
negozi
,
e
si
danno
un
gran
da
fare
,
quantunque
quei
loro
discorsi
e
mercati
non
abbiano
nulla
di
urgente
.
Ma
questi
ebrei
amano
la
vita
:
quella
vita
da
cui
la
notte
li
ha
esclusi
,
sentono
il
bisogno
che
irrompa
in
loro
.
Anche
quella
sera
le
famiglie
erano
già
tutte
raccolte
nelle
case
.
Qualche
madre
accendeva
la
lampada
sabbatica
-
-
non
quella
bella
,
ch
'
era
stata
nascosta
ai
primi
furti
tedeschi
-
-
mentre
i
vecchi
con
la
teffilà
sui
ginocchi
recitavano
le
benedizioni
,
e
passavano
dal
borbottio
della
preghiera
all
'
invettiva
iraconda
e
chioccia
contro
i
nipotini
disturbatori
.
Così
la
donna
scarmigliata
non
ebbe
difficoltà
a
radunare
un
gran
numero
di
ebrei
per
avvertirli
del
pericolo
.
Ma
nessuno
volle
crederci
,
tutti
ne
risero
.
Sebbene
abiti
in
Trastevere
,
la
Celeste
ha
parenti
nel
Ghetto
ed
è
ben
nota
all
'
intera
cheilà
.
Tutti
sanno
che
è
una
chiacchierona
,
un
'
esaltata
,
una
fanatica
:
basta
vedere
come
gesticola
quando
parla
,
con
gli
occhi
spiritati
sotto
quei
capelli
di
crine
vegetale
.
E
poi
si
sa
che
in
famiglia
sua
sono
tutti
un
po
'
tocchi
;
chi
non
conosce
il
suo
figlio
grande
,
quello
di
24
anni
,
magro
,
peloso
,
nero
e
strambo
,
con
una
aria
da
haham
mancato
,
e
si
dice
perfino
che
abbia
il
mal
caduco
?
Come
si
fa
a
dare
ascolto
alla
Celeste
?
«
Credetemi
!
scappate
,
vi
dico
!
»
supplicava
la
donna
.
«
Vi
giuro
che
è
la
verità
!
sulla
testa
dei
miei
figli
!
»
La
verità
?
Chi
sa
che
cosa
le
avranno
detto
,
chi
sa
che
cosa
avrà
capito
.
Quelle
risate
,
quell
'
incredulità
la
esasperano
.
Comincia
a
dare
in
escandescenze
e
in
male
parole
,
come
se
la
minaccia
,
invece
che
i
tedeschi
,
fosse
stata
lei
a
farla
,
e
ora
si
offenda
di
non
vederla
presa
sul
serio
.
Se
sapesse
cosa
inventare
,
aggraverebbe
la
dose
per
vendicarsi
,
per
riuscire
finalmente
a
far
paura
.
Grida
,
scongiura
,
si
fa
venire
le
lacrime
agli
occhi
,
mette
le
mani
sul
capo
dei
bambini
,
come
per
proteggerli
lei
.
«
Ve
ne
pentirete
!
Se
fossi
una
signora
mi
credereste
.
Ma
perché
non
ho
una
lira
,
perché
porto
questi
stracci
...
»
e
nel
mostrarli
rabbiosamente
,
li
straccia
ancora
di
più
.
Ormai
tredici
mesi
sono
passati
,
e
molti
dei
testimoni
di
quella
sera
sono
disposti
a
riconoscere
che
forse
,
se
la
Celeste
fosse
stata
una
signora
e
non
la
poveraccia
che
è
...
Però
quella
sera
risalirono
alle
loro
case
,
si
rimisero
a
sedere
intorno
alla
tavola
,
a
cenare
,
commentando
quella
storia
senza
sugo
.
Era
chiaro
che
cosa
fosse
passato
per
la
testa
della
pazza
:
una
ventina
di
giorni
prima
,
il
Maggiore
Kappler
aveva
minacciato
al
presidente
della
Comunità
,
comm
.
Foà
,
e
a
quello
dell
'
Unione
,
dott
.
Almansi
,
di
prelevare
200
ostaggi
ebrei
.
Le
cifre
corrispondevano
,
e
di
lì
l
'
equivoco
:
la
povera
gente
sa
sempre
le
cose
in
ritardo
e
di
traverso
,
ma
quel
poco
che
arrivano
a
sapere
credono
sempre
che
sia
oro
colato
.
Ormai
la
minaccia
dei
200
ostaggi
era
scongiurata
.
I
tedeschi
saranno
dei
rascianìm
,
ma
sono
gente
d
'
onore
.
Contrariamente
all
'
opinione
diffusa
,
gli
ebrei
non
sono
diffidenti
.
Per
meglio
dire
:
sono
diffidenti
,
allo
stesso
modo
che
sono
astuti
,
nelle
cose
piccole
,
ma
creduli
e
disastrosamente
ingenui
in
quelle
grandi
.
Verso
i
tedeschi
furono
,
e
si
mostrarono
,
ingenui
quasi
con
ostentazione
.
I
motivi
che
se
ne
possono
dare
sono
parecchi
.
Persuasi
da
secolari
esperienze
che
il
loro
destino
sia
di
essere
trattati
come
cani
,
gli
ebrei
hanno
un
disperato
bisogno
di
simpatia
umana
:
e
per
accattarla
,
la
offrono
.
Fidarsi
della
gente
,
abbandonarvisi
,
credere
alle
loro
promesse
,
è
appunto
una
prova
di
simpatia
.
Si
comportarono
così
anche
coi
tedeschi
?
Sì
,
purtroppo
.
Coi
tedeschi
poi
giocava
anche
il
classico
atteggiamento
degli
ebrei
di
fronte
all
'
Autorità
.
Fin
da
prima
della
caduta
di
Gerusalemme
,
l
'
Autorità
ha
esercitato
sugli
ebrei
un
potere
di
vita
e
di
morte
assoluto
,
arbitrario
,
imperscrutabile
.
Questo
ha
fatto
sì
che
nelle
loro
teste
e
nel
loro
stesso
inconscio
,
l
'
Autorità
si
configurasse
come
un
nume
onnipotente
,
esclusivo
e
geloso
.
Diffidarne
,
quando
essa
promette
,
sia
per
male
che
per
bene
,
è
cadere
in
un
peccato
,
che
presto
o
tardi
si
sconterà
,
se
anche
questo
peccato
non
si
manifesti
e
rimanga
soltanto
un
'
intenzione
o
una
mormorazione
.
E
finalmente
:
l
'
idea
madre
del
giudaismo
è
quella
di
giustizia
.
Portare
questa
idea
nella
civiltà
di
Occidente
è
stata
la
missione
degli
ebrei
.
Renan
se
ne
fa
addirittura
il
tema
fondamentale
per
interpretare
tutta
la
storia
d
'
Israele
,
fino
ai
grandi
annunzi
escatologici
,
fino
all
'
attesa
messianica
,
fino
alla
promessa
di
quel
Giorno
del
Signore
che
,
domani
o
chi
sa
quando
,
accenderà
la
sua
alba
sul
vertice
dei
millenni
per
ricondurre
appunto
il
regno
della
giustizia
su
questa
terra
.
Per
tutti
questi
motivi
gli
ebrei
di
Roma
si
fidarono
,
in
certo
qual
modo
,
dei
tedeschi
,
anche
-
-
e
,
diremmo
,
soprattutto
-
-
dopo
quanto
era
successo
il
26
settembre
.
Si
sentivano
come
vaccinati
contro
ogni
ulteriore
persecuzione
.
Sarebbe
stata
un
'
ingiustizia
,
e
per
temperamento
non
vi
potevano
credere
.
Mostrar
di
temere
sarebbe
stato
un
polemizzare
contro
i
tedeschi
,
manifestargli
dell
'
antipatia
.
E
infine
sarebbe
stato
un
peccare
contro
l
'
Autorità
.
Perciò
,
quella
sera
,
gli
ebrei
risero
al
messaggio
della
pazza
Celeste
.
(
Chiediamo
scusa
di
questa
digressione
,
ed
eventualmente
delle
altre
in
cui
incorreremo
;
ma
per
intendere
l
'
intera
atrocità
del
dramma
che
cercheremo
di
ricostruire
,
è
opportuno
conoscere
un
po
'
meglio
i
personaggi
.
)
Effettivamente
,
la
sera
del
26
settembre
1943
,
il
presidente
della
Comunità
Israelitica
di
Roma
e
quello
dell
'
Unione
delle
Comunità
Italiane
-
-
tramite
il
dott
.
Cappa
,
funzionario
della
Questura
-
-
erano
stati
convocati
per
le
ore
18
all
'
Ambasciata
Germanica
.
Li
ricevette
,
paurosamente
cortese
e
«
distinto
»
,
il
Maggiore
delle
SS
.
Herbert
Kappler
,
che
li
fece
accomodare
e
per
qualche
momento
parlò
del
più
e
del
meno
,
in
tono
di
ordinaria
conversazione
.
Poi
entrò
nel
merito
:
gli
ebrei
di
Roma
erano
doppiamente
colpevoli
,
come
italiani
(
ma
meno
di
due
mesi
dopo
,
un
decreto
germano
fascista
,
auspici
Rahn
,
Mussolini
e
Pavolini
,
doveva
disconoscere
agli
ebrei
d
'
Italia
la
cittadinanza
italiana
;
e
allora
Maggiore
Kappler
?
)
,
come
italiani
per
il
tradimento
contro
la
Germania
,
e
come
ebrei
perché
appartenenti
alla
razza
degli
eterni
nemici
della
Germania
.
Perciò
il
governo
del
Reich
imponeva
loro
una
taglia
di
50
chilogrammi
d
'
oro
,
da
versarsi
entro
le
ore
11
del
successivo
martedì
28
.
In
caso
di
inadempienza
,
razzia
e
deportazione
in
Germania
di
200
ebrei
.
Praticamente
:
poco
più
di
un
giorno
e
mezzo
per
trovare
50
chili
d
'
oro
.
Alle
difficoltà
che
i
due
rappresentanti
ebrei
cercarono
di
opporgli
,
il
Maggiore
ribatté
che
,
a
titolo
di
agevolazione
,
avrebbe
fornito
lui
gli
automezzi
e
gli
uomini
per
la
ricerca
dell
'
oro
.
I
due
Herren
non
accettavano
?
Sta
bene
,
come
non
detto
.
Ma
,
in
via
sempre
di
largheggiare
,
prorogava
di
un
'
ora
il
termine
di
consegna
.
Gli
fu
domandato
quale
fosse
la
valutazione
dell
'
oro
in
lire
.
Il
Kappler
capì
subito
l
'
antifona
:
di
lire
italiane
-
-
rispose
-
-
il
Grande
Reich
non
ne
aveva
bisogno
e
comunque
-
-
sorrise
quando
gliene
occorressero
,
poteva
sempre
stamparle
.
Poi
credette
opportuno
di
completare
la
propria
presentazione
,
illustrando
che
con
lui
non
era
il
caso
di
recalcitrare
,
se
no
si
sarebbe
incaricato
personalmente
della
razzia
e
a
lui
,
in
parecchie
altre
circostanze
similari
,
questo
genere
di
operazioni
era
sempre
riuscito
benissimo
.
Col
che
gli
argomenti
parvero
esauriti
,
e
la
seduta
fu
tolta
.
La
Questura
italiana
,
subito
informata
dell
'
imposizione
,
non
rispose
.
Si
riscrisse
,
si
andò
,
si
telefonò
:
il
silenzio
,
per
una
crudele
allusione
,
era
più
che
mai
d
'
oro
.
Allora
nella
serata
stessa
e
nella
successiva
mattina
si
radunarono
i
maggiorenti
della
Comunità
insieme
con
le
persone
ritenute
più
esperte
di
affari
e
facoltose
.
Ci
si
desolò
,
si
discusse
,
si
dichiarò
che
la
cosa
non
era
fattibile
.
Ma
i
più
energici
prevalsero
,
sicché
per
tempo
fu
dato
inizio
alla
raccolta
dell
'
oro
.
La
voce
era
già
corsa
tra
gli
ebrei
;
tuttavia
sulle
prime
le
offerte
giungevano
lentamente
,
con
una
specie
di
perplessità
.
Fu
in
quelle
ore
che
il
Vaticano
fece
ufficiosamente
sapere
che
teneva
a
disposizione
degli
ebrei
15
chilogrammi
d
'
oro
per
sopperire
agli
eventuali
ammanchi
.
Frattanto
però
le
cose
avevano
cominciato
a
mettersi
meglio
.
Ormai
tutta
Roma
aveva
saputo
del
sopruso
tedesco
,
e
se
ne
era
commossa
.
Guardinghi
,
come
temendo
un
rifiuto
,
come
intimiditi
di
venire
a
offrir
dell
'
oro
ai
ricchi
ebrei
,
alcuni
«
ariani
»
si
presentarono
.
Entravano
impacciati
in
quel
locale
adiacente
alla
Sinagoga
,
non
sapendo
se
dovessero
togliersi
il
cappello
o
tenere
il
capo
coperto
,
come
notoriamente
vuole
l
'
uso
rituale
degli
ebrei
.
Quasi
umilmente
domandavano
se
potevano
anche
loro
...
se
sarebbe
stato
gradito
...
Purtroppo
non
lasciarono
i
nomi
,
che
si
vorrebbero
ricordare
per
i
momenti
di
sfiducia
nei
propri
simili
.
Torna
a
mente
,
e
par
bella
,
una
parola
ripetuta
anche
da
George
Eliot
:
«
il
latte
dell
'
umana
bontà
»
.
Il
centro
di
raccolta
era
stato
stabilito
in
un
ufficio
della
Comunità
.
La
Questura
,
che
da
quest
'
orecchio
tornava
finalmente
a
sentirci
,
aveva
disposto
un
servizio
d
'
ordine
e
di
vigilanza
.
L
'
affluenza
,
infatti
,
era
cominciata
a
diventare
notevole
.
Al
tavolo
sedeva
una
persona
di
fiducia
della
Comunità
;
accanto
a
lui
un
orafo
saggiava
le
offerte
e
un
altro
le
pesava
.
Subito
era
stato
fatto
circolare
l
'
avviso
che
non
erano
ammessi
i
contributi
in
denaro
.
Questo
avrebbe
impigrito
l
'
afflusso
del
metallo
:
gli
oggetti
d
'
oro
rappresentano
spesso
dei
cari
ricordi
,
che
tendono
a
diventare
più
ricordi
e
più
cari
nel
momento
di
separarsene
;
inoltre
l
'
oro
,
in
tempi
di
guerra
e
di
calamità
,
suole
considerarsi
la
migliore
e
più
portatile
risorsa
per
i
frangenti
estremi
.
Denaro
invece
ne
sarebbe
venuto
parecchio
,
e
rapidamente
;
ma
avrebbe
creato
il
problema
,
nonché
il
rischio
,
di
trovare
tutto
quell
'
oro
sul
mercato
clandestino
.
Peraltro
il
metallo
già
cominciava
a
far
mucchio
,
molte
persone
si
erano
presentate
a
offrire
dell
'
oro
in
vendita
,
quindi
si
cominciò
ad
accettare
anche
il
contante
e
a
fare
degli
acquisti
,
sulla
base
di
prezzi
assai
oscillanti
.
Di
grande
aiuto
in
questa
incetta
fu
la
giornalaia
di
Ponte
Garibaldi
.
Il
martedì
mattina
,
prima
delle
11
,
il
quantitativo
era
stato
raggiunto
,
con
anzi
un
residuo
di
oltre
due
milioni
liquidi
,
che
furono
accantonati
nella
cassaforte
della
Comunità
.
La
sala
di
raccolta
venne
chiusa
a
chiave
:
davanti
la
porta
,
con
gli
agenti
di
P.S.
,
si
sedettero
gli
orafi
e
alcuni
rappresentanti
della
Comunità
.
Qualche
tedesco
melomane
colturale
e
spiritoso
avrebbe
forse
scherzato
su
questi
Fafner
a
guardia
del
tesoro
.
Invece
quella
brava
gente
,
siccome
le
mogli
avevano
portato
loro
da
mangiare
,
lungi
dal
vomitare
fiamme
,
si
misero
a
far
colazione
in
pace
.
Avevano
la
coscienza
a
posto
.
C
'
erano
stati
i
momenti
di
angoscia
,
le
consultazioni
febbrili
dell
'
orologio
;
ma
tutto
sommato
si
era
fatto
un
buon
lavoro
.
Fu
telefonato
all
'
Ambasciata
Germanica
,
per
ottenere
una
dilazione
di
qualche
ora
.
Era
una
cautela
ad
evitare
che
,
visto
il
pronto
successo
,
si
aumentassero
le
pretese
.
Santa
ingenuità
degli
astuti
:
come
se
i
tedeschi
non
avessero
avuto
spie
.
Comunque
,
si
ottenne
che
la
scadenza
fosse
protratta
fino
alle
18
:
ora
in
cui
tre
automobili
,
dal
Lungotevere
Sanzio
,
si
avviarono
con
l
'
oro
,
i
due
presidenti
,
i
due
orafi
e
una
scorta
di
agenti
,
sempre
guidati
dal
dott
.
Cappa
,
alla
volta
di
Villa
Wolkonski
.
Non
che
abbassarsi
alla
formalità
di
ricevere
,
di
«
incassare
»
quell
'
oro
,
il
Kappler
non
degnò
neppure
mostrarsi
.
Fece
dire
in
anticamera
,
da
una
segretaria
,
che
la
taglia
doveva
essere
versata
in
via
Tasso
.
Forse
è
questa
la
prima
apparizione
di
via
Tasso
nella
cronaca
gialla
e
nera
dell
'
occupazione
tedesca
.
Il
convoglio
riparte
da
Villa
Wolkonski
,
svolta
l
'
angolo
,
giunge
alla
via
malfamata
.
In
via
Tasso
gli
ebrei
si
trovarono
di
fronte
a
un
certo
Capitano
Schultz
,
certo
più
crudele
che
lo
Schultz
della
nostra
vecchia
grammatica
latina
.
Costui
era
assistito
da
un
orafo
e
da
un
pesatore
tedeschi
.
L
'
oro
era
stato
sistemato
in
dieci
di
quei
raccoglitori
di
cartone
,
a
foggia
di
grosse
scatole
,
che
negli
uffici
si
adoperano
per
conservare
la
corrispondenza
.
Dieci
erano
,
ripetiamo
,
e
ciascuno
conteneva
cinque
chilogrammi
di
metallo
.
Pesare
e
controllare
doveva
essere
la
cosa
più
spedita
del
mondo
.
Ma
le
20
erano
trascorse
da
un
pezzo
,
e
né
i
presidenti
né
gli
orafi
avevano
ancora
fatto
ritorno
alle
loro
abitazioni
.
Il
tic
tac
degli
orologi
,
nel
silenzio
di
quelle
case
,
era
come
il
tarlo
dell
'
angoscia
,
scandiva
per
i
familiari
il
passo
delle
congetture
di
minuto
in
minuto
più
moleste
.
Un
trillo
assurdo
del
telefono
:
ma
non
erano
loro
,
erano
gli
amici
,
quelli
che
più
si
erano
adoperati
per
la
ricerca
dell
'
oro
,
e
adesso
si
ritiravano
dall
'
apparecchio
con
parole
che
volevano
essere
di
fiducia
,
e
invece
erano
già
di
compianto
.
Finalmente
i
quattro
uomini
rientrarono
.
Era
in
loro
quel
misto
di
sollievo
e
di
collasso
,
che
subentra
in
tutta
la
persona
al
termine
di
una
grandissima
fatica
.
Il
senso
,
un
po
'
,
di
chi
torna
dall
'
avere
accompagnato
al
cimitero
una
persona
cara
,
per
un
cammino
lungo
e
una
giornata
inclemente
,
quando
si
è
già
estenuati
da
notti
di
veglia
e
di
affanno
.
Ristorarsi
,
buttarsi
in
letto
,
tentare
di
non
pensarci
più
.
Che
cosa
era
successo
?
Loro
stessi
non
riuscivano
a
spiegarselo
bene
.
Fatto
un
primo
controllo
,
i
germanici
,
su
un
tono
che
non
ammetteva
repliche
,
avevano
eccepito
che
le
scatole
erano
soltanto
nove
.
Come
non
immaginarselo
che
gli
ebrei
avrebbero
tentato
di
frodare
il
Reich
?
Per
ritemprare
la
spada
di
Brenno
,
il
ferro
non
manca
mai
.
Discussioni
lunghe
,
cavillose
,
drammatiche
:
il
Capitano
Schultz
ricusava
ogni
riscontro
.
Sin
che
poi
,
alla
fine
,
rifatti
quasi
di
prepotenza
i
conti
e
le
pesate
,
le
scatole
erano
risultate
innegabilmente
dieci
,
il
quantitativo
ineccepibile
,
anzi
eccedeva
di
parecchi
grammi
.
Senonché
il
Capitano
Schultz
si
era
rifiutato
di
rilasciarne
ricevuta
.
Perché
?
Si
pensò
che
i
tedeschi
non
volessero
lasciare
documenti
del
sopruso
.
Ma
i
tedeschi
hanno
lasciato
e
lasciano
ben
altri
documenti
:
nelle
fosse
,
nei
carnai
,
nelle
opere
fatte
saltare
con
le
mine
,
nei
saccheggi
;
a
ogni
loro
passo
ne
hanno
lasciati
e
ne
lasciano
,
e
tali
che
rimangono
incisi
,
e
per
decenni
rimarranno
,
sulla
crosta
dell
'
Europa
.
O
forse
nessuno
osava
mettere
personalmente
la
firma
sotto
un
simile
documento
?
Gli
accordi
di
Mosca
sulle
responsabilità
e
la
punizione
dei
delitti
di
guerra
non
dovevano
essere
stipulati
che
parecchie
settimane
appresso
:
ma
nella
coscienza
dei
criminali
c
'
è
sempre
il
senso
di
una
fatalità
del
castigo
.
Più
verosimilmente
la
spiegazione
del
rifiuto
va
cercata
nei
fatti
che
seguirono
,
ammesso
che
per
i
tedeschi
,
inventori
della
teoria
della
«
carta
straccia
»
,
possa
una
qualunque
ricevuta
o
scrittura
costituire
vincolo
o
impegno
.
Sapeva
già
il
Capitano
Schultz
quello
che
si
preparava
per
l
'
indomani
?
Indubbiamente
lo
sapeva
il
Maggiore
Kappler
delle
SS
.
,
perché
furono
reparti
delle
SS
.
quelli
che
la
mattina
dopo
,
29
settembre
,
si
presentarono
alla
Comunità
e
asportarono
archivi
,
documenti
,
registri
,
tutto
quanto
trovarono
,
compresi
naturalmente
i
2
milioni
liquidi
avanzati
dalla
raccolta
dell
'
oro
.
A
parte
questo
,
la
visita
non
fu
molto
fruttuosa
:
gli
arredi
del
Tempio
e
gli
oggetti
di
pregio
erano
già
stati
messi
in
salvo
.
Che
fu
,
crediamo
,
una
delle
pochissime
precauzioni
prese
dagli
ebrei
.
Una
strana
figura
,
sulla
quale
si
vorrebbero
avere
più
ampi
ragguagli
,
appare
l'11
ottobre
nei
locali
della
Comunità
.
Accompagnato
anche
lui
da
una
scorta
di
SS
.
,
al
vederlo
si
direbbe
un
ufficiale
tedesco
come
tutti
gli
altri
,
con
quel
più
di
arroganza
che
gli
dà
l
'
appartenere
a
una
«
specialità
»
privilegiata
e
tristemente
famosa
.
Tutto
divisa
,
anche
lui
,
dalla
testa
ai
piedi
:
quella
divisa
attillata
,
di
un
'
eleganza
schizzinosa
,
astratta
e
implacabile
,
che
inguaina
la
persona
,
il
fisico
ma
anche
e
soprattutto
il
morale
,
con
un
ermetismo
da
chiusura
lampo
.
È
la
parola
verboten
tradotta
in
uniforme
:
proibito
l
'
accesso
all
'
individuale
passato
che
vive
in
lui
,
che
è
la
sua
storia
e
la
sua
più
vera
«
specialità
»
di
creatura
di
questo
mondo
;
proibito
vedere
altro
che
questo
suo
«
presente
»
rigoroso
,
automatico
,
intransigentemente
reciso
.
Mentre
i
suoi
uomini
cominciano
a
buttare
all
'
aria
la
biblioteca
del
Collegio
Rabbinico
e
quella
della
Comunità
,
l
'
ufficiale
con
mani
caute
e
meticolose
,
da
ricamatrice
di
fino
,
palpa
,
sfiora
,
carezza
papiri
e
incunaboli
,
sfoglia
manoscritti
e
rare
edizioni
,
scartabella
codici
membranacei
e
palinsesti
.
La
varia
attenzione
del
tocco
,
la
diversa
cautela
del
gesto
sono
subito
proporzionate
al
pregio
del
volume
.
Quelle
opere
,
per
la
maggior
parte
,
sono
scritte
in
remoti
alfabeti
.
Ma
ad
apertura
di
pagina
,
l
'
occhio
dell
'
ufficiale
si
fissa
e
si
illumina
,
come
succede
a
certi
lettori
particolarmente
assistiti
,
che
subito
sanno
trovare
il
punto
sperato
,
lo
squarcio
rivelatore
.
Tra
quelle
mani
signorili
,
come
sottoposti
a
una
tortura
acuta
e
incruenta
,
di
un
sottilissimo
sadismo
,
i
libri
hanno
parlato
.
Più
tardi
si
seppe
che
l
'
ufficiale
delle
SS
.
era
un
egregio
cultore
di
paleografia
e
filologia
semitica
.
La
biblioteca
del
Collegio
Rabbinico
di
Roma
,
e
più
ancora
quella
della
Comunità
,
contenevano
insigni
raccolte
ed
esemplari
di
eccezione
,
alcuni
dei
quali
unici
.
Una
completa
esplorazione
e
un
catalogo
non
erano
ancora
stati
fatti
:
forse
avrebbero
rivelato
altri
tesori
.
Per
quel
che
ci
consta
,
vi
erano
custoditi
documenti
copiosissimi
e
cronache
,
manoscritte
e
a
stampa
,
della
diaspora
nel
bacino
mediterraneo
,
oltre
tutte
le
fonti
autentiche
di
tutta
la
storia
,
dalle
origini
,
degli
ebrei
di
Roma
,
i
più
vicini
e
diretti
discendenti
dell
'
antico
giudaismo
.
Profili
ancora
ignoti
,
da
intentate
prospettive
,
della
Roma
dei
Cesari
,
degli
Imperatori
e
dei
Papi
si
nascondevano
sotto
quelle
scritture
.
E
generazioni
che
parevano
passate
su
questa
terra
veramente
come
la
schiatta
delle
foglie
,
attendevano
dal
fondo
di
quelle
carte
che
qualcuno
le
facesse
parlare
.
Un
colpo
secco
della
chiusura
lampo
,
e
la
divisa
ha
rinserrato
il
semitologo
,
che
è
ridivenuto
un
ufficiale
delle
SS
.
Ordina
:
se
qualcuno
tocca
,
o
nasconde
,
o
asporta
uno
solo
di
questi
libri
,
sarà
passato
per
le
armi
,
secondo
la
legge
di
guerra
tedesca
.
Se
ne
va
.
I
suoi
tacchi
scandiscono
gli
scalini
.
Poco
dopo
,
sulla
linea
tranviaria
della
Circolare
Nera
,
giungono
tre
carrozzoni
merci
.
Le
SS
.
vi
caricano
le
due
biblioteche
.
I
carrozzoni
ripartono
.
Libri
,
manoscritti
,
codici
e
pergamene
hanno
preso
la
strada
di
Monaco
di
Baviera
.
Chi
sa
se
saranno
gli
stessi
carrozzoni
a
cui
toccherà
,
tra
breve
,
di
portare
in
Germania
altro
,
e
ben
altrimenti
vivo
,
carico
.
Il
tempo
per
l
'
andata
e
ritorno
c
'
è
stato
:
cinque
giorni
.
E
ancora
,
per
l
'
ultima
volta
,
come
se
ancora
questo
interrogativo
potesse
dare
l
'
allarme
a
chi
tocca
,
ci
domandiamo
:
ma
se
le
angherie
duravano
così
,
perché
non
pensare
a
salvarsi
?
Ebbene
,
il
furto
dei
libri
non
era
un
'
angheria
per
la
gente
del
Ghetto
,
che
di
libri
non
si
intendeva
.
E
viceversa
erano
proprio
loro
,
quelli
di
«
piazza
Giudìa
»
,
che
più
avrebbero
dovuto
avvertire
la
minaccia
,
perché
loro
erano
destinati
a
fornire
il
più
vasto
bottino
di
vittime
.
Ma
avrebbero
poi
dato
retta
a
quell
'
allarme
?
Erano
pigri
,
attaccati
ai
loro
luoghi
.
L
'
ebreo
errante
ormai
si
sente
stanco
,
ha
troppo
camminato
,
non
ce
la
fa
più
.
La
fatica
di
tanti
esilii
e
fughe
e
deportazioni
,
di
quelle
tante
strade
percorse
dagli
avi
per
secoli
e
secoli
,
ha
finito
con
l
'
intossicare
i
muscoli
dei
figli
;
le
loro
gambe
si
rifiutano
di
trascinare
ancora
i
piedi
piatti
.
E
poi
c
'
era
,
c
'
è
stata
certamente
,
una
quinta
colonna
,
che
lavorava
a
«
spargere
fiducia
»
.
Per
esempio
,
il
9
ottobre
parecchi
ebrei
erano
stati
arrestati
.
Molti
si
sgomentarono
,
poteva
essere
l
'
inizio
di
una
persecuzione
contro
le
persone
.
Subito
,
di
rimando
,
fu
fatta
circolare
la
notizia
rassicurante
(
ed
elementi
responsabili
della
Comunità
,
senza
dubbio
a
fin
di
bene
,
contribuirono
a
diffonderla
)
:
quegli
arresti
costituivano
casi
eccezionali
e
qualificati
,
si
trattava
di
persone
già
tutte
segnalate
per
attività
antifascista
.
L
'
attività
era
stata
colpita
in
loro
,
non
la
razza
.
I
tedeschi
continuavano
a
mostrarsi
discreti
,
quasi
umani
.
Con
la
loro
forza
così
schiacciante
,
con
la
loro
autorità
così
assoluta
,
avrebbero
potuto
fare
assai
di
peggio
.
E
viceversa
...
No
,
non
c
'
erano
speciali
motivi
di
diffidare
,
di
prendere
le
cose
al
tragico
.
E
gli
ebrei
dormivano
nei
loro
letti
verso
la
mezzanotte
del
venerdì
15
ottobre
,
allorché
dalle
strade
cominciarono
a
udirsi
schioppettate
e
detonazioni
.
Dal
25
luglio
,
quando
Badoglio
aveva
messo
il
coprifuoco
,
e
più
ancora
dall'8
settembre
,
quasi
ogni
notte
si
sentivano
spari
per
le
vie
e
si
diceva
ch
'
erano
contro
la
gente
che
circolava
oltre
l
'
ora
senza
permesso
.
Ma
quegli
spari
abituali
rimanevano
isolati
,
come
i
rintocchi
dell
'
ora
,
e
di
rado
giungevano
così
vicini
,
e
mai
così
insistenti
.
Questi
invece
si
intensificano
,
si
stringono
,
si
sovrappongono
,
diventano
una
vera
sparatoria
.
E
fossero
solo
spari
,
ma
qualche
cosa
di
più
sinistro
vi
si
mescola
:
colpi
che
partono
secchi
,
per
propagarsi
poi
quasi
ondulati
e
fare
dentro
il
buio
un
cratere
cupo
e
svasato
.
Barúch
dajàn
emèd
,
sembra
di
stare
in
mezzo
a
una
battaglia
.
Qualcuno
si
alza
a
sedere
sul
letto
.
Ma
dell
'
avviso
portato
sul
far
della
sera
dalla
pazza
di
Trastevere
,
nessuno
si
ricorda
più
.
I
coraggiosi
si
avvicinano
alle
finestre
.
Pallottole
e
schegge
sibilano
e
guaiscono
a
pochi
centimetri
dalle
persiane
,
si
piantano
nei
vecchi
intonachi
delle
facciate
.
Attraverso
le
persiane
chiuse
,
si
vedono
nella
via
,
sotto
la
pioggia
fine
e
viscida
,
tra
i
bagliori
della
fucileria
e
gli
sprazzi
dei
petardi
,
drappelli
di
soldati
che
sparano
in
aria
e
lanciano
bombe
a
mano
verso
i
marciapiedi
.
Dagli
elmetti
,
si
direbbe
che
sono
tedeschi
;
ma
l
'
occhiata
è
stata
rapida
,
non
è
prudente
rimanere
presso
la
finestra
.
Ora
i
jorbetìm
si
sono
messi
anche
a
urlare
e
schiamazzare
:
voci
e
grida
squarciate
,
colleriche
,
sarcastiche
,
incomprensibili
.
Che
vogliono
?
con
chi
ce
l
'
hanno
?
dove
vanno
?
Nelle
case
ormai
tutti
sono
in
piedi
.
I
vicini
si
riuniscono
per
farsi
coraggio
,
e
viceversa
non
riescono
che
a
farsi
paura
a
vicenda
.
I
bambini
strillano
.
Che
si
può
dire
ai
bambini
per
azzittarli
,
quando
non
si
sa
che
dire
a
se
stessi
?
Stai
buono
,
ora
vanno
a
Monte
Savello
,
vanno
a
Piazza
Cairoli
,
tra
poco
tutto
finisce
,
vedrai
.
Ma
non
finisce
affatto
.
Quelli
,
pare
che
si
allontanino
,
e
poi
rieccoli
,
e
intanto
la
sparatoria
non
è
mai
cessata
.
Facessero
qualche
cosa
,
sfondassero
una
porta
,
una
saracinesca
,
una
bottega
,
almeno
si
capirebbe
il
perché
.
Ma
no
,
sparano
,
urlano
,
nient
'
altro
.
È
come
il
mal
di
denti
,
che
non
si
sa
quanto
può
durare
,
quanto
può
peggiorare
.
Questo
non
capire
è
il
peggiore
degli
incubi
.
Una
donna
che
si
è
sgravata
da
poche
ore
non
resiste
più
all
'
ossessione
,
si
butta
giù
dal
letto
,
afferra
il
neonato
,
corre
nel
tinello
di
una
vicina
,
ma
lì
si
sviene
.
Le
donne
la
soccorrono
:
il
cognac
,
la
borsa
calda
,
questa
almeno
è
la
vita
di
tutti
i
giorni
,
sono
i
mali
di
cui
si
sa
il
rimedio
.
Ma
quelli
giù
sparano
sempre
e
urlano
da
due
ore
,
da
tre
ore
,
da
più
di
tre
ore
.
Ogni
anno
,
alla
mensa
pasquale
-
-
chi
ha
fame
venga
e
mangi
-
-
si
ripone
una
mezza
azzima
.
Una
credenza
tramandata
da
chi
sa
che
antico
tempo
,
forse
da
quando
gli
ebrei
facevano
ancora
gli
agricoltori
,
vuole
che
un
boccone
di
quell
'
azzima
,
buttato
dalla
finestra
,
acqueti
gli
uragani
,
le
tempeste
,
le
grandinate
,
che
distruggono
il
pane
,
spogliano
le
viti
e
gli
ulivi
,
portano
la
carestia
e
forse
la
morte
.
Chi
sa
se
quella
notte
qualcuno
pensò
di
estrarre
dal
cassetto
l
'
azzima
avanzata
dalla
Pasqua
precedente
-
-
da
quando
,
per
l
'
ultima
volta
,
si
era
commemorata
l
'
uscita
dall
'
Egitto
,
la
liberazione
dai
Faraoni
-
-
e
di
lanciarla
contro
quel
finimondo
.
Il
grano
era
mietuto
,
le
viti
vendemmiate
;
ma
un
altro
raccolto
era
da
salvare
,
quella
progenitura
di
Israele
,
che
ai
Patriarchi
era
stata
promessa
numerosa
come
la
rena
del
mare
.
Ma
se
da
una
finestra
fosse
caduta
l
'
azzima
innocente
,
i
tedeschi
avrebbero
mirato
coi
moschetti
e
i
mitragliatori
,
avrebbero
scagliato
le
bombe
a
mano
contro
quella
finestra
.
Loro
soli
sapevano
la
ragione
di
quell
'
inferno
.
E
forse
la
vera
ragione
era
proprio
che
non
ce
ne
fosse
nessuna
:
l
'
inferno
gratuito
,
perché
riuscisse
più
misterioso
,
e
perciò
più
intimidatorio
.
La
gente
lì
per
lì
suppose
che
volesse
essere
un
dispetto
,
una
beffa
contro
gli
ebrei
.
Più
tardi
,
con
la
logica
e
il
senno
del
poi
,
si
pensò
che
i
tedeschi
si
proponessero
di
spaventare
la
gente
di
Ghetto
e
-
-
caso
mai
qualcosa
fosse
trapelato
dei
progetti
per
l
'
indomani
-
-
costringerla
a
tapparsi
in
casa
,
per
prenderla
tutta
.
Verso
le
quattro
del
mattino
,
la
sparatoria
si
placò
.
Faceva
freddo
,
l
'
umidità
della
notte
piovosa
attraversava
i
muri
.
Nella
levataccia
,
tutti
erano
rimasti
in
camicia
e
ciabatte
,
con
appena
qualche
scialletto
o
pastrano
sulle
spalle
.
I
letti
abbandonati
avevano
forse
custodito
un
po
'
di
tepore
.
Stanchi
,
con
quel
senso
di
cavo
e
di
disseccato
che
lascia
dentro
le
orbite
una
grossa
emozione
,
con
le
ossa
peste
,
battendo
i
denti
,
ciascuno
tornò
alla
sua
casa
,
nel
proprio
letto
.
Tra
due
ore
sarebbe
stato
giorno
,
qualche
cosa
si
sarebbe
finalmente
saputa
.
E
poi
,
a
ripensarci
,
non
era
capitato
niente
.
Pare
che
il
primo
allarme
l
'
abbia
dato
una
donna
di
nome
Letizia
,
che
il
vicinato
chiama
Letizia
l
'
Occhialona
:
una
grossa
ragazza
attempata
,
tutta
tumida
di
tratti
e
di
forme
,
con
gli
occhi
fissi
e
i
labbroni
all
'
infuori
,
che
le
immobilizzano
sulla
faccia
un
sorriso
inerte
e
senza
comunicativa
.
Dal
quale
esce
una
voce
assente
,
contrariata
,
estranea
a
ciò
che
dice
.
Verso
le
5
,
costei
fu
udita
gridare
:
«
Oh
Dio
,
i
mamonni
!
»
«
Mamonni
»
in
gergo
giudìo
romanesco
significa
gli
sbirri
,
le
guardie
,
la
forza
pubblica
.
Erano
infatti
i
tedeschi
che
,
col
loro
passo
pesante
e
cadenzato
(
conosciamo
persone
per
cui
questo
passo
è
rimasto
il
simbolo
,
lo
spaventoso
equivalente
auditivo
del
terrore
tedesco
)
,
cominciavano
a
bloccare
strade
e
case
del
Ghetto
.
Il
proprietario
di
un
piccolo
caffè
del
Portico
di
Ottavia
-
-
un
«
ariano
»
che
,
dalla
posizione
privilegiata
del
suo
locale
,
ha
potuto
assistere
a
tutto
lo
svolgersi
delle
operazioni
-
-
era
giunto
poco
prima
da
Testaccio
,
dove
abita
.
Transitando
per
Monte
Savello
e
per
il
Portico
,
non
aveva
notato
nulla
di
anormale
.
(
Ci
sarebbe
stato
il
tempo
per
salvarsi
,
dopo
la
sparatoria
?
o
il
quartiere
era
già
circondato
?
)
Dice
che
i
passi
cadenzati
,
lui
cominciò
a
sentirli
verso
le
5
e
mezzo
(
sulle
ore
non
è
stato
possibile
mettere
d
'
accordo
i
testimoni
;
quel
tempo
di
sciagura
deve
essere
stato
terribilmente
elastico
,
soggetto
a
valutazioni
soltanto
psicologiche
)
.
Non
aveva
ancora
aperto
la
bottega
,
stava
mettendo
sotto
pressione
la
macchina
dell
'
espresso
:
socchiuse
un
battente
,
e
vide
.
Vide
lungo
i
marciapiedi
due
file
di
tedeschi
:
a
occhio
e
croce
,
forse
un
centinaio
.
Nel
mezzo
della
via
stavano
gli
ufficiali
,
che
disposero
sentinelle
armate
a
tutti
i
canti
di
strada
.
I
radi
passanti
si
fermavano
a
guardare
.
I
tedeschi
non
si
interessavano
di
loro
.
Solo
più
tardi
cominciarono
ad
acciuffare
chi
portasse
involti
o
valigie
,
indizi
di
tentata
fuga
.
Noi
seguiteremo
a
parlare
del
Ghetto
,
perché
fu
l
'
epicentro
della
razzia
.
Ma
in
altri
punti
della
città
il
lavoro
si
era
iniziato
parecchie
ore
prima
.
Risulta
,
per
esempio
,
che
un
avvocato
,
Sternberg
Monteldi
,
da
Trieste
,
era
stato
preso
fin
dalle
23
della
sera
precedente
all
'
Albergo
Vittoria
,
dove
abitava
con
la
moglie
.
Qui
cominciano
gli
interrogativi
sui
criteri
e
sul
modo
come
la
razzia
venne
regolata
.
L
'
avvocato
e
la
signora
erano
muniti
di
passaporto
svizzero
,
quindi
non
figuravano
sui
registri
della
popolazione
romana
;
non
avevano
fatto
denunce
razziali
,
quindi
non
risultavano
ebrei
.
Come
giunsero
i
loro
nomi
alle
SS
.
?
Quanto
alla
procedura
,
si
sa
che
in
questo
caso
il
fermo
venne
intimato
in
maniera
durissima
:
i
coniugi
furono
costretti
a
vestirsi
alla
presenza
dei
militi
che
tenevano
le
armi
puntate
su
di
loro
.
Questo
inizio
anticipato
avrebbe
potuto
gravemente
pregiudicare
i
piani
tedeschi
.
Sarebbe
bastato
che
la
notizia
se
ne
propalasse
,
come
avvenne
la
mattina
successiva
,
che
subito
,
non
appena
cominciata
l
'
azione
in
grande
,
corse
tutta
la
città
,
permettendo
ad
amici
e
perfino
a
commissari
di
P.S.
di
avvertire
parecchi
interessati
,
quelli
almeno
a
cui
si
poteva
telefonare
.
Giunto
la
sera
prima
,
un
simile
allarme
avrebbe
svuotato
una
buona
metà
delle
case
ebraiche
.
Invece
l
'
arresto
degli
Sternberg
,
quantunque
effettuato
in
un
albergo
,
rimase
segreto
,
le
chiacchiere
dei
camerieri
e
del
portiere
di
notte
non
bastarono
a
farlo
trapelare
,
nemmeno
gli
uffici
di
Polizia
,
a
quanto
si
dice
,
ne
ebbero
sentore
;
sicché
la
mattina
dopo
i
tedeschi
poterono
operare
ordinatamente
,
secondo
i
piani
prestabiliti
e
col
più
ampio
successo
.
Entriamo
ora
in
una
casa
di
via
S
.
Ambrogio
,
nel
Ghetto
.
Potremo
seguire
la
razzia
in
tutte
le
sue
fasi
.
Verso
le
5
(
ora
psicologica
,
ripetiamo
)
,
la
signora
Laurina
S
.
viene
chiamata
dalla
strada
.
È
una
nipote
che
le
grida
:
«
Zia
,
zia
,
scendi
!
I
tedeschi
portano
via
tutti
!
»
Questa
ragazza
,
qualche
momento
prima
,
uscendo
di
casa
in
via
della
Reginella
,
aveva
veduto
portar
via
una
intera
famiglia
con
sei
bambini
,
la
maggiore
dei
quali
di
dieci
anni
.
La
signora
S
.
si
affaccia
alla
finestra
.
Vede
ai
lati
del
portoncino
due
tedeschi
,
armati
di
moschetto
(
o
di
mitra
,
non
sa
specificare
)
.
Qui
si
domanderà
come
abbia
potuto
la
nipote
gridare
così
dalla
via
,
e
parole
tanto
esplicite
,
alla
presenza
di
due
tedeschi
(
la
via
è
angosciosamente
stretta
,
un
budello
)
.
Ripetiamo
che
i
tedeschi
,
in
massima
,
non
rastrellarono
la
gente
per
via
:
fuor
di
casa
furono
presi
soltanto
quelli
che
,
infelici
,
vollero
farsi
prendere
.
Né
bisogna
credere
che
la
tragedia
si
sia
svolta
in
un
'
atmosfera
di
muta
e
trasecolata
solennità
:
le
persone
seguitavano
a
parlare
tra
di
loro
,
a
gridarsi
degli
avvisi
,
delle
raccomandazioni
,
come
nella
vita
di
tutti
i
giorni
.
La
fatalità
svolgeva
il
suo
lavoro
sostanzioso
,
senza
preoccuparsi
del
cerimoniale
,
senza
badare
alle
inezie
di
forma
.
Il
dramma
entrava
nella
vita
,
vi
si
mescolava
con
una
spaventosa
naturalezza
,
che
lì
per
lì
non
lasciava
campo
nemmeno
allo
stupore
.
Dapprima
la
signora
S
.
suppose
,
come
tutti
,
che
i
tedeschi
fossero
venuti
a
portar
via
gli
uomini
per
il
«
servizio
del
lavoro
»
.
Questa
idea
,
sparsa
probabilmente
ad
arte
,
fu
la
rovina
di
molte
famiglie
,
che
non
pensarono
a
mettere
in
salvo
vecchi
donne
e
bambini
.
Comunque
,
fidando
nella
presunta
immunità
delle
donne
,
la
S
.
si
rifà
cuore
,
si
veste
alla
meglio
,
prende
carte
annonarie
e
borsa
della
spesa
,
poi
scende
per
cercare
di
capire
di
che
si
tratti
.
Qualche
giorno
prima
è
caduta
,
trascina
una
gamba
ingessata
.
Giunta
per
via
,
si
avvicina
ai
tedeschi
di
sentinella
,
offre
loro
da
fumare
,
quelli
accettano
.
Dei
due
,
l
'
uno
poteva
avere
un
venticinque
anni
,
l
'
altro
ne
dimostrava
una
quarantina
.
Come
in
tutte
le
Mie
Prigioni
c
'
è
sempre
un
carceriere
buono
,
così
in
questa
razzia
ci
saranno
le
SS
.
di
gran
cuore
:
questi
due
,
per
esempio
.
La
leggenda
formatasi
poi
nel
Ghetto
ha
deciso
che
fossero
due
austriaci
.
«
Portare
via
tutti
ebrei
...
»
risponde
il
più
anziano
alla
donna
.
Costei
si
batte
la
palma
sull
'
ingessatura
:
«
Ma
io
gamba
rotta
...
Andare
via
con
la
mia
famiglia
...
ospedale
...
»
«
Ja
,
ja
»
annuisce
l
'
«
austriaco
»
,
e
con
la
mano
le
fa
cenno
di
svignarsela
.
Mentre
aspetta
la
famiglia
,
la
S
.
pensa
di
mettere
a
frutto
la
sua
amicizia
con
i
due
soldati
per
veder
di
salvare
qualche
vicino
.
Chiama
anche
lei
dalla
strada
:
«
Sterina
!
Sterina
!
»
«
Che
c
'
è
?
»
fa
quella
dalla
finestra
.
«
Scappa
,
che
prendono
tutti
!
»
«
Un
momento
,
vesto
pupetto
,
e
vengo
.
»
Purtroppo
vestire
pupetto
le
fu
fatale
:
la
signora
Sterina
fu
presa
con
pupetto
e
con
tutti
i
suoi
.
Dalla
via
del
Portico
di
Ottavia
giungono
lamenti
mischiati
con
grida
.
La
signora
S
.
si
affaccia
all
'
angolo
della
via
S
.
Ambrogio
col
Portico
.
Com
'
è
vero
che
prendono
tutti
,
ma
proprio
tutti
,
peggio
di
quanto
si
potesse
immaginare
.
Nel
mezzo
della
via
passano
,
in
fila
indiana
un
po
'
sconnessa
,
le
famiglie
rastrellate
:
una
SS
.
in
testa
e
una
in
coda
sorvegliano
i
piccoli
manipoli
,
li
tengono
suppergiù
incolonnati
,
li
spingono
avanti
coi
calci
dei
mitragliatori
,
quantunque
nessuno
opponga
altra
resistenza
che
il
pianto
,
i
gemiti
,
le
richieste
di
pietà
,
le
smarrite
interrogazioni
.
Già
sui
visi
e
negli
atteggiamenti
di
questi
ebrei
,
più
forte
ancora
che
la
sofferenza
,
si
è
impressa
la
rassegnazione
.
Pare
che
quell
'
atroce
,
repentina
sorpresa
già
non
li
stupisca
più
.
Qualche
cosa
in
loro
si
ricorda
di
avi
mai
conosciuti
,
che
erano
andati
con
lo
stesso
passo
,
cacciati
da
aguzzini
come
questi
,
verso
le
deportazioni
,
la
schiavitù
,
i
supplizi
,
i
roghi
.
Le
madri
,
o
talvolta
i
padri
,
portano
in
braccio
i
piccini
,
conducono
per
mano
i
più
grandicelli
.
I
ragazzi
cercano
negli
occhi
dei
genitori
una
rassicurazione
,
un
conforto
che
questi
non
possono
più
dare
:
ed
è
anche
più
tremendo
che
dover
dire
:
«
non
ce
n
'
è
»
ai
figli
che
chiedono
pane
.
D
'
altronde
è
questione
di
tempo
:
se
non
li
uccidono
prima
,
verrà
l
'
ora
anche
per
questo
.
Taluno
bacia
le
proprie
creature
:
un
bacio
che
cerca
di
nascondersi
ai
tedeschi
,
un
ultimo
bacio
tra
quelle
vie
,
quelle
case
,
quei
luoghi
che
li
hanno
veduti
nascere
,
sorridere
per
la
prima
volta
alla
vita
.
E
certi
padri
tengono
la
mano
sul
capo
dei
figlioli
,
col
medesimo
gesto
con
cui
nei
giorni
solenni
hanno
impartito
la
Birchàd
Choanìm
:
«
Ti
benedica
il
Signore
e
ti
protegga
...
»
-
-
quella
che
invoca
,
per
i
figli
di
Israele
,
e
promette
la
pace
.
Nella
fila
la
signora
S
.
vide
anche
zia
Chele
,
una
vecchia
di
ottant
'
anni
mezza
andata
di
mente
:
si
trascinava
tra
gli
altri
,
come
un
po
'
saltellando
,
senza
capire
che
cosa
le
facessero
fare
,
e
rispondeva
con
saluti
e
sorrisi
ebeti
e
perfino
un
po
'
fatui
agli
sguardi
della
gente
;
ma
poi
trasaliva
d
'
improvviso
e
si
spaventava
,
biascicando
frammenti
di
preghiere
,
quando
i
tedeschi
si
rimettevano
a
urlare
.
Urlavano
senza
un
motivo
,
probabilmente
solo
per
tenere
desto
il
terrore
e
vivo
il
senso
della
loro
autorità
,
affinché
non
nascessero
intoppi
e
le
cose
fossero
sbrigate
alla
svelta
.
Passa
un
'
altra
vecchia
di
ottantacinque
anni
,
sorda
e
malata
.
Passa
un
paralitico
,
portato
a
braccia
sulla
sua
sedia
.
Una
donna
con
un
lattante
in
collo
si
slaccia
la
camicetta
,
estrae
la
mammella
e
la
spreme
per
mostrare
al
soldato
che
non
ha
più
latte
per
la
creatura
:
ma
quello
le
punta
il
mitragliatore
contro
il
fianco
perché
cammini
.
Un
'
altra
afferra
la
mano
di
un
tedesco
e
gliela
bacia
piangendo
,
per
impietosirlo
,
per
chiedergli
chi
sa
quale
grazia
da
nulla
,
forse
solo
perché
gli
è
riconoscente
,
dal
profondo
dell
'
umiliazione
,
che
non
l
'
abbia
maltrattata
di
più
.
Una
percossa
le
risponde
,
e
un
urlo
.
Ai
lati
della
via
,
immobili
,
allibiti
,
impotenti
a
prestare
soccorso
,
i
passanti
stanno
a
guardare
;
ma
poi
i
tedeschi
non
ne
vogliono
più
sapere
di
questi
spettatori
e
minacciosamente
intimano
di
riprendere
la
circolazione
.
Un
giovanotto
si
stacca
dalla
fila
:
ha
ottenuto
di
andare
a
prendere
un
caffè
,
sotto
la
sorveglianza
di
una
SS
.
,
che
però
non
accetterà
di
«
tenergli
compagnia
»
.
Deglutisce
rumorosamente
,
la
tazzina
gli
trema
nelle
mani
,
e
anche
le
gambe
gli
ballano
sotto
.
Gira
gli
occhi
smarriti
verso
i
tavolini
,
dove
si
è
seduto
a
giocare
a
carte
nelle
sere
che
avevano
ancora
un
indomani
.
Con
una
specie
di
sorriso
timido
e
stanco
,
domanda
al
caffettiere
:
«
Che
faranno
di
noi
?
»
Queste
povere
parole
sono
tra
le
poche
lasciateci
da
coloro
nell
'
andarsene
.
Ci
fanno
sentire
la
voce
di
un
essere
tornato
per
un
momento
nella
nostra
vita
,
tra
noi
,
quando
a
lui
vivo
la
nostra
vita
ormai
non
apparteneva
più
,
e
già
era
entrato
in
quella
nuova
esistenza
oscura
e
terribile
.
E
ci
dicono
pure
che
cosa
sia
passato
per
la
testa
di
quegli
sciagurati
nei
primi
momenti
:
una
sfiduciata
speranza
di
non
aver
capito
bene
.
Le
file
vengono
spinte
verso
la
goffa
palazzina
delle
Antichità
e
Belle
Arti
,
che
sorge
al
gomito
del
Portico
di
Ottavia
di
fronte
alla
via
Catalana
,
tra
la
Chiesa
di
Sant
'
Angelo
e
il
Teatro
di
Marcello
.
Ai
piedi
della
palazzina
si
stende
una
breve
area
di
scavi
,
ingombra
di
ruderi
,
qualche
metro
più
bassa
che
la
strada
.
Entro
questa
fossa
venivano
raccolti
gli
ebrei
,
e
messi
in
riga
ad
aspettare
il
ritorno
dei
tre
o
quattro
camion
,
che
facevano
la
spola
tra
il
Ghetto
e
il
luogo
dove
era
stabilita
la
prima
tappa
.
Quegli
autocarri
erano
coperti
da
tendoni
impermeabili
(
continuava
a
piovigginare
)
scuri
o
,
secondo
altri
,
tinti
addirittura
in
nero
;
come
pure
di
nero
,
dicono
quegli
stessi
,
sarebbero
stati
tinti
anche
i
camion
.
È
più
probabile
che
quel
nero
ce
l
'
abbiano
veduto
gli
occhi
del
dolore
e
dello
sgomento
:
in
realtà
doveva
trattarsi
di
quel
cupo
,
e
già
abbastanza
lugubre
,
color
di
melma
e
piombo
,
che
è
la
vernice
,
per
cosa
dire
,
di
uniforme
degli
automezzi
di
guerra
tedeschi
.
I
nazisti
amano
la
regìa
,
le
teatralità
,
la
solennità
nibelungica
atra
e
terrificante
;
ma
qui
la
regia
era
già
nelle
cose
stesse
:
superflua
d
'
altronde
,
perché
tutto
si
svolgeva
con
estrema
facilità
,
senza
che
occorresse
di
propiziarne
la
riuscita
con
una
particolare
messinscena
o
ricerca
di
effetti
.
Dei
camion
veniva
abbassata
la
sponda
destra
,
e
si
cominciava
a
fare
il
carico
.
I
malati
,
gli
impediti
,
i
restii
erano
stimolati
con
insulti
,
urlacci
e
spintoni
,
percossi
coi
calci
dei
fucili
.
Il
paralitico
con
la
sua
sedia
venne
letteralmente
scaraventato
sul
camion
,
come
un
mobile
fuori
uso
su
un
furgone
da
trasloco
.
Quanto
ai
bambini
,
strappati
alle
braccia
delle
madri
,
subivano
il
trattamento
dei
pacchi
,
quando
negli
uffici
postali
si
prepara
il
furgoncino
.
E
i
camion
ripartivano
,
né
si
sapeva
per
dove
;
ma
quel
loro
periodico
tornare
,
sempre
gli
stessi
,
faceva
supporre
che
non
si
trattasse
di
luogo
troppo
lontano
.
E
questo
nei
«
razziati
»
poté
forse
accendere
una
specie
di
speranza
.
Non
ci
mandano
via
da
Roma
,
ci
terranno
qui
a
lavorare
.
Continuiamo
a
seguire
la
signora
S
.
Il
suo
racconto
,
senza
dubbio
ripetuto
molte
volte
nel
corso
di
questi
mesi
,
sarà
un
po
'
ricostituito
,
con
un
ordine
nell
'
incastro
dei
fatti
e
nella
sequenza
dei
tempi
,
che
forse
la
vita
non
ebbe
;
ma
le
persone
da
lei
citate
-
-
quelle
che
si
sono
potute
interrogare
-
-
confermano
la
veridicità
degli
episodi
e
l
'
esattezza
dei
particolari
.
Giunta
con
la
famiglia
a
Largo
Argentina
-
-
varcato
ormai
il
Mar
Rosso
-
-
la
S
.
viene
a
sapere
di
un
parente
che
per
paura
di
quelle
sentinelle
alla
porta
,
è
rimasto
per
le
scale
.
(
Un
caso
purtroppo
frequente
;
per
quella
paura
,
molti
non
si
vollero
muovere
di
casa
e
vi
si
fecero
prendere
.
)
Malgrado
le
proteste
dei
suoi
,
la
S
.
decide
di
tornare
indietro
a
soccorrere
il
parente
,
se
ancora
farà
in
tempo
.
Che
può
parere
una
bravata
in
sovrappiù
,
il
troppo
che
stroppia
;
ma
c
'
è
della
gente
,
a
cui
le
congiunture
estreme
danno
una
sovrabbondanza
vitale
,
che
li
fa
credere
in
una
specie
di
invulnerabilità
.
È
il
caso
di
quegli
infermieri
che
circolano
tra
le
epidemie
con
uno
scanzonato
e
quasi
irritante
disprezzo
per
la
profilassi
,
e
sono
poi
proprio
quelli
che
se
la
scapolano
,
come
se
davvero
il
contagio
su
di
loro
non
avesse
presa
.
I
due
«
austriaci
»
sono
sempre
alla
porta
.
Un
'
occhiata
basta
alla
S
.
per
sincerarsi
che
il
tacito
patto
di
protezione
vige
sempre
ancora
.
Dal
vano
delle
scale
chiama
il
parente
.
«
Resciúd
,
Enrico
!
Ma
in
questo
momento
sette
tedeschi
sopraggiungono
:
hanno
sentito
quel
richiamo
e
,
per
quanto
non
lo
capiscano
,
a
buon
conto
il
loro
capo
appioppa
alla
S
.
uno
schiaffone
;
che
la
manda
lunga
e
distesa
attraverso
l
'
andito
.
Poi
con
incomprensibili
parole
tedesche
e
fin
troppo
chiare
minacce
col
calcio
del
mitragliatore
,
la
costringe
a
rialzarsi
da
sola
.
Due
uomini
si
mettono
davanti
a
lei
,
tre
alle
sue
spalle
,
e
le
tocca
di
salire
.
Sul
pianerottolo
,
le
porte
dei
tre
appartamenti
sono
chiuse
,
sbarrate
(
una
è
quella
dell
'
appartamento
di
S
.
,
ormai
deserto
)
.
Il
tragico
,
l
'
intensità
,
la
complicazione
dei
movimenti
che
stanno
per
avvenire
su
questo
pianerottolo
,
potrebbero
far
pensare
a
uno
spazio
adeguato
,
si
starebbe
per
dire
eschileo
:
il
che
non
risponderebbe
al
vero
.
Si
tratta
di
un
ripiano
di
pochi
palmi
,
nemmeno
due
metri
quadri
,
che
interrompe
una
scala
avvolgentesi
a
spirale
,
con
i
gradini
di
pietra
sporchi
e
ingrommati
di
decrepita
spazzatura
,
tra
due
muri
soffocanti
.
Un
abituro
-
-
se
non
sapessimo
che
era
destinato
al
dolore
,
e
quanto
dolore
lo
visitò
-
-
dove
l
'
angustia
e
la
miseria
hanno
una
desolazione
ostile
,
quasi
sinistra
.
Tutti
gli
odori
della
vita
hanno
impregnato
i
muri
,
il
legno
,
il
ferro
,
tutto
,
perfino
si
direbbe
i
vetri
delle
finestrelle
.
Tali
,
o
consimili
,
erano
le
case
dove
,
per
la
maggior
parte
,
si
acquartieravano
i
più
temibili
nemici
del
Grande
Reich
.
I
tedeschi
consultarono
un
elenco
dattilografato
.
Disgraziatamente
,
due
delle
porte
si
erano
concessa
l
'
assurda
civetteria
di
una
targa
sul
battente
.
E
i
nomi
rispondevano
a
quelli
dell
'
elenco
.
I
tedeschi
bussarono
;
poi
,
non
avendo
ricevuto
risposta
,
sfondarono
le
porte
.
Dietro
le
quali
,
impietriti
come
se
posassero
per
il
più
spaventosamente
surreale
dei
gruppi
di
famiglia
,
stavano
in
esterrefatta
attesa
gli
abitatori
,
con
gli
occhi
da
ipnotizzati
e
il
cuore
fermo
in
gola
.
L
'
allarme
era
stato
dato
da
forse
un
'
ora
:
ma
nella
concitazione
di
consultarsi
,
di
fuggire
,
di
salvare
un
po
'
di
roba
,
nella
ridda
delle
decisioni
impotenti
e
contraddittorie
,
quasi
nessuno
aveva
trovato
il
tempo
di
vestirsi
.
I
più
erano
ancora
in
camicia
,
con
un
vecchio
pastrano
o
una
frusta
gabardine
infilati
alla
meglio
.
Il
caposquadra
si
avanza
verso
di
loro
.
Ha
in
mano
una
specie
di
cartolina
scritta
a
macchina
,
di
cui
legge
il
testo
in
tedesco
.
Quelli
non
capiscono
altro
che
il
tono
perentorio
di
minaccia
.
Si
sciolgono
i
pianti
delle
donne
e
dei
bambini
.
La
S
.
ha
avuto
il
tempo
di
sbirciare
che
,
sull
'
elenco
dei
nomi
,
il
suo
non
c
'
è
.
Questo
le
dà
coraggio
:
come
a
vendicarsi
dello
schiaffo
,
strappa
di
mano
al
tedesco
la
cartolina
.
Il
testo
è
bilingue
.
È
lei
che
lo
legge
ad
alta
voce
ai
vicini
:
«
I
.
Insieme
con
la
vostra
famiglia
e
con
gli
altri
ebrei
appartenenti
alla
vostra
casa
sarete
trasferiti
.
2
.
Bisogna
portare
con
sé
:
a
)
viveri
per
almeno
8
giorni
;
b
)
tessere
annonarie
;
c
)
carta
d
'
identità
;
d
)
bicchieri
.
3
.
Si
può
portare
via
:
a
)
valigetta
con
effetti
e
biancheria
personali
,
coperte
,
ecc
.
;
b
)
denari
e
gioielli
.
4
.
Chiudere
a
chiave
l
'
appartamento
risp
.
la
casa
.
Prendere
con
sé
la
chiave
.
5
.
Ammalati
-
-
anche
casi
gravissimi
-
-
non
possono
per
nessun
motivo
rimanere
indietro
.
Infermeria
si
trova
nel
campo
.
6
.
Venti
minuti
dopo
presentazione
di
questo
biglietto
,
la
famiglia
deve
essere
pronta
per
la
partenza
.
»
Venti
minuti
:
neppure
il
tempo
per
lamentarsi
.
Meno
di
quanto
occorra
per
fare
fagotto
.
I
bicchieri
belli
è
meglio
lasciarli
a
casa
.
E
le
valigette
,
dove
trovarne
una
per
ciascuno
?
I
bambini
ne
vogliono
una
tutta
per
loro
.
Non
seccate
!
Bisogna
che
i
tedeschi
non
vedano
dove
stavano
nascosti
i
manhòd
.
Gioielli
non
ce
n
'
è
più
,
tutti
da
un
nharèl
.
Le
parole
necessarie
bisogna
dirsele
in
ebraico
,
come
si
sa
e
si
può
-
-
in
quel
gergo
che
pare
un
furbesco
e
ha
sempre
fatto
sospettare
che
gli
ebrei
complottino
come
si
fa
a
parlare
con
quei
due
soldati
entrati
in
casa
a
sorvegliare
i
preparativi
?
I
bambini
si
aggrappano
alle
gonne
,
non
lasciano
bene
avere
.
Qualcuno
si
busca
un
ceffone
.
Gli
ebrei
,
nei
rapporti
coi
figli
,
sono
pronti
di
mano
.
I
soldati
rimasti
sul
pianerottolo
si
avvicinano
alla
S
.
e
le
domandano
se
sia
parente
con
quelle
famiglie
.
No
,
non
è
parente
.
Se
sia
Juda
.
Non
è
Juda
.
Ne
dia
le
prove
:
la
signora
estrae
la
chiave
,
apre
il
proprio
appartamento
per
dimostrare
che
quella
è
casa
sua
,
che
lei
non
abita
con
gli
altri
,
che
non
ha
niente
di
comune
con
loro
.
La
cacciano
dentro
casa
,
intimandole
di
chiudere
la
porta
.
I
venti
minuti
concessi
ai
vicini
stanno
quasi
per
spirare
.
Alle
sollecitazioni
dei
tedeschi
,
ricominciano
le
grida
,
le
invocazioni
:
nella
confusione
dei
preparativi
,
si
era
quasi
dimenticato
che
erano
i
preparativi
per
essere
portati
via
.
La
S
.
non
regge
più
,
esce
sul
pianerottolo
.
I
tedeschi
fanno
per
ributtarla
dentro
;
ma
lei
torna
a
mostrare
la
gamba
ingessata
,
deve
andare
all
'
ospedale
.
Qualcuno
le
accenna
che
è
libera
,
che
fili
alla
lesta
.
In
questo
momento
,
vedendola
avviarsi
per
le
scale
,
quattro
bambini
scappano
dagli
altri
due
appartamenti
,
le
si
attaccano
alle
braccia
,
alle
vesti
:
«
Aiutaci
,
Laurina
!
Laurina
,
salvaci
!
»
Una
di
quei
quattro
è
la
bambina
Ester
P
.
,
che
aveva
allora
12
anni
.
Racconta
che
quella
notte
era
venuta
a
dormire
da
zia
,
perché
all
'
indomani
mattina
presto
doveva
andare
«
a
fare
la
fila
dell
'
erba
»
,
e
di
uscire
sola
al
buio
lei
aveva
paura
.
Appena
con
zia
furono
fuori
di
casa
,
videro
tutti
gli
angoli
di
strada
piantonati
dai
tedeschi
.
Rientrarono
subito
:
zia
pensava
(
anche
lei
)
che
i
tedeschi
fossero
venuti
per
prendere
gli
uomini
,
perciò
voleva
dare
i
soldi
al
marito
,
che
scappasse
.
Avessero
tirato
di
lungo
per
la
loro
strada
,
almeno
loro
due
si
sarebbero
salvate
:
invece
rimasero
incastrate
,
perché
di
lì
a
poco
erano
sopraggiunti
i
sette
tedeschi
.
Quando
capì
di
essere
presa
,
la
bambina
ebbe
soprattutto
paura
che
suo
padre
,
non
vedendola
tornare
,
si
arrabbiasse
.
Anche
zia
,
correndo
tra
armadio
e
cassettone
per
far
fagotto
,
le
diceva
:
«
Scappa
,
torna
a
casa
,
se
no
poi
papà
mi
strilla
!
»
Questa
idea
della
strillata
e
soprattutto
quel
«
poi
»
dicono
molte
cose
.
Loro
continuavano
a
pensare
a
un
dopo
nella
vita
di
prima
,
con
le
abitudini
di
prima
.
(
Eppure
il
biglietto
parlava
chiaro
.
)
Senza
dubbio
ci
fu
gente
più
consapevole
,
che
subito
si
rese
conto
di
quello
che
stava
capitando
.
Ma
a
quelli
di
«
piazza
Giudìa
»
,
a
una
gran
parte
almeno
,
successe
come
quando
portano
un
parente
dal
medico
,
che
fa
loro
una
diagnosi
senza
speranza
.
Per
parecchio
tempo
ripetono
il
nome
di
quella
malattia
,
ci
fanno
i
commenti
,
quasi
ci
prendono
confidenza
,
come
fosse
il
nome
di
una
delle
tante
malattie
che
già
conoscono
,
che
sono
già
state
in
casa
.
Solo
più
tardi
capiscono
che
cosa
ci
sia
dentro
quel
nome
.
La
S
.
strinse
a
sé
i
bambini
,
disse
che
erano
suoi
.
I
tedeschi
lasciarono
correre
.
Appena
in
istrada
,
i
piccoli
se
la
squagliano
.
La
signora
S
,
fa
pochi
passi
,
e
poi
sviene
.
La
soccorrono
alcuni
«
ariani
»
,
che
la
portano
al
caffè
di
Ponte
Garibaldi
.
Può
fare
specie
che
questa
donna
,
cacciatasi
così
temerariamente
nel
cuore
della
razzia
,
senza
quasi
tralasciare
occasione
di
compromettersi
,
non
sia
stata
riconosciuta
come
ebrea
,
e
portata
via
anche
lei
.
Come
pure
farà
specie
che
i
tedeschi
siano
stati
così
corrivi
nel
concederle
quei
quattro
bambini
.
S
'
è
già
detto
che
si
regolavano
soprattutto
in
base
ai
loro
elenchi
.
E
qualcuno
sarà
tentato
di
soggiungere
che
,
al
solito
,
i
tedeschi
mancano
di
intelligenza
e
di
immaginazione
:
eseguono
gli
ordini
,
senza
metterci
niente
del
loro
.
A
cui
peraltro
si
risponderebbe
che
invece
la
crudeltà
è
sempre
a
suo
modo
sagace
o
quanto
meno
sospettosa
e
all
'
erta
.
Tutto
sommato
,
rimane
l
'
impressione
che
le
SS
.
,
in
un
genere
di
operazioni
a
cui
avevano
ormai
fatto
il
callo
,
abbiano
agito
quella
mattina
con
una
sorta
di
rigore
professionale
,
di
coscienza
del
mestiere
,
piuttosto
che
stimolati
da
un
preciso
accanimento
.
La
brutalità
che
mostrarono
faceva
parte
,
si
direbbe
,
della
tecnica
e
non
divenne
,
salvo
eccezioni
,
sadismo
individuale
.
Azionato
dalla
forza
motrice
,
travolto
esso
stesso
dall
'
ingranaggio
della
macchina
,
il
volano
spiega
tutta
la
sua
forza
nello
sfracellare
il
malcapitato
che
vi
si
impiglia
;
ma
non
si
sposterà
di
un
millimetro
per
trovarsi
la
vittima
.
Così
per
quella
mattina
la
razzia
non
si
mutò
,
generalmente
parlando
,
in
una
caccia
all
'
ebreo
.
Per
esempio
,
le
famose
distribuzioni
settimanali
delle
sigarette
furono
per
una
volta
tanto
una
provvidenza
:
molti
uomini
si
salvarono
perché
si
trovavano
a
fare
la
fila
dal
tabaccaio
,
e
nessun
tedesco
si
preoccupò
di
andarveli
a
cercare
.
Parecchi
di
quelli
,
il
destino
li
teneva
in
serbo
per
le
Fosse
Ardeatine
.
(
E
molti
anche
furono
razziati
o
arrestati
in
seguito
,
massime
dopo
il
febbraio
1944
,
dagli
stessi
tedeschi
o
più
ancora
dai
fascisti
:
la
maggior
parte
andò
a
finire
in
campi
di
concentramento
dell
'
Italia
settentrionale
-
-
Modena
e
Verona
-
-
finché
poi
nell
'
aprile
furono
deportati
in
Germania
.
)
In
sostanza
,
le
SS
.
agirono
soprattutto
come
se
il
loro
incarico
fosse
di
fornire
ai
mandanti
un
certo
-
-
e
senza
dubbio
assai
cospicuo
-
-
numero
di
ebrei
.
E
,
visto
che
stavano
facilmente
raggiungendolo
,
non
si
siano
dati
la
briga
di
andare
per
il
sottile
,
di
fare
dello
zelo
supplementare
.
Ma
ci
sono
gli
esempi
in
contrario
,
che
mostrano
come
la
presunta
regola
subisse
tali
e
tante
eccezioni
,
che
finiva
col
diventare
un
inganno
per
chi
se
ne
fosse
fidato
,
un
peggiore
trabocchetto
per
chi
vi
avesse
fatto
assegnamento
.
Torto
nostro
a
voler
cercare
una
regola
nel
più
spaventoso
degli
arbitrii
.
Una
certa
N
.
si
era
rifugiata
nel
caffè
.
D
'
improvviso
sente
giungere
dalla
strada
voci
più
alte
e
concitate
.
Era
un
giovanotto
-
-
qualificatosi
poi
come
«
giornalista
italiano
»
-
-
che
stava
discutendo
in
tedesco
con
una
SS
.
per
cercar
di
strappare
,
dalla
fila
già
avviata
verso
i
camion
,
una
donna
incinta
.
La
N
.
riconosce
in
essa
la
propria
sorella
,
di
cui
ignorava
la
sorte
.
Non
può
nascondere
un
gesto
di
sbigottito
dolore
.
Un
tedesco
se
ne
avvede
,
arguisce
la
parentela
,
si
precipita
sulla
N
.
,
la
porta
via
con
la
figlioletta
che
le
stava
accanto
.
Un
'
altra
donna
si
credeva
ormai
in
salvo
:
le
avevano
portato
via
il
marito
,
male
nascostosi
nel
cassone
dell
'
acqua
;
lei
con
i
quattro
bambini
,
di
cui
due
ammalati
di
difterite
con
febbre
altissima
,
stava
fuggendo
ed
era
già
arrivata
a
Ponte
Garibaldi
.
Vede
passare
un
camion
carico
di
parenti
,
caccia
un
urlo
.
I
tedeschi
le
volano
addosso
,
la
agguantano
,
lei
e
i
figli
.
Un
«
ariano
»
interviene
e
riesce
a
salvare
una
delle
bambine
,
protestando
che
è
sua
.
Ma
quella
si
mette
a
piangere
che
vuole
stare
con
mamma
,
e
viene
rastrellata
anche
lei
.
Abbiamo
più
volte
parlato
dei
famosi
elenchi
.
Anche
questi
erano
quanto
di
più
arbitrario
si
possa
immaginare
,
con
inclusioni
e
omissioni
egualmente
inspiegabili
.
Come
siano
stati
compilati
,
e
su
quali
indicazioni
,
nessuno
è
ancora
riuscito
a
sapere
.
È
da
escludere
intanto
che
i
nominativi
siano
stati
prelevati
dalle
carte
rubate
nell
'
archivio
della
Comunità
:
quelli
erano
ruoli
di
contribuenti
,
mentre
sugli
elenchi
tedeschi
figuravano
in
prevalenza
famiglie
che
non
avevano
mai
pagato
contributi
.
Altri
dice
che
ai
gruppi
rionali
fascisti
esistevano
liste
complete
dei
«
cittadini
di
razza
ebraica
»
abitanti
nella
giurisdizione
del
gruppo
;
ma
quegli
enti
avevano
subito
gli
assalti
degli
antifascisti
in
seguito
al
25
luglio
;
inoltre
le
lacune
e
le
aggiunte
delle
liste
tedesche
fanno
dubitare
che
quella
possa
essere
stata
la
fonte
.
Idem
per
i
Commissariati
di
P.S.
,
muniti
anch
'
essi
di
repertori
del
genere
,
dei
quali
in
tempo
fascista
si
erano
valsi
per
le
piccole
angherie
agli
ebrei
(
chiamate
ad
audiendum
verbum
,
sequestro
degli
apparecchi
radio
,
visite
per
controllare
se
si
tenessero
domestici
di
razza
ariana
,
ecc
.
)
.
O
forse
i
tedeschi
saranno
ricorsi
alla
Direzione
della
Demografia
e
Razza
presso
il
Ministero
dell
'
Interno
?
Ma
allora
si
domanda
:
perché
dopo
il
25
luglio
,
finita
la
campagna
razziale
,
non
si
pensò
di
eliminare
quei
registri
e
schede
,
divenuti
superflui
?
e
se
non
dopo
il
25
luglio
,
perché
non
almeno
dopo
l'8
settembre
,
come
in
altri
ministeri
si
fece
per
altri
documenti
?
La
negligenza
del
luglio
diventa
nel
settembre
criminosa
responsabilità
.
Nei
giorni
precedenti
la
razzia
,
i
tedeschi
avevano
a
lungo
frequentato
gli
uffici
dell
'
Annona
,
rovistando
schedari
e
facendo
rilievi
,
col
pretesto
dell
'
imminente
distribuzione
delle
nuove
tessere
alimentari
.
Sarebbero
venuti
di
lì
gli
elenchi
?
Ma
sulle
carte
annonarie
nessuno
ha
mai
visto
annotazioni
razziali
,
e
i
tedeschi
avrebbero
quindi
dovuto
fare
lunghi
e
scomodi
raffronti
coi
loro
prontuari
di
cognomi
ebraici
.
Chi
scrive
questo
resoconto
passò
la
mattinata
del
16
ottobre
in
casa
di
una
vicina
.
Costei
si
lasciò
sfuggire
che
la
razzia
era
preveduta
:
infatti
un
suo
conoscente
,
impiegato
all
'
Anagrafe
,
le
aveva
confidato
giorni
prima
che
si
erano
dovuti
ammazzare
di
lavoro
per
certi
elenchi
di
ebrei
,
che
bisognava
approntare
per
i
tedeschi
.
Di
ritorno
a
Roma
nel
luglio
successivo
,
cercammo
di
ripigliare
il
discorso
,
ma
non
ci
fu
verso
:
la
vicina
cadeva
dalle
nuvole
,
non
si
ricordava
,
di
avere
mai
saputa
,
e
tanto
meno
detta
,
una
simile
notizia
.
Il
tempo
che
si
era
mantenuto
per
tutta
la
mattina
fradicio
e
basso
,
verso
le
11
ebbe
una
breve
remissione
.
Un
poco
di
sole
brillò
sulle
selci
del
Portico
di
Ottavia
,
dove
da
ore
si
trascinavano
quei
poveri
piedi
,
quei
piedi
piatti
così
derisi
,
già
stanchi
,
già
dolenti
prima
di
iniziare
il
viaggio
.
Nei
Sabbati
ormai
lontani
,
quel
raggio
di
sole
attraversava
le
vetrate
della
Sinagoga
,
andava
ad
accendere
le
canne
dell
'
organo
,
che
gli
rispondeva
nel
registro
più
d
'
oro
.
E
lo
riversava
,
quel
raggio
,
sui
fedeli
in
concenti
di
giubilazione
,
in
uno
sfolgorare
di
santa
allegrezza
.
I
fanciulli
cantavano
:
Santo
,
Santo
,
Santo
,
il
Dio
degli
Eserciti
,
della
Sua
gloria
tutta
la
terra
è
colma
.
Ora
,
dal
fondo
della
fossa
in
cui
stanno
aspettando
di
essere
deportati
,
quei
fanciulli
non
levano
altro
che
pianto
,
un
pianto
che
non
fa
coro
,
che
non
si
innalza
al
cielo
come
il
fumo
dei
sacrifizi
;
che
il
cielo
tornato
basso
sembra
respingere
,
far
ricadere
sulle
loro
spalle
.
Quanti
anni
ancora
dovranno
passare
,
prima
che
quel
pianto
diventi
il
cantico
dei
fanciulli
nella
fornace
?
Prima
che
il
Dio
degli
Eserciti
li
ascolti
,
nuovamente
rapiti
nel
celebrare
la
Sua
gloria
?
La
razzia
si
protrasse
fino
verso
le
13
.
Quando
fu
la
fine
,
per
le
vie
del
Ghetto
non
si
vedeva
più
anima
,
vi
regnava
la
desolazione
della
Gerusalemme
di
Geremia
:
quomodo
sedet
sola
civitas
...
Tutta
Roma
era
rimasta
allibita
.
Negli
altri
quartieri
,
il
rastrellamento
si
era
svolto
con
la
stessa
procedura
che
nel
Ghetto
,
ma
naturalmente
più
alla
spicciolata
.
La
città
era
stata
divisa
in
parecchi
settori
:
per
ciascuno
era
adibito
un
camion
,
che
andava
a
fermarsi
via
via
presso
i
portoni
segnati
sull
'
elenco
.
Di
primo
mattino
,
quando
li
trovavano
ancora
chiusi
,
le
SS
.
se
li
facevano
aprire
da
poliziotti
italiani
.
Di
solito
un
graduato
rimaneva
di
guardia
al
camion
,
mentre
due
militi
salivano
nelle
case
.
Se
l
'
appartamento
era
di
aspetto
borghese
o
agiato
,
per
prima
cosa
quei
militi
si
facevano
indicare
il
telefono
e
ne
strappavano
i
fili
.
Si
racconta
che
in
Prati
un
operaio
,
avendo
notato
una
momentanea
distrazione
del
graduato
di
guardia
,
saltò
su
un
camion
e
a
tutta
velocità
lo
portò
via
con
tutto
il
carico
,
che
insperatamente
si
trovò
liberato
.
(
Però
di
questi
miracolati
non
ci
è
riuscito
personalmente
di
vederne
nessuno
.
)
Le
SS
.
che
compirono
questa
razzia
appartenevano
a
un
reparto
specializzato
,
giunto
dal
Nord
la
sera
prima
,
all
'
insaputa
di
tutte
le
altre
truppe
tedesche
di
stanza
a
Roma
.
Non
erano
pratici
della
città
,
e
non
ebbero
tempo
di
compiere
sopraluoghi
nei
punti
in
cui
dovevano
operare
,
tanto
è
vero
che
uno
dei
reparti
comandati
al
Ghetto
si
fermò
sulla
via
del
Mare
ad
aspettare
dei
passanti
,
rari
in
quell
'
ora
mattutina
,
che
gli
indicassero
dov
'
era
via
della
Raganella
.
(
Intendevano
:
della
Reginella
.
)
A
taluni
di
quei
giovanotti
non
sembrò
vero
di
poter
disporre
di
un
automezzo
,
sia
pure
carico
di
ebrei
razziati
,
per
fare
un
po
'
di
giro
turistico
della
città
.
Sicché
,
prima
di
raggiungere
il
luogo
di
concentramento
,
i
disgraziati
che
stavano
nell
'
interno
dovettero
subire
le
più
capricciose
peregrinazioni
,
sempre
più
incerti
sul
loro
destino
e
,
ad
ogni
nuova
svolta
,
ad
ogni
nuova
via
che
infilassero
,
assaliti
da
diverse
e
tutte
inquietanti
congetture
.
Naturalmente
,
la
meta
più
ambita
di
quei
turisti
era
Piazza
S
.
Pietro
,
dove
parecchi
dei
camion
stazionarono
a
lungo
.
Mentre
i
tedeschi
secernevano
i
wunderbar
da
costellarne
il
racconto
che
si
riservavano
di
fare
,
in
patria
,
a
qualche
Lilì
Marlén
,
dal
di
dentro
dei
veicoli
si
alzavano
grida
e
invocazioni
al
Papa
,
che
intercedesse
,
che
venisse
in
aiuto
.
Poi
i
camion
ripartivano
,
e
anche
quell
'
ultima
speranza
era
svanita
.
Gli
ebrei
furono
ammassati
nel
Collegio
Militare
.
I
camion
entravano
,
andavano
a
fermarsi
davanti
al
porticato
di
fondo
.
Le
operazioni
di
scarico
si
svolgevano
con
la
stessa
ruvidezza
e
sommarietà
con
cui
erano
avvenute
quelle
di
carico
.
I
nuovi
arrivati
erano
fatti
schierare
per
tre
,
a
qualche
distanza
da
gruppi
consimili
,
che
già
stazionavano
sotto
la
sorveglianza
di
numerose
sentinelle
tedesche
armate
fino
ai
denti
.
Tra
un
gruppo
e
l
'
altro
,
con
burbanzoso
cipiglio
di
ispettori
e
aria
soddisfatta
da
giorno
di
sagra
,
furono
veduti
circolare
alcuni
fascisti
repubblicani
.
A
partire
da
una
certa
ora
,
vennero
formate
delle
squadre
che
,
separati
gli
uomini
dalle
donne
,
furono
convogliate
nelle
aule
del
Collegio
.
Regnava
in
queste
una
oscurità
da
limbo
,
perché
le
imposte
erano
state
ermeticamente
chiuse
.
Fin
dal
cortile
-
-
dove
per
tutto
il
giorno
durò
la
massima
confusione
-
-
si
udivano
le
grida
di
affanno
e
le
lugubri
vociferazioni
di
pena
che
si
mescolavano
in
quelle
aule
.
Ogni
tanto
un
ordine
minaccioso
,
urlato
in
italiano
,
ristabiliva
un
momentaneo
e
quasi
più
angoscioso
silenzio
.
Poche
ore
erano
bastate
perché
,
nei
locali
stipatissimi
,
cominciasse
a
stagnare
quella
vita
infetta
,
che
è
come
il
miasma
di
tutte
le
carceri
e
luoghi
di
deportazione
.
Sentinelle
e
sorveglianti
impedivano
quasi
sempre
di
raggiungere
le
latrine
.
Il
proposito
di
umiliare
,
di
deprimere
,
di
ridurre
quella
gente
a
stracci
umani
,
senza
più
una
volontà
,
quasi
senza
più
rispetto
di
se
stessi
,
fu
subito
evidente
.
Forse
i
tedeschi
non
si
aspettavano
un
tosi
completo
successo
.
L
'
abbondanza
del
materiale
rastrellato
superò
le
previsioni
,
almeno
a
giudicare
dal
luogo
prescelto
per
ammassarlo
,
che
ben
presto
si
rivelò
insufficiente
.
E
bisognò
lasciare
sotto
il
porticato
gran
numero
di
persone
,
che
le
aule
non
potevano
più
contenere
.
Gli
uomini
più
ben
portanti
,
quelli
da
cui
c
'
era
da
temere
qualche
«
alzata
»
,
furono
messi
col
capo
volto
verso
il
muro
,
che
è
l
'
ormai
classica
posizione
,
umiliante
e
intimidatrice
,
inventata
dai
nazi
fin
dalle
prime
persecuzioni
contro
gli
ebrei
.
Se
qualche
bambino
si
provava
a
giocare
,
le
sentinelle
intimavano
alla
madre
di
farlo
smettere
,
con
la
solita
minaccia
di
fucilazione
.
Fu
stesa
qualche
branda
di
paglia
,
e
dato
l
'
ordine
di
sdraiarvisi
.
Nella
notte
due
donne
furono
prese
dalle
doglie
.
I
medici
italiani
diagnosticarono
in
entrambi
i
casi
dei
parti
difficili
,
che
richiedevano
l
'
intervento
.
La
clinica
,
per
quelle
donne
,
sarebbe
stata
la
via
della
libertà
.
Ma
i
tedeschi
non
consentirono
il
trasporto
,
e
i
due
neonati
aprirono
gli
occhi
sulle
tenebre
di
quel
malaugurato
cortile
.
Quali
nomi
saranno
stati
dati
a
questi
due
primogeniti
di
una
nuova
schiavitú
di
Babilonia
?
(
Gheresciòm
aveva
chiamato
Mosè
il
figlio
della
servitú
,
«
pellegrino
in
terra
straniera
»
,
natogli
da
Sipporà
,
ma
i
due
nati
di
quella
notte
senza
Mosè
erano
pellegrini
verso
le
camere
dei
gas
.
)
Si
ottenne
invece
di
operare
in
ospedale
un
ragazzo
che
presentava
un
ascesso
suppurato
.
Ma
i
tedeschi
rimasero
presenti
all
'
atto
chirurgico
e
,
subito
che
fu
terminato
,
si
ripresero
il
ragazzo
.
Così
trascorsero
la
notte
del
sabato
,
la
giornata
della
domenica
,
la
notte
della
domenica
.
In
città
e
nel
Ghetto
si
era
intanto
saputo
dove
gli
sciagurati
erano
stati
condotti
.
I
parenti
,
spacciandosi
per
amici
«
ariani
»
,
giunsero
alle
porte
del
Collegio
,
consegnarono
viveri
e
biglietti
per
i
reclusi
,
ma
non
seppero
mai
se
quei
conforti
fossero
arrivati
a
destinazione
.
Verso
l
'
alba
del
lunedì
,
i
razziati
furono
messi
su
autofurgoni
e
condotti
alla
stazione
di
Roma
Tiburtino
,
dove
li
stivarono
su
carri
bestiame
,
che
per
tutta
la
mattina
rimasero
su
un
binario
morto
.
Una
ventina
di
tedeschi
armati
impedivano
a
chiunque
di
avvicinarsi
al
convoglio
.
Alle
ore
13,30
il
treno
fu
dato
in
consegna
.
al
macchinista
Quirino
Zazza
.
Costui
apprese
quasi
subito
che
nei
carri
bestiame
«
erano
racchiusi
»
-
-
così
si
esprime
una
sua
relazione
-
-
«
numerosi
borghesi
promiscui
per
sesso
e
per
età
,
che
poi
gli
risultarono
appartenere
a
razza
ebraica
»
.
Il
treno
si
mosse
alle
14
.
Una
giovane
che
veniva
da
Milano
per
raggiungere
i
suoi
parenti
a
Roma
,
racconta
che
a
Fara
Sabina
(
ma
più
probabilmente
a
Orte
)
incrociò
il
«
treno
piombato
»
,
da
cui
uscivano
voci
di
purgatorio
.
Di
là
dalla
grata
di
uno
dei
carri
,
le
parve
di
riconoscere
il
viso
di
una
bambina
sua
parente
.
Tentò
di
chiamarla
,
ma
un
altro
viso
si
avvicinò
alla
grata
,
e
le
accennò
di
tacere
.
Questo
invito
al
silenzio
,
a
non
tentare
più
di
rimetterli
nel
consorzio
umano
,
è
l
'
ultima
parola
,
l
'
ultimo
segno
di
vita
che
ci
sia
giunto
da
loro
.
Nei
pressi
di
Orte
,
il
treno
trovò
un
semaforo
chiuso
e
dovette
fermarsi
per
una
diecina
di
minuti
.
«
A
richiesta
dei
viaggiatori
invagonati
»
-
-
è
ancora
il
macchinista
che
parla
-
-
alcuni
carri
furono
sbloccati
perché
«
chi
ne
avesse
bisogno
fosse
andato
per
le
funzioni
corporali
»
.
Si
verificarono
alcuni
tentativi
di
fuga
,
subito
repressi
con
una
nutrita
sparatoria
.
A
Chiusi
,
altra
breve
fermata
,
per
scaricare
il
cadavere
di
una
vecchia
,
deceduta
durante
il
viaggio
.
A
Firenze
il
signor
Zazza
smonta
,
senza
essere
riuscito
a
parlare
con
nessuno
di
coloro
a
cui
aveva
fatto
percorrere
la
prima
tappa
verso
la
deportazione
.
Cambiato
il
personale
di
servizio
,
il
treno
proseguì
per
Bologna
.
Né
il
Vaticano
,
né
la
Croce
Rossa
,
né
la
Svizzera
,
né
altri
Stati
neutrali
sono
riusciti
ad
avere
notizie
dei
deportati
.
Si
calcola
che
solo
quelli
del
16
ottobre
ammontino
a
più
di
mille
,
ma
certamente
la
cifra
è
inferiore
al
vero
,
perché
molte
famiglie
furono
portate
via
al
completo
,
senza
che
lasciassero
traccia
di
sé
,
né
parenti
o
amici
che
ne
potessero
segnalare
la
scomparsa
.
novembre
,
1944
Miscellanea ,
1
.
-
-
LA
CORVETTA
«
CLAYMORE
»
Roma
,
24
marzo
1944
.
Si
sta
manipolando
la
cosiddetta
«
prima
lista
»
per
le
Fosse
Ardeatine
.
I
tedeschi
,
per
conto
loro
,
hanno
già
prelevato
dieci
ostaggi
.
«
Dissi
a
Carretta
di
cancellare
dieci
nomi
.
In
fondo
c
'
erano
i
nomi
di
otto
ebrei
.
Abbiamo
pensato
che
fossero
stati
aggiunti
all
'
ultima
ora
per
completare
il
numero
di
50
.
Così
Carretta
li
ha
cancellati
insieme
con
altri
due
nomi
scelti
a
caso
»
.
In
questi
termini
,
secondo
i
resoconti
dei
giornali
,
si
sarebbe
espresso
,
davanti
all
'
Alta
Corte
di
Giustizia
per
la
punizione
di
reati
fascisti
,
il
signor
Raffaele
Alianello
,
commissario
di
Pubblica
Sicurezza
,
appositamente
«
distaccato
»
da
un
campo
di
concentramento
,
perché
venisse
a
deporre
come
teste
al
processo
Caruso
.
È
noto
che
il
cervello
degli
sbirri
obbedisce
a
meccanismi
molto
elementari
.
Nell
'
esercizio
delle
proprie
funzioni
,
e
soprattutto
agli
occhi
delle
vittime
,
lo
sbirro
può
anche
apparire
diabolicamente
ingegnoso
,
penetrativo
,
psicologo
.
Che
guizzi
di
spiritata
fantasia
,
quali
sataniche
escogitazioni
,
che
prontezza
e
perspicacia
di
lettore
d
'
anime
,
di
radiologo
delle
coscienze
,
che
bravura
di
commediante
consumato
nel
passare
dal
patetico
al
sardonico
,
dalla
bonarietà
accorata
e
paterna
alla
glaciale
ferocia
.
Senonché
questa
specie
di
nefasta
intelligenza
non
gli
appartiene
in
proprio
,
anzi
gli
proviene
da
una
doppia
delega
.
Una
delega
,
per
così
dire
,
dal
basso
:
nel
senso
che
la
vittima
,
ridotta
allo
stato
di
passività
,
proietta
sull
'
aguzzino
la
propria
intelligenza
imbavagliata
,
e
a
lui
la
attribuisce
;
è
la
psicosi
della
vittima
,
che
prende
corpo
nella
figura
dello
sbirro
e
le
regala
tutte
le
proprie
fantasie
morbose
,
le
figurazioni
dei
propri
incubi
,
le
sottigliezze
delle
proprie
apprensioni
.
E
una
delega
dall
'
alto
:
nel
senso
che
quell
'
intelligenza
,
da
cui
lo
sbirro
si
sente
soggettivamente
animato
,
non
è
che
una
investitura
scesagli
per
li
rami
da
un
qualsiasi
irraggiungibile
«
Lui
»
.
Di
Lui
si
osa
appena
accennare
con
un
gesto
sornione
del
pollice
,
che
indica
dietro
le
spalle
verso
l
'
alto
;
si
osa
appena
sussurrarne
il
nome
.
Lo
sbirro
crede
e
si
appoggia
ai
propri
capi
,
i
quali
alla
loro
volta
credono
e
si
appoggiano
ai
propri
capi
,
e
così
di
seguito
fino
al
Capo
.
E
questo
Re
della
Camera
Oscura
,
questo
Dottor
Mabuse
,
facendo
perdere
lungo
la
trafila
l
'
esatta
nozione
di
sé
,
si
lascia
supporre
pressoché
onnipotente
,
impunibile
quant
'
è
impunito
,
e
capace
di
procurare
l
'
impunità
.
«
Questa
è
l
'
arte
di
non
farsi
conoscere
»
riflette
il
tiranno
Oloferne
,
nella
Giuditta
di
Hebbel
«
di
restare
sempre
un
mistero
»
.
Ed
è
la
grande
regola
per
fondare
le
tirannidi
e
il
terrore
.
La
cosa
si
è
vista
bene
in
Germania
,
quando
i
nazisti
si
impossessarono
del
paese
.
I
gregari
ripetevano
la
loro
energia
e
ogni
altra
risorsa
dai
gerarchi
,
i
quali
la
ripetevano
da
Hitler
,
il
quale
parlava
di
un
arcano
cassetto
,
dove
teneva
chiuso
un
piano
economico
sociale
per
la
rigenerazione
del
Reich
.
Rauschning
ci
ha
rivelato
che
quel
cassetto
era
vuoto
.
Alla
base
di
ogni
tirannide
,
o
terrore
,
c
'
è
quel
cassetto
vuoto
.
L
'
apparente
intelligenza
e
capacità
degli
esecutori
-
-
perspicacia
di
poliziotti
o
audacia
di
militi
-
-
dipendono
dalla
fede
in
quel
cassetto
.
Aperto
il
cassetto
e
trovatolo
vuoto
,
anche
Alianello
è
ricaduto
nella
originaria
semplicità
.
E
probabilmente
avrà
ragionato
:
«
Non
solo
i
signori
dell
'
Alta
Corte
e
i
pochi
invitati
seguono
il
processo
del
mio
ex
capo
Caruso
,
ma
l
'
opinione
pubblica
di
tutta
Italia
e
,
in
certo
senso
,
di
tutto
il
mondo
.
Quanti
occhi
abbiamo
addosso
.
E
il
guaio
è
che
in
questi
giorni
gli
affari
vanno
male
:
oggi
è
il
campo
di
concentramento
,
e
domani
chi
sa
.
Forza
,
cerchiamo
di
renderci
benevoli
tutti
questi
occhi
,
di
impressionarli
favorevolmente
.
Un
'
occasione
come
questa
è
difficile
che
si
ripeta
:
qui
però
bisogna
far
centro
al
pruno
colpo
,
non
c
'
è
tempo
da
perdere
.
Occorre
dar
subito
,
dare
abilmente
,
tra
le
righe
,
la
prova
provata
,
palmare
che
,
mentre
i
cattivi
collaboravano
coi
«
nazifascisti
»
,
noi
eravamo
invece
tra
i
buoni
.
Ma
il
problema
,
in
fondo
,
è
semplice
.
Quello
che
ieri
era
nero
oggi
è
diventato
bianco
,
e
viceversa
.
Qual
era
,
sul
cartellino
segnaletico
del
fascismo
,
il
connotato
più
caratteristico
?
Quali
le
impronte
digitali
del
fascismo
?
Diamine
,
la
persecuzione
degli
ebrei
.
Quale
,
di
conseguenza
,
il
più
incontrovertibile
connotato
dell
'
antifascismo
?
-
-
La
protezione
degli
ebrei
.
I
fascisti
,
quando
comandavano
loro
,
deploravano
:
peggio
,
punivano
il
pietismo
verso
gli
ebrei
.
Mostriamo
di
essere
stati
pietisti
,
di
avere
avuto
questo
coraggio
,
e
risulteremo
senz
'
altro
iscritti
,
iscritti
d
'
ufficio
,
senz
'
ombra
di
contestazione
,
nei
ranghi
dell
'
antifascismo
.
Dai
,
giovinotto
,
attaccati
agli
ebrei
,
tutto
fa
brodo
,
anche
la
carne
sbattezzata
.
Fai
vedere
di
aver
derivato
a
favore
degli
ebrei
il
cavo
preferenziale
della
benevolenza
»
.
Concluso
così
il
suo
silenzioso
ragionamento
,
il
teste
parla
.
E
,
giurato
di
dire
la
verità
,
tutta
la
verità
,
nient
'
altro
che
la
verità
,
pronuncia
queste
parole
,
che
giustamente
confida
siano
per
diventare
memorabili
:
«
Dalla
prima
lista
delle
Fosse
Ardeatine
ho
subito
,
per
prima
cosa
,
cassato
i
nomi
di
otto
ebrei
»
.
Dentro
di
sé
;
Alianello
si
frega
le
mani
:
ha
messo
,
non
già
al
muro
,
ma
spalle
al
muro
,
Alta
Corte
,
invitati
,
opinione
pubblica
d
'
Italia
e
del
mondo
intero
.
Il
nembo
di
sospetti
e
di
prevenzioni
che
lo
fasciava
,
va
ora
svaporando
,
si
va
ora
tingendo
di
un
dolce
colore
di
nube
rosata
:
una
di
quelle
nuvole
che
somigliano
a
cigni
,
o
cherubini
in
volo
.
Salvare
delle
vite
umane
,
e
delle
vite
innocenti
,
è
tale
atto
che
nessun
errore
o
debolezza
successiva
possono
infirmarne
la
bontà
.
Ma
certo
la
deposizione
del
teste
Alianello
nel
processo
del
20
settembre
rifluisce
sul
gesto
del
commissario
Alianello
durante
la
giornata
del
24
marzo
,
egli
si
sovrappone
in
maniera
,
quanto
meno
,
ambigua
.
Guardiamola
sovrapposizione
da
una
prospettiva
di
ebrei
.
Il
sentimento
che
essa
suscita
è
mescolato
e
complesso
.
Gli
ebrei
hanno
l
'
impressione
di
trovarsi
a
bordo
della
«
Claymore
»
,
la
corvetta
di
cui
Victor
Hugo
parla
nel
romanzo
del
Novantatre
.
Un
marinaio
per
negligenza
l
'
ha
messa
a
repentaglio
di
naufragio
.
Con
sovrumano
valore
e
disprezzo
della
propria
vita
,
il
marinaio
si
riscatta
,
salvala
nave
.
Il
marchese
di
Lantenac
lo
decora
al
valore
,
e
poi
immediatamente
lo
fa
giustiziare
.
Ce
ne
fossero
stati
,
ce
ne
fossero
ancora
tanti
,
degli
Alianelli
.
Fossero
stati
ancora
più
numerosi
qui
a
Roma
,
dove
si
può
dire
che
.
non
c
'
è
casa
,
non
c
'
è
famiglia
ebraica
nella
quale
,
tornando
dopo
questi
mesi
,
non
si
abbia
paura
di
chiedere
notizie
dei
congiunti
più
stretti
.
Già
troppe
volte
ci
siamo
visti
opporre
dei
visi
chiusi
,
severi
,
che
si
vietano
qualunque
espressione
come
superflua
,
come
sproporzionata
agli
avvertimenti
:
-
-
Presi
,
deportati
quella
mattina
del
16
ottobre
.
Non
se
ne
è
saputo
più
niente
.
-
-
Dove
ancora
,
in
quel
non
aver
più
saputo
,
c
'
è
un
tentativo
di
eufemismo
pietoso
,
uno
sfiduciato
barlume
di
speranza
,
che
cerca
di
smentire
il
presagio
,
il
timore
,
forse
la
certezza
,
più
funesti
.
Ce
ne
fossero
stati
degli
Alianelli
a
Varsavia
e
a
Lublino
,
sulle
banchine
donde
partirono
,
e
partono
,
i
vagoni
piombati
,
furgoni
senza
più
carico
umano
,
ma
solo
carne
da
strazio
e
gemiti
e
pianto
;
nelle
città
,
dove
in
qualche
via
signorile
e
un
poco
fuori
mano
,
edifici
stupidi
,
sordi
,
apparentemente
senza
destinazione
,
ville
dalle
persiane
chiuse
,
nascondono
nei
sotterranei
le
camere
della
tortura
.
Ce
ne
fossero
stati
,
ce
ne
fossero
ancora
,
dove
ancora
il
nazismo
fa
strage
.
Benedetti
gli
Alianelli
,
e
sciagurato
chi
si
attentasse
di
togliere
anche
una
virgola
alla
gratitudine
che
si
meritano
.
Il
mescolato
sentimento
degli
ebrei
,
di
fronte
alle
autodifese
degli
Alianelli
,
non
vuole
nemmeno
essere
ridotto
alla
normale
reazione
di
chi
,
senza
saperlo
e
senza
mai
esservisi
prestato
,
si
vede
ridotto
a
una
delle
due
carte
,
e
sia
pure
a
quella
favorevole
-
-
alla
matta
-
-
del
«
doppio
gioco
»
.
Che
è
poi
una
maniera
di
essere
,
e
di
sentirsi
,
giocati
...
Questo
doppio
gioco
,
applauditissimo
in
prima
istanza
e
,
come
si
dice
,
a
botta
calda
,
viene
di
giorno
in
giorno
più
adeguatamente
squalificato
.
Tra
l
'
altro
ha
il
difetto
di
volere
surrettiziamente
reintegrare
con
tutti
gli
onori
,
anzi
agghindato
di
un
'
aureola
di
merito
civico
,
il
metodo
dell
'
ambiguità
canagliesca
,
del
contegno
bifido
e
furbastro
,
del
fine
giustifica
i
mezzi
.
Proprio
quando
,
col
Machiavelli
di
Mussolini
,
pare
a
tutti
che
basti
.
Il
mondo
ha
finalmente
il
diritto
di
sentirsi
pulito
,
mentre
gli
eroi
del
doppio
gioco
si
adoperano
a
fargli
ritrovare
,
alle
sue
stesse
basi
,
nel
suo
stesso
atto
di
rinascita
,
un
certo
tipo
di
manovra
che
non
poteva
essere
inventata
se
non
nel
carosello
dei
corruttori
corrotti
,
dove
la
parola
d
'
ordine
,
l
'
emblema
era
(
chiediamo
scusa
)
il
«
far
fesso
»
.
Ma
tutto
questo
riguarda
ancora
il
costume
in
generale
,
rientra
nel
comune
senso
di
civismo
.
Abbiamo
detto
di
voler
guardare
da
una
specifica
prospettiva
ebraica
.
E
scartiamo
anche
l
'
altra
ipotesi
:
che
soltanto
a
un
soprassalto
del
millenario
,
proverbiale
,
durocervicato
e
protervo
orgoglio
semitico
si
possa
ascrivere
il
malessere
di
dovere
qualche
cosa
a
un
Alianello
,
di
essere
trascinati
a
figurare
alla
sbarra
con
lui
,
testi
a
discolpa
del
teste
.
Da
alcuni
secoli
gli
ebrei
sono
perseguitati
da
un
terribile
tipo
:
tanto
più
pericoloso
perché
suscitato
da
un
poeta
eccelso
,
che
gli
ha
infuso
il
proprio
dono
di
eternità
.
E
in
lui
ha
condensato
antiche
e
nuove
accuse
della
diffidenza
antisemita
:
da
quella
dell
'
omicidio
rituale
,
se
così
può
dirsi
,
a
quella
dell
'
esosità
usuraia
e
inesorabile
.
Si
tratta
del
personaggio
di
Shylock
.
(
Il
Mercante
di
Venezia
venne
ripreso
,
neghi
ultimi
anni
del
fascismo
,
da
un
astuto
capocomico
,
oggi
collaborazionista
,
per
onorare
con
illustri
lusinghe
la
campagna
razziale
)
.
Facilmente
si
dimentica
che
Shylock
agisce
sotto
l
'
assillo
dell
'
amore
paterno
tradito
,
dell
'
onore
e
dell
'
istinto
familiare
conculcati
.
Shylock
appare
invece
come
nient
'
altro
che
l
'
ebreo
,
il
mercante
ebreo
,
che
non
sente
ragioni
;
che
pretende
,
esige
,
si
fa
pagare
la
libbra
di
carne
viva
prelevata
sul
corpo
del
debitore
insolvente
.
Offesi
da
questa
secolare
denunzia
,
che
tutte
le
ribalte
del
mondo
hanno
instancabilmente
riproposta
al
giusto
sdegno
delle
platee
,
che
gli
scaffali
delle
biblioteche
di
tutto
il
mondo
quotidianamente
ridiffondono
,
quale
sentimento
possono
provare
gli
ebrei
,
quando
gli
tocca
di
accorgersi
che
Shylock
non
è
solo
un
'
ingiuria
,
ma
una
soperchieria
:
che
troppe
volte
accade
proprio
a
loro
di
essere
le
vittime
di
sempre
nuove
incarnazioni
e
imprevedute
varietà
di
Shylock
?
E
ora
;
mentre
nei
paesi
liberati
risorride
per
essi
la
luce
,
ora
che
ogni
mattina
,
al
risvegliarsi
,
si
domandano
se
l
'
aria
che
respirano
è
proprio
davvero
l
'
aria
di
questo
mondo
,
ecco
che
un
nuovo
Shylock
viene
avanti
e
,
forte
del
proprio
credito
,
chiede
non
già
un
pezzo
di
carne
viva
ma
una
passiva
complicità
nel
dimostrare
la
purezza
,
di
lui
Shylock
,
e
l
'
intemerata
sua
fede
antifascista
.
Avessero
la
fantasia
di
scherzare
,
gli
ebrei
si
domanderebbero
:
-
-
Chi
è
,
nel
senso
ingiurioso
della
parola
,
nel
senso
dell
'
esosità
,
chi
è
il
vero
ebreo
?
È
probabile
che
il
caso
Alianello
conti
solo
per
quello
che
vale
.
Però
è
un
sintomo
.
E
alla
sensibilità
non
ancora
rimarginata
degli
ebrei
dice
che
la
campagna
razziale
non
è
finita
.
La
persecuzione
continua
.
Sappiamo
la
risposta
:
questa
è
ipersensibilità
morbosa
,
da
curarsi
;
è
pignoleria
talmudistica
,
è
gusto
corrosivo
del
paradosso
,
vecchie
malattie
giudaiche
.
Se
fosse
sensibilità
morbosa
,
cioè
segno
di
mentalità
poco
socievole
,
ne
chiederemmo
scusa
.
Se
possa
apparire
pignoleria
talmudistica
,
rispondiamo
che
il
pretesto
Alianello
non
è
accattato
né
sofisticato
per
fatua
libidine
di
casuisti
:
sarà
un
pretesto
,
ma
per
dire
le
nostre
ragioni
,
per
parlare
a
suocera
e
a
nuora
,
a
quelli
che
i
fascisti
chiamavano
«
ariani
»
,
e
a
noi
stessi
ancora
.
Che
poi
sia
paradosso
,
neghiamo
,
e
cercheremo
di
dimostrarlo
.
2
.
-
-
Il
Ghetto
e
l
'
Arca
di
Noè
Il
caso
che
si
presentava
al
commissario
Alianello
e
al
suo
collega
era
il
seguente
:
una
lista
di
60
nomi
,
di
cui
10
in
soprannumero
.
Dunque
,
10
persone
da
salvare
:
da
salvare
,
se
così
può
dirsi
,
legalmente
,
a
rigore
di
Diktat
,
senza
lode
speciale
,
ma
anche
senz
'
alea
.
Quei
60
erano
tutti
egualmente
innocenti
.
In
simili
casi
si
tira
a
sorte
:
è
la
regola
di
prammatica
,
subito
dopo
quella
del
«
prima
le
donne
e
i
bambini
»
,
in
tutti
gli
incendi
,
naufragi
,
alluvioni
e
altre
emergenze
del
genere
.
Anche
l
'
Alianello
un
giorno
è
stato
bambino
:
a
noi
adesso
pare
impossibile
,
ma
deve
avere
anche
lui
ruzzato
,
giocato
sui
prati
dell
'
infanzia
.
E
avrà
cantato
anche
lui
,
come
tutti
,
la
vecchia
filastrocca
del
piccolo
naviglio
che
non
potea
,
non
potea
più
navigar
.
E
sul
piccolo
naviglio
allor
si
gioca
alla
più
corta
paglia
,
per
scegliere
chi
sopravviverà
.
Non
se
ne
è
ricordato
nel
pomeriggio
del
24
marzo
?
Certo
che
se
ne
è
ricordato
:
tanto
è
vero
che
lui
e
il
collega
,
cancellati
preventivamente
gli
otto
ebrei
,
scelsero
«
a
caso
»
(
parole
testuali
del
teste
)
gli
altri
due
nomi
.
Perché
gli
ebrei
ebbero
il
privilegio
,
la
precedenza
?
Perché
;
su
dieci
posti
,
se
ne
portarono
via
otto
?
L
'
ingiustizia
era
uguale
per
tutti
.
Non
si
dica
che
sugli
altri
pendevano
accuse
precise
:
che
la
loro
sorte
,
anche
senza
quella
rappresaglia
,
era
già
decisa
,
scontata
.
Primo
:
se
due
nomi
furono
scelti
a
caso
,
anche
gli
altri
otto
potevano
essere
scelti
a
caso
.
Secondo
:
sugli
ebrei
gravava
l
'
accusa
razziale
,
con
cui
sotto
i
nazi
c
'
era
poco
da
scherzare
.
Ma
all
'
Alianello
gli
ebrei
dovevano
apparire
come
degli
innocenti
più
innocenti
,
delle
ingiuste
vittime
più
ingiustamente
vittime
.
Non
invano
,
da
anni
,
la
propaganda
fascista
li
additava
alla
esecrazione
e
all
'
eccidio
;
non
invano
,
da
anni
,
la
propaganda
degli
uomini
liberi
rispondeva
che
la
campagna
razziale
era
l
'
obbrobrio
numero
uno
,
la
tipica
iniquità
delle
dittature
reazionarie
:
che
quello
subito
dagli
ebrei
era
il
primo
torto
da
risarcire
,
che
la
riparazione
verso
gli
ebrei
doveva
essere
quasi
il
primo
simbolo
della
riscossa
,
delle
libertà
restituite
ai
popoli
.
La
gente
del
tipo
Alianello
-
-
piccola
borghesia
suscettibile
,
credula
,
presuntuosa
,
impressionabile
,
eccitabile
,
laureata
in
legge
,
abbastanza
evoluta
per
potersi
credere
delle
idee
,
non
abbastanza
per
averne
-
-
quella
gente
è
la
più
plastica
argilla
per
la
propaganda
.
Sono
gli
ardenti
neofiti
di
ogni
verbo
pubblicitario
,
i
catecumeni
dello
slogan
.
Nel
salvare
preferenzialmente
gli
ebrei
,
in
vista
dei
propri
meriti
futuri
,
l
'
Alianello
subì
una
parola
d
'
ordine
pubblicitaria
:
come
chi
compra
il
dentifricio
più
lanciato
,
ripromettendosene
per
l
'
indomani
i
denti
più
bianchi
.
Obbedì
a
uno
slogan
.
Avesse
detto
almeno
:
gettate
le
sorti
,
uscirono
otto
ebrei
.
Ma
no
:
sottolineò
il
partito
preso
.
Ancora
un
partito
preso
.
Una
«
campagna
»
di
riparazione
,
che
rovescia
una
«
campagna
»
di
distruzione
:
una
campagna
sempre
.
Sotto
i
nazi
,
gli
ebrei
si
sono
sentiti
,
e
si
sentono
,
il
soggetto
o
il
predicato
,
il
nominativo
o
l
'
accusativo
,
o
il
dativo
di
uno
slogan
di
morte
:
«
scacciamo
gli
ebrei
,
sterminiamo
gli
ebrei
»
.
Tra
gli
uomini
che
si
avviano
a
ridiventare
liberi
,
si
sentono
daccapo
,
con
un
parallelismo
impressionante
,
gli
accusativi
o
i
dativi
di
uno
slogan
benefico
:
«
salviamo
gli
ebrei
,
ricompensiamo
gli
ebrei
»
.
Dativi
o
accusativi
:
cioè
,
come
insegna
l
'
analisi
logica
,
dei
«
casi
»
.
Ciò
che
li
preoccupa
,
che
li
mette
a
disagio
è
appunto
di
rimanere
un
caso
:
l
'
eterno
,
irrimediabile
caso
ebraico
.
Lo
slogan
li
rinchiude
come
un
Ghetto
.
Anche
se
,
per
avventura
,
somigli
all
'
Arca
di
Noè
.
Dentro
la
quale
sono
buttati
,
stipati
alla
rinfusa
;
senza
riguardo
ai
loro
torti
o
,
meriti
,
ai
vizi
umani
o
al
valore
;
senza
che
si
tenga
conto
,
per
loro
,
della
nozione
-
-
non
diremo
neppure
dell
'
individuo
-
-
ma
dell
'
uomo
.
Perseguitati
,
proscritti
,
ammazzati
,
non
già
per
le
loro
idee
o
il
loro
comportamento
,
ma
come
facenti
parte
di
un
'
entità
collettiva
,
come
«razza».,
anche
i
loro
benefattori
,
quando
è
l
'
ora
di
salvarli
,
non
li
allineano
fra
gli
altri
uomini
,
a
parità
di
cimenti
o
di
fortune
;
anzi
,
li
salvano
in
blocco
,
rappresentanti
quasi
anonimi
,
e
non
meglio
qualificati
,
di
una
«
razza
»
:
particelle
segnacaso
.
Hitler
,
Mussolini
e
Alianello
.
Il
cuore
,
come
si
sa
,
ha
le
sue
ragioni
,
che
prescindono
dalla
.
ragione
,
e
perfino
dal
gusto
di
avere
ragione
.
Gli
innamorati
delusi
reclamano
,
se
non
l
'
amore
,
quanto
meno
l
'
odio
.
Essere
segno
di
affetti
precisi
,
motivati
è
la
sola
maniera
,
per
il
cuore
,
di
sentirsi
vivo
:
è
,
per
così
dire
,
la
sua
dignità
.
Odiava
Mussolini
gli
ebrei
?
Sappiamo
soltanto
che
nel
1938
li
diede
in
cambio
di
una
più
stretta
alleanza
con
Hitler
,
li
barattò
come
numerario
,
li
sillabò
a
mandibola
protratta
,
come
soleva
per
l
'
argomento
forte
delle
sue
concioni
.
Faceva
,
in
quel
momento
,
della
demagogia
internazionale
.
Ama
Alianello
gli
ebrei
?
Sappiamo
che
,
al
processo
Caruso
,
li
barattò
contro
la
pulizia
e
illibatezza
della
propria
fedina
politica
:
argomento
di
demagogia
antifascista
.
Come
con
Mussolini
non
si
sentirono
oggetto
di
un
vero
odio
sincero
passionale
fisico
così
col
soccorrevole
commissario
gli
ebrei
non
hanno
beneficiato
di
un
vero
amore
solidale
,
caritativo
e
,
per
dire
la
parola
,
cristiano
.
Oh
insomma
:
che
cosa
vogliono
questi
ebrei
?
dell
'
odio
?
smaniano
per
una
persecuzione
autenticata
di
detestazione
?
si
permettono
,
con
i
tempi
che
corrono
,
il
lusso
di
simili
masochismi
?
Non
hanno
che
da
rivolgersi
ai
tedeschi
!
Ma
anche
qui
:
a
parte
gli
isterismi
di
Hitler
,
a
parte
i
vecchi
e
nuovi
cavilli
del
tradizionale
antisemitismo
germanico
,
risultò
subito
-
-
e
lo
spiegò
Trozkij
fin
dal
1933
-
-
che
Hitler
,
dovendo
defraudare
il
proletariato
tedesco
della
lotta
di
,
classe
,
in
cambio
gli
largì
la
campagna
razziale
.
Gli
ebrei
furono
il
primo
«
surrogato
»
nel
Reich
dei
surrogati
.
Furono
un
argomento
di
demagogia
sociale
.
Pare
che
,
tra
i
mestieri
umilianti
,
quello
dell
'
uomo
-
sandwich
sia
uno
dei
più
umilianti
.
I
disgraziati
vanno
in
giro
,
ostentando
su
cartelli
retorici
,
pupazzettati
,
stentorei
e
spesso
buffoneschi
la
pubblicità
di
prodotti
che
non
li
riguardano
e
che
il
più
delle
volte
essi
non
conoscono
.
Gli
ebrei
,
costretti
nei
paesi
di
più
severa
persecuzione
a
circolare
tenendo
in
mostra
bracciali
o
stelle
gialle
o
altrettanti
gingilli
di
riconoscimento
,
hanno
forse
provato
una
sensazione
da
uomini
sandwiches
:
e
infatti
anche
loro
stavano
servendo
la
pubblicità
di
un
ritrovato
demagogico
,
a
cui
erano
estranei
.
Con
la
differenza
che
l
'
uomo
sandwich
si
guadagna
la
vita
,
e
gli
ebrei
si
guadagnano
la
morte
.
Si
sa
che
cosa
sono
i
portatori
di
malattie
.
Un
giorno
il
pediatra
vi
capita
in
casa
,
prende
un
«
tampone
»
nella
gola
dei
vostri
bambini
,
e
dopo
24
o
48
ore
vi
telefona
che
all
'
analisi
si
è
constatato
il
bacillo
della
difterite
.
Grazie
al
cielo
,
i
bambini
stanno
benissimo
:
nell
'
esuberanza
della
salute
,
si
esaltano
all
'
idea
delle
placche
in
gola
,
della
febbre
a
quaranta
,
dell
'
iniezione
di
siero
.
La
difterite
gioca
,
invisibile
,
ai
«
quattro
cantoni
»
nella
camera
dei
giochi
.
Ma
intanto
i
bambini
sono
dichiarati
«
portatori
»
e
costretti
alla
quarantena
.
E
vi
assediano
di
domande
:
non
capiscono
che
cosa
sia
l
'
essere
ammalati
,
quando
si
è
sani
.
Anche
gli
ebrei
vennero
,
più
o
meno
d
'
improvviso
,
dichiarati
«
portatori
»
:
e
invano
cercarono
il
germe
ch
'
erano
accusati
di
tenere
addosso
,
invano
si
guardarono
d
'
attorno
per
vedere
se
avessero
contagiato
qualcuno
.
Gli
«
altri
»
,
intorno
a
loro
,
splendevano
di
salute
.
Gli
«
altri
»
si
sentivano
così
forti
che
avevano
perfino
voglia
di
menare
le
mani
,
di
spendersi
negli
sports
più
esuberanti
:
e
infatti
,
di
lì
a
poco
,
cominciarono
la
guerra
.
Dal
momento
che
alla
persecuzione
non
c
'
era
mezzo
di
sfuggire
,
gli
ebrei
tentarono
quanto
meno
di
trovarne
i
motivi
,
di
dare
ragione
ai
loro
persecutori
;
che
sarebbe
stato
un
modo
di
alleviarsi
la
pena
,
riconoscendone
almeno
la
logica
.
Con
tutta
la
buona
volontà
,
non
vi
riuscirono
.
Qual
era
il
vizio
,
quale
il
peccato
,
che
così
inesorabilmente
faceva
di
loro
un
pericolo
pubblico
?
Le
persecuzioni
del
passato
si
spiegano
ancora
,
quasi
come
guerre
locali
:
a
quei
tempi
gli
ebrei
costituivano
,
volenti
o
nolenti
,
una
cellula
,
un
nucleo
chiuso
,
uno
specifico
conglomerato
sociale
,
che
riusciva
facile
di
contrapporre
agli
altri
-
-
come
la
tribù
di
zingari
accampati
all
'
orlo
della
città
,
provocanti
per
la
loro
stranezza
e
diversità
di
costume
,
offensivi
per
quella
stessa
singolarità
e
isolamento
,
a
cui
li
si
era
costretti
-
-
e
dichiarargli
guerra
con
gli
editti
o
coi
bastoni
.
Ma
stavolta
?
Bisognò
cominciare
col
rifabbricare
,
in
astratto
e
con
procedimenti
da
laboratorio
,
il
gruppo
«
ebrei
»
;
poi
farvi
confluire
gli
individui
,
strappandoli
alla
loro
individualità
,
al
mondo
in
cui
vivevano
,
alle
loro
abitudini
e
lavori
e
commerci
e
scambi
pratici
e
spirituali
,
svellendone
le
radici
,
a
costo
di
qualunque
lacerazione
,
non
solo
degli
estirpati
,
ma
di
tutto
il
suolo
in
cui
allignavano
.
L
'
astrattezza
di
una
simile
operazione
si
vede
anche
dal
lavoro
che
fu
necessario
per
compierla
:
arido
lavoro
di
statistica
e
di
anagrafe
,
censimenti
,
moduli
,
dichiarazioni
,
registri
,
stampati
,
caselle
,
colonnine
e
finche
.
Ripetiamo
:
non
si
isolava
un
gruppo
umano
;
si
confezionava
uno
dei
termini
grammaticali
per
una
frase
propagandistica
a
grande
effetto
.
Parentesi
.
Che
cosa
sia
l
'
ebraismo
negli
ebrei
,
è
questione
da
non
venirne
così
facilmente
a
capo
.
In
ogni
caso
,
si
tratta
d
'
una
faccenda
di
stretta
intimità
.
Non
si
nega
che
ci
siano
modi
interiori
,
originali
,
profondi
di
sentirsi
ebrei
;
ma
son
cose
di
privato
sentimento
,
tutte
confinate
nella
zona
dei
pudori
,
non
mai
estrovertite
nell
'
azione
:
e
non
toccano
quindi
il
contegno
sociale
dell
'
uomo
,
né
lo
differenziano
da
quello
dei
suoi
simili
-
-
e
tanto
meno
glielo
contrappongono
.
(
Chi
volesse
fare
il
sottile
direbbe
,
se
mai
,
che
la
sola
differenza
è
nello
sforzo
di
non
differenziarsi
,
che
talvolta
può
anche
essere
ingrato
;
ma
comunque
è
offensivo
più
per
chi
sia
costretto
a
farlo
,
che
per
chi
l
'
abbia
in
qualche
modo
provocato
,
e
in
nessun
caso
è
tale
da
turbare
l
'
ordine
del
mondo
o
da
minare
le
basi
della
società
)
.
Sentirsi
ebrei
sarà
un
sentir
rinascere
dal
fondo
-
-
nelle
ore
di
più
geloso
raccoglimento
,
ore
quasi
inconfessabili
tanto
sono
intime
-
-
vecchie
cantilene
sinagogali
,
udite
ai
tempi
dell
'
infanzia
nella
pigra
monotonia
di
grevi
crepuscoli
,
in
una
luce
di
ceri
stanchi
che
tremava
sulla
berretta
del
cantore
,
solo
,
in
piedi
,
laggiù
sul
tabernacolo
deserto
:
e
su
quelle
cantilene
l
'
anima
si
inflette
in
errabonde
ricerche
del
tempo
perduto
:
desolati
a
tu
per
tu
con
squallori
senza
tempo
,
bruciori
di
lacrime
mal
rasciugate
,
tremolar
di
sorrisi
senza
scampo
,
un
abbracciarsi
con
le
ombre
dei
limbi
,
struggenti
agnizioni
di
avi
mai
conosciuti
,
e
un
segreto
di
inenarrabili
malinconie
,
e
il
crollare
indefesso
contro
invisibili
muri
del
pianto
.
Ah
,
il
pensiero
non
va
più
sull
'
ali
dorate
,
più
non
si
posa
sui
clivi
e
sui
colli
.
Lungo
i
fiumi
di
Babilonia
,
sul
cammino
dei
salici
,
l
'
eterno
errante
troverà
forse
una
sua
via
,
e
un
antico
passo
e
un
gesto
ancestrale
,
per
calarsi
nella
regione
delle
Madri
,
per
andare
a
interrogare
la
«
bocca
d
'
ombra
»
.
E
in
ciò
si
veda
pure
un
'
equazione
personale
tra
l
'
uomo
e
la
Natura
,
tra
l
'
uomo
e
Dio
:
non
mai
un
'
equazione
personale
tra
l
'
uomo
e
la
società
,
tra
l
'
uomo
e
la
storia
contemporanea
.
E
d
'
altronde
non
erano
queste
le
cose
che
potessero
venire
ascritte
a
colpa
degli
ebrei
.
E
gli
ebrei
continuavano
a
domandarsi
quella
colpa
quale
fosse
,
e
dove
.
Un
aperto
e
umanissimo
scrittore
ha
bollato
la
mostruosità
delle
leggi
razziali
,
osservando
che
esse
colpivano
«
non
le
azioni
responsabili
delle
creature
umane
,
ma
il
delitto
di
essere
nati
»
.
E
chi
veramente
con
la
morte
espiò
quel
delitto
,
non
è
tornato
a
dirci
se
,
nell
'
ora
del
supplizio
,
ne
capì
finalmente
la
colpa
.
Certo
i
persecutori
hanno
saputo
immaginare
le
camere
dei
gas
e
tutte
le
più
efferate
maniere
di
uccisione
:
quelle
che
fanno
morire
con
la
faccia
stravolta
,
col
labbro
contratto
nell
'
urlo
e
nella
maledizione
,
che
tolgono
al
trapasso
i
suoi
sovrannaturali
compensi
e
promesse
,
di
pace
almeno
e
di
silenzio
,
le
rasserenanti
visioni
di
limbi
o
di
elisi
,
l
'
erba
sotto
i
piedi
e
l
'
azzurro
sul
capo
.
Tra
gli
orridi
sudori
e
i
geli
di
agonie
terrificanti
,
quegli
sciagurati
avranno
forse
violato
,
con
un
raccapriccio
più
atroce
della
stessa
asfissia
,
i
talami
remoti
in
cui
si
erano
congiunti
gli
amori
dei
loro
parenti
:
infausti
connubi
,
che
nel
grembo
delle
madri
dovevano
deporre
il
seme
di
mostri
maledetti
,
ora
contorcentisi
nella
soffocazione
di
quelle
camere
della
morte
.
E
il
lezzo
dei
gas
avrà
imputridito
le
primavere
nuziali
,
in
cui
i
padri
e
le
madri
si
erano
scambiati
il
primo
sguardo
d
'
amore
.
Forse
allora
,
in
quei
deliri
,
il
delitto
di
essere
nati
si
precisò
in
un
'
accusa
contro
chi
li
aveva
messi
al
mondo
:
come
dicono
avvenga
,
durante
le
crisi
,
ai
figli
dei
sifilitici
e
dei
tabetici
,
concepiti
in
un
'
ora
di
sozza
e
infetta
libidine
.
Per
un
attimo
poté
sedimentarsi
il
senso
di
una
colpa
,
risalire
le
generazioni
.
Ma
era
una
bestemmia
,
strappata
dalle
torture
.
E
l
'
avere
strappato
quella
bestemmia
è
,
per
i
nazi
,
un
bel
capolavoro
.
Pace
ai
nostri
morti
.
Ma
i
vivi
,
che
non
capirono
e
non
capiscono
il
perché
della
persecuzione
,
è
giusto
che
si
allarmino
oggi
di
un
'
indulgenza
altrettanto
regalata
.
Questo
di
chiudere
tutti
e
due
gli
occhi
,
di
creare
eccezioni
a
vantaggio
degli
ebrei
,
non
è
un
modo
di
riparare
dei
torti
.
Riparazione
sarebbe
rimettere
gli
ebrei
in
mezzo
alla
vita
degli
altri
,
nel
circolo
delle
sorti
umane
,
e
non
già
appartarli
,
sia
pure
per
morivi
benigni
.
Questa
è
una
antipersecuzione
:
dunque
,
fatta
della
medesima
sostanza
psicologica
e
morale
che
materiava
la
persecuzione
.
Se
prima
negli
ebrei
si
puniva
l
'
ebreo
,
oggi
al
vedere
la
situazione
,
non
già
corretta
,
ma
semplicemente
capovolta
con
sì
perfetta
simmetria
di
antitesi
,
può
nascere
il
dubbio
che
negli
ebrei
si
perdoni
l
'
ebreo
.
È
il
perdono
richiama
l
'
idea
di
una
colpa
,
di
un
trascorso
.
Eccoli
di
nuovo
,
questi
ebrei
,
messi
nel
rischio
di
dover
partire
alla
torturante
,
insolubile
,
offensiva
ricerca
di
un
perché
.
E
poi
,
di
fronte
ai
ricorsi
storici
,
che
purtroppo
essi
sanno
a
memoria
,
è
lecita
la
domanda
:
-
-
perdono
o
amnistia
?
e
fino
a
quando
durerà
?
-
-
Spieghiamoci
con
un
esempio
.
3
.
-
-
GLI
ARATORI
DEL
VULCANO
Tornavamo
da
Napoli
,
sul
fastigio
di
un
camion
di
noci
,
sotto
la
pioggia
battente
.
Uno
strano
tipo
era
salito
con
noi
:
barba
di
tre
giorni
,
aspetto
da
fuggiasco
o
da
evaso
,
ma
gli
abiti
stracchi
tradivano
ancora
il
taglio
borghese
,
e
borghesi
erano
la
faccia
,
l
'
espressione
,
la
sagoma
,
tutto
quanto
.
Fino
a
qualche
anno
fa
,
tutti
in
casa
dovevano
averlo
chiamato
il
«
signorino
»
.
L
'
ex
signorino
gettò
sulle
altre
valigie
una
borsa
da
avvocato
,
da
cui
sporgeva
un
,
lungo
rotolo
.
-
-
Uova
di
tonno
-
-
annunciò
,
e
non
cessava
di
raccomandarsi
-
-
per
carità
,
queste
non
le
debbo
perdere
,
se
no
sono
rovinato
-
-
.
Un
borsanera
alle
prime
armi
,
pensammo
:
forse
un
professionista
,
che
l
'
iniquità
dei
tempi
costringe
a
questo
mestiere
così
incongruo
con
le
arti
del
Trivio
e
del
Quadrivio
.
Affettuosamente
,
a
tutti
i
compagni
,
domandava
nome
,
stato
di
famiglia
,
indirizzo
,
se
i
figli
fossero
maschi
o
femmine
:
quasi
a
propiziarsi
la
loro
amicizia
,
a
farsi
proteggere
,
lui
così
spaesato
e
inesperto
,
da
quell
'
abbozzo
di
amicizia
.
Ingenuo
,
patetico
,
quasi
.
Più
tardi
,
a
un
posto
di
blocco
,
venimmo
a
sapere
che
l
'
ingenuo
era
un
giovane
funzionario
della
Questura
;
di
ritorno
da
una
breve
licenza
nella
nativa
Palermo
.
Improvvisa
metamorfosi
di
tutto
il
tipo
.
È
inutile
,
il
«
così
è
se
vi
pare
»
rimarle
sempre
una
grande
trovata
psicologica
e
la
Sicilia
non
cessa
di
dare
ragione
al
suo
Pirandello
.
Dunque
,
tutto
il
capzioso
gioco
di
indagini
,
di
domande
,
di
investigazioni
,
da
parte
di
quel
personaggio
così
in
cerca
d
'
autore
,
non
era
che
un
allenamento
agli
interrogatori
futuri
,
volontaria
propedeutica
all
'
arte
di
tirare
i
vermi
dal
naso
del
prossimo
,
esercizi
sulle
cinque
note
per
quando
,
seduto
dietro
il
monumentale
clavicembalo
della
sua
scrivania
di
Questore
,
gli
toccherà
di
eseguire
le
più
virtuosistiche
introduzioni
,
i
più
lisztiani
accompagnamenti
per
«
far
cantare
»
il
pollo
.
In
particolare
,
poi
,
quasi
che
le
nostre
facce
fossero
altrettanti
specchi
,
l
'
uomo
vi
studiava
gli
effetti
di
certe
espressioni
mimiche
,
di
un
certo
tipo
di
guardatura
in
tralice
,
come
da
oltre
le
lenti
di
inesistenti
occhiali
:
uno
sguardo
connivente
e
furbesco
,
mite
a
un
tempo
e
accusatore
,
uno
sguardo
che
pareva
dire
:
«
Sbottonati
,
a
che
pro
nasconderci
l
'
un
l
'
altro
?
»
.
Quando
il
nostro
turno
giunse
,
e
noi
senza
ambagi
gli
declinammo
il
nostro
nome
,
quel
giovane
e
passionato
domenicano
della
inquisizione
poliziesca
,
quel
futuro
ripopolatone
delle
carceri
d
'
Italia
,
ebbe
un
balzo
trionfale
,
come
quando
,
nei
luminosi
giorni
della
sua
carriera
,
la
sventata
risposta
di
un
malcapitato
gli
permetterà
di
saldare
fulmineamente
una
faticosa
catena
di
induzioni
,
di
conchiudere
in
un
attimo
;
con
un
colpo
di
scena
,
una
serie
di
indagini
che
si
annunziava
lunga
e
penosa
;
di
scoprire
nel
testimonio
un
reo
,
di
stringere
a
un
tratto
l
'
inerte
congerie
delle
prove
in
un
'
accusa
lampante
.
Proruppe
:
«
Debenedetti
?
ebreo
?
!
»
E
immediatamente
quello
sguardo
professionale
,
da
dietro
occhiali
inesistenti
,
varcando
di
sotto
in
su
l
'
arco
ciliare
,
ci
dardeggiò
di
sghembo
,
e
condensava
un
tumultuoso
accavallarsi
di
sottintesi
,
di
illazioni
,
di
involontarie
e
quasi
ripugnate
complicità
,
di
scontrose
indulgenze
:
«
Ah
,
per
questa
volta
ce
l
'
hai
fatta
-
-
esclamò
quello
sguardo
-
-
ma
ringrazia
l
'
amnistia
.
Vattene
,
vecchia
volpe
,
e
bada
di
non
ricaderci
,
l
'
aria
del
vigilato
speciale
non
te
la
toglie
nemmeno
Domineddio
»
.
Ci
parrebbe
di
essere
cattivi
,
se
aggiungessimo
che
in
quell
'
occhiata
trascorse
anche
una
sfumatura
,
un
pizzico
,
un
nonnulla
di
rimpianto
:
«
Però
se
niente
niente
ti
avessimo
,
colto
,
così
in
flagrante
,
quale
mese
fa
!
»
.
Non
è
moralmente
vero
,
non
è
plausibile
che
,
la
revoca
diventi
ipso
facto
una
revoca
dell
'
abitudine
di
eseguirlo
.
Il
nuovo
ordine
ha
bisogno
di
maturare
per
farsi
ordine
nuovo
.
E
nessuno
pretende
che
il
mondo
,
questo
mondo
che
è
stato
creato
in
sette
giorni
,
si
modifichi
in
un
'
ora
:
se
no
,
come
credere
che
un
'
altra
ora
non
gli
basterebbe
,
quando
che
sia
,
per
recidivare
nel
peggio
e
tornare
al
proprio
vomito
?
L
'
esclamazione
,
l
'
occhiata
del
nostro
questurino
denunziavano
lo
sforzo
di
adattamento
a
un
'
ottica
diversa
;
la
necessaria
,
ancorché
rapida
,
manovra
per
invertire
la
corrente
.
Il
nostro
sospetto
è
che
la
nuova
ottica
possa
venire
adottata
come
un
comando
«
dall
'
alto
»
,
una
specie
di
Decreto
promulgato
dalla
Gazzetta
Ufficiale
,
e
dunque
di
sua
natura
soggetto
anch
'
esso
a
revoca
,
dettato
da
necessità
del
momento
,
visto
che
...
in
considerazione
di
...
Il
sospetto
è
che
il
nostro
questurino
si
uniformasse
ai
criteri
di
oggi
con
la
mentalità
di
ieri
,
tenesse
d
'
occhio
quella
onnipotente
,
inesorabile
e
oscura
Divinità
,
in
nome
della
quale
si
esaltavano
ieri
o
siluravano
funzionari
,
giornalisti
,
alte
e
basse
cariche
:
la
cosiddetta
«
sensibilità
politica
»
.
Ordine
di
servizio
:
mostrare
simpatia
agli
ebrei
.
Ma
chi
,
come
gli
ebrei
,
ha
sete
di
libertà
,
una
di
quelle
seti
che
tappezzo
il
palato
:
chi
ha
capito
come
la
libertà
sia
letteralmente
una
questione
di
vita
o
di
morte
,
è
pronto
a
riconoscere
che
,
tra
tutte
le
libertà
che
compongono
la
Libertà
,
è
compresa
anche
la
libertà
di
essere
antisemiti
.
Un
antisemitismo
di
uomini
liberi
,
un
antisemitismo
(
se
non
c
'
è
contraddizione
)
liberale
,
contro
cui
sia
dato
di
opporre
validi
argomenti
e
pertinenti
confutazioni
,
apparirebbe
perfino
tonico
,
ravvivante
,
rigeneratore
agli
ebrei
che
escono
ora
dall
'
anchilosi
mobilità
e
del
silenzio
.
Discutere
finalmente
all
'
aperto
,
misurarsi
,
farsi
le
proprie
ragioni
,
uomini
tra
gli
uomini
,
uomini
di
fronte
agli
uomini
non
parrebbe
nemmeno
vero
a
loro
,
che
fino
a
ieri
erano
costretti
a
nascondersi
,
a
ringhiottirsi
reazioni
e
risposte
,
a
cambiarsi
i
connotati
;
diffidati
persino
di
pronunziare
il
proprio
nome
,
cioè
in
parole
povere
di
dirsi
figli
del
proprio
padre
.
Recensendo
il
libro
di
Wendell
L
.
Willkie
:
One
World
,
Benedetto
Croce
ha
trovato
l
'
occasione
di
ribadire
«
un
bisogno
fondamentale
dell
'
uomo
,
che
è
di
soffrire
e
di
lavorare
»
.
Qui
,
da
questa
parte
della
guerra
,
gli
ebrei
si
vedono
riconosciuto
,
dopo
anni
,
il
loro
bisogno
di
lavorare
.
Rinasce
in
essi
,
complementare
,
il
bisogno
soffrire
.
Forse
che
non
hanno
sofferto
abbastanza
?
Sicuro
che
hanno
sofferto
,
il
mondo
sa
quanto
,
e
di
là
,
dal
fronte
della
libertà
ancora
soffrono
,
e
in
tal
misura
,
che
questa
nostra
pretesa
di
soffrire
può
sembrare
bestemmia
,
cattiva
sfida
,
provocazione
del
destino
.
Ma
la
pretesa
,
a
guardarci
meglio
,
è
unicamente
di
non
accampare
,
ne
vedersi
riconosciute
,
speciali
pretese
.
Il
diritto
di
non
avere
speciali
diritti
.
Speciali
,
cioè
razziali
.
E
quello
che
gli
ebrei
già
liberi
hanno
patito
,
e
quello
che
i
perseguitati
patiscono
ancora
,
desiderano
sia
versato
,
messo
in
comune
,
mescolato
al
lungo
,
collettivo
,
unanime
tributo
di
lacrime
e
di
supplizi
,
che
gli
uomini
degni
di
questo
nome
hanno
offerto
,
e
offrono
tuttavia
,
per
assicurare
al
mondo
la
più
lunga
serie
di
secoli
civili
.
Se
una
rivendicazione
gli
ebrei
hanno
da
fare
,
è
questa
sola
:
che
i
loro
morti
di
violenza
e
di
fame
,
i
piccini
che
non
hanno
resistito
al
primo
sorso
di
latte
finalmente
somministrato
,
dopo
mesi
di
inanizione
,
nei
paesi
di
asilo
,
le
donne
rese
a
calci
e
mitragliate
,
i
poppanti
lanciati
in
aria
e
impallinati
come
uccelletti
siano
messi
in
fila
con
tutti
gli
altri
morti
,
con
tutte
le
altre
vittime
di
questa
guerra
.
Soldati
anche
loro
con
gli
altri
soldati
.
Per
uniforme
avevano
il
loro
vestito
di
tutti
i
giorni
,
ma
sbranato
dai
tormenti
,
vano
sui
corpi
scheletriti
.
E
alcuni
,
anche
,
avevano
armi
:
i
bambini
,
che
si
stringevano
sul
petto
le
bambole
di
pezza
e
gli
schioppi
di
latta
,
ritenuti
indegni
di
divertire
i
figlioli
dei
tedeschi
.
Così
hanno
marciato
verso
i
loro
fronti
,
che
erano
i
luoghi
di
pena
e
di
tortura
.
Hanno
fatto
anch
'
essi
i
loro
sbarchi
,
ma
sulle
rive
dell
'
aldilà
.
Caduti
bocconi
,
i
loro
volti
-
-
quelle
facce
che
i
redattori
delle
varie
«
difese
della
razza
»
fotografavano
per
inchiodarle
sulle
copertine
di
immonde
gazzette
-
-
non
hanno
mirato
,
con
gli
occhi
che
nessuna
mano
ha
chiusi
,
il
cielo
alto
e
lontano
.
Questi
soldati
chiedono
soltanto
che
i
loro
carnai
siano
ricordati
tra
i
campi
di
battaglia
di
questa
guerra
.
Chiedono
che
,
se
si
farà
l
'
appello
dei
morti
,
i
loro
nomi
siano
letti
tra
quelli
degli
altri
soldati
,
caduti
per
questa
guerra
.
Senza
un
più
di
gloria
che
,
facendo
un
torto
ai
commilitoni
,
offenderebbe
quella
giustizia
per
cui
sono
morti
,
la
fraternità
della
morte
,
e
parrebbe
un
torto
fatto
a
loro
.
Senza
un
supplemento
di
pietà
-
-
pietà
per
i
poveri
ebrei
-
-
che
umilierebbe
il
loro
sacrificio
.
E
se
un
giorno
,
a
questi
caduti
,
si
vorrà
dare
una
ricompensa
al
valore
,
non
certo
noi
,
gli
ebrei
sopravvissuti
,
la
rifiuteremo
;
ma
non
si
conino
apposite
medaglie
,
non
si
stampino
speciali
diplomi
:
siano
le
medaglie
e
i
diplomi
degli
altri
soldati
.
«
Soldato
Coen
...
Soldato
Levi
...
Soldato
Abramovic
...
Soldato
Chaim
Blumenthal
,
di
anni
cinque
,
caduto
a
Leopoli
,
in
mezzo
alla
sua
famiglia
,
mentre
,
con
le
mani
legate
dietro
la
schiena
,
ancora
difendeva
,
ancora
testimoniava
la
causa
della
libertà
»
.
Queste
motivazioni
noi
,
indegnamente
sopravvissuti
,
le
ascolteremo
sull
'
attenti
,
cercheremo
di
non
tremare
quando
stringeremo
la
mano
che
ci
verrà
tesa
,
la
nostra
voce
si
sforzerà
di
essere
ferma
,
quando
risponderemo
:
«
Grazie
,
signor
Generale
»
.
Poi
rientreremo
nelle
mute
,
interminabili
file
che
schiereranno
i
parenti
degli
altri
caduti
,
le
gramaglie
di
tutto
il
mondo
,
in
quella
solenne
,
religiosa
parata
dell
'
umanità
.
Quel
bisogno
di
soffrire
,
di
cui
parla
il
Croce
,
non
è
se
non
il
bisogno
di
sentirsi
vivi
nella
vita
di
tutti
,
partecipi
della
immancabile
lotta
e
contrasto
,
che
il
lavoro
e
i
compiti
quotidiani
costano
in
questo
mondo
.
Il
quale
,
se
diventasse
un
mondo
di
idillio
,
nel
momento
stesso
diventerebbe
un
mondo
di
morti
che
camminano
,
quand
'
anche
fallacemente
lo
smaltassero
e
imbellettassero
i
colori
della
vita
.
Perciò
gli
ebrei
chiedono
questo
onore
di
soffrire
:
cioè
chiedono
di
non
essere
defraudati
,
neppure
a
titolo
di
risarcimento
o
di
riparazione
dei
danni
,
di
questa
loro
parte
dell
'
umano
retaggio
.
Per
secoli
e
secoli
hanno
custodito
,
ripetuto
,
salmodiato
,
nella
penombra
delle
sinagoghe
,
nelle
veglie
e
nei
digiuni
,
nelle
penitenze
e
nei
sabati
,
nei
ghetti
e
per
le
vie
della
diaspora
,
il
messaggio
dell
'
Antico
Testamento
.
Come
avrebbero
dimenticato
che
l
'
idea
del
pane
,
cioè
quella
delle
sorgenti
stesse
e
del
perpetuarsi
della
vita
,
è
indissolubilmente
legata
all
'
idea
della
pena
,
del
sudore
della
fronte
?
Essi
non
vogliono
il
paradiso
terrestre
per
infrazione
ai
regolamenti
.
Senza
dire
che
,
ai
privilegi
e
benefizi
,
è
troppo
facile
adattarsi
.
Le
agevolezze
di
vita
rendono
superficiali
,
assecondano
le
riparatrici
e
già
troppo
spontanee
labilità
della
memoria
.
I
dolori
di
ieri
si
dimenticano
,
anche
e
proprio
quando
furono
più
luttuosi
e
cocenti
,
e
si
dimentica
quanto
cordoglio
e
quante
angosce
sia
costato
questo
bene
,
che
oggi
pare
largito
appunto
per
aiutarci
a
dimenticare
.
Ci
si
abitua
a
essere
amati
,
a
vivere
con
facilità
;
e
l
'
abitudine
rischia
di
diventare
presto
un
bisogno
,
e
il
bisogno
acquisito
rischia
di
creare
la
presunzione
di
un
diritto
.
Può
,
questa
nostra
,
parere
una
riottosa
,
bizzosa
,
vittimistica
,
incontentabile
paura
di
essere
amati
.
Ed
è
soltanto
paura
di
essere
gratuitamente
amati
,
ingiustamente
amati
,
cioè
male
amati
:
non
più
costretti
a
far
nulla
per
meritarci
questo
amore
.
Ma
domani
,
inevitabilmente
,
dovremo
ricominciare
a
meritarcelo
:
e
allora
?
non
saremo
stati
viziati
?
Non
già
che
gli
ebrei
si
siano
,
in
questi
ultimi
tempi
,
sentiti
vittime
di
troppo
corrive
largizioni
di
vantaggi
,
fantocci
di
un
tiro
a
segno
della
benevolenza
.
Ma
noi
ragioniamo
su
un
sintomo
,
su
una
possibilità
,
della
quale
abbiamo
raccolto
,
o
subodorato
,
qualche
indizio
:
ed
è
questo
,
anche
,
che
scagiona
il
nostro
discorso
da
ogni
taccia
di
ingratitudine
.
Il
quale
discorso
,
l
'
abbiamo
detto
,
vuole
parlare
a
nuora
perché
suocera
intenda
.
Che
disagio
,
per
esempio
,
abbiamo
provato
quando
qualcuno
,
ridendo
ma
senza
cattive
intenzioni
,
e
solo
per
il
gusto
di
un
documento
psicologico
,
ci
ha
riferito
la
storiella
di
quei
tali
che
,
sbucati
dai
loro
nascondigli
all
'
arrivo
degli
eserciti
liberatori
,
hanno
subito
,
ai
primi
saluti
,
declinato
la
propria
qualità
di
ebrei
,
come
un
titolo
a
particolari
riconoscimenti
,
facilitazioni
,
indennizzi
.
E
magari
era
la
stessa
gente
che
,
sotto
il
diluvio
,
si
era
inventata
i
più
incongrui
ombrelli
e
più
diligentemente
si
era
industriata
per
cancellare
ogni
sospetto
di
«
appartenenza
alla
razza
»
.
Una
sera
,
nei
tempi
più
neri
del
diluvio
,
Bernardo
Berenson
si
poneva
l
'
eterno
problema
:
perché
gli
ebrei
rimangono
ebrei
,
malgrado
il
ciclico
ritorno
delle
persecuzioni
?
E
si
rispondeva
con
un
suo
ricordo
siciliano
.
Trovandosi
in
altri
tempi
a
visitare
le
pendici
dell
'
Etna
ne
ammirava
la
feracità
da
Terra
Promessa
.
Qualcuno
però
gli
disse
che
periodicamente
la
lava
scende
a
incenerire
quei
campi
.
«
E
perché
allora
li
coltivate
?
»
domandò
ai
contadini
.
«
Perché
quando
i
tempi
tornano
buoni
,
voscenza
,
così
buoni
sono
,
che
ci
ripagano
di
qualunque
malanno
»
.
Questo
,
commentava
l
'
eminente
scrittore
,
spiega
per
analogia
la
tenacia
degli
ebrei
nel
sopravvivere
.
In
quella
sera
di
afflizione
,
l
'
aneddoto
raggiungeva
lo
scopo
desiderato
:
che
era
anche
di
confortarci
,
di
farci
credere
nel
ritorno
di
tempi
migliori
,
di
rinnestarci
nella
vita
,
assimilandoci
se
non
altro
a
quegli
aratori
del
vulcano
.
Ma
Berenson
non
si
dorrà
se
ora
,
al
ritrarsi
della
lava
,
la
sua
storia
ci
piace
un
po
'
meno
.
Vorremmo
dire
che
gli
ebrei
,
non
è
che
si
inarchino
sotto
le
sciagure
degli
anni
delle
vacche
magre
,
per
aspettare
che
rivenga
il
settennio
delle
vacche
grasse
.
Sono
uomini
,
certo
,
e
amano
anche
loro
la
sicurezza
,
il
benessere
,
magari
la
felicità
.
Le
vacche
magre
non
piacciono
neanche
a
loro
.
Ma
non
è
vero
,
non
deve
essere
vero
che
poi
,
in
compenso
,
pretendano
le
vacche
troppo
grasse
.
Se
non
altro
,
per
dignità
,
per
un
equo
senso
della
vita
,
per
un
loro
umano
amor
fati
,
amore
del
rischio
e
del
destino
.
Né
troppo
magre
,
né
troppo
grasse
.
Una
cosa
giusta
.
Settembre
,
1944
.
Miscellanea ,
MILANO
PERCORSA
IN
OMNIBUS
Guida
per
chi
vuol
visitare
con
poco
dispendio
di
tempo
e
denaro
,
tutto
quanto
di
più
rimarchevole
offre
questa
città
COMPILATA
DA
GAETANO
BRIGOLA
ED
ILLUSTRATA
DA
NOTIZIE
STORICHE
ED
ARTISTICHE
DA
FELICE
VENOSTA
AL
LETTORE
.
Le
ferrovie
,
recando
facilità
ed
economia
di
tempo
nel
viaggiare
,
fecero
sentire
il
bisogno
di
Guide
delle
varie
città
,
che
in
poche
pagine
offrissero
non
solo
la
descrizione
storica
ed
artistica
di
esse
,
ma
le
presentassero
benanco
sotto
l
'
aspetto
del
loro
soggiorno
e
della
loro
indole
;
in
modo
che
il
viaggiatore
potesse
in
pochi
giorni
farsi
un
concetto
giusto
del
paese
visitato
.
Le
Guide
,
che
sino
ad
oggi
esistettero
,
non
si
prestavano
a
quest
'
ufficio
,
e
,
limitandosi
alla
descrizione
artistica
,
lasciavano
al
viaggiatore
il
cómpito
di
formare
un
apprezzamento
,
che
il
più
delle
volte
non
era
ragionato
,
vuoi
per
la
troppa
rapida
corsa
fatta
in
luogo
,
vuoi
per
inscienza
degli
usi
e
dei
costumi
di
esso
.
Questo
bisogno
fece
nascere
nel
sottoscritto
l
'
idea
di
compilare
all
'
uopo
una
nuova
Guida
di
Milano
,
resa
tanto
più
necessaria
in
quanto
che
,
dopo
la
emancipazione
dallo
straniero
,
1'
attività
e
l
'
indole
de
'
suoi
abitanti
la
portarono
a
floridezza
e
comodità
tali
da
poter
rivaleggiare
colle
più
grandi
metropoli
d
'
Europa
.
Il
limite
tracciatoci
però
e
la
novità
di
molte
cose
descritte
potranno
forse
aver
fatto
cadere
il
compilatore
in
alcune
inesattezze
alle
quali
potrà
in
seguito
rimediare
se
il
favore
del
pubblico
lo
incoraggerà
a
fare
una
seconda
edizione
.
Milano
,
maggio
1871
.
G
.
B
.
CENNO
STORICO
.
Circa
seicento
anni
prima
dell
'
êra
volgare
una
moltitudine
di
gente
,
composta
di
guerrieri
,
di
donne
e
di
fanciulli
,
spinta
dalla
scarsezza
dei
viveri
a
mutare
paese
,
colla
guida
di
Belloveso
,
uscì
dalla
Gallia
,
in
oggi
Francia
,
e
,
valicate
le
Alpi
,
giunse
nell
'
Insubria
.
Combattuti
e
vinti
i
popoli
che
l
'
abitavano
,
Belloveso
si
stabilì
nella
terra
chiusa
tra
i
due
fiumi
Ticino
ed
Adda
,
e
gettò
le
fondamenta
d
'
un
villaggio
chiamandolo
Milano
.
L
'
origine
di
questa
parola
si
cercò
di
spiegare
in
molte
maniere
;
e
noi
,
senza
partecipare
in
tutto
alla
smania
,
che
in
oggi
è
rinata
in
alcuni
,
di
cercare
cioè
ogni
derivazione
nel
celtico
,
non
peritiamo
ad
ammettere
che
il
nome
Milano
sorse
dall
'
idioma
dei
Celti
,
e
cioè
da
Med
e
Lan
,
o
la
terra
ubertosa
.
Le
vecchie
leggende
dei
duci
Medo
ed
Olano
,
del
in
medio
amnium
,
del
in
medio
lanae
e
simili
non
sono
più
ammissibili
dalla
buona
critica
filologica
.
A
poco
a
poco
Milano
si
aumentò
in
numero
degli
abitanti
e
degli
edifici
;
e
il
meschino
villaggio
divenne
col
progresso
del
tempo
città
.
vasta
e
popolosa
.
-
-
Scorsi
erano
quattrocento
anni
dalla
fondazione
di
essa
città
,
quando
i
Romani
,
varcati
gli
Appennini
,
e
passato
il
Po
in
prima
sotto
il
comando
del
console
Flaminio
,
poi
di
Marcello
suo
successore
,
dal
223
al
225
prima
dell
'
éra
volgare
,
con
segnalate
vittorie
si
resero
padroni
di
tutta
l
'
Insubria
fino
alle
Alpi
;
e
fu
vera
conquista
opima
per
la
ubertà
della
terra
acquistata
.
I
Romani
chiamarono
il
paese
vinto
Gallia
Cisalpina
,
ossia
al
di
qua
delle
Alpi
,
e
lo
dissero
altresì
Gallia
Togata
,
perchè
gli
abitanti
,
deposto
il
rozzo
saio
gallico
,
avevano
adottata
la
toga
romana
.
Milano
sotto
il
regime
dei
nuovi
dominatori
migliorò
d
'
assai
.
L
'
asciugamento
di
molte
paludi
rese
1'
aria
più
salubre
e
più
fertili
i
terreni
che
la
circondavano
.
Il
popolo
imparò
quelle
arti
e
quei
mestieri
che
dirozzano
e
che
sono
necessari
alla
vita
.
La
città
crebbe
,
e
,
già
aggregato
di
meschini
casolari
di
legno
,
si
andò
abbellendo
di
edifici
di
pietra
.
Gli
imperatori
romani
vi
ebbero
lunga
stanza
,
per
la
sua
col
-
locazione
opportuna
ad
operazioni
militari
contro
i
popoli
del
Settentrione
,
i
quali
erano
una
minaccia
perenne
per
la
Gallia
Cisalpina
.
Massimiano
Erculeo
abbattè
la
siepe
che
serviva
di
prima
cerchia
alla
città
celtica
,
che
ci
viene
ricordata
dal
nome
della
Via
Andegari
,
AndeGar
,
che
corrisponde
al
nostro
idioma
a
siepe
di
biancospini
,
ed
eresse
solide
mura
che
gira
-
vano
per
due
miglia
con
nove
porte
.
La
porta
Romana
aprivasi
a
S
.
Vittorello
,
presso
la
Via
Unione
;
l
'
Erculea
alla
Maddalena
,
presso
Sant
'
Eufemia
;
la
Giovia
a
San
Vicenzino
,
presso
il
Foro
Bonaparte
;
la
Ticinese
,
o
Marzia
,
al
Carrobbio
;
la
Comasina
a
San
Marcellino
;
la
Nuova
alla
Croce
Rossa
;
la
Tosa
a
San
Zeno
;
1'
Argentea
od
Orientale
,
presso
San
Babila
,
e
la
Vercellina
presso
la
chiesa
di
Santa
Maria
alla
Porta
.
Sotto
Costantino
,
Milano
toccò
l
'
apice
del
suo
splendore
;
avvegnachè
avendo
quell
'
imperatore
divisa
1'
Italia
in
due
regioni
,
Milano
fu
dichiarata
metropoli
della
settentrionale
,
che
comprendeva
sette
provincie
dalle
Alpi
fino
alla
Istria
,
e
destinata
a
residenza
di
un
governatore
col
titolo
di
Vicario
dell
'
Italia
.
Le
mura
romane
durarono
fino
al
nono
secolo
,
allorchè
l
'
arcivescovo
Ansperto
ne
operò
il
ristauro
e
l
'
ampliamento
,
fra
le
porte
Ticinese
e
Vercellina
,
costruendo
un
nuovo
muro
che
dal
Carrobbio
seguiva
le
Vie
del
Circo
e
del
Cappuccio
,
e
girava
poi
a
destra
per
ricongiunger
-
si
all
'
antica
cerchia
in
vicinanza
della
Porta
Vercellina
.
Per
tre
secoli
rimasero
ognora
come
le
aveva
ampliate
Ansperto
;
quando
il
Comune
di
Milano
entrò
in
lotta
con
Federico
Barbarossa
.
A
premunire
la
città
contro
quell
'
imperatore
,
i
Milanesi
pensarono
,
fin
dal
1156
,
di
cingerla
di
un
valido
fossato
,
e
precisamente
quello
per
cui
ora
scorre
il
Naviglio
.
Della
terra
cavata
nel
fare
la
fossa
,
se
ne
formarono
nel
1167
i
bastioni
nel
luogo
che
fino
ai
nostri
giorni
conservò
il
nome
di
Terraggio
.
Nella
prima
metà
del
secolo
XIV
(
1330-38
)
,
Azzone
Visconti
rafforzò
i
Terraggi
con
un
muro
,
mantenendo
però
inalterato
il
circuito
della
città
,
che
continuò
dove
si
trova
il
Naviglio
interno
,
ed
aveva
gli
ingressi
ai
ponti
,
che
descrissero
fino
all
'
anno
1866
,
colla
denominazione
di
Borghi
,
la
parte
di
città
al
di
là
del
fossato
.
Allorchè
nel
seco
-
lo
XV
fu
costruito
il
Naviglio
della
Martesana
,
il
fossato
fu
ristretto
,
e
la
metà
interna
di
esso
fu
convertita
poi
ad
uso
di
magazzeni
di
pietre
o
di
legnami
,
chiamati
col
nome
di
sciostra
o
claustra
,
perchè
rinchiusi
fra
il
muro
di
Azzone
e
la
fossa
.
L
'
antica
larghezza
di
questa
fossa
può
facilmente
anch
'
oggi
comprendersi
nel
sito
degli
Archi
di
Porta
Nuova
,
misurando
Io
spazio
che
è
fra
le
torri
e
la
riva
esterna
del
canale
rimasta
inalterata
.
Il
terzo
ed
ultimo
ingrandimento
fu
decretato
da
Ferrante
Gonzaga
;
governatore
del
bucato
di
Milano
per
1'
imperatore
Carlo
V
.
Le
mura
spagnuole
,
oggi
accessibili
alle
carrozze
,
e
convertite
ad
uso
di
pubblico
passeggio
,
furono
incominciate
nell
'
anno
1546
,
presso
la
distrutta
chiesa
di
S
.
Dionigi
.
Milano
,
dopo
i
Romani
,
venne
mano
mano
governata
dai
Goti
,
dai
Longobardi
,
dai
Franchi
,
dai
Re
d
'
Italia
e
dagli
Imperatori
di
Germania
.
Dopo
la
guerra
dei
Valvassori
,
si
costituì
in
Repubblica
(
1044
)
.
Soccombuta
questa
forma
di
governo
,
ebbe
a
signori
i
Torriani
,
i
Visconti
;
indi
si
formò
di
nuovo
in
Repubblica
,
detta
di
Sant
'
Ambrogio
.
Si
diede
poscia
agli
Sforza
;
indi
cadde
in
potere
dei
Francesi
,
degli
Spagnuoli
,
degli
Austriaci
,
dei
Gallo
-
Sardi
e
di
nuovo
degli
Austriaci
.
Nello
scorcio
del
se
-
colo
passato
,
1797
,
fu
centro
della
Repubblica
Cisalpina
,
che
nel
1802
si
tramutò
in
Repubblica
Italiana
.
Nel
1805
,
creato
il
Regno
d
'
Italia
,
ne
divenne
la
metropoli
.
Nel
1815
Milano
,
ritornata
sotto
l
'
austriaca
dominazione
,
fu
sede
del
regno
Lombardo
-
Veneto
.
Nel
marzo
1848
,
cacciati
gli
Austriaci
,
si
formò
dai
cittadini
un
governo
provvisorio
;
ma
nell
'
agosto
di
quello
stesso
anno
ricadde
in
possesso
degli
Austriaci
,
che
la
governarono
fino
al
4
giugno
1859
.
Fu
allora
unita
aI
regno
sabaudo
,
e
nel
1861
divenne
parte
del
nuovo
Regno
d
'
Italia
.
Nel
volgere
di
secoli
e
di
mutamenti
di
dominazioni
,
di
guerre
e
di
morie
,
ebbe
Milano
a
subire
molte
vicende
,
e
giorni
di
ristrettezze
e
di
sciagure
;
ma
la
ricchezza
del
suolo
e
la
industria
de
'
suoi
abitatori
sempre
la
fecero
risorgere
,
e
ne
tennero
alta
la
rinomanza
.
Ora
essa
è
riputata
la
seconda
metropoli
della
gran
madre
,
l
'
Italia
.
Marzo
1371
.
FELICE
VENOSTA
.
AVVERTENZA
.
La
Stazione
principale
della
Società
Anonima
degli
Omnibus
è
in
Piazza
del
Duomo
con
apposita
sala
d
'
aspetto
,
ove
si
può
lasciare
in
deposito
i
propri
effetti
.
L
'
Impresa
degli
Omnibus
Antonio
Vismara
ha
la
propria
Stazione
alla
Porta
Ticinese
.
L
'
Impresa
Michele
Lissoni
ha
la
stazione
in
Piazza
Fontana
,
ove
ha
pur
sede
l
'
Impresa
Gaetano
Lissoni
.
TARIFFE
DEGLI
OMNIBUS
.
Per
una
corsa
tra
la
Piazza
del
Duomo
ed
una
delle
Porte
della
città
indicate
o
viceversa
L
.
10
Per
una
corsa
degli
Oumibue
in
servizio
delle
ferrovie
tra
la
Piazza
del
Duomo
e
la
Stazione
Centrale
,
o
quella
di
Vigevano
L
25
Per
un
bagaglio
della
dimensione
non
maggiore
di
centimetri
60
L
25
Per
ogni
bagaglio
di
maggior
dimensione
L
50
LINEE
PERCORSE
DALLE
VETTURE
OMMIBUS
DELLA
SOCIETA
'
ANONIMA
(
Veggasi
la
pianta
della
Città
in
fine
della
Guida
)
.
DALLA
PIAZZA
DEL
DUOMO
ALLA
PORTA
VENEZIA
Linea
A
Colore
Rosso
:
Piazza
del
Duomo
,
Corso
Vittorio
Emanuele
,
Corso
Venezia
alla
Porta
.
DALLA
PIAZZA
DEL
DUOMO
ALLA
PORTA
NUOVA
.
Linea
B
Colore
Azzurro
:
1
.
Piazza
del
Duomo
,
via
Carlo
Alberto
,
via
S
.
Margherita
,
Piazza
del
Teatro
alla
Scala
,
via
del
Giardino
,
via
Fate
-
bene
-
fratelli
,
Corso
di
Porta
Nuova
,
alla
Porta
.
2
.
Piazza
del
Duomo
,
via
S
.
Radegonda
,
Piazza
S
.
Fedele
,
via
delle
Case
Rotte
,
Piazza
del
Teatro
alla
Scala
,
via
di
S
.
Giuseppe
,
via
di
Brera
,
via
Solferino
,
via
Castelfidardo
alla
Porta
Nuova
.
DALLA
PIAZZA
DEL
DUOMO
ALLA
BARRIERA
PRINC
.
e
UMBERTO
.
Linea
C
Colore
Terraceo
:
Piazza
del
Duomo
,
Corso
Vittorio
Emanuele
,
via
Monte
Napoleone
,
via
del
Giardino
,
Piazza
Cavour
,
via
Principe
Umberto
alla
Barriera
.
DALLA
PIAZZA
DEL
DUOMO
ALLA
PORTA
TENAGLIA
.
Linea
D
Colore
Violaceo
:
Piazza
del
Duomo
,
via
S
.
Radegonda
,
Piazza
S
.
Fedele
,
via
delle
Case
rotte
,
Piazza
del
Teatro
alla
Scala
,
via
di
S
.
Giuseppe
,
via
dell
'
Orso
,
Ponte
Vetero
,
Corso
Garibaldi
,
via
dell
'
Anfiteatro
,
via
Legnano
alla
Porta
Tenaglia
.
DALLA
PIAZZA
DEL
DUOMO
ALLA
PORTA
MAGENTA
.
Linea
E
Colore
Giallo
:
Piazza
del
Duomo
,
via
Carlo
Alberto
,
Piazza
Mercanti
,
via
Fustagnari
,
Cordusio
,
via
di
S
.
Maria
Segreta
,
via
dei
Meravigli
,
via
di
S
.
Maria
alla
Porta
,
Corso
Magenta
alla
Porta
.
DALLA
PIAZZA
DEL
DUOMO
ALLA
PIAZZA
DI
SAN
VITTORE
.
Linea
F
Colore
Verde
:
Piazza
del
Duomo
,
via
Torino
,
via
Spadari
,
via
Armorari
,
via
Boschetto
,
Cinque
Vie
,
via
di
S
.
Maria
Podone
,
via
S
.
Orsola
,
via
del
Cappuccio
,
via
S
.
Valeria
,
Piazza
di
S
.
Ambrogio
,
via
S
.
Vittore
alla
Piazza
.
DALLA
PIAZZA
DEL
DUOMO
ALLA
PORTA
ROMANA
.
Linea
G
Colore
Arancio
:
Piazza
del
Duomo
,
via
dei
Cappellari
,
via
dei
Rastrelli
,
via
Larga
,
via
Velasca
,
Corso
di
Porta
Romana
alla
Porta
.
DALLA
PIAZZA
DEL
DUOMO
ALLA
PORTA
VITTORIA
.
Linea
H
Colore
Ceruleo
:
Piazza
del
Duomo
,
Corso
Vittorio
Emanuele
,
via
del
Palazzo
di
Giustizia
(
quanto
prima
si
chiamerà
Beccaria
)
,
via
di
S
.
Zeno
,
Verziere
,
via
di
S
.
Pietro
in
Gessate
,
Corso
di
Porta
Vittoria
alla
Porta
.
DALLA
PORTA
TICINESE
ALLA
PORTA
GARIBALDI
.
Linea
I
Colore
Rosa
:
Corso
di
Porta
Ticinese
,
Carrobbio
,
via
Torino
,
Piazza
del
Duomo
,
via
Carlo
Alberto
,
Piazza
dei
Mercanti
,
via
dei
Fustagnari
,
Cordusio
,
via
Broletto
,
Ponte
Vetero
,
Corso
Garibaldi
alla
Porta
.
NB
.
Le
Imprese
degli
Omnibus
Antonio
Vismara
,
Michele
e
Gaetano
Lissoni
,
accennate
di
sopra
,
percorrono
linee
già
intrecciate
dalla
Società
principale
,
che
è
l
'
Anonima
.
Linea
A
.
(
Colore
rosso
Porta
Venezia
)
.
MONUMENTI
EDIFICI
RIMARCHEVOLI
,
ECC
.
Palazzo
di
Corte
(
Si
può
visitare
nelle
ore
del
giorno
)
.
Arcivescovado
.
Piazza
Fontana
.
Palazzo
del
Duomo
.
Galleria
Vittorio
Emanuele
.
Uomo
di
Pietra
.
Galleria
De
Cristoforis
.
Colonna
di
San
Babila
.
Palazzo
di
Prefettura
.
Regio
Conservatorio
.
Reale
Collegio
delle
fanciulle
.
Seminario
.
Palazzo
delle
Assisie
.
Serbelloni
.
Ciani
.
Saporiti
.
Barriera
.
Lazzaretto
.
Giardini
Pubblici
.
Museo
Civico
.
Villa
Reale
(
Si
può
visitare
nelle
ore
del
giorno
)
.
CHIESE
.
Metropolitana
e
sue
ricchezze
.
Di
Campo
Santo
.
Di
San
Carlo
.
Di
San
Babila
.
Della
Passione
.
TEATRI
.
Santa
Radegonda
.
Teatro
milanese
.
ALBERGHI
ANCHE
CON
SERVIZIO
DI
TAVOLA
(
*
)
Agnello
.
Ancora
.
Roma
.
Europa
.
Francia
.
Ville
(
De
la
)
(
Solo
pranzo
alla
sera
)
.
Leone
.
Biscione
(
Piazza
Fontana
)
.
(
*
)
Cucina
pronta
a
tutte
le
ore
.
Pranzo
alla
carta
ed
a
prezzo
fisso
,
od
a
piacere
.
PIAZZA
DEL
DUOMO
.
La
nuova
Piazza
del
Duomo
è
in
corso
di
esecuzione
su
disegno
dell
'
architetto
comm
.
Giuseppe
Mengoni
da
Bologna
.
I
lavori
vennero
cominciati
nel
marzo
1870
.
Metropolitana
.
Fra
i
più
celebri
e
rinomati
edifici
,
non
solo
d
'
Italia
,
ma
benanco
d
'
Europa
,
è
la
nostra
Cattedrale
.
Questa
insigne
chiesa
ebbe
principio
l
'
anno
1386
al
15
marzo
;
venne
innalzata
sulle
rovine
della
antica
chiesa
di
Santa
Maria
Maggiore
,
o
Duomo
jemale
,
nel
luogo
ove
era
già
il
tempio
pagano
a
Minerva
.
Le
fondamenta
di
essa
furono
fatte
gettare
da
Gian
Galezzo
Visconti
,
signore
di
Milano
,
allo
scopo
di
costruire
un
monumento
che
,
nella
sua
magnificenza
e
gigantesca
mole
,
attestasse
la
grandezza
del
suo
potere
.
Per
la
costruzione
assegnò
vistose
rendite
,
e
donò
la
copiosissima
cava
di
marmi
bianchi
di
Gandoglia
,
che
trovasi
presso
il
Lago
Maggiore
.
Ignorasi
tuttodì
quale
ne
sia
stato
l
'
architetto
;
ovvi
però
chi
ne
attribuisce
il
disegno
al
tedesco
Enrico
Gamodia
,
e
chi
allo
svizzero
Marco
da
Campione
.
Il
nostro
Omodeo
nel
1490
innalzava
la
massima
aguglia
.
Il
Pellegrini
,
e
quindi
il
Richini
o
Cerano
disarmonizzarono
collo
stile
greco
-
romano
il
carattere
gotico
del
tempio
nella
facciata
,
che
fu
compiuta
soltanto
nel
1810
per
ordine
di
Napoleone
I
dal
Pollak
e
dall
'
Amati
.
L
'
interno
è
a
croce
latina
,
di
-
viso
in
cinque
navate
da
52
piloni
sorreggenti
la
volta
.
La
lunghezza
dalla
porta
d
'
ingresso
allo
sfondo
del
coro
è
di
metri
148;
la
larghezza
nella
croce
di
87
,
e
l
'
altezza
alla
statua
della
Madonna
di
108
.
Dal
piano
al
sommo
della
massima
cupola
si
ascende
per
328
gradini
(
*
)
.
E
bello
dall
'
alto
mirare
la
sottoposta
marmorea
mole
,
stupenda
per
le
116
guglie
piramideggianti
,
per
le
4000
e
più
statue
,
poi
trafori
,
balaustrate
e
terrazzi
,
lavori
di
più
se
-
coli
;
ed
intorno
l
'
animato
spettacolo
della
lombarda
metropoli
;
e
più
lungi
1'
ubertoso
agro
(
*
)
Si
può
salire
sul
Duomo
mediante
pagamento
di
una
tassa
di
centesimi
25
per
ogni
persona
da
mezz
'
ora
dopo
1'Ave
Maria
del
mattino
ad
un
'
ora
prima
di
quella
della
sera
.
Una
disposizione
dell
'
Autorità
non
permette
che
si
abbia
a
salire
da
soli
.
milanese
,
dove
la
celebre
Abbazia
di
Chiaravalle
,
e
più
remota
la
maestosa
Certosa
di
Pavia
,
e
il
memorabile
campo
di
battaglia
di
Magenta
,
e
gli
ameni
colli
della
Brianza
colla
Rotonda
del
Cagnola
,
e
infine
la
catena
dei
monti
che
trasportano
il
pensiero
fra
le
delizie
dei
laghi
di
Como
e
di
Lecco
.
Nell
'
interno
del
Duomo
,
dove
la
luce
penetra
attraverso
le
vetriate
dipinte
,
quali
da
artisti
del
500
,
quali
dai
contemporanei
Bertini
,
spiccano
i
monumenti
eretti
all
'
arcivescovo
Ariberto
,
l
'
inventore
del
Carroccio
;
a
Gian
Giacomo
de
'
Medici
,
che
vuolsi
disegno
del
Michelangelo
con
statue
di
bronzo
di
Leone
Leoni
;
al
Vimercate
e
al
Caracciolo
,
del
Bambaja
,
autore
dell
'
altare
della
presentazione
;
a
Ottone
Giovanni
Visconti
;
all
'
arcivescovo
Arcimboldi
;
inoltre
ammiransi
1'
urna
di
porfido
del
Battistero
,
le
statue
di
Martino
V
e
di
Pio
IV
de
'
Medici
,
quella
di
San
Bartolomeo
dell
'
Agrati
,
i
bassorilievi
del
capocroce
allo
svolto
,
e
le
statue
del
Bussola
,
la
Madonna
dell
'
albero
del
Buzzi
,
denominata
dal
ricco
candelabro
che
sta
dinanzi
all
'
altare
;
i
pulpiti
rivestiti
di
rame
stonati
da
Andrea
Pelizzone
e
sostenuti
ciascuno
da
quattro
cariatidi
`
di
bronzo
;
gli
intagli
degli
stalli
del
coro
,
della
cantoria
;
il
tabernacolo
all
'
altare
maggiore
,
opera
dei
Solari
lombardi
e
dono
di
Pio
IV
;
infine
nella
segrestia
meridionale
il
Tesoro
,
e
nella
cripta
o
cappella
sotterranea
,
la
preziosa
urna
ove
riposa
la
salma
dell
'
arcivescovo
S
.
Carlo
.
Nel
principio
del
Duomo
ovvi
una
meridiana
eseguita
nella
seconda
metà
.
del
secolo
passato
sotto
la
direzione
dell
'
illustre
astronomo
Boscovich
,
la
cui
perfezione
subì
qualche
pregiudizio
in
occasione
in
cui
si
rifece
il
pavimento
.
Palazzo
Reale
.
L
'
area
ove
ora
sorge
questo
edificio
era
anticamente
Il
Broletto
,
o
sede
del
-
'
autorità
cittadina
.
Trasferito
il
Municipio
nel
1228
in
Piazza
Mercanti
,
Matteo
I
Visconti
converse
quel
luogo
in
palazzo
ducale
;
Azzone
nel
1336
lo
ornò
;
Galeazzo
II
lo
rifabbricò
,
e
Francesco
Sforza
lo
abbellì
.
Il
palazzo
era
al
di
fuori
cinto
da
portici
,
rinforzati
da
quattro
torrioni
,
e
per
una
via
sopra
i
tetti
comunicava
col
privato
palazzo
del
Visconti
a
S
.
Giovanni
in
Conca
.
Logorato
dagli
anni
,
fu
nel
1662
modificato
,
per
ordine
del
governatore
Don
Luigi
de
Gusman
Ponza
di
Leon
,
dall
'
architetto
Ambrogio
Pessina
con
due
grandi
portici
laterali
,
sui
quali
erano
dipinti
in
medaglie
i
ritratti
dei
governatori
di
Milano
.
L
'
arciduca
Ferdinando
lo
fece
rifabbricare
tra
gli
anni
1772
al
1778
,
come
è
al
presente
dall
'
architetto
Giuseppe
Piermarini
da
Foligno
,
scolaro
di
Luigi
Vanvitelli
napoletano
(
*
)
.
Il
palazzo
è
grandioso
,
e
le
stanze
sono
addobbate
con
lusso
,
adorne
di
bei
damaschi
,
di
stucchi
e
di
pitture
di
Giocondo
Albertolli
,
Knoller
,
Traballesi
,
Hayez
,
Palagi
;
ma
sopratutto
di
Andrea
Appiani
.
Magnifica
è
la
gran
sala
delle
Cariatidi
.
Nel
1796
vi
furono
posti
gli
uffici
della
Re
-
pubblica
Cisalpina
.
Nella
maggior
sala
il
giorno
9
luglio
1797
vi
si
diede
il
gran
pranzo
(
*
)
Fu
la
prima
opera
del
Piermarini
in
Milano
.
patriottico
ai
deputati
di
tutti
i
comuni
di
Lombardia
,
destinati
a
dare
il
loro
voto
a
nome
del
popolo
per
la
creazione
della
Repubblica
Cisalpina
.
Soggiacque
dopo
il
1799
a
varie
desti
-
nazioni
;
finchè
vi
fu
insediata
il
24
giugno
1802
la
sede
del
governo
della
Repubblica
Italiana
.
Creato
il
Regno
d
'
Italia
servì
di
abitazione
al
Vice
-
Re
,
principe
Eugenio
di
Beauharnais
;
come
poi
lo
fu
dal
1818
al
1848
pel
Vice
-
Re
austriaco
,
l
'
arciduca
Rainieri
.
Oggi
è
di
proprietà
del
Re
.
Al
.
palazzo
reale
è
unita
una
chiesa
dedicata
a
San
Gottardo
,
pur
fatta
erigere
da
Azzone
,
la
quale
conserva
tuttodì
della
sua
antica
costruzione
in
terra
cotta
e
dello
stile
del
XIV
secolo
,
il
poscoro
e
il
campanile
,
il
più
bello
della
città
,
e
dove
fu
posto
nel
1336
dal
Visconti
il
primo
orologio
a
batteria
che
suonasse
in
Italia
.
Fu
in
diverse
epoche
rimodernata
:
vi
sono
pitture
di
Knoller
e
Traballesi
.
Sulla
soglia
di
questo
tempio
,
la
mattina
del
16
maggio
1412
,
veniva
pugnalato
il
duca
Giovanni
Maria
Visconti
,
il
quale
,
a
soli
20
anni
,
si
era
già
mostrato
uno
dei
più
atroci
tiranni
.
Arcivescovado
.
Il
primitivo
edificio
fu
di
-
strutto
da
Attila
,
e
rialzato
quindi
nel
573
dal
metropolita
Lorenzo
II
;
atterrato
ancora
dal
Barbarossa
,
venne
ricostruito
nel
1178
,
dopo
il
trionfo
di
Legnano
,
dall
'
arcivescovo
Galdino
,
e
reso
più
agiato
da
Giovanni
Visconti
,
e
più
ancora
nell
'
anno
1494
da
Guido
Antonio
Arcimboldi
.
.
Nel
1565
San
Carlo
Borromeo
lo
compì
per
opera
del
Pellegrini
,
il
quale
architetto
ideò
il
magnifico
cortile
con
portici
dorici
sotto
,
e
jonî
sopra
e
la
porta
bugnata
verso
la
via
delle
Ore
,
e
1'
altra
verso
il
Duomo
.
Del
Pellegrini
è
anche
la
bella
scuderia
di
forma
decagona
a
tre
piani
.
Il
cortile
verso
la
Piazza
Fontana
è
opera
di
Fabio
Mangone
,
fatta
eseguire
dal
cardinale
Federico
Borromeo
.
Nel
1797
vennero
sloggiati
i
preti
,
e
vi
fu
insediato
mi
Consiglio
militare
francese
,
unitamente
alle
carceri
pei
detenuti
francesi
e
cisalpini
,
e
verso
la
fine
del
1798
vi
risiedette
il
Comitato
di
Polizia
.
Dal
1799
in
avanti
ritornò
esclusiva
sede
degli
arcivescovi
.
Nel
cortile
del
Pellegrini
veggonsi
ora
due
magnifiche
statue
colossali
,
il
Mosè
di
A
.
Tandardini
e
l
'
Aronne
di
G
.
Stilizza
.
Nelle
stanze
Arcivescovili
vi
è
una
Galleria
di
quadri
fondata
dai
cardinali
Monti
e
Pozzobonelli
.
Piazza
Fontana
.
A
questa
Piazza
si
diede
il
nome
di
Fontana
,
allorchè
nel
1780
venne
abbellita
e
lastricata
,
ponendovisi
nel
mezzo
la
fontana
di
granito
rosso
,
ridotto
a
lucido
,
disegno
di
Piermarini
,
con
due
bellissime
Sirene
di
marmo
bianco
di
Carrara
,
opera
di
Giuseppe
Franchi
carrarese
,
celebre
professore
di
scultura
nell
'
Accademia
di
Belle
Arti
.
L
'
acqua
per
l
'
alimento
della
fontana
si
trae
dal
canale
Seveso
,
che
scorre
di
sotto
la
città
,
per
mezzo
di
una
ruota
mossa
continuamente
dalle
acque
medesime
del
Seveso
.
Questo
luogo
era
il
Viridarium
degli
antichi
,
e
,
se
si
deve
credere
al
Fiamma
,
vi
era
un
vasto
giardino
,
nel
mezzo
del
quale
i
Gentili
veneravano
la
statua
della
dea
Februa
,
quale
oracolo
a
cui
ricorrevano
per
le
predizioni
sopra
l
'
esito
della
guerra
.
Nell
'
anno
1864
,
idi
primavera
,
fa
abbellita
da
verdi
zolle
ed
alberi
e
sedili
a
cura
del
Municipio
.
Palazzo
della
fabbrica
del
Duomo
.
A
tergo
della
Metropolitana
ovvi
il
palazzo
sede
dell
'
Amministrazione
della
fabbrica
del
Duomo
.
Venne
eretto
su
disegno
dell
'
architetto
Pietro
Pestagalli
dopo
1'
anno
1845
.
La
facciata
a
colonne
ne
è
grandiosa
.
Nell
'
interno
del
palazzo
trovasi
la
piccola
chiesa
dell
'
Annunziata
,
detta
di
Campo
Santo
,
perchè
nel
medio
evo
in
questo
luogo
eravi
un
cimitero
.
Sull
'
altare
si
vede
un
basso
rilievo
di
marmo
di
fabbrica
che
doveva
essere
posto
ad
ornamento
della
porta
settentrionale
della
Metropolitana
.
In
questa
Piazza
si
esponeva
nel
medio
evo
,
in
tempo
di
pace
,
il
famoso
Carroccio
.
Teatro
Santa
Radegonda
.
Qui
presso
,
nella
via
omonima
,
è
il
teatro
di
Santa
Radegonda
costruito
nel
1850
,
sull
'
area
di
una
sala
che
serviva
a
pubblici
trattenimenti
,
con
disegno
dell
'
architetto
Giacomo
Moraglia
.
Ivi
era
l
'
antica
chiesa
di
Santa
Radegonda
,
demolita
nel
1783
,
nel
cui
spazio
veniva
eretto
verso
il
1803
un
teatro
per
marionette
dalla
signora
Anastasia
Franzini
,
vedova
Barbini
in
società
con
Carlo
Re
,
e
quindi
convertito
dalla
sola
Barbini
in
teatro
per
opera
o
commedia
circa
l
'
anno
1810;
e
il
vecchio
teatro
durò
a
tale
uso
per
alcuni
anni
soltanto
.
Galleria
Vittorio
Emanuele
.
I
lavori
di
questa
Galleria
,
unica
al
mondo
,
vennero
solennemente
iniziati
il
7
marzo
1865
,
avendovi
posta
la
prima
pietra
re
Vittorio
Emanuele
.
L
'
architetto
ne
fu
il
comm
.
Giuseppe
Mengoni
.
La
costruzione
durò
due
anni
e
mezzo
circa
.
Fu
aperta
al
pubblico
il
15
settembre
1867
.
Misura
metri
195
di
lunghezza
;
metri
14
,
50
di
larghezza
;
all
'
ottagono
la
larghezza
è
di
metri
39
.
La
superficie
totale
dei
fabbricati
è
di
metri
quadrati
8600
.
L
'
altezza
dei
fabbricati
è
di
metri
26;
quella
dal
piano
alla
sommità
dei
vetri
nelle
braccia
intorno
all
'
ottagono
è
di
metri
32
,
e
di
metri
50
l
'
altezza
della
cupola
dell
'
ottagono
.
Gli
archi
maggiori
verso
le
Piazze
del
Duomo
e
della
Scala
hanno
una
luce
di
metri
24
per
metri
12
,
21;
quelli
d
'
ingresso
verso
le
vie
Silvio
Pellico
e
Berchet
metri
23
per
metri
12
.
Venticinque
statue
d
'
illustri
italiani
,
eseguite
da
artisti
milanesi
,
adornano
gli
ingressi
e
l
'
ottagono
.
Quattro
affreschi
veggonsi
negli
scompartimenti
della
volta
dell
'
ottagono
,
larghi
metri
15
,
alti
7
,
50;
e
furono
eseguiti
:
L
'
Europa
,
dal
Petrasanta
;
L
'
Asia
,
dal
Giuliano
;
L
'
Africa
,
dal
Tagliano
;
L
'
America
,
dal
Casnedi
.
Gli
stessi
egregi
artisti
eseguirono
nei
pennacchi
dei
due
grandi
archi
laterali
quattro
figure
;
sono
all
'
arco
verso
la
via
Silvio
Pellico
:
La
Scienza
,
del
Pagliano
,
e
L
'
Industria
,
del
Pietrasanta
.
All
'
arco
verso
la
via
Berchet
:
L
'
Arte
,
del
Canedi
,
e
L
'
Agricoltura
,
del
Pagliano
.
In
questa
Galleria
vi
sono
magnifici
negozi
,
e
i
due
più
eleganti
caffè
di
Milano
(
*
)
.
DALLA
PIAZZA
DEL
DUOMO
A
PORTA
VENEZIA
.
Teatro
milanese
.
Questo
teatro
venne
fondato
dal
dottor
Carlo
Righetti
nell
'
anno
1869
per
rappresentazioni
in
dialetto
milanese
ed
operette
buffe
;
è
sotto
gli
auspici
di
un
'
Accademia
,
il
cui
presidente
è
il
Sindaco
di
Milano
,
e
conta
fra
i
soci
onorari
illustrazioni
dell
'
arte
cittadina
.
Il
locale
fu
ridotto
in
forma
di
teatro
a
spese
del
fondatore
su
disegno
dell
'
architetto
Carlo
Vismara
;
è
molto
elegante
;
possiede
pitture
pregevoli
,
fra
le
quali
due
quadri
del
Domenico
Induno
.
Pur
bello
è
il
telone
,
rappresentante
Meneghino
che
cede
il
primato
alla
giovane
Commedia
milanese
.
L
'
Uomo
di
Pietra
.
Sul
Corso
Vittorio
Emanuele
,
all
'
altezza
del
primo
piano
della
casa
N
.
29
,
evvi
incastrata
al
muro
un
'
antica
statua
molto
digradata
dal
tempo
,
che
il
popolo
designa
col
nome
di
Uomo
di
Pietra
,
e
che
rappresenta
(
*
)
Sulla
prima
pietra
della
Galleria
sta
incisa
la
seguente
epigrafe
:
VITTORIO
EMANUELE
RE
D
'
ITALIA
POSE
7
MARZO
1865
AUSPICE
IL
RE
.
MAGNANIMO
DITE
RIVENDICAVA
L
'
ITALIA
A
LIBERTA
'
MILANO
INIZIA
LE
GRANDI
IMPRESE
DEI
.
LAVORO
E
DELL
'
ARTE
CHE
NELLA
LIBERTA
'
HANNO
VITA
RIGOGLIOSA
E
FECONDA
.
una
persona
togata
.
Varie
sono
le
opinioni
intorno
a
questa
statua
;
alcuni
la
vogliono
attribuire
a
Cicerone
,
per
essere
scritta
ai
piedi
una
sentenza
di
questo
oratore
;
altri
a
Mario
,
od
a
Cesare
,
ed
altri
ad
Adelmano
Menclozio
,
creato
arcivescovo
di
Milano
l
'
anno
948
,
per
la
vicinanza
della
di
lui
casa
di
abitazione
,
e
per
avere
esso
fatta
in
quel
luogo
fabbricare
una
chiesa
,
demolita
nel
1787
.
Più
probabile
è
l
'
asserto
del
Grazioli
che
la
vuole
di
qualche
console
romano
,
che
,
benemerito
di
Milano
,
ha
con
-
seguito
l
'
onore
della
statua
.
Chiesa
di
S
.
Carlo
.
Sull
'
area
dell
'
antica
chiesa
di
Santa
Maria
dei
Servi
o
del
Sacco
,
che
da
ultimo
era
stata
ridotta
dalla
gotica
forma
dal
Pellegrini
,
si
gettavano
le
fondamenta
nell
'
anno
1838
della
chiesa
attuale
di
S
.
Carlo
,
che
fu
terminata
nel
1851
.
Costò
circa
3,000,000
di
lire
.
Il
disegno
,
non
troppo
felice
,
è
dell
'
Amati
.
Dicontro
alla
chiesa
evvi
il
grande
Albergo
della
Ville
,
fabbricato
non
sono
molti
anni
.
Galleria
De
-
Cristoforis
.
Vicino
alla
chiesa
di
San
Carlo
vi
è
la
Galleria
De
-
Cristoforis
.
Venne
incominciata
nell
'
anno
1830
,
ed
inaugurata
nel
1832
con
una
sfarzosa
festa
da
ballo
in
costume
,
data
dall
'
arciduca
vicere
Rainieri
.
L
'
elegante
disegno
è
dell
'
architetto
Andrea
Pizzala
;
fu
costruita
sull
'
area
di
antico
palazzo
appartente
al
duca
Serbelloni
.
Leone
di
Porta
Venezia
.
Il
leone
su
di
una
colonna
,
che
vedesi
a
destra
nel
principio
del
Corso
di
Porta
Venezia
risale
al
1502
,
e
fu
eseguito
a
spese
della
città
per
volere
del
prefetto
Catiliano
Cotta
.
La
colonna
venne
eretta
soltanto
nel
1626
da
Carlo
Francesco
Serbelloni
.
Varie
sono
le
asserzioni
degli
storici
su
questo
monumento
;
alcuni
opinano
sia
testimonio
della
vittoria
riportata
da
Francesco
I
Sforza
sui
Veneti
a
Caravaggio
;
altri
lo
stemma
della
Porta
Orientale
,
che
era
uno
stendardo
bianco
con
lione
nero
.
Chiesa
di
San
Babila
.
Sulle
rovine
dell
'
antico
tempio
del
Sole
venne
innalzata
la
chiesa
di
San
Babila
.
Subì
una
totale
riforma
nel
1588
,
e
fu
anco
a
'
nostri
giorni
rimodernata
.
La
chiesa
era
anticamente
fuori
delle
mura
della
città
,
le
quali
seguivano
la
linea
delle
due
vi
-
cine
vie
del
Monte
Napoleone
e
Durini
.
Palazzo
di
Prefettura
.
Nella
vicina
via
di
Monforte
,
che
si
trova
a
destra
della
chiesa
di
San
Babila
,
evvi
il
palazzo
della
Regia
Prefettura
,
residenza
pure
del
Prefetto
.
Il
disegno
di
questo
palazzo
è
di
Giovanni
Battista
Diotti
,
che
ne
era
proprietario
.
In
una
delle
sue
sale
possiede
pitture
dell
'
Appiani
.
L
'
attuale
facciata
venne
costruita
dipoi
con
disegno
dell
'
architetto
Pietro
Gilardoni
,
e
terminata
nel
1818
.
Innanzi
a
questo
edificio
,
già
sede
dei
governatori
austriaci
,
cominciò
la
gloriosa
lotta
delle
cinque
giornate
del
marzo
1848
,
che
finì
colla
cacciata
degli
Austriaci
dalla
città
.
Chiesa
di
Santa
Maria
della
Passione
.
La
chiesa
di
Santa
Maria
della
Passione
,
che
trovasi
nella
vicina
via
del
Conservatorio
,
fu
fatta
innalzare
,
in
forma
di
croce
greca
,
da
Daniele
Birago
,
arcivescovo
di
Mitilene
(
in
partibus
)
nel
1485
,
e
donata
ai
padri
lateranensi
.
Il
celebre
scultore
Cristoforo
Solari
,
detto
il
Gobbo
,
eresse
nel
1530
la
grandiosa
sua
cupola
.
Nel
1692
venne
ridotto
il
tempio
a
croce
latina
.
-
-
La
stravagante
facciata
fu
disegnata
dall
'
architetto
Rusnati
.
Questa
chiesa
ha
peregrine
pitture
di
Bernardino
Luini
,
di
Daniele
Crespi
,
di
Giulio
Campi
,
di
Cesare
Procaccini
,
di
Enea
Salmeggia
,
di
Gaudenzio
Ferrari
,
ecc
.
Degno
di
ammirazione
è
il
bellissimo
monumento
a
Daniele
Birago
,
opera
del
celebre
Andrea
Fusina
,
che
lo
eseguì
nel
1495
.
Regio
Conservatorio
.
Presso
la
chiesa
della
Passione
vi
è
il
Regio
Conservatorio
di
Musica
,
il
cui
edificio
,
già
convento
dei
padri
lateranensi
,
non
offre
nulla
di
rimarchevole
.
Il
Conservatorio
fu
istituito
nel
1808
a
spese
del
governo
.
Dell
'
antico
refettorio
si
formò
una
elegante
sala
con
palco
ad
uso
di
teatro
,
testè
rimodernata
,
che
serve
per
accademie
vocali
ed
istrumentali
.
Nel
1868
venne
in
esso
creata
una
biblioteca
musicale
.
Reale
Collegio
delle
Fanciulle
.
Nella
via
della
Passione
,
vicinissima
al
Conservatorio
,
è
il
Reale
Collegio
delle
Fanciulle
.
Fu
esso
fon
-
dato
da
Napoleone
I
,
con
decreto
18
settembre
1808
,
e
riformato
nel
1861;
quivi
venne
da
altra
sede
trasportato
soltanto
nell
'
anno
1864
.
Vi
sono
stabiliti
24
posti
gratuiti
a
vantaggio
di
fanciulle
di
famiglie
civili
,
i
cui
genitori
abbiano
reso
notevoli
servigi
allo
Stato
.
Il
disegno
del
grandioso
edificio
è
dell
'
architetto
Besia
;
esso
era
prima
proprietà
_
del
conte
Archinti
.
Ritornando
sul
Corso
Venezia
per
la
via
della
Passione
,
e
quindi
lungo
il
Naviglio
,
troviamo
il
Seminario
.
Il
Seminario
Maggiore
fu
fatto
erigere
sull
'
area
di
una
casa
di
Umiliati
nel
1570
da
San
Carlo
Borromeo
,
su
disegno
di
Giuseppe
Meda
,
uomo
di
genio
intraprendente
e
perseverante
.
La
Porta
che
dal
Corso
mette
all
'
edificio
fu
aggiunta
,
circa
un
secolo
dopo
,
dall
'
arcivescovo
Alfonso
Litta
su
disegno
di
Richini
,
fiancheggiato
da
maestose
cariatidi
,
rappresentanti
la
Pietà
e
la
Sapienza
.
Il
grandioso
ed
imponente
cortile
è
degno
di
ammirazione
per
la
sua
vastità
e
bellezza
;
ha
due
ordini
architravati
l
'
uno
sopra
l
'
altro
con
colonne
maestose
binate
,
dorico
il
primo
,
jonico
il
secondo
.
Nel
1798
furono
i
seminaristi
traslocati
altrove
,
per
porre
in
quell
'
edificio
i
prigionieri
tedeschi
;
quindi
nel
1799
i
giovani
requisiti
per
le
milizie
della
Cisalpina
.
Nel
ritorno
degli
Imperiali
fu
rimesso
in
pristino
.
Nel
1859
servì
per
qualche
tempo
di
ospedale
militare
pei
sol
-
dati
feriti
,
austriaci
e
francesi
.
Casa
Castiglioni
.
Di
contro
al
Seminario
evvi
la
casa
bramantesca
ora
del
sig
.
Silvestri
,
e
già
di
proprietà
Stampa
-
Castiglioni
,
ed
in
origine
dei
marchesi
Pirovano
,
indi
degli
Scaccabarozzi
.
Questa
casa
,
in
oggi
molto
rovinata
ed
informe
,
si
annovera
solo
per
essere
stata
una
delle
prime
fabbriche
del
Bramante
,
e
di
sua
mano
dipinta
.
Ove
è
il
ponte
sorgevano
gli
Archi
o
Por
-
toni
di
Porta
Orientale
,
costruiti
di
viva
pietra
sulla
forma
delle
antiche
porte
romane
dopo
la
desolazione
di
Federico
Barbarossa
nel
1171
.
Su
di
essi
vedevasi
scolpita
una
scrofa
in
atto
di
allattare
i
suoi
piccoli
parti
.
Vennero
demoliti
nel
1819
(
*
)
.
Palazzo
delle
Assisie
.
Poco
discosto
dal
ponte
,
volgendo
a
sinistra
,
lungo
la
via
del
Senato
,
è
il
palazzo
sede
ora
della
Corte
d
'
Assisie
.
In
questo
luogo
sorgeva
anticamente
un
monastero
di
Umiliate
.
San
Carlo
Borromeo
nell
'
anno
1579
lo
fece
demolire
,
ed
affidò
l
'
incarico
all
'
architetto
Fabio
Mangone
di
costruirgli
un
nuovo
fabbricato
,
ove
istituì
un
Collegio
detto
elvetico
,
venendovi
educati
i
chierici
svizeri
.
Concorse
all
'
opera
anche
il
cardinale
Federico
Borromeo
.
L
'
edificio
è
de
'
pii
vasti
e
ben
architettati
che
si
conoscano
in
Italia
.
I
suoi
ampi
cortili
sono
adorni
di
doppio
porticato
dorico
e
jonico
,
con
colonne
di
granito
.
La
facciata
,
alquanto
barocca
,
è
del
Richini
.
Nel
1786
1'
edificio
fu
convertito
in
sede
del
governo
.
Nel
1797
fu
destinato
per
le
riunioni
del
Gran
Consiglio
dei
Juniori
della
Repubblica
Cisalpina
;
indi
per
sede
del
Ministero
della
guerra
della
Repubblica
Italiana
.
Sotto
il
Regno
italico
vi
aveva
residenza
il
Corpo
Legislativo
,
il
Senato
ed
il
Ministero
della
guerra
.
Nel
1817
il
governo
austriaco
vi
poneva
gli
Uffici
della
Contabilità
dello
Stato
,
la
quale
venne
abolita
,
con
poco
senno
,
nel
1864
.
(
*
)
Tre
erano
le
porte
costruite
sulla
forma
delle
romane
,
e
cioè
la
Orientale
,
la
Romana
,
demolita
nel
1782
.
e
gli
Archi
di
Porta
Nuova
.
Ritornando
al
ponte
di
Porta
Venezia
devonsi
rimarcare
:
Palazzo
Busca
.
Appena
passato
il
ponte
,
a
man
dritta
,
è
l
'
imponente
palazzo
del
defunto
Antonio
Busca
.
Apparteneva
già
alla
famiglia
Serbelloni
.
Lo
fece
innalzare
Giovanni
Galeazzo
Serbelloni
,
di
poi
consultore
della
Re
-
pubblica
Italiana
,
su
disegno
del
valente
architetto
Simone
Cantoni
;
venne
terminato
soltanto
nell
'
anno
1795
.
Magnifica
ne
è
specialmente
la
facciata
;
nel
mezzo
di
questa
si
vede
un
bellissimo
pezzo
architettonico
con
colonne
isolate
che
forma
una
loggia
maestosa
,
decorata
di
un
grande
bassorilievo
di
stucco
dello
scultore
Donato
Carabelli
,
rappresentante
alcuni
fatti
della
storia
di
Milano
del
tempo
di
Federico
Barbarossa
.
In
una
sala
del
primo
piano
vi
è
un
dipinto
del
Traballasi
,
Giunone
che
cerca
sedurre
Eolo
perchè
sommerga
il
naviglio
trojano
.
Sulla
facciata
di
questo
palazzo
,
verso
il
ponte
,
vi
è
una
lapide
che
ricorda
avere
ivi
preso
stanza
Napoleone
Bonaparte
,
entrato
la
prima
volta
in
Milano
,
il
15
maggio
1796
.
Il
giorno
8
giugno
1859
vi
abitò
il
re
Vittorio
Emanuele
.
Di
contro
al
palazzo
Busca
è
la
chiesa
di
San
Pietro
Celestino
;
possiede
buone
pitture
dello
Storer
e
del
Procaccini
,
ecc
.
Casa
Ciani
.
Poco
lungi
,
a
sinistra
,
vi
è
la
casa
del
barone
Ciani
,
sorprendente
per
decorazioni
in
terra
cotta
;
ha
bassorilievi
ed
iscrizioni
riferentisi
ai
gloriosi
fatti
delle
guerre
combattutesi
per
la
indipendenza
italiana
negli
anni
1859
e
1860
.
Palazzo
Saporiti
.
Nell
'
area
del
soppresso
convento
dei
cappuccini
a
Porta
Orientale
(
1810
)
,
citato
nei
Promessi
Sposi
del
Manzoni
,
un
signor
Belloni
,
arricchitosi
coi
giuochi
che
si
tenevano
nel
teatro
alla
Scala
,
su
disegno
dell
'
ingegnere
architetto
Giusti
,
verso
il
1811
,
faceva
innalzare
questo
palazzo
,
comperato
quindi
dalla
fa
-
miglia
dei
marchesi
Saporiti
.
Maestosa
ne
è
l
'
architettura
,
con
grandioso
colonnato
d
'
ordine
jonico
,
ricca
di
un
bassorilievo
di
Pompeo
Marchesi
e
di
varie
statue
di
divinità
,
in
parte
lavorate
dallo
stesso
Marchesi
ed
in
parte
da
Grazioso
Rusca
.
In
questo
tratto
di
Corso
è
pur
degno
di
essere
osservato
il
palazzo
Ponti
,
già
appartenente
alla
famiglia
Bovara
,
e
quindi
a
quella
dei
Camozzi
di
Bergamo
,
e
testè
al
Busca
.
L
'
elegante
disegno
di
esso
è
dell
'
architetto
Fe
-
lice
Soave
.
Fu
abitazione
degli
ambascia
-
tori
della
prima
Repubblica
Francese
.
Porta
Venezia
.
Questa
porta
si
chiamò
sino
al
1862
Orientale
,
anche
Lenza
,
per
corruzione
di
lingua
.
I
Romani
l
'
appellavano
Argentea
,
vuolsi
perchè
da
quivi
entravano
le
ricchezze
del
paese
.
Alcuni
storici
affermano
fosse
dedicata
al
Sole
,
perché
da
questa
parte
nasce
ad
illuminare
la
città
.
L
'
antica
porta
fu
demolita
nel
1784
,
e
in
quell
'
anno
venne
incominciata
la
nuova
su
disegno
del
Piermarini
;
i
lavori
non
terminarono
che
nel
1795
.
Nel
1827
l
'
Amministrazione
della
città
,
volendo
nuovamente
rifabbricarla
,
ne
affidò
il
lavoro
all
'
architetto
Rodolfo
Vantini
di
Brescia
,
che
lo
compì
nel
1831
.
L
'
esecuzione
di
questa
porta
o
barriera
,
con
colonne
,
statue
e
bassorilievi
,
è
molto
commendevole
.
La
Concordia
e
la
Giustizia
sono
di
Pompeo
Marchesi
;
1'
Eternità
e
la
Fedeltà
,
del
Monti
di
Ravenna
;
Cerere
e
Vulcano
,
di
Gandolfi
;
Minerva
e
Mercurio
,
di
Cacciatori
;
i
bassorilievi
di
Busca
,
Somaini
,
Sangiorgio
,
ecc
.
Il
Lazzaretto
.
Appena
fuori
di
Porta
Venezia
,
a
sinistra
,
è
situato
il
Lazzaretto
,
stato
eretto
su
disegno
di
Lazzaro
Palazzi
nel
1489
da
Lodovico
Sforza
,
detto
il
Moro
,
ad
insinuazione
di
Antonio
Bembo
,
dopo
la
pestilenza
dell
'
anno
1461
,
per
la
più
comoda
cura
e
separazione
delle
persone
sane
dalle
infette
.
Il
cardinale
Ascanio
Sforza
,
fratello
del
duca
,
contribuì
alla
generosa
impresa
.
Il
terreno
aveva
appartenuto
al
conte
Galeotto
Bevilacqua
,
che
ne
aveva
fatto
dono
all
'
Ospedale
Maggiore
.
-
-
La
fabbrica
nel
1507
fu
ridotta
come
al
presente
da
Luigi
XII
re
di
Francia
,
in
quell
'
epoca
signore
di
Milano
.
San
Carlo
,
su
disegno
del
Pellegrini
fece
erigere
nel
centro
una
bella
cappella
di
figura
ottagona
con
otto
arcate
aperte
,
affinchè
gli
ammalati
potesser
dalle
loro
celle
vedere
la
celebrazione
degli
uffici
divini
.
Dal
1785
in
poi
servì
1'
edificio
a
differenti
usi
.
Il
giorno
9
luglio
1797
si
celebrò
nel
Lazzaretto
la
generale
Federazione
di
tutti
i
capi
dei
diversi
dipartimenti
della
Repubblica
Cisalpina
;
venne
allora
denominato
Campo
di
Marte
,
innalzandovisi
la
statua
della
Libertà
,
che
venne
dal
popolo
spezzata
il
28
aprile
1799
,
all
'
entrare
dell
'
esercito
austro
-
russo
.
Manzoni
,
ne
'
suoi
Promessi
Sposi
,
descrive
sovranamente
questo
luogo
.
Dicontro
al
Lazzaretto
vi
è
la
R
.
Scuola
superiore
di
medicina
veterinaria
,
con
annesso
ospedale
per
cura
degli
animali
domestici
infermi
.
Poco
discosto
vi
è
pure
uno
stabilimento
per
lezioni
di
nuoto
,
detto
Bagno
di
Diana
,
che
fu
architettato
da
Andrea
Pizzala
.
Il
bello
stradone
,
che
si
presenta
dicontro
alla
porta
,
venne
decretato
da
Napoleone
I
.
Chiamasi
di
Loreto
;
esso
continua
sempre
così
maestoso
sino
alla
Reale
Villa
di
Monza
.
Giardini
Pubblici
.
Rientrando
in
città
per
la
Porta
Venezia
,
a
destra
,
si
presenta
il
magnifico
bastione
omonimo
.
Questo
tratto
di
bastione
,
tutto
alberato
a
doppio
ordine
di
ippocastani
,
con
comodi
marcia
-
piedi
,
che
si
estende
sino
a
Porta
Nuova
,
è
il
passeggio
preferito
dalla
popolazione
.
Qui
hanno
luogo
i
corsi
pei
quali
la
nostra
città
ha
rinomanza
.
A
destra
di
esso
godesi
la
veduta
degli
ameni
colli
briantei
,
e
dei
monti
comaschi
e
bergamaschi
fino
alle
grandi
Alpi
.
A
sinistra
presentansi
i
Giardini
Pubblici
.
Al
vecchio
Giardino
,
che
trovasi
tra
il
bastione
e
il
Corso
Venezia
,
si
scende
per
una
magnifica
gradinata
.
Esso
venne
ideato
dal
Piermarini
,
e
fu
incominciato
l
'
anno
1785
per
ordine
di
Giuseppe
II
nell
'
area
ove
già
sorgevano
i
monasteri
di
San
Dionigio
,
che
ricordava
l
'
arcivescovo
Ariberto
,
demolito
nel
1770
,
e
delle
Carcanine
,
demolito
nel
1775
.
E
disegnato
,
secondo
l
'
antico
gusto
francese
,
a
viali
regolari
con
un
folto
boschetto
,
fiancheggiante
il
giardino
della
Villa
Reale
.
Nel
mezzo
sorge
un
fabbricato
quadrato
ed
isolato
,
già
disegno
dello
stesso
Piermarini
.
Da
molti
anni
era
in
rovina
per
avvenutovi
incendio
.
Ora
,
a
cura
di
una
società
,
fu
ristaurato
ed
abbellito
sotto
la
direzione
dell
'
ingegnere
architetto
Giuseppe
Balzaretti
.
Nell
'
interno
questo
edificio
ha
un
'
elegante
sala
,
sorprendente
per
la
sua
ampiezza
;
essa
serve
per
concerti
musicali
,
feste
da
ballo
,
esposizioni
,
accade
-
mie
,
ecc
.
Fu
inaugurato
il
22
febbrajo
1871
.
Il
nuovo
giardino
,
incominciato
nel
1856
su
disegno
dell
'
ingegnere
Balzaretti
nell
'
area
principalmente
della
estesissima
ortaglia
già
di
proprietà
Dugnani
,
venne
aperto
al
pubblico
nel
1861;
esso
desta
l
'
ammirazione
di
tutti
per
la
bellezza
del
suo
disegno
;
è
a
viali
tortuosi
,
ad
ondulazioni
di
terreno
che
innalzasi
bruscamente
al
di
là
del
rivolo
che
lo
attraversa
in
senso
diagonale
.
Una
parte
di
questo
passeggio
è
ridotta
a
giardino
zoologico
.
Dal
bastione
vi
si
accede
da
un
ponte
di
ferro
;
ha
pure
parecchi
ingressi
dalla
via
Palestro
,
Piazza
Cavour
e
via
Manin
.
Nell
'
altipiano
evvi
un
elegante
caffè
assai
frequentato
nella
estiva
stagione
.
Questo
giardino
possiede
parecchie
statue
,
due
delle
quali
del
Pattinati
,
l
'
una
rappresentante
L
'
Italia
e
l
'
altra
Carlo
Porta
,
il
gran
poeta
milanese
.
Dal
nuovo
giardino
pubblico
si
può
accedere
al
Museo
Civico
(
*
)
.
Il
Museo
pervenne
al
Municipio
nel
1838
per
l
'
acquisto
da
esso
fatto
delle
ricche
raccolte
d
'
oggetti
naturali
,
di
proprietà
del
nobile
Giuseppe
De
Cristoforis
e
del
professore
Giorgio
Jan
;
ampliato
in
seguito
sempre
più
con
nuovi
acquisti
e
privati
doni
.
(
*
)
E
visibile
pubblicamente
nei
giorni
di
domenica
e
di
giovedì
,
dalle
ore
10
della
mattina
alle
4
pomeridiane
nell
'
estate
,
e
dalle
11
antimeridiane
e
3
pomeridiane
nell
'
inverno
;
negli
altri
giorni
devesi
ritirare
permesso
o
dei
Municipio
o
del
direttore
del
Museo
.
Venne
nell
'
attuale
edificio
trasferito
nel
1864
dalla
via
del
Circo
,
ed
ordinato
dai
professori
Jan
e
Cornalia
.
Racchiude
collezioni
di
ogni
ramo
di
zoologia
,
di
botanica
,
di
mineralogia
,
di
geologia
,
di
etnografia
ed
altre
istruttive
curiosità
.
Il
palazzo
apparteneva
alla
famiglia
Dugnani
sopra
nominata
,
e
conserva
ancora
vari
affreschi
del
Porta
di
Milano
,
e
del
'
I
'
iepolo
di
Venezia
.
In
esso
fu
per
qualche
tempo
il
Reale
collegio
delle
Fanciulle
.
Sotto
al
porticato
vi
è
un
gruppo
in
gesso
del
Marchesi
rappesentante
Ercole
che
libera
Alceste
.
Nella
via
Palestro
,
che
lambe
il
nuovo
giardino
pubblico
verso
la
città
,
evvi
la
Villa
Reale
.
Questo
palazzo
venne
eretto
su
elegante
e
sontuoso
disegno
dell
'
architetto
Leopoldo
Pollack
per
ordine
del
generale
Lodovico
Belgiojoso
;
fu
terminato
nel
1793
.
L
'
interno
e
l
'
esterno
dell
'
edifizio
annunziano
il
buon
gusto
dell
'
architetto
.
Sotto
il
regno
Italico
venne
in
possesso
del
governo
.
Vi
abitarono
principi
e
sovrani
;
nel
1859
Napoleone
III
,
vittorioso
sui
campi
di
Magenta
.
Ora
è
proprietà
del
principe
ereditario
Umberto
di
Piemonte
.
La
più
bella
facciata
di
esso
è
quella
verso
il
giardino
.
Grazioso
Rusca
,
Francesco
Carabelli
e
Bartolomeo
Ribossi
scolpirono
le
statue
che
adornano
in
alto
il
palazzo
.
Le
medaglie
all
'
interno
con
figure
a
basso
rilievo
di
stucco
,
rappresentanti
vari
fatti
storici
e
favolosi
,
di
cui
forni
i
soggetti
il
Panini
,
sono
di
Donato
Carabelli
,
di
Angelo
Pizzi
,
di
Carlo
Pozzi
e
di
Andrea
Casareggio
.
Nell
'
interno
ammirasi
una
grande
medaglia
di
Andrea
Appiani
,
che
rappresenta
il
Parnasso
,
ultima
opera
di
quel
pittore
,
e
affreschi
di
Bernardino
Luini
,
trasportativi
su
tavola
dal
casale
della
Pelucca
presso
Monza
.
Linea
B
(
N
.
1
.
Colore
azzurro
Porta
Nuova
)
.
Per
la
via
Carlo
Alberto
.
MONUMENTI
,
EDIFICI
RIMARCHEVOLI
,
ECC
.
Il
palazzo
della
Ragione
.
Loggia
degli
Osii
.
Palazzo
delle
Scuole
Palatine
,
ora
degli
Uffici
delle
Ipoteche
.
Collegio
dei
Giureconsulti
.
Questura
.
Archi
di
Porta
Nuova
.
Liceo
Panini
.
Convitto
nazionale
Longone
.
Ospedale
Fate
-
bene
-
fratelli
.
Istituto
dei
Ciechi
.
Casa
di
Salute
.
Fabbrica
dei
Tabacchi
.
Ospedale
Fate
-
bene
-
sorelle
.
Porta
Nuova
.
CHIESE
.
San
Francesco
da
Paola
.
Sant
'
Angelo
.
TEATRI
.
Teatro
Re
(
vecchio
)
.
La
Scala
.
Filo
-
drammatico
.
ALBERGHI
,
ECC
.
Milano
.
Annunciata
con
bagni
.
Aquila
.
Angioli
.
Gallo
.
Piazza
Mercanti
.
La
Piazza
Mercanti
,
così
detta
dalla
riunione
che
vi
facevano
i
mercanti
in
consiglio
in
occasione
di
qualche
loro
affare
,
è
un
vasto
quadrato
nel
centro
della
città
.
Nel
suo
mezzo
,
sopra
archi
tutti
aperti
,
s
'
innalza
l
'
archivio
notarile
,
insediatovi
il
1
ottobre
1775
.
Questo
edificio
,
isolato
e
grandioso
,
venne
eretto
nel
1233
da
Oldrado
da
Tresseno
di
Lodi
,
podestà
di
Milano
,
e
fu
chiamato
della
Ragione
,
come
quello
che
era
destinato
a
sede
del
Consiglio
generale
dei
cittadini
.
Riconoscente
Milano
al
podestà
fecegli
scolpire
una
statua
equestre
a
mezzo
rilievo
,
posta
nella
fronte
meridionale
del
palazzo
stesso
.
Dalla
parte
settentrionale
vedesi
inserita
in
un
pilastro
una
scrofa
pelosa
,
che
si
credette
fino
ai
giorni
nostri
avesse
dato
il
nome
a
Milano
.
La
bellissima
architettura
del
secolo
XIII
venne
deturpata
nel
1775
,
e
le
ampie
finestre
furono
chiuse
.
Ora
si
pensa
di
ripristinarla
,
e
venne
all
'
uopo
dalla
Regia
Accade
-
mia
di
Belle
Arti
aperto
un
concorso
.
Una
delle
finestre
verso
mezzodì
venne
nel
1870
scoperta
quale
modello
.
Di
contro
alla
statua
di
Oldrado
,
è
la
Loggia
degli
Osii
,
così
chiamata
da
una
famiglia
antica
ivi
esistente
,
fu
costruita
in
epoche
diverse
.
La
parte
più
antica
è
del
1316
,
e
la
si
deve
a
Matteo
Visconti
:
vuolsi
terminato
1'
edificio
da
Galeazzo
Il
.
E
di
marmo
bianco
e
nero
,
arricchita
da
stemmi
della
città
e
delle
sei
porte
,
ed
altri
dei
Visconti
e
degli
Sforza
.
Dal
suo
pulpito
,
detto
dal
volgo
parlera
,
si
leggevano
le
sentenze
di
morte
e
gli
atti
pubblici
;
qui
i
consoli
ed
i
podestà
parla
-
vano
al
popolo
.
Ora
è
sede
della
Camera
di
Commercio
.
Nel
palazzo
attiguo
stavano
le
Scuole
Palatine
,
nelle
quali
insegnarono
,
secondo
la
tradizione
,
Virgilio
,
Plinio
Secondo
,
Sant
'
Agostino
,
Emanuele
Crisolara
,
Demetrio
Calcondila
,
venuto
da
Costantinopoli
per
la
lingua
greca
,
Francesco
Filelfo
,
Giorgio
Merula
,
Pietro
Candido
Decembrio
,
ecc
.
Le
scuole
vennero
poi
riunite
al
Ginnasio
di
Brera
.
Il
palazzo
stesso
servì
,
in
sullo
scorcio
del
passato
secolo
e
in
sul
principio
del
presente
,
ad
uffici
dei
Tribunali
di
Prima
Istanza
ed
Appello
;
ora
è
sede
dello
Ufficio
delle
Ipoteche
.
Questa
parte
di
Piazza
,
precisamente
quella
fra
gli
edifici
descritti
,
era
pur
destinata
alla
esecuzione
delle
sentenze
di
morte
,
particolarmente
dei
nobili
(
*
)
.
Fu
qui
che
vennero
giustiziati
Francesco
,
Margherita
ed
altri
della
famiglia
Pusterla
.
Il
lato
settentrionale
della
Piazza
è
fiancheggiato
dalla
maestosa
e
ricca
fabbrica
dell
'
antico
Collegio
de
'
Giureconsulti
,
conti
e
cavalieri
,
chiuso
nel
1796
.
Fu
fatta
costruire
da
Pio
IV
de
'
Medici
con
disegno
di
Vincenzo
Seregni
.
E
formata
da
portici
arcuati
,
sostenuti
da
binate
colonne
doriche
,
poste
sopra
a
piedestalli
.
Il
secondo
ordine
ha
i
pilastri
ad
uso
di
termini
con
capitello
fonico
.
La
statua
in
marmo
di
Sant
'
Ambrogio
è
mediocre
lavoro
di
L
.
Scorzini
.
Nel
mezzo
sta
la
torre
,
dicesi
innalzata
da
Napo
della
Torre
l
'
anno
1272;
era
presso
il
Broletto
Nuovo
,
o
Municipio
,
stato
trasferito
,
come
abbiamo
veduto
,
in
questa
Piazza
nel
1228
,
ove
era
un
edificio
della
famiglia
Faroldi
.
Al
tempo
di
Fabrizio
Bossi
,
vicario
di
provvigione
,
fu
collocato
sulla
torre
1'
orologio
e
la
campana
del
pubblico
.
-
-
Ove
è
la
torre
da
duecento
anni
,
in
una
nicchia
,
inalzavasi
la
statua
d
'
ottima
scultura
rappresentante
Filippo
II
,
re
di
Spagna
.
La
statua
alla
venuta
dei
francesi
nel
1796
era
stata
rovesciata
,
e
mozza
del
capo
.
Lo
scultore
Carabelli
si
esibì
a
sostituirvi
quello
di
Bruto
.
(
*
)
Il
duplice
supplizio
della
decapitazione
o
della
forca
non
avevano
in
Milano
un
luogo
esclusivo
,
specialmente
pei
plebei
.
La
decapitazione
d
'
ordinario
si
eseguiva
a
mezzo
il
Corso
di
Porta
Tosa
(
ora
Verziere
)
;
il
patibolo
si
erigeva
al
prato
delle
forche
fuori
di
Porta
Vigentina
,
alla
Vetra
;
o
in
altri
siti
secondo
il
delitto
che
era
stato
perpetrato
.
Venne
la
statua
riformata
il
9
luglio
1797
,
giorno
primo
della
libertà
Cisalpina
,
ponendovi
ai
piedi
questa
iscrizione
:
ALL
'
IPOCRISIA
DI
FILIPPO
II
SUCCEDA
LA
VIRTU
'
DI
MARCO
GIUNIO
BRUTO
.
CITTADINI
SPECCHIATEVI
NEL
VOSTRO
PRIMO
PROCONSOLE
.
ANNO
V
REPUBBLICANO
XXI
MESSIDORO
.
Questa
statua
fu
levata
all
'
entrare
dei
coalizzati
(
28
aprile
1799
)
,
e
dal
popolo
deturpata
.
Il
collegio
dei
Giureconsulti
servì
in
seguito
per
gli
Uffici
della
Congregazione
Centrale
,
dell
'
I
-
spettorato
delle
Scuole
ecc
.
;
ora
è
occupato
dal
Comando
Superiore
della
Guardia
Nazionale
,
ed
in
parte
dalla
Borsa
.
Su
questa
Piazza
vedesi
un
pozzo
;
nel
1767
venne
ricostrutto
con
eleganza
dal
conte
Nicola
Visconti
prefetto
della
città
.
Al
N
.
19
sono
gli
Uffici
del
Telegrafo
.
Nella
vicina
via
Carlo
Alberto
vanno
sorgendo
grandiosi
edifici
,
fra
cui
citiamo
quelli
dei
fratelli
Conconi
,
disegno
dell
'
architetto
Jodani
,
dei
signori
Galli
e
Rosa
,
disegno
dell
'
architetto
Maurizio
Garavaglia
,
e
dei
fratelli
Cesati
e
fratelli
Bianchi
,
entrambi
disegno
dell
'
architetto
Bigatti
.
Presso
la
Piazza
Mercanti
,
in
fondo
alla
via
Ugo
Foscolo
,
evvi
il
Teatro
Re
(
vecchio
)
.
In
quell
'
area
sorgeva
ancora
nel
1811
1'
antica
chiesa
di
San
Salvatore
in
Xenodochio
,
fondata
nel
787
dall
'
arciprete
Dateo
col
primo
brefotrofio
sulle
rovine
di
una
grandiosa
fabbrica
romana
,
detta
il
Campidoglio
e
dedicata
a
Giove
.
L
'
Ospizio
dei
fanciulli
esposti
di
Dateo
era
ancora
in
prospere
condizioni
nell
'
undecimo
secolo
.
Nel
1811
la
chiesa
di
S
.
Salvatore
venne
comparata
all
'
asta
bandita
dalla
Prefettura
del
Monte
Napoleone
da
un
ex
-
calzolajo
Carlo
Re
,
il
quale
vi
fece
erigere
l
'
attuale
teatro
sul
disegno
del
Canonica
,
che
venne
inaugurato
sulla
fine
del
1513
.
Questo
teatro
sta
per
essere
demolito
.
Nella
via
Santa
Margherita
trovansi
gli
uffici
della
Regia
Questura
.
Ove
è
la
R
.
Questura
esisteva
l
'
antico
e
vasto
monastero
di
Santa
Maria
di
Giasone
,
detto
quindi
di
Santa
Margherita
.
-
-
Il
disegno
dell
'
attuale
fabbricato
è
dell
'
ingegnere
architetto
Giusti
.
Durante
la
dominazione
austriaca
quivi
erano
le
carceri
,
ora
demolite
,
pei
reati
politici
.
E
noto
quanto
Silvio
Panico
,
che
vi
fu
rinchiuso
,
scrisse
sulle
medesime
.
Teatro
alla
Scala
.
Incendiatosi
,
la
mattina
del
25
febbrajo
1776
,
entrante
la
quaresima
secondo
il
rito
ambrosiano
,
il
teatro
nel
palazzo
ducale
,
che
era
stato
eretto
nel
1717
sull
'
area
di
altro
pure
consumato
dalle
fiamme
il
5
gennaio
1708
,
si
pensò
con
autorizzazione
di
Maria
Teresa
di
innalzarne
uno
immediatamente
fuori
dal
suddetto
palazzo
,
in
località
più
comoda
al
pubblico
.
Il
teatro
incendiato
era
proprietà
dei
palchettisti
,
perchè
nel
1717
costruito
a
loro
spese
,
avendo
l
'
erario
fornito
soltanto
l
'
area
ed
i
muri
di
cinta
;
spettava
quindi
ai
medesimi
la
spesa
del
nuovo
se
non
volevano
perdere
i
di
-
ritti
dei
palchi
,
rappresentanti
un
capitale
di
oltre
tre
milioni
.
Perciò
scelsero
tra
loro
dodici
cavalieri
,
delegati
a
rappresentarli
,
e
trattare
col
governo
e
cogli
appaltatori
circa
i
lavori
.
L
'
imperatrice
,
annuente
al
desiderio
del
figlio
che
si
erigessero
due
teatri
,
fu
scelto
pel
primo
1'
area
dove
sorgeva
la
chiesa
di
Santa
Maria
della
Scala
,
pel
secondo
1'
area
delle
Scuole
Canobbiane
.
Si
stipulò
un
contratto
solenne
tra
la
R
.
Camera
e
la
società
dei
palchettisti
,
Ia
quale
obbligossi
a
far
edificare
i
due
nuovi
teatri
sui
disegni
di
Piermarini
,
che
nel
luglio
dello
stesso
1776
li
compì
.
In
corrisponsione
la
R
.
Camera
assunse
l
'
obbligo
di
tenere
aperto
il
teatro
nel
carnevale
e
nell
'
autunno
con
spettacoli
d
'
opere
in
musica
e
balli
,
assegnando
ai
proprietari
oltre
il
canone
dei
palchi
,
l
'
affitto
di
vari
locali
,
ed
il
ricavo
dell
'
appalto
dei
pubblici
giuochi
,
contemplato
però
il
caso
di
generale
soppressione
dei
medesimi
.
In
meno
di
due
anni
la
fabbrica
della
Scala
venne
ultimata
dai
fratelli
Fè
,
Marliani
e
Nosetti
appaltatori
,
e
il
3
agosto
1778
se
ne
fece
la
solenne
apertura
col
dramma
in
musica
Europa
riconosciuta
del
maestro
Salieri
.
Il
Panini
ebbe
a
porgere
1'
argomento
per
la
esecuzione
del
sipario
.
Venne
poi
a
subire
dei
ristauri
e
delle
rimodernature
nel
1807
,
1814
,
1830
,
1865
e
1870
.
-
-
La
platea
ha
metri
24
,
84
in
lungo
,
e
22
,
01
in
largo
,
e
la
recingono
sovrimponendosi
cinque
ordini
di
palchi
,
sommanti
a
194
,
coronati
da
una
galleria
aperta
.
Contiene
circa
4000
spetta
-
tori
.
È
provveduto
di
ampie
sale
per
ridotto
,
di
un
caffè
.
Ha
annessa
una
scuola
da
ballo
.
La
Piazza
,
che
ha
nome
da
questo
teatro
,
nel
prossimo
anno
verrà
arricchita
di
un
grandioso
monumento
a
Leonardo
da
Vinci
,
opera
dello
scultore
cav
.
Pietro
Magni
;
sarà
collocato
nel
mezzo
del
giardino
fatto
costruire
nel
1SG0
dal
Municipio
.
Teatro
Filodrammatico
.
Ove
esistevano
la
chiesa
ed
il
monastero
dei
santi
Cosma
e
Damiano
,
sorge
un
elegantissimo
teatro
di
declamazione
eretto
nel
1798
da
una
società
di
cittadini
costituita
in
Accademia
.
Il
disegno
originario
è
del
Piermarini
;
ma
fu
costruito
con
modificazioni
dagli
architetti
Pollai
:
e
Canonica
;
manca
tuttora
al
compimento
la
facciata
.
Ha
quattro
ordini
di
logge
non
interrotte
da
alcuna
separazione
,
e
può
contenere
800
persone
sedute
.
Possiede
un
lodatissimo
sipario
rappresentante
la
Scuola
d
'
Atene
,
opera
di
Andrea
Appiani
,
del
quale
è
pure
la
bella
medaglia
nella
vôlta
.
V
'
hanno
anche
ornati
pregevoli
di
Gaetano
Vaccani
.
Si
accede
al
teatro
mediante
biglietto
gratuito
rilasciato
dai
soci
.
Sulle
scene
di
questi
dilettanti
comparvero
Vincenzo
Monti
,
Carlo
Porta
,
la
Pasta
,
ecc
.
Nella
via
Filodrammatici
devesi
osservare
una
bella
porta
scolpita
in
marmo
con
bassorilievo
e
tre
ritratti
,
fra
i
quali
quello
di
Francesco
Sforza
.
Lungo
la
vicina
via
del
Giardino
,
che
è
d
'
uopo
riprendere
per
recarsi
alla
Porta
Nuova
,
vi
sono
parecchi
edifici
degni
di
osservazione
;
la
Banca
Nazionale
,
già
casa
Greppi
,
disegno
del
Canonica
;
qui
abitò
re
Carlo
Alberto
il
5
agosto
1848
,
ove
poco
mancò
rimanesse
ucciso
da
una
mano
di
alcuni
cittadini
,
frementi
per
la
perdita
della
guerra
intrapresa
da
lui
contro
gli
Austriaci
;
il
palazzo
Loria
,
compiutosi
nello
scorso
anno
1870
su
disegno
dell
'
architetto
Luigi
Clerichetti
:
ha
un
magnifico
cortile
;
il
palazzo
Traversi
,
già
Anguissola
disegno
del
Canonica
;
il
palazzo
Poldi
-
Pezzoli
,
disegno
dell
'
architetto
Cantoni
.
In
quest
'
ultimo
palazzo
sono
raccolti
molti
oggetti
d
'
arte
;
ammirasi
all
'
esterno
1'
ultimo
lavoro
dello
scultore
Bartolini
,
gruppo
in
marmo
rappresentante
Astianatte
,
gettato
dall
'
alto
del
-
le
mura
di
Troia
da
Perseo
per
comando
di
Ulisse
.
V
'
hanno
pure
il
palazzo
Melzi
,
disegno
dell
'
architetto
Giocondo
Albertolli
,
e
il
palazzo
d
'
Adda
,
disegno
dell
'
architetto
Arganini
.
La
chiesa
di
San
Francesco
da
Paola
che
vedesi
nella
stessa
via
del
Giardino
non
presenta
nulla
di
rimarchevole
.
Allo
sbocco
della
Croce
Rossa
vi
è
l
'
Albergo
Milano
.
Archi
di
Porta
Nuova
.
In
fine
della
via
del
Giardino
evvi
un
avanzo
di
monumento
antico
,
vogliamo
dire
gli
Archi
,
o
Portoni
chiamati
di
Porta
Nuova
.
Essi
rammentano
una
delle
porte
costrutte
dalla
Lega
Lombarda
nel
1171
sulla
forma
delle
antiche
porte
romane
a
due
archi
,
e
coi
marmi
estratti
dalle
mure
della
città
erette
da
Massimiano
;
e
perché
tutta
la
costruzione
fosse
romana
,
si
levarono
dall
'
antica
cerchia
persino
le
decorazioni
e
le
iscrizioni
,
e
si
trasferirono
sulle
nuove
porte
.
La
storia
di
questo
monumento
si
lega
fino
ai
nostri
giorni
colla
storia
della
libertà
di
Milano
.
Nel
marzo
1848
ha
degnamente
fatto
la
sua
parte
nella
rivoluzione
delle
cinque
giornate
.
Tra
il
1861
e
il
1862
furono
ristaurati
a
spese
del
Comune
;
e
il
18
marzo
1862
vi
vennero
col
-
locate
le
seguenti
epigrafi
dettate
dal
dottor
Tullo
Massarani
:
DA
QUESTI
AVANZI
DELLA
CERCHIA
ANTICA
MILANO
DOPO
SETTE
SECOLI
RINNOVÒ
LE
BATTAGLIE
DELLA
LEGA
LOMBARDA
MDCCCXLVIII
.
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
LIBERA
RESTAURANDO
GLI
ARCHI
VETUSTI
MILANO
RIBENEDICE
LE
MEMORIE
CITTADINE
NEL
NOME
D
'
ITALIA
MDCCCLXII
.
Liceo
Panini
e
Convitto
nazionale
Longone
.
Passati
gli
Archi
,
volgendo
a
sinistra
,
trovasi
la
via
Fate
-
bene
-
fratelli
.
Evvi
in
essa
da
visitare
il
P
.
Liceo
Panini
,
il
quale
possiede
due
copiosi
ed
ordinati
gabinetti
di
fisica
e
di
storia
naturale
,
una
biblioteca
ed
una
raccolta
di
carte
geografiche
.
Nell
'
edificio
stesso
è
insediato
il
Convitto
nazionale
Longone
,
riformato
con
decreto
reale
24
settembre
del
1861
.
Era
prima
Collegio
sotto
la
direzione
dei
Padri
Barnabiti
.
Venne
fondato
-43-
nel
1573
da
S
.
Carlo
in
una
casa
degli
Umiliati
,
sotto
il
titolo
di
Collegio
di
Santa
Maria
,
per
l
'
ammaestramento
della
nobile
gioventù
,
ma
povera
;
fu
in
seguito
detto
Collegio
Longone
,
perchè
uno
di
questa
famiglia
,
Pier
Antonio
Longone
,
ne
accrebbe
le
entrate
con
lascito
15
luglio
1613
.
Chiuso
,
fu
nel
1820
riaperto
sotto
la
direzione
,
come
si
è
detto
,
dei
Barnabiti
.
In
esso
vi
sono
dieci
posti
interamente
gratuiti
,
e
venti
a
metà
.
A
pochi
passi
abbiamo
1'
Ospedale
Fate
-
bene
-
fratelli
.
Nel
1588
venuti
in
Milano
i
frati
ospitalieri
di
S
.
Giovanni
di
Dio
,
detti
Fate
-
bene
-
fratelli
,
fondarono
questo
nosocomio
in
parte
di
locali
di
proprietà
degli
Umiliati
.
La
prima
pietra
fu
posta
dall
'
arcivescovo
Gaspare
Visconti
.
Era
detto
in
origine
Ospedale
de
'
Convalescenti
di
S
.
Giovanni
Evangelista
;
poi
di
Santa
Maria
d
'
AraCoeli
dalla
unitavi
chiesa
;
in
fine
nel
1634
assunse
l
'
attua
-
le
denominazione
(
*
)
.
A
quest
'
Ospedale
molti
benefattori
lasciarono
ricche
dotazioni
per
accrescerlo
e
mantenerlo
.
Con
tali
mezzi
nel
1825
venne
innalzato
1'
attuale
edificio
su
disegno
dell
'
architetto
Pietro
Gilardoni
.
Ha
un
grandioso
atrio
;
al
piede
della
grande
scala
scorgesi
la
colossale
statua
marmorea
di
San
Giovanni
di
Dio
,
uscita
dallo
scarpello
del
professore
Pompeo
Marchesi
.
In
questo
stabilimento
non
si
ricevono
che
uomini
,
esclusi
gli
affetti
da
malattie
croniche
e
veneree
.
Con
decreto
9
marzo
1870
esso
veniva
sottoposto
ad
una
Commissione
amministratrice
laica
.
(
*
)
Dal
costume
seguito
dal
fondatore
dell
'
ordine
,
ne
primordi
del
suo
spedale
,
di
portarsi
in
giro
per
la
città
,
anche
di
notte
,
a
questuare
pe
'
suoi
poveri
col
grido
Fate
-
bene
,
o
fratelli
,
a
voi
stessi
,
ne
venne
il
nomignolo
dato
a
que
'
padrii
.
Istituto
dei
Ciechi
.
Non
lungi
da
quest
'
ospedale
evvi
1'
Istituto
dei
Ciechi
,
fondato
il
7
maggio
1839
da
Michele
Barozzi
,
e
quivi
stabilmente
insediato
il
1°
dicembre
1855
,
trasportatovi
dal
locale
della
Pia
Casa
d
'
Industria
di
S
.
Marco
.
E
assai
rinomato
pel
sistema
di
educazione
impartiti
a
quegli
infelici
.
Chiesa
di
Sant
'
Angelo
.
Seguendo
pel
Corso
di
Porta
Nuova
devesi
visitare
la
chiesa
di
Sant
'
Angelo
,
già
officiata
dai
Minori
Osservanti
.
E
una
costruzione
imponente
cominciata
nel
1552;
ne
pose
la
prima
pietra
1'
arcivescovo
Arcimboldi
.
La
facciata
ha
due
ordini
;
uno
dorico
,
1'
altro
jonico
,
ed
è
ornata
di
varie
statue
.
L
'
interno
è
grandioso
,
in
una
sola
navata
,
che
si
allarga
nel
presbiterio
.
L
'
architetto
ne
fu
Vincenzo
Seregni
.
Benchè
questa
chiesa
sia
stata
soggetta
a
diverse
vicende
,
pure
vi
si
sono
conservati
molti
preziosi
freschi
,
e
varie
pitture
degne
di
essere
ammirate
,
fra
le
quali
quelle
del
Procaccini
,
del
Barabino
,
del
Semini
,
del
Lomazzi
,
del
Fiammenghino
,
del
Legnani
,
del
Caravaggino
,
del
Suardi
,
del
Morazzone
,
ecc
.
Casa
di
Salute
.
Questa
Casa
,
per
la
cura
di
individui
d
'
ogni
età
,
sesso
e
condizione
,
affetti
da
qualsiasi
malattia
medica
,
chirurgica
ed
ostetrica
,
mediante
pensione
da
determinarsi
a
norma
dei
casi
e
delle
esigenze
,
ora
esercita
da
una
Società
anonima
,
ricostituita
con
istrumento
15
aprile
1866
,
a
rogito
del
notaio
Migliavacca
,
devesi
ad
un
legato
di
Lire
50
mila
di
Leopoldo
Bevagna
,
primo
agosto
1826
,
il
quale
lasciava
appunto
due
terzi
del
di
lui
patrimonio
all
'
erezione
di
un
ospedale
in
Milano
pel
ricovero
di
ammalati
in
pensione
.
Fu
aperto
nel
1835
.
Fabbrica
dei
Tabacchi
.
Presso
Sant
'
Angelo
,
in
principio
del
secondo
tronco
della
via
Moscova
,
evvi
pure
la
Fabbrica
dei
Tabacchi
.
Essa
fu
eseguita
su
disegno
dell
'
architetto
Canonica
,
e
per
la
medesima
si
occupò
tutto
il
vasto
convento
dei
Carmelitani
Scalzi
,
che
era
stato
eretto
nel
1622
sotto
il
governatore
Mendozza
.
Secondo
il
Torri
,
ove
era
quel
monastero
sorgeva
la
casa
della
famosa
Guglielmina
Boema
.
Nel
1801
parte
del
convento
servì
di
Ospedale
Militare
per
le
guardie
del
generale
Brune
.
Quasi
dicontro
a
questa
fabbrica
evvi
la
caserma
dei
Carabinieri
.
Ospedale
Fate
-
bene
-
sorelle
.
Questo
Pio
Stabilimento
ebbe
il
suo
principio
nel
1814
circa
nel
Borgo
degli
Ortolani
,
nel
locale
del
già
soppresso
convento
e
chiesa
di
Sant
'
Ambrogio
ad
Nemus
.
L
'
ex
-
religiosa
,
madre
Giovanna
Lomeni
ne
fu
la
promotrice
;
mercè
le
cure
della
con
-
tessa
Laura
Visconti
Ciceri
,
ebbe
poi
tale
sviluppo
da
meritare
a
questa
dama
1'
onore
di
fondatrice
.
Il
Pio
Istituto
andò
poi
sempre
prosperando
per
continue
beneficenze
;
onde
si
pensò
a
dargli
nuova
sede
,
e
nel
1841
si
principiò
l
'
attuale
elegante
e
maestoso
locale
su
disegno
dell
'
architetto
Giulio
Aluisetti
,
Questo
spedale
è
destinato
a
ricovero
delle
malattie
acute
.
Con
Decreto
30
agosto
1863
l
'
Amministrazione
di
esso
fu
concentrata
nel
Consiglio
degli
Istituti
Spedalieri
.
Di
contro
all
'
ospedale
è
da
visitare
la
rinomata
fabbrica
di
carrozze
del
signor
cav
.
Cesare
Sala
.
Porta
Nuova
.
L
'
antichissima
Porta
era
de
-
dicata
a
Saturno
.
L
'
attuale
edificio
venne
eretto
nel
1810
,
tutto
di
pietra
arenaria
,
d
'
ordine
corintio
,
con
casini
laterali
d
'
ordine
dorico
;
il
di
-
segno
ne
è
gentile
ed
elegante
,
e
devesi
al
poeta
prof
.
cav
.
Giuseppe
Zanoia
.
Linea
B
.
(
N
.
2
.
Colore
azzurro
Porta
Nuova
)
.
Per
la
via
santa
Radegonda
.
MONUMENTI
,
EDIFICI
RIMARCHEVOLI
,
ECC
.
Palazzo
del
Censo
.
Marino
.
Belgiojoso
.
Casa
Manzoni
Leone
-
Leoni
.
Monte
di
Pietà
.
Cassa
di
Risparmio
.
Comando
Militare
.
Accademia
di
Belle
Arti
,
ecc
.
Casa
d
'
Industria
.
Bagno
Pubblico
di
Castelfidardo
.
CHIESE
.
San
Raffaele
.
San
Fedele
.
San
Giovanni
alle
Case
Rotte
.
San
Marco
.
TEATRI
.
Della
Commedia
(
In
costruzione
)
.
ALBERGHI
E
TRATTORIE
.
Popolo
.
Corona
d
'
Italia
.
Bella
Venezia
.
Borsa
.
Chiesa
di
San
Raffaele
.
La
chiesa
di
San
Raffaele
riconosce
la
sua
erezione
dal
re
Berengario
;
in
seguito
fu
ricostrutta
con
disegno
del
Pellegrini
:
la
grandiosa
facciata
non
è
ancora
finita
.
Contiene
qualche
buona
pittura
del
Figini
,
del
Nuvolone
,
del
Fiammenghino
,
ecc
.
Chiesa
di
San
Fedele
.
Nella
Piazza
omonima
vi
è
il
bellissimo
tempio
di
San
Fedele
,
eretto
sull
'
area
dell
'
antichissima
chiesa
di
Santa
Maria
in
Solariolo
.
Il
Pellegrini
,
che
ne
fu
l
'
autore
,
ha
in
esso
spiegato
il
suo
genio
.
-
-
Quell
'
architetto
,
essendo
stato
chiamato
in
Ispagna
,
lasciò
a
Martino
Bassi
di
condurre
a
termine
il
grandioso
edificio
.
San
Carlo
,
che
lo
fondò
nel
1566
,
volle
consacrarlo
il
24
giugno
1569
con
molta
solennità
.
I
Gesuiti
,
venuti
a
Milano
nel
1563
,
entrarono
in
possesso
di
San
Fedele
nel
1569
.
Aboliti
i
Gesuiti
nel
1773
,
vi
subentrarono
i
Canonici
della
Cappella
Regia
di
Santa
Maria
della
Scala
,
chiesa
stata
chiusa
il
5
agosto
1776
per
fabbricare
,
come
abbiamo
veduto
,
il
teatro
grande
.
Soppressi
parimenti
questi
canonici
,
continuò
sino
ai
nostri
giorni
ad
essere
altra
delle
parrocchiali
della
città
,
conservando
il
titolo
di
Regia
Cappella
.
Era
in
essa
che
si
facevano
i
funerali
aulici
.
L
'
altare
maggiore
di
questa
insigne
chiesa
,
composto
di
fini
marmi
,
di
sculture
e
di
ricca
doratura
,
è
disegno
dell
'
architetto
Pietro
Pestagalli
.
Si
contengono
in
essa
chiesa
pitture
di
Bernardino
Campi
,
del
Cerano
,
del
Preterazzano
,
l
'
allievo
del
Tiziano
,
dei
fratelli
Santagostino
.
E
pure
da
ammirarsi
un
bel
dipinto
a
fresco
rappresentante
la
Vergine
,
quivi
trasportato
dalla
chiesa
di
Santa
Maria
della
Scala
.
Palazzo
del
Censo
ed
Archivio
.
Il
palazzo
della
Direzione
del
Censo
era
già
la
casa
o
il
Collegio
dei
Gesuiti
.
Venne
rifabbricato
sul
di
-
segno
dell
'
architetto
Pietro
Pestagalli
,
dal
quale
pur
furono
disegnate
e
dirette
tutte
le
interne
costruzioni
.
La
facciata
con
porta
di
pietra
è
d
'
ordine
dorico
.
In
una
parte
del
Collegio
suddetto
trovansi
gli
Archivi
governativi
,
nei
quali
furono
pure
compenetrate
tutte
le
carte
pubbliche
che
erano
nell
'
antico
Archivio
del
Castello
.
Fra
i
più
curiosi
documenti
sono
le
gride
e
le
ordinanze
della
città
di
Milano
dal
1446
al
1450
dei
signori
capitanei
et
defensores
libertatis
.
Teatro
della
Commedia
.
Di
contro
al
tempio
di
San
Fedele
sta
ora
sorgendo
un
teatro
per
la
commedia
su
disegno
dell
'
architetto
Scala
di
Udine
.
Le
proporzioni
di
questo
teatro
sa
-
ranno
approssimativamente
eguali
a
quelle
della
Fenice
di
Venezia
.
La
platea
misurerà
,
ai
due
assi
principali
,
metri
13
,
50
per
ciascuno
;
il
palco
scenico
avrà
una
profondità
di
metri
A
.
La
fronte
verso
la
Piazza
avrà
un
'
estensione
lineare
di
48
metri
.
L
'
ingresso
ed
il
passaggio
dei
cocchi
sarà
verso
la
via
Berchet
.
Qui
sorgeva
la
casa
eretta
nel
IV
secolo
dai
marchesi
Imbonati
,
la
quale
nel
1829
passò
in
terza
proprietà
a
Massimo
d
'
Azeglio
.
Fu
ivi
che
questo
illustre
italiano
eseguì
dal
1830
al
1844
le
migliori
opere
del
suo
pennello
,
e
scrisse
i
romanzi
storici
Ettore
Fieramosca
,
pubblicato
nel
1833
,
e
Nicolò
de
'
Lapi
,
pubblicato
nel
1841
.
Nella
Piazza
di
San
Fedele
evvi
1'
albergo
della
Bella
Venezia
.
Nel
mezzo
di
essa
sorgeva
la
casa
Sannazzari
,
edificata
in
sullo
scorcio
del
passato
secolo
dall
'
architetto
Piermarini
,
la
quale
conteneva
ricchi
musei
d
'
opere
d
'
arte
,
e
una
rara
raccolta
di
uccelli
,
preparati
dal
Volpini
.
Verso
il
1813
divenne
proprietà
del
ministro
Prina
,
e
fu
quivi
che
esso
fu
barbaramente
ucciso
il
20
aprile
1814
.
In
quell
'
occasione
,
saccheggiata
e
guasta
,
la
casa
fu
poscia
del
tutto
demolita
per
dare
agio
maggiore
alla
chiesa
.
Palazzo
del
Marino
.
Tomaso
Marini
,
genovese
,
venne
a
Milano
verso
il
1525
,
e
avendo
presi
,
unitamente
ad
un
suo
concittadino
Grimaldi
,
tutti
gli
appalti
e
dazi
della
città
,
ammassò
in
pochi
anni
una
ricchezza
sorprendente
.
Divenuto
signore
,
ed
in
seguito
duca
di
Terranuova
,
pensò
a
formarsi
una
magnifica
abitazione
,
dove
si
tenevano
le
Finanze
,
dandone
l
'
incarico
all
'
architetto
Galeazzo
Alessi
,
perugino
,
che
nel
1555
disegnò
questo
palazzo
isolato
con
profusione
grandissima
di
ornamenti
.
L
'
edificio
non
venne
terminato
,
vuolsi
dalla
tradizione
popolare
,
perchè
il
Fisco
andò
al
possesso
di
tutto
il
patrimonio
del
Marini
,
accusato
di
aver
ucciso
per
gelosia
la
propria
moglie
nella
sua
villa
di
Gaggiano
.
Pare
piuttosto
che
la
confisca
provenisse
dai
debiti
verso
lo
Stato
,
cagionati
dalla
matta
amministrazione
di
quell
'
uomo
.
Nel
1682
fu
venduto
per
ottanta
-
mila
lire
agli
Omodei
;
quella
famiglia
lo
rivendette
a
Maria
Teresa
.
Dopo
aver
servito
a
parecchi
usi
,
specialmente
per
Uffici
dipendenti
dalla
R
.
Finanza
,
vi
si
insediava
nel
1861
il
Municipio
,
che
ne
diveniva
proprietario
.
La
facciata
verso
la
Piazza
di
San
Fedele
è
la
sola
compiuta
;
essa
è
di
tre
ordini
di
architettura
,
dorico
,
jonico
e
composito
:
è
veramente
imponente
.
Magnifico
è
anche
il
cortile
.
Vi
si
conserva
una
gran
sala
con
pitture
di
Giovanni
da
Monte
e
di
Ottavio
Semini
,
del
quale
ultimo
è
la
medaglia
della
vôlta
,
Psiche
condotta
al
cospetto
di
Giove
.
L
'
affresco
del
da
Monte
,
il
Ratto
delle
Sabine
,
andò
perduto
.
Chiesa
di
San
Giovanni
.
-
-
Presso
il
palazzo
del
Marino
evvi
la
chiesa
di
San
Giovanni
alle
Case
Rotte
,
disegno
di
Francesco
Richini
,
costruita
sull
'
area
dell
'
antica
chiesa
di
Sant
'
Anastasia
,
consumata
dal
fuoco
nel
1728
.
Non
presenta
senta
nulla
di
rimarchevole
,
eccetto
due
dipinti
,
1'
uno
del
Giudici
,
e
del
Del
Cairo
l
'
altro
.
Palazzo
Comunale
.
-
-
Limitrofo
alla
chiesa
evvi
un
palazzo
,
ora
pur
proprietà
del
Municipio
e
sede
di
Uffici
civici
.
In
questa
linea
erano
le
case
di
Guido
della
Torre
,
capitano
perpetuo
del
popolo
,
guaste
nell
'
anno
1311
dalla
fazione
Ghibellina
;
e
perciò
tanto
la
chiesa
di
San
Giovanni
come
questo
palazzo
diconsi
alle
Case
Rotte
da
quelle
rovine
.
Palazzo
Leoni
.
Nella
via
degli
Omenoni
evvi
la
casa
Besana
,
già
di
Leone
-
Leoni
,
aretino
,
famoso
scultore
ed
architetto
del
secolo
XVI
,
il
quale
la
ornò
di
varie
sculture
di
sua
mano
.
Le
cariatidi
,
scolpite
dal
Vairone
,
tengono
molto
della
scuola
di
Michelangelo
.
Palazzo
Belgiojoso
.
Qui
presso
è
la
Piazza
Belgiojoso
nella
quale
è
degno
di
osservazione
il
palazzo
principesco
di
quella
famiglia
,
eretto
nel
1777
su
disegno
dell
'
architetto
Piermarini
.
Contiene
nell
'
interno
pitture
di
Martino
Knoller
e
Albertolli
,
e
stucchi
di
Gerli
.
In
questo
palazzo
abitò
il
maresciallo
Brune
.
In
angolo
alla
piazza
Belgiojoso
e
la
via
del
Morone
è
la
casa
di
Alessandro
Manzoni
.
Monte
di
Pietà
.
Il
Monte
di
Pietà
,
destinato
a
provvedere
con
pronte
sovvenzioni
in
denaro
ai
pressanti
bisogni
dell
'
indigenza
,
ed
a
sottrarre
la
medesima
dalle
rovinoso
estorsioni
dell
'
usura
,
venne
fondato
dalla
liberalità
dei
cittadini
,
eccitata
dalle
prediche
del
francescano
Domenico
Ponzone
nell
'
anno
1490
,
con
approvazione
e
con
sussidi
di
Lodovico
Maria
Sforza
,
detto
il
Moro
,
settimo
duca
di
Milano
.
La
primitiva
sede
era
in
via
Santa
Maria
Segreta
.
Venne
sempre
più
arricchito
con
altre
pie
disposizioni
,
non
che
colle
generose
elargizioni
di
Maria
Teresa
e
di
Giuseppe
II
.
Nel
1783
fu
trasferito
ove
trovasi
al
presente
,
in
edificio
eretto
dall
'
architetto
Piermarini
nell
'
area
sulla
quale
surgevano
i
soppressi
conventi
di
monache
dell
'
ordine
di
Sant
'
Agostino
e
di
Santa
Chiara
.
Nel
1796
,
per
varie
vicende
,
essendosi
quasi
annientato
,
fu
chiuso
;
e
quindi
nel
1804
riaperto
.
Il
20
giugno
1810
ebbe
un
nuovo
regolamento
,
e
venne
infine
riordinato
,
secondo
il
bisogno
dei
tempi
progrediti
,
in
questi
ultimi
anni
.
Palazzo
della
Cassa
di
Risparmio
.
Nell
'
area
,
ove
esisteva
in
via
Monte
di
Pietà
il
palazzo
disegno
del
Piermarini
,
da
ultimo
sede
dell
'
Intendenza
Militare
,
eretto
ove
già
erano
il
convento
e
la
chiesa
delle
monache
cappuccine
di
Santa
Barbara
soppresse
nel
1782
,
a
spese
dell
'
Amministrazione
della
Cassa
di
Risparmio
si
è
innalzato
un
grandioso
palazzo
isolato
,
di
-
segno
dell
'
architetto
Balzaretti
,
imitazione
del
palazzo
Strozzi
di
Firenze
.
Sarà
la
sede
della
Cassa
di
Risparmio
.
Comando
Militare
.
In
via
di
Brera
è
il
Comando
Militare
;
era
già
palazzo
appartenente
alla
famiglia
Cusani
.
E
di
stile
barocco
,
architettato
dal
Ruggeri
,
che
vi
aveva
finto
alla
base
una
montagna
su
cui
posasse
lo
Stiliobate
;
ora
i
rocchi
ne
furono
scarpellati
.
Il
Piermarini
disegnò
la
facciata
verso
il
giardino
.
Degne
di
essere
osservate
sono
le
stanze
,
ricche
di
stucchi
e
di
pitture
.
Palazzo
di
belle
arti
,
o
di
Brera
.
Già
casa
degli
Umiliati
,
indi
dei
Gesuiti
;
attualmente
vi
hanno
sede
i
principali
rami
delle
scienze
e
delle
arti
.
Questo
palazzo
è
uno
dei
più
grandiosi
ed
imponenti
edifici
della
città
nostra
.
-
Il
disegno
originale
devesi
all
'
architetto
Francesco
Richini
;
il
Piermarini
vi
aggiunse
la
maestosa
porta
con
colonne
doriche
,
dando
termine
alla
facciata
.
Nella
magnifica
corte
quadrangolare
,
circondata
da
doppio
ordine
di
portici
sostenuti
da
doppie
colonne
,
vedonsi
le
statue
di
uomini
distinti
per
dottrina
,
e
quella
in
bronzo
di
Napoleone
I
al
centro
,
dovuta
al
Canova
.
Grandioso
è
lo
scalone
a
doppie
andate
colle
statue
di
Beccaria
e
di
Parini
.
Il
palazzo
contiene
:
L
'
Istituto
lombardo
di
scienze
,
lettere
ed
arti
,
sorto
l
'
anno
1802
,
la
cui
missione
è
di
raccogliere
le
utili
scoperte
e
di
eccitare
al
perfezionamento
di
tutti
gli
studi
;
componesi
di
due
classi
di
scienze
matematiche
e
naturali
,
cioè
,
di
lettere
,
scienze
morali
e
politiche
.
L
'
Accademia
di
Belle
Arti
,
fondata
da
Maria
Teresa
nel
1776
,
progressivamente
ordinata
ed
ampliata
,
e
pur
da
ultimo
con
decreto
reale
3
settembre
1859
.
Conta
attualmente
un
Corpo
accademico
composto
di
venti
accademici
oltre
il
Presidente
ed
i
professori
delle
varie
scuole
con
voto
deliberativo
,
che
formano
il
Consiglio
;
e
di
un
numero
indeterminato
di
soci
onorari
senza
voto
.
La
Biblioteca
,
istituita
nel
1770
da
Maria
Teresa
,
possiede
tal
numero
di
manoscritti
e
tale
quantità
di
opere
di
vario
genere
e
rare
edizioni
e
manoscritti
e
corali
da
potersi
ritenere
fra
le
distinte
d
'
Italia
.
Venne
formata
colla
libreria
dei
Gesuiti
e
della
famiglia
Pertusati
,
coi
libri
di
Haller
,
colla
ricca
collezione
donata
dal
cardinale
Durini
e
dal
conte
di
Firmiam
,
ecc
.
,
ecc
.
Il
Gabinetto
numismatico
contiene
tutte
le
classificazioni
appartenenti
alla
numismatica
antica
e
moderna
,
e
possiede
una
biblioteca
propria
di
opere
relative
alla
scienza
.
Venne
fondata
nel
1803
.
L
'
Osservatorio
astronomico
innalzato
dai
Gesuiti
nell
'
anno
1766
,
sotto
la
direzione
del
padre
Boscovich
.
Il
Gabinetto
tecnologico
,
ricco
di
una
collezione
di
macchine
,
modelli
e
disegni
,
destinato
specialmente
all
'
istruzione
degli
artieri
.
Il
Museo
patrio
d
'
archeologia
,
istituito
nel
1862
per
la
raccolta
e
conservazione
dei
monumenti
patri
dello
Stato
,
del
Municipio
e
di
quelli
offerti
dai
privati
.
La
Cimelioteca
,
in
cui
sono
raccolti
cimelii
scientifici
,
manoscritti
,
ecc
.
di
Alessandro
Volta
.
L
'
Ateneo
,
composto
di
60
membri
effettivi
domiciliati
in
Milano
e
di
un
numero
illimitato
di
soci
corrispondenti
nazionali
e
stranieri
.
La
Pinacoteca
(
*
)
,
nei
cui
corridoi
a
mano
manca
sono
raccolti
gli
affreschi
di
Bernardino
Luini
e
della
sua
scuola
,
e
nelle
sale
quadri
di
G
.
C
.
Procaccini
,
del
Tiziano
,
del
Salmeggia
,
di
Wan
-
Dik
,
di
Paride
Bordone
,
del
Guercino
,
di
Rubens
,
del
Domenichino
,
dell
'
Albano
,
di
Gaudenzio
Ferrari
,
dei
Caraccio
,
di
Daniele
Crespi
,
dei
Campi
,
di
Benvenuto
da
Garofolo
,
del
Tintoretto
,
di
Paolo
Veronese
,
del
Moretto
,
di
Giacomo
Palma
,
di
Stefano
di
Ferrara
,
di
Carlo
Crivelli
,
del
Mantegna
,
di
Bellino
Gentile
,
di
Nicola
Pisano
,
di
Bernardino
Marchesi
,
del
Cima
da
Conegliano
,
di
Giovanni
Sanzio
padre
di
Rafaello
,
di
Van
-
Thielen
,
del
Morillo
,
di
Guido
,
di
G
.
B
.
Moroni
,
di
Lorenzo
Costa
,
del
Francia
,
di
Vittore
Carpaccio
,
di
Cesare
da
Sesto
,
di
Rafaello
,
e
moltissimi
altri
di
tutte
le
scuole
,
e
dei
primi
tempi
della
pittura
,
di
cui
puossi
trovare
particolareggiato
cenno
nelle
apposite
guide
.
A
destra
le
sale
che
servono
all
'
esposizione
degli
annuali
concorsi
di
pittura
,
di
scultura
ed
architettura
,
e
contengono
oltre
due
copie
del
Cenacolo
,
i
quadri
che
riportarono
il
primo
premio
ai
concorsi
generali
.
In
questo
palazzo
abitarono
1'
abate
Giuseppe
Panini
e
l
'
astronomo
Barnaba
Oriani
.
Il
primo
morì
il
15
agosto
1799
,
ed
il
secondo
il
12
novembre
1832
,
come
lo
indicano
le
due
iscrizioni
poste
sulla
facciata
del
palazzo
verso
la
Piazzetta
.
(
*
)
Vi
si
può
accedere
tutti
i
giorni
dal
5
novembre
al
20
aprile
dalle
ore
9
antimeridiane
alle
3
pomeridiane
:
dal
21
aprile
al
4
novembre
dalle
ore
9
alle
4
.
Chiesa
di
San
Marco
.
-
-
Nella
Piazza
omonima
sorge
il
tempio
di
San
Marco
.
Venne
nell
'
area
di
antichissima
chiesa
ricostruito
nel
1254
in
istile
gotico
con
fregi
in
cotto
,
finestre
a
sesto
acuto
;
soltanto
la
facciata
presenta
ancora
l
'
idea
di
sua
origine
vetusta
.
Vuolsi
rifabbricato
per
voto
dei
milanesi
,
e
dedicato
a
San
Marco
in
riconoscenza
di
servigi
ricevuti
dai
Veneziani
.
L
'
interno
è
.
decoroso
,
di
forma
moderna
con
tre
navi
,
ed
è
.
a
croce
latina
;
fu
rimodernato
nel
secolo
XVI
.
Possiede
pitture
del
G
.
P
.
Lomazzo
,
del
Conca
,
di
A
.
Campi
,
di
G
.
C
.
Procaccini
,
del
Cerano
,
del
Genovesino
,
ecc
.
;
e
diversi
monumenti
sepolcrali
,
segnatamente
quello
di
Lanfranco
Settala
,
primo
generale
degli
Agostiniani
,
morto
nel
1264
,
e
vuolsi
lavoro
di
Balduccio
da
Pisa
.
Casa
d
'
Industria
.
L
'
annesso
vasto
monastero
degli
Agostiniani
,
padri
soppressi
nel
1797
,
servì
di
caserma
militare
prima
e
dopo
la
Re
-
pubblica
Cisalpina
,
ora
ai
soldati
francesi
,
ora
ai
Polacchi
,
ora
ai
Cisalpini
e
Italiani
.
-1127
luglio
1815
vi
venne
aperto
dal
governo
la
Pia
Casa
d
'
Industria
e
Ricovero
pei
poveri
,
e
nel
1868
,
per
cura
del
Municipio
,
anche
il
Ricovero
di
Mendicità
.
Bagni
pubblici
.
Stabilimento
in
costruzione
in
via
Castelfidardo
.
Racchiude
vasche
comuni
pei
nuoto
non
troppo
felicemente
ideate
.
Linea
C
.
(
Colore
terraceo
.
Barriera
Principe
Umberto
)
.
MONUMENTI
.
EDIFICI
RIMARCHEVOLI
,
ECC
.
Monumento
Cavour
.
Istituto
tecnico
superiore
.
Palazzo
Taverna
.
Palazzo
Melzi
d
'
Eril
.
della
R
.
Zecca
.
Regia
Casa
di
Pena
.
Barriera
.
Stazione
Centrale
.
CHIESE
.
San
Bartolomeo
.
ALBERGHI
.
Cavour
.
Manin
.
Firenze
.
Percorrendo
la
linea
dalla
Piazza
del
Duomo
alla
barriera
Principe
Umberto
devesi
fare
attenzione
al
palazzo
in
angolo
tra
la
via
Monte
Napoleone
e
la
via
Sant
'
Andrea
.
Era
quivi
l
'
antica
casa
Marliani
,
di
architettura
bramantesca
,
ridotta
alla
moderna
costruzione
dall
'
architetto
Piermarini
.
Fu
sede
questo
palazzo
del
Monte
Camerale
di
Santa
Teresa
,
specie
di
Debito
Pubblico
,
istituito
da
Maria
Teresa
con
un
primo
decreto
18
dicembre
1755
;
quindi
del
Monte
Napoleone
,
fondato
nel
1804
da
Bonaparte
allo
scopo
di
consolidare
e
redimere
il
debito
.
Dopo
il
1814
,
gli
Austriaci
vi
insediarono
il
Monte
Lombardo
-
Veneto
,
che
,
nel
1864
,
il
governo
italiano
tramutò
in
Debito
Pubblico
.
Di
contro
a
questo
palazzo
è
la
casa
portante
il
num
.
23
,
di
proprietà
della
famiglia
Verri
,
ed
ove
abitarono
Pietro
Verri
,
lo
storico
ed
economista
,
ed
i
suoi
fratelli
Alessandro
,
autore
delle
Notti
Romane
,
e
Carlo
,
scrittore
in
agronomia
.
È
rimarchevole
anche
la
casa
Vidiserti
n
.
37;
ivi
il
18
marzo
1848
si
raccolsero
i
capi
della
insurrezione
di
Milano
contro
gli
Austriaci
.
Apposite
iscrizioni
indicano
poi
ove
abitarono
e
morirono
gli
scrittori
e
poeti
Carlo
Porta
e
Tomaso
Grossi
.
Nella
vicina
via
dei
Bigli
è
l
'
antico
palazzo
dei
conti
Taverna
,
ora
del
sig
.
Andrea
Ponti
,
che
si
vuole
architettura
dalla
scuola
del
Bramante
;
la
facciata
venne
restaurata
non
sono
molti
anni
.
Ammirabili
le
pitture
nel
cortile
;
esse
appartengono
alla
scuola
del
Luini
.
Nella
vicina
casa
,
pure
Taverna
,
mentre
il
popolo
milanese
combatteva
nelle
cinque
giornate
del
marzo
1848
,
il
Comitato
centrale
dell
'
insurrezione
respingeva
l
'
armistizio
offerto
dal
generale
Radetzki
,
e
si
costituiva
in
Governo
Provvisorio
.
La
famiglia
Taverna
ha
un
bel
palazzo
anche
nella
via
Monte
Napoleone
.
Piazza
Cavour
.
Così
chiamata
pel
monumento
innalzato
dal
Municipio
di
Milano
al
grande
ministro
Camillo
Benso
conte
di
Cavour
,
che
vedesi
nel
mezzo
di
essa
Piazza
.
La
inaugurazione
del
monumento
avvenne
la
prima
domenica
di
giugno
dell
'
anno
1865
.
La
statua
di
Cavour
fu
modellata
da
Edoardo
Tabacchi
,
quella
di
Clio
,
che
le
sta
ai
piedi
in
atto
di
scrivere
,
da
Antonio
Tantardini
.
La
fusione
in
bronzo
delle
medesime
fu
eseguita
dal
Papi
di
Firenze
.
In
Piazza
Cavour
abbiamo
di
rimarchevole
1'
Istituto
Tecnico
Superiore
.
Creato
colla
legge
13
novembre
1859
,
ebbe
principio
di
attuazione
pel
reale
decreto
13
novembre
1862
.
L
'
edificio
attuale
,
ricostruito
con
moderna
architettura
sotto
il
Regno
Italico
con
disegno
dell
'
architetto
Pietro
Pestagalli
,
servì
a
parecchi
usi
,
che
non
è
ufficio
nostro
qui
rammentare
.
Dalla
Piazza
Cavour
si
può
anche
avere
accesso
al
Civico
Museo
,
un
cui
ingresso
trovasi
nella
via
Manin
.
In
questa
Piazza
vi
è
da
visitare
Io
studio
dello
scultore
cav
.
Pietro
Magni
,
il
quale
sta
eseguendo
il
gran
monumento
a
Leonardo
da
Vinci
,
che
dovrà
sorgere
nel
mezzo
di
Piazza
della
Scala
.
Intorno
al
piedestallo
del
medesimo
,
saranno
le
statue
degli
scolari
del
fondatore
della
scuola
lombarda
:
Salaino
,
Boltrafiio
,
Marco
d
'
Oggionno
e
Cesare
da
Sesto
.
Abbiamo
pur
quivi
l
'
Albergo
Cavour
.
Percorrendo
la
via
Manin
è
degno
di
osservazione
il
palazzo
ducale
Melzi
di
Eril
,
che
fu
abitazione
di
Francesco
Melzi
d
'
Eril
,
vice
-
presidente
della
Repubblica
Italiana
,
e
vi
morì
il
16
gennaio
1816
nella
età
di
63
anni
.
In
questa
via
è
1'
albergo
Manin
con
eccellente
servizio
di
trattoria
alla
carta
e
a
pasto
.
Volgendo
nella
via
Moscova
devesi
visitare
la
Regia
Zecca
.
Questo
stabilimento
monetario
è
stato
eretto
nel
1778
,
ed
è
in
moltissima
considerazione
,
tanto
per
la
quantità
,
delle
macchine
che
servono
alla
fabbricazione
delle
monete
,
quanto
per
l
'
ottimo
sistema
che
si
è
introdotto
,
e
per
la
scelta
degli
artefici
ed
operatori
d
'
ogni
genere
.
Fu
in
questo
stesso
stabilimento
che
si
illustrarono
il
cav
.
Morosi
e
il
bolognese
Luigi
Manfredini
.
Prima
dell
'
anno
1778
la
Zecca
era
situata
nella
via
omonima
presso
San
Sepolcro
,
e
vi
ò
riconosciuta
in
quel
luogo
fin
dal
872
,
Poco
lontano
dalla
Zecca
vi
è
la
nuova
chiesa
di
San
Bartolomeo
,
cominciata
nel
1867
.
Il
disegno
è
dell
'
architetto
Maurizio
Garavaglia
,
il
quale
nell
'
interno
si
attenne
alla
demolita
chiesa
di
Santa
Marta
,
che
era
nella
Piazza
omonima
,
ed
architettata
da
Francesco
Richini
.
Nella
via
Principe
Umberto
sono
degne
di
osservazione
le
case
Maciacchini
,
architettura
toscana
dello
stesso
Maciacchini
,
e
Calegari
,
architettura
del
Jodani
.
In
angolo
a
questa
via
e
quella
Parini
vi
è
l
'
albergo
Firenze
.
Trovandosi
in
questa
località
devesi
visitare
la
Regia
Casa
di
Pena
,
che
sorge
in
via
Giuseppe
Parini
.
Essa
è
il
primo
edificio
in
Italia
,
eretto
fin
dal
1762
per
uso
carceri
a
forma
penitenziaria
;
architetto
ne
fu
Francesco
Croce
;
ma
non
fu
terminato
.
Ebbe
gli
elogi
del
benefico
Howard
,
e
destò
1'
ammirazione
di
nostrali
e
forestieri
.
Barriera
Principe
Umberto
.
Questa
barriera
venne
inaugurata
nell
'
autunno
1865
.
Fu
eseguita
su
disegno
dell
'
architetto
Balzaretti
,
del
quale
sono
pure
i
casini
laterali
,
non
che
gli
spazi
a
giardino
tanto
ai
lati
,
quanto
lungo
la
via
Panini
,
e
fuori
città
,
per
accedere
alla
stazione
ferroviaria
.
Il
re
di
Portogallo
,
Luigi
Filippo
Maria
,
fu
il
primo
a
passarvi
.
Stazione
Centrale
.
La
stazione
centrale
venne
inaugurata
il
5
maggio
1864
.
Elevasi
quasi
a
livello
del
bastione
a
245
metri
fuori
della
città
;
ha
una
forma
planimetrica
rettangolare
,
col
maggior
lato
di
metri
233
œ
di
lunghezza
,
e
poco
meno
di
78
di
larghezza
:
due
fronti
,
l
'
una
verso
la
città
,
l
'
altra
verso
la
campagna
,
insieme
collegate
da
una
gran
galleria
coperta
di
40
metri
e
mezzo
di
larghezza
.
Nella
fronte
verso
la
città
,
trovasi
l
ingresso
e
l
'
ordinamento
del
servizio
pubblico
,
nella
fronte
verso
la
campagna
gli
uffici
della
locale
Direzione
.
Il
servizio
per
le
partenze
è
posto
a
sinistra
di
chi
accede
alla
stazione
,
ed
il
caffè
,
squisitamente
provveduto
d
'
ogni
genere
di
trattoria
e
bottiglieria
,
è
all
'
estremo
di
questo
lato
.
Alla
parte
opposta
sta
invece
il
servizio
degli
arrivi
,
e
la
loggia
reale
con
molta
ricchezza
costruita
.
Nelle
sale
vi
sono
affreschi
grandiosi
dei
pittori
Gerolamo
Induno
ed
Eleuterio
Paliano
.
Linea
D
.
(
Colore
violaceo
Porta
Tenaglia
)
.
MONUMENTI
,
EDIFICI
RIMARCHEVOLI
,
ECC
.
Foro
Bonaparte
.
Castello
.
Piazza
d
'
Armi
.
Arena
.
Arco
del
Sempione
.
Il
Tivoli
.
L
'
Eco
della
Simonetta
.
CHIESE
.
Santa
Maria
della
Consolazione
.
TEATRI
.
Circhi
pel
popolo
.
ALBERGHI
(
*
)
.
Foro
Bonaparte
.
Sull
'
area
delle
demolite
fortificazioni
del
Castello
,
dal
lato
di
mezzodì
,
dall
'
architetto
Canonica
disponevasi
a
pubblico
passeggio
la
Piazza
denominata
quindi
Foro
Bonaparte
,
con
svariati
campi
e
zolle
,
e
ben
disposti
viali
ornati
d
'
alberi
che
gli
Austriaci
,
me
-
mori
delle
cinque
giornate
del
marzo
1848
,
al
loro
ritorno
nell
'
agosto
di
quello
stesso
anno
,
fecero
abbattere
.
L
'
attuale
ordinamento
del
Foro
Bonaparte
devesi
alla
Giunta
Municipale
,
che
dal
1864
vi
continua
a
fare
abbellimenti
,
su
disegno
dell
'
ingegnere
architetto
cav
.
Agostino
Nazari
.
Castello
.
Il
Castello
,
detto
anticamente
la
Fortezza
di
Porta
Giovia
,
venne
innalzato
nel
1358
da
Galeazzo
II
Visconti
,
con
architettura
militare
di
quei
tempi
.
La
fabbrica
fu
terminata
nel
1368
.
Essa
doveva
tenere
in
freno
gli
amatissimi
sudditi
.
Morto
Galeazzo
,
ad
istanza
dei
cittadini
,
venne
demolito
.
Se
non
che
succeduto
il
figlio
di
lui
Giovanni
Galeazzo
conte
di
Virtù
,
dopo
l
'
usurpazione
dello
Stato
(
*
)
In
questa
linea
non
vi
sono
che
alberghi
ed
osterie
secondarie
.
Milanese
,
non
tardò
a
farne
rifabbricare
un
altro
di
maggiore
robustezza
,
e
vi
fissò
poi
la
sua
stanza
,
e
qui
nasceva
il
di
lui
figlio
secondogenito
Filippo
Maria
,
in
cui
dovevasi
spegnere
la
linea
dominatrice
dei
Visconti
.
Così
stette
fino
al
1447
,
quando
,
morto
quest
'
ultimo
duca
,
i
Milanesi
,
proclamata
1'
Aurea
libertà
ambrosiana
,
credettero
necessario
spianare
quel
forte
per
togliersene
di
dosso
la
soggezione
.
Ma
anche
questa
volta
si
trovò
subito
chi
lo
rifacesse
,
e
fu
Francesco
Sforza
,
quando
con
nessun
diritto
,
ma
colla
più
efficace
delle
ragioni
,
la
spada
,
acquistò
Milano
,
e
ne
corroborò
tutti
i
punti
.
La
nuova
fortezza
sorse
in
forma
di
un
gran
quadrato
con
alte
mura
cinte
da
fossato
,
e
con
vigorosi
torrioni
agli
angoli
rivolti
verso
la
città
,
e
di
tale
altezza
elle
le
palle
ad
un
bisogno
potessero
da
essi
volare
in
mezzo
della
città
,
stessa
.
Le
diede
vie
coperte
,
oscure
prigioni
,
cameroni
pei
militi
,
stanze
col
trabocchetto
,
ingressi
muniti
di
alte
torri
con
grande
cortile
interno
quadrilungo
,
con
rocchetto
centrale
per
tenere
,
quando
bisognasse
,
in
freno
lo
stesso
Castello
,
e
per
racchiudervi
il
tesoro
.
In
questo
quadrato
era
compreso
il
palazzo
ducale
,
di
cui
si
ponno
mirare
gli
avanzi
.
Un
fulmine
,
scoppiato
ai
28
giugno
1521
nella
polveriera
,
mandava
in
conquasso
grande
parte
dell
'
edificio
,
che
fu
ristaurato
sotto
i
regni
di
Carlo
V
e
Filippo
II
,
e
ridotto
nelle
più
recenti
regole
militari
,
coronato
di
sei
baluardi
,
cortine
,
fossi
,
strade
coperte
,
mura
fortissime
,
ecc
.
Salvo
alcuni
miglioramenti
fatti
nel
1734
durò
la
fortezza
in
quello
stato
sino
al
1500
.
Sostenne
otto
assedi
.
Con
legge
30
nevoso
,
anno
nono
repubblicano
,
fu
decretata
dal
Governo
Cisalpino
la
demolizione
della
fortezza
e
1'
erezione
del
Foro
Bonaparte
,
nel
quale
dovevano
essere
raccolti
stabilimenti
per
le
assemblee
del
popolo
,
per
le
arti
,
per
le
scienze
,
pel
commercio
e
pel
soldato
emerito
,
ed
innalzato
,
nel
luogo
il
più
insigne
,
un
grandioso
monumento
,
che
tramandasse
alla
posterità
le
gloriose
gesta
degli
eserciti
francesi
in
Italia
.
Il
progetto
relativo
al
Foro
Bonaparte
era
dall
'
architetto
Giovanni
Antolini
presentato
al
Governo
il
25
frimale
del
suddetto
anno
.
La
prima
pietra
fu
posta
con
gran
solennità
il
30
aprile
1801
,
presso
lo
sbocco
della
via
Cusani
.
Ma
caduta
la
Repubblica
Cisalpina
non
si
pensò
più
alla
costruzione
del
Foro
Bonaparte
.
Il
Castello
,
rimasto
dall
'
antica
fortezza
,
venne
ad
avere
parecchie
migliorie
,
la
più
importante
,
verso
la
Piazza
d
'
anni
,
devesi
all
'
ingegnere
militare
colonnello
Rossi
sotto
il
Regno
italico
.
I
due
torrioni
di
solide
bugne
agli
angoli
verso
la
città
,
furono
mozzati
dal
popolo
nel
1548
.
Nel
1862
l
'
attuale
Governo
demolì
alcune
opere
forti
fiancheggianti
quei
torrioni
,
e
vi
costrusse
da
un
lato
l
'
elegante
edificio
gotico
che
serve
a
scuola
di
equitazione
.
Chiesa
di
Santa
Maria
.
La
chiesa
di
Santa
Maria
della
Consolazione
,
detta
del
Castello
,
già
convento
degli
Agostiniani
,
soppressi
nel
1769
,
fu
fondata
,
secondo
alcuni
,
dal
duca
Galeazzo
Maria
Visconti
,
e
giusta
l
'
opinione
di
altri
,
da
Giovanni
Galeazzo
.
Fu
dappoi
,
con
disegno
dell
'
architetto
Gio
.
Battista
Chiappa
,
rimodernata
.
Contiene
pitture
di
Camillo
Procaccini
,
di
Daniele
Crespi
,
di
Gaudenzio
Ferrari
e
di
altri
.
Piazza
d
'
Armi
.
Lo
spazio
dal
lato
di
tra
-
montana
del
Castello
nell
'
anno
1806
venne
ridotto
a
piazza
per
militari
esercizi
,
d
'
onde
la
denominazione
di
Piazza
d
'
armi
.
Ha
la
lunghezza
di
metri
549.93
,
la
larghezza
di
metri
654
.
43
.
Qui
presso
evvi
il
bersaglio
militare
,
della
Guardia
nazionale
e
della
Società
dei
Carabinieri
milanesi
.
In
questa
Piazza
,
specialmente
durante
il
primo
Regno
d
'
Italia
,
si
sono
fatte
di
molte
feste
popolari
.
L
'
Arena
.
Questo
grandioso
edificio
ò
uno
dei
più
insigni
che
si
eressero
sotto
il
Governo
italico
per
accrescere
il
decoro
e
lo
splendore
della
città
di
Milano
,
che
mancava
di
un
monumento
di
questo
genere
.
Esso
ha
la
forma
di
un
elissi
col
maggior
asse
di
240
metri
sopra
120;
venne
disegnato
dall
'
architetto
Canonica
ad
imitazione
del
Circo
di
Caracalla
,
e
può
conte
-
nere
30,000
spettatori
.
Fu
incominciato
nel
1805
,
e
alla
sua
costruzione
si
impiegarono
le
pietre
del
demolito
castello
,
ed
alla
fronte
delle
carceri
gli
avanzi
del
castello
di
Trezzo
.
Imponente
è
il
Pulvinare
,
posto
verso
il
mezzogiorno
,
non
che
la
porta
principale
.
Serve
ai
pubblici
spettacoli
di
corse
di
cavalli
e
di
bighe
,
ed
ai
giuochi
ginnastici
e
pirotecnici
,
ed
è
atto
altresì
a
divertimenti
di
naumachia
,
avendovi
il
comodo
di
riempire
tutta
l
'
Arena
col
rigagnolo
scorrente
tra
il
podio
e
l
'
Arena
stessa
.
Nell
'
inverno
serve
al
divertimento
del
pattinaggio
.
Venne
il
giorno
17
dicembre
1807
inaugurato
con
un
grande
spettacolo
di
naumachia
,
presente
1'
imperatore
Napoleone
.
Arco
del
Sempione
.
L
'
architetto
Luigi
Caguola
,
avendo
per
le
nozze
del
vicerè
Eugenio
,
nel
1806
,
alzato
a
Porta
Orientale
un
arco
di
legno
e
tela
con
stile
classico
e
pretto
,
il
Consiglio
Municipale
decretò
fosse
eseguito
di
marmo
bianco
a
capo
della
strada
del
Sempione
,
adoperandovi
i
200
mila
franchi
che
Napoleone
aveva
assegnati
alla
città
per
spese
di
ornamento
pubblico
.
L
'
autunno
del
1807
se
ne
gettarono
le
fondamenta
,
e
al
1814
erasi
all
'
imposta
delle
due
arcate
minori
.
Il
19
aprile
di
quell
'
anno
se
ne
sospendevano
i
lavori
per
la
caduta
del
Regno
d
'
Italia
.
Francesco
I
,
per
istanza
della
Congregazione
centrale
,
che
implorò
di
impiegare
nella
costruzione
i
crediti
che
le
provincie
avevano
per
somministrazioni
fatte
agli
eserciti
Austriaci
,
supplendo
nel
resto
lo
Stato
,
autorizzò
il
proseguimento
di
quei
lavori
,
che
,
ripigliati
nel
1816
,
terminarono
nel
1838
.
Dovevano
fregiarlo
la
statua
della
Vittoria
,
in
ricordo
della
battaglia
di
Jena
,
e
i
fasti
napoleonici
.
Il
Governo
austriaco
volle
che
portasse
la
statua
della
Pace
,
e
i
fatti
che
precedettero
quella
pace
sciagurata
.
Il
monumento
componesi
di
un
arco
grandissimo
fiancheggiato
da
due
minori
,
il
tutto
sormontato
da
un
attico
.
E
adorno
di
colonne
monoliti
di
marmo
di
Crevola
,
e
lo
fregiano
molti
bassorilievi
di
G
.
Monti
,
di
Cacciatori
,
di
C
.
Pacetti
,
di
C
.
Monti
,
di
Rusca
,
di
Acquisti
,
di
Perabò
,
di
Marchesi
,
di
Somaini
,
ed
ornamenti
e
statue
di
squisito
lavoro
.
La
sestiga
colossale
,
modellata
da
A
.
Sangiorgio
,
venne
fusa
in
bronzo
dal
Manfredini
,
come
pure
le
quattro
Fame
modellate
dal
Putti
bolognese
.
I
due
casini
laterali
di
granito
rosso
sono
di
maestosa
semplicità
dorica
.
L
'
arco
è
praticabile
nell
'
interno
;
comoda
scala
conduce
alla
sommità
,
dalla
quale
si
gode
la
vista
di
stupendi
panorami
,
e
si
porno
ammirare
da
presso
la
sestiga
e
le
statue
.
La
spesa
.
per
salire
è
tenuissirna
.
Sotto
questo
monumento
,
il
giorno
8
giugno
1859
,
entravano
l
'
imperatore
Napoleone
III
e
re
Vittorio
Emanuele
,
vincitori
nei
campi
di
Palestro
e
di
Magenta
.
A
perpetuare
sì
felice
avvenimento
vennero
,
il
18
marzo
1860
,
cancellate
al
sommo
dell
'
Arco
le
impronte
servili
,
e
poste
le
seguenti
epigrafi
:
(
verso
la
campagna
)
ENTRANDO
CON
L
'
ARMI
GLORIOSE
NAPOLEONE
III
E
VITTORIO
EMANUELE
II
LIBERATORI
MILANO
ESULTANTE
CANCELLÒ
DA
QUESTI
MARMI
LE
IMPRONTE
SERVILI
E
VI
SCRISSE
L
'
INDIPENDENZA
D
'
ITALIA
MDCCCLIX
(
verso
la
città
)
ALLE
SPERANZE
DEL
REGNO
ITALICO
AUSPICE
NAPOLEONE
I
I
MILANESI
DEDICARONO
L
'
ANNO
MDCCCVII
E
FRANCATI
DA
SERVITÙ
FELICEMENTE
RESTITUIRONO
MDCCCLIX
Questo
Arco
doveva
formare
il
principio
della
magnifica
strada
,
che
congiungeva
Milano
colla
sommità
del
Sempione
,
opera
delle
più
dispendiose
e
difficili
che
siensi
intraprese
sotto
il
Governo
italico
.
La
lunghezza
della
strada
da
Gabio
,
confine
in
allora
del
Regno
,
sino
a
Soma
è
di
metri
106
,
586
.
Da
Soma
a
Milano
,
continuata
dal
Governo
austriaco
,
metri
51,000
.
Il
Tivoli
.
Di
fianco
all
'
Arena
avvi
uno
spazio
di
terreno
che
la
Giunta
Municipale
sta
ordinando
per
luogo
di
sollazzi
popolari
,
denominandolo
il
Tivoli
.
La
Porta
Tenaglia
,
che
è
qui
presso
,
è
una
delle
più
vecchie
,
e
reclama
dal
Municipio
urgente
ricostruzione
.
Non
molto
lungi
fuori
di
questa
Porta
,
evvi
un
palazzo
denominato
la
Simonetta
,
da
un
già
suo
proprietario
,
celebre
per
la
singolarità
di
un
Eco
che
,
allo
scoppio
di
un
'
arme
da
fuoco
,
al
getto
di
un
grido
,
si
fa
udire
in
un
angolo
del
cortile
,
aperto
da
un
lato
,
e
viene
ripetuto
distintamente
più
di
trenta
volte
,
finchè
,
scemando
,
di
mano
in
mano
si
perde
.
Crediamo
abbia
il
primato
sull
'
Eco
del
Battisterio
di
Pisa
.
Ciò
che
di
questo
fabbricato
rimane
,
dimostra
bastantemente
quello
che
doveva
essere
di
magnifico
a
'
suoi
tempi
.
Sulla
costruzione
di
esso
,
la
malignità
,
che
non
ha
sempre
torto
,
disse
che
fu
eretto
dagli
appaltatori
dei
bastioni
,
e
regalato
poi
a
don
Ferrante
Gonzaga
per
gratitudine
di
avere
questo
governatore
chiuso
gli
occhi
sul
prezzo
e
sul
modo
onde
quell
'
opera
fu
eseguita
.
Per
avere
accesso
nel
palazzo
si
deve
pagare
una
tassa
di
centesimi
50
.
Linea
E
.
(
Colore
giallo
.
Porta
Magenta
)
.
MONUMENTI
,
EDIFICI
RIMARCHEVOLI
,
ECC
.
Palazzo
del
Bollo
.
Litta
.
Orfanotrofio
femminile
.
CHIESE
.
Santa
Maria
Segreta
.
San
Nazaro
Pietra
Santa
.
Santa
Maria
alla
Porta
.
Monastero
Maggiore
.
Le
Grazie
.
ALBERGHI
.
Beccaccia
.
Nella
linea
dalla
Piazza
del
Duomo
alla
Porta
Magenta
havvi
il
palazzo
,
sede
degli
uffici
del
Bollo
e
di
altri
delle
regie
Finanze
,
eretto
al
Bocchetto
,
ove
esisteva
il
monastero
colla
chiesa
di
Sant
'
Ulderico
,
vescovo
di
Augusta
,
soppresso
nel
1787
:
offre
poco
di
rimarchevole
.
Si
disse
questa
località
del
Bocchetto
da
uno
sbocco
di
condotto
d
'
acqua
o
piscina
,
costruito
ivi
presso
.
Chiesa
di
Santa
Maria
Segreta
.
Di
questo
tempio
si
fa
menzione
fin
dal
secolo
XI
come
fondato
da
donna
di
famiglia
cospicua
.
Nel
seco
-
lo
XVIII
fu
ridotto
alla
odierna
forma
su
disegno
dell
'
architetto
Giulio
Galliori
.
In
materia
d
'
arte
,
nella
chiesa
,
altro
non
si
ravvisa
di
interessante
che
un
quadro
del
Panfilo
rappresentante
la
Vergine
col
Bambino
,
e
l
'
altare
maggiore
,
costrutto
di
fini
marmi
e
di
bronzi
dorati
su
disegno
del
prof
.
Giuseppe
Levati
.
Chiesa
di
San
Nazaro
Pietrasanta
.
E
questa
chiesuola
molto
elegante
:
l
'
altare
maggiore
è
dell
'
architetto
Zanoja
;
possiede
pitture
di
Cesare
Procaccini
,
Aurelio
Luini
,
Ridolfo
Cunio
,
scolare
del
Cerano
.
Questo
tempio
fu
detto
di
Pietra
santa
,
secondo
una
tradizione
,
da
un
cippo
di
marmo
africano
,
sul
quale
inginocchiossi
il
vescovo
Ambrogio
,
implorando
la
sconfitta
degli
Ariani
.
Santa
Maria
alla
Porta
.
Questa
chiesa
fu
così
detta
perché
già
presso
la
porta
Giovia
e
le
mura
fabbricate
dall
'
imperatore
Massimiano
Erculeo
;
lo
che
dimostra
la
sua
antichità
.
La
vecchia
chiesa
fu
rifabbricata
nel
1652
su
disegno
di
Francesco
Richini
per
ordine
di
Benedetto
Aresi
.
Sulla
bella
facciata
,
restaurata
alcuni
anni
or
sono
,
vedesi
un
basso
rilievo
in
marmo
rappresentante
l
'
incoronazione
della
Madonna
,
eseguito
da
Carlo
Simonetta
.
Nell
'
interno
vi
è
una
statua
del
Simonetta
stesso
,
e
parecchie
pitture
di
Marco
d
'
Oggionno
,
di
Camillo
Procaccini
,
del
Lomazzo
.
Monastero
Maggiore
.
Molti
pretendono
che
in
origine
qui
fosse
il
tempio
di
Giove
,
e
che
le
quattro
belle
colonne
di
porfido
che
sostengono
la
tribuna
dell
'
altare
maggiore
in
Sant
'
Ambrogio
si
trovassero
in
quell
'
edificio
.
Diverse
sono
le
opinioni
sopra
1'
epoca
della
fondazione
del
monastero
:
alcuni
l
'
attribuiscono
a
San
Martino
nel
IV
secolo
;
tutti
però
si
accordano
nell
'
ammetterlo
ampliato
da
Ottone
imperatore
nel
X
secolo
.
La
chiesa
,
già
dedicata
alla
Madonna
,
venne
nel
secolo
XII
intitolata
a
San
Maurizio
.
Fu
già
quell
'
edificio
,
sino
al
1799
,
chiostro
di
Benedettine
,
e
venne
chiamato
Maggiore
,
sia
per
copia
di
privilegi
che
per
numero
di
monache
.
Si
pretende
che
Barbarossa
,
prescrivendo
il
diroccamento
di
Milano
,
ordinasse
di
rispettare
il
Monastero
Maggiore
,
la
basilica
di
Sant
'
Ambrogio
e
la
cattedrale
.
La
chiesa
attuale
col
monastero
(
ora
sede
di
scuole
comunali
)
fu
costrutta
col
disegno
dell
'
architetto
Giovan
Giacomo
Dolcebono
,
pavese
,
scolaro
di
Bramante
.
La
facciata
è
tutta
di
marmo
,
condotta
con
isquisito
gusto
dal
milanese
Francesco
Pirovano
.
L
'
interno
della
chiesa
è
una
vera
galleria
di
Scuola
Lombarda
;
vi
primeggiano
affreschi
di
Bernardino
Luini
,
di
Calisto
Piazza
da
Lodi
,
di
Pietro
Gnocchi
,
di
Lomazzo
,
Ferrari
,
e
di
-
pinti
di
Antonio
Campi
.
In
questa
chiesa
leggonsi
due
iscrizioni
sepolcrali
,
le
quali
ricordano
d
'
essere
stati
ivi
sepolti
,
nell
'
anno
1532
,
Alessandro
Bentivoglio
,
signore
di
Bologna
,
scacciato
da
papa
Giulio
II
,
e
nel
1545
Ginevra
Bentivoglio
,
moglie
di
Giovanni
Carretto
marchese
di
Finale
.
Il
fianco
di
levante
della
chiesa
venne
deturpato
nei
secoli
decorsi
coll
'
addossamento
di
case
;
rimasto
di
nuovo
scoperto
per
I
'
apertura
della
via
Bernardino
Luini
,
si
va
a
ristaurare
in
pietra
e
-
laterizi
su
disegno
del
pittore
Angelo
Colla
.
Nello
stesso
fianco
di
levante
,
presso
la
via
Ansporto
,
scorgesi
una
torre
quadrata
a
diversi
piani
,
innalzata
ai
tempi
di
Massimiano
:.una
porta
a
lato
della
medesima
,
con
colonne
di
marmo
antico
isolate
,
deve
aver
servito
di
comunicazione
al
Circo
romano
,
che
esisteva
nella
vicinanza
.
Presso
questa
torre
avvene
altra
rotonda
,
divisa
in
tre
piani
,
e
che
vedesi
da
tergo
al
tempio
.
E
opera
,
coll
'
unito
avanzo
di
antiche
mura
,
dell
'
arcivescovo
Ansperto
,
il
quale
l
'
avrebbe
fatta
costruire
a
difesa
del
monastero
.
La
parte
terrena
si
crede
aver
servito
di
carcere
ad
alcuni
martiri
milanesi
,
fra
cui
Gervaso
,
Protaso
,
Vittore
,
Naborre
e
Felice
.
Palazzo
Litta
.
Questo
palazzo
fu
fatto
in
-
cominciare
dal
conte
Bartolomeo
Arese
,
presi
-
dente
del
Senato
al
tempo
di
Filippo
IV
di
Spagna
,
sul
disegno
di
Francesco
Richini
,
e
terminato
in
seguito
dai
successori
di
lui
.
Presenta
una
facciata
maestosa
e
ricca
di
marmi
;
l
'
in
-
terno
è
decorato
di
grandiosi
vestiboli
e
portici
in
giro
sostenuti
da
colonne
;
lo
scalone
magni
-
fico
di
marmo
,
che
vi
fu
aggiunto
posteriormente
,
è
opera
di
Carlo
Giuseppe
Merli
.
E
ricco
pure
di
sontuose
stanze
,
di
un
bel
giardino
e
annessa
cavallerizza
.
Morto
l
'
Arese
,
passò
il
palazzo
al
conte
Giulio
Visconti
,
nipote
suo
,
ed
ultimo
vicerè
di
Napoli
per
Carlo
VI
;
da
questi
pervenne
per
eredità
alla
famiglia
Litta
-
Visconti
-
Arese
.
Orfanotrofio
femminile
.
Nel
Corso
Magenta
evvi
anche
l
'
Orfanotrofio
femminile
.
Fino
dal
decimosesto
secolo
si
pensò
a
sopprimere
in
Milano
la
mendicità
,
ed
in
questo
luogo
,
denominato
di
Santa
Maria
della
Stella
,
già
convento
di
Benedettine
,
stabilì
San
Carlo
Borromeo
uno
specale
pei
mendicanti
.
Creato
arcivescovo
di
Milano
,
il
cardinale
Federico
Borromeo
fece
costruire
da
Fabio
Mangone
solida
e
semplice
fabbrica
per
applicarla
al
ricovero
degli
orfani
d
'
ambo
i
sessi
,
la
quale
venne
poi
destinata
a
beneficio
delle
sole
femmine
.
Le
orfane
si
ammettono
dai
7
ai
12
anni
,
senz
'
obbligo
di
speciale
corredo
;
devono
appartenere
a
famiglie
povere
di
Milano
,
aventi
costì
il
decennale
domicilio
;
sono
preferite
quelle
che
hanno
perduti
entrambi
i
genitori
.
Alcune
piazze
sono
di
patronato
privato
.
Il
fabbricato
venne
ristaurato
or
non
sono
molti
anni
.
Chiesa
di
Santa
Maria
delle
Grazie
.
Questa
chiesa
fu
fabbricata
nel
luogo
ove
esisteva
-
no
i
quartieri
delle
milizie
del
duca
Francesco
I
Sforza
,
sotto
il
comando
del
generale
conte
Gaspare
Vimercati
,
il
quale
,
nel
1463
,
donò
ai
Domenicani
il
fondo
ed
unitovi
santuario
con
effigie
della
Madonna
molto
in
venerazione
,
a
patto
che
fabbricassero
un
tempio
grandioso
ed
un
convento
.
Lodovico
il
Moro
e
Beatrice
sua
moglie
,
nel
1492
,
presero
ad
ingrandire
la
chiesa
medesima
in
forma
di
croce
latina
;
ma
per
le
vicende
di
lui
rimase
l
'
opera
imperfetta
.
I
fini
lavori
di
cotto
,
gli
stemmi
,
le
medaglie
e
gli
emblemi
che
veggonsi
esteriormente
nella
parte
del
coro
,
dimostrano
quanto
Lodovico
si
studiasse
di
renderla
elegante
.
La
facciata
è
semplice
,
di
gotica
architettura
,
e
non
presenta
di
osservabile
che
il
piccolo
pronao
alla
porta
maggiore
,
ornato
di
medaglie
e
sostenuto
da
due
colonne
del
miglior
gusto
del
rimanente
.
L
'
interno
della
chiesa
è
a
tre
navi
di
gotica
architettura
sino
al
presbiterio
;
la
grandiosa
cupola
,
l
'
ampio
coro
e
le
cappelle
semicircolari
nei
lati
sono
disegno
del
Bramante
,
al
quale
Lodovico
ordinò
la
costruzione
tanto
di
quelle
opere
,
quanto
della
grandiosa
sacrestia
e
del
chiostro
contiguo
.
Questo
tempio
contiene
pregevoli
pitture
di
P
.
d
'
Adda
,
Gaudenzio
Ferrari
,
Francesco
Vicentini
,
Gio
.
Batt
.
Secchi
,
Semini
,
G
.
Nuvolone
,
B
.
Zenale
,
ecc
.
ecc
.
Nel
refettorio
del
monastero
esiste
ancora
la
famosa
pittura
di
Leonardo
da
Vinci
,
Il
Cenacolo
.
E
soverchio
descrivere
questa
meraviglia
dell
'
arte
,
da
tutta
Europa
conosciuta
,
e
la
quale
Francesco
I
di
Francia
,
nel
1520
,
avrebbe
voluto
trasportare
a
Parigi
.
Deperita
quella
pittura
,
venne
mirabilmente
restaurata
da
F
.
Barezzi
nel
1856
(
*
)
.
In
questo
stesso
refettorio
trovasi
altro
dipinto
a
fresco
,
La
Crocifissione
,
con
moltissime
figure
e
colla
veduta
di
Gerusalemme
,
lavoro
eseguito
da
Giovanni
Donato
Montorfano
milanese
nell
'
anno
1495
.
Mentre
Leonardo
da
Vinci
dipingeva
quel
Cenacolo
abitavasene
nella
vicina
casa
al
numero
67
,
contraddistinta
in
oggi
al
di
fuori
da
medaglie
scolpite
da
Pompeo
Marchesi
,
ed
ivi
in
una
sala
terrena
eseguiva
i
quattordici
ritratti
sforzeschi
.
Nel
convento
di
questa
chiesa
era
stabilito
il
Tribunale
di
Sant
'
Ufficio
,
trasportatovi
nel
1559
da
Sant
'
Eustorgio
,
e
vi
esistette
fino
alla
totale
sua.abolizione
avvenuta
nel
1769
.
I
monaci
furono
soppressi
il
7
marzo
1797
,
e
l
'
edificio
mutato
in
caserma
.
(
*
)
Nel
palazzo
di
Brera
evvi
una
copia
di
quest
'
opera
rara
,
fatta
dal
pittore
Giuseppe
Bossi
per
allogazione
del
Governo
Italico
.
Poco
distante
dalla
Piazza
delle
Grazie
eravi
la
Casa
di
Correzione
,
stata
innalzata
verso
il
1764
,
quando
si
cessò
di
vendere
ai
Veneziani
i
condannati
alle
,
galere
,
che
venivano
poi
spediti
in
Levante
.
Furono
in
seguito
i
condannati
concentrati
nell
'
edificio
in
via
Appiani
.
Porta
Magenta
.
Questa
porta
era
dedicata
a
Venere
,
forse
per
l
'
amenità
e
piacevolezza
del
luogo
.
Era
già
chiamata
Vercellina
,
perchè
da
essa
si
va
direttamente
a
Vercelli
;
indi
Magenta
in
memoria
della
battaglia
combattuta
in
quel
borgo
il
4
giugno
1859
,
che
portò
la
libertà
a
Milano
.
Dalla
porta
stessa
entrò
nel
1805
Napoleone
I
,
che
veniva
a
Milano
a
cingere
la
celebre
corona
ferrea
.
Nella
casa
al
numero
9
,
nel
Corso
Magenta
,
nacque
nel
1598
il
matematico
Bonaventura
Cavalieri
;
in
quella
al
numero
66
visse
,
e
morì
nel
1851
,
Francesco
Cherubini
,
e
al
numero
67
Giovanni
Gherardini
.
Lapidi
apposite
sulle
facciate
di
queste
case
ricordano
tali
fatti
.
Linea
F
.
(
Colore
verde
Dalla
piazza
del
Duomo
alla
Piazza
di
San
Vittore
)
.
MONUMENTI
,
EDIFICI
RIMARCHEVOLI
,
ECC
.
Biblioteca
Ambrosiana
.
Monumento
a
Federico
Borromeo
.
Palazzo
Borromeo
.
Caserma
San
Francesco
.
Ospedale
militare
.
Pusterla
di
Sant
'
Ambrogio
(
avanzi
)
.
Macello
pubblico
.
Ospedale
Fate
-
bene
-
fratelli
.
CHIESE
.
San
Sepolcro
.
Santa
Maria
Podone
.
Sant
'
Ambrogio
.
San
Vittore
.
ALBERGHI
.
(
In
questa
linea
non
vi
sono
che
alberghi
e
trattorie
di
secondo
ordine
)
.
Biblioteca
Ambrosiana
.
La
Biblioteca
Ambrosiana
fu
fondata
e
dotata
nell
'
anno
1602
dal
cardinale
Federico
Borromeo
.
All
'
uopo
fece
dall
'
architetto
Fabio
Mangone
,
presso
San
Sepolcro
,
costruire
apposito
edificio
,
la
cui
facciata
,
di
ordine
dorico
,
è
piccola
,
ma
graziosa
;
nel
fregio
,
a
caratteri
di
bronzo
,
leggesi
:
biblioteca
Ambrosiana
.
Venne
aperta
ad
uso
pubblico
nell
'
anno
1609
,
e
detta
Ambrosiana
,
in
memoria
del
vescovo
Ambrogio
,
protettore
di
Milano
.
Il
cardinale
Federico
,
a
renderla
una
delle
prime
d
'
Italia
,
spedì
a
sue
spese
in
varie
parti
di
Oriente
e
di
Occidente
uomini
dotti
per
raccogliere
libri
,
manoscritti
,
stampe
,
quadri
,
sculture
ed
oggetti
di
scienza
e
di
rarità
;
e
ne
fecero
buona
mèsse
,
che
andò
sempre
più
accrescendosi
col
progresso
degli
anni
per
donazioni
e
per
lasciti
.
Circa
120
mila
sono
i
volumi
,
e
15
mila
le
opere
manoscritte
di
questa
Biblioteca
,
come
pure
molti
le
pitture
,
le
sculture
,
i
disegni
,
i
cartoni
e
le
svariate
rarità
della
storia
naturale
,
delle
scienze
e
delle
arti
.
In
essa
sono
pure
riposti
una
parte
del
museo
Settala
ed
il
medagliere
Castiglioni
;
una
bella
raccolta
di
oggetti
antichi
nazionali
e
stranieri
,
come
bronzi
,
avori
,
minerali
,
armi
,
frecce
,
ecc
.
ecc
.
Vi
si
vedono
parecchie
iscrizioni
romane
del
medio
evo
,
alcuni
monumenti
,
fra
cui
gli
avanzi
di
quello
di
Gastone
da
Foix
,
eseguito
dal
valente
Bambaia
,
modelli
di
plastica
,
ecc
.
Fra
le
cose
rarissime
vi
sono
:
Le
Antichità
giudaiche
di
Giuseppe
Ebreo
,
tradotte
in
latino
da
Ruffino
,
su
papiro
del
V
secolo
;
un
Virgilio
,
con
note
del
Petrarca
relative
alla
sua
Laura
;
la
Cronaca
dei
Papi
,
di
Martino
Polacco
;
un
Dante
in
pergamena
;
un
volume
di
Leonardo
da
Vinci
;
il
Codice
Atlantico
dei
dodici
che
esistevano
,
rimasti
a
Parigi
;
alcune
lettere
del
cardinale
Bembo
a
Lucrezia
Borgia
,
con
una
ciocca
dei
capelli
della
medesima
.
Primeggiano
pure
l
'
originale
della
Scuola
d
'
Atene
di
Raffaello
,
il
cui
affresco
eseguì
a
Roma
nel
Vaticano
;
un
affresco
di
B
.
Luini
,
rappresentante
Gesù
coronato
di
spine
,
con
varie
persone
in
ginocchio
,
che
si
credono
ritratti
dei
deputati
del
Pio
Luogo
di
Santa
Corona
,
cui
apparteneva
questo
locale
ed
ove
ebbe
la
sua
prima
origine
(
*
)
.
(
*
)
Il
Luogo
Pio
di
Santa
Corona
,
fu
fondato
dal
domenicano
del
convento
della
Rosa
,
Stefano
Seregni
,
nel
1497
,
o
si
disse
di
Santa
Corona
,
in
memoria
delle
spine
del
Redentore
.
Unito
nel
1786
all
'
Ospedale
Maggiore
,
somministra
tuttavia
a
circa
trentamila
poveri
della
città
soccorso
di
medici
,
chirurghi
,
levatrici
e
medicinali
.
Vi
sono
peregrini
lavori
del
Luini
,
del
Durero
,
dei
Caracci
,
del
Vinci
,
del
Procaccini
,
del
Correggio
,
del
Tiziano
,
del
Giorgione
,
di
Palma
il
Vecchio
,
di
Andrea
del
Sarto
,
di
Michelangelo
,
di
Reni
,
del
Guercino
,
di
Giulio
Romano
,
di
Bruguel
,
di
Rubens
,
ecc
.
,
ecc
.
Ad
un
membro
della
famiglia
Borromeo
,
e
già
al
proposto
degli
Oblati
,
spetta
la
prerogativa
di
Conservatore
perpetuo
della
Biblioteca
,
mentre
gli
altri
Conservatori
sono
quinquennali
.
I
bibliotecari
formano
un
Collegio
di
dottori
,
più
o
meno
di
numero
secondo
1'
opportunità
.
In
Piazza
di
San
Sepolcro
,
avanti
la
facciata
del
Mangone
,
venne
nel
1865
eretta
,
a
spese
di
alcuni
cittadini
,
la
statua
in
marmo
di
Federico
Borromeo
,
eseguita
dallo
scultore
Corti
;
nel
piedestallo
sono
incise
iscrizioni
allusive
al
fondatore
della
Ambrosiana
,
tolte
dal
libro
i
Promessi
Sposi
di
Manzoni
.
Qui
presso
,
nella
via
omonima
,
era
l
'
antichissima
Zecca
di
Milano
.
Chiesa
di
San
Sepolcro
.
Questa
chiesa
è
antichissima
.
Venne
innalzata
nell
'
anno
1030
ad
onore
della
Trinità
da
un
ricco
zecchiero
,
tale
Benedetto
Rozzone
di
Cortesella
.
Se
non
che
un
pronipote
di
Rozzone
,
reduce
dopo
il
1099
da
Terra
Santa
,
pur
per
desiderio
mostratogli
,
dall
'
arcivescovo
in
Costantinopoli
,
pose
mano
a
riedificare
la
chiesa
a
somiglianza
di
quella
del
Santo
Sepolcro
di
Gerusalemme
,
assumendo
il
titolo
di
San
Sepolcro
.
Nel
1578
fu
donata
da
San
Carlo
agli
Oblati
da
esso
istituiti
,
e
nel
1618
Federico
Borromeo
riabbellì
la
chiesa
,
non
rimanendovi
della
sua
prima
origine
che
le
due
ineguali
torri
.
Sulla
porta
evvi
un
bell
affresco
del
Bramantino
,
rappresentante
Cristo
morto
in
seno
alla
Madre
,
con
San
Giovanni
e
la
Maddalena
,
opera
molto
lodata
dal
Vasari
e
dal
Lomazzo
.
Nell
'
interno
della
chiesa
vi
sono
quadri
di
Carlo
Magatti
e
di
Francesco
Nuvolone
;
nella
sagrestia
trovasi
una
raccolta
di
varie
pitture
,
fra
cui
alcune
del
Luini
.
Curiose
,
ma
malfatte
,
sono
le
statue
in
plastica
che
rappresentano
due
fatti
di
Gesù
Cristo
;
al
contrario
si
stimano
assai
quelle
dello
Scurolo
,
rappresentanti
un
fatto
della
Vergine
,
opera
del
celebre
Caradosso
Foppa
.
In
questo
Scurolo
,
che
pur
possiede
due
affreschi
del
Luiui
,
veniva
a
meditare
San
Carlo
.
Chiesa
di
Santa
Maria
Podone
.
Si
pretende
da
alcuni
che
il
fondatore
di
questa
chiesa
sia
stato
un
tal
Werulfo
,
detto
Podone
,
soldato
di
Carlo
Magno
nel
872;
altri
però
ne
attribuiscono
la
fondazione
nel
834
all
'
arcivescovo
Angilberto
Pusterla
,
lo
stesso
che
fece
fabbricare
il
famoso
paliotto
che
vedremo
nella
basilica
di
Sant
'
Ambrogio
.
Nel
semicircolo
sopra
la
porta
d
'
ingresso
,
scorgesi
in
un
basso
rilievo
di
marmo
,
intagliata
insieme
colla
Vergine
ed
il
Bambino
,
l
'
effigie
del
conte
Vitaliano
Borromeo
,
il
quale
,
nel
1440
,
a
proprie
spese
,
fece
riparare
la
chiesa
,
dotandola
di
molte
ricche
suppellettili
e
di
un
capitolo
di
canonici
,
stato
soppresso
;
nel
1625
il
cardinale
Federico
la
fece
ridurre
a
più
moderna
architettura
da
Fabio
Mangone
tomi
facciata
d
'
ordine
composito
,
decorata
con
pronao
.
I
Borromei
vi
collocarono
i
sepolcri
di
famiglia
,
come
chiesa
di
loro
juspatronato
.
Il
conte
Giberto
fece
ricostruire
l
'
antica
cappella
a
destra
con
pitture
ed
ornati
del
Sanquirico
onde
riporvi
il
corpo
di
San
Renato
,
dato
in
dono
alla
nobile
famiglia
da
Leone
XII
.
In
questa
chiesa
vi
è
una
buona
pittura
di
Cristoforo
Franchi
.
La
statua
di
rame
,
colla
testa
e
mani
di
getto
in
bronzo
,
rappresentante
San
Carlo
,
che
sta
nella
Piazza
,
fu
fatta
eseguire
da
Federico
Borromeo
nel
1624
su
modello
di
Dionigi
Bussola
;
essa
trovavisi
prima
al
Cordusio
.
Venne
donata
a
Giberto
Borromeo
da
Giuseppe
II
nel
1786
.
Palazzo
Borromeo
.
Di
contro
a
Santa
Maria
Podone
è
il
palazzo
della
cospicua
famiglia
Borromeo
,
il
quale
conserva
ancora
la
sua
antichissima
forma
gotica
.
In
una
sala
a
pian
terterreno
evvi
un
magnifico
affresco
dell
'
antica
scuola
lombarda
,
sconosciuto
in
Milano
,
ma
ricordato
e
fattone
il
disegno
nella
storia
della
Pittura
Italiana
del
Rosini
.
Il
palazzo
contiene
altre
pitture
,
e
si
conserva
la
camera
abitata
da
San
Carlo
,
ivi
nato
.
Caserma
di
San
Francesco
.
Ove
è
la
caserma
,
detta
di
San
Francesco
,
esisteva
una
bella
chiesa
dei
Minori
Conventuali
,
la
più
grande
dopo
il
Duomo
,
fabbricata
sull
'
area
dell
'
antichissima
Basilica
Naboriana
(
*
)
verso
(
*
)
La
Basilica
Naboriana
,
innalzata
fin
dal
primo
secolo
da
un
tal
Filippo
Oldano
nei
suoi
orti
per
seppellirvi
i
martiri
,
vuolsi
la
prima
chiesa
di
Milano
.
l
'
anno
1256
,
epoca
in
cui
andò
la
basilica
in
possesso
di
que
'
padri
.
In
San
Francesco
avevano
i
Corio
i
loro
sepolcri
,
e
vi
erano
raccolte
le
spoglie
di
Bernardino
Corio
,
di
Raimondo
Torriani
,
di
Frate
Buonvicino
da
Riva
,
poeta
anteriore
a
Dante
,
e
quella
di
Francesco
Carmagnola
,
e
molte
opere
d
'
arte
.
Disacrata
la
chiesa
,
e
soppressi
i
frati
,
nel
1798
,
venne
l
'
edificio
convertito
in
Ospedale
militare
;
quindi
vi
si
posero
provvisoriamente
gli
Orfanelli
.
Il
Governo
Italico
pensò
di
erigere
in
quel
luogo
una
grandiosa
caserma
,
dando
incarico
del
di
-
segno
all
'
ingegnere
militare
,
colonnello
Rossi
.
Ricollocati
gli
Orfanelli
in
San
Pietro
in
Gessate
,
se
ne
cominciarono
nel
1813
i
lavori
,
che
durarono
parecchi
anni
per
le
vicende
politiche
,
e
non
si
terminarono
che
nel
1851
.
Può
la
caserma
contenere
più
di
2000
soldati
di
fanteria
.
Ospedale
militare
.
Nel
vasto
monastero
dei
Cistercensi
è
stabilito
,
sin
dal
20
agosto
1798
,
l
'
Ospedale
militare
.
La
fabbrica
è
disegno
del
Bramante
,
e
fu
incominciata
nel
1499
per
ordine
del
cardinale
Ascanio
Sforza
.
Essa
consiste
in
due
grandiosi
cortili
con
portici
,
che
li
circondano
,
divisi
da
un
lungo
corridoio
.
Non
avvi
niente
di
più
magnifico
di
questi
cortili
,
dorico
l
'
uno
,
jonico
l
'
altro
,
con
colonne
appoggiate
sopra
un
continuato
basamento
a
guisa
di
parapetto
.
L
'
interno
dell
'
antico
refettorio
pure
presenta
grandiosità
e
magnificenza
.
Di
prospetto
all
'
ingresso
vedesi
la
bell
'
opera
dipinta
a
fresco
nel
1545
da
Calisto
Piazza
,
lo
scolare
del
Tiziano
,
divisa
in
tre
parti
,
che
rappresenta
le
nozze
di
Cana
in
Galilea
.
Dello
stesso
pittore
sono
pure
gli
Apostoli
dipinti
nelle
lunette
della
vòlta
.
All
'
ingresso
dello
scalone
vedesi
il
ritratto
del
duca
Lodovico
il
Moro
.
Sotto
il
Governo
Italico
era
questo
ospedale
molto
in
grido
.
Basilica
di
Sant
'
Ambrogio
.
La
basilica
Ambrosiana
fu
fondata
nel
387
dal
vescovo
Ambrogio
,
ove
già
era
il
palazzo
imperiale
coll
'
annesso
giardino
.
L
'
atrio
esteriore
,
eretto
nel
872
dall
'
arcivescovo
Ansperto
Confalonieri
,
e
tipo
dell
'
architettura
più
antica
che
si
conservi
dopo
i
Romani
,
è
cinto
da
portici
;
esso
è
un
vero
museo
d
'
iscrizioni
e
di
tombe
antiche
:
il
visitatore
legge
su
quelle
pareti
le
memorie
di
tante
passate
generazioni
.
-
-
Le
imposte
di
ci
-
presso
della
porta
di
mezzo
hanno
intagli
del
IX
secolo
.
-
-
L
'
interno
è
diviso
in
tre
navate
colla
tribuna
,
la
cripta
,
le
cancellate
,
l
'
ambone
.
Sorretta
da
quattro
colonne
di
porfido
,
quelle
delle
quali
abbiamo
accennato
parlando
di
San
Maurizio
,
è
la
tribuna
dell
'
altare
maggiore
,
sotto
il
quale
si
rinvenne
nel
1834
un
magnifico
avello
di
porfido
,
che
forse
racchiuse
le
ceneri
di
Sant
'
Ambrogio
.
Veri
capolavori
sono
i
mosaici
del
coro
,
il
sarcofago
sotto
il
pulpito
e
il
famoso
paliotto
dell
'
altare
maggiore
,
di
massiccio
argento
e
pietre
preziose
,
donato
nel
835
da
Angilberto
Pusterla
,
ed
eseguito
da
Wolvino
,
orefice
,
colla
spesa
,
che
immensa
doveva
essere
a
quei
tempi
,
di
ottantamila
fiorini
d
'
oro
.
Contiene
inoltre
questo
tempio
di
belle
pitture
di
Ambrogio
Borgognone
,
del
Lanzani
,
del
Tiepolo
,
del
Porta
,
del
Lanino
,
del
Ferrari
,
del
Procaccini
,
ecc
.
Nel
1002
1'
arcivescovo
Arnolfo
vi
fece
collo
-
care
,
su
di
una
colonna
,
il
serpente
di
bronzo
,
che
tuttodì
si
vede
,
che
egli
aveva
portato
da
Costantinopoli
;
vuolsi
lo
stesso
che
innalzò
Mosè
nel
deserto
a
terrore
degli
Israeliti
.
La
basilica
Ambrosiana
,
dove
incoronavansi
i
re
d
'
Italia
,
è
celebre
nella
storia
;
e
l
'
archivio
capitolare
conserva
preziose
pergamene
'
e
codici
,
fra
cui
un
messale
con
belle
miniature
del
1395
,
dono
di
Gian
Galeazzo
,
e
diversi
diplomi
dei
secoli
VIII
e
IX
.
Anticamente
erano
due
chiese
,
separate
da
muro
con
tre
porte
,
dalle
quali
si
passava
nella
parte
della
primitiva
basilica
di
Fausta
.
Esse
vennero
riunite
nel
1507
,
e
si
formò
una
sola
chiesa
.
Fu
la
basilica
piú
volte
ristaurata
;
la
prima
,
nel
1197
,
dall
'
arcivescovo
Uberto
.
Da
qualche
anno
importantissimi
lavori
vi
si
stanno
facendo
dal
Governo
sotto
la
direzione
di
una
Commissione
.
Molti
illustri
vennero
in
Sant
'
Ambrogio
sepolti
,
fra
cui
Domenico
Pagani
,
il
cronista
Pietro
Candido
Decembrio
,
il
latinista
Marcantonio
;
Miraggio
,
il
guerriero
Pietrasanta
,
ecc
.
Molte
favole
corsero
intorno
all
'
isolata
colonna
,
che
è
sulla
Piazza
omonima
;
alcuni
vollero
fosse
reliquia
d
'
antico
palazzo
,
detto
Ambrosiano
.
Questo
è
certo
che
fino
al
1500
il
podestà
di
Milano
,
nel
dì
in
cui
entrava
in
carica
,
prestava
su
quella
colonna
il
giuramento
di
mantenere
integri
gli
statuti
della
città
.
Vicino
alla
basilica
di
Sant
'
Ambrogio
,
verso
la
via
Lanzone
,
sorge
1'
oratorio
di
Sant
'
Agostino
.
Il
Torre
vuole
che
in
esso
questo
santo
abbia
ricevuto
le
acque
battesimali
dal
vescovo
Ambrogio
;
ma
è
più
facile
il
credere
che
fosse
uno
dei
due
battisteri
che
erano
in
que
'
tempi
in
Milano
per
dare
l
'
acqua
lustrale
ai
primi
cristiani
.
Di
contro
all
'
atrio
di
Ansperto
vedesi
la
chiesuola
di
San
Sigismondo
,
presso
la
quale
abitò
,
dall
'
anno
1353
al
1355
,
Francesco
Petrarca
.
Prendendo
la
via
per
andare
a
San
Vittore
,
giunti
al
ponte
,
dove
il
Naviglio
disvolta
alla
Porta
Ticinese
,
scorgesi
una
torre
che
conserva
ancora
tutti
i
caratteri
di
opera
fortilizia
.
Essa
è
avanzo
della
pusterla
di
Sant
'
Ambrogio
,
eretta
l
'
anno
1171
.
Fu
a
questa
porta
che
Gian
Galeazzo
Visconti
fece
,
il
0
maggio
1385
,
a
tradimento
,
prigioniero
lo
zio
Barnabò
coi
figli
di
lui
Rodolfo
e
Lodovico
.
Macello
pubblico
.
In
vicinanza
di
questa
torre
presentasi
la
nuova
via
Olona
,
in
fondo
alla
quale
è
il
Pubblico
macello
.
Ha
questo
edificio
forma
rettangolare
,
e
la
superficie
complessiva
di
oltre
37,000
metri
.
La
fronte
principale
prospetta
la
via
di
San
Calocero
.
All
'
ingiro
si
trovano
,
oltre
i
locali
per
1'
amministrazione
,
per
la
Questura
e
per
la
Finanza
,
le
stalle
di
deposito
per
le
bestie
,
i
magazzeni
,
il
macello
di
ovini
e
le
tripperie
.
Al
centro
il
parco
col
padiglione
per
1'
esazione
delle
tasse
;
a
ponente
il
macello
dei
suini
,
i
porcili
,
il
locale
delle
macchine
per
l
'
innalzamento
delle
acque
al
serbatojo
e
per
lo
sviluppo
del
vapore
.
Le
celle
macellatorie
per
le
bestie
mastre
e
soriane
costituiscono
quattro
corpi
di
fabbricati
isolati
fra
loro
e
suddivisi
da
strade
coperte
.
Le
celle
macellatorie
sono
di
varia
dimensione
ed
assegnate
a
seconda
dell
'
importanza
de
'
macellai
.
L
'
acqua
viene
distribuita
ad
ogni
singolo
locale
mediante
tubi
sotterranei
.
Fu
costrutto
nell
'
anno
1862
su
disegno
dell
'
ingegnere
civico
cav
.
Agostino
Nazari
per
cura
del
Municipio
,
a
spese
di
una
Società
privata
.
Basilica
di
San
Vittore
.
Questa
chiesa
,
che
dicesi
eretta
sull
'
area
di
un
tempio
di
Marte
,
è
di
antica
fondazione
;
ebbe
la
sua
origine
nel
114
da
Porzio
,
figlio
di
quel
Filippo
Oldano
,
noto
per
la
basilica
Naboriana
,
innalzata
da
lui
,
come
abbiamo
accennato
parlando
della
caserma
di
San
Francesco
,
ne
'
propri
orti
.
Da
esso
Porzio
la
nuova
basilica
fu
detta
Porziana
.
Essendovi
poi
stato
nel
303
posto
il
corpo
di
San
Vittore
,
venne
da
quel
tempo
detta
di
San
Vittore
al
corpo
.
Divenuta
l
'
antica
chiesa
cadente
dal
tempo
,
fu
nel
990
riparata
dall
'
arcivescovo
Arnolfo
;
ed
in
essa
furono
insediati
i
Benedettini
neri
,
che
vi
stettero
alcuni
secoli
;
indi
passò
in
Abbadia
,
e
finalmente
nel
1507
agli
Olivetani
,
i
quali
nel
1560
posero
la
prima
pietra
dell
'
attuale
bellissima
chiesa
,
costruita
su
disegno
di
Galeazzo
Alessi
.
E
tutta
ornata
di
stucchi
,
di
fregi
,
di
cornici
allumate
ad
oro
finissimo
con
nicchie
,
e
conserva
pitture
dei
Proeaccini
,
del
Crespi
,
del
Salmeggia
,
del
Nuvolone
,
del
Moncalvo
,
ecc
.
Finissimi
sono
gli
intagli
degli
stalli
del
coro
.
Fu
sulle
soglie
di
questa
basilica
che
il
vescovo
Ambrogio
cacciò
l
'
imperatore
Teodosio
,
perchè
macchiato
del
sangue
dei
Tessalonicesi
.
Il
monastero
di
San
Vittore
,
progetto
di
Giuseppe
Antonio
Castelli
di
Monza
,
riuscì
uno
dei
più
belli
di
Milano
.
Nel
1797
servì
di
ospedale
militare
;
quindi
,
senza
interruzione
,
di
caserma
di
cavalleria
.
Ospedale
Fate
-
bene
-
fratelli
.
Di
rimarchevole
non
abbiamo
altro
in
questo
giro
che
l
'
ospedale
succursale
dei
Fate
-
bene
-
fratelli
,
eretto
su
disegno
di
Nicola
Dordoni
,
ed
aperto
nel
26
agosto
1860
.
Quivi
era
il
vecchio
convento
di
monache
Cappuccine
,
sotto
la
protezione
di
Santa
Maria
di
Loreto
,
fondato
nel
1620
dalla
famiglia
Secchi
.
L
'
ordine
sovrano
militare
Gerosolimitano
mantiene
in
quest
'
ospitale
19
letti
.
Si
ammira
nella
chiesa
una
cappella
che
riproduce
esattamente
la
Santa
Casa
di
Loreto
.
Nella
via
di
San
Vittore
ovvi
il
Pio
Istituto
del
Buon
Pastore
per
le
povere
figlie
traviate
,
iniziato
privatamente
pochi
anni
or
sono
da
al
-
cune
pie
giovani
.
Linea
G
.
(
Colore
arancio
.
Dalla
Piazza
del
Duomo
alla
Porta
Romana
)
.
MONUMENTI
,
EDIFICI
RIMARCHEVOLI
,
ECC
.
Regia
Posta
delle
lettere
.
Palazzo
Annoni
.
Scuole
Comunali
,
Palazzo
Della
Somaglia
.
Scuola
Superiore
d
'
Agricoltura
(
*
)
.
Ospedale
Maggiore
ed
annessi
Pii
Istituti
.
Riformatorio
della
Gioventù
.
Collegio
Convitto
Calchi
-
Taeggi
.
Civica
Palestra
.
Porta
Romana
.
Fabbrica
del
gas
(
*
)
.
CHIESE
,
Sant
'
Eufemia
(
*
)
.
San
Paolo
(
*
)
.
San
Celso
(
*
)
.
San
Nazaro
.
San
Calimero
.
Santa
Maria
del
Paradiso
.
TEATRI
.
Canobbiana
Carcano
.
ALBERGHI
,
ECC
.
Reale
.
San
Marco
.
Tre
Svizzeri
.
Pensione
Svizzera
.
Reichmann
.
Due
Spade
.
(
*
)
Per
visitare
gli
edifici
segnati
con
asterisco
,
si
può
,
per
maggiore
comodità
.
,
abbandonare
la
linea
di
Porta
Romana
e
prendere
1'
omnibus
dell
'
impresa
Lissoni
con
stazione
in
Piazza
Fontana
,
linea
al
suburbio
di
Porta
.
Ticinese
.
Regia
Posta
delle
lettere
.
In
fondo
al
primo
tratto
della
via
Rastrelli
evvi
la
Regia
Posta
delle
lettere
.
La
facciata
dell
'
edificio
è
di
buona
architettura
,
disegnata
e
diretta
da
Leopoldo
Pollach
.
Vi
si
ammira
una
regolarità
ben
intesa
delle
parti
,
e
termina
con
un
elegante
frontone
.
Bella
è
la
sala
della
impostazione
e
distribuzione
delle
lettere
,
lavoro
della
locale
Direzione
del
Genio
Civile
,
eseguita
nell
'
anno
1862
.
E
sin
dal
1788
che
in
questo
luogo
si
trovano
gli
uffici
della
Posta
:
prima
erano
nella
demolita
via
dei
Profumieri
,
presso
Piazza
Mercanti
.
La
posta
delle
lettere
era
stata
introdotta
dai
Torriani
;
se
ne
pagava
tenuissima
tassa
;
ma
nè
pronta
la
spedizione
,
nè
esatto
il
riscontro
.
Teatro
della
Canobbiana
.
Parlando
del
Teatro
alla
Scala
,
tenemmo
pur
parola
del
Teatro
della
Canobbiana
.
Sappiamo
dunque
che
il
disegno
anche
di
questo
è
del
Piermarini
.
Esso
fu
inaugurato
nell
'
estate
del
1779
.
Pei
lavori
si
impiegò
maggior
tempo
di
quello
voluto
per
la
Scala
,
stante
le
gravi
difficoltà
incontrate
per
l
'
acqua
che
vi
scorre
al
disotto
.
-
Hla
cinque
ordini
di
logge
,
compreso
il
loggione
,
e
può
contenere
2200
spettatori
.
L
'
interno
è
stato
rinnovato
nell
'
autunno
del
1870
.
La
sua
facciata
è
bella
e
regolare
.
Per
mezzo
di
due
archi
,
gettati
sulla
via
dei
Rastrelli
,
il
teatro
comunica
col
palazzo
di
Corte
.
Trovandosi
in
questo
punto
devesi
ammirare
la
parte
del
palazzo
Reale
prospicente
la
via
Larga
:
la
bella
facciata
è
dell
'
architetto
Tazzini
.
Nella
casa
al
numero
1
,
nella
vicina
via
Pantano
,
vedesi
l
'
iscrizione
che
ricorda
la
nascita
di
Gaetana
Agnesi
,
illustre
nelle
matematiche
,
ivi
avvenuta
il
16
maggio
1718
.
Palazzo
Annoni
.
Il
palazzo
Annoni
venne
eretto
nel
1631
su
disegno
di
Francesco
Richini
con
magnifica
facciata
.
L
'
interno
è
sontuosa
-
mente
decorato
,
ed
è
fornito
d
'
una
collezione
di
pitture
originali
di
Rubens
,
di
Cesare
Magno
da
Sesto
,
di
Wandick
e
di
altri
insigni
autori
.
L
'
albergo
Reichmann
,
che
è
di
contro
al
palazzo
Annoni
,
era
già
abitazione
del
generale
conte
Domenico
Pino
,
illustre
nelle
guerre
del
primo
impero
.
Poco
lungi
da
questo
luogo
,
verso
la
via
Unione
,
vedesi
una
casa
di
moderna
costruzione
,
la
cui
facciata
innesta
assai
bene
le
teste
dei
Visconti
colle
teste
di
cani
a
fregio
delle
soprapporte
e
dei
balconi
.
In
quest
'
area
era
il
palazzo
fatto
erigere
da
Luchino
Visconti
;
veniva
soprannominato
la
Casa
dei
Cani
,
essendo
ivi
che
i
Visconti
tenevano
rinchiusi
quei
cinque
mila
cani
,
i
quali
furono
cagione
di
molti
dolori
.
Era
questo
poi
l
'
edificio
che
comunicava
col
palazzo
ducale
,
come
abbiamo
veduto
parlando
del
reale
palazzo
.
Vicino
a
questa
casa
esiste
tuttora
la
soppressa
chiesa
di
San
Giovanni
in
Conca
con
facciata
che
mostra
la
sua
antichità
anteriore
al
secolo
XII
.
In
essa
era
la
statua
equestre
di
Barnabò
Visconti
,
che
vedesi
nel
museo
archeologico
.
Fu
in
questa
chiesa
che
il
feroce
Barnabò
aveva
fatto
collocare
il
cada
-
vere
di
sua
moglie
Regina
degli
Scaligeri
.
Dell
'
alta
torre
di
San
Giovanni
,
l
'
eruditissimo
dottor
fisico
Pietro
Moscati
trasse
profitto
per
formarvi
un
Osservatorio
astronomico
dei
più
accreditati
.
Lasciato
in
dono
al
Vicerè
Raineri
,
questi
lo
aggregava
ad
uso
del
Liceo
Beccaria
.
La
casa
vicina
,
che
nell
'
ornato
della
porta
ha
i
ritratti
in
marmo
di
Traiano
e
di
Tito
,
era
l
'
antico
palazzo
degli
Sforza
-
Visconti
,
edificato
sull
'
area
di
quello
di
Barnabò
.
Scuole
Comunali
.
Grandioso
edificio
eretto
a
spese
del
Comune
di
Milano
su
disegno
dell
'
ingegnere
architetto
Agostino
Nazari
.
In
esso
sono
collocate
parecchie
scuole
comunali
.
Venne
terminato
nell
'
anno
1867
.
Palazzo
della
Somaglia
.
I1
palazzo
della
Somaglia
,
già
Mellerio
,
è
dell
'
architetto
Simone
Cantoni
.
Nell
'
interno
vi
sono
buone
pitture
,
e
tra
queste
una
Madonna
di
Sassoferrato
.
Adorna
questo
edificio
anche
una
bella
scultura
del
Fabris
,
rappresentante
Astianatte
cd
Andromaca
.
Il
generale
Massena
,
entrando
in
Milano
il
14
maggio
1796
coll
'
antiguardia
dell
'
esercito
repubblicano
francese
,
prendeva
stanza
in
questo
palazzo
.
Per
visitare
i
monumenti
che
sono
lungo
il
corso
San
Celso
è
d
'
uopo
percorrere
la
via
Rugabella
.
In
questa
via
era
la
casa
dei
Borromei
,
venduta
non
sono
moltissimi
anni
ai
signori
Valerio
e
Carpani
,
che
la
rifabbricarono
.
In
essa
nacque
il
cardinale
Federico
Borromeo
,
e
visse
e
morì
,
durante
la
lunga
vedovanza
,
la
contessa
Clelia
Borromeo
,
valente
nelle
matematiche
non
meno
della
contemporanea
Agnesi
.
Abitò
pure
in
questa
via
Gian
Giacomo
Trivulzio
,
maresciallo
di
Francia
.
Altra
casa
storica
è
quella
ove
ebbe
culla
Nicolò
Sfondrato
,
che
fu
poi
papa
col
nome
di
Gregorio
XIV
.
In
fondo
alla
via
Rugabella
sorge
una
colonna
;
essa
fa
innalzata
nel
1613
,
e
detta
di
San
Senatore
.
Rappresenta
Sant
'
Elena
coronata
che
tiene
fra
le
braccia
la
croce
.
Chiesa
di
Sant
'
Eufemia
.
La
chiesa
di
Sant
'
Eufemia
è
antichissima
;
fu
fondata
verso
il
478
da
San
Senatore
,
vescovo
di
Milano
,
presso
la
casa
di
sua
abitazione
.
Venne
rifabbricata
nel
XIV
secolo
sulle
basi
dell
'
antica
,
e
ridotta
dalla
gotica
forma
all
'
ordine
corintio
sul
principio
del
XVII
.
La
facciata
ha
un
bel
pronao
d
'
ordine
fonico
;
grande
ne
è
il
pregio
per
la
sua
elegante
semplicità
;
il
restante
al
di
sopra
è
di
ordine
composito
.
Possiede
la
chiesa
pitture
del
Tiziano
,
di
Marco
da
Oggiono
,
la
più
stimabile
di
questo
pittore
su
tavola
,
rappresentante
Sant
'
Eufemia
,
e
di
altri
.
Nell
'
anno
1870
si
intrapresero
lavori
su
disegno
dell
'
architetto
Enrico
Terzaghi
per
la
rivendicazione
dell
'
antica
gotica
forma
.
Chiesa
di
San
Paolo
.
Del
vasto
monastero
di
Agostiniane
,
dette
Angeliche
,
sotto
il
titolo
di
San
Paolo
,
non
rimane
che
la
sola
chiesa
.
La
contessa
di
Guastalla
Lodovica
Torelli
fu
la
fon
-
datrice
di
questo
stabilimento
,
eretto
nel
1531
.
La
elegante
facciata
della
chiesa
fu
eseguita
su
di
-
segno
di
Giovan
Battista
Crespi
,
detto
il
Cerano
,
celebre
pittore
non
meno
elle
valente
architetto
.
Essa
è
ricca
d
'
ornamenti
giudiziosamente
distribuiti
.
I
bassorilievi
furono
dal
Cerano
medesimo
inventati
,
e
scolpiti
da
Gaspare
Vismara
,
dal
Lasagna
,
da
Andrea
Biffi
,
ecc
.
L
'
interno
del
tempio
,
ad
una
sola
nave
di
ordine
corintio
,
fu
saviamente
architettato
da
Galeazzo
Alessi
,
il
quale
disegnò
anche
il
fianco
del
medesimo
dalla
parte
di
Sant
'
Eufemia
.
Contiene
la
chiesa
pitture
dei
fratelli
Vincenzo
,
Giulio
ed
Antonio
Campi
e
del
Salmeggia
.
L
'
importanza
dei
capi
d
'
arte
che
vi
sono
raccolti
fece
sì
che
la
chiesa
di
San
Paolo
,
come
il
Monastero
Maggiore
,
venisse
conservata
nella
soppressione
generale
.
Chiesa
di
Santa
,
Maria
presso
San
Colse
.
Il
tempio
della
Madonna
presso
San
Celso
è
il
più
illustre
dei
nostri
santuari
per
la
sua
architettura
e
ricchezza
dei
capolavori
che
vi
si
veggono
.
E
antica
tradizione
che
Sant
'
Ambrogio
,
avendo
trovato
i
corpi
dei
Santi
Nazaro
e
Celso
,
facesse
erigere
in
quel
luogo
,
a
perpetuarne
la
memoria
,
un
pilastro
,
e
vi
volesse
dipinta
l
'
immagine
della
Vergine
col
figlio
,
che
tuttodì
si
venera
dai
fedeli
.
Il
pilastro
rimase
esposto
fino
all
'
anno
992
,
tempo
in
cui
Landolfo
fece
fabbricare
la
chiesa
e
monastero
di
San
Celso
.
Filippo
Maria
Visconti
,
nel
1429
,
fece
circondare
con
una
piccola
chiesa
quell
'
immagine
;
poi
,
crescendo
la
venerazione
del
santuario
,
Giovanni
Galeazzo
Maria
Sforza
,
nipote
di
Lodovico
il
Moro
,
pensò
di
edificare
la
chiesa
attuale
che
ebbe
principio
nel
1491
.
-
Il
disegno
di
questo
sontuoso
edificio
,
del
vestibolo
,
che
gli
sta
davanti
,
è
del
Bramante
.
La
facciata
,
costrutta
posteriormente
,
è
disegno
di
Galeazzo
Alessi
,
con
bassorilievi
e
sculture
,
quali
dello
Stoldo
fiorentino
,
quali
del
milanese
Annibale
Fontana
.
L
'
interno
mostra
una
dovizia
di
dipinti
di
Cesare
Procaccini
,
Gaudenzio
Ferrari
,
Paris
Bordone
,
A
.
Campi
,
Carlo
da
Urbino
,
Calisto
da
Lodi
,
Moretto
da
Brescia
e
Andrea
Appiani
,
di
cui
sono
anche
i
bellissimi
affreschi
della
cupola
.
L
'
Assunta
nella
sontuosa
cappella
della
Madonna
è
del
Fontana
.
L
'
altare
di
questa
cappella
e
quello
dell
'
altare
maggiore
sono
preziosi
.
Galeazzo
Alessi
disegnò
pure
gli
stalli
del
coro
,
che
furono
eseguiti
da
Paolo
Banza
milanese
.
Nell
'
attigua
chiesa
di
San
Celso
vedonsi
parecchi
avanzi
antichi
.
Scuola
Superiore
di
Agricoltura
.
(
Locale
di
San
Luca
)
.
Questa
scuola
,
istituita
per
iniziativa
della
Provincia
di
Milano
con
Reale
Decreto
10
aprile
1870
,
venne
aperta
il
2
gennaio
1871
col
concorso
del
Governo
,
della
Provincia
e
del
Municipio
;
ed
è
unica
finora
in
Italia
.
Il
locale
ove
essa
si
trova
ci
richiama
molte
memorie
patrie
.
Quivi
era
un
ospedale
per
gli
esposti
in
sostituzione
dello
Xenodochio
,
fondato
,
come
abbiamo
veduto
,
da
Dateo
in
San
Salvatore
:
era
chiamato
Ospedale
di
San
Celso
.
L
'
arcivescovo
Galdino
nel
1168
lo
ringrandì
col
patrimonio
del
consorzio
dei
poveri
.
E
qui
dall
'
ospedale
del
Brolio
si
trasferivano
gli
esposti
,
allorchè
pervenivano
ai
due
anni
;
disposizione
conservatasi
per
alcuni
secoli
.
Questo
ospedale
fu
anche
molto
favorito
da
Barnabò
Visconti
.
Riunito
il
Brefotrofio
nell
'
Ospedale
Maggiore
,
l
'
edificio
venne
nel
1750
comperato
dai
monaci
di
Sant
'
Ambrogio
,
e
nel
1765
convertito
in
un
bellissimo
monastero
di
Cistercensi
con
vago
e
comodo
locale
,
e
con
chiesa
dedicata
a
San
Luca
.
Soppressi
questi
frati
nel
1798
,
servì
di
ospedale
ai
soldati
francesi
,
tedeschi
e
cisalpini
,
e
quindi
di
quartiere
alle
milizie
veterane
cisalpine
.
Un
cartello
fu
posto
al
sommo
della
porta
così
espresso
:
AI
VETERANI
ED
INVALIDI
NAZIONALI
ONORE
E
RIPOSO
ANNO
IX
.
Nel
1801
,
il
generale
Pietro
Theulié
,
morto
il
19
giugno
1807
sotto
Colberg
,
in
allora
ministro
della
guerra
,
concepì
il
disegno
di
raccogliere
in
San
Luca
i
figli
dei
soldati
orfani
e
bisognosi
.
L
'
Istituto
di
beneficenza
fu
aperto
nell
'
anno
1802
,
e
durò
fino
al
1839
,
contenendo
oltre
250
alunni
gratuiti
,
e
50
a
pensione
.
Trasportato
altrove
l
'
Istituto
,
fu
qui
posta
una
casa
di
cadetti
,
che
cessò
il
22
marzo
1848
.
Servito
1'
edificio
a
diversi
usi
militari
,
nel
1859
di
ospedale
pei
soldati
feriti
francesi
ed
au
-
striaci
,
venivavi
nel
1861
insediato
un
Collegio
militare
,
che
nel
1869
fu
concentrato
in
quello
di
Napoli
.
Fuori
della
vicina
Porta
,
chiamata
Lodovica
da
Lodovico
il
Moro
,
che
è
una
delle
informi
di
Milano
,
trovansi
,
a
destra
,
le
officine
della
Impresa
del
gas
per
la
illuminazione
pubblica
e
privata
della
città
.
Ritornando
sul
Corso
di
Porta
Romana
per
le
vie
di
Sant
'
Eufemia
e
delle
Capre
si
trova
,
di
contro
a
quell
ultima
via
,
la
Chiesa
di
San
Nazaro
.
Questa
basilica
fu
edificata
nell
'
anno
382
da
Sant
'
Ambrogio
ad
onore
degli
Apostoli
;
quindi
detta
Nazariana
pel
corpo
di
S
.
Nazaro
in
essa
trasportato
.
Vuolsi
che
quivi
fosse
un
antico
teatro
,
e
che
la
chiesa
sortavi
venisse
pavimentata
con
marmi
africani
da
Sirena
,
moglie
di
Stilicone
.
Guasta
dal
fuoco
nel
1075
,
fu
ristaurata
con
archi
assai
tesi
,
ma
robusti
.
Forma
vestibolo
alla
chiesa
il
grandioso
edificio
sepolcrale
,
con
cappella
dedicata
alla
Vergine
.
Assunta
,
costrutto
nel
1518
dal
maresciallo
Gian
Giacomo
Trivulzio
,
soprannomato
il
Magno
,
che
,
vivo
,
volle
prepararsi
il
soggiorno
della
morte
..
.
La
facciata
di
questo
vestibolo
è
di
figura
quadrata
;
è
ornata
di
pilastri
dorici
con
base
attica
e
capitelli
un
poco
liberi
;
il
secondo
ordine
superiore
è
fonico
moderno
,
con
finestre
quadrate
,
tramezzate
da
colonnette
doriche
.
Il
vestibolo
ha
tre
porte
,
le
quali
danno
accesso
all
'
interno
,
di
figura
ottagona
,
semplice
e
conveniente
al
carattere
dell
'
edificio
.
San
Carlo
,
in
esecuzione
alle
deliberazioni
del
Concilio
Tridentino
,
fece
trasportare
le
ossa
del
Trivulzio
nel
deposito
sotterraneo
.
Dal
vestibolo
si
passa
al
tempio
,
stato
più
volte
ristaurato
e
rimodernato
.
E
in
una
sola
nave
in
forma
di
croce
latina
.
In
esso
vi
sono
di
pregevoli
pitture
di
Vitale
Sala
,
di
Carlo
Cane
,
di
Bernardino
Lanino
,
di
Gaudenzio
Ferrari
.
Il
14
dicembre
1870
furono
scoperti
nel
presbitero
alcuni
grandiosi
affreschi
,
altamente
lodati
,
del
pittore
Giuseppe
Ugolini
,
il
quale
,
in
costume
del
400
dell
'
éra
volgare
,
vi
effigiò
due
santi
arcivescovi
,
fra
i
molti
seppelliti
sotto
quell
'
altare
maggiore
;
essi
fiancheggiano
un
gran
dipinto
di
una
ventina
circa
di
figure
al
naturale
rappresentanti
San
Paolo
apostolo
che
nell
'
atrio
dell
'
areopago
d
'
Atene
predica
e
fa
conoscere
agli
Ateniesi
non
l
'
Ignoto
,
ma
il
vero
Dio
risorto
.
Vi
si
vede
Dionigi
l
'
areopagista
,
e
la
celebre
Damaride
,
convertita
da
quell
'
apostolo
.
Nella
cappella
di
San
Martoriano
,
architettata
,
come
quella
al
lato
del
Vangelo
,
da
Carlo
Ruzzi
nel
1653
,
è
sepolto
il
celebre
Manfredo
Settala
,
uomo
istrutto
e
raccoglitore
di
un
prezioso
museo
di
cose
naturali
,
che
vedemmo
in
parte
nella
Biblioteca
Ambrosiana
.
Altri
illustri
uomini
sono
in
San
Nazaro
sepolti
,
fra
cui
Venanzio
Oldrado
,
Clicerio
Landriano
,
Lazzaro
Beccardo
,
il
canonico
Torri
,
Carlo
Maggi
,
Domenico
Balestrieri
,
ecc
.
A
destra
dell
'
altare
maggiore
è
la
chiesuola
di
Santa
Caterina
alla
Ruota
,
di
stile
bramantesco
,
e
della
stessa
scuola
vuolsi
il
vestibolo
sopra
descritto
.
Essa
è
di
forma
rettangola
e
semplicissima
.
Vi
sono
pregevoli
dipinti
del
Lanino
,
e
pitture
su
vetri
,
sullo
stile
di
Alberto
Durero
,
che
si
credono
eseguite
da
Luca
d
'
Olanda
.
A
manca
di
San
Nazaro
sta
la
canonica
,
che
tra
i
suoi
fasti
vanta
il
soggiorno
fattovi
da
San
Domenico
.
Ospedale
Maggiore
ed
annessi
.
Prima
di
proseguire
pel
corso
di
Porta
Romana
è
d
'
uopo
visitare
l
'
Ospedale
Maggiore
.
Questo
stabilimento
di
pubblica
beneficenza
si
deve
alla
generosità
di
Francesco
Sforza
,
duca
di
Milano
,
e
della
moglie
di
lui
Bianca
Maria
Visconti
.
Per
la
costruzione
dell
'
ospedale
lo
Sforza
dava
un
proprio
palazzo
con
orto
e
una
rôcca
ai
deputati
della
città
,
e
ne
poneva
egli
stesso
con
grande
solennità
la
prima
pietra
il
4
aprile
1456;
.
e
con
Bianca
e
col
popolo
chiese
ed
ottenne
da
Pio
II
,
con
bolla
9
dicembre
145S
,
di
concentrare
nel
nuovo
ospedale
i
patrimoni
di
sette
piccoli
ancora
esistenti
;
epperò
fu
detto
Maggiore
.
Il
quale
avvenimento
venne
festeggiato
come
una
grande
ventura
:
un
'
epigrafe
e
due
quadri
,
tuttora
esistenti
presso
il
Luogo
Pio
,
ne
perpetuano
la
memoria
.
Si
vuole
che
nel
1460
fosse
già
l
'
ospedale
aperto
.
Antonio
Filarete
;
detto
l
'
Averulino
,
ne
fu
l
'
architetto
.
Lo
stile
è
gotico
.
La
fabbrica
primitiva
forma
un
quadrato
perfetto
con
quattro
cortili
,
con
portici
inferiori
e
superiori
.
Nel
centro
delle
crociere
l
'
architetto
collocò
una
cupola
,
formata
non
solo
ad
ornamento
,
ma
anche
per
una
più
copiosa
illuminazione
e
maggiore
aria
;
ed
in
questo
centro
pose
un
altare
isolato
a
comodo
degli
ammalati
.
A
fianco
di
essa
fabbrica
scorre
un
emissario
del
Naviglio
,
che
serve
agli
opportuni
usi
dell
'
ospedale
.
Del
Bramante
è
il
portico
che
si
presenta
a
destra
entrando
nel
gran
cortile
di
mezzo
,
stato
aggiunto
posteriormente
alla
fabbrica
di
Filerete
,
che
non
fu
terminata
in
un
sol
tempo
.
La
parte
di
mezzo
,
che
prospetta
la
via
Paletta
,
fu
edificata
in
conseguenza
al
testamento
18
maggio
1621
di
Giovanni
Pietro
Carcano
,
il
quale
lasciava
al
grande
Ospedale
l
'
usufrutto
della
metà
del
suo
ingentissimo
patrimonio
per
sedici
anni
,
che
salì
alla
somma
di
330,000
scudi
d
'
oro
,
equivalenti
all
'
incirca
a
quattro
milioni
di
lire
italiane
.
Quel
denaro
servì
appunto
all
'
ampliamento
del
fabbricato
dello
Sforza
.
Il
nuovo
edificio
venne
terminato
verso
l
'
anno
1642
.
Il
concetto
è
di
Fabio
Mangone
e
Francesco
Richini
,
i
quali
si
servirono
del
portico
esteriore
disegnato
dal
Bramante
fino
all
'
altezza
del
parapetto
,
cambiando
sotto
le
colonne
;
e
da
quella
disposizione
concepirono
l
'
idea
delle
altre
tre
parti
,
e
formarono
per
tal
modo
l
'
elegante
disegno
di
questo
maestoso
cortile
,
sorprendente
per
la
sua
vastità
,
per
la
ricchezza
delle
sculture
e
pei
doppi
portici
che
lo
circondano
,
con
colonne
d
'
ordine
jonico
moderno
al
piano
terreno
e
composito
al
superiore
.
Di
fronte
al
magnifico
ingresso
della
porta
maggiore
è
la
chiesa
di
buona
forma
,
ed
in
essa
si
ammirano
un
quadro
dell
'
Assunta
del
Guercino
,
e
due
altri
del
secolo
XV
della
Scuola
lombarda
,
che
rappresentano
le
cerimonie
dell
'
innalzamento
dell
ospedale
.
Nel
sotterraneo
di
questa
chiesa
sono
sepolti
parecchi
dei
caduti
nella
rivoluzione
milanese
del
marzo
1848
.
L
'
ala
sinistra
dell
'
ospedale
,
cioè
quella
verso
la
Porta
Vittoria
,
fu
eretta
in
sullo
spirare
dello
scorso
secolo
col
denaro
del
notaio
causidico
Giuseppe
Macchi
,
il
quale
,
dopo
una
vita
più
gretta
e
misera
che
mai
per
spilorcia
avarizia
,
lasciava
nel
1797
all
'
ospedale
un
assai
pingue
patrimonio
.
L
'
architetto
fu
l
'
ingegnere
Castelli
.
Si
conservano
in
quest
'
ospedale
i
ritratti
dei
benefattori
,
fra
i
quali
del
Tiziano
,
del
Procacciai
,
Traballesi
,
Hayez
,
ecc
.
,
ecc
.
,
che
nel
loro
assieme
rappresentano
la
storia
della
pittura
lombarda
dalla
fondazione
del
nosocomio
a
noi
.
Essi
,
ogni
biennio
,
vengono
esposti
alla
pubblica
vista
sotto
i
portici
del
grande
cortile
,
e
precisamente
nel
giorno
25
marzo
;
e
in
questo
anno
(
1871
)
appunto
se
ne
fa
l
'
esposizione
.
All
'
Ospedale
Maggiore
sono
riuniti
il
Luogo
Pio
di
Santa
Corona
,
di
cui
tenemmo
parola
,
descrivendo
la
Biblioteca
Ambrosiana
;
non
che
l
'
ospizio
degli
Esposti
e
delle
Partorienti
;
il
locale
di
Sant
'
Antonino
,
per
le
deliranti
e
le
pazze
;
di
San
Michele
ai
nuovi
sepolcri
per
le
croniche
,
ecc
.
Palazzo
Venini
.
Nella
vicina
via
di
Chiaravalle
evvi
il
palazzo
Venini
,
il
quale
è
di
elegante
architettura
:
fu
ristaurato
non
sono
molti
anni
.
Palazzo
Greppi
.
-
-
In
via
Sant
'
Antonio
,
dicontro
alla
chiesa
omonima
,
vi
è
il
palazzo
Greppi
,
il
cui
architetto
fu
il
Piermarini
.
Vi
hanno
nell
'
interno
di
esso
grandiose
sale
;
una
di
queste
,
d
'
ordine
corintio
,
fu
ornata
dall
'
Albertolli
,
dal
Franchi
,
da
M
.
Knoller
,
ed
altre
vennero
affrescate
da
Calani
,
Traballesi
,
Appiani
.
Chiesa
di
Sant
'
Antonio
.
La
chiesa
di
Sant
'
Antonio
rimonta
al
secolo
XIV
,
venne
ricostruita
nel
XVII
su
disegno
di
Francesco
Richini
:
è
in
una
sola
nave
d
'
ordine
corintio
.
Conserva
tuttavia
dell
'
antico
il
campanile
,
il
più
bel
lavoro
gotico
di
Milano
dopo
quello
di
San
Gottardo
e
di
Sant
'
Eustorgio
.
Per
ammirare
questo
campanile
è
d
'
uopo
recarsi
nella
via
Bergamini
.
L
'
interno
ha
buoni
dipinti
dei
fratelli
Carloni
,
del
Moncalvo
,
di
A
.
Figini
,
di
C
.
Procaccini
,
di
Del
Cairo
,
del
Bernardino
Campi
,
di
F
.
Gallizia
,
di
E
.
Salmoggia
,
di
Carlo
Cani
,
di
A
.
Caracci
,
di
Palma
il
giovane
,
ecc
.
Ritornando
sul
Corso
di
Porta
Romana
devonsi
ammirare
sulla
facciata
della
casa
,
a
destra
,
portante
il
numero
54
,
alcuni
avanzi
antichi
,
che
già
appartenevano
alla
porta
clic
venne
eretta
colà
nell
'
anno
1171
dai
Consoli
milanesi
a
memorare
il
fatto
avventuroso
del
ristabilimento
dei
cittadini
nella
patria
,
succeduto
il
27
aprile
1167
per
opera
dei
confederati
lombardi
,
guidati
da
un
frate
Jacopo
.
La
porta
fu
di
-
strutta
per
ordine
dell
'
imperatore
Leopoldo
II
nell
'
anno
1791
.
In
pari
tempo
si
demolì
la
torretta
colle
carceri
ch
'
era
lì
presso
,
innalzata
da
Luchino
Visconti
,
la
quale
tenne
pur
rinchiusa
Margherita
Pusterla
.
Chiesa
di
San
Calimero
.
La
chiesa
di
San
Calimero
,
che
trovasi
a
destra
non
lungi
dal
ponte
di
Porta
Romana
,
vuolsi
fabbricata
nel
secolo
XII
nell
'
area
ove
esisteva
mi
tempio
di
Apollo
,
la
statua
del
quale
fu
distrutta
dallo
stesso
San
Calimero
.
L
'
interno
del
tempio
fu
rifatto
dal
Richini
.
Nello
scurolo
vedesi
il
pozzo
ove
,
secondo
la
tradizione
,
fu
gettato
il
corpo
di
Calimero
.
Di
rimarchevole
in
questo
tempio
non
vi
è
che
una
pittura
di
Carlo
Cane
,
e
una
memoria
del
Tempesta
,
celebre
pittore
di
paesi
e
di
marmi
,
ivi
sepolto
.
Vicino
a
San
Calimero
è
il
collegio
di
Santa
Sofia
delle
Salesiane
.
Riformatorio
della
Gioventù
.
In
fondo
alla
via
San
Calimero
evvi
il
Riformatorio
del
-
la
Gioventù
,
già
Pia
Casa
di
Patronato
pei
carcerati
e
liberati
dal
carcere
.
Scopo
della
istituzione
,
approvata
dal
Governo
con
decreto
4
aprile
1854
,
per
iniziativa
del
sacerdote
Giovanni
Spagliardi
,
è
di
visitare
i
carcerati
per
confortarli
alla
rassegnazione
,
migliorarli
con
assidue
istruzioni
,
e
indurli
a
ravvedimento
;
di
prestare
assistenza
e
sussidio
ai
liberati
dal
carcere
che
danno
speranza
di
emenda
,
accogliendo
in
apposito
ospizio
quelli
fra
essi
che
per
le
loro
particolari
circostanze
richiedono
questo
speciale
patrocinio
;
di
provvedere
di
stabile
alloggio
i
detti
individui
quando
offrano
sufficiente
guarentigia
di
buona
condotta
e
si
possano
credere
stabilmente
emendati
.
Nello
scorso
anno
1870
venne
il
Riformatorio
sottoposto
ad
un
nuovo
Statuto
.
Il
progetto
di
questo
edificio
è
dell
'
architetto
Enrico
Terzaghi
.
Allungandosi
per
la
via
Quadronno
,
a
destra
uscendo
dal
Riformatorio
,
allo
sbocco
presentasi
il
Civico
collegio
Calchi
-
Taeggi
.
Il
collegio
Calchi
-
Taeggi
dipende
dal
Municipio
per
Reale
decreto
19
settembre
1861
.
Trovasi
quivi
fino
dall
'
anno
1795
.
Esso
è
l
'
unione
del
Collegio
Calchi
,
fondato
verso
il
1500
da
Bartolomeo
Calchi
in
via
Borgonovo
,
e
del
collegio
Taeggi
,
fondato
nel
1559
dal
conte
palatino
Ambrogio
Taeggi
nel
convento
di
San
Simone
.
L
'
unione
avvenne
per
decreto
di
Leopoldo
del
20
giugno
1792
.
Questo
Istituto
serve
per
gli
studi
ginnasiali
,
tecnici
e
liceali
,
di
lingua
,
ecc
.
E
regolato
da
civici
amministratori
,
e
diretto
da
un
rettore
,
da
un
censore
di
disciplina
,
ecc
.
Ha
otto
piazze
gratuite
e
venti
a
metà
pensione
.
L
'
edificio
fu
rimodernato
con
disegno
dell
'
architetto
Giacomo
Moraglia
.
Chiesa
di
Santa
Maria
del
Paradiso
.
La
chiesa
di
Santa
Maria
del
Paradiso
possiede
quadri
di
Francesco
Fabbrica
,
di
Camillo
Procaccini
,
di
Domenico
Pellegrini
;
nella
vò1ta
Ferdinando
Porta
dipinse
l
'
Assunta
.
Nelle
vicinanze
evvi
l
'
altra
chiesa
di
San
Pietro
dei
Pellegrini
;
Barnabò
Visconti
aveva
unito
ad
essa
uno
spedale
pel
ricovero
dei
poveri
pellegrini
,
i
quali
venivano
per
due
giorni
alloggiati
ed
alimentati
.
Teatro
Carcano
.
Il
teatro
Carcano
,
così
chiamato
dal
nome
del
proprietario
,
fu
eretto
su
disegno
del
Canonica
nel
1805
,
ove
antica
-
mente
esisteva
la
chiesa
coll
'
ospedale
di
San
Lazzaro
,
convertito
nel
1498
in
convento
di
monache
domenicane
,
soppresse
nel
1799
.
Il
teatro
è
armonico
,
però
non
troppo
elegante
.
Agli
amatori
di
fiori
consigliamo
una
visita
al
giardino
di
casa
Pertusati
,
che
è
rimpetto
al
teatro
.
Ha
una
pregevole
raccolta
botanica
.
Civica
Palestra
.
Poco
lungi
dal
teatro
Carcano
,
a
destra
,
è
la
Civica
Palestra
,
eretta
su
disegno
dell
'
ingegnere
architetto
Agostino
Nazari
,
ed
inaugurata
or
sono
pochi
anni
.
Serve
agli
esercizi
ginnici
degli
allievi
,
specialmente
delle
scuole
comunali
.
Porta
Romana
.
L
'
antichissima
Porta
Romana
era
dedicata
ad
Apollo
.
L
'
attuale
fu
fatta
costruire
dai
Milanesi
nell
'
anno
1598
su
disegno
di
Martino
Bassi
pel
ricevimento
di
Margherita
d
'
Austria
,
destinata
sposa
a
Filippo
III
di
Spagna
.
E
di
ordine
dorico
bugnato
,
ed
era
già
fortificata
.
Venne
ristaurata
nel
1794
.
Entrarono
per
essa
parecchi
principi
e
sovrani
,
e
il
generale
Bonaparte
,
vincitore
degli
Austriaci
,
nel
giorno
14
maggio
1796
.
In
quell
'
occasione
vi
venne
posta
la
seguente
iscrizione
:
ALLA
VALOROSA
ARMATA
FRANCESE
DAL
SUPREMO
GENERALE
BONAPARTE
GUIDATA
AL
TRIONFO
CHE
NEL
GIORNO
14
MAGGIO
1796
PER
QUESTA
VIA
PORTO
'
LA
LIBERTA
'
ALL
'
INSUBRIA
IL
POLOLO
MILANESE
MEMORE
E
RICONOSCENTE
.
Questa
epigrafe
fu
tolta
al
ritorno
degli
Austriaci
.
Linea
H
.
(
Dalla
Piazza
del
Duomo
alla
Porta
Vittoria
)
.
MONUMENTI
,
EDIFICI
RIMARCHEVOLI
,
ECC
:
Monumento
a
Beccaria
.
Palazzo
di
Giustizia
.
Colonna
di
Porta
Vittoria
.
Luogo
Pio
Trivulzio
.
Palazzo
Sormani
.
Collegio
della
Guastalla
.
Riformatorio
della
Pace
.
Edificio
di
San
Michele
ai
nuovi
sepolcri
,
Orfanotrofio
maschile
.
Porta
Vittoria
.
CHIESE
.
Santo
Stefano
.
San
Bernardino
.
San
Barnaba
.
Santa
Prassede
.
San
Pietro
in
Gessate
.
TEATRI
,
Gerolamo
.
ALBERGHI
ECC
,
Passarella
.
Monumento
a
Cesare
Beccaria
.
Nel
mezzo
della
nuova
Piazza
dedicata
a
Cesare
Beccaria
sorge
un
monumento
a
quel
grande
filantropo
nostro
concittadino
.
La
solenne
inaugurazione
di
esso
ebbe
luogo
il
giorno
19
marzo
1871
.
E
lavoro
peregrino
dello
scultore
Giuseppe
Grandi
.
La
statua
del
Beccaria
posa
su
ampio
piedestallo
rettangolare
di
granito
;
i
quattro
lati
di
questo
presentano
due
bassorilievi
in
bronzo
,
la
Civiltà
ed
il
Tempo
,
che
stende
un
velo
sugli
emblemi
del
barbarismo
,
e
due
iscrizioni
.
La
prima
di
queste
suona
così
....
Italiani
e
Stranieri
eressero
,
augurando
che
il
voto
13
marzo
1865
della
Camera
dei
Deputati
per
l
'
ABOLIZIONE
DELLA
PENA
DI
MORTE
sia
tradotto
in
legge
.
E
l
'
altra
il
seguente
brano
dello
stesso
Beccaria
:
....
Se
dimostrerò
non
essere
la
pena
di
morte
nè
utile
,
nè
necessaria
,
avrò
vinto
la
causa
dell
'
umanità
.
Attorno
alla
base
della
statua
vi
è
scolpito
:
Cesare
Beccaria
nato
in
Milano
il
15
marzo
1738
Morto
il
28
novembre
1794
Inaugurato
il
19
marzo
1871
.
Palazzo
di
Giustizia
.
Il
palazzo
di
Giustizia
,
ora
del
Tribunale
Civile
e
Correzionale
,
è
di
un
'
imponente
e
ben
intesa
architettura
,
in
-
dicante
il
carattere
del
luogo
;
il
cortile
,
a
doppio
porticato
,
è
pur
grazioso
.
Venne
questo
edificio
fatto
innalzare
nell
'
anno
1605
su
disegno
di
Vincenzo
Seregni
,
per
ordine
di
Pietro
Enrico
Azevedo
,
conte
di
Fuentes
,
governatore
di
Milano
per
Filippo
III
di
Spagna
,
come
lo
indicavano
due
epigrafi
latine
tolte
nel
1796
.
Allorchè
si
demolirono
le
prigioni
del
Podestà
alla
Piazza
dei
Mercanti
,
queste
carceri
furono
dilatate
e
fortificate
con
una
cinta
soda
e
massiccia
di
muro
.
Nel
1796
si
levarono
le
tredici
armi
rappresentanti
gli
stemmi
di
diversi
fiscali
,
capitani
e
vicari
di
giustizia
,
ed
al
luogo
delle
accennate
epigrafi
,
venne
sostituito
l
'
assioma
del
celebre
Gaetano
Filangeri
,
che
è
il
seguente
:
LO
SPAVENTO
DEL
MALVAGIO
DEVE
ESSERE
COMBINATO
COLLA
SICUREZZA
DELL
'
INNOCENTE
Nell
'
anno
1815
dagli
Austriaci
era
fatto
scomparire
sotto
uno
strato
di
calcina
;
e
non
fu
che
nel
marzo
1871
che
,
mercè
l
'
iniziativa
di
un
capo
della
magistratura
milanese
,
rivisse
.
Superiormente
alla
porta
vedesi
un
terrazzo
donde
pubblicavansi
i
bandi
e
le
sentenze
.
Teatro
Gerolamo
.
In
sostituzione
di
demolito
teatro
,
disegno
del
Canonica
,
veniva
,
nell
'
anno
1868
,
costruito
l
'
attuale
su
disegno
dell
'
architetto
Ambrogio
Spinella
.
Fu
inaugurato
nel
1869
.
Il
teatro
è
elegante
:
conserva
un
bel
telone
dipinto
dal
Vacca
,
rappresentante
la
caduta
di
Ippolito
.
Serve
a
spettacoli
di
burattini
colla
maschera
di
Gerolamo
,
protagonista
monferrino
.
Può
anche
servire
per
attori
.
Chiesa
di
Santo
Stefano
.
La
chiesa
di
Santo
Stefano
è
antichissima
,
ed
era
prima
detta
di
San
Zaccaria
.
La
fondazione
viene
attribuita
all
'
arcivescovo
San
Martiniano
,
il
quale
vi
fu
seppellito
nel
433
.
Il
primitivo
tempio
venne
distrutto
nel
1075
da
un
forte
incendio
;
rifatto
,
ma
non
colla
vaghezza
e
maestà
del
precedente
,
l
'
arcivescovo
Visconti
volle
che
fosse
ricostruito
su
disegno
di
Aurelio
Trezzi
.
Federico
Borromeo
lo
fece
perfezionare
nel
1596
.
Contiene
l
'
interno
di
buone
pitture
di
G
.
Cesare
Procacciai
,
di
Federico
Bianchi
,
di
Camillo
Procaccini
,
di
Del
Cairo
,
del
Fiammenghini
,
di
Francesco
Casella
,
ecc
.
Girolamo
Quadrio
,
nel
1642
,
alzò
1'
attuale
campanile
di
bella
forma
archi
-
tettonica
.
Il
26
dicembre
1476
,
all
'
ingresso
di
questa
chiesa
,
fu
assassinato
il
duca
Galeazzo
Maria
Sforza
per
opera
dell
'
Olgiati
,
del
Visconti
e
del
Lampugnani
.
La
Piazza
di
Santo
Stefano
serve
al
mercato
del
pesce
,
selvaggiume
,
pollame
,
ecc
.
Chiesa
di
San
Bernardino
.
Presso
Santo
Stefano
trovasi
la
chiesa
di
San
Bernardino
,
eretta
nel
1696
.
Superiormente
all
'
atrio
di
essa
evvi
un
particolare
oratorio
,
ove
esistono
giovanili
lavori
di
Andrea
Appiani
.
Giovanni
V
,
re
di
Portogallo
,
fece
levare
il
disegno
di
questa
chiesa
per
erigerne
altra
a
Lisbona
.
Attiguo
vi
è
un
Ossario
,
in
cui
vedesi
una
bizzarra
decorazione
di
ossa
e
di
teschi
umani
,
che
il
volgo
crede
dei
cristiani
morti
dagli
Ariani
al
tempo
di
Sane
Ambrogio
;
ma
noi
non
dubitiamo
a
supporre
vengano
dall
'
ospedale
del
Brolio
,
detto
(
li
San
Giobbe
.
E
un
ornamento
che
dovrebbe
ormai
scomparire
.
Colonna
di
Porta
Vittoria
.
Dalla
via
di
San
Bernardino
,
recandosi
al
Verziere
,
o
mercato
delle
erbe
,
trovasi
una
colonna
di
granito
.
Essa
venne
fatta
erigere
nel
1576
da
San
Carlo
,
su
disegno
del
Pellegrini
,
in
onore
di
San
Martiniano
.
La
statua
del
Redentore
è
del
Vismara
.
Questa
colonna
è
ora
sacra
alla
libertà
di
Milano
.
Attorno
al
piedestallo
di
essa
,
su
lapidi
di
bronzo
,
collocate
il
18
marzo
1861
a
cura
del
Municipio
,
trovansi
incisi
i
nomi
dei
morti
nella
gloriosa
rivoluzione
del
marzo
1818
.
Evvi
pure
la
seguente
epigrafe
:
CITTADINI
ONORATE
LA
MEMORIA
DEI
VOSTRI
CHE
A
18
MARZO
1848
SI
LEVARONO
NEL
NOME
D
'
ITALIA
E
TRIONFATA
L
'
AUSTRIACA
TENACIA
COLLA
VIRTU
'
DEL
VOLERE
QUESTE
VIE
RIBATTEZZARONO
PRIME
COL
SANGUE
E
COLLA
VITTORIA
MDCCCLX
.
Ai
22
marzo
il
popolo
trae
quivi
a
deporre
corone
e
fiori
.
Luogo
Pio
Trivulzi
.
Il
Pio
Albergo
Trivulzi
trovasi
nella
vicina
via
della
Signora
.
Questo
istituto
di
beneficenza
lo
si
deve
al
principe
Tolomeo
Trivulzi
,
il
quale
,
con
testamento
23
agosto
1766
,
ordinò
si
convertisse
il
suo
palazzo
in
casa
di
rifugio
poi
vecchi
d
'
ambo
i
sessi
nativi
di
Milano
o
domiciliativi
da
dieci
anni
almeno
,
resi
inetti
,
per
età
settuagenaria
,
a
procurarsi
col
lavoro
la
sussistenza
.
L
'
ospizio
fa
aperto
il
1°
gennaio
1771
,
e
venne
poscia
ampliato
con
altre
elargizioni
.
Ora
vi
sono
ricoverati
oltre
400
vecchi
fra
maschi
e
femmine
.
In
quest
'
ospizio
morì
,
il
9
gennaio
1799
,
1'
illustre
Gaetana
Agnesi
,
e
vi
fu
il
21
marzo
1812
trasportata
la
salma
del
principe
Trivulzi
,
che
era
nella
chiesa
de
'
Cappuccini
a
Porta
Orientale
.
Palazzo
Sormani
.
Passato
il
ponte
di
Porta
Vittoria
,
a
destra
voltando
,
vedesi
il
palazzo
Sormani
.
Esso
fu
eretto
su
disegno
licenzioso
,
ed
apparteneva
alla
famiglia
patrizia
Monti
.
Quivi
nacque
Cesare
Monti
,
che
fu
arcivescovo
di
Milano
,
non
che
il
fratello
di
lui
,
Marco
Antonio
,
presidente
del
Magistrato
di
Sanità
,
e
benemerito
per
savio
provvidenze
e
per
civile
coraggio
durante
la
peste
1630
.
Estinta
la
fa
-
miglia
Monti
passò
il
palazzo
all
'
Andreani
,
e
quindi
,
estinta
pur
questa
,
alla
Sormani
.
Collegio
della
Guastalla
.
Nel
parlare
della
chiesa
di
San
Paolo
,
abbiamo
accennato
alla
contessa
della
Guastalla
Lodovica
Torelli
.
E
alla
stessa
che
devesi
questo
collegio
,
fondato
nell
'
anno
1557
,
per
l
'
educazione
civile
e
religiosa
di
donzelle
milanesi
nobili
e
povere
.
Esso
è
il
più
antico
di
questa
specie
.
Chiesa
di
San
Barnaba
.
La
chiesa
di
San
Barnaba
,
eretta
prima
del
secolo
XII
,
venne
ricostruita
nel
1545
su
disegno
di
Giacomo
Antonio
Morigia
.
E
di
ordine
corintio
con
tre
altari
da
ciascun
lato
,
comodo
presbiterio
e
coro
.
Vi
sono
buone
pitture
di
Aurelio
Luini
,
Carlo
Urbino
,
del
Lomazzo
,
di
C
.
Procaccini
,
ecc
.
Poco
discosto
da
San
Barnaba
,
verso
la
Porta
Romana
,
eravi
un
chiostro
di
Templari
;
ivi
prese
alloggio
Barbarossa
sì
nel
primo
che
nel
secondo
assedio
di
Milano
.
Riformatorio
alla
Pace
.
Questo
Riformatorio
,
regolato
come
quello
di
cui
abbiamo
parlato
,
era
già
Istituto
di
Santa
Maria
della
Pace
pei
giovanetti
traviati
,
fondato
dal
religioso
comasco
Paolo
Marchiondi
,
ed
aperto
nel
1841
.
La
chiesa
è
di
gotica
architettura
;
fu
fondata
nel
1466
da
un
tal
Amadeo
,
cavaliere
portoghese
,
frate
francescano
,
che
andava
per
la
città
gridando
pace
,
pace
,
onde
far
cessare
i
dissidi
tra
'
Milanesi
;
e
perciò
detta
della
Pace
.
Il
duca
Galeazzo
Maria
Sforza
ed
altri
somministrarono
di
poi
i
soccorsi
per
terminarla
.
Vi
sono
in
essa
pitture
,
pur
troppo
in
deperimento
,
del
Luini
,
del
Semini
,
di
Marco
d
'
Oggionno
;
una
copia
della
Cena
di
Leonardo
,
fatta
dal
Lomazzo
.
Presso
questo
luogo
evvi
una
caserma
di
soldati
di
fanteria
:
era
quel
fabbricato
già
convento
di
monache
agostiniane
,
dette
di
San
Filippo
.
Fu
in
esso
che
Napoleone
I
fondò
,
nel
1810
,
il
reale
Collegio
delle
Fanciulle
.
Edificio
di
San
Michele
.
In
fondo
alla
via
,
presso
il
bastione
a
destra
,
presentasi
un
edificio
di
forma
quasi
circolare
:
è
desso
San
Michele
ai
nuovi
sepolcri
,
succursale
dell
'
Ospedale
Maggiore
.
Questo
fabbricato
risale
al
1698
,
eretto
su
disegno
dell
'
ingegnere
Attilio
Arigone
.
Consiste
in
una
chiesa
a
croce
greca
,
con
cupola
nel
centro
,
la
quale
oggidì
forma
soltanto
il
corpo
di
mezzo
dell
'
edificio
.
Fu
innalzato
per
la
tumulazione
dei
cadaveri
dell
'
ospedale
.
In
seguito
si
formò
il
magnifico
portico
all
'
in
-
torno
della
chiesa
,
nel
quale
si
pose
un
continuato
numero
di
sepolcri
più
alti
da
terra
,
a
fine
di
preservarli
dall
'
acqua
sorgente
.
Il
disegno
di
questo
porticato
è
dell
'
architetto
Francesco
Croce
,
perfezionato
nell
'
anno
1731
.
Cessò
quivi
la
tumulazione
in
conseguenza
della
legge
di
Giuseppe
II
,
che
prescriveva
la
sepoltura
dei
cadaveri
fuori
città
.
Sotto
il
Regno
Italico
si
pensava
di
convertire
quest
'
edificio
in
Panteon
per
gli
uomini
illustri
.
Chiesa
di
Santa
Prassede
.
Questa
chiesa
fu
fondata
da
San
Carlo
nell
'
anno
1579
con
ritiro
per
le
Cappuccine
;
nel
1782
vi
subentrarono
le
Benedettine
di
Santa
Radegonda
,
secolarizzate
dalla
Repubblica
Cisalpina
.
La
chiesa
conserva
tuttodì
due
bellissimi
quadri
,
uno
di
Simone
Preterazzano
,
l
'
altro
di
G
.
Cesare
Procaccini
.
Il
convento
,
che
eravi
annesso
,
fu
convertito
sotto
il
Regno
Italico
in
caserma
di
soldati
,
e
tuttodì
serve
a
tale
uso
.
Chiesa
di
San
Pietro
in
Gessate
.
Da
una
nobile
famiglia
di
Gessate
,
o
Glassiate
,
si
vuole
fondata
questa
chiesa
nel
1344
con
monastero
di
Umiliati
,
nel
quale
chiostro
,
nel
1436
,
succedettero
i
Maurini
,
in
ultimo
i
Somaschi
.
La
chiesa
è
in
tre
navi
,
di
gotica
architettura
,
alquanto
sformata
nei
tempi
posteriori
.
Il
coro
fu
innalzato
nell
'
anno
1450
,
di
poi
ingrandito
nel
1640
.
V
'
hanno
in
questo
tempio
pitture
del
Luini
,
del
Crespi
,
del
Caravaggino
,
del
Lanzani
,
del
Moncalvo
,
dello
Zenale
,
del
Civerchio
,
del
Vajani
e
del
Buttinoni
.
La
Madonna
col
Bambino
si
crede
del
Bramante
.
Nell
'
ultima
cappella
è
pur
degno
di
osservazione
il
monumento
della
famiglia
Griffi
.
Orfanotrofio
Maschile
.
Il
convento
di
San
Pietro
in
Gessate
coi
grandi
chiostri
,
attribuiti
al
Bramante
,
per
decreto
22
giugno
1772
,
venne
da
Maria
Teresa
donato
all
'
Orfanotrofio
Maschile
,
fondato
in
via
Crocifisso
nel
1533
da
Girolamo
Miani
.
Il
patrimonio
di
quest
'
Istituto
,
che
può
calcolarsi
a
tre
milioni
,
è
frutto
di
doni
e
di
lasciti
di
molti
benefattori
.
I
ricoverati
sono
in
numero
di
250
circa
.
Vi
si
accettano
dagli
anni
sette
ai
dieci
,
e
vi
rimangono
sino
ai
diciotto
;
vengono
istruiti
nelle
materie
proprie
delle
classi
elementari
,
nel
disegno
;
ed
avviati
nelle
arti
meccaniche
;
alcuni
,
i
più
idonei
,
vi
apprendono
anche
la
musica
istrumeutale
,
la
ginnastica
e
i
militari
esercizi
.
Ai
tempi
della
Repubblica
Cisalpina
questi
orfani
vennero
soldatescamente
disciplinati
:
formarono
un
battaglione
,
che
fu
denominato
Battaglione
della
Speranza
.
Nelle
cinque
giornate
del
marzo
1848
gli
orfanelli
prestarono
pure
un
grande
servizio
alla
patria
;
parte
di
essi
stettero
alle
barricate
,
parte
servirono
alla
trasmissione
degli
ordini
dei
capi
della
insurrezione
da
un
punto
all
'
altera
del
-
la
città
..
Porta
Vittoria
.
-
-
La
Porta
Vittoria
,
così
denominata
in
memoria
della
vittoria
riportata
nel
1848
dai
Milanesi
sulle
soldatesche
austriache
,
chiamavasi
prima
Tosa
.
L
'
origine
di
questo
nome
non
è
dagli
storici
ben
definita
.
Il
più
probabile
è
che
possa
derivare
da
Tusca
,
perchè
in
antiche
carte
viene
chiamata
Tusa
e
non
Tosa
.
Dalla
cittadinanza
si
fanno
voti
perchè
il
Municipio
abbia
a
ricostruire
questa
Porta
e
renderla
degna
del
gran
fatto
al
quale
è
stata
dedicata
.
Fuori
la
città
,
non
molto
lungi
,
evvi
l
'
ospedale
dei
pazzi
,
detto
la
Senavra
.
Il
locale
era
altre
volte
convento
di
Gesuiti
.
Linea
I
.
(
Colore
rosa
.
Dalla
Porta
Ticinese
alla
Porta
Garibaldi
)
.
(
1
.
Dalla
Piazza
del
Duomo
alla
P
.
a
Ticinese
)
.
MONUMENTI
EDIFICI
RIMARCHEVOLI
,
ECC
.
Ginnasio
e
Liceo
Beccaria
.
Palazzo
Trivulzi
.
Congregazione
di
Carità
.
Istituto
Tecnico
.
Colonne
di
San
Lorenzo
.
Arco
di
Porta
Ticinese
.
Barriera
.
Bagni
pubblici
.
Stazione
Milano
-
Vigevano
.
La
Conca
in
via
Arena
.
Istituti
dei
Sordo
-
Muti
.
Casa
d
'
Industria
.
CHIESE
.
San
Satiro
.
Santa
Maria
Beltrade
.
San
Sebastiano
.
Sant
'
Alessandro
.
San
Michele
alla
Chiusa
.
San
Giorgio
in
Palazzo
.
San
Sisto
.
San
Lorenzo
.
Sant
'
Eustorgio
.
Santa
Maria
della
Vittoria
.
San
Calocero
.
TEATRI
.
Re
(
nuovo
)
.
ALBERGHI
.
Cappello
.
Falcone
.
Pozzo
.
Gran
Bretagna
.
Gran
Parigi
.
D
'
Italia
.
Chiesa
di
Santa
Maria
presso
San
Satiro
.
-
-
La
chiesa
di
Santa
Maria
presso
San
Satiro
affermasi
innalzata
nell
'
anno
869
dall
'
arcivescovo
Ansperto
Confalonieri
,
ove
era
una
sua
casa
eretta
sull
'
area
di
un
tempio
romano
,
e
che
de
-
dicò
a
San
Satiro
.
Un
fatto
singolare
diede
il
nome
di
Santa
Maria
alla
chiesa
,
ed
origine
all
'
edificazione
dell
'
attuale
,
chè
mal
si
attribuisce
al
Bramante
,
e
molto
meno
al
Suardi
,
suo
scolaro
.
Prima
della
venuta
in
Milano
del
Bramante
la
chiesa
era
già
in
costruzione
.
Non
tornerà
discaro
sapere
il
fatto
accennato
.
Nel
1242
,
un
tal
Masazio
,
uscendo
furioso
da
una
casa
da
giuoco
,
ove
aveva
perduto
tutto
il
suo
avere
,
si
fece
a
passare
per
la
via
del
Falcone
.
Ivi
vedendo
l
'
immagine
della
Madonna
,
che
era
sul
muro
esterno
della
chiesa
di
San
Satiro
,
cieco
d
'
ira
,
le
scagliò
una
coltellata
,
che
colse
nel
collo
il
Bambino
.
Narra
la
tradizione
che
dal
quadro
stillasse
sangue
.
La
voce
dell
'
avvenuto
,
propagatasi
tosto
,
fuvvi
gran
ressa
alla
via
del
Falcone
;
la
Madonna
venne
posta
nella
chiesa
,
e
da
quel
giorno
la
divozione
andò
crescendo
.
La
chiesa
è
formata
di
tre
navi
,
in
figura
di
croce
mozza
,
non
essendovi
,
cagione
l
'
attigua
pubblica
via
,
spazio
pel
coro
;
onde
l
'
architetto
vi
surrogò
una
prospettiva
a
'
rilievo
di
mirabile
effetto
;
opera
assai
lodata
dal
Vasari
e
da
altri
.
Dell
'
antichissimo
tempio
evvi
un
avanzo
nella
cappella
della
crociera
a
sinistra
,
verso
la
via
del
Falcone
,
con
quattro
colonne
di
materia
,
dimensione
e
capitelli
differenti
,
raccolti
da
edifici
anteriori
,
come
allora
si
soleva
.
In
questa
cappella
vi
è
anche
un
bel
lavoro
in
plastica
del
Caradosso
Foppa
.
La
sagrestia
è
un
tempietto
ottagono
del
Bramante
,
somma
,
mente
lodato
dal
Vasari
e
dal
Milizia
.
Fu
assai
bene
ristaurato
nel
1857
.
Vi
sono
in
questa
chiesa
pitture
del
Boltraffio
,
del
Borgognone
,
del
Bramantino
,
di
Gaetano
Vaccani
,
ecc
.
-
-
Quanto
prima
si
darà
mano
alla
costruzione
della
facciata
del
tempio
,
ancora
in
rustico
,
su
disegno
dell
'
ingegnere
architetto
Giuseppe
Vandoni
.
Chiesa
di
Santa
Maria
Beltrade
.
La
chiesa
di
Santa
Maria
Beltrade
fu
fondata
da
una
contessa
Beltrado
nell
'
anno
836
,
e
ristaurata
nel
1717
,
e
da
ultimo
,
da
Giacomo
Moraglia
,
nel
1855
con
buoni
affreschi
.
Una
rozza
scultura
,
che
prima
vedevasi
sulla
porta
maggiore
,
ora
da
un
canto
,
rappresenta
l
'
immagine
che
chiamavasi
Idea
;
essa
era
il
simbolo
di
una
processione
che
sino
all
'
anno
1586
soleva
farsi
nel
giorno
della
Purificazione
da
questa
chiesa
alla
Metropolitana
.
Chiesa
di
San
Sebastiano
.
La
chiesa
di
San
Sebastiano
,
di
proprietà
del
Comune
,
è
opera
del
Pellegrini
,
e
devesi
la
sua
erezione
al
voto
fatto
dai
Milanesi
durante
la
peste
dell
'
anno
1576
.
La
prima
pietra
fu
posta
da
San
Carlo
.
E
di
forma
circolare
,
ed
una
delle
più
belle
che
vanti
Milano
.
Magnifica
è
la
parte
esterna
,
ornata
di
lesene
binate
,
d
'
ordine
dorico
,
con
cornice
elegantemente
lavorata
;
l
'
ordine
jonico
si
vede
superiormente
all
'
attico
praticabile
.
La
cupola
torreggia
sopra
questo
secondo
ordine
.
Tre
porte
,
una
maggiore
ornata
con
colonne
,
e
due
laterali
più
semplici
,
danno
ingresso
all
'
interno
,
il
quale
corrisponde
alla
bellezza
esterna
per
la
sua
semplicità
ed
eleganza
;
un
ordine
di
lesene
disposte
in
giro
divide
le
cappelle
arcuate
;
il
coro
è
di
figura
ottagona
con
cupola
circolare
.
Vi
sono
in
questa
chiesa
pregevoli
pitture
:
il
San
Sebastiano
è
del
Bramante
.
Sotto
la
Repubblica
Cisalpina
essa
servì
di
Circolo
costituzionale
.
E
generalmente
reclamato
che
quest
'
edificio
venga
isolato
,
colla
demolizione
delle
catapecchie
addossatevi
negli
ultimi
tempi
della
dominazione
spagnuola
.
Chiesa
di
Sant
'
Alessandro
.
La
chiesa
di
Sant
'
Alessandro
,
detta
in
Zebedia
,
vuolsi
eretta
sull
'
area
di
una
prigione
chiamata
appunto
Zebedia
,
nella
quale
l
'
alfiere
della
legione
tebea
,
Alessandro
,
fu
detenuto
.
La
facciata
dell
'
antico
tempio
era
verso
San
Giovanni
in
Conca
.
L
'
attuale
edificio
venne
elevato
nell
'
anno
1602
con
tanta
solennità
che
si
coniarono
persino
medaglie
commemorative
.
L
'
architetto
ne
fu
Lorenzo
Binaghi
,
barnabita
.
Esso
ha
la
forma
di
una
croce
greca
con
magnifica
cupola
,
sostenuta
da
otto
colonne
di
granito
rosso
lucido
.
La
facciata
,
con
due
campanili
e
bella
scalinata
,
sarebbe
stata
più
grandiosa
se
avesse
avuto
un
second
'
ordine
:
così
appare
tozza
.
Questo
tempio
,
restaurato
non
sono
molti
anni
,
è
ricco
nell
'
interno
di
fregi
e
stucchi
,
e
vi
meritano
particolare
osservazione
l
'
altare
maggiore
,
il
pulpito
e
due
confessionali
,
incastonati
in
pietre
dure
,
gli
intagli
dell
'
organo
,
vari
dipinti
del
Crespi
,
del
Procaccini
,
del
Campi
,
del
Fiamminghino
,
dello
Scaramuccia
,
del
Moncalvo
,
del
Guadagnini
,
dello
Scuri
,
ecc
.
,
non
che
il
monumento
al
matematico
Paolo
Frisi
,
il
cui
ritratto
è
del
celebre
Franchi
.
Liceo
e
Ginnasio
Beccarla
.
Al
lato
destro
della
chiesa
di
Sant
'
Alessandro
,
uscendo
,
trovansi
pubbliche
scuole
,
altre
volte
Arcimbolde
,
da
monsignor
Giovanni
Battista
Arcimboldi
,
il
quale
nel
1609
fondava
due
cattedre
di
logica
e
morale
appunto
presso
i
Barnabiti
di
Sant
'
Alessandro
.
Soppressa
la
Congregazione
di
questi
padri
,
vi
fu
stabilito
dal
Governo
un
Liceo
ed
un
Ginnasio
pubblico
,
diretti
da
professori
secolari
Il
liceo
Beccaria
possiede
un
gabinetto
di
fisica
,
eretto
fino
dall
'
anno
1787
,
una
raccolta
di
animali
,
ed
una
collezione
mineralogica
,
che
ebbe
origine
nel
1773
,
e
resa
quindi
molto
ricca
dal
celebre
naturalista
,
ex
-
barnabita
,
Ermenegildo
Pini
,
mercè
le
sue
fatiche
,
i
suoi
viaggi
e
le
sue
corrispondenze
coi
più
celebrati
naturalisti
.
Palazzo
Trivulzi
.
Nella
Piazza
di
Sant
'
Alessandro
,
dicontro
la
chiesa
,
vedesi
il
palazzo
Trivulzi
;
esso
è
di
una
soda
costruzione
,
e
ragguardevole
per
le
cose
rare
e
preziose
che
vi
si
contengono
,
fra
cui
una
ricca
libreria
ed
un
,
museo
di
pregevolissime
antichità
,
formato
in
gran
parte
dal
filologo
abate
don
Carlo
Trivulzi
,
morto
nel
1789
,
dal
fratello
di
lui
Giorgio
,
morto
nel
1802
,
e
continuato
dai
discendenti
della
famiglia
,
la
quale
cortesemente
ne
permette
la
visita
al
forestiero
.
Congregazione
di
Carità
.
La
Congregazione
di
Carità
ha
la
propria
sede
in
via
Olmetto
,
nella
già
casa
Archinti
,
la
quale
conserva
pregevoli
pitture
del
Lanzani
,
del
Tiepolo
,
del
Piazzetta
e
del
Bigori
.
Chiesa
di
San
Michele
alla
Chiusa
.
La
chiesa
di
San
Michele
alla
Chiusa
,
che
trovasi
qui
presso
,
ritiene
il
suo
nome
dalla
chiusa
,
posta
nel
1171
ad
un
acquidotto
a
trattenere
le
acque
che
da
essa
poi
uscivano
poco
lungi
dalla
città
.
Sono
due
chiese
riunite
verso
il
1750
;
contengono
qualche
buon
dipinto
.
Nel
portico
del
piccolo
cortile
si
osserva
1'
antico
metodo
,
detto
Graffito
,
introdottosi
in
Italia
nel
principio
del
XVI
secolo
,
col
quale
si
ornavano
e
si
abbellivano
le
case
nel
loro
esterno
.
Chiesa
di
San
Giorgio
in
palazzo
.
La
chiesa
di
San
Giorgio
credesi
eretta
nel
750
da
San
Natale
,
arcivescovo
di
Milano
,
sull
'
area
ov
'
era
un
tempio
di
Mercurio
.
L
'
aggiunto
di
Palazzo
,
che
ancora
essa
ritiene
,
si
vuole
derivato
da
un
palazzo
imperiale
edificato
da
Trajano
o
da
Massimiano
.
Nel
1600
fu
l
'
edificio
abbellito
da
Federico
Borromeo
.
L
'
attuale
facciata
di
granito
è
disegno
di
Bernardino
Ferrari
.
Vi
sono
in
questa
chiesa
da
ammirarsi
un
San
Gerolamo
,
opera
celebre
di
Gaudenzio
Ferrari
,
la
Deposizione
,
di
Bernardino
Luini
.
Nella
casa
Stampa
-
Soncino
,
presso
S
.
Giorgio
,
sorge
,
monumento
particolare
,
una
torre
a
sei
piani
,
con
terrazzi
accessibili
,
alta
metri
42
24
,
sulla
cui
sommità
sono
le
colonne
col
plus
ultra
,
stemma
di
Carlo
V
,
al
cui
onore
fu
eretta
.
Chiesa
di
San
Sisto
-
-
La
chiesa
di
San
Sisto
si
pretende
essere
fondata
da
Desiderio
,
ultimo
re
dei
Longobardi
nell
'
anno
770;
fu
rifabbricata
da
Federico
Borromeo
:
vi
sono
pitture
del
Pietra
.
Istituto
Tecnico
.
Nell
'
area
,
ove
sorgeva
il
convento
di
monache
agostiniane
,
fondato
da
Simone
da
Casale
nel
1345
,
venne
eretto
,
nella
prima
metà
di
questo
secolo
,
un
edificio
ad
uso
scuole
ginnasiali
su
disegno
del
conte
Gian
Luca
della
Somaglia
.
Soppresse
queste
scuole
,
sostituendole
con
quelle
tecniche
,
dal
Comune
si
rifabbricò
ed
ingrandì
l
'
edificio
,
con
progetto
dell
'
ingegnere
A
.
Nazari
,
comprendendovi
anche
la
già
chiesa
di
Santa
Marta
,
che
era
una
delle
più
belle
opere
del
Richini
.
L
'
Istituto
tecnico
impartisce
l
'
istruzione
a
circa
180
alunni
.
Presso
il
Carrobbio
,
nella
via
San
Simone
,
evvi
un
teatro
adatto
a
rappresentazioni
drammatiche
.
Chiesa
e
colonne
di
San
Lorenzo
.
Le
sedici
colonne
,
che
veggonsi
lungo
il
Corso
di
Porta
Ticinese
,
e
che
sono
parallele
alla
pubblica
strada
,
formano
il
monumento
romano
più
grandioso
che
conservi
ancora
Milano
.
Esse
sono
di
marmo
bianco
scanalate
,
d
'
ordine
corintio
,
e
composte
di
quattro
pezzi
ciascuna
,
compreso
il
capitello
e
la
base
,
che
ha
unita
una
piccola
porzione
di
colonna
.
Una
giusta
ed
uniforme
distanza
si
osserva
nel
loro
scomparto
;
la
base
è
atticurga
;
posano
esse
a
perfetto
livello
sopra
un
rozzo
zoccolo
di
pietra
.
Da
ciascuna
parte
hanno
per
termine
un
pilastro
innalzato
in
tempi
posteriori
.
Gli
architravi
sono
alti
due
terzi
del
diametro
delle
colonne
con
tre
fasce
,
come
debbe
avere
il
corintio
.
Nella
soffitta
,
fra
capitello
e
capitello
,
avvi
un
riquadro
decente
-
mente
intagliato
.
Queste
colonne
da
alcuni
credonsi
una
parte
delle
Terme
Erculee
,
costruite
da
Massimiano
;
altri
opinano
del
tempio
di
Ercole
,
pure
eretto
da
quell
'
imperatore
.
L
'
iscrizione
romana
,
che
vedesi
sul
pilastro
verso
la
città
.
ad
onore
di
Lucio
Vero
,
non
deve
avere
nessuna
relazione
colle
colonne
,
nè
coll
'
edificio
:
questa
lapide
fu
ritrovata
e
dissotterrata
1'
anno
1505
vicino
al
colonnato
.
Da
questi
avanzi
antichi
si
ha
accesso
in
un
cortile
,
intorno
al
quale
sono
poste
le
abitazioni
altre
volte
canonicali
,
fatte
costruire
da
Federico
Borromeo
;
è
il
sagrato
di
una
delle
più
vaste
e
più
belle
chiese
di
Milano
,
quella
cioè
di
San
Lorenzo
.
Questo
tempio
fu
eretto
fin
dai
tempi
di
Sant
'
Ambrogio
sulle
rovine
di
opera
romana
.
Fu
distrutto
da
un
incendio
nel
1071
,
poi
ricostrutto
;
rovinato
di
nuovo
nell
'
anno
1573
,
venne
infine
riedificato
per
ordine
di
San
Carlo
su
disegno
di
Martino
Bassi
,
che
imitò
San
Vitale
di
Ravenna
.
Il
corpo
dell
'
edificio
è
composto
di
un
ottagono
formato
da
quattro
archi
grandi
e
da
quattro
minori
.
L
'
ordine
principale
è
dorico
con
lesene
.
I
lavori
terminarono
verso
il
1593
.
In
questa
chiesa
vi
sono
buone
pitture
di
Ercole
Procaccini
,
Aurelio
Luini
,
Giambattista
della
Cerva
,
Carlo
Urbino
,
dello
Storer
,
ecc
.
Alla
sinistra
,
verso
la
Vetra
,
evvi
una
chiesetta
ottangolare
,
la
quale
ha
servito
di
primitivo
tempio
dedicato
a
San
Genesio
,
ed
ora
a
Sant
'
Aquilino
martire
,
con
un
vestibolo
che
ha
comunicazione
colla
strada
.
Questa
cappella
dicesi
eretta
da
Galla
Placidia
,
figlia
di
Teodosio
,
e
vi
si
vede
l
'
urna
sepolcrale
della
medesima
e
di
Ataulfo
,
marito
di
lei
.
Posteriormente
vi
fu
aggiunta
la
cupola
con
un
lucernario
.
La
porta
di
questa
cappella
è
adorna
di
ricche
sculture
;
negli
absidi
si
vedono
mosaici
del
nono
secolo
,
guasti
però
dai
ristauratori
.
Nella
chiesa
è
pur
rimarchevole
il
mausoleo
di
Giovanni
Conti
,
eretto
nel
secolo
XVI
da
Gaspare
Visconti
,
non
che
l
'
altro
dell
'
antica
famiglia
Robiano
.
Uscendo
in
istrada
dalla
cappella
di
Sant
'
Aquilino
a
destra
trovasi
la
Piazza
della
Vetra
.
Questo
luogo
,
pochi
anni
or
sono
,
offriva
un
misero
spettacolo
.
Da
una
parte
scoperta
correva
la
gora
,
e
all
'
intorno
erano
povere
case
,
con
terrazze
di
legno
,
occupate
le
più
dai
conciapelli
.
Da
antico
deturpava
inoltre
questa
Piazza
la
forca
,
trasferita
nel
1814
altrove
.
Le
catapecchie
dall
'
anno
1829
vennero
scomparendo
mano
mano
,
e
moderni
edifici
vi
vanno
sorgendo
;
le
acque
furono
coperte
;
e
il
Comune
,
nel
1863
,
vi
erigeva
un
Mercato
per
gli
erbaggi
e
le
frutta
,
e
nell
'
anno
1866
altro
pei
latticini
;
entrambi
su
disegno
dell
'
architetto
Enrico
Terzaghi
.
Dicontro
la
Vetra
,
verso
il
Corso
di
Porta
Ticinese
,
è
la
via
Gian
Giacomo
Mora
,
nome
dell
'
infelice
barbiere
,
che
ivi
aveva
la
bottega
e
l
'
abitazione
,
i
cui
casi
miserissimi
sono
sovranamente
descritti
da
Alessandro
Manzoni
nel
suo
libro
:
Processo
degli
Untori
nel
1630
.
E
qui
appunto
,
ove
ora
è
la
casa
al
numero
1
,
sorgeva
la
Colonna
infame
,
stata
posta
sulle
rovine
della
casa
e
bottega
del
Mora
.
La
colonna
,
testimonio
di
barbarie
,
venne
fatta
togliere
da
Pietro
Verri
,
il
1°
settembre
1778
per
consiglio
di
Cesare
Beccaria
.
123
-
Arco
di
Porta
Ticinese
.
Proseguendo
pel
Corso
trovasi
il
ponte
attraversante
il
Naviglio
,
costruito
pochi
anni
sono
,
in
istile
lombardo
,
su
disegno
dell
'
ingegnere
Emilio
Bignami
.
Questo
ponte
conserva
l
'
arco
e
parte
della
torre
di
cui
erano
munite
le
porte
dei
Visconti
.
Nel
1863
vennero
questi
avanzi
dell
'
antichità
,
modello
dei
primordi
dell
'
architettura
gotico
-
lombarda
,
ristaurati
da
inesperto
architetto
;
sicché
le
torri
furono
guaste
.
Teatro
Re
.
Questo
teatro
venne
fatto
costruire
da
un
Giovanni
Re
nel
1864
,
e
fu
inaugurato
nel
settembre
di
quell
'
anno
.
Il
disegno
è
dell
'
architetto
Concorreggi
;
riuscì
difettoso
.
Può
contenere
circa
1200
persone
.
Chiesa
di
Sant
'
Enstorgio
.
La
chiesa
di
Sant
'
Eustorgio
si
annovera
tra
le
più
antiche
di
Milano
,
e
si
riguarda
come
uno
dei
primi
edifici
cristiani
.
Essa
è
una
delle
meraviglie
dell
'
arte
lombarda
.
Fu
fondata
nel
320
dallo
stesso
Eustorgio
,
che
la
dedicò
ai
Re
Magi
,
le
reliquie
dei
quali
vennero
appunto
a
lui
regalate
dall
'
imperatore
di
Costantinopoli
,
ed
ivi
sepolte
(
*
)
;
quindi
prese
il
nome
di
Sant
'
Eustorgio
in
onore
dello
stesso
vescovo
,
per
essere
ivi
stato
tumulato
.
Nei
primi
tempi
la
chiesa
trovavasi
ben
lontana
dalla
città
;
la
fronte
era
verso
la
via
di
Santa
Croce
con
due
archi
che
le
servivano
di
portico
.
Fu
rimodernata
nell
'
anno
1278
da
Ottone
Visconti
coll
'
opera
di
Tosano
,
detto
il
Lombardino
,
e
quindi
da
Francesco
Richini
,
il
quale
guastò
la
bella
architettura
lombarda
.
(
*
)
Il
sarcofago
è
ora
vuoto
di
quelle
reliquie
,
le
quali
,
poste
in
San
Giorgio
per
salvarle
dalle
mani
del
Barbarossa
,
furono
quindi
nel
1162
trasportate
in
Germania
.
Da
qualche
anno
,
sotto
la
direzione
degli
architetti
Enrico
Terzaghi
e
Giovanni
Brocca
,
si
sono
intrapresi
da
quella
Fabbriceria
lavori
di
ripristino
dell
'
architettura
antica
.
Il
fianco
meridionale
della
chiesa
e
la
facciata
sono
stati
egregiamente
compiuti
,
ed
anche
l
'
interno
è
a
buon
punto
di
avanzamento
.
Il
campanile
,
assai
ragguardevole
per
l
'
altezza
e
per
la
bella
costruzione
,
fu
ultimato
nel
1309
,
e
vi
venne
posto
il
primo
quadrante
che
dinotasse
le
ore
.
Il
pulpito
di
pietra
,
che
si
vede
posto
nell
'
angolo
della
facciata
servì
a
Pietro
da
Verona
per
iscagliare
i
suoi
fulmini
contro
gli
eretici
.
Nell
'
interno
sonovi
magni
-
fiche
opere
di
architettura
,
fra
cui
del
Bramante
e
del
Michelozzo
Michelozzi
,
-
lo
scolaro
del
Donatello
e
il
seguace
del
Brunelleschi
,
il
primo
che
da
noi
incominciò
a
scostarsi
dallo
stile
gotico
,
-
consistenti
specialmente
nelle
cappelle
fatte
erigere
a
destra
dai
Visconti
,
una
delle
quali
ha
bellissima
arca
dovuta
a
Gian
Giacomo
Balduccio
da
Pisa
.
Molte
pitture
peregrine
pur
vi
sono
del
Borgognone
,
del
Bramantino
,
del
Fiammenghini
,
del
Fratazzi
,
dello
Storer
,
dei
fratelli
Procaccini
,
del
Civerchio
,
del
Figini
,
ecc
.
In
Sant
'
Eustorgio
sono
sepolti
alcuni
uomini
illustri
,
fra
cui
il
grecista
Emanuele
Crisolara
e
gli
storici
Gaspare
Bugati
e
Giorgio
Merula
.
Del
convento
annesso
,
ora
caserma
di
soldati
,
entrarono
nel
1220
in
possesso
i
Domenicani
.
Vi
ebbe
per
qualche
tempo
sede
il
Tribunale
dell
'
Inquisizione
.
Porta
Ticinese
.
Anticamente
la
Porta
Ticinese
era
situata
dove
ora
è
il
Carrobbio
,
e
chiamavasi
Marzia
,
perchè
dedicata
a
Marte
.
La
terza
Porta
,
quella
costruita
al
tempo
degli
Spagnuoli
,
era
ancora
nel
1800
un
informe
fabbricato
.
Quando
Napoleone
Bonaparte
,
vinta
la
battaglia
di
Marengo
,
ritornò
per
questa
Porta
in
Milano
coll
'
esercito
francese
,
dando
nuova
esistenza
alla
Repubblica
Cisalpina
,
si
pensò
di
rammemorare
il
fatto
in
uno
alla
gloriosa
giornata
campale
con
un
monumento
.
Il
16
giugno
dell
'
anno
1801
il
Governo
e
le
autorità
francesi
,
con
solenne
pompa
,
recaronsi
alla
Porta
Ticinese
,
e
posero
la
prima
pietra
d
'
un
nuovo
edificio
.
Il
progetto
però
non
fu
eseguito
per
allora
.
Rivisse
soltanto
verso
il
1810;
e
con
soscrizioni
private
,
ma
vuolsi
superiormente
eccitate
,
si
diede
mano
nel
1812
alla
costruzione
del
severo
Portico
isolato
che
tuttodì
esiste
.
Il
disegno
è
del
marchese
Cagnola
,
il
quale
prese
ad
imitare
quegli
onorari
che
si
facevano
in
Roma
.
E
di
grandioso
effetto
;
raggiunto
dall
'
architetto
con
pochissimi
mezzi
.
Ai
lati
dell
'
Arco
trovansi
due
vistosi
e
sodi
fabbricati
a
bugnato
,
per
uso
degli
agenti
daziari
.
Per
la
Porta
Ticinese
facevano
il
solenne
ingresso
i
principi
,
gli
arcivescovi
,
i
governatori
nostri
ed
i
monarchi
che
venivano
a
visitare
Milano
,
usanza
derivata
dai
tempi
in
cui
Pavia
era
residenza
dei
re
longobardi
.
Fuori
di
questa
Porta
veggonsi
i
meravigliosi
lavori
fatti
per
1'
unione
delle
acque
dell
'
Adda
con
quelle
del
Ticino
,
ed
il
canale
detto
il
Naviglio
di
Pavia
.
Più
innanzi
ne
parleremo
.
Presso
la
Porta
stessa
,
a
sinistra
,
lungo
la
via
di
circonvallazione
alla
Porta
Lodovica
è
lo
Stabilimento
nazionale
pei
bagni
,
costruito
dall
'
ingegnere
cav
.
Sfondrini
.
E
grandioso
,
e
con
vasche
da
nuoto
eleganti
.
Prendendo
la
via
a
destra
,
e
seguendo
la
strada
di
circonvallazione
alla
Porta
Magenta
,
trovasi
,
alla
sinistra
,
la
nuova
Stazione
succursale
per
la
linea
Milano
-
Vigevano
,
inaugurata
nel
novembre
1869;
stazione
che
fra
non
molto
tempo
sarà
posta
in
diretta
comunicazione
coll
'
interno
di
Milano
,
andandosi
a
dar
mano
ai
lavori
per
l
'
apertura
di
una
nuova
Porta
,
che
si
chiamerà
dalla
città
di
Genova
.
Ritornando
in
città
per
la
Porta
Ticinese
devesi
visitare
la
via
della
Conca
,
che
è
presso
il
bastione
a
sinistra
.
Quivi
trovasi
la
magnifica
conca
,
eseguita
nella
prima
metà
del
decimoquinto
secolo
per
opera
degli
ingegneri
ducali
Filippo
da
Modena
e
Fioravanti
da
Bologna
,
durante
la
signoria
di
Filippo
Maria
Visconti
,
allo
scopo
non
solo
di
procurare
il
vantaggio
a
Milano
coll
'
introdurvi
acqua
navigabile
,
ma
eziandio
per
congiungere
le
acque
dell
'
Adda
,
o
Martesana
,
con
quelle
del
Ticino
,
o
Naviglio
Grande
,
come
sopra
si
è
accennato
.
Si
vede
quindi
che
le
conche
sono
ingegnose
opere
idrauliche
,
le
quali
,
succedendosi
in
vari
punti
,
portano
due
acque
ad
unirsi
,
malgrado
la
diversità
dei
loro
livelli
.
Nel
1497
,
per
ordine
di
Lodovico
il
Moro
,
Leonardo
da
Vinci
non
rese
che
regolare
questa
conca
per
alzarsi
dal
Naviglio
grande
fino
alla
fossa
di
fortificazione
.
In
quell
'
anno
,
1497
,
il
duca
Lodovico
faceva
eseguire
il
monumento
che
vedesi
presso
la
conca
,
il
quale
rammenta
e
come
egli
avesse
alla
fabbrica
del
duomo
ridonato
il
diritto
del
dazio
sulle
navi
che
passavano
per
di
là
,
e
la
morte
della
diletta
di
lui
sposa
Beatrice
d
'
Este
.
Santa
Maria
della
Vittoria
.
Allungandosi
per
la
via
Arena
,
verso
la
città
,
trovasi
la
chiesa
di
Santa
Maria
della
Vittoria
,
così
chiamata
da
una
vittoria
non
lungi
da
quel
luogo
,
allora
fuori
mura
,
riportata
dai
Milanesi
contro
gli
Imperiali
,
comandati
da
Lodovico
il
Bavaro
.
La
chiesa
fu
eretta
nel
1339
,
e
di
nuovo
fabbricata
nel
1669
dal
cardinale
Omodei
,
con
disegno
del
Mangone
.
L
'
Omodei
vi
pose
i
sepolcri
di
sua
famiglia
in
forma
di
piramidi
con
erme
in
bronzo
.
L
'
interno
del
tempio
è
di
buona
e
grandiosa
architettura
,
di
forma
quadrata
,
con
quattro
archi
,
sui
quali
si
innalza
una
maestosa
cupola
.
L
'
ordine
è
fonico
composito
.
Si
ammirano
in
essa
pitture
di
Camillo
Procaccini
,
di
Giacinto
Brandi
,
di
Giovanni
Ghisolfi
,
di
Antonio
Raggi
,
del
Fiammenghini
,
ecc
.
Chiesa
di
San
Calocero
.
Percorrendo
la
strada
a
sinistra
,
lungo
il
Naviglio
,
trovasi
nella
via
omonima
,
la
chiesa
di
San
Calocero
.
Essa
venne
innalzata
da
San
Carlo
nel
1565
,
e
ciò
,
vuole
una
volgare
tradizione
,
per
una
immagine
della
Madonna
dipinta
su
d
'
un
muro
,
che
fu
veduta
piangere
alla
vista
dei
mali
che
i
Francesi
facevano
soffrire
nel
1500
ai
Milanesi
.
Altra
tradizione
narra
poi
che
San
Calocero
istruisse
ivi
nella
fede
San
Secondo
,
e
lo
facesse
battezzare
dai
Santi
Faustino
e
Giovita
,
sgorgando
al
sacro
uso
una
fonte
che
tuttodì
quivi
si
riguarda
.
Annessa
a
San
Calocero
è
la
casa
dei
padri
delle
Missioni
nelle
parti
degli
infedeli
.
Di
contro
evvi
la
soppressa
chiesa
di
San
Vincenzo
al
Prato
,
di
gotica
architettura
,
il
cui
primitivo
edificio
era
stato
nel
550
eretto
sull
'
area
di
un
tempio
dedicato
a
Giove
.
Istituto
dei
Sordo
-
muti
.
Nella
vicina
via
di
San
Vincenzo
,
e
precisamente
nel
convento
già
dei
Padri
Cistercensi
,
soppresso
nel
secolo
scorso
,
venne
nel
1830
posto
l
'
Istituto
pei
sordo
-
muti
,
iniziato
in
Milano
nel
1805
da
Antonio
Heyraud
di
Lione
,
sotto
la
protezione
del
Governo
italico
.
Sessanta
sono
i
ricoverati
;
v
'
hanno
24
piazze
gratuite
,
16
per
maschi
e
8
per
femmine
,
a
carico
del
Governo
.
Coi
legati
conseguiti
dappoi
e
cogli
avanzi
dell
'
Istituto
si
sono
costituite
alcune
pensioni
semigratuite
sì
pei
maschi
che
per
le
femmine
,
a
norma
dei
casi
.
Ottima
è
1'
istruzione
che
si
impartisce
a
quegli
infelici
,
i
quali
,
uscendo
ai
ventidue
anni
dall
'
Istituto
,
ponno
procurarsi
una
vita
meno
dolorosa
.
Annesso
all
'
Istituto
principale
avvene
altro
pei
sordo
-
muti
poveri
di
campagna
,
sorto
nell
anno
1853
.
Ha
un
patrimonio
proprio
,
formato
da
lasciti
di
benefattori
,
colla
cui
rendita
e
col
frutto
di
assegni
mantiene
circa
120
sordo
-
muti
d
'
ambo
i
sessi
.
129
Casa
d
'
Industria
.
Ove
era
l
'
ospedale
di
San
Vincenzo
de
'
Pazzi
,
nell
'
anno
1786
aprivasi
una
Casa
di
lavoro
volontario
pei
poveri
della
città
.
Essa
venne
riformata
colla
denominazione
di
Casa
d
'
Industria
,
nel
1808
,
nel
qual
tempo
si
proibiva
la
mendicità
nel
Dipartimento
dell
'
Olona
.
Mentre
in
quella
di
San
Marco
si
accettano
i
soli
uomini
,
quivi
le
sole
donne
.
Per
chi
,
percorrendo
la
linea
di
San
Vittore
,
non
avesse
visitato
il
Macello
pubblico
,
potrà
recarvisi
da
questo
lato
.
In
principio
della
via
di
San
Vincenzo
,
per
ritornare
nel
centro
della
città
,
al
ponte
sul
Naviglio
,
vedesi
l
'
Arco
già
della
pusterla
Fabbrica
;
esso
,
come
quello
di
Porta
Ticinese
,
ci
dà
un
saggio
dei
primordi
dell
'
architettura
lombardo
-
gotica
.
Linea
I
.
(
Colore
rosa
.
Dalla
Porta
Ticinese
alla
Porta
Garibaldi
)
.
(2.--Dalla
Piazza
del
Duomo
alla
P
.
Garibaldi
)
.
MONUMENTI
RIMARCHEVOLI
,
ECC
.
Palazzo
Broletto
.
Clerici
.
Mercato
.
Forni
militari
.
Porta
Garibaldi
.
Cimitero
maggiore
.
CHIESE
.
San
Protaso
.
San
Tomaso
.
Santa
Maria
del
Carmine
.
San
Simpliciano
.
Santa
Maria
Incoronata
.
TEATRI
.
Fossati
.
ALBERGHI
.
Madonna
del
Monte
.
Torre
di
Londra
.
Palazzo
Carmagnola
o
del
Broletto
.
Il
palazzo
,
detto
tuttodì
del
Broletto
,
fu
ricostruito
nel
1410
circa
dal
noto
capitano
Francesco
Busone
di
Carmagnola
,
il
quale
lo
abitò
dal
1413
al
1424
,
come
lo
indica
l
'
apposita
lapide
,
e
fu
quivi
che
condusse
la
propria
sposa
Antonietta
Visconti
,
parente
del
duca
di
Milano
Filippo
Maria
.
Passato
il
Carmagnola
,
per
disgusti
col
Ducato
,
al
servizio
della
Repubblica
Veneta
e
dichiarato
ribelle
,
dispose
,
con
testamento
8
settembre
1429
,
che
questo
palazzo
toccasse
come
quota
ereditaria
alle
sue
figlie
Luchina
,
maritata
al
conte
Luigi
Dal
Verme
,
ed
Antonia
,
maritata
al
dottor
in
legge
Garnerio
di
Castilione
i
ma
il
9
marzo
1464
,
per
contratto
fra
le
due
sorelle
,
passò
in
unica
proprietà
della
contessa
Luchina
.
Per
varie
vicende
subite
dai
Dal
Verme
l
'
edificio
venne
ad
appartenere
al
Governo
spagnuolo
,
e
Filippo
III
,
nel
1605
,
lo
donava
alla
città
di
Milano
,
che
vi
collocò
il
mercato
dei
grani
.
Nell
'
anno
1714
vi
fu
trasportato
il
Banco
di
Sant
'
Ambrogio
,
specie
di
Monte
Mercantile
;
nel
1770
,
sotto
la
direzione
dello
storico
Giulini
,
vi
si
pose
l
'
Archivio
civico
,
e
finalmente
,
nel
1786
,
vi
presero
stanza
gli
uffici
del
Comune
,
che
sino
dal
1228
trovavansi
in
Piazza
Mercanti
,
dandogli
appunto
il
nome
di
Broletto
,
e
vi
rimasero
fino
all
'
anno
1861
.
Consiste
esso
in
un
ampio
caseggiato
,
diviso
in
due
cortili
con
portici
nell
'
intorno
,
e
con
porte
di
prospetto
che
mettono
alle
vie
del
Broletto
e
Giulini
.
Di
antico
pur
conserva
qualche
finestrone
ed
alcune
sale
con
buoni
dipinti
.
Ora
è
sede
dell
'
Intendenza
di
Finanza
.
Trovandosi
in
questo
punto
si
può
visitare
il
Palazzo
Clerici
.
Questo
palazzo
,
sede
della
Gran
Carte
d
'
Appello
,
non
che
del
Tribunale
di
Commercio
,
che
è
posto
nella
via
omonima
,
apparteneva
alla
nobile
famiglia
Clerici
.
Il
capostipite
di
questa
famiglia
,
venuto
in
Milano
da
Domaso
,
divenne
straricco
,
commerciando
in
società
con
quel
Pietro
Carcano
,
quasi
secondo
fondatore
dell
'
Ospedale
Maggiore
.
Il
palazzo
,
quantunque
barocco
,
è
tuttavia
grandioso
:
vi
si
vede
una
magnifica
sala
con
stucchi
dorati
,
ed
una
bellissima
pittura
a
fresco
nella
vólta
,
di
Gio
.
Battista
Tiepolo
.
Chiesa
di
San
Protaso
.
Poco
lungi
dal
palazzo
Clerici
trovasi
la
chiesa
di
San
Protaso
,
detta
ad
Monacos
,
aggiunto
derivatole
dall
'
esservi
stati
fin
dal
800
i
Benedettini
.
Eretta
poi
in
parrocchia
,
il
diritto
di
nomina
spettava
ai
monaci
di
San
Simpliciano
.
Fu
l
'
antica
chiesa
ricostruita
con
disegno
del
Pellegrini
,
e
restaurata
nel
1852
.
Vi
sono
in
questo
tempio
pitture
del
Fiammenghini
,
del
Nuvolone
,
di
Daniele
Crespi
,
del
Cunio
,
del
Cerano
,
di
Camillo
Procaccini
.
Chiesa
di
San
Tomaso
.
La
chiesa
di
San
Tomaso
in
Terra
Mala
è
d
'
incerta
origine
.
Secondo
una
tradizione
l
'
aggiunto
di
terra
mala
o
amara
le
deriva
da
questo
fatto
.
,
Essendo
morto
un
povero
,
e
non
volendo
il
parroco
di
San
Tomaso
dargli
sepoltura
,
se
prima
la
moglie
non
gli
pagasse
il
dovuto
;
la
donna
,
disperata
di
non
avere
,
nè
trovare
il
denaro
,
diede
in
alti
lamenti
.
Passò
in
quel
mentre
il
duca
Giovan
-
Maria
Visconti
,
il
quale
,
udito
il
motivo
di
quelle
strida
,
comandò
che
il
parroco
non
solo
desse
sepoltura
gratis
al
morto
,
ma
fosse
,
che
è
peggio
,
seppellito
insieme
;
e
non
vi
fu
prece
peroratrice
,
nè
pianto
capace
a
far
muovere
il
duca
.
Vuolsi
che
il
parroco
,
calandosi
nella
fossa
,
andasse
altamente
sciamando
:
Quanto
è
amara
questa
terra
.
La
chiesa
ha
un
bellissimo
pronao
,
e
pitture
di
Cesare
Procaccini
,
di
Aurelio
Luini
,
di
Rodolfo
Cunio
.
L
'
altare
maggiore
è
disegno
dell
'
architetto
cav
.
Zanoja
.
Chiesa
di
Santa
Maria
del
Carmine
.
La
chiesa
di
Santa
Maria
del
Carmine
fu
eretta
dai
padri
Carmelitani
nel
1268
.
Se
non
che
essa
,
dominata
dal
vicino
castello
,
ne
fu
molto
guasta
.
Rifatta
in
forma
più
grande
a
tre
navi
,
le
si
diede
l
'
architettura
gotica
.
L
'
ornato
esterno
della
porta
,
che
tuttodì
si
conserva
,
vuolsi
di
-
segno
di
F
.
Richini
.
La
chiesa
fu
rimodernata
nel
1840
.
Vi
sono
pitture
di
Cesare
Procaccini
,
di
Filippo
Abbiati
,
di
Stefano
Maria
Legnani
,
di
Bernardino
Luini
,
del
Montalto
;
sculture
del
Volpi
.
Vi
si
ammirano
inoltre
un
Battistero
gotico
-
moderno
ed
alcuni
monumenti
.
Nella
parte
del
Foro
Bonaparte
,
che
trovasi
a
sinistra
di
chi
si
reca
al
Corso
Garibaldi
,
lambente
la
strada
,
si
sta
erigendo
,
a
cura
del
Municipio
,
un
Mercato
per
gli
erbaggi
,
su
disegno
dell
'
ingegnere
architetto
Agostino
Nazari
.
Teatro
Fossati
.
Il
teatro
Fossati
venne
eretto
dalla
famiglia
omonima
nell
'
anno
1859
,
su
elegante
disegno
dell
'
architetto
Fermo
Zuccari
.
L
'
interno
è
in
legno
;
può
contenere
circa
2500
spettatori
.
Esso
ha
due
facciate
,
una
prospicente
il
Foro
Bonaparte
,
ì
'
altra
il
Corso
Garibaldi
.
Vi
si
danno
variati
spettacoli
.
Chiesa
di
San
Simpliciano
.
La
chiesa
di
San
Simpliciano
,
di
gotica
costruzione
,
è
una
delle
quattro
basiliche
che
anticamente
esiste
-
vano
fuori
della
città
,
e
si
vuole
fondata
dal
vescovo
Ambrogio
sotto
il
titolo
di
Santa
Maria
.
Essendovi
seppellito
nell
'
anno
400
Simpliciano
,
prese
il
nome
di
questo
santo
.
L
'
interno
della
chiesa
è
costrutto
in
tre
navi
in
forma
di
croce
latina
con
cupola
.
Contiene
di
belle
pitture
di
Ambrogio
Borgognone
,
-
che
eseguì
mirabilmente
nell
'
abside
del
coro
l
'
affresco
la
Coronazione
della
Madonna
,
-
di
Francesco
Terzi
,
di
Camillo
Procaccini
,
di
Antonio
Fratazzi
,
di
Aurelio
Luini
,
ecc
.
La
facciata
venne
compiuta
soltanto
nel
novembre
del
1870
su
disegno
dell
'
architetto
Carlo
Macciachini
,
il
quale
le
conservò
assai
lodevolmente
il
carattere
del
XIII
secolo
.
Il
bellissimo
chiostro
,
che
era
annesso
alla
chiesa
di
San
Simpliciano
,
architettato
dal
Bramante
e
finito
dal
Seregni
nel
1563
,
fu
convertito
dall
'
arciduca
Ferdinando
a
quartiere
pei
soldati
.
Sotto
il
Governo
Italico
venne
rimodernato
con
disegno
del
colonnello
Rossi
.
Forni
militari
.
Proseguendo
la
via
per
alla
Porta
Garibaldi
,
trovansi
a
destra
,
nella
via
Moscova
,
i
Forni
militari
,
stati
costruiti
verso
il
1828
dal
Governo
austriaco
,
il
quale
si
serviva
dell
'
area
e
di
una
parte
dei
fondamenti
che
erano
stati
preparati
dal
cessato
Governo
italiano
per
la
principale
caserma
militare
di
cavalleria
.
Chiesa
di
Santa
Maria
Incoronata
.
La
chiesa
di
Santa
Maria
Incoronata
fu
eretta
nel
1451
dal
duca
Francesco
Sforza
;
e
nel
1460
Bianca
Maria
,
moglie
di
lui
,
ne
fabbricò
altra
unita
alla
prima
,
che
dedicò
a
San
Nicola
da
Tolentino
,
volendo
colle
due
fabbriche
formare
simbolo
della
sua
unione
col
duca
.
La
facciata
è
eguale
e
semplice
,
di
forma
pure
eguale
è
l
'
interno
con
due
presbiteri
e
due
altari
maggiori
.
L
'
architettura
gotica
fu
guasta
nel
1654
.
Vi
sono
bei
monumenti
della
famiglia
Bossi
,
di
Giovanni
Tolentino
e
di
Gabriele
di
Cotignola
,
arcivescovo
di
Milano
,
fratello
germano
di
Francesco
Sforza
.
V
'
hanno
pregevoli
pitture
di
Luigi
Scaramuccia
,
di
Ercole
Procaccini
e
del
Montalto
.
Il
convento
,
che
era
annesso
a
questa
chiesa
,
fu
convertito
in
caserma
pei
soldati
.
Porta
Garibaldi
.
La
Porta
Garibaldi
,
già
Comasina
,
è
una
delle
principali
di
Milano
.
Essa
era
nei
primi
tempi
al
Ponte
Vetero
e
dedicata
alla
Luna
.
La
Porta
che
qui
si
trovava
,
costruita
dal
Governo
spagnuolo
,
venne
demolita
,
e
su
disegno
dell
'
architetto
Giacomo
Moraglia
,
dai
negozianti
della
città
eretta
l
'
attuale
fra
gli
anni
1826
e
1828
.
E
un
arco
ornato
alla
dorica
,
sormontato
da
quattro
colossi
del
Perabò
,
rappresentanti
i
fiumi
primari
di
Lombardia
:
il
Po
,
il
Ticino
,
l
'
Adda
e
l
'
Olona
.
Nel
1860
la
Rappresentanza
cittadina
la
intitolava
a
Garibaldi
a
rammentare
le
vittorie
comensi
.
Nell
'
attico
superiore
,
cancellata
l
'
impronta
servile
,
venne
posta
la
seguente
epigrafe
:
QUI
SULL
'
ORME
DEL
NOME
NEMICO
IL
FERRO
DELL
'
ITALICA
GIOVENTU
'
INCISE
LE
VITTORIE
COMENSI
MDCCCLIX
ai
lati
:
VARESE
.
SAN
FERMO
.
Prima
di
terminare
il
giro
di
Milano
non
si
deve
tralasciare
di
visitare
il
Cimitero
monumentale
.
Il
Cimitero
monumentale
trovasi
fuora
la
Porta
Garibaldi
,
a
sinistra
,
tra
la
strada
comunale
di
Bovisio
e
la
ferrovia
.
I
lavori
di
questa
grandiosa
necropoli
vennero
iniziati
nell
'
anno
1863
su
disegno
dell
'
architetto
Carlo
Macciachini
.
Eseguitasi
la
generale
fondazione
della
parte
anteriore
,
tratte
a
compimento
e
la
metà
degli
spalti
circostanti
e
il
giardino
rialzato
dal
lato
di
ponente
,
colle
sottoposte
gallerie
,
la
Giunta
Municipale
pensò
di
farne
l
'
inaugurazione
solenne
il
2
novembre
1866
.
I
lavori
continuano
annualmente
;
e
appunto
in
oggi
si
stanno
ponendo
le
fondamenta
della
gran
cripta
od
ossario
,
e
quanto
prima
si
getteranno
quelle
del
Famedio
,
che
raccoglierà
la
memoria
degli
illustri
cittadini
.
Il
Cimitero
è
già
ricco
di
pregevoli
monumenti
dovuti
ad
artisti
milanesi
,
fra
i
quali
Tantardini
,
Pandiani
,
Miglioretti
,
Strazza
,
Spertini
,
Crippa
,
Buzzi
-
Giberto
,
Corti
,
ecc
.
Lo
stile
di
esso
è
lombardo
della
seconda
metà
del
.
XIII
secolo
.
La
Piazza
del
Duomo
,
la
Galleria
Vittorio
Emanuele
,
il
Cimitero
monumentale
e
il
Macello
pubblico
sono
le
maggiori
opere
edili
iniziate
dal
Comune
in
questo
decennio
di
libertà
.
137
Notizie
indispensabili
od
utili
al
viaggiatore
(
*
)
.
Chiunque
visiti
Milano
dimentica
presto
i
comodi
e
gli
agi
del
suo
domicilio
,
trovando
negli
alberghi
e
nelle
locande
alloggio
e
trattamento
confacente
alla
sua
condizione
qualunque
essa
siasi
.
In
nessun
albergo
si
penuria
di
mezzi
accessori
.
Buone
vetture
,
legni
di
piazza
e
destri
servitori
sono
al
minimo
cenno
a
vostra
disposizione
.
Il
banchiere
,
il
negoziante
,
l
'
amico
,
cui
siete
raccomandato
,
vi
servono
di
guida
.
Le
Autorità
di
qualunque
grado
sono
accessibili
in
ispecie
al
forestiere
;
anche
mancando
di
protezioni
e
di
raccomandazioni
non
avete
nulla
a
temere
nel
disimpegno
dei
vostri
affari
.
Il
Sindaco
riceve
in
udienza
particolare
ogni
settimana
;
per
essere
ammessi
a
queste
udienze
bisogna
farsi
inscrivere
in
apposito
registro
.
Per
affari
d
'
urgenza
riceve
tutti
i
giorni
.
Le
risposte
alle
suppliche
od
ai
reclami
che
si
presentano
al
protocollo
generale
si
ricevono
per
mezzo
della
divisione
a
cui
l
'
affare
appartiene
.
Al
Prefetto
si
ricorre
,
sia
direttamente
,
sia
col
mezzo
delle
Autorità
locali
,
per
tutto
ciò
che
concerne
l
'
amministrazione
politica
.
L
'
esito
delle
suppliche
e
delle
dimande
o
reclami
contro
le
decisioni
delle
Autorità
subalterne
si
conosce
o
col
mezzo
della
Prefettura
stessa
o
delle
Autorità
locali
da
cui
il
ricorso
è
partito
.
Il
Prefetto
dà
udienza
in
determinati
giorni
della
settimana
.
(
*
)
Non
permettendoci
il
limitato
spazio
di
questa
Guida
di
dare
un
elenco
generale
di
ogni
ramo
di
commercio
e
d
'
industria
,
ci
limitiamo
ad
additare
al
viaggiatore
alcuno
di
essi
fra
i
pii
.
accreditati
.
Se
fa
bisogno
di
rinvenire
persone
di
cui
si
ignori
il
domicilio
,
se
ne
fa
ricerca
all
'
Ufficio
del
Ruolo
di
popolazione
(
Anagrafe
)
,
esistente
al
Municipio
,
via
Case
Rotte
,
al
numero
4
.
Qualunque
reclamo
che
il
forestiero
abbia
per
avventura
a
fare
contro
il
servizio
delle
vetture
da
nolo
,
od
ogni
altro
riflettente
la
sicurezza
pubblica
,
notificazioni
di
smarrimenti
,
ecc
.
,
un
ufficio
di
Sorveglianza
urbana
è
posto
nel
Palazzo
del
Marino
ad
accoglierlo
.
Il
forestiero
può
rivolgersi
anche
agli
Agenti
urbani
.
Ecco
intanto
alcuni
dei
principali
indirizzi
che
crediamo
segnalare
al
viaggiatore
per
gli
emergenti
suoi
bisogni
.
Alberghi
(
*
)
.
*
Agnello
-
*
Ancora
-
*
Angioli
-
*
Aquila
-
*
Beccaccia
-
Bella
Venezia
-
*
Biscione
-
*
Borsa
-
*
Cappello
-
Cavour
-
Città
(
Ville
)
-
*
Corona
d
'
Italia
-
*
Due
Spade
-
*
Europa
-
*
Falcone
-
*
Firenze
-
*
Francia
-
*
Gallo
-
Gran
Brettagna
-
*
Leone
-
*
Madonna
del
Monte
-
*
Milano
-
*
Passarella
-
Pensione
Svizzera
-
*
Ponzone
-
*
Popolo
-
*
Pozzo
-
Reale
-
Reichman
-
*
Roma
-
San
Marco
-
*
San
Michele
-
*
Torre
di
Londra
-
Tre
Svizzeri
.
Antiquari
.
-
-
Arrigoni
,
Corso
Venezia
n
.
6
.
-
Baslini
,
Corso
Venezia
n
.
12
.
-
Franchi
Ulisse
,
via
del
Pesce
n
.
2
.
Sanquirico
Antonio
,
Galleria
De
Cristoforis
n
.
43
,
ecc
.
(
*
)
Gli
alberghi
contrassegnati
coll
'
asterisco
hanno
trattoria
in
casa
,
pronta
ad
ogni
ora
del
giorno
.
Con
tre
,
quattro
o
cinque
lire
al
maximum
si
può
avere
in
tutti
questi
alberghi
un
buon
pranzo
.
Articoli
da
Viaggio
.
Bouffier
Pietro
di
Giovanni
,
via
Torino
n
.
14
.
-
Ghezzi
Enrico
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
18
.
-
Münster
Fratelli
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
28
,
ecc
.
Bagni
particolari
.
Bagni
con
gabinetti
separati
e
acque
calde
.
Bagni
dell
'
ex
Ville
,
via
Pasquirolo
n
.
11
.
del
Giardinetto
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
17
.
Reali
,
via
Pantano
n
.
2
e
via
Larga
n
.
33
.
di
proprietà
di
Clotilde
vedova
Jodani
,
via
Tre
Alberghi
n
.
24
.
dell
'
Annunciata
,
via
omonima
n
.
11
.
Russi
ed
Orientali
,
anche
per
cura
idropatica
,
via
Sala
n
.
7
.
Bagni
pubblici
:
con
vasche
grandi
e
maestri
di
nuoto
.
Bagno
di
Diana
,
fuori
di
Porta
Venezia
.
Bagno
in
via
Castelfidardo
.
Bagno
Nazionale
,
anche
con
gabinetti
separati
e
doccia
,
fuori
di
Porta
Ticinese
.
Bagno
del
Ticino
,
fuori
di
Porta
Ticinese
.
Banche
e
Banchieri
.
Banca
Franco
-
Italiana
,
via
San
Pietro
all
'
Orto
n
.
8
.
-
Banca
Nazionale
,
via
Giardino
n
.
6
.
-
Banca
popolare
,
Piazza
Mercanti
.
-
Banca
del
Popolo
,
via
Brera
n
.
19
.
-
Banca
Lombarda
,
via
Giardino
n
.
7
.
-
Belinzaghi
commendatore
Giulio
,
via
Andegari
n
.
14
.
Brot
cav
.
Carlo
Francesco
,
via
Giardino
n
.
14
.
-
Campagnoni
Francesco
,
Galleria
Vittorio
Emanuele
n
.
8
e
10
.
-
Cavajani
Oneto
e
Comp
.
,
via
Giardino
n
.
5
.
-
Mazzoni
e
Campi
,
via
Bigli
n
.
15
.
-
Mylius
Enrico
e
Comp
.
,
via
Clerici
n
.
6
.
-
Pisa
Zaccaria
,
via
Meravigli
n
.
11
.
-
Spagliardi
Giuseppe
ed
Antonio
e
Comp
.
,
via
Cusani
n
.
5
.
-
Ulrich
e
Comp
.
,
via
Bigli
n
.
21
.
-
Warchex
vedova
,
Garavaglia
e
Comp
.
,
via
Oriani
n
.
1
.
-
Weill
-
Schott
figli
e
Comp
.
,
via
Pietro
Verri
n
.
7
,
ecc
.
Biblioteche
pubbliche
.
Biblioteca
Nazionale
di
Brera
,
via
Brera
n
.
28
,
aperta
dalle
ore
9
antimeridiane
alle
5
pomeridiane
,
meno
i
giorni
festivi
,
le
ferie
del
carnovale
,
della
Pasqua
,
e
le
autunnali
dal
15
settembre
al
4
novembre
.
Ambrosiana
,
San
Sepolcro
n
.
1
.
Pei
forestieri
è
aperta
tutto
l
'
anno
dalle
ore
10
antimeridiane
alle
3
pomeridiane
;
nei
dì
festivi
da
un
'
ora
alle
3
pomeridiane
.
Popolare
,
via
Circo
n
.
4
,
aperta
dalle
ore
7
alle
9
pomeridiane
;
nei
dì
festivi
dalle
ore
2
pomerid
.
alle
4
.
Per
ogni
volume
che
si
estrae
dalla
Biblioteca
Popolare
si
pagano
cent
.
5
per
la
durata
di
venticinque
giorni
;
scorsi
i
quali
,
se
il
libro
non
viene
riconsegnato
alla
Biblioteca
,
si
paga
di
nuovo
una
tassa
e
una
sopratassa
di
cent
.
5
per
ogni
mese
o
frazione
di
mese
.
Per
ritirare
il
libro
bisogna
far
constare
di
sè
a
chi
sepraintende
alla
distribuzione
.
Biblioteche
private
.
Belgiojoso
fu
principe
Emilio
,
piazza
Belgiojoso
n
.
2
.
Borromeo
Arese
conte
Vitaliano
,
piazza
Borromeo
n
.
7
.
Bruschetti
ing
.
Giuseppe
,
corso
Porta
Romana
,
n
.
66
.
(
Archivio
storico
di
architettura
civile
,
idraulica
e
militare
,
già
proprietà
del
fu
ingegnere
F
.
B
.
Ferrari
,
Cavagna
Sangiuliani
conte
cav
.
Antonio
(
Raccolta
di
storie
municipali
italiane
e
illustrazioni
patrie
)
,
via
Pietro
Verri
n
.
18
.
Cavaleri
avv
.
Michele
,
Corso
Magenta
,
n
.
86
.
D
'
Adda
marchese
Girolamo
,
via
Gesù
n
.
12
.
Rocca
Saporiti
conte
Apollinare
,
marchese
della
Sforzesca
,
Corso
Venezia
n
.
56
.
Trivulzio
marchese
Gian
Giacomo
,
Piazza
di
Sant
'
Alessandro
n
.
4
.
Bijoutieri
,
Orefici
,
Orologiai
.
Bigatti
fratelli
,
negozianti
in
gioje
,
fabbricatori
di
giojellerie
,
bijouterie
e
argenterie
,
via
Giardino
7
.
-
Carenzio
e
Confalonieri
,
giojellieri
e
bijoutieri
,
Piazza
del
Duomo
n
.
27
.
-
Conti
Annibale
,
orefice
e
giojelliere
,
via
orefici
n
.
28
.
-
Grisetti
Eugenio
,
orefice
e
giojelliere
,
via
Tomaso
Grossi
n
.
9
.
-
Sartirana
G
.
,
orefice
e
orologiaio
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
26
.
-
Terruggia
Pietro
,
orefice
e
giojelliere
,
via
Orefici
n
.
38
,
ecc
.
Broughams
.
-
Stazioni
principali
.
-
Piazze
:
Duomo
-
Fontana
-
Mercanti
-
Santa
Marta
-
Scala
-
San
Sepolcro
-
Cavour
.
Vie
:
Giardino
-
Brera
-
Bottonuto
-
San
Giuseppe
-
Corso
Venezia
-
Corso
di
Porta
Romana
-
Corso
Magenta
-
Ponte
Vetero
,
ecc
.
Tariffe
:
Per
una
corsa
che
non
oltrepassi
la
mezz
'
ora
si
paga
di
giorno
Lir
.
1
.
e
di
notte
Lir
.
1
.
25
.
Fino
ad
un
'
ora
intiera
Lir
.
1
.
50
di
giorno
e
Lir
.
1
.
75
di
notte
.
Per
ogni
mezz
'
ora
successiva
Cent
.
75
di
giorno
e
Lir
.
1
di
notte
.
La
mezz
'
ora
incominciata
si
considera
come
completa
.
Per
ogni
bagaglio
od
oggetto
che
non
stia
nell
'
interno
si
paga
Cent
.
25
sia
di
giorno
che
di
notte
.
Caffè
e
Pasticcerie
principali
.
Caffè
(
*
)
.
Caffè
Cova
,
via
San
Giuseppe
-
Caffè
Biffi
,
Galleria
Vittorio
Emanuele
-
Caffè
Gnocchi
,
Galleria
Vittorio
Emanuele
-
Caffè
Gnocchi
,
al
Foro
Bonaparte
-
Caffè
Martini
,
Piazza
della
Scala
-
Caffè
Merlo
,
Corso
Vittorio
Emanuele
-
Caffè
dell
'
Europa
,
Corso
Vittorio
Emanuele
-
Caffè
dell
'
Accademia
,
Piazza
della
Scala
-
Caffè
Maldifassi
,
via
Principe
Umberto
-
Caffè
del
Rinascimento
,
Corso
Venezia
-
Caffè
del
Risorgimento
,
Corso
Magenta
-
Caffè
del
Duomo
,
in
Piazza
del
Duomo
(
*
*
)
-
Caffè
ai
Giardini
Pubblici
-
Caffè
Moresco
,
via
Solferino
.
Pasticcieri
od
Offellieri
.
Biffi
,
Piazza
del
Duomo
n
.
33
-
Lazzaroni
,
Corso
Venezia
n
.
1-
Dell
'
Acqua
,
via
Santa
Margherita
n
.
4
,
e
Galleria
Vittorio
Emanuele
-
Puricelli
,
via
Monte
Napoleone
n
.
45
-
Cova
,
via
Giardino
n
.
1
-
Baj
Fratelli
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
4
-
Castiglioni
Luigi
,
via
Tre
Alberghi
n
.
2
-
Lorioli
Carlo
,
via
Brera
n
.
2
,
ecc
.
Calzolai
da
donna
.
Beltrami
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
17
-
Brivio
,
Corso
Venezia
n
.
4
-
Dupin
,
via
della
Passarella
n
.
26
-
Bianchi
,
via
Tre
Alberghi
n
.
14
,
ecc
.
(
*
)
Tutti
questi
caffè
dalle
ore
10
antimeridiane
alle
2
pomeridiane
servono
il
déjeuné
alla
forchetta
.
(
*
*
)
Questo
caffè
è
provveduto
di
una
grande
quantità
di
giornali
.
Calzolai
da
uomo
.
Borioli
Alessandro
,
Galleria
Vittorio
Emanuele
-
Mejani
Carlo
,
via
Lupetta
n
.
1
-
Mosconi
Domenico
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
31
-
Mûnster
fratelli
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
28
,
e
Galleria
Vittorio
Emanuele
(
calzature
specialmente
di
Vienna
)
-
Veronesi
,
Corso
Venezia
n
.
11
,
ecc
.
Cambia
valute
.
Casati
Ignazio
,
via
Santa
Margherita
-
Grisi
Francesco
e
Comp
.
,
Piazza
Mercanti
-
Mazzucchelli
Luigi
,
Cordusio
-
Prada
Celestino
,
Piazza
del
Duomo
n
.
20
-
Strada
Luigi
,
via
Giardino
n
.
4
,
ecc
.
Cappellai
.
Bergamo
Giuseppe
,
Piazza
del
Duomo
n
.
35
-
Chiesa
Antonio
,
Piazza
del
Duomo
n
.
27
-
De
Marchi
-
Gherini
Ambrogio
,
via
delle
Asole
n
.
2
-
Insom
Domenico
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
3
-
Mariani
Gaetano
,
Cordusio
-
Migliavacca
Giovanni
,
Corso
Vittorio
Emanuele
-
Ponzone
Antonio
(
Ditta
)
,
via
Santa
Margherita
n
.
4
,
ecc
.
Cartolai
,
oggetti
di
cancelleria
.
Maglia
Antonio
,
Galleria
Vittorio
Emanuele
n
.
20
-
Crivelli
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
36
-
Ripamonti
-
Carpano
Antonio
,
Galleria
De
Cristoforis
n
.
18
-
De
Grandi
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
29
-
Ferrario
Luigi
,
via
Armorari
n
.
3
-
Bontà
(
Ditta
)
,
via
Pantano
n
.
9
-
Orgneri
Michele
,
via
San
Giuseppe
n
.
12
,
ecc
.
Chincaglieria
,
Bronzi
,
Bijouteria
di
lusso
,
Grande
novità
.
Baglia
Carlo
,
Piazza
del
Duomo
n
.
43
.
-
Brioschi
Fratelli
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
4
.
-
Pirotta
e
Caprotti
,
Galleria
De
Cristoforis
.
-
Galli
e
Bonnefoy
,
al
Gran
Mercurio
,
Corso
Vittorio
Emanuele
,
n
.
15
.
-
Grande
Emporio
d
'
ogni
genere
d
'
addobbi
in
pendole
,
bronzi
,
lampade
,
porcellana
e
cristalleria
,
macchine
per
usi
domestici
,
bijouterie
ed
articoli
da
viaggio
.
Si
spedisce
gratis
il
catalogo
dei
vari
articoli
a
chi
ne
fa
domanda
per
lettera
.
Consoli
.
Austria
-
Ungheria
.
Cantoni
Eugenio
,
console
generale
,
via
Meravigli
n
.
15
.
-
Belgio
.
Belinzaghi
Giulio
,
console
generale
,
via
Andegari
n
.
14
.
-
Bolivia
.
Brambilla
Pietro
,
vice
-
console
,
via
Torino
n
.
51
.
-
Brasile
.
Mazzone
cav
.
Carlo
,
vice
-
console
,
via
Solferino
n
.
20
.
-
Chili
.
Brivio
marchese
Giacomo
,
console
,
via
Olmetto
n
.
17
.
-
Confederazione
Argentina
Juan
F
.
Pelanda
.
-
Confederazione
Svizzera
.
Vonwiller
Oscar
,
console
,
via
Broletto
n
.
37
.
-
Francia
.
Bouillat
cav
.
Edoardo
,
console
,
via
Sant
'
Andrea
n
.
8
.
-
Germania
del
Nord
e
Granducato
di
Baden
.
Mack
Davide
,
console
,
via
Bassano
Porrone
n
.
2
.
-
Grecia
.
Ralli
cav
.
Giacomo
,
console
,
via
San
Simone
n
.
8
.
-
Inghilterra
.
Kelly
Thomas
William
,
vice
-
console
,
nell
'
Albergo
Reale
,
via
Tre
Alberghi
.
-
Messico
.
Brocca
dott
.
Giovanni
,
console
,
corso
Vittorio
Emanuele
n
.
21
.
-
Monaco
(
Principato
di
)
.
Cavriani
nobile
Ippolito
,
console
,
via
Olmetto
n
.
7
.
-
Paraguay
.
Visconti
di
Modrone
conte
Guido
,
vice
-
console
,
via
Cerva
n
.
28
.
-
Portogallo
.
De
Souza
Holstein
cav
.
Federico
Filippo
,
console
,
Piazza
San
Sepolcro
n
.
11
.
-
San
Marino
.
Antona
-
Traversi
avv
.
Giovanni
,
console
,
via
Giardino
n
.
10
.
-
Spagna
.
Brocca
commendatore
Luigi
,
console
,
corso
Vittorio
Emanuele
n
.
21
.
Stati
Uniti
d
'
America
.
Clark
William
,
via
Monforte
.
-
Turchia
.
J
.
Dominian
effendi
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
20
.
Dentisti
e
Pedicuri
.
Ballerio
Isidoro
,
dentista
,
via
Rastrelli
n
.
16
-
Banfi
Girolamo
,
dentista
,
via
Palazzo
Reale
n
.
3
-
Bauer
Adolfo
,
dentista
,
via
San
Dalmazio
n
.
5
.
-
Briziano
Pompeo
,
pedicure
,
via
Pattari
n
.
3
.
Buzenac
Luigi
,
dentista
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
24
-
Clément
Arbib
,
dentista
,
via
San
Protaso
n
.
3
-
Winderling
L
.
Noé1
-
e
G
.
Noél
,
dentista
,
via
Borgospesso
n
.
21
-
De
Ambrosis
Giovanni
,
pedicure
,
via
Falcone
n
.
1
,
ecc
.
Editori
di
musica
.
Ricordi
Tito
,
via
Omenoni
n
.
1
,
ed
ottagono
Galleria
Vittorio
Emanuele
-
Lucca
Francesco
,
via
San
Paolo
n
.
10
,
e
via
Santa
Radegonda
n
.
5
-
Canti
Giovanni
,
via
Giardino
n
.
1
,
e
via
Meravigli
n
.
11
,
ecc
.
Facchini
e
Fattorini
.
La
società
dei
Facchini
,
con
brevetto
municipale
,
e
quella
de
'
Fattorini
di
Piazza
,
prestano
un
lodevole
servizio
di
scorta
e
trasporto
di
effetti
per
indicazione
da
uno
ad
altro
punto
della
città
,
ricapito
lettere
,
gruppi
,
circolari
,
ecc
.
Le
due
Società
si
distinguono
in
fra
esse
dal
berretto
;
hanno
stazioni
nelle
Piazze
e
grandi
vie
;
la
stazione
principale
è
in
Piazza
Mercanti
.
Tariffa
della
Società
dei
Facchini
.
Per
servizio
di
scorta
e
per
indicazione
da
uno
ad
altro
punto
della
città
senza
interruzioni
o
fermate
L
.
25
Per
ogni
ora
L
50
Per
ricapito
di
lettere
,
gruppi
,
fatture
e
di
tutto
quanto
può
contenersi
nella
borsa
,
per
ciascun
capo
L
20
Trasporto
di
bagagli
,
casse
,
bauli
e
simili
,
in
qualunque
direzione
nell
'
interno
della
città
del
peso
di
kilogr
.
1
a
30
L
30
fino
a
kilogr
.
50
L
50
fino
ad
un
quintale
L
70
Pel
trasporto
nei
sobborghi
,
in
aumento
per
ogni
tassa
L
15
Tariffa
della
Società
dei
Fattorini
di
Piazza
.
Per
servizio
di
scorta
e
per
indicazione
da
uno
ad
altro
punto
della
città
senza
interruzioni
o
fermate
L
.
30
Per
ogni
ora
L
60
Per
ricapito
di
lettere
,
gruppi
,
fatture
e
di
tutto
quanto
può
contenersi
nella
borsa
,
per
ciascun
pezzo
L
20
Trasporto
di
bagagli
,
casse
,
bauli
e
simili
,
in
qualunque
direzione
nell
'
interno
della
città
del
peso
dikilogr
.
1
a
30
L
.
30
fino
a
kilogr
.
50
L
50
fino
ad
un
quintaleL
70
Pel
trasporto
nei
sobborghi
,
in
aumento
per
ogni
tassa
L
20
Farmacie
.
Biraghi
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
5
-
Brera
(
di
)
,
via
Fiori
Oscuri
n
.
15
-
De
Ponti
Donnino
,
alle
Cinque
Vie
n
.
22
-
Foglia
Antonio
,
Corso
di
Porta
Romana
n
.
22
-
Franzini
,
via
Santa
Margherita
n
.
12
-
Garofoletti
Alberto
,
via
Santa
Maria
alla
Porta
n
.
1
-
Migliavacca
Gio
.
Battista
,
via
Monte
Napoleone
n
.
1
-
Porati
,
Corso
di
Porta
Ticinese
-
Pozzi
Giuseppe
,
Corso
Venezia
n
.
41
-
Riva
Palazzi
,
Piazza
della
Scala
-
Stagnoli
,
via
Bigli
n
.
28
-
Zambelletti
Lodovico
,
piazza
San
Carlo
n
.
5
.
Farmacie
omeopatiche
.
Biraghi
Carlo
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
3
-
Franzini
,
via
Santa
Margherita
n
.
12
-
Garofoletti
Alberto
,
via
Santa
Maria
alla
Porta
n
.
1
-
Pozzi
Giuseppe
,
Corso
Venezia
n
.
41
.
Fotografi
.
Calzolari
Figlio
,
successore
a
Duroni
Alessandro
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
13
-
Deroche
ed
Heyland
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
15
-
Ganzini
Giovanni
Battista
,
via
Unione
n
.
10
-
Montabone
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
22
-
Pagliano
Leonida
,
via
Monforte
n
.
3
-
Rossi
Giulio
(
sistema
Crozat
)
,
via
Bigli
n
.
7
-
Triestina
,
Corso
Venezia
n
.
77
.
Gabinetti
di
decenza
.
Due
sono
i
Gabinetti
di
decenza
in
Milano
con
assai
proprie
ritirate
per
uomini
e
signore
,
l
'
uno
in
via
Pasquirolo
,
l
'
altro
al
nuovo
Giardino
Pubblico
,
sotto
l
'
edificio
del
caffè
.
-
Il
prezzo
d
'
accesso
è
di
cent
.
10
.
-
Nel
primo
,
a
convenienti
prezzi
,
si
può
anche
avere
profumerie
.
-
In
esso
da
appositi
incaricati
si
ricevono
in
deposito
effetti
da
viaggio
,
e
si
fa
ripulitura
d
'
abiti
e
di
scarpe
.
-
Pel
deposito
di
effetti
pagansi
cent
.
10
.
-
Pella
pulitura
di
abiti
e
scarpe
cent
.
10
.
Giornali
politici
.
La
Lombardia
,
giornale
ufficiale
della
Provincia
di
Milano
-
La
Perseveranza
-
La
Gazzetta
di
Milano
-
Il
Secolo
-
Il
Pungolo
-
Il
Corriere
di
Milano
-
Il
Sole
,
anche
commerciale
-
L
'
Unità
Italiana
-
Il
Gazzettino
Rosa
.
-
-
Questi
giornali
si
ponilo
comperare
presso
le
apposite
edicole
,
poste
nei
principali
centri
di
Milano
.
Istituti
e
Collegi
principali
d
'
Educazione
.
Convitto
Nazionale
Longoni
,
Corso
ginnasiale
-
Iiceale
e
tecnica
superiore
,
via
Fatebene
-
fratelli
n
.
11
.
Civico
Collegio
-
Ginnasio
-
Liceo
Calchi
Taeggi
,
via
Porta
Vigentina
n
.
17
.
Istituto
Dolci
,
premiato
più
volte
dalla
Società
Pedagogica
italiana
.
È
provveduto
d
'
un
scelto
Corpo
di
professori
per
l
'
insegnamento
elementare
,
ginnasiale
,
liceale
tecnico
,
militare
,
amministrativo
e
commerciale
,
ecc
.
Lo
stabilimento
è
arricchito
di
copiosa
suppellettile
,
in
libreria
,
macchine
,
musei
,
ecc
.
per
lo
studio
della
geometria
,
fisica
,
storia
naturale
,
geografia
,
chimica
,
meccanica
,
ecc
.
Ha
unito
un
Convitto
regolato
sulle
norme
dei
migliori
della
Svizzera
e
della
Germania
.
L
'
Istituto
,
che
raccomandiamo
specialmente
,
e
che
può
essere
visitato
in
ogni
tempo
,
è
posto
in
vasto
locale
,
con
giardino
,
cortile
e
portici
,
Corso
di
Porta
Ticinese
n
.
83
.
Collegio
di
preparazione
agli
Istituti
militari
con
annesso
Corso
tecnico
.
E
molto
in
credito
,
diretto
essendo
da
professori
addetti
al
già
Collegio
militare
che
esisteva
in
Milano
.
Trovasi
in
via
Camminadella
n
.
22
.
Collegio
reale
delle
fanciulle
con
24
posti
gratuiti
,
via
Passione
n
.
12
.
Liceo
privato
De
Angeli
,
via
Zebedia
n
.
1
.
Istituto
privato
Boselli
per
l
'
istruzione
elementare
e
ginnasiale
,
via
San
Giuseppe
n
.
4
.
Istituto
privato
Pietrasanta
,
per
Corsi
ginnasiali
,
elementari
,
tecnici
e
commercio
.
Possiede
un
museo
di
Storia
Naturale
e
Mineralogia
,
via
San
Paolo
n
.
10
.
Istituto
privato
Stampa
.
Insegnamento
diurno
e
serale
del
Corso
elementare
,
di
ragioneria
,
amministrazione
e
commercio
,
Galleria
Vittorio
Emanuele
,
scala
n
.
15
.
Vi
è
annesso
un
ufficio
approvato
per
interpretazioni
e
traduzioni
in
qualunque
lingua
.
Insegnamenti
speciali
.
Reale
Conservatorio
di
Musica
.
Istruzione
in
ogni
ramo
di
materia
musicale
,
via
Conservatorio
n
.
12
.
Accademia
de
'
Filodrammatici
.
Scuola
di
declamazione
,
via
Filodrammatici
n
.
1
.
Reale
Istituto
Sordo
-
muti
per
l
'
istruzione
de
-
gli
stessi
,
via
San
Vincenzo
n
.
7
.
Istituto
dei
Ciechi
,
corso
Porta
Nuova
n
.
5
.
Collegio
Tipografico
fondato
dal
tipografo
-
editore
signor
Francesco
Pagnoni
,
inaugurato
il
14
maggio
1871
,
via
Ancona
n
.
3
.
Scopo
di
questo
Collegio
è
la
professione
e
la
educazione
perfezionata
dell
'
Arte
Tipografica
,
Fonderia
,
Stereotipia
,
Galvanoplastica
,
Legatoria
ed
Arti
affini
.
Non
si
accettano
giovinetti
se
non
di
madri
vedove
e
bisognose
.
La
durata
di
permanenza
per
l
'
istruzione
ed
educazione
agli
Allievi
professionisti
non
deve
oltrepassare
gli
anni
sei
;
scorsi
i
quali
ognuno
dovrà
provvedersi
il
proprio
sostentamento
procacciandosi
onorato
lavoro
nelle
altrui
officine
.
Scuola
civica
di
Musica
,
Piazza
Mercanti
,
n
.
4
.
Scuola
di
Cauto
per
adolescenti
,
piazza
del
Duomo
n
.
16
.
Scuola
di
Ballo
e
Canto
,
annessa
al
R
.
Teatro
della
Scala
.
Civica
Palestra
ginnastica
,
Corso
di
Porta
Romana
n
.
108
.
Scuole
di
nuoto
presso
i
Bagni
Pubblici
,
di
Diana
,
Castelfidardo
,
Nazionale
,
Ticino
,
ecc
.
Scuola
Orfeonica
femminile
,
Corso
Magenta
,
locale
del
Monastero
Maggiore
pel
canto
corale
da
impartirsi
alle
fanciulle
,
fondato
dal
maestro
Cr
.
Varisco
.
Librerie
italiane
e
straniere
.
Brigola
Gaetano
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
26
-
Bolchesi
Domenico
,
Galleria
De
Cristoforis
-
Dumolard
fratelli
(
libreria
francese
)
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
21
-
Hoepl
,
successore
a
Laengner
Teodoro
(
libreria
tedesca
)
,
Galleria
De
Cristoforis
n
.
59
-
Agnelli
Giacomo
,
via
Santa
Margherita
n
.
2
,
specialmente
per
libri
scolastici
ed
educativi
,
-
Carrara
Paolo
,
via
Santa
Margherita
n
.
5
-
Paravia
Cr
.
Batt
.
,
Galleria
De
Cristoforis
.
Libri
antichi
.
-
Barbini
Carlo
,
via
Chiaravalle
n
.
9
,
editore
anche
della
Biblioteca
Ebdomadaria
-
Galleria
Teatrale
-
Repertorio
del
Teatro
Milanese
e
Poliantea
Drammatica
-
Branca
Carlo
,
via
Monte
Napoleone
n
.
23
-
Schieppati
Gaetano
,
via
San
Pietro
all
'
Orto
n
.
17
-
Frisiani
Carlo
,
via
San
Paolo
n
.
11
.
-
Vergani
Pietro
,
via
Sant
'
Antonio
n
.
20
.
Mercanti
in
stoffe
,
seterie
e
snoda
.
Landi
Mafessoni
e
Pollenghi
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
22
-
Vernazzi
Fulvio
e
Comp
.
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
28
-
Ronchi
e
Dell
'
Orto
,
ottagono
della
Galleria
Vittorio
Emanuele
-
Cozzi
Aliprandi
,
successori
a
Panseri
,
piazza
del
Duomo
-
Osnago
,
Eredi
,
via
Santa
Radegonda
n
.
5
-
Manfredi
,
Zanardi
e
Comp
.
,
via
Rastrelli
n
.
24
-
Rossignol
G
.
,
via
Torino
,
ecc
.
Modiste
e
Sarte
.
Lebrun
-
Ferrandi
Giuseppina
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
5
-
Chaillon
Enrichetta
,
via
Pattari
n
.
2
-
Corti
,
sorelle
,
via
Passarella
n
.
2
-
Nessi
Elena
.
via
San
Paolo
n
.
5
-
Vigorelli
Induno
,
Corso
Vittorio
Emanuele
-
Jeannette
Landi
,
via
Borgogna
n
.
2
.
Musei
.
Museo
Cavaleri
,
dal
suo
fondatore
,
l
'
egregio
avvocato
Michele
Cavaleri
,
inaugura
-
tosi
nel
marzo
1871
.
Trovasi
al
Corso
Magenta
n
.
86
.
Museo
Molinari
,
del
suo
fondatore
,
il
popolano
Francesco
Molinari
,
inauguratosi
il
29
settembre
1870
.
Trovasi
in
via
Maddalena
n
.
17
.
Museo
Civico
,
nel
palazzo
Comunale
de
'
Giardini
Pubblici
.
Museo
Patrio
di
Archeologia
,
nel
palazzo
di
Belle
Arti
via
Brera
.
Museo
Ambrosiano
,
presso
la
Biblioteca
Abrosiana
,
Piazza
della
Rosa
n
.
2
,
ed
altri
in
case
private
.
Numismatica
.
Avvi
un
gabinetto
di
numismatica
nel
palazzo
di
Belle
Arti
in
via
Brera
-
altro
nella
Biblioteca
Ambrosiana
-
altro
nel
palazzo
Municipale
del
Marino
,
proveniente
al
Comune
da
eredità
del
defunto
conte
Carlo
Taverna
.
Parecchi
altri
Gabinetti
di
numismatica
sono
in
case
private
.
Oggetti
chirurgici
,
Cinti
,
ecc
.
Baldinelli
Ferdinando
,
via
Pattari
n
.
7
-
Gennari
P
.
Enrico
,
via
Ospedale
n
.
14
-
Repossi
Flaminio
,
via
Torino
24
-
Sighinolfi
,
via
Santa
Maria
Segreta
n
.
1
.
Orario
ferroviario
,
vedi
pag
.
III
Ottici
.
Duroni
Antonio
,
Galleria
Vittorio
Emanuele
-
Brenta
Fratelli
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
12
-
Quercetti
Fortunato
,
Piazza
del
Duomo
n
.
35
-
Albini
Luigi
,
via
Santa
Margherita
,
n
.
7
.
Pinacoteche
.
Nel
palazzo
di
Belle
Arti
in
via
Brera
.
-
Nella
Biblioteca
Ambrosiana
,
Piazza
della
Rosa
n
.
2
.
Una
raccolta
di
quadri
ed
altri
oggetti
d
'
arte
sono
giornalmente
visibili
nella
Esposizione
permanente
in
via
Palermo
n
.
1
.
Si
fanno
esposizioni
di
Belle
Arti
nella
Gran
Sala
ai
vecchi
Giardini
Pubblici
.
Vi
sono
molte
altre
Gallerie
private
di
quadri
,
ecc
.
Posta
delle
lettere
.
L
'
ufficio
delle
Regie
Poste
è
in
via
Rastrelli
num
.
20
.
Esso
è
aperto
dalle
ore
8
della
mattina
alle
10
della
sera
per
la
distribuzione
,
raccomandazione
ed
assicurazione
delle
lettere
,
giornali
e
vendita
francobolli
;
pel
rilascio
e
pagamento
di
vaglia
dalle
ore
8
della
mattina
alle
4
pomeridiane
.
La
levata
delle
lettere
dalle
buche
sussidiarie
ha
luogo
cinque
volte
al
giorno
,
cioè
:
alle
ore
7
e
30
e
10
mattina
,
ed
alle
2
e
30
,
4
e
15
e
8
pomeridiane
.
Quelle
site
nei
quartieri
di
Porta
Vittoria
,
Porta
Venezia
,
Porta
Nuova
e
Porta
Garibaldi
sono
levate
mezz
'
ora
più
tardi
.
E
fatta
eccezione
per
le
buche
-
poste
in
via
Broletto
,
via
Armorari
,
Piazza
Mercanti
e
Piazza
della
Scala
,
per
le
quali
viene
stabilita
una
levata
straordinaria
alle
12
meridiane
.
Le
lettere
della
città
fra
la
città
e
sobborghi
dovranno
essere
impostate
nell
'
apposita
buca
presso
l
'
ufficio
centrale
.
Giornali
,
stampe
e
campioni
non
potranno
impostarsi
nelle
buche
succursali
della
città
.
Le
lettere
che
si
vogliono
raccomandare
od
assicurare
,
i
giornali
,
le
opere
periodiche
devono
essere
presentate
agli
uffici
appositi
un
'
ora
prima
del
tempo
stabilito
per
l
'
impostazione
delle
corrispondenze
ordinarie
.
Le
lettere
contenenti
valori
devono
assoggettarsi
almeno
alla
formalità
della
raccomandazione
,
non
rispondendo
l
'
Amministrazione
,
in
caso
diverso
,
del
non
avvenutone
ricapito
.
Regia
Questura
.
La
Direzione
centrale
è
in
via
Santa
Margherita
num
.
18
,
ed
è
sede
della
Questura
.
V
'
hanno
sei
Sezioni
distribuite
per
la
città
:
la
prima
.
,
via
Pontaccio
n
.
19
-
la
seconda
,
via
Santa
Margherita
n
.
10
-
la
terza
,
via
Cerva
n
.
14
-
la
quarta
Corso
di
Porta
Romana
n
.
98
-
la
quinta
,
via
San
Simone
n
.
12
-
la
sesta
,
via
Terraggio
n
.
4
.
Restaurants
.
Borsa
,
via
San
Giuseppe
n
.
2
Pranzo
da
franchi
4
in
avanti
a
tutte
le
ore
.
Manin
,
via
Manin
n
.
7
-
Rebecchino
,
via
Rebecchino
n
.
7
-
Ristoro
,
via
Aquila
n
.
6
-
Annunciata
,
via
Annunciata
n
.
11
-
Firenze
,
via
Principe
Umberto
n
.
29
-
Trattoria
Galli
nella
Galleria
Vittorio
Emanuele
,
ecc
.
La
maggior
parte
degli
Alberghi
e
Caffè
primari
danno
pranzi
e
déjeunés
alla
carta
e
a
prezzo
fisso
.
Fra
questi
citiamo
come
principali
:
L
'
albergo
Milano
-
di
Francia
-
Roma
-
del
Leone
-
della
Passarella
-
del
Bissone
-
e
del
Falcone
.
Quando
vogliasi
uscire
dalle
porte
della
città
per
godere
della
vista
della
campagna
,
nei
suburbi
vi
sono
parecchie
trattorie
molto
frequentate
dai
Milanesi
,
specialmente
nella
stagione
estiva
,
le
quali
offrono
pranzi
succosi
:
le
più
in
grido
sono
:
l
'
Isola
Bella
,
il
Giardino
d
'
Italia
,
l
'
Isola
Botta
,
la
Magna
,
I
Promessi
Sposi
,
Loreto
,
la
Noce
,
ecc
.
Sarti
da
uomo
.
Marzio
Carlo
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
26
-
Prandoni
,
via
Farine
n
.
10
-
Tonelli
,
via
Carlo
Alberto
n
.
1
.
-
Segramora
Alessandro
,
via
Pattari
n
.
3
-
Segramora
Giacomo
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
32
-
Lampugnani
Giuseppe
,
Piazza
del
Duomo
n
.
22
,
ecc
.
Sorveglianza
Urbana
.
La
Sorveglianza
Urbana
ha
pure
sei
Mandamenti
,
ai
quali
il
forestiere
potrà
rivolgersi
per
quanto
gli
verrà
ad
occorrere
per
illustrazioni
o
per
reclami
dipendenti
da
servizi
di
spettanza
civica
.
Il
primo
Mandamento
è
posto
in
via
San
Simpliciano
n
.
5
-
il
secondo
via
Case
Rotte
n
.
4
-
il
terzo
via
Durini
n
.
19
-
il
quarto
via
Sant
'
Eufemia
n
.
14
-
il
quinto
Piazza
Vetra
n
.
9
-
il
sesto
via
Terraggio
n
.
2
.
Telegrafo
.
L
'
Ufficio
telegrafico
è
situato
in
Piazza
Mercanti
n
.
19
.
Esso
è
aperto
giorno
e
notte
senza
interruzione
.
La
tariffa
dei
prezzi
dei
dispacci
è
esposta
nell
'
ufficio
stesso
.
Nella
sala
d
'
accesso
vi
sono
le
module
per
l
'
invio
dei
dispacci
,
non
che
l
'
occorrente
per
iscriverli
.
Uffici
d
'
indizio
.
Per
ricerca
di
alloggi
,
persone
di
servizio
,
impiegati
,
ecc
.
:
Amadori
Marino
,
via
Tre
Alberghi
n
.
28
-
Gavazzeni
Carlo
,
via
San
Raffaele
n
.
1
.
-
Bertolazzi
Giuseppe
,
Piazza
Duomo
n
.
41
-
Bestetti
Ambrogio
Luigi
,
Verziere
n
.
5
-
Bonfico
Giuseppe
,
via
San
Vito
n
.
18
-
Camisasca
Francesco
,
via
San
Giuseppe
n
.
13
-
De
Vecchi
Giuseppe
,
via
San
Raffaele
n
.
10
.
Vedute
di
Milano
,
Stampe
,
Fotografie
,
Guide
,
ecc
.
Artaria
Ferdinando
e
Figli
,
via
Santa
Margherita
-
Pozzi
Pompeo
,
Galleria
De
Cristoforis
-
Ronchi
Luigi
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
22
-
Vallardi
Antonio
,
via
Santa
Margherita
,
ecc
.
Guide
,
Dizionari
in
tutte
le
lingue
,
Dialoghi
,
ecc
.
,
Brigola
Gaetano
,
Corso
Vittorio
Emanuele
n
.
26
.
Divertimenti
.
Sotto
questo
titolo
esponiamo
al
lettore
quanto
la
città
di
Milano
offre
al
viaggiatore
in
materia
di
Spettacoli
teatrali
diurni
e
serali
,
Concerti
,
Passeggi
,
Società
di
Riunione
,
Balli
,
Equitazione
,
Velocipedi
,
Scherma
,
Ginnastica
,
Pattinaggio
,
Bersaglio
,
Salita
al
Duomo
,
Gite
piacevoli
ai
dintorni
di
Milano
,
ecc
.
Quando
il
forestiere
,
dopo
visitati
i
monumenti
della
Città
,
voglia
conoscerne
i
passa
-
tempi
,
dovrà
innanzi
tutto
recarsi
al
Teatro
alla
Scala
,
il
quale
offre
il
primo
spettacolo
che
si
possa
godere
in
Italia
d
'
opera
seria
e
di
ballo
,
con
attori
di
canto
,
ballerini
e
mimi
di
cartello
,
e
con
decorazioni
sceniche
che
invano
cercherebbonsi
in
altre
città
anche
principali
.
Non
dovrà
in
seguito
dimenticare
i
Teatri
secondari
,
come
la
Canobbiana
,
il
Carcano
,
il
Vecchio
Re
,
Santa
Radegonda
,
il
Milanese
(
*
)
,
il
Politeama
Milanese
,
nel
quale
ultimo
,
nelle
stagioni
principalmente
di
estate
ed
autunno
,
si
danno
opere
e
balli
con
abili
artisti
.
Per
la
commedia
italiana
o
francese
è
raccomandabile
il
Vecchio
Teatro
Re
,
il
quale
sarà
nel
1872
surrogato
dal
Teatro
della
Commedia
,
che
si
sta
costruendo
in
Piazza
San
Fedele
.
Al
Fossati
ed
al
Nuovo
Teatro
Re
si
danno
operette
buffe
,
balletti
e
commedie
.
Questi
ultimi
(
*
)
Non
ometta
il
viaggiatore
la
visita
al
Teatro
Milanese
,
ove
vi
si
recita
la
Commedia
in
dialetto
,
che
dipinge
al
vivo
i
costumi
della
città
.
teatri
sono
frequentatissimi
dal
popolo
dei
quartieri
operai
,
e
vi
è
permesso
anche
il
fumare
.
Seguono
i
teatri
diurni
:
il
Padiglione
nazionale
,
i
Circhi
al
Nuovo
Tivoli
,
e
la
Commenda
,
ecc
.
Quando
nella
sosta
che
un
forestiere
fa
in
Milano
,
egli
vegga
annunciato
uno
spettacolo
nell
'
Arena
,
non
deve
tralasciare
di
recarvisi
,
onde
godere
del
magnifico
colpo
d
'
occhio
che
offre
quell
'
edificio
,
particolarmente
dal
Pulvinare
se
,
specialmente
,
siavi
concorso
di
spettatori
.
Eccovi
intanto
i
prezzi
ordinari
d
'
entrata
ai
teatri
di
Milano
.
Teatro
R
.
alla
Scala
L
.
3
50
In
prime
sere
di
spettacolo
o
di
Veglione
(
*
)
L
5
R
.
della
Canobbiana
L
1
25
Quando
vi
si
fa
musica
L
2
Carcano
L
1
50
Re
(
vecchio
)
L
1
50
Milanese
L
1
50
Politeama
Milanese
(
*
*
)
L
1
00
Fossati
L
80
Re
(
nuovo
)
L
80
Santa
Radegonda
L
1
25
A
seconda
degli
spettacoli
.
L
1
50
(
*
)
Un
Gabinetto
di
decenza
per
signore
,
custodito
da
apposita
donna
,
trovasi
tra
la
seconda
e
terza
fila
a
sinistra
del
R
.
Teatro
alla
Scala
.
La
tariffa
è
di
cent
.
10
.
(
*
*
)
Varia
il
prezzo
poi
a
seconda
dei
posti
.
Il
teatro
fu
inaugurato
il
4
maggio
1871
.
Architetto
ne
fu
il
signor
Carlo
Naymiller
.
Commenda
(spettac.i
diurni
)
L
.
80
Fiando
,
detto
Gerolamo
(
marionette
)
L
.
50
Prandi
(
marionette
)
L
50
Filodrammatici
,
vi
si
ha
accesso
con
biglietto
d
'
invito
emesso
dalla
Presidenza
,
o
dato
da
un
socio
.
San
Simone
,
occupato
dalla
Società
di
dilettanti
Gustavo
Modena
.
Vi
si
può
entrare
con
biglietto
come
nel
teatro
dell
'
Accademia
dei
Filodrammatici
.
In
altra
sera
,
anzichò
rinchiudersi
nei
teatri
,
si
può
godere
ottimi
concerti
nei
caffè
Gnocchi
e
Biffi
nella
Galleria
Vittorio
Emanuele
.
Si
danno
concerti
assai
di
frequente
nel
Salone
ai
vecchi
Giardini
Pubblici
,
nella
gran
sala
del
R
.
Conservatorio
.
Nelle
sere
d
'
estate
si
fa
musica
nel
giardino
dei
caffè
Cova
in
via
San
Giuseppe
,
in
quello
del
Rinascimento
al
Corso
Venezia
,
e
Gnocchi
al
Foro
Bonaparte
;
al
caffè
Maldifassi
,
in
via
Principe
Umberto
,
ogni
giovedì
e
domenica
,
come
anche
al
caffe
Garibaldi
in
Piazza
Fontana
,
ed
in
altre
sale
di
caffè
secondari
.
Pure
in
estate
,
ogni
giorno
di
festa
,
vi
è
musica
e
gran
passeggio
ai
Giardini
Pubblici
Vecchi
dalle
ore
due
alle
quattro
pomeridiane
;
dalle
ore
sei
alle
otto
di
sera
ai
Nuovi
Giardini
.
In
questi
geniali
ritrovi
il
gentil
sesso
milanese
fa
pompa
di
bellezza
e
d
'
eleganza
.
Dalle
ore
3
alle
4
pomeridiane
,
nei
giorni
di
martedì
e
giovedì
,
il
corpo
di
musica
della
Guardia
Nazionale
eseguisce
concerti
in
Piazza
della
Scala
.
Ogni
giorno
,
dalle
ore
2
alle
5
pomeridiane
,
passeggio
dalla
Piazza
del
Duomo
,
lungo
i
Corsi
Vittorio
Emanuele
e
Venezia
,
e
bastioni
dalla
Porta
Venezia
alla
Nuova
.
Particolarmente
nei
dì
festivi
vi
si
ammirano
numerosi
ed
eleganti
cocchi
.
Nei
più
caldi
giorni
dell
'
estate
il
corso
delle
carrozze
sui
bastioni
si
fa
dalle
ore
7
alle
9
pomeridiane
.
Luogo
di
passatempo
pel
cittadino
e
il
forestiero
,
offrono
pure
e
la
Galleria
Vittorio
Emanuele
,
il
Foro
Bonaparte
,
special
-
mente
nell
'
estate
,
ove
sonvi
vari
divertimenti
,
ed
il
Tivoli
,
dove
si
eseguisce
musica
ogni
giovedì
e
domenica
;
vi
hanno
in
esso
caffè
,
liquoristi
ed
altri
esercenti
pel
popolo
;
un
circolo
per
cavalli
o
comiche
compagnie
per
chi
ama
gli
spettacoli
a
poco
prezzo
;
giostre
,
saltimbanchi
,
suonatori
ambulanti
,
ecc
.
Ogni
forestiere
che
soggiorni
a
Milano
per
alcuni
giorni
può
,
presentato
da
un
socio
,
frequentare
i
concerti
della
Società
del
Quartetto
,
e
le
riunioni
serali
delle
Società
Patriottica
,
dell
'
Unione
,
degli
Artisti
,
del
Durino
e
del
Giardino
.
In
quest
'
ultima
vi
sono
assai
splendide
sale
,
nelle
quali
nel
carnevale
si
danno
bellissime
feste
da
ballo
;
possiede
essa
di
molti
giornali
,
ed
una
buona
raccolta
di
libri
.
Anche
alla
Società
degli
Artisti
e
del
Durino
si
danno
frequentemente
concerti
,
feste
da
ballo
,
alle
quali
il
forestiero
è
ammesso
munito
di
viglietto
procurato
da
un
socio
.
Sono
celebratissimi
i
Risotti
masqué
,
che
una
volta
l
'
anno
dà
la
Società
degli
Artisti
,
per
le
spiritose
mascherate
,
parodie
e
la
vivacità
più
bizzarra
che
mai
.
Amate
il
ballo
,
1'
equitazione
,
il
velocipede
,
la
scherma
,
la
ginnastica
o
il
bersaglio
,
ecc
.
?
,
vi
hanno
luoghi
di
riunione
anche
per
ciò
con
ottimi
maestri
.
Ne
diamo
un
saggio
.
Maestri
e
maestre
da
ballo
.
Angiolini
Silvia
,
via
Durini
n
.
34
-
Casati
,
conjugi
,
Giovanni
e
Wouthier
Margherita
,
via
Santa
Margherita
n
.
22
-
Della
Croce
Achille
,
via
Bagutta
n
.
8
-
Della
Croce
Carlo
,
via
Soncino
Merati
n
.
8
,
ecc
.
Maestri
di
equitazione
.
Beretta
Angelo
,
vicolo
Tignoni
n
.
14
-
Bergomi
Saule
,
Corso
Venezia
78
-
Mangiagalli
Alessandro
,
Corso
Venezia
n
.
78
.
Società
del
Veloce
Club
.
Ogni
socio
paga
annualmente
L
.
50
,
ed
è
obbligato
per
un
triennio
.
I
ragazzi
dai
sette
ai
quattordici
anni
pagano
la
metà
,
e
sono
obbligati
solamente
per
un
anno
.
Scopo
dell
'
Istituzione
è
quella
di
diffondere
questo
nobile
e
salutare
esercizio
ginnastico
.
La
Società
ha
una
scuola
nel
locale
presso
Porta
Tenaglia
,
il
cui
terreno
è
adattato
con
salite
,
ostacoli
,
ecc
.
,
pel
perfezionamento
del
dilettante
.
Stabilisce
gare
di
velocità
,
gite
di
piacere
.
E
in
comunicazione
colle
altre
Società
principali
di
velocisti
.
Maestri
di
scherma
.
Citterio
Fortunato
,
via
San
Vito
n
.
22
-
Carmine
Luigi
,
vicolo
Rasivi
-
Cerri
Giuseppe
,
via
Passarella
n
.
8
-
Galli
Giovanni
,
Corso
Venezia
n
.
31
,
e
Galli
Enrico
,
via
San
Zeno
n
.
9
,
ecc
.
Maestri
di
ginnastica
.
Bardelli
Luigi
,
Corso
Magenta
n
.
45
-
Martinelli
Paolo
,
via
Gesù
n
.
23
-
Lomazzi
Ippolito
,
via
Guastalla
n
.
13
-
Ronchi
Giovanni
,
via
Armorari
n
.
12
-
Zibecchi
Luigi
,
via
Stampa
11
.
Una
Società
di
Ginnastica
ha
sede
presso
la
Civica
Palestra
a
Porta
Romana
,
col
precipuo
scopo
di
generalizzare
l
'
igienico
esercizio
.
Anche
la
Giunta
Municipale
ha
nominata
una
Commissione
all
'
uopo
.
Pattinaggio
.
Nella
stagione
invernale
l
'
Arena
è
allagata
e
ridotta
ad
uso
degli
amatori
del
Pattinaggio
.
Qui
convengono
i
più
esperti
sdrucciolatori
sul
ghiaccio
,
e
la
spaziosa
piazza
presenta
un
incantevole
colpo
d
'
occhio
.
Un
'
apposita
Società
si
è
formata
per
rendere
più
agevole
e
più
divertente
quest
'
esercizio
ginnastico
.
La
Società
è
retta
da
una
Commissione
di
cinque
membri
.
Ogni
socio
è
vincolato
al
pag
-
mento
della
sua
quota
per
anni
tre
consecutivi
,
e
salvo
il
diffidamento
in
iscritto
tre
mesi
prima
della
scadenza
del
suo
triennio
,
e
perciò
prima
del
mese
di
settembre
,
s
'
intenderà
vincolato
per
un
altro
triennio
successivo
.
La
quota
di
ogni
socio
è
fissata
in
lire
15
annue
;
pei
soci
che
non
raggiungono
l
'
età
di
quindici
anni
la
quota
annuale
è
di
lire
7
.
50
.
Sono
esclusi
dal
vincolo
triennale
gli
ufficiali
della
guarnigione
,
gli
impiegati
ed
i
forastieri
non
aventi
domicilio
stabile
in
Milano
.
Nessuno
può
pattinare
nel
recinto
della
Società
non
essendo
socio
;
ai
soli
forastieri
di
passaggio
in
Milano
è
permesso
di
pattinare
,
mediante
il
contributo
di
lire
2
ogni
volta
approfitteranno
del
permesso
,
quando
però
siano
presentati
da
tre
soci
ed
ammessi
dalla
Commissione
.
Bersaglio
al
Lazzaretto
fuori
di
Porta
Venezia
.
Tiro
di
Carabina
e
di
Pistola
.
Si
fanno
spesso
partite
di
gara
con
premi
analoghi
.
Tassa
per
ogni
colpo
di
Carabina
L
.
06
ogni
100
L
5
ogni
colpo
di
Pistola
L
03
con
figurina
di
gessoL
08
con
cartone
L
08
Alla
Piazza
Castello
,
vicino
al
bastione
di
Porta
Magenta
,
evvi
il
Bersaglio
Municipale
.
Esso
è
amministrato
,
ad
esempio
delle
istituzioni
simili
,
da
una
speciale
Commissione
civica
di
sette
membri
,
sotto
la
presidenza
del
Sindaco
,
col
precipuo
incarico
di
promuovere
lo
sviluppo
dell
'
esercizio
del
tiro
a
segno
con
premi
,
incoraggiamenti
,
ecc
.
Serve
anche
ad
uso
della
Società
dei
carabinieri
Milanesi
,
il
cui
circolo
è
Corso
Magenta
n
.
34
.
Tariffa
pel
Tiro
a
segno
nel
Bersaglio
Municipale
N
.
1
Ettogrammo
polvere
di
fucileria
.
.
L.-30
N
10
Palle
bersaglio
L
-15
N
100
Id
.
id
L
1
25
N
1
Scatola
di
250
capsule
rigate
L
-50
N
1
id
.
id
.
lisce
L
-
40
N
10
Cartucce
arma
retrocarica
L
-
60
N
10
»
per
fucili
lisci
L
-
55
N
.
1
Gramma
pezzuole
L
.
-
20
N
1
Cartone
L
-
06
N
1
Marca
per
colpo
di
carabina
con
arma
e
munizione
del
Bersaglio
L
-
05
N
10
Marche
per
colpo
di
qualunque
arma
privata
con
munizione
propria
L
-
15
N
1
Marca
per
colpo
di
fucile
liscio
o
rigato
con
arma
del
Bersaglio
e
munizioni
proprie
L
-
02
N
1
Marca
per
colpo
di
pistola
con
arma
e
munizione
del
Bersaglio
L
-
03
N
10
Marche
per
colpo
di
pistola
con
arma
e
munizione
propria
L
10
Avvertenze
.
I
Tiratori
con
arma
e
munizioni
proprie
possono
acquistare
una
marca
personale
per
trenta
giorni
continui
al
prezzo
di
lire
3
.
Il
diritto
che
accorda
tale
marca
viene
sospeso
nei
giorni
di
partita
.
Le
munizioni
acquistate
al
Bersaglio
debbono
essere
consumate
nel
luogo
e
non
possono
asportarsi
dallo
stesso
.
La
polvere
non
viene
accordata
in
quantità
maggiore
di
un
ettogramo
.
Salita
al
Duomo
.
Il
forastiero
,
prima
della
sua
partenza
da
Milano
,
non
deve
dispensarsi
dalla
salita
al
Duomo
da
noi
citata
a
pag
.
14
,
Gite
di
piacere
noi
dintorni
di
Milano
.
Al
forestiere
,
che
abbia
tempo
di
fermarsi
in
Milano
,
consigliamo
di
visitare
i
suoi
dintorni
.
In
alcuni
di
essi
vi
si
può
recare
col
mezzo
della
164
ferrovia
;
ma
val
meglio
prendere
apposita
vettura
,
e
per
ciò
proponiamo
la
Società
Anonima
degli
omnibus
per
1'
ottimo
servizio
.
Ne
diamo
1'
apposita
tariffa
.
Vetture
per
servizio
di
città
.
Durata
del
Servizio
A
2
cavalli
Ad
1
cavallo
Per
ore
due
L
.
Ogni
ora
successiva
Andata
e
ritorno
dal
teatro
.
Un
servitore
8
2
4
2
5
1
3
2
Si
fanno
abbonamenti
settimanali
e
mensili
,
sia
per
la
passeggiata
del
Corso
,
sia
per
il
Teatro
,
a
prezzi
da
convenirsi
.
Non
competono
mancie
al
personale
.
Vetture
per
servizio
di
campagna
.
Percorrenza
Con
cocchiere
Con
postigl
.
e
Fino
a
chilometri
40
fra
andata
e
ritorno
Ogni
chilometro
in
più
All
'
uomo
per
vitto
e
mancia
15
30
2
18
50
4
Foraggio
a
carico
dei
committenti
.
Sconto
del
10
per
100
nei
giorni
feriali
e
di
ordinario
concorso
pei
soli
servizi
con
cocchiere
.
I
principali
luoghi
da
visitarsi
sono
:
L
'
Abbazia
di
Chiaravalle
,
fuori
di
Porta
Romana
,
innalzata
nel
1135
da
San
Bernardo
per
desiderio
dei
Milanesi
.
La
Cascina
Linterna
,
fuori
di
Porta
Magenta
,
ove
è
la
villa
abitata
da
Francesco
Petrarca
.
La
Certosa
di
Garignano
,
fuori
di
Porta
Sempione
,
fondata
dall
'
arcivescovo
Giovanni
Visconti
.
Vi
sono
le
migliori
opere
di
Daniele
Crespi
.
La
Chiesa
di
Saronno
,
una
delle
più
belle
e
ricche
chiese
di
Lombardia
.
La
Certosa
di
Pavia
,
il
più
bel
tempio
del
-
l
'
Alta
Italia
dopo
il
Duomo
di
Milano
ed
il
San
Marco
di
Venezia
.
Fu
innalzato
nel
1396
da
Galeazzo
Visconti
.
Il
Santuario
di
Rho
,
assai
rinomato
.
Nelle
vicinanze
vi
è
la
principesca
villa
di
Lainate
.
Cinisello
,
per
la
villa
Ghirlanda
-
Silva
,
ricca
di
pitture
,
di
oggetti
d
'
arte
e
di
libri
preziosi
,
sopratutto
del
XV
secolo
.
Monza
,
per
la
sua
Cattedrale
,
la
chiesa
di
Santa
Maria
in
Strada
,
il
più
ricco
lavoro
gotico
in
mattoni
del
Milanese
,
ristaurato
egregiamente
nel
1870
dall
'
architetto
Carlo
Macciachini
,
e
la
sontuosa
Villa
Reale
co
'
suoi
giardini
e
il
Parco
.
Desio
,
ove
evvi
la
bella
villa
Traversi
-
Antona
.
Como
,
per
la
Cattedrale
cominciata
nel
1396
,
le
chiese
di
San
Fedele
,
del
Crocifisso
,
di
Sant
'
Abbondio
e
San
Carpoforo
;
la
Biblioteca
Comunale
,
il
Palazzo
del
Comune
,
il
Palazzo
Giovio
,
ecc
.
Il
lago
di
Como
,
ove
natura
ed
arte
hanno
intrecciati
tutti
i
loro
tesori
.
Vaprio
,
per
la
villa
Castelbarco
,
detta
Monastirolo
,
e
il
palazzo
Melzi
.
Evvi
in
Vaprio
una
grande
manifattura
di
velluti
di
cotone
e
di
cotonerie
,
ora
del
duca
Visconti
di
Modrone
,
una
grandiosa
fabbrica
di
carta
con
macchine
inglesi
,
della
ditta
Binda
e
Comp
.
Non
sarà
male
impiegata
anche
una
gita
al
Santuario
di
Caravaggio
,
ai
dintorni
di
Varese
,
ricchi
di
ville
amenissime
,
non
che
al
suo
Santuario
la
Madonna
del
Monte
,
a
Magenta
,
che
diede
il
nome
alla
battaglia
combattuta
il
4
giugno
1859
,
e
vinta
dai
Francesi
contro
gli
Austriaci
;
alla
Brianza
amenissima
per
vedute
e
luoghi
incantevoli
,
al
Lago
Maggiore
,
ecc
.
,
e
per
ciò
il
viaggiatore
può
ricorrere
alle
Guide
analoghe
.
FINE
Miscellanea ,
Avvertenza
Nel
voltare
in
italiano
i
Racconti
delle
fate
m
'
ingegnai
,
per
quanto
era
in
me
,
di
serbarmi
fedele
al
testo
francese
.
Parafrasarli
a
mano
libera
mi
sarebbe
parso
un
mezzo
sacrilegio
.
A
ogni
modo
,
qua
e
là
mi
feci
lecite
alcune
leggerissime
varianti
,
sia
di
vocabolo
,
sia
di
andatura
di
periodo
,
sia
di
modi
di
dire
:
e
questo
ho
voluto
notare
qui
di
principio
,
a
scanso
di
commenti
,
di
atti
subitanei
di
stupefazione
e
di
scrupoli
grammaticali
o
di
vocabolario
.
Peccato
confessato
,
mezzo
perdonato
:
e
così
sia
.
C
.
COLLODI
Barba
-
blu
C
'
era
una
volta
un
uomo
,
il
quale
aveva
palazzi
e
ville
principesche
,
e
piatterie
d
'
oro
e
d
'
argento
,
e
mobilia
di
lusso
ricamata
,
e
carrozze
tutte
dorate
di
dentro
e
di
fuori
.
Ma
quest
'
uomo
,
per
sua
disgrazia
,
aveva
la
barba
blu
:
e
questa
cosa
lo
faceva
così
brutto
e
spaventoso
,
che
non
c
'
era
donna
,
ragazza
o
maritata
,
che
soltanto
a
vederlo
,
non
fuggisse
a
gambe
dalla
paura
.
Fra
le
sue
vicinanti
,
c
'
era
una
gran
dama
,
la
quale
aveva
due
figlie
,
due
occhi
di
sole
.
Egli
ne
chiese
una
in
moglie
,
lasciando
alla
madre
la
scelta
di
quella
delle
due
che
avesse
voluto
dargli
:
ma
le
ragazze
non
volevano
saperne
nulla
:
e
se
lo
palleggiavano
dall
'
una
all
'
altra
,
non
trovando
il
verso
di
risolversi
a
sposare
un
uomo
,
che
aveva
la
barba
blu
.
La
cosa
poi
che
più
di
tutto
faceva
loro
ribrezzo
era
quella
,
che
quest
'
uomo
aveva
sposato
diverse
donne
e
di
queste
non
s
'
era
mai
potuto
sapere
che
cosa
fosse
accaduto
.
Fatto
sta
che
Barba
-
blu
,
tanto
per
entrare
in
relazione
,
le
menò
,
insieme
alla
madre
e
a
tre
o
quattro
delle
loro
amiche
e
in
compagnia
di
alcuni
giovinotti
del
vicinato
,
in
una
sua
villa
,
dove
si
trattennero
otto
giorni
interi
.
E
lì
,
fu
tutto
un
metter
su
passeggiate
,
partite
di
caccia
e
di
pesca
,
balli
,
festini
,
merende
:
nessuno
trovò
il
tempo
per
chiudere
un
occhio
,
perché
passavano
le
nottate
a
farsi
fra
loro
delle
celie
:
insomma
,
le
cose
presero
una
così
buona
piega
,
che
la
figlia
minore
finì
col
persuadersi
che
il
padrone
della
villa
non
aveva
la
barba
tanto
blu
,
e
che
era
una
persona
ammodo
e
molto
perbene
.
Tornati
di
campagna
,
si
fecero
le
nozze
.
In
capo
a
un
mese
,
Barba
-
blu
disse
a
sua
moglie
che
per
un
affare
di
molta
importanza
era
costretto
a
mettersi
in
viaggio
e
a
restar
fuori
almeno
sei
settimane
:
che
la
pregava
di
stare
allegra
,
durante
la
sua
assenza
;
che
invitasse
le
sue
amiche
del
cuore
,
che
le
menasse
in
campagna
,
caso
le
avesse
fatto
piacere
:
in
una
parola
,
che
trattasse
da
regina
e
tenesse
dappertutto
corte
bandita
.
"
Ecco
"
,
le
disse
,
"
le
chiavi
delle
due
grandi
guardarobe
:
ecco
quella
dei
piatti
d
'
oro
e
d
'
argento
,
che
non
vanno
in
opera
tutti
i
giorni
:
ecco
quella
dei
miei
scrigni
,
dove
tengo
i
sacchi
delle
monete
:
ecco
quella
degli
astucci
,
dove
sono
le
gioie
e
i
finimenti
di
pietre
preziose
:
ecco
la
chiave
comune
,
che
serve
per
aprire
tutti
i
quartieri
.
Quanto
poi
a
quest
'
altra
chiavicina
qui
,
è
quella
della
stanzina
,
che
rimane
in
fondo
al
gran
corridoio
del
pian
terreno
.
Padrona
di
aprir
tutto
,
di
andar
dappertutto
:
ma
in
quanto
alla
piccola
stanzina
,
vi
proibisco
d
'
entrarvi
e
ve
lo
proibisco
in
modo
così
assoluto
,
che
se
vi
accadesse
per
disgrazia
di
aprirla
,
potete
aspettarvi
tutto
dalla
mia
collera
.
"
Ella
promette
che
sarebbe
stata
attaccata
agli
ordini
:
ed
egli
,
dopo
averla
abbracciata
,
monta
in
carrozza
,
e
via
per
il
suo
viaggio
.
Le
vicine
e
le
amiche
non
aspettarono
di
essere
cercate
,
per
andare
dalla
sposa
novella
,
tanto
si
struggevano
dalla
voglia
di
vedere
tutte
le
magnificenze
del
suo
palazzo
,
non
essendosi
arrisicate
di
andarci
prima
,
quando
c
'
era
sempre
il
marito
,
a
motivo
di
quella
barba
blu
,
che
faceva
loro
tanta
paura
.
Ed
eccole
subito
a
sgonnellare
per
le
sale
,
per
le
camere
e
per
le
gallerie
,
sempre
di
meraviglia
in
meraviglia
.
Salite
di
sopra
,
nelle
stanze
di
guardaroba
,
andarono
in
visibilio
nel
vedere
la
bellezza
e
la
gran
quantità
dei
parati
,
dei
tappeti
,
dei
letti
,
delle
tavole
,
dei
tavolini
da
lavoro
,
e
dei
grandi
specchi
,
dove
uno
si
poteva
mirare
dalla
punta
dei
piedi
fino
ai
capelli
,
e
le
cui
cornici
,
parte
di
cristallo
e
parte
d
'
argento
e
d
'
argento
dorato
,
erano
la
cosa
più
bella
e
più
sorprendente
che
si
fosse
mai
veduta
.
Esse
non
rifinivano
dal
magnificare
e
dall
'
invidiare
la
felicità
della
loro
amica
,
la
quale
,
invece
,
non
si
divertiva
punto
alla
vista
di
tante
ricchezze
,
tormentata
,
com
'
era
,
dalla
gran
curiosità
di
andare
a
vedere
la
stanzina
del
pian
terreno
.
E
non
potendo
più
stare
alle
mosse
,
senza
badare
alla
sconvenienza
di
lasciar
lì
su
due
piedi
tutta
la
compagnia
,
prese
per
una
scaletta
segreta
,
e
scese
giù
con
tanta
furia
,
che
due
o
tre
volte
ci
corse
poco
non
si
rompesse
l
'
osso
del
collo
.
Arrivata
all
'
uscio
della
stanzina
,
si
fermò
un
momento
,
ripensando
alla
proibizione
del
marito
,
e
per
la
paura
dei
guai
,
ai
quali
poteva
andare
incontro
per
la
sua
disubbidienza
:
ma
la
tentazione
fu
così
potente
,
che
non
ci
fu
modo
di
vincerla
.
Prese
dunque
la
chiave
,
e
tremando
come
una
foglia
aprì
l
'
uscio
della
stanzina
.
Dapprincipio
non
poté
distinguere
nulla
perché
le
finestre
erano
chiuse
:
ma
a
poco
a
poco
cominciò
a
vedere
che
il
pavimento
era
tutto
coperto
di
sangue
accagliato
,
dove
si
riflettevano
i
corpi
di
parecchie
donne
morte
e
attaccate
in
giro
alle
pareti
.
Erano
tutte
le
donne
che
Barba
-
blu
aveva
sposate
,
eppoi
sgozzate
,
una
dietro
l
'
altra
.
Se
non
morì
dalla
paura
,
fu
un
miracolo
:
e
la
chiave
della
stanzina
,
che
essa
aveva
ritirato
fuori
dal
buco
della
porta
,
le
cascò
di
mano
.
Quando
si
fu
riavuta
un
poco
,
raccattò
la
chiave
,
richiuse
la
porticina
e
salì
nella
sua
camera
,
per
rimettersi
dallo
spavento
:
ma
era
tanto
commossa
e
agitata
,
che
non
trovava
la
via
a
pigliar
fiato
e
a
rifare
un
po
'
di
colore
.
Essendosi
avvista
che
la
chiave
della
stanzina
si
era
macchiata
di
sangue
,
la
ripulì
due
o
tre
volte
:
ma
il
sangue
non
voleva
andar
via
.
Ebbe
un
bel
lavarla
e
un
bello
strofinarla
colla
rena
e
col
gesso
:
il
sangue
era
sempre
lì
:
perché
la
chiave
era
fatata
e
non
c
'
era
verso
di
pulirla
perbene
:
quando
il
sangue
spariva
da
una
parte
,
rifioriva
subito
da
quell
'
altra
.
Barba
-
blu
tornò
dal
suo
viaggio
quella
sera
stessa
,
raccontando
che
per
la
strada
aveva
ricevuto
lettere
,
dove
gli
dicevano
che
l
'
affare
,
per
il
quale
si
era
dovuto
muovere
da
casa
,
era
stato
bell
'
e
accomodato
e
in
modo
vantaggioso
per
lui
.
La
moglie
fece
tutto
quello
che
poté
per
dargli
ad
intendere
che
era
oltremodo
contenta
del
suo
sollecito
ritorno
.
Il
giorno
dipoi
il
marito
le
richiese
le
chiavi
:
ed
ella
gliele
consegnò
:
ma
la
sua
mano
tremava
tanto
,
che
esso
poté
indovinare
senza
fatica
tutto
l
'
accaduto
.
"
Come
va
"
,
diss
'
egli
,
"
che
fra
tutte
queste
chiavi
non
ci
trovo
quella
della
stanzina
?
"
"
Si
vede
"
,
ella
rispose
,
"
che
l
'
avrò
lasciata
disopra
,
sul
mio
tavolino
.
"
"
Badate
bene
"
,
disse
Barba
-
blu
,
"
che
la
voglio
subito
.
"
Riuscito
inutile
ogni
pretesto
per
traccheggiare
,
convenne
portar
la
chiave
.
Barba
-
blu
,
dopo
averci
messo
sopra
gli
occhi
,
domandò
alla
moglie
:
"
Come
mai
su
questa
chiave
c
'
è
del
sangue
?
"
.
"
Non
lo
so
davvero
"
,
rispose
la
povera
donna
,
più
bianca
della
morte
.
"
Ah
!
non
lo
sapete
,
eh
!
"
,
replicò
Barba
-
blu
,
"
ma
lo
so
ben
io
!
Voi
siete
voluta
entrare
nella
stanzina
.
Ebbene
,
o
signora
:
voi
ci
entrerete
per
sempre
e
andrete
a
pigliar
posto
accanto
a
quelle
altre
donne
,
che
avete
veduto
là
dentro
.
"
Ella
si
gettò
ai
piedi
di
suo
marito
piangendo
e
chiedendo
perdono
,
con
tutti
i
segni
di
un
vero
pentimento
,
dell
'
aver
disubbidito
.
Bella
e
addolorata
com
'
era
,
avrebbe
intenerito
un
macigno
:
ma
Barba
-
blu
aveva
il
cuore
più
duro
del
macigno
.
"
Bisogna
morire
,
signora
"
,
diss
'
egli
,
"
e
subito
.
"
"
Poiché
mi
tocca
a
morire
"
,
ella
rispose
guardandolo
con
due
occhi
tutti
pieni
di
pianto
,
"
datemi
almeno
il
tempo
di
raccomandarmi
a
Dio
.
"
"
Vi
accordo
un
mezzo
quarto
d
'
ora
:
non
un
minuto
di
più
"
,
replicò
il
marito
.
Appena
rimasta
sola
,
chiamò
la
sua
sorella
e
le
disse
:
"
Anna
"
,
era
questo
il
suo
nome
,
"
Anna
,
sorella
mia
,
ti
prego
,
sali
su
in
cima
alla
torre
per
vedere
se
per
caso
arrivassero
i
miei
fratelli
;
mi
hanno
promesso
che
oggi
sarebbero
venuti
a
trovarmi
;
se
li
vedi
,
fa
'
loro
segno
,
perché
si
affrettino
a
più
non
posso
"
.
La
sorella
Anna
salì
in
cima
alla
torre
e
la
povera
sconsolata
le
gridava
di
tanto
in
tanto
:
"
Anna
,
Anna
,
sorella
mia
,
non
vedi
tu
apparir
nessuno
?
"
.
"
Non
vedo
altro
che
il
sole
che
fiammeggia
e
l
'
erba
che
verdeggia
.
"
Intanto
Barba
-
blu
,
con
un
gran
coltellaccio
in
mano
,
gridava
con
quanta
ne
aveva
ne
'
polmoni
:
"
Scendi
subito
!
o
se
no
,
salgo
io
"
.
"
Un
altro
minuto
,
per
carità
"
rispondeva
la
moglie
.
E
di
nuovo
si
metteva
a
gridare
con
voce
soffocata
:
"
Anna
,
Anna
,
sorella
mia
,
non
vedi
tu
apparir
nessuno
?
"
.
"
Non
vedo
altro
che
il
sole
che
fiammeggia
e
l
'
erba
che
verdeggia
.
"
"
Spicciati
a
scendere
"
,
urlava
Barba
-
blu
,
"
o
se
no
salgo
io
.
"
"
Eccomi
"
rispondeva
sua
moglie
;
e
daccapo
a
gridare
:
"
Anna
,
Anna
,
sorella
mia
,
non
vedi
tu
apparir
nessuno
?
"
.
"
Vedo
"
rispose
la
sorella
Anna
"
vedo
un
gran
polverone
che
viene
verso
questa
parte
...
"
"
Sono
forse
i
miei
fratelli
?
"
"
Ohimè
no
,
sorella
mia
:
è
un
branco
di
montoni
.
"
"
Insomma
vuoi
scendere
,
sì
o
no
?
"
,
urlava
Barba
-
blu
.
"
Un
'
altro
momentino
"
rispondeva
la
moglie
:
e
tornava
a
gridare
:
"
Anna
,
Anna
,
sorella
mia
,
non
vedi
tu
apparir
nessuno
?
"
.
"
Vedo
"
ella
rispose
"
due
cavalieri
che
vengono
in
qua
:
ma
sono
ancora
molto
lontani
.
"
"
Sia
ringraziato
Iddio
"
,
aggiunse
un
minuto
dopo
,
"
sono
proprio
i
nostri
fratelli
:
io
faccio
loro
tutti
i
segni
che
posso
,
perché
si
spiccino
e
arrivino
presto
.
"
Intanto
Barba
-
blu
si
messe
a
gridare
così
forte
,
che
fece
tremare
tutta
la
casa
.
La
povera
donna
ebbe
a
scendere
,
e
tutta
scapigliata
e
piangente
andò
a
gettarsi
ai
suoi
piedi
:
"
Sono
inutili
i
piagnistei
"
,
disse
Barba
-
blu
,
"
bisogna
morire
"
.
Quindi
pigliandola
con
una
mano
per
i
capelli
,
e
coll
'
altra
alzando
il
coltellaccio
per
aria
,
era
lì
lì
per
tagliarle
la
testa
.
La
povera
donna
,
voltandosi
verso
di
lui
e
guardandolo
cogli
occhi
morenti
,
gli
chiese
un
ultimo
istante
per
potersi
raccogliere
.
"
No
,
no
!
"
,
gridò
l
'
altro
,
"
raccomandati
subito
a
Dio
!
"
,
e
alzando
il
braccio
...
In
quel
punto
fu
bussato
così
forte
alla
porta
di
casa
,
che
Barba
-
blu
si
arrestò
tutt
'
a
un
tratto
;
e
appena
aperto
,
si
videro
entrare
due
cavalieri
i
quali
,
sfoderata
la
spada
,
si
gettarono
su
Barba
-
blu
.
Esso
li
riconobbe
subito
per
i
fratelli
di
sua
moglie
,
uno
dragone
e
l
'
altro
moschettiere
,
e
per
mettersi
in
salvo
,
si
dette
a
fuggire
.
Ma
i
due
fratelli
lo
inseguirono
tanto
a
ridosso
,
che
lo
raggiunsero
prima
che
potesse
arrivare
sul
portico
di
casa
.
E
costì
colla
spada
lo
passarono
da
parte
a
parte
e
lo
lasciarono
morto
.
La
povera
donna
era
quasi
più
morta
di
suo
marito
,
e
non
aveva
fiato
di
rizzarsi
per
andare
ad
abbracciare
i
suoi
fratelli
.
E
perché
Barba
-
blu
non
aveva
eredi
,
la
moglie
sua
rimase
padrona
di
tutti
i
suoi
beni
:
dei
quali
,
ne
dette
una
parte
in
dote
alla
sua
sorella
Anna
,
per
maritarla
con
un
gentiluomo
,
col
quale
da
tanto
tempo
faceva
all
'
amore
:
di
un
'
altra
se
ne
servì
per
comprare
il
grado
di
capitano
ai
suoi
fratelli
:
e
il
resto
lo
tenne
per
sé
,
per
maritarsi
con
un
fior
di
galantuomo
,
che
le
fece
dimenticare
tutti
i
crepacuori
che
aveva
sofferto
con
Barba
-
blu
.
Così
per
tutti
gli
sposi
.
Da
questo
racconto
,
che
risale
al
tempo
delle
fate
,
si
potrebbe
imparare
che
la
curiosità
,
massime
quando
è
spinta
troppo
,
spesso
e
volentieri
ci
porta
addosso
qualche
malanno
.
La
bella
addormentata
nel
bosco
C
'
era
una
volta
un
Re
e
una
Regina
che
erano
disperati
di
non
aver
figliuoli
,
ma
tanto
disperati
,
da
non
potersi
dir
quanto
.
Andavano
tutti
gli
anni
ai
bagni
,
ora
qui
ora
là
:
voti
,
pellegrinaggi
;
vollero
provarle
tutte
:
ma
nulla
giovava
.
Alla
fine
la
Regina
rimase
incinta
,
e
partorì
una
bambina
.
Fu
fatto
un
battesimo
di
gala
;
si
diedero
per
comari
alla
Principessina
tutte
le
fate
che
si
poterono
trovare
nel
paese
(
ce
n
'
erano
sette
)
perché
ciascuna
di
esse
le
facesse
un
regalo
;
e
così
toccarono
alla
Principessa
tutte
le
perfezioni
immaginabili
di
questo
mondo
.
Dopo
la
cerimonia
del
battesimo
,
il
corteggio
tornò
al
palazzo
reale
,
dove
si
dava
una
gran
festa
in
onore
delle
fate
.
Davanti
a
ciascuna
di
esse
fu
messa
una
magnifica
posata
,
in
un
astuccio
d
'
oro
massiccio
,
dove
c
'
era
dentro
un
cucchiaio
,
una
forchetta
e
un
coltello
d
'
oro
finissimo
,
tutti
guarniti
di
diamanti
e
di
rubini
.
Ma
in
quel
mentre
stavano
per
prendere
il
loro
posto
a
tavola
,
si
vide
entrare
una
vecchia
fata
,
la
quale
non
era
stata
invitata
con
le
altre
,
perché
da
cinquant
'
anni
non
usciva
più
dalla
sua
torre
e
tutti
la
credevano
morta
e
incantata
.
Il
Re
le
fece
dare
una
posata
,
ma
non
ci
fu
modo
di
farle
dare
,
come
alle
altre
,
una
posata
d
'
oro
massiccio
,
perché
di
queste
ne
erano
state
ordinate
solamente
sette
,
per
le
sette
fate
.
La
vecchia
prese
la
cosa
per
uno
sgarbo
,
e
brontolò
fra
i
denti
alcune
parole
di
minaccia
.
Una
delle
giovani
fate
,
che
era
accanto
a
lei
,
la
sentì
,
e
per
paura
che
volesse
fare
qualche
brutto
regalo
alla
Principessina
,
appena
alzati
da
tavola
,
andò
a
nascondersi
dietro
una
portiera
,
per
potere
in
questo
modo
esser
l
'
ultima
a
parlare
,
e
rimediare
,
in
quanto
fosse
stato
possibile
,
al
male
che
la
vecchia
avesse
fatto
.
Intanto
le
fate
cominciarono
a
distribuire
alla
Principessa
i
loro
doni
.
La
più
giovane
di
tutte
le
diede
in
regalo
che
ella
sarebbe
stata
la
più
bella
donna
del
mondo
:
un
'
altra
,
che
ella
avrebbe
avuto
moltissimo
spirito
:
la
terza
,
che
avrebbe
messo
una
grazia
incantevole
in
tutte
le
cose
che
avesse
fatto
:
la
quinta
che
avrebbe
cantato
come
un
usignolo
:
e
la
sesta
,
che
avrebbe
suonato
tutti
gli
strumenti
con
una
perfezione
da
strasecolare
.
Essendo
venuto
il
momento
della
vecchia
fata
,
essa
disse
tentennando
il
capo
più
per
la
bizza
che
per
ragion
degli
anni
,
che
la
Principessa
si
sarebbe
bucata
la
mano
con
un
fuso
e
che
ne
sarebbe
morta
!
Questo
orribile
regalo
fece
venire
i
brividi
a
tutte
le
persone
della
corte
,
e
non
ci
fu
uno
solo
che
non
piangesse
.
A
questo
punto
,
la
giovane
fata
uscì
di
dietro
la
portiera
e
disse
forte
queste
parole
:
"
Rassicuratevi
,
o
Re
e
Regina
;
la
vostra
figlia
non
morirà
:
è
vero
che
io
non
ho
abbastanza
potere
per
disfare
tutto
l
'
incantesimo
che
ha
fatto
la
mia
sorella
maggiore
:
la
Principessa
si
bucherà
la
mano
con
un
fuso
,
ma
invece
di
morire
,
s
'
addormenterà
soltanto
in
un
profondo
sonno
,
che
durerà
cento
anni
,
in
capo
ai
quali
il
figlio
di
un
Re
la
verrà
a
svegliare
"
.
Il
Re
,
per
la
passione
di
scansare
la
sciagura
annunziatagli
dalla
vecchia
,
fece
subito
bandire
un
editto
,
col
quale
era
proibito
a
tutti
di
filare
col
fuso
e
di
tenere
fusi
per
casa
,
pena
la
vita
.
Fatto
sta
,
che
passati
quindici
o
sedici
anni
,
il
Re
e
la
Regina
essendo
andati
a
una
loro
villa
,
accadde
che
la
Principessina
,
correndo
un
giorno
per
il
castello
e
mutando
da
un
quartiere
all
'
altro
,
salì
fino
in
cima
a
una
torre
,
dove
in
una
piccola
soffitta
c
'
era
una
vecchina
,
che
se
ne
stava
sola
sola
,
filando
la
sua
rocca
.
Questa
buona
donna
non
sapeva
nulla
della
proibizione
fatta
dal
Re
di
filare
col
fuso
.
"
Che
fate
voi
,
buona
donna
?
"
,
disse
la
Principessa
.
"
Son
qui
che
filo
,
mia
bella
ragazza
"
,
le
rispose
la
vecchia
,
che
non
la
conosceva
punto
.
"
Oh
!
carino
,
carino
tanto
!
"
,
disse
la
Principessa
,
"
ma
come
fate
?
datemi
un
po
'
qua
,
che
voglio
vedere
se
mi
riesce
anche
a
me
.
"
Vivacissima
e
anche
un
tantino
avventata
com
'
era
(
e
d
'
altra
parte
il
decreto
della
fata
voleva
così
)
,
non
aveva
ancora
finito
di
prendere
in
mano
il
fuso
,
che
si
bucò
la
mano
e
cadde
svenuta
.
La
buona
vecchia
,
non
sapendo
che
cosa
si
fare
,
si
mette
a
gridare
aiuto
.
Corre
gente
da
tutte
le
parti
;
spruzzano
dell
'
acqua
sul
viso
alla
Principessa
:
le
sganciano
i
vestiti
,
le
battono
sulle
mani
,
le
stropicciano
le
tempie
con
acqua
della
Regina
d
'
Ungheria
;
ma
non
c
'
è
verso
di
farla
tornare
in
sé
.
Allora
il
Re
,
che
era
accorso
al
rumore
,
si
ricordò
della
predizione
delle
fate
:
e
sapendo
bene
che
questa
cosa
doveva
accadere
,
perché
le
fate
l
'
avevano
detto
,
fece
mettere
la
Principessa
nel
più
bell
'
appartamento
del
palazzo
,
sopra
un
letto
tutto
ricami
d
'
oro
e
d
'
argento
.
Si
sarebbe
detta
un
angelo
,
tanto
era
bella
:
perché
lo
svenimento
non
aveva
scemato
nulla
alla
bella
tinta
rosa
del
suo
colorito
:
le
gote
erano
di
un
bel
carnato
,
e
le
labbra
come
il
corallo
.
Ella
aveva
soltanto
gli
occhi
chiusi
:
ma
si
sentiva
respirare
dolcemente
;
e
così
dava
a
vedere
che
non
era
morta
.
Il
Re
ordinò
che
la
lasciassero
dormire
in
pace
finché
non
fosse
arrivata
la
sua
ora
di
destarsi
.
La
buona
fata
,
che
le
aveva
salvata
la
vita
,
condannandola
a
dormire
per
cento
anni
,
si
trovava
nel
regno
di
Matacchino
,
distante
di
là
dodici
mila
chilometri
,
quando
capitò
alla
Principessa
questa
disgrazia
:
ma
ne
fu
avvertita
in
un
baleno
da
un
piccolo
nano
che
portava
ai
piedi
degli
stivali
di
sette
chilometri
(
erano
stivali
,
coi
quali
si
facevano
sette
chilometri
per
ogni
gambata
)
.
La
fata
partì
subito
,
e
in
men
di
un
'
ora
fu
vista
arrivare
dentro
un
carro
di
fuoco
,
tirato
dai
draghi
.
Il
Re
andò
ad
offrirle
la
mano
,
per
farla
scendere
dal
carro
.
Ella
diè
un
'
occhiata
a
quanto
era
stato
fatto
:
e
perché
era
molto
prudente
,
pensò
che
quando
la
Principessa
venisse
a
svegliarsi
,
si
vedrebbe
in
un
brutto
impiccio
,
a
trovarsi
sola
sola
in
quel
vecchio
castello
;
ed
ecco
quello
che
fece
.
Toccò
colla
sua
bacchetta
tutto
ciò
che
era
nel
castello
(
meno
il
Re
e
la
Regina
)
governanti
,
damigelle
d
'
onore
,
cameriste
,
gentiluomini
,
ufficiali
,
maggiordomi
,
cuochi
,
sguatteri
,
lacchè
,
guardie
,
svizzeri
,
paggi
e
servitori
;
e
così
toccò
ugualmente
tutti
i
cavalli
,
che
erano
nella
scuderia
coi
loro
palafrenieri
e
i
grossi
mastini
di
guardia
nei
cortili
e
la
piccola
Puffe
,
la
canina
della
Principessa
,
che
era
accanto
a
lei
,
sul
suo
letto
.
Appena
li
ebbe
toccati
,
si
addormentarono
tutti
,
per
risvegliarsi
soltanto
quando
si
sarebbe
risvegliata
la
loro
padrona
,
onde
trovarsi
pronti
a
servirla
in
tutto
e
per
tutto
.
Gli
stessi
spiedi
,
che
giravano
sul
fuoco
,
pieni
di
pernici
e
di
fagiani
si
addormentarono
:
e
si
addormentò
anche
il
fuoco
.
E
tutte
queste
cose
furono
fatte
in
un
batter
d
'
occhio
;
perché
le
fate
sono
sveltissime
nelle
loro
faccende
.
Allora
il
Re
e
la
Regina
,
quand
'
ebbero
baciata
la
loro
figliuola
,
senza
che
si
svegliasse
,
uscirono
dal
castello
,
e
fecero
bandire
che
nessuno
si
fosse
avvicinato
a
quei
pressi
.
E
la
proibizione
non
era
nemmeno
necessaria
,
perché
in
meno
d
'
un
quarto
d
'
ora
crebbe
,
lì
dintorno
al
parco
,
una
quantità
straordinaria
di
alberi
,
di
arbusti
,
di
sterpi
e
di
pruneti
,
così
intrecciati
fra
loro
,
che
non
c
'
era
pericolo
che
uomo
o
animale
potesse
passarvi
attraverso
.
Si
vedevano
appena
le
punte
delle
torri
del
castello
:
ma
bisognava
guardarle
da
una
gran
distanza
.
E
anche
qui
è
facile
riconoscere
che
la
fata
aveva
trovato
un
ripiego
del
suo
mestiere
,
affinché
la
Principessa
,
durante
il
sonno
,
non
avesse
a
temere
l
'
indiscretezza
dei
curiosi
.
In
capo
a
cent
'
anni
,
il
figlio
del
Re
che
regnava
allora
,
e
che
era
di
un
'
altra
famiglia
che
non
aveva
che
far
nulla
con
quella
della
Principessa
addormentata
,
andando
a
caccia
in
quei
dintorni
,
domandò
che
cosa
fossero
le
torri
che
si
vedevano
spuntare
al
di
sopra
di
quella
folta
boscaglia
.
Ciascuno
gli
rispose
,
secondo
quello
che
ne
avevano
sentito
dire
:
chi
gli
diceva
che
era
un
vecchio
castello
abitato
dagli
spiriti
;
chi
raccontava
che
tutti
gli
stregoni
del
vicinato
ci
facevano
il
loro
sabato
.
La
voce
più
comune
era
quella
che
ci
stesse
di
casa
un
orco
,
il
quale
portava
dentro
tutti
i
ragazzi
che
poteva
agguantare
,
per
poi
mangiarseli
a
suo
comodo
,
e
senza
pericolo
che
qualcuno
lo
rincorresse
,
perché
egli
solo
aveva
la
virtù
di
aprirsi
una
strada
attraverso
il
bosco
.
Il
Principe
non
sapeva
a
chi
dar
retta
,
quando
un
vecchio
contadino
prese
la
parola
e
gli
disse
:
"
Mio
buon
Principe
,
sarà
ormai
più
di
cinquant
'
anni
che
ho
sentito
raccontare
da
mio
padre
che
in
quel
castello
c
'
era
una
Principessa
,
la
più
bella
che
si
potesse
mai
vedere
;
che
essa
doveva
dormirvi
cento
anni
,
e
che
sarebbe
destata
dal
figlio
di
un
Re
,
al
quale
era
destinata
in
sposa
"
.
A
queste
parole
,
il
Principe
s
'
infiammò
;
senza
esitare
un
attimo
,
pensò
che
sarebbe
stato
lui
,
quello
che
avrebbe
condotto
a
fine
una
sì
bella
avventura
,
e
spinto
dall
'
amore
e
dalla
gloria
,
decise
di
mettersi
subito
alla
prova
.
Appena
si
mosse
verso
il
bosco
,
ecco
che
subito
tutti
gli
alberi
d
'
alto
fusto
e
i
pruneti
e
i
roveti
si
tirarono
da
parte
,
da
se
stessi
,
per
lasciarlo
passare
.
Egli
s
'
incamminò
verso
il
castello
,
che
era
in
fondo
a
un
viale
,
ed
entrò
dentro
;
e
la
cosa
che
gli
fece
un
po
'
di
stupore
,
fu
quella
di
vedere
che
nessuno
delle
sue
genti
aveva
potuto
seguirlo
,
perché
gli
alberi
,
appena
passato
lui
,
erano
tornati
a
ravvicinarsi
.
Ma
non
per
questo
si
peritò
a
tirare
avanti
per
la
sua
strada
:
un
Principe
giovine
e
innamorato
è
sempre
pien
di
valore
.
Entrò
in
un
gran
cortile
,
dove
lo
spettacolo
che
gli
apparve
dinanzi
agli
occhi
sarebbe
bastato
a
farlo
gelare
di
spavento
.
C
'
era
un
silenzio
,
che
metteva
paura
:
dappertutto
l
'
immagine
della
morte
:
non
si
vedevano
altro
che
corpi
distesi
per
terra
,
di
uomini
e
di
animali
,
che
parevano
morti
,
se
non
che
dal
naso
bitorzoluto
e
dalle
gote
vermiglie
dei
guardaportoni
,
egli
si
poté
accorgere
che
erano
soltanto
addormentati
,
e
i
loro
bicchieri
,
dove
c
'
erano
sempre
gli
ultimi
sgoccioli
di
vino
,
mostravano
chiaro
che
si
erano
addormentati
trincando
.
Passa
quindi
in
un
altro
gran
cortile
,
tutto
lastricato
di
marmo
;
sale
la
scala
ed
entra
nella
sala
delle
guardie
,
che
erano
tutte
schierate
in
fila
colla
carabina
in
braccio
,
e
russavano
come
tanti
ghiri
;
traversa
molte
altre
stanze
piene
di
cavalieri
e
di
dame
,
tutti
addormentati
,
chi
in
piedi
chi
a
sedere
.
Entra
finalmente
in
una
camera
tutta
dorata
,
e
vede
sopra
un
letto
,
che
aveva
le
cortine
tirate
su
dai
quattro
lati
,
il
più
bello
spettacolo
che
avesse
visto
mai
,
una
Principessa
che
mostrava
dai
quindici
ai
sedici
anni
,
e
nel
cui
aspetto
sfolgoreggiante
c
'
era
qualche
cosa
di
luminoso
e
di
divino
.
Si
accostò
tremando
e
ammirando
,
e
si
pose
in
ginocchio
accanto
a
lei
.
In
quel
punto
,
siccome
la
fine
dell
'
incantesimo
era
arrivata
,
la
Principessa
si
svegliò
,
e
guardandolo
con
certi
occhi
,
più
teneri
assai
di
quello
che
sarebbe
lecito
in
un
primo
abboccamento
,
"
Siete
voi
,
o
mio
Principe
?
"
,
ella
gli
disse
.
"
Vi
siete
fatto
molto
aspettare
!
"
Il
Principe
,
incantato
da
queste
parole
,
e
più
ancora
dal
modo
col
quale
erano
dette
,
non
sapeva
come
fare
a
esprimerle
la
sua
grazia
e
la
sua
gratitudine
.
Giurò
che
l
'
amava
più
di
se
stesso
.
I
suoi
discorsi
furono
sconnessi
e
per
questo
piacquero
di
più
;
perché
,
poca
eloquenza
,
grande
amore
!
Esso
era
più
imbrogliato
di
lei
,
né
c
'
è
da
farsene
meraviglia
,
a
motivo
che
la
Principessa
aveva
avuto
tutto
il
tempo
per
poter
pensare
alle
cose
che
avrebbe
avuto
da
dirgli
:
perché
,
a
quanto
pare
(
la
storia
peraltro
non
ne
fa
parola
)
,
durante
un
sonno
così
lungo
,
la
sua
buona
fata
le
avea
regalato
dei
piacevolissimi
sogni
.
Fatto
sta
,
che
erano
già
quattro
ore
che
parlavano
fra
loro
due
,
fitto
fitto
,
e
non
si
erano
ancora
detta
la
metà
delle
cose
che
avevano
da
dirsi
.
Intanto
tutte
le
persone
del
palazzo
si
erano
svegliate
colla
Principessa
:
e
ciascuno
aveva
ripreso
le
sue
faccende
:
e
siccome
tutti
non
erano
innamorati
,
così
non
si
reggevano
in
piedi
dalla
fame
.
La
dama
d
'
onore
,
che
sentiva
sfinirsi
come
gli
altri
,
perdé
la
pazienza
e
disse
ad
alta
voce
alla
Principessa
che
la
zuppa
era
in
tavola
.
Il
Principe
diede
mano
alla
Principessa
perché
si
alzasse
:
ella
era
già
abbigliata
e
con
gran
magnificenza
:
ed
egli
fu
abbastanza
prudente
da
farle
osservare
,
che
era
vestita
come
la
mi
'
nonna
,
e
che
aveva
un
camicino
alto
fin
sotto
gli
orecchi
,
come
costumava
un
secolo
addietro
.
Ma
non
per
questo
era
meno
bella
.
Passarono
nel
gran
salone
degli
specchi
e
lì
cenarono
,
serviti
a
tavola
dagli
ufficiali
della
Principessa
.
Gli
oboè
e
i
violini
suonarono
delle
sinfonie
vecchissime
,
ma
sempre
belle
,
quantunque
fosse
quasi
cent
'
anni
che
nessuno
pensava
più
a
suonarle
:
e
dopo
cena
,
senza
metter
tempo
in
mezzo
,
il
grande
elemosiniere
li
maritò
nella
cappella
di
corte
,
e
la
dama
d
'
onore
tirò
le
cortine
del
parato
.
Dormirono
poco
.
La
Principessa
non
ne
aveva
un
gran
bisogno
,
e
il
Principe
,
appena
fece
giorno
,
la
lasciò
per
ritornare
in
città
,
dove
il
padre
suo
stava
in
pensiero
per
lui
.
Il
Principe
gli
dette
a
intendere
che
,
nell
'
andare
a
caccia
,
s
'
era
sperso
in
una
foresta
e
che
aveva
dormito
nella
capanna
d
'
un
carbonaio
,
dove
aveva
mangiato
del
pan
nero
e
un
po
'
di
formaggio
.
Quel
buon
uomo
di
suo
padre
,
che
era
proprio
un
buon
uomo
,
ci
credé
:
ma
non
fu
così
di
sua
madre
,
la
quale
,
vedendo
che
il
figliuolo
andava
quasi
tutti
i
giorni
a
caccia
e
che
aveva
sempre
degli
ammennicoli
pronti
per
giustificarsi
,
tutte
le
volte
che
gli
accadeva
di
passare
tre
o
quattro
nottate
fuori
di
casa
,
finì
col
mettersi
in
capo
che
ci
doveva
essere
di
mezzo
qualche
amoretto
.
Perché
bisogna
sapere
che
egli
passò
più
di
due
anni
insieme
colla
Principessa
,
e
ne
ebbe
due
figli
;
di
cui
il
maggiore
,
che
era
una
femmina
,
si
chiamava
Aurora
,
e
il
secondo
che
era
maschio
,
fu
chiamato
Giorno
,
comecché
promettesse
di
essere
anche
più
bello
della
sorella
.
La
Regina
si
provò
più
volte
a
interrogare
il
figlio
,
e
a
metterlo
su
per
levargli
di
sotto
qualche
parola
:
dicendogli
che
in
questo
mondo
ognuno
è
padrone
di
fare
il
piacer
suo
:
ma
egli
non
si
arrisicò
mai
a
confidarle
il
segreto
del
suo
cuore
.
Voleva
bene
a
sua
madre
;
ma
ne
aveva
paura
,
perché
essa
veniva
da
una
famiglia
d
'
orchi
,
e
il
Re
s
'
era
indotto
a
sposarla
unicamente
a
cagione
delle
sue
grandi
ricchezze
.
Anzi
c
'
era
in
corte
la
diceria
che
ella
avesse
tutti
gli
istinti
dell
'
orco
;
e
che
,
quando
vedeva
passare
dei
ragazzetti
,
facesse
sopra
di
sé
degli
sforzi
inauditi
per
trattenersi
dalla
voglia
di
avventarsi
su
di
essi
e
di
mangiarseli
vivi
vivi
.
Ecco
perché
il
Principe
non
volle
mai
dir
nulla
dei
suoi
segreti
.
Ma
quando
il
Re
morì
,
e
questo
accadde
due
anni
dopo
,
e
che
egli
diventò
il
padrone
del
regno
,
fece
subito
bandire
pubblicamente
il
suo
matrimonio
e
andò
con
grande
scialo
a
prendere
la
Regina
sua
moglie
al
castello
.
Le
fu
preparato
un
solenne
ingresso
nella
capitale
del
Regno
,
dov
'
ella
entrò
in
mezzo
ai
suoi
due
figli
.
Di
lì
a
poco
tempo
il
Re
andò
a
far
la
guerra
al
Re
Cantalabutta
,
suo
vicino
.
Lasciò
la
reggenza
del
Regno
alla
Regina
sua
madre
,
e
le
raccomandò
tanto
e
poi
tanto
la
moglie
e
i
figliuoli
suoi
.
Si
contava
che
egli
dovesse
restare
alla
guerra
tutta
l
'
estate
,
che
appena
fu
partito
la
Regina
mandò
la
nuora
e
i
suoi
ragazzi
in
una
casa
in
mezzo
ai
boschi
,
per
poter
meglio
soddisfare
le
sue
orribili
voglie
.
Dopo
qualche
giorno
,
vi
andò
essa
pure
,
e
una
tal
sera
disse
al
suo
capo
cuoco
:
"
Domani
a
pranzo
voglio
mangiare
la
piccola
Aurora
"
.
"
Ah
,
signora
!
"
,
esclamò
il
cuoco
.
"
Voglio
così
"
,
rispose
la
Regina
;
e
lo
disse
col
tono
di
voce
d
'
un
'
orchessa
,
che
ha
proprio
voglia
di
mangiare
della
carne
viva
.
"
E
la
voglio
mangiare
in
salsa
piccante
.
"
Quel
pover
'
uomo
del
cuoco
,
vedendo
che
con
un
'
orchessa
c
'
era
poco
da
scherzare
,
prese
una
grossa
coltella
e
salì
su
nella
camera
della
piccola
Aurora
.
Ella
aveva
allora
quattr
'
anni
appena
,
e
corse
saltellando
e
ridendo
a
gettarglisi
al
collo
e
a
chiedergli
delle
chicche
.
Egli
si
mise
a
piangere
,
la
coltella
gli
cascò
di
mano
e
andò
giù
nella
corte
a
sgozzare
un
agnellino
,
e
lo
cucinò
con
una
salsa
così
buona
,
che
la
sua
padrona
ebbe
a
dire
di
non
aver
mai
mangiato
una
cosa
così
squisita
in
tempo
di
vita
sua
.
In
quello
stesso
tempo
esso
aveva
portato
via
la
piccola
Aurora
e
l
'
aveva
data
in
custodia
alla
sua
moglie
,
perché
la
nascondesse
nel
quartierino
di
sua
abitazione
in
fondo
al
cortile
.
Otto
giorno
dopo
quella
strega
della
Regina
disse
al
suo
capo
cuoco
:
"
Voglio
mangiare
a
cena
il
piccolo
Giorno
"
.
Egli
non
rispose
né
sì
né
no
,
risoluto
com
'
era
a
farle
lo
stesso
tiro
della
volta
passata
.
Andò
a
cercare
il
piccolo
Giorno
,
e
lo
trovò
con
una
spada
in
mano
,
che
tirava
di
scherma
con
una
grossa
scimmia
:
eppure
non
aveva
più
di
tre
anni
.
Lo
prese
e
lo
portò
alla
sua
moglie
,
la
quale
lo
nascose
insieme
colla
piccola
Aurora
:
e
in
luogo
del
fanciullo
,
servì
in
tavola
un
caprettino
di
latte
,
che
l
'
orchessa
trovò
delizioso
.
Fin
lì
le
cose
erano
andate
bene
;
ma
una
sera
la
malvagia
Regina
disse
al
cuoco
:
"
Voglio
mangiare
la
Regina
,
cucinata
colla
stessa
salsa
de
'
suoi
figliuoli
"
.
Fu
allora
che
il
povero
cuoco
sentì
cascarsi
le
braccia
,
perché
non
sapeva
proprio
come
fare
a
ingannarla
per
la
terza
volta
.
La
giovane
Regina
aveva
vent
'
anni
suonati
,
senza
contare
i
cento
passati
dormendo
;
e
la
sua
pelle
,
quantunque
sempre
bella
e
bianchissima
,
era
diventata
un
po
'
tosta
:
e
ora
come
trovare
nello
stallino
un
animale
che
avesse
per
l
'
appunto
la
pelle
tigliosa
a
quel
modo
?
Per
salvare
la
propria
vita
,
prese
la
risoluzione
di
tagliar
la
gola
alla
Regina
e
salì
nella
camera
di
lei
,
col
fermo
proposito
di
non
dovercisi
rifare
due
volte
.
Egli
fece
di
tutto
per
eccitarsi
e
per
andare
in
bestia
,
e
con
un
pugnale
in
mano
entrò
nella
camera
della
giovane
Regina
:
ma
non
volendola
prendere
di
sorpresa
,
le
raccontò
con
grandissimo
rispetto
l
'
ordine
ricevuto
dalla
Regina
madre
.
"
Fate
pure
,
fate
pure
"
,
ella
gli
disse
,
porgendogli
il
collo
,
"
eseguite
l
'
ordine
che
vi
hanno
dato
;
io
andrò
così
a
rivedere
i
miei
figli
,
i
miei
poveri
figli
,
che
ho
tanto
amato
.
"
Ella
li
credeva
morti
fin
dal
momento
che
li
aveva
veduti
sparire
,
senza
saperne
altro
.
"
No
,
no
,
o
signora
"
,
rispose
il
povero
cuoco
,
tutto
intenerito
,
"
voi
non
morirete
nient
'
affatto
:
e
non
lascerete
per
questo
di
andare
a
rivedere
i
vostri
figliuoli
:
ma
li
vedrete
a
casa
mia
,
dov
'
io
li
ho
nascosti
,
e
anche
per
questa
volta
ingannerò
la
Regina
,
facendole
mangiare
una
giovine
cervia
invece
di
voi
.
"
La
condusse
subito
nella
sua
camera
,
dove
,
lasciandola
che
si
sfogasse
a
baciare
le
sue
creature
,
e
a
piangere
con
esse
,
se
ne
andò
diviato
a
cucinare
una
cervia
,
che
la
Regina
mangiò
per
cena
,
col
medesimo
gusto
,
come
se
avesse
mangiato
la
giovine
Regina
.
Ella
era
molto
soddisfatta
della
sua
crudeltà
;
e
già
studiava
il
modo
per
dare
a
intendere
al
Re
,
quando
fosse
tornato
,
che
i
lupi
affamati
avevano
divorato
la
Regina
sua
moglie
e
i
suoi
ragazzi
.
Una
sera
che
la
Regina
madre
,
secondo
il
suo
solito
,
ronzava
in
punta
di
piedi
per
le
corti
e
per
i
cortili
,
a
fiutare
l
'
odore
della
carne
cruda
,
sentì
in
una
stanza
terrena
il
piccolo
Giorno
che
piangeva
,
perché
la
sua
mamma
lo
voleva
picchiare
,
a
causa
che
era
stato
cattivo
,
e
sentì
nello
stesso
tempo
la
piccola
Aurora
che
implorava
perdono
per
il
suo
fratellino
.
L
'
orchessa
riconobbe
la
voce
della
Regina
e
de
'
suoi
figliuoli
,
e
furibonda
d
'
essere
stata
ingannata
,
con
una
voce
spaventevole
,
che
fece
tremar
tutti
,
ordinò
che
la
mattina
dipoi
fosse
portata
in
mezzo
alla
corte
una
gran
vasca
,
e
che
la
vasca
fosse
riempita
di
vipere
,
di
rospi
,
di
ramarri
e
di
serpenti
per
farvi
gettar
dentro
la
Regina
,
i
figliuoli
,
il
capo
cuoco
,
la
moglie
di
lui
e
la
sua
serva
di
casa
.
Ella
aveva
ordinato
che
fossero
menati
tutti
colle
mani
legate
di
dietro
.
Essi
erano
lì
,
e
già
i
carnefici
si
preparavano
a
gettarli
nella
vasca
,
quand
'
ecco
che
il
Re
,
il
quale
non
era
aspettato
così
presto
di
ritorno
,
entrò
nella
corte
a
cavallo
:
esso
era
venuto
colla
posta
,
e
domandò
tutto
stupito
che
cosa
mai
volesse
dire
quell
'
orrendo
spettacolo
.
Nessuno
aveva
coraggio
di
aprir
bocca
,
quando
l
'
orchessa
,
presa
da
una
rabbia
indicibile
nel
vedere
quel
che
vedeva
,
si
gettò
da
se
stessa
colla
testa
avanti
nella
vasca
,
dove
in
un
attimo
fu
divorata
da
tutte
quelle
bestiacce
,
che
c
'
erano
state
messe
dentro
per
suo
comando
.
A
ogni
modo
il
Re
se
ne
mostrò
addolorato
,
perché
in
fin
dei
conti
era
sua
madre
:
ma
trovò
la
maniera
di
consolarsene
presto
colla
sua
bella
moglie
e
coi
suoi
bambini
.
Se
questo
racconto
avesse
voglia
d
'
insegnar
qualche
cosa
,
potrebbe
insegnare
alle
fanciulle
che
chi
dorme
non
piglia
pesci
...
né
marito
.
La
Bella
addormentata
nel
bosco
dormì
cent
'
anni
,
e
poi
trovò
lo
sposo
:
ma
il
racconto
forse
è
fatto
apposta
per
dimostrare
alle
fanciulle
che
non
sarebbe
prudenza
imitarne
l
'
esempio
.
Cenerentola
C
'
era
una
volta
un
gentiluomo
,
il
quale
aveva
sposata
in
seconde
nozze
una
donna
così
piena
di
albagia
e
d
'
arroganza
,
da
non
darsi
l
'
eguale
.
Ella
aveva
due
figlie
dello
stesso
carattere
del
suo
,
e
che
la
somigliavano
come
due
gocce
d
'
acqua
.
Anche
il
marito
aveva
una
figlia
,
ma
di
una
dolcezza
e
di
una
bontà
da
non
farsene
un
'
idea
;
e
in
questo
tirava
dalla
sua
mamma
,
la
quale
era
stata
la
più
buona
donna
del
mondo
.
Le
nozze
erano
appena
fatte
,
che
la
matrigna
dette
subito
a
divedere
la
sua
cattiveria
.
Ella
non
poteva
patire
le
buone
qualità
della
giovinetta
,
perché
,
a
quel
confronto
,
le
sue
figliuole
diventavano
più
antipatiche
che
mai
.
Ella
la
destinò
alle
faccende
più
triviali
della
casa
:
era
lei
che
rigovernava
in
cucina
,
lei
che
spazzava
le
scale
e
rifaceva
le
camere
della
signora
e
delle
signorine
;
lei
che
dormiva
a
tetto
,
proprio
in
un
granaio
,
sopra
una
cattiva
materassa
di
paglia
,
mentre
le
sorelle
stavano
in
camere
coll
'
impiantito
di
legno
,
dov
'
erano
letti
d
'
ultimo
gusto
,
e
specchi
da
potervisi
mirare
dalla
testa
fino
ai
piedi
.
La
povera
figliuola
tollerava
ogni
cosa
con
pazienza
,
e
non
aveva
cuore
di
rammaricarsene
con
suo
padre
,
il
quale
l
'
avrebbe
sgridata
,
perché
era
un
uomo
che
si
faceva
menare
per
il
naso
in
tutto
e
per
tutto
dalla
moglie
.
Quando
aveva
finito
le
sue
faccende
,
andava
a
rincantucciarsi
in
un
angolo
del
focolare
,
dove
si
metteva
a
sedere
nella
cenere
;
motivo
per
cui
la
chiamavano
comunemente
la
Culincenere
.
Ma
la
seconda
delle
sorelle
,
che
non
era
così
sboccata
come
la
maggiore
,
la
chiamava
Cenerentola
.
Eppure
Cenerentola
,
con
tutti
i
suoi
cenci
,
era
cento
volte
più
bella
delle
sue
sorelle
,
quantunque
fossero
vestite
in
ghingheri
e
da
grandi
signore
.
Ora
accadde
che
il
figlio
del
Re
diede
una
festa
da
ballo
,
alla
quale
furono
invitate
tutte
le
persone
di
grand
'
importanza
e
anche
le
nostre
due
signorine
furono
del
numero
,
perché
erano
di
quelle
che
facevano
grande
spicco
in
paese
.
Eccole
tutte
contente
e
tutte
affaccendate
a
scegliersi
gli
abiti
e
le
pettinature
,
che
tornassero
loro
meglio
a
viso
.
E
questa
fu
un
'
altra
seccatura
per
la
povera
Cenerentola
,
perché
toccava
a
lei
a
stirare
le
sottane
e
a
dare
l
'
amido
ai
manichini
.
Non
si
parlava
d
'
altro
in
casa
che
del
come
si
sarebbero
vestite
in
quella
sera
.
"
Io
"
,
disse
la
maggiore
,
"
mi
metterò
il
vestito
di
velluto
rosso
e
le
mie
trine
d
'Inghilterra."
"
E
io
"
,
disse
l
'
altra
,
"
non
avrò
che
il
mio
solito
vestito
:
ma
,
in
compenso
,
mi
metterò
il
mantello
a
fiori
d
'
oro
e
la
mia
collana
di
diamanti
,
che
non
è
dicerto
di
quelle
che
si
vedono
tutti
i
giorni
.
"
Mandarono
a
chiamare
la
pettinatora
di
gala
,
per
farsi
fare
i
riccioli
su
due
righe
,
e
comprarono
dei
nèi
dalla
fabbricante
più
in
voga
della
città
.
Quindi
chiamarono
Cenerentola
perché
dicesse
il
suo
parere
,
come
quella
che
aveva
moltissimo
gusto
;
e
Cenerentola
die
'
loro
i
migliori
consigli
,
e
per
giunta
si
offrì
di
vestirle
:
la
qual
cosa
fu
accettata
senza
bisogno
di
dirla
due
volte
.
Mentre
le
vestiva
e
le
pettinava
,
esse
dicevano
:
"
Di
'
,
Cenerentola
,
avresti
caro
di
venire
al
ballo
?..."
.
"
Ah
,
signorine
!
voi
mi
canzonate
:
questi
non
son
divertimenti
per
me
!
"
"
Hai
ragione
:
ci
sarebbe
proprio
da
ridere
,
a
vedere
una
Cenerentola
,
pari
tua
,
a
una
festa
da
ballo
.
"
Un
'
altra
ragazza
,
nel
posto
di
Cenerentola
,
avrebbe
fatto
di
tutto
per
vestirle
male
;
ma
essa
era
una
buonissima
figliuola
,
e
le
vestì
e
le
accomodò
come
meglio
non
si
poteva
fare
.
Per
la
gran
contentezza
di
questa
festa
,
stettero
quasi
due
giorni
senza
ricordarsi
di
mangiare
:
strapparono
più
di
dodici
aghetti
per
serrarsi
ai
fianchi
e
far
la
vita
striminzita
;
e
passavano
tutt
'
intera
la
santa
giornata
a
guardarsi
nello
specchio
.
Venne
finalmente
il
giorno
sospirato
.
Partirono
di
casa
e
Cenerentola
le
accompagnò
cogli
occhi
più
lontano
che
poté
:
quando
non
le
scorse
più
,
si
mise
a
piangere
.
La
sua
Comare
,
che
la
trovò
cogli
occhi
rossi
e
pieni
di
pianto
,
le
domandò
che
cosa
avesse
.
"
Vorrei
...
vorrei
...
"
E
piangeva
così
forte
,
che
non
poteva
finir
la
parola
.
La
Comare
,
che
era
una
fata
,
le
disse
:
"
Vorresti
anche
tu
andare
al
ballo
,
non
è
vero
?
"
.
"
Anch
'
io
,
sì
"
disse
Cenerentola
con
un
gran
sospirone
.
"
Ebbene
:
prometti
tu
d
'
essere
buona
?
"
,
disse
la
Comare
.
"
Allora
ti
ci
farò
andare
.
"
E
menatala
in
camera
,
le
disse
:
"
Vai
nel
giardino
e
portami
un
cetriolo
"
.
Cenerentola
scappò
subito
a
cogliere
il
più
bello
che
poté
trovare
e
lo
portò
alla
Comare
,
non
sapendo
figurarsi
alle
mille
miglia
come
mai
questo
cetriolo
l
'
avrebbe
fatta
andare
alla
festa
di
ballo
.
La
Comare
lo
vuotò
per
bene
,
e
rimasta
la
buccia
sola
,
ci
batté
sopra
colla
bacchetta
fatata
,
e
in
un
attimo
il
cetriolo
si
mutò
in
una
bella
carrozza
tutta
dorata
.
Dopo
,
andò
a
guardare
nella
trappola
,
dove
trovò
sei
sorci
,
tutti
vivi
.
Ella
disse
a
Cenerentola
di
tenere
alzato
un
pochino
lo
sportello
della
trappola
,
e
a
ciascun
sorcio
che
usciva
fuori
,
gli
dava
un
colpo
di
bacchetta
,
e
il
sorcio
diventava
subito
un
bel
cavallo
:
e
così
messe
insieme
un
magnifico
tiro
a
sei
,
con
tutti
i
cavalli
di
un
bel
pelame
grigio
-
topo
-
rosato
.
E
siccome
essa
non
sapeva
di
che
pasta
fabbricare
un
cocchiere
:
"
Aspettate
un
poco
"
disse
Cenerentola
"
voglio
andare
a
vedere
se
per
caso
nella
topaiola
ci
fosse
un
topo
;
che
così
ne
faremo
un
cocchiere
"
.
"
Brava
!
"
disse
la
Comare
"
va
'
un
po
'
a
vedere
.
"
Cenerentola
ritornò
colla
topaiola
,
dove
c
'
erano
tre
grossi
topi
.
La
fata
,
fra
i
tre
,
scelse
quello
che
aveva
la
barba
più
lunga
;
il
quale
,
appena
l
'
ebbe
toccato
,
diventò
un
bel
pezzo
di
cocchiere
,
e
con
certi
baffi
,
i
più
belli
che
si
fossero
mai
veduti
.
Fatto
questo
,
le
disse
:
"
Ora
vai
nel
giardino
:
e
dietro
l
'
annaffiatoio
troverai
sei
lucertole
.
Portamele
qui
.
"
Appena
l
'
ebbe
portate
,
la
Comare
le
convertì
in
sei
lacchè
,
i
quali
salirono
subito
dietro
la
carrozza
,
colle
loro
livree
gallonate
,
e
vi
si
tenevano
attaccati
,
come
se
in
vita
loro
non
avessero
fatto
altro
mestiere
.
Allora
la
fata
disse
a
Cenerentola
:
"
Eccoti
qui
tutto
l
'
occorrente
per
andare
al
ballo
:
sei
contenta
?
"
.
"
Sì
,
ma
che
ci
devo
andare
in
questo
modo
,
e
con
questi
vestitacci
che
ho
addosso
?
"
La
fata
non
fece
altro
che
toccarla
colla
sua
bacchetta
,
e
i
suoi
poveri
panni
si
cambiarono
in
vestiti
di
broccato
d
'
oro
e
di
argento
,
e
tutti
tempestati
di
pietre
preziose
:
quindi
le
diede
un
paio
di
scarpine
di
vetro
,
che
erano
una
meraviglia
.
Quand
'
ella
ebbe
finito
di
accomodarsi
,
montò
in
carrozza
:
ma
la
Comare
le
raccomandò
sopra
ogni
altra
cosa
di
non
far
più
tardi
della
mezzanotte
,
ammonendola
che
se
ella
si
fosse
trattenuta
al
ballo
un
minuto
di
più
,
la
sua
carrozza
sarebbe
ridiventata
un
cetriolo
,
i
suoi
cavalli
dei
sorci
,
i
suoi
lacchè
delle
lucertole
,
i
suoi
vestiti
avrebbero
ripreso
la
forma
e
l
'
aspetto
cencioso
di
prima
.
Ella
dette
alla
Comare
la
sua
parola
d
'
onore
che
sarebbe
venuta
via
dal
ballo
avanti
la
mezzanotte
.
E
partì
,
che
non
entrava
più
nella
pelle
dalla
gran
contentezza
.
Il
figlio
del
Re
,
essendogli
stato
annunziato
l
'
arrivo
di
una
Principessa
,
che
nessuno
sapeva
chi
fosse
,
corse
incontro
a
riceverla
,
e
offrì
la
mano
per
iscendere
di
carrozza
,
e
la
condusse
nella
sala
dov
'
erano
gl
'
invitati
.
Si
fece
allora
un
gran
silenzio
:
le
danze
rimasero
interrotte
,
i
violini
smessero
di
suonare
,
tutti
gli
occhi
erano
rivolti
a
contemplare
le
grandi
bellezze
della
sconosciuta
.
Non
si
sentiva
altro
che
un
bisbiglio
confuso
,
e
un
dire
sottovoce
:
"
Oh
!
com
'
è
bella
!..."
.
Lo
stesso
Re
,
per
quanto
vecchio
,
non
rifiniva
dal
guardarla
,
e
andava
dicendo
sottovoce
alla
Regina
,
che
da
molti
anni
non
gli
era
più
capitato
di
vedere
una
donna
tanto
bella
e
tanto
graziosa
.
Tutte
le
dame
avevano
gli
occhi
addosso
a
lei
,
per
esaminarne
la
pettinatura
e
i
vestiti
,
e
farsene
fare
degli
uguali
per
il
giorno
dopo
,
sempre
che
fosse
stato
possibile
trovare
delle
stoffe
così
belle
e
delle
modiste
così
valenti
.
Il
figlio
del
Re
la
collocò
nel
posto
d
'
onore
:
quindi
andò
a
prenderla
per
farla
ballare
.
Ella
ballò
con
tanta
grazia
,
da
far
crescere
in
tutti
lo
stupore
.
Fu
servito
un
magnifico
rinfresco
,
che
il
giovine
Principe
non
assaggiò
nemmeno
,
tanto
era
assorto
nel
rimirare
la
bella
sconosciuta
.
Ella
andò
a
porsi
accanto
alle
sue
sorelle
:
usò
loro
mille
finezze
:
e
fece
parte
ad
esse
delle
arance
e
dei
cedri
,
che
il
Principe
le
aveva
regalato
;
la
qual
cosa
le
meravigliò
moltissimo
,
perché
esse
non
la
riconobbero
né
punto
né
poco
.
In
quella
che
stavano
discorrendo
insieme
,
Cenerentola
sentì
battere
le
undici
e
tre
quarti
;
e
fatta
subito
una
gran
riverenza
a
tutta
la
società
,
scappò
via
come
il
vento
.
Appena
arrivata
a
casa
,
corse
a
trovare
la
Comare
,
e
dopo
averla
ringraziata
,
le
disse
che
avrebbe
avuto
un
gran
piacere
di
tornare
anche
alla
festa
del
giorno
dipoi
,
perché
il
figlio
del
Re
l
'
aveva
pregata
molto
.
Mentre
stava
raccontando
alla
Comare
tutti
i
particolari
della
festa
,
le
due
sorelle
bussarono
alla
porta
:
Cenerentola
andò
loro
ad
aprire
.
"
Quanto
siete
state
a
tornare
!
"
disse
ella
stropicciandosi
gli
occhi
e
stirandosi
come
se
si
fosse
svegliata
in
quel
momento
.
E
sì
,
che
ella
non
aveva
avuto
davvero
una
gran
voglia
di
dormire
,
dacché
s
'
erano
lasciate
.
"
Se
tu
fossi
stata
al
ballo
"
,
le
disse
una
delle
sue
sorelle
"
non
ti
saresti
annoiata
:
vi
è
capitato
la
più
bella
Principessa
,
ma
di
'
pure
la
più
bella
che
si
possa
vedere
al
mondo
:
essa
ci
ha
fatto
mille
garbatezze
,
e
ci
ha
regalato
dei
cedri
e
delle
arance
.
"
Cenerentola
non
capiva
più
in
sé
dalla
gioia
.
Ella
domandò
loro
il
nome
di
questa
Principessa
;
ma
quelle
risposero
che
non
la
conoscevano
,
e
che
il
figlio
del
Re
si
struggeva
della
voglia
di
sapere
chi
fosse
,
e
che
per
saperlo
avrebbe
dato
qualunque
cosa
.
Cenerentola
sorrise
,
e
disse
loro
:
"
Dev
'
esser
bella
davvero
!
Dio
mio
!
come
siete
felici
voi
altre
!
Che
cosa
pagherei
di
poterla
vedere
!
Via
,
signora
Giulietta
,
prestatemi
il
vostro
vestito
giallo
,
quello
di
tutti
i
giorni
...
"
.
"
Giusto
,
lo
dicevo
anch
'
io
!
"
rispose
Giulietta
.
"
Prestare
il
mio
vestito
a
una
brutta
Cenerentola
come
te
.
Bisognerebbe
proprio
dire
che
avessi
perso
il
giudizio
.
"
Questa
risposta
Cenerentola
se
l
'
aspettava
:
e
ne
fu
contentissima
;
perché
si
sarebbe
trovata
in
un
grande
impiccio
,
se
la
sua
sorella
le
avesse
prestato
il
vestito
.
La
sera
dopo
le
due
sorelle
tornarono
al
ballo
:
e
Cenerentola
pure
;
ma
vestita
anche
più
sfarzosamente
della
prima
volta
.
Il
figlio
del
Re
non
la
lasciò
un
minuto
;
e
in
tutta
la
serata
non
fece
altro
che
dirle
un
monte
di
cose
appassionate
e
galanti
.
La
giovinetta
,
che
non
s
'
annoiava
punto
,
si
era
dimenticata
le
raccomandazioni
fatte
dalla
Comare
;
tant
'
è
vero
che
sentì
battere
il
primo
tocco
della
mezzanotte
,
e
credeva
che
non
fossero
ancora
le
undici
.
S
'
alzò
e
fuggì
con
tanta
leggerezza
,
che
pareva
una
cervia
.
Il
Principe
le
corse
dietro
,
ma
non
poté
raggiungerla
.
Nel
fuggire
,
ella
lasciò
cascare
una
delle
sue
scarpine
di
vetro
,
che
il
Principe
raccattò
con
grandissimo
amore
.
Cenerentola
arrivò
a
casa
tutta
scalmanata
,
senza
carrozza
,
senza
lacchè
e
con
addosso
il
vestito
di
tutti
i
giorni
,
non
essendole
rimasto
nulla
delle
sue
magnificenze
,
all
'
infuori
di
una
delle
sue
scarpine
,
la
compagna
di
quella
che
aveva
perduta
per
la
strada
.
Fu
domandato
ai
guardaportoni
del
palazzo
,
se
per
caso
avessero
veduto
uscire
una
Principessa
;
ma
essi
risposero
che
non
avevano
veduto
uscir
nessuno
,
tranne
una
ragazza
mal
vestita
e
che
dall
'
aspetto
pareva
piuttosto
una
contadina
che
una
signora
.
Quando
le
sorelle
ritornarono
dal
ballo
,
Cenerentola
chiese
loro
se
si
erano
divertite
e
se
c
'
era
stata
anche
la
bella
signora
.
Esse
risposero
di
si
,
e
che
era
scappata
via
allo
scocco
della
mezzanotte
,
e
con
tanta
furia
,
che
s
'
era
lasciata
cascare
una
delle
sue
scarpine
di
vetro
,
la
più
bella
scarpina
del
mondo
:
e
che
il
figlio
del
Re
l
'
aveva
raccattata
,
e
non
aveva
fatto
altro
che
guardarla
tutto
il
tempo
del
ballo
,
e
che
questo
voleva
dire
che
egli
era
innamorato
morto
della
bella
signora
,
alla
quale
apparteneva
la
scarpina
.
E
dicevano
la
verità
:
perché
di
lì
a
pochi
giorni
il
figlio
del
Re
fece
bandire
a
suon
di
tromba
che
sposerebbe
colei
,
il
cui
piede
avesse
calzato
bene
quella
scarpina
.
Si
cominciò
a
provare
la
scarpa
alle
Principesse
:
poi
alle
Duchesse
e
a
tutte
le
dame
di
corte
:
ma
era
tempo
perso
.
Fu
portata
a
casa
delle
due
sorelle
,
le
quali
fecero
ogni
sforzo
possibile
per
far
entrare
il
piede
in
quella
scarpa
:
ma
non
ci
fu
modo
.
Cenerentola
,
che
stava
a
guardarle
e
che
aveva
riconosciuta
la
scarpina
,
disse
loro
:
"
Voglio
vedere
anch
'
io
se
mi
va
bene
!
"
.
Le
sorelle
si
misero
a
ridere
e
a
canzonarla
.
Il
gentiluomo
incaricato
di
far
la
prova
della
scarpa
,
avendo
posato
gli
occhi
addosso
a
Cenerentola
e
parendogli
molto
bella
,
disse
che
era
giustissimo
,
e
che
egli
aveva
l
'
ordine
di
provar
la
scarpa
a
tutte
le
fanciulle
.
Fece
sedere
Cenerentola
,
e
avvicinando
la
scarpa
al
suo
piedino
,
vide
che
c
'
entrava
senz
'
ombra
di
fatica
e
che
calzava
proprio
come
un
guanto
.
Lo
stupore
delle
due
sorelle
fu
grande
,
ma
crebbe
del
doppio
,
quando
Cenerentola
cavò
fuori
di
tasca
l
'
altra
scarpina
e
se
la
infilò
in
quell
'
altro
piede
.
In
codesto
punto
arrivò
la
Comare
,
la
quale
,
dato
un
colpo
di
bacchetta
ai
vestiti
di
Cenerentola
,
li
fece
diventare
assai
più
sfarzosi
,
che
non
fossero
stati
mai
.
Allora
le
due
sorelle
riconobbero
in
essa
la
bella
signora
veduta
al
ballo
;
e
si
gettarono
ai
suoi
piedi
per
chiederle
perdono
dei
mali
trattamenti
che
le
avevano
fatto
patire
.
Cenerentola
le
fece
alzare
,
e
disse
,
abbracciandole
,
che
perdonava
loro
di
cuore
,
e
che
le
pregava
ad
amarla
sempre
e
dimolto
.
Vestita
com
'
era
,
fu
condotta
dal
Principe
,
al
quale
parve
più
bella
di
tutte
le
altre
volte
,
e
dopo
pochi
giorni
la
sposò
.
Cenerentola
,
buona
figliuola
quanto
bella
,
fece
dare
un
quartiere
alle
sue
sorelle
,
e
le
maritò
il
giorno
stesso
a
due
gentiluomini
della
corte
.
Questo
racconto
,
invece
di
una
morale
,
ne
ha
due
.
Prima
morale
:
la
bellezza
,
per
le
donne
in
ispecie
,
è
un
gran
tesoro
;
ma
c
'
è
un
tesoro
che
vale
anche
di
più
,
ed
è
la
grazia
,
la
modestia
e
le
buone
maniere
.
Con
queste
doti
Cenerentola
arrivò
a
diventar
Regina
.
Altra
morale
:
grazia
,
spirito
,
coraggio
,
modestia
,
nobiltà
di
sangue
,
buon
senso
,
tutte
bellissime
cose
;
ma
che
giovano
questi
doni
della
Provvidenza
,
se
non
si
trova
un
compare
o
una
comare
,
oppure
,
come
si
dice
oggi
,
un
buon
diavolo
che
ci
porti
?
Senza
l
'
aiuto
della
Comare
,
che
cosa
avrebb
'
ella
fatto
quella
buona
e
brava
figliuola
di
Cenerentola
?
Puccettino
C
'
era
una
volta
un
taglialegna
e
una
taglialegna
,
i
quali
avevano
sette
figliuoli
,
tutti
maschi
:
il
maggiore
aveva
dieci
anni
,
il
minore
sette
.
Farà
forse
caso
di
vedere
come
un
taglialegna
avesse
avuto
tanti
figliuoli
in
così
poco
tempo
:
ma
egli
è
,
che
la
sua
moglie
era
svelta
nelle
sue
cose
,
e
quando
ci
si
metteva
,
non
faceva
meno
di
due
figliuoli
alla
volta
.
E
perché
erano
molto
poveri
,
i
sette
ragazzi
davano
loro
un
gran
pensiero
,
per
la
ragione
che
nessuno
di
essi
era
in
grado
di
guadagnarsi
il
pane
.
La
cosa
che
maggiormente
li
tormentava
,
era
che
il
minore
veniva
su
delicato
e
non
parlava
mai
:
e
questo
che
era
un
segno
manifesto
di
bontà
del
suo
carattere
,
lo
scambiavano
per
un
segno
di
stupidaggine
.
Il
ragazzo
era
minuto
di
persona
;
e
quando
venne
al
mondo
,
non
passava
la
grossezza
di
un
dito
pollice
;
per
cui
lo
chiamarono
Puccettino
.
Capitò
un
'
annata
molto
trista
,
nella
quale
la
carestia
fu
così
grande
,
che
quella
povera
gente
risolvettero
di
disfarsi
de
'
loro
figliuoli
.
Una
sera
che
i
bambini
erano
a
letto
,
e
che
il
taglialegna
stava
nel
canto
del
fuoco
,
disse
,
col
cuore
che
gli
si
spezzava
,
alla
sua
moglie
:
"
Come
tu
vedi
,
non
abbiamo
più
da
dar
da
mangiare
ai
nostri
figliuoli
:
e
non
mi
regge
l
'
animo
di
vedermeli
morir
di
fame
innanzi
agli
occhi
:
oramai
io
sono
risoluto
a
menarli
nel
bosco
e
farveli
sperdere
;
né
ci
vorrà
gran
fatica
,
perché
,
mentre
essi
si
baloccheranno
a
far
dei
fastelli
,
noi
ce
la
daremo
a
gambe
,
senza
che
abbiano
tempo
di
addarsene
"
.
"
Ah
!
"
,
gridò
la
moglie
,
"
e
puoi
tu
aver
tanto
cuore
da
sperdere
da
te
stesso
le
tue
creature
?
"
Il
marito
ebbe
un
bel
tornare
a
battere
sulla
miseria
,
in
cui
si
trovavano
;
ma
la
moglie
non
voleva
acconsentire
a
nessun
patto
.
Era
povera
,
ma
era
madre
:
peraltro
,
ripensando
anch
'
essa
al
dolore
che
avrebbe
provato
se
li
avesse
veduti
morire
di
fame
,
finì
col
rassegnarvisi
,
e
andò
a
letto
piangendo
.
Puccettino
aveva
sentito
tutti
i
loro
discorsi
:
e
avendo
capito
,
dal
letto
,
che
ragionavano
di
affari
,
si
levò
in
punta
di
piedi
,
sgattaiolando
sotto
lo
sgabello
di
suo
padre
,
per
potere
ascoltare
ogni
cosa
senz
'
esser
visto
.
Quindi
ritornò
a
letto
,
e
non
chiuse
un
occhio
nel
resto
della
nottata
,
rimuginando
quello
che
doveva
fare
.
Si
levò
a
giorno
,
e
andò
sul
margine
di
un
ruscello
,
dove
si
riempì
la
tasca
di
sassolini
bianchi
:
poi
chiotto
chiotto
se
ne
tornò
a
casa
.
Partirono
,
ma
Puccettino
non
disse
nulla
ai
suoi
fratelli
di
quello
che
sapeva
.
Entrarono
dentro
una
foresta
foltissima
,
dove
alla
distanza
di
due
passi
non
c
'
era
modo
di
vedersi
l
'
uno
coll
'
altro
.
Il
taglialegna
si
messe
a
tagliar
legne
,
e
i
ragazzi
a
raccogliere
delle
frasche
per
far
dei
fastelli
.
Il
padre
e
la
madre
,
vedendoli
intenti
al
lavoro
,
si
allontanarono
adagio
adagio
,
finché
se
la
svignarono
per
un
viottolo
fuori
di
mano
.
Quando
i
ragazzi
si
videro
soli
,
si
misero
a
strillare
e
a
piangere
forte
forte
.
Puccettino
li
lasciò
berciare
,
essendo
sicuro
che
a
ogni
modo
sarebbero
tornati
a
casa
;
perché
egli
,
strada
facendo
,
aveva
lasciato
cadere
lungo
la
via
i
sassolini
bianchi
che
s
'
era
messi
nella
tasca
.
"
Non
abbiate
paura
di
nulla
,
fratelli
miei
"
,
disse
loro
,
"
il
babbo
e
la
mamma
ci
hanno
lasciati
qui
soli
;
ma
io
vi
rimenerò
a
casa
:
venitemi
dietro
.
"
Essi
infatti
lo
seguirono
,
ed
egli
li
menò
per
la
stessa
strada
che
avevano
fatta
,
andando
al
bosco
.
Da
principio
non
ebbero
coraggi
d
'
entrarvi
:
e
si
messero
in
orecchio
alla
porta
di
casa
per
sentire
quello
che
dicevano
fra
loro
,
il
padre
e
la
madre
.
Ora
bisogna
sapere
che
quando
il
taglialegna
e
sua
moglie
rientrarono
in
casa
,
trovarono
che
il
signore
del
villaggio
aveva
mandato
loro
dieci
scudi
,
di
cui
era
debitore
da
molto
tempo
,
e
sui
quali
non
ci
contavano
più
.
Questo
bastò
per
rimettere
un
po
'
di
fiato
in
corpo
a
quella
povera
gente
,
che
era
proprio
a
tocco
e
non
tocco
per
morir
di
fame
.
Il
taglialegna
mandò
subito
la
moglie
dal
macellaro
.
E
siccome
era
molto
tempo
che
non
s
'
erano
sfamati
,
essa
comprò
tre
volte
più
di
carne
di
quella
che
ne
sarebbe
abbisognata
per
la
cena
di
due
persone
.
Quando
furono
pieni
,
la
moglie
disse
:
"
Ohimè
!
dove
saranno
ora
i
nostri
figliuoli
?
se
fossero
qui
potrebbero
farsi
tondi
coi
nostri
avanzi
!
Ma
tant
'
è
,
Guglielmo
,
se
'
stato
tu
che
hai
voluto
smarrirli
:
ma
io
l
'
ho
detto
sempre
che
ce
ne
saremmo
pentiti
.
Che
faranno
ora
nella
foresta
?
Ohimè
!
Dio
mio
!
i
lupi
forse
a
quest
'
ora
l
'
hanno
bell
'
e
divorati
.
Proprio
non
bisogna
aver
cuore
,
come
te
,
per
isperdere
i
figliuoli
a
questo
modo
!..."
.
Il
taglialegna
perse
la
pazienza
,
perché
la
moglie
tornò
a
ripetere
più
di
venti
volte
che
egli
se
ne
sarebbe
pentito
,
e
che
essa
l
'
aveva
di
già
detto
e
ridetto
:
e
minacciò
di
picchiarla
se
non
si
fosse
chetata
.
Questo
non
voleva
dire
che
il
taglialegna
non
potesse
essere
anche
più
addolorato
della
moglie
;
ma
essa
lo
tormentava
troppo
:
ed
egli
somigliava
a
tanti
altri
,
che
se
la
dicono
molto
colle
donne
che
parlano
con
giudizio
,
ma
non
possono
soffrire
quelle
che
hanno
sempre
ragione
.
La
taglialegna
si
struggeva
in
pianti
,
e
seguitava
sempre
a
dire
:
"
Ohimè
!
dove
saranno
ora
i
miei
bambini
?
i
miei
poveri
bambini
?
"
.
Una
volta
,
fra
le
altre
,
lo
disse
così
forte
,
che
i
ragazzi
,
che
erano
dietro
l
'
uscio
,
la
sentirono
e
gridarono
tutti
insieme
:
"
Siamo
qui
!
siamo
qui
!
"
.
Essa
corse
subito
ad
aprir
l
'
uscio
e
,
abbracciandoli
,
disse
:
"
Che
contentezza
a
rivedervi
,
miei
cari
figliuoli
!
Chi
lo
sa
come
siete
stanchi
,
e
che
fame
avete
!
e
tu
,
Pieruccio
,
guarda
un
po
'
come
ti
sei
inzaccherato
!
vien
qua
,
che
ti
spillaccheri
"
.
Pieruccio
era
il
maggiore
dei
figliuoli
e
la
madre
gli
voleva
più
bene
che
agli
altri
,
perché
era
rosso
di
capelli
come
lei
.
Si
messero
a
tavola
e
mangiarono
con
un
appetito
,
che
fecero
proprio
consolazione
al
babbo
e
alla
mamma
,
ai
quali
raccontarono
,
parlando
quasi
tutti
nello
stesso
tempo
,
la
gran
paura
che
avevano
avuta
nella
foresta
.
Quella
buona
gente
era
tutta
contenta
di
rivedere
i
figliuoli
in
casa
;
ma
la
contentezza
durò
finché
durarono
i
dieci
scudi
.
Quando
questi
finirono
,
tornarono
al
sicutera
delle
miserie
,
e
allor
decisero
di
smarrirli
daccapo
;
e
per
andare
sul
sicuro
,
pensarono
di
condurli
molto
più
lontani
della
prima
volta
.
Peraltro
di
questa
cosa
non
poterono
parlarne
con
tanta
segretezza
,
che
Puccettino
non
sentisse
tutto
;
il
quale
pensò
di
cavarsene
fuori
col
solito
ripiego
:
se
non
che
,
quantunque
si
alzasse
sul
far
del
giorno
per
andare
in
cerca
di
sassolini
bianchi
,
rimase
proprio
come
quello
,
e
non
poté
far
nulla
,
perché
trovò
l
'
uscio
di
casa
serrato
a
doppia
mandata
.
Egli
non
sapeva
davvero
che
cosa
stillarsi
,
quando
ecco
che
la
madre
dette
a
ciascuno
di
loro
un
pezzo
di
pane
per
colazione
.
Allora
gli
venne
in
capo
che
di
quel
pane
avrebbe
potuto
servirsene
,
invece
dei
sassolini
,
seminando
i
minuzzoli
lungo
la
strada
per
dove
sarebbero
passati
.
E
si
messe
il
pane
in
tasca
.
Il
padre
e
la
madre
li
condussero
nel
punto
più
folto
e
più
oscuro
della
foresta
:
e
quando
ci
furono
arrivati
,
essi
presero
una
scappatoia
e
via
.
Puccettino
non
se
ne
fece
né
in
qua
né
in
là
,
perché
sapeva
di
poter
ritrovare
facilmente
la
strada
coll
'
aiuto
dei
minuzzoli
sparsi
;
ma
figuratevi
come
rimase
,
quando
si
accorse
che
i
minuzzoli
glieli
avevano
beccati
gli
uccelli
.
Eccoli
dunque
tutti
afflitti
,
perché
più
camminavano
e
più
si
perdevano
nella
foresta
.
Intanto
si
fece
notte
e
si
alzò
un
vento
da
far
paura
.
Pareva
ad
essi
di
sentire
da
tutte
le
parti
urli
di
lupi
,
che
si
avvicinavano
per
mangiarli
.
Non
avevano
fiato
né
per
discorrere
,
né
per
voltarsi
indietro
.
Venne
poi
una
grand
'
acqua
che
li
bagnò
fin
sotto
la
pelle
:
a
ogni
passo
sdrucciolavano
e
cascavano
nella
mota
:
e
quando
si
rizzavano
tutti
infangati
,
non
sapevano
dove
mettersi
le
mani
.
Puccettino
montò
in
cima
a
un
albero
per
vedere
se
scuopriva
paese
;
e
guardando
da
ogni
parte
,
vide
un
lumicino
piccino
,
come
quello
di
una
candela
,
il
quale
era
lontano
lontano
,
molto
al
di
là
della
foresta
.
Scese
dall
'
albero
:
e
quando
fu
in
terra
,
non
vide
più
nulla
.
Questa
cosa
gli
diede
un
gran
dolore
.
Nonostante
,
camminando
innanzi
coi
suoi
fratelli
,
verso
quella
parte
dove
aveva
veduto
il
lumicino
,
finì
col
rivederlo
da
capo
mentre
usciva
fuori
del
bosco
.
Arrivarono
finalmente
alla
casa
dove
si
vedeva
questo
lume
:
non
senza
provare
delle
grandi
strette
al
cuore
,
perché
di
tanto
in
tanto
lo
perdevano
di
vista
,
segnatamente
quando
camminavano
in
qualche
pianura
molto
bassa
.
Picchiarono
a
una
porta
:
una
buona
donna
venne
loro
ad
aprire
,
e
domandò
loro
che
cosa
volevano
.
Puccettino
disse
che
erano
poveri
ragazzi
che
s
'
erano
spersi
nella
foresta
,
e
che
chiedevano
da
dormire
per
amor
d
'
Iddio
.
La
donna
,
vedendoli
tutti
così
carini
,
si
messe
a
piangere
,
e
disse
:
"
Ohimè
!
poveri
miei
figliuoli
,
dove
siete
mai
capitati
?
Ma
non
sapete
che
questa
è
la
casa
dell
'
Orco
che
mangia
tutti
i
bambini
?
"
.
"
Ah
,
signora
"
,
rispose
Puccettino
,
il
quale
tremava
come
una
foglia
,
e
così
i
suoi
fratelli
.
"
Che
cosa
volete
che
facciamo
?
Se
non
ci
pigliate
in
casa
,
è
sicuro
che
i
lupi
stanotte
ci
mangeranno
.
E
in
tal
caso
,
è
meglio
che
ci
mangi
questo
signore
.
Forse
se
voi
lo
pregate
,
potrebbe
darsi
che
avesse
compassione
di
noi
.
"
La
moglie
dell
'
Orco
,
sperando
di
poterli
nascondere
a
suo
marito
fino
alla
mattina
dopo
,
li
lasciò
entrare
e
li
menò
a
riscaldarsi
intorno
a
un
buon
fuoco
,
dove
girava
sullo
spiede
un
montone
tutt
'
intero
,
che
doveva
servire
per
la
cena
dell
'
Orco
.
Mentre
cominciavano
a
riscaldarsi
,
sentirono
battere
tre
o
quattro
colpi
screanzati
alla
porta
.
Era
l
'
Orco
che
tornava
.
In
men
d
'
un
baleno
,
la
moglie
li
nascose
tutti
sotto
il
letto
ed
andò
ad
aprire
.
L
'
Orco
domandò
subito
se
la
cena
era
lesta
e
il
vino
levato
di
cantina
:
e
senza
perder
tempo
si
mise
a
tavola
.
Il
montone
non
era
ancora
cotto
e
faceva
sempre
sangue
,
e
per
questo
gli
parve
anche
più
buono
.
Poi
,
fiutando
di
qua
e
di
là
,
cominciò
a
dire
che
sentiva
odore
di
carne
viva
.
"
Sarà
forse
"
,
disse
la
moglie
,
"
quel
vitello
che
ho
spellato
or
ora
,
che
vi
mette
per
il
naso
quest
'odore."
"
E
io
dico
che
sento
l
'
odore
di
carne
viva
"
,
riprese
l
'
Orco
guardando
la
moglie
di
traverso
,
"
e
qui
ci
deve
essere
qualche
sotterfugio
!..."
Nel
dir
così
si
alzò
da
tavola
e
andò
difilato
verso
il
letto
.
"
Ah
!
"
,
egli
gridò
,
"
tu
volevi
dunque
ingannarmi
,
brutta
strega
?
Non
so
chi
mi
tenga
dal
fare
un
boccone
anche
di
te
.
Buon
per
te
,
che
sei
vecchia
e
tigliosa
!
Ecco
qui
della
selvaggina
,
che
mi
capita
in
buon
punto
per
far
trattamento
a
tre
Orchi
miei
amici
,
che
verranno
da
me
in
questi
giorni
.
"
E
li
tirò
fuori
di
sotto
il
letto
,
uno
dietro
l
'
altro
.
Quei
poveri
bambini
si
buttarono
in
ginocchio
,
chiedendogli
perdono
,
ma
avevano
da
fare
col
più
crudele
di
tutti
gli
Orchi
,
il
quale
,
facendo
finta
di
sentirne
compassione
,
li
mangiava
di
già
cogli
occhi
prima
del
tempo
,
dicendo
alla
moglie
che
sarebbero
stati
una
pietanza
delicata
,
in
specie
se
gli
avesse
accomodati
con
una
buona
salsa
.
Andò
a
prendere
un
coltellaccio
,
e
avvicinandosi
a
quei
poveri
figliuoli
,
lo
affilava
sopra
una
lunga
pietra
che
egli
teneva
nella
mano
sinistra
.
E
ne
aveva
già
agguantato
uno
,
quando
la
moglie
gli
disse
:
"
Che
ne
volete
voi
fare
a
quest
'
ora
?
non
sarebbe
meglio
aspettare
a
domani
?
"
.
"
Chetati
,
te
!
"
,
riprese
l
'
Orco
.
"
Così
saranno
più
frolli
.
"
"
Ma
ve
ne
avanza
ancora
tanta
della
carne
!
C
'
è
qui
un
vitello
,
un
montone
e
un
mezzo
maiale
...
"
"
Hai
ragione
"
,
disse
l
'
Orco
,
"
rimpinzali
dunque
per
bene
,
perché
non
abbiano
a
smagrire
,
e
portali
a
letto
.
"
Quella
buona
donna
,
fuor
di
sé
dalla
contentezza
,
dette
loro
da
cena
:
ma
essi
non
poterono
mangiare
a
cagione
della
gran
paura
che
avevano
addosso
.
In
quanto
all
'
Orco
,
ricominciò
a
bere
,
soddisfattissimo
di
aver
trovato
di
che
regalare
ai
suoi
amici
.
Vuotò
una
dozzina
di
bicchieri
di
più
del
solito
,
finché
il
vino
gli
die
'
al
capo
e
fu
obbligato
ad
andare
a
letto
.
L
'
Orco
aveva
sette
figliuole
,
che
erano
sempre
bambine
,
le
quali
erano
tutte
di
un
bel
colorito
,
perché
,
come
il
padre
,
si
cibavano
di
carne
cruda
;
ma
avevano
degli
occhiettini
grigi
e
tondi
,
e
il
naso
a
punta
e
una
bocca
larghissima
,
con
una
rastrelliera
di
denti
lunghi
,
affilati
e
staccati
l
'
uno
dall
'
altro
.
Non
erano
ancora
diventate
cattive
:
ma
promettevano
bene
,
perché
di
già
mordevano
i
fanciulli
per
succhiare
il
sangue
.
Le
avevano
mandate
a
dormire
di
buon
'
ora
,
ed
erano
tutte
e
sette
in
un
gran
letto
,
ciascuna
con
una
corona
d
'
oro
sulla
testa
.
Nella
stessa
camera
c
'
era
un
altro
letto
della
medesima
grandezza
.
Fu
appunto
in
questo
letto
che
la
moglie
dell
'
Orco
messe
a
dormire
i
sette
ragazzi
;
e
dopo
andò
a
coricarsi
accanto
a
suo
marito
.
Puccettino
,
che
s
'
era
avviso
che
le
figlie
dell
'
Orco
portavano
una
corona
d
'
oro
in
capo
,
e
che
aveva
sempre
paura
che
l
'
Orco
non
si
ripentisse
di
averli
sgozzati
subito
,
si
levò
verso
mezzanotte
,
e
prendendo
i
berretti
dei
fratelli
ed
il
suo
,
andò
pian
pianino
a
metterli
sul
capo
delle
sette
figlie
dell
'
Orco
,
dopo
aver
loro
levata
la
corona
d
'
oro
,
che
pose
sul
capo
suo
e
de
'
suoi
fratelli
,
perché
l
'
Orco
li
scambiasse
per
le
proprie
figlie
,
e
pigliasse
le
sue
figlie
per
i
fanciulli
che
voleva
sgozzare
.
E
la
cosa
andò
appuntino
com
'
egli
se
l
'
era
figurata
;
perché
l
'
Orco
,
svegliatosi
sulla
mezzanotte
,
si
pentì
di
aver
differito
al
giorno
dopo
quello
che
poteva
aver
fatto
la
sera
stessa
.
Saltò
dunque
il
letto
bruscamente
,
e
prendendo
il
coltellaccio
:
"
Andiamo
un
po
'
a
vedere
"
,
disse
,
"
come
stanno
queste
birbe
;
e
facciamola
finita
una
volta
per
tutte
"
.
Quindi
salì
a
tastoni
nella
camera
delle
sue
figlie
,
e
si
avvicinò
al
letto
dove
erano
i
ragazzi
,
i
quali
dormivano
tutti
,
meno
Puccettino
,
che
ebbe
una
gran
paura
quando
sentì
l
'
Orco
che
gli
tastava
la
testa
,
come
l
'
aveva
già
tastata
ai
suoi
fratelli
.
L
'
Orco
sentendo
la
corona
d
'
oro
,
disse
:
"
Ora
la
facevo
bella
davvero
!
Si
vede
proprio
che
ieri
sera
ne
ho
bevuto
mezzo
dito
di
più
"
.
Allora
andò
all
'
altro
letto
,
e
avendo
sentito
i
berretti
dei
ragazzi
:
"
Eccoli
"
,
disse
,
"
questi
monellacci
!
Lavoriamo
di
fine
"
.
E
nel
dir
così
,
senza
esitare
,
tagliò
la
gola
alle
sue
sette
figliuole
.
Contentissimo
del
fatto
suo
,
andò
di
nuovo
a
coricarsi
accanto
alla
moglie
.
Appena
che
Puccettino
sentì
l
'
Orco
che
russava
,
svegliò
i
suoi
fratelli
e
disse
loro
di
vestirsi
subito
e
di
seguirlo
.
Scesero
in
punta
di
piedi
nel
giardino
e
scavalcarono
il
muro
.
Corsero
a
gambe
quasi
tutta
la
notte
,
tremando
come
foglie
,
e
senza
sapere
dove
andavano
.
Quando
l
'
Orco
si
svegliò
,
disse
alla
moglie
:
"
Va
'
un
po
'
a
vestire
quei
monelli
di
ieri
sera
"
.
L
'
Orchessa
restò
molto
meravigliata
della
bontà
insolita
di
suo
marito
,
e
non
le
passò
neanche
dalla
mente
che
per
vestirli
egli
volesse
intendere
un
'
altra
cosa
,
credendo
in
buona
fede
di
doverli
andare
a
vestire
.
Salì
dunque
di
sopra
,
e
rimase
senza
fiato
in
corpo
,
vedendo
le
sue
sette
figliuole
scannate
e
immerse
nel
proprio
sangue
.
Cominciò
subito
dallo
svenirsi
,
essendo
questo
il
primo
espediente
,
a
cui
in
simili
casi
ricorrono
tutte
le
donne
.
L
'
Orco
,
temendo
che
la
moglie
non
mettesse
troppo
tempo
a
far
quello
che
le
aveva
ordinato
,
salì
di
sopra
anche
lui
per
darle
una
mano
;
e
non
rimase
meno
sconcertato
alla
vista
di
quello
spettacolo
orrendo
.
"
Ah
!
che
ho
mai
fatto
?
"
,
gridò
.
"
Ma
quei
disgraziati
me
la
pagheranno
,
e
subito
!
"
E
senza
mettere
tempo
in
mezzo
,
gettò
una
brocca
d
'
acqua
sul
naso
della
moglie
,
e
così
avendola
fatta
tornare
in
sé
:
"
Dammi
subito
"
,
disse
,
"
i
miei
stivali
di
sette
chilometri
,
perché
io
li
voglio
raggiungere
"
.
E
uscì
fuori
all
'
aperta
campagna
,
e
dopo
aver
corso
di
qua
e
di
là
,
finalmente
infilò
la
strada
che
battevano
per
l
'
appunto
quei
poveri
ragazzi
,
che
erano
forse
distanti
non
più
di
cento
passi
dalla
casa
paterna
.
Essi
videro
l
'
Orco
che
passava
di
montagna
in
montagna
,
traversando
i
fiumi
colla
stessa
facilità
come
se
fossero
stati
rigagnoli
.
Puccettino
avendo
occhiata
una
roccia
incavata
,
lì
vicino
al
luogo
dove
si
trovavano
,
vi
fece
nascondere
i
sei
fratelli
,
e
vi
si
nascose
anch
'
esso
,
senza
perdere
peraltro
di
vista
tutte
le
mosse
dell
'
Orco
.
L
'
Orco
che
cominciava
a
sentirsi
rifinito
dalla
strada
fatta
(
perché
gli
stivali
di
sette
chilometri
son
molto
faticosi
per
chi
li
porta
)
,
pensò
di
ripigliar
fiato
,
e
il
cielo
volle
che
andasse
per
l
'
appunto
a
sedersi
sopra
la
roccia
,
dove
quei
ragazzi
si
erano
nascosti
.
E
siccome
era
stanco
morto
,
dopo
essersi
sdraiato
si
addormentò
,
e
si
messe
a
russare
con
tanto
fracasso
,
che
i
poveri
ragazzi
ebbero
la
stessa
paura
di
quando
lo
videro
col
coltellaccio
in
mano
,
in
atto
di
far
loro
la
festa
.
Ma
Puccettino
non
ebbe
tutta
questa
paura
,
e
disse
ai
fratelli
di
scappare
a
gambe
verso
casa
,
mentre
l
'
Orco
dormiva
come
un
ghiro
;
e
di
non
stare
in
pena
per
lui
.
Essi
non
se
lo
fecero
dir
due
volte
,
e
in
pochi
minuti
arrivarono
a
casa
.
Puccettino
intanto
si
avvicinò
all
'
Orco
:
gli
levò
adagino
gli
stivali
,
e
se
l
'
infilò
per
sé
.
Questi
stivali
erano
molto
grandi
e
molto
larghi
,
ma
perché
eran
fatati
,
avevano
la
virtù
d
'
ingrandirsi
e
di
rimpicciolirsi
,
secondo
la
gamba
di
chi
li
calzava
:
per
cui
,
gli
tornavano
precisi
,
come
se
fossero
stati
fatti
per
il
suo
piede
.
Eglì
andò
di
carriera
alla
casa
dell
'
Orco
,
dove
trovò
la
moglie
che
piangeva
per
le
figlie
uccise
.
"
Vostro
marito
"
,
le
disse
Puccettino
,
"
si
trova
in
un
gran
pericolo
:
è
cascato
fra
le
mani
di
una
banda
di
assassini
,
che
hanno
giurato
di
ucciderlo
,
se
non
consegna
loro
tutto
il
suo
oro
e
il
suo
argento
.
Mentre
gli
stavano
col
pugnale
alla
gola
,
esso
mi
ha
visto
,
e
mi
ha
pregato
di
venir
qui
per
avvertirvi
della
sua
trista
condizione
e
per
invitarvi
a
darmi
tutto
quello
che
egli
possiede
di
prezioso
,
senza
ritenervi
nulla
,
perché
caso
diverso
,
lo
uccideranno
senz
'
ombra
di
misericordia
.
E
siccome
il
tempo
stringe
,
egli
ha
voluto
che
prendessi
i
suoi
stivali
di
sette
chilometri
,
come
vedete
,
e
non
solo
perché
mi
spicciassi
,
ma
anche
perché
possiate
accertarvi
che
non
sono
un
imbroglione
.
"
La
buona
donna
,
tutta
spaventata
,
gli
diede
ogni
cosa
che
aveva
;
perché
l
'
Orco
,
in
fin
dei
conti
,
era
un
buon
marito
,
quantunque
fosse
ghiotto
di
bambini
.
Puccettino
,
col
carico
addosso
di
tutte
le
ricchezze
dell
'
Orco
,
tornò
a
casa
del
padre
,
dove
fu
accolto
con
grandissima
festa
.
C
'
è
per
altro
della
gente
che
non
crede
che
la
cosa
finisse
così
;
e
pretendono
che
Puccettino
non
commettesse
mai
questo
furto
a
danno
dell
'
Orco
:
e
che
solo
non
si
facesse
scrupolo
di
prendergli
gli
stivali
di
sette
chilometri
,
perché
egli
se
ne
serviva
unicamente
per
dare
la
caccia
ai
ragazzi
.
Questi
tali
accertano
di
aver
saputo
la
verità
proprio
sul
posto
,
per
essersi
trovati
a
mangiare
e
bere
nella
stessa
casa
del
taglialegna
.
Raccontano
,
dunque
,
che
quando
Puccettino
ebbe
infilato
gli
stivali
dell
'
Orco
,
se
ne
andò
alla
Corte
,
dove
stavano
tutti
in
gran
pensiero
per
un
'
armata
,
che
era
in
campagna
alla
distanza
di
duecento
chilometri
,
e
per
l
'
esito
di
una
battaglia
data
pochi
giorni
avanti
.
Dimodoché
Puccettino
andò
a
trovare
il
Re
e
gli
disse
che
se
lo
desiderava
avrebbe
potuto
portargli
le
notizie
dell
'
armata
,
prima
del
calar
del
sole
.
E
il
Re
gli
promise
una
grossa
somma
,
se
egli
fosse
stato
da
tanto
.
La
sera
stessa
Puccettino
ritornò
colle
notizie
dell
'
armata
;
e
questa
prima
corsa
avendolo
messo
in
buona
vista
,
guadagnava
quel
che
voleva
;
perché
il
Re
lo
pagava
profumatamente
,
valendosi
di
lui
per
portare
i
suoi
ordini
al
campo
;
e
un
'
infinità
di
signore
gli
davano
quel
che
chiedeva
,
per
aver
le
nuove
dei
loro
amanti
;
e
questo
fu
il
guadagno
più
concludente
di
tutti
gli
altri
.
Ci
furono
anche
alcune
mogli
che
gli
consegnarono
delle
lettere
per
i
loro
mariti
;
ma
esse
pagavano
coi
gomiti
,
e
il
profitto
era
così
meschino
,
che
egli
non
si
degnò
nemmeno
di
segnare
nel
libro
degli
utili
i
piccoli
benefizi
che
gli
pervenivano
per
questo
titolo
.
Dopo
aver
fatto
per
qualche
tempo
il
mestiere
del
corriere
,
e
avere
ammassato
grandi
ricchezze
,
ritornò
alla
casa
di
suo
padre
,
dove
non
è
possibile
immaginarsi
la
festa
che
gli
fecero
nel
rivederlo
fra
loro
.
Egli
messe
la
sua
famiglia
nell
'
agiatezza
;
comprò
degl
'
impieghi
,
di
recente
fondazione
,
per
il
padre
e
per
i
fratelli
:
formò
a
tutti
uno
stato
conveniente
;
e
gli
rimase
sempre
un
ritaglio
di
tempo
,
tanto
da
fare
il
damerino
colle
signore
.
La
storia
di
questo
piccolo
eroe
,
che
i
francesi
chiamano
Petit
Poucet
,
perché
era
grande
appena
come
il
dito
pollice
,
è
stata
forse
inventata
apposta
per
dar
ragione
e
autorità
a
quell
'
antico
proverbio
che
dice
:
"
Gli
uomini
non
si
misurano
a
canne
!
"
.
Pelle
d
'
asino
C
'
era
una
voIta
un
Re
così
potente
,
così
ben
voluto
da
'
suoi
popoli
e
così
rispettato
dai
suoi
vicini
e
alleati
,
che
poteva
dirsi
il
più
felice
di
tutti
i
monarchi
della
terra
.
Fra
le
sue
tante
fortune
,
c
'
era
anche
quella
di
avere
scelta
per
compagna
una
Principessa
,
bella
quanto
virtuosa
:
e
questi
avventurati
sposi
vivevano
come
due
anime
in
un
nocciolo
.
Dal
loro
casto
imeneo
era
nata
una
figlia
,
ornata
di
tutte
le
grazie
e
di
tutte
le
attrattive
,
a
segno
tale
da
non
far
loro
desiderare
una
figliuolanza
più
numerosa
.
Il
lusso
,
l
'
abbondanza
,
il
buon
gusto
regnavano
nel
loro
palazzo
:
i
ministri
erano
saggi
e
capaci
:
i
cortigiani
virtuosi
e
affezionati
:
i
domestici
fidati
e
laboriosi
:
le
scuderie
vaste
e
piene
de
'
più
bei
cavalli
del
mondo
,
tutti
coperti
di
magnifiche
gualdrappe
.
Ma
la
cosa
che
faceva
maggiormente
stupire
i
forestieri
,
che
venivano
a
visitare
quelle
belle
scuderie
,
era
che
nel
bel
mezzo
di
esse
e
nel
luogo
più
vistoso
,
un
signor
Somaro
faceva
sfoggio
delle
sue
grandi
e
lunghe
orecchie
.
Né
si
può
dire
che
questo
fosse
un
capriccio
;
se
il
Re
gli
aveva
assegnato
un
posto
particolare
e
quasi
d
'
onore
,
c
'
era
la
sua
ragione
.
Perché
bisogna
sapere
che
questo
raro
animale
meritava
davvero
ogni
riguardo
,
a
motivo
che
la
natura
lo
aveva
formato
in
un
modo
così
straordinario
e
singolare
,
che
tutte
le
mattine
la
sua
lettiera
,
invece
di
essere
sporca
,
era
ricoperta
a
profusione
di
bellissimi
zecchini
e
napoleoni
d
'
oro
,
che
venivano
raccattati
,
appena
egli
si
svegliava
.
Ma
siccome
le
disgrazie
sono
tegoli
che
cascano
sul
capo
dei
Re
come
su
quello
dei
sudditi
,
e
non
c
'
è
allegrezza
senza
che
ci
sia
mescolato
qualche
dispiacere
,
così
accadde
che
la
Regina
fu
colta
all
'
improvviso
da
una
fiera
malattia
,
per
la
quale
né
la
scienza
né
i
medici
sapevano
suggerire
rimedio
di
sorta
.
La
desolazione
era
al
colmo
.
Il
Re
,
tenero
di
cuore
e
innamoratissimo
,
a
dispetto
del
proverbio
che
dice
"
Il
matrimonio
è
la
tomba
dell
'
amore
"
,
si
dava
alla
disperazione
e
faceva
voti
ardentissimi
a
tutte
le
divinità
del
regno
,
e
offriva
la
sua
vita
per
quella
di
una
sposa
così
adorata
:
ma
gli
Dei
e
le
fate
erano
sordi
a
ogni
preghiera
.
Intanto
la
Regina
,
sentendo
avvicinarsi
l
'
ultim
'
ora
,
disse
al
suo
sposo
,
il
quale
struggevasi
in
pianto
:
"
Prima
di
morire
,
non
vi
abbiate
a
male
se
esigo
da
voi
una
cosa
;
ed
è
,
che
nel
caso
vi
venisse
voglia
di
rimaritarvi
...
"
.
A
queste
parole
il
Re
dette
in
urli
da
straziare
il
cuore
.
Prese
le
mani
di
sua
moglie
e
le
bagnò
di
pianto
,
giurando
che
era
un
di
più
venirgli
a
parlare
di
un
altro
matrimonio
.
"
No
,
no
,
mia
cara
Regina
"
,
egli
gridava
,
"
ditemi
piuttosto
che
io
debbo
seguirvi
!
"
"
Lo
Stato
"
,
ripigliò
la
Regina
con
una
tranquillità
imperturbabile
,
che
accresceva
gli
spasimi
e
le
torture
del
Re
,
"
lo
Stato
ha
ragione
di
pretendere
da
voi
dei
successori
;
e
vedendo
che
io
ho
dato
solamente
una
figlia
,
vorrà
da
voi
dei
figli
che
vi
somiglino
:
ma
io
,
con
tutte
le
forze
dell
'
anima
e
per
tutto
il
bene
che
mi
avete
voluto
,
vi
domando
di
non
cedere
alle
insistenze
de
'
vostri
popoli
,
se
non
quando
avrete
trovato
una
Principessa
più
bella
e
fatta
meglio
di
me
.
Giuratemelo
,
e
morirò
contenta
.
"
Alcuni
credono
che
la
Regina
,
la
quale
non
mancava
di
una
certa
dose
di
amor
proprio
,
volesse
per
forza
questo
giuramento
,
perché
,
persuasa
com
'
era
che
nel
mondo
non
ci
fosse
altra
donna
da
starle
a
fronte
per
bellezza
,
veniva
così
ad
assicurarsi
che
il
Re
non
si
sarebbe
mai
riammogliato
.
Finalmente
ella
morì
,
né
ci
fu
marito
che
facesse
mai
tanto
fracasso
.
Piangeva
come
una
vite
tagliata
,
singhiozzava
giorno
e
notte
,
e
non
aveva
altro
pensiero
,
che
quello
di
adempiere
a
tutto
il
cerimoniale
e
a
tutte
le
seccature
del
vedovile
.
Ma
i
grandi
dolori
non
durano
.
D
'
altra
parte
,
i
maggiorenti
dello
Stato
si
riunirono
,
e
presentatisi
in
deputazione
al
Re
,
si
fecero
a
domandargli
che
riprendesse
moglie
.
Questa
proposta
gli
parve
dura
,
e
fu
cagione
di
nuovi
piagnistei
.
Messe
di
mezzo
il
giuramento
fatto
alla
Regina
e
sfidò
tutti
i
suoi
consiglieri
a
trovargli
una
mogile
più
bella
e
fatta
meglio
della
sua
sposa
buon
'
anima
;
persuaso
che
sarebbe
stato
impossibile
.
Ma
il
Consiglio
chiamò
ragazzate
simili
giuramenti
,
e
soggiunse
che
la
bellezza
importava
fino
ad
un
certo
segno
,
purché
la
regina
fosse
virtuosa
e
buona
da
far
figliuoli
:
che
per
la
quiete
e
la
tranquillità
dello
Stato
ci
volevano
dei
Principi
ereditarii
:
che
,
senza
ombra
di
dubbio
,
l
'
infanta
aveva
tutte
le
doti
volute
per
diventare
una
gran
Regina
,
ma
bisognava
darle
per
isposo
un
forestiero
:
e
in
questo
caso
,
o
il
forestiero
l
'
avrebbe
menata
a
casa
sua
,
o
,
regnando
con
essa
,
i
loro
figli
non
sarebbero
stati
considerati
dello
stesso
sangue
:
e
finalmente
,
che
non
avendo
egli
nessun
figlio
maschio
che
portasse
il
suo
nome
,
i
popoli
vicini
avrebbero
potuto
far
nascere
delle
guerre
da
condurre
lo
Stato
in
rovina
.
Il
Re
,
toccato
da
queste
considerazioni
,
dette
parola
che
avrebbe
pensato
a
contentarli
.
Cercò
difatti
fra
le
Principesse
da
marito
quella
che
sarebbe
stata
più
adatta
per
lui
.
Ogni
giorno
gli
portavano
a
vedere
dei
bellissimi
ritratti
:
ma
non
ce
n
'
era
neppur
una
che
avesse
le
grazie
della
defunta
Regina
.
E
così
non
si
decideva
mai
.
Quand
'
ecco
che
per
sua
gran
disgrazia
,
sebbene
fosse
stato
fin
allora
un
uomo
pien
di
giudizio
,
tutto
a
un
tratto
dette
volta
al
cervello
,
e
cominciò
a
pigliare
la
fissazione
di
credere
che
l
'
infanta
sua
figlia
vincesse
di
gran
lunga
in
grazia
e
in
bellezza
la
Regina
madre
,
e
fece
intendere
che
era
deciso
a
volerla
sposare
,
perché
ella
sola
poteva
scioglierlo
dalla
fatta
promessa
.
A
questa
brutale
proposizione
,
la
giovane
Principessa
,
un
fior
di
virtù
e
di
pudore
,
ci
corse
poco
non
cadesse
in
terra
svenuta
.
Si
gettò
ai
piedi
del
Re
suo
padre
,
e
lo
scongiurò
,
con
tutte
le
forze
dell
'
anima
,
a
non
costringerla
a
commettere
un
tal
delitto
.
Ma
il
Re
,
che
si
era
fitto
in
testa
questa
strana
idea
,
volle
consultare
un
vecchio
druido
,
per
acquietare
la
coscienza
della
giovane
Principessa
.
Il
druido
,
che
sapeva
più
d
'
ambizioso
che
di
santo
,
non
badò
a
sacrificare
l
'
innocenza
e
la
virtù
,
per
la
boria
di
diventare
il
confidente
di
un
gran
Re
,
e
trovò
il
modo
di
insinuarsi
con
tanto
garbo
nell
'
animo
di
lui
,
e
gli
abbellì
talmente
il
delitto
che
stava
per
commettere
,
che
lo
persuase
perfino
che
lo
sposare
la
propria
figlia
era
un
'
opera
meritoria
.
Il
Re
,
messo
su
dai
discorsi
dello
scellerato
,
lo
abbracciò
,
e
si
partì
da
lui
più
incaponito
che
mai
nella
sua
idea
,
e
ordinò
all
'
infanta
di
prepararsi
a
ubbidire
.
La
giovane
Principessa
straziata
da
un
acerbo
dolore
,
non
vide
altro
scampo
che
andare
a
casa
della
sua
comare
,
la
fata
Lilla
.
Per
cui
partì
la
sera
stessa
in
un
grazioso
calessino
,
tirato
da
un
grosso
montone
che
conosceva
tutte
le
strade
,
e
arrivò
felicemente
.
La
fata
,
che
voleva
molto
bene
all
'
infanta
,
le
disse
che
aveva
saputo
ogni
cosa
,
ma
che
non
se
ne
desse
alcun
pensiero
,
perché
non
poteva
accaderle
nulla
di
male
,
solo
che
avesse
dato
retta
fedelmente
alle
sue
prescrizioni
.
"
Perché
,
mia
cara
figlia
"
,
ella
disse
,
"
sarebbe
un
grande
sproposito
lo
sposare
vostro
padre
:
e
voi
,
senza
contradirlo
,
potete
tirarvene
fuori
:
ditegli
,
che
per
contentare
un
vostro
capriccio
,
bisogna
che
egli
vi
regali
un
vestito
color
dell
'
aria
.
Con
tutta
la
sua
potenza
non
sarà
mai
capace
di
tanto
.
"
La
Principessa
ringraziò
senza
fine
la
comare
,
e
la
mattina
dopo
ripeté
al
Re
,
suo
padre
,
quello
che
la
fata
le
aveva
consigliato
,
dichiarando
che
senza
il
vestito
color
dell
'
aria
,
ella
non
avrebbe
mai
acconsentito
a
nulla
.
Il
Re
,
tutto
contento
per
la
speranza
avuta
,
radunò
gli
operai
più
famosi
e
ordinò
loro
questa
stoffa
,
sotto
pena
che
,
se
non
ci
fossero
riusciti
,
li
avrebbe
fatti
tutti
impiccare
dal
primo
all
'
ultimo
.
Ma
non
ebbe
il
dispiacere
di
venire
a
questi
estremi
.
Il
giorno
dopo
gli
portarono
il
vestito
tanto
desiderato
:
e
il
cielo
quando
è
sparso
di
nuvole
d
'
oro
non
ha
un
colore
più
bello
di
quello
che
aveva
questa
stoffa
,
quando
venne
spiegata
.
L
'
infanta
ne
rimase
afflittissima
e
non
sapeva
come
uscire
da
quest
'
impiccio
.
Il
Re
pigiava
per
venire
a
una
conclusione
.
Bisognò
tornare
un
'
altra
volta
dalla
comare
,
la
quale
stupita
che
il
suo
ripiego
non
avesse
fatto
l
'
effetto
,
le
suggerì
di
provarsi
a
chiedere
un
altro
vestito
color
della
luna
.
Il
Re
,
che
non
sapeva
ricusarle
nulla
,
mandò
fuori
in
cerca
di
operai
più
capaci
,
e
ordinò
loro
un
vestito
color
della
luna
,
e
con
tanta
premura
di
averlo
subito
,
che
fra
l
'
ordinarlo
e
il
riportarlo
bell
'
e
fatto
,
non
ci
corsero
ventiquattr
'
ore
.
L
'
infanta
,
invaghita
in
quel
primo
momento
più
del
magnifico
vestito
che
di
tutte
le
attenzioni
di
suo
padre
,
se
ne
afflisse
poi
oltremisura
,
appena
si
trovò
insieme
colle
sue
donne
e
colla
sua
nutrice
.
La
fata
Lilla
,
che
sapeva
tutto
,
venne
in
aiuto
alla
sconsolata
Principessa
,
e
le
disse
:
"
O
io
non
ne
azzecco
più
una
,
oppure
ho
ragione
di
credere
che
se
ora
gli
chiedeste
un
vestito
color
del
sole
,
si
sarebbe
trovato
il
verso
di
disgustare
il
Re
,
vostro
padre
;
perché
è
impossibile
che
si
possa
giungere
a
fabbricare
una
simile
stoffa
.
Male
male
che
la
vada
,
guadagneremo
sempre
del
tempo
"
.
L
'
infanta
se
ne
persuase
,
e
chiese
il
vestito
.
Il
Re
,
tutto
amore
per
lei
,
diede
senza
rincrescimento
tutti
i
diamanti
e
i
rubini
della
sua
corona
,
con
ordine
di
non
risparmiare
alcuna
cosa
perché
questa
stoffa
riuscisse
compagna
al
sole
:
tanto
che
quando
fu
messa
in
mostra
,
tutti
quelli
che
la
videro
,
furono
costretti
a
chiuder
gli
occhi
per
il
gran
bagliore
.
Si
vuole
anzi
che
incominci
da
quel
tempo
l
'
uso
degli
occhiali
verdi
e
delle
lenti
affumicate
.
Figuratevi
un
po
'
come
rimase
l
'
infanta
a
quella
vista
.
Cosa
più
bella
e
più
artisticamente
lavorata
non
s
'
era
veduta
mai
.
Ella
restò
confusa
,
e
col
pretesto
che
le
faceva
male
agli
occhi
,
si
ritirò
nella
sua
camera
,
dove
la
fata
l
'
aspettava
col
rossore
della
vergogna
fino
alla
punta
dei
capelli
.
E
lì
accadde
di
peggio
;
perché
la
fata
,
vedendo
il
vestito
color
del
sole
,
diventò
paonazza
dal
gran
dispetto
.
"
Oh
,
questa
volta
poi
,
figlia
cara
"
,
diss
'
ella
all
'
infanta
,
"
metteremo
l
'
indegno
amore
di
vostro
padre
a
una
prova
terribile
.
Sia
pure
che
egli
abbia
fissato
davvero
il
chiodo
in
questo
matrimonio
,
che
si
figura
assai
vicino
:
ma
io
son
sicura
che
rimarrà
molto
sbalestrato
dalla
domanda
che
vi
consiglio
di
fargli
.
Si
tratta
della
pelle
di
quell
'
asino
,
al
quale
egli
vuole
un
gran
bene
perché
provvede
con
tanta
larghezza
a
tutte
le
spese
della
sua
Corte
.
Andate
,
e
ditegli
che
desiderate
quella
pelle
.
"
L
'
infanta
,
tutt
'
allegra
di
aver
trovato
un
altro
scappavia
per
mandare
a
monte
un
matrimonio
che
detestava
,
e
colla
speranza
sicura
che
il
padre
suo
non
avrebbe
mai
acconsentito
a
sacrificare
l
'
asino
del
suo
cuore
,
andò
da
lui
e
gli
disse
chiaro
e
tondo
che
voleva
la
pelle
di
quel
bell
'
animale
.
Sebbene
il
Re
rimanesse
molto
sconcertato
per
questo
capriccio
,
non
esitò
a
contentarla
.
Il
povero
asino
fu
sacrificato
e
la
sua
pelle
venne
presentata
con
molta
galanteria
all
'
infanta
,
la
quale
,
non
vedendo
più
alcun
mezzo
per
sottrarsi
alla
sua
disgrazia
,
stava
per
perdersi
d
'
animo
e
darsi
alla
disperazione
;
quando
ecco
che
sopraggiunse
la
fata
:
"
Che
fate
voi
,
figlia
mia
"
,
diss
'
ella
vedendo
la
Principessa
che
si
strappava
i
capelli
e
si
graffiava
il
bel
viso
;
"
questo
è
il
momento
più
fortunato
della
vostra
vita
.
Avvolgetevi
in
codesta
pelle
,
uscite
dal
palazzo
e
camminate
finché
troverete
terra
sotto
i
piedi
.
Quando
si
sacrifica
tutto
alla
virtù
,
gli
Dei
sanno
ricompensare
.
Andate
;
sarà
mia
cura
che
le
vostre
robe
vi
seguano
dappertutto
;
in
qualunque
luogo
,
dove
vi
fermerete
,
la
cassetta
de
'
vostri
vestiti
e
delle
vostre
gioie
vi
sarà
venuta
dietro
sotto
terra
:
eccovi
la
mia
bacchetta
:
ve
la
regalo
,
e
battendola
in
terra
tutte
le
volte
che
avrete
bisogno
della
vostra
cassetta
,
la
cassetta
apparirà
dinanzi
ai
vostri
occhi
.
Ma
spicciatevi
a
partire
,
e
non
più
indugi
"
.
L
'
infanta
abbracciò
mille
volte
la
sua
comare
,
pregandola
di
non
abbandonarla
mai
;
si
messe
addosso
quella
brutta
pelle
,
e
dopo
essersi
insudiciato
il
viso
di
fuliggine
,
uscì
da
quel
magnifico
palazzo
,
senza
che
nessuno
la
riconoscesse
.
La
sparizione
dell
'
infanta
fece
un
gran
chiasso
.
Il
Re
,
che
aveva
fatto
preparare
una
magnifica
festa
,
era
disperato
e
non
sapeva
darsene
pace
.
Diè
ordine
che
partissero
più
di
cento
giandarmi
e
più
di
mille
moschettieri
in
cerca
della
figlia
:
ma
la
fata
,
che
la
proteggeva
,
la
rendeva
invisibile
agli
occhi
di
tutti
;
e
così
bisognò
farsene
una
ragione
.
L
'
infanta
intanto
comminava
giorno
e
notte
.
Essa
andò
lontano
,
e
poi
più
lontano
,
e
sempre
più
lontano
,
e
cercava
dappertutto
un
posto
da
impiegarsi
;
ma
sebbene
per
carità
le
dessero
un
boccone
,
nessuno
voleva
saperne
di
lei
,
a
cagione
di
vederla
tanto
sudicia
.
Giunse
finalmente
a
una
bella
città
,
dove
vicino
alla
porta
c
'
era
una
fattoria
:
e
la
fattoressa
aveva
appunto
bisogno
di
una
donna
da
strapazzo
per
lavare
i
cenci
e
per
tenere
puliti
i
tacchini
e
lo
stallino
dei
maiali
.
Vedendo
questa
zingara
così
sudicia
,
le
propose
di
entrare
al
suo
servizio
:
e
l
'
infanta
accettò
di
gran
cuore
,
stanca
com
'
era
di
aver
fatto
tanto
paese
.
Fu
messa
in
un
canto
della
cucina
,
dove
sui
primi
giorni
ebbe
a
patire
gli
scherzi
triviali
del
basso
servidorame
,
tanto
la
sua
pelle
d
'
asino
la
rendeva
sporca
e
nauseante
.
Alla
fine
ci
fecero
l
'
occhio
,
e
perché
ella
si
mostrava
molto
precisa
nelle
faccende
che
doveva
fare
,
la
fattoressa
la
prese
nelle
sue
buone
grazie
.
Menava
le
pecore
all
'
erba
,
e
,
alla
sua
ora
,
le
rimetteva
dentro
:
e
guardava
anche
i
tacchini
,
e
lo
faceva
con
tanta
intelligenza
,
che
pareva
non
avesse
fatto
altro
mestiere
in
vita
sua
:
ogni
cosa
fioriva
e
prosperava
fra
le
sue
mani
.
Un
giorno
,
mentre
stava
seduta
presso
una
fontana
d
'
acqua
limpidissima
,
dove
veniva
spesso
a
piangere
la
sua
misera
sorte
,
le
saltò
in
capo
di
specchiarvisi
dentro
,
e
l
'
orribile
pelle
d
'
asino
,
che
le
serviva
da
cappello
e
da
vestito
,
la
spaventò
.
Vergognandosi
di
trovarsi
in
quello
stato
,
si
lavò
ben
bene
il
viso
e
le
mani
,
che
diventarono
bianche
più
dell
'
avorio
,
e
il
suo
bel
carnato
riprese
la
freschezza
di
prima
.
Il
piacere
di
vedersi
così
bella
le
fece
entrar
la
voglia
di
bagnarsi
,
e
si
bagnò
:
ma
dopo
,
per
tornare
alla
fattoria
,
le
convenne
rimettersi
addosso
la
solita
pellaccia
.
Per
buona
fortuna
l
'
indomani
era
giorno
di
festa
;
per
cui
ebbe
tutto
il
comodo
di
fare
apparire
la
sua
cassetta
,
di
accomodarsi
e
di
pettinarsi
perbene
,
di
dare
la
cipria
ai
suoi
bei
capelli
e
di
mettersi
il
suo
bel
vestito
color
dell
'
aria
.
La
sua
camera
era
così
piccina
,
che
non
c
'
entrava
nemmeno
tutto
lo
strascico
della
sottana
.
La
bella
Principessa
si
mirò
e
si
ammirò
da
se
stessa
,
e
con
molto
piacere
;
anzi
,
con
tanto
piacere
,
che
decise
da
quel
momento
in
poi
di
mettersi
nelle
feste
e
per
le
domeniche
,
a
uno
per
volta
,
tutti
i
suoi
bei
vestiti
,
non
foss
'
altro
per
darsi
un
po
'
di
svago
.
E
mantenne
puntualmente
la
presa
risoluzione
.
Ella
intrecciava
dei
fiori
e
dei
diamanti
fra
i
suoi
bei
capelli
,
con
un
'
arte
ammirabile
:
e
spesso
sospirava
,
mortificata
di
non
avere
per
testimoni
,
se
non
le
sue
pecore
e
i
suoi
tacchini
,
che
le
volevano
lo
stesso
bene
,
anche
a
vederla
vestita
di
quella
orribile
pelle
d
'
asino
,
che
le
aveva
dato
il
brutto
soprannome
,
fra
la
gente
di
fattoria
.
Un
giorno
di
festa
,
in
cui
Pelle
d
'
Asino
s
'
era
messa
il
suo
vestito
color
del
sole
,
il
figlio
del
Re
,
al
quale
apparteneva
la
fattoria
,
ritornando
dalla
caccia
,
vi
si
fermò
per
prendere
un
po
'
di
riposo
.
Quel
Principe
era
giovane
,
bello
,
fatto
a
pennello
della
persona
,
l
'
occhio
diritto
di
suo
padre
,
l
'
amore
della
Regina
sua
madre
,
l
'
idolo
di
tutti
i
suoi
popoli
.
Venne
offerta
al
Principe
una
merenda
campestre
,
che
egli
accettò
:
e
dopo
si
messe
a
girare
per
i
cortili
e
per
tutti
i
ripostigli
.
E
nel
girandolare
di
qua
e
di
là
,
entrò
in
un
andito
scuro
,
in
fondo
al
quale
vide
una
porta
chiusa
.
La
curiosità
gli
fece
metter
l
'
occhio
al
buco
della
serratura
.
Ma
immaginatevi
come
restò
,
quando
vide
la
Principessa
così
bella
e
così
riccamente
vestita
!
Al
suo
aspetto
nobile
e
modesto
,
la
prese
per
una
Dea
.
La
foga
della
passione
,
che
provò
in
quell
'
istante
,
fu
così
forte
,
che
avrebbe
dicerto
sfondata
la
porta
,
se
non
l
'
avesse
trattenuto
il
rispetto
che
gl
'
ispirava
quell
'
angiolo
di
donna
.
Se
ne
venne
via
a
gran
passi
per
quell
'
andito
oscuro
e
tetro
,
ma
lo
fece
per
andar
subito
ad
informarsi
chi
era
la
persona
che
stava
in
quella
piccola
cameruccia
.
Gli
risposero
che
era
una
servaccia
,
chiamata
Pelle
d
'
Asino
,
a
motivo
della
pelle
colla
quale
si
vestiva
,
e
che
era
tutt
'
unta
e
bisunta
da
fare
schifo
a
guardarla
e
a
parlarci
,
e
che
l
'
avevano
presa
proprio
per
compassione
per
mandarla
dietro
ai
montoni
e
ai
tacchini
.
Il
Principe
,
poco
soddisfatto
di
questo
schiarimento
,
s
'
accorse
subito
che
quella
gente
ordinaria
non
ne
sapeva
di
più
,
e
che
era
fiato
buttato
via
stare
a
interrogarla
.
Se
ne
tornò
al
palazzo
di
suo
padre
,
innamorato
da
non
potersi
dir
quanto
,
e
coll
'
immagine
fissa
dinanzi
agli
occhi
,
di
quella
creatura
divina
che
aveva
veduto
dal
buco
della
serratura
.
Egli
si
pentiva
di
non
aver
picchiato
alla
porta
:
ma
fece
giuro
che
un
'
altra
volta
non
gli
sarebbe
più
accaduto
.
Intanto
il
gran
subbuglio
del
sangue
cagionato
dall
'
amore
,
gli
messe
addosso
nella
nottata
un
febbrone
da
cavalli
,
che
in
poche
ore
lo
ridusse
al
lumicino
.
La
Regina
sua
madre
,
che
non
aveva
altri
figliuoli
che
quello
,
si
dava
alla
disperazione
,
vedendo
tornare
inutili
tutti
i
rimedi
:
e
invano
prometteva
ai
medici
grandi
ricompense
:
essi
adoperavano
tutta
la
loro
arte
,
ma
non
bastava
a
guarire
il
Principe
.
Alla
fine
indovinarono
che
questa
gran
malattia
derivava
da
qualche
passione
segreta
,
e
ne
avvertirono
la
Regina
;
la
quale
,
tutta
tenerezza
per
il
suo
figlio
,
venne
a
scongiurarlo
di
palesare
la
cagione
del
suo
male
,
col
dire
che
quand
'
anche
si
fosse
trattato
di
cedergli
la
corona
,
il
Re
suo
padre
sarebbe
sceso
dal
trono
senza
rammarico
,
pur
di
vederlo
contento
;
e
che
se
egli
avesse
desiderato
in
moglie
una
Principessa
,
avrebbe
fatto
qualunque
sacrificio
perché
la
potesse
avere
,
anche
se
fossero
stati
in
guerra
col
padre
di
essa
e
che
ci
fossero
giusti
motivi
di
rancore
;
ma
che
per
carità
lo
scongiuravano
a
non
lasciarsi
morire
perché
dalla
vita
sua
dipendeva
la
loro
.
La
Regina
desolata
non
poté
finire
questo
discorso
commovente
senza
bagnare
il
viso
del
Principe
con
un
diluvio
di
lacrime
.
"
Signora
"
,
prese
a
dire
il
Principe
con
un
fil
di
voce
,
"
io
non
sono
un
figlio
tanto
snaturato
da
desiderare
la
corona
del
padre
mio
:
Dio
voglia
che
egli
campi
ancora
cent
'
anni
,
e
che
io
possa
essere
il
più
fedele
e
il
più
rispettoso
dei
suoi
sudditi
!
In
quanto
alla
Principessa
che
mi
offrite
,
non
ho
pensato
ancora
ad
ammogliarmi
:
ma
quando
fosse
,
potete
ben
credere
che
,
sommesso
come
sono
,
farei
sempre
la
vostra
volontà
,
qualunque
cosa
me
ne
dovesse
costare
.
"
"
Ah
!
figlio
mio
"
,
riprese
la
Regina
,
"
nessuna
cosa
ci
parrà
grave
,
pur
di
salvarti
la
vita
:
ma
,
mio
caro
figlio
,
salva
la
vita
mia
e
quella
del
padre
tuo
,
facendoci
conoscere
il
tuo
desiderio
,
e
stai
sicuro
che
sarai
contentato
.
"
"
Ebbene
,
signora
"
,
disse
egli
,
"
poiché
volete
per
forza
che
vi
manifesti
il
mio
desiderio
,
vi
obbedirò
;
tanto
più
che
mi
parrebbe
un
delitto
di
mettere
in
pericolo
la
vita
di
due
esseri
,
che
mi
sono
carissimi
.
Ebbene
,
madre
mia
,
io
desidero
che
Pelle
d
'
Asino
mi
faccia
un
piatto
dolce
:
e
quando
sarà
fatto
,
che
mi
sia
portato
qui
.
"
La
Regina
,
sentendo
un
nome
così
bizzarro
,
domandò
chi
fosse
questa
Pelle
d
'
Asino
.
"
Signora
"
,
rispose
uno
de
'
suoi
ufficiali
,
che
per
caso
l
'
aveva
veduta
,
"
è
la
bestia
più
brutta
,
dopo
il
lupo
:
un
muso
tinto
,
un
sudiciume
che
abita
nella
vostra
fattoria
e
che
custodisce
i
tacchini
.
"
"
Questo
non
vuol
dir
nulla
"
,
disse
la
Regina
,
"
forse
il
mio
figlio
,
tornando
da
caccia
,
avrà
mangiato
della
sua
pasticceria
:
sarà
un
capriccio
da
malati
:
ma
infine
io
voglio
che
Pelle
d
'
Asino
(
poiché
questa
Pelle
d
'
Asino
esiste
)
gli
faccia
subito
un
pasticcio
.
"
Si
mandò
alla
fattoria
e
fu
fatta
venire
Pelle
d
'
Asino
,
per
ordinarle
un
pasticcio
per
il
Principe
,
e
perché
ci
mettesse
tutta
la
sua
bravura
.
Alcuni
scrittori
pretendono
che
proprio
in
quel
punto
,
in
cui
il
Principe
pose
l
'
occhio
al
buco
della
serratura
,
gli
occhi
di
Pelle
d
'
Asino
se
ne
avvidero
;
e
che
dopo
,
affacciatasi
alla
sua
finestrina
,
e
visto
questo
Principe
così
giovane
,
così
bello
,
e
così
ben
formato
,
ne
avesse
serbata
l
'
immagine
scolpita
nel
cuore
,
e
che
spesso
e
volentieri
questo
ricordo
le
fosse
costato
qualche
grosso
sospiro
!
Fatto
sta
che
Pelle
d
'
Asino
,
o
l
'
avesse
voluto
,
o
avesse
solamente
sentito
dire
un
gran
bene
di
lui
,
era
tutta
contenta
di
aver
trovata
la
via
per
farsi
conoscere
.
Si
chiuse
nella
sua
cameretta
:
gettò
in
un
canto
quella
pellaccia
sudicia
,
si
lavò
ben
bene
il
viso
e
le
mani
,
ravviò
i
suoi
biondi
capelli
,
s
'
infilò
una
bella
vitina
di
argento
luccicante
e
una
sottana
della
stessa
roba
,
e
si
messe
a
fare
il
pasticcio
tanto
desiderato
.
Prese
del
fior
di
farina
,
delle
uova
e
del
burro
freschissimo
.
E
mentre
lavorava
a
impastarlo
,
fosse
caso
o
altro
,
un
anello
che
aveva
in
dito
le
cascò
nella
pasta
e
vi
rimase
dentro
.
Appena
il
pasticcio
fu
cotto
,
si
rimesse
addosso
la
sua
orribile
Pelle
d
'
Asino
e
consegnò
il
pasticcio
all
'
ufficiale
,
al
quale
chiese
le
nuove
del
Principe
:
ma
questi
non
si
degnò
nemmeno
di
rispondere
,
e
corse
subito
dal
Principe
col
pasticcio
.
Il
Principe
glielo
prese
avidamente
dalle
mani
e
lo
mangiò
con
tanta
voracità
,
che
i
medici
,
lì
presenti
,
dissero
subito
che
questa
fame
da
lupi
non
era
punto
un
buon
segno
.
Difatti
ci
corse
poco
che
il
Principe
non
rimanesse
strozzato
dall
'
anello
,
che
trovò
in
una
fetta
del
pasticcio
:
ma
gli
riuscì
di
cavarselo
di
bocca
con
molta
destrezza
,
e
così
rallentò
un
poco
anche
la
furia
del
mangiare
,
esaminando
il
bellissimo
smeraldo
incastonato
in
un
cerchietto
d
'
oro
,
il
quale
era
così
tanto
stretto
,
che
egli
giudicò
non
potesse
star
bene
altro
che
al
ditino
più
grazioso
e
più
affascinante
del
mondo
.
Baciò
mille
volte
l
'
anello
,
lo
messe
sotto
il
capezzale
,
e
ogni
tantino
,
quando
credeva
di
non
esser
visto
da
nessuno
,
lo
tirava
fuori
per
guardarlo
.
Non
si
può
dire
quanto
si
tormentasse
il
cervello
per
immaginare
il
modo
di
arrivare
a
conoscere
colei
,
alla
quale
questo
anello
andasse
bene
.
Non
osava
sperare
che
se
egli
avesse
domandato
di
Pelle
d
'
Asino
,
di
quella
cioè
che
gli
aveva
fatto
il
pasticcio
da
lui
richiesto
,
gliel
'
avrebbero
fatta
venire
;
e
non
aveva
neppure
il
coraggio
di
palesare
ad
anima
viva
ciò
che
aveva
veduto
dal
buco
della
serratura
,
per
paura
che
lo
canzonassero
e
lo
pigliassero
per
un
visionario
.
Il
fatto
egli
è
che
tutti
questi
pensieri
lo
tormentarono
tanto
e
poi
tanto
,
che
gli
si
riprese
una
grossa
febbre
:
e
i
medici
,
non
sapendo
più
che
cosa
dire
,
dichiararono
alla
Regina
che
il
suo
figliuolo
era
malato
di
amore
.
La
Regina
andò
subito
dal
figlio
,
insieme
col
Re
,
che
non
sapeva
darsi
pace
.
"
Figlio
,
mio
caro
figlio
"
,
disse
il
Re
,
addoloratissimo
,
"
palesa
pure
il
nome
di
quella
che
tu
vuoi
,
ché
noi
facciamo
giuro
di
dartela
,
foss
'
anche
la
più
vile
fra
tutte
le
schiave
della
terra
.
"
La
Regina
,
abbracciandolo
,
gli
ripeté
il
giuro
del
Re
.
Il
Principe
,
intenerito
dai
pianti
e
dalle
carezze
degli
autori
de
'
suoi
giorni
:
"
Padre
mio
e
madre
mia
"
,
disse
loro
,
"
io
non
penso
punto
a
stringere
un
legame
,
che
possa
farvi
dispiacere
,
e
la
prova
,
che
dico
il
vero
"
,
soggiunse
cavando
lo
smeraldo
di
sotto
il
capezzale
,
"
è
questa
,
che
io
sposerò
la
donna
a
cui
quest
'
anello
potrà
entrare
in
dito
,
chiunque
ella
sia
;
né
c
'
è
da
sospettare
che
quella
che
avrà
un
ditino
così
grazioso
e
sottile
possa
essere
una
marrana
o
una
contadina
"
.
Il
Re
e
la
Regina
presero
in
mano
l
'
anello
,
lo
esaminarono
con
molta
curiosità
,
e
finirono
col
dire
come
diceva
il
Principe
,
cioè
,
che
non
poteva
andar
bene
,
se
non
a
una
fanciulla
di
buona
famiglia
.
Allora
il
Re
,
abbracciato
il
Principe
e
scongiuratolo
di
guarire
,
uscì
di
camera
e
fece
dare
nei
tamburi
,
nei
pifferi
e
nelle
trombe
per
tutta
la
città
e
bandire
col
mezzo
dei
suoi
araldi
che
non
c
'
era
da
far
altro
che
venire
al
palazzo
per
provarsi
un
anello
,
e
che
quella
a
cui
sarebbe
tornato
preciso
,
avrebbe
sposato
l
'
erede
al
trono
.
Prima
arrivarono
le
Principesse
:
poi
le
Duchesse
,
le
Marchese
e
le
Baronesse
;
ma
ebbero
tutte
un
bell
'
assottigliarsi
le
dita
:
non
ce
ne
fu
una
che
potesse
infilarsi
l
'
anello
.
Convenne
scendere
alle
modistine
,
le
quali
,
sebbene
graziose
,
avevano
i
diti
troppo
grossi
.
Il
Principe
che
cominciava
a
star
meglio
,
faceva
da
se
stesso
la
prova
.
Si
venne
finalmente
alle
cameriere
;
e
anche
queste
fecero
la
figura
di
tutte
le
altre
.
Non
c
'
era
più
nessuna
donna
che
non
si
fosse
provata
invano
a
mettersi
l
'
anello
,
allorché
il
Principe
volle
che
venissero
le
cuoche
,
le
sguattere
e
le
pecoraie
:
e
tutte
gli
furono
menate
dinanzi
;
ma
i
loro
ditoni
grossi
e
tozzi
non
poterono
passare
nell
'
anello
,
al
di
là
dell
'
ugna
.
"
È
stata
fatta
venire
quella
Pelle
d
'
Asino
che
,
giorni
addietro
,
mi
fece
un
dolce
?
"
,
domandò
il
Principe
.
Tutti
si
messero
a
ridere
e
risposero
di
no
,
perché
era
troppo
sudicia
e
da
far
schifo
.
"
Cercatela
subito
"
,
disse
il
Re
,
"
non
sarà
detto
mai
che
io
abbia
fatta
una
sola
eccezione
.
"
Ridendo
e
burlando
,
corsero
in
cerca
della
tacchinaia
.
L
'
infanta
,
che
aveva
sentito
i
tamburi
e
il
bando
degli
araldi
d
'
arme
,
s
'
era
già
figurata
che
il
suo
anello
fosse
la
causa
di
tutto
questo
diavoleto
;
essa
amava
il
Principe
,
e
perché
il
vero
amore
è
timido
e
modesto
,
così
stava
sempre
colla
paura
che
qualche
dama
non
avesse
un
ditino
piccolo
come
il
suo
,
per
cui
fu
per
lei
una
grande
allegrezza
quando
vennero
a
cercarla
e
a
battere
alla
sua
porta
.
Fin
dal
momento
che
ella
era
venuta
a
sapere
che
si
cercava
un
dito
,
al
quale
andasse
bene
il
suo
anello
,
una
vaga
speranza
l
'
aveva
consigliata
a
pettinarsi
con
più
amore
del
solito
e
a
mettersi
il
suo
bel
busto
d
'
argento
,
con
la
sottana
tutta
gale
e
ricami
d
'
argento
e
seminata
di
smeraldi
.
Appena
sentì
bussare
alla
porta
e
chiamarsi
per
andare
dal
Re
,
lesta
come
un
baleno
si
rimise
la
sua
pelle
d
'
asino
e
aprì
.
Gli
uomini
di
corte
,
pigliandola
in
canzonatura
,
le
dissero
che
il
Re
la
cercava
,
per
farle
sposare
suo
figlio
;
quindi
in
mezzo
alle
più
matte
risate
,
la
condussero
dal
Principe
:
il
quale
,
stupefatto
anch
'
esso
dallo
strano
abbigliamento
della
fanciulla
,
non
voleva
credere
che
fosse
quella
medesima
che
aveva
veduto
coi
propri
occhi
,
così
sfolgorante
e
così
bella
!
Tristo
e
confuso
di
aver
preso
questo
granchio
a
secco
madornale
:
"
Siete
voi
"
,
le
domandò
,
"
che
abitate
in
fondo
di
quel
corridoio
oscuro
,
nel
terzo
cortile
della
fattoria
?
"
.
"
Sissignore
!
"
,
rispose
.
"
Fatemi
vedere
la
vostra
mano
"
,
disse
egli
tremando
e
con
un
grosso
sospiro
.
Indovinate
ora
voi
chi
rimase
più
meravigliato
di
tutti
?
Fu
il
Re
e
la
Regina
,
furono
tutti
i
ciamberlani
e
i
grandi
della
Corte
,
quando
videro
uscir
fuori
di
sotto
a
quella
pelle
nera
e
bisunta
,
una
manina
delicata
,
bianca
e
color
di
rosa
,
dove
l
'
anello
senza
molta
fatica
poté
infilarsi
nel
più
bel
ditino
del
mondo
;
quindi
per
un
leggero
movimento
fatto
dall
'
infanta
,
la
pelle
cadde
,
ed
ella
apparve
di
una
bellezza
così
abbagliante
,
che
il
Principe
,
sebbene
ancora
molto
debole
,
si
gettò
ai
suoi
piedi
e
l
'
abbracciò
con
tanto
ardore
,
che
la
fece
arrossire
;
ma
nessuno
quasi
se
ne
accorse
,
perché
il
Re
e
la
Regina
vennero
ad
abbracciarla
anch
'
essi
con
grandissima
tenerezza
,
e
le
chiesero
se
fosse
contenta
di
sposare
il
loro
figliuolo
.
La
Principessa
,
confusa
da
tante
carezze
e
dall
'
amore
che
le
dimostrava
questo
bel
Principe
,
stava
per
ringraziare
,
quand
'
ecco
che
il
soffitto
della
sala
si
aprì
,
e
la
fata
Lilla
,
calandosi
dentro
a
un
carro
intrecciato
coi
rami
e
coi
fiori
del
suo
nome
,
raccontò
con
una
grazia
infinita
tutta
l
'
istoria
dell
'
infanta
.
Il
Re
e
la
Regina
lietissimi
di
sapere
che
Pelle
d
'
Asino
era
una
gran
Principessa
,
raddoppiarono
le
attenzioni
,
ma
il
Principe
si
mostrò
sempre
più
sensibile
alle
virtù
della
Principessa
,
e
il
suo
amore
si
accrebbe
per
tutte
le
cose
che
aveva
sentito
dire
.
La
sua
impazienza
di
sposare
la
Principessa
era
così
forte
,
che
non
le
lasciò
nemmeno
il
tempo
di
fare
i
preparativi
convenienti
per
questo
augusto
imeneo
.
Il
Re
e
la
Regina
,
innamorati
della
loro
nuora
,
le
facevano
mille
carezze
e
la
tenevano
sempre
stretta
fra
le
loro
braccia
.
Ella
aveva
dichiarato
che
non
poteva
sposare
il
Principe
senza
il
consenso
del
Re
suo
padre
;
per
cui
egli
fu
il
primo
ad
essere
invitato
,
senza
dirgli
per
altro
il
nome
della
sposa
:
la
fata
Lilla
che
,
com
'
è
naturale
,
era
quella
che
regolava
ogni
cosa
,
aveva
voluto
così
,
per
evitare
tutte
le
conseguenze
.
Arrivarono
Principi
e
Re
da
tutti
i
paesi
;
chi
in
portantina
,
chi
in
calesse
;
i
più
lontani
vennero
a
cavallo
sopra
elefanti
,
sopra
tigri
e
sopra
aquile
;
ma
il
più
magnifico
e
il
più
potente
di
tutti
fu
il
padre
dell
'
infanta
,
il
quale
,
per
buona
fortuna
,
aveva
dimenticato
il
suo
amore
stranissimo
e
aveva
sposato
una
Regina
,
vedova
e
molto
bella
.
L
'
infanta
andò
a
incontrarlo
;
ed
egli
la
riconobbe
subito
e
l
'
abbracciò
con
gran
tenerezza
,
prima
che
ella
avesse
il
tempo
di
gettarsi
ai
suoi
piedi
.
Il
Re
e
la
Regina
gli
presentarono
il
loro
figlio
,
al
quale
egli
fece
un
sacco
di
garbatezze
.
Le
nozze
furono
celebrate
con
uno
scialo
da
non
potersi
descrivere
.
I
giovani
sposi
,
poco
curanti
di
tutte
queste
magnificenze
,
non
vedevano
e
non
pensavano
altro
che
a
se
stessi
.
Il
Re
,
padre
del
Principe
,
fece
incoronare
suo
figlio
lo
stesso
giorno
,
e
baciandogli
la
mano
,
lo
collocò
sul
trono
,
malgrado
la
resistenza
opposta
da
questo
buonissimo
figliuolo
:
ma
bisognò
ubbidire
.
Le
feste
di
questi
illustri
sponsali
durarono
più
di
tre
mesi
;
ma
l
'
amore
dei
giovani
sposi
durerebbe
anch
'
oggi
,
tanto
si
volevano
bene
,
se
non
fossero
morti
cent
'
anni
dopo
.
La
storia
di
Pelle
d
'
Asino
è
un
po
'
difficile
a
pigliarla
per
vera
;
ma
finché
nel
mondo
ci
saranno
nonne
,
mamme
e
ragazzi
,
se
la
ricorderanno
tutti
con
piacere
.
Le
Fate
C
'
era
una
volta
una
vedova
che
aveva
due
figliuole
.
La
maggiore
somigliava
tutta
alla
mamma
,
di
lineamenti
e
di
carattere
,
e
chi
vedeva
lei
,
vedeva
sua
madre
,
tale
e
quale
.
Tutte
e
due
erano
tanto
antipatiche
e
così
gonfie
di
superbia
,
che
nessuno
le
voleva
avvicinare
.
Viverci
insieme
poi
,
era
impossibile
addirittura
.
La
più
giovane
invece
,
per
la
dolcezza
dei
modi
e
per
la
bontà
del
cuore
,
era
tutta
il
ritratto
del
suo
babbo
...
e
tanto
bella
poi
,
tanto
bella
,
che
non
si
sarebbe
trovata
l
'
eguale
.
E
naturalmente
,
poiché
ogni
simile
ama
il
suo
simile
,
quella
madre
andava
pazza
per
la
figliuola
maggiore
;
e
sentiva
per
quell
'
altra
un
'
avversione
,
una
ripugnanza
spaventevole
.
La
faceva
mangiare
in
cucina
,
e
tutte
le
fatiche
e
i
servizi
di
casa
toccavano
a
lei
.
Fra
le
altre
cose
,
bisognava
che
quella
povera
ragazza
andasse
due
volte
al
giorno
ad
attingere
acqua
a
una
fontana
distante
più
d
'
un
miglio
e
mezzo
,
e
ne
riportasse
una
brocca
piena
.
Un
giorno
,
mentre
stava
appunto
lì
alla
fonte
,
le
apparve
accanto
una
povera
vecchia
che
la
pregò
in
carità
di
darle
da
bere
.
"
Ma
volentieri
,
nonnina
mia
...
"
rispose
la
bella
fanciulla
"
aspettate
;
vi
sciacquo
la
brocca
...
"
E
subito
dette
alla
mezzina
una
bella
risciacquata
,
la
riempì
di
acqua
fresca
,
e
gliela
presentò
sostenendola
in
alto
con
le
sue
proprie
mani
,
affinché
la
vecchiarella
bevesse
con
tutto
il
suo
comodo
.
Quand
'
ebbe
bevuto
,
disse
la
nonnina
:
"
Tu
sei
tanto
bella
,
quanto
buona
e
quanto
per
benino
,
figliuola
mia
,
che
non
posso
fare
a
meno
di
lasciarti
un
dono
"
.
Quella
era
una
Fata
,
che
aveva
preso
la
forma
di
una
povera
vecchia
di
campagna
per
vedere
fin
dove
arrivava
la
bontà
della
giovinetta
.
E
continuò
:
"
Ti
do
per
dono
che
ad
ogni
parola
che
pronunzierai
ti
esca
di
bocca
o
un
fiore
o
una
pietra
preziosa
"
.
La
ragazza
arrivò
a
casa
con
la
brocca
piena
,
qualche
minuto
più
tardi
;
la
mamma
le
fece
un
baccano
del
diavolo
per
quel
piccolo
ritardo
.
"
Mamma
,
abbi
pazienza
,
ti
domando
scusa
...
"
,
disse
la
figliuola
tutta
umile
,
e
intanto
che
parlava
le
uscirono
di
bocca
due
rose
,
due
perle
e
due
brillanti
grossi
.
"
Ma
che
roba
è
questa
!...",
esclamò
la
madre
stupefatta
,
"
sbaglio
o
tu
sputi
perle
e
brillanti
!
...
O
come
mai
,
figlia
mia
?..."
Era
la
prima
volta
in
tutta
la
sua
vita
che
la
chiamava
così
,
e
in
tono
affettuoso
.
La
fanciulla
raccontò
ingenuamente
quel
che
le
era
accaduto
alla
fontana
;
e
durante
il
racconto
,
figuratevi
i
rubini
e
i
topazi
che
le
caddero
già
dalla
bocca
!
"
Oh
,
che
fortuna
...
"
,
disse
la
madre
,
"
bisogna
che
ci
mandi
subito
anche
quest
'
altra
.
Senti
,
Cecchina
,
guarda
che
cosa
esce
dalla
bocca
della
tua
sorella
quando
parla
.
Ti
piacerebbe
avere
anche
per
te
lo
stesso
dono
?
...
Basta
che
tu
vada
alla
fonte
;
e
se
una
vecchia
ti
chiede
da
bere
,
daglielo
con
buona
maniera
.
"
"
E
non
ci
mancherebbe
altro
!...",
rispose
quella
sbadata
.
"
Andare
alla
fontana
ora
!
"
"
Ti
dico
che
tu
ci
vada
...
e
subito
"
,
gridò
la
mamma
.
Brontolò
,
brontolò
;
ma
brontolando
prese
la
strada
portando
con
sé
la
più
bella
fiasca
d
'
argento
che
fosse
in
casa
.
La
superbia
,
capite
,
e
l
'
infingardaggine
!
...
Appena
arrivata
alla
fonte
,
eccoti
apparire
una
gran
signora
vestita
magnificamente
,
che
le
chiede
un
sorso
d
'
acqua
.
Era
la
medesima
Fata
apparsa
poco
prima
a
quell
'
altra
sorella
;
ma
aveva
preso
l
'
aspetto
e
il
vestiario
di
una
principessa
,
per
vedere
fino
a
quale
punto
giungeva
la
malcreanza
di
quella
pettegola
.
"
O
sta
'
a
vedere
...
"
,
rispose
la
superba
,
"
che
son
venuta
qui
per
dar
da
bere
a
voi
!
...
Sicuro
!
...
per
abbeverare
vostra
Signora
,
non
per
altro
!
...
Guardate
,
se
avete
sete
,
la
fonte
eccola
lì
.
"
"
Avete
poca
educazione
,
ragazza
...
"
,
rispose
la
Fata
senza
adirarsi
punto
,
"
e
giacché
siete
così
sgarbata
,
vi
do
per
dono
che
ad
ogni
parola
pronunziata
da
voi
vi
esca
di
bocca
un
rospo
o
una
serpe
.
"
Appena
la
mammina
la
vide
tornare
da
lontano
,
le
gridò
a
piena
gola
:
"
Dunque
,
Cecchina
,
com
'
è
andata
?
"
.
"
Non
mi
seccate
,
mamma
!...",
replicò
la
monella
;
e
sputò
due
vipere
e
due
rospacci
.
"
O
Dio
!
...
che
vedo
!...",
esclamò
la
madre
.
"
La
colpa
deve
essere
tutta
di
tua
sorella
,
ma
me
la
pagherà
...
"
E
si
mosse
per
picchiarla
.
Quella
povera
figliuola
fuggì
via
di
rincorsa
e
andò
a
rifugiarsi
nella
foresta
vicina
.
Il
figliuolo
del
Re
che
ritornava
da
caccia
la
incontrò
per
un
viottolo
,
e
vedendola
così
bella
,
le
domandò
che
cosa
faceva
in
quel
luogo
sola
sola
,
e
perché
piangeva
tanto
.
"
La
mamma
...
"
,
disse
lei
,
"
m
'
ha
mandato
via
di
casa
e
mi
voleva
picchiare
...
"
Il
figliuolo
del
Re
,
che
vide
uscire
da
quella
bocchina
cinque
o
sei
perle
e
altrettanti
brillanti
,
la
pregò
di
raccontare
come
mai
era
possibile
una
cosa
tanto
meravigliosa
.
E
la
ragazza
raccontò
per
filo
e
per
segno
tutto
quello
che
le
era
accaduto
.
Il
Principe
reale
se
ne
innamorò
subito
e
considerando
che
il
dono
della
Fata
valeva
più
di
qualunque
grossa
dote
che
potesse
avere
un
'
altra
donna
,
la
condusse
senz
'
altro
al
palazzo
del
Re
suo
padre
e
se
la
sposò
.
Quell
'
altra
sorella
frattanto
si
fece
talmente
odiare
da
tutti
,
che
sua
madre
stessa
la
cacciò
via
di
casa
;
e
la
disgraziata
dopo
aver
corso
invano
cercando
chi
acconsentisse
a
riceverla
andò
a
morire
sul
confine
del
bosco
.
MORALE
Gli
smeraldi
,
le
perle
,
ed
i
diamanti
Abbaglian
gli
occhi
col
vivo
splendore
;
Ma
le
dolci
parole
e
i
dolci
pianti
Hanno
spesso
più
forza
e
più
valore
.
ALTRA
MORALE
La
cortesia
che
le
bell
'
alme
accende
,
Costa
talora
acerbi
affanni
e
pene
;
Ma
presto
o
tardi
la
virtù
risplende
,
E
quando
men
ci
pensa
il
premio
ottiene
.
Cappuccetto
Rosso
C
'
era
una
volta
in
un
villaggio
una
bambina
,
la
più
carina
che
si
potesse
mai
vedere
.
La
sua
mamma
n
'
era
matta
,
e
la
sua
nonna
anche
di
pìù
.
Quella
buona
donna
di
sua
madre
le
aveva
fatto
fare
un
cappuccetto
rosso
,
il
quale
le
tornava
così
bene
a
viso
,
che
la
chiamavano
dappertutto
Cappuccetto
Rosso
.
Un
giorno
sua
madre
,
avendo
cavate
di
forno
alcune
stiacciate
,
le
disse
:
"
Va
'
un
po
'
a
vedere
come
sta
la
tua
nonna
,
perché
mi
hanno
detto
che
era
un
po
'
incomodata
:
e
intanto
portale
questa
stiacciata
e
questo
vasetto
di
burro
"
.
Cappuccetto
Rosso
,
senza
farselo
dire
due
volte
,
partì
per
andare
dalla
sua
nonna
,
la
quale
stava
in
un
altro
villaggio
.
E
passando
per
un
bosco
s
'
imbatté
in
quella
buona
lana
del
Lupo
,
il
quale
avrebbe
avuto
una
gran
voglia
di
mangiarsela
;
ma
poi
non
ebbe
il
coraggio
di
farlo
,
a
motivo
di
certi
taglialegna
che
erano
lì
nella
foresta
.
Egli
le
domandò
dove
andava
.
La
povera
bambina
,
che
non
sapeva
quanto
sia
pericoloso
fermarsi
per
dar
retta
al
Lupo
,
gli
disse
:
"
Vo
a
vedere
la
mia
nonna
e
a
portarle
una
stiacciata
,
con
questo
vasetto
di
burro
,
che
le
manda
la
mamma
mia
"
.
"
Sta
molto
lontana
di
qui
?
"
,
disse
il
Lupo
.
"
Oh
,
altro
!
"
,
disse
Cappuccetto
Rosso
.
"
La
sta
laggiù
,
passato
quel
mulino
,
che
si
vede
di
qui
,
nella
prima
casa
,
al
principio
del
villaggio
.
"
"
Benissimo
"
,
disse
il
Lupo
,
"
voglio
venire
a
vederla
anch
'
io
.
Io
piglierò
da
questa
parte
,
e
tu
da
quell
'
altra
,
e
faremo
a
chi
arriva
più
presto
.
"
Il
Lupo
si
messe
a
correre
per
la
sua
strada
,
che
era
una
scorciatoia
,
con
quanta
forza
avea
nelle
gambe
:
e
la
bambina
se
ne
andò
per
la
sua
strada
,
che
era
la
più
lunga
,
baloccandosi
a
cogliere
le
nocciuole
,
a
dar
dietro
alle
farfalle
,
e
a
fare
dei
mazzetti
con
tutti
i
fiorellini
,
che
incontrava
lungo
la
via
.
Il
Lupo
in
due
salti
arrivò
a
casa
della
nonna
e
bussò
.
"
Toc
,
toc
.
"
"
Chi
è
?
"
"
Sono
la
vostra
bambina
,
son
Cappuccetto
Rosso
"
,
disse
il
Lupo
,
contraffacendone
la
voce
,
"
e
vengo
a
portarvi
una
stiacciata
e
un
vasetto
di
burro
,
che
vi
manda
la
mamma
mia
.
"
La
buona
nonna
,
che
era
a
letto
perché
non
si
sentiva
troppo
bene
,
gli
gridò
:
"
Tira
la
stanghetta
,
e
la
porta
si
aprirà
"
.
Il
Lupo
tirò
la
stanghetta
,
e
la
porta
si
aprì
.
Appena
dentro
,
si
gettò
sulla
buona
donna
e
la
divorò
in
men
che
non
si
dice
,
perché
erano
tre
giorni
che
non
s
'
era
sdigiunato
.
Quindi
rinchiuse
la
porta
e
andò
a
mettersi
nel
letto
della
nonna
,
aspettando
che
arrivasse
Cappuccetto
Rosso
,
che
,
di
lì
a
poco
,
venne
a
picchiare
alla
porta
.
"
Toc
,
toc
.
"
"
Chi
è
?
"
Cappuccetto
Rosso
,
che
sentì
il
vocione
grosso
del
Lupo
,
ebbe
dapprincipio
un
po
'
di
paura
;
ma
credendo
che
la
sua
nonna
fosse
infreddata
rispose
:
"
Sono
la
vostra
bambina
,
son
Cappuccetto
Rosso
,
che
vengo
a
portarvi
una
stiacciata
e
un
vasetto
di
burro
,
che
vi
manda
la
mamma
mia
"
.
Il
Lupo
gridò
di
dentro
,
assottigliando
un
po
'
la
voce
:
"
Tira
la
stanghetta
e
la
porta
si
aprirà
.
"
Cappuccetto
Rosso
tirò
la
stanghetta
e
la
porta
si
aprì
.
Il
Lupo
,
vistala
entrare
,
le
disse
,
nascondendosi
sotto
le
coperte
:
"
Posa
la
stiacciata
e
il
vasetto
di
burro
sulla
madia
e
vieni
a
letto
con
me
"
.
Cappuccetto
Rosso
si
spogliò
ed
entrò
nel
letto
,
dove
ebbe
una
gran
sorpresa
nel
vedere
com
'
era
fatta
la
sua
nonna
,
quando
era
tutta
spogliata
.
E
cominciò
a
dire
:
"
O
nonna
mia
,
che
braccia
grandi
che
avete
!
"
.
"
Gli
è
per
abbracciarti
meglio
,
bambina
mia
.
"
"
O
nonna
mia
,
che
gambe
grandi
che
avete
!
"
"
Gli
è
per
correr
meglio
,
bambina
mia
.
"
"
O
nonna
mia
,
che
orecchie
grandi
che
avete
!
"
"
Gli
è
per
sentirci
meglio
,
bambina
mia
.
"
"
O
nonna
mia
,
che
occhioni
grandi
che
avete
!
"
"
Gli
è
per
vederci
meglio
,
bambina
mia
.
"
"
O
nonna
mia
,
che
denti
grandi
che
avete
!
"
"
Gli
è
per
mangiarti
meglio
.
"
E
nel
dir
così
,
quel
malanno
di
Lupo
si
gettò
sul
povero
Cappuccetto
Rosso
,
e
ne
fece
un
boccone
.
La
storia
di
Cappuccetto
Rosso
fa
vedere
ai
giovinetti
e
alle
giovinette
,
e
segnatamente
alle
giovinette
,
che
non
bisogna
mai
fermarsi
a
discorrere
per
la
strada
con
gente
che
non
si
conosce
:
perché
dei
lupi
ce
n
'
è
dappertutto
e
di
diverse
specie
,
e
i
più
pericolosi
sono
appunto
quelli
che
hanno
faccia
di
persone
garbate
e
piene
di
complimenti
e
di
belle
maniere
.
Il
gatto
con
gli
stivali
Un
mugnaio
,
venuto
a
morte
,
non
lasciò
altri
beni
ai
suoi
tre
figliuoli
che
aveva
,
se
non
il
suo
mulino
,
il
suo
asino
e
il
suo
gatto
.
Così
le
divisioni
furono
presto
fatte
:
né
ci
fu
bisogno
dell
'
avvocato
e
del
notaro
;
i
quali
,
com
'
è
naturale
,
si
sarebbero
mangiata
in
un
boccone
tutt
'
intera
la
piccola
eredità
.
Il
maggiore
ebbe
il
mulino
.
Il
secondo
,
l
'
asino
.
E
il
minore
dei
fratelli
ebbe
solamente
il
gatto
.
Quest
'
ultimo
non
sapeva
darsi
pace
,
per
essergli
toccata
una
parte
così
meschina
.
"
I
miei
fratelli
"
,
faceva
egli
a
dire
,
"
potranno
tirarsi
avanti
onestamente
,
menando
vita
in
comune
:
ma
quanto
a
me
,
quando
avrò
mangiato
il
mio
gatto
,
e
fattomi
un
manicotto
della
sua
pelle
,
bisognerà
che
mi
rassegni
a
morir
di
fame
.
"
Il
gatto
,
che
sentiva
questi
discorsi
,
e
faceva
finta
di
non
darsene
per
inteso
,
gli
disse
con
viso
serio
e
tranquillo
:
"
Non
vi
date
alla
disperazione
,
padron
mio
!
Voi
non
dovete
far
altro
che
trovarmi
un
sacco
e
farmi
fare
un
paio
di
stivali
per
andare
nel
bosco
;
e
dopo
vi
farò
vedere
che
nella
parte
che
vi
è
toccata
,
non
siete
stato
trattato
tanto
male
quanto
forse
credete
"
.
Sebbene
il
padrone
del
gatto
non
pigliasse
queste
parole
per
moneta
contante
,
a
ogni
modo
gli
aveva
visto
fare
tanti
giuochi
di
destrezza
nel
prendere
i
topi
,
or
col
mettersi
penzoloni
,
attaccato
per
i
piedi
,
or
col
fare
il
morto
,
nascosto
dentro
la
farina
,
che
finì
coll
'
aver
qualche
speranza
di
trovare
in
lui
un
po
'
di
aiuto
nelle
sue
miserie
.
Appena
il
gatto
ebbe
ciò
che
voleva
,
s
'
infilò
bravamente
gli
stivali
,
e
mettendosi
il
sacco
al
collo
,
prese
le
corde
colle
zampe
davanti
e
se
ne
andò
in
una
conigliera
,
dove
c
'
erano
moltissimi
conigli
.
Pose
dentro
al
sacco
un
po
'
di
crusca
e
della
cicerbita
:
e
sdraiandosi
per
terra
come
se
fosse
morto
,
aspettò
che
qualche
giovine
coniglio
,
ancora
novizio
dei
chiapperelli
del
mondo
,
venisse
a
ficcarsi
nel
sacco
per
la
gola
di
mangiare
la
roba
che
c
'
era
dentro
.
Appena
si
fu
sdraiato
,
ebbe
subito
la
grazia
.
Eccoti
un
coniglio
,
giovane
d
'
anni
e
di
giudizio
,
che
entrò
dentro
al
sacco
:
e
il
bravo
gatto
,
tirando
subito
la
funicella
,
lo
prese
e
l
'
uccise
senza
pietà
né
misericordia
.
Tutto
glorioso
della
preda
fatta
andò
dal
Re
,
e
chiese
di
parlargli
.
Lo
fecero
salire
nei
quartieri
del
Re
,
dove
entrato
che
fu
fece
una
gran
riverenza
al
Re
,
e
gli
disse
:
"
Ecco
,
Sire
,
un
coniglio
di
conigliera
che
il
signor
marchese
di
Carabà
"
,
era
il
nome
che
gli
era
piaciuto
di
dare
al
suo
padrone
,
"
mi
ha
incaricato
di
presentarvi
da
parte
sua
"
.
"
Di
'
al
tuo
padrone
"
rispose
il
Re
"
che
lo
ringrazio
e
che
mi
ha
fatto
un
vero
regalo
.
"
Un
'
altra
volta
andò
a
nascondersi
fra
il
grano
,
tenendo
sempre
il
suo
sacco
aperto
;
e
appena
ci
furono
entrate
dentro
due
pernici
,
tirò
la
corda
e
le
acchiappò
tutte
e
due
.
Corse
quindi
a
presentarle
al
Re
,
come
aveva
fatto
per
il
coniglio
di
conigliera
.
Il
Re
gradì
moltissimo
anche
le
due
pernici
e
gli
fece
dare
la
mancia
.
Il
gatto
in
questo
modo
continuò
per
due
o
tre
mesi
a
portare
di
tanto
in
tanto
ai
Re
la
selvaggina
della
caccia
del
suo
padrone
.
Un
giorno
avendo
saputo
che
il
Re
doveva
recarsi
a
passeggiare
lungo
la
riva
del
fiume
insieme
alla
sua
figlia
,
la
più
bella
Principessa
del
mondo
,
disse
al
suo
padrone
:
"
Se
date
retta
a
un
mio
consiglio
,
la
vostra
fortuna
è
fatta
:
voi
dovete
andare
a
bagnarvi
nel
fiume
,
e
precisamente
nel
posto
che
vi
dirò
io
:
quanto
al
resto
,
lasciate
fare
a
me
"
.
Il
marchese
di
Carabà
fece
tutto
quello
che
gli
consigliò
il
suo
gatto
,
senza
sapere
a
che
cosa
gli
avrebbe
potuto
giovare
.
Mentre
egli
si
bagnava
,
il
Re
passò
di
là
;
e
il
gatto
si
messe
a
gridare
con
quanta
ne
aveva
in
gola
:
"
Aiuto
,
aiuto
!
affoga
il
marchese
di
Carabà
"
.
A
queste
grida
,
il
Re
messe
il
capo
fuori
dallo
sportello
della
carrozza
e
,
riconosciuto
il
gatto
,
che
tante
volte
gli
aveva
portato
la
selvaggina
,
ordinò
alle
guardie
che
corressero
subito
in
aiuto
del
marchese
di
Carabà
.
Intanto
che
tiravano
su
,
fuori
dell
'
acqua
,
il
povero
Marchese
,
il
gatto
avvicinandosi
alla
carrozza
raccontò
al
Re
che
mentre
il
suo
padrone
si
bagnava
,
i
ladri
erano
venuti
a
portargli
via
i
suoi
vestiti
,
sebbene
avesse
gridato
al
ladro
con
tutta
la
forza
dei
polmoni
.
Il
furbo
trincato
aveva
nascosto
i
panni
sotto
un
pietrone
.
Il
Re
diè
ordine
subito
agli
ufficiali
della
sua
guardaroba
di
andare
a
prendere
uno
dei
più
sfarzosi
vestiari
per
il
marchese
di
Carabà
.
Il
Re
gli
usò
mille
carezze
,
e
siccome
l
'
abito
che
gli
avevano
portato
in
quel
momento
faceva
spiccare
i
pregi
della
sua
persona
(
perché
era
bello
e
benissimo
fatto
)
,
la
Principessa
lo
trovò
simpatico
e
di
suo
genio
:
e
bastarono
poche
occhiate
del
marchese
di
Carabà
,
molto
rispettose
ma
abbastanza
tenere
,
perché
ella
ne
rimanesse
innamorata
cotta
.
Volle
il
Re
che
salisse
nella
sua
carrozza
,
e
facesse
la
passeggiata
con
essi
.
Il
gatto
,
contentissimo
di
vedere
che
il
suo
disegno
cominciava
a
pigliar
colore
,
s
'
avviò
avanti
;
e
avendo
incontrato
dei
contadini
,
che
segavano
,
disse
loro
:
"
Buona
gente
che
segate
il
fieno
,
se
non
dite
al
Re
che
il
prato
segato
da
voi
appartiene
al
marchese
di
Carabà
,
sarete
tutti
affettati
fini
fini
come
carne
da
far
polpette
"
.
Il
Re
infatti
domandò
ai
segatori
di
chi
fosse
il
prato
che
segavano
.
"
È
del
marchese
di
Carabà
"
,
dissero
tutti
a
una
voce
perché
la
minaccia
del
gatto
li
aveva
impauriti
.
"
Voi
avete
di
bei
possessi
"
,
disse
il
Re
al
marchese
di
Carabà
.
"
Lo
vedete
da
voi
,
Sire
"
,
rispose
il
Marchese
.
"
Questa
è
una
prateria
,
che
non
c
'
è
anno
che
non
mi
dia
una
raccolta
abbondantissima
.
"
Il
bravo
gatto
,
che
faceva
sempre
da
battistrada
,
incontrò
dei
mietitori
,
e
disse
loro
:
"
Buona
gente
che
segate
il
grano
,
se
non
direte
che
tutto
questo
grano
appartiene
al
signor
marchese
di
Carabà
,
sarete
stritolati
fini
fini
come
carne
da
far
polpette
"
.
Il
Re
,
che
passò
pochi
minuti
dopo
,
volle
sapere
a
chi
appartenesse
tutto
il
grano
che
vedeva
.
"
È
del
signor
marchese
di
Carabà
"
,
risposero
i
mietitori
.
E
il
Re
se
ne
rallegrò
col
Marchese
.
Il
gatto
,
che
trottava
sempre
avanti
la
carrozza
,
ripeteva
sempre
le
medesime
cose
a
tutti
quelli
che
incontrava
lungo
la
strada
;
e
il
Re
rimaneva
meravigliato
dei
grandi
possessi
del
signor
marchese
di
Carabà
.
Finalmente
il
gatto
arrivò
a
un
bel
castello
,
di
cui
era
padrone
un
orco
,
il
più
ricco
che
si
fosse
mai
veduto
;
perché
tutte
le
terre
,
che
il
Re
aveva
attraversate
,
dipendevano
da
questo
castello
.
Il
gatto
s
'
ingegnò
di
sapere
chi
era
quest
'
uomo
,
e
che
cosa
sapesse
fare
:
e
domandò
di
potergli
parlare
,
dicendo
che
gli
sarebbe
parso
sconvenienza
passare
così
accosto
al
suo
castello
senza
rendergli
omaggio
e
riverenza
.
L
'
orco
l
'
accolse
con
tutta
quella
cortesia
che
può
avere
un
orco
;
e
gli
offrì
da
riposarsi
.
"
Mi
hanno
assicurato
"
,
disse
il
gatto
,
"
che
voi
avete
la
virtù
di
potervi
cambiare
in
ogni
specie
d
'
animali
;
e
che
vi
potete
,
per
dirne
una
,
trasformare
in
leone
e
in
elefante
.
"
"
Verissimo
!
"
,
rispose
l
'
orco
bruscamente
,
"
e
per
darvene
una
prova
,
mi
vedrete
diventare
un
leone
.
"
Il
gatto
fu
così
spaventato
dal
vedersi
dinanzi
agli
occhi
un
leone
,
che
s
'
arrampicò
subito
su
per
le
grondaie
,
ma
non
senza
fatica
e
pericolo
,
a
cagione
dei
suoi
stivali
,
che
non
erano
buoni
a
nulla
per
camminare
sulle
grondaie
de
'
tetti
.
Di
lì
a
poco
,
quando
il
gatto
si
avvide
che
l
'
orco
aveva
ripresa
la
sua
forma
di
prima
,
calò
a
basso
e
confessò
di
avere
avuto
una
gran
paura
.
"
Mi
hanno
per
di
più
assicurato
"
,
disse
il
gatto
,
"
ma
questa
mi
par
troppo
grossa
e
non
la
posso
bere
,
che
voi
avete
anche
la
virtù
di
prendere
la
forma
dei
più
piccoli
animali
;
come
sarebbe
a
dire
,
di
cambiarvi
,
per
esempio
,
in
un
topo
o
in
una
talpa
:
ma
anche
queste
son
cose
,
lasciate
che
ve
lo
ripeta
,
che
mi
paiono
sogni
dell
'
altro
mondo
!
"
"
Sogni
?
"
,
disse
l
'
orco
.
"
Ora
vi
farò
veder
io
!..."
E
nel
dir
così
,
si
cangiò
in
sorcio
,
e
si
messe
a
correre
per
la
stanza
.
Ma
il
gatto
,
lesto
come
un
baleno
,
gli
s
'
avventò
addosso
e
lo
mangiò
.
Intanto
il
Re
che
,
passando
da
quella
parte
,
vide
il
bel
castello
dell
'
orco
,
volle
entrarvi
.
Il
gatto
,
che
sentì
il
rumore
della
carrozza
che
passava
sul
ponte
-
levatoio
del
castello
,
corse
incontro
al
Re
e
gli
disse
:
"
Vostra
Maestà
sia
la
benvenuta
in
questo
castello
del
signor
marchese
di
Carabà
"
.
"
Come
!
signor
Marchese
!
"
,
esclamò
il
Re
.
"
Anche
questo
castello
è
vostro
?
Non
c
'
è
nulla
di
più
bello
di
questo
palazzo
e
delle
fabbriche
che
lo
circondano
;
visitiamolo
all
'
interno
,
se
non
vi
scomoda
.
"
Il
Marchese
dette
la
mano
alla
Principessa
;
e
seguendo
il
Re
,
che
era
salito
il
primo
,
entrarono
in
una
gran
sala
,
dove
trovarono
imbandita
una
magnifica
merenda
,
che
l
'
orco
aveva
fatta
preparare
per
certi
suoi
amici
che
dovevano
venire
a
trovarlo
,
ma
che
non
avevano
ardito
di
entrar
nel
castello
,
perché
sapevano
che
c
'
era
il
Re
.
Il
Re
,
contento
da
non
potersi
dire
,
delle
belle
doti
del
marchese
di
Carabà
,
al
pari
della
sua
figlia
,
che
n
'
era
pazza
,
e
vedendo
i
grandi
possessi
che
aveva
,
dopo
aver
vuotato
quattro
o
cinque
bicchieri
,
gli
disse
:
"
Signor
Marchese
!
se
volete
diventare
mio
genero
,
non
sta
che
a
voi
"
.
Il
marchese
,
con
mille
reverenze
,
gradì
l
'
alto
onore
fattogli
dal
Re
,
e
il
giorno
dopo
sposò
la
Principessa
.
Il
gatto
diventò
gran
signore
,
e
se
seguitò
a
dar
la
caccia
ai
topi
,
lo
fece
unicamente
per
passatempo
.
Godersi
in
pace
una
ricca
eredità
,
passata
di
padre
in
figlio
,
è
sempre
una
bella
cosa
:
ma
per
i
giovani
,
l
'
industria
,
l
'
abilità
e
la
svegliatezza
d
'
ingegno
valgono
più
d
'
ogni
altra
fortuna
ereditata
.
Da
questo
lato
,
la
storia
del
gatto
del
signor
marchese
di
Carabà
è
molto
istruttiva
,
segnatamente
per
i
gatti
e
per
i
marchesi
di
Carabà
.
Enrichetto
dal
ciuffo
C
'
era
una
volta
una
Regina
,
la
quale
partorì
un
figliuolo
così
brutto
e
così
male
imbastito
,
da
far
dubitare
per
un
pezzo
se
avesse
fattezze
di
bestia
o
di
cristiano
.
Una
fata
,
che
si
trovò
presente
al
parto
,
dette
per
sicuro
che
egli
avrebbe
avuto
molto
spirito
:
e
aggiunse
di
più
,
che
in
grazia
di
un
certo
dono
particolare
,
fattogli
da
lei
,
avrebbe
potuto
trasfondere
altrettanta
dose
di
spirito
e
d
'
intelligenza
in
quella
persona
,
chiunque
si
fosse
,
che
egli
avesse
amato
sopra
tutte
le
altre
.
Questa
cosa
consolò
un
poco
la
povera
Regina
,
la
quale
non
poteva
darsi
pace
di
aver
messo
al
mondo
un
brutto
marmocchio
a
quel
modo
!
Il
fatto
egli
è
,
che
appena
il
fanciullo
cominciò
a
spiccicar
parola
,
disse
delle
cose
molto
aggiustate
:
e
in
tutto
quello
che
faceva
,
mostrava
un
so
che
di
così
aggraziato
,
che
piaceva
e
dava
nel
genio
a
tutti
.
Mi
dimenticava
di
dire
che
egli
nacque
con
un
ciuffettino
di
capelli
sulla
testa
:
e
per
questo
lo
chiamarono
Enrichetto
dal
ciuffo
:
perché
Enrichetto
era
il
suo
nome
di
battesimo
.
In
capo
a
sette
o
otto
anni
,
la
Regina
di
uno
Stato
vicino
partorì
due
bambine
.
La
prima
,
che
venne
al
mondo
,
era
più
bella
del
Sole
;
e
la
Regina
ne
sentì
un
'
allegrezza
così
grande
,
da
far
temere
per
la
sua
salute
.
La
stessa
fata
,
che
aveva
assistito
alla
nascita
di
Enrichetto
dal
ciuffo
,
si
trovò
presente
anche
a
quest
'
altra
:
e
per
moderare
la
gioia
della
Regina
,
le
dichiarò
che
la
piccola
Principessa
non
avrebbe
avuto
neppur
l
'
ombra
dello
spirito
,
per
cui
sarebbe
stata
tanto
stupida
,
quanto
era
bella
.
La
Regina
rimase
molto
male
di
questa
cosa
:
ma
pochi
momenti
dopo
ebbe
un
altro
dispiacere
anche
più
grosso
,
nel
vedere
che
la
seconda
figlia
,
che
aveva
partorito
,
era
talmente
brutta
da
fare
paura
.
"
Non
vi
disperate
,
signora
"
,
le
disse
la
fata
,
"
la
vostra
figlia
sarà
ricompensata
per
un
altro
verso
;
essa
avrà
tanto
spirito
,
da
non
avvedersi
nemmeno
della
bellezza
che
non
l
'
è
toccata
.
"
"
Dio
voglia
che
sia
così
!
"
,
rispose
la
Regina
,
"
ma
non
ci
sarebbe
modo
di
fare
avere
un
po
'
di
spirito
anche
alla
maggiore
che
è
tanto
bella
?
"
"
Per
quanto
allo
spirito
,
o
signora
,
io
non
ci
posso
far
nulla
"
,
disse
la
fata
,
"
ma
posso
tutto
per
la
parte
della
bellezza
;
e
siccome
non
c
'
è
cosa
al
mondo
che
non
farei
per
vedervi
contenta
,
così
le
concederò
in
dono
la
virtù
di
far
diventare
bella
la
persona
che
più
sarà
di
suo
genio
.
"
A
mano
a
mano
che
le
due
Principesse
crescevano
,
crescevano
con
esse
i
loro
pregi
,
fino
al
punto
che
non
si
parlava
d
'
altro
che
della
bellezza
della
più
grande
e
dello
spirito
della
minore
.
È
vero
però
che
anche
i
loro
difetti
si
facevano
più
vistosi
,
coll
'
andare
in
là
degli
anni
.
La
minore
imbruttiva
a
occhiate
,
e
la
maggiore
diventava
stupida
un
giorno
più
dell
'
altro
,
e
non
sapeva
rispondere
alle
domande
che
le
venivano
fatte
,
o
rispondeva
delle
giuccherie
.
Oltre
a
questo
ell
'
era
così
smanierata
e
senza
garbo
né
grazia
,
che
non
era
buona
di
posare
quattro
vasi
di
porcellana
sul
camminetto
senza
romperne
qualcuno
,
né
d
'
accostarsi
alla
bocca
un
bicchier
d
'
acqua
senza
versarselo
mezzo
sul
vestito
.
Sebbene
la
bellezza
sia
un
gran
vantaggio
per
una
fanciulla
,
pure
è
un
fatto
che
la
sorella
minore
aveva
sempre
il
disopra
sull
'
altra
,
in
società
e
in
tutte
le
conversazioni
.
Sul
primo
,
tutti
si
voltavano
dalla
parte
della
più
bella
per
vederla
e
ammirarla
;
ma
dopo
pochi
minuti
la
lasciavano
per
andare
da
quella
che
aveva
più
spirito
,
a
sentire
le
cose
graziose
che
diceva
:
e
faceva
maraviglia
di
vedere
come
in
meno
di
un
quarto
d
'
ora
la
maggiore
non
avesse
più
nessuno
dintorno
a
sé
,
mentre
tutti
erano
a
far
corona
intorno
alla
sorella
minore
.
La
maggiore
,
sebbene
molto
stupida
,
si
avvide
di
questa
cosa
:
e
avrebbe
dato
volentieri
tutta
la
sua
bellezza
,
per
avere
la
metà
dello
spirito
della
sorella
.
La
Regina
,
quantunque
fosse
prudente
,
non
seppe
stare
dallo
sgridarla
piu
volte
delle
sue
grullerie
:
e
questa
cosa
fece
tanta
pena
alla
povera
Principessa
,
che
si
sentì
come
morire
.
Un
giorno
,
che
era
andata
nel
bosco
a
piangere
la
sua
disgrazia
,
vide
venirsi
incontro
un
omiciattolo
brutto
e
spiacente
quanto
mai
,
ma
vestito
con
grandissima
eleganza
.
Era
il
giovane
principe
Enrichetto
dal
ciuffo
,
il
quale
innamoratosi
di
lei
al
solo
vederne
i
ritratti
che
giravano
per
tutto
il
mondo
,
aveva
abbandonato
il
regno
di
suo
padre
per
avere
il
piacere
di
vederla
e
di
parlarle
.
Contentissimo
di
trovarla
sola
,
si
avvicinò
a
lei
con
tutto
il
rispetto
e
la
gentilezza
immaginabile
.
E
avendo
udito
che
essa
era
molto
afflitta
,
dopo
i
soliti
complimenti
d
'
uso
le
disse
:
"
Io
non
so
comprendere
,
o
Regina
,
come
essendo
voi
così
bella
come
siete
,
possiate
essere
triste
come
apparite
;
perché
,
sebbene
io
possa
vantarmi
di
aver
veduto
un
'
infinità
di
belle
donne
,
posso
dire
di
non
averne
vista
una
sola
,
la
cui
bellezza
si
avvicinasse
alla
vostra
"
.
"
A
voi
piace
dir
così
!
"
,
rispose
la
Principessa
,
e
non
disse
altro
.
"
La
bellezza
"
,
riprese
Enrichetto
dal
ciuffo
,
"
è
un
dono
così
grande
,
che
deve
compensare
di
tutto
il
resto
;
e
quando
la
si
possiede
,
non
vedo
nessun
'
altra
cosa
che
possa
recarci
afflizione
.
"
"
Vorrei
"
,
rispose
la
Principessa
,
"
essere
brutta
quanto
voi
e
avere
dello
spirito
;
piuttosto
che
avere
la
bellezza
che
ho
,
ed
essere
una
stupida
come
sono
.
"
"
Non
c
'
è
nulla
,
o
signora
,
che
dia
segno
di
aver
dello
spirito
,
quanto
il
credere
di
non
averne
:
egli
è
uno
di
quei
pregi
,
che
per
la
sua
indole
singolare
,
più
se
ne
ha
,
e
più
si
crede
di
esserne
mancanti
.
"
"
Io
non
m
'
intendo
di
queste
cose
"
,
disse
la
Principessa
,
"
ma
so
benissimo
che
io
sono
una
grande
imbecille
,
ed
ecco
la
cagione
del
dolore
,
che
mi
farà
morire
.
"
"
Se
non
è
che
questo
che
vi
tormenta
,
o
signora
,
io
posso
facilmente
metter
fine
alla
vostra
afflizione
.
"
"
E
come
fare
?
"
,
disse
la
Principessa
,
"
Io
ho
il
potere
"
,
disse
Enrichetto
dal
ciuffo
,
"
di
trasfondere
tutto
lo
spirito
,
che
può
desiderarsi
,
in
quella
persona
che
io
dovrò
amare
sopra
le
altre
;
e
siccome
voi
siete
quella
,
così
dipende
da
voi
di
possedere
tanto
spirito
,
quanto
se
ne
può
avere
,
solo
che
siate
contenta
di
sposarmi
.
"
La
Principessa
rimase
come
una
statua
,
e
non
rispose
sillaba
.
"
Vedo
bene
"
,
rispose
Enrichetto
dal
ciuffo
,
"
che
questa
mia
proposta
non
vi
è
andata
punto
a
genio
:
e
non
me
ne
faccio
nessuna
meraviglia
;
ma
vi
lascio
un
anno
intero
,
perché
possiate
prendere
una
risoluzione
.
"
La
Principessa
aveva
così
poco
spirito
,
e
al
tempo
stesso
sentiva
tanta
voglia
di
averne
,
che
s
'
immaginò
che
la
fine
dell
'
anno
non
sarebbe
arrivata
mai
,
e
così
accettò
la
proposizione
che
le
veniva
fatta
.
Appena
ebbe
promesso
a
Enrichetto
dal
ciuffo
che
dentro
un
anno
e
in
quello
stesso
giorno
l
'
avrebbe
sposato
,
si
sentì
subito
molto
diversa
da
quella
di
prima
;
e
provò
una
facilità
incredibile
a
dire
tutte
le
cose
che
voleva
dire
,
e
a
dirle
in
un
modo
grazioso
,
spontaneo
e
naturale
.
Cominciò
da
questo
momento
a
metter
su
una
conversazione
elegante
e
ben
condotta
con
Enrichetto
dal
ciuffo
,
nella
quale
essa
brillò
con
tanta
vivacità
,
che
a
questi
nacque
il
dubbio
di
averle
dato
più
spirito
di
quello
che
se
ne
fosse
serbato
per
sé
.
Ritornata
che
fu
al
palazzo
,
la
Corte
non
sapeva
che
pensare
di
un
cambiamento
così
improvviso
e
straordinario
;
dappoiché
,
per
quante
sguaiataggini
le
avevano
udito
dire
in
passato
,
ora
la
sentivano
dire
altrettante
cose
spiritosissime
e
piene
di
buon
senso
.
Tutta
la
Corte
n
'
ebbe
un
'
allegrezza
tale
da
non
figurarselo
.
Non
ci
fu
la
sorella
minore
,
che
non
ne
restasse
contenta
,
perché
non
avendo
più
sulla
maggiore
il
disopra
dello
spirito
,
faceva
ora
accanto
a
lei
la
figura
meschinissima
d
'
una
bertuccia
.
Il
Re
si
lasciava
guidare
da
lei
,
e
qualche
volta
andava
fino
a
tener
consiglio
nel
suo
quartiere
.
La
diceria
di
questo
cambiamento
essendosi
sparsa
all
'
intorno
,
tutti
i
giovani
principi
degli
Stati
vicini
fecero
a
gara
per
arrivare
a
farsi
amare
,
e
quasi
tutti
la
chiesero
in
sposa
ma
essa
non
trovava
chi
avesse
abbastanza
spirito
,
e
faceva
lo
stesso
viso
a
tutte
le
offerte
di
matrimonio
,
senza
impegnarsi
con
alcuno
.
Intanto
se
ne
presentò
uno
così
potente
,
così
ricco
,
e
così
spiritoso
e
bello
della
persona
,
che
ella
non
poté
stare
dal
sentire
una
certa
inclinazione
per
lui
.
Suo
padre
,
che
se
n
'
era
avveduto
,
le
disse
che
la
lasciava
padrona
di
scegliersi
lo
sposo
a
modo
suo
,
e
che
non
aveva
da
far
altro
che
far
conoscere
la
sua
volontà
.
E
siccome
accade
che
più
uno
ha
dello
spirito
,
e
più
si
trova
impensierito
a
pigliare
una
risoluzione
stabile
in
certe
faccende
,
essa
,
dopo
aver
ringraziato
suo
padre
,
domandò
che
le
fosse
dato
un
po
'
di
tempo
per
poterci
pensar
sopra
.
E
per
caso
andò
a
passeggiare
in
quel
bosco
dove
aveva
incontrato
Enrichetto
dal
ciuffo
,
per
avere
il
modo
di
pensare
comodamente
alla
risoluzione
da
prendere
.
Mentr
'
ella
passeggiava
tutt
'
immersa
ne
'
suoi
pensieri
sentì
sotto
i
piedi
un
rumore
sordo
,
come
di
molte
persone
che
vadano
e
vengano
,
e
si
dieno
un
gran
da
fare
.
Avendo
teso
l
'
orecchio
con
più
attenzione
,
sentì
qualcuno
che
diceva
:
"
Passami
codesta
caldaia
"
;
e
un
altro
:
"
Metti
della
legna
sul
fuoco
"
.
La
terra
si
aprì
in
quel
momento
,
ed
ella
vide
sotto
i
suoi
piedi
come
una
gran
cucina
piena
di
cuochi
,
di
sguatteri
e
d
'
ogni
sorta
di
gente
necessaria
per
allestire
una
gran
festa
.
E
di
lì
uscì
fuori
una
schiera
di
venti
o
trenta
rosticcieri
,
che
andarono
a
piantarsi
in
un
viale
del
bosco
,
intorno
a
una
lunghissima
tavola
,
e
tutti
colla
ghiotta
in
mano
e
colla
coda
di
volpe
sull
'
orecchio
si
posero
a
lavorare
a
tempo
di
musica
,
sul
motivo
di
una
graziosa
canzone
.
La
Principessa
,
stupita
di
quello
spettacolo
,
domandò
loro
per
chi
fossero
in
tanto
lavorìo
.
"
Lavoriamo
"
,
rispose
il
capoccia
della
brigata
,
"
per
il
signor
Enrichetto
dal
ciuffo
,
che
domani
è
sposo
.
"
La
Principessa
,
sempre
più
meravigliata
,
e
ricordandosi
a
un
tratto
che
un
anno
fa
,
e
in
quello
stesso
giorno
,
aveva
promesso
di
sposare
il
principe
Enrichetto
dal
ciuffo
,
credé
di
cascare
dalle
nuvole
.
La
ragione
della
sua
dimenticanza
stava
in
questo
che
,
quando
promise
,
era
sempre
la
solita
stupida
,
e
acquistando
in
seguito
lo
spirito
che
il
Principe
le
aveva
dato
,
non
si
ricordava
più
di
tutte
le
sue
grullerie
.
Non
aveva
fatto
ancora
trenta
passi
,
seguitando
la
sua
passeggiata
,
che
s
'
imbatté
in
Enrichetto
dal
ciuffo
,
il
quale
si
faceva
avanti
tutto
sgargiante
e
magnifico
,
come
un
Principe
che
vada
a
nozze
.
"
Eccomi
qui
,
signora
"
,
egli
disse
,
"
puntuale
alla
mia
parola
:
e
non
ho
il
minimo
dubbio
che
voi
siate
venuta
qui
per
mantenere
la
vostra
,
e
per
far
di
me
,
col
dono
della
vostra
mano
,
il
mortale
più
felice
di
questa
terra
.
"
"
Vi
confesserò
francamente
"
,
rispose
la
Principessa
,
"
che
su
questa
cosa
non
ho
presa
ancora
nessuna
risoluzione
;
e
ho
paura
che
,
se
dovrò
prenderne
una
,
non
sarà
mai
quella
che
desiderate
.
"
"
Voi
mi
fate
stupire
,
o
signora
"
,
disse
Enrichetto
dal
ciuffo
.
"
Lo
capisco
"
,
disse
la
Principessa
,
"
difatti
mi
troverei
in
un
grandissimo
impiccio
,
se
avessi
da
fare
con
un
uomo
brutale
e
senza
spirito
.
Una
Principessa
mi
ha
dato
la
sua
parola
,
egli
mi
direbbe
;
e
una
volta
che
mi
ha
promesso
,
bisogna
bene
che
mi
sposi
.
Ma
poiché
la
persona
colla
quale
parlo
,
è
la
persona
più
spiritosa
di
questo
mondo
,
così
sono
sicura
che
vorrà
capacitarsi
della
ragione
.
Voi
sapete
che
anche
allora
,
quand
'
ero
stupida
,
non
sapevo
risolvermi
a
doversi
sposare
;
e
vi
par
egli
possibile
che
ora
,
dopo
tutto
lo
spirito
che
mi
avete
dato
,
e
che
mi
ha
resa
di
più
difficile
contentatura
,
di
quel
che
fossi
prima
,
possa
oggi
prendere
una
risoluzione
che
non
sono
stata
buona
di
prendere
per
il
passato
?
Se
vi
premeva
tanto
di
sposarmi
,
avete
avuto
un
gran
torto
a
togliermi
dalla
mia
stupidaggine
,
e
a
farmi
aprire
gli
occhi
,
perché
ci
vedessi
meglio
d
'
una
volta
.
"
"
Se
un
uomo
senza
spirito
"
,
rispose
Enrichetto
dal
ciuffo
,
"
sarebbe
ben
accolto
,
stando
a
quello
che
dite
,
quando
venisse
a
rinfacciarvi
la
parola
mancata
,
o
perché
volete
che
io
non
debba
valermi
degli
stessi
mezzi
,
per
una
cosa
nella
quale
è
riposta
la
felicità
di
tutta
la
mia
vita
?
Vi
pare
egli
ragionevole
che
le
persone
di
spirito
debbano
trovarsi
in
peggiore
condizione
di
quelle
che
non
ne
hanno
?
E
potete
pretenderlo
voi
?
voi
che
ne
avete
tanto
e
che
avete
tanto
desiderato
di
averne
?
Ma
veniamo
al
sodo
,
se
vi
contentate
.
All
'
infuori
della
mia
bruttezza
,
c
'
è
forse
in
me
qualche
cosa
che
vi
dispiaccia
?
Siete
forse
scontenta
della
mia
nascita
,
del
mio
spirito
,
del
mio
carattere
,
delle
mie
maniere
?
"
"
Tutt
'
altro
"
,
rispose
la
Principessa
,
"
anzi
,
tutte
le
cose
che
avete
nominate
,
sono
appunto
quelle
che
mi
piacciono
in
voi
.
"
"
Quand
'
è
così
"
,
rispose
Enrichetto
dal
ciuffo
,
"
sono
felice
,
perché
non
sta
che
a
voi
a
fare
di
me
il
più
bello
e
il
più
grazioso
degli
uomini
.
"
"
Ma
come
può
accader
questo
?
"
,
chiese
la
Principessa
.
"
Il
come
è
facile
"
,
rispose
Enrichetto
dal
ciuffo
.
"
Basta
che
voi
mi
amiate
tanto
,
da
desiderare
che
ciò
accada
:
e
perché
,
o
signora
,
non
vi
nasca
dubbio
su
quello
che
dico
,
sappiate
che
la
medesima
fata
,
che
nel
giorno
della
mia
nascita
mi
fece
il
dono
di
rendere
spiritosa
la
persona
che
più
mi
fosse
piaciuta
,
diede
a
voi
pure
quello
di
far
diventare
bello
colui
che
amerete
,
e
al
quale
vorrete
far
di
genio
e
volentieri
questo
favore
.
"
"
Se
la
cosa
sta
come
la
raccontate
"
,
disse
la
Principessa
,
"
vi
desidero
con
tutto
il
cuore
che
diventiate
il
Principe
più
simpatico
e
più
bello
del
mondo
,
e
per
quanto
è
da
me
,
ve
ne
faccio
pienissimo
dono
.
"
La
Principessa
aveva
appena
finito
di
dire
queste
parole
,
che
subito
Enrichetto
dal
ciuffo
apparve
ai
suoi
occhi
il
più
bell
'
uomo
della
terra
,
e
il
meglio
formato
,
e
il
più
amabile
di
quanti
se
ne
fossero
mai
veduti
.
Vogliono
alcuni
che
questo
cambiamento
avvenisse
non
già
per
gl
'
incanti
della
fata
,
ma
unicamente
per
merito
dell
'
amore
.
E
dicono
che
la
Principessa
,
avendo
ripensato
meglio
alla
costanza
del
suo
cuore
e
della
sua
mente
,
non
vide
più
le
deformità
personali
di
lui
,
né
la
bruttezza
del
suo
viso
:
talché
il
gobbo
che
egli
aveva
di
dietro
,
le
sembrò
quella
specie
di
rotondità
e
di
floridezza
d
'
aspetto
di
chi
dà
nell
'
ingrassare
:
e
invece
di
vederlo
zoppicare
orribilmente
,
come
aveva
fatto
fino
allora
,
le
parve
che
avesse
un
'
andatura
aggraziata
e
un
po
'
buttata
su
una
parte
,
che
le
piaceva
moltissimo
.
Fu
detto
fra
le
altre
cose
,
che
gli
occhi
di
lui
,
che
erano
guerci
,
le
parvero
più
brillanti
;
e
che
finisse
col
mettersi
in
testa
che
quel
modo
storto
di
guardare
fosse
il
segno
di
un
violento
accesso
di
amore
:
e
che
perfino
il
naso
di
lui
,
grosso
e
rosso
come
un
peperone
,
accennasse
a
qualche
cosa
di
serio
e
di
marziale
.
Fatto
sta
che
la
Principessa
gli
promise
,
lì
sul
tamburo
,
che
l
'
avrebbe
sposato
,
purché
ne
avesse
ottenuto
il
consenso
dal
Re
suo
padre
.
Il
Re
,
avendo
saputo
che
la
sua
figlia
aveva
moltissima
stima
per
Enrichetto
dal
ciuffo
,
che
egli
del
resto
conosceva
per
un
Principe
spiritosissimo
e
pieno
di
giudizio
,
lo
accettò
con
piacere
per
suo
genero
.
Il
giorno
dipoi
furono
fatte
le
nozze
,
come
Enrichetto
dal
ciuffo
aveva
preveduto
,
e
a
seconda
degli
ordini
che
egli
medesimo
aveva
già
dato
da
molto
tempo
prima
.
Questa
sembrerebbe
una
favola
;
eppure
è
una
storia
.
Tutto
ci
par
bello
nella
persona
amata
,
anche
i
difetti
:
tutto
ci
par
grazioso
,
anche
le
sguaiataggini
.
La
storia
d
'
Enrichetto
dal
ciuffo
è
vecchia
quanto
il
mondo
.
La
Bella
dai
capelli
d
'
oro
C
'
era
una
volta
la
figlia
di
un
Re
,
la
quale
era
tanto
bella
,
che
in
tutto
il
mondo
non
si
dava
l
'
eguale
;
e
per
cagione
di
questa
sua
grande
bellezza
,
la
chiamavano
la
Bella
dai
capelli
d
'
oro
,
perché
i
suoi
capelli
erano
più
fini
dell
'
oro
,
e
biondi
e
pettinati
a
meraviglia
le
scendevano
giù
fino
ai
piedi
.
Essa
andava
sempre
coperta
dai
suoi
capelli
inanellati
,
con
in
capo
una
ghirlanda
di
fiori
e
con
delle
vesti
tutte
tempestate
di
diamanti
e
di
perle
,
tanto
che
era
impossibile
vederla
e
non
restarne
invaghiti
.
In
quelle
vicinanze
c
'
era
un
giovane
Re
,
il
quale
non
aveva
moglie
,
ed
era
molto
ricco
e
molto
bello
della
persona
.
Quando
egli
venne
a
sapere
tutte
le
belle
cose
che
si
dicevano
della
Bella
dai
capelli
d
'
oro
,
sebbene
non
l
'
avesse
ancora
veduta
,
se
ne
innamorò
così
forte
,
che
non
beveva
né
mangiava
più
;
finché
un
bel
giorno
,
fatto
animo
risoluto
,
pensò
di
mandare
un
ambasciatore
per
chiederla
in
isposa
.
Fece
fabbricare
apposta
una
magnifica
carrozza
per
il
suo
ambasciatore
:
gli
dette
più
di
cento
cavalli
e
cento
servitori
,
e
si
raccomandò
a
più
non
posso
perché
gli
conducesse
la
Principessa
.
Appena
l
'
ambasciatore
ebbe
preso
congedo
dal
Re
e
si
fu
messo
in
viaggio
,
alla
Corte
non
si
parlava
d
'
altro
:
e
il
Re
,
che
non
dubitava
punto
che
la
Principessa
non
volesse
acconsentire
ai
suoi
desideri
,
cominciò
subito
a
farle
allestire
degli
abiti
bellissimi
e
dei
mobili
di
gran
valore
.
Intanto
che
erano
dietro
a
questi
preparativi
,
l
'
ambasciatore
,
che
era
arrivato
alla
Corte
della
Bella
dai
capelli
d
'
oro
,
recitò
il
suo
bravo
discorso
;
ma
sia
che
la
Principessa
in
quel
giorno
non
fosse
di
buon
umore
,
sia
che
il
complimento
non
le
andasse
a
genio
,
fatto
sta
che
rispose
all
'
ambasciatore
di
ringraziare
il
Re
e
di
dirgli
che
non
aveva
voglia
di
maritarsi
.
L
'
ambasciarore
se
ne
partì
dalla
Principessa
dispiacentissimo
di
non
poterla
condur
seco
:
e
riportò
indietro
tutti
i
regali
,
che
doveva
presentarle
da
parte
del
Re
:
perché
la
Prilicipessa
era
molto
onesta
,
e
sapeva
che
alle
ragazze
non
sta
bene
di
accettare
i
regali
dai
giovinotti
.
Per
cui
non
volle
gradire
né
i
diamanti
né
le
altre
cose
;
e
solo
per
non
scontentare
il
Re
,
accettò
una
carta
di
spilli
d
'
Inghilterra
.
Quando
l
'
ambasciatore
fu
tornato
alla
capitale
dove
il
suo
Re
lo
aspettava
con
tanta
impazienza
,
tutti
rimasero
male
dal
vedere
che
non
avesse
condotto
seco
la
Principessa
,
e
il
Re
si
messe
a
piangere
come
un
ragazzo
,
né
c
'
era
verso
di
consolarlo
.
Si
trovava
lì
,
alla
Corte
,
un
giovinetto
bello
come
il
sole
,
il
più
grazioso
di
tutti
gli
abitanti
del
Regno
.
A
cagione
appunto
delle
sue
belle
maniere
e
del
suo
spirito
,
lo
chiamavano
"
Avvenente
"
.
Tutti
gli
volevano
bene
,
meno
gli
invidiosi
,
che
si
rodevano
dalla
rabbia
perché
il
Re
lo
colmava
di
favori
e
lo
metteva
a
parte
d
'
ogni
suo
segreto
.
Accade
che
Avvenente
si
trovò
in
un
crocchio
di
persone
,
che
parlavano
del
ritorno
dell
'
ambasciatore
e
dicevano
che
non
era
stato
buono
a
nulla
;
allora
egli
disse
,
senza
badarci
tanto
né
quanto
:
"
Se
il
Re
avesse
mandato
me
dalla
Bella
dai
capelli
d
'
oro
,
son
sicuro
che
ella
sarebbe
venuta
meco
"
.
Senza
metter
tempo
in
mezzo
quei
malanni
risoffiarono
subito
queste
parole
al
Re
e
gli
dissero
:
"
Sapete
,
o
Sire
,
che
cosa
ha
detto
Avvenente
?
ha
detto
che
se
aveste
mandato
lui
dalla
Bella
dai
capelli
d
'
oro
,
egli
si
riprometteva
di
condurla
seco
.
Vedete
quant
'
è
maligno
!
e
'
pretende
di
essere
più
bello
di
voi
,
e
vorrebbe
dare
ad
intendere
che
la
Principessa
si
sarebbe
tanto
invaghita
di
lui
,
da
seguitarlo
da
per
tutto
"
.
Ecco
il
Re
che
va
in
bestia
e
si
riscalda
in
modo
da
perdere
il
lume
degli
occhi
:
"
Ah
!
ah
!
"
,
egli
dice
,
"
dunque
questo
bel
mugherino
si
piglia
giuoco
della
mia
disgrazia
?
dunque
si
stima
da
più
di
me
?
Olà
:
mettetelo
subito
nella
gran
torre
,
e
che
lì
ci
muoia
di
fame
"
.
Le
guardie
del
Re
andarono
da
Avvenente
,
il
quale
non
si
ricordava
nemmeno
di
quello
che
aveva
detto
:
lo
trascinarono
in
prigione
e
gli
fecero
mille
angherie
.
Questo
povero
giovine
non
aveva
che
un
po
'
di
paglia
a
uso
di
letto
:
e
certo
vi
sarebbe
morto
,
senza
una
piccola
fontana
,
che
scaturiva
a
piè
della
torre
,
dove
egli
pigliava
qualche
sorso
d
'
acqua
per
rinfrescarsi
un
poco
,
perché
la
fame
gli
aveva
seccata
la
gola
.
Un
giorno
,
non
potendone
più
,
diceva
sospirando
:
"
Di
che
mai
si
lamenta
il
Re
?
Fra
tutti
i
suoi
sudditi
non
ce
n
'
è
uno
che
,
quanto
me
,
gli
sia
fedele
.
Non
ho
ricordanza
di
averlo
offeso
mai
!
"
.
Il
Re
,
per
caso
,
passando
vicino
alla
torre
,
sentì
i
lamenti
di
colui
che
aveva
tanto
amato
,
e
si
fermò
per
stare
in
orecchio
:
quantunque
i
cortigiani
,
che
erano
con
lui
,
e
che
l
'
avevano
a
morte
con
Avvenente
,
dicessero
al
Re
:
"
Che
idea
è
la
vostra
,
o
Sire
?
non
sapete
che
è
un
malanno
?
"
.
E
il
Re
rispose
:
"
Lasciatemi
qui
:
voglio
sentire
quello
che
dice
"
.
E
avendo
sentito
i
lamenti
di
lui
,
gli
occhi
gli
s
'
empirono
di
pianto
:
aprì
la
porta
della
torre
,
e
lo
chiamò
.
Avvenente
,
tutto
desolato
,
andò
a
buttarsi
ai
ginocchi
del
Re
,
e
gli
baciò
i
piedi
.
"
Che
cosa
v
'
ho
fatto
,
o
Sire
"
,
egli
disse
,
"
per
meritarmi
sì
duri
trattamenti
?
"
"
Tu
ti
sei
preso
giuoco
di
me
e
del
mio
ambasciatore
"
,
rispose
il
Re
,
"
tu
ti
sei
lasciato
uscir
di
bocca
che
,
se
avessi
mandato
te
dalla
Bella
dai
capelli
d
'
oro
,
ti
saresti
stimato
da
tanto
da
menarla
teco
.
"
"
È
vero
,
Sire
"
,
disse
Avvenente
,
"
io
le
avrei
raccontato
così
bene
le
vostre
virtù
e
i
vostri
pregi
,
che
son
sicuro
che
ella
non
avrebbe
saputo
come
resistere
;
e
in
tutto
questo
non
mi
par
che
ci
sia
cosa
che
possa
offendervi
.
"
Il
Re
riconobbe
,
difatto
,
di
aver
torto
:
dette
un
'
occhiata
a
coloro
,
che
gli
avevano
messo
in
disgrazia
il
suo
favorito
,
e
lo
menò
con
sé
,
non
senza
pentirsi
amaramente
del
gran
dispiacere
che
gli
aveva
dato
.
Dopo
averlo
invitato
a
una
lauta
cena
,
lo
chiamò
nel
suo
gabinetto
e
gli
disse
:
"
Avvenente
,
io
amo
sempre
la
Bella
dai
capelli
d
'
oro
;
il
suo
rifiuto
non
mi
ha
levato
di
speranza
,
ma
non
so
che
strada
mi
prendere
per
indurla
a
diventare
mia
sposa
.
Ho
una
gran
voglia
di
mandar
te
,
per
vedere
se
tu
fossi
buono
di
venirne
a
capo
"
.
Avvenente
rispose
che
era
dispostissimo
a
obbedirlo
in
ogni
cosa
,
e
che
sarebbe
partito
subito
,
anche
l
'
indomani
.
"
Oh
!
"
,
disse
il
Re
,
"
ti
voglio
dare
una
splendida
accompagnatura
...
"
"
Non
mi
par
punto
necessaria
"
,
egli
rispose
,
"
quanto
a
me
,
mi
basta
e
me
n
'
avanza
d
'
un
bel
cavallo
e
di
qualche
lettera
da
poter
presentare
da
parte
vostra
.
"
Il
Re
non
poté
stare
dall
'
abbracciarlo
per
la
gran
contentezza
di
vederlo
così
pronto
e
sollecito
a
partire
.
Egli
prese
congedo
dal
Re
e
dai
suoi
amici
un
lunedì
mattina
,
e
si
pose
in
viaggio
per
compiere
la
sua
ambasciata
da
sé
solo
,
senza
fare
vistosità
e
senza
fracasso
.
Lungo
la
strada
non
faceva
altro
che
studiare
tutti
i
modi
per
impegnare
la
Bella
dai
capelli
d
'
oro
a
divenire
la
sposa
del
Re
.
Portava
in
tasca
un
piccolo
calamaio
,
e
quando
gli
veniva
qualche
bel
pensierino
da
incastrare
nel
suo
discorso
,
scendeva
da
cavallo
e
si
metteva
sotto
un
albero
per
pigliarne
ricordo
prima
che
gli
passasse
dalla
memoria
.
Una
mattina
,
che
era
partito
sul
far
del
giorno
,
passando
da
una
gran
prateria
,
gli
venne
in
mente
un
'
idea
gentile
e
graziosa
;
e
sceso
subito
di
sella
,
andò
a
mettersi
sotto
una
sfilata
di
salici
e
di
pioppi
,
piantati
lungo
un
piccolo
ruscello
che
scorreva
all
'
orlo
del
prato
.
Quand
'
ebbe
finito
di
scrivere
si
voltò
a
guardare
da
tutte
le
parti
,
tanto
era
contento
di
trovarsi
in
un
luogo
così
delizioso
!
Quand
'
ecco
che
vide
sull
'
erba
un
Carpione
color
dell
'
oro
,
che
boccheggiava
e
non
ne
poteva
più
,
perché
,
per
la
gola
di
chiappare
dei
moscerini
,
aveva
fatto
un
salto
così
lungo
e
così
fuor
dell
'
acqua
,
che
era
andato
a
ricascare
sull
'
erba
,
dove
stava
quasi
per
morire
.
Avvenente
n
'
ebbe
compassione
,
e
sebbene
fosse
giorno
di
magro
e
potesse
fargli
comodo
per
il
suo
desinare
,
lo
prese
e
lo
rimesse
perbenino
nella
corrente
del
fiume
.
Appena
il
nostro
Carpione
sentì
il
fresco
dell
'
acqua
,
cominciò
a
scodinzolare
dall
'
allegrezza
e
andò
subito
a
fondo
:
ma
poi
,
ritornato
a
fior
d
'
acqua
,
disse
,
avvicinandosi
tutto
vispo
alla
riva
:
"
Avvenente
,
io
vi
ringrazio
del
servizio
che
mi
avete
reso
;
senza
di
voi
sarei
morto
e
voi
mi
avete
salvato
.
Io
non
sono
un
ingrato
e
saprò
ricambiarvi
!
"
.
Dopo
questo
complimento
sparì
sott
'
acqua
:
e
Avvenente
rimase
molto
maravigliato
dello
spirito
e
della
buona
creanza
del
Carpione
.
Un
altro
giorno
,
mentre
seguitava
il
suo
viaggio
,
s
'
imbatté
in
un
Corvo
ridotto
a
mal
partito
:
questo
povero
uccello
era
inseguito
da
un
'
Aquila
smisurata
,
gran
divoratrice
di
Corvi
;
e
stava
lì
lì
per
essere
agguantato
,
e
l
'
Aquila
l
'
avrebbe
inghiottito
come
un
chicco
di
canapa
,
se
Avvenente
non
si
fosse
mosso
a
compassione
della
povera
bestia
.
"
Ecco
"
,
gli
disse
,
"
che
al
solito
i
più
forti
opprimono
i
più
deboli
.
Che
ragione
ha
l
'
Aquila
di
mangiare
il
Corvo
?
"
E
preso
l
'
arco
che
portava
sempre
seco
,
e
una
freccia
,
puntò
la
mira
contro
l
'
Aquila
e
crac
!
le
scagliò
la
freccia
nel
corpo
e
la
passò
da
parte
a
parte
.
L
'
Aquila
cadde
giù
morta
,
e
il
Corvo
,
tutt
'
allegro
,
andandosi
a
posare
in
cima
a
un
ramo
:
"
Avvenente
"
,
gli
disse
,
"
voi
siete
stato
molto
generoso
d
'
essere
venuto
in
aiuto
a
me
,
che
sono
un
povero
uccello
:
ma
non
avete
trovato
un
ingrato
;
all
'
occorrenza
saprò
ricambiarvi
!
"
.
Avvenente
ammirò
il
buon
cuore
del
Corvo
,
e
continuò
la
sua
strada
.
Una
mattina
,
che
albeggiava
appena
e
non
vedeva
nemmeno
dove
mettesse
i
piedi
,
nel
traversare
un
gran
bosco
,
sentì
un
Gufo
che
strillava
come
un
disperato
.
"
Ohe
!
"
,
egli
disse
,
"
ecco
un
Gufo
al
quale
deve
essere
capitato
qualche
brutto
malanno
.
"
Guarda
di
qui
,
guarda
di
là
,
finalmente
gli
venne
fatto
di
vedere
alcune
reti
,
che
erano
state
tese
la
notte
per
acchiappare
gli
uccelli
.
"
Che
miseria
!
"
,
egli
disse
,
"
si
vede
proprio
che
gli
uomini
sono
fatti
apposta
per
tormentarsi
gli
uni
cogli
altri
,
e
per
non
lasciar
ben
avere
tanti
poveri
animali
,
che
non
hanno
fatto
loro
nessun
male
e
nessun
dispetto
.
"
Cavò
fuori
il
suo
coltello
e
tagliò
le
funicelle
delle
reti
.
Il
Gufo
prese
il
volo
,
ma
ricalando
subito
a
tiro
di
schioppo
:
"
Avvenente
"
,
egli
disse
,
"
non
ho
bisogno
di
perdermi
in
parole
per
dirvi
la
gratitudine
che
sento
per
voi
.
Il
fatto
parla
da
sé
.
I
cacciatori
stavano
lì
per
arrivare
:
senza
il
vostro
soccorso
,
mi
avrebbero
preso
e
ammazzato
.
Ma
io
ho
un
cuore
riconoscente
,
e
saprò
ricambiarvi
"
.
Ecco
le
tre
avventure
più
strepitose
che
accadessero
al
buon
Avvenente
durante
il
suo
viaggio
.
Egli
aveva
tanta
passione
di
arrivar
presto
,
che
,
appena
giunto
,
andò
subito
al
palazzo
della
Bella
dai
capelli
d
'
oro
.
Il
palazzo
era
pieno
di
meraviglie
.
Diamanti
ammontati
come
sassi
:
abiti
magnifici
,
argenterie
,
confetti
,
dolci
e
ogni
grazia
di
Dio
:
di
modo
che
Avvenente
pensava
dentro
di
sé
che
se
la
Principessa
si
fosse
decisa
a
lasciare
tutte
quelle
magnificenze
per
venire
a
stare
col
Re
suo
padrone
,
bisognava
proprio
dire
che
gli
era
toccata
una
gran
fortuna
.
Si
messe
un
vestito
di
broccato
e
delle
penne
bianche
e
carnicine
:
si
pettinò
,
s
'
incipriò
,
si
lavò
il
viso
:
si
infilò
intorno
al
collo
una
ricca
sciarpa
,
tutta
ricamata
,
con
un
piccolo
paniere
e
con
dentro
un
bel
canino
,
che
esso
aveva
comprato
,
passando
da
Bologna
.
Avvenente
era
così
bello
della
persona
e
così
grazioso
,
e
ogni
cosa
che
faceva
,
lo
faceva
con
tanto
garbo
,
che
quando
si
presentò
alla
porta
del
palazzo
,
tutte
le
guardie
gli
strisciarono
una
gran
riverenza
,
e
corsero
ad
annunziare
alla
Bella
dai
capelli
d
'
oro
,
che
Avvenente
,
l
'
ambasciatore
del
Re
suo
vicino
,
domandava
la
grazia
di
poterla
vedere
.
Subito
che
intese
il
nome
d
'
Avvenente
,
la
Principessa
disse
:
"
Questo
nome
m
'
è
di
buon
augurio
:
scommetto
che
dev
'
essere
un
giovane
grazioso
e
da
piacere
"
.
"
Oh
davvero
,
Signora
!
"
,
dissero
tutte
le
dame
d
'
onore
.
"
Noi
l
'
abbiamo
veduto
dall
'
ultimo
piano
,
dove
s
'
era
a
mettere
in
ordine
la
vostra
biancheria
:
e
tutto
il
tempo
che
s
'
è
trattenuto
sotto
le
nostre
finestre
,
non
siamo
state
più
buone
a
far
nulla
.
"
"
Vi
fa
un
bell
'
onore
"
,
replicò
la
Bella
dai
capelli
d
'
oro
,
"
di
passare
il
vostro
tempo
a
guardare
i
giovanotti
.
Animo
,
via
!
mi
si
porti
subito
il
mio
vestito
di
gala
,
di
raso
blu
,
a
ricami
;
mi
si
sparpaglino
con
grazia
i
miei
capelli
biondi
:
mi
si
faccia
una
ghirlanda
di
fiori
freschi
,
si
tirino
fuori
le
mie
scarpine
col
tacco
rilevato
e
il
mio
ventaglio
;
si
spazzi
la
mia
camera
e
si
spolveri
il
mio
trono
;
perché
io
voglio
che
si
dica
dappertutto
che
io
sono
davvero
la
Bella
dai
capelli
d
'oro."
Ecco
tutte
le
donne
in
gran
moto
per
abbigliarla
come
una
Regina
:
e
tanto
si
danno
da
fare
,
che
s
'
urtano
fra
di
loro
e
non
concludono
nulla
di
buono
.
Finalmente
la
Principessa
passò
nella
sala
dei
grandi
specchi
per
rimirarsi
e
vedere
se
al
suo
abbigliamento
mancasse
qualche
cosa
;
poi
salì
sul
trono
,
tutto
d
'
oro
,
d
'
avorio
e
d
'
ebano
,
che
mandava
un
profumo
delizioso
,
e
ordinò
alle
donne
di
prendere
degli
strumenti
e
di
mettersi
a
cantare
,
ma
con
una
certa
discrezione
,
per
non
cavar
di
cervello
la
gente
.
Quando
Avvenente
fu
condotto
nella
sala
di
udienza
,
restò
così
fuori
di
sé
dalla
meraviglia
,
che
dopo
ha
raccontato
molte
volte
che
non
poteva
quasi
aprir
bocca
per
parlare
.
Nondimeno
si
fece
coraggio
:
disse
il
suo
discorso
come
non
si
poteva
dir
meglio
,
e
pregò
la
Principessa
di
non
dargli
il
dispiacere
di
doversene
tornar
via
senza
di
lei
.
"
Garbato
Avvenente
"
,
disse
la
Principessa
,
"
le
ragioni
che
mi
avete
dette
sono
eccellenti
e
io
sarei
contenta
di
fare
un
favore
a
voi
,
piuttosto
che
a
qualunqu
'
altra
persona
,
Ma
bisogna
che
sappiate
che
un
mese
fa
andai
a
passeggiare
colle
mie
dame
di
compagnia
lungo
il
fiume
,
e
siccome
mi
fu
servita
la
colazione
,
così
nel
cavarmi
il
guanto
,
mi
uscì
l
'
anello
dal
dito
e
disgraziatamente
cadde
nell
'
acqua
.
Quest
'
anello
mi
è
più
caro
del
regno
.
Lascio
immaginare
a
voi
il
dispiacere
che
provai
!
E
ora
ho
fatto
giuro
di
non
dare
ascolto
a
nessuna
trattativa
di
matrimonio
,
se
l
'
ambasciatore
che
verrà
a
portarmi
lo
sposo
non
mi
riporti
prima
il
mio
anello
.
Tocca
a
voi
a
decidere
su
quello
che
volete
fare
;
perché
se
duraste
a
parlarmene
quindici
giorni
e
quindici
notti
in
fila
,
non
arrivereste
mai
a
farmi
cambiare
di
sentimento
.
"
Avvenente
rimase
mezzo
intontito
a
questa
risposta
:
le
fece
una
gran
riverenza
e
la
pregò
di
voler
gradire
il
canino
,
il
paniere
e
la
sciarpa
;
ma
essa
rispose
che
non
accettava
nessun
regalo
e
che
pensasse
alle
cose
che
gli
aveva
dette
.
Quando
fu
tornato
a
casa
,
se
ne
andò
a
letto
senza
prendere
nemmeno
un
boccone
da
cena
:
e
il
canino
,
che
si
chiamava
Caprioletto
,
non
volle
cenare
neanche
lui
e
andò
a
cucciarsi
accanto
al
padrone
.
Tutta
la
notte
,
quanto
fu
lunga
,
Avvenente
non
fece
altro
che
sospirare
.
"
Dove
poss
'
io
ripescare
un
anello
,
che
,
un
mese
fa
,
è
cascato
nel
fiume
?
"
,
esso
diceva
.
"
Sarebbe
una
pazzia
soltanto
a
provarsi
!
Si
vede
bene
che
la
Principessa
lo
ha
detto
apposta
per
mettermi
nell
'
impossibilità
di
poterla
ubbidire
.
"
E
tornava
a
sospirare
e
a
dare
in
tutte
le
smanie
.
Caprioletto
,
che
lo
sentiva
,
gli
disse
:
"
Caro
padrone
,
fatemi
un
piacere
:
non
disperate
ancora
della
vostra
buona
fortuna
.
Voi
siete
un
giovine
troppo
carino
,
per
non
dover
essere
fortunato
.
Appena
farà
giorno
,
andiamo
subito
in
riva
al
fiume
"
.
Avvenente
gli
dette
colla
mano
due
buffetti
e
non
rispose
sillaba
:
finché
stanco
e
rifinito
dalla
passione
,
si
addormentò
.
Caprioletto
,
quando
vide
i
primi
chiarori
dell
'
alba
,
cominciò
tanto
a
sgambettare
,
che
lo
svegliò
e
gli
disse
:
"
Animo
,
padrone
,
vestitevi
:
e
usciamo
!
"
.
Avvenente
non
desiderava
di
meglio
.
Si
alza
,
si
veste
,
scende
nel
giardino
e
dal
giardino
s
'
incammina
un
passo
dietro
l
'
altro
verso
il
fiume
,
dove
si
mette
a
passeggiare
col
suo
cappello
sugli
occhi
e
colle
braccia
incrociate
,
pensando
al
brutto
momento
di
dover
ripartire
,
quand
'
ecco
che
a
un
tratto
sente
una
voce
che
lo
chiama
:
"
Avvenente
!
Avvenente
!
"
.
Si
volta
a
guardare
da
tutte
le
parti
e
non
vede
anima
viva
.
Credé
di
aver
sognato
.
Si
rimette
a
passeggiare
,
e
daccapo
la
solita
voce
a
chiamarlo
:
"
Avvenente
!
Avvenente
!
"
.
"
Chi
è
che
mi
chiama
?
"
,
diss
'
egli
.
Caprioletto
,
che
era
molto
piccino
,
e
così
poteva
guardare
nell
'
acqua
a
piccolissima
distanza
,
gli
rispose
:
"
Datemi
del
bugiardo
se
non
è
un
Carpione
,
color
dell
'
oro
,
quello
laggiù
in
fondo
"
.
Detto
fatto
,
un
grosso
Carpio
venne
su
a
fior
d
'
acqua
e
gli
disse
:
"
Voi
mi
avete
salvato
la
vita
nei
prati
degli
Alzieri
,
dove
io
senza
di
voi
sarei
rimasto
morto
,
e
vi
promisi
un
ricambio
.
Pigliate
,
caro
Avvenente
,
ecco
qui
l
'
anello
della
Bella
dai
capelli
d
'
oro
"
.
Egli
si
chinò
e
tirò
fuori
l
'
anello
dalla
gola
del
Carpio
e
lo
ringraziò
a
mille
doppi
.
E
invece
di
tornare
a
casa
,
andò
difilato
al
palazzo
,
in
compagnia
di
Caprioletto
,
che
era
contento
come
una
pasqua
per
aver
consigliato
il
suo
padrone
a
venire
sulla
sponda
del
fiume
.
Fu
annunziato
alla
Principessa
che
Avvenente
desiderava
di
vederla
.
"
Ahimè
!
povero
giovane
!
"
,
diss
'
ella
,
"
e
'
vien
da
me
per
congedarsi
.
Avrà
capito
che
ciò
che
io
voglio
da
lui
è
impossibile
,
e
partirà
per
andare
a
raccontarlo
al
suo
padrone
.
"
Avvenente
,
appena
introdotto
,
le
presentò
l
'
anello
dicendo
:
"
Ecco
,
o
Principessa
,
il
vostro
comando
è
stato
obbedito
:
sareste
ora
tanto
compiacente
di
prendere
per
vostro
sposo
il
mio
augusto
padrone
?
"
.
Quand
'
ella
vide
il
suo
anello
,
sano
e
salvo
come
se
non
fosse
stato
toccato
,
rimase
meravigliata
:
ma
tanto
meravigliata
,
che
credeva
di
sognare
.
"
Davvero
"
,
ella
disse
,
"
grazioso
Avvenente
!
Si
vede
proprio
che
voi
avete
una
fata
dalla
vostra
altrimenti
questi
miracoli
non
si
fanno
.
"
"
Signora
"
,
egli
replicò
,
"
io
non
so
di
fate
:
ma
so
che
ho
un
gran
desiderio
di
contentare
ogni
vostra
voglia
.
"
"
Poiché
avete
questa
buona
volontà
"
,
ella
continuò
"
rendetemi
un
altro
gran
servizio
,
senza
di
che
non
c
'
è
caso
che
io
possa
risolvermi
a
prendere
marito
.
C
'
è
un
Principe
,
non
lontano
di
qui
,
detto
Galifrone
,
il
quale
si
è
messo
in
testa
di
volermi
sposare
.
Egli
mi
ha
fatto
conoscere
la
sua
intenzione
con
minacce
paurose
,
dicendo
che
se
io
non
lo
voglio
,
metterà
lo
scompiglio
e
la
desolazione
ne
'
miei
Stati
.
Ma
ditemi
un
po
'
voi
,
se
potrei
dargli
retta
.
Figuratevi
che
è
un
gigante
più
grande
di
una
gran
torre
;
ed
è
capace
di
mangiare
un
uomo
come
una
scimmia
mangerebbe
una
castagna
.
Quando
va
in
giro
per
la
campagna
,
si
mette
in
tasca
dei
piccoli
cannoni
,
dei
quali
poi
si
serve
come
se
fossero
pistole
:
e
quando
parla
forte
,
fa
diventar
sorde
tutte
le
persone
che
gli
stanno
vicine
.
Gli
mandai
a
dire
che
non
avevo
voglia
di
maritarmi
e
che
mi
scusasse
:
ma
non
per
questo
ha
smesso
di
perseguitarmi
:
ammazza
i
miei
sudditi
,
e
prima
d
'
ogni
cosa
bisogna
che
voi
vi
battiate
con
lui
,
e
che
mi
portiate
la
sua
testa
.
"
Avvenente
rimase
sbalordito
da
questo
discorso
:
stette
un
po
'
soprappensiero
;
poi
disse
:
"
Ebbene
,
o
signora
!
io
mi
batterò
con
Galifrone
.
Credo
che
ne
toccherò
io
!
A
ogni
modo
,
morirò
da
valoroso
"
.
La
Principessa
restò
meravigliatissima
:
e
gli
disse
un
monte
di
cose
,
per
vedere
di
stornarlo
da
questa
impresa
.
Ma
non
valse
a
nulla
.
Egli
se
ne
venne
via
,
per
mettersi
subito
in
cerca
delle
armi
e
di
tutto
l
'
occorrente
.
Quand
'
ebbe
ciò
che
voleva
,
ripose
Caprioletto
nel
solito
panierino
,
montò
sul
suo
bel
cavallo
e
andò
nel
paese
di
Galifrone
.
A
quanti
incontrava
per
via
,
domandava
a
tutti
notizie
di
lui
:
e
tutti
gli
dicevano
che
era
un
vero
demonio
,
e
che
faceva
spavento
soltanto
a
doverlo
avvicinare
.
Caprioletto
,
per
fargli
coraggio
,
gli
diceva
:
"
Caro
padrone
,
in
quel
mentre
che
vi
batterete
,
io
anderò
a
mordergli
le
gambe
:
lui
si
chinerà
per
levarmi
di
tra
i
piedi
,
e
intanto
voi
l
'
ammazzerete
"
.
Avvenente
ammirava
lo
spirito
del
suo
canino
:
ma
sapeva
bene
che
il
suo
aiuto
non
sarebbe
stato
in
ragione
del
bisogno
.
Finalmente
arrivò
in
vicinanza
del
castello
di
Galifrone
:
tutte
le
strade
erano
seminate
d
'
ossa
e
di
carcasse
d
'
uomini
,
che
esso
aveva
divorati
o
fatti
in
pezzi
.
Né
dové
aspettarlo
molto
tempo
,
perché
lo
vide
comparire
di
dietro
al
bosco
.
La
sua
testa
sorpassava
gli
alberi
più
alti
,
e
con
una
voce
spaventosa
cantava
:
Chi
mi
porta
dei
teneri
bambini
Da
farli
scricchiolare
sotto
il
dente
?
Ne
ho
bisogno
di
tanti
e
poi
di
tanti
.
Che
in
tutto
il
mondo
non
ce
n
'
è
bastanti
.
E
subito
Avvenente
,
a
botta
e
risposta
,
si
messe
a
cantare
:
Fatti
avanti
,
c
'
è
Avvenente
Che
saprà
strapparti
i
denti
;
Non
è
un
colosso
di
figura
,
Ma
di
te
non
ha
paura
.
Le
rime
non
tornavano
precise
:
ma
bisogna
riflettere
che
la
strofa
la
improvvisò
in
fretta
e
in
furia
,
ed
è
un
miracolo
se
non
la
fece
anche
più
brutta
,
per
la
paura
che
gli
era
entrata
in
corpo
.
Quando
Galifrone
sentì
questa
risposta
,
si
voltò
di
qua
e
di
là
,
e
vide
Avvenente
colla
spada
nel
pugno
della
mano
,
che
gli
disse
per
giunta
tre
o
quattro
parolacce
,
per
farlo
andare
in
bestia
più
che
mai
.
Non
ci
mancava
altro
!
Egli
prese
una
furia
così
spaventosa
,
che
,
afferrata
una
mazza
tutta
di
ferro
,
avrebbe
ucciso
con
un
colpo
solo
il
delicato
Avvenente
,
senza
il
caso
di
un
Corvo
che
venne
a
posarglisi
sulla
testa
e
gli
dette
negli
occhi
una
beccata
così
aggiustata
,
che
glieli
cavò
di
netto
.
Il
sangue
gli
grondava
giù
per
il
viso
:
e
infuriato
da
far
paura
,
picchiava
mazzate
a
diritto
e
a
rovescio
.
Intanto
Avvenente
,
scansandosi
a
tempo
,
gli
tirava
dei
colpi
di
spada
,
ficcandogliela
in
corpo
fino
all
'
impugnatura
:
e
tanto
era
il
sangue
,
che
il
gigante
perdeva
dalle
sue
molte
ferite
,
che
finalmente
stramazzò
per
terra
.
Avvenente
gli
tagliò
subito
la
testa
,
tutto
allegro
di
avere
avuto
questa
bella
fortuna
;
e
il
Corvo
che
s
'
era
posato
sul
ramo
d
'
un
albero
,
gli
disse
:
"
Io
non
ho
dimenticato
il
servizio
che
mi
rendeste
,
uccidendo
l
'
Aquila
che
mi
dava
addosso
.
Vi
promisi
di
contraccambiarvi
,
e
credo
di
aver
pagato
il
mio
debito
"
.
"
Sono
io
che
vi
debbo
tutto
,
signor
Corvo
"
,
rispose
Avvenente
,
"
e
mi
dichiaro
vostro
buon
servitore
.
"
Poi
montò
subito
a
cavallo
,
col
carico
della
spaventosa
testa
di
Galifrone
.
Quando
arrivò
in
città
,
tutta
la
gente
gli
andava
dietro
gridando
:
"
Ecco
il
bravo
Avvenente
,
che
ritorna
dall
'
aver
morto
il
gigante
Galifrone
"
e
la
Principessa
,
che
sentiva
questo
baccano
e
tremava
dalla
paura
che
venissero
a
dargli
la
nuova
della
morte
di
Avvenente
,
non
aveva
fiato
di
chiedere
che
cosa
fosse
avvenuto
.
Ma
in
quel
punto
ella
vide
entrare
Avvenente
,
colla
testa
del
gigante
,
che
metteva
ancora
spavento
,
quantunque
non
potesse
più
fare
alcun
male
.
"
Signora
"
,
egli
disse
,
"
il
vostro
nemico
è
morto
.
Voglio
sperare
che
ora
non
direte
più
di
no
al
Re
,
mio
augusto
padrone
.
"
"
Ah
!
senza
dubbio
"
,
replicò
la
Bella
dai
capelli
d
'
oro
,
"
che
io
gli
dirò
sempre
di
no
,
se
voi
prima
della
mia
partenza
non
trovate
il
modo
di
portarmi
l
'
acqua
della
caverna
tenebrosa
.
C
'
è
qui
,
poco
distante
,
una
grotta
profonda
che
gira
più
di
cento
chilometri
.
Ci
stanno
sull
'
ingresso
due
draghi
che
ne
impediscono
l
'
entrata
.
Buttano
fiamme
di
fuoco
dalla
bocca
e
dagli
occhi
.
Quando
poi
siamo
dentro
alla
grotta
,
si
trova
una
gran
buca
nella
quale
bisogna
scendere
,
ed
è
piena
di
rospi
,
di
biacchi
,
di
ramarri
e
di
altri
serpenti
.
In
fondo
a
questa
buca
c
'
è
una
piccola
nicchia
,
dalla
quale
scaturisce
la
fontana
della
bellezza
e
della
salute
:
io
voglio
a
tutti
i
costi
di
quell
'
acqua
.
Ogni
cosa
che
si
lava
con
quell
'
acqua
diventa
meravigliosa
:
se
siamo
belle
,
si
rimane
sempre
belle
:
se
brutte
,
si
diventa
belle
:
se
siamo
giovani
,
si
resta
giovani
:
se
vecchie
,
si
ringiovanisce
.
Vedete
bene
,
caro
Avvenente
,
che
io
non
posso
lasciare
il
mio
Regno
,
senza
portar
meco
un
poco
di
quell
'
acqua
lì
.
"
"
Signora
"
,
egli
rispose
;
"
voi
siete
tanto
bella
,
che
quest
'
acqua
per
voi
mi
pare
affatto
inutile
:
ma
io
sono
un
ambasciatore
disgraziato
,
di
cui
volete
la
morte
.
Io
vado
a
cercarvi
ciò
che
voi
desiderate
,
colla
certezza
nel
cuore
di
non
tornare
più
indietro
.
"
La
Bella
dai
capelli
d
'
oro
non
cambiò
per
questo
di
proposito
:
e
il
povero
Avvenente
partì
col
suo
canino
Caprioletto
per
andare
alla
grotta
tenebrosa
,
a
cercarvi
l
'
acqua
della
bellezza
.
Tutti
quelli
che
lo
incontravano
lungo
la
strada
,
dicevano
:
"
Che
peccato
vedere
un
giovane
tanto
grazioso
correre
così
spensieratamente
in
bocca
alla
morte
:
egli
se
ne
va
alla
grotta
da
sé
solo
:
ma
quand
'
anche
fossero
cento
,
non
verrebbero
a
capo
di
nulla
.
Perché
la
Principessa
s
'
incaponisce
a
volere
l
'
impossibile
?
"
.
Egli
seguitava
a
camminare
,
e
non
diceva
parola
:
ma
era
triste
,
molto
triste
.
Arrivato
verso
la
cima
della
montagna
,
si
sedette
per
ripigliar
fiato
,
e
lasciò
il
cavallo
a
pascere
e
Caprioletto
a
correr
dietro
alle
mosche
.
Egli
sapeva
che
la
grotta
tenebrosa
non
era
molto
distante
di
là
,
e
guardava
se
per
caso
l
'
avesse
potuta
scoprire
;
quand
'
ecco
che
vide
un
enorme
scoglio
,
nero
come
l
'
inchiostro
,
di
dove
usciva
un
fumo
densissimo
,
e
di
lì
a
poco
uno
dei
draghi
che
buttava
fuoco
dagli
occhi
e
dalla
gola
.
Il
drago
aveva
il
corpo
verde
e
giallo
,
dei
grossi
unghioni
e
una
coda
lunghissima
,
che
s
'
attorcigliava
in
più
di
cento
giri
.
Caprioletto
vide
anch
'
egli
ogni
cosa
,
e
non
sapeva
dove
nascondersi
:
la
povera
bestia
era
mezza
morta
dalla
paura
.
Avvenente
,
fatto
oramai
animo
di
morire
,
cavò
fuori
la
sua
spada
e
s
'
avviò
colla
sua
boccetta
,
che
la
Bella
dai
capelli
d
'
oro
gli
aveva
dato
,
per
riempirla
coll
'
acqua
della
bellezza
.
Egli
disse
al
suo
canino
Caprioletto
:
"
Per
me
è
finita
!
io
non
potrò
mai
arrivare
a
prendere
di
quest
'
acqua
,
che
è
custodita
dai
draghi
;
quando
sarò
morto
,
riempi
la
boccetta
col
mio
sangue
e
portala
alla
Principessa
,
perché
ella
possa
vedere
quanto
mi
costa
il
servirla
:
e
dopo
vai
a
trovare
il
Re
mio
padrone
,
e
raccontagli
la
mia
disgrazia
"
.
Mentre
diceva
così
,
sentì
una
voce
che
lo
chiamava
:
"
Avvenente
!
Avvenente
!
"
.
Egli
disse
:
"
Chi
mi
chiama
?
"
,
e
vide
un
Gufo
nel
buco
d
'
un
albero
vecchio
,
che
gli
disse
:
"
Voi
mi
avete
liberato
dalle
reti
de
'
cacciatori
,
dov
'
ero
rimasto
preso
:
e
mi
salvaste
la
vita
.
Promisi
di
rendervi
il
contraccambio
,
e
il
momento
è
giunto
.
Datemi
la
vostra
boccetta
:
io
conosco
tutti
gli
andirivieni
della
grotta
tenebrosa
:
anderò
io
a
prendervi
l
'
acqua
della
bellezza
"
.
Figuratevi
se
questa
cosa
gli
fece
piacere
!
Lo
lascio
pensare
a
voi
.
Avvenente
gli
dette
subito
la
sua
boccetta
e
il
Gufo
entrò
nella
grotta
,
come
sarebbe
entrato
in
casa
sua
.
E
in
meno
d
'
un
quarto
d
'
ora
tornò
e
riportò
la
boccetta
piena
e
tappata
.
Ad
Avvenente
parve
d
'
aver
toccato
il
cielo
con
un
dito
:
ringraziò
il
Gufo
dal
profondo
del
cuore
e
,
risalita
la
montagna
,
prese
tutt
'
allegro
la
strada
che
menava
alla
città
.
Andò
subito
al
palazzo
e
presentò
la
boccetta
alla
Bella
dai
capelli
d
'
oro
,
la
quale
non
ebbe
più
nulla
da
ridire
.
Ella
ringraziò
Avvenente
,
e
diè
l
'
ordine
che
fosse
allestita
ogni
cosa
per
la
partenza
.
Poi
si
messe
in
viaggio
con
lui
:
e
strada
facendo
,
finì
col
persuadersi
che
il
giovinetto
era
molto
grazioso
;
e
qualche
volta
gli
diceva
:
"
Se
aveste
voluto
,
vi
avrei
fatto
Re
e
non
saremmo
partiti
mai
dai
miei
Stati
"
.
Ma
egli
rispose
:
"
Rinunzierei
a
tutti
i
troni
della
terra
,
piuttosto
che
dare
un
dispiacere
così
forte
al
mio
Re
:
sebbene
voi
siate
più
bella
del
sole
"
.
Finalmente
giunsero
alla
Capitale
,
e
il
Re
,
sapendo
che
la
Bella
dai
capelli
d
'
oro
stava
per
arrivare
,
andò
a
incontrarla
e
le
presentò
i
più
bei
regali
del
mondo
.
Furono
fatte
le
nozze
,
e
con
tanta
gala
e
magnificenza
,
che
si
durò
a
discorrerne
per
un
pezzo
;
ma
la
Bella
dai
capelli
d
'
oro
,
che
in
fondo
al
cuore
era
innamorata
di
Avvenente
,
non
poteva
stare
senza
vederlo
e
l
'
aveva
sempre
sulla
bocca
.
Ella
diceva
al
Re
:
"
Se
non
era
Avvenente
,
io
non
sarei
dicerto
venuta
qui
:
egli
ha
fatto
per
me
delle
cose
,
da
non
potersi
credere
;
e
voi
dovete
essergli
grato
"
.
Gl
'
invidiosi
che
sentivano
questi
discorsi
della
Regina
andavano
dopo
bisbigliando
al
Re
:
"
Voi
non
siete
geloso
;
eppure
avreste
motivo
di
esserlo
.
La
Regina
è
così
innamorata
di
Avvenente
,
che
non
mangia
né
beve
più
;
essa
non
fa
altro
che
parlar
di
lui
e
della
grande
riconoscenza
che
voi
dovete
avergli
:
come
se
chiunque
altro
aveste
mandato
,
nel
posto
suo
,
non
avesse
saputo
fare
altrettanto
"
.
E
il
Re
disse
:
"
Davvero
,
che
me
ne
sono
accorto
anch
'
io
.
Che
sia
preso
subito
e
imprigionato
nella
torre
,
coi
ferri
ai
piedi
e
alle
mani
"
.
Avvenente
fu
preso
e
,
in
ricompensa
di
aver
così
bene
servito
il
Re
,
fu
chiuso
nella
torre
coi
ferri
ai
piedi
e
alle
mani
.
La
sola
persona
che
egli
vedesse
,
era
il
guardiano
della
carcere
;
il
quale
gli
gettava
da
una
buca
un
pezzo
di
pan
nero
e
un
po
'
d
'
acqua
in
una
ciotola
di
terra
.
Ma
il
suo
piccolo
Caprioletto
non
lo
abbandonava
mai
,
e
veniva
a
fargli
coraggio
e
a
portargli
tutte
le
nuove
che
correvano
per
la
città
.
Quando
la
Bella
dai
capelli
d
'
oro
venne
a
risapere
la
disgrazia
di
Avvenente
,
andò
a
buttarsi
ai
piedi
del
Re
,
e
colle
lacrime
agli
occhi
lo
pregò
a
farlo
levare
di
prigione
.
Ma
più
essa
si
raccomandava
,
e
più
il
Re
s
'
intristiva
,
pensando
fra
sé
e
sé
:
"
È
segno
che
ne
è
innamorata
"
e
così
non
intendeva
né
ragioni
né
preghiere
.
Il
Re
finì
col
mettersi
in
testa
di
non
essere
abbastanza
bello
agli
occhi
della
Regina
:
e
gli
venne
l
'
idea
di
lavarsi
il
viso
coll
'
acqua
della
bellezza
,
per
vedere
se
in
questo
modo
gli
fosse
riuscito
di
farsi
amare
un
poco
di
più
.
Quest
'
acqua
stava
sul
caminetto
nella
camera
della
Regina
,
che
la
teneva
lì
,
per
averla
sempre
sott
'
occhio
;
ma
una
delle
sue
cameriere
,
volendo
ammazzare
un
ragno
con
una
spazzolata
,
fece
cascare
disgraziatamente
la
boccetta
,
la
quale
si
ruppe
,
e
l
'
acqua
se
n
'
andò
tutta
per
la
terra
.
La
cameriera
ripuli
ogni
cosa
in
fretta
e
furia
,
e
non
sapendo
come
rimediarla
,
si
ricordò
di
aver
visto
nel
gabinetto
del
Re
un
'
altra
boccetta
somigliantissima
e
piena
d
'
acqua
chiara
,
tale
e
quale
come
l
'
acqua
della
bellezza
.
Non
parendo
suo
fatto
,
la
prese
senza
star
a
dir
nulla
e
la
posò
sul
camminetto
della
Regina
.
L
'
acqua
che
era
nel
gabinetto
del
Re
serviva
per
far
morire
i
Principi
e
i
grandi
Signori
,
quando
ne
avevano
fatta
qualcuna
delle
grosse
.
Invece
di
tagliar
loro
la
testa
o
impiccarli
,
si
bagnava
loro
il
viso
con
quest
'
acqua
:
e
così
si
addormentavano
e
non
si
svegliavano
più
.
Una
sera
,
dunque
,
il
Re
prese
la
boccetta
e
si
strofinò
ben
bene
il
viso
.
Dopo
si
addormentò
e
morì
.
Il
piccolo
Caprioletto
,
che
fu
uno
dei
primi
a
sapere
il
caso
,
andò
subito
a
raccontarlo
ad
Avvenente
,
il
quale
gli
disse
di
andare
di
corsa
dalla
Bella
dai
capelli
d
'
oro
e
di
pregarla
a
volersi
ricordare
del
povero
prigioniero
.
Caprioletto
sgattaiolò
fra
mezzo
alle
gambe
della
folla
,
perché
alla
Corte
c
'
era
un
gran
via
-
vai
e
una
gran
diceria
per
la
morte
del
Re
,
e
disse
alla
Regina
:
"
Signora
,
non
vi
scordate
del
povero
Avvenente
"
.
Ella
si
rammentò
subito
di
tutti
i
patimenti
che
aveva
sofferti
per
lei
,
e
della
sua
gran
fidatezza
.
Uscì
senza
farne
parola
con
alcuno
,
e
andò
diritto
alla
torre
,
dove
sciolse
da
se
stessa
le
catene
dalle
mani
e
dai
piedi
d
'
Avvenente
:
e
mettendogli
una
corona
in
capo
e
un
manto
reale
sulle
spalle
,
disse
:
"
Venite
,
mio
caro
Avvenente
,
io
vi
faccio
Re
,
e
vi
prendo
per
mio
sposo
"
.
Egli
si
gettò
ai
suoi
piedi
e
la
ringraziò
:
e
tutti
si
chiamarono
fortunati
di
averlo
per
sovrano
.
Le
nozze
furono
fatte
con
grandissima
magnificenza
,
e
la
Bella
dai
capelli
d
'
oro
visse
molti
anni
col
suo
bell
'
Avvenente
,
tutti
e
due
felici
e
contenti
,
da
non
poterselo
figurare
.
Si
vuole
che
Avvenente
lasciasse
ai
suoi
figli
un
libro
di
ricordi
:
un
libro
curioso
,
perché
aveva
tutte
le
pagine
bianche
,
meno
l
'
ultima
,
sulla
quale
aveva
scritto
di
proprio
pugno
le
seguenti
parole
:
"
Se
per
caso
qualche
povero
diavolo
ricorre
a
te
per
essere
aiutato
,
tu
aiutalo
:
né
badare
com
'
è
vestito
,
né
se
abbia
viso
di
persona
da
poterti
rendere
,
un
giorno
o
l
'
altro
,
il
piacere
che
gli
fai
.
Sulle
opere
buone
e
generose
non
si
mercanteggia
mai
:
né
bisogna
farle
coll
'
intenzione
di
ripigliarci
sopra
il
frutto
e
l
'
usura
.
A
ogni
modo
,
tieni
sempre
a
mente
che
un
benefizio
fatto
non
è
mai
perduto
"
.
L
'
uccello
turchino
C
'
era
una
volta
un
Re
,
molto
ricco
di
quattrini
e
di
terre
:
la
sua
moglie
morì
,
ed
egli
ne
fu
inconsolabile
.
Per
otto
giorni
intieri
si
chiuse
in
un
piccolo
salottino
,
dove
picchiava
il
capo
nel
muro
,
tanto
era
il
dolore
che
gli
straziava
l
'
anima
;
per
paura
che
finisse
coll
'
ammazzarsi
,
furono
accomodate
delle
materasse
fra
il
muro
e
i
parati
della
stanza
.
Così
poteva
sbatacchiarsi
a
suo
piacere
,
e
non
c
'
era
caso
che
potesse
farsi
del
male
.
Tutti
i
suoi
sudditi
si
messero
d
'
accordo
per
andare
a
trovarlo
e
dirgli
quelle
ragioni
credute
più
adatte
,
per
iscuoterlo
dalla
sua
tristezza
.
Alcuni
prepararono
dei
discorsi
molto
seri
:
altri
uscirono
fuori
con
delle
cose
piacevoli
e
anche
allegre
:
ma
tutte
queste
ciarle
non
fecero
su
lui
né
caldo
né
freddo
.
Esso
non
badava
neppure
a
quello
che
gli
dicevano
.
Alla
fine
gli
si
presentò
,
fra
gli
altri
,
una
donna
tutta
abbrunata
e
coperta
di
veli
neri
,
di
mantiglie
e
di
strascichi
da
gran
lutto
,
la
quale
piangeva
e
singhiozzava
così
forte
,
e
con
urli
così
acuti
e
sfogati
,
che
il
Re
ne
rimase
sbalordito
.
Ella
gli
disse
che
non
aveva
intenzione
di
fare
come
gli
altri
:
e
che
andava
non
per
iscemargli
il
suo
dolore
,
ma
piuttosto
per
accrescerlo
,
perché
non
sapeva
che
ci
potesse
essere
una
cosa
più
giusta
nel
mondo
di
quella
di
piangere
una
buona
moglie
perduta
:
e
che
ella
,
a
cui
era
toccato
il
migliore
di
tutti
i
mariti
,
faceva
conto
di
piangerlo
,
finché
avesse
avuto
lacrime
e
occhi
.
A
questo
punto
,
raddoppiò
le
sue
grida
e
i
suoi
pianti
,
e
il
Re
,
sull
'
esempio
di
lei
,
si
messe
a
berciare
come
un
bambino
.
Egli
la
ricevé
meglio
di
tutti
gli
altri
:
e
le
raccontò
la
storia
delle
belle
doti
della
sua
cara
defunta
,
mentre
ella
faceva
altrettanto
dei
pregi
del
suo
caro
defunto
;
e
discorsero
tanto
e
tanto
,
che
nessuno
dei
due
sapeva
più
che
cosa
si
dire
sul
conto
della
loro
grande
afflizione
.
Quando
la
furba
vedovella
si
accorse
che
l
'
argomento
era
agli
sgoccioli
,
alzò
un
pochino
il
velo
e
il
Re
poté
ricrearsi
la
vista
nel
mirare
questa
bella
sconsolata
,
che
sotto
due
lunghe
ciglia
nerissime
girava
e
muoveva
con
moltissim
'
arte
un
paio
d
'
occhi
,
grandi
e
turchini
,
come
l
'
azzurro
d
'
un
cielo
stellato
.
Il
suo
carnato
era
sempre
fresco
.
Il
Re
cominciò
a
guardarla
con
molta
attenzione
:
a
un
poco
per
volta
,
parlò
meno
della
sua
moglie
,
e
fini
col
non
parlarne
più
.
La
vedova
badava
a
dire
di
voler
piangere
sempre
il
suo
marito
:
e
il
Re
la
consigliava
a
non
voler
rendere
eterno
il
suo
dolore
.
Per
farla
corta
,
tutti
cascarono
dalle
nuvole
,
nel
sentire
che
il
Re
l
'
aveva
sposata
,
e
che
il
nero
s
'
era
cambiato
in
verde
e
in
color
di
rosa
.
Spesso
e
volentieri
basta
conoscere
il
debole
delle
persone
,
per
impadronirsi
del
loro
cuore
e
farne
quel
che
ci
pare
e
piace
.
Il
Re
,
dal
suo
primo
matrimonio
,
non
aveva
avuto
che
una
sola
figlia
,
la
quale
passava
per
l
'
ottava
meraviglia
del
mondo
;
e
si
chiamava
Fiorina
,
perché
somigliava
alla
Flora
,
tanto
era
fresca
,
giovine
e
bella
.
Ella
non
portava
mai
vestiti
sfarzosi
;
preferiva
invece
la
seta
leggera
,
con
qualche
fermaglio
di
pietre
preziose
e
molte
ghirlande
di
fiori
,
che
facevano
una
figura
magnifica
intorno
ai
suoi
bellissimi
capelli
.
Aveva
quindici
anni
,
quando
il
Re
si
rimaritò
.
La
novella
Regina
mandò
a
prendere
una
sua
figlia
,
che
era
stata
allevata
in
casa
della
sua
comare
,
la
fata
Sussio
:
ma
non
per
questo
era
diventata
più
bella
e
più
graziosa
.
La
fata
ci
aveva
messo
un
grand
'
impegno
:
ma
senza
concluder
nulla
di
buono
:
nondimeno
le
voleva
moltissimo
bene
.
La
chiamavano
Trotona
,
perché
aveva
sul
viso
delle
macchie
rossastre
,
come
quelle
della
trota
:
i
suoi
capelli
erano
così
grassi
e
imbiosimati
,
da
non
giovarsene
a
toccarli
e
dalla
sua
pelle
giallastra
gocciolava
l
'
unto
.
La
Regina
le
voleva
un
bene
dell
'
anima
e
non
aveva
altro
in
bocca
che
la
sua
cara
Trotona
;
e
perché
Fiorina
era
stata
in
ogni
cosa
molto
più
favorita
della
sua
figlia
,
ne
sentiva
una
grande
spina
al
cuore
,
e
faceva
di
tutto
per
mettere
Fiorina
in
uggia
al
padre
.
Non
c
'
era
giorno
che
la
Regina
e
Trotona
non
inventassero
qualche
marachella
a
danno
di
Fiorina
;
ma
la
Principessa
,
così
dolce
di
carattere
e
piena
di
spirito
,
ci
passava
sopra
e
faceva
finta
di
non
darsene
per
intesa
.
Il
Re
disse
un
giorno
alla
Regina
che
Trotona
e
Fiorina
erano
tutte
e
due
da
marito
,
e
che
appena
si
fosse
presentato
un
Principe
in
Corte
,
bisognava
fare
in
modo
di
dargliene
una
.
"
Io
voglio
"
,
disse
la
Regina
,
"
che
mia
figlia
sia
maritata
la
prima
:
ha
più
anni
della
vostra
,
e
siccome
è
anche
mille
volte
più
graziosa
,
così
non
c
'
è
nemmeno
da
esitare
e
da
pensarci
sopra
.
"
Il
Re
,
a
cui
non
piaceva
mettersi
a
tu
per
tu
,
disse
che
per
parte
sua
era
contentissimo
,
e
che
la
lasciava
padrona
di
fare
e
disfare
.
Di
lì
a
poco
tempo
si
venne
a
sapere
che
stava
per
giungere
il
Re
Grazioso
.
Non
c
'
era
ricordanza
d
'
un
altro
Re
più
galante
e
più
splendido
di
lui
.
Il
suo
spirito
e
la
sua
persona
rispondevano
a
capello
al
suo
nome
.
Appena
la
Regina
venne
a
saperlo
,
messe
subito
in
moto
tutte
le
sarte
e
tutti
i
lavoranti
di
mode
,
per
allestire
il
corredo
alla
sua
Trotona
.
Di
più
,
pregò
il
Re
a
non
fare
nessun
vestito
di
nuovo
a
Fiorina
;
e
,
messa
su
la
cameriera
di
lei
,
le
fece
portar
via
tutti
i
suoi
abiti
,
le
pettinature
e
le
gioie
,
il
giorno
stesso
in
cui
arrivò
il
Principe
Grazioso
;
e
così
Fiorina
,
quando
andò
per
vestirsi
,
non
trovò
nemmeno
il
biracchio
d
'
un
nastro
e
mandò
alle
botteghe
,
per
comprare
delle
stoffe
:
ma
risposero
che
la
Regina
aveva
loro
proibito
che
le
fosse
venduta
la
più
piccola
cosa
.
Ragione
per
cui
ella
si
trovò
con
un
vestituccio
da
casa
,
abbastanza
indecente
,
e
n
'
ebbe
tanta
vergogna
che
,
all
'
arrivo
del
Re
Grazioso
,
andò
a
rincattucciarsi
in
un
angolo
della
sala
.
La
Regina
lo
ricevé
con
grandi
salamelecchi
e
gli
presentò
sua
figlia
,
che
era
più
risplendente
del
sole
,
e
più
brutta
del
solito
,
a
cagione
dei
tanti
fronzoli
che
aveva
addosso
.
Il
Re
si
voltò
da
un
'
altra
parte
per
non
vederla
:
e
la
Regina
intestata
a
credere
che
gli
piacesse
troppo
e
che
non
volesse
impegnarsi
,
cercava
tutti
i
mezzi
per
mettergliela
dinanzi
agli
occhi
.
Egli
domandò
se
non
vi
fosse
anche
un
'
altra
Principessa
,
chiamata
Fiorina
.
"
Si
,
"
disse
Trotona
indicandola
col
dito
"
eccola
là
che
si
nasconde
,
perché
è
una
broccola
.
"
Fiorina
arrossì
e
diventò
bella
,
ma
tanto
bella
,
che
il
Re
Grazioso
ne
rimase
abbagliato
.
Si
alzò
subito
,
fece
un
grand
'
inchino
alla
Principessa
,
e
le
disse
:
"
La
vostra
bellezza
è
tale
,
che
non
ha
bisogno
di
fronzoli
e
di
altri
ornamenti
.
"
"
Signore
"
,
ella
rispose
,
"
vi
giuro
che
non
è
mia
abitudine
di
portare
dei
vestiti
sconvenienti
,
come
questo
:
e
mi
avreste
fatto
un
gran
regalo
a
non
voltarvi
verso
di
me
.
"
"
Impossibile
"
,
esclamò
Grazioso
,
"
che
una
Principessa
così
meravigliosa
,
trovandosi
presente
in
qualche
luogo
,
si
possano
avere
degli
occhi
per
le
altre
,
e
non
per
lei
!
"
"
Ah
!
"
,
disse
la
Regina
stizzita
,
"
spendo
proprio
bene
il
mio
tempo
a
stare
a
sentire
i
vostri
discorsi
.
Credetelo
a
me
,
signore
:
Fiorina
è
già
abbastanza
civetta
e
non
ha
bisogno
di
essere
stuzzicata
con
tante
galanterie
.
"
Il
Re
Grazioso
capì
per
aria
le
ragioni
che
facevano
parlare
così
la
Regina
;
ma
non
essendo
uomo
da
peritarsi
o
da
pigliar
soggezione
,
lasciò
libero
sfogo
alla
sua
ammirazione
per
Fiorina
,
e
ci
parlò
insieme
per
tre
ore
di
seguito
.
La
Regina
che
aveva
un
diavolo
per
capello
e
Trotona
che
non
sapeva
darsi
pace
di
vedersi
preferita
la
Principessa
,
andarono
tutte
e
due
a
lamentarsi
risentitamente
dal
Re
e
lo
costrinsero
a
consentire
che
Fiorina
venisse
rinchiusa
in
una
torre
per
tutto
il
tempo
che
il
Re
Grazioso
fosse
rimasto
alla
Corte
,
perché
così
non
avessero
modo
di
vedersi
fra
loro
.
Detto
fatto
,
appena
Fiorina
fu
tornata
nella
sua
stanza
,
quattro
uomini
mascherati
la
portarono
in
cima
alla
torre
e
ce
la
lasciarono
nella
più
grande
costernazione
,
perché
ella
capiva
benissimo
che
con
questo
tiro
si
voleva
toglierle
l
'
occasione
di
piacere
al
Re
,
il
quale
piaceva
già
tanto
a
lei
,
che
avrebbe
desiderato
averlo
per
suo
sposo
.
Il
Re
Grazioso
,
che
non
sapeva
nulla
della
violenza
usata
alla
Principessa
,
aspettava
smaniando
l
'
ora
di
poterla
rivedere
.
Parlò
di
lei
alle
persone
che
il
Re
gli
aveva
messo
dintorno
per
dargli
un
corteggio
d
'
onore
;
ma
queste
,
per
ordine
della
Regina
,
gliene
dissero
tutto
il
male
possibile
:
che
era
una
fraschetta
,
una
capricciosa
,
d
'
indole
cattiva
,
il
supplizio
dei
conoscenti
e
dei
servitori
,
che
non
si
poteva
essere
più
sudici
di
lei
e
che
spingeva
la
spilorceria
fino
al
segno
di
vestirsi
peggio
d
'
una
pecoraia
,
piuttosto
che
comprarsi
delle
belle
stoffe
,
coi
denari
che
le
passava
suo
padre
.
A
sentire
tutte
queste
storie
,
Grazioso
si
rodeva
dentro
di
sé
,
e
aveva
certi
scatti
di
collera
,
che
durava
fatica
a
frenarli
.
"
No
"
,
diceva
esso
fra
sé
e
sé
,
"
non
è
possibile
che
il
cielo
abbia
messo
un
'
anima
così
volgare
in
quell
'
opera
così
bella
della
natura
.
Sia
pure
che
quando
la
vidi
,
non
fosse
vestita
con
molta
decenza
,
ma
il
rossore
che
n
'
ebbe
,
prova
abbastanza
che
quella
non
è
la
sua
abitudine
.
Come
può
essere
cattiva
,
con
quell
'
aria
di
modestia
e
di
dolcezza
che
innamora
?
non
mi
va
giù
:
e
credo
invece
che
la
Regina
ne
dica
tanto
male
apposta
.
Le
matrigne
ci
sono
per
qualche
cosa
in
questo
mondo
:
e
quanto
alla
Principessa
Trotona
,
è
una
così
brutta
versiera
,
che
non
mi
farebbe
punto
specie
se
invidiasse
a
morte
la
più
perfetta
fra
tutte
le
creature
.
"
Mentre
egli
fantasticava
così
,
i
cortigiani
che
gli
stavano
dintorno
capirono
dalla
sua
cera
,
che
a
dirgli
male
di
Fiorina
,
non
gli
avevano
fatto
un
gran
piacere
.
Ce
ne
fu
uno
più
svelto
degli
altri
,
il
quale
mutando
linguaggio
e
registro
,
per
arrivare
a
conoscere
i
sentimenti
del
Re
si
fece
a
dire
le
più
belle
cose
sul
conto
della
Principessa
.
A
quelle
parole
,
egli
si
svegliò
come
da
un
sonno
profondo
,
prese
parte
alla
conversazione
e
la
gioia
brillò
sul
suo
viso
.
Amore
,
Amore
,
...
quant
'
è
difficile
a
saperti
nascondere
!
Tu
fai
capolino
dappertutto
:
sulle
labbra
di
un
amante
,
ne
'
suoi
occhi
,
nel
suono
della
sua
voce
:
quando
si
ama
davvero
,
il
silenzio
e
la
conversazione
,
la
gioia
e
la
tristezza
,
tutto
palesa
quello
che
si
sente
dentro
.
La
Regina
impaziente
di
sapere
se
il
Re
Grazioso
fosse
rimasto
fortemente
preso
di
Fiorina
,
mandò
a
chiamare
coloro
che
egli
aveva
ammessi
alla
sua
confidenza
e
passò
il
resto
della
notte
a
interrogarli
.
Tutte
le
cose
che
essi
le
raccontavano
valevano
a
confermarla
sempre
più
nell
'
idea
che
il
Re
amasse
Fiorina
.
Ma
che
cosa
vi
dirò
io
dell
'
abbattimento
di
spirito
della
povera
Principessa
?
Ella
stava
distesa
per
terra
nella
parte
più
alta
di
quell
'
orribile
torre
,
dove
era
stata
portata
quasi
di
peso
dagli
uomini
mascherati
.
"
Sarei
meno
da
compiangere
"
,
diceva
essa
,
"
se
mi
avessero
rinchiusa
qui
,
prima
di
conoscere
quel
simpatico
Re
.
La
memoria
che
serbo
di
lui
non
può
servire
che
a
far
crescere
i
miei
tormenti
.
Si
vede
bene
che
la
Regina
mi
tratta
in
questo
modo
per
impedirmi
di
poterlo
vedere
.
Povera
me
!
quanto
mi
dovrà
costar
cara
questa
po
'
di
bellezza
che
il
cielo
mi
ha
dato
!
"
E
dopo
piangeva
,
e
piangeva
tanto
dirottamente
,
che
la
sua
stessa
nemica
ne
avrebbe
avuto
pietà
,
se
avesse
veduto
il
suo
dolore
.
E
così
passò
la
nottata
.
La
Regina
,
che
voleva
amicarsi
il
Re
a
furia
di
moine
e
di
segni
particolari
di
riguardo
e
d
'
attenzione
,
gli
mandò
degli
abiti
splendidissimi
,
d
'
una
magnificenza
senza
pari
e
tagliati
sulla
moda
del
paese
:
e
più
,
le
insegne
dei
cavalieri
dell
'
Amore
,
ordine
cavalleresco
istituito
dal
Re
,
per
voler
di
lei
,
il
giorno
stesso
del
loro
matrimonio
.
Era
un
cuore
d
'
oro
,
smaltato
color
di
fiamma
,
contornato
da
parecchie
frecce
e
trapassato
da
una
di
queste
,
col
motto
:
"
una
sola
mi
ferisce
"
.
La
Regina
aveva
fatto
tagliare
per
il
Re
Grazioso
un
rubino
grosso
come
un
uovo
di
struzzo
:
ogni
freccia
era
di
un
solo
diamante
,
lungo
quanto
un
dito
,
e
la
catena
alla
quale
era
appeso
il
cuore
,
tutta
fatta
di
perle
,
delle
quali
la
più
piccola
pesava
un
mezzo
chilogrammo
:
insomma
,
dacché
mondo
è
mondo
,
non
s
'
era
mai
veduto
nulla
d
'
eguale
.
A
quella
vista
il
Re
rimase
così
stupito
,
che
per
qualche
minuto
non
seppe
trovare
il
verso
di
dire
una
parola
.
Nel
tempo
medesimo
gli
fu
presentato
un
libro
,
di
cui
i
fogli
erano
in
carta
velina
,
con
miniature
meravigliose
e
la
copertina
tutta
d
'
oro
e
carica
di
gemme
,
e
dove
erano
scritti
con
un
linguaggio
molto
appassionato
e
galante
gli
statuti
dell
'
Ordine
de
'
Cavalieri
d
'
Amore
.
Dissero
al
Re
che
la
Principessa
,
da
lui
veduta
,
lo
pregava
a
voler
essere
suo
cavaliere
;
e
che
intanto
gli
mandava
questi
regali
.
A
queste
parole
,
egli
osò
lusingarsi
che
questa
Principessa
fosse
appunto
quella
amata
da
lui
.
"
Come
!
"
,
esclamò
egli
,
"
la
bella
Principessa
Fiorina
pensa
a
me
in
una
maniera
così
generosa
e
cortese
?
"
"
Signore
"
,
gli
dissero
,
"
voi
pigliate
sbaglio
sul
nome
;
noi
veniamo
qui
da
parte
dell
'
amabile
Trotona
.
"
"
È
la
Trotona
che
mi
vuole
per
suo
cavaliere
?
"
,
disse
il
Re
,
con
una
fisionomia
seria
e
ghiacciata
"
mi
dispiace
di
non
potere
accettare
tanto
onore
,
ma
un
sovrano
non
è
padrone
di
prendere
gl
'
impegni
che
vorrebbe
.
Io
conosco
i
doveri
d
'
un
cavaliere
,
e
vorrei
adempirli
tutti
:
preferisco
dunque
non
avere
la
grazia
,
che
ella
mi
offre
,
piuttosto
che
dovermene
rendere
indegno
.
"
E
rimesse
subito
nella
cestina
il
cuore
,
la
catena
e
il
libro
,
e
rimandò
ogni
cosa
alla
Regina
,
la
quale
ci
corse
poco
che
,
insieme
a
sua
figlia
,
non
affogasse
della
bile
per
il
modo
disprezzante
col
quale
il
Re
straniero
aveva
accolto
un
favore
così
singolare
.
Appena
Grazioso
ebbe
il
tempo
di
recarsi
dal
Re
e
dalla
Regina
,
entrò
nel
loro
appartamento
colla
speranza
di
trovarvi
Fiorina
.
La
cercò
cogli
occhi
dappertutto
:
e
quando
sentiva
qualcuno
entrare
nella
stanza
,
si
voltava
subito
a
guardare
;
si
vedeva
che
era
inquieto
,
e
di
cattivo
umore
.
La
maliziosa
Regina
aveva
indovinato
appuntino
quel
che
il
Principe
rimuginava
nel
cuore
,
ma
faceva
l
'
indifferente
come
non
ne
sapesse
nulla
.
Essa
gli
parlava
di
partite
di
piacere
;
ed
egli
rispondeva
a
rovescio
.
Alla
fine
Grazioso
domandò
dove
fosse
la
Principessa
Fiorina
.
"
Signore
"
,
gli
disse
fieramente
la
Regina
,
"
il
Re
suo
padre
le
ha
proibito
di
uscire
dalle
sue
stanze
,
fino
a
tanto
che
mia
figlia
non
abbia
preso
marito
.
"
"
E
qual
motivo
"
,
replicò
il
Re
,
"
vi
può
essere
,
per
tener
prigioniera
la
bella
Principessa
?
"
"
Non
lo
so
"
,
disse
la
Regina
,
"
e
quand
'
anche
lo
sapessi
non
mi
crederei
punto
obbligata
a
dirvelo
.
"
Al
Re
era
salita
la
bizza
fino
alla
punta
dei
capelli
.
Dava
delle
occhiatacce
,
di
traverso
,
a
Trotona
,
e
pensava
fra
sé
che
era
per
colpa
di
quel
mostriciattolo
,
se
gli
era
stato
tolto
il
piacere
di
veder
la
Principessa
.
Si
congedò
in
quattro
e
quattr
'
otto
dalla
Regina
,
perché
la
sua
presenza
gli
faceva
male
al
cuore
.
Quando
fu
tornato
nella
sua
camera
,
disse
a
un
giovane
Principe
che
lo
aveva
accompagnato
e
al
quale
voleva
un
gran
bene
,
di
spendere
tutto
quello
che
ci
fosse
voluto
,
pur
di
tirargli
dalla
sua
qualche
cameriera
della
Principessa
,
e
aver
così
il
modo
di
parlarle
un
solo
momento
.
Questo
Principe
trovò
senza
fatica
alcune
dame
di
Corte
che
s
'
intesero
con
lui
:
e
fra
le
tante
,
ce
ne
fu
una
che
gli
dètte
per
sicuro
che
quella
sera
stessa
Fiorina
sarebbe
stata
a
una
finestrina
bassa
,
che
dava
sul
giardino
;
e
che
di
lì
il
Principe
avrebbe
potuto
parlarle
:
s
'
intende
bene
,
adoperando
tutte
le
cautele
da
non
essere
scoperto
,
perché
,
diceva
essa
,
il
Re
e
la
Regina
sono
tanto
severi
,
che
se
scoprissero
che
io
ho
tenuto
di
mano
agli
amori
del
Principe
Grazioso
,
per
me
sarebbe
morte
sicura
.
Il
Principe
,
contento
da
non
potersi
dire
di
aver
menata
la
cosa
fino
a
quel
punto
,
le
promise
tutto
quello
che
volle
,
e
corse
a
fare
la
sua
parte
col
Re
,
avvertendolo
dell
'
ora
fissata
per
il
ritrovo
.
Ma
la
confidente
,
che
era
di
malafede
,
andò
subito
a
risoffiare
ogni
cosa
alla
Regina
,
e
si
messe
ai
suoi
ordini
.
Il
primo
pensiero
della
Regina
fu
quello
di
mandare
la
propria
figlia
alla
piccola
finestra
;
e
la
imbeccò
così
bene
,
che
Trotona
,
sebbene
fosse
una
grande
stupida
,
non
dimenticò
un
etto
di
quello
che
doveva
dire
e
fare
.
La
notte
era
così
buia
,
che
sarebbe
stato
impossibile
al
Re
di
accorgersi
della
trappoleria
,
quand
'
anche
non
avesse
avuto
ragione
di
credersi
sicuro
del
fatto
suo
:
di
modo
che
si
avvicinò
alla
finestra
con
un
trasporto
di
gioia
incredibile
.
E
lì
disse
a
Trotona
tutte
quelle
cose
che
avrebbe
dette
a
Fiorina
,
per
assicurarla
del
suo
grand
'
amore
.
Trotona
,
profittando
dell
'
equivoco
,
gli
rispose
che
era
la
creatura
più
infelice
di
questo
mondo
,
a
motivo
di
una
matrigna
così
spietata
e
che
avrebbe
dovuto
passarne
ancora
chi
sa
quante
,
prima
che
la
figlia
di
lei
non
si
fosse
maritata
.
Il
Re
disse
e
giurò
che
se
ella
lo
avesse
voluto
per
suo
sposo
,
sarebbe
stato
più
che
felice
di
metterla
a
parte
della
sua
corona
e
del
suo
cuore
.
E
nel
dir
questo
,
si
cavò
un
anello
di
dito
e
infilandolo
nel
dito
a
Trotona
aggiunse
che
quello
era
un
pegno
eterno
della
sua
fede
,
e
che
stava
a
lei
fissare
l
'
ora
della
partenza
.
Trotona
rispose
,
come
meglio
poté
,
a
tutte
queste
calorose
premure
.
Egli
s
'
era
accorto
benissimo
che
nelle
risposte
di
lei
non
c
'
era
un
chicco
di
buon
senso
:
la
quale
cosa
gli
avrebbe
fatto
dispiacere
,
se
già
non
fosse
stato
persuaso
che
la
paura
dell
'
apparizione
improvvisa
della
Regina
doveva
essere
la
cagione
di
quei
discorsi
sconclusionati
.
Egli
la
lasciò
,
a
patto
che
sarebbe
tornata
il
giorno
dopo
:
ed
ella
promise
con
tutto
il
cuore
.
La
Regina
,
saputo
il
buon
esito
del
primo
colloquio
,
cominciò
a
sperar
bene
.
Di
fatto
,
fissato
il
giorno
della
partenza
,
il
Re
la
venne
a
prendere
in
un
cocchio
volante
,
tirato
da
ranocchi
alati
,
regalo
fattogli
da
un
Mago
amico
suo
.
La
notte
era
buia
di
molto
.
Trotona
uscì
misteriosamente
da
una
piccola
porta
,
e
il
Re
,
che
la
stava
attendendo
,
la
prese
fra
le
sue
braccia
e
le
giurò
cento
e
cento
volte
fedeltà
eterna
!
Ma
siccome
non
si
sentiva
in
vena
di
seguitare
a
volare
per
lungo
tempo
nel
suo
cocchio
volante
,
senza
sposare
la
Principessa
,
che
amava
tanto
,
così
le
chiese
dove
voleva
che
si
facessero
le
nozze
:
ella
rispose
che
aveva
per
comare
una
fata
chiamata
Sussio
,
molto
conosciuta
,
ed
era
suo
avviso
di
andare
al
castello
di
lei
.
Il
Re
non
sapeva
la
strada
,
ma
bastò
che
dicesse
ai
suoi
grossi
ranocchi
:
conducetemi
là
.
Essi
sapevano
la
carta
geografica
dell
'
Universo
,
e
in
pochi
minuti
portarono
lui
e
la
Trotona
dalla
fata
Sussio
.
Il
castello
era
così
bene
illuminato
,
che
il
Re
,
arrivandovi
,
si
sarebbe
subito
avvisto
del
suo
errore
,
se
la
Principessa
non
avesse
avuto
la
malizia
di
coprirsi
tutta
col
velo
.
Chiese
della
comare
:
la
chiamò
a
quattr
'
occhi
,
e
le
raccontò
il
come
e
il
quando
avesse
ingannato
il
Principe
Grazioso
,
pregandola
a
fare
in
modo
di
rabbonirlo
.
"
Ah
!
figlia
mia
!
"
,
disse
la
fata
,
"
la
cosa
non
sarà
facile
:
egli
ama
troppo
Fiorina
,
e
son
sicura
che
ci
farà
disperare
,
e
dimolto
.
"
Intanto
il
Re
le
aspettava
in
una
sala
,
le
cui
pareti
erano
di
diamanti
,
così
nitide
e
così
trasparenti
,
da
lasciargli
vedere
,
a
traverso
di
essi
,
la
Sussio
e
Trotona
,
che
parlavano
fra
di
loro
.
Credé
di
sognare
.
"
Possibile
"
,
diceva
,
"
che
io
sia
stato
tradito
?
O
sono
i
diavoli
,
che
hanno
portata
qui
questa
nemica
della
nostra
gioia
?
Vien
'
ella
forse
per
avvelenare
il
nostro
matrimonio
?
E
la
mia
diletta
Fiorina
non
si
vede
venire
!
Chi
sa
che
il
padre
suo
non
l
'
abbia
inseguita
fin
qui
!
"
Molte
altre
cose
gli
passavano
per
la
testa
,
che
lo
mettevano
in
grande
agitazione
;
ma
il
peggio
fu
quando
le
due
donne
entrarono
nella
sala
,
e
che
Sussio
gli
disse
con
voce
di
comando
:
"
Re
Grazioso
,
ecco
qui
la
Principessa
Trotona
,
alla
quale
avete
dato
la
vostra
parola
,
essa
è
mia
figlioccia
,
e
desidero
che
la
sposiate
subito
"
.
"
Io
"
,
esclamò
il
Principe
,
"
io
sposare
quel
brutto
scarabocchio
?
Si
vede
proprio
che
mi
avete
preso
per
un
uomo
di
pasta
frolla
,
a
farmi
certi
discorsi
.
Sappiate
intanto
che
io
non
le
ho
fatta
nessuna
promessa
,
e
se
ella
dice
il
contrario
,
si
merita
il
titolo
...
"
"
Non
proseguite
"
,
disse
Sussio
,
"
e
badate
bene
di
non
mancarmi
di
rispetto
.
"
"
Sia
pure
"
,
replicò
il
Re
,
"
che
io
debba
rispettarvi
,
per
quanto
può
meritarlo
una
fata
:
ma
voglio
peraltro
che
mi
rendiate
la
mia
Principessa
.
"
"
E
non
son
io
la
tua
Principessa
,
spergiuro
?
"
,
disse
Trotona
,
mostrandogli
l
'
anello
,
"
A
chi
l
'
hai
tu
dato
quest
'
anello
in
pegno
di
fede
?
Con
chi
hai
parlato
alla
piccola
finestra
,
se
non
con
me
?
"
"
Come
mai
?
"
,
egli
rispose
,
"
dunque
sono
stato
tradito
...
ingannato
?
No
,
mille
volte
no
!
Non
voglio
essere
la
vittima
e
lo
zimbello
degli
altri
.
Su
,
su
,
ranocchi
!
miei
bravi
ranocchi
!
voglio
partir
subito
.
"
"
Non
è
una
cosa
che
possiate
farla
senza
il
permesso
mio
"
,
disse
Sussio
.
Ella
lo
toccò
,
e
i
suoi
piedi
si
attaccarono
all
'
impiantito
,
come
se
ci
fossero
rimasti
inchiodati
.
"
Quand
'
anco
mi
lapidaste
"
,
le
disse
il
Re
,
"
quand
'
anche
mi
scorticaste
vivo
,
non
sarò
mai
d
'
altri
che
di
Fiorina
;
la
mia
risoluzione
è
presa
,
e
fate
pure
di
me
quello
che
più
vi
piace
.
"
Sussio
messe
in
opera
tutto
,
dolcezze
,
maniere
,
promesse
,
preghiere
;
Trotona
pianse
,
strillò
,
singhiozzò
,
andò
in
convulsioni
,
e
si
calmò
.
Il
Re
non
aprì
più
bocca
,
e
guardandole
tutte
e
due
con
grandissimo
disprezzo
,
non
rispose
sillaba
alle
loro
cicalate
.
E
così
passarono
venti
giorni
e
venti
notti
,
senza
che
le
due
donne
si
chetassero
un
minuto
,
e
senza
che
sentissero
il
bisogno
di
mangiare
,
di
dormire
e
di
mettersi
a
sedere
.
Alla
fine
Sussio
,
stanca
morta
da
non
poterne
più
,
disse
al
Re
:
"
Ebbene
,
voi
siete
un
ostinataccio
,
né
c
'
è
verso
di
farvi
intendere
la
ragione
:
scegliete
dunque
:
o
sett
'
anni
di
penitenza
,
per
aver
dato
la
vostra
parola
senza
mantenerla
,
o
sposare
la
mia
figlioccia
"
.
Il
Re
,
che
fin
allora
aveva
serbato
un
profondo
silenzio
,
gridò
subito
:
"
Fate
di
me
tutto
quel
che
volete
,
purché
io
sia
liberato
da
questa
sguaiata
"
.
"
Sguaiato
voi
"
,
replicò
Trotona
inviperita
.
"
Ci
vuol
davvero
una
bella
faccia
fresca
,
come
la
vostra
,
sovranuccio
da
un
soldo
la
serqua
,
a
venire
con
un
equipaggio
da
ranocchiai
fino
nel
mio
paese
,
per
dirmi
delle
insolenze
e
per
mancarmi
di
parola
.
Se
aveste
un
brindello
d
'
onore
,
terreste
forse
questo
contegno
?
"
"
I
vostri
rimproveri
mi
straziano
l
'
anima
"
disse
il
Re
,
in
atto
di
canzonatura
.
"
Capisco
anch
'
io
che
ho
un
gran
torto
a
non
sposare
questa
bella
fanciulla
!
"
"
No
,
no
,
non
la
sposerai
mai
"
,
gridò
Sussio
tutta
stizzita
.
"
A
te
non
rimane
altre
che
volare
da
questa
finestra
,
perché
per
sett
'
anni
interi
tu
sarai
l
'
uccello
turchino
.
"
A
queste
parole
il
Re
cominciò
a
cambiare
d
'
aspetto
;
le
braccia
si
vestono
di
penne
e
formano
le
due
ali
:
le
gambe
e
i
piedi
diventano
neri
e
sottili
;
gli
crescono
delle
unghie
appuntate
;
il
corpo
si
assottiglia
e
si
cuopre
tutto
di
lunghe
piume
finissime
e
macchiate
di
turchino
;
gli
occhi
si
fanno
tondi
e
brillano
come
due
soli
;
il
naso
ha
preso
il
garbo
di
un
becco
d
'
avorio
;
sul
suo
capo
spunta
un
ciuffetto
bianco
,
in
forma
di
diadema
;
canta
da
innamorare
e
parla
nello
stesso
modo
.
Ridotto
in
quello
stato
,
manda
un
grido
di
dolore
nel
vedersi
così
trasfigurato
e
,
pigliando
il
volo
a
ali
spiegate
,
fugge
dal
funesto
palazzo
di
Sussio
.
Pieno
l
'
anima
di
tristezza
infinita
,
va
svolazzando
di
ramo
in
ramo
,
scegliendo
a
preferenza
gli
alberi
consacrati
all
'
amore
o
alla
malinconia
;
e
ora
si
posa
sui
mirti
,
ora
sui
cipressi
:
e
canta
delle
arie
pietose
,
colle
quali
piange
sulla
sua
trista
sorte
e
su
quella
di
Fiorina
.
"
Dove
l
'
avranno
nascosta
i
suoi
nemici
?
"
,
egli
diceva
,
"
che
sarà
mai
accaduto
di
quella
bella
infelice
?
Il
cuore
spietato
della
Regina
l
'
avrà
lasciata
ancora
in
vita
?
Dove
potrò
cercarla
?
E
sarò
dunque
condannato
a
passare
sette
anni
senza
di
lei
?
Forse
in
questo
tempo
le
daranno
uno
sposo
,
e
io
perderò
per
sempre
l
'
unica
speranza
che
mi
faccia
cara
la
vita
.
"
Questi
pensieri
accuoravano
così
forte
l
'
uccello
turchino
,
che
gli
venne
voglia
di
lasciarsi
morire
.
Intanto
la
Sussio
aveva
rimandato
Trotona
dalla
Regina
madre
,
la
quale
stava
in
gran
pensiero
sul
come
fosse
andato
a
finire
lo
sposalizio
.
Ma
quando
vide
la
figlia
,
e
che
riseppe
da
lei
tutto
l
'
accaduto
,
prese
una
furia
spaventosa
,
la
quale
di
contraccolpo
andò
a
ricascare
sulla
povera
Fiorina
.
"
Voglio
"
,
ella
disse
,
"
che
abbia
da
pentirsi
più
di
una
volta
di
aver
saputo
innamorare
il
Re
Grazioso
.
"
Ella
salì
nella
torre
insieme
con
Trotona
,
la
quale
era
vestita
de
'
suoi
abiti
più
sfarzosi
:
e
portava
in
capo
una
corona
di
brillanti
e
le
reggevano
lo
strascico
del
manto
reale
tre
figli
de
'
più
ricchi
baroni
dello
Stato
.
Nel
dito
grosso
aveva
l
'
anello
del
Re
Grazioso
,
quello
stesso
che
aveva
dato
nell
'
occhio
a
Fiorina
,
il
giorno
che
parlarono
insieme
.
Ella
rimase
sbalordita
e
non
sapeva
cosa
pensare
,
nel
vedere
Trotona
in
tutta
quella
gala
.
"
Ecco
mia
figlia
"
,
disse
la
Regina
,
"
che
è
venuta
a
portarvi
i
regali
delle
sue
nozze
;
essa
è
stata
sposa
del
Re
Grazioso
,
il
quale
ne
è
innamorato
morto
:
non
c
'
è
da
figurarsi
una
coppia
più
felice
di
loro
!..."
E
nel
dir
così
,
furono
spiegate
davanti
alla
Principessa
le
stoffe
d
'
oro
e
d
'
argento
,
le
trine
,
i
nastri
,
le
pietre
preziose
che
stavano
in
una
gran
cesta
di
filigrana
d
'
oro
.
Nel
presentarla
di
tutte
queste
cose
,
Trotona
s
'
ingegnò
di
metterle
sott
'
occhio
l
'
anello
del
Re
;
per
cui
la
Principessa
Fiorina
non
poteva
ormai
più
dubitare
della
sua
disgrazia
.
Ella
gridò
con
l
'
accento
della
disperazione
che
le
togliessero
davanti
agli
occhi
tutti
quei
regali
tanto
funesti
;
che
non
voleva
più
vestire
,
altro
che
di
nero
;
o
piuttosto
morire
subito
.
E
cadde
svenuta
.
La
crudele
Regina
,
contentissima
del
tiro
fatto
,
non
volle
che
le
fosse
prestato
alcun
soccorso
;
la
lasciò
sola
in
quello
stato
compassionevole
,
e
corse
malignamente
a
raccontare
al
Re
che
sua
figlia
era
talmente
invasata
dall
'
amore
,
fino
al
segno
di
commettere
delle
stravaganze
senz
'
esempio
:
e
che
bisognava
stare
attenti
,
perché
non
potesse
fuggire
dalla
torre
.
Il
Re
rispose
che
era
padrona
di
regolare
questa
faccenda
a
modo
suo
,
e
che
,
quanto
a
lui
,
non
avrebbe
avuto
nulla
da
ridire
in
contrario
.
Quando
la
Principessa
si
fu
riavuta
dallo
svenimento
e
poté
ripensare
al
contegno
,
che
tenevano
con
lei
,
ai
mali
trattamenti
che
riceveva
dall
'
indegna
matrigna
e
alla
speranza
perduta
per
sempre
di
sposare
il
Re
Grazioso
,
il
suo
dolore
si
fece
così
acuto
,
che
pianse
tutta
la
notte
:
e
affacciatasi
alla
finestra
,
si
sfogò
in
lamenti
che
straziavano
il
cuore
.
Quando
vide
albeggiare
,
richiuse
la
finestra
e
seguitò
a
piangere
.
La
notte
di
poi
aprì
la
finestra
,
e
sospirando
e
singhiozzando
versò
un
fiume
di
lagrime
;
ma
appena
fatto
giorno
tornò
a
nascondersi
nella
sua
stanza
.
Intanto
il
Re
Grazioso
,
o
per
meglio
dire
,
il
bell
'
uccello
turchino
,
non
finiva
mai
di
svolazzare
intorno
al
palazzo
:
egli
pensava
che
la
sua
cara
Principessa
vi
era
rinchiusa
:
e
se
i
lamenti
di
lei
erano
strazianti
,
i
suoi
non
lo
erano
di
meno
.
Egli
si
avvicinava
alle
finestre
più
che
poteva
,
per
metter
gli
occhi
dentro
alle
stanze
:
ma
la
paura
che
Trotona
non
lo
scorgesse
e
non
le
nascesse
il
sospetto
che
fosse
lui
,
lo
teneva
indietro
dal
fare
quanto
avrebbe
voluto
.
"
Ci
va
della
mia
vita
"
,
diceva
egli
fra
sé
,
"
e
se
quelle
due
versiere
mi
scuoprissero
,
sarebbero
capaci
di
qualunque
vendetta
;
e
così
bisognerebbe
o
che
io
mi
allontanassi
di
qui
o
che
mettessi
a
repentaglio
i
miei
giorni
.
"
Questi
ragionamenti
lo
persuasero
a
pigliare
tutte
le
precauzioni
immaginabili
,
e
,
per
il
solito
,
cantava
soltanto
di
notte
.
Rimpetto
alla
finestra
,
dove
stava
Fiorina
,
c
'
era
un
cipresso
di
una
grandezza
maravigliosa
:
l
'
uccello
turchino
venne
a
posarvisi
sopra
.
Appena
si
fu
posato
,
sentì
una
voce
che
si
lamentava
in
questo
modo
:
"
Dovrò
ancora
soffrire
per
molto
tempo
?
e
la
morte
non
verrà
a
liberarmi
da
queste
pene
?
Quelli
che
hanno
paura
della
morte
,
se
la
vedono
arrivare
anche
troppo
presto
:
io
la
desidero
,
e
la
crudele
mi
sfugge
.
Ah
!
Regina
senza
cuore
!
che
t
'
ho
io
fatto
per
tenermi
così
iniquamente
imprigionata
?
Non
puoi
inventare
altri
modi
per
martoriarmi
?
Oramai
non
ti
manca
altro
che
farmi
vedere
coi
propri
miei
occhi
,
la
felicità
che
gode
la
sua
indegna
figlia
col
Re
Grazioso
"
.
L
'
uccello
turchino
non
aveva
perso
una
sillaba
di
questo
lamento
:
ne
rimase
stupito
,
e
aspettò
con
una
smania
indicibile
che
il
sole
si
levasse
,
per
vedere
la
donna
che
si
disperava
tanto
.
Ma
quando
il
sole
si
levò
,
ella
aveva
già
richiusa
la
finestra
,
e
s
'
era
ritirata
.
L
'
uccello
,
curioso
,
fu
puntuale
a
tornare
la
sera
dopo
.
Era
chiaro
di
luna
.
E
vide
una
fanciulla
alla
finestra
della
torre
,
che
ricominciava
la
storia
de
'
suoi
affanni
.
"
Oh
,
sorte
,
sorte
!
"
,
diceva
essa
,
"
tu
che
mi
cullasti
nella
speranza
d
'
un
trono
:
tu
che
mi
avevi
reso
l
'
amore
del
padre
mio
,
che
t
'
ho
mai
fatto
,
per
dovermi
sommergere
in
quest
'
oceano
di
grandi
amarezze
?
È
proprio
scritto
che
si
debba
cominciare
fin
da
un
'
età
così
giovane
,
come
la
mia
,
a
provare
la
tua
incostanza
?
Ritorna
,
o
barbara
,
ritorna
da
me
:
io
non
ti
domando
che
una
grazia
sola
;
poni
fine
al
mio
spietato
destino
.
"
L
'
uccello
turchino
stava
tutto
in
orecchi
,
e
più
ascoltava
,
più
si
persuadeva
che
la
donna
che
lamentavasi
a
quel
modo
,
doveva
essere
la
sua
graziosa
Principessa
.
E
le
disse
:
"
Adorata
Fiorina
,
maraviglia
de
'
nostri
giorni
,
perché
volete
por
fine
così
repentinamente
ai
vostri
?
C
'
è
sempre
speranza
di
trovare
un
rimedio
alle
vostre
afflizioni
"
.
"
Come
?
...
chi
è
che
mi
volge
queste
parole
di
consolazione
?
"
diss
'
ella
.
"
Un
Re
infelice
"
,
rispose
l
'
uccello
,
"
il
quale
vi
ama
e
non
amerà
che
voi
sola
.
"
"
Un
Re
che
mi
ama
?
"
,
ella
soggiunse
,
"
non
sarebbe
per
caso
un
laccio
teso
da
'
miei
nemici
?
Ma
,
in
fin
dei
conti
,
che
cosa
ci
guadagnerebbe
la
Regina
?
Se
ella
vuol
conoscere
i
miei
sentimenti
,
son
pronta
a
dirglieli
colla
mia
stessa
bocca
.
"
"
No
,
Principessa
mia
"
,
rispose
l
'
uccello
,
"
l
'
amante
che
vi
parla
non
è
capace
di
un
tradimento
.
"
Nel
dir
queste
parole
,
andò
a
posarsi
sulla
finestra
.
Fiorina
dapprincipio
ebbe
una
gran
paura
di
un
uccello
così
singolare
,
che
parlava
con
tant
'
anima
,
come
se
fosse
un
uomo
,
sebbene
avesse
una
vocina
compagna
a
quella
dell
'
usignolo
;
ma
la
bellezza
delle
sue
penne
,
e
più
che
altro
le
cose
gentili
che
le
disse
,
la
rassicurarono
.
"
M
'
è
egli
dunque
concesso
di
potervi
rivedere
,
Principessa
mia
?
"
,
esclamò
.
"
Posso
io
bearmi
in
tanta
contentezza
,
senza
morire
di
gioia
?
Ma
,
ohimè
!
quanto
questa
gioia
è
avvelenata
dal
vedervi
costì
in
prigione
,
e
dallo
stato
,
nel
quale
l
'
iniqua
Sussio
mi
ha
trasfigurito
per
sette
anni
!
"
"
E
voi
chi
siete
,
grazioso
uccello
?
"
,
disse
la
Principessa
,
facendogli
delle
carezze
.
"
Voi
avete
pronunziato
il
mio
nome
"
,
soggiunse
il
Re
,
"
e
fate
finta
di
non
riconoscermi
?
"
"
Come
!
"
,
disse
la
Principessa
.
"
Possibile
,
che
il
più
gran
Re
del
mondo
!
...
possibile
che
il
Re
Grazioso
si
sia
cambiato
in
quest
'
uccellino
?
"
"
Ohimè
!
Pur
troppo
è
così
,
mia
bella
Fiorina
"
,
egli
riprese
a
dire
,
"
e
l
'
unica
cosa
che
in
tanta
disgrazia
mi
sia
di
sollievo
,
gli
è
di
sapere
che
ho
preferito
questo
martirio
a
quello
di
dover
rinunziare
alla
gran
passione
che
ho
per
voi
.
"
"
Per
me
?
"
,
disse
Fiorina
.
"
Ah
!
per
carità
,
non
cercate
di
ingannarmi
.
Lo
so
,
lo
so
,
che
avete
sposato
Trotona
:
ho
riconosciuto
il
vostro
anello
nel
suo
dito
:
l
'
ho
veduta
tutta
fiammante
dei
vostri
brillanti
.
Essa
è
venuta
a
insultarmi
qui
,
in
questa
orribile
prigione
,
carica
del
peso
di
una
corona
e
di
un
manto
reale
,
avuto
in
dono
da
voi
,
mentre
io
ero
carica
di
catene
e
di
ferri
!..."
"
E
voi
vedeste
Trotona
in
questo
abbigliamento
?
"
,
interruppe
il
Re
,
"
ed
essa
e
sua
madre
ebbero
tanta
sfacciataggine
da
dirvi
che
tutti
quei
gioielli
erano
un
regalo
mio
?
Oh
cielo
!
si
può
essere
più
sfacciatamente
bugiardi
di
così
?
E
non
potermi
vendicare
come
vorrei
!
...
Sappiate
dunque
che
tentarono
di
mettermi
in
mezzo
:
che
,
valendosi
del
vostro
nome
,
mi
fecero
rapire
quella
brutta
megera
di
Trotona
;
ma
,
appena
avvistomi
dello
sbaglio
,
l
'
ho
piantata
lì
,
e
ho
preferito
piuttosto
diventare
per
sette
anni
l
'
uccello
turchino
,
che
mancare
alla
fede
che
vi
ho
giurata
.
"
Fiorina
provava
un
piacere
così
grande
,
udendo
parlare
in
questo
modo
il
suo
caro
amante
,
che
non
sentiva
più
i
tormenti
della
sua
prigionia
.
Che
cosa
mai
non
gli
seppe
dire
per
consolarlo
del
suo
tristo
caso
e
per
accertarlo
che
ella
avrebbe
fatto
per
lui
,
ciò
che
esso
aveva
fatto
per
lei
?
Il
giorno
cominciava
a
farsi
chiaro
.
Molti
ufficiali
della
corte
erano
già
alzati
:
e
l
'
uccello
turchino
e
la
Principessa
parlavano
ancora
fitto
fitto
fra
loro
.
Alla
fine
si
separarono
con
gran
dispiacere
,
dopo
essersi
scambiata
la
promessa
che
tutte
le
notti
si
sarebbero
riveduti
.
La
gioia
di
ritrovarsi
insieme
fu
tanto
grande
,
da
non
potersi
ridire
.
Ciascuno
,
per
la
sua
parte
,
ringraziava
l
'
amore
e
la
fortuna
.
Intanto
Fiorina
stava
in
pensiero
per
l
'
uccello
turchino
.
"
Chi
me
lo
assicura
dai
cacciatori
,
o
dalle
grinfie
di
qualche
aquila
o
di
qualche
avvoltoio
affamato
,
capace
di
mangiarselo
con
tanto
gusto
,
come
se
non
fosse
un
gran
Re
?
Oh
Dio
!
che
sarebbe
di
me
,
meschina
,
se
le
sue
penne
fini
e
leggiere
,
portate
dal
vento
,
giungessero
fino
nel
mio
carcere
per
annunziarmi
la
sciagura
,
che
io
temo
sempre
?
"
Questo
tristo
pensiero
fece
sì
che
la
Principessa
non
poté
chiudere
un
occhio
;
perché
,
quando
si
ama
davvero
,
le
paure
pigliano
l
'
aspetto
di
verità
,
e
quel
che
prima
pareva
impossibile
diventa
possibilissimo
;
e
fu
così
,
che
ella
passò
tutta
la
giornata
a
piangere
,
finché
non
venne
l
'
ora
fissata
per
andare
a
mettersi
alla
finestra
.
Il
grazioso
uccello
,
nascosto
dentro
lo
spacco
d
'
un
albero
,
in
tutto
il
giorno
non
aveva
fatto
altro
che
pensare
alla
sua
bella
Principessa
.
"
Quanto
sono
contento
"
,
diceva
egli
,
"
di
averla
ritrovata
:
e
com
'
è
premurosa
per
me
!
Le
gentilezze
che
mi
usa
,
le
sento
tutte
qui
nel
cuore
!
"
L
'
appassionato
amante
contava
fino
al
minuto
secondo
il
tempo
della
sua
penitenza
,
che
gli
impediva
di
sposarla
;
e
si
struggeva
più
che
mai
dal
desiderio
di
veder
finita
la
sua
condanna
.
E
perché
voleva
usare
a
Fiorina
tutte
quelle
galanterie
,
che
aveva
in
poter
suo
di
fare
,
volò
fino
alla
capitale
del
suo
regno
,
andò
nel
suo
palazzo
,
entrò
nel
suo
gabinetto
dal
buco
d
'
un
vetro
rotto
:
prese
un
paio
d
'
orecchini
di
diamanti
,
così
belli
e
così
perfetti
,
da
non
trovarli
eguali
,
e
li
portò
la
sera
a
Fiorina
,
pregandola
di
volerseli
mettere
.
"
Me
li
metterei
"
,
diss
'
ella
,
"
se
voi
mi
vedeste
di
giorno
;
ma
siccome
non
vi
parlo
che
di
notte
,
così
non
me
li
metterò
.
"
L
'
uccello
le
promise
di
fare
in
modo
di
venire
alla
Torre
nell
'
ora
che
ella
avesse
voluto
:
allora
s
'
infilò
gli
orecchini
,
e
passarono
tutta
la
notte
in
colloqui
fra
loro
,
come
avevano
fatto
la
sera
avanti
.
Il
giorno
dopo
l
'
uccello
tornò
nel
suo
regno
:
andò
al
palazzo
,
entrò
nel
suo
gabinetto
per
il
solito
vetro
rotto
,
e
portò
via
con
sé
i
più
splendidi
braccialetti
che
si
fossero
mai
visti
:
erano
formati
di
uno
smeraldo
tutto
di
un
pezzo
,
sfaccettato
e
bucato
nel
mezzo
per
potervi
passare
la
mano
e
il
braccio
.
"
Credete
forse
"
,
gli
disse
la
Principessa
,
"
che
il
mio
amore
per
voi
abbia
bisogno
di
essere
coltivato
a
furia
di
regali
?
Ah
!
si
vede
proprio
che
mi
conoscete
male
!
"
"
No
,
o
signora
"
,
replicò
egli
,
"
io
non
ho
mai
creduto
che
i
ninnoli
che
vi
offro
sieno
necessari
per
conservarmi
il
bene
che
mi
volete
;
ma
sarei
mortificato
,
se
trascurassi
la
più
piccola
occasione
per
mostrarvi
l
'
attenzione
che
ho
per
voi
:
e
poi
,
quando
non
mi
avete
dinanzi
agli
occhi
,
questi
piccoli
gioielli
saranno
buoni
a
richiamarmi
alla
vostra
memoria
.
"
Fiorina
,
dal
canto
suo
,
gli
disse
un
'
infinità
di
cose
gentili
,
alle
quali
egli
ne
rispose
mille
altre
,
più
gentili
che
mai
.
La
notte
seguente
l
'
uccello
turchino
si
fece
un
obbligo
di
portare
alla
sua
bella
un
orologio
,
d
'
una
giusta
grandezza
,
che
stava
dentro
a
una
perla
;
eppure
la
materia
era
vinta
dall
'
eccellenza
del
lavoro
.
"
È
inutile
"
,
diss
'
ella
con
grazia
squisita
,
"
di
venirmi
a
regalare
un
orologio
.
Quando
voi
siete
lontano
da
me
,
le
ore
mi
paiono
eterne
:
quando
siete
con
me
,
passano
come
un
sogno
.
Come
posso
fare
a
dar
loro
una
misura
giusta
?
"
"
Ohimè
,
Principessa
mia
"
,
esclamò
l
'
uccello
turchino
,
"
io
la
penso
precisamente
come
voi
su
questo
punto
,
perché
in
quanto
a
sensibilità
di
cuore
son
sicuro
di
non
restare
indietro
a
nessuno
.
Difatti
,
vedendo
quel
che
soffrite
per
conservarmi
il
vostro
cuore
,
sono
in
grado
di
giudicare
che
avete
portato
l
'
amicizia
e
la
stima
all
'
estremo
limite
,
dove
possono
arrivare
.
"
Quando
appariva
il
giorno
,
l
'
uccello
volava
dentro
lo
spacco
del
suo
albero
,
e
li
si
nutriva
di
frutti
.
Qualche
volta
cantava
delle
belle
ariette
:
il
suo
canto
innamorava
i
passanti
,
che
lo
udivano
,
senza
che
potessero
vedere
alcuno
.
Così
si
sparse
la
voce
che
lì
dintorno
ci
fossero
degli
spiriti
.
E
questa
credenza
si
diffuse
tanto
,
che
nessuno
aveva
più
coraggio
di
entrare
nel
bosco
.
Si
raccontavano
mille
avventure
favolose
,
accadute
in
quel
luogo
:
e
lo
spavento
generale
fu
cagione
della
maggior
sicurezza
dell
'
uccello
turchino
.
Non
passava
giorno
,
senza
che
egli
facesse
un
regalo
a
Fiorina
:
ora
un
vezzo
di
perle
:
ora
anelli
con
brillanti
,
di
finissimo
lavoro
:
ora
fermagli
di
diamanti
,
spilloni
,
mazzolini
di
pietre
preziose
,
colorite
a
imitazione
dei
fiori
,
libri
piacevoli
e
medaglie
:
per
farla
corta
,
essa
aveva
messo
insieme
un
ammasso
di
ricchezze
maravigliose
.
Con
queste
si
adornava
soltanto
la
notte
per
far
piacere
al
Re
:
il
giorno
,
non
sapendo
dove
riporle
,
le
nascondeva
dentro
al
saccone
del
letto
.
In
questo
modo
scorsero
due
anni
,
senza
che
Fiorina
avesse
da
lagnarsi
una
sola
volta
della
sua
prigionia
.
E
come
poteva
lagnarsene
?
Essa
aveva
la
consolazione
di
parlare
tutte
le
notti
con
la
persona
amata
;
né
c
'
è
ricordanza
che
fra
due
innamorati
si
sieno
mai
scambiate
tante
paroline
graziose
,
come
accadeva
fra
loro
.
Benché
ella
non
vedesse
anima
viva
e
l
'
uccello
passasse
le
giornate
rinchiuso
dentro
lo
spacco
dell
'
albero
,
nondimeno
avevano
sempre
mille
cose
nuove
da
raccontarsi
;
la
materia
era
inesauribile
,
perché
il
loro
cuore
e
il
loro
spirito
fornivano
abbondantemente
il
soggetto
dei
lunghi
colloqui
.
Intanto
la
maliziosa
Regina
,
che
la
teneva
così
crudelmente
imprigionata
,
si
dava
un
gran
da
fare
per
vedere
di
maritare
la
figlia
.
Mandava
ambasciatori
a
proporla
a
tutti
i
principi
,
dei
quali
sapeva
il
nome
:
ma
appena
gli
ambasciatori
arrivavano
,
si
trovavano
congedati
senza
tante
cerimonie
.
"
Oh
!
se
si
trattasse
della
Principessa
Fiorina
"
,
dicevan
loro
,
"
sareste
ricevuti
a
braccia
aperte
:
ma
in
quanto
a
Trotona
,
può
farsi
monaca
se
vuole
;
ché
nessuno
si
opporrà
dicerto
.
"
A
sentire
questi
discorsi
,
la
madre
e
la
figlia
andavano
su
tutte
le
furie
e
se
la
pigliavano
contro
la
povera
Principessa
,
vittima
delle
loro
persecuzioni
.
"
Come
!
"
,
dicevano
esse
,
"
sebbene
chiusa
in
prigione
,
quest
'
insolente
sarà
dunque
per
noi
un
bastone
fra
i
piedi
?
Come
perdonarle
i
brutti
tiri
,
che
ci
fa
tutti
i
giorni
?
Bisogna
dire
che
ell
'
abbia
delle
corrispondenze
segrete
nei
paesi
stranieri
:
in
questo
caso
,
per
lo
meno
,
è
rea
di
Stato
:
trattiamola
dunque
come
tale
,
e
si
faccia
di
tutto
per
convincerla
del
suo
delitto
.
"
Il
loro
conciliabolo
finì
così
tardi
,
che
era
già
mezzanotte
suonata
,
quando
si
decisero
a
salire
nella
torre
per
interrogarla
.
Essa
per
l
'
appunto
stava
alla
finestra
,
coll
'
uccello
turchino
,
ornata
delle
sue
gemme
,
e
coi
suoi
belissimi
capelli
pettinati
con
tutta
quella
attenzione
,
che
non
è
punto
naturale
nella
persona
afflitta
da
un
gran
dolore
.
La
sua
camera
e
il
suo
letto
erano
seminati
di
fiori
,
e
qualche
pasticca
di
Spagna
,
che
essa
aveva
bruciato
pochi
momenti
prima
,
spandeva
per
la
stanza
un
buonissimo
odore
.
La
Regina
messe
l
'
orecchio
alla
porta
,
e
le
parve
sentir
cantare
un
'
aria
a
due
voci
:
perché
anche
Fiorina
aveva
una
voce
angelica
.
Le
parole
di
quest
'
aria
le
parvero
molto
tenere
,
e
dicevano
press
'
a
poco
così
:
"
Come
è
trista
la
nostra
sorte
:
e
quanti
affanni
ci
costa
il
nostro
amore
!
...
Ma
invano
si
provano
a
vincere
tanta
fermezza
:
a
dispetto
dei
nostri
nemici
,
i
nostri
cuori
rimarranno
uniti
per
sempre
.
"
Questo
piccolo
concerto
fu
chiuso
da
alcuni
sospiri
.
"
Ah
!
Trotona
mia
,
siamo
tradite
!
"
esclamò
la
Regina
spalancando
screanzatamente
l
'
uscio
ed
entrando
nella
camera
.
Come
restò
Fiorina
a
quella
vista
!
Chiuse
subito
la
finestra
,
per
dar
tempo
al
real
uccello
di
volar
via
.
Le
stava
più
a
cuore
la
salvezza
di
lui
,
che
la
propria
:
ma
egli
non
ebbe
la
forza
di
allontanarsi
:
col
suo
sguardo
penetrantissimo
,
aveva
capito
il
pericolo
al
quale
si
trovava
esposta
la
Principessa
.
Egli
aveva
vista
la
Regina
e
Trotona
:
che
dolore
per
lui
di
non
essere
in
grado
di
difendere
la
sua
bella
!
Le
due
megere
si
avventarono
su
di
essa
,
come
se
la
volessero
mangiare
.
"
Si
sanno
le
vostre
trame
contro
lo
Stato
!
"
,
esclamò
la
Regina
.
"
Non
sperate
che
il
vostro
grado
basti
a
salvarvi
dal
meritato
castigo
.
"
"
E
con
chi
posso
aver
tramato
,
o
signora
?
"
replicò
la
Principessa
.
"
Da
due
anni
in
qua
,
non
siete
forse
voi
la
mia
carceriera
?
Ho
mai
vedute
altre
persone
,
fuor
di
quelle
mandatemi
da
voi
?
"
Mentre
parlava
così
la
Regina
e
sua
figlia
la
guardavano
con
tanto
d
'
occhi
.
Erano
rimaste
abbagliate
dalla
sua
bellezza
meravigliosa
e
dalla
sua
acconciatura
veramente
straordinaria
.
"
E
chi
vi
ha
dato
,
o
signora
"
,
disse
la
Regina
,
"
tutte
codeste
pietre
preziose
,
che
brillano
come
il
sole
?
Volete
forse
darci
ad
intendere
che
in
questa
torre
ci
sono
delle
miniere
?
"
"
Ce
l
'
ho
trovate
"
,
disse
Fiorina
,
"
è
tutto
quello
che
io
ne
so
.
"
La
Regina
la
guardò
fissa
negli
occhi
,
per
iscuoprire
ciò
che
passava
nel
fondo
del
suo
cuore
.
"
Noi
non
ci
lasceremo
infinocchiare
da
voi
"
,
disse
la
Regina
.
"
Voi
credete
di
darcela
a
bere
:
ma
noi
sappiamo
benissimo
,
Principessa
,
tutto
quello
che
fate
dalla
mattina
alla
sera
:
e
queste
gioie
vi
furono
regalate
,
per
mettervi
su
,
e
per
impegnarvi
a
vendere
il
regno
di
vostro
padre
.
"
"
Davvero
,
che
sono
in
uno
stato
da
poter
vendere
i
regni
!...",
essa
rispose
,
con
un
sorriso
di
sdegno
.
"
Una
povera
Principessa
che
languisce
nei
ferri
da
tanto
tempo
,
è
proprio
la
persona
che
ci
vuole
,
per
macchinare
i
complotti
di
Stato
.
"
"
E
come
va
dunque
"
,
replicò
la
Regina
,
"
che
siete
così
tutta
agghindata
,
come
una
civettuola
,
e
che
la
vostra
camera
è
piena
di
profumi
,
e
che
la
vostra
persona
è
così
magnifica
e
risplendente
,
che
a
Corte
non
potreste
fare
una
figura
migliore
?
"
"
Ho
molto
tempo
da
perdere
"
,
disse
la
Principessa
,
"
per
cui
non
c
'
è
nulla
di
strano
se
ne
spendo
un
poco
a
farmi
bella
:
ne
passo
tanto
a
piangere
sulla
mia
disgrazia
,
che
non
c
'
è
ragione
di
rimproverarmi
.
"
"
Animo
,
via
"
,
disse
la
Regina
,
"
vediamo
un
po
'
se
questa
innocentina
,
non
abbia
per
caso
qualche
corrispondenza
coi
nemici
dello
Stato
.
"
E
da
se
stessa
si
mise
a
frugare
dappertutto
:
e
arrivata
al
saccone
,
che
ella
fece
vuotare
,
ci
trovò
dentro
una
quantità
così
sterminata
di
diamanti
,
perle
,
rubini
,
smeraldi
e
topazi
,
che
ella
non
sapeva
raccapezzarsi
di
dove
fossero
usciti
.
E
perché
aveva
fissato
dentro
di
sé
di
mettere
in
qualche
nascondiglio
della
stanza
alcune
carte
,
che
potessero
compromettere
la
Principessa
,
così
quando
nessuno
ci
badava
,
le
nascose
nel
camminetto
;
ma
per
buona
fortuna
l
'
uccello
turchino
,
dal
posto
dove
s
'
era
posato
,
ci
vedeva
meglio
di
una
lince
e
udiva
ogni
cosa
;
per
cui
gridò
:
"
Guàrdati
,
Fiorina
:
ecco
la
tua
nemica
che
ti
prepara
un
tradimento
"
.
Questa
voce
così
inattesa
spaventò
la
Regina
a
tal
punto
,
che
non
osò
fare
quanto
aveva
meditato
.
"
Vedete
bene
,
signora
"
,
disse
la
Principessa
,
"
che
gli
spiriti
che
volano
per
l
'
aria
,
sono
tutti
per
me
.
"
"
Io
credo
piuttosto
"
,
disse
la
Regina
fuori
di
sé
dalla
collera
"
che
ci
sieno
dei
diavoli
,
che
vi
vogliono
bene
:
ma
,
a
loro
marcio
dispetto
,
vostro
padre
saprà
farsi
giustizia
.
"
"
Dio
volesse
"
,
esclamò
Fiorina
,
"
che
io
non
avessi
da
temere
altro
che
il
furore
di
mio
padre
:
ma
quello
che
mi
spaventa
,
è
il
vostro
,
o
signora
.
"
La
Regina
se
ne
andò
via
tutta
sottosopra
per
le
cose
che
aveva
vedute
e
sentite
,
e
tenne
consiglio
sul
da
farsi
contro
la
Principessa
.
Alcuni
consiglieri
le
fecero
notare
,
che
,
nel
caso
che
qualche
fata
o
qualche
mago
avessero
preso
la
Principessa
sotto
la
loro
protezione
,
il
vero
segreto
per
irritarli
sarebbe
stato
quello
di
tormentare
più
che
mai
la
Principessa
;
e
che
,
in
fin
dei
conti
,
bisognava
scuoprire
a
ogni
costo
la
ragione
del
suo
armeggìo
.
La
Regina
dette
il
benestare
a
questo
consiglio
:
e
mandò
a
dormire
nella
camera
della
Principessa
una
giovinetta
,
che
pareva
l
'
innocenza
in
persona
,
col
dire
che
c
'
era
mandata
apposta
per
servirla
.
Ma
come
restar
presi
a
un
chiapperello
così
grossolano
?
La
Principessa
,
fin
dal
primo
giorno
,
la
ritenne
per
una
spia
e
n
'
ebbe
un
grandissimo
dispiacere
.
"
Come
!
"
,
essa
diceva
,
"
io
dunque
non
potrò
più
parlare
a
questo
uccello
turchino
,
che
è
tutto
l
'
amor
mio
?
Era
esso
,
che
mi
aiutava
a
sopportare
le
mie
sciagure
:
e
io
lo
consolava
nelle
sue
.
Il
nostro
amore
ci
compensava
di
tutto
.
Che
avverrà
di
lui
?
che
cosa
sarà
di
me
?
"
E
pensando
a
tutto
questo
,
piangeva
come
una
vite
tagliata
.
Non
aveva
coraggio
di
affacciarsi
alla
finestra
,
sebbene
lo
sentisse
svolazzare
lì
dintorno
;
perché
si
struggeva
dalla
voglia
di
aprirgli
,
ma
temeva
di
mettere
in
pericolo
la
vita
del
suo
caro
amante
.
Passò
un
mese
intero
,
senza
che
essa
si
facesse
vedere
:
e
intanto
l
'
uccello
turchino
si
dava
alla
disperazione
,
e
piangeva
e
si
lamentava
da
far
pietà
!
D
'
altra
parte
,
come
poteva
fare
a
vivere
,
lui
,
senza
la
sua
Principessa
?
Non
aveva
mai
provato
,
come
allora
,
i
tormenti
della
lontananza
e
quelli
della
sua
metamorfosi
.
Invano
cercava
qualche
pretesto
per
consolarsi
:
dopo
essersi
lambiccato
il
cervello
,
non
trovava
nulla
che
valesse
a
dargli
un
po
'
di
conforto
.
La
spia
della
Principessa
,
che
da
un
mese
non
chiudeva
occhio
né
giorno
né
notte
,
si
sentì
alla
fine
così
presa
dal
sonno
che
si
addormentò
profondamente
.
Quando
Fiorina
se
ne
accorse
,
aprì
la
sua
finestrina
,
e
disse
:
Uccello
turchino
,
color
del
cielo
,
Vola
e
ritorna
subito
a
me
.
Sono
queste
le
sue
precise
parole
,
e
non
c
'
è
stata
cambiata
una
virgola
.
Appena
l
'
uccello
la
sentì
,
volò
subito
sulla
finestra
.
Che
gioia
quando
si
rividero
!
e
quante
cose
avevano
da
dirsi
!
Mille
e
mille
volte
ripeterono
le
loro
tenerezze
e
i
loro
giuramenti
di
fedeltà
!
La
Principessa
non
poté
trattenere
le
lacrime
;
l
'
amante
s
'
intenerì
,
e
fece
di
tutto
per
consolarla
.
Venuta
finalmente
l
'
ora
di
lasciarsi
,
senza
che
la
carceriera
sorvegliante
si
fosse
ancora
svegliata
,
si
dettero
l
'
addio
più
tenero
e
più
commovente
che
possa
immaginarsi
.
La
spia
si
addormentò
anche
il
giorno
dopo
,
e
la
Principessa
,
puntuale
,
andò
alla
finestra
e
disse
,
come
la
volta
avanti
:
Uccello
turchino
,
color
del
cielo
,
Vola
e
ritorna
subito
a
me
.
E
subito
l
'
uccello
venne
,
e
quella
notte
passò
come
l
'
altra
avanti
,
senza
rumori
e
senza
improvvisate
,
con
grandissima
soddisfazione
dei
nostri
amanti
;
i
quali
si
figurarono
che
la
sorvegliante
avrebbe
preso
tanto
gusto
a
dormire
,
da
poter
ripetere
la
medesima
storia
tutte
le
sere
.
Di
fatto
,
anche
la
terza
sera
passò
felicemente
:
ma
alla
quarta
,
la
dormigliona
avendo
sentito
un
po
'
di
rumore
,
senza
dar
segno
di
nulla
si
pose
in
orecchio
;
e
guardando
bene
,
vide
al
chiaro
di
luna
il
più
bell
'
uccello
dell
'
universo
,
che
stava
a
parlare
colla
Principessa
,
e
la
carezzava
colle
zampine
e
le
dava
delle
beccatine
amorose
:
e
fra
le
altre
,
sentì
molte
di
quelle
cosine
che
si
dicevano
fra
loro
e
ne
rimase
molto
maravigliata
,
perché
l
'
uccello
parlava
come
se
fosse
un
innamorato
,
e
Fiorina
gli
rispondeva
con
grande
tenerezza
.
Sul
far
del
giorno
si
dissero
addio
:
e
quasi
il
cuore
presagisse
loro
qualche
vicina
disgrazia
,
non
trovavano
il
verso
di
lasciarsi
.
La
Principessa
si
gettò
sul
suo
letto
tutta
piangente
,
e
il
Re
tornò
dentro
allo
spacco
dell
'
albero
.
La
sorvegliante
corse
dalla
Regina
,
e
le
raccontò
quanto
aveva
visto
e
sentito
.
La
Regina
mandò
a
chiamare
Trotona
e
la
sua
confidente
,
e
dopo
un
lungo
ciarlare
conclusero
che
l
'
uccello
turchino
doveva
essere
il
Re
Grazioso
.
"
Che
vergogna
"
,
esclamò
la
Regina
,
"
che
vergogna
,
figlia
mia
!
questa
Principessa
insolente
,
che
io
credeva
rifinita
dai
dispiaceri
,
se
ne
sta
godendo
tranquillamente
gli
amorosi
colloqui
del
vostro
ingrato
!
Ah
!
voglio
vendicarmi
,
e
la
vendetta
dev
'
essere
di
quelle
da
ricordarsene
per
un
pezzo
.
"
Trotona
la
pregò
di
non
perdere
neppure
un
minuto
,
e
siccome
in
questa
faccenda
le
pareva
di
essere
più
interessata
della
stessa
Regina
,
così
sentiva
andarsi
in
deliquio
dalla
contentezza
,
soltanto
a
pensare
al
martirio
che
avrebbero
dovuto
patire
i
due
disgraziati
amanti
.
La
Regina
rimandò
alla
torre
la
spia
,
con
ordine
di
non
dar
segni
né
di
sospetto
né
di
curiosità
;
e
anzi
,
di
mostrarsi
più
addormentata
del
solito
.
Infatti
andò
a
letto
di
prima
sera
,
e
russava
e
russava
,
tanto
che
la
Principessa
,
ingannata
a
quel
modo
,
aprì
la
finestra
e
disse
:
Uccello
turchino
,
color
del
cielo
,
Vola
e
ritorna
subito
a
me
.
Ma
invano
essa
lo
chiamò
,
per
quanto
fu
lunga
la
notte
:
ei
non
comparve
mai
,
perché
la
trista
Regina
aveva
fatto
attaccare
ai
cipressi
delle
spade
,
dei
coltelli
,
dei
rasoi
,
dei
pugnali
:
motivo
per
cui
,
quando
egli
venne
a
buttarsi
a
volo
su
quelle
piante
,
si
tagliò
i
piedi
e
le
ali
:
e
tutto
ferito
,
com
'
era
,
arrivò
a
stento
all
'
albero
suo
,
lasciando
dietro
a
sé
una
lunga
striscia
di
sangue
!
Oh
!
perché
,
bella
Principessa
,
non
eravate
presente
per
soccorrere
l
'
uccello
reale
?
Ma
ella
sarebbe
morta
se
l
'
avesse
veduto
in
quello
stato
da
far
compassione
!
Fisso
nell
'
idea
che
questo
brutto
scherzo
gli
venisse
fatto
per
colpa
di
Fiorina
,
non
volle
prendere
nessuna
cura
per
la
sua
vita
.
"
Ah
spietata
!
"
,
diceva
egli
dolorosamente
,
"
è
così
che
ricompensi
la
passione
più
pura
e
più
tenera
,
che
siasi
mai
data
al
mondo
?
Se
volevi
la
mia
morte
,
perché
non
domandarmela
colla
tua
bocca
?
La
morte
,
data
da
te
,
mi
sarebbe
stata
cara
!
Con
quanto
amore
e
con
quante
confidenze
io
veniva
a
trovarti
!
Io
soffriva
per
te
,
e
soffriva
senza
lamentarmi
.
Come
!
e
avesti
cuore
di
sacrificarmi
alla
più
crudele
di
tutte
le
donne
?
Essa
era
la
nostra
comune
nemica
,
e
tu
hai
fatto
la
pace
con
essa
a
spese
mie
?
Sei
tu
,
Fiorina
,
sei
tu
che
mi
ferisci
di
pugnale
!
Tu
hai
preso
in
prestito
la
mano
di
Trotona
e
l
'
hai
portata
fino
al
mio
cuore
!
"
Questi
funesti
pensieri
lo
angustiarono
tanto
,
che
risolvé
di
morire
.
Ma
il
Mago
,
suo
amico
,
avendo
veduto
tornare
a
casa
i
ranocchi
volanti
,
col
carro
,
senza
avere
nessuna
notizia
del
Re
,
si
mise
in
così
gran
pensiero
che
potesse
essergli
accaduta
qualche
disgrazia
,
che
fece
otto
volte
il
giro
della
terra
per
trovarlo
;
e
non
lo
trovò
.
Stava
per
cominciare
il
nono
giro
,
allorché
traversando
il
bosco
,
dov
'
era
l
'
uccello
turchino
,
suonò
a
distesa
il
corno
,
secondo
le
regole
prescritte
:
e
dopo
gridò
per
cinque
volte
con
quanta
ne
aveva
in
gola
:
"
Re
Grazioso
!
Re
Grazioso
,
dove
siete
voi
?
"
.
Il
Re
riconobbe
la
voce
del
suo
migliore
amico
:
"
Accostatevi
a
quest
'
albero
"
,
egli
disse
"
e
vedrete
lo
sventurato
Re
,
al
quale
volete
tanto
bene
,
immerso
nel
proprio
sangue
!
"
.
Il
Mago
,
sbalordito
,
guardò
da
tutte
le
parti
,
senza
che
potesse
veder
nulla
.
"
Io
sono
l
'
uccello
turchino
"
,
disse
il
Re
con
voce
sfinita
e
languente
.
A
queste
parole
il
Mago
lo
trovò
senza
fatica
nel
suo
piccolo
nido
.
Chiunque
altro
fuori
di
lui
si
sarebbe
maravigliato
molto
di
più
:
ma
egli
conosceva
tutti
gli
artifici
della
magia
.
Bastarono
poche
parole
che
disse
,
per
far
cessare
il
sangue
che
grondava
ancora
:
e
con
alcune
erbe
trovate
nel
bosco
,
e
sulle
quali
mormorò
alcune
formule
magiche
,
guarì
il
Re
così
perbene
,
che
pareva
non
fosse
stato
nemmeno
graffiato
.
Quindi
lo
pregò
a
volergli
raccontare
per
quale
avventura
era
diventato
uccello
,
e
chi
l
'
aveva
ferito
così
crudelmente
!
Il
Re
contentò
la
sua
curiosità
,
e
gli
disse
che
era
Fiorina
quella
che
aveva
rivelato
il
mistero
amoroso
delle
visite
segrete
che
ei
le
faceva
,
e
che
per
amicarsi
la
Regina
,
ella
aveva
acconsentito
a
lasciar
mettere
fra
i
rami
del
cipresso
i
pugnali
e
i
rasoi
,
che
l
'
avevano
tagliato
e
fatto
quasi
a
pezzetti
:
si
sfogò
molte
volte
sull
'
infedeltà
della
Principessa
e
giurò
che
avrebbe
avuto
più
caro
a
morire
,
piuttosto
che
conoscere
un
cuore
tanto
cattivo
.
Il
Mago
,
si
scatenò
contro
Fiorina
e
contro
tutte
le
donne
,
e
consigliò
il
Re
a
dimenticarla
affatto
.
"
Che
disgrazia
sarebbe
la
vostra
"
,
diss
'
egli
,
"
se
vi
ostinaste
a
voler
bene
a
quell
'
ingrata
!
Dopo
quello
che
vi
ha
fatto
,
c
'
è
da
aspettarsene
di
tutti
i
colori
.
"
L
'
uccello
turchino
,
su
questo
punto
,
non
andava
d
'
accordo
perché
egli
era
ancora
troppo
innamorato
di
Fiorina
:
e
il
Mago
,
che
gli
leggeva
nel
cuore
,
sebbene
facesse
di
tutto
per
dissimulare
i
propri
sentimenti
,
gli
cantò
una
canzonetta
graziosa
che
diceva
su
per
giù
così
:
"
Quando
si
ha
nell
'
anima
una
grande
spina
,
sono
inutili
i
discorsi
e
i
ragionamenti
;
si
dà
retta
soltanto
al
nostro
dolore
e
non
ai
consigli
degli
altri
.
Bisogna
lasciar
fare
al
tempo
,
perché
per
ogni
cosa
c
'
è
un
momento
opportuno
,
e
fino
a
tanto
che
questo
momento
non
è
arrivato
,
è
inutile
tormentarsi
lo
spirito
con
ingegnosi
ripieghi
"
.
L
'
uccello
turchino
se
ne
persuase
,
e
pregò
l
'
amico
di
portarlo
a
casa
sua
e
di
metterlo
in
una
gabbia
,
dove
fosse
al
sicuro
dalle
unghie
del
gatto
e
da
ogni
arme
pericolosa
.
Ma
saltò
su
a
dire
il
Mago
:
"
Vi
rassegnate
dunque
a
restare
ancora
per
cinque
anni
in
uno
stato
così
compassionevole
e
si
poco
confacente
ai
vostri
interessi
e
alla
vostra
dignità
?
Perché
dovete
sapere
che
avete
dei
nemici
i
quali
giurano
e
spergiurano
che
siete
morto
e
vogliono
invadere
il
vostro
regno
;
e
ho
una
gran
paura
che
questo
regno
lo
dobbiate
perdere
avanti
di
aver
ripreso
le
vostre
vere
sembianze
"
.
"
Non
potrò
andare
nel
mio
palazzo
"
,
egli
replicò
,
"
e
governare
secondo
il
solito
,
come
facevo
prima
?
"
"
Oh
!
"
,
esclamò
l
'
amico
,
"
è
difficile
.
C
'
è
chi
è
contento
di
obbedire
a
un
uomo
,
ma
non
intende
obbedire
a
un
pappagallo
,
c
'
è
chi
oggi
vi
teme
,
perché
siete
un
Re
circondato
di
grandezze
e
di
fasto
,
e
che
domani
vi
strapperebbe
le
penne
,
se
vi
vedesse
trasformato
in
un
uccello
.
"
"
Ah
,
umana
debolezza
!
oh
,
prestigio
di
un
brillante
esteriore
!...",
esclamò
il
Re
,
"
sebbene
tu
non
significhi
nulla
per
il
merito
e
le
virtù
,
non
cessi
per
questo
di
avere
una
potenza
affascinatrice
,
dalla
quale
è
difficilissimo
difendersi
.
Ebbene
"
,
egli
continuò
,
"
mostriamoci
filosofi
,
e
disprezziamo
quello
che
non
si
può
avere
:
la
nostra
risoluzione
non
sarà
delle
peggiori
.
"
"
Io
non
mi
do
per
vinto
così
alla
prima
"
,
disse
il
Mago
,
"
e
spero
ancora
di
trovare
qualche
buon
espediente
,
che
faccia
al
caso
nostro
.
"
Intanto
Fiorina
,
la
povera
Fiorina
,
desolata
di
non
rivedere
il
Re
,
passava
le
giornate
e
le
nottate
alla
finestra
,
ripetendo
senza
tregua
:
Uccello
turchino
,
color
del
cielo
,
Vola
e
ritorna
subito
a
me
.
La
presenza
della
sorvegliante
non
le
dava
più
soggezione
;
la
sua
disperazione
era
arrivata
a
tal
punto
,
che
non
aveva
riguardi
per
nessuno
.
"
Che
n
'
è
stato
di
voi
,
Re
Grazioso
?
"
,
esclamava
,
"
forse
i
nostri
comuni
nemici
vi
hanno
fatto
provare
i
tristi
effetti
della
loro
rabbia
?
siete
forse
stato
sacrificato
al
loro
furore
?
Povera
me
!
me
meschina
!
non
siete
forse
più
vivo
?
non
potrò
dunque
rivedervi
mai
più
?
Oppure
stanco
delle
mie
tante
sciagure
,
m
'
avete
abbandonata
alla
dura
sorte
che
mi
perseguita
?
"
E
quante
lacrime
e
quanti
singhiozzi
tenevano
dietro
a
questi
pietosi
lamenti
!
E
come
le
ore
parevano
eterne
,
per
la
lontananza
del
caro
amante
!
La
Principessa
abbattuta
,
malata
,
divenuta
magra
e
tale
da
non
riconoscersi
più
da
quella
di
prima
,
aveva
appena
tanto
fiato
da
reggersi
in
piedi
.
Ella
era
persuasa
che
al
Re
fosse
capitata
ogni
maggior
disgrazia
che
possa
darsi
sulla
terra
.
La
Regina
e
Trotona
gongolavano
e
il
piacere
di
vedersi
vendicate
era
più
forte
in
loro
del
dolore
provato
per
l
'
offesa
ricevuta
.
E
alla
fin
fine
,
qual
era
poi
questa
offesa
?
Il
Re
Grazioso
non
aveva
voluto
sposare
una
brutta
befana
,
che
doveva
essergli
antipatica
e
odiosa
per
mille
ragioni
.
In
questo
frattempo
il
padre
di
Fiorina
,
che
era
in
là
cogli
anni
,
si
ammalò
e
morì
.
La
fortuna
della
Regina
e
della
sua
figlia
allora
cambiò
d
'
aspetto
;
tutti
le
riguardavano
come
due
imbroglione
che
avessero
abusato
del
loro
ascendente
,
e
il
popolo
ammutinato
corse
al
palazzo
a
domandare
la
Principessa
Fiorina
,
proclamandola
per
sua
sovrana
.
La
Regina
irritata
voleva
trattare
la
cosa
con
grande
alterigia
;
si
affacciò
al
balcone
e
minacciò
i
rivoltosi
.
In
quel
punto
,
la
sommossa
diventa
generale
:
si
sfondano
le
porte
del
suo
quartiere
,
si
saccheggia
tutto
,
e
la
lasciano
morta
a
sassate
.
Trotona
si
rifugiò
presso
la
Sussio
,
perché
correva
lo
stesso
pericolo
della
madre
.
I
grandi
del
regno
si
radunarono
subito
,
e
salirono
sulla
torre
dove
era
la
Principessa
molto
malata
.
Ella
non
sapeva
nulla
né
della
morte
di
suo
padre
,
né
della
brutta
fine
toccata
alla
sua
nemica
.
Quando
sentì
tutto
quel
rumore
credé
in
buona
fede
che
venissero
a
prenderla
per
condurla
alla
morte
.
E
non
ebbe
nessuna
paura
,
perché
al
giorno
che
aveva
perduto
l
'
uccello
turchino
,
la
vita
per
lei
era
diventata
odiosa
.
Ma
i
suoi
sudditi
,
gettandosi
ai
suoi
piedi
,
le
dettero
a
conoscere
il
cambiamento
che
era
accaduto
nella
sua
fortuna
.
Ella
non
se
ne
fece
né
in
qua
né
in
là
.
La
portarono
nel
suo
palazzo
,
e
lì
la
incoronarono
.
Le
grandi
attenzioni
che
le
furono
usate
e
la
passione
che
aveva
di
rivedere
l
'
uccello
turchino
contribuirono
molto
a
farla
rimettere
in
salute
e
a
darle
abbastanza
forza
per
nominare
un
consiglio
che
avesse
cura
del
regno
durante
la
sua
assenza
:
quindi
prese
con
sé
mille
milioni
di
pietre
preziose
,
e
una
notte
se
ne
partì
,
tutta
sola
,
senza
che
alcuno
sapesse
per
dove
s
'
era
incamminata
.
Il
Mago
,
che
aveva
preso
a
cuore
gli
affari
del
Re
Grazioso
,
non
avendo
tanto
potere
da
distruggere
l
'
incantesimo
che
la
Sussio
aveva
fatto
,
pensò
bene
di
andarla
a
trovare
e
proporle
qualche
accomodamento
,
per
vedere
se
ella
avesse
voluto
rendere
al
Re
la
sua
sembianza
naturale
;
e
senza
mettere
tempo
in
mezzo
attaccò
i
suoi
ranocchi
e
volò
dalla
fata
,
la
quale
in
quel
momento
stava
discorrendo
con
Trotona
.
Da
un
mago
a
una
fata
non
c
'
è
un
grande
stacco
.
Essi
si
conoscevano
già
da
circa
seicent
'
anni
,
e
in
questo
lasso
di
tempo
erano
stati
fra
loro
mille
volte
amici
e
mille
volte
si
erano
guastati
.
"
Che
desidera
il
mio
compare
?
"
,
ella
gli
disse
.
(
È
questo
il
nome
che
si
danno
tutti
,
fra
di
loro
.
)
"
Posso
esservi
utile
in
qualche
cosa
che
dipenda
da
me
?
"
"
Sì
,
comare
mia
"
,
disse
il
Mago
.
"
Voi
potete
far
tutto
per
rendermi
contento
.
Si
tratta
del
mio
migliore
amico
:
di
un
Re
,
che
voi
avete
reso
infelice
.
"
"
Ah
!
intendo
,
compare
"
,
disse
Sussio
,
"
me
ne
dispiace
proprio
nell
'
anima
,
ma
non
c
'
è
da
sperar
grazia
per
lui
,
fin
tanto
che
si
ostina
a
non
volere
sposare
la
mia
figlioccia
:
eccola
qui
bella
e
fresca
,
come
vedete
.
Ora
tocca
a
lui
a
decidersi
.
"
Al
Mago
gli
restò
la
parola
in
bocca
,
tanto
la
ragazza
gli
parve
brutta
:
nondimeno
non
trovava
il
verso
di
venirsene
via
senza
aver
combinato
qualcosa
,
segnatamente
perché
il
Re
,
dal
giorno
che
era
in
gabbia
,
aveva
corso
mille
pericoli
.
Il
chiodo
,
dove
la
gabbia
stava
attaccata
,
s
'
era
rotto
:
la
gabbia
era
cascata
per
terra
,
e
sua
maestà
,
colle
penne
,
nella
caduta
s
'
era
fatto
molto
male
.
Il
gatto
,
che
si
trovava
presente
a
questo
caso
,
gli
dette
una
graffiata
nell
'
occhio
,
e
ci
corse
poco
non
l
'
accecasse
.
Un
'
altra
volta
s
'
erano
scordati
di
dargli
da
bere
,
ed
era
già
a
tocco
e
non
tocco
di
beccarsi
una
bella
pipita
,
se
per
fortuna
non
giungevano
in
tempo
a
salvarlo
con
alcune
gocce
d
'
acqua
.
Un
frugolo
di
scimmiotto
,
scappato
non
si
sa
di
dove
,
gli
pettinò
ben
bene
le
penne
attraverso
i
ferri
della
gabbia
,
strapazzandolo
senza
nessun
complimento
,
come
se
fosse
stata
una
gazza
o
un
merlo
.
Ma
la
cosa
più
triste
di
tutte
era
questa
:
che
egli
stava
a
un
pelo
per
perdere
il
trono
,
perché
i
suoi
eredi
ne
inventavano
ogni
giorno
una
delle
nuove
,
pur
di
provare
come
e
qualmente
egli
fosse
morto
e
morto
davvero
.
Alla
fine
il
Mago
combinò
con
la
comare
Sussio
,
che
ella
condurrebbe
Trotona
nel
palazzo
del
Re
Grazioso
,
che
lì
vi
resterebbe
alcuni
mesi
,
durante
i
quali
il
Re
doveva
prendere
una
risoluzione
circa
allo
sposarla
:
e
intanto
la
fata
renderebbe
al
Re
la
sua
figura
naturale
,
salvo
sempre
a
farlo
tornare
uccello
,
nel
caso
che
si
fosse
ostinato
a
non
voler
sposare
la
sua
figlioccia
.
La
fata
diede
a
Trotona
dei
vestiti
d
'
oro
e
d
'
argento
;
quindi
la
fece
montare
in
groppa
,
dietro
a
sé
,
sopra
un
drago
,
e
si
recarono
al
regno
di
Re
Grazioso
,
il
quale
vi
giungeva
,
anche
lui
,
in
quello
stesso
punto
insieme
al
Mago
suo
amico
.
Con
tre
colpi
di
bacchetta
,
egli
ritornò
quello
stesso
che
era
stato
prima
,
bello
,
amabile
,
spiritoso
,
magnifico
:
ma
gli
costava
salata
questa
diminuzione
di
penitenza
,
perché
il
solo
pensiero
di
sposare
Trotona
gli
metteva
i
brividi
addosso
.
Il
Mago
aveva
un
bel
persuadere
colle
migliori
ragioni
di
questo
mondo
:
ma
tutti
i
suoi
discorsi
lasciavano
il
tempo
com
'
era
!
Il
Re
si
dava
meno
pensiero
delle
cure
di
Stato
,
che
di
trovare
ogni
ammennicolo
per
mandare
in
lungo
il
termine
fissato
dalla
Sussio
per
le
nozze
con
Trotona
.
Intanto
la
Regina
Fiorina
,
coi
capelli
tutti
sciolti
e
arruffati
apposta
per
nascondersi
il
viso
,
con
un
cappello
di
paglia
in
capo
e
con
un
sacco
di
tela
sulle
spalle
cominciò
il
suo
viaggio
un
po
'
a
piedi
e
un
po
'
a
cavallo
,
ora
per
mare
,
ora
per
terra
.
Faceva
dappertutto
le
più
minute
ricerche
:
ma
non
sapendo
con
certezza
che
strada
prendere
,
temeva
sempre
di
andare
da
una
parte
,
mentre
il
suo
Re
pigliava
da
quell
'
altra
.
Un
giorno
,
essendosi
fermata
sull
'
orlo
d
'
una
fontana
le
cui
acque
cristalline
rimbalzavano
sopra
un
letto
di
sassolini
minutissimi
,
le
venne
voglia
di
lavarsi
i
piedi
.
Si
sedé
sull
'
erba
,
e
raccolti
e
fermati
i
capelli
con
un
nastro
,
tuffò
i
piedi
dentro
l
'
acqua
.
A
vederla
,
c
'
era
da
scambiarla
con
Diana
che
si
bagna
di
ritorno
dalla
caccia
.
In
quel
mentre
passò
di
lì
una
vecchierella
,
tutta
ripiegata
,
la
quale
si
appoggiava
a
un
grosso
bastone
:
si
fermò
,
e
le
disse
:
"
Che
fate
costì
,
mia
bella
figliuola
?
Mi
fa
male
a
vedervi
sola
così
!
"
.
"
Non
son
sola
,
mia
buona
nonna
"
,
rispose
la
Regina
,
"
sono
invece
in
numerosa
compagnia
,
perché
ho
qui
con
me
un
mondo
di
disinganni
,
d
'
inquietudini
e
di
dispiaceri
.
"
E
nel
dir
così
,
i
suoi
occhi
si
empirono
di
pianto
.
"
Come
?
così
giovine
,
e
piangete
!
"
,
disse
la
buona
vecchina
.
"
Animo
,
figlia
mia
,
non
vi
date
alla
disperazione
.
Raccontatemi
sinceramente
quello
che
avete
,
e
spero
di
consolarvi
.
"
La
Regina
non
se
lo
fece
dire
due
volte
:
le
raccontò
le
sue
disgrazie
,
la
parte
che
in
tutta
questa
faccenda
vi
aveva
avuto
la
Sussio
,
e
finalmente
le
disse
che
andava
in
cerca
dell
'
uccello
turchino
.
La
vecchierella
si
rizza
sulla
persona
,
piglia
un
altro
contegno
,
cambia
improvvisamente
di
figura
e
apparisce
giovine
,
bella
,
magnificamente
vestita
:
poi
guardando
la
Regina
con
un
grazioso
sorriso
:
"
Incomparabile
Fiorina
"
,
le
dice
,
"
il
Re
che
voi
cercate
non
è
più
uccello
:
mia
sorella
Sussio
gli
ha
rese
le
sue
prime
sembianze
:
e
ora
trovasi
nel
suo
regno
.
Non
state
a
tormentarvi
più
:
perché
voi
arriverete
a
veder
coronate
le
vostre
speranze
.
Eccovi
quattro
uova
:
nei
grandi
bisogni
della
vita
le
romperete
,
e
ci
troverete
dentro
delle
cose
che
vi
saranno
di
un
grande
aiuto
"
.
Detto
questo
,
sparì
.
Fiorina
si
sentì
rinascere
a
queste
parole
;
ripose
le
uova
nel
sacco
,
e
s
'
incamminò
verso
il
regno
di
Grazioso
.
Dopo
aver
camminato
otto
giorni
e
otto
notti
,
giunse
a
piè
di
una
montagna
d
'
un
'
altezza
prodigiosa
,
tutta
quanta
d
'
avorio
e
così
tagliata
a
picco
,
che
non
c
'
era
verso
di
arrampicarcisi
sopra
,
senza
cadere
.
Ella
fece
mille
sforzi
inutili
:
sdrucciolava
,
si
affaticava
;
finché
,
disperata
di
vedersi
di
fronte
un
ostacolo
insormontabile
,
andò
a
sdraiarsi
appiè
della
montagna
,
colla
ferma
risoluzione
di
lasciarsi
morire
;
quand
'
ecco
che
si
ricordò
degli
uovi
avuti
dalla
fata
.
Ne
prese
uno
e
disse
:
"
Vediamo
un
po
'
,
se
promettendomi
i
soccorsi
de
'
quali
avessi
avuto
bisogna
,
si
fosse
burlata
di
me
"
.
Appena
rotto
l
'
uovo
,
vennero
fuori
alcuni
piccoli
ganci
d
'
oro
,
che
ella
si
attaccò
ai
piedi
e
alle
mani
.
E
con
l
'
aiuto
di
questi
poté
salire
senza
fatica
sulla
montagna
d
'
avorio
;
perché
i
ganci
facevano
presa
,
e
le
impedivano
di
sdrucciolare
in
basso
.
Quando
fu
sulla
vetta
,
ecco
nuove
difficoltà
per
incominciare
a
calare
al
piano
:
perché
tutta
la
vallata
non
era
altro
che
un
grandissimo
specchio
di
cristallo
.
Vi
erano
lì
dintorno
più
di
sessantamila
donne
,
che
si
miravano
in
esso
con
grandissimo
diletto
,
perché
bisogna
sapere
che
lo
specchio
aveva
dieci
chilometri
di
larghezza
e
venti
di
lunghezza
.
Ciascuna
vi
si
vedeva
riflessa
secondo
il
suo
desiderio
:
quella
di
capelli
rossi
appariva
bionda
:
la
vecchia
si
vedeva
giovine
:
la
giovine
pareva
anche
più
giovine
;
in
una
parola
,
questo
specchio
nascondeva
così
bene
i
difetti
,
che
le
donne
correvano
a
specchiarvisi
dalle
cinque
parti
del
mondo
.
Bisogna
aver
visto
le
smorfie
e
i
bocchini
tondi
,
che
facevano
la
maggior
parte
di
quelle
civettuole
;
c
'
era
da
scoppiar
dalle
risa
.
E
non
per
questo
gli
uomini
ci
si
affollavano
in
minor
numero
:
perché
lo
specchio
faceva
un
gran
comodo
anche
a
loro
.
A
chi
regalava
bellissimi
capelli
:
a
chi
un
personale
alto
ed
elegante
,
o
una
cert
'
aria
marziale
,
o
una
fisionomia
simpatica
e
bella
.
Essi
ridevano
delle
donne
e
le
donne
non
se
ne
stavano
dal
ridere
alle
loro
spalle
:
per
cui
la
montagna
veniva
chiamata
con
molti
nomi
differenti
.
Nessuno
era
stato
mai
capace
di
toccarne
la
cima
:
e
quando
vi
scorsero
Fiorina
,
le
donne
si
messero
tutte
a
strillare
come
tante
calandre
:
"
Dove
va
mai
quella
sfacciata
?
"
,
dicevano
esse
.
"
Quella
lì
dev
'
essere
tanto
imprudente
,
da
mettere
i
piedi
anche
sul
nostro
specchio
.
Vedrete
che
dopo
pochi
passi
,
ce
lo
manderà
in
bricioli
.
"
E
così
facevano
un
diavoleto
da
cavar
di
cervello
.
La
Regina
non
sapeva
come
fare
,
perché
vedeva
un
gran
pericolo
nel
dovere
scendere
da
quella
altezza
:
allora
ruppe
un
altr
'
ovo
,
dal
quale
uscirono
fuori
due
piccioni
e
un
cocchio
,
che
tutt
'
a
un
tratto
diventò
tanto
grande
,
da
poterci
entrar
dentro
comodamente
:
e
in
questo
modo
i
piccioni
con
molta
leggerezza
calarono
giù
al
basso
la
Regina
,
senza
che
accadesse
nulla
di
male
.
Ella
disse
ai
suoi
bravi
piccioni
:
"
Miei
piccoli
amici
,
se
voi
sarete
tanto
cortesi
di
portarmi
fino
sul
posto
dove
il
Re
Grazioso
tiene
la
sua
corte
,
non
troverete
in
me
un
'
ingrata
"
.
I
piccioni
,
cortesi
e
obbedienti
,
volarono
giorno
e
notte
finché
non
furono
arrivati
alle
porte
della
città
.
Così
Fiorina
smontò
,
e
diede
a
ciascuno
di
essi
un
dolcissimo
bacio
,
che
costava
più
di
una
corona
reale
.
Oh
,
come
le
batteva
il
cuore
,
mettendo
il
piede
in
città
!
Per
non
essere
riconosciuta
,
si
insudiciò
il
viso
;
e
chiese
a
quelli
che
passavano
per
la
strada
,
dove
avrebbe
potuto
vedere
il
Re
.
Alcuni
si
messero
a
ridere
.
"
Vedere
il
Re
?
"
,
le
dicevano
,
"
davvero
eh
!
e
che
vuoi
tu
da
lui
,
mio
bel
Muso
-
sudicio
?
Vai
,
vai
piuttosto
a
lavarti
:
perché
i
tuoi
occhi
non
sono
degni
di
vedere
un
gran
monarca
a
quel
modo
.
"
La
Regina
non
rispose
:
si
allontanò
pian
piano
:
e
tornò
daccapo
a
domandare
a
quelli
che
incontrava
,
dove
avrebbe
potuto
mettersi
per
vedere
il
Re
.
"
Domani
deve
venire
al
tempio
con
la
Principessa
Trotona
"
,
le
risposero
,
"
perché
finalmente
ha
consentito
di
sposarla
.
"
"
Cielo
,
quale
notizia
!
Trotona
,
l
'
indegna
Trotona
sul
punto
di
sposare
il
Re
!
"
,
Fiorina
credette
di
morire
e
non
aveva
più
fiato
né
per
parlare
né
per
andare
avanti
.
Entrò
sotto
una
porta
,
e
sedutasi
sopra
una
pietra
,
col
viso
coperto
dai
capelli
e
dal
suo
cappello
di
paglia
,
cominciò
a
dire
:
"
Sfortunata
che
io
sono
!
Eccomi
venuta
qui
per
far
più
bello
il
trionfo
della
mia
rivale
e
per
vedere
coi
miei
occhi
la
sua
contentezza
!
Fu
dunque
a
cagione
di
lei
,
che
l
'
uccello
turchino
non
venne
più
a
vedermi
?
Era
dunque
per
quella
brutta
strega
,
che
mi
faceva
la
più
nera
di
tutte
le
infedeltà
,
mentre
io
,
rifinita
dal
dolore
,
mi
logorava
dalla
passione
per
la
conservazione
dei
suoi
giorni
?
Il
traditore
s
'
era
cambiato
...
Ricordandosi
di
me
,
come
se
non
m
'
avesse
visto
mai
,
lasciava
che
io
mi
struggessi
per
la
sua
lontananza
,
senza
darsi
punto
pensiero
della
mia
!..."
.
Quando
si
ha
il
cuore
grosso
dai
dispiaceri
,
è
raro
che
si
senta
il
bisogno
di
mangiare
.
La
Regina
cercò
un
po
'
di
albergo
:
e
si
coricò
,
senza
prendere
un
boccone
.
Si
alzò
col
sole
e
corse
al
tempio
;
ma
prima
di
poterci
entrare
dové
subire
molte
manieracce
dalle
guardie
e
dai
soldati
.
Vide
il
trono
del
Re
e
quello
di
Trotona
,
che
era
già
considerata
come
Regina
.
Che
dolore
per
un
'
anima
sensibile
e
appassionata
,
come
quella
di
Fiorina
!
Si
avvicinò
al
trono
della
sua
rivale
,
e
lì
stette
in
piedi
,
appoggiata
a
una
colonna
di
marmo
.
Il
Re
arrivò
il
primo
,
più
bello
e
più
amabile
di
quello
che
fosse
stato
mai
in
tutta
la
vita
.
Trotona
venne
dopo
,
vestita
con
gran
magnificenza
,
ma
brutta
da
far
paura
.
Ella
guardò
la
Regina
con
un
certo
cipiglio
"
E
chi
sei
tu
"
,
le
disse
,
"
che
ardisci
di
avvicinarti
alla
mia
augusta
persona
e
al
mio
trono
d
'
oro
?
"
"
Io
mi
chiamo
Viso
-
sudicio
"
,
diss
'
ella
,
"
son
venuta
di
lontano
per
vendervi
delle
cose
rare
.
"
E
cominciò
a
frugare
nel
suo
sacco
di
tela
,
e
tirò
fuori
i
braccialetti
di
smeraldo
che
il
Re
Grazioso
le
aveva
regalati
.
"
Oh
!
oh
!
"
,
esclamò
Trotona
,
"
carini
codesti
pezzi
di
bicchiere
;
me
li
vendi
per
cinque
soldi
?
"
"
Fateli
prima
vedere
a
chi
se
ne
intende
,
o
signora
,
e
poi
sul
prezzo
ci
accomoderemo
.
"
Trotona
,
che
amava
il
Re
con
maggior
tenerezza
di
quel
che
poteva
attendersi
da
quella
foca
,
e
non
le
pareva
vero
di
trovare
delle
occasioni
per
parlargli
,
si
avanzò
fino
al
trono
di
lui
e
gli
mostrò
i
braccialetti
,
pregandolo
a
dire
il
suo
sentimento
.
Alla
vista
di
quei
braccialetti
,
egli
si
ricordò
di
quelli
che
aveva
dato
a
Fiorina
:
diventò
bianco
,
sospirò
,
e
stette
per
un
po
'
di
tempo
senza
rispondere
:
alla
fine
,
temendo
di
far
vedere
il
turbamento
dell
'
animo
,
fece
su
di
sé
un
grande
sforzo
e
rispose
:
"
Questi
braccialetti
,
secondo
me
,
valgono
quanto
tutto
il
mio
regno
:
credevo
che
nel
nondo
ve
ne
fosse
un
paio
solo
;
ma
ora
vedo
che
ce
ne
sono
degli
altri
"
.
Trotona
tornò
sul
suo
trono
,
dove
ci
faceva
la
figura
di
un
'
ostrica
attaccata
al
suo
guscio
;
e
chiese
alla
Regina
quanto
,
senza
rubare
,
avrebbe
preteso
de
'
suoi
braccialetti
.
"
Se
doveste
pagarmeli
,
o
signora
,
vi
sarebbe
d
'
un
grande
scomodo
:
vi
propongo
piuttosto
un
altro
patto
.
Ottenetemi
il
favore
di
dormire
una
notte
nella
sala
degli
Echi
,
che
è
nel
palazzo
del
Re
,
e
io
vi
cedo
gli
smeraldi
.
"
"
Magari
,
Viso
-
sudicio
!
"
,
disse
Trotona
,
buttandosi
via
dalle
risate
come
una
sguaiata
,
e
mostrando
certi
denti
più
lunghi
di
quelli
d
'
un
cinghiale
.
Il
Re
non
si
dette
pensiero
di
sapere
di
dove
venivano
quei
braccialetti
,
un
po
'
perché
gli
era
indifferente
la
venditrice
(
che
non
destava
davvero
nessuna
curiosità
)
,
ma
segnatamente
per
il
disgusto
invincibile
che
provava
a
discorrere
con
Trotona
.
Ora
bisogna
sapere
,
che
in
quel
tempo
che
egli
era
sempre
uccello
turchino
,
una
tal
volta
gli
era
venuto
fatto
di
raccontare
alla
Principessa
come
proprio
sotto
al
suo
quartiere
reale
c
'
era
una
piccola
sala
che
si
chiamava
la
sala
degli
Echi
;
costruita
in
un
modo
così
ingegnoso
,
che
tutto
ciò
che
vi
si
diceva
sottovoce
,
era
sentito
benissimo
dal
Re
quando
si
trovava
a
letto
nella
sua
camera
;
per
cui
Fiorina
non
poteva
immaginare
un
miglior
mezzo
di
questo
,
per
potergli
rimproverare
la
sua
infedeltà
.
Per
ordine
di
Trotona
la
condussero
nella
sala
degli
Echi
,
dov
'
ella
dette
principio
ai
suoi
lamenti
e
ai
suoi
rimproveri
così
:
"
La
sciagura
,
alla
quale
non
voleva
credere
,
pur
troppo
è
certa
,
barbaro
uccello
turchino
!
tu
ti
sei
scordato
di
me
:
tu
ami
la
mia
indegna
rivale
.
I
braccialetti
,
che
ebbi
dalla
tua
mano
reale
,
non
furono
capaci
di
richiamarmi
alla
tua
memoria
:
tanto
io
sono
lontana
dal
tuo
pensiero
!
"
.
E
qui
i
singhiozzi
le
tolsero
la
parola
:
quand
'
essa
riebbe
fiato
da
parlare
,
ricominciò
daccapo
e
continuò
fino
alla
mattina
.
I
camerieri
,
avendola
sentita
piangere
e
sospirare
tutta
la
notte
,
andarono
a
raccontarlo
a
Trotona
:
la
quale
le
domandò
la
ragione
di
tutto
il
lamentìo
che
aveva
fatto
.
La
Regina
rispose
che
aveva
dormito
profondamente
e
che
dormendo
le
accadeva
per
il
solito
di
sognare
e
di
parlare
a
voce
alta
.
Quanto
al
Re
,
per
una
strana
fatalità
non
aveva
sentito
nulla
:
e
questo
derivava
,
perché
dal
giorno
che
incominciò
la
sua
passione
per
Fiorina
,
aveva
perduti
i
sonni
;
e
quando
la
sera
andava
a
letto
,
gli
davano
dell
'
oppio
per
farlo
riposare
.
La
Regina
passò
una
gran
parte
del
giorno
così
inquieta
,
da
non
potersi
dir
quanto
.
"
Se
mi
ha
sentito
"
,
diceva
fra
sé
,
"
come
si
può
dare
al
mondo
un
'
indifferenza
più
atroce
della
sua
?
Se
poi
non
mi
ha
sentito
,
in
qual
altro
modo
potrò
far
giungere
la
mia
voce
fino
a
lui
?
"
Gioielli
e
cose
d
'
arte
veramente
rare
e
straordinarie
non
ne
aveva
più
:
perché
le
pietre
preziose
sono
sempre
belle
,
ma
ci
bisognava
qualcosa
che
sapesse
stuzzicare
il
gusto
di
Trotona
.
Allora
ricorse
ai
suoi
uovi
e
ne
ruppe
uno
.
Ecco
che
scappò
subito
fuori
una
carrozzina
d
'
acciaio
lustro
,
tutta
ornata
di
fregi
d
'
oro
in
rilievo
;
alla
carrozzina
erano
attaccati
sei
sorci
verdi
,
guidati
da
un
grosso
topo
color
di
rosa
,
mentre
il
battistrada
,
anch
'
esso
della
famiglia
topesca
,
era
d
'
una
bella
tinta
grigio
-
perla
.
Dentro
alla
carrozza
c
'
erano
quattro
marionette
più
vispe
e
più
graziose
di
quelle
che
si
vedono
sui
teatrini
alle
grandi
fiere
di
Padova
e
di
Sinigaglia
,
e
facevano
delle
cose
molto
sorprendenti
,
in
specie
due
piccole
egiziane
,
le
quali
ballavano
la
sarabanda
e
il
minuetto
meglio
di
tutte
le
ballerine
della
Pergola
e
della
Scala
.
La
Regina
rimase
a
bocca
aperta
a
vedere
questo
capolavoro
dell
'
arte
negromantica
:
ma
non
fece
motto
fino
alla
sera
,
che
era
l
'
ora
che
Trotona
andava
alla
passeggiata
.
Allora
si
mise
in
un
viale
a
far
galoppare
i
suoi
sorci
che
tiravano
la
carrozza
,
gli
altri
topi
e
le
marionette
.
Questa
novità
fece
tanta
meraviglia
a
Trotona
,
che
cominciò
a
gridare
:
"
Viso
-
sudicio
!
ehi
,
Viso
-
sudicio
!
li
vuoi
cinque
soldi
per
la
tua
carrozza
e
per
il
tuo
equipaggio
topinesco
?
"
.
"
Domandate
ai
letterati
e
ai
sapienti
di
questo
regno
"
,
disse
Fiorina
"
che
cosa
può
valere
una
meraviglia
simile
,
e
io
me
ne
starò
al
parere
del
più
capace
fra
loro
.
"
Trotona
,
prepotente
in
ogni
cosa
,
rispose
:
"
Non
mi
star
più
a
stomacare
colla
tua
sudicia
presenza
;
dimmi
il
prezzo
,
e
finiscila
"
.
"
Dormire
ancora
un
'
altra
volta
nella
sala
degli
Echi
"
,
disse
Fiorina
,
"
ecco
tutto
quello
che
vi
domando
.
"
"
Va
'
,
povera
bestia
"
,
replicò
Trotona
,
"
non
ti
sarà
negato
.
"
E
voltandosi
alle
sue
dame
,
disse
:
"
Questa
stupida
creatura
non
sa
ricavare
nessun
guadagno
dalla
vendita
di
tante
belle
rarità
!
"
.
Venne
la
notte
.
Fiorina
disse
tutto
quello
che
si
può
immaginare
di
più
tenero
e
di
appassionato
,
ma
fu
lo
stesso
che
dirlo
al
muro
,
come
la
notte
avanti
,
perché
il
Re
non
lasciava
mai
di
prendere
la
sua
solita
bevanda
coll
'
oppio
.
I
camerieri
dicevano
fra
loro
:
"
Questa
campagnola
,
non
c
'
è
caso
,
dev
'
esser
grulla
:
che
cos
'
è
tutto
questo
cicalìo
che
fa
la
notte
?
"
.
"
Peraltro
"
,
osservavano
alcuni
,
"
nelle
cose
che
dice
,
c
'
è
del
buon
senso
e
della
passione
.
"
Fiorina
aspettò
colla
febbre
addosso
che
venisse
il
giorno
,
per
vedere
l
'
effetto
prodotto
da
'
suoi
discorsi
.
"
Pur
troppo
"
,
essa
diceva
,
"
questo
spietato
è
diventato
sordo
alla
mia
voce
!
Non
riconosce
più
la
voce
della
sua
cara
Fiorina
?
Ah
!
che
vergogna
,
ostinarsi
ancora
a
volergli
bene
!
Egli
mi
disprezza
,
e
me
lo
merito
.
Sì
,
mi
sta
bene
.
"
Però
tutti
questi
ragionamenti
tornavano
inutili
.
Ella
non
poteva
guarire
della
sua
passione
.
Nel
sacco
non
le
rimaneva
che
un
solo
uovo
,
dal
quale
potesse
sperare
qualche
soccorso
.
Lo
ruppe
e
ne
uscì
fuori
un
pasticcio
di
sei
uccelli
lardellati
,
cotti
e
benissimo
rosolati
;
eppure
,
con
tutto
questo
,
cantavano
da
innamorare
,
predicavano
la
buona
ventura
e
sapevano
di
medicina
meglio
di
Esculapio
.
La
Regina
restò
stupita
di
una
cosa
tanto
meravigliosa
,
e
se
ne
andò
col
suo
pasticcio
parlante
nell
'
anticamera
di
Trotona
.
Mentr
'
essa
aspettava
di
poter
passare
,
uno
de
'
camerieri
le
si
avvicinò
e
le
disse
:
"
Ma
non
sapete
,
mio
bel
Viso
-
sudicio
,
che
se
il
Re
non
pigliasse
l
'
oppio
per
dormire
,
voi
lo
cavereste
di
cervello
con
tutto
il
chiacchierio
che
fate
nella
notte
?
"
.
Fiorina
allora
capì
subito
la
ragione
perché
il
Re
non
l
'
aveva
udita
,
e
disse
al
cameriere
:
"
Sono
tanto
sicura
di
non
disturbare
i
sonni
del
Re
,
che
stasera
,
nel
caso
che
io
dorma
nella
sala
degli
Echi
,
se
non
gli
darete
nemmeno
una
goccia
d
'
oppio
,
tutte
queste
perle
e
diamanti
saranno
per
voi
"
.
Il
cameriere
accettò
e
dette
la
sua
parola
.
Dopo
pochi
minuti
arrivò
Trotona
e
vide
la
Regina
che
faceva
finta
di
voler
mangiare
il
suo
pasticcio
.
"
Che
cosa
fai
costì
,
Viso
-
sudicio
?
"
le
disse
.
"
Signora
"
,
rispose
Fiorina
,
"
son
qui
che
mangio
astrologhi
,
musici
e
dottori
di
medicina
.
"
In
quello
stesso
momento
gli
uccelli
cominciarono
a
cantare
dolcemente
,
come
tante
sirene
;
poi
gridavano
:
"
Buttateci
una
piccola
moneta
d
'
argento
e
vi
diremo
la
buona
ventura
"
,
Un
anatrotto
,
che
torreggiava
sugli
altri
,
disse
più
forte
di
tutti
:
"
Qua
,
qua
,
qua
,
qua
;
io
sono
medico
,
io
guarisco
la
gente
da
tutti
i
mali
e
da
tutte
le
pazzie
,
fuori
che
da
quella
d
'
amore
"
.
Trotona
sbalordita
da
questo
portento
non
veduto
mai
in
vita
sua
,
gridò
,
sagrando
come
un
vetturino
:
"
Affeddìo
,
che
bel
pasticcio
!
Lo
voglio
per
me
.
Qua
,
Visosudicio
:
quanto
ne
chiedi
?
"
.
"
Il
solito
prezzo
"
,
ella
disse
,
"
dormire
nella
sala
degli
Echi
,
e
nient
'altro."
"
Sta
bene
,
e
ti
voglio
dar
per
giunta
anche
questa
moneta
"
,
disse
Trotona
,
fuor
di
sé
dall
'
allegrezza
di
avere
avuto
il
pasticcio
.
Fiorina
se
ne
va
via
ringraziando
,
tutta
contenta
per
la
speranza
che
questa
volta
il
Re
avrebbe
sentita
la
sua
voce
.
Appena
venne
la
notte
,
ella
si
fece
condurre
nella
sala
degli
Echi
,
colla
passione
che
la
struggeva
che
il
cameriere
mantenesse
la
parola
e
che
,
invece
di
dare
al
Re
il
solito
oppio
,
gli
mettesse
innanzi
qualche
altra
bevanda
da
tenerlo
desto
;
quando
poté
figurarsi
che
tutti
dormissero
,
ella
ricominciò
i
suoi
pietosi
lamenti
:
"
A
quanto
pericolo
non
sono
io
andata
incontro
"
,
ella
diceva
,
"
per
venirti
a
cercare
,
mentre
tu
mi
fuggi
e
vuoi
sposare
Trotona
!
Che
t
'
ho
io
fatto
,
crudele
,
per
scordarti
così
i
tuoi
giuramenti
?
Rammentati
almeno
qualche
volta
della
tua
metamorfosi
,
del
mio
amore
e
dei
nostri
teneri
colloqui
!
"
.
Ella
ripeté
questi
colloqui
a
uno
a
uno
,
e
con
tanta
fedeltà
di
memoria
,
da
far
vedere
che
per
lei
non
c
'
era
altra
cosa
al
mondo
che
le
fosse
più
cara
di
questi
ricordi
.
Il
Re
non
dormiva
punto
,
e
sentiva
così
distintamente
la
voce
di
Fiorina
e
tutte
le
sue
parole
,
che
non
sapeva
raccapezzarsi
da
dove
venissero
:
ma
il
suo
cuore
,
teneramente
commosso
,
gli
fece
ricordare
così
al
vivo
l
'
immagine
della
sua
incomparabile
Principessa
,
che
nel
trovarsi
ora
diviso
da
lei
sentì
il
medesimo
dolore
di
quando
i
coltelli
lo
ferirono
fra
i
rami
del
cipresso
.
E
anch
'
esso
si
mise
a
parlare
sullo
stesso
tono
della
Regina
,
e
disse
:
"
Ah
!
Principessa
troppo
crudele
per
un
amante
che
vi
adorava
!
com
'
è
egli
mai
possibile
che
mi
abbiate
sacrificato
ai
nostri
comuni
nemici
?..."
.
Fiorina
udì
le
cose
che
il
Re
diceva
,
e
non
si
stette
dal
rispondergli
e
dal
fargli
sapere
che
s
'
egli
avesse
voluto
degnarsi
di
chiamare
presso
di
sé
Viso
-
sudicio
,
avrebbe
potuto
aver
la
spiegazione
di
tanti
misteri
,
fin
allora
inesplicabili
per
lui
.
A
queste
parole
il
Re
,
impaziente
,
chiamò
uno
dei
suoi
camerieri
,
e
gli
disse
se
fosse
stato
possibile
di
trovargli
subito
Viso
-
sudicio
e
di
condurgliela
lì
.
Il
cameriere
rispose
che
la
cosa
poteva
farsi
in
un
batter
d
'
occhio
,
perché
Viso
-
sudicio
era
a
dormire
nella
sala
degli
Echi
.
Il
Re
non
sapeva
che
cosa
si
pensare
.
Come
poteva
mai
figurarsi
che
una
sì
gran
Regina
,
come
Fiorina
,
potesse
trovarsi
trasfigurata
a
quel
modo
?
E
come
credere
che
Viso
-
sudicio
avesse
la
voce
della
Regina
e
conoscesse
tutti
i
suoi
segreti
più
intimi
,
se
ella
non
fosse
stata
la
Regina
stessa
?
Tormentato
da
questi
sospetti
si
alzò
dal
letto
,
si
vestì
in
fretta
e
furia
,
e
per
una
scaletta
segreta
scese
nella
sala
degli
Echi
.
La
Regina
aveva
levata
la
chiave
:
ma
il
Re
ne
aveva
una
che
apriva
tutte
le
porte
del
palazzo
.
La
trovò
vestita
con
una
veste
leggerissima
di
seta
bianca
,
che
essa
era
solita
portare
sotto
i
suoi
panni
sudici
e
strappati
;
i
suoi
bellissimi
capelli
le
scendevano
per
le
spalle
;
era
distesa
sopra
un
canapè
,
e
una
lampada
,
in
lontananza
,
mandava
all
'
intorno
un
pallido
sbattimento
di
luce
.
Il
Re
entrò
dentro
all
'
improvviso
;
e
la
passione
dell
'
amore
vincendo
tutti
i
suoi
risentimenti
,
appena
l
'
ebbe
riconosciuta
,
andò
a
gettarsi
a
'
suoi
piedi
,
le
bagnò
le
mani
del
suo
pianto
e
credette
di
morire
di
gioia
,
di
dolore
e
di
mille
pensieri
diversi
che
,
tutti
in
una
volta
,
gli
si
affollarono
alla
memoria
.
La
Regina
non
fu
meno
commossa
di
lui
;
ed
ebbe
una
tal
serratura
al
cuore
,
che
sentiva
mancarsi
il
respiro
.
Ella
guardava
fisso
fisso
il
Re
,
senza
dir
parola
;
e
quand
'
ebbe
la
forza
di
poter
parlare
,
non
ebbe
quella
per
fargli
dei
rimproveri
.
La
gran
contentezza
di
rivederlo
le
fece
dimenticare
per
un
momento
tutte
le
ragioni
,
che
essa
credeva
fondatissime
,
di
lagnarsi
di
lui
.
Alla
fine
ogni
cosa
venne
in
chiaro
,
tutti
e
due
a
vicenda
si
trovarono
giustificati
;
il
loro
amore
riprese
al
disopra
,
e
l
'
unica
spina
,
che
ormai
li
tormentasse
,
era
la
fata
Sussio
.
Ma
in
questo
frattempo
giunse
il
Mago
,
grande
amico
del
Re
,
in
compagnia
d
'
una
famosa
fata
,
la
quale
era
appunto
quella
che
aveva
dato
le
quattro
uova
a
Fiorina
.
Scambiati
i
primi
complimenti
d
'
uso
,
il
mago
e
la
fata
dissero
chiaro
e
tondo
che
essendosi
trovati
d
'
accordo
a
riunire
i
loro
poteri
in
favore
del
Re
e
della
Regina
,
la
fata
Sussio
non
poteva
far
altro
che
un
bel
nulla
contro
di
essi
;
e
che
per
conseguenza
non
c
'
erano
più
ostacoli
per
mandare
in
lungo
le
loro
nozze
.
Ci
vuol
poco
a
figurarsi
l
'
allegrezza
dei
due
giovani
amanti
.
Appena
si
fece
giorno
,
la
voce
si
sparse
per
il
palazzo
,
e
tutti
furono
contenti
di
vedere
la
bella
Fiorina
.
Il
rumore
di
questa
notizia
essendo
arrivato
fino
agli
orecchi
di
Trotona
,
questa
corse
subito
dal
Re
:
e
come
rimase
brutta
,
quando
gli
vide
al
fianco
la
sua
odiata
rivale
!
Mentre
stava
per
aprir
bocca
e
per
dir
loro
un
sacco
di
vituperi
,
il
mago
e
la
fata
la
trasformarono
in
una
maiala
,
perché
così
le
rimanesse
un
poco
della
sua
fisionomia
e
del
suo
brutto
vizio
di
grugnire
.
Ella
fuggì
via
,
grugnendo
sempre
fin
giù
nel
cortile
,
dove
fu
accolta
da
uno
scoppio
di
risate
,
che
la
messero
all
'
ultima
disperazione
.
Il
Re
Grazioso
e
la
Regina
Fiorina
,
liberati
finalmente
dalla
presenza
di
una
così
odiosa
persona
,
non
pensarono
più
che
a
festeggiare
le
loro
nozze
:
le
quali
spiccarono
per
buon
gusto
e
magnificenza
:
e
c
'
è
da
immaginarsi
facilmente
la
felicità
dei
due
sposi
,
dopo
tanti
dispiaceri
e
tante
traversie
.
Domandatelo
al
Re
Grazioso
,
ed
egli
vi
risponderà
:
meglio
diventare
uccelli
turchini
,
corvi
e
anche
anatre
palustri
,
piuttosto
che
sposare
una
Trotona
,
alla
quale
non
si
voglia
bene
.
Peccato
che
non
si
trovi
sempre
un
mago
o
una
fata
per
mandare
a
monte
tanti
matrimoni
,
dove
l
'
amore
non
c
'
entra
per
nulla
!
La
Gatta
Bianca
C
'
era
una
volta
un
Re
il
quale
aveva
tre
figli
:
tre
pezzi
di
giovanotti
forti
e
coraggiosi
;
ed
egli
si
era
messo
paura
che
volessero
salire
sul
trono
prima
della
sua
morte
:
tanto
più
,
che
stando
a
certe
voci
che
correvano
,
i
suoi
figli
cercavano
dappertutto
di
farsi
dei
partigiani
per
impadronirsi
del
regno
.
Il
Re
cominciava
a
essere
un
po
'
in
là
cogli
anni
,
ma
essendo
ancora
verde
di
spirito
e
sano
di
mente
,
non
se
la
sentiva
punto
di
cedere
loro
un
posto
,
occupato
da
lui
con
tanta
dignità
.
Pensò
,
dunque
,
che
il
miglior
partito
per
vivere
tranquillo
fosse
quello
di
tenerli
a
bocca
dolce
a
furia
di
promesse
,
che
egli
avrebbe
saputo
sempre
deludere
e
mandare
in
fumo
.
Li
chiamò
nel
suo
gabinetto
,
e
dopo
aver
parlato
alla
buona
di
varie
cose
,
saltò
fuori
col
dire
:
"
Miei
cari
figli
,
voi
converrete
meco
che
la
mia
età
avanzata
non
mi
permette
più
di
accudire
agli
affari
di
Stato
con
lo
stesso
impegno
d
'
una
volta
;
temo
che
i
miei
sudditi
ne
abbiano
a
risentire
i
danni
,
ed
è
per
questo
che
ho
deciso
di
mettere
la
corona
sul
capo
a
uno
di
voi
tre
.
Peraltro
è
ben
giusto
che
in
compenso
di
un
regalo
simile
,
voi
dobbiate
cercare
di
compiacermi
nel
disegno
,
che
oramai
ho
fatto
,
di
ritirarmi
in
campagna
.
Mi
pare
che
un
canino
vispo
,
fido
,
grazioso
potrebbe
tenermi
un
'
ottima
compagnia
:
così
,
senza
stare
a
scegliere
il
figlio
maggiore
piuttosto
del
minore
,
io
vi
dichiaro
che
quello
che
di
voi
tre
mi
porterà
il
canino
più
bello
,
quello
sarà
il
mio
erede
"
.
I
principi
restarono
sorpresi
del
capriccio
del
loro
padre
per
un
canino
,
ma
i
due
minori
vi
trovarono
il
loro
tornaconto
ed
accettarono
con
piacere
la
commissione
di
andare
in
cerca
di
un
cane
.
Quanto
al
figlio
maggiore
,
era
troppo
timido
e
troppo
rispettoso
per
far
valere
i
suoi
diritti
.
Presero
quindi
congedo
dal
Re
,
il
quale
li
fornì
d
'
oro
e
di
pietre
preziose
,
soggiungendo
che
fra
un
anno
,
né
più
né
meno
,
in
quello
stesso
giorno
e
alla
medesima
ora
,
dovessero
tornare
a
portargli
ciascuno
il
suo
canino
.
Prima
di
mettersi
in
viaggio
i
tre
fratelli
andarono
a
un
castello
,
discosto
appena
un
miglio
dalla
città
.
Menarono
seco
gli
amici
e
fecero
gran
baldoria
,
giurandosi
tutti
e
tre
amicizia
eterna
,
e
restando
intesi
che
in
questa
faccenda
avrebbero
ciascuno
tirato
avanti
per
il
fatto
suo
,
senza
gelosie
e
rancori
,
e
che
in
ogni
caso
il
più
fortunato
avrebbe
sempre
tenuto
a
parte
gli
altri
due
della
sua
fortuna
.
E
così
partirono
,
dopo
aver
fissato
che
al
ritorno
si
sarebbero
ritrovati
nello
stesso
castello
,
per
poi
recarsi
tutti
insieme
dal
Re
.
Non
vollero
con
sé
nessuno
,
e
cambiarono
di
nome
per
non
essere
riconosciuti
.
Ciascuno
prese
una
via
diversa
.
I
due
maggiori
ebbero
molte
avventure
;
ma
io
racconterò
soltanto
quelle
del
minore
.
Il
quale
era
grazioso
,
d
'
umore
allegro
e
piacevole
,
una
bella
testa
,
fisonomia
signorile
,
fattezze
regolari
,
bei
denti
e
moltissima
destrezza
in
tutti
quegli
esercizi
,
che
completano
l
'
educazione
di
un
gentiluomo
.
Cantava
con
gusto
,
suonava
il
liuto
e
la
chitarra
da
incantare
,
maneggiava
la
tavolozza
,
era
insomma
un
cavaliere
compitissimo
e
di
un
coraggio
che
rasentava
la
temerità
.
Non
passava
giorno
che
non
comprasse
cani
grandi
,
piccoli
,
levrieri
,
bull
-
dogs
,
da
caccia
,
spagnuoli
,
barboni
.
Se
ne
aveva
uno
bello
e
ne
trovava
un
altro
più
bello
,
lasciava
il
primo
per
tenersi
l
'
altro
:
perché
gli
sarebbe
stato
impossibile
,
solo
com
'
era
,
di
menarsi
dietro
trenta
o
quarantamila
cani
;
ed
egli
non
voleva
con
sé
nessuno
strascico
di
gentiluomini
o
di
servitori
o
di
paggi
.
Camminava
e
camminava
,
senza
sapere
neanche
lui
dove
andasse
,
quand
'
ecco
che
una
volta
si
trovò
sorpreso
dalla
notte
,
dai
tuoni
e
da
un
gran
rovescio
d
'
acqua
nel
mezzo
d
'
una
foresta
,
dove
non
raccapezzava
più
nemmeno
la
strada
che
doveva
fare
.
Prese
il
primo
viottolo
che
gli
capitò
fra
i
piedi
,
e
dopo
aver
camminato
un
pezzo
,
poté
scorgere
un
po
'
di
luce
;
e
da
questa
si
figurò
che
,
non
molto
lontano
,
ci
dovesse
essere
qualche
casa
,
dove
avrebbe
potuto
mettersi
al
coperto
fino
al
giorno
.
Guidato
così
da
quella
po
'
di
luce
che
vedeva
,
giunse
alla
porta
di
un
castello
,
il
più
magnifico
che
si
possa
immaginare
.
La
porta
era
d
'
oro
,
coperta
di
carbonchi
,
il
cui
bagliore
limpido
e
smagliante
illuminava
tutti
i
dintorni
.
E
questa
era
la
luce
che
il
Principe
aveva
veduto
di
lontano
.
I
muri
erano
di
porcellana
trasparente
sulla
quale
,
dipinta
in
colori
,
si
vedeva
la
storia
di
tutte
le
fate
dalla
creazione
del
mondo
in
poi
;
né
vi
erano
dimenticate
le
famose
avventure
di
Pelle
d
'
Asino
,
di
Finetta
,
del
Melarancio
,
di
Graziosa
,
della
Bella
addormentata
nel
bosco
,
di
Serpentino
Verde
e
di
cent
'
altri
.
Gli
fece
grandissimo
piacere
di
riconoscervi
anche
il
Principe
Folletto
,
perché
era
suo
zio
all
'
uso
di
Brettagna
.
La
pioggia
e
la
stagione
indiavolata
gli
levarono
la
voglia
di
trattenersi
più
a
lungo
in
un
luogo
,
dove
si
bagnava
tutto
fino
all
'
ossa
,
senza
contare
che
dove
non
giungeva
il
riflesso
luminoso
dei
carbonchi
,
non
ci
si
vedeva
proprio
di
qui
a
lì
.
Tornò
alla
porta
d
'
oro
,
e
vide
uno
zampetto
di
capriolo
attaccato
in
fondo
a
una
piccola
catena
tutta
di
diamanti
:
e
non
poté
di
meno
di
restare
a
bocca
aperta
,
non
tanto
per
la
magnificenza
di
quel
cordone
da
campanello
,
quanto
per
la
gran
sicurezza
colla
quale
vivevano
in
quel
palazzo
.
"
Perché
"
,
faceva
egli
a
dire
,
"
che
ci
vorrebbe
per
i
ladri
a
staccare
la
catenella
e
portar
via
i
carbonchi
?
Sarebbe
il
vero
modo
di
diventar
ricchi
una
volta
per
tutte
.
"
Tirò
lo
zampetto
di
capriolo
:
subito
sentì
suonare
una
campanella
,
che
allo
squillo
gli
parve
d
'
oro
o
d
'
argento
.
Di
lì
a
un
minuto
la
porta
si
aprì
,
senza
che
egli
potesse
veder
altro
che
una
dozzina
di
mani
per
aria
,
ciascuna
delle
quali
teneva
una
fiaccola
accesa
.
A
quella
vista
restò
così
intontito
,
che
non
sapeva
risolversi
a
entrare
,
quando
sentì
altre
mani
,
che
lo
spingevano
per
dietro
,
e
anche
con
una
certa
tal
qual
violenza
.
Egli
entrò
là
dentro
a
malincuore
,
e
per
ogni
buon
fine
e
rispetto
portò
la
mano
all
'
impugnatura
della
spada
:
quand
'
ecco
,
che
traversando
un
vestibolo
,
tutto
incrostato
di
porfido
e
di
lapislazzuli
,
sentì
due
voci
angeliche
che
cantavano
così
:
Delle
man
.
,
che
vedete
Non
vi
prenda
sospetto
:
Ché
sotto
questo
tetto
Non
c
'
é
da
temer
nulla
.
Se
non
le
seducenti
Grazie
di
un
bel
visino
;
Caso
che
il
vostro
cuore
Non
voglia
rimaner
schiavo
d
'
amore
.
Egli
non
poté
immaginarsi
che
lo
invitassero
con
tanta
buona
grazia
,
per
fargli
poi
un
brutto
tiro
:
per
cui
,
sentendosi
sospinto
verso
una
gran
porta
di
corallo
,
che
si
aprì
al
suo
avvicinarsi
,
entrò
in
una
gran
sala
,
tutta
di
madreperla
;
e
quindi
passò
in
altre
sale
ornate
in
mille
maniere
differenti
e
così
ricche
di
pitture
e
di
marmi
preziosi
,
da
farlo
restare
sbalordito
.
Migliaia
e
migliaia
di
lumi
,
che
dal
soffitto
arrivavano
fino
a
terra
,
illuminavano
altri
quartieri
;
anche
questi
pieni
di
lampadari
,
di
luci
a
riflesso
e
di
ventole
gremite
di
candele
.
Per
farla
corta
,
era
una
tal
maraviglia
da
crederla
un
sogno
.
Dopo
aver
traversato
una
fila
di
sessanta
stanze
,
le
mani
che
lo
guidavano
lo
fecero
fermare
,
ed
esso
vide
una
poltrona
grande
e
molto
comoda
,
che
si
accostò
da
sé
sola
al
camminetto
.
In
quel
mentre
il
fuoco
si
accese
:
e
le
mani
che
gli
sembravano
bellissime
,
bianche
,
piccole
,
bofficette
e
ben
proporzionate
,
cominciarono
a
spogliarlo
:
perché
,
com
'
ho
detto
poco
fa
,
era
tutto
fradicio
mézzo
e
c
'
era
il
caso
di
fargli
prendere
un
'
infreddatura
.
Gli
fu
presentato
senza
che
egli
vedesse
alcuno
,
una
camicia
così
bella
,
che
era
proprio
una
camicia
da
sposi
,
insieme
a
una
veste
da
camera
,
di
stoffa
trapunta
d
'
oro
e
ricamata
di
piccoli
smeraldi
,
che
formavano
degli
arabeschi
e
delle
cifre
.
Le
mani
,
senza
corpo
,
gli
avvicinarono
una
toeletta
,
che
era
una
vera
maraviglia
:
e
lo
pettinarono
con
tanta
leggerezza
e
con
tanta
maestria
,
che
rimase
contentissimo
.
Poi
lo
rivestirono
tutto
,
non
coi
panni
di
lui
,
ma
con
gli
altri
abiti
molto
più
belli
.
Egli
stava
ammirando
,
senza
fiatare
,
tutto
quello
che
accadeva
sotto
i
suoi
occhi
,
e
di
tanto
in
tanto
aveva
qualche
brivido
di
paura
,
che
non
poteva
vincere
a
nessun
costo
.
Quando
l
'
ebbero
incipriato
,
pettinato
,
profumato
,
vestito
in
gala
,
e
fatto
più
bello
d
'
un
amore
,
le
solite
mani
lo
condussero
in
una
sala
magnifica
per
i
mobili
e
per
le
dorature
.
In
giro
alle
pareti
si
vedeva
la
storia
dei
gatti
più
famosi
.
Rodilardo
appiccato
pei
piedi
,
nel
Consiglio
dei
Topi
:
il
Gatto
cogli
stivali
,
marchese
di
Carabà
:
il
Gatto
scrivano
:
il
Gatto
cambiato
in
donna
,
i
Sorci
mutati
in
gatti
:
il
Sabbato
e
tutte
le
sue
stregherie
;
insomma
non
c
'
era
cosa
più
originale
di
questi
quadri
.
La
tavola
era
apparecchiata
,
con
sopra
due
posate
e
due
tovagliolini
,
ciascuno
dei
quali
col
suo
laccetto
d
'
oro
:
la
dispensa
faceva
restare
a
bocca
aperta
per
la
quantità
di
vasi
di
cristallo
di
monte
e
di
altre
pietre
preziose
.
Il
Principe
non
sapeva
per
chi
fossero
quelle
due
posate
,
quando
vide
alcuni
gatti
che
andavano
a
pigliar
posto
in
una
piccola
orchestra
fatta
apposta
per
loro
:
uno
portava
un
libro
pieno
di
capperi
e
di
note
le
più
strane
del
mondo
:
un
altro
teneva
in
mano
un
quaderno
arrotolato
,
per
battere
il
tempo
:
gli
altri
avevano
delle
piccole
chitarre
.
Tutt
'
a
un
tratto
,
ciascuno
di
essi
cominciò
a
miagolare
in
diversi
toni
e
a
grattare
coll
'
unghie
le
corde
della
chitarra
.
Il
Principe
avrebbe
quasi
creduto
di
esser
capitato
all
'
inferno
,
se
non
gli
fosse
parso
che
il
palazzo
fosse
troppo
meraviglioso
per
dar
motivo
a
simili
sospetti
:
e
non
potendo
far
altro
,
si
tappava
gli
orecchi
e
si
buttava
via
dalle
risate
,
a
vedere
i
gesti
e
le
boccacce
di
quei
musicanti
di
una
razza
nuova
.
Mentre
stava
pensando
alle
tante
cose
che
gli
erano
accadute
in
questo
castello
,
vide
entrare
una
figurina
non
più
alta
di
mezzo
braccio
.
Questa
specie
di
bambolina
era
coperta
dalla
testa
ai
piedi
da
un
lungo
velo
di
crespo
nero
.
L
'
accompagnavano
due
gatti
,
anch
'
essi
abbrunati
,
col
mantello
e
la
spada
al
fianco
.
E
dietro
a
loro
,
un
numeroso
corteggio
di
gatti
,
che
portavano
trappole
e
gabbie
piene
di
sorci
e
di
topi
.
Il
Principe
era
fuori
di
sé
dallo
stupore
,
e
non
sapeva
che
cosa
pensare
.
Intanto
la
bambolina
si
avvicinò
e
si
tolse
il
velo
:
sicché
egli
poté
vedere
la
più
bella
gattina
,
fra
quante
ce
ne
furono
e
ce
ne
saranno
mai
.
Ella
appariva
molto
giovine
e
molto
afflitta
:
e
faceva
un
miagolìo
così
dolce
e
così
carino
,
che
andava
proprio
al
cuore
.
Ella
disse
al
Principe
:
"
Figlio
di
Re
,
tu
sei
il
benvenuto
.
La
mia
miagolante
maestà
ti
vede
con
piacere
"
.
"
Signora
Gatta
"
,
disse
il
principe
"
voi
siete
molto
buona
a
farmi
sì
cortese
accoglienza
;
ma
voi
non
mi
avete
l
'
aria
di
essere
una
bestiolina
come
tutte
le
altre
:
il
dono
della
parola
e
il
bel
castello
che
possedete
,
ne
sono
una
prova
lampante
.
"
"
Figlio
di
Re
"
,
riprese
la
Gatta
,
"
ti
prego
,
non
mi
dire
dei
complimenti
.
Io
sono
semplice
di
modi
e
di
parole
:
ma
ho
un
buon
cuore
.
Animo
!
"
continuò
ella
"
si
serva
subito
in
tavola
;
e
i
musicanti
tacciano
,
perché
tanto
il
Principe
non
intende
nulla
di
quello
che
dicono
.
"
"
Dicono
forse
qualche
cosa
?
"
,
domandò
egli
.
"
Ma
sicuro
"
,
ella
soggiunse
,
"
perché
qui
ci
sono
dei
letterati
,
che
hanno
moltissimo
spirito
:
e
se
resterete
un
poco
fra
noi
,
ve
ne
persuaderete
facilmente
.
"
"
Basta
sentirvi
discorrere
,
per
crederlo
subito
"
,
disse
il
Principe
con
molta
galanteria
,
"
ed
è
per
questo
,
o
signora
,
che
io
vi
stimo
una
gatta
veramente
singolare
.
"
Fu
portata
la
cena
:
la
quale
era
servita
da
quelle
stesse
mani
,
appartenenti
a
corpi
invisibili
.
Si
rifecero
dal
mettere
in
tavola
due
pasticci
:
uno
di
piccioncini
e
l
'
altro
di
sorci
grassi
come
ortolani
.
La
vista
di
quest
'
ultimo
pasticcio
fece
perdere
al
Principe
la
voglia
di
assaggiare
il
primo
;
per
il
sospetto
che
tutti
e
due
fossero
stati
cucinati
dallo
stesso
cuoco
,
e
con
le
medesime
rigaglie
:
ma
la
gattina
,
vedendogli
far
boccuccia
,
indovinò
la
sua
idea
e
lo
accertò
che
la
sua
cucina
era
fatta
a
parte
,
e
che
poteva
mangiare
tranquillamente
le
pietanze
,
che
gli
avessero
messo
dinanzi
,
senza
scrupolo
di
trovarci
dentro
o
topi
o
sorci
.
Il
Principe
non
se
lo
fece
dire
due
volte
,
persuaso
che
la
bella
Gattina
non
poteva
avere
nessun
motivo
per
dargli
ad
intendere
una
cosa
per
un
'
altra
.
E
mentre
mangiava
gli
venne
fatto
notare
che
ella
aveva
un
piccolo
ritratto
in
avorio
,
attaccato
a
una
zampa
,
e
gli
fece
specie
.
La
pregò
se
avesse
voluto
mostrarglielo
,
credendo
che
fosse
il
ritratto
di
padron
Buricchio
.
Ma
rimase
oltremodo
stupito
nel
vedere
che
era
un
giovine
così
bello
,
da
non
credere
che
la
natura
n
'
avesse
formato
un
altro
compagno
:
e
il
ritratto
somigliava
tanto
a
lui
,
che
se
gliel
'
avessero
dipinto
apposta
,
non
poteva
esser
più
vero
e
più
parlante
.
Ella
sospirò
:
e
facendosi
anche
più
trista
,
serbò
un
profondo
silenzio
.
Il
Principe
capì
che
ci
doveva
esser
sotto
qualche
cosa
di
misterioso
e
di
straordinario
,
ma
non
ebbe
cuore
di
chiedere
spiegazioni
,
per
paura
di
far
dispiacere
alla
Gatta
e
di
affliggerla
più
che
mai
.
Egli
le
parlò
di
tutte
le
novità
che
sapeva
,
e
la
trovò
istruttissima
degl
'
interessi
delle
case
principesche
e
di
tutti
i
fatti
che
accadevano
nel
mondo
.
Alzati
da
cena
,
la
Gatta
Bianca
invitò
il
suo
ospite
a
voler
passare
in
una
gran
sala
,
dove
c
'
era
un
teatro
sul
quale
davano
un
balletto
dodici
gatti
e
dodici
scimmie
.
Gli
uni
erano
vestiti
da
mori
,
le
altre
da
chinesi
.
È
facile
immaginarsi
i
salti
e
le
capriole
che
facevano
,
e
i
graffi
e
le
zampate
che
di
tanto
in
tanto
si
scambiavano
fra
loro
.
La
serata
finì
così
.
Gatta
Bianca
dette
la
buona
notte
al
suo
ospite
:
e
le
mani
,
che
l
'
avevano
condotto
fin
lì
,
lo
ripresero
e
lo
menarono
in
un
quartiere
,
che
era
tutto
differente
da
quello
che
aveva
visto
.
Poteva
dirsi
più
elegante
che
magnifico
:
ed
era
tappezzato
,
di
cima
in
fondo
,
di
ali
di
farfalle
,
i
cui
variati
colori
formavano
mille
fiori
diversi
.
Vi
erano
pure
delle
penne
di
uccelli
rarissimi
,
e
che
forse
non
si
sono
veduti
altro
che
in
quel
luogo
.
I
letti
erano
di
velo
,
e
ornati
con
bellissimi
fiocchi
di
nastro
;
e
dappertutto
grandi
specchi
,
che
andavano
dall
'
impiantito
al
soffitto
,
e
messi
dentro
a
cornici
cesellate
d
'
oro
e
che
rappresentavano
migliaia
e
migliaia
di
piccoli
amorini
.
Il
Principe
entrò
a
letto
senza
fare
una
parola
,
perché
era
impossibile
attaccare
un
po
'
di
conversazione
colle
mani
che
lo
servivano
.
Dormì
poco
e
fu
svegliato
da
un
rumore
confuso
.
Le
mani
,
lì
pronte
,
lo
tirarono
subito
fuori
del
letto
e
gli
messero
addosso
un
vestito
da
caccia
.
Dette
un
'
occhiata
giù
,
nella
corte
del
castello
,
e
vide
più
di
cinquecento
gatti
,
dei
quali
alcuni
tenevano
i
levrieri
al
guinzaglio
,
e
gli
altri
suonavano
il
corno
.
Era
una
gran
festa
:
Gatta
Bianca
andava
alla
caccia
,
e
voleva
che
il
Principe
fosse
della
partita
.
Le
solite
mani
,
addette
al
suo
servizio
,
gli
presentarono
un
cavallo
di
legno
,
che
correva
a
briglia
sciolta
e
che
sapeva
andare
al
passo
,
che
era
uno
stupore
.
Egli
stintignava
un
poco
a
montarci
sopra
,
dicendo
che
era
quasi
lo
stesso
che
fargli
fare
la
figura
di
cavaliere
errante
come
Don
Chisciotte
:
ma
la
sua
mala
voglia
gli
giovò
poco
:
si
trovò
messo
di
peso
sul
cavallo
di
legno
,
il
quale
aveva
una
gualdrappa
e
una
sella
a
ricami
d
'
oro
e
di
diamanti
.
Gatta
Bianca
cavalcava
uno
scimmiotto
,
il
più
bello
e
il
più
fiero
che
si
potesse
mai
vedere
;
essa
aveva
lasciato
il
suo
gran
velo
e
portava
in
testa
un
berretto
da
amazzone
,
che
le
dava
una
cert
'
aria
di
spavalderia
,
che
metteva
paura
a
tutti
i
sorci
del
vicinato
.
Non
c
'
è
stata
mai
un
'
altra
caccia
divertente
come
quella
:
i
gatti
correvano
più
dei
conigli
e
delle
lepri
:
e
così
,
quando
chiappavano
qualche
animale
,
Gatta
Bianca
voleva
che
lo
mangiassero
dinanzi
a
lei
,
e
questa
cosa
dava
luogo
a
mille
giuochi
piacevolissimi
di
agilità
e
di
destrezza
.
E
nemmeno
gli
uccelli
,
dal
canto
loro
,
erano
sicuri
:
perché
i
gattini
s
'
arrampicavano
su
per
gli
alberi
:
e
il
bravo
scimmiotto
portava
Gatta
Bianca
fin
dentro
ai
nidi
dell
'
Aquile
,
perché
disponesse
a
piacer
suo
delle
piccole
Altezze
aquiline
.
Finita
la
caccia
,
ella
prese
un
corno
lungo
un
dito
,
ma
che
mandava
un
suono
così
chiaro
e
sfogato
,
da
farsi
sentire
benissimo
alla
distanza
di
cento
miglia
.
Quand
'
ebbe
fatti
due
o
tre
squilli
di
corno
,
si
vide
circondata
da
tutti
i
gatti
del
paese
:
alcuni
arrivarono
per
aria
,
portati
in
cocchio
:
altri
venivano
per
acqua
,
dentro
le
barche
:
insomma
era
uno
spettacolo
non
mai
veduto
.
Quasi
tutti
erano
vestiti
in
diversi
modi
.
Gatta
Bianca
,
accompagnata
da
questo
pomposo
corteggio
,
ritornò
al
palazzo
e
pregò
il
Principe
a
venirvi
anche
lui
.
Egli
gradì
l
'
invito
,
sebbene
tutto
questo
gattaio
gli
sapesse
un
po
'
troppo
di
sabbato
e
di
stregheria
,
e
la
Gatta
parlante
gli
paresse
più
strana
e
più
inconcepibile
di
tutto
il
resto
.
Appena
entrata
nel
palazzo
,
le
portarono
il
suo
velo
nero
.
Cenò
col
Principe
,
il
quale
aveva
una
fame
che
parevano
due
,
e
mangiò
per
quattro
.
Furono
portati
dei
liquori
,
che
egli
gustò
volentieri
,
ma
che
gli
fecero
dimenticare
,
lì
per
lì
,
il
canino
che
doveva
portare
al
Re
.
Da
quel
momento
in
poi
non
aveva
altro
pensiero
che
stare
a
miagolare
con
Gatta
Bianca
:
o
,
come
chi
dicesse
,
a
tenerle
buona
e
fidata
compagnia
:
tutti
i
giorni
passarono
in
feste
piacevoli
,
ora
alla
pesca
,
ora
alla
caccia
:
eppoi
balli
,
tornei
e
altri
spassi
,
che
lo
divertivano
moltissimo
.
Spesso
e
volentieri
la
bella
Gatta
faceva
dei
versi
e
delle
canzonette
in
uno
stile
così
appassionato
,
da
far
capire
che
aveva
il
cuore
sensibile
e
che
certe
cose
non
si
sanno
dire
,
senza
essere
innamorati
:
ma
il
suo
segretario
,
che
era
un
vecchio
soriano
,
aveva
una
mano
di
scritto
così
brutta
,
che
sebbene
le
opere
di
lei
sieno
state
conservate
,
oggi
è
impossibile
leggerle
e
raccapezzarvi
dentro
qualche
cosa
.
Il
Principe
si
era
scordato
di
tutto
,
perfino
del
suo
paese
.
Le
solite
mani
,
rammentate
tante
volte
,
continuavano
a
servirlo
.
Qualche
volta
si
pentiva
di
non
essere
un
gatto
,
per
poter
passare
tutta
la
vita
in
così
amabile
compagnia
"
Povero
me
!
"
,
diceva
egli
a
Gatta
Bianca
,
"
come
sarei
disperato
se
dovessi
lasciarvi
;
vi
amo
tanto
!
o
diventate
donna
,
o
fatemi
diventare
un
gatto
!
"
Ella
pigliava
in
chiasso
queste
parole
,
e
gli
dava
delle
risposte
così
ambigue
e
sibilline
,
da
non
ricavarci
un
numero
.
Un
anno
passa
presto
,
in
ispecie
quando
non
si
hanno
né
seccature
né
pensieri
:
e
quando
si
sta
bene
di
salute
e
ci
manca
il
tempo
per
potersi
annoiare
.
Gatta
Bianca
sapeva
il
giorno
in
cui
egli
doveva
tornare
a
casa
,
e
perché
egli
non
ci
pensava
più
,
credé
ben
fatto
ricordarglielo
.
"
Sai
tu
"
,
ella
gli
disse
,
"
che
ti
restano
tre
giorni
solamente
,
per
cercare
il
canino
tanto
desiderato
da
tuo
padre
,
e
che
i
tuoi
fratelli
ne
hanno
trovati
dei
bellissimi
?
"
Il
Principe
ritornò
in
sé
,
e
maravigliandosi
della
sua
negligenza
:
"
Per
quale
incantesimo
piacevole
"
disse
"
ho
potuto
scordarmi
di
una
cosa
,
che
mi
stava
a
cuore
al
disopra
di
tutte
le
altre
?
Ce
ne
va
della
mia
gloria
e
della
mia
fortuna
.
Dove
troverò
un
canino
,
proprio
come
ci
vuole
,
per
guadagnare
un
Regno
,
e
un
cavallo
così
scappatore
da
arrivare
in
tempo
?
"
.
E
incominciò
a
inquietarsi
e
a
mettersi
di
cattivo
umore
.
Gatta
Bianca
,
con
una
vocina
carezzevole
,
gli
disse
:
"
Figlio
di
Re
,
non
ti
dare
alla
disperazione
:
io
sono
fra
i
tuoi
buoni
amici
:
puoi
trattenerti
qui
ancora
un
giorno
,
perché
sebbene
da
qui
al
tuo
paese
ci
sieno
più
di
duemila
miglia
,
il
bravo
cavallo
di
legno
ti
ci
porterà
in
meno
di
dodici
ore
"
.
"
Vi
ringrazio
,
mia
bella
Gatta
"
,
disse
il
Principe
,
"
peraltro
non
mi
basta
di
tornare
da
mio
padre
,
ma
bisogna
che
gli
porti
anche
un
canino
.
"
"
Tieni
"
,
gli
disse
Gatta
Bianca
,
"
eccoti
una
ghianda
,
dove
ce
ne
troverai
dentro
uno
assai
più
bello
della
stessa
canicola
.
"
"
Via
,
via
,
signora
Gatta
"
,
disse
il
Principe
,
"
Vostra
Maestà
si
piglia
giuoco
di
me
.
"
"
Avvicina
la
ghianda
all
'
orecchio
"
,
ella
soggiunse
,
"
e
lo
sentirai
abbaiare
.
"
Esso
obbedì
;
e
sentì
subito
il
canino
che
faceva
:
bu
!
bu
!
Il
Principe
saltava
dalla
contentezza
:
perché
un
canino
,
che
può
entrare
in
una
ghianda
,
bisogna
che
sia
piccino
davvero
.
Egli
voleva
aprirla
,
perché
si
struggeva
di
vederlo
;
ma
Gatta
Bianca
gli
disse
che
per
la
strada
avrebbe
potuto
sentir
freddo
e
che
era
meglio
aspettare
che
fosse
dinanzi
al
Re
suo
padre
.
Il
Principe
la
ringraziò
mille
volte
e
poi
dell
'
altro
:
e
gli
dette
un
addio
che
veniva
proprio
dal
cuore
.
"
Vi
giuro
"
,
egli
soggiunse
"
che
i
giorni
mi
son
passati
come
un
lampo
;
volere
o
non
volere
,
sento
che
mi
dispiace
a
lasciarvi
;
e
sebbene
voi
siate
qui
la
sovrana
,
e
i
gatti
che
vi
corteggiano
sieno
più
spiritosi
e
galanti
dei
nostri
,
io
non
mi
perito
a
invitarvi
a
venir
via
con
me
.
"
La
Gatta
,
a
questa
proposta
,
rispose
con
un
profondo
sospiro
.
Si
lasciarono
.
Il
Principe
arrivò
il
primo
nel
luogo
,
dove
co
'
suoi
fratelli
era
stato
fissato
il
ritrovo
.
Dopo
poco
arrivarono
anche
gli
altri
e
rimasero
maravigliati
nel
vedere
un
cavallo
di
legno
,
che
caracollava
meglio
di
quelli
delle
scuole
d
'
equitazione
.
Il
Principe
andò
loro
incontro
:
si
abbracciarono
ripetutamente
e
si
raccontarono
le
avventure
dei
loro
viaggi
:
ma
il
nostro
Principe
non
disse
tutta
la
verità
circa
a
quanto
gli
era
accaduto
,
e
mostrò
ai
fratelli
un
canucciaccio
mezzo
spelacchiato
,
dicendo
che
gli
era
parso
così
grazioso
,
che
aveva
pensato
di
portarlo
a
suo
padre
.
Per
quanto
si
volessero
bene
tra
fratelli
e
fratelli
,
nondimeno
i
due
maggiori
sentirono
un
gran
piacere
della
cattiva
scelta
fatta
dal
minore
;
e
perché
erano
a
tavola
,
si
davano
di
nascosto
nel
piede
,
come
per
dire
che
da
lui
non
avevano
nulla
da
temere
.
Il
giorno
dopo
partirono
tutti
e
tre
insieme
,
nella
medesima
carrozza
.
I
due
figli
maggiori
del
Re
avevano
in
alcuni
panieri
dei
canini
così
belli
e
così
delicati
,
che
pareva
non
si
dovessero
toccare
,
per
paura
di
sciuparli
.
Il
minore
aveva
il
suo
cane
spelacchiato
,
così
inzaccherato
di
mota
,
che
nessuno
lo
voleva
accosto
.
Appena
arrivati
al
palazzo
,
tutti
furono
loro
dintorno
per
dargli
il
ben
tornato
:
quindi
passarono
nelle
stanze
del
Re
.
Esso
non
sapeva
in
favore
di
chi
decidersi
,
perché
i
due
cani
presentati
dai
suoi
figli
maggiori
erano
pari
a
bellezza
:
e
già
i
due
fratelli
si
disputavano
il
vantaggio
della
successione
al
trono
,
quando
ecco
che
il
Principe
trovò
il
mezzo
di
metterli
d
'
accordo
,
cavando
fuori
di
tasca
la
ghianda
,
che
Gatta
Bianca
gli
aveva
dato
.
Apertala
in
presenza
di
tutti
,
ciascuno
poté
vedere
un
canino
,
accovacciato
nel
cotone
,
il
quale
sarebbe
passato
attraverso
a
un
anello
da
dito
,
senza
nemmeno
toccarlo
.
Il
Principe
lo
posò
in
terra
,
ed
egli
si
mise
a
ballare
la
sarabanda
con
accompagnamento
di
nacchere
e
con
tanta
grazia
e
leggerezza
,
come
non
avrebbe
saputo
far
meglio
,
la
più
celebre
ballerina
spagnuola
.
Esso
era
di
mille
colori
,
tutti
diversi
,
e
il
pellame
e
gli
orecchi
gli
toccavano
terra
.
Il
Re
rimase
un
po
'
male
,
perché
era
proprio
impossibile
trovar
da
ridire
qualche
cosa
sulla
bellezza
di
quel
cagnolino
.
A
ogni
modo
egli
non
aveva
punta
voglia
di
disfarsi
della
sua
corona
:
ogni
rosone
di
essa
gli
era
mille
volte
più
caro
di
tutti
i
cani
dell
'
universo
.
Disse
dunque
ai
suoi
figliuoli
di
essere
arcicontento
di
tutto
quello
che
avevano
fatto
:
ma
siccome
eran
riusciti
così
bene
nella
prima
prova
,
voleva
avere
un
altro
saggio
della
loro
abilità
,
prima
di
mantenere
la
parola
data
;
per
cui
dava
loro
tempo
un
anno
a
cercargli
una
pezza
di
tela
così
fine
e
sottile
,
da
passar
tutta
dalla
cruna
di
un
ago
,
di
quelli
da
ricamo
.
Tutti
e
tre
sentirono
male
la
cosa
di
doversi
rifar
da
capo
a
cercare
.
I
due
principi
,
i
cui
cani
erano
meno
belli
di
quello
del
fratello
minore
,
si
rassegnarono
.
Ognuno
se
n
'
andò
per
il
suo
viaggio
e
senza
perdersi
in
tante
tenerezze
come
la
prima
volta
,
perché
il
bel
cagnolino
era
stato
cagione
di
un
certo
raffreddamento
fra
loro
.
Il
nostro
Principe
rimontò
sul
suo
cavallo
,
e
senza
curarsi
di
altri
aiuti
,
all
'
infuori
di
quelli
che
poteva
attendere
dalla
Gatta
Bianca
,
partì
alla
gran
carriera
e
ritornò
al
castello
,
dov
'
ella
gli
aveva
fatto
così
buon
viso
e
lieta
accoglienza
.
Trovò
che
tutte
le
porte
erano
spalancate
e
le
mura
risplendenti
per
centomila
fiaccole
accese
,
che
facevano
un
effetto
meraviglioso
.
Le
solite
mani
,
che
l
'
avevano
servito
sempre
con
tanta
puntualità
,
gli
si
fecero
incontro
:
e
presa
la
briglia
del
bravo
cavallo
di
legno
,
lo
portarono
alla
scuderia
,
mentre
il
Principe
si
avviava
verso
la
camera
di
Gatta
Bianca
.
Ella
stava
coricata
dentro
a
una
piccola
cestina
sopra
un
guanciale
di
seta
,
bianca
come
la
neve
.
La
sua
pettinatura
era
un
po
'
trascurata
e
la
fisonomia
abbattuta
e
trista
:
ma
appena
visto
il
Principe
,
fece
mille
salti
e
mille
sgambetti
,
per
fargli
intendere
la
gioia
che
provava
.
"
Per
quante
ragioni
avessi
per
credere
al
tuo
ritorno
"
,
diss
'
ella
,
"
ti
confesso
,
o
figlio
di
Re
,
che
ci
contavo
assai
poco
:
per
il
solito
sono
così
disgraziata
ne
'
miei
desideri
,
che
questa
volta
mi
par
proprio
di
aver
avuto
una
vera
fortuna
.
"
Il
Principe
,
in
ricambio
,
le
fece
mille
carezze
:
e
le
raccontò
l
'
esito
del
suo
viaggio
,
che
forse
ella
già
sapeva
meglio
di
lui
;
e
venne
a
dire
come
qualmente
il
Re
voleva
una
pezza
di
tela
che
potesse
passare
dalla
cruna
d
'
un
ago
;
che
questa
cosa
a
lui
gli
pareva
impossibile
,
ma
che
a
ogni
modo
voleva
tentarla
,
ripromettendosi
miracoli
dalla
buona
amicizia
e
dall
'
aiuto
di
lei
.
Gatta
Bianca
,
pigliando
una
cert
'
aria
di
serietà
,
rispose
che
non
era
una
faccenda
da
darsene
pensiero
:
che
,
per
buona
fortuna
,
aveva
nel
suo
castello
delle
Gatte
che
filavano
benissimo
:
che
essa
pure
vi
avrebbe
messo
lo
zampino
,
per
mandare
avanti
il
lavoro
;
in
una
parola
che
egli
poteva
starsene
tranquillo
,
e
che
avrebbe
trovato
lì
quello
che
cercava
,
senza
bisogno
di
andare
a
girellone
per
il
mondo
.
In
quel
punto
apparirono
le
mani
,
le
quali
portavano
delle
fiaccole
:
e
il
Principe
andando
dietro
a
esse
,
insieme
con
Gatta
Bianca
,
entrò
in
una
magnifica
terrazza
coperta
,
che
dava
lungo
un
gran
fiume
,
sul
quale
furono
incendiati
bellissimi
fuochi
d
'
artifizio
.
Vi
si
dovevano
bruciare
quattro
gatti
,
ai
quali
era
stato
fatto
un
processo
in
tutte
le
regole
.
Erano
accusati
di
aver
mangiato
l
'
arrosto
preparato
per
la
cena
di
Gatta
Bianca
,
il
suo
formaggio
e
il
suo
latte
:
e
di
aver
cospirato
contro
la
sua
real
persona
insieme
con
Martafaccio
e
l
'
Eremita
,
famosi
topi
di
quella
contrada
e
tenuti
per
tali
anche
da
La
-
Fontaine
,
scrittore
degnissimo
di
fede
;
ma
,
con
tutto
questo
,
si
sapeva
che
nel
processo
c
'
erano
stati
molti
pasticci
,
e
che
quasi
tutti
i
testimoni
avevano
preso
il
boccone
.
Fatto
sta
,
che
il
Principe
ottenne
per
loro
la
grazia
:
e
i
fuochi
d
'
artifizio
non
bruciarono
nessuno
:
e
dei
razzi
e
delle
girandole
a
quel
modo
,
non
se
ne
sono
mai
più
vedute
.
Dopo
i
fuochi
fu
imbandita
una
cena
,
che
il
Principe
gustò
assai
più
delle
girandole
e
dei
razzi
,
perché
aveva
una
fame
da
lupi
,
per
la
ragione
che
il
suo
cavallo
di
legno
l
'
aveva
fatto
correr
tanto
,
come
se
fosse
stato
in
strada
ferrata
,
e
anche
più
.
I
giorni
passavano
e
si
somigliavano
:
feste
dalla
mattina
alla
sera
,
e
sempre
differenti
,
colle
quali
l
'
ingegnosa
Gatta
Bianca
teneva
allegro
il
suo
ospite
:
e
forse
non
c
'
è
stato
un
altro
mortale
,
che
si
sia
tanto
divertito
,
non
avendo
con
sé
altra
compagnia
che
quella
dei
gatti
.
Gli
è
vero
che
Gatta
Bianca
aveva
uno
spirito
grazioso
,
seducente
e
adattato
a
ogni
cosa
;
ella
ne
sapeva
più
di
quel
che
è
lecito
saperne
a
un
gatto
:
e
il
Principe
molte
volte
ne
rimaneva
stupito
.
"
No
"
,
esso
le
diceva
,
"
le
meraviglie
che
mi
vien
fatto
di
notare
in
voi
,
non
sono
punto
naturali
:
se
voi
mi
amate
davvero
,
carissima
Micina
,
ditemi
per
quale
miracolo
pensate
e
parlate
con
tanta
finezza
di
buon
senso
,
da
rendervi
degna
di
sedere
fra
i
begl
'
ingegni
delle
più
celebrate
Accademie
.
"
"
Finiscila
con
queste
domande
,
figlio
di
Re
"
,
ella
gli
disse
,
"
a
me
non
è
lecito
risponderti
:
tu
puoi
almanaccare
quanto
ti
pare
e
piace
:
padronissimo
!
Ti
basti
soltanto
sapere
che
avrò
sempre
per
te
una
zampina
col
guanto
di
velluto
:
e
che
ogni
cosa
che
ti
riguarda
sarà
come
se
fosse
una
cosa
mia
.
"
Questo
second
'
anno
passò
,
senza
addarsene
,
come
il
primo
.
Il
Principe
non
aveva
tempo
di
desiderare
un
oggetto
,
che
le
solite
mani
,
sempre
pronte
,
glielo
portavano
subito
:
sia
che
si
trattasse
di
libri
,
di
gemme
,
di
quadri
,
di
medaglie
antiche
:
insomma
egli
non
doveva
far
altro
che
dire
:
"
voglio
il
tal
bigiù
,
che
è
nel
gabinetto
intimo
del
Mogol
o
del
Re
di
Persia
,
o
la
tale
statua
di
Corinto
o
di
Grecia
"
che
subito
vedeva
comparirsi
davanti
ciò
che
desiderava
,
senza
sapere
né
chi
gliel
'
avesse
portata
,
né
di
dove
venisse
.
Ecco
una
virtù
magica
,
che
ha
le
sue
attrattive
e
che
,
non
foss
'
altro
per
passatempo
,
ci
farebbe
nascere
la
voglia
di
diventare
i
padroni
dei
più
bei
tesori
della
terra
.
Gatta
Bianca
,
che
non
perdeva
mai
d
'
occhio
gl
'
interessi
del
Principe
,
lo
avvertì
che
il
tempo
della
sua
partenza
si
avvicinava
e
che
poteva
stare
tranquillo
in
quanto
alla
pezza
di
tela
tanto
desiderata
,
perché
essa
gliene
aveva
tessuta
una
maravigliosa
:
aggiungendo
che
questa
volta
voleva
regalargli
un
equipaggio
degno
di
lui
.
E
senza
dargli
tempo
di
rispondere
,
l
'
obbligò
a
guardar
giù
nel
cortile
del
castello
.
E
lì
,
infatti
,
vi
era
una
carrozza
scoperta
,
tutta
d
'
oro
smaltato
,
color
fuoco
,
con
mille
imprese
galanti
dipinte
sopra
,
che
facevano
piacere
agli
occhi
e
alla
mente
.
V
'
erano
attaccati
quattro
per
quattro
,
dodici
cavalli
bianchi
come
la
neve
,
carichi
di
gualdrappe
di
velluto
rosso
fiammante
,
ricamate
a
diamanti
e
guarnite
di
fibbie
e
di
piastrelle
d
'
oro
.
La
carrozza
era
foderata
dentro
colla
stessa
magnificenza
ed
aveva
un
seguito
d
'
altre
cento
carrozze
a
otto
cavalli
,
tutte
piene
di
signori
di
grande
apparenza
e
splendidamente
vestiti
.
V
'
era
di
scorta
un
reggimento
di
mille
guardie
del
corpo
,
le
cui
uniformi
erano
così
coperte
di
ricami
e
di
alamari
,
che
il
panno
non
si
distingueva
più
:
e
la
cosa
singolare
era
questa
:
che
il
ritratto
della
Gatta
Bianca
si
vedeva
da
per
tutto
,
sugli
stemmi
della
carrozza
,
sull
'
uniforme
delle
guardie
,
e
perfino
attaccato
con
un
nastro
all
'
occhiello
dell
'
abito
dei
cortigiani
,
come
la
insegna
di
un
nuovo
ordine
cavalleresco
,
di
cui
essa
gli
avesse
onorati
.
"
Ora
parti
pure
"
,
diss
'
ella
al
Principe
,
"
e
presentati
al
Re
tuo
padre
in
codest
'
arnese
abbagliante
;
e
che
la
tua
magnificenza
da
gran
signore
lo
metta
in
suggezione
tanto
da
non
aver
cuore
di
ricusarti
il
trono
che
ti
sei
meritato
.
Eccoti
una
noce
:
guarda
bene
di
non
schiacciarla
,
finché
non
sarai
alla
presenza
di
lui
:
dentro
ci
troverai
la
pezza
di
tela
,
che
m
'
hai
domandata
.
"
"
Graziosa
Bianchina
"
,
egli
rispose
,
"
vi
giuro
che
sono
talmente
preso
dalle
vostre
gentilezze
per
me
,
che
,
se
foste
contenta
,
preferirei
di
passar
la
mia
vita
con
voi
,
a
tutte
le
grandezzate
che
mi
aspettano
fuori
di
qui
.
"
"
Figlio
di
Re
"
,
ella
soggiunse
,
"
io
credo
alla
bontà
del
tuo
cuore
,
merce
rara
fra
i
Principi
:
perché
essi
vogliono
essere
amati
da
tutti
,
e
non
amar
nessuno
.
Ma
tu
sei
l
'
eccezione
della
regola
.
Io
ti
tengo
conto
del
bene
che
dimostri
di
volere
a
una
Gattina
Bianca
,
la
quale
in
fondo
in
fondo
,
non
è
buona
ad
altro
che
a
prender
topi
.
"
Il
Principe
le
baciò
la
zampetta
e
partì
.
Se
già
non
si
sapesse
come
il
cavallo
di
legno
gli
avesse
fatto
fare
duemila
miglia
in
meno
di
quarantott
'
ore
,
ora
si
stenterebbe
a
credere
la
gran
furia
che
messe
per
arrivare
in
tempo
.
Se
non
che
la
stessa
potenza
che
animava
il
cavallo
di
legno
,
spronò
talmente
anche
gli
altri
,
che
non
restarono
per
la
strada
più
di
ventiquattr
'
ore
.
Non
fecero
neppure
una
fermata
,
finché
non
furono
giunti
dal
Re
,
dove
già
i
due
fratelli
maggiori
si
trovavano
:
i
quali
,
non
vedendo
arrivare
il
fratello
minore
,
gongolavano
del
suo
ritardo
e
bisbigliavano
fra
loro
sottovoce
:
"
Questa
è
una
bazza
per
noi
:
o
è
morto
o
è
malato
:
e
così
avremo
un
rivale
di
meno
,
nella
successione
al
trono
"
.
Senza
perder
tempo
spiegarono
le
loro
tele
,
le
quali
,
a
dir
la
verità
,
erano
tanto
fini
,
da
passar
dalla
cruna
di
un
ago
grosso
:
ma
per
in
quanto
alla
cruna
di
un
ago
sottile
,
era
inutile
parlarne
;
e
il
Re
,
tutto
contento
di
aver
trovato
questo
attaccagnolo
,
mostrò
loro
l
'
ago
che
egli
aveva
prescelto
e
che
per
ordine
suo
i
magistrati
avevano
recato
dal
Tesoro
della
città
,
dov
'
era
stato
gelosamente
custodito
.
Nacque
un
gran
diverbio
:
e
tutti
vollero
dire
la
sua
.
Gli
amici
de
'
Principi
,
e
segnatamente
quelli
del
maggiore
,
la
cui
tela
senza
dubbio
era
la
più
bella
,
sostenevano
che
il
Re
aveva
messo
fuori
una
gretola
,
dove
c
'
era
mescolata
molta
dose
di
furberia
e
di
malafede
.
Alla
fine
,
per
troncare
ogni
pettegolezzo
,
si
sentì
per
la
città
il
rumore
allegro
e
cadenzato
di
una
fanfara
di
trombe
,
timballi
e
clarinetti
:
era
il
nostro
Principe
,
che
arrivava
col
suo
splendido
corteggio
.
Il
Re
e
i
suoi
due
figli
fecero
tanto
d
'
occhio
alla
vista
di
uno
spettacolo
così
sorprendente
.
Appena
ebbe
salutato
rispettosamente
il
padre
suo
e
abbracciati
i
fratelli
,
cavò
fuori
da
una
scatola
,
tutta
incrostata
di
rubini
,
la
noce
:
e
la
schiacciò
.
Egli
si
aspettava
di
trovarci
la
pezza
di
tela
,
tanto
decantata
:
ma
invece
c
'
era
una
nocciuola
;
schiacciò
anche
questa
,
e
rimase
stupito
di
trovarci
dentro
un
nocciolo
di
ciliegia
.
Tutti
si
guardarono
in
viso
:
il
Re
se
la
rideva
sotto
i
baffi
e
si
divertiva
alle
spalle
del
figlio
,
il
quale
era
stato
tanto
baccello
da
credere
di
poter
portare
una
pezza
di
tela
dentro
a
una
noce
;
ma
perché
non
ci
doveva
credere
,
quando
già
gli
era
stato
dato
un
canino
che
entrava
tutto
in
una
ghianda
?
Egli
schiacciò
anche
il
nocciolo
di
ciliegia
,
il
quale
era
tutto
pieno
della
sua
mandorlina
.
Allora
cominciò
per
la
sala
un
gran
bisbiglìo
:
e
non
si
sentiva
altro
che
questo
ritornello
:
"
Il
Principe
cadetto
l
'
hanno
preso
a
godere
!..."
.
Egli
non
rispose
nulla
alle
insolenti
freddure
dei
cortigiani
.
Aprì
in
mezzo
la
mandorlina
,
e
ci
trovò
un
chicco
di
miglio
.
Oh
!
allora
poi
,
per
dir
la
verità
,
cominciò
anch
'
esso
a
dubitare
e
masticò
fra
i
denti
,
"
Ah
!
Gatta
Bianca
,
Gatta
Bianca
,
tu
me
l
'
hai
fatta
!..."
In
questo
punto
sentì
sulla
mano
un
'
unghiata
di
gatto
,
che
lo
graffiò
così
bene
da
fargli
uscire
il
sangue
.
Egli
non
sapeva
se
quell
'
unghiata
fosse
per
dargli
coraggio
o
per
consigliarlo
a
smettere
:
a
ogni
modo
aprì
il
chicco
di
miglio
,
e
lo
stupore
di
tutti
non
fu
piccolo
davvero
quando
ne
tirò
fuori
una
pezza
di
tela
di
mille
metri
così
meravigliosa
,
che
c
'
erano
dipinti
sopra
ogni
maniera
d
'
uccelli
,
di
pesci
,
di
animali
,
con
gli
alberi
,
i
frutti
e
le
piante
della
terra
,
gli
scogli
,
le
rarità
e
le
conchiglie
del
mare
,
il
sole
,
la
luna
,
le
stelle
,
gli
astri
e
i
pianeti
del
cielo
.
E
c
'
erano
anche
i
ritratti
dei
Re
e
dei
Sovrani
che
regnavano
allora
nel
mondo
:
e
quelli
delle
loro
mogli
,
dei
figliuoli
e
di
tutti
i
loro
sudditi
,
senza
che
vi
fossero
dimenticati
i
più
infimi
,
fra
gli
straccioni
e
gli
sbarazzini
di
strada
.
Ciascuno
,
nel
suo
stato
,
rappresentava
il
personaggio
che
doveva
rappresentare
,
ed
era
vestito
alla
foggia
del
suo
paese
.
Quando
il
Re
ebbe
visto
questa
pezza
di
tela
,
si
fece
bianco
in
viso
,
come
s
'
era
fatto
rosso
il
Principe
,
nel
mentre
che
la
cercava
.
Tanto
il
Re
che
i
due
Principi
maggiori
serbavano
un
cupo
silenzio
,
sebbene
a
più
riprese
si
trovassero
forzati
a
dire
che
in
tutto
quanto
il
mondo
non
c
'
era
un
'
altra
cosa
,
che
potesse
agguagliarsi
alla
bellezza
e
alla
rarità
di
questa
tela
.
Il
Re
lasciò
andare
un
gran
sospiro
e
voltandosi
a
'
suoi
figli
,
disse
loro
:
"
Non
potete
figurarvi
la
mia
consolazione
,
nel
vedere
la
deferenza
che
avete
per
me
:
io
desidero
dunque
che
vi
mettiate
a
una
novella
prova
.
Andate
a
viaggiare
ancora
un
anno
,
e
colui
che
in
capo
all
'
anno
menerà
seco
la
più
bella
fanciulla
,
quello
la
sposerà
e
sarà
incoronato
Re
il
giorno
stesso
delle
sue
nozze
;
perché
,
in
fin
dei
conti
,
è
una
necessità
che
il
mio
successore
abbia
moglie
:
e
faccio
giuro
e
prometto
che
questa
volta
sarà
l
'
ultima
e
non
manderò
più
per
le
lunghe
la
ricompensa
promessa
"
.
Questa
qui
,
a
guardarla
bene
,
era
una
ingiustizia
bella
e
buona
a
carico
del
nostro
Principe
.
Il
cagnolino
e
la
pezza
di
tela
,
invece
di
un
regno
,
ne
meritavano
dieci
;
ma
il
Principe
aveva
un
carattere
così
ben
fatto
,
che
non
volle
mettersi
in
urto
col
padre
suo
:
e
senza
rifiatare
,
rimontò
in
carrozza
e
via
.
Il
suo
corteggio
lo
seguì
,
ed
egli
tornò
dalla
sua
cara
Gatta
Bianca
.
Ella
sapeva
il
giorno
e
il
minuto
che
doveva
arrivare
;
per
tutta
la
strada
c
'
era
la
fiorita
e
mille
bracieri
con
sostanze
odorose
fumavano
fuori
e
dentro
al
castello
.
Essa
se
ne
stava
seduta
sopra
un
tappeto
di
Persia
,
sotto
un
baldacchino
di
broccato
d
'
oro
in
una
galleria
,
dalla
quale
poteva
vederlo
ritornare
.
Fu
ricevuto
dalle
solite
mani
,
che
l
'
avevano
sempre
servito
.
Tutti
i
gatti
si
arrampicarono
su
per
le
grondaie
,
per
dargli
il
ben
tornato
,
con
un
miagolio
da
straziare
gli
orecchi
.
"
Ebbene
,
figlio
di
Re
"
,
ella
gli
disse
,
"
eccoti
tornato
qui
,
e
senza
corona
.
"
"
Signora
"
,
egli
rispose
,
"
la
vostra
buona
grazia
mi
aveva
messo
in
caso
di
guadagnarmela
:
ma
ho
capito
che
il
Re
avrebbe
più
dispiacere
a
disfarsene
di
quello
che
io
avessi
gusto
a
possederla
.
"
"
Non
importa
"
,
ella
soggiunse
,
"
non
bisogna
trascurar
nulla
per
meritarla
;
io
ti
aiuterò
anche
questa
volta
,
e
poiché
bisogna
che
tu
meni
alla
corte
di
tuo
padre
una
bella
fanciulla
,
penserò
io
a
cercartene
una
che
ti
faccia
vincere
il
premio
:
intanto
divertiamoci
,
ed
è
per
questo
che
ho
ordinato
un
combattimento
navale
fra
i
miei
gatti
e
i
terribili
topi
del
paese
.
I
miei
gatti
si
troveranno
un
po
'
impappinati
nei
loro
movimenti
,
perché
hanno
paura
dell
'
acqua
;
ma
senza
di
questo
,
essi
avrebbero
troppo
il
disopra
:
e
,
per
quanto
si
può
,
bisogna
cercare
di
bilanciare
le
forze
.
"
Il
Principe
ammirò
la
prudenza
della
signora
Micina
:
le
fece
i
suoi
mirallegri
e
andò
con
essa
sopra
una
gran
terrazza
che
dava
sul
mare
,
I
vascelli
dei
gatti
consistevano
in
grandi
pezzi
di
sughero
,
sui
quali
vogavano
abbastanza
comodamente
.
I
topi
avevan
riuniti
e
legati
insieme
molti
gusci
d
'
ovo
e
questi
erano
le
loro
navi
.
Il
combattimento
fu
accanito
e
crudele
:
i
topi
si
buttavano
nell
'
acqua
e
nuotavano
con
più
maestria
dei
gatti
:
e
così
ben
più
di
venti
volte
si
trovarono
a
essere
vincitori
e
vinti
:
ma
Minagorbio
,
ammiraglio
della
flotta
gattesca
,
ridusse
l
'
armata
topina
all
'
ultima
disperazione
,
e
si
mangiò
con
molto
gusto
il
generale
della
flotta
nemica
,
che
era
un
vecchio
topo
di
grande
esperienza
,
il
quale
aveva
fatto
per
tre
volte
il
giro
del
mondo
sopra
grossi
vascelli
dove
egli
non
era
né
capitano
,
né
marinaio
,
ma
semplice
leccalardo
.
Gatta
Bianca
non
volle
che
quei
poveri
disgraziati
fossero
interamente
distrutti
.
Essa
aveva
politica
e
pensava
che
se
in
paese
non
ci
fossero
più
stati
né
topi
né
sorci
,
i
suoi
sudditi
sarebbero
vissuti
in
un
ozio
,
che
poteva
alla
lunga
diventare
pericoloso
,
Il
Principe
passò
anche
quest
'
anno
,
come
i
due
precedenti
,
andando
a
caccia
,
alla
pesca
e
giuocando
:
perché
bisogna
sapere
che
Gatta
Bianca
era
bravissima
al
giuoco
degli
scacchi
.
Egli
,
di
tanto
in
tanto
,
non
poteva
stare
dal
farle
delle
domande
incalzanti
,
per
arrivare
a
scuoprire
per
qual
miracolo
ella
avesse
il
dono
di
poter
parlare
.
E
avrebbe
voluto
sapere
se
era
una
fata
,
e
se
fosse
stata
cambiata
in
gatta
,
al
seguito
di
una
metamorfosi
:
ma
siccome
non
c
'
era
caso
che
ella
dicesse
mai
quello
che
non
voleva
dire
,
così
rispondeva
sempre
quel
tanto
che
voleva
rispondere
,
e
dava
delle
risposte
tronche
e
senza
significato
,
ragione
per
cui
egli
dové
persuadersi
che
Gatta
Bianca
non
voleva
metterlo
a
parte
del
suo
segreto
.
Non
c
'
è
una
cosa
che
passi
tanto
presto
,
quanto
i
giorni
felici
:
e
se
la
Gatta
Bianca
non
fosse
stata
lei
a
darsi
il
pensiero
di
tenere
a
mente
il
tempo
preciso
di
far
ritorno
alla
Corte
,
non
c
'
è
dubbio
che
il
Principe
se
lo
sarebbe
dimenticato
bene
e
meglio
.
Alla
vigilia
della
partenza
ella
lo
avvertì
che
dipendeva
da
lui
,
se
avesse
voluto
menar
seco
una
delle
più
belle
principesse
del
mondo
;
che
era
giunta
finalmente
l
'
ora
di
distruggere
il
fatale
incantesimo
ordito
dalle
fate
e
che
per
questo
bisognava
che
egli
si
risolvesse
a
tagliar
a
lei
la
testa
e
la
coda
,
e
a
gettarle
subito
sul
fuoco
.
"
Io
?
"
,
esclamò
,
"
Bianchina
!
amor
mio
!
e
sarò
io
tanto
spietato
da
uccidervi
?
Ah
!
vedo
bene
che
volete
mettere
il
mio
cuore
alla
prova
:
ma
siate
pur
certa
che
esso
non
è
capace
di
mancare
alla
amicizia
e
alla
riconoscenza
che
vi
deve
,
"
"
No
,
figlio
di
Re
"
,
ella
riprese
,
"
io
non
sospetto
in
te
nemmeno
l
'
ombra
dell
'
ingratitudine
;
ti
conosco
troppo
:
ma
non
sta
né
a
me
né
a
te
a
regolare
in
questo
caso
i
nostri
destini
:
fai
quello
che
ti
dico
e
saremo
felici
.
Sulla
mia
parola
di
gatta
onorata
e
perbene
,
ti
farò
vedere
che
ti
sono
amica
...
"
Al
solo
pensiero
di
dover
tagliare
la
testa
alla
sua
Gattina
,
tanto
carina
e
graziosa
,
il
giovane
Principe
sentì
venirsi
per
due
o
tre
volte
le
lacrime
agli
occhi
.
Disse
tutto
quel
più
che
seppe
dire
di
affettuoso
,
per
essere
dispensato
,
ma
essa
,
intestata
,
rispondeva
che
voleva
morire
per
le
sue
mani
;
e
che
questo
era
l
'
unico
mezzo
per
impedire
ai
fratelli
di
lui
d
'
impadronirsi
della
corona
:
insomma
,
insisté
tanto
e
poi
tanto
,
che
alla
fine
egli
tirò
fuori
la
spada
e
con
mano
tremante
tagliò
la
testa
e
la
coda
della
sua
buona
amica
.
In
quel
punto
stesso
si
trovò
presente
alla
più
bella
metamorfosi
che
si
possa
immaginare
.
Il
corpo
di
Gatta
Bianca
cominciò
a
ingrandire
e
tutt
'
a
un
tratto
diventò
una
fanciulla
:
meraviglia
da
non
potersi
descrivere
a
parole
,
e
unica
forse
al
mondo
.
I
suoi
occhi
rubavano
i
cuori
,
e
la
sua
dolcezza
li
teneva
legati
:
la
sua
figura
era
maestosa
,
l
'
aspetto
nobile
e
modesto
,
lo
spirito
seducente
,
le
maniere
cortesi
:
e
per
dir
tutto
in
una
parola
,
ell
'
era
al
disopra
di
tutto
ciò
che
vi
può
essere
di
amabile
e
di
grazioso
sulla
terra
.
Il
Principe
,
a
vederla
,
rimase
preso
da
un
grande
stupore
:
ma
da
uno
stupore
così
piacevole
,
che
credette
di
essere
incantato
.
Non
poteva
spiccar
parola
:
pareva
che
gli
occhi
non
gli
bastassero
per
guardarla
,
e
la
lingua
legata
non
trovava
il
verso
di
esprimere
la
sua
meraviglia
;
la
quale
si
accrebbe
di
mille
doppi
,
quand
'
egli
vide
entrare
una
folla
straordinaria
di
dame
e
di
cavalieri
,
colla
loro
brava
pelle
di
gatto
o
di
gatta
,
gettata
sulle
spalle
,
che
andavano
a
prosternarsi
ai
piedi
della
Regina
,
e
a
darle
segno
della
loro
gioia
per
vederla
tornata
nel
suo
primo
stato
naturale
.
Essa
li
ricevé
con
tutta
quella
bontà
,
che
rivelava
l
'
eccellente
pasta
del
suo
cuore
e
del
suo
carattere
,
e
dopo
essersi
trattenuta
un
poco
con
essi
,
ordinò
che
la
lasciassero
sola
col
Principe
,
al
quale
parlò
così
:
Non
vi
mettete
in
capo
,
o
signore
,
che
io
sia
stata
sempre
gatta
:
e
che
la
mia
nascita
sia
oscura
fra
gli
uomini
.
Mio
padre
era
Re
e
padrone
di
sei
regni
.
Egli
amava
teneramente
mia
madre
,
e
la
lasciava
liberissima
di
fare
tutto
ciò
che
le
passava
per
la
mente
,
La
passione
dominante
di
mia
madre
era
quella
di
viaggiare
:
per
cui
,
sebbene
incinta
di
me
,
intraprese
una
gita
per
andare
a
vedere
una
montagna
,
della
quale
aveva
sentito
dire
cose
dell
'
altro
mondo
.
E
mentr
'
era
per
via
,
le
fu
detto
che
lì
in
que
'
pressi
c
'
era
un
castello
di
fate
,
il
più
bello
fra
quanti
se
ne
conoscevano
;
o
almeno
creduto
tale
per
una
antichissima
tradizione
;
perché
non
essendovi
mai
entrato
nessuno
,
non
potevasi
giudicarne
che
dal
di
fuori
:
ma
la
cosa
che
si
sapeva
per
certo
era
questa
,
che
le
fate
avevano
nel
loro
giardino
certe
frutta
così
delicate
e
saporite
,
come
non
se
ne
sono
mangiate
mai
.
Ecco
subito
che
alla
Regina
mia
madre
nacque
una
gran
voglia
di
assaggiarle
,
e
si
avviò
verso
quella
parte
.
Giunse
alla
porta
di
questo
magnifico
palazzo
,
tutto
risplendente
d
'
oro
e
di
azzurro
:
ma
bussò
inutilmente
.
Non
comparve
anima
viva
:
si
sarebbe
detto
che
erano
tutti
morti
.
Quest
'
indugi
servivano
a
farle
crescere
la
voglia
;
sicché
mandò
in
cerca
di
scale
per
iscavalcare
i
muri
del
giardino
;
e
la
cosa
sarebbe
riuscita
bene
,
se
i
muri
non
si
fossero
alzati
lì
per
lì
,
e
senza
vedere
una
mano
che
ci
lavorasse
.
Si
prese
allora
il
ripiego
di
mettere
le
scale
le
une
sulle
altre
!
ma
finirono
di
fracassarsi
sotto
il
peso
di
quelli
che
ci
salivano
sopra
,
i
quali
,
cadendo
giù
,
rimanevano
morti
o
stroppiati
.
La
Regina
era
disperata
.
Vedeva
i
grandi
alberi
carichi
di
frutta
,
che
essa
credeva
deliziose
,
e
voleva
cavarsene
la
voglia
,
o
morire
:
e
per
questo
,
fece
rizzare
dinanzi
al
castello
parecchie
tende
signorili
e
di
gran
lusso
,
e
vi
si
trattenne
sei
settimane
con
tutta
la
sua
Corte
.
Non
dormiva
né
mangiava
più
:
non
faceva
altro
che
sospirare
,
parlando
sempre
della
frutta
del
giardino
inaccessibile
,
finché
si
ammalò
,
senza
trovare
chi
potesse
sollevarla
del
suo
male
,
perché
le
inesorabili
fate
non
si
fecero
mai
vedere
,
dopo
che
ella
si
era
attendata
in
vicinanza
del
loro
castello
.
Tutti
i
suoi
uffiziali
si
affliggevano
dimolto
:
non
si
sentivano
che
pianti
e
sospiri
da
tutte
le
parti
,
mentre
la
Regina
moribonda
chiedeva
delle
frutta
a
quelli
che
la
servivano
,
ma
non
ne
voleva
di
altra
specie
,
all
'
infuori
di
quelle
che
le
venivano
negate
.
Una
notte
,
mentre
era
in
un
mezzo
dormiveglia
,
aprì
gli
occhi
e
svegliandosi
vide
una
vecchiettina
decrepita
e
brutta
più
del
peccato
,
seduta
in
una
poltrona
accanto
al
capezzale
del
suo
letto
.
Si
maravigliò
che
le
sue
dame
avessero
lasciata
passare
una
sconosciuta
nella
sua
camera
;
quando
questa
le
disse
:
"
A
noi
ci
pare
che
la
tua
Maestà
sia
molto
indiscreta
,
a
incaponirsi
a
voler
mangiare
per
forza
le
nostre
frutta
;
ma
perché
ci
va
di
mezzo
la
tua
vita
preziosa
,
le
mie
sorelle
e
io
acconsentiremo
a
dartene
tante
,
quante
ne
potrai
portare
,
finché
starai
qui
:
ma
a
un
patto
:
al
patto
che
tu
ci
faccia
un
regalo
"
.
"
Ah
!
mia
buona
nonna
"
,
gridò
la
Regina
,
"
chiedete
e
domandate
!
io
son
pronta
a
darvi
il
mio
regno
,
il
mio
cuore
,
l
'
anima
mia
,
purché
mi
cavi
la
voglia
delle
vostre
frutta
:
a
nessun
prezzo
mi
parranno
care
.
"
"
Noi
vogliamo
"
,
diss
'
ella
,
"
che
tua
Maestà
ci
dia
la
figlia
che
porti
nel
seno
.
Quando
sarà
nata
,
verremo
a
pigliarla
e
l
'
alleveremo
noi
:
non
c
'
è
virtù
,
bellezza
o
sapienza
,
che
essa
non
possa
avere
per
mezzo
nostro
,
in
una
parola
sarà
nostra
figlia
e
noi
la
faremo
felice
:
ma
intendiamoci
bene
:
la
tua
Maestà
non
potrà
rivederla
fino
al
giorno
che
non
si
sarà
maritata
.
Se
il
patto
ti
garba
,
io
ti
guarisco
subito
,
menandoti
qui
nei
pomari
del
nostro
giardino
:
non
badare
che
sia
notte
;
ci
vedrai
abbastanza
,
per
iscegliere
le
frutta
che
vorrai
.
Se
il
patto
non
ti
va
,
buona
notte
,
signora
Regina
e
scappo
a
letto
.
"
"
Per
quanto
sia
dura
la
legge
che
m
'
imponete
"
,
rispose
la
Regina
,
"
l
'
accetto
piuttosto
che
morire
,
perché
è
più
che
certo
che
mi
rimane
appena
un
giorno
di
vita
,
e
morendo
io
,
la
figlia
mia
morirebbe
con
me
.
Guaritemi
,
sapiente
fata
"
,
ella
seguitò
a
dire
"
e
non
mi
fate
perdere
nemmeno
un
minuto
per
arrivare
al
godimento
della
grazia
che
mi
avete
fatta
.
"
La
fata
la
toccò
con
una
bacchettina
d
'
oro
,
dicendo
:
"
Che
la
tua
Maestà
sia
libera
da
tutti
i
mali
,
che
la
tengono
inchiodata
nel
letto
"
.
A
queste
parole
le
parve
di
trovarsi
alleggerita
da
una
veste
di
piombo
,
pesante
e
dura
,
che
le
toglieva
il
respiro
,
e
che
in
certi
punti
sentiva
pesarla
anche
di
più
,
perché
forse
era
lì
la
sede
del
male
.
Fece
chiamare
tutte
le
sue
dame
e
disse
loro
,
con
viso
sorridente
,
che
stava
benissimo
,
che
si
voleva
levar
subito
,
che
finalmente
le
porte
del
castello
,
serrate
a
chiavistello
,
e
a
doppia
mandata
,
si
sarebbero
aperte
per
lei
,
perché
potesse
mangiare
le
belle
frutta
del
giardino
e
portarne
via
con
sé
,
quante
ne
avesse
volute
.
Fra
tutte
quelle
dame
,
non
ce
ne
fu
una
sola
la
quale
non
sospettasse
che
la
Regina
fosse
caduta
in
delirio
,
e
che
in
quel
momento
sognasse
a
occhi
aperti
le
frutta
tanto
desiderate
:
per
cui
,
invece
di
risponderle
a
tono
,
si
misero
a
piangere
e
fecero
svegliare
tutti
i
medici
,
perché
venissero
a
vederla
.
Quest
'
indugio
faceva
inquietare
la
Regina
,
la
quale
domandava
i
suoi
vestiti
,
e
nessuno
si
muoveva
;
e
la
cosa
andò
tanto
in
là
che
finì
col
lasciarsi
pigliare
dalla
bizza
e
diventò
rossa
come
una
ciliegia
.
Alcuni
badavano
a
dire
che
era
effetto
della
febbre
:
ma
i
medici
,
essendo
finalmente
arrivati
,
e
dopo
averle
tastato
il
polso
e
fatte
le
solite
cerimonie
di
uso
,
non
poterono
far
di
meno
di
dichiarare
che
era
tornata
in
perfettissima
salute
.
Le
sue
donne
accortesi
del
granchio
a
secco
che
avevano
preso
per
troppo
zelo
,
cercarono
di
riparare
al
mal
fatto
,
vestendola
da
capo
a
piedi
in
quattro
e
quattr
'
otto
.
Le
chiesero
perdono
:
tutto
fu
accomodato
:
ed
essa
si
affrettò
a
seguire
la
vecchia
fata
che
l
'
aveva
aspettata
fin
allora
.
Entrò
nel
palazzo
,
dove
non
ci
mancava
nulla
per
essere
il
più
bel
palazzo
del
mondo
:
"
E
voi
,
o
signore
,
non
penerete
a
crederlo
"
,
soggiunse
Gatta
Bianca
,
"
quando
vi
avrò
detto
che
è
quello
stesso
,
dove
oggi
io
e
voi
ci
troviamo
"
.
Due
altre
fate
,
un
po
'
meno
vecchie
di
quella
che
conduceva
mia
madre
,
vennero
a
riceverla
alla
porta
e
le
fecero
un
'
accoglienza
,
che
pareva
proprio
una
festa
.
Essa
le
pregò
di
menarla
subito
nel
giardino
e
precisamente
a
quelle
spalliere
,
dove
avrebbe
potuto
trovare
i
frutti
migliori
.
"
Sono
tutti
buoni
nello
stesso
modo
"
,
risposero
le
fate
,
"
e
se
non
fosse
che
tu
vuoi
cavarti
il
gusto
di
coglierli
colle
tue
mani
,
noi
non
avremmo
da
fare
altro
che
chiamarli
e
farteli
venire
fin
qui
!
"
"
Oh
!
ve
ne
supplico
,
signore
mie
"
,
esclamò
la
Regina
"
fate
che
io
abbia
la
contentezza
di
vedere
una
cosa
così
meravigliosa
e
fuori
dell
'usuale."
La
più
vecchia
delle
due
fate
si
pose
un
dito
in
bocca
e
fece
tre
fischi
:
poi
gridò
"
albicocche
,
pesche
,
noci
,
prugnole
,
pere
,
poponi
,
uva
mascadella
,
mele
,
arance
,
limoni
,
uva
spina
,
fragole
,
lamponi
,
correte
tutti
al
mio
comando
!
"
.
"
Ma
"
,
osservò
la
Regina
,
"
tutte
codeste
frutta
vengono
in
diverse
stagioni
dell
'
anno
!
"
"
Nei
nostri
orti
non
è
così
"
,
esse
risposero
,
"
noi
abbiamo
sempre
ogni
sorta
di
frutta
della
terra
:
sempre
buone
,
sempre
mature
,
e
non
vanno
mai
a
male
.
"
In
quel
frattempo
le
frutta
arrivarono
,
rotolandosi
,
arrampicandosi
le
une
sulle
altre
,
senza
mescolarsi
e
senza
insudiciarsi
;
sicché
la
Regina
,
che
si
struggeva
di
levarsene
la
voglia
,
vi
si
buttò
sopra
,
e
prese
le
prime
che
le
capitarono
sotto
mano
.
Non
le
mangiò
:
ma
le
divorò
.
Quando
fu
piena
fino
alla
gola
,
pregò
le
fate
di
lasciarla
andare
alla
spalliera
,
per
poterle
scegliere
coll
'
occhio
prima
di
coglierle
.
"
Volentieri
"
,
risposero
le
fate
,
"
ma
rammentate
la
promessa
che
avete
fatta
:
ormai
non
c
'
è
più
tempo
per
tornare
indietro
.
"
"
Io
son
così
persuasa
"
,
ella
riprese
a
dire
,
"
che
qui
da
voi
si
faccia
una
vita
d
'
oro
e
mi
pare
che
questo
palazzo
sia
tanto
bello
,
che
se
non
fosse
per
il
gran
bene
che
voglio
al
Re
mio
marito
,
mi
metterei
d
'
accordo
per
restarci
anch
'
io
:
vedete
dunque
se
è
mai
possibile
che
io
possa
pentirmi
di
quel
che
ho
detto
.
"
Le
fate
,
tutte
contente
da
non
si
credere
,
le
apersero
i
loro
giardini
e
i
recinti
più
appartati
;
e
tanto
essa
ci
si
trovò
bene
,
che
vi
si
trattenne
tre
giorni
e
tre
notti
,
senza
allontanarsi
di
lì
un
minuto
.
Fece
una
gran
provvista
di
frutta
e
ne
colse
quante
ne
poté
cogliere
:
e
perché
sapeva
che
non
andavano
a
male
,
ne
fece
caricare
quattromila
muli
che
condusse
seco
.
Al
dono
delle
frutta
le
fate
vollero
aggiungere
quello
dei
corbelli
e
delle
ceste
d
'
oro
,
d
'
un
lavoro
finissimo
che
pareva
fatto
col
fiato
:
le
promisero
che
mi
avrebbero
allevata
da
Principessa
,
come
io
era
,
che
mi
avrebbero
data
un
'
educazione
perfetta
,
e
a
suo
tempo
scelto
uno
sposo
.
Le
dissero
di
più
che
ella
sarebbe
stata
avvertita
del
giorno
delle
nozze
,
e
che
contavano
sul
sicuro
che
non
sarebbe
mancata
.
Il
Re
fu
lieto
del
ritorno
della
Regina
e
tutta
la
Corte
le
dimostrò
la
sua
gioia
.
Ogni
giorno
erano
balli
,
mascherate
,
tornei
e
feste
,
dove
le
frutta
portate
dalla
Regina
venivano
distribuite
,
come
un
regalo
prelibato
.
Il
Re
stesso
le
preferiva
a
ogni
altra
cosa
.
Esso
non
sapeva
nulla
del
patto
che
la
Regina
aveva
combinato
colle
fate
,
e
le
domandava
in
quali
paesi
era
stata
per
trovare
di
quelle
delizie
.
Essa
ora
rispondeva
che
le
aveva
trovate
sopra
un
'
alta
montagna
,
quasi
inaccessibile
:
ora
che
nascevano
in
vallate
:
e
qualche
volta
inventava
che
crescevano
in
un
giardino
o
in
mezzo
a
una
gran
foresta
.
Il
Re
non
sapeva
spiegarsi
tante
contraddizioni
.
Interrogava
coloro
che
l
'
avevano
accompagnata
,
ma
questi
non
osavano
fiatare
per
avere
avuto
la
proibizione
di
dire
una
sola
mezza
parola
su
questa
avventura
.
Alla
fine
la
Regina
,
inquieta
della
promessa
fatta
alle
fate
e
vedendo
avvicinarsi
il
tempo
del
parto
,
fu
presa
da
un
gran
mal
umore
:
non
faceva
altro
che
sospirare
e
si
struggeva
a
vista
,
come
una
candela
.
Il
Re
se
ne
impensierì
,
e
incominciò
a
insistere
colla
Regina
,
per
sapere
la
cagione
della
sua
gran
tristezza
:
e
batti
oggi
,
batti
domani
,
finalmente
essa
gli
raccontò
tutto
quello
che
era
passato
fra
lei
e
le
fate
e
com
'
essa
avesse
promesso
loro
la
figlia
che
stava
per
mettere
alla
luce
.
"
Come
!
"
,
esclamò
il
Re
,
"
noi
non
abbiamo
figliuoli
:
voi
sapete
quanto
io
li
desideri
,
e
per
la
gola
di
mangiare
due
o
tre
mele
,
siete
stata
capace
di
promettere
vostra
figlia
?
Bisogna
proprio
dire
che
non
mi
volete
un
filo
di
bene
.
"
E
lì
cominciò
a
farle
dei
rimproveri
e
ne
disse
tante
e
tante
,
che
la
mia
povera
madre
fu
quasi
per
morir
di
dolore
.
E
come
se
questo
fosse
poco
,
la
fece
chiudere
in
una
torre
e
messe
delle
guardie
dappertutto
perché
non
potesser
barattar
parola
con
anima
viva
,
all
'
infuori
degli
uffiziali
destinati
a
servirla
:
e
volle
che
fossero
cambiate
tutte
quelle
persone
del
servizio
che
l
'
avevano
accompagnata
al
castello
delle
fate
.
Quest
'
urto
fra
il
Re
e
la
Regina
gettò
in
Corte
una
gran
costernazione
.
Ciascuno
riponeva
i
suoi
abiti
di
gala
per
vestirne
dei
più
adattati
all
'
afflizione
generale
.
Dal
canto
suo
il
Re
si
mostrava
inesorabile
:
non
volle
più
vedere
sua
moglie
:
e
appena
fui
nata
,
mi
fece
portare
nel
suo
palazzo
per
esservi
allevata
,
mentre
mia
madre
era
sempre
in
prigione
e
nel
massimo
squallore
.
Peraltro
le
fate
non
ignoravano
quello
che
accadeva
:
e
se
la
presero
molto
a
male
e
volevano
avermi
a
tutti
i
costi
,
perché
mi
riguardavano
come
cosa
loro
,
e
stimavano
che
il
ritenermi
in
Corte
fosse
lo
stesso
che
commettere
un
furto
a
loro
danno
.
Prima
di
pigliarsi
una
vendetta
coi
fiocchi
e
proporzionata
al
loro
dispetto
,
esse
mandarono
al
Re
una
celebre
ambasceria
per
ammonirlo
a
ridare
la
libertà
alla
Regina
e
a
riammetterla
nelle
sue
buone
grazie
,
e
per
pregarlo
al
tempo
stesso
di
consegnar
me
ai
loro
ambasciatori
.
E
questi
ambasciatori
erano
nani
schifosi
e
di
una
figura
così
stronca
e
piccina
,
che
non
ebbero
nemmeno
la
sorte
di
poter
capacitare
il
Re
delle
loro
ragioni
.
Egli
li
messe
fuori
dell
'
uscio
senza
tanti
complimenti
,
e
se
non
facevano
presto
a
scappare
,
chi
lo
sa
come
sarebbe
finita
.
Quando
le
fate
seppero
il
contegno
di
mio
padre
,
presero
una
bizza
da
non
si
credere
:
e
dopo
aver
mandato
nei
sei
regni
tutti
i
malanni
immaginabili
,
vi
scatenarono
un
drago
orribile
,
il
quale
sputava
veleno
per
tutto
dove
passava
;
mangiava
bestie
e
cristiani
,
e
soltanto
col
fiato
faceva
seccare
tutti
gli
alberi
e
tutte
le
piante
.
Il
Re
era
disperato
.
Si
consultò
con
tutti
i
savi
dello
Stato
per
trovare
il
modo
di
liberare
i
suoi
sudditi
da
tante
sciagure
,
dalle
quali
erano
tribolati
.
Chi
gli
suggerì
di
mandare
a
cercare
per
tutto
il
mondo
i
migliori
medici
e
i
rimedi
più
accreditati
:
altri
invece
lo
consigliava
a
promettere
la
grazia
della
vita
a
tutti
i
condannati
a
morte
,
a
patto
che
andassero
a
combattere
il
drago
.
Al
Re
piacque
il
consiglio
,
e
lo
accettò
:
ma
non
ne
ricavò
nessun
vantaggio
,
perché
la
mortalità
infieriva
di
bene
in
meglio
,
e
quanti
andavano
contro
il
drago
,
erano
tutti
divorati
vivi
:
sicché
non
gli
rimase
altro
ripiego
,
che
ricorrere
a
una
fata
,
che
lo
aveva
avuto
sempre
sotto
la
sua
protezione
fin
da
ragazzo
.
Essa
era
vecchia
decrepita
e
non
si
levava
quasi
più
dal
letto
:
andò
a
casa
di
lei
e
le
fece
mille
rimproveri
perché
lo
lasciava
tartassare
a
quel
modo
dal
destino
,
senza
venire
in
suo
aiuto
.
"
Come
volete
voi
che
io
faccia
?
"
,
gli
diss
'
ella
,
"
voi
avete
inasprite
le
mie
sorelle
;
esse
hanno
tanto
potere
,
quanto
me
,
e
non
c
'
è
caso
che
fra
noi
ci
si
dia
addosso
.
Pensate
piuttosto
a
rabbonirle
,
dando
loro
la
vostra
figlia
:
questa
Principessina
è
cosa
loro
.
Voi
avete
chiuso
la
Regina
in
un
buco
di
prigione
:
che
vi
ha
ella
fatto
quella
donna
così
amabile
,
per
essere
trattata
tanto
male
?
Animo
,
da
bravo
:
mantenete
la
promessa
di
vostra
moglie
,
e
allora
vi
pioverà
addosso
ogni
felicità
.
"
Il
Re
,
mio
padre
,
mi
voleva
un
gran
bene
:
ma
non
vedendo
altro
verso
per
salvare
i
suoi
regni
e
per
liberarsi
dal
drago
fatale
,
finì
col
dire
alla
sua
amica
che
s
'
era
convinto
delle
buone
ragioni
e
che
non
aveva
più
difficoltà
a
darmi
in
mano
alle
fate
,
tanto
più
che
essa
lo
assicurava
che
sarei
stata
accarezzata
e
allevata
da
Principessa
,
par
mio
;
che
avrebbe
ripresa
con
sé
la
Regina
e
che
la
fata
non
aveva
da
far
altro
che
dirgli
a
chi
doveva
consegnarmi
,
perché
io
fossi
portata
al
castello
delle
fate
.
"
Bisogna
portarla
"
,
gli
rispose
,
"
sulla
montagna
dei
fiori
:
e
voi
potete
trattenervi
lì
,
a
una
certa
distanza
,
per
assistere
alle
feste
che
saranno
fatte
.
"
Il
Re
le
disse
che
dentro
otto
giorni
ci
sarebbe
andato
insieme
colla
Regina
;
e
che
intanto
poteva
avvisare
le
fate
sue
sorelle
,
perché
si
preparassero
a
quello
che
volevano
fare
.
Tornato
che
fu
al
palazzo
,
mandò
a
riprendere
la
Regina
con
tanta
premura
e
tanta
pompa
,
quanta
era
stata
la
rabbia
colla
quale
l
'
aveva
fatta
imprigionare
.
Essa
era
così
abbattuta
e
malandata
,
che
il
Re
avrebbe
penato
a
riconoscerla
,
se
il
suo
cuore
non
gli
avesse
detto
che
era
quella
medesima
persona
in
altri
tempi
tanto
amata
da
lui
.
La
scongiurò
colle
lacrime
agli
occhi
di
dimenticare
i
grandi
dispiaceri
che
le
aveva
cagionati
,
col
dire
che
sarebbero
stati
i
primi
e
gli
ultimi
.
Ella
rispose
che
se
li
era
meritati
,
per
l
'
imprudenza
di
aver
promesso
la
figlia
alle
fate
:
e
che
in
quel
tempo
non
aveva
altra
scusa
,
se
non
lo
stato
interessante
in
cui
si
trovava
.
Alla
fine
il
Re
le
palesò
la
sua
intenzione
,
che
era
quella
di
consegnarmi
in
mano
alle
fate
;
ma
la
Regina
,
per
la
sua
parte
,
si
oppose
.
Era
proprio
il
caso
di
dire
che
il
diavolo
ci
aveva
messo
le
corna
,
e
che
io
doveva
essere
il
pomo
della
discordia
fra
mio
padre
e
mia
madre
.
Quando
ebbe
pianto
e
singhiozzato
ben
bene
senza
ottener
nulla
(
perché
mio
padre
ne
vedeva
le
funeste
conseguenze
e
i
nostri
sudditi
continuavano
a
morire
a
branchi
,
come
se
fossero
responsabili
degli
errori
della
nostra
famiglia
)
,
diceva
dunque
che
quando
mia
madre
ebbe
pianto
e
singhiozzato
ben
bene
,
si
rassegnò
e
acconsentì
a
ogni
cosa
e
si
allestirono
i
preparativi
per
la
cerimonia
della
consegna
.
Fui
messa
in
una
culla
di
madreperla
,
ornata
di
tutte
quelle
galanterie
che
l
'
arte
può
immaginare
.
Erano
ghirlande
di
fiori
e
festoni
in
giro
in
giro
:
e
i
fiori
erano
pietre
preziose
,
i
cui
vari
colori
,
al
riflesso
del
sole
,
lampeggiavano
in
modo
da
far
male
agli
occhi
.
La
magnificenza
del
mio
abbigliamento
sorpassava
,
se
si
può
dire
,
quella
della
culla
:
tutte
le
trine
delle
mie
fasce
erano
fatte
di
grosse
perle
.
Ventiquattro
principesse
reali
mi
portavano
sopra
una
specie
di
barella
leggerissima
;
la
loro
acconciatura
usciva
affatto
dal
comune
,
ma
non
era
stato
permesso
di
usare
altri
colori
che
il
bianco
,
come
per
alludere
alla
mia
innocenza
.
Tutte
le
persone
della
Corte
,
schierate
per
ordine
e
per
grado
,
mi
accompagnavano
.
Mentre
si
saliva
la
montagna
si
fece
sentire
una
sinfonia
melodiosa
,
che
si
avvicinava
sempre
;
finché
comparvero
le
fate
in
numero
di
trentasei
;
esse
avevano
pregate
le
loro
buone
amiche
di
pigliar
parte
alla
festa
.
Ciascuna
era
seduta
in
una
conchiglia
più
grande
di
quella
di
Venere
,
quando
uscì
dal
mare
;
e
pariglie
di
cavalli
marini
,
che
non
erano
avvezzi
a
camminare
per
terra
,
strascicavano
quelle
brutte
vecchie
con
tanta
pompa
,
come
se
fossero
state
le
più
grandi
Regine
dell
'
universo
.
Esse
portarono
un
ramo
d
'
ulivo
,
per
significare
al
Re
che
la
sua
sommissione
aveva
trovato
grazia
al
loro
cospetto
:
e
allorché
mi
ebbero
presa
in
collo
,
furono
tali
e
tante
le
loro
carezze
,
che
pareva
non
avessero
altra
passione
,
che
quella
di
rendermi
felice
.
Il
drago
,
che
aveva
servito
a
vendicarle
contro
mio
padre
,
veniva
dietro
di
loro
,
attaccato
con
una
catena
tutta
di
diamanti
.
Esse
mi
abballottarono
fra
le
loro
braccia
,
mi
fecero
mille
carezze
,
mi
dotarono
d
'
ogni
ben
di
Dio
:
e
quindi
incominciarono
la
ridda
delle
streghe
.
È
un
ballo
molto
allegro
:
né
c
'
è
da
figurarsi
i
salti
e
gli
sgambetti
che
fecero
quelle
vecchie
zittellone
:
dopo
di
che
il
drago
,
che
aveva
mangiato
tanta
gente
,
si
avvicinò
strisciando
per
terra
.
Le
tre
fate
,
alle
quali
mia
madre
mi
aveva
promesso
,
vi
si
sedettero
sopra
,
misero
la
mia
culla
fra
di
loro
,
e
toccato
il
drago
con
una
bacchetta
,
questo
spiegò
le
sue
grand
'
ali
fatte
a
scaglia
,
più
sottili
del
crespo
finissimo
e
variopinte
di
mille
bizzarri
colori
.
Fu
in
questo
modo
che
le
fate
tornarono
al
loro
castello
.
Mia
madre
vedendomi
per
aria
sulla
groppa
del
drago
,
non
poté
trattenersi
dal
mandare
altissime
grida
.
Il
Re
la
consolò
col
dire
che
dalla
fata
sua
amica
era
stato
assicurato
che
non
mi
sarebbe
accaduto
nulla
di
male
,
e
che
anzi
si
sarebbe
avuto
di
me
la
stessa
cura
,
come
se
fossi
rimasta
nel
mio
proprio
palazzo
.
Ella
si
dette
pace
,
sebbene
fosse
per
lei
una
grande
afflizione
quella
di
dovermi
perdere
per
sì
lungo
tempo
e
per
cagion
sua
:
tanto
è
vero
che
,
se
non
fosse
stata
presa
dalla
voglia
di
assaggiare
i
frutti
del
giardino
,
io
sarei
cresciuta
nel
regno
di
mio
padre
e
non
avrei
avuto
tutti
i
dispiaceri
,
che
mi
resta
ancora
da
raccontarvi
.
Sappiate
dunque
,
figlio
di
Re
,
che
le
mie
custodi
avevano
fabbricata
apposta
una
torre
,
nella
quale
vi
erano
molti
begli
appartamenti
per
tutte
le
stagioni
;
mobili
magnifici
,
libri
piacevolissimi
,
ma
nemmeno
una
porta
;
sicché
bisognava
entrare
dalle
finestre
,
le
quali
erano
a
tanta
altezza
da
far
venire
il
capogiro
.
Sopra
la
torre
si
trovava
un
bel
giardino
ornato
di
fiori
,
di
fontane
e
di
pergolati
di
verzura
,
che
riparavano
dai
bollori
della
canicola
.
In
questo
luogo
le
fate
mi
allevavano
con
tali
cure
,
da
sorpassare
quanto
avevano
promesso
alla
Regina
.
I
miei
vestiti
erano
tagliati
secondo
il
gusto
della
moda
:
e
tanto
ricchi
e
magnifici
che
,
vedendomi
,
si
sarebbe
creduto
che
io
fossi
in
giorno
di
nozze
.
Le
fate
m
'
insegnarono
tutte
quelle
cose
,
che
si
addicevano
alla
mia
età
e
alla
mia
nascita
;
né
io
davo
loro
molto
da
fare
,
perché
avevo
la
facilità
d
'
imparare
alla
prima
.
La
dolcezza
del
mio
carattere
le
aveva
innamorate
:
e
perché
io
non
aveva
mai
veduto
nessun
altro
,
intendo
benissimo
che
sarei
rimasta
tranquillamente
in
quello
stato
per
tutto
il
rimanente
della
vita
.
Esse
venivano
sempre
a
trovarmi
,
montate
sul
famoso
drago
che
sapete
:
non
mi
rammentavano
mai
né
il
Re
né
la
Regina
;
e
siccome
mi
chiamavano
la
loro
figlia
,
io
credeva
di
esserlo
davvero
.
Per
potermi
divertire
mi
avevano
dato
un
cane
e
un
pappagallo
,
i
quali
avevano
il
dono
della
parola
e
parlavano
come
due
avvocati
.
Nella
torre
non
c
'
era
con
me
nessun
altro
.
Un
lato
di
questa
torre
era
fabbricato
sopra
una
strada
molto
avvallata
e
tutta
coperta
di
alberi
;
di
modo
che
dal
giorno
che
vi
fui
rinchiusa
non
avevo
mai
veduto
passarvi
anima
viva
.
Ma
un
giorno
,
essendo
alla
finestra
a
ciarlare
col
cane
e
col
pappagallo
,
mi
parve
di
sentire
qualche
rumore
:
guardai
da
tutte
le
parti
e
finalmente
mi
venne
fatto
di
vedere
un
giovine
cavaliere
,
che
si
era
fermato
per
ascoltare
la
nostra
conversazione
.
Io
non
avevo
veduto
altri
uomini
,
altro
che
dipinti
,
sicché
non
mi
dispiaceva
punto
quest
'
occasione
altrettanto
propizia
quanto
inaspettata
.
Senza
pensare
alle
mille
miglia
al
pericolo
che
andava
unito
alla
soddisfazione
di
ammirare
un
oggetto
così
piacevole
,
mi
spenzolai
in
fuori
per
vederlo
meglio
;
e
più
lo
guardavo
e
più
ci
pigliavo
gusto
.
Egli
mi
fece
una
gran
riverenza
,
fissò
i
suoi
occhi
su
me
e
mi
parve
che
si
stillasse
il
cervello
per
trovare
il
modo
di
potermi
parlare
;
perché
la
mia
finestra
era
altissima
ed
egli
aveva
paura
di
essere
scoperto
,
sapendo
bene
che
io
mi
trovavo
nel
giardino
delle
fate
.
Il
sole
calò
tutt
'
a
un
tratto
:
o
per
dir
la
cosa
come
sta
,
si
fece
notte
senza
che
ce
ne
avvedessimo
;
per
due
o
tre
volte
egli
si
portò
il
corno
alla
bocca
e
mi
rallegrò
con
qualche
suonatina
;
poi
se
ne
andò
,
senza
che
io
potessi
vedere
nemmeno
che
strada
pigliasse
,
tanto
la
notte
era
buia
.
Io
rimasi
come
estatica
,
e
non
provai
più
il
solito
piacere
a
far
conversazione
col
mio
cane
e
col
mio
pappagallo
.
Essi
mi
dicevano
le
cose
più
carine
del
mondo
,
perché
le
bestie
fatate
sono
piene
di
spirito
,
ma
io
avevo
la
testa
chi
sa
dove
,
né
conoscevo
punto
l
'
arte
di
simulare
.
Il
pappagallo
se
ne
accorse
:
ma
furbo
com
'
era
,
non
fece
trapelar
nulla
di
quello
che
rimuginava
per
il
capo
.
Fui
puntuale
a
levarmi
col
sole
:
corsi
alla
finestra
e
fu
per
me
una
gratissima
sorpresa
quella
di
vedere
il
giovine
cavaliere
a
piè
della
torre
.
Egli
vestiva
un
abito
magnifico
:
e
in
questo
suo
lusso
mi
lusingai
di
averci
un
po
'
di
merito
anch
'
io
,
e
colsi
nel
segno
.
Egli
mi
parlò
con
una
specie
di
tromba
,
o
,
come
chi
dicesse
,
con
un
portavoce
,
e
mi
disse
che
essendo
stato
fin
allora
indifferente
a
tutte
le
bellezze
che
aveva
vedute
,
ora
si
sentiva
tutt
'
a
un
tratto
ferito
talmente
dalla
mia
,
da
non
sapere
quel
che
sarebbe
di
lui
,
se
non
potesse
vedermi
tutti
i
giorni
.
Questo
complimento
mi
fece
un
gran
piacere
,
e
fui
dolentissima
di
non
potergli
rispondere
,
perché
mi
sarebbe
toccato
a
gridar
forte
e
col
rischio
di
essere
sentita
prima
dalle
fate
,
che
da
lui
.
Avevo
in
mano
dei
fiori
:
e
glieli
gettai
;
egli
gradì
il
picciol
dono
come
un
favore
insigne
:
li
baciò
più
volte
e
mi
ringraziò
.
Mi
chiese
quindi
se
sarei
contenta
che
egli
venisse
tutti
i
giorni
e
alla
stess
'
ora
sotto
la
mia
finestra
,
e
se
io
volessi
essere
tanto
cortese
da
gettargli
qualche
cosa
.
Io
aveva
un
anello
di
turchine
:
me
lo
levai
lesta
lesta
dal
dito
e
glielo
buttai
con
molta
fretta
,
facendogli
segno
di
andarsene
come
il
vento
.
E
la
ragione
era
che
dall
'
altra
parte
avevo
sentito
la
fata
Violenta
che
,
a
cavallo
al
drago
,
veniva
a
portarmi
la
colazione
.
La
prima
cosa
che
disse
entrando
in
camera
mia
,
furono
queste
parole
:
"
Sento
l
'
odore
della
voce
d
'
un
uomo
:
cerca
,
drago
!
"
.
Figuratevi
se
mi
rimase
sangue
nelle
vene
!
Ero
più
morta
che
viva
dalla
paura
che
il
drago
,
passando
per
l
'
altra
finestra
,
non
si
mettesse
a
dar
dietro
al
cavaliere
pel
quale
io
già
sentivo
una
mezza
passione
.
"
Davvero
"
,
diss
'
io
,
"
mia
buona
mamma
(
perché
la
vecchia
fata
voleva
che
la
chiamassi
così
)
,
davvero
che
mi
sembrate
in
venia
di
celiare
,
dicendo
che
sentite
l
'
odore
della
voce
di
un
uomo
:
forse
che
la
voce
ha
un
odore
?
e
quand
'
anche
l
'
avesse
,
chi
volete
che
sia
il
temerario
da
arrisicarsi
a
salire
in
cima
a
questa
torre
?
"
"
Dici
bene
,
figlia
mia
,
dici
bene
"
,
ella
rispose
,
"
e
mi
fa
piacere
di
sentirti
ragionare
a
codesto
modo
.
Capisco
anch
'
io
che
dev
'
essere
l
'
odio
che
sento
per
tutti
gli
uomini
,
quello
che
mi
fa
crederli
vicini
anche
quando
sono
lontani
.
"
Mi
diede
la
colazione
e
la
rocca
;
poi
soggiunse
:
"
Quando
avrai
finito
di
mangiare
,
mettiti
lì
e
fila
;
ieri
non
facesti
nulla
:
e
le
mie
sorelle
se
l
'
hanno
per
male
"
.
Difatto
il
giorno
innanzi
ero
stata
tanto
occupata
col
cavaliere
sconosciuto
,
che
non
toccai
né
la
rocca
né
il
fuso
.
Appena
se
ne
fu
ita
,
gettai
via
la
rocca
con
una
specie
di
dispetto
e
montai
su
in
cima
alla
torre
,
per
vedere
più
lontano
che
fosse
possibile
.
Avevo
con
me
un
eccellente
canocchiale
:
nulla
all
'
intorno
m
'
impediva
la
vista
:
ero
padrona
di
voltarmi
e
di
guardare
da
tutte
le
parti
,
quand
'
ecco
che
mi
venne
fatto
di
scoprire
il
mio
cavaliere
in
vetta
a
una
montagna
.
Egli
si
riposava
sotto
un
ricco
padiglione
di
broccato
d
'
oro
ed
era
circondato
da
una
numerosissima
Corte
.
Pensai
subito
che
dovesse
essere
il
figlio
di
qualche
Re
,
vicino
al
palazzo
delle
fate
.
E
perché
avevo
paura
che
tornando
egli
sotto
la
torre
potesse
essere
scoperto
dal
terribile
drago
,
così
andai
a
prendere
il
mio
pappagallo
e
gli
ordinai
di
volare
in
cima
a
quella
montagna
,
dove
avrebbe
trovato
quel
cavaliere
che
aveva
parlato
con
me
,
al
quale
doveva
dire
da
parte
mia
di
non
tornare
sotto
le
finestre
a
motivo
che
,
da
quanto
m
'
ero
accorta
,
le
fate
stavano
con
tanto
d
'
occhi
e
gli
potevano
fare
un
brutto
scherzo
.
Il
pappagallo
compì
la
sua
commissione
da
vero
pappagallo
di
spirito
.
Rimasero
tutti
stupiti
di
vederlo
venire
ad
ali
spiegate
e
posarsi
sulla
spalla
del
Principe
per
parlargli
sotto
voce
all
'
orecchio
.
Il
Principe
gradì
per
un
verso
l
'
ambasciata
:
e
per
un
altro
verso
gli
dispiacque
.
La
cura
che
mi
pigliavo
di
lui
,
faceva
bene
al
suo
cuore
;
ma
tutte
le
difficoltà
che
incontrava
per
potermi
parlare
lo
disanimavano
,
senza
distoglierlo
peraltro
dal
disegno
che
egli
aveva
fatto
di
piacermi
.
Rivolse
cento
domande
al
pappagallo
:
e
il
pappagallo
,
curioso
di
sua
natura
,
ne
fece
altrettante
a
lui
.
Il
Re
gli
dette
per
me
un
anello
in
cambio
di
quello
colla
turchina
:
e
anche
il
suo
era
una
turchina
,
ma
molto
più
bella
della
mia
:
era
tagliata
a
cuore
e
contornata
di
brillanti
.
"
È
giusto
"
,
egli
soggiunse
,
"
che
io
vi
tratti
da
ambasciatore
.
Eccovi
in
regalo
il
mio
ritratto
;
ma
non
lo
fate
vedere
a
nessuno
,
fuori
che
alla
vostra
cara
padroncina
.
"
E
dicendo
così
,
attaccò
il
ritratto
sotto
l
'
ala
del
pappagallo
,
il
quale
portò
nel
becco
l
'
anello
che
aveva
per
me
.
Io
aspettavo
il
ritorno
del
mio
corriere
verde
,
con
un
'
impazienza
che
non
avevo
provata
mai
.
Egli
mi
disse
che
la
persona
,
dalla
quale
lo
avevo
mandato
,
era
un
gran
Re
;
che
gli
aveva
fatto
un
'
accoglienza
coi
fiocchi
:
che
esso
non
poteva
vivere
senza
di
me
:
e
che
sebbene
ci
fosse
un
gran
pericolo
a
venire
sotto
la
mia
torre
,
io
poteva
esser
certa
che
egli
era
preparato
a
tutto
,
piuttosto
che
rinunziare
a
vedermi
.
Queste
cose
mi
messero
addosso
un
gran
malessere
;
e
cominciai
a
piangere
come
una
bambina
.
Pappagallo
e
il
canino
Titì
s
'
ingegnavano
di
farmi
coraggio
,
perché
mi
volevano
un
gran
bene
.
Quindi
Pappagallo
mi
presentò
l
'
anello
del
Principe
,
e
mi
fece
vedere
il
ritratto
.
Confesso
che
non
ho
sentito
mai
tanta
consolazione
,
quanta
n
'
ebbi
nel
considerare
da
vicino
e
sotto
gli
occhi
colui
che
non
avevo
veduto
altro
che
da
lontano
.
Mi
parve
anche
più
grazioso
che
non
mi
fosse
parso
dapprima
;
e
cento
pensieri
,
parte
piacevoli
e
parte
tristi
,
mi
si
affollarono
nel
capo
e
m
'
entrò
nel
sangue
un
'
irrequietezza
straordinaria
.
Le
fate
vennero
a
trovarmi
e
se
ne
accorsero
.
Esse
dissero
fra
loro
che
senza
dubbio
io
doveva
annoiarmi
e
che
bisognava
cercarmi
uno
sposo
della
loro
razza
.
Ne
nominarono
diversi
:
ma
si
fermarono
sul
piccolo
Re
Migonetto
,
il
cui
regno
era
cinquecentomila
miglia
distante
di
lì
,
ma
questo
non
era
un
ostacolo
serio
.
Pappagallo
sentì
questo
bel
fissato
,
e
venendo
subito
a
rifischiarmelo
,
mi
disse
:
"
Mi
fareste
proprio
pietà
,
cara
padrona
,
se
vi
toccasse
per
marito
il
Re
Migonetto
:
egli
è
un
fagotto
di
panni
sudici
da
far
paura
:
il
Re
,
che
voi
amate
,
non
lo
piglierebbe
nemmeno
per
suo
Tira
-
stivali
"
.
"
Di
'
,
Pappagallo
,
e
tu
l
'
hai
visto
?
"
"
Se
l
'
ho
visto
?
"
,
egli
soggiunse
,
"
figuratevi
che
sono
stato
allevato
sopra
un
ramo
insieme
a
lui
.
"
"
Come
sopra
un
ramo
?
"
,
domandai
io
.
"
Sissignora
!
perché
bisogna
sapere
che
egli
ha
i
piedi
di
Aquilotto
.
"
Quei
discorsi
mi
fecero
un
gran
male
.
Guardavo
il
bel
ritratto
del
Re
,
e
pensavo
che
egli
non
lo
aveva
regalato
a
Pappagallo
se
non
perché
io
lo
potessi
vedere
:
e
quando
lo
confrontavo
con
quello
di
Migonetto
mi
cascavano
le
braccia
e
piuttosto
che
sposare
quello
scimmiotto
mi
veniva
voglia
di
lasciarmi
morire
.
Non
chiusi
un
occhio
in
tutta
la
notte
.
Pappagallo
e
Titì
mi
tennero
un
po
'
di
compagnia
.
A
giorno
mi
appisolai
:
ma
il
canino
,
che
aveva
un
buon
naso
,
sentì
che
il
Re
era
giù
a
piè
della
torre
.
Svegliò
Pappagallo
e
gli
disse
:
"
Scommetto
che
già
a
basso
c
'
è
il
Re
"
.
Pappagallo
rispose
:
"
Chetati
,
chiacchierone
!
perché
stai
sempre
cogli
occhi
aperti
e
cogli
orecchi
per
aria
?
ti
dispiace
che
gli
altri
riposino
un
poco
?
"
.
"
Eppure
"
,
insisté
il
buon
cane
,
"
scommetto
che
c
'è."
"
E
io
ti
dico
che
non
c
'
è
"
,
replicò
il
Pappagallo
,
"
non
sono
forse
stato
io
che
gli
ho
proibito
di
venir
qui
da
parte
della
Principessa
?
"
"
Una
bella
proibizione
davvero
!
"
,
gridò
il
canino
,
"
un
uomo
che
ama
non
consulta
che
il
suo
cuore
.
"
E
nel
dir
così
cominciò
a
strapazzargli
con
tanta
poca
grazia
le
ali
,
che
Pappagallo
perse
i
cocci
sul
serio
.
Gli
urli
di
tutti
e
due
mi
svegliarono
:
e
saputo
il
motivo
del
battibecco
non
corsi
,
no
,
ma
volai
alla
finestra
:
e
vidi
il
Re
che
mi
stendeva
le
braccia
e
col
mezzo
del
portavoce
mi
disse
non
poter
più
vivere
senza
di
me
,
e
mi
scongiurava
per
ora
a
fare
in
modo
o
di
venir
via
dalla
torre
o
di
farci
entrare
anche
lui
,
chiamando
in
testimonio
tutti
gli
Dei
dell
'
Olimpo
che
mi
avrebbe
sposata
subito
,
e
che
io
sarei
diventata
una
delle
più
grandi
Regine
dell
'
Universo
.
Ordinai
a
Pappagallo
di
andargli
a
dire
che
quello
che
mi
chiedeva
era
impossibile
:
ma
che
nondimeno
dietro
la
parola
data
e
i
giuramenti
fatti
,
mi
sarei
ingegnata
di
renderlo
felice
:
peraltro
mi
raccomandavo
perché
non
venisse
sotto
la
torre
tutti
i
giorni
:
a
lungo
andare
la
cosa
si
sarebbe
scoperta
,
e
allora
le
fate
non
avrebbero
avuto
né
pietà
né
misericordia
.
Se
ne
andò
col
cuore
pieno
di
gioia
e
di
speranza
,
e
io
mi
trovai
in
una
grande
afflizione
di
spirito
,
ripensando
a
quanto
avevo
promesso
.
Come
uscire
dalla
torre
,
che
non
aveva
neppure
il
segno
di
una
porta
,
senz
'
altro
aiuto
che
Pappagallo
e
Titì
,
ed
essendo
io
così
giovane
,
così
poco
esperta
e
così
paurosa
?
...
La
mia
risoluzione
,
dunque
,
fu
quella
di
cimentarmi
a
tentare
una
prova
,
dalla
quale
non
avrei
saputo
levarci
le
gambe
,
e
lo
mandai
a
dire
al
Re
col
mezzo
di
Pappagallo
.
Egli
,
di
prim
'
impeto
,
voleva
uccidersi
dinanzi
ai
suoi
occhi
:
ma
poi
lo
incaricò
di
persuadermi
e
di
andarlo
a
veder
morire
o
di
consolarlo
nella
sua
passione
.
"
Sire
!
"
,
esclamò
l
'
ambasciatore
colle
penne
,
"
la
mia
padrona
è
più
che
persuasa
delle
vostre
parole
...
Non
è
che
manchi
di
buona
volontà
!
Se
potesse
!..."
Quando
tornò
a
ridirmi
quel
che
era
accaduto
,
mi
afflissi
più
che
mai
.
Entrò
la
fata
Violenta
e
mi
trovò
cogli
occhi
rossi
:
allora
cominciò
a
dire
che
io
aveva
pianto
e
che
se
non
confessavo
il
motivo
,
mi
avrebbe
bruciata
viva
;
perché
tutte
le
sue
minacce
erano
sempre
spaventose
.
Risposi
,
tremando
come
una
foglia
,
che
m
'
ero
annoiata
a
filare
e
che
avrei
preso
volentieri
un
po
'
di
spago
,
per
far
delle
reti
e
chiappare
gli
uccellini
che
venivano
a
beccare
la
frutta
del
mio
giardino
.
"
È
questo
,
figlia
mia
"
,
ella
disse
"
tutto
quello
che
desideri
?
allora
non
piangerai
più
:
ti
porterò
tanto
spago
da
non
sapere
dove
metterlo
.
"
E
detto
fatto
,
me
lo
portò
la
sera
stessa
:
e
intanto
mi
avvertì
di
pensare
a
farmi
bella
e
a
non
piangere
,
perché
il
Re
Migonetto
stava
per
arrivare
da
un
momento
all
'
altro
.
A
questa
notizia
mi
vennero
i
brividi
per
le
spalle
,
ma
non
rifiatai
.
Appena
fu
fuori
della
stanza
cominciai
a
fare
qualche
lacciuolo
;
ma
l
'
intenzione
mia
era
di
fare
una
scala
di
corda
,
la
quale
mi
riuscì
benissimo
senza
che
ne
avessi
mai
vedute
.
Peraltro
la
fata
non
mi
portava
mai
tanto
spago
,
quant
'
era
il
bisogno
,
e
mi
badava
a
dire
:
"
Ma
,
figlia
mia
,
il
tuo
lavoro
è
come
la
tela
di
Penelope
:
non
va
avanti
di
una
maglia
e
sei
sempre
a
chiedermi
dell
'
altro
spago
"
.
"
O
mia
buona
mammina
"
,
rispondevo
io
,
"
voi
discorrete
bene
:
ma
non
vedete
che
io
non
so
proprio
che
cosa
annaspo
e
che
butto
sul
fuoco
il
mio
lavoro
?
Avete
paura
che
vi
faccia
fallire
per
un
po
'
di
spago
?
"
Il
mio
modo
ingenuo
di
fare
la
metteva
di
buon
umore
,
sebbene
fosse
di
un
carattere
insoffribile
e
veramente
crudele
.
Col
mezzo
di
Pappagallo
mandai
a
dire
al
Re
di
venire
una
tal
sera
sotto
le
finestre
della
torre
;
che
ci
troverebbe
la
scala
e
che
il
resto
l
'
avrebbe
saputo
lì
sul
posto
.
Infatti
attaccai
per
bene
la
scala
,
risoluta
com
'
ero
a
fuggirmene
con
lui
;
ma
appena
egli
la
vide
,
senza
darmi
tempo
di
scendere
,
salì
su
in
un
batter
d
'
occhio
,
mentr
'
io
stavo
mettendo
in
ordine
ogni
cosa
per
la
fuga
.
La
vista
di
lui
mi
fece
provare
tanta
gioia
,
che
non
pensai
più
al
pericolo
che
ci
stava
sul
capo
.
Mi
rinnuovò
i
suoi
giuramenti
e
mi
scongiurò
di
non
differire
più
in
là
ad
accettarlo
per
mio
sposo
.
Pappagallo
e
Titì
,
pregati
da
me
,
ci
fecero
da
testimoni
.
Non
c
'
è
esempio
di
una
festa
di
nozze
celebrata
con
tanta
semplicità
fra
due
persone
di
grado
così
elevato
,
né
c
'
è
ricordanza
di
due
cuori
più
soddisfatti
e
contenti
dei
nostri
.
Non
era
ancora
spuntata
l
'
alba
,
quando
il
Re
mi
lasciò
:
io
gli
avevo
raccontato
l
'
orribile
disegno
delle
fate
di
volermi
maritata
al
Re
Migonetto
;
gliene
feci
il
ritratto
e
n
'
ebbe
più
ribrezzo
di
me
.
Appena
partito
lui
,
le
ore
mi
parvero
anni
.
Corsi
alla
finestra
e
lo
accompagnai
cogli
occhi
,
sebbene
facesse
ancora
buio
.
Ma
quale
non
fu
il
mio
stupore
,
nel
vedere
per
aria
un
cocchio
tirato
da
salamandre
alate
,
che
correvano
a
rotta
di
collo
,
tanto
che
l
'
occhio
poteva
appena
seguirle
!
Questo
carro
era
scortato
da
un
nuvolo
di
guardie
,
montate
sopra
tanti
struzzi
.
Non
ebbi
tempo
di
rendermi
ragione
di
chi
corresse
per
l
'
aria
a
quel
modo
,
ma
mi
figurai
subito
che
dovesse
essere
o
un
mago
o
una
fata
.
Di
lì
a
poco
,
la
fata
Violenta
entrò
nella
mia
camera
.
"
Ho
da
darti
delle
buone
nuove
"
,
ella
mi
disse
,
"
il
tuo
amante
è
arrivato
qui
da
poche
ore
:
preparati
a
riceverlo
;
eccoti
dei
vestiti
e
dei
finimenti
di
pietre
preziose
.
"
"
E
chi
mai
vi
ha
detto
"
,
risposi
un
po
'
risentita
"
che
io
voglia
maritarmi
?
Non
è
davvero
la
mia
intenzione
.
Il
Re
Migonetto
può
tornarsene
di
dove
è
venuto
,
ché
per
me
è
padronissimo
:
fra
me
e
lui
non
ci
pigliamo
di
certo
.
"
"
Sentite
!
sentite
!
"
,
disse
la
fata
,
"
o
che
non
mi
si
mette
a
far
la
difficile
?
vorrei
un
po
'
sapere
che
cosa
armeggi
con
quel
cervellino
!
Alle
corte
,
con
me
non
si
scherza
;
o
tu
lo
sposi
,
o
io
...
"
"
O
voi
?
...
sentiamo
un
po
'
che
cosa
voi
mi
farete
?
"
,
soggiunsi
,
diventando
rossa
scarlatta
fino
alla
punta
dei
capelli
per
l
'
impertinenze
che
mi
aveva
dette
,
"
che
mai
mi
può
accader
di
peggio
che
esser
tenuta
in
una
torre
,
in
compagnia
di
un
cane
e
di
un
pappagallo
e
coll
'
obbligo
di
vedere
sette
o
otto
volte
il
giorno
la
figura
di
un
drago
spaventoso
?
"
"
Oh
?
sconoscente
,
che
non
sei
altro
!
"
,
disse
la
fata
,
"
vai
là
,
che
meritavi
proprio
tutti
i
pensieri
e
le
pene
,
che
ci
siamo
date
per
te
!
Già
,
io
l
'
avevo
detto
da
un
pezzo
alle
mie
sorelle
:
ne
avremo
una
bella
ricompensa
!..."
Ella
andò
a
trovarle
e
raccontò
loro
quello
che
era
passato
fra
noi
due
,
e
rimasero
scandalizzate
.
Pappagallo
e
Titì
mi
dissero
,
a
tanto
di
lettere
,
che
se
io
seguitavo
a
battere
quella
strada
,
mi
sarei
trovata
a
dei
brutti
guai
.
Ma
in
quel
momento
mi
sentivo
così
orgogliosa
di
possedere
il
cuore
di
un
gran
Re
,
che
le
fate
non
mi
facevano
paura
,
e
che
i
consigli
dei
miei
piccoli
amici
mi
entravano
da
un
orecchio
e
mi
passavano
da
quell
'
altro
.
Restai
vestita
,
com
'
era
,
né
mi
volli
mettere
un
nastro
in
più
;
anzi
,
per
farlo
apposta
,
mi
spettinai
tutta
per
parere
a
Migonetto
una
vera
befana
.
L
'
incontro
accadde
sulla
terrazza
.
Egli
vi
giunse
nel
suo
cocchio
di
fuoco
.
Dei
nani
piccini
ne
ho
veduti
,
ma
un
nanerucolo
a
quel
modo
lì
,
mai
!
Per
camminare
si
serviva
nello
stesso
tempo
delle
zampe
d
'
aquila
e
dei
ginocchi
,
perché
non
aveva
ossa
nelle
gambe
;
e
si
teneva
ritto
sopra
due
grucce
,
tutte
di
diamanti
.
Aveva
un
manto
reale
di
circa
un
metro
di
lunghezza
:
eppure
ne
strascicava
per
terra
almeno
due
buoni
terzi
.
Invece
di
testa
,
un
grande
zuccone
che
pareva
uno
staio
e
un
naso
così
screanzato
,
che
ci
stavano
sopra
una
dozzina
d
'
uccelli
:
ed
egli
si
divertiva
a
sentirli
cantare
.
La
barba
pareva
un
bosco
e
i
canarini
ci
facevano
dentro
il
nido
;
gli
orecchi
gli
passavano
di
un
metro
al
disopra
del
capo
;
cosa
peraltro
di
cui
nessuno
si
avvedeva
,
a
cagione
della
smisurata
corona
a
punta
che
portava
in
testa
,
per
comparire
più
alto
.
Le
fiamme
che
mandava
il
carro
arrostivano
le
frutte
,
seccavano
i
fiori
e
inaridivano
le
fontane
del
mio
giardino
.
Egli
mi
venne
incontro
a
braccia
aperte
;
ma
io
non
mi
mossi
né
punto
né
poco
;
per
cui
bisognò
che
il
suo
scudiere
gli
desse
di
braccio
.
E
quando
si
provò
ad
avvicinarsi
scappai
in
camera
e
chiusi
la
porta
e
le
finestre
:
sicché
Migonetto
dové
andarsene
colle
fate
,
le
quali
mi
avrebbero
cavato
gli
occhi
dalla
bile
.
Esse
gli
chiesero
mille
e
mille
scuse
della
mia
ruvidezza
;
e
per
abbonirlo
,
perché
era
un
arnese
da
far
paura
,
pensarono
di
condurlo
la
notte
in
camera
mia
,
mentr
'
io
dormivo
:
di
legarmi
i
piedi
e
le
mani
e
di
mettermi
così
nel
carro
infuocato
,
perché
potesse
menarmi
seco
.
Quando
ebbero
tutto
fissato
e
combinato
,
tornarono
da
me
;
e
mi
ripresero
leggermente
della
mia
condotta
,
contentandosi
solo
di
dirmi
che
in
qualche
modo
bisognava
rimediare
al
malfatto
.
Tutti
questi
rimproveri
giulebbati
e
in
pelle
in
pelle
,
dettero
nel
naso
a
Pappagallo
e
Titì
.
"
Volete
che
vi
parli
chiaro
,
padrona
?
"
,
disse
il
mio
cane
,
"
il
cuore
non
mi
dice
nulla
di
buono
.
Queste
signore
fate
son
certa
gente
...
che
Iddio
ci
liberi
tutti
,
e
segnatamente
dalla
Violenta
.
"
Io
risi
di
tutta
questa
paura
e
stavo
sulle
spinte
aspettando
il
mio
sposo
,
il
quale
si
struggeva
troppo
di
vedermi
per
non
essere
puntuale
ai
fissati
.
Gli
gettai
la
scala
di
corda
col
fermo
proponimento
di
fuggirmene
con
lui
.
Egli
montò
,
leggero
come
una
piuma
,
e
mi
disse
tante
e
poi
tante
cose
gentili
e
appassionate
,
che
anch
'
oggi
non
ho
cuore
di
richiamarmele
alla
memoria
.
Mentre
si
stava
parlando
insieme
,
tranquilli
e
sicuri
,
come
se
fossimo
stati
nel
palazzo
di
lui
,
vedemmo
sfondare
con
un
gran
colpo
la
finestra
della
camera
.
Le
fate
entrarono
dentro
montate
sul
loro
drago
:
Migonetto
le
seguiva
sul
suo
solito
cocchio
di
fuoco
,
tirandosi
dietro
tutte
le
sue
guardie
a
cavallo
agli
struzzi
.
Il
Re
,
senza
impallidire
,
messe
mano
alla
spada
e
non
ebbe
altro
pensiero
che
quello
di
difendermi
nella
più
terribile
avventura
che
mi
potesse
capitare
.
Ebbene
...
debbo
dirvelo
,
caro
signore
?
quelle
spietate
creature
gli
aizzarono
contro
il
drago
,
che
se
lo
divorò
vivo
vivo
dinanzi
ai
miei
occhi
.
Fuori
di
me
per
la
sciagura
sua
e
mia
,
mi
gettai
in
bocca
all
'
orribile
mostro
,
perché
m
'
inghiottisse
,
come
avea
inghiottito
la
persona
che
era
tutto
l
'
amor
mio
:
e
l
'
avrebbe
fatto
volentieri
:
ma
le
fate
,
più
crudeli
di
lui
,
glielo
proibirono
.
Esse
gridarono
insieme
:
"
Bisogna
serbarla
a
tormenti
più
lunghi
:
una
morte
sollecita
e
pronta
è
quasi
uno
zuccherino
per
una
creatura
così
indegna
e
scellerata
"
.
Mi
toccarono
,
e
mi
vidi
trasformata
in
Gatta
Bianca
:
quindi
mi
condussero
in
questo
palazzo
,
che
era
di
mio
padre
,
cambiarono
in
gatti
e
in
gatte
tutti
i
signori
e
tutte
le
dame
del
Regno
,
e
a
parecchi
lasciarono
soltanto
le
mani
:
e
così
mi
ridussero
nello
stato
lacrimevole
in
cui
mi
trovaste
,
facendomi
sapere
il
segreto
della
mia
nascita
,
la
morte
di
mio
padre
,
quella
di
mia
madre
,
e
come
io
non
avrei
potuto
essere
liberata
dalla
mia
figura
di
gatta
,
se
non
da
un
Principe
che
somigliasse
come
due
gocce
d
'
acqua
a
quello
che
mi
era
stato
rapito
.
E
voi
,
o
signore
,
siete
il
suo
ritratto
vivo
e
parlante
:
le
stesse
fattezze
,
la
stessa
fisonomia
,
perfino
lo
stesso
suono
di
voce
.
Appena
vi
vidi
per
la
prima
volta
,
ne
rimasi
colpita
:
io
sapevo
tutto
quello
che
doveva
accadere
,
come
so
quello
che
accadrà
,
e
però
vi
dico
che
le
mie
pene
stanno
per
finire
.
"
E
le
mie
,
bella
Regina
,
dovranno
ancora
durare
un
pezzo
?
"
,
domandò
il
Principe
,
gettandosi
ai
suoi
piedi
,
"
Io
vi
amo
,
o
signore
,
più
della
mia
vita
,
E
questo
è
il
momento
di
partire
per
andare
da
vostro
padre
:
vedremo
quali
sono
i
suoi
sentimenti
verso
di
me
,
e
se
è
disposto
a
rendervi
contento
.
"
Ella
uscì
:
il
Principe
le
dette
la
mano
:
e
insieme
con
lui
montò
in
una
carrozza
molto
più
bella
e
magnifica
di
tutte
quelle
che
aveva
avuto
fin
allora
.
Il
resto
dell
'
equipaggio
non
ci
scompariva
:
basti
dire
che
tutti
i
ferri
dei
cavalli
erano
di
smeraldi
e
i
chiodi
di
diamanti
.
Da
quella
volta
in
poi
non
s
'
è
visto
più
nulla
di
simile
.
Inutile
star
qui
a
ripetere
i
colloqui
,
che
ebbero
insieme
il
Principe
e
la
Regina
.
Ella
era
di
una
bontà
singolare
e
di
uno
spirito
finissimo
:
e
il
giovane
Principe
valeva
quanto
lei
:
sicché
non
potevano
pensare
e
dire
altro
che
un
monte
di
bellissime
cose
.
Giunti
in
vicinanza
del
castello
,
dove
dovevano
trovarsi
i
due
fratelli
maggiori
del
Principe
,
la
Regina
entrò
in
un
piccolo
blocco
di
cristallo
di
monte
,
di
cui
tutte
le
sfaccettature
erano
guarnite
d
'
oro
e
di
rubini
.
Tutt
'
all
'
intorno
era
circondato
di
tendine
per
impedire
ai
curiosi
di
guardar
dentro
,
ed
era
portato
a
barella
da
giovinotti
di
bellissimo
aspetto
e
vestiti
splendidamente
.
Il
Principe
rimase
nella
sua
bella
carrozza
;
e
di
lì
poté
vedere
i
suoi
fratelli
che
se
la
passeggiavano
a
braccetto
di
due
Principesse
d
'
una
bellezza
da
sbalordire
.
Appena
lo
riconobbero
,
gli
andarono
incontro
per
fargli
festa
e
domandarono
se
anche
esso
aveva
condotto
la
sua
dama
.
Al
che
rispose
che
era
stato
così
disgraziato
,
che
in
tutto
il
viaggio
non
si
era
imbattuto
altro
che
in
donne
bruttissime
;
e
tutto
ciò
che
gli
era
capitato
di
meglio
da
portar
seco
,
era
una
gatta
bianca
.
Essi
si
misero
a
ridere
della
sua
semplicità
.
"
Una
gatta
!
"
dicevano
essi
"
come
mai
una
gatta
?
avete
forse
paura
che
i
topi
ci
mangino
il
palazzo
?
"
Il
Principe
soggiunse
che
capiva
bene
che
non
era
prudenza
di
portare
un
simile
regalo
a
suo
padre
.
E
così
,
fra
una
parola
e
l
'
altra
,
s
'
incamminarono
verso
la
città
.
I
due
fratelli
maggiori
salirono
colle
loro
Principesse
in
due
carrozze
tutte
d
'
oro
e
di
lapislazzoli
:
i
cavalli
portavano
in
capo
dei
pennacchi
e
altri
ornamenti
:
per
farla
corta
,
nulla
di
più
splendido
di
questa
cavalcata
.
Dietro
a
loro
veniva
il
nostro
giovine
Principe
:
e
quindi
il
blocco
di
cristallo
di
monte
,
che
tutti
guardavano
con
grandissima
ammirazione
.
I
cortigiani
corsero
subito
ad
avvisare
il
Re
dell
'
arrivo
dei
Principi
.
"
Hanno
con
sé
delle
belle
donne
?
"
,
domandò
il
Re
.
"
Non
s
'
è
veduto
mai
nulla
d
'eguale!..."
A
quanto
pare
,
questa
risposta
non
garbò
troppo
al
Re
.
I
due
Principi
si
affrettarono
a
salire
le
scale
colle
loro
Principesse
,
che
erano
due
occhi
di
sole
.
Il
Re
li
ricevette
benissimo
,
e
non
sapeva
a
quale
delle
due
dovesse
dare
la
preferenza
.
Voltatosi
al
minore
dei
figli
,
gli
domandò
:
"
Come
va
che
questa
volta
siete
tornato
solo
?
"
.
"
Vostra
Maestà
vedrà
dentro
questo
cristallo
una
gattina
bianca
,
che
miagola
con
tanta
grazia
e
che
ha
le
zampine
più
morbide
del
velluto
,
e
son
sicuro
che
le
piacerà
"
,
rispose
il
Principe
.
Il
Re
sorrise
e
si
mosse
per
aprire
da
se
stesso
il
blocco
di
cristallo
.
Ma
appena
si
fu
accostato
,
la
Regina
toccò
una
molla
,
sicché
il
blocco
andò
tutto
in
minutissimi
pezzettini
ed
ella
apparve
fuori
come
il
sole
dopo
essere
stato
un
po
'
di
tempo
nascosto
fra
i
nuvoli
:
i
suoi
capelli
biondi
erano
sparsi
per
le
spalle
e
in
grandi
riccioli
le
cadevano
giù
fino
ai
piedi
.
In
capo
aveva
tutti
fiori
:
e
la
sua
veste
era
di
leggerissimo
velo
bianco
foderato
di
seta
rosa
.
Si
alzò
e
fece
una
profonda
riverenza
al
Re
,
il
quale
nel
colmo
dell
'
ammirazione
non
poté
frenarsi
dall
'
esclamare
:
"
Ecco
veramente
la
donna
senza
confronto
,
e
che
merita
davvero
la
mia
corona
"
.
"
Signore
"
,
ella
disse
,
"
io
non
son
venuta
qui
per
togliervi
un
trono
che
sì
degnamente
occupate
:
sono
nata
con
sei
regni
:
permettete
anzi
che
io
ne
offra
uno
a
voi
e
uno
per
uno
ai
vostri
figli
.
In
ricompensa
non
vi
domando
altro
che
la
vostra
amicizia
e
questo
giovine
Principe
per
mio
sposo
.
I
tre
regni
,
che
avanzano
,
sono
più
che
sufficienti
per
noi
.
"
Il
Re
e
tutta
la
Corte
fecero
un
baccano
con
urli
di
ammirazione
e
di
allegrezza
incredibile
.
Le
nozze
si
celebrarono
subito
,
e
quelle
dei
due
fratelli
ugualmente
:
motivo
per
cui
per
diversi
mesi
furono
feste
,
baldorie
,
divertimenti
e
corte
bandita
.
Poscia
ciascuno
partì
per
andare
a
governare
i
propri
Stati
:
e
la
bella
Gatta
Bianca
si
immortalò
non
tanto
per
la
bontà
e
per
la
generosità
del
suo
cuore
quanto
per
il
suo
raro
merito
e
per
la
sua
gran
bellezza
.
La
cronaca
di
quel
tempo
racconta
che
Gatta
Bianca
diventò
il
modello
delle
buone
mogli
e
delle
madri
sagge
e
perbene
.
E
io
ci
credo
.
Dal
trist
'
esempio
avuto
in
casa
,
essa
aveva
imparato
a
sue
spese
che
le
follie
e
i
capricci
delle
mamme
spesse
volte
sono
cagione
di
grandi
dispiaceri
per
i
figliuoli
.
La
Cervia
nel
bosco
C
'
era
una
volta
un
Re
e
una
Regina
che
stavano
fra
loro
d
'
accordo
come
due
anime
in
un
nocciolo
:
si
amavano
teneramente
ed
erano
adorati
dai
loro
sudditi
;
ma
alla
felicità
completa
degli
uni
e
degli
altri
mancava
una
cosa
:
un
erede
al
trono
.
La
Regina
,
la
quale
sapeva
che
il
Re
l
'
avrebbe
amata
il
doppio
se
avesse
avuto
un
figlio
,
non
lasciava
mai
in
primavera
di
andare
a
bere
certe
acque
che
si
dicevano
miracolose
per
aver
figliuoli
.
A
queste
acque
ci
correva
la
gente
in
folla
da
ogni
parte
;
e
il
numero
dei
forestieri
era
così
stragrande
,
che
ci
si
trovavano
di
tutti
i
paesi
del
mondo
.
In
un
gran
bosco
,
dove
si
andava
a
beverle
,
c
'
erano
parecchie
fontane
:
le
quali
erano
di
marmo
o
di
porfido
,
perché
tutti
gareggiavano
a
chi
le
faceva
più
belle
.
Un
giorno
che
la
Regina
stava
seduta
sull
'
orlo
d
'
una
fontana
,
ordinò
alle
sue
dame
di
compagnia
di
allontanarsi
e
di
lasciarla
sola
e
poi
cominciò
i
suoi
soliti
piagnistei
.
"
Come
sono
disgraziata
"
,
diceva
essa
,
"
di
non
aver
figli
!
sono
ormai
cinque
anni
che
chiedo
la
grazia
di
averne
uno
;
e
ancora
non
ho
potuto
averla
.
Dovrò
dunque
morire
senza
provare
questa
consolazione
?
"
Mentre
parlava
così
,
osservò
che
l
'
acqua
della
fontana
era
tutta
mossa
;
poi
venne
fuori
un
grosso
gambero
e
le
disse
:
"
O
gran
Regina
!
finalmente
avrete
la
grazia
desiderata
.
Dovete
sapere
che
qui
vicino
c
'
è
un
magnifico
palazzo
fabbricato
dalle
fate
:
ma
è
impossibile
trovarlo
,
perché
circondato
da
nuvole
foltissime
attraverso
alle
quali
non
passa
occhio
mortale
:
a
ogni
modo
,
siccome
io
sono
vostro
servitore
umilissimo
,
eccomi
qui
pronto
a
menarvici
se
volete
fidarvi
alla
guida
di
un
povero
gambero
"
.
La
Regina
lo
stette
a
sentire
senza
interromperlo
,
perché
la
cosa
di
vedere
un
gambero
che
discorreva
,
l
'
aveva
sbalordita
dalla
meraviglia
:
quindi
gli
disse
che
avrebbe
gradita
volentieri
la
sua
offerta
,
ma
che
non
sapeva
,
come
lui
,
camminare
all
'
indietro
.
Il
gambero
sorrise
e
prese
subito
l
'
aspetto
di
una
bella
vecchietta
.
"
Ecco
fatto
,
o
signora
"
,
le
disse
,
"
così
non
cammineremo
più
all
'
indietro
.
Ma
vi
domando
una
grazia
:
tenetemi
sempre
per
una
delle
vostre
amiche
,
perché
io
non
desidero
altro
che
di
esservi
utile
a
qualche
cosa
.
"
Uscì
dalla
fontana
senza
avere
una
goccia
di
acqua
addosso
:
il
suo
vestito
era
bianco
,
foderato
di
seta
cremisi
,
e
i
capelli
grigi
annodati
dietro
con
nastri
verdi
.
Non
s
'
era
vista
mai
vecchietta
galante
a
quel
modo
!
Salutò
la
Regina
,
che
volle
abbracciarla
;
e
senza
mettere
tempo
in
mezzo
,
la
fece
prendere
per
una
viottola
del
bosco
,
con
molta
meraviglia
della
Regina
stessa
:
la
quale
sebbene
fosse
venuta
nel
bosco
migliaia
di
volte
,
non
era
mai
passata
per
quella
viottola
lì
.
E
come
avrebbe
fatto
a
potervi
passare
?
Quella
era
la
strada
delle
fate
,
per
andare
alla
fontana
,
e
per
il
solito
era
tutta
chiusa
da
ronchi
e
da
pruneti
:
ma
appena
la
Regina
e
la
sua
guida
vi
ebbero
messo
il
piede
,
le
rose
sbocciarono
improvvisamente
dai
rosai
,
i
gelsomini
e
gli
aranci
intrecciarono
i
loro
rami
per
formare
un
pergolato
coperto
di
foglie
e
di
fiori
,
e
migliaia
di
uccelli
di
varie
specie
,
posati
sui
rami
degli
alberi
,
sfringuellarono
allegramente
.
Non
si
era
ancora
riavuta
dallo
stupore
,
che
la
Regina
si
trovò
abbacinati
gli
occhi
dallo
splendore
abbagliante
di
un
palazzo
tutto
di
diamanti
;
le
mura
,
i
tetti
,
i
soffitti
,
i
pavimenti
,
i
giardini
,
le
finestre
e
perfino
le
stesse
terrazze
erano
tutte
di
diamanti
.
Nel
delirio
della
sua
ammirazione
,
ella
non
poté
trattenersi
dal
mandare
un
urlo
di
sorpresa
,
e
chiese
all
'
elegante
vecchietta
,
che
l
'
accompagnava
,
se
ciò
che
aveva
dinanzi
agli
occhi
era
sogno
o
verità
.
"
Non
c
'
è
nulla
di
più
vero
,
o
signora
"
,
ella
rispose
.
E
subito
le
porte
del
palazzo
si
aprirono
,
e
uscirono
fuori
sei
fate
:
e
quali
fate
!
Di
più
belle
e
di
più
magnifiche
non
se
n
'
erano
vedute
in
tutto
il
loro
reame
.
Vennero
tutte
a
fare
una
profonda
riverenza
alla
Regina
:
e
ciascuna
le
presentò
un
fiore
di
pietre
preziose
,
per
poter
formare
un
mazzo
:
c
'
era
una
rosa
,
un
tulipano
,
un
anemone
,
un
'
aquilegia
,
un
garofano
e
un
melagrano
.
"
Signora
"
,
le
dissero
,
"
noi
non
possiamo
darvi
un
maggior
segno
della
nostra
venerazione
,
che
permettendovi
di
venirci
qui
a
visitare
:
noi
siamo
molto
liete
di
farvi
sapere
che
avrete
una
bella
Principessa
,
alla
quale
metterete
il
nome
di
Desiderata
,
perché
bisogna
pur
convenire
che
è
un
gran
pezzo
che
la
desiderate
.
Quando
verrà
alla
luce
,
ricordatevi
di
chiamarci
,
perché
vogliamo
arricchirla
di
tutte
le
più
belle
doti
;
e
per
invitarci
a
venire
,
non
dovete
far
altro
che
prendere
in
mano
il
mazzo
,
che
ora
vi
diamo
,
e
nominare
a
uno
a
uno
tutti
i
fiori
,
pensando
a
noi
.
State
sicura
che
in
un
batter
d
'
occhio
saremo
tutte
nella
vostra
camera
.
"
La
Regina
,
fuori
di
sé
dall
'
allegrezza
,
si
gettò
al
collo
alle
fate
;
e
gli
abbracciamenti
durarono
una
mezz
'
ora
buona
.
Quand
'
ebbero
finito
,
pregarono
la
Regina
a
passare
nel
loro
palazzo
,
del
quale
non
si
possono
ridire
a
parole
tutte
le
meraviglie
.
Figuratevi
che
per
fabbricarlo
avevano
preso
l
'
architetto
del
palazzo
del
sole
,
il
quale
aveva
rifatto
in
piccolo
quello
che
era
in
grande
il
palazzo
del
sole
.
La
Regina
,
non
potendo
reggere
a
così
vivo
bagliore
,
era
costretta
ogni
tantino
a
chiudere
gli
occhi
.
La
condussero
nel
loro
giardino
,
e
frutta
più
belle
non
se
n
'
erano
mai
sognate
!
Albicocche
più
grosse
della
testa
di
un
ragazzo
,
e
certe
ciliegie
,
che
per
mangiarne
una
,
bisognava
farla
in
quattro
pezzi
;
e
d
'
un
sapore
così
squisito
,
che
la
Regina
,
dopo
che
l
'
ebbe
assaggiate
,
non
volle
mangiarne
d
'
altra
specie
in
tempo
di
vita
sua
.
Tra
tante
meraviglie
,
c
'
era
anche
un
boschetto
di
alberi
finti
e
artificiali
,
i
quali
crescevano
e
mettevano
le
foglie
alla
pari
di
tutti
gli
altri
.
Impossibile
ridire
tutte
le
esclamazioni
di
stupore
della
Regina
,
i
discorsi
che
fece
sulla
Principessina
Desiderata
e
i
ringraziamenti
alle
gentili
persone
che
avevano
voluto
darle
una
notizia
così
gradita
:
basti
questo
,
che
non
fu
dimenticata
nessuna
parola
di
gratitudine
e
nessuna
espressione
di
tenerezza
.
La
fata
della
fontana
n
'
ebbe
la
sua
parte
,
come
di
santa
ragione
le
toccava
.
La
Regina
si
trattenne
nel
palazzo
fino
alla
sera
:
e
innamoratissima
della
musica
,
le
fecero
sentire
delle
voci
angeliche
.
Fu
quasi
affogata
dai
regali
e
dopo
aver
ringraziato
mille
volte
quelle
grandi
signore
,
se
ne
venne
via
insieme
colla
fata
della
fontana
.
Tutte
le
persone
della
Corte
,
impensierite
,
la
cercavano
di
qui
e
di
là
:
e
nessuno
poteva
immaginarsi
dove
trovarla
.
Ci
fu
perfino
chi
sospettò
che
fosse
stata
rapita
da
qualche
ardito
forestiero
,
tanto
più
che
era
ancora
giovane
e
nel
fior
della
bellezza
.
Quando
la
videro
tornata
,
com
'
è
da
figurarselo
fu
per
tutti
una
grandissima
festa
:
e
perché
anch
'
essa
sentiva
nel
cuore
una
consolazione
immensa
per
le
buone
speranze
avute
,
così
nel
suo
conversare
c
'
era
non
so
che
di
allegro
e
di
gioiale
che
innamorava
.
La
fata
della
fontana
la
lasciò
che
era
quasi
vicina
a
casa
;
e
nell
'
atto
di
dirsi
addio
,
raddoppiarono
le
carezze
e
i
complimenti
.
La
Regina
,
trattenutasi
ancora
per
una
settimana
a
bevere
le
acque
,
non
lasciò
un
giorno
senza
ritornare
al
palazzo
delle
fate
colla
sua
elegante
vecchietta
,
la
quale
tutte
le
volte
si
mostrava
da
principio
in
forma
di
gambero
,
e
finiva
poi
col
prendere
la
sua
figura
naturale
.
La
Regina
,
partita
che
fu
,
divenne
incinta
,
e
mise
alla
luce
una
Principessa
,
alla
quale
dette
il
nome
di
Desiderata
:
e
preso
subito
il
mazzo
,
che
aveva
avuto
in
regalo
,
nominò
a
uno
a
uno
tutti
i
fiori
che
lo
componevano
,
ed
ecco
che
sul
momento
si
videro
arrivare
le
fate
.
Ciascuna
di
esse
aveva
un
cocchio
differente
dall
'
altro
:
uno
era
d
'
ebano
,
tirato
da
colombi
bianchi
;
alcuni
erano
d
'
avorio
,
attaccati
a
piccoli
cervi
,
e
altri
di
cedro
,
e
altri
di
legno
-
rosa
.
Questo
era
l
'
equipaggio
che
solevano
usare
in
segno
d
'
alleanza
e
di
pace
;
perché
,
quand
'
erano
in
collera
,
si
servivano
soltanto
di
draghi
volanti
,
di
serpenti
che
buttavano
fiamme
dalla
gola
e
dagli
occhi
,
di
leoni
,
di
leopardi
e
di
pantere
,
in
groppa
alle
quali
si
facevano
portare
da
un
capo
all
'
altro
del
mondo
in
meno
tempo
che
non
ci
voglia
a
dire
buon
giorno
o
buon
anno
.
Ma
questa
volta
esse
erano
in
pace
e
di
buonissimo
umore
.
La
Regina
le
vide
entrare
nella
sua
camera
,
che
avevano
una
cera
molto
lieta
e
maestosa
:
e
dietro
di
loro
,
le
nane
e
i
nani
del
corteggio
,
tutti
carichi
di
regali
.
Dopo
abbracciata
la
Regina
e
baciata
la
Principessina
,
spiegarono
il
corredino
,
fatto
di
una
tela
così
fine
e
così
resistente
da
bastare
cent
'
anni
,
senza
pericolo
che
diventasse
lisa
;
le
fate
la
filavano
da
sé
nelle
ore
d
'
ozio
.
Quanto
alle
trine
erano
di
maggior
valore
della
tela
stessa
:
vi
si
vedeva
in
essa
raffigurata
,
o
coll
'
ago
o
col
fuso
,
tutta
la
storia
del
mondo
;
dopo
di
questa
messero
in
mostra
le
fasce
e
le
coperte
,
ricamate
apposta
con
le
loro
proprie
mani
:
e
in
queste
erano
rappresentati
mille
di
quei
giuochetti
svariatissimi
,
che
servono
per
baloccare
i
ragazzi
.
Dacché
al
mondo
ci
sono
ricamatori
e
ricamatrici
,
non
s
'
era
mai
veduta
una
cosa
meravigliosa
come
quella
tela
.
Ma
quando
fu
messa
fuori
la
culla
,
allora
la
Regina
non
poté
frenarsi
dal
cacciare
un
grido
di
stupore
,
tanto
quella
culla
sorpassava
,
per
magnificenza
,
tutto
il
rimanente
.
Era
fatta
d
'
un
legno
che
costava
centomila
scudi
la
libbra
.
La
sorreggevano
quattro
amorini
:
quattro
veri
capolavori
,
dove
l
'
arte
aveva
vinto
la
materia
,
sebbene
fossero
tutti
rubini
e
diamanti
,
da
non
potersi
dire
quanto
valevano
.
Questi
amorini
erano
stati
animati
dalle
fate
;
per
cui
quando
la
bambina
strillava
,
la
cullavano
dolcemente
e
l
'
addormentavano
,
e
ciò
faceva
un
grandissimo
comodo
anche
alla
balia
.
Le
fate
presero
la
Principessina
e
se
la
messero
sui
ginocchi
:
la
fasciarono
e
la
baciarono
più
di
cento
volte
,
perché
era
di
già
tanto
bella
,
che
bastava
vederla
,
per
mangiarla
dai
baci
.
Quando
si
accorsero
che
aveva
bisogno
di
poppare
,
batterono
la
loro
bacchetta
in
terra
,
e
comparve
subito
una
balia
,
quale
ci
voleva
per
una
così
graziosa
lattante
.
Restava
oramai
soltanto
da
dotarla
:
e
le
fate
si
spicciarono
a
fare
anche
questo
;
chi
le
diede
la
virtù
,
chi
la
grazia
;
la
terza
,
una
bellezza
maravigliosa
;
la
quarta
,
le
augurò
ogni
fortuna
;
la
quinta
,
buona
salute
;
e
l
'
ultima
,
la
facilità
di
riuscir
bene
in
tutte
quelle
cose
che
avesse
preso
a
fare
.
La
Regina
,
contentissima
,
non
rifiniva
dal
ringraziarle
di
tanti
favori
prodigati
alla
Principessina
;
quand
'
ecco
che
videro
entrare
in
camera
un
gambero
così
grosso
,
che
passava
appena
dalla
porta
.
"
Oh
!
ingratissima
Regina
"
,
disse
il
gambero
,
"
com
'
è
egli
possibile
che
vi
siate
dimenticata
così
presto
della
fata
della
fontana
e
del
gran
servizio
che
vi
ho
reso
,
menandovi
dalle
mie
sorelle
?
Come
!
voi
le
avete
invitate
tutte
,
e
me
sola
avete
lasciata
da
parte
?
Pur
troppo
ne
aveva
un
presentimento
,
e
fu
per
questo
che
mi
trovai
obbligata
a
prendere
la
figura
d
'
un
gambero
la
prima
volta
che
vi
parlai
,
appunto
per
farvi
notare
che
la
vostra
amicizia
,
invece
di
progredire
,
avrebbe
camminato
all
'indietro."
La
Regina
,
disperata
per
la
smemoraggine
commessa
,
la
interruppe
e
le
chiese
perdono
.
Ella
disse
che
aveva
creduto
di
nominare
il
suo
fiore
,
come
quelli
di
tutte
le
altre
;
che
era
stato
il
mazzetto
di
fiori
di
pietre
preziose
quello
che
l
'
aveva
ingannata
:
e
che
essa
non
era
capace
di
dimenticarsi
i
grandi
favori
ricevuti
;
e
che
,
per
conseguenza
,
la
pregava
e
la
scongiurava
a
non
privarla
della
sua
amicizia
,
e
segnatamente
a
mostrarsi
benigna
verso
la
Principessina
.
Tutte
le
fate
,
per
la
paura
che
volesse
dotarla
di
miseria
e
di
disgrazie
,
fecero
coro
alla
Regina
per
vedere
di
abbonirla
.
"
Cara
sorella
"
,
le
dissero
,
"
Vostra
Altezza
non
si
mostri
sdegnata
contro
una
Regina
,
che
non
ebbe
mai
in
mente
di
farvi
il
più
piccolo
sgarbo
;
lasciate
,
di
grazia
,
codesta
buccia
di
gambero
e
fatevi
vedere
in
tutta
la
vostra
bellezza
.
"
Come
è
stato
detto
,
la
fata
della
fontana
era
un
po
'
civetta
,
e
a
sentirsi
lodare
dalle
sorelle
si
ammansì
un
poco
e
diventò
più
agevole
.
"
Ebbene
"
,
disse
,
"
non
farò
a
Desiderata
tutto
il
male
che
avrei
voluto
:
perché
vi
giuro
che
era
mia
intenzione
di
rovinarla
affatto
,
e
nessuno
avrebbe
potuto
impedirmelo
;
nondimeno
voglio
annunziarvi
una
cosa
:
se
ella
vedrà
la
luce
del
sole
,
prima
che
abbia
compiti
quindici
anni
,
dovrà
pentirsene
amaramente
e
forse
ci
rimetterà
la
vita
.
"
Il
pianto
della
Regina
e
le
preghiere
delle
illustri
fate
non
valsero
a
smuoverla
di
un
capello
dalla
sua
sentenza
.
Ella
si
ritirò
camminando
all
'
indietro
,
perché
non
aveva
voluto
lasciare
la
sua
sopravveste
di
gambero
.
Quando
si
fu
allontanata
dalla
camera
,
la
povera
Regina
chiese
alle
fate
se
ci
fosse
verso
di
salvare
la
figlia
dalle
disgrazie
che
le
erano
state
minacciate
.
Esse
tennero
consiglio
fra
loro
,
e
dopo
aver
messi
avanti
parecchi
partiti
,
finalmente
si
attennero
a
questo
:
che
,
cioè
,
bisognava
fabbricare
un
gran
palazzo
senza
porte
e
senza
finestre
;
con
una
porta
d
'
ingresso
sotterranea
,
e
custodirvi
lì
dentro
la
Principessina
fino
a
tanto
che
non
avesse
raggiunto
l
'
età
fatale
,
per
esser
fuori
da
ogni
pericolo
.
Tre
colpi
di
bacchetta
bastarono
per
cominciare
e
finire
questo
vasto
edifizio
.
All
'
esterno
era
tutto
di
marmo
bianco
e
verde
:
e
i
soffitti
e
gl
'
impiantiti
tutti
di
diamanti
e
di
smeraldi
,
che
raffiguravano
fiori
,
uccelli
e
mille
altre
cose
graziose
.
Le
pareti
erano
tappezzate
di
velluto
di
vari
colori
,
ricamato
dalle
fate
colle
loro
mani
:
e
perché
esse
sapevano
di
storia
,
s
'
erano
prese
il
gusto
di
rappresentarvi
i
fatti
storici
più
belli
e
più
notevoli
:
c
'
era
dipinto
il
passato
e
l
'
avvenire
,
e
in
parecchi
arazzi
si
vedevano
effigiate
le
gesta
dei
più
grandi
Re
della
terra
.
Le
brave
fate
avevano
immaginato
questo
modo
ingegnoso
per
insegnare
più
facilmente
alla
giovine
Principessa
i
vari
casi
della
vita
degli
eroi
e
degli
altri
mortali
.
Tutta
la
casa
,
nell
'
interno
,
era
rischiarata
soltanto
a
forza
di
lampade
:
ma
ce
n
'
erano
tante
e
poi
tante
,
che
pareva
fosse
giorno
chiaro
da
un
anno
all
'
altro
.
Vi
furono
introdotti
tutti
i
maestri
,
dei
quali
ella
poteva
aver
bisogno
per
istruirsi
e
perfezionarsi
;
e
il
suo
spirito
,
la
sua
svegliatezza
e
il
suo
buon
senso
arrivavano
a
intendere
molte
cose
,
anche
prima
che
le
fossero
insegnate
:
ragion
per
cui
i
maestri
rimanevano
strasecolati
per
le
cose
bellissime
che
essa
sapeva
dire
in
una
età
,
nella
quale
gli
altri
ragazzi
sanno
appena
chiamare
babbo
e
mamma
.
E
questa
è
una
prova
che
le
fate
non
accordano
la
loro
protezione
,
per
tirar
su
degli
stupidi
e
degl
'
ignoranti
!
Se
la
vivacità
del
suo
spirito
innamorava
tutti
coloro
che
l
'
avvicinavano
,
la
sua
bellezza
non
faceva
di
meno
,
e
sapeva
amicarsi
le
persone
più
insensibili
e
i
cuori
più
duri
.
La
Regina
madre
non
l
'
avrebbe
lasciata
un
solo
minuto
,
se
il
suo
dovere
non
l
'
avesse
tenuta
presso
il
Re
.
Di
tanto
in
tanto
le
buone
fate
venivano
a
vedere
la
Principessa
e
le
portavano
in
regalo
cose
rarissime
e
vestiti
sfarzosi
ed
eleganti
,
che
parevano
fatti
per
le
nozze
di
qualche
Principessa
,
non
meno
bella
di
Desiderata
.
Ma
fra
tutte
le
fate
che
le
volevano
bene
,
quella
che
le
voleva
più
di
tutte
era
Tulipano
,
la
quale
non
rifiniva
mai
di
raccomandare
alla
Regina
che
non
le
lasciasse
vedere
la
luce
del
giorno
prima
di
aver
toccato
i
quindici
anni
.
"
La
nostra
sorella
,
quella
della
fontana
,
è
vendicativa
"
,
diceva
Tulipano
,
"
avremo
un
bel
pigliarci
tutte
le
cure
per
questa
fanciulla
;
ma
se
ella
può
,
state
certa
che
le
farà
del
male
;
e
per
questa
ragione
bisogna
,
o
signora
,
che
voi
siate
vigilante
,
e
di
molto
.
"
La
Regina
dal
canto
suo
prometteva
di
vegliare
continuamente
sopra
una
cosa
di
tanto
rilievo
:
ma
avvicinandosi
il
tempo
nel
quale
la
sua
cara
figlia
doveva
uscire
dal
castello
,
le
fece
fare
il
ritratto
,
e
il
ritratto
fu
portato
a
mostra
nelle
più
grandi
Corti
dell
'
universo
.
Al
solo
vederlo
,
non
vi
fu
Principe
che
non
si
mostrasse
preso
di
ammirazione
:
ma
fra
gli
altri
ve
ne
fu
uno
che
ne
rimase
talmente
invaghito
,
da
non
sapersene
più
distaccare
.
Lo
portò
nel
suo
gabinetto
,
e
si
chiuse
dentro
insieme
col
ritratto
,
e
parlandogli
come
se
fosse
vivo
e
potesse
intenderlo
,
gli
diceva
le
cose
più
appassionate
di
questo
mondo
.
Il
Re
,
non
vedendo
più
il
figliuolo
,
domandò
che
cosa
facesse
e
come
passasse
il
suo
tempo
,
e
perché
non
fosse
più
del
suo
solito
buon
umore
.
Qualche
cortigiano
,
di
quelli
che
chiacchierano
volentieri
,
e
ve
ne
sono
parecchi
con
questo
vizio
,
gli
fece
intendere
che
c
'
era
il
caso
che
al
Principe
desse
volta
il
cervello
,
perché
passava
le
giornate
intere
chiuso
nel
suo
gabinetto
,
e
lì
discorreva
da
sé
solo
,
come
se
vi
fosse
stato
qualcuno
insieme
con
lui
.
Il
Re
sentì
questa
cosa
con
dispiacere
:
"
Com
'
è
egli
possibile
"
,
diceva
ai
suoi
confidenti
,
"
che
mio
figlio
perda
così
il
giudizio
?
lui
,
che
ne
ha
avuto
sempre
tanto
!
Voi
sapete
che
finora
esso
è
stato
l
'
ammirazione
di
tutti
,
e
io
non
vedo
ne
'
suoi
occhi
alcun
segno
di
pazzia
o
di
aberrazione
mentale
:
soltanto
mi
pare
diventato
più
pensieroso
.
Bisogna
che
io
lo
interroghi
da
me
:
forse
cosi
arriverò
a
scoprire
qual
è
la
fissazione
che
s
'
è
messa
per
il
capo
"
.
Detto
fatto
,
mandò
per
esso
,
e
quindi
ordinò
a
tutti
che
uscissero
dalla
sala
.
Dopo
vari
discorsi
,
ai
quali
il
Principe
non
stava
attento
o
rispondeva
a
rovescio
,
il
Re
gli
domandò
il
motivo
che
aveva
portato
tanto
cambiamento
nelle
sue
abitudini
e
nel
suo
carattere
.
Il
Principe
,
parendogli
che
gli
fosse
capitata
la
palla
al
balzo
,
si
gettò
ai
suoi
piedi
,
e
gli
disse
:
"
Voi
avete
fissato
di
farmi
sposare
la
Principessa
Nera
:
in
questo
legame
di
parentela
voi
troverete
dei
vantaggi
,
che
io
non
posso
promettervi
con
quello
della
Principessa
Desiderata
;
ma
,
o
signore
,
io
trovo
in
questa
fanciulla
tante
grazie
e
tante
attrattive
,
quante
l
'
altra
non
ne
possiede
davvero
"
.
"
E
dove
le
avete
vedute
?
"
,
chiese
il
Re
.
"
Tanto
dell
'
una
che
dell
'
altra
,
mi
sono
stati
portati
i
ritratti
"
,
rispose
il
Principe
Guerriero
(
era
questo
il
suo
nome
,
dacché
aveva
vinto
tre
grandi
battaglie
)
,
"
e
vi
confesso
che
la
mia
passione
per
la
principessa
Desiderata
è
così
forte
,
che
se
voi
non
ritirate
la
parola
data
alla
Principessa
Nera
,
non
mi
rimane
altro
che
morire
:
felice
sempre
di
perdere
la
vita
,
una
volta
perduta
la
speranza
di
essere
lo
sposo
di
quella
che
amo
.
"
"
È
dunque
con
un
ritratto
"
,
riprese
gravemente
il
Re
,
"
che
passate
il
vostro
tempo
a
fare
certi
colloqui
,
che
vi
rendono
ridicolo
agli
occhi
di
tutti
i
cortigiani
?
Essi
vi
credono
svanito
il
cervello
,
e
se
sapeste
quello
che
si
dice
di
voi
,
non
avreste
faccia
di
parlare
a
questo
modo
di
simili
ragazzate
!
"
"
Io
non
ho
ragione
di
rimproverarmi
una
sì
bella
fiamma
"
,
replicò
il
Principe
,
"
quando
avrete
veduto
il
ritratto
di
questa
graziosa
Principessa
,
son
sicuro
che
compatirete
la
passione
che
sento
per
lei
.
"
"
Andate
a
prenderlo
subito
"
esclamò
il
Re
,
con
tanto
risentimento
,
che
dava
a
dividere
la
bizza
che
lo
rodeva
dentro
.
Se
il
Principe
non
avesse
avuta
la
certezza
che
nessuna
bellezza
al
mondo
poteva
stare
a
fronte
di
quella
di
Desiderata
,
sarebbe
rimasto
un
po
'
male
.
Invece
andò
subito
nel
suo
gabinetto
,
e
poi
tornò
al
Re
.
Il
Re
rimase
maravigliato
quanto
il
figlio
.
"
Ah
!
"
,
diss
'
egli
,
"
mio
caro
Guerriero
,
io
approvo
la
vostra
scelta
;
quando
alla
mia
Corte
ci
sarà
una
Principessa
così
graziosa
,
mi
sentirò
anch
'
io
ringiovanito
.
Fin
da
questo
momento
mando
subito
degli
ambasciatori
dalla
Principessa
Nera
per
isciogliermi
della
parola
data
:
e
quand
'
anche
dovessi
tirarmi
sulle
braccia
una
guerra
a
morte
,
preferisco
di
farla
finita
una
buona
volta
per
tutte
.
"
Il
Principe
baciò
rispettosamente
le
mani
del
padre
e
gli
abbracciò
i
ginocchi
.
La
sua
gioia
era
tanta
,
che
pareva
diventato
un
altro
.
Pregò
e
ripregò
il
padre
a
mandare
degli
ambasciatori
non
soltanto
alla
Principessa
Nera
,
ma
anche
a
Desiderata
,
raccomandandosi
che
per
quest
'
ultima
fosse
scelto
l
'
uomo
più
capace
e
più
ricco
del
Regno
,
perché
in
questa
grande
occasione
era
necessario
fare
una
splendida
figura
,
e
ottenere
ciò
che
si
voleva
.
Il
Re
pose
gli
occhi
su
Beccafico
.
Era
un
gran
signore
,
eloquente
quanto
Cicerone
,
e
con
centomila
lire
di
rendita
.
Beccafico
voleva
un
gran
bene
al
principe
Guerriero
,
e
per
andargli
a
genio
,
si
fece
fare
il
più
splendido
equipaggio
e
le
più
belle
livree
che
si
possa
immaginare
.
La
sua
fretta
per
allestire
i
preparativi
del
viaggio
fu
grandissima
,
perché
l
'
amore
del
Principe
cresceva
a
occhio
di
giorno
in
giorno
,
ed
esso
era
sempre
lì
a
punzecchiarlo
perché
partisse
.
"
Ricordatevi
"
,
gli
diceva
in
tutta
confidenza
,
"
che
c
'
è
di
mezzo
la
vita
mia
,
e
che
io
perdo
il
lume
della
ragione
tutte
le
volte
che
penso
al
caso
che
il
padre
di
questa
Principessa
potrebbe
impegnarsi
con
qualcun
altro
,
senza
aver
modo
di
tornare
indietro
:
e
che
allora
io
dovrei
perderla
per
sempre
.
"
Beccafico
lo
rassicurava
,
non
foss
'
altro
per
pigliar
tempo
;
perché
dopo
le
grandi
spese
alle
quali
era
andato
incontro
,
voleva
almeno
farsene
onore
.
Menò
seco
ottanta
carrozze
tutte
risplendenti
d
'
oro
e
di
brillanti
,
e
dipinte
con
certe
miniature
,
da
fare
scomparire
le
miniature
più
finite
che
si
sieno
vedute
mai
:
c
'
erano
,
per
di
più
,
altre
cinquecento
carrozze
:
ventiquattromila
paggi
a
cavallo
,
vestiti
come
tanti
principi
:
e
il
resto
del
corteggio
non
era
da
sfigurare
in
mezzo
a
quella
magnificenza
.
Quando
l
'
ambasciatore
ebbe
dal
Principe
l
'
udienza
di
congedo
,
questo
l
'
abbracciò
come
un
suo
fratello
,
e
gli
disse
:
"
Pensate
,
mio
caro
Beccafico
,
che
la
mia
vita
dipende
dal
matrimonio
che
andate
a
combinare
:
dite
tutto
quel
che
più
sapete
,
e
conducete
con
voi
la
Principessa
,
che
è
l
'
anima
dell
'
anima
mia
"
.
E
gli
consegnò
mille
regali
da
offrirle
,
nei
quali
spiccavano
in
egual
modo
l
'
eleganza
e
la
ricchezza
;
erano
tutte
allegorie
amorose
,
incise
su
gemme
e
diamanti
:
orologi
incrostati
di
carbonchi
,
con
sopra
le
cifre
di
Desiderata
:
braccialetti
di
rubini
modellati
in
forma
di
cuori
:
insomma
,
non
c
'
era
cosa
alla
quale
non
avesse
pensato
,
per
trovare
il
modo
di
piacerle
.
L
'
ambasciatore
portava
seco
il
ritratto
del
Principe
,
dipinto
con
tanta
bravura
e
maestria
,
che
non
gli
mancava
nemmeno
la
parola
,
e
faceva
dei
complimenti
pieni
di
grazia
e
di
brio
.
È
vero
che
non
sapeva
rispondere
a
tutto
quello
che
gli
si
domandava
:
ma
di
questo
non
ce
n
'
era
un
gran
bisogno
.
Beccafico
,
per
la
parte
sua
,
promise
al
Principe
che
avrebbe
fatto
l
'
impossibile
per
vederlo
contento
,
e
soggiunse
che
aveva
con
sé
moltissimo
denaro
:
e
caso
mai
gli
avessero
negata
la
Principessa
,
avrebbe
trovato
il
mezzo
di
comprare
qualcuna
delle
sue
cameriere
e
l
'
avrebbe
rapita
.
"
Ah
!
"
,
esclamò
il
Principe
,
"
non
lo
dite
neanche
per
celia
:
son
sicuro
che
ella
si
chiamerebbe
offesa
da
un
modo
di
fare
così
poco
rispettoso
!
"
Beccafico
non
stette
a
dir
altro
,
e
partì
.
La
gran
diceria
del
suo
viaggio
arrivò
prima
di
lui
:
il
Re
e
la
Regina
ne
furono
lietissimi
,
perché
stimavano
molto
il
suo
sovrano
e
conoscevano
gli
atti
di
valore
del
Principe
Guerriero
,
e
,
in
particolar
modo
,
il
suo
merito
personale
;
motivo
per
cui
non
avrebbero
potuto
trovare
un
partito
più
degno
per
la
loro
figlia
,
neanche
a
cercarlo
apposta
nelle
cinque
parti
del
mondo
.
Fu
apprestato
un
palazzo
per
alloggiarvi
Beccafico
,
e
vennero
dati
gli
ordini
perché
tutta
la
Corte
si
mostrasse
in
abito
di
gran
gala
.
Il
Re
e
la
Regina
avevano
pensato
di
far
vedere
all
'
ambasciatore
la
Principessa
Desiderata
:
ma
la
fata
Tulipano
venne
a
trovare
la
Regina
e
le
disse
:
"
Guardatevi
bene
,
Regina
,
da
menare
Beccafico
dalla
nostra
figliuola
"
,
era
solita
di
chiamarla
così
,
"
non
conviene
che
egli
la
veda
tanto
presto
e
non
bisogna
mandarla
al
Re
,
che
l
'
ha
domandata
in
sposa
,
finché
non
abbia
compiti
i
quindici
anni
!
perché
,
badate
bene
a
quello
che
vi
dico
,
se
ella
esce
fuori
prima
del
tempo
,
si
troverà
a
sentirsi
cascare
addosso
qualche
grosso
malanno
"
.
La
Regina
abbracciò
la
buona
Tulipano
:
le
promise
di
darle
retta
,
e
senza
perder
tempo
andarono
insieme
dalla
Principessa
.
Intanto
arrivò
l
'
ambasciatore
.
Il
suo
seguito
durò
ventitré
ore
a
passare
,
perché
egli
aveva
seicentomila
muli
,
colle
sonagliere
e
i
ferri
d
'
oro
e
gualdrappe
di
velluto
e
di
broccato
ricamate
in
perle
.
Lungo
la
strada
c
'
era
un
pigia
-
pigia
da
non
farsene
idea
,
e
tutti
correvano
per
vederlo
.
Il
Re
e
la
Regina
gli
andarono
incontro
,
tanto
erano
contenti
della
sua
venuta
.
Salteremo
a
pié
pari
le
cose
che
egli
disse
,
i
complimenti
che
si
scambiarono
,
perché
ci
vuol
poco
a
figurarseli
:
ma
quando
egli
domandò
di
presentare
i
suoi
omaggi
alla
Principessa
,
rimase
molto
male
nel
sentirsi
negata
la
grazia
.
"
Signor
Beccafico
"
,
disse
il
Re
,
"
se
vi
ricusiamo
una
cosa
che
pare
così
giusta
,
credetelo
,
non
è
un
capriccio
:
e
perché
ne
siate
persuaso
,
bisogna
raccontarvi
la
strana
avventura
di
nostra
figlia
.
Una
fata
,
dal
giorno
che
nacque
,
la
prese
a
noia
e
la
minacciò
di
mille
guai
,
se
ella
avesse
veduto
la
luce
del
sole
prima
di
toccare
i
quindici
anni
:
noi
dunque
la
teniamo
chiusa
in
un
palazzo
,
che
ha
i
suoi
quartieri
più
belli
sotto
terra
.
Era
nostra
idea
di
menarvici
ma
la
fata
Tulipano
ci
ha
comandato
di
non
fare
nulla
.
"
"
Come
mai
,
Sire
!
"
,
replicò
l
'
ambasciatore
,
"
e
io
dunque
dovrò
avere
il
dispiacere
di
tornarmene
indietro
senza
di
lei
?
Voi
l
'
accordaste
al
Re
mio
signore
per
il
suo
figlio
:
ella
è
aspettata
con
vivissima
impazienza
:
e
sarà
possibile
che
voi
vi
lasciate
imporre
da
certe
fanciullaggini
,
come
sono
le
predizioni
delle
fate
?
Ecco
qui
il
ritratto
del
Principe
Guerriero
,
che
ho
l
'
ordine
di
presentarvi
:
e
il
ritratto
è
così
somigliante
,
che
quando
lo
guardo
mi
par
di
vedere
le
stesso
Principe
in
persona
.
"
E
cosi
dicendo
,
lo
scoprì
.
Il
ritratto
,
che
era
stato
ammaestrato
soltanto
per
parlare
alla
Principessa
,
disse
:
"
Bella
Desiderata
,
non
potete
figurarvi
con
quanto
ardore
io
vi
attenda
!
venite
subito
alla
nostra
Corte
,
e
abbellitela
con
quelle
grazie
che
vi
fanno
unica
al
mondo
!
"
.
Il
ritratto
non
disse
altro
:
e
il
Re
e
la
Regina
rimasero
tanto
meravigliati
,
che
pregarono
Beccafico
a
darglielo
,
per
portarlo
a
far
vedere
alla
Principessa
.
A
lui
non
gli
parve
vero
,
e
consegnò
subito
il
ritratto
nelle
loro
mani
.
La
Regina
non
aveva
mai
fatto
cenno
alla
figlia
di
ciò
che
accadeva
in
Corte
;
ed
anzi
aveva
proibito
alle
dame
che
le
stavano
intorno
di
dirle
la
più
piccola
cosa
sull
'
arrivo
dell
'
ambasciatore
:
ma
esse
non
l
'
avevano
ubbidita
,
e
la
Principessa
sapeva
già
che
si
stava
combinando
un
gran
matrimonio
;
peraltro
era
tanto
prudente
,
da
fare
in
modo
che
la
madre
non
si
avvedesse
di
nulla
.
Quando
questa
le
ebbe
mostrato
il
ritratto
del
Principe
,
che
parlava
,
e
che
le
fece
un
complimento
non
so
se
più
tenero
o
più
grazioso
,
ella
rimase
molto
sorpresa
,
perché
non
aveva
mai
veduto
nulla
di
simile
;
e
la
bella
fisonomia
del
Principe
,
l
'
aspetto
sveglio
e
la
regolarità
delle
fattezze
non
la
stupivano
meno
delle
cose
che
aveva
dette
il
ritratto
parlante
.
"
Vi
dispiacerebbe
"
,
le
disse
la
Regina
,
"
di
avere
uno
sposo
che
somigliasse
a
questo
Principe
?
"
"
Signora
"
,
ella
rispose
,
"
non
tocca
a
me
a
scegliere
:
sarò
sempre
contenta
di
colui
che
vi
piacerà
destinarmi
.
"
"
Ma
pure
"
,
insisté
la
Regina
,
"
se
la
sorte
cadesse
su
lui
,
non
vi
stimereste
felice
?
"
Ella
arrossì
,
abbassò
gli
occhi
e
non
rispose
nulla
.
La
Regina
la
prese
fra
le
braccia
e
la
baciò
più
e
più
volte
,
né
poté
frenarsi
dal
versare
alcune
lacrime
,
pensando
che
stava
sul
punto
di
doverla
perdere
,
perché
non
le
mancavano
oramai
che
tre
mesi
soli
a
compiere
i
quindici
anni
:
e
nascondendole
il
suo
dispiacere
,
la
mise
al
fatto
di
tutto
quanto
la
riguardava
nell
'
ambasciata
di
Beccafico
:
e
fra
le
altre
cose
,
le
dette
anche
i
regali
che
erano
stati
portati
per
lei
.
Essa
li
ammirò
:
lodò
con
finezza
di
gusto
le
cose
più
singolari
;
ma
ogni
pochino
i
suoi
occhi
si
divagavano
,
per
andare
a
posarsi
sul
ritratto
del
Principe
,
con
un
diletto
fin
'
allora
non
provato
mai
.
L
'
ambasciatore
,
vedendo
che
perdeva
il
suo
tempo
a
insistere
perché
gli
dessero
la
Principessa
,
e
che
si
contentavano
soltanto
di
promettergliela
,
ma
in
modo
solenne
da
non
poterne
dubitare
,
si
trattenne
pochi
giorni
presso
il
Re
,
e
tornò
per
la
posta
a
render
conto
al
padrone
del
suo
operato
.
Quando
il
Principe
venne
a
sapere
che
la
sua
Desiderata
non
poteva
averla
prima
di
tre
mesi
,
dette
in
tali
sfoghi
di
dolore
,
che
rattristarono
tutta
la
Corte
:
non
dormiva
più
:
non
mangiava
nulla
e
diventò
tristo
e
pensieroso
:
perse
il
suo
bel
colore
:
passava
le
giornate
intere
sdraiato
su
un
canapè
,
nel
suo
gabinetto
,
a
contemplare
il
ritratto
della
Principessa
:
le
scriveva
ogni
cinque
minuti
e
porgeva
le
lettere
al
ritratto
,
come
se
questo
le
sapesse
leggere
.
Alla
fine
le
sue
forze
s
'
indebolirono
a
poco
a
poco
,
e
cadde
gravemente
malato
:
né
ci
fu
bisogno
di
medico
o
di
chirurgo
per
indovinare
la
cagione
del
male
.
Il
Re
si
disperava
;
egli
amava
teneramente
suo
figlio
,
e
si
trovava
sul
punto
di
perderlo
.
Che
afflizione
per
lui
!
Né
vedeva
rimedio
alcuno
che
valesse
a
salvargli
il
Principe
,
il
quale
non
domandava
altro
che
la
sua
Desiderata
:
senza
di
essa
non
gli
restava
che
morire
.
In
faccia
alla
gravità
del
caso
egli
prese
la
risoluzione
di
andare
a
trovare
il
Re
e
la
Regina
,
che
gli
avevano
promesso
la
figlia
,
affine
di
scongiurarli
a
muoversi
a
compassione
dello
stato
in
cui
s
'
era
ridotto
il
Principe
,
e
a
non
mandare
più
in
lungo
le
nozze
;
le
quali
non
si
sarebbero
fatte
più
,
quand
'
essi
si
fossero
incaponiti
a
volere
aspettare
che
la
Principessa
avesse
compito
i
quindici
anni
.
Questo
passo
era
straordinario
per
un
Re
,
ma
sarebbe
stata
una
cosa
anche
più
straordinaria
se
egli
avesse
lasciato
morire
il
figlio
,
che
gli
era
più
caro
delle
pupille
degli
occhi
.
Peraltro
s
'
inciampò
in
una
difficoltà
insormontabile
:
e
questa
era
l
'
età
molto
avanzata
del
Re
,
la
quale
non
gli
acconsentiva
se
non
di
viaggiare
in
portantina
:
e
questa
cosa
si
combinava
male
coll
'
impazienza
del
figlio
:
per
cui
egli
mandò
per
la
posta
il
suo
fido
Beccafico
e
scrisse
delle
lettere
commoventissime
per
impegnare
il
Re
e
la
Regina
a
contentarlo
nei
suoi
desideri
.
Intanto
Desiderata
non
provava
minor
piacere
a
contemplare
il
ritratto
del
Re
,
che
questi
non
provasse
a
guardare
quello
di
lei
.
Ogni
tantino
ella
andava
nella
stanza
dove
era
stato
messo
,
e
sebbene
s
'
ingegnasse
di
celare
i
sentimenti
del
suo
cuore
,
c
'
era
chi
sapeva
indovinarli
;
e
,
fra
gli
altri
,
Viola
-
a
-
ciocche
e
Spinalunga
,
che
erano
le
sue
damigelle
d
'
onore
,
si
accorsero
di
quella
specie
d
'
irrequietezza
che
cominciava
a
tormentarla
.
Viola
-
a
-
ciocche
l
'
amava
di
sincero
amore
e
l
'
era
fidatissima
;
mentre
Spinalunga
aveva
sempre
covato
una
gelosia
segreta
per
le
belle
virtù
e
per
lo
splendido
stato
della
Principessa
.
La
madre
di
Spinalunga
aveva
allevata
la
Principessa
,
e
dopo
essere
stata
sua
governante
,
era
divenuta
sua
dama
d
'
onore
.
Ella
dunque
avrebbe
dovuto
amarla
,
come
la
cosa
più
cara
di
questo
mondo
:
ma
idolatrando
essa
la
propria
figlia
,
e
vedendo
l
'
odio
di
questa
per
la
bella
Principessa
,
non
poteva
,
neanch
'
essa
,
volerle
bene
.
L
'
ambasciatore
,
che
era
stato
spedito
alla
Corte
della
Principessa
Nera
,
non
vi
trovò
lieta
accoglienza
,
subito
che
si
venne
a
sapere
la
bella
parte
che
doveva
fare
.
Questa
negra
era
la
creatura
più
vendicativa
che
possa
immaginarsi
;
e
le
parve
di
non
essere
trattata
troppo
cavallerescamente
a
sentirsi
dire
sul
viso
,
dopo
le
promesse
e
gl
'
impegni
presi
,
che
essa
rimaneva
ringraziata
e
messa
in
libertà
.
Ella
aveva
veduto
il
ritratto
del
Principe
,
e
s
'
era
fitta
in
capo
di
voler
lui
a
ogni
costo
:
perché
le
donne
nere
,
quando
si
ragiona
d
'
amore
,
diventano
le
donne
più
ostinate
del
mondo
.
"
Come
,
signor
ambasciatore
"
,
ella
disse
,
"
forse
il
vostro
Re
non
mi
crede
abbastanza
ricca
o
abbastanza
bella
?
Girate
per
i
miei
Stati
e
difficilmente
ne
troverete
de
'
più
vasti
;
entrate
nel
mio
tesoro
reale
e
vedrete
tant
'
oro
,
quanto
non
se
n
'
è
mai
cavato
da
tutte
le
miniere
del
Perù
;
date
finalmente
un
'
occhiata
al
color
morato
del
mio
viso
,
alle
mie
labbra
tumide
,
al
mio
naso
schiacciato
,
eppoi
ditemi
se
una
donna
,
per
esser
bella
,
non
bisogna
che
sia
fatta
così
!
"
"
Signora
"
,
rispose
l
'
ambasciatore
,
il
quale
aveva
una
gran
paura
d
'
essere
bastonato
,
peggio
che
in
Turchia
,
"
io
biasimo
il
procedere
del
mio
Sovrano
,
per
quanto
è
lecito
di
farlo
a
un
suddito
:
e
se
il
cielo
mi
avesse
dato
il
più
bel
trono
dell
'
universo
,
saprei
ben
io
la
persona
alla
quale
offrirlo
!
"
"
Queste
parole
vi
salvano
la
vita
"
,
ella
disse
,
"
avevo
fissato
di
cominciare
da
voi
la
mia
vendetta
;
ma
mi
sarebbe
parsa
un
'
ingiustizia
,
perché
in
fin
de
'
conti
non
siete
voi
la
cagione
dello
sleale
procedere
del
vostro
Principe
:
andate
,
e
ditegli
da
parte
mia
che
mi
fa
un
vero
regalo
a
sciogliersi
con
me
,
perché
io
non
me
la
sono
mai
detta
con
le
persone
poco
di
buono
.
"
L
'
ambasciatore
,
che
non
vedeva
l
'
ora
di
essere
congedato
,
prese
queste
parole
a
volo
;
e
via
a
gambe
.
Ma
la
Negra
era
troppo
stizzita
contro
il
Principe
Guerriero
,
per
potergli
perdonare
.
Salì
sopra
un
cocchio
d
'
avorio
tirato
da
sei
struzzi
,
i
quali
facevano
dieci
miglia
l
'
ora
.
Andò
al
palazzo
della
fata
della
fontana
,
che
era
la
sua
comare
e
la
migliore
amica
che
avesse
:
e
dopo
averle
raccontata
la
sua
avventura
,
la
pregò
colle
braccia
in
croce
perché
l
'
aiutasse
a
pigliarsi
una
vendetta
.
La
fata
si
lasciò
commuovere
dal
dolore
della
figlioccia
;
guardò
nel
libro
,
dove
si
dice
tutto
,
e
così
venne
subito
a
sapere
che
il
Principe
Guerriero
lasciava
la
Principessa
Nera
per
motivo
di
Desiderata
,
che
egli
amava
perdutamente
,
e
che
era
stato
perfino
malato
dalla
gran
passione
di
non
poterla
vedere
.
Bastò
questa
cosa
per
riaccendere
nel
cuore
alla
fata
quella
collera
,
che
oramai
era
quasi
spenta
;
tanto
che
si
poteva
sperare
,
che
non
avendo
più
veduto
la
Principessa
dal
giorno
che
nacque
,
non
avrebbe
più
pensato
a
farle
del
male
,
senza
gl
'
incitamenti
di
quella
brutta
moraccia
.
"
Come
!
"
,
gridò
la
fata
,
"
dunque
questa
sciaguratissima
Desiderata
s
'
è
messa
in
capo
di
farmi
sempre
dei
dispetti
?
No
,
no
,
vezzosa
Principessa
:
no
,
carina
mia
;
non
soffrirò
mai
che
ti
si
faccia
un
affronto
.
Il
cielo
e
tutti
gli
elementi
piglieranno
parte
in
questa
cosa
.
Torna
pure
a
casa
e
fidati
alla
parola
della
tua
buona
comare
.
"
La
Principessa
la
ringraziò
e
le
fece
dei
doni
di
frutte
e
di
fiori
,
che
furono
moltissimo
graditi
.
Intanto
l
'
ambasciatore
Beccafico
si
avanzava
a
spron
battuto
verso
la
città
,
dove
stava
il
padre
di
Desiderata
:
e
appena
giunto
andò
a
gettarsi
ai
piedi
del
Re
e
della
Regina
;
versò
un
torrente
di
lacrime
e
disse
con
un
linguaggio
da
intenerire
i
sassi
,
che
il
Principe
Guerriero
sarebbe
morto
,
se
gl
'
indugiavano
il
piacere
di
vedere
la
Principessa
:
che
oramai
non
mancavano
più
che
tre
soli
mesi
per
compire
i
quindici
anni
;
che
non
c
'
era
pericolo
che
in
un
tempo
così
corto
potesse
accadere
qualche
disgrazia
:
che
si
prendeva
la
libertà
di
rammentare
che
questa
eccessiva
credulità
per
certe
fandonie
faceva
torto
alla
maestà
reale
:
in
una
parola
,
tanto
seppe
dire
e
tanto
seppe
fare
,
che
finì
col
persuaderli
tutti
e
due
.
Prova
ne
sia
che
anche
essi
s
'
intenerirono
e
piansero
,
ripensando
al
pietoso
stato
in
cui
s
'
era
ridotto
il
Principe
:
e
finirono
col
dire
che
pigliavano
qualche
giorno
di
tempo
prima
di
dargli
una
risposta
di
benestare
.
Esso
allora
replicò
che
non
poteva
concedere
che
poche
ore
,
perché
il
suo
padrone
era
oramai
ridotto
al
lumicino
,
e
s
'
era
fitto
in
capo
che
la
Principessa
non
lo
potesse
soffrire
e
fosse
essa
medesima
che
studiasse
tutti
gli
ammennicoli
per
rimandare
la
partenza
dall
'
oggi
al
domani
.
Allora
gli
fu
detto
che
nella
serata
avrebbe
saputo
quello
che
si
poteva
fare
.
La
Regina
corse
subito
al
palazzo
della
sua
cara
figlia
,
e
le
raccontò
ogni
cosa
.
Desiderata
sentì
un
gran
dolore
:
ebbe
una
stretta
al
cuore
e
svenne
.
Così
la
Regina
poté
conoscere
tutta
la
passione
del
suo
amore
per
il
Principe
.
"
Non
ti
dar
tanto
alla
disperazione
,
bambina
mia
"
,
ella
le
disse
,
"
tu
hai
la
virtù
di
poterlo
guarire
:
la
sola
cosa
che
mi
tenga
in
pensiero
,
sono
le
minacce
fatte
dalla
fata
della
fontana
al
momento
della
tua
nascita
.
"
"
Voglio
sperare
,
o
signora
"
,
ella
riprese
,
"
che
ci
debba
essere
qualche
ripiego
,
per
ingannare
questa
fata
malandrina
.
Non
potrei
,
per
dirne
una
,
partire
in
una
carrozza
tutta
chiusa
,
dove
non
potessi
vedere
la
luce
del
giorno
?
questa
carrozza
l
'
aprirebbero
soltanto
la
notte
,
per
darci
da
mangiare
,
e
così
arriverei
felicemente
a
casa
del
Principe
Guerriero
.
"
Il
ripiego
piacque
molto
alla
Regina
:
ne
parlò
al
Re
,
il
quale
lo
approvò
:
e
così
mandarono
a
chiamare
Beccafico
,
perché
andasse
subito
a
Corte
,
dove
gli
dettero
per
cosa
sicura
che
la
Principessa
sarebbe
partita
prestissimo
;
e
gli
dissero
di
recarsi
intanto
a
dare
la
buona
novella
al
suo
padrone
,
aggiungendo
che
per
amor
di
far
presto
,
avrebbero
tralasciato
di
farle
il
corredo
e
i
ricchissimi
vestiti
,
quali
si
addicevano
al
suo
grado
di
Principessa
.
L
'
ambasciatore
,
che
non
capiva
nella
pelle
dalla
contentezza
,
si
gettò
di
nuovo
ai
piedi
delle
loro
Maestà
per
ringraziarle
,
e
partì
subito
senza
aver
veduto
la
Principessa
.
Non
c
'
è
dubbio
che
ella
avrebbe
sentito
un
gran
dolore
nello
staccarsi
dal
padre
e
dalla
madre
,
se
fosse
stata
meno
viva
in
lei
la
prevenzione
a
favore
del
Principe
:
ma
si
danno
nella
vita
certi
sentimenti
così
prepotenti
,
che
fanno
tacere
tutti
gli
altri
.
Le
prepararono
una
carrozza
foderata
al
di
fuori
di
velluto
,
ornato
di
grandi
borchie
d
'
oro
;
e
al
di
dentro
di
broccato
ricamato
d
'
argento
e
color
di
rosa
.
Non
vi
erano
cristalli
;
la
carrozza
era
molto
grande
,
tutta
chiusa
come
una
scatola
;
e
uno
dei
primi
signori
del
Regno
teneva
in
custodia
le
chiavi
,
che
aprivano
la
serratura
degli
sportelli
.
E
perché
un
seguito
troppo
numeroso
poteva
essere
d
'
impiccio
,
furono
scelti
pochi
ufficiali
per
accompagnarla
:
e
dopo
averle
date
le
più
belle
gemme
del
mondo
e
alcuni
ricchissimi
vestiti
,
e
dopo
gli
addii
,
che
fecero
quasi
soffocare
dai
pianti
e
dai
singhiozzi
il
Re
,
la
Regina
e
tutta
la
Corte
,
la
chiusero
nella
carrozza
,
insieme
alle
sue
dame
d
'
onore
Viola
-
a
-
ciocche
e
Spinalunga
.
Bisogna
ricordarsi
che
Spinalunga
non
voleva
punto
bene
a
Desiderata
;
ma
invece
ne
voleva
moltissimo
al
Principe
Guerriero
,
del
quale
aveva
veduto
il
ritratto
parlante
.
Il
dardo
che
l
'
aveva
ferita
era
così
acuto
,
che
,
nel
partire
,
disse
a
sua
madre
che
morirebbe
di
dolore
,
se
accadesse
il
matrimonio
della
Principessa
,
e
che
se
voleva
salvarla
dalla
sua
tristissima
sorte
,
bisognava
trovasse
il
verso
di
mandare
all
'
aria
ogni
cosa
.
Sua
madre
,
che
era
dama
d
'
onore
,
le
disse
di
darsi
pace
,
che
avrebbe
cercato
il
modo
di
consolarla
e
di
farla
felice
.
Quando
la
Regina
fu
sul
punto
di
staccarsi
dalla
sua
figlia
,
che
partiva
,
la
raccomandò
,
non
si
può
dir
quanto
,
a
questa
femmina
trista
.
"
Questo
prezioso
deposito
"
,
diss
'
ella
,
"
lo
confido
alle
vostre
mani
.
Mi
è
più
caro
della
vita
!
abbiate
cura
della
salute
di
mia
figlia
,
e
soprattutto
guardate
bene
che
non
vegga
mai
la
luce
del
giorno
.
Sarebbe
finita
per
lei
!
Voi
sapete
da
quali
sciagure
è
minacciata
,
e
però
ho
fissato
coll
'
ambasciatore
del
Principe
Guerriero
che
,
fino
a
tanto
che
non
abbia
quindici
anni
compiti
,
la
terranno
in
un
castello
,
dove
non
possa
vedere
altra
luce
che
quella
dei
lampadari
.
"
La
Regina
affogò
di
regali
questa
dama
,
per
impegnarla
a
stare
attaccata
fedelmente
alle
sue
istruzioni
,
ed
ella
dal
canto
suo
promise
di
vegliare
alla
conservazione
della
Principessa
,
e
di
renderle
minutissimo
conto
di
tutto
,
appena
fossero
arrivate
.
A
questo
modo
il
Re
e
la
Regina
,
fidandosi
di
averla
raccomandata
bene
,
non
ebbero
alcun
pensiero
per
la
loro
cara
figlia
,
e
così
sentirono
meno
il
dolore
del
distacco
;
ma
Spinalunga
,
che
dagli
ufficiali
incaricati
di
aprire
tutte
le
sere
la
carrozza
per
servire
la
cena
alla
Principessa
,
aveva
saputo
che
si
avvicinavano
alla
città
dov
'
erano
aspettate
,
cominciò
a
metter
su
la
madre
perché
compisse
il
suo
tristo
disegno
,
prima
che
il
Re
e
il
Principe
venissero
loro
incontro
e
mancasse
il
tempo
di
fare
il
gran
colpo
.
Cosicché
,
quando
fu
circa
l
'
ora
del
mezzogiorno
e
quando
i
raggi
del
sole
saettavano
con
maggior
forza
,
ella
tagliò
di
netto
con
un
gran
coltello
fatto
apposta
,
che
aveva
portato
seco
,
l
'
imperiale
della
carrozza
dove
stavano
rinserrate
.
Fu
quella
la
prima
volta
che
la
Principessa
Desiderata
vide
la
luce
del
giorno
.
Appena
l
'
ebbe
vista
,
mandò
un
sospiro
e
si
precipitò
fuori
della
carrozza
,
trasmutata
in
una
Cervia
bianca
:
e
a
quel
modo
si
messe
a
correre
fino
alla
vicina
foresta
,
dove
si
nascose
in
un
luogo
folto
e
oscuro
,
per
potervi
piangere
,
senza
essere
vista
da
alcuno
,
le
grazie
,
i
bei
lineamenti
e
la
elegante
figura
,
che
aveva
perduta
.
La
fata
della
fontana
,
che
dirigeva
questa
strana
avventura
,
vedendo
che
tutti
quelli
che
accompagnavano
la
Principessa
si
davano
un
gran
moto
,
gli
uni
per
seguirla
,
gli
altri
per
correre
alla
città
e
fare
avvertito
il
Principe
Guerriero
della
disgrazia
accaduta
,
messe
sottosopra
cielo
e
terra
:
talché
i
lampi
e
i
tuoni
impaurirono
anche
i
più
coraggiosi
:
e
in
grazia
del
suo
portentoso
sapere
,
riuscì
a
trasportare
quelle
persone
molto
lontano
di
lì
,
togliendole
in
questo
modo
da
un
luogo
,
dove
la
loro
presenza
non
le
faceva
punto
piacere
.
Le
sole
che
restassero
,
furono
la
dama
d
'
onore
,
Spinalunga
e
Viola
-
a
-
ciocche
.
Quest
'
ultima
corse
dietro
alla
sua
padrona
,
facendo
risuonare
il
bosco
del
nome
di
lei
e
de
'
suoi
acuti
lamenti
.
Le
altre
due
,
contentissime
di
vedersi
libere
,
non
persero
un
minuto
per
fare
quanto
avevano
già
fissato
.
Spinalunga
s
'
infilò
i
vestiti
di
Desiderata
.
Il
manto
reale
,
che
doveva
servire
per
le
nozze
,
era
d
'
una
ricchezza
da
non
potersi
dire
,
e
la
corona
aveva
dei
diamanti
grossi
due
o
tre
volte
il
pugno
della
mano
.
Il
suo
scettro
era
d
'
un
rubino
d
'
un
sol
pezzo
:
e
il
globo
che
teneva
nell
'
altra
mano
,
una
perla
grossa
quanto
il
capo
d
'
un
bambino
.
Tutte
cose
bellissime
a
vedersi
e
pesantissime
a
portarsi
addosso
:
ma
bisognava
non
lasciare
indietro
nessuno
degli
ornamenti
reali
,
una
volta
che
Spinalunga
voleva
farsi
credere
la
Principessa
.
In
quest
'
abbigliamento
,
Spinalunga
,
seguita
dalla
madre
che
le
reggeva
lo
strascico
,
si
avviò
verso
la
città
.
La
falsa
Principessa
camminava
con
passo
maestoso
.
Ella
era
sicura
che
sarebbe
venuta
gente
a
incontrarla
;
difatti
,
non
avevano
ancora
fatta
molta
strada
,
che
scorsero
un
drappello
di
cavalleria
,
e
in
mezzo
due
portantine
luccicanti
di
oro
e
di
gemme
,
portate
da
piccoli
muli
,
ornati
di
lunghi
pennacchi
verdi
(
perché
il
verde
era
il
colore
favorito
della
Principessa
)
.
Il
Re
che
stava
in
una
portantina
,
e
il
Principe
malato
nell
'
altra
,
non
sapevano
che
cosa
pensare
di
queste
dame
,
che
venivano
incontro
a
loro
.
I
più
curiosi
galopparono
innanzi
,
e
dalla
ricchezza
dei
vestiti
giudicarono
che
dovessero
essere
due
signore
di
gran
riguardo
.
Scesero
da
cavallo
e
le
salutarono
con
molto
rispetto
.
"
Fatemi
la
grazia
"
disse
loro
Spinalunga
"
di
sapermi
dire
chi
c
'
è
dentro
quelle
portantine
.
"
"
Signora
"
,
essi
risposero
,
"
c
'
è
il
Re
e
il
Principe
suo
figlio
,
che
vanno
incontro
alla
Principessa
Desiderata
.
"
"
Allora
vi
prego
"
,
continuò
ella
,
"
di
andare
a
dir
loro
che
la
Principessa
è
qui
.
Una
fata
,
che
è
nemica
della
mia
felicità
,
ha
sparpagliato
e
disperso
tutti
coloro
che
mi
accompagnavano
a
furia
di
tuoni
,
di
lampi
e
di
prodigi
paurosi
:
ma
ecco
qui
la
mia
dama
d
'
onore
,
la
quale
è
incaricata
di
presentare
le
lettere
del
Re
mio
padre
e
di
tenere
in
custodia
le
mie
gioie
.
"
I
cavalieri
,
a
queste
parole
,
baciarono
subito
il
lembo
della
sua
veste
e
andarono
di
corsa
a
dire
al
Re
che
la
Principessa
si
avvicinava
.
"
Come
!
"
,
egli
esclamò
,
"
ella
se
ne
viene
a
piedi
e
di
pieno
giorno
?
"
Essi
gli
raccontarono
ciò
che
ella
aveva
detto
loro
.
Il
Principe
,
che
smaniava
d
'
impazienza
,
li
chiamò
,
dicendo
loro
con
gran
premura
:
"
Non
è
un
prodigio
di
bellezza
?
un
vero
miracolo
?
una
Principessa
senza
confronti
?
"
.
Nessuno
rispose
:
per
cui
il
Principe
ne
rimase
stupito
.
"
Si
vede
proprio
"
,
egli
riprese
,
"
che
dovendo
dirne
troppo
bene
,
preferite
piuttosto
non
dir
nulla
.
"
"
Signore
,
voi
la
vedrete
da
voi
"
,
disse
il
più
ardito
di
essi
,
"
sarà
che
lo
strapazzo
del
viaggio
l
'
abbia
un
po
'
trasfigurita
.
"
Il
Principe
rimase
di
stucco
:
se
fosse
stato
più
in
forze
,
si
sarebbe
buttato
giù
dalla
portantina
per
correre
ad
appagare
la
sua
impazienza
e
la
sua
curiosità
.
Il
Re
scese
a
piedi
,
e
avanzandosi
con
tutto
il
corteggio
raggiunse
la
falsa
Principessa
.
Vederla
,
gettare
un
grido
e
tirarsi
indietro
di
qualche
passo
,
fu
un
punto
solo
.
"
Chi
vedo
mai
?
"
,
egli
disse
,
"
ma
questa
è
una
vera
perfidia
.
"
"
Sire
"
,
disse
la
dama
d
'
onore
avanzandosi
a
faccia
fresca
,
"
ecco
qui
la
Principessa
Desiderata
con
le
lettere
del
Re
e
della
Regina
.
Io
rimetto
pure
nelle
vostre
mani
la
cassetta
delle
gioie
,
che
mi
fu
consegnata
sul
punto
di
partire
.
"
Il
Re
serbò
un
silenzio
sinistro
e
cupo
;
e
il
Principe
,
appoggiandosi
al
braccio
di
Beccafico
,
si
avvicinò
a
Spinalunga
.
Dio
degli
Dei
!
come
dové
egli
restare
,
vedendo
una
fanciulla
di
una
statura
così
sperticata
da
far
paura
?
Essa
era
così
lunga
,
che
gli
abiti
della
Principessa
le
toccavano
appena
il
ginocchio
;
secca
come
un
uscio
;
col
naso
che
somigliava
al
becco
ricurvo
di
un
pappagallo
,
e
rosso
e
lustro
in
cima
come
un
peperone
.
Denti
più
neri
e
più
disuniti
di
quelli
,
non
se
n
'
è
visti
mai
:
in
una
parola
,
ell
'
era
tanto
brutta
,
quanto
Desiderata
era
bella
.
Il
Principe
,
che
aveva
sempre
dinanzi
agli
occhi
l
'
immagine
della
sua
cara
Principessa
,
al
vedere
questa
brutta
befana
rimase
imbietolito
:
non
aveva
fiato
né
per
muoversi
né
per
dire
una
mezza
parola
.
Soltanto
,
dopo
averla
guardata
un
poco
cogli
occhi
fuor
della
testa
,
si
volse
al
Re
ed
esclamò
:
"
Io
sono
tradito
!
Il
maraviglioso
ritratto
sul
quale
ho
vincolata
la
mia
libertà
non
ha
che
veder
nulla
con
la
persona
che
ci
è
stata
inviata
.
Hanno
preteso
ingannarmi
?
ci
sono
riusciti
:
ma
a
me
mi
costerà
la
vita
"
.
"
Che
cosa
intendete
dire
,
o
signore
?
"
,
disse
Spinalunga
.
"
Chi
è
che
ha
cercato
di
ingannarvi
?
sappiate
,
o
signore
,
che
sposando
me
,
non
vi
hanno
ingannato
davvero
.
"
Tanta
sfacciataggine
e
tanta
arroganza
non
aveva
esempio
.
Per
parte
sua
,
anche
la
dama
d
'
onore
rincarava
la
dose
:
"
Oh
!
mia
bella
Principessa
"
,
esclamava
,
"
dove
siamo
mai
capitate
?
È
forse
in
questo
modo
,
che
si
accoglie
una
Principessa
par
vostro
?
Quale
incostanza
!
e
che
razza
di
procedere
!...Il
Re
vostro
padre
saprà
farsene
render
ragione
"
.
"
Tocca
a
noi
farsi
rendere
ragione
"
,
ribatté
il
Re
,
"
egli
ci
aveva
promesso
una
bella
Principessa
e
ci
manda
invece
un
sacco
d
'
ossi
,
una
mummia
da
fare
scappare
dallo
spavento
:
ora
non
mi
fa
più
specie
che
egli
abbia
tenuto
nascosto
questo
bel
tesoro
per
quindici
anni
di
seguito
:
aspettava
che
capitasse
il
merlotto
:
e
la
disgrazia
è
capitata
su
noi
:
ma
staremo
a
vedere
come
finirà
.
"
"
Ma
quale
insolenza
!
"
,
esclamò
la
falsa
Principessa
.
"
Quanto
sono
sventurata
di
esser
venuta
qui
,
sulla
parola
di
questa
razza
di
gente
!
Guardate
un
po
'
il
gran
delitto
di
essersi
fatta
ritrattare
un
po
'
più
bella
del
vero
!
Non
sono
forse
cose
che
accadono
tutti
i
giorni
?
Se
per
queste
piccole
marachelle
i
Principi
rimandassero
indietro
le
loro
fidanzate
,
poche
ma
poche
bene
se
ne
mariterebbero
.
"
Il
Re
e
il
Principe
,
colla
bizza
fino
alla
punta
dei
capelli
,
non
si
degnarono
risponderle
:
salirono
ciascuno
nella
loro
portantina
,
mentre
una
guardia
del
corpo
,
senza
tanti
complimenti
,
messe
in
groppa
al
cavallo
,
dietro
di
sé
,
la
Principessa
:
la
dama
d
'
onore
ebbe
lo
stesso
trattamento
:
e
così
furono
menate
in
città
,
dove
per
ordine
del
Re
furono
chiuse
nel
Castello
delle
Tre
Punte
.
Il
Principe
Guerriero
restò
così
sbalordito
da
questo
colpo
,
che
tutta
la
pena
gli
si
rinserrò
in
fondo
al
cuore
.
Quand
'
ebbe
fiato
per
parlare
,
che
cosa
mai
non
disse
del
suo
tristo
destino
?
Egli
era
sempre
innamorato
come
prima
,
ma
non
gli
restava
per
oggetto
della
sua
passione
che
un
bugiardo
ritratto
.
Tutte
le
sue
speranze
andate
in
fumo
:
tutte
le
sue
illusioni
intorno
alla
Principessa
Desiderata
,
svanite
!
Non
c
'
era
disperazione
da
potersi
agguagliare
alla
sua
.
La
Corte
gli
era
divenuta
un
soggiorno
insoffribile
,
e
pensò
,
appena
ristabilitosi
un
po
'
in
salute
,
di
fuggirsene
di
nascosto
in
un
luogo
solitario
e
passarvi
tutto
il
resto
della
sua
misera
vita
.
Confidò
questa
sua
idea
soltanto
al
fido
Beccafico
,
nella
certezza
che
questi
lo
seguirebbe
dappertutto
:
e
lo
scelse
apposta
per
avere
una
persona
colla
quale
potersi
sfogare
più
liberamente
che
con
chiunque
altro
,
del
brutto
tiro
che
aveva
dovuto
patire
.
Appena
si
sentì
un
po
'
meglio
,
partì
dalla
Corte
,
lasciando
sulla
tavola
del
suo
gabinetto
una
lunga
lettera
pel
Re
,
colla
quale
lo
avvertiva
che
sarebbe
tornato
appena
avesse
ritrovato
un
po
'
di
quiete
di
spirito
:
ma
intanto
lo
scongiurava
di
pensare
alla
vendetta
di
tutti
e
due
,
e
di
tener
sempre
in
prigione
quello
spauracchio
di
Principessa
.
È
facile
immaginarsi
il
dolore
del
Re
nel
ricevere
questa
lettera
.
Credette
morir
di
dolore
per
la
lontananza
di
un
figlio
,
così
adorato
.
Mentre
tutti
s
'
ingegnavano
di
consolarlo
,
il
Principe
e
Beccafico
facevano
strada
:
finché
in
capo
a
tre
giorni
si
trovarono
in
una
gran
foresta
,
così
oscura
per
la
spessezza
delle
piante
e
così
seducente
per
la
freschezza
dell
'
erbe
e
per
i
ruscelletti
e
i
fili
d
'
acqua
,
che
scorrevano
in
tutti
i
versi
,
che
il
Principe
,
rifinito
dal
lungo
cammino
,
non
essendosi
ancora
rimesso
perbene
in
forze
smontò
da
cavallo
e
si
sdraiò
malinconicamente
per
terra
,
reggendosi
il
capo
con
la
mano
,
e
per
la
debolezza
avendo
appena
fiato
di
parlare
.
"
Signore
"
,
gli
disse
Beccafico
,
"
mentre
vi
riposate
un
poco
,
io
anderò
in
cerca
di
qualche
frutto
perché
possiate
rinfrescarvi
:
e
intanto
darò
un
'
occhiata
per
farmi
un
'
idea
del
luogo
dove
ci
troviamo
.
"
Il
Principe
non
rispose
,
ma
gli
fece
segno
col
capo
,
come
per
dirgli
:
"
Sta
bene
"
.
Egli
è
ormai
un
bel
pezzo
che
abbiamo
lasciata
la
Cervia
nel
bosco
,
voglio
dire
l
'
incomparabile
Principessa
.
Ella
pianse
,
come
può
piangere
una
cervia
all
'
ultima
disperazione
,
quando
si
accorse
delle
sue
nuove
forme
,
specchiandosi
nell
'
acqua
di
una
fontana
.
"
Come
!
e
son
io
,
proprio
io
?
"
,
essa
diceva
,
"
ed
è
per
l
'
appunto
oggi
,
che
mi
trovo
ridotta
a
subire
la
più
trista
avventura
che
possa
mai
toccare
a
un
'
innocente
Principessa
come
me
,
per
capriccio
e
colpa
delle
fate
?
E
quanto
dovrà
durare
questa
metamorfosi
?
E
dove
nascondermi
,
perché
i
leoni
,
gli
orsi
e
i
lupi
non
mi
divorino
?
Come
potrò
io
cibarmi
d
'
erba
?
"
E
via
di
questo
passo
,
faceva
a
se
stessa
mille
domande
,
e
provava
il
più
acerbo
dolore
che
mai
si
possa
.
Se
qualche
cosa
poteva
consolarla
,
era
il
vedere
che
essa
era
una
bella
cervia
,
nello
stesso
modo
che
era
stata
una
bella
Principessa
.
Spinta
dalla
fame
,
Desiderata
si
messe
a
mangiar
l
'
erba
con
molto
appetito
:
e
non
sapeva
intendere
come
questa
cosa
potesse
stare
.
Quindi
si
accoccolò
sul
muschio
:
intanto
si
fece
notte
,
senza
addarsene
:
ed
essa
la
passò
in
mezzo
a
spaventi
così
terribili
,
da
non
poterseli
figurare
.
Sentiva
le
bestie
feroci
a
pochi
passi
di
distanza
;
e
scordandosi
di
esser
Cervia
,
provava
ad
arrampicarsi
su
per
gli
alberi
.
I
primi
chiarori
del
giorno
la
rassicurarono
un
poco
:
ammirò
la
levata
del
sole
:
e
il
sole
gli
pareva
così
maraviglioso
,
che
non
finiva
mai
di
guardarlo
.
Tutte
le
grandi
cose
,
che
ne
aveva
sentite
dire
,
le
sembravano
molto
inferiori
a
quel
che
vedeva
.
Era
questo
l
'
unico
svago
che
avesse
in
quel
luogo
deserto
.
Per
parecchi
giorni
vi
restò
sola
sola
.
La
fata
Tulipano
,
che
aveva
sempre
voluto
bene
a
questa
Principessa
,
si
appassionava
di
cuore
per
la
sua
disgrazia
;
ma
d
'
altra
parte
,
essa
era
molto
indispettita
che
tanto
la
Regina
come
la
figlia
avessero
fatto
così
poco
conto
de
'
suoi
consigli
:
perché
,
se
vi
ricordate
,
la
buona
fata
aveva
ripetuto
loro
più
volte
che
se
la
Principessa
fosse
partita
prima
de
'
quindici
anni
compiti
,
sarebbe
andata
incontro
a
qualche
malanno
.
A
ogni
modo
non
volle
lasciarla
in
balìa
alle
ire
della
fata
della
fontana
,
e
fu
essa
stessa
che
guidò
i
passi
di
Viola
-
a
-
ciocche
verso
la
foresta
,
perché
questa
fida
confidente
potesse
consolarla
nella
sua
terribile
sventura
.
La
bella
Cervia
se
ne
andava
,
un
passo
dietro
l
'
altro
,
lungo
un
fiumiciattolo
,
quando
Viola
-
a
-
ciocche
,
non
avendo
più
gambe
per
camminare
,
si
coricò
per
pigliare
un
po
'
di
riposo
.
Tutta
afflitta
,
stava
almanaccando
colla
testa
da
qual
parte
volgersi
per
potersi
imbattere
nella
sua
cara
Principessa
.
Appena
la
Cervia
l
'
ebbe
vista
,
fece
tutto
un
salto
,
e
passata
dall
'
altra
parte
del
fiume
,
che
era
abbastanza
largo
e
profondo
,
venne
a
gettarsi
addosso
a
Viola
-
a
-
ciocche
e
le
fece
un
'
infinità
di
carezze
.
Ella
rimase
stupita
,
non
sapendo
se
le
bestie
di
quel
luogo
avessero
una
simpatia
particolare
per
gli
uomini
tanto
da
diventare
umane
,
o
se
la
Cervia
la
conoscesse
;
perché
a
dirla
tale
e
quale
,
non
accade
tutti
i
giorni
di
vedere
una
Cervia
che
faccia
con
tanto
garbo
e
con
tanta
cortesia
gli
onori
della
foresta
.
Dopo
averla
guardata
attentamente
,
si
accorse
con
molta
maraviglia
che
da
'
suoi
occhi
sgorgavano
alcuni
grossi
lacrimoni
;
per
cui
non
ebbe
più
l
'
ombra
del
dubbio
che
quella
fosse
la
sua
cara
Principessa
.
Le
prese
le
zampe
e
gliele
baciò
collo
stesso
rispetto
e
colla
medesima
tenerezza
,
come
le
avrebbe
baciato
le
mani
.
Provò
a
parlare
e
s
'
avvide
che
la
Cervia
la
intendeva
benissimo
:
ma
non
poteva
risponderle
;
e
allora
le
lacrime
e
i
sospiri
raddoppiarono
da
una
parte
e
dall
'
altra
.
Viola
-
a
-
ciocche
promise
alla
sua
padrona
che
non
l
'
avrebbe
abbandonata
mai
:
la
Cervia
le
fece
mille
piccoli
segni
col
capo
e
cogli
occhi
,
per
farle
intendere
che
ne
sarebbe
contentissima
,
e
che
questa
cosa
la
consolerebbe
in
parte
delle
sue
pene
.
Erano
state
insieme
tutta
la
giornata
,
quando
la
Cervietta
ebbe
paura
che
la
sua
fida
Viola
-
a
-
ciocche
potesse
aver
bisogno
di
mangiare
,
e
la
menò
in
un
certo
punto
della
foresta
,
dove
aveva
veduto
alcune
frutta
selvatiche
ma
saporite
.
Viola
-
a
-
ciocche
ne
mangiò
moltissime
,
perché
si
sentiva
morire
dalla
fame
;
ma
quand
'
ebbe
finita
la
sua
cena
,
fu
presa
da
una
grande
inquietudine
,
perché
non
sapeva
dove
si
sarebbero
ricoverate
per
dormire
.
Restare
in
mezzo
alla
foresta
,
esposte
a
tutti
i
pericoli
,
non
era
nemmeno
da
pensarci
.
"
Non
avete
paura
,
graziosa
Cervia
"
,
ella
disse
,
"
a
passare
la
nottata
qui
?
"
La
Cervia
alzò
gli
occhi
al
cielo
e
sospirò
.
"
Ma
pure
"
,
continuò
Viola
-
a
-
ciocche
,
"
voi
avete
già
percorso
una
parte
di
questa
vasta
solitudine
:
non
vi
son
,
per
caso
,
punte
capanne
,
un
carbonaio
,
un
taglialegna
,
un
eremitaggio
?
"
La
Cervia
fece
col
capo
di
no
.
"
Oh
Dei
!
"
,
esclamò
Viola
-
a
-
ciocche
,
"
domani
non
sarò
più
viva
:
quand
'
anche
avessi
la
sorte
di
scansare
le
tigri
e
gli
orsi
,
son
sicura
che
basterebbe
la
paura
per
uccidermi
.
E
non
crediate
,
mia
cara
Principessa
,
che
mi
dispiaccia
per
me
di
perdere
la
vita
:
me
ne
dispiace
per
voi
.
Povera
me
!
Lasciarvi
in
questi
luoghi
,
senza
un
'
anima
che
vi
consoli
!
Si
può
immaginare
più
trista
cosa
?
"
La
Cervietta
si
mise
a
piangere
:
ella
singhiozzava
come
potrebbe
fare
una
persona
.
Le
sue
lacrime
toccarono
il
cuore
alla
fata
Tulipano
,
che
in
fondo
l
'
amava
teneramente
e
che
,
nonostante
la
sua
disobbedienza
,
aveva
sempre
vegliato
alla
conservazione
di
lei
:
per
cui
,
apparendole
tutt
'
a
un
tratto
,
le
disse
:
"
Non
ho
nessuna
voglia
di
farvi
dei
rimproveri
:
lo
stato
in
cui
vi
trovate
mi
fa
troppa
pena
"
.
Cervietta
e
Viola
-
a
-
ciocche
la
interruppero
,
gettandosi
ai
suoi
ginocchi
:
la
prima
le
baciava
le
mani
e
le
faceva
le
carezze
più
graziose
di
questo
mondo
:
mentre
l
'
altra
la
scongiurava
a
muoversi
a
pietà
della
Principessa
,
rendendole
le
sue
sembianze
naturali
.
"
Ciò
non
dipende
da
me
"
,
disse
Tulipano
;
"
colei
che
le
fece
tanto
male
ha
molto
potere
;
ma
io
abbrevierò
il
tempo
della
sua
penitenza
:
e
per
addolcirla
un
poco
,
appena
si
farà
notte
ella
lascerà
le
spoglie
di
Cervia
;
ma
ai
primi
chiarori
dell
'
alba
,
bisognerà
che
le
riprenda
daccapo
e
corra
per
la
pianura
e
per
la
foresta
,
come
le
altre
Cervie
.
"
Cessare
di
essere
Cervia
durante
la
notte
,
era
già
qualcosa
,
anzi
molto
:
e
la
Principessa
dette
a
dividere
la
sua
allegrezza
a
furia
di
salti
e
di
capriole
,
che
messero
di
buon
umore
la
fata
.
"
Pigliate
"
,
diss
'
ella
,
"
per
questa
viottola
,
e
troverete
una
capanna
abbastanza
decente
per
questi
luoghi
campestri
.
"
Ciò
detto
,
sparì
.
Viola
-
a
-
ciocche
obbedì
,
e
insieme
con
la
Cervia
entrò
nella
viottola
,
che
era
lì
a
pochi
passi
,
e
trovarono
una
vecchia
seduta
sulla
soglia
della
porta
,
che
stava
ultimando
un
canestro
di
giunchi
.
Viola
-
a
-
ciocche
la
salutò
:
"
Vorreste
voi
,
mia
buona
nonna
"
,
le
disse
,
"
darmi
un
po
'
d
'
ospitalità
insieme
a
questa
Cervia
?
"
.
"
Ma
sì
,
figlia
mia
,
che
ti
ospiterò
volentieri
:
entra
pure
colla
tua
Cervia
.
"
E
detto
fatto
,
le
menò
subito
in
una
graziosa
camerina
,
che
aveva
le
pareti
e
l
'
impiantito
di
tavole
di
ciliegio
:
ci
erano
due
letti
di
tela
bianca
:
biancheria
finissima
,
e
ogni
altra
cosa
così
semplice
e
linda
,
che
la
Principessa
ha
raccontato
dopo
di
non
aver
mai
trovato
nulla
che
fosse
più
di
suo
gusto
.
Quando
fu
notte
buia
Desiderata
cessò
di
essere
cervia
:
abbracciò
più
di
cento
volte
la
sua
cara
Viola
-
a
-
ciocche
;
la
ringraziò
per
l
'
affezione
che
l
'
aveva
impegnata
a
seguire
la
sua
fortuna
,
e
le
promise
di
farla
felice
,
appena
la
sua
penitenza
fosse
finita
.
La
vecchia
venne
a
bussare
con
molto
garbino
alla
porta
e
,
senza
entrare
,
dette
a
Viola
-
a
-
ciocche
dei
frutti
squisiti
,
de
'
quali
ne
mangiò
anche
Desiderata
,
e
con
un
grande
appetito
:
quindi
andarono
a
letto
,
ma
appena
giorno
,
Desiderata
essendo
ritornata
Cervia
,
cominciò
a
grattare
coi
piedi
la
porta
,
perché
Viola
-
a
-
ciocche
le
aprisse
.
All
'
atto
di
separarsi
,
tutte
e
due
si
scambiarono
i
segni
di
un
vivo
dispiacere
,
sebbene
il
distacco
fosse
di
poche
ore
:
e
la
Cervia
,
lanciatasi
nel
fitto
del
bosco
,
cominciò
a
correre
,
secondo
il
suo
solito
.
Mi
par
di
aver
detto
che
il
Principe
Guerriero
si
era
fermato
nella
foresta
,
e
che
Beccafico
girava
in
qua
e
in
là
,
in
cerca
di
frutti
.
Era
già
molto
tardi
,
quand
'
esso
capitò
alla
casina
della
buona
donna
,
di
cui
si
è
già
parlato
.
Esso
si
presentò
con
modi
molto
cortesi
e
le
chiese
quelle
cose
che
gli
abbisognavano
per
il
suo
padrone
.
La
vecchina
fece
in
un
lampo
a
empirgli
un
corbello
di
frutta
,
e
glielo
dette
dicendogli
:
"
Ho
paura
che
se
passate
la
notte
qui
,
a
cielo
scoperto
,
vi
capiterà
qualche
disgrazia
:
io
non
posso
offrirvi
che
una
povera
stanzuccia
:
se
non
altro
,
sarete
al
sicuro
dai
leoni
"
.
Beccafico
la
ringraziò
,
e
le
disse
che
era
in
compagnia
di
un
amico
,
e
che
andava
a
proporgli
di
andare
a
casa
di
lei
:
difatti
seppe
pigliare
il
Principe
così
per
il
suo
verso
,
che
questi
si
lasciò
menare
alla
casa
della
buona
donna
.
La
trovarono
,
che
era
ancora
sulla
porta
:
ed
essa
,
in
punta
di
piedi
,
li
menò
in
una
camera
,
compagna
a
quella
della
Principessa
,
e
tutte
e
due
così
accosto
l
'
una
all
'
altra
,
che
erano
separate
da
un
semplice
tramezzo
.
Il
Principe
passò
la
notte
inquietissimo
,
secondo
il
solito
:
ma
appena
il
sole
gli
batté
nell
'
imposte
della
finestra
,
si
alzò
,
e
per
isvagarsi
dall
'
uggia
che
aveva
addosso
andò
nella
foresta
,
dicendo
a
Beccafico
di
non
seguirlo
.
Camminò
una
mezza
giornata
,
senza
neanche
sapere
dove
andasse
;
finché
capitò
in
un
praticello
,
abbastanza
grande
,
tutto
coperto
d
'
alberi
e
d
'
erba
di
muschio
.
In
quel
punto
sbucò
fuori
una
Cervia
,
ed
egli
non
poté
resistere
alla
voglia
d
'
inseguirla
,
perché
la
caccia
era
la
sua
passione
prediletta
:
sebbene
ora
non
fosse
più
come
una
volta
,
dacché
aveva
nel
cuore
quest
'
altra
spina
.
Pur
nondimeno
si
messe
dietro
alla
Cervia
,
e
di
tanto
in
tanto
le
tirava
coll
'
arco
dei
dardi
,
che
la
gelavano
dalla
paura
,
quantunque
non
le
facessero
il
più
piccolo
male
:
perché
bisogna
sapere
che
la
sua
amica
Tulipano
vegliava
in
sua
difesa
:
e
non
ci
voleva
di
meno
della
mano
soccorritrice
di
una
fata
per
salvarla
dalla
morte
,
sotto
una
pioggia
di
colpi
così
bene
assestati
.
Non
è
possibile
essere
stracchi
,
come
lo
era
la
Principessa
delle
Cervie
,
così
poco
avvezza
a
questo
nuovo
esercizio
.
Alla
fine
ebbe
la
fortuna
di
svoltare
a
secco
per
una
viottola
,
dove
il
pericoloso
cacciatore
,
avendola
persa
di
vista
e
sentendosi
anch
'
esso
stanco
morto
,
non
si
ostinò
a
darle
dietro
.
Passata
in
questo
modo
la
giornata
,
la
povera
Cervia
vide
con
gioia
avvicinarsi
l
'
ora
di
tornare
a
casa
:
difatti
s
'
incamminò
verso
la
capanna
dove
Viola
-
a
-
ciocche
l
'
aspettava
con
impazienza
.
Entrata
in
camera
,
si
buttò
sul
letto
,
rifinita
e
grondante
di
sudore
.
Viola
-
a
-
ciocche
le
faceva
un
monte
di
carezze
e
si
struggeva
di
sapere
che
cosa
le
fosse
accaduto
.
Essendo
venuto
il
momento
di
perdere
la
sua
buccia
di
Cervia
,
la
bella
Principessa
riprese
la
sua
vera
sembianza
e
gettando
le
braccia
al
collo
della
sua
amica
del
cuore
:
"
Povera
me
!
"
,
disse
ella
,
"
io
credeva
di
dover
temere
soltanto
la
fata
della
fontana
e
le
bestie
feroci
della
foresta
:
ma
oggi
sono
stata
insegnita
da
un
giovine
cacciatore
:
l
'
ho
appena
veduto
,
tanto
io
fuggivo
a
gambe
:
mille
dardi
mi
minacciavano
una
morte
inevitabile
,
e
mi
son
salvata
,
non
so
neppur
io
come
"
.
"
Non
vi
conviene
più
andar
fuori
,
mia
bella
Principessa
"
;
disse
Viola
-
a
-
ciocche
,
"
date
retta
a
me
:
passate
in
questa
camera
il
tempo
fatale
della
vostra
penitenza
,
io
anderò
qui
alla
città
più
vicina
a
comprarvi
dei
libri
perché
abbiate
uno
svago
:
leggeremo
i
nuovi
racconti
che
hanno
scritto
sulle
fate
,
e
faremo
dei
versi
e
delle
canzonette
.
"
"
Taci
,
mia
cara
figlia
"
,
riprese
la
Principessa
,
"
mi
basta
la
cara
immagine
del
Principe
Guerriero
,
per
farmi
passare
piacevolmente
le
giornate
intere
;
ma
quella
stessa
potenza
che
mi
condanna
durante
il
giorno
alla
trista
condizione
di
Cervia
,
mi
forza
,
malgrado
mio
,
a
fare
quello
che
fanno
le
cervie
:
io
corro
,
salto
e
mangio
l
'
erba
com
'
esse
,
e
in
quel
tempo
lì
,
una
camera
sarebbe
per
me
una
prigione
insoffribile
.
"
Era
così
affaticata
dalla
caccia
che
chiese
da
mangiare
:
e
dopo
,
i
suoi
begli
occhi
si
chiusero
fino
allo
spuntar
dell
'
alba
.
Appena
si
accorse
che
faceva
giorno
,
accadde
la
solita
metamorfosi
ed
ella
riprese
la
via
della
foresta
.
Il
Principe
dal
canto
suo
era
tornato
sulla
sera
a
raggiungere
il
suo
grande
amico
.
"
Ho
passato
la
giornata
"
,
gli
disse
,
"
a
dar
dietro
alla
più
bella
Cervia
che
abbia
mai
veduto
:
più
di
cento
volte
essa
mi
ha
fatto
cilecca
con
una
sveltezza
straordinaria
:
e
sì
che
ho
tirato
giusto
,
né
so
capire
com
'
abbia
fatto
a
scansare
i
miei
colpi
.
Domani
a
giorno
vo
'
tornare
a
cercarla
,
e
questa
volta
non
mi
scappa
.
"
Infatti
il
giovane
Principe
che
faceva
di
tutto
per
divagarsi
da
un
'
idea
che
oramai
credeva
un
sogno
,
vedendo
che
la
caccia
per
lui
era
una
gran
distrazione
,
andò
di
buonissim
'
ora
nello
stesso
punto
dove
aveva
trovato
la
Cervia
;
ma
essa
aveva
pensato
bene
di
non
andarvi
,
per
paura
si
rinnovasse
il
brutto
caso
del
giorno
innanzi
.
Il
Principe
guardava
di
qua
e
di
là
,
e
seguitava
a
camminare
;
finché
,
essendo
un
po
'
accaldato
,
non
gli
parve
vero
di
trovare
delle
mele
,
che
al
colore
erano
bellissime
;
ne
colse
,
ne
mangiò
e
di
lì
a
poco
si
addormentò
come
un
ghiro
,
sdraiato
sull
'
erbetta
fresca
e
all
'
ombra
di
alcuni
alberi
,
sui
quali
molti
uccelletti
pareva
che
si
fossero
dati
il
punto
di
ritrovo
.
Mentre
dormiva
,
la
nostra
timida
Cervia
,
sempre
in
cerca
di
luoghi
solitari
,
passò
da
quella
parte
.
Se
l
'
avesse
veduto
subito
,
forse
sarebbe
scappata
:
ma
trovandosi
,
senza
addarsene
,
a
passare
rasente
a
lui
,
non
poté
stare
dal
guardarlo
:
e
il
suo
sonno
gli
parve
così
profondo
,
che
si
sentì
tanto
sicura
da
fermarsi
con
tutto
il
comodo
a
contemplarne
i
bei
lineamenti
.
Oh
Dei
!
Come
restò
quando
l
'
ebbe
riconosciuto
!
Quella
diletta
immagine
era
scolpita
troppo
nel
suo
cuore
,
perché
potesse
averla
dimenticata
in
sì
poco
tempo
.
Amore
,
amore
,
che
pretendi
da
lei
?
Vuoi
tu
che
Cervietta
si
esponga
a
perdere
la
vita
per
mano
del
Principe
?
Non
dubitare
,
lo
farà
;
essa
non
ha
più
testa
per
pensare
alla
propria
sicurezza
.
Si
accovacciò
a
pochi
passi
distante
da
lui
,
e
i
suoi
occhi
,
innamorati
a
guardarlo
,
non
sapevano
staccarsi
un
minuto
solo
:
sospirava
e
mandava
dei
piccoli
gemiti
;
finché
,
fattasi
un
po
'
di
coraggio
,
si
avvicinò
tanto
,
che
quasi
lo
toccava
:
quand
'
egli
si
svegliò
a
un
tratto
.
La
sua
meraviglia
fu
grande
.
Riconobbe
la
Cervia
che
gli
aveva
dato
tanto
da
fare
,
e
che
aveva
cercato
per
tutta
la
foresta
:
e
trovarsela
ora
così
vicina
,
gli
parve
quasi
un
miracolo
.
Essa
non
aspettò
che
egli
tentasse
di
prenderla
,
ma
fuggì
con
quanto
ne
avea
nelle
gambe
;
ed
egli
,
dietro
alla
gran
carriera
.
Di
tanto
in
tanto
si
fermavano
per
ripigliar
fiato
,
perché
la
bella
Cervia
era
stanca
del
giorno
innanzi
,
e
lo
stesso
era
del
Principe
.
Ma
ciò
che
faceva
rallentare
di
più
la
corsa
della
Cervia
,
era
...
ohimè
,
debbo
dirlo
?
era
il
gran
dispiacere
di
allontanarsi
da
colui
,
che
l
'
aveva
ferita
più
coi
suoi
pregi
che
colle
sue
frecce
.
Egli
la
vedeva
ogni
pochino
voltarsi
col
capo
verso
di
lui
,
come
per
chiedergli
se
voleva
che
ella
perisse
per
i
suoi
colpi
:
e
quando
egli
era
a
tocco
e
non
tocco
per
raggiungerla
,
ella
ripigliava
nuova
forza
per
scappare
.
"
Oh
!
se
tu
potessi
intendermi
,
Cervietta
mia
"
,
gridava
il
Principe
,
"
tu
non
mi
fuggiresti
a
questo
modo
!
Io
ti
amo
;
io
ti
voglio
dar
da
mangiare
.
Tu
sei
carina
,
e
io
voglio
aver
cura
di
te
.
"
Ma
il
vento
portava
via
le
parole
,
per
cui
non
arrivavano
fino
agli
orecchi
di
Cervia
.
Alla
fine
,
dopo
aver
fatto
il
giro
della
foresta
,
ella
,
non
avendo
più
fiato
da
correre
,
rallentò
il
passo
:
il
Principe
invece
raddoppiò
il
suo
e
la
raggiunse
con
una
gioia
,
della
quale
non
si
credeva
più
capace
.
Vide
subito
che
ella
aveva
finite
le
sue
forze
:
era
tutta
sdraiata
per
terra
,
come
una
povera
bestiola
,
mezza
morta
,
non
aspettando
altro
che
finire
la
vita
per
le
mani
del
suo
vincitore
.
Ma
esso
,
invece
di
mostrarsi
crudele
,
cominciò
a
carezzarla
.
"
Bella
Cervia
"
,
le
disse
,
"
non
aver
paura
:
vo
'
condurti
meco
,
e
devi
star
sempre
con
me
.
"
Tagliò
apposta
alcuni
rami
d
'
albero
:
li
piegò
con
garbo
,
li
ricuoprì
di
muschi
e
vi
sparse
su
delle
rose
,
colte
da
una
macchia
che
era
tutta
fiorita
.
Prese
quindi
la
Cervia
fra
le
sue
braccia
,
le
fece
appoggiare
il
capo
sul
collo
e
andò
a
posarla
amorosamente
sul
lettino
erboso
,
fatto
da
lui
.
Poi
si
sedette
accanto
cercando
qua
e
là
dei
fili
d
'
erba
,
che
le
presentava
alla
bocca
,
e
che
ella
mangiava
nella
sua
mano
.
Sebbene
non
sperasse
punto
di
essere
inteso
,
il
Principe
continuava
a
parlare
:
ed
ella
,
per
quanto
grande
fosse
il
piacere
che
provava
nel
vederlo
,
s
'
inquietava
per
l
'
avvicinarsi
della
notte
.
"
Che
sarà
mai
"
,
diceva
fra
sé
e
sé
,
"
caso
mi
vedesse
tutt
'
a
un
tratto
cambiar
di
sembianza
?
O
fuggirà
spaventato
,
o
,
se
non
fugge
,
che
avverrà
di
me
,
trovandomi
sola
sola
in
mezzo
a
questa
foresta
?
"
Ella
si
lambiccava
il
cervello
per
trovare
il
modo
di
mettersi
in
salvo
,
quand
'
egli
stesso
le
agevolò
la
strada
:
perché
,
nel
timore
che
la
Cervia
patisse
la
sete
,
se
ne
andò
a
cercare
un
qualche
ruscello
,
per
menarvela
;
ma
in
quel
mentre
che
stava
cercando
,
ella
se
la
dette
a
gambe
e
giunse
alla
capanna
,
dove
Viola
-
a
-
ciocche
l
'
aspettava
.
Si
gettò
di
nuovo
sul
letto
;
sopravvenne
la
notte
,
la
sua
metamorfosi
cessò
e
prese
a
raccontare
la
sua
avventura
.
"
Lo
crederai
,
mia
cara
?
"
,
ella
disse
all
'
amica
,
"
il
mio
Principe
Guerriero
è
qui
,
proprio
qui
in
questa
foresta
;
è
lui
che
da
due
giorni
mi
dà
la
caccia
,
e
che
,
dopo
avermi
presa
,
mi
ha
fatto
mille
carezze
.
Oh
!
com
'
è
poco
somigliante
il
ritratto
che
me
ne
fecero
!
Egli
è
cento
volte
più
bello
;
quello
stesso
disordine
,
che
sogliono
avere
i
cacciatori
negli
abiti
e
nella
persona
,
non
toglie
nulla
alla
sua
fisonomia
geniale
:
anzi
,
gli
dona
un
certo
non
so
che
,
da
non
potersi
ridire
a
parole
.
Non
son
io
forse
una
gran
disgraziata
a
dover
fuggire
questo
Principe
?
egli
che
mi
fu
destinato
da
'
miei
genitori
?
egli
che
mi
ama
ed
è
riamato
.
Non
ci
mancava
altro
che
una
fata
,
che
mi
pigliasse
a
noia
fin
dalla
mia
nascita
,
per
avvelenarmi
tutti
i
giorni
della
mia
vita
!..."
E
dette
in
un
gran
pianto
.
Viola
-
a
-
ciocche
la
consolò
e
le
fece
sperare
che
quanto
prima
le
sue
pene
si
cambierebbero
in
tante
allegrezze
.
Il
Principe
,
appena
ebbe
trovato
una
fonte
,
tornò
subito
dalla
sua
cara
Cervia
:
ma
la
Cervia
non
era
più
dove
l
'
aveva
lasciata
.
La
cercò
dappertutto
,
ma
inutilmente
,
e
se
la
prese
con
lei
,
come
se
l
'
avesse
creduta
capace
di
ragionare
.
"
Com
'
è
mai
possibile
"
,
egli
esclamò
,
"
che
io
debba
aver
sempre
dei
motivi
di
lagnarmi
di
questo
sesso
volubile
e
ingannatore
?
"
E
tornò
dalla
buona
vecchia
col
cuore
amareggiato
:
raccontò
al
suo
fido
amico
l
'
avventura
,
e
tacciò
la
Cervia
d
'
ingratitudine
.
Beccafico
non
poté
far
di
meno
di
ridere
della
bizza
del
Principe
,
e
gli
consigliò
di
punire
la
Cervia
,
la
prima
volta
che
gli
capitasse
sotto
.
"
Rimango
qui
apposta
,
"
rispose
il
Principe
"
dopo
ripartiremo
per
altri
paesi
più
lontani
.
"
Si
fece
daccapo
giorno
,
e
col
giorno
la
Principessa
riprese
la
figura
di
Cervia
bianca
.
Ella
non
sapeva
a
qual
partito
appigliarsi
:
o
andare
negli
stessi
luoghi
,
dove
il
Principe
era
solito
cacciare
;
o
tenere
una
strada
diversa
,
per
non
incontrarlo
.
Scelse
quest
'
ultimo
partito
,
e
si
allontanò
dimolto
,
ma
dimolto
assai
:
ma
il
giovane
Principe
,
furbo
quanto
lei
,
indovinò
che
essa
avrebbe
usata
questa
piccola
astuzia
;
ed
ecco
che
te
la
coglie
calda
calda
nel
più
fitto
della
foresta
,
dove
essa
credeva
di
essere
sicura
da
ogni
pericolo
.
Appena
essa
lo
vede
,
schizza
in
piedi
,
scavalca
le
macchie
,
e
impaurita
anche
di
più
per
il
caso
del
giorno
avanti
,
fugge
via
come
il
vento
,
ma
in
quella
che
sta
per
traversare
una
viottola
,
il
Principe
la
mira
così
giusto
,
che
le
pianta
una
freccia
nella
gamba
.
Ella
sentì
un
gran
male
,
e
non
avendo
più
forza
per
correre
,
si
lasciò
cadere
per
terra
.
Questa
trista
catastrofe
non
poteva
scansarsi
,
perché
la
fata
della
fontana
l
'
aveva
decretata
avanti
,
come
lo
scioglimento
della
strana
avventura
.
Il
Principe
si
avvicinò
e
fu
preso
da
un
vivo
dolore
nel
vedere
la
Cervia
che
grondava
sangue
;
strappò
alcune
erbe
,
le
accomodò
sulla
ferita
,
per
diminuirne
lo
spasimo
,
e
preparò
un
nuovo
letto
di
rami
e
di
foglie
.
Egli
teneva
la
testa
di
Cervietta
sulle
ginocchia
:
"
E
non
sei
tu
,
cervellino
volubile
"
,
le
disse
,
"
la
cagione
della
disgrazia
che
ti
è
toccata
?
Che
ti
aveva
io
fatto
di
male
,
ieri
,
da
abbandonarmi
a
quel
modo
?
Ma
oggi
non
mi
scappi
,
perché
ti
porterò
con
me
"
.
La
Cervia
non
rispose
nulla
:
e
che
cosa
poteva
dire
?
Aveva
torto
e
non
poteva
parlare
;
sebbene
non
sia
sempre
vero
che
quelli
che
hanno
torto
,
stiano
zitti
.
Il
Principe
la
finiva
dalle
carezze
.
"
Come
mi
dispiace
di
averti
ferita
"
,
le
diceva
,
"
tu
mi
odierai
e
io
voglio
invece
che
tu
mi
ami
.
"
A
sentirlo
,
pareva
che
una
voce
segreta
gl
'
ispirasse
quelle
cose
che
egli
diceva
a
Cervietta
.
Intanto
si
fece
l
'
ora
di
tornare
dalla
buona
vecchia
.
Egli
prese
la
sua
preda
,
e
non
fu
per
lui
piccola
fatica
quella
di
portarla
addosso
,
o
di
condurla
a
mano
,
o
di
strascinarsela
dietro
.
Essa
non
voleva
in
nessun
modo
andar
con
lui
.
"
Che
sarà
di
me
?
"
,
diceva
,
"
come
!
e
dovrò
trovarmi
sola
con
questo
Principe
?
No
:
piuttosto
la
morte
.
"
Ella
faceva
la
morta
e
gli
spiombava
le
spalle
col
peso
:
il
Principe
era
in
un
lago
di
sudore
e
colla
lingua
fuori
dalla
fatica
:
e
sebbene
la
capanna
non
fosse
molto
distante
,
sentiva
che
non
ci
sarebbe
potuto
arrivare
,
senza
qualcuno
che
gli
avesse
dato
una
mano
.
Pensò
di
chiamare
il
suo
fido
Beccafico
:
ma
prima
di
abbandonare
la
preda
,
la
legò
ben
bene
con
alcuni
nastri
a
pié
d
'
un
albero
,
per
paura
che
non
gli
scappasse
.
Ohimè
!
Chi
poteva
mai
figurarsi
che
la
più
bella
Principessa
del
mondo
sarebbe
un
giorno
trattata
in
questo
modo
da
un
Principe
che
l
'
adorava
?
Essa
si
provò
inutilmente
a
strappare
i
nastri
;
ma
i
suoi
sforzi
non
facevano
che
stringerli
di
più
,
e
stava
sul
punto
di
strozzarsi
con
un
nodo
scorsoio
,
che
le
stringeva
la
gola
,
quando
volle
il
caso
che
Viola
-
a
-
ciocche
,
stanca
di
starsene
chiusa
in
camera
,
uscì
per
prendere
una
boccata
d
'
aria
e
passò
sul
luogo
,
dov
'
era
la
Cervia
bianca
che
si
dibatteva
.
Come
rimase
a
vedere
la
sua
cara
Principessa
in
quello
stato
!
Non
poté
scioglierla
tanto
presto
,
come
avrebbe
voluto
,
perché
i
nastri
erano
fermati
con
molti
nodi
:
e
mentre
stava
per
menarla
via
,
ritornò
il
Principe
insieme
con
Beccafico
.
"
Per
quanto
grande
sia
il
rispetto
che
posso
aver
per
voi
,
o
signora
"
,
le
disse
il
Principe
,
"
permettetemi
di
oppormi
al
furto
che
volete
farmi
.
Questa
Cervia
l
'
ho
ferita
io
,
è
mia
;
io
le
voglio
bene
e
vi
supplico
di
lasciarmela
.
"
"
Signore
"
,
rispose
con
bella
maniera
Viola
-
a
-
ciocche
,
che
era
compitissima
e
graziosa
quanto
mai
,
"
questa
Cervia
apparteneva
a
me
prima
che
fosse
vostra
:
rinunzierei
piuttosto
alla
vita
,
che
a
lei
;
e
se
volete
vedere
come
ella
mi
conosce
,
non
dovete
far
altro
che
lasciarla
un
po
'
in
libertà
.
Animo
,
mia
bella
Bianchina
,
abbracciami
"
,
diss
'
ella
:
e
Cervietta
le
si
gettò
colle
zampe
al
collo
.
"
Baciami
qui
,
su
questa
gota
!
"
,
ed
essa
ubbidì
.
"
Toccami
dalla
parte
del
cuore
"
,
ed
essa
ci
portò
la
zampina
.
"
Fai
un
sospiro
"
ed
essa
sospirò
.
Il
Principe
non
poté
dubitare
di
quanto
affermava
Viola
-
a
-
ciocche
.
"
Io
ve
la
rendo
"
,
diss
'
egli
garbatamente
,
"
ma
vi
confesso
che
lo
faccio
a
malincuore
.
"
Ella
se
n
'
andò
via
subito
colla
sua
Cervia
.
Tanto
l
'
una
che
l
'
altra
non
sapevano
che
il
Principe
albergasse
sotto
lo
stesso
tetto
:
egli
le
pedinava
a
una
certa
distanza
,
e
restò
maravigliato
vedendole
entrare
dalla
buona
vecchia
,
che
stava
appunto
aspettandole
.
Dopo
pochi
minuti
vi
giunse
anch
'
esso
:
e
spinto
da
un
moto
di
curiosità
,
di
cui
era
cagione
la
Cervia
bianca
,
domandò
alla
vecchia
chi
fosse
la
giovane
signora
:
e
questa
disse
che
non
la
conosceva
né
punto
né
poco
,
che
l
'
aveva
presa
in
casa
colla
sua
Cervia
,
che
pagava
bene
,
e
che
viveva
ritiratissima
.
Beccafico
volle
bracare
,
e
domandò
dov
'
era
la
camera
di
quella
signora
:
e
gli
fu
risposto
che
era
vicina
alla
sua
e
separata
soltanto
da
un
semplice
intavolato
.
Quando
il
Principe
fu
nella
sua
stanza
,
Beccafico
gli
disse
,
o
che
egli
s
'
ingannava
all
'
ingrosso
,
o
quella
fanciulla
doveva
essere
stata
colla
Principessa
Desiderata
:
e
che
si
ricordava
di
averla
veduta
a
Corte
,
quando
vi
andò
ambasciatore
.
"
Perché
mi
richiamate
alla
mente
questi
tristi
ricordi
?
"
,
disse
il
Principe
,
"
per
quale
stranissimo
caso
volete
voi
che
ella
si
trovi
qui
?
"
"
Ecco
ciò
che
non
vi
so
dire
,
signor
mio
"
,
soggiunse
Beccafico
,
"
ma
mi
struggo
di
vederla
un
'
altra
volta
:
e
poiché
siamo
divisi
da
un
tramezzo
di
legno
,
voglio
farci
un
buco
.
"
"
Mi
pare
una
curiosità
inutile
"
,
disse
il
Principe
mestamente
,
perché
le
parole
di
Beccafico
gli
avevano
rinnuovato
tutti
i
suoi
dolori
:
e
aperta
la
finestra
,
che
guardava
nel
bosco
,
diventò
pensieroso
.
Intanto
Beccafico
lavorava
,
e
in
pochi
minuti
fece
un
buco
abbastanza
grande
da
poter
vedere
la
graziosa
Principessa
,
la
quale
era
vestita
di
un
abito
di
broccato
d
'
argento
,
sparso
di
fiori
color
rosa
,
ricamati
in
oro
e
smeraldi
:
i
suoi
capelli
cadevano
giù
in
grandi
riccioli
,
sul
più
bel
collo
,
che
si
possa
vedere
;
il
suo
carnato
brillava
de
'
più
vivi
colori
e
gli
occhi
innamoravano
a
guardarli
.
Viola
-
a
-
ciocche
stava
in
ginocchio
davanti
a
lei
,
e
con
alcune
strisce
di
tela
fasciava
il
braccio
della
Principessa
,
dal
quale
il
sangue
colava
in
grande
abbondanza
:
e
tutte
e
due
parevano
in
gran
pensiero
per
questa
ferita
.
"
Lasciami
morire
"
,
diceva
la
Principessa
,
"
meglio
la
morte
,
che
questa
vita
disgraziata
,
che
mi
tocca
a
fare
.
Che
si
canzona
!
esser
Cervia
tutto
il
giorno
:
veder
colui
,
al
quale
sono
destinata
,
senza
potergli
parlare
,
senza
fargli
conoscere
la
mia
fatale
sciagura
.
Ahimè
!
se
tu
sapessi
le
cose
appassionate
che
mi
ha
detto
,
sotto
la
mia
figura
di
Cervia
;
se
tu
sentissi
la
sua
voce
,
se
tu
vedessi
i
suoi
modi
nobili
e
seducenti
,
tu
mi
compiangeresti
anche
più
che
tu
non
faccia
,
per
essere
in
tale
stato
da
non
potergli
spiegare
il
mio
crudele
destino
.
"
Immaginatevi
lo
stupore
di
Beccafico
a
vedere
e
sentire
di
queste
cose
.
Corse
dal
Principe
,
e
tirandolo
via
dalla
finestra
,
con
un
trasporto
di
gioia
indicibile
:
"
Oh
signore
"
,
esclamò
,
"
spiccatevi
a
metter
l
'
occhio
al
buco
di
quest
'
intavolato
,
e
vedrete
il
vero
originale
del
ritratto
,
che
ha
formato
per
tanto
tempo
la
vostra
delizia
"
.
Il
Principe
guardò
e
riconobbe
subito
la
sua
Principessa
;
e
forse
sarebbe
morto
di
gioia
,
se
non
gli
fosse
venuto
il
sospetto
di
esser
vittima
di
qualche
incantesimo
;
difatti
,
come
mettere
d
'
accordo
un
incontro
così
maraviglioso
col
fatto
di
Spinalunga
e
sua
madre
chiuse
nel
castello
delle
Tre
Punte
,
una
col
nome
di
Desiderata
e
l
'
altra
con
quello
di
sua
dama
d
'
onore
?
Ma
la
passione
lo
lusingava
,
senza
contare
che
abbiamo
tutti
un
grandissimo
garbo
a
credere
ciò
che
si
desidera
.
Fatto
sta
che
nel
caso
suo
,
non
c
'
era
da
uscirne
:
o
morir
d
'
impazienza
o
accertarsi
della
verità
.
Senza
mettere
tempo
in
mezzo
,
egli
andò
a
bussare
con
molta
manierina
alla
porta
della
camera
,
dov
'
era
la
Principessa
.
Viola
-
a
-
ciocche
,
non
sospettando
che
potesse
esser
altri
che
la
buona
vecchia
,
e
avendo
anzi
bisogno
del
suo
aiuto
per
fasciare
il
braccio
della
sua
padrona
,
corse
subito
ad
aprire
,
e
figuratevi
come
restò
nel
trovarsi
a
faccia
a
faccia
col
Principe
,
il
quale
andò
a
gettarsi
ai
piedi
di
Desiderata
.
Era
tale
e
tanta
la
commozione
del
suo
animo
,
che
non
poté
fare
un
discorso
filato
e
ammodo
:
per
cui
,
sebbene
mi
sia
ingegnato
di
sapere
che
cosa
balbettasse
in
quei
primi
momenti
,
non
c
'
è
stato
nessuno
che
me
l
'
abbia
saputo
dire
.
La
Principessa
non
fu
meno
arruffata
di
lui
nelle
sue
risposte
:
ma
l
'
amore
,
che
spesso
e
volentieri
fa
da
interprete
fra
i
mutoli
,
c
'
entrò
di
mezzo
e
li
persuase
tutti
e
due
che
avevano
detto
le
cose
più
spiritose
e
più
appassionate
di
questo
mondo
.
Lacrime
,
sospiri
,
giuramenti
,
e
perfino
alcuni
graziosi
sorrisi
:
insomma
,
ci
fu
un
po
'
di
tutto
.
La
nottata
passò
così
:
si
fece
giorno
,
senza
che
Desiderata
se
n
'
accorgesse
nemmeno
,
ed
essa
non
divenne
più
Cervia
.
Non
c
'
è
da
potersi
immaginare
la
sua
allegrezza
,
appena
se
ne
avvide
:
ed
essa
voleva
troppo
bene
al
Principe
,
per
indugiare
a
dirgliene
il
motivo
:
e
così
cominciò
a
raccontare
la
sua
storia
,
e
lo
fece
con
tanta
grazia
e
con
tanta
eloquenza
naturale
,
da
mettere
in
soggezione
i
primi
avvocati
del
mondo
.
"
Come
!
"
,
esclamò
il
Principe
,
"
siete
dunque
voi
,
mia
graziosissima
Principessa
,
quella
che
io
ho
ferito
sotto
la
sembianza
di
una
Cervia
bianca
?
Che
cosa
debbo
fare
per
espiare
un
tal
delitto
?
Vi
basta
che
io
muoia
di
dolore
,
qui
sotto
i
vostri
occhi
?
"
Egli
era
così
mortificato
,
che
il
dispiacere
gli
si
vedeva
dipinto
sul
viso
.
Desiderata
ci
pativa
e
sentiva
più
dolore
di
questa
cosa
che
della
sua
ferita
;
e
voleva
persuaderlo
che
si
trattava
di
una
sgraffiatura
da
non
darsene
l
'
ombra
del
pensiero
e
che
,
in
fin
dei
conti
,
ella
non
poteva
dolersi
di
un
male
che
era
stato
cagione
per
lei
di
tanta
felicità
.
Il
modo
col
quale
egli
parlava
era
così
affettuoso
,
che
non
si
poteva
dubitare
della
verità
delle
sue
parole
.
E
perché
anch
'
essa
,
alla
sua
volta
,
potesse
essere
istruita
di
ogni
cosa
,
il
Principe
le
raccontò
la
trappoleria
usata
da
Spinalunga
e
da
sua
madre
,
aggiungendo
che
bisognava
mandar
subito
a
dire
al
Re
suo
padre
la
fortuna
che
egli
aveva
avuto
di
poterla
finalmente
trovare
,
perché
il
Re
si
preparava
appunto
a
muovere
una
guerra
micidiale
,
per
ottenere
soddisfazione
del
grand
'
affronto
che
credeva
di
aver
ricevuto
.
Desiderata
lo
pregò
di
scrivergli
una
lettera
e
di
mandargliela
per
Beccafico
,
e
la
cosa
stava
per
essere
fatta
,
quand
'
ecco
che
la
foresta
tutt
'
a
un
tratto
risuonò
di
una
fanfara
squillante
di
trombe
,
cornette
,
timballi
e
tamburi
.
E
parve
di
sentir
passare
gran
gente
lì
vicino
alla
capanna
.
Il
Principe
si
affacciò
alla
finestra
e
riconobbe
molti
ufficiali
,
le
sue
bandiere
e
i
suoi
alfieri
;
ai
quali
ordinò
di
far
alto
e
aspettarlo
.
Fu
per
quei
soldati
una
sorpresa
graditissima
:
perché
tutti
credevano
che
il
loro
Principe
si
sarebbe
messo
alla
testa
,
per
andare
a
vendicarsi
del
padre
di
Desiderata
.
Il
padre
del
Principe
,
sebbene
carico
d
'
anni
,
li
comandava
in
persona
.
Egli
si
faceva
portare
in
una
lettiga
di
velluto
ricamato
in
oro
:
e
dietro
a
lui
,
un
carro
scoperto
,
dov
'
erano
Spinalunga
e
sua
madre
.
Appena
veduta
la
lettiga
,
il
Principe
corse
subito
là
,
e
il
Re
,
stendendogli
le
braccia
,
l
'
abbracciò
con
una
tenerezza
veramente
paterna
.
"
E
di
dove
venite
,
mio
caro
figlio
?
"
,
domandò
il
vecchio
,
"
come
mai
avete
potuto
lasciarmi
nella
grande
afflizione
,
cagionatami
dalla
vostra
lontananza
?
"
"
Signore
"
,
disse
il
Principe
,
"
degnatevi
di
ascoltarmi
.
"
Il
Re
scese
subito
dalla
sua
portantina
,
e
ritiratosi
in
un
luogo
appartato
,
il
Principe
gli
raccontò
il
fortunato
incontro
che
aveva
fatto
e
le
furberie
di
Spinalunga
.
Il
Re
,
tutto
contento
di
questa
bella
avventura
,
alzò
le
braccia
e
gli
occhi
al
cielo
in
atto
di
rendimento
di
grazie
:
e
vide
in
questo
frattempo
farsi
avanti
la
Principessa
Desiderata
,
più
bella
e
più
risplendente
di
tutti
gli
astri
riuniti
insieme
.
Ella
montava
un
superbo
cavallo
,
che
caracollava
continuamente
:
cento
piume
di
diversi
colori
le
ornavano
il
capo
e
i
più
grossi
diamanti
del
mondo
erano
sparsi
sul
suo
abito
,
vestita
com
'
era
da
cacciatrice
.
Viola
-
a
-
ciocche
,
che
la
seguiva
,
non
stava
meno
bene
di
lei
:
e
questo
era
tutto
effetto
della
protezione
di
Tulipano
,
la
quale
aveva
condotto
ogni
cosa
con
molta
accuratezza
e
buon
successo
.
Era
essa
che
aveva
fabbricata
la
graziosa
capanna
di
legno
per
favorire
la
Principessa
,
e
sotto
le
sembianze
di
vecchia
,
l
'
aveva
poi
regalata
per
parecchi
giorni
.
Dopo
che
il
Principe
ebbe
riconosciuti
i
suoi
soldati
,
e
mentre
andava
a
trovare
il
Re
suo
padre
,
la
fata
entrò
nella
camera
di
Desiderata
:
le
soffiò
sul
braccio
per
guarirla
della
ferita
:
e
le
diede
gli
splendidi
vestiti
,
coi
quali
ella
si
mostrò
agli
occhi
del
Re
,
che
ne
rimase
tanto
meravigliato
,
da
stentare
a
credere
che
fosse
una
persona
mortale
.
Egli
le
disse
tutto
quello
che
si
può
immaginare
di
più
grazioso
e
gentile
in
un
caso
simile
,
e
la
scongiurò
a
non
differire
più
a
lungo
ai
suoi
sudditi
il
piacere
di
averla
per
Regina
.
"
Perché
"
,
egli
continuò
a
dire
,
"
io
sono
determinato
a
cedere
il
mio
regno
al
Principe
Guerriero
,
per
renderlo
in
questo
modo
più
degno
di
voi
.
"
Desiderata
gli
rispose
con
tutta
quella
gentilezza
,
che
c
'
è
da
aspettarsi
da
una
persona
squisitamente
educata
:
quindi
,
gettando
gli
occhi
sulle
due
prigioniere
che
erano
nel
carro
e
che
si
nascondevano
il
viso
colle
mani
,
ell
'
ebbe
la
generosità
di
chiedere
la
loro
grazia
,
e
che
lo
stesso
carro
servisse
a
condurle
dove
avessero
voluto
andare
.
Il
Re
acconsentì
al
suo
desiderio
;
ma
dové
ammirare
il
bel
cuore
di
Desiderata
e
ne
fece
i
più
grandi
elogi
del
mondo
.
Fu
dato
ordine
all
'
armata
di
tornare
indietro
.
Il
Principe
montò
a
cavallo
per
accompagnare
la
sua
bella
Principessa
:
e
giunti
alla
capitale
furono
ricevuti
con
mille
gridi
di
gioia
.
Si
allestirono
i
preparativi
per
il
giorno
delle
nozze
:
giorno
che
fu
una
vera
solennità
,
per
la
presenza
delle
sei
fate
amiche
e
propizie
alla
Principessa
.
Esse
le
fecero
i
più
ricchi
regali
,
che
mai
si
possano
immaginare
e
fra
gli
altri
,
il
magnifico
palazzo
nel
quale
la
Regina
era
stata
a
visitarle
,
apparve
a
un
tratto
per
aria
,
portato
da
cinquantamila
Amorini
,
i
quali
lo
posarono
in
una
bella
pianura
,
sulla
riva
del
fiume
.
Dopo
un
tal
dono
,
era
impossibile
farne
altri
di
maggior
valore
.
Il
fido
Beccafico
pregò
il
suo
signore
di
mettere
per
lui
una
buona
parola
con
Viola
-
a
-
ciocche
,
e
di
unirlo
con
essa
,
quand
'
egli
avesse
sposato
la
Principessa
:
ed
egli
lo
fece
volentieri
.
E
così
a
questa
cara
fanciulla
non
parve
vero
di
trovare
un
'
occasione
coi
fiocchi
,
arrivata
appena
in
un
paese
straniero
.
La
fata
Tulipano
,
che
aveva
le
mani
bucate
anche
più
delle
sue
sorelle
,
le
regalò
quattro
miniere
d
'
oro
nelle
Indie
,
perché
non
s
'
avesse
a
dire
che
il
suo
marito
era
più
ricco
di
lei
.
Le
nozze
del
Principe
durarono
parecchi
mesi
:
ogni
giorno
c
'
era
qualche
festa
di
nuovo
,
e
per
tutto
non
si
faceva
altro
che
cantare
le
avventure
di
Cervia
bianca
.
Se
tutti
i
racconti
delle
fate
dovessero
aver
per
forza
una
morale
,
questo
racconto
qui
non
saprebbe
proprio
dove
andare
a
pescarla
.
Salvo
sempre
il
caso
che
Cervia
bianca
,
colla
storia
pietosa
delle
sue
disgrazie
,
non
abbia
preteso
di
far
vedere
alle
giovinette
i
grandi
pericoli
che
ci
sono
,
a
volere
uscire
prima
del
tempo
fuori
dell
'
ombra
delle
pareti
domestiche
,
per
entrare
nella
luce
abbagliante
del
gran
mondo
.
Il
Principe
Amato
C
'
era
una
volta
un
Re
,
il
quale
era
proprio
una
persona
tanto
perbene
,
che
i
suoi
sudditi
lo
chiamavano
il
Re
buono
.
Un
giorno
,
mentre
trovavasi
a
caccia
,
accadde
che
un
coniglio
bambino
,
che
stava
lì
per
essere
ucciso
dai
cani
,
venne
a
gettarsi
fra
le
sue
braccia
.
Il
Re
fece
delle
carezze
alla
povera
bestiolina
e
disse
:
"
Giacché
si
è
messo
sotto
la
mia
protezione
,
non
voglio
che
nessuno
gli
faccia
del
male
"
.
E
portò
il
piccolo
coniglio
nel
suo
palazzo
,
e
gli
fece
dare
una
bella
stanzina
e
delle
erbe
eccellenti
da
mangiare
.
Nella
notte
,
quando
fu
solo
in
camera
,
il
Re
vide
apparire
una
bella
donna
,
la
quale
non
era
vestita
con
abiti
ricamati
d
'
oro
e
d
'
argento
,
ma
la
sua
veste
era
bianca
come
la
neve
,
e
portava
in
testa
una
corona
di
rose
bianche
.
Il
buon
Re
rimase
molto
maravigliato
nel
vedere
questa
signora
,
tanto
più
che
l
'
uscio
di
camera
era
chiuso
,
né
sapeva
capacitarsi
come
diavolo
avesse
fatto
a
passar
dentro
.
"
Io
sono
la
fata
Candida
,
e
passando
per
il
bosco
mentre
eravate
a
caccia
,
volli
vedere
se
veramente
siete
quel
buon
Re
,
che
tutti
dicono
.
A
questo
fine
presi
la
figura
di
un
piccolo
coniglio
e
mi
messi
in
salvo
fra
le
vostre
braccia
:
perché
so
che
chi
sente
pietà
per
le
bestie
,
la
sente
anche
per
gli
uomini
:
e
se
mi
aveste
ricusato
il
vostro
soccorso
,
vi
avrei
tenuto
per
un
cattivo
.
Vi
ringrazio
dunque
del
bene
che
mi
avete
fatto
,
e
contate
che
io
sarò
sempre
vostra
buonissima
amica
.
Voi
non
dovete
far
altro
che
chiedere
,
e
tutto
vi
sarà
accordato
"
.
"
Signora
"
,
disse
il
buon
Re
,
"
poiché
siete
una
fata
,
voi
dovete
leggermi
in
cuore
quel
che
desidero
.
Io
non
ho
che
un
figlio
solo
,
al
quale
voglio
un
bene
dell
'
anima
,
tanto
che
lo
chiamano
tutti
il
Principe
Amato
.
Se
mi
volete
fare
un
regalo
,
pigliate
a
benvolere
questo
mio
figlio
.
"
"
Con
tutto
il
cuore
"
,
rispose
la
fata
,
"
io
posso
fare
del
vostro
figlio
o
il
più
bel
Principe
del
mondo
,
o
il
più
ricco
,
o
il
più
potente
.
Scegliete
voi
.
"
"
Nulla
di
tutto
questo
"
,
replicò
il
buon
Re
,
"
quanto
a
me
,
vi
sarò
obbligatissimo
se
vorrete
farne
il
migliore
dei
Principi
.
A
che
gli
servirebbe
di
esser
bello
,
ricco
e
padrone
di
tutti
i
regni
del
mondo
,
se
fosse
cattivo
?
Voi
sapete
meglio
di
me
che
sarebbe
un
disgraziato
,
perché
non
c
'
è
che
la
virtù
che
renda
veramente
felici
.
"
"
Avete
mille
ragioni
"
,
rispose
Candida
,
"
ma
non
è
in
mio
potere
di
far
diventar
buono
il
Principe
Amato
,
a
suo
dispetto
:
se
vuol
esser
virtuoso
,
bisogna
che
anch
'
esso
ci
metta
dell
'
impegno
e
della
buona
volontà
.
Tutto
quel
più
che
posso
promettervi
è
di
dargli
dei
buoni
consigli
,
di
riprenderlo
quando
farà
male
:
e
anche
di
castigarlo
,
se
non
voglia
correggersi
o
punirsi
da
sé
.
"
Il
buon
Re
fu
arcicontento
di
questa
promessa
,
e
dopo
poco
morì
.
Amato
pianse
moltissimo
il
padre
,
perché
era
tutta
la
sua
affezione
,
e
avrebbe
dato
volentieri
regni
,
oro
,
argento
,
ogni
cosa
insomma
,
per
poterlo
salvare
:
ma
non
era
possibile
.
Due
giorni
dopo
la
morte
del
Re
,
mentre
Amato
era
a
letto
,
Candida
gli
apparve
e
gli
disse
:
"
Ho
promesso
a
vostro
padre
di
esservi
buona
amica
;
e
in
segno
che
voglio
mantenere
la
mia
parola
,
eccomi
qua
a
farvi
un
regalo
"
.
E
nel
dir
così
,
infilò
un
anellino
nel
dito
di
Amato
e
gli
disse
:
"
Tenete
conto
di
quest
'
anello
:
è
più
prezioso
dei
brillanti
;
ogni
volta
che
sarete
per
fare
una
cattiva
azione
,
vi
pungerà
il
dito
:
ma
se
nonostante
la
puntura
,
vi
ostinerete
nel
male
,
perderete
la
mia
amicizia
e
diventerò
vostra
nemica
"
.
Dette
queste
parole
,
Candida
sparì
e
lasciò
Amato
fuori
di
sé
dallo
stupore
.
Per
qualche
tempo
egli
fu
così
ammodo
e
perbene
,
che
non
sentì
mai
bucarsi
dall
'
anello
:
e
questa
cosa
lo
rendeva
tanto
contento
,
che
al
suo
nome
di
Amato
,
che
già
portava
,
gli
venne
aggiunto
anche
quello
di
Felice
.
Accadde
però
che
in
quei
giorni
essendo
andato
a
caccia
e
non
avendo
morto
nessun
animale
,
entrò
di
cattivissimo
umore
.
Allora
gli
parve
che
l
'
anello
gli
pigiasse
,
così
non
ci
badò
né
tanto
né
quanto
.
Entrato
che
fu
nella
sua
camera
,
la
canina
Bibì
gli
venne
incontro
,
tutta
saltellante
in
atto
di
fargli
festa
,
ma
egli
le
disse
:
"
Passa
a
cuccia
!
Ho
altro
per
il
capo
che
le
tue
carezze
"
.
Ma
la
povera
canina
che
non
capiva
nulla
di
quel
che
diceva
,
gli
tirava
il
vestito
per
obbligarlo
almeno
a
voltarsi
a
guardarla
.
Questo
bastò
per
fargli
perdere
la
pazienza
e
le
lasciò
andare
una
gran
pedata
.
In
quel
momento
l
'
anello
lo
punse
così
forte
,
come
se
fosse
stato
uno
spillo
.
Egli
ne
restò
confuso
,
e
tutto
rosso
dalla
vergogna
andò
a
nascondersi
in
un
canto
della
sua
camera
.
E
intanto
pensava
:
"
Io
credo
che
la
fata
abbia
voglia
di
burlarsi
di
me
:
che
male
ci
può
essere
a
dare
una
pedata
a
una
bestia
che
viene
a
seccarmi
?
siamo
giusti
:
a
che
mi
servirebbe
di
essere
il
sovrano
di
un
grand
'
impero
,
se
non
fossi
neanche
padrone
di
picchiare
il
mio
cane
?
"
.
"
Io
non
mi
burlo
di
voi
"
,
disse
una
voce
che
rispondeva
al
pensiero
di
Amato
,
"
voi
avete
commesso
tre
errori
,
invece
di
uno
:
siete
entrato
di
cattivo
umore
,
perché
vorreste
tutte
le
cose
a
modo
vostro
e
perché
credete
che
le
bestie
e
gli
uomini
sieno
creati
apposta
per
ubbidirvi
;
siete
andato
in
furia
,
e
anche
questa
è
una
cosa
bruttissima
;
in
terzo
luogo
,
vi
siete
mostrato
crudele
con
una
povera
bestiuola
,
che
non
si
meritava
davvero
di
essere
presa
a
calci
.
Lo
so
anch
'
io
che
voi
siete
molto
al
di
sopra
di
un
cane
,
ma
se
fosse
lecito
e
ragionevole
che
i
grandi
potessero
maltrattare
la
gente
che
sta
al
disotto
di
loro
,
io
potrei
in
questo
momento
battervi
e
anche
uccidervi
;
perché
una
fata
è
da
più
d
'
un
uomo
.
Il
vantaggio
di
trovarsi
padroni
di
un
grande
impero
,
non
sta
nel
poter
far
tutto
il
male
che
si
vuole
,
ma
tutto
il
bene
che
si
può
.
"
Amato
riconobbe
il
suo
errore
e
diè
parola
di
emendarsene
.
Ma
fu
come
dire
al
vento
.
Bisogna
sapere
che
fin
da
bambino
era
stato
allevato
da
una
sciocca
governante
,
che
lo
aveva
avvezzato
male
.
Se
voleva
una
cosa
,
non
doveva
far
altro
che
piangere
,
imbizzirsi
,
pestare
i
piedi
e
quella
lo
contentava
subito
,
e
così
ne
faceva
un
ostinato
,
da
non
poterci
campare
.
Fra
le
altre
cose
,
essa
passava
le
giornate
intere
a
dirgli
e
ripetergli
che
un
giorno
sarebbe
diventato
Re
,
e
che
i
Re
erano
felicissimi
perché
tutti
gli
uomini
dovevano
ubbidirli
e
venerarli
,
e
perché
erano
padroni
di
cavarsi
tutti
i
capricci
che
frullavano
loro
per
la
testa
.
Quand
'
Amato
crebbe
e
fu
in
caso
di
ragionare
,
riconobbe
da
sé
che
non
c
'
era
cosa
tanto
brutta
,
come
quella
di
mostrarsi
disprezzanti
,
orgogliosi
e
testardi
.
E
si
studiò
di
correggersi
,
ma
ormai
si
era
tirato
su
con
tutti
questi
difetti
,
e
quando
si
è
presa
una
cattiva
piega
è
difficile
abbandonarla
.
Non
si
può
dire
,
peraltro
,
che
in
fondo
in
fondo
fosse
cattivo
di
cuore
:
ché
anzi
,
quando
aveva
commesso
qualche
errore
,
piangeva
dal
dispetto
e
diceva
:
"
Quanto
son
disgraziato
di
dover
combattere
tutti
i
giorni
contro
la
mia
superbia
e
contro
il
mio
naturale
bizzoso
.
Se
da
ragazzo
mi
avessero
sgridato
,
ora
non
mi
ritroverei
a
questo
dispiacere
"
.
L
'
anello
lo
pungeva
spesso
,
e
allora
,
se
egli
stava
facendo
un
'
azione
non
bella
,
si
fermava
subito
:
altre
volte
invece
non
ci
badava
e
tirava
avanti
:
e
la
cosa
curiosa
era
questa
:
che
per
i
piccoli
falli
,
l
'
anello
lo
pungeva
poco
:
ma
quando
poi
si
mostrava
cattivo
davvero
,
allora
gli
faceva
uscire
il
sangue
dal
dito
.
Alla
fine
perse
la
pazienza
e
volendo
essere
un
malanno
quanto
gli
pareva
e
piaceva
,
gettò
via
l
'
anello
.
Liberato
dalla
seccatura
di
sentirsi
bucare
,
credé
di
essere
il
mortale
più
felice
della
terra
.
Si
buttò
allo
sbaraglio
e
ne
fece
di
ogni
risma
e
colore
:
talché
diventò
un
vero
rompicollo
e
nessuno
lo
poteva
soffrire
.
Un
giorno
che
Amato
era
alla
passeggiata
,
vide
una
fanciulla
tanto
bella
che
esso
si
messe
subito
nell
'
idea
di
volerla
sposare
.
Si
chiamava
Zelia
ed
era
una
ragazzina
tanto
perbene
,
quanto
era
bella
.
Amato
si
figurava
che
a
Zelia
sarebbe
parso
di
toccare
il
cielo
con
un
dito
a
poter
diventare
una
gran
Regina
;
ma
la
fanciulla
invece
gli
disse
senza
tanti
complimenti
:
"
Sire
,
io
sono
una
povera
contadinella
e
senza
un
soldo
di
dote
:
eppure
,
sebbene
nuda
bruca
,
non
vi
sposerò
mai
"
.
"
Che
forse
non
vi
piaccio
?
"
,
le
domandò
Amato
un
tantino
commosso
.
"
No
,
mio
Principe
"
,
rispose
Zelia
,
"
per
me
siete
bellissimo
,
come
lo
siete
difatti
:
ma
a
che
vi
gioverebbe
la
vostra
bellezza
,
le
vostre
ricchezze
,
i
bei
vestiti
e
le
belle
carrozze
che
avete
,
se
i
vostri
cattivi
portamenti
mi
costringessero
tutti
i
giorni
a
pigliarvi
in
uggia
e
dispetto
?
"
Amato
s
'
imbestialì
contro
Zelia
e
ordinò
a
'
suoi
ufficiali
di
condurla
per
forza
al
palazzo
.
Quanto
fu
lunga
la
giornata
,
non
seppe
darsi
pace
di
vedersi
così
disprezzato
da
questa
fanciulla
:
ma
perché
le
voleva
bene
,
non
trovava
il
verso
di
maltrattarla
.
Fra
i
cattivi
compagni
di
Amato
,
c
'
era
un
suo
fratello
di
latte
,
col
quale
si
confidava
in
tutto
e
per
tutto
.
Quest
'
uomo
,
che
aveva
delle
passioni
volgarissime
,
com
'
era
volgare
la
sua
nascita
,
accarezzava
le
passioni
del
padrone
e
lo
metteva
sempre
per
la
cattiva
strada
.
Nel
vedere
che
Amato
era
di
umore
tristo
,
gli
domandò
la
cagione
della
sua
tristezza
.
E
avendogli
il
Principe
risposto
che
non
sapeva
rassegnarsi
al
disprezzo
di
Zelia
,
e
che
aveva
fatto
giuro
di
emendarsi
de
'
suoi
difetti
,
perché
per
piacere
a
lei
bisognava
essere
persone
oneste
e
virtuose
,
quel
malanno
uscì
fuori
col
dirgli
:
"
Siete
molto
ma
molto
buono
,
a
usar
tanti
riguardi
con
quella
ragazzuccia
:
se
fossi
io
ne
'
vostri
panni
,
saprei
quel
che
fare
per
costringerla
a
ubbidirmi
:
ricordatevi
che
siete
Re
e
che
vi
farebbe
un
gran
torto
a
darla
vinta
ai
capricci
di
una
contadina
,
la
quale
dovrebbe
stimarsi
felice
di
essere
ammessa
fra
le
vostre
schiave
.
Cominciate
a
tenerla
a
stecchetto
,
a
pane
e
acqua
:
rinserratela
in
una
prigione
e
,
se
perfidia
a
non
volervi
sposare
,
fatela
morire
in
mezzo
ai
tormenti
,
non
foss
'
altro
per
insegnare
agli
altri
a
chinare
il
capo
ai
vostri
voleri
.
Se
si
viene
a
risapere
che
vi
siete
lasciato
imporre
da
una
monella
,
ci
rimetterete
un
tanto
di
reputazione
,
e
i
vostri
sudditi
non
si
ricorderanno
più
che
sono
al
mondo
apposta
per
servirvi
"
.
"
Ma
"
,
chiese
Amato
,
"
non
sarei
ugualmente
portato
per
bocca
,
se
facessi
morire
un
'
innocente
?
Perché
,
in
fin
dei
conti
,
Zelia
non
è
rea
di
alcun
delitto
.
"
"
Chi
si
ribella
ai
vostri
comandi
,
non
è
mai
innocente
"
,
riprese
il
malvagio
consigliere
,
"
ma
dato
anche
che
dobbiate
commettere
un
'
ingiustizia
,
è
sempre
meglio
far
sapere
che
siete
ingiusto
,
di
quello
che
s
'
abbia
a
dire
che
sia
lecito
qualche
volta
mancarvi
di
rispetto
e
di
sommissione
.
"
Il
cortigiano
stuzzicava
Amato
nel
suo
debole
;
e
la
paura
di
veder
diminuita
la
propria
autorità
fece
tanto
effetto
sull
'
animo
del
Re
,
da
far
tacere
le
buone
intenzioni
che
egli
aveva
avuto
di
darsi
al
buono
.
Difatti
fissò
la
sera
stessa
di
andare
nella
camera
della
villanella
e
di
pigliarla
colle
cattive
,
caso
si
fosse
ostinata
a
non
volerlo
sposare
.
Il
fratello
di
latte
di
Amato
,
per
evitare
il
pericolo
che
avesse
a
pentirsi
,
riunì
tre
giovani
signorotti
,
tristi
da
quanto
lui
,
per
fare
un
'
orgia
in
compagnia
del
Re
:
e
cenando
insieme
s
'
ingegnarono
di
farlo
bere
come
una
spugna
,
perché
questo
povero
Principe
perdesse
affatto
il
lume
della
ragione
.
Durante
la
cena
lo
messero
su
contro
Zelia
e
gli
rinfacciarono
tante
e
tante
volte
la
sua
debolezza
di
carattere
,
che
alla
fine
egli
si
alzò
da
tavola
giurando
e
spergiurando
che
voleva
essere
ubbidito
,
e
subito
:
o
se
no
,
il
giorno
dopo
l
'
avrebbe
fatta
vendere
sul
mercato
come
una
schiava
.
Quando
Amato
entrò
nella
camera
della
fanciulla
,
restò
sorpreso
di
non
trovarcela
:
tanto
più
che
egli
stesso
aveva
la
chiave
in
tasca
.
Prese
una
furia
bestiale
,
e
giurò
lo
sterminio
di
tutti
quelli
che
avessero
dato
mano
alla
fuga
di
Zelia
.
I
suoi
compagni
di
vizio
,
nel
sentire
un
discorso
simile
,
pensarono
di
trar
partito
dal
suo
cieco
furore
,
per
rovinare
un
gentiluomo
,
che
era
stato
aio
di
Amato
.
Questo
brav
'
uomo
si
era
preso
qualche
volta
la
libertà
di
ammonire
il
Re
de
'
suoi
difetti
,
perché
gli
voleva
bene
come
a
un
figlio
.
Amato
cominciò
col
ringraziarlo
;
ma
poi
impazientitosi
di
vedersi
contraddetto
,
finì
col
credere
che
fosse
unicamente
per
ispirito
di
opposizione
,
se
l
'
aio
suo
lo
ripigliava
di
certi
mancamenti
:
mentre
tutti
gli
altri
non
facevano
che
lodarlo
e
dirne
un
gran
bene
.
Amato
gli
ordinò
di
allontanarsi
dalla
Corte
:
peraltro
,
malgrado
quest
'
ordine
,
gli
rendeva
giustizia
,
ripetendo
che
era
un
onest
'
uomo
,
e
sebbene
non
lo
avesse
più
nelle
sue
buone
grazie
,
si
sentiva
obbligato
,
a
suo
marcio
dispetto
,
a
doverlo
stimare
.
I
suoi
amici
stavano
sempre
colla
paura
che
un
giorno
o
l
'
altro
gli
pigliasse
l
'
estro
di
richiamare
l
'
aio
;
finché
credettero
di
aver
trovato
il
bandolo
per
levarselo
affatto
di
fra
i
piedi
.
E
per
far
questo
,
dettero
ad
intendere
al
Re
che
Solimano
(
era
il
nome
di
quella
degna
persona
)
si
era
vantato
di
rendere
la
libertà
a
Zelia
.
Tre
individui
,
comprati
con
mance
e
regali
,
raccontarono
di
aver
sentito
questo
discorso
dalla
bocca
stessa
di
Solimano
;
talché
il
Principe
perse
il
lume
degli
occhi
:
comandò
al
suo
fratello
di
latte
di
mandare
dei
soldati
,
perché
gli
conducessero
dinanzi
il
suo
aio
e
governatore
,
ammanettato
come
un
assassino
.
Dato
quest
'
ordine
,
Amato
se
ne
tornò
nella
sua
camera
;
ma
appena
fu
dentro
,
la
terra
tremò
:
si
sentì
un
tuono
spaventoso
e
Candida
apparve
dinanzi
a
'
suoi
occhi
.
"
Avevo
promesso
a
vostro
padre
"
,
diss
'
ella
con
voce
severa
,
"
di
darvi
dei
consigli
,
e
di
punirvi
,
se
aveste
ricusato
seguirli
.
Questi
consigli
voi
li
avete
disprezzati
e
a
voi
non
rimane
altro
che
l
'
aspetto
di
uomo
;
perché
i
vostri
difetti
vi
hanno
trasformato
in
un
mostro
da
far
ribrezzo
al
cielo
e
alla
terra
.
È
tempo
che
io
mantenga
la
mia
promessa
e
che
vi
punisca
.
Io
dunque
vi
condanno
a
diventare
simile
alle
bestie
,
colle
quali
avete
in
comune
le
inclinazioni
.
Vi
siete
reso
simile
al
leone
per
la
collera
violenta
;
al
lupo
per
la
voracità
;
al
serpente
straziando
colui
che
vi
aveva
fatto
da
secondo
padre
;
al
toro
per
la
vostra
brutalità
.
Nel
vostro
nuovo
aspetto
,
serberete
un
po
'
delle
forme
e
del
carattere
di
tutti
questi
animali
.
"
Appena
la
fata
ebbe
finito
di
dir
così
,
Amato
si
vide
subito
,
con
suo
grandissimo
spavento
,
trasformato
e
diventato
tale
e
quale
aveva
ordinato
la
fata
.
La
sua
testa
era
di
leone
,
le
corna
di
toro
,
i
piedi
di
lupo
e
la
coda
di
vipera
.
E
nello
stesso
tempo
si
trovò
in
mezzo
a
un
gran
bosco
,
proprio
sull
'
orlo
di
una
fontana
,
dove
poté
specchiarsi
e
vedere
la
sua
orribile
figura
:
e
sentì
una
voce
che
gli
disse
:
"
Guarda
un
po
'
lo
stato
in
cui
ti
hanno
ridotti
i
vizi
:
eppure
la
tua
anima
è
anche
più
brutta
dello
stesso
corpo
"
.
Amato
riconobbe
la
voce
di
Candida
e
in
un
accesso
di
furore
si
voltò
per
lanciarsi
contro
di
lei
e
divorarla
,
se
avesse
potuto
;
ma
non
vide
anima
viva
,
e
la
stessa
voce
gli
disse
:
"
Io
mi
rido
della
tua
impotenza
e
de
'
tuoi
furori
.
Io
confonderò
il
tuo
orgoglio
,
rendendoti
lo
zimbello
de
'
tuoi
stessi
sudditi
"
.
Amato
pensò
che
,
allontanandosi
da
quella
fontana
,
avrebbe
trovato
un
po
'
di
rifrigerio
ai
suoi
tormenti
:
non
foss
'
altro
non
avrebbe
avuto
più
dinanzi
agli
occhi
la
sua
bruttezza
e
la
sua
deformità
:
e
detto
fatto
,
s
'
inoltrò
nel
bosco
;
ma
dopo
pochi
passi
cascò
dentro
una
buca
,
scavata
apposta
per
prendere
gli
orsi
,
e
in
quel
punto
stesso
alcuni
cacciatori
,
che
stavano
nascosti
sugli
alberi
,
scesero
e
,
dopo
averlo
incatenato
,
lo
menarono
alla
capitale
del
suo
regno
.
E
lungo
la
strada
mandava
mille
imprecazioni
,
mordeva
le
catene
e
faceva
la
bava
dalla
rabbia
,
mentre
avrebbe
fatto
meglio
a
riconoscere
che
quel
castigo
se
l
'
era
chiamato
addosso
unicamente
per
colpa
sua
.
Nell
'
avvicinarsi
alla
città
,
dove
lo
conducevano
,
vide
grandi
feste
di
allegrezza
pubblica
:
e
i
cacciatori
avendo
chiesto
che
cosa
ci
fosse
di
nuovo
,
fu
loro
risposto
che
quel
principe
Amato
,
che
si
divertiva
a
tormentare
i
suoi
sudditi
,
era
stato
incenerito
da
un
fulmine
nella
sua
camera
.
Così
la
raccontavano
,
e
così
la
credevano
.
"
Gli
Dei
"
,
aggiungevano
altri
,
"
non
potevano
patire
più
a
lungo
gli
eccessi
della
sua
malvagità
,
e
ne
hanno
liberata
la
terra
.
Quattro
signori
,
complici
di
lui
,
credevano
di
profittarne
e
di
spartirsi
fra
loro
il
regno
:
ma
il
popolo
che
sapeva
che
erano
stati
essi
coi
loro
tristi
consigli
che
avevano
traviato
il
Re
,
li
ha
fatti
a
pezzi
ed
ha
offerto
il
trono
a
Solimano
,
che
quel
malanno
di
Amato
voleva
far
morire
a
ogni
costo
.
Il
degno
gentiluomo
è
stato
incoronato
poco
fa
,
e
noi
festeggiamo
questo
giorno
,
come
quello
della
liberazione
del
regno
:
perché
Solimano
è
una
gran
brava
persona
e
si
prepara
a
ricondurre
fra
noi
la
pace
e
l
'abbondanza."
Nel
sentire
questi
discorsi
,
Amato
fremeva
di
rabbia
;
ma
si
trovò
a
peggio
,
quando
giunse
sulla
gran
piazza
davanti
al
suo
palazzo
.
Fu
lì
che
vide
Solimano
assiso
sopra
un
magnifico
trono
e
tutto
il
popolo
a
desiderargli
una
lunga
vita
,
per
riparare
al
gran
male
fatto
dal
suo
predecessore
.
Solimano
fece
segno
colla
mano
per
chiedere
un
po
'
di
silenzio
,
e
disse
al
popolo
:
"
Io
ho
accettato
la
corona
che
mi
avete
offerta
,
ma
l
'
ho
fatto
per
serbarla
al
principe
Amato
.
Egli
non
è
morto
,
come
ve
l
'
hanno
dato
ad
intendere
.
Lo
so
da
una
fata
,
e
forse
un
giorno
lo
rivedremo
buono
e
virtuoso
com
'
era
stato
nella
sua
prima
giovinezza
.
Ohimè
!
"
seguitò
a
dire
colle
lacrime
agli
occhi
"
gli
adulatori
lo
avevano
sedotto
.
Io
conosceva
bene
il
suo
cuore
,
che
era
fatto
per
la
virtù
:
e
senza
i
malvagi
suggerimenti
di
coloro
che
gli
stavano
accosto
,
egli
sarebbe
stato
un
buon
padre
a
tutti
voi
.
Detestate
i
suoi
vizi
,
ma
compiangetelo
;
e
tutti
insieme
preghiamo
gli
Dei
perché
ce
lo
rendano
.
In
quanto
a
me
,
mi
stimerei
ben
fortunato
di
dare
tutto
il
mio
sangue
per
vederlo
risalire
sul
trono
,
con
tutte
le
virtù
degne
di
un
gran
sovrano
"
.
Le
parole
di
Solimano
toccarono
il
cuore
di
Amato
.
Egli
conobbe
allora
quanto
fosse
sincero
l
'
affetto
e
fedeltà
di
quest
'
uomo
:
e
per
la
prima
volta
rinfacciò
a
se
stesso
la
propria
colpa
.
Appena
ebbe
dato
retta
a
questo
segno
di
ravvedimento
,
cominciò
a
sentirsi
calmare
quella
rabbia
che
lo
rodeva
vivo
;
e
ripensando
ai
falli
commessi
nella
vita
,
si
capacitò
che
non
era
stato
punito
in
ragione
del
merito
.
Smesse
,
intanto
,
di
sbatacchiarsi
dentro
la
gabbia
di
ferro
dov
'
era
incatenato
,
e
diventò
agevole
come
un
agnello
.
Fu
portato
in
un
gran
serraglio
,
dove
si
tenevano
tutti
i
mostri
e
gli
animali
feroci
e
venne
rinchiuso
insieme
cogli
altri
.
Amato
fece
allora
un
animo
risoluto
e
cominciò
a
voler
riparare
al
mal
fatto
,
col
mostrarsi
obbediente
e
sommesso
al
guardiano
che
l
'
aveva
in
custodia
.
Ma
costui
era
un
omaccio
,
e
quando
aveva
le
paturne
,
lo
bastonava
senza
motivo
e
senza
discrezione
,
sebbene
ei
fosse
docilissimo
e
alla
mano
.
Un
bel
giorno
che
il
guardiano
s
'
era
addormentato
accadde
che
una
tigre
,
rotta
la
gabbia
,
si
avventò
su
di
esso
per
divorarlo
.
Amato
,
nel
primo
momento
,
provò
una
specie
di
contentezza
,
nel
vedere
che
stava
per
essere
liberato
dal
suo
persecutore
:
ma
si
pentì
subito
di
questo
sentimento
e
desiderò
di
trovarsi
libero
.
"
Io
sento
"
,
diss
'
egli
,
"
che
sarei
capace
di
rendere
ben
per
male
,
salvando
la
vita
a
quel
disgraziato
.
"
Appena
ebbe
formato
questo
desiderio
,
vide
aperta
la
sua
gabbia
di
ferro
:
ed
egli
si
slanciò
dalla
parte
di
quell
'
uomo
che
si
era
già
svegliato
e
che
si
difendeva
contro
la
tigre
.
Quando
il
guardiano
vide
anche
il
mostro
,
si
fece
bell
'
e
spedito
:
ma
il
suo
spavento
si
cambiò
presto
in
allegrezza
,
perché
il
mostro
benefico
si
gettò
sulla
tigre
,
la
strangolò
,
e
dopo
andò
ad
accovacciarsi
ai
piedi
del
guardiano
che
aveva
liberato
.
In
segno
di
gratitudine
,
quell
'
uomo
stava
chinandosi
per
fare
delle
carezze
al
mostro
,
che
gli
aveva
reso
un
sì
gran
favore
,
quando
sentì
una
voce
che
disse
:
"
Una
buona
azione
non
resta
mai
senza
ricompensa
"
e
nel
tempo
stesso
,
invece
del
mostro
,
vide
ai
suoi
piedi
un
grazioso
canino
.
Amato
,
lietissimo
di
questa
sua
nuova
trasformazione
,
cominciò
a
fare
un
monte
di
feste
al
guardiano
,
il
quale
lo
prese
in
collo
e
lo
portò
al
Re
,
a
cui
raccontò
per
filo
e
per
segno
tutta
questa
meraviglia
;
la
Regina
volle
il
cane
per
sé
e
Amato
sarebbe
stato
felice
di
questo
suo
nuovo
stato
,
se
avesse
potuto
dimenticarsi
di
essere
uomo
e
sovrano
.
La
Regina
era
tutto
il
giorno
a
carezzarlo
:
ma
per
paura
che
crescesse
troppo
,
consultò
i
medici
di
Corte
,
i
quali
la
consigliarono
di
dargli
soltanto
del
pane
e
in
piccolissima
dose
.
Il
povero
cane
sentiva
rifinirsi
dalla
fame
dodici
ore
del
giorno
:
ma
bisognava
rassegnarsi
,
e
zitti
.
Una
volta
,
che
gli
avevano
portato
il
solito
panino
per
la
colazione
,
gli
venne
l
'
estro
di
andarlo
a
mangiare
nel
giardino
del
palazzo
e
presolo
coi
denti
si
avviò
verso
un
ruscello
,
che
egli
conosceva
e
che
era
piuttosto
lontano
:
ma
arrivato
sul
posto
,
il
ruscello
non
c
'
era
più
e
trovò
invece
un
palazzo
,
le
cui
mura
esterne
risplendevano
tutte
d
'
oro
e
di
pietre
preziose
.
Vi
vedeva
entrare
una
gran
folla
di
donne
e
di
uomini
,
magnificamente
vestiti
:
e
dentro
si
cantava
,
si
suonava
,
si
mangiava
fior
di
pietanze
:
ma
tutti
quelli
che
poi
uscivano
di
lì
,
erano
pallidi
,
rifiniti
,
coperti
di
bolle
e
mezzi
nudi
,
perché
i
loro
vestiti
cascavano
a
pezzi
.
Alcuni
nell
'
uscir
fuori
cadevano
morti
;
altri
si
allontanavano
con
grande
stento
e
fatica
;
altri
rimanevano
per
terra
,
sfiniti
dalla
fame
,
e
chiedevano
un
boccone
di
pane
a
quelli
che
entravano
in
questa
casa
;
i
quali
non
si
voltavano
neppure
a
guardarli
.
Amato
si
accostò
a
una
giovinetta
,
la
quale
cercava
di
strappare
un
po
'
d
'
erba
per
mangiarla
.
Mosso
a
compassione
,
il
Principe
disse
fra
sé
e
sé
:
"
Il
mio
appetito
è
grande
,
non
c
'
è
che
dire
;
ma
non
per
questo
morrò
di
fame
di
qui
all
'
ora
di
desinare
:
per
cui
se
io
mi
levassi
dalla
bocca
la
mia
colazione
per
darla
a
quella
povera
creatura
,
forse
le
salverei
la
vita
"
.
Risolvé
di
dar
retta
a
questa
buona
ispirazione
e
andò
a
mettere
il
suo
panino
nelle
mani
della
giovinetta
,
che
se
lo
portò
alla
bocca
con
grandissima
avidità
.
In
un
batter
d
'
occhio
parve
riavuta
da
morte
a
vita
,
e
Amato
,
contento
di
averla
aiutata
in
tempo
,
stava
per
tornare
al
palazzo
,
quando
sentì
delle
grida
acutissime
e
vide
Zelia
fra
le
mani
di
quattro
uomini
,
che
la
trascinavano
verso
questa
bella
casa
,
dove
la
fecero
entrar
per
forza
.
Amato
in
quel
punto
provò
un
gran
dispiacere
a
non
aver
più
la
figura
di
un
mostro
,
ché
allora
non
gli
sarebbe
mancato
il
modo
di
soccorrere
Zelia
:
ma
debol
canino
com
'
era
,
non
poté
far
altro
che
abbaiare
contro
i
rapitori
e
provarsi
a
dar
loro
alle
gambe
.
Lo
mandarono
indietro
a
furia
di
calci
:
e
nondimeno
non
si
volle
allontanare
di
lì
,
per
la
passione
di
sapere
che
cosa
sarebbe
avvenuto
di
Zelia
.
Egli
si
sentiva
pesare
sulla
coscienza
tutte
le
disgrazie
di
quella
povera
fanciulla
.
"
Ohimè
"
,
diceva
dentro
di
sé
,
"
io
son
qui
che
me
la
piglio
con
quelli
che
l
'
hanno
rapita
!
...
ma
non
commisi
anch
'
io
lo
stesso
delitto
?
E
se
la
giustizia
divina
non
ci
fosse
entrata
di
mezzo
,
non
l
'
avrei
trattata
con
altrettanta
indegnità
?
"
Questi
pensieri
di
Amato
furono
interrotti
da
un
rumore
,
che
veniva
fatto
al
disopra
della
sua
testa
.
Si
voltò
in
su
,
vide
una
finestra
che
si
apriva
,
e
la
sua
gioia
fu
grandissima
quando
scorse
Zelia
che
da
questa
finestra
gettava
giù
un
piatto
di
vivande
così
ben
cucinate
,
da
far
tornare
l
'
appetito
a
un
morto
.
La
finestra
si
richiuse
subito
,
e
Amato
che
in
tutta
la
giornata
non
aveva
trovato
il
modo
di
sdigiunarsi
,
pensò
che
era
venuto
il
momento
buono
per
rimettere
il
tempo
perso
.
E
già
si
preparava
ad
attaccare
il
dente
in
quelle
pietanze
,
quando
la
giovinetta
alla
quale
aveva
dato
il
panino
,
cacciò
un
grido
e
avendolo
preso
fra
le
braccia
:
"
Povera
bestiolina
"
,
gli
disse
,
"
non
ti
accostare
alla
bocca
quella
sorta
di
cibi
.
Questo
è
il
palazzo
della
Voluttà
;
e
tutto
ciò
che
esce
di
lì
dentro
,
è
avvelenato
"
.
Nel
tempo
stesso
Amato
sentì
una
voce
che
disse
:
"
Tu
vedi
come
una
buona
azione
non
resta
mai
senza
ricompensa
"
.
E
subito
si
trovò
cangiato
in
un
bel
piccioncino
bianco
.
Si
ricordò
allora
che
questo
era
il
colore
di
Candida
,
e
cominciò
a
sperare
che
finalmente
ella
volesse
rammentarlo
nelle
sue
buone
grazie
.
Il
suo
primo
pensiero
fu
quello
di
avvicinarsi
a
Zelia
,
e
levatosi
a
volo
per
aria
,
girò
intorno
a
tutta
la
casa
,
e
vide
con
gioia
che
c
'
era
una
finestra
aperta
.
Ma
ebbe
un
bel
frugare
la
casa
in
tutti
i
cantucci
:
Zelia
non
la
poté
trovare
.
Disperato
di
averla
smarrita
,
fece
giuro
di
non
fermarsi
un
momento
solo
,
fino
a
tanto
che
l
'
avesse
incontrata
.
E
per
più
giorni
volò
e
volò
,
finché
entrato
in
un
deserto
vide
una
caverna
,
e
per
curiosità
vi
si
accostò
.
Quale
non
fu
la
sua
gioia
nello
scorgere
Zelia
,
che
seduta
accanto
a
un
venerabile
Eremita
,
faceva
con
lui
un
frugalissimo
pasto
.
Amato
,
nell
'
impeto
della
passione
,
volò
sulla
spalla
della
graziosa
contadinella
,
e
dava
a
vedere
colle
sue
carezze
il
gran
piacere
che
provava
nel
rivederla
.
Zelia
,
innamorata
della
dolcezza
di
questo
animalino
,
lo
lisciava
delicatamente
colla
mano
,
e
sebbene
non
pensasse
di
essere
intesa
,
gli
disse
che
gradiva
il
dono
che
le
faceva
di
se
stesso
,
e
che
gli
avrebbe
voluto
sempre
bene
.
"
Che
avete
mai
fatto
,
Zelia
?
"
,
le
disse
l
'
Eremita
.
"
In
questo
modo
avete
impegnato
la
vostra
parola
.
"
"
Sì
,
graziosa
pastorella
"
,
le
disse
Amato
il
quale
riprese
in
quel
momento
la
sua
forma
naturale
,
"
la
fine
della
mia
metamorfosi
dipendeva
dal
vostro
consenso
alla
nostra
unione
.
Voi
mi
avete
promesso
di
amarmi
sempre
:
confermate
la
mia
felicità
e
io
corro
a
scongiurare
la
fata
Candida
,
mia
protettrice
,
perché
mi
renda
quella
figura
,
sotto
la
quale
ebbi
la
fortuna
di
piacervi
.
"
"
Voi
non
dovete
temere
per
nulla
la
sua
incostanza
"
,
gli
disse
Candida
,
e
lasciò
cadere
le
spoglie
d
'
Eremita
,
sotto
le
quali
s
'
era
nascosta
,
per
apparire
ai
loro
occhi
tale
,
qual
era
difatti
.
"
Zelia
vi
amò
appena
vi
vide
,
ma
i
vostri
vizi
la
costrinsero
a
nascondere
la
inclinazione
che
sentiva
per
voi
.
Il
cambiamento
avvenuto
ora
nel
vostro
cuore
,
la
fa
padrona
di
dare
libero
sfogo
a
tutta
la
sua
tenerezza
.
Voi
sarete
felici
,
perché
la
vostra
unione
sarà
fondata
sulla
virtù
.
"
Amato
e
Zelia
si
erano
gettati
ai
piedi
di
Candida
.
Il
Principe
non
rifiniva
di
ringraziarla
della
sua
bontà
,
e
Zelia
,
oltremodo
contenta
di
sapere
che
Amato
detestava
i
propri
trascorsi
,
tornava
a
ripetergli
il
grande
amore
che
sentiva
per
lui
.
"
Alzatevi
,
figli
miei
"
,
disse
loro
la
fata
,
"
che
io
voglio
trasportarvi
nel
vostro
palazzo
per
rendere
ad
Amato
una
corona
,
della
quale
i
suoi
vizi
l
'
avevano
reso
indegno
.
"
Appena
dette
queste
parole
,
si
trovarono
tutti
nella
camera
di
Solimano
,
il
quale
lietissimo
di
rivedere
il
suo
diletto
padrone
divenuto
virtuoso
,
gli
cedé
il
trono
e
restò
il
più
fedele
de
'
suoi
sudditi
.
Amato
regnò
lungo
tempo
con
Zelia
:
e
si
racconta
che
fu
così
scrupoloso
nell
'
adempimento
dei
propri
doveri
,
che
l
'
anello
che
aveva
ripreso
,
non
lo
punse
nemmeno
una
volta
sola
,
in
modo
da
fargli
far
sangue
.
La
Bella
e
la
Bestia
C
'
era
una
volta
un
mercante
che
era
ricco
sfondato
.
Aveva
sei
figliuoli
,
tre
maschi
e
tre
femmine
;
e
siccome
era
un
uomo
che
sapeva
il
vivere
del
mondo
,
non
risparmiò
nulla
per
educarli
e
diede
loro
ogni
sorta
di
maestri
.
Le
sue
figlie
erano
bellissime
:
la
minore
soprattutto
era
una
maraviglia
,
e
da
piccola
la
chiamavano
la
bella
bambina
,
e
di
qui
le
rimase
il
soprannome
di
Bella
,
che
fu
poi
cagione
di
gran
gelosia
per
le
sue
sorelle
.
Questa
figlia
minore
,
oltr
'
essere
la
più
bella
,
era
anche
la
più
buona
delle
altre
.
Le
due
maggiori
,
perché
erano
ricche
,
avevano
molto
fumo
;
si
davano
l
'
aria
di
grandi
signore
,
e
non
gradivano
la
compagnia
delle
figlie
degli
altri
negozianti
,
ma
se
la
dicevano
soltanto
col
nobilume
.
Andavano
dappertutto
:
ai
balli
,
alle
commedie
,
alle
passeggiate
;
e
si
ridevano
della
sorella
minore
,
perché
spendeva
una
gran
parte
del
suo
tempo
nella
lettura
dei
buoni
libri
.
E
perché
si
sapeva
che
erano
molto
ricche
,
parecchi
negozianti
,
di
quelli
grossi
davvero
,
le
chiesero
in
mogli
;
ma
la
maggiore
e
la
seconda
dissero
chiaro
e
tondo
che
non
si
sarebbero
mai
maritate
,
se
non
fosse
capitato
loro
un
Duca
o
a
dir
poco
un
Conte
.
La
Bella
(
oramai
vi
ho
detto
che
questo
era
il
nome
)
,
la
Bella
,
dunque
,
ringraziò
con
molta
buona
maniera
coloro
che
volevano
sposarla
:
e
disse
che
era
troppo
giovane
e
che
voleva
tener
compagnia
ancora
per
qualche
anno
al
suo
genitore
.
Quand
'
ecco
che
tutto
a
un
tratto
il
mercante
fece
un
gran
fallimento
e
non
gli
rimase
altro
che
una
piccola
casa
assai
lontana
dalla
città
.
Disse
allora
ai
suoi
figli
,
colle
lacrime
agli
occhi
,
che
bisognava
rassegnarsi
e
andare
ad
abitare
in
quella
casetta
dove
,
mettendosi
tutti
a
fare
i
contadini
,
avrebbero
potuto
campare
e
tirarsi
avanti
.
Le
due
ragazze
più
anziane
risposero
che
non
volevano
saperne
nulla
di
lasciare
la
città
,
dov
'
avevano
molti
amanti
,
ai
quali
non
sarebbe
parso
vero
di
poterle
sposare
,
anche
senza
un
soldo
di
dote
.
Ma
le
povere
figliuole
s
'
ingannavano
all
'
ingrosso
perché
,
quando
furono
povere
,
tutti
i
loro
amanti
girarono
largo
.
E
siccome
,
a
motivo
della
loro
superbia
,
non
erano
in
generale
ben
vedute
,
cosi
dicevano
tutti
:
"
Non
meritano
compassione
:
è
giusta
che
abbiano
dovuto
ripiegare
le
corna
;
che
vadano
ora
a
fare
le
grandi
signore
dietro
le
pecore
e
i
montoni
!
"
.
Ma
nel
tempo
stesso
tutti
dicevano
:
"
Quanto
alla
Bella
,
ci
rincresce
proprio
della
sua
disgrazia
:
è
una
gran
buona
figliuola
!
è
così
alla
mano
coi
poveri
,
e
tanto
amorosa
e
gentile
!
"
.
Ci
furono
fra
gli
altri
parecchi
gentiluomini
che
la
volevano
sposare
,
sebbene
non
avesse
più
un
soldo
di
dote
:
ma
essa
disse
che
non
sapeva
risolversi
a
lasciare
il
suo
povero
padre
nella
disgrazia
,
e
che
sarebbe
andata
con
lui
fra
i
campi
,
per
consolarlo
e
dargli
una
mano
nelle
fatiche
.
La
povera
Bella
,
da
principio
,
era
rimasta
molto
male
dell
'
aver
perduto
ogni
ben
di
fortuna
;
ma
poi
si
consolò
col
dire
fra
sé
e
sé
:
"
Quand
'
anche
mi
struggessi
dal
pianto
,
non
varrebbe
a
farmi
ricattare
quello
che
ho
perso
:
dunque
è
meglio
cercare
di
essere
felici
,
anche
senza
un
centesimo
in
tasca
"
.
Appena
arrivati
alla
casa
di
campagna
,
il
mercante
e
le
sue
tre
figlie
si
dettero
subito
a
lavorare
i
campi
.
La
Bella
si
alzava
la
mattina
alle
quattro
,
avanti
giorno
,
e
si
dava
il
pensiero
di
ripulir
la
casa
e
di
preparare
la
colazione
e
il
desinare
per
la
famiglia
.
Sul
primo
ci
pativa
un
poco
,
perché
non
era
avvezza
a
strapazzarsi
come
una
serva
:
ma
di
lì
in
capo
a
due
mesi
si
fece
più
robusta
e
,
faticando
tutto
il
giorno
,
acquistò
una
salute
di
ferro
.
Quando
aveva
finite
le
sue
faccende
,
si
metteva
a
leggere
o
a
suonare
la
spinetta
:
o
anche
canterellava
e
filava
.
Le
sue
sorelle
,
invece
,
s
'
annoiavano
da
non
averne
idea
:
si
levavano
alle
dieci
della
mattina
,
girellavano
tutto
il
giorno
e
trovavano
una
specie
di
svago
a
rimpiangere
i
bei
vestiti
e
la
bella
società
di
una
volta
.
"
Guarda
un
po
'
"
,
dicevano
fra
loro
,
"
come
è
stupida
la
nostra
sorella
minore
:
e
che
caratteraccio
triviale
!
Essa
è
contenta
come
una
pasqua
di
trovarsi
nella
sua
disgraziata
condizione
!..."
Ma
il
buon
mercante
non
la
pensava
così
.
Egli
sapeva
che
Bella
aveva
molto
più
garbo
delle
sue
sorelle
a
fare
spicco
in
società
:
e
ammirava
la
virtù
di
questa
giovinetta
e
segnatamente
la
sua
rassegnazione
;
perché
bisogna
sapere
che
le
sue
sorelle
,
non
contente
di
buttare
addosso
a
lei
tutte
le
faccende
della
casa
,
la
punzecchiavano
continuamente
con
mille
parole
insolenti
.
Era
corso
un
anno
dacché
questa
famiglia
viveva
lontana
dalla
città
,
quando
il
mercante
ebbe
una
lettera
nella
quale
gli
si
diceva
che
un
bastimento
,
carico
di
mercanzie
,
di
sua
proprietà
,
era
arrivato
felicemente
!
Ci
scattò
poco
che
questa
notizia
non
facesse
dar
la
balta
al
cervello
alle
due
ragazze
maggiori
,
le
quali
speravano
così
di
poter
lasciare
la
campagna
,
dove
morivano
dalla
noia
:
e
quando
videro
il
padre
sul
punto
di
partire
,
lo
pregarono
che
portasse
loro
dei
vestiti
,
delle
mantelline
,
dei
cappellini
e
altri
gingilli
di
moda
.
La
Bella
non
gli
chiese
nulla
,
perché
aveva
già
capito
che
tutto
il
valsente
delle
merci
arrivate
non
sarebbe
bastato
a
contentare
i
capricci
delle
sue
sorelle
.
"
E
tu
non
vuoi
che
ti
compri
nulla
?
"
,
le
disse
suo
padre
.
"
Poiché
siete
tanto
buono
da
pensare
a
me
"
,
ella
rispose
,
"
fatemi
il
piacere
di
portarmi
una
rosa
:
che
in
questi
posti
non
ci
fanno
.
"
Non
vuol
dir
già
che
alla
Bella
premesse
la
rosa
:
ma
lo
fece
,
per
non
criticare
col
suo
esempio
la
condotta
delle
sorelle
;
le
quali
avrebbero
detto
che
non
chiedeva
nulla
,
per
farsi
distinguere
e
dar
nell
'
occhio
.
Il
buon
uomo
partì
,
ma
appena
giunto
,
ebbe
a
sostenere
un
processo
a
causa
delle
sue
mercanzie
:
e
dopo
mille
seccature
,
se
ne
tornò
indietro
più
povero
di
prima
.
Gli
restavano
da
fare
non
più
di
trenta
miglia
per
arrivare
a
casa
,
e
già
si
consolava
nel
pensiero
di
rivedere
la
sua
famigliola
;
ma
dovendo
traversare
un
gran
bosco
,
si
smarrì
e
perdé
la
strada
.
La
neve
fioccava
da
far
paura
,
e
soffiava
un
vento
così
strapazzone
,
che
lo
gettò
per
due
volte
giù
da
cavallo
.
Venuta
la
notte
,
egli
cominciò
a
credere
di
dover
morire
o
di
fame
e
di
freddo
,
o
divorato
dai
lupi
,
che
si
sentivano
urlare
a
poca
distanza
.
Quando
a
un
tratto
,
nel
voltar
l
'
occhio
verso
il
fondo
di
una
lunga
sfilata
d
'
alberi
,
vide
una
gran
fiamma
che
pareva
lontana
lontana
.
S
'
avviò
da
quella
parte
,
e
poté
distinguere
che
quella
luce
usciva
da
un
gran
palazzo
,
che
era
tutto
illuminato
.
Il
mercante
ringraziò
il
cielo
del
soccorso
mandatogli
e
si
affrettò
per
giungere
a
questo
castello
;
ma
rimase
grandemente
stupito
di
non
trovarci
anima
viva
.
Il
suo
cavallo
,
che
gli
andava
dietro
,
avendo
visto
una
bella
scuderia
aperta
,
entrò
dentro
;
e
trovatovi
fieno
e
biada
,
il
povero
animale
,
che
moriva
di
fame
,
vi
si
buttò
sopra
con
grandissima
avidità
.
Il
mercante
lo
legò
alla
greppia
:
e
s
'
avviò
verso
la
casa
,
dove
non
trovò
nessuno
.
Ma
entrato
che
fu
in
una
gran
sala
,
vi
trovò
un
bel
fuoco
acceso
,
una
tavola
apparecchiata
e
con
molte
pietanze
:
ma
c
'
era
una
posata
sola
.
Essendo
bagnato
fino
al
midollo
dell
'
ossa
,
per
la
neve
e
la
molt
'
acqua
che
aveva
preso
,
si
avvicinò
al
fuoco
per
asciugarsi
,
dicendo
fra
sé
:
"
Il
padrone
di
casa
e
i
suoi
domestici
mi
scuseranno
della
libertà
che
mi
prendo
!
Sono
sicuro
che
staranno
poco
ad
arrivare
"
.
Aspetta
,
aspetta
e
nessuno
veniva
:
finché
suonarono
le
undici
e
ancora
non
s
'
era
visto
alcuno
.
Allora
non
potendo
più
stare
alle
mosse
,
dalla
gran
fame
prese
un
pollastro
e
,
tremando
dalla
paura
,
lo
mangiò
in
due
bocconi
.
Bevve
anche
qualche
sorso
di
vino
,
e
messo
su
un
po
'
di
coraggio
,
uscì
dalla
sala
e
traversò
molti
quartieri
splendidamente
tappezzati
e
ammobiliati
.
Alla
fine
trovò
una
camera
dove
c
'
era
un
buon
letto
:
e
perché
era
mezzanotte
suonata
e
si
sentiva
stanco
morto
,
prese
il
partito
di
chiuder
l
'
uscio
e
di
coricarsi
.
La
mattina
dopo
si
svegliò
verso
le
dieci
:
e
figuratevi
come
rimase
,
quando
trovò
un
vestito
molto
decente
nel
posto
dove
aveva
lasciato
il
suo
,
che
era
tutto
logoro
e
cascava
a
pezzi
.
"
Si
vede
bene
"
,
egli
disse
,
"
che
in
questo
palazzo
ci
sta
di
casa
qualche
buona
fata
,
che
si
è
mossa
a
compassione
di
me
.
"
Si
affacciò
alla
finestra
e
non
vide
più
un
filo
di
neve
,
ma
pergolati
di
bellissimi
fiori
,
che
innamoravano
soltanto
a
guardarli
.
Ritornò
nella
gran
sala
,
dove
la
sera
avanti
aveva
cenato
e
vide
una
piccola
tavola
,
con
sopra
una
chicchera
e
un
vaso
di
cioccolata
.
"
Grazie
tante
"
,
diss
'
egli
a
voce
alta
,
"
grazie
tante
,
signora
fata
,
della
garbatezza
di
aver
pensato
alla
mia
colazione
.
"
Il
buon
uomo
,
quand
'
ebbe
preso
la
cioccolata
,
uscì
per
andare
dal
suo
cavallo
;
e
passando
sotto
un
pergolato
di
rose
si
ricordò
che
la
Bella
gliene
aveva
chiesta
una
,
e
staccò
un
tralcio
dove
ce
n
'
erano
parecchie
bell
'
e
sbocciate
.
In
quel
punto
stesso
sentì
un
gran
rumore
e
vide
venirsi
incontro
una
bestia
così
spaventosa
,
che
ci
corse
poco
non
cascasse
svenuto
:
"
Voi
siete
molto
ingrato
"
,
disse
la
Bestia
con
una
voce
da
far
rabbrividire
,
"
vi
ho
salvata
la
vita
accogliendovi
nel
mio
castello
,
e
in
ricambio
voi
mi
rubate
le
mie
rose
,
che
è
per
l
'
appunto
la
cosa
che
io
amo
soprattutto
in
questo
mondo
.
Per
riparare
al
mal
fatto
non
vi
resta
altro
che
morire
:
vi
do
tempo
un
quarto
d
'
ora
per
chiedere
perdono
a
Dio
"
.
Il
mercante
si
gettò
in
ginocchio
e
a
mani
giunte
prese
a
dire
alla
Bestia
:
"
Monsignore
,
perdonatemi
:
non
credevo
davvero
di
offendervi
a
cogliere
una
rosa
per
una
delle
mie
figlie
,
che
me
l
'
aveva
domandata
"
.
"
Non
mi
chiamo
Monsignore
"
,
rispose
il
mostro
,
"
ma
Bestia
.
I
complimenti
non
fanno
per
me
;
io
voglio
che
ognuno
parli
come
la
pensa
:
per
cui
non
vi
mettete
in
capo
d
'
intenerirmi
colle
vostre
moine
.
Mi
avete
detto
che
avete
delle
figliuole
:
ebbene
,
io
potrò
perdonarvi
a
patto
che
una
di
codeste
figliuole
venga
qui
a
morire
volontariamente
nel
posto
vostro
.
Non
una
parola
di
più
;
partite
,
e
caso
le
vostre
figlie
ricusassero
di
morire
per
voi
,
giurate
che
dentro
tre
mesi
ritornerete
.
"
Quel
pover
'
uomo
non
aveva
punta
intenzione
di
sacrificare
alcuna
delle
sue
figlie
al
brutto
mostro
,
ma
pensò
dentro
di
sé
:
"
Non
foss
'
altro
avrò
almeno
la
consolazione
di
poterle
abbracciare
un
'
altra
volta
"
.
Fece
giuro
di
tornare
,
e
la
Bestia
gli
disse
che
poteva
partire
a
piacer
suo
.
"
Ma
non
voglio
"
,
soggiunge
,
"
che
tu
debba
andartene
colle
mani
vuote
.
Ritorna
nella
camera
dove
hai
dormito
;
ci
troverai
un
gran
baule
vuoto
;
ché
io
penserò
a
fartelo
portare
fino
a
casa
.
"
Detto
questo
,
la
Bestia
se
ne
andò
,
e
il
buon
uomo
disse
fra
sé
e
sé
:
"
Almeno
,
se
ho
da
morire
,
potrò
lasciare
un
boccon
di
pane
a
'
miei
poveri
ragazzi
"
.
E
tornò
nella
camera
dove
aveva
dormito
,
e
avendovi
trovato
delle
monete
d
'
oro
a
corbellini
,
ne
empì
il
baule
,
di
cui
gli
aveva
parlato
la
Bestia
:
quindi
lo
chiuse
,
e
ripreso
il
cavallo
lasciato
nella
scuderia
,
uscì
dal
palazzo
con
tanto
malessere
addosso
,
quanta
era
la
gioia
colla
quale
vi
era
entrato
.
Il
cavallo
prese
da
sé
uno
dei
viottoli
della
foresta
,
e
in
poche
ore
il
buon
uomo
arrivò
alla
sua
casetta
.
I
suoi
figli
gli
furono
tutti
d
'
intorno
:
ma
invece
di
mostrarsi
lieto
alle
loro
carezze
,
il
mercante
li
guardava
e
gli
cascavano
i
lacrimoni
dagli
occhi
.
Egli
aveva
in
mano
il
tralcio
di
rose
,
che
portava
a
Bella
:
e
nel
darglielo
,
disse
:
"
Bella
,
pigliate
queste
rose
:
ma
costeranno
molto
care
al
vostro
povero
padre
!
"
.
E
così
raccontò
alla
famiglia
il
brutto
caso
che
gli
era
capitato
.
A
quella
storia
le
due
sorelle
maggiori
si
messero
a
berciare
e
dissero
mille
cosacce
a
Bella
,
la
quale
non
piangeva
né
punto
né
poco
.
"
Ecco
le
conseguenze
"
,
esse
dicevano
,
"
dell
'
orgoglio
di
questa
monella
:
perché
anche
lei
non
fece
come
noi
e
non
chiese
dei
vestiti
?
Nient
'
affatto
!
la
signorina
voleva
distinguersi
.
E
ora
è
lei
la
cagione
della
morte
di
suo
padre
e
non
se
ne
fa
né
in
qua
né
in
là
.
"
"
Sarebbe
inutile
"
,
soggiunse
Bella
,
"
e
perché
dovrei
piangere
la
morte
di
mio
padre
?
Egli
non
morirà
una
volta
che
il
mostro
si
contenta
di
accettare
in
cambio
una
delle
sue
figlie
;
io
voglio
mettermi
in
balìa
del
suo
furore
:
e
sono
molto
felice
,
perché
così
potrò
avere
la
contentezza
di
salvare
il
padre
mio
e
di
provargli
il
gran
bene
che
gli
ho
sempre
voluto
.
"
"
No
,
sorella
mia
"
,
le
dissero
i
suoi
tre
fratelli
,
"
tu
non
morirai
:
noi
anderemo
a
trovare
il
mostro
,
e
periremo
sotto
i
suoi
colpi
,
se
non
saremo
buoni
di
ucciderlo
.
"
"
Non
lo
sperate
,
ragazzi
miei
"
,
disse
loro
il
mercante
,
"
la
potenza
di
questa
Bestia
è
così
sterminata
,
che
non
c
'
è
caso
di
poterla
uccidere
.
Mi
fa
una
vera
consolazione
il
buon
cuore
di
Bella
:
ma
non
voglio
mandarla
a
morire
.
Io
son
vecchio
;
non
mi
resta
che
poco
tempo
da
vivere
;
così
,
male
che
vada
,
posso
scorciarmi
di
qualche
anno
la
vita
;
cosa
che
non
rimpiango
punto
,
perché
lo
faccio
per
amor
vostro
,
miei
cari
figliuoli
.
"
"
Vi
do
la
mia
parola
,
padre
mio
"
,
disse
Bella
,
"
che
voi
non
anderete
a
quel
palazzo
,
senza
di
me
:
voi
non
mi
potete
impedire
di
seguirvi
.
Sebbene
giovane
,
io
non
sono
molto
attaccata
alla
vita
,
e
preferisco
esser
divorata
da
quel
mostro
,
che
morire
dalla
pena
che
mi
farebbe
la
vostra
perdita
.
"
Ebbero
un
bel
dire
,
ma
la
Bella
volle
a
ogni
costo
partire
anche
lei
per
il
palazzo
del
mostro
;
e
alle
sorelle
non
parve
vero
,
perché
si
rodevano
di
gelosia
per
le
belle
doti
della
sorella
minore
.
Il
mercante
era
così
stonato
dal
dolore
di
dover
perdere
la
figlia
,
che
non
gli
passò
per
il
capo
neppure
il
baule
che
egli
aveva
riempito
di
monete
d
'
oro
.
Ma
appena
fu
in
camera
restò
grandemente
stupito
di
trovarlo
al
piè
del
letto
.
Risolvette
di
non
dir
nulla
in
casa
di
essere
diventato
ricco
,
per
paura
che
le
figlie
si
mettessero
in
testa
di
voler
tornare
in
città
,
mentre
egli
aveva
fatto
conto
di
voler
morire
in
quella
campagna
.
Peraltro
confidò
il
segreto
a
Bella
,
la
quale
gli
raccontò
come
nel
tempo
che
era
stato
lontano
,
alcuni
gentiluomini
fossero
venuti
per
casa
e
come
,
fra
questi
,
ve
ne
fossero
due
che
amoreggiavano
colle
sue
sorelle
.
Si
raccomandò
al
padre
che
le
maritasse
;
perché
essa
era
tanto
buona
di
cuore
,
che
le
amava
tutte
e
due
,
e
perdonava
loro
tutto
il
male
che
le
avevano
fatto
.
Quelle
due
cattive
si
strofinarono
gli
occhi
colla
cipolla
per
farsi
venire
i
lucciconi
,
al
momento
che
Bella
partì
con
suo
padre
:
ma
i
fratelli
piangevano
davvero
:
e
anche
il
mercante
.
La
sola
che
non
piangesse
era
Bella
,
la
quale
non
voleva
inciprignire
il
dolore
di
tutti
gli
altri
.
Il
cavallo
prese
la
via
del
palazzo
,
e
sul
far
della
sera
cominciarono
di
lontano
a
vederlo
illuminato
,
tale
e
quale
come
la
prima
volta
.
Il
cavallo
andò
da
sé
solo
nella
scuderia
:
e
il
buon
uomo
entrò
con
sua
figlia
nella
gran
sala
,
dove
trovarono
una
gran
tavola
magnificamente
apparecchiata
per
due
.
Il
mercante
non
sapeva
da
che
verso
rifarsi
per
mangiare
;
ma
la
Bella
,
sforzandosi
di
parer
tranquilla
,
si
messe
a
tavola
e
lo
servì
:
poi
diceva
dentro
di
sé
:
"
Capisco
bene
che
la
Bestia
vuole
ingrassarmi
prima
di
far
di
me
un
boccone
!
me
n
'
accorgo
dalla
maniera
con
cui
mi
tratta
"
.
Quand
'
ebbero
cenato
,
udirono
un
gran
fracasso
e
il
mercante
,
colle
lagrime
agli
occhi
,
disse
addio
alla
sua
povera
figlia
,
perché
sapeva
che
la
Bestia
era
lì
lì
per
arrivare
.
La
Bella
,
alla
vista
di
quell
'
orribile
figura
,
sentì
fare
un
cavallone
al
sangue
:
ma
s
'
ingegnò
di
non
darlo
a
divedere
:
e
quando
il
mostro
le
domandò
s
'
era
venuta
da
lui
volentieri
,
rispose
con
voce
tremante
di
sì
.
"
Davvero
che
siete
molto
buona
"
,
disse
la
Bestia
,
"
e
io
vi
sono
riconoscentissimo
.
Buon
uomo
!
domani
partirete
,
e
Dio
vi
guardi
dal
tornare
in
questo
luogo
.
Addio
,
Bella
.
"
"
Addio
,
Bestia
"
,
ella
rispose
.
E
il
mostro
sparì
.
"
Oh
!
figlia
mia
"
,
disse
il
mercante
abbracciandola
e
baciandola
,
"
io
son
mezzo
morto
dalla
paura
.
Fai
a
modo
mio
;
lasciami
morir
qui
.
"
"
No
,
padre
mio
"
,
rispose
la
Bella
con
fermezza
,
"
voi
partirete
domani
mattina
,
e
mi
abbandonerete
all
'
aiuto
del
cielo
.
Il
cielo
forse
avrà
compassione
di
me
!..."
L
'
uno
e
l
'
altro
andarono
a
letto
,
coll
'
idea
che
in
tutta
la
notte
non
sarebbero
stati
buoni
a
chiudere
un
occhio
,
ma
invece
,
appena
si
furono
coricati
nei
loro
letti
,
si
addormentarono
come
ghiri
.
E
la
Bella
vide
in
sogno
una
Regina
,
la
quale
le
disse
:
"
O
Bella
,
io
son
contenta
del
vostro
buon
cuore
.
La
nobile
azione
che
fate
,
dando
la
vita
per
quella
di
vostro
padre
,
non
rimarrà
senza
premio
"
.
Quando
la
Bella
si
svegliò
,
raccontò
il
sogno
a
suo
padre
,
e
sebbene
questa
cosa
lo
rinfrancasse
un
poco
,
non
bastò
peraltro
a
trattenerlo
dal
dare
in
grandissimi
pianti
,
quando
gli
fu
forza
staccarsi
dalla
sua
figlia
adorata
.
Partito
che
fu
,
la
Bella
andò
a
sedersi
nella
gran
sala
;
e
anche
essa
cominciò
a
piangere
;
ma
essendo
molto
coraggiosa
,
si
raccomandò
a
Dio
e
fece
conto
di
non
darsi
tanto
alla
disperazione
per
quel
poco
di
tempo
che
le
restava
ancora
da
vivere
:
perché
ella
credeva
fermamente
che
la
Bestia
sarebbe
venuta
a
mangiarla
nella
serata
.
Intanto
,
mentre
aspettava
,
pensò
bene
di
girare
e
di
visitare
il
castello
,
del
quale
non
poteva
starsi
dall
'
ammirare
le
grandi
bellezze
.
E
figuratevi
se
rimase
a
bocca
aperta
,
quando
vide
una
porta
sulla
quale
c
'
era
scritto
:
Quartiere
della
Bella
.
Aprì
in
fretta
e
in
furia
questa
porta
e
fu
abbagliata
dalle
magnificenze
che
vi
erano
dentro
;
ma
ciò
che
maggiormente
la
colpì
,
fu
la
vista
di
una
gran
biblioteca
,
di
un
clavicembalo
e
di
molti
quaderni
di
musica
.
"
Si
vede
proprio
che
non
vogliono
che
io
mi
annoi
"
,
disse
fra
sé
e
sé
;
quindi
pensò
:
"
Se
io
dovessi
albergare
qui
un
giorno
solamente
,
non
mi
avrebbero
ammannito
tutte
queste
belle
cose
"
.
Questo
pensiero
rianimò
il
suo
coraggio
.
Ella
aprì
la
biblioteca
e
vide
un
libro
sul
quale
era
scritto
a
lettere
d
'
oro
:
"
Desiderate
e
comandate
;
voi
siete
qui
signora
e
padrona
!..."
.
"
Meschina
me
!
"
,
diss
'
ella
,
"
io
non
ho
altro
desiderio
che
di
vedere
il
mio
povero
padre
e
di
sapere
che
cos
'
è
di
lui
in
questo
momento
!
"
Queste
parole
le
aveva
dette
dentro
di
sé
,
ma
quale
non
fu
il
suo
stupore
,
quando
gettando
gli
occhi
sopra
uno
specchio
,
vi
mirò
la
sua
casa
,
e
per
l
'
appunto
in
quel
momento
in
cui
vi
giungeva
suo
padre
con
un
viso
da
far
pietà
.
Le
sue
sorelle
gli
andavano
incontro
;
e
malgrado
le
smorfie
che
facevano
per
parere
afflitte
,
mostravano
sul
viso
e
a
fior
di
pelle
la
contentezza
provata
per
la
perdita
della
loro
sorella
.
Dopo
un
minuto
sparì
ogni
cosa
,
ma
la
Bella
non
poté
far
di
meno
di
pensare
che
la
Bestia
era
molto
compiacente
,
e
che
non
aveva
nulla
da
temere
da
essa
.
A
mezzogiorno
trovò
la
tavola
bell
'
e
apparecchiata
:
e
durante
il
pranzo
udì
un
'
eccellente
musica
,
senza
che
potesse
vedere
alcuno
.
La
sera
mentre
stava
per
mettersi
a
tavola
,
sentì
il
fracasso
che
faceva
la
Bestia
e
fu
presa
da
un
tremito
di
paura
:
"
Bella
"
,
le
disse
il
mostro
,
"
siete
contenta
che
io
stia
a
vedervi
mentre
cenate
?
"
.
"
Non
siete
voi
il
padrone
?
"
,
rispose
la
Bella
,
tremando
.
"
No
"
,
replicò
la
Bestia
,
"
qui
non
c
'
è
altri
padroni
che
voi
;
se
vi
sono
importuno
,
non
dovete
far
altro
che
dirmelo
e
me
ne
anderò
subito
.
Ditemi
una
cosa
:
non
è
vero
che
io
vi
sembro
molto
brutto
?
"
"
È
vero
,
sì
"
,
rispose
Bella
,
"
perché
io
non
sono
avvezza
di
dire
una
cosa
per
un
'
altra
;
peraltro
vi
credo
buonissimo
di
cuore
.
"
"
Avete
ragione
"
,
disse
il
mostro
,
"
ma
oltre
all
'
essere
brutto
io
non
ho
punto
spirito
,
e
so
benissimo
d
'
essere
una
Bestia
.
"
"
Non
è
mai
una
Bestia
"
,
rispose
Bella
,
"
colui
che
crede
di
non
avere
spirito
.
Gl
'
imbecilli
non
arriveranno
mai
a
capire
questa
cosa
.
"
"
Su
dunque
,
mangiate
,
Bella
"
,
le
disse
il
mostro
,
"
e
cercate
tutti
i
mezzi
per
non
annoiarvi
nella
vostra
casa
:
perché
tutto
quello
che
vedete
qui
,
è
roba
vostra
:
e
io
sarei
mortificato
se
non
vi
sapessi
contenta
.
"
"
Voi
avete
molta
bontà
per
me
"
,
disse
la
Bella
,
"
e
sono
contentissima
del
vostro
cuore
:
quando
ci
penso
non
mi
sembrate
nemmeno
tanto
brutto
.
"
"
Oh
!
per
questo
"
,
rispose
la
Bestia
,
"
il
cuore
è
buono
:
ma
io
sono
un
mostro
!
"
"
Conosco
degli
uomini
che
sono
più
mostri
di
voi
"
,
disse
Bella
,
"
e
quanto
a
me
,
mi
piacete
più
voi
con
codesta
vostra
figura
,
di
tant
'
altri
che
,
sotto
l
'
aspetto
d
'
uomo
,
nascondono
un
cuore
falso
,
corrotto
e
sconoscente
.
"
"
Se
avessi
un
po
'
di
spirito
"
,
disse
la
Bestia
,
"
farei
un
complimento
per
ringraziarvi
:
ma
io
sono
uno
stupido
;
e
tutto
quel
che
posso
dirvi
è
che
vi
sono
obbligato
.
"
La
Bella
cenò
di
buon
appetito
.
Essa
non
aveva
quasi
più
paura
del
mostro
;
ma
fu
lì
lì
per
morire
di
spavento
,
quando
egli
le
disse
:
"
Bella
,
volete
esser
mia
moglie
?
"
.
Ella
stette
un
po
'
di
tempo
senza
rispondere
:
aveva
paura
di
svegliare
la
collera
del
mostro
con
un
rifiuto
;
a
ogni
modo
disse
con
voce
tremante
:
"
No
,
Bestia
"
.
A
questa
risposta
il
povero
mostro
volle
mandar
fuori
un
sospiro
e
gli
venne
fatto
un
sibilo
così
spaventoso
,
che
ne
rintronò
tutto
il
palazzo
.
Ma
la
Bella
fu
presto
rassicurata
,
perché
la
Bestia
,
dopo
averle
detto
"
addio
,
dunque
,
Bella
"
,
uscì
dalla
camera
voltandosi
indietro
tre
o
quattro
volte
per
poterla
ancora
vedere
.
Quando
la
Bella
fu
sola
cominciò
a
sentire
una
gran
compassione
per
la
povera
Bestia
,
e
diceva
:
"
Che
peccato
che
sia
così
brutta
,
mentre
sarebbe
tanto
buona
!
"
.
La
Bella
,
per
tre
mesi
,
menò
in
questo
palazzo
una
vita
abbastanza
tranquilla
.
Tutte
le
sere
la
Bestia
andava
a
farle
visita
,
e
durante
la
cena
si
tratteneva
con
lei
,
facendo
mostra
di
molto
buon
senso
,
ma
giammai
di
ciò
che
si
chiama
spirito
fra
le
persone
del
mondo
galante
.
Ogni
giorno
che
passava
,
la
Bella
scopriva
nuovi
pregi
nel
mostro
.
A
furia
di
vederlo
,
aveva
fatto
l
'
occhio
alle
sue
bruttezze
,
e
invece
di
temere
il
momento
della
sua
visita
,
ella
guardava
spesso
l
'
orologio
per
vedere
quanto
mancava
alle
nove
,
perché
la
Bestia
a
quell
'
ora
era
sempre
precisa
.
Una
sola
cosa
metteva
di
mal
umore
la
Bella
;
ed
era
che
tutte
le
sere
,
avanti
di
andare
a
letto
,
il
mostro
le
domandava
se
voleva
essere
sua
moglie
,
e
rimaneva
mortificatissimo
quand
'
essa
rispondeva
di
no
.
Ella
disse
un
giorno
:
"
Voi
mi
fate
una
gran
pena
,
Bestia
;
vorrei
potervi
sposare
,
ma
sono
troppo
sincera
per
darvi
a
sperare
una
cosa
che
non
sarà
mai
.
Io
sarò
sempre
vostra
buon
'
amica
.
Contentatevi
di
questo
"
.
"
Per
forza
!
"
rispose
la
Bestia
.
"
Io
son
giusto
.
Io
so
che
sono
orrendo
:
ma
vi
voglio
un
gran
bene
.
A
ogni
modo
,
io
mi
chiamo
abbastanza
fortunato
se
vi
adattate
a
restar
qui
:
promettetemi
che
non
mi
lascerete
mai
.
"
La
Bella
a
queste
parole
fece
il
viso
rosso
.
Ella
aveva
visto
nello
specchio
che
suo
padre
era
malato
dal
dolore
di
averla
perduta
,
e
desiderava
rivederlo
.
"
Io
potrei
benissimo
promettervi
"
diss
'
ella
alla
Bestia
"
di
non
lasciarvi
più
per
sempre
;
ma
mi
struggo
tanto
di
rivedere
il
padre
mio
,
che
morirei
di
crepacuore
se
mi
rifiutaste
questo
piacere
.
"
"
Vorrei
piuttosto
morire
"
,
disse
il
mostro
,
"
che
darvi
un
dispiacere
;
io
vi
manderò
da
vostro
padre
:
voi
resterete
con
lui
e
la
vostra
Bestia
morirà
di
dolore
.
"
"
No
"
,
rispose
la
Bella
piangendo
,
"
io
vi
voglio
troppo
bene
per
essere
cagione
della
vostra
morte
.
Vi
prometto
di
ritornare
fra
otto
giorni
.
Mi
avete
fatto
vedere
che
le
mie
sorelle
sono
maritate
e
che
i
miei
fratelli
sono
partiti
per
l
'
armata
.
Il
mio
povero
padre
è
rimasto
solo
;
lasciatemi
almeno
una
settimana
con
lui
.
"
"
Domattina
ci
sarete
"
,
disse
la
Bestia
,
"
ricordatevi
delle
vostre
promesse
.
Quando
vorrete
tornare
,
non
dovete
far
altro
che
posare
il
vostro
anello
sopra
la
tavola
nell
'
andare
a
letto
.
Addio
,
Bella
.
"
La
Bestia
,
mentre
parlava
così
,
sospirò
secondo
il
suo
uso
solito
,
e
la
Bella
andò
a
letto
,
tutta
dispiacente
di
avergli
dato
questo
dolore
.
Quando
si
svegliò
la
mattina
dopo
,
si
trovò
in
casa
di
suo
padre
;
e
avendo
suonato
il
campanello
accanto
al
letto
,
vide
venire
la
serva
,
la
quale
cacciò
un
grand
'
urlo
di
sorpresa
.
Il
buon
uomo
di
suo
padre
,
a
quell
'
urlo
,
corse
subito
,
e
nel
rivederla
,
ci
mancò
poco
non
morisse
dalla
contentezza
:
e
stettero
abbracciati
per
più
di
un
quarto
d
'
ora
.
Sfogate
le
prime
tenerezze
,
la
Bella
pensò
che
non
aveva
vestiti
per
potersi
levare
,
ma
la
serva
le
disse
di
aver
trovato
nella
stanzaa
accanto
un
gran
baule
pieno
di
vestiti
,
tutti
d
'
oro
e
ornati
di
brillanti
.
La
Bella
ringraziò
la
buona
Bestia
delle
sue
attenzioni
:
scelse
fra
quei
vestiti
il
meno
vistoso
e
ordinò
alla
serva
di
riporre
gli
altri
,
dei
quali
intendeva
farne
un
regalo
alle
sorelle
:
ma
appena
ell
'
ebbe
pronunziate
queste
parole
,
il
baule
sparì
.
Peraltro
suo
padre
avendole
detto
che
la
Bestia
voleva
che
ella
serbasse
per
sé
ogni
cosa
,
il
baule
ritornò
al
suo
posto
.
La
Bella
si
vestì
,
e
in
questo
mentre
furono
avvertite
le
sue
sorelle
,
le
quali
corsero
subito
insieme
ai
cari
mariti
.
Tutte
e
due
avevano
combinato
molto
male
!
La
maggiore
aveva
sposato
un
gentiluomo
,
bello
come
un
amore
,
ma
tanto
innamorato
di
sé
,
che
dalla
mattina
alla
sera
non
faceva
altro
che
guardarsi
allo
specchio
,
senza
curarsi
né
punto
né
poco
della
bellezza
della
moglie
.
La
seconda
aveva
sposato
un
uomo
che
aveva
molto
spirito
,
ma
se
ne
serviva
soltanto
per
essere
la
disperazione
di
tutte
le
donne
,
cominciando
da
sua
moglie
.
Le
sorelle
di
Bella
quando
la
videro
vestita
come
una
Regina
e
bella
come
un
occhio
di
sole
,
se
non
creparono
dalla
rabbia
,
fu
un
miracolo
.
Ella
ebbe
un
bell
'
accarezzarle
;
nulla
poté
ammansire
la
loro
gelosia
;
la
quale
anzi
si
accrebbe
a
cento
doppi
,
quando
raccontò
quanto
era
felice
.
La
due
invidiose
scesero
in
giardino
per
potersi
sfogare
a
piangere
,
e
dicevano
:
"
O
perché
quella
ragazzuccia
è
più
fortunata
di
noi
?
Non
siamo
forse
più
graziose
e
più
belle
di
lei
?
"
.
"
Cara
sorella
"
,
disse
la
maggiore
,
"
mi
viene
un
'
idea
:
facciamo
di
tutto
per
trattenerla
qui
per
più
di
otto
giorni
;
la
sua
stupida
Bestia
anderà
sulle
furie
per
la
parola
non
mantenuta
e
forse
la
divorerà
per
castigarla
.
"
"
Dici
bene
,
sorella
"
,
rispose
l
'
altra
,
"
ma
perché
la
cosa
riesca
,
bisogna
cercare
di
ammaliarla
con
molte
moine
.
"
Preso
questo
partito
,
risalirono
in
casa
tutt
'
e
due
e
cominciarono
a
fare
tante
e
poi
tante
garbatezze
alla
sorella
,
che
questa
ne
pianse
di
consolazione
.
Passati
che
furono
gli
otto
giorni
,
le
due
sorelle
si
strapparono
i
capelli
e
diedero
segni
di
disperazione
per
la
partenza
di
lei
,
che
ella
finì
col
promettere
di
trattenersi
altri
otto
giorni
.
Intanto
la
Bella
rimproverava
a
se
stessa
il
dolore
che
stava
per
dare
alla
sua
povera
Bestia
,
che
essa
amava
davvero
e
che
ora
era
dispiacente
di
non
poterla
vedere
.
La
decima
notte
che
ella
passò
in
casa
del
padre
,
sognò
di
trovarsi
nel
palazzo
e
di
vedere
la
Bestia
distesa
sull
'
erba
,
vicina
a
morire
,
e
che
le
rinfacciava
la
sua
ingratitudine
.
Bella
si
destò
tutt
'
a
un
tratto
e
pianse
:
"
Non
son
io
molto
cattiva
"
essa
diceva
"
di
dare
questo
dispiacere
a
una
Bestia
,
che
è
stata
tanto
buona
con
me
?
È
colpa
sua
se
è
così
brutta
e
se
ha
poco
spirito
?
Ella
è
buona
:
e
questo
val
più
d
'
ogni
cosa
.
Perché
non
ho
io
voluto
sposarlo
?
Io
sarei
più
felice
con
lui
che
le
mie
sorelle
coi
loro
mariti
.
Non
è
la
bellezza
né
lo
spirito
di
un
marito
che
rendono
felice
una
donna
;
ma
la
bontà
del
carattere
,
la
virtù
e
le
buone
maniere
:
e
la
Bestia
ha
tutte
queste
belle
cose
.
Io
non
sento
amore
per
essa
ma
la
stimo
,
e
ho
per
lei
amicizia
e
riconoscenza
.
Ma
non
debbo
renderla
disgraziata
:
questa
ingratitudine
sarebbe
per
me
un
rimorso
per
tutta
la
vita
"
.
Dette
queste
parole
,
la
Bella
si
leva
,
mette
l
'
anello
sulla
tavola
e
ritorna
a
letto
.
Appena
coricata
si
addormentò
e
,
svegliandosi
la
mattina
,
vide
con
gioia
di
essere
nel
palazzo
della
Bestia
.
Si
messe
i
vestiti
più
belli
per
andarle
a
genio
anche
di
più
,
e
s
'
annoiò
mortalmente
nella
smania
di
aspettare
che
arrivassero
le
nove
ore
di
sera
:
ma
l
'
orologio
ebbe
un
bel
suonare
le
nove
:
la
Bestia
non
comparve
.
La
Bella
allora
temé
di
averle
cagionato
la
morte
:
e
disperata
si
dette
a
girare
per
tutto
il
palazzo
,
mandando
altissimi
pianti
.
Dopo
aver
cercato
dappertutto
,
si
ricordò
del
sogno
e
corse
in
giardino
,
vicino
al
fiume
,
dove
dormendo
,
l
'
aveva
veduta
.
E
difatti
fu
lì
che
trovò
la
povera
Bestia
distesa
per
terra
priva
di
sensi
:
talché
la
credette
morta
.
Senza
provar
ribrezzo
di
quella
brutta
figura
,
si
gettò
tutta
sopra
lei
,
e
avendo
sentito
che
il
cuore
batteva
sempre
,
prese
dal
fiume
un
po
'
d
'
acqua
e
le
bagnò
la
testa
.
La
Bestia
aprì
gli
occhi
e
disse
alla
Bella
:
"
Voi
avete
dimenticata
la
vostra
promessa
:
e
il
gran
dolore
di
avervi
perduta
mi
ha
fatto
decidere
a
lasciarmi
morir
di
fame
:
ma
ora
muoio
contenta
,
perché
ho
avuto
la
consolazione
di
potervi
rivedere
"
.
"
No
,
mia
cara
Bestia
,
voi
non
morirete
"
,
le
disse
la
Bella
,
"
voi
vivrete
per
diventare
mio
sposo
:
da
questo
momento
io
vi
do
la
mia
mano
,
e
giuro
che
non
sarò
d
'
altri
che
di
voi
.
Ohimè
!
io
credeva
di
non
aver
per
voi
che
dell
'
amicizia
,
ma
il
dolore
che
sento
mi
fa
credere
che
non
potrei
più
vivere
senza
vedervi
.
"
Appena
la
Bella
ebbe
pronunziato
queste
parole
,
ecco
che
tutto
il
castello
appare
risplendente
di
lumi
:
i
fuochi
di
artifizio
,
la
musica
,
ogni
cosa
annunziava
una
gran
festa
.
Ma
queste
meraviglie
non
incantarono
punto
i
suoi
occhi
:
ella
si
voltò
verso
la
sua
cara
Bestia
,
il
cui
pericolo
la
teneva
in
tanta
agitazione
.
E
quale
fu
il
suo
stupore
!
La
Bestia
era
sparita
,
ed
essa
non
vide
ai
suoi
piedi
che
un
Principe
bello
come
un
amore
,
il
quale
la
ringraziava
per
aver
rotto
il
suo
incantesimo
.
Sebbene
questo
Principe
meritasse
tutte
le
sue
premure
,
ella
non
poté
stare
dal
chiedergli
dove
fosse
la
Bestia
.
"
Eccola
ai
vostri
piedi
"
,
le
disse
il
Principe
,
"
una
fata
maligna
mi
aveva
condannato
a
restare
sotto
quell
'
aspetto
finché
una
bella
fanciulla
non
avesse
acconsentito
a
sposarmi
,
e
mi
aveva
per
di
più
proibito
di
far
mostra
di
spirito
.
Così
in
tutto
il
mondo
non
ci
voleva
che
voi
,
per
lasciarsi
innamorare
dalla
bontà
del
mio
carattere
:
ed
offrendovi
la
mia
corona
,
non
posso
sdebitarmi
del
gran
bene
che
mi
avete
fatto
.
"
La
Bella
,
piacevolmente
sorpresa
,
porse
la
mano
al
bel
Principe
perché
si
rialzasse
in
piedi
.
E
andarono
insieme
al
castello
,
dov
'
essa
ci
mancò
poco
non
si
sentisse
svenire
dalla
gioia
,
trovando
nella
gran
sala
il
padre
suo
e
tutta
la
sua
famiglia
,
tra
sportata
al
castello
da
quella
bella
Signora
che
le
era
apparsa
in
sogno
.
"
Bella
"
,
le
disse
questa
Signora
,
che
era
una
fata
e
di
quelle
coi
fiocchi
,
"
venite
a
ricevere
la
ricompensa
della
vostra
buona
scelta
:
voi
avete
preferito
la
virtù
alla
bellezza
e
allo
spirito
,
e
meritate
per
questo
di
trovare
tutte
quelle
cose
raccolte
in
una
sola
persona
.
Voi
state
per
diventare
una
gran
Regina
:
ma
spero
che
il
trono
non
vi
farà
scordare
le
vostre
virtù
.
Quanto
a
voi
,
mie
care
signore
"
disse
la
fata
alle
due
sorelle
della
Bella
"
conosco
il
vostro
cuore
e
tutta
la
cattiveria
che
c
'
è
dentro
:
diventerete
due
statue
;
ma
nondimeno
serberete
il
lume
della
ragione
sotto
la
vostra
forma
di
pietra
.
Starete
alla
porta
del
palazzo
di
vostra
sorella
;
e
non
vi
impongo
altra
pena
che
quella
di
essere
testimoni
della
sua
felicità
.
Non
potrete
ritornare
nello
stato
primiero
,
se
non
quando
riconoscerete
i
vostri
errori
:
ma
ho
una
gran
paura
che
dobbiate
restare
statue
per
sempre
.
Si
può
correggere
l
'
orgoglio
,
le
bizze
,
la
gola
,
la
pigrizia
;
ma
la
conversione
di
un
cuore
invidioso
e
cattivo
è
una
specie
di
miracolo
.
"
Nel
dir
così
,
diede
un
colpo
di
bacchetta
,
e
tutti
quelli
che
erano
in
quella
sala
,
furono
trasportati
negli
Stati
del
Principe
.
I
suoi
sudditi
lo
rividero
con
gioia
,
ed
esso
sposò
la
Bella
,
che
visse
con
lui
lungamente
e
in
una
felicità
perfetta
,
perché
era
fondata
sulla
virtù
.
Miscellanea ,
LA
CAMORRA
Mio
caro
Dina
Negli
scorsi
mesi
raccolsi
alcune
notizie
intorno
allo
stato
delle
classi
più
povere
,
specialmente
nelle
province
meridionali
.
Se
a
te
non
pare
inutile
affatto
,
ti
pregherei
di
concedermi
che
le
pubblichi
nel
tuo
giornale
,
tanto
pregiato
in
Italia
.
Debbo
però
dire
,
innanzi
tutto
,
che
nel
raccogliere
queste
notizie
io
ho
avuto
lo
scopo
di
provare
che
la
camorra
,
il
brigantaggio
,
la
mafia
sono
la
conseguenza
logica
,
naturale
,
necessaria
di
un
certo
stato
sociale
,
senza
modificare
il
quale
è
inutile
sperare
di
poter
distruggere
quei
mali
.
So
che
molti
lo
ammettono
,
ma
pochi
se
ne
formano
un
concetto
chiaro
.
Sono
ben
lontano
dallo
sperare
di
potere
,
con
alcune
lettere
,
risolvere
problemi
d
una
sì
grande
importanza
e
difficoltà
.
Credo
però
che
anche
pochi
fatti
ed
esempi
possano
spronare
ad
altre
nuove
ricerche
.
A
che
gioveranno
queste
ricerche
?
Sarà
sperabile
portare
qualche
rimedio
ai
mali
?
Lo
vedremo
in
appresso
.
Intanto
,
per
cominciare
dalla
camorra
,
noterò
che
la
legge
di
sicurezza
pubblica
suppone
che
il
camorrista
non
faccia
altro
che
guadagnare
indebitamente
sul
lavoro
altrui
.
Invece
esso
minaccia
ed
intimidisce
,
né
sempre
per
solo
guadagno
;
impone
tasse
;
prende
l
altrui
senza
pagare
;
ma
ancora
impone
ad
altri
il
commetter
delitti
;
ne
commette
egli
stesso
,
obbligando
altri
a
dichiararsene
autore
;
protegge
i
colpevoli
contro
la
giustizia
;
esercita
il
suo
mestiere
,
se
così
può
chiamarsi
,
su
tutto
:
nelle
vie
,
nelle
case
,
nei
ridotti
,
sul
lavoro
,
sui
delitti
,
sul
gioco
.
L
organizzazione
più
perfetta
della
camorra
trovasi
nelle
carceri
,
dove
il
camorrista
regna
.
E
così
,
spesso
si
crede
di
punirlo
,
quando
gli
si
dà
solo
il
modo
di
continuare
meglio
l
opera
sua
.
Ma
quello
ancora
che
la
legge
non
sembra
sospettare
,
e
che
molti
ignorano
,
si
è
che
la
camorra
non
si
esercita
solo
negli
ordini
inferiori
della
società
:
vi
sono
anche
camorristi
in
guanti
bianchi
ed
abito
nero
,
i
cui
nomi
e
i
cui
delitti
da
molti
pubblicamente
si
ripetono
.
Le
forme
che
la
camorra
piglia
nei
diversi
luoghi
e
fra
le
diverse
persone
che
la
esercitano
,
sono
infinitamente
varie
.
Non
è
lungo
tempo
io
scrissi
ad
un
vice
-
sindaco
di
Napoli
,
amante
del
suo
paese
,
antico
liberale
,
patriotta
provato
:
Mi
dici
qualche
cosa
della
camorra
?
Va
essa
avanti
o
indietro
;
comincia
ad
essere
davvero
estirpata
?
Egli
mi
fece
una
risposta
che
non
riferisco
tutta
,
perché
a
molti
parrebbe
una
dipintura
esagerata
dei
fatti
.
Copio
solo
la
conclusione
della
lettera
.
«
Moltissime
ordinanze
municipali
non
possono
qui
attecchire
,
se
non
convengono
agl
interessi
della
camorra
.
Napoli
comincia
a
ripulirsi
dacché
la
camorra
con
i
suoi
appaItatori
ne
trae
guadagno
.
Ed
io
,
come
vice
-
sindaco
di
...
,
ho
potuto
obbligare
1.157
proprietarii
a
restaurare
ed
imbiancare
le
loro
case
e
le
ville
,
che
sono
cinte
di
mura
,
dacché
,
senza
che
sapessi
,
la
camorra
locale
ha
diretto
,
di
comune
accordo
col
mio
usciere
l
operazione
»
.
Questo
stato
di
cose
fa
paura
,
spaventa
sempre
più
,
quando
si
esamina
più
da
vicino
,
e
se
ne
vede
tutta
l
estensione
.
Perché
la
camorra
divenga
possibile
,
occorre
che
vi
sia
un
certo
numero
di
cittadini
,
o
anche
una
classe
intera
,
che
si
pieghi
alle
minacce
di
pochi
o
di
molti
,
che
siano
organizzati
.
Una
volta
che
questo
fatto
,
per
qualche
tempo
,
si
avvera
in
proporzioni
abbastanza
larghe
,
riesce
facile
assai
capire
in
che
modo
la
malattia
si
estenda
a
poco
a
poco
,
e
pigli
forme
diverse
,
secondo
che
penetra
nei
diversi
ordini
della
società
.
Il
male
è
contagioso
come
il
bene
,
e
l
oppressione
,
specialmente
quella
esercitata
dalla
camorra
,
corrompe
l
oppresso
e
l
oppressore
,
e
corrompe
ancora
chi
resta
lungamente
spettatore
di
questo
stato
di
cose
,
senza
reagire
con
tutte
le
sue
forze
.
Perciò
importa
conoscere
dove
questa
oppressione
comincia
e
si
può
esercitare
più
impunemente
,
perché
ivi
è
la
prima
radice
del
male
,
dalla
quale
tutto
il
resto
deriva
,
perché
ivi
,
se
è
possibile
,
bisogna
portare
il
rimedio
.
La
città
di
Napoli
è
,
fra
molte
,
quella
in
cui
la
bassa
plebe
si
trova
,
non
voglio
dire
nella
maggiore
miseria
,
perché
ciò
non
è
il
peggio
;
ma
nel
più
grande
abbandono
,
nel
maggiore
avvilimento
,
nel
più
doloroso
abbrutimento
.
Contro
di
essa
tutto
era
permesso
sotto
il
regime
borbonico
,
Il
galantuomo
poteva
,
senza
temer
nulla
,
quando
era
di
giorno
e
nella
pubblica
via
,
usare
il
suo
bastone
,
perché
la
polizia
pigliava
in
queste
occasioni
sempre
le
sue
parti
.
Le
limosine
date
a
larga
mano
dai
privati
;
dai
conventi
,
che
distribuivano
la
minestra
;
dalle
Opere
pie
;
anche
dal
Governo
,
che
distribuiva
pane
,
alimentavano
la
miseria
e
la
rendevano
permanente
.
La
camorra
cosi
nasceva
naturalmente
in
mezzo
a
questi
uomini
;
era
il
loro
governo
naturale
,
ed
era
perciò
favorita
,
sostenuta
dai
Borboni
,
come
un
mezzo
di
ordine
.
Qui
il
camorrista
atterriva
,
minacciava
e
regnava
.
Qui
egli
prendeva
i
giovanetti
di
14
o
16
anni
,
per
insegnar
loro
a
rubare
il
fazzoletto
,
che
restava
a
lui
,
dando
in
cambio
,
e
come
per
favore
,
qualche
soldo
.
Qui
egli
poteva
fare
degli
uomini
e
delle
donne
quello
che
voleva
.
E
siccome
spesso
faceva
con
le
sue
anche
le
altrui
vendette
,
così
qualche
volta
non
solo
incuteva
terrore
,
ma
ispirava
ammirazione
ed
affetto
in
quegli
stessi
che
opprimeva
.
Cominciata
la
malattia
,
si
poté
subito
diffondere
.
Una
volta
che
questo
spettacolo
non
disgustò
più
,
l
oppressione
e
la
violenza
non
parvero
un
delitto
,
e
le
esercitarono
molti
che
in
altre
condizioni
sociali
avrebbero
trovato
nella
loro
coscienza
un
ostacolo
invincibile
.
Per
comprendere
la
verità
di
quello
che
dico
,
e
per
poter
ragionare
in
buona
fede
su
questi
fatti
,
occorrerebbe
prima
di
tutto
andare
a
vedere
coi
propri
occhi
dove
e
come
vivono
le
più
povere
famiglie
.
Si
tratta
d
una
popolazione
enorme
,
che
si
divide
in
categorie
diverse
,
ciascuna
delle
quali
ha
caratteri
,
costumi
,
sventure
proprie
.
Cito
degli
esempi
,
ed
il
lettore
non
si
stanchi
se
,
pur
avendo
io
stesso
veduto
molti
fatti
,
riferisco
le
parole
di
alcuni
che
andarono
espressamente
a
visitare
i
poveri
.
Lo
scorso
dicembre
io
scrissi
ad
un
architetto
,
che
era
stato
più
volte
adoperato
dal
Municipio
di
Napoli
,
pregandolo
che
mi
dicesse
qualche
cosa
di
quelli
che
si
chiamano
colà
i
fondaci
,
nei
quali
abita
la
più
misera
gente
,
e
che
sono
disprezzati
dalle
donne
stesse
del
popolo
.
Per
ingiuriarsi
fra
loro
,
l
una
chiama
l
altra
funnachéra
(
abitante
dei
fondaci
)
.
«
Questi
fondaci
(
egli
rispondeva
)
hanno
generalmente
un
androne
,
senza
uscio
di
strada
,
ed
un
piccolo
cortiletto
,
ambedue
sudicissimi
,
i
quali
mettono
in
una
grandissima
quantità
di
pessime
abitazioni
,
molto
al
di
sotto
degli
stessi
canili
,
le
quali
tutte
,
e
specialmente
quelle
in
terreno
,
sono
prive
di
aria
,
di
luce
,
ed
umidissime
.
In
essi
vivono
ammonticchiate
parecchie
migliaia
di
persone
,
talmente
avvilite
dalla
miseria
,
che
somigliano
più
a
bruti
che
ad
uomini
.
In
quei
covi
,
nei
quali
non
si
può
entrare
per
il
puzzo
che
tramandano
immondizie
ammassate
da
tempi
immemorabili
,
si
vede
spesso
solamente
un
mucchio
di
paglia
,
destinata
a
far
dormire
un
intera
famiglia
,
maschi
e
femmine
tutti
insieme
.
Di
cessi
non
se
ne
parla
,
perché
a
ciò
bastano
le
strade
vicine
ed
i
cortili
.
Solamente
in
due
o
tre
fondaci
,
dei
molti
visitati
da
me
,
le
donne
esercitano
la
miserabile
arte
di
fare
stuoie
,
o
impagliare
sedie
;
negli
altri
tutti
non
si
vede
nessuno
a
lavorare
,
ma
solo
spettri
seminudi
ed
oziosi
.
A
me
accadde
d
incontrare
in
parecchi
fondaci
,
donne
che
vagano
per
i
cortili
,
con
la
sola
camicia
indosso
,
che
pur
veniva
giù
a
brani
.
Infine
la
più
terribile
miseriatrova
ricetto
in
questi
fabbricati
,
dove
non
manca
mai
qualcuna
delle
più
abbiette
e
luride
case
di
prostituzione
.
Nella
nostra
città
sono
n
°
94
fondaci
,
come
potrai
vedere
dall
elenco
che
t
invio
;
sicché
,
calcolando
che
ognuno
sia
abitato
da
n
°
100
persone
(
e
con
questo
numero
mi
metto
al
disotto
del
vero
)
,
sarebbero
circa
9.400
questi
esseri
infelici
.
I
peggiori
fondaci
sono
quelli
che
si
trovano
nei
quartieri
di
Pendino
,
Porto
e
Mercato
,
51
in
tutto
.
Gli
altri
sono
migliori
,
ma
di
poco
.
Ognuno
di
essi
ha
il
suo
proprio
nome
:
Barettari
,
Tentella
,
S
.
Crispino
,
Scanna
-
sorci
,
Divino
Amore
,
Presèpe
,
Pisciavino
,
Del
Pozzillo
,
Abate
,
Crocefisso
,
Degli
schiavi
,
ecc
.
L
ultimo
parmi
il
nome
più
adatto
»
.
Il
lettore
ha
mai
sentito
parlare
degli
spagari
di
Napoli
,
e
delle
grotte
in
cui
abitavano
?
Questa
gente
forma
una
classe
numerosa
,
non
chiede
la
limosina
,
lavora
,
ha
un
mestiere
.
Nel
tempo
del
colera
,
pochi
anni
sono
,
furono
chiuse
quelle
luride
tane
,
che
erano
la
loro
unica
dimora
.
Tuttavia
,
mesi
sono
,
pregai
una
persona
amica
di
andare
colà
dov
erano
una
volta
le
grotte
,
e
vedere
;
trovandole
ancora
chiuse
,
cercasse
dove
abitavano
gli
spagari
,
e
li
visitasse
.
Riferisco
qui
due
delle
lettere
ricevute
.
Sono
dello
scorso
novembre
.
«
Ieri
trovai
una
delle
così
dette
grotte
degli
spagari
,
la
più
parte
essendo
ormai
chiuse
.
Essa
sta
in
sul
principio
delle
Rampe
di
Brancaccio
,
quando
si
discende
.
Il
suo
ingresso
non
annunzia
l
orrore
che
vi
si
trova
.
Somiglia
alle
catacombe
di
S
.
Gennaro
,
se
non
che
è
assai
più
lurida
e
meschina
.
Vi
si
cammina
col
lume
,
e
solo
di
tanto
in
tanto
,
ma
assai
di
rado
,
vi
sono
delle
aperture
,
balconcini
e
finestre
,
che
mettono
,
due
nei
giardini
di
Francavilla
,
altre
in
umide
corti
.
Tutta
questa
grotta
è
gremita
di
letti
,
l
uno
dall
altro
poco
più
discosti
di
quel
che
sono
nelle
sale
dell
ospedale
degl
Incurabili
.
Ad
eccezione
di
qualcuno
,
sono
tutti
letti
assai
grandi
,
da
contenere
più
persone
.
Sarebbe
impossibile
descriverne
il
sudiciume
e
la
povertà
.
Una
perfetta
armonia
è
tra
quei
luridi
canili
,
l
orribile
grotta
e
gli
abbrutiti
abitanti
,
e
tutti
insieme
sembrano
formare
un
mondo
a
parte
,
che
non
possa
andare
altrimenti
da
quello
che
va
.
Fra
gli
abitanti
v
è
una
certa
gerarchia
.
Accanto
alle
poche
finestre
,
là
dove
arriva
qualche
raggio
di
sole
,
si
trova
un
poco
meno
di
miseria
;
dove
però
non
arriva
la
luce
,
ivi
chi
si
avanza
col
lume
,
vede
una
miseria
indescrivibile
.
Ed
è
singolare
come
anche
qui
,
quelli
che
stanno
meglio
compatiscano
e
quasi
disprezzino
quelli
che
stanno
peggio
.
Vivono
in
questo
luogo
famiglie
,
e
sono
circa
100
persone
il
sudiciume
è
tale
,
che
la
vista
colà
d
una
conca
col
bucato
,
mi
rallegrò
in
modo
che
mi
parve
un
oasi
nel
deserto
.
Vicino
alle
finestre
si
paga
sino
a
10
lire
il
mese
,
dove
manca
la
luce
si
discende
fino
a
25
soldi
.
Hanno
l
aria
,
più
che
di
gente
infelice
,
di
gente
abbrutita
.
Quando
fa
bel
tempo
,
escono
a
guisa
di
formiche
,
e
si
spandono
al
sole
.
Tutta
questa
gentemi
piativano
d
intorno
,
domandando
misericordia
,
e
dicendo
che
erano
obbligati
a
restar
lì
senza
luce
,
senz
aria
,
senza
medici
.
Quando
sono
ammalati
,
essi
dicono
,
restano
abbandonati
fino
a
che
muoiono
o
vanno
all
ospedale
.
La
persona
che
subaffitta
questo
locale
,
e
vi
fa
su
un
buonissimo
guadagno
,
si
è
persino
ricusata
di
fare
le
più
necessarie
riparazioni
,
e
così
non
di
rado
la
pioggia
inonda
la
grotta
»
.
Aggiungo
una
seconda
lettera
della
stessa
persona
.
«
Andai
in
un
altro
luogo
,
che
è
una
volta
al
di
sotto
del
Corso
Vittorio
Emanuele
,
con
mura
che
la
chiudono
dai
due
lati
,
e
formano
così
uno
strano
ricovero
.
Ivi
erano
molti
a
lavorare
lo
spago
,
la
più
parte
giovani
figlie
di
capispagari
,
le
quali
però
non
vi
dormivano
.
Una
grande
e
commoventissima
miseria
mi
colpì
allora
sino
al
fondo
dell
anima
.
Una
povera
vedova
di
poco
più
che
30
anni
,
d
un
aspetto
che
dimostrava
essere
ella
già
stata
bella
,
aveva
cinque
bambini
,
un
giovanetto
di
12
anni
,
e
quattro
bimbe
,
l
ultima
delle
quali
di
3
anni
appena
:
tutti
assai
belli
.
Erano
stati
una
volta
agiati
,
perché
figli
d
un
operaio
che
guadagnava
bene
,
ma
che
era
morto
sollevando
alcuni
pesi
troppo
gravi
alle
sue
forze
.
La
donna
,
che
nella
sua
infanzia
aveva
fatto
la
spagara
,
è
tornata
ora
all
antico
mestiere
,
col
quale
guadagna
dieci
soldi
al
giorno
,
tranne
quando
pel
gran
freddo
,
non
potendo
muovere
le
mani
irrigidite
,
non
riesce
a
fare
quel
tanto
che
deve
.
I
bambini
girano
le
ruote
per
le
altre
donne
,
e
guadagnano
ciascuno
un
soldo
,
col
quale
comprano
castagne
secche
,
e
così
si
sostentano
fino
a
sera
,
quando
,
venendo
pagati
i
dieci
soldi
alla
madre
,
mangiano
tutti
qualche
altra
cosa
.
Dormono
in
un
angolo
di
questo
locale
,
sopra
alcune
foglie
secche
.
Non
hanno
neppur
l
idea
d
una
coperta
o
d
un
panno
per
ricoprirsi
.
La
notte
si
mettono
tutti
rannicchiati
,
l
uno
sull
altro
,
e
tremano
di
freddo
:
non
hanno
lume
.
La
donna
mi
mostrò
i
cenci
che
li
coprivano
,
in
molti
punti
rosi
dai
topi
piccoli
e
grossi
,
che
nel
colmo
della
notte
camminano
sui
loro
corpi
.
Allora
i
bambini
,
spaventati
,
gridano
e
piangono
.
Ed
essa
,
battendo
con
una
pietra
sul
muro
,
cerca
con
quel
rumore
di
spaventare
ed
allontanare
i
topi
,
che
non
vede
.
Quella
donna
deve
essere
onesta
e
buona
,
perché
il
pensiero
che
più
di
tutti
la
turbava
era
la
riuscita
dei
figli
.
Essa
teme
che
il
primo
,
il
quale
ha
già
12
anni
,
ed
è
già
molto
vivo
,
possa
presto
divenire
un
cattivo
soggetto
»
.
Se
è
vero
quel
che
dice
il
Quetelet
,
che
assai
spesso
è
la
società
quella
che
mette
il
coltello
in
mano
al
colpevole
,
e
se
questo
giovanetto
divenisse
un
giorno
assassino
,
non
avrebbe
egli
il
diritto
di
dire
alla
società
:
lo
ho
ammazzato
un
uomo
;
ma
tu
avevi
già
prima
ammazzato
la
mia
coscienza
?
Potrei
continuare
questa
descrizione
sino
all
infinito
,
ed
aggiungere
lettere
a
lettere
,
fatti
a
fatti
,
sempre
vari
,
sempre
brutali
,
sempre
orribili
.
Ma
non
voglio
stancare
la
pazienza
del
lettore
.
Su
questa
povera
gente
tutti
abusano
.
Il
tugurio
in
cui
abitano
,
le
misere
ruote
con
cui
lavorano
lo
spago
,
la
canapa
di
cui
si
servono
,
nulla
appartiene
ad
essi
;
per
ogni
cosa
debbono
pagare
,
e
pagare
ad
uomini
che
gli
opprimono
,
li
tormentano
,
non
hanno
di
loro
alcuna
pietà
,
e
vivono
guadagnando
sulla
loro
abbrutita
miseria
.
Basta
avvicinarsi
a
questi
luoghi
,
per
essere
circondati
da
una
folla
che
chiede
l
elemosina
,
e
,
senza
essere
interrogata
,
racconta
la
varia
lliade
delle
sue
miserie
.
Qui
bisogna
venire
a
studiare
,
per
convincersi
che
la
camorra
comincia
a
nascere
,
non
come
uno
stato
anormale
di
cose
,
ma
come
il
solo
stato
normale
e
possibile
.
Supponendo
domani
imprigionati
tutti
i
camorristi
,
la
camorra
sarebbe
ricostituita
la
sera
,
perché
nessuno
l
ha
mai
creata
,
ed
essa
nasce
come
forma
naturale
di
questa
società
.
Intanto
qui
si
recluta
la
popolazione
enorme
de
piccoli
ladri
,
i
quali
rubano
a
vantaggio
dei
loro
capi
;
e
quando
vanno
a
centinaia
nelle
prigioni
,
costituiscono
anche
là
il
popolo
della
camorra
,
perché
ivi
essa
ha
pure
i
suoi
sovrani
,
le
sue
assemblee
e
la
sua
gerarchia
,
non
meno
potenti
,
non
meno
audaci
che
fuori
.
Il
guadagno
del
camorrista
si
fa
allora
sulle
fave
nere
,
sul
pane
nero
di
cui
il
carcerato
povero
deve
rilasciare
una
parte
;
colui
che
ha
dei
soldi
rilascia
tutto
,
per
comprare
dalla
camorra
qualche
cosa
di
meglio
,
spesso
ancora
per
ricomprare
quello
che
ha
venduto
.
Ma
a
che
pro
,
mi
si
può
dire
,
questa
lunga
geremiata
?
Si
sa
che
la
miseria
c
è
,
e
che
è
orribile
.
C
è
stata
e
ci
sarà
sempre
dappertutto
,
insieme
coi
delitti
.
Lo
so
anch
io
che
vi
sono
uomini
,
ai
quali
se
si
mostra
una
moltitudine
che
affoga
nella
miseria
,
nella
fame
e
nella
corruzione
,
hanno
sempre
la
stessa
risposta
:
Bisogna
aver
fede
nella
libertà
.
IL
SECOLO
,
IL
PROGRESSO
,
I
LUMI
!
Con
questa
gente
io
non
so
ne
ho
voglia
di
ragionare
.
A
loro
non
saprei
dire
che
una
cosa
sola
:
Spegnete
i
vostri
lumi
e
andate
a
letto
.
Contentatevi
di
sentire
ogni
giorno
ripetere
dagl
Inglesi
e
dai
Tedeschi
,
che
i
popoli
latini
conoscono
la
forma
e
non
la
sostanza
della
libertà
,
perché
non
hanno
mai
voluto
capire
che
popolo
libero
è
quello
solamente
,
in
cui
i
potenti
e
i
ricchi
fanno
un
perenne
sacrifizio
di
loro
stessi
ai
poveri
e
ai
deboli
.
E
non
vogliono
capire
che
una
plebe
misera
e
corrotta
corrompe
tutta
la
società
;
sicché
è
nel
loro
interesse
,
in
quello
della
moralità
propria
e
dei
propri
figli
,
combattere
questo
male
con
tutta
la
energia
possibile
.
lo
parlo
invece
a
coloro
che
,
senza
illusioni
,
credono
utile
e
necessario
studiare
il
male
per
cercarne
i
rimedi
.
E
questi
,
certo
,
sono
molti
,
complessi
,
difficili
.
Accennerò
a
qualcuno
di
quelli
che
mi
sembrano
più
evidenti
,
e
comincerò
dal
più
difficile
di
tutti
,
quello
che
richiede
maggior
tempo
e
danaro
.
A
Napoli
v
è
una
quistione
colossale
,
che
nasce
dalla
costruzione
stessa
della
città
.
Questa
condizione
di
cose
peggiorò
molto
dal
tempo
in
cui
,
invece
di
fare
,
come
pel
passato
,
scorrere
le
acque
che
piovono
,
a
rigagnoli
o
a
fiumi
per
le
strade
,
si
costruirono
assai
malamente
le
fogne
,
nelle
quali
,
per
mancanza
di
pozzi
neri
,
va
ogni
cosa
.
Le
materie
restano
ora
,
quando
non
piove
,
ferme
,
e
le
loro
esalazioni
miasmatiche
si
sentono
per
le
vie
,
entrano
pei
condotti
nelle
case
.
Quando
invece
viene
la
pioggia
,
sono
portate
al
mare
,
che
bagna
le
rive
così
incantevoli
e
così
popolose
della
città
:
ivi
in
tempo
di
calma
si
fermano
,
e
lo
scirocco
rimanda
indietro
i
miasmi
.
Il
rimedio
è
difficile
,
perché
manca
l
acqua
,
ed
in
molti
luoghi
il
livello
delle
strade
è
uguale
a
quello
del
mare
.
Intanto
le
febbri
intermittenti
fanno
strage
nella
misera
popolazione
.
Le
Guide
inglesi
e
tedesche
hanno
sempre
un
capitolo
sulla
lebbre
napoletana
,
di
cui
nei
tempi
passati
non
parlavano
punto
.
Gli
alberghi
abbandonano
la
marina
e
salgono
sulla
collina
.
Si
aggiunga
a
questo
,
che
la
mancanza
di
spazio
costringe
la
povera
gente
a
vivere
accatastata
in
tugurii
spaventevoli
;
onde
in
nessun
paese
della
terra
si
vedono
più
chiare
le
terribili
conseguenze
della
teoria
del
Malthus
.
Qui
anche
la
parte
meno
misera
del
popolo
abita
nei
bassi
,
i
quali
non
solamente
sono
senza
aria
e
senza
luce
,
ma
son
tali
che
spesso
,
per
entrarvi
,
si
discendono
alcuni
scalini
,
onde
la
malsana
umidità
.
S
aggiunga
poi
che
anche
oggi
si
continuano
a
costruire
questi
bassi
nel
medesimo
modo
e
si
capirà
come
il
primo
e
più
difficile
problema
risguardi
l
igiene
generale
della
città
,
la
costruzione
delle
case
pei
poveri
,
pei
quali
dal
59
ad
oggi
non
si
è
fatto
nulla
.
Si
pensi
che
molti
dei
più
miseri
vivevano
e
vivono
accattando
,
ricevendo
sussidii
,
quando
non
fanno
di
peggio
.
Queste
limosine
e
sussidii
sono
ora
scemati
,
perché
un
governo
libero
non
può
distribuire
il
pane
,
e
perché
le
Corporazioni
religiose
furono
sciolte
.
Si
consideri
che
il
prezzo
dei
viveri
e
delle
case
è
cresciuto
,
mentre
l
aumento
della
mano
d
opera
non
giova
a
chi
non
aveva
e
non
ha
mestiere
,
e
si
dica
poi
se
rimedia
al
male
la
scuola
elementare
,
a
cui
del
resto
questa
gente
non
va
e
non
può
andare
.
La
sua
condizione
certo
non
è
migliorata
,
forse
è
peggiorata
.
Di
ciò
io
sono
più
che
convinto
,
per
quel
che
ho
visto
coi
miei
occhi
.
In
questo
stato
di
cose
,
i
rimedii
principali
e
più
facili
sono
due
.
Estirpare
la
camorra
,
la
quale
deve
essere
ritenuta
come
una
piaga
sociale
assai
più
profonda
di
quel
che
ora
si
suppone
.
Per
riuscirvi
,
bisogna
prima
studiarla
e
conoscerla
bene
;
bisogna
poi
che
la
legge
la
determini
meglio
,
e
renda
così
possibile
il
colpirla
in
tutte
le
sue
forme
.
I
colpi
dovrebbero
essere
più
fieri
,
più
inesorabili
contro
coloro
che
non
sono
popolo
,
e
pur
la
esercitano
e
ne
profittano
.
Il
camorrista
dovrebbe
nelle
carceri
essere
isolato
,
o
mandato
in
quelle
dell
Italia
settentrionale
;
altrimenti
la
prigionia
,
se
non
è
un
premio
,
non
è
certo
una
pena
per
lui
.
Da
alcuni
mesi
il
governo
è
rientrato
in
una
via
di
rigore
,
che
aveva
,
secondo
me
,
a
torto
abbandonata
per
lungo
tempo
.
Bisognerebbe
che
questo
rigore
fosse
permanente
,
che
continuasse
nella
prigione
,
e
avesse
,
per
quanto
è
possibile
,
l
aiuto
di
una
legge
di
pubblica
sicurezza
,
con
qualche
articolo
aggiunto
a
quel
troppo
semplice
articolo
120
,
il
quale
si
contenta
di
mettere
fra
le
persone
sospette
coloro
che
«
esigono
danaro
abitualmente
ed
illecitamente
sugli
altrui
guadagni
»
.
A
torto
si
è
creduto
di
aver
così
definito
la
camorra
,
che
invece
sfugge
facilmente
alla
pena
.
Ogni
sforzo
sarà
però
vano
se
,
nel
tempo
stesso
in
cui
si
cerca
di
estirpare
il
male
con
mezzi
repressivi
,
non
si
adoprano
efficacemente
i
mezzi
preventivi
.
lo
non
mi
stancherò
mai
di
ripeterlo
:
finché
dura
lo
stato
presente
di
cose
,
la
camorra
è
la
forma
naturale
e
necessaria
della
società
che
ho
descritto
.
Mille
volte
estirpata
,
rinascerà
mille
volte
.
Quella
plebe
infelice
,
che
con
leggi
repressive
noi
a
poco
a
poco
liberiamo
dai
suoi
oppressori
,
deve
essere
con
leggi
preventive
spinta
,
costretta
al
lavoro
.
Non
bisogna
contentarsi
di
aiutarla
con
quelle
infinite
limosine
che
aprono
spesso
una
nuova
piaga
sociale
,
perché
alimentano
l
ozio
ed
il
vagabondaggio
.
Non
bisogna
dire
e
ripetere
,
che
a
tutto
rimedia
la
scuola
elementare
,
la
quale
in
questi
casi
non
rimedia
nulla
.
Si
guardi
un
poco
a
quello
che
avviene
naturalmente
,
quando
si
trovano
a
Napoli
uomini
veramente
pietosi
e
benemeriti
,
che
conoscono
i
mali
del
loro
popolo
.
Alfonso
Casanova
,
che
da
pochi
anni
abbiamo
perduto
,
fu
giustamente
amato
come
un
santo
.
La
sua
Opera
pei
fanciulli
usciti
dagli
Asili
era
fondata
collo
scopo
di
cercare
i
piccoli
vagabondi
,
ed
insegnar
loro
,
insieme
con
l
alfabeto
,
un
mestiere
.
Tutti
riconobbero
che
quello
era
il
bisogno
vero
del
paese
,
tutti
l
aiutarono
e
l
amarono
,
quasi
l
adorarono
.
Altri
tentarono
l
impresa
con
uguale
fortuna
,
perché
la
carità
cittadina
non
è
mancata
mai
colà
.
E
se
il
Governo
vuol
davvero
operare
,
deve
imitare
questi
esempi
suggeriti
dalla
natura
stessa
delle
cose
.
Come
la
camorra
è
un
male
che
sorge
spontaneo
,
e
però
tanto
più
profondo
,
in
un
certo
stato
sociale
,
così
questi
tentativi
sono
lo
sforzo
generoso
e
spontaneo
della
società
stessa
per
redimersi
.
Bisogna
combattere
la
prima
,
aiutare
i
secondi
.
Il
Governo
deve
prendere
le
cose
come
sono
,
entrare
nella
via
suggerita
dall
esperienza
della
gente
onesta
del
paese
,
e
lasciar
da
un
lato
le
teorie
.
E
il
danaro
non
manca
,
se
una
volta
si
vorrà
ammettere
che
le
infinite
Opere
pie
elemosiniere
,
le
quali
così
spesso
sono
più
uno
stimolo
che
un
rimedio
alla
miseria
,
debbano
tutte
essere
trasformate
in
modo
da
ottenere
il
loro
scopo
con
la
previdenza
,
dando
col
pane
,
e
come
condizione
sine
qua
non
,
l
insegnamento
e
l
obbligo
del
lavoro
.
E
perché
si
veda
quanto
questo
male
sia
generale
,
e
non
paia
che
io
voglia
prendere
tutti
gli
esempi
dal
Mezzogiorno
d
Italia
,
ne
citerò
uno
del
Settentrione
185
.
Nella
Rivista
Veneta
(
vol
.
IV
,
fasc
.
5°
,
1874
)
è
stato
poco
fa
pubblicato
dal
professore
Cecchetti
dell
Archivio
dei
Frari
,
un
lavoro
in
cui
si
dànno
alcune
statistiche
assai
eloquenti
.
Dal
1766
al
1789
si
trova
che
Venezia
ebbe
una
media
di
2.000
poveri
.
Le
cose
sono
da
allora
in
poi
talmente
peggiorate
,
che
nel
1860
erano
nei
registri
di
beneficenza
inscritti
31.890
individui
,
in
una
popolazione
di
123.102
abitanti
.
Nel
1861
la
popolazione
discese
a
122.565
,
e
gl
inscritti
alla
beneficenza
salirono
a
32.422
.
Nel
1867
la
popolazione
discese
a
120.889
e
nel
catalogo
della
beneficenza
erano
registrati
33.978
individui
.
Questi
erano
nel
1869
,
35.000;
nel
1870
,
35.728;
nel
1871
,
36.200
.
E
qui
finisce
la
statistica
,
non
senza
notare
che
bisogna
,
per
l
anno
1871
,
aggiungere
circa
700
poveri
vergognosi
,
i
quali
rappresentano
186
altrettante
famiglie
.
È
vero
che
negli
ultimi
anni
la
popolazione
di
Venezia
ebbe
qualche
lieve
aumento
,
essendo
nel
1871
salita
a
128.901
abitanti
;
ma
in
sostanza
dai
calcoli
ufficiali
del
signor
Cecchetti
risulta
un
continuo
aumento
di
poveri
,
e
risulta
che
un
terzo
circa
della
popolazione
di
Venezia
è
ora
sussidiato
187
dalla
beneficenza
,
o
almeno
scritto
nei
registri
come
meritevole
di
sussidio
188
.
Ho
sentito
molti
e
molti
domandare
:
Perché
lo
spirito
intraprendente
,
operoso
,
audace
qualche
volta
sino
all
eroismo
,
degli
antichi
Veneti
,
non
è
ancora
cominciato
a
risorgere
colla
libertà
189
?
Le
ragioni
sono
infinite
.
Però
tra
le
ragioni
,
a
mio
avviso
,
non
è
ultima
questa
,
che
la
carità
cittadina
ha
accumulato
infiniti
tesori
,
i
quali
sono
ora
destinati
ad
impedire
che
quello
spirito
risorga
.
Dopo
ciò
l
eterna
risposta
deve
essere
sempre
:
Vedremo
,
provvederemo
,
faremo
?
Cioè
,
lasceremo
fare
,
lasceremo
passare
?
Intanto
la
stampa
straniera
ci
domanda
:
Quando
l
Italia
sarà
finalmente
civile
?
E
se
questo
è
quello
che
segue
a
Venezia
,
che
cosa
deve
seguire
a
Napoli
,
città
tanto
più
grande
,
tanto
più
malmenata
!
Lo
dica
l
esercito
sterminato
di
poveri
che
vive
colà
senza
lavoro
.
Qualcuno
darà
loro
da
mangiare
,
se
di
fame
non
muoiono
.
Sì
,
è
la
carità
,
ma
una
carità
che
uccide
,
che
demoralizza
,
che
abbrutisce
.
E
voi
,
mi
si
dirà
,
avete
la
ingenuità
di
credere
che
in
breve
si
può
rimediare
a
mali
così
gravi
e
profondi
?
Non
vedete
che
ci
vuole
un
secolo
?
Sì
,
lo
vedo
,
ma
vedo
ancora
che
se
cominceremo
domani
,
ci
vorrà
un
secolo
ed
un
giorno
.
E
per
ora
vedo
ancora
che
,
quando
torno
a
Napoli
,
il
mondo
è
mutato
per
me
e
per
i
miei
amici
.
La
parola
è
libera
,
la
stampa
è
libera
,
molte
vie
si
sono
aperte
dinanzi
a
me
.
La
differenza
è
come
dalla
notte
al
giorno
;
se
dovessi
tornare
al
passato
,
mi
parrebbe
di
scendere
nella
tomba
.
Abbandono
le
strade
centrali
,
vado
nei
quartieri
bassi
,
e
ritrovo
le
cose
come
le
lasciarono
i
Borboni
.
I
fondaci
Scanna
-
sorci
,
Tentella
,
San
Crispino
,
Pisciavino
,
del
Pozzillo
,
ecc
.
sono
là
sempre
gli
stessi
,
coi
medesimi
infelici
,
forse
ancora
più
oppressi
,
più
affamati
di
prima
.
Tutta
la
differenza
,
se
mai
,
sta
in
ciò
,
che
il
muro
esterno
fu
imbiancato
.
E
sono
allora
tentato
di
domandare
a
me
stesso
:
Ah
!
dunque
la
libertà
che
tu
volevi
,
era
una
libertà
per
tuo
uso
e
consumo
solamente
?
Tuo
affez
.
P
.
VILLARI
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
LA
MAFIA
Mio
caro
Dina
In
questa
lettera
comincerò
a
ragionare
dei
mali
che
affliggono
la
Sicilia
.
La
cosa
è
molto
ardua
per
me
,
che
conosco
assai
poco
il
paese
.
Ed
è
più
ardua
in
se
stessa
,
perché
le
opinioni
su
questo
argomento
,
anche
tra
coloro
che
nacquero
e
vissero
nell
Isola
,
sono
disparatissime
.
Io
andrò
quindi
assai
cauto
.
Metterò
sotto
gli
occhi
del
lettore
i
fatti
che
potei
raccogliere
,
esporrò
le
conclusioni
a
cui
sono
venuto
,
e
il
modo
,
il
processo
logico
con
cui
v
arrivai
.
Il
lettore
potrà
da
se
fare
le
sue
osservazioni
,
e
giudicare
le
mie
.
Prima
di
tutto
,
voglio
notare
che
ogni
anno
a
me
accade
di
ricevere
lettere
di
giovani
professori
,
i
quali
,
invitati
dal
Governo
ad
andare
in
qualche
liceo
o
ginnasio
della
Sicilia
,
mi
chiedono
ansiosamente
,
in
nome
loro
e
delle
famiglie
,
notizia
dei
paesi
cui
sono
destinati
.
lo
mi
rivolgo
allora
a
qualche
Siciliano
amico
,
e
domando
.
Sono
stato
molte
volte
maravigliato
nel
ricevere
una
risposta
,
che
sembra
esprimere
come
un
giudizio
popolare
.
Se
io
chiedevo
di
paesi
delle
province
di
Catania
o
di
Siracusa
,
quasi
sempre
la
risposta
era
:
Paesi
buonissimi
,
si
sta
come
in
Toscana
,
si
può
andare
coll
oro
in
mano
.
Se
invece
chiedevo
di
paesi
della
Sicilia
occidentale
,
specialmente
delle
province
di
Girgenti
e
di
Caltanissetta
,
la
risposta
era
spesso
:
Eh
!
paesi
di
solfare
,
bisogna
stare
attenti
.
Egli
è
noto
che
la
Sicilia
vien
travagliata
da
quelle
piaghe
sociali
,
di
cui
tanto
si
parla
adesso
,
principalmente
nella
sua
parte
occidentale
.
Qui
appunto
,
non
occupandoci
per
ora
di
Palermo
che
dà
luogo
ad
altre
considerazioni
,
è
il
centro
delle
solfare
,
che
,
dopo
l
agricoltura
,
sono
la
più
grande
e
ricca
industria
di
quell
isola
,
industria
che
occupa
molte
migliaia
di
lavoranti
d
ogni
sesso
ed
età
.
Ed
è
noto
che
il
lavoro
delle
solfare
è
fatto
in
un
modo
che
molto
spesso
si
può
dire
iniquo
.
Non
solamente
non
si
pigliano
in
esse
tutti
i
necessarii
provvedimenti
a
salvare
la
vita
degli
operai
,
che
qualche
volta
restano
soffocati
dai
gas
che
n
emanano
,
ed
anche
si
accendono
;
sepolti
sotto
le
volte
che
cadono
,
perché
male
costruite
,
o
perché
l
intraprenditore
ha
fatto
assottigliare
i
pilastri
,
per
cavarne
altro
minerale
:
ma
segue
di
peggio
ancora
.
La
creatura
umana
è
sottoposta
ad
un
lavoro
che
,
descritto
ogni
giorno
,
sembra
ogni
giorno
più
crudele
e
quasi
impossibile
.
Centinaia
e
centinaia
di
fanciulli
e
fanciulle
scendono
per
ripide
scarpe
e
disagevoli
scale
,
cavate
in
un
suolo
franoso
e
spesso
bagnato
.
Arrivati
nel
fondo
della
miniera
,
sono
caricati
del
minerale
,
che
debbono
riportare
su
,
a
schiena
,
col
pericolo
,
sdrucciolando
su
quel
terreno
ripido
e
mal
fido
,
di
andar
giù
e
perder
la
vita
.
Quelli
di
maggiore
età
vengono
su
,
mandando
grida
strazianti
;
i
fanciulli
arrivano
piangendo
.
È
noto
a
tutti
,
è
stato
mille
volte
ripetuto
,
che
questo
lavoro
fa
strage
indescrivibile
fra
quella
gente
.
Molti
ne
muoiono
;
moltissimi
ne
restano
storpiati
,
deformi
o
malati
per
tutta
la
vita
.
Le
statistiche
lo
provarono
ad
esuberanza
,
la
leva
militare
ha
dato
un
numero
spaventoso
di
riformati
,
l
inchiesta
industriale
ha
raccolto
tutte
le
notizie
che
si
possono
desiderare
.
È
cosa
che
mette
terrore
.
Il
Congresso
di
Milano
,
l
onorevole
Di
Cesarò
,
l
onorevole
Luzzatti
ed
altri
levarono
un
grido
generoso
di
protesta
e
di
dolore
contro
queste
enormità
,
le
quali
sono
tanto
più
gravi
,
quanto
più
colla
salute
si
distrugge
la
moralità
di
quelle
popolazioni
.
Gli
organismi
deboli
rimangono
distrutti
,
i
forti
sopravvivono
per
comandare
,
tiranneggiare
,
opprimere
fanciulli
e
fanciulle
accatastati
in
quegli
oscuri
androni
,
dove
ogni
cosa
può
succedere
.
L
uomo
si
abbruti
sce
,
si
demoralizza
e
diviene
facilmente
un
nemico
della
società
,
che
lo
tratta
così
spietatamente
.
Abbiamo
qui
dunque
una
prima
sorgente
del
male
.
Si
vede
cogli
occhi
,
si
tocca
con
mano
in
che
modo
la
moralità
di
certe
classi
sociali
venga
distrutta
.
Segue
in
Sicilia
quello
che
era
cominciato
a
seguire
in
tutti
i
paesi
di
miniere
,
con
qualche
differenza
però
.
Altrove
si
pensò
subito
a
porvi
rimedio
con
leggi
,
che
proteggono
l
operaio
e
specialmente
il
fanciullo
,
il
quale
non
deve
lavorare
oltre
un
certo
numero
di
ore
,
non
deve
essere
sottoposto
a
lavori
che
lo
ammazzano
o
lo
demoralizzano
.
La
vita
e
la
moralità
dell
operaio
furono
efficacemente
protette
;
il
male
fu
fermato
nel
suo
cammino
.
Dal
1859
fino
ad
oggi
,
a
noi
è
invece
mancato
il
coraggio
,
la
previdenza
necessaria
a
fare
la
legge
che
tanti
avevano
già
fatta
.
Essa
si
discute
ora
negli
Ufficii
,
e
,
com
è
naturale
,
tutti
l
approvano
.
Ci
sarà
però
il
tempo
d
approvarla
e
discuterla
anche
in
Parlamento
,
in
questa
sessione
?
O
sarà
la
Camera
troppo
occupata
,
troppo
stanca
,
troppo
sopraffatta
?
E
,
approvata
una
volta
questa
legge
,
avrà
il
Governo
la
ferma
volontà
di
farla
eseguire
?
Si
leverà
certo
nelle
miniere
un
grido
di
protesta
,
e
sarà
invocato
il
sacro
nome
della
libertà
violata
.
Gli
operai
picconieri
grideranno
che
col
proibire
il
lavoro
dei
fanciulli
,
sarà
diminuito
il
guadagno
degli
adulti
.
Le
madri
grideranno
che
s
impedisce
ai
loro
figli
di
guadagnarsi
un
pane
,
e
che
così
essi
morranno
di
fame
.
I
gabellotti
o
appaltatori
strepiteranno
che
si
mandano
in
rovina
le
loro
industrie
;
che
è
ingiustizia
senza
nome
l
obbligarli
a
condurre
i
lavori
,
scavare
le
volte
,
ecc
.
in
un
modo
piuttosto
che
in
un
altro
.
E
i
sacri
adoratori
delle
armonie
economiche
grideranno
che
tutto
è
compenso
:
il
male
che
si
voleva
impedire
da
un
lato
,
si
produrrà
in
un
altro
,
e
intanto
la
libertà
,
che
sola
poteva
rimediare
a
tutto
,
è
stata
violata
.
Ma
quale
libertà
?
Quella
che
dà
al
picconiere
il
diritto
di
ammazzare
o
demoralizzare
i
fanciulli
,
per
guadagnare
qualche
scudo
di
più
?
Sono
queste
le
armonie
desiderate
?
Ma
come
,
diranno
forse
allora
gli
uomini
pratici
,
volete
voi
governare
con
tutto
il
paese
contro
di
voi
?
In
verità
mi
pare
che
se
abbiamo
saputo
,
quando
è
stato
inevitabile
,
imporre
la
leva
ed
il
macinato
colla
forza
,
dovremmo
saper
fare
e
far
rispettare
le
leggi
certo
non
meno
sacre
,
che
proteggono
i
deboli
e
la
pubblica
moralità
.
Altrimenti
è
inutile
domandare
:
perché
seguono
tanti
delitti
,
perché
non
c
è
sicurezza
pubblica
?
Anche
questa
è
un
armonia
fra
causa
ed
effetto
.
E
se
da
un
lato
noi
dobbiamo
,
per
necessità
inesorabile
delle
nostre
finanze
,
mantenere
il
lotto
che
corrompe
il
popolo
,
e
da
un
altro
lasciare
che
chi
vuole
l
opprima
e
lo
corrompa
,
cosa
sarà
mai
di
esso
e
di
noi
?
Il
giorno
in
cui
l
Italia
si
dichiarasse
impotente
a
rispettare
ed
a
far
rispettare
le
leggi
più
elementari
della
giustizia
,
essa
avrebbe
pronunziata
la
propria
condanna
di
morte
;
avrebbe
in
faccia
all
umanità
confessato
che
non
ha
il
diritto
di
esistere
.
Che
importerebbe
infatti
all
umanità
un
Italia
unita
e
libera
piuttosto
che
divisa
ed
oppressa
,
se
la
nostra
libertà
dichiarasse
che
,
per
esistere
,
deve
permettere
che
i
sacri
diritti
dei
deboli
vengano
ogni
giorno
violati
?
La
quistione
siciliana
si
presenta
in
tutta
la
sua
spaventosa
gravità
nella
provincia
di
Palermo
,
dove
uno
stato
sociale
,
che
ancora
non
si
conosce
abbastanza
,
produce
non
la
camorra
,
ma
la
mafia
.
Questa
è
stata
studiata
e
descritta
con
molti
particolari
,
prima
dal
barone
Turrisi
-
Colonna
,
poi
dall
onorevole
Tommasi
-
Crudeli
e
da
altri
,
in
opuscoli
nei
quali
sono
esaminati
anco
i
diversi
elementi
storici
che
contribuirono
a
generare
ed
accrescere
il
male
.
Sarebbe
inutile
veire
qui
a
ripetere
ciò
che
essi
hanno
già
detto
.
E
del
resto
,
non
è
il
sapere
quel
che
fa
la
mafia
e
come
lo
fa
,
e
neppure
il
conoscere
quali
sono
gli
elementi
ad
essa
estranei
,
che
la
promuovono
e
le
aumentano
vigore
,
ciò
che
a
noi
più
importa
.
Son
cose
in
gran
parte
già
note
.
Questa
mafia
non
ha
statuti
scritti
,
non
è
una
società
segreta
;
si
potrebbe
dire
quasi
che
non
è
un
associazione
;
è
una
camorra
d
un
genere
particolare
;
s
è
formata
per
generazione
spontanea
.
A
noi
importa
sapere
come
e
perché
nasce
e
si
mantiene
così
vigorosa
,
più
audace
assai
che
la
camorra
.
La
mafia
guadagna
,
si
vendica
,
ammazza
,
riesce
persino
a
produrre
sommosse
popolari
.
Chi
comanda
e
chi
obbedisce
,
chi
sono
gli
oppressi
e
chi
sono
gli
oppressori
?
È
difficile
farsi
un
idea
degli
ostacoli
che
si
ritrovano
,
quando
si
vuol
ricevere
o
dare
una
risposta
precisa
a
queste
domande
.
Ognuno
ha
una
opinione
o
un
idea
diversa
.
Ho
letto
un
gran
numero
di
libri
e
di
opuscoli
,
ho
interrogato
molti
Siciliani
e
molti
stranieri
residenti
nell
Isola
da
lungo
tempo
:
la
varietà
delle
opinioni
cresceva
ogni
giorno
.
Un
Inglese
da
parecchi
anni
dimorante
in
Palermo
,
mi
scriveva
più
volte
che
,
senza
provvedimenti
eccezionali
,
era
ridicolo
pensare
di
poter
ristabilire
colà
la
pubblica
sicurezza
.
Interrogato
però
da
me
sopra
varie
questioni
,
egli
,
uomo
dotto
,
intelligente
,
molto
pratico
di
affari
,
rispondeva
schietto
di
non
essere
in
grado
di
darmi
alcuna
cognizione
sicura
.
Inviò
le
mie
domande
ad
un
altro
Inglese
,
già
da
lungo
tempo
residente
nell
interno
dell
Isola
,
ivi
mescolato
in
molti
affari
,
ed
uomo
accorto
:
he
has
a
long
head
,
he
is
your
man
,
egli
è
assai
accorto
,
è
il
vostro
uomo
,
diceva
il
mio
amico
.
La
risposta
fu
,
che
era
molto
difficile
il
conoscere
davvero
l
origine
prima
ed
il
carattere
della
mafia
:
i
passati
Governi
,
le
rivoluzioni
,
la
mancanza
di
strade
e
di
opere
pubbliche
,
ecc
ecc
.
Una
sola
cosa
era
certa
,
egli
scriveva
,
e
cioè
che
i
provvedimenti
eccezionali
,
farebbero
più
male
che
bene
.
Il
rimedio
stava
nel
tempo
,
nelle
opere
pubbliche
,
cui
la
Sicilia
aveva
diritto
,
e
finalmente
nelle
scuole
,
l
eterna
panacea
di
tutti
i
mali
.
I
due
Inglesi
si
neutralizzavano
,
ed
io
restavo
come
prima
.
Un
giorno
ero
immerso
nella
lettura
degli
opuscoli
sulla
Sicilia
,
quando
m
arrivò
la
notizia
che
il
prof
.
Caruso
,
siciliano
,
non
nato
,
ma
educato
a
Palermo
,
e
che
ora
insegna
agronomia
nell
Università
di
Pisa
,
dalla
cattedra
e
nella
scuola
illustrata
dal
Cuppari
,
aveva
accennato
alla
questione
in
un
suo
pubblico
discorso
,
letto
nella
solenne
apertura
dell
anno
accademico
1873-74
.
Scrissi
subito
per
avere
il
discorso
,
e
vi
trovai
in
pochi
periodi
accennato
,
che
nella
Sicilia
v
era
una
grossa
quistione
sociale
,
derivante
dalla
grande
coltura
e
dalla
miseria
del
contadino
.
«
La
rivoluzione
di
Palermo
nel
1866
,
egli
diceva
,
non
fu
politica
,
ma
sociale
,
si
perché
non
aveva
nessuna
bandiera
politica
certa
,
si
perché
il
contingente
più
numeroso
lo
forniva
la
campagna
,
mandando
in
quella
sventurata
città
coorti
di
opranti
affamati
,
desiderosi
di
arricchirsi
»
.
Unico
rimedio
ai
mali
,
continuava
il
Caruso
,
sarebbe
l
introduzione
di
quel
contratto
di
mezzerìa
,
secondo
il
quale
è
coltivata
la
Toscana
,
e
col
quale
si
fanno
al
contadino
condizioni
eccellenti
.
E
subito
,
nell
Accademia
dei
Georgofili
,
l
ex
-
deputato
E
.
Rubieri
annunziò
con
parole
di
elogio
questo
discorso
,
ricordando
come
egli
avea
nel
1868
,
dopo
un
viaggio
in
Sicilia
,
sostenuto
la
medesima
idea
nel
suo
libro
:
Sulle
condizioni
agrarie
,
economiche
e
sociali
della
Sicilia
e
della
Maremma
Pisana
.
Lo
lessi
con
avidità
anche
questo
lavoro
,
e
da
tutto
ciò
ricevei
una
profonda
impressione
,
perché
mi
ero
già
prima
convinto
che
la
questione
del
brigantaggio
nelle
provincie
napoletane
,
era
una
questione
agraria
e
sociale
.
Ma
quale
non
fu
la
mia
meraviglia
,
quando
,
raccolti
gli
appunti
per
quel
che
riguardava
in
ispecie
la
provincia
di
Palermo
,
interrogando
alcuni
Siciliani
che
mi
parevano
autorevoli
vidi
che
si
mettevano
a
ridere
sgangheratamente
.
In
tutto
questo
,
essi
dicevano
,
non
c
è
una
sola
parola
di
vero
.
Come
!
noi
oppressori
dei
contadini
?
Ma
se
siamo
noi
oppressi
dai
contadini
!
È
la
mafia
che
impedisce
a
noi
d
andare
a
vedere
i
nostri
fondi
.
Il
tale
,
il
tale
altro
da
10
anni
non
ha
potuto
vedere
le
sue
terre
,
che
sono
amministrate
e
guardate
dai
mafiosi
,
dalle
cui
mani
non
può
levarle
senza
pericolo
di
vita
.
A
questo
s
aggiunse
una
notizia
singolarissima
,
la
cui
verità
ho
potuto
in
molti
modi
accertare
.
Il
maggior
numero
di
delitti
si
commette
da
abitanti
dei
dintorni
di
Palermo
,
che
per
lo
più
non
sono
poveri
,
spesso
anzi
contadini
censuarii
o
proprietarii
,
che
coltivano
mirabilmente
i
loro
giardini
d
aranci
.
Nella
Conca
d
Oro
l
agricoltura
prospera
;
la
grande
proprietà
non
esiste
;
il
contadino
è
agiato
,
mafioso
,
e
commette
un
gran
numero
di
delitti
.
lo
non
volevo
credere
a
questa
notizia
,
che
sembrava
sovvertire
tutti
quanti
i
principii
dell
economia
politica
e
della
scienza
sociale
;
ma
la
riscontrai
in
mille
modi
,
ed
in
mille
modi
mi
fu
riconfermata
.
Ripigliai
,
rilessi
da
capo
i
miei
opuscoli
e
i
libri
sulla
Sicilia
,
per
vedere
se
era
possibile
raccapezzarsi
.
Negli
Annali
d
agricoltura
siciliana
trovai
ripetuto
,
che
l
agricoltura
e
la
prosperità
materiale
da
lungo
tempo
hanno
fatto
molti
progressi
nei
dintorni
di
Palermo
.
Nell
opuscolo
del
Turrisi
Colonna
sulla
Sicurezza
Pubblica
in
Sicilia
,
trovai
confermato
che
il
centro
principale
,
la
vera
sede
della
mafia
è
nei
dintorni
di
Palermo
;
di
là
essa
stende
le
sue
fila
nella
città
.
Qui
il
basso
popolo
non
è
avvilito
ed
oppresso
;
ma
piuttosto
sanguinario
,
pronto
al
coltello
;
aderisce
alla
mafia
,
e
ne
va
orgoglioso
.
Il
contadino
agiato
ed
il
borghese
,
come
dicono
colà
,
di
Monreale
,
di
Partinico
,
ecc
.
;
i
gabellotti
o
affittuarii
,
e
le
guardie
rurali
di
quei
medesimi
luoghi
sono
quelli
che
costituiscono
il
nucleo
principale
della
mafia
.
Questa
dunque
stende
le
sue
più
profonde
radici
nella
campagna
,
mentre
la
camorra
le
stende
nella
città
.
Dentro
Palermo
voi
potete
di
giorno
e
di
notte
passeggiare
impunemente
;
se
v
allontanate
un
miglio
dalle
porte
,
anche
oggi
,
mi
dicono
,
voi
non
siete
sicuro
d
arrivare
a
Monreale
.
A
tali
notizie
bisogna
aggiungerne
un
altra
,
che
è
pure
di
massima
importanza
per
conoscere
le
condizioni
dell
Isola
.
Questa
va
divisa
in
più
zone
,
che
sono
fra
loro
assai
diverse
.
Nell
interno
v
è
la
grande
coltura
.
Ivi
sono
feudi
o
latifondi
,
ivi
sono
i
miseri
proletarii
,
ivi
l
agricoltura
è
in
uno
stato
primitivo
;
mancano
le
acque
,
l
aria
è
cattiva
,
il
fertile
suolo
della
Sicilia
pare
spesso
una
maremma
,
e
v
è
poco
più
che
la
coltura
dei
cereali
.
Vicino
alle
coste
,
specialmente
presso
le
città
,
e
massime
nei
dintorni
di
Palermo
,
la
scena
muta
affatto
.
Qui
sono
giardini
,
piccola
coltura
,
agricoltura
progredita
,
spesso
contadini
censuarii
o
proprietarii
,
quasi
tutti
intelligenti
,
eppure
prontissimi
ai
delitti
.
A
questi
s
uniscono
gabellotti
e
guardiani
,
anch
essi
agiati
,
anch
essi
pronti
al
delitto
.
Ora
in
che
relazione
si
trovan
fra
loro
i
cittadini
,
questi
borghesi
,
gabellotti
,
guardiani
,
ecc
.
,
ed
il
proletario
dell
interno
dell
Isola
?
Ecco
il
nuovo
problema
che
mi
si
affacciava
.
Dopo
mille
domande
e
lettere
scritte
per
arrivare
alla
soluzione
del
problema
,
la
risposta
che
più
mi
parve
avvicinarsi
al
vero
mi
fu
data
da
un
patriotta
siciliano
,
stato
ufficiale
prima
di
Garibaldi
e
poi
dell
esercito
regolare
,
il
quale
fece
un
piccolo
giro
nei
dintorni
di
Palermo
,
per
poi
rispondere
più
esattamente
alle
mie
domande
.
Il
lettore
legga
con
attenzione
la
lettera
di
questo
amico
,
e
vi
troverà
qualche
notizia
importante
a
risolvere
l
arduo
problema
.
Non
dimentichi
però
che
scrittore
parla
de
visu
,
per
ciò
che
risguarda
,
una
parte
sola
dei
dintorni
di
Palermo
.
«
In
Sicilia
bisogna
distinguere
due
classi
di
contadini
,
uno
che
abita
verso
le
coste
,
dove
le
terre
sono
più
coltivate
e
meglio
divise
,
e
dove
il
contadino
assai
spesso
possiede
la
sua
porzioncella
coltivata
o
a
viti
o
ad
olivi
o
ad
agrumi
o
a
sommacco
.
Così
,
per
esempio
,
nella
Conca
di
Palermo
i
quattro
decimi
dei
contadini
sono
piccoli
censuarii
o
proprietarii
,
e
nel
territorio
che
si
dice
della
Sala
di
Partinico
,
o
meglio
quella
parte
della
costa
che
si
bagna
nel
golfo
di
Castellamare
,
gli
otto
decimi
dei
contadini
sono
quasi
tutti
in
questa
condizione
.
Tanto
ciò
è
vero
,
che
si
è
calcolato
,
che
se
,
per
esempio
,
a
Partinico
i
contadini
non
fossero
analfabeti
,
potrebbero
tutti
essere
elettori
amministrativi
o
politici
,
perché
tutti
pagano
la
tassa
richiesta
dalle
leggi
.
Ne
vuole
saper
una
?
I
Comuni
di
Monreale
e
di
Partinico
sono
quelli
,
in
cui
le
basse
classi
o
meglio
il
contadinume
si
trova
più
che
in
tutti
gli
altri
Comuni
della
provincia
in
uno
stato
di
agiatezza
.
Ora
in
questi
due
paesi
appunto
gli
omicidii
sono
più
spessi
e
più
efferati
.
La
vera
classe
di
contadini
che
,
addetta
alla
seminagione
del
frumento
,
il
novanta
per
cento
nulla
possiede
,
e
si
trova
a
discrezione
di
un
burbero
padrone
,
è
quella
che
abita
l
interno
dell
Isola
,
dove
sono
i
latifondi
,
coltivati
da
uomini
che
vivono
come
schiavi
.
Per
rispondere
,
con
notizie
certe
,
ai
quesiti
propostimi
da
lei
,
io
piglio
ad
esempio
per
tutti
Piana
dei
Greci
.
Gli
abitanti
si
dividono
in
tre
classi
:
galantuomini
o
boiardi
;
borgesi
o
contadini
un
po
agiati
,
che
fanno
da
affittuarii
,
e
villani
o
giornalieri
.
Circa
quattro
famiglie
di
boiardi
e
sei
di
borgesi
fanno
negozio
di
grano
,
hanno
preso
in
affitto
gli
ex
-
feudi
dei
signori
di
Palermo
,
dando
ogni
anno
a
coltivare
le
terre
,
in
piccole
porzioni
,
ai
poveri
contadini
.
Le
forme
di
questi
subaffitti
sono
varie
,
ma
quasi
tutte
d
un
anno
od
a
brevissima
scadenza
,
e
sempre
il
feudo
viene
diviso
in
piccole
porzioni
.
A
mezzerìa
si
dice
quando
il
contadino
,
coltivando
il
grano
,
dà
metà
del
prodotto
al
padrone
,
che
piglia
poi
dalla
metà
del
contadino
il
prezzo
per
la
guardia
rurale
,
fissandolo
egli
stesso
.
Dicesi
a
terraggio
,
quando
il
contadino
s
obbliga
a
dar
tante
salme
di
grano
per
salma
di
terreno
.
In
questi
casi
,
se
si
anticipa
il
grano
per
seminare
,
si
ripiglia
con
un
interesse
del
25%
.
Dicesi
a
maggese
,
quando
si
consegna
al
contadino
il
pezzo
di
terra
già
arato
.
Egli
lo
semina
,
e
dà
poi
tante
salme
di
grano
,
secondo
il
patto
fissato
nell
anno
.
Di
quello
che
avanza
,
piglia
solo
la
metà
,
l
altra
va
al
padrone
.
Anche
in
questo
caso
,
il
grano
per
la
semina
è
dato
in
prestito
dal
padrone
al
25%
.
Quando
questi
patti
onerosi
hanno
rovinato
il
contadino
,
esso
diventa
giornaliero
,
e
guadagna
da
L
.
1,70
a
L
.
2
al
giorno
;
nel
tempo
della
mietitura
anche
3
.
Cessati
i
lavori
resta
senza
guadagno
.
Alcuni
dei
boiardi
e
dei
borghesi
si
contentano
vivere
delle
loro
rendite
;
ma
gli
altri
pigliano
in
affitto
i
feudi
,
negoziano
di
grano
,
ed
esercitano
un
usura
spaventosa
sui
contadini
.
Lo
stato
dei
contadini
nell
interno
dell
Isola
è
deplorevolissimo
.
In
massima
parte
sono
proletarii
,
che
debbono
ogni
giorno
camminar
molte
miglia
,
per
arrivare
al
luogo
del
lavoro
.
Altra
relazione
tra
essi
e
i
loro
padroni
non
v
è
,
che
quella
dell
usura
e
della
spogliazione
,
di
oppressi
e
di
oppressori
.
Se
viene
l
annata
cattiva
,
il
contadino
torna
dall
aia
piangendo
,
colla
sola
vanga
sulle
spalle
.
E
quando
l
annata
è
buona
,
gli
usurai
suppliscono
alla
grandine
,
alle
cavallette
,
alle
tempeste
,
agli
uragani
.
I
contadini
sono
un
esercito
di
barbari
nel
cuore
dell
Isola
,
ed
insorgono
non
tanto
per
odio
contro
il
Governo
presente
,
quanto
per
vendicarsi
di
tutte
le
soperchierie
,
le
usure
e
le
ingiurie
che
soffrono
,
ed
odiano
ogni
Governo
,
perché
credono
che
ogni
Governo
puntelli
i
loro
oppressori
»
.
Noi
abbiamo
dunque
tre
classi
distinte
.
In
Palermo
sono
i
grandi
possessori
dei
vasti
latifondi
o
ex
-
feudi
,
e
nei
dintorni
abitano
contadini
agiati
,
dai
quali
sorge
o
accanto
ai
quali
si
forma
una
classe
di
gabellotti
,
di
guardiani
e
di
negozianti
di
grano
.
I
primi
sono
spesso
vittime
della
mafia
,
se
con
essa
non
s
intendono
;
fra
i
secondi
essa
recluta
i
suoi
soldati
,
i
terzi
ne
sono
capitani
.
Nell
interno
dell
Isola
si
trovano
i
feudi
e
i
contadini
più
poveri
o
proletarii
.
I
borgesi
arricchiti
,
i
proprietarii
negozianti
pigliano
a
gabella
gli
ex
-
feudi
,
che
subaffittano
ai
contadini
,
dividendo
le
vaste
tenute
in
porzioni
,
delle
quali
serbano
per
se
stessi
la
migliore
,
e
fanno
contratti
di
subaffitto
,
diversi
,
ma
sempre
onerosissimi
al
contadino
.
E
aggiungono
poi
l
usura
,
che
ordinariamente
arriva
al
25%
,
spesso
sale
ad
un
interesse
assai
maggiore
.
Inoltre
negoziano
in
grano
.
Messa
da
parte
l
usura
,
i
contratti
sono
tali
,
che
i
calcoli
degli
agronomi
siciliani
dimostrano
(
prof
.
G
.
Caruso
,
Studii
sull
industria
dei
cereali
in
Sicilia
:
Palermo
,
1870
)
che
il
contadino
,
nei
casi
ordinarii
,
non
può
trovare
i
mezzi
necessarii
alla
vita
.
Perciò
egli
deve
indebitarsi
e
cadere
in
mano
dell
usuraio
,
di
cui
è
fatto
schiavo
,
fino
a
che
non
si
getta
al
brigantaggio
,
quando
non
diviene
proletario
,
per
peggiorare
anche
il
suo
stato
.
Egli
allora
percorre
la
feconda
terra
siciliana
,
senz
altro
che
una
zappa
sulla
spalla
,
carico
d
un
cumulo
di
debiti
.
Si
pensi
che
la
coltura
dei
cereali
si
estende
a
77
per
cento
di
tutta
la
superficie
dell
Isola
,
e
si
capirà
a
che
cosa
arrivi
questo
esercito
d
infelici
,
che
sono
come
gli
schiavi
dell
usuraio
e
dell
affittuario
.
Fra
i
tiranni
dei
contadini
sono
le
guardie
campestri
,
gente
pronta
alle
armi
ed
ai
delitti
,
e
sono
ancora
quei
contadini
più
audaci
,
che
hanno
qualche
vendetta
da
fare
,
o
sperano
trovar
coi
delitti
maggiore
agiatezza
:
così
la
potenza
della
mafia
è
costituita
.
Essa
forma
come
un
muro
tra
il
contadino
ed
il
proprietario
,
e
li
tiene
sempre
divisi
,
perché
il
giorno
in
cui
venissero
in
diretta
relazione
fra
loro
,
la
sua
potenza
sarebbe
distrutta
.
Spesso
al
proprietario
è
imposta
la
guardia
de
suoi
campi
,
e
colui
che
deve
prenderli
in
affitto
.
Chiunque
minaccia
un
tale
stato
di
cose
,
corre
pericolo
di
vita
.
I
delitti
sono
continui
in
questa
classe
,
che
pure
non
è
data
per
mestiere
al
brigantaggio
;
ma
lavora
la
terra
,
fa
i
suoi
affari
con
intelligenza
,
mantiene
il
suo
predominio
col
terrore
.
Oggi
,
dietro
una
siepe
,
tirano
una
fucilata
al
viandante
od
al
vicino
rivale
;
domani
vangano
tranquillamente
i
loro
campi
d
agrumi
,
o
attendono
nella
città
ai
propri
commerci
.
La
base
,
le
radici
più
profonde
della
loro
potenza
sono
nell
interno
dell
Isola
,
fra
i
contadini
che
opprimono
e
su
cui
guadagnano
;
ma
questa
potenza
si
estende
e
si
esercita
anche
nella
città
,
dove
la
mafia
ha
i
suoi
aderenti
,
perché
v
ha
ancora
i
suoi
interessi
.
A
Palermo
,
infatti
,
sono
i
proprietari
;
a
Palermo
si
vende
il
grano
e
si
trovano
i
capitali
;
a
Palermo
vive
una
plebe
pronta
al
coltello
,
che
può
,
all
occorrenza
,
dare
braccio
.
E
così
la
mafia
è
qualche
volta
divenuta
come
un
Governo
più
forte
del
Governo
.
Il
mafioso
dipende
in
apparenza
dal
proprietario
;
ma
in
conseguenza
dalla
forza
che
gli
viene
dall
associazione
,
in
cui
il
proprietario
stesso
si
trova
qualche
volta
attirato
,
egli
riesce
di
fatto
ad
esser
il
padrone
.
E
abbiamo
visto
perfino
che
la
mafia
promosse
una
rivoluzione
,
alla
testa
della
quale
pose
alcuni
proprietarii
,
prima
che
avessero
il
tempo
di
pensare
a
trovar
modo
di
separarsene
.
Ammesso
questo
stato
di
cose
,
tutte
le
osservazioni
fatte
dal
barone
Turrisi
,
dal
Tommasi
-
Crudeli
e
da
molti
altri
spiegano
chiaramente
in
che
modo
il
male
sia
andato
sempre
crescendo
.
Gli
abitanti
dei
dintorni
di
Palermo
discendono
per
lo
più
da
famiglie
d
antichi
bravi
dei
baroni
,
e
quindi
tra
di
essi
la
tradizione
del
sangue
è
antica
.
Chi
è
d
accordo
colla
mafia
è
sicuro
;
chi
la
comanda
è
padrone
di
una
forza
grandissima
,
e
può
mantenere
l
ordine
,
o
promuovere
una
rivolta
.
Perciò
i
Borboni
governarono
colla
mafia
,
ed
anche
la
rivoluzione
ricorse
ad
essa
,
che
poté
subito
armare
contadini
e
popolo
,
porsi
alla
loro
testa
e
rovesciare
il
Governo
stabilito
.
Le
compagnie
d
armi
,
istituite
in
tutti
i
tempi
a
mantenere
l
ordine
,
furono
reclutate
nella
medesima
classe
,
e
non
spegnevano
i
delitti
;
ma
quasi
gli
organizzavano
fra
certi
limiti
,
con
certe
norme
,
perché
il
nuovo
guadagno
che
facevano
come
stipendiati
del
Governo
,
e
la
nuova
autorità
acquistata
,
servissero
a
sempre
meglio
consolidare
il
proprio
potere
.
La
pubblica
sicurezza
venne
affidata
alla
mafia
,
dandole
così
in
mano
la
società
,
e
questo
sistema
che
pur
troppo
fu
lungamente
seguito
,
rese
sempre
più
forte
l
associazione
che
si
voleva
distruggere
.
È
ben
noto
che
i
problemi
sociali
non
sono
problemi
di
matematica
;
gli
elementi
che
li
costituiscono
sono
varii
e
moltiplici
,
s
intrecciano
e
si
confondono
fra
loro
.
La
divisione
di
classi
da
noi
osservata
,
neanche
nella
Sicilia
occidentale
si
trova
sempre
esattamente
disegnata
e
distinta
;
le
condizioni
qualche
volta
s
alterano
e
si
modificano
,
ma
pure
assai
spesso
gli
effetti
sembrano
o
sono
identici
.
Basta
che
le
radici
del
male
siano
fortemente
e
profondamente
costituite
in
una
parte
del
paese
,
perché
questo
male
sorga
e
si
propaghi
.
Ma
dove
le
condizioni
dell
Isola
radicalmente
si
modificano
,
ivi
esso
scomparisce
o
muta
natura
.
La
Sicilia
occidentale
adunque
è
travagliata
da
due
grandi
calamità
:
lo
stato
delle
sue
ricche
solfare
,
e
la
mafia
che
nasce
dalle
condizioni
speciali
della
sua
agricoltura
.
Perché
le
cose
sono
nella
Sicilia
orientale
tanto
diverse
?
Ivi
mancano
le
solfare
;
ivi
le
condizioni
geografiche
ed
agronomiche
sono
d
altra
natura
.
Il
terreno
più
montuoso
e
meno
fertile
ha
dato
luogo
a
molti
contratti
di
colonìa
parziaria
,
che
è
sempre
più
mite
della
terraggerìa
o
della
mezzerìa
di
Palermo
.
A
Catania
,
è
vero
,
la
coltura
dei
cereali
arriva
sin
quasi
alle
porte
della
città
;
ma
questo
appunto
,
cioè
la
mancanza
d
una
zona
intermedia
di
terreno
più
fecondo
,
ha
impedito
che
sorga
una
classe
di
contadini
più
agiati
,
da
cui
poi
i
gabellotti
e
mercanti
oppressori
.
Sono
miseri
proletarii
,
sottoposti
ad
una
tirannia
diversa
,
simile
a
quella
che
troviamo
nella
Basilicata
o
in
altre
province
del
continente
meridionale
;
arrivano
,
lavorano
la
terra
senza
portare
disordini
.
L
estrema
miseria
gli
spinge
qualche
volta
al
brigantaggio
,
ma
non
possono
costituire
la
mafia
.
S
aggiunga
poi
che
a
Palermo
si
trovano
i
più
grandi
possessori
di
latifondi
,
il
che
più
facilmente
dà
modo
al
gabellotto
di
guadagnare
col
subaffitto
dei
vastissimi
ex
-
feudi
;
e
si
capirà
,
io
credo
,
in
che
modo
i
dintorni
della
capitale
dell
Isola
abbiano
il
triste
privilegio
d
essere
il
centro
della
mafia
.
Ed
ora
quale
è
il
rimedio
contro
questi
mali
?
Qui
si
presenta
un
problema
che
spaventa
,
per
l
estensione
che
prende
,
come
vedremo
,
non
solo
in
Sicilia
,
ma
in
tutta
l
Italia
,
specialmente
meridionale
.
È
chiaro
intanto
che
i
rimedii
son
sempre
di
due
sorta
:
repressivi
e
preventivi
.
Bisogna
,
non
v
ha
dubbio
,
punire
severamente
i
delitti
con
pronta
ed
esemplare
giustizia
;
ma
anche
qui
la
prigionia
è
inutile
,
se
non
s
isola
o
non
si
manda
lontano
il
condannato
.
A
riuscire
però
coi
soli
mezzi
repressivi
,
bisognerebbe
portare
la
repressione
fino
allo
sterminio
.
Allora
,
di
certo
,
col
terrore
cesserebbero
i
delitti
,
salvo
sempre
a
vedere
,
se
quelle
condizioni
che
hanno
prodotto
il
male
,
restando
le
stesse
,
non
lo
riprodurrebbero
in
breve
.
Ma
lo
sterminio
porta
un
consumo
spaventevole
di
forze
,
ed
un
Governo
civile
non
può
decidersi
a
ciò
.
Occorre
il
dispotismo
.
Noi
dobbiamo
dunque
assalire
il
nemico
da
due
lati
:
punire
e
reprimere
prontamente
,
esemplarmente
;
ma
nello
stesso
tempo
prevenire
.
In
che
modo
?
Bisogna
curare
la
malattia
nella
sua
sorgente
prima
.
Il
Governo
deve
avere
il
coraggio
di
presentarsi
come
colui
che
vuol
redimere
gli
oppressi
dal
terrore
e
dalla
tirannide
che
pesa
su
di
essi
.
È
vero
o
non
è
vero
quello
che
dicono
gli
agronomi
siciliani
,
che
cioè
i
contratti
agrarii
fatti
col
terraggiere
,
col
mezzadro
ecc
.
sono
iniqui
?
Se
è
vero
,
è
necessario
cercare
qualche
rimedio
a
ciò
,
sia
con
mezzi
legislativi
,
e
con
un
azione
energica
del
Governo
in
difesa
della
giustizia
e
dei
deboli
;
sia
con
una
pubblica
opinione
più
illuminata
,
o
con
altro
mezzo
qualunque
.
Se
a
questo
non
si
può
riescire
,
non
è
sperabile
di
potere
estirpare
il
male
.
Quando
i
contratti
agrarii
assicurassero
al
contadino
,
con
una
maggiore
indipendenza
,
un
equa
retribuzione
,
e
lo
ponessero
in
relazione
amichevole
col
proprietario
,
il
guadagno
della
mafia
e
con
esso
la
sua
potenza
e
la
sua
ragione
di
essere
sarebbero
distrutti
.
È
possibile
,
è
sperabile
arrivare
allo
scopo
?
Ecco
l
arduo
problema
.
La
quistione
si
allarga
ora
immensamente
,
perché
nelle
province
napoletane
,
dove
non
troviamo
la
mafia
,
il
contadino
geme
sotto
un
altra
forma
di
miseria
e
di
oppressione
,
che
esiste
pure
nella
Sicilia
orientale
,
e
dalla
quale
derivano
conseguenze
diverse
,
ma
pure
gravissime
.
Invece
della
mafia
abbiamo
il
brigantaggio
,
che
ci
presenta
la
quistione
agraria
sotto
un
altro
aspetto
.
Ed
anche
qui
l
unico
rimedio
possibile
è
sempre
lo
stesso
:
la
repressione
esemplare
e
pronta
dei
colpevoli
da
un
lato
,
la
redenzione
degli
oppressi
dall
altro
.
E
la
difficoltà
gravissima
è
anche
la
stessa
,
cioè
:
può
lo
Stato
far
nuove
leggi
,
per
determinare
le
forme
e
le
condizioni
dei
contratti
agrari
?
Facendole
,
conseguirebbe
lo
scopo
?
O
è
sperabile
invece
che
basti
il
naturale
progresso
della
pubblica
opinione
e
dei
costumi
,
ed
è
necessario
affidarsi
solo
a
ciò
?
Di
questo
ti
dirò
qualche
cosa
,
dopo
aver
parlato
del
brigantaggio
.
Tuo
affez
.
P
.
VILLARI
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
IL
BRIGANTAGGIO
Mio
caro
Dina
lo
suppongo
il
lettore
persuaso
già
che
la
mafia
abbia
le
sue
radici
principali
nella
campagna
,
e
che
a
distruggerla
sia
necessario
veramente
migliorare
le
condizioni
delle
migliaia
d
agricoltori
,
che
lavorano
nell
interno
dell
Isola
i
77%
del
suolo
siciliano
.
E
allora
vedo
subito
nascere
uno
spavento
e
una
diffidenza
grandissima
.
Da
un
lato
sento
dire
:
Sono
mali
a
cui
non
può
rimediare
che
il
tempo
,
la
forza
generale
delle
cose
.
Da
un
altro
lato
sento
con
maggiore
insistenza
affermare
:
Volete
dunque
sollevare
in
Italia
una
quistione
sociale
?
Fra
i
tanti
nostri
guai
questo
ci
mancava
ancora
.
Avevamo
la
pace
interna
,
e
voi
vorreste
ora
scatenare
su
di
noi
così
terribili
calamità
.
Sarebbe
davvero
un
gran
delitto
contro
la
patria
,
l
alimentare
nei
contadini
speranze
che
non
possono
mai
essere
soddisfatte
.
Essi
sono
la
classe
di
gran
lunga
più
numerosa
e
meno
civile
;
se
si
sollevassero
,
chi
potrebbe
loro
resistere
?
Prima
di
tutto
bisogna
bene
intendersi
su
di
ciò
,
perché
queste
opinioni
molto
diffuse
hanno
davvero
impedito
che
la
quistione
venisse
finora
seriamente
e
chiaramente
discussa
.
Se
per
questioni
sociali
s
intendono
quelle
che
vediamo
travagliare
così
crudelmente
le
altre
nazioni
,
allora
di
certo
ne
siamo
per
fortuna
liberi
.
Perché
esse
sorgano
,
occorre
che
siasi
già
fatto
un
grande
progresso
nell
industria
,
nell
agricoltura
e
nel
commercio
;
progresso
che
fra
noi
non
esiste
,
e
meno
che
mai
in
quelle
provincie
di
cui
ora
più
particolarmente
ci
occupiamo
.
Quando
noi
domandiamo
che
si
porti
qualche
aiuto
all
infima
plebe
di
Napoli
,
che
vive
senza
mestiere
,
vogliamo
solo
spingerla
fino
al
lavoro
ed
all
industria
;
quando
domandiamo
che
il
contadino
esca
dalla
sua
condizione
di
schiavo
,
in
cui
trovasi
in
alcuni
luoghi
,
vogliamo
solo
condurlo
fino
alla
sua
indipendenza
.
Là
dove
si
cominciano
a
discutere
pericolose
teorie
,
siamo
già
fuori
del
nostro
argomento
.
Che
se
,
per
la
possibilità
che
queste
teorie
sorgano
,
si
dovesse
rinunziare
a
promuovere
il
progresso
morale
e
materiale
delle
popolazioni
abbandonate
e
povere
,
allora
solamente
il
tacerne
sarebbe
dovere
.
Chi
vorrà
sostenerlo
?
Se
però
non
abbiamo
,
ne
dobbiamo
per
ora
temere
il
socialismo
,
il
comunismo
e
l
internazionalismo
,
è
poi
certo
che
non
abbiamo
alcuna
questione
sociale
,
ma
solo
la
pace
interna
per
tutto
?
Non
c
è
questione
politica
che
progredisca
davvero
senza
questioni
sociali
,
perché
la
mutazione
del
Governo
,
senza
una
trasformazione
progressiva
della
società
,
sarebbe
opera
affatto
vana
.
E
poi
quale
è
la
pace
che
abbiamo
nelle
provincie
di
cui
si
ragiona
?
Sono
segni
di
ordine
e
di
pace
la
camorra
,
la
mafia
ed
il
brigantaggio
?
A
Zurigo
,
a
Ginevra
,
in
molte
città
della
Svizzera
,
è
ben
vero
,
si
sono
più
volte
agitate
le
moltitudini
con
teorie
sovversive
,
e
sarebbe
certo
la
più
grande
calamità
se
queste
teorie
si
diffondessero
tra
noi
.
Ma
nella
Svizzera
voi
potete
traversare
di
giorno
e
di
notte
monti
,
valli
e
boschi
,
senza
quasi
mai
trovare
un
gendarme
,
e
senza
mai
temere
ne
per
la
vostra
vita
,
ne
per
la
vostra
proprietà
,
se
anche
siete
carico
d
oro
.
Potremo
proprio
dire
che
ivi
la
pace
sociale
sia
turbata
,
e
che
fra
noi
sia
invece
perfetta
,
quando
pensiamo
che
in
alcune
delle
nostre
province
non
si
può
camminare
senza
essere
circondati
di
guardie
armate
,
e
vi
sono
uomini
che
,
in
mezzo
alla
libertà
,
sono
poco
meno
che
schiavi
?
E
da
un
altro
lato
abbiamo
noi
esaminato
tutti
i
danni
di
un
tale
stato
di
cose
?
La
insurrezione
è
un
pericolo
;
ma
l
ozio
,
l
inerzia
,
il
vagabondaggio
e
l
abbrutimento
sono
un
pericolo
non
meno
grave
,
specialmente
per
un
popolo
che
vuol
esser
libero
.
Il
dispotismo
si
fonda
sopra
una
società
che
lavora
poco
e
spende
poco
;
può
quindi
più
facilmente
tollerare
l
ozio
e
l
abbrutimento
;
spesso
ne
ha
anche
bisogno
per
la
sua
sicurezza
.
Ma
un
popolo
libero
è
invece
un
popolo
che
lavora
e
spende
molto
.
Se
noi
avessimo
prima
trasformata
la
nostra
società
,
per
far
poi
la
rivoluzione
politica
,
non
ci
troveremmo
nelle
condizioni
in
cui
siamo
,
appunto
per
aver
fatto
solo
una
rivoluzione
politica
,
colla
quale
si
sono
mutati
il
Governo
e
l
amministrazione
.
Le
spese
sono
a
un
tratto
immensamente
cresciute
,
senza
che
la
produzione
cresca
del
pari
.
E
questo
stato
di
cose
porta
un
deficit
finanziario
,
il
quale
non
sarà
colmato
neppur
quando
colle
imposte
avremo
pareggiato
le
spese
alle
entrate
.
La
più
piccola
scossa
farà
riapparire
il
disavanzo
,
e
le
economie
necessarie
ma
forzate
,
che
faremo
per
alcuni
anni
,
saranno
a
lungo
impossibili
,
se
vorremo
accrescere
il
benessere
materiale
e
morale
.
Ma
da
un
altro
Iato
neppure
le
spese
saranno
possibili
,
se
un
aumento
di
lavoro
e
di
produzione
non
comincerà
nel
paese
.
È
un
circolo
vizioso
,
di
certo
;
ma
è
pur
chiaro
che
,
per
andare
innanzi
,
bisogna
uscirne
.
E
senza
redimere
quelle
classi
numerose
,
che
nell
abbrutimento
in
cui
sono
,
non
lavorano
punto
so
o
fanno
un
lavoro
improduttivo
,
il
problema
non
sarà
mai
risoluto
.
Questo
è
per
noi
non
solamente
un
debito
d
onore
,
ma
è
pure
un
nostro
interesse
:
noi
non
faremo
mai
davvero
e
permanentemente
il
pareggio
finanziario
,
senza
prima
fare
il
pareggio
morale
.
Il
problema
è
più
grave
che
non
si
crede
.
Se
dentro
o
vicino
alle
città
troviamo
i
mali
più
sopra
esaminati
,
questi
diventano
maggiori
nella
campagna
.
Si
pensi
un
poco
che
l
Italia
è
un
paese
agrario
,
e
che
i
contadini
sono
più
di
un
terzo
della
sua
popolazione
.
Si
pensi
che
la
leva
degli
anni
scorsi
,
trovava
che
più
del
60%
dei
coscritti
erano
agricoltori
,
e
il
censimento
del
1861
dimostra
che
gli
agricoltori
sono
assai
più
della
metà
della
gente
che
in
Italia
esercita
un
mestiere
,
una
professione
,
un
ufficio
qualunque
,
o
sia
più
della
metà
della
gente
che
lavora
e
produce
.
E
allora
si
vedrà
quanto
sia
impor
-
tante
esaminare
il
problema
anche
da
questo
Iato
.
Il
brigantaggio
è
il
male
più
grave
che
possiamo
osservare
nelle
nostre
campagne
.
Esso
certamente
,
com
è
ben
noto
,
può
dirsi
la
conseguenza
d
una
questione
agraria
e
sociale
,
che
travaglia
quasi
tutte
le
province
meridionali
.
La
Relazione
scritta
dall
on
.
Massari
(
Sessione
del
1863
,
N
.
58
,
Atti
del
Parlamento
)
dice
:
«
Le
prime
cause
adunque
del
brigantaggio
sono
le
cause
predisponenti
.
E
prima
fra
tutte
,
la
condizione
sociale
,
lo
stato
economico
del
campagnuolo
,
che
in
quelle
province
appunto
dove
il
brigantaggio
ha
raggiunto
proporzioni
maggiori
,
è
assai
infelice
...
Il
contadino
non
ha
nessun
vincolo
che
lo
stringa
alla
terra
.
»
Mangiano
un
pane
«
che
non
mangerebbero
i
cani
»
diceva
il
direttore
del
demanio
e
tasse
.
Nelle
carceri
di
Capitanata
,
e
così
altrove
,
quasi
tutti
i
briganti
sono
contadini
proletarii
.
Le
bande
del
Caruso
e
del
Crocco
,
molte
volte
distrutte
,
si
ricostituirono
senza
difficoltà
con
nuovi
venuti
;
e
in
una
medesima
provincia
si
osservava
,
che
là
dove
il
contadino
stava
peggio
,
ivi
grande
era
il
contingente
dato
al
brigantaggio
;
dove
la
sua
condizione
migliorava
,
ivi
il
brigantaggio
scemava
o
spariva
.
Anzi
nell
Abruzzo
,
per
la
sola
ragione
che
il
contadino
ridotto
alla
miseria
ed
alla
disperazione
,
può
andare
a
lavorare
la
terra
della
campagna
romana
,
dove
piglia
le
febbri
e
spesso
vi
lascia
le
ossa
lo
stato
delle
cose
muta
sostanzialmente
.
Questa
emigrazione
impedisce
l
esistenza
del
brigantaggio
,
e
prova
come
esso
nasca
non
da
una
brutale
tendenza
al
delitto
,
ma
da
una
vera
e
propria
disperazione
.
«
Il
brigantaggio
,
conchiudeva
l
on
.
Massari
,
diventa
in
tal
guisa
la
protesta
selvaggia
e
brutale
della
miseria
contro
antiche
e
secolari
ingiustizie
»
.
E
nella
Camera
dei
deputati
,
il
31
luglio
1863
,
l
on
.
Castagnola
,
che
era
stato
pur
esso
membro
della
Commissione
d
inchiesta
in
un
discorso
assai
note
vole
e
pratico
,
confermava
ampiamente
le
stesse
conclusioni
.
Il
generale
Govone
,
interrogato
sul
perché
le
popolazioni
dimostravano
tanta
simpatia
al
brigante
,
aveva
risposto
semplicemente
:
«
I
cafoni
veggono
nel
brigante
il
vindice
dei
torti
che
la
società
loro
infligge
»
.
L
onorevole
Castagnola
era
stato
giustamente
maravigliato
di
trovare
in
quelle
popolose
città
due
classi
solamente
,
proprietarii
e
proletarii
,
o
come
dicono
,
galantuomini
e
cafoni
.
Si
scende
dal
gran
signore
al
nullatenente
,
e
l
odio
fra
queste
classi
gli
pareva
profondo
,
sebbene
represso
.
«
È
il
Medio
Evo
sotto
i
nostri
occhi
»
,
esclamava
egli
nella
Camera
.
Veniva
poi
ad
esaminare
le
molteplici
cause
del
brigantaggio
,
e
concludeva
:
«
Vi
è
la
questione
sociale
,
per
sciogliere
la
quale
converrebbe
promuovere
il
benessere
delle
popolazioni
,
fare
strade
,
far
cessare
l
usura
,
istituire
dei
Monti
frumentarii
,
far
nascere
il
credito
agricolo
...
Questi
sarebbero
i
rimedii
radicali
»
.
Per
distruggere
il
brigantaggio
noi
abbiamo
fatto
scorrere
il
sangue
a
fiumi
,
ma
ai
rimedii
radicali
abbiamo
poco
pensato
.
In
questa
,
come
in
molte
altre
cose
,
l
urgenza
dei
mezzi
repressivi
ci
ha
fatto
mettere
da
parte
i
mezzi
preventivi
,
i
quali
soli
possono
impedire
la
riproduzione
di
un
male
,
che
certo
non
è
spento
e
durerà
un
pezzo
.
In
politica
noi
siamo
stati
buoni
chirurgi
e
pessimi
medici
.
Molte
amputazioni
abbiamo
fatte
col
ferro
,
molti
tumori
cancerosi
estirpati
col
fuoco
,
di
rado
abbiamo
pensato
a
purificare
il
sangue
.
Chi
può
mettere
in
dubbio
che
il
nuovo
Governo
abbia
aperto
gran
numero
di
scuole
,
costruito
molte
strade
e
fatto
opere
pubbliche
?
Ma
le
condizioni
sociali
del
contadino
non
furono
soggetto
di
alcuno
studio
,
ne
di
alcun
provvedimento
che
valesse
direttamente
a
migliorarne
le
condizioni
.
Uno
solo
dei
provvedimenti
iniziati
tendeva
direttamente
a
questo
scopo
,
ed
era
la
vendita
dei
beni
ecclesiastici
in
piccoli
lotti
,
e
la
divisione
di
alcuni
beni
demaniali
.
Ciò
poteva
ed
era
inteso
a
creare
una
classe
di
contadini
proprietarii
,
il
che
sarebbe
stato
grande
benefìzio
per
quelle
provincie
.
Ma
senza
entrare
in
minuti
particolari
,
noteremo
per
ora
che
il
risultato
fu
assai
diverso
dallo
sperato
;
perché
è
un
fatto
che
quelle
terre
,
in
uno
o
in
un
altro
modo
,
andarono
e
vanno
rapidamente
ad
accrescere
i
vasti
latifondi
dei
grandi
proprietarii
,
e
la
nuova
classe
di
contadini
non
si
forma
.
Il
problema
per
noi
è
ora
il
seguente
:
dal
1860
ad
oggi
,
questi
contadini
che
ci
vengono
descritti
come
schiavi
della
gleba
,
ingiustamente
,
crudelmente
oppressi
,
hanno
o
non
hanno
cominciato
visibilmente
a
migliorare
la
propria
condizione
?
A
risolvere
una
tale
questione
,
senza
accuse
irritanti
o
ingiuste
per
alcuno
,
dobbiamo
un
momento
fare
astrazione
dalla
natura
individuale
degli
uomini
,
ed
indagare
se
le
condizioni
nuove
li
spingono
al
bene
con
una
forza
assai
maggiore
che
nel
passato
;
se
obbligano
i
tristi
,
gli
avidi
a
fermarsi
nei
soprusi
,
cui
s
erano
per
lungo
abuso
educati
.
Non
bisogna
dimenticare
che
,
quando
una
società
ha
preso
il
suo
indirizzo
,
non
è
più
in
potere
di
alcuni
uomini
buoni
e
generosi
il
fermarla
o
deviarla
dal
pericoloso
cammino
.
Si
forma
un
atmosfera
che
tutti
respirano
,
si
creano
interessi
collegati
che
resistono
potentemente
e
violentemente
.
Ne
è
raro
il
caso
di
vedere
quegli
stessi
,
in
favore
dei
quali
si
vorrebbe
operare
,
per
diffidenza
o
per
ignoranza
reagire
,
ed
anche
far
causa
comune
coi
loro
tiranni
,
combattere
quelli
che
vorrebbero
essere
i
loro
benefattori
.
È
un
fatto
che
segue
ogni
giorno
,
ed
è
bene
ricordarlo
.
Con
maraviglia
lo
straniero
osserva
nelle
province
meridionali
molte
città
popolose
,
in
cui
si
trovano
poche
famiglie
di
ricchi
proprietarii
,
il
più
delle
volte
imparentati
fra
loro
,
in
mezzo
ad
una
moltitudine
di
proletarii
,
che
sono
i
contadini
.
Salvo
qualche
impiegato
,
altri
ordini
di
cittadini
non
vi
sono
.
La
campagna
è
deserta
,
i
suoi
lavoratori
formano
il
popolo
delle
città
.
Non
v
è
industria
,
non
v
è
borghesia
,
non
v
è
pubblica
opinione
che
freni
i
proprietarii
,
che
sono
i
padroni
assoluti
di
quella
moltitudine
,
la
quale
dipende
da
essi
per
la
sua
sussistenza
,
e
se
viene
abbandonata
,
non
ha
modo
alcuno
di
vivere
.
È
ben
vero
che
anche
il
proprietario
ha
bisogno
del
contadino
.
Ma
là
dove
la
popolazione
non
è
scarsa
,
e
le
braccia
non
mancano
al
lavoro
,
o
abbondano
,
come
spesso
avviene
in
quelle
province
,
quale
è
la
conseguenza
di
un
tale
stato
di
cose
?
La
scienza
economica
lo
ha
quasi
matematicamente
dimostrato
.
Il
salario
del
contadino
sarà
ridotto
a
ciò
che
è
strettamente
necessario
,
perché
egli
possa
vivere
per
continuare
il
lavoro
.
Se
l
industria
non
apre
una
valvola
di
sicurezza
,
il
contadino
sarà
ben
presto
condotto
allo
stato
di
servo
della
gleba
,
o
anche
peggio
.
Ne
ciò
deve
attribuirsi
a
colpa
di
coloro
che
nelle
provincie
meridionali
sono
i
possessori
del
suolo
.
È
invece
una
conseguenza
inesorabile
di
quello
stato
sociale
,
simile
ad
altre
ben
più
funeste
e
più
crudeli
,
che
si
videro
in
Irlanda
venire
da
una
situazione
non
molto
diversa
.
Una
emigrazione
in
massa
,
ed
una
fame
spaventosa
decimarono
colà
la
popolazione
in
modo
da
non
avere
riscontro
nella
storia
,
sotto
un
Governo
che
nessuno
vorrà
credere
meno
civile
e
meno
intelligente
del
nostro
.
Or
si
pensi
al
tempo
che
durò
una
simile
condizione
di
cose
nelle
province
meridionali
;
s
aggiunga
un
Governo
come
quello
dei
Borboni
,
che
ridusse
l
antagonismo
di
classi
a
sistema
,
ne
fece
base
e
fondamento
della
sua
autorità
,
della
sua
forza
,
e
si
capirà
il
disordine
morale
e
sociale
che
dove
seguirne
.
Ho
sentito
citare
esempii
di
persone
che
avevano
fatto
tirare
una
fucilata
a
qualche
contadino
,
aggiustando
poi
facilmente
la
faccenda
col
Governo
,
che
in
fondo
alimentava
gli
odii
.
Esso
fu
chiamato
,
come
ognun
si
ricorda
,
la
negazione
di
Dio
e
della
moralità
.
Certo
non
mancavano
gli
onesti
ed
i
nemici
di
un
tale
stato
di
cose
,
come
i
fatti
più
volte
provarono
.
Ma
chi
può
negare
che
la
pubblica
moralità
doveva
soffrirne
?
L
America
ha
dimostrato
col
suo
esempio
,
che
la
schiavitù
dei
negri
in
molti
casi
noceva
più
di
tutto
al
padrone
dello
schiavo
,
perché
esso
veniva
corrotto
dal
dominio
ingiusto
che
esercitava
.
Non
doveva
corrompere
un
dominio
illimitato
,
esercitato
non
sui
negri
,
ma
sopra
uomini
della
stessa
stirpe
?
Ora
se
tale
è
lo
stato
in
cui
la
rivoluzione
trovò
le
province
meridionali
,
quali
furono
le
conseguenze
del
nuovo
Governo
?
che
cosa
fece
per
esse
?
Nessuno
vorrà
certo
negare
i
grandi
benefizii
che
portò
al
paese
.
Ma
io
qui
mi
occupo
di
una
sola
classe
di
cittadini
.
I
lavori
pubblici
adoperarono
per
un
momento
alcune
braccia
,
ma
non
crearono
un
industria
ne
una
borghesia
nuova
.
Le
strade
fecero
rialzare
i
prezzi
delle
derrate
,
ma
non
mutarono
in
modo
alcuno
le
condizioni
sociali
del
contadino
.
Le
città
ed
i
borghi
sono
oggi
pur
troppo
quel
che
erano
prima
,
e
le
condizioni
,
le
relazioni
degli
abitatori
restarono
sempre
le
stesse
.
Il
Governo
costituzionale
è
in
sostanza
il
regno
della
borghesia
.
La
classe
dei
proprietarii
,
in
mancanza
d
altro
,
divenne
la
classe
governante
,
e
i
municipii
,
le
provincie
,
le
opere
pie
,
la
polizia
rurale
furono
nelle
sue
mani
.
Chi
circonda
il
prefetto
,
chi
illumina
i
Ministri
,
su
chi
si
appoggiano
essi
colà
?
E
se
il
dominio
che
quella
classe
esercitava
era
dispotico
,
e
se
esso
è
restato
illimitato
,
senza
alcun
nuovo
freno
,
ma
colla
giunta
di
nuove
forze
,
quali
debbono
esserne
le
conseguenze
,
quali
sarebbero
in
ogni
altro
paese
della
terra
,
fra
qualunque
generazione
di
uomini
?
Ognuno
può
immaginarlo
da
sé
.
Fra
poco
,
io
credo
,
verrà
alla
luce
un
lavoro
scritto
dal
signor
Leopoldo
Franchetti
,
il
quale
ben
due
volte
ha
fatto
un
viaggio
nelle
province
meridionali
,
espressamente
per
conoscere
lo
stato
degli
agricoltori
colà
,
e
,
com
è
naturale
,
fu
dolorosamente
scandalezzato
nel
vedere
cose
che
dovevano
sembrare
impossibili
a
lui
,
nativo
della
Toscana
,
dove
il
contadino
non
solo
è
un
uomo
indipendente
e
libero
,
ma
è
il
vero
socio
del
suo
padrone
,
e
di
poco
si
crede
inferiore
a
lui
.
Rammento
che
,
quando
seppi
della
sua
prima
gita
,
mi
nacque
un
vivo
desiderio
di
parlargli
.
Avendolo
incontrato
in
un
salotto
,
fummo
presentati
l
uno
all
altro
,
e
mi
avvidi
subito
che
anch
esso
desiderava
parlarmi
,
per
fare
a
me
la
domanda
stessa
che
io
voleva
fare
a
lui
.
Esaminando
lo
stato
della
più
povera
plebe
di
Napoli
,
esaminando
lo
stato
dei
più
miseri
contadini
,
io
m
ero
persuaso
che
la
maggior
parte
di
essi
,
se
non
si
trovavano
nella
medesima
miseria
ed
oppressione
che
sotto
i
Borboni
,
avevano
con
la
nuova
libertà
peggiorato
la
lor
sorte
.
La
cosa
mi
pareva
talmente
sconfortante
,
talmente
enorme
,
che
cercavo
un
autorità
imparziale
,
la
quale
avesse
potuto
smentire
una
opinione
che
quasi
mi
umiliava
.
Un
Toscano
che
,
lontano
da
ogni
interesse
personale
,
da
ogni
amor
proprio
provinciale
,
aveva
,
per
solo
fine
patriottico
e
filantropico
,
fatto
un
viaggio
in
quelle
regioni
,
mi
pareva
l
uomo
di
cui
avevo
bisogno
.
Ma
ognuno
può
immaginare
qual
fu
la
mia
maraviglia
,
quando
m
accorsi
ch
egli
aveva
riportato
di
colà
la
stessa
penosa
impressione
,
e
cercava
in
me
uno
che
sapesse
persuadergli
il
contrario
.
Fui
costretto
a
dirgli
:
lo
non
sono
il
vostro
uomo
.
Ripetete
piuttosto
il
vostro
viaggio
,
andate
in
altre
province
,
e
mettete
di
nuovo
alla
prova
le
vostre
osservazioni
.
Egli
era
stato
negli
Abruzzi
e
nel
Molise
;
andò
,
come
aveva
già
divisato
di
fare
,
nelle
Calabrie
e
nella
Basilicata
;
è
tornato
colla
prima
opinione
ancora
più
ribadita
,
Il
suo
libro
del
resto
verrà
fra
poco
in
luce
,
ed
ognuno
potrà
vedere
su
quali
fatti
è
fondata
la
sua
convinzione
.
Per
ora
il
lettore
faccia
il
conto
che
crede
di
questo
involontario
ed
inconsapevole
accordo
di
opinioni
individuali
,
sopra
una
questione
tanto
complessa
e
tanto
difficile
a
determinare
.
lo
mi
restringo
a
riportare
qui
la
conclusione
d
una
lunga
lettera
,
che
il
signor
Franchetti
ebbe
allora
la
gentilezza
di
scrivermi
:
«
Del
resto
,
qualunque
ne
sia
la
cagione
,
credo
che
si
possa
affermare
il
fatto
che
,
in
regola
generale
,
i
contadini
di
quelle
provincie
(
Abruzzi
e
Molise
)
sono
per
il
loro
vitto
,
d
anno
in
anno
,
nella
dipendenza
assoluta
dei
proprietarii
,
dipendenza
che
si
manifesta
non
solo
nella
durezza
delle
condizioni
dei
contratti
agricoli
,
ma
ancora
nella
indeterminatezza
di
alcune
delle
loro
clausole
,
che
riportano
la
mente
al
tempo
del
servaggio
.
Il
padrone
,
per
citare
un
esempio
,
ha
diritto
illimitato
di
esigere
prestazioni
in
opera
dai
suoi
contadini
,
e
ne
usa
largamente
...
È
adunque
forza
conchiudere
che
,
durando
le
cose
come
adesso
,
la
classe
inferiore
,
per
ora
ignorante
della
moralità
,
piuttosto
che
positivamente
immorale
,
vedendo
la
classe
agiata
pesare
così
gravemente
su
di
essa
,
acquisterà
colla
istruzione
che
gli
si
vuol
dare
,
o
una
immoralità
cosciente
di
se
,
o
un
odio
ancora
più
profondo
pei
signori
e
pel
Governo
,
che
sarà
pieno
di
pericoli
per
l
ordine
avvenire
»
.
Si
pensi
un
poco
alle
conseguenze
logiche
di
queste
osservazioni
.
Il
contadino
napoletano
è
dunque
in
uno
stato
d
abbrutimento
,
e
quasi
di
servaggio
.
Per
incivilirlo
noi
non
abbiamo
adesso
che
l
istruzione
,
e
questa
non
darà
alcun
frutto
,
o
costituirà
un
pericolo
sociale
per
l
avvenire
.
Ciò
spiega
i
pochi
risultati
che
si
ottengono
,
ciò
spiega
le
paure
che
in
alcuni
destano
le
scuole
.
Descrivere
minutamente
quale
sia
lo
stato
degli
agricoltori
nell
Italia
meridionale
,
sarebbe
qui
opera
impossibile
,
perché
queste
condizioni
e
le
forme
dei
contratti
agrarii
mutano
non
solo
da
provincia
a
provincia
,
ma
sono
infinite
e
diverse
in
una
stessa
provincia
,
non
essendovi
ne
una
legge
,
ne
una
consuetudine
che
domini
per
tutto
.
A
trattare
tollerabilmente
il
soggetto
,
bisognerebbe
scrivere
dei
volumi
.
lo
perciò
mi
contento
di
citare
alla
rinfusa
alcuni
esempii
,
alcune
notizie
avute
da
persone
del
luogo
,
o
che
ivi
si
trovano
.
Un
giovane
e
pregiato
economista
delle
Puglie
,
interrogato
da
me
sulla
condizione
in
cui
erano
nel
suo
paese
i
lavoratori
dei
latifondi
,
mi
scriveva
:
«
I
contadini
addetti
alla
coltivazione
di
questi
lontani
latifondi
,
vi
stanno
quasi
tutto
l
anno
,
venendo
chi
ogni
quindici
,
chi
ogni
ventidue
giorni
a
rivedere
in
città
la
moglie
,
i
figli
e
la
propria
casa
.
In
campagna
vivono
in
un
camerone
a
terreno
,
dormendo
in
nicchie
scavate
nel
muro
intorno
intorno
.
Hanno
,
senz
altro
,
un
sacco
di
paglia
,
su
cui
dormono
vestiti
;
anzi
non
si
spogliano
mai
.
Li
comanda
un
massaro
,
che
somministra
ogni
giorno
a
ciascuno
,
per
conto
del
padrone
,
un
pane
nerastro
e
schiacciato
,
del
peso
d
un
chilogramma
,
che
si
chiama
Questo
contadino
lavora
dall
alba
fino
al
tramonto
;
alle
10
del
mattino
riposa
mezz
ora
,
e
mangia
un
po
del
suo
pane
.
Alla
sera
,
cessato
il
lavoro
,
il
massaro
mette
sopra
un
gran
fuoco
,
che
è
in
fondo
al
camerone
,
una
gran
caldaia
,
in
cui
fa
bollire
dell
acqua
con
pochissimo
sale
.
In
questo
mezzo
i
contadini
si
dispongono
in
fila
,
affettano
il
pane
che
mettono
in
scodelle
di
legno
,
in
cui
il
massaro
versa
un
po
dell
acqua
salata
,
con
qualche
goccia
di
olio
.
Questa
è
la
zuppa
di
tutto
l
anno
,
che
chiamano
acqua
-
sale
.
Ne
altro
cibo
hanno
mai
,
salvo
nel
tempo
della
mietitura
,
quando
s
aggiungono
da
uno
a
due
litri
e
mezzo
di
vinello
,
per
metterli
in
grado
di
sostenere
le
più
dure
fatiche
.
E
questi
contadini
serbano
ogni
giorno
un
pezzo
del
loro
chilogramma
di
panrozzo
,
che
vendono
o
portano
a
casa
per
mantenere
la
famiglia
,
insieme
con
lo
stipendio
di
circa
132
lire
all
anno
,
con
di
più
un
mezzo
tomolo
di
grano
e
mezzo
tomolo
di
fave
,
che
loro
spetta
secondo
il
raccolto
»
.
Questi
,
aggiungeva
il
mio
amico
,
sono
i
contadini
che
più
facilmente
si
dànno
al
furto
ed
alle
grassazioni
.
E
chi
vorrà
meravigliarsene
?
Ma
io
non
voglio
tralasciar
di
notare
che
questa
gente
così
male
compensata
,
è
tra
quelle
che
in
Europa
lavorano
di
più
.
Ricordo
di
aver
letto
una
tale
osservazione
in
un
inchiesta
inglese
fatta
per
ordine
di
lord
Palmerston
.
Ho
conosciuto
anche
un
Tedesco
,
occupato
molto
nella
escavazione
di
miniere
,
il
quale
,
essendo
andato
a
passare
alcuni
mesi
di
riposo
nelle
campagne
napoletane
,
mi
disse
un
giorno
a
Firenze
:
Il
dolce
far
niente
degl
Italiani
,
almeno
là
dove
io
sono
stato
,
è
una
calunnia
atroce
.
Sarebbe
impossibile
piegare
il
nostro
contadino
o
il
nostro
operaio
ad
un
lavoro
così
duro
e
prolungato
,
come
quello
che
fanno
i
vostri
contadini
.
Il
Franchetti
,
che
è
tornato
di
là
con
opinioni
ben
altro
che
favorevoli
a
noi
,
mi
ha
mille
volte
ripetuto
:
È
facile
assai
trovarne
che
lavorino
meglio
;
è
impossibile
trovarne
che
lavorino
di
più
.
Ed
è
questa
appunto
la
gente
che
nel
paese
del
dolce
far
niente
è
messa
dalla
società
a
tale
disperazione
da
gettarsi
al
brigantaggio
.
Che
lo
facciano
assai
di
mala
voglia
,
c
è
un
fatto
,
ripeto
,
che
lo
dimostra
chiaro
,
ed
è
l
emigrazione
nella
Campagna
romana
.
Un
contadino
abruzzese
,
che
pure
aveva
tirato
qualche
colpo
di
coltello
,
e
che
trovavasi
in
estrema
miseria
,
fu
interrogato
dal
sig
.
Franchetti
:
Se
le
cose
per
te
continuassero
così
,
ti
getteresti
al
brigantaggio
?
No
.
andrei
a
lavorare
nella
Campagna
romana
,
come
fanno
gli
altri
.
E
quale
è
questa
vita
che
preferiscono
a
quella
che
menano
sui
loro
campi
nativi
?
Ognuno
può
vederlo
,
per
poco
che
s
allontani
da
Roma
.
In
mezzo
alla
malaria
,
accanto
ai
pantani
,
lavorano
tutto
il
giorno
,
e
discendono
.
per
dormire
,
in
tane
da
lupi
,
dove
pigliano
le
febbri
.
e
poi
tornano
a
casa
ben
più
che
decimati
.
La
scorsa
settimana
,
mi
raccontava
un
nobile
romano
,
arrivò
nella
mia
tenuta
qualche
centinaio
di
questi
infelici
.
Avevano
fatto
otto
ore
di
viaggio
,
chiusi
e
stipati
nei
vagoni
delle
merci
,
in
piedi
sempre
,
uomini
,
donne
e
bambini
,
col
patto
stipulato
,
che
a
nessuno
di
loro
dovesse
essere
permesso
di
scendere
per
via
,
neppure
una
sola
volta
.
Fra
non
molto
saranno
ridotti
a
pochi
,
perché
vengono
qui
a
seminare
le
loro
ossa
,
non
tanto
a
causa
della
malaria
,
quanto
a
causa
della
vita
cui
sono
condannati
.
Io
non
mi
fermo
a
descrivere
questi
infelici
,
che
ognuno
può
andare
a
vedere
se
vuole
.
Basta
guardarli
per
sentirsi
arrossire
.
Rammento
il
giorno
,
in
cui
venivo
a
Roma
in
uno
dei
piccoli
vapori
del
Tevere
.
Fermatici
in
un
punto
per
qualche
minuto
,
si
vide
sopra
una
vicina
e
molto
ripida
altura
,
un
povero
vecchio
,
il
quale
,
accorgendosi
di
non
essere
in
tempo
ad
imbarcarsi
,
si
gettò
senz
altro
dall
altura
,
ed
arrivò
rotolando
insino
alla
riva
.
Era
appunto
un
contadino
abruzzese
,
che
nei
lavori
dei
campi
si
era
rotto
un
braccio
;
aveva
prese
le
febbri
,
ed
andava
a
morire
all
ospedale
.
Mi
par
di
vederlo
ancora
:
la
sua
faccia
era
rassegnata
e
tranquilla
in
quei
tormenti
;
stringeva
per
dolore
le
labbra
;
stringeva
i
pugni
,
ma
non
mandò
un
lamento
.
La
sua
storia
è
la
storia
di
migliaia
d
infelici
.
E
se
questa
è
la
vita
che
preferiscono
,
qual
sarà
quella
che
fuggono
?
Ripeto
che
mi
sarebbe
impossibile
di
qui
dare
un
ragguaglio
esatto
di
tutte
le
forme
di
contratti
agrarii
,
prevalenti
nelle
province
meridionali
.
E
quando
pur
facessi
,
sarebbe
poco
meno
che
inutile
.
Il
contratto
più
diffuso
è
l
affitto
in
danaro
o
in
generi
;
trovasi
anche
la
mezzeria
,
e
trovansi
altre
delle
forme
più
note
e
più
generalmente
adottate
altrove
.
Ma
sono
le
condizioni
speciali
e
varie
,
imposte
a
ciascuno
di
questi
contratti
,
le
molte
modificazioni
che
essi
subiscono
,
quelle
che
ne
costituiscono
l
essenza
,
e
fanno
si
che
,
con
qualunque
di
essi
,
il
contadino
si
trovi
quasi
sempre
nella
stessa
oppressione
.
Una
simile
osservazione
fu
fatta
dall
onorevole
Gladstone
,
quando
egli
propose
la
legge
che
modificava
e
vincolava
a
certe
norme
i
contratti
agrarii
dell
Irlanda
.
Gli
fu
osservato
allora
,
che
le
stesse
leggi
,
i
medesimi
contratti
prevalevano
in
Inghilterra
;
perché
dunque
la
nuova
legge
solo
per
l
Irlanda
?
Egli
poté
facilmente
e
vittoriosamente
rispondere
,
che
solo
lo
scheletro
di
questi
contratti
era
identi
co
nei
due
paesi
;
le
condizioni
in
apparenza
accessorie
e
le
modificazioni
diverse
gli
avevano
alterati
in
modo
,
che
le
medesime
forme
portavano
nell
Irlanda
calamità
ignote
all
Inghilterra
.
E
ciò
non
per
le
differenze
che
pur
son
sempre
nella
natura
degli
uomini
,
giacche
il
proprietario
inglese
in
Irlanda
faceva
peggio
degli
altri
;
ma
perché
l
Inghilterra
è
un
paese
industriale
,
e
quindi
il
contadino
trova
aperta
un
altra
via
,
per
la
quale
può
scampare
alla
tirannide
del
proprietario
;
l
Irlanda
invece
è
,
come
l
Italia
meridionale
,
un
paese
dato
esclusivamente
all
agricoltura
,
e
quindi
non
v
è
scampo
possibile
.
Un
amico
da
me
interrogato
,
raccolse
molte
notizie
sulle
province
di
Chieti
e
di
Teramo
.
Egli
mi
scriveva
,
che
colà
era
abbastanza
diffusa
la
mezzeria
.
Il
prodotto
dell
ulivo
va
diviso
in
tre
parti
,
di
cui
due
al
padrone
,
una
al
colono
o
soccio
,
come
lo
chiamano
.
Il
mosto
va
diviso
in
parti
uguali
,
e
così
le
frutta
,
ma
di
queste
il
contadino
deve
dare
,
in
denaro
,
il
valore
della
parte
che
spetta
al
padrone
.
Pel
grano
le
condizioni
mutano
:
si
raddoppia
,
si
triplica
la
quantità
che
deve
dare
il
contadino
,
secondo
che
cresce
la
fertilità
del
suolo
.
Non
mancano
esempii
di
contadini
obbligati
a
pagare
al
padrone
il
fitto
della
casa
colonica
,
costruita
con
fieno
e
terreno
cretaceo
impastati
.
Ne
ciò
basta
.
«
Si
usa
eziandio
generalmente
d
imporre
ai
socci
certe
piccole
prestazioni
,
come
di
uova
,
galline
,
galli
d
India
,
agnelli
pasquali
,
allevamento
di
qualche
maiale
per
uso
di
famiglia
,
ecc
.
Queste
prestazioni
variano
assolutamente
secondo
l
umore
dei
padroni
.
Sono
però
sempre
da
considerarsi
come
un
discreto
contrappelo
»
.
Così
scriveva
l
amico
abruzzese
.
Chi
potrebbe
paragonare
questa
mezzeria
con
la
toscana
?
Non
hanno
di
comune
fra
loro
altro
che
il
nome
.
Ma
non
basta
ancora
.
Nei
tempi
di
cattiva
raccolta
il
soccio
non
può
pagare
.
E
allora
,
se
deve
dar
danaro
,
si
fissa
un
interesse
che
ascende
al
12
per
cento
;
se
deve
dar
grano
,
i
padroni
più
benevoli
esigono
alla
fine
dell
anno
la
così
detta
colmatura
,
che
è
una
mezzetta
,
o
il
sesto
di
più
.
Gli
altri
,
e
sono
il
maggior
numero
,
vogliono
esser
pagati
in
danaro
,
e
fissano
il
valore
del
grano
dovuto
,
pigliando
per
norma
il
prezzo
che
ha
nel
maggio
,
che
segue
alla
cattiva
raccolta
,
cioè
il
mese
in
cui
questo
prezzo
è
più
alto
.
Il
mio
amico
scriveva
nell
aprile
del
1874
,
quando
la
raccolta
era
stata
assai
cattiva
,
e
continuava
così
:
«
Se
quest
anno
,
come
pare
,
sarà
buona
,
e
se
il
contratto
porta
10
salme
di
grano
all
anno
,
si
può
calcolare
che
il
contadino
dovrà
darne
10
per
questo
anno
,
e
16
per
l
anno
passato
,
26
in
tutto
.
Piove
e
i
contadini
per
la
gioia
non
entrano
nei
loro
panni
;
dicono
che
la
terra
è
in
ottime
condizioni
.
Non
sanno
,
tanto
l
abitudine
e
l
ignoranza
sono
potenti
,
che
la
terra
frutterà
questo
anno
,
ma
non
per
loro
.
Sic
vos
non
vobis
»
.
E
più
oltre
conchiudeva
con
queste
parole
:
«
Oggi
noi
a
Chieti
siamo
,
alla
lettera
,
assediati
da
gente
dei
villaggi
e
da
vecchi
delle
campagne
,
che
vanno
in
giro
accattando
,
e
nei
giorni
di
mercato
,
il
volto
sparuto
dei
contadini
dice
che
essi
trascinano
la
vita
a
gran
fatica
.
Non
ha
guari
è
stato
trovato
morto
per
fame
un
contadino
di
San
Valentino
,
in
territorio
di
Chieti
,
nelle
pianure
di
Pescara
,
presso
una
cappella
detta
di
Santa
Filomena
.
Due
mesi
fa
ho
visto
io
un
contadino
,
piuttosto
vecchio
,
giacente
per
terra
,
estenuato
dalla
fame
,
innanzi
alla
porta
dell
ospedale
civile
.
Non
sono
molti
giorni
,
nella
piazza
detta
della
Cavallerizza
,
ne
ho
visto
un
altro
disteso
per
terra
,
che
sembrava
morto
,
con
una
gran
folla
di
gente
attorno
.
Dimandato
che
fosse
,
n
ebbi
questa
risposta
:
Signore
,
la
fame
!
E
si
badi
che
il
contadino
abruzzese
è
sobrio
e
laborioso
.
Dacché
s
è
introdotto
il
gran
turco
,
si
ciba
solo
di
questo
,
che
,
per
colmo
di
sventura
,
è
salito
quest
anno
a
10
duca
ti
la
salma
»
.
E
aggiungo
che
in
alcune
delle
nostre
province
,
essere
messo
a
pane
di
grano
,
significa
essere
vicino
a
morire
,
spedito
dai
medici
.
Perfino
nel
linguaggio
s
è
stampata
in
eterno
la
storia
delle
nostre
vergogne
.
Un
altro
amico
,
che
raccolse
notizie
nei
soli
circondarii
di
Sulmona
,
Aquila
e
Cittaducale
,
mi
scriveva
:
«
Il
rischio
della
cattiva
raccolta
è
,
per
patto
,
ordinariamente
a
carico
dell
affittuario
,
il
quale
spesso
trova
il
suo
unico
schermo
nella
impotenza
a
pagare
.
Nel
circondario
di
Sulmona
i
contadini
stipulano
con
frequenza
affitti
a
lunga
scadenza
,
per
mettere
le
terre
a
vigna
,
impiegandovi
assai
più
le
loro
fatiche
che
i
capitali
,
che
non
hanno
.
Spirato
il
termine
dell
affitto
,
qualche
volta
il
proprietario
rimborsa
al
colono
tutte
le
migliorie
;
più
spesso
ne
rimborsa
la
sola
metà
.
Non
è
però
raro
il
caso
in
cui
il
proprietario
si
riserba
libera
facoltà
di
compensare
in
tutto
o
in
parte
le
migliorie
,
o
d
invitare
il
colono
a
distruggerle
,
se
vuole
.
Negli
altri
due
circondarii
,
di
miglioramenti
non
si
tien
conto
,
perché
gli
affitti
sono
troppo
brevi
per
supporli
possibili
.
Può
succedere
invece
il
contrario
»
.
E
di
queste
condizioni
,
che
sole
dànno
un
idea
precisa
dello
stato
in
cui
si
trova
il
contadino
,
qualunque
sia
la
forma
generale
di
contratto
,
se
ne
potrebbe
citare
un
numero
infinito
.
Il
signor
Franchetti
,
percorrendo
le
Calabrie
e
la
Basilicata
,
ha
trovato
in
alcuni
luoghi
un
contratto
di
miglioria
,
col
quale
il
proprietario
,
concesso
in
affitto
un
terreno
incolto
,
dopo
otto
anni
dà
al
contadino
solo
un
terzo
della
differenza
che
si
trova
fra
il
valore
del
fondo
incolto
e
il
valore
del
fondo
messo
a
coltura
.
Altrove
non
si
dava
più
di
un
settimo
.
In
altri
luoghi
trovò
che
il
contadino
doveva
pagare
al
proprietario
il
diritto
di
guardia
del
fondo
,
guardia
che
quegli
volentieri
avrebbe
fatta
da
se
.
La
pagava
in
tanto
grano
,
del
quale
solo
una
parte
veniva
dal
proprietario
data
al
guardiano
.
«
E
anche
qui
»
,
egli
dice
,
«
immensi
sono
i
servigi
arbitrarii
che
rendono
più
duro
il
contratto
»
.
La
cosa
va
all
infinito
.
La
società
intera
qualche
volta
sembra
costituita
a
danno
del
contadino
,
non
per
volontà
individuale
di
alcuno
,
ma
come
per
legge
inevitabile
di
natura
.
La
malignità
umana
,
però
,
come
può
bene
immaginarsi
,
non
manca
mai
.
Il
Monte
frumentario
è
destinato
a
dare
,
con
equo
interesse
,
il
grano
al
povero
coltivatore
,
nel
tempo
della
semina
o
negli
anni
di
carestia
.
Ciò
farebbe
concorrenza
all
usura
,
largamente
esercitata
colà
.
Ma
lo
speculatore
,
e
qualche
volta
anche
il
proprietario
,
trovano
modo
d
avere
essi
il
grano
,
per
darlo
al
povero
con
interesse
assai
maggiore
.
L
emigrazione
in
America
,
cominciata
nella
Basilicata
,
osservò
il
Franchetti
nel
suo
viaggio
,
apre
una
nuova
strada
al
povero
agricoltore
.
Molti
di
essi
tornano
con
qualche
capitale
,
comprano
un
piccolo
podere
ed
una
casa
;
ma
quello
che
è
più
,
hanno
acquistata
indipendenza
maggiore
,
una
sicurezza
di
loro
stessi
.
In
conseguenza
di
ciò
,
il
prezzo
della
mano
d
opera
aumenta
,
e
il
proprietario
subito
guarda
l
emigrazione
come
una
vera
calamità
per
la
sua
provincia
,
e
,
quando
può
,
cerca
d
impedirla
.
Questo
stato
di
cose
,
dove
più
,
dove
meno
,
si
ritrova
in
tutte
le
province
meridionali
del
continente
,
ed
anche
in
qualche
parte
della
Sicilia
;
come
non
mancano
nel
continente
esempii
di
quel
sistema
di
subaffitti
che
abbiamo
osservati
nell
Isola
,
ma
non
vi
hanno
mai
la
medesima
importanza
ed
estensione
.
La
conseguenza
naturale
di
tutto
ciò
è
il
brigantaggio
.
Quando
al
contadino
napoletano
manca
assolutamente
il
lavoro
,
e
la
fame
lo
assale
,
ne
trova
altra
via
aperta
dinanzi
a
se
,
incomincia
a
rubare
,
e
se
è
abbastanza
audace
,
s
unisce
a
qualche
banda
di
briganti
.
I
capi
sono
per
lo
più
uomini
che
hanno
ricevuto
ancora
qualche
più
grave
ingiuria
personale
,
e
vogliono
vendicarla
:
questa
almeno
suole
essere
l
origine
o
il
pretesto
.
E
qui
finisco
la
già
troppo
lunga
lettera
.
Nell
altra
parlerò
dei
rimedii
.
Tuo
affez
.
P
.
VILLARI
I
RIMEDII
Mio
caro
Dina
I
rimedii
repressivi
di
questo
stato
di
cose
sono
tanto
noti
,
e
furono
da
noi
tanto
adoperati
,
da
non
esservi
bisogno
di
parlarne
ancora
.
Quali
sono
i
rimedii
preventivi
,
quelli
che
l
on
.
Castagnola
chiamava
i
soli
radicali
?
L
immensità
della
quistione
spaventa
,
e
l
audacia
manca
non
solo
ai
nostri
uomini
politici
;
ma
,
quello
che
è
più
,
anche
ai
nostri
uomini
di
scienza
,
molti
dei
quali
affermano
che
la
speranza
di
mettervi
mano
è
una
illusione
,
e
delle
più
pericolose
.
Se
queste
opinioni
trovano
appoggio
nell
ignoranza
e
nell
egoismo
di
molti
proprietarii
,
è
inutile
dirlo
.
La
natura
umana
è
sempre
la
stessa
.
Il
mio
amico
di
Chieti
mi
scriveva
:
«
Il
primo
proprietario
,
uomo
intelligente
ed
agiato
,
a
cui
mi
rivolsi
per
cominciare
a
raccogliere
le
desiderate
informazioni
,
arricciò
il
naso
;
corrugò
la
fronte
;
non
seppe
e
non
volle
nascondere
il
suo
malcontento
,
quando
udì
da
me
,
che
si
volevano
tutte
le
notizie
che
valessero
a
mettere
in
rilievo
la
poco
prospera
condizione
dei
contadini
»
.
E
in
fondo
non
è
da
meravigliarsene
.
Il
proprietario
si
trova
isolato
in
mezzo
ad
un
esercito
di
contadini
.
La
sottomissione
di
questi
è
immensa
;
ma
è
fondata
solo
sull
antica
persuasione
che
il
proprietario
può
tutto
,
che
il
Governo
,
i
tribunali
,
la
polizia
dipendono
da
lui
,
o
sono
una
sola
cosa
con
lui
.
E
però
il
contadino
non
osa
far
nulla
senza
sentire
il
padrone
;
non
si
presenta
neppure
all
autorità
che
lo
invita
,
ne
obbedisce
agli
ordini
che
riceve
da
essa
,
senza
prima
aver
sentito
l
avviso
del
padrone
.
Ma
tutto
ciò
non
nasce
da
affetto
o
da
stima
.
Egli
si
potrebbe
inginocchiare
dinanzi
al
suo
padrone
con
lo
stesso
sentimento
con
cui
l
Indiano
adora
la
tempesta
o
il
fulmine
.
Il
giorno
in
cui
questo
incanto
fosse
sciolto
,
il
contadino
sorgerebbe
a
vendicarsi
ferocemente
coll
odio
lungamente
represso
,
colle
sue
brutali
passioni
.
Qualche
volta
,
in
fatti
,
si
sono
viste
quelle
orde
di
schiavi
trasformarsi
istantaneamente
in
orde
di
cannibali
.
Questo
ci
obbliga
ad
esser
molto
cauti
,
ma
ci
obbliga
ancora
a
meditare
sul
cumulo
di
odii
che
andiamo
raccogliendo
,
e
sulle
conseguenze
morali
e
sociali
che
possono
avere
.
Noi
del
resto
possiamo
liberamente
ragionare
di
ciò
,
e
discuterne
nei
libri
o
nei
giornali
,
certi
che
non
una
parola
arriverà
insino
a
quella
gente
analfabeta
,
che
neppure
intenderebbe
il
nostro
linguaggio
.
Per
parte
mia
posso
dire
,
che
anche
a
me
moltissimi
proprietarii
non
seppero
nascondere
il
loro
malcontento
,
quando
chiedevo
notizie
collo
scopo
che
non
celavo
a
nessuno
.
Ma
da
un
altro
lato
le
risposte
non
mancarono
mai
,
e
molti
viaggiarono
,
scrissero
ad
amici
,
raccolsero
notizie
,
opuscoli
,
tutto
quello
che
potevo
desiderare
.
La
quistione
preoccupa
seriamente
molti
,
sia
per
uno
spirito
di
filantropia
e
di
umanità
,
sia
per
la
convinzione
che
sotto
un
governo
libero
l
antico
stato
di
cose
non
può
durare
a
lungo
,
e
che
è
savio
consiglio
apparecchiarne
la
graduata
trasformazione
,
piuttosto
che
aspettare
il
tempo
in
cui
un
improvvisa
catastrofe
faccia
,
in
un
giorno
,
pagare
le
colpe
di
secoli
.
La
quistione
agraria
l
ebbero
i
Romani
,
ed
ognuno
sa
con
quali
terribili
risultati
.
L
ebbero
anche
le
nazioni
moderne
.
Alcune
ne
uscirono
per
mezzo
di
sanguinose
rivoluzioni
,
altre
le
prevenirono
con
una
savia
legislazione
.
Fra
queste
dobbiamo
,
prima
di
tutte
,
citare
la
Prussia
,
la
quale
,
dopo
le
umiliazioni
patite
dalla
Francia
,
si
pose
a
ricostituire
la
propria
potenza
sopra
tre
basi
:
istruzione
obbligatoria
,
servizio
militare
obbligatorio
,
riforma
agraria
.
Le
due
leggi
del
1807
e
del
1811
costituiscono
ciò
che
tutti
i
Trattati
di
economia
politica
chiamano
la
legislazione
classica
dello
Stein
e
dell
Hardenberg
,
ciò
che
le
storie
nazionali
della
Prussia
chiamano
una
delle
pietre
angolari
della
forza
del
paese
.
La
proprietà
fu
sciolta
dai
mille
vincoli
artificiali
che
l
inceppavano
,
il
servaggio
fu
abolito
,
ed
il
servo
non
solo
divenne
libero
,
ma
ancora
proprietario
d
un
terzo
e
qualche
volta
della
metà
del
suolo
che
coltivava
,
lasciando
il
resto
in
proprietà
libera
al
padrone
.
Lo
scopo
che
si
voleva
ottenere
era
chiaramente
esposto
nella
legge
stessa
:
creare
una
nuova
classe
di
agricoltori
che
accrescesse
forza
al
paese
.
E
si
ottenne
.
Senza
quelle
leggi
,
la
Prussia
non
avrebbe
potuto
fare
più
tardi
i
prodigi
che
ha
fatti
.
Se
però
la
Prussia
si
fosse
ristretta
solo
a
quello
che
abbiamo
detto
più
sopra
,
ne
sarebbe
seguito
ciò
che
è
avvenuto
nelle
province
meridionali
,
colla
divisione
dei
beni
demaniali
.
Gli
antichi
proprietarii
avrebbero
ricomperata
,
a
basso
prezzo
,
la
parte
del
contadino
,
che
privo
di
capitali
,
non
avrebbe
potuto
coltivarla
,
e
sarebbero
divenuti
padroni
assoluti
della
terra
,
coltivata
da
proletarii
ridotti
ben
presto
alla
condizione
poco
meno
che
di
schiavi
.
Invece
,
la
Prussia
aggiunse
due
cose
di
capitale
so
importanza
:
una
magistratura
locale
,
che
decidesse
sommariamente
e
paternamente
le
liti
insorte
fra
gli
agricoltori
ed
i
ricchi
proprietarii
;
un
istituzione
mirabile
di
Banche
destinate
ad
anticipare
al
contadino
i
capitali
per
coltivare
la
terra
e
fare
nuovi
acquisti
,
con
un
interesse
così
mite
che
,
pagando
il
5%
,
si
ammortizzava
il
capitale
in
meno
di
50
anni
.
Per
fare
tutto
ciò
,
occorse
una
serie
di
provvedimenti
,
che
,
incominciati
nel
1807
e
nel
1811
,
finirono
solo
nel
1850
.
Allora
però
la
trasformazione
fu
compiuta
,
e
la
Prussia
cominciò
a
sfidare
il
mondo
,
pel
sentimento
cresciuto
della
propria
forza
.
La
divisione
delle
terre
divenne
utile
solamente
per
mezzo
dell
istituzione
delle
Banche
e
delle
magistrature
speciali
e
locali
.
L
impresa
colossale
dell
abolizione
del
servaggio
in
Russia
fu
condotta
coi
medesimi
principii
,
pigliando
cioè
a
modello
la
classica
legislazione
della
Prussia
.
Ma
il
paese
che
,
per
questo
lato
,
più
trova
riscontro
con
le
nostre
province
meridionali
,
è
l
Irlanda
,
fatta
eccezione
,
ben
s
intende
,
della
questione
politica
e
religiosa
,
nella
quale
non
v
è
alcun
riscontro
possibile
.
Restringiamoci
perciò
alla
sola
questione
agraria
.
L
lrlanda
è
un
paese
dedito
all
agricoltura
,
senza
alcuna
industria
d
importanza
;
un
paese
di
proletarii
oppressi
crudelmente
dai
proprietarii
,
che
non
hanno
o
non
vogliono
spendere
capitali
per
coltivare
i
loro
fondi
.
I
contratti
sono
in
apparenza
simili
a
quelli
dell
Inghilterra
,
ma
le
condizioni
e
modificazioni
speciali
li
avevano
ridotti
a
tale
,
che
il
contadino
emigrava
o
moriva
di
fame
.
I
delitti
agrarii
moltiplicavano
spaventosamente
;
i
magistrati
non
erano
sicuri
;
la
pubblica
opinione
delle
moltitudini
proteggeva
l
assassino
,
che
riguardava
come
un
vendicatore
dei
torti
ricevuti
dalla
società
.
Quando
l
Inghilterra
fu
costretta
a
sospendere
in
Irlanda
I
Habeas
corpus
,
ed
a
venire
a
provvedimenti
repressivi
pel
Fenianismo
,
che
pigliava
proporzioni
gigantesche
,
non
esitò
punto
ad
adoperare
il
ferro
ed
il
fuoco
.
Ma
non
si
contentò
di
questo
:
Noi
abbiamo
,
ella
disse
,
un
debito
d
onore
verso
l
Irlanda
,
dobbiamo
pagarlo
;
dobbiamo
riparare
ai
torti
che
essa
ha
ricevuti
da
noi
.
Io
lascio
,
per
ora
,
da
un
lato
la
radicale
riforma
della
Chiesa
inglese
in
Irlanda
,
e
mi
restringo
solo
alla
legge
agraria
.
L
Inghilterra
affrontò
coraggiosamente
il
primo
problema
che
si
presentava
:
se
lo
Stato
cioè
abbia
il
diritto
di
limitare
con
norme
legislative
la
libertà
dei
contratti
.
Il
15
febbraio
1850
,
il
Gladstone
,
primo
ministro
d
un
paese
che
è
più
di
tutti
in
Europa
contrario
all
ingerenza
dello
Stato
,
diceva
,
in
mezzo
all
assenso
generale
della
Camera
dei
Comuni
,
queste
memorabili
parole
:
«
Nessuno
apprezza
più
altamente
di
noi
la
libertà
dei
contratti
;
essa
è
la
radice
di
ogni
condizione
normale
della
società
.
Ma
anche
in
quelle
condizioni
sociali
,
che
noi
riconosciamo
come
normali
,
non
è
possibile
concedere
illimitata
libertà
di
contratto
.
La
legislazione
inglese
è
piena
di
queste
ingerenze
dello
Stato
,
ed
il
Parlamento
ha
dimostrato
una
decisa
tendenza
a
moltiplicarle
.
Voi
non
permettete
nelle
officine
,
che
il
padrone
impieghi
l
operaio
con
tutte
le
condizioni
che
questi
accetterebbe
;
voi
non
permettete
che
lo
shipmaster
trasporti
gli
emigrati
,
con
ogni
specie
di
quei
contratti
che
pure
ambedue
accetterebbero
.
E
il
caso
dell
Irlanda
è
anco
più
grave
,
perché
questi
contratti
,
quantunque
nominalmente
liberi
,
tali
non
sono
nel
fatto
,
per
le
condizioni
speciali
del
paese
.
Anche
nei
casi
in
cui
la
legge
ha
lasciato
l
Irlandese
pienamente
libero
,
le
condizioni
in
cui
si
trova
lo
hanno
privato
della
sua
libertà
;
ed
è
però
divenuto
nostro
stretto
dovere
l
intervenire
per
difenderlo
.
In
un
paese
dove
le
braccia
abbondano
,
e
non
v
è
altra
industria
che
l
agricoltura
,
il
contadino
non
è
più
libero
nel
fare
il
contratto
col
padrone
.
Può
essere
perciò
necessario
di
prescrivere
con
legge
,
fra
certi
limiti
,
i
termini
e
le
condizioni
dei
contratti
agrarii
»
.
E
la
legge
fu
approvata
.
Per
esporla
minutamente
,
bisognerebbe
cominciare
col
descrivere
le
condizioni
speciali
dell
agricoltura
in
Irlanda
,
e
le
forme
dei
contratti
agrarii
,
che
sono
colà
diversissimi
dai
nostri
.
Ma
per
ora
basti
osservare
che
la
legge
,
senza
seguire
alcuna
teoria
,
prima
di
tutto
determina
e
sanziona
una
forma
di
contratto
,
che
l
esperienza
di
secoli
ha
dimostrata
vantaggiosa
al
contadino
irlandese
(
Ulster
custom
)
.
Sarebbe
se
un
nostro
legislatore
sanzionasse
le
norme
della
mezzeria
toscana
,
le
quali
ora
sono
anch
esse
regolate
solo
dalla
consuetudine
.
Ma
il
Parlamento
inglese
si
guardò
bene
dal
rendere
obbligatoria
per
tutti
una
sola
forma
di
contratto
.
Invece
,
lasciando
libere
quelle
che
esistevano
,
si
restrinse
ad
annullare
tutte
le
condizioni
che
giudicò
contrarie
alla
giustizia
ed
al
pubblico
bene
.
I
miglioramenti
portati
nel
fondo
dal
contadino
,
che
prima
anda
vano
quasi
sempre
ad
esclusivo
vantaggio
del
proprietario
,
debbono
,
secondo
la
nuova
legge
,
essere
da
questo
invece
pagati
al
contadino
.
Il
contratto
con
cui
questi
facesse
rinunzia
d
un
tale
risarcimento
,
è
nullo
.
Il
proprietario
non
può
,
senza
ragioni
giustificate
e
determinate
,
mandar
via
il
contadino
che
ha
preso
in
affitto
la
terra
,
ed
è
tenuto
a
rifarlo
dei
danni
che
gli
reca
,
licenziandolo
senza
ragione
.
La
legge
tende
a
prolungare
i
termini
dell
affitto
sino
a
30
anni
,
risguardando
quelli
a
breve
scadenza
come
dannosi
,
e
tende
a
spronare
il
contadino
a
migliorare
la
cultura
dei
campi
,
a
suo
proprio
vantaggio
.
Ma
anche
qui
il
legislatore
inglese
capì
,
ed
il
Gladstone
dichiarò
in
Parlamento
,
che
tutto
sarebbe
stato
inutile
senza
una
magistratura
speciale
paterna
,
locale
,
che
decidesse
le
mille
liti
che
possono
insorgere
fra
il
proprietario
ed
il
contadino
,
il
quale
non
oserà
mai
chiamare
innanzi
ai
tribunali
ordinari
il
suo
padrone
,
per
muovergli
una
lite
.
E
a
ciò
si
aggiunse
ancora
l
anticipazione
fatta
dallo
Stato
al
contadino
,
dei
capitali
necessarii
,
a
condizioni
non
molto
diverse
che
in
Prussia
.
I
tre
cardini
della
riforma
erano
cosi
solidamente
posti
,
e
poco
dopo
si
vide
,
che
nell
Associazione
per
le
scienze
sociali
,
gli
stessi
Irlandesi
dichiaravano
,
che
la
legge
aveva
subito
cominciato
a
portare
buoni
frutti
,
e
la
loro
esperienza
suggeriva
già
alcuni
modi
per
migliorarla
.
Che
tutto
ciò
non
valga
a
calmare
gli
odii
e
le
passioni
politiche
,
ben
s
intende
,
perché
altre
ne
sono
le
cagioni
.
Ma
fra
noi
fortunamente
questi
odii
non
esistono
.
Certo
non
è
solo
l
ltalia
meridionale
quella
in
cui
il
contadino
soffre
ingiustamente
.
Dobbiamo
far
eccezione
della
Toscana
,
là
dove
le
antiche
repubbliche
intelligenti
,
democratiche
e
civilissime
lasciarono
tali
germi
,
che
la
mezzeria
è
divenuta
un
contratto
che
salva
da
ogni
pericolo
sociale
nell
avvenire
,
e
rende
impossibile
qualunque
diffusione
di
teorie
sovversive
.
Per
la
provincia
di
Venezia
basta
leggere
il
libro
dell
avv
.
Carlo
Stivanello
(
Proprietarii
e
Coltivator
:
Venezia
1873
)
,
premiato
dall
Istituto
Veneto
,
per
trovarvi
la
descrizione
dei
miseri
casolari
di
canna
e
di
loto
,
nei
quali
abita
il
bracciante
.
«
In
questi
casolari
,
egli
dice
,
si
recluta
la
popolazione
dei
furti
,
necessario
supplemento
ai
miseri
guadagni
,
e
vivono
le
torme
dei
poveri
,
che
infestano
i
mercati
e
le
città
,
e
che
sfilano
in
lunga
processione
,
il
sabato
,
dinanzi
alle
abitazioni
»
.
(
Pag
.
151
)
.
Lo
stesso
autore
ci
parla
di
quei
contratti
a
fiamma
e
fuoco
,
coi
quali
l
agricoltore
è
obbligato
a
rinunziare
ad
ogni
ristoro
contro
la
carestia
,
la
grandine
,
la
tempesta
;
di
quelli
coi
quali
rinunzia
ad
ogni
compenso
pei
miglioramenti
recati
al
fondo
,
e
di
molti
altri
contrarii
alla
giustizia
,
al
bene
generale
,
al
progresso
dell
agricoltura
.
«
Il
proprietario
,
nella
stolta
credenza
che
l
abilità
dell
amministratore
avveduto
consista
nello
stipulare
patti
che
strozzino
l
altro
contraente
,
ha
inventato
molte
clausole
,
le
quali
aggravano
la
condizione
del
conduttore
»
(
Pag
.
173-4
)
.
Il
libro
finisce
col
domandare
un
inchiesta
agraria
,
la
quale
,
secondo
l
autore
,
metterebbe
in
evidenza
la
necessità
assoluta
di
provvedimenti
legislativi
in
difesa
degli
agricoltori
e
dell
agricoltura
,
che
egli
chiama
la
povera
Cenerentola
del
Regno
d
Italia
.
L
onorevole
Jacini
fece
nel
1855
una
dolorosa
descrizione
delle
popolazioni
agrarie
,
specialmente
nella
Bassa
Lombardia
,
dove
intorno
alla
ricca
,
intelligente
e
patriottica
Milano
,
vivono
i
più
miseri
contadini
,
fra
i
quali
le
febbri
e
la
pellagra
fanno
stragi
crudeli
;
dove
s
è
risoluto
il
singolare
problema
d
unire
la
più
ricca
produzione
colla
maggiore
miseria
del
coltivatore
.
E
nel
descrivere
a
quali
miserie
esso
è
qualche
volta
ridotto
dal
proprietario
,
esclama
:
«
È
una
tale
iniquità
che
la
sola
giustizia
umana
non
basterebbe
a
punirla
»
(
Ediz
.
1856
,
pag
.
197
)
.
Egli
proponeva
allora
un
Codice
agrario
e
la
istituzione
dei
Probi
Viri
.
Ciò
risponderebbe
in
parte
alle
norme
sui
contratti
,
ed
alla
magistratura
speciale
stabilite
dell
Inghilterra
in
Irlanda
.
Aggiungendovi
le
istituzioni
efficaci
di
credito
agrario
,
si
avrebbero
i
capi
principali
della
riforma
inglese
.
Quel
libro
fu
assai
popolare
,
forse
perché
appariva
come
una
protesta
contro
l
Austria
.
Quando
il
Governo
è
venuto
nelle
nostre
mani
,
che
cosa
abbiamo
fatto
?
Nulla
e
poi
nulla
.
E
quel
che
è
peggio
ancora
,
l
opinione
di
molti
è
contraria
ad
ogni
riforma
di
questo
genere
.
L
indifferenza
sulle
miserie
dei
milioni
di
uomini
che
lavorano
la
terra
in
campagna
,
e
delle
migliaia
che
si
abbrutiscono
nelle
città
,
non
è
credibile
.
Eppure
solo
pensando
ad
essi
si
può
crescere
davvero
la
nostra
produzione
economica
,
pareggiare
permanentemente
le
nostre
finanze
.
Eppoi
non
sono
essi
che
formano
il
nostro
esercito
,
la
nostra
marineria
militare
?
È
cosa
di
poca
importanza
renderli
civili
?
Quali
sono
i
giornali
,
quanti
i
libri
o
gli
opuscoli
che
parlano
di
loro
?
La
nostra
letteratura
,
la
nostra
scienza
e
la
nostra
politica
sembrano
del
pari
indifferenti
su
questo
problema
,
che
racchiude
il
nostro
avvenire
economico
e
morale
.
Il
male
esiste
in
molte
province
,
ma
nelle
Meridionali
ha
proporzioni
assai
maggiori
.
Per
parte
mia
sono
convinto
che
la
quistione
,
fra
non
molto
,
diverrà
gravissima
,
e
s
imporrà
a
tutti
;
che
i
provvedimenti
legislativi
saranno
riconosciuti
necessarii
,
se
non
si
vorrà
affrontare
il
pericolo
d
una
catastrofe
sociale
,
la
quale
può
nascere
non
solo
da
sommosse
sfrenate
,
ma
anche
da
inerzia
ed
abbandono
prolungati
.
Presto
si
vedrà
,
io
credo
,
che
in
alcune
province
occorre
proteggere
l
agricoltore
col
fissare
norme
pei
contratti
,
col
dichiarare
in
esse
nulle
alcune
condizioni
assolutamente
ingiuste
e
dannose
.
E
sarà
necessario
ancora
,
colla
istituzione
di
arbitri
o
di
una
magistratura
speciale
,
assicurare
l
applicazione
di
quelle
norme
.
Il
credito
agrario
deve
anch
essere
istituito
efficacemente
,
se
si
vuole
liberare
il
contadino
dall
usura
,
e
rendere
possibile
una
classe
di
agricoltori
proletarii
.
Intanto
è
utile
illuminare
la
pubblica
opinione
,
rivelando
le
nostre
piaghe
e
le
nostre
vergogne
,
senza
paura
del
ridicolo
o
del
discredito
,
che
si
cercherà
di
gettare
su
quelli
che
oseranno
parlare
.
La
libera
stampa
e
la
scienza
hanno
da
lungo
tempo
imparato
ad
affrontare
questi
ostacoli
negli
altri
paesi
,
e
debbono
affrontarli
anche
fra
noi
.
Quasi
tutte
le
grandi
verità
sociali
cominciarono
coll
essere
prima
dichiarate
assurde
,
per
sembrare
poi
probabili
,
e
divenire
finalmente
evidenti
a
tutti
.
Senza
il
coraggio
di
sfidare
il
ridicolo
,
o
di
esporsi
alla
taccia
di
visionarii
,
molti
progressi
sarebbero
stati
impossibili
,
e
molte
calamità
non
si
sarebbero
evitate
.
Del
resto
,
basta
parlare
con
gli
uomini
che
conoscono
appena
lo
stato
delle
cose
,
per
convincersi
come
la
necessità
di
una
riforma
sia
già
nella
coscienza
di
molti
,
i
quali
ancora
esitano
a
dirlo
apertamente
,
quantunque
convintissimi
.
È
bene
di
certo
che
questa
riforma
venga
dall
alto
,
prima
che
sia
richiesta
dalle
moltitudini
;
è
bene
che
il
Governo
la
inizii
e
la
diriga
.
Questo
è
il
solo
mezzo
,
a
mio
credere
,
con
cui
esso
potrà
vincere
il
sentimento
di
crescente
opposizione
che
si
è
formato
in
quelle
province
,
e
che
può
nascere
da
ignoranza
e
da
poco
tatto
politico
;
ma
che
certo
trascina
ancora
molti
uomini
onesti
,
moderati
e
patriotti
,
i
quali
vedono
che
il
Governo
redentore
non
ha
il
coraggio
di
redimere
,
che
il
Governo
della
libertà
lascia
che
gli
oppressi
siano
calpestati
.
Senza
l
aiuto
del
Parlamento
,
senza
l
intervento
dello
Stato
,
non
c
è
virtù
o
iniziativa
privata
che
basti
a
risolvere
questi
problemi
colossali
.
Molti
sono
perciò
coloro
i
quali
non
si
peritano
d
affermare
,
che
il
Governo
presente
sia
tutto
a
benefizio
d
una
sola
classe
,
e
non
la
più
numerosa
,
della
società
.
E
quando
si
dice
loro
:
camorra
,
mafia
;
rispondono
:
consorteria
.
Queste
opinioni
bisogna
coi
fatti
sradicarle
.
Il
Tocqueville
afferma
che
due
cose
fanno
ai
popoli
operare
grandi
imprese
:
la
religione
ed
il
patriottismo
.
La
religione
si
può
dire
quasi
spenta
in
Italia
;
dove
non
è
superstizione
,
è
abito
tradizionale
,
non
è
fede
viva
.
E
quanto
al
patriottismo
,
che
forma
esso
deve
prendere
ora
,
a
quale
nobile
scopo
indirizzarsi
?
L
Italia
è
unita
,
è
libera
,
è
indipendente
;
conquiste
non
ne
vogliamo
,
né
possiamo
farne
;
una
guerra
di
difesa
è
impossibile
,
perché
nessuno
ci
assale
.
Che
cosa
dunque
vogliamo
?
Bisogna
rivolgere
tutta
l
attenzione
all
interno
,
ciò
è
ben
chiaro
;
ma
la
vita
di
una
nazione
non
può
restringersi
tutta
ai
soli
computi
del
pareggio
.
Noi
potremmo
essere
uniti
,
liberi
,
indipendenti
,
colle
finanze
in
equilibrio
,
e
pure
formare
una
nazione
senza
significato
nel
mondo
.
Occorre
che
un
nuovo
spirito
ci
animi
,
che
un
nuovo
ideale
baleni
dinanzi
a
noi
.
E
questo
ideale
è
la
giustizia
sociale
,
che
dobbiamo
compiere
prima
che
ci
sia
domandata
.
È
necessario
ridestare
in
noi
quella
vita
morale
,
senza
cui
una
nazione
non
ha
scopo
,
non
esiste
.
Ed
è
necessario
al
nostro
bene
materiale
e
morale
.
Senza
liberare
gli
oppressi
,
non
aumenterà
fra
noi
il
lavoro
,
non
crescerà
la
produzione
,
non
avremo
la
forza
e
la
ricchezza
necessarie
ad
una
grande
nazione
.
L
uomo
che
vive
in
mezzo
agli
schiavi
,
accanto
agli
oppressi
e
corrotti
,
senza
resistere
,
senza
reagire
,
senza
combattere
,
è
un
uomo
immorale
che
ogni
giorno
decade
.
La
camorra
,
la
mafia
ed
il
brigantaggio
diventano
inevitabili
.
Sotto
una
o
un
altra
forma
salgono
in
alto
,
si
diffondono
nel
paese
,
ne
consumano
la
midolla
spinale
,
demoralizzandolo
.
Con
un
governo
dispotico
le
conseguenze
del
male
non
sono
così
gravi
,
perché
gli
ostacoli
sono
indipendenti
dalla
nostra
volontà
,
perché
c
è
un
altro
nemico
da
combattere
,
un
altro
ideale
a
cui
mirare
.
Chiunque
,
infatti
,
oggi
esamina
se
stesso
,
s
accorgerà
,
se
è
stato
patriotta
,
che
la
sua
condizione
nella
società
era
nel
passato
più
morale
che
non
è
oggi
.
Allora
c
erano
una
guerra
,
una
speranza
,
un
sacrifizio
ed
un
pericolo
continuo
che
sollevavano
lo
spirito
nostro
.
Oggi
è
invece
una
lotta
di
partiti
,
e
qualche
volta
d
interessi
,
senza
un
Dio
a
cui
sacrificare
la
nostra
esistenza
.
Questo
Dio
era
allora
la
patria
,
che
oggi
sembra
divenuta
libera
per
toglierci
il
nostro
ideale
.
Ciò
vuol
dire
che
la
libertà
non
ha
ancora
messo
radici
abbastanza
profonde
in
Italia
,
è
rimasta
solo
alla
superficie
,
solo
nella
vita
politica
,
ancora
non
è
penetrata
nella
vita
sociale
ed
individuale
.
Si
permetta
a
me
,
che
sono
insegnante
,
di
citare
un
esempio
cavato
appunto
dalla
scuola
,
che
infine
è
poi
l
officina
in
cui
si
forma
il
cittadino
.
Molte
volte
mi
è
stato
chiesto
:
Credete
proprio
che
con
tutti
questi
maestri
e
professori
,
con
tutti
questi
metodi
e
programmi
nuovi
,
la
generazione
che
sorge
saprà
e
varrà
più
di
quella
che
la
precedette
?
Sarebbe
essa
capace
di
far
l
Italia
,
come
I
abbiam
fatta
noi
?
lo
non
dubito
che
la
nuova
generazione
impari
più
e
meglio
di
noi
.
Ma
se
varrà
di
più
,
è
una
quistione
assai
diversa
.
I
nostri
professori
,
i
nostri
libri
eran
peggiori
,
e
s
imparava
meno
.
Ma
nella
nostra
scuola
v
era
qualche
cosa
di
sacro
che
manca
oggi
.
Il
giorno
in
cui
capitava
nelle
nostre
mani
un
Berchet
,
un
Colletta
,
un
Niccolini
,
quel
giorno
la
nostra
piccola
stanza
s
illuminava
,
e
uno
spirito
ignoto
ci
rivelava
cose
che
non
sono
in
alcun
programma
.
Tra
professori
e
scolari
era
una
segreta
intelligenza
,
per
la
quale
ciò
che
si
taceva
valeva
più
di
ciò
che
si
diceva
.
Questo
incanto
è
oggi
sparito
,
gli
antichi
Dei
sono
rovesciati
sui
loro
altari
,
senza
che
alcuna
nuova
Divinità
venga
a
prendere
il
loro
posto
.
L
alunno
non
vede
dinanzi
a
se
che
una
professione
o
un
impiego
;
i
più
eletti
pensano
alla
scienza
.
Ma
ciò
neppur
basta
,
perché
la
scienza
stessa
ha
bisogno
d
essere
destinata
a
qualche
cosa
di
più
alto
,
da
cui
possa
essere
come
santificata
.
Nella
nostra
vita
tutto
ciò
che
non
è
santificato
,
viene
profanato
.
Il
vuoto
che
io
vedo
nel
la
scuola
,
parmi
che
sia
anche
nella
società
,
perché
è
nel
cuore
del
cittadino
.
A
noi
manca
come
l
aria
da
respirare
,
perché
dopo
una
vita
di
sacrifizii
,
non
troviamo
più
nulla
a
cui
sacrificarci
.
Eppure
l
aiutar
coloro
che
soffrono
vicino
a
noi
,
è
il
nostro
dovere
;
è
il
nostro
interesse
supremo
,
urgente
,
e
ci
restituirebbe
l
ideale
perduto
.
Ed
ora
mi
resta
solo
di
rispondere
ad
una
obbiezione
,
che
alcuni
,
per
patriottismo
,
non
fanno
,
ma
che
pure
tengono
celata
nel
loro
cuore
.
Fortunatamente
,
essi
dicono
fra
se
,
non
tutta
l
Italia
è
nelle
condizioni
in
cui
sono
le
Province
Meridionali
.
Se
laggiù
il
contadino
ed
il
povero
sono
in
così
pessimo
stato
,
se
la
gente
colta
manca
al
suo
dovere
,
non
reagendo
e
non
migliorando
questo
stato
di
cose
,
peggio
per
loro
;
resteranno
ancora
un
pezzo
nello
stato
di
semibarbari
.
Nell
Italia
centrale
e
superiore
saremo
,
come
siamo
,
civili
.
lo
lascio
che
molte
piaghe
,
come
ho
già
accennato
,
sono
anche
nell
Italia
centrale
e
superiore
.
Voglio
ammettere
,
per
ipotesi
,
quel
che
non
potrei
discutere
ne
combattere
ora
,
che
l
Italia
cioè
sia
divisa
nel
modo
che
i
poco
benevoli
oppositori
pretendono
.
Ma
,
per
poter
tirare
da
un
tale
stato
di
cose
,
la
conseguenza
a
cui
essi
vorrebbero
giungere
,
bisognavano
averci
pensato
prima
,
lasciando
intatto
il
muro
della
China
,
che
avevano
costruito
i
Borboni
.
Dopo
l
unità
d
Italia
,
tutto
si
è
mescolato
nell
esercito
,
nella
marineria
,
nella
magistratura
,
nell
amministrazione
,
ecc
.
La
colpa
delle
province
più
civili
che
,
a
tutta
possa
,
non
aiutano
le
meno
civili
,
è
uguale
a
quella
delle
classi
più
colte
ed
agiate
che
,
in
una
medesima
società
,
abbandonano
a
se
stesse
le
più
ignoranti
e
derelitte
.
E
le
conseguenze
sono
le
stesse
.
Oggi
il
contadino
che
va
a
morire
nell
Agro
Romano
,
o
che
soffre
la
fame
nel
suo
paese
,
e
il
povero
che
vegeta
nei
tugurii
di
Napoli
,
possono
dire
a
noi
ed
a
voi
:
Dopo
l
unità
e
la
libertà
d
Italia
non
avete
più
scampo
;
o
voi
riuscite
a
render
noi
civili
,
o
noi
riusciremo
a
render
barbari
voi
,
E
noi
uomini
del
Mezzogiorno
abbiamo
il
diritto
di
dire
a
quelli
dell
Italia
superiore
e
centrale
:
La
vostra
e
la
nostra
indifferenza
sarebbero
del
pari
immorali
e
colpevoli
.
Ora
non
mi
resta
che
chiederti
scusa
delle
troppe
parole
,
e
ringraziarti
.
Addio
Roma
,
20
marzo
1875
.
Tuo
affez
.
P
.
VILLARI
Miscellanea ,
IL
PRIMO
GIORNO
A
PARIGI
Eccomi
preso
daccapo
a
quest
'
immensa
rete
dorata
,
in
cui
ogni
tanto
bisogna
cascare
,
volere
o
non
volere
.
La
prima
volta
ci
restai
quattro
mesi
,
dibattendomi
disperatamente
,
e
benedissi
il
giorno
che
ne
uscii
.
Ma
vedo
che
la
colpa
era
tutta
mia
,
ora
che
ci
ritorno
....
composto
a
nobile
quiete
,
perchè
guai
a
chi
viene
a
Parigi
troppo
giovane
,
senza
uno
scopo
fermo
,
colla
testa
in
tumulto
e
colle
tasche
vuote
!
Ora
vedo
Parigi
serenamente
,
e
la
vedo
a
traverso
all
'
anima
d
'
un
caro
amico
,
che
mi
fa
risentire
più
vive
e
più
fresche
tutte
le
impressioni
della
prima
volta
.
Ed
ecco
quelle
del
primo
giorno
,
come
le
può
rendere
una
mente
stanca
e
una
penna
presa
ad
imprestito
dall
'
albergatore
.
Prima
d
'
esser
condotto
all
'
Esposizione
,
bisogna
che
il
lettore
entri
con
noi
in
Parigi
;
daremo
insieme
un
'
occhiata
al
teatro
prima
di
voltarci
verso
il
palco
scenico
.
Siamo
discesi
alla
stazione
della
strada
ferrata
di
Lione
,
alle
otto
della
mattina
,
con
un
tempo
bellissimo
.
E
ci
trovammo
subito
imbarazzati
.
Avevamo
letto
nei
giornali
che
i
fiaccherai
di
Parigi
spingevano
le
loro
pretese
fino
al
punto
di
non
voler
più
trasportare
persone
grasse
.
Io
feci
osservare
al
Giacosa
che
noi
due
eravamo
fatti
apposta
per
provocare
e
giustificare
un
rifiuto
sdegnoso
dal
più
cortese
dei
fiaccherai
.
Egli
s
'
impensierì
,
io
pure
.
Avevamo
indosso
,
per
giunta
,
due
spolverine
che
c
'
ingrossavano
spietatamente
.
Come
fare
?
Non
c
'
era
che
da
tentare
di
produrre
un
po
'
d
'
illusione
avvicinandosi
a
una
carrozza
a
passo
di
contraddanza
e
interpellando
l
'
uomo
con
una
voce
in
falsetto
.
Il
tentativo
riuscì
.
Il
fiaccheraio
ci
rivolse
uno
sguardo
inquieto
,
ma
ci
lasciò
salire
,
e
si
diresse
rapidamente
verso
i
boulevards
.
Dovevamo
andare
fino
al
boulevard
degli
Italiani
,
ossia
diritti
al
centro
di
Parigi
passando
per
la
più
ammirabile
delle
sue
strade
,
La
prima
impressione
è
gradevole
.
È
la
grande
piazza
irregolare
della
Bastiglia
,
spettacolosa
e
tumultuosa
,
nella
quale
sboccano
quattro
boulevards
e
dieci
vie
,
e
da
cui
si
sente
rumoreggiar
sordamente
il
vasto
sobborgo
di
Sant
'
Antonio
.
Ma
s
'
è
ancora
intronati
dallo
strepito
della
grande
Stazione
lugubre
,
dove
s
'
è
discesi
rotti
e
sonnolenti
;
e
quel
vasto
spazio
pieno
di
luce
,
quei
mille
colori
,
la
grande
colonna
di
Luglio
,
gli
alberi
,
il
viavai
rapidissimo
delle
carrozze
e
della
folla
,
s
'
intravvedono
appena
.
È
il
primo
soffio
impetuoso
e
sonoro
della
vita
di
Parigi
,
e
si
riceve
a
occhi
socchiusi
.
Non
si
comincia
a
veder
nettamente
che
nel
boulevard
Beaumarchais
.
Qui
comincia
ad
apparire
Parigi
.
La
via
larghissima
,
la
doppia
fila
degli
alberi
,
le
case
allegre
;
tutto
è
nitido
e
fresco
,
e
da
tutto
spira
un
'
aria
giovanile
.
Si
riconoscono
al
primo
sguardo
mille
piccole
raffinatezze
di
comodità
e
d
'
eleganza
,
che
rivelano
un
popolo
pieno
di
bisogni
e
di
capricci
,
per
il
quale
il
superfluo
è
più
indispensabile
del
necessario
e
che
gode
la
vita
con
un
'
arte
ingegnosa
.
È
la
buvette
tutta
risplendente
di
vetri
e
di
metalli
,
è
il
piccolo
caffè
pieno
di
pretese
signorili
,
è
la
piccola
trattoria
che
ostenta
i
ghiottumi
squisiti
del
gran
restaurant
,
sono
mille
piccole
botteghe
,
linde
e
ridenti
,
che
fanno
a
soverchiarsi
le
une
le
altre
a
furia
di
colori
,
di
mostre
,
d
'
iscrizioni
,
di
fantocci
,
di
piccole
gale
e
di
piccoli
vezzi
.
Fra
le
due
file
degli
alberi
è
un
andirivieni
di
carrozze
,
di
grandi
carri
,
di
carrozzoni
tirati
da
macchine
a
vapore
,
e
d
'
omnibus
altissimi
,
carichi
di
gente
,
che
sobbalzano
sul
selciato
ineguale
con
un
fracasso
assordante
.
Ma
è
un
movimento
diverso
da
quello
di
Londra
.
Il
luogo
aperto
e
verde
,
i
visi
,
le
voci
,
i
colori
,
danno
a
quel
tramestìo
l
'
aspetto
più
di
un
divertimento
che
di
un
lavoro
.
E
poi
la
popolazione
non
è
nuova
.
Son
tutte
figure
conosciute
,
che
fanno
sorridere
.
È
Gervaise
che
s
'
affaccia
alla
porta
della
bottega
col
ferro
in
mano
,
è
monsieur
Joyeuse
che
va
all
'
ufficio
fantasticando
una
gratificazione
,
è
Pipelet
che
legge
la
Gazzetta
,
è
Frédéric
che
passa
sotto
le
finestre
di
Bernerette
la
sartina
del
Murger
,
è
la
merciaia
del
Kock
,
è
il
gamin
di
Vittor
Hugo
,
o
il
Prudhomme
del
Monnier
,
è
'
l
'
homme
d
'
affaire
del
Balzac
,
è
l
'
operaio
dello
Zola
.
Eccoli
tutti
!
Come
ci
accorgiamo
che
,
anche
lontani
le
mille
miglia
,
si
viveva
nella
immensa
cinta
di
Parigi
!
Sono
le
otto
e
mezzo
,
e
la
grande
giornata
della
grande
città
,
-
giornata
per
Parigi
,
mese
per
chi
arriva
,
-
è
già
cominciata
,
calda
e
clamorosa
come
una
battaglia
.
Di
là
dal
clamore
della
strada
,
si
sente
confusamente
la
voce
profonda
degli
enormi
quartieri
nascosti
,
come
il
muggito
d
'
un
mare
mascherato
dalle
dune
.
S
'
è
appena
usciti
dal
boulevard
Beaumarchais
,
non
s
'
è
ancora
arrivati
in
fondo
al
boulevard
delle
Figlie
del
Calvario
,
e
già
s
'
indovina
,
si
sente
,
si
respira
,
sto
per
dire
,
l
'
immensità
di
Parigi
.
E
si
pensa
con
stupore
a
quelle
cittadine
solitarie
e
silenziose
,
da
cui
s
'
è
partiti
;
che
si
chiamano
Torino
o
Milano
o
Firenze
;
dove
si
stava
tutti
a
uscio
e
bottega
,
e
si
viveva
quasi
in
famiglia
.
Ieri
vogavamo
in
un
laghetto
;
oggi
navighiamo
in
un
oceano
.
Si
è
fatto
un
po
'
più
d
'
un
miglio
,
s
'
entra
nel
boulevard
du
Temple
.
Qui
la
strada
larghissima
s
'
allarga
ancora
,
le
case
s
'
innalzano
,
le
vie
laterali
s
'
allungano
.
La
maestà
di
Parigi
comincia
ad
apparire
.
E
così
,
andando
innanzi
,
tutto
cresce
di
proporzioni
e
s
'
ingentilisce
.
Cominciano
a
sfilare
i
teatri
:
il
Circo
olimpico
,
il
Lyrique
,
la
Gaîtè
,
les
Folies
;
i
caffè
eleganti
,
i
grandi
«
magazzini
»
,
le
trattorie
signorili
;
e
la
folla
va
pigliando
un
aspetto
più
schiettamente
parigino
.
Il
movimento
è
notevolmente
maggiore
che
nei
tempi
ordinarii
.
La
nostra
carrozza
è
costretta
a
fermarsi
ogni
momento
per
aspettare
che
la
lunga
fila
che
la
precede
si
metta
in
moto
.
Gli
omnibus
di
tutte
le
forme
,
che
paion
case
ambulanti
,
s
'
incalzano
.
La
gente
s
'
incrocia
correndo
in
tutte
le
direzioni
come
se
giocasse
a
bomba
da
una
parte
all
'
altra
della
strada
,
e
sui
due
marciapiedi
passano
due
processioni
non
interrotte
.
S
'
entra
nel
boulevard
Saint
Martin
.
È
un
altro
passo
innanzi
sulla
via
dell
'
eleganza
e
della
grandezza
.
I
chioschi
variopinti
si
fanno
più
fitti
,
le
botteghe
più
splendide
,
i
caffè
più
pomposi
.
I
terrazzini
e
le
righinette
delle
case
si
coprono
di
cubitali
caratteri
dorati
che
danno
a
ogni
facciata
l
'
aspetto
del
frontispizio
d
'
un
libro
gigantesco
.
I
frontoni
dei
teatri
,
gli
archi
delle
gallerie
di
passaggio
,
gli
edifizi
rivestiti
di
legno
fino
ai
primi
piani
,
le
trattorie
che
s
'
aprono
sulla
strada
in
forma
di
tempietti
e
di
teatri
luccicanti
di
specchi
,
si
succedono
senza
interstizii
,
gli
uni
congiunti
agli
altri
,
come
una
sola
bottega
sterminata
.
Mille
ornamenti
,
mille
gingilli
,
mille
richiami
,
vistosi
,
capricciosi
,
ciarlataneschi
,
sporgono
,
dondolano
,
si
rizzano
da
tutte
le
parti
,
luccicano
a
tutte
le
altezze
,
confusamente
,
dietro
agli
alberi
,
che
stendono
i
loro
rami
frondosi
sui
chioschetti
,
sui
sedili
dei
marciapiedi
,
sulle
piccole
stazioni
degli
omnibus
,
sulle
fontane
,
sui
tavolini
esterni
dei
caffè
,
sulle
tende
ricamate
delle
botteghe
,
sulle
gradinate
marmoree
dei
teatri
.
Al
boulevard
Saint
Martin
succede
il
boulevard
St
.
Denis
.
La
grande
strada
s
'
abbassa
,
si
rialza
,
si
stringe
,
riceve
dalle
grandi
arterie
dei
popolosi
quartieri
vicini
ondate
di
cavalli
e
di
gente
,
e
si
stende
davanti
a
noi
,
a
perdita
d
'
occhi
,
brulicante
di
carrozze
e
nera
di
folla
,
divisa
in
tre
parti
da
due
enormi
ghirlande
di
verzura
che
la
riempiono
d
'
ombra
e
di
freschezza
.
Son
tre
quarti
d
'
ora
che
si
va
a
passo
a
passo
,
serpeggiando
,
rasentando
file
interminabili
di
carrozze
che
danno
l
'
immagine
di
favolosi
cortei
nuziali
che
si
estendano
da
un
capo
all
'
altro
di
Parigi
.
Si
entra
nel
boulevard
Bonne
nouvelle
,
e
cresce
ancora
il
formicolìo
,
il
ronzìo
,
lo
strepito
;
la
pompa
dei
grandi
«
magazzini
»
che
schierano
sulla
strada
le
vetrate
enormi
;
l
'
ostentazione
della
réclame
,
che
sale
dai
primi
piani
ai
secondi
,
ai
terzi
,
ai
cornicioni
,
ai
tetti
;
le
vetrine
diventan
sale
,
le
merci
preziose
s
'
ammucchiano
,
i
cartelloni
multicolori
si
moltiplicano
,
i
muri
delle
case
spariscono
sotto
una
decorazione
smagliante
,
puerile
e
magnifica
che
seduce
e
stanca
lo
sguardo
.
Non
è
una
strada
per
cui
si
passa
;
è
una
successione
di
piazze
,
una
sola
immensa
piazza
parata
a
festa
,
dove
rigurgita
una
moltitudine
che
ha
addosso
l
'
argento
vivo
.
Tutto
è
aperto
,
trasparente
,
messo
in
vista
,
come
in
un
grande
mercato
signorile
all
'
aria
libera
.
Lo
sguardo
penetra
fin
nelle
ultime
sale
delle
botteghe
straricche
,
fino
ai
comptoirs
lontani
dei
lunghi
caffè
bianchi
e
dorati
,
e
nelle
stanze
alte
dei
restaurants
principeschi
,
e
abbraccia
a
ogni
leggerissimo
cambiamento
di
direzione
,
mille
bellezze
,
mille
sorprese
,
mille
minuzie
pompose
,
una
varietà
infinita
di
tesori
,
di
ghiottonerie
,
di
giocattoli
,
di
opere
d
'
arte
,
di
bagattelle
rovinose
,
di
tentazioni
di
ogni
specie
,
da
cui
non
si
libera
che
per
ricadervi
dall
'
altra
parte
della
strada
,
o
per
ricrearsi
lungo
le
due
file
senza
fine
di
chioschi
,
scaccheggiati
di
tutti
i
colori
d
'
arlecchino
,
coperti
d
'
iscrizioni
e
di
figure
grottesche
,
tappezzati
di
giornali
d
'
ogni
paese
e
di
ogni
forma
,
che
danno
al
vasto
boulevard
l
'
apparenza
bizzarra
e
simpatica
d
'
una
grande
fiera
letteraria
carnovalesca
.
E
intanto
dal
boulevard
Bonne
nouvelle
si
entra
nel
boulevard
Poissonniére
,
e
lo
spettacolo
si
fa
sempre
più
vario
,
più
ampio
e
più
ricco
.
E
s
'
è
già
percorsa
una
lunghezza
di
quattromila
metri
;
provando
di
più
in
più
un
vivo
sentimento
nuovo
,
che
non
è
sola
meraviglia
,
ma
una
scontentezza
confusa
,
un
rammarico
pieno
di
desiderii
,
l
'
amarezza
del
giovinetto
che
si
sente
umiliato
al
suo
primo
entrare
nel
mondo
,
una
specie
di
delusione
d
'
amor
proprio
,
che
si
esprime
in
occhiate
pietose
e
stizzose
sulla
miseria
del
proprio
bagaglio
,
messo
là
alla
berlina
,
sulla
cassetta
della
carrozza
,
in
mezzo
a
quel
lusso
insolente
.
E
finalmente
s
'
entra
nel
boulevard
Montmartre
,
a
cui
fa
seguito
quello
degl
'
Italiani
,
quello
delle
Capucines
,
e
quello
della
Madeleine
.
Ah
!
ceco
il
cuore
ardente
di
Parigi
,
la
via
massima
dei
trionfi
mondani
,
il
grande
teatro
delle
ambizioni
e
delle
dissolutezze
famose
,
dove
affluisce
l
'
oro
,
il
vizio
e
la
follia
dai
quattro
angoli
della
terra
!
Qui
è
la
pompa
suprema
,
è
la
metropoli
della
metropoli
,
la
reggia
aperta
e
perpetua
di
Parigi
,
a
cui
tutto
aspira
e
tutto
tende
.
Qui
la
strada
diventa
piazza
,
il
marciapiede
diventa
strada
,
la
bottega
diventa
museo
;
il
caffè
,
teatro
;
l
'
eleganza
,
fasto
;
lo
splendore
,
sfolgorìo
;
la
vita
,
febbre
.
I
cavalli
passano
a
stormi
e
la
folla
a
torrenti
.
Vetri
,
insegne
,
avvisi
,
porte
,
facciate
,
tutto
s
'
innalza
,
s
'
allarga
,
s
'
inargenta
,
s
'
indora
,
s
'
illumina
.
È
una
gara
di
sfarzo
e
di
appariscenza
che
tocca
la
follia
.
V
'
è
la
pulizia
olandese
,
la
gaiezza
d
'
un
giardino
,
e
tutta
la
varietà
di
colori
d
'
un
bazar
orientale
.
Pare
una
sola
smisurata
sala
d
'
un
museo
enorme
,
dove
gli
ori
,
le
gemme
,
le
trine
,
i
fiori
,
i
cristalli
,
i
bronzi
,
i
quadri
,
tutti
i
capolavori
delle
industrie
,
tutte
le
seduzioni
delle
arti
,
tutte
le
gale
della
ricchezza
,
tutti
i
capricci
della
moda
si
affollano
o
si
ostentano
con
una
profusione
che
sgomenta
e
una
grazia
d
'
esposizione
che
innamora
.
Le
lastre
gigantesche
di
cristallo
o
gli
specchi
innumerevoli
,
le
rivestiture
di
legno
nitidissimo
che
salgono
fino
a
mezzo
degli
edifizi
,
riflettono
ogni
cosa
.
Le
grandi
iscrizioni
d
'
oro
corrono
lungo
tutti
i
rilievi
delle
facciate
,
come
i
versetti
del
Corano
sulle
pareti
delle
moschee
.
L
'
occhio
non
trova
spazio
dove
riposare
.
Da
ogni
parte
brillano
i
nomi
illustri
nel
regno
dei
piaceri
e
della
moda
;
i
titoli
dei
restaurants
,
celebrati
da
Nuova
York
a
Pietroburgo
;
gli
alberghi
dei
principi
e
dei
Cresi
;
le
botteghe
di
cui
si
apre
la
porta
colla
mano
tremante
.
Per
tutto
un
lusso
aristocratico
,
provocante
e
sfacciato
,
che
dice
:
-
Spendi
,
spandi
e
godi
-
e
nello
stesso
tempo
suscita
e
umilia
i
desiderii
.
Non
vi
è
nessuna
bellezza
monumentale
.
È
una
specie
di
magnificenza
teatrale
e
femminea
,
una
maestà
d
'
apparato
,
eccessiva
,
e
piena
di
civetteria
e
di
superbia
,
che
sbalordisce
ed
abbaglia
come
un
immenso
tremolìo
di
punti
luminosi
;
ed
esprime
appunto
la
natura
della
grande
città
opulenta
e
lasciva
,
che
lavora
per
furore
di
godimento
e
di
gloria
.
Ci
si
prova
una
certa
soggezione
.
Non
par
di
passare
in
un
luogo
pubblico
,
tanta
è
la
nitidezza
e
la
pompa
.
La
folla
stessa
vi
passa
con
una
certa
grazia
contegnosa
come
per
una
grandissima
sala
,
scivolando
sull
'
asfalto
,
senza
rumore
,
come
sopra
un
tappeto
.
I
bottegai
stanno
dietro
alle
colossali
vetrine
con
una
dignità
di
gran
signori
,
come
se
non
aspettassero
che
avventori
milionari
.
Persino
le
venditrici
di
giornali
dei
chioschi
sono
atteggiate
a
una
certa
altezza
letteraria
.
Par
che
tutti
siano
compresi
della
sovranità
del
luogo
,
e
che
tutti
si
studino
di
aggiungere
colla
propria
persona
una
pennellata
ben
intonata
al
gran
quadro
dei
boulevards
.
Gran
quadro
davvero
!
E
si
possono
accumulare
col
pensiero
,
fin
che
si
vuole
,
tutte
le
immagini
sparse
che
se
ne
ritrovano
nelle
nostre
città
più
floride
;
ma
non
si
riuscirà
mai
,
chi
non
l
'
abbia
visto
,
nè
a
rappresentarsi
lo
spettacolo
di
quella
fiumana
vivente
che
scorre
senza
posa
tra
quelle
due
interminabili
pareti
di
cristallo
,
in
mezzo
a
quel
verde
e
a
quell
'
oro
,
accanto
a
quel
turbinio
fragoroso
di
cavalli
e
di
ruote
,
in
quella
strada
ampissima
di
cui
non
si
vede
la
fine
;
nè
a
formarsi
una
giusta
idea
della
figura
che
facevano
là
in
mezzo
le
nostre
miserabili
valigie
di
letterati
.
Appena
s
'
ebbe
ripreso
fiato
all
'
albergo
si
tornò
sui
boulevards
,
davanti
al
Cafè
Riche
,
attirati
come
farfalle
al
lume
,
senz
'
accorgercene
.
Strano
!
Mi
pareva
d
'
essere
a
Parigi
da
una
settimana
.
La
folla
però
ha
un
aspetto
alquanto
diverso
dai
tempi
ordinarii
.
Abbondano
le
faccie
esotiche
,
i
vestiti
da
viaggio
,
le
famiglie
di
provincia
,
affaticate
e
stupite
;
i
visi
bruni
del
mezzogiorno
e
le
barbe
e
le
capigliature
biondissime
del
settentrione
.
Sul
ponte
di
Costantinopoli
si
vede
sfilare
tutto
l
'
Oriente
;
qua
tutto
l
'
Occidente
.
Le
solite
gonnelle
sono
come
smarrite
in
quel
pelago
.
Di
tratto
in
tratto
si
vede
una
faccia
giapponese
,
un
negro
,
un
turbante
,
un
cencio
orientale
;
ma
è
subito
travolto
dal
fiotto
nero
della
folla
in
cilindro
.
Ho
notato
molti
soggetti
di
quella
innumerevole
famiglia
dei
grandi
uomini
falliti
,
che
tutti
riconoscono
a
primo
aspetto
:
figure
strane
,
col
viso
smunto
e
gli
occhiali
,
coi
capelli
cadenti
sulle
spalle
,
vestiti
di
nero
,
bisunti
,
con
uno
scartafaccio
sotto
il
braccio
:
sognatori
di
tutti
i
paesi
venuti
a
Parigi
in
questa
grande
occasione
a
tentare
il
terno
della
gloria
e
della
ricchezza
con
una
invenzione
meccanica
o
un
capolavoro
letterario
.
Questo
è
il
grande
torrente
dove
annegano
tutte
le
glorie
di
mezza
taglia
.
«
Celebrità
»
di
provincia
e
«
illustrazioni
»
nazionali
,
gran
personaggi
gallonati
e
blasonati
,
e
principi
e
ricconi
,
dieci
per
una
crazia
!
Non
si
vedono
nè
faccie
superbe
,
nè
sorrisi
di
vanità
soddisfatta
.
Son
tutte
goccie
indistinte
dell
'
onda
inesauribile
,
a
cui
non
sovrastano
che
i
giganti
.
E
si
capisce
da
che
molle
formidabili
,
debba
prendere
impulso
l
'
ambizione
della
gloria
per
sollevarsi
su
questo
pandemonio
,
e
con
che
rabbiosa
ostinazione
si
rodano
i
cervelli
per
trovare
la
parola
ed
il
grido
che
faccia
voltare
le
centomila
teste
di
questa
folla
meravigliosa
!
E
si
prova
un
piacere
a
esser
là
su
quel
lastrico
sparso
d
'
ambizioni
stritolate
e
di
glorie
morte
,
su
cui
altre
ambizioni
si
rizzano
e
altre
forze
si
provano
,
senza
posa
;
si
gode
di
trovarsi
là
,
come
in
mezzo
a
una
gigantesca
officina
vibrante
e
sonora
;
di
sentirsi
aggregato
anche
per
poco
,
molecola
viva
,
al
grande
corpo
intorno
a
cui
tutto
gravita
;
di
respirare
una
boccata
d
'
aria
su
quella
torre
di
Babele
,
assistendo
da
un
gradino
della
scala
sterminata
al
lavoro
immenso
,
confortati
dal
dolce
pensiero
....
che
si
scapperà
fra
quindici
giorni
.
Poi
facciamo
una
corsa
di
due
ore
,
in
carrozza
,
descrivendo
un
immenso
zig
-
zag
sulla
destra
della
Senna
,
per
veder
circolare
la
vita
nelle
arterie
minori
di
Parigi
.
Rivedo
con
vivo
piacere
quel
verdeggiante
e
splendido
boulevard
di
Sebastopoli
e
di
Strasburgo
,
che
par
fatto
per
il
passaggio
trionfale
d
'
un
esercito
,
e
quella
infinita
via
Lafayette
,
in
cui
le
due
striscie
nere
della
folla
si
perdono
allo
sguardo
in
una
lontananza
vaporosa
dove
pare
che
cominci
un
'
altra
metropoli
.
Ripasso
per
quelle
smisurate
spaccature
di
Parigi
,
che
si
chiamano
il
boulevard
Haussman
,
il
boulevard
Malesherbes
,
il
boulevard
Magenta
,
il
boulevard
Principe
Eugenio
,
in
cui
si
sprofonda
lo
sguardo
con
un
fremito
,
come
in
un
abisso
,
afferrando
per
un
braccio
il
compagno
.
Andiamo
al
Rondpoint
de
l
'
Etoile
a
veder
fuggire
in
tutte
le
direzioni
,
come
una
corona
di
raggi
,
le
grandi
vie
che
dividono
in
una
rosa
di
quattordici
allegri
quartieri
triangolari
la
decima
parte
di
Parigi
.
Ritorniamo
nel
cuore
della
città
:
percorriamo
la
rete
inestricabile
delle
piccole
vie
,
piene
di
rumori
,
smaglianti
di
vetrine
e
affollate
di
memorie
;
tutte
obliquità
e
svolti
maliziosi
,
che
preparano
le
grandi
vedute
inaspettate
dei
quadrivi
pieni
di
luce
e
delle
vie
monumentali
,
chiuse
in
fondo
da
una
mole
magnifica
,
che
sovrasta
alla
città
come
una
montagna
di
granito
cesellato
.
Per
tutto
è
una
fuga
di
carrozze
cariche
di
bagagli
,
e
visi
sonnolenti
e
polverosi
di
nuovi
arrivati
,
che
s
'
affacciano
agli
sportelli
a
interrogare
quel
caos
;
e
vicino
alle
stazioni
,
file
di
viaggiatori
a
piedi
,
che
s
'
inseguono
colla
valigia
in
mano
,
come
se
uno
l
'
avesse
rubata
all
'
altro
.
Non
c
'
è
un
momento
di
riposo
,
nè
per
l
'
orecchio
,
nè
per
l
'
occhio
,
nè
per
il
pensiero
.
Sperate
di
bere
la
vostra
birra
in
pace
davanti
a
un
caffè
quasi
vuoto
.
Illusione
.
La
réclame
vi
perseguita
.
Il
primo
che
passa
vi
mette
in
mano
una
lirica
che
comincia
con
un
'
invettiva
contro
l
'
Internazionale
e
finisce
coll
'
invitarvi
a
comprare
un
soprabito
da
Monsieur
Armangan
,
coupeur
émérite
;
e
un
momento
dopo
vi
trovate
tra
le
mani
un
sonetto
che
vi
promette
un
biglietto
per
l
'
Esposizione
se
andate
a
ordinare
un
paio
di
stivali
in
via
Rougemont
.
Per
liberarvene
alzate
gli
occhi
.
Oh
Dio
!
Passa
una
carrozza
dorata
di
réclame
coi
servitori
in
livrea
,
che
vi
propone
dei
cilindri
al
ribasso
.
Guardate
in
fondo
alla
strada
.
Che
!
A
mezzo
miglio
di
distanza
,
c
'
è
una
réclame
a
caratteri
titanici
del
Petit
journal
,
-
«
seicento
mila
esemplari
al
giorno
,
tre
milioni
di
lettori
»
-
che
vi
fa
l
'
effetto
d
'
un
urlo
nell
'
orecchio
.
Alzate
gli
occhi
al
cielo
,
allora
!
Ma
non
c
'
è
di
libero
nemmeno
il
cielo
.
Al
di
sopra
del
più
alto
tetto
del
quartiere
,
si
disegna
nell
'
azzurro
,
in
sottili
e
altissimi
caratteri
di
ferro
,
il
nome
d
'
un
artista
delle
nuvole
che
vuol
farvi
la
fotografia
.
Non
c
'
è
dunque
altro
che
tener
gli
occhi
inchiodati
sul
tavolino
!
No
,
nemmeno
!
Il
tavolino
è
diviso
in
tanti
quadretti
colorati
e
stampati
,
che
vi
offrono
delle
tinture
e
delle
pomate
.
Torcete
il
volto
stizziti
....
Ah
disgraziati
!
La
spalliera
della
seggiola
vi
raccomanda
un
guantaio
.
Non
resta
altro
rifugio
che
guardarsi
i
piedi
,
dunque
!
No
,
non
resta
neppure
questo
rifugio
.
Sotto
i
vostri
piedi
,
sull
'
asfalto
,
c
'
è
un
avviso
a
stampatello
che
vuol
farvi
mangiare
alla
casalinga
in
via
della
Chaussée
d
'
Antin
.
Camminando
un
'
ora
,
si
legge
,
senza
volerlo
,
un
mezzo
volume
.
È
una
inesauribile
decorazione
grafica
variopinta
ed
enorme
aiutata
da
immagini
grottesche
di
diavoli
e
di
fantocci
alti
come
case
,
che
v
'
assedia
,
vi
opprime
,
vi
fa
maledire
l
'
alfabeto
.
Quel
Petit
journal
,
per
esempio
,
che
copre
mezza
Parigi
!
Ma
bisogna
o
ammazzarsi
o
comprarlo
.
Tutto
ciò
che
vi
si
mette
in
mano
,
dal
biglietto
del
battello
al
contrassegno
della
seggiola
su
cui
riposate
le
ossa
nel
giardino
pubblico
,
tutto
nasconde
l
'
insidia
della
réclame
.
Persino
le
pareti
dei
tempietti
,
dove
non
s
'
entra
che
per
forza
,
parlano
,
offrono
,
raccomandano
.
Ci
sono
in
tutti
gli
angoli
mille
bocche
che
vi
chiamano
e
mille
mani
che
v
'
accennano
.
È
una
rete
che
avvolge
tutta
Parigi
.
E
tutto
è
economico
.
Potete
spendere
fino
all
'
ultimo
centesimo
credendo
sempre
di
fare
economia
.
Ma
quanta
varietà
di
oggetti
e
di
spettacoli
!
Nello
spazio
di
quindici
passi
vedete
una
corona
di
diamanti
,
un
mazzo
spropositato
di
camelie
,
un
mucchio
di
tartarughe
vive
,
un
quadro
a
olio
,
una
coppia
di
signorine
automatiche
che
nuotano
in
una
vaschetta
di
latta
,
un
vestimento
completo
da
contentare
l
'
uomo
«
più
scrupolosamente
elegante
»
per
otto
lire
e
cinquanta
centesimi
,
un
numero
del
Journal
des
abrutis
con
un
articolo
a
doppio
taglio
sull
'
esposizione
delle
vacche
,
un
gabinetto
per
gli
esperimenti
del
fonografo
,
e
un
bottegaio
che
dà
il
volo
a
un
nuvolo
di
farfalle
di
penna
per
adescare
i
bimbi
che
passano
.
A
ogni
tratto
vedete
schierate
tutte
le
faccie
illustri
della
Francia
.
Non
c
'
è
città
che
in
questo
genere
d
'
esposizione
eguagli
Parigi
.
L
'
Hugo
,
l
'
Augier
,
mademoiselle
Judic
,
il
Littré
,
il
Coquelin
,
il
Dufaure
,
il
Daudet
,
sono
in
tutt
'
i
buchi
.
Incontrate
dei
visi
d
'
amici
da
tutte
le
parti
.
E
nessuna
impressione
,
neanche
dei
luoghi
,
è
veramente
nuova
.
Parigi
non
si
vede
mai
per
la
prima
volta
;
si
rivede
.
Non
ricorda
nessuna
città
italiana
;
eppure
non
par
straniera
,
tanto
vi
si
ritrovano
fitte
le
reminiscenze
della
nostra
vita
intellettuale
.
Un
amico
vi
dice
:
-
Ecco
la
casa
del
Sardou
,
ecco
il
palazzo
del
Gambetta
,
ecco
le
finestre
del
Dumas
,
ecco
l
'
ufficio
del
Figaro
-
e
a
voi
vien
naturale
di
rispondere
:
Eh
!
lo
sapevo
.
-
Così
riconoscendo
mille
cose
e
mille
aspetti
,
continuiamo
a
girare
,
rapidamente
,
in
mezzo
a
incrociamenti
di
legni
da
cui
non
vedo
come
usciremo
,
a
traverso
a
folle
serrate
che
ci
arrestano
all
'
improvviso
,
nelle
ombre
deliziose
del
Parco
Monceaux
,
intorno
alle
grandi
arcate
leggiere
delle
Halles
,
davanti
agli
immensi
«
magazzini
di
novità
»
assiepati
di
carrozze
,
intravvedendo
,
di
lontano
,
ora
un
fianco
del
teatro
dell
'
Opera
,
ora
il
colonnato
della
Borsa
,
ora
la
tettoia
enorme
d
'
una
Stazione
,
ora
un
palazzo
incendiato
dalla
Comune
,
ora
la
cupola
dorata
degli
Invalidi
,
e
dicendoci
l
'
un
l
'
altro
mille
cose
,
e
le
stesse
cose
,
e
con
la
più
viva
espansione
,
senza
pronunziare
una
parola
e
senza
ricambiarci
uno
sguardo
.
Avevo
inteso
dire
che
uno
straniero
a
Parigi
non
si
accorge
quasi
che
ci
sia
l
'
Esposizione
.
Baie
.
Tutto
conduce
il
pensiero
all
'
Esposizione
.
Le
torri
del
Trocadero
si
vedono
effigiate
da
tutte
le
parti
,
come
se
mille
migliaia
di
specchi
le
riflettessero
,
e
l
'
immagine
del
Campo
di
Marte
vi
si
presenta
per
mille
vie
e
sotto
mille
forme
.
Tutta
la
popolazione
sembra
ed
è
infatti
d
'
accordo
per
fare
ben
riescire
la
festa
.
V
'
è
un
raffinamento
universale
di
cortesia
.
Tutti
fanno
la
loro
parte
.
Fin
l
'
ultimo
bottegaio
sente
la
dignità
dell
'
ospite
;
si
legge
in
viso
a
ogni
parigino
la
soddisfazione
d
'
essere
«
azionista
»
del
teatro
in
cui
si
offre
al
mondo
il
grande
spettacolo
,
e
la
coscienza
di
essere
un
oggetto
d
'
ammirazione
.
Il
che
serve
moltissimo
a
rendersi
davvero
ammirabili
.
La
grande
città
fa
il
bocchino
,
è
premurosa
,
vuol
contentar
tutti
.
E
infatti
a
tutti
i
bisogni
,
a
tutti
i
desiderii
,
a
tutti
i
capricci
,
ha
provvisto
,
in
mille
modi
,
a
ogni
prezzo
e
a
ogni
passo
.
Per
questa
«
festa
del
lavoro
»
c
'
è
la
febbre
.
Il
lavoro
,
la
pace
,
la
grande
fratellanza
,
la
grande
ospitalità
fraterna
,
risuonano
da
ogni
parte
.
E
forse
,
anzi
certo
,
vi
si
nasconde
sotto
un
altro
sentimento
.
È
l
'
amor
proprio
ferito
in
un
'
altra
gloria
,
che
s
'
afferra
tutto
alla
gloria
presente
,
per
compensarsi
della
passata
;
ed
esalta
con
tutte
le
sue
forze
il
primato
che
le
rimane
,
per
gettare
l
'
oscurità
su
quello
,
in
fondo
al
cuore
forse
più
caro
,
che
ha
perduto
.
È
nondimeno
prodigioso
il
vedere
questa
città
,
che
parve
un
giorno
caduta
in
fondo
,
sotto
il
peso
di
tutte
le
maledizioni
di
Dio
,
dopo
sette
anni
,
così
splendida
,
così
superba
,
così
piena
di
sangue
,
d
'
oro
e
di
gloria
!
E
si
prova
un
sentimento
inaspettato
arrivandoci
.
S
'
era
partiti
per
l
'
Esposizione
;
era
lo
scopo
,
la
prima
cosa
.
Appena
arrivati
,
diventa
l
'
ultima
.
Parigi
che
l
'
ha
fatta
,
l
'
ammazza
.
Si
pensa
,
sì
,
che
c
'
è
laggiù
,
in
fondo
alla
grande
città
,
uno
smisurato
palazzo
posticcio
che
contiene
molte
bellissime
cose
;
ma
ci
si
pensa
quasi
con
dispetto
,
come
a
un
importuno
che
voglia
contendervi
e
turbarvi
il
godimento
di
Parigi
.
Il
primo
giorno
,
l
'
immagine
delle
Torri
del
Trocadero
m
'
era
odiosa
.
Così
al
Campo
di
Marte
,
estatici
davanti
a
una
bellissima
ragazza
inglese
che
lavora
,
degnate
appena
d
'
uno
sguardo
la
macchinetta
ingegnosa
che
luccica
sotto
le
sue
mani
.
Arriviamo
finalmente
sulla
Senna
.
Che
largo
e
sano
respiro
!
E
come
è
sempre
bella
questa
grande
strada
azzurra
che
fugge
,
riflettendo
i
colori
allegri
delle
sue
mille
case
galleggianti
,
fra
le
due
alte
rive
coronate
di
colossi
di
pietra
!
Davanti
e
dietro
di
noi
i
ponti
lunghissimi
confondono
i
loro
archi
d
'
ogni
forma
,
e
le
strisce
nere
della
folla
che
brulica
dietro
ai
loro
parapetti
;
sotto
,
i
battelli
stipati
di
teste
s
'
inseguono
;
frotte
di
gente
scendono
continuamente
dalle
gradinate
delle
rive
e
fanno
ressa
agli
scali
;
e
la
voce
confusa
della
moltitudine
si
mesce
ai
canti
delle
mille
donne
affollate
nei
lavatoi
,
al
suono
dei
corni
e
delle
campanelle
,
allo
strepito
delle
carrozze
dei
quais
,
al
lamento
del
fiume
e
al
mormorio
degli
alberi
delle
due
rive
,
agitati
da
un
'
arietta
vivace
che
fa
sentire
la
freschezza
della
campagna
e
del
mare
.
Anche
la
Senna
lavora
per
«
la
gran
festa
della
pace
»
e
par
che
spieghi
più
benevolmente
dell
'
usato
,
in
mezzo
alle
due
Parigi
che
la
guardano
,
la
sua
maestà
regale
e
materna
.
Qui
il
mio
compagno
non
potè
resistere
alla
tentazione
di
Nôtre
Dame
,
e
salimmo
sulla
cima
d
'
una
delle
due
torri
per
vedere
«
il
mostro
.
»
Ottima
cosa
che
mette
i
pensieri
in
calma
.
Bisogna
almeno
dominarle
,
queste
mostruose
città
,
in
quel
solo
modo
che
ci
è
possibile
:
collo
sguardo
.
Salimmo
sulla
punta
del
tetto
della
torre
di
sinistra
,
dove
Quasimodo
delirava
a
cavallo
alla
campana
,
e
ci
afferrammo
all
'
asta
di
ferro
.
Che
immensità
gloriosa
!
Parigi
empie
l
'
orizzonte
e
par
che
voglia
coprire
tutta
la
terra
colle
smisurate
onde
immobili
e
grigie
dei
suoi
tetti
e
delle
sue
mura
.
Il
cielo
era
inquieto
.
Le
nuvole
gettavano
qua
e
là
ombre
fosche
che
coprivano
spazi
grandi
come
Roma
;
e
in
altre
parti
apparivano
montagne
,
grandi
vallate
e
vastissimi
altipiani
di
case
dorate
dal
sole
.
La
Senna
luccicava
come
una
sciarpa
d
'
argento
da
un
capo
all
'
altro
di
Parigi
,
rigata
di
nero
dai
suoi
trenta
ponti
,
che
parevan
fili
tesi
tra
le
due
rive
,
e
punteggiata
appena
dai
suoi
cento
battelli
,
che
parevano
foglioline
natanti
.
Sotto
,
la
mole
delicata
e
triste
della
cattedrale
,
le
due
isole
,
piazze
nereggianti
di
formiche
,
lo
scheletro
del
futuro
Hôtel
de
ville
,
simile
a
una
grande
gabbia
d
'
uccelli
,
e
la
réclame
smisurata
e
insolente
d
'
un
mercante
d
'
abiti
fatti
che
sfondava
gli
occhi
a
mille
e
duecento
metri
di
distanza
.
Qua
e
là
,
le
grandi
macchie
dei
cimiteri
,
dei
giardini
e
dei
parchi
;
isole
verdi
in
quell
'
oceano
.
Lontano
,
all
'
orizzonte
,
a
traverso
a
brume
violacee
leggerissime
,
contorni
incerti
di
vasti
sobborghi
fumanti
,
dietro
i
quali
non
si
vede
più
,
ma
s
'
indovina
ancora
Parigi
;
da
un
'
altra
parte
,
altri
sobborghi
enormi
,
affollati
sulle
alture
,
come
eserciti
pronti
a
discendere
,
pieni
di
tristezze
e
di
minaccie
;
a
valle
della
Senna
,
in
una
chiarezza
un
po
'
velata
,
come
in
un
vasto
polverio
luminoso
,
a
tre
miglia
da
noi
,
le
architetture
colossali
e
trasparenti
del
Campo
di
Marte
.
Che
belli
slanci
vertiginosi
dello
sguardo
da
Belleville
a
Ivry
,
dal
bosco
di
Boulogne
a
Pantin
,
da
Courbevoie
al
bosco
di
Vincennes
,
saltando
di
cupola
in
cupola
,
di
torre
in
torre
,
di
colosso
in
colosso
,
di
memoria
in
memoria
,
di
secolo
in
secolo
,
accompagnati
,
come
da
una
musica
,
dall
'
immenso
respiro
di
Parigi
!
Povero
e
caro
nido
della
mia
famigliuola
,
dove
sei
?
Poi
il
mio
amico
mi
disse
:
-
Ridiscendiamo
nell
'
inferno
-
e
tornammo
a
tuffarci
nell
'
oscurità
dell
'
interminabile
scala
a
chiocciola
,
dove
un
rintocco
inaspettato
della
grande
campana
di
Luigi
XIV
ci
fece
tremare
le
vene
e
i
polsi
come
un
colpo
di
cannone
.
E
ritornammo
sui
boulevards
.
Era
l
'
ora
del
desinare
.
In
quell
'
ora
il
movimento
è
tale
da
non
poterne
dare
un
'
idea
.
Le
carrozze
passano
a
sei
di
fronte
,
a
cinquanta
di
fila
,
a
grandi
gruppi
,
a
masse
fitte
e
serrate
che
si
sparpagliano
qua
e
là
verso
le
vie
laterali
,
e
par
che
escano
le
une
dalle
altre
,
come
razzi
,
levando
un
rumore
cupo
e
monotono
,
come
d
'
un
solo
enorme
treno
di
strada
ferrata
che
passi
senza
fine
.
Allora
tutta
la
vita
gaia
di
Parigi
si
riversa
là
da
tutte
le
strade
vicine
,
dalle
gallerie
,
dalle
piazze
;
arrivano
e
si
scaricano
i
cento
omnibus
del
Trocadero
;
le
carrozze
e
la
folla
a
piedi
che
viene
dagli
scali
della
Senna
;
flutti
di
gente
che
attraversa
la
strada
di
corsa
arrischiando
le
ossa
,
s
'
accalca
sui
marciapiedi
,
assalta
i
chioschi
da
cui
si
spandono
miriadi
di
giornali
,
si
disputa
le
sedie
davanti
ai
caffè
e
rigurgita
all
'
imboccatura
delle
strade
.
Si
accendono
i
primi
lumi
.
Il
grande
banchetto
comincia
.
Da
tutte
le
parti
tintinnano
e
scintillano
i
cristalli
e
le
posate
sulle
tovaglie
bianchissime
,
distese
in
vista
di
tutti
.
Zaffate
d
'
odori
ghiotti
escono
dai
grandi
restaurants
,
di
cui
si
vanno
illuminando
le
finestre
dei
piani
superiori
,
lasciando
vedere
scorci
di
sale
luccicanti
e
ombre
di
donne
che
guizzano
dietro
le
tende
di
trina
.
Un
'
aria
calda
e
molle
,
come
di
teatro
,
si
spande
,
pregna
d
'
odor
di
sigari
d
'
Avana
,
dell
'
odore
acuto
dell
'
assenzio
che
verdeggia
in
diecimila
bicchieri
,
delle
fragranze
che
escono
dalle
botteghe
di
fiori
,
di
muschio
,
di
vesti
profumate
,
di
capigliature
femminili
;
-
un
odore
proprio
dei
boulevards
di
Parigi
,
misto
di
grand
'
albergo
e
d
'
alcova
,
-
che
dà
alla
testa
.
Le
carrozze
si
fermano
;
le
cocottes
dai
lunghi
strascichi
discendono
,
fra
due
ali
di
curiosi
,
e
spariscono
come
freccie
nelle
porte
delle
trattorie
.
Fra
la
folla
dei
caffè
suonano
le
risa
argentine
e
forzate
di
quelle
che
siedono
a
crocchio
.
Le
«
coppie
»
fendono
audacemente
la
calca
.
La
gente
comincia
a
serrarsi
,
in
doppia
fila
,
alle
porte
dei
teatri
.
La
circolazione
è
interrotta
ogni
momento
.
Bisogna
camminare
a
zig
-
zag
,
a
passetti
,
respingendo
dolcemente
gomiti
e
toraci
,
fra
una
selva
di
cilindri
e
di
gibus
,
fra
i
soprabiti
neri
,
le
giubbe
,
i
gran
panciotti
spettorati
e
le
camicie
ricamate
,
badando
sempre
ai
piedini
e
alle
code
,
in
mezzo
a
un
mormorìo
sordo
,
diffuso
,
affrettato
,
sul
quale
echeggiano
i
colpi
sonori
delle
bottiglie
stappate
,
dentro
un
polverìo
finissimo
che
vien
su
da
quel
terribile
asfalto
che
brucia
i
talloni
alle
ragazze
.
Non
è
più
un
andirivieni
di
gente
;
è
un
ribollimento
,
un
rimescolìo
febbrile
,
come
se
sotto
la
strada
divampasse
una
fornace
immensa
.
È
un
ozio
che
pare
un
lavoro
,
una
festa
faticosa
,
come
una
smania
e
un
timore
di
tutti
di
non
arrivare
in
tempo
a
prender
posto
al
gran
convito
.
Il
vastissimo
spazio
non
basta
più
alla
moltitudine
nera
,
elegante
,
nervosa
,
sensuale
,
profumata
,
piena
d
'
oro
e
d
'
appetiti
,
che
cerca
con
tutti
i
sensi
tutti
i
piaceri
.
E
di
minuto
in
minuto
lo
spettacolo
si
ravviva
.
Il
via
vai
delle
carrozze
somiglia
alla
fuga
disordinata
delle
salmerie
d
'
un
esercito
in
rotta
;
i
caffè
risuonano
come
officine
;
all
'
ombra
degli
alberi
si
stringono
i
dolci
colloqui
;
tutto
s
'
agita
e
freme
in
quella
mezza
oscurità
,
non
ancor
vinta
dall
'
illuminazione
notturna
;
e
un
non
so
che
di
voluttuoso
spira
nell
'
aria
,
mentre
la
notte
di
Parigi
,
carica
di
follie
e
di
peccati
,
prepara
le
sue
insidie
famose
.
Quello
è
davvero
il
momento
in
cui
la
grande
città
s
'
impadronisce
di
voi
e
vi
soggioga
,
se
anche
foste
l
'
uomo
più
austero
della
terra
.
È
il
lenocinio
gallico
del
Gioberti
.
È
una
mano
invisibile
che
v
'
accarezza
,
una
voce
dolce
che
vi
parla
nell
'
orecchio
,
una
scintilla
che
vi
corre
nelle
vene
,
una
voglia
impetuosa
di
tuffarvi
in
quel
vortice
,
e
d
'annegarvi...;
passata
la
quale
si
va
a
desinare
benissimo
a
due
lire
e
settantacinque
.
E
anche
il
desinare
è
uno
spettacolo
per
chi
si
ritrova
impensatamente
,
come
accadde
a
noi
,
in
una
trattoria
vasta
e
rischiarata
come
un
teatro
,
formata
d
'
una
sala
unica
,
cinta
d
'
una
larghissima
galleria
,
dove
si
sfamano
insieme
cinquecento
persone
,
rumoreggiando
come
una
grande
assemblea
di
buon
umore
.
E
dopo
vien
l
'
ultima
scena
della
meravigliosa
rappresentazione
cominciata
alle
otto
della
mattina
in
piazza
della
Bastiglia
:
la
notte
di
Parigi
.
Ritorniamo
nel
cuore
della
città
.
Qui
par
che
faccia
giorno
daccapo
.
Non
è
un
'
illuminazione
;
è
un
incendio
.
I
boulevards
ardono
.
Tutto
il
pian
terreno
degli
edifizi
sembra
in
fuoco
.
Socchiudendo
gli
occhi
,
par
di
vedere
a
destra
e
a
sinistra
due
file
di
fornaci
fiammanti
.
Le
botteghe
gettano
dei
fasci
di
luce
vivissima
fino
a
metà
della
strada
e
avvolgono
la
folla
come
in
una
polvere
d
'
oro
.
Da
tutte
le
parti
piovono
raggi
e
chiarori
diffusi
che
fanno
brillare
i
caratteri
dorati
e
i
rivestimenti
lucidi
delle
facciate
,
come
se
tutto
fosse
fosforescente
.
I
chioschi
,
che
si
allungano
in
due
file
senza
fine
,
rischiarati
di
dentro
,
coi
loro
vetri
di
mille
colori
,
simili
a
enormi
lanterne
chinesi
piantate
in
terra
,
o
a
teatrini
trasparenti
di
marionette
,
danno
alla
strada
l
'
aspetto
fantastico
e
puerile
d
'
una
festa
orientale
I
riflessi
infiniti
dei
cristalli
,
i
mille
punti
luminosi
che
traspaiono
fra
i
rami
degli
alberi
,
le
iscrizioni
di
fuoco
che
splendono
sui
frontoni
dei
teatri
,
il
movimento
rapidissimo
delle
innumerevoli
fiammelle
delle
carrozze
,
che
sembrano
miriadi
di
lucciole
mulinate
dal
vento
,
le
lanterne
porporine
degli
omnibus
,
le
grandi
sale
ardenti
aperte
sulla
strada
,
le
botteghe
che
somigliano
a
cave
d
'
oro
e
d
'
argento
incandescente
,
le
centomila
finestre
illuminate
,
gli
alberi
che
paiono
accesi
;
tutti
questi
splendori
teatrali
,
frastagliati
dalla
verzura
,
che
lascia
vedere
ora
sì
ora
no
le
illuminazioni
lontane
,
e
presenta
lo
spettacolo
ad
apparizioni
successive
;
tutta
questa
luce
rotta
,
rispecchiata
,
variopinta
,
mobilissima
,
piovuta
e
saettata
,
raccolta
a
torrenti
e
sparpagliata
a
stelle
e
a
diamanti
,
produce
la
prima
volta
un
'
impressione
di
cui
non
si
può
dare
l
'
idea
.
Par
di
vedere
un
solo
immenso
fuoco
d
'
artifizio
,
che
debba
spegnersi
improvvisamente
,
e
lasciar
tutta
la
città
sepolta
nel
fumo
.
Sui
marciapiedi
non
c
'
è
una
riga
d
'
ombra
;
ci
si
ritroverebbe
una
spilla
.
Tutti
i
visi
sono
rischiarati
.
Si
vede
la
propria
immagine
riflessa
da
tutte
le
parti
.
Si
vede
tutto
,
in
fondo
ai
caffè
,
sino
agli
ultimi
specchi
delle
sale
riposte
,
incisi
dai
diamanti
delle
belle
peccatrici
.
Nella
folla
abbonda
il
bel
sesso
che
di
giorno
pareva
sopraffatto
e
disperso
.
Gli
sguardi
languidi
e
interrogativi
s
'
incrociano
e
gareggiano
.
Davanti
a
ogni
caffè
c
'
è
la
platea
d
'
un
teatro
,
di
cui
il
boulevard
è
il
palcoscenico
.
Tutti
i
visi
sono
rivolti
verso
la
strada
.
Ed
è
curioso
:
fuor
che
le
carrozze
,
non
si
sente
nessun
forte
rumore
.
Si
guarda
molto
e
si
parla
poco
,
o
a
bassa
voce
,
come
per
rispetto
al
luogo
,
o
perchè
la
gran
luce
impone
un
certo
riserbo
.
V
'
è
una
specie
di
silenzio
signorile
.
Andate
innanzi
,
innanzi
,
sempre
in
mezzo
a
un
incendio
,
tra
una
folla
immobile
e
una
folla
seduta
,
e
vi
sembra
di
passare
di
salone
in
salone
,
in
un
immenso
palazzo
scoperto
,
o
per
un
seguito
di
vastissimi
patios
spagnuoli
,
fra
le
pompe
d
'
una
veglia
,
in
mezzo
a
un
milione
di
invitati
,
senza
sapere
quando
arriverete
all
'
uscita
,
se
pur
c
'
è
un
'
uscita
.
E
intanto
,
passo
passo
,
arrivate
sulla
piazza
dell
'
Opéra
.
E
qui
Parigi
notturna
vi
fa
uno
dei
suoi
più
bei
colpi
di
scena
.
Avete
dinanzi
la
facciata
del
Teatro
,
enorme
e
spudorata
,
risplendente
di
lampade
colossali
negli
intercolonni
elegantissimi
;
dinanzi
alla
quale
sboccano
le
vie
Auber
e
Halévy
;
a
destra
la
gran
fornace
del
boulevard
degli
Italiani
;
a
sinistra
il
boulevard
infocato
delle
Cappuccine
che
si
prolunga
fra
i
due
muri
ardenti
del
boulevard
della
Maddalena
;
e
voltandovi
,
vedete
tre
grandi
vie
divergenti
che
v
'
abbagliano
come
tre
abissi
luminosi
:
la
via
della
Pace
,
tutta
smagliante
d
'
ori
e
di
gioielli
,
in
fondo
alla
quale
si
drizza
sul
cielo
stellato
la
mole
nera
della
colonna
Vendôme
;
l
'
Avenue
dell
'
Opéra
inondata
di
luce
elettrica
;
la
via
Quattro
settembre
lucente
di
mille
fiammelle
;
e
sette
file
continue
di
carrozze
che
vengono
dai
due
boulevards
e
dalle
cinque
strade
,
incrociandosi
furiosamente
sulla
piazza
,
e
una
folla
che
accorre
e
una
folla
che
fugge
,
sotto
una
pioggia
di
luce
rossa
e
di
luce
bianchissima
,
diffusa
da
grandi
globi
di
cristallo
spulito
,
che
fan
l
'
effetto
di
ghirlande
e
di
corone
di
lune
piene
,
e
colorano
gli
alberi
,
gli
alti
edifizi
,
la
moltitudine
,
dei
riflessi
bizzarri
e
misteriosi
della
scena
finale
d
'
un
ballo
fantastico
.
Qui
proprio
si
prova
per
qualche
momento
una
sensazione
che
somiglia
a
quella
dell
'
hasciss
.
Quella
rosa
di
strade
sfolgoranti
,
che
conducono
al
Théâtre
français
,
alle
Tuileries
,
alla
Concordia
,
ai
Campi
Elisi
,
che
vi
portano
ciascuna
una
voce
della
gran
festa
di
Parigi
,
che
vi
chiamano
e
che
v
'
attirano
da
sette
parti
come
le
entrate
maestose
di
sette
palazzi
fatati
,
vi
accendono
nel
cervello
o
nelle
ossa
il
furore
dei
piaceri
.
Vorreste
veder
tutto
ed
esser
da
per
tutto
ad
un
tempo
;
a
sentire
dalla
bocca
del
grande
Got
l
'
efface
sublime
dei
Fourchambault
a
folleggiare
a
Mabille
,
a
nuotare
nella
Senna
,
a
cenare
alla
Maison
dorée
;
vorreste
volare
di
palco
scenico
in
palco
scenico
,
di
ballo
in
ballo
,
di
giardino
in
giardino
,
di
splendore
in
splendore
,
e
profondere
l
'
oro
,
lo
champagne
e
i
bons
mots
,
e
vivere
dieci
anni
in
una
notte
.
Eppure
non
è
questo
il
più
bello
spettacolo
della
notte
.
Si
va
innanzi
fino
alla
Maddalena
,
si
svolta
in
Rue
royale
,
si
sbocca
in
piazza
della
Concordia
,
e
là
si
lascia
sfuggire
la
più
alta
e
più
allegra
esclamazione
di
meraviglia
che
strappi
Parigi
dalle
labbra
d
'
uno
straniero
.
Non
c
'
è
sicuramente
un
'
altra
piazza
di
città
europea
dove
la
grazia
,
la
luce
,
l
'
arte
,
la
natura
,
s
'
aiutino
così
mirabilmente
fra
loro
per
formare
uno
spettacolo
che
rapisca
l
'
immaginazione
.
A
primo
aspetto
non
si
raccapezza
nulla
,
nè
i
confini
della
piazza
,
nè
le
distanze
,
nè
dove
si
sia
,
nè
che
cosa
si
veda
.
È
uno
sterminato
teatro
aperto
,
in
mezzo
a
uno
sterminato
giardino
ardente
,
che
fa
pensare
all
'
accampamento
illuminato
di
un
esercito
di
trecento
mila
uomini
.
Ma
quando
si
è
arrivati
nel
centro
della
piazza
,
ai
piedi
dell
'
obelisco
di
Sesostri
,
fra
le
due
fontane
monumentali
,
e
si
vede
a
destra
,
in
mezzo
ai
due
grandi
edifizii
a
colonne
del
Gabriel
,
la
splendida
Via
reale
,
chiusa
in
fondo
dalla
facciata
superba
della
Maddalena
;
a
sinistra
il
ponte
della
Concordia
che
sbocca
in
faccia
al
palazzo
del
Corpo
legislativo
,
imbiancato
da
un
torrente
di
luce
elettrica
;
dall
'
altra
parte
la
vasta
macchia
bruna
dei
giardini
imperiali
,
inghirlandati
di
lumi
,
in
fondo
a
cui
nereggiano
le
rovine
delle
Tuilerie
;
e
dalla
parte
opposta
il
viale
maestoso
dei
Campi
Elisi
,
chiuso
dall
'
arco
altissimo
della
Stella
,
picchiettato
di
foco
dalle
lanterne
di
diecimila
carrozze
e
fiancheggiato
da
due
boschi
sparsi
di
caffè
e
di
teatri
sfolgoranti
;
quando
s
'
abbraccia
con
un
sguardo
le
rive
illuminate
della
Senna
,
i
giardini
,
i
monumenti
,
la
folla
immensa
e
sparsa
che
viene
dal
ponte
,
dai
boulevards
,
dai
boschetti
,
dai
quais
,
dai
teatri
,
e
brulica
confusamente
da
tutti
i
lati
della
piazza
,
in
quella
luce
strana
,
fra
i
zampilli
e
le
cascate
d
'
acqua
argentata
,
in
mezzo
alle
statue
,
ai
candelabri
giganteschi
,
alle
colonne
rostrali
,
alla
verzura
,
nell
'
aria
limpida
e
odorosa
di
una
bella
notte
d
'
estate
;
allora
si
sente
tutta
la
bellezza
di
quel
luogo
unico
al
mondo
,
e
non
si
può
a
meno
di
gridare
:
-
Ah
Parigi
!
Maledetta
e
cara
Parigi
!
Sirena
sfrontata
!
È
dunque
proprio
una
verità
che
bisogna
fuggirti
come
una
furia
o
adorarti
come
una
dea
?
Di
là
ci
spingemmo
ancora
nei
giardini
dei
Campi
Elisi
,
a
girare
fra
i
teatri
a
cielo
aperto
,
i
chioschi
,
gli
alcazar
,
i
circhi
,
i
concerti
,
le
giostre
,
per
interminabili
viali
affollati
,
da
cui
si
sentivano
i
suoni
fragorosi
delle
orchestre
,
gli
applausi
e
le
risate
delle
vaste
platee
trincanti
,
e
le
voci
in
falsetto
delle
cantatrici
di
canzonette
,
delle
quali
si
vedevano
a
traverso
i
cespugli
le
nudità
opulente
e
gli
abiti
zingareschi
,
in
mezzo
allo
splendore
dei
palchi
scenici
inquadrati
fra
le
piante
.
E
volevamo
andare
sino
in
fondo
.
Ma
più
s
'
andava
innanzi
,
più
quel
baccanale
notturno
s
'
allargava
e
s
'
allungava
;
dietro
a
ogni
gruppo
d
'
alberi
saltava
fuori
un
nuovo
teatro
e
una
nuova
luminaria
,
ad
ogni
svolto
di
viale
ci
trovavamo
in
faccia
a
una
nuova
baldoria
;
e
d
'
altra
parte
il
mio
buon
Giacosa
mi
domandava
grazia
da
un
pezzo
,
con
voce
lamentevole
,
dicendomi
che
gli
occhi
gli
si
chiudevano
e
che
la
testa
non
gli
si
reggeva
più
sulle
spalle
.
Allora
si
ritornò
in
piazza
della
Concordia
,
si
restò
un
momento
in
contemplazione
davanti
a
quella
meraviglia
di
via
di
Rivoli
,
rischiarata
per
la
lunghezza
di
due
miglia
come
una
sala
da
ballo
,
e
si
rientrò
a
mezzanotte
sonata
nei
boulevards
,
ancora
risplendenti
,
affollati
,
rumorosi
,
allegri
come
sul
far
della
sera
,
come
se
la
giornata
ardente
di
Parigi
cominciasse
allora
,
come
se
la
grande
città
avesse
ucciso
il
sonno
per
sempre
e
fosse
condannata
da
Dio
al
supplizio
d
'
una
festa
eterna
.
E
di
là
trasportammo
le
nostre
salme
all
'
albergo
.
Ecco
come
passò
il
nostro
primo
giorno
a
Parigi
.
UNO
SGUARDO
ALL
'
ESPOSIZIONE
La
prima
volta
che
entrai
nel
recinto
dell
'
Esposizione
dalla
parte
del
Trocadero
,
mi
fermai
qualche
minuto
in
mezzo
al
ponte
di
Jena
per
cercare
una
similitudine
,
che
rendesse
ai
miei
lettori
futuri
un
'
immagine
fedele
di
quello
spettacolo
.
E
mi
venne
in
mente
di
paragonare
il
senso
che
si
prova
entrando
là
dentro
,
a
quello
che
si
proverebbe
capitando
in
una
gran
piazza
dove
da
una
parte
sonassero
le
orchestre
del
Nouvel
-
Opéra
e
dell
'
Opéra
-
Comique
,
dall
'
altra
le
bande
di
dieci
reggimenti
,
e
nel
mezzo
tutti
gli
strumenti
musicali
della
terra
,
dal
nuovo
pianoforte
a
doppia
tastiera
rovesciata
fino
al
corno
e
al
tamburino
dei
selvaggi
,
accompagnati
dai
trilli
in
falsetto
di
mille
soprani
da
cafè
chantant
,
dallo
strepito
d
'
una
grandine
di
petardi
e
dal
rimbombo
lontano
del
cannone
.
Non
è
una
similitudine
da
Antologia
;
ma
dà
un
'
idea
della
cosa
.
Infatti
,
arrivando
sul
ponte
di
Jena
,
si
sente
il
bisogno
di
chiuder
gli
occhi
per
qualche
momento
,
come
arrivando
su
quella
piazza
si
sentirebbe
il
bisogno
di
tapparsi
le
orecchie
.
Si
resta
nello
stesso
tempo
meravigliati
,
stizziti
,
confusi
e
esilarati
;
che
so
io
?
-
incerti
fra
l
'
applauso
e
la
scrollata
di
spalle
,
fra
l
'
ammirazione
e
la
delusione
;
in
una
di
quelle
incertezze
in
cui
,
per
solito
,
dopo
aver
lungamente
meditato
,
si
prende
la
risoluzione
di
accendere
il
sigaro
.
Figuratevi
,
da
una
parte
,
sopra
un
'
altura
,
quell
'
enorme
spacconata
architettonica
del
palazzo
del
Trocadero
,
con
una
cupola
più
alta
di
quella
di
San
Pietro
,
fiancheggiata
da
due
torri
che
arieggiano
il
campanile
,
il
minareto
ed
il
faro
;
con
quella
pancia
odiosa
e
quelle
due
grandi
ali
graziosissime
,
colle
sue
cento
colonnine
greche
,
coi
suoi
padiglioni
moreschi
,
coi
suoi
archi
bizantini
;
colorito
e
decorato
come
una
reggia
indiana
,
da
cui
precipita
un
torrente
d
'
acqua
in
mezzo
a
una
corona
di
statue
dorate
:
-
un
arco
d
'
anfiteatro
immenso
che
corona
l
'
orizzonte
e
schiaccia
intorno
a
sè
tutte
le
altezze
.
Dalla
parte
opposta
,
a
una
grande
distanza
,
rappresentatevi
quell
'
altro
smisurato
edificio
di
vetro
e
di
ferro
,
dipinto
,
stemmato
,
dorato
,
imbandierato
,
scintillante
,
coi
suoi
tre
grandi
padiglioni
trasparenti
,
colle
sue
statue
colossali
,
colle
sue
sessanta
porte
,
maestoso
come
un
tempio
e
leggiero
come
una
sola
immensa
tenda
d
'
un
popolo
vagabondo
.
Fra
questi
due
enormi
edifizi
teatrali
,
raffiguratevi
quel
gran
fiume
e
quel
gran
ponte
;
e
a
destra
e
a
sinistra
del
fiume
,
un
labirinto
indescrivibile
d
'
orti
e
di
giardini
,
di
roccie
e
di
laghi
,
di
salite
,
di
discese
,
di
grotte
,
d
'
acquarii
,
di
fontane
,
di
scali
,
di
viali
fiancheggiati
da
statue
:
una
miniatura
di
mondo
;
una
pianura
e
un
'
altura
su
cui
ogni
popolo
della
terra
ha
deposto
il
suo
balocco
;
un
presepio
internazionale
,
popolato
di
botteghe
e
di
caffè
africani
ed
asiatici
,
di
villini
,
di
musei
e
d
'
officine
,
in
mezzo
alle
quali
una
piccola
città
barbaresca
alza
i
suoi
minareti
bianchi
e
le
sue
cupole
verdi
,
e
i
tetti
chinesi
,
i
chioschi
di
Siam
,
le
terrazze
persiane
,
i
bazar
di
Egitto
e
del
Marocco
,
e
innumerevoli
edifizi
di
pietra
,
di
marmo
,
di
legno
,
di
vetro
,
di
ferro
,
di
tutti
i
paesi
,
di
tutte
le
forme
e
di
tutti
i
colori
,
sorgono
l
'
uno
accanto
all
'
altro
e
l
'
un
sull
'
altro
,
formando
come
un
modellino
di
città
cosmopolita
,
fabbricata
,
per
esperimento
,
dentro
a
un
gran
giardino
botanico
,
per
esser
poi
rifatta
più
grande
.
Rappresentatevi
questo
spettacolo
e
la
popolazione
stranissima
di
venditori
e
di
guardiani
che
lo
anima
:
tutti
quei
neri
ambigui
,
quegli
arabi
impariginati
,
quell
'
orientalume
ritinto
,
quell
'
Africa
da
comparsa
,
quell
'
Asia
da
camera
ottica
,
tutta
quella
barbarie
ripulita
,
inverniciata
e
messa
in
vetrina
col
nastrino
rosso
al
collo
;
e
quell
'
inesauribile
folla
nera
di
curiosi
che
girano
lentamente
,
coll
'
andatura
stracca
e
gli
occhi
languidi
,
guardando
da
tutte
le
parti
senza
saper
dove
battere
il
capo
....
Ebbene
?
Che
cosa
dirne
?
Non
ci
manca
che
il
teatrino
di
Guignol
.
È
un
grande
Broeck
assai
più
bello
,
senza
dubbio
,
e
più
svariato
di
quello
d
'
Olanda
;
una
bella
enciclopedia
figurata
per
i
ragazzi
studiosi
:
proprio
da
far
domandare
se
è
da
vendere
prima
che
il
1879
butti
in
aria
ogni
cosa
con
un
gran
colpo
di
scopa
;
uno
spettacolo
unico
al
mondo
,
veramente
;
immenso
,
splendido
e
bruttino
,
che
innamora
.
Il
primo
senso
schietto
di
meraviglia
si
prova
entrando
nel
vestibolo
del
palazzo
del
Campo
di
Marte
.
Par
d
'
entrare
in
una
enorme
navata
di
cattedrale
scintillante
d
'
oro
e
innondata
di
luce
.
È
più
lungo
d
'
un
terzo
della
navata
maggiore
di
San
Pietro
,
e
l
'
Arco
della
Stella
potrebbe
ripararsi
sotto
le
volte
dei
suoi
padiglioni
senza
urtarvi
la
fronte
.
Qui
si
comincia
a
sentire
il
ronzio
profondo
della
folla
di
dentro
,
che
somiglia
a
quello
d
'
una
città
in
festa
.
La
gente
si
aggruppa
intorno
alla
statua
equestre
di
Carlo
Magno
,
davanti
al
tempietto
classico
delle
porcellane
di
Sévres
,
ai
piedi
dell
'
altissimo
trofeo
del
Canadà
,
che
s
'
innalza
all
'
estremità
del
vestibolo
come
un
'
antica
torre
d
'
assedio
,
e
una
doppia
processione
sale
e
scende
per
le
scale
di
quel
bizzarro
palazzo
indiano
,
sostenuto
da
cento
colonnine
e
coronato
da
dieci
cupole
,
nel
quale
bisogna
entrare
assolutamente
per
accertarsi
che
non
c
'
è
una
nidiata
di
principessine
dell
'
Indostan
da
rapire
.
Un
gruppo
di
curiosi
affascinati
circonda
la
vetrina
dei
diamanti
reali
d
'
Inghilterra
,
fra
i
quali
scintilla
sopra
un
diadema
il
Kandevassy
famoso
,
del
valore
di
tre
milioni
di
lire
,
abbagliante
e
perfido
come
la
pupilla
fissa
d
'
una
fata
,
che
nello
stesso
punto
vi
arda
il
cuore
e
vi
danni
l
'
anima
.
Ma
tutto
è
oscurato
dai
tesori
favolosi
delle
Indie
,
da
quel
monte
di
armature
,
di
coppe
,
di
vassoi
,
di
selle
,
di
tappeti
,
di
narghilè
,
sfolgoranti
d
'
oro
,
d
'
argento
e
di
gemme
,
che
fan
pensare
alle
ricchezze
d
'
una
di
quelle
regine
insensate
delle
leggende
arabe
,
dai
capricci
immensi
e
inesorabili
,
che
stancano
le
bacchette
onnipotenti
dei
genii
.
E
veramente
quando
si
pensa
che
son
tutti
doni
spontanei
di
principi
o
di
popoli
,
ci
si
crede
,
senz
'
alcun
dubbio
;
ma
si
guarda
intorno
involontariamente
,
con
una
vaga
idea
di
trovar
là
,
a
'
piedi
della
statua
equestre
del
principe
di
Galles
,
tutti
i
donatori
scamiciati
e
legati
.
E
si
pensa
pure
,
qualche
volta
,
se
in
tutto
quel
tratto
di
vestibolo
pieno
di
tesori
,
compreso
fra
il
palazzo
indiano
e
la
statua
del
principe
,
accatastandoli
bene
dal
pavimento
alla
volta
,
pigiandoli
,
non
lasciandoci
nemmeno
un
piccolissimo
vano
,
ci
starebbe
la
metà
degli
scheletri
dei
morti
di
fame
nelle
Indie
al
tempo
dell
'
ultima
carestia
.
Dato
uno
sguardo
al
vestibolo
,
m
'
affacciai
subito
con
viva
curiosità
alla
porta
interna
che
dà
sulla
via
delle
nazioni
Sì
,
è
un
po
'
una
cosa
da
teatrino
,
ma
bella
;
un
grazioso
scherzo
combinato
da
venti
popoli
,
ingegnosamente
;
mezzo
mondo
veduto
di
scorcio
;
la
via
d
'
una
grande
città
di
là
da
venire
,
in
un
tempo
di
fratellanza
universale
,
quando
saranno
sparite
le
patrie
.
A
primo
aspetto
non
sembra
che
una
splendida
bizzarria
,
e
si
pensa
che
il
mondo
ha
avuto
un
quarto
d
'
ora
di
buon
umore
.
Tutta
quella
linea
così
mattamente
spezzettata
di
tetti
acutissimi
,
di
torricciuole
gotiche
,
di
chioschetti
e
di
campanili
,
di
guglie
e
di
piramidi
,
quella
fuga
di
facciate
di
colori
vivissimi
,
lucenti
di
mosaici
e
di
dorature
,
ornate
di
stemmi
,
decorate
di
statue
,
coronate
di
bandierine
che
s
'
aprono
in
colonnati
ed
in
portici
e
sporgono
in
terrazze
a
balaustri
,
in
balconi
vetrati
,
in
loggie
aeree
,
in
scale
esterne
e
in
gradinate
,
fra
aiuole
di
fiori
e
zampilli
di
fontane
;
quella
fila
di
villini
,
di
reggie
,
di
chiostri
,
di
palazzine
,
dei
quali
non
si
riconosce
subito
nè
la
nazionalità
nè
lo
stile
,
non
destano
da
principio
che
un
senso
di
confusione
piacevole
,
come
il
frastuono
allegro
d
'
una
festa
.
Ma
dopo
la
prima
corsa
,
quando
si
son
riconosciuti
gli
edifizi
,
lo
spettacolo
muta
significato
.
Allora
da
ognuna
di
quelle
facciate
esce
un
'
idea
,
l
'
espressione
di
un
sentimento
diverso
della
vita
,
e
come
un
soffio
d
'
aria
d
'
un
altro
cielo
e
d
'
un
altro
secolo
,
che
bisbiglia
nomi
d
'
imperatori
e
di
poeti
,
e
porta
il
suono
di
musiche
lontane
,
piene
di
pensieri
e
di
memorie
.
E
fanno
una
impressione
strana
tutti
quei
belli
edifizi
muti
e
senza
vita
.
Pure
che
dentro
vi
si
prepari
qualche
cosa
,
e
che
al
sonare
di
mezzogiorno
,
come
da
tante
cassette
di
orologi
,
debbano
affacciarsi
improvvisamente
a
tutte
quelle
finestre
e
a
tutte
quelle
porte
,
e
correre
lungo
le
balaustrate
,
castellani
inglesi
e
borgomastri
fiamminghi
,
girolamiti
del
Portogallo
e
sacerdoti
dell
'
Elefante
bianco
,
mandarini
e
sultane
,
e
ateniesi
del
tempo
di
Pericle
e
gentildonne
italiane
del
quattordicesimo
secolo
,
e
fatte
le
loro
riverenze
automatiche
,
rientrare
alla
battuta
dell
'
ultim
'
ora
.
La
via
è
lunghissima
.
Stando
a
metà
si
vede
appena
in
fondo
,
confusamente
,
la
facciata
rossa
e
bianca
dei
Paesi
Bassi
e
la
ricchissima
porta
claustrale
del
Portogallo
,
accanto
alla
quale
i
piccoli
Stati
africani
ed
asiatici
aggruppano
le
loro
bizzarre
architetture
variopinte
,
schiacciate
dall
'
edifizio
elegante
ed
altiero
dell
'
America
del
Sud
.
Più
in
qua
signoreggia
il
palazzo
del
Belgio
,
severo
e
magnifico
,
colle
sue
belle
colonne
di
marmo
scuro
,
dai
capitelli
dorati
;
e
fra
il
Belgio
aristocratico
e
la
Danimarca
pensierosa
,
fa
capolino
timidamente
,
come
una
prigioniera
,
la
piccola
Grecia
bianca
e
gentile
.
Alcune
facciate
par
che
abbiano
un
senso
politico
.
La
Svizzera
slancia
innanzi
bruscamente
,
con
una
specie
d
'
insolenza
democratica
,
il
suo
enorme
tetto
bernese
accanto
alla
mole
giallastra
della
santa
Russia
,
che
affetta
la
superbia
minacciosa
d
'
un
castello
imperiale
.
Fra
il
lungo
porticato
austriaco
e
la
faccia
nera
e
fantastica
della
China
,
s
'
alza
la
Spagna
arabescata
e
dorata
dei
Califfi
;
e
fanno
uno
strano
senso
,
dopo
le
due
casette
semplici
e
quasi
melanconiche
della
Scandinavia
,
le
arcate
teatrali
d
'
Italia
,
messe
in
rilievo
dalle
tende
purpuree
;
dietro
alle
quali
salta
fuori
inaspettatamente
la
facciata
rustica
del
Giappone
colle
sue
grandi
carte
geografiche
piene
di
pretensione
scolaresca
.
E
finalmente
,
più
vicino
all
'
entrata
,
dan
nell
'
occhio
gli
Stati
Uniti
sdegnosi
,
che
non
vollero
prender
parte
alla
gara
,
contentandosi
di
esporre
fieramente
i
loro
cinquanta
stemmi
repubblicani
sopra
una
piccola
casa
bianca
e
vetrata
,
accanto
alla
quale
s
'
alzano
i
cinque
edifizi
graziosi
dell
'
Inghilterra
.
Una
folla
di
stranieri
che
vanno
e
vengono
,
tutti
col
viso
rivolto
dalla
stessa
parte
,
cercando
curiosamente
l
'
immagine
della
patria
,
e
riconoscendola
con
un
sorriso
,
dà
a
questa
strana
via
un
aspetto
amabile
d
'
allegrezza
,
e
come
un
'
aria
di
pace
e
di
cortesia
,
che
mette
il
desiderio
di
distribuire
strette
di
mano
da
tutte
le
parti
,
e
di
fondare
un
giornaletto
settimanale
per
intimare
il
disarmo
dell
'
Europa
.
Per
prima
cosa
entrai
nell
'
immenso
palazzo
coperto
delle
«
sezioni
straniere
»
e
mi
trovai
in
mezzo
al
magnifico
disordine
dell
'
Esposizione
d
'
Inghilterra
.
Qui
la
prima
idea
che
passa
per
il
capo
è
di
voltar
le
spalle
e
di
tornarsene
a
casa
.
Il
primo
giorno
si
passa
fra
tutte
quelle
meraviglie
inglesi
con
una
indifferenza
di
cretini
.
Si
gira
per
un
pezzo
in
mezzo
ai
cristallami
purissimi
,
alle
ceramiche
,
alle
orerie
,
ai
mobili
,
a
oggetti
d
'
arte
improntati
delle
ispirazioni
di
tutti
i
tempi
o
di
tutti
i
popoli
;
frutti
dell
'
ingegno
e
della
pazienza
,
che
riuniscono
la
bellezza
e
l
'
utile
,
e
accusano
il
lusso
severo
d
'
un
'
aristocrazia
straricca
e
fedele
alle
sue
tradizioni
,
e
l
'
osservazione
variatissima
di
un
popolo
sparso
per
tutta
la
terra
;
e
qui
si
sente
l
'
aria
delle
grandi
officine
di
Manchester
,
là
si
vive
un
istante
in
un
castello
delle
rive
del
Tamigi
,
più
in
là
spira
la
poesia
intima
e
quieta
dell
'
home
modesto
,
che
aspetta
la
fortuna
dal
navigatore
lontano
.
Si
passa
fra
le
grandi
alghe
marine
del
Capo
di
Buona
Speranza
,
fra
i
canguri
e
gli
eucalipti
di
Victoria
e
della
Nuova
Galles
,
fra
i
minerali
di
Queensland
,
fra
i
gioielli
bizzarri
dell
'
Australia
del
Sud
,
tra
un
'
esposizione
interminabile
di
flore
,
di
faune
,
di
industrie
e
di
costumi
di
tutte
le
colonie
dell
'
immenso
regno
,
e
non
s
'
è
ancora
arrivati
in
fondo
che
s
'
è
già
fatto
cento
volte
col
pensiero
il
giro
del
globo
,
e
s
'
è
sazii
.
Ma
ogni
cambiamento
di
«
sezione
»
fa
l
'
effetto
di
una
rinfrescata
alla
fronte
.
Cento
passi
più
in
là
,
è
un
altro
mondo
.
Vi
trovate
improvvisamente
davanti
a
uno
spettacolo
nuovissimo
.
È
da
ogni
parte
un
sollevarsi
e
un
abbassarsi
di
letti
chirurgici
,
un
allargarsi
e
un
restringersi
di
sedie
,
che
sembravan
vive
,
per
le
operazioni
oculistiche
;
un
girar
di
tavole
anatomiche
,
un
aprirsi
di
dentiere
,
un
alzarsi
di
ferri
minacciosi
e
feroci
,
uno
scricchiolio
e
uno
scintillamento
che
mette
freddo
nelle
ossa
.
Non
c
'
è
bisogno
di
chiedere
in
che
parte
del
mondo
ci
si
trovi
.
L
'
oreficeria
solida
,
i
vasi
enormi
d
'
argento
,
gli
orologi
dei
minatori
della
California
,
i
trofei
delle
ascie
di
Boston
,
i
congegni
elettrici
,
le
carte
monetate
,
le
vetrine
irte
di
ferro
e
le
mitragliatrici
formidabili
;
una
certa
fierezza
poderosa
e
rude
di
cose
utili
,
annunzia
l
'
esposizione
degli
Stati
Uniti
,
non
so
se
rallegrata
o
rattristata
da
una
musica
fragorosa
d
'
organi
,
d
'
armonium
e
di
pianoforti
,
la
quale
seconda
mirabilmente
le
divagazioni
della
fantasia
in
mezzo
ai
mille
oggetti
che
ricordano
le
lotte
e
i
lavori
immani
dei
coloni
nelle
solitudini
del
nuovo
mondo
.
Ma
un
nuovo
spettacolo
cancella
subito
questa
impressione
violenta
,
La
ricchezza
dei
legni
scolpiti
delle
vetrine
annunzia
il
paese
delle
grandi
foreste
,
e
mille
immagini
rammentano
la
dolce
tristezza
dei
bei
laghi
coronati
di
montagne
irte
di
pini
e
bianche
di
neve
.
In
mezzo
ai
prodotti
delle
miniere
di
Falum
e
ai
blocchi
di
nikel
,
si
alzano
i
trofei
di
pelliccie
,
circondati
di
teste
d
'
orsi
,
di
lontre
e
di
castori
;
le
stufe
colossali
,
le
piramidi
nere
di
bottiglie
sferiche
,
i
pattini
,
i
cordami
,
e
i
grandi
mucchi
di
fiammiferi
svedesi
;
ai
quali
succedono
le
ceramiche
in
cui
brilla
un
riflesso
pallido
dei
mari
boreali
,
e
i
mille
oggetti
scolpiti
dai
contadini
norvegi
nelle
veglie
interminabili
delle
notti
d
'
inverno
.
Immagini
e
colori
che
presentano
tutti
insieme
un
gran
quadro
malinconico
,
nel
quale
matte
appena
un
sorriso
la
bianchezza
argentea
delle
filigrane
di
Cristiania
,
come
uno
spiraglio
sereno
in
un
cielo
rannuvolato
.
Lo
spiraglio
però
s
'
allarga
improvvisamente
all
'
uscire
dalle
sale
della
Scandinavia
,
e
alle
brume
boreali
succede
in
un
batter
d
'
occhio
l
'
ampio
sereno
immacolato
di
un
cielo
primaverile
;
un
popolo
di
statue
candide
,
uno
sfolgorìo
diffuso
di
cristalli
,
un
luccichio
di
sete
e
di
musaici
,
un
riso
di
colori
e
di
forme
,
davanti
a
cui
tutti
i
visi
si
rischiarano
,
tutti
i
cuori
s
'
allargano
,
e
tutte
le
bocche
dicono
:
-
Italia
-
prima
che
gli
occhi
ne
abbiano
letto
l
'
annunzio
.
È
un
vero
colpo
di
scena
,
al
quale
segue
immediatamente
un
altro
non
meno
meraviglioso
.
Passate
la
soglia
d
'
una
porta
:
avete
fatto
un
viaggio
di
mare
di
due
mesi
.
Siete
in
un
altro
emisfero
.
Vi
trovate
dinanzi
a
un
ideale
artistico
nuovo
,
che
urta
e
scompiglia
violentemente
tutte
le
immagini
che
vi
si
sono
affollate
nel
capo
fino
a
quel
punto
;
in
mezzo
a
visi
esotici
,
a
oggetti
strani
,
a
combinazioni
inaspettate
di
colori
,
a
prodotti
bizzarri
d
'
industrie
enigmatiche
,
che
mandano
profumi
sconosciuti
,
e
destano
a
poco
a
poco
,
oltre
la
curiosità
,
un
'
ammirazione
accresciuta
di
non
so
che
simpatia
intima
,
come
di
natura
.
È
il
Giappone
,
la
Francia
dell
'
Asia
,
che
espone
i
suoi
vasi
colossali
dipinti
su
fondo
d
'
oro
,
i
salotti
arredati
di
mobili
di
porcellana
,
i
quadri
di
seta
ricamati
a
uccelli
e
a
fiorami
,
le
intarsiature
d
'
avorio
,
di
lacca
e
di
bronzo
,
e
mille
piccole
meraviglie
innominabili
;
e
in
ogni
cosa
quella
nitidezza
cristallina
,
quella
perfezione
disperata
delle
minuzie
,
quella
finezza
aristocratica
di
colori
,
quell
'
ingenuità
gentile
d
'
immaginazione
femminea
,
che
è
l
'
impronta
propria
e
indimenticabile
dell
'
arte
sua
.
Il
Giappone
prepara
alla
China
;
ma
è
in
ogni
modo
un
gran
salto
.
Alla
musica
dei
colori
succede
il
tumulto
,
al
grazioso
il
grottesco
,
al
finito
il
tormentato
,
alla
varietà
la
confusione
,
al
capriccio
la
follia
.
Al
primo
entrare
,
la
vista
rimane
offesa
.
In
mezzo
ai
mobili
di
mille
forme
sconosciute
,
di
legno
di
rosa
o
di
legno
di
ferro
,
intarsiati
di
avorio
o
di
madreperla
,
cesellati
con
una
pazienza
prodigiosa
,
si
rizzano
i
baldacchini
purpurei
,
i
paraventi
dipinti
di
giardini
misteriosi
,
i
parafuochi
ricamati
di
farfalle
argentee
e
di
uccelli
dorati
,
le
pagode
a
sette
piani
coperte
di
chimere
e
di
mostri
,
i
chioschi
snelli
dai
tetti
arrovesciati
e
frangiati
,
su
cui
spenzolano
dalla
vôlta
le
enormi
lanterne
fantastiche
,
simili
a
tempietti
aerei
d
'
oro
e
di
corallo
,
fra
le
pareti
coperte
di
grandi
stendardi
di
seta
gialla
ornati
di
caratteri
cabalistici
di
velluto
nero
;
dai
quali
,
abbassando
lo
sguardo
,
si
ritrovano
le
portantine
delle
dame
,
i
bottoni
dei
mandarini
,
le
scarpette
ricurve
,
le
pipe
da
oppio
,
le
bacchettine
da
riso
,
i
bizzarri
strumenti
di
musica
,
e
immagini
della
vita
chinese
d
'
ogni
tempo
e
d
'
ogni
ceto
,
che
appagano
cento
curiosità
,
svegliandone
mille
,
e
metton
la
testa
in
tumulto
.
Ah
!
come
si
riposa
l
'
occhio
e
la
mente
uscendo
dalla
porta
rossa
di
Pekino
!
Par
di
tornare
nella
propria
patria
,
in
mezzo
ai
fratelli
e
agli
amici
.
Siviglia
canta
,
Granata
sorride
,
Barcellona
lavora
.
Alla
prima
occhiata
riconosco
le
mie
belle
amiche
dei
venticinque
anni
.
Ecco
la
chitarra
di
Figaro
,
ecco
i
pugnali
di
Toledo
,
ecco
le
mantiglie
insidiose
,
le
scarpettine
calamitate
,
i
ventagli
che
parlano
,
i
bustini
che
fanno
scattare
le
braccia
,
le
stoffe
pittoresche
della
Catalogna
e
dell
'
Andalusia
,
e
i
vasi
moreschi
,
e
i
ricami
di
seta
dei
chiostri
antichi
,
e
gli
svelti
fantaccini
di
Espartero
e
di
Prim
,
che
drizzano
i
loro
graziosi
cappelletti
alla
Ros
in
mezzo
ai
cannoni
che
fulmineranno
il
terzo
esercito
di
don
Carlos
.
Ma
è
una
visione
fuggitiva
.
Passano
i
Pirenei
,
passano
le
Alpi
;
uno
scintillio
diffuso
di
cristallami
,
che
mandano
riflessi
di
tutti
i
metalli
e
di
tutte
le
perle
,
fra
cui
brilla
da
ogni
parte
il
widerkomme
verde
,
stemmato
e
coronato
,
annunzia
la
Boemia
.
Si
va
innanzi
fra
la
mostra
splendida
dell
'
orologeria
viennese
e
i
ricchi
mobili
improntati
del
gusto
del
cinquecento
e
del
gusto
nuovissimo
,
sposati
graziosamente
;
a
traverso
a
un
museo
di
pipe
splendide
,
in
mezzo
a
mucchi
di
saponi
del
Danubio
,
dell
'
apparenza
di
formaggi
e
di
frutti
,
fra
i
tessuti
di
vetro
e
i
prodotti
delle
miniere
d
'
Ungheria
,
che
mostra
la
novità
preziosa
del
suo
opale
nero
;
e
poi
....
dove
si
riesce
?
Siamo
nell
'
estremo
settentrione
o
nell
'
estremo
oriente
?
Si
può
credere
l
'
uno
e
l
'
altro
.
Son
due
spettacoli
in
uno
.
Di
qua
,
le
pietre
preziose
della
Siberia
,
i
grandi
blocchi
di
malachite
dell
'
Ural
,
gli
orsi
bianchi
,
e
la
volpe
azzurra
,
le
stufe
enormi
,
le
stoffe
porporine
di
Mosca
,
mille
scene
dipinte
della
vita
russa
,
intima
e
grave
,
e
saggi
ingegnosi
di
nuovi
metodi
d
'
insegnamento
,
che
rivelano
una
cultura
fiorente
;
di
là
,
i
vestiarii
briganteschi
e
splendidi
del
Caucaso
,
i
pugnali
e
i
gioielli
barbarici
,
e
un
barlume
del
cielo
di
Tartaria
e
un
riflesso
del
sole
di
Persia
;
e
poi
l
'
oreficeria
e
la
ceramica
dall
'
impronta
bizantina
,
fra
cui
brillano
i
grandi
piatti
di
mosaico
a
fondo
d
'
oro
,
nuova
gloria
di
Mosca
:
una
esposizione
varia
e
tumultuosa
che
conduce
il
pensiero
a
salti
,
d
'
oggetto
in
oggetto
,
dalle
rive
della
Vistola
alla
muraglia
della
China
,
e
lascia
quasi
sgomenti
dinanzi
all
'
immagine
dell
'
Impero
smisurato
e
deforme
.
Improvvisamente
un
alito
d
'
aria
montanina
vi
porta
una
vaga
fragranza
d
'
Italia
,
e
vi
ritrovate
in
mezzo
a
mille
cose
e
a
mille
colori
famigliari
al
vostro
sguardo
.
La
Svizzera
c
'
è
tutta
,
verde
,
fresca
,
nevosa
,
vigorosa
,
ricca
e
contenta
.
Ginevra
ha
mandato
i
suoi
orologi
,
Neufchâtel
i
suoi
gioielli
,
Choume
le
sue
maioliche
,
Glaris
le
sue
indiane
,
Zurigo
le
sue
sete
,
Interlaken
le
sue
sculture
,
Vevey
i
suoi
sigari
,
e
San
Gallo
e
Appenzel
hanno
riempito
una
vasta
sala
dei
loro
ricami
insuperabili
,
davanti
a
cui
s
'
accalca
una
folla
meravigliata
.
Ma
di
qui
s
'
intravvede
già
,
nelle
sale
vicine
,
l
'
arte
e
la
splendidezza
d
'
un
popolo
più
fine
e
più
opulento
.
Qui
decorazioni
d
'
appartamenti
principeschi
,
pulpiti
e
seggioloni
di
cori
,
prodigiosamente
scolpiti
,
che
si
riflettono
nei
palchetti
intarsiati
e
negli
specchi
colossali
,
in
mezzo
ai
bronzi
e
ai
pianoforti
;
e
una
ceramica
superba
che
riproduce
i
grandi
capolavori
della
pittura
nazionale
.
Le
trine
di
Malines
riempiono
della
loro
grazia
aerea
ed
aristocratica
una
sala
affollata
di
signore
che
gettan
lampi
dagli
occhi
.
Dalle
pareti
pendon
le
tappezzerie
istoriate
d
'
Ingelmunter
,
le
belle
armi
di
Lièges
,
vicino
alle
sculture
in
legno
di
Spa
e
ai
prodotti
metallurgici
della
Vecchia
montagna
;
dopo
i
quali
si
può
prendere
un
po
'
di
respiro
in
un
gabinetto
di
Re
Leopoldo
,
scolpito
in
legno
di
quercia
,
che
fa
sinceramente
desiderare
,
per
un
'
oretta
al
giorno
,
la
corona
del
Belgio
.
E
poi
un
contrasto
curiosissimo
:
le
esposizioni
di
due
paesi
profondamente
diversi
,
che
par
che
si
guardino
l
'
un
l
'
altro
,
stupiti
di
trovarsi
di
fronte
.
Figuratevi
da
una
parte
le
pelli
degli
orsi
bianchi
uccisi
dai
navigatori
danesi
in
mezzo
ai
ghiacci
polari
,
dall
'
altra
i
tappeti
fatti
a
mano
dalle
belle
fanciulle
brune
nei
villaggi
irradiati
del
Peloponneso
;
di
qui
i
legni
della
foresta
di
Dodona
,
di
là
gli
zoccoli
delle
grosse
contadine
di
Fionia
;
a
destra
i
marmi
delle
miniere
del
Laurium
,
che
rammentano
le
glorie
dello
scalpello
antico
;
a
sinistra
le
reti
dei
pescatori
del
Baltico
,
che
fanno
sentire
nella
mente
echi
lontani
di
canzoni
pie
e
melanconiche
;
e
dirimpetto
alle
immagini
degli
oggetti
ritrovati
negli
scavi
delle
terre
famose
,
di
fronte
alla
poesia
delle
rovine
immortali
e
delle
ceneri
glorificate
dal
mondo
,
i
visi
pacati
,
i
costumi
semplici
,
le
feste
patriarcali
di
un
popolo
grave
e
paziente
,
industrioso
ed
economo
,
che
ispira
l
'
amore
del
lavoro
tranquillo
e
della
vita
oscura
e
raccolta
.
Di
là
dalla
Danimarca
,
s
'
apre
un
nuovo
infinito
orizzonte
,
dinanzi
al
quale
il
visitatore
si
arresta
,
e
gli
balenano
alla
mente
i
pampas
sterminati
,
le
tempeste
di
sabbia
,
i
nembi
di
cavallette
,
gli
armenti
innumerevoli
,
i
viali
deserti
fiancheggiati
da
monumenti
titanici
di
pietra
,
e
le
foreste
senza
fine
e
le
immense
valli
solitarie
su
cui
sorge
appena
l
'
aurora
della
vita
umana
,
e
qua
e
là
,
dietro
un
velo
di
nebbia
,
faccie
mostruose
e
stupefatte
,
di
Incas
,
che
tendon
l
'
orecchio
agli
squilli
vittoriosi
della
civiltà
che
s
'
avanza
.
Qui
è
un
labirinto
di
sale
e
di
gallerie
,
che
vi
conducono
dal
Perù
all
'
Uraguay
,
dall
'
Uraguay
a
Venezuela
,
a
Nicaragua
,
al
Messico
,
a
San
Salvador
ad
Haiti
,
alla
Bolivia
,
tra
i
mobili
di
Buenos
Ayres
e
gli
abbigliamenti
delle
signore
di
Lima
,
fra
i
cappelli
di
foglie
di
sen
,
le
stoffe
d
'
alpaga
e
i
tappeti
di
lama
,
in
mezzo
alle
canne
di
zucchero
,
ai
bambù
,
alle
liane
,
alle
scaglie
di
coccodrillo
,
agl
'
idoli
informi
,
alle
memorie
dei
primi
conquistatori
;
fin
che
il
quadro
selvaggio
e
grandioso
,
che
vi
riempie
di
pensieri
solenni
,
s
'
interrompe
bruscamente
fra
i
mille
colori
ridenti
e
i
mille
ninnoli
puerili
d
'
un
bazar
musulmano
,
da
cui
,
fra
due
pesanti
cortine
,
s
'
intravvedono
le
pareti
misteriose
d
'
un
arem
.
Eccovi
a
Tunisi
.
E
oramai
,
per
un
pezzo
,
non
uscirete
dai
paesi
«
prediletti
dal
sole
»
.
Ecco
le
graziose
decorazioni
moresche
dell
'
impero
dei
Sceriffi
,
accanto
al
quale
la
Persia
mostra
i
suoi
tappeti
regali
e
le
sue
ricche
armi
damascate
.
Poi
un
piccolo
gruppo
di
paesi
semifavolosi
,
e
un
visibilio
di
cose
indescrivibili
,
che
mi
par
di
aver
viste
sognando
:
Annam
coi
suoi
mobili
grotteschi
e
coi
suoi
ventagli
incredibili
;
Bankok
coi
suoi
strumenti
d
'
una
musica
dell
'
altro
mondo
e
colle
maschere
mostruose
dei
suoi
attori
drammatici
;
Cambodge
....
Ah
!
è
bravo
chi
si
ricorda
di
Cambodge
.
E
dopo
la
favola
vien
la
barzelletta
,
gli
stati
putti
,
i
nani
della
festa
,
che
si
rizzano
l
'
uno
sulle
spalle
dell
'
altro
,
in
Via
delle
nazioni
,
per
parer
di
statura
:
Monaco
che
offre
una
tavola
,
Lussemburgo
che
mostra
dei
banchi
di
scuola
,
Andorre
che
presenta
le
sue
leggi
,
San
Marino
che
fa
vedere
una
macchinetta
.
Qui
l
'
Esposizione
volge
un
poco
all
'
ameno
.
Ma
si
ripiglia
immediatamente
,
ricca
e
severa
,
colle
arcate
del
chiosco
di
Belem
e
colle
mura
dell
'
abbazia
di
Bathala
,
fra
i
modelli
dell
'
antica
architettura
portoghese
sopravvissuta
al
terremoto
famoso
,
negli
splendidi
vasi
moreschi
,
nelle
sculture
in
legno
,
nelle
belle
stuoie
di
Lisbona
e
nelle
innumerevoli
figurine
d
'
argilla
dipinte
,
che
rivelano
tipi
,
foggie
e
costumi
,
e
vi
fanno
vivere
un
'
ora
nella
città
di
Camoens
in
via
do
Chiado
a
al
paseio
don
Pedro
de
Alcantara
,
in
mezzo
ai
fidalgos
,
ai
marinai
,
ai
toreros
,
e
ai
tagliacantoni
inferraiolati
e
alle
belle
ragazze
brune
del
Bairro
alto
.
E
finalmente
lo
spettacolo
cambia
per
l
'
ultima
volta
.
Si
rientra
nella
nebbia
del
settentrione
in
mezzo
a
un
popolo
ben
coperto
e
ben
pasciuto
,
che
trinca
,
fuma
e
lavora
,
col
corpo
e
coll
'
anima
in
pace
,
e
qui
si
ritrovano
le
sue
dighe
e
i
suoi
canali
,
le
sue
stanzine
piene
di
comodi
,
le
sue
grosse
massaie
,
le
sue
tavole
apparecchiate
,
i
mercati
e
le
scuole
,
i
ponti
e
le
slitte
:
tutta
l
'
Olanda
,
umida
e
grigia
,
nella
quale
termina
il
mondo
e
la
visione
faticosa
svanisce
.
Usciti
di
qui
,
è
bene
scappare
,
se
si
può
,
a
prender
le
doccie
nella
più
vicina
casa
di
bagni
,
e
poi
si
ritorna
per
vedere
«
la
sezione
francese
.
»
Fatto
il
conto
,
è
una
passeggiata
di
ottomila
passi
.
Son
circa
duecento
sale
,
varie
di
colore
e
di
gradazione
di
luce
,
ma
quasi
tutte
rischiarate
da
una
luce
soave
,
in
cui
l
'
occhio
si
riposa
.
Ora
par
d
'
essere
in
una
reggia
,
ora
in
un
museo
,
ora
in
una
chiesa
,
ora
in
un
'
Accademia
.
La
Francia
si
prese
,
in
spazio
,
la
parte
del
leone
;
ma
seppe
mostrarsene
degna
.
Una
delle
mostre
più
belle
è
quella
dei
cristallami
,
in
una
vastissima
sala
bianca
e
azzurrina
,
che
attira
gli
sguardi
da
tutte
le
parti
.
È
una
foresta
di
cristallo
inondata
di
luce
,
un
palazzo
di
ghiaccio
traforato
e
niellato
,
tutto
trasparenza
e
leggerezza
,
nel
quale
brillano
i
colori
di
tutti
i
fiori
e
di
tutte
le
conchiglie
,
e
lampeggia
l
'
oro
e
l
'
argento
,
fra
un
barbaglio
diffuso
di
scintille
diamantine
e
un
'
incrociamento
d
'
iridi
infinite
,
che
fa
socchiudere
gli
occhi
.
Lascio
ad
altri
la
descrizione
dei
grandi
lampadarii
dalle
miriadi
di
prismi
,
dei
candelabri
e
dei
vasi
cesellati
,
delle
bottiglie
e
delle
tazze
elegantissime
color
di
cielo
,
di
sangue
e
di
neve
,
delle
imitazioni
di
Murano
del
Baccarat
o
dei
famosi
vetri
,
smaltati
del
Broccard
.
Io
mi
ristringo
ad
esprimere
una
matta
ammirazione
per
la
leggerezza
miracolosa
dei
servizi
da
tavola
di
Clichy
,
fabbricati
proprio
per
un
banchetto
di
regine
di
diciott
'
anni
,
bionde
e
sottili
come
creature
d
'
un
sogno
.
Ah
!
detesto
il
grosso
banchiere
che
metterà
quella
grazia
davanti
ai
suoi
grossi
amici
della
Borsa
,
sulla
mensa
del
giorno
di
Natale
!
I
tesori
più
preziosi
dell
'
Esposizione
son
quasi
tutti
là
presso
.
Fatti
pochi
passi
,
si
arriva
nello
scompartimento
dei
gioielli
,
che
è
un
solo
enorme
scrigno
,
che
contiene
ottanta
milioni
di
lire
in
perle
e
in
diamanti
;
pieno
di
rarità
bizzarre
e
di
lavori
meravigliosamente
delicati
,
da
far
desiderare
a
un
osservatore
onesto
d
'
aver
le
mani
legate
;
e
nelle
sale
dell
'
oreficeria
,
in
mezzo
ai
vasi
e
alle
statuette
da
salotti
reali
,
alle
posate
d
'
oro
,
agli
altari
sfolgoranti
,
a
mille
piccoli
capolavori
da
grandi
borse
che
metterebbero
il
furore
del
lusso
casalingo
in
un
Arabo
del
deserto
.
Arrivati
là
s
'
è
chiamati
in
un
'
altra
parte
da
una
musica
strana
.
È
un
gran
numero
di
uccelli
meccanici
,
che
fischiano
,
pigolano
e
trillano
,
aprendo
il
becco
e
dimenando
graziosamente
la
testa
e
la
coda
,
per
annunziare
l
'
esposizione
dell
'
orologeria
;
nella
quale
son
raccolti
i
più
bei
lavori
dei
quarantamila
operai
di
Besançon
,
dagli
orologi
microscopici
che
si
possono
spedire
alla
fidanzata
nella
busta
d
'
una
lettera
,
ai
macchinoni
che
vi
suonano
a
festa
l
'
ora
dei
dolci
appuntamenti
coi
rintocchi
d
'
una
campana
da
cattedrale
.
Quasi
tutti
gli
scompartimenti
sono
preannunziati
da
qualche
cosa
.
Arrivati
a
un
certo
punto
,
sentite
un
fracasso
Indemoniato
d
'
organi
,
di
clarini
,
di
violoncelli
,
di
trombe
,
che
sembra
un
'
orchestra
di
pazzi
:
è
l
'
esposizione
degli
strumenti
di
musica
.
Passate
per
le
sale
delle
tappezzerie
e
dei
tappeti
,
decorate
di
nero
:
a
un
tratto
un
'
aria
infocata
vi
soffia
nel
viso
,
la
decorazione
si
fa
rossa
di
fiamma
,
vi
ritrovate
in
mezzo
ai
forni
,
ai
fornelli
,
ai
cammini
,
alle
cucine
a
gaz
,
alle
lampade
fotoelettriche
,
ai
caloriferi
e
alle
stufe
che
allungano
in
tutte
le
direzioni
le
loro
gigantesche
braccia
nere
,
e
danno
alla
sala
l
'
aspetto
cupo
d
'
un
'
officina
.
Ma
qui
vi
sentite
già
dare
al
capo
un
misto
di
profumi
femminei
,
che
vi
mettono
in
ribollimento
l
'
immaginazione
,
e
un
passo
più
là
siete
nell
'
esposizione
seducente
delle
profumerie
,
splendida
di
mille
colori
,
dove
,
chiudendo
gli
occhi
,
sognate
in
un
minuto
secondo
tutti
i
peccati
mortali
di
Parigi
,
Questi
contrasti
son
frequentissimi
.
Girate
,
per
esempio
,
nello
scompartimento
del
così
detto
article
de
Paris
,
pieno
di
cofanetti
,
di
pettini
,
di
canestrini
,
di
scrignetti
,
d
'
infiniti
ninnoli
graziosi
e
preziosi
,
che
esprimono
tutte
le
più
raffinate
mollezze
della
vita
signorile
,
e
già
vi
sentite
come
viziati
da
mille
desiderii
da
bellimbusto
e
da
donnetta
:
ecco
tutt
'
a
un
tratto
una
raffica
brutale
di
vento
oceanico
e
un
coro
di
voci
rudi
e
sinistre
,
che
vi
dà
una
scossa
alle
fibre
.
Siete
entrati
in
una
vasta
sala
decorata
selvaggiamente
di
reti
e
di
cordami
enormi
,
in
mezzo
ai
prodotti
delle
colonie
francesi
,
tra
le
lancie
e
le
freccie
,
tra
gli
uccelli
strani
e
i
feticci
mostruosi
,
tra
i
bambù
della
Martinica
e
i
piedi
d
'
elefante
della
Cocincina
;
tra
i
vegetali
del
Senegal
e
i
lavori
dei
deportati
della
Nuova
Caledonia
;
tra
mille
cose
che
vi
raccontano
storie
di
fatiche
,
di
dolori
e
di
pericoli
,
da
cui
uscite
pensierosi
e
ritemperati
.
Di
qui
ritornate
nella
civiltà
,
fra
le
meraviglie
della
ceramica
,
in
una
sala
che
presenta
l
'
aspetto
di
una
galleria
di
quadri
;
nella
quale
si
vedono
gli
appassionati
senza
quattrini
cogli
occhi
fuor
della
testa
.
Qui
c
'
è
la
varietà
e
la
ricchezza
d
'
un
industria
fiorente
,
piena
di
speranze
e
d
'
ardimenti
,
a
cui
sorride
la
fortuna
:
imitazioni
dell
'
antico
,
tradizioni
ringiovanite
,
vittorie
nuove
dell
'
arte
,
come
lo
smalto
a
fondo
d
'
oro
e
il
rosso
ottenuto
mirabilmente
;
busti
e
statue
,
paesaggi
,
figurine
,
fiori
,
ritratti
,
d
'
un
colorito
fresco
e
possente
,
che
paiono
pitture
ad
olio
;
le
pareti
coperte
di
terre
cotte
,
di
porcellane
,
di
lave
smaltate
,
di
cammini
altissimi
,
e
d
'
ogni
sorta
di
decorazioni
colossali
,
che
promettono
alla
nuova
ceramica
uno
splendido
avvenire
di
conquiste
sull
'
architettura
;
già
incominciate
,
di
fatto
,
nel
palazzo
stesso
dell
'
Esposizione
.
Poi
vengono
le
regioni
che
s
'
attraversano
di
corsa
;
selve
di
lame
sguainate
e
irte
,
e
file
di
sale
in
cui
non
son
che
fili
e
tessuti
;
dove
grazie
alla
solitudine
,
potete
prendere
l
'
andatura
libera
del
viandante
dalle
ossa
rotte
.
Improvvisamente
vi
fermate
davanti
alla
magnificenza
delle
sete
:
sete
di
tutti
i
colori
e
di
tutti
i
disegni
,
antiche
e
nuove
,
fra
cui
risplendono
quelle
ricamate
d
'
oro
e
d
'
argento
,
che
piglieranno
la
via
dell
'
Oriente
,
per
esser
tagliate
in
caffettani
e
in
calzoncini
per
le
belle
donne
degli
arem
.
Qui
,
per
le
signore
,
comincia
il
regno
della
tentazione
.
Le
più
riserbate
non
riescono
a
padroneggiarsi
.
È
una
cosa
amenissima
vedere
gli
sguardi
languidi
,
sentire
i
sospiri
amorosi
e
le
esclamazioni
irresistibili
di
meraviglia
,
che
suonano
dinanzi
a
quelle
vetrine
.
S
'
entra
nelle
sale
delle
trine
,
dove
c
'
è
il
lavoro
di
cinquecento
mila
mani
di
donna
;
veli
e
gale
da
imperatrici
,
che
si
manderebbero
in
aria
con
un
soffio
,
quadri
di
pizzo
pieni
di
figurine
aeree
,
ombrellini
e
ventagli
che
paion
fatti
di
ragnateli
,
e
ricami
di
fata
,
vere
pitture
dell
'
ago
,
che
farebbero
domandare
su
due
piedi
,
come
un
re
delle
Mille
e
una
notte
,
la
mano
della
ricamatrice
incognita
,
a
rischio
di
legarsi
a
un
rosticcio
.
Poi
si
capita
in
un
giardino
d
'
Andalusia
nei
primi
giorni
di
maggio
,
in
mezzo
alle
penne
e
ai
fiori
;
e
di
là
fra
i
vestimenti
dei
due
sessi
,
da
cacciatore
e
da
amazzone
,
da
ballo
,
da
bagno
,
da
nozze
,
da
morte
,
pei
ministri
,
per
le
commedianti
e
pei
putti
;
meraviglie
d
'
eleganza
e
di
gusto
,
dinanzi
a
cui
si
vedono
dei
sarti
di
provincia
immobili
,
in
atto
di
profondo
scoraggiamento
.
Qui
c
'
è
un
'
alcova
misteriosa
,
tutta
bianca
,
azzurrina
e
rosea
,
rischiarata
da
una
luce
languidissima
,
in
cui
vi
sloghereste
le
braccia
a
abbracciare
,
tanti
e
così
gentili
e
così
provocanti
sono
i
bustini
da
verginelle
,
da
matrone
,
da
belle
trentenni
nervose
e
da
maschiette
cresciute
tutt
'
a
un
tratto
,
che
vi
svelano
i
più
preziosi
segreti
della
bellezza
femminile
d
'
ogni
età
e
d
'
ogni
complessione
.
Di
là
si
ritorna
fra
i
ventagli
dipinti
da
artisti
celebri
che
fanno
fresco
al
viso
e
al
pensiero
con
paesaggi
deliziosi
delle
Alpi
e
del
Reno
;
poi
in
un
bazar
di
calzature
che
rivende
quelle
di
Stambul
,
dove
potete
passare
un
'
ora
piacevole
a
calzare
piedini
immaginarii
di
principesse
circasse
e
di
marchesine
spagnuole
;
poi
fra
gli
scialli
dorati
della
Compagnia
delle
Indie
;
poi
nelle
sale
degli
oggetti
da
viaggio
e
da
accampamento
,
che
fanno
ribollire
il
sangue
dei
vagabondi
;
poi
nell
'
esposizione
dei
giocattoli
;
dove
tutto
move
,
strepita
,
salta
,
canta
,
tintinna
,
da
far
disperare
tutti
i
bebés
dell
'
universo
.
Ma
è
la
profusione
delle
cose
che
sgomenta
.
Entrate
fra
le
bretelle
:
c
'
è
da
imbretellare
tutti
i
giubilati
d
'
Italia
;
tra
i
legacci
:
ce
ne
sono
da
provvedere
tutti
gli
innamorati
della
Frisia
per
i
loro
regali
di
nozze
.
Così
nella
galleria
lunghissima
delle
arti
liberali
,
decorata
con
una
semplicità
severa
,
dalla
sala
delle
missioni
giù
giù
fra
le
biblioteche
e
le
mappe
,
fra
gli
strumenti
chirurgici
e
i
modelli
anatomici
,
dove
s
'
arrestano
pochi
visitatori
silenziosi
,
che
meditano
e
notano
.
Qui
c
'
è
la
splendida
esposizione
libraria
della
Francia
,
prima
fra
tutte
,
dove
gli
editori
espongono
sulle
pareti
,
come
titoli
di
nobiltà
,
gli
elenchi
interminabili
degli
autori
illustri
a
cui
prestarono
i
tipi
:
una
collezione
di
gioielli
del
Plon
,
del
Didot
,
del
Jouvet
,
dell
'
Hachette
,
che
annunzia
al
mondo
il
connubio
desiderato
e
glorioso
del
genio
dell
'
Ariosto
e
dell
'
ispirazione
del
Dorè
;
e
le
legature
delicate
e
magnifiche
del
Rossigneux
,
dinanzi
a
cui
la
mano
si
slancia
prima
al
portamonete
,
e
poi
si
alza
a
dare
una
grattatina
rassegnata
alla
barba
.
E
via
,
a
traverso
all
'
esposizione
brillante
delle
armi
,
nelle
sale
della
scultura
dei
metalli
,
che
è
un
vasto
museo
d
'
orologi
monumentali
di
bronzo
,
di
statue
d
'
argento
di
grandezza
umana
,
di
candelabri
,
di
lampade
e
di
lanterne
da
vestiboli
di
reggia
;
a
cui
tien
dietro
,
in
una
doppia
fila
senza
fine
di
saloni
aperti
come
teatri
,
la
mostra
meravigliosa
del
mobilio
,
nella
quale
s
'
alternano
colle
bizzarrie
graziose
della
moda
le
forme
correttamente
eleganti
del
rinascimento
;
dopo
di
che
non
resta
che
la
galleria
dei
prodotti
.
Ci
avete
però
un
quarto
d
'
ora
di
cammino
fra
i
lavori
ciclopici
dell
'
industria
metallurgica
,
fra
migliaia
di
tubi
enormi
che
presentan
l
'
aspetto
delle
pareti
d
'
una
grotta
di
basalto
,
a
traverso
a
foreste
di
ferro
e
di
rame
,
in
mezzo
alle
opere
innumerevoli
della
galvanoplastica
,
fra
cui
torreggia
il
vaso
colossale
del
Dorè
;
e
via
via
,
il
museo
statuario
del
Cristophle
,
una
montagna
di
pelliccie
,
una
selva
di
penne
,
un
palazzo
di
corallo
,
e
i
prodotti
chimici
,
e
le
pelli
,
e
che
so
io
?
Verso
la
fine
la
stessa
stanchezza
vi
mette
le
ali
ai
piedi
,
le
sale
fuggono
,
gli
oggetti
si
confondono
;
se
ci
fosse
un
treno
di
strada
ferrata
,
pigliereste
il
treno
;
e
quando
arrivate
in
fondo
,
dareste
la
testa
per
uno
scudo
,
ma
proprio
colla
sicurezza
di
fare
un
buonissimo
affare
.
Facciamo
un
sonnellino
sopra
uno
dei
mille
divani
del
Campo
di
Marte
e
poi
ritorniamo
nel
mare
magno
.
Io
esprimo
le
mie
impressioni
del
primo
giorno
,
semplicemente
.
Ebbene
,
ciò
che
mi
fece
più
meraviglia
non
sono
le
cose
esposte
;
è
l
'
arte
dell
'
esposizione
.
Qui
davvero
bisogna
ammirare
l
'
inesauribile
fecondità
dell
'
immaginazione
umana
.
L
'
esposizione
dei
mezzi
d
'
esposizione
sarebbe
per
sè
sola
una
cosa
da
sbalordire
.
Figuratevi
dei
grandi
chioschi
di
legno
scolpiti
,
leggieri
che
paiono
di
carta
o
di
paglia
;
delle
vetrine
cesellate
,
per
la
mostra
dei
fili
di
Scozia
,
che
costano
mille
sterline
l
'
una
;
delle
case
di
vetro
,
degli
archi
trionfali
,
delle
specie
di
colossali
trionfi
da
tavola
,
carichi
di
oggetti
,
che
potrebbero
stare
in
mezzo
a
una
piazza
.
Il
cotone
è
disposto
in
forma
di
tabernacoli
e
di
cappelle
commemorative
;
le
spille
,
a
milioni
,
in
trofei
;
l
'
allume
di
potassa
a
muraglie
;
la
cera
di
Spagna
in
torri
alte
come
case
;
i
tappeti
in
piramidi
che
toccan
la
vôlta
;
la
glicerina
modellata
in
busti
d
'
uomini
celebri
;
il
sapone
fuso
in
colonne
monumentali
d
'
apparenza
marmorea
;
i
tubi
di
ferro
congiunti
in
forma
di
organi
titanici
o
di
chiesuole
di
stile
gotico
,
le
marmitte
in
obelischi
egizii
,
i
cilindri
di
rame
in
colonnati
babilonesi
,
le
funi
telegrafiche
in
campanili
.
V
'
è
una
gara
di
bizzarrie
architettoniche
spinta
a
un
segno
che
fa
ridere
.
Un
mercante
di
stoffe
fabbrica
un
castello
di
materasse
?
L
'
orologiaio
vicino
innalza
una
piramide
di
duemila
casse
d
'
orologi
.
Un
olandese
espone
un
tempio
di
stearina
che
può
contenere
venti
persone
,
colle
sue
statue
e
colle
sue
gradinate
?
E
un
francese
costruisce
un
tempio
di
cristallo
sorretto
da
sei
colonne
e
circondato
da
una
balaustrata
,
che
costa
venticinque
mila
napoleoni
.
Un
profumiere
inglese
consacra
una
palazzina
ai
suoi
cosmetici
e
alle
sue
boccette
?
E
un
chiodaio
parigino
rappresenta
con
nient
'
altro
che
coi
suoi
chiodi
dalla
testa
dorata
,
il
palazzo
del
Trocadero
colla
sua
cupola
,
colle
gallerie
e
colla
cascata
.
Un
liquorista
d
'
Amsterdam
fa
colle
sue
bottigline
un
altare
da
cattedrale
?
E
un
profumiere
di
Rotterdam
gli
fa
zampillare
davanti
una
fontana
d
'
acqua
di
Colonia
.
Questo
per
attirare
gli
sguardi
e
i
quattrini
.
Aggiungete
una
infinità
di
medaglie
d
'
onore
e
di
documenti
d
'
ogni
sorta
,
esposti
dai
venditori
,
molti
dei
quali
mettono
persino
in
mostra
le
fotografie
e
le
lettere
di
complimento
dei
loro
clienti
.
Altri
s
'
aiutano
con
mezzi
meccanici
.
I
gibus
s
'
alzano
e
s
'
abbassano
da
sè
,
manine
di
cera
suggellano
le
lettere
,
i
trofei
rotano
,
gli
automi
vi
chiamano
,
le
scatole
musicali
vi
ricreano
,
gli
espositori
v
'
apostrofano
o
vi
spiegano
.
Ci
son
poi
i
colossi
che
fan
presso
a
poco
lo
stesso
ufficio
.
In
ogni
Esposizione
c
'
è
un
certo
numero
di
queste
grandi
fanciullaggini
.
Qui
c
'
è
una
bottiglia
spropositata
di
vino
di
Champagne
che
basterebbe
a
ubbriacare
un
battaglione
di
bersaglieri
;
là
un
cavaturaccioli
mostruoso
che
par
fatto
per
tirar
su
i
tetti
.
Nell
'
esposizione
francese
delle
lame
un
coltellaccio
damascato
davanti
al
quale
le
più
grandi
navajas
della
Spagna
non
paiono
che
temperini
.
V
'
è
una
botte
francese
che
contiene
quattrocento
ettolitri
,
una
ungherese
che
ne
contiene
mille
,
e
quella
della
fabbrica
di
Champagne
che
è
capace
di
settantacinque
mila
bottiglie
.
Vi
son
gli
specchi
di
ventisette
metri
quadrati
di
superficie
;
rotaie
d
'
un
sol
pezzo
di
cinquanta
metri
,
e
fili
metallici
lunghi
venticinque
chilometri
.
Aggiungete
ancora
il
martello
smisurato
del
Creusot
che
pesa
ottantamila
chilogrammi
;
e
il
girarrosto
gigantesco
della
casa
Baudon
,
che
vi
arrostisce
venti
capretti
per
volta
.
Poi
le
meraviglie
della
pazienza
umana
:
i
coltellini
microscopici
,
colle
loro
belle
guaine
,
che
stanno
in
cento
e
quattro
dentro
un
nocciolo
di
ciliegia
;
i
tappeti
orientali
fatti
di
sei
mila
frammenti
;
il
cassettone
spagnuolo
composto
di
tre
milioni
e
mezzo
di
pezzetti
di
legno
;
le
stoffe
da
cinquecento
lire
il
metro
,
fatte
a
cinque
centimetri
il
giorno
;
il
servizio
da
tavola
degli
Stati
Uniti
,
a
cui
lavorarono
per
diciotto
mesi
duecento
operai
;
la
fontana
scolpita
a
cui
lavorò
un
contadino
scozzese
per
sette
anni
.
E
in
fine
le
stranezze
,
i
ghiribizzi
dell
'
ingegno
umano
,
del
genere
dell
'
ago
di
refe
d
'
Emilio
Praga
.
Questi
avrebbe
potuto
fare
alla
sua
amante
,
in
quella
certa
poesia
,
tutte
quest
'
altre
domande
.
Vuoi
un
pendolo
che
ti
faccia
vento
?
un
orologio
fatto
con
un
girasole
,
da
cui
esca
un
ragno
ad
acchiappare
una
mosca
?
un
mobile
che
ti
si
trasformi
sotto
le
mani
,
a
tuo
piacere
,
in
bigliardo
,
in
scrivania
,
in
scacchiera
e
in
tavola
da
mangiare
?
una
barca
vera
con
remi
e
timone
,
da
portar
sotto
il
braccio
al
lago
di
Como
?
un
portamonete
che
tiri
delle
pistolettate
?
la
carta
dell
'
Europa
in
un
fazzoletto
?
un
paio
di
stivaletti
di
squame
di
pesce
?
un
letto
di
ceralacca
?
una
poltrona
di
cristallo
?
un
violino
di
maiolica
?
un
velocipede
a
vapore
?
Qui
c
'
è
tutto
:
gli
orologi
magici
,
le
trottole
miracolose
,
le
bambole
che
parlan
francese
,
le
spagnuole
di
legno
che
v
'
insegnano
a
maneggiare
il
ventaglio
....
Non
ci
manca
proprio
altro
che
l
'
ago
di
Emilio
Praga
.
E
le
cose
belle
dunque
!
Infinite
;
ma
un
po
'
care
.
Non
c
'
è
mezzo
di
mobiliarsi
una
casa
a
proprio
gusto
,
fantasticando
,
senza
profondere
un
milioncino
in
un
quarto
d
'
ora
.
A
ogni
passo
trovate
un
mobile
che
vi
incapriccia
,
e
sareste
quasi
tentati
di
fare
uno
sproposito
;
ma
avvicinandovi
al
cartellino
del
prezzo
,
vedete
dietro
a
un
uno
che
vi
dà
un
filo
di
speranza
quattro
maledettissimi
zeri
che
paiono
quattro
bocche
spalancate
che
vi
sghignazzino
in
faccia
.
È
un
continuo
supplizio
di
Tantalo
.
Non
c
'
è
che
un
solo
conforto
:
che
molte
cose
son
già
comprate
.
Avete
messo
gli
occhi
sopra
un
meraviglioso
servizio
da
tavola
della
casa
Cristophle
,
che
vale
quattrocento
mila
lire
;
ma
ve
l
'
ha
buffato
il
duca
di
Santoña
.
Così
la
duchessa
v
'
ha
liberato
dalla
tentazione
di
portar
a
casa
una
splendida
veste
Colbert
e
Aleçon
,
che
avrebbe
spazzato
netto
il
vostro
piccolo
patrimonio
.
Il
gran
vaso
di
malachite
ornato
d
'
oro
,
della
sezione
russa
,
alto
tre
metri
,
ve
l
'
ha
portato
via
il
principe
Demidoff
.
Il
più
bel
paio
di
stivaletti
trinati
di
tutta
l
'
Esposizione
sono
della
principessa
di
Metternich
,
i
due
più
bei
manicotti
di
volpe
nera
appartengono
alla
principessa
di
Galles
,
e
l
'
Imperatore
d
'
Austria
ha
già
messo
il
suo
augusto
suggello
sopra
un
impareggiabile
cofano
d
'
argento
cesellato
,
che
sarebbe
stato
la
vostra
delizia
.
Ci
rimane
però
dell
'
altro
.
Io
mi
permetterei
di
suggerire
alle
signore
facili
a
contentarsi
un
graziosissimo
velo
di
trina
dell
'
esposizione
belga
,
fatto
con
un
filo
che
costa
cinquemila
scudi
il
chilogramma
;
e
agli
sposi
di
giudizio
un
letto
chinese
di
legno
di
rosa
intarsiato
d
'
avorio
che
costa
poco
più
di
una
villetta
passabile
sulle
rive
del
lago
di
Como
.
Alla
porta
della
camera
si
potrebbero
mettere
le
due
tende
di
seta
ricamate
d
'
oro
e
d
'
argento
,
che
sono
in
vendita
nell
'
esposizione
austriaca
per
mille
e
duecento
napoleoni
.
C
'
è
la
comodità
di
poter
comprare
delle
sale
intere
,
anzi
degl
'
interi
appartamenti
,
d
'
ogni
stile
e
d
'
ogni
paese
,
lì
su
due
piedi
,
d
'
un
colpo
,
con
un
gran
risparmio
di
tempo
e
di
seccature
.
E
ci
sono
pure
delle
ammirabili
cose
per
le
borse
modeste
.
Lo
zaffiro
del
Rouvenat
,
circondato
di
diamanti
,
si
può
avere
con
un
milione
e
mezzo
;
e
stiracchiando
un
poco
,
si
può
anche
ottenere
a
un
prezzo
ragionevole
un
curiosissimo
diamante
tagliato
in
forma
di
una
lanterna
a
gaz
e
incastonato
in
un
candelabro
d
'
oro
microscopico
,
ch
'
è
una
vera
bellezza
.
Tutte
cose
che
sulle
prime
fanno
girare
un
po
'
il
capo
,
ma
poi
si
scrollano
le
spalle
,
e
si
tira
via
senza
badarci
,
dicendo
:
-
corbellerie
,
corbellerie
-
coll
'
indifferenza
d
'
un
franco
....
impostore
.
E
si
va
a
vedere
l
'
esposizione
dei
prodotti
alimentari
,
meno
pericolosa
per
la
fantasia
:
una
passeggiata
d
'
un
miglio
,
o
poco
meno
.
Chiudete
gli
occhi
,
pigliatevi
la
testa
fra
le
mani
,
e
cercate
di
rappresentarvi
tutto
quanto
di
più
strano
e
di
più
raro
può
mettersi
in
corpo
un
uomo
senza
rischiare
la
vita
:
c
'
è
tutto
.
Potete
bere
,
a
quindici
centesimi
,
un
bicchiere
delle
quattordici
sorgenti
d
'
acqua
minerale
della
Francia
,
o
un
bicchiere
d
'
acqua
delle
Termopili
,
nella
sezione
greca
,
o
birra
della
Danimarca
che
ha
fatto
il
giro
del
mondo
;
o
se
preferite
i
vini
,
vino
di
Champagne
che
si
fa
sotto
i
vostri
occhi
,
tutti
i
vini
della
Spagna
in
bottigline
graziose
da
mezza
lira
,
che
vi
vende
una
bella
ragazza
di
Jerez
;
e
vini
di
Porto
e
di
Madera
,
imbottigliati
nel
1792
,
a
cento
lire
la
bottiglia
,
compresi
i
documenti
storici
«
debitamente
legalizzati
.
»
E
se
il
vino
di
ottantasei
anni
vi
par
troppo
giovane
,
trovate
nella
sezione
francese
,
in
mezzo
a
una
corona
di
sorelle
nonagenarie
,
una
bottiglia
di
vin
del
Giura
del
1774
,
coronata
di
semprevive
,
a
un
prezzo
da
convenirsi
.
Trovate
il
chiosco
dei
vini
di
Sicilia
e
il
chiosco
dei
vini
di
Guiro
;
tutti
i
vini
d
'
Australia
nella
capanna
da
minatore
eretta
dal
governo
di
Malbourne
;
e
nella
sezione
delle
colonie
inglesi
,
il
misterioso
vino
di
Costanza
,
del
Capo
di
Buona
Speranza
,
e
l
'
enigmatico
vino
del
Romitaggio
della
nuova
Galles
,
fatto
con
uva
secca
.
Ci
avete
il
vino
di
Schiraz
nella
sezione
di
Persia
,
il
vino
di
Corinto
accanto
all
'
acqua
delle
Termopili
,
e
potete
gustare
un
Tokai
squisito
nella
trattoria
rustica
dell
'
Ungheria
,
al
suono
d
'
una
banda
di
zingari
.
Per
mangiare
poi
non
c
'
è
che
da
chiedere
.
Nei
padiglioni
delle
colonie
francesi
una
creola
vi
dà
l
'
ananasso
,
una
mulatta
vi
dà
il
banano
,
un
negro
la
vaniglia
.
Potete
mangiare
della
marmellata
del
Canadà
e
intingere
in
un
bicchiere
del
famoso
Sant
'
Uberto
di
Vittoria
dei
biscotti
che
hanno
attraversato
l
'
Atlantico
.
Potete
scegliere
fra
i
pesci
celebrati
della
Norvegia
e
i
maiali
illustri
di
Chicago
.
Potete
fare
anche
meglio
:
prendervi
un
pezzo
di
carne
cruda
venuta
dall
'
Uraguay
,
ma
fresca
e
sanguinante
che
par
della
mattina
,
e
andarvela
a
far
cuocere
voi
stessi
collo
specchio
ustorio
dell
'
Università
di
Tours
,
nella
galleria
delle
arti
liberali
di
Francia
.
Poi
ci
sono
le
trattorie
olandesi
,
americane
,
inglesi
e
spagnuole
.
Avete
al
vostro
servizio
cento
bei
pezzi
di
ragazze
vestite
di
nero
e
di
bianco
in
un
monumentale
bouillon
Duval
che
pare
un
tempio
delle
Indie
.
Se
avete
un
debole
per
la
Russia
,
potete
andare
alla
trattoria
russa
dove
da
manine
polacche
,
moscovite
,
armene
,
caucasee
v
'
è
servito
il
vero
kumysy
venuto
dalle
steppe
dell
'
Ural
,
o
l
'
acqua
igienica
della
Neva
,
o
la
colebiaka
d
'
erbaggi
e
di
pesce
,
o
qualche
altro
pasticcio
russo
-
turco
condito
con
vin
di
Cipro
.
Per
dolci
la
Francia
vi
offre
il
palazzo
di
Fontainebleau
e
delle
cattedrali
gotiche
di
zucchero
,
e
dei
mazzi
gustosissimi
di
rose
e
di
violette
,
che
sembran
colte
un
'
ora
prima
.
Dopo
il
desinare
,
ricevete
il
caffè
gratis
dalla
repubblica
del
Guatemala
,
se
pure
non
preferite
quello
scelto
e
tritato
dalle
negre
di
Venezuela
.
E
poi
,
per
rincette
,
potete
sorseggiare
un
bitter
di
nuova
invenzione
che
vi
porge
una
svizzera
in
costume
di
Berna
all
'
ombra
d
'
un
chioschetto
signorile
;
o
andare
nel
chiosco
olandese
,
dove
tre
belle
frisone
rosee
,
col
casco
dorato
,
vi
fanno
sentire
il
curasò
o
lo
scidam
;
o
arrischiarvi
a
gustare
il
liquor
di
fichi
nel
padiglione
del
Marocco
,
rallegrato
dagli
strimpellamenti
di
tre
suonatori
,
uno
dei
quali
pesa
centonovanta
chilogrammi
a
stomaco
vuoto
;
o
mettervi
fra
le
labbra
un
sigaro
di
nuovo
genere
che
invece
d
'
un
nuvoletto
di
fumo
vi
caccia
in
bocca
un
bicchierino
di
cognac
.
Ne
avete
abbastanza
?
Ma
voi
volete
fumare
.
Ebbene
,
ci
sono
i
sigari
avvelenati
della
Repubblica
d
'
Andorre
,
e
la
magnifica
esposizione
dei
sigari
di
Cuba
,
d
'
ogni
grandezza
e
di
ogni
forma
,
dorati
,
stemmati
,
odorosi
,
-
veri
lavoretti
d
'
arte
-
profusi
a
miriadi
,
-
davanti
ai
quali
il
fumatore
italiano
estenuato
dai
patimenti
passa
«
sospirando
e
fremendo
.
»
Tutta
questa
doppia
galleria
dei
prodotti
alimentari
è
ammirabile
per
varietà
e
per
ricchezza
.
È
un
'
architettura
interminabile
di
bottiglie
che
s
'
alzano
in
torri
,
in
scale
a
chiocciola
,
in
gradinate
multicolori
e
scintillanti
;
una
moltitudine
di
tempietti
splendidi
d
'
oro
e
di
cristalli
,
che
potrebbero
coprire
delle
statue
di
numi
,
e
coprono
dei
porci
salati
;
una
magnificenza
di
teatrini
,
d
'
altari
,
di
troni
,
di
biblioteche
,
pieni
di
ghiottumi
così
graziosamente
disposti
e
decorati
,
che
il
gran
pittore
delle
Halles
di
Parigi
ne
potrebbe
cavare
un
quadro
meraviglioso
per
uno
dei
suoi
romanzi
avvenire
.
Lo
spettacolo
più
bello
è
quello
che
presenta
la
gente
.
A
certe
ore
il
recinto
dell
'
Esposizione
è
più
popolato
di
molte
grandi
città
.
I
visitatori
entrano
per
venti
porte
.
I
viali
,
i
vestiboli
,
le
gallerie
,
i
passaggi
traversali
,
e
il
labirinto
infinito
delle
sale
del
campo
di
Marte
,
è
tutto
un
brulicame
nero
,
in
cui
c
'
è
da
fare
a
non
perdersi
.
Specialmente
nelle
«
sezioni
estere
»
,
dove
i
venditori
formano
da
sè
soli
una
specie
d
'
esposizione
antropologica
dilettevolissima
,
C
'
è
un
gran
numero
di
belle
ragazze
inglesi
che
lavorano
ai
loro
registri
,
intente
e
impassibili
,
in
mezzo
a
quel
via
vai
,
come
se
fossero
in
casa
propria
.
I
Giapponesi
,
-
vestiti
all
'
europea
,
-
chiaccherano
rano
e
giocano
,
seduti
intorno
ai
loro
tavolini
,
allegri
,
forse
con
un
po
'
d
'
ostentazione
,
per
darsi
l
'
aria
di
gente
che
si
sente
benissimo
al
suo
posto
nel
cuore
della
civiltà
occidentale
;
e
infatti
hanno
già
preso
tanto
l
'
aria
di
casa
,
che
quasi
nessuno
li
guarda
.
I
Chinesi
,
invece
,
hanno
sempre
intorno
un
cerchio
di
curiosi
,
ai
quali
rivolgono
di
tratto
in
tratto
uno
sguardo
sprezzante
,
che
rivela
,
come
un
lampo
,
la
superbia
cocciuta
della
loro
razza
;
e
poi
ripigliano
la
loro
impassibilità
di
idoli
,
da
cui
li
smuove
soltanto
la
voce
dei
compratori
.
Si
vedon
dei
mercanti
orientali
,
in
turbante
,
che
strascicano
le
loro
ciabatte
in
mezzo
a
tutte
quelle
meraviglie
,
guardando
intorno
oziosamente
colla
stessa
stupida
e
irritante
indifferenza
che
mostrerebbero
nelle
loro
vecchie
baracche
di
bazar
.
Tratto
tratto
se
ne
trovano
tre
o
quattro
estatici
davanti
a
una
faccia
di
cartapesta
o
a
una
marionetta
che
allarga
le
braccia
.
Ci
son
molti
algerini
:
arabi
,
mori
,
negri
.
S
'
incontrano
delle
brigatelle
di
spahi
,
ravvolti
nei
loro
grandi
mantelli
bianchi
;
ma
non
son
più
le
faccie
baldanzose
del
1859
.
L
'
orgoglio
del
vecchio
esercito
d
'
Africa
non
brilla
più
nei
loro
grandi
occhi
neri
.
Come
cambia
i
volti
una
guerra
perduta
!
Qua
e
là
si
vede
pure
qualche
faccia
color
di
rame
,
e
qualche
vestimento
arlecchinesco
dei
paesi
confinanti
colla
China
.
Oltre
a
questo
c
'
è
una
moltitudine
immobile
e
muta
di
gente
d
'
ogni
paese
,
che
produce
una
strana
illusione
.
Ogni
momento
rasentate
col
gomito
qualcuno
,
che
vi
pare
una
persona
viva
,
ed
è
un
grosso
fantoccio
colorito
e
vestito
di
tutto
punto
,
che
vi
fa
restare
a
bocca
aperta
.
Ci
sono
dei
selvaggi
del
Perù
,
degli
indigeni
d
'
Australia
colle
loro
grandi
capigliature
,
lanose
,
dei
guerrieri
medioevali
,
delle
signore
vestite
in
gala
,
dei
soldati
italiani
,
delle
contadine
di
Danimarca
,
delle
lavandaie
malesi
,
delle
guardie
civili
di
Spagna
,
e
annamiti
e
indiani
e
cafri
e
ottentotti
,
che
vi
si
parano
dinanzi
improvvisamente
,
e
vi
fissano
in
volto
i
loro
occhi
trasognati
,
come
fantasime
.
Lo
spettacolo
è
ancora
variato
e
rallegrato
da
un
gran
numero
di
signore
che
girano
su
poltrone
a
ruote
o
su
carrozzine
da
bimbi
,
tirate
davanti
da
un
servitore
,
spinte
per
la
spalliera
dai
mariti
,
fiancheggiate
dai
ragazzi
;
matrone
poderose
,
le
cui
rotondità
sporgono
da
tutte
le
parti
fuori
del
piccolo
veicolo
,
lunghissime
zitelle
inglesi
che
ci
stanno
tutte
raggruppate
,
colle
ginocchia
aguzze
all
'
altezza
del
mento
;
signoroni
decrepiti
che
godono
là
,
probabilmente
,
l
'
ultimo
piacere
della
vita
;
vecchie
patrizie
paralitiche
,
e
putti
meravigliosamente
biondi
e
rosati
dei
paesi
nordici
,
che
formano
tutti
insieme
,
in
quel
labirinto
di
vie
fiancheggiate
da
case
di
vetro
,
una
specie
di
corso
in
burletta
,
degno
della
matita
del
Cham
.
Nella
Via
delle
nazioni
,
all
'
ombra
delle
capannette
di
paglia
,
molta
gente
fa
colezione
sulle
ginocchia
come
per
viaggio
,
e
i
bimbi
vanno
a
prender
acqua
alle
fontane
del
Giappone
e
dell
'
Italia
;
altri
sgranocchiano
pane
e
prosciutto
camminando
;
delle
coppie
coniugali
dormono
saporitamente
sui
sedili
in
mezzo
alla
folla
;
e
altre
coppie
,
che
hanno
portato
i
loro
amori
all
'
Esposizione
,
si
servono
di
due
capannine
avvicinate
per
farsi
qualche
carezza
di
contrabbando
.
È
un
divertimento
poi
,
nelle
sale
,
studiare
i
varii
tipi
dei
visitatori
.
Ci
sono
i
cavalli
matti
che
scorazzano
da
tutte
le
parti
senza
vedere
una
maledetta
,
presi
da
una
specie
d
'
esaltazione
febbrile
,
e
i
visitatori
pazienti
,
che
si
son
fatti
un
programma
,
che
muovono
un
passo
ogni
quarto
d
'
ora
,
che
meditano
sui
cataloghi
,
che
guardano
,
fiutano
e
discutono
ogni
menoma
cosa
,
che
impiegheranno
probabilmente
sei
mesi
a
fare
il
giro
di
tutto
il
Campo
di
Marte
.
Tra
gli
espositori
,
si
vedono
i
visi
radianti
dei
fortunati
,
che
hanno
trovato
là
gloria
e
fortuna
,
e
troneggiano
sui
loro
banchi
in
mezzo
alla
folla
dei
curiosi
e
dei
compratori
;
e
i
poveri
diavoli
trascurati
,
seduti
nei
loro
cantucci
solitarii
,
colla
testa
bassa
e
la
faccia
malinconica
,
che
meditano
sulle
speranze
perdute
.
Nelle
ultime
sale
,
i
divani
son
tutti
occupati
dai
visitatori
spossati
.
Si
vedono
delle
famiglie
intere
di
buoni
provinciali
,
sfiniti
,
sbalorditi
,
istupiditi
;
i
papà
tutti
in
acqua
,
le
mamme
che
soffocano
,
le
ragazze
ingobbite
,
i
piccini
morti
di
sonno
;
proprio
da
farsi
domandare
:
-
Ma
chi
v
'
ha
consigliato
di
venire
all
'
Esposizione
,
disgraziati
?
-
L
'
affollamento
maggiore
è
sotto
le
grandi
arcate
delle
Belle
arti
,
e
intorno
al
Padiglione
della
città
di
Parigi
,
che
drizza
i
suoi
sei
frontoni
imbandierati
nel
mezzo
del
Campo
di
Marte
.
Qui
è
il
luogo
di
convegno
dello
«
stato
maggiore
»
dell
'
Esposizione
.
Qui
fanno
crocchio
gli
artisti
e
i
commissarii
di
tutti
i
paesi
,
gli
operai
si
radunano
e
si
sciolgono
,
i
critici
tagliano
l
'
aria
coi
gesti
cattedratici
,
i
giornalisti
notano
,
i
disegnatori
schizzano
,
le
discussioni
fervono
,
i
curiosi
cercano
i
visi
illustri
,
i
nuovi
arrivati
si
ritrovano
,
le
«
celebrità
»
dell
'
Esposizione
passano
fra
le
scappellate
e
gli
inchini
.
Ecco
qui
monsieur
Hardy
,
per
esempio
,
l
'
architetto
del
Palazzo
del
Campo
di
Marte
;
ecco
là
monsieur
Duval
,
direttore
dei
lavori
idraulici
,
e
i
signori
Bourdais
e
Davioud
,
architetti
del
Palazzo
del
Trocadero
.
E
purchè
abbiate
una
faccia
un
po
'
straordinaria
,
e
due
amici
ai
fianchi
,
che
vi
parlino
in
atto
rispettoso
,
potete
passare
facilissimamente
per
un
principe
o
per
un
re
che
visita
l
'
Esposizione
in
stretto
incognito
,
e
sentirvi
intorno
,
qua
e
là
,
un
mormorio
sommesso
da
vestibolo
di
Corte
.
C
'
è
da
cavarsi
tutti
i
gusti
,
da
soddisfare
tutti
i
bisogni
e
da
riparare
a
tutti
gli
accidenti
.
Potete
telegrafare
a
casa
,
scrivere
le
vostre
lettere
,
fare
il
bagno
,
prendere
di
tanto
in
tanto
una
scossetta
elettrica
,
farvi
pesare
,
portare
,
fotografare
,
profumare
,
curare
;
ci
sono
stazioni
di
pompieri
,
corpi
di
guardia
,
farmacie
,
infermerie
:
non
manca
che
il
camposanto
.
Ci
son
poi
le
ore
fisse
per
lo
studio
e
per
le
esperienze
scientifiche
,
e
allora
i
visitatori
accorrono
e
s
'
affollano
in
quei
dati
punti
.
Qui
,
nella
sezione
francese
,
si
comunicano
al
pubblico
le
opere
della
biblioteca
del
Corpo
insegnante
;
più
in
là
un
professore
spiega
i
modelli
anatomici
;
nella
sezione
russa
si
fanno
gli
esperimenti
del
passaggio
dell
'
aria
a
traverso
i
muri
;
un
medico
americano
fa
funzionare
i
mobili
chirurgici
;
un
dentista
opera
l
'
estrazione
della
carie
con
uno
strumento
a
vapore
.
Si
può
andare
ad
assistere
alla
fabbricazione
delle
sigarette
di
Francia
,
a
veder
fare
la
carta
dalla
fabbrica
Darblay
,
a
vedere
le
esperienze
della
luce
elettrica
nel
padiglione
russo
,
o
quelle
del
riscaldamento
e
dell
'
illuminazione
nel
parco
del
Campo
di
Marte
.
Altri
vanno
a
vedere
alla
prova
il
telefono
Bell
,
o
l
'
apparecchio
telegrafico
che
trasmette
con
un
solo
filo
duecento
cinquanta
dispacci
in
un
'
ora
,
o
il
semaforo
del
nostro
Pellegrino
;
oppure
a
leggere
i
vecchi
processi
per
stregoneria
esposti
nel
padiglione
del
Ministero
degl
'
interni
di
Francia
.
Intanto
dei
maestri
spiegano
i
nuovi
metodi
d
'
insegnamento
,
tutti
gl
'
inventori
di
qualche
cosa
hanno
il
loro
circolo
di
uditori
,
tutte
le
nuove
macchinette
sono
in
movimento
,
gli
album
colossali
si
aprono
,
le
carte
geografiche
si
spiegano
,
i
mappamondi
girano
,
mille
strumenti
suonano
;
da
ogni
parte
c
'
è
uno
spettacolo
,
una
scuola
o
una
conferenza
;
l
'
Esposizione
è
diventata
un
enorme
ateneo
internazionale
che
ci
dà
per
venti
soldi
tutto
lo
scibile
umano
.
Quella
che
attira
più
gente
,
a
tutte
le
ore
,
è
l
'
esposizione
delle
belle
arti
.
Ma
a
me
manca
quasi
il
coraggio
d
'
entrarvi
.
Mi
conforta
soltanto
il
pensiero
di
non
aver
da
rendere
che
l
'
impressione
confusa
della
prima
visita
.
Sono
diciassette
pinacoteche
in
una
successione
di
padiglioni
che
si
estendono
da
un
'
estremità
all
'
altra
del
Campo
di
Marte
;
-
il
mondo
intero
-
qui
si
può
dire
propriamente
,
-
il
passato
e
il
presente
,
le
visioni
dell
'
avvenire
,
le
battaglie
,
le
feste
,
i
martirii
,
le
grida
d
'
angoscia
e
le
risate
pazze
;
tutta
la
grande
commedia
umana
con
l
'
infinita
varietà
delle
scene
tra
cui
si
svolge
,
dalla
reggia
alla
capanna
,
dai
deserti
di
ghiaccio
ai
deserti
di
sabbia
,
dalle
più
sublimi
altezze
alle
più
arcane
profondità
della
terra
.
Questa
è
la
parte
dell
'
Esposizione
dove
si
ricevono
le
impressioni
più
vive
.
Quanti
occhi
rossi
ho
veduti
,
quante
espressioni
di
pietà
,
di
dolore
,
d
'
orrore
,
e
quanti
bei
sorrisi
di
bei
volti
che
mi
rimasero
nella
memoria
come
un
riflesso
dei
quadri
!
Il
museo
enorme
s
'
apre
colla
esposizione
della
scultura
di
Francia
,
a
cui
seguono
le
sale
dell
'
Inghilterra
.
Qui
,
a
dirla
schiettamente
,
di
tutta
quella
pittura
corretta
,
pallida
,
diafana
,
di
colori
limpidi
,
piena
di
pensieri
delicati
e
di
belle
minuzie
,
ricordo
soltanto
quella
splendida
glorificazione
della
vecchiezza
guerriera
,
dell
'
Herkomer
,
intitolata
gl
'
Invalidi
di
Chelsea
,
dinanzi
ai
quali
si
chinerebbe
la
fronte
in
atto
di
venerazione
;
i
poveri
di
Londra
,
di
Luke
Fildes
,
che
m
'
hanno
fatto
sentire
il
freddo
d
'
una
notte
di
gennaio
e
l
'
angoscia
della
miseria
senza
tetto
;
e
il
Daniele
tra
i
leoni
di
Briton
Rivière
,
nel
quale
la
tranquillità
sublime
dell
'
uomo
in
cospetto
di
quel
gruppo
di
belve
fameliche
,
ma
affascinate
,
soggiogate
,
schiacciate
da
una
forza
sovrumana
e
invisibile
,
è
resa
con
una
potenza
che
mette
in
cuore
lo
sgomento
misterioso
del
prodigio
.
Dinanzi
a
cento
altri
quadri
,
passo
frettolosamente
,
spinto
dall
'
impazienza
di
arrivare
all
'
Italia
,
dove
trovo
una
folla
sorridente
che
amoreggia
colle
statue
.
Sento
uno
che
brontola
:
-
E
dire
che
tutte
queste
cosettine
ci
vengono
dalla
patria
di
Michelangelo
!
-
Ma
tutti
i
visi
intorno
esprimono
un
sentimento
d
'
ammirazione
amorosa
e
serena
.
Davanti
ai
quadri
del
De
Nittis
,
il
pittore
ardito
e
fine
di
Parigi
e
di
Londra
,
c
'
è
un
gruppo
di
curiosi
che
si
disputano
lo
spazio
;
e
s
'
indovina
dal
movimento
dei
volti
,
dalla
vivacità
dei
gesti
,
dalla
concitazione
dei
dialoghi
,
quel
cozzo
forte
di
giudizi
contrarii
,
da
cui
scaturiscono
le
scintille
che
vanno
a
formare
le
aureole
.
Un
tale
dice
:
-
Belle
pagine
di
giornale
illustrato
!
-
Ma
l
'
aria
dei
boulevards
si
respira
,
l
'
umidità
del
Tamigi
si
sente
,
l
'
ora
s
'
indovina
,
i
visi
si
riconoscono
,
tutta
quella
vita
si
vive
.
Nell
'
altra
sala
guardo
intorno
se
c
'
è
il
Pasini
,
per
gridargli
:
-
Salve
,
o
fratello
del
sole
!
-
Il
suo
forte
e
splendido
Oriente
è
là
,
vagheggiato
da
cento
occhi
pensierosi
.
E
vorrei
vedere
il
Michetti
,
quel
caro
viso
di
scapigliato
di
genio
,
per
stringergli
la
guancia
tra
l
'
indice
e
il
pollice
,
e
dirgli
che
adoro
le
gambine
pazze
delle
sue
bagnanti
e
l
'
azzurro
favoloso
della
sua
marina
.
Ed
ecco
finalmente
Jenner
.
Qui
osservo
una
cosa
singolare
.
La
gente
che
entra
con
un
sorriso
sulle
labbra
,
si
ferma
e
corruga
la
fronte
.
Tutti
i
visi
,
fuggitivamente
,
riflettono
il
viso
intento
e
risoluto
di
Jenner
,
come
se
tutti
,
per
un
momento
,
si
sentissero
nelle
mani
la
lancetta
benefica
del
dottore
e
il
braccio
renitente
del
bambino
;
e
tutti
pensano
,
e
nessuno
parla
,
e
chi
s
'
è
già
allontanato
,
o
si
sofferma
o
ritorna
,
come
tirato
indietro
a
forza
dal
filo
tenace
d
'
un
pensiero
.
Che
cara
soddisfazione
!
E
ne
provo
un
'
altra
subito
nella
sala
vicina
incontrando
il
viso
onesto
e
benevolo
del
Monteverde
il
quale
mi
accompagna
fino
alla
frontiera
d
'
Italia
.
E
di
là
vo
innanzi
nelle
sale
della
pittura
straniera
,
dove
il
cielo
si
rannuvola
e
l
'
aria
si
raffredda
.
La
Svezia
e
la
Norvegia
hanno
dipinto
i
loro
crepuscoli
melanconici
,
mattinate
grigie
di
autunno
,
chiarori
strani
di
luna
su
mari
strani
,
e
pescatori
e
naufragi
in
cui
si
mostra
maggiore
dell
'
arte
l
'
amore
dolce
e
profondo
della
patria
,
colorato
d
'
un
sentimento
di
tristezza
virile
:
centocinquanta
quadri
dominati
tutti
dai
«
Soldati
svedesi
che
portano
il
cadavere
di
re
Carlo
XII
»
giù
per
la
china
d
'
una
via
solitaria
,
nella
neve
,
sanguinosi
,
tristi
,
superbi
;
bel
quadro
semplice
e
solenne
dell
'
Oederstrom
,
concepito
da
un
'
anima
di
poeta
e
sentito
da
un
cuor
di
soldato
.
Seguono
gli
Stati
Uniti
.
Il
colosso
dalle
cento
teste
ha
ancora
la
sua
grossa
mano
di
lavoratore
un
po
'
restìa
al
pennello
.
Io
non
ricordo
che
la
risata
della
bella
donna
dell
'
Hamilton
,
e
le
faccie
buffe
dei
ridacchioni
del
Brown
.
Il
più
degli
altri
quadri
tradiscono
i
pittori
scappati
di
casa
,
che
hanno
rifatta
la
pelle
a
Parigi
,
a
Dusseldorf
,
a
Monaco
,
a
Roma
,
-
e
preso
il
colore
-
ma
dilavato
-
della
nuova
patria
.
E
subito
dopo
,
la
Francia
...
che
ha
messo
il
mondo
a
soqquadro
.
La
storia
,
la
leggenda
,
la
mitologia
,
il
cristianesimo
,
l
'
epopea
napoleonica
e
la
vita
mondana
,
il
ritratto
,
la
miniatura
e
il
quadro
smisurato
;
l
'
audacia
pazza
e
la
pedanteria
fradicia
;
c
'
è
ogni
cosa
;
ma
sopra
tutto
una
ricchezza
grande
d
'
invenzione
e
di
pensiero
,
che
rivela
l
'
aiuto
potente
d
'
una
letteratura
immaginosa
e
popolare
,
d
'
un
sentimento
drammatico
vivo
e
diffuso
,
e
della
vita
varia
,
piena
,
appassionata
,
tumultuosa
d
'
una
metropoli
enorme
.
Nelle
prime
sale
intravvedo
i
quadri
sentimentali
,
leccati
,
del
Bouguerau
.
Il
Dorè
v
'
ha
messo
una
delle
sue
mille
visioni
d
'
un
mondo
arcano
,
in
cui
si
riconosce
appena
qualche
forma
vaga
di
cose
e
di
creature
terrene
.
Poi
vien
la
storia
dotta
e
severa
d
'
Albert
Maignan
,
e
quella
immaginosa
,
confusa
,
vista
come
a
traverso
il
velo
d
'
un
sogno
,
in
una
grande
lontananza
di
spazio
e
di
tempo
,
dell
'
Isabey
.
In
un
'
altra
sala
si
drizza
davanti
a
Massimiano
Ercole
il
fantasma
spaventoso
di
San
Sebastiano
,
del
Boulanger
,
e
il
Moreau
affatica
e
tormenta
le
fantasie
coi
suoi
sogni
biblici
e
mitologici
pieni
di
terrori
,
d
'
illusioni
e
d
'
enimmi
,
che
restano
conflitti
nella
memoria
come
le
formule
misteriose
e
sinistre
di
uno
scongiuro
.
Poi
si
succedono
i
ritratti
pieni
di
vita
e
di
forza
.
Il
Dubufe
presenta
Emilio
Augier
,
il
Gounod
,
il
Dumas
;
il
Durand
presenta
il
Girardin
;
il
Perrin
espone
il
Daudet
;
e
il
Thiers
rivive
gloriosamente
nella
tela
del
Bonnat
,
davanti
a
cui
si
accalca
la
folla
.
Un
'
altra
folla
silenziosa
e
immobile
annunzia
nella
medesima
sala
le
miniature
meravigliose
del
Meissonnier
.
Più
in
là
sorridono
le
patrizie
eleganti
del
Cabanel
,
e
il
Laurens
strappa
un
sospiro
presentando
insieme
,
nel
suo
nobilissimo
Marceau
,
la
bellezza
,
l
'
eroismo
e
la
morte
.
Andando
innanzi
,
trovo
quella
meravigliosa
curvatura
di
schiene
che
ha
fatto
sorridere
il
mondo
:
l
'
Eminence
grise
del
Gerôme
;
e
il
giustiziere
formidabile
del
povero
Henri
Regnault
:
quadro
splendido
e
triste
,
che
serve
di
coperchio
a
un
sepolcro
.
E
in
fine
le
gigantesche
e
tragiche
tele
di
Benjamin
Constant
:
Respha
che
respinge
l
'
avoltoio
dal
patibolo
dei
figli
di
Saul
e
Maometto
II
che
irrompe
in
Costantinopoli
fra
le
rovine
e
la
morte
;
nella
stessa
sala
,
dove
lo
schiavo
avvelenato
del
Sylvestre
agonizza
sotto
gli
occhi
di
Nerone
impassibile
,
e
il
Davide
del
Ferrier
solleva
la
testa
mostruosa
del
gigante
.
E
in
fondo
strepita
e
ride
il
grande
baccanale
del
Duval
.
Di
là
si
esce
affaticati
e
confusi
,
come
dalla
rappresentazione
d
'
una
tragedia
dello
Shakespeare
,
e
s
'
entra
fra
i
vasti
quadri
storici
dell
'
Austria
-
Ungheria
,
splendidi
d
'
armi
,
d
'
oro
e
di
sete
,
e
in
mezzo
ai
grandi
ritratti
alla
Velasquez
e
alla
Van
Dyck
,
che
danno
al
luogo
l
'
aspetto
grave
e
magnifico
d
'
una
reggia
.
Qui
vorrei
baciare
in
fronte
il
Munkacsy
,
che
dipinse
quella
divina
testa
del
Milton
,
e
gridare
un
viva
sonoro
davanti
all
'
enorme
,
splendida
,
tumultuosa
,
temeraria
tela
del
Makart
,
tutta
irradiata
dal
viso
bianco
di
Carlo
V
,
su
cui
brilla
un
pensiero
vasto
come
il
suo
regno
,
e
un
'
espressione
indimenticabile
di
grazia
giovanile
e
di
maestà
serena
,
che
ci
fa
aggiungere
un
applauso
al
clamore
del
suo
trionfo
.
Ed
ecco
Don
Chisciotte
,
le
manolas
,
i
majos
,
i
ritratti
graziosi
del
Madrazo
e
la
Lucrezia
romana
del
Plasencia
,
in
cui
guizza
un
lampo
degli
ardimenti
del
Goya
.
Ma
c
'
è
una
parete
dinanzi
alla
quale
il
cuore
si
stringe
.
Povero
e
caro
Fortuny
,
bel
fiore
di
Siviglia
sbocciato
al
sole
di
Roma
!
I
suoi
capolavori
son
là
,
caldi
,
luminosi
,
pieni
di
riso
e
di
vita
,
divorati
cogli
occhi
da
una
folla
commossa
,
ed
egli
è
sotterra
.
E
così
il
povero
Zamoïcis
non
può
più
venir
a
godere
del
trionfo
delle
sue
belle
scene
di
monaci
e
di
pazzi
,
come
nelle
sale
austriache
non
può
più
affacciarsi
il
Cermak
per
veder
scintillare
e
inumidirsi
mille
occhi
davanti
al
suo
glorioso
Montenegrino
ferito
.
Quanti
cari
e
nobili
artisti
mancano
alla
festa
!
Lo
sguardo
li
cerca
ancora
tra
la
folla
mentre
il
pensiero
corre
ai
cimiteri
lontani
,
e
i
loro
quadri
spandono
intorno
la
tristezza
dell
'
ultimo
addio
.
Delle
sale
successive
non
conservo
che
una
reminiscenza
vaga
di
mari
in
tempesta
,
di
steppe
illuminate
dalla
luna
,
di
tramonti
solenni
sopra
immense
solitudini
di
neve
,
e
paesaggi
tristi
di
Finlandia
e
d
'
Ukrania
,
fra
cui
m
'
appariscono
confusamente
i
volti
minacciosi
d
'
Ivan
il
Terribile
e
di
Pietro
il
Grande
,
e
i
cadaveri
insanguinati
dei
martiri
bulgari
.
Qui
l
'
arte
pare
che
riposi
un
poco
per
rialzarsi
più
vigorosa
e
più
ardita
.
E
si
rialza
infatti
nel
Belgio
,
ricca
,
ispirata
,
improntata
d
'
un
carattere
proprio
,
nudrita
di
forti
studi
e
di
tradizioni
gloriose
.
A
.
Stevens
e
il
Villems
espongono
i
loro
quadri
di
costumi
,
mirabili
di
grazia
e
di
colorito
,
e
I
.
Stevens
i
suoi
cani
inimitabili
;
il
Wauters
o
il
Cluysenaar
superano
trionfalmente
gli
alti
pericoli
del
quadro
storico
e
le
difficoltà
delicate
del
ritratto
;
e
altri
cento
artisti
gareggiano
con
una
varietà
stupenda
di
paesaggi
pieni
di
poesia
,
di
marine
melanconiche
,
di
teste
adorabili
di
fanciulli
,
di
scherzi
arguti
,
di
fantasie
gentili
,
che
sollevano
la
mente
ed
allargano
il
cuore
.
Poi
il
Portogallo
e
la
Grecia
;
grandi
nomi
,
piccole
cose
.
Eppure
ci
son
dei
quadretti
trascurati
e
spregiati
,
che
lasciano
un
'
impressione
indelebile
,
come
la
madre
megarese
del
Rallis
,
quella
povera
moglie
di
pescatore
seduta
nella
sua
povera
stanza
,
che
tien
le
mani
incrocicchiate
e
gli
occhi
fissi
sopra
una
culla
vuota
,
fatta
di
quattro
tavole
rozze
,
in
atto
di
dire
;
-
Non
c
'
è
più
!
-
mentre
i
pannilini
ancora
freschi
fanno
comprendere
che
l
'
han
portato
via
poco
prima
,
e
su
quella
desolazione
scende
per
la
finestra
aperta
il
raggio
allegro
dell
'
alba
che
lo
svegliava
ogni
giorno
:
espressione
manchevole
forse
,
ma
d
'
un
sentimento
sublime
,
che
mette
nel
petto
il
tremito
d
'
un
singhiozzo
.
Dopo
la
Grecia
vien
la
pittura
facile
e
fresca
della
Svizzera
,
svariata
di
cento
stili
;
immagine
vera
d
'
un
paese
di
cento
pezzi
e
d
'
una
famiglia
d
'
artisti
vaganti
alla
ricerca
d
'
un
ideale
,
d
'
una
scuola
,
d
'
un
centro
di
sentimenti
e
di
idee
;
che
frammischiano
alla
loro
patria
dal
rozzo
fianco
,
alle
cascate
,
alle
gole
,
ai
ghiacciai
,
agli
uragani
delle
Alpi
,
le
rive
ridenti
di
Sorrento
,
le
architetture
arabescate
del
Cairo
,
le
solitudini
ardenti
della
Siria
,
la
campagna
desolata
di
Roma
,
e
ogni
sorta
di
ricordi
della
loro
vita
varia
e
avventurosa
;
somigliante
a
quella
degli
avi
loro
,
che
vestirono
la
divisa
di
tutti
i
principi
e
versarono
sangue
per
tutte
le
bandiere
,
Alla
Svizzera
tien
dietro
la
Danimarca
,
che
ricorda
al
mondo
le
sue
glorie
guerriere
,
colla
battaglia
d
'
Isted
,
del
Sonne
,
e
colla
battaglia
navale
di
Lemern
,
del
Mastrand
.
Ma
è
bello
,
è
commovente
il
veder
passare
tutti
questi
popoli
,
ognuno
dei
quali
mostra
con
amore
e
con
alterezza
i
suoi
soldati
,
i
suoi
re
,
le
suo
belle
donne
,
i
suoi
bimbi
,
le
sue
cattedrali
,
le
sue
montagne
.
L
'
impulso
di
simpatia
che
non
si
sentirebbe
per
ciascuno
,
visto
a
parte
,
si
sente
per
tutti
,
vedendoli
insieme
;
e
il
cuore
risponde
e
acconsente
a
tutti
quei
palpiti
d
'
amor
di
patria
con
un
'
espansione
d
'
affetto
che
abbraccia
il
mondo
.
Gli
altri
quadri
danesi
son
paesaggi
che
rendono
effetti
pallidi
di
sole
sopra
campagne
nevose
,
su
parchi
e
su
castelli
feudali
,
e
su
grandi
boschi
,
e
scene
intime
di
costumi
,
sentite
ingenuamente
e
rese
con
fedeltà
scrupolosa
,
che
lasciano
nella
memoria
mille
immagini
di
volti
,
di
atteggiamenti
,
di
oggetti
,
di
faccende
,
come
farebbe
il
soggiorno
d
'
un
mese
in
Danimarca
.
E
di
qui
riesco
,
quasi
senza
avvedermene
,
nelle
sale
dell
'
Olanda
,
dinanzi
a
una
pittura
che
par
velata
dai
vapori
delle
grandi
pianure
allagate
,
e
vedo
infatti
vagamente
,
come
a
traverso
un
velo
,
i
poveri
e
gli
infermi
dell
'
Israels
,
il
pittore
della
sventura
;
le
belle
marine
del
Mesdag
,
i
polders
del
Gabriel
,
i
gatti
di
Enrichetta
Ronner
,
e
cento
altri
quadri
grigi
,
foschi
,
umidi
,
di
cattivo
umore
,
fra
i
quali
cerco
inutilmente
un
raggio
della
luce
miracolosa
del
Rembrandt
o
un
riflesso
del
grande
riso
irresistibile
dello
Steen
.
Ultima
è
la
vasta
sala
della
Germania
,
magnifica
e
triste
,
nella
quale
si
avverte
,
appena
entrati
,
il
vuoto
enorme
lasciato
dal
Kaulbach
.
Ma
è
una
pittura
poderosa
,
ringiovanita
a
tutte
le
sorgenti
vive
,
fortificata
di
larghi
studi
,
varia
,
ardita
,
virile
,
piena
di
sentimento
,
finissima
d
'
osservazione
e
d
'
intenti
,
che
desta
un
'
ammirazione
pensierosa
e
scuote
il
cuore
nelle
sue
più
intime
fibre
.
Non
scorderò
mai
più
,
certo
,
nè
le
teste
vive
e
parlanti
dello
Knaus
,
nè
l
'
officina
ardente
del
Menzel
,
nè
i
superbi
cosacchi
del
Brandt
,
nè
la
profonda
tristezza
del
Battesimo
dell
'
Hoff
,
nè
il
comicissimo
riso
dei
soldati
e
delle
nutrici
del
Werner
,
nè
la
madre
e
il
padre
ammirabili
dell
'
Hildebrand
che
interrogano
il
volto
smorto
del
bimbo
infermo
sgomentati
da
un
presentimento
tremendo
.
E
con
questa
tristezza
nel
cuore
,
esco
dall
'
Esposizione
delle
Belle
Arti
.
Ma
mi
venne
un
altro
pensiero
,
appena
fui
fuori
.
Mi
si
affacciarono
alla
mente
i
mille
artisti
di
cui
avevo
visto
le
opere
,
sconosciuti
e
famosi
,
giovani
che
mandaron
là
la
loro
prima
ispirazione
e
vecchi
che
ci
lasciarono
l
'
ultima
;
li
vidi
sparsi
per
tutto
il
mondo
,
nei
loro
studi
pieni
di
luce
,
aperti
sulle
campagne
solitarie
,
sui
giardini
,
sul
mare
e
sulle
vie
rumorose
;
e
pensai
quanta
vita
avevano
versato
fra
tutti
in
quelle
cento
sale
ch
'
io
avevo
attraversate
di
corsa
,
quanta
parte
dell
'
anima
loro
c
'
era
in
quelle
tele
e
in
quei
marmi
innumerevoli
,
quante
ispirazioni
d
'
amanti
e
di
spose
,
quante
veglie
,
quante
meditazioni
,
quanti
pennelli
spezzati
,
quanto
sangue
di
cuori
trafitti
,
quante
reminiscenze
d
'
avventure
e
di
pellegrinazioni
lontane
,
che
vasta
epopea
d
'
amori
,
di
dolori
,
di
trionfi
e
di
miserie
;
e
quanti
eran
già
calati
nel
sepolcro
,
consunti
dalla
febbre
tremenda
dell
'
arte
,
e
quanti
altri
vi
sarebbero
discesi
ancor
giovani
e
pieni
di
speranze
;
e
che
immenso
tesoro
d
'
immagini
di
sentimenti
e
di
idee
portavan
via
da
quel
luogo
milioni
di
visitatori
di
tutta
la
terra
;
e
pensando
a
queste
cose
,
collo
sguardo
rivolto
a
quella
lunga
fila
di
padiglioni
,
mi
sentii
compreso
improvvisamente
d
'
un
sentimento
di
affetto
e
di
gratitudine
così
vivo
,
che
se
in
quel
momento
mi
passava
a
tiro
un
pittore
,
il
primo
venuto
,
gli
saltavo
al
collo
com
'
è
vero
il
sole
.
L
'
ultima
sala
delle
belle
arti
mette
nella
galleria
del
lavoro
.
Non
si
può
immaginare
un
più
strano
cambiamento
di
scena
.
Qui
tutto
è
agitazione
e
strepito
.
Si
vedono
le
piccole
industrie
all
'
opera
.
C
'
è
un
gran
numero
di
banchi
circolari
e
quadrati
,
che
servono
insieme
d
'
officina
e
di
bottega
,
dove
lavorano
continuamente
uomini
,
donne
e
ragazzi
,
in
mezzo
a
una
folla
di
curiosi
,
che
formano
una
catena
non
interrotta
di
grandi
anelli
neri
mobilissimi
da
una
estremità
all
'
altra
dell
'
immensa
sala
.
Qui
si
lavora
l
'
oro
,
la
tartaruga
,
l
'
avorio
,
la
madreperla
,
si
fabbricano
gli
oggetti
di
filigrana
,
si
fanno
i
ventagli
,
le
spazzole
,
i
portamonete
,
gli
orologi
.
C
'
è
,
fra
gli
altri
,
un
gruppo
d
'
operaie
che
fabbricano
le
bambole
con
una
rapidità
di
prestigiatrici
,
e
altre
che
fanno
i
fiori
di
stoffa
,
di
smalto
,
di
penne
d
'
uccelli
del
tropico
,
con
una
sveltezza
ed
un
garbo
,
che
par
di
vederli
sbocciare
fra
le
loro
dita
.
In
altre
parti
si
tesse
la
seta
,
si
dipinge
la
porcellana
,
si
lavora
il
rame
,
si
fa
la
guttaperca
,
si
fabbricano
le
pipe
di
schiuma
.
In
un
angolo
si
vedono
le
pazienti
manine
normanne
lavorare
la
trina
.
Nel
mezzo
della
sala
si
taglia
il
diamante
.
Qui
piovono
i
biglietti
di
visita
,
là
le
spille
,
più
in
là
i
bottoni
;
da
una
parte
si
fanno
le
treccie
e
i
chignons
,
dall
'
altra
i
canestrini
e
le
scatolette
di
paglia
.
Un
gruppo
d
'
indiani
,
col
capo
coperto
di
enormi
turbanti
variopinti
,
lavorano
agli
scialli
.
È
una
lunghissima
fila
di
piccoli
fornelli
,
di
macchinette
vibranti
,
di
fiammelle
di
gaz
,
di
teste
chine
,
di
mani
in
moto
,
di
gente
che
interroga
e
di
gente
che
spiega
;
un
chiacchierio
,
un
affaccendamento
allegro
,
un
lavorio
accelerato
e
sonoro
,
che
mette
la
smania
di
far
qualche
cosa
.
E
la
vôlta
altissima
ripercuote
rumorosamente
i
sibili
acuti
che
paiono
grida
di
gioia
infantile
,
il
picchiettio
cadenzato
di
cento
martelli
,
lo
stridore
delle
lime
e
delle
seghe
e
mille
tintinni
cristallini
e
metallici
,
e
il
ronzìo
sordo
della
moltitudine
che
passa
a
processioni
,
a
turbe
,
a
gruppi
,
come
un
esercito
sbandato
,
per
riversarsi
nei
giardini
esterni
o
nelle
gallerie
delle
macchine
.
Qui
lo
spettacolo
è
degno
d
'
un
'
ode
di
Vittor
Hugo
.
Sul
primo
momento
par
di
essere
sotto
una
delle
immense
tettoie
arcate
delle
stazioni
di
Londra
.
Son
due
gallerie
lunghe
come
il
Campo
di
Marte
,
larghe
novanta
uomini
di
fronte
,
e
piene
di
luce
,
nelle
quali
mille
macchine
enormi
,
un
esercito
di
ciclopi
di
metallo
,
minacciosi
e
splendidi
,
alzano
le
teste
,
le
braccia
,
le
mazze
,
le
lame
,
fitte
e
intricate
,
fino
alle
vôlte
altissime
,
producendo
il
fragore
d
'
una
battaglia
.
Una
immensa
trasformazione
di
cose
si
compie
da
tutte
le
parti
.
Il
foglio
di
carta
esce
in
buste
da
lettera
,
lo
spago
in
corde
,
il
bronzo
in
medaglie
,
il
filo
di
ottone
in
spille
,
il
filo
di
lana
in
calze
,
il
pezzo
di
legno
in
frammenti
di
mobili
;
la
ricamatrice
svizzera
ricama
con
trecento
aghi
,
il
papirografo
inglese
riproduce
trecento
esemplari
d
'
un
manoscritto
,
la
macchina
dei
saponi
taglia
i
cubi
,
gl
'
involta
e
li
pesa
;
la
macchina
del
Marinoni
mette
fuori
i
giornali
piegati
;
le
gigantesche
filatrici
di
Birmingham
e
di
Manchester
lavorano
accanto
alle
macchine
d
'
estrazione
delle
miniere
;
la
grande
macchina
da
ghiaccio
getta
il
suo
furioso
soffio
gelato
in
mezzo
agli
aliti
di
fuoco
delle
macchine
da
gaz
;
altre
lavorano
i
diamanti
,
altre
lacerano
e
torcono
il
metallo
come
una
pasta
,
altre
lavano
,
raffinano
,
travasano
,
disegnano
,
dipingono
,
scrivono
;
in
ogni
parte
freme
una
vita
meravigliosa
ed
orribile
di
mostri
di
cento
bocche
e
di
cento
mani
,
che
irrita
i
nervi
,
introna
le
orecchie
e
confonde
l
'
immaginazione
.
Qua
e
là
si
vede
la
materia
informe
sparire
nel
ventre
tenebroso
di
quei
colossi
,
riapparire
in
alto
,
dopo
qualche
momento
,
già
mezzo
lavorata
,
e
come
portata
in
trionfo
,
e
poi
rinascondersi
,
ricacciata
giù
sdegnosamente
a
subire
le
ultime
violenze
....
Qui
lavorano
delle
braccia
di
gigante
,
là
delle
dita
di
fata
.
In
una
parte
il
lavoro
si
presenta
sotto
l
'
aspetto
d
'
una
distruzione
furiosa
,
fra
denti
enormi
di
ferro
e
artigli
d
'
acciaio
,
che
stritolano
e
sbranano
con
un
fracasso
d
'
inferno
,
in
cui
si
sente
un
suono
confuso
di
lamenti
umani
;
in
mezzo
a
un
roteggio
intricato
,
vertiginoso
,
feroce
,
che
sbricciolerebbe
un
titano
come
un
gingillo
di
vetro
.
In
un
'
altra
parte
il
mostro
mansueto
accarezza
la
materia
prigioniera
,
la
palleggia
,
la
lambisce
,
la
liscia
,
delicatamente
,
lentamente
,
in
silenzio
,
come
se
facesse
per
gioco
.
Altre
macchine
colossali
,
come
quelle
da
maglie
,
fanno
movimenti
strani
e
misteriosi
,
d
'
apparenza
quasi
umana
,
con
una
certa
grazia
languida
d
'
ondulazioni
femminee
;
che
ispirano
un
senso
inesplicabile
di
ripugnanza
,
come
se
fossero
esseri
viventi
dei
quali
non
sì
riuscisse
ad
afferrare
la
forma
.
Fra
le
grandi
membra
di
tutti
questi
lavoratori
smisurati
,
s
'
agita
come
una
vita
segreta
un
indescrivibile
lavorio
di
rotine
che
sembrano
immobili
,
di
seghe
che
paion
fili
,
di
congegni
delicatissimi
e
quasi
invisibili
,
che
vibrano
,
tremano
,
trepidano
,
e
ingigantiscono
ancora
,
col
paragone
della
loro
umile
piccolezza
,
le
ruote
enormi
,
le
cerniere
colossali
,
le
caldaie
titaniche
,
le
correggie
spropositate
,
le
gru
,
gli
stantuffi
,
i
tubi
mostruosi
,
che
si
slanciano
in
alto
come
colonne
monumentali
,
e
si
succedono
in
una
fila
senza
fine
,
presentando
l
'
aspetto
di
non
so
che
bizzarra
e
deforme
città
di
metallo
,
in
cui
si
dibatta
fra
le
catene
una
legione
di
dannati
o
di
pazzi
.
Ma
anche
l
'
uomo
lavora
;
un
gran
numero
di
donne
cuciscono
colle
macchinette
;
intorno
alle
grandi
macchine
vigilano
degli
operai
,
e
meccanici
e
artefici
di
tutti
i
paesi
,
vestiti
trascuratamente
,
osservano
,
notano
,
si
caccian
per
tutto
,
fra
gli
stantuffi
e
le
ruote
,
a
rischio
della
vita
;
fra
i
quali
si
vedono
qua
e
là
delle
faccie
scarne
e
pallide
,
ma
piene
di
vita
,
su
cui
lampeggia
una
volontà
di
ferro
e
un
'
ambizione
implacabile
.
Chi
sa
!
operai
oscuri
oggi
,
forse
inventori
gloriosi
domani
.
Tutta
l
'
enorme
galleria
è
piena
dell
'
immenso
affanno
del
lavoro
.
E
sulle
prime
quell
'
agitazione
affatica
e
rattrista
.
Ma
a
poco
a
poco
,
facendovi
l
'
udito
e
fermandovi
il
pensiero
,
in
quel
fragore
pauroso
di
fischi
,
di
sbuffi
,
di
scoppii
,
di
scricchiolamenti
,
di
gemiti
e
d
'
ululati
,
si
sente
la
voce
profonda
delle
moltitudini
,
le
grida
eccitatrici
della
lotta
e
l
'
urrà
formidabile
della
vittoria
umana
.
L
'
uomo
che
,
entrando
,
s
'
era
sentito
schiacciato
,
riacquista
la
coscienza
di
sè
,
e
contempla
quell
'
immensa
forza
,
suscitata
e
disciplinata
dal
suo
pensiero
,
con
un
fremito
d
'
alterezza
,
in
cui
tutto
l
'
essere
suo
si
rinvigorisce
e
s
'
innalza
.
E
quello
smisurato
arsenale
di
armi
pacifiche
,
le
bandiere
grandi
come
vele
di
nave
che
spenzolano
dalla
vôlta
,
gonfiate
dall
'
aria
commossa
dalle
ruote
innumerevoli
,
quei
monumenti
selvaggi
di
cordami
e
di
reti
,
le
piramidi
delle
zappe
che
servirono
a
dissodare
i
deserti
del
nuovo
emisfero
,
i
trofei
degli
strumenti
per
la
pesca
dei
grandi
cetacei
dei
mari
polari
,
i
tronchi
giganteschi
delle
foreste
vergini
,
le
armature
colossali
dei
palombari
,
le
torri
di
merci
,
e
i
fari
giranti
tra
i
nuvoli
di
fumo
,
i
getti
d
'
acqua
e
le
pioggie
vaporose
delle
macchine
a
vapore
,
questo
maestoso
e
terribile
spettacolo
,
salutato
dalle
detonazioni
delle
macchine
da
gaz
,
dagli
squilli
delle
trombe
marine
e
dalle
note
solenni
degli
organi
lontani
,
che
portano
in
quell
'
inferno
la
poesia
della
speranza
e
della
preghiera
,
a
poco
a
poco
s
'
impadronisce
di
voi
,
vi
fa
vibrare
tutte
le
facoltà
dello
spirito
,
vi
fa
scattare
tutte
le
molle
dell
'
operosità
e
del
coraggio
,
vi
accende
nel
cuore
la
febbre
della
battaglia
,
e
vi
fa
uscire
di
là
colla
mente
piena
di
disegni
audaci
e
di
risoluzioni
gloriose
.
Dalla
galleria
delle
macchine
francesi
si
viene
in
un
lunghissimo
viale
tutto
vermiglio
di
rose
,
e
di
là
....
Ma
non
c
'
è
un
lettore
ragionevole
il
quale
pretenda
da
me
la
descrizione
dei
così
detti
«
annessi
»
del
palazzo
del
Campo
di
Marte
;
che
formano
essi
soli
una
seconda
Esposizione
universale
.
Sono
due
miglia
di
giardini
,
d
'
orti
,
di
tettoie
,
di
padiglioni
,
di
case
rustiche
,
in
cui
ricomincia
la
serie
dei
musei
e
delle
officine
;
e
c
'
è
da
girar
per
un
mese
.
Qui
si
trattengono
soltanto
gli
«specialisti.»
La
maggior
parte
dei
visitatori
non
ci
va
che
per
rinfrescarsi
la
testa
all
'
aria
libera
.
Ma
là
c
'
è
da
farsi
un
concetto
di
quel
che
costò
la
costruzione
di
quella
gran
città
passeggiera
,
e
di
quello
che
costa
continuamente
il
farla
vivere
.
È
una
cosa
che
sgomenta
davvero
.
Bisogna
considerare
prima
il
grande
lavoro
del
livellamento
,
per
il
quale
si
smossero
o
si
trasportarono
cinquecentomila
metri
cubi
di
terra
;
rappresentarsi
l
'
enorme
trincea
che
serpeggia
sotto
il
palazzo
del
Campo
di
Marte
,
e
distribuisce
in
sedici
grandi
correnti
l
'
aria
addensata
dai
venditori
;
abbracciare
col
pensiero
l
'
azione
poderosa
dei
grandi
«
generatori
»
che
provvedono
il
vapore
alle
macchine
motrici
;
il
lavoro
titanico
delle
trenta
macchine
motrici
che
trasmettono
la
vita
a
tutte
le
macchine
dell
'
Esposizione
;
il
movimento
continuo
delle
formidabili
trombe
aspiranti
che
assorbono
dei
torrenti
dalla
Senna
e
li
rispandono
,
per
un
labirinto
di
canali
e
di
serbatoi
sotterranei
,
ai
condotti
del
Campo
di
Marte
,
ai
bacini
,
alle
fontane
,
agli
acquarii
,
agli
ascensori
delle
torri
,
alla
cascata
del
Trocadero
;
rappresentarsi
la
rete
infinita
di
strade
ferrate
che
coprì
quello
spazio
durante
i
lavori
di
costruzione
,
e
le
macchine
innumerevoli
che
aiutarono
le
braccia
dell
'
uomo
al
collocamento
delle
cose
enormi
;
poi
richiamare
alla
mente
il
lavoro
immenso
e
febbrile
dell
'
ultimo
mese
,
un
esercito
d
'
operai
d
'
ogni
paese
,
formicolanti
sull
'
orlo
dei
tetti
,
sulla
sommità
delle
cupole
,
nelle
profondità
della
terra
,
sospesi
alle
corde
,
ritti
sulle
impalcature
vertiginose
,
a
gruppi
,
a
catene
,
a
sciami
,
di
giorno
,
di
notte
,
al
lume
delle
fiaccole
,
al
bagliore
della
luce
elettrica
,
in
mezzo
a
nuvoli
di
polvere
e
di
vapori
,
sollecitati
da
mille
voci
in
cento
lingue
,
in
mezzo
al
frastuono
d
'
un
mare
in
tempesta
e
ai
fremiti
d
'
impazienza
del
mondo
,
-
e
infine
ricordarsi
che
ne
uscì
quasi
inaspettatamente
quel
meraviglioso
caravanserai
di
cento
popoli
,
pieno
di
tesori
,
di
vegetazione
e
di
vita
,
-
e
che
ventiquattro
mesi
prima
non
c
'
era
là
che
un
deserto
;
-
allora
non
si
frena
più
quel
sentimento
d
'
ammirazione
che
,
al
primo
entrare
,
era
stato
turbato
da
un
effetto
spiacevole
d
'
apparenza
.
Ma
questo
grande
spettacolo
bisogna
vederlo
la
sera
dalle
alte
gallerie
del
Trocadero
.
Lassù
,
abbracciando
con
uno
sguardo
solo
,
come
dalla
cima
d
'
un
monte
,
quella
vastissima
spianata
piena
di
memorie
,
che
vide
le
feste
simboliche
della
Rivoluzione
e
senti
gli
urrà
degli
eserciti
di
Marengo
e
di
Waterloo
;
quel
palazzo
enorme
e
magnifico
,
su
cui
sventolano
tutte
le
bandiere
della
terra
;
il
grande
fiume
,
i
vasti
parchi
,
i
mille
tetti
,
i
cento
torrenti
umani
che
serpeggiano
nel
recinto
immenso
,
inondato
dalla
luce
dorata
e
calda
del
tramonto
;
la
mente
si
apre
a
mille
nuovi
pensieri
.
Si
pensa
ai
milioni
di
creature
umane
che
lavorarono
per
riempire
quello
sterminato
museo
,
dagli
artisti
gloriosi
nel
mondo
ai
lavoratori
solitarii
e
sconosciuti
dei
tugurii
;
alle
mille
cose
là
raccolte
,
su
cui
è
caduta
la
lacrima
dell
'
operaia
e
stillato
il
sudore
del
forzato
;
ai
tesori
conquistati
a
prezzo
di
vite
innumerevoli
;
alle
vittorie
conseguite
dal
lavoro
accumulato
di
dieci
generazioni
;
alle
ricchezze
dei
re
,
ai
quaderni
dei
bimbi
,
alle
sculture
informi
degli
schiavi
,
confusi
tutti
,
sotto
quelle
vôlte
,
in
una
specie
di
santa
eguaglianza
al
cospetto
del
mondo
;
ai
viaggi
favolosi
che
fecero
quei
lavori
e
quei
prodotti
,
calati
sulle
slitte
dalle
montagne
,
portati
dalle
carovane
a
traverso
alle
foreste
e
ai
deserti
,
cavati
dal
fondo
del
mare
e
dalle
viscere
della
terra
,
trasportati
per
i
fiumi
immensi
e
fra
le
tempeste
degli
oceani
,
come
a
un
sacro
pellegrinaggio
;
alle
mille
speranze
che
li
accompagnarono
,
alle
mille
ambizioni
che
vi
si
fondano
,
alle
idee
infinite
che
scaturiranno
dai
confronti
,
ai
nuovi
ardimenti
che
nasceranno
dai
trionfi
,
ai
racconti
favolosi
che
si
ripeteranno
fin
sotto
le
capanne
delle
più
remote
colonie
;
e
finalmente
che
,
grazie
a
tutto
ciò
,
mille
mani
che
non
si
sarebbero
mai
incontrate
,
si
strinsero
;
che
per
un
tempo
molti
odii
,
come
in
virtù
d
'
una
tregua
di
Dio
,
si
quetarono
;
che
milioni
d
'
uomini
,
accorsi
qui
,
si
rispanderanno
per
tutta
la
terra
portando
un
tesoro
di
nomi
cari
,
prima
ignorati
,
di
nuove
ammirazioni
,
di
nuove
simpatie
,
di
nuove
sperante
,
e
un
sentimento
più
grande
e
più
potente
dell
'
amor
di
patria
.
Si
pensano
queste
cose
e
si
applaude
senza
dubbio
,
in
quei
momenti
,
con
più
vivo
entusiasmo
all
'
Esposizione
;
ma
più
che
all
'
Esposizione
si
benedice
a
questa
augusta
legge
,
a
questo
immortale
e
santo
affanno
:
il
Lavoro
.
E
si
vorrebbe
vederlo
,
come
un
nume
,
simboleggiato
in
una
statua
smisurata
e
splendida
,
che
avesse
i
piedi
nelle
viscere
del
globo
e
la
testa
più
alta
delle
montagne
,
e
dirgli
:
-
Gloria
a
te
,
secondo
creatore
della
terra
,
Signore
formidabile
e
dolce
.
Noi
consacriamo
a
te
il
vigore
della
gioventù
,
la
tenacia
dell
'
età
virile
,
la
saggezza
della
vecchiaia
,
il
nostro
entusiasmo
,
le
nostre
speranze
,
il
nostro
sangue
;
e
tu
tempera
i
dolori
,
fortifica
gli
affetti
,
rasserena
le
anime
,
prodiga
le
sante
alterezze
,
dispensa
i
riposi
fecondi
,
affratella
gli
uomini
,
pacifica
il
mondo
,
sublime
amico
e
divino
Consolatore
!
VITTOR
HUGO
I
.
V
'
è
uno
scrittore
,
in
Francia
,
salito
in
questi
ultimi
anni
a
un
tal
grado
di
gloria
e
di
potenza
che
nessun
'
ambizione
letteraria
può
aver
mai
sognato
d
'
arrivare
più
alto
.
Egli
è
,
per
consenso
quasi
universale
,
il
primo
poeta
vivente
d
'
Europa
.
Ha
quasi
ottant
'
anni
:
è
nato
il
secondo
anno
del
secolo
.
Le
siècle
avait
deux
ans
.
Era
già
celebre
cinquant
'
anni
sono
,
quando
Alessandro
Dumas
diceva
ai
suoi
amici
,
parlando
di
lui
:
-
Nous
sommes
tous
flambés
-
e
non
aveva
,
inteso
che
il
dramma
Marion
Delorme
.
Il
suo
nome
e
le
sue
opere
sono
sparsi
per
tutta
la
terra
.
D
'
un
nuovo
suo
libro
spariscono
centomila
esemplari
in
pochi
giorni
.
I
suoi
lavori
giovanili
sono
ancora
ricercati
oggi
come
quando
annunziarono
per
la
prima
volta
il
suo
nome
all
'
Europa
.
Tutti
i
suoi
cinquanta
volumi
sono
pieni
di
gioventù
e
di
vita
come
se
fossero
venuti
alla
luce
,
tutti
insieme
,
pochi
anni
sono
.
La
vita
di
quest
'
uomo
è
stata
una
guerra
continua
;
una
guerra
letteraria
,
prima
,
bandita
dal
teatro
;
una
guerra
politica
,
dopo
,
rotta
nelle
assemblee
e
proseguita
in
esilio
:
l
'
una
contro
il
classicismo
,
l
'
altra
contro
un
imperatore
;
tutt
'
e
due
vinte
da
lui
.
Nessun
altro
scrittore
del
suo
tempo
fu
più
di
lui
combattuto
,
e
nessun
altro
sedette
,
vecchio
,
sopra
un
più
alto
piedestallo
di
spoglie
nemiche
.
Falangi
d
'
avversarii
furiosi
gli
attraversarono
la
strada
;
-
egli
passò
-
e
quelli
disparvero
.
I
suoi
grandi
rivali
discesero
l
'
un
dopo
l
'
altro
nel
sepolcro
,
sotto
i
suoi
occhi
.
Una
serie
di
sventure
tragiche
disperse
la
sua
famiglia
:
tutti
i
rami
della
quercia
caddero
l
'
un
sull
'
altro
fulminati
;
il
vecchio
tronco
rimase
saldo
ed
immobile
.
Egli
passò
per
tutte
le
prove
:
fu
povero
,
fu
perseguitato
,
fu
proscritto
,
-
solo
-
vagabondo
-
vituperato
-
deriso
;
ma
continuò
impassibilmente
,
con
una
ostinazione
meravigliosa
,
il
suo
enorme
lavoro
.
In
tempi
in
cui
pareva
finito
,
si
rialzò
tutt
'
a
un
tratto
,
trasfigurato
,
con
opere
piene
di
nuove
forze
e
di
nuove
,
promesse
.
Su
tutte
le
vie
della
letteratura
mise
l
'
impronta
dei
suoi
passi
giganteschi
.
Non
tentò
,
assalì
tutti
i
campi
dell
'
arte
,
e
v
'
irruppe
tempestando
,
rovesciando
,
sfracellando
,
lasciando
da
ogni
parte
le
traccie
di
una
battaglia
.
Alla
tribuna
,
nel
teatro
,
in
tribunale
,
in
patria
,
in
esilio
,
nella
poesia
e
nella
critica
,
giovane
e
settuagenario
,
fu
sempre
ad
un
modo
,
audace
,
ostinato
,
sfrenato
,
provocatore
,
rude
,
furioso
,
selvaggio
.
E
suscitò
degli
eserciti
di
nemici
,
ma
si
trascinò
dietro
degli
eserciti
.
Una
legione
di
scrittori
fanatici
e
devoti
gli
si
strinse
e
gli
si
stringe
intorno
,
e
combatte
in
sua
difesa
e
nel
suo
nome
.
Mille
ingegni
eletti
,
in
varii
tempi
,
non
brillarono
d
'
altra
luce
che
del
riflesso
del
suo
genio
;
altri
,
attratti
nella
sua
orbita
,
sparirono
nel
suo
seno
;
altri
s
'
affaticarono
inutilmente
,
tutta
la
vita
,
per
levarsi
dalla
fronte
l
'
impronta
ch
'
egli
v
'
aveva
stampata
.
La
pittura
,
la
scultura
e
la
musica
s
'
impadronirono
delle
creazioni
della
sua
mente
,
e
le
resero
popolari
,
per
la
seconda
volta
,
in
tutti
i
paesi
civili
.
Una
ricchezza
enorme
d
'
immagini
,
di
sentenze
,
di
traslati
,
di
modi
,
di
forme
nuove
dell
'
arte
,
profusa
da
lui
,
circola
,
vive
e
fruttifica
in
tutte
le
letterature
d
'
Europa
.
Egli
è
da
mezzo
secolo
argomento
continuo
di
discussioni
ardenti
e
feconde
.
Quasi
tutte
le
nuove
questioni
letterarie
o
hanno
radice
nelle
sue
opere
o
vi
girano
intorno
forzatamente
,
ed
egli
presiede
,
innominato
e
invisibile
,
a
tutte
le
contese
.
Ma
ora
le
contese
,
per
quello
che
riguarda
lui
,
almeno
in
Francia
,
sono
quasi
affatto
cessate
.
La
sua
età
,
le
sue
sventure
,
la
sua
immensa
fama
,
la
vitalità
poderosa
delle
sue
opere
,
rinvigorita
da
recenti
trionfi
,
la
popolarità
grande
del
suo
nome
tenuta
viva
continuamente
dalla
sua
parola
e
dalla
sua
presenza
,
lo
hanno
messo
quasi
al
di
fuori
e
al
di
sopra
della
critica
.
I
suoi
più
acerrimi
nemici
letterarii
d
'
un
tempo
tacciono
;
i
suoi
più
accaniti
avversarii
politici
saettano
il
repubblicano
,
ma
rispettano
il
poeta
,
come
una
gloria
della
Francia
.
Chi
non
lo
riconosce
come
poeta
drammatico
,
lo
ammette
come
romanziere
;
chi
lo
respinge
come
romanziere
,
lo
adora
come
poeta
lirico
;
altri
che
detestano
il
suo
gusto
letterario
,
accettano
le
sue
idee
;
altri
che
combattono
le
sue
idee
,
sono
entusiasmati
della
sua
forma
;
chi
non
ammira
nessuna
delle
sue
opere
partitamente
,
ammira
ed
esalta
la
vastità
grandiosa
dell
'
edifizio
che
formano
tutte
insieme
:
nessuno
gli
contesta
il
genio
;
nessuno
,
parlandone
cogli
stranieri
,
si
mostra
incurante
od
ostile
all
'
omaggio
che
gli
vien
reso
;
e
anche
chi
l
'
odia
,
ne
è
altero
.
Oltre
a
ciò
,
l
'
aura
politica
del
momento
gli
è
favorevole
.
Egli
è
un
poeta
popolare
e
un
tribuno
vittorioso
,
e
porta
sulla
corona
d
'
alloro
come
un
'
aureola
sacra
di
genio
tutelare
della
patria
.
È
arrivato
a
quel
punto
culminante
della
gloria
,
oltre
il
quale
non
si
può
più
salire
che
morendo
.
La
sua
casa
è
come
una
reggia
.
Scrittori
ed
artisti
di
tutti
i
paesi
,
principi
ed
operai
,
donne
e
giovanetti
,
entusiasti
ardenti
,
vanno
a
visitarlo
.
Ogni
sua
apparizione
in
pubblico
è
un
trionfo
.
La
sua
immagine
è
da
per
tutto
,
il
suo
nome
suona
ad
ogni
proposito
.
Si
parla
già
di
lui
come
d
'
una
gloria
consacrata
dai
secoli
,
e
gli
si
prodigan
già
quelle
lodi
smisurate
e
solenni
che
non
si
concedono
che
ai
morti
.
Ed
egli
è
ancora
pieno
di
vita
,
di
forza
,
d
'
idee
,
di
disegni
,
ed
annunzia
ogni
momento
la
pubblicazione
d
'
un
'
opera
nuova
.
Ecco
l
'
uomo
di
cui
intendo
di
scrivere
oggi
.
Dopo
l
'
Esposizione
universale
,
Vittor
Hugo
.
Un
argomento
val
l
'
altro
,
mi
pare
.
II
.
Io
credo
,
esprimendo
quello
che
penso
di
Vittor
Hugo
,
d
'
esprimere
presso
a
poco
quello
che
ne
pensano
tutti
i
giovani
del
mio
tempo
.
Non
c
'
è
nessuno
di
noi
,
certamente
,
che
non
si
ricordi
dei
giorni
in
cui
divorò
,
giovanetto
,
i
primi
volumi
dell
'
Hugo
che
gli
caddero
fra
le
mani
.
È
stata
senza
dubbio
per
tutti
una
emozione
nuova
,
profonda
,
confusa
,
indimenticabile
.
Tutti
ci
siamo
,
domandati
tratto
tratto
,
interrompendo
la
lettura
:
-
Che
uomo
è
costui
?
-
Nello
stesso
tempo
dolce
e
tremendo
,
fantastico
e
profondo
,
insensato
e
sublime
,
egli
mette
accanto
a
una
stramberia
rettorica
che
rivolta
,
la
rivelazione
d
'
una
grande
verità
che
fa
dare
un
grido
di
stupore
.
Colla
stessa
potenza
ci
fa
sentire
la
dolcezza
del
bacio
di
due
amanti
e
l
'
orrore
di
un
delitto
.
È
ingenuo
come
un
fanciullo
,
è
truce
come
un
uomo
di
sangue
,
è
affettuoso
come
una
donna
,
è
mistico
come
un
profeta
,
è
violento
come
un
oratore
della
Convenzione
,
è
triste
come
un
uomo
senz
'
affetti
e
senza
speranze
.
In
cento
pagine
ci
mostra
cento
faccie
.
Egli
sa
esprimere
tutto
:
sensazioni
vaghe
dell
'
infanzia
,
su
cui
s
'
era
mille
volte
tormentato
invano
il
nostro
pensiero
;
i
primi
inesplicabili
turbamenti
amorosi
della
pubertà
,
le
lotte
più
intime
del
cuore
della
fanciulla
e
della
coscienza
dell
'
assassino
;
profondità
segrete
dell
'
anima
,
che
sentivamo
in
noi
,
ma
in
cui
l
'
occhio
della
nostra
mente
non
era
mai
penetrato
;
sfumature
di
sentimenti
che
credevamo
ribelli
al
linguaggio
umano
.
Egli
abbraccia
colla
mente
tutto
l
'
universo
.
Ha
,
se
si
può
dire
,
due
anime
che
spaziano
contemporaneamente
in
due
mondi
,
e
ogni
opera
sua
porta
l
'
impronta
di
questa
sua
doppia
natura
.
Chi
non
ha
fatto
mille
volte
quest
'
osservazione
?
In
alto
v
'
è
quel
suo
eterno
ciel
bleu
che
ricorre
ad
ogni
pagina
,
i
firmamenti
mille
volte
percorsi
,
gli
astri
continuamente
invocati
,
gli
angeli
,
le
aurore
,
gli
oceani
di
luce
,
mille
sogni
e
mille
visioni
della
vita
futura
,
un
mondo
tutto
ideale
,
in
cui
egli
si
sprofonda
come
un
estatico
,
trasportando
con
sè
il
lettore
abbarbagliato
e
stordito
;
e
sotto
,
dei
mari
neri
e
tempestosi
,
tenebre
su
tenebre
,
la
sua
eterna
ombre
,
i
suoi
abîmes
,
i
suoi
gouffres
,
il
bagno
,
la
cloaca
,
la
corte
dei
miracoli
,
il
carnefice
,
il
rospo
,
la
putredine
,
la
deformità
,
la
miseria
,
tutto
quanto
v
'
ha
di
più
orribile
e
di
più
immondo
sopra
la
terra
.
Il
campo
della
sua
creazione
non
ha
confini
.
Ravvicinate
Cosetta
e
Lucrezia
Borgia
,
Rolando
della
Leggenda
dei
secoli
e
Quasimodo
,
Dea
e
Maria
Tudor
,
Gavroche
e
Carlo
V
,
le
sue
vergini
morte
a
quindici
anni
,
i
suoi
galeotti
,
i
suoi
sultani
,
le
sue
guardie
imperiali
,
i
suoi
pezzenti
,
i
suoi
frati
,
e
vi
parrà
d
'
aver
dinanzi
l
'
opera
non
d
'
un
solo
,
ma
d
'
una
legione
di
poeti
.
Riandate
rapidamente
tutte
le
sue
creazioni
:
esse
lasciano
l
'
impressione
d
'
un
'
enorme
epopea
di
frammenti
,
che
risale
da
Caino
a
Napoleone
il
grande
,
e
una
memoria
confusa
di
amori
divini
,
di
lotte
titaniche
,
di
miserie
inaudite
,
di
morti
orrende
,
viste
come
a
traverso
a
una
bruma
paurosa
,
rotta
qua
e
là
da
torrenti
di
luce
,
in
cui
formicola
una
miriade
di
personaggi
metà
creature
reali
e
metà
fantasmi
,
che
sconvolgono
l
'
immaginazione
,
Tutte
le
opere
sue
son
come
colorate
dal
riflesso
d
'
una
vita
arcana
ch
'
egli
abbia
vissuta
,
altre
volte
,
in
un
mondo
arcano
,
al
quale
par
che
alluda
vagamente
ad
ogni
pagina
,
e
alle
cui
porte
s
'
affaccia
continuamente
,
impaziente
dei
confini
che
gli
sono
assegnati
sulla
terra
,
Una
fantasmagoria
immensa
di
cose
ignote
all
'
umanità
par
che
lo
tormenti
di
continuo
,
come
una
visione
febbrile
.
Tutto
quello
che
v
'
è
di
più
strano
e
di
più
oscuro
sul
limite
che
separa
il
mondo
reale
dal
mondo
dei
sogni
,
egli
lo
cerca
,
lo
studia
e
lo
fa
suo
.
I
re
favolosi
dell
'
Asia
,
le
superstizioni
di
tutti
i
secoli
,
le
leggende
più
bizzarre
di
tutti
i
paesi
,
i
paesaggi
più
tetri
della
terra
,
i
mostri
più
orribili
del
mare
,
i
fenomeni
più
spaventosi
della
natura
,
le
agonie
più
tragiche
,
tutte
le
stregonerie
,
tutti
i
delirii
,
tutte
le
allucinazioni
della
mente
umana
sono
passate
per
la
sua
penna
.
Egli
vede
tutto
per
non
so
che
prisma
meraviglioso
;
a
traverso
il
quale
,
per
contro
,
il
lettore
vede
sempre
lui
.
In
fondo
a
tutte
le
sue
scene
e
dietro
tutti
i
suoi
personaggi
spunta
la
sua
testa
enorme
e
superba
.
Quasi
tutte
le
sue
creature
portano
l
'
impronta
colossale
del
suo
suggello
,
e
parlano
il
linguaggio
del
genio
;
sono
,
come
lui
,
grandi
poeti
o
grandi
sognatori
;
statue
,
a
cui
ha
stampato
sulla
fronte
il
suo
nome
;
larve
dai
contorni
più
che
umani
,
che
si
vedono
ingigantite
come
a
traverso
le
nebbie
dei
mari
polari
,
o
accese
della
luce
d
'
una
glorificazione
teatrale
che
le
trasfigura
,
Così
Javert
,
Gymplaine
,
Triboulet
,
Simoudain
,
Gilliat
,
Giosiana
,
Ursus
,
Quasimodo
,
Jean
Valjean
.
Così
il
suo
Napoleone
III
,
rappresentato
come
un
volgare
malfattore
,
tutto
d
'
un
pezzo
,
liricamente
.
Pochi
i
personaggi
d
'
ossa
e
di
carne
,
che
abbiano
la
nostra
statura
e
la
nostra
voce
.
E
così
la
sua
cattedrale
di
Notre
Dame
,
convertita
da
lui
in
un
monumento
enorme
e
formidabile
come
una
montagna
delle
Alpi
.
Tutte
le
sue
creazioni
sono
,
com
'
egli
dice
delle
onde
di
un
oceano
in
tempesta
,
mélanges
de
montagne
et
de
songe
.
Solo
nel
primo
momento
della
concezione
è
osservatore
tranquillo
e
fedele
;
poi
la
sua
natura
invincibilmente
lirica
irrompe
,
ed
egli
afferra
colla
mano
poderosa
la
sua
creatura
,
e
la
trasporta
al
di
sopra
della
terra
.
Dalla
prima
all
'
ultima
pagina
è
sempre
presente
,
despota
orgoglioso
e
violento
,
e
ci
fa
della
lettura
una
lotta
.
Ci
caccia
innanzi
a
spintoni
,
ci
solleva
,
ci
stramazza
,
ci
rialza
,
ci
scrolla
,
ci
umilia
,
ci
travolge
nella
sua
fuga
precipitosa
,
senza
dar
segno
d
'
avvedersi
che
noi
esistiamo
.
Balziamo
rapidissimamente
fra
i
più
opposti
sentimenti
che
può
suscitar
la
lettura
,
dalla
noia
irritata
all
'
entusiasmo
ardente
,
come
palleggiati
dalla
sua
mano
.
Eterne
pagine
si
succedono
in
cui
l
'
Hugo
non
è
più
lui
,
Egli
travia
,
erra
a
tentoni
nelle
tenebre
,
e
delira
.
Non
sentiamo
più
la
parola
dell
'
uomo
;
ma
l
'
urlo
o
il
balbettio
del
forsennato
.
E
i
periodi
enormi
cascano
sui
periodi
enormi
,
a
valanghe
,
oscuri
e
pesanti
,
o
i
piccoli
incisi
sui
piccoli
incisi
,
fitti
e
rabbiosi
come
la
grandine
,
e
s
'
incalzano
e
s
'
affollano
confusamente
le
assurdità
,
le
vacuità
,
le
iperboli
pazze
e
le
pedanterie
.
Vittor
Hugo
pedante
!
Eppure
sì
;
quando
ci
esprime
cento
volte
l
'
idea
che
abbiamo
afferrata
alla
prima
,
quando
ci
mostra
lentamente
e
ostinatamente
,
una
per
una
,
le
mille
faccette
d
'
una
pietra
ch
'
egli
crede
un
tesoro
e
ch
'
è
un
diamante
falso
.
E
in
quel
frattempo
,
mentre
sonnecchiamo
o
fremiamo
,
ci
si
affacciano
alla
menti
;
le
analisi
spietate
dei
critici
,
lo
ire
dei
classicisti
,
gli
anatemi
dei
pedanti
,
gli
scherni
dei
suoi
infiniti
avversarii
,
e
stiamo
per
dir
:
-
Han
ragione
!
-
Ma
che
!
Arrivati
in
fondo
alla
pagina
,
v
'
è
un
pensiero
che
ci
fa
balzare
in
piedi
e
gridare
:
-
No
,
per
Dio
!
Hanno
torto
!
-
;
una
frase
che
ci
s
'
inchioda
nel
cervello
e
nel
cuore
per
tutta
la
vita
;
una
parola
sublime
,
che
ci
compensa
di
tutto
.
E
l
'
Hugo
è
di
nuovo
là
ritto
e
gigante
sul
piedestallo
che
vacillava
.
Questa
è
la
sua
grande
potenza
:
lo
scatto
improvviso
,
la
parola
impreveduta
che
ci
rimescola
,
il
lampo
inaspettato
che
illumina
la
vasta
regione
sconosciuta
,
la
porta
bruscamente
aperta
e
richiusa
per
la
quale
intravvediamo
il
prodigio
,
un
gran
coup
dans
la
poitrine
,
come
direbbe
lo
Zola
,
che
ci
toglie
per
un
momento
il
respiro
,
e
ci
lascia
rotti
e
sgomenti
.
Non
è
l
'
aquila
che
si
libra
sull
'
ali
;
è
il
masso
che
erompe
dal
vulcano
,
tocca
le
nubi
e
ricasca
.
La
sua
arte
è
quasi
tutta
qui
:
un
lungo
lavorìo
paziente
che
prepara
un
effetto
inatteso
.
Egli
non
ha
riguardi
per
noi
mentre
prepara
;
ci
strapazza
e
ci
provoca
;
è
un
lavoratore
sprezzante
e
brutale
;
non
bada
nè
alle
nostre
impazienze
,
nè
alle
nostre
censure
.
I
suoi
difetti
sono
grandi
come
il
suo
genio
;
non
nèi
,
ma
gobbe
colossali
,
che
ci
fan
torcere
il
viso
.
L
'
architettura
della
più
parte
dei
suoi
romanzi
è
deforme
.
Sono
episodi
spropositati
,
spedienti
brutali
,
inverosimiglianze
sfrontatamente
accumulate
,
fili
di
racconti
pazzamente
spezzati
e
riannodati
;
divagazioni
,
o
piuttosto
corse
furiose
,
di
cui
non
si
vede
la
meta
,
e
che
fanno
presentire
a
ogni
passo
un
precipizio
.
Ma
egli
vuol
condurvi
là
,
dove
vuole
,
e
vi
trascina
,
renitenti
,
barcollando
ed
ansando
,
calpestando
la
ragione
,
il
buon
gusto
,
il
buon
senso
,
la
verità
.
E
a
un
certo
punto
vi
svincolate
gridando
:
-
No
,
Hugo
,
non
ti
seguo
!
-
e
lo
lasciate
fuggir
solo
.
Dov
'
è
andato
?
È
caduto
?
Ah
!
eccolo
là
,
sull
'
altura
,
colla
fronte
dorata
dal
sole
.
Ha
vinto
e
ha
ragione
.
Ma
egli
ha
tutto
per
combattere
e
per
vincere
:
ha
l
'
audacia
,
la
forza
e
le
armi
;
ha
il
genio
e
la
pazienza
;
è
nato
poeta
e
s
'
è
fatto
;
ha
scavato
dentro
a
sè
stesso
,
con
mano
pertinace
,
la
vena
più
profonda
dei
suoi
tesori
;
ogni
opera
sua
è
un
immenso
,
lavoro
di
scavazione
,
a
cui
si
assiste
leggendo
,
e
si
sente
il
formidabile
affanno
del
suo
respiro
.
È
una
strana
cosa
veramente
l
'
arte
sua
.
Egli
non
ci
presenta
il
lavoro
fatto
,
il
risultamento
netto
ed
ultimo
dei
suoi
sforzi
,
l
'
ultima
idea
a
cui
è
arrivato
per
una
successione
d
'
idee
;
ma
ci
fa
seguire
tutto
il
processo
intimo
del
suo
pensiero
,
ci
fa
contare
e
toccare
prima
tutte
le
pietre
con
cui
innalzerà
l
'
edifizio
,
ci
fa
assistere
a
tutti
i
suoi
tentativi
inutili
,
a
tutti
i
crollamenti
successivi
delle
parti
mal
fabbricate
,
e
vediamo
poi
l
'
edifizio
compiuto
,
ma
circondato
e
ingombro
dei
ruderi
,
ch
'
egli
disdegna
di
spazzare
.
Il
suo
lavoro
è
uno
strano
accoppiamento
di
pazienza
da
musicista
e
di
furia
da
pittore
ispirato
.
Egli
scrive
come
il
Goya
dipingeva
.
Ora
minia
,
liscia
,
accarezza
l
'
opera
propria
,
lento
,
quasi
sonnolento
,
minuto
,
scrupoloso
;
si
diverte
a
stendere
elenchi
accurati
di
nomi
e
di
cose
,
a
spiegare
il
proprio
concetto
con
similitudini
interminabili
diligentemente
condotte
;
procede
colle
seste
,
cerca
le
simmetrie
,
dice
,
corregge
,
aggiunge
,
modifica
,
rettifica
,
sfuma
,
cesella
,
brunisce
.
A
un
tratto
il
soffio
della
grande
ispirazione
lo
investe
,
e
allora
butta
via
il
pennello
delicato
,
e
,
come
il
Goya
faceva
,
dipinge
a
furia
con
quello
che
gli
casca
fra
le
mani
,
spande
i
colori
colle
spugne
,
getta
le
grandi
macchie
cogli
strofinacci
e
le
scope
,
dà
i
tocchi
di
sentimento
a
colpi
furiosi
di
pollice
che
sfondan
la
tela
.
Il
suo
stile
è
tutto
rilievi
acuti
,
rialti
di
granito
,
punte
di
ferro
e
vene
d
'
oro
,
pieno
d
'
asprezze
e
d
'
affondamenti
oscuri
,
rotto
qua
e
là
in
grandi
squarci
,
da
cui
si
vedono
prospetti
confusi
e
lontani
;
ora
semplice
fino
all
'
ingenuità
scolaresca
,
ora
architettato
coll
'
arte
sapiente
d
'
un
pensatore
;
a
volta
a
volta
acqua
limpida
e
mare
in
burrasca
,
su
cui
errano
nuvole
rosee
che
riflettono
il
sole
o
nuvole
nere
da
cui
si
sprigiona
la
folgore
.
Le
immagini
nuove
e
potenti
pullulano
a
miriadi
sotto
la
sua
penna
,
e
le
idee
gli
erompono
dal
capo
armate
,
impennacchiate
,
sfolgoranti
;
e
sonanti
,
qualche
volta
offuscate
dalla
ricchezza
e
schiacciate
dal
peso
dell
'
armatura
.
Egli
non
spende
,
profonde
a
piene
mani
,
sperpera
i
tesori
inesauribili
della
sua
potenza
espressiva
col
furore
d
'
un
giuocatore
forsennato
.
La
lingua
sua
non
gli
basta
.
Egli
toglie
ad
imprestito
il
gergo
della
plebe
,
la
lingua
furfantina
delle
galere
,
il
balbettio
informe
ed
illogico
dei
bambini
;
tempesta
la
sua
prosa
di
parole
straniere
di
cento
popoli
e
di
traslati
proprii
di
tutte
le
letterature
;
e
si
fabbrica
superbamente
un
linguaggio
suo
,
tutto
colori
e
scintille
,
pieno
d
'
enimmi
e
di
licenze
,
di
laconismi
potenti
e
di
delicatezze
inimitabili
;
secondo
il
bisogno
,
triviale
,
tecnico
,
accademico
,
vaporoso
,
brutale
,
solenne
;
così
che
lette
le
sue
opere
,
non
par
d
'
aver
sentito
parlare
la
lingua
di
un
solo
popolo
e
d
'
un
solo
secolo
,
ma
una
vasta
e
confusa
lingua
d
'
un
tempo
avvenire
,
per
la
quale
non
ci
sia
nulla
d
'
inesprimibile
e
di
straniero
.
Di
questa
potenza
espressiva
,
come
del
coraggio
del
suo
genio
,
egli
abusa
,
e
allora
s
'
impiglia
e
si
ravvolge
nel
proprio
pensiero
,
e
vi
s
'
aggira
come
in
un
labirinto
,
senza
trovarne
l
'
uscita
.
Ma
anche
nei
suoi
smarrimenti
è
grande
.
Anche
in
quelle
pagine
affaticate
,
tormentate
,
astruse
,
in
cui
volendo
esprimere
l
'
inesprimibile
,
tenta
da
tutte
le
parti
il
proprio
concetto
,
e
accumula
metafore
su
metafore
,
paragoni
su
paragoni
,
e
ricorre
inutilmente
al
suo
misterioso
linguaggio
di
tenebre
e
di
luce
,
d
'
ombre
e
d
'
abissi
,
di
inconnu
e
di
insondable
,
e
tutta
la
sua
fortissima
e
ricchissima
lingua
non
basta
a
render
nemmeno
una
pallida
idea
di
quel
non
so
che
di
immane
e
di
mostruoso
che
ha
nel
capo
;
in
quelle
pagine
i
freddi
pedanti
trovano
con
gioia
una
presa
assai
facile
alla
critica
che
distrugge
e
deride
;
ma
l
'
anima
dell
'
artista
vi
sente
l
'
anelito
del
titano
che
lotta
con
una
potenza
sovrumana
,
e
assiste
a
quegli
sforzi
poderosi
con
un
sentimento
di
stupore
e
di
rispetto
,
come
a
uno
di
quegli
spettacoli
in
cui
un
uomo
rischia
la
vita
.
Eppure
si
,
leggendo
le
opere
sue
,
accade
qualche
volta
che
,
arrivati
a
un
certo
punto
,
lo
squilibrio
delle
facoltà
,
la
continua
prevalenza
della
fantasia
sfrenata
sulla
ragione
,
la
eccessiva
frequenza
delle
aberrazioni
e
delle
cadute
,
vi
stanca
;
i
lampi
di
genio
non
bastano
più
a
compensarvi
dei
continui
sacrifizii
che
deve
fare
il
vostro
buon
senso
;
siete
sazii
,
sdegnati
,
qualche
volta
nauseati
;
sentite
il
bisogno
di
riposarvi
da
quella
tortura
;
ritornate
con
piacere
ai
vostri
scrittori
sensati
,
rigorosi
,
sempre
eguali
;
respirate
,
vi
ritrovate
nel
mondo
reale
,
benedite
la
logica
,
riacquistate
la
vostra
dignità
d
'
uomini
e
di
lettori
.
E
lasciate
in
un
canto
l
'
Hugo
per
mesi
,
e
qualche
volta
per
anni
,
e
vi
pare
d
'
esservene
staccati
per
sempre
.
Ma
che
!
Egli
v
'
aspetta
.
Un
giorno
arriva
finalmente
in
cui
,
tutt
'
a
un
tratto
,
un
entusiasmo
a
cui
volete
un
'
eco
,
un
dolore
che
domanda
un
conforto
,
un
bisogno
istintivo
di
strano
o
di
terribile
,
vi
risospinge
verso
quei
libri
.
E
allora
tutti
gli
entusiasmi
sopiti
si
ridestano
tumultuosamente
.
Egli
v
'
afferra
di
nuovo
,
vi
soggioga
,
siete
suoi
,
rivivete
in
lui
per
un
altro
periodo
della
vostra
vita
.
È
perchè
le
somme
linee
delle
opere
sue
sono
veramente
d
'
un
genio
.
L
'
abuso
ch
'
egli
fa
d
'
un
concetto
sublime
,
alla
lettura
,
v
'
offende
;
ma
spariti
dalla
memoria
i
particolari
errati
o
eccessivi
,
il
concetto
vi
resta
incancellabile
,
e
più
s
'
appura
col
tempo
,
più
vi
pare
che
ingrandisca
,
e
ingrandisce
davvero
.
Le
sue
grandi
idee
e
i
suoi
grandi
sentimenti
son
grandi
tanto
che
sovrastano
ai
difetti
infiniti
dell
'
arte
sua
,
come
le
colonne
d
'
un
tempio
antico
ai
rottami
ammucchiati
ai
suoi
piedi
.
E
di
qui
nasce
il
fatto
strano
ch
'
egli
ha
più
ammiratori
ardenti
delle
sue
creazioni
che
lettori
fedeli
dei
suoi
volumi
,
e
che
moltissimi
ammiratori
suoi
non
lo
conoscono
che
nei
frammenti
delle
sue
opere
,
o
nelle
ispirazioni
che
v
'
hanno
attinte
le
altre
arti
.
Chi
strapperà
più
dalla
memoria
umana
Ernani
,
Triboulet
,
il
campanaro
di
Nôtre
Dame
,
l
'
amore
di
Ruy
Blas
,
la
disperazione
di
Fantina
?
E
chi
può
scordare
i
brividi
di
terrore
ch
'
egli
ci
ha
fatto
correre
per
le
vene
,
e
le
lacrime
che
ci
ha
fatto
sgorgare
dagli
occhi
?
Poichè
egli
può
tutto
,
ed
è
grande
nella
tragedia
e
insuperabile
nell
'
idillio
.
Noi
tutti
abbiamo
sentito
scricchiolare
le
ossa
d
'
Esmeralda
nel
letto
della
tortura
,
e
abbiamo
visto
faccia
a
faccia
la
morte
,
quando
ce
la
presenta
orrenda
come
in
Claudio
Frollo
appeso
al
cornicione
della
cattedrale
,
o
furiosa
come
sulla
barricata
di
via
Saint
-
Denis
,
o
epica
come
sul
campo
di
Waterloo
,
o
infinitamente
triste
come
nelle
nevi
della
Russia
,
o
solennemente
lugubre
,
come
nel
naufragio
dei
Comprachicos
.
Ed
è
lo
stess
'
uomo
che
fa
vibrare
sovrumanamente
le
corde
più
delicate
dell
'
anima
;
l
'
autore
del
Revenant
su
cui
milioni
di
madri
singhiozzarono
,
l
'
autore
di
quel
celeste
Idillio
di
Rue
Plumet
,
di
quella
santa
agonia
di
Jean
Valjean
,
che
strazia
l
'
anima
,
e
di
quei
versi
meravigliosi
,
in
cui
Triboulet
spande
piangendo
l
'
immensa
ed
umile
tenerezza
del
suo
amore
di
padre
.
No
,
mai
parole
più
dolci
,
preghiere
più
soavi
,
grida
d
'
amore
più
appassionate
,
slanci
d
'
affetto
e
di
generosità
più
nobili
e
più
potenti
,
sono
usciti
da
un
cuore
di
poeta
.
E
allora
Vittor
Hugo
è
grande
,
buono
,
venerabile
,
augusto
,
e
non
c
'
è
anima
umana
che
in
quelle
pagine
non
l
'
abbia
benedetto
ed
amato
.
In
momenti
solenni
della
vita
,
accanto
al
letto
d
'
un
moribondo
,
durante
una
grande
battaglia
della
coscienza
,
i
suoi
versi
ripassano
per
la
mente
,
come
lampi
,
e
risuonano
all
'
orecchio
consigli
d
'
un
amico
affettuoso
e
severo
che
ci
dica
:
-
Sii
uomo
!
-
Poichè
egli
ha
tutto
sentito
,
tutto
compreso
e
tutto
detto
;
ha
le
disperazioni
tremende
e
le
rassegnazioni
sublimi
;
non
v
'
è
dolore
umano
a
cui
non
abbia
detto
una
parola
di
conforto
;
non
c
'
è
sventura
al
mondo
su
cui
non
abbia
fatto
versare
delle
lagrime
.
Egli
è
il
patrocinatore
amoroso
e
terribile
di
tutte
le
miserie
,
dei
diseredati
dalla
natura
e
degli
abbandonati
dal
mondo
,
di
chi
non
ha
pane
,
di
chi
non
ha
patria
,
di
chi
non
ha
libertà
,
di
chi
non
ha
speranze
,
di
chi
non
ha
luce
.
Questa
è
la
sua
grandezza
vera
e
incontestabile
.
Non
c
'
è
altro
scrittore
moderno
che
abbia
esercitato
con
una
maggior
quantità
d
'
opere
e
con
una
più
intrepida
ostinazione
questo
glorioso
apostolato
;
che
abbia
maneggiato
un
pennello
più
potente
per
dipingere
le
miserie
,
un
coltello
anatomico
più
affilato
per
aprire
i
cuori
straziati
,
uno
scalpello
più
magistrale
per
scolpire
gli
eroi
della
sventura
,
un
ferro
più
rovente
per
segnare
la
fronte
di
chi
fa
soffrire
,
una
mano
più
delicata
per
accarezzare
la
fronte
di
chi
soffre
.
Egli
è
il
grande
assalitore
e
il
grande
difensore
;
ha
combattuto
su
tutte
le
arene
;
è
salito
su
tutte
le
sommità
ed
è
sceso
in
tutte
le
bassure
.
E
questo
è
ammirabile
in
lui
,
che
per
quanto
sia
disceso
,
non
s
'
è
mai
abbassato
.
La
sua
mano
è
rimasta
incontaminata
fra
tutte
le
sozzure
in
cui
sguazzò
la
sua
penna
.
Egli
non
ha
mai
prostituito
l
'
arte
sua
.
È
austero
e
superbo
.
Non
s
'
inflette
e
non
ride
.
Il
suo
riso
non
è
che
una
maschera
,
dietro
la
quale
s
'
intravvede
sempre
il
suo
volto
pallido
e
accigliato
.
Una
specie
di
tristezza
fatale
pesa
su
tutte
le
opere
sue
.
Anche
nella
sua
grande
e
costante
aspirazione
alla
virtù
,
alla
concordia
,
alla
pace
,
alla
redenzione
degli
oppressi
e
degli
infelici
,
v
'
è
qualcosa
di
malinconico
e
di
tetro
,
come
se
le
mancasse
l
'
alimento
della
speranza
.
Tutti
i
suoi
libri
terminano
con
un
grido
straziante
.
Tutte
le
voci
che
escono
dalle
sue
opere
formano
,
riunite
,
un
lamento
solenne
,
misto
di
preghiera
e
di
minaccia
.
La
sua
stessa
credenza
in
Dio
,
quella
ch
'
egli
chiama
la
suprema
certezza
della
sua
ragione
,
è
forse
piuttosto
un
'
aspirazione
potentissima
del
suo
cuore
e
un
pascolo
immenso
della
sua
immaginazione
smisurata
,
che
una
fede
ferma
,
in
cui
la
sua
anima
si
riposi
:
la
fede
è
una
sorgente
,
a
lui
necessaria
,
di
torrenti
di
poesia
,
e
Dio
è
un
personaggio
dei
suoi
romanzi
e
dei
suoi
canti
.
Da
qualunque
lato
si
guardi
,
apparisce
in
lui
qualcosa
di
strano
e
di
non
chiaramente
esplicabile
.
L
'
uomo
non
emerge
netto
dallo
scrittore
.
Si
stende
la
mano
a
toccarlo
,
e
invece
della
carne
umana
,
si
sente
una
sostanza
nuova
al
tatto
,
che
fa
rimanere
perplessi
.
La
sua
figura
,
velata
,
s
'
innalza
,
s
'
abbassa
,
s
'
avvicina
,
s
'
allontana
,
e
non
presenta
mai
per
tanto
tempo
i
contorni
fermi
e
precisi
,
da
poterseli
fissare
immutabilmente
nel
pensiero
.
E
così
v
'
affaticate
per
anni
intorno
alle
sue
opere
senza
riuscir
mai
a
formarvene
un
giudizio
che
non
abbiate
di
tratto
in
tratto
a
mutare
.
Esse
offrono
mille
parti
scoperte
alla
critica
d
'
un
fanciullo
,
e
presentano
mille
aspetti
irresistibili
all
'
ammirazione
dell
'
uomo
.
C
'
è
poco
da
obbiettare
a
chi
le
lacera
senza
remissione
,
non
si
sa
che
cosa
opporre
a
chi
n
'
è
entusiasta
appassionato
.
Distruggetele
col
ragionamento
:
esse
si
rialzano
da
sè
,
a
poco
a
poco
,
nella
vostra
mente
,
più
maestose
e
più
salde
.
Disponetevi
invece
ad
adorarle
ciecamente
,
e
sarete
ogni
momento
costretti
a
soffocare
mille
voci
di
protesta
che
usciranno
dal
vostro
cuore
e
dalla
vostra
ragione
.
Una
sola
cosa
è
fuor
di
dubbio
,
ed
è
che
non
si
può
rifiutare
a
quest
'
uomo
il
titolo
augusto
e
solenne
di
Genio
.
Il
più
ostinato
avversario
suo
sente
,
in
fondo
a
sè
stesso
,
chè
la
qualificazione
di
«
ingegno
»
,
da
qualunque
attributo
accompagnata
,
non
basta
per
lui
.
Potete
preferirgli
una
legione
d
'
altri
ingegni
viventi
;
ma
siete
costretti
a
riconoscere
che
alle
mille
teste
di
quella
legione
sovrasta
la
sua
.
Potete
voltargli
le
spalle
,
ma
non
potete
fare
un
passo
senza
mettere
il
piede
sulla
sua
ombra
.
Ma
è
difficile
credere
che
la
ripugnanza
dell
'
indole
,
o
la
disparità
del
gusto
e
delle
idee
,
o
l
'
odio
di
parte
possano
tanto
in
un
uomo
da
fargli
negare
la
grandezza
che
presentano
insieme
le
creazioni
,
le
lotte
,
i
trionfi
,
gli
errori
e
gli
ardimenti
di
questo
vecchio
formidabile
.
Per
me
,
penso
ai
suoi
cinquanta
volumi
,
pieni
d
'
ispirazioni
e
di
fatiche
,
in
cui
si
rivela
col
genio
prepotente
una
volontà
indomabile
o
una
tempra
fisica
d
'
acciaio
;
penso
ai
torrenti
di
vita
che
uscirono
dal
suo
petto
,
all
'
amore
immenso
che
profuse
,
alle
ire
selvaggie
e
agli
odii
implacabili
che
provocò
e
che
gli
infuriarono
nell
'
anima
;
ricorro
la
sua
vita
da
quando
giocava
,
ragazzo
,
sotto
gli
occhi
di
sua
madre
,
noi
giardino
delle
Feuillantines
;
lo
vedo
,
sedicenne
,
quando
scriveva
in
quindici
giorni
,
per
guadagnare
una
scommessa
,
le
pagine
ardenti
di
Bug
-
Jargal
;
penso
a
quando
comprò
il
primo
scialle
a
sua
moglie
coi
denari
dell
'
Han
d
'
Islanda
;
me
lo
raffiguro
,
fiero
e
impassibile
,
in
mezzo
alle
tempeste
delle
assemblee
scatenate
dalla
sua
parola
temeraria
;
lo
vedo
servire
umilmente
i
quaranta
bambini
poveri
seduti
alla
sua
mensa
a
Hauteville
-
house
;
me
lo
rappresento
grave
e
triste
,
in
mezzo
alla
folla
,
dinanzi
ai
cento
sepolcri
illustri
su
cui
fece
sentire
la
sua
parola
piena
di
maestà
e
di
dolcezza
;
lo
vedo
per
le
vie
di
Parigi
,
in
mezzo
alla
moltitudine
riverente
,
costernato
e
invecchiato
,
seguire
i
feretri
dei
suoi
figli
;
lo
vedo
in
quelle
sue
veglie
febbrili
,
ch
'
egli
descrisse
così
potentemente
,
quando
di
lontano
,
nel
silenzio
della
notte
,
sentiva
squillare
il
corno
di
Silva
ed
echeggiare
il
grido
di
Gennaro
;
lo
vedo
assistere
nel
Teatro
francese
,
dopo
mezzo
secolo
dalla
prima
rappresentazione
,
al
trionfo
clamoroso
dell
'
Hernani
,
salutato
dai
primi
scrittori
e
dai
primi
artisti
della
Francia
,
come
il
loro
Principe
rieletto
e
riconsacrato
;
penso
al
suo
Oriente
splendido
,
al
suo
Medio
evo
tremendo
,
alla
Preghiera
per
tutti
,
all
'
infanta
che
perde
la
rosa
mentre
Filippo
II
perde
l
'
Armada
,
alla
carica
dei
corazzieri
della
guardia
contro
i
quadrati
del
Wellington
,
alla
scarpetta
d
'
Esmeralda
,
all
'
agonia
d
'
Eponina
,
a
tutte
le
creature
del
mondo
arcano
,
sfolgorante
,
immenso
che
uscì
dal
suo
capo
;
al
suo
esilio
,
alle
sue
sventure
,
ai
suoi
settantasette
anni
,
-
e
sento
una
mano
che
mi
fa
curvare
la
fronte
.
III
.
"
Vittor
Hugo
è
certamente
uno
di
quelli
scrittori
che
ispirano
un
più
ardente
desiderio
di
vederli
;
perchè
i
suoi
cento
aspetti
di
scrittore
ci
fanno
domandare
ogni
momento
a
quale
di
essi
corrisponda
il
suo
aspetto
d
'
uomo
.
Sarà
il
viso
dell
'
Hugo
che
ci
fa
inorridire
o
quello
dell
'
Hugo
che
ci
fa
piangere
?
E
ci
riesce
ugualmente
difficile
rappresentarcelo
benevolo
e
rappresentarcelo
truce
.
Io
mi
ricordo
d
'
aver
passato
molte
ore
,
giovanotto
,
all
'
ombra
d
'
un
giardino
,
con
un
suo
libro
tra
le
mani
,
cercando
di
dipingermelo
coll
'
immaginazione
,
e
componendo
e
ricomponendo
cento
volte
il
suo
viso
e
la
sua
persona
,
senza
trovar
mai
una
figura
che
m
'
appagasse
.
Il
suo
spettro
,
di
forme
incerte
,
mi
stava
sempre
davanti
.
Quest
'
uomo
era
un
enimma
per
me
.
Io
non
sapevo
bene
rendermi
conto
del
sentimento
che
m
'
ispirava
.
Alle
volte
mi
pareva
che
,
vedendolo
,
gli
sarei
corso
incontro
coll
'
espansione
di
un
figlio
e
mi
sarei
strette
le
sue
mani
sul
cuore
;
altre
volte
mi
pareva
che
,
incontrandolo
improvvisamente
,
mi
sarei
scansato
con
un
sentimento
di
diffidenza
e
di
timore
,
e
avrei
detto
sommessamente
ai
miei
vicini
:
-
Indietro
!
Hugo
passa
.
-
Che
so
io
?
Era
l
'
uomo
che
m
'
aveva
spinto
cento
volte
,
col
cuore
gonfio
di
tenerezza
,
tra
,
le
braccia
di
mia
madre
;
ma
era
anche
l
'
uomo
che
m
'
aveva
fatto
balzar
sul
letto
,
più
volte
,
nel
cuor
della
notte
,
atterrito
dall
'
apparizione
improvvisa
dei
cinque
cataletti
di
Lucrezia
Borgia
.
Sentivo
per
lui
un
affetto
pieno
di
trepidazione
e
di
sospetto
.
Ma
il
desiderio
di
vederlo
era
ardente
,
e
andò
crescendo
cogli
anni
.
Quanta
è
la
potenza
del
genio
!
Voi
arrivate
in
una
città
enorme
,
trascorrete
di
divertimento
in
divertimento
,
d
'
emozione
in
emozione
,
in
mezzo
a
un
popolo
immenso
e
tumultuoso
,
fra
gente
di
ogni
paese
,
fra
i
capolavori
delle
arti
e
delle
industrie
di
unta
la
terra
,
fra
mille
spettacoli
,
mille
pompe
o
mille
seduzioni
.
Ebbene
,
tutto
questo
non
è
per
voi
che
una
cosa
secondaria
.
Fra
quell
'
immenso
spettacolo
e
voi
si
drizza
il
fantasma
di
un
uomo
che
non
avete
mai
visto
,
che
non
vedrete
forse
mai
,
che
non
sa
nemmeno
che
siate
al
mondo
;
e
questo
fantasma
occupa
tutta
la
vostra
mente
e
tutto
il
vostro
cuore
.
In
quell
'
oceano
di
teste
,
voi
non
cercate
che
la
sua
.
A
ogni
vecchio
che
passi
,
il
quale
vi
rammenti
alla
lontana
la
sua
immagine
,
una
voce
intima
vi
dice
:
-
È
lui
!
-
e
il
vostro
sangue
si
rimescola
.
Tutta
quell
'
enorme
città
non
vi
parla
che
di
quell
'
uomo
.
Le
torri
della
Cattedrale
sono
popolate
dei
fantasmi
della
sua
mente
,
ad
ogni
svolto
di
strada
vi
si
affaccia
una
creatura
della
sua
immaginazioni
,
i
frontoni
dei
teatri
vi
rammentano
i
suoi
trionfi
,
gli
alberi
dei
giardini
vi
bisbigliano
i
suoi
versi
e
le
acque
della
Senna
vi
mormorano
il
suo
nome
.
E
allora
prendete
una
risoluzione
eroica
e
rivolgete
una
domanda
,
da
lungo
tempo
meditata
,
a
un
amico
.
E
non
si
può
dire
l
'
effetto
che
vi
fanno
queste
cinque
semplicissime
parole
:
-
Via
di
Clichy
,
numero
venti
.
IV
.
V
'
è
una
considerazione
però
,
che
rende
titubanti
molti
ammiratori
che
desiderano
di
visitare
Vittor
Hugo
;
ed
è
l
'
accusa
che
gli
si
fa
d
'
avere
un
immenso
orgoglio
.
Certo
è
che
egli
sente
altissimamente
di
sè
,
e
non
lo
nasconde
.
Tutti
sanno
quello
che
disse
,
ancor
giovane
,
all
'
attrice
Mars
,
che
si
permetteva
,
alle
prove
dell
'
Hernani
,
di
criticare
i
suoi
versi
.
-
Signorina
,
voi
dimenticate
con
chi
avete
da
fare
.
Voi
avete
un
grande
ingegno
;
non
lo
nego
;
ma
ho
un
grande
ingegno
.
anch
'
io
,
e
merito
qualche
riguardo
.
-
Io
lascio
ad
altri
il
risolvere
questa
quistione
:
se
,
in
qualche
caso
,
uno
smisurato
sentimento
di
sè
non
sia
un
elemento
del
genio
:
quello
che
dà
l
'
impulso
ai
grandi
ardimenti
;
e
se
,
ammessa
la
indole
artistica
di
Vittor
Hugo
,
sia
possibile
concepire
un
Vittor
Hugo
modesto
.
Mi
ristringo
a
considerare
il
fatto
.
Si
,
Vittor
Hugo
dev
'
essere
sovranamente
orgoglioso
.
Si
riconosce
da
mille
segni
.
Egli
,
per
esempio
,
-
è
cosa
notissima
,
-
non
ammette
la
critica
.
Il
genio
,
dice
,
è
blocco
.
Bisogna
accettarlo
intero
o
respingerlo
intero
.
L
'
opera
del
genio
è
un
tempio
in
cui
si
deve
entrare
col
capo
scoperto
,
e
in
silenzio
.
On
ne
chicane
pas
le
génie
.
Ammirate
,
ringraziate
e
tacete
.
Il
genio
non
ha
difetti
.
I
suoi
difetti
sono
il
rovescio
delle
sue
qualità
.
Ecco
tutto
.
Egli
lo
ha
detto
a
chiare
note
nel
suo
libro
sullo
Shakespeare
,
nel
quale
s
'
è
servito
del
tragico
inglese
per
dire
al
mondo
quello
che
pensa
di
se
stesso
.
Il
ritratto
ch
'
egli
traccia
dello
Shakespeare
è
il
ritratto
suo
;
quella
deificazione
che
egli
fa
del
genio
,
la
quale
per
un
uomo
che
creda
in
Dio
è
quasi
sacrilega
,
è
,
insomma
,
la
sua
apoteosi
;
in
quell
'
oceano
a
cui
paragona
i
grandi
poeti
,
si
vede
riflessa
,
prima
d
'
ogni
altra
,
la
sua
grandezza
;
quella
montagna
che
ha
tutti
i
climi
e
tutte
le
vegetazioni
,
è
Vittor
Hugo
.
In
quegli
elenchi
,
ch
'
egli
fa
ad
ogni
pagina
,
dei
genii
di
tutti
i
tempi
e
di
,
tutti
i
paesi
,
da
Giobbe
al
Voltaire
,
si
capisce
,
si
giurerebbe
che
,
arrivato
all
'
ultimo
nome
,
è
stato
,
lì
sul
punto
d
'
aggiungervi
il
suo
,
e
che
non
lo
fece
,
non
per
modestia
,
ma
per
salvare
,
come
,
suol
dirsi
,
le
convenienze
.
Egli
tratta
tutti
quei
grandi
da
pari
a
pari
.
Tutti
i
genii
,
d
'
altra
parte
.
-
è
una
sua
idea
,
-
sono
uguali
.
La
regione
dei
genii
è
la
regione
dell
'
eguaglianza
.
Egli
parla
di
Dante
come
d
'
un
fratello
.
Ma
oltre
a
queste
ci
sono
mille
altre
manifestazioni
della
coscienza
ch
'
egli
ha
della
sua
grandezza
:
l
'
ardimento
,
superbo
con
cui
mette
le
mani
nella
scienza
e
con
cui
affronta
,
passando
,
i
più
alti
problemi
della
filosofia
;
la
baldanza
con
cui
ostenta
le
sue
licenze
letterarie
,
come
se
fosse
certo
che
,
coniate
da
lui
,
saranno
moneta
corrente
e
ricchezza
comune
;
l
'
intonazione
solenne
delle
sue
prefazioni
,
che
,
annunziano
l
'
opera
come
un
avvenimento
sociale
;
la
cura
scrupolosa
con
cui
raccoglie
o
fa
raccogliere
tutte
le
sue
minime
parole
e
gli
atti
più
insignificanti
della
sua
vita
.
Quando
vuol
fare
il
modesto
riesce
all
'
effetto
opposto
,
tanto
inesperto
è
in
quell
'
arte
,
e
tanto
è
abituato
a
passar
la
misura
in
ogni
cosa
.
Come
quando
comincia
una
lettera
:
«
Un
oscuro
lavoratore
.
»
E
così
,
sotto
la
forzata
pacatezza
con
cui
risponde
alle
osservazioni
di
Lamartine
sui
Miserabili
,
si
sente
il
ruggito
soffocato
del
leone
ferito
.
La
sua
stessa
prodigalità
nella
lode
tradisce
l
'
uomo
che
crede
di
gettarla
tanto
dall
'
alto
,
da
non
aver
da
temere
l
'
orgoglio
che
ne
potrà
nascere
,
se
anche
crescesse
smisurato
.
E
poi
egli
rivela
l
'
animo
suo
candidamente
.
In
un
'
occasione
in
cui
non
volle
lasciar
rappresentare
un
suo
dramma
perchè
un
altro
aveva
trattato
lo
stesso
soggetto
,
disse
:
-
Non
voglio
esser
paragonato
,
-
A
un
editore
che
gli
proponeva
di
pubblicare
una
scelta
delle
sue
poesie
,
rispose
:
-
Voi
mi
avete
l
'
aria
d
'
un
uomo
che
,
mostrando
in
una
mano
dei
sassi
raccolti
sul
Monte
Bianco
,
creda
di
poter
dire
alla
gente
:
Ecco
il
Monte
Bianco
.
-
Egli
si
considera
al
di
sopra
d
'
ogni
confronto
possibile
con
qualunque
scrittore
contemporaneo
.
Non
piglia
,
infatti
,
alcuna
parte
in
quella
guerra
continua
che
si
movono
gli
scrittori
di
Francia
a
motti
arguti
e
maligni
,
che
scorticano
senza
far
stridere
,
e
fanno
il
giro
di
Parigi
.
Se
ne
sta
in
disparte
,
muto
.
E
non
sarebbe
atto
,
d
'
altra
parte
,
a
questa
specie
di
guerra
.
Dicono
:
perchè
non
ha
«spirito.»
Egli
ha
risposto
acerbamente
a
questa
critica
.
-
Dire
che
un
uomo
di
genio
non
ha
spirito
,
è
una
gran
consolazione
per
i
moltissimi
uomini
di
spirito
che
non
hanno
genio
.
-
Ma
la
critica
è
giusta
forse
,
benchè
si
trovino
nei
suoi
discorsi
parlamentari
dei
mirabili
esempi
di
risposte
improvvise
a
botte
inaspettate
.
Il
suo
scherno
ha
spesso
il
conio
del
grande
ingegno
;
ma
non
provoca
il
riso
salato
e
pepato
della
vera
arguzia
francese
.
Lo
stiletto
sottile
dell
'
ironia
sfugge
dalle
sue
mani
di
colosso
;
egli
non
è
atto
che
a
dare
i
grandi
colpi
di
mazza
che
sfracellano
il
casco
e
la
testa
.
E
poi
oramai
si
ritiene
quasi
al
di
sopra
della
letteratura
.
Si
riguarda
quasi
come
un
sacerdote
di
tutte
le
genti
,
sopravvissuto
,
per
decreto
della
Provvidenza
,
a
mille
prove
e
a
mille
sventure
,
per
vegliare
sull
'
umanità
.
Questo
apparisce
lucidamente
dalle
sue
apostrofi
ai
popoli
,
dalle
sue
intimazioni
ai
monarchi
,
dal
tono
di
profezia
che
dà
ai
suoi
presentimenti
,
dalla
forma
di
responso
che
dà
alle
sue
sentenze
,
dal
carattere
di
minaccia
che
dà
ai
suoi
rimproveri
,
da
tutto
il
suo
linguaggio
spezzato
in
affermazioni
altiere
e
in
giudizii
assoluti
,
come
se
ogni
sua
proposizione
fosse
un
decreto
,
da
incidersi
sul
bronzo
o
nel
marmo
per
le
generazioni
avvenire
.
Tutte
queste
cose
,
o
sapute
prima
o
intese
dire
,
fanno
lungamente
esitar
lo
straniero
che
vuol
andare
a
battere
alla
sua
porta
.
Certo
che
,
dopo
la
prima
esitanza
,
si
fanno
delle
riflessioni
incoraggianti
.
Si
pensa
,
per
esempio
,
che
il
sentimento
che
ci
trattiene
dal
presentarci
a
un
uomo
orgoglioso
che
ammiriamo
,
non
è
,
in
fondo
,
che
un
sentimento
d
'
orgoglio
.
Poi
si
pensa
a
quanti
scrittorelli
miserabili
di
mente
e
di
cuore
,
a
quanti
pedanti
fradici
e
impotenti
,
a
quanti
imbrattacarte
sconosciuti
di
villaggio
non
si
sentono
da
meno
di
Vittor
Hugo
.
E
infine
ci
si
dice
che
è
una
pazza
presunzione
la
nostra
,
di
credere
che
a
noi
,
messi
in
luogo
suo
,
non
darebbe
punto
al
capo
la
gloria
di
primo
poeta
d
'
Europa
.
E
allora
si
ripiglia
coraggio
.
Ma
pure
è
una
cosa
che
spaventa
quel
presentarsi
là
sconosciuti
,
senz
'
altra
scusa
che
l
'
impulso
del
cuore
,
davanti
a
un
uomo
famoso
nel
mondo
,
nella
grande
città
che
lo
festeggia
,
in
casa
sua
,
in
mezzo
a
una
folla
di
ammiratori
,
per
dirgli
...
che
cosa
?
Voglio
vedervi
!
V
.
E
non
ostante
,
una
mattina
,
mi
trovai
senza
avvedermene
nel
cortile
della
casa
N
.
°
20
di
via
Clichy
,
in
faccia
al
finestrino
del
portinaio
,
e
sentii
con
un
certo
stupore
,
come
se
parlasse
un
altro
,
la
mia
voce
che
diceva
:
-
Sta
qui
Vittor
Hugo
?
-
Ero
ben
certo
che
stava
là
;
eppure
restai
un
po
'
meravigliato
nel
sentirmi
rispondere
:
-
Si
signore
,
al
secondo
piano
-
coll
'
accento
della
più
fredda
indifferenza
.
Mi
parve
molto
strano
che
a
quel
portinaio
paresse
tanto
naturale
che
là
ci
stesse
Vittor
Hugo
.
Poi
,
tutt
'
a
un
tratto
,
mi
parve
un
'
assurdissima
cosa
l
'
andarmi
a
presentare
a
quell
'
uomo
in
quella
maniera
.
E
dissi
forte
a
me
stesso
:
-
Ma
tu
sei
matto
!
-
e
rimasi
profondamente
assorto
,
per
qualche
minuto
,
nella
contemplazione
d
'
un
gatto
che
dormiva
sopra
una
finestra
del
pian
terreno
.
E
l
'
ho
da
dire
tal
quale
?
Sentivo
un
leggierissimo
tremito
nelle
ginocchia
,
come
se
mi
fosse
già
passata
da
un
pezzo
l
'
ora
della
colezione
.
Poi
non
ricordo
più
bene
.
So
che
m
'
accorsi
improvvisamente
che
salivo
le
scale
;
ma
colla
profonda
sicurezza
che
,
arrivato
alla
porta
,
sarei
tornato
giù
senza
sonare
.
Salivo
lentamente
;
sopra
uno
scalino
mi
sentivo
un
coraggio
da
leone
;
sopra
un
altro
scalino
mi
pigliava
la
tentazione
di
voltar
le
spalle
e
di
scappar
come
un
ladro
.
Mi
fermai
due
o
tre
volte
per
asciugarmi
la
fronte
,
che
stillava
.
Oh
mai
nessun
alpinista
,
ne
son
sicuro
,
ha
fatto
un
'
ascensione
più
affannosa
di
quella
!
Avrei
voluto
tornar
indietro
;
ma
non
potevo
.
Che
so
io
?
C
'
erano
Cinquecento
De
Amicis
,
di
tutte
le
stature
,
che
ingombravano
la
scala
dietro
di
me
,
affollati
e
stretti
come
acciughe
tra
il
muro
e
la
ringhiera
,
che
mi
dicevano
tutt
'
insieme
a
bassa
voce
;
-
Avanti
!
-
All
'
improvviso
,
come
se
fino
allora
avessi
pensato
a
tutt
'
altro
,
mi
trovai
ai
piedi
dell
'
ultima
branca
di
scala
,
in
faccia
alla
porta
.
Allora
non
so
come
,
bruscamente
,
tutte
le
paure
sparirono
.
Sentii
un
impulso
potente
che
mi
diedero
insieme
mille
ricordi
dell
'
adolescenza
e
della
giovinezza
,
il
sangue
mi
diede
un
tuffo
violento
,
Cosetta
mi
mormorò
:
-
Coraggio
!
-
Ernani
mi
disse
:
-
Sali
!
-
Gennaro
mi
gridò
:
-
Suona
!
-
E
suonai
.
-
Dio
eterno
!
Mi
parve
di
sentir
sonare
a
distesa
,
per
un
quarto
d
'
ora
filato
,
la
gran
campana
di
Notre
Dâme
,
e
stetti
là
trepidante
come
se
quel
suono
dovesse
aver
messo
sottosopra
mezza
Parigi
.
Finalmente
nello
stesso
punto
sentii
l
'
impressione
d
'
un
pugno
nel
petto
e
vidi
spalancarsi
la
porta
.
Mi
trovai
dinanzi
una
governante
,
una
bella
donna
,
vestita
con
garbo
.
In
un
angolo
dell
'
anticamera
due
servitori
lucidavano
dei
candelieri
d
'
argento
.
Per
una
porta
aperta
si
vedeva
in
un
'
altra
stanza
una
tavola
mezzo
sparecchiata
,
con
un
giornale
nel
mezzo
,
Cose
insignificanti
e
indimenticabili
.
Domandai
alla
governante
con
una
voce
da
tenore
sgolato
se
stava
là
Vittor
Hugo
.
Mi
rispose
di
sì
,
con
un
'
indifferenza
,
anche
lei
,
che
mi
fece
gran
meraviglia
.
Domandai
se
avrebbe
potuto
ricevermi
.
Mi
rispose
che
era
ancora
a
letto
.
Io
rimasi
là
,
senza
parola
,
scombussolato
.
L
'
idea
di
aver
da
fare
un
'
altra
volta
l
'
ascensione
di
quella
montagna
,
mi
sgomentava
.
Ma
la
governante
doveva
esser
abituata
a
veder
dei
giovani
presentarsi
così
,
col
viso
un
po
'
alterato
,
alla
porta
del
suo
padrone
,
e
a
indovinare
dal
viso
il
sentimento
che
li
moveva
;
perchè
mi
diede
un
'
occhiata
tra
sorridente
e
pietosa
,
come
se
volesse
dire
:
-
Ho
capito
!
Sei
uno
dei
tanti
-
e
soggiunse
con
un
accento
benevolo
:
-
Credo
però
che
sia
svegliato
....
posso
domandargli
quando
la
potrà
ricevere
-
e
senza
darmi
tempo
di
rispondere
,
disparve
.
A
me
pareva
di
sognare
o
di
essere
briaco
.
Mi
sfuggiva
il
sentimento
della
realtà
.
Mi
domandavo
se
il
Vittor
Hugo
ch
'
era
nella
stanza
accanto
fosse
proprio
quel
Vittor
Hugo
che
io
cercavo
,
e
non
mi
pareva
possibile
.
E
avrei
voluto
,
infatti
,
che
non
fosse
possibile
.
Mi
pareva
d
'
aver
commesso
un
atto
insensato
.
-
Ma
cosa
ho
fatto
!
-
mi
dicevo
.
-
Bisogna
che
mi
abbia
dato
volta
il
cervello
.
E
cosa
seguirà
adesso
?
-
E
pensando
ch
'
era
possibile
ch
'
egli
non
mi
volesse
ricevere
,
mi
sentivo
salire
delle
ondate
di
sangue
alla
testa
.
Improvvisamente
la
governante
ricomparve
e
disse
gentilmente
:
-
Il
signor
Vittor
Hugo
la
riceverà
con
piacere
questa
sera
alle
nove
e
mezzo
.
-
Ah
,
governante
adorata
!
Bisogna
ch
'
io
risalga
a
vent
'
anni
fa
,
quando
dopo
aver
aspettato
per
tre
ore
,
immobile
davanti
a
una
porta
,
una
parola
che
doveva
darmi
tre
mesi
di
libertà
e
di
piaceri
o
tre
mesi
di
schiavitù
e
di
umiliazione
,
usciva
finalmente
il
segretario
della
Commissione
a
dirmi
solennemente
:
-
Promosso
!
-
;
bisogna
ch
'
io
risalga
a
uno
di
quei
giorni
,
per
poter
dire
d
'
aver
sentito
altre
volte
un
allargamento
di
polmoni
così
delizioso
,
una
soddisfazione
così
piena
,
una
così
matta
voglia
di
scender
le
scale
a
cinque
gradini
per
volta
,
come
quella
che
m
'
hai
fatto
provar
tu
,
con
quelle
quattordici
benedette
parole
,
o
governante
dell
'
anima
mia
.
VI
.
E
dalle
nove
e
mezzo
della
mattina
alle
nove
e
mezzo
della
sera
fui
re
di
Francia
.
Ah
,
Vittor
Hugo
superbo
,
Vittor
Hugo
comunardo
,
Vittor
Hugo
energumeno
,
Vittor
Hugo
matto
;
che
baie
!
Tutti
questi
Vittor
Hugo
della
critica
o
della
calunnia
,
col
berretto
frigio
o
colle
corna
dell
'
orgoglio
satanico
,
erano
spariti
dalla
mia
mente
.
Per
me
non
c
'
era
più
che
un
solo
Hugo
,
il
grande
poeta
amoroso
e
sdegnoso
,
pieno
di
consigli
fortissimi
e
di
sante
consolazioni
;
l
'
uomo
che
m
'
aveva
fatto
delirare
d
'
amore
da
giovanetto
;
che
m
'
aveva
fatto
pensare
e
lottare
da
uomo
;
il
poeta
di
cui
le
strofe
fulminee
m
'
eran
sonate
nel
cuore
sul
campo
di
battaglia
come
grida
eccitatrici
d
'
un
generale
lontano
;
lo
scrittore
che
aveva
mille
volte
schiacciato
il
mio
misero
orgoglio
d
'
impiastrafogli
,
facendomi
provare
non
so
che
voluttà
acre
e
salutare
nell
'
umiliazione
,
che
mi
acquietava
l
'
anima
;
l
'
autore
di
cui
parlando
m
'
era
sgorgata
mille
volte
dal
cuore
commosso
la
parola
facile
e
calda
che
m
'
aveva
cattivato
delle
simpatie
;
l
'
artista
che
mi
aveva
aiutato
a
esprimere
mille
sentimenti
e
a
render
l
'
immagine
di
mille
cose
che
senza
di
lui
mi
sarebbero
forse
rimaste
sepolte
per
sempre
nell
'
anima
;
lo
scrittore
di
cui
in
Spagna
,
in
Grecia
,
sul
Reno
,
sul
Bosforo
,
sul
mare
,
mi
ricorreva
ogni
momento
alla
memoria
un
pensiero
o
una
immagine
,
che
rischiarava
,
formulava
e
commentava
la
mia
emozione
;
il
poeta
dei
fanciulli
,
il
consolatore
delle
madri
sventurate
,
il
cantore
delle
morti
gloriose
,
il
grande
pittore
dei
cieli
e
degli
oceani
;
oggetto
di
vent
'
anni
,
di
studio
,
di
curiosità
e
di
discussioni
;
mille
volte
abbandonato
,
mille
volte
ripreso
,
mille
volte
difeso
;
Galeotto
d
'
amori
gentili
,
auspice
d
'
amicizie
ardenti
,
compagno
di
veglie
febbrili
e
provocatore
di
scoppi
di
pianto
disperati
;
l
'
uomo
,
insomma
,
in
cui
avevo
vissuto
una
gran
parte
della
parte
più
bella
della
mia
vita
;
che
m
'
aveva
trasfuso
nelle
vene
il
suo
sangue
,
e
delle
cui
opere
mi
ero
fatto
ossa
,
nervi
e
cervello
.
Questo
era
il
Vittor
Hugo
che
mi
vedevo
davanti
,
e
ad
ogni
ora
che
passava
,
mi
pareva
che
la
sua
figura
si
innalzasse
di
un
palmo
e
che
il
mio
cuore
ringiovanisse
d
'
un
anno
.
VII
.
Eppure
,
ecco
un
problema
per
gli
scrutatori
del
cuore
umano
.
Verso
sera
,
un
'
ora
prima
d
'
andare
,
tutt
'
a
un
tratto
mi
si
fece
dentro
come
un
silenzio
mortale
.
Mi
sentii
improvvisamente
vuoto
,
asciutto
e
freddo
.
Mi
parve
che
,
comparendo
davanti
a
Vittor
Hugo
,
non
avrei
sentito
la
menoma
scossa
,
nè
trovato
una
parola
da
dire
.
E
ne
rimasi
atterrito
.
Poichè
,
insomma
,
non
c
'
è
che
una
commozione
profonda
e
visibile
che
giustifichi
l
'
audacia
di
quelle
visite
:
quando
la
commozione
manca
,
par
che
si
vada
là
per
curiosità
,
e
la
pura
curiosità
,
in
quei
casi
,
è
sfrontatezza
.
Che
cosa
sono
questi
ammutolimenti
improvvisi
del
cuore
?
Forse
che
il
cuore
s
'
addormenta
,
stanco
della
commozione
,
per
ripigliar
nuove
forze
?
Io
non
so
.
So
che
avevo
un
bell
'
eccitarmi
,
e
richiamare
alla
mente
tutti
i
pensieri
e
tutti
i
sentimenti
della
mattina
;
ogni
sforzo
era
inutile
;
per
quanto
mi
soffiassi
dentro
,
non
riuscivo
a
sollevare
una
scintilla
;
e
salii
le
scale
con
una
indifferenza
che
mi
costernava
.
-
Sono
istupidito
,
-
mi
domandavo
,
-
o
son
malato
?
Ed
ora
che
cosa
dirò
?
-
La
stizza
mi
divorava
;
mi
sarei
morso
le
mani
e
dato
dei
pugni
nella
testa
.
E
mi
ricordo
ch
'
ero
ancora
in
questo
stato
quando
la
porta
s
'
aperse
e
mi
trovai
nell
'
anticamera
illuminata
da
una
lampada
appesa
al
soffitto
.
Ma
fu
quello
,
grazie
al
cielo
,
l
'
ultimo
momento
.
La
governante
mi
domandò
il
nome
per
andare
ad
annunziarmi
.
Il
suono
del
mio
nome
pronunziato
da
me
,
e
ripetuto
da
lei
,
in
quella
stanza
,
mi
svegliò
,
come
se
qualcuno
m
'
avesse
chiamato
;
la
mia
mente
si
rischiarò
e
un
torrente
di
vita
mi
affluì
al
cuore
.
La
donna
aperse
una
porta
e
disparve
.
Per
la
porta
semiaperta
uscì
un
suono
confuso
di
voci
allegre
e
forti
,
da
cui
capii
che
si
stava
terminando
di
cenare
.
In
mezzo
a
quel
vocio
afferrai
due
parole
:
-
La
philosophie
indienne
....
-
Ebbi
appena
il
tempo
di
pensare
:
Oh
numi
!
Che
cosa
dirò
se
mi
attaccano
sulla
filosofia
indiana
?
La
porta
si
richiuse
.
Mi
parve
che
seguisse
un
silenzio
profondo
.
La
governante
faceva
l
'
imbasciata
.
I
minuti
secondi
mi
sembravano
quarti
d
'
ora
.
Quel
silenzio
mi
pareva
tremendo
.
Finalmente
la
donna
ricomparve
,
mi
accennò
di
seguirla
,
guardandomi
curiosamente
,
come
se
il
mio
viso
avesse
qualche
cosa
di
strano
;
mi
fece
passare
per
un
corridoio
,
spinse
leggermente
il
battente
d
'
una
porta
e
mi
disse
sottovoce
:
-
Entrate
,
signore
.
Il
signor
Vittor
Hugo
è
là
.
-
Stetti
un
momento
immobile
.
Mi
sentivo
....
poco
bene
.
Se
la
governante
m
'
avesse
guardato
in
viso
,
m
'
avrebbe
offerto
un
bicchiere
d
'
acqua
.
-
Animo
!
-
dissi
poi
a
me
stesso
;
sollevai
una
tenda
,
feci
un
passo
innanzi
e
mi
trovai
in
faccia
a
Vittor
Hugo
.
Era
in
piedi
,
solo
,
immobile
.
Che
cosa
gli
dissi
?
A
diciott
'
anni
,
in
quelle
occasioni
,
si
versano
delle
lagrime
.
Il
pianto
è
la
grande
e
dolce
eloquenza
della
prima
giovinezza
.
Ma
a
trent
'
anni
non
si
piange
più
.
A
trent
'
anni
si
domina
la
commozione
senza
soffocarla
,
e
si
parla
.
L
'
entusiasmo
trabocca
,
altero
di
sè
stesso
,
in
parole
ardite
e
virili
;
la
fronte
si
alza
,
l
'
occhio
divampa
,
la
voce
vibra
,
l
'
anima
grandeggia
.
Che
cos
'
abbia
detto
,
non
so
.
Qualcuno
mi
suggeriva
nell
'
orecchio
,
rapidamente
,
delle
parole
ardenti
,
che
io
ripetevo
colla
voce
tremante
e
sonora
,
provando
una
immensa
dolcezza
nel
cuore
,
e
vedendo
davanti
a
me
,
in
confuso
,
una
testa
bianca
che
mi
pareva
enorme
,
e
due
pupille
fisse
nelle
mie
che
pigliavano
a
grado
a
grado
una
espressione
di
curiosità
e
di
benevolenza
.
Tutt
'
a
un
tratto
tacqui
,
come
se
una
mano
mi
avesse
afferrato
alla
gola
e
restai
col
respiro
sospeso
,
Allora
la
mia
affettuosa
ammirazione
di
venti
anni
,
la
costanza
del
mio
ardente
desiderio
,
le
mie
trepidazioni
di
quel
giorno
,
le
mie
inquietudini
dei
giorni
innanzi
,
i
miei
terrori
di
fanciullo
,
le
mie
veglie
di
giovanetto
,
le
mie
febbri
di
uomo
,
le
mie
umiliazioni
di
scrittore
ebbero
un
grande
compenso
.
La
mano
che
scrisse
Notre
Dame
,
e
la
Lègende
des
siècles
strinse
la
mia
.
E
subito
dopo
provai
un
secondo
sentimento
,
forse
più
dolce
del
primo
.
La
mano
sinistra
del
grande
poeta
raggiunse
la
destra
,
e
la
mia
mano
calda
e
tremante
rimase
per
qualche
momento
tra
le
sue
.
Seguì
un
breve
silenzio
,
durante
il
quale
sentii
il
suono
del
mio
respiro
,
come
se
avessi
fatto
una
corsa
.
Poi
sentii
la
sua
voce
;
una
voce
grave
,
ma
dolce
,
in
cui
mi
parve
di
sentire
mille
voci
,
e
che
mi
stupì
,
come
se
,
udendola
,
vedessi
comparire
Vittor
Hugo
per
la
seconda
volta
.
-
Siete
il
benvenuto
in
casa
mia
,
signore
-
disse
.
-
Voi
avete
cuore
.
Siete
un
amico
.
Avete
fatto
bene
a
presentarvi
così
.
Vi
ringrazio
con
tutta
l
'
anima
.
Non
volete
mica
lasciarmi
subito
,
non
è
vero
?
Voi
resterete
con
me
tutta
la
sera
.
Poi
mi
domandò
:
-
Di
che
paese
siete
?
Inteso
ch
'
ero
italiano
,
mi
guardò
fisso
.
Poi
mi
prese
di
nuovo
la
mano
,
mi
fece
sedere
e
sedette
.
Che
cosa
dirgli
,
Dio
buono
!
A
un
uomo
così
,
quando
gli
avete
espresso
con
tutta
l
'
anima
quello
che
sentite
per
lui
,
lì
su
due
piedi
,
nel
primo
impeto
dell
'
entusiasmo
,
gli
avete
detto
tutto
.
Non
rimane
che
rivolgergli
delle
domande
.
Ma
che
cosa
fargli
dire
ch
'
egli
non
abbia
scritto
?
Conoscete
da
tanti
anni
tutti
i
suoi
più
intimi
pensieri
,
ogni
domanda
par
che
sia
oziosa
,
e
poi
quando
si
ha
appena
tanto
animo
da
rispondere
,
non
si
può
averne
abbastanza
da
interrogare
.
Perciò
rimasi
lì
,
senza
parola
.
E
d
'
altra
parte
,
che
cosa
poteva
dire
a
me
,
lui
?
Nondimeno
,
per
levarmi
d
'
imbarazzo
,
mi
fece
parecchie
domande
intorno
alle
mie
impressioni
di
Parigi
,
all
'
Esposizione
,
all
'
Italia
;
domande
che
,
invece
di
togliermi
d
'
imbarazzo
,
mi
ci
avrebbero
messo
fino
agli
occhi
,
se
non
mi
fossi
accorto
che
,
da
osservatore
fine
degli
uomini
,
egli
badava
assai
più
alla
viva
commozione
che
trapelava
dalla
mia
voce
incerta
,
dalle
mie
risposte
monosillabiche
e
dal
mio
sguardo
fisso
che
io
divorava
,
che
non
al
senso
di
quello
che
io
dicevo
.
E
mi
guardava
con
una
cert
'
aria
affettuosa
,
corrugando
le
sopracciglia
e
socchiudendo
gli
occhi
per
aguzzare
lo
sguardo
,
e
sorridendo
leggerissimamente
,
come
se
si
compiacesse
dell
'
effetto
che
mi
produceva
,
e
mi
dicesse
in
cuor
suo
:
-
Guardami
,
via
;
levatene
un
po
'
la
voglia
,
povero
giovane
,
perchè
te
la
leggo
proprio
sul
viso
,
e
m
'
hai
l
'
aria
d
'
un
buon
diavolo
sincero
.
E
l
'
osservai
infatti
,
in
quei
pochi
minuti
,
attentissimamente
;
ma
non
potei
vederlo
bene
che
più
tardi
perchè
il
lume
non
gli
batteva
sul
viso
.
È
di
statura
media
,
leggermente
curvo
,
tarchiato
.
Ha
la
testa
grossa
,
ma
ben
fatta
;
fronte
vasta
,
collo
di
toro
,
spalle
larghe
,
mani
corte
e
grosse
,
e
una
carnagione
rossigna
da
cui
traspira
la
salute
e
la
forza
.
Tutta
la
sua
persona
ha
qualcosa
di
poderoso
e
d
'
atletico
,
come
il
suo
genio
.
Ha
i
capelli
irti
e
fitti
,
la
barba
intera
e
corta
,
bianchissima
;
gli
occhi
lunghi
e
stretti
,
un
po
'
obliqui
,
come
i
fauni
;
il
che
dà
al
suo
viso
un
aspetto
un
po
'
strano
.
Se
siano
neri
o
azzurri
,
non
ricordo
.
Sono
occhi
vivissimi
e
mobilissimi
,
che
paiono
socchiusi
,
e
appariscono
soltanto
come
due
punti
scintillanti
,
che
quando
fissano
,
penetrano
in
fondo
all
'
anima
.
Aveva
una
giacchetta
d
'
orleans
nero
e
il
suo
solito
panciotto
oscuro
,
abbottonato
fin
sotto
il
mento
.
La
prima
impressione
che
mi
fece
fu
d
'
un
uomo
abitualmente
triste
.
-
Ora
staremo
un
po
'
insieme
,
-
mi
disse
,
dopo
avermi
fatto
qualche
altra
domanda
,
-
e
poi
verrete
di
là
con
me
,
nel
salotto
,
dove
conoscerete
alcuni
degli
uomini
più
notevoli
della
Francia
.
In
che
città
abitate
,
in
Italia
?
Diedi
la
mia
risposta
in
fretta
,
e
nello
stesso
punto
mi
prese
una
grande
paura
.
-
Se
mi
domandasse
qual
è
la
mia
professione
!
-
dissi
tra
me
.
E
mi
sentii
diventar
rosso
fino
alla
radice
dei
capelli
.
Fortunatamente
per
me
,
mentre
apriva
la
bocca
per
interrogare
,
entrò
gente
.
Allora
assistetti
a
una
scena
,
o
piuttosto
a
una
serie
di
scene
tra
amene
e
commoventi
,
che
mi
diedero
un
'
idea
di
cosa
dev
'
essere
la
giornata
di
Vittor
Hugo
,
e
mi
compensarono
di
non
aver
potuto
continuare
la
conversazione
a
quattr
'
occhi
.
Un
signore
venne
innanzi
,
e
dopo
di
lui
,
a
intervalli
di
pochi
minuti
,
vari
altri
,
di
età
diversa
,
i
quali
vedevano
tutti
Vittor
Hugo
per
la
prima
volta
,
e
avevan
chiesto
per
lettera
quel
giorno
stesso
,
da
quanto
m
'
accorsi
,
d
'
essere
ricevuti
.
Uno
veniva
per
domandare
il
permesso
d
'
una
ristampa
di
non
so
che
poesia
,
un
altro
a
chiedere
una
spiegazione
intorno
alla
variante
della
scena
di
un
dramma
;
un
terzo
a
chiedere
la
licenza
di
dedicare
un
'
opera
;
un
quarto
,
un
bel
giovane
belga
,
con
una
lunga
cicatrice
sul
viso
,
si
trovava
nei
miei
stessissimi
panni
:
veniva
,
mosso
dalla
ammirazione
,
non
per
altro
che
per
veder
Vittor
Hugo
.
D
'
altri
non
mi
ricordo
.
Ebbene
,
ebbi
la
consolazione
di
vedere
che
giovani
e
vecchi
,
francesi
e
stranieri
,
si
presentavano
presso
a
poco
nel
medesimo
stato
in
cui
mi
trovava
io
al
momento
di
passare
la
soglia
.
Le
loro
facce
esprimevano
,
tutte
una
viva
emozione
,
e
tutti
più
o
meno
,
spiccicavano
le
parole
con
molta
fatica
.
E
ammirai
la
dolcezza
di
modi
di
Vittor
Hugo
.
A
ognuno
andava
incontro
e
gli
stendeva
la
mano
con
un
atto
cordiale
e
semplice
.
Ma
non
si
ricordava
,
naturalmente
,
del
nome
di
nessuno
.
Fingeva
però
di
ricordarsene
.
-
Mi
ricordo
benissimo
-
diceva
-
;
senza
dubbio
.
Voi
siete
molto
amabile
con
me
,
signore
.
-
Faceva
seder
tutti
e
stava
a
sentire
,
l
'
un
dopo
l
'
altro
,
i
loro
discorsi
balbettati
e
imbrogliati
,
assentendo
di
tratto
in
tratto
col
capo
.
Non
lo
vidi
mai
sorridere
.
Pareva
stanco
,
-
Ma
sicuro
,
-
diceva
infine
,
con
voce
dolce
,
-
avrete
quello
che
desiderate
.
Posso
esservi
utile
in
qualche
cos
'
altro
?
-
Parlando
con
quello
della
variante
,
mi
fece
strabiliare
.
Si
trattava
,
se
non
sbaglio
,
d
'
una
scena
del
Roi
s
'
amuse
.
Egli
se
la
ricordava
verso
per
verso
,
e
ne
recitò
speditamente
una
decina
per
rammentarsene
uno
che
nel
primo
momento
non
gli
era
venuto
alla
mente
.
La
sua
memoria
prodigiosa
,
del
resto
,
si
rivela
nella
immensa
ricchezza
della
sua
lingua
e
nelle
citazioni
infinite
delle
sue
opere
.
Per
ultimo
si
fece
innanzi
il
giovane
belga
,
timidamente
,
tormentando
con
tutt
'
e
due
le
mani
l
'
ala
del
suo
cappello
cilindrico
,
e
disse
con
voce
commossa
,
fissando
in
viso
a
Vittor
Hugo
due
occhi
azzurri
e
umidi
:
-
Signore
!
Io
son
venuto
a
Parigi
per
vedervi
.
Sono
di
Bruges
.
Non
avevo
il
coraggio
di
presentarmi
.
Mio
padre
mi
scrisse
:
-
Va
,
Vittor
Hugo
è
grande
e
buono
;
non
rifiuterà
di
riceverti
.
-
E
allora
vi
scrissi
.
Vi
ringrazio
.
Mi
sarei
contentato
di
vedervi
passare
per
la
strada
.
Io
vi
debbo
uno
dei
più
bei
giorni
della
mia
vita
,
signore
!
-
Disse
queste
poche
parole
con
una
semplicità
e
una
grazia
,
da
farsi
baciare
sulla
fronte
.
Vittor
Hugo
gli
rispose
non
so
che
cosa
,
affettuosamente
,
mettendogli
una
mano
sulla
spalla
.
Il
suo
viso
sfolgorò
.
Tutti
gli
altri
,
in
disparte
,
tacevano
.
Poi
Vittor
Hugo
ci
guardò
tutti
,
l
'
un
dopo
l
'
altro
,
benevolmente
;
tutti
gli
tenevan
gli
occhi
addosso
,
nessuno
fiatava
,
egli
parve
un
po
'
imbarazzato
e
sorrise
;
e
fu
per
qualche
momento
una
scena
muta
,
ma
piena
di
vita
e
di
poesia
,
di
cui
serberò
il
ricordo
e
sentirò
la
gentilezza
per
sempre
.
Poi
alcuni
si
congedarono
e
Vittor
Hugo
fece
entrar
gli
altri
nel
salotto
accanto
,
stringendo
la
mano
a
tutti
,
mentre
gli
passavano
davanti
.
Questo
secondo
salotto
era
pieno
di
gente
,
la
maggior
parte
amici
di
casa
.
Era
un
salotto
di
grandezza
media
,
piuttosto
basso
,
tappezzato
di
rosso
,
mobiliato
signorilmente
,
senza
pompa
.
Da
una
parte
c
'
eran
quattro
sofà
disposti
a
semicircolo
,
un
po
'
discosti
l
'
un
dall
'
altro
,
intorno
a
un
camminetto
di
marmo
;
sul
camminetto
,
un
antico
specchio
;
sulle
pareti
,
nessun
quadro
.
La
casa
,
tutto
considerato
,
non
mi
parve
una
casa
da
poeta
milionario
.
C
'
era
però
nella
decorazione
una
predominanza
di
rosso
cupo
e
di
rosso
sanguigno
,
che
armonizzava
col
genio
del
padrone
.
La
gente
sparsa
per
la
sala
formava
un
quadro
assai
curioso
.
Il
primo
che
mi
diede
nell
'
occhio
,
per
la
macchia
stranissima
che
formava
in
quel
quadro
,
-
come
certe
parole
bizzarre
in
una
bella
pagina
dell
'
Hugo
,
-
fu
un
mulatto
di
forme
colossali
,
in
giubba
e
cravatta
bianca
,
che
sfogliava
un
album
.
E
gli
domando
scusa
,
ma
voglio
dir
la
verità
,
ed
è
che
al
primo
vederlo
pensai
a
quell
'
Homére
-
Hogu
,
nègre
,
che
fa
uno
spicco
così
pittoresco
nell
'
elenco
nominativo
della
banda
di
Patron
-
Minette
,
nei
Miserabili
.
Mi
fu
detto
poi
ch
'
era
un
collaboratore
della
Petite
Presse
,
pieno
d
'
ingegno
,
e
molto
stimato
.
In
un
angolo
c
'
era
un
gruppo
di
giovani
che
discorrevano
fitto
,
ridendo
elegantemente
:
belle
fronti
,
occhi
vivi
,
capigliature
poetiche
,
atteggiamenti
d
'
attori
corretti
;
da
cui
argomentai
che
fossero
dei
così
detti
Parnassiens
,
poeti
dell
'
arte
per
l
'
arte
,
o
meglio
del
verso
pel
verso
,
che
hanno
per
capo
il
De
Lisle
;
e
formano
un
drappello
di
paggi
nella
corte
di
Vittor
Hugo
.
Mi
fu
poi
indicato
,
infatti
,
in
mezzo
a
loro
,
un
poeta
di
quella
famiglia
,
Catullus
Mendes
,
del
quale
avevo
già
osservato
il
viso
espressivo
e
simpatico
,
e
i
lunghi
capelli
alla
nazzarena
.
Da
un
'
altra
parte
c
'
era
un
crocchio
d
'
uomini
maturi
,
quasi
tutti
d
'
alta
statura
,
fra
cui
alcune
belle
teste
grigie
,
dai
profili
arditi
,
nelle
quali
mi
parve
di
riconoscere
quell
'
impronta
particolare
d
'
austerità
e
di
tristezza
,
che
lasciano
le
traversie
della
vita
politica
,
e
che
rammenta
un
po
'
la
fierezza
pensierosa
dei
vecchi
capitani
di
bastimento
.
C
'
erano
due
sole
signore
,
sedute
vicino
al
camminetto
;
una
che
m
'
è
sfuggita
affatto
alla
memoria
,
e
un
'
altra
che
m
'
è
rimasta
impressa
profondamente
:
una
signora
di
forti
membra
,
di
capelli
bianchissimi
,
di
viso
grande
e
aperto
,
illuminato
da
due
occhi
profondi
,
taciturna
;
una
dama
del
Velasquez
,
senza
gorgiera
.
Era
quella
mademoiselle
Drouet
,
attrice
potente
,
che
rappresentò
per
la
prima
volta
Lucrezia
Borgia
,
nel
1833
,
al
teatro
della
Porte
Saint
-
Martin
,
dove
,
come
tutti
sanno
,
quel
terribile
dramma
scritto
in
sei
settimane
riportò
un
trionfo
meraviglioso
,
V
'
erano
altri
personaggi
,
che
mi
parvero
stranieri
,
e
che
avevan
l
'
aria
un
po
'
impacciata
di
chi
si
trova
in
una
casa
illustre
per
la
prima
volta
.
Quasi
tutti
parlavano
.
Quando
entrò
Vittor
Hugo
tutti
tacquero
.
Egli
sedette
vicino
al
camminetto
,
sopra
un
sofà
,
e
gli
altri
gli
formarono
intorno
un
grande
semicerchio
.
Allora
potei
vederlo
e
sentirlo
bene
.
Non
so
come
,
la
conversazione
cadde
sul
Congresso
letterario
.
Vittor
Hugo
,
interrogato
,
espose
qualcuna
delle
idee
che
avrebbe
svolte
nel
suo
discorso
inaugurale
.
Ebbene
,
riconobbi
ch
'
era
vero
,
con
mia
sorpresa
,
quello
che
m
'
era
stato
detto
del
suo
modo
di
parlare
in
privato
.
Io
m
'
aspettavo
di
sentire
le
antitesi
,
i
grandi
traslati
,
la
forma
concettosa
e
paradossale
,
e
l
'
intonazione
imperativa
che
è
nei
suoi
scritti
,
specialmente
degli
ultimi
anni
.
Nulla
di
tutto
questo
,
È
difficile
immaginare
un
linguaggio
più
semplice
,
un
tuono
più
modesto
,
un
modo
di
porgere
più
naturale
di
quello
ch
'
egli
usava
in
quella
conversazione
.
Per
non
aver
l
'
aria
di
parlare
in
cattedra
,
discorreva
guardando
in
viso
uno
solo
,
e
a
bassa
voce
.
-
Ecco
quello
che
io
direi
-
diceva
-
quello
che
credo
di
poter
dire
;
ditemi
voi
se
vi
pare
che
sia
a
proposito
.
-
Non
gestiva
affatto
;
teneva
tutt
'
e
due
le
mani
sulle
ginocchia
.
Solo
di
tratto
in
tratto
si
grattava
la
fronte
con
un
dito
:
movimento
che
gli
è
abituale
.
E
dicono
che
anche
discutendo
di
letteratura
,
in
crocchio
ristrettissimo
,
e
toccando
le
quistioni
più
ardenti
,
parla
colla
medesima
semplicità
.
Di
che
bisogna
concludere
proprio
che
,
scrivendo
,
nell
'
esaltazione
della
fantasia
,
egli
cangi
quasi
di
natura
,
o
che
parli
di
freddo
proposito
quell
'
altro
linguaggio
perchè
lo
creda
più
alto
e
più
efficace
.
Mentre
parlava
,
tutti
stavano
intenti
.
Mi
fece
senso
il
tuono
più
che
rispettoso
,
quasi
timido
,
con
cui
gli
rivolgevano
la
parola
anche
coloro
che
parevano
suoi
famigliari
.
Nessuno
l
'
interrogava
senza
dire
:
Mon
maître
-
Mon
cher
maître
,
-
Uno
disse
:
-
grand
maître
.
-
Non
vidi
mai
uno
scrittore
celebre
circondato
da
uno
stuolo
d
'
ammiratori
,
che
somigliasse
,
come
quello
,
al
corteo
d
'
un
monarca
.
È
mio
dovere
d
'
aggiungere
,
però
,
che
non
vidi
mai
sul
suo
viso
nemmeno
un
lampo
,
che
esprimesse
compiacenza
vanitosa
dell
'
ammirazione
che
lo
circondava
.
È
vero
,
d
'
altra
parte
,
che
c
'
è
abituato
da
cinquant
'
anni
.
Un
grande
lume
rischiarava
in
pieno
il
suo
viso
,
e
io
non
potevo
saziarmi
di
guardarlo
,
tanto
mi
pareva
singolare
.
Il
viso
,
di
Vittor
Hugo
,
infatti
,
per
me
,
è
ancora
un
problema
.
È
un
viso
che
ha
due
fisonomie
.
Quando
è
serio
,
è
serissimo
,
quasi
cupo
;
pare
un
viso
che
non
abbia
mai
riso
,
non
solo
,
ma
che
non
possa
ridere
;
e
i
suoi
occhi
guardano
la
gente
con
un
'
espressione
che
mette
inquietudine
.
Gli
si
direbbe
:
-
Hugo
,
fatemi
la
grazia
di
guardare
da
un
'
altra
parte
.
-
Sono
gli
occhi
d
'
un
giudice
glaciale
o
d
'
un
duellante
più
forte
di
voi
,
che
voglia
affascinarvi
collo
sguardo
.
In
quei
momenti
mettetegli
,
col
pensiero
,
un
turbante
bianco
sul
capo
:
è
un
vecchio
sceicco
;
mettetegli
un
casco
:
è
un
vecchio
soldato
;
mettetegli
una
corona
:
è
un
vecchio
re
vendicativo
e
inesorabile
.
Ha
non
so
che
dell
'
austerità
d
'
un
sacerdote
e
della
tetraggine
d
'
un
mago
.
Ha
una
faccia
leonina
.
Quando
apre
la
bocca
,
par
che
ne
debba
uscire
un
ruggito
,
e
quando
alza
il
pugno
robusto
,
par
che
non
debba
abbassarlo
che
per
stritolar
qualche
cosa
.
In
quei
momenti
sul
suo
viso
si
legge
la
storia
di
tutte
le
sue
lotte
e
di
tutti
i
suoi
dolori
,
la
tenacia
ferrea
della
sua
natura
,
le
simpatie
tetre
della
sua
immaginazione
,
i
suoi
fornati
,
i
suoi
feretri
,
i
suoi
spettri
,
le
sue
ire
,
i
suoi
odii
;
tutta
l
'
ombre
,
come
egli
direbbe
,
tutto
il
côte
noir
delle
opere
sue
.
Ma
a
un
tratto
,
come
m
'
accadde
di
vedere
quella
sera
,
mentre
un
tale
gli
raccontava
un
aneddoto
comico
d
'
un
fiaccheraio
di
Parigi
,
egli
dà
in
una
risata
così
fresca
e
così
allegra
,
mostrando
tutti
i
suoi
denti
uniti
,
piccoli
e
bianchi
;
e
in
quel
riso
i
suoi
occhi
e
la
sua
bocca
pigliano
un
'
espressione
così
giovanile
e
così
ingenua
,
che
non
si
riconosce
più
l
'
uomo
di
prima
,
e
si
riman
là
stupiti
,
come
se
gli
fosse
caduta
dal
viso
una
maschera
,
e
si
vedesse
per
la
prima
volta
il
vero
Hugo
.
E
in
quei
momenti
vedete
,
come
per
uno
spiraglio
,
dietro
di
lui
,
Deruchette
,
Guillormand
,
Mademoiselle
Lise
,
Don
Cesare
di
Bazan
,
Gavroche
,
i
suoi
angeli
,
il
suo
ciel
bleu
,
e
tutto
il
suo
mondo
luminoso
e
soave
.
Ma
non
sono
che
lampi
,
rari
sul
suo
viso
come
nei
suoi
libri
;
dopo
di
che
egli
riprende
il
suo
aspetto
pensieroso
e
tetro
,
come
se
meditasse
la
catastrofe
d
'
uno
dei
suoi
drammi
sanguinosi
.
E
più
si
guarda
,
meno
si
può
credere
che
sia
quello
stesso
Hugo
di
mezzo
secolo
fa
,
magro
,
biondo
,
gentile
,
al
quale
gli
editori
e
i
direttori
di
teatro
che
andavano
a
cercare
a
casa
l
'
autore
dell
'
Ernani
,
dicevano
:
-
Fateci
il
favore
di
chiamar
vostro
padre
.
Mentre
Vittor
Hugo
parlava
a
bassa
voce
con
un
suo
vicino
,
io
attaccai
discorso
con
un
signore
accanto
a
me
,
un
uomo
sulla
cinquantina
,
d
'
una
bella
fisonomia
d
'
artista
;
il
quale
,
dopo
poche
parole
,
mi
disse
ch
'
era
amico
di
Vittor
Hugo
,
e
che
qualche
volta
scriveva
delle
lettere
in
nome
suo
.
Fra
le
altre
cose
gli
parlai
dell
'
emozione
che
avevo
provata
la
mattina
salendo
le
scale
.
-
Perchè
mai
?
-
mi
domandò
gentilmente
.
-
Vittor
Hugo
è
così
dolce
,
così
affabile
con
tutti
!
Egli
ha
il
cuore
d
'
una
fanciulla
e
i
modi
d
'
un
bambino
.
Tutto
quello
che
v
'
è
di
aspro
e
di
terribile
nei
suoi
libri
è
uscito
dalla
sua
grande
immaginazione
,
non
dal
suo
cuore
.
Non
vedete
che
gli
trapela
la
dolcezza
dal
viso
?
Guardatelo
.
Lo
guardai
.
In
quel
momento
appunto
era
così
accigliato
e
così
fosco
,
che
non
avrei
osato
sostenere
il
suo
sguardo
.
-
È
vero
-
risposi
.
Poi
mi
parlò
delle
sue
abitudini
.
-
Egli
ha
le
abitudini
più
semplici
di
questo
mondo
-
disse
.
-
Non
lo
avete
mai
incontrato
sull
'
imperiale
dell
'
omnibus
di
via
Clichy
?
Di
tanto
in
tanto
va
a
far
un
giro
per
Parigi
nell
'
omnibus
che
passa
per
la
sua
strada
,
in
specie
quando
ha
bisogno
di
scrivere
.
Ritrovarsi
così
in
mezzo
al
popolo
,
rivedere
tanti
luoghi
pieni
di
memorie
per
lui
,
contemplare
Parigi
di
volo
,
dall
'
alto
,
all
'
aria
fresca
della
mattina
,
lo
ispira
.
In
quel
momento
colsi
a
volo
una
frase
di
Vittor
Hugo
che
mi
rimase
impressa
.
-
L
'
Académie
-
diceva
-
qui
est
pleine
de
bonté
pour
moi
.
-
E
mi
ricordai
di
quello
che
avevo
inteso
dire
:
che
in
non
so
quale
occasione
,
comparendo
lui
all
'
Accademia
,
tutti
gli
accademici
,
caso
rarissimo
,
si
alzarono
in
piedi
.
E
il
mio
vicino
continuò
:
-
Egli
lavora
ogni
giorno
,
lavora
sempre
.
Dalla
mattina
quando
si
leva
fino
alle
quattro
dopo
mezzogiorno
,
è
a
tavolino
.
Il
suo
cervello
è
sempre
in
attività
.
La
creazione
,
per
lui
,
è
un
bisogno
.
E
anche
quando
non
si
sente
ispirato
,
lavora
,
com
'
egli
dice
,
pour
se
faire
la
main
.
La
giornata
non
gli
basta
per
mettere
sulla
carta
tutto
quello
che
gli
ribolle
nella
testa
e
nel
cuore
.
Ma
il
buon
Dio
gli
darà
lunga
vita
ed
egli
ci
darà
ancora
venti
volumi
.
Udendo
queste
parole
,
non
potevo
trattenermi
dal
guardare
quel
vecchio
meraviglioso
,
come
una
creatura
d
'
un
altro
mondo
,
e
al
pensare
ch
'
egli
lavorava
ancora
,
a
quell
'
età
,
con
un
vigore
che
io
non
avevo
mai
avuto
,
e
che
lavorava
già
in
quella
maniera
venticinque
anni
prima
ch
'
io
fossi
nato
,
mi
sentii
annichilito
.
Intanto
Vittor
Hugo
parlava
di
molte
piccole
occupazioni
che
sovente
gli
portavan
via
la
giornata
senza
che
quasi
se
n
'
accorgesse
,
e
diceva
con
voce
stanca
,
ma
bonariamente
:
-
Je
n
'
ai
pas
un
minute
á
moi
,
vous
le
voyez
bien
.
E
tutti
risposero
a
una
voce
:
-
È
vero
.
Poi
un
po
'
l
'
uno
e
un
po
'
l
'
altro
ricominciarono
a
raccontare
delle
barzellette
,
col
proposito
espresso
,
credo
,
di
rallegrarlo
;
ma
ci
riuscivano
di
rado
.
Di
tratto
in
tratto
egli
girava
lo
sguardo
intorno
,
e
lo
fissava
su
di
me
o
sul
giovane
belga
,
come
se
s
'
accorgesse
soltanto
in
quel
momento
che
noi
eravamo
là
,
e
per
toglierci
questo
sospetto
,
ci
salutava
con
un
sorriso
benevolo
e
rapido
,
che
voleva
dire
:
-
Non
vi
scordo
.
-
Poi
gli
ridiscendeva
sul
viso
,
come
una
visiera
,
la
sua
tristezza
.
E
intanto
io
spiavo
l
'
occasione
di
potergli
dir
qualche
cosa
in
un
cantuccio
,
che
nessun
altro
sentisse
.
Ah
!
non
mi
mancavano
mica
,
allora
,
le
cose
da
dirgli
.
Il
coraggio
m
'
era
venuto
,
mille
domande
mi
s
'
affollavano
.
Avrei
dato
un
anno
della
mia
vita
per
poter
esser
solo
un
'
ora
con
lui
,
e
afferrarlo
per
le
mani
,
e
dirgli
sfrontatamente
,
guardandolo
fisso
:
-
Ma
insomma
,
Hugo
!
Io
voglio
leggerti
dentro
!
Che
cosa
ti
senti
nel
sangue
quando
scrivi
?
Che
cosa
vedi
intorno
a
te
,
per
aria
;
che
voce
senti
,
che
ti
parla
nell
'
orecchio
quando
crei
?
Che
cosa
fai
nella
tua
stanza
,
quando
ti
splende
alla
mente
una
di
quelle
grandi
idee
che
fanno
il
giro
della
terra
,
e
quando
ti
sgorga
dalla
penna
uno
di
quei
versi
che
vanno
al
cuore
come
un
colpo
di
pugnale
o
come
il
grido
d
'
un
angelo
?
Dove
l
'
hai
conosciuta
la
tua
Rose
della
vieille
chanson
du
Printemps
,
che
mi
ha
fatto
sospirare
per
un
anno
?
Di
dove
t
'
è
uscito
quello
spaventoso
Mazzeppa
,
di
cui
vedo
perpetuamente
la
fuga
?
Come
l
'
hai
sognata
la
Fidanzata
del
Timballiere
?
Di
dove
l
'
hai
cavato
Quasimodo
?
Rivelami
dunque
uno
dei
tuoi
mille
segreti
.
Parlami
di
Fantina
,
parlami
del
Petit
roi
de
Galice
,
dimmi
qualche
cosa
del
marchese
di
Lantenac
,
spiegami
come
t
'
è
apparso
lo
spettro
che
t
'
ispirò
quella
spietata
pioggia
di
sangue
sulla
testa
del
parricida
Kanut
,
e
quell
'
orribile
occhio
di
fuoco
che
insegue
Caino
;
dimmi
in
che
parte
dell
'
inferno
hai
scovato
l
'
amore
del
prete
Claudio
e
in
che
parte
del
cielo
hai
visto
il
viso
bianco
di
Dea
!
Parlami
della
tua
infanzia
,
delle
prime
rivelazioni
del
tuo
genio
,
di
quando
il
Chateaubriand
ti
chiamò
fanciullo
sublime
;
raccontami
delle
tue
veglie
tempestose
;
dimmi
se
gridi
quando
ti
balenano
le
immagini
che
sgomentano
,
dimmi
se
piangi
quando
scrivi
le
parole
che
strappano
i
singhiozzi
,
descrivimi
le
tue
torture
,
le
tue
ebbrezze
e
le
tue
furie
,
dimmi
che
cosa
pensi
e
che
cosa
sei
,
vecchio
misterioso
e
tremendo
!
E
pensando
queste
cose
andavo
cercando
una
frase
molto
significante
con
cui
cominciare
il
discorso
,
nel
caso
che
il
destro
si
presentasse
.
La
fortuna
m
'
assistè
.
Vittor
Hugo
uscì
per
un
momento
,
poi
tornò
vicino
al
camminetto
e
mi
sedette
accanto
.
La
conversazione
s
'
era
rotta
in
molte
conversazioni
.
Il
momento
non
poteva
essere
più
opportuno
.
Cento
interrogazioni
mi
corsero
in
un
punto
alle
labbra
,
e
cominciai
arditamente
:
-
Signore
!
Vittor
Hugo
si
voltò
cortesemente
,
mi
mise
una
mano
sopra
un
ginocchio
e
mi
guardò
in
atto
d
'
aspettazione
.
Che
cosa
volete
!
Sono
disgrazie
che
possono
capitare
a
tutti
.
Vi
ricordate
del
sarto
letterato
dei
Promessi
sposi
,
che
dopo
aver
studiate
mille
belle
cose
da
dire
al
cardinal
Federigo
per
farsi
onore
,
arrivato
il
momento
,
non
sa
dir
altro
che
un
:
-
Si
figuri
!
-
di
cui
rimane
avvilito
per
tutta
la
vita
?
Ebbene
,
mi
duole
il
dirlo
,
e
lo
dico
per
castigarmi
:
io
feci
la
stessissima
figura
di
quel
sarto
;
anzi
una
figura
cento
volte
più
trista
.
Lo
sguardo
fisso
di
Vittor
Hugo
mi
turbò
,
tutte
le
mie
belle
idee
scapparono
,
e
non
dissi
altro
che
questo
...
Insomma
,
bisogna
ch
'
io
lo
dica
.
Io
gli
domandai
se
era
stato
a
vedere
l
'
Esposizione
!
E
rimasi
là
fulminato
dalla
mia
domanda
.
Non
ricordo
più
che
cosa
Vittor
Hugo
m
'
abbia
risposto
.
Ricordo
soltanto
che
,
qualche
momento
dopo
,
parlando
dell
'
Esposizione
,
disse
:
-
C
'
est
un
beau
joujou
.
-
Mais
c
'
est
immense
,
savez
vous
,
mon
maître
,
-
gli
osservò
un
tale
.
Ed
egli
rispose
sorridendo
:
-
c
'
est
un
immense
joujou
.
Queste
parole
,
presso
a
poco
,
mi
parve
di
sentire
dal
cupo
fondo
della
mia
umiliazione
.
E
non
osai
più
aprir
bocca
.
Vittor
Hugo
,
poco
dopo
,
cambiò
di
posto
,
le
conversazioni
parziali
tornarono
a
confondersi
in
una
sola
:
l
'
occasione
era
perduta
.
Ma
mi
consolai
presto
.
Vittor
Hugo
ricominciò
a
parlare
,
ed
io
socchiudendo
gli
occhi
e
guardando
in
alto
,
per
essere
un
po
'
solo
con
me
stesso
,
cominciai
a
riandare
tutte
le
belle
emozioni
di
cui
ero
debitore
a
quell
'
uomo
,
accompagnando
il
mio
pensiero
al
suono
dolce
e
grave
della
sua
voce
;
e
pensavo
alle
letture
di
Notre
Dâme
fatte
di
nascosto
dietro
i
banchi
della
scuola
,
alle
tante
volte
che
avevo
baciato
i
volumi
delle
Contemplazioni
sotto
un
capanno
di
gelsomini
,
nel
giardino
della
mia
casa
paterna
;
ai
versi
suoi
che
solevo
declamare
sotto
la
tenda
,
di
notte
,
in
mezzo
al
silenzio
degli
accampamenti
;
al
batticuore
che
avevo
provato
la
prima
volta
che
m
'
era
caduto
sotto
gli
occhi
un
suo
informe
ritratto
in
litografia
;
all
'
immensa
distanza
che
sentivo
tra
lui
e
il
mio
desiderio
di
conoscerlo
,
nella
piccola
città
di
provincia
dove
avevo
letto
il
suo
primo
libro
;
a
un
giorno
che
,
ancora
ragazzo
,
avevo
fatto
ridere
mio
padre
domandandogli
:
-
E
se
comparisse
tutt
'
a
un
tratto
Vittor
Hugo
,
mentre
noi
siamo
a
tavola
,
che
cosa
faresti
?
-
;
e
tutti
questi
ricordi
lontani
,
evocati
là
,
vicino
a
lui
,
mi
commovevano
,
e
ripetevo
tra
me
:
-
Ed
ora
l
'
ho
conosciuto
,
lo
conosco
,
sono
nella
sua
casa
;
questa
voce
che
sento
è
la
sua
;
-
egli
è
qui
,
-
a
un
passo
da
me
.
Ma
è
proprio
vero
?
-
E
aprivo
gli
occhi
e
dicevo
:
-
Eccolo
lì
,
il
mio
caro
e
terribile
Hugo
;
non
è
mica
un
sogno
,
per
Dio
!
Mentre
m
'
abbandonavo
a
questi
pensieri
,
sentii
tutt
'
a
un
tratto
che
tutti
s
'
alzavano
e
salutavano
.
M
'
avvicinai
anch
'
io
a
Vittor
Hugo
,
gli
presi
la
destra
con
tutt
'
e
due
le
mani
....
e
non
potei
dire
una
parola
.
Ma
egli
mi
guardò
e
mi
comprese
,
e
disse
,
stringendomi
la
mano
,
e
fissandomi
con
uno
sguardo
sorridente
e
un
po
'
triste
:
-
Addio
,
caro
signore
.
Poi
soggiunse
:
-
No
,
addio
.
A
rivederci
,
non
è
vero
?
Non
so
....
mi
par
d
'
aver
fatto
la
bestialità
di
rispondere
:
A
rivederci
.
E
uscii
di
là
commosso
,
felice
,
con
un
po
'
di
melanconia
,
e
molto
confuso
,
dando
una
fiancata
in
un
seggiolone
.
VIII
.
Questa
è
l
'
impressione
che
mi
fece
Vittor
Hugo
in
casa
sua
.
Ma
non
l
'
avrei
visto
intero
,
se
non
l
'
avessi
visto
in
pubblico
,
in
una
di
quelle
solennità
,
nelle
quali
,
qualunque
siano
,
la
sua
presenza
è
lo
spettacolo
più
curiosamente
desiderato
.
Lo
vidi
nel
teatro
del
Châtelet
quando
pronunziò
il
suo
discorso
di
presidente
per
l
'
inaugurazione
del
Congresso
letterario
.
Un
'
ora
prima
che
comparisse
,
quel
vasto
teatro
era
già
affollato
.
La
platea
era
piena
di
scrittori
e
d
'
artisti
d
'
ogni
paese
,
fra
cui
s
'
incrociavano
gli
sguardi
curiosi
,
i
cenni
e
le
interrogazioni
,
conoscendo
ciascuno
,
in
quella
folla
,
moltissimi
nomi
e
pochissimi
visi
,
ed
essendo
desiderio
di
tutti
di
completare
in
quella
bella
occasione
le
proprie
conoscenze
.
Si
vedeva
un
gran
movimento
di
teste
canute
e
di
teste
giovanili
,
di
begli
occhi
pieni
di
pensiero
,
di
visi
che
s
'
avvicinavano
e
si
sorridevano
,
di
chiome
nere
che
si
chinavano
dinanzi
alle
chiome
bianche
,
di
mani
che
si
cercavano
e
si
stringevano
;
e
si
sentiva
parlare
tutte
le
lingue
,
e
correre
in
ogni
parte
un
fremito
di
vita
,
che
rallegrava
.
Sul
vasto
palco
scenico
illuminato
,
v
'
erano
i
delegati
di
tutte
le
nazioni
,
dalla
Svezia
all
'
Italia
,
e
dalla
repubblica
di
San
Salvador
alla
Russia
:
un
grande
stato
maggiore
di
poeti
,
di
romanzieri
,
di
dotti
,
d
'
uomini
di
Stato
,
di
pubblicisti
e
d
'
editori
,
fra
cui
spiccava
il
viso
fine
e
sorridente
del
Turghenieff
,
la
bella
testa
ardita
di
Edmondo
About
e
la
figura
simpatica
di
Jules
Simon
,
bersagliati
da
mille
sguardi
.
Ma
la
grande
curiosità
era
di
vedere
Vittor
Hugo
.
C
'
erano
centinaia
di
stranieri
che
non
l
'
avevano
mai
visto
;
il
suo
nome
suonava
su
tutte
le
labbra
;
quasi
tutti
gli
sguardi
eran
rivolti
dalla
parte
del
palco
dove
doveva
apparire
.
Ad
ogni
movimento
che
si
facesse
tra
le
scene
,
seguiva
un
rimescolìo
profondo
in
tutto
il
teatro
.
Era
bello
e
consolante
vedere
una
curiosità
così
ardente
in
quella
gran
folla
così
varia
di
sangue
,
e
pensare
che
chi
la
provocava
era
un
vecchio
poeta
.
Improvvisamente
tutti
i
delegati
s
'
alzarono
,
fra
tutte
quelle
teste
grigie
e
bianche
si
vide
apparire
una
testa
più
bianca
di
tutte
,
e
uno
scoppio
formidabile
d
'
applausi
-
uno
di
quegli
applausi
che
debbono
destare
nell
'
anima
di
chi
li
riceve
un
senso
quasi
di
sgomento
,
e
che
ripercuotendosi
nell
'
anima
di
chi
applaudisce
,
v
'
ingigantiscono
il
sentimento
che
li
ha
fatti
prorompere
;
-
un
solo
immenso
applauso
,
tempestoso
,
ostinato
,
interminabile
,
fece
tremare
il
teatro
.
Sul
viso
di
Vittor
Hugo
passò
un
lampo
-
un
lampo
solo
-
ma
che
rivelò
tutta
l
'
anima
sua
.
Subito
dopo
riprese
il
suo
aspetto
abituale
di
gravità
.
S
'
avvicinò
alla
ribalta
.
a
passi
un
po
'
incerti
,
circondato
dal
suo
illustre
corteo
,
si
mise
accanto
a
un
tavolino
,
e
cominciò
a
leggere
il
suo
discorso
,
scritto
a
caratteri
enormi
sopra
grandissimi
fogli
.
Non
fu
uno
dei
suoi
discorsi
più
felici
;
ma
non
è
qui
il
luogo
di
giudicarlo
.
Lesse
lentamente
,
ad
alta
voce
,
spiccando
con
arte
perfetta
ogni
frase
,
ogni
parola
,
ogni
sillaba
.
La
sua
voce
è
ancora
gagliarda
e
sonora
,
benchè
nei
lunghi
periodi
s
'
affievolisca
un
poco
,
e
gli
sfugga
qualche
volta
in
note
acute
e
stridenti
.
Ebbe
dei
momenti
stupendi
.
Quando
disse
:
-
Voi
siete
gli
ambasciatori
dello
spirito
umano
in
questa
grande
Parigi
;
siate
i
benvenuti
;
la
Francia
vi
saluta
,
-
disse
le
ultime
parole
con
un
accento
pieno
di
nobiltà
e
con
un
gesto
largo
e
vigoroso
,
che
scosse
tutto
il
teatro
.
Quando
disse
:
-
Hommes
du
passé
,
prenez
-
en
votre
parti
,
nous
ne
vous
craignons
pas
,
-
e
così
dicendo
,
scrollò
e
levò
in
alto
,
come
un
leone
,
la
sua
testa
possente
,
e
fissò
gli
occhi
fulminei
in
fondo
alla
sala
,
in
aria
di
sfida
e
di
minaccia
,
e
restò
qualche
momento
immobile
in
quell
'
atto
,
col
viso
infocato
,
in
mezzo
a
un
silenzio
profondo
;
fu
veramente
bello
e
terribile
come
un
canto
dei
suoi
Châtiments
,
e
un
brivido
corse
per
la
platea
.
Poi
il
suo
discorso
pieno
fino
a
quel
punto
di
collere
sorde
,
si
raddolcì
sull
'
argomento
dell
'
amnistia
,
e
allora
la
sua
voce
mutò
suono
,
e
parve
quella
d
'
un
altro
,
e
quelle
nobili
parole
:
-
Tutte
le
feste
son
fraterne
;
una
festa
non
è
festa
se
non
perdona
a
qualcuno
,
-
le
disse
con
un
accento
inesprimibilmente
soave
di
pietà
e
di
preghiera
,
che
suscitò
nella
folla
un
violento
fremito
di
consenso
,
cento
volte
più
eloquente
dell
'
applauso
.
E
infine
dicendo
quella
frase
:
-
V
'
è
una
cosa
più
grande
di
qualunque
trionfo
,
ed
è
lo
spettacolo
della
patria
che
apre
le
braccia
e
del
proscritto
che
appare
all
'
orizzonte
,
-
colorì
il
suo
pensiero
con
un
atto
solenne
della
mano
e
con
uno
sguardo
dolcissimo
e
triste
,
che
provocò
un
uragano
d
'
applausi
e
di
grida
.
Dopo
di
lui
,
parlarono
molti
altri
,
terminando
tutti
i
loro
discorsi
con
un
saluto
riverente
al
grande
maestro
;
ma
egli
non
diede
segno
alcune
di
commozione
.
Solo
di
tratto
in
tratto
la
sua
fronte
si
rischiarava
;
ma
tornava
subito
a
corrugarsi
,
come
se
il
pensiero
ostinato
e
implacabile
,
che
l
'
aveva
lasciato
libero
un
momento
,
si
fosse
daccapo
impadronito
di
lui
.
Finito
l
'
ultimo
discorso
,
si
alzò
e
s
'
avviò
per
uscire
.
E
allora
tuonò
un
ultimo
applauso
,
più
caldo
,
più
fragoroso
e
più
persistente
del
primo
,
accompagnato
da
uno
scoppio
,
di
grida
d
'
entusiasmo
,
che
lo
costrinsero
a
soffermarsi
.
Non
era
un
applauso
al
discorso
;
era
un
applauso
alle
Orientali
e
alla
Leggenda
,
era
un
tributo
di
gratitudine
al
poeta
dei
grandi
affetti
,
un
saluto
all
'
antico
lottatore
,
un
buon
augurio
al
settuagenario
,
un
addio
all
'
uomo
che
molti
non
avrebbero
mai
più
riveduto
.
-
Egli
rispose
con
un
lungo
sguardo
e
disparve
.
IX
.
Ecco
Vittor
Hugo
come
io
lo
vidi
,
nel
colmo
delle
sua
gloria
.
Le
generazioni
avvenire
lo
vedranno
alla
stessa
altezza
?
I
più
ne
dubitano
.
Ma
il
tempo
non
potrà
far
di
più
che
spolparlo
:
la
sua
ossatura
colossale
rimarrà
diritta
,
come
un
enorme
albero
sfrondato
,
sull
'
orizzonte
della
storia
letteraria
del
secolo
,
e
legioni
d
'
ingegni
voleranno
colle
penne
cadute
dalle
sue
ali
.
Egli
è
uno
di
quegli
scrittori
poderosi
,
che
si
presentano
alla
posterità
insanguinati
,
scapigliati
ed
ansanti
,
portando
sul
proprio
stemma
i
titoli
delle
loro
opere
come
nomi
di
battaglie
vinte
o
di
disastri
gloriosi
o
di
sublimi
follie
,
e
la
posterità
li
saluta
con
riverenza
,
come
grandi
atleti
feriti
.
Egli
sarà
certo
ammirato
almeno
come
uno
dei
più
strani
fenomeni
letterari
del
suo
tempo
,
e
uno
degli
esempi
più
meravigliosi
della
forza
e
dell
'
ardimento
dell
'
ingegno
umano.Il
est
bon
,
come
disse
egli
stesso
,
quel
'
on
trouve
sur
les
sommets
ces
grands
exemples
d
'
audace
.
Egli
ha
mostrato
le
altezze
a
cui
il
genio
può
salire
e
ha
rischiarato
i
precipizii
in
cui
il
genio
rovina
.
Ha
fatto
pensare
e
palpitare
per
mezzo
secolo
milioni
di
creature
umane
.
Quando
non
rimanesse
altro
di
lui
,
rimarrebbe
come
un
fatto
storico
la
sua
popolarità
immensa
fra
tutte
le
genti
,
come
un
esempio
consolante
dell
'
eco
che
può
trovare
nell
'
umanità
la
parola
d
'
un
uomo
che
non
ha
altra
forza
che
la
parola
.
Ma
egli
rimarrà
saldo
e
superbo
sopra
una
sommità
solitaria
,
e
quanto
più
la
letteratura
,
nel
suo
paese
e
in
tutta
Europa
,
s
'
affonderà
nello
scetticismo
,
nella
sensualità
e
nella
putredine
,
e
più
parrà
alta
e
nobile
la
sua
figura
lontana
.
E
la
giornata
del
grande
lavoratore
non
è
per
anco
finita
.
Ora
par
che
attraversi
un
triste
periodo
.
Dio
voglia
che
ne
esca
,
e
che
noi
sentiamo
ancora
per
molti
anni
la
sua
voce
potente
,
che
commosse
già
la
giovinezza
dei
nostri
padri
.
Essa
ci
dirà
fino
all
'
ultimo
momento
qualche
cosa
di
grande
e
di
vero
.
L
'
abbiamo
intesa
da
fanciulli
;
vorremmo
intenderla
ancora
«
quando
l
'
albero
comincierà
a
rendere
alla
terra
le
sue
foglie
morte
.
»
Noi
gli
facciamo
quest
'
augurio
.
Noi
speriamo
che
il
grande
poeta
,
sorto
coll
'
alba
dell
'
ottocento
,
accompagni
il
secolo
fino
al
tramonto
;
che
il
suo
genio
risplenda
fin
che
batterà
il
suo
cuore
,
e
che
l
'
Europa
raccolga
insieme
l
'
ultimo
soffio
della
sua
vita
secolare
e
l
'
ultimo
canto
della
sua
epopea
immortale
.
EMILIO
ZOLA
I
.
Una
volta
,
in
un
vagone
,
vidi
un
francese
che
leggeva
un
libro
con
grande
attenzione
,
facendo
di
tanto
in
tanto
un
segno
di
stupore
.
Tutt
'
a
un
tratto
,
mentre
cercavo
di
leggere
il
titolo
sulla
copertina
,
esclamò
:
-
Ah
!
c
'
est
dégoûtant
!
-
e
cacciò
il
libro
nella
valigia
,
con
un
atto
di
sdegno
e
di
disprezzo
.
Rimase
qualche
minuto
sopra
pensiero
;
poi
riaperse
la
valigia
,
riprese
il
libro
e
ricominciò
a
leggere
.
Poteva
aver
letto
un
paio
di
pagine
,
quando
diede
improvvisamente
in
una
grande
risata
,
e
voltandosi
verso
il
suo
vicino
,
disse
:
-
Ah
!
caro
mio
,
c
'
è
qui
una
descrizione
d
'
un
pranzo
di
nozze
che
è
una
vera
meraviglia
!
-
Poi
continuò
la
lettura
,
dando
a
vedere
in
mille
modi
che
ci
provava
un
gusto
infinito
.
Il
libro
era
l
'
Assommoir
.
Quello
che
accadde
a
quel
francese
leggendo
l
'
Assommoir
,
accade
a
quasi
tutti
alla
prima
lettura
dei
romanzi
dello
Zola
.
Bisogna
vincere
il
primo
senso
di
ripugnanza
:
poi
,
qualunque
sia
l
'
ultimo
giudizio
che
si
porta
sullo
scrittore
,
si
è
contenti
d
'
averlo
letto
,
e
si
conclude
che
si
doveva
leggere
.
Il
primo
effetto
che
produce
,
in
specie
dopo
la
lettura
d
'
altri
romanzi
,
è
come
quello
che
si
prova
all
'
uscire
da
un
teatro
caldo
e
profumato
,
ricevendo
nel
viso
il
soffio
fresco
dell
'
aria
aperta
,
il
quale
dà
una
sensazione
viva
di
piacere
,
anche
quando
porta
un
cattivo
odore
.
Letti
i
romanzi
suoi
,
pare
che
in
tutti
gli
altri
,
anche
nei
più
veri
,
ci
sia
un
velo
tra
il
lettore
e
le
cose
;
e
che
ci
corra
la
stessa
differenza
che
fra
visi
umani
,
gli
uni
ritratti
in
una
tela
e
gli
altri
riflessi
in
uno
specchio
.
Par
di
vedere
e
di
toccare
la
Verità
per
la
prima
volta
.
Certo
che
,
per
quanto
si
abbia
lo
stomaco
forte
e
le
nez
solide
;
come
Gervaise
all
'
ospedale
,
qualche
volta
bisogna
fare
un
salto
indietro
,
come
a
una
fiatata
improvvisa
d
'
aria
pestifera
.
Ma
anche
in
quei
punti
,
come
quasi
ad
ogni
pagina
,
nell
'
atto
stesso
che
protestiamo
furiosamente
:
-
Questo
è
troppo
!
-
c
'
è
un
diavolo
dentro
di
noi
che
ride
e
strepita
e
se
la
gode
mattamente
,
a
nostro
dispetto
.
Si
prova
lo
stesso
piacere
che
a
sentir
parlare
un
uomo
infinitamente
schietto
,
anche
quando
sia
brutale
;
un
uomo
che
esprime
,
come
dice
Otello
,
la
sua
peggiore
idea
colla
sua
peggiore
parola
,
che
descrive
quello
che
vede
,
che
ripete
quello
che
ascolta
,
che
dice
quello
che
pensa
,
che
racconta
quello
che
è
,
senza
nessun
riguardo
di
nessunissima
natura
,
come
se
parlasse
a
sè
stesso
.
Alla
buon
'
ora
.
Fin
dalle
prime
righe
,
si
sa
con
chi
s
'
ha
da
fare
.
I
delicati
si
ritirino
.
È
un
affar
convenuto
:
egli
non
tacerà
nulla
,
non
abbellirà
nulla
,
non
velerà
nulla
,
nè
sentimenti
,
nè
pensieri
,
nè
discorsi
,
nè
atti
,
nè
luoghi
.
Sarà
un
romanziere
giudice
,
chirurgo
,
casista
,
fisiologo
,
perito
fiscale
,
che
solleverà
tutti
i
veli
,
e
metterà
le
mani
in
tutte
le
vergogne
,
e
darà
il
nome
proprio
a
tutte
le
cose
,
freddamente
,
non
badando
,
anzi
meravigliandosi
altamente
della
vostra
meraviglia
.
E
così
è
in
fatti
.
Nell
'
ordine
morale
,
egli
svela
dei
suoi
personaggi
fin
quei
profondissimi
sentimenti
,
che
sogliono
essere
per
tutti
segreti
eterni
,
quando
non
si
bisbiglino
tremando
nel
finestrino
d
'
un
confessionale
;
nell
'
ordine
materiale
,
ci
fa
sentire
tutti
gli
odori
,
tutti
i
sapori
e
tutti
i
contatti
;
e
in
fatto
di
lingua
ci
fa
grazia
appena
di
quelle
pochissime
parole
assolutamente
impronunziabili
,
che
i
ragazzi
viziosi
cercano
di
soppiatto
nei
vocabolari
.
Su
questa
via
nessuno
è
mai
andato
più
in
là
,
e
non
si
sa
proprio
se
si
debba
ammirare
di
più
il
suo
ingegno
o
il
suo
coraggio
.
Fra
le
miriadi
di
personaggi
di
romanzo
che
abbiamo
nella
memoria
,
i
suoi
rimangono
come
affollati
in
disparte
,
e
sono
i
più
grossi
e
i
più
palpabili
di
tutti
.
Non
li
abbiamo
solamente
visti
passare
e
sentiti
discorrere
;
ci
siamo
strofinati
contro
di
loro
,
abbiamo
sentito
il
loro
fiato
,
l
'
odore
delle
loro
carni
e
dei
loro
panni
;
abbiamo
visto
circolare
il
sangue
sotto
la
loro
pelle
;
sappiamo
in
che
atteggiamento
dormono
,
che
cosa
mangiano
,
come
si
vestono
e
come
si
spogliano
;
conosciamo
il
loro
temperamento
al
pari
del
nostro
,
le
predilezioni
più
segrete
dei
loro
sensi
,
le
escandescenze
più
turpi
del
loro
linguaggio
,
il
gesto
,
la
smorfia
,
le
macchie
della
camicia
,
le
scaglie
della
cute
e
il
sudiciume
delle
unghie
.
E
come
i
personaggi
,
ci
stampa
nella
mente
i
luoghi
,
poichè
contempla
tutte
le
cose
collo
stesso
sguardo
,
che
abbraccia
tutto
,
e
le
riproduce
colla
stessa
arte
,
a
cui
non
sfugge
nulla
.
In
una
stanza
già
disegnata
e
dipinta
,
si
sposta
il
lume
;
egli
interrompe
il
racconto
per
dirci
dove
guizza
e
in
che
cosa
si
frange
,
nella
nuova
direzione
,
il
raggio
della
fiammella
,
e
come
luccicano
,
in
un
angolo
oscuro
,
le
gambe
d
'
una
seggiola
e
i
cardini
d
'
una
porta
.
Dalla
descrizione
d
'
una
bottega
ci
fa
capire
che
è
sonato
da
poco
mezzogiorno
,
o
che
manca
un
'
ora
circa
al
tramonto
.
Nota
tutte
le
ombre
,
tutte
le
macchie
di
sole
,
tutte
le
sfumature
di
colore
che
si
succedono
d
'
ora
in
ora
sulla
parete
,
e
rende
ogni
cosa
con
una
così
meravigliosa
evidenza
,
che
cinque
anni
dopo
la
lettura
,
ci
ricorderemo
dell
'
apparenza
che
presentava
una
tappezzeria
,
verso
le
cinque
di
sera
,
quando
le
tendine
della
finestra
erano
calate
,
e
dell
'
azione
che
esercitava
quella
apparenza
sull
'
animo
d
'
un
personaggio
ch
'
era
seduto
in
un
angolo
di
quella
stanza
.
Non
dimentica
nulla
,
e
dà
vita
ad
ogni
cosa
,
e
non
c
'
è
cosa
dinanzi
a
cui
il
suo
pennello
onnipotente
s
'
arresti
;
nè
i
mucchi
di
biancheria
sudicia
,
nè
i
vomiti
dei
briachi
,
nè
la
carne
fradicia
,
nè
i
cadaveri
disfatti
.
Ci
fa
uscire
col
mal
di
capo
dall
'
alcova
profumata
di
Renée
,
e
ci
fa
stare
un
'
ora
in
una
bottega
da
salumaio
,
in
compagnia
della
bella
Lisa
,
dal
seno
saldo
e
immobile
che
pare
un
ventre
,
in
mezzo
alle
teste
di
porco
affondate
nella
gelatina
,
alle
scatole
di
sardelle
,
che
trasudano
l
'
olio
,
ai
prosciutti
sanguinanti
,
al
vitello
lardato
e
ai
pasticci
di
fegato
di
lepre
,
dipinti
,
o
piuttosto
dati
a
fiutare
e
a
toccare
in
maniera
,
che
,
terminata
la
lettura
,
si
lascia
il
libro
,
senz
'
avvedersene
,
e
si
cerca
colle
mani
la
catinella
.
E
via
via
,
il
buon
odore
delle
spalle
di
Nana
,
l
'
odor
di
pescheria
delle
sottane
della
bella
normanna
,
il
puzzo
dell
'
alito
di
Boit
-
sans
-
soif
,
il
tanfo
del
baule
di
Lantier
;
egli
ci
fa
sentir
tutto
,
inesorabilmente
,
aprendoci
le
narici
a
forza
coll
'
asticciuola
della
penna
;
e
descrive
il
parco
del
Paradou
fiore
per
fiore
,
il
mercato
di
Sant
'
Eustachio
pesce
per
pesce
,
la
bottega
di
madame
Lecoeur
cacio
per
cacio
,
e
il
pranzo
di
Gervaise
boccone
per
boccone
.
Nella
stessa
maniera
procede
riguardo
alle
occupazioni
dei
suoi
personaggi
,
alle
quali
ci
fa
assistere
,
spiegandole
minutamente
,
di
qualunque
natura
esse
siano
,
in
modo
che
s
'
impara
dai
suoi
romanzi
,
come
da
Guide
pratiche
d
'
arti
e
mestieri
,
a
fare
i
biroldi
,
a
lavorar
da
ferraio
,
a
stirar
le
camicie
,
a
trinciare
i
polli
,
a
saldar
le
grondaie
,
a
servire
la
messa
,
a
dirigere
una
contraddanza
.
Fra
tutte
queste
cose
,
in
tutti
questi
luoghi
,
di
cui
si
respira
1'aria
,
e
in
cui
si
vede
e
si
tocca
tutto
,
si
muove
una
folla
svariatissima
,
di
signore
corrotte
fino
alla
midolla
,
d
'
operai
incarogniti
,
di
bottegaie
sboccate
,
di
banchieri
bindoli
,
di
preti
bricconi
,
di
sgualdrinelle
,
di
bellimbusti
,
di
mascalzoni
e
di
sudicioni
d
'
ogni
tinta
e
d
'
ogni
pelo
,
-
fra
i
quali
apparisce
qua
e
là
,
rara
avis
,
qualche
faccia
di
galantuomo
,
-
:
e
lì
fanno
fra
tutti
un
po
'
di
tutto
,
dal
furto
all
'
incesto
,
girando
fra
il
codice
penale
e
l
'
ospedale
o
il
monte
di
pietà
e
la
taverna
,
a
traverso
a
tutte
le
passioni
e
a
tutti
gli
abbrutimenti
,
fitti
nel
fango
fino
al
mento
,
in
un
'
aria
densa
e
grave
,
ravvivata
appena
di
tempo
in
tempo
dal
soffio
d
'
un
affetto
gentile
,
e
agitata
alternatamene
da
alti
cachinni
plebei
e
da
grida
strazianti
di
affamati
e
di
moribondi
.
E
malgrado
ciò
,
egli
è
uno
scrittore
morale
.
Si
può
affermarlo
risolutamente
.
Emilio
Zola
è
uno
dei
romanzieri
più
morali
della
Francia
.
E
fa
davvero
stupore
che
ci
sia
chi
lo
mette
in
dubbio
.
Del
vizio
egli
fa
sentire
il
puzzo
,
non
il
profumo
;
le
sue
nudità
son
nudità
di
tavola
anatomica
,
che
non
ispirano
il
menomo
pensiero
sensuale
;
non
c
'
è
nessuno
dei
suoi
libri
,
neanche
il
più
crudo
,
che
non
lasci
nell
'
animo
netta
,
ferma
,
immutabile
l
'
avversione
o
il
disprezzo
per
le
basse
passioni
che
vi
sono
trattate
.
Egli
non
è
,
come
il
Dumas
figlio
,
legato
da
un
'
invincibile
simpatia
ai
suoi
mostri
di
donne
,
a
cui
dice
:
-
Infami
-
ad
alta
voce
o
-
care
-
a
fior
di
labbra
.
Egli
mette
il
vizio
alla
berlina
,
nudo
,
brutalmente
,
senza
ipocrisia
e
senza
pietà
,
e
standone
tanto
lontano
che
non
lo
sfiora
neanche
coi
panni
.
Forzato
dalla
sua
mano
,
è
il
vizio
stesso
che
dice
:
-
sputate
e
passate
.
-
I
suoi
romanzi
,
come
dice
egli
stesso
,
sono
veramente
«
morale
in
azione
.
»
Lo
scandalo
che
n
'
esce
non
è
che
per
gli
occhi
e
per
gli
orecchi
.
E
come
si
tien
fuori
,
come
uomo
,
dalla
melma
che
rimescola
colla
penna
,
si
tien
fuori
completamente
,
come
scrittore
,
dai
personaggi
che
crea
.
Non
c
'
è
forse
altro
romanziere
moderno
che
si
rimpiatti
più
abilmente
di
lui
nelle
opere
proprie
.
Letti
tutti
i
suoi
romanzi
,
non
si
capisce
chi
sia
e
che
cosa
sia
.
È
un
osservatore
profondo
,
è
un
pittore
strapotente
,
è
uno
scrittore
meraviglioso
,
forte
,
senza
rispetti
umani
,
brusco
,
risoluto
,
ardito
,
un
po
'
di
malumore
e
poco
benevolo
;
ma
non
si
sa
altro
.
Soltanto
,
benchè
non
si
veda
mai
a
traverso
le
pagine
del
suoi
libri
il
suo
viso
intero
,
si
intravvede
però
la
sua
fronte
segnata
da
una
ruga
diritta
o
profonda
,
o
s
'
indovina
ch
'
egli
deve
aver
visto
da
vicino
una
gran
parte
delle
miserie
e
delle
prostituzioni
che
descrive
.
E
pare
un
uomo
,
il
quale
essendo
stato
offeso
dal
mondo
,
se
ne
vendichi
strappandogli
la
maschera
e
mostrando
per
la
prima
volta
com
'
è
:
in
gran
parte
odioso
e
schifoso
.
Una
persuasione
profonda
lo
guida
e
lo
fa
forte
:
che
si
debba
dire
e
descrivere
la
verità
;
dirla
e
descriverla
ad
ogni
proposito
,
a
qualunque
costo
,
qualunque
essa
sia
,
tutta
,
sempre
,
senza
transazioni
,
sfrontatamente
.
Ha
in
questo
anche
lui
,
come
dice
dello
Shakespeare
Vittor
Hugo
,
une
sorte
de
parti
pris
gigantesque
.
A
questo
«
partito
preso
»
adatta
conseguentemente
l
'
arte
sua
,
che
viene
ad
essere
una
riproduzione
piuttosto
che
una
creazione
;
ed
è
infatti
un
'
arte
tranquilla
,
paziente
,
metodica
,
che
non
manda
grandi
lampi
,
ma
che
rischiara
ogni
cosa
,
d
'
una
luce
eguale
,
da
tutte
le
parti
;
ardimentosa
,
ma
guardinga
nei
suoi
ardimenti
;
sempre
sicura
dei
fatti
propri
;
che
s
'
alza
poco
,
ma
non
casca
mai
,
e
procede
a
passo
lento
,
ma
per
una
via
direttissima
,
verso
un
termine
che
vede
chiarissimamente
.
I
suoi
romanzi
non
son
quasi
romanzi
.
Non
hanno
scheletro
,
o
appena
la
colonna
vertebrale
.
Provate
a
raccontarne
uno
:
è
impossibile
.
Sono
composti
d
'
una
quantità
enorme
di
particolari
,
che
vi
sfuggono
in
gran
parte
dopo
la
lettura
,
come
i
mille
quadretti
senza
soggetto
d
'
un
museo
olandese
.
Perciò
si
rileggono
con
piacere
.
Vi
si
aspetta
di
pagina
in
pagina
un
grosso
fatto
,
che
ci
fugge
davanti
,
e
non
si
raggiunge
mai
.
Non
vi
accade
mai
un
urto
forte
di
affetti
,
d
'
interessi
,
di
persone
,
che
tenga
l
'
animo
sospeso
,
e
da
cui
tutto
il
romanzo
dipenda
.
Non
ci
sono
punti
alti
,
da
cui
si
domini
con
uno
sguardo
un
grande
spazio
;
è
una
continua
pianura
in
cui
si
cammina
a
capo
chino
,
deviando
ogni
momento
e
arrestandosi
ad
ogni
passo
ad
osservare
la
pietra
,
l
'
insetto
,
l
'
orma
,
il
filo
d
'
erba
.
I
suoi
personaggi
non
agiscono
quasi
.
La
maggior
parte
non
sono
necessarii
a
quella
qualsiasi
azione
che
si
svolge
nel
romanzo
.
Non
son
personaggi
che
recitino
la
commedia
;
son
gente
intesa
alle
proprie
faccende
,
colta
colla
fotografia
istantanea
,
senza
che
se
n
'
accorga
.
Nel
romanzo
c
'
è
qualche
mese
o
qualche
anno
della
vita
di
ciascuno
.
Li
vedete
vivere
,
ciascuno
per
conto
proprio
,
e
ciascuno
v
'
interessa
principalmente
per
sè
medesimo
;
poco
o
punto
per
quello
che
ha
che
fare
cogli
altri
.
Di
qui
nasce
la
grande
efficacia
dello
Zola
.
Di
quanto
difetta
il
suo
romanzo
in
orditura
,
di
tanto
abbonda
in
verità
.
Non
ci
si
vede
la
mano
del
romanziere
che
sceglie
i
fatti
,
che
li
accomoda
per
congegnarli
,
che
li
nasconde
l
'
un
dietro
l
'
altro
per
sorprenderci
,
e
che
prepara
un
grande
effetto
con
mille
piccoli
sacrifizi
della
verosimiglianza
e
della
ragione
.
Il
racconto
va
da
sè
,
in
modo
che
non
par
possibile
altrimenti
,
e
sembra
una
esposizione
semplice
del
vero
,
non
solo
per
i
caratteri
,
ma
anche
per
la
natura
dei
fatti
,
e
per
l
'
ordine
in
cui
si
succedono
.
Si
legge
e
par
di
stare
alla
finestra
,
e
di
assistere
ai
mille
piccoli
accidenti
della
vita
della
strada
.
Perciò
quasi
tutti
i
romanzieri
,
in
confronto
suo
,
fanno
un
po
'
l
'
effetto
di
giocatori
di
bussolotti
.
E
non
avendo
la
preoccupazione
comune
degli
scrittori
di
romanzo
,
d
'
annodare
e
di
districare
molte
fila
e
di
tirarle
da
varie
parti
ad
un
punto
,
è
libero
di
rivolgere
tutte
le
sue
facoltà
al
proprio
fine
,
che
è
di
ritrarre
dal
vero
,
e
può
così
raggiungere
in
quest
'
arte
un
grado
altissimo
di
potenza
.
Non
ha
,
d
'
altra
parte
,
delle
facoltà
molto
varie
;
e
lo
sente
;
e
quindi
aguzza
e
fortifica
mirabilmente
quelle
che
possiede
,
per
supplire
al
difetto
delle
altre
.
E
si
può
mettere
in
dubbio
se
questo
difetto
sia
a
deplorarsi
,
che
forse
una
più
vasta
immaginazione
avrebbe
dimezzato
da
un
altro
lato
la
sua
potenza
,
distraendo
una
parte
delle
sue
forze
dalla
descrizione
e
dall
'
analisi
.
Dotato
invece
come
si
ritrova
,
egli
concepisce
il
romanzo
in
maniera
,
che
il
suo
concetto
e
il
suo
scopo
,
non
inceppano
menomamente
la
libertà
del
suo
lavoro
.
Inteso
ad
una
scena
e
ad
un
dialogo
,
par
che
dimentichi
il
romanzo
;
è
tutto
lì
;
vi
si
sprofonda
e
vi
lavora
con
tutta
l
'
anima
sua
.
Il
dialogo
procede
senza
scopo
,
la
scena
si
svolge
senza
vincoli
,
e
perciò
son
sempre
,
l
'
uno
e
l
'
altra
verissimi
.
Intanto
egli
coglie
a
volo
mille
nonnulla
,
il
carro
che
passa
,
la
nuvola
che
nasconde
il
sole
,
il
vento
che
agita
la
tenda
,
il
riflesso
d
'
uno
specchio
,
un
rumore
lontano
,
e
il
lettore
stesso
,
dimenticando
ogni
altra
cosa
,
vive
tutto
collo
scrittore
in
quel
momento
e
in
quel
luogo
,
e
vi
prova
una
illusione
piacevolissima
,
che
non
gli
lascia
desiderare
null
'
altro
.
Con
questa
facoltà
di
dar
rilievo
a
ogni
menoma
cosa
,
e
lavorando
,
come
fa
,
ordinato
e
paziente
,
riesce
insuperabile
nell
'
arte
delle
gradazioni
,
nell
'
esporre
,
per
una
serie
di
transizioni
finissime
,
la
trasformazione
lenta
e
completa
d
'
un
carattere
o
d
'
uno
stato
di
cose
,
in
modo
che
il
lettore
va
innanzi
,
con
lui
,
senz
'
accorgersene
,
a
piccolissimi
passi
,
e
prova
poi
un
sentimento
di
profonda
meraviglia
,
quando
arriva
alla
fine
,
e
riconosce
,
voltandosi
indietro
,
che
ha
fatto
un
immenso
cammino
.
La
efficacia
grande
di
parecchi
suoi
romanzi
consiste
,
quasi
intera
in
quest
'
arte
.
I
suoi
romanzi
son
fatti
a
maglia
:
una
maglia
fittissima
di
piccoli
episodi
,
formati
di
dialoghi
rotti
e
di
descrizioni
a
ritornello
,
in
cui
ogni
parola
ha
colore
e
sapore
,
e
ogni
inciso
fa
punta
,
e
in
ogni
periodo
c
'
è
,
per
così
dire
,
tutto
lo
scrittore
.
È
raro
che
ci
si
provi
una
emozione
fortissima
e
improvvisa
.
È
forse
unica
nei
suoi
romanzi
la
scena
desolante
e
sublime
del
Monsieur
,
écoutez
donc
,
di
Gervaise
,
quando
s
'
offre
a
chi
passa
,
moribonda
di
fame
,
e
quando
si
sfama
,
piangendo
,
sotto
gli
occhi
di
Goujet
.
Quasi
sempre
,
leggendo
,
si
prova
un
seguito
di
sensazioni
acri
di
piacere
,
di
piccole
scosse
e
di
sorprese
che
lasciano
l
'
animo
incerto
;
qui
una
risata
,
là
un
brivido
di
ribrezzo
,
un
po
'
d
'
impazienza
,
una
meraviglia
grande
per
una
descrizione
prodigiosamente
viva
,
una
stretta
al
cuore
per
una
piaga
umana
spietatamente
denudata
,
e
un
leggiero
stupore
continuo
dalla
prima
all
'
ultima
pagina
,
come
allo
svolgersi
d
'
una
serie
di
vedute
d
'
un
paese
nuovo
.
Son
romanzi
che
si
fiutano
,
che
si
assaporano
a
centellini
,
come
bicchieri
di
liquore
,
e
che
lasciano
l
'
alito
forte
e
il
palato
insensibile
ai
dolciumi
.
A
ciò
contribuisce
in
gran
parte
il
suo
stile
,
solido
,
sempre
stretto
al
pensiero
,
pieno
d
'
artifizi
ingegnosissimi
,
accortamente
nascosti
sotto
un
certo
andamento
uniforme
,
padroneggiato
sempre
dallo
scrittore
,
stupendamente
imitativo
dei
movimenti
e
dei
suoni
,
risoluto
ed
armonico
,
che
par
accompagnato
dal
picchio
cadenzato
d
'
un
pugno
di
ferro
sul
tavolino
,
e
in
cui
si
sente
il
respiro
largo
e
tranquillo
d
'
un
giovane
poderoso
.
La
forza
,
infatti
,
è
la
dote
preminente
dello
Zola
,
e
chiunque
voglia
definirlo
dice
per
prima
cosa
:
-
È
potente
.
Ognuno
dei
suoi
romanzi
è
un
grand
tour
de
force
,
un
peso
enorme
ch
'
egli
solleva
lentamente
e
rimette
lentamente
per
terra
,
facendo
quanto
è
in
lui
per
dissimulare
lo
sforzo
.
Letta
l
'
ultima
pagina
,
vien
fatto
di
dire
:
-
Hein
?
quelle
poigne
!
-
come
quei
tre
beoni
dell
'
Assommoir
,
a
proposito
del
marchese
che
aveva
steso
in
terra
tre
facchini
a
colpi
di
testa
nel
ventre
.
Ed
è
strana
veramente
l
'
apparizione
di
questo
romanziere
in
maniche
di
camicia
,
dal
petto
irsuto
e
dalla
voce
rude
,
che
dice
tutto
a
tutti
,
in
piena
piazza
,
impudentissimamente
;
la
sua
apparizione
improvvisa
in
mezzo
a
una
folla
di
romanzieri
in
abito
nero
,
ben
educati
e
sorridenti
,
che
dicono
mille
oscenità
in
forma
decente
,
in
romanzetti
color
di
rosa
fatti
per
le
alcove
e
per
le
scene
.
Questo
è
il
suo
più
alto
merito
.
Egli
ha
buttato
in
aria
con
un
calcio
tutti
i
vasetti
della
toeletta
letteraria
e
ha
lavato
con
uno
strofinaccio
di
tela
greggia
la
faccia
imbellettata
della
Verità
:
Ha
fatto
il
primo
romanzo
popolare
che
abbia
veramente
«
l
'
odore
del
popolo
.
»
Ha
aggredito
quasi
tutte
le
classi
sociali
,
flagellando
a
sangue
la
grettezza
maligna
delle
piccole
città
di
provincia
,
la
furfanteria
dei
faccendieri
d
'
alto
bordo
;
la
corruzione
ingioiellata
,
l
'
intrigo
politico
,
l
'
armeggio
del
prete
ambizioso
,
la
freddezza
crudele
dell
'
egoismo
bottegaio
,
l
'
ozio
,
la
ghiottoneria
;
la
lascivia
,
con
una
tale
potenza
,
che
quantunque
preceduto
su
questa
via
da
altri
scrittori
ammirabili
,
vi
parve
entrato
per
il
primo
,
e
i
flagellati
si
sentirono
riaprire
le
ferite
antiche
con
uno
spasimo
non
mai
provato
.
Compiendo
quest
'
ufficio
,
si
è
forse
spinto
qualche
volta
di
là
dall
'
arte
;
ma
aperse
all
'
arte
nuovi
spiragli
,
per
cui
si
vedono
nuovi
orizzonti
,
e
insegnò
colori
,
colpi
di
scalpello
,
sfumature
,
forme
,
mezzi
d
'
ogni
natura
,
da
cui
potranno
trarre
un
vantaggio
immenso
altri
mille
ingegni
,
benchè
avviati
,
per
un
'
altra
strada
,
ad
una
meta
affatto
diversa
.
E
non
c
'
è
da
temere
che
derivi
da
lui
una
scuola
eccessiva
e
funesta
,
poichè
la
facoltà
descrittiva
,
che
è
la
sua
dominante
,
non
può
arrivare
più
in
là
sulla
via
che
egli
percorre
,
nè
il
culto
della
verità
nuda
avere
un
sacerdote
più
intrepido
e
più
fedele
.
Gli
imitatori
cadranno
miserabilmente
sulle
sue
orme
,
sfiancati
,
ed
egli
rimarrà
solo
dov
'
è
giunto
sull
'
ultimo
confine
dell
'
arte
sua
,
ritto
a
filo
sopra
un
precipizio
,
nel
quale
chi
vorrà
passargli
innanzi
a
ogni
costo
,
cadrà
a
capofitto
.
Ma
non
si
può
pronunciare
su
di
lui
,
per
ora
,
l
'
ultimo
giudizio
.
Non
ha
che
trentasette
anni
,
è
ancora
nel
fiore
della
sua
gioventù
di
scrittore
,
ed
è
possibile
che
si
trasformi
crescendo
di
statura
.
È
vero
che
la
strada
per
cui
s
'
è
messo
è
così
profondamente
incassata
e
inclinata
,
che
non
si
capisce
come
ne
possa
uscire
.
Ma
è
certo
che
ci
si
proverà
,
e
se
non
riuscirà
nel
suo
intento
,
noi
assisteremo
almeno
a
uno
di
quegli
sforzi
potenti
,
e
avremo
da
lui
uno
di
quei
«
capolavori
sbagliati
»
che
non
destano
minor
meraviglia
dei
grandi
trionfi
.
II
La
sua
storia
letteraria
è
una
delle
più
curiose
di
questi
tempi
.
I
suoi
primi
lavori
furono
i
Contes
à
Ninon
,
scritti
a
ventidue
anni
e
pubblicati
molto
tempo
dopo
.
Lì
c
'
è
ancora
lo
Zola
imberbe
,
con
una
lagrima
negli
occhi
e
un
sorriso
sulle
labbra
,
appena
turbato
da
una
leggera
espressione
di
tristezza
.
Non
tiene
affatto
a
questi
racconti
,
e
s
'
arrabbia
coi
critici
che
,
o
sinceramente
o
malignamente
,
dicono
di
preferirli
ai
suoi
romanzi
.
A
un
tale
che
gli
espresse
tempo
fa
questo
giudizio
,
rispose
:
-
Vi
ringrazio
;
ma
se
venite
a
casa
mia
vi
farò
vedere
certi
miei
componimenti
di
terza
grammatica
,
che
vi
piaceranno
anche
di
più
.
-
I
suoi
primi
romanzi
furono
quei
quattro
arditissimi
,
fra
cui
Thérèse
Raquin
,
ora
un
po
'
dimenticati
,
che
vennero
definiti
da
un
critico
«
letteratura
putrida
.
»
C
'
era
già
lo
Zola
uomo
;
ma
solamente
dalla
cintola
in
su
.
Le
sue
grandi
facoltà
artistiche
,
già
spiegate
,
ma
non
ancora
sicure
,
sentivano
il
bisogno
di
reggersi
sopra
argomenti
mostruosi
,
che
attirassero
per
sè
soli
l
'
attenzione
.
Si
vedeva
però
già
in
quei
romanzi
uno
scrittore
imperterrito
,
ch
'
era
risoluto
a
farsi
largo
a
colpi
di
gomito
,
e
che
aveva
il
gomito
di
bronzo
.
Uno
di
quei
romanzi
,
Madeleine
Férat
,
che
s
'
aggira
sopra
un
fatto
osservato
dall
'
autore
,
d
'
una
ragazza
la
quale
,
abbandonata
dall
'
uomo
che
ama
,
ne
sposa
un
altro
;
ed
ha
parecchi
anni
dopo
un
figliuolo
che
somiglia
al
primo
,
gli
suggerì
l
'
idea
di
scrivere
quella
serie
di
romanzi
fisiologici
,
che
intitolò
Histoire
naturelle
et
sociale
d
'
une
famille
sous
le
second
Empire
;
e
fin
dal
primo
giorno
gli
balenò
alla
mente
tutto
il
lavoro
,
e
tracciò
l
'
albero
genealogico
che
pubblicò
poi
nella
Page
d
'
amour
.
Credevo
che
fosse
anche
questa
una
delle
tante
ostentazioni
di
«
un
disegno
vasto
ed
antico
»
con
cui
gli
autori
cercano
d
'
ingrandire
nel
pubblico
il
concetto
delle
proprie
opere
;
ma
i
manoscritti
,
ch
'
ebbi
l
'
onore
di
vedere
,
mi
disingannarono
.
Fin
dal
primo
principio
egli
stese
l
'
elenco
dei
personaggi
principali
della
famiglia
Rougon
-
Macquart
,
e
destinò
a
ciascuno
la
sua
carriera
,
proponendosi
di
dimostrare
in
tutti
gli
effetti
dell
'
origine
,
dell
'
educazione
,
della
classe
sociale
,
dei
luoghi
,
delle
circostanze
,
del
tempo
.
I
primi
romanzi
di
questo
nuovo
«
ciclo
»
non
ottennero
molto
successo
.
I
linguisti
,
gli
stilisti
,
tutti
coloro
che
sorseggiano
i
libri
con
un
palato
letterario
,
ci
sentirono
della
forza
,
ci
trovarono
del
bello
e
ci
presentirono
del
meglio
;
ma
non
sospettarono
che
ci
fosse
sotto
un
romanziere
di
primo
ordine
.
Lo
Zola
se
ne
indispettì
,
e
gettò
allora
un
guanto
di
sfida
a
Parigi
,
pubblicando
quella
famosa
Curée
,
in
cui
è
manifesta
la
risoluzione
di
levar
rumore
a
ogni
costo
;
quello
splendido
e
orrendo
saturnale
di
mascalzoni
in
guanti
bianchi
,
in
cui
il
meno
turpe
degli
amori
è
l
'
amor
d
'
un
figliastro
per
la
matrigna
e
la
donna
più
onesta
è
una
mezzana
.
Il
romanzo
,
infatti
,
fece
chiasso
;
si
gridò
allo
scandalo
,
come
si
grida
a
Parigi
,
per
educazione
;
ma
si
lesse
il
libro
avidamente
,
e
quel
nome
esotico
di
Zola
suonò
per
qualche
tempo
da
tutte
le
parti
.
Ma
non
fu
nemmen
quello
un
successo
come
egli
aspettava
o
desiderava
.
E
fu
anche
minore
per
i
romanzi
posteriori
.
Lo
spaccio
era
scarso
;
la
cerchia
dei
lettori
,
ristretta
,
e
lo
Zola
,
che
sentiva
in
sè
l
'
originalità
e
la
forza
d
'
un
romanziere
popolare
,
se
ne
rodeva
.
Ma
non
si
perdeva
d
'
animo
.
-
Non
sono
abituato
,
-
scriveva
,
-
ad
aspettare
una
ricompensa
immediata
dai
miei
lavori
.
Da
dieci
anni
pubblico
dei
romanzi
senza
tender
l
'
orecchio
al
rumore
che
fanno
cadendo
nella
folla
.
Quando
ce
ne
sarà
un
mucchio
,
la
gente
che
passa
sarà
ben
forzata
a
fermarsi
.
-
La
sua
fama
,
non
di
meno
,
andava
allargandosi
,
benchè
lentamente
,
In
Russia
,
dove
si
tien
dietro
con
simpatia
a
tutte
le
novità
più
ardite
della
letteratura
francese
,
era
già
notissimo
,
e
tenuto
in
gran
conto
.
Ma
questo
non
gli
bastava
.
Egli
aveva
bisogno
d
'
un
successo
clamoroso
e
durevole
,
che
lo
sollevasse
d
'
un
balzo
,
e
per
sempre
,
dalla
schiera
degli
«
scrittori
di
talento
»
che
si
salutano
confidenzialmente
con
un
atto
della
mano
.
E
ottenne
finalmente
il
suo
intento
coll
'
Assommoir
Cominciarono
a
pubblicarlo
in
appendice
nel
Bien
public
;
ma
dovettero
lasciarlo
a
mezzo
,
tante
furono
lo
proteste
che
lanciarono
gli
abbonati
contro
quell
'«orrore.»
Allora
fu
pubblicato
tutto
intero
in
un
giornale
letterario
,
e
prima
che
fosse
finito
cominciarono
quelle
calde
polemiche
,
che
divennero
ardenti
dopo
la
pubblicazione
del
volume
,
e
che
saranno
ricordate
sempre
come
una
delle
più
furiose
battaglie
letterarie
dei
tempi
presenti
.
Queste
polemiche
diedero
un
impulso
potente
al
successo
del
romanzo
.
Fu
un
successo
strepitoso
,
enorme
,
incredibile
.
Erano
anni
che
non
s
'
era
più
sentito
,
a
proposito
d
'
un
libro
,
un
fracasso
di
quella
fatta
.
Per
lungo
tempo
tutta
Parigi
non
parlò
d
'
altro
che
dell
'
Assommoir
;
lo
si
sentiva
discutere
ad
alta
voce
nei
caffè
,
nei
teatri
,
nei
club
,
nei
gabinetti
di
lettura
,
persino
nelle
botteghe
;
e
c
'
erano
gli
ammiratori
fanatici
,
ma
erano
assai
di
più
gli
avversati
acerrimi
.
La
brutalità
inaudita
di
quel
romanzo
parve
una
provocazione
,
una
ceffata
a
Parigi
,
una
calunnia
contro
il
popolo
francese
;
e
si
chiamava
il
libro
una
«
sudicieria
da
prendere
colle
molle
»
,
un
«
aborto
mostruoso
,
»
un
'
«
azione
da
galera
.
»
Si
scagliarono
contro
l
'
autore
tutte
le
litanie
delle
ingiurie
,
da
quella
di
nemico
della
patria
,
a
quella
d
'
«
égoutier
littéraire
»
e
di
porco
pretto
sputato
,
senza
giri
di
frase
.
Le
riviste
teatrali
della
fin
dell
'
anno
lo
rappresentarono
nei
panni
d
'
uno
spazzaturaio
che
andava
raccattando
le
immondizie
colla
fiocina
per
le
vie
di
Parigi
.
Ce
n
'
ètait
plus
de
la
critique
,
com
'
egli
disse
:
c
'
ètait
,
du
massacre
.
Gli
negavano
l
'
ingegno
,
l
'
originalità
,
lo
stile
,
persino
la
grammatica
;
c
'
era
chi
non
lo
voleva
nemmeno
discutere
;
poco
mancò
che
non
gli
si
facessero
delle
provocazioni
personali
per
la
strada
.
E
si
spandevano
intorno
alla
sua
persona
le
più
stravaganti
e
più
odiose
dicerie
:
che
,
era
un
sacco
di
vizi
,
un
mezzo
bruto
,
un
uomo
,
senza
cuore
come
Lantier
,
un
beone
come
Coupeau
,
un
sudicione
come
Bec
-
Salé
,
una
brutta
faccia
come
il
suo
père
Bezougue
,
il
becchino
.
Ma
intanto
le
edizioni
succedevano
alle
edizioni
;
i
buongustai
spassionati
dicevano
a
bassa
voce
che
il
romanzo
era
un
capolavoro
;
il
popolo
parigino
lo
leggeva
con
passione
,
perchè
ci
trovava
il
suo
boulevard
,
la
sua
buvette
,
la
sua
bottega
,
la
sua
vita
dipinta
insuperabilmente
,
con
colori
nuovi
e
tocchi
di
pennello
,
in
confronto
ai
quali
tutti
gli
altri
gli
parevano
sbiaditi
;
e
i
critici
più
arrabbiati
erano
costretti
a
riconoscere
che
in
quelle
pagine
tanto
bersagliate
c
'
era
qualche
cosa
contro
cui
si
sarebbero
rintuzzate
eternamente
le
punte
delle
loro
freccie
.
Il
grande
successo
dell
'
Assommoir
fece
ricercare
gli
altri
romanzi
,
e
si
può
dire
che
lo
Zola
diventò
celebre
allora
.
La
sua
celebrità
vera
non
data
che
da
tre
anni
.
Egli
stesso
scrisse
poco
tempo
fa
a
un
suo
ammiratore
d
'
Italia
:
-
On
ne
m
'
a
pas
gâté
en
France
.
Il
n
'
y
a
pas
longtemps
qu
'
on
m
'
y
salue
.
È
però
una
celebrità
singolare
la
sua
.
Un
immenso
«
pubblico
»
lo
ammira
,
ma
d
'
un
'
ammirazione
in
cui
c
'
è
un
po
'
di
broncio
e
un
po
'
di
diffidenza
,
e
lo
guarda
di
lontano
,
come
un
orso
male
addomesticato
.
Ha
un
grande
ingegno
,
non
c
'
è
che
fare
;
bisogna
pure
rassegnarsi
a
dirlo
e
a
lasciarlo
dire
.
Egli
è
ancora
a
Parigi
il
lion
du
jour
,
e
non
ha
che
un
rivale
,
il
Daudet
,
che
non
è
però
della
sua
tarchiutura
;
ma
si
trattano
coi
guanti
,
reciprocamente
,
per
non
destare
sospetti
.
Lo
Zola
però
non
si
vale
,
e
par
che
non
si
curi
della
sua
celebrità
.
Non
si
fa
innanzi
;
vive
raccolto
,
nel
suo
cantuccio
,
con
sua
moglie
,
con
sua
madre
e
coi
suoi
bambini
.
Pochi
lo
conoscono
di
vista
ed
è
raro
il
trovare
un
suo
ritratto
.
Non
frequenta
la
società
,
se
non
quando
ci
deve
andare
per
studiarla
,
e
quando
non
ci
va
con
questo
scopo
si
secca
:
non
va
che
dall
'
editore
Charpentier
,
che
ha
una
splendida
casa
,
e
dà
delle
feste
splendide
a
cui
interviene
anche
il
Gambetta
.
Non
appartiene
a
nessuna
consorteria
.
Non
sta
a
Parigi
che
l
'
inverno
;
l
'
estate
va
in
campagna
per
lavorare
tranquillo
.
Una
volta
stava
all
'
estremità
dell
'
Avenue
Clichy
,
luogo
opportunissimo
per
studiare
il
popolo
dell
'
Assommoir
;
ora
sta
in
via
di
Boulogne
,
dove
stava
il
Ruffini
,
poco
lontano
dalla
casa
del
Sardou
.
III
.
Per
mezzo
del
mio
caro
amico
Parodi
,
ebbi
l
'
onore
di
conoscere
lo
Zola
,
e
di
passar
con
lui
parecchie
ore
in
casa
sua
.
È
un
giovane
ben
piantato
;
solidement
bâti
;
un
po
'
somigliante
,
nella
travatura
delle
membra
,
a
Vittor
Hugo
;
più
grasso
,
non
molto
alto
,
ritto
come
una
colonna
,
pallidissimo
;
e
la
sua
pallidezza
apparisce
anche
maggiore
per
effetto
della
barba
e
dei
cappelli
neri
,
che
gli
stanno
ritti
sulla
fronte
come
peli
di
spazzola
.
È
curioso
che
quasi
tutti
coloro
che
vedono
il
ritratto
dello
Zola
dicono
:
-
Questo
viso
non
mi
riesce
nuovo
.
-
Ha
il
viso
rotondo
,
un
naso
audace
,
gli
occhi
scuri
e
vivi
,
che
guardano
con
una
espressione
scrutatrice
,
fieramente
-
,
la
testa
d
'
un
pensatore
e
il
corpo
d
'
un
atleta
,
-
e
mani
ben
fatte
e
salde
,
di
quelle
che
si
stringono
e
si
ritengono
strette
con
piacere
.
Mi
rammentò
a
primo
aspetto
il
suo
Gueule
-
d
'
or
,
e
mi
parve
che
sarebbe
stato
in
grado
di
fare
le
stesse
prodezze
sopra
l
'
incudine
.
La
sua
corporatura
gagliarda
era
messa
meglio
in
evidenza
dal
suo
vestimento
.
Era
in
babbuccie
,
senza
colletto
e
senza
cravatta
,
con
una
giacchetta
ampia
e
sbottonata
,
che
lasciava
vedere
un
largo
torace
sporgente
,
atto
a
rompere
l
'
onda
degli
odii
e
delle
ire
letterarie
.
In
tutto
il
tempo
che
rimasi
con
lui
non
lo
vidi
mai
ridere
.
Mi
ricevette
cortesemente
,
con
una
certa
franchezza
soldatesca
,
senza
le
solite
formule
di
complimento
.
Appena
fummo
seduti
,
prese
in
mano
un
tagliacarte
fatto
a
pugnale
,
colla
guaina
,
e
lo
ritenne
finchè
durò
la
conversazione
,
sguainandolo
e
ringuainandolo
continuamente
con
un
gesto
vivace
.
Eravamo
nel
suo
studio
:
una
bella
sala
piena
di
luce
,
decorata
di
molti
quadri
a
olio
;
da
cui
s
'
indovinava
l
'
uomo
che
ama
molto
la
casa
e
che
vive
molto
solo
.
Certe
descrizioni
,
infatti
,
di
stanze
calde
e
piene
di
comodi
,
che
si
trovano
nei
suoi
romanzi
,
non
possono
essere
fatte
che
da
un
uomo
che
sta
volentieri
nel
suo
nido
,
in
mezzo
a
tutte
le
raffinatezze
della
buona
vita
casalinga
.
Aveva
davanti
un
grande
tavolino
coperto
di
carte
e
di
libri
,
disposti
con
ordine
,
e
sparso
di
molti
piccoli
oggetti
luccicanti
,
di
forma
graziosa
,
come
il
tagliacarte
;
che
rivelavano
un
fino
gusto
artistico
.
Tutta
la
sala
indicava
l
'
agiatezza
elegante
dello
scrittore
parigino
in
voga
.
In
una
parete
c
'
era
un
suo
grande
ritratto
a
olio
,
di
quando
aveva
ventisei
anni
.
Parlò
per
prima
cosa
della
lingua
italiana
.
-
Mi
rincresce
,
-
disse
,
-
di
non
poter
leggere
libri
italiani
.
Noi
altri
francesi
,
in
questo
,
siamo
proprio
da
compiangere
.
Non
sappiamo
nessuna
lingua
.
Ma
io
l
'
italiano
lo
dovrei
sapere
,
essendo
figliuolo
d
'
un
italiano
.
-
E
ci
accennò
lo
studio
critico
della
nostra
Emma
sopra
la
Page
d
'
amour
,
pubblicato
dall
'
Antologia
,
dicendo
che
era
costretto
a
farselo
tradurre
perchè
,
essendosi
provato
a
leggerlo
,
la
metà
del
senso
gli
era
sfuggita
.
Si
rassegnino
dunque
i
nostri
coraggiosi
traduttori
dell
'
Assommoir
;
lo
Zola
non
è
in
grado
di
compensare
i
loro
sudori
con
una
lode
sincera
.
Poi
diede
al
Parodi
due
risposte
monosillabiche
in
cui
si
rivelò
tutta
la
franchezza
della
sua
natura
.
Il
Parodi
aveva
inteso
dire
d
'
una
discussione
sopra
il
Chateaubriand
seguita
a
tavola
fra
il
Turghenieff
,
lo
Zola
,
il
Flaubert
e
uno
dei
fratelli
Goncourt
;
che
questa
discussione
era
durata
sei
ore
,
ardentissima
,
e
che
due
dei
commensali
avevano
difeso
l
'
autore
del
Genio
del
Cristianesimo
contro
gli
altri
due
,
i
quali
negavano
che
fosse
un
grande
scrittore
.
Gli
pareva
che
lo
Zola
fosse
stato
uno
dei
difensori
,
e
lo
interrogò
per
accertarsene
.
E
allora
segui
questo
curioso
dialogo
:
-
Vous
aimez
beaucoup
Chateaubriand
?
-
Non
-
Vous
avez
beaucoup
lu
Chateaubriand
?
-
Non
.
-
Allora
non
siete
voi
che
l
'
avete
difeso
nella
vostra
discussione
col
signor
Turghenieff
?
-
Jamais
.
I
difensori
del
Chateaubriand
erano
stati
il
Turghenieff
e
il
Flaubert
;
lo
Zola
e
il
Goncourt
l
'
avevano
ostinatamente
combattuto
.
Tutti
e
quattro
sogliono
fare
colazione
insieme
una
volta
al
mese
,
e
ogni
volta
nasce
fra
loro
una
discussione
di
quel
genere
,
che
li
tiene
inchiodati
a
tavola
per
mezza
giornata
.
Questa
fu
l
'
introduzione
;
dopo
la
quale
lo
Zola
fu
costretto
a
parlare
esclusivamente
dello
Zola
.
Il
mio
buon
amico
gli
aveva
detto
il
giorno
avanti
,
annunziandogli
la
mia
visita
:
-
Preparatevi
a
subire
un
interrogatorio
in
tutto
le
regole
,
-
ed
egli
aveva
risposto
gentilmente
:
-
Son
bell
'
e
preparato
.
-
Si
cominciò
dunque
l
'
interrogatorio
.
Ma
non
lo
feci
io
;
non
l
'
avrei
mai
osato
:
lo
fece
il
mio
amico
con
un
garbo
squisito
,
e
lo
Zola
cominciò
a
parlare
di
sè
,
senza
preamboli
,
naturalissimamente
,
come
se
parlasse
d
'
un
altro
.
Non
c
'
è
da
dire
se
stavo
inteso
con
tutta
l
'
anima
alle
sue
parole
.
Eppure
,
nel
punto
che
cominciò
a
parlare
,
fui
colto
da
una
distrazione
che
mi
fece
patir
la
tortura
,
Non
so
come
,
mi
balenò
alla
mente
quella
comicissima
scena
della
Faute
de
l
'
abbé
Mouret
,
quando
il
vecchio
ateo
Jeanbernat
dà
un
carico
di
legnate
al
frataccio
Archangias
,
al
lume
della
luna
,
e
mi
prese
tutt
'
a
un
tratto
così
terribile
bisogno
di
ridere
,
che
dovetti
mordermi
le
labbra
a
sangue
per
non
scoppiare
.
Parlò
prima
della
sua
famiglia
.
La
madre
di
suo
padre
era
candiota
,
e
suo
padre
Francesco
Zola
,
di
Treviso
.
Dopo
la
pubblicazione
dell
'
Assommoir
egli
ricevette
dal
Veneto
parecchie
lettere
di
parenti
lontani
che
non
conosceva
.
Parlò
con
amore
di
suo
padre
.
Era
ingegnere
militare
nell
'
esercito
austriaco
;
era
assai
colto
;
sapeva
lo
spagnuolo
,
l
'
inglese
,
il
francese
,
il
tedesco
;
pubblicò
vari
scritti
scientifici
,
che
lo
Zola
conserva
,
e
ce
ne
mostrò
uno
con
alterezza
.
Non
ricordo
in
che
anno
,
ma
ancora
assai
giovane
,
lasciò
il
servizio
militare
e
si
mise
a
far
l
'
ingegnere
civile
.
Andò
in
Germania
,
dove
lavorò
alla
costruzione
d
'
una
delle
prime
strade
ferrate
;
poi
in
Inghilterra
,
poi
a
Marsiglia
,
donde
fece
varie
escursioni
in
Algeria
,
sempre
lavorando
.
Da
Marsiglia
fu
chiamato
a
Parigi
per
le
fortificazioni
.
Qui
si
ammogliò
e
qui
nacque
Emilio
Zola
,
che
rimase
a
Parigi
fino
all
'
età
di
tre
anni
.
Poi
la
famiglia
andò
a
stabilirsi
a
Aix
,
dove
Francesco
Zola
lavorò
alla
costruzione
d
'
un
gran
canale
,
che
fu
battezzato
col
suo
nome
o
lo
serba
ancora
.
Il
padre
Zola
possedeva
una
gran
parte
delle
«
azioni
»
di
questo
canale
;
circa
centocinquantamila
lire
.
Morto
lui
,
la
società
fallì
,
e
alla
stretta
dei
conti
,
pagati
i
creditori
,
non
rimase
alla
vedova
che
un
piccolissimo
capitale
.
Il
figliuolo
Emilio
provò
perciò
la
strettezza
fin
da
ragazzo
,
ed
ebbe
una
giovinezza
poco
lieta
.
A
diciott
'
anni
venne
a
Parigi
a
cercar
fortuna
,
e
qui
cominciò
,
per
lui
una
serie
di
prove
durissime
.
Fu
per
qualche
tempo
impiegato
nella
casa
Hachette
,
prima
a
cento
lire
il
mese
,
poi
a
cento
cinquanta
,
poi
a
duecento
.
Poi
fu
collaboratore
del
Figaro
.
Dopo
poco
tempo
,
perdette
quel
posto
,
e
rimase
sul
lastrico
.
Arrivato
a
questo
punto
lo
Zola
tagliò
corto
,
ma
capii
da
certi
lampi
de
'
suoi
occhi
e
da
certi
suoi
stringimenti
di
labbra
,
che
quello
dev
'
esser
stato
un
periodo
tremendo
della
sua
vita
.
S
'
ingegnò
di
campare
scribacchiando
qua
e
là
;
ma
ne
cavava
appena
tanto
da
reggersi
,
e
non
tutti
i
giorni
.
Fu
quello
il
tempo
in
cui
fece
quegli
studi
tristi
e
profondi
sul
popolo
parigino
,
che
appariscono
particolarmente
nell
'
Assommoir
e
nel
Ventre
de
Paris
.
Visse
in
mezzo
alla
povera
gente
,
abitò
in
parecchie
di
quelle
case
operaie
che
descrisse
poi
maestrevolmente
nell
'
Assommoir
;
-
in
una
,
fra
le
altre
,
dove
stavano
trecento
operai
dei
più
miserabili
;
-
studiò
il
vizio
e
la
fame
,
conobbe
delle
Nana
,
faticò
,
digiunò
,
pianse
,
si
perdette
d
'
animo
,
lottò
con
coraggio
;
ma
infine
il
suo
carattere
si
fortificò
in
quella
vita
,
e
ne
uscì
armato
e
preparato
alle
battaglie
che
lo
aspettavano
nella
grande
arena
dell
'
arte
.
All
'
età
della
leva
,
però
,
non
era
ancora
nè
francese
nè
italiano
,
e
poteva
scegliere
fra
le
due
nazionalità
.
-
Ma
ero
nato
qui
,
-
disse
-
avevo
qui
molti
ricordi
e
molti
legami
;
cominciavo
ad
aprirmi
una
strada
;
amavo
il
luogo
dove
avevo
sofferto
;
scelsi
per
patria
la
Francia
.
Questa
è
la
sua
prima
vita
d
'
uomo
.
La
sua
prima
vita
letteraria
non
è
meno
singolare
,
ed
egli
la
espose
colla
medesima
franchezza
,
continuando
a
giocare
col
pugnaletto
.
Cominciò
tardi
le
sue
scuole
perchè
aveva
poca
salute
.
-
Studiai
poco
,
-
disse
;
-
prendevo
dei
premi
;
ma
ero
un
cattivo
scolaro
.
-
Sentì
il
primo
impulso
a
scrivere
verso
i
quattordici
anni
.
Era
in
Umanità
.
Scrisse
fra
le
altre
cose
un
romanzo
sulle
Crociate
,
che
conserva
ancora
,
e
mise
in
versi
dei
lunghi
squarci
di
prosa
del
Chateaubriand
;
cosa
che
deve
sconcertare
alquanto
i
critici
che
vogliono
ad
ogni
costo
veder
gl
'
indizii
dell
'
indole
d
'
un
grande
scrittore
anche
nelle
prime
manifestazioni
dell
'
ingegno
adolescente
.
Le
sue
prime
letture
furono
Walter
Scott
e
Vittor
Hugo
.
-
Lessi
i
due
autori
insieme
-
disse
-
ma
senza
sentir
gran
fatto
la
differenza
,
perchè
non
capivo
ancora
nè
lo
stile
nè
la
lingua
di
Vittor
Hugo
.
-
Poi
cominciò
a
leggere
il
Balzac
.
E
anche
questa
è
strana
.
Il
Balzac
l
'
annoiò
;
gli
pareva
lungo
,
pesante
,
poco
«
interessante
»
;
non
lo
capì
e
non
lo
fece
suo
che
lungo
tempo
dopo
.
Fin
qui
nessuna
lettura
gli
aveva
lasciata
una
profonda
impressione
.
Più
tardi
,
quando
cominciò
a
leggere
pensando
,
i
suoi
tre
scrittori
prediletti
furono
il
Musset
,
il
Flaubert
e
il
Taine
.
Nel
Musset
non
si
vede
chiaramente
che
cosa
abbia
attinto
,
se
non
è
il
sentimento
di
certe
finezze
voluttuose
della
vita
signorile
,
ch
'
egli
esprime
però
senza
compiacenza
,
da
artista
profondo
,
ma
freddo
.
Del
Flaubert
non
occorre
dire
:
è
l
'
arte
medesima
,
spinta
più
in
là
,
più
minuziosa
,
più
cruda
,
più
vistosamente
colorita
,
e
anche
più
faticosa
.
Del
Taine
ritrae
specialmente
nell
'
analisi
.
Il
suo
metodo
è
quello
seguito
dal
Taine
nello
studio
sopra
il
Balzac
;
procede
come
lui
ordinato
,
serrato
,
cadenzato
,
a
passi
eguali
e
pesanti
;
dal
che
deriva
,
a
giudizio
di
alcuni
,
un
certo
difetto
di
sveltezza
al
suo
stile
,
che
è
in
ispecial
modo
apparente
nei
suoi
ultimi
libri
.
Egli
ha
un
po
'
,
come
si
dice
in
Francia
,
le
pas
de
l
'
éléphant
.
L
'
azione
poi
che
esercitò
su
di
lui
il
Balzac
è
immensa
e
visibilissima
in
tutte
le
sue
opere
.
Egli
l
'
adora
,
è
suo
figlio
,
e
se
ne
gloria
.
All
'
apparire
dei
suoi
primi
romanzi
,
tutti
pronunziarono
il
nome
del
Balzac
.
Il
Charpentier
lo
presentava
agli
amici
dicendo
:
-
Ecco
un
nuovo
Balzac
.
-
Perciò
toccò
appena
di
volo
di
questo
suo
padre
letterario
,
come
se
la
cosa
dovesse
essere
sottintesa
.
Dei
suoi
studii
non
disse
altro
.
Non
deve
avere
coltura
classica
,
poichè
confessò
egli
stesso
d
'
essersi
trovato
imbarazzato
a
leggere
certi
libri
in
latino
volgare
;
e
in
questo
è
alla
pari
con
molti
dei
più
illustri
scrittori
francesi
di
questi
tempi
.
Ma
fece
la
sua
educazione
da
sè
stesso
;
studiò
combattendo
,
come
i
generali
della
rivoluzione
;
studia
man
mano
che
ha
da
scrivere
un
romanzo
,
per
quel
romanzo
,
tutte
le
quistioni
che
v
'
hanno
attinenza
,
come
faceva
George
Sand
;
legge
continuamente
,
forzato
dalle
esigenze
imperiose
della
polemica
;
ha
sulla
punta
delle
dita
tutto
il
romanzo
di
questo
secolo
,
conosce
profondamente
Parigi
,
padroneggia
insuperabilmente
la
lingua
-
e
pensa
.
Si
venne
poi
al
più
importante
degli
argomenti
.
Il
Parodi
gli
domandò
ex
-
abrupto
come
faceva
a
fare
il
romanzo
.
Era
proprio
un
toccarlo
sul
vivo
.
Sguainò
quasi
tutto
il
suo
pugnaletto
,
lo
ricacciò
con
forza
nel
fodero
,
e
cominciò
a
parlare
speditamente
,
animandosi
a
grado
a
grado
.
Ecco
,
-
disse
,
-
come
faccio
il
romanzo
,
Non
lo
faccio
affatto
.
Lascio
che
si
faccia
da
sè
.
Io
non
so
inventare
dei
fatti
;
mi
manca
assolutamente
questo
genere
di
immaginazione
.
Se
mi
metto
a
tavolino
per
cercare
un
intreccio
,
una
tela
qualsiasi
di
romanzo
,
sto
anche
lì
tre
giorni
a
stillarmi
il
cervello
,
colla
testa
fra
le
mani
,
ci
perdo
la
bussola
e
non
riesco
a
nulla
.
Perciò
ho
preso
la
risoluzione
di
non
occuparmi
mai
del
soggetto
.
Comincio
a
lavorare
al
mio
romanzo
,
senza
sapere
nè
che
avvenimenti
vi
si
svolgeranno
,
nè
che
personaggi
vi
avranno
parte
,
nè
quale
sarà
il
principio
e
la
fine
.
Conosco
soltanto
il
mio
protagonista
,
il
mio
Rougon
o
Macquart
,
uomo
o
donna
;
che
è
una
conoscenza
antica
.
Mi
occupo
anzi
tutto
di
lui
,
medito
sul
suo
temperamento
,
sulla
famiglia
da
cui
è
nato
,
sulle
prime
impressioni
che
può
aver
ricevute
,
e
sulla
classe
sociale
in
cui
ho
stabilito
che
debba
vivere
.
Questa
è
la
mia
occupazione
più
importante
:
studiare
la
gente
con
cui
questo
personaggio
avrà
che
fare
,
i
luoghi
in
cui
dovrà
trovarsi
,
l
'
aria
che
dovrà
respirare
,
la
sua
professione
,
le
sue
abitudini
,
fin
le
più
insignificanti
occupazioni
a
cui
dedicherà
i
ritagli
della
sua
giornata
.
Mettendomi
a
studiare
queste
cose
,
mi
balena
subito
alla
mente
una
serie
di
descrizioni
che
possono
trovar
luogo
nel
romanzo
,
e
che
saranno
come
lo
pietre
miliari
della
strada
che
debbo
percorrere
.
Ora
,
per
esempio
,
sto
scrivendo
Nana
:
una
cocotte
.
Non
so
ancora
affatto
che
cosa
seguirà
di
lei
.
Ma
so
già
tutte
le
descrizioni
che
ci
saranno
nel
mio
romanzo
.
Mi
son
domandato
prima
di
ogni
cosa
:
-
Dove
va
una
cocotte
?
-
Va
ai
teatri
,
alle
prime
rappresentazioni
.
Sta
bene
.
Ecco
cominciato
il
romanzo
.
Il
primo
capitolo
sarà
la
descrizione
d
'
una
prima
rappresentazione
in
uno
dei
nostri
teatri
eleganti
.
Per
far
questo
bisogna
che
studi
.
Vado
a
parecchie
prime
rappresentazioni
.
Domani
sera
vado
alla
Gaité
.
Studio
la
platea
,
i
palchi
,
il
palcoscenico
;
osservo
tutti
i
più
minuti
particolari
della
vita
delle
scene
;
assisto
alla
toeletta
d
'
un
'
attrice
,
e
tornato
a
casa
,
abbozzo
la
mia
descrizione
.
Una
cocotte
va
alle
corse
,
a
un
grand
prix
.
Ecco
un
'
altra
descrizione
che
metterò
nel
romanzo
,
a
una
conveniente
distanza
dalla
prima
.
Vado
a
studiare
un
grand
prix
.
Una
cocotte
frequenta
i
gran
restaurants
.
Mi
metto
a
studiare
i
gran
restaurants
.
Frequento
quei
luoghi
per
qualche
tempo
.
Osservo
,
interrogo
,
noto
,
indovino
.
E
così
avanti
fin
che
non
abbia
studiato
tutti
gli
aspetti
di
quella
parte
di
mondo
in
cui
suole
agitarsi
la
vita
d
'
una
donna
di
quella
fatta
.
Dopo
due
o
tre
mesi
di
questo
studio
,
mi
sono
impadronito
di
quella
maniera
di
vita
:
la
vedo
,
la
sento
,
la
vivo
nella
mia
testa
,
per
modo
che
son
sicuro
di
dare
il
mio
romanzo
il
colore
e
il
profumo
proprio
di
quel
mondo
.
Oltrecchè
,
vivendo
per
qualche
tempo
,
come
ho
fatto
,
in
quella
cerchia
sociale
,
ho
conosciute
delle
persone
che
vi
appartengono
,
ho
inteso
raccontare
dei
fatti
veri
,
so
quello
che
vi
suole
accadere
,
ho
imparato
il
linguaggio
che
vi
si
parla
,
ho
in
capo
una
quantità
di
tipi
,
di
scene
,
di
frammenti
di
dialogo
,
di
episodi
d
'
avvenimenti
,
che
formano
come
un
romanzo
confuso
di
mille
pezzi
staccati
ed
informi
.
Allora
mi
riman
da
fare
quello
che
per
me
è
più
difficile
:
legare
con
un
solo
filo
,
alla
meglio
,
tutte
quelle
reminiscenze
e
tutte
quelle
impressioni
sparse
.
È
un
lavoro
quasi
sempre
lungo
.
Ma
io
mi
ci
metto
flemmaticamente
,
e
invece
d
'
adoperarci
l
'
immaginazione
,
ci
adopero
la
logica
.
Ragiono
tra
me
,
e
scrivo
i
miei
soliloqui
,
parola
per
parola
,
tali
e
quali
mi
vengono
,
in
modo
che
,
letti
da
un
altro
,
parrebbero
una
stranissima
cosa
.
Il
tale
fa
questo
.
Che
cosa
nasce
solitamente
da
un
fatto
di
questa
natura
?
Quest
'
altro
fatto
,
Quest
'
altro
fatto
è
tale
che
possa
interessare
quell
'
altra
persona
?
Certamente
.
È
dunque
logico
che
quest
'
altra
persona
reagisca
in
quest
'
altra
maniera
,
E
allora
può
intervenire
un
nuovo
personaggio
;
quel
tale
,
per
esempio
,
che
ho
conosciuto
in
quel
tal
luogo
,
quella
tal
sera
.
Cerco
di
ogni
più
piccolo
avvenimento
le
conseguenze
immediate
;
quello
che
deriva
logicamente
,
naturalmente
,
inevitabilmente
dal
carattere
e
dalla
situazione
dei
miei
personaggi
.
Faccio
il
lavoro
d
'
un
commissario
di
polizia
che
da
qualche
indizio
voglia
riuscire
a
scoprire
gli
autori
d
'
un
delitto
misterioso
.
Incontro
nondimeno
,
assai
sovente
,
molte
difficoltà
.
Alle
volte
non
ci
sono
più
che
due
sottilissimi
fili
da
annodare
,
una
conseguenza
semplicissima
da
dedurre
,
e
non
ci
riesco
,
e
mi
affatico
e
m
'
inquieto
inutilmente
.
Allora
smetto
di
pensarci
,
perchè
so
che
è
tempo
perduto
.
Passano
due
,
tre
,
quattro
giorni
.
Una
bella
mattina
,
finalmente
,
mentre
fo
colazione
e
penso
ad
altro
,
tutto
a
un
tratto
i
due
fili
si
riannodano
,
la
conseguenza
è
trovata
,
tutte
le
difficoltà
sono
sciolte
.
Allora
un
torrente
di
luce
scorre
su
tutto
il
romanzo
.
Un
flot
de
lumière
coule
sur
tout
le
roman
.
Vedo
tutto
e
tutto
è
fatto
.
Riacquisto
la
mia
serenità
,
son
sicuro
del
fatto
mio
,
non
mi
resta
più
a
fare
che
la
parte
tutta
piacevole
del
mio
lavoro
.
E
mi
ci
metto
tranquillamente
,
metodicamente
,
coll
'
orario
alla
mano
,
come
un
muratore
.
Scrivo
ogni
giorno
quel
tanto
;
tre
pagine
di
stampa
;
non
una
riga
di
più
,
e
la
mattina
solamente
.
Scrivo
quasi
senza
correggere
perchè
son
mesi
che
rumino
tutto
,
e
appena
scritto
,
metto
le
pagine
da
parte
,
e
non
le
rivedo
più
che
stampate
.
E
posso
calcolare
infallibilmente
il
giorno
che
finirò
.
Ho
impiegato
sei
mesi
a
scrivere
Une
page
d
'
Amour
;
un
anno
a
scriver
l
'
Assommoir
.
-
L
'
Assommoir
,
-
soggiunse
poi
,
dando
un
colpo
della
mano
aperta
sul
manico
del
pugnale
,
-
è
stato
la
mia
tortura
.
È
quello
che
m
'
ha
fatto
penare
di
più
per
mettere
insieme
i
pochissimi
fatti
su
cui
si
regge
.
Avevo
in
mente
di
fare
un
romanzo
sull
'
alcoolismo
.
Non
sapevo
altro
.
Avevo
preso
un
monte
di
note
sugli
effetti
dell
'
abuso
dei
liquori
.
Avevo
fissato
di
far
morire
un
beone
della
morte
di
cui
muore
Coupeau
.
Non
sapevo
però
chi
sarebbe
stato
la
vittima
,
e
anche
prima
di
cercarla
,
andai
all
'
ospedale
di
Sant
'
Anna
a
studiare
la
malattia
e
la
morte
,
come
un
medico
.
Poi
assegnai
a
Gervaise
il
mestiere
di
lavandaia
,
e
pensai
subito
a
quella
descrizione
del
lavatoio
che
misi
nel
romanzo
;
che
è
la
descrizione
d
'
un
lavatoio
vero
,
in
cui
passai
molte
ore
.
Poi
,
senza
saper
nulla
del
Goujet
,
che
immaginai
in
seguito
,
pensai
di
valermi
dei
ricordi
d
'
un
'
officina
di
fabbro
ferraio
,
dove
avevo
passato
delle
mezze
giornate
da
ragazzo
,
e
che
è
accennata
nei
Contes
à
Ninon
.
Così
,
prima
d
'
aver
fatto
la
tela
del
romanzo
,
avevo
già
concepita
la
descrizione
di
un
pranzo
nella
bottega
di
Gervaise
,
e
quella
della
visita
al
museo
del
Louvre
.
Avevo
già
studiate
le
mie
bettole
,
l
'
Assommoir
di
père
Colombe
,
le
botteghe
,
l
'
Hôtel
Bonc
ur
,
ogni
cosa
.
Quando
tutto
il
rimanente
fu
predisposto
,
cominciai
a
occuparmi
di
quello
che
doveva
accadere
;
e
feci
questo
ragionamento
,
scrivendolo
.
Gervaise
viene
a
Parigi
con
Lantier
,
suo
amante
.
Che
cosa
seguirà
?
Lantier
è
un
pessimo
soggetto
:
la
pianta
.
E
poi
?
Lo
credereste
che
mi
sono
intoppato
qui
,
e
che
non
andai
più
avanti
per
vari
giorni
?
Dopo
vari
giorni
feci
un
altro
passo
.
Gervaise
è
giovane
;
è
naturale
che
si
rimariti
;
si
rimarita
,
sposa
un
operaio
,
Coupeau
.
Ecco
quello
che
morirà
a
Sant
'
Anna
.
Ma
qui
rimasi
in
asso
da
capo
.
Per
mettere
a
posto
i
personaggi
e
le
scene
che
avevo
in
mente
,
per
dare
un
'
ossatura
qualunque
al
romanzo
,
mi
occorreva
ancora
un
fatto
,
uno
solo
,
che
facesse
nodo
coi
due
precedenti
.
Questi
tre
soli
fatti
mi
bastavano
;
il
rimanente
era
tutto
trovato
,
preparato
,
e
come
già
scritto
per
disteso
nella
mia
mente
.
Ma
questo
terzo
fatto
non
riuscivo
a
raccappezzarlo
.
Passai
varii
giorni
agitato
e
scontento
.
Una
mattina
,
improvvisamene
,
mi
balena
un
'
idea
.
Lantier
ritrova
Gervaise
,
-
fa
amicizia
con
Coupeau
,
-
s
'
installa
in
casa
sua
....
et
alors
il
s
'
établit
un
ménage
a
trois
,
comme
j
'
en
ai
vu
plusieurs
;
e
ne
segue
la
rovina
.
Respirai
.
Il
romanzo
era
fatto
.
Detto
questo
,
aperse
un
cassetto
,
prese
un
fascio
di
manoscritti
e
me
li
mise
sotto
gli
occhi
.
Erano
i
primi
studi
dell
'
Assommoir
,
in
tanti
foglietti
volanti
.
Sui
primi
fogli
c
'
era
uno
schizzo
dei
personaggi
:
appunti
sulla
persona
,
sul
temperamento
,
sull
'
indole
.
Ci
trovai
lo
«
specchio
caratteristico
»
di
Gervaise
,
di
Coupeau
,
di
maman
Coupeau
,
dei
Lorilleux
,
dei
Boche
,
di
Goujet
,
di
madame
Lérat
:
c
'
eran
tutti
.
Parevano
note
d
'
un
registro
di
questura
,
scritte
in
linguaggio
laconico
,
e
liberissimo
,
come
quello
del
romanzo
,
e
interpolate
di
brevi
ragionamenti
,
come
:
-
Nato
così
,
educato
così
;
si
porterà
in
questo
modo
.
-
In
un
luogo
c
'
era
scritto
:
-
E
che
può
far
altro
una
canaglia
di
questa
specie
?
-
M
'
è
rimasto
impresso
,
fra
gli
altri
,
lo
schizzo
di
Lantier
,
che
era
un
filza
d
'
aggettivi
,
che
formavano
una
gradazione
crescente
d
'
ingiurie
:
-
grossier
,
sensuel
,
brutal
,
egoiste
,
polisson
.
-
In
alcuni
punti
c
'
era
detto
:
-
servirsi
del
tale
-
una
persona
conosciuta
dall
'
autore
.
Tutto
scritto
in
caratteri
grossi
e
chiari
,
e
con
ordine
.
Poi
mi
caddero
sotto
gli
occhi
gli
schizzi
dei
luoghi
,
fatti
a
penna
,
accuratamente
,
come
un
disegno
d
'
ingegnere
.
Ce
n
'
era
un
mucchio
:
tutto
l
'
Assommoir
disegnato
:
le
strade
del
quartiere
in
cui
si
svolge
il
romanzo
,
colle
cantonate
,
e
coll
'
indicazione
delle
botteghe
;
i
zig
-
zag
che
faceva
Gervaise
per
scansare
i
creditori
;
le
scappate
domenicali
di
Nana
;
le
pellegrinazioni
della
comitiva
dei
briaconi
di
bastringue
in
bastringue
e
di
bousingot
in
bousingot
;
l
'
ospedale
e
il
macello
,
fra
cui
andava
e
veniva
,
in
quella
terribile
sera
,
la
povera
stiratrice
straziata
dalla
fame
.
La
gran
casa
del
Marescot
era
tracciata
minutissimamente
;
tutto
l
'
ultimo
piano
;
i
pianerottoli
,
le
finestre
,
lo
stambugio
del
becchino
,
la
buca
di
père
Bru
,
tutti
quei
corridori
lugubri
,
in
cui
si
sentiva
un
souffle
de
crevaison
,
quei
muri
che
risonavano
come
pancie
vuote
,
quelle
porte
da
cui
usciva
una
perpetua
musica
di
legnate
e
di
strilli
di
mioches
morti
di
fame
.
C
'
era
pure
la
pianta
della
bottega
di
Gervaise
,
stanza
per
stanza
,
coll
'
indicazione
dei
letti
e
delle
tavole
,
in
alcuni
punti
cancellata
e
corretta
.
Si
vedeva
che
lo
Zola
ci
s
'
era
divertito
per
ore
e
per
ore
,
dimenticando
forse
anche
il
romanzo
,
tutto
immerso
nella
sua
finzione
,
come
in
un
proprio
ricordo
.
Su
altri
fogli
c
'
erano
appunti
di
vario
genere
.
Ne
notai
due
principalmente
:
-
venti
pagine
di
descrizione
della
tal
cosa
,
-
dodici
pagine
di
descrizione
della
tal
scena
,
da
dividersi
in
tre
parti
.
-
Si
capisce
che
aveva
la
descrizione
in
capo
,
formulata
prima
d
'
essere
fatta
,
e
che
se
la
sentiva
sonar
dentro
cadenzata
e
misurata
,
come
un
'
arietta
a
cui
dovesse
ancora
trovare
le
parole
.
Son
meno
rare
di
quello
che
si
pensi
,
queste
maniere
di
lavorare
,
anche
in
cose
d
'
immaginazione
,
col
compasso
.
Lo
Zola
è
un
grande
meccanico
.
Si
vede
come
le
sue
descrizioni
procedono
simmetricamente
,
a
riprese
,
separate
qualche
volta
da
una
specie
d
'
intercalare
,
messo
là
perchè
il
lettore
ripigli
rifiato
,
e
divise
in
parti
quasi
uguali
;
come
quella
dei
fiori
del
parco
nella
Faute
de
l
'
abbé
Mouret
,
quella
del
temporale
nella
Page
d
'
amour
,
quella
della
morte
del
Coupeau
nell
'
Assommoir
.
Si
direbbe
che
la
sua
mente
,
per
lavorar
poi
tranquilla
e
libera
intorno
alle
minuzie
,
ha
bisogno
di
tracciarsi
prima
i
confini
netti
del
suo
lavoro
,
di
sapere
esattamente
in
quali
punti
potrà
riposare
,
e
quasi
che
estensione
e
che
forma
presenterà
nella
stampa
il
lavoro
proprio
.
Quando
la
materia
gli
cresce
,
la
recide
per
farla
rientrare
in
quella
forma
,
o
quando
gli
manca
,
fa
un
sforzo
per
tirarla
a
quel
segno
.
È
un
invincibile
amore
delle
proporzioni
armoniche
,
che
qualche
volta
può
generare
prolissità
;
ma
che
spesso
,
costringendo
il
pensiero
ad
insistere
sul
suo
soggetto
,
renda
l
'
opera
più
profonda
e
più
completa
.
C
'
erano
,
oltre
a
queste
,
delle
note
estratte
dalla
Réforme
sociale
en
France
del
Le
Play
,
dall
'
Hérédité
naturelleel
dottor
Lucas
,
e
da
altre
opere
di
cui
si
valse
per
scrivere
il
suo
romanzo
;
Le
sublime
,
fra
le
altre
,
che
dopo
la
pubblicazione
dell
'
Assommoir
fu
ristampato
e
riletto
;
poichè
è
un
privilegio
dei
capolavori
quello
di
mettere
in
onore
anche
le
opere
mediocri
di
cui
si
sono
giovati
.
Lo
interrogammo
intorno
ai
suoi
studi
di
lingua
.
Ne
parlò
con
molta
compiacenza
.
Si
crede
generalmente
che
abbia
studiato
l
'
argot
nel
popolo
;
sì
,
in
parte
;
ma
più
nei
dizionarii
speciali
,
che
son
parecchi
,
e
buonissimi
;
come
imparò
in
special
modo
dai
dizionari
d
'
arti
e
mestieri
quella
ricchissima
terminologia
d
'
officina
e
di
bottega
,
che
è
nei
suoi
romanzi
popolari
.
Ma
per
scrivere
l
'
argot
non
bastava
consultare
il
dizionario
;
bisognava
saperlo
,
ossia
rifarselo
.
Si
fece
perciò
un
dizionario
diviso
a
soggetti
,
e
vi
andò
man
mano
registrando
le
parole
e
le
frasi
che
trovava
nei
libri
e
che
raccattava
per
la
strada
.
Scrivendo
Assommoir
,
prima
di
trattare
un
soggetto
,
scorreva
la
parte
corrispondente
del
dizionario
;
poi
scriveva
tenendolo
sotto
gli
occhi
,
e
cancellava
con
un
lapis
rosso
ogni
frase
,
via
via
che
la
metteva
nel
libro
,
per
evitar
di
ripeterla
.
-
Io
son
un
uomo
paziente
,
vedete
,
-
disse
poi
;
-
lavoro
colla
placidità
d
'
un
vecchio
compilatore
;
provo
piacere
anche
nelle
occupazioni
più
materiali
;
prendo
amore
alle
mie
note
e
ai
miei
scartafacci
;
mi
cullo
nel
mio
lavoro
,
e
mi
ci
trovo
bene
,
come
un
pigro
nella
sua
poltrona
.
Lo
strano
è
che
diceva
tutte
queste
cose
senza
sorridere
;
ma
nemmeno
con
un
barlume
di
sorriso
.
Il
suo
viso
pallidissimo
non
ebbe
mai
una
di
quelle
mille
espressioni
convenzionali
di
amabilità
o
di
gaiezza
,
che
si
usano
dalle
persone
più
fredde
per
dar
colore
alla
conversazione
.
In
verità
non
ricordo
d
'
aver
mai
visto
al
mondo
un
viso
più
«indipendente.»
Faceva
un
solo
movimento
di
tratto
in
tratto
:
dilatava
le
narici
e
stringeva
i
denti
,
facendo
risaltar
le
mascelle
;
il
che
gli
dava
un
'
espressione
più
vigorosa
di
risoluzione
e
di
fierezza
.
Parlò
del
successo
dell
'
Assommoir
.
Disse
che
,
mentre
scriveva
quel
romanzo
,
era
le
mille
miglia
lontano
dal
prevedere
il
chiasso
che
fece
.
Era
stato
costretto
a
interromperlo
per
una
malattia
della
sua
signora
;
ci
s
'
era
poi
rimesso
di
mala
voglia
;
il
cuore
non
gliene
diceva
bene
.
Di
più
,
un
amico
di
cui
egli
faceva
gran
conto
,
letto
il
manoscritto
,
gli
aveva
presagito
un
mezzo
fiasco
.
A
lui
stesso
pareva
che
il
soggetto
non
fosse
«interessante.»
Lasciò
indovinare
,
insomma
,
che
nemmeno
dopo
il
suo
grande
successo
,
non
era
quello
il
romanzo
a
cui
teneva
di
più
.
-
Qual
è
dunque
?
-
gli
domandai
.
La
sua
risposta
mi
diede
una
grande
soddisfazione
.
-
Le
ventre
de
Paris
,
-
rispose
.
E
infatti
la
storia
di
quel
grasso
e
iniquo
pettegolezzo
plebeo
,
che
finisce
per
perdere
un
povero
galantuomo
,
e
che
si
svolge
dalla
prima
all
'
ultima
pagina
in
quel
singolarissimo
teatro
delle
Halles
,
pieno
di
colori
,
di
sapori
e
d
'
odori
,
fra
quelle
pescivendole
dalle
rotondità
enormi
e
impudenti
,
fra
quegli
amori
annidati
nei
legumi
e
nelle
penne
di
pollo
,
in
mezzo
a
quello
strano
intreccio
di
rivalità
bottegaie
e
di
congiure
repubblicane
,
m
'
è
sempre
parsa
una
delle
più
originali
e
delle
più
felici
invenzioni
dell
'
ingegno
francese
.
Venne
a
parlare
delle
critiche
che
si
fecero
all
'
Assommoir
.
Anche
parlando
,
egli
sceglie
sempre
la
frase
più
dura
e
più
recisa
per
esprimere
il
proprio
pensiero
.
Accennando
a
una
scuola
che
non
gli
va
a
genio
,
disse
:
-
Vedrete
che
famoso
colpo
di
scopa
ci
daremo
dentro
!
-
In
ogni
sua
parola
si
sente
il
suo
carattere
fortemente
temprato
,
non
solo
alle
resistenze
ostinate
,
ma
agli
assalti
temerarii
.
Nelle
sue
critiche
,
infatti
,
dà
addosso
a
tutti
.
Ne
raccolse
parecchie
in
un
volume
e
le
intitolò
:
-
I
miei
odii
.
-
Si
capisce
.
Deve
tutto
a
sè
stesso
,
è
passato
per
tutte
le
prove
,
è
coperto
di
cicatrici
:
la
battaglia
è
la
sua
vita
;
vuole
la
gloria
,
ma
strappata
a
forza
;
e
accompagnata
dal
fragore
della
tempesta
.
Le
critiche
più
spietate
non
fanno
che
irritare
il
suo
coraggio
.
Gli
gridarono
la
croce
per
le
crudità
della
Curée
;
egli
andò
del
doppio
più
in
là
nell
'
Assommoir
.
Prova
una
feroce
voluttà
nel
provocare
il
pubblico
.
«
Gli
insuccessi
»
non
gli
passano
nemmeno
la
prima
pelle
.
Avanti
!
-
disse
dopo
una
delle
sue
più
grandi
cadute
-
;
io
sono
a
terra
;
ma
l
'
arte
è
in
piedi
.
Forse
che
la
battaglia
è
perduta
perchè
il
soldato
è
ferito
?
Al
lavoro
,
e
ricominciamo
!
-
E
dice
il
fatto
suo
alla
critica
,
alla
sua
maniera
.
-
La
critica
francese
manca
d
'
intelligenza
-
;
nientemeno
.
-
Non
ci
sono
in
tutta
la
Francia
che
tre
o
quattro
uomini
capaci
di
giudicare
un
libro
.
-
Gli
altri
o
giudicano
con
tutti
i
pregiudizii
letterarii
degli
sciocchi
,
o
sono
pretti
impostori
.
-
Ha
questo
gran
difetto
,
-
come
gli
diceva
un
amico
:
-
che
quando
parla
con
un
imbecille
,
gli
fa
capire
immediatamente
che
è
un
imbecille
;
-
difetto
,
-
dice
,
-
che
gli
chiuderà
sempre
tutte
le
porte
.
Ma
a
lui
non
importa
d
'
essere
,
amato
.
Egli
considera
il
pubblico
come
il
suo
nemico
naturale
.
Che
serve
accarezzarlo
?
È
una
mala
bestia
che
risponde
alle
carezze
coi
morsi
.
Tanto
vale
mostrargli
i
denti
e
fargli
vedere
che
non
sono
meno
forti
dei
suoi
.
Latri
a
sua
posta
,
purchè
ci
segua
.
Eppure
s
'
ingannano
quelli
che
argomentano
da
questa
sua
asprezza
di
carattere
ch
'
egli
non
abbia
cuore
.
Tutti
i
suoi
amici
intimi
lo
affermano
.
In
casa
,
colla
sua
famiglia
,
è
un
altro
Zola
;
ha
pochi
amici
,
ma
li
ama
fortemente
;
non
è
espansivo
,
ma
servizievole
.
E
scrive
delle
lettere
piene
di
sentimento
.
Ha
un
cuore
affettuoso
,
sotto
una
corazza
d
'
acciaio
.
Spiegò
poi
meglio
il
concetto
che
ha
del
pubblico
,
parlando
della
vendita
dei
libri
a
Parigi
.
-
Qui
non
si
fa
nulla
,
-
disse
,
smettendo
per
la
prima
volta
il
pugnale
,
ma
riafferrandolo
subito
,
-
nulla
,
se
non
si
fa
chiasso
.
Bisogna
essere
discussi
,
maltrattati
,
levati
in
alto
dal
bollore
delle
ire
nemiche
.
Il
parigino
non
compra
quasi
mai
il
libro
spontaneamente
,
per
un
sentimento
proprio
di
curiosità
;
non
lo
compra
che
quando
glie
ne
hanno
intronate
le
orecchie
,
quando
è
diventato
come
un
avvenimento
da
cronaca
,
del
quale
bisogna
saper
dir
qualche
cosa
in
conversazione
.
Pur
che
se
ne
parli
,
comunque
se
ne
parli
,
è
una
fortuna
.
La
critica
vivifica
tutto
;
non
c
'
è
che
il
silenzio
che
uccida
.
Parigi
è
un
oceano
;
ma
un
oceano
in
cui
la
calma
perde
,
e
la
burrasca
salva
.
Come
si
può
scuotere
altrimenti
l
'
indifferenza
di
questa
enorme
città
tutta
intenta
ai
suoi
affari
e
ai
suoi
piaceri
,
ad
ammassar
quattrini
e
a
profonderli
?
Essa
non
sente
che
i
ruggiti
e
le
cannonate
.
E
guai
a
chi
non
ha
coraggio
!
È
quello
che
mi
diceva
il
Parodi
:
-
Qui
non
si
stima
chi
mostra
di
non
stimare
sè
stesso
.
Per
prima
cosa
bisogna
affermare
risolutamente
il
proprio
diritto
alla
gloria
.
Chi
si
fa
piccino
,
è
perduto
.
Guai
al
modesto
!
E
lo
Zola
non
è
nè
modesto
,
nè
orgoglioso
;
è
schietto
.
Colla
stessa
schiettezza
con
cui
riconosce
i
lati
deboli
del
suo
ingegno
,
come
si
è
visto
,
ne
dice
i
lati
forti
.
Parlando
dei
suoi
studi
dal
vero
dice
:
-
Non
ho
però
bisogno
di
veder
tutto
;
un
aspetto
mi
basta
,
gli
altri
li
indovino
;
qui
sta
l
'
ingegno
.
-
Quando
scriveva
la
Page
d
'
amour
,
diceva
:
-
Farò
piangere
tutta
Parigi
.
-
Difendendo
una
sua
commedia
caduta
dice
:
-
Perchè
è
caduta
?
Perchè
il
pubblico
s
'
aspettava
dall
'
autore
dei
Rougon
-
Macquart
una
commedia
straordinaria
,
di
primissimo
ordine
;
qualcosa
di
miracoloso
.
-
Ma
dice
questo
con
una
sicurezza
e
con
una
semplicità
,
che
non
vien
nemmeno
in
capo
di
accusarlo
di
presunzione
.
E
in
ciò
si
rivela
appunto
la
sua
natura
italiana
,
meno
inverniciata
della
francese
,
come
si
rivela
nelle
sue
critiche
,
in
cui
dice
le
più
dure
cose
senza
giri
di
frase
e
senza
epiteti
lenitivi
,
e
paccia
le
pillole
amare
senza
dorarle
;
cosa
che
ripugna
all
'
indole
della
critica
parigina
.
Ed
è
italiano
anche
in
questo
,
che
ha
la
nostra
causticità
genuina
,
consistente
più
nella
cosa
che
nella
parola
,
e
non
il
vero
spirito
francese
.
E
lo
riconosce
e
se
ne
vanta
.
-
Je
n
'
ai
pas
cet
entortillement
d
'
esprit
.
-
Je
ne
sais
parler
le
papotage
à
la
mode
.
-
Io
detesto
i
bons
mots
e
il
pubblico
li
adora
.
Questa
è
la
grande
ragione
per
cui
non
ci
possiamo
intendere
.
Accennò
pure
,
di
volo
,
alla
gran
quistione
del
realismo
e
dell
'
idealismo
.
Su
questo
argomento
rispetto
profondamente
le
opinioni
di
uno
scrittore
come
lo
Zola
.
Ma
a
queste
professioni
di
fede
irremovibile
e
a
queste
bandiere
sventolate
con
tanto
furore
,
ci
credo
poco
.
Uno
scrittore
si
trova
a
scrivere
in
una
data
maniera
perchè
la
sua
indole
,
la
sua
educazione
,
le
condizioni
della
sua
vita
lo
spinsero
da
quella
parte
.
Quando
ha
fatto
per
quella
via
un
lungo
cammino
,
quando
ha
speso
in
quella
forma
d
'
arte
un
gran
tesoro
di
forze
,
e
v
'
ha
riportato
dei
trionfi
,
e
s
'
è
persuaso
che
non
andrà
mai
innanzi
altrettanto
in
una
direzione
diversa
,
allora
alza
la
sua
insegna
e
dice
:
-
In
hoc
signo
vinces
.
-
Ma
che
diverrebbe
l
'
arte
se
tutti
lo
seguissero
?
Mi
vien
sempre
in
mente
quella
sentenza
del
Rénan
:
-
Il
mondo
è
uno
spettacolo
che
Dio
dà
a
sè
stesso
.
Per
carità
,
non
facciamolo
tutto
d
'
un
colore
,
se
non
vogliamo
annoiarci
anche
noi
.
-
C
'
è
posto
per
tutti
-
come
diceva
Silvio
Pellico
-
e
nessuno
se
ne
vuol
persuadere
.
-
Non
capisco
come
ci
sia
della
gente
d
'
ingegno
che
picchia
sulla
testa
a
una
parte
dell
'
umanità
unicamente
perchè
non
sente
e
non
esprime
la
vita
come
essi
la
sentono
e
la
esprimono
.
È
come
se
i
magri
volessero
mettere
al
bando
dell
'
umanità
i
grassi
;
e
i
linfatici
,
i
nervosi
.
In
fondo
,
chi
non
vede
chiaramente
che
è
una
guerra
che
certe
facoltà
dello
spirito
fanno
ad
altre
facoltà
?
Emilio
Zola
,
non
men
degli
altri
,
non
fa
che
tirar
l
'
acqua
al
suo
mulino
,
Egli
dirà
,
per
esempio
,
che
la
tragedia
greca
è
realistica
,
e
che
non
si
deve
descrivere
che
quello
che
si
vede
o
che
s
'
è
visto
,
e
che
quando
si
mette
un
albero
sulla
scena
,
dev
'
essere
un
albero
vero
;
e
forse
,
in
cuor
suo
,
sorriderà
di
queste
affermazioni
.
E
quando
qualcuno
lo
coglierà
in
contraddizione
,
risponderà
ingenuamente
:
-
Que
voulez
vous
?
Il
faut
bien
avoir
un
drapeau
.
-
Siamo
d
'
accordo
;
ma
è
quasi
sempre
la
bandiera
,
non
della
propria
fede
,
ma
del
proprio
ingegno
.
E
lo
stesso
Zola
è
sempre
realista
,
anche
quando
dà
cuore
e
mente
agli
alberi
e
ai
fiori
?
A
un
uomo
come
lui
si
può
ben
dire
quello
che
si
pensa
.
Parlò
pure
del
teatro
.
Disse
che
era
falsa
la
notizia
data
dai
giornali
,
che
egli
avesse
incaricato
due
commediografi
,
di
cui
non
ricordo
il
nome
,
di
fare
un
dramma
dell
'
Assommoir
.
S
'
era
parlato
pure
,
a
questo
proposito
,
della
Curée
,
per
la
cui
protagonista
,
Renée
,
la
celebre
attrice
Sarah
Bernard
aveva
manifestato
una
gran
simpatia
.
Ma
dei
suoi
romanzi
,
uno
solo
,
finora
,
Thérèse
Raquin
,
fu
convertito
da
lui
stesso
in
un
dramma
,
nel
quale
è
riuscita
una
fortissima
scena
la
descrizione
di
quella
tremenda
notte
nuziale
di
Teresa
e
di
Laurent
,
fra
cui
s
'
interpone
il
fantasma
schifoso
del
marito
annegato
.
Il
Teatro
però
esercita
anche
sullo
Zola
un
'
attrazione
irresistibile
e
inebriante
,
come
su
tutti
gli
scrittori
moderni
,
ai
quali
nessuna
gloria
letteraria
pare
bastevole
,
se
non
è
coronata
da
un
trionfo
sulle
scene
.
Poichè
a
Parigi
,
la
città
più
teatrale
del
mondo
,
una
vittoria
drammatica
dà
d
'
un
solo
tratto
la
fama
e
la
fortuna
che
non
dà
il
buon
successo
di
dieci
libri
.
A
questo
scopo
egli
converge
perciò
tutti
i
suoi
sforzi
.
La
sua
grande
ambizione
è
di
fare
un
Assommoir
teatrale
.
Finora
non
lavorò
,
si
può
dire
,
che
per
prepararsi
a
questa
gran
prova
.
Non
ebbe
successi
notevoli
;
cadde
più
d
'
una
volta
;
ma
persiste
tenacemente
.
E
s
'
affatica
a
sgombrarsi
il
passo
colla
critica
,
battendo
in
breccia
la
commedia
alla
moda
,
la
comédie
d
'
intrigue
,
ce
joujou
donné
au
public
,
ce
jeu
de
patience
,
che
egli
vorrebbe
ricondurre
alla
forma
antica
,
alla
comicità
di
buona
lega
,
la
quale
consiste
tutta
nei
tipi
e
nelle
situazioni
,
e
non
in
quello
spirito
fouetté
en
neige
,
rélevé
d
'
une
pointe
de
musc
,
che
piace
per
la
novità
,
e
che
non
saprà
più
di
nulla
fra
cinque
anni
;
ai
caratteri
largamente
sviluppati
in
un
'
azione
semplice
e
logica
,
alle
analisi
libere
e
profonde
,
e
ai
dialoghi
sciolti
da
ogni
convenzione
;
a
una
forma
insomma
,
in
cui
possano
spiegarsi
e
prevalere
le
sue
forti
facoltà
di
romanziere
.
E
propugnando
queste
teorie
,
difende
ostinatamente
i
suoi
lavori
drammatici
.
Un
amico
andò
a
visitarlo
dopo
la
caduta
del
suo
Bouton
de
rose
al
Palais
Royal
,
e
lo
trovò
a
tavolino
con
davanti
un
mucchio
di
fogli
scritti
.
-
Che
cosa
fate
?
-
gli
domandò
,
-
Vous
comprenez
-
rispose
-
je
ne
veux
pus
lâcher
ma
pièce
.
-
»
Stava
facendo
una
difesa
del
Bouton
de
Rose
,
curiosissima
,
nella
quale
si
rivela
il
suo
carattere
meglio
che
in
un
epistolario
di
cinque
volumi
.
Cominciò
coll
'
esporre
il
soggetto
della
commedia
,
ricavata
in
parte
dai
Contes
drólatiques
del
Balzac
,
e
come
si
svolse
nella
sua
mente
,
e
le
ragioni
d
'
ogni
personaggio
e
d
'
ogni
scena
.
E
poi
:
-
Sta
bene
-
disse
-
il
dramma
è
caduto
.
-
Riferisco
presso
a
poco
le
sue
parole
.
-
Io
accetto
altamente
tutte
le
responsabilità
.
Questo
dramma
m
'
è
diventato
caro
per
la
brutalità
odiosa
con
cui
fu
trattato
.
Lo
scatenamento
feroce
della
folla
l
'
ha
rialzato
e
ingrandito
ai
miei
occhi
.
Più
tardi
ci
sarà
appello
:
i
processi
letterari
sono
suscettibili
di
cassazione
.
Il
pubblico
non
ha
voluto
capire
il
mio
lavoro
,
perchè
non
vi
ha
trovato
quella
specie
di
vis
comica
che
vi
cercava
,
che
è
un
fiore
tutto
parigino
,
sbocciato
sui
marciapiedi
dei
boulevards
.
Ha
trovato
il
mio
spirito
grossolano
!
Diavolo
!
Come
si
fa
a
sopportare
la
franchezza
d
'
un
uomo
che
viene
avanti
con
un
stile
diretto
e
che
chiama
le
cose
col
loro
nome
?
Già
,
il
sapore
dell
'
antico
racconto
francese
non
si
sente
più
;
non
si
capiscono
più
quei
tipi
:
io
avrei
dovuto
mettere
un
avviso
a
stampa
sulla
schiena
dei
miei
personaggi
.
E
poi
una
buona
metà
del
teatro
faceva
voti
ardenti
perchè
il
mio
Bouton
de
rose
capitombolasse
.
Erano
andati
là
come
si
va
nella
baracca
d
'
un
domatore
di
fiere
,
col
segreto
desiderio
di
vedermi
divorare
.
Io
mi
son
fatti
molti
nemici
colle
mie
critiche
teatrali
,
in
cui
la
sincerità
è
la
mia
sola
forza
.
Chi
giudica
i
lavori
degli
altri
,
s
'
espone
alle
rappresaglie
.
I
vaudevillisti
vessati
e
i
drammaturghi
esasperati
si
son
detti
:
-
Finalmente
!
Lo
andremo
a
giudicare
una
volta
,
questo
terribile
uomo
!
Nell
'
orchestra
c
'
erano
dei
signori
che
si
mostravano
reciprocamente
le
chiavi
.
C
'
era
poi
un
'
altra
ragione
.
Io
sono
romanziere
.
Questo
basta
.
Riuscendo
nel
teatro
,
avrei
occupato
troppo
posto
.
Bisognava
impedire
.
E
d
'
altra
parte
era
giusto
che
io
espiassi
le
quarantadue
edizioni
dell
'
Assommoir
e
le
diciasette
edizioni
della
Page
d
'
amour
.
-
Schiacciamolo
,
-
si
son
detti
.
E
l
'
han
fatto
.
Si
ascoltò
il
primo
atto
,
si
fischiò
:
il
secondo
e
non
si
volle
sentire
il
terzo
.
Il
fracasso
era
tale
che
i
critici
non
potevano
neppur
sentire
il
nome
dei
personaggi
;
alcune
innocentissime
parole
di
argot
scoppiarono
nel
teatro
come
bombe
;
i
muri
minacciavano
di
crollare
;
non
si
capiva
più
nulla
.
E
così
sono
stato
ammazzato
.
Ora
non
ho
più
nè
rancore
nè
tristezza
.
Ma
il
giorno
dopo
non
riuscii
a
soffocare
un
sentimento
di
giusta
indignazione
.
Credevo
che
la
seconda
sera
la
commedia
non
sarebbe
arrivata
di
là
dal
secondo
atto
.
Mi
pareva
che
il
pubblico
pagante
dovesse
completare
il
disastro
.
Andai
al
teatro
,
a
ora
tarda
,
e
salendo
le
scale
,
interrogai
un
artista
:
-
Ebbene
,
vanno
in
collera
,
di
sopra
?
-
L
'
artista
mi
rispose
sorridendo
:
-
Ma
no
,
signore
!
Tutti
i
frizzi
sono
gustati
.
La
salle
est
superbe
,
e
si
smascella
dalle
risa
.
-
Ed
era
vero
;
non
si
sentiva
una
disapprovazione
;
il
successo
era
enorme
.
Io
rimasi
là
per
tutto
un
atto
,
ad
ascoltare
quelle
risa
,
e
soffocavo
,
mi
sentivo
venir
le
lagrime
agli
occhi
.
Pensavo
al
teatro
della
sera
prima
,
e
mi
domandavo
il
perchè
di
quella
inesplicabile
brutalità
,
dal
momento
che
il
vero
pubblico
faceva
al
mio
lavoro
una
accoglienza
tanto
diversa
.
Questi
sono
i
fatti
.
Mi
diano
una
spiegazione
i
critici
sinceri
.
Il
Bouton
de
rose
ebbe
quattro
rappresentazioni
;
l
'
incasso
maggiore
fu
quello
della
seconda
.
Per
che
ragione
,
se
è
lecito
?
Perchè
la
stampa
non
aveva
ancora
parlato
e
il
pubblico
veniva
e
rideva
con
confidenza
.
Il
terzo
giorno
la
critica
comincia
il
suo
lavoro
di
strangolamento
;
una
prima
scarica
di
articoli
furibondi
ferisce
la
commedia
al
cuore
;
e
allora
la
gente
esita
e
s
'
allontana
da
un
'
opera
che
non
una
voce
difende
e
che
i
più
tolleranti
gettano
nel
fango
.
I
pochi
curiosi
che
si
arrischiano
,
si
divertono
sinceramente
;
l
'
effetto
cresce
ad
ogni
rappresentazione
;
gli
artisti
,
rinfrancati
,
recitano
con
un
accordo
maraviglioso
.
Che
importa
?
Lo
strangolamento
è
riuscito
;
il
pubblico
della
prima
sera
ha
stretto
la
corda
e
la
critica
ha
dato
l
'
ultimo
strappo
.
Eppure
!
Eppure
il
Bouton
de
rose
resiste
solidamente
sulle
scene
pur
che
ci
sia
chi
si
degni
di
sentirlo
.
Io
credo
che
sia
ben
fatto
,
che
certe
situazioni
siano
comiche
e
originali
,
e
che
il
tempo
gli
darà
ragione
.
Un
tale
,
la
prima
sera
,
nei
corridoi
del
teatro
diceva
ad
alta
voce
:
-
Ebbene
,
farà
ancora
il
critico
teatrale
Emilio
Zola
?
-
Perdio
se
lo
farò
ancora
!
E
più
ardentemente
di
prima
,
potete
andarne
sicuri
.
La
conversazione
cadde
ancora
una
volta
sui
romanzi
,
e
lo
Zola
soddisfece
parecchie
mie
vivissime
curiosità
.
I
suoi
personaggi
son
quasi
tutti
ricordi
,
conoscenze
sue
d
'
altri
tempi
;
alcuni
già
abbozzati
nei
Contes
à
Ninon
.
Il
Lantier
,
per
esempio
,
lo
conobbe
in
carne
ed
ossa
,
ed
è
infatti
uno
dei
caratteri
più
stupendamente
veri
dell
'
Assommoir
.
L
'
idea
del
frate
Archangias
della
Faute
de
l
'
abbé
Mouret
,
di
quel
comicissimo
villanaccio
incappucciato
,
che
predica
la
religione
con
un
linguaggio
da
facchino
ubbriaco
,
gli
venne
dall
'
aver
letto
in
un
giornale
di
provincia
,
d
'
un
certo
frate
,
maestro
di
scuola
,
stato
condannato
dai
tribunali
per
abuso
....
di
forza
.
Certe
rispostaccie
date
dall
'
accusato
ai
giudici
gli
avevano
presentato
il
carattere
bell
'
e
fatto
.
Poichè
si
parlava
di
quel
romanzo
,
non
potei
trattenermi
dall
'
esprimergli
la
mia
viva
ammirazione
per
quelle
splendide
pagine
,
in
cui
descrisse
i
rapimenti
religiosi
del
giovane
prete
dinanzi
all
'
immagine
della
Vergine
;
pagine
degne
davvero
d
'
un
grande
poeta
.
-
Voi
non
potete
immaginare
,
-
mi
rispose
,
-
la
fatica
che
mi
costò
quel
benedetto
abate
Mouret
.
Per
poterlo
descrivere
all
'
altare
,
andai
parecchie
volte
a
sentire
tre
o
quattro
messe
di
seguito
a
Nôtre
Dame
.
Per
la
sua
educazione
religiosa
consultai
molti
preti
.
Nessuno
però
mi
volle
o
mi
seppe
dare
tutte
le
spiegazioni
di
cui
avevo
bisogno
.
Misi
sottosopra
delle
botteghe
di
librai
cattolici
;
mi
digerii
dei
grossi
volumi
di
Cerimoniali
religiosi
e
di
Manuali
da
curati
di
campagna
.
Ma
non
mi
pareva
ancora
di
possedere
abbastanza
la
materia
.
Un
prete
spretato
,
finalmente
,
completò
le
mie
cognizioni
.
Gli
domandai
se
aveva
fatto
pure
degli
studi
così
accurati
e
così
pratici
per
descrivere
la
vita
delle
halles
,
le
botteghe
di
formaggi
,
il
lavoro
delle
stiratrici
,
le
discussioni
del
Parlamento
,
le
ribotte
degli
operai
.
-
Necessariamente
,
-
rispose
.
-
E
per
descrivere
il
temporale
della
Page
d
'
amour
?
-
Per
descrivere
il
temporale
,
mi
asciugai
parecchie
volte
tutta
l
'
acqua
che
Dio
ha
mandata
,
osservando
Parigi
dalle
torri
di
Nôtre
Dame
.
Gli
domandai
se
era
mai
stato
presente
a
una
battaglia
.
Disse
di
no
,
e
questo
mi
fece
gran
meraviglia
,
perchè
nella
descrizione
del
combattimento
fra
gl
'
insorti
e
le
truppe
imperiali
,
nella
Fortune
des
Rougons
,
si
sente
il
fischio
delle
palle
e
si
vede
il
disordine
e
la
morte
,
come
nessun
scrittore
li
ha
mai
resi
.
Da
ultimo
venne
a
parlare
dei
suoi
romanzi
futuri
,
e
in
questo
discorso
si
animò
più
che
non
avesse
fatto
fino
allora
;
il
suo
viso
si
colorò
d
'
un
leggero
rossore
,
la
sua
voce
si
rinvigorì
,
e
non
dico
come
lavorasse
il
pugnaletto
.
Egli
farà
un
romanzo
in
cui
descriverà
la
vita
militare
francese
,
com
'
è
.
Questo
solleverà
una
tempesta
;
gli
daranno
del
nemico
della
Francia
;
sta
bene
.
Il
suo
romanzo
sarà
intitolato
Le
soldat
,
e
conterrà
una
grande
descrizione
della
battaglia
di
Sédan
.
Egli
andrà
apposta
a
Sédan
,
ci
starà
quindici
giorni
,
studierà
il
terreno
con
una
guida
palmo
per
palmo
,
e
forse
....
ne
uscirà
qualche
cosa
.
In
un
altro
romanzo
metterà
la
descrizione
d
'
una
morte
per
combustione
spontanea
,
d
'
un
bevitore
.
Altri
l
'
han
fatta
;
egli
la
farà
a
modo
suo
.
L
'
uomo
avrà
l
'
abitudine
di
passare
la
sera
accanto
al
camino
,
colla
pipa
in
bocca
,
e
piglierà
fuoco
accendendo
la
pipa
.
Egli
descriverà
tutto
-
e
dicendo
questo
corrugò
le
sopracciglia
e
gli
lampeggiarono
gli
occhi
,
come
se
vedesse
in
quel
punto
lo
spettacolo
orrendo
.
-
La
gente
di
casa
entrerà
la
mattina
nella
stanza
e
non
troverà
più
che
la
pipa
e
une
poignée
de
quelque
chose
.
Poi
scriverà
un
romanzo
che
avrà
per
soggetto
il
commercio
,
i
«
grandi
magazzini
»
come
il
Louvre
e
il
Bon
Marchè
,
la
lotta
del
grande
commercio
col
piccolo
,
dei
milioni
coi
cento
mila
franchi
:
un
soggetto
vasto
e
originale
,
pieno
di
nuovi
colori
,
di
nuovi
tipi
e
di
nuove
scene
,
col
quale
tratterà
a
ferro
rovente
una
nuova
piaga
di
Parigi
.
Poi
un
altro
romanzo
:
le
lotte
dell
'
ingegno
per
aprirsi
una
strada
nel
mondo
,
un
drappello
di
giovani
che
vanno
a
cercar
fortuna
a
Parigi
,
la
vita
giornalistica
,
la
vita
letteraria
,
l
'
arte
,
la
critica
,
la
miseria
in
abito
decente
,
le
febbri
,
le
disperazioni
e
i
trionfi
del
giovane
di
genio
,
divorato
dall
'
ambizione
e
dalla
fame
:
una
storia
in
cui
riverserà
tutto
il
sangue
che
uscì
dalle
ferite
del
suo
cuore
di
vent
'
anni
.
E
infine
un
romanzo
più
originale
di
tutti
,
che
si
svolgerà
sopra
una
rete
di
strade
ferrate
:
una
grande
stazione
in
cui
s
'
incrocieranno
dieci
strade
,
e
per
ogni
«
binario
»
correrà
un
episodio
,
e
si
riannoderanno
tutti
alla
stazione
principale
,
e
tutto
il
romanzo
avrà
il
colore
dei
luoghi
,
e
vi
si
sentirà
,
come
un
accompagnamento
musicale
,
lo
strepito
di
quella
vita
precipitosa
,
e
vi
sarà
l
'
amore
nel
vagone
,
l
'
accidente
nella
galleria
,
il
lavoro
della
locomotiva
,
l
'
incontro
,
l
'
urto
,
il
disastro
,
la
fuga
;
tutto
quel
mondo
nero
,
fumoso
e
rumoroso
,
nel
quale
egli
vive
col
pensiero
da
lungo
tempo
.
E
saran
tutti
romanzi
del
«
ciclo
»
Rougon
Macquart
.
Egli
ne
ha
già
nella
mente
,
come
una
visione
,
mille
scene
:
abbozzi
confusi
,
pagine
lucidissime
,
catastrofi
tremende
e
avventure
comiche
e
descrizioni
sfolgoranti
,
che
gli
ribollono
dentro
senza
posa
,
e
sono
l
'
alimento
vitale
dell
'
anima
sua
.
Ha
ancora
otto
romanzi
da
scrivere
.
Quando
la
storia
dei
Rougon
Macquart
sarà
finita
,
egli
spera
che
,
giudicando
l
'
opera
intera
,
la
critica
gli
renderà
giustizia
.
Intanto
lavora
tranquillamente
,
e
va
diritto
alla
sua
meta
,
senza
guardar
nè
indietro
nè
ai
lati
,
Il
suo
studio
è
la
sua
cittadella
,
nella
quale
egli
sì
sente
sicuro
,
e
scorda
il
mondo
,
tutto
assorto
nelle
graves
jouissances
de
la
recherche
du
vrai
.
-
Vedete
,
-
disse
in
fine
,
-
io
sono
un
uomo
tutto
di
casa
.
Non
son
buono
a
nulla
se
non
ho
la
mia
penna
,
il
mio
calamaio
,
quel
quadro
là
davanti
agli
occhi
,
questo
panchettino
qui
sotto
i
piedi
.
Portato
fuor
del
mio
nido
,
son
finito
.
Ecco
perchè
non
ho
passione
per
viaggiare
.
Quando
arrivo
in
una
nuova
città
,
mi
segue
sempre
la
medesima
cosa
.
Mi
chiudo
nella
mia
camera
d
'
albergo
,
tiro
fuori
i
miei
libri
e
leggo
per
tre
giorni
filati
senza
mettere
il
naso
fuor
dell
'
uscio
.
Il
quarto
giorno
m
'
affaccio
alla
finestra
e
conto
le
persone
che
passano
.
Il
quinto
giorno
riparto
.
-
C
'
è
un
viaggio
però
-
soggiunse
-
che
farò
sicurissimamente
:
un
viaggio
in
Italia
.
-
Quando
?
-
gli
domandai
ansiosamente
.
-
Quando
avrò
finito
Nana
,
-
rispose
.
-
Probabilmente
la
ventura
primavera
.
È
un
mio
antico
desiderio
.
E
domandò
infatti
quali
erano
i
mesi
propizii
per
fare
un
viaggio
in
Italia
colla
famiglia
.
È
inutile
che
io
dica
se
lo
scongiurai
di
non
cambiar
proposito
,
e
con
che
piacere
intravvidi
lontano
una
mensa
splendida
,
coronata
di
realisti
e
d
'
idealisti
italiani
d
'
ogni
età
e
d
'
ogni
colore
,
affratellati
almeno
una
sera
per
onorare
un
grande
ingegno
e
un
carattere
forte
e
sincero
.
E
intanto
egli
continuava
a
discorrere
,
in
piedi
,
vicino
alla
porta
,
colla
sua
amabile
e
virile
franchezza
,
coi
suoi
gesti
risoluti
,
col
suo
bel
viso
pallido
e
fiero
,
e
veduto
così
sul
fondo
del
suo
studio
elegante
,
pieno
di
libri
e
di
carte
,
e
dorato
da
un
raggio
di
sole
,
dava
l
'
immagine
d
'
un
bellissimo
quadro
,
che
rappresentasse
l
'
ingegno
,
la
fortuna
e
la
forza
;
e
il
gridio
dei
due
piccoli
Zola
che
giocavano
nella
stanza
accanto
,
vi
aggiungeva
una
nota
di
gentilezza
,
che
lo
rendeva
più
nobile
e
più
caro
.
E
mi
suonano
sempre
all
'
orecchio
le
ultime
parole
che
mi
disse
sulla
soglia
,
stringendomi
la
destra
con
una
mano
e
tenendo
su
coll
'
altra
la
tenda
della
porta
:
-
Je
suis
toujours
très
-
sensible
aux
poignées
de
main
amicales
qui
me
viennent
des
étrangers
;
mais
ce
n
'
est
pas
d
'
un
étranger
que
me
vient
la
vôtre
;
c
'
est
de
l
'
Italie
,
de
ma
première
patrie
,
ou
est
né
mon
père
.
Adieu
!
PARIGI
Per
quanto
si
stia
volentieri
a
Parigi
viene
un
giorno
in
cui
la
città
diventa
antipatica
.
Passata
la
febbre
dei
primi
giorni
,
quando
si
comincia
a
entrare
un
po
'
addentro
a
quella
vita
tumultuosa
,
si
prova
un
disinganno
,
come
al
vedere
la
città
la
mattina
per
tempo
,
mentre
è
ancora
scarmigliata
e
insonnita
.
Com
'
è
brutta
Parigi
in
quell
'
ora
!
Quei
boulevards
famosi
,
così
sfolgoranti
poche
ore
prima
,
non
sono
più
che
uno
stradone
irregolare
,
fiancheggiato
da
case
misere
,
alte
e
basse
,
sbiadite
,
annerite
,
sformate
sulla
sommità
da
un
orribile
disordine
di
camini
altissimi
,
che
paiono
la
travatura
di
edifizi
non
finiti
;
e
ogni
cosa
essendo
ancora
chiusa
e
velata
da
un
po
'
di
nebbia
,
non
si
vede
che
un
grande
spazio
solitario
e
grigio
,
nel
quale
non
si
riconoscono
più
,
a
primo
aspetto
,
i
luoghi
più
noti
;
e
tutto
pare
invecchiato
,
logoro
e
pieno
di
pentimenti
e
di
tristezze
;
a
cui
sembra
che
vogliano
sfuggire
le
rare
carrozze
che
passano
rapidamente
,
come
peccatrici
sorprese
dall
'
alba
e
dalla
vergogna
,
dopo
l
'
ultima
orgia
del
carnovale
.
-
Son
questi
i
boulevards
?
-
si
dice
con
un
senso
di
rammarico
,
davanti
a
quel
miserabile
spettacolo
.
E
così
dopo
qualche
mese
di
vita
parigina
si
dice
:
-
Questa
è
Parigi
?
Ma
i
primi
mesi
sono
bellissimi
,
in
specie
per
i
cambiamenti
che
seguono
in
noi
.
Si
prova
subito
un
raddoppiamento
d
'
attività
fisica
per
effetto
del
raddoppiamento
di
valore
del
tempo
,
e
l
'
orologio
,
fino
allora
sprezzato
,
assume
la
direzione
della
vita
.
Tre
giorni
dopo
l
'
arrivo
,
senza
che
ce
n
'
accorgiamo
,
la
cadenza
abituale
del
nostro
passo
è
già
accelerata
,
e
il
giro
del
nostro
sguardo
,
ingrandito
.
Tutto
,
anche
il
divertimento
,
richiede
previdenza
e
cura
;
ogni
passo
ha
il
suo
scopo
;
ogni
giornata
ci
si
presenta
,
fin
dallo
svegliarsi
,
divisa
e
ordinata
in
una
serie
di
occupazioni
;
e
non
ci
rimane
più
alcuno
di
quei
piccoli
ozii
,
i
quali
,
come
in
una
marcia
militare
i
riposi
irregolari
,
infiacchiscono
invece
di
ristorare
le
forze
.
La
più
torpida
pigrizia
è
scossa
e
vinta
.
La
vita
sensuale
e
la
vita
intellettuale
si
intrecciano
così
sottilmente
,
e
ci
allacciano
la
giornata
in
una
rete
così
fitta
di
piaceri
e
di
pensieri
,
che
non
è
più
possibile
stricarsene
.
Una
curiosità
smaniosa
di
mille
cose
s
'
impadronisce
di
noi
,
e
ci
fa
correre
dalla
mattina
alla
sera
coll
'
interrogazione
sulle
labbra
e
colla
borsa
in
mano
,
come
affamati
in
cerca
di
alimento
.
Il
delitto
clamoroso
,
il
re
che
passa
,
l
'
astro
che
si
spegne
,
la
gloria
che
sorge
,
la
solennità
scientifica
,
il
libro
nuovo
,
il
nuovo
quadro
,
il
nuovo
scandalo
,
le
grida
di
stupore
e
le
alte
risate
di
Parigi
,
si
succedono
così
rapidamente
che
non
c
'
è
neppur
il
tempo
di
voltarsi
a
dare
uno
sguardo
a
ogni
cosa
;
e
siamo
costretti
a
difendere
faticosamente
la
nostra
libertà
di
spirito
,
se
vogliamo
attendere
a
un
qualsiasi
lavoro
.
Tutto
precipita
e
la
menoma
sosta
produce
una
piena
.
Stiamo
quarant
'
otto
ore
in
casa
;
è
come
starci
un
mese
in
una
città
italiana
.
Uscendo
,
troviamo
cento
nuove
cose
nei
luoghi
soliti
dove
davamo
una
capatina
,
e
cento
nei
discorsi
del
nostro
crocchio
d
'
amici
;
e
torniamo
a
casa
con
una
retata
di
notizie
e
d
'
idee
,
ciascuna
già
bollata
d
'
un
giudizio
arguto
,
e
come
battuta
in
moneta
spicciola
,
da
potersi
spendere
immediatamente
.
In
capo
a
pochi
giorni
ci
troviamo
nelle
condizioni
d
'
ogni
buon
«
borghese
»
parigino
:
scambiamo
cioè
per
dottrina
e
per
spirito
nostro
tutta
la
dottrina
e
tutto
lo
spirito
che
ci
corre
intorno
,
tanto
sentiamo
nel
serra
serra
di
quella
moltitudine
che
si
rimescola
vertiginosamente
,
il
calore
e
il
palpito
della
vita
di
tutti
.
Per
quanto
si
viva
in
disparte
,
la
grande
città
ci
parla
nell
'
orecchio
continuamente
,
ci
accende
il
viso
col
suo
fiato
,
ci
costringe
a
poco
a
poco
a
pensare
e
a
vivere
a
modo
suo
,
e
ci
attacca
tutte
le
sue
sensualità
.
Dopo
quindici
giorni
lo
straniero
più
restio
fa
già
la
gobba
,
come
il
gatto
,
sotto
la
sua
mano
profumata
.
Si
sentono
come
i
fumi
d
'
un
vino
traditore
,
che
salgono
a
grado
a
grado
alla
testa
;
un
'
irritazione
voluttuosa
,
provocata
dalla
furia
di
quella
vita
,
dallo
sfolgorio
,
dagli
odori
,
dalla
cucina
afrodisiaca
,
dagli
spettacoli
eccitanti
,
dalla
forma
acuta
in
cui
ogni
nuova
idea
ci
ferisce
;
e
non
è
passato
un
mese
,
che
quel
ritornello
eterno
di
tutte
le
canzonette
,
-
la
bella
donnina
,
il
teatro
e
la
cenetta
-
ci
s
'
è
piantato
nella
testa
tirannicamente
,
e
tutti
i
nostri
pensieri
gli
battono
le
ali
dintorno
.
Abbiamo
già
dinanzi
un
altro
ideale
di
vita
,
da
quello
che
avevamo
arrivando
,
più
facile
allo
spirito
,
più
difficile
alla
borsa
,
verso
il
quale
la
nostra
coscienza
ha
già
fatto
,
prima
che
ce
n
'
accorgiamo
,
mille
piccole
transazioni
codarde
.
Certo
non
bisogna
avere
in
sè
cagioni
di
grandi
dolori
,
perchè
è
tremendo
per
chi
è
in
terra
sentirsi
passare
addosso
quell
'
immensa
folla
che
corre
ai
piaceri
.
Ma
Parigi
è
per
la
gioventù
,
per
la
salute
e
per
la
fortuna
,
e
dà
loro
quello
che
nessun
'
altra
città
al
mondo
può
dare
.
Certi
stati
d
'
animo
,
in
fatti
,
brevi
,
ma
deliziosi
,
sono
specialissimi
di
quella
vita
:
come
è
passare
in
carrozza
per
una
delle
strade
più
splendide
e
più
rumorose
,
verso
sera
,
sotto
un
bel
cielo
azzurro
lavato
di
fresco
da
un
temporale
di
primavera
,
pensando
che
ci
aspetta
dopo
la
corsa
una
bella
mensa
coronata
di
spalle
bianche
e
tempestata
di
frizzi
,
e
dopo
la
mensa
,
una
nuova
commedia
dell
'
Augier
,
e
poi
un
'
ora
in
un
crocchio
d
'
amici
colti
ed
amabili
al
caffè
Tortoni
,
e
in
fine
,
a
letto
,
un
capitolo
d
'
un
nuovo
romanzo
del
Flaubert
,
tra
riga
e
riga
del
quale
penseremo
già
alla
gita
che
faremo
a
Saint
-
Cloud
la
mattina
seguente
.
In
nessun
'
altra
città
si
danno
delle
ore
così
piene
zeppe
di
sensazioni
e
di
aspettazioni
piacevoli
.
Non
l
'
ora
,
ma
il
quarto
d
'
ora
è
pieno
di
promesse
misteriose
e
d
'
indovinelli
,
che
tengono
l
'
animo
sospeso
nella
speranza
di
qualche
cosa
d
'
impreveduto
:
supremo
alimento
della
vita
.
Abbiamo
un
amico
al
Giappone
di
cui
non
sappiamo
nulla
da
anni
?
Mettiamoci
davanti
al
Grand
Cafè
tra
le
quattro
o
le
cinque
:
non
è
mica
improbabile
che
lo
vediamo
passare
.
Là
abbiamo
tutto
di
prima
mano
.
Siamo
all
'
avanguardia
,
tra
i
primi
dell
'
esercito
umano
a
veder
la
faccia
della
nuova
idea
che
s
'
avanza
,
le
calcagna
dell
'
errore
che
fugge
,
la
nuova
direzione
del
cammino
dopo
la
svolta
;
e
subito
s
'
innesta
sul
nostro
amor
proprio
una
specie
di
vanagloria
parigina
,
di
cui
ci
spoglieremo
alla
stazione
partendo
;
ma
che
s
'
impadronisce
anche
di
coloro
che
detestano
la
città
sin
dal
primo
giorno
.
Ed
è
inutile
tentar
di
fuggire
a
quel
turbinìo
d
'
idee
e
di
discorsi
.
La
discussione
ci
aspetta
a
cento
varchi
,
ci
provoca
coll
'
arguzia
,
colla
canzonatura
,
col
paradosso
,
collo
sproposito
,
e
costringe
l
'
uomo
più
apatico
a
farsi
soldato
in
quella
battaglia
.
Da
principio
si
rimane
sopraffatti
,
e
per
quanto
si
possegga
la
lingua
,
non
si
trova
più
la
parola
.
Ai
pranzi
,
in
special
modo
,
verso
la
fine
,
quando
tutti
i
visi
si
colorano
,
non
si
ardisce
slanciare
il
proprio
in
mezzo
ai
mille
razzi
matti
di
quelle
conversazioni
precipitose
e
sonore
.
Il
sorriso
canzonatorio
della
bella
signora
,
che
par
che
si
serva
di
noi
,
nuovi
a
quel
mondo
,
per
fare
i
suoi
esperimenti
in
anima
vili
,
e
la
disinvoltura
del
giovanotto
artisticamente
pettinato
,
un
po
'
maligno
,
e
sempre
lì
coll
'
arco
teso
per
coglier
a
volo
il
ridicolo
,
ci
troncano
i
nervi
;
e
ci
sentiamo
tornar
su
gli
ultimi
resti
della
timidità
e
della
zoticaggine
del
collegio
,
e
a
dispetto
di
qualche
capello
grigio
,
arrossiamo
.
Ma
poi
dalla
cassettina
dei
liquori
spiccia
anche
per
noi
uno
zampillo
dell
'
eloquenza
argentina
dei
conviti
,
e
un
piccolo
trionfo
riportato
là
,
in
quella
terribile
arena
,
ci
pare
il
primo
trionfo
legittimo
della
nostra
vita
.
E
ogni
giorno
sentiamo
d
'
acquistare
qualche
cosa
.
La
lingua
si
snoda
,
ed
anche
parlando
il
linguaggio
proprio
riusciamo
a
trovare
di
più
in
più
facilmente
,
in
quella
conversazione
che
è
sempre
una
gara
di
destrezza
,
la
formola
più
breve
e
più
lucida
del
nostro
pensiero
;
lo
scherzo
s
'
affila
,
confricato
come
è
sempre
,
come
lama
a
lama
,
con
uno
scherzo
rivale
;
il
senso
comico
,
continuamente
esercitato
,
s
'
affina
;
e
a
poco
a
poco
ci
si
attacca
col
riso
parigino
la
filosofia
allegramente
coraggiosa
del
boulevardier
,
per
cui
il
mondo
comincia
alla
Porta
Saint
Martin
e
termina
alla
Madeleine
.
Ma
già
il
piccolo
carico
di
cure
e
di
rammarichi
che
avevamo
portato
da
casa
,
c
'
è
stato
strappato
via
,
appena
arrivati
,
dalla
prima
ondata
di
quel
mare
enorme
e
non
lo
vediamo
più
che
come
un
punto
nero
molto
lontano
da
noi
.
Intanto
la
catena
degli
amici
si
allunga
rapidamente
;
pigliarne
delle
nuove
abitudini
;
tutte
le
nostre
debolezze
trovano
la
fossetta
morbida
in
cui
adagiarsi
;
allo
sgomento
che
ci
dava
la
grandezza
di
Parigi
succede
l
'
allegrezza
della
libertà
che
deriva
appunto
da
quella
grandezza
;
lo
strepito
che
ci
frastornava
da
principio
,
finisce
per
accarezzarci
l
'
orecchio
come
il
rumore
di
un
'
enorme
cascata
d
'
acqua
;
quella
immensa
magnificenza
posticcia
finisce
per
sedurci
come
la
poesia
maestrevolmente
inorpellata
d
'
un
seicentista
d
'
ingegno
;
il
nostro
passo
comincia
a
sonare
sul
marciapiede
dei
boulevards
,
come
dice
lo
Zola
,
avec
des
familiarités
particulières
;
facciamo
la
mente
al
bisticcio
,
il
palato
alle
salse
,
l
'
occhio
ai
visi
imbellettati
,
l
'
orecchio
ai
canti
in
falsetto
;
si
compie
in
noi
a
poco
a
poco
una
profonda
e
deliziosa
depravazione
di
gusti
;
fin
che
un
bel
giorno
ci
accorgiamo
d
'
essere
Parigini
fin
nel
midollo
delle
ossa
.
Eh
!
allora
,
durante
quel
primo
tempo
della
luna
di
miele
,
si
scusa
tutto
.
La
corruzione
!
Fanno
ridere
.
Accorrono
là
gli
scapestrati
da
tutte
le
plaghe
dei
venti
,
affamati
di
vizio
,
e
ci
fanno
ira
di
Dio
,
rabbiosi
che
non
ci
si
possa
fare
di
peggio
,
e
quando
si
son
vuotati
la
borsa
e
le
ossa
,
tornano
nei
loro
paesi
e
gridano
:
-
Che
lupanare
!
-
Ah
sì
,
tocca
davvero
alle
altre
grandi
città
d
'
Europa
a
gridare
allo
scandalo
:
le
ipocrite
!
E
poi
«
la
leggerezza
!
»
È
vero
;
ma
«
i
gravi
pensieri
»
di
altri
popoli
ci
rammentano
un
po
'
i
pensieri
di
quel
tal
poeta
tedesco
,
canzonato
dall
'
Heine
;
quei
pensieri
celibi
,
che
si
fanno
il
caffè
da
sè
e
la
barba
da
sè
,
e
vanno
a
cogliere
dei
fiori
pel
proprio
giorno
onomastico
nel
giardino
di
Brandeburgo
.
E
poi
«
la
blague
!
»
Ma
se
già
si
è
appiccicata
a
noi
,
stranieri
,
nel
soggiorno
d
'
un
mese
,
e
ne
portan
via
tutti
un
pochino
,
per
il
proprio
consumo
,
quando
tornano
nelle
loro
patrie
modeste
!
Ma
s
'
ha
ben
altro
da
fare
che
difender
Parigi
mentre
ci
agitiamo
fra
le
sue
braccia
.
Il
tempo
vola
,
non
vogliamo
perderne
un
'
ora
,
abbiamo
mille
cose
da
cercare
,
da
studiare
,
da
godere
;
ci
piglia
la
furia
di
far
entrar
in
ogni
giornata
,
come
il
ladro
nel
sacco
,
tutta
la
ricchezza
che
vi
può
capire
;
un
demone
implacabile
ci
caccia
a
sferzate
di
salotto
in
salotto
,
dal
teatro
all
'
accademia
,
dall
'
uomo
illustre
al
bouquiniste
,
dal
caffè
al
museo
,
dalla
sala
da
ballo
all
'
ufficio
del
giornale
;
e
la
sera
,
quando
la
grande
città
ci
ha
detto
e
dato
tutto
quello
che
le
abbiamo
domandato
,
sempre
amabile
e
allegra
;
quando
sediamo
a
cena
cogli
amici
,
stanchi
,
ma
contenti
di
sentirci
la
nostra
preda
nella
testa
e
nel
cuore
,
e
ci
cominciano
a
scoppiettare
intorno
le
arguzie
e
gli
aneddoti
,
e
il
primo
bicchiere
di
Champagne
ci
tinge
di
color
d
'
oro
tutti
i
ricordi
della
giornata
;
allora
con
che
slancio
d
'
entusiasmo
salutiamo
la
grande
Parigi
,
l
'
ospite
amorosa
e
magnifica
,
che
a
tutti
apre
le
braccia
,
e
profonde
ridendo
baci
,
oro
ed
idee
,
e
rinfiamma
in
tutti
i
cuori
col
suo
soffio
giovanile
il
furore
della
gloria
e
l
'
amore
della
vita
!
Ma
dopo
alcuni
mesi
,
che
cambiamento
!
Comincia
a
nascervi
in
cuore
una
piccola
antipatia
per
una
cosa
insignificantissima
;
poi
ve
ne
salta
su
ogni
giorno
una
nuova
;
e
in
capo
a
un
mese
scappereste
da
Parigi
mandandole
il
famoso
saluto
del
Montesquieu
a
Genova
;
Adieu
....
séjour
détestable
;
Il
n
'
y
a
pas
de
plaisir
comparable
A
celui
de
te
quitter
.
È
davvero
un
rivolgimento
d
'
idee
stranissimo
;
ma
segue
,
credo
,
a
quasi
tutti
.
Una
bella
mattina
comincia
per
rivoltarvi
uno
scipitissimo
calembourg
,
cento
volte
rifatto
,
del
giornale
che
leggete
tutti
i
giorni
.
La
mattina
dopo
vi
urta
i
nervi
il
sorriso
rassegato
della
padrona
del
vostro
Hôtel
che
somiglia
a
tutti
i
sorrisi
che
vi
si
fanno
a
Parigi
da
per
tutto
dove
andate
a
portar
dei
denari
;
o
per
la
strada
,
osservate
che
è
intollerabilmente
brutta
l
'
uniforme
dei
gendarmi
.
Poi
via
via
,
pigliate
in
tasca
l
'
impiegatessa
cogli
occhiali
e
coi
baffi
che
vi
domanda
il
nome
,
la
patria
e
la
professione
per
vendervi
un
biglietto
pel
Théâtre
français
;
vi
fa
pizzicare
le
mani
la
goffa
albagìa
dei
concierges
,
l
'
impertinenza
di
quei
ridicoli
camerieri
in
gonnella
bianca
,
la
brutalità
dei
fiaccherai
,
e
la
boria
da
grand
'
uomo
di
tout
ce
qui
est
un
peu
fonctionnaire
.
E
quei
dieci
mascalzoni
pagati
,
che
in
tutti
i
teatri
,
tutte
le
sere
,
vogliono
farvi
ammirare
a
suono
d
'
applausi
quel
dato
verso
?
E
quelle
eterne
romanze
,
cantate
da
voci
di
gallina
spennata
viva
,
che
vi
tocca
a
ingoiare
in
tutte
le
case
?
Poi
vi
ristucca
quel
desinare
a
bocconcini
numerati
e
classificati
,
tutta
quella
esposizione
di
prezzi
,
a
centesimi
,
quel
non
so
che
di
gretto
e
di
pedantesco
,
da
collegio
-
convitto
,
mascherato
d
'
un
lusso
di
baracca
da
fiera
;
quell
'
eterno
sacrifizio
d
'
ogni
cosa
all
'
apparenza
,
quell
'
eleganza
leccata
e
pretenziosa
,
quel
puzzo
perpetuo
di
marchand
de
vin
e
di
cosmetici
,
quegli
spicchi
di
case
,
quelle
scalette
a
chiocciola
,
quelle
scatole
di
botteghe
,
quelle
stie
di
teatri
,
quella
réclame
da
saltimbanchi
,
quella
pompa
da
bazar
,
la
fontanella
misera
,
l
'
albero
tisico
,
il
muro
nero
,
l
'
asfalto
fangoso
;
e
appena
fuori
del
centro
,
quei
sobborghi
immensi
e
uniformi
,
quegli
spazii
interminabili
che
non
sono
nè
città
nè
campagna
,
sparsi
di
casoni
solitarii
e
tristi
,
e
quei
giardinetti
da
asilo
infantile
,
e
quei
villaggi
da
palco
scenico
.
Ed
è
questa
la
grande
Parigi
?
Se
un
terremoto
fa
crollare
tutte
le
vetrine
e
una
pioggia
ardente
cancella
tutte
le
dorature
,
che
cosa
ci
resta
?
Dov
'
è
la
ricchezza
di
Genova
,
la
bellezza
di
Firenze
,
la
grazia
di
Venezia
,
la
maestà
di
Roma
?
Vi
piace
davvero
quella
vanagloriosa
parodia
di
S
.
Pietro
che
è
il
Panteon
,
o
quel
tempiaccio
greco
-
romano
della
Borsa
,
o
quell
'
enorme
e
splendida
caserma
di
cavalleria
delle
Tuileries
,
e
la
decorazione
da
Opéra
comique
della
piazza
della
Concordia
,
e
le
facciate
dei
teatrini
rococò
,
e
le
torri
in
forma
di
clarini
giganteschi
,
e
le
cupole
fatte
sul
modello
del
berretto
dei
jokey
?
E
questa
è
la
città
che
«
riassume
»
Atene
,
Roma
,
Tiro
,
Ninive
e
Babilonia
?
Gomorra
e
Sodoma
,
sì
,
davvero
.
E
non
lo
dite
per
la
grandezza
,
della
corruzione
,
ma
per
la
sua
insolenza
.
Ognuno
ha
il
suo
impiccato
all
'
uscio
,
ci
s
'
intende
,
ma
est
modus
in
rebus
.
In
casa
vostra
almeno
,
come
vi
dice
anche
qualche
francese
,
elles
se
conduisent
bien
.
Ma
dove
sì
vede
,
fuorchè
là
,
una
doppia
fila
di
lupanari
aperti
sulla
strada
,
colle
belle
esposte
sul
marciapiede
,
che
alzano
lo
stivaletto
ad
altezze
....
vertiginose
,
e
mille
restaurants
,
dove
si
gettano
i
mots
crus
da
una
parte
all
'
altra
della
sala
,
o
giocan
di
scherma
coi
piedi
,
sotto
la
tavola
,
coll
'
amico
del
cuore
,
a
puntate
pericolose
?
E
che
«
genere
»
!
Andate
alle
Folies
Bergère
:
vi
par
di
sentir
ridere
delle
macchinette
;
sembra
che
abbian
fatto
tutte
un
corso
di
civetteria
dalla
stessa
maestra
;
non
movono
un
pelo
senza
uno
scopo
;
regolano
l
'
arte
della
seduzione
col
termometro
,
per
non
sciuparla
,
e
la
fan
salire
d
'
un
grado
alla
volta
,
e
hanno
una
tariffa
per
grado
.
Il
sangue
,
poi
!
«
Tra
due
guancie
impiastrate
un
mezzo
naso
.
»
La
bellezza
è
tutta
nelle
carrozze
chiuse
o
nei
salotti
inaccessibili
;
alla
luce
del
sole
non
ci
sono
che
le
acciughe
Di
lussuria
anelanti
e
semivive
o
i
donnoni
che
scoppian
nel
busto
,
immobili
dietro
ai
comptoirs
,
come
grosse
gatte
,
con
quei
faccioni
antigeometrici
,
che
non
dicono
il
bellissimo
nulla
.
E
il
sesso
mascolino
,
dunque
!
Quel
formicolìo
di
gommeux
,
mostre
di
uomini
,
con
quei
vestiti
da
modellini
di
sarto
,
da
cui
spunta
la
cocca
del
fazzoletto
e
la
punta
della
borsina
e
il
guantino
e
il
mazzettino
;
environnés
,
come
dice
il
Dumas
,
d
'
une
légére
atmosphère
de
perruquier
;
senza
spalle
,
senza
petto
,
senza
testa
,
senza
sangue
,
che
paiono
fatti
apposta
per
essere
scappellati
con
una
pedata
da
una
ballerina
del
Valentino
!
E
che
ragazzaglia
tutti
quanti
,
giovani
e
vecchi
,
di
tutte
le
classi
!
Trecento
«
cittadini
»
si
affacciano
alle
spallette
d
'
un
ponte
per
veder
lavare
un
cane
;
passa
un
tamburo
,
s
'
affolla
mezzo
mondo
;
e
mille
persone
,
in
una
stazione
di
strada
ferrata
,
fanno
un
fracasso
interminabile
di
battimani
,
d
'
urli
e
di
risa
perchè
è
caduto
il
cappello
a
un
guardatreni
;
e
guardatevi
bene
dal
tossire
,
perchè
possono
mettersi
a
tossire
tutti
e
mille
insieme
per
tre
quarti
d
'
ora
.
E
che
democratici
!
Oh
questo
sì
;
democratici
nel
sangue
,
e
fierissimi
sprezzatori
d
'
ogni
vanità
,
come
monsieur
Poirier
.
Il
vostro
amico
intimo
,
per
desinare
faccia
a
faccia
con
voi
,
in
casa
propria
,
si
mette
il
nastro
all
'
occhiello
;
il
ricco
negoziante
di
telerie
vi
annunzia
col
viso
radiante
,
come
un
trionfo
della
casa
,
che
avrà
a
pranzo
un
sotto
prefetto
dègommé
;
i
sergents
de
ville
si
pigliano
impunemente
,
colla
folla
,
delle
licenze
manesche
di
cui
basterebbe
una
mezza
,
fra
noi
,
a
provocare
un
sottosopra
;
e
il
popolo
sovrano
,
nelle
feste
pubbliche
,
è
fermato
a
tutti
i
varchi
a
furia
di
sentinelle
e
di
barricate
,
scacciato
,
malmenato
con
una
brutalità
,
che
persino
l
'
aristocratico
Figaro
,
il
giornale
che
concilia
con
tanto
garbo
la
descrizione
d
'
una
santa
comunione
e
l
'
aneddoto
della
fille
aux
cheveux
carotte
,
si
sente
in
dovere
di
levare
un
grido
d
'
indignazione
.
E
dove
s
'
è
mai
vista
una
letteratura
più
spasimante
per
il
blasone
;
scrittori
che
si
lascino
venire
così
ingenuamente
l
'
acquolina
sulle
labbra
al
suono
di
un
titolo
gentilizio
,
e
che
mettano
più
stemmi
e
più
boria
aristocratica
nelle
loro
creazioni
?
Quando
ci
libereranno
dai
loro
eterni
visconti
e
dalle
loro
eterne
marchese
questi
ostinati
frustasalotti
?
Non
ce
n
'
hanno
ancora
imbanditi
abbastanza
di
quei
loro
«
protagonisti
»
nobili
,
giovani
,
belli
,
spiritosi
,
coraggiosi
,
spadaccini
,
irresistibili
,
che
hanno
tutti
i
doni
di
Dio
«
même
une
jolie
voix
de
tènor
?
»
E
ghiotti
di
ciondoli
,
Dio
buono
!
Quel
povero
Paul
de
Kock
,
che
a
settantaquattro
anni
scrive
venti
pagine
per
provare
che
non
gl
'
importa
nulla
di
non
aver
ricevuto
la
Legion
d
'
onore
,
e
ha
quasi
voglia
di
piangere
!
E
dov
'
è
un
altro
paese
democratico
,
in
cui
gli
scrittori
coprano
d
'
un
ridicolo
così
sanguinosamente
ingiurioso
intere
classi
della
cittadinanza
,
dove
l
'
epiteto
di
bourgeois
abbia
assunto
,
in
mente
di
coloro
stessi
a
cui
spetta
,
un
significato
più
aristocraticamente
sprezzante
,
e
dove
basti
un
nome
,
solo
perchè
ha
il
suggello
plebeo
,
a
far
scoppiare
dalle
risa
una
platea
?
Ma
cos
'
è
dunque
questo
bizzarro
impasto
di
contraddizioni
,
il
Parigino
?
Chi
lo
sa
?
Afferratelo
;
vi
sguiscia
di
mano
.
Presentategli
il
bandolo
d
'
una
di
quelle
quistioni
in
cui
si
rivela
un
uomo
,
ed
egli
,
astutamente
,
lo
rimette
in
mano
a
voi
con
un
colpo
di
mano
da
prestigiatore
.
Hanno
spirito
:
ce
lo
cantano
in
tutti
i
tuoni
,
ed
è
vero
.
Ma
fino
a
un
certo
segno
.
Hanno
un
ricchissimo
corredo
di
proposizioni
e
di
giri
di
frase
,
arguti
,
svelti
,
elasticissimi
,
con
cui
se
la
cavano
dalle
strette
più
difficili
,
e
tagliano
la
parola
a
uno
spirito
più
profondo
ma
meno
destro
.
Ci
sono
molti
Parigini
,
certo
,
che
sono
spiritosissimi
;
ma
questi
lavorano
per
tutti
.
La
superiorità
loro
è
che
il
grosso
della
popolazione
è
un
eccellente
conduttore
di
questa
specie
d
'
elettricità
dell
'
ingegno
,
per
cui
il
motto
arguto
detto
da
uno
la
mattina
,
girando
con
rapidità
meravigliosa
,
diventa
proprietà
di
mille
la
sera
,
e
ciascuno
è
sempre
ricco
di
tutta
la
ricchezza
circolante
.
Ma
che
il
gamin
di
Parigi
sia
proprio
di
tanto
più
arguto
del
vallione
di
Napoli
e
del
becerino
di
Firenze
?
E
come
ci
studiano
!
Si
preparano
per
i
pranzi
,
vanno
alla
conversazione
col
repertorio
già
scelto
e
ordinato
,
e
conducono
il
discorso
a
zig
zag
,
a
salti
,
a
giravolte
,
a
sgambetti
,
con
un
'
arte
infinita
,
per
metter
fuori
,
in
quel
dato
momento
,
il
gran
tesoro
d
'
una
corbelleria
.
E
questi
spiritosi
di
seconda
mano
si
somiglian
tutti
;
sentito
un
commis
voyageur
,
ne
avete
sentito
mille
.
Ci
son
certi
ingredienti
e
un
certo
meccanismo
per
distillare
quello
spirito
,
che
una
volta
scoperti
,
è
finita
,
come
delle
botte
«
di
riserva
»
degli
schermitori
.
Ma
ci
tengono
!
Fa
pietà
e
dispetto
davvero
,
vedere
il
vecchio
acciaccoso
,
affetto
d
'
incipiente
delirium
tremens
,
che
quando
è
riuscito
,
nella
folla
,
a
infilare
un
giochetto
di
parole
che
fa
sorridere
cinque
grulli
,
rialza
la
fronte
sfolgorante
di
gloria
e
di
gioia
,
e
se
ne
va
beato
per
una
settimana
!
E
poi
questa
mania
universale
di
fair
de
l
'
esprit
che
castra
il
pensiero
,
che
fa
dir
tante
goffaggini
,
e
sacrificare
così
spesso
la
ragione
,
la
dignità
e
l
'
amicizia
a
un
succés
di
cinque
minuti
,
è
come
un
velo
continuamente
sventolato
davanti
al
pensiero
,
che
intorbida
la
vista
delle
anime
.
Potete
mai
sapere
che
cosa
rimpiatti
un
uomo
dietro
quello
scherzo
eterno
?
Ma
ci
son
ben
altri
veli
tra
il
Parigino
e
voi
.
Il
Parigino
«
della
buona
società
»
sembra
un
uomo
,
come
suol
dirsi
,
alla
mano
;
ma
non
lo
è
affatto
.
È
raro
che
proviate
con
lui
il
piacere
d
'
una
conversazione
famigliarissima
e
liberissima
.
Preoccupato
,
com
'
è
sempre
,
dal
pensiero
di
essere
un
oggetto
di
curiosità
e
di
studio
per
lo
straniero
,
sta
in
guardia
,
regola
il
gesto
e
il
sorriso
,
studia
l
'
inflessione
della
voce
,
pensa
continuamente
a
giustificare
l
'
ammirazione
che
presuppone
in
voi
,
e
ha
sempre
un
po
'
della
civetteria
della
donna
e
della
vanità
dell
'
artista
.
Ogni
momento
vi
vien
la
voglia
di
dirgli
:
-
Ma
leviamoci
i
guanti
una
volta
!
-
La
sua
natura
corrisponde
al
suo
modo
di
vestire
,
che
,
anche
quando
è
modesto
,
ha
qualche
piccolissima
cosa
che
tradisce
la
ricercatezza
effeminata
del
bellimbusto
.
Egli
è
gentile
senza
dubbio
,
ma
d
'
una
gentilezza
che
vi
tiene
in
là
,
come
la
mano
leggiera
d
'
una
ragazza
che
non
vuol
essere
toccata
.
Vada
per
lo
Spagnuolo
,
il
quale
fa
sentire
la
sua
superiorità
con
una
vanteria
colossale
,
sballata
tanto
dall
'
alto
,
che
vi
passa
al
di
sopra
della
testa
.
Ma
il
Parigino
vi
umilia
delicatamente
,
a
colpi
di
spilla
,
con
quel
perpetuo
sorriso
aguzzo
di
chi
assaggia
una
salsa
piccante
,
facendovi
delle
interrogazioni
sbadate
,
colorite
d
'
una
curiosità
benevola
delle
cose
vostre
.
Oh
poveri
Italiani
,
com
'
è
conciato
,
a
Parigi
,
il
vostro
povero
amor
proprio
!
Se
non
nominate
proprio
Dante
,
Michelangelo
e
Raffaello
,
per
tutto
il
rimanente
non
ne
caverete
altro
che
un
:
-
Qu
'
est
ce
que
c
'
est
que
ça
?
Il
deputato
papista
vi
domanda
se
Civitavecchia
è
rimasta
al
Papa
.
Il
buon
padre
di
famiglia
vede
i
briganti
col
fucile
a
tracolla
che
fumano
tranquillamente
un
Avana
davanti
al
Caffè
d
'
Europa
a
Napoli
.
Il
gentiluomo
è
stato
in
Italia
,
senza
dubbio
;
ma
per
poter
causer
Italie
colla
bella
signora
,
nel
vano
della
finestra
,
dopo
desinare
;
o
per
appendere
il
ciondolo
Italia
,
alla
catenella
delle
sue
cognizioni
,
e
farlo
saltellar
nella
mano
nei
momenti
d
'
ozio
,
con
quelle
solite
formule
,
che
ogni
Francese
possiede
,
sul
paesaggio
,
sul
quadro
e
sull
'
albergo
.
Il
famoso
De
Forcade
diceva
del
Manzoni
,
a
tavola
:
-
Il
a
du
talent
.
-
Quasi
vi
domanderebbero
:
-
Ma
che
proprio
si
può
nascere
in
Italia
?
-
Quest
'
idea
d
'
esser
nato
a
Parigi
,
d
'
aver
avuto
questo
segno
di
predilezione
da
Dio
,
sta
in
cima
a
tutti
i
pensieri
del
Parigino
,
come
una
stella
,
che
irradia
tutta
la
sua
vita
d
'
una
consolazione
celeste
.
La
benevolenza
ch
'
egli
dimostra
a
tutti
gli
stranieri
,
è
ispirata
in
gran
parte
da
un
sentimento
di
commiserazione
,
e
i
suoi
odii
contro
di
essi
non
sono
profondi
,
appunto
perchè
considera
i
suoi
nemici
abbastanza
puniti
dalla
sorte
,
che
non
li
fece
nascere
dove
egli
è
nato
.
Perciò
adora
tutte
le
fanciullaggini
e
tutti
i
vizii
della
sua
città
,
e
ne
va
superbo
,
solo
perchè
sono
fanciullaggini
e
vizii
di
Parigi
,
che
per
lui
sta
sopra
alla
critica
umana
.
E
si
può
dare
una
città
capitale
che
sputi
più
audacemente
in
faccia
al
popolo
della
provincia
,
rappresentato
dai
suoi
scrittori
come
un
ammasso
di
cretini
?
e
scrittori
che
incensino
la
loro
città
con
una
impudenza
più
oltraggiosa
,
non
solo
per
ogni
altro
amor
proprio
nazionale
,
ma
per
la
dignità
umana
?
E
vi
dicono
in
faccia
,
dal
palco
scenico
,
che
i
fumi
dei
suoi
camini
sono
le
idee
dell
'
universo
!
Tutti
sono
prostrati
col
ventre
a
terra
davanti
a
questa
enorme
cortigiana
,
madre
e
nutrice
di
tutte
le
vanità
;
della
vanità
smaniosa
di
piacerle
,
prima
fra
tutte
,
di
ottenere
da
lei
,
a
qualunque
costo
,
almeno
uno
sguardo
;
di
quella
vanità
vigliacca
che
spinge
uno
scrittore
a
dichiararsi
,
nella
prefazione
d
'
un
romanzo
infame
,
capace
di
tutte
le
turpitudini
e
di
tutti
i
delitti
di
Eliogabalo
e
di
Nerone
.
Pigliate
dunque
sul
serio
le
loro
prefazioni
piene
di
smorfie
,
di
puerilità
,
di
spacconate
,
di
imposture
.
La
vanità
li
appesta
tutti
.
Non
c
'
è
in
tutta
la
letteratura
contemporanea
uno
di
quei
caratteri
grandi
,
modesti
,
benevoli
,
logici
,
che
uniscono
allo
splendore
della
mente
la
dignità
della
vita
;
una
di
quelle
figure
alte
e
candide
,
davanti
a
cui
si
scopre
la
fronte
senza
esitazione
e
senza
reticenze
,
e
il
cui
nome
è
un
titolo
di
nobiltà
e
un
conforto
per
il
genere
umano
.
Tutto
è
dominato
e
guasto
dalla
mania
della
pose
:
pose
nella
letteratura
,
pose
nella
religione
,
pose
nell
'
amore
,
pose
anche
nei
più
grandi
dolori
.
Una
sensualità
immensa
e
morbosa
costituisce
il
fondo
di
tutta
quella
vita
,
e
si
rivela
nelle
lettere
,
nella
musica
,
nell
'
architettura
,
nelle
mode
,
nel
suono
delle
voci
,
negli
sguardi
,
persino
nelle
andature
.
Godere
!
Tutto
il
resto
non
è
che
un
mezzo
per
arrivarci
.
Da
un
capo
all
'
altro
di
quegli
splendidi
boulevards
suona
una
enorme
risata
di
scherno
per
tutti
gli
scrupoli
e
per
tutti
i
pudori
dell
'
anima
umana
.
E
viene
un
giorno
,
infine
,
in
cui
quella
vita
v
'
indigna
;
un
giorno
in
cui
vi
sentite
rabbiosamente
stanchi
di
quell
'
immenso
teatro
,
impregnato
d
'
odor
di
gaz
e
di
pasciulì
,
dove
ogni
spettacolo
finisce
in
una
canzonetta
;
un
giorno
in
cui
siete
stufi
di
bisticci
,
di
blague
,
d
'
intingoli
,
di
tinture
,
di
réclame
,
di
voci
fesse
,
di
sorrisi
falsi
,
di
piaceri
comprati
;
e
allora
l
'
odiate
,
quella
città
svergognata
,
e
vi
pare
che
per
purificarvi
da
tre
mesi
di
quella
vita
,
dovreste
vivere
un
anno
sulla
sommità
d
'
una
montagna
,
e
provate
una
smania
irresistibile
di
correre
ai
campi
aperti
e
all
'
aria
pura
,
di
sentir
l
'
odore
della
terra
,
di
rinverginarvi
l
'
anima
e
il
sangue
nella
solitudine
,
faccia
a
faccia
colla
natura
.
La
sfuriata
è
fatta
:
sta
bene
.
Facciamoci
in
là
perchè
passi
,
come
dicono
gli
Spagnuoli
.
A
Parigi
si
può
dire
quello
che
si
vuole
:
essa
non
ci
bada
più
di
quello
che
gli
elefanti
dei
suoi
giardini
zoologici
badino
ai
fanciulli
che
portano
sul
dorso
nei
giorni
di
festa
.
E
poi
non
son
queste
le
ultime
impressioni
di
Parigi
.
Al
periodo
in
cui
si
vede
roseo
e
a
quello
in
cui
si
vede
nero
ne
succede
un
terzo
che
è
un
ritorno
verso
il
primo
;
il
periodo
in
cui
si
comincia
a
vivere
pacatamente
in
un
cerchio
d
'
amicizie
scelte
e
provate
.
E
convien
dirlo
:
l
'
amico
trovato
là
,
il
buono
e
schietto
Francese
,
vale
veramente
per
due
.
In
nessun
altro
Europeo
trovate
un
'
armonia
più
amabile
della
mente
,
del
cuore
e
delle
maniere
.
Fra
l
'
amicizia
più
espansiva
che
profonda
degli
europei
meridionali
o
quella
profonda
,
ma
chiusa
,
dei
nordici
,
preferite
la
sua
,
calda
e
forte
ad
un
tempo
,
e
piena
di
giocondità
e
di
delicatezze
.
Com
'
è
bello
,
quando
s
'
è
stanchi
del
tumulto
della
grande
città
,
la
sera
,
andare
sull
'
altra
riva
della
Senna
,
in
una
strada
silenziosa
,
a
ritrovare
la
piccola
famiglia
tranquilla
,
che
vive
come
in
una
isoletta
in
mezzo
a
quel
mare
turbolento
!
Che
care
accoglienze
vi
ricevete
,
che
schietta
giovialità
trovate
a
quella
mensa
signorilmente
modesta
,
e
come
vi
riposa
il
vostro
spirito
!
Parigi
stessa
vi
offre
mille
scampi
ai
suoi
pericoli
e
mille
rimedi
alle
sue
febbri
.
Dopo
le
notti
ardenti
vi
slanciate
con
un
piacere
inesprimibile
a
traverso
ai
suoi
bellissimi
boschi
,
per
i
sobborghi
ridenti
della
Senna
,
dove
trovate
l
'
allegria
delle
feste
campagnole
,
e
nei
suoi
vasti
giardini
,
in
mezzo
a
un
formicolìo
immenso
di
fanciulli
;
o
per
una
di
quelle
sue
avenues
enormi
e
solitarie
,
in
cui
il
cuore
e
il
pensiero
s
'
allargano
,
e
l
'
immagine
trista
della
Babilonia
dei
boulevards
vi
appare
infinitamente
lontana
.
E
per
tutto
trovate
un
popolo
che
più
si
studia
,
più
rivela
dei
difetti
;
ma
in
cui
ogni
difetto
ha
per
riscontro
una
qualità
ammirabile
.
È
un
popolo
frivolo
,
ma
in
cui
una
parola
nobile
e
risoluta
trova
sempre
un
eco
.
C
'
è
sempre
una
via
aperta
e
sicura
per
arrivare
al
suo
cuore
.
Non
c
'
è
alto
sentimento
o
bella
idea
che
non
trovi
presa
istantaneamente
nell
'
anima
sua
.
La
sua
intelligenza
agilissima
rende
mirabilmente
facili
e
piacevoli
tutte
le
comunicazioni
del
pensiero
.
La
parola
sfuggevole
,
la
sfumatura
,
la
mezza
intenzione
,
il
sottinteso
,
l
'
accento
,
il
cenno
;
tutto
coglie
a
volo
.
Mille
persone
riunite
hanno
un
'
anima
sola
per
comprendere
e
per
sentire
.
È
impossibile
non
sentirsi
presi
da
simpatia
per
quelle
sue
feste
,
per
quelle
tumultuose
baraonde
,
in
cui
l
'
allegrezza
eguaglia
tutte
le
età
e
tutte
le
condizioni
,
e
una
folla
innumerevole
non
è
più
che
una
sola
immensa
radunata
di
amici
spensierati
e
felici
.
Il
più
cocciuto
nemico
bisogna
che
rompa
in
uno
scoppio
d
'
ilarità
e
che
spalanchi
il
cuore
alla
benevolenza
.
Perchè
sotto
quella
fanciullaggine
del
Parigino
,
in
fondo
,
c
'
è
necessariamente
della
bontà
,
come
sotto
una
bella
spuma
un
buon
vino
.
Egli
è
naturalmente
franco
,
anche
se
i
suoi
modi
non
lo
paiono
;
non
diffidente
;
più
facile
a
essere
ingannato
che
a
ingannare
;
inclinato
a
perdonare
le
offese
,
conciliante
,
sdegnoso
dei
rancori
meschini
e
di
tutte
le
piccole
grettezze
della
vita
.
È
costantemente
,
per
sua
natura
,
nello
stato
d
'
animo
in
cui
si
trovano
tutti
dopo
un
banchetto
festoso
,
in
cui
il
vino
sia
colato
a
profusione
:
disposto
e
pronto
in
egual
modo
a
commettere
un
grosso
sproposito
e
una
grande
azione
,
ad
abbracciare
un
nemico
accanito
e
a
provocare
il
vicino
per
una
parola
,
a
fare
una
enorme
buffonata
ritto
sulla
tavola
e
a
impietosirsi
per
il
piccolo
mendicante
che
domanda
un
pezzo
di
pane
alla
porta
.
Uscito
fuori
dal
piccolo
cerchio
della
sua
vita
ordinaria
,
lo
spettacolo
della
vita
immensa
di
Parigi
esalta
tutte
le
sue
facoltà
e
tutti
i
suoi
sentimenti
buoni
e
cattivi
.
Un
effetto
simile
lo
proviamo
noi
pure
.
L
'
ingrandimento
delle
proporzioni
di
tutte
le
cose
ci
dà
a
poco
a
poco
un
altro
concetto
delle
cose
stesse
.
La
corruzione
medesima
,
enorme
e
splendida
,
finisce
per
sedurci
come
un
vasto
e
svariatissimo
campo
di
studio
,
più
di
quello
che
ci
respinga
per
la
sua
laidezza
;
e
ci
abituiamo
a
considerarla
quasi
come
una
forma
utile
della
vita
,
come
una
grande
e
terribile
scuola
,
che
chiude
un
tesoro
infinito
d
'
esperienze
e
d
'
idee
,
e
fa
scattare
la
molla
di
mille
ingegni
potenti
.
Nelle
sale
del
Bullier
,
in
mezzo
al
turbinio
di
trecento
ragazze
,
che
ballano
tutte
insieme
cantando
a
una
voce
Perruque
blonde
,
invece
d
'
un
grido
contro
la
corruzione
,
ci
esce
dal
cuore
un
inno
ardente
alla
gioventù
e
alla
vita
.
Stomacati
dei
paesi
dove
non
c
'
è
d
'
originale
nemmeno
il
vizio
e
il
suo
linguaggio
,
là
troviamo
almeno
la
assenza
della
forma
più
schifosa
e
più
vile
della
corruzione
,
che
è
la
manìa
di
fingerla
per
vanagloria
,
mentre
non
s
'
ha
nè
la
forza
nè
il
modo
di
goderla
nella
sua
tremenda
pienezza
.
E
a
poco
a
poco
ci
persuadiamo
che
molte
che
credevamo
malattie
colpevoli
,
non
sono
là
che
efflorescenze
d
'
un
sangue
troppo
ricco
;
mentre
non
sono
che
mancanza
di
vitalità
certe
virtù
negative
di
cui
menano
vanto
in
faccia
a
Parigi
altri
popoli
;
ai
quali
si
potrebbe
dire
come
la
Messalina
del
Cossa
a
Silio
:
-
Siete
tanto
corrotti
che
non
sopportate
la
grandezza
del
vizio
.
-
E
così
in
tutti
i
campi
della
vita
,
trovate
là
con
un
sentimento
misto
di
rammarico
per
voi
e
di
ammirazione
per
Parigi
,
l
'
originale
di
mille
cose
di
cui
in
casa
vostra
non
avevate
visto
che
il
fac
simile
,
ridotto
a
forma
tascabile
per
la
gente
minuta
.
E
vi
sentite
disposti
a
perdonar
molto
all
'
orgoglio
,
quando
osservate
da
vicino
le
cose
,
e
potete
mettervi
nei
panni
d
'
un
popolo
che
si
vede
scimmiottato
dall
'
universo
;
che
vede
raccolte
e
portate
in
giro
le
briciole
della
sua
mensa
,
glorificate
opere
fatte
coi
ritagli
delle
sue
;
innalzati
dei
busti
,
in
certi
tempi
e
in
certi
luoghi
,
a
gente
che
non
ha
altro
merito
che
di
essere
abbonata
alla
Revue
des
deux
Mondes
;
rubacchiata
la
sua
lingua
e
rivomitata
cruda
in
molte
lingue
straniere
;
messo
a
sacco
il
suo
romanzo
e
il
suo
teatro
;
tesoreggiati
tutti
i
pettegolezzi
della
sua
storia
e
della
sua
cronaca
;
conosciuta
la
sua
città
come
la
palma
della
mano
;
Tortoni
più
famoso
di
molti
monumenti
immortali
;
la
Maison
dorée
in
cima
ai
sogni
dei
dissipati
di
tutta
la
terra
;
contraffatti
i
suoi
modi
,
ripetute
le
sue
risate
,
ricalcati
i
suoi
scherzi
,
adorati
i
suoi
capricci
;
e
si
capisce
anche
come
si
stizzisca
quando
qualcuno
dei
suoi
più
pedanti
scolari
gli
tira
il
calcio
dell
'
asino
.
Come
stupirsi
che
non
si
occupi
che
di
sè
un
paese
così
sfegatatamente
adulato
,
a
fatti
se
non
a
parole
?
E
non
riesce
tutto
a
danno
suo
od
altrui
questo
difetto
poichè
deriva
dal
conoscere
profondamente
le
cose
proprie
,
dall
'
amarle
anche
d
'
un
amore
eccessivo
,
e
dal
credere
che
il
mondo
intero
ne
faccia
la
medesima
stima
,
quel
che
di
caldo
,
di
colorito
,
di
originale
,
di
vitale
,
che
mette
in
tutte
le
manifestazioni
di
sè
stesso
.
Ha
un
minor
campo
da
percorrere
,
come
diceva
di
sè
lo
Schiller
al
Goethe
;
ma
lo
percorre
perciò
in
minor
tempo
in
tutte
le
sue
parti
.
Quindi
un
inseguirsi
e
un
congiungersi
continuo
d
'
idee
e
di
sforzi
diretti
al
medesimo
segno
,
una
frequenza
grande
di
attriti
da
cui
esce
luce
e
calore
;
ogni
palmo
di
spazio
disputato
da
mille
contendenti
;
invece
del
cammino
la
corsa
,
invece
della
controversia
la
mischia
;
e
in
questa
mischia
perpetua
,
buttato
via
tutto
il
bagaglio
superfluo
,
tutto
fatto
arma
di
offesa
e
di
difesa
,
sfrondato
il
pensiero
,
stretto
il
linguaggio
,
precipitata
l
'
azione
;
arte
e
vita
ugualmente
ardite
e
rapide
,
e
tutto
incoraggiato
dalla
gran
voce
festiva
della
grande
città
,
che
parla
ad
acutissime
note
cristalline
,
intese
da
tutta
la
terra
.
E
più
ci
s
'
addentra
nello
studio
di
quella
vita
,
più
si
rimane
meravigliati
vedendo
l
'
immenso
lavoro
che
si
fa
sotto
quell
'
apparenza
di
dissipazione
universale
;
quanti
lavoratori
sudano
nella
solitudine
;
quanti
si
preparano
alla
lotta
pubblica
,
nell
'
oscurità
,
con
incredibili
fatiche
;
come
ogni
maniera
d
'
ingegno
,
non
solo
,
ma
qualsiasi
parzialissima
facoltà
appena
più
che
mediocre
,
trovi
là
il
modo
d
'
esercitarsi
con
vantaggio
proprio
e
comune
;
come
a
ogni
ingegno
si
formi
subito
intorno
spontaneamente
un
cerchio
d
'
intelligenze
colte
ed
amiche
che
lo
aiutano
a
estrinsecarsi
e
a
salire
;
come
ogni
menoma
promessa
di
riuscita
nel
campo
dell
'
intelligenza
,
desti
intorno
a
sè
,
in
tutte
le
classi
della
cittadinanza
,
un
sentimento
gentile
di
curiosità
e
di
rispetto
,
e
strappi
a
tutti
quel
tributo
anticipato
di
gloria
,
che
concorre
mirabilmente
a
farla
diventare
realtà
;
che
impulso
strapotente
sia
alle
forze
umane
la
certezza
dell
'
improvviso
e
largo
cambiamento
di
fortuna
che
produce
là
il
vero
«
successo
»
;
come
sia
grande
e
inebbriante
in
quella
città
il
trionfo
dell
'
ingegno
,
che
appena
salutato
da
lei
,
riceve
saluti
di
ammiratori
ignoti
e
offerte
e
consigli
da
ogni
parte
del
mondo
;
come
all
'
uomo
caduto
sopra
una
via
,
rimangano
aperte
cento
altre
vie
,
solo
che
si
rassegni
ad
abbassare
d
'
un
piccolissimo
grado
le
sue
pretensioni
alla
gloria
;
come
la
natura
obbliosa
della
grande
città
,
che
non
lasciando
addormentar
nessuno
sopra
un
solo
trionfo
,
obbliga
tutti
a
ripresentarsi
continuamente
alla
gara
,
produca
quelle
vite
meravigliosamente
operose
,
quelle
vecchiaie
ostinatamente
battagliere
,
il
cui
esempio
mette
il
furore
del
lavoro
nelle
generazioni
seguenti
;
e
infine
che
enorme
quantità
si
ritrovi
là
di
lavoro
non
finito
,
di
prove
,
di
abbozzi
,
di
materiale
sciupato
dagli
uni
,
ma
non
inutile
per
chi
verrà
,
e
di
creazioni
pregevoli
,
in
tutti
i
campi
,
ma
condannate
a
morire
dove
sorgono
,
perchè
schiacciate
dall
'
abbondanza
del
meglio
.
Quando
s
'
è
osservato
tutto
ciò
,
il
soggiorno
di
Parigi
riesce
caro
ed
utile
solo
per
veder
lavorare
quella
macchina
immensa
,
per
vedere
come
essa
leviga
,
perfeziona
,
trasforma
,
spreme
,
stritola
l
'
inesauribile
materiale
d
'
ingegno
,
di
ricchezza
,
di
gioventù
,
d
'
ambizione
,
di
coraggio
,
che
la
Francia
e
il
mondo
gettano
continuamente
fra
le
sue
ruote
formidabili
,
e
come
versa
dalla
parte
opposta
grandi
nomi
,
celebrità
sventrate
,
capolavori
,
parole
immortali
,
ossa
rotte
,
armi
,
gemme
e
trastulli
,
che
la
Francia
e
il
mondo
s
'
affannano
a
raccogliere
e
a
commentare
.
Fate
dunque
i
censori
addosso
a
questo
colosso
!
Strillate
contro
i
suoi
operai
perchè
bevono
l
'
assenzio
e
cantano
in
falsetto
e
hanno
la
donnina
che
li
aspetta
alla
porta
.
Che
pedanteria
!
Ma
non
è
neppur
questa
l
'
ultima
impressione
che
si
riceve
da
Parigi
.
Standovi
lungo
tempo
,
si
passa
ancora
per
la
trafila
di
altri
entusiasmi
e
di
altri
disinganni
.
Molte
sere
ritornerete
a
casa
,
fra
quelle
file
interminabili
di
lumi
,
malinconici
,
uggiti
a
morte
di
tutto
,
con
un
rabbioso
amor
di
patria
nel
cuore
.
Poi
vi
riconcilierete
colla
città
in
una
bella
giornata
d
'
autunno
,
assistendo
a
una
di
quelle
sue
espansioni
clamorose
di
gioia
che
rasserenano
le
anime
più
fosche
.
Un
'
altra
volta
una
piccola
umiliazione
,
uno
stupido
gioco
di
parole
ripetuto
da
un
milione
di
bocche
,
uno
spettacolo
d
'
un
'
oscenità
stomachevole
,
un
cielo
chiuso
e
plumbeo
che
fa
mutar
aspetto
a
ogni
cosa
,
vi
risolleveranno
dentro
tutte
le
antipatie
e
tutte
le
stizze
con
una
tale
violenza
,
che
vorreste
veder
sparire
quella
città
come
un
accampamento
portato
via
da
un
uragano
.
Ma
vi
vergognerete
improvvisamente
di
quell
'
odio
un
altro
giorno
,
pensando
all
'
enormità
del
vuoto
che
vi
rimarrebbe
nella
mente
se
ne
uscisse
a
un
tratto
tutto
ciò
che
quella
città
vi
ci
ha
messo
dalla
vostra
infanzia
fino
a
quel
giorno
.
Fino
all
'
ultimo
momento
Parigi
vi
farà
mille
dispetti
e
mille
carezze
,
come
una
bella
donna
nervosa
,
e
voi
proverete
tutti
gli
alti
e
bassi
d
'
una
passione
:
oggi
a
'
suoi
piedi
,
umili
;
domani
presi
dal
furore
di
morderla
e
di
insultarla
,
e
poi
daccapo
a
chiederle
perdono
,
affascinati
.
Ma
sentirete
ogni
giorno
più
stringersi
il
legame
che
v
'
unisce
a
lei
.
E
si
sente
più
che
mai
quando
si
parte
,
la
sera
che
si
passa
per
l
'
ultima
volta
,
rapidamente
,
in
mezzo
a
quell
'
immenso
splendore
dei
boulevards
,
a
cui
succede
tutt
'
a
un
tratto
la
mezza
oscurità
lugubre
d
'
una
stazione
enorme
e
nuda
.
Allora
,
per
quanto
si
desideri
di
riveder
la
patria
,
si
è
presi
da
una
grande
tristezza
all
'
idea
di
ritornare
in
quel
piccolo
dormitorio
di
città
da
cui
si
è
partiti
,
e
si
porge
l
'
orecchio
per
l
'
ultima
volta
al
tumulto
lontano
di
Parigi
con
uno
struggimento
inesprimibile
di
desiderio
e
d
'
invidia
.
E
dal
fondo
del
vagone
,
al
buio
,
rivedete
la
città
,
come
l
'
avete
vista
una
bella
mattina
di
luglio
da
una
torre
di
Nôtre
Dame
;
attraversata
dall
'
enorme
arco
azzurro
della
Senna
,
coi
suoi
lontani
orizzonti
violacei
,
immensa
e
fumante
,
nel
punto
in
cui
dalla
piazza
sottoposta
i
tamburi
d
'
un
reggimento
vi
mandavano
su
un
eco
della
battaglia
di
Magenta
.
Oh
!
bella
e
tremenda
peccatrice
-
esclamate
allora
-
io
t
'
assolvo
,
e
a
rischio
della
dannazione
dell
'
anima
,
t
'
amo
!
FINE
Miscellanea ,
INTRODUZIONE
1
.
Quarant
'
anni
sono
passati
dalla
pubblicazione
della
magistrale
enciclica
Rerum
Novarum
di
Leone
XIII
,
Nostro
Predecessore
di
v
.
m
.
,
e
tutto
il
mondo
cattolico
,
mosso
da
un
impeto
di
calda
riconoscenza
,
ha
preso
a
celebrarne
la
commemorazione
con
uno
splendore
degno
del
memorabile
documento
.
2
.
Vero
è
che
a
quell
'
insigne
testimonianza
di
sollecitudine
pastorale
il
Nostro
Predecessore
aveva
già
in
certo
modo
spianata
la
via
con
altre
encicliche
,
come
quella
sui
fondamenti
della
società
umana
,
la
famiglia
cioè
e
il
venerando
Sacramento
del
matrimonio
(
enc
.
Arcanum
del
10
febbraio
1880
)
;
sull
'
origine
del
potere
civile
(
enciclica
Diuturnum
del
29
giugno
1881
)
;
sull
'
ordine
delle
sue
relazioni
con
la
Chiesa
(
enc
.
Immortale
Dei
del
l
°
novembre
1885
)
;
sui
principali
doveri
del
cittadino
cristiano
(
enc
.
Sapientiae
Christianae
del
10
gennaio
1890
)
;
contro
gli
errori
del
socialismo
(
enc
.
Quod
apostolici
muneris
del
28
dicembre
1878
)
e
la
prava
dottrina
intorno
all
'
umana
libertà
(
enc
.
Libertas
del
20
giugno
1888
)
e
altre
di
ugual
genere
,
dove
Leone
XIII
aveva
già
espresso
ampiamente
il
suo
pensiero
.
Ma
l
'
enciclica
Rerum
Novarum
,
rispetto
alle
altre
,
ebbe
questo
di
proprio
,
che
allora
appunto
quando
ciò
era
sommamente
opportuno
e
anzi
necessario
,
diede
a
tutto
il
genere
umano
norme
sicurissime
,
per
la
debita
soluzione
degli
ardui
problemi
della
società
umana
,
che
vanno
sotto
il
nome
di
questione
sociale
.
L
'
occasione
della
«
Rerum
Novarum
»
3
.
E
veramente
,
verso
la
fine
del
secolo
XIX
,
il
nuovo
sistema
economico
da
poco
introdotto
e
i
nuovi
incrementi
dell
'
industria
erano
giunti
a
far
sì
che
la
società
in
quasi
tutte
le
nazioni
apparisse
sempre
più
recisamente
divisa
in
due
classi
:
l
'
una
,
esigua
di
numero
,
che
godeva
di
quasi
tutte
le
comodità
in
sì
grande
abbondanza
apportate
dalle
invenzioni
moderne
;
l
'
altra
,
composta
da
una
immensa
moltitudine
di
operai
i
quali
,
oppressi
da
rovinosa
penuria
,
indarno
s
'
affannavano
per
uscire
dalle
loro
strettezze
.
4
.
A
tale
condizione
di
cose
non
trovavano
certo
difficoltà
ad
adattarsi
coloro
che
,
ben
forniti
di
ricchezze
,
la
ritenevano
effetto
necessario
delle
leggi
economiche
e
perciò
volevano
affidata
soltanto
alla
carità
la
cura
di
sovvenire
agli
indigenti
,
come
se
alla
carità
toccasse
l
'
obbligo
di
stendere
un
velo
sulla
violazione
manifesta
della
giustizia
,
sebbene
tollerata
non
solo
,
ma
talvolta
sancita
dai
legislatori
.
Ma
di
tale
condizione
invece
erano
più
che
mai
insofferenti
gli
operai
oppressi
dalla
ingiusta
sorte
e
perciò
ricusavano
di
restare
più
a
lungo
sotto
quel
giogo
troppo
pesante
.
Alcuni
perciò
,
abbandonandosi
all
'
impeto
di
malvagi
consigli
,
miravano
a
una
totale
rivoluzione
della
società
,
mentre
altri
,
trattenuti
da
una
solida
educazione
cristiana
a
non
trascorrere
in
così
insani
propositi
,
persistevano
tuttavia
nel
credere
che
molte
cose
in
questa
materia
fossero
da
riformare
interamente
e
al
più
presto
.
5
.
Né
altrimenti
pensavano
quei
molti
cattolici
,
e
sacerdoti
e
laici
,
i
quali
,
mossi
da
un
sentimento
di
una
carità
certamente
ammirabile
,
si
sentivano
già
da
lungo
tempo
sospinti
a
lenire
l
'
immeritata
indigenza
dei
proletari
,
né
riuscivano
in
alcun
modo
a
persuadersi
come
un
così
forte
e
ingiusto
divario
nella
distribuzione
dei
beni
temporali
potesse
davvero
corrispondere
ai
disegni
del
sapientissimo
Creatore
.
6
.
In
tale
disordine
lacrimevole
della
società
essi
cercavano
bensì
con
sincerità
un
pronto
rimedio
e
una
salda
difesa
contro
i
pericoli
peggiori
:
ma
per
la
fiacchezza
della
mente
umana
anche
nei
migliori
,
vedendosi
respinti
da
una
parte
quasi
perniciosi
novatori
,
dall
'
altra
intralciati
dagli
stessi
compagni
di
opere
buone
,
ma
seguaci
di
altre
idee
,
esitando
tra
le
varie
opinioni
,
non
sapevano
dove
rivolgersi
.
7
.
In
così
grande
urto
e
dissenso
di
animi
,
mentre
dall
'
una
parte
e
dall
'
altra
si
dibatteva
,
e
non
sempre
pacificamente
,
la
controversia
,
gli
occhi
di
tutti
,
come
in
tante
altre
occasioni
,
si
volgevano
alla
Cattedra
di
Pietro
,
deposito
sacro
di
ogni
verità
,
da
cui
si
diffondono
le
parole
di
salute
in
tutto
il
mondo
;
e
accorrendo
,
con
insolita
frequenza
,
ai
piedi
del
Vicario
di
Cristo
in
terra
,
sì
gli
studiosi
di
cose
sociali
,
come
i
datori
di
lavoro
e
gli
stessi
operai
,
andavano
supplicando
unanimi
perché
fosse
loro
finalmente
additata
una
via
sicura
.
8
.
Tutto
ciò
il
prudentissimo
Pontefice
ponderò
a
lungo
tra
sé
al
cospetto
di
Dio
,
richiese
consiglio
ai
più
esperti
,
vagliò
attentamente
gli
argomenti
che
si
portavano
da
una
parte
e
dall
'
altra
,
e
in
ultimo
,
ascoltando
la
voce
della
coscienza
dell
'
ufficio
Apostolico
(
enc
.
Rerum
novarum
del
15
maggio
1891
)
,
per
non
sembrare
,
tacendo
,
di
mancare
al
proprio
dovere
(
cfr
.
Rerum
novarum
n
.
13
)
,
deliberò
in
virtù
del
divino
magistero
,
a
lui
affidato
,
di
rivolgere
la
parola
a
tutta
la
Chiesa
,
anzi
a
tutta
l
'
umana
società
9
.
Risonò
dunque
,
il
15
maggio
1897
,
quella
tanto
desiderata
voce
,
la
quale
,
non
atterrita
dalle
difficoltà
dell
'
argomento
,
né
affievolita
dalla
vecchiaia
,
ma
anzi
rafforzata
da
ridestato
vigore
,
ammaestrò
l
'
umana
famiglia
a
tentare
nuove
vie
in
materia
di
dottrina
sociale
.
Punti
fondamentali
della
«
Rerum
Novarum
»
10
.
Voi
conoscete
,
venerabili
Fratelli
e
diletti
Figli
,
anzi
avete
familiare
la
mirabile
dottrina
onde
l
'
enciclica
Rerum
novarum
resterà
gloriosa
nei
ricordi
dei
secoli
.
In
essa
l
'
ottimo
Pastore
,
lamentando
che
una
sì
grande
parte
degli
uomini
,
si
trovano
ingiustamente
in
uno
stato
misero
e
calamitoso
,
con
animo
invitto
prende
a
tutelare
egli
stesso
in
persona
la
causa
degli
operai
che
le
circostanze
hanno
consegnati
soli
e
indifesi
alla
inumanità
dei
padroni
e
alla
sfrenata
cupidigia
della
concorrenza
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
2
)
,
senza
chiedere
aiuto
alcuno
né
al
liberalismo
né
al
socialismo
,
dei
quali
l
'
uno
si
era
mostrato
affatto
incapace
di
dare
soluzione
legittima
alla
questione
sociale
,
l
'
altro
proponeva
un
rimedio
che
,
di
gran
lunga
peggiore
del
male
,
avrebbe
gettato
in
maggiori
pericoli
la
società
umana
.
11
.
Il
Pontefice
dunque
,
nel
pieno
esercizio
del
suo
diritto
e
quale
buon
custode
della
Religione
e
dispensatore
di
quanto
con
essa
in
stretto
vincolo
si
connette
,
trattandosi
di
un
problema
del
quale
nessuna
soluzione
plausibile
si
potrebbe
dare
,
senza
richiamarsi
alla
Religione
e
alla
Chiesa
(
cfr
.
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
13
)
,
partendo
unicamente
dagli
immutabili
principi
attinti
dal
tesoro
della
retta
ragione
e
della
divina
Rivelazione
,
con
tutta
sicurezza
e
come
avente
autorità
(
Mt
7,29
)
,
indicò
e
proclamò
i
diritti
e
i
doveri
dai
quali
conviene
che
vicendevolmente
si
sentano
vincolati
e
ricchi
e
proletari
,
e
capitalisti
e
prestatori
d
'
opera
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
12
)
,
come
pure
le
parti
rispettive
della
Chiesa
,
dei
poteri
pubblici
e
anche
di
coloro
che
più
vi
si
trovano
interessati
.
12
.
Né
quella
voce
apostolica
risonò
invano
;
che
anzi
l
'
udirono
con
stupore
e
l
'
accolsero
con
il
più
grande
fervore
non
solo
i
figli
obbedienti
della
Chiesa
,
ma
anche
un
buon
numero
di
uomini
lontani
dalla
verità
e
dall
'
unità
della
fede
e
quasi
tutti
coloro
che
d
'
allora
in
poi
s
'
occuparono
della
questione
sociale
ed
economica
,
sia
come
studiosi
privati
,
sia
come
pubblici
legislatori
.
13
.
Ma
più
di
tutti
accolsero
con
giubilo
quell
'
enciclica
gli
operai
cristiani
,
i
quali
si
sentirono
patrocinati
e
difesi
dalla
più
alta
Autorità
della
terra
,
e
tutti
quei
generosi
,
i
quali
già
da
lungo
tempo
sollecitati
di
recare
sollievo
alla
condizione
degli
operai
,
sino
allora
non
avevano
trovato
quasi
altro
che
la
noncuranza
degli
uni
e
persino
gli
odiosi
sospetti
,
per
non
dire
l
'
aperta
ostilità
di
molti
altri
.
Meritatamente
dunque
tutti
costoro
d
'
allora
in
poi
tennero
sempre
in
tanto
onore
quell
'
enciclica
che
è
venuto
in
uso
di
commemorarla
ogni
anno
nei
vari
paesi
con
varie
manifestazioni
di
gratitudine
.
14
.
Tuttavia
la
dottrina
di
Leone
XIII
,
così
nobile
,
così
profonda
e
così
inaudita
al
mondo
,
non
poteva
non
produrre
anche
in
alcuni
cattolici
una
certa
impressione
di
sgomento
,
anzi
di
molestia
e
per
taluni
anche
di
scandalo
.
Essa
infatti
affrontava
coraggiosamente
gli
idoli
del
liberalismo
e
li
rovesciava
,
non
teneva
in
nessun
conto
pregiudizi
inveterati
,
preveniva
i
tempi
oltre
ogni
aspettazione
;
ond
'
è
che
i
troppo
tenaci
dell
'
antico
disdegnavano
questa
nuova
filosofia
sociale
,
i
pusillanimi
paventavano
di
ascendere
a
tanta
altezza
;
taluno
anche
vi
fu
,
che
pure
ammirando
questa
luce
,
la
riputava
come
un
ideale
chimerico
di
perfezione
più
desiderabile
che
attuabile
.
Scopo
della
presente
enciclica
15
.
Per
queste
ragioni
,
venerabili
Fratelli
e
diletti
Figli
,
mentre
con
tanto
ardore
da
tutto
il
mondo
,
e
specialmente
dagli
operai
cattolici
,
che
d
'
ogni
parte
convengono
in
quest
'
alma
Città
,
si
va
solennemente
celebrando
la
commemorazione
del
quarantesimo
anniversario
della
enciclica
Rerum
novarum
,
stimiamo
opportuno
di
servirCi
di
questa
ricorrenza
,
per
ricordare
i
grandi
beni
che
da
quella
enciclica
ridondarono
alla
Chiesa
,
anzi
a
tutta
l
'
umana
società
;
per
rivendicare
la
dottrina
di
tanto
Maestro
sulla
questione
sociale
ed
economica
,
contro
alcuni
dubbi
sorti
in
tempi
recenti
e
per
svolgerla
con
maggior
ampiezza
in
questo
o
in
quel
punto
;
e
infine
,
dopo
una
accurata
disamina
dell
'
economia
moderna
e
del
socialismo
,
per
scoprire
la
radice
del
presente
disagio
sociale
,
e
insieme
additare
la
sola
via
di
una
salutare
restaurazione
,
cioè
la
cristiana
riforma
dei
costumi
.
Queste
cose
,
che
ci
proponiamo
di
trattare
,
costituiranno
i
tre
punti
,
nell
'
esposizione
dei
quali
si
svolgerà
tutta
intera
la
presente
enciclica
.
I
-
Frutti
dell
'
enciclica
«
RERUM
NOVARUM
»
16
.
E
anzitutto
,
per
cominciare
di
là
donde
avevamo
appunto
in
animo
di
esordire
,
seguendo
l
'
avvertimento
di
sant
'
Ambrogio
che
diceva
non
esservi
nessun
dovere
maggiore
del
ringraziare
(
S
.
Ambrogio
,
De
excessu
fratris
sui
Satyri
,
lib
.
I
,
44
)
,
non
possiamo
trattenerci
dal
rendere
amplissime
grazie
a
Dio
onnipotente
per
gli
insigni
benefici
dell
'
enciclica
leoniana
,
provenuti
alla
Chiesa
e
all
'
umana
società
.
I
quali
benefici
se
volessimo
anche
di
volo
accennare
,
dovremmo
richiamare
alla
memoria
quasi
tutta
la
storia
dell
'
ultimo
quarantennio
per
quanto
riguarda
la
questione
sociale
.
Ma
li
possiamo
tutti
ridurre
a
tre
capi
principali
,
secondo
le
tre
classi
di
aiuti
che
il
Nostro
Antecessore
desiderava
per
il
compimento
della
sua
grande
opera
restauratrice
.
1
-
L
'
opera
della
Chiesa
17
.
In
primo
luogo
lo
stesso
Leone
XIII
aveva
splendidamente
dichiarato
che
cosa
si
dovesse
aspettare
dalla
Chiesa
:
Difatti
la
Chiesa
è
quella
che
trae
dal
Vangelo
dottrine
atte
a
comporre
o
certo
a
rendere
assai
meno
aspro
il
conflitto
;
essa
procura
con
gli
insegnamenti
suoi
,
non
pur
di
illuminare
la
mente
,
ma
d
'
informare
la
vita
e
i
costumi
di
ognuno
;
essa
con
un
gran
numero
di
benefiche
istituzioni
migliora
le
condizioni
medesime
del
proletario
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
13
)
.
a
)
nella
dottrina
18
.
Ora
la
Chiesa
non
lasciò
stagnare
nell
'
inerzia
queste
preziose
fonti
,
ma
a
esse
attinse
copiosamente
per
il
bene
comune
della
pace
desiderata
.
Lo
stesso
Leone
infatti
e
i
suoi
Successori
non
desistettero
mai
dal
proclamare
e
inculcare
ripetutamente
,
ora
a
voce
,
ora
con
gli
scritti
,
la
dottrina
stessa
dell
'
enciclica
Rerum
novarum
sulle
materie
sociali
ed
economiche
,
e
adattarla
opportunamente
secondo
le
esigenze
delle
circostanze
dei
tempi
,
mostrando
sempre
carità
di
padri
e
costanza
di
pastori
nella
difesa
massima
dei
poveri
e
dei
deboli
.
Lo
stesso
fecero
tanti
Vescovi
,
spiegando
la
medesima
dottrina
con
assiduità
e
saggezza
,
chiarendola
con
i
loro
commenti
,
e
applicandola
alle
condizioni
dei
paesi
diversi
,
giusta
la
mente
e
le
istruzioni
della
Santa
Sede
.
19
.
Non
fa
quindi
meraviglia
che
sotto
il
magistero
e
la
guida
della
Chiesa
molti
uomini
dotti
,
ecclesiastici
e
laici
,
prendessero
a
trattare
con
ardore
la
scienza
sociale
ed
economica
secondo
le
esigenze
dei
nostri
tempi
,
mossi
particolarmente
dall
'
intento
di
opporre
con
più
efficacia
la
dottrina
immutata
e
immutabile
,
della
Chiesa
alle
nuove
necessità
.
20
.
Così
,
additata
e
rischiarata
la
via
dall
'
enciclica
leoniana
,
ne
sorse
una
vera
sociologia
cattolica
,
che
viene
ogni
giorno
alacremente
coltivata
e
arricchita
da
quelle
scelte
persone
che
abbiamo
chiamato
ausiliari
della
Chiesa
.
E
questi
non
la
lasciano
già
confinata
all
'
ombra
di
eruditi
convegni
,
ma
la
espongono
alla
pubblica
luce
,
come
ne
danno
splendida
prova
le
scuole
istituite
e
frequentate
con
molta
utilità
nelle
Università
cattoliche
,
nelle
Accademie
,
nei
Seminari
;
e
i
congressi
o
«
settimane
»
sociali
,
tenuti
con
una
certa
frequenza
e
fecondi
di
lieti
frutti
;
e
l
'
istituzione
di
circoli
di
studi
e
infine
la
larga
e
industriosa
diffusione
di
scritti
sani
e
opportuni
.
21
.
Né
va
ristretto
a
questi
limiti
il
bene
derivato
dal
documento
leoniano
;
perché
gli
insegnamenti
della
enciclica
Rerum
novarum
a
poco
a
poco
fecero
breccia
anche
in
persone
che
,
stando
fuori
della
cattolica
unità
,
non
riconoscono
il
potere
della
Chiesa
;
sicché
i
principi
cattolici
della
sociologia
penetrarono
a
poco
a
poco
nel
patrimonio
di
tutta
la
società
.
E
non
raramente
avviene
che
le
eterne
verità
,
tanto
altamente
proclamate
dal
Nostro
Predecessore
di
f
.
m
.
,
non
solamente
siano
riferite
e
sostenute
in
giornali
e
libri
anche
cattolici
,
ma
altresì
nelle
Camere
legislative
e
nelle
aule
dei
Tribunali
.
22
.
Che
più
?
Dopo
l
'
immane
guerra
,
quando
i
governanti
delle
nazioni
principali
,
al
fine
di
reintegrare
una
vera
e
stabile
pace
con
un
totale
riassetto
delle
condizioni
sociali
,
ebbero
sancito
fra
le
altre
norme
allora
stabilite
quelle
che
dovevano
regolare
secondo
equità
e
giustizia
il
lavoro
degli
operai
,
tra
quelle
norme
non
ne
ammisero
forse
molte
,
così
concordanti
coi
principi
e
i
moniti
leoniani
,
da
sembrare
di
proposito
dedotte
da
quelli
?
E
veramente
l
'
enciclica
Rerum
novarum
resta
un
monumento
memorando
a
cui
si
possono
applicare
con
diritto
le
parole
di
Isaia
:
Alzerà
un
vessillo
alle
nazioni
(
Is
11
,
12
)
.
b
)
nella
pratica
applicazione
23
.
Frattanto
,
mentre
le
prescrizioni
leoniane
,
previe
le
investigazioni
scientifiche
,
avevano
larga
diffusione
nelle
menti
,
si
venne
pure
alla
loro
applicazione
pratica
.
E
anzitutto
con
un
'
operosa
benevolenza
si
rivolsero
tutte
le
cure
alla
elevazione
di
quella
classe
di
uomini
,
che
,
per
i
moderni
progressi
dell
'
industria
cresciuti
immensamente
,
non
occupava
ancora
nella
società
umana
un
posto
o
grado
conveniente
,
e
perciò
giaceva
quasi
trascurata
e
disprezzata
;
la
classe
operaia
,
diciamo
,
alla
cui
cultura
,
seguendo
l
'
esempio
dell
'
Episcopato
,
lavorarono
assai
alacremente
con
gran
profitto
delle
anime
,
sacerdoti
dell
'
uno
e
dell
'
altro
clero
,
quantunque
già
sopraffatti
da
altre
cure
pastorali
.
E
questa
costante
fatica
,
intrapresa
per
informare
a
spirito
cristiano
gli
operai
,
proponendo
loro
con
chiarezza
i
diritti
e
i
doveri
della
propria
classe
,
giovò
pure
in
gran
maniera
a
renderli
più
consapevoli
della
loro
vera
dignità
e
abili
a
progredire
per
vie
legittime
e
feconde
nel
campo
sociale
ed
economico
,
e
a
divenire
altresì
guide
degli
altri
.
24
.
Quindi
un
più
sicuro
rifornimento
di
più
copiosi
mezzi
di
vita
;
giacché
non
solo
si
moltiplicarono
mirabilmente
le
opere
di
beneficenza
e
di
carità
secondo
le
esortazioni
del
Pontefice
,
ma
si
vennero
pure
istituendo
dappertutto
associazioni
nuove
e
sempre
più
numerose
nelle
quali
,
col
consiglio
della
Chiesa
e
per
lo
più
sotto
la
guida
di
sacerdoti
,
si
danno
e
ricevono
mutua
assistenza
e
aiuto
operai
,
artieri
,
contadini
,
salariati
di
ogni
specie
.
2
-
L
'
opera
dello
Stato
25
.
Quanto
al
potere
civile
,
Leone
XIII
,
superando
arditamente
i
limiti
segnati
dal
liberalismo
,
insegna
coraggiosamente
che
esso
non
è
puramente
un
guardiano
dell
'
ordine
e
del
diritto
,
ma
deve
adoperarsi
in
modo
che
con
tutto
il
complesso
delle
leggi
e
delle
politiche
istituzioni
ordinando
e
amministrando
lo
Stato
,
ne
risulti
naturalmente
la
pubblica
e
privata
prosperità
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
26
)
.
E
'
bensì
vero
che
si
deve
lasciare
la
loro
giusta
libertà
di
azione
alle
famiglie
e
agli
individui
,
ma
questo
senza
danno
del
pubblico
bene
e
senza
offesa
di
persona
.
Spetta
poi
ai
reggitori
dello
Stato
difendere
la
comunità
e
le
parti
di
essa
,
ma
nella
protezione
dei
diritti
stessi
dei
privati
si
deve
tener
conto
principalmente
dei
deboli
e
dei
poveri
.
Perché
,
come
dice
il
Nostro
Antecessore
,
il
ceto
dei
ricchi
,
forte
per
sè
stesso
,
abbisogna
meno
della
pubblica
difesa
:
le
misere
plebi
invece
,
che
mancano
di
sostegno
proprio
,
hanno
somma
necessità
di
trovarlo
nel
patrocinio
dello
Stato
.
E
però
agli
operai
,
che
sono
nel
numero
dei
deboli
e
bisognosi
,
deve
lo
Stato
a
preferenza
rivolgere
le
cure
e
la
provvidenza
sua
(
enciclica
Rerum
novarum
,
n
.
29
)
.
26
.
Non
neghiamo
che
alcuni
reggitori
di
popoli
,
anche
prima
dell
'
enciclica
di
Leone
XIII
,
provvidero
ad
alcune
necessità
più
urgenti
degli
operai
e
repressero
le
ingiustizie
più
atroci
a
loro
fatte
.
Ma
è
certo
che
allora
finalmente
,
quando
risonò
dalla
Cattedra
di
Pietro
la
parola
pontificia
per
tutto
il
mondo
,
i
reggitori
dei
popoli
,
fatti
più
consci
del
proprio
dovere
,
rivolsero
i
pensieri
e
l
'
attenzione
loro
a
promuovere
una
più
intensa
politica
sociale
.
27
.
In
verità
l
'
enciclica
Rerum
novarum
,
mentre
vacillavano
le
massime
del
liberalismo
,
che
da
lungo
tempo
intralciavano
l
'
opera
efficace
dei
governanti
,
mosse
i
popoli
stessi
a
promuovere
con
più
sincerità
e
più
impegno
la
politica
sociale
,
e
indusse
i
migliori
tra
i
cattolici
a
prestare
in
questo
il
loro
utile
concorso
ai
reggitori
dello
Stato
sicché
spesso
si
dimostrarono
nelle
Camere
legislative
sostenitori
illustri
di
questa
nuova
politica
;
anzi
le
stesse
leggi
sociali
moderne
furono
non
di
rado
proposte
ai
voti
dei
rappresentanti
della
nazione
e
la
loro
esecuzione
fu
richiesta
e
caldeggiata
da
ministri
della
Chiesa
,
imbevuti
degli
insegnamenti
leoniani
.
28
.
Da
tale
continua
ed
indefessa
fatica
sorse
un
nuovo
ramo
della
disciplina
giuridica
del
tutto
ignorato
nei
tempi
passati
,
il
quale
difende
con
forza
i
sacri
diritti
dei
lavoratori
che
loro
provengono
dalla
dignità
di
uomini
e
di
cristiani
;
giacché
queste
leggi
si
propongono
la
protezione
degli
interessi
dei
lavoratori
,
massime
delle
donne
e
dei
fanciulli
:
l
'
anima
,
la
sanità
,
le
forze
,
la
famiglia
,
la
casa
,
le
officine
,
la
paga
,
gli
infortuni
del
lavoro
;
in
una
parola
tutto
ciò
che
tocca
la
vita
e
la
famiglia
dei
lavoratori
.
Che
se
tali
statuti
non
si
accordano
dappertutto
e
in
ogni
cosa
con
le
norme
di
Leone
XIII
,
non
si
può
tuttavia
negare
che
in
molti
punti
vi
si
sente
una
eco
dell
'
enciclica
Rerum
novarum
,
alla
quale
pertanto
è
da
attribuirsi
in
parte
assai
notevole
la
migliorata
condizione
dei
lavoratori
.
3
-
L
'
opera
delle
parti
interessate
29
.
Insegnava
per
ultimo
il
sapientissimo
Pontefice
come
i
padroni
e
gli
operai
medesimi
possono
recarvi
un
gran
contributo
,
con
istituzioni
cioè
ordinate
a
porgere
opportuni
soccorsi
ai
bisognosi
e
ad
avvicinare
e
unire
le
due
classi
tra
loro
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
36
)
.
Ma
il
primo
posto
tra
tali
istituzioni
egli
voleva
attribuito
alle
corporazioni
che
abbracciano
o
i
soli
operai
o
gli
operai
e
i
padroni
insieme
.
E
nell
'
illustrarle
e
raccomandarle
insiste
a
lungo
,
dichiarandone
con
mirabile
sapienza
,
la
natura
,
la
causa
,
l
'
opportunità
,
i
diritti
,
i
doveri
,
le
leggi
.
30
.
Quegli
insegnamenti
furono
pubblicati
in
un
tempo
veramente
opportuno
;
quando
in
parecchie
nazioni
i
pubblici
poteri
,
totalmente
asserviti
al
liberalismo
,
poco
favorivano
,
anzi
avversavano
apertamente
le
menzionate
associazioni
di
operai
:
e
mentre
riconoscevano
consimili
associazioni
di
altre
classi
e
le
proteggevano
,
con
ingiustizia
esosa
negavano
il
diritto
naturale
di
associarsi
proprio
a
quelli
che
più
ne
avevano
bisogno
per
difendersi
dallo
sfruttamento
dei
potenti
.
Né
mancava
tra
gli
stessi
cattolici
chi
mettesse
in
sospetto
i
tentativi
di
formare
siffatte
organizzazioni
,
quasi
sapessero
di
un
certo
spirito
socialistico
o
sovversivo
.
a
)
associazioni
dei
lavoratori
31
.
Sono
dunque
sommamente
raccomandabili
le
norme
date
autorevolmente
da
Leone
XIII
,
perché
valsero
a
infrangere
le
opposizioni
e
dissipare
i
sospetti
.
E
d
'
importanza
anche
maggiore
riuscirono
per
aver
esse
esortato
i
lavoratori
cristiani
a
stringere
fra
di
loro
simili
organizzazioni
,
secondo
la
varietà
dei
mestieri
insegnandone
loro
il
modo
,
e
molti
di
essi
validamente
rassodarono
nella
via
del
dovere
,
mentre
erano
fortemente
adescati
dalle
associazioni
dei
socialisti
,
le
quali
,
con
incredibile
impudenza
,
si
spacciavano
per
uniche
tutrici
e
vindici
degli
umili
e
degli
oppressi
.
32
.
Ma
assai
opportunamente
l
'
enciclica
Rerum
novarum
dichiarava
che
,
nel
fondare
tali
associazioni
,
queste
si
dovevano
ordinare
e
governare
in
modo
da
somministrare
i
mezzi
più
adatti
e
spediti
al
conseguimento
del
fine
,
il
quale
consiste
in
questo
,
che
ciascuno
degli
associati
ne
tragga
il
maggior
aumento
possibile
di
benessere
fisico
,
economico
,
morale
;
ed
è
evidente
che
bisogna
avere
di
mira
,
come
.
scopo
principale
il
perfezionamento
religioso
e
morale
,
e
che
a
questo
perfezionamento
vuolsi
indirizzare
tutta
la
disciplina
sociale
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
42
)
.
Poiché
,
posto
il
fondamento
nella
religione
,
è
aperta
la
strada
a
regolare
le
mutue
attinenze
dei
soci
per
la
tranquillità
della
loro
convivenza
e
per
il
loro
benessere
economico
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
43
)
.
33
.
Ad
istituire
simili
sodalizi
,
si
consacrarono
dappertutto
con
lodevole
ardore
sacerdoti
e
laici
in
gran
numero
,
bramosi
di
attuare
davvero
integralmente
il
disegno
di
Leone
XIII
.
E
così
queste
associazioni
formarono
dei
lavoratori
schiettamente
cristiani
,
i
quali
sapevano
ben
congiungere
insieme
la
diligente
pratica
del
loro
mestiere
coi
salutari
precetti
della
religione
,
e
difendere
con
efficacia
e
fermezza
i
propri
interessi
e
diritti
temporali
,
mantenendo
il
debito
ossequio
alla
giustizia
e
il
sincero
intento
di
cooperare
con
le
altre
classi
della
società
al
rinnovamento
cristiano
di
tutta
la
vita
sociale
.
34
.
Questi
consigli
poi
e
questi
moniti
di
Leone
XIII
,
furono
messi
in
atto
dove
in
un
modo
dove
in
un
altro
,
secondo
le
varie
circostanze
nei
vari
luoghi
.
Così
in
alcuni
paesi
una
stessa
associazione
si
propose
di
raggiungere
tutti
quanti
gli
scopi
assegnati
dal
Pontefice
;
in
altre
,
così
richiedendo
e
consigliando
le
condizioni
locali
,
si
venne
a
una
certa
divisione
di
lavoro
e
furono
istituite
distinte
associazioni
,
di
cui
le
une
si
assumessero
la
difesa
dei
diritti
e
dei
legittimi
vantaggi
dei
soci
nei
contratti
di
lavoro
,
altre
si
occupassero
del
vicendevole
aiuto
da
prestarsi
nelle
cose
economiche
,
altre
finalmente
si
dedicassero
tutte
alla
cura
dei
doveri
morali
e
religiosi
e
di
altri
obblighi
simili
.
35
.
Questo
secondo
metodo
fu
adoperato
principalmente
là
dove
i
cattolici
non
potevano
formare
sindacati
cattolici
,
perché
impediti
o
dalle
leggi
del
paese
o
da
altre
tali
istituzioni
economiche
,
o
da
quel
lacrimevole
dissidio
delle
intelligenze
e
dei
cuori
,
tanto
largamente
disseminato
nella
società
moderna
,
e
dalla
stringente
necessità
di
resistere
con
fronte
unico
alle
schiere
irrompenti
dei
partiti
sovversivi
.
In
tali
circostanze
pare
che
i
cattolici
siano
quasi
costretti
ad
iscriversi
a
sindacati
neutri
,
i
quali
tuttavia
professino
sempre
la
giustizia
e
l
'
equità
e
lascino
ai
loro
soci
cattolici
la
piena
libertà
di
provvedere
alla
propria
coscienza
e
di
obbedire
alle
leggi
della
Chiesa
.
Spetta
però
ai
Vescovi
,
dove
secondo
le
circostanze
credano
necessarie
tali
associazioni
e
le
vedano
non
pericolose
per
la
religione
,
acconsentire
che
gli
operai
cattolici
vi
aderiscano
,
avendo
sempre
l
'
occhio
ai
principi
e
alle
garanzie
,
che
il
Nostro
Predecessore
Pio
X
,
di
s
.
m
.
,
raccomandava
(
Pio
X
,
enc
.
Singulari
quadam
,
del
24
sett
.
1912
)
:
delle
quali
garanzie
la
prima
e
principale
sia
questa
,
che
insieme
con
quei
sindacati
,
sempre
vi
siano
altri
sodalizi
,
i
quali
si
adoperino
con
diligenza
a
educare
profondamente
i
loro
soci
nella
parte
religiosa
e
morale
,
affinché
questi
possano
d
.
i
poi
compenetrare
le
associazioni
sindacali
di
quel
buono
spirito
,
con
cui
si
devono
reggere
in
tutta
la
loro
condotta
;
e
cosi
avverrà
che
tali
sodalizi
rechino
ottimi
frutti
,
anche
oltre
la
cerchia
dei
loro
soci
.
36
.
All
'
enciclica
leoniana
dunque
si
deve
attribuire
se
queste
associazioni
di
lavoratori
fiorirono
dappertutto
in
tal
modo
,
che
ormai
,
sebbene
purtroppo
ancora
inferiori
di
numero
alle
corporazioni
dei
socialisti
e
dei
comunisti
,
raccolgono
una
grandissima
moltitudine
di
operai
e
possono
vigorosamente
rivendicare
i
diritti
e
le
aspirazioni
legittime
dei
lavoratori
cristiani
,
tanto
nell
'
interno
della
propria
nazione
,
quanto
in
convegni
più
estesi
,
e
con
ciò
promuovere
i
salutari
principi
cristiani
intorno
alla
società
.
b
)
associazioni
fra
altre
classi
37
.
Oltre
ciò
,
le
verità
tanto
saggiamente
discusse
e
validarnente
propugnate
da
Leone
XIII
,
circa
il
diritto
naturale
di
associazioni
,
si
cominciarono
ad
applicare
con
facilità
anche
ad
altre
associazioni
e
non
solo
a
quelle
degli
operai
;
onde
alla
stessa
enciclica
leoniana
si
deve
in
non
poca
parte
il
tanto
rifiorire
di
simili
utilissime
associazioni
;
anche
tra
agricoltori
e
altre
classi
felicemente
si
unisce
al
vantaggio
economico
la
cultura
delle
anime
.
c
)
associazioni
padronali
38
.
Non
si
può
dire
lo
stesso
delle
Associazioni
vivamente
desiderate
dal
Nostro
Antecessore
,
tra
gli
imprenditori
di
lavoro
e
gli
industriali
.
Che
se
di
queste
dobbiamo
lamentare
la
scarsezza
,
ciò
non
si
deve
attribuire
unicamente
alla
volontà
delle
persone
,
ma
alle
difficoltà
molto
più
gravi
che
si
oppongono
a
consimili
associazioni
e
che
Noi
conosciamo
benissimo
e
teniamo
nel
giusto
conto
.
Ci
arride
tuttavia
la
ferma
speranza
che
anche
questi
impedimenti
si
possano
tra
breve
rimuovere
,
e
fin
d
'
ora
con
intima
consolazione
del
cuore
Nostro
salutiamo
alcuni
non
inutili
tentativi
fatti
in
questa
parte
,
i
cui
frutti
copiosi
ripromettono
una
più
ricca
messe
in
avvenire
(
cfr
.
Lettera
della
Sacra
Congregazione
del
Concilio
al
Vescovo
di
Lilla
,
5
giugno
1929
)
.
4
-
Conclusione
:
la
«
Rerum
Novarum
»
magna
charta
dell
'
ordine
sociale
39
.
Tutti
questi
benefici
dell
'
enciclica
leoniana
,
venerabili
Fratelli
e
diletti
Figli
,
da
noi
accennati
piuttosto
che
ricordati
,
sorvolando
piuttosto
che
illustrando
,
sono
tanti
e
così
grandi
che
dimostrano
chiaramente
come
quell
'
immortale
documento
sia
ben
lungi
dal
rappresentarci
un
ideale
di
società
umano
bellissimo
sì
,
ma
fantastico
e
troppo
lontano
dalle
vere
esigenze
economiche
dei
nostri
tempi
e
per
ciò
stesso
inattuabile
.
Per
contrario
,
essi
dimostrano
che
il
Nostro
Antecessore
attinse
dal
Vangelo
,
e
perciò
da
una
sorgente
sempre
viva
e
vitale
,
quelle
dottrine
che
possono
,
se
non
subito
comporre
,
mitigare
almeno
in
gran
parte
quella
lotta
esiziale
e
intestina
che
dilania
la
famiglia
umana
.
Che
poi
una
parte
di
quel
buon
seme
,
tanto
copiosamente
sparso
or
sono
quaranta
anni
,
sia
caduta
in
terra
buona
,
vediamo
dalle
messi
lietissime
che
la
Chiesa
di
Cristo
,
e
quindi
l
'
intero
gregge
umano
,
con
la
grazia
di
Dio
,
ne
ha
raccolto
a
sua
salvezza
.
E
ben
a
ragione
si
può
dire
che
l
'
enciclica
leoniana
nella
lunga
esperienza
si
è
dimostrata
come
la
Magna
Charta
,
sulla
quale
deve
posare
tutta
l
'
attività
cristiana
del
campo
sociale
come
sul
proprio
fondamento
.
Coloro
poi
che
mostrano
di
fare
poco
conto
di
quell
'
enciclica
e
della
sua
commemorazione
,
bisogna
ben
dire
che
,
o
bestemmiano
quel
che
non
sanno
,
o
non
capiscono
quello
di
cui
hanno
solo
una
superficiale
cognizione
,
o
se
la
capiscono
meritano
d
'
essere
solennemente
tacciati
d
'
ingiustizia
e
di
ingratitudine
.
40
.
Se
non
che
,
nello
stesso
decorso
di
anni
,
essendo
sorti
alcuni
dubbi
circa
la
retta
interpretazione
di
parecchi
punti
dell
'
enciclica
leoniana
o
circa
le
conseguenze
da
trarsene
,
dubbi
che
hanno
dato
origine
a
controversie
non
sempre
serene
fra
gli
stessi
cattolici
;
e
d
'
altra
parte
le
nuove
necessità
dei
nostri
tempi
e
la
mutata
condizione
delle
cose
richiedendo
una
più
accurata
applicazione
della
dottrina
leoniana
o
anche
qualche
aggiunta
,
cogliamo
ben
volentieri
questa
opportuna
occasione
per
soddisfare
,
quanto
è
da
Noi
,
ai
dubbi
e
alle
esigenze
dei
tempi
moderni
,
secondo
l
'
apostolico
Nostro
mandato
per
cui
siamo
a
tutti
debitori
(
cfr
.
Rom
1
,
14
)
.
II
-
LA
DOTTRINA
DELLA
CHIESA
IN
MATERIA
SOCIALE
ED
ECONOMICA
41
.
Ma
prima
di
iniziare
a
dare
queste
spiegazioni
,
occorre
premettere
il
principio
,
già
da
Leone
XIII
con
rara
chiarezza
stabilito
,
che
cioè
risiede
in
Noi
il
diritto
e
il
dovere
di
giudicare
con
suprema
autorità
intorno
a
siffatte
questioni
sociali
ed
economiche
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
13
)
.
Certo
alla
Chiesa
non
fu
affidato
l
'
ufficio
di
guidare
gli
uomini
a
una
felicità
solamente
temporale
e
caduca
,
ma
all
'
eterna
.
Anzi
non
vuole
né
deve
la
Chiesa
senza
giusta
causa
ingerirsi
nella
direzione
delle
cose
puramente
umane
(
enc
.
Ubi
arcano
del
23
dicembre
l922
)
.
In
nessun
modo
però
può
rinunziare
all
'
ufficio
da
Dio
assegnatole
,
d
'
intervenire
con
la
sua
autorità
,
non
nelle
cose
tecniche
,
per
le
quali
non
ha
né
i
mezzi
adatti
né
la
missione
di
trattare
,
ma
in
tutto
ciò
che
ha
attinenza
con
la
morale
.
Infatti
in
questa
materia
,
il
deposito
della
verità
a
Noi
commesso
da
Dio
e
il
dovere
gravissimo
impostoCi
di
divulgare
e
di
interpretare
tutta
la
legge
morale
ed
anche
di
esigerne
opportunamente
ed
importunamente
l
'
osservanza
,
sottopongono
ed
assoggettano
al
supremo
Nostro
giudizio
tanto
l
'
ordine
sociale
,
quanto
l
'
economico
.
42
.
Sebbene
l
'
economia
e
la
disciplina
morale
,
ciascuna
nel
suo
ambito
,
si
appoggino
sui
principi
propri
,
sarebbe
errore
affermare
che
l
'
ordine
economico
e
l
'
ordine
morale
siano
così
disparati
ed
estranei
l
'
uno
all
'
altro
,
che
il
primo
in
nessun
modo
dipenda
dal
secondo
.
Certo
,
le
leggi
,
che
si
dicono
economiche
,
tratte
dalla
natura
stessa
delle
cose
e
dall
'
indole
dell
'
anima
e
del
corpo
umano
,
stabiliscono
quali
limiti
nel
campo
economico
il
potere
dell
'
uomo
non
possa
e
quali
possa
raggiungere
,
e
con
quali
mezzi
;
e
la
stessa
ragione
,
dalla
natura
delle
cose
e
da
quella
individuale
e
sociale
dell
'
uomo
,
chiaramente
deduce
quale
sia
il
fine
da
Dio
Creatore
proposto
a
tutto
l
'
ordine
economico
.
43
.
Soltanto
la
legge
morale
è
quella
la
quale
,
come
ci
intima
di
cercare
nel
complesso
delle
nostre
azioni
il
fine
supremo
ed
ultimo
,
così
nei
particolari
generi
di
operosità
ci
dice
di
cercare
quei
fini
speciali
,
che
a
quest
'
ordine
di
operazioni
sono
stati
prefissi
dalla
natura
,
o
meglio
,
da
Dio
,
autore
della
natura
,
e
di
subordinare
armonicamente
questi
fini
particolari
al
fine
supremo
.
E
ove
a
tal
legge
da
noi
fedelmente
si
obbedisca
,
avverrà
che
tutti
i
fini
particolari
,
tanto
individuali
quanto
sociali
,
in
materia
economica
perseguiti
,
si
inseriranno
convenientemente
nell
'
ordine
universale
dei
fini
,
e
salendo
per
quelli
come
per
altrettanti
gradini
,
raggiungeremo
il
fine
ultimo
di
tutte
le
cose
,
che
è
Dio
,
bene
supremo
e
inesauribile
per
se
stesso
e
per
noi
.
1
-
Il
dominio
o
diritto
di
proprietà
44
.
Ed
ora
,
per
venire
ai
singoli
punti
,
cominciamo
dal
dominio
o
diritto
di
proprietà
.
Voi
conoscete
,
venerabili
Fratelli
e
diletti
Figli
,
come
il
Nostro
Predecessore
di
f
.
m
.
,
abbia
difeso
gagliardamente
il
diritto
di
proprietà
contro
gli
errori
dei
socialisti
del
suo
tempo
,
dimostrando
che
l
'
abolizione
della
proprietà
privata
tornerebbe
,
non
a
vantaggio
,
ma
a
estrema
rovina
della
classe
operaia
.
E
poiché
vi
ha
di
quelli
che
,
con
la
più
ingiuriosa
delle
calunnie
,
accusano
il
Sommo
Pontefice
e
la
Chiesa
stessa
,
quasi
abbia
preso
o
prenda
ancora
le
parti
dei
ricchi
contro
i
proletari
,
e
poiché
tra
i
cattolici
stessi
si
riscontrano
dissensi
intorno
alla
vera
e
schietta
sentenza
leoniana
,
Ci
sembra
bene
ribattere
ogni
calunnia
contro
quella
dottrina
,
che
è
la
cattolica
,
su
questo
argomento
,
e
difenderla
da
false
interpretazioni
.
a
)
sua
indole
individuale
e
sociale
45
.
In
primo
luogo
,
si
ha
da
ritenere
per
certo
,
che
né
Leone
XIII
né
i
teologi
che
insegnarono
sotto
la
guida
e
il
vigile
magistero
della
Chiesa
,
negarono
mai
o
misero
in
dubbio
la
doppia
specie
di
proprietà
,
detta
individuale
e
sociale
,
secondo
che
riguarda
gli
individui
o
spetta
al
bene
comune
;
ma
hanno
sempre
unanimemente
affermato
che
il
diritto
del
dominio
privato
viene
largito
agli
uomini
dalla
natura
,
cioè
dal
Creatore
stesso
,
sia
perché
gli
individui
possano
provvedere
a
sé
e
alla
famiglia
,
sia
perché
,
grazie
a
tale
istituto
,
i
beni
del
Creatore
,
essendo
destinati
a
tutta
l
'
umana
famiglia
,
servano
veramente
a
questo
fino
;
il
che
in
nessun
modo
si
potrebbe
ottenere
senza
l
'
osservanza
di
un
ordine
certo
e
determinato
.
46
.
Pertanto
occorre
guardarsi
diligentemente
dall
'
urtare
contro
un
doppio
scoglio
.
Giacché
,
come
negando
o
affievolendo
il
carattere
sociale
e
pubblico
del
diritto
di
proprietà
si
cade
e
si
rasenta
il
cosiddetto
«
individualismo
»
,
così
respingendo
e
attenuando
il
carattere
privato
e
individuale
del
medesimo
diritto
,
necessariamente
si
precipita
nel
«
collettivismo
»
o
almeno
si
sconfina
verso
le
sue
teorie
.
E
chi
non
tenga
presente
queste
considerazioni
,
va
logicamente
a
cadere
negli
scogli
del
modernismo
murale
,
giuridico
e
sociale
,
da
Noi
denunciati
nella
Nostra
prima
enciclica
(
enc
.
Ubi
arcano
del
23
dicembre
1922
)
.
E
di
ciò
si
persuadano
coloro
specialmente
che
,
amanti
delle
novità
,
non
si
peritano
d
'
incolpare
la
Chiesa
con
vituperose
calunnie
,
quasi
abbia
permesso
che
nella
dottrina
dei
teologi
s
'
infiltrasse
il
concetto
pagano
della
proprietà
,
al
quale
bisognerebbe
assolutamente
sostituire
un
altro
,
che
con
strana
ignoranza
essi
chiamano
cristiano
.
b
)
doveri
inerenti
alla
proprietà
47
.
Per
contenere
poi
nei
giusti
limiti
le
controversie
,
sorti
ultimamente
intorno
alla
proprietà
e
ai
doveri
a
essa
inerenti
,
rimanga
fermo
anzitutto
il
fondamento
stabilito
da
Leone
XIII
:
che
il
diritto
cioè
di
proprietà
si
distingue
dall
'
uso
di
esso
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
19
)
.
La
giustizia
,
infatti
,
che
si
dice
commutativa
,
vuole
che
sia
scrupolosamente
mantenuta
la
divisione
dei
beni
,
e
che
non
si
invada
il
diritto
altrui
col
trapassare
i
limiti
del
dominio
proprio
;
che
poi
i
padroni
non
usino
se
non
onestamente
della
proprietà
,
ciò
non
è
ufficio
di
questa
speciale
giustizia
,
ma
di
altre
virtù
,
dei
cui
doveri
non
si
può
esigere
l
'
adempimento
per
vie
giuridiche
(
cfr
.
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
19
)
.
Onde
a
torto
certuni
pretendono
che
la
proprietà
e
l
'
onesto
uso
di
essa
siano
ristretti
dentro
gli
stessi
confini
;
e
molto
più
è
contrario
a
verità
il
dire
che
il
diritto
di
proprietà
venga
meno
o
si
perda
per
l
'
abuso
o
il
non
uso
che
se
ne
faccia
.
48
.
Per
il
che
compiono
opera
salutare
e
degna
di
ogni
encomio
tutti
quelli
che
,
salva
la
concordia
degli
animi
e
l
'
integrità
della
dottrina
,
quale
fu
sempre
predicata
dalla
Chiesa
,
si
studiano
di
definire
l
'
intima
natura
e
i
limiti
di
questi
doveri
,
coi
quali
o
il
diritto
stesso
di
proprietà
ovvero
l
'
uso
o
l
'
esercizio
del
dominio
vengono
circoscritti
dalle
necessità
della
convivenza
sociale
.
S
'
ingannano
invece
ed
errano
coloro
che
si
studiano
di
sminuire
talmente
il
carattere
individuale
della
proprietà
,
da
giungere
di
fatto
a
distruggerla
.
c
)
poteri
dello
Stato
sulla
proprietà
49
.
E
veramente
dal
carattere
stesso
della
proprietà
,
che
abbiamo
detta
individuale
insieme
e
sociale
,
si
deduce
che
in
questa
materia
gli
uomini
debbono
aver
riguardo
non
solo
al
proprio
vantaggio
,
ma
altresì
al
bene
comune
.
La
determinazione
poi
di
questi
doveri
in
particolare
e
secondo
le
circostanze
,
e
quando
non
sono
già
indicati
dalla
legge
di
natura
,
è
ufficio
dei
pubblici
poteri
.
Onde
la
pubblica
autorità
può
con
maggior
cura
specificare
,
considerata
la
vera
necessità
del
bene
comune
e
tenendo
sempre
innanzi
agli
occhi
la
legge
naturale
e
divina
,
che
cosa
sia
lecito
ai
possidenti
e
che
cosa
no
,
nell
'
uso
dei
propri
beni
.
Anzi
Leone
XIII
aveva
sapientemente
sentenziato
:
avere
Dio
lasciato
all
'
industria
degli
uomini
e
alle
istituzioni
dei
popoli
la
delimitazione
delle
proprietà
private
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
7
)
.
E
invero
,
come
dalla
storia
si
provi
che
,
al
pari
degli
altri
elementi
della
vita
sociale
,
la
proprietà
non
sia
affatto
immobile
.
Noi
stessi
già
lo
dichiarammo
con
le
seguenti
parole
:
Quante
diverse
forme
concrete
ha
avuto
la
proprietà
dalla
primitiva
forma
dei
popoli
selvaggi
,
della
quale
ancora
ai
dì
nostri
si
può
avere
una
certa
esperienza
,
a
quella
proprietà
nei
tempi
e
nelle
forme
patriarcali
,
e
poi
via
via
nelle
diverse
forme
tiranniche
(
diciamo
nel
significato
classico
della
parola
)
,
poi
attraverso
le
forme
feudali
,
poi
in
quelle
monarchiche
e
in
tutte
le
forme
susseguenti
dell
'
età
moderna
(
Alloc
.
al
Comitato
dell
'A.C
.
per
l
'
Italia
,
16
maggio
1926
)
.
La
pubblica
autorità
però
,
come
è
evidente
,
non
può
usare
arbitrariamente
di
tale
suo
diritto
;
poichè
bisogna
che
rimanga
sempre
intatto
e
inviolato
il
diritto
naturale
di
proprietà
privata
e
di
trasmissione
ereditaria
dei
propri
beni
,
diritto
che
lo
Stato
non
può
sopprimere
,
perché
l
'
uomo
é
anteriore
allo
Stato
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
6
)
,
ed
anche
perché
il
domestico
consorzio
è
logicamente
e
storicamente
anteriore
al
civile
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
l0
)
.
Perciò
il
sapientissimo
Pontetice
aveva
già
dichiarato
non
essere
lecito
allo
Stato
di
aggravare
tanto
con
imposte
e
tasse
esorbitanti
la
proprietà
privata
da
renderla
quasi
stremata
.
Poichè
non
derivando
il
diritto
di
proprietà
privata
da
legge
umana
,
ma
da
legge
naturale
,
lo
Stato
non
può
annientarlo
,
ma
semplicemente
temperarne
l
'
uso
e
armonizzarlo
col
bene
comune
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
35
)
.
Quando
poi
la
pubblica
autorità
mette
così
d
'
accordo
i
primati
domìni
con
le
necessità
del
bene
comune
,
non
fa
opera
ostile
ma
piuttosto
amichevole
verso
i
padroni
privati
,
come
quella
che
in
tal
modo
validamente
impedisce
che
il
privato
possesso
dei
beni
,
voluto
dal
sapientissimo
Autore
della
natura
a
sussidio
della
vita
umana
,
generi
danni
intollerabili
e
così
vada
in
rovina
;
né
abolisce
i
privati
possessi
,
ma
li
assicura
;
né
indebolisce
la
proprietà
privata
,
ma
la
rinvigorisce
.
d
)
i
redditi
liberi
50
.
Non
sono
neppure
abbandonate
per
intero
al
capriccio
dell
'
uomo
le
libere
entrate
di
lui
,
quelle
cioè
di
cui
egli
non
abbisogna
per
un
tenore
di
vita
conveniente
e
decorosa
;
ché
anzi
la
sacra
Scrittura
e
i
santi
Padri
chiarissimamente
e
continuamente
denunciano
ai
ricchi
il
gravissimo
precetto
da
cui
sono
tenuti
,
di
esercitare
l
'
elemosina
,
la
beneficenza
,
la
liberalità
.
51
.
L
'
impiegare
però
più
copiosi
proventi
in
opere
che
diano
più
larga
opportunità
di
lavoro
,
purché
tale
lavoro
sia
per
procurare
beni
veramente
utili
,
dai
principi
dell
'
Angelico
Dottore
(
cfr
.
S
.
Thom
.
,
Summ
.
Theol
.
,
II
-
II
,
q
.
134
)
si
può
dedurre
che
non
solo
ciò
è
immune
da
ogni
vizio
o
morale
imperfezione
,
ma
deve
ritenersi
per
opera
cospicua
della
virtù
della
magnificenza
,
in
tutto
corrispondente
alle
necessità
dei
tempi
.
e
)
titoli
della
proprietà
52
.
Che
la
proprietà
poi
originariamente
si
acquisti
e
con
l
'
occupazione
di
una
cosa
senza
padrone
(
res
nullius
)
e
con
l
'
industria
e
il
lavoro
,
ossia
con
la
«
specificazione
»
,
come
si
suol
dire
,
è
chiaramente
attestato
sia
dalla
tradizione
di
tutti
i
tempi
,
sia
dall
'
insegnamento
del
Pontefice
Leone
XIII
,
Nostro
Predecessore
.
Non
si
reca
infatti
torto
a
nessuno
,
checché
alcuni
dicano
in
contrario
,
quando
si
prende
possesso
di
una
cosa
che
è
in
balia
del
pubblico
,
ossia
non
è
di
nessuno
;
l
'
industria
poi
che
da
un
uomo
si
eserciti
in
proprio
nome
e
con
la
quale
si
aggiunga
una
nuova
forma
o
un
aumento
di
valore
,
basta
da
sola
perché
questi
frutti
si
aggiudichino
a
chi
vi
ha
lavorato
attorno
.
2
-
Capitale
e
lavoro
53
.
Assai
diversa
è
la
natura
del
lavoro
,
che
si
presta
ad
altri
e
si
esercita
sopra
il
capitale
altrui
.
A
questo
lavoro
soprattutto
si
addice
quel
che
Leone
XIII
disse
essere
cosa
verissima
:
cioè
che
non
d
'
altronde
è
prodotta
la
pubblica
ricchezza
,
se
non
dal
lavoro
degli
operai
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
37
)
.
Non
vediamo
noi
infatti
con
gli
occhi
nostri
,
come
l
'
ingente
somma
dei
beni
,
di
cui
è
fatta
la
ricchezza
degli
uomini
,
esce
prodotta
dalle
mani
degli
operai
,
le
quali
o
lavorano
da
sole
,
o
mirabilmente
moltiplicano
la
loro
efficienza
valendosi
di
strumenti
,
ossia
di
macchine
?
Non
v
'
è
anzi
chi
ignori
come
nessun
popolo
mai
dalla
penuria
e
dall
'
indigenza
sia
arrivato
a
una
migliore
o
più
alta
fortuna
,
se
non
mediante
un
grande
lavoro
compiuto
insieme
da
tutti
quelli
del
paese
,
tanto
da
coloro
che
dirigono
,
quanto
da
coloro
che
eseguiscono
.
Ma
non
meno
chiaro
apparisce
che
quei
sommi
sforzi
sarebbero
riusciti
del
tutto
inutili
,
anzi
non
sarebbe
stato
neppure
possibile
il
tentarli
,
se
Dio
Creatore
di
tutti
non
avesse
prima
largito
,
per
sua
bontà
,
le
ricchezze
e
il
capitale
naturale
,
i
sussidi
e
le
forze
della
natura
.
Che
cosa
è
infatti
lavorare
se
non
adoperare
ed
esercitare
le
forze
dell
'
animo
e
del
corpo
,
circa
queste
cose
e
con
queste
cose
medesime
?
Richiede
poi
la
legge
di
natura
e
la
volontà
di
Dio
,
dopo
la
promulgazione
di
questa
legge
,
che
si
osservi
il
retto
ordine
nell
'
applicare
agli
usi
umani
il
capitale
naturale
;
e
tale
ordine
consiste
in
ciò
,
che
ogni
cosa
abbia
il
suo
padrone
.
54
.
Di
qui
avviene
che
,
tolto
il
caso
che
altri
lavorino
intorno
al
proprio
capitale
,
tanto
l
'
opera
altrui
quanto
l
'
altrui
capitale
debbono
associarsi
in
un
comune
consorzio
,
perché
l
'
uno
senza
l
'
altro
non
valgono
a
produrre
nulla
.
Il
che
fu
bene
osservato
da
Leone
XIII
,
quando
scrisse
:
Non
può
sussistere
capitale
senza
lavoro
,
né
lavoro
senza
capitale
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
16
)
.
Per
cui
è
del
tutto
falso
ascrivere
o
al
solo
capitale
o
al
solo
lavoro
ciò
che
si
ottiene
con
l
'
opera
unita
dell
'
uno
e
dell
'
altro
;
ed
è
affatto
ingiusto
che
l
'
uno
arroghi
a
sé
quel
che
si
fa
,
negando
l
'
efficacia
dell
'
altro
.
a
)
ingiuste
rivendicazioni
del
capitale
55
.
Per
lungo
tempo
certamente
il
capitale
troppo
aggiudicò
a
sé
stesso
.
Quanto
veniva
prodotto
e
i
frutti
che
se
ne
ricavavano
,
ogni
cosa
il
capitale
prendeva
per
sé
,
lasciando
appena
all
'
operaio
tanto
che
bastasse
a
ristorare
le
forze
e
a
riprodurre
.
Giacché
andavano
dicendo
che
per
una
legge
economica
affatto
ineluttabile
,
tutta
la
somma
del
capitale
apparteneva
ai
ricchi
,
e
per
la
stessa
legge
gli
operai
dovevano
rimanere
in
perpetuo
nella
condizione
di
proletari
,
costretti
cioè
a
un
tenore
di
vita
precario
e
meschino
.
E
'
bensì
vero
che
con
questi
principi
dei
liberali
,
che
volgarmente
si
denominano
di
Manchester
,
l
'
azione
pratica
non
si
accordava
né
sempre
né
dappertutto
;
pure
non
si
può
negare
che
gli
istituti
economico
-
sociali
avevano
mostrato
di
piegare
verso
quei
principi
con
vero
e
costante
sforzo
.
Ora
,
che
queste
false
opinioni
,
questi
fallaci
supposti
siano
stati
fortemente
combattuti
,
e
non
da
coloro
solo
che
per
essi
venivano
privati
del
naturale
diritto
di
procurarsi
una
migliore
condizione
di
vita
,
nessuno
vi
sarà
che
se
ne
meravigli
.
b
)
ingiuste
rivendicazioni
del
lavoro
56
.
Perciò
agli
operai
angariati
,
si
accostarono
i
cosiddetti
intellettuali
,
contrapponendo
a
una
legge
immaginaria
un
principio
morale
parimenti
immaginario
:
che
cioè
quanto
si
produce
e
si
percepisce
di
reddito
,
trattone
quel
tante
che
basti
a
risarcire
e
riprodurre
il
capitale
,
si
deve
di
diritto
all
'
operaio
.
Questo
errore
,
quanto
è
più
lusinghevole
di
quello
di
vari
socialisti
,
i
quali
affermano
che
tutto
ciò
che
serve
alla
produzione
si
ha
da
trasfondere
allo
Stato
,
o
come
dicono
da
«
socializzare
»
,
tanto
è
più
pericoloso
e
più
atto
a
ingannare
gli
incauti
:
blando
veleno
,
che
fu
avidamente
sorbito
da
molti
,
che
un
aperto
socialismo
non
aveva
mai
potuto
trarre
in
inganno
.
c
)
principio
direttivo
di
giusta
ripartizione
57
.
Certo
,
ad
impedire
che
con
queste
false
teorie
non
si
chiudesse
l
'
adito
alla
giustizia
e
alla
pace
tanto
per
il
capitale
quanto
per
il
lavoro
,
avrebbero
dovuto
giovare
le
sapienti
parole
del
Nostro
Predecessore
,
che
cioè
la
terra
,
sebbene
divisa
tra
i
privati
,
resta
nondimeno
a
servizio
e
utilità
di
tutti
,
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
7
)
.
E
ciò
stesso
Noi
pure
abbiamo
insegnato
poc
'
anzi
nel
riaffermare
che
la
spartizione
dei
beni
in
private
proprietà
è
stabilita
dalla
natura
stessa
,
affinché
le
cose
create
possano
dare
agli
uomini
tale
comune
utilità
stabilmente
e
con
ordine
.
Il
che
conviene
tenere
di
continuo
presente
,
se
non
si
vuole
uscire
dal
retto
sentiero
della
verità
.
58
.
Ora
,
non
ogni
distribuzione
di
beni
e
di
ricchezze
tra
gli
uomini
è
tale
da
ottenere
il
fine
inteso
da
Dio
o
pienamente
o
con
quella
perfezione
che
si
deve
.
Onde
è
necessario
che
le
ricchezze
le
quali
si
amplificano
di
continuo
grazie
ai
progressi
economici
e
sociali
,
vengano
attribuite
ai
singoli
individui
e
alle
classi
in
modo
che
resti
salva
quella
comune
utilità
di
tutti
,
lodata
da
Leone
XIII
,
ovvero
,
per
dirla
con
altre
parole
,
perché
si
serbi
integro
il
bene
comune
dell
'
intera
società
.
Per
questa
legge
di
giustizia
sociale
non
può
una
classe
escludere
l
'
altra
dalla
partecipazione
degli
utili
.
Che
se
perciò
è
violata
questa
legge
dalla
classe
dei
ricchi
,
quando
spensierati
nell
'
abbondanza
dei
loro
beni
stimano
naturale
quell
'
ordine
di
cose
,
che
riesce
tutto
a
loro
favore
e
niente
a
favore
dell
'
operaio
;
è
non
meno
violata
dalla
classe
proletaria
,
quando
,
aizzata
per
la
violazione
della
giustizia
e
tutta
intesa
a
rivendicare
il
suo
solo
diritto
,
di
cui
è
conscia
,
esige
tutto
per
sé
,
siccome
prodotto
dalle
sue
mani
,
e
quindi
combatte
e
vuole
abolita
la
proprietà
e
i
redditi
o
proventi
non
procacciati
con
il
lavoro
,
di
qualunque
genere
siano
o
di
qualsiasi
ufficio
facciano
le
veci
nell
'
umana
convivenza
,
e
ciò
non
per
altra
ragione
se
non
perché
son
tali
.
59
.
E
a
questo
proposito
occorre
osservare
che
fuori
di
argomento
e
bene
a
torto
applicano
alcuni
le
parole
dell
'
Apostolo
:
chi
non
vuole
lavorare
non
mangi
(
2
Tess
3
,
10
)
,
perché
la
sentenza
dell
'
Apostolo
è
proferita
contro
quelli
che
si
astengono
dal
lavoro
,
quando
potrebbero
e
dovrebbero
lavorare
,
e
ammonisce
a
usare
alacremente
del
tempo
e
delle
forze
del
corpo
e
dell
'
anima
,
né
aggravare
gli
altri
,
quando
da
noi
stessi
ci
possiamo
provvedere
;
ma
non
insegna
punto
che
il
lavoro
sia
l
'
unico
titolo
per
ricevere
vitto
e
proventi
(
cfr
.
2
Tess
3,8-10
)
.
60
.
A
ciascuno
dunque
si
deve
attribuire
la
sua
parte
di
beni
e
bisogna
procurare
che
la
distribuzione
dei
beni
creati
,
la
quale
ognuno
vede
quanto
ora
sia
causa
di
disagio
,
per
il
grande
squilibrio
fra
i
pochi
straricchi
e
gli
innumerevoli
indigenti
,
venga
ricondotta
alla
conformità
con
le
norme
del
bene
comune
e
della
giustizia
sociale
.
3
-
La
elevazione
dei
proletari
61
.
Tale
è
l
'
intento
che
il
Nostro
Predecessore
proclamò
doversi
raggiungere
:
la
elevazione
del
proletario
.
E
ciò
si
deve
asserire
tanto
più
forte
e
ripetere
tanto
più
instantemente
,
in
quanto
non
di
rado
le
prescrizioni
così
salutari
del
Pontefice
furono
messe
in
dimenticanza
,
o
perché
di
proposito
passate
sotto
silenzio
,
o
perché
l
'
eseguirle
si
reputò
non
possibile
,
mentre
pure
e
si
possono
e
si
debbono
eseguire
.
Né
sono
esse
diventate
ai
nostri
giorni
meno
sagge
ed
efficaci
perché
meno
imperversa
oggi
quell
'
orrendo
«
pauperismo
»
da
Leone
XIII
considerato
.
Certo
,
la
condizione
degli
operai
s
'
è
fatta
migliore
e
più
equa
.
massime
negli
Stati
più
colti
e
nelle
Nazioni
più
grandi
,
dove
non
si
può
dire
che
tutti
gli
operai
siano
afflitti
dalla
miseria
o
travagliati
dal
bisogno
.
Ma
dopo
che
le
arti
meccaniche
e
le
industrie
dell
'
uomo
sono
penetrate
e
si
sono
diffuse
con
tanta
rapidità
in
regioni
senza
numero
,
tanto
nelle
terre
che
si
dicono
nuove
,
quanto
nei
regni
del
lontano
Oriente
,
già
famosi
per
antichissima
civiltà
,
è
cresciuta
smisuratamente
la
moltitudine
dei
proletari
bisognosi
,
e
i
loro
gemiti
gridano
a
Dio
dalla
terra
.
S
'
aggiunga
il
grandissimo
esercito
di
braccianti
della
campagna
,
ridotti
ad
una
infima
condizione
di
vita
e
privi
di
speranza
d
'
ottenere
mai
alcuna
porzione
di
suolo
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
35
)
e
quindi
sottoposti
in
perpetuo
alla
condizione
proletaria
,
se
non
si
adoperino
rimedi
convenevoli
ed
efficaci
.
62
.
Ma
benché
sia
verissimo
che
la
condizione
proletaria
debba
ben
distinguersi
dal
pauperismo
,
pure
la
stessa
foltissima
moltitudine
dei
proletari
è
un
argomento
ineluttabile
,
che
le
ricchezze
tanto
copiosamente
cresciute
in
questo
nostro
secolo
detto
dell
'
industrialismo
,
non
sono
rettamente
distribuite
e
applicate
alle
diverse
classi
di
uomini
.
63
,
È
necessario
dunque
con
tutte
le
forze
procurare
che
in
avvenire
i
capitali
guadagnati
non
si
accumulino
se
non
con
equa
proporzione
presso
i
ricchi
,
e
si
distribuiscano
con
una
certa
ampiezza
fra
i
prestatori
di
opera
,
non
perché
questi
rallentino
nel
lavoro
,
essendo
l
'
uomo
nato
al
lavoro
come
l
'
uccello
al
volo
,
ma
perché
con
la
economia
aiutino
il
loro
avere
,
e
amministrando
con
saggezza
l
'
aumentata
proprietà
possano
più
facilmente
e
tranquillamente
sostenere
i
pesi
della
famiglia
,
e
usciti
da
quell
'
incerta
sorte
di
vita
,
in
cui
si
dibatte
il
proletariato
,
non
solo
siano
in
grado
di
sopportare
le
vicende
della
vita
,
ma
possano
ripromettersi
che
alla
loro
morte
saranno
convenientemente
provveduti
quelli
che
lasciano
dopo
di
sé
.
64
.
Tutti
questi
suggerimenti
furono
dal
Nostro
Predecessore
non
soltanto
insinuati
,
ma
apertamente
proclamati
e
Noi
con
questa
Nostra
Enciclica
torniamo
a
vivamente
inculcarli
.
Che
se
ora
non
si
prende
finalmente
a
metterli
in
esecuzione
senza
indugio
e
con
ogni
vigore
,
niuno
potrebbe
ripromettersi
passibile
un
'
efficace
difesa
dell
'
ordine
pubblico
e
della
tranquillità
sociale
contro
i
seminatori
di
novità
sovversive
.
4
-
Il
giusto
salario
65
.
Ma
tale
attuazione
non
sarà
possibile
se
i
proletari
non
giungeranno
,
con
la
diligenza
e
con
il
risparmio
,
a
farsi
un
qualche
modesto
patrimonio
,
come
abbiamo
detto
riferendoci
alla
dottrina
del
Nostro
Predecessore
Leone
XIII
.
Orbene
,
chi
per
guadagnarsi
il
vitto
e
il
necessario
alla
vita
altro
non
ha
che
il
lavoro
,
come
potrà
,
pur
vivendo
parcamente
,
mettersi
da
parte
qualche
fortuna
se
non
con
la
paga
,
che
trae
dal
lavoro
?
Affrontiamo
dunque
la
questione
del
salario
,
da
Leone
XIII
definita
assai
importante
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
34
)
,
svolgendone
e
dichiarandone
,
ove
occorra
,
la
dottrina
e
i
precetti
.
A
)
il
contratto
di
lavoro
non
è
di
sua
natura
ingiusto
66
.
E
da
prima
l
'
affermazione
che
il
contratto
di
offerta
di
prestazione
d
'
opera
sia
di
sua
natura
ingiusto
,
e
quindi
si
debba
sostituire
con
contratto
di
società
,
è
affermazione
gratuita
e
calunniosa
contro
il
Nostro
Predecessore
,
la
cui
enciclica
Rerum
novarum
non
solo
lo
ammette
,
ma
ne
tratta
a
lungo
sul
modo
di
disciplinarlo
secondo
le
norme
della
giustizia
.
67
.
Tuttavia
,
nelle
odierne
condizioni
sociali
,
stimiamo
sia
cosa
più
prudente
che
,
quando
è
possibile
,
il
contratto
del
lavoro
venga
temperato
alquanto
col
contratto
di
società
,
come
già
si
è
incominciato
a
fare
in
diverse
maniere
,
con
non
poco
vantaggio
degli
operai
stessi
e
dei
padroni
.
Così
gli
operai
diventano
cointeressati
o
nella
proprietà
o
nell
'
amministrazione
,
e
compartecipi
in
certa
misura
dei
lucri
percepiti
.
68
.
Né
la
giusta
proporzione
del
salario
deve
calcolarsi
da
un
solo
titolo
,
ma
da
più
,
come
già
sapientemente
aveva
dichiarato
Leone
XIII
scrivendo
:
Il
determinare
la
mercede
secondo
la
giustizia
dipende
da
molte
considerazioni
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
17
)
.
Con
le
quali
parole
fin
da
allora
confutò
la
leggerezza
di
coloro
i
quali
credono
facilmente
,
ricorrendo
a
un
'
unica
misura
,
e
questa
,
ben
lontana
dalla
realtà
.
69
.
Sono
certamente
in
errore
coloro
i
quali
non
dubitano
di
proclamare
come
principio
,
che
tanto
vale
il
lavoro
ed
altrettanto
deve
essere
rimunerato
,
quanto
valgono
i
frutti
da
esso
prodotti
,
e
perciò
il
prestatore
del
lavoro
ha
il
diritto
di
esigere
quanto
si
è
ottenuto
col
suo
lavoro
:
principio
la
cui
assurdità
apparisce
anche
da
quanto
abbiamo
esposto
,
trattando
della
proprietà
.
B
)
carattere
individuale
e
sociale
del
lavoro
70
.
Ora
è
facile
intendere
che
oltre
al
carattere
personale
e
individuale
deve
considerarsi
il
carattere
sociale
,
come
della
proprietà
,
così
anche
del
lavoro
,
massime
di
quello
che
per
contratto
si
cede
ad
altri
;
giacché
se
non
sussiste
un
corpo
veramente
sociale
o
organico
,
se
un
ordine
sociale
e
giuridico
non
tutela
l
'
esercizio
del
lavoro
,
se
le
varie
parti
,
le
une
dipendenti
dalle
altre
,
non
si
collegano
fra
di
loro
e
mutuamente
non
si
compiono
,
se
,
quel
che
è
più
,
non
si
associano
,
quasi
a
formare
una
cosa
sola
,
l
'
intelligenza
,
il
capitale
,
il
lavoro
,
l
'
umana
attività
non
può
produrre
i
suoi
frutti
;
e
quindi
non
si
potrà
valutare
giustamente
né
retribuire
adeguatamente
,
dove
non
si
tenga
conto
della
sua
natura
sociale
e
individuale
.
C
)
tre
punti
da
tener
presenti
71
.
Da
questo
doppio
carattere
,
insito
nella
natura
stessa
del
lavoro
umano
,
sgorgano
gravissime
conseguenze
,
a
norma
delle
quali
il
salario
vuole
essere
regolato
e
determinato
.
a
)
il
sostentamento
dell
'
operaio
e
della
sua
famiglia
72
.
In
primo
luogo
,
all
'
operaio
si
deve
dare
una
mercede
che
basti
al
sostentamento
di
lui
e
della
sua
famiglia
(
cfr
.
enc
.
Casti
connubii
del
31
dicembre
1930
)
.
È
bensì
giusto
che
anche
il
resto
della
famiglia
,
ciascuno
secondo
le
sue
forze
,
contribuisca
al
comune
Sostentamento
,
come
già
si
vede
in
pratica
specialmente
nelle
famiglie
dei
contadini
,
e
anche
in
molte
di
quelle
degli
artigiani
e
dei
piccoli
commercianti
;
ma
non
bisogna
che
si
abusi
dell
'
età
dei
fanciulli
né
della
debolezza
della
donna
.
Le
madri
di
famiglia
prestino
l
'
opera
loro
in
casa
sopra
tutto
o
nelle
vicinanze
della
casa
,
attendendo
alle
faccende
domestiche
.
Che
poi
le
madri
di
famiglia
,
per
la
scarsezza
del
salario
del
padre
,
siano
costrette
ad
esercitare
un
'
arte
lucrativa
fuori
delle
pareti
domestiche
,
trascurando
così
le
incombenze
e
i
doveri
loro
propri
,
e
particolarmente
la
cura
e
l
'
educazione
dei
loro
bambini
,
è
un
pessimo
disordine
,
che
si
deve
con
ogni
sforzo
eliminare
.
Bisogna
dunque
fare
di
tutto
perché
i
padri
di
famiglia
percepiscano
una
mercede
tale
che
basti
per
provvedere
convenientemente
alle
comuni
necessità
domestiche
.
Che
se
nelle
presenti
circostanze
della
società
ciò
non
sempre
si
potrà
fare
,
la
giustizia
sociale
richiede
che
s
'
introducano
quanto
prima
quelle
mutazioni
che
assicurino
ad
ogni
operaio
adulto
siffatti
salari
.
Sono
altresì
meritevoli
di
lode
tutti
quelli
che
con
saggio
e
utile
divisamento
hanno
sperimentato
e
tentano
diverse
vie
,
onde
la
mercede
del
lavoro
si
retribuisca
con
tale
corrispondenza
ai
pesi
della
famiglia
,
che
,
aumentando
questi
,
anche
quella
si
somministri
più
larga
;
e
anzi
,
se
occorra
,
si
soddisfaccia
alle
necessità
straordinarie
.
b
)
la
condizione
dell
'
azienda
73
.
Nello
stabilire
la
quantità
della
mercede
si
deve
tener
conto
anche
dello
stato
dell
'
azienda
e
dell
'
imprenditore
di
essa
;
perché
è
ingiusto
chiedere
esagerati
salari
,
quando
l
'
azienda
non
li
può
sopportare
senza
la
rovina
propria
e
la
conseguente
calamità
degli
operai
.
È
però
vero
che
se
il
minor
guadagno
che
essa
fa
è
dovuto
a
indolenza
,
a
inesattezza
e
a
noncuranza
del
progresso
tecnico
ed
economico
,
questa
non
sarebbe
da
stimarsi
giusta
causa
per
diminuire
la
mercede
agli
operai
.
Che
se
l
'
azienda
medesima
non
ha
tante
entrate
che
bastino
per
dare
un
equo
salario
agli
operai
,
o
perché
è
oppressa
da
ingiusti
gravami
,
o
perché
è
costretta
a
vendere
i
suoi
prodotti
ad
un
prezzo
minore
del
giusto
,
coloro
che
così
la
opprimono
si
fanno
rei
di
grave
colpa
;
perché
costoro
privano
della
giusta
mercede
gli
operai
;
i
quali
,
spinti
dalla
necessità
,
sono
costretti
a
contentarsi
di
un
salario
inferiore
al
giusto
.
74
.
Tutti
adunque
,
e
operai
e
padroni
,
in
unione
di
forza
e
di
mente
,
si
adoperino
a
vincere
tutti
gli
ostacoli
e
le
difficoltà
,
e
siano
aiutati
in
quest
'
opera
tanto
salutare
dalla
sapiente
provvidenza
dei
pubblici
poteri
.
Che
se
poi
il
caso
fosse
arrivato
all
'
estremo
,
allora
dovrà
deliberarsi
se
l
'
azienda
possa
proseguire
nella
sua
impresa
,
o
se
sia
da
provvedere
in
altro
modo
agli
operai
.
Nel
qual
punto
,
che
è
certo
gravissimo
,
bisogna
che
si
stringa
ed
operi
efficacemente
una
certa
colleganza
e
concordia
cristiana
tra
padroni
e
operai
.
c
)
La
necessità
del
bene
comune
75
.
Finalmente
la
quantità
del
salario
deve
contemperarsi
col
pubblico
bene
economico
.
Già
abbiamo
detto
quanto
giovi
a
questa
prosperità
o
bene
comune
,
che
gli
operai
mettano
da
parte
la
porzione
di
salario
,
che
loro
sopravanza
alle
spese
necessarie
,
per
giungere
a
poco
a
poco
a
un
modesto
patrimonio
;
ma
non
è
da
trascurare
un
altro
punto
di
importanza
forse
non
minore
e
ai
nostri
tempi
affatto
necessario
,
che
cioè
a
coloro
i
quali
e
possono
e
vogliono
lavorare
,
si
dia
opportunità
di
lavorare
.
E
questo
non
poco
dipende
dalla
determinazione
del
salario
;
la
quale
,
come
può
giovare
là
dove
è
mantenuta
tra
giusti
limiti
,
così
alla
sua
volta
può
nuocere
se
li
eccede
.
Chi
non
sa
infatti
che
la
troppa
tenuità
e
la
soverchia
altezza
dei
salari
è
stata
la
cagione
per
la
quale
gli
operai
non
potessero
aver
lavorato
?
Il
quale
inconveniente
,
riscontratosi
specialmente
nei
tempi
del
Nostro
Pontificato
in
danno
di
molti
,
gettò
gli
operai
nella
miseria
e
nelle
tentazioni
,
mandò
in
rovina
la
prosperità
delle
città
e
mise
in
pericolo
la
pace
e
la
tranquillità
di
tutto
il
mondo
.
È
contrario
dunque
alla
giustizia
sociale
che
,
per
badare
al
proprio
vantaggio
senza
aver
riguardo
al
bene
comune
,
il
salario
degli
operai
venga
troppo
abbassato
o
troppo
innalzato
;
e
la
medesima
giustizia
richiede
che
,
nel
consenso
delle
menti
e
delle
volontà
,
per
quanto
è
possibile
,
il
salario
venga
temperato
in
maniera
che
a
quanti
più
è
possibile
,
sia
dato
di
prestare
l
'
opera
loro
e
percepire
i
frutti
convenienti
per
il
sostentamento
della
vita
.
76
.
A
ciò
parimenti
giova
la
giusta
proporzione
tra
i
salari
;
con
la
quale
va
strettamente
congiunta
la
giusta
proporzione
dei
prezzi
,
a
cui
si
vendono
i
prodotti
delle
diverse
arti
,
quali
sono
stimate
l
'
agricoltura
,
l
'
industria
e
simili
.
Con
la
conveniente
osservanza
di
queste
cautele
,
le
diverse
arti
si
comporranno
e
si
uniranno
come
in
un
sol
corpo
,
e
come
tra
membra
si
presteranno
vicendevolmente
aiuto
e
perfezione
.
Giacché
allora
l
'
economia
sociale
veramente
sussisterà
e
otterrà
i
suoi
fini
,
quando
a
tutti
e
singoli
i
soci
saranno
somministrati
tutti
i
beni
che
si
possono
apprestare
con
le
forze
e
i
sussidi
della
natura
,
con
l
'
arte
tecnica
,
con
la
costituzione
sociale
del
fatto
economico
;
i
quali
beni
debbono
essere
tanti
quanti
sono
necessari
sia
a
soddisfare
ai
bisogni
e
alle
oneste
comodità
,
sia
promuovere
tra
gli
uomini
quella
più
felice
condizione
di
vita
,
che
,
quando
la
cosa
si
faccia
prudentemente
,
non
solo
non
è
d
'
ostacolo
alla
virtù
,
ma
grandemente
la
favorisce
(
cfr
.
S
.
Th
.
,
De
regimine
principum
,
1
,
15;
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
27
)
.
5
-
Restaurazione
dell
'
ordine
sociale
77
.
Le
indicazioni
finora
date
intorno
all
'
equa
divisione
dei
beni
e
alla
giustizia
dei
salari
riguardano
gli
individui
e
solo
per
indiretto
toccano
l
'
ordine
sociale
,
alla
cui
restaurazione
soprattutto
secondo
i
principi
della
sana
filosofia
e
i
precetti
altissimi
della
legge
evangelica
che
lo
perfezionano
,
applicò
ogni
sua
cura
e
attenzione
il
Nostro
Antecessore
Leone
XIII
.
78
.
Fu
allora
aperta
la
via
;
ma
perché
siano
perfezionate
molte
cose
che
ancora
restano
da
fare
e
ne
ridondino
più
copiosi
ancora
e
più
lieti
vantaggi
all
'
umana
famiglia
,
sono
soprattutto
necessarie
due
cose
:
la
riforma
delle
istituzioni
e
la
emendazione
dei
costumi
.
a
)
riforma
delle
istituzioni
79
.
E
quando
parliamo
di
riforma
delle
istituzioni
,
pensiamo
primieramente
allo
Stato
,
non
perché
dall
'
opera
sua
si
debba
aspettare
tutta
la
salvezza
,
ma
perché
,
per
il
vizio
dell
'
individualismo
,
come
abbiamo
detto
,
le
cose
si
trovano
ridotte
a
tal
punto
,
che
abbattuta
e
quasi
estinta
l
'
antica
ricca
forma
di
vita
sociale
,
svoltasi
un
tempo
mediante
un
complesso
di
associazioni
diverse
,
restano
di
fronte
quasi
soli
gli
individui
e
lo
Stato
.
E
siffatta
deformazione
dell
'
ordine
sociale
reca
non
piccolo
danno
allo
Stato
medesimo
,
sul
quale
vengono
a
ricadere
tutti
i
pesi
,
che
quelle
distrutte
corporazioni
non
possono
più
portare
,
onde
si
trova
oppresso
da
una
infinità
di
carichi
e
di
affari
.
80
.
È
vero
certamente
e
ben
dimostrato
dalla
storia
,
che
,
per
la
mutazione
delle
circostanze
,
molte
cose
non
si
possono
più
compiere
se
non
da
grandi
associazioni
,
laddove
prima
si
eseguivano
anche
delle
piccole
.
Ma
deve
tuttavia
restare
saldo
il
principio
importantissimo
nella
filosofa
sociale
:
che
siccome
è
illecito
togliere
agli
individui
ciò
che
essi
possono
compiere
con
le
forze
e
l
'
industria
propria
per
affidarlo
alla
comunità
,
così
è
ingiusto
rimettere
a
una
maggiore
e
più
alta
società
quello
che
dalle
minori
e
inferiori
comunità
si
può
fare
.
Ed
è
questo
insieme
un
grave
danno
e
uno
sconvolgimento
del
retto
ordine
della
società
;
perché
l
'
oggetto
naturale
di
qualsiasi
intervento
della
società
stessa
è
quello
di
aiutare
in
maniera
suppletiva
le
membra
del
corpo
sociale
,
non
già
distruggerle
e
assorbirle
.
81
.
Perciò
è
necessario
che
l
'
autorità
suprema
dello
stato
,
rimetta
ad
associazioni
minori
e
inferiori
il
disbrigo
degli
affari
e
delle
cure
di
minor
momento
,
dalle
quali
essa
del
resto
sarebbe
più
che
mai
distratta
;
e
allora
essa
potrà
eseguire
con
più
libertà
,
con
più
forza
ed
efficacia
le
parti
che
a
lei
solo
spettano
,
perché
essa
sola
può
compierle
;
di
direzione
cioè
,
di
vigilanza
di
incitamento
,
di
repressione
,
a
seconda
dei
casi
e
delle
necessità
.
Si
persuadano
dunque
fermamente
gli
uomini
di
governo
,
che
quanto
più
perfettamente
sarà
mantenuto
l
'
ordine
gerarchico
tra
le
diverse
associazioni
,
conforme
al
principio
della
funzione
suppletiva
dell
'
attività
sociale
,
tanto
più
forte
riuscirà
l
'
autorità
e
la
potenza
sociale
,
e
perciò
anche
più
felice
e
più
prospera
la
condizione
dello
Stato
stesso
.
82
.
Questa
poi
deve
essere
la
prima
mira
,
questo
lo
sforzo
dello
Stato
e
dei
migliori
cittadini
;
mettere
fine
alle
competizioni
delle
due
classi
opposte
,
risvegliare
e
promuovere
una
cordiale
cooperazione
delle
varie
professioni
dei
cittadini
.
b
)
concordia
delle
classi
83
.
La
politica
sociale
porrà
dunque
ogni
studio
a
ricostruire
le
professioni
stesse
;
giacché
la
società
umana
si
trova
al
presente
in
uno
stato
violento
,
quindi
instabile
e
vacillante
,
perchè
appunto
si
fonda
su
classi
di
diverse
tendenze
,
fra
loro
opposte
e
propense
,
quindi
,
a
lotte
e
inimicizie
.
84
.
E
per
verità
,
quantunque
il
lavoro
,
come
spiega
egregiamente
il
Nostre
Predecessore
nella
sua
enciclica
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
16
)
,
non
sia
una
vile
merce
,
anzi
vi
si
debba
riconoscere
la
dignità
umana
dell
'
operaio
e
quindi
non
sia
da
mercanteggiare
come
una
merce
qualsiasi
,
tuttavia
,
come
stanno
ora
le
cose
,
nel
mercato
del
lavoro
l
'
offerta
e
la
domanda
divide
gli
uomini
come
in
due
schiere
;
e
la
disunione
che
ne
segue
trasforma
il
mercato
come
in
un
campo
di
lotta
,
ove
le
due
parti
si
combattono
accanitamente
.
E
a
questo
grave
disordine
,
che
porta
al
precipizio
l
'
intera
società
,
ognuno
vede
quanto
sia
necessario
portare
rimedio
.
Ma
la
guarigione
perfetta
si
potrà
ottenere
allora
soltanto
,
quando
,
tolta
di
mezzo
una
tale
lotta
,
le
membra
del
corpo
sociale
si
trovino
bene
assestate
,
e
costituiscano
le
varie
professioni
,
a
cui
ciascuno
dei
cittadini
aderisca
non
secondo
l
'
ufficio
che
ha
nel
mercato
del
lavoro
,
ma
secondo
le
diverse
parti
sociali
.
che
i
singoli
esercitano
.
Avviene
infatti
per
impulso
di
natura
che
,
siccome
quanti
si
trovano
congiunti
per
vicinanza
di
luogo
si
uniscono
a
formare
municipi
,
così
quelli
che
si
applicano
ad
un
'
arte
medesima
formino
collegi
o
corpi
sociali
;
di
modo
che
questo
corporazioni
,
con
diritto
loro
proprio
,
da
molti
si
sogliono
dire
,
se
non
essenziali
alla
società
civile
,
almeno
naturali
.
85
.
Siccome
poi
l
'
ordine
,
come
ragiona
ottimamente
san
Tommaso
(
cfr
.
S
.
Thom
.
,
Contra
Gent
.
,
3
,
71;
cfr
.
Summ
.
Theol
.
,
I
,
q
.
65
,
a
.
2
,
i
.
c
.
)
,
è
l
'
unità
che
risulta
dall
'
opportuna
disposizione
di
molte
cose
,
il
vero
e
genuino
ordine
sociale
esige
che
i
vari
membri
della
società
siano
collegati
in
ordine
ad
una
sola
cosa
per
mezzo
di
qualche
saldo
vincolo
.
La
qual
forza
di
coesione
si
trova
infatti
tanto
nell
'
identità
dei
beni
da
prodursi
o
dei
servizi
,
da
farsi
,
in
cui
converge
il
lavoro
riunito
dai
datori
e
prestatori
di
lavoro
della
stessa
categoria
,
quanto
in
quel
bene
comune
,
a
cui
tutte
le
varie
classi
,
ciascuna
per
la
parte
sua
,
devono
unitamente
e
amichevolmente
concorrere
.
E
questa
concordia
sarà
tanto
più
forte
e
più
efficace
,
quanto
più
fedelmente
i
singoli
uomini
e
i
vari
corpi
professionali
si
studieranno
di
esercitare
la
propria
professione
e
di
segnalarsi
in
essa
.
86
.
Dal
che
facilmente
si
deduce
che
in
tali
corporazioni
primeggiano
di
gran
lunga
le
cose
che
sono
comuni
a
tutta
la
categoria
.
Tra
esse
poi
principalissima
è
il
promuovere
più
che
mai
intensamente
la
cooperazione
della
intiera
corporazione
dell
'
arte
al
bene
comune
,
cioè
alla
salvezza
e
prosperità
pubblica
della
nazione
.
Quanto
agli
affari
invece
,
in
cui
si
devono
specialmente
procurare
e
tutelare
i
vantaggi
e
gli
svantaggi
speciali
dei
padroni
e
degli
artieri
,
se
occorrerà
deliberazione
,
dovrà
farsi
dagli
uni
e
dagli
altri
separatamente
.
87
.
Appena
occorre
ricordare
che
,
con
la
debita
proporzione
,
si
può
applicare
alle
corporazioni
professionali
quanto
Leone
XIII
insegnò
circa
la
forma
del
regime
politico
,
che
cioè
resta
libera
la
scelta
di
quella
forma
che
meglio
aggrada
,
purché
si
provveda
alla
giustizia
e
alle
esigenze
del
bene
comune
(
enc
.
Immortale
Dei
del
1°
novembre
1885
)
.
88
.
Orbene
,
a
quel
modo
che
gli
abitanti
di
un
municipio
usano
associarsi
per
fini
svariatissimi
,
e
a
tali
associazioni
ognuno
è
libero
di
dare
o
non
dare
il
suo
nome
,
così
quelli
che
attendono
all
'
arte
medesima
,
si
uniranno
pure
fra
loro
in
associazioni
libere
per
quegli
scopi
che
in
qualche
modo
vanno
connessi
con
l
'
esercizio
di
quell
'
arte
.
Ma
poiché
su
tali
libere
associazioni
già
furono
date
ben
chiare
e
distinte
spiegazioni
nell
'
enciclica
del
Nostro
Predecessore
di
illustre
memoria
,
crediamo
che
basti
ora
inculcare
questo
solo
:
che
l
'
uomo
ha
libertà
non
solo
di
formare
queste
associazioni
che
sono
di
ordine
e
di
diritto
privato
,
ma
anche
di
introdurvi
quell
'
ordinamento
e
quelle
leggi
che
si
giudichino
le
meglio
conducenti
al
fine
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
42
)
.
E
la
stessa
libertà
si
ha
da
rivendicare
per
le
fondazioni
di
associazioni
che
sorpassino
i
limiti
delle
singole
arti
.
Le
libere
associazioni
poi
,
che
già
fioriscono
e
portano
frutti
salutari
,
si
debbono
aprire
la
via
alla
formazione
di
quelle
corporazioni
più
perfette
,
di
cui
abbiamo
già
fatto
menzione
,
e
con
ogni
loro
energia
promuoverle
secondo
le
norme
della
sociologia
cristiana
.
c
)
principio
direttivo
dell
'
economia
89
.
Un
'
altra
cosa
ancora
si
deve
procurare
,
che
è
molto
connessa
con
la
precedente
.
A
quel
modo
cioè
che
l
'
unità
della
società
umana
non
può
fondarsi
nella
opposizione
di
classe
,
cosi
il
retto
ordine
dell
'
economia
non
può
essere
abbandonato
alla
libera
concorrenza
delle
forze
.
Da
questo
capo
anzi
,
come
da
fonte
avvelenata
,
sono
derivati
tutti
gli
errori
della
scienza
economica
individualistica
,
la
quale
dimenticando
o
ignorando
che
l
'
economia
ha
un
suo
carattere
sociale
,
non
meno
che
morale
,
ritenne
che
l
'
autorità
pubblica
la
dovesse
stimare
e
lasciare
assolutamente
libera
a
sé
,
come
quella
che
nel
mercato
o
libera
concorrenza
doveva
trovare
il
suo
principio
direttivo
o
timone
proprio
,
secondo
cui
si
sarebbe
diretta
molto
più
perfettamente
che
per
qualsiasi
intelligenza
creata
.
Se
non
che
la
libera
concorrenza
,
quantunque
sia
cosa
equa
certamente
e
utile
se
contenuta
nei
limiti
bene
determinati
;
non
può
essere
in
alcun
modo
il
timone
dell
'
economia
;
il
che
è
dimostrato
anche
troppo
dall
'
esperienza
,
quando
furono
applicate
nella
pratica
le
norme
dello
spirito
individualistico
.
È
dunque
al
tutto
necessario
che
l
'
economia
torni
a
regolarsi
secondo
un
vero
ed
efficace
suo
principio
direttivo
.
Ma
tale
ufficio
molto
meno
può
essere
preso
da
quella
supremazia
economica
,
che
in
questi
ultimi
tempi
è
andata
sostituendosi
alla
libera
concorrenza
;
poiché
,
essendo
essa
una
forza
cieca
e
una
energia
violenta
,
per
diventare
utile
agli
uomini
ha
bisogno
di
essere
sapientemente
frenata
e
guidata
.
Si
devono
quindi
ricercare
più
alti
e
più
nobili
principi
da
cui
questa
egemonia
possa
essere
vigorosamente
e
totalmente
governata
:
e
tali
sono
la
giustizia
e
la
carità
sociali
.
Perciò
è
necessario
che
alla
giustizia
sociale
si
ispirino
le
istituzioni
dei
popoli
,
anzi
di
tutta
la
vita
della
società
;
e
più
ancora
è
necessario
che
questa
giustizia
sia
davvero
efficace
,
ossia
costituisca
un
ordine
giuridico
e
sociale
a
cui
l
'
economia
tutta
si
conformi
.
La
carità
sociale
poi
deve
essere
come
l
'
anima
di
questo
ordine
,
alla
cui
tutela
e
rivendicazione
efficace
deve
attendere
l
'
autorità
pubblica
;
e
lo
potrà
fare
tanto
più
facilmente
se
si
sbrigherà
da
quei
pesi
che
non
le
sono
propri
,
come
abbiamo
sopra
dichiarato
.
90
.
Che
,
anzi
,
conviene
che
le
varie
nazioni
,
unendo
propositi
e
forze
insieme
,
giacché
nel
campo
economico
stanno
in
mutua
dipendenza
e
debbono
aiutarsi
a
vicenda
,
si
sforzino
di
promuovere
con
sagge
convenzioni
e
istituzioni
una
felice
cooperazione
di
economia
internazionale
.
91
.
Pertanto
,
se
le
membra
del
corpo
sociale
saranno
così
rinfrancate
,
e
ne
verrà
raddrizzato
il
principio
direttivo
quale
timone
della
economia
sociale
,
si
potrà
dire
in
qualche
modo
dell
'
ordine
sociale
ciò
che
dice
l
'
Apostolo
del
corpo
mistico
di
Gesù
Cristo
:
che
tutto
il
corpo
compaginato
e
connesso
per
via
di
tutte
le
giunture
di
comunicazione
,
in
virtù
della
proporzionata
operazione
sopra
di
ciascun
membro
,
prende
l
'
aumento
proprio
del
corpo
per
la
sua
perfezione
mediante
la
carità
(
Ef
4
,
16
)
.
92
.
Recentemente
,
come
tutti
sanno
,
venne
iniziata
una
speciale
organizzazione
sindacale
e
corporativa
,
la
quale
,
data
la
materia
di
questa
Nostra
Lettera
enciclica
,
richiede
da
Noi
qualche
cenno
e
anche
qualche
opportuna
considerazione
.
93
.
Lo
Stato
riconosce
giuridicamente
il
sindacato
e
non
senza
carattere
monopolistico
,
in
quanto
che
esso
solo
,
così
riconosciuto
,
può
rappresentare
rispettivamente
gli
operai
e
i
padroni
,
esso
solo
concludere
contratti
e
patti
di
lavoro
.
L
'
iscrizione
al
sindacato
è
facoltativa
,
ed
è
soltanto
in
questo
senso
che
l
'
organizzazione
sindacale
può
dirsi
libera
;
giacché
la
quota
sindacale
e
certe
speciali
tasse
sono
obbligatorie
per
tutti
gli
appartenenti
a
una
data
categoria
,
siano
essi
operai
o
padroni
,
come
per
tutti
sono
obbligatori
i
contratti
di
lavoro
stipulati
dal
sindacato
giuridico
.
Vero
è
che
venne
autorevolmente
dichiarato
che
il
sindacato
giuridico
non
escluse
l
'
esistenza
di
associazioni
professionali
di
fatto
.
94
.
Le
Corporazioni
sono
costituite
dai
rappresentanti
dei
sindacati
degli
operai
e
dei
padroni
della
medesima
arte
e
professione
,
e
,
come
veri
e
propri
organi
ed
istituzioni
di
Stato
,
dirigono
e
coordinano
i
sindacati
nelle
cose
di
interesse
comune
.
95
.
Lo
sciopero
è
vietato
;
se
le
parti
non
si
possono
accordare
,
interviene
il
Magistrato
.
96
.
Basta
poca
riflessione
per
vedere
i
vantaggi
dell
'
ordinamento
per
quanto
sommariamente
indicato
;
la
pacifica
collaborazione
delle
classi
,
la
repressione
delle
organizzazioni
e
dei
conati
socialisti
,
l
'
azione
moderatrice
di
une
speciale
magistratura
.
Per
non
trascurare
nulla
in
argomento
di
tanta
importanza
,
ed
in
armonia
con
i
principi
generali
qui
sopra
richiamati
,
e
con
quello
che
inibito
aggiungeremo
,
dobbiamo
pur
dire
che
vediamo
non
mancare
chi
teme
che
lo
Stato
si
sostituisca
alle
libere
attività
invece
di
limitarsi
alla
necessaria
e
sufficiente
assistenza
ed
aiuto
,
che
il
nuovo
ordinamento
sindacale
e
corporativo
abbia
carattere
eccessivamente
burocratico
e
politico
,
e
che
,
nonostante
gli
accennati
vantaggi
generali
,
possa
servire
a
particolari
intenti
politici
piuttosto
che
all
'
avviamento
ed
inizio
di
un
migliore
assetto
sociale
.
97
.
Noi
crediamo
che
a
raggiungere
quest
'
altro
nobilissimo
intento
,
con
vero
e
stabile
beneficio
generale
,
sia
necessaria
innanzi
e
soprattutto
la
benedizione
di
Dio
e
poi
la
collaborazione
di
tutte
le
buone
volontà
.
Crediamo
ancora
e
per
necessaria
conseguenza
che
l
'
intento
stesso
sarà
tanto
più
sicuramente
raggiunto
quanta
più
largo
sarà
il
contributo
delle
competenze
tecniche
,
professionali
e
sociali
e
più
ancora
dei
principi
cattolici
e
della
loro
pratica
,
da
parte
,
non
dell
'
Azione
Cattolica
(
che
non
intende
svolgere
attività
strettamente
sindacali
o
politiche
)
,
ma
da
parte
di
quei
figli
Nostri
che
1'Azione
Cattolica
squisitamente
forma
a
quei
principi
ed
al
loro
apostolato
sotto
la
guida
ed
il
Magistero
della
Chiesa
;
della
Chiesa
,
la
quale
anche
sul
terreno
più
sopra
accennato
,
come
dovunque
si
agitano
e
regolano
questioni
morali
,
non
può
dimenticare
o
negligere
il
mandato
di
custodia
e
di
magistero
divinamente
conferitole
.
98
.
Se
non
che
,
quanto
abbiamo
detto
circa
la
restaurazione
e
il
perfezionamento
dell
'
ordine
sociale
,
non
potrà
essere
attuato
in
nessun
modo
,
senza
una
riforma
dei
costumi
come
la
storia
stessa
ce
ne
dà
splendida
testimonianza
.
Vi
fu
un
tempo
infatti
in
cui
vigeva
un
ordinamento
sociale
che
,
sebbene
non
del
tutto
perfetto
e
in
ogni
sua
parte
irreprensibile
,
riusciva
tuttavia
conforme
in
qualche
modo
alla
retta
ragione
,
secondo
le
condizioni
e
la
necessità
dei
tempi
.
Ora
quell
'
ordinamento
è
già
da
gran
tempo
scomparso
;
e
ciò
veramente
non
perché
non
abbia
potuto
,
col
progredire
,
svolgersi
e
adattarsi
alle
mutate
condizioni
e
necessità
di
cose
e
in
qualche
modo
venire
dilatandosi
,
ma
perché
piuttosto
gli
uomini
induriti
dall
'
egoismo
ricusarono
di
allargare
,
come
avrebbero
dovuto
,
secondo
il
crescente
numero
della
moltitudine
,
i
quadri
di
quell
'
ordinamento
,
o
perché
,
traviati
dalla
falsa
libertà
e
da
altri
errori
e
intolleranti
di
qualsiasi
autorità
,
si
sforzarono
di
scuotere
da
sé
ogni
restrizione
.
99
.
Resta
adunque
che
,
dopo
aver
nuovamente
chiamato
in
giudizio
l
'
odierno
regime
economico
,
e
il
suo
acerrimo
accusatore
,
il
socialismo
,
e
aver
dato
giusta
ed
esplicita
sentenza
sull
'
uno
e
sull
'
altro
,
indaghiamo
più
a
fondo
la
radice
di
tanti
mali
e
ne
indichiamo
il
primo
e
più
necessario
rimedio
,
cioè
la
riforma
dei
costumi
.
III
-
MUTAZIONI
PROFONDE
DELLA
SOCIETA
'
DOPO
LEONE
XIII
100
.
E
veramente
profonde
sono
le
mutazioni
che
dai
tempi
di
Leone
XIII
in
qua
hanno
subìto
tanto
il
regime
economico
quanto
il
socialismo
.
E
anzitutto
,
che
le
condizioni
economiche
siano
profondamente
trasformate
è
una
cosa
a
tutti
evidente
.
E
voi
sapete
,
venerabili
Fratelli
e
diletti
Figli
,
che
il
Nostro
Predecessore
di
f
.
m
.
nella
sua
enciclica
contemplava
soprattutto
quell
'
ordinamento
economico
con
cui
generalmente
si
contribuisce
all
'
attività
economica
dagli
uni
col
capitale
,
dagli
altri
con
il
lavoro
,
secondo
che
egli
definiva
con
felice
espressione
:
Non
può
esservi
capitale
senza
lavoro
né
lavoro
senza
capitale
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
l5
)
.
1
-
Mutazioni
nell
'
ordinamento
economico
a
)
relazioni
fra
capitale
e
operai
101
.
Orbene
,
Leone
XIII
adottò
ogni
mezzo
per
disciplinare
questo
ordinamento
economico
,
secondo
le
norme
della
rettitudine
;
sicché
è
evidente
che
esso
non
è
in
sé
da
condannarsi
.
E
infatti
non
è
di
sua
natura
vizioso
:
allora
però
viola
il
retto
ordine
,
quando
il
capitale
vincola
a
sé
gli
operai
,
ossia
la
classe
proletaria
,
col
fine
e
con
la
condizione
di
sfruttare
a
suo
arbitrio
e
vantaggio
le
imprese
e
quindi
l
'
economia
tutta
,
senza
far
caso
,
né
della
dignità
umana
degli
operai
,
né
del
carattere
sociale
dell
'
economia
,
né
della
stessa
giustizia
sociale
e
del
bene
comune
.
102
.
Vero
è
che
neppure
oggi
è
questo
il
solo
ordinamento
economico
vigente
in
ogni
luogo
;
un
'
altra
forma
vi
è
che
abbraccia
ancora
grande
moltitudine
di
persone
,
importante
per
numero
e
potere
,
quale
,
ad
esempio
,
la
classe
degli
agricoltori
,
in
cui
la
maggior
parte
del
genere
umano
si
procura
con
probo
e
onesto
lavoro
quanto
è
necessario
alla
vita
.
Anche
essa
ha
le
sue
angustie
e
le
sue
difficoltà
,
alle
quali
allude
il
Nostro
Predecessore
in
parecchi
tratti
della
sua
enciclica
e
Noi
pure
in
questa
vi
abbiamo
più
di
una
volta
accennato
.
b
)
capitalismo
industriale
103
.
Ma
,
l
'
ordinamento
capitalistico
dell
'
economia
,
col
dilatarsi
dell
'
industrialismo
per
tutto
il
mondo
,
dopo
l
'
enciclica
di
Leone
XIII
si
è
venuto
esso
pure
allargando
per
ogni
dove
,
a
tal
punto
da
invadere
e
penetrare
anche
nelle
condizioni
economiche
e
sociali
di
quelli
che
si
trovano
fuori
della
sua
cerchia
,
introducendovi
in
certo
modo
la
sua
impronta
.
104
.
Perciò
quando
invitiamo
a
studiare
le
trasformazioni
che
l
'
ordinamento
capitalistico
dell
'
economia
subì
dopo
il
tempo
di
Leone
XIII
,
non
solamente
procuriamo
il
bene
di
coloro
che
abitane
in
paesi
dominati
dal
capitale
e
dall
'
industria
,
ma
di
tutto
intero
il
genere
umano
.
c
)
concentrazione
della
ricchezza
105
.
E
in
primo
luogo
ciò
che
ferisce
gli
occhi
è
che
ai
nostri
tempi
non
vi
è
solo
concentrazione
della
ricchezza
,
ma
l
'
accumularsi
altresì
di
una
potenza
enorme
,
di
una
dispotica
padronanza
dell
'
economia
in
mano
di
pochi
,
e
questi
sovente
neppure
proprietari
,
ma
solo
depositari
e
amministratori
del
capitale
,
di
cui
essi
però
dispongono
a
loro
grado
e
piacimento
.
106
.
Questo
potere
diviene
più
che
mai
dispotico
in
quelli
che
,
tenendo
in
pugno
il
danaro
,
la
fanno
da
padroni
;
onde
sono
in
qualche
modo
i
distributori
del
sangue
stesso
,
di
cui
vive
l
'
organismo
economico
,
e
hanno
in
mano
,
per
così
dire
,
l
'
anima
dell
'
economia
,
sicché
nessuno
,
contro
la
loro
volontà
,
potrebbe
nemmeno
respirare
.
107
.
Una
tale
concentrazione
di
forze
e
di
potere
,
che
è
quasi
la
nota
specifica
della
economia
contemporanea
,
è
il
frutto
naturale
di
quella
sfrenata
libertà
di
concorrenza
che
lascia
sopravvivere
solo
i
più
forti
,
cioè
,
spesso
i
più
violenti
nella
lotta
e
i
meno
curanti
della
coscienza
.
108
.
A
sua
volta
poi
la
concentrazione
stessa
di
ricchezze
e
di
potenza
genera
tre
specie
di
lotta
per
il
predominio
:
dapprima
si
combatte
per
la
prevalenza
economica
;
di
poi
si
contrasta
accanitamente
per
il
predominio
sul
potere
politico
,
per
valersi
delle
sue
forze
e
della
sua
influenza
nelle
competizioni
economiche
;
infine
si
lotta
tra
gli
stessi
Stati
,
o
perchè
le
nazioni
adoperano
le
loro
forze
e
la
potenza
politica
a
promuovere
i
vantaggi
economici
dei
propri
cittadini
,
o
perché
applicano
il
potere
e
le
forze
economiche
a
troncare
le
questioni
politiche
sorte
fra
le
nazioni
.
d
)
funeste
conseguenze
109
.
Ultime
conseguenze
dello
spirito
individualistico
nella
vita
economica
sono
poi
quelle
che
voi
stessi
,
venerabili
Fratelli
e
diletti
Figli
,
vedete
e
deplorate
;
la
libera
concorrenza
cioè
si
è
da
se
stessa
distrutta
;
alla
libertà
del
mercato
è
sottentrata
la
egemonia
economica
;
alla
bramosia
del
lucro
è
seguita
la
sfrenata
cupidigia
del
predominio
;
e
tutta
l
'
economia
è
così
divenuta
orribilmente
dura
,
inesorabile
,
crudele
.
A
ciò
si
aggiungono
i
danni
gravissimi
che
sgorgano
dalla
deplorevole
confusione
delle
ingerenze
e
servizi
propri
dell
'
autorità
pubblica
con
quelli
della
economia
stessa
:
quale
,
per
citarne
uno
solo
tra
i
più
importanti
,
l
'
abbassarsi
della
dignità
dello
Stato
,
che
si
fa
servo
e
docile
strumento
delle
passioni
e
ambizione
umane
,
mentre
dovrebbe
assidersi
quale
sovrano
e
arbitro
delle
cose
,
libero
da
ogni
passione
di
partito
e
intento
al
solo
bene
comune
e
alla
giustizia
.
Nell
'
ordine
poi
delle
relazioni
internazionali
,
da
una
stessa
fonte
sgorgò
una
doppia
corrente
:
da
una
parte
,
il
nazionalismo
o
anche
l
'
imperialismo
economico
;
dall
'
altra
non
meno
funesto
ed
esecrabile
,
l
'
internazionalismo
bancario
o
imperialismo
internazionale
del
denaro
,
per
cui
la
patria
è
dove
si
sta
bene
.
e
)
i
rimedi
110
.
Ora
,
con
quali
mezzi
si
possa
rimediare
a
un
male
così
profondo
,
già
l
'
abbiamo
indicato
nella
seconda
parte
di
questa
enciclica
,
dove
ne
abbiamo
trattato
di
proposito
sotto
l
'
aspetto
dottrinale
:
qui
ci
basterà
ricordare
la
sostanza
del
Nostro
insegnamento
.
Essendo
dunque
l
'
ordinamento
economico
moderno
fondato
particolarmente
sul
capitale
e
sul
lavoro
,
devono
essere
conosciuti
e
praticati
i
precetti
della
retta
ragione
,
ossia
della
filosofia
sociale
cristiana
,
concernenti
i
due
elementi
menzionati
e
le
loro
relazioni
.
Così
,
per
evitare
l
'
estremo
dell
'
individualismo
da
una
parte
,
come
del
socialismo
dall
'
altra
,
si
dovrà
soprattutto
avere
riguardo
del
pari
alla
doppia
natura
,
individuale
e
sociale
propria
,
tanto
del
capitale
o
della
proprietà
,
quanto
del
lavoro
.
Le
relazioni
quindi
fra
l
'
uno
e
l
'
altro
devono
essere
regolate
secondo
le
leggi
di
una
esattissima
giustizia
commutativa
,
appoggiata
alla
carità
cristiana
.
È
necessario
che
la
libera
concorrenza
,
confinata
in
ragionevoli
e
giusti
limiti
,
e
più
ancora
che
la
potenza
economica
siano
di
fatto
soggetti
all
'
autorità
pubblica
,
in
ciò
che
concerne
l
'
ufficio
di
questa
.
Infine
le
istituzioni
dei
popoli
dovranno
venire
adattando
la
società
tutta
quanta
alle
esigenze
del
bene
comune
cioè
alle
leggi
della
giustizia
sociale
;
onde
seguirà
necessariamente
che
una
sezione
così
importante
della
vita
sociale
,
qual
è
l
'
attività
economica
,
verrà
a
sua
volta
ricondotta
ad
un
ordine
sano
e
bene
equilibrato
.
2
-
Trasformazione
del
socialismo
111
.
Non
meno
profonda
che
quella
dell
'
ordinamento
economico
è
la
trasformazione
che
dal
tempo
di
Leone
XIII
ebbe
il
socialismo
,
con
cui
specialmente
lottò
il
Nostro
Predecessore
.
Allora
infatti
esso
poteva
quasi
dirsi
uno
e
propugnatore
di
principi
dottrinali
ben
definiti
o
raccolti
in
un
sistema
:
ora
invece
va
diviso
in
due
partiti
principali
,
discordanti
per
lo
più
fra
loro
e
inimicissimi
,
ma
pur
tali
che
nessuno
dei
due
si
scosta
dal
fondamento
proprio
di
ogni
socialismo
,
e
contrario
alla
fede
cristiana
.
a
)
socialismo
più
violento
o
comunismo
112
.
Un
partito
infatti
del
socialismo
andò
soggetto
alla
trasformazione
stessa
che
abbiamo
spiegato
sopra
,
rispetto
all
'
economia
capitalistica
,
e
precipitò
nel
comunismo
;
il
quale
insegna
e
persegue
due
punti
,
né
già
per
vie
occulte
o
per
raggiri
,
ma
alla
luce
aperta
e
con
tutti
i
mezzi
,
anche
più
violenti
una
lotta
di
classe
la
più
accanita
e
l
'
abolizione
assoluta
della
proprietà
privata
.
E
nel
perseguire
i
due
intenti
non
v
'
ha
cosa
che
esso
non
ardisca
,
niente
che
rispetti
:
e
dove
si
è
impadronito
del
potere
,
si
dimostra
tanto
più
crudele
e
selvaggio
,
che
sembra
cosa
incredibile
e
mostruosa
.
Di
che
sono
prova
le
stragi
spaventose
e
le
rovine
che
esso
ha
accumulato
sopra
vastissimi
paesi
dell
'
Europa
Orientale
e
dell
'
Asia
.
Quanto
poi
sia
nemico
dichiarato
della
santa
Chiesa
,
e
di
Dio
stesso
,
è
cosa
purtroppo
dimostrata
dall
'
esperienza
e
a
tutti
notissima
.
Non
crediamo
perciò
necessario
premunire
i
figli
buoni
e
fedeli
della
Chiesa
contro
la
natura
empia
e
ingiusta
del
Comunismo
;
ma
non
possiamo
tuttavia
,
senza
un
profondo
dolore
,
vedere
l
'
incuria
e
l
'
indifferenza
di
coloro
che
mostrano
di
non
dar
peso
ai
pericoli
imminenti
,
e
con
una
passiva
fiacchezza
lasciano
che
si
propaghino
per
ogni
parte
quegli
errori
,
da
cui
sarà
condotta
a
morte
la
società
tutta
intera
con
le
stragi
e
la
violenza
.
Ma
soprattutto
meritano
di
essere
condannati
coloro
che
trascurano
di
sopprimere
o
trasformare
quelle
condizioni
di
cose
,
che
esasperano
gli
animi
dei
popoli
e
preparano
con
ciò
la
via
alla
rivoluzione
e
alla
rovina
della
società
.
b
)
socialismo
più
mite
113
.
Più
moderato
è
l
'
altro
partito
che
ha
conservato
il
nome
di
socialismo
;
giacché
non
solo
professa
di
rigettare
il
ricorso
alla
violenza
,
ma
se
non
ripudia
la
lotta
di
classe
e
l
'
abolizione
della
proprietà
privata
,
la
mitiga
almeno
con
attenuazioni
e
temperamenti
.
Si
direbbe
quindi
che
,
spaventato
dei
suoi
principi
e
delle
conseguenze
che
ne
trae
il
comunismo
,
il
socialismo
si
pieghi
e
in
qualche
modo
si
avvicini
a
quelle
verità
che
la
tradizione
cristiana
ha
sempre
solennemente
insegnate
;
poiché
non
si
può
negare
che
le
sue
rivendicazioni
si
accostino
talvolta
,
e
molto
da
vicino
,
a
quelle
che
propongono
a
ragione
i
riformatori
cristiani
della
società
.
c
)
la
lotta
di
classe
114
.
La
lotta
di
classe
,
infatti
,
quando
si
astenga
dagli
atti
di
inimicizia
e
dall
'
odio
vicendevole
,
si
trasforma
a
poco
a
poco
in
una
onesta
discussione
,
fondata
nella
ricerca
della
giustizia
:
discussione
che
non
è
certo
quella
felice
pace
sociale
che
tutti
vagheggiano
,
ma
che
può
e
deve
essere
un
punto
di
partenza
per
giungere
alla
mutua
cooperazione
delle
classi
.
Così
anche
la
guerra
dichiarata
alla
proprietà
privata
si
viene
sempre
più
calmando
e
restringendosi
a
tal
segno
,
che
alla
fine
non
viene
più
assalita
in
sé
la
proprietà
dei
mezzi
di
produzione
,
ma
una
certa
egemonia
sociale
,
che
la
proprietà
contro
ogni
diritto
si
è
arrogata
e
usurpata
.
E
infatti
tale
supremazia
non
deve
essere
propria
dei
semplici
padroni
,
ma
del
pubblico
potere
.
Con
ciò
si
può
giungere
insensibilmente
fino
al
punto
che
le
massime
del
socialismo
più
moderato
non
discordino
più
dai
voti
e
dalle
rivendicazioni
di
coloro
che
,
fondati
sui
principi
cristiani
,
si
studiano
di
riformare
la
società
umana
.
E
in
verità
si
può
ben
sostenere
,
a
ragione
,
esservi
certe
categorie
di
beni
da
riservarsi
solo
ai
pubblici
poteri
,
quando
portano
seco
una
tale
preponderanza
economica
,
che
non
si
possa
lasciare
in
mano
ai
privati
cittadini
senza
pericolo
del
bene
comune
.
115
.
Cotali
giuste
rivendicazioni
e
desideri
non
hanno
più
nulla
che
ripugni
alla
verità
cattolica
e
molto
meno
sono
rivendicazioni
proprie
del
socialismo
.
Quelli
dunque
che
a
queste
sole
mirano
,
non
hanno
ragione
di
dare
il
nome
al
socialismo
.
116
.
Né
perciò
si
dovrà
credere
che
quei
partiti
o
gruppi
di
socialisti
,
che
non
sono
comunisti
,
si
siano
ricreduti
tutti
a
tal
segno
,
o
di
fatto
o
nel
loro
programma
.
No
,
perché
essi
per
lo
più
,
non
rigettano
né
la
lotta
di
classe
,
né
l
'
abolizione
della
proprietà
,
ma
solo
la
vogliono
in
qualche
modo
mitigata
.
Senonché
,
essendosi
i
loro
falsi
principi
così
mitigati
e
in
qualche
modo
cancellati
,
ne
sorge
,
o
piuttosto
viene
mosso
da
qualcuno
,
il
dubbio
:
se
per
caso
anche
i
principi
della
verità
cristiana
non
si
possano
in
qualche
modo
mitigare
o
temperare
,
per
andare
così
incontro
al
socialismo
e
quasi
per
una
via
media
accordarsi
insieme
.
E
vi
ha
di
quelli
che
nutrono
la
vana
speranza
di
trarre
a
noi
in
questo
modo
i
socialisti
.
Vana
speranza
,
diciamo
.
Quelli
,
infatti
,
che
vogliono
essere
apostoli
tra
i
socialisti
,
devono
professare
apertamente
e
sinceramente
,
nella
sua
pienezza
e
integrità
,
la
verità
cristiana
,
ed
in
nessuna
maniera
usare
connivenza
con
gli
errori
.
Che
,
se
veramente
vogliono
essere
banditori
del
Vangelo
,
devono
studiarsi
anzitutto
di
far
vedere
ai
socialisti
che
le
loro
rivendicazioni
,
in
quanto
hanno
di
giusto
,
si
possono
molto
più
validamente
sostenere
coi
principi
della
fede
cristiana
e
molto
più
efficacemente
promuovere
con
le
forze
della
cristiana
carità
.
d
)
socialismo
e
cristianesimo
117
.
Ma
che
dire
nel
caso
che
,
rispetto
alla
lotta
di
classe
e
alla
proprietà
privata
,
il
socialismo
sia
realmente
così
mitigato
e
corretto
da
non
aver
più
nulla
che
gli
si
possa
rimproverare
su
questi
punti
?
Ha
con
ciò
forse
rinunziato
ai
suoi
principi
,
alla
sua
natura
contraria
alla
religione
cristiana
?
Qui
sta
il
punto
,
su
cui
molte
anime
si
trovano
esitanti
.
E
non
pochi
sono
pure
i
cattolici
,
i
quali
ben
conoscendo
come
i
principi
cristiani
non
possono
essere
né
abbandonati
,
né
cancellati
,
sembrano
rivolgere
lo
sguardo
a
questa
Santa
Sede
e
domandare
con
ansia
,
che
decidiamo
se
questo
socialismo
si
sia
ricreduto
dei
suoi
errori
a
tal
segno
,
che
senza
pregiudizio
di
nessun
principio
cristiano
,
si
possa
ammettere
e
in
qualche
modo
battezzare
.
Ora
per
soddisfare
,
secondo
la
Nostra
sollecitudine
paterna
,
a
questi
desideri
,
proclamiamo
che
il
socialismo
,
sia
considerato
come
dottrina
,
sia
considerato
come
fatto
storico
,
sia
come
«
azione
»
,
se
resta
veramente
socialismo
,
anche
dopo
aver
ceduto
alla
verità
e
alla
giustizia
su
questi
punti
che
abbiamo
detto
,
non
può
conciliarsi
con
gli
insegnamenti
della
Chiesa
cattolica
.
Giacché
il
suo
concetto
della
società
è
quanto
può
dirsi
opposto
alla
verità
cristiana
.
118
.
Infatti
,
secondo
la
dottrina
cristiana
,
il
fine
per
cui
l
'
uomo
dotato
di
una
natura
socievole
,
si
trova
su
questa
terra
,
è
questo
che
,
vivendo
in
società
e
sotto
un
'
autorità
sociale
ordinata
da
Dio
(
cfr
.
Rom
13,1
)
,
coltivi
e
svolga
pienamente
tutte
le
sue
facoltà
a
lode
e
gloria
del
Creatore
;
e
adempiendo
fedelmente
i
doveri
della
sua
professioni
o
della
sua
vocazione
,
qualunque
sia
,
giunga
alla
felicità
temporale
ed
insieme
alla
eterna
.
Il
socialismo
al
contrario
,
ignorando
o
trascurando
del
tutto
questo
fine
sublime
,
sia
dell
'
uomo
come
della
società
,
suppone
che
l
'
umano
consorzia
non
sia
istituito
se
non
in
vista
del
solo
benessere
.
119
.
Infatti
,
da
ciò
che
una
divisione
conveniente
del
lavoro
,
più
efficacemente
che
lo
sforzo
diviso
degli
individui
,
assicura
la
produzione
,
i
socialisti
deducono
che
l
'
attività
economica
,
nella
quale
essi
considerano
solamente
il
fine
materiale
,
deve
per
necessità
essere
condotta
socialmente
.
E
da
siffatta
necessità
,
secondo
essi
,
deriva
che
gli
uomini
sono
costretti
,
per
ciò
che
riguarda
la
produzione
,
a
sottomettersi
interamente
alla
società
;
anzi
il
possedere
una
maggiore
abbondanza
di
ricchezze
che
possa
servire
alle
comodità
della
vita
,
è
stimato
tanto
che
gli
si
debbono
posporre
i
beni
più
alti
dell
'
uomo
,
specialmente
la
libertà
,
sacrificandoli
tutti
alle
esigenze
di
una
produzione
più
efficace
.
Questo
pregiudizio
dell
'
ordinamento
«
socializzato
»
della
produzione
portato
alla
dignità
umana
,
essi
credono
che
sarà
largamente
compensato
dall
'
abbondanza
dei
beni
,
che
gli
individui
ne
ritrarranno
per
poterli
applicare
alle
comodità
e
alle
convenienze
della
vita
secondo
i
loro
piaceri
.
La
società
dunque
,
qual
è
immaginata
dal
socialismo
,
non
può
esistere
né
concepirsi
disgiunta
da
una
costrizione
veramente
eccessiva
,
e
d
'
altra
parte
resta
in
balia
di
una
licenza
non
meno
falsa
,
perché
mancante
di
una
vera
autorità
sociale
:
poiché
questa
non
può
fondarsi
sui
vantaggi
temporanei
e
materiali
,
ma
solo
può
venire
da
Dio
Creatore
e
fine
ultimo
di
tutte
le
case
(
enc
.
Diuturnum
del
9
giugno
1881
)
.
120
.
Che
se
il
socialismo
,
come
tutti
gli
errori
,
ammette
pure
qualche
parte
di
vero
(
il
che
del
resto
non
fu
mai
negato
dai
Sommi
Pontefici
)
,
esso
tuttavia
si
fonda
su
una
dottrina
della
società
umana
,
tutta
sua
propria
e
discordante
dal
vero
cristianesimo
.
Socialismo
religioso
e
socialismo
cristiano
sono
dunque
termini
contraddittori
:
nessuno
può
essere
buon
cattolico
ad
un
tempo
e
vero
socialista
.
121
.
Tutte
queste
verità
pertanto
,
da
Noi
richiamate
e
confermate
solennemente
con
la
Nostra
autorità
,
si
debbono
applicare
del
pari
a
una
totale
nuova
forma
o
condotta
del
socialismo
poco
nota
finora
in
verità
,
ma
che
al
presente
si
va
diffondendo
tra
molti
gruppi
di
socialisti
.
Esso
attende
soprattutto
a
informare
di
sé
gli
animi
e
i
costumi
;
particolarmente
alletta
sotto
colore
di
amicizia
la
tenera
infanzia
per
trascinarla
,
seco
,
ma
abbraccia
altresì
la
moltitudine
degli
uomini
adulti
;
per
formare
in
fine
«
l
'
uomo
socialistico
»
,
sul
quale
vuole
appoggiare
l
'
umana
società
plasmata
secondo
le
massime
del
socialismo
.
122
.
Senonché
,
avendo
Noi
spiegato
già
largamente
nella
Nostra
enciclica
Divini
illius
Magistri
su
quali
principi
si
fondi
e
quali
fini
intenda
l
'
educazione
cristiana
(
enc
.
Divini
illius
Magistri
del
31
dicembre
1929
)
,
è
tanto
chiaro
ed
evidente
che
ad
essi
contraddice
quanto
fa
e
cerca
il
socialismo
educatore
,
che
non
occorre
altra
dichiarazione
.
Ma
quanto
siano
gravi
e
terribili
i
pericoli
che
questo
socialismo
porta
seco
,
sembra
che
l
'
ignorino
o
non
vi
diano
gran
peso
coloro
che
non
si
curano
punto
di
resistervi
con
zelo
e
coraggio
secondo
la
gravità
della
cosa
.
È
Nostro
dovere
pastorale
quindi
mettere
costoro
in
guardia
dal
danno
gravissimo
e
imminente
,
e
si
ricordino
tutti
che
di
cotesto
socialismo
educatore
è
padre
bensì
il
liberalismo
,
ma
l
'
erede
è
e
sarà
il
bolscevismo
.
e
)
diserzione
dei
cattolici
verso
il
socialismo
123
.
Da
ciò
,
venerabili
Fratelli
,
voi
potete
intendere
,
con
quanto
dolore
vediamo
,
in
taluni
paesi
specialmente
,
non
pochi
dei
Nostri
figli
-
di
cui
non
possiamo
persuaderci
che
abbiano
abbandonato
del
tutto
la
vera
fede
e
la
buona
volontà
-
aver
disertato
il
campo
della
Chiesa
per
passare
alle
file
del
socialismo
:
gli
uni
professandosi
apertamente
socialisti
e
professandone
le
dottrine
;
gli
altri
per
indifferenza
,
o
anche
con
ripugnanza
,
per
aggregarsi
alle
associazioni
che
si
professano
o
sono
di
fatto
socialistiche
.
124
.
Con
paterna
ansietà
Noi
andiamo
pensando
e
investigando
come
sia
potuto
accadere
una
tanta
aberrazione
,
e
Ci
sembra
di
sentire
che
molti
di
essi
Ci
rispondano
a
loro
scusa
:
la
Chiesa
e
quelli
che
alla
Chiesa
si
proclamano
più
aderenti
,
favoriscono
i
ricchi
,
trascurando
gli
operai
e
non
se
ne
dànno
pensiero
alcuno
:
perciò
questi
hanno
dovuto
,
al
fine
di
provvedere
a
sé
,
aggregarsi
alle
schiere
dei
socialisti
.
125
.
Ed
è
questa
,
senza
dubbio
,
cosa
ben
lacrimevole
,
venerabili
Fratelli
,
che
vi
siano
stati
e
ancora
vi
siano
di
quelli
che
,
dicendosi
cattolici
,
quasi
non
ricordino
la
legge
sublime
della
giustizia
e
della
carità
,
la
quale
non
solamente
ci
prescrive
di
dare
a
ciascuno
quello
che
gli
tocca
,
ma
ancora
di
soccorrere
ai
nostri
fratelli
indigenti
come
a
Cristo
medesimo
(
Lett
.
di
S
.
Giacomo
,
c
.
2
)
;
e
,
cosa
ancora
più
grave
,
per
ansia
di
guadagno
non
temono
di
opprimere
i
lavoratori
.
E
vi
ha
pure
chi
abusa
della
religione
stessa
,
facendo
del
suo
nome
un
paravento
alle
proprie
ingiuste
vessazioni
per
potersi
sottrarre
alle
rivendicazioni
pienamente
giustificate
degli
operai
.
Noi
non
cesseremo
mai
di
riprovare
una
simile
condotta
;
poiché
sono
costoro
la
causa
per
cui
la
Chiesa
,
senza
averlo
punto
meritato
,
ha
potuto
aver
l
'
apparenza
,
e
quindi
essere
accusata
,
di
prendere
parte
per
i
ricchi
e
di
non
aver
alcun
senso
di
pietà
per
le
pene
di
quelli
che
si
trovano
come
diseredati
della
loro
parte
di
benessere
in
questa
vita
.
Ma
che
questa
apparenza
e
questa
accusa
sia
immeritata
ed
ingiusta
,
tutta
la
storia
della
Chiesa
dà
testimonianza
;
e
l
'
enciclica
stessa
,
di
cui
celebriamo
l
'
anniversario
,
è
la
più
splendida
prova
della
somma
ingiustizia
di
simili
contumelie
e
calunnie
,
lanciate
contro
la
Chiesa
e
i
suoi
insegnamenti
.
f
)
paterno
invito
a
ritornare
126
.
Ma
per
quanto
provocati
dagli
insulti
e
trafitti
nel
cuore
di
padre
,
siamo
ben
lungi
dal
rigettare
da
Noi
questi
figli
,
sebbene
così
miseramente
traviati
e
lontani
dalla
verità
e
dalla
salvezza
.
Con
tutto
l
'
ardore
anzi
e
con
tutta
la
più
viva
sollecitudine
li
invitiamo
a
ritornare
al
materno
seno
della
Chiesa
.
E
Dio
faccia
che
prestino
orecchio
alla
Nostra
voce
!
Ritornino
donde
sono
partiti
,
alla
casa
cioè
del
Padre
e
ivi
perseverino
dove
è
il
loro
proprio
luogo
,
tra
le
file
cioè
di
quelli
che
seguendo
gli
insegnamenti
di
Leone
XIII
,
da
Noi
ora
solennemente
rinnovati
,
si
studiano
di
restaurare
la
società
secondo
lo
spirito
della
Chiesa
,
rassodandovi
la
giustizia
e
la
carità
sociale
.
E
si
persuadano
essi
che
non
potranno
mai
trovare
altrove
una
felicità
maggiore
,
anche
su
questa
terra
,
se
non
vicino
a
Colui
che
per
amore
nostro
«
essendo
ricco
,
diventò
povero
,
affinché
dalla
povertà
di
Lui
diventassimo
ricchi
»
(
2
Cor
8,9
)
,
che
fu
povero
e
in
mezzo
alle
fatiche
fino
dalla
sua
giovinezza
,
che
invita
a
sé
tutti
gli
oppressi
dalla
fatica
e
dalle
afflizioni
per
dar
loro
un
pieno
conforto
nella
carità
del
suo
Cuore
(
Mt
11,28
)
;
e
che
infine
,
senza
accettazione
di
persone
,
richiederà
di
più
da
quelli
ai
quali
avrà
dato
di
più
(
cfr
.
Luc
12,48
)
,
e
renderà
a
ciascuno
secondo
il
suo
operato
(
Mat
16,27
)
.
3
-
Rinnovamento
dei
costumi
127
.
Ma
se
consideriamo
la
cosa
con
più
diligenza
e
più
a
fondo
,
chiaramente
vediamo
che
a
questa
tanto
desiderata
restaurazione
sociale
deve
precedere
l
'
interno
rinnovamento
dello
spirito
cristiano
,
dal
quale
purtroppo
si
sono
allontanati
tanti
di
coloro
che
si
occupano
di
cose
economiche
;
se
no
,
tutti
gli
sforzi
cadranno
a
vuoto
,
non
costruendosi
l
'
edificio
sulla
roccia
,
ma
su
la
mobile
arena
(
cfr
.
Mat
7,24
)
.
128
.
E
infatti
,
venerabili
Fratelli
e
diletti
figli
,
abbiamo
dato
uno
sguardo
all
'
odierno
ordinamento
economico
,
e
l
'
abbiamo
trovato
guasto
profondamente
.
Di
poi
,
richiamato
a
nuovo
esame
il
comunismo
e
il
socialismo
,
e
tutte
le
loro
forme
,
anche
più
mitigate
,
abbiamo
trovato
che
sono
molto
lontani
dagli
insegnamenti
del
Vangelo
.
129
.
Quindi
,
per
usare
le
parole
del
Nostro
Predecessore
,
se
un
rimedio
si
vuole
dare
alla
società
umana
,
questo
non
sarà
altro
che
il
ritorno
alla
vita
e
alle
istituzioni
cristiane
(
enc
.
Rerum
novarum
,
n
.
22
)
.
Giacché
questo
solo
può
distogliere
gli
occhi
degli
uomini
affascinati
e
al
tutto
immersi
nelle
cose
transitorie
di
questo
mondo
,
e
innalzarli
al
cielo
:
questo
solo
può
portare
efficace
rimedio
alla
troppa
sollecitudine
per
i
beni
caduchi
,
che
è
l
'
origine
di
tutti
i
vizi
.
Del
quale
rimedio
chi
può
negare
che
la
società
umana
non
abbia
al
presente
un
sommo
bisogno
?
a
)
il
principale
disordine
dell
'
odierno
sistema
:
il
danno
delle
anime
130
.
Tutti
restano
quasi
unicamente
atterriti
dagli
sconvolgimenti
,
dalle
stragi
,
dalle
rovine
temporali
.
Ma
se
consideriamo
i
fatti
con
occhio
cristiano
,
com
'
è
dovere
,
che
cosa
sono
tutti
questi
mali
in
paragone
della
rovina
delle
anime
?
Eppure
si
può
dire
senza
temerità
essere
tale
oggi
l
'
andamento
della
vita
sociale
ed
economica
,
che
un
numero
grandissimo
di
persone
trova
le
difficoltà
più
gravi
nell
'
attendere
a
quell
'
uno
necessario
all
'
opera
capitale
fra
tutte
,
quella
della
propria
salute
eterna
.
131
.
Di
queste
innumerevoli
pecorelle
costituiti
Pastore
e
Tutore
dal
Principe
dei
Pastori
,
che
le
redense
col
suo
sangue
,
non
possiamo
contemplare
con
indifferenza
tale
sommo
pericolo
;
che
anzi
,
memori
dell
'
ufficio
pastorale
,
con
paterna
sollecitudine
andiamo
di
continuo
ripensando
come
recare
ad
esse
aiuto
,
ricorrendo
altresì
allo
studio
indefesso
di
altri
,
che
vi
sono
impegnati
per
debito
di
giustizia
e
di
carità
.
Che
cosa
gioverebbe
infatti
che
gli
uomini
con
più
saggio
uso
delle
ricchezze
si
rendessero
più
capaci
di
fare
acquisto
anche
di
tutto
il
mondo
,
se
poi
ne
ricevessero
danno
per
l
'
anima
?
(
cfr
.
Mat
15,26
)
.
Che
cosa
gioverebbe
insegnar
loro
sicuri
principi
intorno
alla
economia
,
se
poi
si
lasciano
trascinare
dalla
sfrenata
cupidigia
e
dal
gretto
amore
proprio
a
tal
segno
che
pur
avendo
udito
gli
ordini
del
Signore
,
abbiano
poi
a
fare
tutto
all
'
opposto
!
(
cfr
.
Fudic
.
2,17
)
.
b
)
cause
del
danno
spirituale
132
.
Questa
defezione
della
vita
sociale
ed
economica
dalla
legge
cristiana
e
l
'
apostasia
che
ne
consegue
di
molti
operai
dalla
fede
cattolica
,
hanno
la
loro
radice
e
la
loro
fonte
negli
affetti
disordinati
dell
'
anima
,
triste
conseguenza
del
peccato
originale
che
ha
distrutto
l
'
equilibrio
meraviglioso
delle
facoltà
umane
;
sicché
l
'
uomo
facilmente
trascinato
da
perverse
cupidigie
,
viene
fortemente
spinto
ad
anteporre
i
beni
caduchi
di
questo
mondo
a
quelli
imperituri
del
cielo
.
Di
qui
una
sete
insaziabile
di
ricchezze
e
di
beni
temporali
che
,
se
in
ogni
tempo
fu
solita
a
spingere
gli
uomini
a
trasgredire
le
leggi
di
Dio
e
calpestare
i
diritti
del
prossimo
,
oggi
col
moderno
ordinamento
economico
,
offre
alla
fragilità
umana
incentivi
assai
più
numerosi
.
E
poiché
l
'
instabilità
della
vita
economica
e
specialmente
del
suo
organismo
,
richiede
uno
sforzo
sommo
e
continuo
di
quanti
vi
si
applicano
,
alcuni
vi
hanno
indurito
la
coscienza
a
tal
segno
che
si
danno
a
credere
lecita
l
'
aumentare
i
guadagni
in
qualsiasi
modo
e
difendere
poi
con
ogni
mezzo
dalle
repentine
vicende
della
fortuna
le
ricchezze
accumulate
con
tanti
sforzi
.
I
facili
guadagni
,
che
l
'
anarchia
del
mercato
apre
a
tutti
,
allettano
moltissimi
allo
scambio
e
alla
vendita
,
e
costoro
unicamente
agognando
di
fare
guadagni
pronti
e
con
minima
fatica
,
con
la
sfrenata
speculazione
fanno
salire
e
abbassare
i
prezzi
secondo
il
capriccio
e
l
'
avidità
loro
,
con
tanta
frequenza
,
che
mandano
fallite
tutte
le
sagge
previsioni
dei
produttori
.
Le
disposizioni
giuridiche
poi
,
ordinate
a
favorire
la
cooperazione
dei
capitali
,
mentre
dividono
la
responsabilità
e
restringono
il
rischio
del
negoziare
,
hanno
dato
ansa
alla
più
biasimevole
licenza
;
giacché
vediamo
che
,
scemato
l
'
obbligo
di
dare
i
conti
,
viene
attenuato
il
senso
di
responsabilità
nelle
anime
,
e
sotto
la
coperta
difesa
di
una
società
che
chiamano
anonima
,
si
commettono
le
peggiori
ingiustizie
e
frodi
,
e
i
dirigenti
di
queste
associazioni
economiche
,
dimentichi
dei
loro
impegni
,
tradiscono
non
rare
volte
i
diritti
di
quelli
di
cui
avevano
preso
ad
amministrare
i
risparmi
.
Né
per
ultimo
si
può
omettere
di
condannare
quegli
ingannatori
che
,
non
curandosi
di
soddisfare
alle
oneste
esigenze
di
chi
si
vale
dell
'
opera
loro
,
non
si
peritano
invece
di
aizzare
le
cupidigie
umane
,
per
venirle
poi
sfruttando
a
proprio
guadagno
.
133
.
Questi
così
gravi
inconvenienti
non
potevano
essere
emendati
,
o
piuttosto
prevenuti
,
se
non
da
una
severa
disciplina
morale
,
rigidamente
mantenuta
dall
'
autorità
sociale
.
Ma
questa
purtroppo
mancò
.
Infatti
,
avendo
il
nuovo
ordinamento
economico
cominciato
appunto
quando
le
massime
del
razionalismo
erano
penetrate
in
molti
e
vi
avevano
messo
radici
,
ne
nacque
in
breve
una
scienza
economica
separata
dalla
legge
morale
;
e
per
conseguenza
alle
passioni
umane
si
lasciò
libero
il
freno
.
Quindi
avvenne
che
in
molto
maggior
numero
di
prima
furono
quelli
che
non
si
diedero
più
pensiero
di
altro
che
di
accrescere
ad
ogni
costo
la
loro
fortuna
,
e
cercando
sopra
tutte
le
cose
e
in
tutto
i
loro
propri
interessi
,
non
si
fecero
coscienza
neppure
dei
più
gravi
delitti
contro
gli
altri
.
I
primi
poi
che
si
misero
per
questa
via
larga
.
che
conduce
alla
perdizione
(
cfr
.
Mat
7,13
)
,
trovarono
molti
imitatori
della
loro
iniquità
sia
per
l
'
esempio
della
loro
appariscente
riuscita
,
sia
per
il
fasto
insolito
delle
loro
ricchezze
,
sia
per
il
deridere
che
fecero
,
quasi
vittima
di
scrupoli
insulsi
,
la
coscienza
altrui
,
sia
infine
schiacciando
i
loro
competitori
più
timorosi
.
134
.
Così
,
traviando
dal
retto
sentiero
i
dirigenti
della
economia
,
fu
naturale
che
anche
il
volgo
degli
operai
venisse
precipitando
nello
stesso
abisso
,
e
ciò
tanto
più
che
molti
sovraintendenti
delle
officine
sfruttavano
i
loro
operai
,
come
semplici
macchine
,
senza
curarsi
delle
loro
anime
,
anzi
neppure
pensando
ai
loro
interessi
superiori
.
E
in
verità
fa
orrore
il
considerare
i
gravissimi
pericoli
a
cui
sono
esposti
nelle
moderne
officine
i
costumi
degli
operai
(
dei
giovani
specialmente
)
e
il
pudore
delle
giovani
e
delle
donne
,
gli
impedimenti
che
spesso
il
presente
ordinamento
economico
e
soprattutto
le
condizioni
affatto
irrazionali
dell
'
abitazione
recano
all
'
unione
e
alla
intimità
della
vita
di
famiglia
;
alle
difficoltà
di
santificare
debitamente
i
giorni
di
festa
;
all
'
universale
indebolimento
di
quel
senso
veramente
cristiano
,
onde
prima
anche
persone
rozze
e
ignoranti
,
sapevano
elevarsi
ad
alti
ideali
,
laddove
ora
è
sottentrata
l
'
unica
ansia
di
procacciarsi
comecchessia
la
vita
quotidiana
.
E
così
il
lavoro
corporale
,
che
la
divina
Provvidenza
,
anche
dopo
il
peccato
originale
,
aveva
stabilito
come
esercizio
in
bene
del
corpo
insieme
e
dell
'
anima
,
si
viene
convertendo
in
uno
strumento
di
perversione
:
la
materia
inerte
,
cioè
esce
nobilitata
dalla
fabbrica
,
le
persone
invece
si
corrompono
e
si
avviliscono
.
4
-
Rimedi
a
)
cristianizzazione
della
vita
economica
135
.
A
una
strage
così
dolorosa
di
anime
,
che
durando
farà
cadere
a
vuoto
ogni
sforzo
di
rigenerazione
della
società
,
non
si
può
rimediare
altrimenti
se
non
col
ritorno
manifesto
e
sincero
degli
uomini
alla
dottrina
evangelica
,
ai
precetti
cioè
di
Colui
che
solo
ha
parole
di
vita
eterna
(
cfr
.
Giov
6,70
)
,
e
quindi
parole
tali
che
,
passando
cielo
e
terra
,
esse
non
passeranno
mai
(
cfr
.
Mat
24,35
)
.
Così
quanti
sono
veramente
sperimentati
nelle
cose
sociali
,
invocano
con
ardore
quella
che
chiamano
perfetta
«
realizzazione
»
della
vita
economica
.
Ma
un
tale
ordinamento
,
che
Noi
pure
ardentemente
desideriamo
e
con
fervido
studio
promuoviamo
,
riuscirà
incompleto
e
imperfetto
,
se
tutte
le
forme
dell
'
attività
umana
amichevolmente
non
si
accordano
ad
imitare
ed
a
raggiungere
,
per
quanto
è
dato
all
'
uomo
,
la
meravigliosa
unità
del
disegno
divino
;
quell
'
ordine
perfetto
,
diciamo
,
che
a
gran
voce
la
Chiesa
proclama
e
la
stessa
retta
ragione
richiede
:
che
cioè
le
cose
tutte
siano
indirizzate
a
Dio
come
a
primo
supremo
termine
di
ogni
attività
creata
,
e
tutti
i
beni
creati
siano
riguardati
come
semplici
mezzi
,
dei
quali
in
tanto
si
deve
far
uso
in
quanto
conducono
al
fine
supremo
.
136
.
Né
si
deve
credere
che
perciò
le
professioni
lucrative
siano
meno
stimate
ovvero
ritenute
come
poco
conformi
alla
dignità
umana
.
Al
contrario
,
anzi
,
noi
impariamo
a
riconoscere
in
esse
con
venerazione
la
manifesta
volontà
del
Creatore
,
il
quale
ha
posto
l
'
uomo
sulla
terra
perché
la
venga
lavorando
,
facendola
servire
alle
sue
molteplici
necessità
.
Né
si
proibisce
a
quelli
che
attendono
alla
produzione
,
l
'
accrescere
nei
giusti
e
debiti
modi
la
loro
fortuna
;
anzi
la
Chiesa
insegna
essere
giusto
che
chiunque
serve
alla
comunità
e
l
'
arricchisce
con
l
'
accrescere
i
beni
della
comunità
stessa
,
ne
divenga
anch
'
egli
più
ricco
,
secondo
la
sua
condizione
,
purché
tutto
ciò
si
cerchi
col
debito
ossequio
alla
legge
di
Dio
e
senza
danno
dei
diritti
altrui
e
se
ne
faccia
un
uso
conforme
all
'
ordine
della
fede
e
della
retta
ragione
.
137
.
Che
se
queste
norme
saranno
da
tutti
,
in
ogni
luogo
e
sempre
mantenute
,
non
solamente
la
produzione
e
l
'
acquisto
dei
beni
,
ma
anche
l
'
uso
delle
ricchezze
,
che
ora
si
vede
così
spesso
disordinato
,
verrà
tosto
ricondotto
nei
limiti
della
equità
e
della
giusta
distribuzione
.
Così
alla
sordida
cupidigia
dei
soli
interessi
propri
,
che
è
l
'
obbrobrio
e
il
grande
peccato
del
nostro
secolo
,
si
opporrà
davvero
e
col
fatto
la
regola
,
soavissima
insieme
ed
efficacissima
,
della
moderazione
cristiana
,
onde
l
'
uomo
deve
cercare
anzitutto
il
regno
di
Dio
e
la
sua
giustizia
,
ritenendo
per
certo
che
i
beni
temporali
gli
saranno
dati
per
giunta
,
in
quanto
avrà
bisogno
,
in
forza
della
sicura
promessa
della
liberalità
divina
(
cfr
.
Mat
6,33
)
.
b
)
legge
della
carità
138
.
Se
non
che
per
assicurare
appieno
queste
riforme
,
è
necessario
che
si
aggiunga
alla
legge
della
giustizia
,
la
legge
della
carità
la
quale
è
il
vincolo
della
perfezione
(
Col
3,14
)
.
Quanto
dunque
s
'
ingannano
quei
riformatori
imprudenti
,
i
quali
solo
curando
l
'
osservanza
della
giustizia
e
della
sola
giustizia
commutativa
,
rigettano
con
alterigia
il
concorso
della
carità
!
Certo
,
la
carità
non
può
essere
chiamata
a
fare
le
veci
della
giustizia
,
dovuta
per
obbligo
e
iniquamente
negata
.
Ma
quando
pure
si
supponga
che
ciascuno
abbia
ottenuto
tutto
ciò
che
gli
spetta
di
diritto
,
resterà
sempre
un
campo
larghissimo
alla
carità
.
La
sola
giustizia
,
infatti
,
anche
osservata
con
la
maggiore
fedeltà
,
potrà
bene
togliere
di
mezzo
le
cause
dei
conflitti
sociali
,
non
già
unire
i
cuori
e
stringere
insieme
la
volontà
.
139
.
Ora
tutte
le
istituzioni
ordinate
a
consolidare
la
pace
e
promuovere
il
mutuo
soccorso
tra
gli
uomini
,
per
quanto
sembrino
perfette
,
hanno
il
loro
precipuo
fondamento
di
sodezza
nel
legame
vicendevole
,
delle
volontà
onde
i
soci
vanno
uniti
fra
loro
;
e
mancando
questo
,
come
spesso
vediamo
per
esperienza
,
riescono
vane
le
migliori
prescrizioni
.
Una
vera
intesa
di
tutti
ad
uno
stesso
bene
comune
non
potrà
dunque
aversi
altrimenti
,
che
quando
tutte
le
parti
della
società
sentano
di
essere
membri
di
una
sola
grande
famiglia
e
figli
di
uno
stesso
Padre
celeste
,
anzi
di
essere
un
solo
corpo
in
Cristo
e
membri
gli
uni
degli
altri
(
Rom
12,0
)
in
modo
che
se
un
membro
patisce
,
patiscono
insieme
tutti
gli
altri
(
1Cor
12,26
)
.
Allora
soltanto
i
ricchi
e
gli
altri
dirigenti
muteranno
la
primitiva
loro
freddezza
verso
i
loro
fratelli
più
poveri
,
in
calda
e
operosa
affezione
;
ne
accoglieranno
le
giuste
domande
con
volto
benigno
e
cuore
largo
,
e
,
al
bisogno
,
ne
perdoneranno
anche
cordialmente
le
colpe
e
gli
errori
.
Gli
operai
poi
,
dal
loro
canto
,
deposto
sinceramente
ogni
sentimento
di
odio
e
di
invidia
,
che
i
fautori
della
lotta
di
classe
sfruttano
tanto
astutamente
,
non
solo
non
disdegneranno
il
posto
loro
assegnato
dalla
Provvidenza
divina
nella
società
umana
,
ma
l
'
avranno
anzi
in
gran
pregio
,
perché
ben
consapevoli
di
cooperare
davvero
utilmente
e
onoratamente
,
ciascuno
secondo
il
proprio
grado
e
ufficio
,
al
bene
comune
,
e
seguendo
in
ciò
più
da
vicino
gli
esempi
di
Colui
che
,
essendo
Dio
,
ha
voluto
essere
sulla
terra
un
operaio
e
stimato
figlio
di
operaio
.
c
)
difficoltà
dell
'
impresa
140
.
Da
questa
nuova
diffusione
pertanto
dello
spirito
evangelico
nel
mondo
,
che
è
spirito
di
moderazione
cristiana
,
e
di
carità
universale
,
sorgerà
,
speriamo
,
quella
piena
e
desideratissima
restaurazione
della
umana
società
in
Cristo
e
quella
pace
di
Cristo
nel
regno
di
Cristo
a
cui
fin
dall
'
inizio
del
Nostro
Pontificato
abbiamo
fermamente
proposto
di
consacrare
tutte
le
Nostre
cure
e
la
Nostra
pastorale
sollecitudine
(
cfr
.
lett
.
enc
.
Ubi
arcano
del
23
dicembre
1922
)
.
E
voi
pure
,
venerabili
Fratelli
,
che
insieme
con
Noi
per
mandato
dello
Spirito
Santo
governate
la
Chiesa
di
Dio
(
cfr
.
At
20,28
)
,
con
molto
lodevole
zelo
allo
stesso
intento
,
come
a
cosa
capitale
e
al
presente
più
necessaria
che
mai
,
indefessamente
lavorate
,
in
tutte
quante
le
parti
del
mondo
,
anche
nei
paesi
delle
sacre
Missioni
tra
gl
'
infedeli
.
A
voi
dunque
siano
date
le
meritate
lodi
,
ed
insieme
con
voi
a
quelli
tutti
,
siano
chierici
o
laici
,
che
vediamo
con
gioia
esservi
ogni
giorno
compagni
e
validi
cooperatori
della
stessa
opera
grandiosa
.
Diciamo
i
diletti
figli
Nostri
iscritti
all
'
Azione
Cattolica
,
i
quali
con
particolare
studio
si
occupano
con
Noi
della
questione
sociale
,
in
quanto
questa
spetta
e
compete
alla
Chiesa
,
per
la
sua
stessa
divina
istituzione
.
E
Noi
li
esortiamo
tutti
caldamente
.
nel
Signore
che
non
tralascino
fatiche
,
non
si
lascino
vincere
da
difficoltà
,
ma
crescano
ogni
giorno
più
nello
zelo
e
nel
vigore
(
cfr
.
Deut
31,7
)
.
Ardua
,
per
certo
,
è
l
'
impresa
che
loro
proponiamo
,
giacché
ben
sappiamo
che
da
una
parte
e
dall
'
altra
,
sia
tra
le
classi
superiori
come
tra
le
inferiori
della
società
,
si
oppongono
in
gran
numero
ostacoli
e
difficoltà
da
superare
;
ma
non
perciò
si
perdano
essi
di
animo
,
né
si
lascino
a
nessun
conto
distogliere
dal
proposito
.
L
'
affrontare
aspre
battaglie
è
proprio
dei
cristiani
;
sostenere
gravi
fatiche
è
proprio
di
quelli
che
,
quali
buoni
soldati
di
Cristo
,
lo
seguono
più
da
vicino
(
cfr
.
2
Tim
.
2,3
)
.
141
.
Fidati
dunque
nell
'
onnipotente
aiuto
di
Colui
che
vuole
salvi
gli
uomini
tutti
(
cfr
.
Tim
.
2,4
)
,
procuriamo
con
tutte
le
forze
di
giovare
a
quelle
anime
infelici
,
lontane
da
Dio
,
e
distaccandole
dalle
cure
temporali
,
nelle
quali
troppo
si
avviluppano
,
insegniamo
loro
a
volgere
con
fiducia
il
desiderio
alle
cose
eterne
.
Il
che
talvolta
si
otterrà
più
agevolmente
di
quanto
a
prima
vista
non
sembrava
forse
sperabile
;
poiché
,
se
nell
'
intimo
dell
'
uomo
anche
più
rotto
all
'
iniquità
si
nascondono
,
come
favilla
sotto
la
cenere
,
delle
mirabili
forze
spirituali
,
testimoni
non
dubbi
di
quell
'
anima
naturalmente
cristiana
,
quanto
più
nel
cuore
di
tanti
altri
che
furono
indotti
in
errore
piuttosto
per
ignoranza
e
per
le
circostanze
esteriori
.
142
.
Del
resto
,
alcuni
lieti
indizi
di
sociale
rinnovamento
si
presagiscono
già
nelle
stesse
ordinate
schiere
degli
operai
,
tra
cui
con
somma
Nostra
allegrezza
,
vediamo
anche
folti
stuoli
di
giovani
cattolici
,
i
quali
con
docilità
ricevono
le
ispirazioni
della
grazia
divina
e
con
incredibile
zelo
si
studiano
di
guadagnare
a
Cristo
i
propri
compagni
.
Né
meritano
minor
lode
i
capi
delle
associazioni
operaie
,
i
quali
,
posposti
i
propri
interessi
e
unicamente
solleciti
del
bene
dei
propri
compagni
si
sforzano
di
conciliare
e
promuovere
con
prudenza
le
loro
giuste
rivendicazioni
con
la
prosperità
di
tutta
la
maestranza
,
né
per
qualsivoglia
impedimento
o
aspetto
si
lasciano
rimuovere
da
questo
nobile
impiego
.
Che
anzi
vediamo
pure
in
gran
numero
giovani
destinati
o
per
ingegno
o
per
ricchezze
ad
occupare
tra
poco
un
bel
posto
tra
i
dirigenti
della
società
,
i
quali
si
applicano
con
più
intenso
studio
alle
questioni
sociali
,
e
danno
liete
speranze
di
dedicarsi
un
giorno
pienamente
all
'
opera
della
restaurazione
sociale
.
d
)
la
via
da
seguire
143
.
Le
condizioni
presenti
,
venerabili
Fratelli
,
ci
additano
la
via
che
occorre
tenere
.
Come
in
altre
età
della
storia
della
Chiesa
,
noi
dobbiamo
lottare
con
un
mondo
ricaduto
in
gran
parte
nel
paganesimo
.
Ora
per
ricondurre
a
Cristo
le
classi
diverse
di
uomini
che
l
'
hanno
rinnegato
,
è
necessario
anzitutto
scegliere
nel
loro
seno
e
formare
ausiliari
della
Chiesa
,
che
ne
comprendano
lo
spirito
e
i
desideri
e
sappiano
parlare
ai
loro
cuori
con
senso
di
fraterno
amore
.
I
primi
ed
immediati
apostoli
degli
operai
,
devono
essere
operai
;
industriali
e
commercianti
,
gli
apostoli
degli
industriali
e
degli
uomini
di
commercio
.
144
.
A
Voi
soprattutto
,
venerabili
Fratelli
,
e
al
vostro
Clero
spetta
cercare
con
diligenza
,
scegliere
con
prudenza
,
formare
ed
istruire
con
opportunità
questa
schiera
di
laici
apostoli
,
sia
di
operai
come
di
padroni
.
Un
'
opera
certamente
ardua
s
'
impone
ai
sacerdoti
,
e
per
sostenerla
,
tutti
quelli
che
crescono
nelle
speranze
della
Chiesa
,
debbono
venirsi
preparando
con
lo
studio
assiduo
delle
cose
sociali
.
Ma
soprattutto
è
necessario
che
quelli
da
Voi
applicati
in
modo
particolare
a
questo
ministero
,
si
mostrino
tali
,
cioè
forniti
di
tanto
squisito
senso
di
giustizia
,
da
opporsi
con
una
costanza
del
tutto
virile
,
alle
rivendicazioni
esorbitanti
ed
alle
ingiustizie
,
da
qualunque
parte
vengano
;
è
necessario
che
siano
segnalati
per
prudenza
e
discrezione
lontana
da
qualsiasi
esagerazione
;
ma
specialmente
che
siano
intimamente
compenetrati
della
carità
di
Cristo
,
che
sola
vale
a
sottomettere
con
forza
e
soavità
i
cuori
e
le
volontà
degli
uomini
alle
leggi
della
giustizia
e
dell
'
equità
.
Questa
è
la
via
già
più
di
una
volta
raccomandata
dal
felice
esito
,
e
che
ora
si
deve
seguire
con
ogni
alacrità
e
senza
titubanze
.
145
.
Quanto
poi
ai
cari
figli
Nostri
scelti
ad
un
'
opera
così
grande
,
vivamente
li
esortiamo
nel
Signore
a
consacrarsi
totalmente
alla
formazione
delle
anime
loro
affidate
;
e
nell
'
adempimento
di
questo
ufficio
il
più
sacerdotale
ed
apostolico
,
con
opportunità
si
avvalgano
di
tutti
i
mezzi
più
efficaci
dell
'
educazione
cristiana
,
come
istruzione
della
gioventù
,
istituzione
di
cristiane
associazioni
,
fondazioni
di
circoli
di
studio
,
conformi
alla
regola
della
fede
.
Ma
soprattutto
facciano
grande
stima
e
applichino
al
bene
dei
loro
discepoli
quel
mezzo
preziosissimo
di
rinnovamento
individuale
e
sociale
che
Noi
abbiamo
additato
negli
Esercizi
spirituali
con
.
l
'
enciclica
Mens
Nostra
.
Nella
quale
enciclica
abbiamo
esplicitamente
ricordato
e
caldamente
raccomandato
,
con
gli
Esercizi
a
pro
dei
laici
tutti
,
anche
i
Ritiri
in
specie
utilissimi
per
gli
operai
(
enc
.
Mens
Nostra
del
20
dicembre
1929
)
.
In
questa
scuola
dello
spirito
infatti
non
solo
si
formano
gli
ottimi
cristiani
,
ma
anche
si
addestrano
i
veri
apostoli
per
qualsiasi
condizione
di
vita
,
riscaldandosi
alla
fiamma
del
Cuore
di
Gesù
Cristo
.
Da
questa
scuola
,
come
gli
Apostoli
dal
Cenacolo
di
Gerusalemme
,
usciranno
uomini
fortissimi
nella
fede
,
di
costanza
invitta
nelle
persecuzioni
,
ardenti
di
zelo
e
premurosi
unicamente
di
propagare
per
ogni
dove
il
regno
di
Cristo
.
146
.
E
certamente
,
ai
nostri
tempi
più
che
mai
si
ha
bisogno
di
tali
valorosi
soldati
di
Cristo
che
si
affatichino
con
tutte
le
forze
a
preservare
la
famiglia
umana
dalla
spaventosa
rovina
che
la
incoglierebbe
,
se
,
col
disprezzo
degli
insegnamenti
del
Vangelo
,
si
lasciasse
prevalere
un
ordine
di
cose
che
conculcano
le
leggi
della
natura
non
meno
che
quelle
di
Dio
.
La
Chiesa
di
Cristo
edificata
sulla
pietra
incrollabile
,
non
ha
nulla
da
temere
per
sé
,
ben
sapendo
che
le
porte
dell
'
inferno
non
prevarranno
mai
contro
di
essa
(
cfr
.
Mat
16,18
)
;
sicura
come
é
,
per
la
prova
dell
'
esperienza
di
tanti
secoli
,
che
dalle
tempeste
anche
più
violente
uscirà
sempre
più
forte
e
gloriosa
di
nuovi
trionfi
.
Ma
il
suo
cuore
di
madre
non
può
non
commuoversi
ai
mali
innumerevoli
che
queste
tempeste
accumulerebbero
sopra
migliaia
di
uomini
,
e
soprattutto
agli
enormi
danni
spirituali
che
ne
sgorgherebbero
a
rovina
di
tante
anime
redente
dal
sangue
di
Cristo
.
147
.
Tutto
dunque
deve
essere
tentato
per
distogliere
la
società
umana
da
mali
così
grandi
.
A
ciò
debbono
tendere
le
nostre
fatiche
,
a
ciò
le
nostre
cure
e
le
nostre
continue
e
ferventi
preghiere
a
Dio
.
Perché
mediante
il
soccorso
della
grazia
divina
noi
abbiamo
in
mano
la
sorte
della
famiglia
umana
.
148
.
Non
permettiamo
dunque
,
venerabili
Fratelli
e
diletti
Figli
,
che
i
figliuoli
di
questo
secolo
si
mostrino
più
accorti
,
nel
loro
genere
,
di
noi
i
quali
per
divina
bontà
siamo
i
figliuoli
della
luce
(
cfr
.
Luc
16,18
)
.
Noi
infatti
vediamo
con
quale
meravigliosa
sagacia
si
adoperino
a
scegliersi
aderenti
operosi
e
formarseli
atti
a
diffondere
sempre
più
largamente
i
loro
errori
fra
tutte
le
classi
e
in
tutte
le
parti
del
mondo
.
Quando
poi
prendono
ad
impugnare
la
Chiesa
di
Cristo
,
li
vediamo
mettere
a
tacere
le
varie
loro
interne
dissenzioni
e
costituire
come
un
solo
concorde
esercito
per
raggiungere
con
l
'
unione
delle
forze
il
comune
intento
.
e
)
unione
e
cooperazione
di
tutti
i
buoni
149
.
Ora
,
nessuno
certamente
ignora
a
quante
e
quanto
grandi
opere
si
stenda
dappertutto
l
'
indefesso
zelo
dei
cattolici
,
sia
in
ordine
al
bene
sociale
ed
economico
,
sia
in
materia
scolastica
e
religiosa
.
Ma
questa
azione
mirabile
e
faticosa
non
di
rado
perde
di
efficacia
per
la
troppa
dispersione
delle
forze
.
Si
uniscano
dunque
tutti
gli
uomini
di
buona
volontà
quanti
sotto
la
guida
dei
Pastori
della
Chiesa
amano
di
combattere
questa
buona
e
pacifica
battaglia
di
Cristo
;
e
tutti
,
sotto
la
guida
ed
il
magistero
della
Chiesa
,
secondo
il
genio
,
le
forze
,
la
condizione
di
ciascuno
,
cerchino
di
contribuire
in
qualche
misura
a
quella
cristiana
restaurazione
della
società
,
che
Leone
XIII
auspicò
con
l
'
immortale
enciclica
Rerum
novarum
;
non
mirando
a
se
stesso
e
agli
interessi
propri
,
ma
a
quelli
di
Gesù
Cristo
(
cfr
.
Fil
2,21
)
;
non
,
pretendendo
di
imporre
le
proprie
idee
,
comunque
belle
ed
opportune
esse
sembrino
,
ma
mostrandosi
disposti
a
rinunziarvi
per
il
bene
comune
,
affinché
in
tutto
e
soprattutto
Cristo
regni
,
Cristo
imperi
,
e
al
quale
sia
onore
e
gloria
e
potere
nei
secoli
(
cfr
.
Apoc
5,13
)
.
Benedizione
finale
150
.
E
perché
così
felicemente
avvenga
,
a
Voi
tutti
,
venerabili
Fratelli
e
diletti
figli
,
quanti
fate
parte
dell
'
immensa
famiglia
cattolica
a
Noi
affidata
,
ma
con
un
particolare
affetto
del
Nostro
cuore
agli
operai
e
a
quanti
altri
lavorano
nelle
arti
manuali
,
dalla
divina
Provvidenza
a
Noi
più
vivamente
raccomandati
,
come
pure
ai
padroni
ed
imprenditori
cristiani
,
impartiamo
con
paterno
amore
l
'
Apostolica
Benedizione
.
Dato
a
Roma
,
presso
san
Pietro
,
il
15
maggio
1931
,
anno
decimo
del
Nostro
Pontificato
.
PIO
PP
.
XI